La nostra finta amicizia

di ONLYKORINE
(/viewuser.php?uid=1040879)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il San Mungo ***
Capitolo 3: *** Il ballo a Stin'sen House ***
Capitolo 4: *** La prima foto ***
Capitolo 5: *** Il ricatto ***
Capitolo 6: *** Profumo di Vetiver ***
Capitolo 7: *** Ciliegie e Mela Verde ***
Capitolo 8: *** A casa di Mrs Madeleine ***
Capitolo 9: *** Il sogno ***
Capitolo 10: *** Una lezione per due ***
Capitolo 11: *** Little Vee ***
Capitolo 12: *** Snasi e Galeoni ***
Capitolo 13: *** Il Tiri Vispi ***
Capitolo 14: *** Alla Tana ***
Capitolo 15: *** Il Magician Directory ***
Capitolo 16: *** I Fiori Blu ***
Capitolo 17: *** Confidenze ***
Capitolo 18: *** Chiacchiere, vestiti e burrobirre ***
Capitolo 19: *** Strascichi ***
Capitolo 20: *** Preparativi ***
Capitolo 21: *** La cena di beneficenza ***
Capitolo 22: *** Che la festa abbia inizio! ***
Capitolo 23: *** Uno, due, tre: asta aggiudicata! ***
Capitolo 24: *** Regali ***
Capitolo 25: *** La nipote dei fiori ***
Capitolo 26: *** Affare concluso ***
Capitolo 27: *** Altro ballo, altra corsa ***
Capitolo 28: *** Uno strano gruppetto ***
Capitolo 29: *** Imperium o Veritaserum ***
Capitolo 30: *** Finalmente confessioni ***
Capitolo 31: *** Foto, disegni e baci ***
Capitolo 32: *** Carte da gioco e foto babbane ***
Capitolo 33: *** Problemi? ***
Capitolo 34: *** Cose non dette ***
Capitolo 35: *** Galeotto fu il Galeone ***
Capitolo 36: *** Lettere ***
Capitolo 37: *** E se fosse questo, l'amore? ***
Capitolo 38: *** Mattina ***
Capitolo 39: *** Un arrivo inaspettato ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


prologo

Prologo

-

Lasciarsi

"Non è fantastico, qui, Ginny?"
Ginny si coprì con il lenzuolo mentre rotolava sulla schiena nel grosso letto. Sì, era fantastico: finalmente lei e Harry avevano ripreso a fare l'amore dopo tantissimo tempo e sapeva che era merito della loro vacanza in Romania.
"Sì, Harry, è molto bello" lo assecondò.
"Che ne diresti se… se rimandassimo il ritorno?"
Ginny sospirò: sapeva che sarebbe successo. Harry, a due anni dalla sconfitta di Voldemort, sembrava un'anima in pena. All'inizio erano stati i giornalisti e i sensi di colpa a dargli problemi, poi, quando il mondo magico aveva iniziato a riprendersi, lui era rimasto indietro: aveva partecipato alla ricostruzione di Hogwarts e a tutti gli altri eventi, sì, aveva sorriso e stretto mani, l'aveva abbracciata e baciata in pubblico, ma lui era cambiato. Ginny era consapevole del fatto che nessuno di loro era rimasto incolume al combattimento e allo svolgersi della battaglia, che le ferite che una guerra causa al cuore, all'anima e alla mente sono peggiori di quelle del corpo, ma Harry sembrava l'unico a non riuscire ad andare avanti. Come se non ci provasse neanche, era assente al mondo e le giornate avevano iniziato a passare senza di lui.
Il bel mondo lo stava abbandonando: dopo un primo assedio veramente pesante, anche i giornalisti avevano iniziato a lasciarlo stare e, se Ginny aveva pensato che sarebbe stato meglio, alla fine aveva capito anche lei che Harry stava elaborando male il tutto. L'unica era stata portarlo via dall'Inghilterra.
Aveva scritto a Charlie, spiegando al fratello quanto fosse grave la situazione, e lui aveva accettato di ospitarli per quella che Ginny aveva presentato a Harry come una vacanza.
"Harry…"

 

"Ginny, davvero, non c'è fretta di tornare, in fin dei conti…" la interruppe Harry, pensando che lei avrebbe fatto storie e, essendosi già preparato il discorso perché ci stava pensando da qualche giorno, si preparò a sostenere la sua opinione.
"Harry, ascoltami: so che non sei felice a casa. Qui ti ho visto: sei un'altra persona, sei quel ragazzo di cui mi sono innamorata la prima volta che l'ho visto e, allo stesso tempo, sei cresciuto e maturato. Hai ragione, dovresti rimanere qui. Penso addirittura che non dovresti più tornare stabilmente in Inghilterra, se ciò dovesse farti tornare l'uomo con cui vivo da sei mesi…"
Appena la fidanzata sospirò, Harry ne approfittò per interromperla e continuare a perorare la sua causa. "Ho fatto richiesta di trasferimento al Ministero e mi è stato concesso! Sono così felice che la pensi come me, pensavo che avresti…"

 

Ginny sorrise di un sorriso mesto e gli accarezzò la guancia con il dorso delle dita. "Hai chiesto un trasferimento senza parlarne prima con me?" Stranamente, non era arrabbiata. Lei capiva perfettamente tutto: era solo triste.
Harry spalancò gli occhi: probabilmente non aveva pensato al fatto che avrebbe dovuto parlarne prima con lei anche se, in fin dei conti, avrebbero dovuto sposarsi da lì a qualche mese e quello non era il miglior modo per iniziare una relazione duratura. Ma, ancora, capiva. E capiva anche che non era normale: non era normale che a lei stesse bene. Anche se voleva che lui fosse felice, non avrebbe dovuto essere così rassegnata all'idea di perderlo.
Quando Harry l'aveva lasciata per andare a cercare gli Horcrux il suo cuore si era spezzato e lei aveva sofferto così tanto che pensava di morirne, mentre in quel momento…

 

"Scusa, io…" Harry non sapeva cosa dire: lei non sembrava arrabbiata, ma qualcosa gli diceva che non era tutto giusto. "Se non avessero accettato non ti avrei detto niente…"
"E non ti sembra che non sarebbe stato corretto neanche questo?"
Come? Harry non capiva. "In che senso?"
"Dovremmo parlare di quello che non va, progettare un futuro insieme, quelle cose lì che fanno le coppie. Non lasciare che sia il Ministero a decidere il nostro avvenire…"
La voce della ragazza si abbassò e divenne quasi triste, ma Harry capì che non era contraria così si sentiva molto confuso.
"Quindi? Non ho capito…"

 

Ginny sospirò, portandosi a sedere. Era come se quel movimento le avesse dato il coraggio per fare quello che stava facendo. "Tu resta qui, Harry. Io… io torno a casa. Voglio stare vicino alla mia famiglia e sto per diventare titolare in squadra. Non voglio trasferirmi…"
"Ma puoi giocare a Quidditch ovunque! Puoi fare le selezioni qui in Romania e…"
"Harry, sono nelle Holyhead Harpies e, ora che finalmente ci sono riuscita, non voglio ricominciare da un'altra parte. Ho sempre adorato la squadra, è il mio sogno da quando ero piccola: voglio giocare con Gwenog."
"Così preferisci lasciarmi!"
"Preferisco essere felici in due, Harry."

 

Harry sbuffò e si portò le mani dietro la nuca, guardando il soffitto. Cosa fare? "Harry, ascoltami…" iniziò Ginny, sdraiandosi accanto a lui e prendendogli un braccio per appoggiarci la testa e farsi abbracciare. "Tutti e due ci meritiamo di essere felici. E se non possiamo esserlo insieme… dovremo esserlo separati. Ma non per questo dobbiamo odiarci o cose così. Io ti voglio bene e te ne vorrò sempre" disse, poco dopo, e anche lui si rese conto che le sue parole erano vere. Tristi, ma vere. Lei non sarebbe stata felice lì con lui, lontano dalla sua famiglia, avrebbe dovuto ricominciare la sua carriera da capo, e giocare nelle Holyhead Harpies era sempre stato il suo sogno: non poteva costringerla a fare una scelta così drastica.
Annuì e l'abbracciò stretta. "Avevamo appena ripreso a fare l'amore…" disse, sconsolato.
Ginny rise e lui si voltò verso di lei. "Sapevo che ti interessava solo questo!"
Come? No no… "No, è che…" Harry sentì il viso andare a fuoco: non voleva dare quell'impressione.
"Harry, va tutto bene. Sono contenta anch'io di questo. E non ho intenzione di sospenderlo. Dobbiamo recuperare quattro mesi prima della mia partenza!"
Harry la guardò con uno sguardo sornione. "La passaporta è programmata per il ritorno fra quattro giorni…"
"Quindi dovremmo darci dentro!" rispose lei, sorridendo, facendo cadere il lenzuolo e salendo a cavalcioni sul corpo del ragazzo.

-

-

-

***Eccomi con una nuova storia! Sì, lo so che ne ho ancora qualcuna da finire, ma questa... questa è da un po' che è in lavorazione e io non vedevo l'ora di pubblicarla. Prometto che finirò anche le altre (mi sembra che ne siano rimaste SOLO - 😅 due) e prometto che sarò  costante con la pubblicazione (visto che ho già metà storia, non dovrebbe essere un problema grosso, ma chi lo sa... 😅)

Intanto grazie a tutti perchè sia che stiate leggendo perchè mi conoscete o perchè vi piace la coppia (prima esperienza per me) mi state leggendo. Prometto di non deludervi (O almeno ci proverò!). 

Ah, non per ultimo, diciamo che ultimamente ho guardato i Bridgerton e mi sono divertita a infilare qualche riferimento al 1800 - anche se molto moderno, devo ammettere! 🤭 )

Grazie ancora

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il San Mungo ***


01-Il San Mungo

Il San Mungo

 

Otto mesi dopo

 

Ginny sbuffò ancora guardando l'orologio: era mezz'ora che stava aspettando il medimago in quel piccolo corridoio e nessuno l'aveva ancora chiamata. L'infermiera le aveva detto già due volte di sedersi e di aspettare, confermando che qualcuno l'avrebbe chiamata a breve.
Odiava il San Mungo, non le piaceva stare lì: le ricordava tutti i ricoveri che c'erano stati dopo la battaglia di Hogwarts e tutte le cure che avevano dovuto fare per riprendersi. Si guardò le braccia e si sentì calda: anche il viso le scottava e un dolore sordo le martellava la testa. Iniziava a sentirsi stanca e stressata: ma aveva paura che sarebbe peggiorato tutto se fosse andata a casa senza farsi vedere da un Medimago, quindi era obbligata ad aspettare che la visitassero.
Il corridoio non era molto grande: c'erano tre sedie contro il muro delle due pareti che si fronteggiavano, le uniche senza porte; alle sue spalle c'era una finestra, ma girarsi per guardare fuori le provocava dei giramenti di testa, così Ginny rimase a osservare davanti a sé, controllando le due porte scorrevoli che si aprivano automaticamente quando passava un Medimago o un infermiere.
La signora seduta al di là del corridoio, sembrava avanti con l'età, sicuramente più vecchia di sua madre e più giovane di sua nonna, ma il suo viso, anche se rigato dal tempo, mostrava una bellezza invecchiata bene, anche se sembrava molto stanca. Non avendo niente da fare, Ginny tentò di attaccare bottone.
"Lei aspetta da molto?" chiese, quindi.
La donna, con la pelle olivastra e gli occhi scuri, le sorrise. "Sono qui da più di un'ora, cara".
Un'ora? Ginny incassò le spalle: anche lei avrebbe dovuto aspettare così tanto tempo? E perché, visto che non c'era nessun altro, non era venuto qualcuno a chiamarle? Annuì e si alzò in piedi, per contenere il nervosismo con qualche passo, nonostante la testa continuasse a girare.
"Signorina si sieda, non può stare in piedi" la sgridò dopo poco un'infermiera, comparsa dalla porta scorrevole.
"
È tanto che aspettiamo, non riuscivo più a stare seduta. Mi sa dire quando arriverà il medimago?"
"Quando arriverà, lo vedrà. Si sieda e aspetti."
Ginny sospirò e si risedette un po' nervosamente e lanciò un'occhiata alla donna seduta oltre il corridoio, che le sorrise paziente.
"Ma la signora è qui da più di un'ora, dobbiamo davvero aspettare così tanto?" domandò ancora, cercando comunque di non essere maleducata.
L'infermiera lanciò un'occhiata alla donna e poi sbuffò rumorosamente e borbottò: "Questa pazza è sempre qui…" E sparì oltre l'altra porta scorrevole in fondo.
Ginny la ignorò e sorrise ancora alla strega. "Niente da fare, mi spiace…"
Anche la donna sospirò. "È sempre così, qui" confermò lei.
"Viene spesso?" si informò. Magari aveva una malattia magica che necessitava di cure continue. Per un attimo, Ginny ebbe pietà di lei e sperò che tutto quello che facesse non le desse grossi problemi.
"Sì, ma spesso non ricordo il perché sono venuta…" Come? La ragazza alzò un sopracciglio: che avesse ragione l'infermiera? La sua faccia probabilmente parlava per lei, perché la donna continuò a spiegare. "Mi capita, in alcuni momenti, di ritrovarmi qui senza capire perché ci sono, così ora non mi considerano più molto attendibile…"
"Ma come? Probabilmente lei è sotto un incantesimo o qualcosa del genere!" Un Confundus dato bene o un Imperios, lasciano dei vuoti di memoria, le infermiere dovevano prestare attenzione e non sottovalutare la cosa.
"No, ho spiegato al medimago che mi aveva visitato le prime volte, cosa sentivo e lui mi ha visitato, non sono sotto l'effetto di alcun incantesimo."
"Per fortuna!"
"Sì, per fortuna…" La donna sospirò e guardò per un attimo fuori dalla finestra del corridoio: il giardino sottostante era bellissimo, pieno di alberi in fiori e aiuole colorate. "È che così non so cosa mi stia succedendo… A volte accade anche quando sono a casa e non so mai perché…"
Oh, che brutto! Era vero, però: non sapere era peggio di ricevere l'esito di una brutta malattia.
"Hanno detto che sono diventata vecchia e che è normale, invece io so che non è così. Ma non riesco a dimostrarlo. Quando arrivo qui e spiego che non ricordo perché sono venuta, ma mi sembra di non stare bene, chiamano mio figlio e mi fanno riportare a casa. E nessuno vuole più visitarmi. Ho sperato di incontrare un medimago diverso, oggi. È come se mi rendessi conto che è una cosa importante, che si stanno sbagliando, ma non capisco perché e come spiegarlo…"
Ginny si alzò e attraversò il corridoio per sederle vicino. "Ha provato a scrivere una sorta di diario? Anche in più momenti del giorno, scrivere cosa fa, cosa mangia, se qualcosa le sembra strano… Se lei riuscisse a scrivere perché sente il bisogno di venire qui, subito, prima ancora di farlo, potrà spiegare ai Medimaghi cosa è successo. E se lo fa per qualche giorno di fila e nota che c'è una ripetitività, sicuramente si riuscirà a capire cosa le provoca i vuoti di memoria. Se dice che è qualcosa che le succede, e non perché sta invecchiando, io le credo. E noi conosciamo il nostro corpo e la nostra mente, se sappiamo che una diagnosi è sbagliata, non dobbiamo arrenderci!"
La strega le sorrise e le diede ragione, dicendole che avrebbe seguito il suo consiglio. Ginny frugò nella borsetta e le allungò una penna auto-inchiostrante del TiriVispi, mentre si sedeva su una sedia vuota accanto a lei. "Lo scriva adesso, che deve farlo, così quando tornerà a casa non lo scorderà".
La strega fece apparire con la bacchetta un biglietto di pergamena e iniziò a scrivere poche parole con una calligrafia elegante e fina. Staccò gli occhi dalla pergamena e notò che sotto le sue unghie c'era della terra. Era strano, perché per il resto era pulita e curata. Ma sapeva che quando sua madre lavorava in giardino, brontolava perché faceva fatica a pulirsi le mani.
"Si occupa di giardinaggio?"
Gli occhi della strega si illuminarono. "Sì, ho un roseto e qualche piccola aiula. La settimana prossima dovrebbero sbocciare dei nuovi fiori, ne sto aspettando almeno una decina, non vedo l'ora che succeda. Sai io non uso la magia per le coltivazioni, come fanno molte, mi piace che rispettino i loro tempi… Ho un piccolo giardino d'inverno nel retro di casa mia, lì a volte la magia sono costretta a usarla, ma cerco di non farlo spesso, solo d'inverno. Ho anche…"
La donna le raccontò molte cose e Ginny ebbe l'impressione che non fosse una vecchia svampita come pensava l'infermiera. L'ascoltò con interesse mentre le spiegava dettagli di fiori e piante da far impallidire la professoressa Sprite di Hogwarts, ma il giardinaggio non era l'unica cosa di cui le piacesse parlare e Ginny sorrise mentre le raccontava aneddoti di famiglia e altre piccole cose. Mentre narrava di vicende passate, la strega muoveva le mani e quando le agitò un po' di più, Ginny notò dei piccoli puntini blu sulle sue dita e sui palmi delle mani: si vedevano solo quando le alzava verso la luce, dava quasi l'impressione che fossero ricoperte di polvere magica.
"Miss Weasley, ora può entrare" esordì l'infermiera, aprendo la porta da dove era sparita poco prima.
"Ma la signora è qui da…" rispose lei, girandosi verso la strega: era arrivata prima di lei ed era giusto che avesse la precedenza.
"Mrs Madeleine sta aspettando che il figlio venga a prenderla. Lo abbiamo fatto chiamare. Venga" ordinò quindi l'infermiera.
Ginny si alzò lentamente e si girò verso la strega per salutarla. Avrebbe però voluto dire a qualcuno della polvere che aveva notato sulle sue mani, ma di sicuro non lo avrebbe raccontato a quell'infermiera odiosa. Forse al figlio, sì, a lui poteva farlo sapere. O anche a lei, nel caso suo figlio non le avesse creduto.
"Non preoccuparti, cara, vai pure!" esclamò la strega, sventolando la mano davanti al suo viso per indicarle di obbedire all'infermiera. Uno strano profumo le riempì le narici.
"Mrs Madeleine, scriva anche che deve…" Improvvisamente le parole le morirono sulle labbra e nella mente: cosa doveva dirle? Un leggero giramento di testa le fece perdere la concentrazione.
"Venga, su, non aveva fretta?" la provocò l'infermiera e Ginny, che non riusciva a capire cosa fosse successo, annuì senza dire più niente.
Quando si girò verso il corridoio, prima di entrare nell'ambulatorio, notò che Mrs Madeleine la osservava e cercò di sorriderle.
La donna aggrottò la fronte e scribacchiò di nuovo sulla pergamena, ma Ginny non riuscì a leggere cosa avesse scritto.

 

***

 

"Mamma, sto uscendo. Torno domani a trovarti. Kikky sa come trovarmi, comunque, nel caso ci fosse bisogno… Sicura, allora, che non vuoi venire?" chiese il ragazzo, per l'ennesima volta.
La strega sospirò, alzando gli occhi dal lavoro a maglia e guardando il figlio. "Divertiti e non pensare a me, starò bene a casa, stasera. Ti sei ricordato la boîte?"
Blaise rise e annuì, toccandosi una tasca dei pantaloni eleganti dove aveva incantato e rimpicciolito quella che sua madre continuava a definire la boîte. Era l'inizio di maggio e quella sera la luna sarebbe stata quasi piena. La luce sarebbe stata giusta, il cielo era sereno e lui sapeva come cogliere le sfumature più belle della notte. Soprattutto nel giardino della villa di Stin'sen, dove quella sera si sarebbe tenuto il ballo del Ministero della Magia.
"Non riesci proprio a chiamarla con il suo nome, vero?" Si chinò su sua madre e le fece una carezza materna sulla testa: stava invecchiando e, anche se spesso ai figli non piaceva l'idea, doveva accettare il fatto che avrebbe avuto sempre più bisogno di lui.
Blaise aveva sempre saputo che il fatto di essere stato concepito tardi gli dava il grosso svantaggio di veder invecchiare sua madre prima del tempo, ma constatarlo ogni giorno di più, gli dava qualche pensiero.
"Mia nonna la chiamava così: la boîte. Non riesco a usare un nome diverso!" La strega ridacchiò mentre incantava il gomitolo e si metteva più comoda sulla poltrona. "Lo sai che non sono totalmente rimbambita, vero? So che si chiama macchina fotografica!" Il tono di sua madre divenne stizzito, mentre pronunciava le ultime frasi, e lei piuttosto nervosa.
Blaise annuì, poco convinto: sua madre aveva superato la sessantina e, per quanto non volesse ammetterlo, stava perdendo colpi.
La strega sbuffò ancora e si allungò allo scrittoio per prendere un piccolo plico di pergamene. Quando la sua mano agguantò anche una lunga piuma rossa e oro, Blaise si fece più attento: doveva l'aveva presa? Non era una di quelle di sua madre. Si avvicinò velocemente e lanciò un'occhiata alla pergamena quando vide la madre scrivere. Cercò di decifrare la sua calligrafia senza avvicinarsi troppo, ma lei se ne accorse.
"Mi spii, Blaise? Non posso neanche più scrivere i miei pensieri in santa pace?"
"Cosa scrivi, mamma? Devi mandare un gufo a qualcuno?" chiese allora, cercando di sbirciare ancora.
Lei scosse le spalle e lo liquidò con una mano, coprendo la pergamena.
"Adesso che mi ci fai pensare, voglio mandare un gufo a quella ragazza… Chissà se le piacerebbe venire qui, e vedere il mio giardino. La settimana prossima sono sicura che sbocceranno i fiori nuovi…"
Chi? Quale ragazza? Blaise capì che avrebbe fatto tardi alla festa, ma doveva assolutamente capire cosa stesse combinando sua madre.
"Di chi parli?"
"Ieri, al San Mungo, c'era una ragazza che aspettava di essere visitata insieme a me; abbiamo chiacchierato un po'..."
Blaise sospirò: sperò che chiunque avesse incontrato sua madre non pensasse che fosse una preda facile e volesse circuirla.
"Ah. E ti ha detto che vuole vedere i tuoi fiori?" chiese, guardingo: la strega era piuttosto suscettibile, negli ultimi tempi, e lui voleva indagare senza che lei se ne accorgesse.
"No, abbiamo solo chiacchierato. È stata molto gentile e ultimamente non lo sono in molti, là al San Mungo…"
Il ragazzo si morse un labbro al pensiero che la donna avesse ragione: neanche lui era stato molto paziente con la questione delle visite in ospedale. "Mi spiace, mamma…" Lei lo liquidò ancora con la mano e sorrise: per un attimo a Blaise ricordò la madre che era stata quando lui era un adolescente.
La donna fece dondolare la piuma colorata e lo guardò piegando la testa. "Dici che le andrebbe di venire a vedere le rose e quei nuovi fiori che mi ha regalato Rachel? Potrei dirle che voglio restituirle la piuma…"
"Ti ha dato lei la piuma?" chiese quindi, tirando fuori la bacchetta mentre la madre annuiva.
"Me l'ha prestata quando mi ha detto di scrivere le cose per non dimenticarle."
"Ti ha consigliato questo?" domandò, di nuovo, Blaise, incuriosito: non era una cosa malvagia, effettivamente. Se sua madre non si ricordava più le cose, scriverle l'avrebbe aiutata a capire tutto ciò che aveva iniziato a scordarsi e farsene una ragione. Forse così si sarebbe fatta aiutare. Non aspettò la risposta della madre e chiese ancora: "Quindi è una medimago?" In quel momento voleva soltanto scoprire chi fosse la famosa ragazza, assicurarsi che non fosse un problema e uscire.
"No, lei era in fila per essere visitata e abbiamo parlato un po' perché l'attesa si era fatta lunga. Alla fine è stata chiamata di corsa e non ho avuto l'occasione per restituirle la penna… E neanche di chiederle come si chiamasse."
Blaise puntò la bacchetta e controllò con un incantesimo che la penna non contenesse tracce di magia oscura. Va bene fidarsi, ma era meglio essere sicuri. Sua madre sbuffò pesantemente e l'appoggiò in grembo. "L'avevo già controllata io, ma mi fa piacere che pensi che sia rimbambita."
"Non intendevo questo, mamma…"
"Comunque…" lo interruppe lei, con lo stesso cipiglio che aveva qualche anno prima, sfogliando diverse pergamene che aveva in grembo fino a prendere un biglietto. "Ho sentito l'infermiera mentre la chiamava e ho scritto subito il suo cognome, per non scordarlo, e poi a casa ho controllato sulla mia copia del Magician Directory e ho scoperto il suo nome completo: guarda!" esclamò, contenta come una bambina a cui avessero regalato un dono.
Blaise prese il foglietto che la madre gli porgeva con interesse: non sembrava per niente una donna svampita dall'età, anzi, e contento abbassò gli occhi per leggere cosa ci fosse scritto sulla pergamena. E imprecò. Forte.
Porca Morgana! Ginny Weasley?

-

-

-

*** Beh, io volevo pubblicare lunedì, ma non ho resistito... 😅  chissà se anche voi  avete voglia di leggere quanto io ne ho di pubblicare! Buona lettura a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il ballo a Stin'sen House ***


Il ballo a Stin'sen House

-

-

 

Ginny sospirò e si distese sul copriletto aprendo le braccia.
"Cosa ti metti stasera?" La rossa alzò appena le palpebre e guardò Hermione da sotto le ciglia.
"Il pigiama?" ironizzò, sospirando.
"Dai, Ginny, è un ballo del Ministero! E stasera ci sarà proprio tutto il mondo magico, pensa che viene anche Shakebolt! Mi ha promesso che parleremo della mia campagna per il C.R.E.P.A!" esclamò entusiasta.

Interessante come un vermicolo in uno stivale, pensò la rossa, ma non ebbe il coraggio di dirlo ad alta voce: non voleva offendere Hermione, anche se considerava il C.R.E.P.A una perdita di tempo. La ragazza richiuse gli occhi e girò la testa per non farsi vedere dall'amica: le piacevano i balli, ma odiava quelli del Ministero: la gente era indiscreta, spettegolava e cercava di scoprire i segreti degli altri. In pratica come a Hogwarts, però più in grande. Molto più in grande.
"A te piace andarci perché nessuno parla alle tue spalle…" la rimproverò, quando non le venne in mente un motivo sufficiente per declinare l'invito.
"Sicuramente parleranno anche alle mie spalle, ma… indovina? Non mi interessa!" Hermione ridacchiò come non aveva mai fatto neanche da ragazzina. No, a lei non interessava davvero. Forse perché su di lei si dicevano solo cose belle. Perché lei aveva salvato il mondo magico. Perché lei era una delle persone più importanti e la gente faceva a gara a mostrarsi gentile e a farle favori. Sospirò: non voleva sembrare invidiosa o ingrata, ma aver lasciato che Harry rimanesse in Romania ed essere tornata a casa ad affrontare i pettegolezzi di tutti, da sola, l'avevano un po' provata.
"Vieni anche tu, magari verranno anche Neville e Luna…" Ginny annuì, ormai convinta: la sua assenza avrebbe fatto chiacchierare molto di più della sua presenza e lei si sarebbe comunque arrabbiata a leggere le bugie che i vari giornali scandalistici avrebbero propinato ai lettori. Forse, se non avesse dato modo di parlare di sé, non avrebbero scritto niente. Almeno avrebbe visto gli altri.

 

Hermione sorrise e accarezzò i capelli dell'amica. Sapeva che aveva bisogno di distrarsi e chi lo sa, forse anche di conoscere gente nuova: la sua relazione con Harry era naufragata, ma lei doveva solo guardare avanti.
"Devi solo svagarti un po'…"
Ginny si alzò dal letto e si tolse l'accappatoio. "La mia idea di svago è differente dalla tua, mi sa… Comunque mi sono svagata la settimana scorsa, nel letto di…" iniziò, girando le spalle a Hermione e mostrando la schiena e la parte posteriore delle braccia all'amica.
"Santo Merlino!"
"Oddio, no, non proprio così tanto" disse Ginny, voltando il viso verso di lei, fraintendendo la sua esclamazione. "Non un disastro, ma niente di così eclatante, purtroppo… Era solo Richard del…"
"Lascia stare il sesso, sto parlando delle tue braccia! Che hai fatto? Sono… bordeaux, proprio rosso fuoco, molto più dei tuoi capelli!" spiegò Hermione, indicandola.

 

Ginny alzò le spalle mentre si infilava la biancheria.
"Ah, sì, mi sono scordata di mettere la lozione solare, e ieri quando abbiamo fatto l'allenamento mi sono scottata, ma non preoccuparti: sono stata al San Mungo e mi hanno curato. Guarda, in faccia sto benissimo!" disse ancora, lanciando uno sguardo alla piccola toilette che c'era in fondo al suo letto e cercando di guardarsi allo specchio.
"Sì, il tuo viso è abbronzato, ma le tue braccia…" disse ancora Hermione, scrutandola con la fronte aggrottata. "E perché solo gli avambracci sono così… rossi?" chiese ancora, avvicinandosi e prendendole una mano, e osservando la linea quasi perfettamente orizzontale che, sul bicipite, divideva la pelle chiara con cui era nata da quella abbrustolita dal sole.
"È perché indosso la T-shirt mentre faccio allenamento" spiegò. Qualcuna delle altre ragazze aveva iniziato ad arrotolarsi le maniche sulle spalle, così da abbronzarsi più uniformemente, ma lei non ci aveva pensato, né le interessava particolarmente.
"Ma si vedrà con il vestito! È senza maniche…" constatò Hermione, osservando l'abito che avrebbe dovuto indossare l'amica: era verde, di molte tonalità e di una stoffa leggera, così impalpabile al tatto da sembrare magico, ma era smanicato.
"Allora vorrà dire che non verrò!" Merlino, perché non ci aveva pensato prima? Quella era un'ottima scusa!
"No, no. Dovrei avere uno scialle. Aspetta che lo cerco."
Hermione guardò dentro la sua borsetta allargata con un incantesimo di estensione e ci infilò dentro tutto il braccio. "Uffa, ma dov'è? L'ho preso su, sono sicura…" borbottò.
"Ma non occorre, Herm…"
"Sì, ce l'ho, ce l'ho!" esclamò dopo poco, interrompendola. Hermione tirò fuori dalla borsetta uno scialle bianco di pizzo. Molto carino a dir la verità, ma non proprio nello stile di Ginny.
"Mmm…" mormorò la rossa, mentre Hermione apriva del tutto la stoffa. "Non vorrei dire, ma non ci sta molto bene…"
La riccia impugnò la bacchetta e, senza neanche parlare, incantò lo scialle che divenne nero e lucido, lo appoggiò sul vestito steso sul letto e anche Ginny dovette ammettere che faceva la sua figura.
Sospirando annuì e acconsentì ad andare al ballo.
"Dove hai detto che sarà, stavolta? A casa di chi?"

 

*

All'ennesimo 'Ti trovo bene… e Harry come sta?' Ginny pensò che avrebbe preferito farsi torturare con mille cruciatus piuttosto che rimanere un altro minuto lì. Come avrebbe voluto potersi smaterializzare a casa, ma poi chi l'avrebbe sentita sua madre e la sua fissa per il galateo magico? I coniugi Stin'sen erano una coppia bigotta ed esageratamente pomposa, se non fosse stata in compagnia della sua famiglia avrebbe volentieri suscitato un po' di clamore, solo per scandalizzarli. Il problema era che erano ben visti al Ministero e sua madre le aveva lanciato occhiate di fuoco ogni volta che aveva pensato -solo pensato!- di dire qualcosa di sconveniente. Così, con un enorme sforzo di autocontrollo, aveva sorriso e ringraziato quando l'etichetta lo richiedeva.
Per fortuna la dimora degli Stin'sen era maestosa, oltre che bella ed elegante così si guardò intorno, cercando, nell'enorme sala, un posto dove nascondersi. Così poteva dire di essere rimasta e che non l'avevano vista perché stava chiacchier… ehm… intrattenendo una conversazione interessante con qualcuno di importante. Chiunque.
Mentre ascoltava con un orecchio solo il Ministro McRiggen che spiegava a Hermione, Ron e al resto della sua famiglia, di come avesse salvato un manufatto raro da una tomba egizia che stava per cadere nelle mani di una squadra di babbani, Ginny pensò che fosse il momento buono per sparire oltre le tende del salone e vedere cosa ci fosse al di là delle colonne che fiancheggiavano la grande sala.
Mentre camminava velocemente per impedire a chiunque di fermare la sua fuga, vide il tavolo del buffet e un elfo che stava facendo apparire spuntini e dolci nei vassoi poco prima vuoti. Oh, sarebbe sicuramente passata di lì prima di nascondersi! Magari si sarebbe seduta da qualche parte a mangiucchiare qualcosa e si sarebbe anche tolta le scarpe: quei dannati sandali con il tacco erano uno strumento di tortura!
Quando arrivò davanti al tavolo adocchiò velocemente ciò che le interessava e allungando prima un braccio e poi l'altro, prese un grosso dolcetto con crema e frutta e un bicchiere di vino. Il fatto che riuscì a fare tutto senza mai fare cadere lo scialle, che le dava un bel po' di noia, né intingerlo nei vassoi e piatti da portata, la fecero sorridere e decidere di aver preso la giusta decisione. Camminò spedita verso l'unica tenda che vedeva slacciata e si intrufolò dietro, per scoprire una veranda chiusa che correva lungo tutta la lunghezza della sala, che rimaneva seminascosta agli occhi di tutti, dietro alle spesse tende allacciate. Con una smorfia, piegò un po' una gamba e poi l'altra, controllando se in quella stanza ci fosse una panchetta o un posto per sedersi ma non ne vide, forse perché era molto buio, perché alla fine sembrava il posto adatto per imboscarsi e riposare. Sospirando, si dedicò all'altro suo interesse urgente: il cibo.
Mentre addentava il dolcetto, lo scialle le cadde nell'incavo del gomito e lei si maledisse ancora per non essere rimasta a casa. Provò a dare dei colpi con il braccio, ma quel dannato scialle non ne voleva sapere di tornare al suo posto e lei non riusciva neanche a prendere la bacchetta, con le mani occupate.
"Weasley, proprio te cercavo!"
Ginny sobbalzò mentre lasciava cadere sia il dolcetto che lo scialle e si voltava verso una delle voci più fastidiose che ricordava.

 

*

 

Blaise osservava tutto il locale da dietro la colonna centrale della sala da ballo, protetto dalla tenda di velluto. Conosceva Stin'sen House abbastanza bene e sapeva da dove poter controllare la situazione senza essere visto.
Da quando aveva lasciato la casa della sua infanzia un piccolo tarlo continuava a martellargli in testa: perché sua madre aveva scritto quelle cose proprio su Ginny Weasley? Era un caso che si fossero incontrate oppure la piccola rossa aveva cattive intenzioni con la donna? Purtroppo da quando sua madre aveva iniziato ad avere problemi di concentrazione e di perdita di memoria, Blaise era diventato più protettivo nei suoi confronti e forse anche un po' paranoico.
E non aveva smesso di pensare a lei, alla Weasley. L'aveva cercata nella folla delle danze, ma non l'aveva vista, e aveva pensato che quella sera non fosse venuta, fino a quando non l'aveva notata in un gruppetto di persone che si erano fermate a parlare con McRiggen, vicino al palco dell'orchestra.
Conoscendo la fama della parlantina del Ministro, si era messo comodo, pensando che lei e la sua famiglia sarebbero stati rapiti per almeno un'ora.
Fu così con interesse e piacevole sorpresa che seguì quella piccola fiamma vestita di verde, quando la vide indietreggiare e scappare letteralmente dalla situazione: attraversò la sala diretta al tavolo del buffet e poi si incamminò velocemente nella sua direzione.
Blaise aveva spento la lampada alle sue spalle, facendo un passo indietro e lasciando quel tratto nella penombra, mentre le altre luci illuminavano lo spazio, così da poter osservare la ragazza senza farsi vedere, quando capì che avrebbe attraversato le colonne e le lunghe tende per nascondersi.
Lei non lo aveva visto, così come aveva immaginato, ed era entrata con le mani impegnate, si era guardata intorno, ma non verso di lui, e aveva addentato un dolce che stringeva delicatamente fra le dita. La sentì borbottare quando una parte del suo vestito cadde, scoprendole le spalle e lui rimase a contemplare quella piccola figura mentre si agitava: non la vedeva da Hogwarts, ma aveva visto e letto qualcosa di lei sui giornali, dopo la fine della guerra magica. Fece un passo e capì che quello che le copriva le spalle era uno scialle e che lei non riusciva a tirarlo su per rimetterlo al suo posto. Ma quello che lo incuriosì furono le sue braccia: la sua pelle era strana e cambiava colore improvvisamente in una linea diritta. Come quella volta che aveva fotografato il mare calmo in pieno giorno: un orizzonte, quasi. Quando capì che era l'abbronzatura, una strana sensazione si accoccolò dentro di lui. Lei iniziò a fare dei movimenti strani e Blaise capì che non avrebbe lasciato andare ciò che teneva in mano per prendere la bacchetta, così impugnò la sua, avvicinandosi.
La chiamò, e forse esagerò un po', perché lei si spaventò e lasciò cadere il dolce sul pavimento, schizzandogli le scarpe di crema, mentre una fragola rotolava verso di lui, e lo scialle lo seguì subito dopo, depositandosi sulla macchia sul pavimento.
"Santo Merlino, Zabini! Mi hai fatto cadere il dolcetto!" esclamò, quando lo riconobbe. Blaise rise: era divertente quasi quanto a scuola.
"Anche il tuo scialle si è rovinato" constatò, chinandosi e prendendolo con la mano, nonostante avesse la bacchetta in pugno. Purtroppo quando hai un'educazione rigida alle spalle, non riesci sempre a schivarla e spesso le cortesie vengono fuori da sole; anche per le persone che non se lo meritano.
"Vabbè, quello mica dovevo mangiarlo, posso pulirlo con un incantesimo!" mormorò sconsolata, continuando a guardare il pavimento.
Blaise si avvicinò, pulendosi le scarpe nel frattempo, e le allungò lo scialle, pensando se dovesse o meno offrirsi per andargliene a prendere un altro: decise di non farlo. No, non era proprio il caso.
"La tua abbronzatura è…" Indeciso su cosa dire, il ragazzo si fermò e lei si girò verso di lui, con la mano libera sul fianco, ignorando lo scialle che lui le porgeva, pronta a brontolare ancora. E Blaise l'avrebbe anche ascoltata se in quel momento non avesse visto la linea curva, proprio sotto la base del collo, che le segnava l'abbronzatura. Non riuscì a fermare lo sguardo che volò giù, scese sul petto e si fermò sulla scollatura, generosa, del vestito. La pelle candida spariva sotto a quel tessuto che sembrava impalpabile e lui si immaginò la ragazza a seno nudo: doveva essere una visione…
Deglutì sperando che lei non se ne accorgesse e riportò lo sguardo sul suo viso: la sua pelle era più scura che sul petto, ma sembrava comunque morbida e vellutata. Per un attimo desiderò accarezzarle una guancia con il dorso della mano, ma si trattenne: lei era sempre la ragazzina strafottente di Hogwarts, anche se ora sembrava più… interessante.
"Cos'hai da ridire sulla mia abbronzatura?" chiese allora, con cipiglio combattivo, quando lui non continuò.
Con un sospiro, come se avesse a che fare con un bambino piccolo, Blaise pulì lo scialle con la bacchetta e glielo allungò di nuovo. "È… interessante" concluse, incapace di pensare altrimenti, mentre lei prendeva l'indumento e aggrottava la fronte.

 

Ginny rimase basita più dalla sua espressione che da ciò che aveva detto. E neanche si accorse della gentilezza che lui le aveva fatto, ridandole lo scialle pulito.
"È un modo carino per insultarmi?"
"Ti sembra che abbia bisogno di carinerie per insultarti?" rispose invece lui e Ginny fu ancora più confusa.
"Ok…" disse, stringendosi al petto lo scialle che aveva in mano e guardando verso la pista da ballo sorseggiando il suo bicchiere di vino. "E perché hai detto che mi stavi cercando?" domandò subito dopo aver controllato gli altri della sua famiglia: solo Hermione si era accorta che non era più con loro e si guardava intorno furtivamente per individuarla. Ginny alzò la mano con il bicchiere quando il suo sguardo si posò verso di lei e l'amica annuì in risposta.

 

Blaise si avvicinò alle tende, praticamente l'unico accesso al loro covo, cercando di capire chi stesse salutando, quando la ragazza si voltò di scatto verso di lui: non si aspettava che fosse così vicino e sussultò quando per poco non si scontrarono. Subito dopo, lei finì velocemente il vino che le era rimasto nel bicchiere e fece un passo indietro.
"Sembra che tu abbia incontrato mia madre, ieri…" esordì, anche se era molto meno sicuro di prima di voler fare quella conversazione: non stava andando come aveva previsto e sembrava una cosa più difficile da gestire di come avesse pensato.
La Weasley, come se avesse perso interesse nei suoi confronti, fece qualche passo e tornò a guardare fuori dalle tende: ciondolava il bicchiere vuoto come se ne volesse ancora ma non fosse sicura di voler uscire da lì.
Così, per paura che tornasse verso il buffet, si avvicinò ancora a lei: gli piaceva l'idea che prima fosse stata a disagio, nel vederlo così vicino.
"Ti sbagli, Zabini. Non…"

 

Ginny iniziò a sentire caldo, nonostante il vino fosse freddo al punto giusto, o forse proprio per il vino, e sentì un brivido percorrerle la schiena e farla tremare. Poteva quasi dire di sentire goccioline di sudore freddo sulla schiena; forse si stava ammalando.
Quando Zabini si avvicinò ancora, capì che lo stava facendo apposta e non volle dargli la soddisfazione di vederla arretrare, così rimase ferma e alzò lo sguardo su di lui: erano passati tre anni da quando lui aveva finito la scuola e lei non lo aveva praticamente mai più visto, così fu sorpresa di quei piccoli cambiamenti che notò. Cose piccole e grandi; sembrava più alto: nonostante lei portasse quei tacchi che le stavano facendo malissimo, il moro la superava di un bel po' rispetto all'ultima volta che lo aveva incrociato nei corridoi di Hogwarts. E le sue spalle sembravano leggermente più ampie. Anche il suo torace, sotto la camicia immacolata, dava l'idea di essere più solido di quello di un adolescente. Non aveva niente da invidiare ai giocatori di Quidditch che lei frequentava abitualmente. Quando arrivò al suo sguardo obliquo, notò che i suoi occhi ridevano. Probabilmente di lei, così tornò a guardare la pista, ma senza staccare la mente dal suo viso: aveva una bocca bellissima, Ginny lo aveva sempre saputo, con labbra carnose e invitanti, ma ora si era fatto crescere una barbetta curata, come tutto il resto d'altronde, e lei dovette ammettere che aveva guadagnato punti su quell'aspetto.
Sicuramente era ancora un altezzoso e un arrogante, però. Quelli come lui, anche se belli, erano sempre delle persone da evitare come la Spruzzolosi.
Fu così con un po' di freddezza che gli rispose: "Ti sbagli, Zabini. Non…"
Davanti ai suoi occhi apparve un biglietto di pergamena e lei dovette spostare la sua attenzione. Non che ci fosse qualcosa di così importante da guardare sulla pista.
"Allora perché ho trovato questo?"

 

Blaise si trovò infastidito dal fatto che lei, dopo averlo osservato, si fosse girata verso la sala con quell'espressione disgustata in viso. Non che gli interessasse la piccola Weasley, su questo era certo, era solo per il fatto che non gli piaceva che qualcuno, neanche lei, non lo trovasse una visione attraente. Vabbè che a lei piaceva quel troll di Potter…
Deciso a riavere la sua attenzione, tirò fuori dalla tasca della giacca il biglietto che aveva scritto sua madre e glielo mise sotto al naso con un po' di arroganza.
La ragazza lo prese in mano e lo lesse mentalmente, mentre lui continuava a guardare il suo viso in cerca di espressioni involontarie.
Lui comunque lo aveva letto così tante volte da saperlo a memoria.

 

'La ragazza è molto carina e gentile. Le piacciono i fiori ed era interessata a ciò che dicevo. Mi ha consigliato di scrivere quello che faccio per non scordarmi niente.

Ha i capelli rossi e gli occhi profondi. Quando sorride diventa molto bella. Mi ricorda un po' la mia giovinezza.

Miss Weasley. Anche lei ha avuto un momento di perdita di memoria. Come la mia. Uguale.

Nome completo Ginevra Molly Weasley, nata nel 1981".

 

Ginny allungò di nuovo il biglietto a Zabini. "Tua madre è Mrs Madeleine?" chiese allora e vide il viso del moro annuire. "Sì, l'ho incontrata al San Mungo, ieri. Io c'ero andata per via della scottatura…" sospirò, guardandosi un avambraccio: si era scottata le braccia e il viso. Erano riusciti a guarirla facilmente, ma la sua pelle era rimasta comunque bicolore. Era stata Gwenog a insistere perché andasse al San Mungo, se fosse stato per lei, sarebbe andata a casa e si sarebbe sparsa una pozione alla calendula.
"E le hai detto di scriversi tutto quello che fa."
Non era una domanda e infatti Ginny non la interpretò come tale. "Diceva che aveva dei vuoti di memoria ma senza essere sotto incantesimo…" Alzò le spalle: le ricordava troppo il suo primo anno a Hogwarts, anche lei soffriva di vuoti di memoria, ma veniva posseduta dall'anima di Voldemort.

 

Blaise prese il biglietto che lei gli porgeva e per un attimo il suo sguardo si fermò sulla ragazza, anche se lei non lo guardava. Le disse ciò che aveva detto la madre e lei alzò le spalle in un gesto forse infantile, ma che agli occhi di Blaise divenne molto eccitante visto che il suo seno si mosse leggermente, alterando la sua normale corporatura.
Blaise pendeva dalle sue labbra, mentre la rossa spiegava quello che era successo; un po' per quello che gli stava dicendo, del fatto di sua madre, e un po' per il resto: il suo viso, il suo atteggiamento, tutto di lei gli sembrava interessante in quel momento. Però doveva rimanere concentrato! Scosse la testa, provando ad allontanare altri pensieri che non fossero quelli di ciò di cui lei stava parlando ma, subito dopo, il suo discorso venne interrotto da Draco e Theo che irruppero nel locale senza preavviso e con irruenza.

 

Ginny stava spiegando a Zabini com'era andata al San Mungo quando, senza accorgersene, venne investita da Malfoy e Nott, che la interruppero con la loro presenza ciarliera e ingombrante.
"Oh, Miss Weasley, che piacere! Come stai?" gongolò Nott, vedendola, e Ginny poté quasi notare un'occhiata di apprezzamento affettata, mischiata a tanto alcool.
"Non dire niente su mia madre!" le intimò Zabini sottovoce, stringendole un braccio con un po' di forza e uno sguardo duro e glaciale, così inaspettato che lei non riuscì a fare nient'altro che annuire.
"Theo, è la Piattola, non c'è bisogno che tu sia gentile, né tantomeno galante…" lo sgridò con un ghigno Malfoy.
"Malfoy, devo riconoscere che non sei cambiato di una virgola: infantile, stupido e arrogante come una volta!" si lasciò scappare la ragazza, sbuffando e facendo una smorfia.

 

"Oh, Wealsey, sembri un incantesimo riuscito male! Cosa ti è successo alle braccia? Ti sei scambiata con qualcuno durante la smaterializzazione?" Blaise scosse la testa alle parole di Draco, piuttosto alticcio, mentre si avvicinava alla ragazza allungando una mano per prenderle un braccio. "Oh, comunque due colpi te li darei lo stesso…" E con quelle parole la trapassò con uno sguardo lascivo. La ragazza arricciò il naso dal disgusto mentre faceva un passo indietro per non farsi neanche sfiorare da lui e Draco dovette rimanerci male, perché subito dopo l'assalì a parole. "Sempre che io mi abbassassi a toccare una come te… piccola traditrice del…" Le parole vennero a mancare al biondo perché lei aveva spiegato lo scialle per ricoprirsi e il suo gesto aveva messo in mostra il decolté che, qualunque cosa dicessero gli altri, da sempre meritava e parecchio, secondo Blaise. "Comunque immagino che ormai tu abbia le ragnatele, lì sotto, visto che Potter è via da quasi un anno…" E con una brutta risata la indicò.
A Blaise avrebbe dato fastidio il suo comportamento se non fosse stato colpito dalle sue parole.
"Potter ti ha lasciato?" chiese il moro, guardandola con interesse e la rossa si morse un labbro senza dire niente né ricambiare nessun tipo di sguardo. Ma cosa si era perso?

-

-

-

****Eccomi qui! Ho pubblicato oggi perchè poi non ci sono più fino a martedì e non volevo lasciare troppo tempo fra un capitolo e l'altro (e sì, avete visto come sto cercando di 'fare la brava'? 🤭 Spero di continuare  così. Per ora buona lettura e  buone vacanze a chi  si farà questo  weekend lungo.  Baci a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La prima foto ***


La prima foto

 -

-

-

"Theo, ma dove… Oh, ma quanta gente qui…" La voce della Greengrass, la biondina Serpeverde che aveva lasciato Hogwarts l'anno prima del suo, fece girare Ginny verso le tende e capì che quel posticino non era così intimo come aveva immaginato, osservando le tre Serpeverde che oltrepassarono le colonne, ma ringraziandole mentalmente per la distrazione che offrivano.
Con un cenno salutò la più giovane delle Greengrass con cui la Grifondoro aveva scambiato qualche parola l'ultimo anno di scuola e ignorò la Bulstrode, che comunque le ricambiò il favore.
Osservò con poco interesse la più grande delle Serpeverde provarci spudoratamente con Zabini e Nott, e notò le occhiate furtive che la giovane Greengrass lanciava invece a Malfoy che ci provava esageratamente con sua sorella. Valutò l'idea di tornare in sala, alla mercé di tutto il mondo magico, pur di non rimanere lì ad assistere a quella che pensava si sarebbe trasformata in un orgia.
"Perché non chiedi anche a me di ballare, Daphne? Poi potremmo…" Il biondo stuzzicò la ex compagna di casa, anche se a Ginny sembrò che Malfoy in verità giocasse con qualcosa di più grande di lui. La Serpeverde gli diede una risposta sagace che la Grifondoro non ascoltò, ma notò lo sguardo triste che la giovane ex verde argento aveva in volto.
"Draco, se vuoi ballo io con…"
"Oh, per le scarpe sporche di Merlino!" borbottò sottovoce Ginny quando capì la situazione.
"Come?" le chiese curioso Zabini, e lei si girò verso di lui senza quasi rendersene conto.

 

"Quella ragazza è cotta. Potrebbe finire male..." rispose la rossa sottovoce e Blaise si stupì del fatto che lei avesse capito, dopo pochi minuti, ciò che loro sapevano da sempre: Astoria moriva dietro a Draco da quando lo conosceva. Vide la ragazza avanzare di qualche passo e avvicinarsi alla sorella di Daphne. "Vieni con me" disse e, senza aspettare risposta, prese per un braccio la biondina per trascinarla via, uscendo da quell'anfratto nascosto.

 

Ginny, come spesso succedeva, non pensò alle conseguenze del suo gesto e trascinò la giovane Greengrass fuori da quella trappola mortale. Lei sapeva cosa voleva dire morire dietro a qualcuno che non ti aveva in nota; sapeva cosa significava aspettare con ansia che lui si accorgesse di te e attendere una sola parola, un solo sguardo o qualunque altra cosa che ti facesse capire che lui voleva ciò che volevi tu. Ma Draco Malfoy non era Harry Potter: poteva essere un guaio. Mentre oltrepassava la barriera delle tende per tornare nella sala da ballo, si girò e vide lo sguardo di Malfoy che osservava la ragazza andare via: qualcosa dentro di lui era all'erta, ma non voleva ammetterlo. O forse, non poteva. Ginny capì che la cosa era strana, come se Malfoy volesse dire qualcosa verso la ragazza ma non lo facesse per un qualsiasi motivo. Pensando che fosse colpa di tutte quelle persone che erano lì con loro, non si sentì in colpa a trascinare via la biondina che, stranita, non aveva posto resistenza.
"Ma dove andiamo?" chiese invece, innocentemente, quando raggiunsero lentamente la metà del salone.
"Lontano da Malfoy, Greengrass" rispose semplicemente e quando la biondina tentò di protestare continuò. "Da quanto tempo va avanti questa situazione?" La ragazza spalancò gli occhi e scosse la testa in un momento di tristezza, mentre gli occhi le si riempirono di lacrime. "Ok, vediamo di smetterla di correre dietro a qualcuno che non ha intenzione di aspettarti".
"Che vuol dire?"
"Che ora lascerai perdere Malfoy e ti guarderai intorno. Ho il presentimento che presto sarà la ex Serpe bionda a correre dietro a te."
Si diresse decisa verso il buffet e si fece riempire il bicchiere da uno degli elfi. "Perché non prendi da bere anche tu?" La giovane annuì un po' stranita e prese un calice posato su uno dei vassoi. "Vieni, intanto ti spiego fino a che punto puoi spingerti prima di farti veramente male".

 

Blaise aveva osservato le due ragazze andarsene, senza fare niente: la Weasley aveva uno sguardo determinato e lui, che aveva l'impressione di aver capito cosa fosse successo, ne fu quasi orgoglioso.
"È migliorata, la piccola Weasley, eh?" constatò Theo, avvicinandosi a lui, per guardare la rossa che se ne andava verso il tavolo del buffet.
"Mmm… Forse…" ammise Blaise. Non voleva scoprirsi, non lo faceva mai, in nessuna situazione: a poker, quando giocava con gli altri, né nella vita, quando c'erano in ballo sentimenti e segreti.
"Stai attento che Draco potrebbe arrivare prima di te" sussurrò ancora Theo, che lo conosceva da una vita, e Blaise cercò di capire cosa stesse dicendo, mentre si allontanava ammiccando nella sua direzione.
Come? A lui non interessava la Weasley! Ma quando si voltò verso il biondo, pensò che non avrebbe gradito per niente che ci provasse anche con lei. Beh, a meno che la Weasley non lo rifiutasse apertamente, si disse, ripensando a quando poco prima si era spostata per non lasciarsi toccare. Si odiò per quel pensiero che gli stava riempiendo la testa, ma gongolò del fatto che, quando si era avvicinato lui, lei non si era spostata.
Tentando di pensare ad altro, mise le mani in tasca e trovò il biglietto di pergamena che aveva appena fatto leggere alla ragazza: sua madre! Non avevano parlato di sua madre. Deciso ad andare a cercarla, - solo per quello, per nessun altro motivo! – uscì nel salone e si diresse dietro alle ragazze.
Le vide mentre si avvicinavano al buffet e osservò la rossa farsi riempire il bicchiere vuoto e fare un cenno ad Astoria per indicarle di prenderne uno anche lei.
Le ragazze si spostarono verso la fine del tavolo e Blaise osservò la Weasley continuare a parlare alla bionda, che annuiva e pendeva dalle sue labbra. Si mise le mani in tasca e cercò di avvicinarsi a loro senza farsi vedere: voleva mettersi in una posizione comoda per controllare ciò che avrebbe fatto la ex Grifondoro. Astoria l'ascoltava come se fosse sotto l'effetto di un incantesimo e la cosa lo incuriosiva parecchio: gli piaceva osservare l'atteggiamento delle persone, lo aveva sempre aiutato nella vita, soprattutto negli affari e quando giocava a Poker. Sapeva che Draco si toccava la punta naso quando bleffava, mentre se aveva in mano delle carte buone gli veniva un tic al sopracciglio. Theo tendeva a fare una smorfia con la bocca quando mentiva e se era agitato si passava la mano aperta sul retro dei pantaloni. Daphne si mordeva il labbro e stirava il naso quando si arrabbiava
  e Astoria, vabbè che Astoria fosse cotta di Draco lo sapevano praticamente tutti. E Blaise sorrise al pensiero che se ne fosse accorta subito anche la Weasley.
Fece qualche passo, per cercare di trovarsela, se non proprio di fronte, almeno ai tre quarti del profilo, per riuscire a capire cosa stesse dicendo: aveva una discreta abilità nel leggere le labbra.
Dopo pochi minuti, le ragazze vennero raggiunte da due tipi che, anche se davano l'idea di essere arrivati lì ciondolando, Blaise ebbe l'impressione che avessero adocchiato le loro prede già da qualche minuto.

 

Ginny notò Richard Stonewall, del Puddlemere United,  avvicinarsi a lei e alla Greengrass e non seppe se fosse il caso di allontanarsi con una scusa o lasciare che lui arrivasse da loro. Forse, se fosse stata da sola, avrebbe fatto un bel dietro front e si sarebbe avventurata sulla terrazza e probabilmente avrebbe continuato fino in giardino senza fermarsi, nonostante il mal di piedi. Ma non avrebbe potuto abbandonare la ex Serpeverde senza destare sospetti. E poi non le piaceva scappare. Sospirò e rimase in attesa che si avvicinasse.
"Buonasera, ragazze!" esordì Richard quando fu abbastanza vicino da salutarle senza dover alzare la voce.
"Chi è questa incantevole fanciulla?" chiese Rudolph Fastball, compagno di squadra di Richard, cacciatore come lei, osservando la Greengrass con un'occhiata interessata. "Ci hanno presentato, cara?"
Ginny sospirò con finto rimprovero e Richard ammiccò verso di lei. "Balli con me, Ginny?"
Per una volta contenta di avere una buona scusa, la ragazza scosse il capo. "Sono con la mia amica Astoria…" disse, voltandosi subito verso la Greengrass: si chiamava Astoria, giusto?
"Oh, terrò io compagnia ad Astoria" propose Fastball con un elegante baciamano e Ginny notò che la bionda era divertita e, forse, iniziava a godere del fatto che qualcuno l'apprezzasse.
"Andate pure" disse infatti, prima di tornare a rivolgersi a quello che era diventato il suo cavaliere. Beh, c'era dire che la Greengrass si riprendeva subito da una delusione.
"Va bene" acconsentì, alzando una mano e lasciando che il ragazzo gliela prendesse. Magari la prossima volta avrebbe spiegato alla Greengrass cosa fosse un linguaggio in codice. Quando iniziò un nuovo ballo si avviarono insieme verso il centro della pista e Ginny sentì subito gli occhi dei presenti sulla sua schiena. Sentì anche diverse voci che si abbassavano quando, ballando, gli passavano vicino. Cercò di non pensarci e sorrise nonostante tutto: Richard era un bravo ragazzo, ballava bene ed era anche carino.

 

Blaise si allungò a prendere un bicchiere di vino quando vide il ragazzo che si era avvicinato alla Weasley, circondarle la vita con la mano, mentre si allacciava a lei per ballare. Una sensazione strana gli prese l'esofago e scese fino alla bocca dello stomaco, così, pensando che fosse qualche tipo di arsura, si scolò il bicchiere velocemente e ne afferrò al volo un altro direttamente dal vassoio di uno degli elfi.
Osservò, con quella che doveva essere fin troppa attenzione, la coppia e si avvicinò per riuscire a vederli bene in viso: lui era un tipo muscoloso e Blaise pensava di averlo già visto, forse giocava a Quidditch, ma non si ricordava di quale squadra facesse parte. E sorrideva. Troppo. Il suo sguardo si posò più volte sulla ragazza davanti a lui e Blaise ebbe l'impressione che anche lui avesse notato la linea dell'abbronzatura che aveva acceso pensieri peccaminosi nella sua testa. Lui sorrideva dolcemente e la guardava con tenerezza, ma anche con uno sguardo di chi avesse già assaggiato il dessert: fra loro c'era qualcosa, era abbastanza sicuro che fosse così.
Quando lesse sulle sue labbra 'ci siamo divertiti' per un attimo trattenne il respiro e si maledisse per dove si era posizionato perché non riusciva a vedere il viso di lei. Cosa gli stava rispondendo? Se ne sarebbe andata via con lui? Sospirò e vuotò velocemente un altro bicchiere: se lei se ne fosse andata avrebbe dovuto trovare un altro modo per parlarle. E per chiederle se fosse vero o meno che anche lei aveva avuto un vuoto di memoria come sua madre. Li osservò volteggiare e vide il volto sorridente della ragazza ogni volta che lui la faceva girare. Stava perdendo tempo ed era un po' nervoso. Quando la musica di quel ballo finì, ebbe quasi l'idea di andare da loro, di prenderla per mano e obbligarla a ballare con lui. Sempre soltanto per la questione di sua madre.
La vide tornare verso Astoria e l'altro damerino, dotato di muscoli e probabilmente un giocatore anche lui, e i ragazzi continuarono a chiacchierare fino a quando Blaise vide la bionda annuire e accettare di ballare: finalmente qualcuno che la invitava senza guardare prima sua sorella, pensò. Si scoprì a pensare come la cosa gli facesse piacere, ma i ragazzi rimasti soli erano un'attrazione più interessante dei ballerini e non riuscì a toglier loro gli occhi di dosso.

 

Ballare le piaceva un sacco, quello che non le piaceva erano i pettegolezzi, le foto rubate e le bugie. Ginny cercò di non pensarci e ringraziò il cielo che Richard, che lo sapeva, tentò in tutti i modi di distrarla e di non pensare al fatto che fossero in mezzo alla pista. Quando le ricordò della loro serata di tre giorni prima, sorrise con tenerezza: lui era veramente gentile, ma sotto molti aspetti le ricordava Harry e aveva paura che fosse uno dei motivi per cui aveva accettato di uscire con lui.
La loro serata era finita bene, si erano divertiti davvero e non era stato male neanche il sesso, ma lei glielo aveva detto: "Niente obblighi, divertiamoci e basta". Ma non era quello che cercavano i ragazzi? Sesso senza impegni? Perché insistere?
Lui, alla fine del ballo, dovette aver capito la situazione perché non insistette più e non smise di essere comunque gentile. E lei aveva ripreso a sentire male ai piedi. Come avrebbe voluto togliersi le scarpe!
Quando Astoria e Fastball tornarono dal ballo, Richard le disse che se avesse cambiato idea, avrebbe saputo dove trovarlo e le baciò il dorso della mano prima di andarsene insieme al ragazzo.
"Mia madre mi sta chiamando… Weasley, ti spiace se vado…" Astoria le aveva posato una piccola mano sulla spalla e Ginny si girò per scusarsi. "Certo, certo, scusami se ti ho rapito…"
"Oh, no, grazie mille, invece!" rispose lei, con gli occhi che brillavano. Chissà, forse a volte bastava poco per acquisire un po' di fiducia in se stessi, pensò Ginny e le fece un cenno del capo mentre la guardava andarsene.
Ginny rimase sola giusto qualche minuto, o forse di più, quando pensò di andare a cercare il resto della sua famiglia, prima che un piccolo gufo di pergamena le sbatté sul viso per caderle in mano e spiegarsi per ritornare un foglio aperto.
Lo lesse velocemente, si guardò intorno sorridendo e poi, in un gesto veloce e che non avrebbe calcolato nessuno, si diresse verso la fine della sala, per imboccare un corridoio e uscire di nascosto dal retro.

 

Blaise vide la Weasley rimanere da sola dopo che il damerino, con un sorrisino, veniva scaricato e si allontanava, e dopo che Astoria ebbe sentito il richiamo di Mrs Greengrass che la chiamava con un cenno.
Pensò che fosse il momento giusto per andare a parlarle: chissà, magari l'avrebbe stuzzicata e presa in giro per il ballo con quella sottospecie di dandy. Ghignò al pensiero di darle fastidio, camminando lentamente verso di lei, quando la ragazza alzò gli occhi sorridendo a un gufo di carta e lesse il biglietto con gli occhi che brillavano, per poi, subito dopo, scappare via da una porta laterale. Per un attimo si sentì escluso, se avesse alzato gli occhi ad altezza uomo, avrebbe visto che stava arrivando da lei, che la stava cercando, ma non lo aveva fatto. Anche se non era escluso che se ne andasse comunque. Chi le aveva scritto? Un suo amante? Il tipo di prima? Avevano fatto una sceneggiata per qualcuno e poi si vedevano di nascosto? Per un momento pensò quasi di esserne la causa, per poi scuotere la testa e darsi del cretino.
Vabbè. Guardò verso una finestra aperta e vide la luna nel cielo. Al diavolo la Weasley, era la luce giusta per le foto. Si diresse verso il guardaroba e recuperò mantello e scopa: era arrivato il suo momento.

 

*

Dopo venti minuti, Blaise aveva fatto un bel po' di foto: al cielo, alla dimora di Stin'sen dall'alto, ai fiori del giardino, a qualche creatura che girava di notte. Aveva uno scatto bellissimo di un gatto nero a cui erano brillati gli occhi quando aveva fatto la foto.
Dei risolini e un mormorare sottovoce dalla parte meno luminosa del giardino gli fecero capire che qualche coppietta aveva deciso per un po' di privacy, così si avvicinò per curiosare e quando vide Theo con una ragazza dai lunghi capelli mori, tornò a volare lontano. Scosse la testa: quel ragazzo si sarebbe messo nei guai. Sperò che, almeno questa volta, la ragazza fosse maggiorenne. E che lui si sarebbe ricordato il suo nome il giorno dopo. Fece un altro giro in cielo con la scopa, ma decise di azionare un incantesimo di dissimulazione su di lui e la firebolt che cavalcava.
Scattò altre foto e, quando ormai pensava di aver finito, sentì un fruscio e un'esclamazione poco signorile venire da una panchina nel giardino sul retro, da dove si poteva accedere tramite una scalinata un po' scomoda e quindi che in pochi usavano.
Si avvicinò, convinto che fosse qualcuno che aveva più di un motivo per stare così nascosto, così prese già in mano la macchina fotografica, azionando lo zoom con un incantesimo di sua invenzione e guardò nell'obbiettivo per non farsi scappare la cosa.
Quello che vide, però, per poco non lo fece cadere dalla scopa: la Weasley, seduta sulla panchina, stava voltando il viso lentamente, mentre sorrideva, verso qualcuno e in quel momento gli parve così bella che Blaise pensò che ci si sentisse così, sotto un incantesimo. Le labbra della ragazza e i suoi occhi sorridevano felici, niente di ciò che lui aveva visto nella sala o mentre ballava, un sorriso che le illuminava il viso, rendendola bella come una fata di primavera.
Blaise era rimasto incantato, ma le sue mani avevano agito d'impulso, immortalando quel gesto per sempre nella macchina. Quando la pellicola speciale scivolò fuori dalla macchina fotografica, Blaise la guardò, osservandola per un minuto buono prima di metterla via e tornare a guardare la ragazza per capire cosa fosse stato a provocarle quella reazione.

-

-

-

***Eccomi! Sono tornata giusto oggi e ho pensato di continuare a pubblicare. Che dite, ho fatto bene? Grazie a chiunque legga!



Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il ricatto ***


Il ricatto

 -

-

Ginny si era seduta ad aspettare Neville in giardino, perché i piedi avevano iniziato a farle male, in uno dei soliti posti dove si rifugiavano lei e gli altri quando la situazione diventava pesante. Lo aveva sentito arrivare e, non appena si era girata e lo aveva visto, gli era corsa incontro ad abbracciarlo: non si vedevano da due settimane.
"Avevo pensato che non saresti venuto: Luna mi ha detto che Hannah non stava bene…"
Neville sorrise e si passò una mano fra i capelli. "Hannah è a casa, si è coricata, ma io avevo bisogno di vederti…"
Come? Ginny aggrottò la fronte mentre si risedeva sulla panchina. "È successo qualcosa?" Si sganciò un sandalo e appoggiò il piede scalzo sull'erba: il fresco della rugiada sotto le dita e la pianta le diede un sollievo immane.
Il sorriso di Neville si fece più ampio mentre metteva una mano in tasca. "No, no, è solo che…" iniziò, per poi estrarre qualcosa di piccolo. "Guarda: l'ho trovato!" esclamò solamente e la ragazza non ebbe bisogno di sapere nient'altro, mentre spalancava gli occhi felice: l'anello!
"Fammelo vedere!" Ginny non riuscì a contenere la gioia che le aveva preso il petto: Neville avrebbe chiesto a Hannah di sposarlo! Allungò la mano verso di lui, ma quando le mostrò la scatolina scura, praticamente gliela strappò di mano: non riusciva più ad aspettare!
Un'esclamazione poco decorosa le scappò dalle labbra, ma non se ne preoccupò: erano nel giardino sul retro e non era interessante come quello che dava sulla sala da ballo, non c'erano angoli bui dove amoreggiare e aiuole fiorite dove passeggiare, era una enorme e intricata giungla di cespugli e alberi, niente di romantico: un fazzoletto di cortile, con sentieri di ghiaia e panchine scomode. Non c'era nessun altro oltre a loro. Almeno erano vicino a uno dei piccoli lampioni e lei riuscì a vedere bene l'anello.
"È bellissimo, Neville, scommetto che le piacerà un sacco!"
Il ragazzo lo riprese in mano e lo guardò ancora, come se avesse bisogno di un'ulteriore conferma. "Speriamo" mormorò solamente.
Ginny si intenerì: Neville aveva un cuore d'oro e si meritava di essere felice. Gli appoggiò una mano sull'avambraccio e sorrise mentre lo rassicurava ancora.
"Grazie, Ginny" disse, ancora imbarazzato.
Lei si sganciò anche l'altro sandalo. "Lascia che mi tolga queste assurde scarpe e ti abbraccio come si deve, sono così felice per te!"

 

Neville rise e si chinò verso di lei, sapendo che odiava i tacchi e che le facevano sempre male i piedi, e Ginny alzò le braccia verso di lui, circondandogli il collo. "Sei sempre la solita!" rise lui, sedendosi sulla panchina accanto a lei, e mettendo via la scatolina. "Hai ballato?" le chiese allora, guardando le scarpe abbandonate nell'erba, mentre lei scopriva i piedi e muoveva le dita laccate di uno smalto verde intonato al vestito.
"Sì, non sono riuscita a dire di no al Portiere del Puddlemere United, te lo ricordi? Lo abbiamo visto due settimane fa al party dei Goldstein…"
Neville annuì. "Te lo avevo detto che avevi fatto colpo!"

 

Ginny sentì le guance prendere colore: per fortuna c'era buio e non doveva vedersi molto. Ma Neville la conosceva bene e rise gettando la testa indietro quando vide la sua espressione. "Sono sempre in ritardo, eh? È già successo?" La ragazza annuì e fece un sorriso. "E com'è?"
Ginny alzò le spalle. "Non è male, ma…"
"Non è quello giusto, vero?"
Sospirò. "No…" Alzò gli occhi al cielo e guardò la luna: nessuno sembrava giusto per lei. Neanche Harry Potter, il salvatore del mondo magico. "E poi è così simile a Harry…" Forse non esisteva un ragazzo giusto per lei…
"E Harry come sta? L'ultimo gufo che ho ricevuto è più di un mese fa."
"È molto impegnato, ma sono andata a trovarlo due settimane fa e sta bene."
Neville alzò un sopracciglio. "Sei andata in Romania?" Ginny, come prima, arrossì. Sapeva che lui aveva capito cosa era successo e che non approvava. "Non dovresti tornare là se non riesci a dirgli di no…"
"Non facciamo niente di male, Nev. È solo sesso!" Si stupì a difendere Harry.
"Ma così nessuno dei due riuscirà ad andare avanti…"
"Ma come faccio? L'ho lasciato io!"
"Non per questo devi sentirti in colpa."
"Non mi obbliga mica!" lo giustificò ancora, rendendosi conto che era la verità: non si sentiva mai obbligata con Harry, ma non era più come prima: avrebbero dovuto davvero andare avanti. Oppure…

 

Blaise per poco non cadde dalla scopa: dalle parole di Draco aveva capito che fosse stato Potter a lasciare lei e non il contrario. Stranamente la cosa gli fece quasi piacere. Anche aver scoperto tutte quelle cose, gli fece piacere, pensò con un piccolo ghigno, mentre dondolava sulla scopa: potevano tornargli utili.
"E se andassi anch'io in Romania? Secondo te dovrei…" La voce della Weasley era bassa e incerta, Blaise non l'aveva mai sentita così insicura: si fece attento.
"Ti direi che è una brutta idea, Ginny. Sarebbe una scelta tua, ma forse devi solo andare avanti e vivere…"
"E se non riuscissi ad andare avanti, Neville? E se…" Blaise osservò la ragazza mentre, nervosa, si passava la mano fra i capelli.
"Hai di nuovo fatto quel sogno?" Il tono preoccupato di Paciock fece aggrottare la fronte all'ex Serpeverde.
La ragazza annuì. "Sembra che da quando non mi occupo più dei problemi di Harry io sia di nuovo in balia di… quello". Di cosa stava parlando?
"Non devi occuparti di qualcun altro, Ginny, devi occuparti di te. Devi affrontare la cosa. Sei andata dallo psicomago?"
La Weasley disegnò un cerchio a terra con il piede e sospirò. "È più facile se sono altre cose a occupare la mia mente. Da quando non tento più di rendere felice Harry…"
"Devi essere felice tu! Non eri felice con Harry, non raccontarti balle."
"Però non sognavo in continuazione la battaglia di Hogwarts. Bellatrix non tentava di uccidermi nel sonno…"
"Adesso ti uccide?" chiese il ragazzo, voltando il viso verso di lei, ma la ragazza scosse la testa.
"No: mi sveglio mentre lei scaglia l'incantesimo. Non salto per schivarlo e non mi uccide, è come se io rimanessi… in attesa."
"Effettivamente è quello che ti sta succedendo…"
"Cosa?"
"Sei in attesa di risolvere questa situazione."
Lei non rispose e si morse un labbro, forse pensando a cosa dire. Ma la sua espressione era seria e quando Blaise pensò che sarebbe scoppiata a piangere, lo stupì, non facendolo. Paciock le circondò le spalle con un braccio e la strinse verso di sé, mentre lei appoggiava la testa sulla sua spalla. Fece una foto, anche se si odiò, e nel momento in cui la pellicola saltò fuori dalla macchina, rimase a guardarla, come a chiedersi se avesse potuto fare qualcosa.
Continuò a lanciare occhiate verso la panchina e poco dopo la ragazza rimase sola: sembrava un po' triste. Posò i piedi sul sedile e con un sospiro si abbracciò le gambe piegate.
Blaise storse il naso e, abbassandosi, tolse l'incantesimo di dissuasione.

"Weasley, che situazione romantica!" esclamò, sperando di riuscire a farla arrabbiare: non gli erano mai piaciuti musi e lacrime. Lei sobbalzò e per poco non cadde dalla panchina.
"Per i denti di Godric, Zabini, vuoi proprio farmi morire di spavento, oggi?"
Lui sorrise: c'era riuscito. "È molto più divertente di un Avada Kedavra!"

 

Ginny sospirò rumorosamente mentre Zabini si sedeva accanto a lei, posando la scopa alla panchina. "Che facevi?" gli chiese, corrugando la fronte. "Mi spiavi?"
"Ti piacerebbe, eh?" le rispose, ammiccando. Lei arricciò il naso: ma quanto era odioso!
"Mi piace scattare fotografie. È stato un caso" spiegò, ma poi, come se si fosse pentito di aver detto quella frase, tirò fuori due fotografie e ghignò. "Foto che potrebbero interessare a qualcuno, guarda!"
La ragazza lanciò un'occhiata curiosa a ciò che teneva in mano e vide, stampato sulla pellicola, il momento in cui Neville le aveva fatto vedere l'anello e lei che sorrideva. Non si era accorta della cosa, ma aveva mosso la testa e sembrava proprio che stesse annuendo. Spalancò gli occhi quando capì ciò che intendeva il moro e, senza neanche guardare l'altra foto, si allungò verso di lui per strappargliela di mano.

 

Blaise si era aspettato una reazione del genere da parte sua. Era stato attento a capire quando lei si sarebbe arrabbiata e avesse provato a rubargli le foto, così non era impreparato: allungò il braccio oltre la panchina allontanandola dalla sua portata.
"Brutto Troll!" gridò, mentre lui rideva.
"Dici che qualcuno potrebbe pensare che lo stesse chiedendo a te?" disse il ragazzo, mentre faceva finta di osservare la foto, sempre tenendola lontana.

 

Poco dopo lui nominò uno dei giornali scandalistici che Ginny odiava tanto e si bloccò, stupida da quel colpo basso: perché?
"Sarebbe un gesto esagerato anche per uno come te. Non puoi essere così infame!"
Zabini, a sentire quelle parole, fece una faccia strana: se Ginny non lo avesse conosciuto così bene, avrebbe pensato quasi che fosse rimasto colpito da ciò che lei aveva detto, ma probabilmente era stato qualcos'altro a stupirlo. "Comunque Neville chiederà a Hannah di sposarlo proprio domani, quindi non faresti in tempo!" mentì, consapevole del fatto che sapeva benissimo che Neville voleva farle la proposta alla fine di maggio.
"Potrei provare…" rispose lui e, abbassando appena la mano, sussurrò: "Non dovrei dirtelo, ma si capisce subito quando menti, sai?" E rise ancora.
In preda al nervoso, lei si sporse ancora e tentò di rubargli la foto. Ma lui fu più veloce, abbassò la mano verso la bacchetta, con un 'Evanesco' la fece sparire e, prima che lei potesse fare qualsiasi cosa, le posò le mani in vita per rimetterla al suo posto.
"Smettila di saltarmi addosso, o potrei iniziare a pensare male! Non ti bastano più Potter, il giocatore e tutti gli altri?"
Il tocco del ragazzo le provocò un brivido strano, qualcosa di istintivo e primordiale, ma non ci diede troppo peso, pensando alle parole che lui aveva appena pronunciato.

 

Quando il viso della ragazza divenne rosso sotto all'abbronzatura, Blaise sentì uno strano formicolio al petto. Lei però si arrabbiò subito e gli diede una manata sul braccio. "Non sono una put… Oh, vaffanculo, Zabini! Perché mi tormenti?"
Blaise le fermò il braccio quando si rese conto che lei stava per prendere la bacchetta e, seriamente, disse: "Non l'ho mai pensato".
Stranamente, la Weasley dovette credergli perché la sua mano rallentò e, anche quando prese la bacchetta, non gli lanciò nessun incantesimo. "Cosa vuoi da me?" chiese ancora. Per un attimo Blaise ebbe qualche fantasia a cui mai la sua bocca avrebbe dovuto dar voce: erano tutte compromettenti e riguardavano lui e la ragazza che gli sedeva vicino e ben pochi vestiti. Quando si immaginò a baciarle le labbra, dovette tirarsi indietro e passarsi una mano fra i capelli per tornare alla realtà.

 

Lui non rispose subito e Ginny pensò che non avesse capito. "Cosa vuoi in cambio delle foto?" domandò di nuovo, più precisa. Non voleva tirare in ballo Neville. La sua vita era già incasinata così, che almeno non ci andassero di mezzo i suoi amici…
"Le foto?" La voce di Zabini era strana, ma lei non ci diede peso.
"Sì, genio, cosa vuoi per darmi le foto che hai fatto? Non penso tu voglia soldi… Cioè, spero di no, perché io proprio non ne ho…" blaterò poco dopo, come se parlasse da sola.

 

Blaise decise di cogliere al volo l'occasione e provò a prendere due piccioni con una fava. "Voglio che tu vada a trovare mia madre, che passi del tempo con lei e le dici che ti piacciono i suoi fiori" disse, con calma e pazienza come se avesse premeditato tutto da giorni.
"Da tua madre?" chiese lei, confusa. Aggrottò in un modo molto grazioso il naso e Blaise pensò che se lei avesse avuto il dono della Legilimanzia, gli avrebbe tirato un pugno o più probabilmente una fattura. O forse tutte e due.
"Sì, devi essere gentile con lei e capire se le sta succedendo qualcosa. Se i suoi vuoti di memoria sono veramente causati dall'età o invece…"

 

Ginny annuì mentre il ragazzo le dava le indicazioni. Ma che cosa strana: perché ricattarla per una cosa così? Lei lo avrebbe fatto anche se glielo avesse chiesto come favore: Mrs Madeleine le era anche simpatica. Non riusciva a crederci che fosse figlio suo. Per paura che poi le chiedesse qualcos'altro, però, non glielo disse.
"Voglio prima vedere tutte le foto che hai fatto" dichiarò. Non era abituata a cedere così facilmente, non quando cresci in una casa con tanti fratelli.
"Dammi la tua bacchetta."
Cosa? "Perché dovrei darti la mia bacchetta?"
"Pensi che sia un Troll? Vuoi vedere le foto per farle sparire."
Ginny alzò gli occhi al cielo. "A parte il fatto che mi stai ricattando e ti starebbe solo bene, ma no, non lo farò. Hai la mia parola" spiegò.
"E dovrebbe bastarmi?" Lo sguardo del ragazzo era curioso, come se lui non capisse se poteva fidarsi o meno.

 

Blaise osservò la ragazza alzarsi dalla panchina e camminare a piedi nudi sull'erba: fece qualche passo e poi posò la bacchetta su un masso piatto che giaceva vicino al sentiero di ghiaia. Tornò verso di lui e sorrise enigmatica. "Non farò niente senza averle viste" disse ancora.
Il ragazzo osservò la bacchetta della ragazza sul sasso e poi guardò di nuovo lei. Annuì. Impugnò la bacchetta e fece comparire le foto che aveva scattato. Quasi tutte. Quella dove lei era da sola non gliela mostrò. Tanto lei voleva vedere solo quelle 'incriminanti'. Gliele mostrò tutte e quattro: quella in cui lui le dava l'anello e lei sorrideva, quella dove Paciock si chinava ad abbracciarla e altre due, di quando erano seduti vicino sulla panchina. Effettivamente agli occhi di un estraneo, loro sembravano due piccioncini. Sorrise del fatto di sapere benissimo che non era così.
"Ok. Andrò da tua madre e poi mi ridarai le foto."
"Una volta sola?" chiese lui, dubbioso.
"Ci andrò più volte. Ma la settimana prossima voglio le foto" trattò.
"E se non scoprissi niente?" Si stava agitando e lui non si agitava mai.
Lei sbuffò silenziosamente e arricciò il naso. "Vedrò di scoprirlo".
Blaise annuì: non poteva fare nient'altro che crederle.
"È vero che hai avuto anche tu un vuoto di memoria?" le chiese, ricordandosi di ciò che aveva letto sul biglietto.

-

-

-

***Scusate se sembra interrotto a metà (beh, non è che lo sembra, è che è proprio così...) Ma se lo mettevo tutto diventava troppo pesante... Mi farò perdonare pubblicando la seconda parte prima della settimana prossima, promesso.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Profumo di Vetiver ***


Profumo di Vetiver

 -

Ginny si morse il labbro inferiore, pensando a quando aveva avuto quel vuoto di memoria al San Mungo, e poi annuì. "È stato strano… Non pensavo se ne fosse accorta… Ma sì, è vero. Mi è successo mentre ero seduta vicino a lei…"
"Potrebbe essere qualcosa di collegato?"
"Io penso di sì. Mi ricordo che avevo visto qualcosa che volevo dirle di tenere d'occhio, ma quando poi glielo stavo dicendo, me lo sono scordato."
"Qualcuno potrebbe averti fatto un incantesimo confundus?"
La ragazza scosse il capo. "C'era solo l'infermiera con noi…"
"E se qualcuno si fosse nascosto? E se…"
Ginny tornò vicino al ragazzo e si risedette sulla panchina quando capì che lui si stava agitando, preoccupato per sua madre. Si intenerì, suo malgrado. "Non c'era nessuno nascosto. Dubito che qualcuno voglia far del male a tua mamma, Blaise" lo tranquillizzò, usando il suo nome, abbassando la voce e posandogli una mano sul braccio. Non c'erano nascondigli, né lo spazio a sufficienza per una persona invisibile, sempre a patto che esistesse un altro mantello oltre a quello di Harry, che era in Romania. "Vedrai che sarà qualcosa di… stupido. Qualcosa che si potrà risolvere facilmente…"
Sperò che le sue parole potessero tranquillizzarlo, nonostante il fatto che l'avesse appena ricattata.

 

Blaise pensò che il vuoto di memoria fosse una prova tangibile sul fatto che stesse succedendo qualcosa di poco chiaro e voleva assolutamente scoprirlo. Ma sapeva anche che, quando c'era lui, sua madre era un po' prevenuta. Aveva preso in simpatia la Weasley e lui aveva bisogno di battere quel ferro finché fosse stato caldo. E poi chissà, magari ci poteva scappare qualcosa di buono, pensò osservando la ragazza chinarsi a recuperare la sua bacchetta. Prima di darle troppa fiducia, comunque, fece sparire le foto.
"Come ha fatto tua madre a sapere come mi chiamo?" gli chiese lei, dopo poco, tornando verso di lui.
"Sapeva il tuo cognome. A casa ti ha cercato sul Magician Directory e ha scoperto il tuo nome completo."

 

Ginny strizzò gli occhi. Che cosa? "Dove mi ha cercato?"
Blaise sospirò, come se dovesse spiegare a un babbano il libro delle famiglie magiche. "Voi non lo avete? È la pubblicazione annuale dove sono segnati tutti gli alberi genealogici dei maghi residenti nel Regno Unito."
"Ah!" rispose lei e a Blaise venne il dubbio che non ne fosse a conoscenza. "E ci sono anch'io?"
Lui la guardò chiedendosi se lo stesse prendendo in giro o meno. "Non sei una strega? Voi Weasley fra l'altro, facendo parte delle sacre ventotto, siete fra le prime famiglie in ordine…"

 

A Ginny sembrò di sentire un po' di risentimento nella sua voce. "Voi Zabini non vi ci siete?" chiese.
Lui le lanciò uno sguardo di fuoco. "Non sai chi fa parte delle sacre ventotto?" le domandò, stupito. Ginny alzò le spalle.
"Non è che mi interessi tanto…"
"Disse quella che ne fa parte!" Lei scosse ancora le spalle. "Che ingrata…" borbottò e Ginny gli rise in faccia. Poco dopo rise anche lui e la ragazza rimase incantata da quel suono.

 

Blaise non riusciva a crederci: a lei non interessava niente! Quando scoppiò a ridere non riuscì a trattenersi e si sentì un po' un Troll. Forse stava smaltendo il nervosismo con una risata isterica.
"Come faccio ad andare da tua madre? Non so come arrivare a casa vostra. In teoria non so il suo nome e non posso neanche usare la metropolvere…"
"Ti vengo a prendere domani mattina e ti accompagno io. Poi mi allontano con una scusa" propose lui.
La Weasley scosse il capo. "La mattina mi alleno".
"Con il tipo con cui hai ballato?" chiese Blaise, prima di riuscire a trattenersi.

 

Ginny alzò di nuovo gli occhi al cielo. "Vuoi il mio aiuto o vuoi continuare a fare il Troll?"
"Magari mi interessa…" rispose lui, alzando le spalle con finta innocenza e facendo un sorrisino di scherno.
"Magari dovresti preoccuparti di più per tua madre!" E così dicendo si chinò a prendere un sandalo e, dopo aver accavallato le gambe, si accinse a infilarlo. Quando non sentì niente da parte sua, si pentì di avergli dato quella risposta. Finì di allacciarsi la scarpa alla caviglia e si rivolse di nuovo a lui.
"Scusa, Zab…" Ma si interruppe quando lo vide, con in mano la macchina fotografica, alzarsi dalla panchina.

 

Blaise aveva visto due Jobberknoll che si rincorrevano, in volo, in una danza a semicerchio evocativa: dovevano essere in amore.
Prese velocemente la macchina fotografica che aveva appeso alla scopa poco prima e si alzò per avvicinarsi con cautela. Era uno spettacolo indescrivibile e lui sapeva quanto l'evento fosse raro: avrebbe potuto vendere le foto a qualche rivista specifica.
Appellò la scopa quando i due uccellini si alzarono ancora di più dal terreno e lui non riusciva più a inquadrarli. Si alzò in volo silenziosamente e li seguì, un po' a distanza, sperando di non perderli di vista.

 

Ginny seguì i movimenti dell'ex Serpeverde, affascinata e con la bocca aperta. Quando poi, in volo senza mani, lui iniziò a scattare foto, non riuscì più a guardare i Jobberknoll, e la sua attenzione venne catturata tutta dal ragazzo. Quando lui si avvicinò di più, lo vide scomparire nella notte: doveva aver attivato un incantesimo di dissuasione! Se prestava attenzione poteva ancora scorgerlo, in cielo, ma era un po' faticoso, l'incantesimo era buono: ecco come aveva fatto prima a non farsi vedere.
Inaspettatamente i due animaletti tornarono verso di lei e verso il lampione dove si trovava, così si alzò in piedi per osservarli meglio: sembravano una coppia innamorata. Oh, che beffa del destino! Anche i Jobberknoll volevano farle sapere di aver trovato un compagno per la vita, mentre per lei non c'era nessuno.
Si morse il labbro e pensò di tornare a sedersi quando un fischio, un fruscio del vento, passandole vicino all'orecchio, la fecero tornare sull'attenti: un altro JobberKnoll, dal colore più scuro, un blu cobalto, si stagliò contro la coppietta e andò a sbattergli contro.
"No!" gridò lei, quando il nuovo arrivato colpì a becchettate uno dei due uccellini, iniziando una lotta silenziosa ma violenta. Corse verso di loro e cercò di dividere i due animali, ma loro si spostarono più in alto.
"Stai ferma, lascia che se la sbrighino da soli". Zabini, accanto a lei, aveva appoggiato la scopa, mostrandosi: l'incantesimo di dissuasione funzionava solo con i movimenti veloci, tipo quelli, appunto, del volo sulla scopa.
"Ma si ammazzeranno!" esclamò, preoccupata.
"Stanno lottando per la compagna. Lei sarà di chi vince" spiegò ancora.
"E l'altro morirà?" chiese, spalancando gli occhi.
Lui la osservò con uno sguardo divertito. "È la natura…"
"Ma non dovrebbe scegliere lei? Lei decide e l'altro se ne va. Dovrebbe essere così: niente litigi, niente… uccisioni…"
"Ci sono femmine che non sanno scegliere. O non vogliono. E va a finire che poi stanno con tutti e…"
Lei spalancò gli occhi. "Hai origliato quando ho parlato di Harry!" esclamò, arrabbiata e offesa.

 

Blaise ammiccò verso di lei e vide, con piacere, le sue guance cambiare sfumatura. "Io non giudico, se tutti sono d'accordo…" Alzò le spalle, continuando a scattare foto, senza spiegare davvero la sua frase.

 

La voce di Zabini, in quel momento, al buio, in quel posto un po' freddo, sembrò a Ginny così roca da essere quasi sexy. Un rumore inconfondibile di una zuffa la fece girare ed esclamare qualcosa senza più prestare attenzione al ragazzo: i due uccellini sarebbero morti tutti e due se nessuno fosse intervenuto!
Fece un passo avanti zoppicando, perché indossava solo un sandalo e la differenza di tacco era fastidiosa, e allungò la bacchetta per fermare quella rissa.
Con la mano in alto, si prese una beccata su un dito, e mentre la bacchetta cadeva e lei ritirava la mano, quella che doveva essere la femmina si mise in mezzo nella lite. In meno di un minuto ci fu un susseguirsi di beccate e diverse piume si staccarono dal loro appiglio per volare sopra di lei: una era ridotta così male che si rovinò, sgretolandosi e facendo cadere dei pezzettini così piccoli da sembrare una pioggia di polvere. Polvere blu!

 

Blaise aveva osservato, dal mirino della macchina fotografica, la Weasley mettersi in mezzo in quel corteggiamento e venire beccata poco prima che uno dei due spiumasse l'altro: lui lo aveva già visto, non era neanche uno scontro dei più violenti. Quando una piuma si dissolse, frantumandosi, lei spalancò gli occhi e si voltò verso di lui, gridando: "Polvere blu! Polvere blu! Tua madre… lei… lei… blu… qui, qui… la polvere!"
Cosa? Cosa stava dicendo di sua madre? Blaise lasciò cadere la macchina appesa al suo collo, scese dalla scopa e fece un passo verso di lei: scalza, piena di pezzetti di piume e mentre si succhiava un dito fra le labbra, invece di sembrargli una senzatetto, gli fece ribollire il sangue nelle vene.

 

Ginny raccolse la bacchetta e si avvicinò alla panchina, posandocela sopra. Si chinò ad afferrare il sandalo rimasto e se lo infilò senza sedersi, tentando di allacciarselo saltellando su un piede solo. Ma lei non aveva mai saltellato su una scarpa con il tacco. "Blu! Era blu! Era… strana… sì, sì… Blu…"
Cercava di saltellare, infilarsi la scarpa e spiegare dei puntini sulla pelle della donna. Ma, facendolo tutto insieme, fu qualcosa di molto confuso. E più si rendeva conto che era confuso, più si agitava pensando che se fosse riuscita a fare le cose ancora più velocemente, sarebbero venute meglio. Sbagliava, naturalmente: riuscì solo a peggiorare il tutto.

 

Blaise scosse la testa e le andò vicino per trattenerla per le spalle. "Calmati" disse, con tranquillità, ma si sentiva tutto, tranne che calmo e tranquillo.
Lei lasciò andare la scarpa e si ritirò su: gli arrivava alle spalle, ma anche così piccola, era difficile tenerla. "È stata quella! Sì, sono sicura! Per fortuna l'ho visto adesso! Ecco cos'era!" spiegò, agitando la mano verso il punto in cui i Jobberknoll si erano azzuffati poco prima e si erano dileguati appena lei aveva iniziato a gridare.
La Weasley continuava a ciarlare e ad agitarsi e lui la teneva ancora per le spalle. "Erano le sue mani! E quando le ha sventolate così…" continuò, guardandolo con gli occhi spalancati e un'agitazione pregna di isterismo, secondo Blaise.
"Calmati, non si capisce niente…"
Blaise lasciò che lei dimenasse ancora le mani e poi alzò gli occhi al cielo: forse era isterica davvero. Doveva schiaffeggiarla? Provò a scuoterla per le spalle ancora un pochino, ma lei non capì.
"Ma mi hai sentito? Hai capito cosa…" Stufo di continuare a provare senza arrivare da nessuna parte fece l'unica altra cosa che gli venne in mente al posto di prenderla a schiaffi: si chinò, posò le labbra sulle sue e finalmente lei si zittì.

 

Ginny spalancò gli occhi quando sentì la bocca di Zabini cercarla e lambirla lievemente. Sentì le sue labbra aprirsi e la morbidezza di lui accarezzarla con delicatezza. Non fece niente, troppo stupita da quello che stava succedendo: non ricambiò il bacio, non si lamentò, non ebbe reazione.
Poi, un profumo intenso e stuzzicante le riempì la mente e lei chiuse gli occhi, come per arrendersi a una magia potentissima; quando fu lì lì per schiudere le labbra pensando a come sarebbe stato assaporare quella sensazione così nuova, lui si mosse e la sua barba le solleticò la guancia, e lei quasi sospirò, prima di tornare alla realtà.
"Cosa stai facendo?" esclamò, forse con voce troppo acuta, più rivolta a se stessa che a lui. Stava baciando Zabini, un ex Serpeverde, un altezzoso purosangue, un…
Fece un passo indietro, ma non si ricordava delle scarpe slacciate e perse l'equilibrio. Il ragazzo fu lesto e l'afferrò per la vita, impedendole di cadere.

 

"Per Salazar, Weasley, non taci neanche quando vieni baciata?" Blaise si assicurò che lei fosse stabile e poi la lasciò andare.
"Perché mi hai baciato?" chiese lei, con gli occhi sgranati.
"Perché non stavi zitta! Non si capiva niente di ciò che dicevi ed eri isterica. Sembrava meno brutto che darti uno schiaffo."
"Volevi darmi uno schiaffo?" La sua voce era incredula e per un attimo pensò che lei avrebbe preferito che lo avesse fatto. Alzò le spalle.

 

Ginny quasi divenne isterica davvero. Lui voleva schiaffeggiarla e alla fine l'aveva baciata? E lei che aveva pensato di ricambiare! Ma… ma che Troll!
"Ma sei matto?" chiese, aprendo le braccia e poi incrociandole sotto al seno, nervosa. Lui aveva capito quello che aveva provato?
"Ha funzionato. Ora puoi ricominciare con più calma. Parlavi di una polvere blu…"
La ragazza sbuffò rumorosamente e si avvicinò alla panchina, posando il piede sul bordo e chinandosi finalmente ad allacciare il cinturino: tanto valeva che facesse qualcosa che non implicasse guardarlo, visto come si sentiva.
"Sei proprio un troll! Vabbè, sì, tua madre aveva sulle dita della polvere blu. Ha agitato la mano e…" Mostrò il gesto che aveva fatto sua madre quando aveva sventolato le dita e la polvere si era sparsa in giro. Forse le era finita un po' addosso, per quello aveva avuto quel vuoto di memoria. "…e io mi sono scordata quello che volevo dire. Sai che polvere è?"

 

Blaise scosse il capo in risposta, ma lei non avrebbe potuto vederlo perché era chinata a sistemarsi il sandalo e non guardava verso di lui. E non poteva neanche sapere che la gonna l'era scivolata di lato, scoprendole tutta la gamba. Né che lui la stava guardando. Con attenzione. Molta attenzione. Troppa attenzione.
Quando si raddrizzò e tornò a girarsi verso di lui, riuscì a togliere in tempo lo sguardo per non farsi beccare.
"Lo sai?" chiese ancora, infatti.
"Non ne ho la più pallida idea. Dici che è quello che le fa perdere la memoria?"
Lei alzò le spalle e si mise a posto lo scialle che le era scivolato di nuovo. "Al diavolo!" imprecò, con nervosismo, impugnando la bacchetta e facendolo sparire nella notte. "Sì, sono abbastanza sicura" rispose.
Forse aveva ragione. Ma doveva averci a che fare molto spesso, a giudicare dal fatto che si scordava le cose frequentemente e non se le ricordava neanche dopo del tempo, come invece era successo alla Weasley.
La Weasley… Blaise si passò una mano fra i capelli, che sua madre si lamentava fossero troppo lunghi, e osservò la ragazza davanti a lui mentre si guardava le scarpe e si osservava il vestito. Baciarla era stato un errore. Un errore madornale. Avrebbe dovuto davvero darle uno schiaffo. Lo avrebbe colpito di meno. E non continuerebbe a sentire sulle labbra quel sapore dolce e fruttato che aveva la sua bocca.
"Ci sei, Zabini?"
"Sì, certo. Stavo pensando alla polvere…" mentì.
Lei annuì, senza dubitare delle sue parole. "Ci vediamo domani, allora?" Lui annuì.
"Ti mando un gufo" disse, così a caso, quando si rese conto che c'era bisogno che dicesse qualcosa.
"Ok, bene" rispose lei. Senza salutarlo si incamminò verso la scalinata che riportava all'interno della tenuta, un insieme di gradini rozzi e inuguali, che rendeva difficile la discesa in quel giardino; forse era per questo che era poco frequentato.
La osservò allontanarsi, incapace di dirle qualsiasi cosa che la facesse restare, fino a quando lei si voltò verso di lui, con uno sguardo incerto.
"Tu… Il tuo profumo… è cedro. Cedro e…"
Blaise sorrise, forse perché sapeva che lei era troppo lontano per vederlo.
"Vetiver, Weasley, è vetiver."

Lei annuì e poi girò il viso per osservare la scalinata. Appoggiò la mano sulla balaustra che fiancheggiava i gradini e tornò a guardarlo. "È buono" disse, prima di tornare alla festa.

-

-

-

***Eccomi! Avevo promesso di pubblicare la seconda parte prima della settimana prossima, quindi eccoci qui! Buona lettura, ragazzə

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ciliegie e Mela Verde ***


Ciliegie e Mela Verde

 

 

"Ciliegie!" esclamò Blaise a un certo punto, come colto da un'intuizione.
"Come?" Draco alzò a malapena gli occhi su di lui, troppo concentrato sulle carte, mentre Theo lo guardò corrugando la fronte.
"Chiedo all'elfo di portarti delle ciliegie, Blaise?" chiese allora il moro.
Blaise scosse la testa, chiudendo in un mazzo le carte che aveva in mano. La Weasley sapeva di ciliegie. Doveva averne mangiate prima che lui la baciasse, perché non ne aveva sentito il profumo per tutta la sera. Anche sui dolcetti era sicuro che ci fossero fragole e non ciliegie. Dannazione, perché continuava a pensarci?
"Anzi, sì, fai portare delle ciliegie; che siano grosse e scure. E dolci" acconsentì subito dopo: forse così si sarebbe tolto dalla testa quel pensiero.
Le ciliegie comparvero dopo neanche un minuto e, per ironia della sorte, la ciotola che le conteneva era dello stesso colore dei capelli della ragazza a cui Blaise cercava di non pensare.
"Sei strano stasera, Blaise" disse Draco, ridacchiando, mentre allungava la mano a radunare le fiches che aveva vinto perché l'amico si era ritirato.
"Ho dei pensieri…" buttò lì. Se fosse stato il caso, avrebbe preferito parlare dei suoi dubbi sulla madre piuttosto che del bacio alla ragazza.
"Sì, femminili…" Il cugino di Theo, Hermes, aveva la vista lunga, secondo Blaise, ed era anche una persona discreta, ma in quel momento lui non avrebbe ammesso niente.
"In verità, ci hai preso, ma non quello che immaginate voi: mia madre ha fatto delle visite al San Mungo e stiamo aspettando tutti gli esiti…" Sperando che Merlino lo scusasse per quella pantomima, pregò che avesse ragione la Weasley e che sua madre non avesse problemi di salute. La Weasley!
Prese una ciliegia e la osservò mentre Theo controllava le carte mescolarsi senza imbrogli, in attesa del giro successivo. Come aveva richiesto, le ciliegie erano grosse e scure; la mise in bocca e il suo succo dolce gli riempì il palato: buonissime, ma ancora non bastava, non era la stessa sensazione. Ne mangiò altre ma, anche se tutte al massimo del loro sapore, nessuna lo soddisfò.
Quando perse ancora, si alzò e prese il mantello, posato sullo schienale della sedia. "Io vado; serata grama…"
Gli amici lo salutarono e Theo gli augurò qualcosa per la madre, ma Blaise non prestò la giusta attenzione e gli fece solo un cenno del capo.
Una volta a casa sbuffò e lanciò il mantello su una delle poltrone, dirigendosi nella stanza adibita allo studio. Capendo che non sarebbe riuscito a togliersi dalla testa quel piccolo demone rosso e il sapore dolce delle sue labbra, si sedette alla scrivania e tirò fuori la prima foto che aveva fatto alla ragazza: quella di quando era sola sulla panchina e si voltava all'arrivo di Paciock, sorridendogli.
Si allungò a stappare l'ultima boccetta di inchiostro magico e, dopo aver preparato una pergamena pulita, fece la punta alla penna con il temperino e la intinse nel liquido nero.
Appoggiò la foto accanto a sé e iniziò a tratteggiare linee e segmenti finché sul foglio bianco l'immagine del volto della Weasley non iniziò a sorridere a lui.

 


 

***

 

"Dove hai detto che vai?" Ginny si voltò alla voce di Hermione che, sulla porta, sbirciava quello che faceva; salutò anche Luna che, sdraiata sul letto della rossa, giocava con la sua collana di tappi.
"Entra, Herm" la invitò, di sicuro non voleva parlare di Zabini sul pianerottolo di casa sua: alla Tana c'erano orecchie dappertutto. Dopo che l'amica ebbe seguito il suo suggerimento, e dopo che ebbe chiuso la porta, Ginny si voltò verso di lei mentre si spazzolava i capelli e li arrotolava intorno alla mano prima di fermarli sulla testa con una piuma. "Vado dalla madre di Zabini" iniziò a spiegare e raccontò, anche a lei, quello che era successo al San Mungo e la sera prima. Quasi tutto.
"Quello che non ho capito è perché mi abbia dovuto ricattare con le foto di Neville. Se lui me lo avesse chiesto, sarei comunque andata da sua madre. Fra l'altro sembra una signora così gentile, mi sa che lui è stato adottato in segreto…" disse alla fine, sospirando e prendendo l'unguento per le labbra che le aveva dato Luna quando si era scottata.
Hermione alzò le spalle.
"Forse lui non è abituato a questo genere di cose. Magari chi frequenta lui non fa niente per niente…" La voce di Luna era bassa: non aveva bisogno di alzare il tono per farsi sentire, perché ora, anche se strano o sconveniente, quello che diceva veniva ascoltato con attenzione.
"È una cosa triste, ma può essere" commentò Hermione, guardando Ginny che, davanti allo specchio, si spalmava le labbra che divennero di un rosso fuoco, prima di brillare e tornare del loro colore naturale.
"Sì, molto triste. Pover…."
"Ah, no! Povero Zabini proprio no!" Ginny interruppe la frase di Luna e questa la guardò sorridendo, inclinando la testa.
"No?"
"No. Lui è proprio…" La rossa si interruppe e fece una smorfia allo specchio.
"Proprio come?" chiese Luna con innocenza.
Ginny si voltò verso di lei, ma quando la guardò, non fu sicura che la sua domanda fosse veramente innocente e non nascondesse altri fini. Sentì le guance andare a fuoco al pensiero del bacio che le aveva dato Zabini. Sì, perché lei non aveva fatto niente, era stato lui a baciarla, lei non aveva neanche ricambiato. Ci aveva pensato, però, ma non era stata tanto stupida da farlo. E meno male, visto che lui l'aveva baciata solo per farla stare zitta perché era isterica. Ma ci aveva pensato, e un po' di rabbia per questa cosa continuava a provarla. Nei confronti di Zabini e nei suoi stessi confronti. Sbuffò e fece un'altra smorfia: sembrava che Luna le leggesse nella mente, sapesse perfettamente tutto ciò e lo stesse facendo apposta.
"È un Troll" disse, prima di volgere lo sguardo altrove e smettere di guardare l'amica.
"Ti accompagnamo?" le chiese allora Hermione, quando la vide prendere il mantello leggero.
"No, mi vedo con Zabini davanti al Tiri Vispi e lui ci materializza davanti a casa sua. Non ho capito bene perché, ma penso che preferisca che sua madre non lo veda, quindi poi entrerò da sola."

 

Hermione annuì, per lei effettivamente era logico, e guardò l'amica smaterializzarsi dopo averle salutate.
"I suoi occhi hanno brillato" disse Luna, mentre si alzava dal letto per tornare a casa.
"Come?" chiese Hermione, girandosi verso di lei.
La biondina prese il mantello dalla sedia vicino alla scrivania e lo ripiegò. "Quando ha parlato di Zabini che faceva la foto ai Jobberknoll, mentre era sulla scopa…"
"Dici che è interessata a lui?" Hermione aggrottò le sopracciglia e guardò verso la scrivania, dove l'amica si era specchiata, prima di smaterializzarsi. Possibile? Zabini?
"Io dico solo
quello che vedo. E mentre parlava di lui le sono brillati gli occhi. Non succedeva da tempo."
Hermione annuì, ripensando alle parole dell'amica. "Però poi lo ha quasi insultato. No?"
Luna rise. "Sì. Non sembra che sia per lo stesso motivo?"
"Come?" Hermione faceva sempre fatica a capire Luna, anche se le voleva bene, erano spesso su due mondi a parte.
"Lui le fa brillare gli occhi e la fa arrabbiare: Zabini non la lascia indifferente."
"Oh!" Hermione capì e sorrise.

 

***

 

"Zabini…"
Blaise si voltò al suono della voce della ragazza che stava aspettando e, come colto con le mani nel sacco, sobbalzò.
Lei dovette accorgersene perché aggrottò la fronte e si avvicinò di un altro passo. "Tutto bene?" chiese, guardando l'orologio sopra la vetrina. "Non sono in anticipo…"
No, lei non era in anticipo. Era lui che si sentiva strano.
La prese per un braccio e la trascinò in un vicolo secondario. "Avevo detto dietro al Tiri Vispi, non… qui!"
La Weasley rise, alzando le spalle. "E che differenza fa? Dietro, davanti… Ci siamo trovati comunque, no?" Blaise sospirò: quella ragazza era impossibile. "O non volevi farti vedere con me?" domandò, ammiccando provocante. "Ti rovino la reputazione con i tuoi amici?"

 

Ginny scosse il capo ridendo, mentre lui sbuffava. "Non voglio che nessuno sappia dei vuoti di memoria mia madre e non vedo altri motivi per cui dovrei frequentarti…" Zabini volse altrove lo sguardo e non la guardò.
Oh. Giusto.
"Ok, va bene. La prossima volta sarò più discreta…" acconsentì lei, guardandosi intorno.
Zabini alzò un sopracciglio mentre tornava a guardarla. "Sicura di esserne capace?"
Ginny sbuffò e arricciò il naso in una smorfia.

 

Blaise dovette di nuovo spostare lo sguardo: quella ragazza era ingestibile. Maledettamente intrigante, ma ingestibile. Sapeva quale sarebbe stato un altro motivo per frequentarla, ma non voleva ammetterlo con se stesso, figuriamoci con qualcun altro. Quando lei si sporse verso di lui, notando il suo sacchetto, i suoi capelli gli passarono proprio sotto al naso e Blaise sentì un profumo dolce e invitante riempirgli i polmoni: mela verde. Mela verde e qualcos'altro, ma di sicuro non ciliegie.
"Che hai comprato? Giornali scandalistici?"
"Io non leggo i giornali scandalistici!" esclamò, per poi inclinare la testa. "Weasley… hai una piuma nei capelli…" disse, un po' confuso.
"Sì, sì, ce l'ho messa io" rispose lei, senza alzare lo sguardo dal sacchetto. "Non leggi i giornali, dicevi? Ah, ma è un sacchetto del Tiri Vispi! Ora sono proprio curiosa!" Lei si passò una mano sui capelli e il profumo tornò a sfiorargli i sensi.
Blaise si chiese perché, a quel gesto, sentì tirare i pantaloni. Perché quella ragazza, così priva di grazia e finezza, gli faceva quell'effetto? E perché non gli succedeva mai con le altre damigelle carine e graziose che incontrava per strada o ai balli? Forse perché con loro aveva già avuto a che fare.
Cercò di sistemarsi i pantaloni senza farsi vedere e pensò che il suo corpo stesse subendo il fascino di ciò che aveva sentito la sera prima: una ragazza disponibile era sempre desiderabile, chiunque lei fosse, si mentì da solo.
"I giornali scandalistici sono una perdita di tempo" spiegò con tono saccente, quasi con stizza: doveva mantenere le distanze da lei. Fece un passo indietro. "E poi, non dovevi essere discreta? Perché non impari anche a essere educata e a non impicciarti di ciò che non ti riguarda?" chiese, forse un po' troppo duramente.

 

Ginny alzò uno sguardo duro su di lui, alzando un sopracciglio: cioè, lei era lì a fargli un favore e lui la trattava così? Pensò di fare dietrofront e di smaterializzarsi a casa, quando si ricordò delle foto: lei non gli stava facendo un favore, lui la stava ricattando. Però quello che aveva detto sulle riviste patinate era giusto. Forse avrebbe dovuto iniziare anche lei a ignorarle. In fin dei conti non aveva ancora controllato se avessero scritto qualcosa su di lei. Lo osservò incantare il sacchetto e frenò l'impulso di scoprire cosa avesse comprato per non dargli l'opportunità di dire altro.
Ma lui continuò lo stesso e Ginny lo lasciò finire con calma, perchè Zabini era partito in quarta. "Non dovresti comportarti un po' meglio? Non dico proprio da signora, posso capire che non ne saresti mai capace, ma almeno provare a essere come le altre? Sai… posata, aggraziata, elegante nei modi…"
Lei gli lanciò un'occhiataccia. "Zabini, non so se te ne sei accorto, ma io non sono proprio come le altre…"

 

Blaise pensò che lei volesse fare una battuta ma poi, a metà della frase, avesse cambiato idea o le fosse venuto in mente qualcosa di brutto, perché il suo tono cambiò. Fu quasi dispiaciuto della cosa.
"Sì che me ne sono accorto…" brontolò lui sottovoce, ma lei per fortuna non se ne accorse. Lei non era neanche il suo tipo, santo Salazar! A lui piacevano quelle ragazze fini, possibilmente bionde con gli occhi chiari, che sorridono, parlano poco e non ribattono in continuazione. Beh, una così, però l'aveva già avuta. E non era andata bene.

