La nostra finta amicizia di ONLYKORINE (/viewuser.php?uid=1040879)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il San Mungo ***
Capitolo 3: *** Il ballo a Stin'sen House ***
Capitolo 4: *** La prima foto ***
Capitolo 5: *** Il ricatto ***
Capitolo 6: *** Profumo di Vetiver ***
Capitolo 7: *** Ciliegie e Mela Verde ***
Capitolo 8: *** A casa di Mrs Madeleine ***
Capitolo 9: *** Il sogno ***
Capitolo 10: *** Una lezione per due ***
Capitolo 11: *** Little Vee ***
Capitolo 12: *** Snasi e Galeoni ***
Capitolo 13: *** Il Tiri Vispi ***
Capitolo 14: *** Alla Tana ***
Capitolo 15: *** Il Magician Directory ***
Capitolo 16: *** I Fiori Blu ***
Capitolo 17: *** Confidenze ***
Capitolo 18: *** Chiacchiere, vestiti e burrobirre ***
Capitolo 19: *** Strascichi ***
Capitolo 20: *** Preparativi ***
Capitolo 21: *** La cena di beneficenza ***
Capitolo 22: *** Che la festa abbia inizio! ***
Capitolo 23: *** Uno, due, tre: asta aggiudicata! ***
Capitolo 24: *** Regali ***
Capitolo 25: *** La nipote dei fiori ***
Capitolo 26: *** Affare concluso ***
Capitolo 27: *** Altro ballo, altra corsa ***
Capitolo 28: *** Uno strano gruppetto ***
Capitolo 29: *** Imperium o Veritaserum ***
Capitolo 30: *** Finalmente confessioni ***
Capitolo 31: *** Foto, disegni e baci ***
Capitolo 32: *** Carte da gioco e foto babbane ***
Capitolo 33: *** Problemi? ***
Capitolo 34: *** Cose non dette ***
Capitolo 35: *** Galeotto fu il Galeone ***
Capitolo 36: *** Lettere ***
Capitolo 37: *** E se fosse questo, l'amore? ***
Capitolo 38: *** Mattina ***
Capitolo 39: *** Un arrivo inaspettato ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
prologo
Prologo
-
Lasciarsi
-
"Non
è fantastico,
qui, Ginny?"
Ginny si coprì con il
lenzuolo mentre rotolava sulla schiena nel grosso letto. Sì,
era fantastico:
finalmente lei e Harry avevano ripreso a fare l'amore dopo tantissimo
tempo e
sapeva che era merito della loro vacanza in Romania.
"Sì, Harry, è molto
bello" lo assecondò.
"Che ne diresti se…
se rimandassimo il ritorno?"
Ginny sospirò: sapeva che
sarebbe successo. Harry, a due anni dalla sconfitta di Voldemort,
sembrava
un'anima in pena. All'inizio erano stati i giornalisti e i sensi di
colpa a
dargli problemi, poi, quando il mondo magico aveva iniziato a
riprendersi, lui
era rimasto indietro: aveva partecipato alla ricostruzione di Hogwarts
e a
tutti gli altri eventi, sì, aveva sorriso e stretto mani,
l'aveva abbracciata e
baciata in pubblico, ma lui era cambiato. Ginny era consapevole del
fatto che
nessuno di loro era rimasto incolume al combattimento e allo svolgersi
della
battaglia, che le ferite che una guerra causa al cuore, all'anima e
alla mente sono peggiori di quelle del corpo, ma Harry sembrava l'unico
a non riuscire ad
andare avanti. Come se non ci provasse neanche, era assente al mondo e
le
giornate avevano iniziato a passare senza di lui.
Il bel mondo lo stava
abbandonando: dopo un primo assedio veramente pesante, anche i
giornalisti
avevano iniziato a lasciarlo stare e, se Ginny aveva pensato che
sarebbe stato
meglio, alla fine aveva capito anche lei che Harry stava elaborando
male il
tutto. L'unica era stata portarlo via dall'Inghilterra.
Aveva scritto a Charlie,
spiegando al fratello quanto fosse grave la situazione, e lui aveva
accettato
di ospitarli per quella che Ginny aveva presentato a Harry come una
vacanza.
"Harry…"
"Ginny, davvero,
non
c'è fretta di tornare, in fin dei conti…" la
interruppe Harry, pensando
che lei avrebbe fatto storie e, essendosi già preparato il
discorso perché ci
stava pensando da qualche giorno, si preparò a sostenere la
sua opinione.
"Harry, ascoltami: so
che non sei felice a casa. Qui ti ho visto: sei un'altra persona, sei
quel
ragazzo di cui mi sono innamorata la prima volta che l'ho visto e, allo
stesso
tempo, sei cresciuto e maturato. Hai ragione, dovresti rimanere qui.
Penso
addirittura che non dovresti più tornare stabilmente in
Inghilterra, se ciò
dovesse farti tornare l'uomo con cui vivo da sei mesi…"
Appena la fidanzata
sospirò, Harry ne approfittò per interromperla e
continuare a perorare la sua
causa. "Ho fatto richiesta di trasferimento al Ministero e mi
è stato
concesso! Sono così felice che la pensi come me, pensavo che
avresti…"
Ginny sorrise di
un
sorriso mesto e gli accarezzò la guancia con il dorso delle
dita. "Hai
chiesto un trasferimento senza parlarne prima con me?" Stranamente, non
era arrabbiata. Lei capiva perfettamente tutto: era solo triste.
Harry spalancò gli occhi:
probabilmente non aveva pensato al fatto che avrebbe dovuto parlarne
prima con
lei anche se, in fin dei conti, avrebbero dovuto sposarsi da
lì a qualche mese
e quello non era il miglior modo per iniziare una relazione duratura.
Ma,
ancora, capiva. E capiva anche che non era normale: non era normale che
a lei
stesse bene. Anche se voleva che lui fosse felice, non avrebbe dovuto
essere
così rassegnata all'idea di perderlo.
Quando Harry l'aveva
lasciata per andare a cercare gli Horcrux il suo cuore si era spezzato
e lei
aveva sofferto così tanto che pensava di morirne, mentre in
quel momento…
"Scusa,
io…"
Harry non sapeva cosa dire: lei non sembrava arrabbiata, ma qualcosa
gli diceva
che non era tutto giusto. "Se non avessero accettato non ti avrei detto
niente…"
"E non ti sembra che
non sarebbe stato corretto neanche questo?"
Come? Harry non capiva.
"In che senso?"
"Dovremmo parlare di
quello che non va, progettare un futuro insieme, quelle cose
lì che fanno le
coppie. Non lasciare che sia il Ministero a decidere il nostro
avvenire…"
La voce della ragazza si
abbassò e divenne quasi triste, ma Harry capì che
non era contraria così si
sentiva molto confuso.
"Quindi? Non ho
capito…"
Ginny
sospirò, portandosi
a sedere. Era come se quel movimento le avesse dato il coraggio per
fare quello
che stava facendo. "Tu resta qui, Harry. Io… io torno a
casa. Voglio stare
vicino alla mia famiglia e sto per diventare titolare in squadra. Non
voglio
trasferirmi…"
"Ma puoi giocare a
Quidditch ovunque! Puoi fare le selezioni qui in Romania e…"
"Harry, sono nelle Holyhead Harpies e, ora
che finalmente ci
sono riuscita, non voglio ricominciare da un'altra parte. Ho sempre
adorato la
squadra, è il mio sogno da quando ero piccola: voglio
giocare con Gwenog."
"Così
preferisci lasciarmi!"
"Preferisco
essere felici in due, Harry."
Harry
sbuffò e si portò le mani dietro la nuca,
guardando il soffitto. Cosa fare?
"Harry, ascoltami…" iniziò Ginny, sdraiandosi
accanto a lui e
prendendogli un braccio per appoggiarci la testa e farsi abbracciare.
"Tutti e due ci meritiamo di essere felici. E se non possiamo esserlo
insieme… dovremo esserlo separati. Ma non per questo
dobbiamo odiarci o cose
così. Io ti voglio bene e te ne vorrò sempre"
disse, poco dopo, e anche
lui si rese conto che le sue parole erano vere. Tristi, ma vere. Lei
non
sarebbe stata felice lì con lui, lontano dalla sua famiglia,
avrebbe dovuto
ricominciare la sua carriera da capo, e giocare nelle Holyhead Harpies
era
sempre stato il suo sogno: non poteva costringerla a fare una scelta
così
drastica.
Annuì
e l'abbracciò stretta. "Avevamo appena ripreso a fare
l'amore…"
disse, sconsolato.
Ginny
rise e lui si voltò verso di lei. "Sapevo che ti interessava
solo
questo!"
Come?
No no… "No, è che…" Harry
sentì il viso andare a fuoco: non voleva
dare quell'impressione.
"Harry,
va tutto bene. Sono contenta anch'io di questo. E non ho intenzione di
sospenderlo. Dobbiamo recuperare quattro mesi prima della mia partenza!"
Harry
la guardò con uno sguardo sornione. "La passaporta
è programmata per il
ritorno fra quattro giorni…"
"Quindi
dovremmo darci dentro!" rispose lei, sorridendo, facendo cadere il
lenzuolo
e salendo a cavalcioni sul corpo del ragazzo.
-
-
-
***Eccomi
con una nuova storia! Sì, lo so che ne ho ancora qualcuna da
finire, ma questa... questa è da un po' che è in
lavorazione e io non vedevo l'ora di pubblicarla. Prometto che
finirò anche le altre (mi sembra che ne siano rimaste SOLO -
😅
due) e prometto che sarò costante con la
pubblicazione
(visto che ho già metà storia, non dovrebbe
essere un
problema grosso, ma chi lo sa... 😅)
Intanto
grazie a tutti perchè sia che stiate leggendo
perchè mi
conoscete o perchè vi piace la coppia (prima esperienza per
me)
mi state leggendo. Prometto di non deludervi (O almeno ci
proverò!).
Ah, non
per ultimo, diciamo che ultimamente ho guardato i Bridgerton e mi sono
divertita a infilare qualche riferimento al 1800 - anche se molto
moderno, devo ammettere! 🤭 )
Grazie
ancora
|
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Capitolo 2 *** Il San Mungo ***
01-Il San Mungo
Il San Mungo
Otto mesi dopo
Ginny
sbuffò ancora guardando l'orologio: era mezz'ora che stava
aspettando il
medimago in quel piccolo corridoio e nessuno l'aveva ancora chiamata.
L'infermiera le aveva detto già due volte di sedersi e di
aspettare,
confermando che qualcuno l'avrebbe chiamata a breve.
Odiava
il San Mungo, non le piaceva stare lì: le ricordava tutti i
ricoveri che
c'erano stati dopo la battaglia di Hogwarts e tutte le cure che avevano
dovuto
fare per riprendersi. Si guardò le braccia e si
sentì calda: anche il viso le
scottava e un dolore sordo le martellava la testa. Iniziava a sentirsi
stanca e
stressata: ma aveva paura che sarebbe peggiorato tutto se fosse andata
a casa
senza farsi vedere da un Medimago, quindi era obbligata ad aspettare
che la
visitassero.
Il
corridoio non era molto grande: c'erano tre sedie contro il muro delle
due
pareti che si fronteggiavano, le uniche senza porte; alle sue spalle
c'era una
finestra, ma girarsi per guardare fuori le provocava dei giramenti di
testa,
così Ginny rimase a osservare davanti a sé,
controllando le due porte
scorrevoli che si aprivano automaticamente quando passava un Medimago o
un
infermiere.
La
signora seduta al di là del corridoio, sembrava avanti con
l'età, sicuramente
più vecchia di sua madre e più giovane di sua
nonna, ma il suo viso, anche se
rigato dal tempo, mostrava una bellezza invecchiata bene, anche se
sembrava
molto stanca. Non avendo niente da fare, Ginny tentò di
attaccare bottone.
"Lei
aspetta da molto?" chiese, quindi.
La
donna, con la pelle olivastra e gli occhi scuri, le sorrise. "Sono qui
da
più di un'ora, cara".
Un'ora?
Ginny incassò le spalle: anche lei avrebbe dovuto aspettare
così tanto tempo? E
perché, visto che non c'era nessun altro, non era venuto
qualcuno a chiamarle?
Annuì e si alzò in piedi, per contenere il
nervosismo con qualche passo,
nonostante la testa continuasse a girare.
"Signorina
si sieda, non può stare in piedi" la sgridò dopo
poco un'infermiera,
comparsa dalla porta scorrevole.
"È
tanto che
aspettiamo, non riuscivo più a stare seduta. Mi sa dire
quando arriverà il
medimago?"
"Quando arriverà, lo vedrà. Si sieda e
aspetti."
Ginny sospirò e si risedette un po' nervosamente e
lanciò un'occhiata alla donna seduta oltre il corridoio, che
le sorrise
paziente.
"Ma la signora è qui da più di un'ora, dobbiamo
davvero aspettare così tanto?" domandò ancora,
cercando comunque di non
essere maleducata.
L'infermiera lanciò un'occhiata alla donna e poi
sbuffò rumorosamente e borbottò: "Questa pazza
è sempre qui…" E sparì
oltre l'altra porta scorrevole in fondo.
Ginny la ignorò e sorrise ancora alla strega. "Niente
da fare, mi spiace…"
Anche la donna sospirò. "È sempre
così,
qui" confermò lei.
"Viene spesso?" si informò. Magari aveva
una malattia magica che necessitava di cure continue. Per un attimo,
Ginny ebbe
pietà di lei e sperò che tutto quello che facesse
non le desse grossi problemi.
"Sì, ma spesso non ricordo il perché sono
venuta…" Come? La ragazza alzò un sopracciglio:
che avesse ragione
l'infermiera? La sua faccia probabilmente parlava per lei,
perché la donna
continuò a spiegare. "Mi capita, in alcuni momenti, di
ritrovarmi qui
senza capire perché ci sono, così ora non mi
considerano più molto attendibile…"
"Ma come? Probabilmente lei è sotto un incantesimo
o qualcosa del genere!" Un Confundus dato bene o un Imperios, lasciano
dei
vuoti di memoria, le infermiere dovevano prestare attenzione e non
sottovalutare la cosa.
"No, ho spiegato al medimago che mi aveva
visitato le prime volte, cosa sentivo e lui mi ha visitato, non sono
sotto
l'effetto di alcun incantesimo."
"Per fortuna!"
"Sì,
per fortuna…" La donna sospirò e
guardò per un attimo fuori dalla finestra
del corridoio: il giardino sottostante era bellissimo, pieno di alberi
in fiori
e aiuole colorate. "È che così non so cosa mi
stia succedendo… A volte accade
anche quando sono a casa e non so mai perché…"
Oh,
che brutto! Era vero, però: non sapere era peggio di
ricevere l'esito di una
brutta malattia.
"Hanno
detto che sono diventata vecchia e che è normale, invece io
so che non è così.
Ma non riesco a dimostrarlo. Quando arrivo qui e spiego che non ricordo
perché
sono venuta, ma mi sembra di non stare bene, chiamano mio figlio e mi
fanno
riportare a casa. E nessuno vuole più visitarmi. Ho sperato
di incontrare un
medimago diverso, oggi. È come se mi rendessi conto che
è una cosa importante, che
si stanno sbagliando, ma non capisco perché e come
spiegarlo…"
Ginny
si alzò e attraversò il corridoio per sederle
vicino. "Ha provato a
scrivere una sorta di diario? Anche in più momenti del
giorno, scrivere cosa
fa, cosa mangia, se qualcosa le sembra strano… Se lei
riuscisse a scrivere
perché sente il bisogno di venire qui, subito, prima ancora
di farlo, potrà
spiegare ai Medimaghi cosa è successo. E se lo fa per
qualche giorno di fila e
nota che c'è una ripetitività, sicuramente si
riuscirà a capire cosa le provoca
i vuoti di memoria. Se dice che è qualcosa che le succede, e
non perché sta
invecchiando, io le credo. E noi conosciamo il nostro corpo e la nostra
mente,
se sappiamo che una diagnosi è sbagliata, non dobbiamo
arrenderci!"
La
strega le sorrise e le diede ragione, dicendole che avrebbe seguito il
suo
consiglio. Ginny frugò nella borsetta e le
allungò una penna auto-inchiostrante
del TiriVispi, mentre si sedeva su una sedia vuota accanto a lei. "Lo
scriva adesso, che deve farlo, così quando
tornerà a casa non lo
scorderà".
La
strega fece apparire con la bacchetta un biglietto di pergamena e
iniziò a
scrivere poche parole con una calligrafia elegante e fina.
Staccò gli occhi
dalla pergamena e notò che sotto le sue unghie c'era della
terra. Era strano,
perché per il resto era pulita e curata. Ma sapeva che
quando sua madre
lavorava in giardino, brontolava perché faceva fatica a
pulirsi le mani.
"Si
occupa di giardinaggio?"
Gli
occhi della strega si illuminarono. "Sì, ho un roseto e
qualche piccola
aiula. La settimana prossima dovrebbero sbocciare dei nuovi fiori, ne
sto
aspettando almeno una decina, non vedo l'ora che succeda. Sai io non
uso la
magia per le coltivazioni, come fanno molte, mi piace che rispettino i
loro
tempi… Ho un piccolo giardino d'inverno nel retro di casa
mia, lì a volte la
magia sono costretta a usarla, ma cerco di non farlo spesso, solo
d'inverno. Ho
anche…"
La
donna le raccontò molte cose e Ginny ebbe l'impressione che
non fosse una
vecchia svampita come pensava l'infermiera. L'ascoltò con
interesse mentre le
spiegava dettagli di fiori e piante da far impallidire la professoressa
Sprite
di Hogwarts, ma il giardinaggio non era l'unica cosa di cui le piacesse
parlare
e Ginny sorrise mentre le raccontava aneddoti di famiglia e altre
piccole cose.
Mentre narrava di vicende passate, la strega muoveva le mani e quando
le agitò
un po' di più, Ginny notò dei piccoli puntini blu
sulle sue dita e sui palmi
delle mani: si vedevano solo quando le alzava verso la luce, dava quasi
l'impressione che fossero ricoperte di polvere magica.
"Miss Weasley, ora può
entrare" esordì l'infermiera, aprendo la porta da dove era
sparita poco
prima.
"Ma la signora è qui
da…" rispose lei, girandosi verso la strega: era arrivata
prima di lei ed
era giusto che avesse la precedenza.
"Mrs Madeleine sta
aspettando che il figlio venga a prenderla. Lo abbiamo fatto chiamare.
Venga" ordinò quindi l'infermiera.
Ginny si alzò lentamente e
si girò verso la strega per salutarla. Avrebbe
però voluto dire a qualcuno
della polvere che aveva notato sulle sue mani, ma di sicuro non lo
avrebbe
raccontato a quell'infermiera odiosa. Forse al figlio, sì, a
lui poteva farlo
sapere. O anche a lei, nel caso suo figlio non le avesse creduto.
"Non preoccuparti,
cara, vai pure!" esclamò la strega, sventolando la mano
davanti al suo
viso per indicarle di obbedire all'infermiera. Uno strano profumo le
riempì le
narici.
"Mrs Madeleine,
scriva anche che deve…" Improvvisamente le parole le
morirono sulle labbra
e nella mente: cosa doveva dirle? Un leggero giramento di testa le fece
perdere
la concentrazione.
"Venga, su, non aveva
fretta?" la provocò l'infermiera e Ginny, che non riusciva a
capire cosa
fosse successo, annuì senza dire più niente.
Quando si girò verso il
corridoio, prima di entrare nell'ambulatorio, notò che Mrs
Madeleine la
osservava e cercò di sorriderle.
La donna aggrottò la
fronte e scribacchiò di nuovo sulla pergamena, ma Ginny non
riuscì a leggere
cosa avesse scritto.
***
"Mamma, sto
uscendo. Torno
domani a trovarti. Kikky sa come trovarmi, comunque, nel caso ci fosse
bisogno…
Sicura, allora, che non vuoi venire?" chiese il ragazzo, per l'ennesima
volta.
La strega sospirò, alzando
gli occhi dal lavoro a maglia e guardando il figlio. "Divertiti e non
pensare a me, starò bene a casa, stasera. Ti sei ricordato la boîte?"
Blaise rise e annuì,
toccandosi una tasca dei pantaloni eleganti dove aveva incantato e
rimpicciolito quella che sua madre continuava a definire la
boîte. Era l'inizio di maggio e quella sera la luna
sarebbe
stata quasi piena. La luce sarebbe stata giusta, il cielo era sereno e
lui
sapeva come cogliere le sfumature più belle della notte.
Soprattutto nel
giardino della villa di Stin'sen, dove quella sera si sarebbe tenuto il
ballo
del Ministero della Magia.
"Non riesci proprio a
chiamarla con il suo nome, vero?" Si chinò su sua madre e le
fece una
carezza materna sulla testa: stava invecchiando e, anche se spesso ai
figli non
piaceva l'idea, doveva accettare il fatto che avrebbe avuto sempre
più bisogno
di lui.
Blaise aveva sempre saputo
che il fatto di essere stato concepito tardi gli dava il grosso
svantaggio di
veder invecchiare sua madre prima del tempo, ma constatarlo ogni giorno
di più,
gli dava qualche pensiero.
"Mia nonna la
chiamava così: la boîte. Non riesco a usare un
nome diverso!" La strega
ridacchiò mentre incantava il gomitolo e si metteva
più comoda sulla poltrona.
"Lo sai che non sono totalmente rimbambita, vero? So che si chiama
macchina fotografica!" Il tono di sua madre divenne stizzito, mentre
pronunciava le ultime frasi, e lei piuttosto nervosa.
Blaise annuì, poco
convinto: sua madre aveva superato la sessantina e, per quanto non
volesse
ammetterlo, stava perdendo colpi.
La strega sbuffò ancora e
si allungò allo scrittoio per prendere un piccolo plico di
pergamene. Quando la
sua mano agguantò anche una lunga piuma rossa e oro, Blaise
si fece più
attento: doveva l'aveva presa? Non era una di quelle di sua madre. Si
avvicinò
velocemente e lanciò un'occhiata alla pergamena quando vide
la madre scrivere.
Cercò di decifrare la sua calligrafia senza avvicinarsi
troppo, ma lei se ne
accorse.
"Mi spii, Blaise? Non
posso neanche più scrivere i miei pensieri in santa pace?"
"Cosa scrivi, mamma?
Devi mandare un gufo a qualcuno?" chiese allora, cercando di sbirciare
ancora.
Lei scosse le spalle e lo
liquidò con una mano, coprendo la pergamena.
"Adesso che mi ci fai
pensare, voglio mandare un gufo a quella ragazza…
Chissà se le piacerebbe
venire qui, e vedere il mio giardino. La settimana prossima sono sicura
che
sbocceranno i fiori nuovi…"
Chi? Quale ragazza? Blaise
capì che avrebbe fatto tardi alla festa, ma doveva
assolutamente capire cosa
stesse combinando sua madre.
"Di chi parli?"
"Ieri, al San Mungo,
c'era una ragazza che aspettava di essere visitata insieme a me;
abbiamo
chiacchierato un po'..."
Blaise sospirò: sperò che
chiunque avesse incontrato sua madre non pensasse che fosse una preda
facile e
volesse circuirla.
"Ah. E ti ha detto
che vuole vedere i tuoi fiori?" chiese, guardingo: la strega era
piuttosto
suscettibile, negli ultimi tempi, e lui voleva indagare senza che lei
se ne
accorgesse.
"No, abbiamo solo
chiacchierato. È stata molto gentile e ultimamente non lo
sono in molti, là al
San Mungo…"
Il ragazzo si morse un
labbro al pensiero che la donna avesse ragione: neanche lui era stato
molto
paziente con la questione delle visite in ospedale. "Mi spiace,
mamma…" Lei lo liquidò ancora con la mano e
sorrise: per un attimo a
Blaise ricordò la madre che era stata quando lui era un
adolescente.
La donna fece dondolare la
piuma colorata e lo guardò piegando la testa. "Dici che le
andrebbe di
venire a vedere le rose e quei nuovi fiori che mi ha regalato Rachel?
Potrei
dirle che voglio restituirle la piuma…"
"Ti ha dato lei la
piuma?" chiese quindi, tirando fuori la bacchetta mentre la madre
annuiva.
"Me l'ha prestata
quando mi ha detto di scrivere le cose per non dimenticarle."
"Ti ha consigliato
questo?" domandò, di nuovo, Blaise, incuriosito: non era una
cosa
malvagia, effettivamente. Se sua madre non si ricordava più
le cose, scriverle
l'avrebbe aiutata a capire tutto ciò che aveva iniziato a
scordarsi e farsene
una ragione. Forse così si sarebbe fatta aiutare. Non
aspettò la risposta della
madre e chiese ancora: "Quindi è una medimago?" In quel
momento
voleva soltanto scoprire chi fosse la famosa ragazza, assicurarsi che
non fosse
un problema e uscire.
"No, lei era in fila
per essere visitata e abbiamo parlato un po' perché l'attesa
si era fatta
lunga. Alla fine è stata chiamata di corsa e non ho avuto
l'occasione per
restituirle la penna… E neanche di chiederle come si
chiamasse."
Blaise puntò la bacchetta
e controllò con un incantesimo che la penna non contenesse
tracce di magia
oscura. Va bene fidarsi, ma era meglio essere sicuri. Sua madre
sbuffò
pesantemente e l'appoggiò in grembo. "L'avevo già
controllata io, ma mi fa
piacere che pensi che sia rimbambita."
"Non intendevo
questo, mamma…"
"Comunque…" lo
interruppe lei, con lo stesso cipiglio che aveva qualche anno prima,
sfogliando
diverse pergamene che aveva in grembo fino a prendere un biglietto. "Ho
sentito l'infermiera mentre la chiamava e ho scritto subito il suo
cognome, per
non scordarlo, e poi a casa ho controllato sulla mia copia del Magician Directory e ho scoperto il suo
nome completo: guarda!" esclamò, contenta come una bambina a
cui avessero
regalato un dono.
Blaise prese il foglietto
che la madre gli porgeva con interesse: non sembrava per niente una
donna
svampita dall'età, anzi, e contento abbassò gli
occhi per leggere cosa ci fosse
scritto sulla pergamena. E imprecò. Forte.
Porca Morgana! Ginny
Weasley?
-
-
-
*** Beh, io volevo pubblicare
lunedì, ma non ho resistito... 😅
chissà se anche voi avete voglia di
leggere quanto io ne ho di pubblicare! Buona lettura a tutti!
|
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Capitolo 3 *** Il ballo a Stin'sen House ***
Il ballo
a Stin'sen House
-
-
Ginny
sospirò e si distese
sul copriletto aprendo le braccia.
"Cosa ti metti
stasera?" La rossa alzò appena le palpebre e
guardò Hermione da sotto le
ciglia.
"Il pigiama?"
ironizzò, sospirando.
"Dai, Ginny, è un
ballo del Ministero! E stasera ci sarà proprio tutto il
mondo magico, pensa che
viene anche Shakebolt! Mi ha promesso che parleremo della mia campagna
per il
C.R.E.P.A!" esclamò entusiasta.
Interessante
come un vermicolo in uno stivale,
pensò la rossa, ma non ebbe il
coraggio di dirlo ad alta voce: non voleva offendere Hermione, anche se
considerava il C.R.E.P.A una perdita di tempo. La ragazza richiuse gli
occhi e
girò la testa per non farsi vedere dall'amica: le piacevano
i balli, ma odiava
quelli del Ministero: la gente era indiscreta, spettegolava e cercava
di
scoprire i segreti degli altri. In pratica come a Hogwarts,
però più in grande.
Molto più in grande.
"A te piace andarci
perché nessuno parla alle tue spalle…" la
rimproverò, quando non le venne
in mente un motivo sufficiente per declinare l'invito.
"Sicuramente
parleranno anche alle mie spalle, ma… indovina? Non mi
interessa!"
Hermione ridacchiò come non aveva mai fatto neanche da
ragazzina. No, a lei non
interessava davvero. Forse perché su di lei si dicevano solo
cose belle. Perché
lei aveva salvato il mondo magico. Perché lei era una delle
persone più
importanti e la gente faceva a gara a mostrarsi gentile e a farle
favori.
Sospirò: non voleva sembrare invidiosa o ingrata, ma aver
lasciato che Harry
rimanesse in Romania ed essere tornata a casa ad affrontare i
pettegolezzi di
tutti, da sola, l'avevano un po' provata.
"Vieni anche tu, magari
verranno anche Neville e Luna…" Ginny annuì,
ormai convinta: la sua
assenza avrebbe fatto chiacchierare molto di più della sua
presenza e lei si
sarebbe comunque arrabbiata a leggere le bugie che i vari giornali
scandalistici avrebbero propinato ai lettori. Forse, se non avesse dato
modo di
parlare di sé, non avrebbero scritto niente. Almeno avrebbe
visto gli altri.
Hermione sorrise
e
accarezzò i capelli dell'amica. Sapeva che aveva bisogno di
distrarsi e chi lo
sa, forse anche di conoscere gente nuova: la sua relazione con Harry
era
naufragata, ma lei doveva solo guardare avanti.
"Devi solo svagarti
un po'…"
Ginny si alzò dal letto e
si tolse l'accappatoio. "La mia idea di svago è differente
dalla tua, mi
sa… Comunque mi sono svagata la settimana scorsa, nel letto
di…" iniziò,
girando le spalle a Hermione e mostrando la schiena e la parte
posteriore delle
braccia all'amica.
"Santo Merlino!"
"Oddio, no, non
proprio così tanto" disse Ginny, voltando il viso verso di
lei,
fraintendendo la sua esclamazione. "Non un disastro, ma niente di
così
eclatante, purtroppo… Era solo Richard del…"
"Lascia stare il
sesso, sto parlando delle tue braccia! Che hai fatto? Sono…
bordeaux, proprio
rosso fuoco, molto più dei tuoi capelli!" spiegò
Hermione, indicandola.
Ginny
alzò le spalle
mentre si infilava la biancheria.
"Ah, sì, mi sono
scordata di mettere la lozione solare, e ieri quando abbiamo fatto
l'allenamento mi sono scottata, ma non preoccuparti: sono stata al San
Mungo e
mi hanno curato. Guarda, in faccia sto benissimo!" disse ancora,
lanciando
uno sguardo alla piccola toilette che c'era in fondo al suo letto e
cercando di
guardarsi allo specchio.
"Sì, il tuo viso è
abbronzato, ma le tue braccia…" disse ancora Hermione,
scrutandola con la
fronte aggrottata. "E perché solo gli avambracci sono
così… rossi?"
chiese ancora, avvicinandosi e prendendole una mano, e osservando la
linea
quasi perfettamente orizzontale che, sul bicipite, divideva la pelle
chiara con
cui era nata da quella abbrustolita dal sole.
"È perché indosso la
T-shirt mentre faccio allenamento" spiegò. Qualcuna delle
altre ragazze aveva
iniziato ad arrotolarsi le maniche sulle spalle, così da
abbronzarsi più
uniformemente, ma lei non ci aveva pensato, né le
interessava particolarmente.
"Ma si vedrà con il
vestito! È senza maniche…" constatò
Hermione, osservando l'abito che
avrebbe dovuto indossare l'amica: era verde, di molte
tonalità e di una stoffa
leggera, così impalpabile al tatto da sembrare magico, ma
era smanicato.
"Allora vorrà dire
che non verrò!" Merlino, perché non ci aveva
pensato prima? Quella era un'ottima
scusa!
"No, no. Dovrei avere
uno scialle. Aspetta che lo cerco."
Hermione guardò dentro la
sua borsetta allargata con un incantesimo di estensione e ci
infilò dentro
tutto il braccio. "Uffa, ma dov'è? L'ho preso su, sono
sicura…"
borbottò.
"Ma non occorre,
Herm…"
"Sì, ce l'ho, ce
l'ho!" esclamò dopo poco, interrompendola. Hermione
tirò fuori dalla
borsetta uno scialle bianco di pizzo. Molto carino a dir la
verità, ma non
proprio nello stile di Ginny.
"Mmm…" mormorò
la rossa, mentre Hermione apriva del tutto la stoffa. "Non vorrei dire,
ma
non ci sta molto bene…"
La riccia impugnò la
bacchetta e, senza neanche parlare, incantò lo scialle che
divenne nero e
lucido, lo appoggiò sul vestito steso sul letto e anche
Ginny dovette ammettere
che faceva la sua figura.
Sospirando annuì e acconsentì
ad andare al ballo.
"Dove hai detto che sarà,
stavolta? A casa di chi?"
*
All'ennesimo 'Ti
trovo
bene… e Harry come sta?' Ginny pensò che avrebbe
preferito farsi torturare con
mille cruciatus piuttosto che rimanere un altro minuto lì.
Come avrebbe voluto
potersi smaterializzare a casa, ma poi chi l'avrebbe sentita sua madre
e la sua
fissa per il galateo magico? I coniugi Stin'sen erano una coppia
bigotta ed
esageratamente pomposa, se non fosse stata in compagnia della sua
famiglia
avrebbe volentieri suscitato un po' di clamore, solo per
scandalizzarli. Il
problema era che erano ben visti al Ministero e sua madre le aveva
lanciato
occhiate di fuoco ogni volta che aveva pensato -solo pensato!- di dire
qualcosa
di sconveniente. Così, con un enorme sforzo di
autocontrollo, aveva sorriso e
ringraziato quando l'etichetta lo richiedeva.
Per fortuna la dimora degli
Stin'sen era maestosa, oltre che bella ed elegante così si
guardò intorno,
cercando, nell'enorme sala, un posto dove nascondersi. Così
poteva dire di
essere rimasta e che non l'avevano vista perché stava
chiacchier… ehm…
intrattenendo una conversazione interessante con qualcuno di
importante.
Chiunque.
Mentre ascoltava con un
orecchio solo il Ministro McRiggen che spiegava a Hermione, Ron e al
resto
della sua famiglia, di come avesse salvato un manufatto raro da una
tomba
egizia che stava per cadere nelle mani di una squadra di babbani, Ginny
pensò
che fosse il momento buono per sparire oltre le tende del salone e
vedere cosa
ci fosse al di là delle colonne che fiancheggiavano la
grande sala.
Mentre camminava
velocemente per impedire a chiunque di fermare la sua fuga, vide il
tavolo del
buffet e un elfo che stava facendo apparire spuntini e dolci nei vassoi
poco
prima vuoti. Oh, sarebbe sicuramente passata di lì prima di
nascondersi! Magari
si sarebbe seduta da qualche parte a mangiucchiare qualcosa e si
sarebbe anche tolta
le scarpe: quei dannati sandali con il tacco erano uno strumento di
tortura!
Quando arrivò davanti al
tavolo adocchiò velocemente ciò che le
interessava e allungando prima un
braccio e poi l'altro, prese un grosso dolcetto con crema e frutta e un
bicchiere di vino. Il fatto che riuscì a fare tutto senza
mai fare cadere lo
scialle, che le dava un bel po' di noia, né intingerlo nei
vassoi e piatti da
portata, la fecero sorridere e decidere di aver preso la giusta
decisione.
Camminò spedita verso l'unica tenda che vedeva slacciata e
si intrufolò dietro,
per scoprire una veranda chiusa che correva lungo tutta la lunghezza
della
sala, che rimaneva seminascosta agli occhi di tutti, dietro alle spesse
tende
allacciate. Con una smorfia, piegò un po' una gamba e poi
l'altra, controllando
se in quella stanza ci fosse una panchetta o un posto per sedersi ma
non ne
vide, forse perché era molto buio, perché alla
fine sembrava il posto adatto
per imboscarsi e riposare. Sospirando, si dedicò all'altro
suo interesse
urgente: il cibo.
Mentre addentava il
dolcetto, lo scialle le cadde nell'incavo del gomito e lei si maledisse
ancora
per non essere rimasta a casa. Provò a dare dei colpi con il
braccio, ma quel
dannato scialle non ne voleva sapere di tornare al suo posto e lei non
riusciva
neanche a prendere la bacchetta, con le mani occupate.
"Weasley, proprio te
cercavo!"
Ginny sobbalzò mentre
lasciava cadere sia il dolcetto che lo scialle e si voltava verso una
delle
voci più fastidiose che ricordava.
*
Blaise osservava
tutto il
locale da dietro la colonna centrale della sala da ballo, protetto
dalla tenda
di velluto. Conosceva Stin'sen House abbastanza bene e sapeva da dove
poter
controllare la situazione senza essere visto.
Da quando aveva lasciato la
casa della sua infanzia un piccolo tarlo continuava a martellargli in
testa:
perché sua madre aveva scritto quelle cose proprio su Ginny
Weasley? Era un
caso che si fossero incontrate oppure la piccola rossa aveva cattive
intenzioni
con la donna? Purtroppo da quando sua madre aveva iniziato ad avere
problemi di
concentrazione e di perdita di memoria, Blaise era diventato
più protettivo nei
suoi confronti e forse anche un po' paranoico.
E non aveva smesso di
pensare a lei, alla Weasley. L'aveva cercata nella folla delle danze,
ma non
l'aveva vista, e aveva pensato che quella sera non fosse venuta, fino a
quando
non l'aveva notata in un gruppetto di persone che si erano fermate a
parlare
con McRiggen, vicino al palco dell'orchestra.
Conoscendo la fama della
parlantina del Ministro, si era messo comodo, pensando che lei e la sua
famiglia sarebbero stati rapiti per almeno un'ora.
Fu così con interesse e
piacevole sorpresa che seguì quella piccola fiamma vestita
di verde, quando la
vide indietreggiare e scappare letteralmente dalla situazione:
attraversò la
sala diretta al tavolo del buffet e poi si incamminò
velocemente nella sua
direzione.
Blaise aveva spento la
lampada alle sue spalle, facendo un passo indietro e lasciando quel
tratto
nella penombra, mentre le altre luci illuminavano lo spazio,
così da poter
osservare la ragazza senza farsi vedere, quando capì che
avrebbe attraversato
le colonne e le lunghe tende per nascondersi.
Lei non lo aveva visto,
così come aveva immaginato, ed era entrata con le mani
impegnate, si era
guardata intorno, ma non verso di lui, e aveva addentato un dolce che
stringeva
delicatamente fra le dita. La sentì borbottare quando una
parte del suo vestito
cadde, scoprendole le spalle e lui rimase a contemplare quella piccola
figura
mentre si agitava: non la vedeva da Hogwarts, ma aveva visto e letto
qualcosa di
lei sui giornali, dopo la fine della guerra magica. Fece un passo e
capì che quello
che le copriva le spalle era uno scialle e che lei non riusciva a
tirarlo su
per rimetterlo al suo posto. Ma quello che lo incuriosì
furono le sue braccia: la
sua pelle era strana e cambiava colore improvvisamente in una linea
diritta. Come
quella volta che aveva fotografato il mare calmo in pieno giorno: un
orizzonte,
quasi. Quando capì che era l'abbronzatura, una strana
sensazione si accoccolò
dentro di lui. Lei iniziò a fare dei movimenti strani e
Blaise capì che non
avrebbe lasciato andare ciò che teneva in mano per prendere
la bacchetta, così impugnò
la sua, avvicinandosi.
La chiamò, e forse esagerò
un po', perché lei si spaventò e
lasciò cadere il dolce sul pavimento, schizzandogli
le scarpe di crema, mentre una fragola rotolava verso di lui, e lo
scialle lo
seguì subito dopo, depositandosi sulla macchia sul pavimento.
"Santo Merlino,
Zabini! Mi hai fatto cadere il dolcetto!" esclamò, quando lo
riconobbe. Blaise
rise: era divertente quasi quanto a scuola.
"Anche il tuo scialle
si è rovinato" constatò, chinandosi e prendendolo
con la mano, nonostante
avesse la bacchetta in pugno. Purtroppo quando hai un'educazione rigida
alle
spalle, non riesci sempre a schivarla e spesso le cortesie vengono
fuori da
sole; anche per le persone che non se lo meritano.
"Vabbè, quello mica
dovevo mangiarlo, posso pulirlo con un incantesimo!" mormorò
sconsolata,
continuando a guardare il pavimento.
Blaise si avvicinò,
pulendosi le scarpe nel frattempo, e le allungò lo scialle,
pensando se dovesse
o meno offrirsi per andargliene a prendere un altro: decise di non
farlo. No,
non era proprio il caso.
"La tua abbronzatura
è…" Indeciso su cosa dire, il ragazzo si
fermò e lei si girò verso di lui,
con la mano libera sul fianco, ignorando lo scialle che lui le porgeva,
pronta
a brontolare ancora. E Blaise l'avrebbe anche ascoltata se in quel
momento non
avesse visto la linea curva, proprio sotto la base del collo, che le
segnava
l'abbronzatura. Non riuscì a fermare lo sguardo che
volò giù, scese sul petto e
si fermò sulla scollatura, generosa, del vestito. La pelle
candida spariva
sotto a quel tessuto che sembrava impalpabile e lui si
immaginò la ragazza a
seno nudo: doveva essere una visione…
Deglutì sperando che lei
non se ne accorgesse e riportò lo sguardo sul suo viso: la
sua pelle era più
scura che sul petto, ma sembrava comunque morbida e vellutata. Per un
attimo
desiderò accarezzarle una guancia con il dorso della mano,
ma si trattenne: lei
era sempre la ragazzina strafottente di Hogwarts, anche se ora sembrava
più…
interessante.
"Cos'hai da ridire
sulla mia abbronzatura?" chiese allora, con cipiglio combattivo, quando
lui non continuò.
Con un sospiro, come se
avesse a che fare con un bambino piccolo, Blaise pulì lo
scialle con la
bacchetta e glielo allungò di nuovo.
"È… interessante" concluse, incapace
di pensare altrimenti, mentre lei prendeva l'indumento e aggrottava la
fronte.
Ginny rimase
basita più
dalla sua espressione che da ciò che aveva detto. E neanche
si accorse della
gentilezza che lui le aveva fatto, ridandole lo scialle pulito.
"È un modo carino per
insultarmi?"
"Ti sembra che abbia
bisogno di carinerie per insultarti?" rispose invece lui e Ginny fu
ancora
più confusa.
"Ok…" disse,
stringendosi al petto lo scialle che aveva in mano e guardando verso la
pista
da ballo sorseggiando il suo bicchiere di vino. "E perché
hai detto che mi
stavi cercando?" domandò subito dopo aver controllato gli
altri della sua
famiglia: solo Hermione si era accorta che non era più con
loro e si guardava
intorno furtivamente per individuarla. Ginny alzò la mano
con il bicchiere
quando il suo sguardo si posò verso di lei e l'amica
annuì in risposta.
Blaise si
avvicinò alle
tende, praticamente l'unico accesso al loro covo, cercando di capire
chi stesse
salutando, quando la ragazza si voltò di scatto verso di
lui: non si aspettava
che fosse così vicino e sussultò quando per poco
non si scontrarono. Subito
dopo, lei finì velocemente il vino che le era rimasto nel
bicchiere e fece un
passo indietro.
"Sembra che tu abbia
incontrato mia madre, ieri…" esordì, anche se era
molto meno sicuro di
prima di voler fare quella conversazione: non stava andando come aveva
previsto
e sembrava una cosa più difficile da gestire di come avesse
pensato.
La Weasley, come se avesse
perso interesse nei suoi confronti, fece qualche passo e
tornò a guardare fuori
dalle tende: ciondolava il bicchiere vuoto come se ne volesse ancora ma
non
fosse sicura di voler uscire da lì.
Così, per paura che
tornasse verso il buffet, si avvicinò ancora a lei: gli
piaceva l'idea che
prima fosse stata a disagio, nel vederlo così vicino.
"Ti sbagli, Zabini.
Non…"
Ginny
iniziò a sentire
caldo, nonostante il vino fosse freddo al punto giusto, o forse proprio
per il
vino, e sentì un brivido percorrerle la schiena e farla
tremare. Poteva quasi
dire di sentire goccioline di sudore freddo sulla schiena; forse si
stava
ammalando.
Quando Zabini si avvicinò
ancora, capì che lo stava facendo apposta e non volle dargli
la soddisfazione
di vederla arretrare, così rimase ferma e alzò lo
sguardo su di lui: erano
passati tre anni da quando lui aveva finito la scuola e lei non lo
aveva
praticamente mai più visto, così fu sorpresa di
quei piccoli cambiamenti che
notò. Cose piccole e grandi; sembrava più alto:
nonostante lei portasse quei
tacchi che le stavano facendo malissimo, il moro la superava di un bel
po'
rispetto all'ultima volta che lo aveva incrociato nei corridoi di
Hogwarts. E
le sue spalle sembravano leggermente più ampie. Anche il suo
torace, sotto la
camicia immacolata, dava l'idea di essere più solido di
quello di un
adolescente. Non aveva niente da invidiare ai giocatori di Quidditch
che lei
frequentava abitualmente. Quando arrivò al suo sguardo
obliquo, notò che i suoi
occhi ridevano. Probabilmente di lei, così tornò
a guardare la pista, ma senza
staccare la mente dal suo viso: aveva una bocca bellissima, Ginny lo
aveva
sempre saputo, con labbra carnose e invitanti, ma ora si era fatto
crescere una
barbetta curata, come tutto il resto d'altronde, e lei dovette
ammettere che
aveva guadagnato punti su quell'aspetto.
Sicuramente era ancora un
altezzoso e un arrogante, però. Quelli come lui, anche se
belli, erano sempre
delle persone da evitare come la Spruzzolosi.
Fu così con un po' di
freddezza che gli rispose: "Ti sbagli, Zabini. Non…"
Davanti ai suoi occhi
apparve un biglietto di pergamena e lei dovette spostare la sua
attenzione. Non
che ci fosse qualcosa di così importante da guardare sulla
pista.
"Allora perché ho
trovato questo?"
Blaise si
trovò
infastidito dal fatto che lei, dopo averlo osservato, si fosse girata
verso la
sala con quell'espressione disgustata in viso. Non che gli interessasse
la
piccola Weasley, su questo era certo, era solo per il fatto che non gli
piaceva
che qualcuno, neanche lei, non lo trovasse una visione attraente.
Vabbè che a
lei piaceva quel troll di Potter…
Deciso a riavere la sua
attenzione, tirò fuori dalla tasca della giacca il biglietto
che aveva scritto
sua madre e glielo mise sotto al naso con un po' di arroganza.
La ragazza lo prese in
mano e lo lesse mentalmente, mentre lui continuava a guardare il suo
viso in
cerca di espressioni involontarie.
Lui comunque lo aveva
letto così tante volte da saperlo a memoria.
'La
ragazza è molto carina e gentile. Le piacciono i fiori ed
era interessata a ciò
che dicevo. Mi ha consigliato di scrivere quello che faccio per non
scordarmi
niente.
Ha
i capelli rossi e gli occhi profondi. Quando sorride diventa molto
bella. Mi
ricorda un po' la mia giovinezza.
Miss
Weasley. Anche lei ha avuto un momento di perdita di memoria. Come la
mia.
Uguale.
Nome
completo Ginevra Molly Weasley, nata nel 1981".
Ginny
allungò di nuovo il
biglietto a Zabini. "Tua madre è Mrs Madeleine?" chiese
allora e vide
il viso del moro annuire. "Sì, l'ho incontrata al San Mungo,
ieri. Io
c'ero andata per via della scottatura…" sospirò,
guardandosi un
avambraccio: si era scottata le braccia e il viso. Erano riusciti a
guarirla
facilmente, ma la sua pelle era rimasta comunque bicolore. Era stata
Gwenog a
insistere perché andasse al San Mungo, se fosse stato per
lei, sarebbe andata a
casa e si sarebbe sparsa una pozione alla calendula.
"E le hai detto di scriversi
tutto quello che fa."
Non era una domanda e
infatti Ginny non la interpretò come tale. "Diceva che aveva
dei vuoti di
memoria ma senza essere sotto incantesimo…" Alzò
le spalle: le ricordava
troppo il suo primo anno a Hogwarts, anche lei soffriva di vuoti di
memoria, ma
veniva posseduta dall'anima di Voldemort.
Blaise prese il
biglietto
che lei gli porgeva e per un attimo il suo sguardo si fermò
sulla ragazza,
anche se lei non lo guardava. Le disse ciò che aveva detto
la madre e lei alzò
le spalle in un gesto forse infantile, ma che agli occhi di Blaise
divenne
molto eccitante visto che il suo seno si mosse leggermente, alterando
la sua
normale corporatura.
Blaise pendeva dalle sue
labbra, mentre la rossa spiegava quello che era successo; un po' per
quello che
gli stava dicendo, del fatto di sua madre, e un po' per il resto: il
suo viso,
il suo atteggiamento, tutto di lei gli sembrava interessante in quel
momento.
Però doveva rimanere concentrato! Scosse la testa, provando
ad allontanare
altri pensieri che non fossero quelli di ciò di cui lei
stava parlando ma,
subito dopo, il suo discorso venne interrotto da Draco e Theo che
irruppero nel
locale senza preavviso e con irruenza.
Ginny stava
spiegando a
Zabini com'era andata al San Mungo quando, senza accorgersene, venne
investita
da Malfoy e Nott, che la interruppero con la loro presenza ciarliera e
ingombrante.
"Oh, Miss Weasley, che piacere!
Come stai?"
gongolò Nott, vedendola, e Ginny poté quasi
notare un'occhiata di apprezzamento
affettata, mischiata a tanto alcool.
"Non dire niente su
mia madre!" le intimò Zabini sottovoce, stringendole un
braccio con un po'
di forza e uno sguardo duro e glaciale, così inaspettato che
lei non riuscì a
fare nient'altro che annuire.
"Theo, è la Piattola,
non c'è bisogno che tu sia gentile, né tantomeno
galante…" lo sgridò con
un ghigno Malfoy.
"Malfoy, devo
riconoscere che non sei cambiato di una virgola: infantile, stupido e
arrogante
come una volta!" si lasciò scappare la ragazza, sbuffando e
facendo una
smorfia.
"Oh, Wealsey,
sembri
un incantesimo riuscito male! Cosa ti è successo alle
braccia? Ti sei scambiata
con qualcuno durante la smaterializzazione?" Blaise scosse la testa
alle
parole di Draco, piuttosto alticcio, mentre si avvicinava alla ragazza
allungando
una mano per prenderle un braccio. "Oh, comunque due colpi te li darei
lo
stesso…" E con quelle parole la trapassò con uno
sguardo lascivo. La
ragazza arricciò il naso dal disgusto mentre faceva un passo
indietro per non
farsi neanche sfiorare da lui e Draco dovette rimanerci male,
perché subito
dopo l'assalì a parole. "Sempre che io mi abbassassi a
toccare una come
te… piccola traditrice del…" Le parole vennero a
mancare al biondo perché lei
aveva spiegato lo scialle per ricoprirsi e il suo gesto aveva messo in
mostra
il decolté che, qualunque cosa dicessero gli altri, da
sempre meritava e
parecchio, secondo Blaise. "Comunque immagino che ormai tu abbia le
ragnatele, lì sotto, visto che Potter è via da
quasi un anno…" E con una
brutta risata la indicò.
A Blaise avrebbe dato
fastidio il suo comportamento se non fosse stato colpito dalle sue
parole.
"Potter ti ha
lasciato?" chiese il moro, guardandola con interesse e la rossa si
morse
un labbro senza dire niente né ricambiare nessun tipo di
sguardo. Ma cosa si
era perso?
-
-
-
****Eccomi qui! Ho pubblicato
oggi perchè poi non ci sono più fino a
martedì e non volevo lasciare troppo tempo fra un capitolo e
l'altro (e sì, avete visto come sto cercando di 'fare la
brava'? 🤭 Spero di continuare così. Per ora buona
lettura e buone vacanze a chi si farà
questo weekend lungo. Baci a tutti!
|
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Capitolo 4 *** La prima foto ***
La prima
foto
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-
-
"Theo, ma
dove… Oh,
ma quanta gente qui…" La voce della Greengrass, la biondina
Serpeverde che
aveva lasciato Hogwarts l'anno prima del suo, fece girare Ginny verso
le tende
e capì che quel posticino non era così intimo
come aveva immaginato, osservando
le tre Serpeverde che oltrepassarono le colonne, ma ringraziandole
mentalmente
per la distrazione che offrivano.
Con un cenno salutò la più
giovane delle Greengrass con cui la Grifondoro aveva scambiato qualche
parola
l'ultimo anno di scuola e ignorò la Bulstrode, che comunque
le ricambiò il
favore.
Osservò con poco interesse
la più grande delle Serpeverde provarci spudoratamente con
Zabini e Nott, e
notò le occhiate furtive che la giovane Greengrass lanciava
invece a Malfoy che
ci provava esageratamente con sua sorella. Valutò l'idea di
tornare in sala,
alla mercé di tutto il mondo magico, pur di non rimanere
lì ad assistere a
quella che pensava si sarebbe trasformata in un orgia.
"Perché non chiedi
anche a me di ballare, Daphne? Poi potremmo…" Il biondo
stuzzicò la ex compagna
di casa, anche se a Ginny sembrò che Malfoy in
verità giocasse con qualcosa di
più grande di lui. La Serpeverde gli diede una risposta
sagace che la
Grifondoro non ascoltò, ma notò lo sguardo triste
che la giovane ex verde
argento aveva in volto.
"Draco, se vuoi ballo
io con…"
"Oh, per le scarpe
sporche di Merlino!" borbottò sottovoce Ginny quando
capì la situazione.
"Come?" le
chiese curioso Zabini, e lei si girò verso di lui senza
quasi rendersene conto.
"Quella ragazza
è
cotta. Potrebbe finire male..." rispose la rossa sottovoce e Blaise si
stupì del fatto che lei avesse capito, dopo pochi minuti,
ciò che loro sapevano
da sempre: Astoria moriva dietro a Draco da quando lo conosceva. Vide
la
ragazza avanzare di qualche passo e avvicinarsi alla sorella di Daphne.
"Vieni con me" disse e, senza aspettare risposta, prese per un
braccio la biondina per trascinarla via, uscendo da quell'anfratto
nascosto.
Ginny, come
spesso
succedeva, non pensò alle conseguenze del suo gesto e
trascinò la giovane Greengrass
fuori da quella trappola mortale. Lei sapeva cosa voleva dire morire
dietro a
qualcuno che non ti aveva in nota; sapeva cosa significava aspettare
con ansia
che lui si accorgesse di te e attendere una sola parola, un solo
sguardo o
qualunque altra cosa che ti facesse capire che lui voleva
ciò che volevi tu. Ma
Draco Malfoy non era Harry Potter: poteva essere un
guaio.
Mentre oltrepassava la barriera delle tende per tornare nella sala da
ballo, si
girò e vide lo sguardo di Malfoy che osservava la ragazza
andare via: qualcosa
dentro di lui era all'erta, ma non voleva ammetterlo. O forse, non
poteva.
Ginny capì che la cosa era strana, come se Malfoy volesse
dire qualcosa verso
la ragazza ma non lo facesse per un qualsiasi motivo. Pensando che
fosse colpa
di tutte quelle persone che erano lì con loro, non si
sentì in colpa a
trascinare via la biondina che, stranita, non aveva posto resistenza.
"Ma dove
andiamo?" chiese invece, innocentemente, quando raggiunsero lentamente
la
metà del salone.
"Lontano da Malfoy,
Greengrass" rispose semplicemente e quando la biondina tentò
di protestare
continuò. "Da quanto tempo va avanti questa situazione?" La
ragazza
spalancò gli occhi e scosse la testa in un momento di
tristezza, mentre gli
occhi le si riempirono di lacrime. "Ok, vediamo di smetterla di correre
dietro a qualcuno che non ha intenzione di aspettarti".
"Che vuol dire?"
"Che ora lascerai
perdere Malfoy e ti guarderai intorno. Ho il presentimento che presto
sarà la
ex Serpe bionda a correre dietro a te."
Si diresse decisa verso il
buffet e si fece riempire il bicchiere da uno degli elfi.
"Perché non
prendi da bere anche tu?" La giovane annuì un po' stranita e
prese un
calice posato su uno dei vassoi. "Vieni, intanto ti spiego fino a che
punto puoi spingerti prima di farti veramente male".
Blaise aveva
osservato le
due ragazze andarsene, senza fare niente: la Weasley aveva uno sguardo
determinato e lui, che aveva l'impressione di aver capito cosa fosse
successo,
ne fu quasi orgoglioso.
"È migliorata, la
piccola Weasley, eh?" constatò Theo, avvicinandosi a lui,
per guardare la
rossa che se ne andava verso il tavolo del buffet.
"Mmm… Forse…"
ammise Blaise. Non voleva scoprirsi, non lo faceva mai, in nessuna
situazione:
a poker, quando giocava con gli altri, né nella vita, quando
c'erano in ballo
sentimenti e segreti.
"Stai attento che
Draco potrebbe arrivare prima di te" sussurrò ancora Theo,
che lo
conosceva da una vita, e Blaise cercò di capire cosa stesse
dicendo, mentre si
allontanava ammiccando nella sua direzione.
Come? A lui non interessava
la Weasley! Ma quando si voltò verso il biondo,
pensò che non avrebbe gradito
per niente che ci provasse anche con lei. Beh, a meno che la Weasley
non lo
rifiutasse apertamente, si disse, ripensando a quando poco prima si era
spostata per non lasciarsi toccare. Si odiò per quel
pensiero che gli stava
riempiendo la testa, ma gongolò del fatto che, quando si era
avvicinato lui,
lei non si era spostata.
Tentando di pensare ad
altro, mise le mani in tasca e trovò il biglietto di
pergamena che aveva appena
fatto leggere alla ragazza: sua madre! Non avevano parlato di sua
madre. Deciso
ad andare a cercarla, - solo per quello, per nessun altro motivo!
– uscì nel
salone e si diresse dietro alle ragazze.
Le vide mentre si avvicinavano
al buffet e osservò la rossa farsi riempire il bicchiere
vuoto e fare un cenno
ad Astoria per indicarle di prenderne uno anche lei.
Le ragazze si spostarono
verso la fine del tavolo e Blaise osservò la Weasley
continuare a parlare alla
bionda, che annuiva e pendeva dalle sue labbra. Si mise le mani in
tasca e
cercò di avvicinarsi a loro senza farsi vedere: voleva
mettersi in una
posizione comoda per controllare ciò che avrebbe fatto la ex
Grifondoro.
Astoria l'ascoltava come se fosse sotto l'effetto di un incantesimo e
la cosa
lo incuriosiva parecchio: gli piaceva osservare l'atteggiamento delle
persone,
lo aveva sempre aiutato nella vita, soprattutto negli affari e quando
giocava a
Poker. Sapeva
che Draco si toccava la punta naso quando bleffava, mentre se aveva in
mano
delle carte buone gli veniva un tic al sopracciglio. Theo tendeva a
fare una
smorfia con la bocca quando mentiva e se era agitato si passava la mano
aperta
sul retro dei pantaloni. Daphne si mordeva il labbro e stirava il naso
quando
si arrabbiava e
Astoria, vabbè che Astoria fosse cotta di Draco lo sapevano
praticamente tutti.
E Blaise sorrise al pensiero che se ne fosse accorta subito anche la
Weasley.
Fece qualche passo, per
cercare di trovarsela, se non proprio di fronte, almeno ai tre quarti
del
profilo, per riuscire a capire cosa stesse dicendo: aveva una discreta
abilità
nel leggere le labbra.
Dopo pochi minuti, le
ragazze vennero raggiunte da due tipi che, anche se davano l'idea di
essere
arrivati lì ciondolando, Blaise ebbe l'impressione che
avessero adocchiato le
loro prede già da qualche minuto.
Ginny
notò Richard
Stonewall, del Puddlemere United, avvicinarsi a lei e alla
Greengrass e non
seppe se fosse il caso di allontanarsi con una scusa o lasciare che lui
arrivasse da loro. Forse, se fosse stata da sola, avrebbe fatto un bel
dietro
front e si sarebbe avventurata sulla terrazza e probabilmente avrebbe
continuato fino in giardino senza fermarsi, nonostante il mal di piedi.
Ma non
avrebbe potuto abbandonare la ex Serpeverde senza destare sospetti. E
poi non
le piaceva scappare. Sospirò e rimase in attesa che si
avvicinasse.
"Buonasera,
ragazze!" esordì Richard quando fu abbastanza vicino da
salutarle senza
dover alzare la voce.
"Chi è questa
incantevole fanciulla?" chiese Rudolph Fastball, compagno di squadra di
Richard, cacciatore come lei, osservando la Greengrass con un'occhiata
interessata. "Ci hanno presentato, cara?"
Ginny sospirò con finto
rimprovero e Richard ammiccò verso di lei. "Balli con me,
Ginny?"
Per una volta contenta di
avere una buona scusa, la ragazza scosse il capo. "Sono con la mia
amica
Astoria…" disse, voltandosi subito verso la Greengrass: si
chiamava
Astoria, giusto?
"Oh, terrò io
compagnia ad Astoria" propose Fastball con un elegante baciamano e
Ginny
notò che la bionda era divertita e, forse, iniziava a godere
del fatto che
qualcuno l'apprezzasse.
"Andate pure"
disse infatti, prima di tornare a rivolgersi a quello che era diventato
il suo
cavaliere. Beh, c'era dire che la Greengrass si riprendeva subito da
una
delusione.
"Va bene"
acconsentì, alzando una mano e lasciando che il ragazzo
gliela prendesse.
Magari la prossima volta avrebbe spiegato alla Greengrass cosa fosse un
linguaggio in codice. Quando iniziò un nuovo ballo si
avviarono insieme verso
il centro della pista e Ginny sentì subito gli occhi dei
presenti sulla sua
schiena. Sentì anche diverse voci che si abbassavano quando,
ballando, gli
passavano vicino. Cercò di non pensarci e sorrise nonostante
tutto: Richard era
un bravo ragazzo, ballava bene ed era anche carino.
Blaise si
allungò a
prendere un bicchiere di vino quando vide il ragazzo che si era
avvicinato alla
Weasley, circondarle la vita con la mano, mentre si allacciava a lei
per
ballare. Una sensazione strana gli prese l'esofago e scese fino alla
bocca
dello stomaco, così, pensando che fosse qualche tipo di
arsura, si scolò il
bicchiere velocemente e ne afferrò al volo un altro
direttamente dal vassoio di
uno degli elfi.
Osservò, con quella che
doveva essere fin troppa attenzione, la coppia e si avvicinò
per riuscire a
vederli bene in viso: lui era un tipo muscoloso e Blaise pensava di
averlo già
visto, forse giocava a Quidditch, ma non si ricordava di quale squadra
facesse
parte. E sorrideva. Troppo. Il suo sguardo si posò
più volte sulla ragazza
davanti a lui e Blaise ebbe l'impressione che anche lui avesse notato
la linea
dell'abbronzatura che aveva acceso pensieri peccaminosi nella sua
testa. Lui
sorrideva dolcemente e la guardava con tenerezza, ma anche con uno
sguardo di
chi avesse già assaggiato il dessert: fra loro c'era
qualcosa, era abbastanza
sicuro che fosse così.
Quando lesse sulle sue
labbra 'ci siamo divertiti' per un attimo trattenne il respiro e si
maledisse per
dove si era posizionato perché non riusciva a vedere il viso
di lei. Cosa gli
stava rispondendo? Se ne sarebbe andata via con lui? Sospirò
e vuotò
velocemente un altro bicchiere: se lei se ne fosse andata avrebbe
dovuto
trovare un altro modo per parlarle. E per chiederle se fosse vero o
meno che
anche lei aveva avuto un vuoto di memoria come sua madre. Li
osservò
volteggiare e vide il volto sorridente della ragazza ogni volta che lui
la
faceva girare. Stava perdendo tempo ed era un po' nervoso. Quando la
musica di
quel ballo finì, ebbe quasi l'idea di andare da loro, di
prenderla per mano e
obbligarla a ballare con lui. Sempre soltanto per la questione di sua
madre.
La vide tornare verso
Astoria e l'altro damerino, dotato di muscoli e probabilmente un
giocatore
anche lui, e i ragazzi continuarono a chiacchierare fino a quando
Blaise vide
la bionda annuire e accettare di ballare: finalmente qualcuno che la
invitava
senza guardare prima sua sorella, pensò. Si
scoprì a pensare come la cosa gli
facesse piacere, ma i ragazzi rimasti soli erano un'attrazione
più interessante
dei ballerini e non riuscì a toglier loro gli occhi di dosso.
Ballare le
piaceva un
sacco, quello che non le piaceva erano i pettegolezzi, le foto rubate e
le
bugie. Ginny cercò di non pensarci e ringraziò il
cielo che Richard, che lo
sapeva, tentò in tutti i modi di distrarla e di non pensare
al fatto che
fossero in mezzo alla pista. Quando le ricordò della loro
serata di tre giorni
prima, sorrise con tenerezza: lui era veramente gentile, ma sotto molti
aspetti
le ricordava Harry e aveva paura che fosse uno dei motivi per cui aveva
accettato di uscire con lui.
La loro serata era finita
bene, si erano divertiti davvero e non era stato male neanche il sesso,
ma lei
glielo aveva detto: "Niente obblighi, divertiamoci e basta". Ma non
era quello che cercavano i ragazzi? Sesso senza impegni?
Perché insistere?
Lui, alla fine del ballo,
dovette aver capito la situazione perché non insistette
più e non smise di
essere comunque gentile. E lei aveva ripreso a sentire male ai piedi.
Come avrebbe
voluto togliersi le scarpe!
Quando Astoria e Fastball
tornarono dal ballo, Richard le disse che se avesse cambiato idea,
avrebbe
saputo dove trovarlo e le baciò il dorso della mano prima di
andarsene insieme
al ragazzo.
"Mia madre mi sta
chiamando… Weasley, ti spiace se vado…" Astoria
le aveva posato una
piccola mano sulla spalla e Ginny si girò per scusarsi.
"Certo, certo,
scusami se ti ho rapito…"
"Oh, no, grazie mille,
invece!" rispose lei, con gli occhi che brillavano. Chissà,
forse a volte
bastava poco per acquisire un po' di fiducia in se stessi,
pensò Ginny e le
fece un cenno del capo mentre la guardava andarsene.
Ginny rimase sola giusto
qualche minuto, o forse di più, quando pensò di
andare a cercare il resto della
sua famiglia, prima che un piccolo gufo di pergamena le
sbatté sul viso per
caderle in mano e spiegarsi per ritornare un foglio aperto.
Lo lesse velocemente, si
guardò intorno sorridendo e poi, in un gesto veloce e che
non avrebbe calcolato
nessuno, si diresse verso la fine della sala, per imboccare un
corridoio e
uscire di nascosto dal retro.
Blaise vide la
Weasley
rimanere da sola dopo che il damerino, con un sorrisino, veniva
scaricato e si
allontanava, e dopo che Astoria ebbe sentito il richiamo di Mrs
Greengrass che
la chiamava con un cenno.
Pensò che fosse il momento
giusto per andare a parlarle: chissà, magari l'avrebbe
stuzzicata e presa in
giro per il ballo con quella sottospecie di dandy. Ghignò al
pensiero di darle
fastidio, camminando lentamente verso di lei, quando la ragazza
alzò gli occhi
sorridendo a un gufo di carta e lesse il biglietto con gli occhi che
brillavano, per poi, subito dopo, scappare via da una porta laterale.
Per un
attimo si sentì escluso, se avesse alzato gli occhi ad
altezza uomo, avrebbe
visto che stava arrivando da lei, che la stava cercando, ma non lo
aveva fatto.
Anche se non era escluso che se ne andasse comunque. Chi le aveva
scritto? Un
suo amante? Il tipo di prima? Avevano fatto una sceneggiata per
qualcuno e poi
si vedevano di nascosto? Per un momento pensò quasi di
esserne la causa, per
poi scuotere la testa e darsi del cretino.
Vabbè. Guardò verso una
finestra aperta e vide la luna nel cielo. Al diavolo la Weasley, era la
luce
giusta per le foto. Si diresse verso il guardaroba e
recuperò mantello e scopa:
era arrivato il suo momento.
*
Dopo venti
minuti, Blaise
aveva fatto un bel po' di foto: al cielo, alla dimora di Stin'sen
dall'alto, ai
fiori del giardino, a qualche creatura che girava di notte. Aveva uno
scatto
bellissimo di un gatto nero a cui erano brillati gli occhi quando aveva
fatto la
foto.
Dei risolini e un
mormorare sottovoce dalla parte meno luminosa del giardino gli fecero
capire
che qualche coppietta aveva deciso per un po' di privacy,
così si avvicinò per
curiosare e quando vide Theo con una ragazza dai lunghi capelli mori,
tornò a
volare lontano. Scosse la testa: quel ragazzo si sarebbe messo nei
guai. Sperò
che, almeno questa volta, la ragazza fosse maggiorenne. E che lui si
sarebbe
ricordato il suo nome il giorno dopo. Fece un altro giro in cielo con
la scopa,
ma decise di azionare un incantesimo di dissimulazione su di lui e la
firebolt
che cavalcava.
Scattò altre foto e,
quando ormai pensava di aver finito, sentì un fruscio e
un'esclamazione poco signorile
venire da una panchina nel giardino sul retro, da dove si poteva
accedere
tramite una scalinata un po' scomoda e quindi che in pochi usavano.
Si avvicinò, convinto che
fosse qualcuno che aveva più di un motivo per stare
così nascosto, così prese
già in mano la macchina fotografica, azionando lo zoom con
un incantesimo di
sua invenzione e guardò nell'obbiettivo per non farsi
scappare la cosa.
Quello che vide, però, per
poco non lo fece cadere dalla scopa: la Weasley, seduta sulla panchina,
stava
voltando il viso lentamente, mentre sorrideva, verso qualcuno e in quel
momento
gli parve così bella che Blaise pensò che ci si
sentisse così, sotto un
incantesimo. Le labbra della ragazza e i suoi occhi sorridevano felici,
niente
di ciò che lui aveva visto nella sala o mentre ballava, un
sorriso che le illuminava
il viso, rendendola bella come una fata di primavera.
Blaise era rimasto
incantato, ma le sue mani avevano agito d'impulso, immortalando quel
gesto per
sempre nella macchina. Quando la pellicola speciale scivolò
fuori dalla macchina fotografica, Blaise la guardò,
osservandola per
un minuto buono prima di metterla via e tornare a guardare la ragazza
per
capire cosa fosse stato a provocarle quella reazione.
-
-
-
***Eccomi!
Sono tornata giusto oggi e ho pensato di continuare a pubblicare. Che
dite, ho fatto bene? Grazie a chiunque legga!
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Capitolo 5 *** Il ricatto ***
Il
ricatto
-
-
Ginny si era
seduta ad
aspettare Neville in giardino, perché i piedi avevano
iniziato a farle male, in
uno dei soliti posti dove si rifugiavano lei e gli altri quando la
situazione
diventava pesante. Lo aveva sentito arrivare e, non appena si era
girata e lo
aveva visto, gli era corsa incontro ad abbracciarlo: non si vedevano da
due
settimane.
"Avevo pensato che
non saresti venuto: Luna mi ha detto che Hannah non stava
bene…"
Neville sorrise e si passò
una mano fra i capelli. "Hannah è a casa, si è
coricata, ma io avevo
bisogno di vederti…"
Come? Ginny aggrottò la
fronte mentre si risedeva sulla panchina. "È successo
qualcosa?" Si
sganciò un sandalo e appoggiò il piede scalzo
sull'erba: il fresco della
rugiada sotto le dita e la pianta le diede un sollievo immane.
Il sorriso di Neville si
fece più ampio mentre metteva una mano in tasca. "No, no,
è solo che…"
iniziò, per poi estrarre qualcosa di piccolo. "Guarda: l'ho
trovato!"
esclamò solamente e la ragazza non ebbe bisogno di sapere
nient'altro, mentre
spalancava gli occhi felice: l'anello!
"Fammelo
vedere!" Ginny non riuscì a contenere la gioia che le aveva
preso il
petto: Neville avrebbe chiesto a Hannah di sposarlo! Allungò
la mano verso di
lui, ma quando le mostrò la scatolina scura, praticamente
gliela strappò di
mano: non riusciva più ad aspettare!
Un'esclamazione poco
decorosa le scappò dalle labbra, ma non se ne
preoccupò: erano nel giardino sul
retro e non era interessante come quello che dava sulla sala da ballo,
non
c'erano angoli bui dove amoreggiare e aiuole fiorite dove passeggiare,
era una
enorme e intricata giungla di cespugli e alberi, niente di romantico:
un
fazzoletto di cortile, con sentieri di ghiaia e panchine scomode. Non
c'era
nessun altro oltre a loro. Almeno erano vicino a uno dei piccoli
lampioni e lei
riuscì a vedere bene l'anello.
"È bellissimo,
Neville, scommetto che le piacerà un sacco!"
Il ragazzo lo riprese in
mano e lo guardò ancora, come se avesse bisogno di
un'ulteriore conferma.
"Speriamo" mormorò solamente.
Ginny si intenerì: Neville
aveva un cuore d'oro e si meritava di essere felice. Gli
appoggiò una mano
sull'avambraccio e sorrise mentre lo rassicurava ancora.
"Grazie, Ginny"
disse, ancora imbarazzato.
Lei si sganciò anche
l'altro sandalo. "Lascia che mi tolga queste assurde scarpe e ti
abbraccio
come si deve, sono così felice per te!"
Neville rise e
si chinò
verso di lei, sapendo che odiava i tacchi e che le facevano sempre male
i
piedi, e Ginny alzò le braccia verso di lui, circondandogli
il collo. "Sei
sempre la solita!" rise lui, sedendosi sulla panchina accanto a lei, e
mettendo via la scatolina. "Hai ballato?" le chiese allora, guardando
le scarpe abbandonate nell'erba, mentre lei scopriva i piedi e muoveva
le dita
laccate di uno smalto verde intonato al vestito.
"Sì, non sono riuscita
a dire di no al Portiere del Puddlemere
United, te lo ricordi? Lo abbiamo visto due settimane fa al party dei
Goldstein…"
Neville
annuì. "Te lo avevo detto che avevi fatto colpo!"
Ginny
sentì le guance prendere colore: per fortuna c'era buio e
non doveva vedersi
molto. Ma Neville la conosceva bene e rise gettando la testa indietro
quando
vide la sua espressione. "Sono sempre in ritardo, eh? È
già
successo?" La ragazza annuì e fece un sorriso. "E
com'è?"
Ginny
alzò le spalle. "Non è male, ma…"
"Non
è quello giusto, vero?"
Sospirò.
"No…" Alzò gli occhi al cielo e guardò
la luna: nessuno sembrava
giusto per lei. Neanche Harry Potter, il salvatore del mondo magico. "E
poi è così simile a Harry…" Forse non
esisteva un ragazzo giusto per lei…
"E
Harry come sta? L'ultimo gufo che ho ricevuto è
più di un mese fa."
"È
molto impegnato, ma sono andata a trovarlo due settimane fa e sta bene."
Neville
alzò un sopracciglio. "Sei andata in Romania?" Ginny, come
prima,
arrossì. Sapeva che lui aveva capito cosa era successo e che
non approvava.
"Non dovresti tornare là se non riesci a dirgli di
no…"
"Non
facciamo niente di male, Nev. È solo sesso!" Si
stupì a difendere Harry.
"Ma
così nessuno dei due riuscirà ad andare
avanti…"
"Ma
come faccio? L'ho lasciato io!"
"Non
per questo devi sentirti in colpa."
"Non
mi obbliga mica!" lo giustificò ancora, rendendosi conto che
era la
verità: non si sentiva mai obbligata con Harry, ma non era
più come prima: avrebbero
dovuto davvero andare avanti. Oppure…
Blaise
per poco non cadde dalla scopa: dalle parole di Draco aveva capito che
fosse
stato Potter a lasciare lei e non il contrario. Stranamente la cosa gli
fece
quasi piacere. Anche aver scoperto tutte quelle cose, gli fece piacere,
pensò
con un piccolo ghigno, mentre dondolava sulla scopa: potevano tornargli
utili.
"E
se andassi anch'io in Romania? Secondo te dovrei…" La voce
della Weasley
era bassa e incerta, Blaise non l'aveva mai sentita così
insicura: si fece
attento.
"Ti
direi che è una brutta idea, Ginny. Sarebbe una scelta tua,
ma forse devi solo
andare avanti e vivere…"
"E
se non riuscissi ad andare avanti, Neville? E se…" Blaise
osservò la
ragazza mentre, nervosa, si passava la mano fra i capelli.