 

Ginny pensò per un attimo, ma solo per un attimo, di avere effettivamente qualcosa che non andasse bene, ma poi scosse le spalle e scacciò quel pensiero.
"Andiamo? Non ho tutto il giorno" disse, un po' scontrosa.
"Sì, andiamo. Ti lascio davanti a casa di mia madre e poi torno qui, che ho dei giri da fare…"
"Oltre al Tiri Vispi?" Tornò a punzecchiarlo lei, ritrovando il sorriso. Lui alzò gli occhi al cielo, come se avesse a che fare con un bambino piccolo e Ginny trovò la cosa ancora più divertente. "Se oggi scopro qualcosa di interessante, mi svelerai cosa hai preso?" propose giocosamente, ma il suo tono lo fece scoppiare a ridere.
"Certo che sei un'impicciona… Come fa Potter a sopportarti?"

 

Quella frase scappò dalle labbra di Blaise senza che lui se ne accorgesse, ma se ne pentì quando notò che gli occhi della ragazza si adombrarono per un secondo. Poi lei tornò a sorridere. Un sorriso diverso, triste forse, ma tenace. "Non mi sopporta, è scappato in Romania…" sussurrò e non lo guardò, spostando tutta la sua attenzione su un bimbetto al di là della strada.
"Se scopri almeno due cose interessanti, ti dico cosa ho preso" acconsentì il ragazzo, alzando il prezzo, capendo di voler perdere nel momento in cui lei non tornò a punzecchiarlo.
La Weasley non rispose e annuì e basta. Ma in che casino si era messo? Le porse il gomito piegato, per farsi prendere sottobraccio, ma lei gli guardò la manica della camicia aggrottando la fronte. "Che c'è?"

 

Zabini sbuffò ancora, le prese una mano e se la passò sotto al braccio, facendola posare all'interno del suo gomito e, subito dopo, Ginny sentì lo strappo della smaterializzazione.
Quando comparvero davanti al portone di una bellissima villa vittoriana, prima ancora di guardarsi intorno, tolse velocemente la mano dal suo braccio e cercò di minimizzare l'imbarazzo.
"Tutto ok? Nausea?" le chiese lui, con uno sguardo preoccupato.
"No, no, tutto bene…" mentì. Quella strana sensazione non era dovuta alla smaterializzazione di certo. Ma a cosa era dovuto? "Bello qui…" disse, poco dopo, per vuotare la mente.

 

"Sì, sì, ascolta…" Blaise le fece le ultime raccomandazioni, liquidando il suo complimento: sua madre non doveva sapere che era stato lui a mandarla da lei. Doveva raccontare che l'aveva cercata sul Magician Directory e si era presentata per vedere i suoi fiori.
La Weasley disse qualcosa sul fatto che non avesse senso, ma lui scosse le spalle: in fin dei conti poteva dirle quello che voleva, visto che sua madre non si ricordava molto neanche della visita al San Mungo. "Ma se le dici che ti ho chiesto io di venire, diventerà sospettosa e non riuscirai a scoprire niente, perché pensa che io stia esagerando…"
"E se invece le raccontassi di come mi stai ricattando? Anche a quel punto penserebbe che stai esagerando?" lo punzecchiò lei, ma sorrise, come a smentire le sue parole.
"Ti giuro, Weasley, che avrei preferito che mia madre avesse incontrato chiunque altro al San Mungo, invece di vedere te. Chiunque altro a cui avrei potuto chiedere tranquillamente di venire qui e…"
Lei sbuffò e fece un passo verso la porta, bussando con il batacchio. "Magari se me lo avessi chiesto decentemente, invece di ricattarmi, avrei acconsentito anch'io a venire tranquillamente! Anch'io sono interessata a scoprire…" Il suono forte e deciso del ferro si sentì all'interno della casa, come se rimbombasse in ogni stanza.
"Ma non è vero!" la interruppe Blaise, prima che finisse. "Lo stai facendo solo perché non ti ho dato scelta! E probabilmente ti impegnerai un po' di più soltanto perché sei un'impicciona e vuoi sapere cosa c'è nel sacchetto…"

 

"E poi sono io quella che pensa male…" Ginny scosse la testa, parlando da sola e subito dopo, quando si sentirono dei passi al di là del portone, si voltò verso di lui, dicendo: "Qualunque cosa tu abbia comprato, te l'ha venduta mio fratello e, se volessi, potrei scoprire cos'è stasera a cena, razza di Troll!" Dal suo sguardo, la ragazza capì che lui non ci aveva neanche pensato, così scosse la testa e sospirò come se avesse a che fare con un pixie particolarmente fastidioso. "E ora sparisci!" ordinò e lui si smaterializzò nello stesso istante in cui si aprì la porta.
Continuò a guardare lo spazio occupato dal ragazzo poco prima e si voltò lentamente quando sentì la porta iniziare ad aprirsi. Appena riconobbe la persona sull'uscio, però, il suo sorriso svanì.
"Parkinson?" esclamò, stupita.

-

-

***Eccomi! Vi ero mancata almeno un po'? Per ora buona lettura, gente, e spero che i miei ragazzi vi piacciano. 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** A casa di Mrs Madeleine ***


A casa di Mrs Madeleine

 -

 -

"Parkinson?" esclamò, stupita, Ginny.
"Weasley? Che ci fai qui?" rispose, più stranita di lei, la ex Serpeverde, sulla soglia di casa.
Ginny girò ancora il capo verso il punto in cui era sparito poco prima Zabini e poi tornò a guardare la ragazza. "Sono venuta a trovare Mrs Madeleine. È in casa? Mi ha invitato lei" disse allora, entrando nell'ingresso con passo sicuro.
"Oh. Sì, certo… Se ti ha invitato…" La Parkinson chiuse l'uscio alle sue spalle e, continuando a guardarla con sospetto, l'affiancò e la guidò in quella casa enorme. Era entrata in un atrio molto ampio, da cui si vedeva, in fondo, una scalinata che saliva per dividersi in due balconate che avvolgevano tutta la stanza lungo il suo perimetro fino a ricongiungersi sopra alla porta d'entrata. Ginny cercò di non mostrare troppo stupore, ma non aveva mai visto una casa del genere al suo interno. Vide due corridoi illuminati da delle lampade al piano superiore e rimase a guardarli, come se con l'immaginazione potesse intuire dove portassero e come fossero le stanze che raggiungevano.
"Di qua, Weasley…" La Parkinson la guardò corrugando la fronte e indicandole un corridoio illuminato a lato della scala. La rossa annuì, cercando di mantenere una certa spavalderia.
Camminarono una accanto all'altra studiandosi, ma senza dire niente, e Ginny continuava a chiedersi cosa ci facesse lì e, dalla sua espressione, capì che se lo stava chiedendo anche l'altra.
Prestò poca attenzione ai dipinti alle pareti, ma lanciò un'occhiata lo stesso all'ambiente: non voleva perdersi niente, né le espressioni della mora, né quella casa grandissima ed elegante. Appoggiati ai muri c'erano delle credenze da ingresso con pizzi e vasi dai fiori colorati.
"Mrs. Madeleine mi raccontava di alcuni nuovi fiori che aveva e mi ha invitato a passare per vederli sbocciare" bleffò, quando il silenzio si fece insopportabile e ci passarono davanti, inspirando un delicato profumo.
"Dei nuovi fiori?" chiese allora la mora, guardandola perplessa e con sospetto.
"Sì… fiori che aveva… ehm… piantato?" Lo sguardo della Parkinson si fece tetro e la squadrò da capo a piedi, quando dovette capire che non sapeva niente di giardinaggio.
"Capisco" disse solamente, ma Ginny si sentì morire sotto al suo sguardo. Per fortuna poco dopo entrarono in un salottino delizioso, dove Mrs Madeleine sedeva in poltrona, sventolandosi con un ventaglio, mentre davanti a lei osservava un ferro da maglia intrecciarsi con un gomitolo.
Accanto a lei, seduta su un divano poco distante, una ragazza dai riccioli castani leggeva un libro ad alta voce, mentre dall'altra parte un tavolino rotondo reggeva un altro vaso di fiori. Eh sì, i fiori le piacevano particolarmente, pensò sorridendo. Quando entrò anche la Parkinson, subito dietro di lei, sbuffò sonoramente e Ginny si voltò a guardarla, stupita. La ragazza però non la degnò di un'occhiata e disse ad alta voce: "Maddie, Ginny Weasley è venuta a trovarti. Dice che vi siete viste… Dove hai detto che vi siete già incontrate?"
Ginny fece un sorriso di circostanza verso quella strega che le aveva rivolto la domanda a tradimento: lei non le aveva detto dove si erano conosciute.
"Salve, Mrs Madeleine! Si ricorda di me? Mi aveva detto di passare per vedere…"
La madre di Zabini, quando posò lo sguardo su di lei, sorrise e Ginny capì che l'aveva riconosciuta. Le fece così piacere che si avventurò sicura per la stanza.
"I fiori. Sì, cara mi ricordo. Ma non sono ancora sbocciati, mi spiace. Pensavo di aver detto la settimana prossima…" Quando il viso della donna si fece insicuro, Ginny pensò di aver sbagliato a parlare e andò in suo soccorso.
"No, no, me lo aveva detto, sono io che sono passata lo stesso…" disse ancora, guardandosi intorno.
"Ma cara, hai fatto bene. Vieni, siediti, non stare in piedi. Rachel, puoi far portare il tè per Miss Weasley?"
"No, non si preoccupi, non voglio disturbare…"
La ragazza accanto a Madeleine chiuse il libro di scatto e si alzò. "Nessun disturbo, abbiamo tè per tutti, vero zia Maddie?" Rachel, come l'aveva chiamata la madre di Zabini, le si avvicinò sorridendo e le allungò la mano. "Ciao sono Rachel, la nipote di Madeleine" si presentò.
"Io sono…" iniziò Ginny, in risposta, ma la Parkinson alle sue spalle, sbuffò e lei si interruppe, voltandosi a guardarla mentre stringeva la mano alla cugina di Zabini.
La mora scosse le spalle e prese la parola. "Lei è Ginny Weasley. Veniva a Hogwarts con noi…" spiegò, trapassando Ginny con uno sguardo di fuoco.
"Noi?" chiese Rachel e la ragazza tornò a guardarla: aveva un profumo molto intenso, come se se ne fosse messo in abbondanza. Fiori, pensò Ginny, ma non riuscì a riconoscere la varietà.
"Rachel, ti ricordo che io e Blaise eravamo tutti e due Serpeverde e abbiamo frequentato la scuola insieme…" La voce della Parkinson era fastidiosa e il suo tono pesante, come se fare conversazione le costasse fatica e fastidio e Ginny immaginò che non fosse solo nei suoi confronti, a giudicare da come guardava la ragazza."Oh, eri Serpeverde anche tu?" le chiese, alzando un sopracciglio, la nipote di Madeleine.
Ginny scosse appena il capo sorridendo. "No, ero Grifondoro. Io ero con…"
"Oh, Grifondoro!" esclamò entusiasta lei, facendole un gran sorriso. "Eri con Potter, ecco dove ti avevo già visto!"
Ginny si morse una guancia, cercando qualcosa da dire, ma fu fortunata perché in quel momento un elfo si materializzò accanto a lei, con un vassoio, una teiera e tre tazze: non era mai stata così contenta di bere il tè.
"Non sei rimasta sorpresa quando ho nominato Blaise…" La Parkinson si sedette su una delle poltrone, continuando a osservarla, mentre si accomodava sul divano accanto a Rachel, che aveva iniziato a versare il tè.
"Blaise?" chiese, fingendo stupore.
"Blaise è il figlio di zia Maddie…" iniziò a spiegare la ragazza mentre allungava una tazza alla strega più anziana.
"Sì, e tu non eri sorpresa, Weasley. Sapevi già che è suo figlio?"
Ginny mescolò la sua tazza pensando a cosa rispondere: Zabini non si era presentato sulla porta con lei per non far sapere a sua madre che si conoscevano, così che la donna non pensasse che lei fosse lì per controllarla. Forse non era il caso di ammettere di conoscerlo. Poteva sempre far credere che non li avesse collegati l'uno con l'altra. Sorrise alla Parkinson e lei aggrottò ancora di più le sopracciglia.
"Lo so adesso" confermò, ma guardando la ex Serpeverde capì che non le credeva. Non aggiunse niente, però. Avvalorare troppo una causa rischia di far accadere l'effetto opposto.
"Adesso…" La mora mescolò anche lei il suo tè e continuò a guardarla male. "Dicono che ti hanno visto al party degli Stin'sen, ieri" disse ancora.
"Sì, ti hanno informato bene: ero lì" rispose, come se parlasse con una spia.
"C'era anche Blaise."
"Sì, e un sacco di altra gente, Parkinson. Non ho detto che non l'ho mai visto, ho detto che non sapevo fosse suo figlio" spiegò, con tono quasi annoiato.
"E come hai trovato la casa? Come hai fatto a venire qui?" insistette la mora.
"Basta ragazze, non litigate. Maddie, vuoi un po' di latte?" Rachel diplomaticamente mise fine a quel battibecco, ma le due ragazze continuarono a guardarsi duramente.
"Potresti chiamarmi Maddie anche tu: mi farebbe veramente piacere" propose poco dopo la strega alla rossa.
Quando Ginny acconsentì, più per fare un dispetto alla Parkinson che per altro, quest'ultima sbuffò ancora, ma più silenziosamente.
"Tornerò domani. Oggi hai molte visite…" disse la mora poco prima di finire il tè. Poi si alzò, andò vicino alla donna e la baciò sulla guancia, mormorandole qualcosa all'orecchio a cui la signora Madeleine rispose annuendo e con un sorriso.
Lanciò alle due ragazze sedute sul divano uno sguardo indecifrabile e poi, dopo un freddo saluto, si smaterializzò.
"Devi scusarla, Ginny" esordì poco dopo Rachel. "Pansy non è cattiva, è solo una ragazza… ombrosa, sì diciamo così" disse, scusando la ex Serpeverde.
"E ora sta affrontando un brutto momento" rincarò la dose Maddie, appoggiando la tazza sul piattino.
"Davvero, zia? Mi dispiace molto per lei, non lo sapevo. Che genere di brutto momento? Problemi di soldi?" chiese ancora con interesse la ragazza.
Maddie scosse il capo, come se non volesse parlarne e poi sventolò una mano, liquidando la questione.

 

Ginny rimase ancora un'oretta. Lasciò che Mrs Madeleine le raccontasse altri aneddoti, come al San Mungo, anche se adesso che sapeva che il figlio di lei era Zabini, tutto prendeva un aspetto più divertente.
Rachel si occupò della zia con così tante piccole attenzioni e non la lasciò da sola un momento, che lei non poté chiederle niente su ciò di cui avevano parlato al San Mungo, ma pensando di tornare presto a trovarla, non se ne preoccupò troppo.

 

***

 

Blaise alzò una mano quando vide la figura incappucciata della Weasley entrare nel pub, uno dei bui locali che c'erano a Notturn Alley, e lei si diresse subito verso di lui.
"Perché qui, Zabini?" gli chiese, sedendosi sulla panca proprio nell'angolo vicino a lui. La ragazza si guardò intorno mentre faceva cadere il mantello accanto a lei.
"Ho preferito un posto poco frequentato per…" iniziò Blaise, ma guardandosi intorno anche lui, capì che forse aveva commesso un errore.
"Per non farti vedere con me, ho capito. Ma proprio qui?" La Weasley arricciò il naso quando il suo sguardo si posò, nell'angolo opposto del locale, su un mago addormentato che russava con la testa appoggiata al tavolo e una mano nel piatto dove doveva aver appena mangiato una zuppa. "Io non mi farei vedere qui neanche da sola!"
Blaise scosse le spalle per non ammettere il suo errore. "Dai, facciamo presto…"
Lei si riscosse subito e tornò a guardarlo. "Perché mi hai mandato quel gufo? Pensavo che ci saremmo visti direttamente domani pomeriggio".
"Ho delle novità urgenti."
Blaise sospirò: aveva scritto alla ragazza appena aveva scoperto che sua madre quella mattina era andata alla Gringott ed era entrata nella camera di sicurezza, senza sapere bene cosa avesse preso. Per fortuna Theo, che lavorava in banca, gli aveva accennato di averla vista, altrimenti lui non lo avrebbe mai saputo.

 

Ginny stava ascoltando Zabini che gli raccontava della visita della madre alla Gringott, quando vide una ragazza tarchiata portare un cestino di ciliegie verso il fondo del locale. Per essere un posto così tetro e malfamato, però, il cibo doveva essere buono.
"Dovete ordinare?" chiese con voce poco cortese la ragazza che, tornando indietro verso il bancone, aveva notato il loro tavolo vuoto.
"No, grazie" rispose lei, continuando a osservare il cestino delle ciliegie sul tavolo in fondo.
"Non potete rimanere senza ordinare: è una regola del locale."
"Oh. Sì, ok, aspetti…" rispose Ginny, allungando la mano sul menù: poteva sempre prendere la cosa meno cara della lista. O forse l'acqua sarebbe stata gratis?

 

Nel momento in cui la Weasley prese il menù, Blaise ci appoggiò una mano sopra e allungò alla cameriera una manciata di monete, con l'intento di comprarsela: non voleva che fossero disturbati. "Portaci due burrobirre" ordinò.
Lei sorrise melliflua e riconoscente, e annuì. Accanto a lui la Wealsey sbuffò e disse: "Nella mia puoi aggiungere dello sciroppo di ciliegia?"
La ragazza, che stava ancora guardandosi la mano, alzò gli occhi su di lei, corrugando la fronte. "Del… cosa?"
"Sciroppo di ciliegia. Si fa con le ciliegie, lo zucchero e l'incantesimo addensante…" Il tono tagliente della ragazza fece quasi ridere Blaise.
"Portaci un cestino di ciliegie e siamo a posto, grazie". Blaise mise la mano in tasca e tirò fuori altre monete e la ragazza spalancò gli occhi annuendo.
"Subito, signore."
"Le hai dato troppi soldi" brontolò la Weasley e lui scosse le spalle: quello non era un problema. Tirò fuori dalla tasca del mantello un plico di pergamene e le appoggiò sul tavolo.
"Abbiamo altro di cui preoccuparci."

 

Ginny non sapeva bene cosa dovesse dire per il fatto che avesse pagato l'ordinazione e si concentrò su ciò che lui aveva appoggiato sul tavolo: fogli di pergamena scritta con una calligrafia fitta e minuta. "Cos'è?" chiese.
"Il diario di mia madre. Quello che tu le hai consigliato di fare: scrivere ciò che le succede. Questo è ciò che ha scritto ieri e oggi" disse. Ginny neanche alzò lo sguardo dal tavolo e girò verso di lei le pergamene: non riusciva a leggerle, però, sembravano scritte in… "È francese" spiegò lui e la ragazza annuì.
"Io non so il francese" ammise Ginny tornando a guardarlo. "Riguarda la visita alla Gringott?" chiese ancora, sbirciando i fogli.
Zabini scosse le spalle e poi si passò una mano fra i capelli: erano scuri alla luce delle candele e un po' più lunghi di quando andavano a scuola e quando lui fece scorrere la mano fino alla nuca, notò che si arricciavano sul collo. Il pensiero di voler sapere se fossero morbidi come sembravano le fece scorrere un brivido lungo la parte bassa della schiena.
"Neanch'io. E non so cosa ci sia scritto. Potrebbe riguardare la Gringott, o potrebbe essere altro… Quando ero piccolo mia madre mi aveva insegnato un po' di francese, ma poi quando sua sorella morì, non l'ha più parlato con me."
Zabini guardò da un'altra parte e lei non disse niente: sembrava una confessione intima, così cercò di non essere indiscreta.

 

Blaise fu contento di avere una distrazione, in quel momento, e osservò la ragazzotta di prima arrivare verso di loro con un vassoio, le burrobirre e le ciliegie.
Quando si chinò sul tavolo notò che la sua camicetta era più sbottonata di quando aveva preso l'ordinazione, perché, avendolo fatto proprio di fronte a lui, mostrò una buona parte di quel seno generoso. Blaise alzò gli occhi sul suo viso e vide che sorrideva. Ammiccò in risposta e la ringraziò. Poi la ragazza se ne andò dopo avergli lanciato un'occhiata intensa.
"Scommetto che stasera non dovrai neanche pagarla, quando la seguirai di là" disse la Weasley, accanto a lui.
"Cosa?" chiese Blaise, convinto di aver capito male. Di cosa blaterava?
Lei prese una ciliegia dalla ciotola sul tavolo e la mise in bocca, lasciando il picciolo fuori dalle labbra. "Sto dicendo che non…" Innervosito dal fatto che lei parlasse con la ciliegia in bocca e che lui non riuscisse a toglierle gli occhi dalle labbra, sbottò: "Non ho mai pagato per fare sesso!"
Ma la ragazza rise e gli lanciò uno sguardo sornione. "Sì, certo" acconsentì svogliata, poco dopo, quando lui non disse niente. Ma la Weasley, quella nanerottola rossa, alta quanto mezza bacchetta, lo stava davvero prendendo in giro? E perché non riusciva a difendersi? Quando la sua lingua sbucò dalle labbra e il picciolo roteò su se stesso, pensò di aver perso il lume della ragione. "Cosa stai facendo?" esclamò, impugnando il rametto della ciliegia.
"Ehi!" ribatté, quando lui le tirò fuori il picciolo e il nocciolo dalla bocca. "Cos'è, le avevi ordinate solo per te?"
Blaise, incredulo, scosse la testa: non poteva reagire così. Non poteva. Guardò verso la cameriera, che sembrava disponibile anche se non altrettanto attraente ai suoi occhi, ma non era dietro al bancone.
"Non si mangiano così le ciliegie…" la rimproverò, e si sentì la McGranitt nei suoi giorni migliori. "Non è… decoroso…"

 

Ginny sbuffò e prese un'altra ciliegia. Ma cosa voleva da lei? "Ti sembra un party del Ministero, qui?" chiese, ironica. Perché doveva stare attenta alle buone maniere in quel pub trasandato che puzzava di burrobirra vecchia?
"Oh Santo Salazar, Weasley, bisognerebbe portarti in giro legata!"
Ginny rise, subito dopo aver lasciato cadere un altro picciolo con attaccato il nocciolo, sul tavolo: era un gioco che facevano alla Tana e quelli che vincevano sempre erano lei e suo fratello Fred. Quel pensiero le diede un po' di malinconia e senza accorgersene si morse il labbro inferiore senza riuscire a ribattere.

 

Blaise la vide zittirsi e rattristarsi e un po' gli dispiacque, così cercò di rimediare. "Ti devono piacere molto, le ciliegie, ne hai mangiato anche ieri sera, anche se non so dove tu le abbia trovate, visto che non erano al buffet."
"Come? Non ho mangiato ciliegie, ieri."
"Sì, che le hai mangiate" insistette lui. Certo che lo aveva fatto! "Tu… profumavi… di ciliegie" precisò. Non era riuscito a dire che lei sapesse di ciliegie, perché continuava a sentirlo sulle labbra e non gli piaceva quella cosa, se glielo avesse detto magari gli avrebbe riso in faccia.
"Veramente il mio profumo è mela verde e latte zuccherato…" precisò lei e Blaise dovette ammettere che aveva ragione, perché quel pomeriggio lo aveva sentito quando si era chinata su di lui.
"Tutti profumi dolci… Strano. Anche se effettivamente le mele verdi sembrano dolci dal profumo e poi dentro sono acide. Forse si adatta bene, dai" la stuzzicò, facendole un buffetto su una guancia, come ai bambini piccoli, quando si sentì vulnerabile.
"Simpatico, Zabini…" disse ironicamente. "Il profumo me lo prepara Luna e dice che invece è adatto a me perché… Ah, aspetta, ieri avevo messo l'unguento per le labbra alla ciliegia, come doposole. Anche quello me lo ha preparato Luna… Sì, hai ragione. Non pensavo si sentisse il profumo…" disse poi, allungandosi a prendere la burrobirra posata di fronte a lui. "Quello che mi avevano dato al San Mungo aveva un sapore terribile e non volevo metterlo, così lei me ne ha preparato uno alla ciliegia, anche se ora vorrei mangiarmi il vasetto…" La sua bocca, che non aveva ancora smesso di osservare, sorrise ancora.
"Che fai?" chiese ancora Blaise, quando capì che voleva bere dal suo bicchiere. Iniziava a sentirsi un imbecille, infastidito perché continuava a pensare al bacio della sera prima e forse il suo tono fu un po' troppo nervoso.
"Bevo la tua burrobirra…" spiegò lei prima di bere, per poi prendere un lungo sorso.
Incredulo dal fatto di essere coinvolto in quella storia con una ragazza che si comportava in modo così assurdo, afferrò il bicchiere davanti a lei e lo portò alle labbra: doveva tenere impegnati i sensi. Quella storia delle ciliegie lo aveva piegato come un adolescente infestato di ormoni. "Sono abbastanza sicura che quella" continuò, indicando con il capo la cameriera che li stava ancora guardando dal bancone, "abbia sputato nella mia".
Blaise iniziò a tossire, sputacchiando quel sorso che aveva appena bevuto e poi indicò le pergamene: era meglio finirla al più presto. "Devo scoprire cosa c'è scritto qui e perché lo ha scritto in francese".

 

Ginny si sentì in colpa per la burrobirra, così propose: "Potrei chiedere a Fleur, mia cognata… Però se tu avessi qualcun altro, in ballo, sarebbe meglio…"
"Potrei chiedere a mia cugina, ma non voglio che sappia…" Zabini si passò ancora una volta la mano nei capelli e Ginny dovette volgere lo sguardo perché la cosa iniziava farla sentire strana. Come se fosse troppo sensibile. E lei non lo era mai stata.
"Non vuoi che sappia di tua madre. Ok, ci sta. Va bene, dai, fammi fare una copia…" Tirò fuori la bacchetta e la puntò verso le pergamene. "Ge…"
"Niente magia!" La cameriera, che non doveva aver tolto loro gli occhi di dosso, fu subito davanti al tavolo a indicare un cartello appeso al muro alle sue spalle: Ginny si voltò e lesse il divieto di fare incantesimi all'interno del locale e la comunicazione che le smaterializzazioni erano protette da un incantesimo.
"Ma… perché?" chiese lei, così stranita dalla cosa.
"Ci sono stati disordini e il padrone non ammette più l'uso della magia da parte dei clienti."
"Assurdo…" Ginny scosse la testa e poi si voltò a guardare il ragazzo: ma dove l'aveva portata?

 

Blaise, infastidito dalla cosa, raccolse le pergamene con le mani e le fece sparire nella tasca del mantello, appoggiato accanto a lui; raccolse il suo e anche quello della ragazza. "Andiamo" disse allora, prendendo la Weasley per un braccio e alzandosi: appena fuori dal locale si sarebbero smaterializzati altrove.
"Oh, aspetta!" La ragazza, che doveva aver capito le sue intenzioni, si allungò verso il tavolo prendendo, con la mano libera, il cestino di ciliegie. Blaise la trascinò fuori dalla porta d'entrata e si smaterializzò subito.
Una volta a casa, appoggiò la bacchetta sullo svuotatasche dell'ingresso, prese le pergamene dal mantello e le mise vicino alla bacchetta, poi appese l'indumento.
Quando si voltò verso di lei per prendere anche il suo, notò che aveva fatto qualche passo verso il salotto. "Carino qui, è casa tua?" chiese, voltandosi appena e osservando un affresco che troneggiava sopra il divano.
Blaise annuì e, raccolte le sue cose, la raggiunse, accendendo tutte le lampade.
"Potevamo andare in un altro pub…"
"Qui non ci disturberà nessuno" disse Blaise, appoggiando le pergamene sul tavolino davanti al divano e dividendole.

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il sogno ***


Il sogno

 -

-

Ginny si morse il labbro inferiore e poi lo raggiunse vicino divano. Avrebbe preferito un posto pubblico, ma si sarebbe fatta andare bene casa sua. Mise le ciliegie sul tavolino e appoggiò il mantello al bracciolo di una poltrona.
"Perché hai preso su le ciliegie?" le chiese Zabini, guardando il cestino.
Ginny alzò una spalla. "Le hai pagate, no? Anzi, avrei preso anche la burrobirra, se me ne avessi dato il tempo!"
"La burrobirra ce l'ho" disse lui, alzandosi per sparire oltre una porta. Quando tornò con due bottigliette di vetro, le sorrise. "E non è sputata" precisò, ammiccando. Ginny rise, prese una delle burrobirre che lui le stava porgendo, e si sedette sul divano; guardò le pergamene che lui aveva sistemato in ordine, mentre beveva il primo sorso: buona. Zabini sedette accanto a lei.
"Dici che qua c'è scritto cosa è andata a fare oggi alla Gringott?"
Lui scosse le spalle mentre beveva a collo anche lui. "Non saprei. Ma se ha prelevato del denaro non me lo ha detto".
"L'hai vista oggi?" gli chiese, guardando l'etichetta sulla bottiglietta: era artigianale e aveva un buon sapore, anche se sembrava più alcolica di quella che beveva di solito.
"Sì. Mi ha anche detto che sei andata a trovarla". Ginny sorrise e poi si voltò verso di lui.
"Mi è sembrata contenta…"

 

Blaise dovette bere ancora quando il sorriso che le curvò le labbra si fece maledettamente sincero. "Sì, lo era. Spera di rivederti" constatò.
Lei annuì e tornò a guardare le pergamene. "Ci tornerò. Ma la prossima volta sarebbe carino se mi informassi prima su chi potrei trovare a casa sua: oggi ero del tutto impreparata a vedere la Parkinson. E anche a lei non ha fatto molto piacere".
Blaise spalancò la bocca: Pansy a casa sua? Davvero? Era successo qualcosa?
"Pansy? Non sapevo che fosse lì. Non era una visita programmata" disse, elaborando la cosa. "Pensavo ci fosse Rachel…"
"Sì, c'era anche lei. È stata molto più gentile della Parkinson. Mi ha offerto il tè e non ha insinuato niente, lei…"
Il ragazzo si fece attento e alzò un sopracciglio. In che senso? "Perché, Pansy cosa ti ha detto?"
La Weasley gli spiegò di come Pansy avesse tentato di metterla alle strette per capire cosa ci facesse lì, tentando di farla cadere in contraddizione davanti a sua madre e a Rachel. "Mi continuava a chiedere se sapessi che lei è tua madre. Non ricordandomi cosa dovessi dire ho spiegato che non lo sapevo e che ne ero venuta a conoscenza in quel momento. Però la cosa ha incuriosito tua mamma, sai? Non sapeva che ci conoscessimo, quando la Parkinson se ne è andata ha parlato di te un sacco…"
"Davvero?" Blaise aveva qualche dubbio.
"Te lo giuro. È stato spassoso. Soprattutto quando ha raccontato di cosa facevi da piccolo. Rideva anche tua cugina."
"Mia cugina?" chiese. Non aveva detto che Pansy se ne era andata?
"Sì, Rachel. Non è tua cugina? Chiama tua mamma 'zia'…" La ragazza si voltò verso di lui e per un attimo a Blaise sembrò di tornare al giorno prima nel giardino dei Stin'sen. Quando si voltava in quel modo, il suo viso prendeva una prospettiva veramente interessante. Gli dispiacque quasi di non aver la macchina fotografica in mano. O la penna. Poi si ricordò della foto che aveva sulla scrivania dello studio e per poco non si strozzò con la burrobirra: lei non doveva vederla! Non che avesse intenzione di portarla da nessuna parte in casa. L'immagine della sua camera da letto fece capolino fra i suoi pensieri, ma la scacciò.
"È la figlia del fratello di uno dei mariti che ha avuto in passato. Sarà anche sua nipote, ma di sicuro non è mia cugina" sentenziò.
Lei non disse niente e annuì, senza chiedergli altre spiegazioni e Blaise gliene fu grato.
Prese un altro sorso e la osservò ancora mentre raccontava ridendo e gesticolando con la mano libera. C'era da dire che quando non ce l'aveva con lui, era veramente simpatica. Ad un certo punto si agitò, muovendosi di più e una ciocca di capelli le finì sul viso. Per poco non allungò la mano per spostargliela e, quando lo fece lei, senza malizia né intenzione, dovette frenare le dita che gli prudevano da tanto voleva una scusa per toccarla. Ma cosa gli stava succedendo? Non gli interessava la Weasley! Forse era troppo tempo che non stava con una donna. Sì, forse era quello. Ripensò alla cameriera del pub, ma poi la ragazza accanto a lui scoppiò a ridere e Blaise si perse ancora.

 

Ginny prese fiato dopo aver raccontato un aneddoto di quando era piccola che le aveva fatto venire in mente la madre di Zabini mentre spiegava cosa combinava suo figlio da adolescente. "Oh, scusami, mi sono persa… Dicevamo? Ah, sì… le pergamene… Posso farmene una copia?" Si allungò a prendere un foglio e tentò di leggerlo, ma lei non sapeva davvero il francese. In più la donna aveva una grafia stretta e minuta, e i fogli erano pieni di righe fitte: si sarebbe fatto fatica a leggerli anche se fossero stati scritti in inglese. "Forse conviene riscriverli… non si leggono benissimo…"

 

Blaise le prese di mano un foglio e dovette ammettere che aveva ragione: si capiva poco. E le parole erano piccole piccole. "Te li ricopio" disse, alzandosi e andando a prendere il necessario nel suo studio. Sperò che lei non lo seguisse, ma continuò a guardare il corridoio, come se si aspettasse che lo facesse. Quando tornò, lei era ancora sul divano e stava osservando un foglio contro la luce della candela.
"Se hai un dizionario, potremmo iniziare a tradurre qualche parola, che dici? Magari non capiamo tutto tutto, ma…"
Lui le allungò una piuma, ma lei sfilò quella che aveva fra i capelli e la sua chioma le cadde sulle spalle in una cascata di colore, profumi e sensazioni nuove per lui. "Ce l'ho" sorrise, mostrandogliela.
Prese una pergamena e si chinò per leggere quella già scritta e intingere la penna nell'inchiostro.
Blaise afferrò un'altra pergamena e fece lo stesso, cercando di ignorare tutto ciò che quella ragazza emanava.

 

***

 

Due ore dopo erano ancora alle prese con la trascrizione e un tentativo di traduzione. Le pergamene erano diventate tante una volta ricopiate con una grafia più ampia. E la loro traduzione faceva cilecca. Riuscivano a tradurre solo alcune parole, mentre altre facevano più fatica. Non aveva ancora saputo niente della polvere blu, né della visita alla Gringott, ma se l'era immaginato che alla prima visita non potesse scoprire molto.
Quando lei sbadigliò, Blaise le consigliò di andare a casa. "Qua finisco io. Ti faccio avere tutto domani così puoi andare da tua cognata e chiederle se la nostra traduzione è corretta. Anche se dubito…" propose lui, osservando una pergamena: effettivamente quelle parole non davano frasi di senso compiuto.
Lei si stirò come una gatta e piegò il collo da un lato all'altro, massaggiandoselo con la mano. "È solo che oggi l'allenamento è stato più tosto del solito. Abbiamo una partita contro i Bats e Gwenog ci tiene a tenerci in movimento…"
"I Ballycastle Bats?" Prese un sorso di burrobirra e annuì. Blaise sorrise: tifava i Bats ed era a una loro partita che aveva assistito la prima volta che era stato allo stadio, da bambino. "Sono la mia squadra preferita!"
Lei storse il naso e fece una smorfia con la bocca. "Immaginavo. Sono la squadra più osannata. E sono dei palloni gonfiati, arroganti e pieni di sé…"
"O magari sono i più forti e sei invidiosa?"
Il disgusto sul suo viso durò poco, ma Blaise riuscì a scorgerlo e quando lei scosse le spalle, cercando di liquidarlo, aveva capito che c'erano cose interessanti dietro a quella ragazza.
"Sono forti, hai ragione. Infatti ci alleniamo due ore in più tutti i giorni. Non vedo l'ora di giocare e tornare alla normalità…"
"Quindi di solito non è così? Normalmente non vi allenate quotidianamente?"
"Certo che ci alleniamo, è un lavoro! Se tu lavorassi, sapresti che bisogna farlo tutti i giorni…" lo stuzzicò lei, ridendo, e lui sorrise: era strano, ma iniziava a prenderci gusto.
"E che ne sai? Magari ho un lavoro anch'io…" disse, strizzando un occhio.
Lei arricciò il naso, divertita. "Contare i tuoi soldi è un lavoro?"
"Sì, effettivamente. Diciamo che gestisco il mio patrimonio. E lo faccio quotidianamente, quindi è un lavoro."
"E di solito ti credono?" Blaise aggrottò la fronte a quella domanda.
"Chi?"
"Quelli a cui lo racconti!" La Weasley rise ancora e
si stropicciò un occhio come una bambina piccola: Blaise si sentì quasi in colpa.
"Faccio un po' di tè? O di caffè?"
Lei annuì. "Vada per il caffè".
Blaise si alzò e andò in cucina.
"Hai scoperto qualcosa sulla polvere blu?" le chiese a voce alta, ma la sua risposta arrivò strascicata e un po' confusa, secondo lui. "Non ho capito, che hai detto?" Alzò di nuovo la voce ma questa volta non sentì proprio niente. Velocemente finì di scaldare l'acqua e mise in infusione il caffè direttamente nelle tazze, così da poter tornare subito in salotto. Naturalmente la cosa non fu così veloce come lo avrebbe fatto uno qualsiasi dei suoi elfi domestici.
"Weasley, non ho… Ah…" La ragazza si era appisolata sul divano. Blaise portò lo stesso tutte e due le tazze sul tavolino e una la posò davanti a lei, prima di bere la sua e fermarsi a osservarla: aveva la testa appoggiata di lato sullo schienale e il suo petto si alzava e abbassava a un ritmo regolare. Cosa doveva fare? Doveva svegliarla e mandarla a casa? Sembrava che stesse bene, era quasi un peccato farla muovere. Si alzò portandosi dietro la tazza e si avvicinò a una delle finestre, aprendola per fumare per poi tornare a guardarla. La Weasley a casa sua era una cosa strana. Ma non ci aveva pensato due volte, quando le aveva preso il braccio e si era smaterializzato. Si accese una sigaretta e continuò a volgere lo sguardo al divano, nonostante tutto. Lei si era tolta le scarpe già da un po' e indossava un paio di jeans e una t-shirt; un abbigliamento informale e casual, che a Blaise fece venire in mente il suo vestito della sera prima, anche se ora le sue braccia erano tutte dello stesso colore: doveva aver preso il sole anche quel giorno. Beh, il giorno prima, pensò, guardando l'orologio: essendo passata la mezzanotte, era già domani. Finì la sigaretta ma lasciò la finestra aperta: una leggera brezza entrava, aiutandolo a tenersi sveglio. Tornò a sedersi vicino a lei e, con riluttanza, tentò di non guardarla più e di tornare a fare quello che stava facendo poco prima.
Poco dopo lei si agitò e rabbrividì, lamentandosi e stringendosi nelle spalle. Blaise alzò gli occhi e, impugnando la bacchetta, fece comparire una coperta leggera: non sarebbe servita a fare molto caldo, in fin dei conti era maggio, ma l'avrebbe almeno aiutata a mantenere il calore del corpo. Mentre gliela stendeva addosso, notò che anche la linea dell'abbronzatura sotto il collo non era più marcata come la sera prima, ma aveva preso colore anche lì, fin sotto lo scollo appena largo della maglietta. La sua pelle era comunque più chiara di quella delle persone che conosceva, ma almeno non diventava chiazzata di rosso quando si abbronzava, come le altre persone fulve. Per un attimo si chiese fin dove si fosse abbronzata. Aveva usato una maglietta più piccola? Uno di quegli affari che le donne usano quando fanno sport? Oppure lo aveva fatto direttamente in costume? L'immagine della ragazza totalmente abbronzata con i seni bianchi gli fece smuovere il basso ventre. Ma cosa stava pensando? Lasciò cadere la coperta su di lei e si scostò velocemente: aveva altro di cui occuparsi che sbavare dietro a una come la Weasley!
Le lanciò comunque un'altra occhiata quando lei si mosse ancora, gemendo o mormorando qualcosa. Per i venti minuti successivi però non riuscì a concentrarsi: il respiro lieve della ragazza era intervallato dal fatto che lei si agitasse nel sonno, ma Blaise non ci fece troppo caso: secondo lui, lei non stava mai ferma, e questo comprendeva anche il riposo notturno. Tornò al suo caffè e alle pergamene cercando di fare finta che lei non ci fosse.
Quando però lei iniziò ad agitarsi di più e a scalciare la coperta, si girò completamente a guardarla, e quando vide che stava piangendo e che muoveva le braccia, capì che stava sognando. O meglio, stava avendo un incubo. Appoggiò la tazza sul tavolino, questa volta senza prestare troppa attenzione alle pergamene, con l'intenzione di svegliarla e calmarla. Ma quando le fu più vicino lei si raddrizzò, spalancando gli occhi e gridando: "Non voglio morire!"

 

*

 

"Avada Kedavra!"
La voce di Bellatrix le rimbombava nelle orecchie, mentre lampi di luce verde sembravano colpire da tutte le parti. Accanto a lei c'erano Luna e Hermione e, tutte e due, alzavano la bacchetta; una volta per proteggersi, una volta per attaccare.
Per un attimo, la strega la guardò, con il suo sguardo vacuo e spaventoso, due occhi rotondi che la seguivano, e la sua bocca si piegò in un ghigno crudele.
"Avada Kedavra!" gridò ancora e questa volta la bacchetta puntò dritta verso di lei. Il lampo verde serpeggiò, come se fosse incerto, come se potesse muoversi e contorcersi, e decidere da solo dove andare.
Ginny lo guardò avvicinarsi e poi, senza muoversi, gridò: "Non voglio morire!"

 

*

 

Ginny si destò di colpo e capì di aver sognato nel momento stesso in cui aprì gli occhi: non era raro che sognasse la battaglia e il momento in cui Bellatrix le scagliava la maledizione era incisa nella sua mente in modo indelebile. Nella realtà era riuscita a saltare e a schivarla agilmente, nel sogno… Nel sogno non riusciva a reagire e sperava soltanto di non venire uccisa.
Guardandosi intorno, si passò una mano fra i capelli prima di focalizzare dove si trovasse, poi vide Zabini che, davanti a lei, aveva uno sguardo preoccupato.
Subito dopo, lui fece una cosa strana: si accovacciò nello spazio fra il divano e il tavolino e, guardandola in viso, le chiese se stesse bene. Ginny annuì in risposta, senza crederci davvero, e si passò una mano sul viso: le guance erano bagnate, doveva aver pianto. Imbarazzata, volse altrove lo sguardo, per paura che lui potesse leggerle negli occhi qualsiasi cosa.
"Stavi sognando…" disse e lei annuì ancora: si sentiva vulnerabile e non le piaceva per niente.

 

Blaise avrebbe voluto allungare una mano e accarezzarle una guancia. Cosa sarebbe successo se lo avesse fatto? Lei cosa avrebbe pensato? E lui cosa avrebbe provato?
"Stavi sognando…" Ma che cosa stupida da dire! Blaise si sentì un idiota.
"Sì… Io… Mi capita spesso. Hogwarts, la battaglia… Sogno che… " Si bloccò e spostò la coperta, stupendosi di trovarla lì. Blaise annuì.
"Sogni di morire?" le chiese, a voce bassa.
"Non voglio parlarne" disse, alzandosi in piedi. Lui si tirò indietro e si sedette sul tavolino.
"Perché? Era solo un sogno, vuol dire che qualcosa dentro di te…"
"Ho detto che non voglio parlarne."
Blaise alzò una spalla, cercando di sdrammatizzare la cosa. "Per essere una che non sta mai zitta, non…"
"Tu non c'eri, taci!"
Blaise si bloccò quando lei lo interruppe e rimase di sale al tono della sua voce: neanche quando lo offendeva a Hogwarts era così dura.

 

Vedendo l'espressione del ragazzo, Ginny si pentì di aver detto quella frase. "Scusa, io… Posso andare in bagno?" chiese, cercando di tirarsi su, senza guardare verso di lui.
Zabini annuì e le indicò una porta, dicendole di andare in fondo al corridoio. Senza aspettare altro, si alzò dal divano e sparì dalla stanza.
Ci mise qualche secondo prima di orientarsi e abituarsi al buio, perché aveva lasciato la bacchetta sul tavolino in salotto, così a tentoni arrivò fino alla fine del corridoio e aprì la porta del bagno. Per fortuna la finestra non era serrata e la luce della luna e dei lampioni illuminava un po' la stanza. Si lavò il viso e si guardò allo specchio per quel poco che riusciva a vedere ma, anche al buio, il suo riflesso stava male quanto il suo animo.
Si sedette sulla tavoletta del water e sospirò, guardando fuori dalla finestra. Di solito le succedeva a casa, di notte, quando era da sola. Non le era mai successo con qualcuno, perché evitava accuratamente di rimanere a dormire a casa degli altri. Aveva iniziato a sognare quel momento in cui correva il pericolo di venire uccisa quasi subito dopo la fine della battaglia, ma aveva smesso quando Harry aveva iniziato a soffrire di depressione. Era come se lei, impegnata a occuparsi di Harry, non avesse avuto tempo per fermarsi a pensare a cosa era successo e ora, che il ragazzo era lontano, la sua mente avesse ripreso a pensare troppo.
Doveva trovare il modo per risolvere la situazione.

 

Blaise continuò a guardare la porta socchiusa che dava sul corridoio senza rendersene conto e quando lei tornò e lo guardò direttamente in faccia capì che si era ripresa. Senza controllarlo, le fece un cenno con il capo e la ragazza ricambiò senza dire niente.

 

Ginny tornò in salotto e si avvicinò al divano, prendendo la tazza del caffè e bevendo un sorso: era così freddo che tossì e lo sputò. Sentì Zabini ridere e lo osservò mentre si avvicinava a lei dal davanzale della finestra, dov'era a fumare.
"L'ho fatto tempo fa, ora sarà imbevibile anche riscaldato" constatò lui, guardando la tazza con la brodaglia scura.
"Lo rifaccio io" propose lei, facendo un passo verso la cucina, dove lui era sparito prima che si addormentasse.
"Aspetta" disse, allungando una mano e posandogliela sul braccio.
Ginny dovette alzare lo sguardo su di lui per guardarlo, perché, Santo Merlino, lui era così maledettamente alto! "Cosa?"
Zabini le lasciò il braccio velocemente. "Fai del tè."

 

Blaise si avvicinò al tavolino mentre lei beveva il caffè e rise quando lo sputò: lo aveva fatto quasi un'ora prima, di sicuro era diventato una brodaglia fredda.
Quando la Weasley si offrì di rifarlo, pensò che volesse evitarlo per quello che aveva detto prima, così l'aveva fermata prima che lasciasse il salotto. Quello che non aveva previsto era che il suo sguardo, quando lo aveva posato su di lui, fosse così dannatamente intenso. I suoi occhi nocciola erano enormi, e lei sembrava così vulnerabile e forte allo stesso tempo, come se avesse combattuto una tempesta e fosse rimasta in piedi, ma stremata.
Desiderò ancora allungare la mano, staccarla dal suo braccio e accarezzarle la guancia e i capelli, posare le dita su quella pelle ora dorata dal sole, e scoprire se lei sapesse di buono anche al tatto. La cosa lo sconvolse così tanto che staccò la mano da lei con la stessa velocità con cui lo avrebbe fatto se si fosse scottato.
Imbarazzato, ma non incline ad ammetterlo, volse lo sguardo altrove. "Fai del tè, è meglio" le ordinò e non la guardò per vedere se avesse capito o meno.

 

Ginny si diresse in cucina, stranita da ciò che era appena successo: quando Zabini l'aveva toccata, aveva avuto l'impressione che il suo tocco fosse delicato ma sicuro, come lei si immaginava che fosse il ragazzo in verità, e quando lo aveva guardato, non era riuscita a togliere gli occhi dalle sue labbra. Si ricordava la barba dal giorno prima, quando l'aveva sentita sulla pelle, mentre un brivido l'aveva scossa, accucciandosi proprio in fondo al suo stomaco. Oh, come desiderava toccare il suo pizzetto! Voleva posargli la mano sulla guancia e muoverla lungo le curve del suo viso. Aveva sempre pensato che lui avesse i lineamenti troppo marcati per essere anche solo interessante, ma ora dovette ricredersi.
Sospirò e annuì: avrebbe preparato il tè, poteva farlo, lo aveva fatto un sacco di volte anche a casa sua.
In cucina trovò il bollitore sulla stufa e lo riempì sotto il rubinetto, nel lavello, e poi lo rimise al suo posto. Accese il fuoco intanto che cercava tazze e foglie di tè. Con naturalezza aprì sportelli e pensili, sbirciò sulle mensole e aprì cassetti: era semplice, come se fosse sempre stata lì.
Dopo aver sistemato le tazze e le altre cose, aspettò che il bollitore fischiasse e, nel frattempo, iniziò a pensare.
Aveva reagito così poco prima, perché sapeva che aveva bisogno di distrarsi e quello era il modo migliore che conosceva, non perché fosse interessata a Zabini come persona. Ne era sicura.
I sogni erano riniziati solamente perché ora che aveva smesso di preoccuparsi di chi aveva intorno (la sua famiglia, Harry, il rapporto fra Hermione e Ron) la sua mente vagava libera e probabilmente si annoiava. Sì, doveva essere per quello.
Allungò un dito e tracciò il contorno di una tazza, disegnando un cerchio perfetto. Doveva solo trovare un modo per tenersi occupata. O per tenere la sua testa occupata.
Sorrise quando capì come risolvere tutti e due i problemi: doveva trovare qualcuno con cui fare spesso del buon sesso e smettere di pensare alle cose brutte.
"Oh, che idea originale: un trombamico! Come farai a sceglierlo? Organizzerai dei provini come per il Quidditch?"
Ginny spalancò gli occhi alla voce del ragazzo sulla porta della cucina.

-

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Una lezione per due ***


Una lezione per due

 

 

Blaise sentiva il bollitore fischiare senza zittirsi, così si preoccupò e si diresse verso la cucina. Quando entrò, trovò la ragazza davanti alla stufa, mentre giocava girandosi fra le mani una tazza da tè vuota: non si era accorta che il bollitore era pronto.
"Devo trovare qualcuno con cui fare sesso per smettere di pensare alla battaglia" disse lei, alla tazza. Blaise capì che era assorta perché non si era mossa di un millimetro e non si era neanche girata verso di lui quando aveva messo piede in cucina. Ma cosa aveva detto?
Fece una battuta stupida quando si rese conto di non riuscire a deglutire. Aveva sentito le stesse cose che aveva provato anche lui poco prima? Per questo aveva detto quella frase? Capì che non si era accorta di niente quando lei sobbalzò al suono della sua voce. Oh, fantastico.
"Come?" chiese lei, aggrottando la fronte, ma con un'espressione stanca.
"Per scegliere con chi fare sesso. Farai dei provini? E come li farai?"
Lei non disse niente, troppo stralunata e confusa: Blaise pensò che non si fosse accorta di aver parlato ad alta voce.
"Io non…" iniziò, ma la sua incertezza durò poco. "Non penso siano fatti tuoi, comunque!" Blaise rise: quando lei non aveva quello sguardo triste era molto meglio. E la situazione poteva diventare interessante, nonostante tutto: stuzzicarla era qualcosa di giocosamente divertente.

 

Ginny sentì l'imbarazzo salirle sulle guance: lo aveva detto davvero? Era convinta di averlo solo pensato! Ciò che aveva pensato poco prima e la frase che aveva sentito lui si confusero nella sua mente che era troppo impegnata a gestire il suo corpo stanco e provato.
Zabini si avvicinò a lei e le passò vicino per prendere il bollitore che, se ne accorgeva in quel momento, stava fischiando indicando che l'acqua era alla temperatura giusta.
Lo osservò versare il liquido in una delle tazze e preparare un infusore, poi si voltò verso di lei, guardandola divertito. Fece un passo nella sua direzione e Ginny ebbe l'impulso di farne uno indietro, ma si trattenne e il ragazzo, che dovette capirlo, rise quando lei ondeggiò senza muoversi.
Le prese la tazza dalle mani e preparò anche il suo tè. "Effettivamente non sembra che ci sia bisogno di selezioni, no? Hai il tipo che gioca a Quidditch e Potter in Romania… Hai anche qualcun altro fra cui scegliere?" Ginny sbuffò. Rumorosamente. E lui sorrise ancora in quel modo, quando si voltò a guardarla. Ma poi divenne serio. "In verità penso che questa non sia la soluzione migliore al problema che hai avuto di là, prima…" E, come se volesse lasciarle spazio, tornò a guardare la tazza e a preparare il filtro per il suo tè. Le diede tutto il tempo per dire qualcosa, per difendersi, per contraddirlo, ma lei non disse niente. Anche perché non sapeva cosa dire.
Il ragazzo le passò la tazza e lei la circondò con le mani, scaldandosi come se fosse stata una fredda serata invernale. "Però funziona…" disse solamente, senza voler dire niente sul suo 'problema'.

 

Blaise le lanciò un'occhiata e quando la vide guardare il tè non se la sentì di dire nient'altro: anche Draco aveva passato brutti mesi dopo la battaglia. Con la bacchetta radunò le cose su un vassoio, per portarle facilmente nell'altra stanza. Lo fece levitare, ma poi ci ripensò e tornò a posare lo sguardo su di lei, che guardava ancora la tazza che teneva fra le mani. "Sarebbe come curare i sintomi ma non la malattia che li genera".
La Weasley finalmente alzò gli occhi e il suo sguardo si fece leggero. "Però è una cura divertente…" Blaise rise, nonostante tutto.

 

Zabini scoppiò a ridere e lei si sentì meglio. Appoggiò la tazza sul vassoio che aveva preparato, così da essere sicura di non rovesciarla e continuò: "Con la persona giusta, comunque, non con chiunque", ci tenne a precisare.
Fece girare la tazza, in un gesto ossessivo di nervosismo. Senza sapere il perché, non voleva che lui pensasse cose sbagliate. "Anche se immagino che se lo avesse detto un maschio, nessuno avrebbe pensato male di lui". Non alzò ancora lo sguardo. "Quando certe cose le dicono le ragazze, invece, si scatena il finimondo. Almeno le donne sono sincere, mettono subito in chiaro la cosa, mentre spesso i maschi giocano sporco e imbrogliano…" Ma stava davvero dicendo quelle cose a Zabini, un ex Serpeverde, che non frequentava da tre anni e con cui non aveva niente in comune?

 

Blaise si posò una mano sul mento: quello che diceva era vero. Anche Nott era un tipo così, anche lui usava il sesso per tenere la sua mente lontana da ciò che gli faceva male. E probabilmente non era totalmente sincero con le sue partner. Ma lui non lo avrebbe mai ammesso. Non voleva dare ragione alla Weasley. Neanche se l'aveva. Si sentiva un po' stupido, ma era come se non volesse perdere colpi ai suoi occhi.
"
Spesso le donne non sono così sincere, in verità. Non è scontato che ciò che dicono sia ciò che vogliono davvero…"
La Weasley fece una smorfia strana: probabilmente a lei non sarebbe mai venuto in mentre di giocare sporco. Ma ci stava, era una ex Grifondoro e loro erano tutto un: 'verità e solidarietà'. "Ti è successo?" chiese, curiosa. Scosse le spalle, non voleva parlare con lei delle sue questioni private, così si difese con la migliore tecnica che conosceva: l'attacco.
"Quindi è per questo che vai in Romania così spesso? Per scopare con Potter?" Con sua sorpresa, la Weasley arrossì, e molto: doveva averci preso. Divertito per averla messa in difficoltà, non lasciò la presa. "Cos'è non ti basta? Per questo dicevi a Paciock che volevi trasferirti da lui?"
"Sei un impiccione, non dovevi origliare!" lo accusò e Blaise non riuscì a non ridere.
"Ti svelo un segreto, Weasley, se voi ragazze non foste così esigenti con le altre cose, ammettereste che si può davvero fare sesso con chiunque."
"Con chiunque no, non dire stupidaggini. Forse voi fate così, ma per noi è diverso, non…"
Blaise si sentì piccato sul vivo. "Sì, certo, voi siete lì con i vostri buoni propositi: 'un ragazzo deve farmi ridere, deve essere una brava persona, deve guadagnare un tot, altrimenti non lo guardo neanche' e poi invece passa il primo troll che vi fa eccitare e ci scopate senza tanti problemi…"

 

Ginny capì che lui parlava di qualcosa di personale, ma la cosa non riuscì a fermarla dal dire: "Non funziona così! Se una persona non ti piace non riesce neanche a farti…" Lei non riuscì a finire la frase che il ragazzo, con uno sguardo duro in volto, fece un passo verso di lei, le posò le mani sui fianchi, e la spinse fino al ripiano della cucina vicino al lavello, per poi farle scivolare dietro di lei e imprigionarla con il suo corpo.
Incredula e incapace di muoversi, proprio come era successo per il bacio, lei rimase lì a fare niente, con il respiro in gola e il cuore che scoppiava, mentre osservava il suo viso infastidito, prima che i suoi occhi si riempissero di qualcosa di troppo intenso per essere analizzato.

 

Blaise non ci aveva visto più: quando aveva detto quella frase così assurda e falsa, si era scagliato contro di lei, bloccandola contro il mobile. Lei era ancora piccola di statura, ma il suo corpo era cresciuto nei punti giusti, lo poteva riscontrare in quel momento, mentre le si premeva contro. Spinse una gamba fra le sue, obbligandola ad aprire le cosce mentre la imprigionava sempre di più.
Allungò una mano alla sua nuca e infilò le dita fra i suoi capelli, facendola avvicinare a lui. Lei non fece resistenza e la cosa gli diede quasi fastidio, come se avesse voluto che lo contraddicesse, a voce o a gesti. Ma lei non fece niente, proprio come la sera prima, quando l'aveva baciata. Pensando che così avrebbe dovuto ammettere di avere torto, allungò una mano verso la tasca posteriore dei jeans e prese la bacchetta, puntandola verso di lei per far evanescere la sua t-shirt, prima di abbandonarla sul ripiano.
Si allontanò solo per poter soddisfare la curiosità sulla sua abbronzatura e sentì il basso ventre agitarsi quando vide il contrasto, poco sopra il reggiseno di pizzo, fra la pelle dorata e quella intima, che non aveva preso colore.
Impazzendo, colpito da qualcosa di troppo sconosciuto per essere compreso appieno, le fece inclinare la testa, mettendo in mostra il collo, che seguì con il polpastrello, in un tocco delicato e leggero, scoprendo che effettivamente tutto di lei era buono. Si chinò su quella pelle dorata, eccitante e dannatamente morbida e baciò, leccò e morse fino a quando non la sentì tremare. Mela verde, aveva detto, e per la prima volta quel profumo fece perdere a Blaise il controllo su di sé. Riprese a far scorrere le dita e le passò sulla spalla nuda, oltrepassando la spallina del reggiseno e continuando il suo viaggio sulla schiena. Lei rabbrividì ancora e lui si sentì potente, mentre scendeva con lo sguardo. Sul suo fianco, appena sopra la cintura dei jeans, scorse quello che doveva essere un tatuaggio: il manico di una scopa dondolava e una pluffa, che partiva da sotto la stoffa, faceva un volteggio intorno alla scopa per finire nell'anello di un palo di Quidditch, sullo sfondo. Rimase incantato e desiderò soltanto vedere il disegno al suo completo. Doveva toccarlo. Lasciò la sua testa e le posò la mano in vita, muovendo le dita sulla parte lombare della schiena, mentre lei si inarcava contro di lui; ma anche così non riusciva a vederlo tutto.
Era così minuta: lui con una mano riusciva a coprirle il fianco e ad accarezzare, con il pollice, la scopa che spariva nei jeans, insinuandosi sotto l'orlo con un tocco leggero e sapiente. Lei si agitò ancora. Tornò a posare le labbra su di lei e la sua lingua giocò ancora, scendendo dal collo, e lei si sporse di più verso di lui, anche se Blaise non seppe dire se ne fosse cosciente o meno e, forse, anche questo fatto lo rese ancora più agguerrito. Scese ancora, tracciando baci umidi, fino a quando non trovò il pizzo del reggiseno e allora sì, solamente lì, si rese conto di quello che stava facendo e di dove sarebbe finito se avesse continuato. Voleva darle una lezione, spiegarle come fosse facile cadere sotto la passione della lussuria, ma non voleva che lei potesse dire che era successo anche a lui e che non era riuscito a controllarsi. Anche se quella ragazza gli mescolava dentro così tante sensazioni che faceva fatica a starci dietro.
Lei gli affondò tutte e due le mani nei capelli e strinse le dita in un gesto incontrollato, gemendo sottovoce; Blaise non capì più niente. Non riuscendo a staccare le labbra da lei, continuò a baciare quella pelle calda come se non avesse fatto mai nient'altro nella vita e lei si inarcò ancora. L'idea assurda, ma così vera, che fosse veramente meglio fermarsi lo fece arrancare prima di arrivare a spostarle il pizzo per scoprirle un seno.
Si fermò e con lo sguardo salì di nuovo verso il suo viso: lei aveva chiuso gli occhi e si mordeva il labbro inferiore. Pensò di mandare al diavolo tutto e baciarla ancora; di lasciar perdere quello che si erano appena detti e di non pensare a niente. Pensò quasi di prenderla lì, sul piano della cucina e al diavolo tutte le sue teorie. Dovette aspettarselo anche lei, perché le sue labbra si mossero, schiudendosi al passaggio della sua lingua. Quando lei aprì gli occhi e lo guardò, capì che aveva intuito quello che stava pensando e improvvisamente si fece impassibile, tornando al suo iniziale intento.
"Te lo dicevo: chiunque può far eccitare una ragazza. Guardati: io nemmeno ti piaccio e avrei potuto tranquillamente..." Ma non finì la frase, lasciandola andare e facendo un passo indietro.
Avrebbe voluto farle dire il suo nome. Mentre gemeva, con voce rotta dal piacere. Mentre baciava il suo tatuaggio. Anche la parte che non riusciva a vedere. Ma non glielo avrebbe detto.

 

Ginny spalancò gli occhi alle parole del ragazzo, stupita dal suo tono freddo e distaccato, dopo quello che era appena successo.
Arrabbiata, nervosa e profondamente delusa da se stessa e da come si era lasciata imbrogliare, arricciò le labbra in un gesto stizzito.
"Sei proprio un troll, Zabini!" esclamò, prima di allungarsi a prendere la bacchetta che era rimasta sul ripiano, appellare il mantello e le scarpe dal salotto e smaterializzarsi.

 

Blaise la guardò sparire senza dire niente. Si passò però una mano sul cavallo dei pantaloni: era un troll davvero.

 

***

 

"C'è un pacchetto per te, Ginny. È sul tuo letto!" La voce di Molly oltrepassò la cucina per raggiungere la figlia nel soggiorno della Tana, appena lei fece il suo ingresso dal camino.
Ginny seguì la voce della madre e la raggiunse in cucina. "Grazie, mamma" disse, chinandosi a dare un bacio sulla guancia della madre che, seduta, incantava dei fagioli che iniziarono a sgranarsi da soli. "Di chi è?"
"Non saprei. Non ho riconosciuto il gufo. Ma era grosso così" spiegò, aprendo le braccia e indicando con le mani qualcosa di grosse dimensioni. "E non aspettava risposta: se n'è andato dopo averlo posato in camera tua".
Ginny piegò il capo e corrugò la fronte: chi poteva essere? Pensierosa, appellò un coltello e tagliò una fetta dalla torta che sua madre teneva sul piano in cucina. La mise in bocca e iniziò a masticare mentre riattraversava la cucina e imboccava il primo gradino.
"Ginny! Non sbriciolare in giro per casa!" La ragazza quasi non sentì la raccomandazione della madre e, con malcelata curiosità, si incamminò per le scale.
Finì la torta prima ancora di raggiungere il terzo piano. Si girò prima di entrare in camera e con la bacchetta fece sparire ogni traccia di briciole, così che sua madre sarebbe stata contenta.
Entrò in camera e vide subito sul letto un involucro in carta da pacchi e nastro da viaggio. Il nastro era chiuso con un sigillo in ceralacca verde e quando lo prese in mano Ginny si fermò a osservarlo: era di un verde intenso, con inciso quello che sembrava un albero e tre parole a semicerchio, ma fece fatica a leggerle, erano troppo piccole: probabilmente era uno stemma di famiglia.
Mentre infilava il dito sotto la ceralacca per rompere il sigillo alzò gli occhi al cielo. Doveva essere il simbolo di un purosangue altezzoso e solo uno aveva interesse a scriverle: Zabini.
Ruppe anche il pacchetto e la maglietta che aveva indossato la sera prima cadde, lavata e perfettamente stirata, sul copriletto.
Ginny, per un attimo, sentì le guance farsi calde, ma subito le passò, al pensiero di quello che lui aveva detto subito dopo averle fatto provare le sensazioni più intime ed eccitanti che avesse mai provato.
Si fermò a pensare a quello che era successo, al corpo del ragazzo premuto contro il suo e le sue mani calde che la sfioravano provocando brividi passionali in tutto il suo essere. E aveva ragione, comunque: si era eccitata così tanto che se lui l'avesse baciata non sarebbe stata inerme, questa volta, lo avrebbe assecondato e, probabilmente, non si sarebbe fermata lì.
Per fortuna era rimasta così sorpresa dal suo gesto da non aver reagito subito, altrimenti ora avrebbe avuto ancor più motivi per essere arrabbiata con se stessa invece che soltanto con lui.
Si sentiva così strana al pensiero di essersi immaginata che lui avesse accettato quella sorta di invito al sesso, che comunque lei non gli aveva fatto, e non che volesse darle una lezione. Ma d'altronde perché stupirsi? Era solo un arrogante che pensava di avere il mondo ai suoi piedi. Sospirando decise di non pensarci più.
Sbirciò dentro al pacchetto, notando che conteneva dell'altro e quando lo rivoltò, sul letto caddero anche un mazzetto di pergamene e un foglietto.
Le pergamene le riconobbe: erano quelle che avevano ricopiato la sera prima. Lui doveva aver finito di scriverle dopo che lei si era smaterializzata.
Prese il foglietto sospirando e lo lesse.

 

Ti ricordo che abbiamo ancora in ballo un patto e che devi mantenere la tua parola per poter riavere indietro le foto.

Come detto ieri, oggi devi andare da mia madre. Vedi di andarci e non obbligarmi a venirti a cercare.

 

Non era firmato. Ma tanto non c'era bisogno. Sospirò e fece una palla della sua pergamena: lo avrebbe fatto perché voleva, non di certo perché la stava ricattando!
Si diresse verso la scrivania e prese il necessario per scrivere e rispondere per le rime, quando decise di lasciar perdere e intestò la pergamena a qualcun altro.

 

***

Blaise guardò ancora l'orologio, ma non seppe dire se la Weasley fosse in ritardo o meno. Non si erano messi d'accordo con l'orario e si era totalmente scordato di scriverlo sul biglietto. E se non fosse venuta? E se fosse stata ancora arrabbiata per la sera prima e avesse deciso di lasciar perdere? Sperò che il suo gufo fosse stato abbastanza convincente, ma lei non gli aveva risposto così non sapeva nemmeno se lo avesse visto o meno.
Però prima di smaterializzarsi da casa sua aveva detto che sarebbe venuta… Il nervosismo che gli dava l'impotenza, gli fece passare una mano fra i capelli.
"Hai i capelli troppo lunghi… Dovresti tagliarli". La voce della madre lo riportò al presente, ma facendolo crollare subito dopo: la ragazza lo aveva preso per i capelli in un gesto così eccitante che lui, pensandoci, faticava ancora a controllarsi e di sicuro non li avrebbe tagliati per un bel pezzo.
Fece un giro del salottino con lo sguardo e poi tornò a guardare la madre.
"Perché non ti siedi? Sembri un po' agitato…"
Ubbidientemente obbedì, sedendosi sul divano accanto al vaso blu con i girasoli, ma contraddisse subito la strega. "Non sono agitato..." iniziò, ma si fermò all'occhiata che gli lanciò la donna dal lavoro intrecciato che aveva in grembo. "Sono stranito, mamma!" Decide di puntare tutto su quello. "Perché ti ha colpito così tanto la Weasley?" Una domanda innocente. Che si sarebbe volentieri fatto da solo.
Sua madre alzò una spalla e sorrise. "È stata gentile senza avere nulla in cambio. Non sapeva chi fossi e, nonostante ciò, mi ha aiutato. E ti dirò, a parte quel colore orrendo che aveva su viso e braccia, mi pareva molto carina e spontanea. Per fortuna ieri stava meglio, non sembrava più…"
"Una smaterializzazione riuscita male?" buttò lì Blaise, quando la descrizione della madre si fece così accurata da provocargli pensieri strani.
Madeleine lo guardò male. "Non sei per niente educato. Lei mi piace perché mi ricorda un po' me tanti anni fa…" La donna tornò a guardare il lavoro che aveva in grembo e Blaise si sentì quasi cattivo. "Anche a Hogwarts vi insegnavano a chiamare i vostri compagni con l'appellativo di cortesia? Anche noi dovevamo sempre rivolgerci agli altri con 'Mademoiselle Moreau' o 'Monsier Bertrand', a Beauxbatons…" Il suo sguardo scappò verso l'alto e Blaise ci vide un po' di malinconia.
"No, mamma, semplicemente chiamiamo per cognome chi non è un nostro amico…"
La donna tornò velocemente a guardarlo. "Non eravate amici?"
Blaise alzò una spalla. "Non proprio… Fra Serpeverde e Grifondoro non c'è mai stato un gran feeling…"

 

Madeleine storse il naso. Aveva sentito anche Rachel e Pansy dire qualcosa del genere. Ma perché i ragazzi erano così divisi? Per cosa, poi? Per una casa differente? A Beauxbatons anche se erano in case diverse, c'erano amicizie solidissime fra le persone. Anche lei ed Eloise erano state smistate diversamente, nonostante fossero sorelle, e non è che avessero smesso di parlarsi. Scosse il capo.
"Non è che si va d'accordo con tutti… E poi lei ha sempre sostenuto che mi dessi delle arie e che fossi arrogante. Non era di certo una mia amica!"
Ma la donna fece fatica a trattenere una risata. "Ma te lo diceva in faccia o alle spalle?"
"In faccia! Hai capito che tipo era? Cioè, che tipo è."
Madeleine non riuscì più a non ridere. "Probabilmente aveva ragione. Sei spesso un po' arrogante e autoritario. Te lo dico spesso anch'io!"

 

Blaise sbuffò: non era la stessa cosa. "Scommetto che ti fa ammattire" disse ancora la donna, lanciandogli un'occhiata divertita sotto le ciglia.
Stufo della piega che stava avendo la discussione, decise di cambiare argomento. "Cosa stai facendo, lì?" chiese, indicando il lavoro che aveva in grembo.
La strega sorrise, alzando quella che sembrava una palla di corda intrecciata. "Ti piace? È un unicorno all'uncinetto. Non è carino?" Blaise alzò le spalle. Che ne sapeva, lui, se fosse carino o meno? Gli sembrava solamente una palla con gli occhi.
Quando sua madre iniziò a blaterale di cachemire e materiali, si alzò, pronto per scappare. Salutò la donna e si incamminò verso l'ingresso: si sarebbe assicurato che la Weasley arrivasse, prima di andarsene. Oppure sarebbe andato a cercarla.
Il rumore del batacchio lo fece sospirare come se avesse trattenuto il respiro e guardò Kikky, una degli elfi, aprire il portone di casa. Fece un passo di lato dietro a una colonna per non farsi vedere e rimase a guardare che l'ospite fosse proprio chi si aspettava.
"Ciao, sono Ginny Weasley e sono venuta a trovare Mrs Maddie; è in casa?" La voce della Weasley, oltre a confortarlo, gli sembrò particolarmente allegra. Forse perché lei era così, in fin dei conti. Anche quando le cose si mettevano male, come quando parlava di Potter o quando aveva fatto quell'incubo la sera prima, lei sembrava sempre riprendersi e mostrarsi allegra. Forse era questo il suo segreto.
Kikky la fece entrare, spiegando che sua madre si trovava nel salottino del ricamo e la ragazza entrò con entusiasmo, una risata, i suoi corposi e profumati capelli e… una bambina. Una bambina?
Blaise spalancò gli occhi quando lei fece scendere dal fianco una bambina con i capelli biondi e gli occhi blu, che si guardava intorno con meraviglia. La prese per mano e l'accompagnò dentro casa.
"Vieni, Vic, entriamo. Vedrai che Mrs Maddie sarà gentilissima e ti farà portare di sicuro dei biscotti."
"Otti" ripeté la piccola.
Blaise le osservò mentre guidava la bambina con passi piccoli e pazienti e le faceva vedere cose che lui non aveva mai notato.
"Guarda lì, quel quadro, hai visto che bello quell'unicorno? Se aspetti un attimo, lo vedrai correre via: appena ci vedrà, sparirà oltre la cornice. Penso abbia paura delle persone… Guarda!"
Mentre ci passavano vicine, dall'altra parte da dove si trovava lui, l'animale bianco spiccò un balzo prima di scappare, nascosto dal muro, verso il giardino d'inverno. Non ci aveva mai fatto caso, ma doveva veramente aver paura delle persone, perché appena loro passarono, lui tornò a sbirciare con il muso oltre la cornice e la Weasley si girò, ammiccando verso il quadro. "Ti ho beccato!"
L'unicorno si nascose ancora e lei rise, facendo ridere anche la bambina che osservava la scena. Quando si incamminarono verso il salottino del ricamo, l'animale tornò a guardare, ma questa volta loro non si voltarono più. Blaise poté notare la delusione sul suo muso. "Ti capisco benissimo…" disse, prima di smaterializzarsi.

***Eccomi! Scusate il ritardo, ma il caldo mi uccide, anche se mi piace molto. Spero che la storia continui a piacervi. Grazie per le letture!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Little Vee ***


Little Vee

 -

-

Ginny infilò la busta nel becco di Leotordo e lo guardò andare via, appoggiata al davanzale della finestra. Si girò, prese le pergamene, e senza neanche controllarle le infilò nella tasca del mantello sbuffando. Odiava quando le ordinavano di fare le cose.

Scese velocemente le scale, portando il mantello sul braccio e gridando a sua madre che sarebbe uscita. "Vado da Bill e Fleur, ci vediamo stasera!" Non ascoltò la risposta della donna, prese una manciata di polvere dal camino e la buttò nel focolaio prima di gridare: "Villa Conchiglia!"

 

* 

 

Ginny si guardò intorno nel salotto di Fluer e subito dopo pensò che avrebbe dovuto smaterializzarsi fuori dall'abitazione e bussare per entrare. Guardò verso il portone d'ingresso: faceva ancora in tempo a uscire?

"Ginnì!" esclamò la cognata, vedendola sul tappeto davanti al camino. La bionda scese sorridendo la scala che portava ai piani superiori e le andò incontro. "Che piacere!" le disse, prima di abbracciarla.

Ginny, che prima della guerra non aveva mai avuto molta simpatia per Fleur, sorrise in risposta e ricambiò l'abbraccio. "Come state? Era un po' che non venivo a trovarvi…"

Quando si staccò da lei, la francese storse il naso. Ginny poté notare le occhiaia che aveva sotto gli occhi e la stanchezza sul suo viso. "Che succede?"

"Quel piccolo mostro non dorme mai!" esordì con gli occhi sbarrati e Ginny scoppiò a ridere. "Non ridere! Non. Ridere!" Poi si passò una mano sul viso stanco e non riuscì a trattenere una risata. "Vieni, preparo un tè…"

Ginny seguì la cognata in cucina e l'aiutò prendendo le tazze e la zuccheriera. Sapeva che Victoire, la bimba di Fleur e Bill, non dormiva molto ed era una bambina molto vivace, in più aveva iniziato a camminare molto presto, così c'era sempre da stare attenti a dove andasse. Quando il bollitore fischiò, la padrona di casa versò il liquido in due tazze, ne allungò una a Ginny e poi, quando lei la prese, non la lasciò andare, costringendola a guardarla.

"Che succede, Ginnì?"

Ginny corrugò la fronte. Che domanda era? "In che senso?"

"Non vieni mai a trovarmi. E l'ultima volta è stata quando…" Ginny sospirò. Era vero, per quanto avesse accettato Fleur come parte integrante della famiglia e sapesse benissimo che era la compagna perfetta per Bill, non andava a trovarla spesso. Per questo aveva chiesto a Zabini se lui conoscesse qualcun altro a cui chiedere per il diario di sua madre. E l'ultima volta che era stata a Villa Conchiglia era stato con Harry, poco prima che partissero per la vacanza in Romania.

"Devo chiederti un favore…" iniziò, allora. Era così brutto, non andava mai a trovarli e lo faceva solo quando aveva qualche tornaconto. Però li vedeva quando andavano a mangiare alla tana, non è che non li calcolasse proprio, così sorrise, sperando che Fleur non ci pensasse troppo.

"Oh, che bello, dimmi, se posso essere utile…" Fleur sembrava quasi contenta. Ginny alzò un sopracciglio, ma decise di non darci troppo peso, si allungò a prendere le pergamene da dentro la tasca del mantello che aveva appoggiato alla spalliera di una sedia e sciolse il fiocco del nastrino che le legava fra di loro.

"Abbiamo… Ho trovato delle pergamene scritte in francese, ma lo sai che io non lo conosco… Ho bisogno di sapere che c'è scritto…" prese i fogli e li aprì come un mazzo di carte sul tavolo. Gli occhi di Fleur si riempirono di meraviglia. Ma quella ragazza stava bene?

"Non sai quanto mi manca il francese…" confessò, prendendo la prima pergamena.

"Guarda che lo abb… L'ho riscritto io, quindi potrebbero esserci degli errori, ma è una sorta di diario…" La biondina alzò su di lei uno sguardo curioso. "Cosa c'è? Non si capisce la mia scritt..."

"Questa non è la tua scrittura, Ginnì."

Stranamente, Ginny sentì le guance scaldarsi. Ma perché, poi? "Mmm, ok l'ho fatto insieme a un'altra persona… Ma puoi aiutarci?"

 

Fleur abbassò di nuovo gli occhi su quella meraviglia: parole in francese! Il suo francese! Cercò di capire se i fogli avessero un senso logico e ne scambiò di posto due quando capì che erano stati erroneamente invertiti.

Aveva da poco iniziato a leggere quando il pianto di Vic si sentì dal piano di sopra. La ragazza alzò gli occhi al soffitto: ma quella bambina non poteva dormire almeno quel giorno? Sua figlia era la sua creatura adorata, la bambina più bella del mondo, la più intelligente… ma non dormiva molto fin da quando era nata e lei iniziava a non poterne più. Aveva provato di tutto, tutti i trucchetti e consigli che aveva trovato in giro, nessuno funzionava. E la bambina dormiva ancora pochissimo.

Sospirò profondamente e si alzò, mentre lasciava le pergamene sul tavolo. "Vado a prendere Vic e torno. Non te ne andare" ordinò alla cognata.

 

Ginny guardò la bionda salire le scale e aspettò pazientemente che tornasse da basso con in braccio la sua nipotina.

La bimba, quando la vide, emise un verso strano, probabilmente cercando di ripetere il suo nome e Ginny batté le mani quando la vide.

"Vieni da me, Little Vee. Vieni dalla zia Ginny. Zia Ginny. Zia. Ginny…" cantilenò, mentre prendeva la nipotina dalle braccia della madre e lei si sedeva per tornare a guardare le pergamene.

Giocò un po' con Vic, facendole battere le mani e provocando un po' di rumoroso baccano, quando notò che Fleur le lanciò due o tre occhiate stanche. "Qui avete scritto male: 'Niece', non 'Neeve', è nipote. Una nipote femmina. Dice che una nipote è andata a trovarla e le ha portato…"

Ginny si sporse, cercando di prestare attenzione, ma Vic, non contenta di non essere considerata, allungò una manina e afferrò una pergamena stropicciandola in parte.

"No, ferma, ferma!" La voce della madre fu così acuta che la bambina si bloccò, per poi scoppiare a piangere subito dopo.

La ragazza osservò lo sguardo della cognata posarsi stancamente sulla figlia e scuotere la testa. Quando chiuse gli occhi, capì che aveva bisogno di un po' di tempo. E di stare da sola. Sua madre aveva detto qualcosa sul fatto che a volte fosse pesante occuparsi tutto il giorno di un bambino piccolo.

"Ascolta, perché non ti riposi un po'? Qui non c'è fretta. Puoi andare a coricarti e…"

"Vic…" iniziò a ribattere la francese, scuotendo la testa.

"Little Vee viene con me. Mi occupo io di lei, oggi" disse, colpita da quell'idea che sembrava meravigliosa. Prese la piccola e la fece sedere sul tavolo, con le gambette e il viso verso di lei. "Ci vieni con me, Little Vee? Andiamo a fare un giretto mentre la mamma dorme un po'? Ti porto a spasso…"

 

Fleur era titubante. Ma era anche stanchissima. Aveva una gran voglia di mettersi a letto. O di fare una doccia. O di mettersi a letto subito dopo aver fatto la doccia. O il contrario. Doveva decidere. Ma voleva riposarsi. Vic sarebbe stata bene con Ginny. E se Ginny se la fosse vista brutta, sarebbe andata da Molly, lei conosceva Vic e sapeva come tenerla.

"Sicura?" disse, sperando che lei non cambiasse idea dopo averla così illusa.

"Certo. Ora io e la mia bellissima nipotina andiamo fuori…" disse ancora, prendendo le manine della bambina e guidandole per farle fare delle ovazioni da stadio di Quidditch. Vic rideva estasiata.

 

Ginny sorrideva contenta. Avrebbe preso su Vic per andare da Madeleine. Sì, era un'ottima idea. Sorrise ancora a Fleur: sembrava veramente stanchissima. Come se non dormisse dal giorno in cui era nata la figlia.

"Magari prendi su…"

Ginny le sorrise e poi tornò a parlare con la piccola. "Prendiamo su tutto, vero Little Vee? Tutto quello che ci serve!"

"Ok, va bene. E quando sarete tornate, ti avrò scritto una traduzione decente. Dov'è che avete letto 'macellaio'?" Fleur scosse la testa, sorridendo leggera e Ginny seppe di aver preso la decisione giusta.

E dopo pochi minuti, lasciò Villa Conchiglia con in braccio la bambina, diretta a casa della madre di Zabini.

 

*

 

Sbatté forte il batacchio solo per far ridere Vic e la piccola rise fino a quando la porta non si aprì e uno degli elfi di Madeleine aprì il portone.

In imbarazzo come il giorno prima con la Parkinson, balbettò qualcosa mentre entrava in casa e posava Vic per terra: tenere un bambino in braccio era divertente finché non ti facevano male le braccia.

L'elfa le disse di andare direttamente nel salottino del ricamo, dicendo che l'avrebbe preceduta per annunciarla e, ricordandosi che era il nome della stanza del giorno prima, esattamente come l'aveva chiamata Rachel, si diresse sicura attraverso sale e corridoi.

Trovò la porta aperta e, non sapendo bene come ci si comportasse in certi momenti, bussò delicatamente sullo stipite di legno prima di entrare. "Permesso… Mrs Madeleine?" la chiamò, quando la vide in poltrona, chinata su un lavoro a maglia.

L'elfa apparve davanti alla strega, spaventando Ginny e Vic, che iniziò a gnolare. "Madame Zabini, Miss Weasley è venuta a trovarla."

 

Maddie alzò gli occhi dal lavoro quando sentì il pianto di un bambino e, subito dopo aver visto Ginny e una deliziosa creatura bionda, Kikky l'annunciò.

"Grazie, Kikky, puoi andare" disse, rivolta alla creatura domestica, poi si alzò e andò incontro alla ragazza sorridendo. "Ginny! Ma chi è questa bellissima bambina?" Si avvicinò ancora alle streghe e, proprio mentre Ginny spiegava chi fosse, si chinò davanti alla bimba. "Mi scusi, Maddie, è mia nipote. Sua madre aveva bisogno di riposarsi un po', così mi sono offerta di…" Ma la strega non l'ascoltava più. "Come ti chiami, piccola?" le chiese, allungando una mano verso di lei. La piccola sorrise nel vederla e le prese un dito con tutta la mano. "Vee!"

"Come?" domandò, gioendo di quella vocetta piccola e melodiosa.

"Lei è Vic. Victoire Weasley, per la precisione. Ma io la chiamo Little Vee , perché lei è una piccola Veela, vero, cucciola?" disse, prendendo la bambina per i fianchi e facendola girare in aria, mentre la piccola scoppiava a ridere: era meraviglioso vederle e sentirle.

Si sedette sul divano quando sentì le lacrime salirle agli occhi.

 

Ginny vide la strega sedersi e passarsi un fazzoletto sul viso. Che era successo? "Maddie… si sente bene?"

La donna sorrise tristemente. "Sì, scusami cara, stavo solo pensando che avrei voluto dei nipotini e…"

O Santo Godric Grifondoro! Ginny si passò una mano fra i capelli, imbarazzata: cosa avrebbe dovuto rispondere? "Ehm… Forse Zab… suo figlio… prima o poi… Sì… troverà qua… Cioè… Bo… " rispose, piuttosto indaffarata a tenere sotto controllo i pensieri; non sapeva cosa dire, ma era sicura che dire a una madre che per suo figlio sarebbe stato difficile trovare qualcuno che lo sopportasse non era una bella cosa.

 

Maddie sospirò: stava mettendo la ragazza a disagio e non voleva. "So che è presto, lo so. E so che i bambini sono impegnativi, non capricci da prendersi così! Blaise, quando era piccolo mi ha fatto dannare! Era così vivace…" Sospirò al ricordo di quegli anni intensi. Prima di andare a Hogwarts Blaise era davvero un bambino scapestrato. E quando si trovava con i suoi amici, poi… Ripensò anche a Bert, ma decise di non parlarne con la ragazza per non rattristarla.

"Davvero? Ma… ne è sicura? Za… Blaise, il Blaise che conosco io?" La voce della ragazza era divertita e incredula e Maddie rise ancora della sua espressione. La osservò sedersi mentre lanciava occhiate alla bambina che aveva iniziato a trotterellare da sola in giro, così si sedette vicino a lei, sul divano.

"Oh, sì, proprio lui!"

 

Ginny ascoltava la madre di Zabini parlarle ancora del figlio e scoprire quante marachelle avesse fatto da ragazzino la fece ridere tantissimo: lei lo aveva conosciuto a scuola, quando già, in coppia con Malfoy, facevano a gara a chi fosse più serioso e pomposo. Non avrebbe mai ammesso di essere così sorpresa. Ma lo era stata anche quando aveva scoperto che volava così bene sulla scopa.

Era ancora presa dalle sue fantasticherie che non si accorse che Vic si era avvicinata al lavoro a maglia di Maddie, allungando le manine. Quando tentò di tirare un filo, la trattenne. "No, Vic, stai ferma…" Una volta anche lei si era lasciata tentare dai ferri di sua madre, ma Molly si era arrabbiata quando aveva scoperto che lei aveva sfilato tutte le maglie dai ferri perché convinta così di aiutarla.

"Lascia, lascia stare. Ora lo metto via" la tranquillizzò.

"So che se salta una maglia è un casino, mia madre mi terrorizza ancora…"

"Oh, non è un lavoro a maglia, guarda…" le spiegò, mostrando il lavoro: effettivamente non sembrava un maglione o una sciarpa o una coperta, come le cose che faceva Molly. Mise in un cestino una palla di fili intrecciati e tirò fuori un'altra cosa: il pupazzo di uno snaso. "Oh! Mia madre non fa questi!" esclamò, prendendolo in mano e osservandolo: era proprio un pupazzo a tutto tondo, con le zampe, la testa e le orecchie.

"È uncinetto, non uso i ferri da maglia. E mi piace fare i pupazzi. Di solito li faccio per l'associazione… Come si chiama? Ah, Sì. La Magical Children!" Oh! Sì, conosceva anche lei quell'associazione. Ogni anno organizzava eventi e cene per raccogliere fondi per il San Mungo e altre attività di beneficenza. Lei aveva sempre partecipato, con Harry.

 

Vic aveva visto un pupazzo fra le mani della zia e si era buttata verso di lei. Non camminava ancora bene, più che altro trotterellava e si lanciava di qua e di là, sperando di trovare qualcosa a cui reggersi, ma quella volta non ci pensò molto, troppo impegnata a osservare il pupazzo. Fece quei tre o quattro passi e poi si lasciò cadere contro le gambe di Ginny, allungando le manine e allargando le braccia.

 

Ginny non vide Vic arrivare, e si spaventò quando la piccola abbracciò il pupazzo senza lasciarlo più andare. Oh, Merlino! E ora?

 

Maddie sorrise quando vide la bambina ridere mentre stringeva le manine intorno allo snaso. "Vic…" aveva iniziato Ginny, ma la donna le aveva posato una mano sul braccio per interromperla. "Portatelo a casa. Te lo regalo. Io ne farò un altro al più presto, tanto non ho niente da fare…"

 

Ginny non disse niente, ma annuì. Dover strappare un giocattolo dalle mani di un bambino non sarebbe stato per niente facile. Ringraziò e poi seguì con lo sguardo Vic che continuò il suo trotterellare verso la porta finestra che dava sul terrazzo.

"È ora di andare, va… prima che lei diventi ingestibile…" disse, allora, alzandosi.

"Perché non facciamo una passeggiata in terrazza? Gira intorno alla casa, così ti faccio vedere anche il giardino" propose la donna e Ginny acconsentì. "Chiamo Kikky e poi usciamo" disse ancora, prendendo la bacchetta.

L'elfa apparve appena la padrona di casa l'ebbe chiamata e Ginny si guardò intorno: aveva già notato che c'erano vasi da fiori un po' dappertutto, quindi il giardino doveva essere pieno di fioriture diverse. Aveva visto più di un tipo di fiore, in quei giorni, e l'unico che lei conosceva erano i girasoli che troneggiavano in un vaso blu alla sua sinistra. Si avvicinò per osservarlo meglio: effettivamente era proprio del colore della polvere che aveva visto sulle mani di Maddie al San Mungo. E lei aveva le mani sporche di terra.

Si voltò verso la donna, ma lei era girata verso l'elfa. "Miss Rachel non è venuta. Faccio portare il tè più tardi?" Mentre la donna annuiva e dava altre istruzioni, Ginny fece un altro passo e allungò una mano per toccare il vaso, quando il rumore di un vetro che sbatte le fece voltare lo sguardo verso la portafinestra: Vic picchiava la manina libera contro lo stipite della porta, tentando di aprirla.

"Vic, ferma. Ferma…" Raggiunse la bambina e la prese in braccio, per assicurarsi che non combinasse guai, e tornò verso il vaso che aveva attirato la sua attenzione.

Allungò una mano, accarezzando uno dei girasoli e poi scendendo giù, lungo lo stelo e sfiorare la ceramica decorata.

"Little Vee, ricordati 'vaso blu', se dovessi perdere la memoria, ok?" bisbigliò alla piccola, che però non la stava guardando. Stava per toccare un intricato disegno a mosaico, quando la voce di Maddie la fece trasalire. "Andiamo?" chiese infatti la donna e Vic si agitò in braccio a lei, tentando di scendere.

"Sì" rispose Ginny, colta di sorpresa come se stesse commettendo un reato. Fece scendere la bambina e, velocemente, posò il palmo sulla superficie del vaso. A parte una leggera freschezza, nient'altro attirò la sua attenzione. Tolse la mano e se la guardò: pulita, niente puntini. Da un lato fu contenta, perché se anche avesse trovato la soluzione al problema, se la sarebbe scordata e non sarebbe servito a niente, ma dall'altra, era ancora pensierosa.

"Ginny, vieni?" La ragazza si girò verso il portafinestra, dove  Maddie teneva per mano una Vic abbastanza smaniosa di uscire sul terrazzo.

"Sì, arrivo."

--
-
-

-
***Eccomi, scusate il ritardo...

 


Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Snasi e Galeoni ***


Snasi e Galeoni

-

-

Ginny cercò di controllare la camminata buffa e trotterellante di Vic e al tempo stesso di guardare il giardino.
"Vuoi fare una passeggiata giù, fra i sentieri? C'è un gazebo molto carino al centro del parco" le chiese a quel punto Maddie, vedendo il suo interesse.
Ginny scosse il capo. "Maddie, posso chiederle una cosa?"

 

Maddie aggrottò la fronte e si fece attenta: la ragazza sembrava pensierosa. "Dimmi, cara" rispose, continuando a passeggiare lungo la terrazza che costeggiava l'abitazione.
"Io… ieri sono venuta perché ero preoccupata per i suoi vuoti di memoria, non sono capitata per caso per vedere i fiori…" Ginny sembrava quasi in imbarazzo, come se si vergognasse di fare quella confessione.
"Io posso solo ringraziarti. Pensavi che se me lo avessi detto mi sarei arrabbiata?"

 

Ginny alzò una spalla in un gesto forse un po' infantile, ma di sicuro non decoroso, di fronte a una donna dai nobili natali com'era lei. Si sentiva un'imbrogliona, perché anche se aveva ammesso di essere andata lì per quello, non le aveva detto dell'incontro con suo figlio. Degli incontri. E delle altre cose. Si sentì un po' a disagio a ripensare a quello che era successo la sera prima e si passò la mano fra i capelli.
"Io mi sono ricordata di una cosa… Si ricorda quando, prima di entrare nello studio del medimago io ho avuto…"
"Il vuoto di memoria?" concluse per lei la donna. Ginny questa volta annuì. Maddie era sveglia e in gamba, nonostante tutto.

 

Maddie rimase in silenzio un attimo. Forse aveva trovato un'alleata. Forse lei non l'avrebbe guardata con compassione come facevano le altre. Nessuna aveva dato importanza alla cosa, né le sue stesse parenti, né le sue amiche.
"Mi ricordo che lo hai avuto" disse.
"Un po' riesco a capire quello che prova, sa? È stato veramente… brutto. Sì, brutto."
Maddie sorrise. "Potresti darmi del tu. So che sembro vecchia, ma…"

 

Ginny, che stava pensando al suo primo anno a Hogwarts, quando Voldemort si impossessava del suo corpo e della sua mente, e lei si svegliava nel bagno di Mirtilla Malcontenta senza sapere cosa fosse successo, decise di tornare a sorridere e di accontentare la strega. "Va bene. Penso proprio di poterlo fare" concesse, con lo stesso tono con cui una regina avrebbe concesso un favore a un suddito. Maddie dovette comprendere la cosa perché ridacchiò un po'. "È successo ancora? Ieri? O Oggi?" Un po' si sentì male, perché sembrava che stesse circuendo quella dolce signora. Ma non poteva dirle che sapeva del diario, della Gringott e di aver visto suo figlio.
"No. Beh, non che io ricordi, comunque. Ormai non posso escludere niente. Ho scritto alcune cose…" Fece una pausa e Ginny intuì che stava soppesando cosa dirle e cosa no. Apprezzò la cosa, perché voleva dire che comunque era vigile e per niente rimbambita. "Ma me le ricordo tutte. Mi spiace, non posso raccontartele, però, perché riguardano altre persone…"
La ragazza annuì, anche se avrebbe voluto sapere davvero. Ancora si sentì di imbrogliarla.
"Hai raccontato a qualcuno delle perdite di memoria, negli ultimi giorni? A Rachel, forse? Ti sei confidata con lei? O con la…" Cercò di non chiamare la Parkinson per cognome, cercando di identificare le persone che le giravano intorno.
"No. Non l'ho più detto a nessuno. Mi… vergogno. Quando ho provato ad accennare la cosa, non tutti hanno capito che ero seria e non volevo sembrare… stupida."
Gli occhi della donna si riempirono di lacrime e Ginny vide la fatica che fece per non cadere nella tristezza.
Mise un braccio intorno alle spalle della strega e le si avvicinò. "Non devi vergognarti. Appena capiremo che succede, risolviamo tutto…" cercò di tranquillizzarla.
"Blaise pensa che io stia diventando vecchia e che non sia più…" La donna sospirò e non riuscì più a parlare.
"Za… Blaise è un maschio, cara Maddie, e come ogni essere maschile, non potrà mai capire le donne. Fidati di me: sono cresciuta con sei fratelli!"
Maddie rise e si asciugò le lacrime. Ginny aspettò il tempo giusto, lanciando occhiate in giardino per permetterle di ricomporsi e poi chiederle della polvere blu. Si voltò verso di lei e aprì la bocca quando vide che stava guardando altrove sorridendo, ma venne interrotta prima ancora che potesse dire qualsiasi cosa.
"PUFF!" gridò Vic e Ginny, che per un attimo si era scordata di lei, si voltò verso la parte finale della terrazza, dove la bambina aveva lasciato cadere il pupazzo per terra e stava battendo le mani contro il vetro di una portafinestra.
"Vic!" esclamò, avendo paura che si facesse male, e accelerò il passo verso la piccola. "Vic, cosa fai?" le chiese ancora, allontanandola dalla finestra e prendendola in braccio.
"PUFF" disse ancora la piccola, indicando la finestra e alzando le mani con le dita aperte. Ginny la guardò, ma non vide niente. Appena Madeleine si avvicinò a loro, si scusò ancora.

 

Maddie guardò attraverso il vetro e corrugò la fronte, notando qualcosa di strano. Tentò di aprire la porta finestra, ma questa era chiusa dall'interno, così si smaterializzò per oltrepassare il vetro. Una volta dentro si girò velocemente e aprì il chiavistello per far entrare le ospiti.
Ginny la guardava con uno sguardo strano. "Maddie… Va tutto bene?"
Ma la strega era troppo impegnata a guardarsi intorno. "C'è qualcosa che non va..." disse, più a se stessa che alla ragazza.

 

Lo sguardo della donna impensieriva Ginny. Entrò nella stanza e fece scendere la bambina, cercando di capire cosa avesse spinto Maddie a preoccuparsi così tanto.
Il locale dove erano entrate sembrava uno studio: una scrivania, una grossa scrivania, troneggiava sul lato sinistro della stanza, un po' discostata dalla finestra. Sul lato da dove c'era la portafinestra c'era un piccolo divano rosso, proprio accanto alla scrivania, mentre sull'altro lato c'era un mobile, quella che sembrava una credenza, ma che Ginny dubitava contenesse bicchieri e chincaglierie. Un vaso rosso conteneva delle margherite bianche. Sulla parete sopra la scrivania c'erano dei documenti incorniciati. Lanciò un'occhiata veloce, ma dovevano essere stemmi di famiglia e altre cose di cui lei non era a conoscenza. Vero, Blaise era fissato con quelle cose lì, riguardanti la rispettabilità della famiglia, il casato e le altre cose. Si ricordò vagamente il discorso fatto sull'elenco delle sacre ventotto.
Alla sua destra, invece, una grossa libreria colma di libri riempiva tutta la parete. Hermione avrebbe fatto salti di gioia. In basso, il mobile aveva delle ante che coprivano il contenuto alla vista.
"Puff!" eclamò di nuovo Vic, alzando le braccia in aria e ridendo scuotendo le dita. In quel momento Ginny si ricordò di quando Ron e George avevano giocato con la piccola, smaterializzandosi e insegnandole a urlare "Puff!" quando sparivano.
Ginny si chinò davanti alla bambina. "Hai visto qualcuno che si smaterializzava, Little Vee?"
La piccola annuì, cercando di saltare, ma finì solamente per girare su se stessa e Ginny dovette afferrarla al volo prima che cadesse.

 

"È un gioco che le hanno insegnato i miei fratelli, Maddie. È una cosa stupida, avrà visto qualcuno che si è smaterializzato…" Maddie si voltò verso la ragazza: non era una cosa stupida. "Forse ha visto uno degli elfi…" disse ancora lei.
"Questo è lo studio di Blaise, nessuno ha il permesso di entrare, solo io e lui. Neanche gli elfi senza permesso, possono…" Non andava bene. Non andava bene per niente.
Si guardò intorno ancora, per capire cosa le sembrasse così strano. La bambina fece un passo verso di lei e si addentrò nella stanza, ma poi la superò e guardò nello spazio fra la scrivania e il mobile di mogano. "Puff!" ripeté ancora la piccola, indicando il tappeto e ridendo.
"Vic… Torna qui…" Ginny si avvicinò, ma Maddie fu la prima ad arrivare vicino alla bambina. E spalancò occhi e bocca dalla sopresa: per terra, sul tappeto c'era un sacchetto di velluto viola e delle monete erano sparse lì vicino.
Si voltò verso la ragazza e poi si chinò anche lei vicino alla piccola. "Vic, qualcuno ha fatto 'puff'? C'era qualcuno e ora non c'è più?" Lei annuì ancora, ma questa volta non rise più, probabilmente iniziava a sentire la tensione che si stava creando. Qualcuno era entrato nello studio di Blaise e lei non sapeva chi fosse stato. Cercò di sorridere alla bambina e la accarezzò sulla testa per tranquillizzarla. "Va tutto bene, Vic sei stata bravissima a dircelo".

 

Ginny si avvicinò alle streghe e vide anche lei quello che aveva fatto spalancare gli occhi di Maddie: un sacchettino di velluto e una decina di monete erano sparpagliate sul tappeto. Visto che la donna si era come paralizzata vicino a Vic, decise di oltrepassarle e andare dietro alla scrivania.
"C'è uno sportello aperto, vieni a vedere" disse a Maddie, indicando per terra, ma senza chinarsi o sparire oltre la scrivania. Maddie si avvicinò e annuì quando vide la piccola antina della cassettiera della scrivania.
"Lì c'è la cassaforte" spiegò e la ragazza la vide piegarsi e guardarci dentro. "È vuota" constatò.
"È giusto?" chiese. Loro non avevano una cassaforte, quindi a parte i soldi non aveva la più pallida idea di cosa dovesse contenere.

 

Maddie scosse le spalle. "Non lo so. Non l'ho mai usata. Dovrei chiedere a Blaise".
Poi Ginny disse una cosa che la stupì. "Può chiamare un elfo? Ci sarà una gerarchia, qualcuno che comanda, o uno di quelli più vicino a lei…"
"Posso chiamare Kikky" rispose, senza capire bene. La ragazza annuì, così lei batté le mani e chiamò l'elfa, che si materializzò subito.

 

Ginny vide Vic spaventarsi e andarle vicino: non era abituata agli elfi. "Eri tu, prima, qui dentro?" chiese all'elfa, anche se conosceva già la risposta.
La piccola elfa scosse il capo facendo un passo indietro e torcendosi le mani.

 

Maddie vide Ginny prendere in braccio la bambina e annuire, voltandosi a guardare verso di lei. "Lo avevo immaginato, ma bisognava chiedere".
La donna fece un cenno con il capo: era giusto.
"Kikky, hai visto qualcuno qui, adesso? C'era qualcun altro in casa oltre a me e alle mie ospiti?"
L'elfa fece un altro passo indietro e scosse ancora il capo. "Kikky non ha fatto niente, Mrs Zabini. Non ha fatto niente…" Kikky si stava impaurendo e la strega lo capì perché l'aveva chiamata per cognome.

 

Ginny si intenerì. "Oh, Kikky, lo sappiamo che non hai fatto niente, ma abbiamo bisogno di te per sapere chi avrebbe potuto essere qui poco fa e aver fatto questo" spiegò indicando i soldi per terra. L'elfa non aveva ancora visto le monete e quando successe, spalancò gli occhi. "Non è stata Kikky, Kikky non farebbe mai… Se vuole Kikky sistema…"
Maddie si passò una mano fra i capelli e sospirò di nervosismo. A Ginny ricordò così tanto suo figlio, che involontariamente sorrise. "Maddie, vuoi sederti?" Quando la donna annuì, l'accompagnò al divano e la fece sedere, poi si voltò ancora verso l'elfa.
"Può essere stato un elfo, Kikky, ad aprire la cassaforte?"
L'elfa scosse il capo. "Nessuno degli elfi conosce la combinazione della cassaforte, Miss Weasley".
Ginny annuì e tornò vicino alla cassaforte per vedere se effettivamente era stata aperta o scassinata. Non sembrava essere stata forzata, ma lei che ne sapeva?
Guardò di sottecchi Maddie e vide che si stava asciugando il viso con un fazzoletto di stoffa. Forse avrebbe dovuto portarla via da lì.
Si alzò e le andò vicino. "Senta, che ne dice di andare via di qua? Possiamo lasciare qualche incantesimo e far venire il Ministero a indagare su questa…"

 

Maddie spalancò gli occhi: il Ministero no! L'avrebbero saputo tutti. "No, non raccontarlo a nessuno. Non voglio che si sappia che qualcuno è entrato in casa mia e ha toccato…" Guardò inorridita la scrivania: cos'altro avevano toccato? Erano stati solo in quella stanza? Oppure? Erano in altre stanze?
"Kikky, fai controllare la casa da tutti. Tutta la casa. E vieni a dirmi se qualcos'altro è fuori posto."
Vide Ginny annuire e sorridere. "Brava, Maddie!"
Quando poco dopo Kikky tornò, riferì che tutti gli elfi avevano controllato e niente sembrava fuori posto.
"Quindi è entrato solo qui?" chiese, forse più a se stessa che a lei, la ragazza. Effettivamente sembrava così. "Maddie, ti va di controllare il sacchetto? Sai quante monete potesse contenere in origine, e di cosa si tratta?"
Maddie annuì, ma non se la sentiva di alzarsi: la testa le girava vorticosamente. "Puoi portarmelo qui? Mi sento un po'…" Non riuscì a finire la frase e strinse forte, con la mano, il bracciolo del divano.

 

Ginny si chinò a prendere il sacchetto e le monete e le raccolse sulla mano prima di portarle alla donna. Kikky continuava a guardare in basso, ma ormai aveva imparato come erano fatti gli elfi, non era una segno di colpevolezza.
"Kikky, tu conosci questo sacchetto? Sai perché era nella cassaforte?"
"Mrs Madeleine lo ha messo lì" rispose subito l'elfa.

 

Maddie alzò la testa dalle monete: Kikky stava mentendo! Non era stata lei a farlo! "Io non entro qui da tanto tempo, Kikky, stai dicendo una bugia".
L'elfa sgranò gli occhioni e colpì l'anta di legno con la testa. "No, no Mrs Maddie, Kikky non sta dicendo che lei sta mentendo, ma Kikky non dice bugie! E non lo farebbe mai, Kikky vuole bene a Mrs Madeleine. Kikky…"

 

Ginny alzò una mano e sbuffò piano: quando facevano così, gli elfi erano un po' una scocciatura. "Va bene, Kikky, va bene… Sai quando è successo? Quando Mrs Madeleine è venuta in questa stanza? Ed è successo spesso?"
L'elfa sgranò ancora gli occhi. "Kikky non sa quante volte è successo. Kikky non vuole spiare la signora. Kikky ha solo visto ieri Mrs Madeleine tornare a casa e portare il sacchetto nello studio. Io non ho visto nient'altro.
"E dove lo avrei preso, quel sacchetto, secondo te?" chiese la madre di Zabini. Era sempre più stranita e Ginny glielo leggeva in faccia.
"Lei ha detto di essere stata alla Gringott. Kikky non sa se è vero, non sa niente. Kikky sa solo quello che Mrs Madeleine ha detto. E ha detto di essere stata alla Gringott…"

 

Maddie spalancò gli occhi a quella frase: Kikky non avrebbe mai mentito. E il sacchetto era veramente uno di quelli che c'erano nella camera blindata. Ma lei non lo ricordava! Perché c'era andata? Perché aveva preso del denaro? E, soprattutto, chi era in casa sua che sapeva dove l'avesse messo, visto che lei non ne era a conoscenza? Improvvisamente il mondo intorno a lei iniziò a girare e lei sentiva la testa scoppiarle.

 

L'elfa era sempre più spaventata, i suoi occhi erano enormi e continuava a sbattere la testa contro l'anta del mobile.
Ginny non ne poteva più di quella scena. Corse verso l'elfa e la tenne ferma per le spalle. "Smettila, Kikky, mi stai facendo venire il mal di testa! Anzi, lo stai facendo venire a Mrs Madeleine, non vedi come sta male?" si corresse alla fine, sapeva che gli elfi facevano ogni cosa per i loro padroni e sicuramente si sarebbe contenuta se avesse saputo che stava recando danni alla sua.
"No, no, Kikky non vuole che la padrona stia male! No, non è colpa di Kikky!"
L'elfa continuò ad agitarsi e la ragazza sbuffò, pensando di lasciar perdere, e abbassò lo sguardo, sgranando di nuovo gli occhi: le mani dell'elfa erano ricoperte di polvere blu!
Subito si staccò da lei, cercando di mettere più spazio possibile fra loro due.
Si voltò verso Maddie, ma vide che guardava con occhi spaventati il sacchetto. Ginny sapeva che era andata alla Gringott e il fatto che lei non se lo ricordasse ci stava tutto. Ma non sapeva se dovesse dirglielo o no.
Avrebbe dovuto parlare con Zabini. Ma si sentiva in colpa verso Maddie.
"Kikky, dove ti sei sporcata le mani?" sussurrò, per non farsi sentire dalla strega.
Kikky si guardò le mani e sgranò gli occhi. "Kikky non lo sa! Kikky non sa niente!" Quando riniziò a colpire il legno con la testa, Ginny sbuffò rumorosamente: non avrebbe cavato uno snaso dal buco.
Si avvicinò a Maddie e l'aiutò ad alzarsi.
"Maddie, hai un'amica dove andare? Intanto che vediamo di capire cosa è successo?"

 

Maddie sgranò gli occhi: non aveva capito che non voleva far sapere a nessuno quello che le stava succedendo?
"No, non voglio andare da nessuna parte. Resto qui…" Si bloccò quando si guardò intorno, come se non riuscisse a riconoscere la stanza: qualcuno era entrato in casa sua. In casa sua. Non era più al sicuro, visto che non sapeva chi fosse. Sicuramente chi le aveva detto di andare a prendere i Galeoni nella camera blindata era la stessa persona che poco prima era nella stanza. Poteva essere chiunque. Ma lei non se lo ricordava. E non lo aveva scritto. Aveva letto il diario che aveva iniziato a scrivere e non c'era nessun riferimento né alla Gringott, né alle monete, né tantomeno allo studio. Non si sentiva totalmente al sicuro. Ma non voleva andare da nessuna parte.
"Vuoi andare da tuo figlio? Non so dove sia, ma possiamo…" La ragazza si girò verso il centro della stanza quando sentirono un sonoro russare: la piccola Vic si era addormentata sul tappeto, dimenticata da tutti.
Scosse il capo. "Non saprei dove andare senza dare spiegazioni. E non voglio dover spiegare qualcosa che non so…"

 

Ginny guardò la bambina, l'elfa che era rimasta seduta contro la libreria e poi la strega. Doveva parlare con Zabini. Dovevano guardare la stanza e lui sarebbe riuscito a cavare qualcosa dall'elfa. Ed era meglio che Maddie non ci fosse.
"Ho avuto un'idea. Andiamo a prendere il suo lavoro all'uncinetto, così andiamo via."
Maddie si alzò, docile, ma poi la guardò. "E dove andiamo?"
Ginny sorrise. "Alla Tana!"