"Hai
di nuovo fatto quel sogno?" Il tono preoccupato di Paciock fece
aggrottare
la fronte all'ex Serpeverde.
La
ragazza annuì. "Sembra che da quando non mi occupo
più dei problemi di
Harry io sia di nuovo in balia di… quello". Di cosa stava
parlando?
"Non
devi occuparti di qualcun altro, Ginny, devi occuparti di te. Devi
affrontare
la cosa. Sei andata dallo psicomago?"
La
Weasley disegnò un cerchio a terra con il piede e
sospirò. "È più facile
se sono altre cose a occupare la mia mente. Da quando non tento
più di rendere
felice Harry…"
"Devi
essere felice tu! Non eri felice con Harry, non raccontarti balle."
"Però
non sognavo in continuazione la battaglia di Hogwarts. Bellatrix non
tentava di
uccidermi nel sonno…"
"Adesso
ti uccide?" chiese il ragazzo, voltando il viso verso di lei, ma la
ragazza scosse la testa.
"No:
mi sveglio mentre lei scaglia l'incantesimo. Non salto per schivarlo e
non mi
uccide, è come se io rimanessi… in attesa."
"Effettivamente
è quello che ti sta succedendo…"
"Cosa?"
"Sei
in attesa di risolvere questa situazione."
Lei
non rispose e si morse un labbro, forse pensando a cosa dire. Ma la sua
espressione era seria e quando Blaise pensò che sarebbe
scoppiata a piangere,
lo stupì, non facendolo. Paciock le circondò le
spalle con un braccio e la
strinse verso di sé, mentre lei appoggiava la testa sulla
sua spalla. Fece una
foto, anche se si odiò, e nel momento in cui la pellicola
saltò fuori dalla
macchina, rimase a guardarla, come a chiedersi se avesse potuto fare
qualcosa.
Continuò
a lanciare occhiate verso la panchina e poco dopo la ragazza rimase
sola:
sembrava un po' triste. Posò i piedi sul sedile e con un
sospiro si abbracciò
le gambe piegate.
Blaise
storse il naso e, abbassandosi, tolse l'incantesimo di dissuasione.
"Weasley,
che situazione romantica!" esclamò, sperando di riuscire a
farla
arrabbiare: non gli erano mai piaciuti musi e lacrime. Lei
sobbalzò e per poco
non cadde dalla panchina.
"Per
i denti di Godric, Zabini, vuoi proprio farmi morire di spavento, oggi?"
Lui
sorrise: c'era riuscito. "È molto più divertente
di un Avada
Kedavra!"
Ginny
sospirò rumorosamente mentre Zabini si sedeva accanto a lei,
posando la scopa
alla panchina. "Che facevi?" gli chiese, corrugando la fronte.
"Mi spiavi?"
"Ti
piacerebbe, eh?" le rispose, ammiccando. Lei arricciò il
naso: ma quanto
era odioso!
"Mi piace scattare
fotografie. È stato un caso" spiegò, ma poi, come
se si fosse pentito di
aver detto quella frase, tirò fuori due fotografie e
ghignò. "Foto che
potrebbero interessare a qualcuno, guarda!"
La ragazza lanciò
un'occhiata curiosa a ciò che teneva in mano e vide,
stampato sulla pellicola,
il momento in cui Neville le aveva fatto vedere l'anello e lei che
sorrideva.
Non si era accorta della cosa, ma aveva mosso la testa e sembrava
proprio che
stesse annuendo. Spalancò gli occhi quando capì
ciò che intendeva il moro e,
senza neanche guardare l'altra foto, si allungò verso di lui
per strappargliela
di mano.
Blaise si era
aspettato
una reazione del genere da parte sua. Era stato attento a capire quando
lei si
sarebbe arrabbiata e avesse provato a rubargli le foto, così
non era
impreparato: allungò il braccio oltre la panchina
allontanandola dalla sua
portata.
"Brutto Troll!"
gridò, mentre lui rideva.
"Dici che qualcuno
potrebbe pensare che lo stesse chiedendo a te?" disse il ragazzo,
mentre
faceva finta di osservare la foto, sempre tenendola lontana.
Poco dopo lui
nominò uno
dei giornali scandalistici che Ginny odiava tanto e si
bloccò, stupida da quel
colpo basso: perché?
"Sarebbe un gesto
esagerato anche per uno come te. Non puoi essere così
infame!"
Zabini, a sentire quelle
parole, fece una faccia strana: se Ginny non lo avesse conosciuto
così bene,
avrebbe pensato quasi che fosse rimasto colpito da ciò che
lei aveva detto, ma
probabilmente era stato qualcos'altro a stupirlo. "Comunque Neville
chiederà a Hannah di sposarlo proprio domani, quindi non
faresti in
tempo!" mentì, consapevole del fatto che sapeva benissimo
che Neville
voleva farle la proposta alla fine di maggio.
"Potrei
provare…" rispose lui e, abbassando appena la mano,
sussurrò: "Non
dovrei dirtelo, ma si capisce subito quando menti, sai?" E rise ancora.
In preda al nervoso, lei
si sporse ancora e tentò di rubargli la foto. Ma lui fu
più veloce, abbassò la
mano verso la bacchetta, con un 'Evanesco' la fece sparire e, prima che
lei
potesse fare qualsiasi cosa, le posò le mani in vita per
rimetterla al suo
posto.
"Smettila di saltarmi
addosso, o potrei iniziare a pensare male! Non ti bastano
più Potter, il
giocatore e tutti gli altri?"
Il tocco del ragazzo le
provocò un brivido strano, qualcosa di istintivo e
primordiale, ma non ci diede
troppo peso, pensando alle parole che lui aveva appena pronunciato.
Quando il viso
della
ragazza divenne rosso sotto all'abbronzatura, Blaise sentì
uno strano
formicolio al petto. Lei però si arrabbiò subito
e gli diede una manata sul
braccio. "Non sono una put… Oh, vaffanculo, Zabini!
Perché mi
tormenti?"
Blaise le fermò il braccio
quando si rese conto che lei stava per prendere la bacchetta e,
seriamente, disse:
"Non l'ho mai pensato".
Stranamente, la Weasley
dovette credergli perché la sua mano rallentò e,
anche quando prese la
bacchetta, non gli lanciò nessun incantesimo. "Cosa vuoi da
me?"
chiese ancora. Per un attimo Blaise ebbe qualche fantasia a cui mai la
sua
bocca avrebbe dovuto dar voce: erano tutte compromettenti e
riguardavano lui e
la ragazza che gli sedeva vicino e ben pochi vestiti. Quando si
immaginò a
baciarle le labbra, dovette tirarsi indietro e passarsi una mano fra i
capelli per
tornare alla realtà.
Lui non rispose
subito e
Ginny pensò che non avesse capito. "Cosa vuoi in cambio
delle foto?"
domandò di nuovo, più precisa. Non voleva tirare
in ballo Neville. La sua vita
era già incasinata così, che almeno non ci
andassero di mezzo i suoi amici…
"Le foto?" La
voce di Zabini era strana, ma lei non ci diede peso.
"Sì, genio, cosa vuoi
per darmi le foto che hai fatto? Non penso tu voglia soldi…
Cioè, spero di no,
perché io proprio non ne ho…" blaterò
poco dopo, come se parlasse da sola.
Blaise decise di
cogliere al
volo l'occasione e provò a prendere due piccioni con una
fava. "Voglio che
tu vada a trovare mia madre, che passi del tempo con lei e le dici che
ti
piacciono i suoi fiori" disse, con calma e pazienza come se avesse
premeditato
tutto da giorni.
"Da tua madre?"
chiese lei, confusa. Aggrottò in un modo molto grazioso il
naso e Blaise pensò
che se lei avesse avuto il dono della Legilimanzia, gli avrebbe tirato
un pugno
o più probabilmente una fattura. O forse tutte e due.
"Sì, devi essere
gentile con lei e capire se le sta succedendo qualcosa. Se i suoi vuoti
di
memoria sono veramente causati dall'età o invece…"
Ginny
annuì mentre il
ragazzo le dava le indicazioni. Ma che cosa strana: perché
ricattarla per una
cosa così? Lei lo avrebbe fatto anche se glielo avesse
chiesto come favore: Mrs
Madeleine le era anche simpatica. Non riusciva a crederci che fosse
figlio suo.
Per paura che poi le chiedesse qualcos'altro, però, non
glielo disse.
"Voglio prima vedere
tutte le foto che hai fatto" dichiarò. Non era abituata a
cedere così
facilmente, non quando cresci in una casa con tanti fratelli.
"Dammi la tua
bacchetta."
Cosa? "Perché dovrei
darti la mia bacchetta?"
"Pensi che sia un Troll?
Vuoi vedere le foto per farle sparire."
Ginny alzò gli occhi al
cielo. "A parte il fatto che mi stai ricattando e ti starebbe solo
bene, ma no, non lo farò. Hai la mia parola"
spiegò.
"E dovrebbe
bastarmi?" Lo sguardo del ragazzo era curioso, come se lui non capisse
se
poteva fidarsi o meno.
Blaise
osservò la ragazza
alzarsi dalla panchina e camminare a piedi nudi sull'erba: fece qualche
passo e
poi posò la bacchetta su un masso piatto che giaceva vicino
al sentiero di
ghiaia. Tornò verso di lui e sorrise enigmatica. "Non
farò niente senza
averle viste" disse ancora.
Il ragazzo osservò la
bacchetta della ragazza sul sasso e poi guardò di nuovo lei.
Annuì. Impugnò la
bacchetta e fece comparire le foto che aveva scattato. Quasi tutte.
Quella dove
lei era da sola non gliela mostrò. Tanto lei voleva vedere
solo quelle
'incriminanti'. Gliele mostrò tutte e quattro: quella in cui
lui le dava
l'anello e lei sorrideva, quella dove Paciock si chinava ad
abbracciarla e
altre due, di quando erano seduti vicino sulla panchina. Effettivamente
agli
occhi di un estraneo, loro sembravano due piccioncini. Sorrise del
fatto di
sapere benissimo che non era così.
"Ok. Andrò da tua
madre e poi mi ridarai le foto."
"Una volta
sola?" chiese lui, dubbioso.
"Ci andrò più volte.
Ma la settimana prossima voglio le foto" trattò.
"E se non scoprissi
niente?" Si stava agitando e lui non si agitava mai.
Lei sbuffò silenziosamente
e arricciò il naso. "Vedrò di scoprirlo".
Blaise annuì: non poteva
fare nient'altro che crederle.
"È vero che hai avuto
anche tu un vuoto di memoria?" le chiese, ricordandosi di
ciò che aveva
letto sul biglietto.
-
-
-
***Scusate
se sembra interrotto a metà (beh, non è che lo
sembra, è che è proprio così...) Ma se
lo mettevo tutto diventava troppo pesante... Mi farò
perdonare pubblicando la seconda parte prima della settimana prossima,
promesso.
|
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Capitolo 6 *** Profumo di Vetiver ***
Profumo
di Vetiver
-
-
Ginny si morse
il labbro
inferiore, pensando a quando aveva avuto quel vuoto di memoria al San
Mungo, e
poi annuì. "È stato strano… Non
pensavo se ne fosse accorta… Ma sì, è
vero. Mi è successo mentre ero seduta vicino a
lei…"
"Potrebbe essere
qualcosa di collegato?"
"Io penso di sì. Mi
ricordo che avevo visto qualcosa che volevo dirle di tenere d'occhio,
ma quando
poi glielo stavo dicendo, me lo sono scordato."
"Qualcuno potrebbe
averti fatto un incantesimo confundus?"
La ragazza scosse il capo.
"C'era solo l'infermiera con noi…"
"E se qualcuno si
fosse nascosto? E se…"
Ginny tornò vicino al
ragazzo e si risedette sulla panchina quando capì che lui si
stava agitando,
preoccupato per sua madre. Si intenerì, suo malgrado. "Non
c'era nessuno
nascosto. Dubito che qualcuno voglia far del male a tua mamma, Blaise"
lo
tranquillizzò, usando il suo nome, abbassando la voce e
posandogli una mano sul
braccio. Non c'erano nascondigli, né lo spazio a sufficienza
per una persona
invisibile, sempre a patto che esistesse un altro mantello oltre a
quello di
Harry, che era in Romania. "Vedrai che sarà qualcosa
di… stupido. Qualcosa
che si potrà risolvere facilmente…"
Sperò che le sue parole
potessero tranquillizzarlo, nonostante il fatto che l'avesse appena
ricattata.
Blaise
pensò che il vuoto
di memoria fosse una prova tangibile sul fatto che stesse succedendo
qualcosa
di poco chiaro e voleva assolutamente scoprirlo. Ma sapeva anche che,
quando
c'era lui, sua madre era un po' prevenuta. Aveva preso in simpatia la
Weasley e
lui aveva bisogno di battere quel ferro finché fosse stato
caldo. E poi chissà,
magari ci poteva scappare qualcosa di buono, pensò
osservando la ragazza
chinarsi a recuperare la sua bacchetta. Prima di darle troppa fiducia,
comunque, fece sparire le foto.
"Come ha fatto tua
madre a sapere come mi chiamo?" gli chiese lei, dopo poco, tornando
verso
di lui.
"Sapeva il tuo
cognome. A casa ti ha cercato sul Magician
Directory e ha scoperto il tuo nome completo."
Ginny
strizzò gli occhi.
Che cosa? "Dove mi ha cercato?"
Blaise sospirò, come se
dovesse spiegare a un babbano il libro delle famiglie magiche. "Voi non
lo
avete? È la pubblicazione annuale dove sono segnati tutti
gli alberi
genealogici dei maghi residenti nel Regno Unito."
"Ah!" rispose
lei e a Blaise venne il dubbio che non ne fosse a conoscenza. "E ci
sono
anch'io?"
Lui la guardò chiedendosi
se lo stesse prendendo in giro o meno. "Non sei una strega? Voi Weasley
fra l'altro, facendo parte delle sacre ventotto, siete fra le prime
famiglie in
ordine…"
A Ginny
sembrò di sentire
un po' di risentimento nella sua voce. "Voi Zabini non vi ci siete?"
chiese.
Lui le lanciò uno sguardo
di fuoco. "Non sai chi fa parte delle sacre ventotto?" le
domandò,
stupito. Ginny alzò le spalle.
"Non è che mi
interessi tanto…"
"Disse quella che ne
fa parte!" Lei scosse ancora le spalle. "Che ingrata…"
borbottò
e Ginny gli rise in faccia. Poco dopo rise anche lui e la ragazza
rimase incantata
da quel suono.
Blaise non
riusciva a
crederci: a lei non interessava niente! Quando scoppiò a
ridere non riuscì a
trattenersi e si sentì un po' un Troll. Forse stava
smaltendo il nervosismo con
una risata isterica.
"Come faccio ad
andare da tua madre? Non so come arrivare a casa vostra. In teoria non
so il
suo nome e non posso neanche usare la metropolvere…"
"Ti vengo a prendere
domani mattina e ti accompagno io. Poi mi allontano con una scusa"
propose
lui.
La Weasley scosse il capo.
"La mattina mi alleno".
"Con il tipo con cui
hai ballato?" chiese Blaise, prima di riuscire a trattenersi.
Ginny
alzò di nuovo gli
occhi al cielo. "Vuoi il mio aiuto o vuoi continuare a fare il Troll?"
"Magari mi
interessa…" rispose lui, alzando le spalle con finta
innocenza e facendo
un sorrisino di scherno.
"Magari dovresti
preoccuparti di più per tua madre!" E così
dicendo si chinò a prendere un
sandalo e, dopo aver accavallato le gambe, si accinse a infilarlo.
Quando non
sentì niente da parte sua, si pentì di avergli
dato quella risposta. Finì di
allacciarsi la scarpa alla caviglia e si rivolse di nuovo a lui.
"Scusa, Zab…" Ma
si interruppe quando lo vide, con in mano la macchina fotografica,
alzarsi
dalla panchina.
Blaise aveva
visto due Jobberknoll che si rincorrevano,
in volo, in
una danza a semicerchio evocativa: dovevano essere in amore.
Prese
velocemente la macchina fotografica che aveva appeso alla scopa poco
prima e si
alzò per avvicinarsi con cautela. Era uno spettacolo
indescrivibile e lui
sapeva quanto l'evento fosse raro: avrebbe potuto vendere le foto a
qualche
rivista specifica.
Appellò
la scopa quando i due uccellini si alzarono ancora di più
dal terreno e lui non
riusciva più a inquadrarli. Si alzò in volo
silenziosamente e li seguì, un po'
a distanza, sperando di non perderli di vista.
Ginny
seguì i movimenti dell'ex Serpeverde, affascinata e con la
bocca aperta. Quando
poi, in volo senza mani, lui iniziò a scattare foto, non
riuscì più a guardare
i Jobberknoll, e la sua attenzione venne catturata tutta dal ragazzo.
Quando
lui si avvicinò di più, lo vide scomparire nella
notte: doveva aver attivato un
incantesimo di dissuasione! Se prestava attenzione poteva ancora
scorgerlo, in
cielo, ma era un po' faticoso, l'incantesimo era buono: ecco come aveva
fatto
prima a non farsi vedere.
Inaspettatamente
i due animaletti tornarono verso di lei e verso il lampione dove si
trovava,
così si alzò in piedi per osservarli meglio:
sembravano una coppia innamorata.
Oh, che beffa del destino! Anche i Jobberknoll volevano farle sapere di
aver
trovato un compagno per la vita, mentre per lei non c'era nessuno.
Si
morse il labbro e pensò di tornare a sedersi quando un
fischio, un fruscio del
vento, passandole vicino all'orecchio, la fecero tornare sull'attenti:
un altro
JobberKnoll, dal colore più scuro, un blu cobalto, si
stagliò contro la
coppietta e andò a sbattergli contro.
"No!"
gridò lei, quando il nuovo arrivato colpì a
becchettate uno dei due uccellini,
iniziando una lotta silenziosa ma violenta. Corse verso di loro e
cercò di
dividere i due animali, ma loro si spostarono più in alto.
"Stai
ferma, lascia che se la sbrighino da soli". Zabini, accanto a lei,
aveva
appoggiato la scopa, mostrandosi: l'incantesimo di dissuasione
funzionava solo
con i movimenti veloci, tipo quelli, appunto, del volo sulla scopa.
"Ma
si ammazzeranno!" esclamò, preoccupata.
"Stanno
lottando per la compagna. Lei sarà di chi vince"
spiegò ancora.
"E
l'altro morirà?" chiese, spalancando gli occhi.
Lui
la osservò con uno sguardo divertito. "È la
natura…"
"Ma
non dovrebbe scegliere lei? Lei decide e l'altro se ne va. Dovrebbe
essere
così: niente litigi, niente…
uccisioni…"
"Ci
sono femmine che non sanno scegliere. O non vogliono. E va a finire che
poi stanno
con tutti e…"
Lei
spalancò gli occhi. "Hai origliato quando ho parlato di
Harry!"
esclamò, arrabbiata e offesa.
Blaise
ammiccò verso di lei e vide, con piacere, le sue guance
cambiare sfumatura.
"Io non giudico, se tutti sono d'accordo…" Alzò
le spalle,
continuando a scattare foto, senza spiegare davvero la sua frase.
La
voce di Zabini, in quel momento, al buio, in quel posto un po' freddo,
sembrò a
Ginny così roca da essere quasi sexy. Un rumore
inconfondibile di una zuffa la
fece girare ed esclamare qualcosa senza più prestare
attenzione al ragazzo: i
due uccellini sarebbero morti tutti e due se nessuno fosse intervenuto!
Fece
un passo avanti zoppicando, perché indossava solo un sandalo
e la differenza di
tacco era fastidiosa, e allungò la bacchetta per fermare
quella rissa.
Con
la mano in alto, si prese una beccata su un dito, e mentre la bacchetta
cadeva
e lei ritirava la mano, quella che doveva essere la femmina si mise in
mezzo
nella lite. In meno di un minuto ci fu un susseguirsi di beccate e
diverse
piume si staccarono dal loro appiglio per volare sopra di lei: una era
ridotta
così male che si rovinò, sgretolandosi e facendo
cadere dei pezzettini così
piccoli da sembrare una pioggia di polvere. Polvere blu!
Blaise
aveva osservato, dal mirino della macchina fotografica, la Weasley
mettersi in
mezzo in quel corteggiamento e venire beccata poco prima che uno dei
due
spiumasse l'altro: lui lo aveva già visto, non era neanche
uno scontro dei più
violenti. Quando una piuma si dissolse, frantumandosi, lei
spalancò gli occhi e
si voltò verso di lui, gridando: "Polvere blu! Polvere blu!
Tua madre…
lei… lei… blu… qui, qui… la
polvere!"
Cosa?
Cosa stava dicendo di sua madre? Blaise lasciò cadere la
macchina appesa al suo
collo, scese dalla scopa e fece un passo verso di lei: scalza, piena di
pezzetti di piume e mentre si succhiava un dito fra le labbra, invece
di
sembrargli una senzatetto, gli fece ribollire il sangue nelle vene.
Ginny
raccolse la bacchetta e si avvicinò alla panchina,
posandocela sopra. Si chinò
ad afferrare il sandalo rimasto e se lo infilò senza
sedersi, tentando di
allacciarselo saltellando su un piede solo. Ma lei non aveva mai
saltellato su
una scarpa con il tacco. "Blu! Era blu! Era…
strana… sì, sì…
Blu…"
Cercava
di saltellare, infilarsi la scarpa e spiegare dei puntini sulla pelle
della
donna. Ma, facendolo tutto insieme, fu qualcosa di molto confuso. E
più si
rendeva conto che era confuso, più si agitava pensando che
se fosse riuscita a
fare le cose ancora più velocemente, sarebbero venute
meglio. Sbagliava,
naturalmente: riuscì solo a peggiorare il tutto.
Blaise
scosse la testa e le andò vicino per trattenerla per le
spalle.
"Calmati" disse, con tranquillità, ma si sentiva tutto,
tranne che calmo
e tranquillo.
Lei
lasciò andare la scarpa e si ritirò su: gli
arrivava alle spalle, ma anche così
piccola, era difficile tenerla. "È stata quella!
Sì, sono sicura! Per
fortuna l'ho visto adesso! Ecco cos'era!" spiegò, agitando
la mano verso
il punto in cui i Jobberknoll si erano azzuffati poco prima e si erano
dileguati appena lei aveva iniziato a gridare.
La
Weasley continuava a ciarlare e ad agitarsi e lui la teneva ancora per
le
spalle. "Erano le sue mani! E quando le ha sventolate
così…"
continuò, guardandolo con gli occhi spalancati e
un'agitazione pregna di
isterismo, secondo Blaise.
"Calmati,
non si capisce niente…"
Blaise
lasciò che lei dimenasse ancora le mani e poi
alzò gli occhi al cielo: forse
era isterica davvero. Doveva schiaffeggiarla? Provò a
scuoterla per le spalle
ancora un pochino, ma lei non capì.
"Ma
mi hai sentito? Hai capito cosa…" Stufo di continuare a
provare senza
arrivare da nessuna parte fece l'unica altra cosa che gli venne in
mente al
posto di prenderla a schiaffi: si chinò, posò le
labbra sulle sue e finalmente
lei si zittì.
Ginny
spalancò gli occhi quando sentì la bocca di
Zabini cercarla e lambirla lievemente.
Sentì le sue labbra aprirsi e la morbidezza di lui
accarezzarla con
delicatezza. Non fece niente, troppo stupita da quello che stava
succedendo:
non ricambiò il bacio, non si lamentò, non ebbe
reazione.
Poi,
un profumo intenso e stuzzicante le riempì la mente e lei
chiuse gli occhi,
come per arrendersi a una magia potentissima; quando fu lì
lì per schiudere le
labbra pensando a come sarebbe stato assaporare quella sensazione
così nuova,
lui si mosse e la sua barba le solleticò la guancia, e lei
quasi sospirò, prima
di tornare alla realtà.
"Cosa
stai facendo?" esclamò, forse con voce troppo acuta,
più rivolta a se
stessa che a lui. Stava baciando Zabini, un ex Serpeverde, un altezzoso
purosangue, un…
Fece
un passo indietro, ma non si ricordava delle scarpe slacciate e perse
l'equilibrio. Il ragazzo fu lesto e l'afferrò per la vita,
impedendole di
cadere.
"Per
Salazar, Weasley, non taci neanche quando vieni baciata?" Blaise si
assicurò che lei fosse stabile e poi la lasciò
andare.
"Perché
mi hai baciato?" chiese lei, con gli occhi sgranati.
"Perché
non stavi zitta! Non si capiva niente di ciò che dicevi ed
eri isterica.
Sembrava meno brutto che darti uno schiaffo."
"Volevi
darmi uno schiaffo?" La sua voce era incredula e per un attimo
pensò che
lei avrebbe preferito che lo avesse fatto. Alzò le spalle.
Ginny
quasi divenne isterica davvero. Lui voleva schiaffeggiarla e alla fine
l'aveva
baciata? E lei che aveva pensato di ricambiare! Ma… ma che
Troll!
"Ma
sei matto?" chiese, aprendo le braccia e poi incrociandole sotto al
seno,
nervosa. Lui aveva capito quello che aveva provato?
"Ha
funzionato. Ora puoi ricominciare con più calma. Parlavi di
una polvere
blu…"
La
ragazza sbuffò rumorosamente e si avvicinò alla
panchina, posando il piede sul
bordo e chinandosi finalmente ad allacciare il cinturino: tanto valeva
che
facesse qualcosa che non implicasse guardarlo, visto come si sentiva.
"Sei
proprio un troll! Vabbè, sì, tua madre aveva
sulle dita della polvere blu. Ha
agitato la mano e…" Mostrò il gesto che aveva
fatto sua madre quando aveva
sventolato le dita e la polvere si era sparsa in giro. Forse le era
finita un
po' addosso, per quello aveva avuto quel vuoto di memoria.
"…e io mi sono
scordata quello che volevo dire. Sai che polvere è?"
Blaise
scosse il capo in risposta, ma lei non avrebbe potuto vederlo
perché era
chinata a sistemarsi il sandalo e non guardava verso di lui. E non
poteva
neanche sapere che la gonna l'era scivolata di lato, scoprendole tutta
la gamba.
Né che lui la stava guardando. Con attenzione. Molta
attenzione. Troppa
attenzione.
Quando
si raddrizzò e tornò a girarsi verso di lui,
riuscì a togliere in tempo lo
sguardo per non farsi beccare.
"Lo
sai?" chiese ancora, infatti.
"Non
ne ho la più pallida idea. Dici che è quello che
le fa perdere la
memoria?"
Lei
alzò le spalle e si mise a posto lo scialle che le era
scivolato di nuovo.
"Al diavolo!" imprecò, con nervosismo, impugnando la
bacchetta e
facendolo sparire nella notte. "Sì, sono abbastanza sicura"
rispose.
Forse
aveva ragione. Ma doveva averci a che fare molto spesso, a giudicare
dal fatto
che si scordava le cose frequentemente e non se le ricordava neanche
dopo del
tempo, come invece era successo alla Weasley.
La
Weasley… Blaise si passò una mano fra i capelli,
che sua madre si lamentava
fossero troppo lunghi, e osservò la ragazza davanti a lui
mentre si guardava le
scarpe e si osservava il vestito. Baciarla era stato un errore. Un
errore
madornale. Avrebbe dovuto davvero darle uno schiaffo. Lo avrebbe
colpito di
meno. E non continuerebbe a sentire sulle labbra quel sapore dolce e
fruttato
che aveva la sua bocca.
"Ci
sei, Zabini?"
"Sì,
certo. Stavo pensando alla polvere…" mentì.
Lei
annuì, senza dubitare delle sue parole. "Ci vediamo domani,
allora?"
Lui annuì.
"Ti
mando un gufo" disse, così a caso, quando si rese conto che
c'era bisogno
che dicesse qualcosa.
"Ok,
bene" rispose lei. Senza salutarlo si incamminò verso la
scalinata che
riportava all'interno della tenuta, un insieme di gradini rozzi e
inuguali, che
rendeva difficile la discesa in quel giardino; forse era per questo che
era
poco frequentato.
La
osservò allontanarsi, incapace di dirle qualsiasi cosa che
la facesse restare,
fino a quando lei si voltò verso di lui, con uno sguardo
incerto.
"Tu…
Il tuo profumo… è cedro. Cedro e…"
Blaise
sorrise, forse perché sapeva che lei era troppo lontano per
vederlo.
"Vetiver,
Weasley, è vetiver."
Lei
annuì e poi girò il viso per osservare la
scalinata. Appoggiò la mano sulla
balaustra che fiancheggiava i gradini e tornò a guardarlo.
"È buono"
disse, prima di tornare alla festa.
-
-
-
***Eccomi!
Avevo promesso di pubblicare la seconda parte prima della settimana
prossima, quindi eccoci qui! Buona lettura, ragazzə
|
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Capitolo 7 *** Ciliegie e Mela Verde ***
Ciliegie e Mela
Verde
"Ciliegie!"
esclamò Blaise a un certo punto, come colto da un'intuizione.
"Come?" Draco
alzò a malapena gli occhi su di lui, troppo concentrato
sulle carte, mentre
Theo lo guardò corrugando la fronte.
"Chiedo all'elfo di
portarti delle ciliegie, Blaise?" chiese allora il moro.
Blaise scosse la testa,
chiudendo in un mazzo le carte che aveva in mano. La Weasley sapeva di
ciliegie. Doveva averne mangiate prima che lui la baciasse,
perché non ne aveva
sentito il profumo per tutta la sera. Anche sui dolcetti era sicuro che
ci
fossero fragole e non ciliegie. Dannazione, perché
continuava a pensarci?
"Anzi, sì, fai
portare delle ciliegie; che siano grosse e scure. E dolci"
acconsentì
subito dopo: forse così si sarebbe tolto dalla testa quel
pensiero.
Le ciliegie comparvero
dopo neanche un minuto e, per ironia della sorte, la ciotola che le
conteneva
era dello stesso colore dei capelli della ragazza a cui Blaise cercava
di non
pensare.
"Sei strano stasera,
Blaise" disse Draco, ridacchiando, mentre allungava la mano a radunare
le
fiches che aveva vinto perché l'amico si era ritirato.
"Ho dei
pensieri…" buttò lì. Se fosse stato il
caso, avrebbe preferito parlare dei
suoi dubbi sulla madre piuttosto che del bacio alla ragazza.
"Sì, femminili…"
Il cugino di Theo, Hermes, aveva la vista lunga, secondo Blaise, ed era
anche
una persona discreta, ma in quel momento lui non avrebbe ammesso niente.
"In verità, ci hai
preso, ma non quello che immaginate voi: mia madre ha fatto delle
visite al San
Mungo e stiamo aspettando tutti gli esiti…" Sperando che
Merlino lo
scusasse per quella pantomima, pregò che avesse ragione la
Weasley e che sua
madre non avesse problemi di salute. La Weasley!
Prese una ciliegia e la
osservò mentre Theo controllava le carte mescolarsi senza
imbrogli, in attesa
del giro successivo. Come aveva richiesto, le ciliegie erano grosse e
scure; la
mise in bocca e il suo succo dolce gli riempì il palato:
buonissime, ma ancora
non bastava, non era la stessa sensazione. Ne mangiò altre
ma, anche se tutte
al massimo del loro sapore, nessuna lo soddisfò.
Quando perse ancora, si
alzò e prese il mantello, posato sullo schienale della
sedia. "Io vado;
serata grama…"
Gli amici lo salutarono e
Theo gli augurò qualcosa per la madre, ma Blaise non
prestò la giusta
attenzione e gli fece solo un cenno del capo.
Una volta a casa sbuffò e
lanciò il mantello su una delle poltrone, dirigendosi nella
stanza adibita allo
studio. Capendo che non sarebbe riuscito a togliersi dalla testa quel
piccolo
demone rosso e il sapore dolce delle sue labbra, si sedette alla
scrivania e
tirò fuori la prima foto che aveva fatto alla ragazza:
quella di quando era
sola sulla panchina e si voltava all'arrivo di Paciock, sorridendogli.
Si allungò a stappare
l'ultima boccetta di inchiostro magico e, dopo aver preparato una
pergamena
pulita, fece la punta alla penna con il temperino e la intinse nel
liquido
nero.
Appoggiò la foto accanto a
sé e iniziò a tratteggiare linee e segmenti
finché sul foglio bianco l'immagine
del volto della Weasley non iniziò a sorridere a lui.
***
"Dove hai detto
che
vai?" Ginny si voltò alla voce di Hermione che, sulla porta,
sbirciava
quello che faceva; salutò anche Luna che, sdraiata sul letto
della rossa,
giocava con la sua collana di tappi.
"Entra, Herm" la
invitò, di sicuro non voleva parlare di Zabini sul
pianerottolo di casa sua:
alla Tana c'erano orecchie dappertutto. Dopo che l'amica ebbe seguito
il suo
suggerimento, e dopo che ebbe chiuso la porta, Ginny si
voltò verso di lei
mentre si spazzolava i capelli e li arrotolava intorno alla mano prima
di
fermarli sulla testa con una piuma. "Vado dalla madre di Zabini"
iniziò a spiegare e raccontò, anche a lei, quello
che era successo al San Mungo
e la sera prima. Quasi tutto.
"Quello che non ho
capito è perché mi abbia dovuto ricattare con le
foto di Neville. Se lui me lo
avesse chiesto, sarei comunque andata da sua madre. Fra l'altro sembra
una signora
così gentile, mi sa che lui è stato adottato in
segreto…" disse alla fine,
sospirando e prendendo l'unguento per le labbra che le aveva dato Luna
quando
si era scottata.
Hermione alzò le spalle.
"Forse lui non è
abituato a questo genere di cose. Magari chi frequenta lui non fa
niente per
niente…" La voce di Luna era bassa: non aveva bisogno di
alzare il tono
per farsi sentire, perché ora, anche se strano o
sconveniente, quello che
diceva veniva ascoltato con attenzione.
"È una cosa triste,
ma può essere" commentò Hermione, guardando Ginny
che, davanti allo
specchio, si spalmava le labbra che divennero di un rosso fuoco, prima
di
brillare e tornare del loro colore naturale.
"Sì, molto triste.
Pover…."
"Ah, no! Povero
Zabini proprio no!" Ginny interruppe la frase di Luna e questa la
guardò
sorridendo, inclinando la testa.
"No?"
"No. Lui è
proprio…" La rossa si interruppe e fece una smorfia allo
specchio.
"Proprio come?"
chiese Luna con innocenza.
Ginny si voltò verso di
lei, ma quando la guardò, non fu sicura che la sua domanda
fosse veramente
innocente e non nascondesse altri fini. Sentì le guance
andare a fuoco al
pensiero del bacio che le aveva dato Zabini. Sì,
perché lei non aveva fatto
niente, era stato lui a baciarla, lei non aveva neanche ricambiato. Ci
aveva pensato,
però, ma non era stata tanto stupida da farlo. E meno male,
visto che lui
l'aveva baciata solo per farla stare zitta perché era
isterica. Ma ci aveva
pensato, e un po' di rabbia per questa cosa continuava a provarla. Nei
confronti di Zabini e nei suoi stessi confronti. Sbuffò e
fece un'altra
smorfia: sembrava che Luna le leggesse nella mente, sapesse
perfettamente tutto
ciò e lo stesse facendo apposta.
"È un Troll"
disse, prima di volgere lo sguardo altrove e smettere di guardare
l'amica.
"Ti accompagnamo?"
le chiese allora Hermione, quando la vide prendere il mantello leggero.
"No, mi vedo con
Zabini davanti al Tiri Vispi e lui ci materializza davanti a casa sua.
Non ho
capito bene perché, ma penso che preferisca che sua madre
non lo veda, quindi
poi entrerò da sola."
Hermione
annuì, per lei
effettivamente era logico, e guardò l'amica smaterializzarsi
dopo averle
salutate.
"I suoi occhi hanno
brillato" disse Luna, mentre si alzava dal letto per tornare a casa.
"Come?" chiese
Hermione, girandosi verso di lei.
La biondina prese il
mantello dalla sedia vicino alla scrivania e lo ripiegò.
"Quando ha
parlato di Zabini che faceva la foto ai Jobberknoll,
mentre era sulla scopa…"
"Dici
che è interessata a lui?" Hermione aggrottò le
sopracciglia e guardò verso
la scrivania, dove l'amica si era specchiata, prima di
smaterializzarsi.
Possibile? Zabini?
"Io
dico solo quello che
vedo. E mentre parlava di lui le sono brillati gli
occhi. Non succedeva da tempo."
Hermione annuì, ripensando
alle parole dell'amica. "Però poi lo ha quasi insultato. No?"
Luna rise. "Sì. Non
sembra che sia per lo stesso motivo?"
"Come?" Hermione
faceva sempre fatica a capire Luna, anche se le voleva bene, erano
spesso su
due mondi a parte.
"Lui le fa brillare
gli occhi e la fa arrabbiare: Zabini non la lascia indifferente."
"Oh!" Hermione
capì e sorrise.
***
"Zabini…"
Blaise si voltò al suono
della voce della ragazza che stava aspettando e, come colto con le mani
nel
sacco, sobbalzò.
Lei dovette accorgersene
perché aggrottò la fronte e si
avvicinò di un altro passo. "Tutto
bene?" chiese, guardando l'orologio sopra la vetrina. "Non sono in
anticipo…"
No, lei non era in
anticipo. Era lui che si sentiva strano.
La prese per un braccio e
la trascinò in un vicolo secondario. "Avevo detto dietro al
Tiri Vispi,
non… qui!"
La Weasley rise, alzando
le spalle. "E che differenza fa? Dietro, davanti… Ci siamo
trovati
comunque, no?" Blaise sospirò: quella ragazza era
impossibile. "O non
volevi farti vedere con me?" domandò, ammiccando provocante.
"Ti
rovino la reputazione con i tuoi amici?"
Ginny scosse il
capo
ridendo, mentre lui sbuffava. "Non voglio che nessuno sappia dei vuoti
di
memoria mia madre e non vedo altri motivi per cui dovrei
frequentarti…"
Zabini volse altrove lo sguardo e non la guardò.
Oh. Giusto.
"Ok, va bene. La
prossima volta sarò più discreta…"
acconsentì lei, guardandosi intorno.
Zabini alzò un
sopracciglio mentre tornava a guardarla. "Sicura di esserne capace?"
Ginny sbuffò e arricciò il
naso in una smorfia.
Blaise dovette
di nuovo spostare
lo sguardo: quella ragazza era ingestibile. Maledettamente intrigante,
ma
ingestibile. Sapeva quale sarebbe stato un altro motivo per
frequentarla, ma
non voleva ammetterlo con se stesso, figuriamoci con qualcun altro.
Quando lei
si sporse verso di lui, notando il suo sacchetto, i suoi capelli gli
passarono
proprio sotto al naso e Blaise sentì un profumo dolce e
invitante riempirgli i
polmoni: mela verde. Mela verde e qualcos'altro, ma di sicuro non
ciliegie.
"Che hai comprato?
Giornali scandalistici?"
"Io non leggo i
giornali scandalistici!" esclamò, per poi inclinare la
testa. "Weasley…
hai una piuma nei capelli…" disse, un po' confuso.
"Sì, sì, ce l'ho
messa io" rispose lei, senza alzare lo sguardo dal sacchetto. "Non
leggi i giornali, dicevi? Ah, ma è un sacchetto del Tiri
Vispi! Ora sono
proprio curiosa!" Lei si passò una mano sui capelli e il
profumo tornò a
sfiorargli i sensi.
Blaise si chiese perché, a
quel gesto, sentì tirare i pantaloni. Perché
quella ragazza, così priva di
grazia e finezza, gli faceva quell'effetto? E perché non gli
succedeva mai con
le altre damigelle carine e graziose che incontrava per strada o ai
balli?
Forse perché con loro aveva già avuto a che fare.
Cercò di sistemarsi i
pantaloni senza farsi vedere e pensò che il suo corpo stesse
subendo il fascino
di ciò che aveva sentito la sera prima: una ragazza
disponibile era sempre
desiderabile, chiunque lei fosse, si mentì da solo.
"I giornali
scandalistici sono una perdita di tempo" spiegò con tono
saccente, quasi
con stizza: doveva mantenere le distanze da lei. Fece un passo
indietro. "E
poi, non dovevi essere discreta? Perché non impari anche a
essere educata e a
non impicciarti di ciò che non ti riguarda?" chiese, forse
un po' troppo
duramente.
Ginny
alzò uno sguardo
duro su di lui, alzando un sopracciglio: cioè, lei era
lì a fargli un favore e
lui la trattava così? Pensò di fare dietrofront e
di smaterializzarsi a casa,
quando si ricordò delle foto: lei non gli stava facendo un
favore, lui la stava
ricattando. Però quello che aveva detto sulle riviste
patinate era giusto.
Forse avrebbe dovuto iniziare anche lei a ignorarle. In fin dei conti
non aveva
ancora controllato se avessero scritto qualcosa su di lei. Lo
osservò incantare
il sacchetto e frenò l'impulso di scoprire cosa avesse
comprato per non dargli
l'opportunità di dire altro.
Ma lui continuò lo stesso
e Ginny lo lasciò finire con calma, perchè Zabini
era partito in quarta.
"Non dovresti comportarti un po' meglio? Non dico proprio da signora,
posso capire che non ne saresti mai capace, ma almeno provare a essere
come le
altre? Sai… posata, aggraziata, elegante nei
modi…"
Lei gli lanciò
un'occhiataccia. "Zabini, non so se te ne sei accorto, ma io non sono
proprio
come le altre…"
Blaise
pensò che lei
volesse fare una battuta ma poi, a metà della frase, avesse
cambiato idea o le
fosse venuto in mente qualcosa di brutto, perché il suo tono
cambiò. Fu quasi
dispiaciuto della cosa.
"Sì che me ne sono
accorto…" brontolò lui sottovoce, ma lei per
fortuna non se ne accorse.
Lei non era neanche il suo tipo, santo Salazar! A lui piacevano quelle
ragazze
fini, possibilmente bionde con gli occhi chiari, che sorridono, parlano
poco e
non ribattono in continuazione. Beh, una così,
però l'aveva già avuta. E non
era andata bene.
Ginny
pensò per un attimo,
ma solo per un attimo, di avere effettivamente qualcosa che non andasse
bene,
ma poi scosse le spalle e scacciò quel pensiero.
"Andiamo? Non ho
tutto il giorno" disse, un po' scontrosa.
"Sì, andiamo. Ti
lascio davanti a casa di mia madre e poi torno qui, che ho dei giri da
fare…"
"Oltre al Tiri
Vispi?" Tornò a punzecchiarlo lei, ritrovando il sorriso.
Lui alzò gli
occhi al cielo, come se avesse a che fare con un bambino piccolo e
Ginny trovò
la cosa ancora più divertente. "Se oggi scopro qualcosa di
interessante,
mi svelerai cosa hai preso?" propose giocosamente, ma il suo tono lo
fece
scoppiare a ridere.
"Certo che sei
un'impicciona… Come fa Potter a sopportarti?"
Quella frase
scappò dalle
labbra di Blaise senza che lui se ne accorgesse, ma se ne
pentì quando notò che
gli occhi della ragazza si adombrarono per un secondo. Poi lei
tornò a
sorridere. Un sorriso diverso, triste forse, ma tenace. "Non mi
sopporta,
è scappato in Romania…" sussurrò e non
lo guardò, spostando tutta la sua
attenzione su un bimbetto al di là della strada.
"Se scopri almeno due
cose interessanti, ti dico cosa ho preso" acconsentì il
ragazzo, alzando
il prezzo, capendo di voler perdere nel momento in cui lei non
tornò a
punzecchiarlo.
La Weasley non rispose e
annuì e basta. Ma in che casino si era messo? Le porse il
gomito piegato, per
farsi prendere sottobraccio, ma lei gli guardò la manica
della camicia
aggrottando la fronte. "Che c'è?"
Zabini
sbuffò ancora, le
prese una mano e se la passò sotto al braccio, facendola
posare all'interno del
suo gomito e, subito dopo, Ginny sentì lo strappo della
smaterializzazione.
Quando comparvero davanti
al portone di una bellissima villa vittoriana, prima ancora di
guardarsi
intorno, tolse velocemente la mano dal suo braccio e cercò
di minimizzare
l'imbarazzo.
"Tutto ok?
Nausea?" le chiese lui, con uno sguardo preoccupato.
"No, no, tutto
bene…" mentì. Quella strana sensazione non era
dovuta alla
smaterializzazione di certo. Ma a cosa era dovuto? "Bello
qui…"
disse, poco dopo, per vuotare la mente.
"Sì,
sì,
ascolta…" Blaise le fece le ultime raccomandazioni,
liquidando il suo
complimento: sua madre non doveva sapere che era stato lui a mandarla
da lei.
Doveva raccontare che l'aveva cercata sul Magician Directory e si era
presentata per vedere i suoi fiori.
La Weasley disse qualcosa
sul fatto che non avesse senso, ma lui scosse le spalle: in fin dei
conti
poteva dirle quello che voleva, visto che sua madre non si ricordava
molto
neanche della visita al San Mungo. "Ma se le dici che ti ho chiesto io
di
venire, diventerà sospettosa e non riuscirai a scoprire
niente, perché pensa
che io stia esagerando…"
"E se invece le
raccontassi di come mi stai ricattando? Anche a quel punto penserebbe
che stai
esagerando?" lo punzecchiò lei, ma sorrise, come a smentire
le sue parole.
"Ti giuro, Weasley,
che avrei preferito che mia madre avesse incontrato chiunque altro al
San
Mungo, invece di vedere te. Chiunque altro a cui avrei potuto chiedere
tranquillamente di venire qui e…"
Lei sbuffò e fece un passo
verso la porta, bussando con il batacchio. "Magari se me lo avessi
chiesto
decentemente, invece di ricattarmi, avrei acconsentito anch'io a venire
tranquillamente! Anch'io sono
interessata a scoprire…" Il suono forte e deciso del ferro
si sentì
all'interno della casa, come se rimbombasse in ogni stanza.
"Ma non è vero!"
la interruppe Blaise, prima che finisse. "Lo stai facendo solo
perché non
ti ho dato scelta! E probabilmente ti impegnerai un po' di
più soltanto perché
sei un'impicciona e vuoi sapere cosa c'è nel
sacchetto…"
"E poi sono io
quella
che pensa male…" Ginny scosse la testa, parlando da sola e
subito dopo, quando
si sentirono dei passi al di là del portone, si
voltò verso di lui, dicendo:
"Qualunque cosa tu abbia comprato, te l'ha venduta mio fratello e, se
volessi, potrei scoprire cos'è stasera a cena, razza di
Troll!" Dal suo
sguardo, la ragazza capì che lui non ci aveva neanche
pensato, così scosse la
testa e sospirò come se avesse a che fare con un pixie
particolarmente
fastidioso. "E ora sparisci!" ordinò e lui si
smaterializzò nello
stesso istante in cui si aprì la porta.
Continuò a guardare lo
spazio occupato dal ragazzo poco prima e si voltò lentamente
quando sentì la
porta iniziare ad aprirsi. Appena riconobbe la persona sull'uscio,
però, il suo
sorriso svanì.
"Parkinson?"
esclamò, stupita.
-
-
***Eccomi!
Vi ero mancata almeno un po'? Per ora buona lettura, gente, e spero che
i miei ragazzi vi piacciano.
|
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Capitolo 8 *** A casa di Mrs Madeleine ***
A casa di
Mrs Madeleine
-
-
"Parkinson?"
esclamò, stupita, Ginny.
"Weasley? Che ci fai
qui?" rispose, più stranita di lei, la ex Serpeverde, sulla
soglia di
casa.
Ginny girò ancora il capo
verso il punto in cui era sparito poco prima Zabini e poi
tornò a guardare la
ragazza. "Sono venuta a trovare Mrs Madeleine. È in casa? Mi
ha invitato
lei" disse allora, entrando nell'ingresso con passo sicuro.
"Oh. Sì, certo… Se ti
ha invitato…" La Parkinson chiuse l'uscio alle sue spalle e,
continuando a
guardarla con sospetto, l'affiancò e la guidò in
quella casa enorme. Era
entrata in un atrio molto ampio, da cui si vedeva, in fondo, una
scalinata che
saliva per dividersi in due balconate che avvolgevano tutta la stanza
lungo il
suo perimetro fino a ricongiungersi sopra alla porta d'entrata. Ginny
cercò di
non mostrare troppo stupore, ma non aveva mai visto una casa del genere
al suo
interno. Vide due corridoi illuminati da delle lampade al piano
superiore e
rimase a guardarli, come se con l'immaginazione potesse intuire dove
portassero
e come fossero le stanze che raggiungevano.
"Di qua, Weasley…"
La Parkinson la guardò corrugando la fronte e indicandole un
corridoio
illuminato a lato della scala. La rossa annuì, cercando di
mantenere una certa
spavalderia.
Camminarono una accanto
all'altra studiandosi, ma senza dire niente, e Ginny continuava a
chiedersi
cosa ci facesse lì e, dalla sua espressione, capì
che se lo stava chiedendo
anche l'altra.
Prestò poca attenzione ai
dipinti alle pareti, ma lanciò un'occhiata lo stesso
all'ambiente: non voleva
perdersi niente, né le espressioni della mora, né
quella casa grandissima ed
elegante. Appoggiati ai muri c'erano delle credenze da ingresso con
pizzi e
vasi dai fiori colorati.
"Mrs. Madeleine mi
raccontava di alcuni nuovi fiori che aveva e mi ha invitato a passare
per
vederli sbocciare" bleffò, quando il silenzio si fece
insopportabile e ci
passarono davanti, inspirando un delicato profumo.
"Dei nuovi
fiori?" chiese allora la mora, guardandola perplessa e con sospetto.
"Sì… fiori che aveva…
ehm… piantato?" Lo sguardo della Parkinson si fece tetro e
la squadrò da
capo a piedi, quando dovette capire che non sapeva niente di
giardinaggio.
"Capisco" disse
solamente, ma Ginny si sentì morire sotto al suo sguardo.
Per fortuna poco dopo
entrarono in un salottino delizioso, dove Mrs Madeleine sedeva in
poltrona,
sventolandosi con un ventaglio, mentre davanti a lei osservava un ferro
da
maglia intrecciarsi con un gomitolo.
Accanto a lei, seduta su
un divano poco distante, una ragazza dai riccioli castani leggeva un
libro ad
alta voce, mentre dall'altra parte un tavolino rotondo reggeva un altro
vaso di
fiori. Eh sì, i fiori le piacevano particolarmente,
pensò sorridendo. Quando
entrò anche la Parkinson, subito dietro di lei,
sbuffò sonoramente e Ginny si
voltò a guardarla, stupita. La ragazza però non
la degnò di un'occhiata e disse
ad alta voce: "Maddie, Ginny Weasley è venuta a trovarti.
Dice che vi
siete viste… Dove hai detto che vi siete già
incontrate?"
Ginny fece un sorriso di
circostanza verso quella strega che le aveva rivolto la domanda a
tradimento:
lei non le aveva detto dove si erano conosciute.
"Salve, Mrs
Madeleine! Si ricorda di me? Mi aveva detto di passare per
vedere…"
La madre di Zabini, quando
posò lo sguardo su di lei, sorrise e Ginny capì
che l'aveva riconosciuta. Le
fece così piacere che si avventurò sicura per la
stanza.
"I fiori. Sì, cara mi
ricordo. Ma non sono ancora sbocciati, mi spiace. Pensavo di aver detto
la
settimana prossima…" Quando il viso della donna si fece
insicuro, Ginny
pensò di aver sbagliato a parlare e andò in suo
soccorso.
"No, no, me lo aveva
detto, sono io che sono passata lo stesso…" disse ancora,
guardandosi
intorno.
"Ma cara, hai fatto
bene. Vieni, siediti, non stare in piedi. Rachel, puoi far portare il
tè per Miss
Weasley?"
"No, non si
preoccupi, non voglio disturbare…"
La ragazza accanto a
Madeleine chiuse il libro di scatto e si alzò. "Nessun
disturbo, abbiamo
tè per tutti, vero zia Maddie?" Rachel, come l'aveva
chiamata la madre di
Zabini, le si avvicinò sorridendo e le allungò la
mano. "Ciao sono Rachel,
la nipote di Madeleine" si presentò.
"Io sono…"
iniziò Ginny, in risposta, ma la Parkinson alle sue spalle,
sbuffò e lei si
interruppe, voltandosi a guardarla mentre stringeva la mano alla cugina
di
Zabini.
La mora scosse le spalle e
prese la parola. "Lei è Ginny Weasley. Veniva a Hogwarts con
noi…"
spiegò, trapassando Ginny con uno sguardo di fuoco.
"Noi?" chiese
Rachel e la ragazza tornò a guardarla: aveva un profumo
molto intenso, come se
se ne fosse messo in abbondanza. Fiori, pensò Ginny, ma non
riuscì a
riconoscere la varietà.
"Rachel, ti ricordo
che io e Blaise eravamo tutti e due Serpeverde e abbiamo frequentato la
scuola
insieme…" La voce della Parkinson era fastidiosa e il suo
tono pesante,
come se fare conversazione le costasse fatica e fastidio e Ginny
immaginò che
non fosse solo nei suoi confronti, a giudicare da come guardava la
ragazza."Oh, eri Serpeverde anche tu?" le chiese, alzando un
sopracciglio, la nipote di Madeleine.
Ginny scosse appena il
capo sorridendo. "No, ero Grifondoro. Io ero con…"
"Oh, Grifondoro!"
esclamò entusiasta lei, facendole un gran sorriso. "Eri con
Potter, ecco
dove ti avevo già visto!"
Ginny si morse una
guancia, cercando qualcosa da dire, ma fu fortunata perché
in quel momento un
elfo si materializzò accanto a lei, con un vassoio, una
teiera e tre tazze: non
era mai stata così contenta di bere il tè.
"Non sei rimasta
sorpresa quando ho nominato Blaise…" La Parkinson si sedette
su una delle
poltrone, continuando a osservarla, mentre si accomodava sul divano
accanto a
Rachel, che aveva iniziato a versare il tè.
"Blaise?"
chiese, fingendo stupore.
"Blaise è il figlio
di zia Maddie…" iniziò a spiegare la ragazza
mentre allungava una tazza
alla strega più anziana.
"Sì, e tu non eri
sorpresa, Weasley. Sapevi già che è suo figlio?"
Ginny mescolò la sua tazza
pensando a cosa rispondere: Zabini non si era presentato sulla porta
con lei
per non far sapere a sua madre che si conoscevano, così che
la donna non
pensasse che lei fosse lì per controllarla. Forse non era il
caso di ammettere
di conoscerlo. Poteva sempre far credere che non li avesse collegati
l'uno con
l'altra. Sorrise alla Parkinson e lei aggrottò ancora di
più le sopracciglia.
"Lo so adesso"
confermò, ma guardando la ex Serpeverde capì che
non le credeva. Non aggiunse
niente, però. Avvalorare troppo una causa rischia di far
accadere l'effetto
opposto.
"Adesso…" La
mora mescolò anche lei il suo tè e
continuò a guardarla male. "Dicono che
ti hanno visto al party degli Stin'sen, ieri" disse ancora.
"Sì, ti hanno
informato bene: ero lì" rispose, come se parlasse con una
spia.
"C'era anche
Blaise."
"Sì, e un sacco di
altra gente, Parkinson. Non ho detto che non l'ho mai visto, ho detto
che non sapevo
fosse suo figlio" spiegò, con tono quasi annoiato.
"E come hai trovato
la casa? Come hai fatto a venire qui?" insistette la mora.
"Basta ragazze, non
litigate. Maddie, vuoi un po' di latte?" Rachel diplomaticamente mise
fine
a quel battibecco, ma le due ragazze continuarono a guardarsi
duramente.
"Potresti chiamarmi Maddie
anche tu: mi farebbe veramente piacere" propose poco dopo la strega
alla
rossa.
Quando Ginny acconsentì,
più per fare un dispetto alla Parkinson che per altro,
quest'ultima sbuffò
ancora, ma più silenziosamente.
"Tornerò domani. Oggi
hai molte visite…" disse la mora poco prima di finire il
tè. Poi si alzò,
andò vicino alla donna e la baciò sulla guancia,
mormorandole qualcosa
all'orecchio a cui la signora Madeleine rispose annuendo e con un
sorriso.
Lanciò alle due ragazze
sedute sul divano uno sguardo indecifrabile e poi, dopo un freddo
saluto, si
smaterializzò.
"Devi scusarla,
Ginny" esordì poco dopo Rachel. "Pansy non è
cattiva, è solo una
ragazza… ombrosa, sì diciamo così"
disse, scusando la ex Serpeverde.
"E ora sta
affrontando un brutto momento" rincarò la dose Maddie,
appoggiando la
tazza sul piattino.
"Davvero, zia? Mi
dispiace molto per lei, non lo sapevo. Che genere di brutto momento?
Problemi
di soldi?" chiese ancora con interesse la ragazza.
Maddie scosse il capo,
come se non volesse parlarne e poi sventolò una mano,
liquidando la questione.
Ginny rimase
ancora
un'oretta. Lasciò che Mrs Madeleine le raccontasse altri
aneddoti, come al San
Mungo, anche se adesso che sapeva che il figlio di lei era Zabini,
tutto
prendeva un aspetto più divertente.
Rachel si occupò della zia
con così tante piccole attenzioni e non la lasciò
da sola un momento, che lei
non poté chiederle niente su ciò di cui avevano
parlato al San Mungo, ma pensando
di tornare presto a trovarla, non se ne preoccupò troppo.
***
Blaise
alzò una mano
quando vide la figura incappucciata della Weasley entrare nel pub, uno
dei bui
locali che c'erano a Notturn Alley, e lei si diresse subito verso di
lui.
"Perché qui,
Zabini?" gli chiese, sedendosi sulla panca proprio nell'angolo vicino a
lui. La ragazza si guardò intorno mentre faceva cadere il
mantello accanto a
lei.
"Ho preferito un
posto poco frequentato per…" iniziò Blaise, ma
guardandosi intorno anche
lui, capì che forse aveva commesso un errore.
"Per non farti vedere
con me, ho capito. Ma proprio qui?" La Weasley arricciò il
naso quando il
suo sguardo si posò, nell'angolo opposto del locale, su un
mago addormentato
che russava con la testa appoggiata al tavolo e una mano nel piatto
dove doveva
aver appena mangiato una zuppa. "Io non mi farei vedere qui neanche da
sola!"
Blaise scosse le spalle
per non ammettere il suo errore. "Dai, facciamo presto…"
Lei si riscosse subito e
tornò a guardarlo. "Perché mi hai mandato quel
gufo? Pensavo che ci
saremmo visti direttamente domani pomeriggio".
"Ho delle novità
urgenti."
Blaise sospirò: aveva
scritto alla ragazza appena aveva scoperto che sua madre quella mattina
era
andata alla Gringott ed era entrata nella camera di sicurezza, senza
sapere
bene cosa avesse preso. Per fortuna Theo, che lavorava in banca, gli
aveva
accennato di averla vista, altrimenti lui non lo avrebbe mai saputo.
Ginny stava
ascoltando
Zabini che gli raccontava della visita della madre alla Gringott,
quando vide
una ragazza tarchiata portare un cestino di ciliegie verso il fondo del
locale.
Per essere un posto così tetro e malfamato, però,
il cibo doveva essere buono.
"Dovete
ordinare?" chiese con voce poco cortese la ragazza che, tornando
indietro
verso il bancone, aveva notato il loro tavolo vuoto.
"No, grazie"
rispose lei, continuando a osservare il cestino delle ciliegie sul
tavolo in
fondo.
"Non potete rimanere
senza ordinare: è una regola del locale."
"Oh. Sì, ok,
aspetti…" rispose Ginny, allungando la mano sul
menù: poteva sempre
prendere la cosa meno cara della lista. O forse l'acqua sarebbe stata
gratis?
Nel momento in
cui la
Weasley prese il menù, Blaise ci appoggiò una
mano sopra e allungò alla
cameriera una manciata di monete, con l'intento di comprarsela: non
voleva che
fossero disturbati. "Portaci due burrobirre" ordinò.
Lei sorrise melliflua e
riconoscente, e annuì. Accanto a lui la Wealsey
sbuffò e disse: "Nella mia
puoi aggiungere dello sciroppo di ciliegia?"
La ragazza, che stava
ancora guardandosi la mano, alzò gli occhi su di lei,
corrugando la fronte.
"Del… cosa?"
"Sciroppo di
ciliegia. Si fa con le ciliegie, lo zucchero e l'incantesimo
addensante…"
Il tono tagliente della ragazza fece quasi ridere Blaise.
"Portaci un cestino
di ciliegie e siamo a posto, grazie". Blaise mise la mano in tasca e
tirò
fuori altre monete e la ragazza spalancò gli occhi annuendo.
"Subito, signore."
"Le hai dato troppi
soldi" brontolò la Weasley e lui scosse le spalle: quello
non era un
problema. Tirò fuori dalla tasca del mantello un plico di
pergamene e le
appoggiò sul tavolo.
"Abbiamo altro di cui
preoccuparci."
Ginny non sapeva
bene cosa
dovesse dire per il fatto che avesse pagato l'ordinazione e si
concentrò su ciò
che lui aveva appoggiato sul tavolo: fogli di pergamena scritta con una
calligrafia fitta e minuta. "Cos'è?" chiese.
"Il diario di mia
madre. Quello che tu le hai consigliato di fare: scrivere
ciò che le succede.
Questo è ciò che ha scritto ieri e oggi" disse.
Ginny neanche alzò lo
sguardo dal tavolo e girò verso di lei le pergamene: non
riusciva a leggerle,
però, sembravano scritte in… "È
francese" spiegò lui e la ragazza
annuì.
"Io non so il
francese" ammise Ginny tornando a guardarlo. "Riguarda la visita alla
Gringott?" chiese ancora, sbirciando i fogli.
Zabini scosse le spalle e
poi si passò una mano fra i capelli: erano scuri alla luce
delle candele e un
po' più lunghi di quando andavano a scuola e quando lui fece
scorrere la mano
fino alla nuca, notò che si arricciavano sul collo. Il
pensiero di voler sapere
se fossero morbidi come sembravano le fece scorrere un brivido lungo la
parte
bassa della schiena.
"Neanch'io. E non so
cosa ci sia scritto. Potrebbe riguardare la Gringott, o potrebbe essere
altro…
Quando ero piccolo mia madre mi aveva insegnato un po' di francese, ma
poi
quando sua sorella morì, non l'ha più parlato con
me."
Zabini guardò da un'altra
parte e lei non disse niente: sembrava una confessione intima,
così cercò di
non essere indiscreta.
Blaise fu
contento di avere
una distrazione, in quel momento, e osservò la ragazzotta di
prima arrivare
verso di loro con un vassoio, le burrobirre e le ciliegie.
Quando si chinò sul tavolo
notò che la sua camicetta era più sbottonata di
quando aveva preso
l'ordinazione, perché, avendolo fatto proprio di fronte a
lui, mostrò una buona
parte di quel seno generoso. Blaise alzò gli occhi sul suo
viso e vide che
sorrideva. Ammiccò in risposta e la ringraziò.
Poi la ragazza se ne andò dopo
avergli lanciato un'occhiata intensa.
"Scommetto che stasera
non dovrai neanche pagarla, quando la seguirai di là" disse
la Weasley,
accanto a lui.
"Cosa?" chiese
Blaise, convinto di aver capito male. Di cosa blaterava?
Lei prese una ciliegia
dalla ciotola sul tavolo e la mise in bocca, lasciando il picciolo
fuori dalle
labbra. "Sto dicendo che non…" Innervosito dal fatto che lei
parlasse
con la ciliegia in bocca e che lui non riuscisse a toglierle gli occhi
dalle
labbra, sbottò: "Non ho mai pagato per fare sesso!"
Ma la ragazza rise e gli
lanciò uno sguardo sornione. "Sì, certo"
acconsentì svogliata, poco
dopo, quando lui non disse niente. Ma la Weasley, quella nanerottola
rossa,
alta quanto mezza bacchetta, lo stava davvero prendendo in giro? E
perché non
riusciva a difendersi? Quando la sua lingua sbucò dalle
labbra e il picciolo
roteò su se stesso, pensò di aver perso il lume
della ragione. "Cosa stai
facendo?" esclamò, impugnando il rametto della ciliegia.
"Ehi!" ribatté,
quando lui le tirò fuori il picciolo e il nocciolo dalla
bocca. "Cos'è, le
avevi ordinate solo per te?"
Blaise, incredulo, scosse
la testa: non poteva reagire così. Non poteva.
Guardò verso la cameriera, che
sembrava disponibile anche se non altrettanto attraente ai suoi occhi,
ma non
era dietro al bancone.
"Non si mangiano così
le ciliegie…" la rimproverò, e si
sentì la McGranitt nei suoi giorni
migliori. "Non è… decoroso…"
Ginny
sbuffò e prese
un'altra ciliegia. Ma cosa voleva da lei? "Ti sembra un party del
Ministero,
qui?" chiese, ironica. Perché doveva stare attenta alle
buone maniere in
quel pub trasandato che puzzava di burrobirra vecchia?
"Oh Santo Salazar,
Weasley, bisognerebbe portarti in giro legata!"
Ginny rise, subito dopo
aver lasciato cadere un altro picciolo con attaccato il nocciolo, sul
tavolo:
era un gioco che facevano alla Tana e quelli che vincevano sempre erano
lei e
suo fratello Fred. Quel pensiero le diede un po' di malinconia e senza
accorgersene si morse il labbro inferiore senza riuscire a ribattere.
Blaise la vide
zittirsi e
rattristarsi e un po' gli dispiacque, così cercò
di rimediare. "Ti devono
piacere molto, le ciliegie, ne hai mangiato anche ieri sera, anche se
non so
dove tu le abbia trovate, visto che non erano al buffet."
"Come? Non ho
mangiato ciliegie, ieri."
"Sì, che le hai
mangiate" insistette lui. Certo che lo aveva fatto! "Tu…
profumavi…
di ciliegie" precisò. Non era riuscito a dire che lei sapesse di ciliegie, perché
continuava a sentirlo sulle labbra e
non gli piaceva quella cosa, se glielo avesse detto magari gli avrebbe
riso in
faccia.
"Veramente il mio
profumo è mela verde e latte zuccherato…"
precisò lei e Blaise dovette
ammettere che aveva ragione, perché quel pomeriggio lo aveva
sentito quando si
era chinata su di lui.
"Tutti profumi dolci…
Strano. Anche se effettivamente le mele verdi sembrano dolci dal
profumo e poi
dentro sono acide. Forse si adatta bene, dai" la stuzzicò,
facendole un
buffetto su una guancia, come ai bambini piccoli, quando si
sentì vulnerabile.
"Simpatico, Zabini…"
disse ironicamente. "Il profumo me lo prepara Luna e dice che invece
è
adatto a me perché… Ah, aspetta, ieri avevo messo
l'unguento per le labbra alla
ciliegia, come doposole. Anche quello me lo ha preparato
Luna… Sì, hai ragione.
Non pensavo si sentisse il profumo…" disse poi, allungandosi
a prendere la
burrobirra posata di fronte a lui. "Quello che mi avevano dato al San
Mungo aveva un sapore terribile e non volevo metterlo, così
lei me ne ha
preparato uno alla ciliegia, anche se ora vorrei mangiarmi il
vasetto…" La
sua bocca, che non aveva ancora smesso di osservare, sorrise ancora.
"Che fai?"
chiese ancora Blaise, quando capì che voleva bere dal suo
bicchiere. Iniziava a
sentirsi un imbecille, infastidito perché continuava a
pensare al bacio della
sera prima e forse il suo tono fu un po' troppo nervoso.
"Bevo la tua burrobirra…"
spiegò lei prima di bere, per poi prendere un lungo sorso.
Incredulo dal fatto di
essere coinvolto in quella storia con una ragazza che si comportava in
modo
così assurdo, afferrò il bicchiere davanti a lei
e lo portò alle labbra: doveva
tenere impegnati i sensi. Quella storia delle ciliegie lo aveva piegato
come un
adolescente infestato di ormoni. "Sono abbastanza sicura che quella"
continuò, indicando con il capo la cameriera che li stava
ancora guardando dal
bancone, "abbia sputato nella mia".
Blaise iniziò a tossire,
sputacchiando quel sorso che aveva appena bevuto e poi
indicò le pergamene: era
meglio finirla al più presto. "Devo scoprire cosa
c'è scritto qui e perché
lo ha scritto in francese".
Ginny si
sentì in colpa
per la burrobirra, così propose: "Potrei chiedere a Fleur,
mia cognata…
Però se tu avessi qualcun altro, in ballo, sarebbe
meglio…"
"Potrei chiedere a
mia cugina, ma non voglio che sappia…" Zabini si
passò ancora una volta la
mano nei capelli e Ginny dovette volgere lo sguardo perché
la cosa iniziava
farla sentire strana. Come se fosse troppo sensibile. E lei non lo era
mai
stata.
"Non vuoi che sappia
di tua madre. Ok, ci sta. Va bene, dai, fammi fare una
copia…" Tirò fuori
la bacchetta e la puntò verso le pergamene. "Ge…"
"Niente magia!"
La cameriera, che non doveva aver tolto loro gli occhi di dosso, fu
subito
davanti al tavolo a indicare un cartello appeso al muro alle sue
spalle: Ginny
si voltò e lesse il divieto di fare incantesimi all'interno
del locale e la
comunicazione che le smaterializzazioni erano protette da un
incantesimo.
"Ma… perché?"
chiese lei, così stranita dalla cosa.
"Ci sono stati
disordini e il padrone non ammette più l'uso della magia da
parte dei
clienti."
"Assurdo…" Ginny
scosse la testa e poi si voltò a guardare il ragazzo: ma
dove l'aveva portata?
Blaise,
infastidito dalla
cosa, raccolse le pergamene con le mani e le fece sparire nella tasca
del
mantello, appoggiato accanto a lui; raccolse il suo e anche quello
della
ragazza. "Andiamo" disse allora, prendendo la Weasley per un braccio
e alzandosi: appena fuori dal locale si sarebbero smaterializzati
altrove.
"Oh, aspetta!"
La ragazza, che doveva aver capito le sue intenzioni, si
allungò verso il
tavolo prendendo, con la mano libera, il cestino di ciliegie. Blaise la
trascinò fuori dalla porta d'entrata e si
smaterializzò subito.
Una volta a casa, appoggiò
la bacchetta sullo svuotatasche dell'ingresso, prese le pergamene dal
mantello
e le mise vicino alla bacchetta, poi appese l'indumento.
Quando si voltò verso di
lei per prendere anche il suo, notò che aveva fatto qualche
passo verso il
salotto. "Carino qui, è casa tua?" chiese, voltandosi appena
e osservando
un affresco che troneggiava sopra il divano.
Blaise annuì e, raccolte
le sue cose, la raggiunse, accendendo tutte le lampade.
"Potevamo andare in
un altro pub…"
"Qui non ci
disturberà nessuno" disse Blaise, appoggiando le pergamene
sul tavolino
davanti al divano e dividendole.
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Capitolo 9 *** Il sogno ***
Il sogno
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Ginny si morse
il labbro
inferiore e poi lo raggiunse vicino divano. Avrebbe preferito un posto
pubblico,
ma si sarebbe fatta andare bene casa sua. Mise le ciliegie sul tavolino
e
appoggiò il mantello al bracciolo di una poltrona.
"Perché hai preso su
le ciliegie?" le chiese Zabini, guardando il cestino.
Ginny alzò una spalla.
"Le hai pagate, no? Anzi, avrei preso anche la burrobirra, se me ne
avessi
dato il tempo!"
"La burrobirra ce
l'ho" disse lui, alzandosi per sparire oltre una porta. Quando
tornò con
due bottigliette di vetro, le sorrise. "E non è sputata" precisò, ammiccando.
Ginny rise, prese una delle
burrobirre che lui le stava porgendo, e si sedette sul divano;
guardò le
pergamene che lui aveva sistemato in ordine, mentre beveva il primo
sorso:
buona. Zabini sedette accanto a lei.
"Dici che qua c'è
scritto cosa è andata a fare oggi alla Gringott?"
Lui scosse le spalle
mentre beveva a collo anche lui. "Non saprei. Ma se ha prelevato del
denaro non me lo ha detto".
"L'hai vista
oggi?" gli chiese, guardando l'etichetta sulla bottiglietta: era
artigianale e aveva un buon sapore, anche se sembrava più
alcolica di quella
che beveva di solito.
"Sì. Mi ha anche detto
che sei andata a trovarla". Ginny sorrise e poi si voltò
verso di lui.
"Mi è sembrata
contenta…"
Blaise dovette
bere ancora
quando il sorriso che le curvò le labbra si fece
maledettamente sincero.
"Sì, lo era. Spera di rivederti" constatò.
Lei annuì e tornò a
guardare le pergamene. "Ci tornerò. Ma la prossima volta
sarebbe carino se
mi informassi prima su chi potrei trovare a casa sua: oggi ero del
tutto
impreparata a vedere la Parkinson. E anche a lei non ha fatto molto
piacere".
Blaise spalancò la bocca:
Pansy a casa sua? Davvero? Era successo qualcosa?
"Pansy? Non sapevo
che fosse lì. Non era una visita programmata" disse,
elaborando la cosa.
"Pensavo ci fosse Rachel…"
"Sì, c'era anche lei.
È stata molto più gentile della Parkinson. Mi ha
offerto il tè e non ha
insinuato niente, lei…"
Il ragazzo si fece attento
e alzò un sopracciglio. In che senso? "Perché,
Pansy cosa ti ha
detto?"
La Weasley gli spiegò di
come Pansy avesse tentato di metterla alle strette per capire cosa ci
facesse
lì, tentando di farla cadere in contraddizione davanti a sua
madre e a Rachel.
"Mi continuava a chiedere se sapessi che lei è tua madre.
Non ricordandomi
cosa dovessi dire ho spiegato che non lo sapevo e che ne ero venuta a
conoscenza in quel momento. Però la cosa ha incuriosito tua
mamma, sai? Non
sapeva che ci conoscessimo, quando la Parkinson se ne è
andata ha parlato di te
un sacco…"
"Davvero?"
Blaise aveva qualche dubbio.
"Te lo giuro. È stato
spassoso. Soprattutto quando ha raccontato di cosa facevi da piccolo.
Rideva
anche tua cugina."
"Mia cugina?"
chiese. Non aveva detto che Pansy se ne era andata?
"Sì, Rachel. Non è
tua cugina? Chiama tua mamma 'zia'…" La ragazza si
voltò verso di lui e
per un attimo a Blaise sembrò di tornare al giorno prima nel
giardino dei
Stin'sen. Quando si voltava in quel modo, il suo viso prendeva una
prospettiva
veramente interessante. Gli dispiacque quasi di non aver la macchina
fotografica in mano. O la penna. Poi si ricordò della foto
che aveva sulla
scrivania dello studio e per poco non si strozzò con la
burrobirra: lei non
doveva vederla! Non che avesse intenzione di portarla da nessuna parte
in casa.
L'immagine della sua camera da letto fece capolino fra i suoi pensieri,
ma la
scacciò.
"È la figlia del
fratello di uno dei mariti che ha avuto in passato. Sarà
anche sua nipote, ma
di sicuro non è mia cugina" sentenziò.
Lei non disse niente e
annuì, senza chiedergli altre spiegazioni e Blaise gliene fu
grato.
Prese un altro sorso e la
osservò ancora mentre raccontava ridendo e gesticolando con
la mano libera.
C'era da dire che quando non ce l'aveva con lui, era veramente
simpatica. Ad un
certo punto si agitò, muovendosi di più e una
ciocca di capelli le finì sul
viso. Per poco non allungò la mano per spostargliela e,
quando lo fece lei,
senza malizia né intenzione, dovette frenare le dita che gli
prudevano da tanto
voleva una scusa per toccarla. Ma cosa gli stava succedendo? Non gli
interessava la Weasley! Forse era troppo tempo che non stava con una
donna. Sì,
forse era quello. Ripensò alla cameriera del pub, ma poi la
ragazza accanto a
lui scoppiò a ridere e Blaise si perse ancora.
Ginny prese
fiato dopo
aver raccontato un aneddoto di quando era piccola che le aveva fatto
venire in
mente la madre di Zabini mentre spiegava cosa combinava suo figlio da
adolescente.
"Oh, scusami, mi sono persa… Dicevamo? Ah,
sì… le pergamene… Posso farmene
una copia?" Si allungò a prendere un foglio e
tentò di leggerlo, ma lei
non sapeva davvero il francese. In più la donna aveva una
grafia stretta e
minuta, e i fogli erano pieni di righe fitte: si sarebbe fatto fatica a
leggerli anche se fossero stati scritti in inglese. "Forse conviene
riscriverli…
non si leggono benissimo…"
Blaise le prese
di mano un
foglio e dovette ammettere che aveva ragione: si capiva poco. E le
parole erano
piccole piccole. "Te li ricopio" disse, alzandosi e andando a
prendere il necessario nel suo studio. Sperò che lei non lo
seguisse, ma
continuò a guardare il corridoio, come se si aspettasse che
lo facesse. Quando
tornò, lei era ancora sul divano e stava osservando un
foglio contro la luce
della candela.
"Se hai un
dizionario, potremmo iniziare a tradurre qualche parola, che dici?
Magari non
capiamo tutto tutto, ma…"
Lui le allungò una piuma,
ma lei sfilò quella che aveva fra i capelli e la sua chioma
le cadde sulle
spalle in una cascata di colore, profumi e sensazioni nuove per lui.
"Ce
l'ho" sorrise, mostrandogliela.
Prese una pergamena e si
chinò per leggere quella già scritta e intingere
la penna nell'inchiostro.
Blaise afferrò un'altra
pergamena e fece lo stesso, cercando di ignorare tutto ciò
che quella ragazza
emanava.
***
Due ore dopo
erano ancora
alle prese con la trascrizione e un tentativo di traduzione. Le
pergamene erano
diventate tante una volta ricopiate con una grafia più
ampia. E la loro
traduzione faceva cilecca. Riuscivano a tradurre solo alcune parole,
mentre
altre facevano più fatica. Non aveva ancora saputo niente
della polvere blu, né
della visita alla Gringott, ma se l'era immaginato che alla prima
visita non
potesse scoprire molto.
Quando lei sbadigliò,
Blaise le consigliò di andare a casa. "Qua finisco io. Ti
faccio avere
tutto domani così puoi andare da tua cognata e chiederle se
la nostra
traduzione è corretta. Anche se dubito…" propose
lui, osservando una
pergamena: effettivamente quelle parole non davano frasi di senso
compiuto.
Lei si stirò come una
gatta e piegò il collo da un lato all'altro,
massaggiandoselo con la mano.
"È solo che oggi l'allenamento è stato
più tosto del solito. Abbiamo una
partita contro i Bats e Gwenog ci tiene a tenerci in
movimento…"
"I Ballycastle
Bats?" Prese un sorso di burrobirra e annuì. Blaise sorrise:
tifava i Bats
ed era a una loro partita che aveva assistito la prima volta che era
stato allo
stadio, da bambino. "Sono la mia squadra preferita!"
Lei storse il naso e fece
una smorfia con la bocca. "Immaginavo. Sono la squadra più
osannata. E
sono dei palloni gonfiati, arroganti e pieni di
sé…"
"O magari sono i più
forti e sei invidiosa?"
Il disgusto sul suo viso
durò poco, ma Blaise riuscì a scorgerlo e quando
lei scosse le spalle, cercando
di liquidarlo, aveva capito che c'erano cose interessanti dietro a
quella
ragazza.
"Sono forti, hai
ragione. Infatti ci alleniamo due ore in più tutti i giorni.
Non vedo l'ora di
giocare e tornare alla normalità…"
"Quindi di solito non
è così? Normalmente non vi allenate
quotidianamente?"
"Certo che ci
alleniamo, è un lavoro! Se tu lavorassi, sapresti che
bisogna farlo tutti i
giorni…" lo stuzzicò lei, ridendo, e lui sorrise:
era strano, ma iniziava
a prenderci gusto.
"E che ne sai? Magari
ho un lavoro anch'io…" disse, strizzando un occhio.
Lei arricciò il naso,
divertita. "Contare i tuoi soldi è un lavoro?"
"Sì, effettivamente.
Diciamo che gestisco il mio patrimonio. E lo faccio quotidianamente,
quindi è
un lavoro."
"E di solito ti
credono?" Blaise aggrottò la fronte a quella domanda.
"Chi?"
"Quelli a cui lo
racconti!" La Weasley rise ancora e si
stropicciò un occhio come una bambina piccola: Blaise si
sentì quasi in colpa.
"Faccio un po' di tè?
O di caffè?"
Lei annuì. "Vada per
il caffè".
Blaise si alzò e andò in
cucina.
"Hai scoperto
qualcosa sulla polvere blu?" le chiese a voce alta, ma la sua risposta
arrivò strascicata e un po' confusa, secondo lui. "Non ho
capito, che hai
detto?" Alzò di nuovo la voce ma questa volta non
sentì proprio niente.
Velocemente finì di scaldare l'acqua e mise in infusione il
caffè direttamente
nelle tazze, così da poter tornare subito in salotto.
Naturalmente la cosa non
fu così veloce come lo avrebbe fatto uno qualsiasi dei suoi
elfi domestici.
"Weasley, non ho…
Ah…" La ragazza si era appisolata sul divano. Blaise
portò lo stesso tutte
e due le tazze sul tavolino e una la posò davanti a lei,
prima di bere la sua e
fermarsi a osservarla: aveva la testa appoggiata di lato sullo
schienale e il
suo petto si alzava e abbassava a un ritmo regolare. Cosa doveva fare?
Doveva
svegliarla e mandarla a casa? Sembrava che stesse bene, era quasi un
peccato
farla muovere. Si alzò portandosi dietro la tazza e si
avvicinò a una delle
finestre, aprendola per fumare per poi tornare a guardarla. La Weasley
a casa
sua era una cosa strana. Ma non ci aveva pensato due volte, quando le
aveva
preso il braccio e si era smaterializzato. Si accese una sigaretta e
continuò a
volgere lo sguardo al divano, nonostante tutto. Lei si era tolta le
scarpe già
da un po' e indossava un paio di jeans e una t-shirt; un abbigliamento
informale e casual, che a Blaise fece venire in mente il suo vestito
della sera
prima, anche se ora le sue braccia erano tutte dello stesso colore:
doveva aver
preso il sole anche quel giorno. Beh, il giorno prima,
pensò, guardando l'orologio:
essendo passata la mezzanotte, era già domani.
Finì la sigaretta ma lasciò la finestra aperta:
una leggera brezza entrava,
aiutandolo a tenersi sveglio. Tornò a sedersi vicino a lei
e, con riluttanza,
tentò di non guardarla più e di tornare a fare
quello che stava facendo poco
prima.
Poco dopo lei si agitò e
rabbrividì, lamentandosi e stringendosi nelle spalle. Blaise
alzò gli occhi e,
impugnando la bacchetta, fece comparire una coperta leggera: non
sarebbe
servita a fare molto caldo, in fin dei conti era maggio, ma l'avrebbe
almeno
aiutata a mantenere il calore del corpo. Mentre gliela stendeva
addosso, notò
che anche la linea dell'abbronzatura sotto il collo non era
più marcata come la
sera prima, ma aveva preso colore anche lì, fin sotto lo
scollo appena largo
della maglietta. La sua pelle era comunque più chiara di
quella delle persone
che conosceva, ma almeno non diventava chiazzata di rosso quando si
abbronzava,
come le altre persone fulve. Per un attimo si chiese fin dove si fosse
abbronzata. Aveva usato una maglietta più piccola? Uno di
quegli affari che le
donne usano quando fanno sport? Oppure lo aveva fatto direttamente in
costume?
L'immagine della ragazza totalmente abbronzata con i seni bianchi gli
fece
smuovere il basso ventre. Ma cosa stava pensando? Lasciò
cadere la coperta su
di lei e si scostò velocemente: aveva altro di cui occuparsi
che sbavare dietro
a una come la Weasley!
Le lanciò comunque
un'altra occhiata quando lei si mosse ancora, gemendo o mormorando
qualcosa.
Per i venti minuti successivi però non riuscì a
concentrarsi: il respiro lieve
della ragazza era intervallato dal fatto che lei si agitasse nel sonno,
ma
Blaise non ci fece troppo caso: secondo lui, lei non stava mai ferma, e
questo
comprendeva anche il riposo notturno. Tornò al suo
caffè e alle pergamene
cercando di fare finta che lei non ci fosse.
Quando però lei iniziò ad
agitarsi di più e a scalciare la coperta, si girò
completamente a guardarla, e
quando vide che stava piangendo e che muoveva le braccia,
capì che stava
sognando. O meglio, stava avendo un incubo. Appoggiò la
tazza sul tavolino,
questa volta senza prestare troppa attenzione alle pergamene, con
l'intenzione
di svegliarla e calmarla. Ma quando le fu più vicino lei si
raddrizzò, spalancando
gli occhi e gridando: "Non voglio morire!"
*
"Avada
Kedavra!"
La
voce di Bellatrix le rimbombava nelle orecchie, mentre lampi di luce
verde
sembravano colpire da tutte le parti. Accanto a lei c'erano Luna e
Hermione e,
tutte e due, alzavano la bacchetta; una volta per proteggersi, una
volta per
attaccare.
Per
un attimo, la strega la guardò, con il suo sguardo vacuo e
spaventoso, due
occhi rotondi che la seguivano, e la sua bocca si piegò in
un ghigno crudele.
"Avada
Kedavra!" gridò ancora e questa volta la bacchetta
puntò dritta verso di
lei. Il lampo verde serpeggiò, come se fosse incerto, come
se potesse muoversi
e contorcersi, e decidere da solo dove andare.
Ginny
lo guardò avvicinarsi e poi, senza muoversi,
gridò: "Non voglio morire!"
*
Ginny si
destò di colpo e
capì di aver sognato nel momento stesso in cui
aprì gli occhi: non era raro che
sognasse la battaglia e il momento in cui Bellatrix le scagliava la
maledizione
era incisa nella sua mente in modo indelebile. Nella realtà
era riuscita a
saltare e a schivarla agilmente, nel sogno… Nel sogno non
riusciva a reagire e sperava
soltanto di non venire uccisa.
Guardandosi intorno, si
passò una mano fra i capelli prima di focalizzare dove si
trovasse, poi vide
Zabini che, davanti a lei, aveva uno sguardo preoccupato.
Subito dopo, lui fece una
cosa strana: si accovacciò nello spazio fra il divano e il
tavolino e,
guardandola in viso, le chiese se stesse bene. Ginny annuì
in risposta, senza
crederci davvero, e si passò una mano sul viso: le guance
erano bagnate, doveva
aver pianto. Imbarazzata, volse altrove lo sguardo, per paura che lui
potesse
leggerle negli occhi qualsiasi cosa.
"Stavi
sognando…" disse e lei annuì ancora: si sentiva
vulnerabile e non le
piaceva per niente.
Blaise avrebbe
voluto allungare
una mano e accarezzarle una guancia. Cosa sarebbe successo se lo avesse
fatto? Lei
cosa avrebbe pensato? E lui cosa avrebbe provato?
"Stavi
sognando…" Ma che cosa stupida da dire! Blaise si
sentì un idiota.
"Sì… Io… Mi capita
spesso. Hogwarts, la battaglia… Sogno che… " Si
bloccò e spostò la
coperta, stupendosi di trovarla lì. Blaise annuì.
"Sogni di
morire?" le chiese, a voce bassa.
"Non voglio
parlarne" disse, alzandosi in piedi. Lui si tirò indietro e
si sedette sul
tavolino.
"Perché? Era solo un
sogno, vuol dire che qualcosa dentro di te…"
"Ho detto che non
voglio parlarne."
Blaise alzò una spalla,
cercando di sdrammatizzare la cosa. "Per essere una che non sta mai
zitta,
non…"
"Tu non c'eri, taci!"
Blaise si bloccò quando
lei lo interruppe e rimase di sale al tono della sua voce: neanche
quando lo
offendeva a Hogwarts era così dura.
Vedendo
l'espressione del
ragazzo, Ginny si pentì di aver detto quella frase. "Scusa,
io… Posso
andare in bagno?" chiese, cercando di tirarsi su, senza guardare verso
di
lui.
Zabini annuì e le indicò
una porta, dicendole di andare in fondo al corridoio. Senza aspettare
altro, si
alzò dal divano e sparì dalla stanza.
Ci mise qualche secondo
prima di orientarsi e abituarsi al buio, perché aveva
lasciato la bacchetta sul
tavolino in salotto, così a tentoni arrivò fino
alla fine del corridoio e aprì
la porta del bagno. Per fortuna la finestra non era serrata e la luce
della
luna e dei lampioni illuminava un po' la stanza. Si lavò il
viso e si guardò
allo specchio per quel poco che riusciva a vedere ma, anche al buio, il
suo
riflesso stava male quanto il suo animo.
Si sedette sulla tavoletta
del water e sospirò, guardando fuori dalla finestra. Di
solito le succedeva a
casa, di notte, quando era da sola. Non le era mai successo con
qualcuno,
perché evitava accuratamente di rimanere a dormire a casa
degli altri. Aveva
iniziato a sognare quel momento in cui correva il pericolo di venire
uccisa
quasi subito dopo la fine della battaglia, ma aveva smesso quando Harry
aveva
iniziato a soffrire di depressione. Era come se lei, impegnata a
occuparsi di
Harry, non avesse avuto tempo per fermarsi a pensare a cosa era
successo e ora,
che il ragazzo era lontano, la sua mente avesse ripreso a pensare
troppo.
Doveva trovare il modo per
risolvere la situazione.
Blaise
continuò a guardare
la porta socchiusa che dava sul corridoio senza rendersene conto e
quando lei
tornò e lo guardò direttamente in faccia
capì che si era ripresa. Senza
controllarlo, le fece un cenno con il capo e la ragazza
ricambiò senza dire
niente.
Ginny
tornò in salotto e
si avvicinò al divano, prendendo la tazza del
caffè e bevendo un sorso: era
così freddo che tossì e lo sputò.
Sentì Zabini ridere e lo osservò mentre si
avvicinava a lei dal davanzale della finestra, dov'era a fumare.
"L'ho fatto tempo fa,
ora sarà imbevibile anche riscaldato" constatò
lui, guardando la tazza con
la brodaglia scura.
"Lo rifaccio io"
propose lei, facendo un passo verso la cucina, dove lui era sparito
prima che
si addormentasse.
"Aspetta" disse,
allungando una mano e posandogliela sul braccio.
Ginny dovette alzare lo
sguardo su di lui per guardarlo, perché, Santo Merlino, lui
era così
maledettamente alto! "Cosa?"
Zabini le lasciò il
braccio velocemente. "Fai del tè."
Blaise si
avvicinò al
tavolino mentre lei beveva il caffè e rise quando lo
sputò: lo aveva fatto
quasi un'ora prima, di sicuro era diventato una brodaglia fredda.
Quando la Weasley si offrì
di rifarlo, pensò che volesse evitarlo per quello che aveva
detto prima, così
l'aveva fermata prima che lasciasse il salotto. Quello che non aveva
previsto
era che il suo sguardo, quando lo aveva posato su di lui, fosse
così
dannatamente intenso. I suoi occhi nocciola erano enormi, e lei
sembrava così
vulnerabile e forte allo stesso tempo, come se avesse combattuto una
tempesta e
fosse rimasta in piedi, ma stremata.
Desiderò ancora allungare
la mano, staccarla dal suo braccio e accarezzarle la guancia e i
capelli,
posare le dita su quella pelle ora dorata dal sole, e scoprire se lei
sapesse
di buono anche al tatto. La cosa lo sconvolse così tanto che
staccò la mano da
lei con la stessa velocità con cui lo avrebbe fatto se si
fosse scottato.
Imbarazzato, ma non
incline ad ammetterlo, volse lo sguardo altrove. "Fai del
tè, è
meglio" le ordinò e non la guardò per vedere se
avesse capito o meno.
Ginny si diresse
in
cucina, stranita da ciò che era appena successo: quando
Zabini l'aveva toccata,
aveva avuto l'impressione che il suo tocco fosse delicato ma sicuro,
come lei
si immaginava che fosse il ragazzo in verità, e quando lo
aveva guardato, non
era riuscita a togliere gli occhi dalle sue labbra. Si ricordava la
barba dal
giorno prima, quando l'aveva sentita sulla pelle, mentre un brivido
l'aveva
scossa, accucciandosi proprio in fondo al suo stomaco. Oh, come
desiderava
toccare il suo pizzetto! Voleva posargli la mano sulla guancia e
muoverla lungo
le curve del suo viso. Aveva sempre pensato che lui avesse i lineamenti
troppo
marcati per essere anche solo interessante, ma ora dovette ricredersi.
Sospirò e annuì: avrebbe
preparato il tè, poteva farlo, lo aveva fatto un sacco di
volte anche a casa
sua.
In cucina trovò il
bollitore sulla stufa e lo riempì sotto il rubinetto, nel
lavello, e poi lo
rimise al suo posto. Accese il fuoco intanto che cercava tazze e foglie
di tè.
Con naturalezza aprì sportelli e pensili, sbirciò
sulle mensole e aprì
cassetti: era semplice, come se fosse sempre stata lì.
Dopo aver sistemato le
tazze e le altre cose, aspettò che il bollitore fischiasse
e, nel frattempo,
iniziò a pensare.
Aveva reagito così poco
prima, perché sapeva che aveva bisogno di distrarsi e quello
era il modo
migliore che conosceva, non perché fosse interessata a
Zabini come persona. Ne
era sicura.
I sogni erano riniziati
solamente perché ora che aveva smesso di preoccuparsi di chi
aveva intorno (la
sua famiglia, Harry, il rapporto fra Hermione e Ron) la sua mente
vagava libera
e probabilmente si annoiava. Sì, doveva essere per quello.
Allungò un dito e tracciò
il contorno di una tazza, disegnando un cerchio perfetto. Doveva solo
trovare
un modo per tenersi occupata. O per tenere la sua testa occupata.
Sorrise quando capì come
risolvere tutti e due i problemi: doveva trovare qualcuno con cui fare
spesso
del buon sesso e smettere di pensare alle cose brutte.
"Oh, che idea
originale: un trombamico! Come farai a sceglierlo? Organizzerai dei
provini
come per il Quidditch?"
Ginny spalancò gli occhi
alla voce del ragazzo sulla porta della cucina.
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Capitolo 10 *** Una lezione per due ***
Una
lezione per due
Blaise sentiva
il
bollitore fischiare senza zittirsi, così si
preoccupò e si diresse verso la
cucina. Quando entrò, trovò la ragazza davanti
alla stufa, mentre giocava
girandosi fra le mani una tazza da tè vuota: non si era
accorta che il
bollitore era pronto.
"Devo trovare
qualcuno con cui fare sesso per smettere di pensare alla battaglia"
disse
lei, alla tazza. Blaise capì che era assorta
perché non si era mossa di un
millimetro e non si era neanche girata verso di lui quando aveva messo
piede in
cucina. Ma cosa aveva detto?
Fece una battuta stupida
quando si rese conto di non riuscire a deglutire. Aveva sentito le
stesse cose
che aveva provato anche lui poco prima? Per questo aveva detto quella
frase?
Capì che non si era accorta di niente quando lei
sobbalzò al suono della sua
voce. Oh, fantastico.
"Come?" chiese
lei, aggrottando la fronte, ma con un'espressione stanca.
"Per scegliere con
chi fare sesso. Farai dei provini? E come li farai?"
Lei non disse niente,
troppo stralunata e confusa: Blaise pensò che non si fosse
accorta di aver
parlato ad alta voce.
"Io non…"
iniziò, ma la sua incertezza durò poco. "Non
penso siano fatti tuoi, comunque!"
Blaise rise: quando lei non aveva quello sguardo triste era molto
meglio. E la
situazione poteva diventare interessante, nonostante tutto: stuzzicarla
era
qualcosa di giocosamente divertente.
Ginny
sentì l'imbarazzo
salirle sulle guance: lo aveva detto davvero? Era convinta di averlo
solo
pensato! Ciò che aveva pensato poco prima e la frase che
aveva sentito lui si
confusero nella sua mente che era troppo impegnata a gestire il suo
corpo
stanco e provato.
Zabini si avvicinò a lei e
le passò vicino per prendere il bollitore che, se ne
accorgeva in quel momento,
stava fischiando indicando che l'acqua era alla temperatura giusta.
Lo osservò versare il
liquido in una delle tazze e preparare un infusore, poi si
voltò verso di lei,
guardandola divertito. Fece un passo nella sua direzione e Ginny ebbe
l'impulso
di farne uno indietro, ma si trattenne e il ragazzo, che dovette
capirlo, rise
quando lei ondeggiò senza muoversi.
Le prese la tazza dalle
mani e preparò anche il suo tè. "Effettivamente
non sembra che ci sia
bisogno di selezioni, no? Hai il tipo che gioca a Quidditch e Potter in
Romania…
Hai anche qualcun altro fra cui scegliere?" Ginny sbuffò.
Rumorosamente. E
lui sorrise ancora in quel modo, quando si voltò a
guardarla. Ma poi divenne
serio. "In verità penso che questa non sia la soluzione
migliore al
problema che hai avuto di là, prima…" E, come se
volesse lasciarle spazio,
tornò a guardare la tazza e a preparare il filtro per il suo
tè. Le diede tutto
il tempo per dire qualcosa, per difendersi, per contraddirlo, ma lei
non disse
niente. Anche perché non sapeva cosa dire.
Il ragazzo le passò la
tazza e lei la circondò con le mani, scaldandosi come se
fosse stata una fredda
serata invernale. "Però funziona…" disse
solamente, senza voler dire
niente sul suo 'problema'.
Blaise le
lanciò
un'occhiata e quando la vide guardare il tè non se la
sentì di dire nient'altro:
anche Draco aveva passato brutti mesi dopo la battaglia. Con la
bacchetta
radunò le cose su un vassoio, per portarle facilmente
nell'altra stanza. Lo
fece levitare, ma poi ci ripensò e tornò a posare
lo sguardo su di lei, che
guardava ancora la tazza che teneva fra le mani. "Sarebbe come curare i
sintomi ma non la malattia che li genera".
La Weasley finalmente alzò
gli occhi e il suo sguardo si fece leggero. "Però
è una cura divertente…"
Blaise rise, nonostante tutto.
Zabini
scoppiò a ridere e
lei si sentì meglio. Appoggiò la tazza sul
vassoio che aveva preparato, così da
essere sicura di non rovesciarla e continuò: "Con la persona
giusta,
comunque, non con chiunque", ci tenne a precisare.
Fece girare la tazza, in un
gesto ossessivo di nervosismo. Senza sapere il perché, non
voleva che lui pensasse
cose sbagliate. "Anche se immagino che se lo avesse detto un maschio,
nessuno avrebbe pensato male di lui". Non alzò ancora lo
sguardo.
"Quando certe cose le dicono le ragazze, invece, si scatena il
finimondo.
Almeno le donne sono sincere, mettono subito in chiaro la cosa, mentre
spesso i
maschi giocano sporco e imbrogliano…" Ma stava davvero
dicendo quelle cose
a Zabini, un ex Serpeverde, che non frequentava da tre anni e con cui
non aveva
niente in comune?
Blaise si
posò una mano
sul mento: quello che diceva era vero. Anche Nott era un tipo
così, anche lui
usava il sesso per tenere la sua mente lontana da ciò che
gli faceva male. E
probabilmente non era totalmente sincero con le sue partner. Ma lui non
lo
avrebbe mai ammesso. Non voleva dare ragione alla Weasley. Neanche se
l'aveva.
Si sentiva un po' stupido, ma era come se non volesse perdere colpi ai
suoi
occhi.
"Spesso
le donne non sono così sincere,
in verità. Non è scontato che ciò che
dicono sia ciò che vogliono davvero…"
La
Weasley fece una smorfia strana: probabilmente a lei non sarebbe mai
venuto in
mentre di giocare sporco. Ma ci stava, era una ex Grifondoro e loro
erano tutto
un: 'verità e solidarietà'. "Ti è
successo?" chiese, curiosa. Scosse
le spalle, non voleva parlare con lei delle sue questioni private,
così si
difese con la migliore tecnica che conosceva: l'attacco.
"Quindi
è per questo che vai in Romania così spesso? Per
scopare con Potter?" Con
sua sorpresa, la Weasley arrossì, e molto: doveva averci
preso. Divertito per
averla messa in difficoltà, non lasciò la presa.
"Cos'è non ti basta? Per
questo dicevi a Paciock che volevi trasferirti da lui?"
"Sei
un impiccione, non dovevi origliare!" lo accusò e Blaise non
riuscì a non
ridere.
"Ti
svelo un segreto, Weasley, se voi ragazze non foste così
esigenti con le altre
cose, ammettereste che si può davvero fare sesso con
chiunque."
"Con
chiunque no, non dire stupidaggini. Forse voi fate così, ma
per noi è diverso,
non…"
Blaise
si sentì piccato sul vivo. "Sì, certo, voi siete
lì con i vostri buoni
propositi: 'un ragazzo deve farmi ridere, deve essere una brava
persona, deve
guadagnare un tot, altrimenti non lo guardo neanche' e poi invece passa
il
primo troll che vi fa eccitare e ci scopate senza tanti
problemi…"
Ginny
capì che lui parlava di qualcosa di personale, ma la cosa
non riuscì a fermarla
dal dire: "Non funziona così! Se una persona non ti piace
non riesce
neanche a farti…" Lei non riuscì a finire la
frase che il ragazzo, con uno
sguardo duro in volto, fece un passo verso di lei, le posò
le mani sui fianchi,
e la spinse fino al ripiano della cucina vicino al lavello, per poi
farle
scivolare dietro di lei e imprigionarla con il suo corpo.
Incredula
e incapace di muoversi, proprio come era successo per il bacio, lei
rimase lì a
fare niente, con il respiro in gola e il cuore che scoppiava, mentre
osservava
il suo viso infastidito, prima che i suoi occhi si riempissero di
qualcosa di
troppo intenso per essere analizzato.
Blaise
non ci aveva visto più: quando aveva detto quella frase
così assurda e falsa,
si era scagliato contro di lei, bloccandola contro il mobile. Lei era
ancora
piccola di statura, ma il suo corpo era cresciuto nei punti giusti, lo
poteva riscontrare
in quel momento, mentre le si premeva contro. Spinse una gamba fra le
sue, obbligandola
ad aprire le cosce mentre la imprigionava sempre di più.
Allungò
una mano alla sua nuca e infilò le dita fra i suoi capelli,
facendola
avvicinare a lui. Lei non fece resistenza e la cosa gli diede quasi
fastidio,
come se avesse voluto che lo contraddicesse, a voce o a gesti. Ma lei
non fece
niente, proprio come la sera prima, quando l'aveva baciata. Pensando
che così
avrebbe dovuto ammettere di avere torto, allungò una mano
verso la tasca
posteriore dei jeans e prese la bacchetta, puntandola verso di lei per
far evanescere
la sua t-shirt, prima di abbandonarla sul ripiano.
Si
allontanò solo per poter soddisfare la curiosità
sulla sua abbronzatura e sentì
il basso ventre agitarsi quando vide il contrasto, poco sopra il
reggiseno di
pizzo, fra la pelle dorata e quella intima, che non aveva preso colore.
Impazzendo,
colpito da qualcosa di troppo sconosciuto per essere compreso appieno,
le fece
inclinare la testa, mettendo in mostra il collo, che seguì
con il polpastrello,
in un tocco delicato e leggero, scoprendo che effettivamente tutto di
lei era
buono. Si chinò su quella pelle dorata, eccitante e
dannatamente morbida e
baciò, leccò e morse fino a quando non la
sentì tremare. Mela verde, aveva
detto, e per la prima volta quel profumo fece perdere a Blaise il
controllo su
di sé. Riprese a far scorrere le dita e le passò
sulla spalla nuda,
oltrepassando la spallina del reggiseno e continuando il suo viaggio
sulla
schiena. Lei rabbrividì ancora e lui si sentì
potente, mentre scendeva con lo
sguardo. Sul suo fianco, appena sopra la cintura dei jeans, scorse
quello che
doveva essere un tatuaggio: il manico di una scopa dondolava e una
pluffa, che
partiva da sotto la stoffa, faceva un volteggio intorno alla scopa per
finire
nell'anello di un palo di Quidditch, sullo sfondo. Rimase incantato e
desiderò
soltanto vedere il disegno al suo completo. Doveva toccarlo.
Lasciò la sua
testa e le posò la mano in vita, muovendo le dita sulla
parte lombare della
schiena, mentre lei si inarcava contro di lui; ma anche così
non riusciva a
vederlo tutto.
Era
così minuta: lui con una mano riusciva a coprirle il fianco
e ad accarezzare,
con il pollice, la scopa che spariva nei jeans, insinuandosi sotto
l'orlo con
un tocco leggero e sapiente. Lei si agitò ancora.
Tornò a posare le labbra su
di lei e la sua lingua giocò ancora, scendendo dal collo, e
lei si sporse di
più verso di lui, anche se Blaise non seppe dire se ne fosse
cosciente o meno
e, forse, anche questo fatto lo rese ancora più agguerrito.
Scese ancora,
tracciando baci umidi, fino a quando non trovò il pizzo del
reggiseno e allora
sì, solamente lì, si rese conto di quello che
stava facendo e di dove sarebbe
finito se avesse continuato. Voleva darle una lezione, spiegarle come
fosse
facile cadere sotto la passione della lussuria, ma non voleva che lei
potesse
dire che era successo anche a lui e che non era riuscito a
controllarsi. Anche
se quella ragazza gli mescolava dentro così tante sensazioni
che faceva fatica
a starci dietro.
Lei
gli affondò tutte e due le mani nei capelli e strinse le
dita in un gesto incontrollato,
gemendo sottovoce; Blaise non capì più niente.
Non riuscendo a staccare le
labbra da lei, continuò a baciare quella pelle calda come se
non avesse fatto
mai nient'altro nella vita e lei si inarcò ancora. L'idea
assurda, ma così
vera, che fosse veramente meglio fermarsi lo fece arrancare prima di
arrivare a
spostarle il pizzo per scoprirle un seno.
Si
fermò e con lo sguardo salì di nuovo verso il suo
viso: lei aveva chiuso gli
occhi e si mordeva il labbro inferiore. Pensò di mandare al
diavolo tutto e
baciarla ancora; di lasciar perdere quello che si erano appena detti e
di non
pensare a niente. Pensò quasi di prenderla lì,
sul piano della cucina e al
diavolo tutte le sue teorie. Dovette aspettarselo anche lei,
perché le sue
labbra si mossero, schiudendosi al passaggio della sua lingua. Quando
lei aprì
gli occhi e lo guardò, capì che aveva intuito
quello che stava pensando e
improvvisamente si fece impassibile, tornando al suo iniziale intento.
"Te
lo dicevo: chiunque può far eccitare una ragazza. Guardati:
io nemmeno ti
piaccio e avrei potuto tranquillamente..." Ma non finì la
frase,
lasciandola andare e facendo un passo indietro.
Avrebbe
voluto farle dire il suo nome. Mentre gemeva, con voce rotta dal
piacere.
Mentre baciava il suo tatuaggio. Anche la parte che non riusciva a
vedere. Ma
non glielo avrebbe detto.
Ginny
spalancò gli occhi alle parole del ragazzo, stupita dal suo
tono freddo e distaccato,
dopo quello che era appena successo.
Arrabbiata,
nervosa e profondamente delusa da se stessa e da come si era lasciata
imbrogliare,
arricciò le labbra in un gesto stizzito.
"Sei
proprio un troll, Zabini!" esclamò, prima di allungarsi a
prendere la
bacchetta che era rimasta sul ripiano, appellare il mantello e le
scarpe dal
salotto e smaterializzarsi.
Blaise
la guardò sparire senza dire niente. Si passò
però una mano sul cavallo dei
pantaloni: era un troll davvero.
***
"C'è
un pacchetto per te, Ginny. È sul tuo letto!" La voce di
Molly oltrepassò
la cucina per raggiungere la figlia nel soggiorno della Tana, appena
lei fece
il suo ingresso dal camino.
Ginny
seguì la voce della madre e la raggiunse in cucina. "Grazie,
mamma"
disse, chinandosi a dare un bacio sulla guancia della madre che,
seduta,
incantava dei fagioli che iniziarono a sgranarsi da soli. "Di chi
è?"
"Non
saprei. Non ho riconosciuto il gufo. Ma era grosso così"
spiegò, aprendo
le braccia e indicando con le mani qualcosa di grosse dimensioni. "E
non
aspettava risposta: se n'è andato dopo averlo posato in
camera tua".
Ginny
piegò il capo e corrugò la fronte: chi poteva
essere? Pensierosa, appellò un
coltello e tagliò una fetta dalla torta che sua madre teneva
sul piano in
cucina. La mise in bocca e iniziò a masticare mentre
riattraversava la cucina e
imboccava il primo gradino.
"Ginny!
Non sbriciolare in giro per casa!" La ragazza quasi non
sentì la
raccomandazione della madre e, con malcelata curiosità, si
incamminò per le
scale.
Finì
la torta prima ancora di raggiungere il terzo piano. Si girò
prima di entrare
in camera e con la bacchetta fece sparire ogni traccia di briciole,
così che sua
madre sarebbe stata contenta.
Entrò
in camera e vide subito sul letto un involucro in carta da pacchi e
nastro da
viaggio. Il nastro era chiuso con un sigillo in ceralacca verde e
quando lo
prese in mano Ginny si fermò a osservarlo: era di un verde
intenso, con inciso
quello che sembrava un albero e tre parole a semicerchio, ma fece
fatica a
leggerle, erano troppo piccole: probabilmente era uno stemma di
famiglia.
Mentre
infilava il dito sotto la ceralacca per rompere il sigillo
alzò gli occhi al
cielo. Doveva essere il simbolo di un purosangue altezzoso e solo uno
aveva
interesse a scriverle: Zabini.
Ruppe
anche il pacchetto e la maglietta che aveva indossato la sera prima
cadde,
lavata e perfettamente stirata, sul copriletto.
Ginny,
per un attimo, sentì le guance farsi calde, ma subito le
passò, al pensiero di
quello che lui aveva detto subito dopo averle fatto provare le
sensazioni più
intime ed eccitanti che avesse mai provato.
Si
fermò a pensare a quello che era successo, al corpo del
ragazzo premuto contro
il suo e le sue mani calde che la sfioravano provocando brividi
passionali in
tutto il suo essere. E aveva ragione, comunque: si era eccitata
così tanto che
se lui l'avesse baciata non sarebbe stata inerme, questa volta, lo
avrebbe
assecondato e, probabilmente, non si sarebbe fermata lì.
Per
fortuna era rimasta così sorpresa dal suo gesto da non aver
reagito subito,
altrimenti ora avrebbe avuto ancor più motivi per essere
arrabbiata con se
stessa invece che soltanto con lui. Si
sentiva così
strana al pensiero di essersi immaginata che lui avesse accettato
quella sorta
di invito al sesso, che comunque lei non gli aveva fatto, e non che
volesse
darle una lezione. Ma d'altronde
perché stupirsi? Era solo un arrogante che pensava di avere
il mondo ai suoi
piedi. Sospirando decise di non pensarci più.
Sbirciò
dentro al pacchetto, notando che conteneva dell'altro e quando lo
rivoltò, sul
letto caddero anche un mazzetto di pergamene e un foglietto.
Le
pergamene le riconobbe: erano quelle che avevano ricopiato la sera
prima. Lui
doveva aver finito di scriverle dopo che lei si era smaterializzata.
Prese
il foglietto sospirando e lo lesse.
Ti
ricordo che abbiamo ancora in ballo un patto e che devi mantenere la
tua parola
per poter riavere indietro le foto.
Come
detto ieri, oggi devi andare da mia madre. Vedi di andarci e non
obbligarmi a
venirti a cercare.
Non
era firmato. Ma tanto non c'era bisogno. Sospirò e fece una
palla della sua
pergamena: lo avrebbe fatto perché voleva, non di certo
perché la stava ricattando!
Si
diresse verso la scrivania e prese il necessario per scrivere e
rispondere per
le rime, quando decise di lasciar perdere e intestò la
pergamena a qualcun
altro.
***
Blaise
guardò ancora l'orologio, ma non seppe dire se la Weasley
fosse in ritardo o
meno. Non si erano messi d'accordo con l'orario e si era totalmente
scordato di
scriverlo sul biglietto. E se non fosse venuta? E se fosse stata ancora
arrabbiata per la sera prima e avesse deciso di lasciar perdere?
Sperò che il
suo gufo fosse stato abbastanza convincente, ma lei non gli aveva
risposto così
non sapeva nemmeno se lo avesse visto o meno.
Però
prima di smaterializzarsi da casa sua aveva detto che sarebbe
venuta… Il
nervosismo che gli dava l'impotenza, gli fece passare una mano fra i
capelli.
"Hai
i capelli troppo lunghi… Dovresti tagliarli". La voce della
madre lo
riportò al presente, ma facendolo crollare subito dopo: la
ragazza lo aveva
preso per i capelli in un gesto così eccitante che lui,
pensandoci, faticava
ancora a controllarsi e di sicuro non li avrebbe tagliati per un bel
pezzo.
Fece
un giro del salottino con lo sguardo e poi tornò a guardare
la madre.
"Perché
non ti siedi? Sembri un po' agitato…"
Ubbidientemente
obbedì, sedendosi sul divano accanto al vaso blu con i
girasoli, ma contraddisse
subito la strega. "Non sono agitato..." iniziò, ma si
fermò
all'occhiata che gli lanciò la donna dal lavoro intrecciato
che aveva in
grembo. "Sono stranito, mamma!" Decide di puntare tutto su quello.
"Perché ti ha colpito così tanto la Weasley?" Una
domanda innocente.
Che si sarebbe volentieri fatto da solo.
Sua
madre alzò una spalla e sorrise. "È stata gentile
senza avere nulla in
cambio. Non sapeva chi fossi e, nonostante ciò, mi ha
aiutato. E ti dirò, a
parte quel colore orrendo che aveva su viso e braccia, mi pareva molto
carina e
spontanea. Per fortuna ieri stava meglio, non sembrava
più…"
"Una
smaterializzazione riuscita male?" buttò lì
Blaise, quando la descrizione
della madre si fece così accurata da provocargli pensieri
strani.
Madeleine
lo guardò male. "Non sei per niente educato. Lei mi piace
perché mi
ricorda un po' me tanti anni fa…" La donna tornò
a guardare il lavoro che
aveva in grembo e Blaise si sentì quasi cattivo. "Anche a
Hogwarts vi
insegnavano a chiamare i vostri compagni con l'appellativo di cortesia?
Anche
noi dovevamo sempre rivolgerci agli altri con 'Mademoiselle Moreau' o
'Monsier
Bertrand', a Beauxbatons…" Il suo sguardo scappò
verso l'alto e Blaise ci
vide un po' di malinconia.
"No,
mamma, semplicemente chiamiamo per cognome chi non è un
nostro amico…"
La
donna tornò velocemente a guardarlo. "Non eravate amici?"
Blaise
alzò una spalla. "Non proprio… Fra Serpeverde e
Grifondoro non c'è mai
stato un gran feeling…"
Madeleine
storse il naso. Aveva sentito anche Rachel e Pansy dire qualcosa del
genere. Ma
perché i ragazzi erano così divisi? Per cosa,
poi? Per una casa differente? A
Beauxbatons anche se erano in case diverse, c'erano amicizie
solidissime fra le
persone. Anche lei ed Eloise erano state smistate diversamente,
nonostante
fossero sorelle, e non è che avessero smesso di parlarsi.
Scosse il capo.
"Non
è che si va d'accordo con tutti… E poi lei ha
sempre sostenuto che mi dessi
delle arie e che fossi arrogante. Non era di certo una mia amica!"
Ma
la donna fece fatica a trattenere una risata. "Ma te lo diceva in
faccia o
alle spalle?"
"In
faccia! Hai capito che tipo era? Cioè, che tipo
è."
Madeleine
non riuscì più a non ridere. "Probabilmente aveva
ragione. Sei spesso un
po' arrogante e autoritario. Te lo dico spesso anch'io!"
Blaise
sbuffò: non era la stessa cosa. "Scommetto che ti fa
ammattire" disse
ancora la donna, lanciandogli un'occhiata divertita sotto le ciglia.
Stufo
della piega che stava avendo la discussione, decise di cambiare
argomento.
"Cosa stai facendo, lì?" chiese, indicando il lavoro che
aveva in
grembo.
La
strega sorrise, alzando quella che sembrava una palla di corda
intrecciata.
"Ti piace? È un unicorno all'uncinetto. Non è
carino?" Blaise alzò le
spalle. Che ne sapeva, lui, se fosse carino o meno? Gli sembrava
solamente una
palla con gli occhi.
Quando
sua madre iniziò a blaterale di cachemire e materiali, si
alzò, pronto per scappare.
Salutò la donna e si incamminò verso l'ingresso:
si sarebbe assicurato che la
Weasley arrivasse, prima di andarsene. Oppure sarebbe andato a cercarla.
Il
rumore del batacchio lo fece sospirare come se avesse trattenuto il
respiro e
guardò Kikky, una degli elfi, aprire il portone di casa.
Fece un passo di lato
dietro a una colonna per non farsi vedere e rimase a guardare che
l'ospite
fosse proprio chi si aspettava.
"Ciao,
sono Ginny Weasley e sono venuta a trovare Mrs Maddie; è in
casa?" La voce
della Weasley, oltre a confortarlo, gli sembrò
particolarmente allegra. Forse
perché lei era così, in fin dei conti. Anche
quando le cose si mettevano male,
come quando parlava di Potter o quando aveva fatto quell'incubo la sera
prima,
lei sembrava sempre riprendersi e mostrarsi allegra. Forse era questo
il suo
segreto.
Kikky
la fece entrare, spiegando che sua madre si trovava nel salottino del
ricamo e la
ragazza entrò con entusiasmo, una risata, i suoi corposi e
profumati capelli e…
una bambina. Una bambina?
Blaise
spalancò gli occhi quando lei fece scendere dal fianco una
bambina con i
capelli biondi e gli occhi blu, che si guardava intorno con meraviglia.
La
prese per mano e l'accompagnò dentro casa.
"Vieni,
Vic, entriamo. Vedrai che Mrs Maddie sarà gentilissima e ti
farà portare di
sicuro dei biscotti."
"Otti" ripeté la piccola.
Blaise
le osservò mentre guidava la bambina con passi piccoli e
pazienti e le faceva
vedere cose che lui non aveva mai notato.
"Guarda
lì, quel quadro, hai visto che bello quell'unicorno? Se
aspetti un attimo, lo
vedrai correre via: appena ci vedrà, sparirà
oltre la cornice. Penso abbia
paura delle persone… Guarda!"
Mentre
ci passavano vicine, dall'altra parte da dove si trovava lui, l'animale
bianco
spiccò un balzo prima di scappare, nascosto dal muro, verso
il giardino
d'inverno. Non ci aveva mai fatto caso, ma doveva veramente aver paura
delle
persone, perché appena loro passarono, lui tornò
a sbirciare con il muso oltre
la cornice e la Weasley si girò, ammiccando verso il quadro.
"Ti ho
beccato!"
L'unicorno
si nascose ancora e lei rise, facendo ridere anche la bambina che
osservava la
scena. Quando si incamminarono verso il salottino del ricamo, l'animale
tornò a
guardare, ma questa volta loro non si voltarono più. Blaise
poté notare la
delusione sul suo muso. "Ti capisco benissimo…" disse, prima
di
smaterializzarsi.
***Eccomi!
Scusate il ritardo, ma il caldo mi uccide, anche se mi piace molto.
Spero che la storia continui a piacervi. Grazie per le letture!
|
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Capitolo 11 *** Little Vee ***
Little
Vee
-
-
Ginny
infilò la busta nel becco di Leotordo e lo guardò
andare via, appoggiata al
davanzale della finestra. Si girò, prese le pergamene, e
senza neanche
controllarle le infilò nella tasca del mantello sbuffando.
Odiava quando le
ordinavano di fare le cose.
Scese
velocemente le scale, portando il mantello sul braccio e gridando a sua
madre
che sarebbe uscita. "Vado da Bill e Fleur, ci vediamo stasera!" Non
ascoltò la risposta della donna, prese una manciata di
polvere dal camino e la
buttò nel focolaio prima di gridare: "Villa Conchiglia!"
*
Ginny
si guardò intorno nel salotto di Fluer e subito dopo
pensò che avrebbe dovuto
smaterializzarsi fuori dall'abitazione e bussare per entrare.
Guardò verso il
portone d'ingresso: faceva ancora in tempo a uscire?
"Ginnì!"
esclamò la cognata, vedendola sul tappeto davanti al camino.
La bionda scese
sorridendo la scala che portava ai piani superiori e le andò
incontro.
"Che piacere!" le disse, prima di abbracciarla.
Ginny,
che prima della guerra non aveva mai avuto molta simpatia per Fleur,
sorrise in
risposta e ricambiò l'abbraccio. "Come state? Era un po' che
non venivo a
trovarvi…"
Quando
si staccò da lei, la francese storse il naso. Ginny
poté notare le occhiaia che
aveva sotto gli occhi e la stanchezza sul suo viso. "Che succede?"
"Quel
piccolo mostro non dorme mai!" esordì con gli occhi sbarrati
e Ginny
scoppiò a ridere. "Non ridere! Non. Ridere!" Poi si
passò una mano
sul viso stanco e non riuscì a trattenere una risata.
"Vieni, preparo un
tè…"
Ginny
seguì la cognata in cucina e
l'aiutò prendendo le tazze e la zuccheriera. Sapeva che
Victoire, la bimba di
Fleur e Bill, non dormiva molto ed era una bambina molto vivace, in
più aveva
iniziato a camminare molto presto, così c'era sempre da
stare attenti a dove
andasse. Quando il bollitore fischiò, la padrona di casa
versò il liquido in
due tazze, ne allungò una a Ginny e poi, quando lei la
prese, non la lasciò
andare, costringendola a guardarla.
"Che succede,
Ginnì?"
Ginny
corrugò la fronte. Che domanda
era? "In che senso?"
"Non vieni mai a
trovarmi. E
l'ultima volta è stata quando…" Ginny
sospirò. Era vero, per quanto avesse
accettato Fleur come parte integrante della famiglia e sapesse
benissimo che
era la compagna perfetta per Bill, non andava a trovarla spesso. Per
questo
aveva chiesto a Zabini se lui conoscesse qualcun altro a cui chiedere
per il
diario di sua madre. E l'ultima volta che era stata a Villa Conchiglia
era
stato con Harry, poco prima che partissero per la vacanza in Romania.
"Devo chiederti
un favore…"
iniziò, allora. Era così brutto, non andava mai a
trovarli e lo faceva solo
quando aveva qualche tornaconto. Però li vedeva quando
andavano a mangiare alla
tana, non è che non li calcolasse proprio, così
sorrise, sperando che Fleur non
ci pensasse troppo.
"Oh, che bello,
dimmi, se posso
essere utile…" Fleur sembrava quasi contenta. Ginny
alzò un sopracciglio,
ma decise di non darci troppo peso, si allungò a prendere le
pergamene da
dentro la tasca del mantello che aveva appoggiato alla spalliera di una
sedia e
sciolse il fiocco del nastrino che le legava fra di loro.
"Abbiamo…
Ho trovato delle
pergamene scritte in francese, ma lo sai che io non lo
conosco… Ho bisogno di
sapere che c'è scritto…" prese i fogli e li
aprì come un mazzo di carte
sul tavolo. Gli occhi di Fleur si riempirono di meraviglia. Ma quella
ragazza
stava bene?
"Non sai quanto
mi manca il
francese…" confessò, prendendo la prima pergamena.
"Guarda che lo
abb… L'ho riscritto
io, quindi potrebbero esserci degli errori, ma è una sorta
di diario…" La
biondina alzò su di lei uno sguardo curioso. "Cosa
c'è? Non si capisce la
mia scritt..."
"Questa non
è la tua scrittura,
Ginnì."
Stranamente,
Ginny sentì le guance
scaldarsi. Ma perché, poi? "Mmm, ok l'ho fatto insieme a
un'altra persona…
Ma puoi aiutarci?"
Fleur
abbassò di nuovo gli occhi su
quella meraviglia: parole in francese! Il suo francese!
Cercò di capire se i
fogli avessero un senso logico e ne scambiò di posto due
quando capì che erano
stati erroneamente invertiti.
Aveva da poco
iniziato a leggere quando
il pianto di Vic si sentì dal piano di sopra. La ragazza
alzò gli occhi al
soffitto: ma quella bambina non poteva dormire almeno quel giorno? Sua
figlia
era la sua creatura adorata, la bambina più bella del mondo,
la più
intelligente… ma non dormiva molto fin da quando era nata e
lei iniziava a non
poterne più. Aveva provato di tutto, tutti i trucchetti e
consigli che aveva trovato
in giro, nessuno funzionava. E la bambina dormiva ancora pochissimo.
Sospirò
profondamente e si alzò, mentre
lasciava le pergamene sul tavolo. "Vado a prendere Vic e torno. Non te
ne
andare" ordinò alla cognata.
Ginny
guardò la bionda salire le scale
e aspettò pazientemente che tornasse da basso con in braccio
la sua nipotina.
La bimba, quando
la vide, emise un
verso strano, probabilmente cercando di ripetere il suo nome e Ginny
batté le
mani quando la vide.
"Vieni da me, Little Vee. Vieni dalla zia Ginny. Zia
Ginny. Zia. Ginny…"
cantilenò, mentre prendeva la nipotina dalle braccia della
madre e lei si
sedeva per tornare a guardare le pergamene.
Giocò
un po' con Vic, facendole battere
le mani e provocando un po' di rumoroso baccano, quando notò
che Fleur le
lanciò due o tre occhiate stanche. "Qui avete scritto male:
'Niece', non
'Neeve', è nipote. Una nipote femmina. Dice che una nipote
è andata a trovarla
e le ha portato…"
Ginny si sporse,
cercando di prestare
attenzione, ma Vic, non contenta di non essere considerata,
allungò una manina
e afferrò una pergamena stropicciandola in parte.
"No, ferma,
ferma!" La voce
della madre fu così acuta che la bambina si
bloccò, per poi scoppiare a
piangere subito dopo.
La ragazza
osservò lo sguardo della
cognata posarsi stancamente sulla figlia e scuotere la testa. Quando
chiuse gli
occhi, capì che aveva bisogno di un po' di tempo. E di stare
da sola. Sua madre
aveva detto qualcosa sul fatto che a volte fosse pesante occuparsi
tutto il
giorno di un bambino piccolo.
"Ascolta,
perché non ti riposi un
po'? Qui non c'è fretta. Puoi andare a coricarti
e…"
"Vic…"
iniziò a ribattere la
francese, scuotendo la testa.
"Little Vee
viene con me. Mi
occupo io di lei, oggi" disse, colpita da quell'idea che sembrava
meravigliosa. Prese la piccola e la fece sedere sul tavolo, con le
gambette e
il viso verso di lei. "Ci vieni con me, Little Vee? Andiamo a fare un
giretto mentre la mamma dorme un po'? Ti porto a spasso…"
Fleur era
titubante. Ma era anche
stanchissima. Aveva una gran voglia di mettersi a letto. O di fare una
doccia.
O di mettersi a letto subito dopo aver fatto la doccia. O il contrario.
Doveva
decidere. Ma voleva riposarsi. Vic sarebbe stata bene con Ginny. E se
Ginny se
la fosse vista brutta, sarebbe andata da Molly, lei conosceva Vic e
sapeva come
tenerla.
"Sicura?" disse,
sperando che
lei non cambiasse idea dopo averla così illusa.
"Certo. Ora io e
la mia bellissima
nipotina andiamo fuori…" disse ancora, prendendo le manine
della bambina e
guidandole per farle fare delle ovazioni da stadio di Quidditch. Vic
rideva
estasiata.
Ginny sorrideva
contenta. Avrebbe preso
su Vic per andare da Madeleine. Sì, era un'ottima idea.
Sorrise ancora a Fleur:
sembrava veramente stanchissima. Come se non dormisse dal giorno in cui
era
nata la figlia.
"Magari prendi
su…"
Ginny le sorrise
e poi tornò a parlare
con la piccola. "Prendiamo su tutto, vero Little Vee? Tutto quello che
ci
serve!"
"Ok, va bene. E
quando sarete
tornate, ti avrò scritto una traduzione decente.
Dov'è che avete letto
'macellaio'?" Fleur scosse la testa, sorridendo leggera e Ginny seppe
di
aver preso la decisione giusta.
E dopo pochi
minuti, lasciò Villa
Conchiglia con in braccio la bambina, diretta a casa della madre di
Zabini.
*
Sbatté
forte il batacchio solo per far
ridere Vic e la piccola rise fino a quando la porta non si
aprì e uno degli elfi
di Madeleine aprì il portone.
In imbarazzo
come il giorno prima con
la Parkinson, balbettò qualcosa mentre entrava in casa e
posava Vic per terra:
tenere un bambino in braccio era divertente finché non ti
facevano male le
braccia.
L'elfa le disse
di andare direttamente
nel salottino del ricamo, dicendo che l'avrebbe preceduta per
annunciarla e, ricordandosi
che era il nome della stanza del giorno prima, esattamente come l'aveva
chiamata Rachel, si diresse sicura attraverso sale e corridoi.
Trovò
la porta aperta e, non sapendo
bene come ci si comportasse in certi momenti, bussò
delicatamente sullo stipite
di legno prima di entrare. "Permesso… Mrs Madeleine?" la
chiamò,
quando la vide in poltrona, chinata su un lavoro a maglia.
L'elfa
apparve davanti alla strega, spaventando Ginny e Vic, che
iniziò a gnolare.
"Madame Zabini, Miss Weasley è venuta a trovarla."
Maddie
alzò gli occhi dal lavoro quando
sentì il pianto di un bambino e, subito dopo aver visto
Ginny e una deliziosa
creatura bionda, Kikky l'annunciò.
"Grazie, Kikky,
puoi andare"
disse, rivolta alla creatura domestica, poi si alzò e
andò incontro alla
ragazza sorridendo. "Ginny! Ma chi è questa bellissima
bambina?" Si
avvicinò ancora alle streghe e, proprio mentre Ginny
spiegava chi fosse, si
chinò davanti alla bimba. "Mi scusi, Maddie, è
mia nipote. Sua madre aveva
bisogno di riposarsi un po', così mi sono offerta
di…" Ma la strega non
l'ascoltava più. "Come ti chiami, piccola?" le chiese,
allungando una
mano verso di lei. La piccola sorrise nel vederla e le prese un dito
con tutta
la mano. "Vee!"
"Come?"
domandò, gioendo di
quella vocetta piccola e melodiosa.
"Lei
è Vic. Victoire Weasley, per
la precisione. Ma io la chiamo Little Vee , perché lei
è una piccola Veela, vero,
cucciola?" disse, prendendo la bambina per i fianchi e facendola girare
in
aria, mentre la piccola scoppiava a ridere: era meraviglioso vederle e
sentirle.
Si sedette sul
divano quando sentì le
lacrime salirle agli occhi.
Ginny vide la
strega sedersi e passarsi
un fazzoletto sul viso. Che era successo? "Maddie… si sente
bene?"
La donna sorrise
tristemente. "Sì,
scusami cara, stavo solo pensando che avrei voluto dei nipotini
e…"
O Santo Godric
Grifondoro! Ginny si
passò una mano fra i capelli, imbarazzata: cosa avrebbe
dovuto rispondere?
"Ehm… Forse Zab… suo figlio… prima o
poi… Sì… troverà
qua… Cioè… Bo…
" rispose, piuttosto indaffarata a tenere sotto controllo i pensieri;
non
sapeva cosa dire, ma era sicura che dire a una madre che per suo figlio
sarebbe
stato difficile trovare qualcuno che lo sopportasse non era una bella
cosa.
Maddie
sospirò: stava mettendo la
ragazza a disagio e non voleva. "So che è presto, lo so. E
so che i
bambini sono impegnativi, non capricci da prendersi così!
Blaise, quando era
piccolo mi ha fatto dannare! Era così vivace…"
Sospirò al ricordo di
quegli anni intensi. Prima di andare a Hogwarts Blaise era davvero un
bambino
scapestrato. E quando si trovava con i suoi amici, poi…
Ripensò anche a Bert,
ma decise di non parlarne con la ragazza per non rattristarla.
"Davvero?
Ma… ne è sicura? Za…
Blaise, il Blaise che conosco io?" La voce della ragazza era divertita
e
incredula e Maddie rise ancora della sua espressione. La
osservò sedersi mentre
lanciava occhiate alla bambina che aveva iniziato a trotterellare da
sola in
giro, così si sedette vicino a lei, sul divano.
"Oh,
sì, proprio lui!"
Ginny ascoltava
la madre di Zabini
parlarle ancora del figlio e scoprire quante marachelle avesse fatto da
ragazzino
la fece ridere tantissimo: lei lo aveva conosciuto a scuola, quando
già, in
coppia con Malfoy, facevano a gara a chi fosse più serioso e
pomposo. Non
avrebbe mai ammesso di essere così sorpresa. Ma lo era stata
anche quando aveva
scoperto che volava così bene sulla scopa.
Era ancora presa
dalle sue
fantasticherie che non si accorse che Vic si era avvicinata al lavoro a
maglia
di Maddie, allungando le manine. Quando tentò di tirare un
filo, la trattenne.
"No, Vic, stai ferma…" Una volta anche lei si era lasciata
tentare
dai ferri di sua madre, ma Molly si era arrabbiata quando aveva
scoperto che
lei aveva sfilato tutte le maglie dai ferri perché convinta
così di aiutarla.
"Lascia, lascia
stare. Ora lo
metto via" la tranquillizzò.
"So che se salta
una maglia è un
casino, mia madre mi terrorizza ancora…"
"Oh, non
è un lavoro a maglia,
guarda…" le spiegò, mostrando il lavoro:
effettivamente non sembrava un
maglione o una sciarpa o una coperta, come le cose che faceva Molly.
Mise in un
cestino una palla di fili intrecciati e tirò fuori un'altra
cosa: il pupazzo di
uno snaso. "Oh! Mia madre non fa questi!" esclamò,
prendendolo in
mano e osservandolo: era proprio un pupazzo a tutto tondo, con le
zampe, la
testa e le orecchie.
"È
uncinetto, non uso i ferri da maglia.
E mi piace fare i pupazzi. Di solito li faccio per
l'associazione… Come si
chiama? Ah, Sì. La Magical Children!"
Oh! Sì, conosceva anche lei quell'associazione. Ogni anno
organizzava eventi e
cene per raccogliere fondi per il San Mungo e altre attività
di beneficenza.
Lei aveva sempre partecipato, con Harry.
Vic aveva visto
un pupazzo fra le mani
della zia e si era buttata verso di lei. Non camminava ancora bene,
più che
altro trotterellava e si lanciava di qua e di là, sperando
di trovare qualcosa
a cui reggersi, ma quella volta non ci pensò molto, troppo
impegnata a
osservare il pupazzo. Fece quei tre o quattro passi e poi si
lasciò cadere
contro le gambe di Ginny, allungando le manine e allargando le braccia.
Ginny non vide
Vic arrivare, e si
spaventò quando la piccola abbracciò il pupazzo
senza lasciarlo più andare. Oh,
Merlino! E ora?
Maddie sorrise
quando vide la bambina ridere
mentre stringeva le manine intorno allo snaso. "Vic…" aveva
iniziato
Ginny, ma la donna le aveva posato una mano sul braccio per
interromperla.
"Portatelo a casa. Te lo regalo. Io ne farò un altro al
più presto, tanto
non ho niente da fare…"
Ginny non disse
niente, ma annuì. Dover
strappare un giocattolo dalle mani di un bambino non sarebbe stato per
niente
facile. Ringraziò e poi seguì con lo sguardo Vic
che continuò il suo trotterellare
verso la porta finestra che dava sul terrazzo.
"È
ora di andare, va… prima che
lei diventi ingestibile…" disse, allora, alzandosi.
"Perché
non facciamo una
passeggiata in terrazza? Gira intorno alla casa, così ti
faccio vedere anche il
giardino" propose la donna e Ginny acconsentì. "Chiamo Kikky
e poi
usciamo" disse ancora, prendendo la bacchetta.
L'elfa apparve
appena la padrona di
casa l'ebbe chiamata e Ginny si guardò intorno: aveva
già notato che c'erano
vasi da fiori un po' dappertutto, quindi il giardino doveva essere
pieno di
fioriture diverse. Aveva visto più di un tipo di fiore, in
quei giorni, e
l'unico che lei conosceva erano i girasoli che troneggiavano in un vaso
blu
alla sua sinistra. Si avvicinò per osservarlo meglio:
effettivamente era
proprio del colore della polvere che aveva visto sulle mani di Maddie
al San
Mungo. E lei aveva le mani sporche di terra.
Si
voltò verso la donna, ma lei era
girata verso l'elfa. "Miss Rachel non è venuta. Faccio
portare il tè più
tardi?" Mentre la donna annuiva e dava altre istruzioni, Ginny fece un
altro passo e allungò una mano per toccare il vaso, quando
il rumore di un
vetro che sbatte le fece voltare lo sguardo verso la portafinestra: Vic
picchiava la manina libera contro lo stipite della porta, tentando di
aprirla.
"Vic, ferma.
Ferma…"
Raggiunse la bambina e la prese in braccio, per assicurarsi che non
combinasse
guai, e tornò verso il vaso che aveva attirato la sua
attenzione.
Allungò
una mano, accarezzando uno dei
girasoli e poi scendendo giù, lungo lo stelo e sfiorare la
ceramica decorata.
"Little Vee,
ricordati 'vaso blu',
se dovessi perdere la memoria, ok?" bisbigliò alla piccola,
che però non
la stava guardando. Stava per toccare un intricato disegno a mosaico,
quando la
voce di Maddie la fece trasalire. "Andiamo?" chiese infatti la donna
e Vic si agitò in braccio a lei, tentando di scendere.
"Sì"
rispose Ginny, colta di
sorpresa come se stesse commettendo un reato. Fece scendere la bambina
e,
velocemente, posò il palmo sulla superficie del vaso. A
parte una leggera
freschezza, nient'altro attirò la sua attenzione. Tolse la
mano e se la guardò:
pulita, niente puntini. Da un lato fu contenta, perché se
anche avesse trovato
la soluzione al problema, se la sarebbe scordata e non sarebbe servito
a
niente, ma dall'altra, era ancora pensierosa.
"Ginny, vieni?"
La ragazza si
girò verso il portafinestra, dove
Maddie
teneva per mano una Vic abbastanza smaniosa di uscire sul terrazzo.
"Sì,
arrivo."
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***Eccomi, scusate il ritardo...
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Capitolo 12 *** Snasi e Galeoni ***
Snasi e Galeoni
-
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Ginny
cercò di controllare la camminata
buffa e trotterellante di Vic e al tempo stesso di guardare il giardino.
"Vuoi fare una passeggiata giù,
fra i sentieri? C'è un gazebo molto carino al centro del
parco" le chiese
a quel punto Maddie, vedendo il suo interesse.
Ginny scosse il capo. "Maddie,
posso chiederle una cosa?"
Maddie
aggrottò la fronte e si fece
attenta: la ragazza sembrava pensierosa. "Dimmi, cara" rispose,
continuando a passeggiare lungo la terrazza che costeggiava
l'abitazione.
"Io… ieri sono venuta perché ero
preoccupata per i suoi vuoti di memoria, non sono capitata per caso per
vedere
i fiori…" Ginny sembrava quasi in imbarazzo, come se si
vergognasse di
fare quella confessione.
"Io posso solo ringraziarti.
Pensavi che se me lo avessi detto mi sarei arrabbiata?"
Ginny
alzò una spalla in un gesto forse
un po' infantile, ma di sicuro non decoroso, di fronte a una donna dai
nobili
natali com'era lei. Si sentiva un'imbrogliona, perché anche
se aveva ammesso di
essere andata lì per quello, non le aveva detto
dell'incontro con suo figlio. Degli
incontri. E delle altre cose. Si sentì un po' a disagio a
ripensare a quello
che era successo la sera prima e si passò la mano fra i
capelli.
"Io mi sono ricordata di una cosa…
Si ricorda quando, prima di entrare nello studio del medimago io ho
avuto…"
"Il vuoto di memoria?"
concluse per lei la donna. Ginny questa volta annuì. Maddie
era sveglia e in
gamba, nonostante tutto.
Maddie rimase in
silenzio un attimo.
Forse aveva trovato un'alleata. Forse lei non l'avrebbe guardata con
compassione come facevano le altre. Nessuna aveva dato importanza alla
cosa, né
le sue stesse parenti, né le sue amiche.
"Mi ricordo che lo hai avuto"
disse.
"Un po' riesco a capire quello che
prova, sa? È stato veramente… brutto.
Sì, brutto."
Maddie sorrise. "Potresti darmi del
tu. So che sembro vecchia, ma…"
Ginny, che stava
pensando al suo primo
anno a Hogwarts, quando Voldemort si impossessava del suo corpo e della
sua
mente, e lei si svegliava nel bagno di Mirtilla Malcontenta senza
sapere cosa
fosse successo, decise di tornare a sorridere e di accontentare la
strega. "Va
bene. Penso proprio di poterlo fare" concesse, con lo stesso tono con
cui
una regina avrebbe concesso un favore a un suddito. Maddie dovette
comprendere
la cosa perché ridacchiò un po'. "È
successo ancora? Ieri? O Oggi?"
Un po' si sentì male, perché sembrava che stesse
circuendo quella dolce signora.
Ma non poteva dirle che sapeva del diario, della Gringott e di aver
visto suo
figlio.
"No. Beh, non che io ricordi,
comunque. Ormai non posso escludere niente. Ho scritto alcune
cose…" Fece
una pausa e Ginny intuì che stava soppesando cosa dirle e
cosa no. Apprezzò la
cosa, perché voleva dire che comunque era vigile e per
niente rimbambita.
"Ma me le ricordo tutte. Mi spiace, non posso raccontartele,
però, perché
riguardano altre persone…"
La ragazza annuì, anche se avrebbe
voluto sapere davvero. Ancora si sentì di imbrogliarla.
"Hai raccontato a qualcuno delle
perdite di memoria, negli ultimi giorni? A Rachel, forse? Ti sei
confidata con
lei? O con la…" Cercò di non chiamare la
Parkinson per cognome, cercando
di identificare le persone che le giravano intorno.
"No. Non l'ho più detto a nessuno.
Mi… vergogno. Quando ho provato ad accennare la cosa, non
tutti hanno capito
che ero seria e non volevo sembrare… stupida."
Gli occhi della donna si riempirono di
lacrime e Ginny vide la fatica che fece per non cadere nella tristezza.
Mise un braccio intorno alle spalle
della strega e le si avvicinò. "Non devi vergognarti. Appena
capiremo che
succede, risolviamo tutto…" cercò di
tranquillizzarla.
"Blaise pensa che io stia
diventando vecchia e che non sia più…" La donna
sospirò e non riuscì più a
parlare.
"Za… Blaise è un maschio, cara Maddie,
e come ogni essere maschile, non potrà mai capire le donne.
Fidati di me: sono
cresciuta con sei fratelli!"
Maddie rise e si asciugò le lacrime.
Ginny aspettò il tempo giusto, lanciando occhiate in
giardino per permetterle
di ricomporsi e poi chiederle della polvere blu. Si voltò
verso di lei e aprì
la bocca quando vide che stava guardando altrove sorridendo, ma venne
interrotta prima ancora che potesse dire qualsiasi cosa.
"PUFF!" gridò Vic e Ginny,
che per un attimo si era scordata di lei, si voltò verso la
parte finale della
terrazza, dove la bambina aveva lasciato cadere il pupazzo per terra e
stava
battendo le mani contro il vetro di una portafinestra.
"Vic!" esclamò, avendo paura
che si facesse male, e accelerò il passo verso la piccola.
"Vic, cosa
fai?" le chiese ancora, allontanandola dalla finestra e prendendola in
braccio.
"PUFF" disse ancora la
piccola, indicando la finestra e alzando le mani con le dita aperte.
Ginny la
guardò, ma non vide niente. Appena Madeleine si
avvicinò a loro, si scusò
ancora.
Maddie
guardò attraverso il vetro e
corrugò la fronte, notando qualcosa di strano.
Tentò di aprire la porta
finestra, ma questa era chiusa dall'interno, così si
smaterializzò per
oltrepassare il vetro. Una volta dentro si girò velocemente
e aprì il
chiavistello per far entrare le ospiti.
Ginny la guardava con uno sguardo
strano. "Maddie… Va tutto bene?"
Ma la strega era troppo impegnata a
guardarsi intorno. "C'è qualcosa che non va..." disse,
più a se
stessa che alla ragazza.
Lo sguardo della
donna impensieriva
Ginny. Entrò nella stanza e fece scendere la bambina,
cercando di capire cosa
avesse spinto Maddie a preoccuparsi così tanto.
Il locale dove erano entrate sembrava
uno studio: una scrivania, una grossa scrivania, troneggiava sul lato
sinistro
della stanza, un po' discostata dalla finestra. Sul lato da dove c'era
la
portafinestra c'era un piccolo divano rosso, proprio accanto alla
scrivania,
mentre sull'altro lato c'era un mobile, quella che sembrava una
credenza, ma
che Ginny dubitava contenesse bicchieri e chincaglierie. Un vaso rosso
conteneva delle margherite bianche. Sulla parete sopra la scrivania
c'erano dei
documenti incorniciati. Lanciò un'occhiata veloce, ma
dovevano essere stemmi di
famiglia e altre cose di cui lei non era a conoscenza. Vero, Blaise era
fissato
con quelle cose lì, riguardanti la rispettabilità
della famiglia, il casato e
le altre cose. Si ricordò vagamente il discorso fatto
sull'elenco delle sacre
ventotto.
Alla sua destra, invece, una grossa
libreria colma di libri riempiva tutta la parete. Hermione avrebbe
fatto salti
di gioia. In basso, il mobile aveva delle ante che coprivano il
contenuto alla
vista.
"Puff!" eclamò di nuovo Vic,
alzando le braccia in aria e ridendo scuotendo le dita. In quel momento
Ginny
si ricordò di quando Ron e George avevano giocato con la
piccola,
smaterializzandosi e insegnandole a urlare "Puff!" quando sparivano.
Ginny si chinò davanti alla bambina.
"Hai visto qualcuno che si smaterializzava, Little Vee?"
La piccola annuì, cercando di saltare,
ma finì solamente per girare su se stessa e Ginny dovette
afferrarla al volo
prima che cadesse.
"È un
gioco che le hanno insegnato
i miei fratelli, Maddie. È una cosa stupida, avrà
visto qualcuno che si è
smaterializzato…" Maddie si voltò verso la
ragazza: non era una cosa
stupida. "Forse ha visto uno degli elfi…" disse ancora lei.
"Questo
è lo studio di Blaise, nessuno ha il permesso di entrare,
solo io e lui.
Neanche gli elfi senza permesso, possono…" Non andava bene.
Non andava
bene per niente.
Si guardò
intorno ancora, per capire cosa le sembrasse così strano. La
bambina fece un
passo verso di lei e si addentrò nella stanza, ma poi la
superò e guardò nello
spazio fra la scrivania e il mobile di mogano. "Puff!"
ripeté ancora
la piccola, indicando il tappeto e ridendo.
"Vic…
Torna qui…" Ginny si avvicinò, ma Maddie fu la
prima ad arrivare vicino
alla bambina. E spalancò occhi e bocca dalla sopresa: per
terra, sul tappeto
c'era un sacchetto di velluto viola e delle monete erano sparse
lì vicino.
Si voltò
verso la ragazza e poi si chinò anche lei vicino alla
piccola. "Vic,
qualcuno ha fatto 'puff'? C'era qualcuno e ora non c'è
più?" Lei annuì
ancora, ma questa volta non rise più, probabilmente iniziava
a sentire la
tensione che si stava creando. Qualcuno era entrato nello studio di
Blaise e
lei non sapeva chi fosse stato. Cercò di sorridere alla
bambina e la accarezzò
sulla testa per tranquillizzarla. "Va tutto bene, Vic sei stata
bravissima
a dircelo".
Ginny si
avvicinò alle streghe e vide anche lei quello che aveva
fatto spalancare gli
occhi di Maddie: un sacchettino di velluto e una decina di monete erano
sparpagliate sul tappeto. Visto che la donna si era come paralizzata
vicino a
Vic, decise di oltrepassarle e andare dietro alla scrivania.
"C'è
uno sportello aperto, vieni a vedere" disse a Maddie, indicando per
terra,
ma senza chinarsi o sparire oltre la scrivania. Maddie si
avvicinò e annuì
quando vide la piccola antina della cassettiera della scrivania.
"Lì
c'è la cassaforte" spiegò e la ragazza la vide
piegarsi e guardarci
dentro. "È vuota" constatò.
"È
giusto?" chiese. Loro non avevano una cassaforte, quindi a parte i
soldi
non aveva la più pallida idea di cosa dovesse contenere.
Maddie
scosse le spalle. "Non lo so. Non l'ho mai usata. Dovrei chiedere a
Blaise".
Poi Ginny
disse una cosa che la stupì. "Può chiamare un
elfo? Ci sarà una gerarchia,
qualcuno che comanda, o uno di quelli più vicino a
lei…"
"Posso
chiamare Kikky" rispose, senza capire bene. La ragazza
annuì, così lei
batté le mani e chiamò l'elfa, che si
materializzò subito.
Ginny
vide Vic spaventarsi e andarle vicino: non era abituata agli elfi. "Eri
tu,
prima, qui dentro?" chiese all'elfa, anche se conosceva già
la risposta.
La
piccola elfa scosse il capo facendo un passo indietro e torcendosi le
mani.
Maddie
vide Ginny prendere in braccio la bambina e annuire, voltandosi a
guardare
verso di lei. "Lo avevo immaginato, ma bisognava chiedere".
La donna
fece un cenno con il capo: era giusto.
"Kikky,
hai visto qualcuno qui, adesso? C'era qualcun altro in casa oltre a me
e alle
mie ospiti?"
L'elfa
fece un altro passo indietro e scosse ancora il capo. "Kikky non ha
fatto
niente, Mrs Zabini. Non ha fatto niente…" Kikky si stava
impaurendo e la
strega lo capì perché l'aveva chiamata per
cognome.
Ginny si
intenerì. "Oh, Kikky, lo sappiamo che non hai fatto niente,
ma abbiamo
bisogno di te per sapere chi avrebbe potuto essere qui poco fa e aver
fatto
questo" spiegò indicando i soldi per terra. L'elfa non aveva
ancora visto
le monete e quando successe, spalancò gli occhi. "Non
è stata Kikky, Kikky
non farebbe mai… Se vuole Kikky sistema…"
Maddie si
passò una mano fra i capelli e sospirò di
nervosismo. A Ginny ricordò così
tanto suo figlio, che involontariamente sorrise. "Maddie, vuoi
sederti?" Quando la donna annuì, l'accompagnò al
divano e la fece sedere,
poi si voltò ancora verso l'elfa.
"Può
essere stato un elfo, Kikky, ad aprire la cassaforte?"
L'elfa
scosse il capo. "Nessuno degli elfi conosce la combinazione della
cassaforte, Miss Weasley".
Ginny
annuì e tornò vicino alla cassaforte per vedere
se effettivamente era stata
aperta o scassinata. Non sembrava essere stata forzata, ma lei che ne
sapeva?
Guardò di
sottecchi Maddie e vide che si stava asciugando il viso con un
fazzoletto di
stoffa. Forse avrebbe dovuto portarla via da lì.
Si alzò e
le andò vicino. "Senta, che ne dice di andare via di qua?