-

-

-

***Eccomi, scusate il ritardo, ma sono stata ammalata...

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Il Tiri Vispi ***


Il Tiri Vispi

 -

 -

Blaise stava guardando la vetrina del negozio 'Accessori da Quidditch di qualità' e sospirò: in esposizione c'erano tutti i gadget delle squadre di Quidditch e il suo occhio continuava a cadere sul verde e sull'oro dei polsini, delle divise e degli scaldamuscoli delle Holyhead Harpies, cercando di non pensare alla Weasley.
Ma certo che doveva pensare a lei! Doveva assolutamente sapere come fosse andata a casa di sua madre e perché avesse portato una bambina a casa sua.
Aveva incontrato il consulente ed era passato alla Gringott: era entrato nella camera di sicurezza, ma non aveva trovato niente fuori posto, ma chi avrebbe potuto dirlo? Non controllava sempre ogni cosa, anche se il denaro sembrava esserci tutto.
Era passato dal fotografo e aveva comprato un po' di pellicola speciale per l'esposizione notturna e le foto degli animali, aveva altre commissioni da fare, ma non riusciva a staccarsi da quella vetrina.
Sospirò, voltandosi verso la strada. Lanciò uno sguardo all'orologio e pensò di andare a chiamare Theo per fare un aperitivo prima di cenare. E prima di vedere la Weasley. Sempre che lei si facesse vedere: non si erano messi d'accordo. Fece qualche passo lungo il marciapiede e, sull'altro lato della strada vide il Tiri Vispi. La ragazza gli tornò in mente, ma questa volta erano altri i pensieri che gli occuparono il cervello e sua madre non fece capolino neanche una volta.
Mise le mani in tasca e si fermò a guardare la vetrina da lontano. Uno dei gemelli Weasley, George, perché Fred era morto durante la battaglia di Hogwarts, uscì sul marciapiede e con la bacchetta pulì l'insegna, incantando subito dopo una scopa e spazzando davanti all'entrata e alle vetrine.
Quando alzò gli occhi e lo vide, gli fece un cenno con la mano, muovendola per invitarlo a entrare. Blaise si guardò intorno e quando capì che stava proprio cercando di attirare la sua attenzione, attraversò la strada per raggiungerlo.
"Zabini, eri tu che cercavi l'inchiostro movente colorato, l'altro giorno?"
Blaise si fece attento: i fratelli Weasley vendevano alcuni tipi di inchiostro per fare degli scherzi e uno, quello movente, aveva scoperto che era utile per realizzare i suoi disegni. Annuì lentamente e seguì George in negozio.
"È arrivata la nuova fornitura. Sono misti, ma sono sicuro che ci siano anche degli inchiostri colorati moventi. Cioè, ci sono quelli coprenti, immagino ci siano anche gli altri…"

 

George si voltò verso l'ex Serpeverde e lo osservò con la coda dell'occhio: quando lo aveva visto entrare al Tiri Vispi la prima volta pensava che fosse venuto solo per attaccar briga, ma poi si era dovuto ricredere e lui aveva fatto un giro tranquillo del negozio e si era mostrato interessato ai tipi di inchiostro per gli scherzi.
Verity, la ragazza che li aiutava da quando avevano aperto, aveva detto che l'inchiostro era uno scherzo interessante e che sarebbe andato a ruba ed effettivamente così era stato fra i ragazzini che frequentavano la scuola. Cosa ci trovasse di interessante Zabini, invece, non lo aveva ancora capito.

 

Blaise notò l'occhiata del rosso, ma fece finta di niente: sapeva che si stava chiedendo cosa ci facesse con un inchiostro per fare scherzi, ma non aveva intenzione di spiegarglielo. Lo seguì fino al reparto di cancelleria e lo guardò aprire una scatola.
"Ecco qui. Sì, anche il movente colorato" disse, poco dopo, leggendo delle etichette e passandogli una boccetta.
Blaise la prese e guardò il colore: verde, verde smeraldo. "Interessante" sostenne, mentre faceva girare la boccetta e roteare il liquido al suo interno. Avrebbe dovuto usare la magia o sarebbe riuscito a fare le sfumature con la piuma sottile? Doveva provare. "Quali altri colori hai?"
George annuì e tornò a frugare nella scatola. "Blu, viola, un rosa pastello, giallo fluo… ah, anche questo. Cos'è? Arancione? Forse zucca o melone? C'è solo il codice, devo guardare il catalogo…"
Blaise rimase incantato alla vista del boccetto: era il colore dei capelli della Weasley. Sì, anche di suo fratello, forse. Ma era il suo. Si fermò quando fece il gesto di strapparglielo dalle dita e, lentamente come se non gli importasse molto, lo prese in mano. Lo passò in linea d'aria vicino ai capelli del rosso senza farsi notare e sorrise quando notò che erano proprio uguali. "Lo prendo" disse, questa volta con enfasi.

 

George aggrottò la fronte, ma poi scosse le spalle e gli chiese se volesse solo quello. Quando Zabini scelse altre boccette (quasi tutti i colori disponibili, a dir la verità), si diressero insieme verso il bancone con la cassa. Gli fece il conto e cercò di intavolare il discorso per sapere a cosa gli servissero, quando Leotordo entrò nel negozio svolazzando, passando attraverso una finestrella rimasta aperta.
Mannaggia a Leotordo che aveva distratto l'attenzione, pensò, notando che anche il moro aveva alzato il viso per guardarlo. O forse poteva prenderlo a tradimento, prima che il gufo arrivasse fino al bancone? Probabilmente era solo sua madre che gli chiedeva se sarebbe tornato per cena o meno.

 

Blaise alzò gli occhi al suono strano di uno svolazzare d'ali. Un piccolo, anzi, un piccolissimo gufo entrò al Tiri Vispi da uno spiraglio, probabilmente, quel pennuto non aveva bisogno di molto spazio.
Abbassò gli occhi per mettere via gli acquisti e vide il rosso spostarsi di lato nella sua direzione. Brutto segno: voleva qualcosa.
"Devi fare degli scherzi?" chiese, con una finta noncuranza che Blaise aveva già adocchiato.
Non volendo rispondere, il ragazzo alzò di nuovo il viso verso l'alto, ma poi corrugò veramente la fronte: il gufo o quello che si spacciava per essere un gufo, stava volando verso di loro.
"Ma… chi è?" chiese, più per distrarre il ragazzo che per vero interesse.
Il gemello alzò le spalle e sospirò. "Il gufo è di mio fratello. A casa lo usiamo quando è fuori quello di famiglia… Immagino sia mia madre, non preoccuparti…" rispose lui, guardando di nuovo verso l'uccello.
Blaise osservò il volo un po' arrancato di quella palla di piume e continuò a guardarlo per non incrociare lo sguardo del Weasley impiccione. A tentoni mise via i suoi acquisti e salutò, continuando a non guardarlo, facendo un passo verso la porta, quando il gufo si posò in fondo al bancone, lontano dal suo padrone, ma vicino a lui.
"Ma cosa…"

 

George osservò Leotordo zampettare verso la fine del bancone e allungare il becco, che stringeva una busta color avorio, verso il moro. Ma cosa…?
Pensando di aver confuso il volatile con qualcos'altro, lo osservò bene, ma effettivamente era proprio Leotordo.
"Leo… Sono qui…" Che il povero uccello si fosse rincretinito? Si avvicinò, ma il piccolo gufo zampettò ancora verso l'ex Serpeverde.

 

Imbarazzato, Blaise, prese la busta dal becco del gufo e questi volò via. Stranito, guardò prima il rosso e poi il nome sulla busta: era veramente per lui, non si era sbagliato.
"
Oh, è davvero per te…" constatò, una volta avvicinatosi. "Mia madre ti invita a cena?" gli chiese subito dopo, con un sorriso strano. Blaise non seppe cosa rispondere.
Poi Weasley guardò meglio la busta e corrugò la fronte, facendo un verso strozzato con la bocca. Si girò verso di lui, ma notò che aveva ancora gli occhi sulla pergamena. Quando li tirò su, come se volesse osservarlo meglio, tutto il suo cameratismo era sparito: i suoi occhi si erano fatti a fessura e Blaise immaginò quasi che gli stesse lanciando una fattura non verbale. "Quella è la scrittura di mia sorella" disse solamente. Oh, Merlino!
Blaise infilò nella tasca interna della giacca la missiva e si voltò per andarsene. "Non saprei. Non mi ha mai scritto" rispose, contento di poter dire la verità.

 

George fece un salto al di là del bancone e impugnò la bacchetta, spostando alcune scatole e bloccando la strada all'ex Serpeverde. "Dove stai andando?" gli chiese.
Zabini si voltò verso di lui, sospirando. "Senti, non lo so perché mi ha scritto. Ma se avesse voluto fartelo sapere, te lo avrebbe detto, no? Ora devo andare".

 

Blaise si era girato di nuovo e si toccò il fianco per estrarre la bacchetta per liberare la strada. "Perché non la leggi qui?"
"Perché non sono affari tuoi."
"Se non avessi niente da nascondere, non avresti problemi a leggerla davanti a me!" insistette ancora.
Blaise sospirò. "Potrei avere molto da nascondere. Ma non quello che pensi tu. Non… tua sorella" confessò alla fine, velocemente. Se avesse avuto veramente una tresca con la Weasley, sarebbe stato più facile. E più interessante. Scosse il capo a quel pensiero, come se non volesse ammettere di averci pensato ininterrottamente quella notte. E quella mattina. E nel pomeriggio.
Weasley lo guardò ancora male, ma poi dovette cedere. Annuì e spostò le scatole con la bacchetta, per lasciarlo andare.

 

George era abbastanza combattuto, ma non poteva fare molto di più. A volte gli sembrava che senza Fred anche il suo coraggio fosse andato a farsi seppellire.
Guardò il ragazzo che si incamminava verso la porta, mentre una figura minuta sbucava dal locale dietro il bancone.
"Ginny!" esclamò.
"Ciao, George. Mamma vuole sapere se torni a cena. Se non torni, mandale un gufo e salutami Angelina!" Velocemente come era arrivata, Ginny sparì dietro agli scaffali, mischiandosi alla folla e agli scherzi disposti nei vari espositori. George fece appena in tempo a capire quello che gli aveva detto. Ma come faceva a sapere che quando non tornava a cena era perché andava a casa di Angelina?
Ma poi Ginny si bloccò quando vide l'assiolo che si beccava le piume della coda girando in tondo su se stesso, in cima a uno scaffale. Si voltò verso il fratello e chiese: "Perché Leotordo è qui?"
George sorrise di quel sorriso che lo faceva assomigliare ancora di più a Fred. "Hai mandato un gufo a Zabini e lui era qui quando lo ha ricevuto" spiegò.
Ginny spalancò gli occhi e le sue sopracciglia formarono un disegno curioso. "E cosa ci faceva qui?"
George scosse le spalle: doveva ancora capirlo anche lui. "Comunque… ti sembra il caso di scrivere quelle cose?" bleffò.

 

Ginny inclinò la testa: quali cose? Aveva scritto a Zabini di farsi trovare dietro al Tiri Vispi, ma non pensava che lui fosse proprio dentro al negozio! "Perché ho portato sua madre alla Tana? Mamma ha detto che ho fatto bene… Dici che non dovevo?"
Per un attimo pensò di aver agito d'impulso e di non aver fatto la scelta migliore. "Sua madre?" chiese uno stralunato George e dalla sua espressione Ginny capì che non sapeva cosa ci fosse scritto nella missiva che aveva mandato con Leotordo: la stava imbrogliando!
"George!" esclamò, per sgridarlo e lui dovette capire perché scoppiò a ridere: era una cosa così strana, risentirlo ridere, che la ragazza non riuscì più a essere arrabbiata con lui.

 

Blaise aveva strappato la busta di pergamena con le dita mentre si avviava all'uscita del negozio. Aveva letto le poche righe velocemente: la Weasley voleva che si facesse trovare al più presto nel vicolo dietro al Tiri Vispi, scrivendo quanto fosse urgente. Poi aveva rincarato la dose, pensando che lui non capisse la gravità della cosa, perché subito dopo aveva aggiunto che aveva portato sua madre a casa sua, per un'emergenza.
Il ragazzo si bloccò a leggere quelle parole e imprecò. E dovette farlo ad alta voce perché una donna con un bambino piccolo per mano si voltò verso di lui e lo guardò malissimo. Blaise la ignorò e valutò se tornare indietro al bancone per chiedere a Weasley di accompagnarlo a casa sua o almeno di fargli usare il camino, quando sentì una voce perfettamente chiara e udibile gridare: "George!" e la risata del ragazzo rosso. La Weasley! Avrebbe riconosciuto la sua voce ovunque. E probabilmente anche il suo profumo, pensò mentre a grandi falcate tornava indietro verso la cassa.
Quando arrivò al bancone vide la ragazza con le mani sui fianchi e uno sguardo di rimprovero sgridare suo fratello, mentre lui scoppiava di nuovo a ridere. Il viso di lei si trasformò in un'espressione così dolce che Blaise ne rimase colpito: non l'aveva mai vista. Né tantomeno l'aveva mai rivolta a lui.
"Ehi…" disse, senza sapere bene se potesse interrompere la cosa. La Wealsey si girò verso di lui e la sua espressione si ridimensionò, ma non tornò arrabbiata.
"Zabini…" mormorò, per poi tornare a guardare il bancone.
"Oh, Zabini! Indovina chi c'è a casa nostra…" Weasley ridacchiò, prendendolo in giro.
La Weasley lo raggiunse subito, tirandolo per la manica per farlo allontanare.
"Questa me la paghi, George!" gli gridò lei, ma il suo tono non era per niente allarmante. "Scusa…" iniziò lei, appena misero piede fuori dal locale. "Mi ha teso una trappola e gli ho detto di tua madre, mi è…" Lei si staccò velocemente da lui quando notò che lo stava ancora tirando per il braccio. "…scappato…" Sospirò ancora, come se fosse stanca e si passò una mano fra i capelli.

 

Ginny dovette riordinare le idee per poter mettere insieme tutte le cose da dire a Zabini: c'era troppo in ballo e tutto sembrava importante per poter scegliere da cosa iniziare. "Tua madre… è a casa mia" mormorò, quando un gruppetto di persone le passò vicino per andare verso il Ghirigoro. "Sul suo diario c'è scritto che…" Ma la sua voce fu talmente veloce che si mangiò le parole e lui non dovette capire, visto che aggrottò la fronte, così provò a rispiegare. "Abbiamo visto… no, in verità l'ha visto Vic, e ha detto 'puff', come quando si smaterializza qualcuno… e poi c'erano i galeoni sul tappeto, così abbiamo chiamato l'elfa, ma lei aveva le mani sporche di blu e tua madre si è spaventata per la cassaforte aperta e io…" Ginny si rendeva conto di gesticolare un po' a casaccio e di parlare a vanvera, così si bloccò subito quando il ragazzo si avvicinò di un passo e la prese per le spalle.
"Respira."

 

Blaise aveva visto gli occhi della Weasley muoversi troppo velocemente perché lei potesse essere lucida o anche solo obiettiva o sensata. Se non l'avesse conosciuta abbastanza bene, avrebbe pensato che avesse sniffato della polvere di drago.
Si avvicinò a lei quando pensò che la sua testa si muovesse troppo in fretta e le potesse cadere, e la prese per le spalle. "Respira" le disse.
La ragazza smise immediatamente di parlare e i suoi occhi si sgranarono, aprendosi di più: non c'era traccia della persona che aveva sgridato il fratello poco prima.
"Ti prego, non baciarmi…"
Blaise si bloccò per quella sorta di confessione, ma poi lei scosse la testa. "Scusa, non intendevo… Mi sento strana, stanca e…"
"Respira, Weasley" ripeté, ignorando le sue parole e sperando di riuscire a nascondere la sua vera reazione e rimanere impassibile Su una cosa però, lei aveva ragione: doveva essere stanca e lui lo sentiva dal tono della voce. Anzi, non sembrava stanca: sembrava sfinita.
"Non volevo dire…" Lei tentò di passarsi una mano fra i capelli, ma le sue mani, ancora sulle sue spalle, glielo impedirono e Blaise si sentì in colpa per la situazione: la sera prima lei era già stanca ed era rimasta con lui fino a notte fonda per… Blaise si spostò da lei quando si ricordò del loro incontro a casa sua. Neanche lui aveva più dormito dopo, anche se non lo avrebbe mai ammesso, ma non si era allenato per tutta la mattina, almeno. "Vuoi… sederti?" chiese, guardandosi intorno e cercando un posto adatto.

 

Ginny scosse il capo. Non voleva sedersi, voleva fare presto. Anche se si sentiva davvero stanca… Ma aveva un sacco di cose di cui metterlo al corrente… Anche se forse avrebbe potuto farlo da seduta. No, meglio di no.
"No, no. Se mi siedo non mi rialzo per una settimana. E poi devo dirti un sacco di cose! Tua madre è…" Abbassò la voce quando si spostò per far passare un ragazzino che entrò correndo nel negozio. "Merlino, mi dispiace, Zabini, l'ho detto a George. Ma lui mi aveva fatto credere… e poi tu eri qui, come facevo a sapere… e poi lui ha riso… non lo vedevo ridere da così tanto che non ho avuto il coraggio di…" Si passò di nuovo una mano fra i capelli: forse sarebbe stato meglio sedersi davvero e al diavolo tutto. Si voltò verso l'entrata del Tiri Vispi, ma quando si ricordò che Zabini voleva discrezione, si girò velocemente verso il vicolo dove gli aveva detto che si sarebbero incontrati, e lo fece così velocemente che perse l'equilibrio.
Il ragazzo le fu subito accanto e imprecò sottovoce mentre la riafferrava per le spalle. "Mia madre sta bene?" le chiese.
Ginny annuì. "Sì, è a casa mia e sta bene. Lei e mia mamma hanno preso il tè e ora stanno facendo unicorni all'uncin…eee…ttoooo". Sentì la propria voce strascicata e sbadigliò senza rendersene conto. Girò la testa, guardandosi intorno, ma ciò che la circondava sembrava strano. "Sai che mi sembra che tutto stia… girando…" Poi si fece tutto buio.

 

***

 

La Weasley si mosse e si agitò come la notte prima sul divano. Blaise alzò lo sguardo dalla scrivania e si alzò quando lei iniziò a borbottare nel sonno. Raggiunse la ragazza sul divano e si sedette accanto a lei, appoggiandole una mano sulla spalla. "Weasley… Weasley…" la chiamò, sussurrando ma con voce ferma.

 

Hermione aveva appena lanciato un incantesimo e Bellatrix lo aveva scansato con una magia, ridendo. La sua voce era isterica e la sua risata esaltata mentre muoveva di qua e di là la bacchetta, e quando si girò verso Luna, i suoi occhi divennero vacui e il suo sguardo vuoto mentre puntava la bacchetta verso la Corvonero.
All'ultimo, prima di scagliare l'incantesimo, si voltò verso Ginny e il suo sorriso divenne inquietante, mentre la metteva a fuoco. "Vieni piccolina, vieni da zia Bella…" Le puntò contro la bacchetta e Ginny, che aveva capito di stare sognando, sentì la bacchetta così pesante che il suo braccio sembrava incapace di movimento.
Doveva reagire. Doveva almeno provarci… Non poteva lasciarsi morire. Non ancora.
"No!" gridò.

 

"Weasley!" La voce di Zabini la fece destare di colpo, mentre le sue mani la scuotevano per le spalle e lei si metteva seduta. "Svegliati, Weasley…"
Ginny spalancò gli occhi quando si trovò davanti al viso del moro che la guardava con uno strano cipiglio. Si rese conto di aver trattenuto il respiro solo nel momento in cui tornò a respirare e cercò di capire dove fosse. "Zabini?" chiese, mentre lui la lasciava andare.
"Ti sei addormentata, Weasley" le spiegò.
Oh. Girò la testa, ma non capì bene dove si trovasse: era una stanza che non conosceva. "Dove… dove siamo?"

 

Blaise si alzò e tornò verso la scrivania, dove aveva lasciato la bacchetta: si era alzato di corsa lasciando tutto lì, senza curarsi di niente. "Nel mio studio" spiegò. Poteva dirle che l'aveva portata a casa sua quando era svenuta per la stanchezza? Per un attimo si chiese se lei si domandasse perché era sul divano nel suo studio invece che nel letto degli ospiti. Nel caso le avrebbe detto che non voleva perderla di vista. Abbassò gli occhi a quella bugia neanche pronunciata e prese la bacchetta per far sparire tutte le pergamene, le piume e gli inchiostri.

 

Ginny tentò di alzarsi dal divano. "E perché siamo qui?" chiese ancora, posandosi una mano sul collo: il sogno di Bellatrix era ancora nella sua testa, ma questa volta non l'aveva sconvolta come la sera precedente. Forse perché la strega non aveva fatto in tempo a scagliare l'incantensimo.
"Come dicevo… ti sei addormentata…" spiegò lui, mentre iniziava a incantare le cose che c''erano sulla scrivania.
"Io non mi addormento in giro, così!" esclamò, schioccando le dita e avvicinandosi a lui per vedere cosa stesse facendo.

 

Blaise la vide avvicinarsi e cercò di muoversi per far sparire tutto. "Sei svenuta, allora" precisò, allungando un braccio per impedirle di vedere il piano della scrivania. Lei si voltò verso di lui con la fronte corrugata, forse per il suo gesto o forse per quello che le aveva detto.
"Davvero?" Si portò una mano fra i capelli e si morse un labbro fra i denti: sembrava preoccupata. "E da quanto… sono qui?"
"Due ore" rispose lui e la Weasley spalancò gli occhi.
"Merlino! Due ore? Dovevi svegliarmi! Tua madre, i galeoni, Vic…" I suoi occhi iniziarono a vagare, ma questa volta lei sembrava pienamente in possesso di tutte le sue facoltà.
"Sì, Weasley, so tutto. Mia madre sta bene ed è alla Tana, e tua madre è stata molto gentile. Hai fatto incantare casa mia affinché non ci entrasse nessun altro a parte me e mia madre e…"
"Te l'ho detto io? Non ricordo… Ho della polvere blu, forse?" La Weasley abbassò lo sguardo sulle mani e cercò i puntini blu.
Blaise si girò verso di lei solo una volta finito di incantare tutte le pergamene. "Me le ha dette Kikky. E sì, c'era della polvere blu. Lei ne aveva addosso…"
La ragazza alzò su di lui i suoi occhi e Blaise per poco non perse il filo del discorso. Si fermò abbastanza a lungo perché lei dicesse: "Merlino! Avevo visto la polvere! Dovevo starci lontano!"
Blaise sorrise involontariamente. "In verità, no. Sei stata… brava. Hai scritto tutto qui, guarda…" Prese la pergamena che gli aveva dato Kikky e gliela mostrò.

 

Ginny prese quel foglietto e lo lesse: era la sua scrittura, ma lei non ricordava di aver scritto quelle parole. Erano poche righe, ma aveva riassunto le cose, Maddie alla tana, l'incantesimo a casa di Zabini e tutto il resto. Oh.
"Non me lo ricordo…" disse, allungando il biglietto indietro al ragazzo.
"Sì, lo avevi previsto. E hai detto a Kikky di venirmi a cercare se entro una determinata ora non fossi andato da loro."
Davvero? Rabbrividì, ma senza provare freddo e si passò i palmi sulle braccia, in un gesto forse di consolazione. Spaesata, si guardò intorno: non era nel salotto del giorno prima. Ancora più a disagio, sospirò.

 

Blaise capì che la cosa la disorientava, così le chiese se volesse andare in bagno. Il suo sguardo vacuo mentre annuiva lo preoccupò un po', ma non disse niente quando la guardò uscire dalla stanza. Tornò alla scrivania e chiuse tutte le boccette rimaste aperte, mentre puliva le piume che aveva usato. Non avrebbe fatto riapparire le pergamene finché non fosse stato di nuovo solo in casa.

 

Ginny uscì dal bagno un pochino meno frastornata: si era data una rinfrescata e sentiva proprio il mondo girare diversamente.
"Comunque dobbiamo parlare di un sacco cose…" esordì, tornando da Zabini.
Lui era al di là della scrivania e alzò la testa quando mise piede nella stanza.
"Tipo?" I suoi occhi la guardarono con uno sguardo così intenso che Ginny sentì una fiammata sulle guance. Ma cosa le stava succedendo? Il ricordo della sera precedente le riempì la mente, ma lei scosse la testa, come se ciò bastasse a scacciarlo.

 

Blaise ebbe paura che lei volesse parlare di come le era saltato addosso la notte prima. Non era sicuro di riuscire a mantenere la parte del 'volevo darti una lezione' senza lasciare che il suo corpo lo imbrogliasse un'altra volta.
Ma la Weasley, invece di rispondere, si avvicinò alla scrivania e, anche se continuava a guardarlo, non disse niente fino a quando non lo affiancò, piegando la testa verso il piano di legno. "Inchiostro? Ecco cosa hai comprato al Tiri Vispi!" esclamò, sorridendo e allungando la mano verso una delle boccette.
Lui l'afferrò prima che notasse che era quello con l'inchiostro arancione, che lui aveva preso solo perché era dello stesso colore dei suoi capelli e lo allontanò dalla sua vista, decidendo quale fosse il male minore. "Se vuoi parlare di ieri…"
La Weasley alzò uno sguardo serio su di lui. "Tu vuoi parlarne?" gli chiese.
Forse poteva farle vedere gli altri colori. Forse avrebbe potuto farle vedere come li usava… Scosse le spalle. "Immagino di dovermi scusare…"

 

Ginny capì dal suo tono che avrebbe preferito raccogliere mandragole senza cuffie, piuttosto che parlare di quello che era successo. Stranamente, non ne aveva voglia neanche lei. Non era ancora riuscita a spiegarsi perché avesse reagito così, né cosa avrebbe fatto se fosse successo ancora. Ma non gli era piaciuto quello che lui aveva insinuato, anche se era vero.
"Possiamo non parlarne. Tanto, penso che non capiterà più, giusto?"

 

Lei era tornata a guardare la scrivania. Aveva allungato la mano verso un altro vasetto, ma si vedeva che il suo interesse era diverso da prima. Blaise la lasciò fare senza dire niente, ma lei non aspettò che lui rispondesse.
"Però potresti scusarti per il tono della lettera che ho ricevuto oggi. Quello non mi è piaciuto per niente."

Il resto invece sì? Blaise fece una fatica immane a non fare quella domanda. E per un attimo si odiò per la sua convinzione che lei avrebbe avuto quella reazione con chiunque. "Pensavo che avresti mollato…"
"Sai, Zabini, non so chi frequenti di solito, ma ti ho promesso il mio aiuto e io sono una persona di parola."
Non sapeva cosa rispondere. Lui difficilmente si fidava delle persone. "Le foto…"

 

Ginny sbuffò e lanciò in aria il vasetto di inchiostro che aveva in mano per riprenderlo al volo. "Pensi davvero di avermi ricattato, Zabini? Pensi che non avrei potuto dirti di no se non mi fosse interessato aiutare tua madre o scoprire cosa le succede? Pensi davvero che quattro foto in cui abbraccio il mio miglior amico avrebbero fatto più danni di otto mesi di sottintesi cattivi, malevoli e dannatamente falsi che ho letto su di me sui giornali?"
Quando lo guardò, capì che lui non ci aveva proprio pensato e aveva creduto di averla in mano. "Senti…" riprovò, ma lui la interruppe. "Non succederà più" la liquidò, ma non con superficialità e neanche con sufficienza. Lui sembrava… provato. Annuì senza chiedere a cosa si riferisse di preciso. "E comunque, per quel che vale, ho letto brutte cose anche su di me, sui giornali. Non so se lo fanno ancora, perché ho smesso di leggerli. Come dicevo, dovresti provarci anche tu".
Stranamente, Ginny annuì. Era vero, glielo aveva già suggerito e lei aveva già tentato di seguire il suo consiglio: non aveva più aperto un solo giornale. Neanche se ne avesse avuto l'occasione. E se ne era infischiata beatamente. Decisa ad andare avanti, sospirò.
"Bene. A questo punto andiamo a prendere Maddie e la portiamo a casa, parliamo con Kikky e intanto ti spiego cosa ha letto Fleur nel diario" concluse lei, lasciandosi alle spalle la situazione.

 

Blaise annuì, d'accordo su tutto. Beh, quasi tutto. "Andiamo prima da Kikky, non voglio interrogarla insieme a mia madre" rispose.
La Weasley corrugò la fronte. "Interrogarla? Non…"
"Mi sa che non conosci gli Elfi. Non ho detto torturarla, Weasley. Ma lei non ci dirà niente se non chiediamo."
"Oh. Va bene. Però dovremo andare a prendere tua madre, fra poco sarà ora di cena alla Tana e torneranno tutti. Sarà difficile non far sapere…"
Blaise alzò le spalle. "Non è necessario tenerla nascosta. Oramai la tua famiglia sa: va bene così. Però possiamo andarla a prendere, se preferisci".
La piccola rossa si passò una mano fra i capelli, come se fosse a disagio. "Non sapevo cosa fare, l'elfa che non stava ferma con le mani sporche di polvere, Vic che si era addormentata sul tappeto, tua madre spaventata… Come una bambina sono corsa da mia mamma…"
"Sei stata gentile e anche tua madre" la rassicurò. Un po' perché era vero e un po' perché lei lo stava aiutando e non si meritava nient'altro.

 

Ginny annuì, contenta del fatto che almeno qualcosa fosse stato risolto. "Ok, allora andiamo alla Tana" disse, sventolando una mano verso di lui. Quando Zabini l'afferrò, la guardò negli occhi e lei pensò di mancare la destinazione, ma poi cercò di non farsi più distrarre e si concentrò sulla smaterializzazione.

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Alla Tana ***


La Tana

 -

-

Blaise atterrò insieme alla Weasley nel cortile di una strana casetta composta da più costruzioni una sopra l'altra. Il ragazzo guardò verso l'alto e poi riabbassò lo sguardo sulla ragazza accanto a lui. "Potresti dire che è interessante come lo era la mia abbronzatura dopo che mi sono scottata" suggerì lei, divertita, quando dovette notare la sua espressione stupita.
"Lo penso davvero. Di tutte e due" precisò lui e per un attimo, il divertimento della ragazza vacillò, come se lei avesse subito attacchi da tutta la vita e non fosse abituata a un complimento. Sperò che non fosse così.
"Andiamo dentro" disse lei, semplicemente, e aprì una porta a vetri che dava sul cortile.
Si ritrovarono in una piccola veranda e poi subito in una cucina alquanto strana: piccola e disordinata, ma che profumava di dolci e di vita. A una lunga tavola erano accostate una panca e diverse sedie, tutte diverse, come se fossero state aggiunte nel corso del tempo e non tutte insieme.
Quando si voltò verso i fornelli, vide uno svogliato Ronald Weasley che stava mangiando un pezzo di dolce, in piedi nei pressi del lavello. "E tu che cosa ci fai qui?" esclamò, con la bocca piena, sputacchiando sul pavimento, quando lo riconobbe.
Chissà se sarebbe riuscito a inghiottire tutto il boccone in un solo colpo…
"Ron, che schifo! Sembri un…" Blaise non sentì la Weasley sgridare il fratello, troppo impegnato a pensare a come formulare una frase d'effetto.
"Io e tua sorella siamo venuti a parlare con i tuoi per il nostro fidanzamento" gli disse poco dopo.
"CHE COSA?" gridò la rossa, girandosi verso di lui e interrompendo l'insulto al fratello, mentre lui iniziava a tossire come se si stesse soffocando.

 

Ginny vide Zabini scoppiare a ridere e alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi a Ron e dandogli delle sonore pacche sulla schiena. "Che troll che sei, Zabini…" disse, quando capì che lo aveva fatto apposta per sconvolgere suo fratello.
"Scusa, non ho resistito" ammise lui, alzando le mani e sorridendo come un bambino. Diede un'altra sonora pacca sulla schiena di Ron e nascose un sorriso, perché era stato divertente davvero.
"Ma cosa cavolo… Ginny, ma davvero?" chiese il rosso, una volta che ebbe mandato giù il boccone.
"No, troll. Ma così la prossima volta impari a parlare con la bocca piena."

 

Weasley gli lanciò uno sguardo incazzato e nervoso e Blaise alzò le spalle con un sorriso fintamente innocente. "Giurami che non è vero" mormorò, al suo indirizzo, appena riuscì di nuovo a parlare.
Blaise aspettò che la rossa si allontanasse da lui e si avvicinò. "E chi lo sa…" mormorò, in modo che sentisse solo lui. Ammiccò e sorrise al suo indirizzo.
"Ginny!" urlò il ragazzo e l'ex Serpeverde dovette fare uno sforzo immane per non scoppiargli a ridere in faccia.

 

Ginny alzò di nuovo gli occhi al cielo quando sentì il fratello gridare il suo nome. "Ron, smettila di urlare. Dov'è la mamma?"
Ron indicò con il capo la porta che dava sul salotto. "È di là con una signora. Stanno chiacchierando da più di un'ora. E mamma non ha ancora preparato la cena…"
Ginny aprì appena la porta e sbirciò verso il divano: sua madre e Maddie stavano effettivamente chiacchierando, mentre i fili dei lavori che avevano davanti a loro si intrecciavano insieme ai vari ferri del mestiere. Aprì appena di più la porta e mostrò a Zabini la vista delle due streghe che se la stavano ridendo. Lui sorrise guardando il salotto e Ginny dovette imporsi di togliere lo sguardo da lui.

 

"Tu sai chi è?" Ron si avvicinò alla porta e si fermò dietro alla sorella: essendo più alto di lei riusciva a vedere il divano perfettamente.
Ginny si girò verso di lui, ma non disse niente e lanciò uno sguardo velocissimo a Zabini, che era accanto a lei, ma fu così veloce che quasi dubitò di averlo visto.
Il moro si girò verso di lui e non dovette alzare lo sguardo: già questo gli diede fastidio. "È mia madre" spiegò, tornando a guardare verso il salotto.
"Quindi è vera la storia del fidanzamento?" O porca Morgana!
"Che fid… Oh, Ron, non sei quello sveglio della cucciolata, vero?" Ginny alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, mentre Zabini rideva sottovoce. Ehi! Ma cosa stava succedendo?
"Ma…"
"Weasley, non preoccuparti: non è vero". Il tono del moro era un po' strafottente, proprio come era lui e Ron si adombrò un pochino, ma non voleva dargliela vinta.
"Allora perché non porti via tua madre così la mia può cucinare?" gli chiese.

 

"Ron! Ma ti sembra una cosa da dire?" La Weasley si voltò con gli occhi spalancati verso il rosso. Poi lo guardò con uno sguardo di scuse. Blaise si sentì in imbarazzo per lei e incazzato con lui. "Non fare caso a Ron…"
"Come non fare caso a me? È in casa mia!" ribatté quel troll di suo fratello.
La ragazza lasciò andare la porta del salotto, che si richiuse, e andò verso la credenza, aprì uno sportello e prese un barattolo di latta.
"Tieni, Ron, la tua cena!" disse, lanciandogli il barattolo. Weasley fece fatica a prenderlo al volo e questo la disse lunga a Blaise su perché fosse lei a giocare professionalmente e non suo fratello.
"Cos'è?" chiese, guardando l'etichetta.
"Fagioli" gli rispose la ragazza, con stizza.
Il rosso aprì il barattolo e guardò il suo contenuto. "Ma… sono crudi?" chiese, continuando a guardarci dentro. In men che non si dica, lei tirò fuori la bacchetta e la puntò verso il contenitore.
"Incendio" mormorò, ma la sua voce era sicura come se l'avesse urlato.
Quando la latta prese fuoco, Weasley gridò e lanciò il tutto verso il soffitto, ma il barattolo non cadde: si fermò in aria, una palla di fiamme rosse e arancioni che galleggiava nella cucina della Tana. "Finite incantem" disse una voce dalla porta posteriore della cucina, quella che dava sul cortile e tutti si voltarono verso la nuova arrivata.

 

"Ragazzi…" Con un tono così simile alla McGrannitt, Hermione impedì l'incendio e lo spargimento di barattoli e fagioli crudi proprio mentre entrava a casa di Ron.
"Herm, ha iniziato lui…" disse Ginny: lei lanciò un'occhiata al fidanzato e Ron ebbe il decoro di abbassare lo sguardo.
"Mi deridevano…" tentò di giustificarsi.
"Sei un toglodita. E pensi solo a mangiare!" esclamò Ginny, puntando di nuovo la bacchetta ma senza sfoderare magie.
Hermione sospirò: da quando Ginny non stava più con Harry il suo rapporto con Ron era peggiorato tantissimo. E lei non riusciva ad aiutarli.

 

"Ricordami di non farti mai arrabbiare, Weasley."
Ginny si girò alla voce di Zabini, impregnata di un po' di ammirazione, ma lei non se ne accorse. "Portiamo a casa Maddie" disse solamente.
Ron si inalberò. "Dove vai? E dove mangi?"
La ragazza sbuffò e mise via la bacchetta. "Perché non ti fai gli affari tuoi?"
"Sei mia sorella: sei un affare mio."
"Ma cosa ti interessa di dove mangio? Non esiste solo il cibo!" La rossa si girò verso Hermione, ma da lei non ebbe appoggio.
"Ginny…" iniziò.
"Hermione!" esclamò invece, quando la sentì pronunciare il suo nome. Si avvicinò a lei, ignorando il fratello. "Devo chiederti una cosa!" esclamò, girandosi poi verso Zabini.

 

Lo sguardo nocciola della ragazza non abbandonò Blaise, come se volesse domandargli qualcosa e, immaginando che riguardasse la storia di sua madre e lei volesse il permesso di parlarne, lui annuì. Notò con la coda dell'occhio che Weasley si era fatto più attento e non toglieva gli occhi da loro due. Ora che sembrava preoccupato davvero non era più divertente.
"Sai se ci sono magie o pozioni che sugli elfi agiscono diversamente che su di noi?" La domanda della Weasley poteva sembrare confusa, ma lui che sapeva la storia della polvere blu sulle mani di Kikky, poteva capirla perfettamente.
"Gli elfi non sono creature come noi. Se pensassi al fatto che non hanno bisogno della bacchetta per fare magie e che possono smaterializzarsi e materializzarsi a Hogwarts senza problemi, non avresti bisogno di fare questa domanda."
Tutti e tre si girarono verso il rosso che aveva appena detto la cosa più sensata che Blaise gli avesse mai sentito dire.
"Ha ragione. Probabilmente su Kikky la polvere non fa effetto. Per questo lei si ricorda tutto…" constatò poi ad alta voce, a nessuno in particolare, visto che loro non sapevano niente.

 

Ginny annuì. "Ma ha detto che non lo sapeva…"
"Potrebbe voler dire qualsiasi cosa. Bisogna fare domande mirate se si vuole una risposta precisa da un elfo" rispose Zabini. Ah.
"Di che parlate?" chiese Hermione, che non era ancora riuscita a dire niente.
Ginny guardò ancora il moro e lui spiegò in breve la faccenda della polvere blu, di come avessero avuto il sospetto che sull'elfa fosse inefficace, mentre sulle persone influiva sulla memoria a breve termine. Ma ora voleva proprio parlare con l'elfa: aveva un sacco di domande da farle.
"Ok, dai andiamo, abbiamo già perso tempo…" Ginny si avvicinò all'ex Serpeverde per prenderlo per una manica e trascinarlo nell'altra stanza, quando la voce di Ron la bloccò. "Dove sei stata oggi?"

 

Ron aveva visto Hermione osservare con uno strano sguardo sua sorella che si avvicinava a quello snob di un purosangue e i suoi occhi addolcirsi: ah no, non andava per niente bene!
Così si ricordò di George che gli diceva di avere visto Ginny tre ore prima e che non l'aveva più trovata quando l'aveva cercata fuori dal Tiri Vispi. Non era stata con Zabini, vero?
"Dove sei stata oggi?" le chiese, forse con tono sospettoso e probabilmente troppo duro, perché si sentiva proprio così.
La sorella si girò verso di lui, ma notò le sue guance arrossarsi: oh per Godric! "Io…" Per fortuna non guardò il moro, ma Ron non si sentiva tranquillo lo stesso.
"Non sarete stati a letto insieme!" gridò.
"Ronald!" lo sgridò Hermione.
"Che cazzo…"
"Tua sorella ha solo dormito" disse Zabini, con un tono neutro, interrompendo la ragazza.
Cosa? E dove?

 

Hermione si fece attenta: le parole del moro sembravano serie e sincere e le misero addosso un po' di preoccupazione.
"Non è vero!" esclamò Ginny, voltandosi verso l'ex Serpeverde che assottigliò gli occhi stranito dalla sua reazione.
Ron imprecò. "Lo sapevo! Lo sapevo!"
"Tu non sai proprio niente" disse ancora Zabini, con un tono calmo e pacato, ma lanciando strane occhiate a Ginny. "Lei…"
"Io niente!" L'occhiata che la rossa lanciò al ragazzo avrebbe potuto uccidere e Hermione capì che nascondevano qualcosa.
"Avete fatto sesso! Siete due… Oddio Ginny e chi glielo dice a Harry…"

 

Ginny si infiammò così tanto che la lampada accesa sul camino lampeggiò, mentre si avvicinava al fratello. "Tu non devi dire niente a nessuno! E poi non c'è niente da dire!"
"Ginny… Sono sicura che Ron non intendeva…" Hermione tentò di scusare il fidanzato ma la rossa le lanciò un'occhiataccia.
"Io invece sono sicura del contrario!" urlò Ginny, interrompendola.

 

Hermione sospirò: ormai i loro litigi erano sempre più frequenti.
"Ginny, cosa sta succedendo?" La riccia si voltò verso la porta della cucina, da cui era appena entrata Molly, che aveva sentito i figli litigare.
"Sta succedendo che tuo figlio fa il troll!" Lo sguardo della ragazza fulminò Ron e Hermione sperò solamente che, almeno quella volta, non si sprigionasse della magia involontaria: l'ultima volta era scoppiato un intero vasetto di inchiostro e loro avevano usato l'incantesimo 'gratta e netta' fino allo sfinimento per ripulire la stanza del ragazzo.

 

Molly sospirò guardando prima un figlio e poi l'altra: quei ragazzi l'avrebbero fatta diventare matta. Ma poi decise di lasciare perdere. Si girò verso Ron e gli chiese: "Hai aggiunto tu della valeriana al mio tè? Oggi aveva un sapore strano e abbiamo preferito usare un'altra miscela di erbe, ma poi ho analizzato il liquido e…"

 

Ron sentì le orecchie colorarsi di fuoco, mentre Hermione prendeva le sue difese. "Molly, Ron era solo preoccupato. Sapeva che non dormivi e voleva aiutarti aggiungendo un po' di valeriana per farti rilassare…"
"Hai aggiunto delle erbe di nascosto al tè? Ma che ti passa per il cervello? Ma ce l'hai un cervello?" Il tono di voce di Ginny era altissimo e lei sembrava isterica. Ron si sentì in colpa: sapeva che era una cosa pericolosa da fare, Hermione glielo aveva detto, ma sua madre dormiva male da qualche tempo e lui era preoccupato, visto che nessun altro si era posto il problema.
"Ma scusa, cosa dovevo fare?" le chiese, allargando le braccia e alzando le spalle in un gesto di scuse.

 

Ginny sentiva il fuoco dentro. Aveva bevuto il tè di sua madre, ecco perché era quasi svenuta dalla stanchezza. "Dovevi dirmelo! L'ho bevuto io, il tè della mamma, oggi! Io sono quasi crollata per strada per la stanchezza!"
"Ma no, è impossibile, avevo detto a Ron le dosi precise: mezzo cucchiaino ogni libbra di tè. Non poteva assolutamente fare quell'effetto!" lo difese Hermione.
"Mezzo cucchiaino? Sei sicura, Herm?" Tutti si girarono verso Ron che sorridendo imbarazzato si portò una mano alla nuca. "Penso di averne messo un cucchiaio grosso ogni libbra. Ma poi mi sembrava poco e ne ho aggiunto…"
A quelle parole, gli occhi di Hermione si spalancarono e Molly fece un verso con la bocca, coprendosela subito dopo con la mano. Ginny, invece, puntò su di lui la bacchetta. "Brutto troll che…"
Quando si sentì bloccare il braccio, si girò stupita verso Zabini.

 

Blaise pensò di fermare la rossa prima che facesse scoppiare la cucina di casa sua. Aveva notato che la lampada alle sue spalle aveva iniziato a lampeggiare e la luce andava e veniva: doveva fermarla altrimenti fra magia involontaria e quella volontaria, Weasley non sarebbe sopravvissuto.
Quando la ragazza si voltò verso di lui, aveva gli occhi infuocati. Ed era fantastica, il fuoco che lei aveva dentro avrebbe smosso il mondo intero. Per fortuna si trovavano in compagnia di sua madre e di suo fratello, altrimenti non era detto che sarebbe riuscito a trattenersi da saltarle addosso: era estremamente eccitante.
Poi, come se lui avesse pronunciato un incantesimo, solo guardandolo, lei si calmò. Blaise fece scorrere la mano sulla pelle nuda del suo braccio e, lentamente, come guidata dalle sue carezze, lei perse tutto il nervosismo e la sua bacchetta si abbassò verso il pavimento.

 

"Ron. Sei. Un. Coglione."
Ginny, imbarazzata per quello che era appena successo, si diresse verso la porta che dava sul cortile, ma quando passò davanti al fratello si fermò e sussurrò, solo per lui. "Mamma fa fatica a dormire perché è in menopausa. Se ne avessi parlato con me, te lo avrei detto. Coglione" ribadì subito dopo, per poi uscire dalla cucina.
Una volta fuori, sospirò e perse un po' di rigidità. Quando adocchiò la panchina che aveva costruito Charlie prima di trasferirsi in Romania, si andò a sedere per calmarsi.

 

"Eri preoccupato per tua madre, io lo capisco."
Ron si voltò verso Zabini che, sinceramente, gli stava lanciando un ramo d'ulivo. Gli fece un cenno con il capo.
"Ma Ron, non è come dopo la battaglia, io non riesco a dormire perché…" iniziò sua madre, ma lui non voleva assolutamente parlare di certe cose.
"Sì, mamma, Ginny mi ha appena detto come stanno le cose…" Si passò una mano sulla nuca, ancora, e cercò di non fare più la figura dello stupido.
Hermione guardava tutti e due con lo sguardo corrucciato: lei sapeva solo quello che le aveva detto lui. "Scusa, Herm, se ti ho messo in mezzo…"
"Dovresti scusarti con lei. Quello che hai fatto è stato pericoloso. Avrebbe potuto stare male. Se avesse preso la scopa avrebbe potuto avere un incidente…"
"Ma mia mamma non usa la scopa, Herm!"
"Penso parlasse di tua sorella" disse Zabini, ma anche Ron dal suo tono capì che non voleva infierire. Annuì. Sì, poteva cadere dalla scopa. Ma non era tutta colpa sua se sua sorella faceva fatica ad addormentarsi e non era totalmente sveglia. E loro dovevano saperlo.
"Non è stata tutta colpa mia, comunque. Ginny non dorme di suo. Ogni volta che torno, a qualsiasi ora, la luce in camera sua è accesa. Ti assicuro che se oggi era stanca non era stato sicuramente per il tè che aveva bevuto". Ci tenne a ribadire. Che non dessero la colpa a lui di tutto, almeno!
Tutti lo guardarono meravigliati. Cos'è non gli credevano?

 

Blaise alzò un sopracciglio quando nessuno ribadì niente e si stupirono alle parole del rosso. In casa non sapevano degli incubi della ragazza, quindi?
"Ehm…" iniziò, schiarendosi la voce. "Grazie, Mrs Weasley, per aver tenuto compagnia a mia madre. Ora noi togliamo il disturbo…" continuò, facendo un passo verso la porta della cucina.
"Ah no, ragazzo mio, tua madre non va da nessuna parte prima di aver assaggiato il mio pasticcio di carne. C'è in ballo una scommessa sulla ricetta più buona! Se non vuoi fermarti a cena, vai pure, possiamo accompagnare a casa noi, Maddie."
La signora Weasley aprì la porta che dava sul salotto e chiese ad alta voce verso il divano: "Vero, Maddie, che resti a cena?"
Blaise vide sua madre alzare gli occhi dal lavoro a maglia e lo guardò. "Ciao, Blaise, ti spiace se resto qui? Immagino vorrai interrogare tu, Kikky, vero?" rispose, per poi guardare la donna e scambiarsi un'occhiata per lui indecifrabile.
Oh. Sua madre sembrava… felice. Aveva iniziato a non uscire più volentieri di casa da quando aveva avuto problemi con la memoria e ora…
Vabbè. Annuì. "Ti vengo a prendere dopo."
"Possiamo accompagnarla a casa noi, dopocena. Maddie dice che hai… delle cose da fare e lei qui è tranquilla."
In quel momento Blaise capì come la signora Weasley riuscisse a capeggiare una famiglia numerosa: il suo tono, anche se le parole erano gentili, sembrava fortemente un ordine e lui non riuscì a dirle di no. Ma poi la donna si avvicinò a lui e sussurrò solo per le sue orecchie: "Mi prenderò cura dei tuoi affetti. Tu prenditi cura dei miei".
Blaise corrugò la fronte e lei fece una smorfia strana come se fosse quasi infastidita dal fatto che non avesse capito subito. Con il capo indicò la porta della cucina che dava sul giardino e poi tornò in salotto. Frastornato, Blaise si voltò verso gli altri, ma loro non avevano sentito le parole della strega.
Ancora stranito, borbottò un saluto e uscì nel cortile.

 

Hermione guardò la porta chiudersi alle spalle del moro e sorrise. "Hai visto?" chiese a Ron.
"Cosa? Che mia sorella mi fa sempre fare figure di m…"
"Ronald!" esclamò, indignata, lei. "Non dire parolacce!"
Ron sbuffò. "Ginny mi ha appena dato del coglione. Non mi sembra che tu le abbia detto qualcosa".
Hermione fece una smorfia con la bocca, ma poi sospirò. "Ron… perché non gli mandi un gufo?"

 

Ron spalancò gli occhi. A chi?
"A chi dovrei scrivere?" chiese, nonostante sapesse benissimo cosa intendesse e cercasse di ignorarlo.
"Ron…"
"Vorrei ricordare a tutti, che lui non ha lasciato soltanto Ginny, ma ha abbandonato anche me."
Ecco ora lo aveva detto. Harry Potter lo aveva abbandonato. E non era tornato indietro come aveva fatto lui nel bosco. No, si stava costruendo una vita felice. Quello stronzo.

 

*

 

Blaise vide la sagoma della ragazza seduta sulla panchina e si avvicinò.
"Ciao" le disse.
Lei alzò gli occhi su di lui e poi tornò a guardare verso il bosco, senza rispondergli né invitarlo a sedere.
Lui si accomodò lo stesso. "Hai una bella famiglia" esordì.

 

Ginny tornò a guardarlo: la stava prendendo in giro?
"Dico davvero" confidò, mettendo una mano alla tasca dei pantaloni. Per un attimo lei pensò che tirasse fuori la bacchetta e le facesse un 'Oblivion' per cancellarle quel ricordo, ma lui tirò fuori un portasigarette e ne prese una.
Ginny non disse ancora niente. Quando Zabini gliene offrì una, scosse il capo, tornando a guardare il bosco.
"Tuo fratello George mi ha teso un'imboscata per riuscire a capire cosa mi avessi scritto nella lettera. Lenticchia ha quasi avuto un infarto quando ho fatto quella battuta su di noi e tua…"
"Ron aspetta pazientemente che Harry torni. E pensa che dovrei farlo anch'io, così tutto tornerà come prima. Tu non c'entri niente. E neanch'io, a dir la verità" rispose lei, interrompendolo.
"E tua madre vuole proteggerti. Sei fortunata" concluse Zabini, ma anche lui guardava verso il bosco mentre si accendeva la sigaretta.
"Non sono totalmente d'accordo" mormorò e si sentì una bambina piccola.
"Sei andata da tua madre quando non sapevi cosa fare e lei ti ha soccorso, hai chiesto aiuto a tua cognata e anche lei è stata contenta di aiutarti, i tuoi fratelli sono pronti a duellare per te… Sei amata."
Dal tono di voce del moro, Ginny capì che la stava invidiando. Com'era la sua vita? Non disse che aveva sempre criticato lei e la sua famiglia perché le sembrò di essere infantile: probabilmente era il suo modo per reagire a quella che sentiva come un'ingiustizia. E il fatto era che aveva ragione: si era rivolta alla sua famiglia, era una cosa che faceva sempre. Perché, per quanto la criticasse e avesse da dire, lei li amava, tutti. Ed era anche per loro che non aveva voluto trasferirsi lontano. Annuì senza dire niente e Zabini iniziò a tirare boccate di fumo.
"Così, anche tuo fratello aspetta il ritorno di Potter, eh?" le disse dopo un po', quando nessuno dei due parlò più.
"Come tutto il mondo magico? Sì."
"Ma tu no". Non era una domanda. E infatti Ginny non rispose.

 

Blaise guardò la ragazza di sottecchi: lei sospirò e appoggiò i palmi sulla panchina, piegandosi un po' in avanti. "Tu sai già che non tornerà" continuò.
"Sì." Lei si morse il labbro. Più volte. "Lui non era felice qui. Non con…" Si morse di nuovo il labbro.
"Dubito che il problema fossi tu."
"Sì, so anche questo. Ma è difficile. Ogni volta che vado a trovarlo cerco di ricordarmelo, ma è, appunto, difficile."
"Così difficile che stavi pensando di trasferirti?"
Lei si voltò velocemente verso di lui. "Oh, ma hai fatto un corso di legilimanzia?"
Blaise, nonostante tutto, rise. "Butti sempre tutto sul ridere, vero?"
"Conosci un modo migliore per affrontare le cose brutte?"
Per un attimo, il ragazzo si stranì. "Sono una cosa brutta da affrontare?" le chiese.
Lei scosse le spalle. "Non lo so. Non ti riconosco più. A scuola lo eri: era facile".
Alzò gli occhi al cielo e il tramonto buttò una luce strana su di lei. Avrebbe voluto avere la macchina fotografica e immortalare quel momento.
"Dicevi che ero un pallone gonfiato e che mi davo delle arie…" Non confessò che la insultava perché sapeva di non piacerle. Aveva sempre sperato di sbagliarsi.
Ma lei rise e Blaise la guardò di sfuggita. Voleva sentire la sua risposta. Voleva che lei gli rispondesse. Aspettò che finisse.
"Tu ERI un pallone gonfiato che si dava delle arie!"

 

Nel momento in cui lo disse, un po' Ginny si vergognò: era davvero così o lo pensava perché lui era un Serpeverde e girava sempre con Malfoy che odiava Harry? Eh, per un attimo ebbe il dubbio.
Zabini non disse niente, ma lei non voleva continuare quella conversazione, perché aveva paura che l'avrebbe messa a disagio, così si alzò. "Andiamo da Kikky?"
Il ragazzo la imitò. "Non sei stanca?"
"Sono più curiosa di sapere cosa sta succedendo. E poi non vuoi sapere cosa ha scoperto Fluer sul diario?"

 

Blaise annuì: si era scordato. Strano, di solito non gli sfuggiva niente. "Non è che hai intenzione di usare la storia di mia madre per 'tenerti occupata la testa', eh?" le chiese, un po' serio e un po' no. Lei alzò le spalle.
"E perché no? Sembra che la mia idea del sesso non sia così buona, secondo qualcuno!" Ammiccò e rise. Blaise la guardò sempre più divertito, perché sapeva che era riferito a lui e la cosa lo faceva sentire in un modo che non aveva ancora definito, ma non era male per niente.
"Non è che adesso che ti ho convinto di questa cosa mezzo mondo magico tenterà di lanciarmi maledizioni, vero?"
Lei rise ancora, ma la sua risata fu meno spontanea e più nervosa. "Dubito che ci sia qualcuno così interessato…" disse, guardandosi la punta di una scarpa per un momento, ma poi tornò a guardare verso casa sua. "Dai, andiamo a prendere Maddie…" Si avviò verso la porta della cucina, ma Blaise la fermò, bloccandola con la mano.

 

Quando lui la prese per un braccio, il cuore di Ginny fece una capriola. E un'altra. Si voltò verso Zabini piena di aspettativa, sperando forse che… che cosa? Che le dicesse che lui era interessato? No. Sì.
Ma quando si voltò, lui le disse: "Mia madre resta qui, sono d'accordo di andare da Kikky solo noi due".

Oh. Va bene.

 

Blaise le porse il braccio e lei corrugò la fronte. "Materializzazione congiunta: hai fatto proteggere casa anche da te, puoi entrare solo se ti materializzi con me" spiegò e lei annuì arricciando il naso, in un gesto che Blaise iniziava ad apprezzare.
"È che come lo fai tu… non ci sono abituata" disse lei, posandogli la mano all'interno del gomito.
"Ed è una cosa buona o no?"

 

Ginny rise mentre sentiva lo strappo della materializzazione. Quando apparvero nell'atrio della casa di Maddie, lo lasciò andare lentamente. "Non lo so. Non riesco a capire se sei molto rigido tu o sei solo elegante e io una…" Si interruppe per non dire quello che stava pensando, perché non ci avrebbe fatto una bella figura e si voltò a guardare il quadro con l'unicorno.
"Può darsi che sia rigido io" ammise lui, passandole vicino e Ginny capì che lo aveva detto per lei, perché non si sfigurasse ai suoi stessi occhi.
Lo seguì lungo il corridoio che portava al salottino di Maddie, ma lo oltrepassarono: lui probabilmente stava puntando allo studio con la cassaforte.

 

Blaise ora era concentrato sullo studio, ma poi si ricordò un'altra cosa e si voltò verso di lei. "Che c'è scritto sul diario?" le chiese, senza fermarsi.
Gli occhi della Weasley per un attimo brillarono, come se quella domanda, o la risposta che lei avrebbe dato, la entusiasmasse. "Oh, sembrano più pettegolezzi, ma effettivamente potrebbe essere una cosa interessante. Fleur dice che secondo lei lo ha scritto in francese perché racconta cose… intime, così io ho immaginato che non volesse che potesse leggerlo chiunque."
Blaise si fermò di colpo, voltandosi e lei gli finì addosso. "Su mia madre?"
La Weasley non se lo aspettava, infatti non fece niente per evitare lo scontro. "Ma no! E se anche ci fossero state cose così, non te lo avrei detto! No, sono su una sua nipote. Mi sono subita una lezione di grammatica da mia cognata perché non avevo saputo riconoscere la differenza fra 'neve' e 'nipote'…" Come se non fosse successo niente, la ragazza si scollò da lui e fece un passo indietro alzando le spalle mentre spiegava, come se stesse rivivendo quel momento.
Oh. Una sua nipote? Rachel? Oppure? "Una nipote? E chi?" Blaise arricciò le labbra: chi poteva essere?
"Oh, pensavo potessi dirmelo tu. Siete in tanti? Una nipote sposata, comunque. Sembra che lei abbia dei problemi con il marito…" Blaise alzò le spalle.
Raggiunse la porta dello studio e poi chiamò l'elfa. No, non erano in tanti. Ma sua madre aveva almeno quattro nipoti e tre erano sposate. Di chi parlava? Però il fatto che lo avesse scritto in francese forse era un aiuto in più. Forse non c'entrava solo il fatto della lingua diversa perché nessuno lo leggesse, ma proprio…

 

Ginny entrò con lui nello studio, ma il ragazzo sembrava distante anni luce dal quel posto: capiva che stava pensando, così, quando apparve l'elfa, prima che lei iniziasse a tremare e a sbattere la testa di qua e di là, le chiese: "Kikky, a parte Rachel è venuto qualcun altro, nell'ultimo mese, a trovare Mrs Maddie?"

 

Blaise la guardò e lei sorrise alzando le spalle: era curiosa e lui non era stato abbastanza veloce a chiederlo per primo a Kikky. Si voltò verso di lei e notò che l'elfa era abbastanza a suo agio con la ragazza.
"Solo Miss Pansy. Mrs Greengrass è venuta all'inizio di aprile. Lady Narcissa è passata due settimane fa, prima di andare in vacanza al lago."
Mmm. "Oh, e la signora Malfoy non è ancora tornata dalle vacanze, quindi?" chiese la rossa e Blaise la guardò corrugando la fronte. Alzò le spalle in quel modo che lui stava iniziando a chiedersi se sarebbe mai riuscito a disegnarlo. "Se sono due settimane che non si fa vedere, lei non c'entra niente. Una di meno" spiegò, mentre Kikky confermava. "E quale delle Greengrass è venuta? Astoria? Sua sorella? Non capisco questa distinzione fra nomi e cognomi…" ammise lei.
"Gli elfi usano i cognomi per le persone che frequentano poco la casa. Usano i nomi per i parenti e gli amici stretti o intimi. 'Mrs Greengrass' è la madre delle ragazze, altrimenti avrebbe detto 'Miss'."
"Oh!" Il sorriso che dipinse le labbra della rossa si fece peccaminoso, come se avesse scoperto qualcosa di segreto e piccante. Il ragazzo corrugò la fronte: a parte il fatto che lei era imprevedibile, non aveva la più pallida idea di cosa potesse aver pensato.
"Non sapevo conoscesse la madre di Daphne e Astoria, però" ammise, pensando di cosa avrebbero potuto parlare le due. Quando lo disse il sorriso non cambiò sul viso della Weasley. Tentò di non farci caso, di ignorarla, ma non ci riuscì. "Si può sapere a cosa stai pensando?" sbottò, subito dopo, quando lei non spiccicò parola.

 

Ginny ridacchiò: l'elfa aveva chiamato la Parkinson per nome più di una volta. Se, come sosteneva Zabini, era perché fosse un'amica stretta, immaginò che fra i due ci fosse stato qualcosa di intimo. Si sentiva un po' come a scuola quando aveva beccato Percy a baciarsi con Penelope in un'aula vuota.
"Amici intimi… Anche le tue… ex?"
"COSA?" Il tono del moro si fece così strano che Ginny per poco non gli scoppiò a ridere in faccia.
"Chiedevo se chiamasse per nome anche le tue ex…" Beh, effettivamente lei aveva dato per scontato che non avesse una ragazza in quel momento, visto quello che era successo nel giardino e la sera prima a casa sua, ma non era scontato.

 

Blaise spalancò gli occhi e si fermò: quella ragazza era fuori di testa, e perché le era venuto in mente una cosa così… stupida? "Non… Bo…" Poi si ricordò di Chastity e si bloccò.
La Weasley però, quella piccola e cocciuta impicciona, si voltò verso Kikky e le chiese a bruciapelo: "Chiami per nome le ragazze che hanno o hanno avuto una relazione con Mr Zabini?" Ma prima che l'elfa potesse rispondere, si girò verso di lui. "Comunque, 'Mr Zabini' ti invecchia di cinquant'anni, più del tuo comportamento e dei tuoi modi".
Blaise si avvicinò a lei scuotendo la testa: impossibile. Aveva già pensato che lei fosse 'impossibile'? Sicuramente, perché non pensava altro. Cosa voleva dire, poi, che il suo comportamento era da vecchio? A lui non sembrava proprio! E comunque… "Leinon mi chiama così. Vero Kikky? Lei mi chiama per nome. Non ti ho appena spiegato la differenza?"
"Kikky chiama 'Mr Blaise', Mr Blaise" confermò, un po' stranita da ciò che doveva dire.
"Carino…" lo prese in giro lei, ma senza farsi sentire dall'elfa.
"Puoi chiamarmi anche tu così" concesse, lanciandole uno sguardo obliquo.
"Per nome?" domandò, con uno sguardo perplesso.
"Mister" la corresse. La risata della rossa riempì la stanza e Blaise si ritrovò a sorridere di nascosto.

 

"Quindi?" chiese Ginny, voltandosi verso Kikky: parlare con l'elfa le stava veramente piacendo. "Chiami per nome anche le sue ex?" domandò velocemente, indicando il moro.
Kikky allargò le spalle. "Kikky chiama per nome solo Miss Chastity. Ma lei non viene più… Kikky non sa se altre…"
Oh. Cavolo. Quindi la Parkinson non era una sua ex? Ma non c'era gusto così!
"Ora basta!" Il tono duro dell'ex Serpeverde fece girare Ginny verso di lui: aveva capito dall'espressione sul suo viso che la situazione era cambiata. Forse era perché aveva nominato quella… come aveva detto che si chiamava?
"Scusa, è stata colpa mia, non sgridare Kikky…" Ginny si avvicinò all'elfa che aveva sbarrato gli occhi e la fermò prima che desse capocciate contro al mobile. "Kikky, ti prego, non farti del male…"

 

Blaise si passò una mano fra i capelli e sospirò: non stavano andando da nessuna parte. Si avvicinò alla scrivania per avere qualcosa da fare. "Comunque sei un'impicciona" disse, chinandosi a guardare dentro la cassaforte, dove avevano riposto le cose che avevano trovato in giro.
"Pensavo di scoprire qualcosa di peccaminoso su di te e la Parkinson, non pensavo di scatenare la tua…"
"Pansy è mia cugina!" esclamò Blaise, interrompendola. Si era alzato da dietro la scrivania perché troppo basito e infastidito da ciò che lei aveva appena insinuato.
La rossa spalancò gli occhi e per una volta lui rimase incantato dal fatto che non avesse niente da ribattere. "Tua cugina? Oh…"
"Sì, e fra l'altro penso che sia di lei che mia madre parla nel suo diario…" Si chinò ancora e la piccola Weasley lo raggiunse dietro la scrivania. "Ma non ti ho ancora detto cosa c'è scritto!"
Lui alzò le spalle mentre allungava la mano dentro alla cassaforte per prendere il sacchetto che conteneva i galeoni: il velluto era blu!
"Problemi con il marito. È scritto in francese. Due più due, non è una lezione di Aritmanzia avanzata!" spiegò, alzando un dito alla volta.
"Puoi fare due più due se conosci i numeri, Zabini! Così… no. Io… non sapevo… Mi hai fatto andare da Fleur per niente?" Lei era quasi sconvolta. Come? No, no era stata utilissima.

-

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Il Magician Directory ***


Il Magician Directory

 -

-

Ginny si infiammò alle sue parole: perché farla andare da Fluer per il diario se lui sapeva già tutto? Perché tutta la storia di ricopiare e tradurre? Lo aveva fatto per… per cosa? Di sicuro non per quello che era successo la sera prima. Si morse il labbro al pensiero di essere stata usata. Usata e beffata. Zabini non voleva dirle tutto. E lei, invece, gli stava raccontando tutto quello che sapeva. "Senti, capisco che magari sono stata impicciona e che questa Caroline non c'entri niente. E va bene. Ti sei arrabbiato e non vuoi parlarne; mi sembra giusto. Ma è corretto che sappia anche io le altre cose importanti per questa faccenda! Non mi hai detto neanche della Parkinson quando ti ho detto di averla vista qui. Non puoi fare così. Altrimenti non ti aiuterò più…" Sentiva da sola che la sua frase sembrava più una lagna da bambina piccola, ma non riusciva a farci niente.
"Sei arrabbiata perché non ho avuto una storia con Pansy?" le chiese. Ginny sbuffò: come al solito non capiva niente.
"Voi maschi capite solo quello che volete…" Poi alzò le spalle. "Sai cosa, Zabini? Vai avanti da solo, io…"

 

Quando lei tirò fuori la bacchetta per smaterializzarsi, Blaise, forse per la prima volta in vita sua, ebbe paura di non vederla più. "Aspetta!" esclamò, girando intorno alla scrivania con in mano il sacchetto di velluto, ma quando con il ginocchio colpì il legno, imprecò e cadde per terra.
"Zabini… stai bene?" gli domandò la ragazza, avvicinandosi con la fronte corrugata. "Kikky vai a prendere…"
"Sto bene!" gridò lui, agitando il sacchetto in direzione dell'elfa.
La rossa si chinò e il suo sguardo si fece ancora più perplesso. Con la bacchetta indicò i suoi pantaloni e con un incantesimo che lui non conosceva, li strappò all'altezza del ginocchio per vedere il danno. "Ci vuole il ghiaccio o la pomata…"
"Non c'è bisogno: sto bene, ho detto. Non…" Ma quella piccola tempesta alzò gli occhi al soffitto e pigiò la mano sul suo ginocchio, facendogli stendere la gamba suo malgrado: vide le stelle e urlò.
"Kikky mi porti del ghiaccio per favore?"
"Subito, Miss We…"
"Per Godric, 'Miss Weasley' mi ricorda la McGranitt quando mi sgridava a Hogwarts…" borbottò a mezza voce, scuotendo la testa.
"Come devo chiamare la signor…"
"Vai a prendere il ghiaccio" ordinò Blaise, interrompendola, e l'elfa sparì.
"Fa molto Hogwarts, Wea…?" Il ragazzo si bloccò quando lei alzò uno sguardo duro su di lui: non riuscì a chiamarla per cognome: era sicura che qualcuno riuscisse a sgridarla? "Mi sarebbe piaciuto vedere la scena: "Miss Weasley, la smetta subito di lanciare maledizioni a quelli che la guardano male!" tentò di scherzare, imitando la McGranitt e sapeva di riuscirci bene.

 

Ginny sospirò. "Sei proprio un troll…"
Zabini sorrise. "Vero". A quell'affermazione non riuscì a non ridere e, per un attimo, pensò che fosse un momento intimo e bellissimo, ma Kikky si materializzò subito dopo allungandole un sacchetto di stoffa con dentro del ghiaccio.
"Grazie" disse, stranita dalla sensazione che aveva appena percepito. Così prese il ghiaccio e lo appoggiò sul ginocchio del ragazzo.
"Posso farlo da solo" le suggerì lui, prendendole dalla mano il sacchetto e tenendolo in posizione da solo. Quando si alzò da terra, lo guardò senza aiutarlo, ancora in confusione.

 

Blaise si sedette sul divano: aveva bisogno di mettere un po' di spazio fra loro. Lasciò la presa sul ghiaccio e sventolò il sacchetto di velluto.
"Ok. Forse potresti aver ragione. Ma solo le informazioni per… questo. Nient'altro."
Lei sorrise. "Certo. Non voglio sapere di Caroline. Cioè sì, sono curiosa, ma non devo per forza sapere…" Si sedette accanto a lui e prese il sacchetto di velluto dalle sue mani. "Cos'ha di particolare?" chiese, subito dopo, così da dargli l'opportunità di cambiare argomento.
"Non si chiama Caroline. Si chiama Chastity" la corresse, nonostante non volesse parlarne. Ma poi sospirò: nessuno, a parte lui, Rachel e Pansy, sapevano cos'era successo di preciso. Non lo aveva raccontato neanche a Draco o Theo: non era sicuro che avrebbero capito, aveva dato solo vaghe spiegazioni.
"Oh, scusa" rispose la rossa, ma senza convinzione. Aprì il sacchetto e tirò fuori i galeoni. "Quindi la nipote di cui parla tua madre nel diario è la Parkinson?" chiese, subito dopo. Infastidito dal fatto di non capire se lei non fosse davvero interessata o facesse finta, sbuffò.
"Penso di sì. Pansy è la figlia della sorella di mia madre. Loro sono… erano… sì, insomma francesi…"
"E da qui il fatto che avesse scritto in francese…"
"Sì, Pansy non so se lo conosce, è probabile, però. Per questo…" continuò Blaise.

 

Ginny fece roteare fra le dita un galeone come le aveva insegnato Fred e lo studiò come se contenesse i segreti del mondo. "Ma è sposata?" chiese. Nel diario si parlava di problemi con un marito, ma Kikky la chiamava 'miss' quindi era un po' confusa.
"Sì, ma non so bene come sia la faccenda… Il suo matrimonio c'è stato poco dopo che…" Zabini si fermò e sospirò, prendendole un galeone dal sacchetto. "Diciamo che quando lei si è sposata io non ero in piena forma e non ho ben seguito la cosa…"
"È sposata da poco o che? Che vuol dire che non hai 'seguito la cosa'?"

 

Blaise alzò le spalle. "Il matrimonio dovrebbe esserci stato il mese scorso, mi sembra. Non ci sono andato, non mi ricordo. Ma mia mamma sì. E so che da quando è morta mia zia, anni e anni fa, Pansy viene qui da lei quando ha bisogno di una…"
"Quando ha bisogno di una mamma. Sì, forse capisco. Ma allora perché Kikky la chiama Miss? Kikky! Dove sei? Vieni subito qui!"
La Weasley faceva presto a prendere confidenze con i luoghi, le persone e gli elfi. Kikky si materializzò subito. "Kikky è qui" disse, facendo un delizioso inchino. Ehi! Ma a lui aveva mai fatto una riverenza simile?
"Kikky, perché chiami la Parki… mmm aspetta…" disse, arricciando il naso. Blaise capì che non sapeva come formulare la domanda in modo semplice.
"Kikky, Ginny vuole sapere perché chiami Pansy 'Miss' anche ora che è sposata."
La Weasley si voltò verso di lui con uno sguardo così stranito che lui la ricambiò. Non voleva sapere quello? Perché lo stava guardando così?
"All'inizio Kikky si sbagliava. Non c'era abituata.. E miss Pansy ha detto di continuare a chiamarla così. Diceva che andava bene comunque, visto che ora il suo matrimonio sarà annullato. E dice che non le piace quando la chiamano 'Signora'."
"ANNULLATO?" domandarono insieme, quasi gridando.
L'elfa continuò a guardarli con l'espressione un po' vuota.
La rossa si girò verso di lui. "Tu lo sapevi?" Blaise scosse il capo. "Però sapevi che aveva problemi…" Questa volta alzò una spalla.
"Non ho prestato molta attenzione. E Pansy… A dir la verità, non ne abbiamo mai parlato… Ultimamente non ci siamo visti molto; non so che tipo di problemi ha o potrebbe avere…"
"Va bene. So di essere impicciona e pettegola, e so quando devo farmi gli affari miei, ma…" disse, facendo girare lo sguardo per la stanza. "Non dovremmo mandare via Kikky prima di discutere così? E se poi glielo va a dire?" sussurrò verso di lui, per non farsi sentire dall'Elfa, probabilmente.
Blaise scosse la testa: non aveva proprio capito come funzionassero gli elfi. "Non racconterà mai niente di ciò che accade qui.  È un elfo domestico, non…" tentò di spiegarle, ma poi alla fine concluse che fosse più facile mandare via Kikky e basta. Annuì e disse a Kikky di smaterializzarsi.
La ragazza guardò l'Elfa sparire e poi si voltò di nuovo verso di lui.
"Dicevamo… Pansy potrebbe avere problemi economici? Perché qui abbiamo qualcuno che sta cercando di circuire tua madre per spillarle del denaro. Che sia una nipote o solo qualcuno che frequenta questa casa, non lo sappiamo, ma qui c'è da stringere il cerchio se vogliamo saltarci fuori."
Blaise annuì e sospirò. "Allora, sul diario che so leggere, quello che lei sa che io leggo, parla solo di Pansy e Rachel. Solo loro la vengono a trovare spesso negli ultimi tempi: lei si vergogna del fatto di scordarsi le cose, così non ha invitato più nessuno e molte sue amiche sono in vacanza in campagna, ora. Quindi rimangono solo loro. Ma, appunto, di Pansy non dice quasi niente…"

 

Ginny si morse un labbro e guardò il soffitto. "E Rachel? L'ho vista solo una volta, ma mi è sembrata gentile e disponibile".
Zabini spostò lo sguardo da lei. "Rachel può essere falsa e meschina, se vuole".
La ragazza alzò di nuovo un sopracciglio a quella confessione: quando aveva specificato che Rachel fosse nipote di sua madre ma non sua cugina, aveva avuto lo stesso tono duro. "Qualcosa mi dice che sei di parte. È successo qualcosa che ti ha fatto arrabbiare con Rachel? Potrebbe essere una ripicca nei tuoi confronti?"

 

Blaise scosse il capo. "No. Lei era in torto e lo sa. Io non le ho fatto niente. E poi, vuole bene a mia madre, non le farebbe del male". Sperò di non sbagliarsi.
"Fondamentalmente nessuno ha fatto del male fisico a tua madre. Stanno solo cercando di farle prelevare galeoni di nascosto dalla camera e portarglieli via. Sei andato alla Gringott? Hai guardato quanti galeoni mancano?"
Blaise sospirò. "È questo il guaio" spiegò, prendendo dalle mani della rossa il sacchettino di velluto blu. "Questo non viene dalla nostra camera di sicurezza alla Gringott…"
La Weasley si stupì. "No? E da dove viene?"
"Da quella di mia madre."
"Tua madre ha una camera sua?" La Weasley sembrava stupita: effettivamente era difficile che una donna avesse una camera di sicurezza personale, al di fuori di quella di famiglia.
"Mia madre ha avuto… qualche marito prima di…" Blaise si passò una mano fra i capelli.
Era una storia complicata e i pettegolezzi ogni tanto tornavano a fargli girare la testa. Erano gli stessi per cui suo padre aveva litigato con la sua famiglia di origine e per cui sua madre non aveva più contatti con loro.

 

Ginny capì che per lui parlarne era un problema. Così si alzò e gli allungò il sacchetto. "Non devi dirmi tutto tutto. Va bene" concesse.
Zabini la guardò con un misto di gratitudine e ammirazione che le fecero accaldare le guance. Si girò per non farsi vedere e si diresse verso la libreria di fronte alla scrivania solo per mettere distanza fra di loro e nella conversazione.
Spulciò i titoli sui dorsi dei libri, solo per tenersi impegnata, fino a quando non ne trovò uno che le fece fare un versetto. Allungò la mano e prese il volume, sfilandolo dagli altri.

 

Blaise si alzò e la raggiunse: lei aveva trovato il Magician Directory.
"Magician Directory…" lesse lei e il suo sguardo divenne quasi divertito. "Il libro maledetto…" Poi lo aprì e sfogliò le pagine, fino ad arrivare all'albero genealogico della sua famiglia.
"C'è anche Little Vee!" esclamò, leggendo il nome della nipotina e la sua data di nascita: 2 maggio 2000.
Blaise annuì. "Viene aggiornato tutti gli anni" spiegò, ma poi lei sospirò e, tenendo il libro aperto con una mano sola, con l'altra passò il dito sul nome del fratello Fred e sulla data di morte.
Lo scatto che fece fare al libro quando lo chiuse per poco non spaventò il ragazzo, ma avrebbe dovuto aspettarselo: non era una persona che rimuginava, si piangeva addosso o si lamentava. Lei reagiva e sembrava possedere una notevole quantità di risorse inaspettate: sarebbe stata una fantastica Serpeverde, pensò per un attimo.
"La morte di un fratello ti resta dentro per tutta la vita…" Neanche si accorse di averlo detto ad alta voce. Ma lei dovette capire tutto.
"Avevi fratelli, Zabini?" chiese, sbarrando gli occhi. Quando lui non rispose lei tornò a guardare il libro e fece il gesto di riaprirlo: no!
"No! Non farlo…" Pensò di fermarla e allungò la mano verso di lei, ma si sentì male, la testa iniziò a girargli e si guardò intorno spaesato; forse per la prima volta, il mondo iniziava a non essere più un posto sicuro. La stanza ondeggiò e la rossa fece cadere il libro a terra, quando alzò gli occhi su di lui.
"Non cadere. Non cadere" sussurrò. Gli prese la mano e, lentamente, lo accompagnò a sedersi per terra. "Fai piano. Piano, ecco…" Lo guidò ancora, fino a quando lui non si sedette sul tappeto e lei si inginocchiò davanti a lui.

 

Quel dannato ragazzo aveva più segreti di tutti quelli che conosceva messi insieme! Lo fece sedere per terra e poi si mise davanti a lui, per capire se stesse ancora male. Gli prese il viso fra le mani. "Va meglio?" gli chiese e lui la guardò con uno sguardo così strano che si preoccupò. Ma subito dopo annuì e tentò di alzarsi. "Stai fermo" gli intimò con fermezza Ginny e lui, stranamente, obbedì.

 

Blaise non voleva essere lì. Si sentiva così vulnerabile e aveva una paura fottuta che lei potesse approfittare della cosa. Ma le sue mani erano calde e lo erano anche i suoi occhi.
"Stai fermo" ordinò e il ragazzo non si mosse più.
Per un po' non dissero niente e rimasero in silenzio così, con lei che gli accarezzava le guance e lo guardava con dolcezza.
"La tua barba punge" infranse il silenzio, dopo un po', e Blaise rise. "È una cosa molto… eccitante. L'altra sera…" continuò, facendo scorrere le dita lungo il mento, guardandogli le labbra e sospirando a mezza bocca.
Il ragazzo però non riuscì a stare zitto. "Mi hai detto tu di non baciarti più!" mormorò, scontroso. Lei non voleva, lo aveva detto chiaramente quando erano a Londra.
"Non voglio che mi baci quando ti sembro isterica o perché vuoi darmi una lezione! Vorrei baciarti per… Che idiota, cosa sto dicendo…" Sospirò più forte e fece per togliere le mani dal suo viso, ma Blaise riuscì ad afferrarle un polso.
"Allora baciami tu" suggerì, sottovoce.

 

Ginny aveva abbassato lo sguardo e si stava girando per spostarsi da lui quando il ragazzo aveva pronunciato quelle parole, impedendole di allontanarsi. Tornò a guardarlo e ciò che vide in quelle pozze scure le agitò il petto. Non voleva che lui la baciasse ancora perché pensava che lo avrebbe fatto solo per dispetto, per dimostrarle qualcosa o per qualsiasi altra stupidaggine, mentre lei voleva solo baciarlo per godere delle sue labbra. I suoi occhi le stavano dicendo, però, che forse si stava sbagliando e che a lui sarebbe piaciuto.
Senza farselo dire due volte, si chinò sul suo viso, perché in ginocchio era più alta, e coprì la sua bocca con la sua. Questa volta non rimase inerme, sapeva già cosa voleva: schiuse le labbra e lasciò che la sua lingua incontrasse quella di lui, che rispose, lasciando che i loro pensieri si mischiassero.
Tornò a posargli le mani sulle guance e poi le fece scorrere fino alla nuca, passandole fra i capelli mossi. Gli tirò appena indietro la testa e lui l'assecondò, posandole le mani sulla schiena e avvicinandola a sé.
Blaise sapeva di peccato e di avventure. Di corse sulla scopa e di vento fra i capelli. Le sue labbra erano morbide e quando iniziò a darle piccoli morsi, pensò di svenire dal piacere. Era solo un bacio, con cui la stava divorando, ma riusciva a svegliarle pensieri intimi ed eccitanti che pensava sopiti e sepolti.
"Mi hai chiamato per nome, prima…" sussurrò, quasi ansimando.
"Se vuoi, lo faccio ancora" propose lui, abbandonando la sua bocca per posarle le labbra lungo il collo. Non fu sicura di aver replicato qualcosa, ma sperò di aver risposto affermativamente.
Quando le sue mani scivolarono sotto la maglietta e si posarono, calde e morbide sulla sua pelle, la ragazza sospirò e tornò a cercargli le labbra, massaggiandogli la testa con le dita.
"Miss Ginny! Miss Ginny!" La voce dell'elfa la fece girare verso la porta dello studio, dove Kikky si era appena materializzata, correndo verso di lei e mostrando le mani tinte. "Kikky ha trovato la polvere blu! Kikky sa da dove viene! E miss Ginny aveva detto che Kikky doveva dirglielo subito se lo avesse scoperto!"
L'unica cosa che riuscì a pensare Ginny in quel momento, fra le braccia del moro, l'unico che avesse baciato con vero piacere negli ultimi mesi, fu che se Kikky si fosse avventurata su di loro, si sarebbero scordati tutto.
"No!" gridò, spalancando gli occhi e guardando Zabini, che la guardava con uno sguardo stranito. Gli mise una mano sul petto e lo spinse via, sperando di riuscire a spostarlo perché fosse lontano dalla portata di Kikky, mentre lei indietreggiava sulle ginocchia. Qualcuno doveva ricordarsi di quel bacio e lei non sapeva dove sarebbe finita la polvere, ma se fossero stati abbastanza lontani, uno dei due avrebbe salvato il ricordo.

 

"No!" aveva gridato lei e Blaise era rimasto sconvolto dal tono spaventato della sua voce. Non voleva farsi vedere da Kikky? Perché aveva urlato? Non aveva senso, la cosa. Quando lo spinse via con la mano ebbe il timore che lei si fosse pentita di essersi lasciata andare e nel momento in cui lo guardò spalancando gli occhi non riuscì a capire niente.
Per fortuna Kikky, che stava correndo, riuscì a fermarsi quando le andò vicino e sventolò le mani sulla ragazza senza sbatterle addosso: una pioggia di puntini blu cadde dall'alto, perché lei era ancora inginocchiata per terra ed era più in basso dell'elfa.
Oh, Kikky aveva capito da dove venisse la polvere!
"Fantastico!" esclamò, nonostante fosse ancora turbato da prima. "Hai sentito cosa ha detto Kikky?" chiese, direttamente alla rossa.
Lei starnutì due volte e poi lo guardò con gli occhi lucidi, come se fosse stata a contatto con qualcosa che le provocasse un'allergia.
"Che il matrimonio della Parkinson verrà annullato? Sì, ne abbiamo parlato prima…"
"No, Ginny, quello che ha detto adesso: ha trovato la polvere blu!"
Notò la ragazza aggrottare la fronte e guardarsi intorno spaesata. "Ah…" disse, con poca convinzione. "Ma perché mi hai chiamato per nome?"
Blaise spalancò la bocca: lei si era scordata del bacio!

-
--
-
-

***Eccomi!

Ci tengo a precisare solo una cosa: il “Magician Directory” è una libera ispirazione al Burke’s Peerage, il libro della nobiltà inglese uscito nel 1826.



Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** I Fiori Blu ***


I Fiori Blu

 -

-

 

Ginny si guardò intorno spaesata, ma poi vide Kikky e, grazie alle parole di Zabini, capì la situazione: la polvere blu. Kikky aveva sparso la polvere che annebbiava la memoria.
"Ho scordato quello che è successo?" Il moro annuì e lei sospirò. "E che è successo?"
L'altra volta aveva lasciato un biglietto in cui aveva scritto quello che probabilmente si sarebbe scordata, ma questa volta no.

 

"Perché non ho lasciato istruzioni come l'altra volta?" chiese, alzandosi in piedi. "E perché siamo sul tappeto?"
Blaise si passò una mano fra i capelli. "Non hai fatto in tempo. Kikky è arrivata all'improvviso e non si ricordava che ti avrebbe fatto perdere la memoria se ti avesse sventolato le mani addosso…" Lanciò uno sguardo duro all'elfa, ma poi rinunciò: era arrabbiato, ma alla fine non era colpa sua. Prese la bacchetta e si sistemò i pantaloni, che erano rimasti stracciati.
"Kikky non voleva che Miss Ginny scordasse tutto. Kikky si scusa, non voleva! Mr Blaise, Kikky…"
"Oh, Kikky smettila e taci" la rimproverò lui. La rossa gli allungò la mano per aiutarlo ad alzarsi e Blaise la prese solo per avere il pretesto di toccarla.
"Dimmi cosa mi sono scordata, poi ascoltiamo Kikky."
Blaise stette zitto, ma poi vide il
Magician Directory per terra. Fece due passi, si chinò e glielo fece vedere. "Questo lo ricordi?"
La ragazza si avvicinò a lui e gli prese il libro fra le mani. "Il Magician Directory!" esclamò e Blaise capì, dalla sua sorpresa, che non se lo ricordava. Quando iniziò a sfogliarlo e capitò sulla pagina della sua famiglia sorrise. "C'è anche Vic" disse, sempre sorridendo.
"Già…" rispose lui. E il suo tono fece girare verso di lui la Weasley. O Ginny? La Weasley, finché non capiva cosa si ricordasse.
"Oh, per Grodric, l'ho già detto?" Il suo naso si arricciò in un gesto che ormai Blaise conosceva benissimo. Annuì sorridendo e alzando le spalle. "Come sono prevedibile e banale…" mormorò, a se stessa. Chiuse di scatto il libro, esattamente come aveva fatto prima, ma a lui non diede fastidio che lo avesse fatto allo stesso modo, gli lasciò, invece, un senso di familiarità.

 

Ginny si passò una mano sulla testa. Era nervosa: non sapere cosa fosse successo le ricordava il suo primo anno a Hogwarts quando veniva posseduta da Voldemort e dopo non si ricordava più niente. Ma stavolta era più strano, i suoi vuoti erano a intermittenza. E sapeva che prima o poi, se non avesse avuto altri contatti con la polvere blu, avrebbe probabilmente ricordato. Ma chissà quando. E chissà che le volte che aveva agito su di lei non avessero causato danni irreparabili.
"Odio non ricordare. Capisco tua madre perfettamente. Forse dovresti tenerla lontana da qui per un po'. Avere in continuazione questi vuoti deve essere devastante…" confidò.
Il moro annuì e le andò vicino. "Dimmi l'ultima cosa che ti ricordi" propose.
Ginny ci pensò, ma si sentiva ancora confusa. "Allora…" si guardò di nuovo intorno. Vide Kikky che, in un angolo, si torceva le mani, aspettando solamente il momento di parlare.

 

"La Parkinson è tua cugina ed è sposata. E non hai avuto una storia con lei. Mi è dispiaciuto. Avevo immaginato pettegolezzi interessanti…" Blaise osservò la rossa che ironizzava sulla situazione. Non disse niente, perché gli sembrava che lei stesse sforzandosi per alleggerire il tutto. "Hai avuto una storia con una tipa di nome Caroline. No, mi hai corretto. Era un altro nome…" Si voltò verso Kikky ma lei non disse niente, continuando a guardare nel vuoto. "Zabini, perché mi ricordo solo cose che riguardano te?" Ma non aspettò risposta, perché subito dopo le vennero in mente altre cose. "Aspetta; hai detto che il denaro veniva dalla camera blindata di tua madre e non da quella di famiglia!" Lo guardò, finalmente, e lui annuì incoraggiandola.
Blaise l'ascoltò e l'aiutò nei buchi di memoria quando raccontò tutto quello che si erano detti. La camera, Pansy, il denaro, la polvere blu. Ma lei non si ricordava del bacio. E Blaise non sapeva se dirglielo o meno. Era stata una sua iniziativa, ma non voleva parlarle del perché si fossero trovati avvinghiati sul tappeto. E quel suo 'No', gridato quando aveva visto Kikky gli dava l'idea di doverne parlare in privato. E magari non in quel momento. Pensò di mandare via l'elfa, ma la ragazza si girò verso di lei e, stando a distanza, le chiese di raccontare quello che aveva scoperto.

 

Ginny fece un passo verso Kikky, ma poi si fermò stando a distanza. "Scusa se non ti vengo vicino, ma la polvere che hai sulle mani…"
"Kikky lo sa. E Miss Ginny aveva capito che avrebbe perso la memoria. Anche l'altra volta Miss Ginny lo aveva detto. Aveva detto: "Kikky quando te lo chiederò, dovrai dirmi tutto quello che hai visto o che ti ho detto io…"
"Davvero?" Ginny si voltò verso il moro. Lui fece qualche passo per avvicinarsi, ma lei lo tenne a distanza. "Non avvicinarti troppo…"

 

Come? Blaise si sentì ferito da quella frase. Forse per quello che era successo poco prima. Magari lei si ricordava tutto e faceva finta per non dover ammettere che… Che cosa, Blaise? La Weasley non sembrava il tipo da giochetti e da fronzoli inutili, era più il tipo che se voleva qualcosa se la prendeva o la faceva. Non era il tipo da sciocche sviolinate, da far finta, per poi… Lei non era Chastity.
Dal suo sguardo, però, lei dovette capire che lui aveva frainteso perché sorrise e spiegò sottovoce: "Se ci imbrattasse di nuovo di polvere, andrebbe a finire che saremmo in due a non ricordarci più niente ed è il caso che uno di noi si ricordi sempre tutto quello che abbiamo scoperto".
Blaise annuì. Quindi era per questo che lo aveva allontanato durante il bacio? E come fare a chiederlo? E lei poteva saperlo davvero? Se lo sarebbe ricordato?
Ancora preso da mille paranoie, si perse la domanda che la Weasley fece a Kikky e rimase stupito dalla sua risposta. "Sono i fiori blu che lasciano cadere la polvere. Quelli di cui Rachel ha portato i semi: gli agapanti".
"I fiori di Rachel non sono ancora spuntati, però" constatò la ragazza, girandosi verso di lui. Blaise alzò una spalla: non sapeva niente di fiori. Né di che cosa avesse portato Rachel a sua madre.

 

Ginny non capì bene l'espressione di Zabini, così chiese a Kikky dove si fosse sporcata le mani in quel momento. "Nella stanza di Mrs Maddie" rispose.
"Sono solo lì?"
L'Elfa scosse il capo. "Sono un po' in tutte le stanze, ma Miss Pansy ha detto a Kikky di cambiarli e di mettere altri fiori. Dice che quelli non vanno più bene."
Ah. Era stata la Parkinson a dirle di cambiarli? Si girò ancora verso il moro e lui la guardò con lo sguardo corrucciato. "Pansy non voleva più i fiori?" domandò, ma non a lei in particolare.
"Che sia stata lei, allora? Forse aveva paura di essere scoperta. O forse avevano già svolto il loro compito?" Ginny si girò di nuovo verso l'elfa. "La Parkinson sapeva che la polvere fa perdere la memoria?"
L'elfa iniziò a torcersi le mani e a sbarrare gli occhi. "Kikky non lo sa. Miss Pansy non lo ha detto. Kikky non può rispondere…" Come notò che aveva l'intenzione di dare una capocciata contro la porta, cose verso di lei. Non riuscì a fermarla e la prima volta che sbatté le testa, il rumore fu per lei assordante.
"Va bene così, Kikky, va bene così. Non sbattere contro quella porta, porca Morgana!" esclamò, un po' provata. Si girò verso il ragazzo e gli gridò contro: "Diglielo anche tu, Zabini! O inizierà a dare testate al muro!" Perché lui era così tranquillo e pacifico, praticamente sempre, e lei si faceva prendere dall'agitazione?

 

Blaise si avvicinò lentamente alle due: ma non doveva stare lontano? Lo avrebbe preferito anche perché non sapeva ancora cosa raccontare alla rossa di quello che era successo dopo che aveva fatto cadere il libro.
"Dai, Kikky, smettila, non vedi che Ginny si agita se inizi a farti male?"
"Perché quando parli a lei, mi chiami Ginny?"
Blaise alzò le spalle. "Lo hai detto tu che chiamarti per cognome fa molto la McGranitt che ti sgrida…"
"Oh…" Il suo viso divenne rosso e si intonò ai capelli. "Giusto… Ma non intendevo… Non devi…" Ricordandosi di quello che si erano detti mentre si baciavano, Blaise aspettò di capire se lei si fosse ricordata. "Non sei obbligato…"
Quando capì che lei non si era ricordata niente, ci rimase male. "Ok" rispose, solamente.
Lei dovette fraintendere la sua espressione, perché divenne ancora più rossa. "Vabbè, chiamami come vuoi. Ma io non ti chiamerò 'Signore'!"
Nonostante tutto, Blaise scoppiò a ridere.

 

Ginny sorrise di nascosto e si voltò verso l'elfa. "Dai Kikky, non…" Purtroppo l'elfa riprese proprio in quel momento a dare testate alle porta. "No, Merlino, no!" gridò lei.
Zabini in pochissimo l'affiancò e prese Kikky per le spalle, bloccandola contro il muro vicino alla porta. "Smettila subito, Kikky" ordinò, con voce calma, come se le avesse detto di andare a raccogliere le patate. "E tieni ferme le mani".
L'elfa si immobilizzò come incantata da una bacchetta. Oh. Così?
Si voltò verso di lui e il moro la guardò con uno sguardo curioso. "Che c'è?"
"Come cazzo fai a rimanere sempre così calmo?"
Lui alzò una spalla e lasciò andare Kikky. "Farsi prendere dal panico non serve a niente…"
"Ma tu sei troppo calmo comunque. Non è… normale che tu sia così controllato. Ti lasci mai andare, Zabini? Fai mai qualcosa di istintivo? Tipo…" Si interruppe perché la sua frase avrebbe potuto avere un doppio senso e lei non voleva darglielo. Non questa volta, non dopo che le era venuto in mente ciò che era successo in cucina. C'era da dire però che se quando si faceva prendere dall'istinto era quello ciò che faceva, era una cosa che gli riusciva bene.

 

"Fuori dal mio controllo, intendi? Raramente. Ma mi è capitato" ammise lui, mentre faceva un passo indietro.
"Davvero? E cosa deve succedere perché accada?"
Blaise alzò una spalla in un gesto che avrebbe dovuto sembrare noncurante ma che non lo fu. "Disastri, morti improvvise, tradimenti…"
La rossa aprì la bocca e i suoi occhi si allargarono così tanto che avrebbero potuto occuparle tutta la faccia. "Ma dici davvero?"
"Pensi di essere l'unica ad avere incubi per un evento tragico? Pensi di essere l'unica ad aver subito sfighe nella vita?" Riuscì a fermarsi prima di dire altro di cui si sarebbe pentito.
"Oh… Mi… dispiace" mormorò lei, abbassando gli occhi. Ma perché le aveva risposto così? Si passò la mano fra i capelli, infastidito dal proprio comportamento.
"Scusami. Io non sono sempre calmo, sbotto all'improvviso" tentò di giustificarsi.
"Quando sbotto io, a casa scoppiano le uova" mormorò lei sottovoce verso di lui, in una sorta di confidenza, ma che ebbe un effetto devastante sul suo basso ventre. E lui ci credeva. L'aveva vista: era spontanea, istintiva, mai falsa. Non sorrideva per nascondere qualcosa, ma perché le piaceva affrontare la vita così. Era una forza.
"Vorrei vederlo, una volta. Ma dopo aver visto te e tuo fratello, preferirei che non fossi arrabbiata con me..."

 

Ginny rise piano, ma l'opinione che aveva di lui stava cambiando. Si portò una mano al viso: si sentiva strana.
"Tutto bene?" le chiese lui, ma non era sicura della risposta anche se annuì comunque. "Kikky, come si arriva al posto dove sono i fiori che mettevi nei vasi?" domandò direttamente all'elfa, per deviare i pensieri.
"Passando dal giardino. Kikky può accompagnare Miss Ginny e Mr Blaise, se loro vogliono."
Ginny si voltò verso il moro e anche lui annuì, girandosi verso la porta finestra. Quando l'elfa le passò davanti per fare strada, la ragazza le disse di fermarsi un attimo, poi, prese la bacchetta e la puntò verso le sue mani. "Evanesco" pronunciò, ma la polvere non sparì. "Merlino…" mormorò.

 

Blaise la vide mordersi il labbro. "Per una volta devo dare ragione a mio fratello: gli elfi sono diversi…"
Lui si avvicinò e le mise una mano sulla schiena, come per consolarla. "Vero. Ma può darsi che si possa fare lo stesso…" mormorò, osservando il suo viso rattristato. "Kikky, riesci a far sparire la polvere dalle tue mani?" domandò, a voce più alta.
"Certo". L'elfa annuì e si guardò le mani, senza effettivamente fare niente.

 

Ginny si impensierì: non c'era riuscita? "Ma…"
Zabini, al suo fianco, rise. "Giusto. Ho sbagliato io: Kikky, fai sparire la polvere dalle  tue mani e portaci a vedere dove hai raccolto i fiori" le ordinò.
Kikky obbedì prontamente: la polvere blu sparì in un battito di ciglia e poi l'elfa si girò per riprendere il cammino. Si smaterializzò e riapparve fuori dalla finestra.
"Per tutte le tuniche di Merlino!" La ragazza spalancò la bocca.
"Lo avevo detto che bisogna sapere come chiedere le cose agli elfi… Vieni, seguiamola". La mano del moro, ancora sulla sua schiena, le provocò un piccolo, caldo piacere e Ginny si lasciò guidare, forse per la prima volta, verso la finestra.
"Piccoli elfi stronzetti…" mormorò sottovoce, mentre si avvicinava ad aprire la porta a vetri che dava sul terrazzo. "C'è quasi buio, però…"

 

Blaise sorrise della sua esclamazione e accese la bacchetta prima di uscire, ma senza togliere il contatto da lei. Non voleva lasciarla. Era abbastanza sicuro che la Weasley non si fosse mai lasciata guidare da nessuno e che in quel momento stesse godendo di un privilegio più unico che raro.
"Ti piace ballare, Weasley?" Le chiese. Per ballare la donna, il più delle volte, doveva lasciarsi condurre dall'uomo. Ma Blaise era sicuro che lei non avrebbe lasciato il comando a qualcun altro. L'immagine di lei nuda che si stringeva un lenzuolo al petto, gli riempì la mente: e a letto, come sarebbe stata?
La ragazza girò il viso verso di lui e lo guardò dal basso. "Ma non dovevamo chiamarci per nome?" chiese la rossa, senza rispondere.
Lui alzò una spalla. "Ci proverò".
"Sì, mi piace ballare. Perché questa domanda?" domandò subito dopo.
"Curiosità" ammise lui.

 

Ginny lo guardò stringendo gli occhi, per valutare se fosse sincero o no, ma non lo capì. Alla fine scosse le spalle. E, quando vide l'elfa smaterializzarsi prima della scalinata che portava al giardino, allungò il passo.
Zabini rimase indietro e per un attimo lei pensò che si sarebbe materializzato anche lui in fondo alle scale, ma non lo fece: doveva essere quella sorta di galateo di educazione di cui parlava tanto sua madre.
"Quindi se ti incontrassi a un ballo, la prossima volta, e ti invitassi a ballare, diresti di sì?"
Ginny si bloccò a quella domanda: che voleva dire? Il ragazzo però continuò a fare due o tre passi e quando si fermò e si girò, se lo trovò di fronte.
"Questa non è curiosità" costatò.

 

Blaise la guardò negli occhi: lei era sincera e ci teneva a contraccambiare la cosa. "Beh, un po' sì."
"Perché vorresti ballare con me?" chiese lei, riprendendo a camminare. Blaise la raggiunse e camminò al suo fianco, cercando allo stesso tempo di non perdere d'occhio Kikky e di seguire la conversazione. Ma quando fu sul punto di rispondere, la ragazza tornò alla carica. "E non rispondere curiosità!"

 

Lui rise e Ginny si sentì un po' stupita dalla piega che aveva preso la cosa. Ma c'era bisogno davvero di sapere perché lui volesse ballare con lei? No, non c'era. A meno che… "Guarda che è se per far finta che vuoi corteggiarmi per non dover dare spiegazioni se ci vedono insieme, possiamo fingere di essere amici e basta" chiosò.
"Come?" Lui sembrava davvero stranito.
"Se hai bisogno di spostare l'attenzione da tua madre, va bene, ma non c'è bisogno di metter su una sceneggiata. Si possono frequentare anche gli amici…"

 

"Giusto…" l'accontentò Blaise, sospirando: non era quello che aveva avuto in mente, ma magari poteva accontentarsi. O forse no. "E con i tuoi amici, balli?" le chiese. Com'è che era partito con l'idea che non sarebbe mai riuscito a interessargli una ragazza come lei, per finire a non riuscire ad accettare un no per un dannato ballo?
Continuarono a camminare e superarono il gazebo.
La ragazza si voltò verso di lui, sempre stranita, ma con un sorrisetto che neanche si rendeva conto di fare, probabilmente. "Vuoi ballare con me? Balliamo qui, adesso. Non c'è bisogno di andare a un ballo. Con Neville ho ballato tantissime volte nei giardini delle ville che ospitavano i gran galà del Ministero!" La rossa si girò verso di lui e alzò le braccia in attesa di un immaginario cavaliere.
E con Potter? Anche con lui ballava nei giardini? Blaise riuscì a non chiedere per orgoglio. Si sentì molto Grifondoro e sbuffò, mentre le si avvicinava. Lei dovette interpretare male il suo gesto e scosse le spalle, facendo cadere le braccia. "Allora niente…" E quello che gli diede più fastidio fu che non sembrò rimanerci male.
"Ma non hai neanche un vestito adatto. O le scarpe…" ribatté, illuminandola con la bacchetta e osservando i suoi vestiti: i jeans che la fasciavano e le scarpe da ginnastica. Merlino, ma perché gli interessava? Doveva accettare e basta!
Abbassò la bacchetta e la spense: rimase solo la penombra data dai lampioni che costeggiavano il vialetto.
Ginny sorrise e fece un passo verso di lui per sussurrargli all'orecchio. "Ho ballato così tante volte scalza, che ormai non presto più attenzione a cosa indosso quando mi diverto" confessò, e il suo respiro, come la sua risata e la luce nei suoi occhi, riempirono la mente di Blaise di troppi pensieri peccaminosi. Dovette fermarsi e lasciarla andare: non riusciva ancora a dare un nome a quelle emozioni.

 

Ginny tornò a camminare lungo il vialetto che stavano percorrendo fino a quando, dopo una leggera svolta, si ritrovarono in una nicchia del giardino, una zona quasi isolata da alcune siepi punteggiate di fiori bianchi. "Per la sottana di Morgana!" esclamò, appena passò sotto un archetto intrecciato di piante e si ritrovò davanti una vetrata con una distesa di fiori blu al suo interno. Cos'era? Una serra?
Si voltò verso Zabini, che non aveva ancora visto lo spettacolo e stava mormorando: "Niente abito, niente scarpe, niente comportamento adeguato…"
La ragazza tornò indietro e lo prese per un braccio per velocizzare la cosa. "Sì, Sì, Mister calma e perfezione, abbiamo già constatato che non sono una signora, vieni a vedere, e subito!" Lo trascinò fino a quando anche lui vide la distesa di fiori dietro al vetro. "Porco Salazar sotto a un…"
Ginny alzò gli occhi al cielo.

 

Blaise si ritrovò davanti a tutto quel blu illuminato da piccoli lampioni accesi come se fosse pieno giorno. Stava imprecando come un povero babbano senza futuro, ma la ragazza gli diede una manata sul ventre per fermarlo. "Ehi. Vabbè che non mi impressiono, ma non esagerare: potresti risultare un umano anche tu, Mr Zabini!" lo stuzzicò. Quando si voltò verso di lei, notò che stava trattenendo una risata, ma poi divenne seria subito dopo, tornando a guardare il giardino d'inverno.
"Cos'è? Perché hai una serra in cortile?"
"È il giardino d'inverno. Un luogo dove mettere le piante più delicate quando inizia a fare troppo freddo. Mia madre ci coltiva i fiori durante la brutta stagione, perché le manca farlo. Quest'anno abbiamo già portato fuori tutte le piante, di solito è inutilizzato, d'estate. Oppure ci rimangono gli attrezzi" spiegò, corrugando la fronte e passandosi una mano sul mento. Mentre si accarezzava la barba gli venne in mente il bacio nello studio e lanciò un'occhiata alla ragazza accanto a lui, cercando di capire se per caso le tornasse in mente qualcosa.
Fu deluso.
"Cosa facciamo? Entriamo? E se poi… ci scordiamo tutto?" Lui alzò le spalle: non sapeva cosa fare e doveva trovare una soluzione. A tutto. "Secondo me, tua madre non lo sa che sono qui…"

 

Ginny si avvicinò, ma rimase comunque a distanza. "Kikky, Mrs Maddie è a conoscenza che questi fiori sono qui?"
L'elfa scosse la testa. "Kikky non lo sa".
"Chi li ha piantati?" La voce di Zabini non tradì nessuna emozione, mentre continuava a guardare il vetro, avvicinandosi lentamente.
"Miss Rachel ha portato i semi" dichiarò.
"Li ha piantati lei?" L'elfa scosse le spalle e si stritolò le dita delle mani mentre si vergognava di non poter rispondere per la seconda volta.
La ragazza sbuffò leggermente. "Ma tu cosa pensi?"

 

Blaise si voltò verso di lei: cosa stava facendo? "Gli elfi non hanno opinioni!" esclamò.
Ginny si girò, lanciandogli un'occhiata dura. "E tu che ne sai? Sono esseri con una magia superiore alla nostra, perché non dovrebbero avere un'opinione personale? Ci scommetti che se chiediamo a lei cosa pensa di tutta questa faccenda ci dice subito come stanno le cose?"
Lui scosse la testa. "No. Non funziona così" insistette.
La ragazza sbuffò più forte e si avvicinò all'elfa, che aveva raggiunto il moro davanti alla vetrata. "Si entra da qui o da dentro?" chiese, facendosi distrarre dalla composizione della struttura.
"Da tutte e due le parti, normalmente, ma l'ingresso da dentro la casa è bloccato, adesso. La porta è lì, comunque" rispose lui, indicando una parte della vetrata. "Vuoi entrare?" le domandò, ma alzò un sopracciglio.
"Vorrei vedere i fiori da vicino, sì. Ma tanto poi non mi ricorderei niente…" Frustrata, sospirò. "E se tu stessi dalla porta mentre io vado vicino ai fiori? Kikky, che fiori sono quelli?" chiese subito dopo, senza aspettare la risposta del ragazzo.
"Sono Agapanti, miss…" Ginny la interruppe prima che dicesse di nuovo il suo nome.
"Mai sentiti…" Si voltò verso Zabini e lui scosse le spalle.

 

Blaise tornò a guardare i fiori attraverso la vetrata. "Quindi sono questi fiori che perdono la polvere blu?" Quando l'elfa annuì, lui non la vide, così si voltò e si trovò la ragazza vicino: lei aveva visto Kikky affermare la cosa.
"Ma sono così tutti gli Agapanti o solo questi?" chiese, nello stesso momento in cui lo pensò anche lui.
"Non ero così bravo in erbologia, mi sa… Forse il tuo amico…"
"Neville!" esclamò lei, e Blaise sentì una morsa strana stritolargli lo stomaco, vedendo i suoi occhi brillare. Ehi, ma Paciock non sposava un'altra? "Neville una volta mi ha spiegato" iniziò, posandogli la mano sul braccio e abbassando la voce con fare cospiratorio "come si possono rendere magici i fiori!"
Nervoso per come lei fosse felice della cosa, brontolò. "Potevi dirlo prima…"
La sua mano si spostò dal suo braccio per dargli una leggera spinta sulla spalla. "Ehi! Apprezza ciò che ti viene dato. Ti sto dicendo che forse so come sia possibile che facciano scordare le cose". Si voltò verso Kikky e lo abbandonò. Per un attimo pensò di allungare la mano per trattenerla o una cosa così, ma poi non lo fece.

Mi hai baciato. Mi hai baciato. Cerca di ricordartelo…

 

Ginny raggiunse l'elfa e si chinò verso di lei. "Kikky, sei tu a innaffiare i fiori?" L'elfa scosse il capo e indicò un bidone che si vedeva attraverso il vetro, proprio in mezzo alla distesa blu. Lei si voltò verso Zabini sorridendo: forse aveva capito. "Ora ci tocca entrare davvero" disse.
Lo chiamò con la mano e iniziò a spiegargli cosa avesse in mente.

-

-

-

***Ecco il capitolo! Scusate il ritardo, ma l'ultima settimana prima delle ferie è sempre un putiferio...

Buona lettura a voi e buone vacanze a me! 😊

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Confidenze ***


Confidenze

 -

 -

"Cerca di ricordarti tutto tu, va là, perché se ho capito giusto, come mi avvicino, potrei scordarmi qualcosa…" spiegò lei, mentre abbassava la maniglia della porta a vetri che dava sul giardino. Blaise la seguì e con la bacchetta accese le lanterne inutilizzate in quel momento.
"Mmm, forse è meglio che lo faccia io…" mormorò, ma non troppo convinto.
"No, no, Zabini. Sono abbastanza convinta che non crederesti a niente di ciò che ti direi, quindi vado io."
Ah, davvero? Blaise alzò un sopracciglio e le lanciò un'occhiata. "Che c'è?"
"Niente" rispose. Possibile che prima lo avesse spinto perché Kikky non gli facesse dimenticare ciò che era successo? L'elfa stava correndo verso di loro. Forse si sarebbero scordati tutti e due del bacio se fossero rimasti vicini. Possibile che lei avesse intuito questa cosa e avesse voluto… Voluto cosa? Dimenticarla o cercare di salvare la sua, di memoria? Scosse le spalle, troppo confuso. "Niente" ripeté ancora.
Ma lei si fermò e i suoi occhi si socchiusero, sospettosi.
"Mi stai nascondendo qualcosa?"
"Chi? Io? E cosa dovrei nasconderti?" bleffò, ma la sua voce tremò: a poker era molto più facile, dovette ammettere.
Lei continuò a guardarlo diffidente. Poi si girò e si incamminò verso il centro del giardino. Sua madre aveva voluto delle vere aiuole di terra, perché adorava i fiori e aveva detto che voleva coltivarli anche con la brutta stagione. Lo stretto sentiero che ci passava in mezzo arrivava dritto al bidone da cui partivano i tubi di irrigazione.
Blaise osservò la ragazza che, senza neanche un tentennamento, camminava in mezzo al blu. Non aveva ancora raggiunto la fine del sentiero che si voltò: il suo sguardo era  strano e, alla luce delle poche lanterne del giardino, lui non riusciva a decifrare la sua espressione. Allungò una mano verso uno dei fiori ma, prima di toccarlo, disse: "Dimmi che non ti ho detto niente".
Come? Blaise fece un passo in avanti e poi un altro. Non si avvicinò al confine dell'aiuola. "Dimmi che ciò che è successo prima che me lo scordassi, non è qualcosa di imbarazzante, triste o penoso che ti ho raccontato su di me o su…" Si interruppe e il ragazzo notò i suoi denti torturare il labbro inferiore.
Doveva tranquillizzarla, e subito. "No" rispose lui, la voce ferma e alta. Lei continuò a mordersi il labbro e alzò su di lui uno sguardo strano: non gli credeva? Cosa avrebbe potuto raccontargli di così brutto? Ora Blaise avrebbe voluto saperlo.
"Sei… sicuro?" La tristezza nella sua voce gli spezzò il petto. Avrebbe mentito se fosse stato il caso. Ma per fortuna non dovette farlo.
"Te lo giuro" disse solamente e poté vedere il sollievo colorarle il viso.
"Me lo giuri sulla nostra finta amicizia?" Sorrise e si girò verso il fiore che stava per toccare.
"Certo" concluse Blaise, ma pensò che lei non lo ascoltasse più. Avvicinò il naso al fiore e inspirò profondamente.
"Hanno un buon profumo, sai?" Ridacchiò e avvicinò le dita ancora un po', ma senza sfiorarlo neanche. Poi, con un gesto fulmineo, diede un colpo al gambo e fece un passo indietro: una pioggia di polvere cadde per terra, ma non la sfiorò.