Possiamo
lasciare qualche incantesimo e far venire il Ministero a indagare su
questa…"
Maddie
spalancò gli occhi: il Ministero no! L'avrebbero saputo
tutti. "No, non
raccontarlo a nessuno. Non voglio che si sappia che qualcuno
è entrato in casa
mia e ha toccato…" Guardò inorridita la
scrivania: cos'altro avevano
toccato? Erano stati solo in quella stanza? Oppure? Erano in altre
stanze?
"Kikky,
fai controllare la casa da tutti. Tutta la casa. E vieni a dirmi se
qualcos'altro è fuori posto."
Vide
Ginny annuire e sorridere. "Brava, Maddie!"
Quando
poco dopo Kikky tornò, riferì che tutti gli elfi
avevano controllato e niente
sembrava fuori posto.
"Quindi
è entrato solo qui?" chiese, forse più a se
stessa che a lei, la ragazza.
Effettivamente sembrava così. "Maddie, ti va di controllare
il sacchetto?
Sai quante monete potesse contenere in origine, e di cosa si tratta?"
Maddie
annuì, ma non se la sentiva di alzarsi: la testa le girava
vorticosamente.
"Puoi portarmelo qui? Mi sento un po'…" Non
riuscì a finire la frase
e strinse forte, con la mano, il bracciolo del divano.
Ginny si
chinò a prendere il sacchetto e le monete e le raccolse
sulla mano prima di
portarle alla donna. Kikky continuava a guardare in basso, ma ormai
aveva
imparato come erano fatti gli elfi, non era una segno di colpevolezza.
"Kikky,
tu conosci questo sacchetto? Sai perché era nella
cassaforte?"
"Mrs
Madeleine lo ha messo lì" rispose subito l'elfa.
Maddie
alzò la testa dalle monete: Kikky stava mentendo! Non era
stata lei a farlo!
"Io non entro qui da tanto tempo, Kikky, stai dicendo una bugia".
L'elfa
sgranò gli occhioni e colpì l'anta di legno con
la testa. "No, no Mrs
Maddie, Kikky non sta dicendo che lei sta mentendo, ma Kikky non dice
bugie! E
non lo farebbe mai, Kikky vuole bene a Mrs Madeleine. Kikky…"
Ginny
alzò una mano e sbuffò piano: quando facevano
così, gli elfi erano un po' una
scocciatura. "Va bene, Kikky, va bene… Sai quando
è successo? Quando Mrs
Madeleine è venuta in questa stanza? Ed è
successo spesso?"
L'elfa
sgranò ancora gli occhi. "Kikky non sa quante volte
è successo. Kikky non
vuole spiare la signora. Kikky ha solo visto ieri Mrs Madeleine tornare
a casa
e portare il sacchetto nello studio. Io non ho visto nient'altro.
"E
dove lo avrei preso, quel sacchetto, secondo te?" chiese la madre di
Zabini. Era sempre più stranita e Ginny glielo leggeva in
faccia.
"Lei
ha detto di essere stata alla Gringott. Kikky non sa se è
vero, non sa niente. Kikky
sa solo quello che Mrs Madeleine ha detto. E ha detto di essere stata
alla
Gringott…"
Maddie
spalancò
gli occhi a quella frase: Kikky non avrebbe mai mentito. E il sacchetto
era
veramente uno di quelli che c'erano nella camera blindata. Ma lei non
lo
ricordava! Perché c'era andata? Perché aveva
preso del denaro? E, soprattutto,
chi era in casa sua che sapeva dove l'avesse messo, visto che lei non
ne era a
conoscenza? Improvvisamente il mondo intorno a lei iniziò a
girare e lei
sentiva la testa scoppiarle.
L'elfa
era sempre più spaventata, i suoi occhi
erano enormi e continuava a sbattere la testa contro l'anta del mobile.
Ginny non
ne poteva più di quella scena. Corse verso l'elfa e la tenne
ferma per le
spalle. "Smettila, Kikky, mi stai facendo venire il mal di testa! Anzi,
lo
stai facendo venire a Mrs Madeleine, non vedi come sta male?" si
corresse
alla fine, sapeva che gli elfi facevano ogni cosa per i loro padroni e
sicuramente si sarebbe contenuta se avesse saputo che stava recando
danni alla
sua.
"No,
no, Kikky non vuole che la padrona stia male! No, non è
colpa di Kikky!"
L'elfa
continuò ad agitarsi e la ragazza sbuffò,
pensando di lasciar perdere, e
abbassò lo sguardo, sgranando di nuovo gli occhi: le mani
dell'elfa erano
ricoperte di polvere blu!
Subito si
staccò da lei, cercando di mettere più spazio
possibile fra loro due.
Si voltò
verso Maddie, ma vide che guardava con occhi spaventati il sacchetto.
Ginny
sapeva che era andata alla Gringott e il fatto che lei non se lo
ricordasse ci
stava tutto. Ma non sapeva se dovesse dirglielo o no.
Avrebbe
dovuto parlare con Zabini. Ma si sentiva in colpa verso Maddie.
"Kikky,
dove ti sei sporcata le mani?" sussurrò, per non farsi
sentire dalla
strega.
Kikky si
guardò le mani e sgranò gli occhi. "Kikky non lo
sa! Kikky non sa
niente!" Quando riniziò a colpire il legno con la testa,
Ginny sbuffò
rumorosamente: non avrebbe cavato uno snaso dal buco.
Si
avvicinò a Maddie e l'aiutò ad alzarsi.
"Maddie,
hai un'amica dove andare? Intanto che vediamo di capire cosa
è successo?"
Maddie
sgranò gli occhi: non aveva capito che non voleva far sapere
a nessuno quello
che le stava succedendo?
"No,
non voglio andare da nessuna parte. Resto qui…" Si
bloccò quando si guardò
intorno, come se non riuscisse a riconoscere la stanza: qualcuno era
entrato in
casa sua. In casa sua. Non era più al sicuro, visto che non
sapeva chi fosse.
Sicuramente chi le aveva detto di andare a prendere i Galeoni nella
camera
blindata era la stessa persona che poco prima era nella stanza. Poteva
essere
chiunque. Ma lei non se lo ricordava. E non lo aveva scritto. Aveva
letto il
diario che aveva iniziato a scrivere e non c'era nessun riferimento
né alla
Gringott, né alle monete, né tantomeno allo
studio. Non si sentiva totalmente
al sicuro. Ma non voleva andare da nessuna parte.
"Vuoi
andare da tuo figlio? Non so dove sia, ma possiamo…" La
ragazza si girò
verso il centro della stanza quando sentirono un sonoro russare: la
piccola Vic
si era addormentata sul tappeto, dimenticata da tutti.
Scosse il
capo. "Non saprei dove andare senza dare spiegazioni. E non voglio
dover
spiegare qualcosa che non so…"
Ginny
guardò la bambina, l'elfa che era rimasta seduta contro la
libreria e poi la
strega. Doveva parlare con Zabini. Dovevano guardare la stanza e lui
sarebbe
riuscito a cavare qualcosa dall'elfa. Ed era meglio che Maddie non ci
fosse.
"Ho
avuto un'idea. Andiamo a prendere il suo lavoro all'uncinetto,
così andiamo
via."
Maddie si
alzò, docile, ma poi la guardò. "E dove andiamo?"
Ginny
sorrise. "Alla Tana!"
-
-
-
***Eccomi,
scusate il ritardo, ma sono stata ammalata...
|
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Capitolo 13 *** Il Tiri Vispi ***
Il Tiri
Vispi
-
-
Blaise
stava guardando la vetrina del negozio 'Accessori da Quidditch di
qualità' e
sospirò: in esposizione c'erano tutti i gadget delle squadre
di Quidditch e il
suo occhio continuava a cadere sul verde e sull'oro dei polsini, delle
divise e
degli scaldamuscoli delle Holyhead
Harpies,
cercando di non pensare alla Weasley.
Ma certo che doveva pensare a lei! Doveva
assolutamente sapere come fosse andata a casa di sua madre e
perché avesse
portato una bambina a casa sua.
Aveva incontrato il consulente ed era passato alla
Gringott: era entrato nella camera di sicurezza, ma non aveva trovato
niente
fuori posto, ma chi avrebbe potuto dirlo? Non controllava sempre ogni
cosa,
anche se il denaro sembrava esserci tutto.
Era passato dal fotografo e aveva comprato un po' di
pellicola speciale per l'esposizione notturna e le foto degli animali,
aveva
altre commissioni da fare, ma non riusciva a staccarsi da quella
vetrina.
Sospirò, voltandosi verso la strada. Lanciò uno
sguardo all'orologio e pensò di andare a chiamare Theo per
fare un aperitivo
prima di cenare. E prima di vedere la Weasley. Sempre che lei si
facesse
vedere: non si erano messi d'accordo. Fece qualche passo lungo il
marciapiede
e, sull'altro lato della strada vide il Tiri Vispi. La ragazza gli
tornò in
mente, ma questa volta erano altri i pensieri che gli occuparono il
cervello e
sua madre non fece capolino neanche una volta.
Mise le mani in tasca e si fermò a guardare la
vetrina da lontano. Uno dei gemelli Weasley, George, perché
Fred era morto
durante la battaglia di Hogwarts, uscì sul marciapiede e con
la bacchetta pulì
l'insegna, incantando subito dopo una scopa e spazzando davanti
all'entrata e
alle vetrine.
Quando alzò gli occhi e lo vide, gli fece un cenno
con la mano, muovendola per invitarlo a entrare. Blaise si
guardò intorno e
quando capì che stava proprio cercando di attirare la sua
attenzione,
attraversò la strada per raggiungerlo.
"Zabini, eri tu che cercavi l'inchiostro
movente colorato, l'altro giorno?"
Blaise si fece attento: i fratelli Weasley vendevano
alcuni tipi di inchiostro per fare degli scherzi e uno, quello movente,
aveva
scoperto che era utile per realizzare i suoi disegni. Annuì
lentamente e seguì
George in negozio.
"È arrivata la nuova fornitura. Sono misti, ma
sono sicuro che ci siano anche degli inchiostri colorati moventi.
Cioè, ci sono
quelli coprenti, immagino ci siano anche gli altri…"
George si
voltò verso l'ex Serpeverde e lo osservò
con la coda dell'occhio: quando lo aveva visto entrare al Tiri Vispi la
prima
volta pensava che fosse venuto solo per attaccar briga, ma poi si era
dovuto
ricredere e lui aveva fatto un giro tranquillo del negozio e si era
mostrato
interessato ai tipi di inchiostro per gli scherzi.
Verity, la ragazza che li aiutava da quando avevano
aperto, aveva detto che l'inchiostro era uno scherzo interessante e che
sarebbe
andato a ruba ed effettivamente così era stato fra i
ragazzini che
frequentavano la scuola. Cosa ci trovasse di interessante Zabini,
invece, non
lo aveva ancora capito.
Blaise
notò l'occhiata del rosso, ma fece finta di
niente: sapeva che si stava chiedendo cosa ci facesse con un inchiostro
per
fare scherzi, ma non aveva intenzione di spiegarglielo. Lo
seguì fino al
reparto di cancelleria e lo guardò aprire una scatola.
"Ecco qui. Sì, anche il movente colorato"
disse, poco dopo, leggendo delle etichette e passandogli una boccetta.
Blaise la prese e guardò il colore: verde, verde
smeraldo. "Interessante" sostenne, mentre faceva girare la boccetta e
roteare il liquido al suo interno. Avrebbe dovuto usare la magia o
sarebbe
riuscito a fare le sfumature con la piuma sottile? Doveva provare.
"Quali
altri colori hai?"
George annuì e tornò a frugare nella scatola.
"Blu, viola, un rosa pastello, giallo fluo… ah, anche
questo. Cos'è?
Arancione? Forse zucca o melone? C'è solo il codice, devo
guardare il
catalogo…"
Blaise rimase incantato alla vista del boccetto: era
il colore dei capelli della Weasley. Sì, anche di suo
fratello, forse. Ma era
il suo. Si fermò quando fece il gesto di strapparglielo
dalle dita e,
lentamente come se non gli importasse molto, lo prese in mano. Lo
passò in
linea d'aria vicino ai capelli del rosso senza farsi notare e sorrise
quando
notò che erano proprio uguali. "Lo prendo" disse, questa
volta con
enfasi.
George
aggrottò la fronte, ma poi scosse le spalle e
gli chiese se volesse solo quello. Quando Zabini scelse altre boccette
(quasi
tutti i colori disponibili, a dir la verità), si diressero
insieme verso il
bancone con la cassa. Gli fece il conto e cercò di
intavolare il discorso per
sapere a cosa gli servissero, quando Leotordo entrò nel
negozio svolazzando,
passando attraverso una finestrella rimasta aperta.
Mannaggia a Leotordo che aveva distratto
l'attenzione, pensò, notando che anche il moro aveva alzato
il viso per
guardarlo. O forse poteva prenderlo a tradimento, prima che il gufo
arrivasse
fino al bancone? Probabilmente era solo sua madre che gli chiedeva se
sarebbe
tornato per cena o meno.
Blaise
alzò gli occhi al suono strano di uno
svolazzare d'ali. Un piccolo, anzi, un piccolissimo gufo
entrò al Tiri Vispi da
uno spiraglio, probabilmente, quel pennuto non aveva bisogno di molto
spazio.
Abbassò gli occhi per mettere via gli acquisti e
vide il rosso spostarsi di lato nella sua direzione. Brutto segno:
voleva
qualcosa.
"Devi fare degli scherzi?" chiese, con una
finta noncuranza che Blaise aveva già adocchiato.
Non volendo rispondere, il ragazzo alzò di nuovo il
viso verso l'alto, ma poi corrugò veramente la fronte: il
gufo o quello che si
spacciava per essere un gufo, stava volando verso di loro.
"Ma… chi è?" chiese, più per distrarre
il
ragazzo che per vero interesse.
Il gemello alzò le spalle e sospirò. "Il gufo
è
di mio fratello. A casa lo usiamo quando è fuori quello di
famiglia… Immagino
sia mia madre, non preoccuparti…" rispose lui, guardando di
nuovo verso
l'uccello.
Blaise osservò il volo un po' arrancato di quella
palla di piume e continuò a guardarlo per non incrociare lo
sguardo del Weasley
impiccione. A tentoni mise via i suoi acquisti e salutò,
continuando a non
guardarlo, facendo un passo verso la porta, quando il gufo si
posò in fondo al
bancone, lontano dal suo padrone, ma vicino a lui.
"Ma cosa…"
George
osservò Leotordo zampettare verso la fine del
bancone e allungare il becco, che stringeva una busta color avorio,
verso il
moro. Ma cosa…?
Pensando di aver confuso il volatile con
qualcos'altro, lo osservò bene, ma effettivamente era
proprio Leotordo.
"Leo… Sono qui…" Che il povero uccello si
fosse rincretinito? Si avvicinò, ma il piccolo gufo
zampettò ancora verso l'ex
Serpeverde.
Imbarazzato,
Blaise, prese la busta dal becco del
gufo e questi volò via. Stranito, guardò prima il
rosso e poi il nome sulla
busta: era veramente per lui, non si era sbagliato.
"Oh,
è davvero per te…" constatò, una volta
avvicinatosi. "Mia madre ti invita a cena?" gli chiese subito dopo,
con un sorriso strano. Blaise non seppe cosa rispondere.
Poi Weasley
guardò meglio la busta e corrugò la fronte,
facendo un verso strozzato con la
bocca. Si girò verso di lui, ma notò che aveva
ancora gli occhi sulla
pergamena. Quando li tirò su, come se volesse osservarlo
meglio, tutto il suo
cameratismo era sparito: i suoi occhi si erano fatti a fessura e Blaise
immaginò quasi che gli stesse lanciando una fattura non
verbale. "Quella è
la scrittura di mia sorella" disse solamente. Oh, Merlino!
Blaise infilò
nella tasca interna della giacca la missiva e si voltò per
andarsene. "Non
saprei. Non mi ha mai scritto" rispose, contento di poter dire la
verità.
George fece
un salto al di là del bancone e impugnò la
bacchetta, spostando alcune scatole
e bloccando la strada all'ex Serpeverde. "Dove stai andando?" gli
chiese.
Zabini si
voltò verso di lui, sospirando. "Senti, non lo so
perché mi ha scritto. Ma
se avesse voluto fartelo sapere, te lo avrebbe detto, no? Ora devo
andare".
Blaise si era
girato di nuovo e si toccò il fianco per estrarre la
bacchetta per liberare la
strada. "Perché non la leggi qui?"
"Perché
non sono affari tuoi."
"Se non
avessi niente da nascondere, non avresti problemi a leggerla davanti a
me!" insistette ancora.
Blaise
sospirò. "Potrei avere molto da nascondere. Ma non quello
che pensi tu.
Non… tua sorella" confessò alla fine,
velocemente. Se avesse avuto
veramente una tresca con la Weasley, sarebbe stato più
facile. E più
interessante. Scosse il capo a quel pensiero, come se non volesse
ammettere di
averci pensato ininterrottamente quella notte. E quella mattina. E nel
pomeriggio.
Weasley lo
guardò ancora male, ma poi dovette cedere. Annuì
e spostò le scatole con la
bacchetta, per lasciarlo andare.
George era
abbastanza combattuto, ma non poteva fare molto di più. A
volte gli sembrava
che senza Fred anche il suo coraggio fosse andato a farsi seppellire.
Guardò il
ragazzo che si incamminava verso la porta, mentre una figura minuta
sbucava dal
locale dietro il bancone.
"Ginny!"
esclamò.
"Ciao,
George. Mamma vuole sapere se torni a cena. Se non torni, mandale un
gufo e salutami
Angelina!" Velocemente come era arrivata, Ginny sparì dietro
agli scaffali,
mischiandosi alla folla e agli scherzi disposti nei vari espositori.
George
fece appena in tempo a capire quello che gli aveva detto. Ma come
faceva a
sapere che quando non tornava a cena era perché andava a
casa di Angelina?
Ma poi Ginny
si bloccò quando vide l'assiolo che si beccava le piume
della coda girando in
tondo su se stesso, in cima a uno scaffale. Si voltò verso
il fratello e chiese:
"Perché Leotordo è qui?"
George
sorrise di quel sorriso che lo faceva assomigliare ancora di
più a Fred.
"Hai mandato un gufo a Zabini e lui era qui quando lo ha ricevuto"
spiegò.
Ginny
spalancò gli occhi e le sue sopracciglia formarono un
disegno curioso. "E
cosa ci faceva qui?"
George scosse
le spalle: doveva ancora capirlo anche lui. "Comunque… ti
sembra il caso
di scrivere quelle cose?" bleffò.
Ginny
inclinò
la testa: quali cose? Aveva scritto a Zabini di farsi trovare dietro al
Tiri
Vispi, ma non pensava che lui fosse proprio dentro al negozio!
"Perché ho
portato sua madre alla Tana? Mamma ha detto che ho fatto
bene… Dici che non
dovevo?"
Per un attimo
pensò di aver agito d'impulso e di non aver fatto la scelta
migliore. "Sua
madre?" chiese uno stralunato George e dalla sua espressione Ginny
capì
che non sapeva cosa ci fosse scritto nella missiva che aveva mandato
con
Leotordo: la stava imbrogliando!
"George!"
esclamò, per sgridarlo e lui dovette capire
perché scoppiò a ridere: era una
cosa così strana, risentirlo ridere, che la ragazza non
riuscì più a essere
arrabbiata con lui.
Blaise aveva
strappato la busta di pergamena con le dita mentre si avviava
all'uscita del
negozio. Aveva letto le poche righe velocemente: la Weasley voleva che
si
facesse trovare al più presto nel vicolo dietro al Tiri
Vispi, scrivendo quanto
fosse urgente. Poi aveva rincarato la dose, pensando che lui non
capisse la
gravità della cosa, perché subito dopo aveva
aggiunto che aveva portato sua
madre a casa sua, per un'emergenza.
Il ragazzo si
bloccò a leggere quelle parole e imprecò. E
dovette farlo ad alta voce perché
una donna con un bambino piccolo per mano si voltò verso di
lui e lo guardò
malissimo. Blaise la ignorò e valutò se tornare
indietro al bancone per
chiedere a Weasley di accompagnarlo a casa sua o almeno di fargli usare
il
camino, quando sentì una voce perfettamente chiara e udibile
gridare:
"George!" e la risata del ragazzo rosso. La Weasley! Avrebbe
riconosciuto la sua voce ovunque. E probabilmente anche il suo profumo,
pensò
mentre a grandi falcate tornava indietro verso la cassa.
Quando arrivò
al bancone vide la ragazza con le mani sui fianchi e uno sguardo di
rimprovero
sgridare suo fratello, mentre lui scoppiava di nuovo a ridere. Il viso
di lei
si trasformò in un'espressione così dolce che
Blaise ne rimase colpito: non
l'aveva mai vista. Né tantomeno l'aveva mai rivolta a lui.
"Ehi…"
disse, senza sapere bene se potesse interrompere la cosa. La Wealsey si
girò
verso di lui e la sua espressione si ridimensionò, ma non
tornò arrabbiata.
"Zabini…"
mormorò, per poi tornare a guardare il bancone.
"Oh,
Zabini! Indovina chi c'è a casa nostra…" Weasley
ridacchiò, prendendolo in
giro.
La Weasley lo
raggiunse subito, tirandolo per la manica per farlo allontanare.
"Questa
me la paghi, George!" gli gridò lei, ma il suo tono non era
per niente
allarmante. "Scusa…" iniziò lei, appena misero
piede fuori dal
locale. "Mi ha teso una trappola e gli ho detto di tua madre, mi
è…"
Lei si staccò velocemente da lui quando notò che
lo stava ancora tirando per il
braccio. "…scappato…" Sospirò ancora,
come se fosse stanca e si passò
una mano fra i capelli.
Ginny dovette
riordinare le idee per poter mettere insieme tutte le cose da dire a
Zabini:
c'era troppo in ballo e tutto sembrava importante per poter scegliere
da cosa
iniziare. "Tua madre… è a casa mia"
mormorò, quando un gruppetto di
persone le passò vicino per andare verso il Ghirigoro. "Sul
suo diario c'è
scritto che…" Ma la sua voce fu talmente veloce che si
mangiò le parole e
lui non dovette capire, visto che aggrottò la fronte,
così provò a rispiegare.
"Abbiamo visto… no, in verità l'ha visto Vic, e
ha detto 'puff', come
quando si smaterializza qualcuno… e poi c'erano i galeoni
sul tappeto, così
abbiamo chiamato l'elfa, ma lei aveva le mani sporche di blu e tua
madre si è
spaventata per la cassaforte aperta e io…" Ginny si rendeva
conto di
gesticolare un po' a casaccio e di parlare a vanvera, così
si bloccò subito
quando il ragazzo si avvicinò di un passo e la prese per le
spalle.
"Respira."
Blaise aveva
visto gli occhi della Weasley muoversi troppo velocemente
perché lei potesse
essere lucida o anche solo obiettiva o sensata. Se non l'avesse
conosciuta
abbastanza bene, avrebbe pensato che avesse sniffato della polvere di
drago.
Si avvicinò a
lei quando pensò che la sua testa si muovesse troppo in
fretta e le potesse
cadere, e la prese per le spalle. "Respira" le disse.
La ragazza
smise immediatamente di parlare e i suoi occhi si sgranarono, aprendosi
di più:
non c'era traccia della persona che aveva sgridato il fratello poco
prima.
"Ti
prego, non baciarmi…"
Blaise si
bloccò per quella sorta di confessione, ma poi lei scosse la
testa.
"Scusa, non intendevo… Mi sento strana, stanca e…"
"Respira,
Weasley" ripeté, ignorando le sue parole e sperando di
riuscire a
nascondere la sua vera reazione e rimanere impassibile Su una cosa
però, lei
aveva ragione: doveva essere stanca e lui lo sentiva dal tono della
voce. Anzi,
non sembrava stanca: sembrava sfinita.
"Non
volevo dire…" Lei tentò di passarsi una mano fra
i capelli, ma le sue
mani, ancora sulle sue spalle, glielo impedirono e Blaise si
sentì in colpa per
la situazione: la sera prima lei era già stanca ed era
rimasta con lui fino a
notte fonda per… Blaise si spostò da lei quando
si ricordò del loro incontro a
casa sua. Neanche lui aveva più dormito dopo, anche se non
lo avrebbe mai
ammesso, ma non si era allenato per tutta la mattina, almeno.
"Vuoi…
sederti?" chiese, guardandosi intorno e cercando un posto adatto.
Ginny scosse
il capo. Non voleva sedersi, voleva fare presto. Anche se si sentiva
davvero
stanca… Ma aveva un sacco di cose di cui metterlo al
corrente… Anche se forse
avrebbe potuto farlo da seduta. No, meglio di no.
"No, no.
Se mi siedo non mi rialzo per una settimana. E poi devo dirti un sacco
di cose!
Tua madre è…" Abbassò la voce quando
si spostò per far passare un
ragazzino che entrò correndo nel negozio. "Merlino, mi
dispiace, Zabini,
l'ho detto a George. Ma lui mi aveva fatto credere… e poi tu
eri qui, come
facevo a sapere… e poi lui ha riso… non lo vedevo
ridere da così tanto che non
ho avuto il coraggio di…" Si passò di nuovo una
mano fra i capelli: forse
sarebbe stato meglio sedersi davvero e al diavolo tutto. Si
voltò verso
l'entrata del Tiri Vispi, ma quando si ricordò che Zabini
voleva discrezione,
si girò velocemente verso il vicolo dove gli aveva detto che
si sarebbero
incontrati, e lo fece così velocemente che perse
l'equilibrio.
Il ragazzo le
fu subito accanto e imprecò sottovoce mentre la riafferrava
per le spalle.
"Mia madre sta bene?" le chiese.
Ginny annuì.
"Sì, è a casa mia e sta bene. Lei e mia mamma
hanno preso il tè e ora
stanno facendo unicorni all'uncin…eee…ttoooo".
Sentì la propria voce
strascicata e sbadigliò senza rendersene conto.
Girò la testa, guardandosi
intorno, ma ciò che la circondava sembrava strano. "Sai che
mi sembra che
tutto stia… girando…" Poi si fece tutto buio.
***
La Weasley si
mosse e si agitò come la notte prima sul divano. Blaise
alzò lo sguardo dalla
scrivania e si alzò quando lei iniziò a
borbottare nel sonno. Raggiunse la
ragazza sul divano e si sedette accanto a lei, appoggiandole una mano
sulla
spalla. "Weasley… Weasley…" la chiamò,
sussurrando ma con voce ferma.
Hermione
aveva appena lanciato un incantesimo e
Bellatrix lo aveva scansato con una magia, ridendo. La sua voce era
isterica e
la sua risata esaltata mentre muoveva di qua e di là la
bacchetta, e quando si
girò verso Luna, i suoi occhi divennero vacui e il suo
sguardo vuoto mentre
puntava la bacchetta verso la Corvonero.
All'ultimo, prima di scagliare l'incantesimo, si
voltò verso Ginny e il suo sorriso divenne inquietante,
mentre la metteva a
fuoco. "Vieni piccolina, vieni da zia Bella…" Le
puntò contro la
bacchetta e Ginny, che aveva capito di stare sognando, sentì
la bacchetta così
pesante che il suo braccio sembrava incapace di movimento.
Doveva reagire. Doveva almeno provarci… Non poteva
lasciarsi morire. Non ancora.
"No!" gridò.
"Weasley!"
La voce di Zabini la fece destare di colpo, mentre le sue mani la
scuotevano
per le spalle e lei si metteva seduta. "Svegliati, Weasley…"
Ginny
spalancò gli occhi quando si trovò davanti al
viso del moro che la guardava con
uno strano cipiglio. Si rese conto di aver trattenuto il respiro solo
nel
momento in cui tornò a respirare e cercò di
capire dove fosse.
"Zabini?" chiese, mentre lui la lasciava andare.
"Ti sei
addormentata, Weasley" le spiegò.
Oh. Girò la
testa, ma non capì bene dove si trovasse: era una stanza che
non conosceva.
"Dove… dove siamo?"
Blaise si
alzò e tornò verso la scrivania, dove aveva
lasciato la bacchetta: si era
alzato di corsa lasciando tutto lì, senza curarsi di niente.
"Nel mio
studio" spiegò. Poteva dirle che l'aveva portata a casa sua
quando era
svenuta per la stanchezza? Per un attimo si chiese se lei si domandasse
perché
era sul divano nel suo studio invece che nel letto degli ospiti. Nel
caso le
avrebbe detto che non voleva perderla di vista. Abbassò gli
occhi a quella
bugia neanche pronunciata e prese la bacchetta per far sparire tutte le
pergamene, le piume e gli inchiostri.
Ginny
tentò
di alzarsi dal divano. "E perché siamo qui?" chiese ancora,
posandosi
una mano sul collo: il sogno di Bellatrix era ancora nella sua testa,
ma questa
volta non l'aveva sconvolta come la sera precedente. Forse
perché la strega non
aveva fatto in tempo a scagliare l'incantensimo.
"Come
dicevo… ti sei addormentata…" spiegò
lui, mentre iniziava a incantare le
cose che c''erano sulla scrivania.
"Io non mi
addormento in giro, così!" esclamò, schioccando
le dita e avvicinandosi a
lui per vedere cosa stesse facendo.
Blaise la
vide avvicinarsi e cercò di muoversi per far sparire tutto.
"Sei svenuta,
allora" precisò, allungando un braccio per impedirle di
vedere il piano
della scrivania. Lei si voltò verso di lui con la fronte
corrugata, forse per
il suo gesto o forse per quello che le aveva detto.
"Davvero?"
Si portò una mano fra i capelli e si morse un labbro fra i
denti: sembrava
preoccupata. "E da quanto… sono qui?"
"Due
ore" rispose lui e la Weasley spalancò gli occhi.
"Merlino!
Due ore? Dovevi svegliarmi! Tua madre, i galeoni, Vic…" I
suoi occhi
iniziarono a vagare, ma questa volta lei sembrava pienamente in
possesso di
tutte le sue facoltà.
"Sì,
Weasley, so tutto. Mia madre sta bene ed è alla Tana, e tua
madre è stata molto
gentile. Hai fatto incantare casa mia affinché non ci
entrasse nessun altro a
parte me e mia madre e…"
"Te l'ho
detto io? Non ricordo… Ho della polvere blu, forse?" La
Weasley abbassò lo
sguardo sulle mani e cercò i puntini blu.
Blaise si
girò verso di lei solo una volta finito di incantare tutte
le pergamene.
"Me le ha dette Kikky. E sì, c'era della polvere blu. Lei ne
aveva
addosso…"
La ragazza
alzò su di lui i suoi occhi e Blaise per poco non perse il
filo del discorso.
Si fermò abbastanza a lungo perché lei dicesse:
"Merlino! Avevo visto la
polvere! Dovevo starci lontano!"
Blaise
sorrise involontariamente. "In verità, no. Sei
stata… brava. Hai scritto tutto
qui, guarda…" Prese la pergamena che gli aveva dato Kikky e
gliela mostrò.
Ginny prese
quel foglietto e lo lesse: era la sua scrittura, ma lei non ricordava
di aver
scritto quelle parole. Erano poche righe, ma aveva riassunto le cose,
Maddie
alla tana, l'incantesimo a casa di Zabini e tutto il resto. Oh.
"Non me
lo ricordo…" disse, allungando il biglietto indietro al
ragazzo.
"Sì, lo
avevi previsto. E hai detto a Kikky di venirmi a cercare se entro una
determinata ora non fossi andato da loro."
Davvero?
Rabbrividì, ma senza provare freddo e si passò i
palmi sulle braccia, in un
gesto forse di consolazione. Spaesata, si guardò intorno:
non era nel salotto
del giorno prima. Ancora più a disagio, sospirò.
Blaise
capì
che la cosa la disorientava, così le chiese se volesse
andare in bagno. Il suo
sguardo vacuo mentre annuiva lo preoccupò un po', ma non
disse niente quando la
guardò uscire dalla stanza. Tornò alla scrivania
e chiuse tutte le boccette
rimaste aperte, mentre puliva le piume che aveva usato. Non avrebbe
fatto riapparire
le pergamene finché non fosse stato di nuovo solo in casa.
Ginny
uscì
dal bagno un pochino meno frastornata: si era data una rinfrescata e
sentiva
proprio il mondo girare diversamente.
"Comunque
dobbiamo parlare di un sacco cose…" esordì,
tornando da Zabini.
Lui era al di
là della scrivania e alzò la testa quando mise
piede nella stanza.
"Tipo?"
I suoi occhi la guardarono con uno sguardo così intenso che
Ginny sentì una
fiammata sulle guance. Ma cosa le stava succedendo? Il ricordo della
sera
precedente le riempì la mente, ma lei scosse la testa, come
se ciò bastasse a
scacciarlo.
Blaise ebbe
paura che lei volesse parlare di come le era saltato addosso la notte
prima.
Non era sicuro di riuscire a mantenere la parte del 'volevo darti una
lezione'
senza lasciare che il suo corpo lo imbrogliasse un'altra volta.
Ma la
Weasley, invece di rispondere, si avvicinò alla scrivania e,
anche se
continuava a guardarlo, non disse niente fino a quando non lo
affiancò,
piegando la testa verso il piano di legno. "Inchiostro? Ecco cosa hai
comprato al Tiri Vispi!" esclamò, sorridendo e allungando la
mano verso
una delle boccette.
Lui l'afferrò
prima che notasse che era quello con l'inchiostro arancione, che lui
aveva
preso solo perché era dello stesso colore dei suoi capelli e
lo allontanò dalla
sua vista, decidendo quale fosse il male minore. "Se vuoi parlare di
ieri…"
La Weasley
alzò uno sguardo serio su di lui. "Tu vuoi parlarne?" gli
chiese.
Forse poteva
farle vedere gli altri colori. Forse avrebbe potuto farle vedere come
li usava…
Scosse le spalle. "Immagino di dovermi scusare…"
Ginny
capì
dal suo tono che avrebbe preferito raccogliere mandragole senza cuffie,
piuttosto che parlare di quello che era successo. Stranamente, non ne
aveva
voglia neanche lei. Non era ancora riuscita a spiegarsi
perché avesse reagito
così, né cosa avrebbe fatto se fosse successo
ancora. Ma non gli era piaciuto
quello che lui aveva insinuato, anche se era vero.
"Possiamo
non parlarne. Tanto, penso che non capiterà più,
giusto?"
Lei era tornata
a guardare la scrivania. Aveva allungato la mano verso un altro
vasetto, ma si
vedeva che il suo interesse era diverso da prima. Blaise la
lasciò fare senza
dire niente, ma lei non aspettò che lui rispondesse.
"Però
potresti scusarti per il tono della lettera che ho ricevuto oggi.
Quello non mi
è piaciuto per niente."
Il resto invece
sì? Blaise fece
una fatica immane a non fare quella domanda. E per un attimo si
odiò per la sua
convinzione che lei avrebbe avuto quella reazione con chiunque.
"Pensavo
che avresti mollato…"
"Sai,
Zabini, non so chi frequenti di solito, ma ti ho promesso il mio aiuto
e io
sono una persona di parola."
Non sapeva
cosa rispondere. Lui difficilmente si fidava delle persone. "Le
foto…"
Ginny
sbuffò
e lanciò in aria il vasetto di inchiostro che aveva in mano
per riprenderlo al
volo. "Pensi davvero di avermi ricattato, Zabini? Pensi che non avrei
potuto dirti di no se non mi fosse interessato aiutare tua madre o
scoprire
cosa le succede? Pensi davvero che quattro foto in cui abbraccio il mio
miglior
amico avrebbero fatto più danni di otto mesi di sottintesi
cattivi, malevoli e
dannatamente falsi che ho letto su di me sui giornali?"
Quando lo
guardò, capì che lui non ci aveva proprio pensato
e aveva creduto di averla in
mano. "Senti…" riprovò, ma lui la interruppe.
"Non succederà
più" la liquidò, ma non con
superficialità e neanche con sufficienza. Lui
sembrava… provato. Annuì senza chiedere a cosa si
riferisse di preciso. "E
comunque, per quel che vale, ho letto brutte cose anche su di me, sui
giornali.
Non so se lo fanno ancora, perché ho smesso di leggerli.
Come dicevo, dovresti
provarci anche tu".
Stranamente,
Ginny annuì. Era vero, glielo aveva già suggerito
e lei aveva già tentato di
seguire il suo consiglio: non aveva più aperto un solo
giornale. Neanche se ne
avesse avuto l'occasione. E se ne era infischiata beatamente. Decisa ad
andare
avanti, sospirò.
"Bene. A
questo punto andiamo a prendere Maddie e la portiamo a casa, parliamo
con Kikky
e intanto ti spiego cosa ha letto Fleur nel diario" concluse lei,
lasciandosi alle spalle la situazione.
Blaise
annuì,
d'accordo su tutto. Beh, quasi tutto. "Andiamo prima da Kikky, non
voglio
interrogarla insieme a mia madre" rispose.
La Weasley
corrugò la fronte. "Interrogarla? Non…"
"Mi sa
che non conosci gli Elfi. Non ho detto torturarla, Weasley. Ma lei non
ci dirà
niente se non chiediamo."
"Oh. Va
bene. Però dovremo andare a prendere tua madre, fra poco
sarà ora di cena alla
Tana e torneranno tutti. Sarà difficile non far
sapere…"
Blaise alzò
le spalle. "Non è necessario tenerla nascosta. Oramai la tua
famiglia sa:
va bene così. Però possiamo andarla a prendere,
se preferisci".
La piccola
rossa si passò una mano fra i capelli, come se fosse a
disagio. "Non
sapevo cosa fare, l'elfa che non stava ferma con le mani sporche di
polvere,
Vic che si era addormentata sul tappeto, tua madre
spaventata… Come una bambina
sono corsa da mia mamma…"
"Sei stata
gentile e anche tua madre" la rassicurò. Un po'
perché era vero e un po'
perché lei lo stava aiutando e non si meritava nient'altro.
Ginny
annuì,
contenta del fatto che almeno qualcosa fosse stato risolto. "Ok, allora
andiamo alla Tana" disse, sventolando una mano verso di lui. Quando
Zabini
l'afferrò, la guardò negli occhi e lei
pensò di mancare la destinazione, ma poi
cercò di non farsi più distrarre e si
concentrò sulla smaterializzazione.
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Capitolo 14 *** Alla Tana ***
La Tana
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Blaise
atterrò insieme alla Weasley nel cortile di una strana
casetta composta da più
costruzioni una sopra l'altra. Il ragazzo guardò verso
l'alto e poi riabbassò
lo sguardo sulla ragazza accanto a lui. "Potresti dire che è
interessante
come lo era la mia abbronzatura dopo che mi sono scottata"
suggerì lei,
divertita, quando dovette notare la sua espressione stupita.
"Lo
penso davvero. Di tutte e due" precisò lui e per un attimo,
il
divertimento della ragazza vacillò, come se lei avesse
subito attacchi da tutta
la vita e non fosse abituata a un complimento. Sperò che non
fosse così.
"Andiamo
dentro" disse lei, semplicemente, e aprì una porta a vetri
che dava sul
cortile.
Si ritrovarono
in una piccola veranda e poi subito in una cucina alquanto strana:
piccola e disordinata,
ma che profumava di dolci e di vita. A una lunga tavola erano accostate
una
panca e diverse sedie, tutte diverse, come se fossero state aggiunte
nel corso
del tempo e non tutte insieme.
Quando si
voltò verso i fornelli, vide uno svogliato Ronald Weasley
che stava mangiando
un pezzo di dolce, in piedi nei pressi del lavello. "E tu che cosa ci
fai
qui?" esclamò, con la bocca piena, sputacchiando sul
pavimento, quando lo
riconobbe.
Chissà se
sarebbe riuscito a inghiottire tutto il boccone in un solo
colpo…
"Ron,
che schifo! Sembri un…" Blaise non sentì la
Weasley sgridare il fratello,
troppo impegnato a pensare a come formulare una frase d'effetto.
"Io e
tua sorella siamo venuti a parlare con i tuoi per il nostro
fidanzamento"
gli disse poco dopo.
"CHE
COSA?" gridò la rossa, girandosi verso di lui e
interrompendo l'insulto al
fratello, mentre lui iniziava a tossire come se si stesse soffocando.
Ginny vide
Zabini scoppiare a ridere e alzò gli occhi al cielo,
avvicinandosi a Ron e
dandogli delle sonore pacche sulla schiena. "Che troll che sei,
Zabini…" disse, quando capì che lo aveva fatto
apposta per sconvolgere suo
fratello.
"Scusa,
non ho resistito" ammise lui, alzando le mani e sorridendo come un
bambino. Diede un'altra sonora pacca sulla schiena di Ron e nascose un
sorriso,
perché era stato divertente davvero.
"Ma cosa
cavolo… Ginny, ma davvero?" chiese il rosso, una volta che
ebbe mandato
giù il boccone.
"No, troll.
Ma così la prossima volta impari a parlare con la bocca
piena."
Weasley gli
lanciò uno sguardo incazzato e nervoso e Blaise
alzò le spalle con un sorriso
fintamente innocente. "Giurami che non è vero"
mormorò, al suo
indirizzo, appena riuscì di nuovo a parlare.
Blaise
aspettò che la rossa si allontanasse da lui e si
avvicinò. "E chi lo
sa…" mormorò, in modo che sentisse solo lui.
Ammiccò e sorrise al suo
indirizzo.
"Ginny!"
urlò il ragazzo e l'ex Serpeverde dovette fare uno sforzo
immane per non
scoppiargli a ridere in faccia.
Ginny
alzò di
nuovo gli occhi al cielo quando sentì il fratello gridare il
suo nome. "Ron,
smettila di urlare. Dov'è la mamma?"
Ron indicò
con il capo la porta che dava sul salotto. "È di
là con una signora.
Stanno chiacchierando da più di un'ora. E mamma non ha
ancora preparato la
cena…"
Ginny aprì
appena la porta e sbirciò verso il divano: sua madre e
Maddie stavano
effettivamente chiacchierando, mentre i fili dei lavori che avevano
davanti a
loro si intrecciavano insieme ai vari ferri del mestiere.
Aprì appena di più la
porta e mostrò a Zabini la vista delle due streghe che se la
stavano ridendo.
Lui sorrise guardando il salotto e Ginny dovette imporsi di togliere lo
sguardo
da lui.
"Tu sai
chi è?" Ron si avvicinò alla porta e si
fermò dietro alla sorella: essendo
più alto di lei riusciva a vedere il divano perfettamente.
Ginny si girò
verso di lui, ma non disse niente e lanciò uno sguardo
velocissimo a Zabini,
che era accanto a lei, ma fu così veloce che quasi
dubitò di averlo visto.
Il moro si
girò verso di lui e non dovette alzare lo sguardo:
già questo gli diede
fastidio. "È mia madre" spiegò, tornando a
guardare verso il salotto.
"Quindi
è vera la storia del fidanzamento?" O porca Morgana!
"Che
fid… Oh, Ron, non sei quello sveglio della cucciolata,
vero?" Ginny alzò
gli occhi al cielo e scosse la testa, mentre Zabini rideva sottovoce.
Ehi! Ma
cosa stava succedendo?
"Ma…"
"Weasley,
non preoccuparti: non è vero". Il tono del moro era un po'
strafottente, proprio
come era lui e Ron si adombrò un pochino, ma non voleva
dargliela vinta.
"Allora
perché non porti via tua madre così la mia
può cucinare?" gli chiese.
"Ron! Ma
ti sembra una cosa da dire?" La Weasley si voltò con gli
occhi spalancati
verso il rosso. Poi lo guardò con uno sguardo di scuse.
Blaise si sentì in
imbarazzo per lei e incazzato con lui. "Non fare caso a Ron…"
"Come
non fare caso a me? È in casa mia!" ribatté quel
troll di suo fratello.
La ragazza
lasciò andare la porta del salotto, che si richiuse, e
andò verso la credenza,
aprì uno sportello e prese un barattolo di latta.
"Tieni,
Ron, la tua cena!" disse, lanciandogli il barattolo. Weasley fece
fatica a
prenderlo al volo e questo la disse lunga a Blaise su perché
fosse lei a
giocare professionalmente e non suo fratello.
"Cos'è?"
chiese, guardando l'etichetta.
"Fagioli"
gli rispose la ragazza, con stizza.
Il rosso aprì
il barattolo e guardò il suo contenuto. "Ma… sono
crudi?" chiese,
continuando a guardarci dentro. In men che non si dica, lei
tirò fuori la
bacchetta e la puntò verso il contenitore.
"Incendio"
mormorò, ma la sua voce era sicura come se l'avesse urlato.
Quando la
latta prese fuoco, Weasley gridò e lanciò il
tutto verso il soffitto, ma il
barattolo non cadde: si fermò in aria, una palla di fiamme
rosse e arancioni
che galleggiava nella cucina della Tana. "Finite incantem" disse una
voce dalla porta posteriore della cucina, quella che dava sul cortile e
tutti
si voltarono verso la nuova arrivata.
"Ragazzi…"
Con un tono così simile alla McGrannitt, Hermione
impedì l'incendio e lo
spargimento di barattoli e fagioli crudi proprio mentre entrava a casa
di Ron.
"Herm,
ha iniziato lui…" disse Ginny: lei lanciò
un'occhiata al fidanzato e Ron
ebbe il decoro di abbassare lo sguardo.
"Mi
deridevano…" tentò di giustificarsi.
"Sei un
toglodita. E pensi solo a mangiare!" esclamò Ginny, puntando
di nuovo la
bacchetta ma senza sfoderare magie.
Hermione
sospirò: da quando Ginny non stava più con Harry
il suo rapporto con Ron era
peggiorato tantissimo. E lei non riusciva ad aiutarli.
"Ricordami
di non farti mai arrabbiare, Weasley."
Ginny si girò
alla voce di Zabini, impregnata di un po' di ammirazione, ma lei non se
ne
accorse. "Portiamo a casa Maddie" disse solamente.
Ron si
inalberò. "Dove vai? E dove mangi?"
La ragazza
sbuffò e mise via la bacchetta. "Perché non ti
fai gli affari tuoi?"
"Sei mia
sorella: sei un affare mio."
"Ma cosa
ti interessa di dove mangio? Non esiste solo il cibo!" La rossa si
girò
verso Hermione, ma da lei non ebbe appoggio.
"Ginny…"
iniziò.
"Hermione!"
esclamò invece, quando la sentì pronunciare il
suo nome. Si avvicinò a lei,
ignorando il fratello. "Devo chiederti una cosa!" esclamò,
girandosi
poi verso Zabini.
Lo sguardo
nocciola della ragazza non abbandonò Blaise, come se volesse
domandargli
qualcosa e, immaginando che riguardasse la storia di sua madre e lei
volesse il
permesso di parlarne, lui annuì. Notò con la coda
dell'occhio che Weasley si
era fatto più attento e non toglieva gli occhi da loro due.
Ora che sembrava
preoccupato davvero non era più divertente.
"Sai se
ci sono magie o pozioni che sugli elfi agiscono diversamente che su di
noi?" La domanda della Weasley poteva sembrare confusa, ma lui che
sapeva
la storia della polvere blu sulle mani di Kikky, poteva capirla
perfettamente.
"Gli
elfi non sono creature come noi. Se pensassi al fatto che non hanno
bisogno
della bacchetta per fare magie e che possono smaterializzarsi e
materializzarsi
a Hogwarts senza problemi, non avresti bisogno di fare questa domanda."
Tutti e tre si
girarono verso il rosso che aveva appena detto la cosa più
sensata che Blaise
gli avesse mai sentito dire.
"Ha
ragione. Probabilmente su Kikky la polvere non fa effetto. Per questo
lei si
ricorda tutto…" constatò poi ad alta voce, a
nessuno in particolare, visto
che loro non sapevano niente.
Ginny
annuì.
"Ma ha detto che non lo sapeva…"
"Potrebbe
voler dire qualsiasi cosa. Bisogna fare domande mirate se si vuole una
risposta
precisa da un elfo" rispose Zabini. Ah.
"Di che
parlate?" chiese Hermione, che non era ancora riuscita a dire niente.
Ginny guardò
ancora il moro e lui spiegò in breve la faccenda della
polvere blu, di come
avessero avuto il sospetto che sull'elfa fosse inefficace, mentre sulle
persone
influiva sulla memoria a breve termine. Ma ora voleva proprio parlare
con
l'elfa: aveva un sacco di domande da farle.
"Ok, dai
andiamo, abbiamo già perso tempo…" Ginny si
avvicinò all'ex Serpeverde per
prenderlo per una manica e trascinarlo nell'altra stanza, quando la
voce di Ron
la bloccò. "Dove sei stata oggi?"
Ron aveva
visto Hermione osservare con uno strano sguardo sua sorella che si
avvicinava a
quello snob di un purosangue e i suoi occhi addolcirsi: ah no, non
andava per
niente bene!
Così si
ricordò di George che gli diceva di avere visto Ginny tre
ore prima e che non
l'aveva più trovata quando l'aveva cercata fuori dal Tiri
Vispi. Non era stata
con Zabini, vero?
"Dove
sei stata oggi?" le chiese, forse con tono sospettoso e probabilmente
troppo duro, perché si sentiva proprio così.
La sorella si
girò verso di lui, ma notò le sue guance
arrossarsi: oh per Godric!
"Io…" Per fortuna non guardò il moro, ma Ron non
si sentiva
tranquillo lo stesso.
"Non
sarete stati a letto insieme!" gridò.
"Ronald!"
lo sgridò Hermione.
"Che
cazzo…"
"Tua
sorella ha solo dormito" disse Zabini, con un tono neutro,
interrompendo
la ragazza.
Cosa? E dove?
Hermione si
fece attenta: le parole del moro sembravano serie e sincere e le misero
addosso
un po' di preoccupazione.
"Non è
vero!" esclamò Ginny, voltandosi verso l'ex Serpeverde che
assottigliò gli
occhi stranito dalla sua reazione.
Ron imprecò.
"Lo sapevo! Lo sapevo!"
"Tu non
sai proprio niente" disse ancora Zabini, con un tono calmo e pacato, ma
lanciando strane occhiate a Ginny. "Lei…"
"Io
niente!" L'occhiata che la rossa lanciò al ragazzo avrebbe
potuto uccidere
e Hermione capì che nascondevano qualcosa.
"Avete
fatto sesso! Siete due… Oddio Ginny e chi glielo dice a
Harry…"
Ginny si
infiammò così tanto che la lampada accesa sul
camino lampeggiò, mentre si
avvicinava al fratello. "Tu non devi dire niente a nessuno! E poi non
c'è
niente da dire!"
"Ginny…
Sono sicura che Ron non intendeva…" Hermione
tentò di scusare il fidanzato
ma la rossa le lanciò un'occhiataccia.
"Io
invece sono sicura del contrario!" urlò Ginny,
interrompendola.
Hermione
sospirò: ormai i loro litigi erano sempre più
frequenti.
"Ginny,
cosa sta succedendo?" La riccia si voltò verso la porta
della cucina, da
cui era appena entrata Molly, che aveva sentito i figli litigare.
"Sta
succedendo che tuo figlio fa il troll!" Lo sguardo della ragazza
fulminò
Ron e Hermione sperò solamente che, almeno quella volta, non
si sprigionasse
della magia involontaria: l'ultima volta era scoppiato un intero
vasetto di
inchiostro e loro avevano usato l'incantesimo 'gratta e netta' fino
allo
sfinimento per ripulire la stanza del ragazzo.
Molly
sospirò
guardando prima un figlio e poi l'altra: quei ragazzi l'avrebbero fatta
diventare matta. Ma poi decise di lasciare perdere. Si girò
verso Ron e gli
chiese: "Hai aggiunto tu della valeriana al mio tè? Oggi
aveva un sapore
strano e abbiamo preferito usare un'altra miscela di erbe, ma poi ho
analizzato
il liquido e…"
Ron
sentì le
orecchie colorarsi di fuoco, mentre Hermione prendeva le sue difese.
"Molly, Ron era solo preoccupato. Sapeva che non dormivi e voleva
aiutarti
aggiungendo un po' di valeriana per farti rilassare…"
"Hai
aggiunto delle erbe di nascosto al tè? Ma che ti passa per
il cervello? Ma ce
l'hai un cervello?" Il tono di voce di Ginny era altissimo e lei
sembrava
isterica. Ron si sentì in colpa: sapeva che era una cosa
pericolosa da fare,
Hermione glielo aveva detto, ma sua madre dormiva male da qualche tempo
e lui
era preoccupato, visto che nessun altro si era posto il problema.
"Ma
scusa, cosa dovevo fare?" le chiese, allargando le braccia e alzando le
spalle in un gesto di scuse.
Ginny sentiva
il fuoco dentro. Aveva bevuto il tè di sua madre, ecco
perché era quasi svenuta
dalla stanchezza. "Dovevi dirmelo! L'ho bevuto io, il tè
della mamma, oggi!
Io sono quasi crollata per strada per la stanchezza!"
"Ma no,
è impossibile, avevo detto a Ron le dosi precise: mezzo
cucchiaino ogni libbra di
tè. Non poteva assolutamente fare quell'effetto!" lo difese
Hermione.
"Mezzo
cucchiaino? Sei sicura, Herm?" Tutti si girarono verso Ron che
sorridendo
imbarazzato si portò una mano alla nuca. "Penso di averne
messo un
cucchiaio grosso ogni libbra. Ma poi mi sembrava poco e ne ho
aggiunto…"
A quelle
parole, gli occhi di Hermione si spalancarono e Molly fece un verso con
la
bocca, coprendosela subito dopo con la mano. Ginny, invece,
puntò su di lui la
bacchetta. "Brutto troll che…"
Quando si
sentì bloccare il braccio, si girò stupita verso
Zabini.
Blaise
pensò
di fermare la rossa prima che facesse scoppiare la cucina di casa sua.
Aveva
notato che la lampada alle sue spalle aveva iniziato a lampeggiare e la
luce
andava e veniva: doveva fermarla altrimenti fra magia involontaria e
quella
volontaria, Weasley non sarebbe sopravvissuto.
Quando la
ragazza si voltò verso di lui, aveva gli occhi infuocati. Ed
era fantastica, il
fuoco che lei aveva dentro avrebbe smosso il mondo intero. Per fortuna
si
trovavano in compagnia di sua madre e di suo fratello, altrimenti non
era detto
che sarebbe riuscito a trattenersi da saltarle addosso: era
estremamente
eccitante.
Poi, come se
lui avesse pronunciato un incantesimo, solo guardandolo, lei si
calmò. Blaise
fece scorrere la mano sulla pelle nuda del suo braccio e, lentamente,
come
guidata dalle sue carezze, lei perse tutto il nervosismo e la sua
bacchetta si
abbassò verso il pavimento.
"Ron.
Sei. Un. Coglione."
Ginny,
imbarazzata per quello che era appena successo, si diresse verso la
porta che
dava sul cortile, ma quando passò davanti al fratello si
fermò e sussurrò, solo
per lui. "Mamma fa fatica a dormire perché è in
menopausa. Se ne avessi
parlato con me, te lo avrei detto. Coglione" ribadì subito
dopo, per poi
uscire dalla cucina.
Una volta
fuori, sospirò e perse un po' di rigidità. Quando
adocchiò la panchina che
aveva costruito Charlie prima di trasferirsi in Romania, si
andò a sedere per
calmarsi.
"Eri
preoccupato per tua madre, io lo capisco."
Ron si voltò
verso Zabini che, sinceramente, gli stava lanciando un ramo d'ulivo.
Gli fece
un cenno con il capo.
"Ma Ron,
non è come dopo la battaglia, io non riesco a dormire
perché…" iniziò sua
madre, ma lui non voleva assolutamente parlare di certe cose.
"Sì,
mamma, Ginny mi ha appena detto come stanno le cose…" Si
passò una mano
sulla nuca, ancora, e cercò di non fare più la
figura dello stupido.
Hermione
guardava tutti e due con lo sguardo corrucciato: lei sapeva solo quello
che le
aveva detto lui. "Scusa, Herm, se ti ho messo in mezzo…"
"Dovresti
scusarti con lei. Quello che hai fatto è stato pericoloso.
Avrebbe potuto stare
male. Se avesse preso la scopa avrebbe potuto avere un
incidente…"
"Ma mia
mamma non usa la scopa, Herm!"
"Penso
parlasse di tua sorella" disse Zabini, ma anche Ron dal suo tono
capì che
non voleva infierire. Annuì. Sì, poteva cadere
dalla scopa. Ma non era tutta
colpa sua se sua sorella faceva fatica ad addormentarsi e non era
totalmente
sveglia. E loro dovevano saperlo.
"Non è
stata tutta colpa mia, comunque. Ginny non dorme di suo. Ogni volta che
torno,
a qualsiasi ora, la luce in camera sua è accesa. Ti assicuro
che se oggi era
stanca non era stato sicuramente per il tè che aveva
bevuto". Ci tenne a
ribadire. Che non dessero la colpa a lui di tutto, almeno!
Tutti lo
guardarono meravigliati. Cos'è non gli credevano?
Blaise
alzò un
sopracciglio quando nessuno ribadì niente e si stupirono
alle parole del rosso.
In casa non sapevano degli incubi della ragazza, quindi?
"Ehm…"
iniziò, schiarendosi la voce. "Grazie, Mrs Weasley, per aver
tenuto
compagnia a mia madre. Ora noi togliamo il disturbo…"
continuò, facendo un
passo verso la porta della cucina.
"Ah no,
ragazzo mio, tua madre non va da nessuna parte prima di aver assaggiato
il mio
pasticcio di carne. C'è in ballo una scommessa sulla ricetta
più buona! Se non
vuoi fermarti a cena, vai pure, possiamo accompagnare a casa noi,
Maddie."
La signora
Weasley aprì la porta che dava sul salotto e chiese ad alta
voce verso il
divano: "Vero, Maddie, che resti a cena?"
Blaise vide
sua madre alzare gli occhi dal lavoro a maglia e lo guardò.
"Ciao, Blaise,
ti spiace se resto qui? Immagino vorrai interrogare tu, Kikky, vero?"
rispose, per poi guardare la donna e scambiarsi un'occhiata per lui
indecifrabile.
Oh. Sua madre
sembrava… felice. Aveva iniziato a non uscire più
volentieri di casa da quando
aveva avuto problemi con la memoria e ora…
Vabbè. Annuì.
"Ti vengo a prendere dopo."
"Possiamo
accompagnarla a casa noi, dopocena. Maddie dice che hai…
delle cose da fare e
lei qui è tranquilla."
In quel
momento Blaise capì come la signora Weasley riuscisse a
capeggiare una famiglia
numerosa: il suo tono, anche se le parole erano gentili, sembrava
fortemente un
ordine e lui non riuscì a dirle di no. Ma poi la donna si
avvicinò a lui e
sussurrò solo per le sue orecchie: "Mi prenderò
cura dei tuoi affetti. Tu
prenditi cura dei miei".
Blaise corrugò
la fronte e lei fece una smorfia strana come se fosse quasi infastidita
dal
fatto che non avesse capito subito. Con il capo indicò la
porta della cucina
che dava sul giardino e poi tornò in salotto. Frastornato,
Blaise si voltò
verso gli altri, ma loro non avevano sentito le parole della strega.
Ancora
stranito, borbottò un saluto e uscì nel cortile.
Hermione
guardò la porta chiudersi alle spalle del moro e sorrise.
"Hai
visto?" chiese a Ron.
"Cosa?
Che mia sorella mi fa sempre fare figure di m…"
"Ronald!"
esclamò, indignata, lei. "Non dire parolacce!"
Ron sbuffò.
"Ginny mi ha appena dato del coglione. Non mi sembra che tu le abbia
detto
qualcosa".
Hermione fece
una smorfia con la bocca, ma poi sospirò. "Ron…
perché non gli mandi un
gufo?"
Ron
spalancò
gli occhi. A chi?
"A chi
dovrei scrivere?" chiese, nonostante sapesse benissimo cosa intendesse
e
cercasse di ignorarlo.
"Ron…"
"Vorrei
ricordare a tutti, che lui non ha lasciato soltanto Ginny, ma ha
abbandonato
anche me."
Ecco ora lo
aveva detto. Harry Potter lo aveva abbandonato. E non era tornato
indietro come
aveva fatto lui nel bosco. No, si stava costruendo una vita felice.
Quello
stronzo.
*
Blaise vide
la sagoma della ragazza seduta sulla panchina e si avvicinò.
"Ciao"
le disse.
Lei alzò gli
occhi su di lui e poi tornò a guardare verso il bosco, senza
rispondergli né
invitarlo a sedere.
Lui si
accomodò lo stesso. "Hai una bella famiglia"
esordì.
Ginny
tornò a
guardarlo: la stava prendendo in giro?
"Dico
davvero" confidò, mettendo una mano alla tasca dei
pantaloni. Per un
attimo lei pensò che tirasse fuori la bacchetta e le facesse
un 'Oblivion' per
cancellarle quel ricordo, ma lui tirò fuori un
portasigarette e ne prese una.
Ginny non
disse ancora niente. Quando Zabini gliene offrì una, scosse
il capo, tornando a
guardare il bosco.
"Tuo
fratello George mi ha teso un'imboscata per riuscire a capire cosa mi
avessi
scritto nella lettera. Lenticchia ha quasi avuto un infarto quando ho
fatto
quella battuta su di noi e tua…"
"Ron
aspetta pazientemente che Harry torni. E pensa che dovrei farlo
anch'io, così tutto
tornerà come prima. Tu non c'entri niente. E neanch'io, a
dir la verità"
rispose lei, interrompendolo.
"E tua
madre vuole proteggerti. Sei fortunata" concluse Zabini, ma anche lui
guardava verso il bosco mentre si accendeva la sigaretta.
"Non
sono totalmente d'accordo" mormorò e si sentì una
bambina piccola.
"Sei
andata da tua madre quando non sapevi cosa fare e lei ti ha soccorso,
hai
chiesto aiuto a tua cognata e anche lei è stata contenta di
aiutarti, i tuoi
fratelli sono pronti a duellare per te… Sei amata."
Dal tono di
voce del moro, Ginny capì che la stava invidiando. Com'era
la sua vita? Non
disse che aveva sempre criticato lei e la sua famiglia
perché le sembrò di
essere infantile: probabilmente era il suo modo per reagire a quella
che
sentiva come un'ingiustizia. E il fatto era che aveva ragione: si era
rivolta
alla sua famiglia, era una cosa che faceva sempre. Perché,
per quanto la
criticasse e avesse da dire, lei li amava, tutti. Ed era anche per loro
che non
aveva voluto trasferirsi lontano. Annuì senza dire niente e
Zabini iniziò a
tirare boccate di fumo.
"Così, anche
tuo fratello aspetta il ritorno di Potter, eh?" le disse dopo un po',
quando nessuno dei due parlò più.
"Come
tutto il mondo magico? Sì."
"Ma tu
no". Non era una domanda. E infatti Ginny non rispose.
Blaise
guardò
la ragazza di sottecchi: lei sospirò e appoggiò i
palmi sulla panchina,
piegandosi un po' in avanti. "Tu sai già che non
tornerà" continuò.
"Sì."
Lei si morse il labbro. Più volte. "Lui non era felice qui.
Non con…"
Si morse di nuovo il labbro.
"Dubito
che il problema fossi tu."
"Sì, so
anche questo. Ma è difficile. Ogni volta che vado a trovarlo
cerco di
ricordarmelo, ma è, appunto, difficile."
"Così
difficile che stavi pensando di trasferirti?"
Lei si voltò
velocemente verso di lui. "Oh, ma hai fatto un corso di
legilimanzia?"
Blaise,
nonostante tutto, rise. "Butti sempre tutto sul ridere, vero?"
"Conosci
un modo migliore per affrontare le cose brutte?"
Per un
attimo, il ragazzo si stranì. "Sono una cosa brutta da
affrontare?"
le chiese.
Lei scosse le
spalle. "Non lo so. Non ti riconosco più. A scuola lo eri:
era
facile".
Alzò gli
occhi al cielo e il tramonto buttò una luce strana su di
lei. Avrebbe voluto
avere la macchina fotografica e immortalare quel momento.
"Dicevi
che ero un pallone gonfiato e che mi davo delle arie…" Non
confessò che la
insultava perché sapeva di non piacerle. Aveva sempre
sperato di sbagliarsi.
Ma lei rise e
Blaise la guardò di sfuggita. Voleva sentire la sua
risposta. Voleva che lei
gli rispondesse. Aspettò che finisse.
"Tu ERI
un pallone gonfiato che si dava delle arie!"
Nel momento
in cui lo disse, un po' Ginny si vergognò: era davvero
così o lo pensava perché
lui era un Serpeverde e girava sempre con Malfoy che odiava Harry? Eh,
per un
attimo ebbe il dubbio.
Zabini non
disse niente, ma lei non voleva continuare quella conversazione,
perché aveva
paura che l'avrebbe messa a disagio, così si
alzò. "Andiamo da Kikky?"
Il ragazzo la
imitò. "Non sei stanca?"
"Sono
più curiosa di sapere cosa sta succedendo. E poi non vuoi
sapere cosa ha
scoperto Fluer sul diario?"
Blaise
annuì:
si era scordato. Strano, di solito non gli sfuggiva niente. "Non
è che hai
intenzione di usare la storia di mia madre per 'tenerti occupata la
testa',
eh?" le chiese, un po' serio e un po' no. Lei alzò le spalle.
"E
perché no? Sembra che la mia idea del sesso non sia
così buona, secondo
qualcuno!" Ammiccò e rise. Blaise la guardò
sempre più divertito, perché
sapeva che era riferito a lui e la cosa lo faceva sentire in un modo
che non
aveva ancora definito, ma non era male per niente.
"Non è
che adesso che ti ho convinto di questa cosa mezzo mondo magico
tenterà di
lanciarmi maledizioni, vero?"
Lei rise
ancora, ma la sua risata fu meno spontanea e più nervosa.
"Dubito che ci
sia qualcuno così interessato…" disse,
guardandosi la punta di una scarpa
per un momento, ma poi tornò a guardare verso casa sua.
"Dai, andiamo a
prendere Maddie…" Si avviò verso la porta della
cucina, ma Blaise la
fermò, bloccandola con la mano.
Quando lui la
prese per un braccio, il cuore di Ginny fece una capriola. E un'altra.
Si voltò
verso Zabini piena di aspettativa, sperando forse che… che
cosa? Che le dicesse
che lui era interessato? No. Sì.
Ma quando si
voltò, lui le disse: "Mia madre resta qui, sono d'accordo di
andare da Kikky
solo noi due".
Oh. Va bene.
Blaise le
porse il braccio e lei corrugò la fronte. "Materializzazione
congiunta:
hai fatto proteggere casa anche da te, puoi entrare solo se ti
materializzi con
me" spiegò e lei annuì arricciando il naso, in un
gesto che Blaise
iniziava ad apprezzare.
"È che
come lo fai tu… non ci sono abituata" disse lei, posandogli
la mano
all'interno del gomito.
"Ed è
una cosa buona o no?"
Ginny rise
mentre sentiva lo strappo della materializzazione. Quando apparvero
nell'atrio
della casa di Maddie, lo lasciò andare lentamente. "Non lo
so. Non riesco
a capire se sei molto rigido tu o sei solo elegante e io
una…" Si
interruppe per non dire quello che stava pensando, perché
non ci avrebbe fatto
una bella figura e si voltò a guardare il quadro con
l'unicorno.
"Può
darsi che sia rigido io" ammise lui, passandole vicino e Ginny
capì che lo
aveva detto per lei, perché non si sfigurasse ai suoi stessi
occhi.
Lo seguì
lungo il corridoio che portava al salottino di Maddie, ma lo
oltrepassarono:
lui probabilmente stava puntando allo studio con la cassaforte.
Blaise ora
era concentrato sullo studio, ma poi si ricordò un'altra
cosa e si voltò verso
di lei. "Che c'è scritto sul diario?" le chiese, senza
fermarsi.
Gli occhi
della Weasley per un attimo brillarono, come se quella domanda, o la
risposta
che lei avrebbe dato, la entusiasmasse. "Oh, sembrano più
pettegolezzi, ma
effettivamente potrebbe essere una cosa interessante. Fleur dice che
secondo
lei lo ha scritto in francese perché racconta
cose… intime, così io ho
immaginato che non volesse che potesse leggerlo chiunque."
Blaise si
fermò di colpo, voltandosi e lei gli finì
addosso. "Su mia madre?"
La Weasley
non se lo aspettava, infatti non fece niente per evitare lo scontro.
"Ma
no! E se anche ci fossero state cose così, non te lo avrei
detto! No, sono su
una sua nipote. Mi sono subita una lezione di grammatica da mia cognata
perché
non avevo saputo riconoscere la differenza fra 'neve' e
'nipote'…" Come se
non fosse successo niente, la ragazza si scollò da lui e
fece un passo indietro
alzando le spalle mentre spiegava, come se stesse rivivendo quel
momento.
Oh. Una sua
nipote? Rachel? Oppure? "Una nipote? E chi?" Blaise arricciò
le
labbra: chi poteva essere?
"Oh,
pensavo potessi dirmelo tu. Siete in tanti? Una nipote sposata,
comunque.
Sembra che lei abbia dei problemi con il marito…" Blaise
alzò le spalle.
Raggiunse la
porta dello studio e poi chiamò l'elfa. No, non erano in
tanti. Ma sua madre
aveva almeno quattro nipoti e tre erano sposate. Di chi parlava?
Però il fatto
che lo avesse scritto in francese forse era un aiuto in più.
Forse non
c'entrava solo il fatto della lingua diversa perché nessuno
lo leggesse, ma
proprio…
Ginny
entrò
con lui nello studio, ma il ragazzo sembrava distante anni luce dal
quel posto:
capiva che stava pensando, così, quando apparve l'elfa,
prima che lei iniziasse
a tremare e a sbattere la testa di qua e di là, le chiese:
"Kikky, a parte
Rachel è venuto qualcun altro, nell'ultimo mese, a trovare
Mrs Maddie?"
Blaise la
guardò e lei sorrise alzando le spalle: era curiosa e lui
non era stato
abbastanza veloce a chiederlo per primo a Kikky. Si voltò
verso di lei e notò
che l'elfa era abbastanza a suo agio con la ragazza.
"Solo
Miss Pansy. Mrs Greengrass è venuta all'inizio di aprile.
Lady Narcissa è
passata due settimane fa, prima di andare in vacanza al lago."
Mmm.
"Oh, e la signora Malfoy non è ancora tornata dalle vacanze,
quindi?"
chiese la rossa e Blaise la guardò corrugando la fronte.
Alzò le spalle in quel
modo che lui stava iniziando a chiedersi se sarebbe mai riuscito a
disegnarlo.
"Se sono due settimane che non si fa vedere, lei non c'entra niente.
Una
di meno" spiegò, mentre Kikky confermava. "E quale delle
Greengrass è
venuta? Astoria? Sua sorella? Non capisco questa distinzione fra nomi e
cognomi…" ammise lei.
"Gli
elfi usano i cognomi per le persone che frequentano poco la casa. Usano
i nomi
per i parenti e gli amici stretti o intimi. 'Mrs Greengrass'
è la madre delle
ragazze, altrimenti avrebbe detto 'Miss'."
"Oh!"
Il sorriso che dipinse le labbra della rossa si fece peccaminoso, come
se
avesse scoperto qualcosa di segreto e piccante. Il ragazzo
corrugò la fronte: a
parte il fatto che lei era imprevedibile, non aveva la più
pallida idea di cosa
potesse aver pensato.
"Non
sapevo conoscesse la madre di Daphne e Astoria, però"
ammise, pensando di
cosa avrebbero potuto parlare le due. Quando lo disse il sorriso non
cambiò sul
viso della Weasley. Tentò di non farci caso, di ignorarla,
ma non ci riuscì.
"Si può sapere a cosa stai pensando?" sbottò,
subito dopo, quando lei
non spiccicò parola.
Ginny
ridacchiò: l'elfa aveva chiamato la Parkinson per nome
più di una volta. Se,
come sosteneva Zabini, era perché fosse un'amica stretta,
immaginò che fra i
due ci fosse stato qualcosa di intimo. Si sentiva un po' come a scuola
quando aveva
beccato Percy a baciarsi con Penelope in un'aula vuota.
"Amici
intimi… Anche le tue… ex?"
"COSA?"
Il tono del moro si fece così strano che Ginny per poco non
gli scoppiò a
ridere in faccia.
"Chiedevo
se chiamasse per nome anche le tue ex…" Beh, effettivamente
lei aveva dato
per scontato che non avesse una ragazza in quel momento, visto quello
che era
successo nel giardino e la sera prima a casa sua, ma non era scontato.
Blaise
spalancò gli occhi e si fermò: quella ragazza era
fuori di testa, e perché le
era venuto in mente una cosa così… stupida?
"Non… Bo…" Poi si ricordò
di Chastity e si bloccò.
La Weasley
però, quella piccola e cocciuta impicciona, si
voltò verso Kikky e le chiese a
bruciapelo: "Chiami per nome le ragazze che hanno o hanno avuto una
relazione con Mr Zabini?" Ma prima che l'elfa potesse rispondere, si
girò
verso di lui. "Comunque, 'Mr Zabini' ti invecchia di cinquant'anni,
più
del tuo comportamento e dei tuoi modi".
Blaise si
avvicinò a lei scuotendo la testa: impossibile. Aveva
già pensato che lei fosse
'impossibile'? Sicuramente, perché non pensava altro. Cosa
voleva dire, poi,
che il suo comportamento era da vecchio? A lui non sembrava proprio! E
comunque… "Leinon mi chiama così. Vero Kikky? Lei
mi chiama per nome.
Non ti ho appena spiegato la differenza?"
"Kikky
chiama 'Mr Blaise', Mr Blaise" confermò, un po' stranita da
ciò che doveva
dire.
"Carino…"
lo prese in giro lei, ma senza farsi sentire dall'elfa.
"Puoi
chiamarmi anche tu così" concesse, lanciandole uno sguardo
obliquo.
"Per
nome?" domandò, con uno sguardo perplesso.
"Mister"
la corresse. La risata della rossa riempì la stanza e Blaise
si ritrovò a
sorridere di nascosto.
"Quindi?"
chiese Ginny, voltandosi verso Kikky: parlare con l'elfa le stava
veramente
piacendo. "Chiami per nome anche le sue ex?" domandò
velocemente,
indicando il moro.
Kikky allargò
le spalle. "Kikky chiama per nome solo Miss Chastity. Ma lei non viene
più…
Kikky non sa se altre…"
Oh. Cavolo.
Quindi la Parkinson non era una sua ex? Ma non c'era gusto
così!
"Ora
basta!" Il tono duro dell'ex Serpeverde fece girare Ginny verso di lui:
aveva capito dall'espressione sul suo viso che la situazione era
cambiata. Forse
era perché aveva nominato quella… come aveva
detto che si chiamava?
"Scusa,
è stata colpa mia, non sgridare Kikky…" Ginny si
avvicinò all'elfa che
aveva sbarrato gli occhi e la fermò prima che desse
capocciate contro al
mobile. "Kikky, ti prego, non farti del male…"
Blaise si
passò una mano fra i capelli e sospirò: non
stavano andando da nessuna parte.
Si avvicinò alla scrivania per avere qualcosa da fare.
"Comunque sei
un'impicciona" disse, chinandosi a guardare dentro la cassaforte, dove
avevano riposto le cose che avevano trovato in giro.
"Pensavo
di scoprire qualcosa di peccaminoso su di te e la Parkinson, non
pensavo di
scatenare la tua…"
"Pansy è
mia cugina!" esclamò Blaise, interrompendola. Si era alzato
da dietro la
scrivania perché troppo basito e infastidito da
ciò che lei aveva appena
insinuato.
La rossa
spalancò gli occhi e per una volta lui rimase incantato dal
fatto che non
avesse niente da ribattere. "Tua cugina? Oh…"
"Sì, e
fra l'altro penso che sia di lei che mia madre parla nel suo
diario…" Si
chinò ancora e la piccola Weasley lo raggiunse dietro la
scrivania. "Ma
non ti ho ancora detto cosa c'è scritto!"
Lui alzò le
spalle mentre allungava la mano dentro alla cassaforte per prendere il
sacchetto
che conteneva i galeoni: il velluto era blu!
"Problemi
con il marito. È scritto in francese. Due più
due, non è una lezione di
Aritmanzia avanzata!" spiegò, alzando un dito alla volta.