 

"Non dovevi guardare l'acqua di irrigazione?" le chiese Zabini e Ginny si riscosse.
"Giusto. Mi stavo…" Il suo naso si arricciò, in una smorfia divertita "…scordando".
Prese la bacchetta e si avvicinò al bidone. "Specialis Revelio!" esclamò.
Parole brillanti e in bella grafia salirono verso l'alto come spirali di una pozione in un calderone caldo. Bacche di Vischio, Radice di Valeriana e Acqua di fiume Lete furono le parole che comparvero e sparirono in un soffio. Prima che comparisse l'ultimo ingrediente, Ginny si voltò verso il moro. "Eri bravo in pozioni, Zabini?" gli chiese e lui annuì, ma non in risposta alla sua domanda, stava soltanto seguendo le lettere.
"Pozione scordarella" disse, sospirando.

 

Blaise fece un passo indietro. Qualcuno aveva architettato tutto: i fiori, i vuoti di memoria, la credibilità di sua madre e i suoi dubbi, i galeoni, il furto in casa sua… Gli girò di nuovo la testa, ma questa volta non si sarebbe seduto per terra. Sentì la calma di sempre lasciare il posto all'irritabilità. Un'emozione devastante gli lambì lo stomaco tutto in un colpo, improvvisamente. Lo fece tremare, digrignare i denti e spalancare gli occhi: sentì il tutto salirgli al petto, alla gola, alla mente. Tirò fuori la bacchetta e la puntò contro un ammasso di vasi di terracotta che giacevano in un angolo. "Reducto!" urlò senza riuscire più a contenersi e questi saltarono in aria, facendo un gran casino e rompendosi in mille pezzi quando si fracassarono contro il pavimento. Si girò ancora, come in preda a un incantesimo oscuro, e puntò la bacchetta contro una grossa pianta di limone. Questa esplose e lui gridò ancora più forte dalla rabbia, quando le foglie e i piccoli fiori volteggiarono davanti ai suoi occhi. Con la mano agguantò un rametto sopravvissuto alla sua ira e strinse forte il pugno per demolirlo. Il dolore che sentì quando il legno gli bucò la pelle del palmo servì soltanto ad alimentare il suo voler distruggere tutto.
Rabbia, odio, impotenza, irritazione e acredine gli si annidarono nel petto, alimentandosi ogni volta che la sua bocca urlava un incantesimo. Iniziava a sentire il sudore colargli sul viso, senza che lui potesse fare niente per fermare le gocce che, intrepide, continuavano a solcargli la pelle. Solo più tardi capì che erano lacrime di rabbia. Il suo braccio si muoveva da solo, in un'incredibile autonomia e indipendenza. La voglia di spaccare tutto era forte, decideva per lui e fu solo quando puntò la bacchetta in mezzo ai fiori e vide lei, che si bloccò improvvisamente.

 

Ginny non aveva paura. Sapeva che la calma spesso era solo frutto di tempeste che sarebbero scoppiate. E ora questa era scoppiata. Glielo aveva letto in faccia: la paura di non riuscire a proteggere qualcuno era qualcosa di insidioso che cresceva sotto pelle, nella mente e nel petto. L'impotenza del non poter controllare la situazione ti facevano dubitare di te, del mondo, di chi avevi accanto. E non potersi fidare di nessuno era tremendo, ti lasciava vuoto e secco come una pianta che ti sei scordato di innaffiare.
Ma non aveva paura. Sapeva che lui non ce l'aveva con lei, ma con se stesso, glielo leggeva in faccia, negli occhi, nelle lacrime che gli solcavano il viso. Quando gli oggetti intorno a lei iniziarono a vorticare e frantumarsi si protesse con un incantesimo e aspettò che il tutto, come una tempesta, facesse il suo e passasse.

 

Blaise abbassò lentamente la bacchetta e richiuse la bocca. Ginny scosse la bacchetta e tornò sui suoi passi.
Quando lo raggiunse, il suo viso non tradiva paura o disapprovazione: lei era tranquilla.
"Va meglio?" gli chiese solamente e lui annuì, incapace di dire una parola qualsiasi: non gli piaceva aver avuto quella reazione davanti a lei, ma non era riuscito a controllarsi.
Si girò a guardare dove fosse Kikky e la rossa, vedendo cosa stava facendo, spiegò: "Kikky si è smaterializzata subito".
Blaise annuì ancora e lasciò che lei gli si avvicinasse. "Tu no" disse solamente e lei sorrise di un sorriso triste.
"Io no" confermò. "Immaginavo che la tua calma e la tua compostezza prima o poi potevano scoppiare. Nessuno può essere veramente così".
"Sei rimasta per criticarmi?" chiese ancora.
"Sono rimasta per aiutarti a pulire."
"Pulire?" Blaise si guardò intorno, spalancando gli occhi. Lui non avrebbe pulito! "Non ho…"
"Fidati: se ora pulisci, ti ricorderai di quello che hai fatto e la prossima volta, invece di 'scoppiare' imparerai a lasciare andare le cose un po' per volta."
Lei non disse nient'altro e puntò la bacchetta verso il muro macchiato di terra e dove diversi cocci di vaso si erano conficcati ma poi, prima di esprimere qualsiasi incantesimo, si voltò verso di lui, guardandolo con intenzione.
"Potremmo chiamare Kikky e farlo fare a lei" disse, senza convinzione e avvicinandosi, ormai rassegnato.
"Lei potrebbe farci da mangiare, in verità: io ho saltato la cena" propose la ragazza.
Blaise la osservò ed ebbe quasi l'impressione che lei arrossisse.
"Va bene" acconsentì, avvicinandosi a lei e iniziando a incantare il muro. "Ma facciamo coì: puliamo e dopo andiamo fuori a mangiare".
Mentre faceva roteare la bacchetta, Ginny rise. "Sempre per la nostra finta amicizia?"
"Solo per quella!" Stette al gioco lui.
"Allora dovrò iniziare a chiamarti Blaise?" Fece un altro passo e si allontanò da lui per riparare altri vasi e radunare degli attrezzi.
"Potresti" disse, con finta accondiscendenza, rendendosi conto che per lui lei era già 'Ginny' e non più 'La Weasley'.
Insieme continuarono a pulire.

 

***

 

"Pensavo saremmo andati nel pub dell'altro giorno…" Blaise non capì bene il tono della ragazza. Voleva tornare in quel postaccio? Non andava bene dove l'aveva portata? Osservò l'insegna magica del 'Tasty Magic' un po' perplesso: erano davanti a uno dei ristoranti più famosi e rinomati del mondo magico e lei faceva storie?
"Non va bene, qui?" chiese, abbassando lo sguardo per guardarla.
"Mmm… Sì, sì…" rispose, ma lei non sembrava convinta. E quando mentiva, glielo si leggeva in faccia.
"Non potresti mai giocare a poker, ragazzina. Dove vuoi andare?"
Lei scosse le spalle.

 

Ginny non era il tipo da rifiutare un invito e i posti eleganti non erano un problema, neanche quando era vestita come una magonò e aveva passato l'ultima ora a pulire un giardino dalla terra. Ma il Tasty Magic non le piaceva. Era elegante, tutti ne cantavano le lodi, le ragazze del mondo magico impazzivano quando venivano invitate lì e tutto il resto. Ma a lei non piaceva. Non piaceva perché era un covo di giornalisti e l'ultima volta che c'era stata poi sulla gazzetta del profeta erano apparse troppe foto sue e di Harry con didascalie fraintendibili.
"Da un'altra parte" disse solamente.

 

Blaise annuì e la prese per mano prima di smaterializzarsi. Era parecchio tardi e non era sicuro che ci fosse un altro posto aperto a quell'ora.
"Casa tua?" chiese Ginny, stranita, quando si materializzarono davanti al camino spento. Blaise alzò le spalle.
"È tardi per cenare. Al Tasty Magic avrebbero fatto uno strappo per me, ne sono sicuro perché ci vado spesso, ma non saprei dove altro andare…"

 

Ginny annuì al suo ragionamento: non ci aveva pensato. "Ok, allora torno subito…" disse, guardandosi intorno.
"Dove vai?" Blaise corrugò la fronte, confuso.
"A casa. Mia madre lascia sempre del cibo per chi torna tardi: lo vado a prendere."
E senza lasciargli dire nient'altro, si smaterializzò.

 

*

 

Fu solo dopo tre quarti d'ora che lei si materializzò di nuovo. Ma Blaise non la sentì, perché era nello studio a disegnare, dove si era sistemato subito dopo aver fatto la doccia.
Lei comparve sull'uscio, con in mano una teglia, e bussò alla porta aperta: fu in quel momento che si accorse di lei e la vide. "Ciao" lo salutò quando alzò gli occhi dalla scrivania.
Per poco non rovesciò la boccetta di inchiostro per lo spavento. "Scommetto che pensavi che non sarei più tornata…" Ginny fece un passo verso di lui e Blaise allungò una mano alla bacchetta iniziando a far sparire le pergamene.
"Ancora segreti, Zabini?" lo stuzzicò la ragazza, con un sorriso divertito in viso ma, anche se si avvicinò a lui, non cercò di sbirciare.
"Non dovevamo chiamarci per nome? In nome della nostra falsa amicizia?" le chiese lui, per spostare l'attenzione dalle sue cose.

 

Ginny rise perché aveva capito il suo intento e poi divenne subito seria. La parola 'falsa' non le piaceva. Le dava una brutta sensazione.
"Ma è la stessa cosa di 'finta', che è l'aggettivo che usi tu" la contraddisse il moro, quando glielo disse. Ginny alzò le spalle.
"Se lo dico io so di preciso il significato che voglio dargli" spiegò, ma lui aggrottò ancora la fronte. "Però va bene, ti chiamerò per nome. Vado in cucina a mettere nei piatti questo ben di dio. Se hai fame raggiungimi, Blaisuccio!"

 

Blaise alzò gli occhi al cielo: le ragazze erano difficili e complicate. Con un incantesimo riordinò tutto e la raggiunse in cucina. "Comunque pensavo che non tornassi più davvero…" disse, prendendo posate e piatti.
"Mio fratello si era finito tutto. Mia madre era così dispiaciuta che ha preparato dell'altro con ciò che aveva in dispensa. E nel frattempo mi ha obbligato a farmi la doccia: sapevi che volevi portare al Tasty Magic una ragazza con la terra fra i capelli?" Ginny si passò una mano sui capelli, probabilmente nel punto dove aveva trovato tracce di sporco, e lui non poté fare a meno di notare che erano stati raccolti nel suo modo disordinato e tremendamente sexy. La piuma che lei portava per fermarli gli stuzzicava ancora quella fantasia di sfilargliela per farli cadere. Se fosse stata nuda, poi, sarebbe stato perfetto.
Blaise scosse le spalle e quando lei si girò per allungargli un piatto pieno sentì il suo profumo inconfondibile. Neanche questo aiutava a staccarsi da certi pensieri. "Non ci ho pensato…"
Ginny lo guardò con finta sopresa. "Strano, dopo aver blaterato di vestiti adatti e scarpe adeguate… Forse hai ragione: ti fa male frequentarmi!"
Lui sbuffò dicendo che non aveva mai affermato niente di simile, mentre si sedeva e lei rise ancora mentre si sedeva dall'altra parte del tavolo. Blaise si scoprì affamato e affondò la forchetta in quello che sembrava il più profumato pasticcio di formaggio del mondo.
"Stavo pensando…" iniziò, subito dopo i primi bocconi, lei.
Blaise alzò gli occhi al cielo: non stava zitta neanche mentre mangiava?
Lei rise della sua espressione: probabilmente aveva intuito ciò che pensava. Iniziava a diventare divertente. "Intendevo il problema dei fiori e di Maddie…"
"Ne abbiamo parlato prima quando abbiamo portato a casa mia madre, ricordi?" Lei liquidò la sua frase. Ma era vero, erano andati a prendere sua madre alla Tana, erano tornati a casa e le avevano mostrato il giardino d'inverno: lei non si ricordava nulla. Ma erano arrivati al compromesso che nessuno sarebbe potuto entrare in casa a parte lei e Blaise, così la strega aveva deciso di rimanere lì, sentendosi più tranquilla, e si era ritirata nelle sue stanze con serenità. Blaise era convinto che quell'atteggiamento era dovuto al pomeriggio che la donna aveva passato alla Tana, ma non volle esprimere ad alta voce il suo pensiero. Avrebbe gioito della situazione e basta.

 

"Intendevo…" Ginny allungò una mano per prendere uno dei bicchieri che aveva posato sulla tavola, scoprendo che si era scordata di riempire la caraffa di acqua.
Blaise tirò fuori la bacchetta, la puntò verso il mobile che fungeva da dispensa e appellò una bottiglia di vino. Quando la stappò puntò la bottiglia verso di lei e in una muta domanda le chiese se ne volesse.
Ginny alzò una spalla, annuendo, e allungò il bicchiere verso di lui. Non era abituata al vino, ma stavano mangiando, quindi pensò che non ci sarebbero stati problemi. Lui riempì il suo bicchiere e poi il proprio: non era abituata neanche alla galanteria.
"Dicevo… Potremmo tendere una piccola trappola alla Parkison e scoprire perché…"
"Pensi sia stata Pansy, quindi?" la interruppe il moro.
Beh, e chi altro poteva essere? La Parkinson aveva ordinato agli elfi di cambiare i fiori, quindi sapeva che erano gli agapanti il problema, mentre nessun altro ne era a conoscenza. E chi ne era al corrente doveva essere chi li aveva coltivati nel giardino d'inverno e innaffiati con la pozione scordarella. Era stato premeditato. Era stato fatto per riuscire a spillare a Maddie i galeoni. Spiegò i suoi dubbi al moro, ma lui non disse niente, l'ascoltò e basta. Ginny non seppe dire se fosse perché non le credeva o se stesse veramente riflettendo sulle sue parole.
"E poi: perché annullare il matrimonio dopo così poco tempo? Deve essere successo qualcosa. E perché scomodarsi per farlo annullare e non divorziare e basta? Non ti sembra tutta una faccenda strana?"
"Bisognerebbe scoprire se i problemi che ha sono di natura economica e se mio zio è conoscenza della cosa. Divorziare comporta delle spese e delle colpe, potrebbe macchiare la reputazione, mentre l'annullamento cancella tutto e basta. Comunque è vero, per ora tutto il denaro che lei ha portato nel matrimonio è di suo marito e finché non chiede l'annullamento non rivedrà neanche una falce…"

 

"Davvero? E perché?" La voce della ragazza era stupita e sorpresa. Blaise sospirò.
"Ci atteniamo a una vecchia legge magica sul matrimonio in cui la sposa non può avere proprietà fino a quando non nascer…"
"Ma che stronzata!" esclamò Ginny e questa volta non fece neanche finta di essere scandalizzata di essersi lasciata scappare una parolaccia, cosa che aveva iniziato a fare quando lui si lamentava del suo comportamento. Blaise alzò le spalle: era così e basta, per lui.
"Penso che sia ancora così."
"Ma Bill e Fluer…" iniziò lei, probabilmente il matrimonio di suo fratello era l'unico di cui avesse conoscenze strette.
"Ehi, Weasley, non ho detto che è l'unica legge. Alcuni mariti che ha avuto mia madre, per esempio, non se ne sono avvalsi. Ma molti di noi ancora la seguono."
"Intendi voi snob purosangue? Può essere, Zabini". L'occhiata che gli lanciò era minacciosa, ma lui non riuscì a rimanere serio. L'aveva stuzzicata chiamandola per cognome e lei aveva ricambiato.
La vide fare una smorfia e brontolare mentre spostava il cibo nel piatto. Dal nervoso, sempre borbottando fra sé, prese il bicchiere e lo vuotò tutto di un sorso. Senza neanche pensarci, Blaise glielo riempì di nuovo.
"E se qualcuno non fosse d'accordo?"
"Sono accordi prematrimoniali" spiegò, alzando le spalle: per lui era una cosa semplice.
"A voi maschi va sempre tutto liscio…" brontolò ancora. Ma poi tornò a guardarlo. "Ma tuo zio è d'accordo? E tu, tu sei d'accordo?" Blaise si strinse nelle spalle e lei sbuffò ancora. "Ti meritavi una sorella. Forse saresti stato più evoluto se ti avessero toccato i tuoi, di soldi!"
Blaise rise e questo la fece arrabbiare ancora di più.

 

Ginny brontolò ancora, ma poi tornò sull'argomento principale. "Comunque bisogna tenerla d'occhio. Io domani pomeriggio ho un impegno, dovresti proprio pensarci tu…"
"Dove vai, domani?" le chiese Blaise, stranito.
Come? "Ma a te cosa interessa?" domandò in risposta lei.
"Dai, dimmelo" la stuzzicò, con uno sguardo sornione. "Vai in Romania? A vedere se il letto di Potter può essere scaldato?"
"Sei un idiota. Ma lo sapevo già."
"Dai…"

 

Blaise sperò che il suo tono di voce e il suo sguardo fossero quelli giusti di quando bleffava a poker. Faceva finta che non gli importasse, ma in realtà si sentiva inquieto: lei sarebbe tornata da Potter per scordarsi dei sogni? Per tenere la mente occupata con il sesso? Merlino, il solo pensiero gli faceva stridere i denti.
"Potrei dirti cosa faccio domani solo se mi dici se ti capita spesso quello che è successo nella serra…" La Weasley, perché quando aveva quello sguardo era 'la Weasley', gli ricordò che era cresciuta con sei fratelli e che non le era mai stato regalato niente.
"Potrei stupirti" rispose lui, prendendo il vino e sorseggiandone un po'.
"Fallo: sono qui apposta" disse lei, ammiccando e prendendo il suo bicchiere: di nuovo lo vuotò in un sorso.

 

"L'ultima volta è stato quattro mesi fa" esordì il moro, dopo quello che a Ginny parve un'infinità di tempo. Quattro mesi? Quando diceva che gli era successo quella cosa che lo aveva distratto dal matrimonio di sua cugina? Oh, sembrava interessante. E con chi si era arrabbiato? Con gli elfi che non avevano stirato bene i suoi vestiti? Con il folletto che non gli aveva contato bene i soldi?
Ginny alzò lo sguardo dal piatto con un'espressione vittoriosa e divertita, ma quando notò il viso di lui, si pentì di averlo chiesto: Blaise si pulì la bocca con il tovagliolo che aveva sulle gambe, guardandola fisso come se volesse sfidarla, e lei pensò di avere già perso.
Lui con tutta calma finì di pulirsi, bevve l'ultimo sorso di vino che aveva nel bicchiere, se ne versò ancora e si allungò a riempire anche il suo. Ginny mosse una mano per dirgli che non ne voleva più, ma lui la guardò con uno sguardo intenso e lei non solo si sentì obbligata ad accettare, ma lo bevve quando lui prese in mano il suo.
"Ero fidanzato con una ragazza" iniziò, dopo che si era appena bagnato le labbra e poi la guardò ancora, sfidandola a fare una battuta, ma lei non disse niente. "Ci saremmo dovuti sposare per il mio compleanno. Diceva che sarebbe stata una data perfetta… E io ci avevo anche creduto…"

 

Blaise pensò di aver bevuto un Veritaserum: stava raccontando un particolare intimo della sua vita a una ragazza che praticamente aveva sempre snobbato e ora, solo perché lei gli aveva detto 'parla', non riusciva a stare zitto. "Sono andato in Italia a prendere dei documenti per il matrimonio e volevo farle una sorpresa…" Prese ancora il bicchiere, ma lo guardò a lungo prima di berlo.

 

Merlino, Merlino, Merlino! Ginny quasi si pentì di averglielo chiesto. La sua voce, la sua espressione, il suo sguardo; tutto in lui trasudava sofferenza. Aprì la bocca per dirgli che se voleva avrebbe potuto smettere, ma lui le lanciò un'occhiataccia e lei non disse niente. Chissà, forse aveva proprio bisogno di sfogarsi con qualcuno.

 

La rossa aveva aperto la bocca per interromperlo e lui quasi sbuffò. "Sì, sono nato in Italia, siamo venuti qui quando ero piccolo" precisò.
Dallo sguardo di lei, Blaise capì che non era quello che voleva dirgli, ma poi annuì, appoggiando la forchetta a lato del piatto, così continuò.
"Non ero riuscito a trovare tutto quello che mi… serviva…" Blaise sentì l'imbarazzo crescergli dentro: perché stava raccontando proprio tutto? Non c'era bisogno di farle sapere anche che voleva cercare informazioni sulla famiglia di suo padre, quei parenti di cui non si ricordava e con cui sua madre aveva smesso di avere contatti.  "Ma avevo ottenuto i documenti per il matrimonio un giorno prima del previsto e mi ero fatto dare una passaporta speciale. Pensai di fermarmi in un locale per mangiare, prima di andare da lei, ma…" Fece un'altra pausa.

 

Ginny non riusciva a togliere gli occhi dalle sue labbra. "Andai a lavarmi le mani e sentii, nel bagno accanto, quello delle streghe, dei rumori inequivocabili…"
Santo Godric, sesso nel bagno di un ristorante?" Blaise rise della sua espressione, alzando un sopracciglio.
Stavolta ti ho stupito io, eh?" chiese, con tristezza. Lei gli fece cenno di andare avanti.
"E comunque sì, c'era una coppia che stava facendo sesso in bagno. Quando uscirono io e la mia fidanzata ci trovammo faccia a faccia."
"Porco M…" esclamò, prima di censurarsi da sola. "Mi disp… E poi, che è successo? Hai dato di mat… cioè… è successo lì, nel locale?"
Lui scosse la testa.

 

Blaise bevve ancora un po' di vino. La parte dopo lo faceva sentire uno psicopatico. "No. Ho lasciato che loro tornassero al tavolo e mi sono seduto a quello accanto."
"Per Godric, davvero?" Blaise non la guardò e bevve ancora vino, per poi continuare a osservare il bicchiere.
"Sono rimasto per tutta la cena. Lei continuava a lanciarmi occhiate, ma lui invece era all'oscuro di tutto e molto tranquillo. Si sono fatti una bella cenetta: c'erano le candele sul tavolo e lui ha ordinato anche le ostriche sussurrando a un certo punto che erano afrodisiache…"
Quando la guardò di sottecchi, notò che la rossa lo guardava con uno sguardo strano, sembrava triste ma, almeno, non sembrava compassionevole.
"Alla fine mi sono alzato e ho pagato anche per loro."
"Davvero?!" Lei quasi cadde dalla sedia. Sì, era un idiota, lo sapeva. Alzò le spalle. "Sei un signore, lasciatelo dire!"
Come? Blaise spalancò gli occhi. "In che senso?"
"Avresti dovuto strapparle tutti i…"
"Ginny!" esclamò, interrompendola, pensando che avrebbe detto qualcosa di molto scandaloso, ma allo stesso tempo scoppiò a ridere. "Per Salazar, hai perfettamente ragione: qualsiasi cosa volessi dire, avrei dovuto!"

 

Ginny sorrise di un piccolo sorriso, mentre osservava il suo viso distendersi e rallegrarsi. "No, in verità ho spaccato tutto il mio studio quando sono tornato a casa, poco dopo" ammise il moro.
"Sei controllato anche quando ti arrabbi" concluse lei. "Mi… spiace. Deve essere stato bruttissimo, essere traditi quando si ama…"
"Non ho detto che l'amavo" precisò Blaise.
"Beh, non è che ci si arrabbi così, per niente, di solito."
"Ero arrabbiato perché aveva tradito la mia fiducia, mica perché aveva tradito me."
"Guarda che non succede niente se dici che l'amavi, sai? Non è che ti cade il pisello o qualcosa di simile" ribatté e lui rise ancora. Ma… perché? Era una cosa divertente?
"Ho detto che non l'amavo perché è vero."
"Ma dovevate sposarvi!"
"Non ci si sposa solo per amore, sai?"
"E poi guardi male me quando dico che voglio trovare qualcuno per fare sesso!" sbottò.

 

Blaise versò l'ultimo vino a metà per tutti e due. "In verità ti ho detto che non giudico. Perché è vero. Preferisco di gran lunga una ragazza che mette le cose in chiaro fin da subito, piuttosto che una che giura amore fedele a uno e poi si fa trombare in un bagno da un altro."
La osservò mentre alzava gli occhi al cielo e sorrise della sua finta esasperazione. "Quindi anche se non ci si sposa per amore bisogna essere fedeli?"
Lui annuì, stringendosi nelle spalle. "Fidati: siete strani voi, non noi…" Prese il bicchiere e lo portò alle labbra. "E allora perché volevate sposarvi?"
Blaise sospirò silenziosamente. "Immagino che lei volesse i miei soldi. Io…" Afferrò la bacchetta e appellò un'altra bottiglia di vino.
"E tu che volevi?" Stappò la bottiglia e ne versò ancora.
"Ora me lo chiedo anch'io. Non lo so" mentì. Blaise voleva qualcuno che tenesse a lui. Era difficile da spiegare ad alta voce. Forse era anche stupido o infantile: voleva qualcuno che non lo giudicasse o passasse il tempo a criticarlo per qualcosa che non era, come quando a Hogwarts i ragazzi Serpeverde lo prendevano in giro perché non era nelle sacre ventotto e dicevano che mentiva quando sosteneva di essere purosangue. Voleva così tanto essere accettato anche dalla famiglia di suo padre, che non conosceva, ma da cui non era mai stato accettato. Forse voleva far parte di qualcosa. E iniziare a essere parte di una coppia gli era sembrata una buona idea.

 

Ginny osservò il suo viso pensare. Le aveva detto una bugia, qualcosa lo stava facendo impensierire, o forse lo aveva fatto senza neanche saperlo.
"Come si chiamava?" chiese, invece, come per intuizione.
"Te l'ho detto, Cha…"
"La sua famiglia, intendo. Come faceva di cognome?" insistette lei e lui si bloccò: doveva averci visto giusto. "Fammi indovinare: fa parte delle sacre ventotto?"
Blaise annuì in silenzio, giocando con il gambo del bicchiere.
La ragazza pensò di provare a indovinare, ma non si ricordava chi ne facesse parte. Sicuramente Malfoy c'era, e anche i Parkinson, ma gli altri? Chi erano? Merlino, in quel momento avrebbe voluto averle studiate per bene! Decise di lasciarlo stare e non volle insistere.
"Almeno ti avrà dato una spiegazione per ciò che hai visto" chiese, riprendendo in mano la forchetta e addentando un boccone di pasticcio.
Lui sospirò. "Sì, beh… ha detto che lo aveva conosciuto e che…"
"Si è innamorata?" chiese, cercando di capire, ma lui scosse la testa.
"Non penso, ma immagino che le piacesse andarci a letto comunque. Come ben sai, non è necessario essere coinvolti emotivamente per il sesso!" Ginny sentì l'astio del suo tono in tutte le parole che le rivolse, come se fosse colpa sua, per poi sentirlo sospirare. "Scusami, non dovevo dire…"
Lei sventolò la mano che impugnava la forchetta per dirgli che non se l'era presa.
"Lascia stare. Perché pensi che non ne fosse innamorata? Magari…" tentò di giustificarla.
Blaise alzò un sopracciglio e scosse le spalle. "Forse perché altrimenti avrebbe lasciato me per stare lui?" Oh, giusto. Abbassò lo sguardo verso il piatto. "Comunque non era l'unico. Diciamo che lei non è il tipo che si accontenta. Perché dover scegliere se si può avere tutto?" Ah. Ginny riprese a mangiare. "E tu? Hai mai tradito Potter?"

 

La ragazza alzò su Blaise uno sguardo così triste che lui si pentì di averle fatto quella domanda.
"Io amavo Harry. Gli sono stata accanto quando è caduto in depressione e anche nei momenti più brutti, quando sembrava che non andassimo da nessuna parte. E anche quando lui non aveva neanche più voglia di vivere, mentre era pesantissimo anche solo stargli vicino, io non l'ho mai tradito."
Blaise annuì come se capisse. Come se sapesse perfettamente che lei avrebbe potuto farlo con facilità, perché le occasioni non le erano mancate. E il fatto che non si fosse vantata di ciò, gliela fecero apprezzare ancora di più.

 

"Quand'è il tuo compleanno?" domandò Ginny, quando il silenzio stava per diventare pesante, per cambiare argomento.
"Venerdì" rispose lui.
Come? "Il prossimo venerdì?" esclamò.
Blaise annuì. "Perché?"
"Dovevi sposarti questo venerdì e tu sei lì così… così calmo?"

 

Blaise rise. Lei era istintiva e passionale. Metteva tutta se stessa in quello che faceva e si vedeva. Lei non sarebbe mai stata… calma.
"Cosa devi fare domani, allora?" tornò a chiederle, prendendo la forchetta, ma notando che il piatto era vuoto.
Lei divenne rossa sulle guance: probabilmente doveva andare in Romania davvero. O da uno degli altri. O chissà, forse aveva trovato un nuovo candidato giusto.
"Ecco perché hai detto che chiunque avrebbe potuto far eccitare una ragazza e che poi…" disse lei, come se non avesse sentito la sua domanda.
Blaise però non voleva più sapere niente, il pensiero di quello che le aveva detto e di come le era saltato addosso, ora, erano vergognosi. Si alzò, scontroso, e la interruppe. "Perché non torni a casa?"

 

Ginny alzò un sopracciglio per il cambiamento di argomento. Cosa era successo da fargli mutare così atteggiamento? Era perché avevano detto che non avrebbero più parlato dell'altra notte? Era volubile, il ragazzo. E tanto.
Si alzò anche lei e portò il piatto nel lavandino. "Non fare lo scontroso, Blaisuccio. Ora me ne vado…" Appoggiò il piatto e il bicchiere e gli lanciò un'occhiata sorniona da sotto le ciglia. "Come ti chiamano le tue ragazze quando siete a letto? Bla? Bla Bla?"

 

Blaise non riuscì a non ridere. E lei sorrise sincera. "Comunque domani accompagno Astoria a fare shopping…" gli confidò.
"Astoria?"
"Non si chiama Astoria, la Greengrass?" Il volto della rossa assunse un'espressione allarmata e lui scosse le spalle ridendo.
"Sì, sì, è giusto. Mi sembrava… strano. Tutto qui."
"È strano, effettivamente: non mi piace lo shopping. Ma non sono riuscita a dirle di no…."
"Tu che non riesci in qualcosa? Sicura di essere veramente Ginny Weasley?" la stuzzicò, allungando una mano verso di lei e dandole un buffetto sulla guancia.
"Spiritoso. È solo che le ho detto di stare lontano da Malfoy e ora che mi ha ascoltato, sembra che non abbia nessun appoggio per frequentare qualcun altro, così tocca a me."
Blaise annuì. Anche a lui piaceva il fatto che Astoria non stesse più attaccata al mantello di Draco.
"Le farà bene."
"Sveglierà quel troll di Malfoy."
Non lo guardò mentre lo diceva, ma per Blaise fu come se si fossero scambiati una confidenza intima: lei aveva capito che a Draco piaceva Astoria, fondamentalmente, sotto tutti quegli strati di stronzaggine.
Quando finirono di sparecchiare, lei si mise a lavare i piatti. "Lascia, ora chiamo Kikky e…"
Lei alzò le spalle e scosse la testa. Aprì il rubinetto e insaponò le poche stoviglie, con gesti esperti, senza accorgersene. Capì che non aveva usato la bacchetta apposta, come se fare quel piccolo lavoro manuale la stesse aiutando a pensare. Si guardò intorno e recuperò uno strofinaccio e l'aiutò.
"Blaise…" Il moro si girò mentre finiva l'ultimo pezzo da asciugare e la guardò, stupito che lo avesse chiamato per nome senza prenderlo in giro e con un tono così serio. E intenso. Si immaginò la sua stanza da letto in penombra e lei che si rotolava nuda sotto il piumone.

Merlino, non ci pensare!

 

Quando il ragazzo si girò, con un'espressione stupita in volto, Ginny si morse il labbro. Avrebbe potuto chiederglielo? O sarebbe sembrato strano? Voleva dormire a casa sua. Dormire davvero. Ma sembrava una domanda più indecente che chiedergli di andare a letto insieme.
"Sì?" chiese lui, quando lei non disse altro.
"Ricordati di controllare quello che fa la Parkinson. Buonanotte". E detto questo, si smaterializzò a casa.

-

-

-

***Eccomi! Scusate il ritardo, ma sono stata in vacanza. Buona lettura ragazzi!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Chiacchiere, vestiti e burrobirre ***


Chiacchiere, vestiti e burrobirre

 -

-

"Così, hai visto la piccola Weasley abbastanza spesso, di recente. O sbaglio?"
Blaise fece finta di non aver sentito e Theo, che lo conosceva bene, rise perché aveva capito che lui lo stava facendo apposta. "Dovremmo aspettarci degli annunci importanti?" chiese ancora, mentre osservava con attenzione la vetrina di un negozio di abiti femminili.
Blaise sbuffò. Cosa ci facevano lì? Non erano a Diagon Alley, non era uno dei posti che frequentavano, non c'erano sale da gioco, non c'erano club per maghi.
"Chi altri lo sa?" domandò, invece di rispondere, infilandosi le mani in tasca e sbuffando. Anche se lo sapevano i fratelli di lei, pensava che la notizia non fosse ancora arrivata ai suoi amici.
"Io non l'ho detto a nessuno…"
Il moro annuì: bene. "E come lo hai scoperto?"
"Me lo hai detto tu, adesso."
Cosa? Blaise si girò di colpo verso l'amico che si voltò verso di lui con un piccolo ghigno in viso: Merlino!
"Come hai fatto a capirlo?" Qualcosa doveva comunque averlo tradito e voleva capire cosa.
"L'ho nominata tre volte. Per tre volte ti sei irrigidito e hai cambiato discorso in modo strano. Ma la tua espressione non è mai stata arrabbiata, anzi..." Blaise corrugò la fronte: quelle erano cose che faceva lui, di solito. "Non guardarmi così, me lo hai insegnato tu!"
"Ti ho insegnato cosa?"
"A notare i dettagli."
Blaise non disse più niente e Theo tornò a guardare la vetrina. "Ci sei andato a letto?"
"No" brontolò.
Theo si voltò a guardarlo ancora e gli lanciò un'occhiata obliqua: Blaise sapeva cosa stava pensando, ma lui non era d'accordo. "Potrebbe essere una soluzione per il tuo problema".
"Io non ho problemi" sostenne, anche se la sua voce traballò un pochino. Poi, tentando di cambiare discorso, chiese: "Si può sapere cosa ci facciamo qui?"
"Il tuo problema, uno solo, per fortuna, si chiama Chastity. Finché non riuscirai a lasciarti quella storia alle spalle, non andrai avanti" dichiarò Theo, come se fosse un gran intenditore.
Se il suo problema fosse stata Chastity, lo avrebbe superato tempo prima. E poi, comunque… "Non funziona."

 

"Cosa non funziona?" Theo si voltò di scatto verso l'amico più per il tono che aveva usato che per le parole che aveva detto.
"Il sesso" precisò Blaise, volgendo lo sguardo da lui. Merlino, lo sapeva anche lui che non funzionava! Però aiutava! Il moro dovette capire qualcosa dal suo sguardo, perché continuò. "O per te sta funzionando?"
Theo non rispose e il suo viso si pietrificò. Non voleva rispondere. Lentamente tornò a guardare la vetrina: lei non c'era.
"No, non funziona. Ed è sempre peggio."
"Tu sei innamorato, è diverso" lo sostenne Blaise. Già, bella scusa di merda. "Io non ero innamorato. Volevo solo…"

 

Blaise alzò le spalle e si ritrovò, nel giro di due giorni, a dover spiegare che era stato il suo orgoglio a essere ferito e non il suo cuore. E non sapeva cosa fosse peggio. E ci aveva provato, a usare il sesso, ma non aveva funzionato. Cioè, come aveva detto a Ginny, era come tentare di prendere un Drago con un retino per farfalle: non bastava.
"La Weasley" disse ancora Theo. Sì, aveva capito.
"Ti ho detto che non…"
"È qui" precisò il moro, indicando con il dito il vetro.
"Dentro?" Stupore e sorpresa, per non parlare di una buona dose di eccitazione, sollevarono Blaise da quello stato pensieroso: lei era dentro a un negozio di abiti da cerimonia? E che doveva fare? Sposarsi?

 

*

 

Il pizzetto di Blaise le solleticava il viso e lei iniziava a trovare la cosa piuttosto eccitante. Gli portò le mani fra i capelli e gli passò i polpastrelli sulla cute: lui gemette e Ginny si sentì potente. Quando le sue mani si posarono sulla schiena e la strinsero a lui, sentì il suo corpo rispondere al calore di quello del moro.
Parole incomprensibili le uscirono dalle labbra, nei pochi momenti in cui riprendevano fiato, sentendo un brivido scorrere fino al grembo.
La bocca di lui scivolò via da lei, percorrendo prima la linea del collo, giocando con la sua pelle, leccando e mordendo, per poi scendere ancora.
Le sue dita stringevano ancora i capelli di Blaise e lei lo guidò delicatamente verso il suo seno, mentre sospirava d'urgenza.
Blaise, con un ghigno che le diede un brivido, la spinse delicatamente e lei si ritrovò sdraiata sul tappeto dello studio in casa di Maddie. Lo tirò verso di sé e lui si stese appoggiandosi sui gomiti, mentre i loro bacini si incastravano e i suoi occhi scuri la guardavano pieni di desiderio. Poteva sentire il calore del suo corpo attraverso i vestiti. Ma perché avevano ancora i vestiti? "Ti voglio dentro di me" disse, posandogli le mani sulle guance, accarezzandogli la barba prima di baciargli le labbra. La sua bocca famelica le fece capire che la cosa era reciproca. Ma allora cosa stava aspettando?
Il ragazzo le spostò una ciocca di capelli dalla fronte in un gesto delicato e lei sentì il petto vibrare: era così intimo. Quando aprì la bocca per parlare, però, la sua voce fu orrenda. E femminile. "Ti sto annoiando?"
Come? Spalancò gli occhi.

 

Ginny aveva appoggiato la guancia sulla mano e chiuso gli occhi solo per due secondi. Solo due, ne era sicura.
"Ti sto annoiando?" La voce di Astoria, questa volta divertita, la svegliò del tutto. Ginny si guardò intorno, dispiaciuta di non essere su un tappeto morbido a baciare le labbra di Blaise.
"No, certo che no…" rispose meccanicamente, come quando quella domanda gliela faceva Hermione mentre studiavano in biblioteca a Hogwarts.
Merlino, era un sogno!
La biondina sorrise, materna: quella ragazzina sembrava un'ingenua, ma in verità era molto in gamba.
"È solo che scegliere vestiti non è proprio il mio passatempo preferito" ammise lei, cercando di mettersi dritta su quella poltrona sofficissima. Ma perché le facevano così comode che poi uno ci si addormentava su? "Avrei preferito una burrobirra al pub in fondo alla strada…"
"Tu hai già un vestito?" le chiese, allora, innocentemente, la piccola Greengrass.
"Un vestito per cosa?" rispose, corrugando la fronte: Ginny aveva una manciata di abiti, presi con l'aiuto di sua cognata e Hermione, con cui andava ai balli del Ministero. Loro le dicevano cosa mettere e lei le ascoltava. Non le piacevano molto i vestiti (e le scarpe con il tacco!) ma ne aveva qualcuno giusto per le occasioni importanti. Non disse che cercava di evitare le 'occasioni importanti' da quando aveva lasciato Harry, visto che tutti la fermavano per parlare di lui che, essendo lontano, non poteva soddisfare le loro curiosità.
"Per la serata di beneficenza del
Magical Children!" esclamò la ragazza, stranita dal fatto che potesse essersi scordata un evento così importante, probabilmente.
L'organizzazione sportiva che si occupava del campionato di Quidditch nazionale aveva aderito anni prima a organizzare una cena di beneficienza con tanto di asta benefica del materiale delle varie squadre a favore dell'associazione che si occupava dei bambini. E ora si ripeteva tutti gli anni.
Ginny sospirò. "Oh, non penso di andarci" ammise.
Astoria si sedette sul bracciolo della poltrona e con fare materno le prese una mano. "Deve essere difficile per te, scusa se non ci ho pensato… È per via di Potter? Perché lui non ci sarà?"
Come? Ginny spalancò gli occhi, sorpresa. Cosa stava dicendo? "Ma no! Cioè, sì, anche. Ma soprattutto perché più che un evento benefico è un grande palco dove si viene esibiti e a me non piace per niente…"
Astoria continuò a guardarla con tenerezza e a Ginny iniziò un po' a dare fastidio. "Scommetto che Richard sarebbe onorato di venire con te. Ieri sera diceva che…"
"Ieri sera? E dove lo hai visto?"
"Oh, io e Rudy siamo usciti insieme a lui e…"
"Non starai correndo un po' troppo con Fastball, Greengrass?" le chiese subito, interrompendola e cercando di cambiare argomento.
Il sorriso che illuminò il viso della biondina avrebbe potuto rischiarare una notte di luna nuova. "No. Ci stiamo conoscendo. E per la prima volta, fare qualcosa da sola, senza mia sorella e la sua compagnia, mi fa stare bene".
Ginny annuì: lei sembrava convinta e in fin dei conti era merito (o colpa?) sua se aveva conosciuto Fastball.
"Stai attenta, però".
"È una vita che sto attenta, Weasley…" Il suo tono di voce era quasi triste e Ginny ebbe un po' di simpatia per lei.
"Perfetto. Allora, chiamami Ginny e cerchiamo un vestito più scollato di questo, così il tuo Rudy dovrà lottare contro i pantaloni oltre che contro gli avversari!" Astoria rise e si guardò il vestito.
"Sì, hai ragione: sembro un'educanda… E io ho altre intenzioni per la serata…". Il suo viso si dipinse di un sorriso birichino e Ginny spalancò gli occhi.
"Oh!"
"Pensavi fossi una stupida che si immola al primo biondo che incontra e aspetta che lui si accorga di lei, eh?"
"Cosa? No, no… Beh, sì lo avevo pensato…" ammise la rossa, sincera. Quella ragazza le stava piacendo. Molto.

 

Astoria sapeva benissimo quello che la gente pensava di lei. Non aveva mai nascosto il suo amore per Draco, ma non per questo la sua vita si era fermata.
"Lo pensano tutti, immagino. Deve essere perché quando c'è lui io…"
"Tu diventi molto protettiva" concluse per lei Ginny Weasley, probabilmente aveva dosato le parole per non essere offensiva e Astoria l'apprezzò un po' di più. Annuì. " E pensano sia una tua debolezza…" Ancora si mosse per affermare la cosa.
Per la prima volta, si trovò a dare spiegazioni. Cioè, per la prima volta aveva trovato qualcuno che l'ascoltasse. "Io penso che amerò sempre Draco. E so che non è detto che staremo insieme, che formeremo una famiglia e tutto il resto. Non ho intenzione di stare qui ad aspettare che lui si accorga di me. Se non mi vuole, che sia così. Ma quando ha bisogno, io ci sono".
"Lui ha bisogno?"
Astoria si trovò a raccontare brevemente del periodo subito dopo la guerra, quando il mondo magico era in festa per la caduta dei mangiamorte, e Draco era devastato, la sua famiglia sfasciata e tutto il resto. Draco si materializzava a casa sua, in camera, e passavano la notte insieme. Le prime volte lui non diceva niente e lei lo teneva abbracciato e basta, poi, giorno dopo giorno, avevano iniziato a parlare e spesso si era trovata anche lei a confidarsi.
"E non avete mai fatto…"
"No" rispose, prima che lei finisse la domanda. Ciò che c'era fra lei e Draco era molto più intimo del sesso. Il suo amore per lui era nato quando lei era ancora innocente e sarebbe durato per sempre, così, un amore effimero, senza che sfociasse per forza in qualcosa di più. Chissà se lei poteva capirlo. Probabilmente sì, era la persona che poteva capirla più di tutte: tutta Hogwarts sapeva che lei si era innamorata di Potter a prima vista e che lo era rimasta anche dopo. Beh, forse adesso non lo era più.
"Siete amici, dici… Non avete mai fatto sesso e non ti importa se lui ci prova con le altre… Non sarebbe il caso di chiarire la questione fra voi? Magari se lui lo sapesse tu potresti…" Ginny si bloccò quando una strega passò loro vicino e Astoria notò un po' di apprensione sul suo viso.
"Beh, immagino che lui abbia capito quello che provo… Ma non ho intenzione di morire per lui, se è questo che ti preoccupa. E l'ho proprio imparato da te" confessò.

 

"Da me?" Ginny si alzò in piedi, stranita.
Ascoltò Astoria che le spiegava di aver sentito lei e Hermione parlare dei suoi sentimenti per Harry al suo quarto anno e di come l'amica le avesse consigliato di essere più se stessa e di vivere la sua vita. E di come l'aveva vista mentre iniziava a crearsi una sua vita fatta di amici, fidanzati, Quidditch e tutto il resto. Oh, era vero: Hermione era sempre una grande, aveva salvato più di una vita di adolescenti innamorate, il merito era soprattutto suo.
Ginny annuì e si risedette per ascoltare. Era così stranita nell'ascoltare le storie della ex Serpeverde, convinta che loro fossero così diversi dagli altri, per poi scoprire che invece l'anima ha gli stessi bisogni anche se appartiene a persone diverse.
Il biondo l'aveva consolata quando l'anno prima era morta sua nonna: loro parlavano e Ginny, da Malfoy, non se lo era proprio aspettato. Trovavano conforto una fra le braccia dell'altro. Ma allora perché non stavano insieme? Se lui era a conoscenza di quello che Astoria provava, perché non si erano messi insieme?
"Lui non me l'ha mai proposto. Non ha mai detto che mi vuole…" Astoria si interruppe e si morse il labbro. Ginny non seppe bene cosa fare, ma le prese un braccio e la strinse. Però era strano, a lei era sembrato che Malfoy fosse interessato, a dir la verità.
Ma non lo disse e la bionda continuò a parlare. "Sai, mi sono confidata con Pansy e anche lei…" Ginny drizzò le orecchie: la Parkinson! Non aveva pensato di prendere informazioni sulla ragazza, ma poteva essere una buona idea. Beh, poteva esserlo se non si fosse persa il resto della frase.
"Che ti ha detto la Parkinson?"
"Di andare avanti e di non smettere di vivere."
Oh. Non lo avrebbe mai detto. Pensò a come far cadere il discorso sulla ex Serpeverde, quando la ragazza sospirò forte e lei si bloccò.
"Ma ora…" iniziò, ma Astoria si alzò e Ginny decise di provarci in un altro momento.
"Beh, almeno ora esci con Fastball. Com'è? Sembra carino.." Ginny non disse che a confronto con Malfoy sembrava una tartina alla frutta contro una mela ammaccata caduta dalla pianta.
"Rudolph sa che sono complicata. Gliel'ho detto. Ma abbiamo deciso che vediamo come va. Chi lo sa, magari è la volta buona oppure…."
"Oppure speriamo che sia almeno bravo a letto!"
Astoria divenne rossa sulle guance e si guardò intorno. "Ehi, non gridare! Sì, è quello che avevo in mente, ma non c'è bisogno di farlo sapere a tutti…"
Ginny rise e sventolò una mano per liquidare la cosa. A lei non interessava cosa pensassero gli altri. Almeno finché non iniziavano a comparire titoli di giornali falsi.
Astoria si alzò dalla poltrona e tornò verso gli attaccapanni dove erano esposti gli abiti, per scegliere un vestito più scollato.

 

Venti minuti dopo, le ragazze uscirono dal negozio e Astoria reggeva una borsa con un abito, un paio di scarpe, delle calze di seta fine, un completo intimo e delle giarrettiere. Ginny aveva guardato il tutto con un certo distacco, mentre la ragazza, evidentemente abituata al lusso e a non battere ciglio sui prezzi, pagava gli acquisti.
"Ci fermiamo per la burrobirra? Che dici, me la merito?" Ginny ammiccò.
"Sì, così vediamo se riesco a convincerti a venire alla cena di beneficenza…"
Ginny sbuffò. "Ti ho detto che non verrò. Di' a Richard di invitare qualcun'altra."
Astoria storse il naso e la bocca. "Però una volta potremmo uscire noi quattro, senza il galà di beneficenza. Lui sembra davvero interessato a te, sai? Cos'ha che non va?"
"Non ha niente che non va. È perfetto, Astoria, è perfetto."
"Ed è un male?" Ginny vedeva perfettamente che la bionda non capiva.
"Troppo gentile, troppo accondiscendente, mi dà sempre ragione… È perfetto, ma…"
"Santo Salazar, ma è noioso!" Astoria scoppiò a ridere.
"Già. E poi è troppo simile a Harry… ho bisogno di altro, ora" disse ancora, e per chiudere la questione le fece l'occhiolino e cercò di buttarla su argomenti che magari lei non avrebbe affrontato in mezzo alla strada.
"Oh…" La bocca di Astoria si fece tonda e Ginny ne approfittò per incamminarsi verso il pub: non aveva declinato la burrobirra, giusto? "Intendi…" La ragazza si fece pensierosa e Ginny continuò a guardarla mentre camminavano, più per infastidirla e impedirle di andare avanti con il discorso, che per altro. "Se intendi ciò che ho capito io, so io chi potrebbe…" La voce di Astoria era così bassa che Ginny dovette fermarsi per avvicinarsi a lei. Merlino, era anche più alta e dovette allungarsi per sentire cosa volesse dire. "Sì, se vuoi fare…"
"Sesso" la interruppe e Astoria annuì.
"Conosco chi…" iniziò ancora, ma poi il suo sguardo si alzò e guardò qualcosa dietro alle sue spalle.
Conosceva qualcuno che faceva sesso a pagamento o qualcuno che volesse farlo con lei? Cosa stava per dire? Ginny stava morendo di curiosità. "Chi?" chiese: quella ragazza era piena di sorprese.
"Blaise!" esclamò e la rossa spalancò gli occhi. Chi? "Theo! Cosa fate qui?" Ginny capì che non stava più parlando con lei e si girò, notando i due ex Serpeverde.

 

Blaise aveva visto le ragazze mentre uscivano dal negozio, subito dopo che Theo gliele aveva indicate. Parlottavano vicine e la bionda aveva una grossa borsa di acquisti, mentre la ex Grifondoro non aveva niente. Ah, ecco.
La prima a vederli fu Astoria, che li chiamò a gran voce, facendo girare la rossa verso di loro. "Ragazzi! Cosa fate qui?" chiese, sorridendo, la sorella di Daphne.
"Niente."
"Theo cercava una ragazza" disse invece lui, ignorando l'occhiata omicida che gli lanciò l'amico, prima di tornare a sorridere canzonatorio e rivolgersi alle ragazze.

 

Ginny inclinò la testa quando vide lo sguardo che i ragazzi si scambiarono, ma poi Nott si dedicò ad Astoria, facendole un po' di moine e prendendola sottobraccio.
"Chi stavi cercando, Theo?" chiese, con quel suo tono innocente e gentile.
"Ma stavo cercando te, mia bellissima Astoria!" le aveva risposto lui, infilando la mano all'interno del gomito e stringendola a sé senza esagerare. "Dove stavate andando?" chiese ancora, prima che la bionda potesse ribattere qualsiasi cosa sulla sua frase stucchevole.
"Ho promesso a Ginny una burrobirra, perché è stata così carina da aiutarmi a scegliere un vestito, nonostante si annoiasse a morte."
"Burrobirra? Interessante, vi accompagniamo."
"Ma…" Ginny si voltò verso Blaise che stava corrugando la fronte e stringeva gli occhi: probabilmente gli stava guastando i piani.
I due ragazzi si allontanarono in direzione del pub e Ginny rimase dietro con il moro che sospirò e poi allungò una mano a indicare la strada, come per un invito.
Si incamminarono insieme anche loro, ma senza toccarsi.

 

Mi hai baciato. Mi hai baciato tu.
Il pensiero di confessarglielo non riusciva ad abbandonare la sua mente. Ma poi, Blaise non glielo disse.
"Non dovevi tener d'occhio la Parkinson?" domandò. "Che ci fai qui?"
"Pansy oggi è in visita in Cornovaglia a dei parenti di suo padre. Tornerà stasera dopo cena" spiegò e lei annuì, ma arricciò le labbra.
"E Maddie come sta? Sei andato da lei, oggi?" gli chiese ancora, senza alzare troppo la voce e Blaise apprezzò il gesto.
"Sono andato a trovarla stamattina, ma si è lamentata di me tutto il tempo, dicendo che stavo sempre in mezzo ai piedi e che criticavo quello che faceva, così sono venuto via."
Lei rise e Blaise dovette spostare lo sguardo dal suo viso. "Scommetto che è vero: hai passato il tempo a dirle cosa fare e come, eh?" Blaise si stranì al pensiero che avesse ragione e, suo malgrado, dovette ammetterlo, così annuì mettendosi le mani in tasca. "Lo so che lo fai a fin di bene, dai" gli disse, posandogli una mano sul braccio e lui si sentì quasi imbarazzato dalla cosa, come se avesse dodici anni. "Ma effettivamente sei proprio pesante quando lo fai!" concluse, dandogli una pacca forte sotto la spalla, ridendo di lui.

 

Ginny si era sentita accaldata quando gli aveva appoggiato le dita sul braccio e aveva deciso subito di trasformare quel gesto in qualcos'altro, nel timore di fare qualcosa che non sarebbe andato bene per quel momento lì.
Si sentiva strana quando era in sua presenza, ma non riusciva a spiegarsi il perché. Era come se dovesse capire bene come stavano le cose e non le era mai successo. Lei non doveva mai ragionare troppo, su niente. E di solito non lo faceva. Ma quando era con quel ragazzo, era diverso.
Senza aggiungere altro si voltò e allungò il passo verso la coppietta che li precedeva, continuando a parlare con il moro, ma senza stargli troppo vicino.
Quando entrarono nel locale, Nott li condusse direttamente a un tavolo in fondo e le invitò ad accomodarsi. Lei e Astoria si sedettero e i ragazzi dissero che sarebbero andati a ordinare al bancone.

 

"Per me un tè nero pomeridiano, allora. Con latte e zucchero" disse la bionda, girandosi poi verso la sua accompagnatrice. "Ma Ginny penso che preferisca una burrobirra, giusto?"
La ex Grifondoro annuì. "Sì, per l'amor di Merlino, se sento ancora qualcuno nominare una delle mille sfumature del bianco e come si usa, penso che vomiterò…"
Blaise rise e alzò allo stesso tempo gli occhi al soffitto. "Immagino. Ci vuoi lo sciroppo di ciliegia?" domandò, incurante delle due occhiate che ricevette dagli amici.
La ragazza annuì ancora, senza essere sorpresa del fatto che lui se lo ricordasse e con noncuranza si chinò verso Astoria dicendole qualcosa che fece ridere la più giovane.
I due amici si diressero al bancone e per tutto il tragitto Blaise riuscì a fingere di non notare lo sguardo incuriosito di Theo.
"Non pensavo che foste così intimi" esordì l'amico come posò le mani sul pianale di legno e lui stava aspettando proprio il momento in cui avrebbe detto qualcosa.
"Infatti non lo siamo. Ti ho detto poco fa che non andiamo a letto insieme" quasi si giustificò.
"Guarda che ho capito. L'intimità è una cosa diversa dal sesso" precisò Theo, alzando un dito per chiamare il barista.
Come? Blaise aggrottò la fronte mentre l'amico faceva le ordinazioni: il tè per Astoria e altre tre burrobirre. "Che cosa ci vuole dentro, la tua ragazza?" chiese, girandosi verso di lui.
"Sciroppo di ciliegia" spiegò al barista e il mago annuì, dicendo che avrebbe portato lui al tavolo le ordinazioni, per poi sparire nel retro. I due ragazzi tornarono verso il fondo del locale.
"Non mi hai corretto."
"Sei un idiota, era fiato sprecato" constatò, ma sapeva che aveva ragione: non aveva precisato che Ginny non era la sua ragazza. Theo rise.

 

Quando tornarono al tavolo, le due ragazze parlottavano ancora. Le due teste vicine, i visi rilassati, Theo notò anche Astoria sorridere: di sicuro stare un po' lontano dalla sorella le faceva bene. O forse era proprio la Weasley.
"…sì, anche Pansy l'ha detto…" Quando sentì quella frase, il ragazzo drizzò le orecchie.
"Cosa ha detto Pansy?" chiese, con tono neutrale.
"È un segreto, Nott. Se te lo rivelassimo, poi dovremmo ucciderti" scherzò la rossa, ammiccando nella sua direzione. Prese la battuta per quello che era e fece un sorriso tirato.

 

"No, dai, scherzavo. Sembra che sia stata molto disponibile con Astoria, tutto qui. Non che io la conosca bene…" Ginny sperò che la sua frase non fosse troppo mielensa e che spronasse anche il moro a darle la sua opinione sulla Parkinson, perché era vero: lei non la conosceva per niente, praticamente. E doveva farsi un'idea per la questione dei fiori e della memoria di Maddie.
"Pansy è una bacchettona. Sempre lì a dire che siamo tutti stupidi e sbagliamo qualcosa. Per fortuna si è sposata e non si è più fatta vedere. Sai com'è, quando sposi l'unico nipote di Ollivander…" La voce del ragazzo era pregna di qualcosa a cui Ginny non riuscì a dare un nome, forse invidia, stizza o addirittura rabbia. Ma l'unica domanda che fece fu: "Ollivander quello delle bacchette?"
"Già. Un tipo nobile. Sai com'è, non uno come noi…" precisò ancora. Oh, anche fra i Serpeverde purosangue c'era una gerarchia di nobiltà? Interessante. E la Parkinson un po' la puzza sotto al naso ce l'aveva già a scuola.
"Stanno arrivando le nostre ordinazioni!" disse Astoria quando nessuno parlò per qualche istante e il silenzio si era riempito di imbarazzo.

 

Blaise avvicinò la sedia a quella della ragazza cercando di spiegarle: "Non nominare Pansy: lei e Theo hanno avuto dei trascorsi e non si sono lasciati bene…"
La bocca della rossa disegnò un cerchio e poi annuì, ma il ragazzo fece fatica a staccare gli occhi dalle sue labbra e ci riuscì solo quando lei prese il bicchiere per bere.
"Ehi, non facciamo un brindisi?" propose subito Theo, tornato al solito ciarlare superficiale.
"E cosa dovremmo festeggiare?" gli chiese la rossa, fermandosi dal bere il primo sorso.
"Oh, lo so io, ma io posso brindare solo con il tè…" Astoria si versò un po' di liquido ambrato nella tazza e dosò latte e zucchero, prima di afferrare il manico e alzarla verso il centro del tavolo. "A Ginny. Che è gentile, simpatica e mi ha accompagnato anche se si è così annoiata da addormentarsi in poltrona al Lady's Witch!" E tutti fecero tintinnare i bicchieri.
"Ti sei addormentata dentro al negozio?" domandò Blaise a bruciapelo e Ginny annaspò prima di rispondere, perché sapeva cosa le volesse chiedere con quella frase.
"Anche a me succede, Weasley, sono dannatamente comode quelle poltrone. Ci faccio di quelle dormite…" Theo stava sdrammatizzando nel suo solito modo di fare e Astoria ridacchiò e spalancò la bocca, facendogli un sacco di domande su quando fosse successo.
Mentre i due chiacchieravano, Blaise si sporse ancora verso la rossa. "Non va bene" disse solamente e lei non negò.
"Lo so, Zabini" rispose, un po' sostenuta, ma lui sentì della stanchezza anche nella sua voce, così cercò di non infierire.
"E dovevamo chiamarci per nome. O sbaglio?"
"Ti chiamerò Blaise solo quando smetterai di sgridarmi…" brontolò simpaticamente lei.
"Così non capiterà mai, Weasley!" la prese in giro e Ginny non riuscì a trattenere una risata.
"Hai ragione, dovrò abituarmi…" Nonostante tutto, la ragazza prese ancora il bicchiere e lo fece toccare contro il suo, prima di bere ancora. "Ci vediamo stasera?" gli chiese subito dopo, ma senza alzare la voce.
Blaise rimase stranito dalla sua domanda. Perché avrebbero dovuto vedersi? Non avevano nessun motivo. Beh nessuna scusa per via di sua madre, ma qualche motivo lui era sicuro di riuscire a trovarlo. Ma il viso della ragazza era davvero stanco e lui, guardandola, non riusciva a capire se fosse una domanda dovuta o interessata.

 

Theo aveva sentito la domanda della Weasley, così aveva studiato il viso dell'amico: gli avrebbe fatto bene uscire con lei. Vederla o fare quello che diceva che non facevano quando stavano insieme. Ma sapeva che lui non si sarebbe lasciato andare facilmente. O sì? La piccola rossa aveva il potere di smuovere la rigidità del suo amico? Provò ancora a osservarlo ma non capì bene cosa gli passasse per la testa: era dannatamente bravo a nascondere qualunque cosa a chiunque. Sorrise della situazione: lei forse era quella giusta. E Theo sapeva bene che mille ragazze non valevano un decimo di quella giusta.

 

"Stasera…"iniziò il moro dinoccolato, ma subito Astoria lo riportò all'ordine.
"Guarda che stasera c'è la festa a sorpresa per il compleanno di Millicent. Non farete come l'anno scorso che siete venuti per mezzora e poi ve la siete filata…"
"Millicent? Stasera?" Astoria vide lo sguardo spaesato di Blaise e sbuffò: facevano sempre così.
"Siete sempre i soliti! Fate finta di dimenticarvi e poi Millie ci rimane male… L'ultima volta pensava che foste arrabbiati con lei!"
"Ma no, non siamo mica arrabbiati, solo…" Theo fece uno dei suoi soliti sorrisini prima di finire la frase e Astoria scosse ancora la testa.
"Non vi interessa niente di lei! Dovremmo essere tutti amici, Porco Merlino!"
Se c'era una cosa che la bionda non sopportava era quando le persone snobbavano Millie: lei sapeva che in verità era dolce e carina, anche se subito sembrava che avesse un carattere un po' scontroso. In verità lei pensava che si meritasse l'amicizia degli altri molto più di Daphne, ma non lo avrebbe mai detto ad alta voce.

 

"Non fatemi arrabbiare Astoria, che poi dice parolacce!" Ginny si stupì dell'agitazione dell'amica e sorrise divertita, mettendole un braccio sulle spalle.
"È solo che mi fa innervosire quando fanno così solo perché Millie non è…" Astoria si impappinò, e Ginny immaginò che non volesse dire niente di negativo sull'amica. Nonostante la Bulstrode non le fosse molto simpatica, apprezzò così tanto la lealtà della bionda che tentò di darle man forte.
"Non potete proprio mancare, allora" disse con convinzione, guardando i due ragazzi distrattamente.

 

"Potresti venire anche tu, Weasley, visto che ci tieni così tanto…" la stuzzicò il moro, sorridendole con intenzione e Blaise fu infastidito sia dal suo atteggiamento sia dall'occhiata che si scambiò con la ragazza.
"In verità, Nott, penso che andrò a cena da mio fratello…" rispose lei con nonchalance e Blaise ebbe il dubbio che prima la sua domanda fosse stata fatta per questo e non per il fatto che avrebbe voluto vedere lui. Si passò una mano sulla barba inconsapevolmente, lasciando andare i pensieri e senza seguire più la conversazione.

 

Ginny non aveva nessuna intenzione di andare alla festa di compleanno della Bulstrode e, da quel poco che ricordava di lei e dallo sguardo che le aveva lanciato alla festa del Ministero, era sicura che neanche alla ex Serpeverde sarebbe piaciuta la cosa. Così tirò fuori l'invito di Charlie e si divertì un mondo a ribattere con Nott che doveva aver capito che era una scusa e andò avanti un po' prima di abbandonare la discussione.
Lanciò due o tre volte qualche occhiata a Blaise, ma lui sembrava che pensasse ad altro e non le chiese di andare con loro neanche una volta.

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Strascichi ***


Strascichi

 -

Blaise sospirò: la festa a sorpresa di Millicent, organizzata da Astoria e Daphne, era, fondamentalmente, una cosa carina, ma lui continuava a pensare alla rossa.
"Allora, Astoria cronometrerà il tempo che passiamo qui, immagino, quindi prima di un'ora e mezza non potremo andarcene…" Theo si materializzò al suo fianco come se avesse davvero usato la magia.
"E dove dovremmo andare?" gli chiese Blaise.
"A casa di Montague c'è una serata poker. Ma probabilmente ci sarà Goyle…" Draco apparve al lato destro di Blaise, anche lui con un bicchiere in mano.
"Goyle?"
Draco annuì alla muta domanda di Theo. "Sì. È a casa per un po', poi tornerà in America. L'ho visto oggi pomeriggio e mi ha detto che deve sostenere un esame di incantesimi antichi…"
Goyle, dopo la battaglia di maggio, quando aveva rischiato la vita nella stanza delle cose nascoste, aveva deciso di andarsene dal Regno Unito. Aveva raggiunto una cugina che abitava in America del Nord e si era trasferito iniziando a frequentare anche l'accademia. Non era comunque diventato una cima, ma stare lontano da Draco lo aveva aiutato a migliorare. E Draco se ne rendeva conto perfettamente, così cercava di evitarlo quando erano insieme agli altri e di lasciargli il suo spazio.
"Posso scrivere a Hermes e organizzare qualcosa…" propose Theo e gli altri si girarono verso di lui, annuendo.
"Un'ora e mezzo, dicevi?"
"Forse anche un'ora e un quarto."
Blaise guardò l'orologio. "Da quanto siamo qui?"
"Una vita…" rispose Draco, sorseggiando un liquido ambrato dal bicchiere rotondo. "Certo che poteva venire anche Pansy…" Blaise sapeva che Draco non era a conoscenza della situazione fra Theo e sua cugina, così non disse niente.
"Sarà impegnata con suo marito…" Il tono del moro era infastidito e stizzito, ma Draco non se ne sarebbe accorto neanche se Theo avesse detto chiaro e tondo cosa pensasse di Oscar Ollivander. Blaise non gli disse che lei aveva problemi con il marito e che il suo matrimonio sarebbe stato annullato.
Quando Millicent scartò un pacchetto e tutte le ragazze ridacchiarono i tre sbuffarono per l'ennesima volta.
"Ma se ne accorgeranno davvero se sparissimo adesso?"
"Forse se ci assentiamo per un'oretta e poi torniamo non se ne accorgerà nessuno…" propose ancora Theo.
Blaise annuì: si poteva provare. Tanto li avrebbero sgridati comunque per non aver partecipato attivamente alla festa, tanto valeva essere rimproverati per qualcosa di serio.
Si smaterializzarono tutti e tre nello stesso momento senza neanche mettersi d'accordo.

 

***

"Ginny… mi dispiace, io non…"
"Harry, non è colpa tua…"
"Non era mai successo e oggi…"
Ginny sbuffò. Questa cosa che Harry era sempre convinto che fosse colpa sua, iniziava a infastidirla. Dover consolare qualcuno richiedeva troppe energie e lei si sentiva troppo stanca anche per alzare gli occhi al cielo. "Non funziona più" concluse lei e lui annuì.

 

*

 

La lingua di fuoco verde si muoveva lenta e sinuosa verso di lei, ma non fece niente. La guardò arrivare e non riuscì neanche a muovere la bacchetta. Poco prima che il lampo la colpisse si svegliò di soprassalto, urlando come se l'avesse colpita una Cruciatus.

 

Ginny spalancò gli occhi e si passò una mano fra i capelli, prima di guardarsi intorno. Harry allungò una mano verso il comodino e si infilò gli occhiali. "Ora gli incubi ce li hai tu…" disse solamente e lei poté solamente annuire. "Vorrei poterti aiutare e invece non riesco neanche più a…"
Ginny si voltò verso di lui, inginocchiandosi sul letto e quasi stupendosi di trovarsi vestita: si ricordò cos'era successo prima che si addormentasse.
"Non è colpa tua, Harry, al massimo dovrei scusarmi io."
"Perché?"
"Perché ti sto dicendo che è finita definitivamente e che non tornerò più per…" Ginny indicò il letto. "Per questo".
Harry annuì. "Lo avevo immaginato. Ma tornerai qualche volta? Da… amici? Non voglio perdere…"
"Beh, a dir la verità, potresti venire in Inghilterra anche tu, sai?" Ginny pensò anche a suo fratello.
"È difficile per me…"
"È difficile anche per chi è rimasto a casa. Ron pensa che tu lo abbia abbandonato!"
La faccia stupita di Harry era troppo innocente perché stesse fingendo. "Non ho abbandonato Ron!"
Ginny sospirò e, per la prima volta dalla depressione di Harry, parlò un po' troppo francamente. "Tu hai abbandonato tutti. Sei fuggito qui, sperando di trovare qualcosa di meglio, ma non hai fatto passi avanti. Abiti in questa tenda che è bella…" Si alzò dal letto e si infilò le scarpe, mentre gesticolava con le mani per indicare ciò che avevano intorno. "È bella, ma non è un posto dove vivere. Trovati una casa, vai avanti. Torna nel Regno Unito, vai a trovare Ron, Hermione e anche mia mamma. A mia madre farebbe veramente piacere constatare che stai bene. E, per l'amor del cielo, Harry, trovati una ragazza. O un ragazzo. Non aspettare me per…" Il suo sguardo si posò di nuovo sul letto.
"Sì, ho capito. E penso tu abbia ragione, comunque."
Ginny sospirò, contenta: non pensava che potesse essere così facile. Beh, si era immaginata una bella nottata d'amore, prima di lasciarsi, ma quella non c'era stata. E non per colpa di Harry. Era lei che non era riuscita a lasciarsi andare.
"Ho sempre ragione, io" disse, cercando di sdrammatizzare la situazione. Harry si alzò e girò intorno al letto per andarle vicino, sorridendo.
"Ti vorrò sempre bene, lo sai, vero?" Ginny annuì quando sentì una lacrima pungerle un occhio: non voleva piangere quindi preferiva non parlare. "E hai ragione anche su Ron e i tuoi genitori. È ora che io decida cosa fare della mia vita" concluse.
"Anch'io ti vorrò sempre bene, Harry. E mi dispiace non essere riuscita a…"
Il moro, da quel gentiluomo che era, prese la mano della ragazza e si portò le sue dita alle labbra. "Spero che con lui andrà bene come meriti" disse.

Con chi? Ginny pensò subito a Blaise. Possibile che in verità Ron avesse scritto a Harry e gli avesse raccontato di loro? Anche se Ron non sapeva niente, non sarebbe stata la prima volta che parlava senza cognizione di causa. Ma no, non lo aveva fatto di sicuro. O gli aveva parlato di qualcun altro solo per farle un dispetto?
"Lui chi?" chiese quindi.

 

Harry rise e alzò le spalle. "Chiunque tu abbia pensato mentre lo dicevo. Ho visto il tuo sguardo e ti assicuro che una volta, quello, era per me".
Rise ancora quando notò le guance della ragazza tingersi di un tenero imbarazzo.

 

***

 

Blaise era sul balcone dell'appartamento di Hermes che fumava una sigaretta quando Draco si materializzò al suo fianco.
"È una bella serata: né troppo caldo né…."
Il moro si voltò, quasi inconsapevole del fatto che si notasse lo stupore sul suo viso. "Mi parli della temperatura, Draco?"
Il biondo tirò fuori il portasigarette e ne prese una. "So che hai visto Astoria, oggi" esordì direttamente, mentre tirava dal filtro per far accendere la punta.
Ah, ecco. Questo era più normale. "Te l'ha detto Theo?"
"E so che si è comprata un vestito nuovo…"
Il moro aggrottò le sopracciglia: dopo il meteo, Draco voleva parlare di vestiti? E su cosa avrebbero discusso? Stoffa?

'È meglio la seta o la mussola per un abito da pomeriggio, secondo te?' Si immaginò di sentirlo chiedere.
"Sì. Mi sembra di aver capito che fosse bianco."
Draco si girò verso di lui, con uno strano ghigno in viso. "Bianco? Blaise, perdi i colpi. Da quel che so io è avorio…" Poi il suo sguardo si fece serio per un attimo e tirò di nuovo dalla sigaretta.
"Cosa vuoi, Draco? Non capisco…"
"Era con la Weasley. E sembra che lei abbia chiacchierato tanto con te…" Merlino! Nott aveva già aperto la bocca? Quel bastardo… Come se gli avesse letto i pensieri, Draco si aggiunse a precisare: "Me l'ha detto Daphne".
Oh. Daphne? "Ah."
Draco fece un sorriso triste. "Sì, voleva raccontarmi un pettegolezzo su di te e invece mi ha raccontato un sacco di cose su…" Il suo tono triste era coperto in parte dall'alcool che aveva bevuto.
"Sono ancora lontano dal capire…" Cosa voleva da lui? Gli interessava Ginny?
"La Weasley sa perché Astoria si è comprata un vestito nuovo? Perché quello che aveva stasera non era nuovo…" Ah! Ecco! Contento del fatto che lui non fosse interessato alla rossa, fu comunque contento che lei avesse ragione: magari Draco si sarebbe scantato.
"Forse dovresti chiederlo direttamente ad Astoria, se ti interessa così tanto."
"Non mi interessa!" mentì lui, così velocemente e male che Blaise fece fatica a non ridergli in faccia.
"Certo..." lo assecondò con ironia e Draco sbuffò. "Senti…" iniziò, pensando di approfittare dell'occasione: aveva bisogno di sapere. Solo così avrebbe saputo se come pensava di muoversi fosse la cosa giusta. Draco non fece notare di averlo sentito e rimase a fumare la sigaretta guardando il cielo. "Dopo la battaglia di Hogwarts…" Finalmente Draco si voltò verso di lui, ma non disse ancora niente. "Quando tutto è finito, tu… Hai avuto… Strascichi?"
Draco alzò un sopracciglio e Blaise notò che il suo sguardo si era fatto più attento. "Astoria ti ha raccontato delle notti insonni?"
Cosa? Astoria cosa? E di che notti parlava? "Mmm, no, in verità no. Ma mi chiedevo se qualcuno che avesse vissuto…"

 

Draco sospirò, si appoggiò alla ringhiera del balcone con i gomiti e lanciò con una pinghella il mozzicone della sigaretta anche se non l'aveva finita. "Non conosco nessuno che era a Hogwarts quella notte che non ne abbia un ricordo devastante" disse solamente. Difficile da spiegare a chi non l'aveva vissuto. Gli studenti Serpeverde erano usciti dalla scuola e lui era l'unico, oltre a Goyle e Tiger a essere rimasto, dei suoi amici. Ne era uscito in ginocchio. Subito era sembrata una gran cosa: il potere, i mangiamorte, Tu-sai-chi… Poi, dopo aver schivato l'Ardemonio e la morte stessa, la sua mente si era confusa. E contorta. Lo sapeva perfettamente.
Ancora adesso, dopo tre anni, non era sicuro di essere al sicuro. A volte aveva paura di morire, di uccidere qualcuno o soltanto di perdere una persona a cui voleva bene.
Si voltò verso Blaise e, forse per la prima volta, notò nell'amico uno sguardo rispettoso. Sinceramente rispettoso. Vide il moro annuire.
"E cosa hai fatto per…"
"Non se ne esce, Blaise, se è questo che mi vuoi chiedere" lo interruppe.

 

Blaise sentì una stilettata al petto. Come se gli avesse lanciato una cruciatus, sentì un male a cui non riuscì a dare un nome: Ginny non sarebbe mai più stata bene?
"Io pensavo che uno psicomago…"
"Oh, sì, certo. Se ti piacciono, gli spicomaghi sono senz'altro di aiuto…" Il tono del biondo era a metà fra il depresso e l'arrogante.
"Draco, non si può aiutare chi non vuole essere aiutato. Tu sicuramente, sei uno di questi, ma non tutti…"
"Forse io sono così marcio che non si può fare niente" rispose lui, afferrando la ringhiera e stringendo i pugni così forte che le sue mani divennero ancora più bianche. "Ma per altri, potrebbe essere davvero d'aiuto. Dietro Diagon Alley, sulla fine di Lime Street c'è uno psicomago specializzato in queste cose: molte persone sono andate da lui dopo la battaglia di maggio. Se vuoi, ti passo il suo contatto" spiegò.
"Non sei marcio, Draco. E dovresti smetterla di pensarlo. Lei prima o poi si stancherà e allora sarà troppo tardi."
Come se lui non avesse parlato, o forse in reazione proprio a quello che aveva detto, Draco si chinò in avanti, continuando a stringere la ringhiera.

 

"Chi è?" chiese Draco, per sviare l'attenzione da lui. "È la Weasley? Dicono che…"
"Qualsiasi cosa si dica in giro sulla Weasley, è sbagliata, Draco. Lei è molto di più e…"
Oh? Ma… davvero? Blaise si zittì subito, come se avesse parlato senza accorgersene. Nonostante tutto, il biondo sorrise e poi annuì. "È sempre stata in gamba, la Piattola. Te la ricordi al settimo anno?" Il moro annuì e si guardò le mani. "Era sprecata, con Potter" disse ancora, stupendosi da solo, e ancora Blaise non disse niente. "Forse, con accanto la persona giusta, qualsiasi cosa si può risolvere. Vedrai che andrà tutto bene…"
Blaise finalmente alzò gli occhi su di lui. "Potrei dirti la stessa cosa" rispose.
Draco tornò a guardare il cielo.

 

***

 

"Weasley, oggi hai fatto proprio schifo. Fammi un altro allenamento così e ti sostituisco la prossima settimana."
Ginny annuì alla voce di Gwenog Jones: era vero, aveva fatto un allenamento pessimo. Non riusciva a concentrarsi e una volta era quasi scivolata dalla scopa. "Hai ragione, Gwenog, mi dispiace. Sono solo un po' stanca…" si scusò.
Il capitano delle
Holyhead Harpies la guardava con uno sguardo duro mentre due delle altre ragazze le sorpassarono verso lo spogliatoio: la partita contro i Ballycastle Bats stava mettendo a dura prova la pazienza del loro capitano, che era un po' nervosa, e Ginny lo sapeva benissimo, ma era stanca davvero e non poteva farci molto.
Le due rimasero da sole in fondo al campo, vicino ai tre pali, e Ginny osservò con la coda dell'occhio Angelina sparire oltre la porta dell'edificio degli spogliatoi.

 

Gwenog osservò il viso della ragazza e solo guardandola bene dovette ammettere che sembrava davvero stanca. Era sempre così brava a nascondere le cose che non ci aveva fatto caso. Ma così non andava bene. Dormiva di notte? Cosa faceva? Andava a divertirsi? Lei aveva bisogno della sua squadra e che le giocatrici fossero tutte in piena forma!
Le andò vicino e la squadrò senza tanti complimenti. "A che ora sei andata a letto ieri sera?" le chiese a bruciapelo. Stranamente, Ginny, arrossì. Oh, Santo Merlino! "Spero di non doverti obbligare all'astinenza fino alla partita, Weasley!" la sgridò.

 

Ginny spalancò gli occhi: non sapeva se essere triste o divertita dall'equivoco che stava insinuando Gwenog. "No, io…"
"Ginny, c'è un tipo che ti sta aspettando."
"E chi è?" diede voce ai suoi pensieri.
Lexi, una biondina dal fisico muscoloso, era tornata indietro e le indicava un ragazzo in fondo al prato, vicino alla tribuna. E ammiccò, alzando le sopracciglia quando guardò verso di lui. "Non saprei, ma è carino. Se non lo vuoi tu, passalo" disse, e rise mentre raggiungeva le altre nello spogliatoio.
Le due ragazze si girarono verso la direzione indicata da Lexi e Ginny si lasciò sfuggire un'esclamazione sorpresa quando riconobbe Blaise. Cosa ci faceva lì, in Galles?
Non notò subito Gwenog che si stava avvicinando minacciosamente al ragazzo.

 

Blaise vide Gwenog Jones, una donna sulla trentina, dalla pelle scura, alta poco meno di lui e dalla lingua tagliente, nonché capitano dell'unica squadra unicamente femminile del Regno Unito, camminare spedita verso di lui, ma non si preoccupò. Neanche quando notò la sua espressione furiosa.
"Chi sei e cosa fai qui" gli chiese, anzi, gli ordinò di rispondere, sbattendo il manico della scopa che teneva in mano sul terreno.
"Sono Blaise Zabini, un amico di Ginny Weasley, Gwenog. Sono venuto a prenderla, non sono un tifoso fanatico, tran…"
Non finì la frase che lei lo interruppe subito, aggrottando la fronte e osservandolo meglio. "Dove ti ho già visto?"
Blaise era preparato, così fu veloce e pronto a rispondere. "A Hogwarts, nel 1996".
"Lumaclub?" chiese ancora lei e Blaise annuì. Poi Gwenog si voltò verso Ginny che pensò bene di incamminarsi verso di loro e si rigirò velocemente.

 

Ecco dove lo aveva visto! Al Lumaclub. Gwenog si ricordò che anche Ginny era a quella cena, perché era lì che l'aveva incontrata per la prima volta.
Si conoscevano davvero. E si ricordava qualcosa riguardante a sottili battutine. Sbatté ancora la scopa per terra (dalla parte del manico, per non rovinare le setole che rendevano stabile la sua Firebolt); quanto si conoscevano?
"Vedi di farla dormire di più, questa ragazza. Non voglio togliervi il sesso fino alla partita, ma non mettetemi alla prova."
Il sorriso di Blaise sparì: come? Cosa?

 

Ginny allungò il passo quando sentì Gwenog dire le stesse cose che aveva detto a lei, mentre era con Blaise. "Gwenog, noi… siamo solo amici" spiegò, mentre lanciava al moro uno sguardo di scuse.
"Tu non dormi e se non è con lui che…"
La rossa sospirò. "Non dormo per altri motivi. Ma sto risolvendo la cosa. Per la partita sarò in forma, te lo giuro" promise, sperando che bastasse e di non dover spiegare nient'altro.

 

Gwenog guardò la rossa: sembrava seria, seria come non lo era mai stata. Sapeva di essere odiosa, ma ogni volta che aveva a che fare con Finbar Quigley, la sua sanità mentale ci rimetteva e lei si innervosiva: quanto odiava quell'uomo disgustoso!
Avrebbe potuto dare alla ragazza il beneficio del dubbio. E fondamentalmente anche in quello stato era più brava di tre riserve messe insieme. Va bene, l'avrebbe lasciata stare. Annuì e si voltò di nuovo verso il moro che aveva conosciuto da Lumacorno.
"In che casa eri?" gli chiese e al ragazzo brillarono gli occhi.
"Serpeverde, signora" rispose, con tono provocatorio. Stranamente la cosa la fece ridere. Lei gli mostrò il polso, alzando la manica della divisa.

 

"Mi piace" disse ancora la giocatrice, mentre lo stemma di Salazar Serpeverde gli fece l'occhiolino dalla pelle scura della ragazza. Blaise lanciò un'occhiata a Ginny, che però sorrise divertita e allo stesso tempo alzò gli occhi al cielo in un'espressione di finta esasperazione. Poi la Jones tornò a rivolgergli la parola. "Cosa fai venerdì sera?"
Blaise corrugò la fronte, ma prima di riuscire a rispondere, Ginny lo prese per un braccio e tentò di trascinarlo via dicendo: "Che bella sorpresa che mi hai fatto, Blaise! Andiamo a mangiare qualcosa che sono affamata! Ciao Gwenog, ci vediamo domani!"
Il suo sguardo era così strano e il suo tono troppo entusiasta per essere sincero. E poi non si era neanche lamentata di ciò che lui aveva fatto, quindi era abbastanza sicuro che non fosse tutto a posto.
"Ehi, aspetta, aspetta…" La voce del capitano li bloccò, nonostante la rossa cercasse ancora di trascinarlo via. "Ti piacerebbe venire a una cena e incontrare tutti i giocatori di Quidditch del paese?"
Come? Certo! Ginny al suo fianco sbuffò forte e gli lasciò andare il braccio. "Così è sleale…" disse. Cosa era sleale? Le due ragazze si guardarono e per un attimo Blaise pensò di essere di troppo.
"A mali estremi…" La mora ghignò un pochino e il suo viso la rese perfettamente Serpeverde.
"Chiedigli qual è la sua squadra preferita, prima…"
"No! Tifi per i Bats?" La Jones lo guardò con uno sguardo di disapprovazione, come la McGranitt quando sbagliava un incantesimo. Senza accorgersene, annuì.
"Non capisco cosa stia succedendo. E non mi piace non capire. Cosa c'entra la mia squadra preferita di Quidditch?"

 

Ginny sospirò ancora, lanciando un'occhiata omicida alla compagna di squadra, che resse il suo sguardo benissimo. Poi si girò verso Blaise: aveva ragione, meritava una spiegazione.
"Venerdì sera, al Enchanted Plaza ci sarà una cena di beneficenza organizzata dall'associazione Magician Children. Saranno presenti tutte le squadre di Quidditch al completo e metteranno all'asta le divise dei giocatori…"

 

Blaise alzò tutte e due le sopracciglia: ma era fantastico, il sogno di chiunque, probabilmente. "Beh, in verità quest'anno la signorina qui presente voleva disertare l'invito…" spiegò lei, lanciando un'occhiata alla ragazza.
"Gwen, il tavolo è pagato, l'associazione riceverà la nostra offerta comunque e so già chi si aggiudicherà la mia divisa: non c'è bisogno che venga anch'io…"
La mora si voltò verso Blaise, come se dovesse precisare anche a lui come stavano le cose. "Quel coglione di Potter non c'è e lei non vuole venire…"
Ginny sbuffò. "Ti ho detto che Harry non c'entra. È che è una farsa e io odio quando…"
"L'anno scorso ti sei divertita!" Ginny si morse il labbro e Blaise capì che era vero.
"Hai bisogno di un accompagnatore?" chiese Blaise, direttamente alla rossa.

 

"No" rispose Ginny.
Perché era vero. "Dai, Ginny, lui è anche più carino degli altri due che te lo hanno chiesto…"
"Gwenog, anche mio fratello è più interessante di Philip Browne!" E la mora rise, annuendo.
Poi si voltò di nuovo verso di lui. "Hai un bel vestito?" Lo squadrò con occhio critico, ma poi lei tornò a sorridere e a guardarlo in viso. "Penso di sì, vero?" Il moro riuscì solamente ad annuire, ma l'occhiata che si scambiò con Gwenog fu indecifrabile per lei.
"Sei dei nostri. Convincila a vestirsi di verde!" disse, dandogli una pacca sulla spalla e facendo un passo indietro. La indicò con un cenno del capo e, ammiccando, sorrise trionfante.
"Non mi vestirò di verde!" esclamò subito Ginny, indignata come se le avesse detto di doversi presentare nuda.
"Visto? Ti ho fatto accettare l'idea. Ci vediamo venerdì!" E ridendo, si girò per dargli le spalle e salutò a gran voce sventolando una mano di lato.
Blaise sorrise e Ginny scosse il capo. "Cosa c'è? Ti sembra di entrare da Mielandia, vero?"

 

Blaise annuì divertito. "Sì. E poi ha detto che sono carino" precisò.
La rossa rise mentre scuoteva ancora i suoi capelli. "I gattini sono carini… E poi non ci cascare: ti ha invitato solo perché ha capito che sei ricco: punta ai tuoi galeoni!"
Blaise sorrise ancora. "Allora ne porterò parecchi".
Quando rise anche lei, avrebbe voluto prenderle la mano. "Sai, vero, che sarà disastroso? Ci saranno un sacco di fotografi e giornalisti, faranno insinuazioni…"
"Sulla nostra finta amicizia?" la stuzzicò lui, ma lei questa volta non stette al gioco e lui un po' ci rimase male.
"Ho le spalle larghe, non è un problema. E poi io non leggo i giornali, lo sai" disse, stringendosi nelle spalle: lei sembrava così stanca che non volle darle quella preoccupazione.
"Comunque è una bella serata, di solito, su questo Gwenog ha ragione: ti divertirai."
"E tu?" le chiese.
"Io non lo so. Vedremo. Speriamo solo di…"
Blaise si avvicinò di nuovo a lei e le prese la mano in un gesto intimo ma amichevole. "Io ho le spalle larghe per tutti e due, se ci sarà bisogno".
Il sorriso di lei era diventato troppo mesto per dire qualsiasi cosa.
Passarono due o tre minuti in cui nessuno disse niente e poi lei finalmente ruppe il silenzio. "Allora? Cos'eri venuto a fare?" chiese sorridendo e Blaise fu così orgoglioso del suo coraggioso buon umore che fu quasi tentato di dirle una bugia.

 

***

 

"Tu sì che sai come conquistare una ragazza, Zabini!" esclamò lei quando Blaise la portò a pranzo in un piccolo locale italiano dove servivano spaghetti con sugo di polpette.
Quando si sedettero, lei, nonostante la stanchezza dell'allenamento, del battibecco con il capitano e quella della doccia, fu molto ciarliera e lui lasciò che raccontasse tutto quello che voleva. Non disse niente neanche mentre mangiavano e Ginny continuava a elogiare il piatto come se non avesse mai mangiato pasta in vita sua.
"La cucina italiana è buonissima. Chissà che mangiate che ti fai quando vai in Italia…"
"Non vado mai in Italia…" ammise lui.
"Come? E perché? Non vai mai dai tuoi parenti?" Blaise scosse le spalle e arrotolò gli spaghetti sulla forchetta.
"Io… pensavo che tu ci tenessi… Hai tutti quei… non so come si chiamano… quei cosi appesi nello studio. Quelli dove ci sono le scritte…" Ginny gesticolò una mano in aria mentre cercava di rendere comprensibile le sue parole. Il moro sorrise.
"È la spiegazione scientifica?" Quando lei arrossì, si sentì in colpa così le illustrò il tutto senza freni. "Gli stemmi araldici che hai visto nello studio riguardano la famiglia di mia madre. Quella di mio padre… Non so molto. Quattro mesi fa sono andato in Italia per ottenere il certificato di nascita, per il matrimonio, e speravo di riuscire a trovare anche qualcosa sulla mia famiglia ma…"
"Non sai niente dei parenti di tuo padre?"
Blaise scosse il capo.

 

"Loro non vedevano bene il matrimonio con mia madre. Lei era più… grande di lui e aveva già una certa esperienza di…" Ginny notò come la voce gli mancò tentando di spiegare e si ricordò tutti i pettegolezzi che giravano a Hogwarts.
"Intendi le precedenti relazioni di Maddie?" Blaise annuì, guardandola fissa, come se volesse sfidarla a dire qualsiasi cosa.
"Precedenti matrimoni, comunque. Fossero state semplici relazioni, forse…" Ginny sapeva che la madre di Blaise era famosa per la sua bellezza in gioventù e per il fatto che si fosse sposata più volte, rimanendo sempre vedova. Non sapeva se fosse vero o meno, ma c'era anche chi sosteneva che le avesse fruttato un'enorme ricchezza.
"E quindi?" Blaise alzò le spalle.
"Quando mio padre è morto, mia madre ha deciso di trasferirsi in Inghilterra, vicino a mia zia e…"
"La mamma della Parkinson!" Blaise annuì quando lei lo indicò con il dito, facendogli capire che stava seguendo il discorso.
"…e non ha più avuto contatti con loro."
"Se loro non l'avevano accolta bene, ha fatto bene ad andarsene. No?" Blaise chinò lo sguardo sul piatto e mangiò in silenzio per un po'. Certo che aveva fatto bene. E sapeva che era giusto, però… Però a lui sarebbe piaciuto lo stesso sapere di più.

 

"Pensavo che quel coso di ceralacca sul pacco con disegnato l'albero fosse della famiglia Zabini…" Ginny portò la mano che impugnava la forchetta vicino al mento e guardò verso l'alto.
"Ti ho spedito un pacco?" le chiese lui, stranito.
"Mi hai spedito la maglietta quando…" la ragazza si bloccò al pensiero di quando avevano amoreggiato nella sua cucina. "Quando mi hai ricattato via gufo…" concluse poi, cercando di ironizzare con un tono leggero.

 

Blaise ripensò a quel momento ed ebbe qualche difficoltà a parlarne senza sentirsi un troll. "Veramente ti ho ricattato di persona" disse, stando al suo gioco.
Lei sorrise e a Blaise andò di traverso il boccone. "Vero. Anzi, quando mi darai le foto di Neville? In fin dei conti sono stata brava…" Lo guardò ancora sorridendo e lui, di nuovo, non riuscì a dire niente.
Annuì senza rispondere davvero. "Il sigillo è probabilmente l'unica cosa che mia madre si è portata dietro. Non vuole ammetterlo, ma ad alcune cose ci tiene. E non posso siglare i miei gufi con il cognome di un altro". E gli piaceva usarlo spesso, come se potesse essere una compensazione.
"Mi spiace."
Blaise corrugò la fronte. Per cosa le dispiaceva?
"Per cosa?" le chiese e Ginny alzò lo sguardo imprigionandolo con gli occhi.
"Sembra che tu abbia sofferto molto" spiegò, semplicemente. E lui sentì un calore strano colmargli il petto.

 

"Comunque… Non mi hai detto quando mi ridarai le foto. Sembra che tu sia molto bravo anche a non rispondere, sai?" Ginny gli fece l'occhiolino, cercando ancora di sdrammatizzare la situazione.
"Quando te le meriterai" la prese in giro lui e Ginny rise perché aveva perfettamente capito che era sollevato dal non dover continuare la conversazione.
"Non vuoi sapere perché sono venuto al campo?" le chiese poi e la ragazza posò la forchetta, stranita: è vero, non ci aveva più pensato.
"Non volevi offrirmi il pranzo?" bleffò, guardando i piatti che venivano portati via da una lesta cameriera.

 

Blaise pensò che fosse il momento di essere seri. Seri quanto la questione richiedeva.
"No. Sono…"
"Vuoi dire che dovrò pagare io?" Nonostante tutto, Blaise non riuscì a non ridere.
"Volevo essere serio, per una volta…"
"Vuoi chiedermi di fare qualcosa che non mi piacerà, giusto?"
Blaise si bloccò: sì era proprio così! Cioè, sperava che a lei piacesse, ma… Ma come aveva fatto a capirlo? E perché aveva accettato comunque? Ginny aveva lo sguardo serio quando lo guardò, e lui, soltanto con un'occhiata, capì perché lei fosse così. Così intelligente e coraggiosa.
"Vorrei che tu vedessi una persona."
"Chi? Per tua madre?"
Scosse il capo. "Per te".
La cosa le fece alzare un sopracciglio: non ci aveva pensato? "Vuoi che io faccia qualcosa… per me?"
"Sì" rispose. Era una cosa strana? Perché aveva usato quel tono?
"Ah. E chi dovrei incontrare?"

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Preparativi ***


Preparativi

 

Ginny lo osservò alzarsi e offrirle la mano. L'afferrò e si lasciò guidare fino al bancone, dove lui sussurrò qualcosa al proprietario e poi uscirono in strada: era sempre più confusa. "Sei pronta?"
"No, mi spaventi" ammise.
Lui alzò gli occhi al cielo in un gesto fintamente esasperato. "Dai, fidati di me, per una volta".
La rossa sospirò. "Sulla nostra finta amicizia?" chiese, cercando di rimanere leggera e di potersi lasciare andare lo stesso.
"Niente di finto, adesso."
Ginny annuì e quando lui le prese tutte e due le mani e sentì lo strappo della smaterializzazione, chiuse gli occhi.
Quando li riaprì erano in una piccola stanza dai toni caldi del legno, sui muri c'erano quadri e arazzi magici e tutto intorno, con gli schienali contro alle parenti, una fila di sedie con i braccioli.
"Dove siamo?"
Ginny fece appena in tempo a domandare, che alle sue spalle si aprì una porta e un mago con la barba brizzolata, gli occhiali rotondi e un caldo sorriso, la salutò. "Ginny Weasley?"

 

Blaise osservò la ragazza guardarlo stranita e poi tornare a girarsi verso lo psicomago: poté capire l'attimo preciso in cui lei realizzò la cosa. Lei si morse il labbro e gli lasciò le mani, senza dire niente, quando lui si presentò, spiegando la sua professione. Sperando che lei non si arrabbiasse o comunque reagisse male, le sussurrò: "Ti aspetto qui, se vuoi, quando…"
E lei si voltò verso di lui annuendo, prima di sparire dentro la stanza con il mago.

 

Ginny osservò la stanzetta e si voltò quando lo psicomago chiuse la porta alle sue spalle. Per un attimo si sentì in trappola, poi lui le disse di accomodarsi, indicando una poltrona e, lì vicino, un sofà. Lentamente si avvicinò alla poltrona e notò un porta fazzoletti appoggiato a un tavolino fra la sua poltrona e quella dove si sedette lo psicomago. "Non ho intenzione di piangere" esordì, sedendosi.
"Non sei obbligata a fare niente, ma potrai fare ciò che ti senti".
Oh. Va bene.
"C'è qualcosa di cui vorresti parlare?"
Ginny scosse il capo, ma poi, lentamente, iniziò a raccontare.

 

***

 

Blaise aveva letto tutte le riviste presenti sul tavolino nella sala d'attesa e diede, distrattamente, un'occhiata all'orologio: era passata più di un'ora.
Si alzò in piedi e si passò una mano fra i capelli, avvicinandosi all'unica finestra che dava sulla strada.
Guardò con poco interesse il paesaggio fatto di strade ed edifici e si girò solamente quando sentì aprirsi una delle porte che davano sulla stanza.

 

Ginny fece un passo oltre la porta e si sentì quasi diversa. Ma sapeva perfettamente di non essere diversa. Era il fatto di aver fatto qualcosa di nuovo a farglielo provare. Notò lo sguardo di Blaise, preoccupato, forse perché aveva dovuto passare dal bagno e starci quasi venti minuti, e gli fece un cenno con il capo.

 

Blaise quasi sospirò, quando la vide uscire, facendogli capire che la sua mente aveva pensato troppo, divagando su pensieri troppo tetri per essere reali: lei non era svenuta, non era morta e la sua mente non era impazzita. Ginny stava bene. Tentò di sorriderle, ma il suo sguardo serio e l'occhiata che gli lanciò velocemente, per poi girarsi verso lo psicomago, glielo impedirono.
Con un cenno del capo nella sua direzione, prese la porta d'uscita e sparì oltre le scale.
"Ehm… Arrivederci, medimago…" salutò, alzando una mano e uscendo anche lui dalla stanza.

 

Bruce Normoon guardò i ragazzi uscire. Aveva visto poche occhiate come quelle che si erano scambiati loro ma di una cosa era sicuro: c'erano sguardi che valevano più delle parole.

 

*

 

"Non ti dirò quello che ci siamo detti là dentro" esordì lei, una volta usciti dal portone dell'edificio. Blaise ne fu contento perché il suo silenzio era sempre preoccupante, visto quanto parlava in ogni occasione.
"Va bene". Ginny girò il viso verso di lui, senza smettere di camminare, ma non aggiunse nient'altro. "Sei arrabbiata con me?" le chiese, perché doveva assolutamente sapere.

 

Ginny si fermò: arrabbiata? No. Beh, subito lo era stata. Forse più infastidita che arrabbiata, ma comunque non ne era stata felice. Ma ora…
"No, non lo sono."
"Oh, bene."
"Ma non…"
"Non devi fare niente. Non hai nessun… obbligo. Non verso di me, né verso qualcun altro. Come dicevo, ti ho portato dal Medimago Normoon per te, per te e nessun altro. E non devi tornarci per forza se non ti piace l'idea o…" Blaise si era fermato accanto a lei, imitandola, e si era girato per guardarla in viso.
Ginny sentì quasi di scoppiare a piangere un'altra volta, come era successo poco prima. Si era chiusa in bagno e ci aveva messo venti minuti prima di riprendersi e riavere un aspetto normale.
"Non ti dirò niente. Ma ci tornerò, anche se non so come andrà. Per ora posso dirti solo una cosa: grazie" concluse, sperando di chiudere il discorso: non le piaceva parlare troppo delle cose che la riguardavano così profondamente. Poi, in un slancio spontaneo, l'abbracciò.

 

Blaise rimase di sale quando la rossa gli strinse le braccia intorno. Era minuta e piccola, ma la sua stretta era forte e potente, esattamente come lei. Ci mise un attimo a rendersi conto della cosa, poi ricambiò il gesto.
Quando si staccarono lei non lo stava guardando e Blaise notò che aveva gli occhi lucidi, così si infilò le mani in tasca e spostò lo sguardo anche lui.
"Ora devo proprio andare a casa, però…" disse Ginny dopo un po' e il moro annuì.
"Ci vediamo, allora…" la salutò e la guardò mentre si smaterializzava.
Era andata bene, giusto?

 

Ginny gli fece un cenno con il capo e si smaterializzò a casa: aveva bisogno di stare da sola. E chissà, forse sarebbe riuscita a dormire un pochino. Si sentiva più stanca di quando aveva finito l'allenamento.
"Ginny, sei tu?" La testa di sua madre comparve dalla porta della cucina quando lei si materializzò in salotto.
"Sì, mamma sono io."
"La prossima volta che non torni a pranzo, per favore scrivimi. Sai che mi preoccupo!" Ginny sorrise quando sua madre sparì in cucina e la seguì.
"Hai ragione, mamma, scusami. È che c'è stato un… contrattempo. Non succederà più…"

 

Molly alzò il viso dal tavolo su cui si era riseduta e riappoggiò la piuma vicino alla pergamena. Un contrattempo?
"Tutto bene? Qualcosa di grave?" chiese, osservando la figlia entrare in cucina.
Lei scosse il capo. "No, niente di grave, solo… Sono andata da uno psicomago, mamma" le confidò e Molly sorrise.
"Hai fatto bene. Com'è andata?"
Ginny alzò una spalla. "Non lo so. Ma non mi è dispiaciuto". Dal suo tono e dal fatto che il suo sguardo non rimase fisso su di lei, Molly capì che non avrebbe ricevuto molto di più: probabilmente la figlia non era ancora pronta a parlarne.
"Allora è andata bene" sentenziò, sorridendole e leggendo la pergamena che stava scrivendo.

 

Sua madre sorrise e riprese a concentrarsi sulla pergamena davanti a lei. Ginny notò la busta vicino al calamaio e le chiese: "A chi stai scrivendo?"
"A Maddie" rispose, senza alzare gli occhi dalla lettera. Oh. A Maddie?
"E che vi scrivete?" domandò, sedendosi accanto a lei, cercando di sbirciare.
"Non sono affari tuoi, signorinella!" la sgridò bonariamente e Ginny alzò un sopracciglio.
"Come?" chiese, allora, stranita da quella risposta.
"Perché non vai un po' a riposarti? Hai l'aria stanca…"
Capendo che sua madre voleva liquidarla per rimanere da sola, decise comunque di seguire il suo consiglio e si diresse in camera sua: forse avrebbe potuto provare a dormire un po' davvero.

 

*

 

Ginny fu svegliata dalla voce di Ron che urlava sulla scala. Merlino! Non riusciva a dormire neanche quando non aveva il problema dei sogni!
Si alzò, afferrando la vestaglia e uscendo sul pianerottolo già pronta a gridare contro il fratello, quando si scontrò con Hermione che saliva le scale con un grosso libro in mano. Hermione!
"Ciao Ginny, ti abbiamo svegliato? Scusaci…" esordì la riccia, con un'espressione preoccupata in viso. "È che Percy ha invitato i genitori di Audrey a cena per venerdì e Ron ha dato di matto quando…"
"Venerdì?" chiese solamente la rossa, come se avesse capito solo quello. Venerdì sarebbe stato il compleanno di Blaise. E a Ginny venne in mente un'idea.
"Hermione! Vieni dentro!" esclamò, tirando il braccio dell'amica e facendola entrare in camera sua. "Ho bisogno di un piacere…"

 

"Se posso, volentieri" rispose Hermione che adorava aiutare le persone. Poi, quando Ginny le chiese informazioni e aiuto sulle biblioteche italiane, parlando di Ministeri e altri uffici burocratici, i suoi occhi si illuminarono. Andare in Italia? Sicuramente!

 

***

 

Ginny atterrò sul tappeto della Tana dopo essere uscita dal camino. Si sentiva stanchissima, quei tre giorni erano stati impegnativi: gli allenamenti, le visite a Maddie, girare per biblioteche con Hermione; tutto insieme era diventato un po' pesante. E lei ancora non dormiva bene. Avrebbe dovuto tornare dallo psicomago martedì, ma sapeva anche che riposarsi un po' le avrebbe giovato. E non poco.
Ma era contenta di come era riuscita a trovare tutto quello di cui aveva bisogno. Sorrise tastando le pergamene timbrate che aveva nella borsa: quella era l'unica cosa che le sembrava conclusa e le dava soddisfazione.
"Portami con te!" Ron si materializzò quasi davanti ai suoi occhi prima che salisse la scala.
"Cosa stai dicendo?" Ginny gli girò intorno, pensando che stesse facendo lo stupido e prese a salire la scala.
"Stasera verranno a cena i genitori di Audrey. Ti prego, posso venire con te alla festa di beneficenza? George è stato invitato da Angelina e se a casa non ci sarai neanche tu…"
"E quindi?" Ginny si girò verso il fratello, che la stava seguendo gradino per gradino.
"Sarò da solo con Percy, la sua fidanzata e tutti i genitori!" sbottò Ron, alzando le braccia in un gesto disperato.
"Non puoi chiedere a Hermione di venire qui? O di andare a mangiare fuori?"
"No…" Ron si infilò le mani in tasca, con espressione colpevole. "Mamma ci tiene. Voi avete una buona scusa per non esserci, ma io no. E Hermione dopo che ti avrà aiutato, non rimarrà, deve andare da sua nonna, io pensavo che tu non ci andassi…"
Come? "Aiutarmi a fare cosa?" chiese la rossa, come se avesse sentito solo quello.

 

Ron sbuffò: le ragazze non capivano mai niente. "A prepararti, immagino". Il rosso alzò le spalle. Sua sorella imprecò e si girò per correre sulla scala.
Ehi, ma non gli aveva detto se poteva andare con lei!
"Ginny!"
Corse dietro di lei e la fermò sul primo pianerottolo. "Allora?"
"Allora cosa?" Ginny sembrava impaziente di salire e anche un po' agitata.
"Posso venire con te e George? Ti accompagno io, così non sei da sola…"
"No, Ron, non puoi venire, ci vado già con qualcuno" spiegò lei, riprendendo la scala.
Come? Ma che storia era? "E con chi ci vai?"

 

Ginny sospirò pesantemente al tono della voce del fratello. "Non sono affari tuoi. E ora scusami, devo… prepararmi…" disse, infastidita da tutto. E sì che fino al quel momento era andato tutto bene.
Salì le scale e si trovò di fronte Hermione prima ancora di arrivare al secondo piano: la riccia e Angelina stavano scendendo i gradini, verso di lei. "Ginny!" esclamarono insieme, sorridendo felici nel vederla. Stranamente felici di vederla. Strano. Molto strano.
"Sembrate piuttosto… entusiaste… mi stavate aspettando?" chiese, guardinga, domandandosi se ci fosse un inganno da qualche parte. Guardò lungo la scala: forse c'era di mezzo uno scherzo di George? Sentì Ron salire dietro di lei e si girò. E se si fossero tutti messi d'accordo per giocarle… che cosa? Non stava diventando troppo sospettosa? Sì, forse sì. Ma era colpa del fatto che dormiva ancora troppo poco.

 

"Sì, ti stavamo aspettando… Volevamo…" Hermione si incartò, consapevole del fatto di non essere brava a raccontare bugie. Anche perché non le piaceva mentire. Bastava dire la verità, no? No, a volte no pensò, osservando il viso dubbioso dell'amica.
Si girò verso Angelina che sorrise leggera e alzò una spalla.
"Pensavo di prepararci insieme: Hermione si è offerta di darci una mano" spiegò, indicandola. La riccia annuì.

 

Mmm. Ginny non era del tutto convinta: l'anno prima non si erano preparate insieme. Preparate per cosa, poi? In fin dei conti era una cena, mica la finale della Coppa di Quidditch! Poi capì. E rise. "Vi ha mandato Gwenog?"
Quando le ragazze annuirono si sentì più leggera: la sua allenatrice aveva paura che disdicesse all'ultimo minuto! Rise ancora al pensiero.

 

***

"Come sei elegante…" Blaise guardò Theo che stava già bevendo, nonostante non fosse neanche l'ora di cena. Il moro si specchiò e si aggiustò la cravatta. Voleva essere elegante: Gwenog si era raccomandata e lui ci teneva a fare bella figura.
"Non ti ho mai visto quella cravatta…" continuò a torturarlo l'amico, giocando con il bicchiere.
"L'ho comprata per un occasione speciale e non l'ho poi messa…" confessò.

 

Theo alzò lo sguardo dal liquido ambrato e guardò l'amico nel riflesso dello specchio. "Il matrimonio?" Blaise annuì e lui si sentì quasi in colpa. Per scacciare quella brutta sensazione vuotò il bicchiere in un solo colpo.
Si alzò e andò a posarlo sul comò accanto allo specchio. Subito Blaise lo fece sparire con un Evanesco della bacchetta e Theo alzò gli occhi al soffitto. "Potresti smetterla di essere così rigido. Non succede niente se…"
"Non mi piacciono le macchie che il bicchiere bagnato lascia sul legno. Non sono rigido" spiegò il moro, ma lui gli rise in faccia.

 

"Sei rigido. Almeno ammettilo!" La voce dell'amico era strascicata per via dell'alcool, ma a Blaise diede comunque fastidio perché ci leggeva anche una buona dose di sincerità.
"Anche Ginny me lo dice…"
Theo fischiò. "Chiami la Weasley per nome? Buono. E quand'è che te la porterai a letto?"
"Smettila. Lo sai che mi dà fastidio quando fai certe ileazioni…"
Ma Theo continuò, come se non lo avesse sentito o, più probabile, come se volesse ignorarlo. "Stasera uscite insieme: è un appuntamento e dubito che tu lo abbia fatto solo per incontrare Finbar Quigley. O per lo meno, spero che tu abbia almeno pensato all'eventualità che potreste finire nudi e…"
Blaise sbuffò e sciolse il nodo alla cravatta per rifarlo, interrompendo l'amico con il suo gesto. "Certo che ci ho pensato, Theo, cosa credi, che sia fatto di marmo?"
Era un'eventualità, ma non sapeva come comportarsi. Lei non aveva più fatto passi verso di lui, dopo il bacio nello studio, e Blaise era veramente confuso: a lui piacevano le cose chiare e questa non lo era. Ginny era imprevedibile, non riusciva mai a capire cosa le passasse per la mente. Di solito evitava ragazze così. Di solito. Ma stavolta…
Riprovò a riannodarsi la cravatta, ma non ci riuscì e si innervosì di nuovo.

 

Theo rise: Blaise che perdeva compostezza era una novità. E sembrava una cosa buona.
"Sarebbe ora che tu dimostrassi di non essere fatto di marmo…"
Si guardò intorno, prese la bacchetta per far apparire un bicchiere pulito e tornò verso il tavolino nella camera che fungeva da guardaroba a casa di Blaise. Si sedette e si versò ancora del liquore.
Osservò ancora l'amico rifarsi il nodo alla cravatta e ghignò nella sua direzione. "Effettivamente sembri piuttosto agitato. Chissà, forse non hai tutto sotto controllo come ti piacerebbe…"
"Sai, non ho comprato questa cravatta per il mio matrimonio" rispose alla sua beccata, girandosi a guardarlo e ricordandogli che era stato un Serpeverde anche lui.
Theo incassò il colpo: se non era per il suo, doveva essere l'acquisto per il matrimonio di qualcun altro. E quell'anno si era sposata solo Pansy. Non resse lo sguardo dell'amico e vuotò di nuovo il bicchiere.

 

"Non c'è bisogno di essere così stronzi" lo rimproverò il moro e Blaise si rigirò verso lo specchio, facendo un nuovo nodo: aveva ragione. Anche perché si era ripromesso di non parlare di Pansy con Theo.

"Hai ragione. Potresti smetterla, allora" disse, rimettendolo al suo posto. Notò l'amico annuire, ma senza guardarlo e versarsi ancora da bere.
Theo si rialzò e barcollò verso di lui. "Va bene. Ma sai come la penso: lei potrebbe farti bene. Potrebbe essere la tua distrazione…"
"No. Lei… Io non…" Blaise si bloccò nel suo movimento. Era difficile da spiegare cosa rappresentasse per lui Ginny Weasley, visto che non lo sapeva neanche lui, ma di sicuro non voleva che fosse solo una distrazione. E non voleva essere la sua! Il moro si avvicinò per aiutarlo a far girare il lembo di stoffa, quando notò che non ci riusciva perché continuava ad avere la mente altrove.
"Penso di aver capito" disse.
"Dubito" mormorò, osservando Theo annodargli la cravatta con una precisione troppo perfetta per lo stato in cui era.
"Fidati che…"
"Non è come nessuna di quelle che frequenti tu!" esclamò, cercando di difendere la ragazza, nonostante questa volta non l'avesse offesa nessuno.
"No. Direi che è più una Pansy, eh?"
Blaise sospirò forte: possibile che Theo avesse ragione?

 

Theo sorrise tristemente mentre osservava l'amico rendersi conto della cosa. Beh, almeno la Weasley non si era sposata con un altro.

 

***

 

"Non andarci giù pesante con il trucco, lo sai che non mi piace…" Ginny dovette mettere un sacco di freni e paletti alla fantasia delle due ragazze e sospirò, guardando il soffitto.
"Quando Gwenog me l'ha detto, non ci credevo: Zabini!" Angelina brandì la bacchetta come se dovesse affrontare un drago e non un'amica che non voleva farsi acconciare.
"Io, invece, ci sono rimasta male: perché non me lo hai detto?" la rimproverò, invece, Hermione, mentre si avvicinava dall'altro lato.
Le ragazze l'avevano praticamente rapita quando era tornata a casa, lamentandosi di avere poco tempo per prepararla. Preparare cosa, poi? E mentre la truccavano e le sistemavano i capelli, si era pure dovuta subire rimproveri e assurde ipotesi sdolcinate sul suo accompagnatore. Beh, non che a lei sarebbe dispiaciuto se la serata avesse preso una svolta passionale, ma non ne avrebbe parlato con loro, visto quanto stavano chiacchierando inutilmente! E poi comunque non sarebbe successo niente: lo psicomago le aveva detto che per non cadere nella trappola del sesso come distrazione, non avrebbe dovuto avere rapporti con nessuno per un periodo.
Ginny sbuffò senza contenersi. "Ragazze, non è un appuntamento romantico: Gwenog lo ha obbligato a venire!"
Le due future cognate si lanciarono un'occhiata e sorrisero. "Obbligato? Sei sicura? Non mi sembra il tipo che si sente obbligato a invitare una bella ragazza se non vuole…"
Ginny sospirò, alzando i palmi delle mani. "Siamo davvero solo amici. E poi", si girò verso la compagna di squadra. "Appena saprai qual è la sua squadra preferita, ti sarà meno simpatico!" esclamò con in intenzione.
Angelina fece una smorfia perché capì subito. "I Bats?" Ginny annuì, convinta che così avrebbe lasciato perdere l'argomento e avesse iniziato a prepararsi, invece di torturarla, ma la moretta alzò una spalla con un sorriso. "Anche Demelza tifava i Bats. Ma sai, quando non conosci personalmente i giocatori, sembra una bella squadra, da fuori."
Ma come? Li stava giustificando? Ginny fece un'altra smorfia. Però era vero: anche lei prima di conoscere Finbar aveva pensato che fosse parte di una squadra forte e affiatata. Vabbè, forti lo erano. Per fortuna lei aveva sempre adorato le Holyhead Harpies e conoscere da vicino Gwenog non era stata una delusione come poteva succedere quando vedi il tuo idolo da vicino. Era convinta che chi avesse conosciuto Finbar
Quigley, invece, fosse rimasto molto deluso: quel tipo mostrava di sé un personaggio che in verità non esisteva ed era un misogino arrogante e presuntuoso. Nel mondo del Quidditch lo sapevano tutti.
Quando Angelina iniziò a prepararsi fu contenta, perché anche l'attenzione di Hermione si era spostata e lei poté finalmente concentrarsi sulle cose importanti. Si guardò allo specchio e, sinceramente, quello che vide le piacque molto: erano state brave e leggere. Quello era il suo stile, si piaceva. E a Blaise sarebbe piaciuta? Uno strano calore le salì al viso. Ma stava arrossendo? Ma davvero? Lei non arrossiva! Forse. Si avvicinò per osservarsi meglio e non notò subito che le altre due la stavano guardando con uno strano sguardo.
"Cosa avete da guardare?" le apostrofò, appena se ne accorse, e loro ridacchiarono.
"Ma niente… Però mi chiedevo… se non avessi avuto niente da nascondere, non avresti avuto motivo di non dirlo alla tua famiglia…" insinuò Hermione, facendo finta di fare qualcosa intorno ad Angelina. Ginny le lanciò un'occhiataccia quando tentò di parlare ancora: sperò che capisse che la storia dell'Italia non doveva uscire dalla loro confidenza. Per fortuna Hermione dovette capirlo.
"Ti ho detto perché: non è un invito e tutti avrebbero pensato cose che non ci sono" chiarì la rossa, sfiorandosi una guancia: il rossore non c'era, doveva esserselo immaginato.
"O perché non volevi ammettere che invece lo è?"
"E anche perché non volevo fare questa conversazione. Ma perché, invece, tu non rimani a cena stasera con il povero Ron? Sembra proprio distrutto dal fatto che non ci sarai!" Cercò di cambiare argomento e fu contenta quando notò l'espressione di Hermione.

 

"Ma lui lo sapeva che sarei andata da mia nonna! E l'invito ai genitori di Audrey è arrivato dopo. Se lui avesse accettato subito di venire con me, ora non farebbe tutte queste storie!" Hermione era infastidita dal comportamento del fidanzato, ma non poteva esprimere tutto quello che pensava, altrimenti avrebbe rovinato la serata alle amiche. Così si girò verso Angelina.
"In verità, nessuno pensava che George sarebbe stato invitato alla cena di beneficenza e non ci sarebbe stato…" insinuò con finta innocenza, con un sorriso sornione, verso la giocatrice che sorrise con leggerezza.
"Dai, non lo avrei detto nemmeno io!" rispose lei alla piccola provocazione.
"Ma smettila!" La voce di Ginny precedette di poco il cuscino che le lanciò addosso, che fece ridere tutte e tre le ragazze.

-

--

-

-

***Eccomi! Il capitolo è corto e forse un po' di passaggio, ma no potevo fare diversamente. PRometto che il prossimo sarà, almeno, divertente.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** La cena di beneficenza ***


La cena di Beneficenza

 -

Blaise bussò alla porta della Tana, imbarazzato: non aveva pensato a questi dettagli quando aveva accettato di accompagnare Ginny alla cena. George Weasley, il gemello dei Tiri Vispi, gli aprì l'uscio in abito elegante: la piccola rossa gli aveva detto che lui era stato invitato dalla Johnson e che sarebbero andati insieme alla cena.
"Zabini?" Il suo viso mescolava imbarazzo e stupore, ma subito dopo si trasformò in un sorrisetto strambo. "Zabini!" ripeté, con un tono diverso.
"Già…"
"Dai, entra, non sono ancora pronte". Gli fece cenno di entrare e, come se fossero sempre stati amici, lo invitò vicino a uno strano pendolo con molte lancette, prima di sparire oltre la porta della cucina. Non sapendo dove sedersi, guardando il divano pieno di vestiti piegati, decise di avvicinarsi al camino e di rimanere in piedi.
Pensò al fatto che il rosso fosse troppo stupito nel vederlo, così immaginò che Ginny non avesse detto loro che quella sera lui l'avrebbe accompagnata. Non seppe dare una spiegazione alla cosa: in fin dei conti perché nasconderlo? Ormai anche la famiglia della ragazza avrebbe dovuto sapere che loro si frequentavano. Come amici. O come finti amici, ci tenne a precisare fra sé e sé, con poca convinzione.
Si sentì la bocca secca e fu con piacere che vide il rosso tornare dalla cucina con due bicchieri e una burrobirra.
"Ci vuole, eh?" Riempì i bicchieri e fece tintinnare il vetro contro il suo. Blaise annuì senza dire niente. Sperò soltanto che non aspettasse di essere fuori dalla Tana per dargli qualche stoccatina.
"Ron, smettila! Ti ho detto di no!" La voce di Ginny riempì il salotto prima ancora di fare la sua comparsa e, da quello che sentì, Blaise capì che lei era nervosa e seccata: fantastico, pensò ironicamente, già non ci voleva andare, se fosse anche stata intrattabile, poteva essere pesante. Ma poi si ricordò che si trattava di Ginny: lei non metteva il muso per ore intere, non diventava scontrosa o rispondeva male perché seccata da situazioni che non le piacevano.
"Dai, Ginny, tanto tu… Per i denti di Merlino! Zabini?" esclamò il rosso, scendendo la scala per primo e vedendolo vicino al camino. Subito dopo si fermò e si girò verso la sorella. "Preferisci portare lui, invece di tuo fratello?" Alzò il viso verso i gradini, parlando con un tono indispettito e, Blaise lo sentì benissimo, un po' invidioso.
Stava per rispondergli lui, quando anche Ginny scese l'ultima curva della scala a chiocciola e Blaise scordò qualsiasi cosa stesse pensando, mentre il sangue gli scivolava tutto verso il basso: lei era bellissima.
Quella piccola sirena aveva un vestito nero da sera che le sembrava dipinto addosso. Non era stretto, non era largo, doveva essere stato sistemato magicamente perché le si posava addosso morbidamente, e il vestito camminava con lei. Era senza maniche, con una morbida scollatura rotonda, e scendeva semplicemente fino ai piedi, calzati in sandali dello stesso colore. Con una mano reggeva una piccola borsetta e sul braccio era piegato il suo mantello: c'era da dire che quando voleva poteva fare la sua figura. E che figura! Almeno finché non apriva bocca.
Ma anche quando lo faceva era difficile toglierle gli occhi di dosso: si era dipinta le labbra di un rosso scuro che gli ricordava una varietà di ciliegie dolcissime e Blaise pensò che lo avesse fatto apposta. Pian piano che continuò a osservarla notò che la sua pelle era stata truccata e i suoi occhi messi in evidenza da spennellate di bacchetta esperta e i suoi capelli erano raccolti dietro, lasciando però svariate ciocche a caderle sulle spalle. Quando voltò appena la testa, vide una spilla fra la sua chioma fulva e quasi si dispiacque che lei non avesse la solita piuma in testa. La stessa piuma che quella notte aveva sognato di toglierle per scioglierle i capelli.

 

Ginny sbuffò, finendo di scendere le scale. Scosse la testa e, prima ancora di guardarsi intorno nella stanza, gridò: "Mamma, Ron mi sta infastidendo!"
"Non è vero!" esclamò lui, spalancando gli occhi, sapendo benissimo che la madre lo avrebbe sgridato perché era tutto il pomeriggio che si lamentava della cena e lei non poteva assolutamente dargli corda.

 

Molly fece capolino dalla cucina. "Scusate, ma dovevo assolutamente incantare l'arrosto e… Oh, Blaise!" esclamò, rivolta ai due giovani che aspettavano vicino al camino. Per un attimo si fermò, stranita dal fatto che il figlio di Maddie fosse nel salotto insieme a George, ma poi si riscosse velocemente perché aveva tantissime cose da fare. "Spero che almeno uno dei miei figli abbia fatto gli onori di casa…" continuò, avvicinandosi e lanciando un'occhiata al rosso in abito elegante, sistemandogli il colletto. Lo sperava davvero. Il moro era il primo ragazzo che Ginny faceva entrare in casa da quando Harry se ne era andato e lei non voleva assolutamente che le cose potessero andare male.
"Si è comportato benissimo, Mrs Weasley" confermò il ragazzo, lanciando un'occhiata a George, che annuì.
Subito dopo si voltò verso gli altri figli, che stavano ancora bisticciando in fondo alle scale e si avvicinò a loro. "Basta: Ron, smettila di fare il bambino e Ginny, sii più gentile!" Fece finta di non vedere la linguaccia che la figlia fece al fratello e la smorfia infastidita di Ron, tornando a voltarsi verso gli altri. "Ci vuole una foto, però. Siete tutti così belli! Arthur! Prendi la macchina fotografica! Angelina dov'è?" domandò, per poi gridare verso i piani superiori, salendo il primo gradino: dove si era cacciato suo marito?

 

Blaise alzò la mano che reggeva il bicchiere per salutare Ginny, quando lei si voltò verso di loro e li vide: subito dopo sorrise e si avvicinò. "Cos'è? Firewhisky?" La ragazza gli fece un cenno del capo e gli rubò il bicchiere.
"Mmm, no: è burrobirra". Alzò un sopracciglio e lanciò una strana occhiata a George, che alzò le spalle.
"Andrà bene comunque". Chinò la testa, come per squadralo e i suoi occhi lo percorsero da capo a piedi, trasmettendogli uno strano brivido. Brivido? Perché quella ragazza sapeva suscitare queste cose solo con lo sguardo?. "Stai molto bene. Spero che Gwen non ti abbia obbligato anche a comparti un vestito così elegante!"
"Come?" Si guardò. "No, no, io avevo già questo vestito…"
"Oh, perfetto. Non avrei mai voluto che avessi speso dei soldi" lo interruppe, vuotando il bicchiere in un solo sorso, come se fosse nervosa.
"Ginny, non devi bere subito dopo aver messo il rossetto!" La voce della Granger l'anticipò quando scese le scale. E la rossa alzò gli occhi al soffitto prima di voltarsi verso di lei. "Stai dicendo che non potrò mangiare e bere, stasera?" Fu quasi divertente, il tono che aveva usato sembrava fintamente esasperato e subito dopo si voltò verso di lui, sorridendo: sembrava più rilassata, come se battibeccare con le amiche l'aiutasse. Blaise rimase stranito dal fatto che lei non sembrasse una maschera artificiale come le altre ragazze quando si truccavano. "Mi stanno facendo impazzire, non vedo l'ora di andarmene. Se dicessi qualcosa sul sesso orale e il rossetto, dici che Hermione lascerebbe perdere?" sussurrò, ammiccando verso di lui. Blaise per poco non si strozzò.

 

"Angelina, sei bellissima!" La voce del fratello fece girare Ginny, che si sistemò accanto a Blaise, come se fosse il posto dove si metteva solitamente.
"Aspetta che veda cos'ha sotto…" confidò al moro, mentre osservava George avvicinarsi ad Angelina e aiutarla a indossare il mantello sopra al bellissimo vestito verde mela che indossava.
Il moro si girò e si chinò un po' verso di lei. "Una cosa tipo il ballo del ceppo per quelli degli ultimi anni?" Ginny rise annuendo.
"Più in grande, ma una cosa così. Immagino che stasera…" Si interruppe quando capì che avrebbe potuto dare un'impressione sbagliata. Sbagliata? Osservò il profilo di Blaise che si era girato a osservare anche Ron, mentre continuava a battibeccare con Hermione, e pensò che forse non sarebbe stato male davvero se anche la loro serata fosse finita in quel modo. Ma dopo quello che era successo, non capiva come mai lei continuasse a pensare a lui in quel modo, sapendo benissimo che a Blaise lei non interessava.
Beh, era semplice, perché non si possono imbrigliare le emozioni e, esattamente come con Harry i primi anni, anche se lei era interessata, non era detto che l'altra persona ricambiasse. E poi era stupido continuare a pensarci, non solo lui non la voleva, ma per la sua salute mentale, lo psicomago le aveva consigliato di astenersi dal sesso, per non cadere nella tentazione. Sperava solo che avesse ragione.
Si voltò verso la credenza dove era appoggiata la bottiglietta di burrobirra e se ne versò ancora. Doveva essere la sua maledizione e stavolta non poteva neanche uscire con un altro!

 

"Il tuo vestito non è un po' troppo scollato, Ginny? Non ti sta per niente bene…" Il rosso lanciò uno sguardo corrucciato alla sorella e Blaise si voltò verso di lei.
"Secondo me è bellissima" rispose immediatamente, cercando di difenderla, senza neanche pensarci, ma la ragazza gli rispose insieme a lui e non fu sicuro che lei avesse sentito. Ma la Granger, vicino alla Johnson, lo sentì e gli lanciò un'occhiata sorniona.
"Dovresti farti i fatti tuoi, troll" lo apostrofò Ginny, quando riportò l'attenzione verso di loro: i battibecchi fra i due dovevano essere all'ordine del giorno e Blaise immaginò che non passasse giorno senza che loro litigassero.
"Ma se sembri una…"
"Ronald!" La voce della Granger riempì il salotto e lei gli lanciò un'occhiataccia, così Weasley non disse più niente.
"Eccoci qui!" La madre dei ragazzi tornò in salotto con una macchina fotografica di vecchia fattura e Blaise un po' si pentì di non aver portato la sua.

 

Molly si avvicinò ai ragazzi. "No, mamma, non c'è tempo per le foto, dobbiamo andare…" Ginny, come aveva immaginato, aveva tentato di scansarla, ma lei voleva assolutamente immortalare quel momento. George e Angelina si erano ufficialmente buttati allo scoperto, nonostante lei avesse avuto più di qualche sospetto da un bel po', e non si sarebbe lasciata scappare l'occasione.
"Angelina, togliti il mantello, cara. E mettiti vicino a George, così vi faccio una bella foto. Tu, Ginny, preparati. E non voglio sentire storie!"

 

La ragazza sbuffò: forse pensava di evitare le foto, pensò Blaise. Ma alle donne non piacevano le fotografie? "Mi dispiace" sussurrò vicino alla sua spalla e poi si voltò, mostrandogli la schiena.
Blaise rimase di stucco e non riuscì a rispondere che a lui non dispiaceva dover fare le foto, perché fu distratto dall'abito della ragazza: ecco cosa intendeva suo fratello! Era scollato sulla schiena! Quella pelle candida, leggermente dorata, dove non si vedeva il segno del reggiseno nell'abbronzatura, invogliava a pensieri poco consoni in una stanza piena dei parenti della rossa. Si sentì la bocca diventare secca e per un attimo pensò di allungare la mano e toccare quelle efelidi che sembravano attirare l'attenzione come piccole stelle. Chissà se la sua pelle era morbida come sembrava. O come si ricordava.
Fece un altro sforzo per non gemere o allungare le mani, e quando lei si girò a guardarlo dovette fraintendere la sua espressione perché subito dopo disse:"Dai, muoviamoci, così prima facciamo questa dannata foto, prima ce ne andiamo…" Lo prese per un braccio e lo trascinò vicino a George, che stringeva la vita di Angelina da dietro, sorridendo all'obbiettivo.

 

"Mamma, solo una foto, ok?" Ci provò Ginny, ben sapendo che sua madre non si sarebbe accontenta di meno di cinque foto. Ma quando vide che anche Hermione aveva fatto apparire una macchina fotografica, sbarrò gli occhi: in quanti avrebbero immortalato quel momento? In troppi! "Herm…"
"Zitta e sorridi. Zabini, mettile un braccio dietro e appoggiale la mano sul fianco" ordinò al moro e Ginny fu abbastanza stranita dal fatto che lui obbedisse senza fare storie.
Alla fine fecero tantissime foto, da soli, affiancati e con Blaise che la cingeva da dietro, poi con George e Angelina. Per tutto il tempo il moro le fece battutine e lei ridacchiò in tutte le foto, nonostante non avesse voglia di farle.
Quando capì che lui aveva intuito il suo atteggiamento e lo aveva fatto apposta, stava per ringraziarlo, ma poi il ragazzo si allontanò per riprendere i mantelli e lei non disse più niente.
"Come si va? Smaterializzazione?"

 

La ragazza scosse il capo. "Passaporta. La cena è su invito. E massimo due persone a invito" disse, subito dopo verso il fratello, che era rimasto a guardare tutta la scena con uno sguardo corrucciato e arrabbiato. Blaise ebbe quasi pietà di lui. Annuì verso Ginny e aspettò che gli mostrassero l'oggetto che li avrebbe condotti alla famosa serata: una scopa in miniatura. Un biglietto di pergamena annodato al manico dichiarava esplicitamente: "Miss Ginny Weasley +1".
Guardò di nuovo verso Weasley e lui lo fulminò con uno sguardo: resistette a fargli un sorriso in cambio perché non voleva rendere difficile le cose alla ragazza così non lo fece. Non perché voleva ingraziarselo, assolutamente no. E poi non voleva che pensasse male della sorella. Davvero? Gli interessava davvero? Sì, stranamente, quella volta, lo pensò davvero.

 

Ron squadrò Zabini per tutto il tempo e lui, nonostante lo avesse visto, non disse niente. Pensò di andargli vicino per manifestare il suo scontento, quando Hermione, che si stava scambiando foto con sua madre, gli andò vicino.
"Hai visto come stanno bene insieme?" Gli posò una mano sul gomito, mostrandogli una foto: Zabini aveva un braccio dietro la schiena di sua sorella e si chinava su di lei a dirle qualcosa nell'orecchio. Tolse lo sguardo prima che Ginny scoppiasse a ridere, tanto lo aveva già visto quando era successo.
"Non mi piace come la guarda…" spiegò, disgustato dalla cosa.
"Scherzi? L'accarezza con gli occhi…" Cosa? Ma era impossibile!
"Vorrà spogliarla, al massimo!" Cercò di non alzare troppo la voce, ma era sicuro che se il moro si fosse girato in quel momento sarebbe riuscito a pietrificarlo solo con lo sguardo.
"Beh, anche quello non sarebbe male. Secondo me ne ha bisogno."
"Non voglio parlare di queste cose, lo sai!"
Ma Hermione alzò le spalle con un sorrisetto furbo e si allontanò da lui per raggiungere i ragazzi che si stavano preparando.

 

 

Ginny si lasciò aiutare a indossare il mantello, cosa che aveva sempre fatto da sola, e in men che non si dica, dopo i saluti a Hermione e ai suoi genitori, dopo aver lasciato che George e Angelina andassero per primi, lei e Blaise toccarono la passaporta dell'invito e furono catapultati nell'atrio del Enchanted Plaza, il locale da ricevimenti più grande e inn della Londra Magica.

 

*

 

"Sei pronto? Anche qui ci saranno foto…" spiegò Ginny e vide Angelina lanciarle un'occhiata materna.
"Ho le spalle larghe, ricordi?" rispose Blaise e Ginny sperò che fosse vero davvero.

 

Blaise non era mai stato assediato così tanto da foto, flash, reporter e paparazzi, soprattutto considerato che avevano dovuto camminare per neanche un centinaio di metri. Non fu una cosa semplice, erano stati proprio assediati, ma il suo autocontrollo lo aiutò tantissimo. E riuscì a sorridere per tutto il tempo. Anche quando alcune domande, che non fecero neanche a lui direttamente, gli avrebbero fatto sfoderare la bacchetta e lanciare maledizioni e incanti senza perdono.
Quando finalmente riuscirono a entrare nella sala da pranzo più grande e maestosa del Enchanted Plaza, lei sospirò. "Grazie".  Ora iniziava a capire cosa intendesse. Fu contento di essere riuscito a mantenere la sua promessa e di non essere crollato. Ma, d'altronde, lui non era abituato a crollare.
Non le rispose niente, ma le appoggiò la mano sulla parte bassa della schiena e la guidò verso il fratello, facendosi largo fra le persone. Si strinse di più a lei anche quando non c'era bisogno solo per sentire il suo profumo. Quando si voltò verso di lui, finalmente con un sorriso, sperò che lo avesse capito anche lei.

 

***

 

"Ma Gwenog dov'è?" chiese Ginny quando si trovarono con le altre all'open bar per l'aperitivo.
"Non si è ancora fatta vedere."
"Forse arriverà un po' dopo."
"Ah, bo…"
Le frasi si susseguirono mentre le ragazze osservarono tutti i giocatori sfilare vicino all'entrata: con un susseguirsi di cenni del capo e mani alzate, osservarono amici, colleghi, rivali e sportivi entrare nella sala.
Finbar Quigley venne accolto con un applauso e lui alzò tutte e due le braccia in segno di vittoria e continuò a stringere mani e a scrivere autografi nella piccola folla che era riuscita a intrufolarsi dentro, mentre alcuni folletti li spingevano fuori. Le ragazze applaudirono in modo educato e molto, molto contenuto.
Quando entrarono Rudolph
Fastball e Astoria Greengrass, lei era molto elettrizzata e si guardava intorno con meraviglia: Ginny era abbastanza sicura che non fosse il locale addobbato a far sì che la festa fosse incredibile ai suoi occhi.
Le lanciò un sorriso e un cenno della mano quando i loro sguardi si incrociarono e le mimò con le labbra e un dito che si sarebbero parlate nel corso della serata, quando notò che aveva visto Blaise accanto a lei.

 

Blaise notò quando Astoria si accorse di lui, ma non riuscì a decifrare la sua occhiata perché, accanto a lei, vide la compagna del giocatore che aveva ballato con Ginny al party dai Stin'sen e lui rimase di sale: Chastity. Porca Morgana! Dovette gemere o fare qualche verso perché la rossa si girò.
"Tutto ok?" Alzò su di lui uno sguardo preoccupato e gli appoggiò al braccio la sua piccola mano calda.
Blaise annuì, ma a lei si corrugò  la fronte e il ragazzo non resse il suo sguardo.

 

Ginny aveva visto Blaise sbiancare e un lampo di stupore (o terrore?) attraversargli il viso, ma ora era tornato come prima e per un attimo non capì se se lo fosse immaginato o se lui se lo fosse lasciato scappare inavvertitamente per poi ricomporsi.
"Sicuro?"
Lui annuì ancora, girandosi per non guardarla e lei dovette farselo bastare.

 

Blaise notò il fatto che lei non fosse convinta, infatti si voltò e controllò tutta la sala ma, non conoscendo Chastity, non avrebbe mai potuto immaginare la situazione.
Infatti fu con sollievo quando si voltò verso di lui e lo spinse verso il bancone del bar. "Mi stavo scordando…" Fece un cenno al barista e ordinò qualcosa di più forte. "Oggi è il tuo compleanno…" Il barista fece apparire due bicchieri rotondi e Ginny ne prese uno, porgendoglielo. "Tanti auguri!"
Blaise lo prese ridendo e lei fece tintinnare il suo bicchiere con il suo. "Non si usa magiare una torta, in questi casi, di solito?"
"Di solito, sì, Zabini. Ma io non so cucinare. Però, mi viene bene ordinare Firewhisky invecchiato a un Open Bar!" Lei ridacchiò, facendogli l'occhiolino prima di bere.
Il ragazzo la osservò prendere un sorso di liquore con l'atteggiamento di chi non avesse mai fatto altro nella vita e rise quando tossicchiò perché probabilmente non era abituata. Appoggiò il suo bicchiere e le batté la mano sulla schiena, in un gesto contenuto, mentre le toglieva il liquore dalle mani. "Mi sa che non è una cosa che fai spesso, eh?" le sussurrò all'orecchio quando smise di tossire, ma non staccò la mano da lei: la fece lentamente scivolare fino alla fine della schiena.
"Ubriacarmi? No, non lo faccio mai, ma stasera un po' di alcool potrebbe aiutarmi a far passare la serata…"
"Far passare la serata? E io cosa ci faccio qui?"
"Tu impedirai a chiunque abbia voglia di rimorchiarmi, di farlo". La sua voce era sicura.
"Ah, davvero?" Blaise era divertito.
"Certo, ti sei visto?" Gli posò una mano sul bicipite, in un gesto che forse per lei era scontato, ma lui sentì molto intimo. "Neanche mio fratello ha avuto il coraggio di dirti niente…"
"Beh, potrei essere inetto e non saper neanche usare la bacchetta!"
"Certo, ma noi non lo diciamo a nessuno, no?"
Ginny si riprese il bicchiere, ma era ancora vicino a lui e non aveva fatto niente per staccarsi dalla sua mano. "E ricordiamoci che dobbiamo festeggiare anche il fatto che non ti sei sposato con quella là!" E così dicendo ribatté il bicchiere contro il suo e lo finì. "Ti è andata bene, in fondo…"
"Già…" Non sapeva cosa dire, così bevette anche lui, in occasione del suo compleanno.
"E poi ho un regalo per te!"
"Per me?" Blaise era stupito. Un regalo? Per lui? Ma… davvero?
"E cosa…"
"Per i denti di Merlino!" Lei, però, lo ignorò, facendo un passo verso l'entrata e spalancando gli occhi.
Blaise si girò verso la porta: la Jones era entrata al braccio di un'altra donna.

-

-

-

***Eccomi, scusate il ritardo (e il capitolo corto) spero di riuscire a pubblicare ancora fra qualche giorno.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Che la festa abbia inizio! ***


Che la festa abbia inizio

 -

-

Il piccolo coro di urla ed esclamazioni di vittoria partì dal bar del locale e il capitano delle Holyhead Harpies sorrise alla sua squadra.
"Ecco perché voleva che il tavolo fosse al completo!" La rossa applaudì e mandò baci volanti in direzione della porta, prima di raggiungere il suo capitano.
Blaise capì in quel momento cosa fosse lo spirito di squadra. Non lo aveva mai provato, non aveva mai giocato a Quidditch, non aveva mai fatto sport o avuto hobby di collaborazione e anche al club dei duellanti a Hogwarts si era tutti contro tutti.
Un po' fu invidioso di quelle ragazze. Le vide abbracciarsi e dirsi parole non proprio carine, anzi alcune erano veri e propri insulti, ma i loro toni erano così affettuosi e sinceri, i loro sorrisi accattivanti e i loro modi così teneramente fisici, che riuscì a vedere oltre le parole.
Si scambiò uno sguardo con Weasley e uno con un ragazzo alto e dinoccolato con gli occhiali e vide in tutti i suoi stessi pensieri.

 

Ginny non riusciva a crederci: Gwenog aveva portato la sua compagna! "Se me lo avessi spiegato subito, avrei fatto in modo di accettare fin dal primo momento".  La ragazza rise abbracciando il capitano e salutando Vanessa, la sua compagna.
"Doveva essere una sorpresa anche per voi. Mi ricorderò le vostre facce per tutta la vita. E avevo bisogno della squadra al completo" spiegò poi, voltandosi verso la sala: Quigley le osservava tutte dall'angolo in fondo, seduto al bancone dell'altro bar con accanto una biondona con le labbra molto gonfie.
"Ci saremo sempre per te, lo sai."
Quando Gwenog venne raggiunta anche da altre persone, Ginny fece un passo indietro e si scontrò con Blaise, che, ancora vicino al bancone del bar, stava chiacchierando con George e gli altri accompagnatori.
"Oh, scusami" disse, spostandosi, e lui l'aiutò a non cadere, continuando a parlare, posandole una mano sul fianco.

 

Blaise stava spiegando a Tom, il ragazzo alto e biondo, come i folletti gestissero gli investimenti e come invece lo faceva lui, trovando nel suo interlocutore un interessante conversatore.
Non si era neanche accorto di aver abbracciato Ginny finché non aveva adocchiato l'occhiata che suo fratello George aveva lanciato alla sua mano e lì si era reso conto di quello che stava facendo. Ma aveva realizzato che quel gesto gli piaceva molto, lo faceva sentire bene toccarla, sentirla vicina e riempirsi la mente del suo profumo. Lo sguardo che la ragazza gli lanciò - divertito o invitante? Non riusciva a capirlo – gli fece accalorare il viso. Non che su di lui si notasse molto, per fortuna.
Qualcuno le chiese qualcosa su Gwenog e la rossa rispose con un sorriso e agitando le mani, poi disse una cosa che lo colpì. "Sai, non siamo giocatrici, noi siamo una squadra!" E subito dopo si voltò quando venne raggiunta dalle altre. Blaise non aveva mai provato quella sensazione. E più frequentava Ginny, più iniziava a pensare di non poter più vivere senza provarlo. Ma era una cosa strana, soprattutto per lui. Si tirò un po' il colletto, allentando appena la cravatta.
"Andiamo al tavolo, ormai si stanno sedendo tutti" Il gruppetto iniziò a defilarsi, per seguire la Jones che dava ordini anche fuori dal campo.
"Sicuro di star bene?" Ginny rimase indietro con lui, osservandolo. Blaise scosse le spalle: lei aveva capito quello che aveva provato e pensava che fosse un problema della serata.
"Certo."
"Non è per Gwenog, vero?" domandò ancora, ma abbassando la voce. Come? Pensava che a lui potesse dare fastidio il fatto che avesse dichiarato in pubblico la sua omosessualità? Ma Santo Merlino, no!
"E perché dovrebbe?"

 

Ginny si stava spazientendo: prima era sbiancato e poi aveva fatto quella faccia… O lui le stava mentendo, oppure… "So che non abbiamo finito di parlare. Del tuo compleanno, del tuo mat…"
"Perché non andiamo a sederci con gli altri?" la interruppe, e lei capì che voleva liquidare la sua frase. Va bene, poteva farlo. Annuì.
"Non vuoi neanche sapere del tuo regalo?"

 

Blaise sorrise: quella ragazza era intenibile, e a lui piaceva sempre di più.
Ed era curiosissimo per il regalo.
"No" mentì, ma lei lo capì perché ridacchiò divertita, così le confidò: "Non ammetterò mai di non stare nella pelle, sappilo. Soprattutto perché so che mi stuzzicheresti e basta!"
"Oh, Zabini, sai quanto avresti bisogno di essere stuzzicato un po'?" Il suo viso si addolcì e per un attimo, Blaise vide lo stesso sguardo che aveva visto in sua madre quando gli aveva detto di prendersi cura di lei. Dovette reprimere la voglia di accarezzarle una guancia con il dorso delle dita.
Blaise era in imbarazzo, e alla fine scosse la testa bleffando come se fosse divertito dalla sua frase, per poi voltarsi verso la Johnson che li stava chiamando per raggiungere il tavolo.
"Andiamo" disse solamente, prendendola per mano e trascinandola verso gli altri. Non si accorse di aver spostato la sedia per la ragazza fino a quando non sentì una risatina dall'altro lato del piano rotondo e allora alzò gli occhi, stupito del fatto che nessuno lo stesse facendo.
"Hai fatto bene a venire con lui, Ginny: Ron non ti avrebbe mai spostato la sedia!" George ammiccò in direzione della sorella e lei gli rispose a tono, ma poi gli lanciò un'occhiata così dolce che lui non disse più niente.

 

 

 

*

 

La serata stava procedendo bene e su una cosa la rossa non gli aveva mentito: Blaise si stava divertendo. Effettivamente lei non gli aveva mai raccontato bugie, su niente.
I ragazzi erano simpatici e anche la Jones era una persona alla mano.
Era nella sala con tutti i giocatori di Quidditch del Regno Unito e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era alla risata della ragazza accanto a lui.
Avevano già portato gli antipasti e, prima ancora di finire il primo, Blaise notò che lei aveva mangiato poco. Troppo poco. Ma il suo bicchiere era vuoto.
"Devo andare in bagno. Chi viene con me?" La Johnson si alzò e lanciò uno sguardo alla tavola.
"Vengo io, Angie. Ho bevuto così tanto che devo… Ehm, sì… fare un salto in bagno anch'io…" Ginny si era alzata e aveva sorriso. Se anche aveva bevuto tanto quanto sembrava voler far notare, lo reggeva bene.
"Prendi la pochette, così ti sistemi il rossetto…" le suggerì la mora, quando la raggiunse per dirigersi verso il bagno.
"E perché dovrei rimetterlo? Tanto mangio, e sicuramente bevo, ancora…"
"Prendila e basta, su…" La Johnson aveva lanciato un sorriso tremolante verso il tavolo e la Jones aveva riso e si era scambiata un'occhiata con la rossa, come se solo loro due condividessero un segreto.
Una volta che le ragazze si furono allontanante, George scalò due sedie e si sedette al posto della sorella.
"Mi devo preoccupare per quello che sta succedendo Ginny?" Blaise alzò un sopracciglio senza rispondergli subito. Ecco: sapeva che prima o poi gli avrebbe sferzato un colpo basso.
"Non so di cosa tu stia parlando… Noi siamo solo amici" rimarcò ancora. Ormai quella frase iniziava a dargli sui nervi.
Il rosso lo guardò come se dovesse decidere se credergli o no. Immaginò che fosse proprio così.
"No? Quindi non dormirà a casa tua?" Blaise si trattenne dal dire che se Ginny quella notte fosse andata a casa sua non sarebbe stato per dormire.
"Dovrebbe?" Scelse di fingere un'innocenza che non aveva mai avuto: non voleva comunque inimicarsi i suoi fratelli.
"Non ha dormito da te, in queste notti?"  Il moro capì che la sua domanda era sincera.
"No. Pensavo che dormisse alla Tana" ammise, troppo sorpreso da riuscire a formulare qualsiasi progetto di pensiero e un possibile bleff.
"Oh. Ah…" Blaise non riuscì a pensare lucidamente. Dove cavolo dormiva quella ragazza? Effettivamente sembrava meno stanca del giorno che era andato al campo, ma ancora non sembrava in forma. Per non parlare che secondo lui aveva mangiato poco e bevuto più di quello che avrebbe dovuto.
"Forse allora… Oh, Angelina, sei tornata!" George si girò verso la ragazza e tornò a sedersi al suo posto, probabilmente felice di non dover continuare la conversazione.
Blaise si voltò verso la mora e le chiese dove fosse Ginny.
"Si è fermata a parlare con la Greengrass: era così agitata e ha detto che doveva assolutamente raccontarle una cosa". La mora si sedette sorridendo.
Il ragazzo si voltò nella direzione indicata dalla giocatrice e vide le due ragazze vicino al bancone del bar: per non pensare a dove lei potesse aver passato quelle notti, si concentrò sulla giovane vicino alla rossa. Aveva ragione Draco: aveva un vestito color avorio.

 

*

 

Ginny e Angelina erano uscite dal bagno, quando avevano visto Astoria correre verso di loro. La bionda era molto agitata, ma sorrideva come estasiata da qualcosa. "Astoria! Mi sa che ti stai divertendo, vero?" Ginny le fece l'occhiolino.
"Oh, per Salazar, Ginny, non mi avevi detto che saresti venuta con Blaise!" Tutte e tre si voltarono verso il tavolo verde e oro delle Holyhead Harpies
e videro il moro e il rosso parlare seduti vicini.
Per i denti di Merlino, cosa stava facendo George? Spalancò gli occhi al pensiero di cosa potessero dirsi: fra l'altro erano girati di spalle tutte e due e lei non riusciva a vedere le loro facce.
"Vado io, non preoccuparti" mormorò Angelina, con un lieve tocco della mano sul suo braccio. Doveva aver pensato anche lei che George probabilmente la stava mettendo in imbarazzo con le cose da 'fratello maggiore'.
"Grazie" sussurrò.

 

Astoria aspettò che la Johnson si allontanasse e subito dopo prese Ginny per un braccio, gesticolando in modo poco contenuto, senza riuscire a contenere l'agitazione.
Ginny le aveva detto che non sarebbe venuta e poi la ritrovava lì, con Blaise, e con Richard che continuava a guardare il suo tavolo per capire chi fosse il suo accompagnatore. Astoria non gli aveva ancora detto che lo conosceva, visto che lui non glielo aveva chiesto, altrimenti non avrebbe più smesso di farle domande. Ma neanche Chastity aveva detto che sapeva chi era, e cercava di distrarlo, nonostante anche lei continuasse a guardare da quella parte.
Lanciò un'occhiata al tavolo del Puddlemere United, notando che più di una persona stava guardando verso di loro, così, nervosa e un po' agitata, prese la rossa per un braccio e si spostarono verso il bancone del bar, che era nascosto alla loro vista.
"Sai con chi è venuto Richard?"

 

Ginny si stupì della domanda: pensava che Astoria l'avrebbe subissata di domande su Blaise e invece… Alzò le spalle.
"Non doveva venire con sua cugina? E comunque non mi interessa, può…"
Astoria sbuffò e fu così strano che la rossa quasi si preoccupò.
"Sai chi è Chastity Fawley?" E Ginny si sentì impallidire. Chastity? La famosa Chastity di Blaise? Come aveva detto che si chiamava di cognome? Era una delle sacre ventotto? Vabbè, ma quante ragazze si potevano chiamare 'Chastity' nel mondo magico? Quante traditrici, poi, potevano avere quel nome?
"La fidanzata di Blaise?" Come era fatta quella ragazza? Allungò il collo verso il tavolo dei giocatori blu oltremare, cercando di spiare i volti oltre il bancone circolare del bar.
Astoria la scosse e la rossa dovette riportare l'attenzione su di lei. "Ex fidanzata. Non dovresti essere tu quella nuova?"
Ginny emise una risatina nervosa. Molto nervosa. Si passò una mano sulla testa, ricordando solo dopo di non dover scompigliare l'acconciatura con un gesto di irrequietezza. "No. Noi non… Siamo amici…" Per finta, per lo più, si costrinse a ricordarsi, ma per lei le cose erano cambiate. E molto. "Per i denti di Merlino! Praticamente Blaise è stato costretto a venire, oggi, nel giorno del suo compleanno, del suo mancato matrimonio e ci trova… lei…" Lanciò ancora un'occhiata al tavolo e vide una ragazza dai lunghi boccoli biondi, ordinati e acconciati con nastrini intonati al vestito, dalla carnagione delicata e i modi raffinati che, chinata accanto a Richard, gli mormorava qualcosa. Quando lei alzò lo sguardo i loro occhi si incrociarono: per Godric, era davvero molto bella. Poi lei si alzò in piedi e la vide incamminarsi verso di loro.
"Sta venendo qui" sussurrò alla bionda.

 

Astoria si voltò e poi trascinò Ginny più lontano. "Visto che sai già, sappi che lei non ha smesso un attimo di guardare verso il vostro tavolo. Sembra che non abbia più visto Blaise da quando si sono lasciati e…"
"Tu sai perché si sono lasciati?" la interruppe la ex Grifondoro.
Come? No, Blaise non lo aveva detto a nessuno. E aveva disertato anche il matrimonio di Pansy per non dover dare spiegazioni, visto che si era tenuto dopo pochissimo.
Scosse il capo e capì che lei invece lo sapeva. "Perché, tu lo sai?"
Ginny annuì, ma non disse nient'altro. Oh. Lei non era sicura che qualcuno della loro compagnia lo sapesse, forse Theo, che era quello più vicino a Blaise. Di sicuro non lo sapeva Draco e neanche Daphne.
Se Blaise si era confidato con lei, cosa che non faceva con nessuno, un motivo c'era. E non doveva essere totalmente innocuo. "Solo amici, eh? Cara Ginevra Weasley, mi sa che mi devi parecchie spiegazioni!"
"Merlino, mi hai chiamato con il mio nome per intero. Non lo fa più neanche mia madre! Comunque sì, solo amici: come te e Draco, direi. Ma con meno smielanza e più parolacce."
Astoria rise nonostante tutto: ok, aveva capito.
Guardò ancora verso il tavolo, e notò che Chastity, in verità, aveva deviato ed era andata a salutare qualcun altro, ma continuava a guardare verso di loro.
"Continua a guardare di qua… Mi farà un sacco di domande, appena tornerò al tavolo…" mormorò, scontenta.
"Inventati quello che vuoi. Ti reggerò il gioco. Dille che sono… Non so… Chi potrei essere?"
"Ma tu sei Ginny Weasley, e lei lo sa già!" Astoria ridacchiò della tattica che la rossa voleva usare, tralasciando cose importantissime.

 

Già, era vero. Ginny si morse il labbro: tutti la conoscevano. Tutti sapevano che era la ex di Harry Potter, il salvatore del mondo magico. "Ah, giusto, Harry…" rispose, un po' demoralizzata: per una volta pensare di essere qualcun altro le avrebbe dato un po' di respiro e lasciato spazio per la fantasia.
Ma Astoria rise e si chinò su di lei. "Guarda che Richard le ha fatto una testa così su di te, e penso che di Potter non le abbia raccontato proprio niente!" Come? Oh. Richard.
"E cosa le avrà detto?" Merlino, cosa avrà raccontato Richard, di loro? Era un perfetto gentiluomo anche su quelle cose lì, vero?
"Di sicuro le ha detto che sei una giocatrice di Quidditch molto agile e temuta" disse.
Oh, davvero? Beh, in fin dei conti era vero. "Ascolta, ci vediamo domani?" le chiese la bionda.
Perché avrebbero dovuto vedersi? "Per far che?"
Astoria sorrise sorniona. "Stasera potrei tenerla lontana dal vostro tavolo. Ma in cambio voglio che domani mi racconti tutto!"
Ginny la guardò stranita: cosa avrebbe dovuto raccontarle? "Riguardo a cosa?"
"Alle molte parolacce e la poca smielanza" Astoria le face l'occhiolino. La guardò divertita, alzando un sopracciglio. Ma davvero? "Non scordarti che ero una Serpeverde!" E Ginny rise.
"Allora dovrai raccontarmi tutto anche tu" concesse, tornando a guardare verso il fondo della sala. Notò Blaise voltato verso di loro con la fronte aggrottata: era ora di rientrare. "Torno al tavolo".
"Va bene. Speriamo che vada tutto bene…"
Ma certo che sarebbe andato tutto bene! Cosa avrebbe potuto andare storto?

 

*

 

 

 

"Tutto bene?" Blaise non riuscì a non chiederglielo quando la rossa tornò al tavolo, sotto gli occhi di tutti.
"Oh, sì, Astoria sta sperimentando cose nuove ed è elettrizzata. Domani andremo a prendere qualcosa da bere e mi racconterà tutto". L'ultima parte della frase, Ginny la disse senza guardarlo e Blaise non capì bene il motivo: stava mentendo o gli stava nascondendo qualcosa? Si passò una mano fra i capelli: la questione delle sue notti fuori lo stava mandando in paranoia. Ma in fin dei conti cosa si aspettava? Lei era quello che sua madre avrebbe chiamato 'spirito libero' e quella serata non era un appuntamento. Lei non voleva neanche venirci; la Jones l'aveva costretta a partecipare e lui si trovava lì per caso. Loro non erano una coppia. Non facevano sesso. Non erano neanche amici.
"Potremmo ballare". La Jones si alzò e prese la mano della compagna, per portarla sulla piccola pista davanti al palco.
"Comunque non mi hai detto che c'era Chastity, qui…" mormorò la rossa, spostandosi verso di lui, in modo che nessun altro potesse sentirla.
Chastity! Giusto, ecco cosa poteva averle raccontato Astoria!
"Non ti ho neanche detto che è venuta con il tuo amico". Blaise sapeva che lei non gliela avrebbe fatta passare liscia, quando lo avesse scoperto, ma fu contento del fatto che non lo avesse detto ad alta voce.
"Dobbiamo parlare."
"Oh, che brutta frase. Di solito serve per lasciarsi o litigare. Per noi che non stiamo insieme che vuol dire?" Cercò di sembrare scherzoso e di prenderla alla leggera: non gli piaceva parlare di questioni private e infatti già il fatto che lei sapesse della storia di Chastity, per lui era una novità. E si pentì di averglielo raccontato. Cosa gli era passato per la mente?
"Andiamo in bagno". Tutti si alzarono per andare a ballare e loro rimasero soli al tavolo, ma probabilmente lei non voleva parlare lì. Lo prese per un braccio e, senza dargli tempo di tirarsi indietro, lo trascinò lontano dal tavolo, mischiandosi tra la piccola folla.
Ma Blaise non voleva parlare di Chastity. Si fermò e lei dovette fare lo stesso.

 

"Non vengo in bagno."
Ginny alzò gli occhi al cielo. "Verrò io in quello degli uomini, non preoccuparti."
"Potremmo parlare mentre balliamo" propose: si voltò  a guardare il centro del locale, dove molte coppie stavano danzando al suono di un piccolo quartetto d'archi.
Come? Voleva ballare con lei? "Ah, oggi il mio vestito ti aggrada?" lo stuzzicò, pensando che la stesse prendendo in giro, facendo un passo verso di lui in modo giocoso.

 

 

Blaise la guardò negli occhi: aveva uno sguardo divertito, facendo riferimento alla sera nel giardino a casa di sua madre. Si era avvicinata a lui così tanto che riusciva a sentire il suo profumo e probabilmente anche quello della sua pelle. Sentì un formicolio al basso ventre e cercò di risponderle con un'occhiata come la sua, ma capì da solo di fallire, quando lei non abbassò gli occhi. Tutto di te, mi aggrada.
"Sì" confermò, lasciando cadere uno sguardo carezzevole lungo il suo corpo.

 

Ginny spalancò gli occhi, sorpresa perché lei lo stava prendendo in giro e lui, invece di stare al gioco, voleva ballare. Ma forse, era proprio questo il gioco, pensò subito dopo. Lui le porse la mano come quando si smaterializzavano e, non riuscendo a ribattere qualcosa velocemente, la prese, lasciandosi guidare lungo la pista.

 

Blaise notò che lei non aveva detto più niente e che, una volta al centro del locale, aveva alzato le braccia verso di lui, ma senza guardarlo o scherzare ancora. Cosa era successo? "Così Astoria ti ha detto di Chastity?" Andava bene parlare anche della sua ex, l'importante era che lei riprendesse a parlare con lui.
Ginny annuì, ma ancora non disse niente e lì, Blaise si preoccupò.

 

Doveva tornare al tavolo al più presto. Ginny sentiva la mano di Blaise sul suo fianco che l'accarezzava, ogni volta che si spostava o si muovevano secondo la musica. Era devastante. Si sentiva quasi eccitata dal suo tocco. Da quando lo psicomago le aveva detto di non pensare più al sesso come alternativa per i pensieri, lei aveva iniziato a sentirsi in trappola. Era una cosa strana: non aveva fatto niente, prima dell'incontro con il medimago, ma da quando lui glielo aveva negato, le sembrava di non pensare ad altro. E odiava il fatto che Blaise lo avesse predetto.
"Ohi… Tutto bene?"
Ginny alzò lo sguardo su Blaise e mentì spudoratamente. "Sì. E comunque, scusami, hai ragione: se non vuoi parlare di lei, non c'è problema, sono fatti tuoi. Pensavo soltanto che avresti potuto dirmelo. Pensavo che noi…"

 

Blaise sentì la sua voce piena di tristezza. E il fatto che non lo stesse accusando, non fosse arrabbiata, ma soltanto delusa, lo fece sentire in colpa.
"Ehi, chi sei tu? Pensavo che mi avresti attaccato con mille domande e poi… mi chiedi scusa e mi dici che ho ragione? Hai chiuso Ginny Wealsey in un momento che non guardavo e ti sei sostituita a lei con una polisucco?" Cercò di scherzare.
Lei, per fortuna, sorrise. "Sono una rompipluffe, vero?"

Sei perfetta così.
Blaise si meravigliò soltanto di averlo pensato. Cercò di reprimere un sospiro, ma lei continuava a guardarlo così, per togliere l'attenzione, staccò la mano dal suo fianco e la fece girare in una piroetta che non ci stava per niente con la musica che stavano suonando.

 

"Oh!" esclamò Ginny, divertita dalla cosa. "Quindi vorresti che ti facessi un sacco di domande?" L'espressione sul suo viso fece ridere la ragazza.
"No, non voglio incasinarmi da solo. Ma non voglio perdermi il mio regalo e se devo tenerti buona per…"
"Tenermi buona? Ehi, così sembro un gattino!"
"Un gattino carino? Non dicevi che il termine 'carino' andava bene per i gatti?" Lui rideva, mentre la faceva girare ancora un po'.
Poi Ginny annuì, molto più rilassata di prima.

 

"Grazie" disse lei e Blaise fece finta di non capire.
"Per cosa?" Si sentiva un troll, ma aveva bisogno di farselo dire.
"Per essere così… gentile. Con me". Stranamente lei non si imbarazzò della cosa.
"Ti ricordo che lo sto facendo per il mio regalo, non montarti la testa, Weasley!"

 

Ginny sorrise come se lui le avesse fatto un complimento e poi arricciò il naso. "Giusto. Magari te lo farò penare un po', allora. Dovrai… mmm non lo so… Ora ci penso e sono sicura che qualcosa mi verrà in mente!"
Blaise aprì la bocca per parlare, quando dal palco si sentì la voce di qualcuno incantata con un sonorus. Tutte le coppie che stavano ballando si fermarono e ascoltarono il mago sul pulpito che aveva iniziato un discorso di ringraziamento e di presentazione.
"Ora aprono l'asta per le maglie dei giocatori. Hai portato i tanti galeoni che avevi detto?" Si girò verso di lui, prendendolo in giro mentre applaudiva in una pausa del discorso.
"Certo, ho…" iniziò lui, ma poi si interruppe, mentre lei osservava una coppia camminare verso di loro: Richard e Chastity li avrebbero raggiunti a breve.

-

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Uno, due, tre: asta aggiudicata! ***


Uno, due, tre: asta aggiudicata!

-

-

Blaise si era interrotto quando aveva notato che lo sguardo di Ginny si era posato oltre di lui e che si era fatto strano. Si voltò per vedere cosa avesse notato, e osservò Chastity e il giocatore del Puddlemere United che si avvicinavano a loro. Oh, beh, tanto valeva estrarre la mandragola subito.
"Buonasera, Ginny". Il ragazzo si avvicinò e si girò verso di lui, porgendogli la mano. "Piacere, Richard". Doveva ammettere che sembrava una persona a modo.
"Blaise" rispose, stringendogli la mano e notando poi anche Chastity che si fermava accanto a lui, sorridente.
"Lei è Chastity". Da perfetto gentilmago, non immaginò neanche che non ci fosse bisogno di una presentazione e Blaise non riuscì a non farselo stare simpatico per questo.
"Ciao, sono…" iniziò la rossa, dopo aver fatto un cenno al ragazzo e aver fatto un passo verso Chastity.
"So benissimo chi sei: so parecchie cose su di te!" Il tono di Chastity, la contrario di quello di Ginny, non sembrava particolarmente entusiasta, ma sapeva nasconderlo bene e solo una persona attenta ai dettagli avrebbe potuto capirlo.

 

"Oh, sarà il caso che io non ti dica quello che ho sentito su di te, invece!" ribatté Ginny, quando notò lo sguardo con cui la ragazza la stava osservando. Ma cosa voleva da lei? Forse pensava che fra lei e Blaise… Lanciò un'occhiata al ragazzo: lui non disse niente, ma il suo viso assunse un'espressione sorpresa e forse divertita, mentre alzava un sopracciglio. Richard invece rimase sorpreso e basta: Ginny pensò che non sapesse di Blaise. "Sto scherzando, scusami. Sapevo che Richard sarebbe venuto con una cugina molto bella, ma effettivamente nessuna voce è stata alla tua altezza".

 

Blaise corrugò la fronte: cosa stava dicendo? Perché non aveva detto niente? "Ah, siete cugini?" chiese con noncuranza, visto che la cosa non lo interessava minimamente ma non sapeva cosa dire.
"Eh, sì. Sapete, sono single da poco e Richard è stato così carino da invitarmi stasera, per farmi distrarre un po'… Vero, Richie?" Chastity ridacchiò in un modo un po' volgare e, secondo Blaise, disse quella cosa di essere single solo per lui.
Il giocatore, che non sembrava a conoscenza di niente, annuì in modo distratto.
"Oh, single da poco? Deve essere brutto, quando è successo a me, ero distrutta. Distrarsi è il modo migliore per andare avanti. Io non sarei riuscita, però, ad affrontare un evento del genere…" Ginny si morse un labbro e si guardò intorno: Blaise capì dalla sua espressione affranta che stava ripensando a quei momenti; probabilmente, anche se aveva lasciato lei Potter, doveva essere stata una cosa sofferta.
"Oh, per me non ci sono problemi, sai sono una persona che non si piange mai addosso. Cerco sempre di darmi una mossa, e poi adoro i ricevimenti così grandiosi."
Blaise aspettò che Ginny le rispondesse a tono, ma quando non lo fece si meravigliò e tornò a guardarla. Lei alzò lo sguardo e gli sorrise, come se nascondesse un segreto e lì capì che era vero: non le aveva risposto perché non c'era bisogno. Ginny era una persona che dava l'importanza giusta anche a una relazione finita e non si sarebbe vantata di ciò.
"Sì, penso che Ginny si sia fatta un'idea. Dimmi: hai già messo gli occhi su qualcun altro? O lo hai fatto mentre stavi ancora insieme al tipo di prima? Pensavi di sposarti anche con lui o che?"

 

"Cos…" La bionda spalancò la bocca, guardando il ragazzo con gli occhi sbarrati.
"Scusateci, Gwenog ci sta chiamando. Fra un po' aprono l'asta delle divise… In bocca al drago, Richard!" Ginny prese per un braccio Blaise e lo trascinò via dal centro della pista, mentre il presentatore stava ancora parlando. "Uno: quando si vuole scoprire le carte, bisogna farlo bene. Dovresti saperlo, visto che giochi e ti vanti di essere bravo…"
"Io sono bravo!" esclamò Blaise, stranito, mentre raggiungevano il tavolo.
"E secondo: avvisa la tua spalla quando vuoi fare una scenetta, perché lei potrebbe non capire le tue intenzioni e poi finisce male."
Blaise divenne serio e la fissò con uno sguardo penetrante. "Sei la mia spalla?"
Ginny sbuffò e alzò gli occhi al soffitto. "Sembra che solo io conosca il concetto di squadra, fra noi due…"

 

Blaise si fece serio davvero. Cosa stava dicendo? Loro erano una squadra? "Senti, capisco che tu lotti in continuazione fra il non volerti fidare di qualcuno e voler comunque far parte di qualcosa, ma dovrai pur prendere una posizione, no? E qui ora ci sono solo io che…"
Colpito da quello che aveva detto lei, e confuso fra il fatto di voler negare tutto e ringraziarla per essere così sveglia, lui alzò le spalle e non disse niente: perché lei lo conosceva così bene? E perché lui si sentiva così vulnerabile per questo fatto?
Arrivarono al tavolo e si sedettero, ma la rossa continuava a scuotere la testa. "Guarda che non ho detto niente di…"
"Avremmo potuto farlo meglio. E metterla in ginocchio. Se volevi vendicarti di lei, dovevamo…"
"Non volevo vendicarmi. Non mi è piaciuto quello che ti ha detto: non sei una che si piange addosso."
Il rumore di un applauso lo interruppe e loro rimasero a osservarsi.

 

"L'hai fatto per quello che ha detto a me?" Quando il moro annuì, Ginny sentì veramente il calore salirle sulle guance. E sul collo, e sul petto. Sentiva caldo dappertutto. "Non dovevi" disse, forse un po' dura, perché non sapeva come interpretare la cosa. E poi, lei lo aveva fatto per lui, aveva contato fino a dieci e non aveva risposto subito, come avrebbe fatto di solito. Non solo non aveva aperto bocca, ma non aveva neanche tirato fuori la bacchetta. Fermarsi l'aveva aiutata a non sbottare in escandescenza e, quando si erano guardati, le era sembrato che non ci fosse più bisogno di dire niente. Si era sentita così bene. Doveva assolutamente scoprire come facesse lui a comportarsi sempre così.
"Lo so. Ma l'ho fatto lo stesso". Blaise iniziò a battere le mani.
"Magari ci vendichiamo dopo, che dici?" Ginny gli fece l'occhiolino e batté le mani.
"Perché no?"
Poco dopo iniziò l'asta: le divise di tutti i giocatori vennero portate, una per una sul palco e, in ordine alfabetico, iniziarono a venderle in favore dell'associazione dei bambini.

 

"Come funziona?" Blaise si rivolse a Tom, il tipo con cui aveva parlato di investimenti. "Dobbiamo comprare le divise delle ragazze?" Aveva notato che, soprattutto le prime divise, erano state comprate dallo stesso tavolo della squadra.
"No, lo fanno solo quelli che non ricevono offerte: sono le squadre meno popolari. Qui", indicò il tavolo con il capo, "non ci sarà bisogno".
Blaise annuì.
Effettivamente, quando arrivarono le prime divise verde scuro, non ci furono tentennamenti e le aste non rimasero mai senza offerte. La divisa della Jones, forse perché era il capitano, era salita a più di cento galeoni.
Quando arrivò sul palco la divisa nera con il pipistrello rosso di Finbar Quigley, dei Ballycastle Bats, Blaise si tirò su, facendosi attento. Il folletto che faceva da banditore aveva iniziato a leggere qualche informazione sul giocatore, come era successo per tutti gli altri, e dal fondo del locale si alzò un grosso applauso. Il moro si girò: il pubblico che era stato fatto entrare per l'asta era in visibilio. Più della metà dei presenti doveva essere lì per lui. Oh, Merlino, sarebbe stato difficile aggiudicarsi la divisa. Si preparò a spendere molti galeoni. Ma d'altronde lo sapeva già.
L'asta iniziò e man mano il prezzo si fece sempre più alto.
"Non fai un'offerta?" sussurrò al suo fianco la rossa, quando vide che non aveva alzato la bacchetta neanche una volta.
"Aspetto. C'è troppa gente."
"Come?" Lei corrugò la fronte in quel modo che Blaise aveva iniziato a disegnare da poco.
"Quando gli altri saranno alla fine del loro budget, io inizierò a giocare" confidò, cercando di non farsi distrarre.

 

Oh. Ginny non capì bene cosa intendesse, ma intuì il suo gioco quando, man mano, la maggior parte degli offerenti smise di alzare la bacchetta e fare offerte e  rimasero solo in due.
E a quel punto Blaise alzò la mano aggiungendo dieci galeoni all'ultima offerta. Tutti rimasero zitti e quando il banditore batté il primo colpo con la bacchetta, l'asta riprese.
Alla fine Blaise rimase quasi per ultimo, fino a quando Ginny non vide Quigley impugnare la bacchetta: oh-oh, non andava bene.
Sembrava che Blaise avesse finalmente vinto l'asta, quando un elfo domestico apparve in fondo del locale e dichiarò un'offerta anche lui, a nome del proprio padrone, senza dire chi fosse.
Blaise fece un'offerta più alta, ma subito Ginny lo bloccò con una mano sul braccio. "Fermati" sussurrò.

 

Blaise si voltò verso di lei. "Perché?"
La ragazza gli indicò l'elfo che aveva appena superato la sua offerta di solo mezzo galeone e sussurrò al suo orecchio. "È l'elfo di Quigley: quando lui pensa che l'asta non sia abbastanza importante, lo fa intervenire per alzare le offerte. Solo che è già la più alta, non capisco perché stavolta lo stia facendo. Forse…"
La ragazza si voltò a guardare il tavolo dei Bats e Blaise vide l'occhiata che il giocatore lanciò a Ginny e qualcosa nel suo petto si smosse. Quei due erano intimi? No, non sembrava. Ma il giocatore avrebbe voluto, secondo Blaise. Oh sì, quel bastardo la stava spogliando con gli occhi, nella sua occhiata viscida. Niente a che vedere con il cugino di Chastity: almeno lui l'aveva guardata anche con ammirazione. Quigley la stava divorando. Si voltò verso la ragazza e notò che aveva tolto lo sguardo dal tavolo. Merlino, quel troll lo stava usando. Usando per fare un dispetto a lei?
"Ci ha provato con te?" le chiese, alzando la bacchetta e facendo un offerta di poco più alta di quella dell'elfo. Tutta la sala era silenziosa. Solo il suo tavolo stava borbottando e Blaise sentì le ragazze bisbigliare fra di loro.
"Come fai a saperlo?" Lei aveva strabuzzato gli occhi, confermando la sua domanda. Ora Blaise era a metà fra il deluso e l'incazzato nero. Anche se immaginava che non fosse successo niente, non riuscì a non chiederle: "E tu?"
"Io, cosa?"
Il nervosismo gli faceva friggere le budella. "Ci sei stata?"
Ginny gli lanciò uno sguardo durissimo e per un attimo pensò che avrebbe generato magia involontaria. "Ti ricordi quando ti ho detto che non andavo con chiunque?"
Blaise sentì il cuore riprendere a battere e il respiro rifarsi regolare. "Non volevo offenderti" ribadì.

 

Ginny fece finta di crederci. Odiava Quigley perché ci aveva provato con lei quando aveva iniziato a frequentare il mondo del Quidditch ed era solo una riserva. Lo detestava perché era convinto di poter avere tutto quello che voleva e si credeva un essere superiore. Si era fatto avanti quando ancora stava con Harry, pensando che lei lo avrebbe tradito soltanto perché il più importante dei giocatori di Quidditch glielo aveva proposto. Al suo rifiuto subito lui aveva riso, pensando che lei stesse facendo la preziosa, ma dopo, quando aveva capito che non era un atteggiamento, si era arrabbiato. Era tornato alla carica anche qualche mese prima, dopo che lei e Harry si erano lasciati: probabilmente non capiva come mai una ragazza dovesse rifiutare uno come lui.
Ma Ginny sapeva che lui ci provava sempre con tutte; sapeva anche, però, che normalmente si teneva lontano dalle Holyhead Harpies. Perché si fosse fissato così tanto con lei, non lo sapeva proprio.
"Giuro che non volevo offenderti. Ero solo…" Blaise le appoggiò le dita sul braccio, prima di continuare. "Confuso. Non avevo capito…"

 

Blaise si dovette mangiare la lingua per non dirle che era geloso e aveva girato la cosa sul fatto che non conosceva veramente Quigley. Ma ora iniziava a farsi un'idea. Alzò ancora il braccio che impugnava la bacchetta.
"Non fare altre offerte: quel troll non…"
"Non ho intenzione di farmi fregare da un tipo che manda avanti il suo elfo" spiegò e lei lo guardò stranita per poi scuotere la testa.
Subito dopo un leggero brusio si alzò dal tavolo nero con disegnato il pipistrello scarlatto e Blaise capì che gli stessi compagni di squadra di Quigley gli stavano intimando di smettere. Lui ghignò e scosse il capo, puntando la bacchetta e l'elfo fece un'altra offerta.
Fu solo quando un folletto si materializzò al suo fianco, sussurrandogli qualcosa all'orecchio che lui annuì.
Capendo che era finita, Blaise fece la sua ultima offerta; l'elfo non disse più niente, il banditore batté tre volte la bacchetta e confermò il prezzo dell'asta: 512 galeoni.
Uno scroscio di applausi partì dal fondo del locale, ma Blaise non ci fece tanto caso. Osservò invece Quigley che, incurante di come si era appena comportato, con un bel sorriso, si era alzato, si era sistemato la cravatta ed era andato a prendere la divisa per portarla a lui come vincitore.
Tutti gli altri, prima di lui, si erano alzati per andare incontro ai giocatori, per abbracciarli e ridere con loro sul tappeto che conduceva al palco, fare foto e altro, ma Blaise rimase seduto e aspettò che Quigley camminasse fino al loro tavolo. E Quigley non fu contento della cosa. Blaise lo capì dal suo sguardo quando intuì che lui non si sarebbe alzato.
"Complimenti per l'asta" disse il giocatore, una volta arrivato davanti al suo tavolo, tendendogli la divisa. Forse si aspettava che si alzasse, ma Blaise, ancora, rimase seduto.
"Già, nonostante qualche piccolo imbroglio, ma alla fine me la sono aggiudicata". Sentì tutto il tavolo trattenere il fiato. Per fortuna il loro scambio di battute non si sentì oltre.
"Potresti farla indossare alla tua ragazza, stasera, quando te la scopi" lo provocò, con arroganza e tono borioso, lanciando un'occhiata di sbieco a Ginny.
"Se questo è l'unico modo che hai per entrare nel letto di una donna…" Blaise alzò una spalla come se gli importasse poco e tutto il tavolo applaudì alle sue parole, ma lui non si fece distrarre e continuò a guardare il giocatore negli occhi. Lo vide incassare il colpo senza rispondere niente, ma lanciò un'occhiata alla ragazza al suo fianco. Ginny, stavolta, non abbassò lo sguardo e sorrise di un sorriso vittorioso.
Appoggiò la mano sulla spalliera della sua sedia e sorrise all'uomo davanti a lui, in un gesto quasi di possesso. Quigley fece un sorrisetto di circostanza e poi fece un passo indietro, alzando la mano per salutare tutto il locale e ricevere un applauso anche lui.

 

Ginny non sapeva cosa dire: per la prima volta era rimasta senza parole. Osservò Quigley andarsene e continuò a sorridere. Fu solo quando sentì le dita di Blaise accarezzarle la schiena che si voltò verso di lui. "Sei stato un signore. Devi insegnarmi come si fa". Era vero: lei avrebbe dato in escandescenza, mentre lui era rimasto calmo e tranquillo. A volte gli invidiava quel suo atteggiamento.

 

Blaise scosse il capo perché non poteva dirle che era meglio essere come lei che come lui, ma venne distratto dagli altri che iniziarono a fargli i complimenti e a parlargli, mentre l'asta andava avanti.
Quando il banditore chiamò il nome di Ginny, sapeva già, perché glielo aveva detto lei, che sarebbe stata l'ultima asta e che il papà di una bambina ricoverata al San Mungo si era presentato per aggiudicarsi la divisa e allo stesso tempo fare una donazione all'associazione.

 

Furono due o tre gli offerenti per la divisa di Ginny, ma alla fine, rimase solo il padre di Juliet, la bambina che lei aveva conosciuto il mese prima.
Gli lanciò un'occhiata e lui sorrise nel vederla, alzando una mano per salutarla.
In quel momento si sentì un'offerta dal tavolo vicino al banditore e tutti, straniti, girarono la testa verso il capitano dei Ballycastle Bats. Cosa stava facendo?

 

Blaise notò Quigley fare l'offerta per la divisa della sua accompagnatrice e quando lo guardò, capì che lo stava facendo come affronto nei loro confronti.
"Merlino!" mormorò Ginny, accanto a lui, quando anche lei guardò verso il palco.
Senza un motivo coerente, pensò al fatto dell'indossare le magliette come per fare sesso e la cosa lo innervosì parecchio, soprattutto quando il giocatore ghignò.
"Che cosa assurda" sussurrò Ginny alla Johnson.
"Penso che si voglia vendicare per prima. Te lo farà pesare mentre gli dovrai consegnare la divisa. Quel troll ha decisamente…" Blaise non sentì la fine della frase della ragazza, ma notò lo sguardo cupo della rossa, mentre accettava la cosa. Come? No, no.
Il banditore batté la prima volta la bacchetta, ma subito si sentì un'altra offerta da uno dei tavoli sul lato destro: il cugino di Chastity aveva alzato il braccio. Blaise pensò che anche a lui avesse dato fastidio il comportamento del capitano dei Bats e apprezzò il gesto, ma non voleva che fosse lui a farlo.
"Forse Stonewall ha capito quello che vuole fare Quigley e sta cercando di… sì, di salvarti…" spiegò una ragazza bionda, alla sua destra. Blaise ora era più che infastidito. Non doveva salvarla quello là. No. No. Lo avrebbe fatto lui.
"Hai detto che Quigley vuole che la sua asta sia quella più alta?"

 

Ginny corrugò la fronte alla domanda di Blaise. "Sì. Essendo quasi alla fine dell'elenco dei cognomi, sa che dopo di lui non ci sono giocatori che possono sfidargli quel titolo, così deve solo alzare la posta di quelli per cui hanno già fatto un'offerta" spiegò. Quando il moro annuì, lei chiese: "Ma cosa c'entra adesso?"
Blaise si voltò verso il banditore e alzò la bacchetta. "511 galeoni e mezzo" offrì.
"Ma cosa fai?" esclamò, scandalizzata, lei.
"Gli ho fatto capire che non ho problemi di soldi. E che se vuole giocare duro, ci sono. Non farà altre offerte, perché altrimenti tu diventeresti l'asta più alta della serata."
Oh. Ginny osservò Quigley e notò che Blaise aveva ragione: non si aspettava un'offerta così alta e se non voleva fregarsi da solo il titolo dell'asta, avrebbe dovuto mollare. Sentì con piacere il banditore battere tre volte la bacchetta e dichiarare l'asta conclusa. Mentre batteva le mani, disse: "Non li ho tutti quei soldi da darti indietro, lo sai, vero?"
"Certo che lo so."
Ginny si voltò verso di lui e lo sguardo che Blaise le lanciò fu così rassicurante che si sentì quasi in colpa. "Dai, ora vai a prenderla, che il pubblico non aspetta altro!"
Oh, giusto! Si alzò di scatto, avvicinandosi al palco. Si fece consegnare la divisa e poi si voltò per tornare al suo tavolo, ma si fermò quando trovò Blaise a pochi passi da lei, sul tappeto che portava al palco: si era alzato per andarle incontro, cosa che non aveva fatto con Quigley e voleva far notare la cosa a tutto il locale. Capì che era una gentilezza nei suoi confronti e non riuscì a non sorridere, mentre lo guardava.
Lui si chinò in un gesto estremo di galanteria e Ginny fece qualche passo avanti. Quando gli consegnò la divisa, Blaise le prese la mano e le baciò il dorso delle dita davanti a tutti, facendo scoppiare uno degli applausi più sentiti.
Tutti si alzarono per tornare a ballare, appena il banditore dichiarò finita l'asta, e Blaise le porse la divisa sussurrandole all'orecchio: "Vai a darla a quel papà che dicevi prima: non è giusto che sia sua figlia a rimetterci".
In quel momento il suo cuore prese a battere forte e lei si scordò di Chastity, di Quigley e di tutto il locale.

 

*

"Una delle migliori cene della Magical Children, Zabini! Dovresti venire anche l'anno prossimo!" Gwenog Jones si alzò in piedi congratulandosi con lui, quando la serata venne alla fine.
"Gli abbiamo fatto spendere più di mille galeoni, non penso proprio che tornerà, Gwenog" la stuzzicò Ginny, mentre si alzava e raccoglieva poi la borsetta da terra, dove le era caduta.
"In verità mi sono divertito parecchio". Blaise si scambiò un'occhiata con il suo capitano e Ginny sbuffò quando pensò che stessero ridendo di lei.
"Ti fai accompagnare da Zabini, Ginny? Io  pensavo di andare da Angelina…" George si era avvicinato e aveva sussurrato all'orecchio della sorella.
Ginny gli sorrise. "Non preoccuparti, so anche tornare a casa da sola…"
"Preferirei che venissi accompagnata" insistette lui. "Possiamo sempre passare dalla Tana e…"
"Vai con Angelina" sussurrò lei, sorridendo: sapeva che suo fratello aveva bisogno di svagarsi. E Angie era la persona giusta per lui. L'ultima cosa a cui doveva pensare era la sua sorellina, per una sera. Sorrise anche alla mora, che non aveva sentito la loro conversazione e poi si girò verso Blaise, alzando la voce. "Puoi rassicurare George sul fatto che non parteciperemo a una gara di volo clandestina, una volta andati via da qua?"

 

Blaise fece finta di pensare e poi scosse il capo. "Stasera abbiamo la lotta illegale fra ippogrifi, al pub dei troll giù a Notturn Alley" la contraddisse lui e la ragazza rise.
"Oh, è vero! No, George, niente di avventuroso, stasera. Cavalcherò un ippogrifo che si chiama 'Artiglio avvelenato' ma non è pericoloso per niente: è imbattibile in combattimento…" Gli occhi della ragazza brillarono di divertimento, mentre suo fratello sbuffava. Era buffo guardarli: una volta era lui che faceva battute divertenti. Blaise guardò quasi con tenerezza la rossa stringere suo fratello in un abbraccio mozzafiato e poi, di nascosto, asciugarsi un occhio.
"Starà bene, te lo prometto" sussurrò Blaise, poco dopo, passando accanto a Weasley. Lui annuì e gli fece un cenno, prima di lanciare un'occhiata al tavolo dei Bats. Anche lui guardò in quella direzione: di sicuro non avrebbe permesso che quel troll di Quigley si avvicinasse a lei, per nessun motivo.

 

Si salutarono tutti e, quando ormai quasi tutti gli ospiti se ne furono andati, Ginny andò incontro ad Astoria, che si era avvicinata al loro tavolo per salutarli. La rossa notò che lanciò un'occhiata a Blaise, ma lui, probabilmente forte del suo giocare a poker, non lasciò trapelare niente.
"A domani?" le chiese l'ultima volta e Ginny annuì sorridendo.
"A domani, a domani…" Ginny salutò anche Richard, che si stava avvicinando, e la sua compagna che la squadrava in modo poco carino ma, come prima, lei non se ne curò: avrebbe aspettato di sapere cosa volesse fare Blaise.

 

Blaise venne raggiunto da Chastity mentre si allontanava dal tavolo per raggiungere Ginny. "Non ci siamo salutati per bene, prima, Blaise". Il moro alzò un sopracciglio al suono della sua voce melliflua: ma era così affettata anche prima? Improvvisamente tutto di lei gli diede fastidio: i suoi capelli biondi, la sua carnagione chiara e perfetta, gli occhi azzurri. Sembrava scialba e insipida in confronto a Ginny. Il suo sguardo la cercò, ma lei era girata a parlare con Astoria e non si accorse di lui.
"Eh, già. Ma cosa vuoi, può capitare. Dormirò e mangerò lo stesso, giuro."
Il viso stranito di Chastity gli rispose con una smorfia che lo avrebbe quasi fatto ridere, se gli fosse interessato davvero prendersi una rivincita nei suoi confronti.
"Non mi sono scordata di che giorno è oggi, sai?" continuò lei e Blaise si chiese se intendesse la data di matrimonio o il suo compleanno.
Guardò l'orologio: le undici e mezzo. Chastity dovette interpretare male il suo gesto, perché sorrise, si fece più vicina e gli posò una mano sul braccio. "È ancora il 18. È ancora il tuo compleanno. Volevo farti gli auguri a modo nostro…"
Blaise la osservò mentre civettava con lui e non sentì niente: aveva ragione quando aveva detto che non l'amava, ma ora sapeva di per certo di non provare nient'altro.
"Scusami, hai ragione, ho poco tempo: devo andare a reclamare il mio regalo."
E così dicendo si avvicinò a Ginny, che stava indossando il mantello e parlava con il cugino di Chastity, la prese per la vita, la fece girare verso di lui e quando lei spalancò gli occhi, si chinò a baciarla.

***Sorpresa!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Regali ***


Regali

 -

-

Ginny si era sentita prendere da dietro e quando si era ritrovata fra le braccia di Blaise, aveva spalancato gli occhi dalla sorpresa. Lo aveva visto sorridere e aveva lasciato che lui si avvicinasse a lei, mentre le passava una mano sulla schiena: non aveva immaginato il bacio che le aveva posato sulle labbra, ma aveva lasciato che i suoi occhi si chiudessero e non aveva opposto resistenza.
Purtroppo Blaise si era staccato da lei quasi subito, nonostante le sue labbra fossero morbide e avessero premuto nel modo giusto.
Stranita anche da questa reazione, aveva colto l'espressione basita di Chastity, con la coda dell'occhio e lì aveva capito perché lui l'avesse baciata.
Delusa, ma convinta che avrebbe avuto tempo per cazziarlo dopo per non averla avvertita in tempo, sorrise, allungò una mano sulla sua guancia e, accarezzandogli la barba, mormorò sulle sue labbra: "Se vuoi fare centro, devi volare vicino al portiere e mirare bene agli anelli".

 

Quando lei aveva giocato con la sua barba, Blaise aveva intuito che non era finita lì, ma le sue parole gli avevano fatto capire che Ginny aveva pensato che l'avesse baciata per altri motivi e lui aprì la bocca per risponderle.
Quello che non aveva immaginato era che lei si alzasse sulle punte e, continuando ad accarezzarlo come se non ci fosse stato un domani, lo avrebbe baciato con un'urgenza e una passione che gli avevano impedito di pensare lucidamente.

 

Ginny non aveva pensato di perdere il lume della ragione per un bacio dato per scherzo però, una volta posate di nuovo le labbra su di lui, la testa iniziò a girarle. Sentì una sensazione strana colmarla, una sorta di deja vu mista all'eccitazione di una nuova scoperta, e questa cosa la sconvolse così tanto che quando lui rispose al suo bacio, fece un passo indietro invece di schiudere le labbra.
"Oh santo Salazar…" Sentì la ex Serpeverde mormorare accanto a lei e si voltò: Astoria dovette capire la sua confusione perché la sua fronte si corrugò.
Ginny tornò a guardare Blaise, e notò che anche lui era sorpreso dalla sua reazione, ma non riuscì a reggere il suo sguardo: doveva andare via.
"Penso di aver bevuto troppo" si giustificò, mentendo, posandosi una mano sulle labbra.
"Andiamo in bagno". La bionda la prese con sicurezza per un braccio e la trascinò verso il bagno femminile.
Una volta dentro, Ginny si diresse velocemente verso il lavandino e ci appoggiò sopra le mani guardandosi allo specchio.

 

"E io che avevo capito male…" Astoria tentò di scherzare, ma capì dallo sguardo che le lanciò la ragazza che non era il caso. "Ginny…" Si avvicinò a lei e le mise una mano sulle spalle.
"Cosa cavolo è successo?" mormorò la rossa, continuando a riflettersi, come se nello specchio ci fosse la risposta alla sua domanda.
"Blaise ti ha baciato e tu lo hai ricambiato. Ma poi…"
Ginny sembrò riprendersi, si mise dritta e poi si voltò verso di lei. "Grazie, Greengrass, non lo avevo capito!" sbottò.
Astoria sorrise: così era meglio. "Sai, c'è stato un momento che sembrava ti piacesse, però…" buttò lì, con finta noncuranza.

 

Ginny aggrottò le labbra, imbronciata: certo che le era piaciuto! Per Godric, se non si fosse sentita così strana probabilmente sarebbero stati ancora lì a fare scena.
"Guarda che lui mi ha baciato perché c'era la sua ex, non per…" Ginny sospirò e aprì il rubinetto dell'acqua, lavandosi le mani.
"Come? Dici davvero?"

Ginny annuì. "Sì, eravamo d'accordo". Beh, lei gli aveva dato disponibilità, ma non aveva pensato che lui arrivasse a baciarla in mezzo al locale! Per fortuna erano quasi tutti andati via. Per fortuna del suo tavolo non c'era più nessuno, altrimenti sarebbe stato difficile spiegarlo agli altri; a Gwenog o a George. E per fortuna non c'erano più giornalisti. Già la storia dell'asta avrebbe portato un sacco di pettegolezzi, questo avrebbe distrutto la serata.
"Oh, mi spiace… sembrava che tu invece…" Il tono di Astoria era quasi triste per lei.
Ginny sorrise perché lei le piaceva, fondamentalmente. Non sembrava neanche una Serpeverde. "Non devi preoccuparti, Astoria" le rispose, consolandola. "Ci sono abituata, ricordi?" Ammiccò nella sua direzione e si asciugò le mani. "E poi lo psicomago mi ha detto di non iniziare relazioni amorose, adesso. E questa cosa del non poter fare, mi irrita. Probabilmente mi sentirei così a baciare chiunque…"
Che alla fine avesse ragione Blaise? Con chiunque?

 

Astoria si sentì triste per la sua amica: Ginny l'aveva aiutata e lei invece non poteva fare niente? Quando la rossa disse che potevano uscire perché si sentiva meglio, si scontrò fuori dal bagno con Blaise.
"Attento a ciò che fai!" bisbigliò vicino a lui e il moro la guardò stranito. "Comportati bene" gli intimò ancora, ma subito lo sguardo del ragazzo venne catturato da Ginny che stava uscendo dietro di lei.
"Stai bene?" La rossa annuì in risposta. Disse ancora qualcosa sul fatto che forse aveva bevuto troppo ma anche Astoria notò che Blaise non le credette.

 

Blaise faceva fatica a capire la situazione: Ginny si era staccata da lui dopo quel bacio così intenso e lo aveva guardato con gli occhi sbarrati. Ma non capiva quale fosse il problema, visto che aveva preso lei l'iniziativa. Sì, lo aveva fatto per il motivo sbagliato, lui non l'aveva baciata per una sorta di rivalsa verso Chastity, e di questo avrebbero dovuto parlare, ma aveva avuto una reazione strana.
Ignorando la bionda che, al suo fianco, continuava a blaterale senza la sua attenzione, si avvicinò alla porta del bagno, aspettando che le ragazze uscissero. Non si sarebbero smaterializzate a casa, giusto? No, no, dovevano uscire dal locale per smaterializzarsi.
Astoria fu la prima ad uscire, ma mentre gli passava vicino gli mormorò qualcosa che non capì: doveva starle lontano? Questo gli stava dicendo? E perché? Il sospetto che lei si fosse staccata da lui quando aveva capito che per Blaise quel bacio aveva avuto un altro significato si affacciò nei suoi pensieri quando vide Ginny uscire e scusarsi dicendo che aveva bevuto troppo e si era sentita male. Non aveva bevuto così tanto, lui l'aveva osservata per tutto il tempo e, anche se effettivamente aveva osato bere un po' di più di quello che pensava facesse di solito, non aveva i sintomi dell'ebbrezza; e lui, stando con Draco e Theo, li conosceva bene.
Dispiaciuto per la cosa, ma consapevole di dover mantenere gli impegni presi, le disse che l'avrebbe accompagnata a casa.

 

"Posso andare da sola" iniziò a dire Ginny, ma poi si ricordò del regalo e quando tentò di correggersi, lui la interruppe.
"Ho promesso a tuo fratello di accompagnarti" insistette e la rossa alzò gli occhi al soffitto.
"Da quando non c'è più Fred pensa di dover fare anche la sua parte, nei miei confronti…" Ginny sentì un misto di tristezza e arrabbiatura colmarla.
"Vuole solo proteggerti: ci sta". Blaise alzò una spalla, come se la cosa fosse del tutto normale e lei sorrise perché le venne in mente un fatto strano.
"Ha detto la stessa cosa Harry, l'altra sera". Ginny si era sistemata il mantello e aveva mandato un segno di saluto con la mano, rimanendo lontano dagli altri, cercando di non dover dare spiegazioni di quello che era successo poco prima: sapeva che tanto avrebbe dovuto raccontare tutto ad Astoria, ma ci avrebbe pensato il giorno dopo.

 

Blaise si bloccò mentre si allacciava il mantello per poter uscire a smaterializzarsi. Cosa aveva detto Potter? E quando? "Sei stata da Potter?" esclamò, con un tono troppo duro.
La ragazza non lo guardò subito e lui notò chiaramente il rossore sulle sue guance. Per Salazar! Ecco dove aveva dormito!
"Beh, io…" Finalmente lei alzò il viso verso di lui, ma Blaise non riuscì più a guardarla; non dopo quello che era appena successo e che lui aveva sentito.
"Dai, andiamo via" la interruppe. Improvvisamente non gli interessava più sapere cosa avrebbe raccontato.

 

Ginny non capì bene la reazione del moro, ma non fece storie perché si sentiva molto stanca e uscirono dal locale per smaterializzarsi dal piazzale di fronte al ristorante.
Quando si materializzarono a casa sua, in cortile, si stupì di trovarsi fuori in cortile, ma poi capì che aveva guidato lui la smaterializzazione.
"Ti piace comandare eh, Zabini?" lo prese in giro.
"Già" borbottò lui.
"Oh, su, non vuoi il tuo regalo? E sì che ce l'ho qui…" Prese la pochette intonata al vestito e ci guardò dentro: aveva fatto un incantesimo di Estensione Irriconoscibile e ci aveva messo così tante cose che ora faceva fatica a trovare ciò che stava cercando. Purtroppo dovette ammettere che Hermione, anche su questo, aveva ragione. "Uffa… Aspetta che lo appello, che non lo trovo…"

 

Blaise la guardò mentre infilava il braccio nella pochette: non sarebbe mai riuscito a capire le donne.
Si era scordato del regalo. E aveva davvero pensato che il suo regalo sarebbe stato il bacio, se solo lei avesse reagito diversamente.
"Eccolo qui!" esclamò. "Oh, Merlino, si è un po' stropicciato… Aspetta che lo incanto con uno Stiramento…" Continuò ad osservarla mentre roteava la bacchetta contro quello che sembrava un pezzo di carta arrotolato, ascoltando stranito le sue parole.
"Vieni, siediti, ho paura che mi svieni…" Lo trascinò verso la panchina su cui avevano chiacchierato giorni prima e gli impose di sedersi. Lei sembrava che si fosse perfettamente ripresa dal loro disastroso bacio: forse era il caso che anche lui si desse una mossa.
Finalmente incuriosito dalla cosa, decise di non pensare più ai baci, a Potter né a nient'altro e prestò l'attenzione tutta su di lei. Tanto non era difficile.

 

Ginny, eccitata come una bambina piccola, gli porse la pergamena arrotolata e disse: "Tanti auguri!" Poi, con il fatto che era notte fonda, guardò l'orologio: era ancora il giorno giusto? "Cavolo, fai presto, altrimenti diventa domani e non puoi più aprirlo!"
Blaise rise, prendendo la pergamena. "Non posso più aprirlo se scatta la mezzanotte? E perché?"
"Perché non sarebbe più il tuo compleanno!"

 

Blaise rise. Lei era strana, imprevedibile e assurda: praticamente fantastica.
"Ok, allora lo faccio subito". Slegò il nastrino che teneva ferma la pergamena.
Ginny saltellò mentre lui srotolava il foglio e si mise seduta accanto a lui. "Il folletto diceva che non ne forgiava uno da più di vent'anni. Infatti non dovresti averlo…"
Blaise srotolò il tutto e quello che sembrava un grosso ciondolo di metallo gli cadde in grembo. Lo raccolse e lo guardò, notando qualcosa di familiare nella sua forma: era uno stemma araldico, non un ciondolo.
Ginny sbuffò e puntò la bacchetta contro l'oggetto, illuminandolo e notando che era grande quanto il suo pugno. Porca Morgana, lo stemma dei Zabini! Blaise riconobbe il cipresso inciso sullo stemma e lo sparviero. Non vedeva bene i colori, ma sapeva che lo stemma originale doveva essere verde e azzurro, tinte che rappresentavano l'onore e la gloria.
Passò le dita sulla frase in latino: '
tantum pugnare vincere'. Combatti solo per vincere.
"Guarda, qui si vede meglio" spiegò lei, tirando fuori dal gruppo una pergamena; fissava lo stemma della famiglia di suo padre come non aveva mai potuto fare, lo aveva visto solo in Italia, al cimitero. Con un dito disegnò i contorni che si ricordava e notò particolari che sullo stemma di ceralacca non si potevano vedere. Avrebbe pianto. Lei gli aveva fatto forgiare il suo stemma di famiglia. Sapeva che non era una cosa facile: i folletti governavano banche, uffici postali e le biblioteche d'archivio anagrafico, ma erano maledettamente diffidenti, brontoloni e arroganti.
"Come hai fatto a fartelo fare? Io ci ho provato ma hanno fatto un sacco di storie. Dicevano che non si potevano forgiare duplicati senza il consenso del Ministero e per averlo c'è un iter burocratico che fai in tempo a morire."
La piccola rossa sorrise maliziosa. "Devi andarci con la persona giusta. Se arrivano due cognomi importanti nella biblioteca storica con i folletti più odiosi del mondo, neanche loro possono dirti di no!" Oh. C'era andata con Potter? Effettivamente loro avevano salvato il mondo magico. Probabilmente anche un odioso folletto si piegava ai voleri di chi ha ucciso Voldemort. "E poi Hermione sa benissimo a quali leggi appellarsi per ottenere ciò che vuole" spiegò ancora e Blaise fu contento che non l'avesse accompagnata il sopravvissuto.
Il fatto che fosse andata in Italia per lui gli fece sentire un calore al petto a cui non sapeva dare un nome. Non riusciva a parlare, poteva soltanto continuare a osservare lo stemma e il disegno araldico.

 

"Non ti piace, eh? Merlino, speravo che…" disse Ginny, quando lui non disse niente.
Lui tossicchiò. Forse era emozionato? "Mi piace molto, in verità. È che non so cosa dire… È il più bel regalo che abbia mai ricevuto". Lui continuò a guardarlo con meraviglia e la rossa sorrise.
"Posso parlare io, non c'è problema!"
Blaise rise e rispose che non aveva dubbi sulla cosa. "Guarda anche l'altro foglio…" Dolcemente, lei si avvicinò e illuminò con la bacchetta l'altra pergamena, mentre appoggiava una mano a fianco a lui per spostarci il peso del corpo.
Lui ubbidì e lei poté vedere il suo sguardo confuso. "Cos'è?"

 

Blaise guardò l'altro foglio: era un testo timbrato dalla biblioteca storica italiana e presentava molte righe corte, una sotto all'altra. Purtroppo la scarsità della luce non riusciva a fargli leggere bene le parole.
Poi Ginny puntò di nuovo bene la bacchetta e lui lesse in alto:

 

Elenco Famiglie

Le rispettabili tredici

 

 

"Le rispettabili tredici? Cos'è?"

 

Ginny puntò meglio la bacchetta e si fece più vicina. "L'equivalente delle famiglie purosangue delle sacre ventotto, ma in Italia". Blaise spalancò gli occhi e lì capì di aver fatto la cosa giusta: lui non lo sapeva. "Non ne eri a conoscenza, vero? Purtroppo devo dire che anche qui mi ha aiutato Hermione, ma dovrai comunque apprezzare lo sforzo che ho fatto…"
"Porca Morgana, certo che apprezzo! E… chi… e io ci…"
Ginny sentì la sua voce tremare e gli posò una mano sul braccio quando capì. "Prova ad andare direttamente alla fine della lista…"

 

Blaise spostò la pergamena sotto la punta accesa della bacchetta della ragazza e fece scorrere i nomi; riuscì a leggerne qualcuno: Baricchi, DeAngelis, Proietti… e poi lì, l'ultimo in fondo, ma solo perché scritto in ordine alfabetico, vide il suo cognome, la sua famiglia: Zabini. La zeta era disegnata con un capolettera molto pittoresco, ma lo erano tutte le iniziali, anche se lui pensò che fosse il più bello.
Si sentì strano, come se una sensazione mai provata gli avesse preso il petto e lo stesse maneggiando a suo piacimento.
"Non lo avevi mai chiesto?" Il tono di Ginny era gentile. Scosse il capo: lui non ci aveva mai pensato. "A volte basta fare le domande giuste, eh?"

 

Ginny spostò la bacchetta per evitare di vedere ancora il suo viso: si stava facendo prendere da una sensazione strana. E lei avrebbe fatto altre domande, ma sapeva che non sempre si potevano fare.
Quando dei rumori inconfondibili si sentirono da dentro le mura della Tana, lei sospirò e si alzò. "Festa finita, Zabini. È ora di andare a letto…"
Lui la osservò alzarsi, mettere via la bacchetta e guardare verso casa sua: in cucina il rumore di sedie e tavole che venivano spostate, si accompagnavano a quelle delle grida di Ron. Probabilmente i genitori di Audrey erano andati via.

 

Blaise si alzò e prese la bacchetta per mettere via le pergamene e lo stemma di metallo. "Dormirai qui?" Non era riuscito a non chiedere.
Lei si voltò verso di lui e inclinò la testa: possibile che avesse capito quello che voleva sapere? "Lo psicomago mi ha detto di trovare un posto tranquillo dove dormire…" In quel momento si sentì il rumore di qualcosa che veniva scaraventato giù per le scale. Ginny tornò a guardare la strana struttura della Tana e sospirò ancora. "Ti sembra un posto tranquillo dove dormire?"
"Vieni a casa mia" propose Blaise senza pensarci troppo.

 

Ginny si voltò a guardarlo: aveva pensato, qualche giorno prima, che sarebbe stata una soluzione ottimale, ma dopo aver dormito da Harry (anche se non lo aveva previsto), da Hermione e Luna, in quei giorni aveva capito che il posto non faceva differenza.
"Sai, a volte è difficile" Guardò sospirando le finestre della cucina: sua madre e suo fratello stavano discutendo. Ancora.

 

Blaise la guardò, ma lei non si girò verso di lui.
"È difficile riuscire ad andare avanti quando ti senti così stanco da voler dormire e non svegliarti più. E al tempo stesso vorresti non addormentarti mai per paura di quello che potrebbe succedere…" Si passò una mano sul viso e il ragazzo capì che stava per piangere. "Non voler preoccupare nessuno e quindi non chiedere aiuto. Ma…"
"Chiedere aiuto rende vulnerabili. Lo so bene. Ma tu hai accanto delle persone che…"
"Chi ho accanto pensa che sia una persona a cui non interessa di niente: di Harry, della guerra… Pensano che il mio essere così sia perché mi scivoli tutto addosso…"
"Sei una persona forte". Blaise le posò una mano sulla sua.
"Guardami: ti sembro una persona forte? Sono solo una finzione. Non sono forte per niente; sorrido perché mi sembra che sia il miglior modo di vivere e loro pensano che sia superficiale. Non grido a tutti il mio dolore e pensano che non ne provi…"
"Sono sicuro che chi ti conosce veramente non pensa questo di te."
"Come fai a non impazzire, Zabini? Come fai a essere sempre così lucido? Oppure questa calma ti è costata così tante tempeste da non riuscire neanche a contarle?" La ragazza finalmente lo guardò, ma alla luce della luna il suo sguardo era così perso che Blaise si sentì male per lei. E non sapeva come facesse a conoscerlo così bene: persino i suoi amici, che lo frequentavano da tanto, non sarebbero mai riusciti ad arrivare a questo pensiero su di lui e lei c'era arrivata in poche settimane.
Il fatto di sentirsi così sensibile gli dava fastidio, così cercò di fare una battuta. "Io dormo bene".

 

"Stanotte dormirò anch'io" dichiarò Ginny, cercando di riprendersi dopo quella confessione.
"E come farai?"
Lei aprì di nuovo la pochette. "Mi sono arresa: ho preso questa in farmacia". Gli mostrò una piccola pipetta di plastica.

 

Blaise si avvicinò a lei, perché non riusciva a vedere cosa avesse in mano. "Cos'è?"
"Concentrato di sonnifero. In polvere. Ha detto il farmacista che è più potente della pozione. Mi ha spiegato di metterla in bocca così…" Fece il gesto di prendere la capsula, "E di romperla con i denti se voglio che faccia effetto subito o inghiottirla intera se voglio che faccia effetto dopo venti minuti".
"Non prenderla" la supplicò lui.
Lei rise. "Oh, è difficilissima da rompere. Ieri non ci sono riuscita…"
"Volevi prenderla ieri?"
"Sì, solo che ho fatto come ha detto il farmacista, ho dato un morso, ma non si è rotta: ho pensato che fosse un segno del destino e non l'ho ingoiata. Ma oggi ho deciso che lo farò. Non penso di voler aspettare ancora."
"Non farlo" tornò alla carica lui. Non doveva farlo, era come il sesso: un palliativo. E non sarebbe servito a risolvere la cosa.
"Te l'ho detto, è difficile da rompere…"
"Non mandarla neanche giù. Non c'è bisogno…"
In quel momento si sentirono le grida del fratello di Ginny e le urla di sua madre che gli rispondeva: ma stavano ancora litigando?
Si voltò verso la ragazza, ma lei stava ancora guardando la capsula mentre alzava gli occhi sulla Tana.

 

Ginny sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dormire. Doveva per forza. Guardò la sua casa e si sentì in trappola: adorava la Tana, con il suo casino, il suo chiasso, la sua simpatica confusione. Si odiava per essere andata in farmacia.
"Vieni a casa con me". Lui le prese la mano che stringeva ancora la pochette e quando Ginny si girò verso di lui, seppe che per lei sarebbe stato strano. E poteva sembrare tante cose.
"Io non…"
"Non è un invito per… quello" spiegò lui, imbarazzato. Si passò la mano libera fra i capelli e lei la osservò. Perché aveva la sensazione che i suoi capelli fossero morbidi? Perché si immaginava cose che non c'erano? Si sentì come poco prima durante il bacio. "Solo per dormire. Ho una camera per gli ospiti. E Kikky può rimanere se…"
Ginny quasi rise: lui si stava preoccupando per la sua rispettabilità e lei pensava davvero a fare sesso con lui. Cosa che non poteva comunque fare: se voleva seguire le direttive dello psicomago, doveva farlo nel modo giusto. Blaise non le sarebbe saltato addosso e lei lo sapeva bene. Guardò ancora la capsula: era una tentazione fortissima in quel momento.
Lo spalancarsi della porta della cucina li spaventò tutti e due e Ginny, senza pensarci, quando vide la madre sulla soglia, si infilò fra le labbra la capsula: dovevano nascondersi e lei aveva bisogno di prendere la bacchetta.
Spinse Blaise dietro una delle piante del cortile così, quando Molly uscì non li vide.

 

Blaise si ritrovò dietro un albero con la ragazza che lo spingeva per nasconderlo alla vista della madre che era uscita borbottando dalla cucina.
"Ma cosa…"
"Stai zitto! Se ci vede qui è finita. Poi vorrà sapere come è andata, cos'è successo e avrà da raccontare della cena con i suoceri di Percy. E, fidati, non interessa neanche a te, della cena."
Blaise annuì e le lasciò andare la mano, quella che teneva ancora la sua micro borsetta, guardandole anche l'altra, che impugnava la bacchetta, mentre l'accendeva per vedere dove stava mettendo i piedi. "Dove hai il sonnifero?"
Lei corrugò la fronte e poi si guardò le mani, impegnate. "Merlino!"

 

Ginny si spaventò: dove aveva messo la capsula? L'aveva fatta cadere? No! L'aveva messa in bocca! "Ah, sì ce l'ho qui, tutto ok…" Gli porse la pochette e si infilò due dita fra le labbra, ricordandosi dove nascondeva le pillole di medicine a sua madre quando era piccola: fra la guancia e i denti. "Eccola qui!" esclamò, tirandola fuori. Ma quando lo fece la mise contro la punta della bacchetta. "Oh, per Godric, si è rotta!"

 

Blaise alzò gli occhi al cielo. "Andiamo via".
Poi, prima che svenisse, la prese in braccio e si smaterializzò a casa.

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** La nipote dei fiori ***


La nipote dei fiori

 -

-

Ginny si svegliò e si stiracchiò come se avesse bevuto una pozione di morte apparente: le sembrava di aver dormito per una settimana.
Si girò nel letto e notò che era molto più grande del suo. Velocemente si tirò a sedere e si guardò intorno: dov'era? Aveva un vago mal di testa, ma non troppo forte: possibile che avesse bevuto e non si ricordasse cosa avesse fatto?
Si portò una mano alla fronte, cercando di ricordarsi della sera prima, quando le venne in mente la cena della Magical Children e… Blaise? Sì, lui! Era a casa di Blaise? Non riconosceva quella stanza.
Spostò le coperte per scendere dal letto: il suo vestito era appeso a uno specchio sulla parete, mentre le scarpe, la sua borsetta e la bacchetta erano posate lì accanto, vicino al mantello ripiegato. Oh, ma cosa aveva addosso, allora? Chinò lo sguardo e vide che indossava una maglietta bianca. Una maglietta molto grande: lo scollo le cadeva su una spalla, lasciandola scoperta. Si alzò mentre afferrava l'orlo di stoffa e lo annusò: cedro e vetiver.
"Miss Ginny."
Ginny per poco non sobbalzò alla voce dell'elfa. "Kikky, per Godric, mi hai fatto prendere un colpo!"
"Miss Ginny deve scusare Kikky! Kikky non voleva spaventare la signorina…"
"Sì, sì, Kikky, non preoccuparti! E vedi di non sbattere da tutte le parti, che ho un mal di testa…."
"La signorina vuole che Kikky le porti una tazza di tè? O una pozione antidolorifica?"
Mmm. La tazza di tè era invitante. "Posso farmelo da sola il tè, non preoccuparti". Fece un passo verso lo specchio: era stato lavato e stirato. "Ti sei occupata tu del mio vestito?"
"Sì, Mr Blaise ha detto di spogliare miss Ginny e…"
La ragazza sbuffò: tutti quegli appellativi la infastidivano. "Perché non mi chiami Ginny e basta, Kikky? E cosa ti ha detto di fare, di preciso, Blaise?"
L'elfa le spiegò che il moro l'aveva portata a casa addormentata, facendola sdraiare sul letto e dando istruzioni a Kikky di lavare il suo vestito e di farle indossare una maglietta delle sue, per dormire. Stranamente, sentì le guance arrossarsi a quel pensiero: ma perché, poi? "Mr Blaise ha detto anche di lasciar dormire Ginny fino a quando non si fosse svegliata da sola e di chiamarlo se avesse avuto degli incubi" continuò. Oh, ora il calore sulle guance era fortissimo.
"E adesso lui dov'è?" Allungò il collo verso la porta socchiusa.
"A Londra". Oh. L'aveva lasciata da sola. Beh, sola con Kikky.
Uscì da quella che pensò fosse la camera degli ospiti e si ritrovò nel corridoio dello studio; si diresse verso la cucina con passo sicuro, come un soldato scalzo, coperto solo da una sottile maglietta come divisa.
"Allora mi bevo il tè e me ne torno a casa. Magari scriverò a Blaise per ringraziarlo…" continuò, parlando fra sé e sé.
Si fece il tè e si sedette al tavolo, tirando su i piedi e abbracciandosi le ginocchia: che pace che c'era lì. Poi si alzò e, tirandosi dietro la tazza, si affacciò alla finestra, rimanendo a osservare le strade dall'alto: dovevano essere quasi in periferia, il traffico non era assiduo come quello della Londra babbana, ma neanche deserto come la campagna: un quartiere residenziale, forse? Non riusciva a capirlo.
Continuò a osservare fuori dal vetro mentre sorseggiava il suo tè bollente. Quando si avvicinò troppo al vetro il calore della bevanda fece appannare il vetro e lei con il dito disegnò una scopa fra le bollicine di vapore.
La voce di Blaise alle sue spalle la fece trasalire e si rovesciò metà tazza addosso, gridando poi perché il liquido era bollente.

 

Blaise si smaterializzò a casa: ormai era primo pomeriggio e pensò che la sua ospite se ne fosse andata; aveva avuto delle commissioni da sbrigare e ci aveva messo più tempo del previsto, specialmente quando, in visita alla Gringott, Theo lo aveva monopolizzato per un tempo infinito, cercando di carpirgli qualsiasi informazione utile riguardante la serata.
Appoggiò le sue cose nell'ingresso e si diresse verso la cucina: la casa era silenziosa e non vedeva l'ora di farsi una tazza di tè prima di andare da sua madre.
Quando entrò in cucina, però, rimase paralizzato da quello che vide: una sirena dai lunghi capelli rossi, sciolti sulla schiena, era chinata verso la finestra, a guardar fuori, e le sue gambe snelle e nude, svettavano da sotto la sua t-shirt che a lei stava lunga, ma le aderiva al sedere. E che sedere! Tondo e morbido, sembrava invitare al tocco. Dannazione, dovette fare uno sforzo immane per non raggiungerla e metterle le mani addosso.
Lei si mosse ancora e tracciò delle linee sul vetro della finestra, per poi ridacchiare come una bambina: sembrava serena. "Hai dormito bene?" Si trovò a chiedere, senza pensarci.
La ragazza, spaventata dalla sua presenza non ancora palesata, fece un salto e la tazza che aveva in mano sobbalzò, versandosi sul petto e facendo scorrere il liquido fino alle gambe. "Porca Morgana!" esclamò, saltando e facendo dondolare una mano. Blaise rise, perché l'alternativa sarebbe stato un disastro, così si sfogò così.
"Ma che ti ridi, mi hai fatto prendere un colpo!" Si lamentò la rossa, mentre cercava di tirare su la maglietta che continuava a caderle sulla spalla.
"Non l'ho fatto apposta…" Blaise si avvicinò a lei, prendendo nel frattempo uno strofinaccio dal piano della cucina.
"Non sono proprio scuse, sai?" Appoggià la tazza sul tavolo e afferrò il canovaccio che lui le stava porgendo.

 

Ginny tentò di tamponare quella che le sembrava un'inondazione, asciugandosi le gambe e non si accorse della maglietta che le si era attaccata alla pelle.
"Ti faccio portare un'altra maglia da Kikky."
Santo Godric, no! Gliene aveva già rovinata una, non era il caso di fargli fuori tutto il guardaroba. "No, tanto stavo andando. Oggi pomeriggio ho appuntamento con Astoria e…"
"È già pomeriggio". Oh. Era vero, pensò, guardando l'orologio.
"Allora mi sa che sono molto in ritardo…" iniziò, pensando a cosa dire. "Io… Grazie per avermi fatto dormire qui…"
"Non potevo lasciarti nel giardino della Tana, no?" Blaise alzò una spalla.
Oh. Sì, giusto. Il suo atteggiamento era strano e lei si sentì a disagio: forse era meglio andarsene alla svelta.
"Certo. Allora prendo le mie cose e vado…"

 

Blaise si sentiva uno stupido: perché non riusciva a parlarle normalmente? Eh, perché lei era mezza nuda e lui si sentiva così eccitato da pensare di saltarle addosso; l'unica era cercare di mantenere un atteggiamento distaccato.
"Aspetta, ci aggiorniamo stasera?"
"Stasera?" chiese lei, girandosi dopo che l'aveva superato per tornare in camera, probabilmente.
"Sì, vai da mia madre. O pensavi di saltarlo?" Il suo tono era più duro di quello che doveva essere, ma non seppe formulare meglio la frase, dovendo sforzarsi di non guardare come la stoffa della t-shirt che si arrotondava su di lei.
"Oh, sì certo che ci vado. Sul tardi, magari."

 

Ginny pensò che avrebbe potuto andare da Maddie dopo aver visto Astoria. Cosa avrebbe raccontato alla bionda, ancora non lo sapeva, ma voleva assolutamente uscire al più presto da quella stanza.
In men che non si dica, raccolse la bacchetta, appellò le sue cose e si smaterializzò in camera sua. Guardò il suo letto ancora fatto e si chiese cosa avrebbe detto a sua madre: poteva dirle che aveva dormito a casa di un ragazzo? Forse era meglio di no. Magari le avrebbe detto che aveva dormito da Luna, sperando che l'amica le reggesse il gioco.
Sarebbe stato più difficile con le amiche, in verità: cosa avrebbe raccontato? 'Io e Blaise ci siamo baciati, sono finita a casa sua, mi ha visto mezza nuda, ma non gli interesso abbastanza'? No, era meglio di no. Il suo orgoglio Grifondoro strideva i denti.
Quasi con tristezza, scoprì che in casa non c'era nessuno e andò a farsi una doccia prima di incontrarsi con Astoria. Mentre l'acqua calda le coccolava i pensieri le venne in mente di non aver sognato la battaglia; ma di chi era il merito? Del sonnifero o di casa di Blaise?