"Puoi
fare due più due se conosci i numeri, Zabini!
Così… no. Io… non sapevo…
Mi hai
fatto andare da Fleur per niente?" Lei era quasi sconvolta. Come? No,
no
era stata utilissima.
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Capitolo 15 *** Il Magician Directory ***
Il Magician
Directory
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Ginny si
infiammò alle sue parole: perché farla andare da
Fluer per il diario se lui
sapeva già tutto? Perché tutta la storia di
ricopiare e tradurre? Lo aveva
fatto per… per cosa? Di sicuro non per quello che era
successo la sera prima.
Si morse il labbro al pensiero di essere stata usata. Usata e beffata.
Zabini
non voleva dirle tutto. E lei, invece, gli stava raccontando tutto
quello che
sapeva. "Senti, capisco che magari sono stata impicciona e che questa
Caroline
non c'entri niente. E va bene. Ti sei arrabbiato e non vuoi parlarne;
mi sembra
giusto. Ma è corretto che sappia anche io le altre cose
importanti per questa
faccenda! Non mi hai detto neanche della Parkinson quando ti ho detto
di averla
vista qui. Non puoi fare così. Altrimenti non ti
aiuterò più…" Sentiva da
sola che la sua frase sembrava più una lagna da bambina
piccola, ma non
riusciva a farci niente.
"Sei arrabbiata
perché non ho avuto una storia con Pansy?" le chiese. Ginny
sbuffò: come
al solito non capiva niente.
"Voi
maschi capite solo quello che volete…" Poi alzò
le spalle. "Sai cosa,
Zabini? Vai avanti da solo, io…"
Quando lei
tirò fuori la bacchetta per smaterializzarsi, Blaise, forse
per la prima volta
in vita sua, ebbe paura di non vederla più. "Aspetta!"
esclamò, girando
intorno alla scrivania con in mano il sacchetto di velluto, ma quando
con il
ginocchio colpì il legno, imprecò e cadde per
terra.
"Zabini…
stai bene?" gli domandò la ragazza, avvicinandosi con la
fronte corrugata.
"Kikky vai a prendere…"
"Sto
bene!" gridò lui, agitando il sacchetto in direzione
dell'elfa.
La rossa si
chinò e il suo sguardo si fece ancora più
perplesso. Con la bacchetta indicò i
suoi pantaloni e con un incantesimo che lui non conosceva, li
strappò
all'altezza del ginocchio per vedere il danno. "Ci vuole il ghiaccio o
la
pomata…"
"Non c'è
bisogno: sto bene, ho detto. Non…" Ma quella piccola
tempesta alzò gli
occhi al soffitto e pigiò la mano sul suo ginocchio,
facendogli stendere la
gamba suo malgrado: vide le stelle e urlò.
"Kikky
mi porti del ghiaccio per favore?"
"Subito,
Miss We…"
"Per
Godric, 'Miss Weasley' mi ricorda la McGranitt quando mi sgridava a
Hogwarts…"
borbottò a mezza voce, scuotendo la testa.
"Come
devo chiamare la signor…"
"Vai a
prendere il ghiaccio" ordinò Blaise, interrompendola, e
l'elfa sparì.
"Fa
molto Hogwarts, Wea…?" Il ragazzo si bloccò
quando lei alzò uno sguardo
duro su di lui: non riuscì a chiamarla per cognome: era
sicura che qualcuno
riuscisse a sgridarla? "Mi sarebbe piaciuto vedere la scena: "Miss
Weasley, la smetta subito di lanciare maledizioni a quelli che la
guardano
male!" tentò di scherzare, imitando la McGranitt e sapeva di
riuscirci
bene.
Ginny
sospirò. "Sei proprio un troll…"
Zabini
sorrise. "Vero". A quell'affermazione non riuscì a non
ridere e, per
un attimo, pensò che fosse un momento intimo e bellissimo,
ma Kikky si
materializzò subito dopo allungandole un sacchetto di stoffa
con dentro del
ghiaccio.
"Grazie"
disse, stranita dalla sensazione che aveva appena percepito.
Così prese il
ghiaccio e lo appoggiò sul ginocchio del ragazzo.
"Posso
farlo da solo" le suggerì lui, prendendole dalla mano il
sacchetto e
tenendolo in posizione da solo. Quando si alzò da terra, lo
guardò senza
aiutarlo, ancora in confusione.
Blaise si
sedette sul divano: aveva bisogno di mettere un po' di spazio fra loro.
Lasciò
la presa sul ghiaccio e sventolò il sacchetto di velluto.
"Ok.
Forse potresti aver ragione. Ma solo le informazioni per…
questo.
Nient'altro."
Lei sorrise. "Certo.
Non voglio sapere di Caroline. Cioè sì, sono
curiosa, ma non devo per forza
sapere…" Si sedette accanto a lui e prese il sacchetto di
velluto dalle
sue mani. "Cos'ha di particolare?" chiese, subito dopo, così
da
dargli l'opportunità di cambiare argomento.
"Non si
chiama Caroline. Si chiama Chastity" la corresse, nonostante non
volesse
parlarne. Ma poi sospirò: nessuno, a parte lui, Rachel e
Pansy, sapevano
cos'era successo di preciso. Non lo aveva raccontato neanche a Draco o
Theo: non
era sicuro che avrebbero capito, aveva dato solo vaghe spiegazioni.
"Oh,
scusa" rispose la rossa, ma senza convinzione. Aprì il
sacchetto e tirò
fuori i galeoni. "Quindi la nipote di cui parla tua madre nel diario
è la
Parkinson?" chiese, subito dopo. Infastidito dal fatto di non capire se
lei non fosse davvero interessata o facesse finta, sbuffò.
"Penso
di sì. Pansy è la figlia della sorella di mia
madre. Loro sono… erano… sì,
insomma francesi…"
"E da
qui il fatto che avesse scritto in francese…"
"Sì,
Pansy non so se lo conosce, è probabile, però.
Per questo…" continuò
Blaise.
Ginny fece
roteare fra le dita un galeone come le aveva insegnato Fred e lo
studiò come se
contenesse i segreti del mondo. "Ma è sposata?" chiese. Nel
diario si
parlava di problemi con un marito, ma Kikky la chiamava 'miss' quindi
era un
po' confusa.
"Sì, ma
non so bene come sia la faccenda… Il suo matrimonio
c'è stato poco dopo
che…" Zabini si fermò e sospirò,
prendendole un galeone dal sacchetto.
"Diciamo che quando lei si è sposata io non ero in piena
forma e non ho
ben seguito la cosa…"
"È
sposata da poco o che? Che vuol dire che non hai 'seguito la cosa'?"
Blaise
alzò
le spalle. "Il matrimonio dovrebbe esserci stato il mese scorso, mi
sembra.
Non ci sono andato, non mi ricordo. Ma mia mamma sì. E so
che da quando è morta
mia zia, anni e anni fa, Pansy viene qui da lei quando ha bisogno di
una…"
"Quando
ha bisogno di una mamma. Sì, forse capisco. Ma allora
perché Kikky la chiama Miss?
Kikky! Dove sei? Vieni subito qui!"
La Weasley
faceva presto a prendere confidenze con i luoghi, le persone e gli
elfi. Kikky
si materializzò subito. "Kikky è qui" disse,
facendo un delizioso
inchino. Ehi! Ma a lui aveva mai fatto una riverenza simile?
"Kikky,
perché chiami la Parki… mmm aspetta…"
disse, arricciando il naso. Blaise
capì che non sapeva come formulare la domanda in modo
semplice.
"Kikky,
Ginny vuole sapere perché chiami Pansy 'Miss' anche ora che
è sposata."
La Weasley si
voltò verso di lui con uno sguardo così stranito
che lui la ricambiò. Non
voleva sapere quello? Perché lo stava guardando
così?
"All'inizio
Kikky si sbagliava. Non c'era abituata.. E miss Pansy ha detto di
continuare a chiamarla
così. Diceva che andava bene comunque, visto che ora il suo
matrimonio sarà
annullato. E dice che non le piace quando la chiamano 'Signora'."
"ANNULLATO?"
domandarono insieme, quasi gridando.
L'elfa
continuò a guardarli con l'espressione un po' vuota.
La rossa si
girò verso di lui. "Tu lo sapevi?" Blaise scosse il capo.
"Però
sapevi che aveva problemi…" Questa volta alzò una
spalla.
"Non ho
prestato molta attenzione. E Pansy… A dir la
verità, non ne abbiamo mai
parlato… Ultimamente non ci siamo visti molto; non so che
tipo di problemi ha o
potrebbe avere…"
"Va
bene. So di essere impicciona e pettegola, e so quando devo farmi gli
affari
miei, ma…" disse, facendo girare lo sguardo per la stanza.
"Non
dovremmo mandare via Kikky prima di discutere così? E se poi
glielo va a
dire?" sussurrò verso di lui, per non farsi sentire
dall'Elfa,
probabilmente.
Blaise scosse
la testa: non aveva proprio capito come funzionassero gli elfi. "Non
racconterà mai niente di ciò che accade qui.
È un elfo domestico, non…"
tentò di spiegarle, ma poi alla fine
concluse che fosse più facile mandare via Kikky e basta.
Annuì e disse a Kikky
di smaterializzarsi.
La ragazza
guardò l'Elfa sparire e poi si voltò di nuovo
verso di lui.
"Dicevamo…
Pansy potrebbe avere problemi economici? Perché qui abbiamo
qualcuno che sta
cercando di circuire tua madre per spillarle del denaro. Che sia una
nipote o
solo qualcuno che frequenta questa casa, non lo sappiamo, ma qui
c'è da
stringere il cerchio se vogliamo saltarci fuori."
Blaise annuì
e sospirò. "Allora, sul diario che so leggere, quello che
lei sa che io
leggo, parla solo di Pansy e Rachel. Solo loro la vengono a trovare
spesso
negli ultimi tempi: lei si vergogna del fatto di scordarsi le cose,
così non ha
invitato più nessuno e molte sue amiche sono in vacanza in
campagna, ora.
Quindi rimangono solo loro. Ma, appunto, di Pansy non dice quasi
niente…"
Ginny si
morse un labbro e guardò il soffitto. "E Rachel? L'ho vista
solo una
volta, ma mi è sembrata gentile e disponibile".
Zabini spostò
lo sguardo da lei. "Rachel può essere falsa e meschina, se
vuole".
La ragazza
alzò di nuovo un sopracciglio a quella confessione: quando
aveva specificato
che Rachel fosse nipote di sua madre ma non sua cugina, aveva avuto lo
stesso
tono duro. "Qualcosa mi dice che sei di parte. È successo
qualcosa che ti
ha fatto arrabbiare con Rachel? Potrebbe essere una ripicca nei tuoi
confronti?"
Blaise scosse
il capo. "No. Lei era in torto e lo sa. Io non le ho fatto niente. E
poi,
vuole bene a mia madre, non le farebbe del male". Sperò di
non sbagliarsi.
"Fondamentalmente
nessuno ha fatto del male fisico a tua madre. Stanno solo cercando di
farle
prelevare galeoni di nascosto dalla camera e portarglieli via. Sei
andato alla
Gringott? Hai guardato quanti galeoni mancano?"
Blaise
sospirò. "È questo il guaio" spiegò,
prendendo dalle mani della rossa
il sacchettino di velluto blu. "Questo non viene dalla nostra camera di
sicurezza alla Gringott…"
La Weasley si
stupì. "No? E da dove viene?"
"Da
quella di mia madre."
"Tua
madre ha una camera sua?" La Weasley sembrava stupita: effettivamente
era
difficile che una donna avesse una camera di sicurezza personale, al di
fuori
di quella di famiglia.
"Mia
madre ha avuto… qualche marito prima di…" Blaise
si passò una mano fra i
capelli.
Era una
storia complicata e i pettegolezzi ogni tanto tornavano a fargli girare
la
testa. Erano gli stessi per cui suo padre aveva litigato con la sua
famiglia di
origine e per cui sua madre non aveva più contatti con loro.
Ginny
capì
che per lui parlarne era un problema. Così si
alzò e gli allungò il sacchetto.
"Non devi dirmi tutto tutto. Va bene" concesse.
Zabini la
guardò con un misto di gratitudine e ammirazione che le
fecero accaldare le
guance. Si girò per non farsi vedere e si diresse verso la
libreria di fronte
alla scrivania solo per mettere distanza fra di loro e nella
conversazione.
Spulciò i
titoli sui dorsi dei libri, solo per tenersi impegnata, fino a quando
non ne
trovò uno che le fece fare un versetto. Allungò
la mano e prese il volume,
sfilandolo dagli altri.
Blaise si
alzò e la raggiunse: lei aveva trovato il Magician
Directory.
"Magician Directory…" lesse
lei e il
suo sguardo divenne quasi divertito. "Il libro maledetto…"
Poi lo
aprì e sfogliò le pagine, fino ad arrivare
all'albero genealogico della sua
famiglia.
"C'è
anche Little Vee!" esclamò, leggendo il nome della nipotina
e la sua data
di nascita: 2 maggio 2000.
Blaise annuì.
"Viene aggiornato tutti gli anni" spiegò, ma poi lei
sospirò e,
tenendo il libro aperto con una mano sola, con l'altra passò
il dito sul nome
del fratello Fred e sulla data di morte.
Lo scatto
che fece fare al libro quando lo chiuse per poco non
spaventò il ragazzo, ma
avrebbe dovuto aspettarselo: non era una persona che rimuginava, si
piangeva
addosso o si lamentava. Lei reagiva e sembrava possedere una notevole
quantità
di risorse inaspettate: sarebbe stata una fantastica Serpeverde,
pensò per un
attimo.
"La
morte di un fratello ti resta dentro per tutta la vita…"
Neanche si
accorse di averlo detto ad alta voce. Ma lei dovette capire tutto.
"Avevi
fratelli, Zabini?" chiese, sbarrando gli occhi. Quando lui non rispose
lei
tornò a guardare il libro e fece il gesto di riaprirlo: no!
"No!
Non farlo…" Pensò di fermarla e
allungò la mano verso di lei, ma si sentì
male, la testa iniziò a girargli e si guardò
intorno spaesato; forse per la
prima volta, il mondo iniziava a non essere più un posto
sicuro. La stanza
ondeggiò e la rossa fece cadere il libro a terra, quando
alzò gli occhi su di
lui.
"Non
cadere. Non cadere" sussurrò. Gli prese la mano e,
lentamente, lo
accompagnò a sedersi per terra. "Fai piano. Piano,
ecco…" Lo guidò
ancora, fino a quando lui non si sedette sul tappeto e lei si
inginocchiò
davanti a lui.
Quel
dannato ragazzo aveva più segreti di tutti quelli che
conosceva messi insieme!
Lo fece sedere per terra e poi si mise davanti a lui, per capire se
stesse
ancora male. Gli prese il viso fra le mani. "Va meglio?" gli chiese e
lui la guardò con uno sguardo così strano che si
preoccupò. Ma subito dopo
annuì e tentò di alzarsi. "Stai fermo" gli
intimò con fermezza Ginny e
lui, stranamente, obbedì.
Blaise
non voleva essere lì. Si sentiva così vulnerabile
e aveva una paura fottuta che
lei potesse approfittare della cosa. Ma le sue mani erano calde e lo
erano anche
i suoi occhi.
"Stai
fermo" ordinò e il ragazzo non si mosse più.
Per un
po' non dissero niente e rimasero in silenzio così, con lei
che gli accarezzava
le guance e lo guardava con dolcezza.
"La
tua barba punge" infranse il silenzio, dopo un po', e Blaise rise.
"È
una cosa molto… eccitante. L'altra sera…"
continuò, facendo scorrere le
dita lungo il mento, guardandogli le labbra e sospirando a mezza bocca.
Il
ragazzo però non riuscì a stare zitto. "Mi hai
detto tu di non baciarti
più!" mormorò, scontroso. Lei non voleva, lo
aveva detto chiaramente quando
erano a Londra.
"Non
voglio che mi baci quando ti sembro isterica o perché vuoi
darmi una lezione! Vorrei
baciarti per… Che idiota, cosa sto dicendo…"
Sospirò più forte e fece per
togliere le mani dal suo viso, ma Blaise riuscì ad
afferrarle un polso.
"Allora
baciami tu" suggerì, sottovoce.
Ginny
aveva abbassato lo sguardo e si stava girando per spostarsi da lui
quando il
ragazzo aveva pronunciato quelle parole, impedendole di allontanarsi.
Tornò a
guardarlo e ciò che vide in quelle pozze scure le
agitò il petto. Non voleva
che lui la baciasse ancora perché pensava che lo avrebbe
fatto solo per dispetto,
per dimostrarle qualcosa o per qualsiasi altra stupidaggine, mentre lei
voleva
solo baciarlo per godere delle sue labbra. I suoi occhi le stavano
dicendo,
però, che forse si stava sbagliando e che a lui sarebbe
piaciuto.
Senza
farselo dire due volte, si chinò sul suo viso,
perché in ginocchio era più alta,
e coprì la sua bocca con la sua. Questa volta non rimase
inerme, sapeva già
cosa voleva: schiuse le labbra e lasciò che la sua lingua
incontrasse quella di
lui, che rispose, lasciando che i loro pensieri si mischiassero.
Tornò a
posargli le mani sulle guance e poi le fece scorrere fino alla nuca,
passandole
fra i capelli mossi. Gli tirò appena indietro la testa e lui
l'assecondò, posandole
le mani sulla schiena e avvicinandola a sé.
Blaise sapeva
di peccato e di avventure. Di corse sulla scopa e di vento fra i
capelli. Le
sue labbra erano morbide e quando iniziò a darle piccoli
morsi, pensò di svenire
dal piacere. Era solo un bacio, con cui la stava divorando, ma riusciva
a
svegliarle pensieri intimi ed eccitanti che pensava sopiti e sepolti.
"Mi hai
chiamato per nome, prima…" sussurrò, quasi
ansimando.
"Se
vuoi, lo faccio ancora" propose lui, abbandonando la sua bocca per
posarle
le labbra lungo il collo. Non fu sicura di aver replicato qualcosa, ma
sperò di
aver risposto affermativamente.
Quando le sue
mani scivolarono sotto la maglietta e si posarono, calde e morbide
sulla sua
pelle, la ragazza sospirò e tornò a cercargli le
labbra, massaggiandogli la
testa con le dita.
"Miss
Ginny! Miss Ginny!" La voce dell'elfa la fece girare verso la porta
dello
studio, dove Kikky si era appena materializzata, correndo verso di lei
e
mostrando le mani tinte. "Kikky ha trovato la polvere blu! Kikky sa da
dove viene! E miss Ginny aveva detto che Kikky doveva dirglielo subito
se lo
avesse scoperto!"
L'unica cosa
che riuscì a pensare Ginny in quel momento, fra le braccia
del moro, l'unico
che avesse baciato con vero piacere negli ultimi mesi, fu che se Kikky
si fosse
avventurata su di loro, si sarebbero scordati tutto.
"No!"
gridò, spalancando gli occhi e guardando Zabini, che la
guardava con uno
sguardo stranito. Gli mise una mano sul petto e lo spinse via, sperando
di
riuscire a spostarlo perché fosse lontano dalla portata di
Kikky, mentre lei
indietreggiava sulle ginocchia. Qualcuno doveva ricordarsi di quel
bacio e lei
non sapeva dove sarebbe finita la polvere, ma se fossero stati
abbastanza
lontani, uno dei due avrebbe salvato il ricordo.
"No!"
aveva gridato lei e Blaise era rimasto sconvolto dal tono spaventato
della sua
voce. Non voleva farsi vedere da Kikky? Perché aveva urlato?
Non aveva senso,
la cosa. Quando lo spinse via con la mano ebbe il timore che lei si
fosse
pentita di essersi lasciata andare e nel momento in cui lo
guardò spalancando
gli occhi non riuscì a capire niente.
Per fortuna Kikky,
che stava correndo, riuscì a fermarsi quando le
andò vicino e sventolò le mani
sulla ragazza senza sbatterle addosso: una pioggia di puntini blu cadde
dall'alto, perché lei era ancora inginocchiata per terra ed
era più in basso
dell'elfa.
Oh, Kikky
aveva capito da dove venisse la polvere!
"Fantastico!"
esclamò, nonostante fosse ancora turbato da prima. "Hai
sentito cosa ha
detto Kikky?" chiese, direttamente alla rossa.
Lei starnutì
due volte e poi lo guardò con gli occhi lucidi, come se
fosse stata a contatto
con qualcosa che le provocasse un'allergia.
"Che il
matrimonio della Parkinson verrà annullato? Sì,
ne abbiamo parlato prima…"
"No, Ginny,
quello che ha detto adesso: ha trovato la polvere blu!"
Notò la
ragazza aggrottare la fronte e guardarsi intorno spaesata.
"Ah…"
disse, con poca convinzione. "Ma perché mi hai chiamato per
nome?"
Blaise
spalancò la bocca: lei si era scordata del bacio!
-
--
-
-
***Eccomi!
Ci
tengo a precisare solo una cosa: il “Magician
Directory” è una libera ispirazione al
Burke’s Peerage, il libro della nobiltà inglese
uscito nel 1826.
|
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Capitolo 16 *** I Fiori Blu ***
I Fiori Blu
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-
Ginny si
guardò intorno spaesata, ma poi vide Kikky e, grazie alle
parole di Zabini,
capì la situazione: la polvere blu. Kikky aveva sparso la
polvere che annebbiava
la memoria.
"Ho
scordato quello che è successo?" Il moro annuì e
lei sospirò. "E che
è successo?"
L'altra volta
aveva lasciato un biglietto in cui aveva scritto quello che
probabilmente si
sarebbe scordata, ma questa volta no.
"Perché
non ho lasciato istruzioni come l'altra volta?" chiese, alzandosi in
piedi. "E perché siamo sul tappeto?"
Blaise si
passò una mano fra i capelli. "Non hai fatto in tempo. Kikky
è arrivata
all'improvviso e non si ricordava che ti avrebbe fatto perdere la
memoria se ti
avesse sventolato le mani addosso…" Lanciò uno
sguardo duro all'elfa, ma
poi rinunciò: era arrabbiato, ma alla fine non era colpa
sua. Prese la
bacchetta e si sistemò i pantaloni, che erano rimasti
stracciati.
"Kikky
non voleva che Miss Ginny scordasse tutto. Kikky si scusa, non voleva!
Mr
Blaise, Kikky…"
"Oh, Kikky
smettila e taci" la rimproverò lui. La rossa gli
allungò la mano per
aiutarlo ad alzarsi e Blaise la prese solo per avere il pretesto di
toccarla.
"Dimmi
cosa mi sono scordata, poi ascoltiamo Kikky."
Blaise stette
zitto, ma poi vide il Magician
Directory per terra. Fece
due passi, si chinò e glielo fece vedere.
"Questo lo ricordi?"
La
ragazza si avvicinò a lui e gli prese il libro fra le mani.
"Il Magician Directory!"
esclamò e
Blaise capì, dalla sua sorpresa, che non se lo ricordava.
Quando iniziò a
sfogliarlo e capitò sulla pagina della sua famiglia sorrise.
"C'è anche
Vic" disse, sempre sorridendo.
"Già…"
rispose lui. E il suo tono fece girare verso di lui la Weasley. O
Ginny? La
Weasley, finché non capiva cosa si ricordasse.
"Oh,
per Grodric, l'ho già detto?" Il suo naso si
arricciò in un gesto che
ormai Blaise conosceva benissimo. Annuì sorridendo e alzando
le spalle.
"Come sono prevedibile e banale…" mormorò, a se
stessa. Chiuse di
scatto il libro, esattamente come aveva fatto prima, ma a lui non diede
fastidio che lo avesse fatto allo stesso modo, gli lasciò,
invece, un senso di
familiarità.
Ginny si
passò una mano sulla testa. Era nervosa: non sapere cosa
fosse successo le
ricordava il suo primo anno a Hogwarts quando veniva posseduta da
Voldemort e
dopo non si ricordava più niente. Ma stavolta era
più strano, i suoi vuoti
erano a intermittenza. E sapeva che prima o poi, se non avesse avuto
altri
contatti con la polvere blu, avrebbe probabilmente ricordato. Ma
chissà quando.
E chissà che le volte che aveva agito su di lei non avessero
causato danni
irreparabili.
"Odio
non ricordare. Capisco tua madre perfettamente. Forse dovresti tenerla
lontana
da qui per un po'. Avere in continuazione questi vuoti deve essere
devastante…" confidò.
Il moro
annuì e le andò vicino. "Dimmi l'ultima cosa che
ti ricordi" propose.
Ginny ci
pensò, ma si sentiva ancora confusa. "Allora…" si
guardò di nuovo
intorno. Vide Kikky che, in un angolo, si torceva le mani, aspettando
solamente
il momento di parlare.
"La
Parkinson è tua cugina ed è sposata. E non hai
avuto una storia con lei. Mi è
dispiaciuto. Avevo immaginato pettegolezzi interessanti…"
Blaise osservò
la rossa che ironizzava sulla situazione. Non disse niente,
perché gli sembrava
che lei stesse sforzandosi per alleggerire il tutto. "Hai avuto una
storia
con una tipa di nome Caroline. No, mi hai corretto. Era un altro
nome…" Si
voltò verso Kikky ma lei non disse niente, continuando a
guardare nel vuoto.
"Zabini, perché mi ricordo solo cose che riguardano te?" Ma
non
aspettò risposta, perché subito dopo le vennero
in mente altre cose.
"Aspetta; hai detto che il denaro veniva dalla camera blindata di tua
madre e non da quella di famiglia!" Lo guardò, finalmente, e
lui annuì
incoraggiandola.
Blaise
l'ascoltò e l'aiutò nei buchi di memoria quando
raccontò tutto quello che si
erano detti. La camera, Pansy, il denaro, la polvere blu. Ma lei non si
ricordava del bacio. E Blaise non sapeva se dirglielo o meno. Era stata
una sua
iniziativa, ma non voleva parlarle del perché si fossero
trovati avvinghiati
sul tappeto. E quel suo 'No', gridato quando aveva visto Kikky gli dava
l'idea
di doverne parlare in privato. E magari non in quel momento.
Pensò di mandare
via l'elfa, ma la ragazza si girò verso di lei e, stando a
distanza, le chiese
di raccontare quello che aveva scoperto.
Ginny
fece un passo verso Kikky, ma poi si fermò stando a
distanza. "Scusa se
non ti vengo vicino, ma la polvere che hai sulle mani…"
"Kikky
lo sa. E Miss Ginny aveva capito che avrebbe perso la memoria. Anche
l'altra
volta Miss Ginny lo aveva detto. Aveva detto: "Kikky quando te lo
chiederò, dovrai dirmi tutto quello che hai visto o che ti
ho detto io…"
"Davvero?"
Ginny si voltò verso il moro. Lui fece qualche passo per
avvicinarsi, ma lei lo
tenne a distanza. "Non avvicinarti troppo…"
Come?
Blaise si sentì ferito da quella frase. Forse per quello che
era successo poco
prima. Magari lei si ricordava tutto e faceva finta per non dover
ammettere
che… Che cosa, Blaise? La Weasley non sembrava il tipo da
giochetti e da
fronzoli inutili, era più il tipo che se voleva qualcosa se
la prendeva o la
faceva. Non era il tipo da sciocche sviolinate, da far finta, per
poi… Lei non
era Chastity.
Dal suo
sguardo, però, lei dovette capire che lui aveva frainteso
perché sorrise e
spiegò sottovoce: "Se ci imbrattasse di nuovo di polvere,
andrebbe a
finire che saremmo in due a non ricordarci più niente ed
è il caso che uno di
noi si ricordi sempre tutto quello che abbiamo scoperto".
Blaise
annuì. Quindi era per questo che lo aveva allontanato
durante il bacio? E come
fare a chiederlo? E lei poteva saperlo davvero? Se lo sarebbe ricordato?
Ancora
preso da mille paranoie, si perse la domanda che la Weasley fece a
Kikky e
rimase stupito dalla sua risposta. "Sono i fiori blu che lasciano
cadere
la polvere. Quelli di cui Rachel ha portato i semi: gli agapanti".
"I
fiori di Rachel non sono ancora spuntati, però"
constatò la ragazza,
girandosi verso di lui. Blaise alzò una spalla: non sapeva
niente di fiori. Né
di che cosa avesse portato Rachel a sua madre.
Ginny non
capì bene l'espressione di Zabini, così chiese a
Kikky dove si fosse sporcata
le mani in quel momento. "Nella stanza di Mrs Maddie" rispose.
"Sono
solo lì?"
L'Elfa
scosse il capo. "Sono un po' in tutte le stanze, ma Miss Pansy ha detto
a Kikky
di cambiarli e di mettere altri fiori. Dice che quelli non vanno
più
bene."
Ah. Era
stata la Parkinson a dirle di cambiarli? Si girò ancora
verso il moro e lui la
guardò con lo sguardo corrucciato. "Pansy non voleva
più i fiori?"
domandò, ma non a lei in particolare.
"Che
sia stata lei, allora? Forse aveva paura di essere scoperta. O forse
avevano
già svolto il loro compito?" Ginny si girò di
nuovo verso l'elfa. "La
Parkinson sapeva che la polvere fa perdere la memoria?"
L'elfa
iniziò a torcersi le mani e a sbarrare gli occhi. "Kikky non
lo sa. Miss
Pansy non lo ha detto. Kikky non può rispondere…"
Come notò che aveva
l'intenzione di dare una capocciata contro la porta, cose verso di lei.
Non
riuscì a fermarla e la prima volta che sbatté le
testa, il rumore fu per lei
assordante.
"Va
bene così, Kikky, va bene così. Non sbattere
contro quella porta, porca
Morgana!" esclamò, un po' provata. Si girò verso
il ragazzo e gli gridò
contro: "Diglielo anche tu, Zabini! O inizierà a dare
testate al muro!"
Perché lui era così tranquillo e pacifico,
praticamente sempre, e lei si faceva
prendere dall'agitazione?
Blaise si
avvicinò lentamente alle due: ma non doveva stare lontano?
Lo avrebbe preferito
anche perché non sapeva ancora cosa raccontare alla rossa di
quello che era
successo dopo che aveva fatto cadere il libro.
"Dai,
Kikky, smettila, non vedi che Ginny si agita se inizi a farti male?"
"Perché
quando parli a lei, mi chiami Ginny?"
Blaise
alzò le spalle. "Lo hai detto tu che chiamarti per cognome
fa molto la
McGranitt che ti sgrida…"
"Oh…"
Il suo viso divenne rosso e si intonò ai capelli.
"Giusto… Ma non
intendevo… Non devi…" Ricordandosi di quello che
si erano detti mentre si
baciavano, Blaise aspettò di capire se lei si fosse
ricordata. "Non sei
obbligato…"
Quando
capì che lei non si era ricordata niente, ci rimase male.
"Ok"
rispose, solamente.
Lei
dovette fraintendere la sua espressione, perché divenne
ancora più rossa.
"Vabbè, chiamami come vuoi. Ma io non ti chiamerò
'Signore'!"
Nonostante
tutto, Blaise scoppiò a ridere.
Ginny sorrise
di nascosto e si voltò verso l'elfa. "Dai Kikky,
non…" Purtroppo
l'elfa riprese proprio in quel momento a dare testate alle porta. "No,
Merlino, no!" gridò lei.
Zabini in
pochissimo l'affiancò e prese Kikky per le spalle,
bloccandola contro il muro
vicino alla porta. "Smettila subito, Kikky" ordinò, con voce
calma,
come se le avesse detto di andare a raccogliere le patate. "E tieni
ferme
le mani".
L'elfa si
immobilizzò come incantata da una bacchetta. Oh.
Così?
Si voltò
verso di lui e il moro la guardò con uno sguardo curioso.
"Che c'è?"
"Come
cazzo fai a rimanere sempre così calmo?"
Lui alzò una
spalla e lasciò andare Kikky. "Farsi prendere dal panico non
serve a
niente…"
"Ma tu sei troppo calmo
comunque. Non è… normale che tu sia
così
controllato. Ti lasci mai andare, Zabini? Fai mai qualcosa di
istintivo? Tipo…"
Si interruppe perché la sua frase avrebbe potuto avere un
doppio senso e lei
non voleva darglielo. Non questa volta, non dopo che le era venuto in
mente ciò
che era successo in cucina. C'era da dire però che se quando
si faceva prendere
dall'istinto era quello ciò che faceva, era una cosa che gli
riusciva bene.
"Fuori
dal mio controllo, intendi? Raramente. Ma mi è capitato"
ammise lui,
mentre faceva un passo indietro.
"Davvero?
E cosa deve succedere perché accada?"
Blaise alzò
una spalla in un gesto che avrebbe dovuto sembrare noncurante ma che
non lo fu.
"Disastri, morti improvvise, tradimenti…"
La rossa aprì
la bocca e i suoi occhi si allargarono così tanto che
avrebbero potuto
occuparle tutta la faccia. "Ma dici davvero?"
"Pensi
di essere l'unica ad avere incubi per un evento tragico? Pensi di
essere
l'unica ad aver subito sfighe nella vita?" Riuscì a fermarsi
prima di dire
altro di cui si sarebbe pentito.
"Oh… Mi…
dispiace" mormorò lei, abbassando gli occhi. Ma
perché le aveva risposto
così? Si passò la mano fra i capelli, infastidito
dal proprio comportamento.
"Scusami.
Io non sono sempre calmo, sbotto all'improvviso" tentò di
giustificarsi.
"Quando
sbotto io, a casa scoppiano le uova" mormorò lei sottovoce
verso di lui,
in una sorta di confidenza, ma che ebbe un effetto devastante sul suo
basso
ventre. E lui ci credeva. L'aveva vista: era spontanea, istintiva, mai
falsa.
Non sorrideva per nascondere qualcosa, ma perché le piaceva
affrontare la vita
così. Era una forza.
"Vorrei
vederlo, una volta. Ma dopo aver visto te e tuo fratello, preferirei
che non
fossi arrabbiata con me..."
Ginny rise
piano, ma l'opinione che aveva di lui stava cambiando. Si
portò una mano al
viso: si sentiva strana.
"Tutto
bene?" le chiese lui, ma non era sicura della risposta anche se
annuì
comunque. "Kikky, come si arriva al posto dove sono i fiori che mettevi
nei vasi?" domandò direttamente all'elfa, per deviare i
pensieri.
"Passando
dal giardino. Kikky può accompagnare Miss Ginny e Mr Blaise,
se loro
vogliono."
Ginny si
voltò verso il moro e anche lui annuì, girandosi
verso la porta finestra.
Quando l'elfa le passò davanti per fare strada, la ragazza
le disse di fermarsi
un attimo, poi, prese la bacchetta e la puntò verso le sue
mani.
"Evanesco" pronunciò, ma la polvere non sparì.
"Merlino…"
mormorò.
Blaise la
vide mordersi il labbro. "Per una volta devo dare ragione a mio
fratello:
gli elfi sono diversi…"
Lui si
avvicinò e le mise una mano sulla schiena, come per
consolarla. "Vero. Ma
può darsi che si possa fare lo stesso…"
mormorò, osservando il suo viso
rattristato. "Kikky, riesci a far sparire la polvere dalle tue mani?"
domandò, a voce più alta.
"Certo".
L'elfa annuì e si guardò le mani, senza
effettivamente fare niente.
Ginny si
impensierì: non c'era riuscita? "Ma…"
Zabini, al
suo fianco, rise. "Giusto. Ho sbagliato io: Kikky, fai sparire la
polvere
dalle tue mani e
portaci a vedere dove
hai raccolto i fiori" le ordinò.
Kikky obbedì
prontamente: la polvere blu sparì in un battito di ciglia e
poi l'elfa si girò
per riprendere il cammino. Si smaterializzò e riapparve
fuori dalla finestra.
"Per
tutte le tuniche di Merlino!" La ragazza spalancò la bocca.
"Lo
avevo detto che bisogna sapere come chiedere le cose agli
elfi… Vieni,
seguiamola". La mano del moro, ancora sulla sua schiena, le
provocò un
piccolo, caldo piacere e Ginny si lasciò guidare, forse per
la prima volta,
verso la finestra.
"Piccoli
elfi stronzetti…" mormorò sottovoce, mentre si
avvicinava ad aprire la
porta a vetri che dava sul terrazzo. "C'è quasi buio,
però…"
Blaise
sorrise della sua esclamazione e accese la bacchetta prima di uscire,
ma senza
togliere il contatto da lei. Non voleva lasciarla. Era abbastanza
sicuro che la
Weasley non si fosse mai lasciata guidare da nessuno e che in quel
momento stesse
godendo di un privilegio più unico che raro.
"Ti
piace ballare, Weasley?" Le chiese. Per ballare la donna, il
più delle
volte, doveva lasciarsi condurre dall'uomo. Ma Blaise era sicuro che
lei non
avrebbe lasciato il comando a qualcun altro. L'immagine di lei nuda che
si
stringeva un lenzuolo al petto, gli riempì la mente: e a
letto, come sarebbe
stata?
La ragazza
girò il viso verso di lui e lo guardò dal basso.
"Ma non dovevamo
chiamarci per nome?" chiese la rossa, senza rispondere.
Lui alzò una
spalla. "Ci proverò".
"Sì, mi
piace ballare. Perché questa domanda?" domandò
subito dopo.
"Curiosità"
ammise lui.
Ginny lo
guardò stringendo gli occhi, per valutare se fosse sincero o
no, ma non lo
capì. Alla fine scosse le spalle. E, quando vide l'elfa
smaterializzarsi prima
della scalinata che portava al giardino, allungò il passo.
Zabini rimase
indietro e per un attimo lei pensò che si sarebbe
materializzato anche lui in
fondo alle scale, ma non lo fece: doveva essere quella sorta di galateo
di
educazione di cui parlava tanto sua madre.
"Quindi
se ti incontrassi a un ballo, la prossima volta, e ti invitassi a
ballare,
diresti di sì?"
Ginny si
bloccò a quella domanda: che voleva dire? Il ragazzo
però continuò a fare due o
tre passi e quando si fermò e si girò, se lo
trovò di fronte.
"Questa
non è curiosità" costatò.
Blaise la
guardò negli occhi: lei era sincera e ci teneva a
contraccambiare la cosa.
"Beh, un po' sì."
"Perché
vorresti ballare con me?" chiese lei, riprendendo a camminare. Blaise
la
raggiunse e camminò al suo fianco, cercando allo stesso
tempo di non perdere
d'occhio Kikky e di seguire la conversazione. Ma quando fu sul punto di
rispondere, la ragazza tornò alla carica. "E non rispondere
curiosità!"
Lui rise e
Ginny si sentì un po' stupita dalla piega che aveva preso la
cosa. Ma c'era
bisogno davvero di sapere perché lui volesse ballare con
lei? No, non c'era. A
meno che… "Guarda che è se per far finta che vuoi
corteggiarmi per non
dover dare spiegazioni se ci vedono insieme, possiamo fingere di essere
amici e
basta" chiosò.
"Come?"
Lui sembrava davvero stranito.
"Se hai
bisogno di spostare l'attenzione da tua madre, va bene, ma non
c'è bisogno di
metter su una sceneggiata. Si possono frequentare anche gli
amici…"
"Giusto…"
l'accontentò Blaise, sospirando: non era quello che aveva
avuto in mente, ma
magari poteva accontentarsi. O forse no. "E con i tuoi amici, balli?"
le chiese. Com'è che era partito con l'idea che non sarebbe
mai riuscito a
interessargli una ragazza come lei, per finire a non riuscire ad
accettare un
no per un dannato ballo?
Continuarono
a camminare e superarono il gazebo.
La ragazza si
voltò verso di lui, sempre stranita, ma con un sorrisetto
che neanche si
rendeva conto di fare, probabilmente. "Vuoi ballare con me? Balliamo
qui,
adesso. Non c'è bisogno di andare a un ballo. Con Neville ho
ballato tantissime
volte nei giardini delle ville che ospitavano i gran galà
del Ministero!"
La rossa si girò verso di lui e alzò le braccia
in attesa di un immaginario
cavaliere.
E con Potter?
Anche con lui ballava nei giardini? Blaise riuscì a non
chiedere per orgoglio.
Si sentì molto Grifondoro e sbuffò, mentre le si
avvicinava. Lei dovette
interpretare male il suo gesto e scosse le spalle, facendo cadere le
braccia.
"Allora niente…" E quello che gli diede più
fastidio fu che non
sembrò rimanerci male.
"Ma non
hai neanche un vestito adatto. O le scarpe…"
ribatté, illuminandola con la
bacchetta e osservando i suoi vestiti: i jeans che la fasciavano e le
scarpe da
ginnastica. Merlino, ma perché gli interessava? Doveva
accettare e basta!
Abbassò la
bacchetta e la spense: rimase solo la penombra data dai lampioni che
costeggiavano il vialetto.
Ginny sorrise
e fece un passo verso di lui per sussurrargli all'orecchio. "Ho ballato
così tante volte scalza, che ormai non presto più
attenzione a cosa indosso
quando mi diverto" confessò, e il suo respiro, come la sua
risata e la
luce nei suoi occhi, riempirono la mente di Blaise di troppi pensieri
peccaminosi. Dovette fermarsi e lasciarla andare: non riusciva ancora a
dare un
nome a quelle emozioni.
Ginny
tornò a
camminare lungo il vialetto che stavano percorrendo fino a quando, dopo
una
leggera svolta, si ritrovarono in una nicchia del giardino, una zona
quasi
isolata da alcune siepi punteggiate di fiori bianchi. "Per la sottana
di
Morgana!" esclamò, appena passò sotto un archetto
intrecciato di piante e
si ritrovò davanti una vetrata con una distesa di fiori blu
al suo interno.
Cos'era? Una serra?
Si voltò
verso Zabini, che non aveva ancora visto lo spettacolo e stava
mormorando:
"Niente abito, niente scarpe, niente comportamento adeguato…"
La ragazza
tornò indietro e lo prese per un braccio per velocizzare la
cosa. "Sì, Sì,
Mister calma e perfezione, abbiamo
già constatato che non sono una signora, vieni a vedere, e
subito!" Lo
trascinò fino a quando anche lui vide la distesa di fiori
dietro al vetro.
"Porco Salazar sotto a un…"
Ginny alzò
gli occhi al cielo.
Blaise si
ritrovò davanti a tutto quel blu illuminato da piccoli
lampioni accesi come se
fosse pieno giorno. Stava imprecando come un povero babbano senza
futuro, ma la
ragazza gli diede una manata sul ventre per fermarlo. "Ehi.
Vabbè che non
mi impressiono, ma non esagerare: potresti risultare un umano anche tu,
Mr
Zabini!" lo stuzzicò. Quando si voltò verso di
lei, notò che stava
trattenendo una risata, ma poi divenne seria subito dopo, tornando a
guardare il
giardino d'inverno.
"Cos'è?
Perché hai una serra in cortile?"
"È il
giardino d'inverno. Un luogo dove mettere le piante più
delicate quando inizia
a fare troppo freddo. Mia madre ci coltiva i fiori durante la brutta
stagione,
perché le manca farlo. Quest'anno abbiamo già
portato fuori tutte le piante, di
solito è inutilizzato, d'estate. Oppure ci rimangono gli
attrezzi" spiegò,
corrugando la fronte e passandosi una mano sul mento. Mentre si
accarezzava la
barba gli venne in mente il bacio nello studio e lanciò
un'occhiata alla
ragazza accanto a lui, cercando di capire se per caso le tornasse in
mente
qualcosa.
Fu deluso.
"Cosa
facciamo? Entriamo? E se poi… ci scordiamo tutto?" Lui
alzò le spalle: non
sapeva cosa fare e doveva trovare una soluzione. A tutto. "Secondo me,
tua
madre non lo sa che sono qui…"
Ginny si
avvicinò, ma rimase comunque a distanza. "Kikky, Mrs Maddie
è a conoscenza
che questi fiori sono qui?"
L'elfa scosse
la testa. "Kikky non lo sa".
"Chi li
ha piantati?" La voce di Zabini non tradì nessuna emozione,
mentre
continuava a guardare il vetro, avvicinandosi lentamente.
"Miss
Rachel ha portato i semi" dichiarò.
"Li ha
piantati lei?" L'elfa scosse le spalle e si stritolò le dita
delle mani
mentre si vergognava di non poter rispondere per la seconda volta.
La ragazza
sbuffò leggermente. "Ma tu cosa pensi?"
Blaise si
voltò verso di lei: cosa stava facendo? "Gli elfi non hanno
opinioni!" esclamò.
Ginny si
girò, lanciandogli un'occhiata dura. "E tu che ne sai? Sono
esseri con una
magia superiore alla nostra, perché non dovrebbero avere
un'opinione personale?
Ci scommetti che se chiediamo a lei cosa pensa di tutta questa faccenda
ci dice
subito come stanno le cose?"
Lui scosse la
testa. "No. Non funziona così" insistette.
La ragazza
sbuffò più forte e si avvicinò
all'elfa, che aveva raggiunto il moro davanti
alla vetrata. "Si entra da qui o da dentro?" chiese, facendosi
distrarre dalla composizione della struttura.
"Da
tutte e due le parti, normalmente, ma l'ingresso da dentro la casa
è bloccato,
adesso. La porta è lì, comunque" rispose lui,
indicando una parte della
vetrata. "Vuoi entrare?" le domandò, ma alzò un
sopracciglio.
"Vorrei
vedere i fiori da vicino, sì. Ma tanto poi non mi ricorderei
niente…"
Frustrata, sospirò. "E se tu stessi dalla porta mentre io
vado vicino ai
fiori? Kikky, che fiori sono quelli?" chiese subito dopo, senza
aspettare
la risposta del ragazzo.
"Sono
Agapanti, miss…" Ginny la interruppe prima che dicesse di
nuovo il suo
nome.
"Mai
sentiti…" Si voltò verso Zabini e lui scosse le
spalle.
Blaise
tornò
a guardare i fiori attraverso la vetrata. "Quindi sono questi fiori che
perdono la polvere blu?" Quando l'elfa annuì, lui non la
vide, così si
voltò e si trovò la ragazza vicino: lei aveva
visto Kikky affermare la cosa.
"Ma sono
così tutti gli Agapanti o solo questi?" chiese, nello stesso
momento in
cui lo pensò anche lui.
"Non ero
così bravo in erbologia, mi sa… Forse il tuo
amico…"
"Neville!"
esclamò lei, e Blaise sentì una morsa strana
stritolargli lo stomaco, vedendo i
suoi occhi brillare. Ehi, ma Paciock non sposava un'altra? "Neville una
volta mi ha spiegato" iniziò, posandogli la mano sul braccio
e abbassando
la voce con fare cospiratorio "come si possono rendere magici i fiori!"
Nervoso per
come lei fosse felice della cosa, brontolò. "Potevi dirlo
prima…"
La sua mano
si spostò dal suo braccio per dargli una leggera spinta
sulla spalla.
"Ehi! Apprezza ciò che ti viene dato. Ti sto dicendo che
forse so come sia
possibile che facciano scordare le cose". Si voltò verso
Kikky e lo
abbandonò. Per un attimo pensò di allungare la
mano per trattenerla o una cosa
così, ma poi non lo fece.
Mi hai baciato.
Mi hai baciato. Cerca di
ricordartelo…
Ginny
raggiunse l'elfa e si chinò verso di lei. "Kikky, sei tu a
innaffiare i
fiori?" L'elfa scosse il capo e indicò un bidone che si
vedeva attraverso
il vetro, proprio in mezzo alla distesa blu. Lei si voltò
verso Zabini
sorridendo: forse aveva capito. "Ora ci tocca entrare davvero" disse.
Lo chiamò con
la mano e iniziò a spiegargli cosa avesse in mente.
-
-
-
***Ecco
il capitolo! Scusate il ritardo, ma l'ultima settimana prima delle
ferie è sempre un putiferio...
Buona
lettura a voi e buone vacanze a me! 😊
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Capitolo 17 *** Confidenze ***
Confidenze
-
-
"Cerca
di ricordarti tutto tu, va là, perché se ho
capito giusto, come mi avvicino, potrei
scordarmi qualcosa…" spiegò lei, mentre abbassava
la maniglia della porta
a vetri che dava sul giardino. Blaise la seguì e con la
bacchetta accese le
lanterne inutilizzate in quel momento.
"Mmm,
forse è meglio che lo faccia io…"
mormorò, ma non troppo convinto.
"No, no,
Zabini. Sono abbastanza convinta che non crederesti a niente di
ciò che ti
direi, quindi vado io."
Ah, davvero?
Blaise alzò un sopracciglio e le lanciò
un'occhiata. "Che c'è?"
"Niente"
rispose. Possibile che prima lo avesse spinto perché Kikky
non gli facesse
dimenticare ciò che era successo? L'elfa stava correndo
verso di loro. Forse si
sarebbero scordati tutti e due del bacio se fossero rimasti vicini.
Possibile
che lei avesse intuito questa cosa e avesse voluto… Voluto
cosa? Dimenticarla o
cercare di salvare la sua, di memoria? Scosse le spalle, troppo
confuso.
"Niente" ripeté ancora.
Ma lei si
fermò e i suoi occhi si socchiusero, sospettosi.
"Mi stai
nascondendo qualcosa?"
"Chi?
Io? E cosa dovrei nasconderti?" bleffò, ma la sua voce
tremò: a poker era
molto più facile, dovette ammettere.
Lei continuò
a guardarlo diffidente. Poi si girò e si
incamminò verso il centro del
giardino. Sua madre aveva voluto delle vere aiuole di terra,
perché adorava i
fiori e aveva detto che voleva coltivarli anche con la brutta stagione.
Lo
stretto sentiero che ci passava in mezzo arrivava dritto al bidone da
cui
partivano i tubi di irrigazione.
Blaise
osservò la ragazza che, senza neanche un tentennamento,
camminava in mezzo al
blu. Non aveva ancora raggiunto la fine del sentiero che si
voltò: il suo
sguardo era strano
e, alla luce delle
poche lanterne del giardino, lui non riusciva a decifrare la sua
espressione.
Allungò una mano verso uno dei fiori ma, prima di toccarlo,
disse: "Dimmi
che non ti ho detto niente".
Come? Blaise
fece un passo in avanti e poi un altro. Non si avvicinò al
confine dell'aiuola.
"Dimmi che ciò che è successo prima che me lo
scordassi, non è qualcosa di
imbarazzante, triste o penoso che ti ho raccontato su di me o
su…" Si
interruppe e il ragazzo notò i suoi denti torturare il
labbro inferiore.
Doveva
tranquillizzarla, e subito. "No" rispose lui, la voce ferma e alta.
Lei continuò a mordersi il labbro e alzò su di
lui uno sguardo strano: non gli
credeva? Cosa avrebbe potuto raccontargli di così brutto?
Ora Blaise avrebbe
voluto saperlo.
"Sei…
sicuro?" La tristezza nella sua voce gli spezzò il petto.
Avrebbe mentito
se fosse stato il caso. Ma per fortuna non dovette farlo.
"Te lo
giuro" disse solamente e poté vedere il sollievo colorarle
il viso.
"Me lo
giuri sulla nostra finta amicizia?" Sorrise e si girò verso
il fiore che
stava per toccare.
"Certo"
concluse Blaise, ma pensò che lei non lo ascoltasse
più. Avvicinò il naso al
fiore e inspirò profondamente.
"Hanno
un buon profumo, sai?" Ridacchiò e avvicinò le
dita ancora un po', ma
senza sfiorarlo neanche. Poi, con un gesto fulmineo, diede un colpo al
gambo e
fece un passo indietro: una pioggia di polvere cadde per terra, ma non
la
sfiorò.
"Non
dovevi guardare l'acqua di irrigazione?" le chiese Zabini e Ginny si
riscosse.
"Giusto.
Mi stavo…" Il suo naso si arricciò, in una
smorfia divertita
"…scordando".
Prese la
bacchetta e si avvicinò al bidone. "Specialis Revelio!"
esclamò.
Parole
brillanti e in bella grafia salirono verso l'alto come spirali di una
pozione
in un calderone caldo. Bacche di Vischio, Radice di Valeriana e Acqua
di fiume
Lete furono le parole che comparvero e sparirono in un soffio. Prima
che
comparisse l'ultimo ingrediente, Ginny si voltò verso il
moro. "Eri bravo
in pozioni, Zabini?" gli chiese e lui annuì, ma non in
risposta alla sua
domanda, stava soltanto seguendo le lettere.
"Pozione
scordarella" disse, sospirando.
Blaise fece
un passo indietro. Qualcuno aveva architettato tutto: i fiori, i vuoti
di
memoria, la credibilità di sua madre e i suoi dubbi, i
galeoni, il furto in
casa sua… Gli girò di nuovo la testa, ma questa
volta non si sarebbe seduto per
terra. Sentì la calma di sempre lasciare il posto
all'irritabilità. Un'emozione
devastante gli lambì lo stomaco tutto in un colpo,
improvvisamente. Lo fece
tremare, digrignare i denti e spalancare gli occhi: sentì il
tutto salirgli al
petto, alla gola, alla mente. Tirò fuori la bacchetta e la
puntò contro un
ammasso di vasi di terracotta che giacevano in un angolo. "Reducto!"
urlò senza riuscire più a contenersi e questi
saltarono in aria, facendo un
gran casino e rompendosi in mille pezzi quando si fracassarono contro
il
pavimento. Si girò ancora, come in preda a un incantesimo
oscuro, e puntò la
bacchetta contro una grossa pianta di limone. Questa esplose e lui
gridò ancora
più forte dalla rabbia, quando le foglie e i piccoli fiori
volteggiarono davanti
ai suoi occhi. Con la mano agguantò un rametto sopravvissuto
alla sua ira e
strinse forte il pugno per demolirlo. Il dolore che sentì
quando il legno gli
bucò la pelle del palmo servì soltanto ad
alimentare il suo voler distruggere
tutto.
Rabbia, odio,
impotenza, irritazione e acredine gli si annidarono nel petto,
alimentandosi
ogni volta che la sua bocca urlava un incantesimo. Iniziava a sentire
il sudore
colargli sul viso, senza che lui potesse fare niente per fermare le
gocce che,
intrepide, continuavano a solcargli la pelle. Solo più tardi
capì che erano
lacrime di rabbia. Il suo braccio si muoveva da solo, in un'incredibile
autonomia e indipendenza. La voglia di spaccare tutto era forte,
decideva per
lui e fu solo quando puntò la bacchetta in mezzo ai fiori e
vide lei, che si bloccò
improvvisamente.
Ginny non
aveva paura. Sapeva che la calma spesso era solo frutto di tempeste che
sarebbero scoppiate. E ora questa era scoppiata. Glielo aveva letto in
faccia:
la paura di non riuscire a proteggere qualcuno era qualcosa di
insidioso che
cresceva sotto pelle, nella mente e nel petto. L'impotenza del non
poter
controllare la situazione ti facevano dubitare di te, del mondo, di chi
avevi
accanto. E non potersi fidare di nessuno era tremendo, ti lasciava
vuoto e
secco come una pianta che ti sei scordato di innaffiare.
Ma non aveva
paura. Sapeva che lui non ce l'aveva con lei, ma con se stesso, glielo
leggeva
in faccia, negli occhi, nelle lacrime che gli solcavano il viso. Quando
gli
oggetti intorno a lei iniziarono a vorticare e frantumarsi si protesse
con un
incantesimo e aspettò che il tutto, come una tempesta,
facesse il suo e
passasse.
Blaise
abbassò lentamente la bacchetta e richiuse la bocca. Ginny
scosse la bacchetta
e tornò sui suoi passi.
Quando lo
raggiunse, il suo viso non tradiva paura o disapprovazione: lei era
tranquilla.
"Va
meglio?" gli chiese solamente e lui annuì, incapace di dire
una parola
qualsiasi: non gli piaceva aver avuto quella reazione davanti a lei, ma
non era
riuscito a controllarsi.
Si girò a
guardare dove fosse Kikky e la rossa, vedendo cosa stava facendo,
spiegò:
"Kikky si è smaterializzata subito".
Blaise annuì
ancora e lasciò che lei gli si avvicinasse. "Tu no" disse
solamente e
lei sorrise di un sorriso triste.
"Io
no" confermò. "Immaginavo che la tua calma e la tua
compostezza prima
o poi potevano scoppiare. Nessuno può essere veramente
così".
"Sei
rimasta per criticarmi?" chiese ancora.
"Sono
rimasta per aiutarti a pulire."
"Pulire?"
Blaise si guardò intorno, spalancando gli occhi. Lui non
avrebbe pulito!
"Non ho…"
"Fidati:
se ora pulisci, ti ricorderai di quello che hai fatto e la prossima
volta,
invece di 'scoppiare' imparerai a lasciare andare le cose un po' per
volta."
Lei non disse
nient'altro e puntò la bacchetta verso il muro macchiato di
terra e dove
diversi cocci di vaso si erano conficcati ma poi, prima di esprimere
qualsiasi
incantesimo, si voltò verso di lui, guardandolo con
intenzione.
"Potremmo
chiamare Kikky e farlo fare a lei" disse, senza convinzione e
avvicinandosi, ormai rassegnato.
"Lei potrebbe
farci da mangiare, in verità: io ho saltato la cena" propose
la ragazza.
Blaise la
osservò ed ebbe quasi l'impressione che lei arrossisse.
"Va
bene" acconsentì, avvicinandosi a lei e iniziando a
incantare il muro.
"Ma facciamo coì: puliamo e dopo andiamo fuori a mangiare".
Mentre faceva
roteare la bacchetta, Ginny rise. "Sempre per la nostra finta
amicizia?"
"Solo
per quella!" Stette al gioco lui.
"Allora
dovrò iniziare a chiamarti Blaise?" Fece un altro passo e si
allontanò da
lui per riparare altri vasi e radunare degli attrezzi.
"Potresti"
disse, con finta accondiscendenza, rendendosi conto che per lui lei era
già
'Ginny' e non più 'La Weasley'.
Insieme
continuarono a pulire.
***
"Pensavo
saremmo andati nel pub dell'altro giorno…" Blaise non
capì bene il tono
della ragazza. Voleva tornare in quel postaccio? Non andava bene dove
l'aveva
portata? Osservò l'insegna magica del 'Tasty Magic' un po'
perplesso: erano
davanti a uno dei ristoranti più famosi e rinomati del mondo
magico e lei
faceva storie?
"Non va
bene, qui?" chiese, abbassando lo sguardo per guardarla.
"Mmm…
Sì, sì…" rispose, ma lei non sembrava
convinta. E quando mentiva, glielo
si leggeva in faccia.
"Non
potresti mai giocare a poker, ragazzina. Dove vuoi andare?"
Lei scosse le
spalle.
Ginny non era
il tipo da rifiutare un invito e i posti eleganti non erano un
problema,
neanche quando era vestita come una magonò e aveva passato
l'ultima ora a
pulire un giardino dalla terra. Ma il Tasty Magic non le piaceva. Era
elegante,
tutti ne cantavano le lodi, le ragazze del mondo magico impazzivano
quando
venivano invitate lì e tutto il resto. Ma a lei non piaceva.
Non piaceva perché
era un covo di giornalisti e l'ultima volta che c'era stata poi sulla
gazzetta
del profeta erano apparse troppe foto sue e di Harry con didascalie
fraintendibili.
"Da
un'altra parte" disse solamente.
Blaise
annuì
e la prese per mano prima di smaterializzarsi. Era parecchio tardi e
non era
sicuro che ci fosse un altro posto aperto a quell'ora.
"Casa
tua?" chiese Ginny, stranita, quando si materializzarono davanti al
camino
spento. Blaise alzò le spalle.
"È tardi
per cenare. Al Tasty Magic avrebbero fatto uno strappo per me, ne sono
sicuro
perché ci vado spesso, ma non saprei dove altro
andare…"
Ginny
annuì
al suo ragionamento: non ci aveva pensato. "Ok, allora torno
subito…"
disse, guardandosi intorno.
"Dove
vai?" Blaise corrugò la fronte, confuso.
"A casa.
Mia madre lascia sempre del cibo per chi torna tardi: lo vado a
prendere."
E senza
lasciargli dire nient'altro, si smaterializzò.
*
Fu solo dopo
tre quarti d'ora che lei si materializzò di nuovo. Ma Blaise
non la sentì,
perché era nello studio a disegnare, dove si era sistemato
subito dopo aver
fatto la doccia.
Lei comparve
sull'uscio, con in mano una teglia, e bussò alla porta
aperta: fu in quel
momento che si accorse di lei e la vide. "Ciao" lo salutò
quando alzò
gli occhi dalla scrivania.
Per poco non
rovesciò la boccetta di inchiostro per lo spavento.
"Scommetto che pensavi
che non sarei più tornata…" Ginny fece un passo
verso di lui e Blaise
allungò una mano alla bacchetta iniziando a far sparire le
pergamene.
"Ancora
segreti, Zabini?" lo stuzzicò la ragazza, con un sorriso
divertito in viso
ma, anche se si avvicinò a lui, non cercò di
sbirciare.
"Non
dovevamo chiamarci per nome? In nome della nostra falsa amicizia?" le
chiese lui, per spostare l'attenzione dalle sue cose.
Ginny rise
perché aveva capito il suo intento e poi divenne subito
seria. La parola
'falsa' non le piaceva. Le dava una brutta sensazione.
"Ma è la
stessa cosa di 'finta', che è l'aggettivo che usi tu" la
contraddisse il
moro, quando glielo disse. Ginny alzò le spalle.
"Se lo
dico io so di preciso il significato che voglio dargli"
spiegò, ma lui
aggrottò ancora la fronte. "Però va bene, ti
chiamerò per nome. Vado in
cucina a mettere nei piatti questo ben di dio. Se hai fame raggiungimi,
Blaisuccio!"
Blaise
alzò
gli occhi al cielo: le ragazze erano difficili e complicate. Con un
incantesimo
riordinò tutto e la raggiunse in cucina. "Comunque pensavo
che non
tornassi più davvero…" disse, prendendo posate e
piatti.
"Mio
fratello si era finito tutto. Mia madre era così dispiaciuta
che ha preparato
dell'altro con ciò che aveva in dispensa. E nel frattempo mi
ha obbligato a
farmi la doccia: sapevi che volevi portare al Tasty Magic una ragazza
con la
terra fra i capelli?" Ginny si passò una mano sui capelli,
probabilmente
nel punto dove aveva trovato tracce di sporco, e lui non
poté fare a meno di
notare che erano stati raccolti nel suo modo disordinato e
tremendamente sexy.
La piuma che lei portava per fermarli gli stuzzicava ancora quella
fantasia di
sfilargliela per farli cadere. Se fosse stata nuda, poi, sarebbe stato
perfetto.
Blaise scosse
le spalle e quando lei si girò per allungargli un piatto
pieno sentì il suo
profumo inconfondibile. Neanche questo aiutava a staccarsi da certi
pensieri.
"Non ci ho pensato…"
Ginny lo
guardò con finta sopresa. "Strano, dopo aver blaterato di
vestiti adatti e
scarpe adeguate… Forse hai ragione: ti fa male frequentarmi!"
Lui sbuffò
dicendo che non aveva mai affermato niente di simile, mentre si sedeva
e lei
rise ancora mentre si sedeva dall'altra parte del tavolo. Blaise si
scoprì
affamato e affondò la forchetta in quello che sembrava il
più profumato
pasticcio di formaggio del mondo.
"Stavo
pensando…" iniziò, subito dopo i primi bocconi,
lei.
Blaise alzò
gli occhi al cielo: non stava zitta neanche mentre mangiava?
Lei rise
della sua espressione: probabilmente aveva intuito ciò che
pensava. Iniziava a
diventare divertente. "Intendevo il problema dei fiori e di
Maddie…"
"Ne
abbiamo parlato prima quando abbiamo portato a casa mia madre,
ricordi?"
Lei liquidò la sua frase. Ma era vero, erano andati a
prendere sua madre alla
Tana, erano tornati a casa e le avevano mostrato il giardino d'inverno:
lei non
si ricordava nulla. Ma erano arrivati al compromesso che nessuno
sarebbe potuto
entrare in casa a parte lei e Blaise, così la strega aveva
deciso di rimanere lì,
sentendosi più tranquilla, e si era ritirata nelle sue
stanze con serenità.
Blaise era convinto che quell'atteggiamento era dovuto al pomeriggio
che la
donna aveva passato alla Tana, ma non volle esprimere ad alta voce il
suo
pensiero. Avrebbe gioito della situazione e basta.
"Intendevo…"
Ginny allungò una mano per prendere uno dei bicchieri che
aveva posato sulla
tavola, scoprendo che si era scordata di riempire la caraffa di acqua.
Blaise tirò
fuori la bacchetta, la puntò verso il mobile che fungeva da
dispensa e appellò
una bottiglia di vino. Quando la stappò puntò la
bottiglia verso di lei e in
una muta domanda le chiese se ne volesse.
Ginny alzò
una spalla, annuendo, e allungò il bicchiere verso di lui.
Non era abituata al
vino, ma stavano mangiando, quindi pensò che non ci
sarebbero stati problemi.
Lui riempì il suo bicchiere e poi il proprio: non era
abituata neanche alla
galanteria.
"Dicevo…
Potremmo tendere una piccola trappola alla Parkison e scoprire
perché…"
"Pensi
sia stata Pansy, quindi?" la interruppe il moro.
Beh, e chi
altro poteva essere? La Parkinson aveva ordinato agli elfi di cambiare
i fiori,
quindi sapeva che erano gli agapanti il problema, mentre nessun altro
ne era a
conoscenza. E chi ne era al corrente doveva essere chi li aveva
coltivati nel
giardino d'inverno e innaffiati con la pozione scordarella. Era stato
premeditato. Era stato fatto per riuscire a spillare a Maddie i
galeoni. Spiegò
i suoi dubbi al moro, ma lui non disse niente, l'ascoltò e
basta. Ginny non
seppe dire se fosse perché non le credeva o se stesse
veramente riflettendo
sulle sue parole.
"E poi:
perché annullare il matrimonio dopo così poco
tempo? Deve essere successo
qualcosa. E perché scomodarsi per farlo annullare e non
divorziare e basta? Non
ti sembra tutta una faccenda strana?"
"Bisognerebbe
scoprire se i problemi che ha sono di natura economica e se mio zio
è
conoscenza della cosa. Divorziare comporta delle spese e delle colpe,
potrebbe
macchiare la reputazione, mentre l'annullamento cancella tutto e basta.
Comunque è vero, per ora tutto il denaro che lei ha portato
nel matrimonio è di
suo marito e finché non chiede l'annullamento non
rivedrà neanche una falce…"
"Davvero?
E perché?" La voce della ragazza era stupita e sorpresa.
Blaise sospirò.
"Ci
atteniamo a una vecchia legge magica sul matrimonio in cui la sposa non
può avere
proprietà fino a quando non nascer…"
"Ma che
stronzata!" esclamò Ginny e questa volta non fece neanche
finta di essere
scandalizzata di essersi lasciata scappare una parolaccia, cosa che
aveva
iniziato a fare quando lui si lamentava del suo comportamento. Blaise
alzò le
spalle: era così e basta, per lui.
"Penso
che sia ancora così."
"Ma Bill
e Fluer…" iniziò lei, probabilmente il matrimonio
di suo fratello era
l'unico di cui avesse conoscenze strette.
"Ehi,
Weasley, non ho detto che è l'unica legge. Alcuni mariti che
ha avuto mia
madre, per esempio, non se ne sono avvalsi. Ma molti di noi ancora la
seguono."
"Intendi
voi snob purosangue? Può essere, Zabini". L'occhiata che gli
lanciò era
minacciosa, ma lui non riuscì a rimanere serio. L'aveva
stuzzicata chiamandola
per cognome e lei aveva ricambiato.
La vide fare
una smorfia e brontolare mentre spostava il cibo nel piatto. Dal
nervoso,
sempre borbottando fra sé, prese il bicchiere e lo
vuotò tutto di un sorso.
Senza neanche pensarci, Blaise glielo riempì di nuovo.
"E se
qualcuno non fosse d'accordo?"
"Sono
accordi prematrimoniali" spiegò, alzando le spalle: per lui
era una cosa
semplice.
"A voi
maschi va sempre tutto liscio…" brontolò ancora.
Ma poi tornò a guardarlo.
"Ma tuo zio è d'accordo? E tu, tu sei d'accordo?" Blaise si
strinse
nelle spalle e lei sbuffò ancora. "Ti meritavi una sorella.
Forse saresti
stato più evoluto se ti avessero toccato i tuoi, di soldi!"
Blaise rise e
questo la fece arrabbiare ancora di più.
Ginny
brontolò ancora, ma poi tornò sull'argomento
principale. "Comunque bisogna
tenerla d'occhio. Io domani pomeriggio ho un impegno, dovresti proprio
pensarci
tu…"
"Dove
vai, domani?" le chiese Blaise, stranito.
Come?
"Ma a te cosa interessa?" domandò in risposta lei.
"Dai,
dimmelo" la stuzzicò, con uno sguardo sornione. "Vai in
Romania? A
vedere se il letto di Potter può essere scaldato?"
"Sei un
idiota. Ma lo sapevo già."
"Dai…"
Blaise
sperò
che il suo tono di voce e il suo sguardo fossero quelli giusti di
quando
bleffava a poker. Faceva finta che non gli importasse, ma in
realtà si sentiva
inquieto: lei sarebbe tornata da Potter per scordarsi dei sogni? Per
tenere la
mente occupata con il sesso? Merlino, il solo pensiero gli faceva
stridere i
denti.
"Potrei
dirti cosa faccio domani solo se mi dici se ti capita spesso quello che
è
successo nella serra…" La Weasley, perché quando
aveva quello sguardo era
'la Weasley', gli ricordò che era cresciuta con sei fratelli
e che non le era
mai stato regalato niente.
"Potrei
stupirti" rispose lui, prendendo il vino e sorseggiandone un po'.
"Fallo:
sono qui apposta" disse lei, ammiccando e prendendo il suo bicchiere:
di
nuovo lo vuotò in un sorso.
"L'ultima
volta è stato quattro mesi fa" esordì il moro,
dopo quello che a Ginny
parve un'infinità di tempo. Quattro mesi? Quando diceva che
gli era successo
quella cosa che lo aveva distratto dal matrimonio di sua cugina? Oh,
sembrava
interessante. E con chi si era arrabbiato? Con gli elfi che non avevano
stirato
bene i suoi vestiti? Con il folletto che non gli aveva contato bene i
soldi?
Ginny alzò lo
sguardo dal piatto con un'espressione vittoriosa e divertita, ma quando
notò il
viso di lui, si pentì di averlo chiesto: Blaise si
pulì la bocca con il
tovagliolo che aveva sulle gambe, guardandola fisso come se volesse
sfidarla, e
lei pensò di avere già perso.
Lui con tutta
calma finì di pulirsi, bevve l'ultimo sorso di vino che
aveva nel bicchiere, se
ne versò ancora e si allungò a riempire anche il
suo. Ginny mosse una mano per
dirgli che non ne voleva più, ma lui la guardò
con uno sguardo intenso e lei
non solo si sentì obbligata ad accettare, ma lo bevve quando
lui prese in mano
il suo.
"Ero
fidanzato con una ragazza" iniziò, dopo che si era appena
bagnato le
labbra e poi la guardò ancora, sfidandola a fare una
battuta, ma lei non disse
niente. "Ci saremmo dovuti sposare per il mio compleanno. Diceva che
sarebbe stata una data perfetta… E io ci avevo anche
creduto…"
Blaise
pensò
di aver bevuto un Veritaserum: stava raccontando un particolare intimo
della sua
vita a una ragazza che praticamente aveva sempre snobbato e ora, solo
perché
lei gli aveva detto 'parla', non riusciva a stare zitto. "Sono andato
in
Italia a prendere dei documenti per il matrimonio e volevo farle una
sorpresa…" Prese ancora il bicchiere, ma lo
guardò a lungo prima di berlo.
Merlino,
Merlino, Merlino! Ginny quasi si pentì di averglielo
chiesto. La sua voce, la
sua espressione, il suo sguardo; tutto in lui trasudava sofferenza.
Aprì la
bocca per dirgli che se voleva avrebbe potuto smettere, ma lui le
lanciò
un'occhiataccia e lei non disse niente. Chissà, forse aveva
proprio bisogno di
sfogarsi con qualcuno.
La rossa
aveva aperto la bocca per interromperlo e lui quasi sbuffò.
"Sì, sono nato
in Italia, siamo venuti qui quando ero piccolo" precisò.
Dallo sguardo
di lei, Blaise capì che non era quello che voleva dirgli, ma
poi annuì,
appoggiando la forchetta a lato del piatto, così
continuò.
"Non ero
riuscito a trovare tutto quello che mi… serviva…"
Blaise sentì l'imbarazzo
crescergli dentro: perché stava raccontando proprio tutto?
Non c'era bisogno di
farle sapere anche che voleva cercare informazioni sulla famiglia di
suo padre,
quei parenti di cui non si ricordava e con cui sua madre aveva smesso
di avere
contatti. "Ma avevo
ottenuto i documenti
per il matrimonio un giorno prima del previsto e mi ero fatto dare una
passaporta speciale. Pensai di fermarmi in un locale per mangiare,
prima di
andare da lei, ma…" Fece un'altra pausa.
Ginny non
riusciva a togliere gli occhi dalle sue labbra. "Andai a lavarmi le
mani e
sentii, nel bagno accanto, quello delle streghe, dei rumori
inequivocabili…"
Santo
Godric, sesso nel bagno di un ristorante?" Blaise rise della sua
espressione, alzando un sopracciglio.
Stavolta
ti ho stupito io, eh?" chiese, con tristezza. Lei gli fece cenno di
andare
avanti.
"E
comunque sì, c'era una coppia che stava facendo sesso in
bagno. Quando uscirono
io e la mia fidanzata ci trovammo faccia a faccia."
"Porco
M…" esclamò, prima di censurarsi da sola. "Mi
disp… E poi, che è
successo? Hai dato di mat… cioè…
è successo lì, nel locale?"
Lui scosse la
testa.
Blaise bevve
ancora un po' di vino. La parte dopo lo faceva sentire uno psicopatico.
"No. Ho lasciato che loro tornassero al tavolo e mi sono seduto a
quello
accanto."
"Per
Godric, davvero?" Blaise non la guardò e bevve ancora vino,
per poi
continuare a osservare il bicchiere.
"Sono
rimasto per tutta la cena. Lei continuava a lanciarmi occhiate, ma lui
invece
era all'oscuro di tutto e molto tranquillo. Si sono fatti una bella
cenetta:
c'erano le candele sul tavolo e lui ha ordinato anche le ostriche
sussurrando a
un certo punto che erano afrodisiache…"
Quando la
guardò di sottecchi, notò che la rossa lo
guardava con uno sguardo strano,
sembrava triste ma, almeno, non sembrava compassionevole.
"Alla
fine mi sono alzato e ho pagato anche per loro."
"Davvero?!"
Lei quasi cadde dalla sedia. Sì, era un idiota, lo sapeva.
Alzò le spalle.
"Sei un signore, lasciatelo dire!"
Come? Blaise
spalancò gli occhi. "In che senso?"
"Avresti
dovuto strapparle tutti i…"
"Ginny!"
esclamò, interrompendola, pensando che avrebbe detto
qualcosa di molto
scandaloso, ma allo stesso tempo scoppiò a ridere. "Per
Salazar, hai
perfettamente ragione: qualsiasi cosa volessi dire, avrei dovuto!"
Ginny sorrise
di un piccolo sorriso, mentre osservava il suo viso distendersi e
rallegrarsi.
"No, in verità ho spaccato tutto il mio studio quando sono
tornato a casa,
poco dopo" ammise il moro.
"Sei
controllato anche quando ti arrabbi" concluse lei. "Mi…
spiace. Deve
essere stato bruttissimo, essere traditi quando si ama…"
"Non ho
detto che l'amavo" precisò Blaise.
"Beh,
non è che ci si arrabbi così, per niente, di
solito."
"Ero
arrabbiato perché aveva tradito la mia fiducia, mica
perché aveva tradito
me."
"Guarda
che non succede niente se dici che l'amavi, sai? Non è che
ti cade il pisello o
qualcosa di simile" ribatté e lui rise ancora.