 

***

 

"Buonasera, Maddie!" Ginny entrò nella stanza del cucito dopo che Kikky l'aveva annunciata. "Come sta?" chiese, notando poi la presenza della Parkinson sul divano, che la squadrò con un'occhiataccia, e che lei ignorò.
"Oh, Ginny cara, vieni a sederti. Io e Pansy stavamo proprio per prendere il tè. Ne gradisci anche tu?" La strega le face cenno di sedersi sull'altro divano e lei ubbidì.
"Sì, Weasley, c'è qualcos'altro che vuoi da noi? Sangue di unicorno o qualcosa del genere?" sussurrò la Parkinson, senza abbassare gli occhi e squadrandola mentre Maddie si alzava per chiamare l'elfa.
"Simpatica, Parkinson. A cosa devo l'onore della tua parola?"
La ragazza le lanciò sul divano una copia di un giornale scandalistico, 'Strega 2000', e fece una smorfia. "Dimmi ancora che siete 'solo amici', come continui a raccontare, che fingerò a crederci…"
Ginny osservò il giornale, che si era aperto a una pagina centrale, dove la fotografia rappresentava lei mentre si sporgeva per baciare le labbra di Blaise. Porca Morgana! Scosse le spalle: come poteva spiegare una cosa del genere? Non poteva! Per un attimo la tristezza le strinse il petto: poteva essere tantissime cose, ma non era nessuna che andasse a suo favore. Vabbè, lo aveva fatto per aiutare Blaise, non doveva crucciarsi. Eppure pensava che non ci fossero più giornalisti alla serata…
"Maddie l'ha già visto?" domandò solamente, con una finta sicurezza, mentre richiudeva il giornale e glielo lanciava vicino.
"No, sei fortunata. Ma non mi inganni: non mi piaci."
"La cosa è reciproca, Parkinson, non preoccuparti."
La mora continuò a guardarla con espressione dura e non disse più niente perché Maddie tornò a sedersi e a portata d'orecchi. "Allora, novità?"
"No, Maddie, nessuna" mentì e si sentì una traditrice. Ma alla fine era vero: non c'erano novità all'orizzonte. Però non guardò la ex Serpeverde dall'altro lato del tavolino. "E qui? Che succede?"
In quel momento comparve Kikky con il vassoio del tè e per poco Ginny non si spaventò, per poi pensare subito che lei avrebbe potuto dire qualsiasi cosa sul fatto che aveva dormito a casa di Blaise. E lì la Parkinson l'avrebbe guardata ancora più male.
Per fortuna Kikky sparì subito e fu la mora a servire il tè.
Quando le passò la tazzina, Ginny le fece un sorriso forzato, ma lei continuò a guardarla con quell'espressione dura. Ma cosa voleva?
"Hai fatto altri unicorni all'uncinetto?" domandò alla strega e notò che la mora sbuffò.
"Vado alla toilette". La mora si alzò in piedi subito dopo aver riempito tutte le tazze.
"Non hai paura che ti avveleni il tè, Parkinson?" sussurrò, continuando a sorridere.
"No, Weasley. Non mi fai paura" dichiarò, con una smorfia che Ginny trovò molto simpatica.
"Perfetto, allora. Buona pipì" le augurò, riprendendo in mano la tazza e alzandola nella sua direzione come per fare un brindisi.
Passò qualche minuto e Ginny e Maddie chiacchierarono di cose un po' banali, ma la rossa non sapeva bene cosa dire, si sentiva confusa e il fatto che Maddie fosse la madre di Blaise, la rendeva nervosa.
Fino a quando Maddie non rimase imbambolata a metà di una frase. "Oh, Santo Merlino, i fiori!" La strega si voltò indietro, verso la finestra e poi tornò a guardare il lavoro all'uncinetto. "È stata mia nipote a chiedermi i galeoni! Sono andata alla Gringott per lei!" Gli occhi sbarrati di Maddie fecero capire a Ginny la gravità della situazione e quando la strega si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, un po' spaesata, capì che doveva calmarla. "Maddie, non ti agitare. Aspetta…"
"Non hai capito: è stata lei. Lei mi ha detto che aveva bisogno di soldi e… Aveva ragione Blaise, appena avessi smesso di respirare la polvere dei fiori, mi sarei ricordata tutto! E ora ricordo! È stata lei!"
Ginny vide il panico negli occhi della strega e subito si alzò anche lei. "Maddie, vuoi che chiami Blaise?"
La donna annuì, dirigendosi verso lo scrittoio che c'era nell'angolo. Ma Ginny tirò fuori la bacchetta: avrebbe potuto mandargli un patronus, avrebbero fatto prima.

 

 

Pansy entrò nel salottino proprio mentre la Weasley tirava fuori la bacchetta e la puntava verso sua zia. "Ehi! Che succede qui? Metti giù la bacchetta!" gridò, sfoderando anche la sua.
"Parkinson, metti via tu la bacchetta, io e Maddie…"
"Ho detto a te di abbassarla, se non vuoi guai!"
Nessuna delle due obbedì all'altra, fino a quando Maddie non si voltò, con in mano una pergamena, dicendo: "Abbassate tutte e due le bacchette, ragazze".
Pansy alzò un sopracciglio: per lei non era una buona idea. Avrebbero dovuto chiamare Blaise: quella ragazza la stava circuendo e probabilmente stava cercando di ingannare anche suo cugino.
"Chiamiamo Blaise!" La mora si girò subito verso la Weasley quando esclamarono le stesse parole. Ma… Cosa?

 

Ginny corrugò la fronte quando la Parkinson disse la stessa cosa che stava pensando lei: anche lei voleva chiamare Blaise. Possibile che volesse ingannare anche lui? Cosa gli avrebbe raccontato? E poi, lui, a chi avrebbe creduto?
"Gli scrivo subito". Maddie tornò a guardare lo scrittoio.
"Posso mandargli un Patronus: è più veloce" suggerì Ginny.
"Sai fare un Patronus?"
Ginny alzò una spalla: effettivamente era tantissimo tempo che non riusciva a fare un patronus completo; purtroppo i suoi pensieri felici scarseggiavano, ultimamente.
Chiuse gli occhi e l'immagine di Blaise inginocchiato sul tappeto dello studio che gli diceva: "Baciami tu", si materializzò nella sua mente. Ginny non ostacolò il pensiero e lasciò che la sua immaginazione baciasse il moro e gli accarezzasse il viso come aveva fatto la sera prima, ma molto più appassionatamente. Mosse la bacchetta automaticamente e sentì la magia muoversi dentro di lei. Aprì gli occhi e il suo cavallo, luminoso nella sua luce blu, maestoso e imponente, nobile come un principe, agitò le zampe e corse oltre la finestra, subito dopo aver scosso la criniera verso di lei.

 

Pansy rimase esterefatta: per generare un Patronus ci voleva tanta magia ed esperienza. Guardò la rossa di sottecchi, sentendo che, nonostante tutto, iniziava a provare un po' di rispetto nei suoi confronti. Ma zia Maddie non si toccava! Neanche se fosse stata capace di generare una magia oscura.
Si mise seduta accavallando le gambe e incrociando le braccia, continuando però a impugnare la bacchetta; non avrebbe abbassato la guardia: chissà se aveva davvero mandato a chiamare Blaise.

 

Blaise si era smaterializzato appena il cavallo, con la voce di Ginny, gli aveva dato il messaggio. Era comparso in casa di sua madre e aveva iniziato a cercarla per le stanze. "Mamma!" gridò, mentre apriva la porta della serra, preoccupato che le fosse successo qualcosa.

 

"Siamo qui, Blaise, nella stanza del cucito" esclamò Pansy, quando sentì la voce del moro gridare lungo il corridoio. Si alzò e andò ad aprire la porta, facendo segno al ragazzo quando la vide.

 

Blaise entrò un po' agitato. "Pansy? Pensavo che…"
"Ti ho fatto chiamare io". Il moro si voltò verso Ginny che, in piedi dietro la poltrona preferita di sua madre, impugnava la bacchetta e aveva uno sguardo torvo in viso.
"Blaise, hai fatto veramente presto! Questo Patronus…" Sua madre scosse la testa come se non ricordasse più cosa voleva dire e Blaise fece un passo verso di lei. "Mamma, tutto bene?"
La strega annuì. "Sì, mi sono ricordata tutto. So chi mi ha chiesto di prelevare i galeoni dalla camera blindata" annunciò.

 

Subito dopo la sua dichiarazione Pansy sgranò gli occhi: dei galeoni? Si alzò dirigendosi velocemente verso la Weasley e puntandole la bacchetta. "Hai rubato del denaro a mia zia?"
"Pansy! No!" gridò la strega, mentre dalla sua bacchetta si sprigionava una luce verde.

 

Blaise aveva visto lo Stupeficium attraversare la stanza e quasi colpire la rossa. Per fortuna Ginny fu agile e si spostò, mentre l'incantesimo si infranse sul quadro della zia Dora appeso dietro di lei, che urlò e corse a nascondersi dietro la cornice.

 

"Sei stata tu!" gridò invece Ginny, spianando la bacchetta e prendendo la mira.
"Ragazze! Basta!" gridò Maddie mentre, da vicino lo scrittoio, si avvicinava a loro. "Ginny, cara, per favore, metti giù la bacchetta. Ti assicuro che Pansy non ti lancerà più niente. E tu, Pansy", si voltò verso la mora, "non dovresti nelle tue condizioni…"

 

Blaise ci stava capendo poco: Ginny lo aveva fatto chiamare con urgenza dicendogli di andare subito a casa di sua madre, ma ora non capiva cosa fosse successo; forse doveva tenere separate le due ragazze? E perché, poi?
"Qualcuno può spiegarmi cosa sta succedendo?" chiese, allora, facendo cenno a tutte e due di abbassare le bacchette.
Ginny si sedette sul divano, ma tenne la bacchetta in mano. "Tua madre si è ricordata che la Parkinson le ha fatto prelevare i galeoni…"
"Non ho fatto nulla del genere! È stata lei a darle i fiori che le fanno perdere la memoria!" Pansy la interruppe e poi si voltò verso di lui, per spiegargli quello che pensava fosse successo, accusando la rossa. Come? No.
"Allora sapevi che erano i fiori a farle perdere la memoria!" esclamò Ginny, con sguardo bellicoso.
"Sì! Per questo ho detto a Kikky di toglierli da tutte le stanze! Solo che ce ne erano dei nuovi tutti i giorni! Eri tu a farceli mettere!"
Ok, doveva calmarle. "Ragazze…" le chiamò e Pansy si voltò verso di lui, indicando Ginny.
"È stata lei" l'accusò ancora sua cugina e Blaise scosse il capo.
"No, Pansy, non è così."

 

Come? Pansy aggrottò la fronte e poi si voltò verso zia Maddie: cosa stava dicendo? "Zia?"

 

Maddie alzò tutti e due i palmi delle mani e fece un passo avanti. "Non è stata nessuna di voi: i fiori sono di Rachel. E deve essere stata lei a fare quell'impianto di irrigazione con la pozione per la memoria, perché mi sono ricordata che mi aveva chiesto del denaro, ma non voleva che tu lo sapessi, Blaise. Così io avevo prelevato i galeoni dalla mia camera privata per non fartelo scoprire…"
Ecco, ora si stava ricordando tutto; ogni cosa tornava, ogni singolo episodio finalmente tornava nitido.

 

Ginny arricciò le labbra. Rachel? Quella ragazza sembrava così simpatica e gentile… già era proprio così che erano, le persone false, però.
Lanciò un'occhiata alla Parkinson, chiedendosi se dovesse chiederle scusa o cruciarla per aver tentato di lanciarle un incantesimo, quando notò la mora mordersi il labbro e sedersi a peso morto sul divano.
"Stai bene, Pansy?" Maddie sembrava preoccupata mentre si rivolgeva alla mora.
"Sì, zia, sto bene. Andiamo da Rachel, però, perché ho voglia di lanciarle qualcosa…"

 

Maddie scosse il capo: no, assolutamente no. Non era ancora rimbambita; non aveva bisogno della balia.
"Vado da sola da Rachel, ho bisogno di scambiare quattro chiacchiere a tu per tu."
"Non mi sembra una buona idea, Maddie. Forse Blaise può…" tentò di rabbonirla Ginny, ma Maddie la squadrò con un'occhiataccia.

 

Quando le rivolse quello sguardo, Ginny abbassò gli occhi: per Godric doveva averlo imparato da sua madre quel pomeriggio che avevano passato insieme!

 

Blaise decise di intervenire. "Mamma, io penso…"
Ma sua madre riservò a lui lo stesso trattamento. "Lasciami parlare con lei da sola, poi potrai venire anche tu. So che avete dei conti in sospeso, e magari è la volta buona che vi chiarite una volta per tutte". Blaise si sentì sbiancare: sua madre sapeva che Rachel era a conoscenza della tresca di Chastity? E da quanto tempo lo sapeva?
"Oh, io…" Si passò una mano fra i capelli un po' nervosamente e poi annuì. "Ti lascerò un po' di tempo e ti raggiungerò dopo, allora." Le concesse e sua madre si smaterializzò subito.
Si voltò verso le ragazze e fece un passo verso di loro: e ora?

 

Pansy continuò a guardare il tappeto anche dopo che Maddie se n'era andata, scioccata da ciò che aveva sentito.
"Come facevi a essere sicuro che non fosse stata lei?" gli chiese, indicando la ex Grifondoro con il capo.
"Le ho chiesto io di venire qui a capire la situazione."
"Ah!" Oh, ma davvero?
"Quindi hai davvero dubitato di me. Pensavi che io potessi far del male o derubare zia Maddie?"

 

Ginny sentì la delusione e la tristezza nel tono della Parkinson e per un attimo ebbe pietà per lei. "No!" Si avvicinò di qualche passo e la mora, nonostante tutto, l'unica cosa che fece fu di voltare lo sguardo verso di lei. "Blaise non ha mai pensato che fossi stata tu. Ma io sì. L'ho pensato e ho tentato di convincerlo con diverse teorie. Pensavo davvero quello che dicevo e ti assicuro che di solito sono molto convincente, ma lui non ha mai dubitato di te".
La Parkinson non cambiò espressione: era una cosa un po' triste, come se lei fosse rassegnata a qualcosa di troppo grosso. "Scusami, Weasley, se ho tentato di schiantarti. E grazie per le tue parole, davvero, ma quando menti se ne accorgerebbe anche un bambino". Poi lei si alzò, ma Ginny notò che la mano che impugnava la bacchetta le tremava e che quando la mise via, lo fece con fatica.
"Abbiamo letto sul diario di Maddie che hai… hai dei problemi con tuo marito. Magari…" Ginny fece una fatica enorme ad andare avanti, ma lo fece. "Magari ne vuoi parlare?" La mora scosse la testa e si risedette: sembrava stare sempre peggio.

 

Blaise osservò Ginny parlare educatamente con Pansy e ci capì meno di prima. Ma poi la ragazza gli lanciò delle occhiate strane, indicando sua cugina con la testa; ma cosa voleva? "Valle vicino!" gli sussurrò. Come? E per far che? Lei dovette capire, perché subito dopo mimò sulle labbra: "Parlale!"
Ehm, sì, certo. E che doveva dire? Fece un passo verso sua cugina e si schiarì la voce. "Kikky ci ha raccontato che il vostro matrimonio sarà annullato…"

 

Pansy alzò il viso verso il moro: così sapevano proprio tutto, eh? Che vergogna! Si morse il labbro e provò a spiegare: "Sì, Blaise, il mio matrimonio sta andando a rotoli dopo solo due mesi…" Chissà come avrebbero riso di lei, quando lui lo avesse raccontato agli altri. "Sai anche che sono incinta? Che è per questo che abbiamo deciso di chiedere l'annullamento?"
"Perché dovreste far annullare il matrimonio se sei incinta?"
Pansy vide la rossa alzare gli occhi al cielo e avvicinarsi al moro, per prenderlo per un braccio. "Blaise, direi, così su due piedi, che se il bambino fosse di suo marito, non penserebbe di annullare il matrimonio, giusto?" Voltò il viso verso di lei, come se le avesse fatto la domanda direttamente. Pansy annuì, sospirando.
"Che vuol dire? Come fa a non essere figlio di Oscar?" Blaise spostò lo sguardo dall'una all'altra. Pansy quasi rise quando notò la rossa alzare ancora gli occhi.
"Scusalo, è un maschio: a volte fanno fatica…" disse, e la mora le fu quasi grata.
"L'ho sentito dire…"

 

Ginny prese in mano la situazione. "Allora facciamo così: Blaise, tu raggiungi tua madre. Io e tua cugina andiamo a berci una burrobirra nel… Ah, no, aspetta: puoi bere la burrobirra? Vabbè, altrimenti ti prendi un tè. Andiamo in quel grazioso pub dove la cameriera ti inviava messaggi subliminari verso la sua camera da letto. Dopo vieni lì e ci aggiorni. Che dici, Parkinson?"

 

Blaise, che aveva seguito i loro discorsi senza poter dire niente, corrugò la fronte, ma quando si accorse che era passato il tempo giusto per permettere a sua madre di parlare con Rachel prima che entrasse in azione lui, annuì.
"Per me va bene" acconsentì. "Ma la cameriera non mi ha…"
"Sì, sì, come vuoi…" lo liquidò Ginny con la mano e sorridendo verso Pansy. "Sei pronta, tu? Ti porto io, in quel locale così fine e carino. Sai tuo cugino ha proprio un senso del raffinato che neanche ti immagini!"
Blaise alzò gli occhi al soffitto mentre sentiva sua cugina soffocare una risata: almeno non si era messa a piangere.
"Allora ci vediamo dopo, ragazze" si congedò e sparì.

   

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Affare concluso ***


Pub

Affare concluso

 

"È quella, la tipa che ci ha provato con Blaise?" Pansy si sedette a un tavolo d'angolo, guardandosi intorno: effettivamente non sembrava un gran posto, ma sicuramente non era frequentato da persone che loro conoscevano.
La Weasley corrugò la fronte mentre osservava oltre il bancone. "Sì".
"E perché non l'hai cruciata?"

 

Ginny strinse gli occhi e corrugò la fronte. "E perché avrei dovuto? Oh, per quello che hai visto sul giornale… Tu pensi che…" Infastidita dal dover spiegare la situazione e immaginando che in molti da quel momento avrebbero potuto fraintendere il tutto, provò a cercare un modo di spiegarsi.
"Io non penso niente. Io ho visto una foto dove Blaise ti mangia con gli occhi e tu lo baci con passione."
Cosa? Non c'era niente di tutto questo, in quella foto. Vero? Non… "Non è vero, non è stato così" sostenne lei, un po' tentennante.

 

Pansy rise, perché l'espressione della rossa era veramente strana: non era inorridita, come quando accusi qualcuno di farsela con qualcun altro che odia, ma allo stesso tempo non sembrava sicura di quello che diceva, come se sperava di sbagliarsi.
"No? Vuoi dare un'altra occhiata?" Le mostrò il giornale e notò come lei si incuriosì, non riuscendo a smettere di guardare la foto.
Non riusciva a capire bene la situazione.

 

Ginny con nonchalance prese il giornale e lo sfogliò, lanciando occhiate non troppo distratte alle varie foto fatte mentre i giocatori entravano nella sala da pranzo e i vari saluti che le coppie dedicarono all'obbiettivo, fino ad arrivare alla foto incriminata: Blaise aveva un mezzo sorrisetto e la guardava con uno sguardo dolce, ma sapeva che stava fingendo. E lei? No, lei si ricordava quello che era successo: quando aveva chiuso gli occhi e posato le labbra sulle sue, il mondo intorno a lei si era sgretolato e si era sentita così strana… Ma sicuramente era stato bello. Troppo bello. Troppo bello perché per un momento aveva scordato che non era vero.
"E chi sarebbe il padre del bambino?" Chiuse di scatto il giornale e tornò a guardare la ex Serpeverde.
Stranamente, la mora sorrise. "Mi piace questa strategia" disse, ma poi tornò seria. "Ma non mi piace se prendi in giro la mia famiglia".
Ginny scosse il capo. "Non c'è niente di vero. Blaise mi ha baciato perché c'era la sua ex e voleva farle un… dispetto? Chiamiamolo così… Sì, solo per questo. Non sto prendendo in giro nessuno, posso garantirtelo".

 

Pansy la squadrò per qualche secondo e quando capì che stava dicendo la verità, si morse un labbro. "E tu, invece?"
"Io cosa?"
"Tu perché lo hai baciato?" Pansy dovette insistere perché per lei qualcosa non quadrava.
"Per… lo stesso motivo" rispose frettolosamente, guardando fisso un punto alle sue spalle. Ma Pansy continuò a guardarla con insistenza, non lo fece apposta, non era per cattiveria, era proprio perché aveva pensato che ci fosse qualcosa sotto.
"E cosa hai provato?" Una domanda troppo intima per due come loro che poco prima si erano prese a incantesimi, infatti non si aspettava una risposta. Ma la rossa la stupì e mormorò: "È complicato". Poi alzò una mano e fece un cenno, forse apposta, a un cameriere. "Ordiniamo?"
Pansy annuì senza dire altro; ordinarono e solo una volta di nuovo sole, disse: "Ho fatto l'amore con un ragazzo che non è mio marito, il giorno delle mie nozze, e sono rimasta incinta. Penso che difficilmente potrà essere più complicato di così".

 

Ginny spalancò la bocca e poi sbatté gli occhi. "Effettivamente, mi batti. Al massimo io potrei provare qualcosa per qualcuno che non ricambia i miei sentimenti, ma tu ci vai giù pesante, eh? Il giorno delle tue nozze?"
"Non era una cosa premeditata. È stato un… colpo di testa". La mora seguì con il dito le venature sul piano di legno. "Ma tu sei sicura che Blaise non…" La Parkinson si zittì quando il cameriere di prima portò le ordinazioni: fu contenta che a servirle non era stata la ragazzotta della volta precedente.
"Sai, Parkinson, non è la prima volta che mi succede. Alla fine, non fa niente. Troverò qualcuno per me…" Senza convinzione, sospirò e guardò ancora un punto indefinito, sperando che la mora non continuasse il suo discorso.

 

Pansy scosse le spalle. "Si può stare anche da sole, non siamo per forza obbligate a stare con qualcuno…" La rossa fece una curiosa espressione e alzò un sopracciglio. Ma poi lei si sentì in dovere di continuare: in fin dei conti erano in vena di sentimentalismi… "Ma ignorare i tuoi sentimenti non li cancellerà. Quando meno te lo aspetti, quando penserai che sei riuscita a passarci sopra e tutto il resto, il tuo mondo verrà capovolto e dovrai fare i conti con te stessa e con quello che provi…"

 

Ginny aprì la bocca per parlare, ma poi la richiuse; non era sicura di voler affrontare quella conversazione,  ma l'idea di confrontarsi con quella ragazza le piaceva, così le domandò: "Quindi è qualcuno che conosci e di cui sei innamorata da tempo?"
La Parkinson bevve un sorso della sua bevanda speciale e storse il naso. "Lui è uno stronzo. E questa burrobirra zero fa schifo". Alzò un braccio e chiese ad alta voce al cameriere di cambiare ordinazione. Ginny avrebbe riso se la situazione non fosse stata così tragica. O triste. Ma non è che bisogna sempre essere seri, comunque.

 

La loro conversazione andò avanti per un altro po' con leggerezza, come se tutte e due le ragazze non volessero cadere nell'autocommiserazione e preferissero comunque riderci su.

 

"Tu sai cosa vuol dire quello che ha detto Maddie su Blaise e Rachel?"
Pansy guardò la rossa e piegò la testa di lato prima di risponderle. "Non proprio, so solo che c'entra la sua ex. Hai detto che l'hai conosciuta?"
La Weasley scosse il capo. "L'ho incontrata solo una volta e le ho rivolto tipo… tre parole".
"Quindi non sai perché si sono lasciati?"

 

Ginny annuì: quello lo sapeva! "Sì, me lo ha raccontato. Così come mi ha detto di quella legge stupida sui soldi della moglie in un matrimonio snob!"
La Parkinson rise. "Quella sulla dote? Che tutto ciò che la sposa porta in dono resta al marito?"
La rossa annuì. "Già, la trovo stupidissima!"
La mora alzò le spalle e scosse la testa sorridendo. "Io non lo so perché si sono lasciati. Sicura che fra voi non ci sia niente? Perché Blaise non è il tipo che si confida con chiunque…"
"Sì, lo so che non chiacchiera molto. Effettivamente non so perché me lo abbia raccontato" . Ginny alzò le spalle: in fin dei conti neanche Astoria conosceva tutta la storia.

 

Pansy notò come la ragazza prese il bicchiere facendo roteare il liquido che c'era dentro; non era male, era spigliata e simpatica. Sapeva già quanto valesse, aveva passato con lei l'ultimo anno a scuola e l'aveva vista in azione, era una ragazza in gamba; anche il moro doveva averlo capito. E sembrava adatta a Blaise. Lei e Potter si erano lasciati e non c'erano motivi validi per cui suo cugino non dovesse almeno provarci. Possibile che lui non provasse niente? Forse era più probabile che non volesse esporsi e si nascondesse dietro a una bugia. Doveva assolutamente parlargli e capire bene la cosa; in fin dei conti se davvero le aveva raccontato di come era saltato il suo matrimonio, sicuramente qualcosa aveva visto anche lui.
"Sai com'è, a volte fanno fatica…" Scelse di usare le stesse parole di prima e la ragazza rise, lasciando scivolare via la tristezza di poco prima.

 

*

Quando Blaise raggiunse le ragazze al pub, pensò che fossero ubriache: ridevano come due sciocche e si raccontavano qualcosa a bassa voce, con le teste vicine. Lui le vide dalla porta del locale e lentamente si avvicinò a loro.
"Ragazze…" Si sedette sulla sedia vuota e tutte e due sobbalzarono, troppo prese dalla loro conversazione per rendersi conto di ciò che stava succedendo intorno. Blaise scosse la testa quando loro scoppiarono di nuovo a ridere.
"Scusaci, Blaise, hai ragione. Com'è andata con zia Maddie e Rachel?" chiese Pansy, e lui alzò le spalle: non c'era molto da dire.
"Sembra che Rachel abbia problemi di soldi perché ha litigato con suo padre, che le ha tagliato i fondi. Mia madre è troppo buona, le ha fin offerto un lavoro. Per me le andava dato un calcio nel didietro". Blaise sospirò.

 

"Quindi è finita così? Lei ha ammesso tutto?" Ginny non riusciva a crederci, ma Blaise annuì.
"Sì. Non ha tentato neanche di negare. È scoppiata a piangere e continuava a dire che le dispiaceva."
"Che stronza! Sarà stata dispiaciuta di essere stata scoperta!"
La Parkinson, al suo fianco, rise forte. "Sai, Blaise, riesco a capire perché lei ti piace!"
Ginny sentì le guance prendere colore e una sensazione strana riempirle il petto. Cosa aveva detto? E cosa avrebbe risposto lui?

 

Pansy osservò i due ragazzi e notò quando Blaise realizzò la cosa. Le lanciò un'occhiata di sottecchi, ma lei vide benissimo il suo sorriso. Si alzò. "Scusatemi, ora devo proprio andare" si congedò, per lasciarli soli.
"Ehi, Parkinson, se ti va, sai dove mandare il tuo gufo". La rossa alzò una mano, facendo il gesto di impugnare una penna per scrivere e Pansy le sorrise.
"Perché no?" Si infilò il mantello e uscì per smaterializzarsi.

 

Blaise guardò la cugina uscire e poi si voltò verso la rossa. "Ti ha detto di chi è il bambino?"
Lei scosse il capo. "Non di chi è di preciso, ma mi ha raccontato altre cose".
"Cioè?"
Lei fece una smorfia strana con la bocca. "Se voleva farlo sapere anche a te, te lo avrebbe raccontato direttamente, no?"
Come? Ma… "Che vuol dire?"
"Che non ti dirò quello che mi ha confidato!" Ah. Davvero? Lei dovette leggergli in viso il suo stupore perché continuò. "Pensi che io sia una pettegola? Che racconti in giro i segreti degli altri?" gli chiese, con tono sostenuto.
Cosa? No! Ma come avrebbe fatto a sapere cosa stava succedendo a Pansy se lei non lo avesse aiutato?
"Senti, mi sono sbagliata… Ma non…" Lei si interruppe, iniziando a disegnare righe sul bicchiere della burrobirra.

 

Ginny si sentì in colpa e pensò di essere una stupida: aveva davvero creduto che fosse stata la Parkinson a ingannare Maddie e aveva tentato di sostenere la sua versione, nonostante Blaise non avesse mai ceduto sulle sue convinzioni, ma non voleva dire che era una persona così malevola da spifferare in giro i segreti degli altri. Forse lui lo pensava perché aveva tentato di fargli odiare sua cugina e magari era convinto che lo avesse fatto apposta.
"Io non sono…" Ma poi non finì la frase.

 

Blaise non aveva capito cosa fosse successo. Lei, improvvisamente, era cambiata: aveva perso il suo sorriso e il suo viso si era fatto triste e strano. E quella frase sul fatto che si era sbagliata? Su cosa si era sbagliata?
"Ma perché…"

 

Ginny pensò che lui volesse insistere e non aveva il coraggio di sostenere quella conversazione; purtroppo la ragazzina timida che era stata tanti anni prima, a volte prendeva ancora il sopravvento su di lei.
"Ora vado, stasera ho… un impegno. Tanto noi abbiamo finito, giusto?"

 

Come? Blaise rimase stranito da quel cambiamento repentino di argomento.
"Eh? Sì, sì, certo…" balbettò, chiedendosi dove dovesse andare. Andava in Romania? Ma perché continuava a pensare a Potter?
"Bene. Mi dai le foto, allora?"
Cosa? Che foto? Ah, le foto di Paciock! "Oh. Sì, certo". Incerto come un bambino, prese la bacchetta e, girandosi a guardare il personale del pub per verificare che non stessero guardando, mentre lei si alzava per rivestirsi, fece riapparire le foto. Notò che in mezzo c'era anche quella dove era da sola sulla panchina, la foto che stava usando a casa per disegnare. Mentre lei era ancora impegnata ad agganciarsi il mantello la fece sparire nella tasca interna: non voleva separarsene.
"Ecco qui" disse e la rossa tornò a guardare verso di lui.

 

Ginny finì di agganciarsi il mantello con una strana agitazione a cui non riusciva dare un nome. O forse lo sapeva benissimo ma odiava sentirsi così e non voleva ammetterlo.
"Ok". Si girò e guardò le quattro foto che lui aveva fatto apparire sul tavolo. Le prese e per un attimo non seppe se dovesse dire qualcos'altro o meno, così rimase zitta.

 

Blaise la osservò e pensò che non volesse andarsene. "Tutto bene?"
Lei alzò su di lui i suoi occhi nocciola, ma il moro non riuscì a leggere la sua espressione. "Sì. Ci… vediamo, Blaise" lo congedò, facendo un passo indietro.
Blaise le fece un cenno con il capo, indicando il cameriere che dietro di lei stava passando con un vassoio di bicchieri, ma la ragazza ci finì contro lo stesso.
"Mi scusi" disse al mago e, senza più guardarlo, si avviò velocemente verso l'uscita.
Oh. Sembrava finito tutto in un attimo.

 

Ginny uscì dal locale e una volta fuori si fermò per riprendere a respirare normalmente. Blaise non l'aveva neanche salutata, le aveva fatto un cenno del capo, come si fa con un conoscente o qualcuno che non ti è particolarmente simpatico. Come se fossero stati ancora a Hogwarts.
Aveva pensato che fosse meglio allontanarsi subito ed era stata così stupida da finire contro il cameriere e non lo aveva neanche aiutato a raccogliere i bicchieri. Chissà cosa aveva pensato Blaise.  Beh, in questo caso era meglio non sapere e andare avanti. Sicuramente prima o poi le sarebbe passata. La Parkinson si sbagliava.

Si smaterializzò a casa.



***Eccomi! Il capitolo è molto corto, lo so. Avrei voluto aggiungere anche l’inizio della parte nuova, ma ci stava male, così pubblicherò domani un altro capitolo corto

(così da riequilibrare le cose). Ho preferito non pubblicarli tutti e due oggi, per paura di creare confusione nella lettura.




Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Altro ballo, altra corsa ***


Altro ballo, altra corsa

-

-

"Che programmi hai per stasera?"
Blaise alzò gli occhi dal piatto e guardò sua madre che, con una strana espressione in viso, beveva un po' di vino durante la cena.
"Non saprei, perché me lo chiedi?" Tornò a guardare il piatto e a spostare il salmone da una parte all'altra, senza appetito.
Era passato meno di un mese da quando avevano scoperto che Rachel aveva ingannato sua madre e lui non aveva chiarito con la ragazza, perché non era riuscito a parlarle da solo e non si era sbilanciato. Ma un conto era coprire un'amica che tradiva il fidanzato, un conto era tentare di derubare sua madre. Ancora non si fidava di lei anche se non aveva più fatto passi falsi e sua madre stava bene, aveva ripreso a frequentare l'associazione di beneficenza per cui faceva i pupazzi e andava a casa delle amiche a prendere il tè. Pensò quasi che fosse ringiovanita: probabilmente tutte quelle preoccupazioni l'avevano provata più di quanto volesse ammettere.
"Penso ci sia una festa del Ministero a casa dei
Stin'sen" buttò lì lei, con nonchalance.

 

Suo figlio guardò Maddie alzando un sopracciglio. "Vorresti andarci?"
La strega rise. "Io? Lo dicevo per te!"
"Per me?" Lo sguardo di Blaise si fece ancora più corrugato.
"Sì. È una serata importante. Magari potresti trovare qualche contatto interessante per i tuoi lavori e…" La donna lasciò cadere lì la frase e prese una forchettata di cibo.
"Mamma, ho già venduto le foto dei Jobberknoll a un prezzo più che buono, non ho bisogno di altri contatti."
"Sai benissimo a quali lavori mi riferisco…" Maddie quasi sbuffò: quando Blaise voleva ignorare qualcosa ci riusciva benissimo.

 

Blaise sospirò ancora: era quasi meglio quando sua madre sembrava una tenera vecchietta indifesa. "Non sto lavorando in quel senso" mentì.
Sua madre aveva visto delle tavole con i suoi disegni, tempo prima, e lo spingeva a cercare qualcuno a cui farle vedere, ma lui non era ancora pronto per una cosa così.
"E poi Molly mi ha detto che loro ci sarebbero andati" disse ancora.
Blaise girò la testa verso di lei: Molly la madre di Ginny? Quindi Ginny sarebbe andata al party del Ministero?
"La signora Weasley? Avete continuato a… frequentarvi?"
Sua madre gli lanciò un'occhiata strana. "Certo. Ci scriviamo spesso e prendiamo il tè insieme. Anche con Ginny".

 

Maddie lasciò cadere la frase così, fra le briciole del pane sparse sulla tovaglia, e osservò il figlio di sottecchi.
"Hai visto Ginny, ultimamente?" le chiese infatti lui, quasi subito. Maddie non gli fece notare che aveva iniziato a chiamarla per nome.
"Sì. Era qui anche ieri."

 

Ah. Davvero? Blaise si girò, guardando la stanza, come se la ragazza fosse nascosta dietro alle tende. "Qui?"
"Sì. Viene a prendere il tè, anche se mi ha confessato che il tè non le piace molto. Ma chiacchiera sempre volentieri, mi racconta tante cose…"
Quali cose? Blaise fece fatica a non chiedere subito.

 

Maddie notò l'interesse di Blaise e di come cercasse di non farlo vedere.
"Di cosa ti racconta?" domandò infatti, con uno studiata indifferenza, quando lei non continuò a parlare.
"Ah, cose così…" Maddie sventolò una mano lentamente. "Il suo lavoro, la sua famiglia… Ultimamente mi parla anche di un ragazzo…"

 

Cosa? Di chi? "Chi è?" chiese, troppo velocemente perché potesse pensare a mascherare bene le sue intenzioni.
"Ah, non ricordo… Mi sa che sto invecchiando…"
Blaise corrugò la fronte: sua madre non stava invecchiando di sicuro, forse si stava prendendo gioco di lui. O forse no. Conveniva sapere?
"Harry Potter?"
"Mmm… Non saprei…" Ma come? Tutti conoscevano il nome di Potter, anche sua madre, come faceva a non sapere se lei gli parlava di lui o di un altro?
Sbuffò e quasi lanciò il tovagliolo sul tavolo.

 

Maddie rise sotto i baffi. Osservò il figlio alzarsi e sistemarsi un bottone. "Dove vai?"
"Penso che andrò a prendere la macchina fotografica. L'ultima volta ho fatto delle belle foto dai
Stin'sen, chissà che non mi ricapiti la stessa fortuna."
Fece il giro del tavolo, si chinò a baciarla sulla guancia e la salutò, prima di smaterializzarsi.
Maddie sorrise ancora, prima di chiamare Kikky per farsi portare il dolce.

 

***

 

"L'ultima volta che ho accettato di venire con voi a un Party del Ministero, sono stata ricattata" brontolò Ginny, stendendosi sul letto e aprendo le braccia come se fosse stata crocifissa.
Hermione le lanciò un'occhiata divertita. "Già. Un'esperienza disastrosa, a quanto so".

 

"Ragazze, quanto vi manca? Ginny! Non sei ancora pronta?" Molly aveva messo dentro la testa dalla porta dopo aver bussato lievemente, ma senza aspettare di ricevere il permesso per aprirla.

 

"Mamma…"
Molly osservò la figlia sul letto e fece una smorfia. "Guarda che il mal di pancia per non andare all'asilo non funziona più, Ginny…"
"Mamma!" esclamò scandalizzata, come se avesse raccontato qualcosa di imbarazzante. "Io non vengo al Party".
Molly alzò gli occhi al soffitto, ancora con la mano sulla maniglia della porta. "Quante storie! Ho dato conferma per noi cinque e in cinque ci andremo! Non mi farai fare questa figura! E Maddie mi ha detto che stasera sarà interessante, ma non mi ha voluto dire perché e io devo assolutamente scoprirlo!"

 

Ginny alzò un sopracciglio. Maddie? "La madre di Blaise?"
"Sì, lei. Non ne conosco altre. E muoviti!" rispose sbrigativamente sua madre, mentre entrava nella stanza e si avvicinava a Hermione, vicino alla toilette. "Come stai bene, cara, con questo colore, i tuoi occhi risaltano ancora di più…" Le fece una carezza e si commosse; fu il turno di Ginny di alzare gli occhi al cielo: quanta smielanza!
Molly uscì, intimandole ancora di muoversi e la ragazza si alzò un po' controvoglia.
"Ah, allora vieni?" Le chiese l'amica, quando notò che apriva l'armadio.
La rossa alzò le spalle. "Sembra che sia obbligata…"
"Quindi il fatto che ci potrebbero essere Zabini e sua madre non c'entra niente con la tua decisione, vero?"
Ginny alzò di nuovo le spalle: che differenza faceva? Però sì, l'idea di incontrarlo la stuzzicava. Non lo vedeva da diverso tempo. Beh, dopo quello che era successo l'ultima volta, forse era stato giusto così.
Spalancò le ante del tutto e guardò i pochi vestiti che possedeva. Che strazio.

 

"Non hai detto che lo psicomago ti ha lasciato libera proprio oggi?" Tornò alla carica Hermione dopo un po'.
"E cosa c'entra Blaise con questo?" si stranì la rossa, mentre l'amica sorrideva sotto i baffi.
"Io l'ho nominato prima. Stai pensando a lui da così tanto tempo? O hai pensato a lui per tutto il mese di astinenza?" le chiese, con uno sguardo sornione. Ginny arrossì e tornò a guardare nell'armadio. Si avvicinò a lei, mettendole una mano sulla spalla. "Ehi, scherzavo…"

 

Ginny sentì le lacrime pungerle gli occhi. "Non…"
Hermione la prese per le spalle e la fece girare verso di lei. "Sei una persona fantastica, Ginny, non scordarlo mai". La rossa annuì, ma non riuscì a guardarla negli occhi. "Ti ricordi quella chiacchierata che abbiamo fatto a scuola il tuo quarto anno?" continuò e l'amica annuì: si riferiva a quando avevano parlato del fatto che se a Harry piaceva Cho, lei non avrebbe potuto farci niente, se non vivere la sua vita. Ed era lo stesso consiglio che stava seguendo Astoria.
Ginny aveva incontrato Astoria spesso, in quel mese. A dir la verità aveva frequentato più ex Serpeverde, in quell'ultimo periodo, che altre persone, pensò, con un sorrisino divertito. Perché si era mantenuta in contatto anche con Pansy, ma con nessuno di loro aveva parlato di Blaise, era troppo difficile. O forse era solo troppo presto.
"Va bene, dai, vengo con voi. Non ho voglia di sentire la mamma che si lamenta…"
Hermione la guardò con un sorriso, come se sapesse perfettamente quello che intendeva davvero e Ginny, che lo aveva capito solo guardandola, sospirò.

 

"Potresti mettere questo!" Hermione si allungò verso l'alto e tirò giù dal tubo di sostegno una gruccia con un abito dal colore cangiante.
"Hermione, quell'abito è bianco!" esclamò la rossa, spalancando gli occhi.
"E quindi? Scommetto che ti sta divinamente". Hermione guardò un po' lei e un po' l'abito.
"Si sporca solo a guardarlo…" Allungò una mano per sfiorare la stoffa e Hermione notò il suo sguardo accarezzare le lievi decorazioni di quell'abito. "E comunque, la stoffa è bella, ma il modello no, cioè, non sta bene a me".
Come? "Ma che dici?"
"Vuoi scommettere?"

 

Ginny si spogliò velocemente e si infilò l'abito: lo aveva fatto un sacco di volte, la sinuosità della stoffa ingannava, perché sembrava bellissimo ma poi, una volta che lei lo indossava, la faceva sembrare un barilotto di burrobirra.
"Visto? Te lo dicevo!" esclamò, tirando su le spalle del vestito, ma senza allacciarselo sulla schiena. Lanciò un'occhiata allo specchio e poi fece una smorfia: neanche Hermione avrebbe potuto sostenere il contrario.

 

"Sai che ti dico, invece?" Hermione si posò una mano sul mento e si avvicinò per girarle intorno.
"Non puoi dire niente di diverso, Herm…" Ma in verità la riccia riusciva a vedere davvero oltre: l'unico problema era che il modello veramente le stava male, ma quel colore! Era bellissimo su di lei. La sua pelle dorata come un biscotto cotto il giusto, che brillava del sole del mattino. Era un peccato. Un vero peccato.
"Dico che invece si può far qualcosa…" Le girò ancora intorno, mentre la rossa si voltava a guardarla prima da un lato e poi dall'altro, e poi si avvicinò e le agganciò il vestito sulla schiena.

 

Ginny guardò nello specchio della toeletta l'amica chiuderle l'abito e poi tornò a guardarsi: lo scollo a barca e la linea troppo morbida la infagottava tantissimo e sembrava ancora più bassa. Poco dopo Hermione, con un 'aspetta un attimo', fuggì dalla porta in tutta fretta e lasciò la ragazza da sola.
"Hermione! Ma dove vai?" Stranita, la rossa guardò la porta chiudersi alle spalle dell'amica.
Sfiorò con la mano la lunga gonna dell'abito e sospirò: si era lasciata conquistare dalla stoffa, e sì che lei non era mai stata il tipo da fare una cosa simile: abiti e cose del genere non le erano mai interessati. E non era mai stata vanitosa. Per questo lo aveva preso, si era innamorata di quella sensazione sulla pelle, ma senza capirne niente di moda o di presenza.
Chissà, forse se avesse avuto più gusto nel vestire o se si fosse interessata di più alla moda, sarebbe stata una ragazza sofisticata, di quelle da cui Blaise sembrava attratto. Ma lei non voleva essere diversa da quello che era. Non… del tutto.
Si morse un labbro e poi allungò la mano sulla schiena per sganciare il vestito, ma non ci riuscì. Sbuffando, si guardò intorno e, una volta adocchiata la bacchetta, fece un passo per andare a prenderla. Inciampò nella gonna troppo lunga e per poco non si ritrovò spalmata per terra.
"Oh, porca Morgana!" imprecò, mentre la porta della camera si apriva ancora.

 

"Oh, Ginnì, no no, non dovresti assolutamente dire certe cose!" Hermione entrò con Fleur nella stanza e subito la bionda spalancò gli occhi.
"Sì, scusami, Fluer… È che sono troppo bassa per questo vestito e…"
Hermione, che aveva sperato nel buongusto e nell'eleganza della francese per sistemare l'abito, sperò di non aver fatto un errore.
"Non sei troppo bassa. È il vestito che è sbagliato!"

 

Fleur aveva già adocchiato alcuni particolari ma su due cose era sicura: il modello di quel vestito non avrebbe giovato a nessuno e la sua stoffa era magnifica sulla pelle della cognata, nonostante il colore dei suoi capelli. Difficilmente il bianco e il fototipo dei Weasley sarebbero stati bene insieme, ma quella sfumatura le donava così tanto che sarebbe stato un peccato che lei non lo indossasse.
"Lasciami fare qualche modifica. Sì, partiamo da questo…"

 

Ginny osservò le spalline del vestito allungarsi e diventare maniche, ma senza allungarsi troppo, solo aprendosi e lasciando una coda come se fossero state dei vestiti da sposa.
Lo scollo a barca si trasformò in una profondissima punta triangolare, mentre un corpino a fascia attillato appariva sotto, in un gioco di contrasti che invitavano lo sguardo.
"Oh!" esclamarono Ginny e Hermione insieme: ora era decisamente più bello.
"Che scarpe hai intenzione di metterci sotto?" chiese subito dopo la bionda, valutando con uno sguardo la lunghezza della gonna, per poi guardarsi intorno nella stanza.
La rossa guardò Hermione spalancando gli occhi. "Herm…"

 

Hermione aggrottò la fronte guardandole le gambe e poi scosse la testa.
"Non saprei, Ginny. Forse i tuoi sandali…" Ma Fleur la interruppe prima che potesse finire la frase.
"Oh, Ginny, queste sono perfette!" La bionda aveva appellato un paio di scarpe che giacevano nell'armadio da tantissimo tempo e che probabilmente non aveva mai messo.

 

"Oh, quelle le ho comprate per la serata di gala del Ministero in onore di Harry…" mormorò Ginny, osservandole come se fossero un cimelio. "Non so se…"
"Vorrà dire che stavolta saranno in onore tuo!" esclamò la riccia, vedendo la sua espressione.
Ma Ginny scosse la testa. "Sono troppo scomode, l'altra volta sono quasi caduta, ricordi?"

 

Oh. Era vero. Hermione sospirò. "Che peccato!"
"Faremo un incantesimo di crommodità. Sono perfette!" Fleur sembrava al settimo cielo, i suoi occhi brillarono e, Hermione era sicura di non sbagliarsi, lo fecero anche i suoi capelli.
Ginny e Hermione si guardarono: un incantesimo di cosa? "Cosa faremo, Fleur?" chiese quindi la giovane cognata.
Fleur sorrise divertita. "Un incantesimo di crommodità. Per non farsi male ai piedi. Come si dice?" Confusa, guardò le cognate con la fronte aggrottata quando notò che loro non capivano.
"Forse… di 'comodità'?" propose Hermione, mentre Ginny spalancava gli occhi.

 

Quindi esistevano magie di questo tipo e nessuno glielo aveva mai detto?
"Fammi provare, prima. Altrimenti metterò qualcos'altro…" Ginny prese le scarpe dalle mani di Fleur, subito prima che lei impugnasse la bacchetta e le incantasse in francese. Se le infilò e si sollevò di almeno una decina di centimetri. Ma era comodissima. Come a cavallo di una scopa e con i piedi a penzoloni. Come se stesse indossando delle calze di lana grossa in pieno inverno davanti al camino. "Oh!" esclamò, quando notò la differenza con l'altra volta. "Questo incantesimo è fighissimo! Hermione, guardami, dovrei riuscire anche a ballare!" Fece due passi e finse di volteggiare nella stanza fra le braccia di un accompagnatore.
Fleur rise. Ma Santo Godric, a quanti balli era andata ed era tornata con i piedi doloranti, quando avrebbe potuto chiedere a sua cognata?
"Grazie!" Si avvicinò alla francese e la strinse in un abbraccio, finalmente alla stessa altezza.
"Stasera sarà diverso!" Ginny ruotò su se stessa, facendo dondolare la stoffa.
"Beh, Ginnì, dobbiamo ancora sistemare la gonna!" E così dicendo diede due tagli alla gonna in diagonale, in modo che seguissero quelli della scollatura.
"Oh, per tutti i cappelli di Godric!" Sempre più entusiasta, la rossa si specchiò: si sentiva veramente bellissima, mentre continuava a girare su se stessa per osservarsi da ogni angolazione. "Ma non so se mia madre mi farà uscire con uno spacco così…" Spostò una gamba in avanti e la gonna scivolò sulla pelle, mostrando ben più di quello che avrebbe dovuto fare.

 

Fleur sorrise. "Vorrà dire che la distrarremo mentre indossi il mantello!"
E detto questo scoppiò a ridere, seguita dalle altre due.

-

-

 

 

                                                                                       

***Eccomi! Ve lo avevo promesso, no? Buona lettura, ragazzi e grazie a tutti quelli che leggono la storia!

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Uno strano gruppetto ***


Uno strano gruppetto

-

-

 

Il ballo era comunque noioso. Ginny, che era partita con i più buoni propositi, dovette ammettere presto che le sue aspettative avevano, di nuovo, superato la realtà. Una tediosa realtà, fatta di infinite chiacchiere sul lavoro al Ministero, che Hermione apprezzava particolarmente e che rifilava a chiunque volesse ascoltarla e, purtroppo, nessuno del suo pubblico scendeva sotto il secolo di età.
"Ron!" esclamò, quando lo vide allontanarsi di soppiatto dal gruppetto.

 

Ron si girò, preoccupato che fosse stata sua madre a chiamarlo, ma quando vide la sorella avvicinarsi e prenderlo a braccetto, si tranquillizzò. "Dove vai? Al buffet?" Il rosso annuì in risposta. "Allora vai, vai, che vengo anch'io!" sussurrò, facendogli allungare il passo.
Ginny lo portò dalla parte dei dolci, ma lui voleva bere: quel party era più angosciante di Grattastinchi quando lo prendeva di mira.
"Vuoi del vino?" Ron la osservò mentre si serviva di un piattino e tre grossi pasticcini.

 

"Sì grazie" rispose Ginny al fratello: sicuramente un po' di alcol non avrebbe guastato. Lui si allontanò e lei rimase sola a scegliere i dolci: era indecisa fra le tartellette saltellanti alle fragole e i cuori budinosi al cioccolato, ma sapendo quanto fosse difficile scegliere, decise di riempirsi il piatto di tutti e due.
Guardandosi il vestito, si rese conto di non aver chiesto a Fleur se esistessero altri incantesimi interessanti, tipo per evitare che gli abiti si sporcassero quando si mangia a un ricevimento o una cosa così. Sperò di non sporcarsi, comunque, perché sua madre l'avrebbe rimproverata come quando aveva otto anni, altrimenti.
"Ginny, sei uno splendore!"
Per poco la ragazza non fece cadere il piatto, mentre quella voce familiare le arrivava alle orecchie improvvisamente. Si girò e si trovò davanti Neville e Hannah.
"Hannah!" Ginny l'abbracciò con il braccio libero: era tantissimo che non li vedeva! "Ma che fine avevate fatto, ragazzi?"

 

*

 

Blaise aveva visto Ginny già da un po', ma non riusciva a capire quale poteva essere il momento giusto per farsi vedere. Rimase a osservarla mentre si avvicinava al buffet con suo fratello, ma poi loro si divisero. Lei aveva un vestito che gli faceva seccare la bocca: non sapeva se era lui che la vedeva diversamente o cosa, ma era effettivamente bellissima. Gli piacevano anche i suoi capelli, un po' sciolti e un po' raccolti, anche se continuava a immaginarsela mentre lui le toglieva la piuma e i suoi capelli si scioglievano a coprirle le spalle e la schiena. Peccato che lei non avesse piume nei capelli.
Notò Paciock e la Abbott avvicinarsi a lei e i ragazzi abbracciarsi affettuosamente; sbuffò, voleva che lei fosse sola.
Oppure poteva portarla via. Finì in un sorso tutto il vino che aveva nel bicchiere e lo appoggiò sul davanzale di una finestra, mentre con passo deciso, attraversava la sala per raggiungerli.

 

Ginny stava conversando con Hannah e Neville, complimentandosi con loro quando la ragazza le fece vedere l'anello.
"Sono così felice per voi!"
"Lo sai, vero, che dovrai essere la damigella d'onore?" Hannah le prese le mani e Ginny spalancò gli occhi: lei? Lo stavano chiedendo a lei?
"Io?"
"Certo! Se non fosse stato per te…" Hannah e Neville si scambiarono uno sguardo dolce e amaro allo stesso tempo.
Ginny si ricordò il suo sesto anno a Hogwarts, quando avevano ideato la resistenza, quando i Carrow li torturavano. Annuì senza dire niente: a volte faceva ancora male, pensarci.
"Non ho la più pallida idea di cosa faccia una damigella d'onore, ma giuro che mi impegnerò tantissimo!" garantì, ridendo. "E chi sarà il tuo test…" Stava chiedendo, ma fu interrotta da un ragazzo che si insinuò nel gruppetto.

 

"Buonasera" salutò Zabini, comparendo al fianco di Neville.
Il ragazzo non poté così rispondere a Ginny che sarebbe stato Harry il suo testimone.
"Oh, Blaise!" Il saluto entusiasta dell'amica fece alzare un sopracciglio all'ex Grifondoro. Cos'era tutta quella confidenza?
Lanciò uno sguardo alla ragazza, ma lei era presa veramente dal moro, così si voltò verso Hannah che ricambiò il suo sguardo sorridendo divertita e stringendosi nelle spalle.
Ma che stava succedendo?
"Zabini" ricambiò il saluto, non sapendo bene come comportarsi.

 

"Allora, abbiamo novità?" Blaise lanciò un'occhiata ai due che lo guardavano un po' straniti.
"Di che genere?" Paciock, stranito, strinse gli occhi: probabilmente ci stava chiedendo cosa ci facesse lì. Blaise capì che Ginny non gli aveva detto niente.
"Non so… traslochi, cambi di lavoro, matrim…"

 

Ginny sbuffò e guardò il soffitto: quel troll stava giocando col drago.
"Mmm. Andiamo a ballare, va…" La rossa appoggiò il piattino con i dolci al tavolo del buffet, prese sottobraccio Blaise e, dopo aver salutato gli amici, di cui non si accorse lo strano cipiglio, lo trascinò sulla pista da ballo. "Sei proprio un troll, Zabini, lo sai?"
Lui rise mentre le prendeva la mano e le posava l'altra sulla schiena.
"Mi chiami per cognome, ora?"
"Quando fai il troll, sì!"

 

Blaise rise ancora al tono della sua voce: le era proprio mancata.
La fece girare su se stessa e lei spalancò gli occhi, perché non se lo aspettava. Chissà, magari anche lei aveva sentito la sua mancanza.
"Non gli hai detto di noi, eh?"
"Che dovevo dirgli? Che mi avevi ricattato con delle foto assurde?" Alzò una spalla in un gesto molto poco elegante e sospirò. "Neville ha già dei problemi suoi, non volevo che si sentisse in colpa".
Oh. Quella frase lo fece sentire a disagio. Quindi per lei si erano frequentati solo per via delle foto? E le altre cose? Era convinto che fosse partito da lì, ma che poi il tutto avesse preso una strada diversa. Ora non ne era più così convinto.
"Capisco."

 

Il suo tono di voce era stato strano, ma Ginny non ci fece troppo caso. "Tua madre? È qui?"
"Qui? No. Perché?"
Oh. Non c'era? Peccato. Alzò ancora le spalle. "Avevo capito che sarebbe venuta…"
"Tanto non vai a trovarla a casa?" Il suo tono sembrava un po' stizzito.
"Eh? Sì, sì, ma…" Lo osservò un attimo e poi gli chiese: "Ti dà fastidio che io vada a casa sua?"

 

Blaise sentì un po' di calore salirgli al viso. Come dirle che gli dava fastidio non averlo saputo prima? O il fatto che non si fossero mai incontrati. O che non lo avesse mai contattato. "No, certo che no".
"Sicuro?" insistette, guardandolo con la fronte aggrottata. "Sei strano…"
"Che hai fatto in questo mese?" Blaise cambiò argomento, prima di ripensarci, senza rispondere davvero. Cosa aveva fatto quando non si erano visti? E com'era stata senza di lui? Cercò di non dare voce a tutte quelle domande, mentre tornava a posare le mani su di lei dopo un'altra giravolta. La sua schiena calda era invitante e il suo profumo lo stordì dolcemente. Oh, Merlino!
"Oh, le solite cose, direi. Allenamenti, bisticci con mio fratello, lettere e gufi… Ah, abbiamo perso la partita contro i Bats. Pensavo quasi che mi avresti mandato una strillettera per prendermi in giro!"
Come? Ma cosa stava dicendo?
"Avete perso?" Non aveva l'abitudine di leggere i giornali e non aveva pensato di farlo per avere informazioni su di lei; ora scopriva che aveva perso! Si sentiva proprio un troll. "Mi spiace, non lo sapevo…"

 

La stava prendendo in giro? Era scritto dappertutto! "È vero, tu non leggi i giornali, mi ero scordata…" Ginny non ci aveva pensato. E lei che aveva aspettato un suo gufo… Che attesa inutile. "Quindi non hai visto neanche la nostra foto?"
Blaise si bloccò e lei, che stava facendo il passo successivo, si allontanò di un passo, lasciandogli le mani.
"Che foto?"
Ginny si morse il labbro: lei aveva comprato una copia di Strega 2000 solo per tenere la foto, ma non lo avrebbe ammesso con nessuno.

 

Di quale foto stava parlando?
"Pansy non ti ha fatto vedere la foto?" Ginny lo guardava incuriosita, come se dovesse capire se la stesse prendendo in giro o no. Cosa? Cosa c'entrava Pansy?
Blaise cosse il capo.
"Ce l'hanno fatta alla cena del Quidditch, quando…"
Merlino! Davvero? E perché lui non lo sapeva? "Intendi mentre ci baciavamo?"
Lei annuì. Blaise la prese delicatamente per un braccio e la trascinò lontano dalla pista.
"Mi spiace. Hai avuto problemi per questo?"

 

Ginny sorrise. "No, nessun problema" mentì. Erano stati solo una manciata, i giornalisti che si erano presentati al campo dell'allenamento e qualcuno era stato anche abbastanza insistente, ma poi Gwenog aveva messo a tacere tutti e loro non avevano più insistito. Anche se il suo capitano aveva voluto, in privato, tutti i dettagli, ma alla fine non aveva spifferato proprio tutto: solo Hermione e la Parkinson erano al corrente di tutto. In famiglia c'erano state qualche battutina e qualche imprecazione da parte di suo fratello, ma aveva spiegato che era stato uno scherzo e forse, il fatto che non si fosse più parlato di lui, aveva convinto tutti. Anche se lei si era aspettata un contatto da parte sua, ma neanche questo lo disse ad alta voce. E se invece l'aveva contattato direttamente Chastity? Forse era per quello che non si erano più sentiti.
"Bene" concluse lui, poi si guardò intorno, notando che la musica era finita. "Prendiamo qualcosa al buffet?"
"Oh, avevo mandato Ron a prendermi da bere, ma poi è sparito. Si sarà fermato al vassoio del pollo fritto!"

 

Blaise annuì e insieme camminarono in silenzio fino al buffet.
Però era curioso di vedere la foto. Doveva assolutamente chiedere a Pansy. Fra l'altro non aveva più parlato con lei. Gli sembrava che sua madre avesse detto che il matrimonio fosse stato annullato, ma non era stato attento, quindi non ne era del tutto sicuro. Ma in giro non si era saputo niente: dovevano essere riusciti a tacere la cosa. Non si era informato neanche della gravidanza. Capì di aver vissuto in un limbo mentre osservava i piatti roteare per essere vuotati da tutti i lati.
Quando videro arrivare verso il buffet il Ministro McRiggen, sentì Ginny brontolare. "Ci manca solo lui. A parte te e Neville, questa festa è noiosissima. Se non fosse per i dessert, tornerei a casa" confessò.
"Potremmo riempire un piatto, prendere da bere e nasconderci". Blaise indicò con il capo le tende che portavano allo spiazzo dove si erano incontrati la prima volta: non voleva assolutamente che lei se ne andasse.
"Oh. Ottima idea! Io prendo i dolci e tu prendi il vino. Ci vediamo lì!" sussurrò, cercando di evitare il ministro per non farsi attaccare una pezza che non sarebbe finita più.
Blaise fece abbastanza presto, si diresse velocemente verso le tende e aspettò.
Lei arrivò quasi subito, con il suo sorriso e due piatti pieni di dolci e snack.
Appoggiò i piatti sulla rientranza del muro dove lui aveva posato il vino e prese uno dei bicchieri.
"Allora, com'era, questa foto?" Blaise notò che il silenzio si stava facendo un po' strano e allo stesso tempo voleva davvero saperne di più.
Osservò con piacere le guance della ragazza colorarsi e lei evitare il suo sguardo mentre si girava a prendere un dolcetto. Poi si guardò intorno e si sedette su una sorta di sgabello che c'era conto il muro.

 

Ginny sperò di non cadere e di non macchiarsi il vestito, sapendo benissimo che erano due cose che le potevano succedere tranquillamente, visto quanto si sentiva goffa.
Per non rispondere subito addentò il pasticcino e impiegò una vita a masticarlo, perché voleva pensare bene a cosa rispondere.
"È… bella, in verità. Ed è anche abbastanza ingannevole. Non sembra neanche che tu stessi fingendo per fare un dispetto a Chastity. Potrebbe quasi sembrare che…"

 

Blaise strabuzzò gli occhi mentre si avvicinava a lei: doveva chiarire quella cosa subito! Fece tre passi in avanti e la raggiunse. "No, io non…" tentò di interromperla, ma una voce alle sue spalle impedì loro di continuare la conversazione.
"Lo dicevo che vi avevo visto entrare qui!" Draco, seguito da Theo e Hermes, si era intrufolato dalle tende, rompendo quel momento confidenziale, facendoli girare verso di loro.

 

"Oh, Malfoy, che piacere" Il tono ironico di Ginny riempì la stanza.
"A dir la verità, speravo di aver interrotto qualcosa…" brontolò il biondo, guardandosi intorno con disgusto. Poi tornò a guardarla e fece il suo solito ghigno. "Non dovresti alzarti, quando qualcuno di rango superiore a te entra nella stanza?"
"Vorrei dirti che mi fanno toppo male i piedi, Malfoy, ma non ho neanche questa scusa. Ah, ma aspetta, ho una verità: sei un idiota e di sicuro non sei superiore a nessuno! Resto seduta, grazie."

 

La ragazza non vide l'occhiata di Blaise, che la guardava con interesse e orgoglio, ma la notò Theo che alzò un sopracciglio quando i loro sguardi si incrociarono.
Scontroso, perché Blaise non voleva ammettere niente e gli dava fastidio qualsiasi cosa pensasse l'amico, lo accusò subito: "Sempre con il bicchiere in mano, eh?"
Ma Theo doveva aver capito, perché ghignò, alzando la mano in un immaginario brindisi. "Sì, certamente. E del migliore. Fra poco poi mi sceglierò anche una bella…"
Questa volta fu lui a essere di nuovo interrotto, quando Daphne entrò dalle tende con passo spedito, esclamando: "Draco!"

 

Pansy entrò subito dietro a Daphne, che aveva insistito per raggiungere i ragazzi anche se lei avrebbe preferito evitarli, e sentì la frase di Theo raggiungerle la bocca dello stomaco, pensando che stesse dicendo che si sarebbe cercato una ragazza con cui imboscarsi, visto che aveva mosso la mano libera per indicare curve immaginarie sul suo corpo.
Gli lanciò un'occhiataccia senza dire niente, ma lui la notò subito e fece un sorrisetto sghembo: infastidita, Pansy si guardò intorno e, quando vide Ginny, pensò di raggiungerla. Fece un cenno con il capo a Blaise e si avvicinò alla rossa.

 

Blaise osservò Pansy superare Daphne e raggiungere Ginny. Tornò a guardare gli altri e notò che Draco era stato raggiunto dalla bionda, mentre anche Millicent, di cui prima non si era accorto, guardava stranita Pansy chiacchierare con la rossa, che si era alzata e mostrava, anche nella penombra di quella stanzetta, tutto il suo splendore. Fece fatica a non fare niente quando vide Hermes lanciarle un'occhiata interessata.
"Draco, oggi non mi hai chiesto di ballare!" Daphne fece un broncio tanto pronunciato quanto studiato e incrociò le braccia sotto al seno, mettendolo in mostra un po' di più. Come se ce ne fosse stato bisogno: la sua scollatura lasciava ben poco all'immaginazione.
"Forse perché non c'è Astoria…" sussurrò Ginny dietro di lui, ma Daphne, che la sentì lo stesso, non gradì l'intromissione.
"Perché non ti fai gli affari tuoi, Weasley?"
"Guarda, non preoccuparti, io stavo proprio andando: questa festa è così noiosa. Ci vediamo domani, Pansy?" Ginny fece un passo verso le tende, per uscire da lì. Come? No, non doveva lasciarla andare via!

 

"Possiamo andare anche adesso. Anch'io trovo che qui ci siano persone noiose…" Pansy lanciò un'altra occhiataccia a Theo, senza riuscire a contenersi.
Theo, però, resse il suo sguardo benissimo e finì in un sorso, sotto i suoi occhi, tutto il vino del bicchiere, allungandosi a prenderne un altro che c'era su una rientranza del muro vicino a due piattini di dolci.
"Vengo anch'io". Blaise fece un passo per seguirle.
"Mi unisco a voi" gli fece eco Theo, continuando a guardarla, come se volesse sfidarla.

 

Draco vide anche Hermes raggiungere il gruppetto e fece un passo anche lui. "Non vi lascerò soli…"
Quando fece un passo verso di loro, Daphne si agitò. "Ehi, aspettate! Non potete…" Si voltò verso Millicent e sgranò gli occhi, ma la ex Serpeverde si strinse  nelle spalle, non capendo cosa dovesse fare.
"Perché non andiamo a casa mia? I miei non ci sono". Daphne, agitata perché l'avrebbero abbandonata tutti, buttò lì la sua ultima spiaggia: i suoi genitori erano spesso fuori e loro avevano passato molte serate a casa sua, nei tempi in cui andavano ancora a scuola.
Draco si voltò verso di lei. "E Astoria?" Non riuscì a non chiedere, ma lei scosse la testa. Si strinse nelle spalle e fece un altro passo verso gli altri.
Pansy gli lanciò un'occhiata colma di quella che lui pensò fosse pena e non resse il suo sguardo.

 

"Il padre di Daphne ha una cantina interessante…" Theo guardò il suo bicchiere, non abbastanza pieno da poter sopravvivere.
"Figurati se non eri interessato all'alcol!" Pansy serrò la bocca e sgranò gli occhi, guardandolo male.
"Non ho parlato di alcol, tesoro" la stuzzicò lui, facendole l'occhiolino. Lei alzò gli occhi al soffitto e Theo si immaginò anche che arrossisse. Qualcosa si smosse nei suoi pantaloni. Oh. Finalmente.

 

Blaise sentì chiaramente Pansy dire: "Dubito che Mr. Greengrass abbia un postribolo in cantina, Theo…"
Theo ridacchiò e Blaise sussurrò vicino a lui. "E io dubito che ti servirebbe, nonostante tutte le tue chiacchiere".
Il moro smise di ridere e lo guardò male, finendo di bere dal bicchiere.
Millicent si avvicinò a Pansy e Ginny e mormorò: "Hai un bellissimo vestito. Sembra che te lo abbiano incantato addosso…"
Allungò una mano e sfiorò con le dita la stoffa sotto al seno della ragazza. Blaise si sentì quasi invidioso.
"Diciamo che è più o meno quello che è successo. Fluer l'ha modificato dopo che l'ho indossato. Prima mi stava veramente male. E mi ha fatto un incantesimo alle scarpe! Voi lo conoscete? Serve per non…" La rossa agitò la gonna e si chinò in avanti mostrando delle scarpe con il tacco altissimo.
"Per non avere male ai piedi? Sì, io lo faccio sempre. Ma non è che basti per essere bella come…"
"Però andiamo da me!" Daphne doveva aver capito che stava perdendo l'attenzione della serata. "Vieni anche tu, Weasley…" Ora i suoi occhi sembravano implorare.

 

Ginny si sentì in trappola. Vabbè ma tanto che doveva fare?
"Potremmo giocare a Imperium o Veritaserum!" propose ancora la bionda.
"Per Salazar, che abbiamo, tredici anni?" Pansy scosse la testa.
"Cos'è Imperium o Veritaserum?" chiese sottovoce Ginny, per non farsi sentire dalla Greengrass.
"Tipo il gioco della bottiglia. Solo molto, molto più… impegnativo, diciamo". Nott appoggiò il bicchiere vuoto vicino agli altri.
"Intendi più spinto o più pericoloso?" Ginny pensò all'incanto Imperium, sembrava qualcosa di più di qualche bacetto sulle labbra.
"La verità è pericolosa, Weasley. Quasi sempre. Si possono fare domande scomode e si è obbligati a rispondere. Oppure si è alla totale mercé degli altri. Ma prima che tu possa pensare qualcosa di brutto, sappi che spesso le parole feriscono più delle azioni. Diciamo che potrebbe essere un gioco interessante."
La sua voce era un po' alticcia, ma i suoi occhi sembravano sobrissimi, mentre lo spiegava. E il suo sguardo si era spostato, forse senza volere, perché fu solo per pochissimi secondi, su Pansy. Oh. Ohhhhhhh. Davvero?
Si voltò a guardare la mora, ma lei non si era accorta della cosa. Quando si rigirò verso Nott, vide che lui aveva notato il suo gesto e per un altro attimo, qualcosa di strano passò sul suo volto e sorrise sfacciato.
Desiderosa di un po' di sostegno, cercò con gli occhi Blaise e quando i loro sguardi si incontrarono, capì dal suo sorriso di aver intuito giusto. Oh. Ma allora doveva assolutamente fare qualcosa.
"Ma sì, perché non andiamo tutti a casa della Greengrass?"

 

Blaise ebbe uno strano presentimento, ma poi annuì e, quando lo fece lui, accettarono anche gli altri.
Ginny si avvicinò a Draco e sussurrò qualcosa verso di lui e lui sbiancò, prima di risponderle, ma poi tornò alla sua normalità.

 

Draco aveva accettato solo per non rimanere da solo: Astoria non era a quel ballo e, a quanto pareva, non era neanche a casa. E senza Astoria non c'era niente di interessante.
"Malfoy, se mi materializzassi con te, finiremmo in camera di Astoria oppure sei stato anche in qualche altra stanza della casa?" Quella piccola vipera della Weasley si era avvicinata a lui, ma per fortuna aveva parlato a voce bassa e nessun altro l'aveva sentita: non voleva far sapere quello che era successo dopo la guerra. Non aveva raccontato a nessuno dei suoi problemi a dormire o anche soltanto a sopravvivere a ogni giorno. Ma la Weasley sapeva delle sue notti con Astoria. E Astoria era l'unica che non lo giudicava, che lo abbracciava stretto e che profumava come i dolci della sua infanzia. La guardò male, ma lei non si scompose: giusto, aveva tanti fratelli.
"Non preoccuparti, non lo dirò a nessuno". Senza che nessuno potesse vedere, gli appoggiò una mano sul braccio come se volesse fargli una carezza, ma poi ci avesse ripensato.
"Tu sai con chi è uscita?"
"Sì. Ma non te lo dirò. E so che non me lo chiederai davanti a tutti. Perché non hai le palle di voler ammettere che lei ti interessa."
"Non sai niente."
"Sarà divertente, allora. Che faccio, vengo con te o devo chiedere a qualcuno che sappia come è fatto il salotto dei Greengrass?"

-

-

-

***Eccomi! Ma qualcuno lo sa che le migliori serate sono quelle iniziate con "Io stasera non esco"? Così per dire eh 😅 ok, basta spoiler. Siete pronti per una serata a casa di Daphne? Io spero di avervi incuriosito e che smaniate in attesa del prossimo capitolo! (che è praticamente il mio preferito, visto che è una delle prime scene che ho immaginato 😅).

Un bacio a tutti e grazie per essere qui. 💜

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Imperium o Veritaserum ***


                                   

Imperium o Veritaserum

-

 

Ginny si guardò intorno appena si materializzò a casa della bionda ex Serpeverde: a parte a casa di Blaise, non era mai stata in una villa come quella. La Greengrass li aveva fatti accomodare in un salotto, con divani per ospitare almeno due squadre di Quidditch, un enorme tappeto, un grosso camino, un pianoforte e degli arazzi alle pareti. Stranamente, trovò la casa elegante e non inquietante come avrebbe immaginato. Ma tanto lei che ne sapeva di arazzi?

 

"Dobbiamo parlare."
Blaise si era avvicinato a Ginny perché, in tutta quella confusione, non avevano finito di chiarirsi e lui voleva assolutamente farlo. Anzi, le avrebbe detto anche di ciò che era successo nello studio di casa di sua madre.
"Adesso?" gli rispose lei e Blaise effettivamente si guardò intorno perché c'erano troppe persone per parlare di una cosa così intima.
"Io vado a cercare una bottiglia". Theo fece qualche passo per la stanza, ma fondamentalmente nessuno lo ascoltò o si accorse di quando sparì oltre la porta che conduceva al seminterrato.
Blaise prese per un braccio Ginny mentre si toglieva il mantello e la trascinò lontano dagli altri. "Che urgenza, Zabini, l'ultima volta hai detto qualcosa di spiritoso su quella frase, stavolta cos'è cambiato?"
Blaise scosse la testa: non si ricordava di una volta precedente, ma sicuramente non era importante come questa volta di sicuro. "Quello che hai detto prima sulla foto…"
Lei spalancò gli occhi e si girò verso gli altri. "Forse Pansy ha una copia di Strega 2000…" Si voltò verso il gruppetto e gridò: "Pansy!"
"No, non mi interessa la foto, voglio solo…"

 

Ginny ci rimase male come se lui l'avesse colpita con un bolide: non voleva vedere la foto? Non gli interessava? Oh. E lei che ogni tanto la tirava fuori solo per darci un'occhiata.
Pansy si avvicinò a loro, ma a quel punto la rossa non voleva più chiederle niente.
"No, scusami, non…" iniziò, ma non riuscì a guardare Blaise.

 

Pansy osservò l'atteggiamento di Ginny e capì che era a disagio. Forse si pentiva di essere venuta? O forse Blaise aveva fatto qualcosa che non andava bene?
"Vieni con me". La prese per un braccio e la trascinò via da lui, ma quando fu in mezzo al salone, la porta che dava sulle cantine si aprì e Theo salì le scale direttamente nell'ingresso, gridando: "Guardate cosa ho trovato!", così tutti si girarono verso di lui.

 

Theo aveva trovato quello che cercava: una bottiglia opaca, grigia, con delle decorazioni in rilievo in oro. La mostrò a tutti e si avvicinò a Pansy e alla Weasley che lo guardavano stranite. Beh, solo la Weasley lo guardava così, Pansy gli stava lanciando occhiate assassine, con le mani sui fianchi.
Abituato alla cosa, si avvicinò a lei apposta, stappò la bottiglia e la porse, però, alla rossa al suo fianco. "Un goccio, Weasley?"
"Cos'è?" La rossa cercò di sbirciare l'etichetta.
"Il nostro gioco: veritaserum!" Theo le rispose, ma non staccò gli occhi da Pansy che continuava a guardarlo male.

 

Ginny spalancò gli occhi, subito distratta dai suoi pensieri da quella scoperta. "Usate veramente il veritaserum?"
"Eh, certo. Come fai a sapere altrimenti se uno dice la verità? Mica eravamo Grifondoro, noi!" La prese in giro il moro, ridendo.
Ma… Quindi anche l'Imperium… "Aspetta, mi stai dicendo che il nome del gioco non è solo per scherzare? E usate veramente l'incanto Imperium per far fare qualcosa agli altri?"
Tutti e due scossero la testa. "No. Quello è pericoloso davvero" si intromise Pansy e Ginny fu d'accordo con lei.
"Lo usiamo solo se qualcuno si rifiuta". Nott ammiccò, ma probabilmente lo disse solo per scandalizzarla.
"Ah."
"Non gli credere. Non lo usiamo. E poi abbiamo sempre usato regole rigide per evitare di cadere nel…" iniziò Pansy ma subito fu interrotta dall'ex compagno di casa.
"Ah, sì, per evitare che qualcuno si approfitti di qualcun altro eleggiamo sempre un controllore. Che fai, Weasley? Giochi o hai segreti inconfessabili?"

 

Theo fece quella domanda ad alta voce quando notò Blaise che si avvicinava a loro: gli aveva dato fastidio la frase che aveva detto poco prima sulla sua virilità e sapeva che la Weasley era il suo punto debole.
"Potrei giocare tranquillamente, ma non sono sicura di fidarmi di voi Serpeverde" gli rispose per le rime lei, pensando probabilmente di rimetterlo al suo posto.
Theo abbassò lo sguardo verso la rossa che lo guardava con un sorrisetto divertito e di sfida. Le mise un braccio sulle spalle e la allontanò da quelli che lui immaginava fossero gli unici di cui lei si fidasse: Pansy e Blaise. "Il nostro controllore potrà sempre farti un Silencio appena dirai qualcosa che non va. E, conoscendo quanto sia noiosa Pansy…" Si voltò indietro e lanciò alla mora un'occhiata sorniona. "Immagino che potrebbe essere lei tranquillamente…"

 

Pansy sbuffò. Forte. "Theo, lascia stare Ginny. Nessuno giocherà a quello stupido gioco e…"
Ma la mora aveva fatto i conti senza Daphne. "Theo! Hai trovato la bottiglia! Dai, giochiamo davvero!" esclamò la bionda, tirandogliela via di mano con uno sguardo pericoloso negli occhi.
"Daphne, lasciamo perdere, dai…" Pansy tentò di essere gentile, non voleva dirle che se aveva voglia di scoparsi qualcuno non c'era bisogno di tirare in ballo quel gioco assurdo. Allungò una mano verso di lei, per farsi dare la pozione.
"Hai paura, Pansy? Di cosa? Di fare qualcosa che non vorresti? O di dire qualcosa che ci nascondi?" la stuzzicò con cattiveria, mentre faceva dondolare la bottiglia.
"Se vuoi solo ubriacarti, Daphne, puoi farlo tranquillamente. Poi…"
"Non fare la stronza!" La bionda le puntò il dito contro.

 

Ma cosa ne sapeva quella stronza di cosa volesse lei? Daphne sbuffò: era così brutto il fatto che nessuno si interessasse mai a lei. Si voltò verso Millie, l'unica più sfigata di lei nella stanza. "Vieni, Millie, vieni a giocare con noi…" ordinò, prima di andarsi a sedere sul tappeto.
"Mmm, Daphne, sai che a me non…"
"Ti ho detto di venire a sederti". Se c'era una cosa che odiava di Millie era quando tentava di far di testa sua.
Sapeva che le avrebbe ubbidito: lo faceva sempre e infatti sorrise quando sentì il fruscio del suo vestito alla sua sinistra.

 

Theo fece un passo verso Daphne quando appoggiò la bottiglia a terra. "Io gioco se possiamo aprire anche le bottiglie dello scaffale in fondo alla cantina" disse a Daphne.
In verità pensava che lei dicesse di no, per quello lo aveva detto: in fondo alla cantina suo padre aveva il Firewhisky invecchiato più pregiato. Sperava così di riuscire a cavarsi dall'impiccio senza rimetterci la faccia, perché Daphne aveva un brutto ghigno in viso: aveva paura che potesse esagerare e lui non aveva intenzione di essere una pedina nelle sue mani. O in quelle di chiunque.
"Vai a prenderlo" acconsentì lei e Theo non poté più tirarsi indietro.

 

Draco capì quello che aveva fatto Theo, ma notò anche quanto fosse determinata Daphne. Aveva in mente qualcosa. "Qui si mette male…" sussurrò.
Blaise, accanto a lui, guardava Daphne che ricambiava il suo sguardo con un ghigno.
"Io ci sto". Hermes si sedette alla destra della bionda. Poi Theo tornò dalla cantina con una bottiglia e la stappò, per poi far apparire dei bicchieri sul tappeto. Uno per ogni persona presente, ma li riempì senza sedersi.
"Io non…"  iniziò Draco: non voleva prestarsi a quella commedia. E poi, come aveva detto prima: non gli interessava, se non c'era Astoria. Ma la rossa sapeva dov'era. La guardò. "Weasley, tu giochi?"
Lei gli fece un sorriso divertito, forse non aveva capito l'intento di Daphne. "Dovrei, Malfoy?"
Hermes, a cui probabilmente non fregava niente, batté la mano accanto a sé. "Vieni qui, rossa, che ci divertiamo. Pensa, potrebbe anche capitarti di baciare una ragazza!"
"Ho già baciato una ragazza" lo mise a tacere la ex Grifondoro, scatenando i risolini assurdi dei ragazzi già seduti. Draco si voltò verso Blaise con uno sguardo interrogativo, ma lui gli rispose scuotendo le spalle. E se fosse riuscito a chiederle qualcosa di più su Astoria? Se le aveva raccontato delle notti passate insieme, sicuramente erano in confidenza. Però non voleva farlo davanti a tutti, su quello la rossa aveva ragione: era un codardo. Ma magari sarebbe riuscito a parlarle a quattr'occhi.
"Se si ferma lei, ci sto anch'io" sussurrò il moro solo per le sue orecchie, per poi fare un passo avanti e prendere la rossa per un braccio prima che oltrepassasse il cerchio per andarsi a sedere.

 

Blaise aveva visto l'interesse di Hermes per Ginny e aveva appena cambiato idea sul gioco: la bloccò prima che si andasse a sedere vicino a lui, la trascinò giù a fianco di Millicent e prese posto accanto a lei.

 

Pansy quando vide i ragazzi sedersi sospirò. Poi Theo, che non si era ancora seduto, le lanciò uno sguardo di sfida, ma subito dopo cambiò in uno sguardo triste, anche se fu per così poco tempo che lei non fu sicura che fosse successo davvero.
Theo si sedette accanto a Blaise e, formando il cerchio, si trovò proprio di fronte a Daphne, che gli sorrise melliflua, prima di alzare lo sguardo su di lei, come per testimoniare una vittoria.
"Ci serve un controllore, comunque. Pansy, lo fai tu?" la chiamò il moro, girandosi verso di lei e Pansy notò ancora qualcosa di più nel suo sguardo.
"No, se vuole, lei può andarsene: non abbiamo bisogno di un controllore" tornò alla carica la bionda, ora che aveva tutti in pugno.

 

Theo non voleva che Pansy se ne andasse. "Ho promesso alla Weasley che avremmo avuto un controllore" spiegò il moro. "E lei si fida di Pansy. Vero, Weasley?"
Guardò la rossa e lei sbatté le palpebre prima di rispondere. Guardò l'amica, per capire cosa dovesse rispondere e poi Pansy sbuffò e fece un passo verso il cerchio.
Senza sorprendersi, la vide sedersi accanto a Hermes, lasciando un posto fra di loro.
"Va bene, lo faccio io. Draco, siediti anche tu, ormai sei l'unico in piedi…"
Theo versò da bere per tutti e diede un bicchiere a ognuno. Molti appoggiarono il bicchiere davanti a loro, mentre la ex Grifondoro lo tenne in mano.

 

Ginny guardò il suo bicchierino e poi, di soppiatto, guardò Blaise. L'aria si era fatta strana e sembrava ci fosse un po' di tensione, così lo mandò giù tutto in un sorso e decise di fare come le aveva insegnato Fred: buttarsi.
"Qualcuno può dirmi le vostre regole?" Ginny posò il bicchiere e notò che si riempì di nuovo da solo: Nott aveva incantato il Firewhisky.
"Oh, è facile, Weasley, ora io faccio girare la bottiglia e quando si fermerà, la persona che il collo indicherà dovrà scegliere se fare qualcosa come se fosse sotto Imperium, ossia qualcosa che magari non farebbe mai, o se bere il veritaserum e rispondere a tutte le domande degli altri". La Greengrass sembrava eccitata solo a raccontarlo.
"No" la contraddisse Pansy e tutti si girarono verso di lei. "Facciamo una domanda e basta. E la sceglierà chi ha girato la bottiglia".
"Ma così è noioso!" si lamentò la bionda.
Ginny iniziava a capire perché la situazione si era fatta pesante e in quel momento si pentì di essersi seduta.
"Questo è il modo in cui giocheremo. Non ammetto obiezioni. Sono il controllore."
Stranamente, Ginny notò la ragazza abbassare la cresta e accettare la cosa senza ribattere, poi prese il bicchiere e lo vuotò in un sorso. Subito, la bottiglia incantata da Theo lo riempì di nuovo.
"Altre domande?" Pansy guardò tutti osservandoli come se fosse la McGranitt: Merlino, se era entrata nella parte del controllore!
"Immagino che non si usi la magia, vero?" Ginnu guardò verso Pansy e lei annuì. "In questo caso… posso togliermi le scarpe che sto scomoda seduta così?" Notò Pansy rilassarsi alla sua frase senza cognizione e le fece un sorriso: sarebbe andato tutto bene. Si risedette per terra e incrociò le gambe, coprendosi con la gonna.
Il primo giro fu innocuo: la bottiglia girata da Daphne si fermò davanti a Hermes, ma per quanto la bionda sperasse che scegliesse Imperium - si vedeva benissimo che lei non vedeva l'ora - lui scelse di bere una goccia di pozione.
"Ah, niente cose riguardanti il sesso!" esclamò Pansy, ma Daphne rise.
"Il gioco è già iniziato, neanche il controllore può cambiare le regole dopo che si è iniziato a far girare la bottiglia!" E dallo sguardo della mora, Ginny capì che era vero. Ma che voleva dire con quella frase?
Si voltò verso Blaise, ma lui, notandola, scosse le spalle. Oh.
"Per il piacere della frigida Pansy non ti farò domande sul sesso, sei contento?" Ridacchiò Daphne, lanciando uno sguardo cattivo alla mora. Prese il bicchiere davanti a lei e lo alzò per un brindisi nei suoi confronti. "Dovresti rilassarti anche tu Pansy, comunque. Bevi il tuo Firewhisky che sei l'unica che non ha ancora bevuto".
"Per me è uguale, non ho niente da nascondere". Pansy alzò una spalla e Ginny pensò ancora di aver sbagliato ad accettare il gioco: e se avesse messo nei guai l'amica?
Quando Daphne aprì di nuovo la bocca per parlare, subito dopo aver bevuto, Pansy le tolse la voce con un Silencio. La bionda si voltò verso di lei, arrabbiata, così la sua ex compagna di casa le disse: "Hai già fatto la tua domanda. Hermes, gira la bottiglia".
Merlino, Pansy era davvero una da non voler avere contro! Ginny però, sorrise contenta.

 

Theo vide girare la bottiglia e il suo tappo fermarsi indicandolo. Prima che chiunque potesse chiederlo, si allungò ad afferrare la bottiglia per bere la sua goccia, ma subito dopo vuotò anche il bicchiere di Firewhisky. Anche gli altri fecero la stessa cosa, e lui prese la bacchetta, scordandosi completamente di aver già incantato la bottiglia, così rimase a osservare mentre il liquore faceva il giro di tutti i bicchieri; quando arrivò a quello di Pansy, però, notò che era ancora pieno.
Guardò Hermes e si preparò alla sua domanda, sperando che non facesse lo stronzo.
"Hai mai fatto l'amore? Cioè, hai mai fatto sesso con qualcuna, o qualcuno, per cui provavi sentimenti e non solo attrazione?"
Theo sorrise, perché la domanda era abbastanza innocua. "Sì" si sentì rispondere e Millicent, quasi di fronte a lui, spalancò gli occhi sorpresa e chiese con chi, prima di mettersi una mano sulla bocca e chiedere scusa.
Theo sentì le labbra muoversi, ma non ci fu nessun suono; si voltò verso Pansy, che aveva la bacchetta puntata verso di lui e lo guardava con un'espressione dura. "Solo una domanda" si giustificò e il moro annuì.
Theo girò la bottiglia e questa si fermò davanti a Millie. "Scegli Imperium" sussurrò Daphne. Sembrava un ordine, però, perché si capiva benissimo che la ragazza non voleva e che allo stesso tempo non aveva voglia di contraddire l'amica.
La rossa accanto a lei le mise una mano sulla coscia e disse ad alta voce che nella vita bisogna sempre avere il coraggio di fare ciò che si vuole. Millie si girò verso di lei, annuì e poi prese una goccia di pozione, guardando Theo come se fosse stata la cosa più difficile da fare, ma allo stesso orgogliosa di averlo fatto.
Decise di andarci tranquillo. "È vero che hai preso Eccezionale in Antiche Rune, ai G.U.F.O.?" Girava voce che fosse così, ma Daphne diceva di nascosto che non era vero e che se lo fosse inventato.
Il viso di Millicent si trasformò, come se improvvisamente avesse ricevuto in regalo una Felix Felicis. "Sì" disse, orgogliosa. Theo notò Daphne sbuffare e fece un piccolo ghigno. Quando spostò lo sguardo, incrociò gli occhi di Pansy che lo guardavano con approvazione. Si sentì quasi in imbarazzo.
"Davvero? Wow… Anche Hermione l'ha preso, ma lei… vabbè, lei è Hermione…" constatò la rossa, con ammirazione.
Millie annuì. "Ho preso Eccezionale anche ai M.A.G.O."
Il fischio di stupore di Hermes fece innervosire Daphne che sbottò: "Sì, ok, dai, andiamo avanti…"

 

La Bulstrode diede un colpo alla bottiglia e questa, dopo vari giri, rallentò segnando Pansy e poi continuò, fermandosi su Malfoy.
"No!" esclamò la Greengrass. Ginny vide chiaramente che avrebbe voluto che fosse Pansy a subire il gioco: non le piaceva molto, il suo sguardo. "Chiedigli…" iniziò la bionda, rivolta alla sua vicina di posto, quando venne interrotta.
"Daphne, lascia che ognuno giochi come vuole. Quando sarà il tuo turno, chiederai quello che vuoi tu. E poi Draco non ha ancora scelto cosa fare" spiegò Pansy, come se l'altra ragazza avesse cinque anni.

 

Draco prese la bottiglia senza neanche pensarci. Appena la goccia cadde sulle sue labbra, Daphne imbrogliò, domandando velocemente: "Hai scopato con Astoria?"
Si accorse di aprire la bocca ma, come prima era successo a Theo, mosse le labbra senza dire niente.
La Weasley, dall'altra parte del cerchio, lo guardò con uno sguardo strano: a volte sua madre lo guardava così, ma su di lei era più impressionante di quando lo guardava male e lo insultava.
"Daphne, smettila" la rimproverò Pansy e Draco vide chiaramente gli occhi della bionda riempirsi di odio: poteva finire male.
"Chiedigli qualcosa sui mangiamorte" sussurrò allora, all'orecchio di Millie.
Draco sbiancò, ma la ragazza lo guardò e chiese: "Quando è stata l'ultima volta che sei stato felice?"
Quella domanda fece male. Molto male. "Non lo so" si sentì rispondere. "Penso di non esserlo mai stato per davvero".
"Come ha fatto a rispondere così?" Daphne guardò gli altri con la fronte corrugata. Poi spostò lo sguardo su di lui e domandò: "Hai fatto finta di prendere la pozione?"
"No, l'ho presa davvero. È vero?" Draco si voltò verso Theo, in cerca di conferma.
Lui annuì. "Sì, l'ho visto io". Forse Theo era ancora essere sotto l'effetto della pozione che aveva bevuto prima.
"È perché è un pensiero e non una verità inconfutabile" spiegò la Weasley. "Me l'ha spiegato Hermione: la sua risposta è la sua verità. È vero; lui pensa veramente così. Ma è una cosa che può cambiare. Potremmo rifargli la stessa domanda domani e lui rispondere in modo diverso. Malfoy, sono sicura che tu ti sia sentito veramente felice, qualche volta, devi solo pensarci. Tipo la prima volta che sei salito sulla scopa e hai fatto un'acrobazia o una cosa così…" disse ancora, quasi con gentilezza.
E se Draco ci avesse pensato bene, se si fosse dato il permesso di poter essere felice, avrebbe risposto che lo era stato in una qualsiasi di quelle notti che aveva passato fra le braccia di Astoria. Cercò di sorridere alla rossa, ma non seppe cosa venne fuori.
"E l'ultima volta che sei stato infelice?" Daphne fece quella domanda a bruciapelo, quando tutti stettero zitti e Pansy aveva abbassato la bacchetta, per la serietà dell'argomento.
"Quando siamo venuti qui senza che ci fosse Astoria" rispose, senza che nessuno potesse impedirglielo.

 

"Daphne!" la sgridò Pansy, ma la risposta che le aveva dato Draco le era bastata come lezione, lo capì dalla sua espressione. "Draco, gira" ordinò, quasi, all'amico.
Draco fece girare la bottiglia che si fermò su Ginny. "Beh, qualcuno dovrebbe scegliere 'Imperium', ogni tanto, così si movimenta il gioco. Weasley, fallo ora, dai" suggerì Daphne e Pansy scosse il capo verso l'amica: non voleva che la rossa finisse nelle grinfie di chiunque.
"Grazie per il suggerimento, Greengrass, ma scelgo la pozione anch'io" le rispose con nonchalance. Ma quando aprì la bottiglia per bere la sua goccia, Daphne prese il suo bicchiere e scattò verso di lei per distrarla e finì che ne mandò giù molto più di un sorso.
"Merlino! È pericoloso?" chiese allora la rossa, quando bevette. No, non era pericoloso, Pansy scosse la testa in risposta e guardò male Daphne: probabilmente voleva che l'effetto non finisse dopo pochi minuti come succedeva con una goccia e basta.
"Non guardarmi così, Pansy, io non ho fatto niente! È stata lei a berla, non gliel'ho detto io!" si giustificò la bionda, sghignazzando prima di bere il suo bicchiere di Firewhisky.

 

 

"Chiedile se…" La voce della Greengrass si spense e Ginny, non sentendo la domanda, non fu obbligata a rispondere.
"Daphne, al prossimo richiamo, smettiamo di giocare". Pansy sospirò, abbassando la bacchetta.
La ragazza si voltò verso Draco, pensando di chiedergli di domandarle ciò che gli stava a cuore, visto che doveva essere ancora sotto effetto della pozione, ma lui, ancora a disagio da prima o forse capendo le sue intenzioni, le chiese tutto d'un fiato: "Con chi hai fatto sesso l'ultima volta?"
Prima che Pansy potesse lamentarsi della domanda, Ginny aveva già risposto: "Con Richard Stonewall".
"Quello dei Puddlemere United
?" chiese Hermes, alzando tutte e due le sopracciglia.
Non sapeva se meravigliarsi o no del fatto che non le avesse chiesto di Astoria lo stesso.

 

Blaise non notò il brusio degli altri, ma sorrise: loro si erano incontrati dopo che lei era uscita con quel damerino. Quindi con Potter non era successo più niente! Oppure si era rivista con il giocatore? Doveva chiedere.
"Ma non è stato tempo fa?"  domandò, sottovoce, come se fosse una domanda tranquilla.
Lei alzò una spalla, mentre annuiva. "Lo psicomago mi ha proibito di fare sesso, per lo stesso motivo che dicevi tu".
Ossia? Cosa le aveva detto il medimago?
"Ragazzi!" li sgridò Pansy, e loro si scusarono insieme.
"Ma tu giochi professionalmente?" chiese ancora Hermes, rivolto alla rossa e lei annuì e spiegò che giocava con le Holyhead Harpies. L'occhiata interessata che le lanciò il cugino di Theo fece stridere i denti a Blaise.
"Andiamo avanti!" quasi gridò Pansy, per paura che qualcun altro facesse parlare Ginny.
"Vai, fai girare la bottiglia". Blaise indicò il centro del cerchio e lei annuì.
Ginny diede un colpo alla pozione e questa girò velocissima per quello che sembrò un tempo infinito, prima di fermarsi davanti a lui. Blaise sorrise: cosa gli avrebbe chiesto?
"Andate a letto insieme?" Draco gli fece la domanda a tradimento mentre lui beveva la sua goccia, ma troppo presto per dargli modo di rispondere.
Infatti sentì Ginny dire: "No. Io non sono il suo tipo. Ma perché non lo hai chiesto a me, prima?"

 

Pansy non era riuscita a zittire la risposta di Ginny, ma poi, vedendo l'espressione di Blaise, pensò che fosse una cosa buona.
"Chi ha detto che non sei il mio tipo?" le chiese lui, infatti, stranito e sorpreso.
"Non pensavo di interessarti in… quel senso. Mi sbaglio?"
"Ti sbagli sì!"
"Pansy… non dovresti sgridarli?" La voce di Daphne era infastidita, ma aveva ragione.
"Ragazzi…" disse, con poca convinzione. "Ginny, fa' una domanda…"
"No, lo ha già fatto! Bisogna andare avanti!" brontolò ancora la bionda. Pansy sbuffò e la ignorò.

 

Ginny si sentiva stordita: forse aveva bevuto troppo? "Ho così tante domande che non so quale scegliere" ammise e lì pensò davvero di avere troppa pozione in corpo.
"Chiedi qualcosa di cui sai già la risposta. Le altre cose è meglio se ve le chiarite dopo, da soli" suggerì Pansy e la rossa annuì, d'accordo con lei.
Tentò di pensare a qualcosa di futile o poco importante, ma la sua mente tornò al primo bacio che Blaise le aveva dato quella sera, quando l'aveva ricattata; chissà se anche quello era stato qualcosa di importante, per lui.
"Ginny…" Venne richiamata dalla mora. Ah, sì, giusto, stava a lei.
"Mi hai ridato tutte le foto che mi hai scattato nel giardino degli
Stin'sen?"
"No".

Ginny non afferrò subito la sua parola perché, come aveva suggerito Pansy, gli aveva fatto una domanda di cui pensava di conoscere la risposta, ma quando metabolizzò, pensò di essere una stupida. "Che cosa?!"
Sentì qualcuno ridere alle sue spalle, mentre era girata verso Blaise: probabilmente era la Greengrass.

 

Blaise si rese conto di aver risposto e sentì la rabbia di lei come se la toccasse con la mano. "Aspetta" tentò di calmarla. "Posso spiegarti".
"Cosa c'è da spiegare? Mi hai imbrogliato!" Ginny si alzò in piedi e lui la imitò. Quando vide Pansy alzare la bacchetta verso di loro, la rossa fu più veloce, tirò fuori la sua da sotto il vestito e la disarmò con un Expelliarmus. "Non zittirci, Pansy" quasi la implorò.
"Non ti ho imbrogliato, è che... Ma non vuoi sapere perché l'ho fatto?"
"Perché sei un troll, ecco perché! Ma che scema che sono, a essermi fidata di te!"
Ormai stavano litigando. Notò Daphne ridere con la mano davanti alla bocca, ma poi riportò l'attenzione sulla ex Grifondoro.
"Ah, no! Non sono un troll! Troll è Draco che ci prova con Daphne anche se non gliene frega niente e solo per infastidire sua sorella o Theo che finge di andare a letto con tutte solo perché non riesce ad ammettere di essere innamorato di una sola.
Non sono io il troll! Non sono io che vado a letto con Potter per non sognare la battaglia!"
"Neanch'io vado a letto con Harry. L'ultima volta non ci sono riuscita perché pensavo a te!"

 

Pansy si allungò a raccogliere la bacchetta che la rossa le aveva fatto cadere poco prima e silenziò i ragazzi. Loro però continuarono a urlarsi addosso, ma almeno lo fecero in silenzio.
"Dai, andiamo avanti…" ordinò Daphne che se non poteva sentire cosa si stessero dicendo, non le interessava.
Blaise sbuffò senza far rumore e diede un calcio alla bottiglia che girò e si fermò su Daphne, l'unica felice di fare quel gioco.  "Imperium!" gridò, eccitata. Ma cos'aveva quella ragazza? Si versò un altro bicchiere di firewhisky, ormai doveva averne bevuti almeno cinque, e chiese, leccandosi le labbra: "Cosa vuoi che faccia, Blaise?"
"E io che pensavo scegliessi Veritaserum per farci sapere con chi sei stata a letto dei presenti…" Pansy alzò gli occhi al soffitto e Daphne la guardò male, per poi tornare a posare gli occhi sul moro, forse un po' troppo brilla per capire che il ragazzo non era interessato a lei, in quel momento. La mora sospirò e scosse il capo. Poi lanciò un Finitem Incantem a Blaise per lasciarlo parlare e lui disse con cattiveria: "Accovacciati e starnazza come un'oca per mezz'ora. Tu, invece, vieni con me". Prese Ginny per un braccio e la trascinò in un'altra stanza.

-

-

-

***Eccomi! Questo capitolo mi piace molto e mi scuso subito se ci sono molti dialoghi, ma spero che vi piaccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Finalmente confessioni ***


Finalmente confessioni

 -

"Lasciami andare!" La rossa, nervosa, quando oltrepassarono uno degli archi e si ritrovarono in una stanza di disimpegno, cercò di liberarsi dalla sua stretta. Blaise la lasciò e lei fece un passo indietro.
"Voglio tutte le foto. Mi avevi dato la tua parola!"
"Ti avevo promesso che ti avrei ridato le foto in cui eri con Paciock. Quella che ho tenuto…" La voce gli mancò per un momento e Ginny scosse la testa: forse non era il caso di specificare ogni cosa proprio in quel momento.
"Che scema che sono…"

 

Ginny si sentiva una stupida: gli aveva veramente creduto, si era fidata di lui. Voleva fidarsi di lui.
"Non è come credi". Blaise sembrava imbarazzato.
"L'hai venduta a qualche giornale?" Ma poi lei scosse la testa: nessun giornale aveva pubblicato foto su di lei, a parte quelle della cena.
"È a casa mia, nel mio studio. Ginny, è una foto tua, ci sei solo tu. Te l'ho scattata prima che arrivasse Paciock…"

 

Blaise era riuscito a confessarglielo: si sentiva quasi più leggero. La osservò mentre elaborava la sua risposta. Poi lei si morse il labbro inferiore, ma poi scosse ancora la testa, passandosi una mano fra i capelli: era nervosa, a cosa stava pensando?
"E cosa ci fai, santo Godric, la usi come bersaglio per le freccette magiche?" Lei non capiva. Il suo tono ancora sostenuto sembrava incredulo. Ma non aveva ascoltato quello che si erano detti in salotto poco prima?
Il moro alzò gli occhi al cielo e decise di passare all'attacco sorridendo: fece un passo avanti, coprendo la distanza fra loro e le prese il viso fra le mani, chinandosi a baciarle le labbra con un sorriso. "Ti disegno" ammise, staccandosi da lei, ma tornando a coprirle la bocca quando tentò di fare altre domande. "Baciami, Weasley. Ti spiego tutto dopo. O te lo faccio vedere. Ma adesso baciami, per Salazar!"

 

Ginny spalancò la bocca alle sue parole, ma poi decise di seguire il suo consiglio: chiuse gli occhi: lasciò che la sua lingua le accarezzasse le labbra, prima di schiuderle, ma soprattutto lasciò che lui le entrasse nella mente. Gli portò una mano sul petto e lui fece scivolare le sue lungo il suo corpo, fino a raggiungere la vita. Era scalza, ma quando lui fece un passo verso di lei, si alzò sulle punte dei piedi per appoggiarsi al ragazzo, e lo sentì gemere mentre le posava la mano sulla schiena per stringerla a sé.
I suoi seni premevano contro il suo petto solido, facendole provare un'eccitazione nuova ma familiare. Improvvisamente, si staccò da lui.

 

"Ci siamo già baciati!" esclamò lei e Blaise sorrise, contento che lei se lo fosse, finalmente, ricordato.
"Sì."
Lei fece un altro passo indietro, stranita. Riuscì a prenderla per una mano.
"Io…" Si mise una mano sulla bocca e strabuzzò gli occhi. "Mi ricordo: sul tappeto, a casa di tua madre. Kikky ha sparso la polvere e…" Si interruppe, con uno sguardo smarrito.
"Sì" ripetè, tornandole vicino e accarezzandole la guancia con il dorso della mano. Merlino, voleva baciarla, non darle spiegazioni!

 

Ginny finalmente riusciva a capire molte cose: la sua strana sensazione di deja-vu quando lo aveva baciato alla cena di beneficenza o il fatto di sognare quel momento. Non era un sogno: era un ricordo.
Ma… Quando lui tornò a circondarla con le braccia, decise di non volerci pensare e di abbandonarsi a quel momento. Questa volta fu lei a baciarlo per prima e giurò di averlo sentito sorridere sulle sue labbra.
Un rumore alle loro spalle li sorprese e Ginny si girò, quasi spaventata: Pansy li osservava sorridendo.

 

Pansy aveva raccolto le scarpe e il mantello della rossa, prima di uscire dalla stanza per andare a cercarli. Quando se li trovò di fronte, avvinghiati come due amanti che si erano ritrovati dopo tanto tempo, sorrise, vedendoli. Purtroppo una scarpa le cadette e loro si girarono verso di lei, accorgendosi della sua presenza.
"Non ci sono, qui. Mi sa che si sono smaterializzati" Pansy alzò la voce, per farsi sentire gli altri che erano rimasti in salotto, ma fece l'occhiolino ai due ragazzi. Porse le sue cose a Ginny e le fece segno di sparire: almeno loro avrebbero avuto un lieto fine.
La rossa prese scarpe e mantello e Blaise le afferrò la mano, prima di smaterializzarsi. Pansy si girò, ancora sorridendo, quando si trovò la strada sbarrata da Theo.
"Hai detto una bugia."
"Io non ho bevuto la pozione" dichiarò, come se ce ne fosse bisogno.
Il moro annuì e alzò un braccio, pronto a bere da una bottiglia. Pansy pensò che fosse un altro liquore, ma poi il colore opaco della bottiglia attirò la sua attenzione: aveva in mano il veritaserum.
Lo osservò mentre beveva un sorso e poi le sorrise, triste.

 

Theo aveva seguito Pansy subito dopo aver afferrato la bottiglia: Daphne non aveva ancora finito la penitenza che le aveva dato Blaise, mentre Draco continuava a versarsi da bere e Millie e Hermes si erano avvicinati e parlavano fitto, come se fossero gli unici nella stanza.
Pensando che non sarebbe mai più riuscito a farlo, stappò la pozione e ne bevve un lungo sorso, prima di tornare a guardare la donna dei suoi sogni. O dei suoi incubi. Forse ora sarebbe riuscito a dirle tutto.
"Perché lo hai fatto?" Pansy era stranita, beh, un po' lo era anche lui.
"Perché altrimenti non ti avrei mai detto la verità. Oppure non mi avresti creduto…"
"Quale verità, Theo? Che mi hai tradito con Daphne?"
"Non ti ho tradito con Daphne!"
"Davvero?" Ora lei sembrava sorpresa. "E con chi mi hai tradito?" Si avvicinò a lui e  gli prese di mano la bottiglia, guardandola, come se dovesse convincersi che fosse vera.
"Sono andato a letto con Daphne dopo che ci siamo lasciati. L'ho fatto per dispetto: ti odiavo perché non mi credevi, ma non ti ho mai tradita."
"Poi però hai iniziato a fartele tutte". Non era una domanda. Forse perché lei sapeva già la risposta. Era vero: dopo che si erano lasciati, quando suo padre aveva avuto tutti quei casini per i suoi legami con i mangiamorte e lui si era sentito abbandonato, aveva iniziato a bere e ad andare a letto con tutte. Ma fu contento che lei non gli chiedette spiegazione, perché era una cosa triste da ammettere.
"Già…"
"E lo fai anche adesso…" Anche questa volta non era una domanda. "E dimmi, sei… contento?" Pansy non lo guardò negli occhi: Theo non riusciva a capire cosa volesse sapere davvero. Scosse il capo.
"No."
"È per questo che bevi?" domandò ancora lei. Il moro fece un passo avanti e si stupì quando lei non ne fece uno indietro.
"Può essere. Pansy, ma io non vado…" iniziò.
"Devo dirti anch'io una cosa."
"Pansy, io…" continuò, come se lei non avesse parlato.
"Theo, è importante…"
"Pansy, dovrei odiarti e non sai quanto vorrei farlo…"

 

Pansy accusò quel colpo come se l'avesse colpita un bolide mentre assisteva a una partita di Quidditch. Annuì. Forse era giusto: loro erano stati insieme a Hogwarts, poi una sera lei lo aveva visto mentre baciava Daphne e non aveva capito più niente. Sapeva che probabilmente era stata lei a iniziare la cosa, ma la gelosia le aveva impedito di ragionare lucidamente e la loro storia era naufragata. Lui aveva giurato e spergiurato di non aver fatto niente, che era stata la bionda a baciarlo e che si era tirato subito indietro, ma lei non gli aveva creduto. E quando poi aveva iniziato a girare tutti i letti dei dormitori, era stato troppo, e troppo tardi.
Ora, giustamente, lui la odiava.
Guardò la bottiglia che aveva in mano e ne prese un lungo sorso. Lui alzò un sopracciglio.
"Penso che tu faccia bene a odiarmi, Theo. Mi odio anch'io, a volte…"
Il ragazzo scosse la testa e aprì la bocca per parlare, ma lei lo zittì.
"Ho tradito un uomo favoloso, poco prima che diventasse mio marito. E mi sento una merda".
"È stata colpa mia, sono io la merda, non tu."
La mora sorrise: sotto veritaserum era un bravo ragazzo, alla fin fine. O forse lo era sempre stato e lei, troppo impegnata a criticarlo, non lo aveva capito.
"Per quanto mi piacerebbe dare la colpa a te, Theo, sappiamo tutti e due che non è così…" Allungò una mano verso di lui e gli accarezzò la guancia con dolcezza.
"Ti ho obbligato."
Pansy rise. "Ne sei convinto? Davvero? Ho fatto l'amore con te perché volevo, di certo non perché sono stata obbligata!"

 

Theo si coccolò con le sue parole. "Mi volevi?" Appoggiò la guancia alla sua mano.
La ragazza si allontanò e si passò una mano sul collo. "Theo, io ti voglio ancora. Ogni volta che ti incontro penso che mi farai impazzire e cerco di starti lontana, ma…"
"Non devi starmi lontano!" Theo fece un passo per coprire la distanza che li separava e la strinse, posando le labbra sulle sue. Quanto aveva desiderato quel momento! Come avrebbe voluto non smettere mai di baciarla!
Sentì il suo corpo abbandonarsi contro di lui e il moro l'abbracciò, mentre sentiva le sue guance inumidirsi. Si staccò da lei e notò che stava piangendo. "Perché piangi?"
"Perché sono una stronza."
"Stai con me, Pansy. Sono uno stronzo anch'io, andremo d'accordo."
Lei rise e scosse la testa, mentre con una mano si asciugava gli occhi.
"Non è lui l'uomo per te: sono io, credimi" tentò ancora di convincerla. Le posò le mani sui fianchi e avvicinò il viso al suo, facendo toccare le loro fronti.

 

Pansy avrebbe voluto che fosse vero. Forse lui ci credeva, ma non bastava. Non bastava adesso. Forse sarebbe bastato prima.
"Theo, sono incinta."
Lo vide spalancare gli occhi e poi scuotere la testa. "Non fa niente. Stai con me. Ci mettiamo d'accordo. Io… vi prendo tutti e due".
"Ci mettiamo d'accordo? Che vuol dire?" Sospettosa, sperò che non intendesse qualcosa di drastico: non era sicura che il suo cuore avrebbe retto a una proposta del genere, in quel momento.
"Con tuo marito: potrà vedere il bam…"
"Il bambino è tuo". Lo stupore sul suo viso si mischiò a uno strano sorriso di gioia, ma poi lui tornò a fare quella faccia perplessa e Pansy non seppe più cosa pensare.

 

Theo sentiva girare la testa, ma capì che quella volta non era colpa dell'alcol. Pansy aspettava un bambino da lui ed era una notizia meravigliosa! Ma perché non glielo aveva detto prima? Ah, forse perché lei era sposata con un altro!
"Lui lo sa?" Lei annuì in risposta. "E…?"