Ma… perché? Era una cosa
divertente?
"Ho detto
che non l'amavo perché è vero."
"Ma
dovevate sposarvi!"
"Non ci
si sposa solo per amore, sai?"
"E poi
guardi male me quando dico che voglio trovare qualcuno per fare sesso!"
sbottò.
Blaise
versò
l'ultimo vino a metà per tutti e due. "In verità
ti ho detto che non
giudico. Perché è vero. Preferisco di gran lunga
una ragazza che mette le cose
in chiaro fin da subito, piuttosto che una che giura amore fedele a uno
e poi
si fa trombare in un bagno da un altro."
La osservò
mentre alzava gli occhi al cielo e sorrise della sua finta
esasperazione.
"Quindi anche se non ci si sposa per amore bisogna essere fedeli?"
Lui annuì,
stringendosi nelle spalle. "Fidati: siete strani voi, non
noi…" Prese
il bicchiere e lo portò alle labbra. "E allora
perché volevate
sposarvi?"
Blaise
sospirò silenziosamente. "Immagino che lei volesse i miei
soldi. Io…"
Afferrò la bacchetta e appellò un'altra bottiglia
di vino.
"E tu
che volevi?" Stappò la bottiglia e ne versò
ancora.
"Ora me
lo chiedo anch'io. Non lo so" mentì. Blaise voleva qualcuno
che tenesse a lui.
Era difficile da spiegare ad alta voce. Forse era anche stupido o
infantile:
voleva qualcuno che non lo giudicasse o passasse il tempo a criticarlo
per
qualcosa che non era, come quando a Hogwarts i ragazzi Serpeverde lo
prendevano
in giro perché non era nelle sacre ventotto e dicevano che
mentiva quando
sosteneva di essere purosangue. Voleva così tanto essere
accettato anche dalla
famiglia di suo padre, che non conosceva, ma da cui non era mai stato
accettato.
Forse voleva far parte di qualcosa. E iniziare a essere parte di una
coppia gli
era sembrata una buona idea.
Ginny
osservò
il suo viso pensare. Le aveva detto una bugia, qualcosa lo stava
facendo impensierire,
o forse lo aveva fatto senza neanche saperlo.
"Come si
chiamava?" chiese, invece, come per intuizione.
"Te l'ho
detto, Cha…"
"La sua
famiglia, intendo. Come faceva di cognome?" insistette lei e lui si
bloccò: doveva averci visto giusto. "Fammi indovinare: fa
parte delle sacre
ventotto?"
Blaise annuì
in silenzio, giocando con il gambo del bicchiere.
La ragazza
pensò di provare a indovinare, ma non si ricordava chi ne
facesse parte.
Sicuramente Malfoy c'era, e anche i Parkinson, ma gli altri? Chi erano?
Merlino,
in quel momento avrebbe voluto averle studiate per bene! Decise di
lasciarlo
stare e non volle insistere.
"Almeno
ti avrà dato una spiegazione per ciò che hai
visto" chiese, riprendendo in
mano la forchetta e addentando un boccone di pasticcio.
Lui sospirò.
"Sì, beh… ha detto che lo aveva conosciuto e
che…"
"Si è
innamorata?" chiese, cercando di capire, ma lui scosse la testa.
"Non
penso, ma immagino che le piacesse andarci a letto comunque. Come ben
sai, non
è necessario essere coinvolti emotivamente per il sesso!"
Ginny sentì l'astio
del suo tono in tutte le parole che le rivolse, come se fosse colpa
sua, per
poi sentirlo sospirare. "Scusami, non dovevo dire…"
Lei sventolò
la mano che impugnava la forchetta per dirgli che non se l'era presa.
"Lascia
stare. Perché pensi che non ne fosse innamorata?
Magari…" tentò di
giustificarla.
Blaise alzò
un sopracciglio e scosse le spalle. "Forse perché altrimenti
avrebbe
lasciato me per stare lui?" Oh, giusto. Abbassò lo sguardo
verso il
piatto. "Comunque non era l'unico. Diciamo che lei non è il
tipo che si
accontenta. Perché dover scegliere se si può
avere tutto?" Ah. Ginny
riprese a mangiare. "E tu? Hai mai tradito Potter?"
La ragazza
alzò su Blaise uno sguardo così triste che lui si
pentì di averle fatto quella
domanda.
"Io
amavo Harry. Gli sono stata accanto quando è caduto in
depressione e anche nei
momenti più brutti, quando sembrava che non andassimo da
nessuna parte. E anche
quando lui non aveva neanche più voglia di vivere, mentre
era pesantissimo
anche solo stargli vicino, io non l'ho mai tradito."
Blaise annuì
come se capisse. Come se sapesse perfettamente che lei avrebbe potuto
farlo con
facilità, perché le occasioni non le erano
mancate. E il fatto che non si fosse
vantata di ciò, gliela fecero apprezzare ancora di
più.
"Quand'è
il tuo compleanno?" domandò Ginny, quando il silenzio stava
per diventare
pesante, per cambiare argomento.
"Venerdì"
rispose lui.
Come?
"Il prossimo venerdì?" esclamò.
Blaise annuì.
"Perché?"
"Dovevi
sposarti questo venerdì e tu sei lì
così… così calmo?"
Blaise rise.
Lei era istintiva e passionale. Metteva tutta se stessa in quello che
faceva e
si vedeva. Lei non sarebbe mai stata… calma.
"Cosa
devi fare domani, allora?" tornò a chiederle, prendendo la
forchetta, ma
notando che il piatto era vuoto.
Lei divenne
rossa sulle guance: probabilmente doveva andare in Romania davvero. O
da uno
degli altri. O chissà, forse aveva trovato un nuovo
candidato giusto.
"Ecco
perché hai detto che chiunque avrebbe potuto far eccitare
una ragazza e che poi…"
disse lei, come se non avesse sentito la sua domanda.
Blaise però
non voleva più sapere niente, il pensiero di quello che le
aveva detto e di
come le era saltato addosso, ora, erano vergognosi. Si alzò,
scontroso, e la
interruppe. "Perché non torni a casa?"
Ginny
alzò un
sopracciglio per il cambiamento di argomento. Cosa era successo da
fargli mutare
così atteggiamento? Era perché avevano detto che
non avrebbero più parlato
dell'altra notte? Era volubile, il ragazzo. E tanto.
Si alzò anche
lei e portò il piatto nel lavandino. "Non fare lo scontroso,
Blaisuccio. Ora me ne
vado…"
Appoggiò il piatto e il bicchiere e gli lanciò
un'occhiata sorniona da sotto le
ciglia. "Come ti chiamano le tue ragazze quando siete a letto? Bla? Bla
Bla?"
Blaise non
riuscì a non ridere. E lei sorrise sincera. "Comunque domani
accompagno
Astoria a fare shopping…" gli confidò.
"Astoria?"
"Non si
chiama Astoria, la Greengrass?" Il volto della rossa assunse
un'espressione
allarmata e lui scosse le spalle ridendo.
"Sì, sì,
è giusto. Mi sembrava… strano. Tutto qui."
"È
strano, effettivamente: non mi piace lo shopping. Ma non sono riuscita
a dirle
di no…."
"Tu che
non riesci in qualcosa? Sicura di essere veramente Ginny Weasley?" la
stuzzicò, allungando una mano verso di lei e dandole un
buffetto sulla guancia.
"Spiritoso.
È solo che le ho detto di stare lontano da Malfoy e ora che
mi ha ascoltato,
sembra che non abbia nessun appoggio per frequentare qualcun altro,
così tocca
a me."
Blaise annuì.
Anche a lui piaceva il fatto che Astoria non stesse più
attaccata al mantello
di Draco.
"Le farà
bene."
"Sveglierà
quel troll di Malfoy."
Non lo guardò
mentre lo diceva, ma per Blaise fu come se si fossero scambiati una
confidenza
intima: lei aveva capito che a Draco piaceva Astoria, fondamentalmente,
sotto
tutti quegli strati di stronzaggine.
Quando
finirono di sparecchiare, lei si mise a lavare i piatti. "Lascia, ora
chiamo Kikky e…"
Lei alzò le
spalle e scosse la testa. Aprì il rubinetto e
insaponò le poche stoviglie, con
gesti esperti, senza accorgersene. Capì che non aveva usato
la bacchetta
apposta, come se fare quel piccolo lavoro manuale la stesse aiutando a
pensare.
Si guardò intorno e recuperò uno strofinaccio e
l'aiutò.
"Blaise…"
Il moro si girò mentre finiva l'ultimo pezzo da asciugare e
la guardò, stupito
che lo avesse chiamato per nome senza prenderlo in giro e con un tono
così
serio. E intenso. Si immaginò la sua stanza da letto in
penombra e lei che si
rotolava nuda sotto il piumone.
Merlino, non ci
pensare!
Quando il
ragazzo si girò, con un'espressione stupita in volto, Ginny
si morse il labbro.
Avrebbe potuto chiederglielo? O sarebbe sembrato strano? Voleva dormire
a casa
sua. Dormire davvero. Ma sembrava una domanda più indecente
che chiedergli di
andare a letto insieme.
"Sì?"
chiese lui, quando lei non disse altro.
"Ricordati
di controllare quello che fa la Parkinson. Buonanotte". E detto questo,
si
smaterializzò a casa.
-
-
-
***Eccomi!
Scusate il ritardo, ma sono stata in vacanza. Buona lettura ragazzi!
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Capitolo 18 *** Chiacchiere, vestiti e burrobirre ***
Chiacchiere,
vestiti e burrobirre
-
-
"Così,
hai visto la piccola Weasley abbastanza spesso, di recente. O sbaglio?"
Blaise fece
finta di non aver sentito e Theo, che lo conosceva bene, rise
perché aveva
capito che lui lo stava facendo apposta. "Dovremmo aspettarci degli
annunci
importanti?" chiese ancora, mentre osservava con attenzione la vetrina
di
un negozio di abiti femminili.
Blaise
sbuffò. Cosa ci facevano lì? Non erano a Diagon
Alley, non era uno dei posti
che frequentavano, non c'erano sale da gioco, non c'erano club per
maghi.
"Chi
altri lo sa?" domandò, invece di rispondere, infilandosi le
mani in tasca
e sbuffando. Anche se lo sapevano i fratelli di lei, pensava che la
notizia non
fosse ancora arrivata ai suoi amici.
"Io non
l'ho detto a nessuno…"
Il moro
annuì: bene. "E come lo hai scoperto?"
"Me lo
hai detto tu, adesso."
Cosa? Blaise
si girò di colpo verso l'amico che si voltò verso
di lui con un piccolo ghigno
in viso: Merlino!
"Come
hai fatto a capirlo?" Qualcosa doveva comunque averlo tradito e voleva
capire cosa.
"L'ho
nominata tre volte. Per tre volte ti sei irrigidito e hai cambiato
discorso in
modo strano. Ma la tua espressione non è mai stata
arrabbiata, anzi..." Blaise
corrugò la fronte: quelle erano cose che faceva lui, di
solito. "Non
guardarmi così, me lo hai insegnato tu!"
"Ti ho
insegnato cosa?"
"A
notare i dettagli."
Blaise non
disse più niente e Theo tornò a guardare la
vetrina. "Ci sei andato a
letto?"
"No"
brontolò.
Theo si voltò
a guardarlo ancora e gli lanciò un'occhiata obliqua: Blaise
sapeva cosa stava
pensando, ma lui non era d'accordo. "Potrebbe essere una soluzione per
il
tuo problema".
"Io non
ho problemi" sostenne, anche se la sua voce traballò un
pochino. Poi,
tentando di cambiare discorso, chiese: "Si può sapere cosa
ci facciamo
qui?"
"Il tuo
problema, uno solo, per fortuna, si chiama Chastity. Finché
non riuscirai a
lasciarti quella storia alle spalle, non andrai avanti"
dichiarò Theo,
come se fosse un gran intenditore.
Se il suo
problema fosse stata Chastity, lo avrebbe superato tempo prima. E poi,
comunque… "Non funziona."
"Cosa
non funziona?" Theo si voltò di scatto verso l'amico
più per il tono che
aveva usato che per le parole che aveva detto.
"Il
sesso" precisò Blaise, volgendo lo sguardo da lui. Merlino,
lo sapeva
anche lui che non funzionava! Però aiutava! Il moro dovette
capire qualcosa dal
suo sguardo, perché continuò. "O per te sta
funzionando?"
Theo non
rispose e il suo viso si pietrificò. Non voleva rispondere.
Lentamente tornò a
guardare la vetrina: lei non c'era.
"No, non
funziona. Ed è sempre peggio."
"Tu sei
innamorato, è diverso" lo sostenne Blaise. Già,
bella scusa di merda.
"Io non ero innamorato. Volevo solo…"
Blaise
alzò
le spalle e si ritrovò, nel giro di due giorni, a dover
spiegare che era stato
il suo orgoglio a essere ferito e non il suo cuore. E non sapeva cosa
fosse peggio.
E ci aveva provato, a usare il sesso, ma non aveva funzionato.
Cioè, come aveva
detto a Ginny, era come tentare di prendere un Drago con un retino per
farfalle:
non bastava.
"La
Weasley" disse ancora Theo. Sì, aveva capito.
"Ti ho
detto che non…"
"È
qui" precisò il moro, indicando con il dito il vetro.
"Dentro?"
Stupore e sorpresa, per non parlare di una buona dose di eccitazione,
sollevarono Blaise da quello stato pensieroso: lei era dentro a un
negozio di
abiti da cerimonia? E che doveva fare? Sposarsi?
*
Il
pizzetto di Blaise le solleticava il viso e lei
iniziava a trovare la cosa piuttosto eccitante. Gli portò le
mani fra i capelli
e gli passò i polpastrelli sulla cute: lui gemette e Ginny
si sentì potente.
Quando le sue mani si posarono sulla schiena e la strinsero a lui,
sentì il suo
corpo rispondere al calore di quello del moro.
Parole incomprensibili le uscirono dalle labbra, nei
pochi momenti in cui riprendevano fiato, sentendo un brivido scorrere
fino al
grembo.
La bocca di lui scivolò via da lei, percorrendo
prima la linea del collo, giocando con la sua pelle, leccando e
mordendo, per poi
scendere ancora.
Le sue dita stringevano ancora i capelli di Blaise e
lei lo guidò delicatamente verso il suo seno, mentre
sospirava d'urgenza.
Blaise, con un ghigno che le diede un brivido, la
spinse delicatamente e lei si ritrovò sdraiata sul tappeto
dello studio in casa
di Maddie. Lo tirò verso di sé e lui si stese
appoggiandosi sui gomiti, mentre
i loro bacini si incastravano e i suoi occhi scuri la guardavano pieni
di
desiderio. Poteva sentire il calore del suo corpo attraverso i vestiti.
Ma
perché avevano ancora i vestiti? "Ti voglio dentro di me"
disse,
posandogli le mani sulle guance, accarezzandogli la barba prima di
baciargli le
labbra. La sua bocca famelica le fece capire che la cosa era reciproca.
Ma
allora cosa stava aspettando?
Il ragazzo le spostò una ciocca di capelli dalla
fronte in un gesto delicato e lei sentì il petto vibrare:
era così intimo. Quando
aprì la bocca per parlare, però, la sua voce fu
orrenda. E femminile. "Ti
sto annoiando?"
Come? Spalancò gli occhi.
Ginny aveva
appoggiato la guancia sulla mano e chiuso gli occhi solo per due
secondi. Solo
due, ne era sicura.
"Ti sto
annoiando?" La voce di Astoria, questa volta divertita, la
svegliò del
tutto. Ginny si guardò intorno, dispiaciuta di non essere su
un tappeto morbido
a baciare le labbra di Blaise.
"No, certo
che no…" rispose meccanicamente, come quando quella domanda
gliela faceva
Hermione mentre studiavano in biblioteca a Hogwarts.
Merlino, era
un sogno!
La biondina
sorrise, materna: quella ragazzina sembrava un'ingenua, ma in
verità era molto
in gamba.
"È solo
che scegliere vestiti non è proprio il mio passatempo
preferito" ammise
lei, cercando di mettersi dritta su quella poltrona sofficissima. Ma
perché le
facevano così comode che poi uno ci si addormentava su?
"Avrei preferito
una burrobirra al pub in fondo alla strada…"
"Tu hai
già un vestito?" le chiese, allora, innocentemente, la
piccola Greengrass.
"Un
vestito per cosa?" rispose, corrugando la fronte: Ginny aveva una
manciata
di abiti, presi con l'aiuto di sua cognata e Hermione, con cui andava
ai balli
del Ministero. Loro le dicevano cosa mettere e lei le ascoltava. Non le
piacevano molto i vestiti (e le scarpe con il tacco!) ma ne aveva
qualcuno
giusto per le occasioni importanti. Non disse che cercava di evitare le
'occasioni
importanti' da quando aveva lasciato Harry, visto che tutti la
fermavano per
parlare di lui che, essendo lontano, non poteva soddisfare le loro
curiosità.
"Per la
serata di beneficenza del Magical
Children!" esclamò la ragazza, stranita dal fatto che
potesse essersi
scordata un evento così importante, probabilmente.
L'organizzazione sportiva che si
occupava del campionato di Quidditch nazionale aveva aderito anni prima
a
organizzare una cena di beneficienza con tanto di asta benefica del
materiale
delle varie squadre a favore dell'associazione che si occupava dei
bambini. E
ora si ripeteva tutti gli anni.
Ginny sospirò. "Oh, non penso di
andarci" ammise.
Astoria si sedette sul bracciolo della
poltrona e con fare materno le prese una mano. "Deve essere difficile
per
te, scusa se non ci ho pensato… È per via di
Potter? Perché lui non ci
sarà?"
Come? Ginny spalancò gli occhi,
sorpresa. Cosa stava dicendo? "Ma no! Cioè, sì,
anche. Ma soprattutto
perché più che un evento benefico è un
grande palco dove si viene esibiti e a
me non piace per niente…"
Astoria continuò a guardarla con
tenerezza e a Ginny iniziò un po' a dare fastidio.
"Scommetto che Richard
sarebbe onorato di venire con te. Ieri sera diceva che…"
"Ieri sera? E dove lo hai
visto?"
"Oh, io e Rudy siamo usciti
insieme a lui e…"
"Non starai correndo un po' troppo
con Fastball, Greengrass?" le chiese subito, interrompendola e cercando
di
cambiare argomento.
Il sorriso
che illuminò il viso della biondina avrebbe potuto
rischiarare una notte di
luna nuova. "No. Ci stiamo conoscendo. E per la prima volta, fare
qualcosa
da sola, senza mia sorella e la sua compagnia, mi fa stare bene".
Ginny annuì:
lei sembrava convinta e in fin dei conti era merito (o colpa?) sua se
aveva
conosciuto Fastball.
"Stai
attenta, però".
"È una
vita che sto attenta, Weasley…" Il suo tono di voce era
quasi triste e
Ginny ebbe un po' di simpatia per lei.
"Perfetto.
Allora, chiamami Ginny e cerchiamo un vestito più scollato
di questo, così il
tuo Rudy dovrà lottare contro i pantaloni oltre che contro
gli avversari!"
Astoria rise e si guardò il vestito.
"Sì, hai
ragione: sembro un'educanda… E io ho altre intenzioni per la
serata…". Il
suo viso si dipinse di un sorriso birichino e Ginny spalancò
gli occhi.
"Oh!"
"Pensavi
fossi una stupida che si immola al primo biondo che incontra e aspetta
che lui
si accorga di lei, eh?"
"Cosa?
No, no… Beh, sì lo avevo pensato…"
ammise la rossa, sincera. Quella ragazza
le stava piacendo. Molto.
Astoria
sapeva benissimo quello che la gente pensava di lei. Non aveva mai
nascosto il
suo amore per Draco, ma non per questo la sua vita si era fermata.
"Lo
pensano tutti, immagino. Deve essere perché quando
c'è lui io…"
"Tu
diventi molto protettiva" concluse per lei Ginny Weasley, probabilmente
aveva dosato le parole per non essere offensiva e Astoria
l'apprezzò un po' di
più. Annuì. " E pensano sia una tua
debolezza…" Ancora si mosse per
affermare la cosa.
Per la prima volta,
si trovò a dare spiegazioni. Cioè, per la prima
volta aveva trovato qualcuno
che l'ascoltasse. "Io penso che amerò sempre Draco. E so che
non è detto
che staremo insieme, che formeremo una famiglia e tutto il resto. Non
ho
intenzione di stare qui ad aspettare che lui si accorga di me. Se non
mi vuole,
che sia così. Ma quando ha bisogno, io ci sono".
"Lui ha
bisogno?"
Astoria si
trovò a raccontare brevemente del periodo subito dopo la
guerra, quando il
mondo magico era in festa per la caduta dei mangiamorte, e Draco era
devastato,
la sua famiglia sfasciata e tutto il resto. Draco si materializzava a
casa sua,
in camera, e passavano la notte insieme. Le prime volte lui non diceva
niente e
lei lo teneva abbracciato e basta, poi, giorno dopo giorno, avevano
iniziato a
parlare e spesso si era trovata anche lei a confidarsi.
"E non
avete mai fatto…"
"No"
rispose, prima che lei finisse la domanda. Ciò che c'era fra
lei e Draco era
molto più intimo del sesso. Il suo amore per lui era nato
quando lei era ancora
innocente e sarebbe durato per sempre, così, un amore
effimero, senza che
sfociasse per forza in qualcosa di più. Chissà se
lei poteva capirlo.
Probabilmente sì, era la persona che poteva capirla
più di tutte: tutta
Hogwarts sapeva che lei si era innamorata di Potter a prima vista e che
lo era
rimasta anche dopo. Beh, forse adesso non lo era più.
"Siete
amici, dici… Non avete mai fatto sesso e non ti importa se
lui ci prova con le
altre… Non sarebbe il caso di chiarire la questione fra voi?
Magari se lui lo
sapesse tu potresti…" Ginny si bloccò quando una
strega passò loro vicino
e Astoria notò un po' di apprensione sul suo viso.
"Beh,
immagino che lui abbia capito quello che provo… Ma non ho
intenzione di morire
per lui, se è questo che ti preoccupa. E l'ho proprio
imparato da te"
confessò.
"Da me?"
Ginny si alzò in piedi, stranita.
Ascoltò
Astoria che le spiegava di aver sentito lei e Hermione parlare dei suoi
sentimenti per Harry al suo quarto anno e di come l'amica le avesse
consigliato
di essere più se stessa e di vivere la sua vita. E di come
l'aveva vista mentre
iniziava a crearsi una sua vita fatta di amici, fidanzati, Quidditch e
tutto il
resto. Oh, era vero: Hermione era sempre una grande, aveva salvato
più di una
vita di adolescenti innamorate, il merito era soprattutto suo.
Ginny annuì e
si risedette per ascoltare. Era così stranita nell'ascoltare
le storie della ex
Serpeverde, convinta che loro fossero così diversi dagli
altri, per poi
scoprire che invece l'anima ha gli stessi bisogni anche se appartiene a
persone
diverse.
Il biondo
l'aveva consolata quando l'anno prima era morta sua nonna: loro
parlavano e
Ginny, da Malfoy, non se lo era proprio aspettato. Trovavano conforto
una fra
le braccia dell'altro. Ma allora perché non stavano insieme?
Se lui era a
conoscenza di quello che Astoria provava, perché non si
erano messi insieme?
"Lui non
me l'ha mai proposto. Non ha mai detto che mi vuole…"
Astoria si
interruppe e si morse il labbro. Ginny non seppe bene cosa fare, ma le
prese un
braccio e la strinse. Però era strano, a lei era sembrato
che Malfoy fosse
interessato, a dir la verità.
Ma non lo
disse e la bionda continuò a parlare. "Sai, mi sono
confidata con Pansy e
anche lei…" Ginny drizzò le orecchie: la
Parkinson! Non aveva pensato di
prendere informazioni sulla ragazza, ma poteva essere una buona idea.
Beh, poteva
esserlo se non si fosse persa il resto della frase.
"Che ti
ha detto la Parkinson?"
"Di
andare avanti e di non smettere di vivere."
Oh. Non lo
avrebbe mai detto. Pensò a come far cadere il discorso sulla
ex Serpeverde,
quando la ragazza sospirò forte e lei si bloccò.
"Ma ora…"
iniziò, ma Astoria si alzò e Ginny decise di
provarci in un altro momento.
"Beh,
almeno ora esci con Fastball. Com'è? Sembra carino.." Ginny
non disse che
a confronto con Malfoy sembrava una tartina alla frutta contro una mela
ammaccata caduta dalla pianta.
"Rudolph
sa che sono complicata. Gliel'ho detto. Ma abbiamo deciso che vediamo
come va.
Chi lo sa, magari è la volta buona oppure…."
"Oppure
speriamo che sia almeno bravo a letto!"
Astoria
divenne rossa sulle guance e si guardò intorno. "Ehi, non
gridare! Sì, è
quello che avevo in mente, ma non c'è bisogno di farlo
sapere a tutti…"
Ginny rise e
sventolò una mano per liquidare la cosa. A lei non
interessava cosa pensassero
gli altri. Almeno finché non iniziavano a comparire titoli
di giornali falsi.
Astoria si
alzò dalla poltrona e tornò verso gli
attaccapanni dove erano esposti gli
abiti, per scegliere un vestito più scollato.
Venti minuti
dopo, le ragazze uscirono dal negozio e Astoria reggeva una borsa con
un abito,
un paio di scarpe, delle calze di seta fine, un completo intimo e delle
giarrettiere. Ginny aveva guardato il tutto con un certo distacco,
mentre la
ragazza, evidentemente abituata al lusso e a non battere ciglio sui
prezzi, pagava
gli acquisti.
"Ci
fermiamo per la burrobirra? Che dici, me la merito?" Ginny
ammiccò.
"Sì,
così vediamo se riesco a convincerti a venire alla cena di
beneficenza…"
Ginny sbuffò.
"Ti ho detto che non verrò. Di' a Richard di invitare
qualcun'altra."
Astoria
storse il naso e la bocca. "Però una volta potremmo uscire
noi quattro,
senza il galà di beneficenza. Lui sembra davvero interessato
a te, sai? Cos'ha
che non va?"
"Non ha
niente che non va. È perfetto, Astoria, è
perfetto."
"Ed è un
male?" Ginny vedeva perfettamente che la bionda non capiva.
"Troppo
gentile, troppo accondiscendente, mi dà sempre
ragione… È perfetto, ma…"
"Santo
Salazar, ma è noioso!" Astoria scoppiò a ridere.
"Già. E poi
è troppo simile a Harry… ho bisogno di altro,
ora" disse ancora, e per
chiudere la questione le fece l'occhiolino e cercò di
buttarla su argomenti che
magari lei non avrebbe affrontato in mezzo alla strada.
"Oh…"
La bocca di Astoria si fece tonda e Ginny ne approfittò per
incamminarsi verso
il pub: non aveva declinato la burrobirra, giusto?
"Intendi…" La
ragazza si fece pensierosa e Ginny continuò a guardarla
mentre camminavano, più
per infastidirla e impedirle di andare avanti con il discorso, che per
altro.
"Se intendi ciò che ho capito io, so io chi
potrebbe…" La voce di
Astoria era così bassa che Ginny dovette fermarsi per
avvicinarsi a lei.
Merlino, era anche più alta e dovette allungarsi per sentire
cosa volesse dire.
"Sì, se vuoi fare…"
"Sesso"
la interruppe e Astoria annuì.
"Conosco
chi…" iniziò ancora, ma poi il suo sguardo si
alzò e guardò qualcosa
dietro alle sue spalle.
Conosceva
qualcuno che faceva sesso a pagamento o qualcuno che volesse farlo con
lei?
Cosa stava per dire? Ginny stava morendo di curiosità.
"Chi?" chiese:
quella ragazza era piena di sorprese.
"Blaise!"
esclamò e la rossa spalancò gli occhi. Chi?
"Theo! Cosa fate qui?"
Ginny capì che non stava più parlando con lei e
si girò, notando i due ex
Serpeverde.
Blaise aveva
visto le ragazze mentre uscivano dal negozio, subito dopo che Theo
gliele aveva
indicate. Parlottavano vicine e la bionda aveva una grossa borsa di
acquisti,
mentre la ex Grifondoro non aveva niente. Ah, ecco.
La prima a
vederli fu Astoria, che li chiamò a gran voce, facendo
girare la rossa verso di
loro. "Ragazzi! Cosa fate qui?" chiese, sorridendo, la sorella di
Daphne.
"Niente."
"Theo
cercava una ragazza" disse invece lui, ignorando l'occhiata omicida che
gli lanciò l'amico, prima di tornare a sorridere
canzonatorio e rivolgersi alle
ragazze.
Ginny
inclinò
la testa quando vide lo sguardo che i ragazzi si scambiarono, ma poi
Nott si
dedicò ad Astoria, facendole un po' di moine e prendendola
sottobraccio.
"Chi
stavi cercando, Theo?" chiese, con quel suo tono innocente e gentile.
"Ma
stavo cercando te, mia bellissima Astoria!" le aveva risposto lui,
infilando la mano all'interno del gomito e stringendola a sé
senza esagerare.
"Dove stavate andando?" chiese ancora, prima che la bionda potesse
ribattere qualsiasi cosa sulla sua frase stucchevole.
"Ho promesso
a Ginny una burrobirra, perché è stata
così carina da aiutarmi a scegliere un
vestito, nonostante si annoiasse a morte."
"Burrobirra?
Interessante, vi accompagniamo."
"Ma…"
Ginny si voltò verso Blaise che stava corrugando la fronte e
stringeva gli occhi:
probabilmente gli stava guastando i piani.
I due ragazzi
si allontanarono in direzione del pub e Ginny rimase dietro con il moro
che
sospirò e poi allungò una mano a indicare la
strada, come per un invito.
Si
incamminarono insieme anche loro, ma senza toccarsi.
Mi
hai baciato. Mi hai baciato tu.
Il
pensiero
di confessarglielo non riusciva ad abbandonare la sua mente. Ma poi,
Blaise non
glielo disse.
"Non
dovevi tener d'occhio la Parkinson?" domandò. "Che ci fai
qui?"
"Pansy
oggi è in visita in Cornovaglia a dei parenti di suo padre.
Tornerà stasera
dopo cena" spiegò e lei annuì, ma
arricciò le labbra.
"E Maddie
come sta? Sei andato da lei, oggi?" gli chiese ancora, senza alzare
troppo
la voce e Blaise apprezzò il gesto.
"Sono
andato a trovarla stamattina, ma si è lamentata di me tutto
il tempo, dicendo
che stavo sempre in mezzo ai piedi e che criticavo quello che faceva,
così sono
venuto via."
Lei rise e
Blaise dovette spostare lo sguardo dal suo viso. "Scommetto che
è vero:
hai passato il tempo a dirle cosa fare e come, eh?" Blaise si
stranì al
pensiero che avesse ragione e, suo malgrado, dovette ammetterlo,
così annuì
mettendosi le mani in tasca. "Lo so che lo fai a fin di bene, dai"
gli disse, posandogli una mano sul braccio e lui si sentì
quasi imbarazzato
dalla cosa, come se avesse dodici anni. "Ma effettivamente sei proprio
pesante quando lo fai!" concluse, dandogli una pacca forte sotto la
spalla, ridendo di lui.
Ginny si era
sentita accaldata quando gli aveva appoggiato le dita sul braccio e
aveva
deciso subito di trasformare quel gesto in qualcos'altro, nel timore di
fare
qualcosa che non sarebbe andato bene per quel momento lì.
Si sentiva
strana quando era in sua presenza, ma non riusciva a spiegarsi il
perché. Era
come se dovesse capire bene come stavano le cose e non le era mai
successo. Lei
non doveva mai ragionare troppo, su niente. E di solito non lo faceva.
Ma
quando era con quel ragazzo, era diverso.
Senza
aggiungere altro si voltò e allungò il passo
verso la coppietta che li
precedeva, continuando a parlare con il moro, ma senza stargli troppo
vicino.
Quando
entrarono nel locale, Nott li condusse direttamente a un tavolo in
fondo e le
invitò ad accomodarsi. Lei e Astoria si sedettero e i
ragazzi dissero che
sarebbero andati a ordinare al bancone.
"Per me
un tè nero pomeridiano, allora. Con latte e zucchero" disse
la bionda,
girandosi poi verso la sua accompagnatrice. "Ma Ginny penso che
preferisca
una burrobirra, giusto?"
La ex
Grifondoro annuì. "Sì, per l'amor di Merlino, se
sento ancora qualcuno
nominare una delle mille sfumature del bianco e come si usa, penso che
vomiterò…"
Blaise rise e
alzò allo stesso tempo gli occhi al soffitto. "Immagino. Ci
vuoi lo
sciroppo di ciliegia?" domandò, incurante delle due occhiate
che ricevette
dagli amici.
La ragazza
annuì ancora, senza essere sorpresa del fatto che lui se lo
ricordasse e con
noncuranza si chinò verso Astoria dicendole qualcosa che
fece ridere la più
giovane.
I due amici
si diressero al bancone e per tutto il tragitto Blaise
riuscì a fingere di non
notare lo sguardo incuriosito di Theo.
"Non
pensavo che foste così intimi" esordì l'amico
come posò le mani sul
pianale di legno e lui stava aspettando proprio il momento in cui
avrebbe detto
qualcosa.
"Infatti
non lo siamo. Ti ho detto poco fa che non andiamo a letto insieme"
quasi
si giustificò.
"Guarda
che ho capito. L'intimità è una cosa diversa dal
sesso" precisò Theo,
alzando un dito per chiamare il barista.
Come? Blaise
aggrottò la fronte mentre l'amico faceva le ordinazioni: il
tè per Astoria e
altre tre burrobirre. "Che cosa ci vuole dentro, la tua ragazza?"
chiese, girandosi verso di lui.
"Sciroppo
di ciliegia" spiegò al barista e il mago annuì,
dicendo che avrebbe
portato lui al tavolo le ordinazioni, per poi sparire nel retro. I due
ragazzi
tornarono verso il fondo del locale.
"Non mi
hai corretto."
"Sei un
idiota, era fiato sprecato" constatò, ma sapeva che aveva
ragione: non
aveva precisato che Ginny non era la sua ragazza. Theo rise.
Quando
tornarono al tavolo, le due ragazze parlottavano ancora. Le due teste
vicine, i
visi rilassati, Theo notò anche Astoria sorridere: di sicuro
stare un po'
lontano dalla sorella le faceva bene. O forse era proprio la Weasley.
"…sì,
anche Pansy l'ha detto…" Quando sentì quella
frase, il ragazzo drizzò le
orecchie.
"Cosa ha
detto Pansy?" chiese, con tono neutrale.
"È un
segreto, Nott. Se te lo rivelassimo, poi dovremmo ucciderti"
scherzò la
rossa, ammiccando nella sua direzione. Prese la battuta per quello che
era e
fece un sorriso tirato.
"No,
dai, scherzavo. Sembra che sia stata molto disponibile con Astoria,
tutto qui.
Non che io la conosca bene…" Ginny sperò che la
sua frase non fosse troppo
mielensa e che spronasse anche il moro a darle la sua opinione sulla
Parkinson,
perché era vero: lei non la conosceva per niente,
praticamente. E doveva farsi
un'idea per la questione dei fiori e della memoria di Maddie.
"Pansy è
una bacchettona. Sempre lì a dire che siamo tutti stupidi e
sbagliamo qualcosa.
Per fortuna si è sposata e non si è
più fatta vedere. Sai com'è, quando sposi
l'unico nipote di Ollivander…" La voce del ragazzo era
pregna di qualcosa
a cui Ginny non riuscì a dare un nome, forse invidia, stizza
o addirittura
rabbia. Ma l'unica domanda che fece fu: "Ollivander quello delle
bacchette?"
"Già. Un
tipo nobile. Sai com'è, non uno come noi…"
precisò ancora. Oh, anche fra i
Serpeverde purosangue c'era una gerarchia di nobiltà?
Interessante. E la
Parkinson un po' la puzza sotto al naso ce l'aveva già a
scuola.
"Stanno
arrivando le nostre ordinazioni!" disse Astoria quando nessuno
parlò per
qualche istante e il silenzio si era riempito di imbarazzo.
Blaise
avvicinò la sedia a quella della ragazza cercando di
spiegarle: "Non
nominare Pansy: lei e Theo hanno avuto dei trascorsi e non si sono
lasciati bene…"
La bocca della
rossa disegnò un cerchio e poi annuì, ma il
ragazzo fece fatica a staccare gli
occhi dalle sue labbra e ci riuscì solo quando lei prese il
bicchiere per bere.
"Ehi,
non facciamo un brindisi?" propose subito Theo, tornato al solito
ciarlare
superficiale.
"E cosa
dovremmo festeggiare?" gli chiese la rossa, fermandosi dal bere il
primo
sorso.
"Oh, lo
so io, ma io posso brindare solo con il tè…"
Astoria si versò un po' di
liquido ambrato nella tazza e dosò latte e zucchero, prima
di afferrare il
manico e alzarla verso il centro del tavolo. "A Ginny. Che è
gentile,
simpatica e mi ha accompagnato anche se si è così
annoiata da addormentarsi in
poltrona al Lady's Witch!" E
tutti fecero tintinnare i bicchieri.
"Ti sei
addormentata dentro al negozio?" domandò Blaise a bruciapelo
e Ginny
annaspò prima di rispondere, perché sapeva cosa
le volesse chiedere con quella
frase.
"Anche a
me succede, Weasley, sono dannatamente comode quelle poltrone. Ci
faccio di
quelle dormite…" Theo stava sdrammatizzando nel suo solito
modo di fare e
Astoria ridacchiò e spalancò la bocca, facendogli
un sacco di domande su quando
fosse successo.
Mentre i due
chiacchieravano, Blaise si sporse ancora verso la rossa. "Non va
bene" disse solamente e lei non negò.
"Lo so,
Zabini" rispose, un po' sostenuta, ma lui sentì della
stanchezza anche
nella sua voce, così cercò di non infierire.
"E
dovevamo chiamarci per nome. O sbaglio?"
"Ti
chiamerò Blaise solo quando smetterai di
sgridarmi…" brontolò
simpaticamente lei.
"Così
non capiterà mai, Weasley!" la prese in giro e Ginny non
riuscì a
trattenere una risata.
"Hai
ragione, dovrò abituarmi…" Nonostante tutto, la
ragazza prese ancora il
bicchiere e lo fece toccare contro il suo, prima di bere ancora. "Ci
vediamo stasera?" gli chiese subito dopo, ma senza alzare la voce.
Blaise rimase
stranito dalla sua domanda. Perché avrebbero dovuto vedersi?
Non avevano nessun
motivo. Beh nessuna scusa per via di sua madre, ma qualche motivo lui
era
sicuro di riuscire a trovarlo. Ma il viso della ragazza era davvero
stanco e
lui, guardandola, non riusciva a capire se fosse una domanda dovuta o
interessata.
Theo aveva
sentito la domanda della Weasley, così aveva studiato il
viso dell'amico: gli
avrebbe fatto bene uscire con lei. Vederla o fare quello che diceva che
non
facevano quando stavano insieme. Ma sapeva che lui non si sarebbe
lasciato
andare facilmente. O sì? La piccola rossa aveva il potere di
smuovere la
rigidità del suo amico? Provò ancora a osservarlo
ma non capì bene cosa gli
passasse per la testa: era dannatamente bravo a nascondere qualunque
cosa a
chiunque. Sorrise della situazione: lei forse era quella giusta. E Theo
sapeva
bene che mille ragazze non valevano un decimo di quella
giusta.
"Stasera…"iniziò
il moro dinoccolato, ma subito Astoria lo riportò all'ordine.
"Guarda
che stasera c'è la festa a sorpresa per il compleanno di
Millicent. Non farete
come l'anno scorso che siete venuti per mezzora e poi ve la siete
filata…"
"Millicent?
Stasera?" Astoria vide lo sguardo spaesato di Blaise e
sbuffò: facevano
sempre così.
"Siete
sempre i soliti! Fate finta di dimenticarvi e poi Millie ci rimane
male…
L'ultima volta pensava che foste arrabbiati con lei!"
"Ma no,
non siamo mica arrabbiati, solo…" Theo fece uno dei suoi
soliti sorrisini
prima di finire la frase e Astoria scosse ancora la testa.
"Non vi
interessa niente di lei! Dovremmo essere tutti amici, Porco Merlino!"
Se c'era una
cosa che la bionda non sopportava era quando le persone snobbavano
Millie: lei
sapeva che in verità era dolce e carina, anche se subito
sembrava che avesse un
carattere un po' scontroso. In verità lei pensava che si
meritasse l'amicizia
degli altri molto più di Daphne, ma non lo avrebbe mai detto
ad alta voce.
"Non
fatemi arrabbiare Astoria, che poi dice parolacce!" Ginny si
stupì
dell'agitazione dell'amica e sorrise divertita, mettendole un braccio
sulle
spalle.
"È solo
che mi fa innervosire quando fanno così solo
perché Millie non è…" Astoria
si impappinò, e Ginny immaginò che non volesse
dire niente di negativo sull'amica.
Nonostante la Bulstrode non le fosse molto simpatica,
apprezzò così tanto la
lealtà della bionda che tentò di darle man forte.
"Non
potete proprio mancare, allora" disse con convinzione, guardando i due
ragazzi distrattamente.
"Potresti
venire anche tu, Weasley, visto che ci tieni così
tanto…" la stuzzicò il
moro, sorridendole con intenzione e Blaise fu infastidito sia dal suo
atteggiamento sia dall'occhiata che si scambiò con la
ragazza.
"In
verità, Nott, penso che andrò a cena da mio
fratello…" rispose lei con
nonchalance e Blaise ebbe il dubbio che prima la sua domanda fosse
stata fatta
per questo e non per il fatto che avrebbe voluto vedere lui. Si
passò una mano
sulla barba inconsapevolmente, lasciando andare i pensieri e senza
seguire più
la conversazione.
Ginny non
aveva nessuna intenzione di andare alla festa di compleanno della
Bulstrode e,
da quel poco che ricordava di lei e dallo sguardo che le aveva lanciato
alla
festa del Ministero, era sicura che neanche alla ex Serpeverde sarebbe
piaciuta
la cosa. Così tirò fuori l'invito di Charlie e si
divertì un mondo a ribattere
con Nott che doveva aver capito che era una scusa e andò
avanti un po' prima di
abbandonare la discussione.
Lanciò due o
tre volte qualche occhiata a Blaise, ma lui sembrava che pensasse ad
altro e
non le chiese di andare con loro neanche una volta.
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Capitolo 19 *** Strascichi ***
Strascichi
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Blaise
sospirò: la festa a sorpresa di Millicent, organizzata da
Astoria e Daphne,
era, fondamentalmente, una cosa carina, ma lui continuava a pensare
alla rossa.
"Allora,
Astoria cronometrerà il tempo che passiamo qui, immagino,
quindi prima di
un'ora e mezza non potremo andarcene…" Theo si
materializzò al suo fianco
come se avesse davvero usato la magia.
"E dove
dovremmo andare?" gli chiese Blaise.
"A casa
di Montague c'è una serata poker. Ma probabilmente ci
sarà Goyle…" Draco
apparve al lato destro di Blaise, anche lui con un bicchiere in mano.
"Goyle?"
Draco annuì
alla muta domanda di Theo. "Sì. È a casa per un
po', poi tornerà in America.
L'ho visto oggi pomeriggio e mi ha detto che deve sostenere un esame di
incantesimi antichi…"
Goyle, dopo
la battaglia di maggio, quando aveva rischiato la vita nella stanza
delle cose
nascoste, aveva deciso di andarsene dal Regno Unito. Aveva raggiunto
una cugina
che abitava in America del Nord e si era trasferito iniziando a
frequentare
anche l'accademia. Non era comunque diventato una cima, ma stare
lontano da
Draco lo aveva aiutato a migliorare. E Draco se ne rendeva conto
perfettamente,
così cercava di evitarlo quando erano insieme agli altri e
di lasciargli il suo
spazio.
"Posso
scrivere a Hermes e organizzare qualcosa…" propose Theo e
gli altri si
girarono verso di lui, annuendo.
"Un'ora
e mezzo, dicevi?"
"Forse
anche un'ora e un quarto."
Blaise guardò
l'orologio. "Da quanto siamo qui?"
"Una
vita…" rispose Draco, sorseggiando un liquido ambrato dal
bicchiere
rotondo. "Certo che poteva venire anche Pansy…" Blaise
sapeva che Draco
non era a conoscenza della situazione fra Theo e sua cugina,
così non disse
niente.
"Sarà
impegnata con suo marito…" Il tono del moro era infastidito
e stizzito, ma
Draco non se ne sarebbe accorto neanche se Theo avesse detto chiaro e
tondo
cosa pensasse di Oscar Ollivander. Blaise non gli disse che lei aveva
problemi
con il marito e che il suo matrimonio sarebbe stato annullato.
Quando
Millicent scartò un pacchetto e tutte le ragazze
ridacchiarono i tre sbuffarono
per l'ennesima volta.
"Ma se
ne accorgeranno davvero se sparissimo adesso?"
"Forse
se ci assentiamo per un'oretta e poi torniamo non se ne
accorgerà
nessuno…" propose ancora Theo.
Blaise annuì:
si poteva provare. Tanto li avrebbero sgridati comunque per non aver
partecipato attivamente alla festa, tanto valeva essere rimproverati
per
qualcosa di serio.
Si
smaterializzarono tutti e tre nello stesso momento senza neanche
mettersi
d'accordo.
***
"Ginny…
mi dispiace, io non…"
"Harry,
non è colpa tua…"
"Non era
mai successo e oggi…"
Ginny sbuffò.
Questa cosa che Harry era sempre convinto che fosse colpa sua, iniziava
a
infastidirla. Dover consolare qualcuno richiedeva troppe energie e lei
si
sentiva troppo stanca anche per alzare gli occhi al cielo. "Non
funziona
più" concluse lei e lui annuì.
*
La
lingua di fuoco verde si muoveva lenta e sinuosa
verso di lei, ma non fece niente. La guardò arrivare e non
riuscì neanche a
muovere la bacchetta. Poco prima che il lampo la colpisse si
svegliò di
soprassalto, urlando come se l'avesse colpita una Cruciatus.
Ginny
spalancò gli occhi e si passò una mano fra i
capelli, prima di guardarsi
intorno. Harry allungò una mano verso il comodino e si
infilò gli occhiali.
"Ora gli incubi ce li hai tu…" disse solamente e lei
poté solamente
annuire. "Vorrei poterti aiutare e invece non riesco neanche
più a…"
Ginny si
voltò verso di lui, inginocchiandosi sul letto e quasi
stupendosi di trovarsi
vestita: si ricordò cos'era successo prima che si
addormentasse.
"Non è
colpa tua, Harry, al massimo dovrei scusarmi io."
"Perché?"
"Perché
ti sto dicendo che è finita definitivamente e che non
tornerò più per…"
Ginny indicò il letto. "Per questo".
Harry annuì.
"Lo avevo immaginato. Ma tornerai qualche volta? Da… amici?
Non voglio
perdere…"
"Beh, a
dir la verità, potresti venire in Inghilterra anche tu,
sai?" Ginny pensò
anche a suo fratello.
"È
difficile per me…"
"È
difficile anche per chi è rimasto a casa. Ron pensa che tu
lo abbia
abbandonato!"
La faccia
stupita di Harry era troppo innocente perché stesse
fingendo. "Non ho
abbandonato Ron!"
Ginny sospirò
e, per la prima volta dalla depressione di Harry, parlò un
po' troppo
francamente. "Tu hai abbandonato tutti. Sei fuggito qui, sperando di
trovare qualcosa di meglio, ma non hai fatto passi avanti. Abiti in
questa
tenda che è bella…" Si alzò dal letto
e si infilò le scarpe, mentre
gesticolava con le mani per indicare ciò che avevano
intorno. "È bella, ma
non è un posto dove vivere. Trovati una casa, vai avanti.
Torna nel Regno Unito,
vai a trovare Ron, Hermione e anche mia mamma. A mia madre farebbe
veramente
piacere constatare che stai bene. E, per l'amor del cielo, Harry,
trovati una
ragazza. O un ragazzo. Non aspettare me per…" Il suo sguardo
si posò di
nuovo sul letto.
"Sì, ho
capito. E penso tu abbia ragione, comunque."
Ginny sospirò,
contenta: non pensava che potesse essere così facile. Beh,
si era immaginata
una bella nottata d'amore, prima di lasciarsi, ma quella non c'era
stata. E non
per colpa di Harry. Era lei che non era riuscita a lasciarsi andare.
"Ho
sempre ragione, io" disse, cercando di sdrammatizzare la situazione.
Harry
si alzò e girò intorno al letto per andarle
vicino, sorridendo.
"Ti
vorrò sempre bene, lo sai, vero?" Ginny annuì
quando sentì una lacrima
pungerle un occhio: non voleva piangere quindi preferiva non parlare.
"E
hai ragione anche su Ron e i tuoi genitori. È ora che io
decida cosa fare della
mia vita" concluse.
"Anch'io
ti vorrò sempre bene, Harry. E mi dispiace non essere
riuscita a…"
Il moro, da
quel gentiluomo che era, prese la mano della ragazza e si
portò le sue dita
alle labbra. "Spero che con lui andrà bene come meriti"
disse.
Con
chi? Ginny
pensò subito a Blaise. Possibile che in verità
Ron avesse scritto a Harry e gli avesse raccontato di loro? Anche se
Ron non
sapeva niente, non sarebbe stata la prima volta che parlava senza
cognizione di
causa. Ma no, non lo aveva fatto di sicuro. O gli aveva parlato di
qualcun
altro solo per farle un dispetto?
"Lui chi?" chiese quindi.
Harry
rise e
alzò le spalle. "Chiunque tu abbia pensato mentre lo dicevo.
Ho visto il
tuo sguardo e ti assicuro che una volta, quello, era per me".
Rise ancora
quando notò le guance della ragazza tingersi di un tenero
imbarazzo.
***
Blaise
era
sul balcone dell'appartamento di Hermes che fumava una sigaretta quando
Draco
si materializzò al suo fianco.
"È una
bella serata: né troppo caldo né…."
Il moro si
voltò, quasi inconsapevole del fatto che si notasse lo
stupore sul suo viso.
"Mi parli della temperatura, Draco?"
Il biondo
tirò fuori il portasigarette e ne prese una. "So che hai
visto Astoria,
oggi" esordì direttamente, mentre tirava dal filtro per far
accendere la
punta.
Ah, ecco.
Questo era più normale. "Te l'ha detto Theo?"
"E so
che si è comprata un vestito nuovo…"
Il moro
aggrottò le sopracciglia: dopo il meteo, Draco voleva
parlare di vestiti? E su
cosa avrebbero discusso? Stoffa?
'È
meglio la seta o la mussola per un abito da
pomeriggio, secondo te?'
Si immaginò di sentirlo chiedere.
"Sì. Mi
sembra di aver capito che fosse bianco."
Draco si girò
verso di lui, con uno strano ghigno in viso. "Bianco? Blaise, perdi i
colpi. Da quel che so io è avorio…"
Poi il suo sguardo si fece serio per un attimo e tirò di
nuovo dalla sigaretta.
"Cosa
vuoi, Draco? Non capisco…"
"Era con
la Weasley. E sembra che lei abbia chiacchierato tanto con
te…" Merlino!
Nott aveva già aperto la bocca? Quel bastardo…
Come se gli avesse letto i
pensieri, Draco si aggiunse a precisare: "Me l'ha detto Daphne".
Oh. Daphne?
"Ah."
Draco fece un
sorriso triste. "Sì, voleva raccontarmi un pettegolezzo su
di te e invece
mi ha raccontato un sacco di cose su…" Il suo tono triste
era coperto in
parte dall'alcool che aveva bevuto.
"Sono
ancora lontano dal capire…" Cosa voleva da lui? Gli
interessava Ginny?
"La
Weasley sa perché Astoria si è comprata un
vestito nuovo? Perché quello che aveva
stasera non era nuovo…" Ah! Ecco! Contento del fatto che lui
non fosse
interessato alla rossa, fu comunque contento che lei avesse ragione:
magari
Draco si sarebbe scantato.
"Forse
dovresti chiederlo direttamente ad Astoria, se ti interessa
così tanto."
"Non mi
interessa!" mentì lui, così velocemente e male
che Blaise fece fatica a
non ridergli in faccia.
"Certo..."
lo assecondò con ironia e Draco sbuffò.
"Senti…" iniziò, pensando di
approfittare dell'occasione: aveva bisogno di sapere. Solo
così avrebbe saputo
se come pensava di muoversi fosse la cosa giusta. Draco non fece notare
di
averlo sentito e rimase a fumare la sigaretta guardando il cielo. "Dopo
la
battaglia di Hogwarts…" Finalmente Draco si voltò
verso di lui, ma non
disse ancora niente. "Quando tutto è finito, tu…
Hai avuto…
Strascichi?"
Draco alzò un
sopracciglio e Blaise notò che il suo sguardo si era fatto
più attento.
"Astoria ti ha raccontato delle notti insonni?"
Cosa? Astoria
cosa? E di che notti parlava? "Mmm, no, in verità no. Ma mi
chiedevo se
qualcuno che avesse vissuto…"
Draco
sospirò, si appoggiò alla ringhiera del balcone
con i gomiti e lanciò con una
pinghella il mozzicone della sigaretta anche se non l'aveva finita.
"Non
conosco nessuno che era a Hogwarts quella notte che non ne abbia un
ricordo
devastante" disse solamente. Difficile da spiegare a chi non l'aveva
vissuto. Gli studenti Serpeverde erano usciti dalla scuola e lui era
l'unico,
oltre a Goyle e Tiger a essere rimasto, dei suoi amici. Ne era uscito
in ginocchio.
Subito era sembrata una gran cosa: il potere, i mangiamorte,
Tu-sai-chi… Poi,
dopo aver schivato l'Ardemonio e la morte stessa, la sua mente si era
confusa.
E contorta. Lo sapeva perfettamente.
Ancora
adesso, dopo tre anni, non era sicuro di essere al sicuro. A volte
aveva paura
di morire, di uccidere qualcuno o soltanto di perdere una persona a cui
voleva
bene.
Si voltò
verso Blaise e, forse per la prima volta, notò nell'amico
uno sguardo
rispettoso. Sinceramente rispettoso. Vide il moro annuire.
"E cosa
hai fatto per…"
"Non se
ne esce, Blaise, se è questo che mi vuoi chiedere" lo
interruppe.
Blaise
sentì
una stilettata al petto. Come se gli avesse lanciato una cruciatus,
sentì un
male a cui non riuscì a dare un nome: Ginny non sarebbe mai
più stata bene?
"Io
pensavo che uno psicomago…"
"Oh, sì,
certo. Se ti piacciono, gli spicomaghi sono senz'altro di
aiuto…" Il tono
del biondo era a metà fra il depresso e l'arrogante.
"Draco,
non si può aiutare chi non vuole essere aiutato. Tu
sicuramente, sei uno di
questi, ma non tutti…"
"Forse
io sono così marcio che non si può fare niente"
rispose lui, afferrando la
ringhiera e stringendo i pugni così forte che le sue mani
divennero ancora più
bianche. "Ma per altri, potrebbe essere davvero d'aiuto. Dietro Diagon
Alley, sulla fine di Lime Street c'è uno psicomago
specializzato in queste
cose: molte persone sono andate da lui dopo la battaglia di maggio. Se
vuoi, ti
passo il suo contatto" spiegò.
"Non sei
marcio, Draco. E dovresti smetterla di pensarlo. Lei prima o poi si
stancherà e
allora sarà troppo tardi."
Come se lui
non avesse parlato, o forse in reazione proprio a quello che aveva
detto, Draco
si chinò in avanti, continuando a stringere la ringhiera.
"Chi
è?" chiese Draco, per sviare l'attenzione da lui.
"È la Weasley?
Dicono che…"
"Qualsiasi
cosa si dica in giro sulla Weasley, è sbagliata, Draco. Lei
è molto di più e…"
Oh? Ma…
davvero? Blaise si zittì subito, come se avesse parlato
senza accorgersene.
Nonostante tutto, il biondo sorrise e poi annuì.
"È sempre stata in gamba,
la Piattola. Te la ricordi al settimo anno?" Il moro annuì e
si guardò le
mani. "Era sprecata, con Potter" disse ancora, stupendosi da solo, e
ancora Blaise non disse niente. "Forse, con accanto la persona giusta,
qualsiasi
cosa si può risolvere. Vedrai che andrà tutto
bene…"
Blaise
finalmente alzò gli occhi su di lui. "Potrei dirti la stessa
cosa"
rispose.
Draco tornò a
guardare il cielo.
***
"Weasley,
oggi hai fatto proprio schifo. Fammi un altro allenamento
così e ti sostituisco
la prossima settimana."
Ginny annuì
alla voce di Gwenog Jones: era vero, aveva fatto un allenamento
pessimo. Non
riusciva a concentrarsi e una volta era quasi scivolata dalla scopa.
"Hai
ragione, Gwenog, mi dispiace. Sono solo un po' stanca…" si
scusò.
Il capitano
delle Holyhead
Harpies la guardava con uno sguardo duro
mentre due delle altre ragazze le sorpassarono verso lo spogliatoio: la
partita
contro i Ballycastle Bats stava mettendo a dura prova la pazienza del
loro
capitano, che era un po' nervosa, e Ginny lo sapeva benissimo, ma era
stanca
davvero e non poteva farci molto.
Le due rimasero da sole in fondo al campo, vicino ai
tre pali, e Ginny osservò con la coda dell'occhio Angelina
sparire oltre la
porta dell'edificio degli spogliatoi.
Gwenog
osservò il viso della ragazza e solo
guardandola bene dovette ammettere che sembrava davvero stanca. Era
sempre così
brava a nascondere le cose che non ci aveva fatto caso. Ma
così non andava
bene. Dormiva di notte? Cosa faceva? Andava a divertirsi? Lei aveva
bisogno
della sua squadra e che le giocatrici fossero tutte in piena forma!
Le andò vicino e la squadrò senza tanti
complimenti.
"A che ora sei andata a letto ieri sera?" le chiese a bruciapelo.
Stranamente, Ginny, arrossì. Oh, Santo Merlino! "Spero di
non doverti
obbligare all'astinenza fino alla partita, Weasley!" la
sgridò.
Ginny
spalancò gli occhi: non sapeva se essere
triste o divertita dall'equivoco che stava insinuando Gwenog. "No,
io…"
"Ginny, c'è un tipo che ti sta
aspettando."
"E chi è?" diede voce ai suoi pensieri.
Lexi, una biondina dal fisico muscoloso, era tornata
indietro e le indicava un ragazzo in fondo al prato, vicino alla
tribuna. E
ammiccò, alzando le sopracciglia quando guardò
verso di lui. "Non saprei,
ma è carino. Se non lo vuoi tu, passalo" disse, e rise
mentre raggiungeva
le altre nello spogliatoio.
Le due ragazze si girarono verso la direzione
indicata da Lexi e Ginny si lasciò sfuggire un'esclamazione
sorpresa quando
riconobbe Blaise. Cosa ci faceva lì, in Galles?
Non notò subito Gwenog che si stava avvicinando
minacciosamente al ragazzo.
Blaise
vide Gwenog Jones, una donna sulla trentina,
dalla pelle scura, alta poco meno di lui e dalla lingua tagliente,
nonché
capitano dell'unica squadra unicamente femminile del Regno Unito,
camminare
spedita verso di lui, ma non si preoccupò. Neanche quando
notò la sua
espressione furiosa.
"Chi sei e cosa fai qui" gli chiese, anzi,
gli ordinò di rispondere, sbattendo il manico della scopa
che teneva in mano
sul terreno.
"Sono Blaise Zabini, un amico di Ginny Weasley,
Gwenog. Sono venuto a prenderla, non sono un tifoso fanatico,
tran…"
Non finì la frase che lei lo interruppe subito,
aggrottando la fronte e osservandolo meglio. "Dove ti ho già
visto?"
Blaise era preparato, così fu veloce e pronto a rispondere.
"A Hogwarts, nel 1996".
"Lumaclub?" chiese ancora lei e Blaise
annuì. Poi Gwenog si voltò verso Ginny che
pensò bene di incamminarsi verso di
loro e si rigirò velocemente.
Ecco
dove lo aveva visto! Al Lumaclub. Gwenog si
ricordò che anche Ginny era a quella cena, perché
era lì che l'aveva incontrata
per la prima volta.
Si conoscevano davvero. E si ricordava qualcosa
riguardante a sottili battutine. Sbatté ancora la scopa per
terra (dalla parte
del manico, per non rovinare le setole che rendevano stabile la sua
Firebolt);
quanto si conoscevano?
"Vedi di farla dormire di più, questa ragazza.
Non voglio togliervi il sesso fino alla partita, ma non mettetemi alla
prova."
Il sorriso di Blaise sparì: come? Cosa?
Ginny
allungò il passo quando sentì Gwenog dire le
stesse cose che aveva detto a lei, mentre era con Blaise. "Gwenog,
noi…
siamo solo amici" spiegò, mentre lanciava al moro uno
sguardo di scuse.
"Tu non dormi e se non è con lui che…"
La rossa sospirò. "Non dormo per altri motivi.
Ma sto risolvendo la cosa. Per la partita sarò in forma, te
lo giuro"
promise, sperando che bastasse e di non dover spiegare nient'altro.
Gwenog
guardò la rossa: sembrava seria, seria come
non lo era mai stata. Sapeva di essere odiosa, ma ogni volta che aveva
a che
fare con Finbar Quigley, la sua sanità mentale ci rimetteva
e lei si
innervosiva: quanto odiava quell'uomo disgustoso!
Avrebbe potuto dare alla ragazza il beneficio del
dubbio. E fondamentalmente anche in quello stato era più
brava di tre riserve
messe insieme. Va bene, l'avrebbe lasciata stare. Annuì e si
voltò di nuovo
verso il moro che aveva conosciuto da Lumacorno.
"In che casa eri?" gli chiese e al ragazzo
brillarono gli occhi.
"Serpeverde, signora" rispose, con tono
provocatorio. Stranamente la cosa la fece ridere. Lei gli
mostrò il polso,
alzando la manica della divisa.
"Mi
piace" disse ancora la giocatrice, mentre
lo stemma di Salazar Serpeverde gli fece l'occhiolino dalla pelle scura
della
ragazza. Blaise lanciò un'occhiata a Ginny, che
però sorrise divertita e allo
stesso tempo alzò gli occhi al cielo in un'espressione di
finta esasperazione.
Poi la Jones tornò a rivolgergli la parola. "Cosa fai
venerdì sera?"
Blaise
corrugò la fronte, ma prima di riuscire a rispondere, Ginny
lo prese per un
braccio e tentò di trascinarlo via dicendo: "Che bella
sorpresa che mi hai
fatto, Blaise! Andiamo a mangiare qualcosa che sono affamata! Ciao
Gwenog, ci
vediamo domani!"
Il suo
sguardo era così strano e il suo tono troppo entusiasta per
essere sincero. E
poi non si era neanche lamentata di ciò che lui aveva fatto,
quindi era
abbastanza sicuro che non fosse tutto a posto.
"Ehi,
aspetta, aspetta…" La voce del capitano li
bloccò, nonostante la rossa
cercasse ancora di trascinarlo via. "Ti piacerebbe venire a una cena e
incontrare
tutti i giocatori di Quidditch del paese?"
Come? Certo!
Ginny al suo fianco sbuffò forte e gli lasciò
andare il braccio. "Così è
sleale…" disse. Cosa era sleale? Le due ragazze si
guardarono e per un
attimo Blaise pensò di essere di troppo.
"A mali
estremi…" La mora ghignò un pochino e il suo viso
la rese perfettamente
Serpeverde.
"Chiedigli
qual è la sua squadra preferita, prima…"
"No!
Tifi per i Bats?" La Jones lo guardò con uno sguardo di
disapprovazione,
come la McGranitt quando sbagliava un incantesimo. Senza accorgersene,
annuì.
"Non
capisco cosa stia succedendo. E non mi piace non capire. Cosa c'entra
la mia
squadra preferita di Quidditch?"
Ginny
sospirò
ancora, lanciando un'occhiata omicida alla compagna di squadra, che
resse il
suo sguardo benissimo. Poi si girò verso Blaise: aveva
ragione, meritava una
spiegazione.
"Venerdì sera, al Enchanted Plaza
ci sarà una cena di beneficenza organizzata
dall'associazione
Magician Children. Saranno presenti tutte le squadre di Quidditch al
completo e
metteranno all'asta le divise dei giocatori…"
Blaise
alzò tutte e due le sopracciglia: ma era
fantastico, il sogno di chiunque, probabilmente. "Beh, in
verità
quest'anno la signorina qui presente voleva disertare
l'invito…" spiegò lei,
lanciando un'occhiata alla ragazza.
"Gwen, il tavolo è pagato, l'associazione
riceverà
la nostra offerta comunque e so già chi si
aggiudicherà la mia divisa: non c'è
bisogno che venga anch'io…"
La mora si voltò verso Blaise, come se dovesse
precisare anche a lui come stavano le cose. "Quel coglione di Potter
non
c'è e lei non vuole venire…"
Ginny sbuffò. "Ti ho detto che Harry non
c'entra. È che è una farsa e io odio
quando…"
"L'anno scorso ti sei divertita!" Ginny si
morse il labbro e Blaise capì che era vero.
"Hai bisogno di un accompagnatore?" chiese
Blaise, direttamente alla rossa.
"No"
rispose Ginny.
Perché era vero. "Dai, Ginny, lui è anche
più
carino degli altri due che te lo hanno chiesto…"
"Gwenog, anche mio fratello è più interessante
di Philip Browne!" E la mora rise, annuendo.
Poi si voltò di nuovo verso di lui. "Hai un bel
vestito?" Lo squadrò con occhio critico, ma poi lei
tornò a sorridere e a
guardarlo in viso. "Penso di sì, vero?" Il moro
riuscì solamente ad
annuire, ma l'occhiata che si scambiò con Gwenog fu
indecifrabile per lei.
"Sei dei nostri. Convincila a vestirsi di
verde!" disse, dandogli una pacca sulla spalla e facendo un passo
indietro.
La indicò con un cenno del capo e, ammiccando, sorrise
trionfante.
"Non mi vestirò di verde!" esclamò subito
Ginny, indignata come se le avesse detto di doversi presentare nuda.
"Visto? Ti ho fatto accettare l'idea. Ci
vediamo venerdì!" E ridendo, si girò per dargli
le spalle e salutò a gran
voce sventolando una mano di lato.
Blaise sorrise e Ginny scosse il capo. "Cosa
c'è? Ti sembra di entrare da Mielandia, vero?"
Blaise
annuì divertito. "Sì. E poi ha detto che
sono carino" precisò.
La rossa rise mentre scuoteva ancora i suoi capelli.
"I gattini sono carini… E poi non ci cascare: ti ha invitato
solo perché
ha capito che sei ricco: punta ai tuoi galeoni!"
Blaise sorrise ancora. "Allora ne porterò
parecchi".
Quando rise anche lei, avrebbe voluto prenderle la
mano. "Sai, vero, che sarà disastroso? Ci saranno un sacco
di fotografi e
giornalisti, faranno insinuazioni…"
"Sulla nostra finta amicizia?" la stuzzicò
lui, ma lei questa volta non stette al gioco e lui un po' ci rimase
male.
"Ho le spalle larghe, non è un problema. E poi
io non leggo i giornali, lo sai" disse, stringendosi nelle spalle: lei
sembrava così stanca che non volle darle quella
preoccupazione.
"Comunque è una bella serata, di solito, su
questo Gwenog ha ragione: ti divertirai."
"E tu?" le chiese.
"Io non lo so. Vedremo. Speriamo solo di…"
Blaise si avvicinò di nuovo a lei e le prese la mano
in un gesto intimo ma amichevole. "Io ho le spalle larghe per tutti e
due,
se ci sarà bisogno".
Il sorriso di lei era diventato troppo mesto per
dire qualsiasi cosa.
Passarono due o tre minuti in cui nessuno disse
niente e poi lei finalmente ruppe il silenzio. "Allora? Cos'eri venuto
a
fare?" chiese sorridendo e Blaise fu così orgoglioso del suo
coraggioso
buon umore che fu quasi tentato di dirle una bugia.
***
"Tu
sì
che sai come conquistare una ragazza, Zabini!" esclamò lei
quando Blaise
la portò a pranzo in un piccolo locale italiano dove
servivano spaghetti con
sugo di polpette.
Quando si
sedettero, lei, nonostante la stanchezza dell'allenamento, del
battibecco con
il capitano e quella della doccia, fu molto ciarliera e lui
lasciò che raccontasse
tutto quello che voleva. Non disse niente neanche mentre mangiavano e
Ginny
continuava a elogiare il piatto come se non avesse mai mangiato pasta
in vita
sua.
"La
cucina italiana è buonissima. Chissà che mangiate
che ti fai quando vai in
Italia…"
"Non
vado mai in Italia…" ammise lui.
"Come? E
perché? Non vai mai dai tuoi parenti?" Blaise scosse le
spalle e arrotolò
gli spaghetti sulla forchetta.
"Io…
pensavo che tu ci tenessi… Hai tutti quei… non so
come si chiamano… quei cosi
appesi nello studio. Quelli dove ci sono le scritte…" Ginny
gesticolò una
mano in aria mentre cercava di rendere comprensibile le sue parole. Il
moro
sorrise.
"È la
spiegazione scientifica?" Quando lei arrossì, si
sentì in colpa così le
illustrò il tutto senza freni. "Gli stemmi araldici che hai
visto nello
studio riguardano la famiglia di mia madre. Quella di mio
padre… Non so molto.
Quattro mesi fa sono andato in Italia per ottenere il certificato di
nascita,
per il matrimonio, e speravo di riuscire a trovare anche qualcosa sulla
mia
famiglia ma…"
"Non sai
niente dei parenti di tuo padre?"
Blaise scosse
il capo.
"Loro
non vedevano bene il matrimonio con mia madre. Lei era
più… grande di lui e
aveva già una certa esperienza di…" Ginny
notò come la voce gli mancò
tentando di spiegare e si ricordò tutti i pettegolezzi che
giravano a Hogwarts.
"Intendi
le precedenti relazioni di Maddie?" Blaise annuì,
guardandola fissa, come
se volesse sfidarla a dire qualsiasi cosa.
"Precedenti
matrimoni, comunque. Fossero state semplici relazioni,
forse…" Ginny
sapeva che la madre di Blaise era famosa per la sua bellezza in
gioventù e per
il fatto che si fosse sposata più volte, rimanendo sempre
vedova. Non sapeva se
fosse vero o meno, ma c'era anche chi sosteneva che le avesse fruttato
un'enorme ricchezza.
"E
quindi?" Blaise alzò le spalle.
"Quando
mio padre è morto, mia madre ha deciso di trasferirsi in
Inghilterra, vicino a
mia zia e…"
"La
mamma della Parkinson!" Blaise annuì quando lei lo
indicò con il dito,
facendogli capire che stava seguendo il discorso.
"…e non
ha più avuto contatti con loro."
"Se loro
non l'avevano accolta bene, ha fatto bene ad andarsene. No?" Blaise
chinò
lo sguardo sul piatto e mangiò in silenzio per un po'. Certo
che aveva fatto
bene. E sapeva che era giusto, però…
Però a lui sarebbe piaciuto lo stesso
sapere di più.
"Pensavo
che quel coso di ceralacca sul pacco con disegnato l'albero fosse della
famiglia Zabini…" Ginny portò la mano che
impugnava la forchetta vicino al
mento e guardò verso l'alto.
"Ti ho spedito
un pacco?" le chiese lui, stranito.
"Mi hai
spedito la maglietta quando…" la ragazza si
bloccò al pensiero di quando
avevano amoreggiato nella sua cucina. "Quando mi hai ricattato via
gufo…" concluse poi, cercando di ironizzare con un tono
leggero.
Blaise
ripensò a quel momento ed ebbe qualche difficoltà
a parlarne senza sentirsi un troll.
"Veramente ti ho ricattato di persona" disse, stando al suo gioco.
Lei sorrise e
a Blaise andò di traverso il boccone. "Vero. Anzi, quando mi
darai le foto
di Neville? In fin dei conti sono stata brava…" Lo
guardò ancora
sorridendo e lui, di nuovo, non riuscì a dire niente.
Annuì senza
rispondere davvero. "Il sigillo è probabilmente l'unica cosa
che mia madre
si è portata dietro. Non vuole ammetterlo, ma ad alcune cose
ci tiene. E non
posso siglare i miei gufi con il cognome di un altro". E gli piaceva
usarlo spesso, come se potesse essere una compensazione.
"Mi
spiace."
Blaise
corrugò la fronte. Per cosa le dispiaceva?
"Per
cosa?" le chiese e Ginny alzò lo sguardo imprigionandolo con
gli occhi.
"Sembra
che tu abbia sofferto molto" spiegò, semplicemente. E lui
sentì un calore
strano colmargli il petto.
"Comunque…
Non mi hai detto quando mi ridarai le foto. Sembra che tu sia molto
bravo anche
a non rispondere, sai?" Ginny gli fece l'occhiolino, cercando ancora di
sdrammatizzare la situazione.
"Quando
te le meriterai" la prese in giro lui e Ginny rise perché
aveva
perfettamente capito che era sollevato dal non dover continuare la
conversazione.
"Non
vuoi sapere perché sono venuto al campo?" le chiese poi e la
ragazza posò
la forchetta, stranita: è vero, non ci aveva più
pensato.
"Non
volevi offrirmi il pranzo?" bleffò, guardando i piatti che
venivano
portati via da una lesta cameriera.
Blaise
pensò
che fosse il momento di essere seri. Seri quanto la questione
richiedeva.
"No.
Sono…"
"Vuoi
dire che dovrò pagare io?" Nonostante tutto, Blaise non
riuscì a non
ridere.
"Volevo
essere serio, per una volta…"
"Vuoi
chiedermi di fare qualcosa che non mi piacerà, giusto?"
Blaise si
bloccò: sì era proprio così!
Cioè, sperava che a lei piacesse, ma… Ma come
aveva fatto a capirlo? E perché aveva accettato comunque?
Ginny aveva lo
sguardo serio quando lo guardò, e lui, soltanto con
un'occhiata, capì perché lei
fosse così. Così intelligente e coraggiosa.
"Vorrei
che tu vedessi una persona."
"Chi?
Per tua madre?"
Scosse il
capo. "Per te".
La cosa le fece
alzare un sopracciglio: non ci aveva pensato? "Vuoi che io faccia
qualcosa… per me?"
"Sì"
rispose. Era una cosa strana? Perché aveva usato quel tono?
"Ah. E
chi dovrei incontrare?"
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Capitolo 20 *** Preparativi ***
Preparativi
Ginny lo
osservò alzarsi e offrirle la mano. L'afferrò e
si lasciò guidare fino al
bancone, dove lui sussurrò qualcosa al proprietario e poi
uscirono in strada:
era sempre più confusa. "Sei pronta?"
"No, mi
spaventi" ammise.
Lui alzò gli
occhi al cielo in un gesto fintamente esasperato. "Dai, fidati di me,
per
una volta".
La rossa
sospirò. "Sulla nostra finta amicizia?" chiese, cercando di
rimanere
leggera e di potersi lasciare andare lo stesso.
"Niente
di finto, adesso."
Ginny annuì e
quando lui le prese tutte e due le mani e sentì lo strappo
della
smaterializzazione, chiuse gli occhi.
Quando li
riaprì erano in una piccola stanza dai toni caldi del legno,
sui muri c'erano
quadri e arazzi magici e tutto intorno, con gli schienali contro alle
parenti,
una fila di sedie con i braccioli.
"Dove
siamo?"
Ginny fece
appena in tempo a domandare, che alle sue spalle si aprì una
porta e un mago
con la barba brizzolata, gli occhiali rotondi e un caldo sorriso, la
salutò.
"Ginny Weasley?"
Blaise
osservò la ragazza guardarlo stranita e poi tornare a
girarsi verso lo psicomago:
poté capire l'attimo preciso in cui lei realizzò
la cosa. Lei si morse il
labbro e gli lasciò le mani, senza dire niente, quando lui
si presentò,
spiegando la sua professione. Sperando che lei non si arrabbiasse o
comunque
reagisse male, le sussurrò: "Ti aspetto qui, se vuoi,
quando…"
E lei si
voltò verso di lui annuendo, prima di sparire dentro la
stanza con il mago.