 

Pansy fece un passo indietro per mettere un po' di spazio fra loro.
"E niente."
"Come, niente? Che ha detto? Sa che è mio?"
"Lui… Noi…" Si morse il labbro, nervosa. "Sa che non è suo. E ha accettato di…"
Lui la interruppe: "Ha accettato cosa?"
"Di annullare il matrimonio. Noi… non siamo più sposati…" Ammetterlo era un po' come dover dire ad alta voce di aver fallito, ma in quel momento sapeva che era la cosa giusta, verisaterum o meno.

 

Theo spalancò gli occhi: il matrimonio di Pansy era stato annullato? Era fantastico!
"Allora stai con me. State con me."
"Theo, non funzionerebbe."
Lui si stranì. "E perché non dovrebbe?"
"È passato tanto tempo. Siamo due persone diverse. Io penso che tu…"
"Che io?"
"Ho paura che tu possa tradirmi" ammise, ma poi fece un altro passo indietro e guardò per terra.
Il ragazzo si avvicinò a lei, le mise due dita sotto al mento e le fece alzare il viso. "Tesoro, capisco che tu possa non fidarti di me, ma io non ti ho mai tradita, né mai ho desiderato farlo. Non…"
"Theo, hai avuto tante ragazze. Io non sono…" Si passò ancora la mano sul collo e lui riuscì a vedere tutta la sua insicurezza, come la prima volta che avevano fatto l'amore.
"Nessuna è come te. Te lo giuro. Ti ho cercato in ogni ragazza che ho avuto, ma non ti ho mai trovata. E poi ultimamente non ci riesco più…"
"A fare che?"
"Stare con qualcuno che non sia tu. Blaise lo ha detto prima, è vero: faccio finta di andare a letto con le ragazze, perché dal giorno del tuo matrimonio, io… non riesco più a farlo con nessun'altra…"
Pansy sospirò pesantemente e lui capì che la sua sicurezza, il suo essere così rigida nei suoi confronti, la sua postura e tutto il resto, erano tutta una finzione, la sua maschera per vivere, proprio come il provarci con tutte era la sua. "Mi ami, Pansy?"
"Sì" rispose, dopo essersi leccata le labbra e aver trovato una lacrima. Lei era ancora sotto pozione e Theo sorrise: era il momento giusto.

 

Pansy spalancò gli occhi quando Theo si inginocchiò e le prese la mano: cosa stava facendo?
"Allora sposami. Ti amo anch'io e voglio passare il resto della vita con te". Poi il suo viso si addolcì e allungò la mano libera verso il suo ventre. "Con voi…"
La ragazza non tentò neanche più di frenare le lacrime. "Theo…"
"Dimmi che mi vuoi anche tu."
"Certo che ti voglio."
Poi si inginocchiò davanti a lui e lo baciò.

 

***

 

Ginny si sentiva stordita, ma non seppe dire se fosse per colpa dei bicchieri di Firewhisky o della smaterializzazione. O forse per via di tutta la situazione che aveva scoperto. Quando Blaise li fece apparire nel suo salotto, si girò verso di lei e la baciò ancora. E ancora.
Quando, ancora allacciati, camminarono verso la zona notte, Blaise si fermò. "Non vorrei essere insistente ma… cosa ti ha detto lo psicomago, di preciso, sul sesso?"
Ginny rise. "Mi ha detto di non fare sesso con nessuno per un mese".

 

Blaise si staccò a fatica da lei. Merlino, davvero? E ora? Sarebbe riuscito a fermarsi? Ma poi, perché lei stava ridendo? "Ah…" Tornò a baciarla: Merlino era così difficile! "Quindi non…" Fece un passo indietro per paura di non riuscire a controllarsi. Avrebbe dovuto farle quella domanda prima di materializzarsi a casa. O prima di sfiorare la sua pelle calda.
"Blaise…" sussurrò lei, portandogli una mano sulla nuca, fra i capelli e avvicinandosi così tanto a lui da far aderire i loro corpi.
Sospirò silenziosamente. "Sì?"
"Mi ha detto anche un'altra cosa."
Il moro sperò che non fosse una brutta notizia come quella che lei gli aveva appena dato, che il suo cervello cercava di metabolizzare, ma che il suo corpo, per colpa di quello che lei stava facendo, non riusciva ad assorbire. "Cosa?" praticamente gemette sulle sue labbra e lei sorrise.
"Che da oggi posso fare l'amore con chi voglio". Ginny sorrise, facendo scorrere la mano e spingendolo verso di lei.
"Ottima notizia" concordò lui, tornando a baciarla con passione e stringendola a sé mentre cercava di raggiungere la porta del salotto. In quel momento si maledisse per aver scelto la camera in fondo al corridoio.
Dovette averlo detto ad alta voce perché lei gli rispose: "Andiamo sul divano…"
Come? No, no. Voleva farlo per bene. Non voleva di sicuro prenderla in pochi minuti mentre era ancora vestita.
"Mi sa che quello romantico sei tu" rise lei, mentre gli leccava le labbra e strusciava il bacino contro di lui: così lo avrebbe fatto impazzire. "Oppure potresti farmi vedere la foto… In fin dei conti niente ci trattiene dal farlo subito…" Piccola, audace tentatrice!
Blaise, però, sorrise.
"Ti penso da quasi due mesi. Non voglio aspettare: voglio vederti nuda. Voglio sfiorare il tuo tatuaggio e baciare la tua pelle. Voglio sentirti fremere e implorare di non fermarmi" iniziò, mentre scendeva a baciarle il collo. Lei gemette davvero. "Voglio…" Fecero ancora qualche passo e alla fine lui riuscì ad arrivare alla camera da letto, aprendo la porta.

 

Ginny si sentì quasi mancare quando lui scese a baciarla fino all'orlo della stoffa facendo cadere la parte sopra. E il vestito ora le copriva a malapena il seno. Si sentiva eccitata al massimo e, senza accorgersene, s'inarcò, porgendosi a lui.
Lo sentì armeggiare con la cerniera dietro la schiena e sussurrò qualcosa tipo: "Fai un evanesco. Anch'io non vedo l'ora di essere nuda, ma prima…"
Blaise la guardò con uno sguardo scuro di passione e Ginny si sentì maledettamente desiderabile.
"Prima?" chiese, e la sua voce resa roca dal momento, la fecero fremere di eccitazione. Allungò le mani alla sua giacca e gliela abbassò dalle spalle alle braccia.
"Dai anche a me qualcosa da guardare. E da baciare…" Incominciò a slacciare i bottoni della camicia, dopo avergli sfilato la giacca.

 

Quando lei si avvicinò a Blaise e gli baciò il petto, facendo scorrere la piccola mano calda sui suoi addominali, lui pensò di cadere per le vertigini. La prese per il vestito e la trascinò verso il letto, per poi lasciarsi cadere addosso a lei. Ginny rise e si contorse sotto di lui: le portò le mani al viso e le accarezzò la guancia, per poi scioglierle i capelli. Era bellissima. Ed era tutta sua. Si chinò a baciarle le labbra. Lei continuò ad accarezzarlo e in men che non si dica, la sua camicia finì da qualche parte in fondo al letto.
Sentì le sue dita sulla cintura dei pantaloni ed ebbe qualche problema: le sue mani erano tremendamente eccitanti.
"Vuoi farmi morire…" borbottò e lei sorrise.

 

Ginny decise di averne abbastanza del vestito che la copriva e si inarcò, sperando che lui riuscisse a far passare la mano fra lei e il copriletto.
Blaise, per fortuna, riuscì ad accontentarla con semplicità, senza bisogno di bacchette o incantesimi, semplicemente facendo scorrere la zip lungo la schiena. Tornò a baciarla mentre lei sentiva il fruscio del vestito accarezzarle il ventre e poi sempre più giù, denudandola.

 

I suoi piccoli seni puntavano verso di lui e Blaise non pensò neanche a cosa stesse facendo, quando si chinò su quelle punte turgide e calde, mentre lei gemeva e iniziava a dire cose poco comprensibili. Appoggiò una mano di fianco a lei, per sollevarsi un pochino, ma continuando a baciare e leccare, mentre il vestito le scivolava oltre le gambe. Continuò la sua esplorazione, scendendo con le labbra e lei infilò le dita fra i suoi capelli, stringendogli le ciocche in un gesto istintivo e possessivo.
La baciò sopra la stoffa delle mutandine e lei si inarcò, offrendosi il più possibile al piacere, senza vergogna. Blaise sorrise: non l'avrebbe mai voluta diversa, quand'è che aveva pensato che una ragazza composta sarebbe stata una compagna ideale? Si sbagliava. Si sbagliava di grosso.
Sentì la ragazza invocare più santi e chiedergli effettivamente di non fermarsi, così le tolse anche l'ultimo indumento, lasciandola completamente nuda. Nuda per lui.

 

Ginny  riuscì ad avere qualche attimo di lucidità solo quando Blaise, sfilandole lo slip, si fermò in quella carezza intima così bruciante e passionale, pensando che lui fosse ancora troppo vestito perché le cose stessero procedendo nel modo giusto.
"Spogliati, Blaise, voglio…"
"Sh… abbiamo tempo" la interruppe lui, prima di tornare a chinarsi su di lei, e Ginny non pensò più a niente che non fosse abbandonarsi al piacere, mentre lui entrava in lei con la delicatezza e la sicurezza di chi sapeva cosa stava facendo e di come farlo al meglio.

 

Blaise sentì il corpo della ragazza intorno alle sue dita e continuò a baciarla fino a quando lei non si morse la mano e tremò di desiderio.
Dopo poco, Ginny gli prese il viso fra le mani e lo tirò su, per baciarlo con passione. Lo baciò e giocò con la sua bocca, fino a quando non lo spinse con la schiena sul letto e si sdraiò su di lui.
Di quello che successe dopo, Blaise ne ebbe solo una vaga idea  per un sacco di tempo: le labbra della ragazza su di lui, il suo respiro che gli accarezzava la pelle, le sue dita che sfioravano punti sensibili, un continuo senso di esplosione di piacere, fino a quando fu lei a decidere il momento e il ritmo, scendendo su di lui in movimento fluido e che lo fece tornare sulla terra solo per il tempo necessario a stringerle i fianchi e godere mentre la guardava arrendersi ancora al piacere.

-

-

-

 

                                                                             

***Eccomi! Mannaggia a EFP che non funzionava! Ora ci siamo e "Tutto bene quel che finisce bene", giusto? Spero che la scena non sia scaduta nel volgare ma che sia carina, mi fccio sempre un sacco di domande sulle cose un po' spinte... 

Vabbé buona lettura a tutti!

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Foto, disegni e baci ***


Foto, disegni e baci

 -

 -

"Avevi ragione, sul letto". Lei sospirò di quello che a Blaise sembrò soddisfazione.
In risposta lui rise e la strinse a sé. "Scoprirai che ho spesso ragione…" Le baciò il collo.
Questa volta fu il suo turno di ridere e la stanza sembrò riempirsi di aria fresca.
"Me la fai vedere, la foto? E mi sembra che tu abbia parlato anche di disegni… Quelli me li fai vedere?" Ginny appoggiò le braccia sul suo petto e lo guardò in viso. Oh. Sì, beh, glielo aveva promesso. Ma la foto l'avrebbe rivoluta indietro? Cercò i suoi boxer e se li infilò, mentre si guardava intorno a cercare la bacchetta: doveva averla fatta cadere prima. Vabbè, sarebbe andato nello studio. "Te la vado a prendere, resta qui". Si alzò dal letto e la coprì con il lenzuolo.
"No, vengo con te!" esclamò lei, mettendosi seduta e lanciando un'occhiata al suo vestito.

 

Infilarsi di nuovo quell'abito sarebbe stato noioso, pensò Ginny, così si allungò sul letto e prese la camicia di Blaise, quella che gli aveva quasi strappato via: per fortuna aveva ancora buona parte dei bottoni. Se la infilò e si alzò per sistemarla e allacciarla.

 

Lei si portò le mani ai capelli che erano rimasti nel collo della camicia, in un gesto che probabilmente faceva spesso, visto la naturalezza con cui si muoveva, e Blaise si sentì di nuovo pronto a far l'amore.
Chissà se lo aveva fatto apposta; ma Blaise pensò di no, perché Ginny non era una ragazza da giochetti.
"Vengo con te". Si alzò per seguirlo.
No, non lo sapeva di sicuro quanto fosse sexy in quella tenuta. Rimase imbambolato e lei gli passò davanti.

 

Ginny si ricordava dov'era lo studio e ormai era più che curiosa di sapere tutta la storia della foto. "Che fai, non vieni?" gli chiese, quando, davanti alla porta, dovette girarsi per controllare dove fosse.
Lui fece un cenno affermativo con il capo e sorrise mentre scuoteva la testa.
"Dai, che sono curiosa!"

 

Per un attimo Blaise si pentì di averle detto della foto, dei disegni e di tutto il resto. Dopo qualche passo, si bloccò nel corridoio. E se a lei non fossero piaciuti? Se avesse detto che erano una cosa da bambini? E se… "Che c'è?" Ginny dovette capire che qualcosa non andava, perché tornò indietro, senza entrare nello studio, e a lui la cosa fece piacere. "Non vuoi…"
"Ho detto che ti avrei fatto vedere la foto, ma…"
Lei infilò la mano nella sua, mentre continuava la sua frase. "E i tuoi disegni. Hai cambiato idea? Non vuoi più farmeli vedere?"
Merlino, rispondere a una domanda diretta era più difficile che tergiversare. "Io…"
"Vorrei dirti che va bene e che rispetto la tua scelta, Blaise, ma… sono curiosa, lo ammetto. E poi voglio proprio vedere questa foto…"
Lui annuì, mentre la rossa gli stringeva ancora le dita: chissà se aveva capito la sua ritrosia. "La foto te la ridò, è giusto. Ma i disegni…" E se non le fossero piaciuti e avesse detto qualcosa di brutto? Lei non avrebbe mai elogiato qualcosa che non le piacesse solo perché era educato farlo.

 

Ginny gli portò una mano alla spalla e si alzò sulle punte per baciarlo. "Sono in fase post coito di uno dei migliori orgasmi che ho avuto negli ultimi mesi. Sarei contenta anche se tu mi avessi detto che allevi ippogrifi in cantina". Quando notò la sua espressione, all'accenno all'orgasmo, rise. "Troppo diretta?" chiese e rise anche lui, facendole passare una mano dietro la schiena.
"Non cambiare mai."

 

Stranamente, Blaise si sentì di nuovo sicuro: sicuro di quello che faceva, di quello che era. Aprì la porta dello studio e la portò fin davanti alla scrivania. "C'è un po' di disordine…" si scusò.
"Disordine? Non hai mai visto una stanza in disordine, Blaise. Fidati, questo è niente."
Si avvicinò al tavolo e si allungò per spostare le pergamene. Quando le capitò in mano lo schizzo del suo primo piano a Stin'sen House, la osservò trattenere il respiro. Merlino! Non doveva farglieli vedere, lo sapeva!

 

Ginny prese in mano un foglio e osservò il disegno impresso: una ragazza con un vestito come il suo era seduta su una panchina ed era girata a guardare qualcosa oltre le sue spalle. Lentamente si disegnò sul suo volto un sorriso: era bellissima. E aveva anche i capelli come i suoi, dello stesso colore e con la stessa acconciatura che aveva durante i balli. Effettivamente l'unica parte colorata erano i capelli e questo dava al disegno un qualcosa in più, come se fosse un dettaglio importante. Sembrava quasi… raffinata. Ecco, forse era proprio il giusto aggettivo: lei era raffinata. Con il dito tracciò il contorno del viso della ragazza, notando che anche lei aveva piccoli puntini intorno al naso: le efelidi che Ginny tanto odiava a quella ragazza stavano benissimo. Si morse un labbro e per un attimo si pentì di aver guardato il disegno.
"È molto bello… Sembra una foto, non avevo mai visto i disegni muoversi…" mormorò, con voce rotta.

 

Blaise l'aveva guardata per tutto il tempo e seppe dire con certezza che lei era rimasta colpita dalla cosa, ma non gli sembrava del tutto contenta. Sincera, ma non contenta. Ma perché?
"Sì, con l'inchiostro giusto, si può fare: si disegna il primo schizzo, vedi?" Le mostrò una pergamena dove loro erano seduti vicini sulla panchina nel giardino degli Stin'sen. "Poi la si incanta e il disegno scompare. E si ridisegna…" spiegò, mostrando quello che succedeva subito dopo, ossia lei che si alzava per allontanarsi. "Poi si incanta ancora. E sembra una foto, ma si può far fare ai disegni ciò che si vuole".
Poi lei abbassò di nuovo gli occhi sul tavolo e fece scorrere una sull'altra alcune pergamene e quando scoprì quella che rappresentava il loro primo bacio, si allungò a prenderla. "Sei tu…" Il suo tono era sorpreso, o forse c'era dell'altro nella sua voce, ma lui non seppe dire con certezza cosa fosse.
"Sì, beh…" Si passò una mano fra i capelli. "Dovremmo essere noi…"
Gli occhi di lei si alzarono su di lui, sorpresi, per poi tornare a guardare i disegni sulla scrivania e sfiorare con la mano un disegno prettamente esplicito. "Noi?" chiese, come se la cosa non fosse chiara.
"Sì, io e te…." Per un attimo si sentì un po' stupido, un bambino che aveva fantasticato su qualcosa che non c'era. Prese anche lui altre pergamene, mettendole in fila, per mostrare un momento fra di loro.
"Ma quindi questa sono io?"
Come?

 

Ginny osservò ancora la ragazza con i capelli come i suoi e quella spruzzata di lentiggini sul viso: quella non era lei. Ma il fatto che lui l'avesse disegnata così la fece sorridere. "Sì che sei tu. Non… non ti riconosci?"

 

La rossa alzò su di lui uno sguardo strano. "Magari fossi così. Ma mi piace che tu mi veda in questo modo".
Ma cosa stava dicendo? Blaise non capiva. "Come ti vedo?"
Ginny rise: una risata sincera. "Bella". Ma…? Per un attimo pensò che lei fosse in cerca di complimenti, che avesse detto quella frase apposta, ma osservandola meglio capì che non era così, lei non lo guardava aspettando una risposta a una sua tacita domanda o qualcosa del genere, ma sfogliò tutte le pergamene, come se volesse osservarle bene tutte e metterle in ordine.
"Ti ho disegnato esattamente come sei" rimarcò.
Lei annuì, guardandolo, ma anche lui capì che la sua era solo condiscendenza. Così, spostò le pergamene per cercare una cosa in particolare e lo fece con un gesto un po' frettoloso, perché lei lo fermò. "Fai piano! Non rovinarle!"
Quando finalmente trovò quello che stava cercando, ossia la foto incriminata, gliela lanciò sulle altre pergamene: lei doveva vederla.

 

Ginny si stranì quando vide la famosa foto che la ritraeva: come nel disegno, era seduta sulla panchina, osservando dietro di lei e sorridendo improvvisamente. La prese in mano, pensando che comunque il disegno era più bello; poi la mise vicino alla pergamena giusta e dovette ammettere che erano molto simili. Ma che strano: non avrebbe mai detto di essere lei quella nella foto, se non avesse saputo benissimo dove si trovava quando era stata scattata.
"Quindi?"
Lei scosse le spalle. "Ok, hai ragione: ci assomigliamo molto. Contento?"

 

Blaise quasi rise: lei era impossibile. La osservò ancora mentre sfogliava le pergamene e poi lei prese in mano quella dove loro giacevano nudi uno sull'altra, con le mani intrecciate oltre la testa e le loro labbra quasi fuse insieme.
"E questo? Me lo sono scordato?" Un sorriso sornione si dipinse sul viso di Ginny.
Lui si avvicinò. "Ho avuto parecchie fantasie…" Le mostrò una pergamena dove si vedeva la mano di un ragazzo sfilare una piuma da dei capelli ramati raccolti sulla testa e questi cadere in boccoli sulle spalle chiare di una ragazza.
"Questo è facile. Posso accontentarti subito…" Si allungò per raggiungere l'altra parte della scrivania e afferrare una piuma abbandonata sul piano, ma lui la raggiunse e le passò una mano sotto al seno, tirandola verso di sé, prima che lei potesse prenderla. "In verità, ci sono anche altre fantasie interessanti…" sussurrò al suo orecchio.

 

Il suo respiro le accarezzò la pelle e Ginny sentì un brivido percorrerle il collo, la schiena e il ventre. Si morse un labbro e dovette appoggiarsi con una mano al piano di legno quando lui si fece più vicino ancora e sfiorò la sua schiena con il petto: si inarcò praticamente senza accorgersene e la mano di lui scivolò verso l'alto, circondandole un seno dolcemente. Poi si chinò a baciarle il collo, inumidendole la pelle con la lingua. Un fremito le fece strusciare le cosce fra di loro. "Vediamo cosa hai in mente…" Con la voce un po' ansimante, Ginny si lasciò andare al suo tocco.
Non notò neanche i quadri appesi alla parete davanti a lei, anche se giurò di aver visto un cipresso e il disegno di un volatile colorati di verde e azzurro prima di chiudere gli occhi e lasciarsi andare all'ennesimo orgasmo.

 

***

 

Draco si materializzò in salotto e si tolse mantello e scarpe, lasciandoli nell'angolo dove gli elfi li avrebbero trovati, per pulire e sistemato le sue cose. Aveva bevuto abbastanza da aver reso difficile la magia, ma non sufficientemente da impedirsi di pensare.
"Draco."
Il biondo si girò verso una delle poltrone vicino al camino e fece un passo verso di essa appena riconobbe la ragazza seduta sopra.
"Astoria? Cosa fai qui?"
"Mi ha aperto tua madre. Ha detto che potevo aspettarti…"
Oh. E lui che non voleva tornare a casa quella sera! La osservò e notò che indossava un vestito che non le aveva mai visto. "Dove sei stata?" Si morse la lingua prima di chiederle con chi. Fece un altro passo e si avvicinò, mentre lei scuoteva le spalle. Accontentandosi di quella risposta, domandò ancora: "E perché sei qui?"
"Volevo parlarti" rispose subito lei: probabilmente si era preparata. Effettivamente non era mai successo che si presentasse a casa sua e la sua domanda era più che lecita.
Fece un altro passo e si ritrovò proprio davanti alla poltrona. "Riguardo a cosa?"

 

Astoria si alzò: si era quasi appisolata nell'aspettarlo e ora sentiva freddo, aveva bisogno di muoversi.
"Noi". Fece un passo, avvicinandosi.

 

Draco la osservò mentre si alzava: una fata o una creatura magica, ecco cosa sembrava. La più bella delle Veele sarebbe parsa meno luminosa al suo confronto.
Prima che lei lo raggiungesse, si spostò affiancandosi al carrello dei liquori di suo padre. Si versò un bicchiere di Firewhisky e fece una risata sciocca.
"Non c'è nessun noi, Astoria. Dovresti saperlo."

 

Astoria osservò il biondo mentre si versava una dose abbondante di liquore e si avvicinò ancora a lui. Sentì l'odore di alcool nel suo respiro quando gli fu davanti e gli prese il bicchiere. "Sembra che tu abbia bevuto abbastanza".
"Sono stato a casa tua. Tua sorella ha voluto giocare a Veritaserum o Imperium e Theo ha versato da bere" disse, a mo' di spiegazione.
A casa sua? "Ah. Tu eri a casa mia, mentre io ti aspettavo qui? Simpatico…" Ironica, Astoria, pensò con invidia a Daphne. Ora che lei non era sempre con loro, cosa faceva sua sorella? E cosa faceva Draco con sua sorella? Scosse le spalle, cercando di scacciare il pensiero e prese un sorso di liquore.

 

Draco la osservò mentre, con la fronte aggrottata, pensava. Avrebbe voluto passare la mano sulla sua guancia e rassicurarla: quello che stava pensando era sicuramente sbagliato. Invece, si versò un altro bicchiere.
"Sai, stasera sono uscita con un ragazzo…" iniziò lei e Draco prese il bicchiere, bevendo in un sorso tutto il suo contenuto.
"Ottimo. Mi fa piacere" mentì, subito dopo.
Astoria si voltò verso di lui e lo guardò negli occhi: diretta, dura, quasi cattiva.
"Davvero?"
Draco alzò una spalla, senza rispondere.
"Ah."
"Eri venuta per dirmi solo questo?" le chiese, versandosi ancora da bere.

 

Astoria pensò di aver sbagliato ad aspettarlo e lo odiò per quello che stava dicendo, ma seppe leggere sul suo viso qualcosa di diverso.
"Volevo darti un'ultima possibilità, Draco…"
"Per cosa?" La sua voce sembrava troppo dura per essere reale: non poteva essere davvero così indifferente.
"Per permetterti di scegliere me."
La ragazza prese un altro sorso, quando capì che la sua voce tremava quanto le sue mani.
La risata di Draco la fece sentire piccola. E insignificante.

 

Draco avrebbe voluto meritarsi una ragazza come Astoria. Davvero. Lo desiderava tanto. Ma non poteva darle quella croce. Lei poteva avere molto di più di uno come lui. Anzi, se lo meritava. Così fece quella cosa orribile: rise di lei. Anche se in verità rideva di se stesso.
"Non mi interessi, Astoria" mentì, e infatti non la guardò, mentre lo diceva.
"Sei sicuro?" La voce della ragazza tremò ancora, ma questa volta Draco sentì il fruscio della stoffa e si girò a guardarla: il suo vestito era caduto per terra e lei era lì, nuda nel suo salotto. Bellissima.
Con le budella in fiamme, cercò di mantenere una parvenza di autocontrollo e si versò ancora da bere. Si avvicinò a lei con il bicchiere in mano, guardandola negli occhi, cercando di non far scorrere lo sguardo su tutto quel ben di dio.

 

Mentre lui si avvicinava continuando a bere piccoli sorsi dal bicchiere, Astoria si sentì esposta, come se avesse messo a nudo, invece del suo corpo, la sua anima e il suo cuore; per un attimo pensò che era proprio quello che aveva fatto, gli aveva dato il potere di farla felice o di ucciderla.
Lo guardò mentre si avvicinava piano e quando fu a pochi respiri da lei, le portò una mano alla nuca, chinandosi a posarle le labbra sulla pelle calda.

 

***

 

 

"Stai dicendo che ti sei offerta a lui e quel troll ti ha dato un bacio in fronte?!" Il tono della rossa dava l'idea di quanto fosse sconvolta, mentre esclamava quella frase alla fine del racconto di Astoria. La bionda fece un sorrisetto mesto e annuì.
Ci aveva fatto una grama figura, ma almeno aveva fatto quel passo e non se ne pentiva.

 

"Ma che è, rincoglionito?" sussurrò Ginny verso Pansy, seduta accanto a lei al tavolo di una graziosa sala da tè vicino a Diagon Alley. La mora alzò le spalle e Ginny sbuffò: possibile che quel troll se la fosse fatta scappare così? Prima di riuscire a chiedere ad Astoria qualunque cosa, sentì Pansy chiederle: "E poi che hai fatto?"
Ginny sbuffò e alzò gli occhi al soffitto, mentre alzava la mano per chiamare il cameriere. "Si è rivestita e si è infilata nel letto di Fastball!" rispose per lei.
"No!" Il viso di Astoria era sconcertato: i suoi occhi erano spalancati e anche la sua bocca aveva preso la stessa espressione.
Ginny alzò una spalla e, con un sorriso sornione, disse: "Avresti dovuto".

 

Astoria invece scosse il capo: era difficile da spiegare a qualcuno che conosceva Draco solo da fuori, senza aver visto ciò che lui era veramente, ciò che lei conosceva. Però… E se lui fosse andato da un'altra? Una ragazza più grande o più interessante di lei? Sentì quei pensieri imprigionarle il cuore come una ragnatela tessuta da un ragno paziente.

 

Pansy notò come Ginny posò delicatamente la mano sulla sua amica e la consolò quando i suoi occhi si riempirono di lacrime: era una ragazza un po' troppo estroversa e spesso parlava senza pensare, ma aveva un gran cuore.
"Forse, quando era a casa con Daphne…" Astoria sospirò senza finire la frase, ma Pansy la zittì subito.
"Tua sorella si è comportata da sciocca e ti assicuro che Draco non ha fatto niente con lei, se è questo che stai pensando!" Bleffò, perché lei e Theo se ne erano andati via prima di lui, ma loro erano amici e Pansy conosceva Draco come le sue tasche: non avrebbe mai fatto niente con Daphne.
La bionda divenne rossa sulle guance e i suoi occhi si spalancarono ancora.

 

"Oh, per Godric, non penserai mica che sia stato con tua sorella!" Ginny alzò la voce e quando se ne rese conto l'abbassò di nuovo. "Ti assicuro che quel ragazzo vuole te. E non so perché sia così cocciuto da rifiutarti costantemente, ma lui ti vuole…"
"Beh, anche Theo diceva che voleva me, ma intanto se l'è fatte tutte…"
Ginny e Astoria si voltarono di scatto verso la mora: cos'è che aveva detto? "Come?"
Santo Merlino, Nott! Ginny lo sapeva che doveva essere lui! Ma cosa aveva fatto?
Si voltò verso Astoria e lei ricambiò il suo sguardo con uno sguardo stranito, muovendo la testa in segno che non aveva capito neanche lei.

 

Pansy scosse le spalle mentre un cameriere si avvicinava e non disse più niente se non ordinare un tè con zenzero e cannella: ormai iniziava a non sopportare più certi odori e zia Maddie le aveva consigliato quella bevanda per evitare le nausee. Fu solo quando il cameriere se ne andò con le ordinazioni di tutte che tornò a guardarle e a dar loro la novità della sera prima. "Beh, ragazzina" disse, rivolta alla rossa, "tu sarai anche scappata da casa Greengrass senza scarpe e con le mani di Blaise nel tuo vestito, ma non sei l'unica che ieri sera ha lasciato la festa insieme a qualcuno…"
Dopo aver parlato tutto d'un fiato, però, abbassò gli occhi, come se quella confessione fosse stata una grossa rivelazione, da parte sua.
Astoria, dall'altro lato del tavolo si strinse le mani al petto: anche Pansy avrebbe voluto avere tutta la sua fiducia nell'amore.

 

Ginny strabuzzò gli occhi e rise. "Cavolo, Nott!" Ma poi si fermò perché non aveva capito dall'espressione della ex Serpeverde cosa dovesse pensare, chiese: "Cioè, siamo contente, giusto?"
Pansy alzò il viso e sorrise, con un impercettibile segno del capo. "Non sono proprio convintissima, ma sì, la cosa mi piace…"
Astoria si alzò e andò ad abbracciare l'amica di là dal tavolo. Ginny, che era accanto a lei, si allungò e le passò un braccio intorno al collo.
"Merlino, ragazze, non fatemi piangere…" La mora, che era quella meno espansiva di tutte, tentò di ribellarsi, ma gli ormoni dovevano aver iniziato a fare scherzi.
"Raccontaci tutto!" Astoria tornò a sedersi.
Ginny apprezzò il fatto che fosse felice per l'amica anche se a lei non era andata bene la sera prima: era proprio una cara ragazza.
"In verità io ero venuta per sapere tutto di Ginny e Blaise…" Pansy liquidò la questione, spostando l'attenzione sulla rossa.
Astoria batté le mani. "Giusto, Pansy ha detto qualcosa sul tuo vestito e le mani di Blaise, mi ero lasciata confondere! Oh, ma dovete assolutamente partire da capo e raccontarmi tutto!"
E Ginny raccontò tutto.

--

--

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Carte da gioco e foto babbane ***


Carte da gioco e Foto babbane

 -

 -

"Ma cos'ha Draco, stasera?"
Blaise alzò gli occhi e si girò verso il biondo, fuori dalla porta, appena Theo ebbe pronunciato quelle parole. "Non saprei. È successo qualcosa, ieri?"
Theo alzò le spalle, radunando le fish che aveva vinto. "E come faccio a saperlo, io? Non eri mica l'unico ad aver qualcosa da fare…"
Come? Il moro tornò a girarsi verso l'ex compagno di casa e corrugò la fronte: che intendeva?

 

Theo sorrise sornione. "Vi ho visto, mentre vi smaterializzavate…" Non disse di aver notato che guardava l'ora ogni cinque minuti e che quindi immaginava avesse un appuntamento con la Weasley per quella sera.
"Ah, non lo sapevo. Pensavo che ci fosse solo Pansy lì con… Aspetta, eri con Pansy?"
Theo alzò le spalle. "Mmm… Forse…" Un sorriso gli curvò le labbra: si sentiva benissimo, come se avesse vinto la coppa Tremaghi o addirittura avesse salvato il mondo magico.
Blaise lo osservò corrugando la fronte e lui non riuscì a smettere di sorridere.
"Ma sei tu il padre del bambino, allora?" Blaise appoggiò le carte .
Come? Blaise lo sapeva? "Sapevi che Pansy era incinta?" Quando l'amico annuì, si sentì un po' perso. "E perché non me lo hai detto?"

 

Blaise non riuscì a sostenere lo sguardo del moro: lui sembrava veramente deluso, ma cosa poteva farci? Con tutto quello che era successo, il problema dei fiori di Rachel e sua madre che aveva voluto risolvere la cosa a modo suo, Ginny che lui non era riuscito a capire fino alla sera prima… Perché avrebbe dovuto dire a Theo di Pansy?
"Tu non mi hai detto che eri stato a letto con lei!"
"Perché era il suo matrimonio! Non volevo che sembrasse…" Theo abbassò la voce quando Hermes passò accanto al tavolo per raggiungere Draco che era uscito sul balcone a fumare.
"Che sembrassi uno stronzo?" rincarò Blaise, con tono accusatorio: il giorno del suo matrimonio? Theo non si fermava davanti a niente.
"Che lei apparisse come una poco di buono… Blaise, doveva sposare un altro, ti sembra che io vada in giro a raccontare…"
Blaise sbuffò prima di interromperlo. "Tu racconti sempre di quelle che ti porti a letto! Anche quando non era vero, come ultimamente!"

 

Theo alzò gli occhi al soffitto: lui non avrebbe raccontato di Pansy. Delle altre non gliene fregava niente, ma di lei…
"Non potevo raccontare che non ci riuscivo più!" Theo infilò una carta nel mazzo, senza guardarlo. Se fosse stato per lui non lo avrebbe saputo neanche Blaise, ma lui lo conosceva così bene che lo aveva capito dai suoi gesti e dalle sue parole. "E non potevo di sicuro dirti perché!"

 

Blaise sgranò gli occhi: era quello il motivo? "Stai dicendo che le due cose sono collegate?"

 

Theo sbuffò e il ciuffo sulla sua fronte si spostò: non voleva parlarne. Non in quel momento.
"Senti, ma per Draco?"
"Per Draco, cosa?" Blaise tornò a guardare verso il balcone.
Draco stava spegnendo la sigaretta e parlava con Hermes come se gli costasse fatica anche respirare.
Theo sospirò. "Non dovremmo… che so, fare qualcosa?"
"Tipo?"
"Non saprei, appunto, ma lui non sembra stare bene. Ti sembra che stia bene?" Theo non continuò il discorso perché Draco si era riavvicinato a loro: aveva un bicchiere in mano e non sembrava troppo stabile.

 

Draco era tornato al tavolo verde, ma non era in vena di giocare: aveva perso tutto quello che poteva perdere quella sera, ma non gli interessava granché.
Finì di bere e appoggiò il bicchiere sul tavolo.
"Draco, tutto bene?" gli chiese Blaise.
"Certo. Non dovrebbe?"
"Sai, non sembri… molto…" Theo tentò di trovare le parole giuste, probabilmente, ma poi guardò Blaise in cerca di aiuto.
"Non preoccupatevi per me, ragazzi" li rassicurò, scolandosi tutto il bicchiere e appoggiandolo per riempirlo di nuovo.

 

Blaise capì che qualcosa non andava, molto più del solito, e scambiò un'occhiata con Theo. "Perché non riprendiamo a giocare?" chiese allora, chiamando Hermes a gran voce, perché era ancora sul balcone.
"Penso che andrò a casa, invece. Stasera non sembra la mia serata…"
"Dai, rimani per un ultimo giro" propose invece Theo, quando capì l'intenzione di Blaise.
Hermes tornò e si sedette sorridendo al tavolo.

 

"Sembri molto contento… Ragazze?" Theo, cercando di distrarre l'attenzione da Draco, sorrise a suo cugino.
Hermes alzò una spalla, ma non disse niente.
"O per Salazar, non ti sarai fatto Daphne! Ti avevo detto di stare attento!" esclamò, senza aggiungere un anche tu, perché sarebbe stato veramente poco educato.
Ma la faccia di suo cugino divenne stranita. "Ma no!"
"Perché, con te non ci ha provato?" Draco, incuriosito, tornò a sedersi.
Stranamente, Hermes divenne rosso in viso. "Sì, in verità sì…" Tre paia di occhi lo osservarono mentre lui si passava una mano sul collo. "Ma non…"
"Sei stato a letto con Millie?" domandò allora Draco, ma anche se il suo tono era curioso, non era denigratorio.
"Chi dà le carte?" Hermes, invece, face capire che non voleva parlarne.
Theo prese la bacchetta e lasciò che le carte si mescolassero al centro del tavolo.

 

*

 

"Draco, sei sicuro di stare bene?" Blaise si era avvicinato all'amico mentre fumava affacciato alla finestra del corridoio.
"Siete spariti, ieri. Tutti" lo accusò, invece di rispondere. Già: forse non si erano comportati bene. "Sai cosa mi ha detto Daphne?" Draco tirò ancora dalla sigaretta.
"Draco, sei…" Non era andato a letto con Daphne, giusto? Blaise si pentì di non aver prestato tutta l'attenzione al biondo.
"Mi ha detto di smetterla di giocare. Che finché lo faccio con lei va bene, ma che sua sorella sta iniziando a soffrirne davvero. Di pensare bene a quello che voglio e di prendere una decisione" continuò lui, come se non lo avesse interrotto. Poi si voltò e lo guardò negli occhi. "Quel che è peggio è che ha perfettamente ragione: devo smetterla di darle false speranze..."
"Draco, sei un coglione." Blaise si trattenne da sospirare rumorosamente: in quel momento gli mancò Ginny come l'aria. Lei sarebbe riuscita a dire le cose giuste, sicuramente. In quel suo modo sboccato, probabilmente, ma sarebbe riuscita a far ragionare Draco.
"Non sono adatto a lei…"
"Non lo pensi veramente" gli fece notare.
Draco però non rispose e non si giustificò.
"Stai facendo del male a te e a lei, così."
"Ieri le ho detto che deve dimenticarmi". Draco, con una pinghella, lanciò il mozzicone in aria e poi prese la bacchetta per farlo sparire mentre era ancora in volo.
"Ieri?" Blaise era stranito: quando l'aveva vista?

 

Draco ripensò alla sera prima: aveva fatto una fatica immane, tutto il suo essere voleva abbracciare il corpo caldo di Astoria, baciarla come non era mai stata baciata, amarla come sapeva che lei si meritava, ma poi non aveva avuto il coraggio. Con la morte nel cuore le aveva lasciato un casto bacio in fronte, come uno zio premuroso, l'aveva fatta rivestire e le aveva detto di tornarsene a casa.
Chissà se lo aveva fatto davvero. Chissà che invece non fosse andata da quel tipo, quello con cui l'aveva vista sul giornale, il damerino che giocava a Quidditch…

 

"Sai, Draco, si arriva a un punto che bisogna fare di tutto per cogliere le occasioni. Se…" iniziò Blaise, ma il biondo alzò su di lui uno sguardo così triste che non riuscì ad andare avanti.
"Chi sono io per rovinarle la vita, Blaise? Lei è convinta di amarmi, ma starmi vicino è difficile e complicato. Io…"
"Immagino che questa dovrebbe essere una sua scelta, no?"

 

"Anche perché potrebbe scegliere di sposare un altro…" Tutti e due i ragazzi si girarono verso Theo, che era uscito dalla stanza per cercarli e aveva sentito la discussione.
"Forse sarebbe meglio se lo facesse…" Draco sospirò.
"Hai ragione, Draco" gli disse allora il moro e Blaise si voltò verso di lui con gli occhi sgranati, anche se Theo non guardò nella sua direzione. Si avvicinò di un passo e continuò. "Hai ragione: forse la sua vita sarebbe più facile con un altro. Ma allora dovrai sacrificarti".

 

Draco annuì: lo sapeva. "Ieri l'ho rifiutata. Le ho detto che non potrà mai esserci niente fra di noi e…"
"Dovrai andartene, Draco" continuò Theo e il biondo spalancò gli occhi: come? "Se le vuoi bene e non vuoi impegnarti con lei, non dovrai più farti vedere, non dovrai essere una tentazione, non dovrai impedirle di essere felice. Perché vedi, adesso lo stai facendo. Lei non riesce a lasciarti andare, perché sei sempre con lei. Se vuoi che lei si dimentichi di te, dovrai fare la tua parte".
"Che caz…" Blaise venne interrotto da Draco stesso.
"No, Blaise, Theo ha ragione: devo lasciarla andare. Devo…"

 

Blaise notò lo sguardo disperato di Draco e lanciò un'occhiataccia al moro, ma lui gli fece un cenno, come se gli stesse intimando di non immischiarsi. "Devi lasciarla stare davvero: non frequentare più i posti che frequenta lei, non incontrarla neanche per caso…"
"E cosa dovrei fare?"
"Draco, curati. Perché non stai bene per niente. Cerca di volerti bene. Perché se devi rinunciare a lei, potrà accettarlo solo a questa condizione."
"Ma…"
"Vuoi che lei stia male sapendo che tu sei infelice? Non credo proprio."
"No, no…"
Blaise notò come Theo si stesse rigirando un Draco abbastanza ubriaco da non ragionare, ma abbastanza fertile da permettere di piantare un seme.
"Certo, dovrai curarti. Andare dallo psicomago che mi hai consigliato, non sarebbe una cattiva idea…" iniziò anche lui e comunque parlava solo di ciò che sapeva: Ginny gli aveva detto che il dottor
Normoon la stava aiutando tantissimo, anche se ancora non aveva superato la cosa. Ma a casa sua aveva dormito benissimo.
Forse perché lui l'aveva stancata per bene, pensò, con un mezzo sorriso.

 

***

 

"Sei certa che questa cosa sia sicura?"
Ginny tentò di non ridere al tono incerto della voce di Blaise. "Fidati di me".
Il moro fece un respiro troppo profondo per essere naturale e la ragazza ebbe quasi l'impressione che la stesse prendendo in giro.
"Dovevo bendarti, lo sapevo". Ginny spostò la tenda e lo fece sedere.
"Possiamo sempre farlo stasera" disse, con un sorriso sornione.
"Vedremo. Se farai il bravo…" Si sedette in braccio a lui e quando Blaise le passò la mano sul sedere, gliela spostò più in alto. "Ho detto stasera, non barare" lo riprese canzonandolo.

 

Blaise si guardò intorno in quell'angusto spazio: sembrava una toilette pubblica. Ma che avevano i babbani nel cervello? Polvere di drago? Dondolò a destra e a sinistra, tenendo la mano sul fianco della ragazza, mentre lei si chinava in avanti a trafficare con una banconota, una fessura e diversi bottoni colorati.
Quando si accese una luce sopra la sua testa, anche Ginny si mise dritta. Gli passò un braccio dietro al collo, e indicò il vetro davanti a loro. "Devi guardare lì". Dove doveva guardare? Blaise si voltò verso di lei, ma lei gli spostò il viso in avanti. "Ho detto lì" rimarcò.
Oh. Blaise si vide riflesso in quello che immaginava fosse uno specchio. Ma cosa doveva fare? Il flash, improvviso e accecante, lo prese di sorpresa: una fotografia! Quella toilette faceva le foto? Ginny ridacchiò e guardò in avanti, dicendogli, fra un flash e l'altro, cosa fare.

 

Ginny rise alla faccia stralunata di Blaise e, all'ultima foto, invece di fare smorfie in direzione dell'obbiettivo, gli prese il viso fra le mani e lo baciò con passione.

 

Blaise non capì molto di quello che era successo ma, come ormai succedeva spesso con lei, non si fece molte domande e la seguì. Ginny si staccò da lui e la luce si spense, lasciandoli di nuovo in penombra. "Sai, vero, che non ho la più pallida idea di quello che è successo?"
"Ci siamo fatti delle foto" spiegò lei, accarezzandogli la barba.
Lui sorrise: qualcosa aveva capito, ma le foto dov'erano? E la macchina fotografica? Improvvisamente quella cabina iniziò a emettere degli strani rumori e, dopo che le loro labbra si erano incollate ancora e ancora, come aveva iniziato, smise.
"Sono pronte!" esclamò la ragazza, allungandosi verso un'altra fessura, prendendo quella che sembrava una pergamena lunga e sottile.
"Guardaci!" esclamò.

 

Ginny mostrò le fototessera a uno stranito Blaise: Hermione e Harry avevano spiegato che i babbani usavano quelle cabine per fare le foto per i loro documenti, ma spesso i ragazzi si divertivano a farsi immortalare facendo delle facce strane come se fossero allo specchio, perché la macchina scattava una foto dietro l'altra e ti coglieva di sorpresa, rendendo la cosa un po' frivola e stupida, ma assolutamente divertente.
"Sono foto?" le chiese il moro, prendendole in mano.

 

Blaise osservava quelle foto di loro due, che sembravano i vecchi disegni, quelli che non si muovevano. "Sono ferme" disse, quando lei annuì.
"Sì."
Non è che lui non lo sapesse, che le foto dei babbani erano fisse, ma era la prima volta che ne vedeva una. Anzi, quattro: perché in quella striscia di carta c'erano ben quattro foto. Guardò il viso della ragazza, stupendosi ancora di quanto lei fosse così fotogenica, ma quando vide il suo volto si rabbuiò: a parte il fatto che non gli piaceva farsi fare foto, lui sembrava un idiota, mentre lei rideva. Solo l'ultima foto era bella, quella dove lei lo aveva preso alla sprovvista e lo aveva baciato.

 

Quando vide la sua espressione, Ginny pensò di aver sbagliato, così, si scusò: "Avrei dovuto dirti cosa sarebbe successo…"
"In verità le foto scattate all'improvviso a volte sono più belle di quelle studiate ad arte" iniziò lui. "Ma dipende dal soggetto…" spiegò ancora, colpendo la sua faccia sulla foto in modo denigratorio.
"Non è vero!" esclamò lei, strappandogliele dalle mani, quando capì cosa intendeva. "Tu sei bellissimo" sussurrò, dopo essersi alzata ed essersi riseduta a cavalcioni su di lui.

 

Blaise sorrise quando lei gli leccò il labbro inferiore, dandogli una prova di quello che diceva. Si baciarono ancora e poi disse: "Facciamo altre foto", e si stupì lui stesso di averlo anche solo pensato.
Lei si allungò a inserire un'altra banconota nella macchina, non senza difficoltà, visto che non voleva staccarsi da lui, né scendere dalle sue gambe. "Ok, allora pronto che parte".
Quando lei si avvicinò ancora per baciarlo, lui cambiò idea: voleva giocare? Lui poteva farlo. "No" disse, spostandosi all'ultimo e lei, stupita fece un'espressione così meravigliata che Blaise rise, proprio mentre la prima foto veniva scattata.
"Vai!" esclamò, allora lui, girandosi e mostrando la lingua all'obbiettivo.

 

Ginny spalancò gli occhi: l'aveva presa in giro! Sorrise anche lei e gli prese il naso, facendogli fare una smorfia, mentre lei riusciva a girarsi verso il flash e farsi immortalare. Blaise le fece perdere l'equilibrio, mentre lei scoppiava a ridere e le foto continuavano a scattare e loro a lottare davanti al vetro.
Quando ritirarono le foto, avevano già mescolato risate e baci, mentre continuavano a dondolarsi sullo sgabello girevole e Blaise faceva finta di farla cadere.
"Siamo venuti bene, stavolta. Forse io di più" la prese in giro, ammiccando.
Ginny non riusciva a smettere di ridere. "Fammele vedere!" gridò, allungando la mano, mentre lui spostava il braccio fuori dalla sua portata. "Oddio, hai ragione, guarda che faccia che ho…" rise ancora lei, con un'altra smorfia della bocca.
"Se non avessi finito i soldi, ti sfiderei a farne ancora!"

 

Blaise alzò un sopracciglio: una sfida? Tirò fuori la bacchetta e gli occhi di Ginny si spalancarono, come la sua bocca. "Che fai?" sussurrò, guardando verso la tenda che, anche se tirata, non li nascondeva del tutto alla Londra babbana. "Non…"
"Perché non taci e mi baci?" propose invece lui, tirandola verso di sé e agitando la bacchetta verso il vetro: la macchina iniziò a scattare foto a tutto andare.
"Tu sei matto!" La ragazza rise e gli prese di nuovo il volto fra le mani per assaggiarlo, ma subito dopo si girarono insieme verso l'obbiettivo e tutti e due, senza essersi messi d'accordo, arricciarono le labbra e corrugarono la fronte in modo molto poco elegante.

 

 

Blaise scoprì quel pomeriggio che, a volte, fare qualcosa di non premeditato, un po' stupido, un po' folle e con relativa documentazione di ciò che era successo, non era male.

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Problemi? ***


Problemi?

 

-

-

"Ginny!" La rossa si voltò alla voce della madre.
"Mamma!" esclamò quindi, con un sorriso innocente, di quelli che aveva imparato a fare già a quattro anni. Ginny era appena a casa con la metropolvere, ma sua madre l'aveva bloccata prima ancora che riuscisse a salire le scale.
"Dobbiamo parlare, signorina". Molly, con voce sostenuta, le indicava il tavolo in cucina, senza nessuna possibilità di fuga.
Come? No, no. "Veramente, io dovrei…"
La donna però la guardò severamente e lei abbassò lo sguardo, annuendo e seguendola in cucina.
"È più di un mese che torni sempre tardi. Non mi piace non sapere dove sei e vederti tornare all'alba…"
Ginny, che lanciando un'occhiata all'orologio poteva notare che all'alba mancava ancora parecchio tempo, sospirò. "Sono stata da…" iniziò, pronta a raccontare l'ennesima bugia.
"Guarda che so già che non vai a casa di Hermione né di Luna, risparmiami le tue menzogne."

 

Molly assunse la sua posa da mamma, appoggiando le mani sui fianchi, assomigliando vagamente a un'anfora.
"Ma quali menzogne! Io… rimango a casa di una ragazza della squadra, si chiama…" Ginny stava mentendo, lei lo capiva benissimo. Ma questa volta non poteva lasciar correre.
"Ginevra Molly Weasley!" richiamò la ragazza e questa spalancò gli occhi. "Non mi raccontare frottole, sono tua madre!"
Ma cosa credeva, sua figlia, che si fosse rincretinita? Anche lei era stata giovane e aveva passato parecchie notti con Arthur prima del matrimonio, ma non si sarebbe mai sognata di prendere in giro i suoi genitori. E poi loro sapevano che era con lui. Ora lei voleva sapere quello che stava combinando.

 

Ginny sospirò e spostò lo sguardo: non voleva raccontare bugie a sua madre, ma non voleva neanche raccontarle qualcosa di cui neanche lei sapeva bene la situazione. "Mamma, io…"
"Dormi da un ragazzo?"
Annuì e si passò una mano fra i capelli.

 

"Senti" le disse, abbassando il tono e sedendosi davanti a lei al tavolo. "Con Harry è appena finita e non vorrei che tu stessi correndo…"
"Ho lasciato Harry quasi un anno fa, mamma. Non sto correndo per niente."
La strega annuì e questa volta sospirò lei. "È che quando stavi con Harry io non ero in pensiero… E tu non ti assentavi così tanto…"
"Mamma, Harry viveva qui, praticamente! Dovevamo solo far le scale per vederci!" Ginny alzò un braccio indicando vagamente la scala a chiocciola nell'altra stanza mentre osservava il viso di sua madre rendersi conto della situazione.
"Ah!" Molly sembrò pesare le sue parole. "Quindi, con questo qui, sei già… intima?"
"Mamma…"
"Per l'amor di Merlino, spero tu prenda precauzioni!"
"Mamma, sì!" sbottò, per poi sospirare. "Ma non voglio parlarne con…"
"Preferirei che tu tornassi a casa prima, però. E poi non sta bene che ti fermi a casa di un ragazzo senza che..."
Pronta a ribattere che né George né Ron, sicuramente, dovevano sottostare a una qualsiasi regola assurda stesse pensando, sbuffò e strizzò gli occhi, quando il fratello più giovane fece la sua comparsa in salotto.
"Ron!" esclamò con entusiasmo, vedendolo dalla porta della cucina, rimasta socchiusa.

 

Ron non si aspettava di vedere nessuno: non se l'era sentita di smaterializzarsi e così aveva preferito usare il camino, ma aveva pensato che fosse troppo tardi per trovare qualcuno ancora in piedi.
"Ehm.. Ginny?" Stranito più dal tono della sorella che dall'alcol, osservò la madre e la ragazza raggiungerlo in salotto come se fosse un vecchio parente tornato dopo anni.
"Mamma, a Ron non diciamo niente per cui è tornato così tardi? E… fammi sentire… non sembra neanche totalmente sobrio o sbaglio?"
Sua sorella si era avvicinata a lui e faceva finta di annusarlo.
"Ron! Hai bevuto?" Sua madre era scandalizzata.
Ron non è che stesse capendo benissimo: era uscito con alcuni colleghi del ministero e, una cosa tira l'altra, una pinta qua e una pinta là, sì, insomma, poteva aver bevuto un pochino di troppo.
Ginny si mise fra lui e la mamma proprio mentre si passava una mano fra i capelli e tentava di negare in modo poco dignitoso.
"Scusami, Ron. Giuro che mi faccio perdonare" sussurrò, solo per lui, prima di girarsi verso la signora in vestaglia che, con le mani appoggiate ai fianchi, era pronta per una sfuriata da strillettera. "Io gli farei qualche discorsetto su come ne ha rovinati più l'alcol che la bacchetta!" E così dicendo, scappò via per la scala a chiocciola.
Ma… Cosa era successo?
Si voltò verso sua madre, non del tutto sicuro di riuscire a fare conversazione.

 

*

 

Ginny era entrata in camera e si era appoggiata alla porta chiusa sospirando: l'aveva scampata per un pelo.
Poco dopo si sentì bussare alla porta: fece finta di niente e non rispose, sperando che chi fosse in corridoio pensasse che stesse dormendo.
"Ginny… sono io" sussurrò Ron e la ragazza sospirò ancora, pensando che a lui non poteva negare una spiegazione.
Aprì lentamente la porta. "Ron" mormorò.
"Posso entrare?"
Ginny spalancò l'uscio. "Devi aver bevuto parecchio per chiedere il permesso di entrare in camera mia!"
Ron alzò una spalla mentre faceva due passi e lei gli richiuse la porta alle spalle. "Hermione dice che se mi alleno a essere gentile, poi mi verrà naturale."
"Hermione ti ha preso com'eri. Non è detto che diverso le piaceresti."
"Come?" Ron sembrava un po' confuso.
"Lascia stare."

 

Ron si distese sul letto di sua sorella perché la stanza aveva preso a girare. "Cosa ti ha detto la mamma?" Chiuse gli occhi per non vedere il soffitto ondeggiare.
Sentì il materasso piegarsi sotto il peso di Ginny, che si stava sdraiando accanto a lui.
"Ha fatto storie perché torno tardi…"
"E tu le hai detto che è fortunata per il fatto che almeno torni?"
"Come?"
Ron rise. "Niente, ho bevuto davvero".
"Scusa se ti ho messo in mezzo: non sapevo più come cavarmela. Dice che non sta bene che io stia fuori così tanto e che…"
"E che fai sesso."

 

Ginny rise. "Ho cercato di non arrivare a quella parte. Era già piuttosto imbarazzante il fatto che mi stesse sgridando per il coprifuoco…"
"Mamma ha solo paura che tu soffra."
Ginny alzò un sopracciglio, voltandosi verso di lui. "Sicuro di essere Ron?"
Il ragazzo si toccò la faccia. "Sì, penso di sì". E il suo tono la fece ridere ancora. "Comunque ho sentito che lo diceva a papà dopo cena, non sono proprio parole mie…"
"Ah, ecco!" Ora tutto aveva più senso.
"Penso che non le piaccia il fatto che non lo hai ancora portato a casa ufficialmente. Sai che lei deve avere il controllo della situazione. Magari ha paura che finisca come con gli altri…" Ron sbadigliò e non mise la mano davanti alla bocca.
"Gli altri? Mamma cosa sa degli altri?"
"Non saprei. Ma lo sai che non le sfugge niente."
Ginny sospirò e si strinse le braccia al corpo, come se avesse freddo, nonostante la temperatura fosse ideale. "Non voglio portarlo a casa. È troppo presto: voglio… tenerlo un po' per me. Solo per me…" spiegò. Ron alzò un braccio e l'abbracciò, posandoglielo sulle spalle e stringendola; Ginny si gustò quella coccola.
"Strano che tu sia così riflessiva, per una volta."
"Come?" Ginny corrugò la fronte: che intendeva?
"Sì, beh, di solito fai le cose subito, senza pensarci, così… un po'…" Cosa? Lei era cosa? "Istintiva. Forse è la parola giusta. Merlino, Hermione sarebbe orgogliosa di me, ho usato una parola nuova… Istintiva."
"Istintiva?" chiese ancora Ginny, facendo fatica a stargli dietro.
"Come dicevo, fai le cose senza considerare quello che potrebbe succedere dopo, ma lo capisco, a volte lo faccio anch'io. Non è che lo facciamo apposta. Come quando sono scappato da Harry e Hermione e li ho abbandonati. Dopo ci ho ripensato e sono riuscito a capire i miei sbagli e ho rimediato; sono tornato. Forse è una cosa di famiglia…" Ginny ascoltò Ron con un orecchio solo: davvero lei era istintiva e non pensava a ciò che faceva? Prendeva decisioni sul momento, senza considerare troppo le conseguenze? Nel Quidditch lo faceva spesso, ma era una cosa buona. Beh, il più delle volte. Forse avrebbe dovuto iniziare a fermarsi a pensare, prima di agire?
"E lo fai ancora?" gli chiese, in un sussurro.
"Sto cercando di non farlo più. Anche se è difficile. Ma forse è questo crescere, cosa dici?"
Crescere? Ginny annuì senza dire niente: forse anche lei avrebbe dovuto smetterla di comportarsi come una bambina. Perché sono i bambini che si comportano senza riflettere prima sulle ripercussioni delle loro azioni. Avrebbe dovuto crescere anche lei. Rimase a pensare su questa cosa e per un po' nessuno parlò più.
"Comunque prima o poi ti toccherà portarlo a casa. Chi è? Il tipo del Puddlemere United
?" Ron sbadigliò ancora.
"No…" rispose, non sapendo se dovesse essere sincera o no: come avrebbe reagito Ron al fatto che lei usciva con Blaise?
"Per Godric, è Zabini, vero?"
"Come hai fatto a indovinare?" Ginny spalancò gli occhi e si voltò verso di lui, ma Ron aveva ancora gli occhi chiusi e non poteva vederla.
"Beh, Ginny… la cena, la foto sul giornale del Quidditch… Non sono un genio, ma…" Suo fratello sorrise al buio.
"Non è tutto come sembra, sai? Alla cena è stato obbligato a venire e la foto del bacio in verità era uno scherzo che…"
"Sì, sì certo. 'Siamo solo amici' dicevi" la interruppe lui con condiscendenza e ironia. Ginny sbuffò: come gli dava fastidio quando faceva così! Ma d'altronde non poteva dire niente, da fuori sembrava proprio come diceva lui.
Ma poi lui rise, aprendo gli occhi e voltandosi verso di lei e Ginny capì. "Te lo ha detto Hermione! Le avevo detto di non dirti niente!"
Ron rise ancora e lei sbuffò prendendo uno dei cuscini che aveva sul letto e sbattendoglielo in faccia.
"Ron, puzzi di burrobirra!" Stizzita perché non poteva ribattere e lui continuava a ridere lo stesso, fece un broncio e si sentì veramente una bambina.
"Puzzi anche tu" l'accusò.
"Io?" si scandalizzò, tentando di avvicinare il naso all'ascella: non era vero!
"Sì: di cedro. E di… soddisfazione" disse, prima di addormentarsi.
Ginny pensò che non l'avesse presa male come era successo con gli altri, forse Hermione glielo aveva detto nel modo giusto: lei sapeva davvero quello faceva. Come tutte le altre volte, in effetti.

 

***

 

"Blaise? Sono io…"
Ogni volta che Ginny si materializzava a casa del moro, anche se le aveva detto di farlo tranquillamente, si sentiva sempre un po' d'impiccio: e se con lui, per un motivo o per l'altro, ci fosse stato qualcuno? Cosa avrebbero fatto o detto?
"Sono nello studio!" La sua voce, alta e sicura, non aveva mai bisogno di urlare o alzarsi di tono. Doveva essere una di quelle cose che i piccoli snob purosangue succhiavano con il latte materno: non agitarsi e farsi rispettare.
Ginny lo raggiunse e, sulla porta, lo vide fumare alla finestra. Cercava di non farlo alla scrivania perché una volta una pergamena si era rovinata con la cenere della sigaretta. Sorrise per il suo autocontrollo.
"Com'è andata?"
"Le hanno prese tutte" rispose lui.

 

L'espressione sul viso della ragazza lo riempì di orgoglio: aveva scoperto che rendere qualcun altro fiero di quello che faceva lui, gli riempiva il petto di un calore inaspettato. Ed era bello. Anzi bellissimo. Era forse più eccitante di contrattare il prezzo delle foto che vendeva.
"Bravissimo!" Lei si avvicinò e lo baciò. Blaise fece scorrere la mano sulla sua schiena e Ginny ridacchiò quando le toccò quel punto in cui soffriva il solletico: adorava quando succedeva.
"Non mi chiedi quanto mi hanno dato?"
Lei alzò una spalla. "Se ci tieni…" Si staccò da lui e andò verso la scrivania, dove Kikky aveva lasciato il vassoio del pranzo. Prese la mela e diede un morso, mentre si spostava per guardare i suoi nuovi disegni. Da un lato, il fatto che a lei non interessasse per niente il suo denaro, lo rendeva consapevole che non stesse con lui per quello, ma il suo patrimonio, d'altro canto, era anche il suo orgoglio, perché era lui che lo faceva fruttare, grazie alle sue intuizioni e al suo modo di agire. Si avvicinò alla scrivania dopo aver spento il mozzicone.
"Quanto ti hanno dato?" gli chiese, allora, con la bocca piena, mentre prendeva in mano una pergamena.
Quando glielo disse, lei si girò di scatto, sgranando gli occhi. "Davvero? Per i denti di Merlino!" esclamò, alzando poi la mano per battergli un cinque.
"Già" continuò. "Potremmo spenderli… che dici?"

 

Ginny alzò gli occhi dal disegno, che era tornata a guardare subito dopo essersi complimentata con lui. "E cosa vorresti farci?" chiese, in risposta.
"Non so. Che ti piacerebbe? Vorresti un regalo?" Blaise infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, esibendo un sorrisetto sghembo.
"Io?" chiese e lui scosse le spalle. "A me non serve niente" spiegò, corrugando la fronte.

 

Già, questo Blaise lo sapeva già. "Non vorresti qualcosa?" Lei si morse un labbro, mentre i suoi occhi si inumidivano.
"In verità ciò che desidero non si può comprare…" mormorò, abbassando lo sguardo e lui si sentì un idiota. "Però…" La ragazza tornò a guardarlo con uno sguardo diverso. Però? Blaise stette in attesa. "Ci sarebbe una cosa che mi piacerebbe… Ma costa un sacco di galeoni e non lo avrei mai proposto… ma visto che me lo chiedi…" Come? Cosa? Blaise si fece attento: davvero bastava chiederlo?

 

Ginny fece un passo verso di lui con uno sguardo eccitato e divertito, come se avesse otto anni e fosse la mattina di Natale. Blaise era sempre più attento, pronto a ricevere da lei un'informazione preziosissima, neanche fosse la profezia che lo avrebbe designato imperatore del mondo magico. "E… cos'è?" chiese, quando non parlò più.
La ragazza scosse il capo. "Mi vergogno… costa veramente tantissimo…"

 

Blaise corrugò la fronte: ma cosa poteva essere? Quando lei abbassò di nuovo lo sguardo, si avvicinò. "E quanto costa?"
"512 galeoni". Ginny alzò il viso verso di lui. Blaise non collegò subito, cercando di pensare cosa gli ricordasse quel numero. Fu solo quando lei scoppiò a ridere che capì di essere stato preso in giro.
"La maglia di Quigley!" Blaise era divertito, ma scosse la testa.
"Sì. Regalamela che voglio usarla per provare gli incantesimi distruttivi…" Rise ancora lei, per poi stringersi contro di lui e mettergli le braccia al collo. "Non devi spenderli per me, Blaise, sono soldi tuoi. Ma se vuoi, possiamo fare qualcosa insieme: andiamo a mangiare in quel ristorante italiano dove mi hai portato due mesi fa, o a un concerto delle Sorelle Stravagarie o ovunque tu voglia… Non mi interessa niente, voglio solo stare con te…"
Blaise incassò il colpo sorridendo e annuì: l'avrebbe accontentata. Lo avrebbe fatto anche se lei gli avesse detto di desiderare che gli comprasse un elfo. "Potremmo andare al Tasty Magic…" propose. Notò la smorfia che segnò il viso della ragazza, ma poi lei sorrise di nuovo, passandosi una mano sulla testa.
"Va bene, se proprio ci tieni, andremo lì. Ma devo passare da casa a mettermi un po' di terra nei capelli…" Quando capì la battuta, Blaise sbuffò bonariamente e la spinse, facendola cadere sul divano dove lei aveva dormito quando gli era svenuta fra le braccia.
"Spiritosa, mia cara Ginny…" la prese in giro.
"Come? Non lo sapevi? Eh, ma ormai è tardi, non puoi più ridarmi indietro, sai?" E così dicendo lo tirò per la camicia per farlo chinare e riuscire a baciarlo. Blaise non si fece scappare l'occasione, anche se non le disse che non avrebbe mai tentato di 'ridarla indietro'.

***

 

"Ohi, ma mi stai ascoltando?"
Blaise staccò lo sguardo dalla rossa che, nella cucina di Pansy, era chinata sul tavolo mentre le raccontava qualcosa di divertente, per cui le ragazze stavano ridendo insieme. Scosse il capo.
"Scusa, Theo". Si voltò verso l'amico, prestandogli attenzione.

 

Theo sbuffò bonariamente: aveva visto che Blaise non riusciva a smettere di guardare la Weasley, come se dovesse continuamente sapere dove fosse e cosa facesse.
"Dicevo" iniziò, andandosi a mettere comunque nella traiettoria fra Blaise e la cucina, onde evitare altre distrazioni. "Hai visto Draco, ultimamente?"
Da quando avevano avuto quella famosa 'discussione' con il biondo, non ne avevano più parlato, forse anche perché erano stati distratti dalle ragazze, ma la sera prima ci aveva pensato e aveva notato che lui non si era più fatto vedere.

 

Blaise portò tutta l'attenzione sull'amico: Draco? No, non solo non lo aveva più visto, ma non ci aveva neanche più pensato. Scosse il capo mentre beveva dal bicchiere di cristallo. Ascoltò Theo parlare del biondo con un orecchio solo, finché non disse qualcosa che attirò tutta la sua attenzione.
"Come?" chiese, pensando di aver capito male.
"Redpoppy House, Blaise, ma mi ascolti?"
Oh. Parlava della proprietà che la madre di Blaise aveva ereditato da uno dei precedenti mariti: era una costruzione dalle discrete dimensioni nella campagna inglese e loro, lui e gli altri, c'erano andati più volte durante le vacanze di primavera o d'estate. Si ricordò anche del laghetto: poco più di uno stagno, effettivamente, ma un ambiente confortevole e in mezzo al boschetto. Avrebbe potuto portarci Ginny: era sicuro che a lei sarebbe piaciuto molto, poteva essere una vacanza, in fin dei conti. Un posto dove lei non sarebbe scappata via di notte per tornare a casa e avrebbero passato del tempo insieme.
"Dicevo che potremmo portarlo lì, no? Chiamiamo anche Hermes e gli altri, un weekend fuori da tutto, come le altre volte, durante gli anni della scuola… chissà che non scopriamo qualcosa…"
Mmm… no, lui ora non poteva proprio andare via. Non voleva staccarsi dal suo folletto rosso, non ancora. Lanciò uno sguardo alla cucina, ma la ragazza era di spalle, così lasciò scivolare gli occhi sul suo sedere. Potevano andare a RedpoppyHouse loro due, così avrebbero passato un'intera notte insieme. E forse più di una.
"No, non penso che… Non saprei…" Accampò qualche scusa, girandosi verso l'amico e sperando di essere convincente, mentre osservava Theo aggrottare la fronte in un modo molto curioso: non resse il suo sguardo quando capì che lo avrebbe sgamato.

 

"Di che parlavate?" chiese la mora, entrando nel loro cerchio di azione, mentre Ginny la seguiva reggendo un piatto di stuzzichini e un bicchiere pieno di vino.
Le due ragazze si sedettero sul divano, e Theo alzò le spalle prima di bere l'aperitivo che aveva nel bicchiere. "Stavo ricordando a Blaise di quando andavamo a Redpoppy House".
"Oh!" A Pansy brillarono gli occhi, mentre esclamava: "Redpoppy House! Oh, Ginny sarebbe magnifico, devi vederla, è una casa bellissima, in mezzo alla campagna. Non incontri nessuno per un sacco di miglia, e c'è anche un bosco; e in mezzo al bosco un delizioso stagno che…"
La mora aveva iniziato un monologo descrittivo troppo veloce per essere capito, tanto l'entusiasmo la stava prendendo, prima che il moro smorzasse ogni euforia.
"Dicevo che non è agibile, adesso: ci sono dei lavori da completare e non si può proprio andarci" la interruppe Blaise, con un tono forse troppo duro rispetto a quello che stava dicendo e un disagiato silenzio riempì il salotto: tutti avevano nasato la scusa del ragazzo, che sembrava contrario all'idea dei suoi amici.
Ginny ci rimase male più per il suo tono e per come aveva zittito i ragazzi che per quello che sembrava che fosse: non parlarne davanti a lei.
Pensò di dire ad alta voce che non c'era problema per lei, che li avrebbe lasciati soli per discutere della cosa, ma pensando che potesse essere una di quelle cose 'istintive' che le aveva detto suo fratello, decise di non parlare e si alzò per tornare in cucina a prendere qualcosa che aveva fatto finta di dimenticare, per dare loro l'occasione di parlarsi.

 

Pansy notò la rossa alzarsi e raggiungere la cucina, così la seguì e aprì uno sportello a caso, iniziando a parlare di una cosa qualunque.

 

Theo notò le ragazze in cucina e si sporse verso Blaise, sussurrando: "Merlino, ma che ti è preso? Si è capito benissimo che era una bugia!"
Il moro scosse le spalle. "Non so davvero come è messa la casa. Non so neanche se è può ospitare qualcuno, non controllo gli elfi da una vita…"
Sì, va bene, ma non avrebbe potuto dirlo direttamente? "Ma così sembrava che tu volessi…" iniziò, ma l'amico lo interruppe, liquidando la questione con una mano.
"Per Draco, troveremo una soluzione al più presto, senza aspettare il momento giusto per andare in campagna: non lo lasceremo nei guai, lo sai benissimo…" Theo annuì alle sue parole e si rassicurò un pochino: Blaise era quello su cui contare per le questioni organizzative perché gli piaceva avere il controllo di tutto e loro glielo lasciavano fare volentieri. Sapeva anche che per lui era importante che ogni cosa fosse perfetta. Ma se anche la casa non fosse stata pienamente lucida, che differenza faceva? Forse a volte era esagerato e avrebbe avuto bisogno di lasciarsi un po' andare. Notò le ragazze tornare verso di loro, chissà forse davvero la Weasley avrebbe potuto essere la persona giusta: era così poco prevedibile, lei. E di sicuro poco controllabile.
"E comunque è troppo presto per organizzare una cosa così" rimarcò ancora lui: vabbè, almeno le piccole manie potevano lasciargliele, no? Annuì distrattamente.

 

Ginny sentì l'ultima frase di Blaise e pensò che riguardasse la loro relazione: era troppo presto per andare in vacanza insieme? Effettivamente poteva essere, così come per lei era troppo presto ufficializzare la cosa in famiglia, forse per lui era troppo presto passare insieme e a stretto contatto, il tempo di una vacanza con i suoi amici più intimi.


 [Ok1]

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Cose non dette ***


Cose non dette

 -

 -

"Perché non rimani un altro po'?"
La voce di Blaise era intrisa di aspettativa, ma sperava che non si notasse troppo.
Ginny lo guardò e poi fece un sorriso triste. "Devo andare, lo sai. È già così tardi…"
Giusto: il giorno dopo lei si sarebbe alzata presto per andare all'allenamento. Il ragazzo annuì.

 

Ginny sospirò e si risedette sul letto. "Blaise…" mormorò, accarezzandogli il petto nudo. "Devo pur tornare a casa, no?"
"Sei sicura?" Blaise fece un sorriso sornione, prendendole la mano per intrecciare le dita con le sue.
No. No. Se lui iniziava a fare così, non sarebbe mai tornata a casa; lentamente tolse la mano dalla sua e si rialzò dal letto. Con una mano si avvolse i capelli e poi fece scorrere gli occhi per le lenzuola, cercando la piuma che li aveva raccolti; si chinò sul cuscino del letto matrimoniale per recuperarla e la infilò nella chioma sulla testa.
"Sì, sono sicura" precisò, con un sorriso triste.
Si guardò intorno cercando il resto della sua roba e si avvicinò alla sedia dove aveva lasciato cadere il mantello quando, dopo la cena, si erano materializzati direttamente in camera.
In quel momento un gufo di media altezza si posò sul davanzale della finestra, spingendo l'anta vetrata che, appena socchiusa, era facilmente raggiungibile, per lui.

 

"Aspetti un gufo?" La ragazza si girò verso il letto e Blaise scosse il capo, alzandosi. Era ancora nudo, ma non ci fece troppo caso, avvicinandosi alla finestra. Il gufo si spostò, allontanando dalla mano tesa del ragazzo la busta che stringeva col becco. Oh?
Si voltò verso Ginny. "Mi sa che è per te".
"Per me? E chi è?" chiese lei, seduta mentre si infilava una scarpa. Blaise alzò una spalla, osservando l'animale: doveva essere un allocco, visto che non raggiungeva la grandezza degli altri gufi e sembrava più scuro.
La ragazza lo raggiunse e il piccolo volatile lasciò che gli sfilasse la busta dal becco, bubbolando in richiesta di cibo.
Blaise prese la bacchetta e appellò un biscotto per gufi dalla cassettiera vicino al letto.
"Oh!" Sentì la rossa esclamare, per poi infilare la lettera nella tasca interna del mantello; Blaise si voltò verso di lei.
"Chi è?"
"Harry" rispose solamente.
Cosa? Harry Potter? Ah. E cosa le scriveva? "E perché ti scrive?"

 

Ginny si alzò sulle punte e lo baciò sulla guancia. "Quando la leggerò lo saprò. Ora vado".
"No, rimani" disse; il suo tono duro e la sua faccia imbronciata facevano sembrare il tutto un ordine, più che un invito.
"Come chiedi tu le cose…" iniziò, ironicamente, alzando gli occhi al soffitto: avevano già parlato del fatto che lui spesso avesse un atteggiamento autoritario, cosa di cui non si rendeva conto, e che avrebbe dovuto lavorarci su.

 

Blaise capì che doveva essere una 'di quelle volte' in cui non aveva usato il giusto tono, ma si sentiva spaesato. "Per favore?" aggiunse allora.
Ginny sorrise. "Meglio". Si avvicinò a lui e lo baciò sulle labbra. "Ma devo scappare davvero" concluse subito dopo. Merlino, aveva pensato che bastasse! Non bastava dire 'per favore' per ottenere quello che si voleva? E cosa bisognava dire, altrimenti?

 

Ginny guardò di sfuggita l'orologio: non aveva raccontato a Blaise della ramanzina di sua madre perché era convinta che lui si sarebbe presentato alla Tana per spiegare alla sua famiglia che lei era al sicuro e altre cose del genere, e non voleva assolutamente che succedesse. Come aveva spiegato a Ron due giorni prima, era solo troppo presto. E poi sembrava una cosa tremendamente infantile! Sgridata dalla mamma perché faceva tardi…
Si chinò per recuperare l'altra scarpa, quando Blaise la prese per una mano e la fece girare, abbracciandola: si ritrovò contro il suo petto e sorrise, nonostante tutto. "Blaise…"
"Ginny" la imitò lui, mentre si chinava a lasciarle un bacio umido sul collo. No. No. Non poteva fare così. Mentre si spostava verso la clavicola e poi ancora la baciava in quel punto così sensibile dove finisce il collo e inizia la spalla, la ragazza sospirò: un sospiro che dovette trattenere perché non si trasformasse in un piccolo, traditore, gemito di piacere.
Quando la mano calda del ragazzo si fece strada lungo il suo corpo per poi approdare sotto la maglietta, lei iniziava già a non ragionare più lucidamente. Con le dita lui spostò il lembo di stoffa per percorrere quella scia sensibile di pelle e Ginny non riuscì a trattenersi. "Santo Godric, Blaise, io…"

 

Blaise sapeva quello che stava facendo: si spostò appena da lei per chinarsi, alzarle la maglietta dal ventre e riniziare a baciarla su quella pelle morbida. Vide il manico della scopa sbucare dai suoi jeans e, esattamente come la prima volta che l'aveva visto, il sangue gli riempì il basso ventre, rendendolo pronto di nuovo. Mentre si avvicinava con le labbra alla cintura dei pantaloni, sganciò il bottone con un gesto esperto e, all'ennesimo gemito della ragazza, la sbottonò del tutto per poi abbassarle i jeans.

 

Ginny capiva che lui lo stava facendo apposta, ma a un certo punto decise di non voler più ribattere e si lasciò cadere sul letto, tirandosi dietro il ragazzo.
Notò il sorrisino vittorioso di Blaise, ma ormai non le interessava più niente. "Sei tremendo, lo sai?" disse, prima di baciarlo a bocca aperta.

 

Blaise sorrise poco prima che lei chiudesse gli occhi e si sporgesse verso di lui per baciarlo con passione. Non dovette più insistere e non fece neanche obbiezioni quando prese in mano il gioco e i loro ruoli si invertirono: lei aveva deciso di rimanere e a lui sembrava di aver vinto la guerra magica.

 

*

 

Blaise mescolava da cinque minuti lo zucchero nel tè: aveva una buona rendita e tanti possedimenti, non aveva bisogno di lavorare per vivere, poteva fare quello che voleva. Gli piaceva fotografare e fare disegni; nella prima attività era anche piuttosto bravo, visto che riusciva a vendere le foto al prezzo che decideva ed erano sempre ricercate. Disegnare lo rilassava e forse, se un giorno avesse deciso di mettersi in gioco, avrebbe anche potuto pensare a una sorta di pubblicazione di storie a fumetti. Insomma, la sua vita era fantastica, non aveva bisogno di niente. Aveva amici per bere e divertirsi e, se ce ne fosse stato bisogno, avrebbe potuto avere qualsiasi donna avesse potuto scegliere (o così gli piaceva pensare). Non aveva bisogno di niente. Non doveva per forza far parte di qualcosa, non voleva dipendere da nessuno (di questo ne era convinto solo quando era di buon umore, però). Non gli interessava di niente. Niente a parte sua madre e le sue cose. Ma lei… Lei riusciva sempre a mettergli dei dubbi. Non che lo facesse apposta, di questo era consapevole; e chissà, forse proprio perché capiva che lei non cercava mai di manipolarlo, lui si sentiva così coinvolto.
E ora… ora non riusciva a smettere di pensare a cosa Potter poteva aver scritto a Ginny. E perché gli interessava così tanto sapere cosa lei gli aveva risposto? Iniziava a non riuscire a pensare ad altro e la cosa lo infastidiva parecchio. Anche se a lui non interessava. Anche se sapeva che a lei, Potter non interessava più…

 

"Sei solo geloso…" Pansy sospirò, mentre ascoltava il monologo di Blaise, lanciando a Theo, che si aggirava per il salotto alle spalle dell'amico, un'occhiata carica di richieste d'aiuto e a cui lui rispondeva con piccoli sorrisi beffardi.
"Non sono geloso!" Blaise batté la mano sul tavolo, come se la cugina lo avesse offeso e lei sospirò ancora, in modo molto evidente.
"Blaise…"
"Non ero geloso neanche quando ho visto Chastity con quell'altro tipo e loro avevano appena fatto sesso!" esclamò, forse con troppa enfasi: per fortuna Pansy era già venuta a conoscenza della storia, altrimenti per la sorpresa, le sarebbe venuto il singhiozzo. O sarebbe venuto al bambino.

 

"Di quella…" Theo appoggiò una mano sulla spalla di Blaise, ma si bloccò prima di dire una parolaccia, guardando Pansy. "Quella… Di quella là, non te ne fregava niente, mentre della Weasley, invece…"
"Ma non vuol dire che io sia geloso!"
"Non c'è niente di male a essere gelosi. È una situazione fuori dal tuo controllo e ti rende nervoso. Pensi che se riuscissi a tenerli lontani, non potrebbe mai succedere niente fra di loro. Ma non funziona così: non puoi controllare tutto, devi fidarti". Cercò di spiegare allora la ragazza, chinandosi verso di lui e coprendogli una mano con la sua.
"Sì, può essere…" ammise lui. "Ma io mi fido…" Anche Theo sentì il vero e allo stesso tempo il suo disagio a dover ammettere quelle cose: per Blaise era difficile fidarsi di qualcuno e lasciare il comando della situazione. Cercò di sorridergli, ma l'amico dovette capire male, perché tentò ancora di negare. "Comunque, non sempre voglio decidere tutto io o avere il controllo. Non sono così…"
"Il sesso non vale, Blaise" lo interruppe Theo e lui gli lanciò un'occhiataccia.
"E comunque ti dà fastidio che lei non dipenda da te e possa liberamente avere contatti con Potter…" Theo rise all'occhiata che Pansy gli lanciò per le sue parole: se non lo faceva lui, chi lo avrebbe stuzzicato? Doveva scrollarsi di dosso quella rigidità che si era cucito a mo' di corazza sulla pelle tanto tempo prima e che non gli faceva bene per niente.

 

Blaise sapeva che il fatto di non riuscire a gestire tutto a volte lo rendeva paranoico, ma di solito riusciva a trovare una soluzione per ogni problema, così tutto andava poi per il meglio. Ma questa volta non ci riusciva: era così difficile... "Lei non ha detto a nessuno di noi. A parte quella cavolo di cena, non sono mai stato a casa sua, suo fratello non ha chiesto il mio scalpo, non siamo mai usciti con le sue amiche, non…"
Pansy inclinò la testa e lo guardò con tenerezza. "Blaise, questo non vuol dire che non tenga a te. Magari ha bisogno di tempo anche lei… Forse è solo cauta".
"Ginny fa tutto quello che vuole, non è… cauta". Dover ammettere ad alta voce che se lei non aveva detto ai suoi amici di lui poteva essere perché non credeva nella loro storia, era quasi umiliante.
"La sua ultima storia era sotto gli occhi di tutti. Vuole solo essere discreta."
Blaise sbuffò: non voleva mica che facesse un annuncio! Gli sarebbe bastato che lo sapessero la Granger e la Lovegood. E anche Paciock. Sì, avrebbe voluto che anche lui ne fosse a conoscenza. Sembravano più una coppia quando non lo erano che in quel momento, pensò, ricordando le foto della cena di beneficenza. Aveva dovuto chiedere a Pansy una copia vecchia della rivista per farlo, ma ne era valsa la pena.
Santo Salazar, quando lei stava con Potter lo sapevano tutti e questo, anche se li metteva in una situazione di disagio, era comunque una verità. Non c'era bisogno di dirlo a nessuno: si sapeva e basta. Lo sapeva anche lui e a lui di Potter non gliene era mai fregato niente!
"Perché non lo chiedi direttamente a lei?" propose Theo, cercando di essere conciliante.
"Che cosa?" Blaise non capiva cosa volesse dire, i suoi pensieri viaggiavano velocissimi; l'amico si sedette prendendo una tazza di tè.
"Chiedile cosa le ha scritto Potter. E, se la cosa ti infastidisce, chiedile cosa c'è ancora fra loro."
Non c'era niente fra loro! Ginny stava con lui, Santo Salazar! Forse doveva per forza fidarsi e lasciare che le cose procedessero con calma.
"Non voglio chiederglielo" ammise subito dopo, per poi bere un sorso di tè e scoprire che si era fatto freddo; con una smorfia riappoggiò la tazzina e Pansy impugnò la bacchetta per riscaldarglielo.
"Oh. E come mai?"
Lui scosse le spalle: era difficile da spiegare, ma non voleva farle sapere che lui era… era… era curioso, ecco, sì, era curioso di sapere. Non era geloso. Era solo curioso. Non voleva ammettere di avere quella… debolezza.

 

Theo alzò un sopracciglio e si scambiò un'occhiata divertita con Pansy. "Non sarebbe una debolezza, Blaise. Ammettere di tenere a qualcuno e aver paura di perderlo, è normale. Essere gelosi non è…"
Blaise spalancò gli occhi alle parole di Pansy e lì, Theo capì che non si era accorto di aver parlato ad alta voce.
"Non ho paura di perderla. E non sono geloso."
Ora Pansy sbuffò forte. "Certo. Infatti l'hai circuita con il sesso affinché non andasse a casa a leggere la lettera di Potter perché sei una persona cattiva e non perché sei geloso!" esclamò, con sarcasmo.

 

Blaise si voltò verso Theo, che spalancò gli occhi e alzò i palmi delle mani.
"Ti avevo detto di non dirlo a nessuno!"
"È la mia futura moglie, non ho segreti con lei!" si difese il ragazzo.
"Non diventerò tua moglie" disse Pansy, con calma.

 

"Come?" Theo voltò il viso verso di lei e strabuzzò gli occhi: i problemi di Blaise già nel dimenticatoio. "Cosa vuol dire?"
"Non ci sposeremo, Theo" rispose lei, alzandosi dalla sedia a fatica, appoggiando le mani sul tavolo.
"Certo che ci sposeremo e diventerai mia moglie! Cosa credi che…"

 

Blaise sbuffò. "Non potete litigare dopo? Qui si stava parlando di me e Ginny…"
Theo gli lanciò un'occhiataccia. "Veramente si parlava della Weasley e di Potter" precisò, per poi girarsi verso Pansy di nuovo. "Tu…"
"Giusto: di Potter" lo interruppe la ragazza, rivolgendo a Blaise tutte le sue attenzioni e ignorando Theo. Blaise pensò che forse non sarebbe stata una cosa buona.
"Hai…"
"Se dici ancora che ho circuito Ginny con il sesso, ti lancio un silencio!" sbottò Blaise.
"Perché, non è quello che hai fatto?" Anche Theo si voltò verso di lui, alzando un sopracciglio.
Certo che era quello che era successo, ma dirlo ad alta voce non lo faceva sembrare bello. Cosa avrebbe dovuto dire? Lei sembrava prendere la loro storia in modo leggero. Come se non ci credesse o non volesse farlo sapere in giro. Era andato al campo da Quidditch, ma lì non avevano detto a nessuno di come fosse cambiata la situazione e lui non era sicuro che lei avesse speso qualche parola per farlo sapere alle compagne di squadra. Probabilmente loro pensavano ancora che fossero solo amici. Finti amici, come era all'inizio. Ora avrebbe voluto aver fatto qualcosa di azzardato davanti a loro, come quando aveva baciato Ginny dopo la cena. Ma che idiota che era! Lo aveva fatto quando fra loro non c'era niente e non l'aveva più presa fra le braccia quando c'erano gli altri. Probabilmente un po' di colpa era sua davvero. Ma lei non aveva detto niente, non si era mai lamentata. A Ginny andava sempre bene. E se fosse stato davvero per il sesso? E se a lei non interessava nient'altro? Lui non aveva aiutato la cosa di sicuro…

 

Pansy scosse la testa: ma cosa aveva quel ragazzo? "Lei ci tiene a te" iniziò, prendendo degli altri biscotti dal mobile e tornando a sedersi per scartare la scatola.
"A volte non sembra così. Come se stessimo insieme solo per fare… quello. A parte voi, non sembra che abbia detto a qualcuno che…"
Pansy sospirò: i ragazzi non volevano mai esporsi, ma poi la cosa gli piaceva se ci pensava qualcun altro. "Blaise, la sua ultima storia seria è stata con un ragazzo di cui si era innamorata da bambina, quello che ha salvato il mondo e di cui ha letto sui giornali qualsiasi cosa, sia vera che falsa. Pensi che il suo primo pensiero, adesso, sia quello di sbatterti su 'Strega 2000" o qualcosa del genere? Di far sapere a tutti che forse è riuscita ad andare avanti dopo che con il suo primo amore non ha funzionato? Vorresti che il mondo magico puntasse il dito su di voi e facesse scommesse?"
Blaise scosse la testa. "Non avevo pensato ai giornali" ammise lui. E per forza non l'aveva fatto: a lui non interessavano e non li leggeva mai! Ginny le aveva detto che era stata lei a dovergli dire della loro foto che era apparsa sui tabloid. "Dici che è per questo allora? Non che sta con me solo per il…"
Pansy alzò gli occhi al cielo. " Allora:, sono sicura che non ti sta usando solo per fare sesso!"
"E tu lo sai perché…"
"Perché frequenta i giocatori di Quidditch!" sbottò Theo, sedendosi accanto alla ragazza, ma continuando a lanciarle occhiate minatorie. "Perché dovrebbe venire a cercare te?"
"Oh, grazie mille" disse il moro, stizzito, e Pansy rise.
"Effettivamente…"
"Pansy, almeno tu…"
"Ma dai, lo ha detto anche lei: l'ultima volta lo aveva fatto con Stonewall dei Puddlemere United
!" rimarcò Theo.

 

Blaise storse la bocca: sì, era presente quando lo aveva detto, anche se lui lo sapeva da quando l'aveva raccontato a Paciock nel giardino degli Stin'sen.
"A me ha anche detto che era piuttosto…"
Blaise per poco non le lanciò una fattura e la interruppe per non farla continuare. "Potete smetterla? Non mi interessa sapere quanto le piacesse farlo con quello là!" Pansy gli sorrise e posò una mano sulla sua.
"Ma mi ha anche confessato che lui non le piaceva del tutto. Che le ricordava troppo Potter perché fra loro potesse funzionare oltre a quello" continuò, con dolcezza.
Come? "In che senso?"
Theo scosse le spalle. "Che è troppo perfetto" disse, al posto della ragazza, che lo guardò male.
Oh. "Perfetto?"
"Sì: bello, ricco, con i suoi stessi interessi, bravo a letto: perfetto. Devi esserne contento, visto che non sei così e, chissà perché, le piaci lo stesso."
Blaise non era sicuro di quello che gli stava dicendo l'amico. "Le piaccio perché non sono perfetto?"
"Esatto!" Theo rise e Blaise si chiese se lo stesse prendendo in giro.

 

Pansy scosse il capo e diede uno scappellotto a Theo perché, come al solito, ci stava mettendo del suo. "Ascolta, Blaise. Lei non sta con te perché non può stare con nessun altro. Lei ha scelto te fra tutti. Quindi vuol dire che…"
"Che qualcosa di buono devi averlo per forza anche tu, lì, nascosto da qualche parte!" concluse, di nuovo, il suo quasi ex fidanzato, se avesse continuato così.
"Theo!" Pansy si alzò e Theo, ridendo, scappò intorno al tavolo, per non farsi prendere.

 

Blaise osservò Theo e Pansy quasi rincorrersi e alzò gli occhi al cielo. "Sì, vabbè…"
"Ascolta…" Pansy si fermò accanto a lui, sperando probabilmente che Theo non facesse altrettanto e non interrompesse il suo giro intorno al tavolo. "Parla con lei. Sono sicura che, qualsiasi problema abbiate, sia solo una questione di comunicazione. Sarà un sassolino di cui stai facendo una montagna, questa storia del 'non lo sa nessuno': a lei piaci tu, non Potter o quell'altro…"
"Il bel figo" si intromise Theo e Pansy lo fermò serrandogli un braccio.
"Lei sta con te. E se sei così insicuro è perché…"
"Perché Potter verrà in Inghilterra per il matrimonio di Paciock e hai paura che se si rincontrano possano finire a let…" Pansy diede un pizzicotto al moro e Theo si lagnò, interrompendosi.
Quindi era questo che c'era scritto nella lettera? "Dici che tornerà qui per questo?"
Theo alzò le spalle mentre si massaggiava la pelle dove la ragazza lo aveva pizzicato. "Beh, erano amici e Paciock si sposa… Fai tu le tue conclusioni, no?"
Giusto. Giusto.
Poteva essere. Ma allora perché lei non glielo aveva detto? La gelosia gli prese la bocca dello stomaco e strinse fino a fargli venire la nausea. Gli occhi di Theo ridevano, mentre immaginava quello che stava pensando.
"E tu sei così insicuro perché non hai il controllo della situazione. Come è giusto che sia."
Blaise annuì e si alzò: iniziava a mettere insieme le cose: non su tutto si poteva avere il controllo, specialmente su una ragazza imprevedibile come lei.
"Dovresti parlarle. Vedrai che risolverete tutto. E Blaise…" Lui fissò gli occhi su di lei. "Io ti conosco: hai paura di perderla perché sei innamorato e non ti è mai successo prima" spiegò, con un sorriso, girandosi quando Theo la raggiunse da dietro e le mise una mano sulla pancia. Poi tornò a guardarlo. "Ma devi fidarti, per una volta. So che è difficile, dopo Chastity. Ma Ginny non è così: lei non tradirà la tua fiducia".
Blaise abbassò gli occhi quando la cugina disse quella frase perché aveva capito davvero il suo punto debole. Ora, però, l'unica cosa che voleva fare era stringerla fra le braccia. E baciarla. Sì, magari anche altro, ma visto che probabilmente era alla Tana, si sarebbe accontentato.

 

Il moro si smaterializzò e Theo si chinò sulla ragazza per baciarle il collo: doveva trovare il modo per convincerla a sposarlo.

 

***

 

Ginny era sdraiata sul vecchio lettino a sdraio, quello che sostava nel cortile della Tana da quando lei era piccola ma che ancora non si era disfatto del tutto, e guardava la trasformazione del cielo, in attesa della cena. Sospirò, un po' stanca.

 

Ron si materializzò al suo fianco e lei sobbalzò, girandosi verso di lui.
"Volevo spaventarti". Le allungò una bottiglietta di burrobirra.
"Come?" Allungò la mano verso la burrobirra chiedendo spiegazioni.
"Volevo proprio spaventarti: ti ho visto qui, così tranquilla… Non sembravi neanche tu". Ron sorrise come quando aveva sette anni e l'aveva aiutata a imparare a tenere in mano una piuma.

 

Ginny fece tintinnare la bottiglietta con quella che teneva in mano il fratello e tornò a guardare il cielo prima di prenderne un sorso. "Sono solo un po' stanca…"
Anche lui bevette e poi guardò il cielo striato di rosso, mentre si sedeva su una sdraio accanto a lei. "Almeno ora è per motivi differenti" mormorò.
La rossa si voltò velocemente verso di lui. "Sai dei sogni?" Da quando aveva cominciato le sedute dallo psicomago, aveva iniziato anche a parlare più apertamente dei suoi sogni: non erano più una cosa proibita o di cui vergognarsi, ma erano un problema che stava affrontando e che sembrava avere una soluzione.

 

Ron alzò una spalla, continuando a guardare lontano: era stato il primo in famiglia a notare che la sorella non dormiva, ma era stato un troll perché non aveva capito quanto fosse grave il problema.
"Chi te lo ha detto?"
"Ho detto a Hermione del fatto che ti beccavo spesso sveglia quando tornavo a casa e da lì…"
"E Hermione mi ha tampinato finché non è riuscita a estorcermi tutto."
"Mi dispiace…"
"Per avermi fatto importunare da Hermione?" chiese lei, sorridendo.

 

"Per non averlo capito prima…"
Ginny si fece seria. "Non…"
"Scusami. Io ero così concentrato su di me che…"
Ginny si voltò verso di lui e lo guardò con attenzione. "Sei molto serio. È successo qualcosa? Hermione è incinta?"

 

Ron si tirò su così velocemente che un po' di burrobirra gli macchiò la maglietta. "Merlino! Ma te lo ha detto lei?"
Ginny rise forte e riprese a bere. "Scusami, sembravi così maturo… Pensavo che fosse successo qualcosa di… grosso. Non volevo spaventarti" disse, ridendo ancora. "O forse sì!"
Ron scosse il capo e aspettò che lei smettesse di ridere.
"In verità mi ha scritto Harry."

 

Ah. Ecco perché era uscito a parlare con lei. Ginny annuì e non disse niente, tornando a bere.
"E che ti ha scritto?" chiese, dopo un po'.
"Dice che Neville gli ha chiesto di fargli da testimone."
Ah, davvero? Ginny chinò il capo: beh, in fin dei conti avrebbe dovuto aspettarselo.
"Allora tornerà" disse, prima di prendere un altro sorso.
"Così sembra…"
Ginny si girò verso il fratello. "Ron, non sarai offeso perché torna per il matrimonio di Neville e non per…" La ragazza non riuscì a finire la frase perché suo fratello si tirò su dalla sdraio con uno sguardo stranito, così non sentì la sua rassicurazione sul fatto che non avrebbe dovuto prenderla male se Harry sarebbe tornato per il matrimonio e non per venire da lui.

 

"Zabini!" Ron aveva visto l'ex Serpeverde materializzarsi in giardino e aveva sgranato gli occhi: erano arrivati a questo punto? Lui si presentava già a casa così? Ma Ginny non aveva detto che la cosa doveva rimanere 'solo sua' per un po'? Se lui avesse detto qualcosa sul fatto che non aveva trovato sua sorella in camera e che la stava cercando avrebbe dato di matto. "Che ci fai qui?"
Per fortuna anche Ginny sembrava sorpresa, ma gli lanciò un'occhiataccia e lui prese un altro sorso di burrobirra, facendo finta di niente.

 

Ginny si girò verso di lui e si tirò su per sedersi: effettivamente, cosa ci faceva lì? Ma di sicuro le parole di Ron erano state esagerate. "Blaise, è successo qualcosa?"
"Vorrà chiederti scusa per averti fatto fare di nuovo tardi, ieri. O forse vuole scusarsi direttamente con la mamma… chi lo sa…"

 

Blaise guardò i due fratelli che lo osservavano straniti. No, non era successo niente, se non quella dannata lettera di Potter. Ma le parole del rosso lo fecero sentire in colpa.
"No, io…" Si ritrovò a dire; poi, imbarazzato si passò una mano sulla nuca; il suo sguardo passò da uno all'altra. "Ma sei stata sgridata da tua madre per colpa mia?"

 

Ron sorrise, mentre sua sorella gli lancivaa un'altra occhiata che, ne era sicuro, a breve avrebbe generato magia involontaria. Aveva notato quanto il moro fosse sorpreso da ciò che aveva detto lui e sarebbe rimasto lì solo per stuzzicarli, ma si sentiva di troppo, così decise che era il momento migliore per levar le tende. "Vabbè, ragazzi, me ne vado… Non fate… Vabbè, state attenti…" Fece un cenno con il capo al ragazzo e alla sorella e si incamminò verso la porta della cucina.
Solo mentre stava entrando si ricordò di non aver detto a Ginny ciò per cui era uscito: Harry li aveva invitati tutti in Romania, e Hermione gli aveva detto che lui avrebbe dovuto parlarle della situazione prima di partire. Si voltò verso lo spiazzo con le sdraio e vide Zabini sedersi sul fondo del lettino della sorella, mentre lei si sporgeva a baciarlo: forse non era il momento giusto. E forse, era il caso che lei non pensasse a Harry.

 

Ginny fece posto a Blaise sulla sdraio, indicando l'ultima parte libera. "Vieni qui, dai" gli disse; lui sembrava strano e non credette subito alle sue parole.

 

Blaise si sedette e lei si sporse per baciarlo; chiuse gli occhi e si lasciò andare, coccolandosi con quella bella sensazione, ma poi si ricordò quello che aveva detto Weasley. "Hai avuto problemi con i tuoi, ieri?" le chiese, sentendosi di nuovo in colpa.
Ginny rise nervosamente e si toccò i capelli. "Ieri, in verità, no. Sapevo già che mia madre si sarebbe arrabbiata, così ho cercato di evitarla…"
Ah. Merlino. Lei glielo aveva detto che doveva andare, ma lui aveva pensato che lei avesse insistito per via della lettera di Potter. Iniziava a sentirsi uno stupido. "Mi dispia…" iniziò a scusarsi, ma lei si sporse ancora e lo baciò di nuovo.

 

Ginny non voleva sembrare un'adolescente che doveva ubbidire alla mamma; in fin dei conti aveva quasi vent'anni, un lavoro e una vita sua. Avrebbe ucciso Ron quella stessa sera, per averle fatto fare quella figura grama. Appena Blaise si mostrò dispiaciuto (e probabilmente lei gli stava anche facendo pena!) lo baciò per distrarlo.
Fu mentre gli passava le mani fra i capelli che lo tirò verso di sé e si ritrovarono sdraiati sul lettino, in una posizione scomodissima, ma a stretto contatto.

 

Blaise alzò il viso oltre la spalliera della sdraio e osservò le finestre della casa: qualcuno poteva vederli? Lei dovette capire il suo interrogativo, perché sussurrò: "Gli altri non sono ancora tornati, mia madre è in cucina e da lì non si può spiare, qui".
Decise di non chiederle come potesse esserne così sicura: era un posto dove si imboscava con Potter? Praticamente lui viveva lì, da quanto aveva capito.
Poi, però, pensò al fatto che suo fratello non aveva fatto storie, e li aveva lasciati soli, senza chiedere niente. Ma quindi lui sapeva? Lei glielo aveva detto? Guardò ancora verso la cucina, ma effettivamente non si vedeva niente.

 

 

 

Ginny vide il viso pensieroso del moro, ma non voleva che pensasse che fosse una bimbetta, così, gli prese una mano e se la portò sul seno. "Non mi credi?" gli chiese e lui perse quello sguardo strano.
"Sì, ti credo" rispose, baciandola e iniziando a muovere il pollice cercando la punta sensibile, che non tardò a farsi trovare.
Dopo pochi minuti, la sua mano finì sotto la maglietta e il suo reggiseno aveva già subito un evanesco. Quando il suo respiro iniziò a farsi affannato, però, lui si fermò. "A che ora cenate, di solito?"
Ginny gli tirò il colletto della camicia verso di lei e sulle sue labbra mormorò: "Tardi".
"Ci materializziamo da me?" le chiese, con uno sguardo sornione.
No, voleva dimostrargli che non era una ragazzina. "No" rispose, smaterizzandosi e facendoli riapparire in camera sua, sul suo letto.

 

Blaise fu felicissimo che lei avesse scelto la sua camera: si guardò intorno, curioso e affamato di dettagli, quando vide sulla scrivania il mantello posato disordinatamente e lì, accanto, la busta di Potter, stropicciata; non era ancora stata aperta.
Con un sorriso diabolico, alzò la maglietta della ragazza e si chinò sulla sua pelle sensibile, deciso a farla impazzire di piacere.
E così fece.

-

-

-

***Eccomi ragazzi, scusate il ritardo, ma sono state settimane un po' così... Vi auguro una buona lettura e vi faccio tanti auguri di buone feste, sia che festeggiate religiosamente o diversamente. Spero di riuscire a farvi qualche sorpresa durante le vacanze. Un bacio a tutti

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Galeotto fu il Galeone ***


Galeotto fu il Galeone

 -

-

"Malfoy!" Ginny esclamò il nome del biondo, troppo stranita per dire qualsiasi cosa.
Lui, invece, non fece una piega e, senza muovere un muscolo del viso, come probabilmente gli era stato insegnato fin da piccolo, le fece un cenno con il capo.
"Weasley" la salutò.
Ginny si voltò verso di lui mentre usciva dalla porta: non aveva mai incontrato nessuno nello studio dello psicomago, ma quella volta era arrivata un po' in anticipo.
Si sedette su una delle sedie e aspettò di essere chiamata: non sapeva che anche l'ex Serpeverde andasse dal dott. Normoon, ma effettivamente Blaise le aveva detto che era stato proprio lui a dargli il suo contatto e dopo quello che le aveva raccontato Astoria, era possibile che anche lui avesse sentito il bisogno di parlare con il medimago.
"Ginny, cara, entra pure" la salutò lo psicomago, aprendo la porta del suo studio.
"Buongiorno, doc!" esclamò, un po' più allegra: forse c'era davvero speranza per tutti.

 

*

Se Ginny si era sorpresa di incontrare Draco nello studio dello spicomago, fu ancora più stupita di trovarlo ad aspettarla in strada, appoggiato al portone, quando scese le scale, a seduta finita, ma riuscì a mascherarlo molto meglio.
"Vuoi farmi fuori o cosa, Malfoy?"
Il biondo si tirò su e le andò incontro. "Ti va una burrobirra?" le chiese.
"Veramente io ho fame. Se ci metti vicino almeno delle patatine fritte, va bene" rispose, con tono affabile.

 

Draco annuì e si incamminarono insieme. Non aveva previsto di fermarsi con la rossa, ma quando l'aveva vista dallo psicomago, gli era venuta l'idea di chiederle se le andasse di bere con lui.
Da quando aveva lasciato che Astoria fuggisse da casa sua, non l'aveva più rivista. Un po', seguendo i consigli dei ragazzi, si era tenuto in disparte e un po', lei doveva aver preso un altro giro.
Entrarono in un pub vicino a Diagon Alley e quando si sedettero a un tavolo d'angolo, lui alzò la mano per chiamare un cameriere.
"Sì, sì e no" disse la Weasley, mentre si allungava a prendere un menù.
Draco alzò un sopracciglio. "Come?"

 

Ginny sorrise. "Sì alla prima domanda: ho visto Astoria di recente. Sì alla…"
"Non puoi essere sicura che volessi chiederti proprio quello!" Lui sembrava un po' seccato.
"Certo, infatti volevi sapere come va la mia storia con Blaise. E poi ti volevi informare su quanto Harry sarebbe tornato in Inghilterra, vero? Non mi hai fermato per questo?" spiegò lei ironicamente, ma poi il suo tono si addolcì. "So come funzionano queste cose, Malfoy…"

 

Draco sospirò e annuì: alla fine perché mentire? Voleva veramente sapere di Astoria.
"Lei sta bene?"
La rossa sorrise. "Seconda risposta: sì. Vuoi indovinare anche la terza?"
Lui ci pensò un attimo, prima di dirla ad alta voce. "È felice?"
La ragazza inclinò la testa. "Hai cercato una domanda a cui ti avrebbe fatto comodo che avessi risposto 'no'?"

 

Il biondo divenne paonazzo: chi lo sa, forse quelli pallidi come lui arrossivano così. Nonostante tutto, Ginny sorrise.
"Non era questa?" Malfoy fece uno strano sorriso, ma almeno non era un ghigno.
"Era: pensi che abbia fatto bene a lasciarla andare?"
Malfoy, chiaramente, sospirò, ma anche lei notò che era sollevato. "Non voglio mettermi con lei".
"Come no" fece finta di assecondarlo lei. "Infatti mi offrirai il pranzo perché non ti interessa niente".
"Non ho detto che non mi interessa."
"Che due pluffe, Malfoy…" Ginny si voltò verso il cameriere, che finalmente si era avvicinato per prendere le ordinazioni, e gli ordinò da mangiare e una burrobirra.

 

Draco ordinò, aspettò che rimanessero di nuovo soli e continuò: "Quello che intendo è che…"
"È che sei un troll. Ti interessa Astoria, ma non vuoi stare con lei. Sei proprio…" La ragazza sbuffò, ma prima che continuasse, lui la interruppe.
"Mi interessa che sia felice. E so che con me non lo sarebbe."
Lei alzò gli occhi al soffitto. "Quindi hai deciso per entrambi e non vuoi stare con lei. Ma non vuoi starle lontano…"
In verità, lui non è che non voleva starle lontano, era che non ci riusciva. Pensava ad Astoria continuamente e si chiedeva in continuazione se avesse fatto bene o meno a lasciarla andare.

 

Ginny osservò il viso del biondo e provò un po' di tenerezza nei suoi confronti. "Astoria è grande e sa usare la bacchetta. Dovresti darle la possibilità di scegliere. Oh, che poi non è detto che scelga te, sai?"
Lui la guardò con uno sguardo così triste che si pentì di averlo detto. "Sono abbastanza sicuro che andrebbe così, in verità" ammise Malfoy.
"Beh, immagino che bisognerebbe provare comunque, no? Sai, quella cosa che sono meglio i rimorsi dei rimpianti…"
"Ho paura, Weasley, ho paura di rovinarla."
La ragazza sospirò e si allungò a posare una mano sulla sua. "Malfoy, lei ti conosce. Sa come sei fatto e, anche se ancora non capisco perché, tu le piaci". Sorrise quando lui la guardò stranito alla sua frase. "Metti le cose in chiaro. Dille delle tue paure. Lei lo apprezzerà. E se non dovesse funzionare, non vivrete pensando a cosa poteva essere. E se invece andasse bene…"
Ginny notò gli occhi del biondo riempirsi di speranza. "E se andasse bene?"

 

Draco lasciò che la sua mente spaziasse e si immaginasse qualcosa di molto, molto lontano. E bello. "Beh, se vi doveste sposare, avere una nidiata di bambini, fare sesso meraviglioso tutte le sere… e fossi stata io a convincerti… diciamo che potresti dare il mio nome alla tua primogenita, che dici?" La Weasley sorrise di un sorriso così stupido che lui ebbe quasi il pensiero che potesse avverarsi.
Il cameriere tornò con le loro ordinazioni, ma lui aveva i pensieri altrove. Scosse il capo: non era detto. Poteva non funzionare. Poteva renderla infelice. O no? Forse avrebbe dovuto andarsene proprio come dicevano gli altri.
"Chi ti ha detto di andartene?" gli chiese lei, con la fronte aggrottata e Draco si rese conto di averlo detto ad alta voce.

 

Ginny strinse gli occhi e corrugò la fronte: chi gli aveva detto di andarsene via e abbandonare tutto? Se fosse stato Blaise, lo avrebbe cruciato.
Lui scosse il capo. "Non riesco a decidere cosa fare: me ne vado e le lascio vivere la sua vita, o rimango, le rovino tutte le storie che potrebbe avere e che potrebbero renderla felice, obbligandola a stare con me?"
La ragazza rise. "Obbligarla? Malfoy, nessuno può obbligare una ragazza determinata come Astoria a fare qualcosa che non vuole".
"Tu sei stata con Potter. Ma ora è finita. Non… non ti è dispiaciuto?"
"Malfoy, non solo mi è dispiaciuto, ma mi si è spezzato il cuore. Ma non sono pentita di com'è andata. Avrei passato tutta la vita a chiedermi come sarebbe stato stare con lui e probabilmente a cercare qualcuno che gli assomigliasse solo perché me lo ricordava. Solo quando si chiude davvero una porta, si può andare avanti. Se si è in due a voler stare insieme bisogna almeno provarci."
Ginny si rese conto di aver parlato con il cuore; e tutto era vero. Se non fosse mai stata con Harry, probabilmente avrebbe pensato a lui per sempre, mentre ora… Sperava solo che per i due ex Serpeverde la vita avrebbe riservato qualcosa di più felice.
Quando notò che lui non era ancora convinto, sospirò. "Dammi una falce, Malfoy". Allungò una mano verso di lui, in attesa.