Ginny
osservò
la stanzetta e si voltò quando lo psicomago chiuse la porta
alle sue spalle.
Per un attimo si sentì in trappola, poi lui le disse di
accomodarsi, indicando una
poltrona e, lì vicino, un sofà. Lentamente si
avvicinò alla poltrona e notò un
porta fazzoletti appoggiato a un tavolino fra la sua poltrona e quella
dove si
sedette lo psicomago. "Non ho intenzione di piangere"
esordì,
sedendosi.
"Non sei
obbligata a fare niente, ma potrai fare ciò che ti senti".
Oh. Va bene.
"C'è
qualcosa di cui vorresti parlare?"
Ginny scosse
il capo, ma poi, lentamente, iniziò a raccontare.
***
Blaise aveva
letto tutte le riviste presenti sul tavolino nella sala d'attesa e
diede,
distrattamente, un'occhiata all'orologio: era passata più di
un'ora.
Si alzò in
piedi e si passò una mano fra i capelli, avvicinandosi
all'unica finestra che
dava sulla strada.
Guardò con
poco interesse il paesaggio fatto di strade ed edifici e si
girò solamente
quando sentì aprirsi una delle porte che davano sulla stanza.
Ginny fece un
passo oltre la porta e si sentì quasi diversa. Ma sapeva
perfettamente di non
essere diversa. Era il fatto di aver fatto qualcosa di nuovo a
farglielo
provare. Notò lo sguardo di Blaise, preoccupato, forse
perché aveva dovuto
passare dal bagno e starci quasi venti minuti, e gli fece un cenno con
il capo.
Blaise quasi
sospirò, quando la vide uscire, facendogli capire che la sua
mente aveva
pensato troppo, divagando su pensieri troppo tetri per essere reali:
lei non
era svenuta, non era morta e la sua mente non era impazzita. Ginny
stava bene.
Tentò di sorriderle, ma il suo sguardo serio e l'occhiata
che gli lanciò
velocemente, per poi girarsi verso lo psicomago, glielo impedirono.
Con un cenno
del capo nella sua direzione, prese la porta d'uscita e
sparì oltre le scale.
"Ehm…
Arrivederci, medimago…" salutò, alzando una mano
e uscendo anche lui dalla
stanza.
Bruce Normoon
guardò i ragazzi uscire. Aveva visto poche occhiate come
quelle che si erano
scambiati loro ma di una cosa era sicuro: c'erano sguardi che valevano
più
delle parole.
*
"Non ti
dirò quello che ci siamo detti là dentro"
esordì lei, una volta usciti dal
portone dell'edificio. Blaise ne fu contento perché il suo
silenzio era sempre
preoccupante, visto quanto parlava in ogni occasione.
"Va
bene". Ginny girò il viso verso di lui, senza smettere di
camminare, ma
non aggiunse nient'altro. "Sei arrabbiata con me?" le chiese,
perché
doveva assolutamente sapere.
Ginny si
fermò: arrabbiata? No. Beh, subito lo era stata. Forse
più infastidita che
arrabbiata, ma comunque non ne era stata felice. Ma ora…
"No, non
lo sono."
"Oh,
bene."
"Ma
non…"
"Non
devi fare niente. Non hai nessun… obbligo. Non verso di me,
né verso qualcun
altro. Come dicevo, ti ho portato dal Medimago Normoon per te, per te e
nessun
altro. E non devi tornarci per forza se non ti piace l'idea
o…" Blaise si
era fermato accanto a lei, imitandola, e si era girato per guardarla in
viso.
Ginny sentì
quasi di scoppiare a piangere un'altra volta, come era successo poco
prima. Si
era chiusa in bagno e ci aveva messo venti minuti prima di riprendersi
e
riavere un aspetto normale.
"Non ti
dirò niente. Ma ci tornerò, anche se non so come
andrà. Per ora posso dirti
solo una cosa: grazie" concluse, sperando di chiudere il discorso: non
le
piaceva parlare troppo delle cose che la riguardavano così
profondamente. Poi,
in un slancio spontaneo, l'abbracciò.
Blaise rimase
di sale quando la rossa gli strinse le braccia intorno. Era minuta e
piccola,
ma la sua stretta era forte e potente, esattamente come lei. Ci mise un
attimo
a rendersi conto della cosa, poi ricambiò il gesto.
Quando si
staccarono lei non lo stava guardando e Blaise notò che
aveva gli occhi lucidi,
così si infilò le mani in tasca e
spostò lo sguardo anche lui.
"Ora
devo proprio andare a casa, però…" disse Ginny
dopo un po' e il moro
annuì.
"Ci
vediamo, allora…" la salutò e la
guardò mentre si smaterializzava.
Era andata
bene, giusto?
Ginny gli
fece un cenno con il capo e si smaterializzò a casa: aveva
bisogno di stare da
sola. E chissà, forse sarebbe riuscita a dormire un pochino.
Si sentiva più
stanca di quando aveva finito l'allenamento.
"Ginny,
sei tu?" La testa di sua madre comparve dalla porta della cucina quando
lei si materializzò in salotto.
"Sì,
mamma sono io."
"La
prossima volta che non torni a pranzo, per favore scrivimi. Sai che mi
preoccupo!" Ginny sorrise quando sua madre sparì in cucina e
la seguì.
"Hai
ragione, mamma, scusami. È che c'è stato
un… contrattempo. Non succederà
più…"
Molly
alzò il
viso dal tavolo su cui si era riseduta e riappoggiò la piuma
vicino alla
pergamena. Un contrattempo?
"Tutto
bene? Qualcosa di grave?" chiese, osservando la figlia entrare in
cucina.
Lei scosse il
capo. "No, niente di grave, solo… Sono andata da uno
psicomago,
mamma" le confidò e Molly sorrise.
"Hai
fatto bene. Com'è andata?"
Ginny alzò
una spalla. "Non lo so. Ma non mi è dispiaciuto". Dal suo
tono e dal
fatto che il suo sguardo non rimase fisso su di lei, Molly
capì che non avrebbe
ricevuto molto di più: probabilmente la figlia non era
ancora pronta a
parlarne.
"Allora
è andata bene" sentenziò, sorridendole e leggendo
la pergamena che stava
scrivendo.
Sua madre
sorrise e riprese a concentrarsi sulla pergamena davanti a lei. Ginny
notò la
busta vicino al calamaio e le chiese: "A chi stai scrivendo?"
"A Maddie"
rispose, senza alzare gli occhi dalla lettera. Oh. A Maddie?
"E che
vi scrivete?" domandò, sedendosi accanto a lei, cercando di
sbirciare.
"Non
sono affari tuoi, signorinella!" la sgridò bonariamente e
Ginny alzò un
sopracciglio.
"Come?"
chiese, allora, stranita da quella risposta.
"Perché non
vai un po' a riposarti? Hai l'aria stanca…"
Capendo che
sua madre voleva liquidarla per rimanere da sola, decise comunque di
seguire il
suo consiglio e si diresse in camera sua: forse avrebbe potuto provare
a
dormire un po' davvero.
*
Ginny fu
svegliata dalla voce di Ron che urlava sulla scala. Merlino! Non
riusciva a
dormire neanche quando non aveva il problema dei sogni!
Si alzò,
afferrando la vestaglia e uscendo sul pianerottolo già
pronta a gridare contro
il fratello, quando si scontrò con Hermione che saliva le
scale con un grosso
libro in mano. Hermione!
"Ciao
Ginny, ti abbiamo svegliato? Scusaci…" esordì la
riccia, con
un'espressione preoccupata in viso. "È che Percy ha invitato
i genitori di
Audrey a cena per venerdì e Ron ha dato di matto
quando…"
"Venerdì?"
chiese solamente la rossa, come se avesse capito solo quello.
Venerdì sarebbe
stato il compleanno di Blaise. E a Ginny venne in mente un'idea.
"Hermione!
Vieni dentro!" esclamò, tirando il braccio dell'amica e
facendola entrare
in camera sua. "Ho bisogno di un piacere…"
"Se
posso, volentieri" rispose Hermione che adorava aiutare le persone.
Poi,
quando Ginny le chiese informazioni e aiuto sulle biblioteche italiane,
parlando di Ministeri e altri uffici burocratici, i suoi occhi si
illuminarono.
Andare in Italia? Sicuramente!
***
Ginny
atterrò
sul tappeto della Tana dopo essere uscita dal camino. Si sentiva
stanchissima,
quei tre giorni erano stati impegnativi: gli allenamenti, le visite a
Maddie, girare
per biblioteche con Hermione; tutto insieme era diventato un po'
pesante. E lei
ancora non dormiva bene. Avrebbe dovuto tornare dallo psicomago
martedì, ma
sapeva anche che riposarsi un po' le avrebbe giovato. E non poco.
Ma era
contenta di come era riuscita a trovare tutto quello di cui aveva
bisogno.
Sorrise tastando le pergamene timbrate che aveva nella borsa: quella
era
l'unica cosa che le sembrava conclusa e le dava soddisfazione.
"Portami
con te!" Ron si materializzò quasi davanti ai suoi occhi
prima che salisse
la scala.
"Cosa
stai dicendo?" Ginny gli girò intorno, pensando che stesse
facendo lo
stupido e prese a salire la scala.
"Stasera
verranno a cena i genitori di Audrey. Ti prego, posso venire con te
alla festa
di beneficenza? George è stato invitato da Angelina e se a
casa non ci sarai
neanche tu…"
"E
quindi?" Ginny si girò verso il fratello, che la stava
seguendo gradino
per gradino.
"Sarò da
solo con Percy, la sua fidanzata e tutti i genitori!" sbottò
Ron, alzando
le braccia in un gesto disperato.
"Non
puoi chiedere a Hermione di venire qui? O di andare a mangiare fuori?"
"No…"
Ron si infilò le mani in tasca, con espressione colpevole.
"Mamma ci
tiene. Voi avete una buona scusa per non esserci, ma io no. E Hermione
dopo che
ti avrà aiutato, non rimarrà, deve andare da sua
nonna, io pensavo che tu non
ci andassi…"
Come?
"Aiutarmi a fare cosa?" chiese la rossa, come se avesse sentito solo
quello.
Ron
sbuffò:
le ragazze non capivano mai niente. "A prepararti, immagino". Il
rosso alzò le spalle. Sua sorella imprecò e si
girò per correre sulla scala.
Ehi, ma non
gli aveva detto se poteva andare con lei!
"Ginny!"
Corse dietro
di lei e la fermò sul primo pianerottolo. "Allora?"
"Allora
cosa?" Ginny sembrava impaziente di salire e anche un po' agitata.
"Posso
venire con te e George? Ti accompagno io, così non sei da
sola…"
"No,
Ron, non puoi venire, ci vado già con qualcuno"
spiegò lei, riprendendo la
scala.
Come? Ma che
storia era? "E con chi ci vai?"
Ginny
sospirò
pesantemente al tono della voce del fratello. "Non sono affari tuoi. E
ora
scusami, devo… prepararmi…"
disse, infastidita da tutto. E sì che fino al quel momento
era andato tutto
bene.
Salì le scale
e si trovò di fronte Hermione prima ancora di arrivare al
secondo piano: la
riccia e Angelina stavano scendendo i gradini, verso di lei. "Ginny!"
esclamarono insieme, sorridendo felici nel vederla. Stranamente felici di vederla. Strano. Molto strano.
"Sembrate
piuttosto… entusiaste… mi stavate aspettando?"
chiese, guardinga,
domandandosi se ci fosse un inganno da qualche parte. Guardò
lungo la scala: forse
c'era di mezzo uno scherzo di George? Sentì Ron salire
dietro di lei e si girò.
E se si fossero tutti messi d'accordo per giocarle… che
cosa? Non stava
diventando troppo sospettosa? Sì, forse sì. Ma
era colpa del fatto che dormiva
ancora troppo poco.
"Sì,
ti
stavamo aspettando… Volevamo…" Hermione si
incartò, consapevole del fatto
di non essere brava a raccontare bugie. Anche perché non le
piaceva mentire.
Bastava dire la verità, no? No, a
volte
no pensò, osservando il viso dubbioso dell'amica.
Si girò verso
Angelina che sorrise leggera e alzò una spalla.
"Pensavo
di prepararci insieme: Hermione si è offerta di darci una
mano" spiegò,
indicandola. La riccia annuì.
Mmm. Ginny
non era del tutto convinta: l'anno prima non si erano preparate
insieme.
Preparate per cosa, poi? In fin dei conti era una cena, mica la finale
della
Coppa di Quidditch! Poi capì. E rise. "Vi ha mandato Gwenog?"
Quando le
ragazze annuirono si sentì più leggera: la sua
allenatrice aveva paura che
disdicesse all'ultimo minuto! Rise ancora al pensiero.
***
"Come
sei elegante…" Blaise guardò Theo che stava
già bevendo, nonostante non
fosse neanche l'ora di cena. Il moro si specchiò e si
aggiustò la cravatta.
Voleva essere elegante: Gwenog si era raccomandata e lui ci teneva a
fare bella
figura.
"Non ti
ho mai visto quella cravatta…" continuò a
torturarlo l'amico, giocando con
il bicchiere.
"L'ho
comprata per un occasione speciale e non l'ho poi messa…"
confessò.
Theo
alzò lo
sguardo dal liquido ambrato e guardò l'amico nel riflesso
dello specchio.
"Il matrimonio?" Blaise annuì e lui si sentì
quasi in colpa. Per
scacciare quella brutta sensazione vuotò il bicchiere in un
solo colpo.
Si alzò e
andò a posarlo sul comò accanto allo specchio.
Subito Blaise lo fece sparire
con un Evanesco della bacchetta e
Theo alzò gli occhi al soffitto. "Potresti smetterla di
essere così
rigido. Non succede niente se…"
"Non mi
piacciono le macchie che il bicchiere bagnato lascia sul legno. Non
sono
rigido" spiegò il moro, ma lui gli rise in faccia.
"Sei rigido.
Almeno ammettilo!" La voce dell'amico era strascicata per via
dell'alcool,
ma a Blaise diede comunque fastidio perché ci leggeva anche
una buona dose di
sincerità.
"Anche
Ginny me lo dice…"
Theo fischiò.
"Chiami la Weasley per nome? Buono. E quand'è che te la
porterai a letto?"
"Smettila.
Lo sai che mi dà fastidio quando fai certe
ileazioni…"
Ma Theo
continuò, come se non lo avesse sentito o, più
probabile, come se volesse
ignorarlo. "Stasera uscite insieme: è un appuntamento e
dubito che tu lo
abbia fatto solo per incontrare Finbar Quigley. O per lo meno, spero
che tu
abbia almeno pensato all'eventualità che potreste finire
nudi e…"
Blaise sbuffò
e sciolse il nodo alla cravatta per rifarlo, interrompendo l'amico con
il suo
gesto. "Certo che ci ho pensato, Theo, cosa credi, che sia fatto di
marmo?"
Era
un'eventualità, ma non sapeva come comportarsi. Lei non
aveva più fatto passi
verso di lui, dopo il bacio nello studio, e Blaise era veramente
confuso: a lui
piacevano le cose chiare e questa non lo era. Ginny era imprevedibile,
non
riusciva mai a capire cosa le passasse per la mente. Di solito evitava
ragazze
così. Di solito. Ma stavolta…
Riprovò a
riannodarsi la cravatta, ma non ci riuscì e si
innervosì di nuovo.
Theo rise:
Blaise che perdeva compostezza era una novità. E sembrava
una cosa buona.
"Sarebbe
ora che tu dimostrassi di non essere fatto di marmo…"
Si guardò
intorno, prese la bacchetta per far apparire un bicchiere pulito e
tornò verso
il tavolino nella camera che fungeva da guardaroba a casa di Blaise. Si
sedette
e si versò ancora del liquore.
Osservò
ancora l'amico rifarsi il nodo alla cravatta e ghignò nella
sua direzione.
"Effettivamente sembri piuttosto agitato. Chissà, forse non
hai tutto
sotto controllo come ti piacerebbe…"
"Sai,
non ho comprato questa cravatta per il mio matrimonio" rispose alla sua
beccata, girandosi a guardarlo e ricordandogli che era stato un
Serpeverde
anche lui.
Theo incassò
il colpo: se non era per il suo, doveva essere l'acquisto per il
matrimonio di
qualcun altro. E quell'anno si era sposata solo Pansy. Non resse lo
sguardo
dell'amico e vuotò di nuovo il bicchiere.
"Non
c'è
bisogno di essere così stronzi" lo rimproverò il
moro e Blaise si rigirò
verso lo specchio, facendo un nuovo nodo: aveva ragione. Anche
perché si era
ripromesso di non parlare di Pansy con Theo.
"Hai
ragione. Potresti smetterla, allora" disse, rimettendolo al suo posto.
Notò l'amico annuire, ma senza guardarlo e versarsi ancora
da bere.
Theo si
rialzò e barcollò verso di lui. "Va bene. Ma sai
come la penso: lei
potrebbe farti bene. Potrebbe essere la tua distrazione…"
"No. Lei…
Io non…" Blaise si bloccò nel suo movimento. Era
difficile da spiegare
cosa rappresentasse per lui Ginny Weasley, visto che non lo sapeva
neanche lui,
ma di sicuro non voleva che fosse solo una distrazione.
E non voleva essere la sua! Il moro si avvicinò per aiutarlo
a far girare il
lembo di stoffa, quando notò che non ci riusciva
perché continuava ad avere la
mente altrove.
"Penso
di aver capito" disse.
"Dubito"
mormorò, osservando Theo annodargli la cravatta con una
precisione troppo
perfetta per lo stato in cui era.
"Fidati
che…"
"Non è
come nessuna di quelle che frequenti tu!" esclamò, cercando
di difendere
la ragazza, nonostante questa volta non l'avesse offesa nessuno.
"No.
Direi che è più una Pansy, eh?"
Blaise sospirò
forte: possibile che Theo avesse ragione?
Theo sorrise
tristemente mentre osservava l'amico rendersi conto della cosa. Beh,
almeno la
Weasley non si era sposata con un altro.
***
"Non
andarci giù pesante con il trucco, lo sai che non mi
piace…" Ginny dovette
mettere un sacco di freni e paletti alla fantasia delle due ragazze e
sospirò,
guardando il soffitto.
"Quando
Gwenog me l'ha detto, non ci credevo: Zabini!" Angelina
brandì la
bacchetta come se dovesse affrontare un drago e non un'amica che non
voleva
farsi acconciare.
"Io,
invece, ci sono rimasta male: perché non me lo hai detto?"
la rimproverò,
invece, Hermione, mentre si avvicinava dall'altro lato.
Le ragazze
l'avevano praticamente rapita quando era tornata a casa, lamentandosi
di avere
poco tempo per prepararla. Preparare cosa, poi? E mentre la truccavano
e le
sistemavano i capelli, si era pure dovuta subire rimproveri e assurde
ipotesi
sdolcinate sul suo accompagnatore. Beh, non che a lei sarebbe
dispiaciuto se la
serata avesse preso una svolta passionale, ma non ne avrebbe parlato
con loro,
visto quanto stavano chiacchierando inutilmente! E poi comunque non
sarebbe
successo niente: lo psicomago le aveva detto che per non cadere nella
trappola
del sesso come distrazione, non avrebbe dovuto avere rapporti con
nessuno per
un periodo.
Ginny sbuffò
senza contenersi. "Ragazze, non è un appuntamento romantico:
Gwenog lo ha
obbligato a venire!"
Le due future
cognate si lanciarono un'occhiata e sorrisero. "Obbligato? Sei sicura?
Non
mi sembra il tipo che si sente obbligato a invitare una bella ragazza
se non
vuole…"
Ginny
sospirò, alzando i palmi delle mani. "Siamo davvero solo
amici. E
poi", si girò verso la compagna di squadra. "Appena saprai
qual è la
sua squadra preferita, ti sarà meno simpatico!"
esclamò con in intenzione.
Angelina fece
una smorfia perché capì subito. "I Bats?" Ginny
annuì, convinta che
così avrebbe lasciato perdere l'argomento e avesse iniziato
a prepararsi, invece
di torturarla, ma la moretta alzò una spalla con un sorriso.
"Anche Demelza
tifava i Bats. Ma sai, quando non conosci personalmente i giocatori,
sembra una
bella squadra, da fuori."
Ma come? Li
stava giustificando? Ginny fece un'altra smorfia. Però era
vero: anche lei
prima di conoscere Finbar aveva pensato che fosse parte di una squadra
forte e
affiatata. Vabbè, forti lo erano. Per fortuna lei aveva
sempre adorato le
Holyhead Harpies e conoscere da vicino Gwenog non era stata una
delusione come
poteva succedere quando vedi il tuo idolo da vicino. Era convinta che
chi
avesse conosciuto Finbar Quigley, invece,
fosse
rimasto molto deluso: quel tipo mostrava di sé un
personaggio che in verità non
esisteva ed era un misogino arrogante e presuntuoso. Nel mondo del
Quidditch lo
sapevano tutti.
Quando Angelina iniziò a prepararsi fu contenta,
perché anche l'attenzione di Hermione si era spostata e lei
poté finalmente
concentrarsi sulle cose importanti. Si guardò allo specchio
e, sinceramente,
quello che vide le piacque molto: erano state brave e leggere. Quello
era il
suo stile, si piaceva. E a Blaise sarebbe piaciuta? Uno strano calore
le salì
al viso. Ma stava arrossendo? Ma davvero? Lei non arrossiva! Forse. Si
avvicinò
per osservarsi meglio e non notò subito che le altre due la
stavano guardando
con uno strano sguardo.
"Cosa avete da guardare?" le apostrofò,
appena se ne accorse, e loro ridacchiarono.
"Ma niente… Però mi chiedevo… se non
avessi
avuto niente da nascondere, non avresti avuto motivo di non dirlo alla
tua
famiglia…" insinuò Hermione, facendo finta di
fare qualcosa intorno ad
Angelina. Ginny le lanciò un'occhiataccia quando
tentò di parlare ancora: sperò
che capisse che la storia dell'Italia non doveva uscire dalla loro
confidenza.
Per fortuna Hermione dovette capirlo.
"Ti ho detto perché: non è un invito e tutti
avrebbero pensato cose che non ci sono" chiarì la rossa,
sfiorandosi una
guancia: il rossore non c'era, doveva esserselo immaginato.
"O perché non volevi ammettere che invece lo
è?"
"E anche perché non volevo fare questa
conversazione. Ma perché, invece, tu non rimani a cena
stasera con il povero
Ron? Sembra proprio distrutto dal fatto che non ci sarai!"
Cercò di
cambiare argomento e fu contenta quando notò l'espressione
di Hermione.
"Ma lui lo
sapeva che sarei andata da mia
nonna! E l'invito ai genitori di Audrey è arrivato dopo. Se
lui avesse
accettato subito di venire con me, ora non farebbe tutte queste
storie!"
Hermione era infastidita dal comportamento del fidanzato, ma non poteva
esprimere
tutto quello che pensava, altrimenti avrebbe rovinato la serata alle
amiche.
Così si girò verso Angelina.
"In verità, nessuno pensava che George sarebbe
stato invitato alla cena di beneficenza e non ci sarebbe
stato…" insinuò
con finta innocenza, con un sorriso sornione, verso la giocatrice che
sorrise
con leggerezza.
"Dai, non lo avrei detto nemmeno io!"
rispose lei alla piccola provocazione.
"Ma smettila!" La voce di Ginny precedette
di poco il cuscino che le lanciò addosso, che fece ridere
tutte e tre le
ragazze.
-
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-
***Eccomi!
Il capitolo è corto e forse un po' di passaggio, ma no
potevo fare diversamente. PRometto che il prossimo sarà,
almeno, divertente.
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Capitolo 21 *** La cena di beneficenza ***
La
cena di Beneficenza
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Blaise
bussò
alla porta della Tana, imbarazzato: non aveva pensato a questi dettagli
quando
aveva accettato di accompagnare Ginny alla cena. George Weasley, il
gemello dei
Tiri Vispi, gli aprì l'uscio in abito elegante: la piccola
rossa gli aveva
detto che lui era stato invitato dalla Johnson e che sarebbero andati
insieme
alla cena.
"Zabini?"
Il suo viso mescolava imbarazzo e stupore, ma subito dopo si
trasformò in un
sorrisetto strambo. "Zabini!" ripeté, con un tono diverso.
"Già…"
"Dai,
entra, non sono ancora pronte". Gli fece cenno di entrare e, come se
fossero sempre stati amici, lo invitò vicino a uno strano
pendolo con molte
lancette, prima di sparire oltre la porta della cucina. Non sapendo
dove
sedersi, guardando il divano pieno di vestiti piegati, decise di
avvicinarsi al
camino e di rimanere in piedi.
Pensò al
fatto che il rosso fosse troppo stupito nel vederlo, così
immaginò che Ginny
non avesse detto loro che quella sera lui l'avrebbe accompagnata. Non
seppe
dare una spiegazione alla cosa: in fin dei conti perché
nasconderlo? Ormai
anche la famiglia della ragazza avrebbe dovuto sapere che loro si
frequentavano. Come amici. O come finti amici, ci tenne a precisare fra
sé e
sé, con poca convinzione.
Si sentì la
bocca secca e fu con piacere che vide il rosso tornare dalla cucina con
due
bicchieri e una burrobirra.
"Ci
vuole, eh?" Riempì i bicchieri e fece tintinnare il vetro
contro il suo.
Blaise annuì senza dire niente. Sperò soltanto
che non aspettasse di essere
fuori dalla Tana per dargli qualche stoccatina.
"Ron,
smettila! Ti ho detto di no!" La voce di Ginny riempì il
salotto prima
ancora di fare la sua comparsa e, da quello che sentì,
Blaise capì che lei era
nervosa e seccata: fantastico,
pensò
ironicamente, già non ci voleva andare, se fosse anche stata
intrattabile,
poteva essere pesante. Ma poi si ricordò che si trattava di
Ginny: lei non
metteva il muso per ore intere, non diventava scontrosa o rispondeva
male
perché seccata da situazioni che non le piacevano.
"Dai,
Ginny, tanto tu… Per i denti di Merlino! Zabini?"
esclamò il rosso,
scendendo la scala per primo e vedendolo vicino al camino. Subito dopo
si fermò
e si girò verso la sorella. "Preferisci portare lui, invece
di tuo
fratello?" Alzò il viso verso i gradini, parlando con un
tono indispettito
e, Blaise lo sentì benissimo, un po' invidioso.
Stava per
rispondergli lui, quando anche Ginny scese l'ultima curva della scala a
chiocciola e Blaise scordò qualsiasi cosa stesse pensando,
mentre il sangue gli
scivolava tutto verso il basso: lei era bellissima.
Quella
piccola sirena aveva un vestito nero da sera che le sembrava dipinto
addosso.
Non era stretto, non era largo, doveva essere stato sistemato
magicamente
perché le si posava addosso morbidamente, e il vestito
camminava con lei. Era
senza maniche, con una morbida scollatura rotonda, e scendeva
semplicemente fino
ai piedi, calzati in sandali dello stesso colore. Con una mano reggeva
una
piccola borsetta e sul braccio era piegato il suo mantello: c'era da
dire che
quando voleva poteva fare la sua figura. E che figura! Almeno
finché non apriva
bocca.
Ma anche
quando lo faceva era difficile toglierle gli occhi di dosso: si era
dipinta le
labbra di un rosso scuro che gli ricordava una varietà di
ciliegie dolcissime e
Blaise pensò che lo avesse fatto apposta. Pian piano che
continuò a osservarla
notò che la sua pelle era stata truccata e i suoi occhi
messi in evidenza da
spennellate di bacchetta esperta e i suoi capelli erano raccolti
dietro,
lasciando però svariate ciocche a caderle sulle spalle.
Quando voltò appena la
testa, vide una spilla fra la sua chioma fulva e quasi si dispiacque
che lei
non avesse la solita piuma in testa. La stessa piuma che quella notte
aveva
sognato di toglierle per scioglierle i capelli.
Ginny
sbuffò,
finendo di scendere le scale. Scosse la testa e, prima ancora di
guardarsi
intorno nella stanza, gridò: "Mamma, Ron mi sta
infastidendo!"
"Non è
vero!" esclamò lui, spalancando gli occhi, sapendo benissimo
che la madre
lo avrebbe sgridato perché era tutto il pomeriggio che si
lamentava della cena
e lei non poteva assolutamente dargli corda.
Molly fece
capolino
dalla cucina. "Scusate, ma dovevo assolutamente incantare l'arrosto
e… Oh,
Blaise!" esclamò, rivolta ai due giovani che aspettavano
vicino al camino.
Per un attimo si fermò, stranita dal fatto che il figlio di
Maddie fosse nel
salotto insieme a George, ma poi si riscosse velocemente
perché aveva
tantissime cose da fare. "Spero che almeno uno dei miei figli abbia
fatto
gli onori di casa…" continuò, avvicinandosi e
lanciando un'occhiata al
rosso in abito elegante, sistemandogli il colletto. Lo sperava davvero.
Il moro
era il primo ragazzo che Ginny faceva entrare in casa da quando Harry
se ne era
andato e lei non voleva assolutamente che le cose potessero andare male.
"Si è
comportato benissimo, Mrs Weasley" confermò il ragazzo,
lanciando
un'occhiata a George, che annuì.
Subito dopo
si voltò verso gli altri figli, che stavano ancora
bisticciando in fondo alle
scale e si avvicinò a loro. "Basta: Ron, smettila di fare il
bambino e
Ginny, sii più gentile!" Fece finta di non vedere la
linguaccia che la
figlia fece al fratello e la smorfia infastidita di Ron, tornando a
voltarsi
verso gli altri. "Ci vuole una foto, però. Siete tutti
così belli! Arthur!
Prendi la macchina fotografica! Angelina dov'è?"
domandò, per poi gridare
verso i piani superiori, salendo il primo gradino: dove si era cacciato
suo
marito?
Blaise
alzò
la mano che reggeva il bicchiere per salutare Ginny, quando lei si
voltò verso
di loro e li vide: subito dopo sorrise e si avvicinò.
"Cos'è?
Firewhisky?" La ragazza gli fece un cenno del capo e gli
rubò il
bicchiere.
"Mmm, no:
è burrobirra". Alzò un sopracciglio e
lanciò una strana occhiata a George,
che alzò le spalle.
"Andrà
bene comunque". Chinò la testa, come per squadralo e i suoi
occhi lo
percorsero da capo a piedi, trasmettendogli uno strano brivido.
Brivido? Perché
quella ragazza sapeva suscitare queste cose solo con lo sguardo?. "Stai
molto bene. Spero che Gwen non ti abbia obbligato anche a comparti un
vestito
così elegante!"
"Come?"
Si guardò. "No, no, io avevo già questo
vestito…"
"Oh,
perfetto. Non avrei mai voluto che avessi speso dei soldi" lo
interruppe,
vuotando il bicchiere in un solo sorso, come se fosse nervosa.
"Ginny,
non devi bere subito dopo aver messo il rossetto!" La voce della
Granger
l'anticipò quando scese le scale. E la rossa alzò
gli occhi al soffitto prima
di voltarsi verso di lei. "Stai dicendo che non potrò
mangiare e bere,
stasera?" Fu quasi divertente, il tono che aveva usato sembrava
fintamente
esasperato e subito dopo si voltò verso di lui, sorridendo:
sembrava più
rilassata, come se battibeccare con le amiche l'aiutasse. Blaise rimase
stranito dal fatto che lei non sembrasse una maschera artificiale come
le altre
ragazze quando si truccavano. "Mi stanno facendo impazzire, non vedo
l'ora
di andarmene. Se dicessi qualcosa sul sesso orale e il rossetto, dici
che
Hermione lascerebbe perdere?" sussurrò, ammiccando verso di
lui. Blaise per
poco non si strozzò.
"Angelina,
sei bellissima!" La voce del fratello fece girare Ginny, che si
sistemò
accanto a Blaise, come se fosse il posto dove si metteva solitamente.
"Aspetta
che veda cos'ha sotto…" confidò al moro, mentre
osservava George
avvicinarsi ad Angelina e aiutarla a indossare il mantello sopra al
bellissimo
vestito verde mela che indossava.
Il moro si
girò e si chinò un po' verso di lei. "Una cosa
tipo il ballo del ceppo per
quelli degli ultimi anni?" Ginny rise annuendo.
"Più in
grande, ma una cosa così. Immagino che stasera…"
Si interruppe quando capì
che avrebbe potuto dare un'impressione sbagliata. Sbagliata?
Osservò il profilo
di Blaise che si era girato a osservare anche Ron, mentre continuava a
battibeccare con Hermione, e pensò che forse non sarebbe
stato male davvero se
anche la loro serata fosse finita in quel modo. Ma dopo quello che era
successo, non capiva come mai lei continuasse a pensare a lui in quel
modo,
sapendo benissimo che a Blaise lei non interessava.
Beh, era
semplice, perché non si possono imbrigliare le emozioni e,
esattamente come con
Harry i primi anni, anche se lei era interessata, non era detto che
l'altra persona
ricambiasse. E poi era stupido continuare a pensarci, non solo lui non
la
voleva, ma per la sua salute mentale, lo psicomago le aveva consigliato
di
astenersi dal sesso, per non cadere nella tentazione. Sperava solo che
avesse
ragione.
Si voltò
verso la credenza dove era appoggiata la bottiglietta di burrobirra e
se ne
versò ancora. Doveva essere la sua maledizione e stavolta
non poteva neanche
uscire con un altro!
"Il tuo
vestito non è un po' troppo scollato, Ginny? Non ti sta per
niente bene…"
Il rosso lanciò uno sguardo corrucciato alla sorella e
Blaise si voltò verso di
lei.
"Secondo
me è bellissima" rispose immediatamente, cercando di
difenderla, senza
neanche pensarci, ma la ragazza gli rispose insieme a lui e non fu
sicuro che
lei avesse sentito. Ma la Granger, vicino alla Johnson, lo
sentì e gli lanciò
un'occhiata sorniona.
"Dovresti
farti i fatti tuoi, troll" lo apostrofò Ginny, quando
riportò l'attenzione
verso di loro: i battibecchi fra i due dovevano essere all'ordine del
giorno e
Blaise immaginò che non passasse giorno senza che loro
litigassero.
"Ma se
sembri una…"
"Ronald!"
La voce della Granger riempì il salotto e lei gli
lanciò un'occhiataccia, così
Weasley non disse più niente.
"Eccoci
qui!" La madre dei ragazzi tornò in salotto con una macchina
fotografica
di vecchia fattura e Blaise un po' si pentì di non aver
portato la sua.
Molly si
avvicinò ai ragazzi. "No, mamma, non c'è tempo
per le foto, dobbiamo
andare…" Ginny, come aveva immaginato, aveva tentato di
scansarla, ma lei
voleva assolutamente immortalare quel momento. George e Angelina si
erano
ufficialmente buttati allo scoperto, nonostante lei avesse avuto
più di qualche
sospetto da un bel po', e non si sarebbe lasciata scappare l'occasione.
"Angelina,
togliti il mantello, cara. E mettiti vicino a George, così
vi faccio una bella
foto. Tu, Ginny, preparati. E non voglio sentire storie!"
La ragazza
sbuffò: forse pensava di evitare le foto, pensò
Blaise. Ma alle donne non
piacevano le fotografie? "Mi dispiace" sussurrò vicino alla
sua spalla
e poi si voltò, mostrandogli la schiena.
Blaise rimase
di stucco e non riuscì a rispondere che a lui non dispiaceva
dover fare le
foto, perché fu distratto dall'abito della ragazza: ecco
cosa intendeva suo
fratello! Era scollato sulla schiena! Quella pelle candida, leggermente
dorata,
dove non si vedeva il segno del reggiseno nell'abbronzatura, invogliava
a
pensieri poco consoni in una stanza piena dei parenti della rossa. Si
sentì la
bocca diventare secca e per un attimo pensò di allungare la
mano e toccare
quelle efelidi che sembravano attirare l'attenzione come piccole
stelle. Chissà
se la sua pelle era morbida come sembrava. O come si ricordava.
Fece un altro
sforzo per non gemere o allungare le mani, e quando lei si
girò a guardarlo
dovette fraintendere la sua espressione perché subito dopo
disse:"Dai,
muoviamoci, così prima facciamo questa dannata foto, prima
ce ne andiamo…"
Lo prese per un braccio e lo trascinò vicino a George, che
stringeva la vita di
Angelina da dietro, sorridendo all'obbiettivo.
"Mamma,
solo una foto, ok?" Ci provò Ginny, ben sapendo che sua
madre non si
sarebbe accontenta di meno di cinque foto. Ma quando vide che anche
Hermione
aveva fatto apparire una macchina fotografica, sbarrò gli
occhi: in quanti
avrebbero immortalato quel momento? In troppi! "Herm…"
"Zitta e
sorridi. Zabini, mettile un braccio dietro e appoggiale la mano sul
fianco" ordinò al moro e Ginny fu abbastanza stranita dal
fatto che lui
obbedisse senza fare storie.
Alla fine
fecero tantissime foto, da soli, affiancati e con Blaise che la cingeva
da
dietro, poi con George e Angelina. Per tutto il tempo il moro le fece
battutine
e lei ridacchiò in tutte le foto, nonostante non avesse
voglia di farle.
Quando capì
che lui aveva intuito il suo atteggiamento e lo aveva fatto apposta,
stava per ringraziarlo,
ma poi il ragazzo si allontanò per riprendere i mantelli e
lei non disse più
niente.
"Come si
va? Smaterializzazione?"
La ragazza
scosse il capo. "Passaporta. La cena è su invito. E massimo
due persone a
invito" disse, subito dopo verso il fratello, che era rimasto a
guardare
tutta la scena con uno sguardo corrucciato e arrabbiato. Blaise ebbe
quasi
pietà di lui. Annuì verso Ginny e
aspettò che gli mostrassero l'oggetto che li
avrebbe condotti alla famosa serata: una scopa in miniatura. Un
biglietto di
pergamena annodato al manico dichiarava esplicitamente: "Miss Ginny
Weasley +1".
Guardò di
nuovo verso Weasley e lui lo fulminò con uno sguardo:
resistette a fargli un
sorriso in cambio perché non voleva rendere difficile le
cose alla ragazza così
non lo fece. Non perché voleva ingraziarselo, assolutamente
no. E poi non
voleva che pensasse male della sorella. Davvero? Gli interessava
davvero? Sì,
stranamente, quella volta, lo pensò davvero.
Ron
squadrò
Zabini per tutto il tempo e lui, nonostante lo avesse visto, non disse
niente.
Pensò di andargli vicino per manifestare il suo scontento,
quando Hermione, che
si stava scambiando foto con sua madre, gli andò vicino.
"Hai
visto come stanno bene insieme?" Gli posò una mano sul
gomito,
mostrandogli una foto: Zabini aveva un braccio dietro la schiena di sua
sorella
e si chinava su di lei a dirle qualcosa nell'orecchio. Tolse lo sguardo
prima
che Ginny scoppiasse a ridere, tanto lo aveva già visto
quando era successo.
"Non mi
piace come la guarda…" spiegò, disgustato dalla
cosa.
"Scherzi?
L'accarezza con gli occhi…" Cosa? Ma era impossibile!
"Vorrà
spogliarla, al massimo!" Cercò di non alzare troppo la voce,
ma era sicuro
che se il moro si fosse girato in quel momento sarebbe riuscito a
pietrificarlo
solo con lo sguardo.
"Beh,
anche quello non sarebbe male. Secondo me ne ha bisogno."
"Non
voglio parlare di queste cose, lo sai!"
Ma Hermione
alzò le spalle con un sorrisetto furbo e si
allontanò da lui per raggiungere i
ragazzi che si stavano preparando.
Ginny si
lasciò aiutare a indossare il mantello, cosa che aveva
sempre fatto da sola, e
in men che non si dica, dopo i saluti a Hermione e ai suoi genitori,
dopo aver
lasciato che George e Angelina andassero per primi, lei e Blaise
toccarono la
passaporta dell'invito e furono catapultati nell'atrio del Enchanted Plaza,
il locale da ricevimenti più grande
e inn della Londra Magica.
*
"Sei pronto?
Anche qui ci saranno foto…"
spiegò Ginny e vide Angelina lanciarle un'occhiata materna.
"Ho le spalle larghe, ricordi?" rispose
Blaise e Ginny sperò che fosse vero davvero.
Blaise non era
mai stato assediato così tanto da
foto, flash, reporter e paparazzi, soprattutto considerato che avevano
dovuto
camminare per neanche un centinaio di metri. Non fu una cosa semplice,
erano
stati proprio assediati, ma il suo autocontrollo lo aiutò
tantissimo. E riuscì
a sorridere per tutto il tempo. Anche quando alcune domande, che non
fecero
neanche a lui direttamente, gli avrebbero fatto sfoderare la bacchetta
e
lanciare maledizioni e incanti senza perdono.
Quando finalmente riuscirono a entrare nella sala da
pranzo più grande e maestosa del Enchanted Plaza, lei
sospirò. "Grazie".
Ora iniziava a
capire cosa intendesse.
Fu contento di essere riuscito a mantenere la sua promessa e di non
essere
crollato. Ma, d'altronde, lui non era abituato a crollare.
Non le rispose niente, ma le appoggiò la mano sulla
parte bassa della schiena e la guidò verso il fratello,
facendosi largo fra le persone.
Si strinse di più a lei anche quando non c'era bisogno solo
per sentire il suo
profumo. Quando si voltò verso di lui, finalmente con un
sorriso, sperò che lo
avesse capito anche lei.
***
"Ma
Gwenog dov'è?" chiese Ginny quando si trovarono con le altre
all'open bar
per l'aperitivo.
"Non si
è ancora fatta vedere."
"Forse
arriverà un po' dopo."
"Ah,
bo…"
Le frasi si
susseguirono mentre le ragazze osservarono tutti i giocatori sfilare
vicino
all'entrata: con un susseguirsi di cenni del capo e mani alzate,
osservarono
amici, colleghi, rivali e sportivi entrare nella sala.
Finbar
Quigley venne accolto con un applauso e lui alzò tutte e due
le braccia in
segno di vittoria e continuò a stringere mani e a scrivere
autografi nella
piccola folla che era riuscita a intrufolarsi dentro, mentre alcuni
folletti li
spingevano fuori. Le ragazze applaudirono in modo educato e molto,
molto
contenuto.
Quando
entrarono Rudolph Fastball e Astoria
Greengrass, lei era molto elettrizzata e
si guardava intorno con meraviglia: Ginny era abbastanza sicura che non
fosse
il locale addobbato a far sì che la festa fosse incredibile
ai suoi occhi.
Le lanciò un
sorriso e un cenno della mano quando i loro sguardi si incrociarono e
le mimò
con le labbra e un dito che si sarebbero parlate nel corso della
serata, quando
notò che aveva visto Blaise accanto a lei.
Blaise
notò
quando Astoria si accorse di lui, ma non riuscì a decifrare
la sua occhiata
perché, accanto a lei, vide la compagna del giocatore che
aveva ballato con
Ginny al party dai Stin'sen e lui
rimase di sale: Chastity. Porca
Morgana! Dovette gemere o fare qualche verso perché la rossa
si girò.
"Tutto
ok?" Alzò su di lui uno sguardo preoccupato e gli
appoggiò al braccio la
sua piccola mano calda.
Blaise
annuì, ma a lei si corrugò la
fronte e
il ragazzo non resse il suo sguardo.
Ginny
aveva visto Blaise sbiancare e un lampo di stupore (o terrore?)
attraversargli
il viso, ma ora era tornato come prima e per un attimo non
capì se se lo fosse
immaginato o se lui se lo fosse lasciato scappare inavvertitamente per
poi
ricomporsi.
"Sicuro?"
Lui annuì
ancora, girandosi per non guardarla e lei dovette farselo bastare.
Blaise
notò il fatto che lei non fosse convinta, infatti si
voltò e controllò tutta la
sala ma, non conoscendo Chastity, non avrebbe mai potuto immaginare la
situazione.
Infatti
fu con sollievo quando si voltò verso di lui e lo spinse
verso il bancone del
bar. "Mi stavo scordando…" Fece un cenno al barista e
ordinò qualcosa
di più forte. "Oggi è il tuo
compleanno…" Il barista fece apparire
due bicchieri rotondi e Ginny ne prese uno, porgendoglielo. "Tanti
auguri!"
Blaise lo
prese ridendo e lei fece tintinnare il suo bicchiere con il suo. "Non
si
usa magiare una torta, in questi casi, di solito?"
"Di
solito, sì, Zabini. Ma io non so cucinare. Però,
mi viene bene ordinare
Firewhisky invecchiato a un Open Bar!" Lei ridacchiò,
facendogli
l'occhiolino prima di bere.
Il
ragazzo la osservò prendere un sorso di liquore con
l'atteggiamento di chi non
avesse mai fatto altro nella vita e rise quando tossicchiò
perché probabilmente
non era abituata. Appoggiò il suo bicchiere e le
batté la mano sulla schiena,
in un gesto contenuto, mentre le toglieva il liquore dalle mani. "Mi sa
che non è una cosa che fai spesso, eh?" le
sussurrò all'orecchio quando smise
di tossire, ma non staccò la mano da lei: la fece lentamente
scivolare fino
alla fine della schiena.
"Ubriacarmi?
No, non lo faccio mai, ma stasera un po' di alcool potrebbe aiutarmi a
far
passare la serata…"
"Far
passare la serata? E io cosa ci faccio qui?"
"Tu
impedirai a chiunque abbia voglia di rimorchiarmi, di farlo". La sua
voce
era sicura.
"Ah,
davvero?" Blaise era divertito.
"Certo,
ti sei visto?" Gli posò una mano sul bicipite, in un gesto
che forse per
lei era scontato, ma lui sentì molto intimo. "Neanche mio
fratello ha
avuto il coraggio di dirti niente…"
"Beh,
potrei essere inetto e non saper neanche usare la bacchetta!"
"Certo,
ma noi non lo diciamo a nessuno, no?"
Ginny si
riprese il bicchiere, ma era ancora vicino a lui e non aveva fatto
niente per
staccarsi dalla sua mano. "E ricordiamoci che dobbiamo festeggiare
anche
il fatto che non ti sei sposato con quella là!" E
così dicendo ribatté il
bicchiere contro il suo e lo finì. "Ti è andata
bene, in fondo…"
"Già…"
Non sapeva cosa dire, così bevette anche lui, in occasione
del suo compleanno.
"E
poi ho un regalo per te!"
"Per
me?" Blaise era stupito. Un regalo? Per lui? Ma… davvero?
"E
cosa…"
"Per
i denti di Merlino!" Lei, però, lo ignorò,
facendo un passo verso
l'entrata e spalancando gli occhi.
Blaise si
girò verso la porta: la Jones era entrata al braccio di
un'altra donna.
-
-
-
***Eccomi,
scusate il ritardo (e il capitolo corto) spero di riuscire a pubblicare
ancora fra qualche giorno.
|
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Capitolo 22 *** Che la festa abbia inizio! ***
Che
la festa abbia inizio
-
-
Il piccolo
coro di urla ed esclamazioni di vittoria partì dal bar del
locale e il capitano
delle Holyhead Harpies sorrise alla sua squadra.
"Ecco
perché voleva che il tavolo fosse al completo!" La rossa
applaudì e mandò
baci volanti in direzione della porta, prima di raggiungere il suo
capitano.
Blaise capì
in quel momento cosa fosse lo spirito di squadra. Non lo aveva mai
provato, non
aveva mai giocato a Quidditch, non aveva mai fatto sport o avuto hobby
di
collaborazione e anche al club dei duellanti a Hogwarts si era tutti
contro
tutti.
Un po' fu
invidioso di quelle ragazze. Le vide abbracciarsi e dirsi parole non
proprio
carine, anzi alcune erano veri e propri insulti, ma i loro toni erano
così
affettuosi e sinceri, i loro sorrisi accattivanti e i loro modi
così teneramente
fisici, che riuscì a vedere oltre le parole.
Si scambiò
uno sguardo con Weasley e uno con un ragazzo alto e dinoccolato con gli
occhiali e vide in tutti i suoi stessi pensieri.
Ginny non
riusciva a crederci: Gwenog aveva portato la sua compagna! "Se me lo
avessi spiegato subito, avrei fatto in modo di accettare fin dal primo
momento". La
ragazza rise abbracciando
il capitano e salutando Vanessa, la sua compagna.
"Doveva
essere una sorpresa anche per voi. Mi ricorderò le vostre
facce per tutta la
vita. E avevo bisogno della squadra al completo" spiegò poi,
voltandosi
verso la sala: Quigley le osservava tutte dall'angolo in fondo, seduto
al
bancone dell'altro bar con accanto una biondona con le labbra molto
gonfie.
"Ci
saremo sempre per te, lo sai."
Quando Gwenog
venne raggiunta anche da altre persone, Ginny fece un passo indietro e
si
scontrò con Blaise, che, ancora vicino al bancone del bar,
stava chiacchierando
con George e gli altri accompagnatori.
"Oh,
scusami" disse, spostandosi, e lui l'aiutò a non cadere,
continuando a
parlare, posandole una mano sul fianco.
Blaise stava
spiegando a Tom, il ragazzo alto e biondo, come i folletti gestissero
gli
investimenti e come invece lo faceva lui, trovando nel suo
interlocutore un
interessante conversatore.
Non si era
neanche accorto di aver abbracciato Ginny finché non aveva
adocchiato
l'occhiata che suo fratello George aveva lanciato alla sua mano e
lì si era
reso conto di quello che stava facendo. Ma aveva realizzato che quel
gesto gli
piaceva molto, lo faceva sentire bene toccarla, sentirla vicina e
riempirsi la
mente del suo profumo. Lo sguardo che la ragazza gli lanciò
- divertito o
invitante? Non riusciva a capirlo – gli fece accalorare il
viso. Non che su di
lui si notasse molto, per fortuna.
Qualcuno le chiese
qualcosa su Gwenog e la rossa rispose con un sorriso e agitando le
mani, poi
disse una cosa che lo colpì. "Sai, non siamo giocatrici, noi
siamo una
squadra!" E subito dopo si voltò quando venne raggiunta
dalle altre. Blaise
non aveva mai provato quella sensazione. E più frequentava
Ginny, più iniziava
a pensare di non poter più vivere senza provarlo. Ma era una
cosa strana,
soprattutto per lui. Si tirò un po' il colletto, allentando
appena la cravatta.
"Andiamo
al tavolo, ormai si stanno sedendo tutti" Il gruppetto
iniziò a defilarsi,
per seguire la Jones che dava ordini anche fuori dal campo.
"Sicuro di
star bene?" Ginny rimase indietro con lui, osservandolo. Blaise scosse
le
spalle: lei aveva capito quello che aveva provato e pensava che fosse
un problema
della serata.
"Certo."
"Non è
per Gwenog, vero?" domandò ancora, ma abbassando la voce.
Come? Pensava
che a lui potesse dare fastidio il fatto che avesse dichiarato in
pubblico la
sua omosessualità? Ma Santo Merlino, no!
"E
perché dovrebbe?"
Ginny si
stava spazientendo: prima era sbiancato e poi aveva fatto quella
faccia… O lui
le stava mentendo, oppure… "So che non abbiamo finito di
parlare. Del tuo
compleanno, del tuo mat…"
"Perché
non andiamo a sederci con gli altri?" la interruppe, e lei
capì che voleva
liquidare la sua frase. Va bene, poteva farlo. Annuì.
"Non
vuoi neanche sapere del tuo regalo?"
Blaise
sorrise: quella ragazza era intenibile, e a lui piaceva sempre di
più.
Ed era
curiosissimo per il regalo.
"No"
mentì, ma lei lo capì perché
ridacchiò divertita, così le confidò:
"Non
ammetterò mai di non stare nella pelle, sappilo. Soprattutto
perché so che mi
stuzzicheresti e basta!"
"Oh,
Zabini, sai quanto avresti bisogno di essere stuzzicato un po'?" Il suo
viso si addolcì e per un attimo, Blaise vide lo stesso
sguardo che aveva visto
in sua madre quando gli aveva detto di prendersi cura di lei. Dovette
reprimere
la voglia di accarezzarle una guancia con il dorso delle dita.
Blaise era in
imbarazzo, e alla fine scosse la testa bleffando come se fosse
divertito dalla
sua frase, per poi voltarsi verso la Johnson che li stava chiamando per
raggiungere il tavolo.
"Andiamo"
disse solamente, prendendola per mano e trascinandola verso gli altri.
Non si
accorse di aver spostato la sedia per la ragazza fino a quando non
sentì una
risatina dall'altro lato del piano rotondo e allora alzò gli
occhi, stupito del
fatto che nessuno lo stesse facendo.
"Hai fatto
bene a venire con lui, Ginny: Ron non ti avrebbe mai spostato la
sedia!"
George ammiccò in direzione della sorella e lei gli rispose
a tono, ma poi gli
lanciò un'occhiata così dolce che lui non disse
più niente.
*
La serata
stava procedendo bene e su una cosa la rossa non gli aveva mentito:
Blaise si
stava divertendo. Effettivamente lei non gli aveva mai raccontato
bugie, su
niente.
I ragazzi
erano simpatici e anche la Jones era una persona alla mano.
Era nella
sala con tutti i giocatori di Quidditch del Regno Unito e l'unica cosa
a cui
riusciva a pensare era alla risata della ragazza accanto a lui.
Avevano già
portato gli antipasti e, prima ancora di finire il primo, Blaise
notò che lei
aveva mangiato poco. Troppo poco. Ma il suo bicchiere era vuoto.
"Devo
andare in bagno. Chi viene con me?" La Johnson si alzò e
lanciò uno
sguardo alla tavola.
"Vengo
io, Angie. Ho bevuto così tanto che devo… Ehm,
sì… fare un salto in bagno
anch'io…" Ginny si era alzata e aveva sorriso. Se anche
aveva bevuto tanto
quanto sembrava voler far notare, lo reggeva bene.
"Prendi
la pochette, così ti sistemi il rossetto…" le
suggerì la mora, quando la
raggiunse per dirigersi verso il bagno.
"E
perché dovrei rimetterlo? Tanto mangio, e sicuramente bevo,
ancora…"
"Prendila
e basta, su…" La Johnson aveva lanciato un sorriso
tremolante verso il
tavolo e la Jones aveva riso e si era scambiata un'occhiata con la
rossa, come
se solo loro due condividessero un segreto.
Una volta che
le ragazze si furono allontanante, George scalò due sedie e
si sedette al posto
della sorella.
"Mi devo
preoccupare per quello che sta succedendo Ginny?" Blaise
alzò un
sopracciglio senza rispondergli subito. Ecco: sapeva che prima o poi
gli
avrebbe sferzato un colpo basso.
"Non so
di cosa tu stia parlando… Noi siamo solo amici"
rimarcò ancora. Ormai
quella frase iniziava a dargli sui nervi.
Il rosso lo
guardò come se dovesse decidere se credergli o no.
Immaginò che fosse proprio
così.
"No?
Quindi non dormirà a casa tua?" Blaise si trattenne dal dire
che se Ginny quella
notte fosse andata a casa sua non sarebbe stato per dormire.
"Dovrebbe?"
Scelse di fingere un'innocenza che non aveva mai avuto: non voleva
comunque
inimicarsi i suoi fratelli.
"Non ha
dormito da te, in queste notti?" Il
moro capì che la sua domanda era sincera.
"No.
Pensavo che dormisse alla Tana" ammise, troppo sorpreso da riuscire a
formulare qualsiasi progetto di pensiero e un possibile bleff.
"Oh.
Ah…" Blaise non riuscì a pensare lucidamente.
Dove cavolo dormiva quella
ragazza? Effettivamente sembrava meno stanca del giorno che era andato
al
campo, ma ancora non sembrava in forma. Per non parlare che secondo lui
aveva
mangiato poco e bevuto più di quello che avrebbe dovuto.
"Forse
allora… Oh, Angelina, sei tornata!" George si
girò verso la ragazza e
tornò a sedersi al suo posto, probabilmente felice di non
dover continuare la
conversazione.
Blaise si
voltò verso la mora e le chiese dove fosse Ginny.
"Si è
fermata a parlare con la Greengrass: era così agitata e ha
detto che doveva
assolutamente raccontarle una cosa". La mora si sedette sorridendo.
Il ragazzo si
voltò nella direzione indicata dalla giocatrice e vide le
due ragazze vicino al
bancone del bar: per non pensare a dove lei potesse aver passato quelle
notti,
si concentrò sulla giovane vicino alla rossa. Aveva ragione
Draco: aveva un
vestito color avorio.
*
Ginny e
Angelina erano uscite dal bagno, quando avevano visto Astoria correre
verso di
loro. La bionda era molto agitata, ma sorrideva come estasiata da
qualcosa.
"Astoria! Mi sa che ti stai divertendo, vero?" Ginny le fece
l'occhiolino.
"Oh, per
Salazar, Ginny, non mi avevi detto che saresti venuta con Blaise!"
Tutte e
tre si voltarono verso il tavolo verde e oro delle Holyhead Harpies e videro il moro
e il rosso parlare seduti vicini.
Per i denti di Merlino, cosa stava facendo George?
Spalancò gli occhi al pensiero di cosa potessero dirsi: fra
l'altro erano
girati di spalle tutte e due e lei non riusciva a vedere le loro facce.
"Vado io, non preoccuparti" mormorò Angelina,
con un lieve tocco della mano sul suo braccio. Doveva aver pensato
anche lei
che George probabilmente la stava mettendo in imbarazzo con le cose da
'fratello maggiore'.
"Grazie" sussurrò.
Astoria
aspettò che la Johnson si allontanasse e
subito dopo prese Ginny per un braccio, gesticolando in modo poco
contenuto,
senza riuscire a contenere l'agitazione.
Ginny le aveva detto che non sarebbe venuta e poi la
ritrovava lì, con Blaise, e con Richard che continuava a
guardare il suo tavolo
per capire chi fosse il suo accompagnatore. Astoria non gli aveva
ancora detto
che lo conosceva, visto che lui non glielo aveva chiesto, altrimenti
non
avrebbe più smesso di farle domande. Ma neanche Chastity
aveva detto che sapeva
chi era, e cercava di distrarlo, nonostante anche lei continuasse a
guardare da
quella parte.
Lanciò un'occhiata al tavolo del Puddlemere United,
notando che più di una persona stava guardando verso di
loro, così, nervosa e
un po' agitata, prese la rossa per un braccio e si spostarono verso il
bancone
del bar, che era nascosto alla loro vista.
"Sai con chi è venuto Richard?"
Ginny si
stupì della domanda: pensava che Astoria
l'avrebbe subissata di domande su Blaise e invece…
Alzò le spalle.
"Non doveva venire con sua cugina? E comunque
non mi interessa, può…"
Astoria sbuffò e fu così strano che la rossa
quasi
si preoccupò.
"Sai chi è Chastity Fawley?" E Ginny si
sentì impallidire. Chastity? La famosa Chastity di Blaise?
Come aveva detto che
si chiamava di cognome? Era una delle sacre ventotto? Vabbè,
ma quante ragazze
si potevano chiamare 'Chastity' nel mondo magico? Quante traditrici,
poi, potevano
avere quel nome?
"La fidanzata di Blaise?" Come era fatta
quella ragazza? Allungò il collo verso il tavolo dei
giocatori blu oltremare,
cercando di spiare i volti oltre il bancone circolare del bar.
Astoria la scosse e la rossa dovette riportare
l'attenzione su di lei. "Ex fidanzata. Non dovresti essere tu quella
nuova?"
Ginny emise una risatina nervosa. Molto nervosa. Si
passò una mano sulla testa, ricordando solo dopo di non
dover scompigliare
l'acconciatura con un gesto di irrequietezza. "No. Noi non…
Siamo
amici…" Per finta, per
lo più, si costrinse a
ricordarsi, ma per lei
le cose erano cambiate. E molto. "Per i denti di Merlino! Praticamente
Blaise è stato costretto a venire, oggi, nel giorno del suo
compleanno, del suo
mancato matrimonio e ci trova… lei…"
Lanciò ancora un'occhiata al tavolo e
vide una ragazza dai lunghi boccoli biondi, ordinati e acconciati con
nastrini
intonati al vestito, dalla carnagione delicata e i modi raffinati che,
chinata
accanto a Richard, gli mormorava qualcosa. Quando lei alzò
lo sguardo i loro
occhi si incrociarono: per Godric, era davvero molto bella. Poi lei si
alzò in
piedi e la vide incamminarsi verso di loro.
"Sta venendo qui" sussurrò alla bionda.
Astoria si
voltò e poi trascinò Ginny più
lontano.
"Visto che sai già, sappi che lei non ha smesso un attimo di
guardare
verso il vostro tavolo. Sembra che non abbia più visto
Blaise da quando si sono
lasciati e…"
"Tu sai perché si sono lasciati?" la
interruppe la ex Grifondoro.
Come? No, Blaise non lo aveva detto a nessuno. E
aveva disertato anche il matrimonio di Pansy per non dover dare
spiegazioni,
visto che si era tenuto dopo pochissimo.
Scosse il capo e capì che lei invece lo sapeva.
"Perché, tu lo sai?"
Ginny annuì, ma non disse nient'altro. Oh. Lei non
era sicura che qualcuno della loro compagnia lo sapesse, forse Theo,
che era
quello più vicino a Blaise. Di sicuro non lo sapeva Draco e
neanche Daphne.
Se Blaise si era confidato con lei, cosa che non
faceva con nessuno, un motivo c'era. E non doveva essere totalmente
innocuo.
"Solo amici, eh? Cara Ginevra
Weasley, mi sa che mi devi parecchie spiegazioni!"
"Merlino, mi hai chiamato con il mio nome per
intero. Non lo fa più neanche mia madre! Comunque
sì, solo amici: come te e
Draco, direi. Ma con meno smielanza e più parolacce."
Astoria rise nonostante tutto: ok, aveva capito.
Guardò ancora verso il tavolo, e notò che
Chastity,
in verità, aveva deviato ed era andata a salutare qualcun
altro, ma continuava
a guardare verso di loro.
"Continua a guardare di qua… Mi farà un sacco
di domande, appena tornerò al tavolo…"
mormorò, scontenta.
"Inventati quello che vuoi. Ti reggerò il
gioco. Dille che sono… Non so… Chi potrei essere?"
"Ma tu sei Ginny Weasley, e lei lo sa
già!" Astoria ridacchiò della tattica che la
rossa voleva usare, tralasciando
cose importantissime.
Già,
era vero. Ginny si morse il labbro: tutti la
conoscevano. Tutti sapevano che era la ex di Harry Potter, il salvatore
del
mondo magico. "Ah, giusto, Harry…" rispose, un po'
demoralizzata: per
una volta pensare di essere qualcun altro le avrebbe dato un po' di
respiro e
lasciato spazio per la fantasia.
Ma Astoria rise e si chinò su di lei. "Guarda
che Richard le ha fatto una testa così su di te, e penso che
di Potter non le
abbia raccontato proprio niente!" Come? Oh. Richard.
"E cosa le avrà detto?" Merlino, cosa avrà
raccontato Richard, di loro? Era un perfetto gentiluomo anche su quelle
cose
lì, vero?
"Di sicuro le ha detto che sei una giocatrice
di Quidditch molto agile e temuta" disse.
Oh, davvero? Beh, in fin dei conti era vero. "Ascolta,
ci vediamo domani?" le chiese la bionda.
Perché avrebbero dovuto vedersi? "Per far
che?"
Astoria sorrise sorniona. "Stasera potrei
tenerla lontana dal vostro tavolo. Ma in cambio voglio che domani mi
racconti
tutto!"
Ginny la guardò stranita: cosa avrebbe dovuto
raccontarle? "Riguardo a cosa?"
"Alle molte parolacce e la poca smielanza"
Astoria le face l'occhiolino. La guardò divertita, alzando
un sopracciglio. Ma
davvero? "Non scordarti che ero una Serpeverde!" E Ginny rise.
"Allora dovrai raccontarmi tutto anche tu"
concesse, tornando a guardare verso il fondo della sala.
Notò Blaise voltato
verso di loro con la fronte aggrottata: era ora di rientrare. "Torno al
tavolo".
"Va bene. Speriamo che vada tutto bene…"
Ma certo che sarebbe andato tutto bene! Cosa avrebbe
potuto andare storto?
*
"Tutto bene?"
Blaise non riuscì a non
chiederglielo quando la rossa tornò al tavolo, sotto gli
occhi di tutti.
"Oh, sì, Astoria sta sperimentando cose nuove
ed è elettrizzata. Domani andremo a prendere qualcosa da
bere e mi racconterà
tutto". L'ultima parte della frase, Ginny la disse senza guardarlo e
Blaise non capì bene il motivo: stava mentendo o gli stava
nascondendo
qualcosa? Si passò una mano fra i capelli: la questione
delle sue notti fuori
lo stava mandando in paranoia. Ma in fin dei conti cosa si aspettava?
Lei era
quello che sua madre avrebbe chiamato 'spirito libero' e quella serata
non era
un appuntamento. Lei non voleva neanche venirci; la Jones l'aveva
costretta a
partecipare e lui si trovava lì per caso. Loro non erano una
coppia. Non
facevano sesso. Non erano neanche amici.
"Potremmo ballare". La Jones si alzò e
prese la mano della compagna, per portarla sulla piccola pista davanti
al
palco.
"Comunque non mi hai detto che c'era Chastity, qui…"
mormorò la rossa, spostandosi verso di lui, in modo che
nessun altro potesse
sentirla.
Chastity! Giusto, ecco cosa poteva averle raccontato
Astoria!
"Non ti ho neanche detto che è venuta con il
tuo amico". Blaise sapeva che lei non gliela avrebbe fatta passare
liscia,
quando lo avesse scoperto, ma fu contento del fatto che non lo avesse
detto ad
alta voce.
"Dobbiamo parlare."
"Oh, che brutta frase. Di solito serve per
lasciarsi o litigare. Per noi che non stiamo insieme che vuol dire?"
Cercò
di sembrare scherzoso e di prenderla alla leggera: non gli piaceva
parlare di
questioni private e infatti già il fatto che lei sapesse
della storia di
Chastity, per lui era una novità. E si pentì di
averglielo raccontato. Cosa gli
era passato per la mente?
"Andiamo in bagno". Tutti si alzarono per
andare a ballare e loro rimasero soli al tavolo, ma probabilmente lei
non
voleva parlare lì. Lo prese per un braccio e, senza dargli
tempo di tirarsi
indietro, lo trascinò lontano dal tavolo, mischiandosi tra
la piccola folla.
Ma Blaise non voleva parlare di Chastity. Si fermò e
lei dovette fare lo stesso.
"Non vengo in
bagno."
Ginny alzò gli occhi al cielo. "Verrò io in
quello degli uomini, non preoccuparti."
"Potremmo parlare mentre balliamo"
propose: si voltò a
guardare il centro
del locale, dove molte coppie stavano danzando al suono di un piccolo
quartetto
d'archi.
Come? Voleva ballare con lei? "Ah, oggi il mio
vestito ti aggrada?" lo stuzzicò, pensando che la stesse
prendendo in giro,
facendo un passo verso di lui in modo giocoso.
Blaise la
guardò negli occhi: aveva uno sguardo divertito, facendo
riferimento alla sera
nel giardino a casa di sua madre. Si era avvicinata a lui
così tanto che
riusciva a sentire il suo profumo e probabilmente anche quello della
sua pelle.
Sentì un formicolio al basso ventre e cercò di
risponderle con un'occhiata come
la sua, ma capì da solo di fallire, quando lei non
abbassò gli occhi. Tutto di te, mi
aggrada.
"Sì"
confermò, lasciando cadere uno sguardo carezzevole lungo il
suo corpo.
Ginny
spalancò gli occhi, sorpresa perché lei lo stava
prendendo in giro e lui,
invece di stare al gioco, voleva ballare. Ma forse, era proprio questo
il
gioco, pensò subito dopo. Lui le porse la mano come quando
si smaterializzavano
e, non riuscendo a ribattere qualcosa velocemente, la prese,
lasciandosi
guidare lungo la pista.
Blaise
notò
che lei non aveva detto più niente e che, una volta al
centro del locale, aveva
alzato le braccia verso di lui, ma senza guardarlo o scherzare ancora.
Cosa era
successo? "Così Astoria ti ha detto di Chastity?" Andava
bene parlare
anche della sua ex, l'importante era che lei riprendesse a parlare con
lui.
Ginny annuì,
ma ancora non disse niente e lì, Blaise si
preoccupò.
Doveva
tornare al tavolo al più presto. Ginny sentiva la mano di
Blaise sul suo fianco
che l'accarezzava, ogni volta che si spostava o si muovevano secondo la
musica.
Era devastante. Si sentiva quasi eccitata dal suo tocco. Da quando lo
psicomago
le aveva detto di non pensare più al sesso come alternativa
per i pensieri, lei
aveva iniziato a sentirsi in trappola. Era una cosa strana: non aveva
fatto
niente, prima dell'incontro con il medimago, ma da quando lui glielo
aveva
negato, le sembrava di non pensare ad altro. E odiava il fatto che
Blaise lo
avesse predetto.
"Ohi…
Tutto bene?"
Ginny alzò lo
sguardo su Blaise e mentì spudoratamente. "Sì. E
comunque, scusami, hai
ragione: se non vuoi parlare di lei, non c'è problema, sono
fatti tuoi. Pensavo
soltanto che avresti potuto dirmelo. Pensavo che noi…"
Blaise
sentì
la sua voce piena di tristezza. E il fatto che non lo stesse accusando,
non
fosse arrabbiata, ma soltanto delusa, lo fece sentire in colpa.
"Ehi,
chi sei tu? Pensavo che mi avresti attaccato con mille domande e
poi… mi chiedi
scusa e mi dici che ho ragione? Hai chiuso Ginny Wealsey in un momento
che non
guardavo e ti sei sostituita a lei con una polisucco?" Cercò
di scherzare.
Lei, per
fortuna, sorrise. "Sono una rompipluffe, vero?"
Sei perfetta
così.
Blaise si
meravigliò soltanto di averlo pensato. Cercò di
reprimere un sospiro, ma lei
continuava a guardarlo così, per togliere l'attenzione,
staccò la mano dal suo
fianco e la fece girare in una piroetta che non ci stava per niente con
la
musica che stavano suonando.
"Oh!"
esclamò Ginny, divertita dalla cosa. "Quindi vorresti che ti
facessi un
sacco di domande?" L'espressione sul suo viso fece ridere la ragazza.
"No, non
voglio incasinarmi da solo. Ma non voglio perdermi il mio regalo e se
devo
tenerti buona per…"
"Tenermi
buona? Ehi, così sembro un gattino!"
"Un
gattino carino? Non dicevi che il termine 'carino' andava bene per i
gatti?" Lui rideva, mentre la faceva girare ancora un po'.
Poi Ginny
annuì, molto più rilassata di prima.
"Grazie"
disse lei e Blaise fece finta di non capire.
"Per
cosa?" Si sentiva un troll, ma aveva bisogno di farselo dire.
"Per
essere così… gentile. Con me". Stranamente lei
non si imbarazzò della
cosa.
"Ti
ricordo che lo sto facendo per il mio regalo, non montarti la testa,
Weasley!"
Ginny sorrise
come se lui le avesse fatto un complimento e poi arricciò il
naso.
"Giusto. Magari te lo farò penare un po', allora.
Dovrai… mmm non lo so…
Ora ci penso e sono sicura che qualcosa mi verrà in mente!"
Blaise aprì
la bocca per parlare, quando dal palco si sentì la voce di
qualcuno incantata
con un sonorus. Tutte le coppie che stavano ballando si fermarono e
ascoltarono
il mago sul pulpito che aveva iniziato un discorso di ringraziamento e
di
presentazione.
"Ora
aprono l'asta per le maglie dei giocatori. Hai portato i tanti galeoni
che avevi
detto?" Si girò verso di lui, prendendolo in giro mentre
applaudiva in una
pausa del discorso."Certo,
ho…" iniziò lui, ma poi si
interruppe, mentre lei osservava una coppia camminare verso di loro:
Richard e
Chastity li avrebbero raggiunti a breve.
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Capitolo 23 *** Uno, due, tre: asta aggiudicata! ***
Uno,
due, tre: asta aggiudicata!
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Blaise si era
interrotto quando aveva notato che lo sguardo di Ginny si era posato
oltre di
lui e che si era fatto strano. Si voltò per vedere cosa
avesse notato, e osservò
Chastity e il giocatore del Puddlemere
United
che si avvicinavano a loro. Oh, beh, tanto valeva estrarre la
mandragola subito.
"Buonasera, Ginny". Il ragazzo si avvicinò
e si girò verso di lui, porgendogli la mano. "Piacere,
Richard". Doveva
ammettere che sembrava una persona a modo.
"Blaise" rispose, stringendogli la mano e
notando poi anche Chastity che si fermava accanto a lui, sorridente.
"Lei è Chastity". Da perfetto gentilmago,
non immaginò neanche che non
ci fosse bisogno di una presentazione e Blaise non riuscì a
non farselo stare
simpatico per questo.
"Ciao, sono…" iniziò la rossa, dopo aver
fatto un cenno al ragazzo e aver fatto un passo verso Chastity.
"So benissimo chi sei: so parecchie cose su di
te!" Il tono di Chastity, la contrario di quello di Ginny, non sembrava
particolarmente
entusiasta, ma sapeva nasconderlo bene e solo una persona attenta ai
dettagli
avrebbe potuto capirlo.
"Oh,
sarà il caso che io non ti dica quello che
ho sentito su di te, invece!" ribatté Ginny, quando
notò lo sguardo con
cui la ragazza la stava osservando. Ma cosa voleva da lei? Forse
pensava che
fra lei e Blaise… Lanciò un'occhiata al ragazzo:
lui non disse niente, ma il
suo viso assunse un'espressione sorpresa e forse divertita, mentre
alzava un
sopracciglio. Richard invece rimase sorpreso e basta: Ginny
pensò che non
sapesse di Blaise. "Sto scherzando, scusami. Sapevo che Richard sarebbe
venuto con una cugina molto bella, ma effettivamente nessuna voce
è stata alla
tua altezza".
Blaise
corrugò la fronte: cosa stava dicendo? Perché
non aveva detto niente? "Ah, siete cugini?" chiese con noncuranza,
visto che la cosa non lo interessava minimamente ma non sapeva cosa
dire.
"Eh, sì. Sapete, sono single da poco e Richard
è stato così carino da invitarmi stasera, per
farmi distrarre un po'… Vero,
Richie?" Chastity ridacchiò in un modo un po' volgare e,
secondo Blaise,
disse quella cosa di essere single solo per lui.
Il giocatore, che non sembrava a conoscenza di
niente, annuì in modo distratto.
"Oh, single da poco? Deve essere brutto, quando
è successo a me, ero distrutta. Distrarsi è il
modo migliore per andare avanti.
Io non sarei riuscita, però, ad affrontare un evento del
genere…" Ginny si
morse un labbro e si guardò intorno: Blaise capì
dalla sua espressione affranta
che stava ripensando a quei momenti; probabilmente, anche se aveva
lasciato lei
Potter, doveva essere stata una cosa sofferta.
"Oh, per me non ci sono problemi, sai sono una
persona che non si piange mai addosso. Cerco sempre di darmi una mossa,
e poi
adoro i ricevimenti così grandiosi."
Blaise aspettò che Ginny le rispondesse a tono, ma
quando non lo fece si meravigliò e tornò a
guardarla. Lei alzò lo sguardo e gli
sorrise, come se nascondesse un segreto e lì capì
che era vero: non le aveva
risposto perché non c'era bisogno. Ginny era una persona che
dava l'importanza
giusta anche a una relazione finita e non si sarebbe vantata di
ciò.
"Sì, penso che Ginny si sia fatta un'idea.
Dimmi: hai già messo gli occhi su qualcun altro? O lo hai
fatto mentre stavi
ancora insieme al tipo di prima? Pensavi di sposarti anche con lui o
che?"
"Cos…"
La bionda spalancò la bocca,
guardando il ragazzo con gli occhi sbarrati.