 

Draco guardò la sua mano stranito: cosa voleva? Quando agitò le dita, mise una mano in tasca e tirò fuori qualche spicciolo che gli avevano dato di resto: due galeoni, alcuni zellini, ma nessuna falce.
Glieli mostrò e lei prese il galeone. "Vada per i pezzi grossi. In fin dei conti sei uno snob purosangue, ti si addice di più". Gli mostrò le due facce della moneta. "Ora la lancerò, così facciamo scegliere al destino, ok? Se uscirà il Goblin, te ne andrai e lascerai che Astoria viva la sua vita, che sia felice con un altro; mentre, se esce il Drago, dovrai smetterla di piangerti addosso, prendere in mano la tua vita e impegnarti con lei per renderla felice. Dovrai farle sapere quello che provi e dirle quello che hai detto a me, le tue paure. Mi segui?"
Il ragazzo aveva ascoltato le sue parole con gli occhi sbarrati: davvero voleva far decidere una cosa così importante a un galeone? Forse voleva incantare la moneta? Controllò la sua bacchetta, ma era riposta da qualche parte: non l'aveva tirata fuori.
"Malfoy, hai capito?"
Questa volta annuì. La ragazza lanciò la moneta in aria per poi riprenderla al volo e coprirla con una mano sul dorso dell'altra.

 

Ginny sorrise a guardare l'attenzione con cui lui seguiva i suoi gesti: sapeva che l'espediente della moneta poteva far prendere una decisione.
"Allora? Cosa speri che venga fuori?"
Quando lanci una moneta e la guardi mentre decide il tuo futuro, capisci cosa speri che mostri e ti rendi conto di quello che devi fare da solo.
Il biondo la osservava con gli occhi sbarrati e, forse senza accorgersene, sussurrò quale faccia della moneta avrebbe voluto vedere.
Perfetto. Ginny riprese la moneta senza fargli vedere che faccia mostrava e la fece roteare davanti ai suoi occhi. "È quello che è uscito". Gli ridiede il galeone e tornò a mangiare.

 

***

 

Pansy entrò nella stanza da letto con addosso solo la vestaglia, mentre reggeva ancora il foglio di pergamena.
"Theodore Jacob Nott! Avete detto a Draco che doveva andarsene?"
Con un misto di piacere e sgomento, notò il moro imbarazzarsi. "Beh… diciamo che eravamo tutti ubriachi e…"
"Merlino! Che troll che siete!" La ragazza sbuffò e gli voltò le spalle tornando verso il salotto.

 

Theo seguì la mora e balbettò mentre cercava di spiegarle cosa fosse successo. "Comunque lui non è andato via…"
Pansy si voltò e il moro si fermò sull'uscio del salottino. "Ci mancherebbe solo questo". Il suo sguardo lo trapanò e il ragazzo si passò una mano sulla nuca.
"In verità gli abbiamo detto cose esagerate per convincerlo a rimanere e a…"
"Gli avete fatto credere che non dovrebbe stare con Astoria!" sbottò lei, ma Theo scosse la testa: no, no non era andata così.
"Ma no…" Capiva, però, che qualcosa non aveva funzionato, perché Draco si era fatto vedere poco e due sere prima aveva bevuto più del solito.
"Lei è andata a casa sua e lui l'ha rifiutata. Santo Salazar, si è spogliata e lui l'ha mandata via! Glielo avete detto voi, di farlo?"

Cosa? Draco non l'aveva raccontata così! Cosa era successo? "No, non…"
"Avete fatto un bel casino."
Sì, era vero, lo avevano fatto. Ma lui aveva tentato di rimediare: aveva fin tentato di organizzare una gita in campagna! "Infatti avevo proposto di andare a Poppyhouse, ma Blaise ha tirato fuori quella storia assurda sulle pulizie e dopo non ne abbiamo più parlato!" si giustificò.

 

Pansy spalancò gli occhi: cosa aveva detto? "Stavate parlando di PoppyHouse per una gita fra ragazzi? Per… Draco?"

 

Theo non capì bene l'espressione della ragazza, ma aveva il cinquanta percento di possibilità di sbagliare, così osò e mentì. "Sì. Ma poi tu sei arrivata dicendo alla Weasley che era così bello lì che hai fatto saltare tutto!"

 

Pansy impallidì: era vero, lei aveva pensato che stessero organizzando un weekend per coppiette o comunque una gita per tutti, non aveva pensato che fosse una cosa diversa! "Ah. Vabbè, ma che problema c'è? Si può comunque fare: si va tutti e tutti possiamo aiutare Draco. Anzi potremmo anche invitare Asto…"
"Sì, certo e pure il suo giocatore, perché no? Così Draco si suicida direttamente…" Il tono sarcastico del moro la fecero arrabbiare: loro combinavano i casini e quando lei proponeva qualcosa la scherniva così? Dall'ira portò la mano alla bacchetta.
"Sei un Tr… Oddio, Theo, il bambino!" esclamò, facendo cadere la bacchetta e tenendosi la pancia per una fitta di dolore: la candida camicia da notte si stava macchiando di sangue.

 

***

 

Ginny lesse la lettera che le aveva mandato Pansy e subito dopo imprecò, facendo fermare Hermione che passava in corridoio davanti alla porta aperta della sua stanza.
"Ginny, tutto bene?"

 

La rossa si voltò verso di lei con gli occhi spalancati. "Pansy ha avuto una minaccia d'aborto" spiegò, pallida come un cencio.
Hermione entrò in camera con passo veloce, capendo la gravità della cosa. "Era.. È incinta?" L'amica annuì.
"Devo andare da lei. Dice che non può muoversi dal letto…" Ginny lanciò la pergamena sulla scrivania e girò su se stessa per cercare le scarpe.
"Vedrai che starà bene. Anche mia zia…" iniziò, cercando di consolarla.

 

Ginny ascoltò il discorso di Hermione con un orecchio solo, pensando a come potesse andare a casa della ex Serpeverde, visto che non c'era mai stata. Forse ora abitava a casa di Nott, però. Lì lei c'era stata, ma con Blaise. Beh, avrebbe preso la metropolvere e se non l'avesse trovata, sarebbe andata in cerca di uno dei ragazzi. O poteva andare a casa di Maddie. Ma sì, una soluzione l'avrebbe trovata. Con l'animo un po' più tranquillo, si sedette sul letto per infilarsi le scarpe. "Herm, sai se c'è un modo per ritrovare qualcosa che si è perso?"

 

Hermione osservò la rossa mentre litigava con la scarpa sinistra mentre cercava di infilarsela sul piede destro. "In che senso? Hai provato con un Accio?"
Ginny scosse il capo. "Ho perso la lettera che mi ha scritto Harry. Sono sicura di averla lasciata sulla scrivania, ma non c'è più. Pensavo che George mi avesse fatto uno scherzo, rendendola invisibile, ma non c'è davvero. E non so dove possa essere: non è caduta, non è sotto la scrivania o l'armadio, non è dietro il baule, non c'è proprio. Sai se c'è un modo per ritrovarla?"
La riccia corrugò la fronte: la corrispondenza magica era protetta da incantesimi invisibili e non tracciabili; era molto difficile riuscire a rubarla. "Nessuno può trasfigurare una lettera di un'altra persona, Ginny. Deve essere per forza qui. Oppure…"
"Oppure?" Stranamente, il tono della rossa era molto tranquillo, come se per lei non fosse una cosa così importante.
"Qualcuno te l'ha rubata. Ma senza magia. L'avevi già presa dal gufo?"

 

Ginny si fermò e lasciò cadere le braccia: e perché avrebbe dovuto? "Rubata?" domandò, stranita.
"Sì, beh, presa e messa via". La riccia fece il gesto di infilarsi qualcosa nella tasca dei jeans. "Se sei sicura che qui non ci sia…"
No, aveva cercato dappertutto e la lettera non c'era; e lei era sicura di non averla portata da nessun'altra parte.
Ginny si alzò dal letto e si affacciò al corridoio: George era tornato a casa per pranzo e non era ancora tornato al Tiri Vispi, solo lui avrebbe potuto farle uno scherzo del genere. "George! George!" gridò, iniziando a salire le scale. Il fratello si materializzò sul pianerottolo, seccato, chiedendo spiegazioni e i due rossi si scambiarono informazioni da un piano all'altro.

 

Intanto Hermione continuava a guardarsi intorno: no, la lettera non c'era. Ma quindi lei non sapeva di Harry? Come Ginny tornò in camera, sbuffando su una scarpa sola, confermò: "George dice di non essere stato lui. Stranamente gli credo…"
Si sedette sul letto e si infilò l'altra scarpa. "Ma allora non saprei proprio chi potrebbe essere stato… Magari scriverò a Harry e gli dirò che l'ho persa, così potrà riscrivermi quello che voleva dirmi. Merlino, che figura di…"
"Posso dirti io cosa c'è scritto. Ha scritto anche a me e a Ron…"

 

Ginny si alzò in piedi. "Perfetto. Sì, magari ha detto la stessa cosa a tutti. Così posso evitare una brutta figura: come faccio a dirgli che ho perso davvero la sua lettera? Però ora vado da Pansy, ti dispiace se ne parliamo stasera? Torno prima di cena, così ci facciamo due chiacchiere".

 

Hermione riuscì a malapena fare un cenno con il capo che la ragazza era già sparita, ma non la biasimò: se la Parkinson non stava bene, era giusto che andasse da lei.
Si chiuse la porta della camera dell'amica alle spalle e si scontrò con Ron. "Ron! Non hai parlato con Ginny di quello che Harry…"
Ron scosse il capo e la interruppe. "No, stavo per farlo, l'altro giorno in cortile, ma poi è arrivato Zabini e ho preferito evitare".
"Zabini è venuto qui?" Si voltò istintivamente a guardare la porta chiusa della camera.
Hermione sentì l'imbarazzo di Ron appena parlò. "Sì, beh… pensavo che avrebbero iniziato a baciarsi e io…" Si voltò verso di lui, ma aveva le orecchie così rosse che preferì non chiedergli se lui fosse entrato nella stanza. Poteva essere stato Zabini a far sparire la lettera? Avrebbe potuto metterla in tasca e poi portarla via quando si era smaterializzato per tornare a casa, perché Hermione era abbastanza sicura che non era passato dal salotto per usare la metropolvere.
Con un sorriso prese sottobraccio il fidanzato. "Se non ti sei messo in mezzo, sei stato molto carino! Potresti quasi meritarti un premio…"

 

Ron non era proprio sicuro di quello che stava dicendo Hermione, ma quando si sporse verso di lui per baciarlo, non ritrattò e non la contraddisse, esattamente come faceva tutte le volte.

-

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Lettere ***


Lettere

 -

"Weasley!"
Ginny aprì gli occhi dopo aver passato il camino con la metropolvere; Nott la guardava stranito, con gli occhi spalancati. "Per l'amor del cielo, Nott, dimmi che Pansy è qui e che non sono venuta per niente…"
Imbarazzata per essersi presentata senza avviso a casa di un ragazzo, ma decisa a verificare le condizioni dell'amica, cercò di non dare a vedere la propria insicurezza. Se sua madre lo avesse saputo, l'avrebbe cruciata: non si prendeva la metropolvere per presentarsi a casa delle persone che non si conoscevano, bisognava bussare alla porta. Come se fosse possibile materializzarsi in un posto dove non si era mai stati!
Stranamente, il viso del moro si addolcì quando nominò Pansy; piegò un braccio e con il pollice indicò dietro di sé. "È in camera: il medimago l'ha messa a letto. Stai attenta che morde".

 

"Io non mordo! Ginny vieni, santo Salazar, che non posso muovermi!"
Theo sentì la voce della ragazza che, dopo la grossa paura della sera prima, quando in lacrime aveva temuto di aver perso il bambino, nervosa per il riposo forzato che le avevano affibbiato, si annoiava. Per fortuna non era successo niente di grave, ma la macchia di sangue sulla sua camicia da notte aveva fatto preoccupare tutti e due, così si erano smaterializzati per andare al San Mungo.
Si era sentito così in colpa, perché nell'ultimo periodo Pansy aveva avuto spesso voglia di fare l'amore e lui non si era mai tirato indietro, e anche se aveva chiesto al medimago se potevano aver messo in pericolo il bambino e lui li aveva rassicurati, non riusciva a togliersi dalla testa che potevano aver fatto qualcosa di sbagliato. Ora avevano detto che avrebbero dovuto fermarsi per un po', ma Theo non si era preoccupato della cosa: l'importante era che il loro piccolo stesse bene. Aveva passato la sera prima ad asciugare le lacrime della sua ragazza e ad accarezzare il suo pancino appena pronunciato, parlando al suo bambino e, stranamente, era stata una delle serate più belle della sua vita.
Accompagnò la Weasley da Pansy, lasciando che la rossa gli passasse davanti per andare ad abbracciare l'amica, una volta entrata in camera. "Volete del tè?"

 

Ginny vide Pansy lanciare a Nott uno sguardo colmo d'amore e capì che loro avevano un modo tutto loro di comunicare, che doveva essere meraviglioso, anche se gli altri potevano non capirlo. "Preferirei una burrobirra, lo sai" disse infatti la mora, con una smorfia.
"Ti porterò del tè deteinato, allora". Il ragazzo sorrise, come se lei avesse chiesto proprio quello. Poi guardò Ginny e ordinò: "Non farla agitare". La ragazza annuì come un soldato obbediente.
La rossa lasciò che lui uscisse dalla stanza e si sedette vicino al letto di Pansy, su una bruttissima, ma molto comoda, poltroncina dai toni scuri, mentre lei le spiegava ciò che era successo la sera prima.
Poi abbassò la voce e raccontò che Nott si era addormentato con la mano sulla sua pancia mentre raccontava al bambino cose molto dolci. Ginny cercò di non mostrare la sua sorpresa, perché non le sembrava carino darlo a vedere o dire alla mora che non se lo sarebbe mai immaginato, ma quando lui tornò, lo osservò con attenzione e notò che aveva tanti piccoli gesti di attenzione nei confronti dell'amica e ciò la fece sorridere.

 

"Tutto bene, Ginny? Hai uno sguardo strano…" Pansy sospirò quando Theo tornò con il tè e, anche se sapeva che era stato il medimago a consigliarle quello deteinato per i primi giorni, apprezzò il fatto che il ragazzo si ricordasse tutto ciò che era stato detto loro per far continuare la gravidanza nel migliore dei modi.
Lei si stranì e sembrò quasi in imbarazzo. "Oh, sì, stavo solo pensando…" Ginny mescolò distrattamente lo zucchero nel tè che aveva detto di non volere ma che il moro le aveva portato lo stesso e sospirò.
Theo rimase sulla soglia, cercando di capire se le ragazze volessero rimanere sole o no e Pansy gli sorrise quando i loro sguardi si incrociarono. Da quando erano corsi al San Mungo non l'aveva lasciata sola un attimo e lei stava scoprendo che alla fine si era sbagliata su molte cose sul suo conto.
"In verità oggi mi è successa una cosa strana…" Ginny parlò dopo aver bevuto un lungo sorso di tè e lei, che come aveva detto Theo prima, iniziava a 'mordere' perché si annoiava, si interessò subito della cosa.
"Dai, raccontami tutto!" esclamò, con forse troppa enfasi.

 

Theo stava per uscire dalla stanza quando la Weasley iniziò a raccontare. "Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera…" Oh! E se fosse stata la famosa lettera di Potter? Pansy dovette pensare la stessa cosa perché per un attimo i loro sguardi si incrociarono e lui notò che lei si era fatta molto attenta. Per quanto la cosa lo interessasse, doveva assicurarsi che la mora non si agitasse troppo: si era spaventato parecchio anche lui, la sera prima, ed essere totalmente impotente nella cosa, lo rendeva nervoso.
"Chi ti ha scritto?" Il tono di Pansy fu così magnificamente indifferente che Theo capì come avesse fatto in tutti quegli anni a pensare di non interessarle.
"Oh, mi ha scritto Harry, ma…"
Il moro si avvicinò e si sedette con nonchalance dall'altra parte del letto. Pansy gli appoggiò una mano sulla coscia e lui giocò, fingendo distrazione, con le sue dita.

 

Ginny notò le mani dei due ragazzi e si fermò, sospirando. Forse doveva andare via? "Che novità ci sono in Romania?" chiese allora Nott, forse perché lei non aveva più detto niente. Scosse le spalle.
"In verità non lo so: non l'ho letta."
"Come?" Lo sguardo stranito di tutti e due gli ex Serpeverde era un po' esagerato, ma non ci fece troppo caso.
"Beh, non l'ho letta perché l'ho persa…" confidò sottovoce, come se dovesse ammettere chissà quale colpa.
"Cosa vuol dire che l'hai persa?" La voce di Pansy si era alzata di un'ottava ma, ancora, lei non ci fece caso, né vide la mano di Nott accarezzarle il braccio per rassicurarla.
Ginny alzò le spalle. "Era in camera mia, sulla scrivania, ma poi non c'era più. Non l'ho trovata da nessuna parte e l'ho cercata dappertutto… Hermione dice che non può essere stata rubata magicamente perché era ancora chiusa e io non so proprio dove possa essere finita, ho spostato tutti i mobili!"

 

Pansy strinse le labbra: la famosa lettera che Potter le aveva scritto, non solo non era stata letta, ma era pure andata persa? "Rubata magicamente…" Sentì dire a Theo, alla sua sinistra e quando si voltò verso di lui le venne in mente una cosa.
"E se non fosse stato fatto magicamente?" domandò, agitandosi forse un po' troppo.
"Pansy…" Tentò di sgridarla il moro, ma lei, a cui era appena venuta quell'idea, iniziò ad animarsi.
"No, Theo, pensaci: e se invece che incantata magicamente, qualcuno l'avesse semplicemente presa e messa in tasca?" chiese, calcando sulla parola 'qualcuno'.

 

Ginny si fece più attenta: anche Hermione aveva detto la stessa cosa. Ma come poteva succedere? E perché fare una cosa del genere?

 

Theo capì cosa volesse dire la ragazza e purtroppo ragionò ancora di più: chi voleva sapere cosa ci fosse scritto nella lettera? Lui lo sapeva bene. "Magari qualcuno è passato di lì e l'ha vista e…" Si interruppe: come spiegare la cosa?
"No, mia madre non è stata. E poi lei non tocca la nostra corrispondenza, non lo ha mai fatto. Solo se glielo chiedo io…"
"Io pensavo a qualcun altro, in verità".
Pansy lo guardò ma poi spalancò gli occhi quando capì quello che stava pensando. "Non puoi pensare che sia stato lui!"
"Ci metteresti la mano sul fuoco?"
Pansy strinse le labbra: no, non lo avrebbe fatto, la pensavano allo stesso modo.

 

Ginny guardò i due ragazzi che stavano parlando fra di loro come se stessero usando un codice: si erano scordati che c'era anche lei?
"Ehi, ma di chi state parlando?"
"Theo pensa che sia stato Blaise". Pansy, subito dopo aver parlato si voltò subito verso il moro. "Ma per farlo avrebbe dovuto entrare in camera sua! Se la lettera era lì e non può averla spostata magicamente…"
"Blaise è stato in camera mia…" mormorò, più a se stessa che a loro. Ma non ci credeva: perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere? "Ma…"
"Ah!" esclamò la ex Serpeverde, quasi contrariata da quel fatto.
Nott alzò tutte e due le sopracciglia in un gesto inequivocabile, come se volesse dirle: visto? Ho ragione.
Però effettivamente quella volta che avevano fatto l'amore in camera sua era stato un giorno strano: Blaise si era presentato a casa sua senza preavviso e sembrava piuttosto agitato, anche prima che Ron gli dicesse che lei era stata sgridata da sua madre. E quella era stata l'ultima volta che aveva visto la lettera: era sulla scrivania, ma poi dopo cena non c'era più, pensava di averla spostata, ma effettivamente non lo aveva fatto.
Possibile? No.
Possibile? No, non lo era, Blaise non lo avrebbe mai fatto.
E poi… perché avrebbe dovuto? Per farle un dispetto? Non aveva senso.
"E perché avrebbe dovuto farlo?" Non voleva ancora crederci.

 

"Beh, quella lettera lo ha mandato in crisi parecchio, ricordi, Pansy?" Theo si voltò verso la ragazza che, con le labbra serrate e guardando da un'altra parte, dovette poi annuire controvoglia; non voleva dargli ragione: forse il ragazzo avrebbe trovato la cosa divertente, se non avessero parlato del suo migliore amico.
"Cosa, cosa? Cosa sapete voi della mia lettera?"

 

Ginny era sempre più stranita: aveva intavolato il discorso per caso, quasi per distrarsi e ora veniva fuori che loro erano a conoscenza di molte più cose di lei?
"Non è quella lettera che hai ricevuto mentre eri con Blaise?" La rossa annuì alla domanda di Pansy.
"Quando poi ti ha convinto a non andartene subito per non leggerla?"
Come? Sentì le guance prendere colore: loro sapevano di sicuro troppe cose!
"Ma come fate a…"
"Diciamo che lui è venuto da noi perché era un po'…"
"Geloso, Theo. Era geloso, anche se continuava a dire di no" finì per lui la frase la ragazza, per poi voltarsi verso di lei. "La lettera lo ha mandato in crisi davvero. Non lo avevo mai visto così, Ginny. Lui non dubita mai, di niente. Mentre invece, quando è arrivata quella lettera, lui si è fatto prendere dall'ossessione di sapere. E tu non gli dicevi cosa c'era scritto, pensava che volessi nascondergli qualcosa" disse ancora, tentando di giustificare il cugino.
"Non gliel'ho detto perché non lo sapevo! Mi sono scordata di leggere subito la lettera e quando mi è venuto in mente di farlo, non l'ho più trovata…"
"Pensava che non volessi parlargliene. A volte è un po' paranoico. Ma di solito riesce a farsi scrollare di dosso tutto" rimarcò il moro.
"Questa volta ci ha provato e non c'è riuscito" spiegò Pansy; Ginny riusciva solamente a spostare lo sguardo da uno all'altra, senza dire niente.
Non aveva capito che lui fosse così geloso. Sapeva che, caratterialmente, era un po' possessivo, ma quando ne parlavano insieme, lei ci rideva su e lo prendeva in giro affettuosamente. E se invece avesse sbagliato? E se lei avesse capito male? Se tutta questa storia avesse un altro significato?
"Forse dovrei parlargli…" disse, alzandosi dalla poltrona dove si era seduta.

 

Pansy osservò la rossa smaterializzarsi e sperò vivamente di essersi sbagliata.
"Magari non è stato Blaise" disse Theo, al suo fianco, giocando ancora con le sue dita. La mora si voltò verso di lui, ma il ragazzo non la stava guardando. "Spero proprio di no. Magari è volata via con un soffio di vento…"
Finalmente Theo alzò gli occhi su di lei. "Sai bene che è molto difficile…"
Pansy sospirò: sì, se ne rendeva conto. "Però non mi piace, non è una bella cosa. Non farebbe bene, a loro, se fosse così".

 

Theo alzò una spalla: Blaise iniziava a smuoversi dal suo piedistallo e non pensava più di essere intoccabile o irraggiungibile, finalmente iniziava a essere umano, a provare sentimenti, belli e brutti, a farsi delle domande, a mettersi in gioco in qualcosa che non sapeva come sarebbe finita. Però era vero: se la Weasley smetteva di aver fiducia in lui e per questo decidesse di lasciarlo, sarebbe stato malissimo. E rubare una lettera, perché sarebbe stato veramente un furto, se fosse andata così, minava la fiducia di chiunque.
"Già. Magari poi va a finire che lui non è sincero con la Weasley e lei sposa un altro…"

 

Pansy gli strinse la mano e lui ricambiò la stretta. "E magari lei sarebbe gelosissima di tutte le ragazze che lui inizierebbe a frequentare… E proverebbe a farsi piacere chiunque…"
"Tipo Draco al sesto anno?" Il tono di Theo era divertito, ma la ragazza notò nel suo sguardo una serietà pesante: si ricordava di quando al sesto anno faceva la civetta con Draco, ora si sentiva un vero troll per averlo fatto!
"Tipo Draco al sesto anno. Merlino, ci ho davvero provato a farmelo piacere! Per fortuna lui aveva capito e mi ha messo subito all'angolo" ammise, guardando in basso le loro mani e continuando a giocare con le sue dita.
"Davvero? Non me lo ha mai detto. Dovrò ringraziarlo, allora" disse il ragazzo, posandole un dito sotto al mento e facendole alzare il viso: posò delicatamente le labbra sulle sue e poi le circondò le spalle con un braccio; lei appoggiò la testa sulla sua spalla. "Pansy, ma perché non mi vuoi sposare?"

 

***

 

Astoria era rincasata presto quella sera. Presto rispetto agli altri giorni. Aveva deciso di lasciarsi Draco alle spalle e ci stava riuscendo molto bene: tutte le sere usciva con Rudolph e i suoi amici, anche se lui cercava di non esagerare per via degli allenamenti. Loro due, insieme, si trovavano bene, ma Astoria sapeva che presto le avrebbe chiesto di più: non poteva bastargli quello che avevano e lei non voleva imbrogliarlo.
Stare con lui era stata una ventata d'aria fresca in un pomeriggio afoso in campagna, ma la ragazza sapeva che ci avrebbe messo del tempo a dimenticare Draco e non voleva che Rudolph rimanesse ad aspettarla per qualcosa per cui magari non sarebbe mai stata pronta.
Sospirando salì le scale e la voce della sorella la colse di sorpresa. "Ti sei divertita?"
Astoria alzò lo sguardo e notò che Daphne era in piedi in fondo alla scalinata, sul pianerottolo che dava sul salone. Sospirò ancora: a sua sorella non piaceva che adesso uscisse da sola, diceva che era preoccupata per lei. O forse era solo invidiosa per il fatto che frequentasse persone che lei non conosceva e che erano famose.
"Lasciami stare" sussurrò, continuando a salire i gradini.
"Lui non sta bene, Astoria."
La ragazza alzò lo sguardo troppo velocemente per far finta di non aver capito.
"Lui non è mai stato bene, lo sai."
Quando arrivò sul pianerottolo, scivolò accanto alla sorella come se non si fossero mai parlate e si incamminò verso la sua camera da letto.
"Tu riuscivi a dargli pace, però."
Astoria, stanca per la serata e sopraffatta da ciò che provava, si girò e squadrò malignamente la sorella.
"Cosa vuoi da me, Daphne?"
"Non abbandonarlo. Lui ha davvero bisogno di te."
La giovane bionda scosse la testa e poi rise nervosamente. "Guarda che è con te che ci prova in continuazione". Ma lei fece un sorriso triste e si strinse nelle spalle.
"Se mi avesse voluto, sarebbe già successo. Lui vuole te. E tu sei perfetta per lui. E lo sappiamo tutti che…"
"Cos'è, uno scherzo? Ti stai prendendo gioco di me? Ti diverti?" Astoria era stufa: stanca e stufa. Cosa si stava inventando sua sorella? Si voltò e tornò verso di lei con una furia che non faceva parte di lei.
"No. So che posso essere sembrata una stronza, ma…"
"No, Daphne, non lo sembri: tu sei una stronza."
Lei alzò una spalla. "Sì, forse hai ragione, me l'ha detto anche Pansy. Ma volevo solo darti qualche consiglio prima di partire. Dovresti davvero dargli la possibilità…"
Ma Astoria la interruppe, sorpresa dalle sue parole: "Parti?"
Daphne annuì. "Mamma mi ha trovato un posto come dama di compagnia della vecchia vedova Smith. Te li ricordi? Lei aveva quel bastone con cui…"
"In America?" Astoria era così stranita che se anche Draco fosse entrato in casa sua, vestito di viola e ballando come un folletto, non se ne sarebbe accorta. Sua sorella partiva per l'America? Ma era così lontano che servivano delle passaporte speciali per arrivarci!
"Sì. In America. Sai, ho pensato che cambiare aria avrebbe fatto bene a tutti. Un posto dove non mi conosce nessuno e dove nessuno sa quello che ho fatto… Potrebbe essere un bel modo per reinventarmi, no?"
Astoria sentì la voce della sorella tremare: l'avevano obbligata i loro genitori? "È successo qualcosa?"
Lei si strinse nelle spalle. "Le solite cose, Astoria. Niente di che. Pensavo solo di darmi questa possibilità e…"
Astoria, che fondamentalmente era una secondogenita che aveva idolatrato la sorella maggiore, fece due passi per raggiungerla e l'abbracciò, stringendola come se la vedesse per l'ultima volta. "Mi mancherai, Daph" sussurrò, mentre calde lacrime le solcavano le guance e si mescolavano a quelle della sorella quando lei aveva usato il nomignolo con cui la chiamava da bambina.
"Anche tu. Ma so di lasciarti in buone mani. Avrà tanti difetti, ma Draco ti vuole davvero bene."
Astoria rise nervosamente mentre si staccava dalla ragazza. Certo, Draco le voleva così bene che l'aveva mandata via quando si era offerta a lui, pensò ironica.
"A Draco non gliene frega niente di…" La ragazza non riuscì a finire la frase che un grosso gufo entrò, con un gran rumore di ali, dalla finestra in fondo al corridoio, che la loro madre chiedeva agli elfi di lasciare aperta durante la notte. "Ma cosa…"
"Prendilo, Steely!" sussurrò quasi gridando Daphne, mentre, con gli occhi sbarrati, si avvicinava al volatile. Astoria capì subito il suo atteggiamento: sua madre si sarebbe svegliata e sicuramente si sarebbe infuriata per quel contrattempo che le aveva interrotto il sonno. Come se fossero state sempre sincronizzate e telepatiche, impugnarono la bacchetta nello stesso momento e si avvicinarono al gufo che, vedendole sempre più vicine, sbatté gli occhi; si avvicinò alla bionda più giovane, lasciò cadere una busta ai suoi piedi e poi riprese il cielo dalla stessa finestra da cui era entrato.
"Oh?" esclamò Astoria, guardando la lettera sul tappeto, ma senza fare niente per prenderla.
Daphne si chinò e la prese per lei. "È di Draco" sussurrò, mostrandogliela.
Draco? Il mondo magico era impazzito tutto d'un colpo?
"Daphne, Astoria, cosa sta succedendo?"
Tutte e due le ragazze si girarono di colpo verso la madre che, in vestaglia, era uscita dalla camera padronale.
Astoria fece per aprire bocca, ma Daphne la precedette, mettendosi davanti a lei e passandole dietro la schiena la lettera di Draco. "Stavo raccontando ad Astoria quello che si è persa stasera, a casa dei Dormer…" Sua madre strinse le labbra in un gesto di stizza e scosse una mano per liquidare ciò che stava dicendo sua sorella.
"Oh, allora smettila subito. A nessuno interessa sapere che ti sei appartata con il figlio cadetto dei Montague nell'aranciaia" sibilò sua madre, guardandola con disprezzo.
"Come ho già detto, non ho fatto niente, mamma" rispose Daphne, senza fare una piega allo sguardo della strega.
Dal tono della giovane bionda, Astoria capì che non stava mentendo, anche se già sapeva che, qualsiasi cosa fosse successa, sua sorella non si sarebbe mai appartata con Kain Montague: tutti i Serpeverde sapevano che gli piaceva alzare le mani sulle donne, soprattutto nei momenti intimi. La voce era girata ormai a tutte le ragazze e nessuna si sarebbe azzardata a rimanere sola con lui. Neanche Daphne.
"Mamma…" Astoria si azzardò a prendere le difese della sorella, ma venne zittita da un'occhiataccia.
"Quel che è fatto, è fatto. Bisogna fare ciò che è necessario per nascondere gli scandali. Non ne parleremo più". E così dicendo, si voltò e tornò in camera da letto.
Astoria sgranò gli occhi e si voltò verso la sorella. "Ma Daphne, cosa…"

 

Daphne alzò le spalle e si avviò verso la porta della propria stanza. Cosa poteva risponderle? Che aveva visto Montague fare bere una ragazzina fino allo stordimento e li aveva raggiunti per impedirgli di avere la meglio su di lei? E che quando tutti erano entrati nell'aranciaia, avevano trovato il ragazzo con i pantaloni calati e avevano pensato male? Per fortuna era riuscita a lanciare alla ragazzina un petrificus e farla sparire oltre l'aiuola alta e nessuno l'aveva vista senza il vestito.
"Buonanotte, Steely" disse solamente.

 

Astoria annuì alla sorella, complice di una verità che poteva soltanto leggerle negli occhi e gioì ancora del nomignolo infantile con cui l'aveva chiamata, stavolta con intenzione. "Mi scriverai?" le chiese solamente.
Daphne si girò e allargò le braccia, prima di entrare in camera.
Sospirando abbassò gli occhi verso la busta che reggeva ancora in mano e mentre si dirigeva verso la sua stanza, strappò delicatamente la pergamena decorata.
Perché Draco le aveva scritto? Altre brutte notizie? Mentre iniziava a scorrere le parole, però, sorrise aprendo la porta ed entrando in camera. Incapace di muoversi mentre lacrime di commozione le solcavano il viso, si appoggiò alla porta, rimanendo a leggere quelle bellissime frasi.
Fu solo dopo molti anni, secondi, e mesi e mesi di giornate di sole che richiuse quel foglio di pergamena con, finalmente, un po' di speranza nel cuore.

-

-

-

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** E se fosse questo, l'amore? ***


 width=

E se fosse questo, l'amore?

                                                  

 

Blaise si materializzò nell'atrio e subito un elfo comparve accanto a lui.
"Buonasera, Mr. Blaise" lo accolse.
"Pokdey. Mia madre è in casa?" Consegnò il mantello all'elfo di sua madre, mentre con un'occhiata adocchiava l'ingresso: era tutto in ordine.
"Nella stanza del cucito" rispose, dopo aver annuito.
Blaise si diresse verso il corridoio sotto le scale e, già prima di arrivare, sentì che sua madre stava conversando con qualcuno. Pensando che fosse Ginny, sorrise prima di entrare.
"Blaise!" esclamò sua madre, con uno strano cipiglio, quando alzò gli occhi su di lui.
"Mamma…" Squadrò la ragazza seduta accanto a lei. "Rachel, mi meraviglia trovarti qui" disse, con calma, cercando di afferrare ogni particolare della situazione.
"Blaise…" Rachel si alzò dal divano, sistemandosi la gonna. "So che non…"
Lui si avvicinò alla madre, la baciò sulla guancia ignorando la ragazza, che si era interrotta quando lo aveva visto spostarsi, e poi si sedette sulla poltrona accavallando le gambe. "Francamente, dubito che tu possa dirmi qualcosa che ho voglia di ascoltare, ma se proprio ci tieni, continua pure". La sua voce trasudava strafottenza e fastidio.
"Blaise non essere maleduc…" iniziò la donna, ma il ragazzo scattò in piedi e alzò la voce.
"Mamma, mi spieghi cosa ci fa lei qui? Hai intenzione di farti fregare un'altra volta?"
Rachel alzò tutti e due i palmi delle mani e prese la parola. "No, Blaise, io sono venuta a scusarmi. So di non essermi comportata bene, ma…"
Blaise tirò fuori la bacchetta e la puntò contro la ragazza senza lanciarle nessun incantesimo. "Porca Morgana, hai derubato mia madre e le hai fatto credere di essere demente!" La sua voce tremò per la rabbia. La ragazza impallidì e si girò verso la strega.
"Zia Maddie…" piagnucolò, in cerca di aiuto.
Blaise sospirò quando si alzò in piedi anche la donna. "Blaise, per favore, metti giù la bacchetta. Rachel è venuta per restituirmi i soldi che mi…" La strega si fermò e Blaise continuò per lei.
"Che ti aveva rubato. Beh, mi sembra il minimo!" Si voltò a guardare la ragazza che arrossì. "Sei stata una stronza: ci hai traditi e ci hai rubato tutto quello che avevamo!"
"Beh, non esageriamo, adesso…" mormorò lei, a voce flebile. "Non erano così tanti soldi…"

 

Maddie capì, dall'espressione di suo figlio, che lui non parlava più dei fiori e dei vuoti di memoria. Sapeva che i ragazzi non si erano chiariti la volta in cui avevano smascherato Rachel, ma era anche consapevole che dovevano farlo.
"Rachel, forse è il caso che ti scusi con Blaise anche per quell'altra questione."
"Quale altra questione?"

 

Blaise per poco non la fatturò. "Non fa niente, mamma. Non voglio parlarne."
"Blaise", Maddie si voltò verso di lui. "So che cerchi di non darlo a vedere, ma so che la rottura del fidanzamento ti ha fatto soffrire. Che non ti piace…"
Il ragazzo digrignò i denti. "Che non mi piace che mi si prenda in giro?" Lanciò un'occhiataccia a sua madre, come se il fatto di aver nominato la questione lo rendesse più debole.
"Io non…" iniziò Rachel, ma Blaise la interruppe con un'occhiata.
"Se stai per dire che non sapevi della tresca di Chastity, puoi risparmiare a tutti e due questa bugia, Rachel". Il tono del ragazzo era duro e lo sapeva. Anzi, sperava proprio di trasmettere quello che sentiva dentro: era stato ingannato. Tradito e ingannato. Lo avevano preso in giro.
"Forse dovrei andare…" La ragazza si alzò e Blaise non pensò minimamente a fermarla: per lui non avrebbe neanche dovuto essere lì.

 

Maddie però, non era dello stesso avviso. "Siediti, Rachel. Non è che puoi chiedere scusa solo a chi è facile farlo…"
La ragazza la guardò sgranando gli occhi, ma lei non voleva che se ne andasse. Suo figlio aveva bisogno di andare avanti. E se non avesse chiuso quella porta, ogni colpo di vento in quella direzione avrebbe riaperto la questione.
Indicò il figlio alla nipote e lei annuì, con il viso cereo. "Sapevo quello che stava facendo Chastity, ma non approvavo. Te lo giuro, Blaise. Le avevo anche detto di lasciarti…"
"Di lasciarmi? Perché?" chiese lui, stranito.

 

Perché le aveva detto una cosa del genere? Perché non consigliarle di lasciare l'altro?
Rachel alzò le spalle. "Diceva che non sapeva quello che provava per te. Non mi sembrava il modo giusto per affrontare un matrimonio".
"Non ci si sposa solo per amore, sai?" rimarcò; ma perché le ragazze avevano quest'idea così romantica dei matrimoni? Non erano tutti così.
"Io preferirei ti sposassi per amore, però" intervenne sua madre e lui scosse le spalle. Lui si sarebbe accontentato di sposare una ragazza con cui stava bene, si divertiva e faceva cose interessanti. Non c'era bisogno di amarsi. Ma il rispetto sì, era indispensabile. E anche la fedeltà.
"Lei cosa ti ha detto quando ne avete parlato?" Fu sua madre a farle quella domanda, per fortuna.
"Disse che voleva togliersi qualche sfizio prima di infilare l'anello al dito. Mi aveva promesso che una volta sposati non sarebbe più successo."
Porca Morgana! Ma allora non era stata solo una volta? "Ah!" Blaise fece fatica a celare la sua rabbia.
"Li ho coperti solo in un'occasione, perché pensavo davvero che sarebbe stata solo quella volta e invece…"
"Invece lei ci ha preso gusto" finì Maddie e la ragazza annuì silenziosamente. Il ragazzo dovette spostarsi per cercare di mascherare la sua rabbia: odiava che si parlasse di lui così. Soprattutto del fatto che era stato imbrogliato.
"Mi dispiace davvero, Blaise. Te lo giuro. So che non mi crederai, ma è così. Tu ci tenevi così tanto…"
Quando lesse sul viso di Rachel la pietà, per poco non diede un calcio al tavolino che li divideva. Tutti erano convinti che lui provasse teneri sentimenti per quella stronza, mentre invece era seccato perché era stato ingannato.
Era stata infranta la sua illusione d'amore, ma quello che aveva creduto di poter raggiungere stando con Chastity, o con qualsiasi altra, una volta raggiunto il matrimonio: una vita a due, la condivisione delle giornate, il far parte di una coppia. Ora, molto più di prima, faceva fatica fidarsi di chiunque; anelava lasciar andare le sue paure e i suoi dubbi, confidarsi, ma fidarsi lo faceva sentire vulnerabile e diventava sempre più difficile. Aveva sempre fatto fatica anche con i suoi amici, pensò, ricordandosi di Pansy e Theo e della loro ultima discussione.
Si alzò in piedi, nervoso e stizzito: non capivano niente.
Come spiegare che se il suo consulente avesse fatto la stessa cosa, sarebbe stata la stessa cosa, se non peggio? I sentimenti non c'entravano niente, in questo frangente. Lui difficilmente ne provava. Sapeva mantenere la razionalità della cosa e di sicuro non era perché si era sentito spezzare il cuore. A lui non succedeva mai. Non permetteva mai a cose come i sentimenti di mettersi in mezzo. Anche se Pansy diceva che aveva iniziato a essere geloso. Anche se ultimamente faceva sempre più fatica a tenere le cose separate.
"Blaise…" Tentò di chiamarlo la madre, ma lui scosse il capo sbuffando e porse verso di lei la mano aperta, mostrandole il palmo per interromperla.
"Lasciami stare, mamma. Ho bisogno di andarmene" disse, quando capì che non voleva rimanere solo perché era troppo arrabbiato. Si voltò verso la ragazza e le raccomandò: "Questa è l'ultima occasione che avrai di entrare in casa di mia madre. Fai ancora…"

 

Ma anche Maddie si alzò in piedi. "Blaise, le tue questioni te le risolvi tu; le mie le sistemo io, ne abbiamo già parlato" specificò. Per quanto avesse ragione a essere arrabbiato, non poteva dettare legge così in casa sua. Lui non abitava più lì e doveva farsene una ragione. Per quanto sapesse di essere stata stupida a farsi imbrogliare, conosceva Rachel da quando era nata e non era una cattiva ragazza, poteva darle un'altra possibilità.
Vide la rabbia negli occhi del figlio fulminarla e per poco pensò che avrebbe generato magia involontaria, come quando da bambino gli succedevano quei rari, ma potentissimi, scoppi d'ira.

 

Blaise non disse niente e accettò le parole della madre, annuendo: ah, volevano così? Lo avrebbero avuto. Poi se ne sarebbero pentite di sicuro, e quando sarebbero tornate da lui per scusarsi, glielo avrebbe fatto notare.
Girò su se stesso e si smaterializzò a casa.
Quando comparve in salotto si scontrò con Kikky, a cui aveva detto di sistemare. La povera elfa si scusò e lui, sempre più nervoso, per poco non le lanciò una maledizione. Forse era il caso di levare le tende. Pensò a Ginny: lei riusciva a calmarlo. Avrebbe detto una battuta delle sue e lo avrebbe salvato con il suo sorriso. Anche se cercava di non lasciarsi troppo coinvolgere nella loro storia, gli dava fastidio la possibilità che anche lei facesse la stessa cosa. Non doveva andare in quel modo: lei doveva tenerci anche se lui non lo dimostrava, perché in fin dei conti era così, solo, non voleva doverlo ammettere nel caso che lei non fosse stata troppo coinvolta. Come, appunto, con Chastity. E se questa volta lui si fosse fatto prendere davvero?
Pensò al fatto che era proprio a causa della loro storia che non riusciva più a tenere separata la testa e a pensare razionalmente. E se invece fosse stato già così? Se lui fosse stato già… innamorato? Scosse il capo mentre si versava un bicchiere di Firewhisky e se lo scolava tutto d'un fiato. Se ne versò un altro ma poi, prima di berlo, lo guardò: non voleva ubriacarsi. Non ne valeva la pena. Quando capì che era così nervoso da poter avere uno scatto d'ira, pensò di cambiare aria: in campagna era tutto sottosopra, non avrebbe fatto danni irreparabili se si fosse sfogato là.
Chiamò Kikky a gran voce e lei comparve subito, mettendosi ai suoi ordini.
"Vado in campagna. Non so fino a quando starò lì. Se qualcuno venisse qui a cercarmi, di' semplicemente che sono a Redpoppy House a fare dei lavori, ok?"
L'elfa annuì e lui si smaterializzò subito dopo aver vuotato il bicchiere.

 

***

 

Dopo ore e ore in cui aveva fatto piccole riparazioni insieme agli elfi di Redpoppy House, il suo animo si era calmato e Blaise poteva considerarsi stanco, ma soddisfatto.
Era arrivato in campagna convinto di far saltare una qualsiasi stanza come era successo nel giardino d'inverno, ma poi aveva ripensato a Ginny e a come lo aveva aiutato a sistemare sorridendo e dicendogli che in quel modo sarebbe riuscito a calmarsi la prossima volta che fosse successo e, seppur controvoglia, dovette ammettere che aveva avuto ragione: non solo non aveva distrutto niente, ma aveva pensato a lei tutto il tempo: doveva crescere, forse. Era giusto che le parlasse chiaro, soprattutto dei suoi sentimenti. Lei non li avrebbe gettati via come avrebbero potuto fare altre ragazze prima di lei, Ginny si sarebbe presa cura delle sue emozioni, senza deriderle o tradirle. Voleva fidarsi di lei.
Possibile che fosse così che ci si sentiva quando si era… innamorati? L'immagine della ragazza gli riempì la mente e si coccolò, come faceva spesso, con il pensiero della morbidezza dei suoi capelli quando le ricadevano sulle spalle. Il suo profumo di mela verde gli riempì il petto, ma lui sapeva perfettamente che questa volta non erano i suoi polmoni a esserne colmi, ma il suo cuore. Voleva vederla, aveva assolutamente bisogno di affondare i viso in quella chioma fulva, lo avrebbe fatto sentire di nuovo se stesso.
Sì, doveva essere quello. Possibile che fosse innamorato e non se ne fosse accorto?
Sempre più convinto, tornò a casa a lavarsi pronto per andare da lei, prima di scoprire che era notte fonda e che avrebbe dovuto aspettare almeno il mattino dopo.
Deciso a fare comunque qualcosa di buono, invece di andare a letto si sedette alla scrivania dello studio, intinse la penna nell'inchiostro arancione e iniziò a tratteggiare capelli, sorrisi e piume galeotte.
Scrisse anche qualche fumetto. E, prima di rendersene conto, partendo da un bacio nel giardino degli Stin'sen, arrivò a una tavola dove un ragazzo scuro stringeva al petto una bellissima ragazza dai capelli di fuoco e le sussurrava di amarla.

 

***

Ginny bussò alla porta d'ingresso, ma questa si aprì da sola.
"Blaise… sei a casa?" chiese, facendo un passo dentro l'appartamento. Sentiva delle risate lontane, così si incamminò verso il salotto. "Blaise… ci sei?" domandò ancora, ad alta voce; più un gesto di cortesia per palesare la sua presenza, che una vera domanda, comunque.
"Vieni, siamo qui, nello studio!" La voce del moro la chiamò e lei si stranì: 'siamo'? Chi c'era con lui?
Lentamente, ma con sicurezza, oltrepassò il soggiorno e spalancò la porta che dava sul corridoio delle altre stanze, cercando di raggiungere lo studio. Sentì una voce femminile, ma non riuscì a riconoscerla, nonostante capisse di sapere di chi fosse.
La porta dello studio era socchiusa e una luce filtrava da dentro, illuminando un poco il buio corridoio. La spinse lentamente, con una brutta sensazione, ma continuando ad aprirla.
Quando si trovò di fronte Bellatrix, la sua mano impugnò la bacchetta senza neanche pensarci e la spianò contro di lei. Il suo sorriso beffardo fece capolino sul viso scuro. "Ma che carina! Blaise, è lei?"
Ginny si voltò, continuando a tenere la bacchetta puntata verso la strega, in direzione del viso della donna, che si era girata verso la scrivania: Blaise stava disegnando. Era una cosa che faceva spesso e a lei piaceva osservarlo mentre intingeva la penna nell'inchiostro e tratteggiava magie e incanti sulla pergamena. In quel momento, però, non era come al solito: lui sembrava quasi posseduto, come se fosse sotto un incantesimo; disegnava senza sosta e senza la cura che ci metteva di solito.
Si avvicinò per vedere cosa stesse disegnando, quando la voce di Bellatrix si fece dura e velenosa. "Ferma lì! Non ti muovere!"
Stranita da quello che la strega le aveva detto, ubbidì senza rendersene conto e quando si voltò di nuovo verso il moro, mormorò: "Blaise… Cosa sta succedendo?"
Il moro alzò su di lei uno sguardo vacuo. "Sto disegnando la mia casa in campagna, guarda" rispose e alzò la pergamena verso di lei dove un grosso stagno e una casa vittoriana riempivano il foglio. Alcune figure camminavano sull'erba. "Chi hai disegnato?" chiese, perché normalmente lei si sedeva in braccio a lui mentre le spiegava le tavole e in quel momento avrebbe voluto farlo, ma la strega continuava a guardarla e lei non riusciva a muoversi.
"Gli altri. Tutti" spiegò lui, senza invitarla ad avvicinarsi alla scrivania.
"Tutti tranne te!" Bellatrix rise verso di lei, proprio come aveva riso durante la battaglia, ma poi si girò verso Blaise. "Lei non può venire: in fin dei conti è solo una ragazzina…"
Ginny sentì la rabbia salirle lo stomaco: lei non era una ragazzina! La strega tornò a guardarla e le rivolse un sorriso affettato. "Ma certo, cara, non lo sei davvero". Il suo tono sembrava quello di una babysitter svogliata che assecondava un bambino piccolo purché non le desse fastidio.
La ragazza fece un altro passo verso il moro, ma Bellatrix la sgridò ancora, intimandole di non muoversi. "Non starò ferma!" la contraddisse e la donna rise ancora sguaiatamente.
"Ma se lo fai sempre!"

 

Ginny si svegliò di soprassalto, contenta, per una volta, di tutto il casino che arrivava oltre la porta della sua stanza. Si mise seduta, cercando di ricordare il sogno che aveva fatto e di capirlo ma, alla fine, pensò che non fosse un sogno particolarmente rivelatore, forse era solo un incubo di quelli che capitano a tutti. Cosa c'entrava Bellatrix con Blaise, in fin dei conti? Niente. Forse la sera prima aveva mangiato troppo.
Però erano due problemi che doveva risolvere: il sogno della strega e il comportamento di Blaise. Possibile che lui avesse davvero rubato la sua lettera? Non riusciva a crederci. Non credeva fosse possibile. E se allora si fosse sbagliata anche su tutto il resto? Magari anche la questione della casa di campagna non era come lei aveva pensato… Come si chiamava? Glielo aveva ripetuto Kikky la sera prima quando, dopo aver parlato con Pansy e Nott, era andata a cercare Blaise per parlargli, ma lui non c'era. E l'elfa le aveva detto che stava facendo dei lavori alla casa in campagna. Continuava a sfuggirle il nome. SunFlower, forse? No, era un altro fiore… Ma perché lei non sapeva niente di fiori? Oh, Santo Godric, non se lo ricordava!
Si alzò dal letto diretta in bagno e sul pianerottolo si scontrò con George e sua madre che confabulavano già di prima mattina. "Buongiorno" li salutò.
"Oh, Ginny!" L'entusiasmo di Molly era esagerato e lei lo percepì benissimo: sperò che non avesse bisogno di qualcosa, ma si ricredette quando notò George scappare alla chetichella appena aveva notato la madre che si rivolgeva a lei.
"Mamma" ricambiò lei.
"Oggi verranno Teddy e Vic, tornerai presto per aiutarmi con loro? Ron e George hanno già inventato scuse…"
Ginny sospirò. "Mi spiace, mamma, ma dopo l'allenamento devo per forza andare…" Cercò una scusa plausibile da rifilare a sua madre per non dover ammettere che voleva parlare con Blaise, ma non le venne in mente niente. "Sì… Beh…" Si morse un labbro e Molly sbuffò.
"Ho capito" ribatté stizzita.
No! Sua madre pensava che non volesse farlo e invece aveva davvero un impegno: era solo che non voleva farlo sapere a lei. "Ma no, mamma, è che…"
"Lascia stare" insistette, girandole le spalle e marciando per il corridoio diretta alle scale.
Ginny sospirò e si diresse in bagno, ancora insonnolita: sapeva che il sogno che aveva fatto non c'entrava con i soliti sogni sulla battaglia, era solo la situazione così strana che le dava da pensare. Doveva assolutamente parlare con Blaise, ma avrebbe potuto andare a cercarlo solo dopo l'allenamento. Una volta uscita dal bagno, decise di prendere la scopa: non c'era niente di meglio di una buona corsetta per chiarirsi le idee.


 ***ECcomi!! Scusate per il mio ritardo, ma sono stata impegnatissima... So che il capitolo è corto, ma non potevo fare diversamente e anzi, sono a scusarmi ancora perchè non è detto che pubblicherò presto per problemi di tempo e cose da fare. Ma tornerò appena posso, scusatemi.

Un grosso bacio e spero comunque che riusciate a perdonarmi.

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Mattina ***


Mattina

 

Blaise quella mattina si svegliò tardi e, guardando l'orologio, si rese conto che Ginny era già andata all'allenamento di Quidditch in Galles, così decise di fare un giro a Diagon Alley prima di andarla a prendere.
Fece un salto dal suo consulente e, sebbene avesse dormito poco, si sentiva così bene e in forma, che il mago si stupì di trovarlo particolarmente allegro e gli chiese più volte se fosse sicuro di sentirsi bene; la cosa fece ridere Blaise così tanto che l'ultima volta il consulente gli aveva lanciato uno sguardo stranito.

 

Ancora sorridendo, con le mani in tasca, fischiettò per tutto il tragitto dallo studio del consulente fino alla Gringott, dove lavorava Theo, deciso a fare una visita all'amico.
"Mr Nott non è in ufficio, si è preso dei giorni di ferie" gli comunicò un folletto, senza neanche alzare gli occhi da una lunga pergamena che stava scrivendo.
Oh. Dei giorni di ferie? E come mai? Forse era andato in vacanza con Pansy? Alzò le spalle. Deciso a farsi comunque un giro, uscì dalla Gringott e deviò per il Tiri Vispi.
Non aveva neanche attraversato la strada che un grosso gufo puntò verso di lui con una busta nel becco. Posta? Incuriosito, lo guardò mentre il suo volo si faceva sempre più vicino e, per un attimo, pensò che il gufo volesse sfidarlo soltanto guardandolo negli occhi. Poco prima che lo raggiungesse, il volatile si impennò e deviò nel cielo, ma Blaise ebbe l'impressione che continuasse a guardarlo, anche quando si diresse verso l'ufficio postale. Poco prima di entrare nell'apertura della torre, il gufo si voltò verso di lui e (Santo Merlino, ci avrebbe scommesso la bacchetta!) gli fece l'occhiolino.
Come? Cosa aveva fatto? Senza pensarci, Blaise attraversò la strada e un gruppetto di ragazzini gli finì addosso. Stizzito, si lisciò la camicia e borbottò qualcosa sull'essere a scuola e poi tornò a dirigersi verso l'ufficio postale.
Spinse la porta di vetro e il classico rumore di ali e bubbolii di gufi, gli riempì le orecchie. Alzò lo sguardo verso l'imboccatura della torre e lì, appoggiato su una pietra sporgente, vide il gufo che stava cercando: aveva ancora la busta bianca in bocca. Il volatile spiegò le ali e percorse tutto il locale, fino a raggiungere il fondo, dove dei folletti stavano smistando delle buste che volavano in lunghe file ordinate prima di depositarsi in piccoli box numerati.
Il grosso gufo iniziò la sua discesa a spirale e Blaise ebbe l'impressione che lo avesse fatto lentamente per permettergli di prestare attenzione; poi aprì il becco e la busta cadde sulla testa del folletto che, sbuffando, la raccolse per leggerne il destinatario e il mittente.
"Ancora posta per questo Biagio Zabini…" Il folletto sbuffò lanciando la busta su un grosso mucchio di lettere.
Blaise si bloccò sul posto a osservare il tutto come se fosse invisibile: non sentiva quel nome da tantissimo tempo. Per un attimo si immaginò in un altro posto e il profumo di prati e fiori gli riempì le narici.
Quando notò altre buste fare la stessa fine, si riscosse e la paura che la lettera che aveva appena visto diventasse irrintracciabile, gli fece fare un passo avanti.
"Sono io, Biagio Zabini" esordì, rivelando la sua presenza ai folletti. Tutti si girarono, straniti, verso di lui, ma solo una creatura dal fondo del locale decise di prestargli la giusta attenzione: camminò verso di lui mentre, con le sue lunghe dita, continuava a lanciare buste incantate verso altre direzioni.
"Mi dica". Anche nel momento in cui si trovò di fronte a lui, comunque, non smise di lavorare, continuando a lanciare buste che sbucavano da sotto al suo gilet.
"Sono Biagio Zabini: quella lettera è per me" insistette, notando che il folletto davanti a lui lo guardava come se fosse un magonò.
"Deve dimostrarlo: può farlo?" chiese ad alta voce uno dei folletti dal fondo del locale.
"In che modo?"
La creatura davanti a lui, Ibbusb come diceva il cartellino che portava appeso al bottone del taschino della camicia, lo osservò piegando il capo. "Dovrebbe bastare la sua bacchetta". Allungò la mano e le sue lunghe dita si incurvarono verso di lui.
Non era sicuro di potersi fidare, ma prese la bacchetta e gliela porse. "Blaise Zabini… Biagio Zabini…" mormorò come un mantra Ibbusb, mentre faceva roteare la bacchetta fra le dita. Lo osservò attraverso le lunghe ciglia.
"Sono nato in Italia, mi hanno registrato anche con il nome italiano."
Il folletto non disse niente e gli restituì la bacchetta. "Sono stati fatti cambiamenti di recente, che lei sappia?"
Blaise si stupì della domanda. "A cosa?"
Il folletto si allontanò e intanto alzò le spalle. "Ai documenti. Nascite, morti, cose così…"
"Non saprei. Quando?"
La piccola creatura continuò a camminare e poi, con un incantesimo non verbale, appellò una lettera che dal mucchio volò verso di lui, subito seguita da un'altra e da un'altra ancora. In breve, una decina di buste lo raggiunse e lui ne fece un mucchio fra le mani.
"A volte succedono queste cose: magari c'è un eredità o un cambiamento di albero genealogico e allora iniziano ad arrivare tutte le lettere perse in qualche ufficio postale…" spiegò, incamminandosi ancora verso di lui. Prese al volo una busta, osservandola e, anche se Blaise si era convinto lo avesse fatto a caso, in verità capì che non era così. “Direi intorno alla metà di maggio”.
Blaise ricordò vagamente quello che Ginny aveva detto sulle biblioteche italiane e i loro folletti. "E se qualcuno avesse richiesto qualche documento specifico? O la nuova forgiatura di uno stemma?"
"Potrebbe essere". Ibbusb non si stupì e annuì con distrazione.
Blaise tentò di frenare la curiosità e si fermò quando, vedendolo sempre più vicino tentò di strappare dalle mani del folletto le buste chiuse: non era proprio una cosa decorosa.
Una volta vicino a lui, il folletto fece apparire una pergamena e una piuma auto inchiostrante. "Firmi qui e siamo a posto". Indicò con l'unghia una lunga riga e Blaise diede una letta veloce prima di porre il suo nome: sembrava un'autocertificazione. Ah, la burocrazia!

 

Poco dopo uscì dal locale con le lettere in mano e una strana sensazione nel petto: si sentiva agitato. Agitato come non lo era mai stato. Pensò di allungarsi al pub, per sedersi a leggere con calma, ma non resistette e alla fine si fermò, in mezzo al marciapiede, sull'angolo con la via principale di Diagon Alley, e strappò il sigillo sull'ultima busta che sembrava essere stata recapitata.
Lesse velocemente le parole in bella grafia e si fermò solo quando lesse la firma in calce: Bartolomeo Zabini. Uno dei fratelli di suo padre. Suo zio.
Come se fosse stato in trance, aprì una per una le altre lettere. Suo zio gli aveva scritto solo all'inizio come avesse fatto a trovarlo: come aveva immaginato era stato merito di Ginny, lei aveva 'smosso' tutto. La richiesta della forgiatura di un altro stemma e della pergamena ufficiale delle sacre tredici, aveva incuriosito i membri della famiglia che, una volta venuti a sapere che la richiesta era stata firmata da una ragazza del Regno Unito, avevano pensato che potesse essere una sua parente. Sorrise: Ginny non passava mai inosservata. E questa volta aveva davvero smosso le acque in modo originale. Avrebbe dovuto farle un regalo. Merlino, avrebbe dovuto farlo per tutto il tempo che passavano insieme.
Sfogliò un'altra lettera, ma quando si accorse che i fogli stavano diventando troppi per poter essere letti tutti insieme, attraversò la strada per raggiungere il pub e sedersi comodamente.

Una volta raggiunta l'altra parte del marciapiede, però, continuò a leggere mentre camminava e arrivò a una frase che lo fece bloccare di colpo e qualcuno gli finì addosso. Si voltò per scusarsi, quando vide un bambino con i capelli turchesi, caduto per terra.
Blaise si chinò per accertarsi che non si fosse fatto niente. "Stai bene? Ti sei fatto male?"
Il bambino si rialzò prima ancora che lui potesse aiutarlo e la sua bocca si trasformò in un becco. "Sono un ippogrifo cattivo!" Spalancò le braccia e aprì il becco, ma non emise il classico verso dell'animale, per fortuna.
"Ne esistono di buoni?" chiese Blaise, ma il bambino non lo ascoltò.
"Teddy!"
Blaise si voltò al suono familiare di quella voce. "Buongiorno, Molly" disse, subito dopo, riconoscendo la madre di Ginny.

 

Molly sospirò e si mise una mano sul cuore: Teddy aveva iniziato a correre e lei lo aveva perso di vista, ma per fortuna non si era allontanato troppo.
"Oh, Blaise, per fortuna lo hai fermato!"
Molly spostò da un fianco all'altro Vic e poi tentò di chinarsi verso il bambino. Quando capì che non ci sarebbe riuscita, si voltò verso il ragazzo e gli mise in braccio la piccola, per poi chinarsi a parlare con Teddy e spiegargli quanto fosse stato pericoloso quello che aveva fatto.

 

Blaise rimase così stupito quando la signora Weasley gli allungò la bambina che teneva in braccio che neanche si accorse di averla presa. La tenne sollevata in aria e la guardò: era la stessa bambina che Ginny aveva portato a casa di sua madre. Poi continuò a guardarla quando lei si mosse un po' e notò che stringeva sotto il braccino un pupazzo a forma di snaso uguale a quelli che sua madre faceva per l'associazione dei bambini. Sorrise, ma poi lei si agitò e lui dovette prendere la decisione di fare qualcosa in pochissimo tempo, ma non ci riuscì.

 

Molly notò il ragazzo in difficoltà e riprese Vic in braccio, per poi osservarlo bene: sembrava strano.
"Tutto bene, Blaise? Ma sono tue queste lettere?" domandò, osservando le buste e le lettere che giacevano per terra.
Lui la guardò come se realizzasse in quel momento che era veramente lì e spalancò gli occhi a vedere tutte le lettere sul marciapiede. Quando si chinò con una strana espressione in viso, si preoccupò. "Teddy, aiuta Blaise a raccogliere le pergamene che gli hai fatto cadere".
Per fortuna il bambino si chinò senza discutere e aiutò il ragazzo senza protestare.
Quando tutti e due si tirarono su, Molly notò ancora lo sguardo spaesato del ragazzo. "Sicuro di sentirti bene?"

Lui annuì senza rispondere niente, ma iniziò a mettere in ordine le lettere in un modo così strano che Molly si preoccupò. "Hai mangiato qualcosa, ragazzo?"
"Come?" Il figlio di Maddie alzò su di lei due occhi straniti e disorientati.
"Vieni alla Tana con noi, penso che tu abbia bisogno di una tazza di tè e di una fetta di torta."

 

"Torta!" gridò il bambino allargando le braccia. "Sono un ippogrifo cattivo!"
Blaise tentò di sorridergli, ma non sapeva molto di bambini.
La madre di Ginny scosse le spalle e prese per mano il piccolo. "Niente torte per gli ippogrifi cattivi".
"Sono un ippogrifo buono! Voglio la Torta!"
La bambina che aveva in braccio rise e la strega si rivolse a lui. "Vieni con noi" quasi ordinò.
Lui scosse il capo: aveva deciso di andare in Galles a prendere Ginny, una volta finito l'allenamento. Ma poi gli tornò in mente la frase che aveva letto. Suo nonno. Suo nonno era morto. "Non…"
Purtroppo la signora Weasley si mise la mano libera sul fianco e lo guardò come se avesse l'età di Teddy e avesse appena rotto un vaso costoso giocando con la scopa. "Ora vieni a prendere una tazza di tè. Non mi sembra che tu stia molto bene."
Blaise non riuscì a ribattere: si sentiva veramente strano. Il pensiero delle lettere di suo zio gli fece venire un giramento di testa. Così, annuì e basta.
"Bravo. Prendi in braccio Teddy, così facciamo una materializzazione congiunta."
Blaise annuì più per inerzia che per convinzione e lasciò che lei lo istruisse sulle cose da fare.
In men che non si dica, si trovò nella cucina della Tana. Il bambino gli scappò dalle braccia e lui si guardò intorno: la cucina non era molto diversa dall'ultima volta ma, ancora confuso, non realizzò molto.
"Vieni, siediti". Molly gli fece cenno di sedersi alla lunga tavola e lui non disse niente, obbedendo. Appoggiò le pergamene sul tavolo e la strega continuò a lavorare e incantare cose intorno a lui, come se fosse del tutto normale. I bambini corsero in salotto e lui non ci fece più caso.
Dopo un po' la strega posò una teiera e due tazze sul tavolo, sedendosi davanti a lui. Appellò una torta dall'aspetto invitante e ne tagliò due fette grandi e due piccole, chiamò i bambini e li fece sedere sul tavolo, dando a tutti e due un quadratino di torta da mangiare.
"Cos'è successo?" La strega versò il tè e, come se avesse mille occhi e braccia, continuò a gestire i bambini, le tazze e tutto il resto che c'era in cucina.
"Come?"
"Sembri sconvolto. Hai ricevuto brutte notizie?"
Il ragazzo scosse le spalle. "Mio nonno è morto".
La donna si bloccò con la bacchetta a mezz'aria. "Oh, quanto mi dispiace!" sussurrò. "Come… stai?"
Lui prese la tazza e la circondò con tutte e due le mani: voleva parlare con Ginny, ma lei era all'allenamento. Vabbè, almeno era a casa sua. "Non lo so" sussurrò.
Ed era vero: non poteva dire di essere triste, perché non si ricordava neanche di suo nonno, ma aveva sempre pensato che lui sarebbe stato lì, se un domani ci fosse stata l'occasione di incontrarsi. Non aveva previsto una cosa del genere. Si sentì un po' demoralizzato, ma probabilmente solo per aver perso l'occasione, non di sicuro perché era dispiaciuto. O no? Sapeva perfettamente che se avesse confidato una cosa del genere a Ginny, lei lo avrebbe sgridato affettuosamente dicendo che si rifiutava di ammettere che la notizia gli stava prendendo troppi pensieri per essergli indifferente. Nervoso come se lei fosse lì davanti e gli sorridesse con condiscendenza, sbuffò e riappoggiò la tazza. "Non mi interessava niente di lui".

 

Molly alzò un sopracciglio mentre osservava il ragazzo seduto alla sua cucina: non sembrava stare bene e di sicuro non era vero quello che stava dicendo. Ma capì anche che non lo stava facendo di proposito: forse cercava di convincere se stesso. Ma che cosa strana…
Si alzò per far scendere i bambini dal tavolo. Mentre puliva loro i musetti, i suoi pensieri continuarono a vorticare, seguendola nei gesti che faceva in automatico.
Sarebbe stato meglio avvisare Maddie? O forse era meglio di no? Posò un piattino di dolci davanti al ragazzo e gli fece un sorriso: in fin dei conti poteva essere uno dei suoi figli, tanto valeva trattarlo come tale.

 

Blaise prese la fetta di torta praticamente senza guardare la donna, ma poi alzò lo sguardo e notò che lei gli sorrideva dolcemente. La cosa lo infastidì, come se potesse pensare che stesse fingendo, ma sapeva perfettamente che non era così.
"Era il padre di mio padre. Non lo vedevo da tantissimi anni…"
Molly si sedette accanto a lui. "Non vuol dire che tu non possa essere triste".
Alzò le spalle. "Non avrei motivo per esserlo. Non lo conoscevo e l'ultima volta che l'ho visto non è stata una bella occasione…" Spezzò in due la fetta di torta prima di metterla in bocca. Sorrise al pensiero che prima di conoscere Ginny non lo avrebbe mai fatto: il cibo si toccava solo con la forchetta.
"Già…"
Blaise alzò lo sguardo velocemente. "Lei… lei sa?"

 

Molly annuì: sapeva cos'era successo l'ultima volta che lui e sua madre erano stati in Italia. In un incidente, Maddie aveva perso il marito e un figlio. E tutta la famiglia del marito era andata in escandescenza.
"Non l'ha raccontato a Ginny, vero?" Blaise sembrava più preoccupato che incuriosito.
Come? Molly scosse la testa. "No, perché avrei dovuto?"

 

Blaise si alzò. Si passò una mano fra i capelli: non gli piaceva che lei fosse a conoscenza della storia. "Pensavo che con il fatto che io e Ginny … Sì, che stiamo…" Si bloccò quando si rese conto di aver parlato troppo.
"Tu e mia figlia? È con te che sta, ora?" Il tono della donna era incredulo o forse era lui che non riusciva decifrarlo come faceva di solito, per via di quella storia che gli stava facendo girare la testa.
"No, no, giusto, lei non lo sa…"

 

Anche Molly si alzò in piedi quando capì che il ragazzo non era lucido. Così era lui il nuovo fidanzato di Ginny? Si sentì contenta: conosceva sua madre e sapeva tantissime cose su Blaise. E tutto quello che sapeva le piaceva.
Quasi rise della sua frase, ma cercò di trattenersi. "Forse dovresti sederti…"

 

Quella donna era strana. O forse lo era lui. Sì, Blaise non si sentiva per niente in forma, dopo quella gaffe, aggiunta a tutto il resto. Voleva andarsene, prima di fare altri casini. "Io vado". Si girò velocemente, sfilando la bacchetta dai jeans e prendendo contro, di nuovo, a Teddy, che girava per la cucina trainando un treno di legno che ruzzolò nello scontro.
"No!" gridò il bambino e Vic, che era seduta su una coperta, all'esclamazione del piccolo, scoppiò a piangere. Merlino.

Blaise fece un altro passo, ma inciampò nel filo che Teddy stava tendendo e cadde, perdendo la bacchetta. Imprecò e anche il bambino incominciò a piangere.

Molly sospirò: tanto valeva farsi aiutare da Ron!

Si chinò a raccogliere la bacchetta e la porse al moro. "Non ti azzardare a smaterializzarti: chissà cosa combineresti, in questo stato". Poi, senza aspettare la sua replica, perché era sicura che ce ne fosse una, si chinò a prendere in braccio Vic e poi si rivolse a Teddy. "Ora, se smetterai di piangere, Blaise ti aiuterà a sistemare il treno".

Il piccolo annuì e la strega si voltò verso il ragazzo.

 

Cosa doveva fare lui? Non era capace di riparare giocattoli! Nervoso, Blaise si alzò da terra per spiegarlo a tutti, ma poi il visetto del bambino, coperto di moccio e lacrime, gli sorrise. Maledizione! "Va bene, proviamoci".
Il piccolo, contento, gli porse il treno con la locomotiva spezzata e sorrise ancora. Quando si mangiò una parte di moccio, Blaise inorridì. "Però pulisciti il viso".
Molly fu subito dietro di lui e con la bacchetta lo pulì e il bambino tornò come prima. La strega fece scendere dalle braccia anche la piccola bionda e questa si sedette davanti a lui, mentre cercava di capire come funzionasse quel giocattolo.
"Spostatevi in salotto, così avete più spazio". Molly aprì la porta comunicante con la bacchetta e tutti e tre ubbidirono, andando a sedersi sul tappeto davanti al camino.
Blaise osservò il treno rotto e provò a lanciare qualche incantesimo. Preso dall'attenzione data al giocattolo, non si accorse che i suoi pensieri iniziarono a riordinarsi, tornando in file ordinate e compite.

 

Molly osservò le tre teste vicine, così diverse fra loro ma intente nello stesso progetto. Sorrise quando Blaise disse qualcosa a Vic e la fece ridere, per poi sorridere lui stesso. Si girò, tornò in cucina e fece levitare le tazze nel lavandino, incantandole per lavarle.

 

***

Astoria affidò la busta, elegantemente decorata con motivi floreali in rilievo, al gufo di famiglia, Arrow, con un sospiro e uscì di casa.
Lei e Draco ormai si erano scambiati quasi una decina di lettere, ma ogni volta che gli rispondeva, le batteva forte il cuore. Quasi quanto come leggere le sue parole scritte.
Draco le scriveva tutto ciò che provava, le aveva confidato le sue paure, i suoi desideri e, finalmente, leggendole, Astoria si sentiva di nuovo partecipe della sua vita. Si sentiva bene come quando, durante quelle notti buie, abbracciava un Draco silenzioso e appoggiava il capo sul suo petto, ascoltando il ritmo del suo cuore suonare per lei. Erano momenti intimi, ma lui non le aveva mai detto niente e Astoria aveva sempre avuto l'impressione di partecipare a metà. Ora che lui si stava aprendo, avrebbe voluto averlo vicino, poterlo toccare, ma sapeva che lui aveva bisogno di tempo.
"Io esco, mamma". In salotto, salutò la strega seduta sul divano a cucire e fece per incamminarsi verso l'atrio.
"Tua sorella ti ha scritto?" Diretta come sempre, senza convenevoli, né fronzoli, quando si trattava di sua sorella, la strega non alzò il capo dal lavoro, ma prese la tazza di tè.
"Sì, mamma" ammise, prima di aver passato l'uscio della stanza e si girò a guardarla.
"Sai se sta bene?" Il tono freddo non riuscì a nascondere un po' di preoccupazione e la sua voce tremò sull'ultima parola.
Astoria tornò indietro, entrò nella stanza e posò la mano sulla spalla della madre, stringendola appena, mentre lei continuava a guardare un punto fisso davanti a sé.
"Sì, mamma, sta bene, non devi preoccuparti". Si chinò a darle un bacio sulla guancia e tornò verso l'atrio.
Sorrise pensando all'ultima lettera di sua sorella: ne aveva ricevute solo due, ma nell'ultima, la ragazza le aveva raccontato quello che faceva e Astoria sapeva che stava veramente bene. Forse davvero doveva andare via per provare a essere felice.
Si smaterializzò con un sorriso.

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Un arrivo inaspettato ***


Un arrivo inaspettato

 -

-

Ginny sospirò della sua sfortuna: Blaise non era a casa, così era andata a cercarlo da Maddie, ma lei le aveva spiegato che la sera prima avevano discusso e lui se ne era andato nervoso e arrabbiato.
Preoccupata per lui, pensò di tornare a casa: gli avrebbe mandato un patronus, chiedendogli di vedersi. Doveva assicurarsi che stesse bene. E se fosse successo qualcosa? Magari poteva chiedere a Pansy o a Nott se potevano accompagnarla nella casa di campagna e vedere se era tutto a posto. E se lui avesse avuto un'altra crisi come quella che aveva avuto nel giardino d'inverno?
Si materializzò a casa con in testa solo la preoccupazione per Blaise, così, quando entrò in salotto e inciampò nel treno di Teddy, non si arrabbiò neanche.
"Oh, Teddy dovresti… Blaise?!" Ginny vide il moro seduto sul tappeto, mentre giocava – giocava!- con Teddy e Vic, e per poco gli occhi non le uscirono dalle orbite. "Ma… cosa ci fai qui? Ti ho cercato…"

 

Blaise stava facendo ridere Vic, con piccole magie elementari, sorridendo come un Troll e incantato dal sorriso della piccola, quando si sentì chiamare. Alzò gli occhi e vide Ginny che lo guardava con una faccia stranita.
"Ginny, sei tornata!" Tentò di alzarsi in piedi, ma quel piccolo terremoto dai capelli blu gli saltò addosso e Blaise cadde con lui sul tappeto.

 

Ginny si avvicinò, ancora incredula e prese Teddy in braccio, liberando il ragazzo. "Cosa ci fai qui?" sussurrò. Lei lo aveva cercato per tutto il Regno Unito e lui era a casa sua? Non sapeva se ridere o piangere.
"Blaise mi ha aiutato a tenere i bambini". Molly fece capolino dalla cucina e la guardò mettendo le mani sui fianchi: oh oh.
"Mamma, ti avevo detto che dovevo…"
Ma sua madre non ascoltò il resto della sua frase, si girò per tornare in cucina e borbottò qualcosa sul fatto che nessuno le desse mai ascolto.
La ragazza si voltò di nuovo verso Blaise, che stava cercando di tenere a bada Vic, adesso. "Come ti senti?" sussurrò, allungando la mano per aiutarlo ad alzarsi.

 

Blaise le prese la mano, ma non si tirò su, stupito dalla sua domanda, e lei si sbilanciò e cadde. Ma come faceva a saperlo? Stranito, borbottò e glielo chiese.
"Me lo ha detto Maddie. Sono venuta a cercarti da lei, visto che non eri a casa."
Sua madre? "Lo sa anche lei?" Sempre più stranito, non reagì quando i bambini saltarono loro addosso, credendo che stessero ancora giocando.

 

Ginny strinse gli occhi. Ma cosa diceva? "Ma stai bene? Ieri non sei andato a Redpoppyhouse? Hai avuto… non eri arrabbiato?" Il suo tono di voce si era abbassato: non voleva che i bambini sentissero e neanche che sua mamma carpisse informazioni.

 

Cosa? Blaise spalancò gli occhi e la bocca. "No!" Perché aveva pensato una cosa simile? Perché aveva visto sua madre! "No, no, sono riuscito a non… Ma allora non sai di mio nonno?" chiese, quando capì che parlavano di due cose diverse.
"Tuo nonno? Che è successo a tuo nonno? Merlino, no, non so niente…" Ginny tentò di alzarsi quando Teddy si buttò in braccio a lei e gridò, con tutto il fiato che aveva in corpo. "Nonna!" Vic, dal canto suo, tentò di imitarlo, ma riuscì solamente a gridare, senza che si capisse cosa stesse dicendo.

 

"Mio nonno è morto". Blaise riuscì ad alzarsi e le porse la mano per aiutarla.
"Oh. Mi dispiace tanto. Ma…" Ginny si guardò intorno in salotto e poi tornò a posare gli occhi su di lui. "Tuo nonno che viveva in Italia?"
Blaise annuì: i bambini lo avevano distratto, ma poi il pensiero di suo nonno tornò a riempirgli il petto.
Quando Molly fece di nuovo capolino, attraverso la porta della cucina, Ginny lasciò andare la sua mano di scatto, passandosela fra i capelli. Forse lo aveva fatto per non far sapere a sua mamma di loro. Ma lui aveva già rovinato tutto.
"Tua madre sa di noi… Scusa, mi è scappato…"

 

Ginny si era spaventata quando sua madre, probabilmente apposta, aveva fatto sbattere la porta della cucina e si era passata la mano nei capelli, quando l'aveva fulminata con un'occhiataccia, sentendosi in colpa per averla abbandonata quella mattina. Si girò per scusarsi, ma Blaise fermò il suo gesto, chinandosi su di lei e confessandole di aver detto a sua madre di loro.
La ragazza alzò le spalle. "Non preoccuparti, non c'è problema". Ed era vero: non le interessava molto, in quel momento, di quello che stava considerando un dettaglio.
"Davvero?" Il tono stranito di Blaise prese la sua attenzione.
Alzò le spalle. Davvero. Ma che scema era stata a dar tanta importanza alla cosa. L'importante era che lui stesse bene.
"Però dobbiamo parlare" sussurrò, come se i bambini potessero capire tutto da quelle poche parole.
"Di cosa?"
"Della lettera che…" Ma Teddy si aggrappò alle gambe del ragazzo, distraendolo e lei non seppe se avesse sentito la sua frase o meno. "Dopo ti spiego tutto: aspettiamo di essere soli". Si allungò verso di lui e gli passò le dita sulla guancia. Avrebbero parlato di tutto: della preoccupazione di sua madre, di Harry, del perché non gli aveva detto cosa ci fosse scritto nella lettera e di tutto il resto. Poi lui le avrebbe spiegato cosa ci facesse lì e cosa fosse accaduto in Italia a suo nonno.
Sorrise perché tutto si sarebbe sistemato.

 

Molly notò i ragazzi scambiarsi sussurri e poi la figlia accarezzare la guancia del moro. Quel gesto fu così dolce che lei si intenerì e perse la sua rigidità: non valeva la pena continuare a essere arrabbiata, probabilmente Ginny aveva davvero un impegno con Blaise e visto come era messo lui quella mattino, doveva essere qualcosa di importante. Si girò e tornò in cucina.

 

Blaise prese la mano di Ginny e le baciò il polso, contento che lei l'avesse presa bene. Quando lei ridacchiò per il solletico, sorrise. Ginny gli prese il viso con tutte e due le mani, prima di sussurrare contro la sua bocca. "Dovremo accontentarci di questo, ci sono dei bambini…" E lo baciò sulle labbra.

 

*

 

"Non dovevi preoccuparti per me…"
Blaise quasi sbuffò mentre Ginny gli raccontava in poche parole della sera prima, quando lo aveva cercato a casa di sua madre. Fra l'altro, non gli interessava più neanche delle vicissitudini di sua madre con Rachel: voleva perdonarla? Che lo facesse! Nel caso, sarebbe intervenuto solo se ce ne fosse stato bisogno. Ma era abbastanza sicuro che lei non avrebbe sgarrato ancora.
"Certo che mi preoccupo per te!" Ginny gli sorrise in quel modo che gli piaceva e si sentì a casa, mentre lei sistemava i giochi dei bambini sparsi sul tappeto.
Ma sì, avrebbero chiarito tutto nel pomeriggio: le avrebbe spiegato come si era sentito e come era riuscito a non perdere la testa solo pensando a lei. E le avrebbe fatto vedere le tavole che aveva disegnato. No, magari per quello avrebbe aspettato di finire tutto.  Quando lei, ignara dei suoi pensieri, gli diede un altro casto bacio sulle labbra, pensò che il pomeriggio sembrava lontanissimo.
"Basta stare appiccicati, voi!" Il piccolo terremoto dai capelli blu saltò in piedi in tutta la sua poco altezza, colpendolo sulla testa con la mano aperta.
Ginny rise e acchiappò il piccolo che cercò di divincolarsi, mentre gli faceva il solletico, tenendolo fermo sul tappeto, e lui rideva come un matto Quando riuscì a scappare da lei, la ragazza si mise in ginocchio. "Non mi scappi, sai chi sono io?"
La bambina bionda al suo fianco spalancò gli occhi. "Chi sei?"
Ginny si chinò verso di lei e con fare cospiratorio sussurrò: "Io catturo gli ippogrifi cattivi!"
E mentre i bambini gridavano eccitati, lei si alzò per rincorrerli ma, prima di scappare dietro al divano, si voltò, gli fece l'occhiolino e mimò con le dita di fare il percorso inverso.
Blaise ubbidì e scoprì che giocare con un bambino poteva essere divertente, stremarti di risate e renderti inerme sul tappeto dopo pochissimo tempo. Ma non pensò più a niente. Neanche a Potter e alla sua lettera.

 

***

 

"Andate a lavarvi le mani, fra poco saranno qui tutti per pranzo…"
La voce della madre ricordò a Ginny i doveri di casa e prese in braccio Vic, incamminandosi verso il bagno. "Teddy, vieni anche tu" disse al bambino.
"Voglio giocare ancora! Non voglio lavarmi le mani!" In una perfetta imitazione di Molly, il piccolo mise le mani sui fianchi e mise il broncio.
"Andiamo, ippogrifo". Blaise si chinò e prese in braccio il bambino, capovolgendolo e facendolo dondolare per le gambe: Teddy rise tantissimo e il ragazzo riuscì a trascinarlo in bagno.

 

Ginny lavò le mani a Vic e poi si chinò per aiutare Teddy, che voleva fare da solo, così sorrise a Blaise che era entrato in bagno con loro. "Grazie per aver aiutato mia madre".
Blaise aiutò la piccola ad asciugarsi e poi la fece uscire. "In verità è stata tua madre a salvare me: dopo aver saputo di mio nonno…"
Ginny gli strinse un braccio in un gesto affettuoso, sperando che per il momento potesse bastare. "Giusto, tuo nonno. Devi raccontarmi tutto".

 

Blaise sospirò. "Le lettere mi hanno destabilizzato…"
"Lettere? Ma quante ne hai ricevute?" Ginny alzò un sopracciglio e lui si ricordò che effettivamente erano tante le cose che doveva dirle: ne avrebbero parlato bene nel pomeriggio, ma cercò di spiegarle velocemente del gufo e di tutte le lettere che aveva ritrovato all'ufficio postale e lei lo ascoltò con gli occhi sgranati, ma poi la madre di Ginny li richiamò in cucina, così si incamminarono lungo il corridoio.
"Comunque vogliono che vada là. Non so se per l'eredità o qualcosa del genere…"
"In Italia?" Ginny quasi gridò.
"Mi sembra di sì. Magari dopo mi rileggo bene le lettere."
"Oh, ma l'Italia è bellissima! Sei proprio fort…" Ginny si interruppe e scosse il capo. "Scusa, non…"
Molly li richiamò un'altra volta e lei si girò velocemente per raggiungerla.

 

Ginny si morse il labbro: ma che stupidaggine dimostrarsi così entusiasta quando lui aveva appena detto che suo nonno era morto! Doveva essergli sembrata un'idiota. O forse solo una bambina. Decisa a non dire più niente, entrò in cucina, seguita dal moro.
Gli altri erano tornati e, andando ad aiutare sua madre, lasciò Blaise con Ron, George e suo padre, senza pensarci.

 

Blaise non capì il cambio di espressione della rossa, ma quando il signor Weasley si avvicinò a lui, gli dedicò l'attenzione che meritava.

 

***

 

Il pranzo fu piacevole e abbastanza veloce: gli altri dovevano tornare al lavoro, quindi c'era poco spazio per i convenevoli, ma tutti furono gentili e nessuno disse niente del fatto che Blaise fosse lì a mangiare con loro.
Blaise scoprì che la cosa gli faceva enormemente piacere e che forse si era creato una montagna da un sassolino, pensando che nessuno sapesse di loro. Quando si voltò verso Ginny, alla fine del pasto, lei gli fece l'occhiolino e sorrise a mezza bocca, come se gli avesse appena confidato un segreto. Sentì il cuore scoppiargli di gioia e pensò di non essersi mai sentito così. Forse era arrivato il momento giusto per confidarsi con lei.
"Hai detto che andiamo da me, dopo?" mormorò, accanto all'orecchio della rossa, mentre faceva scivolare la mano sulla sua schiena, alzandole la maglietta e accarezzandole la pelle appena sopra i jeans. La vide rabbrividire e sentì la stessa scossa che gli scuoteva il corpo.

 

Ginny si voltò verso di lui, in modo che nessuno potesse sentirli, seduti vicino sulla panca. "Non vedo l'ora di averti dentro di me…" sussurrò lei in risposta, posandogli una mano sulla coscia, sotto la tovaglia, e facendo scorrere le dita avanti e indietro. Sorrise, pensando a ciò che sarebbe accaduto dopo. Avrebbero avuto tutto il pomeriggio per stare insieme. Solo loro due, senza nessuno, senza pensieri di case in campagna o viaggi di poco piacere. O forse sarebbe sembrata troppo superficiale? Forse avrebbero dovuto prima chiarire tutte le cose? "Cioè, se per te va bene. Oppure…" Stranita dal fatto di sentirsi in difetto, non sapeva cosa dire, per paura di poter dire la cosa sbagliata.

 

Blaise sorrise con tenerezza quando lei vacillò. Gli accarezzò una spalla per tranquillizzarla: andava bene tutto. Tutto quello che voleva lei. "Certo che mi va bene". Se l'occasione fosse stata diversa, si sarebbe chinato, le avrebbe scoperto la spalla e le avrebbe baciato la pelle nuda, ma dovette accontentarsi di quel piccolo gesto.
"Per l'Italia, prima, non volevo sembrare troppo…"
Lui sorrise ancora e si avvicinò i più. "Non preoccuparti, ho capito. A me dispiace solo che faccia saltare i piani. Non posso tirarmi indietro, mi sa. Non posso non andarci. Dovrò rispondere stasera stessa e organizzare il viaggio…"
Ne avrebbero comunque parlato una volta da soli, pensò, mentre si interrompeva perché uno dei suoi fratelli era passato troppo vicino e non sapeva se potesse dirlo esplicitamente.
Però ne avrebbero parlato dopo aver fatto l'amore, anche lui non vedeva l'ora di toccarla e di baciarla. Di quello che avrebbero fatto in Italia c'era sempre tempo di parlarne.

 

Ginny si morse il labbro. "Certo, hai perfettamente ragione: devi andare per forza…" Cercò di non rimanere male del fatto che non le avesse chiesto di andare con lui ma, come era successo con la casa in campagna, capiva perfettamente. E poi, non è che perché aveva pranzato a casa sua e tutti i suoi fratelli avevano capito che stavano insieme, lui dovesse condividere ogni cosa con lei. No. No. Però…
"È che avevo finito di sistemare RedPoppyHouse. Avrei voluto andare prima lì…" Lui ringraziò sua madre quando si avvicinò con una tazza di caffè, allungandogliela.
Ginny sospirò silenziosamente. Lei non aveva molti posti dove andare. Non aveva una casa in campagna o dei parenti all'Estero. Si morse il labbro, rendendosi perfettamente conto che poteva sembrare un capriccio infantile, così si sforzò di sorridere e non dire niente.

 

Blaise mescolò il caffè pensando a come le lettere gli stavano guastando i piani. Odiava che tutto andasse a rotoli, gli piaceva molto di più fare progetti e seguirli. Ma poi sorrise: la ragazza accanto a lui gli stava insegnando un modo di vedere le cose totalmente diverso a quello a cui era abituato e iniziava a prenderci gusto. Per quanto gli dispiacesse per suo nonno, ancora non riusciva a metabolizzare la cosa, probabilmente, e non riusciva a capacitarsi di nient'altro oltre le cose che aveva scoperto la notte scorsa.

 

Ron raggiunse la sorella quando lei si alzò per raggiungere il lavandino e sistemare dentro alcune stoviglie. "Tutto bene?"
Ginny si girò verso di lui e Ron indicò Zabini con un gesto discreto del mento, anche se lui era girato, mentre parlava con George. "Ora è ufficiale?"
La ragazza alzò le spalle, guardando di sottecchi verso il fidanzato; Ron notò un lieve rossore sulle sue guance. "Non so. Non vedo differenze da prima…"
Ron rise e sussurrò. "Sicura?" E indicò sua madre che, con una faccia da pranzo di Natale riuscito bene, sorrideva guardando il moro.

 

Ginny guardò sua madre e poi Blaise che in quel momento, come se fossero stati telepatici, si girò verso di lei e ammiccò. Sì, forse qualcosa era cambiato. E non solo lì fuori, pensò, ma anche dentro di lei.
"Ascolta, devo dirti una cosa…" iniziò Ron, ma lei non lo sentì perché in quel momento Hermione entrò in cucina e sua madre la salutò ad alta voce.
Ginny si allontanò dal fratello quando notò la riccia posare gli occhi su Blaise e poi guardare subito lei con un'occhiata interrogativa.
"Hermione!" la salutò, a voce un po' troppo alta, facendole segno di raggiungerla.

 

Hermione salutò tutti e si avvicinò al lavandino, dove Ginny stava lavando i piatti e Ron le passò un piatto e poi tornò a posarsi al piano, senza collaborare più di tanto.
"Potresti aiutare, Ron" lo apostrofò, con un leggero cipiglio: a volte il ragazzo andava accompagnato.
"Ginny sta lavando i piatti a mano perché le piace e le permette di pensare. Non voglio rovinarle il suo momento". Il ragazzo continuò a guardare verso il tavolo, senza muoversi, dopo aver detto quella frase.
"Come?" Hermione era sicura di non aver capito bene: cosa aveva detto? Era una scusa? Guardò Ginny che aveva spalancato gli occhi, girandosi verso il fratello.
"Mah… e tu come lo sai?"
Quando a Ron divennero rosse le orecchie, Hermione capì che era vero e che non stava facendo il troll.

 

Ron scosse le spalle, imbarazzato, e si passò una mano fra i capelli. Aveva parlato senza pensarci troppo e non si era reso conto di quello che diceva, così non rispose.
"Ti ricordi quando lavavamo i piatti insieme e con la schiuma ci facevamo la barba?" Il tono di Ginny divenne tenero e la sua mano gli raggiunse la faccia per depositargli una piccola quantità di schiuma sul mento. Subito dopo, però, rise e gli coprì gli occhi con altra schiuma, spalmandogliela su tutta la faccia.
Il sapone gli fece bruciare gli occhi e si agitò a quello scherzo, mentre sua sorella continuava a ridere.
Con gli occhi chiusi non ragionò e corse verso il bagno per sciacquarsi il viso, non pensando minimamente di utilizzare il lavandino della cucina.
Per fortuna sua madre lo bloccò e gli tolse la schiuma dagli occhi con la bacchetta prima che uscisse dalla cucina.
"Sempre a bisticciare, voi" lo rimproverò, ma anche lui capì che era intenerita dalla cosa.

 

Hermione si girò per dare le spalle alla stanza e si affiancò all'amica. "Quindi? Ti sei scordata di dirmi qualcosa?"
Ginny la guardò curiosa. "Cosa?"
Ma come 'cosa'? C'era Zabini a pranzo con la sua famiglia! "Forse non te ne sei accorta, ma c'è un ragazzo seduto fra i tuoi parenti…"

 

Ginny rise, lanciando un'occhiata a Blaise. "Ah, sì. L'ho trovato qui. Ma è una storia lunga, è venuto con mia mamma…"
"Molly? Ah, va bene. Avete parlato della lettera?"
Ginny scosse il capo, sciacquando un piatto. "Dopo: non siamo ancora stati da soli. Sono successe tante cose… Ho parlato con Pansy e…"
"La Parkinson! Come sta? Il bambino?"
"Stanno bene, stanno bene. L'hanno messa a letto, però, e non le piace. Nott le fa da secondino perché non vuole che qualcuno la innervosisca. È molto protettivo."
"Nott?" Lo stupore di Hermione si riversò nei suoi occhi e spalancò la bocca.
Ginny arricciò il naso. "Non si direbbe, eh? Eppure…" Anche lei era rimasta sorpresa, ma era contenta per l'amica. Lanciò un'occhiata ancora a Blaise, ma lui stava parlando con George.
"Comunque mi hanno detto che Blaise ha preso male il fatto che Harry mi abbia scritto e che sia… geloso. Secondo te è vero?"

 

Hermione si girò appena e insieme guardarono il ragazzo in questione che, serio, parlottava di qualcosa con George. Geloso Zabini? Strano. Però… Si voltò dall'altra parte a guardare Ron: sapeva che le storie d'amore potevano un po' cambiarti e lei ne aveva l'esempio sotto gli occhi. E anche lei era cambiata un pochino da quando stava con lui.
"Potrebbe essere" concluse il suo pensiero ad alta voce, alzando le spalle, rivolgendosi a Ginny. "Ma quindi è per questo che ti ha rubato la lettera?" Forse le emozioni nuove ti fanno fare anche cose non proprio consone.

 

Ginny tornò a guardarla. "Non penso sia stato lui. Ma in questo momento non mi interessa. Posso sempre sistemare le cose con Harry. Prima voglio rassicurare Blaise".
"Ma non ti interessa sapere chi è stato?"
La rossa alzò una spalla. "Probabilmente l'ho persa o l'ho messa da qualche parte e non me lo ricordo. Anche se sono meno stanca di prima, sono sempre disordinata…"
"Non dovresti dubitare di te."
"Lo so. È che proprio non riesco a pensare che possa essere stato lui. Non riesco a crederci. Non so spiegarti perché…"
Sciacquò l'ultimo bicchiere e lo posò a testa in giù sullo scolapiatti, senza asciugarlo. Tutto ciò che aveva detto era vero: non riusciva a crederci neanche quando ci pensava, che potesse essere stato lui. Ma sapeva anche che se fosse stato così, le si sarebbe spezzato il cuore. Si morse il labbro e guardò verso il ragazzo, mentre suo padre, George e Percy salutavano per smaterializzarsi e tornare al lavoro.

 

Blaise salutò i parenti di Ginny e prese in braccio il piccolo Teddy, sedendosi con lui sulla panca, quando gli si aggrappò alla gamba per contestare il fatto che dovesse andare a dormire. Voleva provare a convincerlo, magari ci sarebbe riuscito senza essere brusco.
"Teddy, smettila di fare i capricci. Il riposino pomeridiano ti sembrerà una vacanza alla mia età!" Molly, invece, si era avvicinata e glielo aveva preso dalle braccia senza tanti complimenti; forse non era necessario essere troppo teneri con i bambini, allora? Osservò la donna che, come un generale, convinceva i bambini a uscire dalla cucina per raggiungere i piani superiori.
Si guardò intorno: erano rimasti solo lui e Ginny, insieme a suo fratello e alla Granger, che sembravano confabulare vicino alla ghiacciaia.
"Ginny, devo dirti una cosa…" Weasley si avvicinò a Ginny, un po' nervoso.
"Non ora, Ron". Si avvicinò a lui e si sedette sulla panca. "Ora voglio baciare decentemente il mio ragazzo, ora che se ne sono andati tutti…" sussurrò poi verso di lui, prendendogli il viso fra le mani.
"No, Ginny davvero… Dovresti…" Anche la Granger si intromise e per poco Blaise non le lanciò una fattura: ma davvero?
La ragazza sbuffò sulle sue labbra e alzò gli occhi al soffitto. "Scusa questa mia famiglia fastidiosa…" mormorò anche se non proprio a bassa voce, prima di voltarsi e lasciare cadere la mani.
Gliene prese una e intrecciò le dita con le sue, trattenendola: anche la sua famiglia fastidiosa avrebbe dovuto scusare lui.
"Ditemi, cosa non può assolutamente aspettare… Oh,  Harry!"
Il tono sorpreso della ragazza fece girare Blaise verso la porta posteriore, dove il ragazzo che aveva salvato il mondo magico stava entrando. "Permesso…"
Tutti si stupirono del suo ingresso: Weasley, la Granger e anche Ginny era sorpresa, ma sorrise di uno dei suoi sorrisi più belli, così geloso senza volerlo ammettere, rimase seduto apposta, senza lasciare la mano della ragazza, così quando lei si alzò, le loro braccia si allungarono e lui, che pensava che lei lo avrebbe lasciato, strinse più forte le dita e tirò appena il braccio per impedirle di staccarsi da lui.

 

Ginny si girò verso Blaise quando lui la trattenne, e lo guardò con un'espressione curiosa: subito dopo lui le lasciò la mano e lei vide sul suo viso la delusione per qualcosa che non aveva capito. Cos'era successo? Ancora girata continuò a guardarlo.

 

Quando aveva capito che lei non avrebbe lasciato la sua mano, che non voleva nascondersi, ma si era solo alzata per accogliere un amico, Blaise si sentì in difetto perché non aveva afferrato subito la situazione e, senza dire niente, la lasciò andare.
Ginny si girò verso di lui e Blaise, consapevole di essersi sbagliato ma senza volerlo ammettere, le lanciò un'occhiata delusa.

 

Harry fece un altro passo per entrare del tutto in cucina e si chiuse la porta alle spalle. "Harry!" Hermione gli corse incontro abbracciandolo stretto e lui ricambiò, guardando gli altri tre occupanti della stanza: Ron, Ginny e Blaise Zabini. Un po' stranito ma senza voler darlo a vedere, si staccò dall'amica e le sorrise: sembrava l'unica contenta di vederlo, effettivamente.
"Sei tornato" disse solamente Ron, avvicinandosi, ma con ben poco entusiasmo.
"Ron…"
"Cosa sei venuto a fare? Non ci aspettavi tutti in Romania?"

 

Come? Ginny corrugò la fronte a quell'affermazione del fratello: perché Harry doveva aspettarli tutti in Romania?
Harry, forse anche lui stranito dalle parole di Ron, si passò una mano fra i capelli. "Io…"
Ginny decise di toglierlo dall'impaccio e si avvicinò. "Bentornato Harry, non fare a caso a Ron, è sempre il solito…" Lo abbracciò e nello stesso momento lanciò un'occhiataccia al fratello che abbassò lo sguardo.

 

Harry lasciò andare la ragazza e le sorrise. "Ti trovo bene" sussurrò e poi le fece l'occhiolino. Lei annuì con il capo e si girò verso Zabini che si alzò dalla panca in quel momento.
"Harry, ti ricordi di…"
"Blaise Zabini… Come stai?" Harry fece un passo verso di lui e gli porse la mano sorridendo.
"Potter. Qui va a gonfie vele. Da te?"

 

Ginny capì subito che Blaise si stava sforzando di essere gentile e cordiale. Doveva essere per quel che avevano detto Pansy e Nott, perché era geloso.
Decisa a salutare e a defilarsi a casa di Blaise, lanciò un'occhiata a Ron, che ancora non sembrava voler partecipare. Poteva lasciarli da soli?
Guardò Hermione e lei sospirò.

 

Hermione era felice di vedere Harry, ma allo stesso tempo aveva paura che Ron potesse dire o fare qualcosa che potesse rovinare la sua visita.
"Hai fatto bene a venire a trovarci! Vuoi qualcosa…" Hermione si improvvisò padrona di casa quando capì che Ron non aveva nessuna intenzione di accogliere Harry e Ginny stava pensando di andarsene con Zabini.

 

"È casa sua, Hermione, non c'è bisogno che gli offri da bere…" Ron si mise le mani in tasca e sospirò: rivedere Harry lo aveva sorpreso e un po' scombussolato, così non aveva reagito benissimo. Era quella cosa che aveva spiegato a Ginny qualche notte prima: non pensava mai alle conseguenze e sbottava all'improvviso.

 

Harry sorrise alle parole di Ron. Sapeva di essere in debito nei suoi confronti, ma non ce l'aveva fatta a tornare alla Tana prima. E se c'era riuscito ora, in fin dei conti era solo grazie a Ginny. Fece un cenno del capo all'amico e Ron gli rispose allo stesso modo, così si voltò verso sua sorella, prima di chiarirsi con lui.

"Non hai risposto al mio gufo: non sapevo cosa pensare, così… sono venuto". Harry allargò le braccia, alzando le spalle, con un sorriso che sperò fosse abbastanza amichevole e non accusatorio. Ora aveva anche paura di averla messa in difficoltà: stava con Zabini? Gli lanciò un’occhiata di sbieco e notò che lui sembrava molto attento alla situazione.

 

Ginny si portò una mano alla nuca e sospirò. "Harry, ho perso la tua lettera, per questo non ti ho risposto…" Santo Godric, com'era imbarazzante!

 

Harry sorrise: allora Ginny non ce l'aveva con lui! "Oh, bene. Cioè non…"

"Ho preso io la tua lettera, Ginny, non l'hai persa…" Ron fece un passo avanti e tutti si girarono verso di lui spalancando gli occhi.

"Sei stato tu?" esclamò lei, troppo incredula anche per aggiungere un insulto, probabilmente.

 

Blaise osservò la scena come se stesse spiando dalla finestra: Potter era tornato portando un po' di scompiglio, visto che Weasley non sembrava contento, e Ginny era troppo stranita sia dal fatto che fosse tornato, sia dalla confessione del fratello.

Ma Ginny aveva perso la lettera prima di leggerla? Allora era per questo che non gli aveva detto cosa le aveva scritto?

Sorrise soddisfatto del fatto che lei non volesse nascondergli niente e per poco non si perse il resto della conversazione.

"Ma perché lo hai fatto, brutto troll?" Ginny portò la mano alla tasca posteriore dei jeans, in cerca della bacchetta, un gesto che Blaise aveva imparato a riconoscere, ma poi il suo sguardo si posò sul piano della cucina: la sua bacchetta era lì, vicino al lavandino.

Si avvicinò a lei di un passo per cercare di calmarla, quando la situazione esplose.

"Non fa niente…" disse Potter, avvicinandosi e alzando le mani.

"Non è vero che non fa niente!" Ginny si stava infuriando e fece due passi verso il fratello che, però, non si difese, forse perché si sentiva in colpa; Blaise poteva notarlo dal suo sguardo. "Sei il solito co…"

Prima che lei potesse finire l'insulto, la Granger si avvicinò a loro e cercò di sistemare la situazione. "Beh, dai, almeno non è stato Zabini!"

Blaise si perse un attimo per afferrare tutte le parole della ragazza. Cosa c'entrava lui?

"Cosa?"chiese con voce alta e ferma. Potter si voltò verso di lui, ma Ginny, che gli dava le spalle, no.

Lei si rivolse alla Granger, in una muta domanda, probabilmente, visto che non poteva vederle il viso.

La Granger alzò le spalle in un gesto di scusa, come se volesse difendere Weasley, e probabilmente proprio per quello, pensò Blaise. "Se è stato Ron, non è stato lui…" E lo indicò con la mano.

Quando Ginny si girò verso di lui, seguendo il braccio dell'amica, alzò gli occhi e i loro sguardi si incrociarono. "Pensavi fossi stato io?" le chiese, con tono basso e incredulo.

Lei non rispose subito, come se gliela avesse fatta in un'altra lingua.

Poco dopo socchiuse gli occhi come se fosse molto stanca, poi scosse le spalle e tornò a guardare il fratello.

No, no, doveva rispondergli!

 

Ginny non riusciva a capire niente. Perché Ron le aveva preso la lettera? Pensando di aver già risposto a Blaise, si rivoltò verso il fratello per capire il motivo del suo gesto, visto che era l'unica cosa che non capiva. "Perché…"

Venne bruscamente interrotta da una mano sulla spalla, che la fece girare e si trovò a guardare gli occhi increduli del moro. "Pensavi davvero che avrei potuto fare una cosa del genere? Rubare una lettera? A te?"

"Io non…" La voce le venne fuori bassa e stanca, come se fosse una bugia, mentre invece lei non sapeva come spiegarsi.

"Non ci posso credere! Non ti fidi di me?" Blaise la lasciò andare e fece un passo indietro, incredulo, sorpreso e probabilmente anche offeso. Sentiva nel suo tono tutto il rammarico che gli leggeva in faccia.

"No, Blaise, aspetta, ti spiego: la lettera non c'era più e…"

Lui la interruppe e fece un altro passo indietro. "Non voglio avere a che fare con persone con cui la fiducia non è reciproca. Non…" La sua frase si interruppe e lui fece passare lo sguardo sui presenti. "Non voglio scuse. Avresti dovuto dirmelo…"

"Parliamone da soli. Da te…"

 

Blaise scosse il capo: non voleva parlare con lei, si sentiva infuriato e aveva paura di esplodere da un momento all'altro. Non voleva che succedesse davanti ai salvatori del mondo magico. Scosse ancora il capo. "Non voglio vederti più" mormorò, con la morte nel petto.

"No, Blaise, aspetta, posso spiegarti! Pansy…" Lei si avvicinò con un palmo alzato e lui fece un passo indietro. Anche Pansy? Ma erano tutti contro di lui? La testa iniziò a girare più della stanza e lui quasi si sentì mancare. Doveva andarsene, e subito.

"Stai lontana da casa mia. Stai lontano da me."

Così dicendo girò su se stesso e si smaterializzò.

 

Ginny guardò Blaise scomparire e spalancò gli occhi.

"Complimenti, Hermione, trovi sempre le parole giuste, eh?" Ron guardò la riccia e scosse il capo.

"Stavo cercando di difenderti! Sei veramente un troll, quando ti ci metti!" rispose l'amica, alzando un braccio.

"Ragazzi…" Harry fece un passo verso di loro e li richiamò per calmarli. Ginny pensò che lo aveva fatto così tante volte che alla fine doveva venirgli naturale.

"Smettetela di litigare!" Il grido di Ginny mise a tacere tutti e tre. Possibile che non capivano? O che dovessero parlare sempre a sproposito?

Si avvicinò a grandi passi a Ron e gli si fermò di fronte. Era molto più alto di lei, infatti dovette abbassare lo sguardo, ma la guardò negli occhi. "Ora, vuoi dirmi una buona volta perché lo hai fatto? Ho bisogno di sapere cosa diavolo ti è passato per la testa, prima di  rimediare la cosa con il mio ragazzo…"

 

Ron, alle parole della sorella, rimase interdetto. Ma sapeva che lei aveva ragione. Prese dalla tasca dei jeans la lettera piegata e gliela porse: aveva già deciso di confessare il suo gesto proprio quel giorno, così se l'era infilata in tasca.

Ginny, probabilmente ancora stizzita, abbassò lo sguardo, ma poi, invece di prendere la busta, diede un colpo alla sua mano e la fece cadere per terra. "Voglio sapere perché. Ho perso la stima di Blaise, Ron, puoi spiegarmi almeno il perchè?"

Ora lei era furiosa. Ron doveva solo ringraziare il cielo che non avesse tirato fuori, ancora, la bacchetta. Poteva comunque ancora emettere magia involontaria.

"Io… Ginny… Non volevo che venissi in Romania…" Ron si passò una mano nei capelli e poi lanciò uno sguardo di sottecchi a Harry. "Scusami, Harry…"

Come? Ginny corrugò la fronte. "Cosa vuol dire?" Ginny, quando capì che suo fratello non avrebbe risposto subito, si girò a guardare Hermione e poi Harry.

 

"Mi avevi detto che non ti eri messo in mezzo…" Hermione sospirò, come se il fidanzato le avesse mentito su un tradimento.

"È quello che ho fatto!" sostenne il rosso.

"Non mi sembra, Ron…"

"Quando Zabini si è presentato qui, non ho detto niente sul fatto che si sono messi a sbaciucchiarsi in cortile, su questo non può smentirmi nessuno! E ne avrei potute dire, di cose!" Ron guardò sua sorella e lei annuì con un gesto poco chiaro delle spalle.

Oh, che carino! Hermione gli sorrise.

"Ma hai rubato la mia lettera!" Ginny sbottò come se si fosse ricordata in quel momento del motivo del loro litigio.

Hermione si riprese: giusto, la lettera!

"Harry ci aveva invitato tutti in Romania, pensavo che… E se si fosse guastato tutto ancora? Sì, insomma, non volevo che litigaste per questo… Ora stai così bene. Dormi di notte, sei felice… Beh, non so effettivamente… ora avete litigato… Oddio, scusa Ginny, non volevo che…"

 

Ginny fece un verso strozzato con la bocca e fece un passo verso il fratello. "Ron, riesci sempre a combinare qualche guaio… Vieni qui, Troll che non sei altro!" E così dicendo passò un braccio intorno al collo di suo fratello e lo fece chinare per abbracciarlo.

Nel suo modo rozzo, confusionario e totalmente incoerente, Ron aveva tentato di aiutarla. Questa considerazione non riuscì a farla rimanere arrabbiata e strinse il ragazzo stretto. "Mi farai morire…"

"Non volevo farvi litigare. Davvero… posso andargli a parlare, se vuoi."

"No, no, è meglio di no. Ci penso io". Ginny quasi ridacchiò isterica, come se avesse per poco scampato un pericolo. Poi si voltò verso Harry. "Quindi ci volevi tutti in Romania?"

 

Harry, per la prima volta da quando era entrato alla Tana, sorrise contento. "Ehm, sì… Ho seguito il tuo consiglio e ho preso una casa in affitto. Volevo farvela vedere…"

 

Ginny sorrise sincera. "Ma è meraviglioso, Harry. Sono contenta per te!" E detto questo, abbracciò di nuovo il ragazzo. Quando si staccò da lui, tornò a girarsi verso il fratello. “E ora, fatevi una bella chiacchierata. Prendetevi a pugni o fate un giro sulla scopa o quello che fanno i ragazzi per fare pace: perché sapete bene tutti e due che la vostra amicizia è più importante di qualsiasi cosa possiate pensare l’uno dell’altro”.

Hermione le lanciò un sorriso di gioia e annuì alle sue parole, mentre i ragazzi si scambiavano un’occhiata.
Si girò quando capì che lì non aveva nient’altro da fare.
Ora doveva solo risolvere il guaio più grosso della sua vita.

-

-

-

-

***Eccomi! Spero di farmi perdonare il ritardo con questo capitolo corposo (ma non happyend... 😅).

Grazie a tutti!!!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4054636