"Scusateci, Gwenog ci sta chiamando. Fra un po'
aprono l'asta delle divise… In bocca al drago, Richard!"
Ginny prese per un
braccio Blaise e lo trascinò via dal centro della pista,
mentre il presentatore
stava ancora parlando. "Uno: quando si vuole scoprire le carte, bisogna
farlo bene. Dovresti saperlo, visto che giochi e ti vanti di essere
bravo…"
"Io sono bravo!" esclamò Blaise, stranito,
mentre raggiungevano il tavolo.
"E secondo: avvisa la tua spalla quando vuoi
fare una scenetta, perché lei potrebbe non capire le tue
intenzioni e poi
finisce male."
Blaise divenne serio e la fissò con uno sguardo
penetrante. "Sei la mia spalla?"
Ginny sbuffò e alzò gli occhi al soffitto.
"Sembra che solo io conosca il concetto di squadra, fra noi
due…"
Blaise si fece
serio davvero. Cosa stava dicendo?
Loro erano una squadra? "Senti, capisco che tu lotti in continuazione
fra
il non volerti fidare di qualcuno e voler comunque far parte di
qualcosa, ma
dovrai pur prendere una posizione, no? E qui ora ci sono solo io
che…"
Colpito da quello che aveva detto lei, e confuso fra
il fatto di voler negare tutto e ringraziarla per essere
così sveglia, lui alzò
le spalle e non disse niente: perché lei lo conosceva
così bene? E perché lui
si sentiva così vulnerabile per questo fatto?
Arrivarono al tavolo e si sedettero, ma la rossa
continuava a scuotere la testa. "Guarda che non ho detto niente
di…"
"Avremmo potuto farlo meglio. E metterla in
ginocchio. Se volevi vendicarti di lei, dovevamo…"
"Non volevo vendicarmi. Non mi è piaciuto
quello che ti ha detto: non sei una che si piange addosso."
Il rumore di un applauso lo interruppe e loro
rimasero a osservarsi.
"L'hai fatto per
quello che ha detto a
me?" Quando il moro annuì, Ginny sentì veramente
il calore salirle sulle
guance. E sul collo, e sul petto. Sentiva caldo dappertutto. "Non
dovevi" disse, forse un po' dura, perché non sapeva come
interpretare la
cosa. E poi, lei lo aveva fatto per lui, aveva contato fino a dieci e
non aveva
risposto subito, come avrebbe fatto di solito. Non solo non aveva
aperto bocca,
ma non aveva neanche tirato fuori la bacchetta. Fermarsi l'aveva
aiutata a non
sbottare in escandescenza e, quando si erano guardati, le era sembrato
che non
ci fosse più bisogno di dire niente. Si era sentita
così bene. Doveva
assolutamente scoprire come facesse lui a comportarsi sempre
così.
"Lo so. Ma l'ho fatto lo stesso". Blaise
iniziò a battere le mani.
"Magari ci vendichiamo dopo, che dici?"
Ginny gli fece l'occhiolino e batté le mani.
"Perché no?"
Poco dopo iniziò l'asta: le divise di tutti i
giocatori vennero portate, una per una sul palco e, in ordine
alfabetico,
iniziarono a venderle in favore dell'associazione dei bambini.
"Come funziona?"
Blaise si rivolse a Tom,
il tipo con cui aveva parlato di investimenti. "Dobbiamo comprare le
divise delle ragazze?" Aveva notato che, soprattutto le prime divise,
erano state comprate dallo stesso tavolo della squadra.
"No, lo fanno solo quelli che non ricevono
offerte: sono le squadre meno popolari. Qui", indicò il
tavolo con il capo,
"non ci sarà bisogno".
Blaise annuì.
Effettivamente, quando arrivarono le prime divise
verde scuro, non ci furono tentennamenti e le aste non rimasero mai
senza
offerte. La divisa della Jones, forse perché era il
capitano, era salita a più
di cento galeoni.
Quando arrivò sul palco la divisa nera con il
pipistrello rosso di Finbar Quigley, dei Ballycastle Bats, Blaise si
tirò su,
facendosi attento. Il folletto che faceva da banditore aveva iniziato a
leggere
qualche informazione sul giocatore, come era successo per tutti gli
altri, e dal
fondo del locale si alzò un grosso applauso. Il moro si
girò: il pubblico che
era stato fatto entrare per l'asta era in visibilio. Più
della metà dei
presenti doveva essere lì per lui. Oh, Merlino, sarebbe
stato difficile
aggiudicarsi la divisa. Si preparò a spendere molti galeoni.
Ma d'altronde lo
sapeva già.
L'asta iniziò e man mano il prezzo si fece sempre
più alto.
"Non fai un'offerta?" sussurrò al suo
fianco la rossa, quando vide che non aveva alzato la bacchetta neanche
una
volta.
"Aspetto. C'è troppa gente."
"Come?" Lei corrugò la fronte in quel modo
che Blaise aveva iniziato a disegnare da poco.
"Quando
gli altri saranno alla fine del loro budget, io inizierò a
giocare"
confidò, cercando di non farsi distrarre.
Oh. Ginny non
capì bene cosa intendesse, ma intuì il suo gioco
quando, man mano, la maggior
parte degli offerenti smise di alzare la bacchetta e fare offerte e rimasero solo in due.
E a quel
punto Blaise alzò la mano aggiungendo dieci galeoni
all'ultima offerta. Tutti rimasero
zitti e quando il banditore batté il primo colpo con la
bacchetta, l'asta
riprese.
Alla fine
Blaise rimase quasi per ultimo, fino a quando Ginny non vide Quigley
impugnare
la bacchetta: oh-oh, non andava bene.
Sembrava che
Blaise avesse finalmente vinto l'asta, quando un elfo domestico apparve
in
fondo del locale e dichiarò un'offerta anche lui, a nome del
proprio padrone,
senza dire chi fosse.
Blaise fece
un'offerta più alta, ma subito Ginny lo bloccò
con una mano sul braccio. "Fermati"
sussurrò.
Blaise si
voltò verso di lei. "Perché?"
La ragazza
gli indicò l'elfo che aveva appena superato la sua offerta
di solo mezzo galeone
e sussurrò al suo orecchio. "È l'elfo di Quigley:
quando lui pensa che
l'asta non sia abbastanza importante, lo fa intervenire per alzare le
offerte.
Solo che è già la più alta, non
capisco perché stavolta lo stia facendo.
Forse…"
La ragazza si
voltò a guardare il tavolo dei Bats e Blaise vide l'occhiata
che il giocatore
lanciò a Ginny e qualcosa nel suo petto si smosse. Quei due
erano intimi? No,
non sembrava. Ma il giocatore avrebbe voluto, secondo Blaise. Oh
sì, quel
bastardo la stava spogliando con gli occhi, nella sua occhiata viscida.
Niente
a che vedere con il cugino di Chastity: almeno lui l'aveva guardata
anche con
ammirazione. Quigley la stava divorando. Si voltò verso la
ragazza e notò che
aveva tolto lo sguardo dal tavolo. Merlino, quel troll lo stava usando.
Usando
per fare un dispetto a lei?
"Ci ha
provato con te?" le chiese, alzando la bacchetta e facendo un offerta
di
poco più alta di quella dell'elfo. Tutta la sala era
silenziosa. Solo il suo
tavolo stava borbottando e Blaise sentì le ragazze
bisbigliare fra di loro.
"Come
fai a saperlo?" Lei aveva strabuzzato gli occhi, confermando la sua
domanda. Ora Blaise era a metà fra il deluso e l'incazzato
nero. Anche se
immaginava che non fosse successo niente, non riuscì a non
chiederle: "E
tu?"
"Io,
cosa?"
Il nervosismo
gli faceva friggere le budella. "Ci sei stata?"
Ginny gli
lanciò uno sguardo durissimo e per un attimo
pensò che avrebbe generato magia
involontaria. "Ti ricordi quando ti ho detto che non andavo con
chiunque?"
Blaise sentì
il cuore riprendere a battere e il respiro rifarsi regolare. "Non
volevo
offenderti" ribadì.
Ginny fece
finta di crederci. Odiava Quigley perché ci aveva provato
con lei quando aveva
iniziato a frequentare il mondo del Quidditch ed era solo una riserva.
Lo detestava
perché era convinto di poter avere tutto quello che voleva e
si credeva un
essere superiore. Si era fatto avanti quando ancora stava con Harry,
pensando
che lei lo avrebbe tradito soltanto perché il più
importante dei giocatori di
Quidditch glielo aveva proposto. Al suo rifiuto subito lui aveva riso,
pensando
che lei stesse facendo la preziosa, ma dopo, quando aveva capito che
non era un
atteggiamento, si era arrabbiato. Era tornato alla carica anche qualche
mese
prima, dopo che lei e Harry si erano lasciati: probabilmente non capiva
come
mai una ragazza dovesse rifiutare uno come lui.
Ma Ginny
sapeva che lui ci provava sempre con tutte; sapeva anche,
però, che normalmente
si teneva lontano dalle Holyhead Harpies. Perché si fosse
fissato così tanto
con lei, non lo sapeva proprio.
"Giuro
che non volevo offenderti. Ero solo…" Blaise le
appoggiò le dita sul
braccio, prima di continuare. "Confuso. Non avevo capito…"
Blaise si
dovette mangiare la lingua per non dirle che era geloso e aveva girato
la cosa
sul fatto che non conosceva veramente Quigley. Ma ora iniziava a farsi
un'idea.
Alzò ancora il braccio che impugnava la bacchetta.
"Non
fare altre offerte: quel troll non…"
"Non ho
intenzione di farmi fregare da un tipo che manda avanti il suo elfo"
spiegò e lei lo guardò stranita per poi scuotere
la testa.
Subito dopo
un leggero brusio si alzò dal tavolo nero con disegnato il
pipistrello
scarlatto e Blaise capì che gli stessi compagni di squadra
di Quigley gli
stavano intimando di smettere. Lui ghignò e scosse il capo,
puntando la
bacchetta e l'elfo fece un'altra offerta.
Fu solo
quando un folletto si materializzò al suo fianco,
sussurrandogli qualcosa
all'orecchio che lui annuì.
Capendo che era
finita, Blaise fece la sua ultima offerta; l'elfo non disse
più niente, il
banditore batté tre volte la bacchetta e confermò
il prezzo dell'asta: 512
galeoni.
Uno scroscio
di applausi partì dal fondo del locale, ma Blaise non ci
fece tanto caso.
Osservò invece Quigley che, incurante di come si era appena
comportato, con un
bel sorriso, si era alzato, si era sistemato la cravatta ed era andato
a
prendere la divisa per portarla a lui come vincitore.
Tutti gli
altri, prima di lui, si erano alzati per andare incontro ai giocatori,
per
abbracciarli e ridere con loro sul tappeto che conduceva al palco, fare
foto e
altro, ma Blaise rimase seduto e aspettò che Quigley
camminasse fino al loro
tavolo. E Quigley non fu contento della cosa. Blaise lo capì
dal suo sguardo
quando intuì che lui non si sarebbe alzato.
"Complimenti
per l'asta" disse il giocatore, una volta arrivato davanti al suo
tavolo,
tendendogli la divisa. Forse si aspettava che si alzasse, ma Blaise,
ancora,
rimase seduto.
"Già,
nonostante qualche piccolo imbroglio, ma alla fine me la sono
aggiudicata".
Sentì tutto il tavolo trattenere il fiato. Per fortuna il
loro scambio di
battute non si sentì oltre.
"Potresti
farla indossare alla tua ragazza, stasera, quando te la scopi" lo
provocò,
con arroganza e tono borioso, lanciando un'occhiata di sbieco a Ginny.
"Se
questo è l'unico modo che hai per entrare nel letto di una
donna…" Blaise
alzò una spalla come se gli importasse poco e tutto il
tavolo applaudì alle sue
parole, ma lui non si fece distrarre e continuò a guardare
il giocatore negli
occhi. Lo vide incassare il colpo senza rispondere niente, ma
lanciò
un'occhiata alla ragazza al suo fianco. Ginny, stavolta, non
abbassò lo sguardo
e sorrise di un sorriso vittorioso.
Appoggiò la
mano sulla spalliera della sua sedia e sorrise all'uomo davanti a lui,
in un
gesto quasi di possesso. Quigley fece un sorrisetto di circostanza e
poi fece
un passo indietro, alzando la mano per salutare tutto il locale e
ricevere un
applauso anche lui.
Ginny non
sapeva cosa dire: per la prima volta era rimasta senza parole.
Osservò Quigley
andarsene e continuò a sorridere. Fu solo quando
sentì le dita di Blaise
accarezzarle la schiena che si voltò verso di lui. "Sei
stato un signore.
Devi insegnarmi come si fa". Era vero: lei avrebbe dato in
escandescenza,
mentre lui era rimasto calmo e tranquillo. A volte gli invidiava quel
suo
atteggiamento.
Blaise scosse
il capo perché non poteva dirle che era meglio essere come
lei che come lui, ma
venne distratto dagli altri che iniziarono a fargli i complimenti e a
parlargli,
mentre l'asta andava avanti.
Quando il
banditore chiamò il nome di Ginny, sapeva già,
perché glielo aveva detto lei,
che sarebbe stata l'ultima asta e che il papà di una bambina
ricoverata al San
Mungo si era presentato per aggiudicarsi la divisa e allo stesso tempo
fare una
donazione all'associazione.
Furono due o
tre gli offerenti per la divisa di Ginny, ma alla fine, rimase solo il
padre di
Juliet, la bambina che lei aveva conosciuto il mese prima.
Gli lanciò
un'occhiata e lui sorrise nel vederla, alzando una mano per salutarla.
In quel
momento si sentì un'offerta dal tavolo vicino al banditore e
tutti, straniti,
girarono la testa verso il capitano dei Ballycastle Bats. Cosa stava
facendo?
Blaise
notò
Quigley fare l'offerta per la divisa della sua accompagnatrice e quando
lo
guardò, capì che lo stava facendo come affronto
nei loro confronti.
"Merlino!"
mormorò Ginny, accanto a lui, quando anche lei
guardò verso il palco.
Senza un
motivo coerente, pensò al fatto dell'indossare le magliette
come per fare sesso
e la cosa lo innervosì parecchio, soprattutto quando il
giocatore ghignò.
"Che cosa
assurda" sussurrò Ginny alla Johnson.
"Penso
che si voglia vendicare per prima. Te lo farà pesare mentre
gli dovrai consegnare
la divisa. Quel troll ha decisamente…" Blaise non
sentì la fine della
frase della ragazza, ma notò lo sguardo cupo della rossa,
mentre accettava la
cosa. Come? No, no.
Il banditore
batté la prima volta la bacchetta, ma subito si
sentì un'altra offerta da uno
dei tavoli sul lato destro: il cugino di Chastity aveva alzato il
braccio.
Blaise pensò che anche a lui avesse dato fastidio il
comportamento del capitano
dei Bats e apprezzò il gesto, ma non voleva che fosse lui a
farlo.
"Forse
Stonewall ha capito quello che vuole fare Quigley e sta cercando
di… sì, di
salvarti…" spiegò una ragazza bionda, alla sua
destra. Blaise ora era più
che infastidito. Non doveva salvarla quello là. No. No. Lo
avrebbe fatto lui.
"Hai
detto che Quigley vuole che la sua asta sia quella più alta?"
Ginny
corrugò
la fronte alla domanda di Blaise. "Sì. Essendo quasi alla
fine dell'elenco
dei cognomi, sa che dopo di lui non ci sono giocatori che possono
sfidargli
quel titolo, così deve solo alzare la posta di quelli per
cui hanno già fatto
un'offerta" spiegò. Quando il moro annuì, lei
chiese: "Ma cosa
c'entra adesso?"
Blaise si
voltò verso il banditore e alzò la bacchetta.
"511 galeoni e mezzo"
offrì.
"Ma cosa
fai?" esclamò, scandalizzata, lei.
"Gli ho
fatto capire che non ho problemi di soldi. E che se vuole giocare duro,
ci
sono. Non farà altre offerte, perché altrimenti
tu diventeresti l'asta più alta
della serata."
Oh. Ginny
osservò Quigley e notò che Blaise aveva ragione:
non si aspettava un'offerta
così alta e se non voleva fregarsi da solo il titolo
dell'asta, avrebbe dovuto
mollare. Sentì con piacere il banditore battere tre volte la
bacchetta e
dichiarare l'asta conclusa. Mentre batteva le mani, disse: "Non li ho
tutti quei soldi da darti indietro, lo sai, vero?"
"Certo
che lo so."
Ginny si
voltò verso di lui e lo sguardo che Blaise le
lanciò fu così rassicurante che
si sentì quasi in colpa. "Dai, ora vai a prenderla, che il
pubblico non aspetta
altro!"
Oh, giusto!
Si alzò di scatto, avvicinandosi al palco. Si fece
consegnare la divisa e poi
si voltò per tornare al suo tavolo, ma si fermò
quando trovò Blaise a pochi
passi da lei, sul tappeto che portava al palco: si era alzato per
andarle incontro,
cosa che non aveva fatto con Quigley e voleva far notare la cosa a
tutto il
locale. Capì che era una gentilezza nei suoi confronti e non
riuscì a non
sorridere, mentre lo guardava.
Lui si chinò
in un gesto estremo di galanteria e Ginny fece qualche passo avanti.
Quando gli
consegnò la divisa, Blaise le prese la mano e le
baciò il dorso delle dita
davanti a tutti, facendo scoppiare uno degli applausi più
sentiti.
Tutti si
alzarono per tornare a ballare, appena il banditore dichiarò
finita l'asta, e Blaise
le porse la divisa sussurrandole all'orecchio: "Vai a darla a quel
papà
che dicevi prima: non è giusto che sia sua figlia a
rimetterci".
In quel
momento il suo cuore prese a battere forte e lei si scordò
di Chastity, di
Quigley e di tutto il locale.
*
"Una
delle migliori cene della Magical Children, Zabini! Dovresti venire
anche
l'anno prossimo!" Gwenog Jones si alzò in piedi
congratulandosi con lui, quando
la serata venne alla fine.
"Gli
abbiamo fatto spendere più di mille galeoni, non penso
proprio che tornerà,
Gwenog" la stuzzicò Ginny, mentre si alzava e raccoglieva
poi la borsetta
da terra, dove le era caduta.
"In
verità mi sono divertito parecchio". Blaise si
scambiò un'occhiata con il
suo capitano e Ginny sbuffò quando pensò che
stessero ridendo di lei.
"Ti fai
accompagnare da Zabini, Ginny? Io
pensavo di andare da Angelina…" George si era
avvicinato e aveva
sussurrato all'orecchio della sorella.
Ginny gli
sorrise. "Non preoccuparti, so anche tornare a casa da sola…"
"Preferirei
che venissi accompagnata" insistette lui. "Possiamo sempre passare
dalla Tana e…"
"Vai con
Angelina" sussurrò lei, sorridendo: sapeva che suo fratello
aveva bisogno
di svagarsi. E Angie era la persona giusta per lui. L'ultima cosa a cui
doveva
pensare era la sua sorellina, per una sera. Sorrise anche alla mora,
che non
aveva sentito la loro conversazione e poi si girò verso
Blaise, alzando la
voce. "Puoi rassicurare George sul fatto che non parteciperemo a una
gara
di volo clandestina, una volta andati via da qua?"
Blaise fece
finta di pensare e poi scosse il capo. "Stasera abbiamo la lotta
illegale
fra ippogrifi, al pub dei troll giù a Notturn Alley" la
contraddisse lui e
la ragazza rise.
"Oh, è
vero! No, George, niente di avventuroso, stasera. Cavalcherò
un ippogrifo che
si chiama 'Artiglio avvelenato' ma non è pericoloso per
niente: è imbattibile in
combattimento…" Gli occhi della ragazza brillarono di
divertimento, mentre
suo fratello sbuffava. Era buffo guardarli: una volta era lui che
faceva
battute divertenti. Blaise guardò quasi con tenerezza la
rossa stringere suo
fratello in un abbraccio mozzafiato e poi, di nascosto, asciugarsi un
occhio.
"Starà
bene, te lo prometto" sussurrò Blaise, poco dopo, passando
accanto a
Weasley. Lui annuì e gli fece un cenno, prima di lanciare
un'occhiata al tavolo
dei Bats. Anche lui guardò in quella direzione: di sicuro
non avrebbe permesso
che quel troll di Quigley si avvicinasse a lei, per nessun motivo.
Si salutarono
tutti e, quando ormai quasi tutti gli ospiti se ne furono andati, Ginny
andò
incontro ad Astoria, che si era avvicinata al loro tavolo per
salutarli. La
rossa notò che lanciò un'occhiata a Blaise, ma
lui, probabilmente forte del suo
giocare a poker, non lasciò trapelare niente.
"A
domani?" le chiese l'ultima volta e Ginny annuì sorridendo.
"A
domani, a domani…" Ginny salutò anche Richard,
che si stava avvicinando, e
la sua compagna che la squadrava in modo poco carino ma, come prima,
lei non se
ne curò: avrebbe aspettato di sapere cosa volesse fare
Blaise.
Blaise venne
raggiunto da Chastity mentre si allontanava dal tavolo per raggiungere
Ginny.
"Non ci siamo salutati per bene, prima, Blaise". Il moro
alzò un
sopracciglio al suono della sua voce melliflua: ma era così
affettata anche
prima? Improvvisamente tutto di lei gli diede fastidio: i suoi capelli
biondi,
la sua carnagione chiara e perfetta, gli occhi azzurri. Sembrava
scialba e
insipida in confronto a Ginny. Il suo sguardo la cercò, ma
lei era girata a
parlare con Astoria e non si accorse di lui.
"Eh,
già. Ma cosa vuoi, può capitare.
Dormirò e mangerò lo stesso, giuro."
Il viso
stranito di Chastity gli rispose con una smorfia che lo avrebbe quasi
fatto
ridere, se gli fosse interessato davvero prendersi una rivincita nei
suoi
confronti.
"Non mi
sono scordata di che giorno è oggi, sai?"
continuò lei e Blaise si chiese
se intendesse la data di matrimonio o il suo compleanno.
Guardò
l'orologio: le undici e mezzo. Chastity dovette interpretare male il
suo gesto,
perché sorrise, si fece più vicina e gli
posò una mano sul braccio. "È
ancora il 18. È ancora il tuo compleanno. Volevo farti gli
auguri a modo
nostro…"
Blaise la
osservò mentre civettava con lui e non sentì
niente: aveva ragione quando aveva
detto che non l'amava, ma ora sapeva di per certo di non provare
nient'altro.
"Scusami,
hai ragione, ho poco tempo: devo andare a reclamare il mio regalo."
E così
dicendo si avvicinò a Ginny, che stava indossando il
mantello e parlava con il
cugino di Chastity, la prese per la vita, la fece girare verso di lui e
quando
lei spalancò gli occhi, si chinò a baciarla.
***Sorpresa!!!
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Capitolo 24 *** Regali ***
Regali
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-
Ginny si era
sentita prendere da dietro e quando si era ritrovata fra le braccia di
Blaise,
aveva spalancato gli occhi dalla sorpresa. Lo aveva visto sorridere e
aveva
lasciato che lui si avvicinasse a lei, mentre le passava una mano sulla
schiena: non aveva immaginato il bacio che le aveva posato sulle
labbra, ma
aveva lasciato che i suoi occhi si chiudessero e non aveva opposto
resistenza.
Purtroppo
Blaise si era staccato da lei quasi subito, nonostante le sue labbra
fossero
morbide e avessero premuto nel modo giusto.
Stranita
anche da questa reazione, aveva colto l'espressione basita di Chastity,
con la
coda dell'occhio e lì aveva capito perché lui
l'avesse baciata.
Delusa, ma
convinta che avrebbe avuto tempo per cazziarlo dopo per non averla
avvertita in
tempo, sorrise, allungò una mano sulla sua guancia e,
accarezzandogli la barba,
mormorò sulle sue labbra: "Se vuoi fare centro, devi volare
vicino al
portiere e mirare bene agli anelli".
Quando lei
aveva giocato con la sua barba, Blaise aveva intuito che non era finita
lì, ma
le sue parole gli avevano fatto capire che Ginny aveva pensato che
l'avesse
baciata per altri motivi e lui aprì la bocca per risponderle.
Quello che
non aveva immaginato era che lei si alzasse sulle punte e, continuando
ad
accarezzarlo come se non ci fosse stato un domani, lo avrebbe baciato
con un'urgenza
e una passione che gli avevano impedito di pensare lucidamente.
Ginny non
aveva pensato di perdere il lume della ragione per un bacio dato per
scherzo
però, una volta posate di nuovo le labbra su di lui, la
testa iniziò a girarle.
Sentì una sensazione strana colmarla, una sorta di deja vu
mista
all'eccitazione di una nuova scoperta, e questa cosa la sconvolse
così tanto
che quando lui rispose al suo bacio, fece un passo indietro invece di
schiudere
le labbra.
"Oh
santo Salazar…" Sentì la ex Serpeverde mormorare
accanto a lei e si voltò:
Astoria dovette capire la sua confusione perché la sua
fronte si corrugò.
Ginny tornò a
guardare Blaise, e notò che anche lui era sorpreso dalla sua
reazione, ma non
riuscì a reggere il suo sguardo: doveva andare via.
"Penso
di aver bevuto troppo" si giustificò, mentendo, posandosi
una mano sulle
labbra.
"Andiamo
in bagno". La bionda la prese con sicurezza per un braccio e la
trascinò
verso il bagno femminile.
Una volta
dentro, Ginny si diresse velocemente verso il lavandino e ci
appoggiò sopra le
mani guardandosi allo specchio.
"E io
che avevo capito male…" Astoria tentò di
scherzare, ma capì dallo sguardo
che le lanciò la ragazza che non era il caso.
"Ginny…" Si avvicinò a
lei e le mise una mano sulle spalle.
"Cosa
cavolo è successo?" mormorò la rossa, continuando
a riflettersi, come se
nello specchio ci fosse la risposta alla sua domanda.
"Blaise
ti ha baciato e tu lo hai ricambiato. Ma poi…"
Ginny sembrò
riprendersi, si mise dritta e poi si voltò verso di lei.
"Grazie, Greengrass,
non lo avevo capito!" sbottò.
Astoria
sorrise: così era meglio. "Sai, c'è stato un
momento che sembrava ti
piacesse, però…" buttò lì,
con finta noncuranza.
Ginny
aggrottò le labbra, imbronciata: certo che le era piaciuto!
Per Godric, se non
si fosse sentita così strana probabilmente sarebbero stati
ancora lì a fare
scena.
"Guarda
che lui mi ha baciato perché c'era la sua ex, non
per…" Ginny sospirò e
aprì il rubinetto dell'acqua, lavandosi le mani.
"Come?
Dici davvero?"
Ginny
annuì.
"Sì, eravamo d'accordo". Beh, lei gli aveva dato
disponibilità, ma
non aveva pensato che lui arrivasse a baciarla in mezzo al locale! Per
fortuna
erano quasi tutti andati via. Per fortuna del suo tavolo non c'era
più nessuno,
altrimenti sarebbe stato difficile spiegarlo agli altri; a Gwenog o a
George. E
per fortuna non c'erano più giornalisti. Già la
storia dell'asta avrebbe
portato un sacco di pettegolezzi, questo avrebbe distrutto la serata.
"Oh, mi
spiace… sembrava che tu invece…" Il tono di
Astoria era quasi triste per
lei.
Ginny sorrise
perché lei le piaceva, fondamentalmente. Non sembrava
neanche una Serpeverde.
"Non devi preoccuparti, Astoria" le rispose, consolandola. "Ci
sono abituata, ricordi?" Ammiccò nella sua direzione e si
asciugò le mani.
"E poi lo psicomago mi ha detto di non iniziare relazioni amorose,
adesso.
E questa cosa del non poter fare, mi irrita. Probabilmente mi sentirei
così a
baciare chiunque…"
Che alla fine
avesse ragione Blaise? Con chiunque?
Astoria si
sentì triste per la sua amica: Ginny l'aveva aiutata e lei
invece non poteva
fare niente? Quando la rossa disse che potevano uscire
perché si sentiva
meglio, si scontrò fuori dal bagno con Blaise.
"Attento
a ciò che fai!" bisbigliò vicino a lui e il moro
la guardò stranito.
"Comportati bene" gli intimò ancora, ma subito lo sguardo
del ragazzo
venne catturato da Ginny che stava uscendo dietro di lei.
"Stai
bene?" La rossa annuì in risposta. Disse ancora qualcosa sul
fatto che
forse aveva bevuto troppo ma anche Astoria notò che Blaise
non le credette.
Blaise faceva
fatica a capire la situazione: Ginny si era staccata da lui dopo quel
bacio
così intenso e lo aveva guardato con gli occhi sbarrati. Ma
non capiva quale
fosse il problema, visto che aveva preso lei l'iniziativa.
Sì, lo aveva fatto
per il motivo sbagliato, lui non l'aveva baciata per una sorta di
rivalsa verso
Chastity, e di questo avrebbero dovuto parlare, ma aveva avuto una
reazione
strana.
Ignorando la
bionda che, al suo fianco, continuava a blaterale senza la sua
attenzione, si
avvicinò alla porta del bagno, aspettando che le ragazze
uscissero. Non si
sarebbero smaterializzate a casa, giusto? No, no, dovevano uscire dal
locale per
smaterializzarsi.
Astoria fu la
prima ad uscire, ma mentre gli passava vicino gli mormorò
qualcosa che non
capì: doveva starle lontano? Questo gli stava dicendo? E
perché? Il sospetto
che lei si fosse staccata da lui quando aveva capito che per Blaise
quel bacio
aveva avuto un altro significato si affacciò nei suoi
pensieri quando vide
Ginny uscire e scusarsi dicendo che aveva bevuto troppo e si era
sentita male.
Non aveva bevuto così tanto, lui l'aveva osservata per tutto
il tempo e, anche
se effettivamente aveva osato bere un po' di più di quello
che pensava facesse
di solito, non aveva i sintomi dell'ebbrezza; e lui, stando con Draco e
Theo,
li conosceva bene.
Dispiaciuto per
la cosa, ma consapevole di dover mantenere gli impegni presi, le disse
che
l'avrebbe accompagnata a casa.
"Posso
andare da sola" iniziò a dire Ginny, ma poi si
ricordò del regalo e quando
tentò di correggersi, lui la interruppe.
"Ho
promesso a tuo fratello di accompagnarti" insistette e la rossa
alzò gli
occhi al soffitto.
"Da
quando non c'è più Fred pensa di dover fare anche
la sua parte, nei miei
confronti…" Ginny sentì un misto di tristezza e
arrabbiatura colmarla.
"Vuole
solo proteggerti: ci sta". Blaise alzò una spalla, come se
la cosa fosse
del tutto normale e lei sorrise perché le venne in mente un
fatto strano.
"Ha
detto la stessa cosa Harry, l'altra sera". Ginny si era sistemata il
mantello e aveva mandato un segno di saluto con la mano, rimanendo
lontano
dagli altri, cercando di non dover dare spiegazioni di quello che era
successo
poco prima: sapeva che tanto avrebbe dovuto raccontare tutto ad
Astoria, ma ci
avrebbe pensato il giorno dopo.
Blaise si
bloccò mentre si allacciava il mantello per poter uscire a
smaterializzarsi.
Cosa aveva detto Potter? E quando? "Sei stata da Potter?"
esclamò,
con un tono troppo duro.
La ragazza
non lo guardò subito e lui notò chiaramente il
rossore sulle sue guance. Per
Salazar! Ecco dove aveva dormito!
"Beh,
io…" Finalmente lei alzò il viso verso di lui, ma
Blaise non riuscì più a
guardarla; non dopo quello che era appena successo e che lui aveva
sentito.
"Dai,
andiamo via" la interruppe. Improvvisamente non gli interessava
più sapere
cosa avrebbe raccontato.
Ginny non
capì bene la reazione del moro, ma non fece storie
perché si sentiva molto
stanca e uscirono dal locale per smaterializzarsi dal piazzale di
fronte al
ristorante.
Quando si materializzarono
a casa sua, in cortile, si stupì di trovarsi fuori in
cortile, ma poi capì che
aveva guidato lui la smaterializzazione.
"Ti
piace comandare eh, Zabini?" lo prese in giro.
"Già"
borbottò lui.
"Oh, su,
non vuoi il tuo regalo? E sì che ce l'ho qui…"
Prese la pochette intonata
al vestito e ci guardò dentro: aveva fatto un incantesimo di
Estensione
Irriconoscibile e ci aveva messo così tante cose che ora
faceva fatica a
trovare ciò che stava cercando. Purtroppo dovette ammettere
che Hermione, anche
su questo, aveva ragione. "Uffa… Aspetta che lo appello, che
non lo trovo…"
Blaise la
guardò mentre infilava il braccio nella pochette: non
sarebbe mai riuscito a
capire le donne.
Si era
scordato del regalo. E aveva davvero pensato che il suo regalo sarebbe
stato il
bacio, se solo lei avesse reagito diversamente.
"Eccolo
qui!" esclamò. "Oh, Merlino, si è un po'
stropicciato… Aspetta che lo
incanto con uno Stiramento…"
Continuò ad osservarla mentre roteava la bacchetta contro
quello che sembrava
un pezzo di carta arrotolato, ascoltando stranito le sue parole.
"Vieni,
siediti, ho paura che mi svieni…" Lo trascinò
verso la panchina su cui avevano
chiacchierato giorni prima e gli impose di sedersi. Lei sembrava che si
fosse perfettamente
ripresa dal loro disastroso bacio: forse era il caso che anche lui si
desse una
mossa.
Finalmente
incuriosito dalla cosa, decise di non pensare più ai baci, a
Potter né a
nient'altro e prestò l'attenzione tutta su di lei. Tanto non
era difficile.
Ginny,
eccitata come una bambina piccola, gli porse la pergamena arrotolata e
disse:
"Tanti auguri!" Poi, con il fatto che era notte fonda,
guardò
l'orologio: era ancora il giorno giusto? "Cavolo, fai presto,
altrimenti
diventa domani e non puoi più aprirlo!"
Blaise rise,
prendendo la pergamena. "Non posso più aprirlo se scatta la
mezzanotte? E
perché?"
"Perché
non sarebbe più il tuo compleanno!"
Blaise rise.
Lei era strana, imprevedibile e assurda: praticamente fantastica.
"Ok,
allora lo faccio subito". Slegò il nastrino che teneva ferma
la pergamena.
Ginny
saltellò mentre lui srotolava il foglio e si mise seduta
accanto a lui.
"Il folletto diceva che non ne forgiava uno da più di
vent'anni. Infatti
non dovresti averlo…"
Blaise srotolò
il tutto e quello che sembrava un grosso ciondolo di metallo gli cadde
in
grembo. Lo raccolse e lo guardò, notando qualcosa di
familiare nella sua forma:
era uno stemma araldico, non un ciondolo.
Ginny sbuffò
e puntò la bacchetta contro l'oggetto, illuminandolo e
notando che era grande
quanto il suo pugno. Porca Morgana, lo stemma dei Zabini! Blaise
riconobbe il
cipresso inciso sullo stemma e lo sparviero. Non vedeva bene i colori,
ma
sapeva che lo stemma originale doveva essere verde e azzurro, tinte che
rappresentavano l'onore e la gloria.
Passò le dita
sulla frase in latino: 'tantum
pugnare vincere'. Combatti
solo per vincere.
"Guarda,
qui si vede meglio" spiegò lei, tirando fuori dal gruppo una
pergamena;
fissava lo stemma della famiglia di suo padre come non aveva mai potuto
fare,
lo aveva visto solo in Italia, al cimitero. Con un dito
disegnò i contorni che
si ricordava e notò particolari che sullo stemma di
ceralacca non si potevano
vedere. Avrebbe pianto. Lei gli aveva fatto forgiare il suo stemma di
famiglia.
Sapeva che non era una cosa facile: i folletti governavano banche,
uffici
postali e le biblioteche d'archivio anagrafico, ma erano maledettamente
diffidenti, brontoloni e arroganti.
"Come
hai fatto a fartelo fare? Io ci ho provato ma hanno fatto un sacco di
storie.
Dicevano che non si potevano forgiare duplicati senza il consenso del
Ministero
e per averlo c'è un iter burocratico che fai in tempo a
morire."
La piccola
rossa sorrise maliziosa. "Devi andarci con la persona giusta. Se
arrivano
due cognomi importanti nella biblioteca storica con i folletti
più odiosi del
mondo, neanche loro possono dirti di no!" Oh. C'era andata con Potter?
Effettivamente loro avevano salvato il mondo magico. Probabilmente
anche un
odioso folletto si piegava ai voleri di chi ha ucciso Voldemort. "E poi
Hermione sa benissimo a quali leggi appellarsi per ottenere
ciò che vuole"
spiegò ancora e Blaise fu contento che non l'avesse
accompagnata il
sopravvissuto.
Il fatto che
fosse andata in Italia per lui gli fece sentire un calore al petto a
cui non
sapeva dare un nome. Non riusciva a parlare, poteva soltanto continuare
a
osservare lo stemma e il disegno araldico.
"Non ti
piace, eh? Merlino, speravo che…" disse Ginny, quando lui
non disse
niente.
Lui
tossicchiò. Forse era emozionato? "Mi piace molto, in
verità. È che non so
cosa dire… È il più bel regalo che
abbia mai ricevuto". Lui continuò a
guardarlo con meraviglia e la rossa sorrise.
"Posso
parlare io, non c'è problema!"
Blaise rise e
rispose che non aveva dubbi sulla cosa. "Guarda anche l'altro
foglio…" Dolcemente, lei si avvicinò e
illuminò con la bacchetta l'altra
pergamena, mentre appoggiava una mano a fianco a lui per spostarci il
peso del
corpo.
Lui ubbidì e
lei poté vedere il suo sguardo confuso. "Cos'è?"
Blaise
guardò
l'altro foglio: era un testo timbrato dalla biblioteca storica italiana
e
presentava molte righe corte, una sotto all'altra. Purtroppo la
scarsità della
luce non riusciva a fargli leggere bene le parole.
Poi Ginny
puntò di nuovo bene la bacchetta e lui lesse in alto:
Elenco
Famiglie
Le
rispettabili tredici
"Le
rispettabili tredici? Cos'è?"
Ginny
puntò
meglio la bacchetta e si fece più vicina. "L'equivalente
delle famiglie
purosangue delle sacre ventotto, ma in Italia". Blaise
spalancò gli occhi
e lì capì di aver fatto la cosa giusta: lui non
lo sapeva. "Non ne eri a
conoscenza, vero? Purtroppo devo dire che anche qui mi ha aiutato
Hermione, ma
dovrai comunque apprezzare lo sforzo che ho fatto…"
"Porca
Morgana, certo che apprezzo! E… chi… e io
ci…"
Ginny sentì
la sua voce tremare e gli posò una mano sul braccio quando
capì. "Prova ad
andare direttamente alla fine della lista…"
Blaise
spostò
la pergamena sotto la punta accesa della bacchetta della ragazza e fece
scorrere i nomi; riuscì a leggerne qualcuno: Baricchi,
DeAngelis, Proietti… e
poi lì, l'ultimo in fondo, ma solo perché scritto
in ordine alfabetico, vide il
suo cognome, la sua famiglia: Zabini. La zeta era disegnata con un
capolettera
molto pittoresco, ma lo erano tutte le iniziali, anche se lui
pensò che fosse
il più bello.
Si sentì
strano, come se una sensazione mai provata gli avesse preso il petto e
lo stesse
maneggiando a suo piacimento.
"Non lo
avevi mai chiesto?" Il tono di Ginny era gentile. Scosse il capo: lui
non
ci aveva mai pensato. "A volte basta fare le domande giuste, eh?"
Ginny
spostò
la bacchetta per evitare di vedere ancora il suo viso: si stava facendo
prendere da una sensazione strana. E lei avrebbe fatto altre domande,
ma sapeva
che non sempre si potevano fare.
Quando dei
rumori inconfondibili si sentirono da dentro le mura della Tana, lei
sospirò e
si alzò. "Festa finita, Zabini. È ora di andare a
letto…"
Lui la
osservò alzarsi, mettere via la bacchetta e guardare verso
casa sua: in cucina
il rumore di sedie e tavole che venivano spostate, si accompagnavano a
quelle
delle grida di Ron. Probabilmente i genitori di Audrey erano andati via.
Blaise si
alzò e prese la bacchetta per mettere via le pergamene e lo
stemma di metallo.
"Dormirai qui?" Non era riuscito a non chiedere.
Lei si voltò
verso di lui e inclinò la testa: possibile che avesse capito
quello che voleva
sapere? "Lo psicomago mi ha detto di trovare un posto tranquillo dove
dormire…" In quel momento si sentì il rumore di
qualcosa che veniva
scaraventato giù per le scale. Ginny tornò a
guardare la strana struttura della
Tana e sospirò ancora. "Ti sembra un posto tranquillo dove
dormire?"
"Vieni a
casa mia" propose Blaise senza pensarci troppo.
Ginny si
voltò a guardarlo: aveva pensato, qualche giorno prima, che
sarebbe stata una
soluzione ottimale, ma dopo aver dormito da Harry (anche se non lo
aveva
previsto), da Hermione e Luna, in quei giorni aveva capito che il posto
non
faceva differenza.
"Sai, a
volte è difficile" Guardò sospirando le finestre
della cucina: sua madre e
suo fratello stavano discutendo. Ancora.
Blaise la
guardò, ma lei non si girò verso di lui.
"È
difficile riuscire ad andare avanti quando ti senti così
stanco da voler
dormire e non svegliarti più. E al tempo stesso vorresti non
addormentarti mai
per paura di quello che potrebbe succedere…" Si
passò una mano sul viso e
il ragazzo capì che stava per piangere. "Non voler
preoccupare nessuno e
quindi non chiedere aiuto. Ma…"
"Chiedere
aiuto rende vulnerabili. Lo so bene. Ma tu hai accanto delle persone
che…"
"Chi ho
accanto pensa che sia una persona a cui non interessa di niente: di
Harry,
della guerra… Pensano che il mio essere così sia
perché mi scivoli tutto
addosso…"
"Sei una
persona forte". Blaise le posò una mano sulla sua.
"Guardami:
ti sembro una persona forte? Sono solo una finzione. Non sono forte per
niente;
sorrido perché mi sembra che sia il miglior modo di vivere e
loro pensano che
sia superficiale. Non grido a tutti il mio dolore e pensano che non ne
provi…"
"Sono
sicuro che chi ti conosce veramente non pensa questo di te."
"Come
fai a non impazzire, Zabini? Come fai a essere sempre così
lucido? Oppure
questa calma ti è costata così tante tempeste da
non riuscire neanche a
contarle?" La ragazza finalmente lo guardò, ma alla luce
della luna il suo
sguardo era così perso che Blaise si sentì male
per lei. E non sapeva come
facesse a conoscerlo così bene: persino i suoi amici, che lo
frequentavano da
tanto, non sarebbero mai riusciti ad arrivare a questo pensiero su di
lui e lei
c'era arrivata in poche settimane.
Il fatto di
sentirsi così sensibile gli dava fastidio, così
cercò di fare una battuta.
"Io dormo bene".
"Stanotte
dormirò anch'io" dichiarò Ginny, cercando di
riprendersi dopo quella
confessione.
"E come
farai?"
Lei aprì di
nuovo la pochette. "Mi sono arresa: ho preso questa in farmacia". Gli
mostrò una piccola pipetta di plastica.
Blaise si
avvicinò a lei, perché non riusciva a vedere cosa
avesse in mano.
"Cos'è?"
"Concentrato
di sonnifero. In polvere. Ha detto il farmacista che è
più potente della
pozione. Mi ha spiegato di metterla in bocca
così…" Fece il gesto di
prendere la capsula, "E di romperla con i denti se voglio che faccia
effetto subito o inghiottirla intera se voglio che faccia effetto dopo
venti
minuti".
"Non
prenderla" la supplicò lui.
Lei rise.
"Oh, è difficilissima da rompere. Ieri non ci sono
riuscita…"
"Volevi
prenderla ieri?"
"Sì,
solo che ho fatto come ha detto il farmacista, ho dato un morso, ma non
si è
rotta: ho pensato che fosse un segno del destino e non l'ho ingoiata.
Ma oggi
ho deciso che lo farò. Non penso di voler aspettare ancora."
"Non
farlo" tornò alla carica lui. Non doveva farlo, era come il
sesso: un palliativo.
E non sarebbe servito a risolvere la cosa.
"Te l'ho
detto, è difficile da rompere…"
"Non
mandarla neanche giù. Non c'è bisogno…"
In quel
momento si sentirono le grida del fratello di Ginny e le urla di sua
madre che
gli rispondeva: ma stavano ancora litigando?
Si voltò
verso la ragazza, ma lei stava ancora guardando la capsula mentre
alzava gli
occhi sulla Tana.
Ginny sapeva
che prima o poi avrebbe dovuto dormire. Doveva per forza.
Guardò la sua casa e
si sentì in trappola: adorava la Tana, con il suo casino, il
suo chiasso, la
sua simpatica confusione. Si odiava per essere andata in farmacia.
"Vieni a
casa con me". Lui le prese la mano che stringeva ancora la pochette e
quando Ginny si girò verso di lui, seppe che per lei sarebbe
stato strano. E
poteva sembrare tante cose.
"Io
non…"
"Non è
un invito per… quello" spiegò lui, imbarazzato.
Si passò la mano libera
fra i capelli e lei la osservò. Perché aveva la
sensazione che i suoi capelli
fossero morbidi? Perché si immaginava cose che non c'erano?
Si sentì come poco
prima durante il bacio. "Solo per dormire. Ho una camera per gli
ospiti. E
Kikky può rimanere se…"
Ginny quasi
rise: lui si stava preoccupando per la sua rispettabilità e
lei pensava davvero
a fare sesso con lui. Cosa che non poteva comunque fare: se voleva
seguire le
direttive dello psicomago, doveva farlo nel modo giusto. Blaise non le
sarebbe
saltato addosso e lei lo sapeva bene. Guardò ancora la
capsula: era una
tentazione fortissima in quel momento.
Lo
spalancarsi della porta della cucina li spaventò tutti e due
e Ginny, senza
pensarci, quando vide la madre sulla soglia, si infilò fra
le labbra la
capsula: dovevano nascondersi e lei aveva bisogno di prendere la
bacchetta.
Spinse Blaise
dietro una delle piante del cortile così, quando Molly
uscì non li vide.
Blaise si
ritrovò dietro un albero con la ragazza che lo spingeva per
nasconderlo alla
vista della madre che era uscita borbottando dalla cucina.
"Ma
cosa…"
"Stai
zitto! Se ci vede qui è finita. Poi vorrà sapere
come è andata, cos'è successo
e avrà da raccontare della cena con i suoceri di Percy. E,
fidati, non
interessa neanche a te, della cena."
Blaise annuì
e le lasciò andare la mano, quella che teneva ancora la sua
micro borsetta,
guardandole anche l'altra, che impugnava la bacchetta, mentre
l'accendeva per
vedere dove stava mettendo i piedi. "Dove hai il sonnifero?"
Lei corrugò
la fronte e poi si guardò le mani, impegnate. "Merlino!"
Ginny si
spaventò: dove aveva messo la capsula? L'aveva fatta cadere?
No! L'aveva messa
in bocca! "Ah, sì ce l'ho qui, tutto ok…" Gli
porse la pochette e si
infilò due dita fra le labbra, ricordandosi dove nascondeva
le pillole di
medicine a sua madre quando era piccola: fra la guancia e i denti.
"Eccola
qui!" esclamò, tirandola fuori. Ma quando lo fece la mise
contro la punta
della bacchetta. "Oh, per Godric, si è rotta!"
Blaise
alzò gli
occhi al cielo. "Andiamo via".
Poi, prima
che svenisse, la prese in braccio e si smaterializzò a casa.
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Capitolo 25 *** La nipote dei fiori ***
La nipote dei fiori
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Ginny si
svegliò e si stiracchiò come se avesse bevuto una
pozione di morte apparente:
le sembrava di aver dormito per una settimana.
Si girò nel
letto e notò che era molto più grande del suo.
Velocemente si tirò a sedere e
si guardò intorno: dov'era? Aveva un vago mal di testa, ma
non troppo forte:
possibile che avesse bevuto e non si ricordasse cosa avesse fatto?
Si portò una
mano alla fronte, cercando di ricordarsi della sera prima, quando le
venne in
mente la cena della Magical Children e… Blaise?
Sì, lui! Era a casa di Blaise?
Non riconosceva quella stanza.
Spostò le
coperte per scendere dal letto: il suo vestito era appeso a uno
specchio sulla
parete, mentre le scarpe, la sua borsetta e la bacchetta erano posate
lì
accanto, vicino al mantello ripiegato. Oh, ma cosa aveva addosso,
allora? Chinò
lo sguardo e vide che indossava una maglietta bianca. Una maglietta
molto
grande: lo scollo le cadeva su una spalla, lasciandola scoperta. Si
alzò mentre
afferrava l'orlo di stoffa e lo annusò: cedro e vetiver.
"Miss
Ginny."
Ginny per
poco non sobbalzò alla voce dell'elfa. "Kikky, per Godric,
mi hai fatto
prendere un colpo!"
"Miss
Ginny deve scusare Kikky! Kikky non voleva spaventare la
signorina…"
"Sì, sì,
Kikky, non preoccuparti! E vedi di non sbattere da tutte le parti, che
ho un
mal di testa…."
"La
signorina vuole che Kikky le porti una tazza di tè? O una
pozione
antidolorifica?"
Mmm. La tazza
di tè era invitante. "Posso farmelo da sola il
tè, non preoccuparti".
Fece un passo verso lo specchio: era stato lavato e stirato. "Ti sei
occupata tu del mio vestito?"
"Sì, Mr
Blaise ha detto di spogliare miss Ginny e…"
La ragazza
sbuffò: tutti quegli appellativi la infastidivano.
"Perché non mi chiami
Ginny e basta, Kikky? E cosa ti ha detto di fare, di preciso, Blaise?"
L'elfa le
spiegò che il moro l'aveva portata a casa addormentata,
facendola sdraiare sul
letto e dando istruzioni a Kikky di lavare il suo vestito e di farle
indossare
una maglietta delle sue, per dormire. Stranamente, sentì le
guance arrossarsi a
quel pensiero: ma perché, poi? "Mr Blaise ha detto anche di
lasciar
dormire Ginny fino a quando non si fosse svegliata da sola e di
chiamarlo se
avesse avuto degli incubi" continuò. Oh, ora il calore sulle
guance era
fortissimo.
"E
adesso lui dov'è?" Allungò il collo verso la
porta socchiusa.
"A
Londra". Oh. L'aveva lasciata da sola. Beh, sola con Kikky.
Uscì da
quella che pensò fosse la camera degli ospiti e si
ritrovò nel corridoio dello
studio; si diresse verso la cucina con passo sicuro, come un soldato
scalzo,
coperto solo da una sottile maglietta come divisa.
"Allora
mi bevo il tè e me ne torno a casa. Magari
scriverò a Blaise per
ringraziarlo…" continuò, parlando fra
sé e sé.
Si fece il tè
e si sedette al tavolo, tirando su i piedi e abbracciandosi le
ginocchia: che
pace che c'era lì. Poi si alzò e, tirandosi
dietro la tazza, si affacciò alla
finestra, rimanendo a osservare le strade dall'alto: dovevano essere
quasi in
periferia, il traffico non era assiduo come quello della Londra
babbana, ma
neanche deserto come la campagna: un quartiere residenziale, forse? Non
riusciva a capirlo.
Continuò a
osservare fuori dal vetro mentre sorseggiava il suo tè
bollente. Quando si
avvicinò troppo al vetro il calore della bevanda fece
appannare il vetro e lei
con il dito disegnò una scopa fra le bollicine di vapore.
La voce di
Blaise alle sue spalle la fece trasalire e si rovesciò
metà tazza addosso,
gridando poi perché il liquido era bollente.
Blaise si
smaterializzò a casa: ormai era primo pomeriggio e
pensò che la sua ospite se
ne fosse andata; aveva avuto delle commissioni da sbrigare e ci aveva
messo più
tempo del previsto, specialmente quando, in visita alla Gringott, Theo
lo aveva
monopolizzato per un tempo infinito, cercando di carpirgli qualsiasi
informazione utile riguardante la serata.
Appoggiò le
sue cose nell'ingresso e si diresse verso la cucina: la casa era
silenziosa e
non vedeva l'ora di farsi una tazza di tè prima di andare da
sua madre.
Quando entrò
in cucina, però, rimase paralizzato da quello che vide: una
sirena dai lunghi
capelli rossi, sciolti sulla schiena, era chinata verso la finestra, a
guardar
fuori, e le sue gambe snelle e nude, svettavano da sotto la sua t-shirt
che a
lei stava lunga, ma le aderiva al sedere. E che sedere! Tondo e
morbido,
sembrava invitare al tocco. Dannazione, dovette fare uno sforzo immane
per non
raggiungerla e metterle le mani addosso.
Lei si mosse
ancora e tracciò delle linee sul vetro della finestra, per
poi ridacchiare come
una bambina: sembrava serena. "Hai dormito bene?" Si trovò a
chiedere, senza pensarci.
La ragazza,
spaventata dalla sua presenza non ancora palesata, fece un salto e la
tazza che
aveva in mano sobbalzò, versandosi sul petto e facendo
scorrere il liquido fino
alle gambe. "Porca Morgana!" esclamò, saltando e facendo
dondolare
una mano. Blaise rise, perché l'alternativa sarebbe stato un
disastro, così si
sfogò così.
"Ma che
ti ridi, mi hai fatto prendere un colpo!" Si lamentò la
rossa, mentre
cercava di tirare su la maglietta che continuava a caderle sulla spalla.
"Non
l'ho fatto apposta…" Blaise si avvicinò a lei,
prendendo nel frattempo uno
strofinaccio dal piano della cucina.
"Non
sono proprio scuse, sai?" Appoggià la tazza sul tavolo e
afferrò il
canovaccio che lui le stava porgendo.
Ginny
tentò
di tamponare quella che le sembrava un'inondazione, asciugandosi le
gambe e non
si accorse della maglietta che le si era attaccata alla pelle.
"Ti faccio
portare un'altra maglia da Kikky."
Santo Godric,
no! Gliene aveva già rovinata una, non era il caso di fargli
fuori tutto il
guardaroba. "No, tanto stavo andando. Oggi pomeriggio ho appuntamento
con
Astoria e…"
"È già
pomeriggio". Oh. Era vero, pensò, guardando l'orologio.
"Allora
mi sa che sono molto in ritardo…" iniziò,
pensando a cosa dire. "Io…
Grazie per avermi fatto dormire qui…"
"Non
potevo lasciarti nel giardino della Tana, no?" Blaise alzò
una spalla.
Oh. Sì,
giusto. Il suo atteggiamento era strano e lei si sentì a
disagio: forse era
meglio andarsene alla svelta.
"Certo. Allora
prendo le mie cose e vado…"
Blaise si
sentiva uno stupido: perché non riusciva a parlarle
normalmente? Eh, perché lei
era mezza nuda e lui si sentiva così eccitato da pensare di
saltarle addosso;
l'unica era cercare di mantenere un atteggiamento distaccato.
"Aspetta,
ci aggiorniamo stasera?"
"Stasera?"
chiese lei, girandosi dopo che l'aveva superato per tornare in camera,
probabilmente.
"Sì, vai
da mia madre. O pensavi di saltarlo?" Il suo tono era più
duro di quello
che doveva essere, ma non seppe formulare meglio la frase, dovendo
sforzarsi di
non guardare come la stoffa della t-shirt che si arrotondava su di lei.
"Oh, sì
certo che ci vado. Sul tardi, magari."
Ginny
pensò
che avrebbe potuto andare da Maddie dopo aver visto Astoria. Cosa
avrebbe
raccontato alla bionda, ancora non lo sapeva, ma voleva assolutamente
uscire al
più presto da quella stanza.
In men che
non si dica, raccolse la bacchetta, appellò le sue cose e si
smaterializzò in
camera sua. Guardò il suo letto ancora fatto e si chiese
cosa avrebbe detto a
sua madre: poteva dirle che aveva dormito a casa di un ragazzo? Forse
era
meglio di no. Magari le avrebbe detto che aveva dormito da Luna,
sperando che
l'amica le reggesse il gioco.
Sarebbe stato
più difficile con le amiche, in verità: cosa
avrebbe raccontato? 'Io e Blaise
ci siamo baciati, sono finita a casa sua, mi ha visto mezza nuda, ma
non gli
interesso abbastanza'? No, era meglio di no. Il suo orgoglio Grifondoro
strideva i denti.
Quasi con
tristezza, scoprì che in casa non c'era nessuno e
andò a farsi una doccia prima
di incontrarsi con Astoria. Mentre l'acqua calda le coccolava i
pensieri le
venne in mente di non aver sognato la battaglia; ma di chi era il
merito? Del
sonnifero o di casa di Blaise?
***
"Buonasera,
Maddie!" Ginny entrò nella stanza del cucito dopo che Kikky
l'aveva
annunciata. "Come sta?" chiese, notando poi la presenza della
Parkinson sul divano, che la squadrò con un'occhiataccia, e
che lei ignorò.
"Oh,
Ginny cara, vieni a sederti. Io e Pansy stavamo proprio per prendere il
tè. Ne
gradisci anche tu?" La strega le face cenno di sedersi sull'altro
divano e
lei ubbidì.
"Sì,
Weasley, c'è qualcos'altro che vuoi da noi? Sangue di
unicorno o qualcosa del
genere?" sussurrò la Parkinson, senza abbassare gli occhi e
squadrandola
mentre Maddie si alzava per chiamare l'elfa.
"Simpatica,
Parkinson. A cosa devo l'onore della tua parola?"
La ragazza le
lanciò sul divano una copia di un giornale scandalistico,
'Strega 2000', e fece
una smorfia. "Dimmi ancora che siete 'solo amici', come continui a
raccontare, che fingerò a crederci…"
Ginny osservò
il giornale, che si era aperto a una pagina centrale, dove la
fotografia
rappresentava lei mentre si sporgeva per baciare le labbra di Blaise.
Porca
Morgana! Scosse le spalle: come poteva spiegare una cosa del genere?
Non
poteva! Per un attimo la tristezza le strinse il petto: poteva essere
tantissime cose, ma non era nessuna che andasse a suo favore.
Vabbè, lo aveva
fatto per aiutare Blaise, non doveva crucciarsi. Eppure pensava che non
ci
fossero più giornalisti alla serata…
"Maddie
l'ha già visto?" domandò solamente, con una finta
sicurezza, mentre
richiudeva il giornale e glielo lanciava vicino.
"No, sei
fortunata. Ma non mi inganni: non mi piaci."
"La cosa
è reciproca, Parkinson, non preoccuparti."
La mora
continuò a guardarla con espressione dura e non disse
più niente perché Maddie
tornò a sedersi e a portata d'orecchi. "Allora,
novità?"
"No,
Maddie, nessuna" mentì e si sentì una traditrice.
Ma alla fine era vero:
non c'erano novità all'orizzonte. Però non
guardò la ex Serpeverde dall'altro
lato del tavolino. "E qui? Che succede?"
In quel
momento comparve Kikky con il vassoio del tè e per poco
Ginny non si spaventò,
per poi pensare subito che lei avrebbe potuto dire qualsiasi cosa sul
fatto che
aveva dormito a casa di Blaise. E lì la Parkinson l'avrebbe
guardata ancora più
male.
Per fortuna
Kikky sparì subito e fu la mora a servire il tè.
Quando le
passò la tazzina, Ginny le fece un sorriso forzato, ma lei
continuò a guardarla
con quell'espressione dura. Ma cosa voleva?
"Hai
fatto altri unicorni all'uncinetto?" domandò alla strega e
notò che la
mora sbuffò.
"Vado
alla toilette". La mora si alzò in piedi subito dopo aver
riempito tutte
le tazze.
"Non hai
paura che ti avveleni il tè, Parkinson?"
sussurrò, continuando a
sorridere.
"No,
Weasley. Non mi fai paura" dichiarò, con una smorfia che
Ginny trovò molto
simpatica.
"Perfetto,
allora. Buona pipì" le augurò, riprendendo in
mano la tazza e alzandola
nella sua direzione come per fare un brindisi.
Passò qualche
minuto e Ginny e Maddie chiacchierarono di cose un po' banali, ma la
rossa non
sapeva bene cosa dire, si sentiva confusa e il fatto che Maddie fosse
la madre
di Blaise, la rendeva nervosa.
Fino a quando
Maddie non rimase imbambolata a metà di una frase. "Oh,
Santo Merlino, i
fiori!" La strega si voltò indietro, verso la finestra e poi
tornò a
guardare il lavoro all'uncinetto. "È stata mia nipote a
chiedermi i
galeoni! Sono andata alla Gringott per lei!" Gli occhi sbarrati di
Maddie fecero
capire a Ginny la gravità della situazione e quando la
strega si alzò e iniziò
a camminare avanti e indietro per la stanza, un po' spaesata,
capì che doveva
calmarla. "Maddie, non ti agitare. Aspetta…"
"Non hai
capito: è stata lei. Lei mi ha detto che aveva bisogno di
soldi e… Aveva
ragione Blaise, appena avessi smesso di respirare la polvere dei fiori,
mi
sarei ricordata tutto! E ora ricordo! È stata lei!"
Ginny vide il
panico negli occhi della strega e subito si alzò anche lei.
"Maddie, vuoi
che chiami Blaise?"
La donna
annuì, dirigendosi verso lo scrittoio che c'era nell'angolo.
Ma Ginny tirò
fuori la bacchetta: avrebbe potuto mandargli un patronus, avrebbero
fatto
prima.
Pansy
entrò
nel salottino proprio mentre la Weasley tirava fuori la bacchetta e la
puntava
verso sua zia. "Ehi! Che succede qui? Metti giù la
bacchetta!" gridò,
sfoderando anche la sua.
"Parkinson,
metti via tu la bacchetta, io e Maddie…"
"Ho
detto a te di abbassarla, se non vuoi guai!"
Nessuna delle
due obbedì all'altra, fino a quando Maddie non si
voltò, con in mano una
pergamena, dicendo: "Abbassate tutte e due le bacchette, ragazze".
Pansy alzò un
sopracciglio: per lei non era una buona idea. Avrebbero dovuto chiamare
Blaise:
quella ragazza la stava circuendo e probabilmente stava cercando di
ingannare
anche suo cugino.
"Chiamiamo
Blaise!" La mora si girò subito verso la Weasley quando
esclamarono le
stesse parole. Ma… Cosa?
Ginny
corrugò
la fronte quando la Parkinson disse la stessa cosa che stava pensando
lei:
anche lei voleva chiamare Blaise. Possibile che volesse ingannare anche
lui?
Cosa gli avrebbe raccontato? E poi, lui, a chi avrebbe creduto?
"Gli
scrivo subito". Maddie tornò a guardare lo scrittoio.
"Posso
mandargli un Patronus: è più veloce"
suggerì Ginny.
"Sai
fare un Patronus?"
Ginny alzò
una spalla: effettivamente era tantissimo tempo che non riusciva a fare
un
patronus completo; purtroppo i suoi pensieri felici scarseggiavano,
ultimamente.
Chiuse gli
occhi e l'immagine di Blaise inginocchiato sul tappeto dello studio che
gli
diceva: "Baciami tu", si materializzò nella sua mente. Ginny
non
ostacolò il pensiero e lasciò che la sua
immaginazione baciasse il moro e gli
accarezzasse il viso come aveva fatto la sera prima, ma molto
più appassionatamente.
Mosse la bacchetta automaticamente e sentì la magia muoversi
dentro di lei.
Aprì gli occhi e il suo cavallo, luminoso nella sua luce
blu, maestoso e imponente,
nobile come un principe, agitò le zampe e corse oltre la
finestra, subito dopo
aver scosso la criniera verso di lei.
Pansy rimase
esterefatta: per generare un Patronus ci voleva tanta magia ed
esperienza.
Guardò la rossa di sottecchi, sentendo che, nonostante
tutto, iniziava a
provare un po' di rispetto nei suoi confronti. Ma zia Maddie non si
toccava!
Neanche se fosse stata capace di generare una magia oscura.
Si mise
seduta accavallando le gambe e incrociando le braccia, continuando
però a
impugnare la bacchetta; non avrebbe abbassato la guardia:
chissà se aveva
davvero mandato a chiamare Blaise.
Blaise si era
smaterializzato appena il cavallo, con la voce di Ginny, gli aveva dato
il
messaggio. Era comparso in casa di sua madre e aveva iniziato a
cercarla per le
stanze. "Mamma!" gridò, mentre apriva la porta della serra,
preoccupato che le fosse successo qualcosa.
"Siamo
qui, Blaise, nella stanza del cucito" esclamò Pansy, quando
sentì la voce
del moro gridare lungo il corridoio. Si alzò e
andò ad aprire la porta, facendo
segno al ragazzo quando la vide.
Blaise
entrò
un po' agitato. "Pansy? Pensavo che…"
"Ti ho
fatto chiamare io". Il moro si voltò verso Ginny che, in
piedi dietro la
poltrona preferita di sua madre, impugnava la bacchetta e aveva uno
sguardo
torvo in viso.
"Blaise,
hai fatto veramente presto! Questo Patronus…" Sua madre
scosse la testa
come se non ricordasse più cosa voleva dire e Blaise fece un
passo verso di
lei. "Mamma, tutto bene?"
La strega
annuì. "Sì, mi sono ricordata tutto. So chi mi ha
chiesto di prelevare i
galeoni dalla camera blindata" annunciò.
Subito dopo
la sua dichiarazione Pansy sgranò gli occhi: dei galeoni? Si
alzò dirigendosi
velocemente verso la Weasley e puntandole la bacchetta. "Hai rubato del
denaro a mia zia?"
"Pansy!
No!" gridò la strega, mentre dalla sua bacchetta si
sprigionava una luce
verde.
Blaise aveva
visto lo Stupeficium attraversare la stanza e quasi colpire la rossa.
Per
fortuna Ginny fu agile e si spostò, mentre l'incantesimo si
infranse sul quadro
della zia Dora appeso dietro di lei, che urlò e corse a
nascondersi dietro la
cornice.
"Sei
stata tu!" gridò invece Ginny, spianando la bacchetta e
prendendo la mira.
"Ragazze!
Basta!" gridò Maddie mentre, da vicino lo scrittoio, si
avvicinava a loro.
"Ginny, cara, per favore, metti giù la bacchetta. Ti
assicuro che Pansy
non ti lancerà più niente. E tu, Pansy", si
voltò verso la mora, "non
dovresti nelle tue condizioni…"
Blaise ci
stava capendo poco: Ginny lo aveva fatto chiamare con urgenza
dicendogli di
andare subito a casa di sua madre, ma ora non capiva cosa fosse
successo; forse
doveva tenere separate le due ragazze? E perché, poi?
"Qualcuno
può spiegarmi cosa sta succedendo?" chiese, allora, facendo
cenno a tutte
e due di abbassare le bacchette.
Ginny si
sedette sul divano, ma tenne la bacchetta in mano. "Tua madre si
è
ricordata che la Parkinson le ha fatto prelevare i galeoni…"
"Non ho
fatto nulla del genere! È stata lei a darle i fiori che le
fanno perdere la
memoria!" Pansy la interruppe e poi si voltò verso di lui,
per spiegargli
quello che pensava fosse successo, accusando la rossa. Come? No.
"Allora
sapevi che erano i fiori a farle perdere la memoria!"
esclamò Ginny, con
sguardo bellicoso.
"Sì! Per
questo ho detto a Kikky di toglierli da tutte le stanze! Solo che ce ne
erano
dei nuovi tutti i giorni! Eri tu a farceli mettere!"
Ok, doveva
calmarle. "Ragazze…" le chiamò e Pansy si
voltò verso di lui,
indicando Ginny.
"È stata
lei" l'accusò ancora sua cugina e Blaise scosse il capo.
"No, Pansy,
non è così."
Come? Pansy
aggrottò la fronte e poi si voltò verso zia
Maddie: cosa stava dicendo?
"Zia?"
Maddie
alzò
tutti e due i palmi delle mani e fece un passo avanti. "Non
è stata
nessuna di voi: i fiori sono di Rachel. E deve essere stata lei a fare
quell'impianto di irrigazione con la pozione per la memoria,
perché mi sono
ricordata che mi aveva chiesto del denaro, ma non voleva che tu lo
sapessi,
Blaise. Così io avevo prelevato i galeoni dalla mia camera
privata per non
fartelo scoprire…"
Ecco, ora si
stava ricordando tutto; ogni cosa tornava, ogni singolo episodio
finalmente
tornava nitido.
Ginny
arricciò le labbra. Rachel? Quella ragazza sembrava
così simpatica e gentile…
già era proprio così che erano, le persone false,
però.
Lanciò
un'occhiata alla Parkinson, chiedendosi se dovesse chiederle scusa o
cruciarla
per aver tentato di lanciarle un incantesimo, quando notò la
mora mordersi il
labbro e sedersi a peso morto sul divano.
"Stai
bene, Pansy?" Maddie sembrava preoccupata mentre si rivolgeva alla mora.
"Sì,
zia, sto bene. Andiamo da Rachel, però, perché ho
voglia di lanciarle
qualcosa…"
Maddie scosse
il capo: no, assolutamente no. Non era ancora rimbambita; non aveva
bisogno
della balia.
"Vado da
sola da Rachel, ho bisogno di scambiare quattro chiacchiere a tu per
tu."
"Non mi
sembra una buona idea, Maddie. Forse Blaise può…"
tentò di rabbonirla
Ginny, ma Maddie la squadrò con un'occhiataccia.
Quando le
rivolse quello sguardo, Ginny abbassò gli occhi: per Godric
doveva averlo
imparato da sua madre quel pomeriggio che avevano passato insieme!
Blaise decise
di intervenire. "Mamma, io penso…"
Ma sua madre
riservò a lui lo stesso trattamento. "Lasciami parlare con
lei da sola,
poi potrai venire anche tu. So che avete dei conti in sospeso, e magari
è la
volta buona che vi chiarite una volta per tutte". Blaise si
sentì
sbiancare: sua madre sapeva che Rachel era a conoscenza della tresca di
Chastity? E da quanto tempo lo sapeva?
"Oh,
io…" Si passò una mano fra i capelli un po'
nervosamente e poi annuì.
"Ti lascerò un po' di tempo e ti raggiungerò
dopo, allora." Le
concesse e sua madre si smaterializzò subito.
Si voltò
verso le ragazze e fece un passo verso di loro: e ora?
Pansy
continuò a guardare il tappeto anche dopo che Maddie se
n'era andata, scioccata
da ciò che aveva sentito.
"Come
facevi a essere sicuro che non fosse stata lei?" gli chiese, indicando
la
ex Grifondoro con il capo.
"Le ho
chiesto io di venire qui a capire la situazione."
"Ah!"
Oh, ma davvero?
"Quindi
hai davvero dubitato di me. Pensavi che io potessi far del male o
derubare zia
Maddie?"
Ginny
sentì
la delusione e la tristezza nel tono della Parkinson e per un attimo
ebbe pietà
per lei. "No!" Si avvicinò di qualche passo e la mora,
nonostante
tutto, l'unica cosa che fece fu di voltare lo sguardo verso di lei.
"Blaise non ha mai pensato che fossi stata tu. Ma io sì.
L'ho pensato e ho
tentato di convincerlo con diverse teorie. Pensavo davvero quello che
dicevo e
ti assicuro che di solito sono molto convincente, ma lui non ha mai
dubitato di
te".
La Parkinson
non cambiò espressione: era una cosa un po' triste, come se
lei fosse
rassegnata a qualcosa di troppo grosso. "Scusami, Weasley, se ho
tentato
di schiantarti. E grazie per le tue parole, davvero, ma quando menti se
ne
accorgerebbe anche un bambino". Poi lei si alzò, ma Ginny
notò che la mano
che impugnava la bacchetta le tremava e che quando la mise via, lo fece
con
fatica.
"Abbiamo
letto sul diario di Maddie che hai… hai dei problemi con tuo
marito.
Magari…" Ginny fece una fatica enorme ad andare avanti, ma
lo fece.
"Magari ne vuoi parlare?" La mora scosse la testa e si risedette:
sembrava
stare sempre peggio.
Blaise
osservò Ginny parlare educatamente con Pansy e ci
capì meno di prima. Ma poi la
ragazza gli lanciò delle occhiate strane, indicando sua
cugina con la testa; ma
cosa voleva? "Valle vicino!" gli sussurrò. Come? E per far
che? Lei
dovette capire, perché subito dopo mimò sulle
labbra: "Parlale!"
Ehm, sì,
certo. E che doveva dire? Fece un passo verso sua cugina e si
schiarì la voce. "Kikky
ci ha raccontato che il vostro matrimonio sarà
annullato…"
Pansy
alzò il
viso verso il moro: così sapevano proprio tutto, eh? Che
vergogna! Si morse il
labbro e provò a spiegare: "Sì, Blaise, il mio
matrimonio sta andando a
rotoli dopo solo due mesi…" Chissà come avrebbero
riso di lei, quando lui
lo avesse raccontato agli altri. "Sai anche che sono incinta? Che
è per
questo che abbiamo deciso di chiedere l'annullamento?"
"Perché
dovreste far annullare il matrimonio se sei incinta?"
Pansy vide la
rossa alzare gli occhi al cielo e avvicinarsi al moro, per prenderlo
per un
braccio. "Blaise, direi, così su due piedi, che se il
bambino fosse
di suo marito, non penserebbe di annullare il matrimonio, giusto?"
Voltò
il viso verso di lei, come se le avesse fatto la domanda direttamente.
Pansy
annuì, sospirando.
"Che
vuol dire? Come fa a non essere figlio di Oscar?" Blaise
spostò lo sguardo
dall'una all'altra. Pansy quasi rise quando notò la rossa
alzare ancora gli
occhi.
"Scusalo,
è un maschio: a volte fanno fatica…" disse, e la
mora le fu quasi grata.
"L'ho
sentito dire…"
Ginny prese
in mano la situazione. "Allora facciamo così: Blaise, tu
raggiungi tua
madre. Io e tua cugina andiamo a berci una burrobirra nel…
Ah, no, aspetta: puoi bere la burrobirra? Vabbè, altrimenti
ti prendi un tè. Andiamo in quel
grazioso pub dove la cameriera ti inviava messaggi subliminari verso la
sua
camera da letto. Dopo vieni lì e ci aggiorni. Che dici,
Parkinson?"
Blaise, che
aveva seguito i loro discorsi senza poter dire niente,
corrugò la fronte, ma
quando si accorse che era passato il tempo giusto per permettere a sua
madre di
parlare con Rachel prima che entrasse in azione lui, annuì.
"Per me
va bene" acconsentì. "Ma la cameriera non mi ha…"
"Sì, sì,
come vuoi…" lo liquidò Ginny con la mano e
sorridendo verso Pansy.
"Sei pronta, tu? Ti porto io, in quel locale così fine e
carino. Sai tuo
cugino ha proprio un senso del raffinato che neanche ti immagini!"
Blaise alzò
gli occhi al soffitto mentre sentiva sua cugina soffocare una risata:
almeno
non si era messa a piangere.
"Allora
ci vediamo dopo, ragazze" si congedò e sparì.
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Capitolo 26 *** Affare concluso ***
Affare
concluso
"È
quella, la tipa che ci ha provato con Blaise?" Pansy si sedette a un
tavolo d'angolo, guardandosi intorno: effettivamente non sembrava un
gran
posto, ma sicuramente non era frequentato da persone che loro
conoscevano.
La Weasley
corrugò la fronte mentre osservava oltre il bancone.
"Sì".
"E
perché non l'hai cruciata?"
Ginny strinse
gli occhi e corrugò la fronte. "E perché avrei
dovuto? Oh, per quello che
hai visto sul giornale… Tu pensi che…"
Infastidita dal dover spiegare la
situazione e immaginando che in molti da quel momento avrebbero potuto
fraintendere il tutto, provò a cercare un modo di spiegarsi.
"Io non
penso niente. Io ho visto una foto dove Blaise ti mangia con gli occhi
e tu lo
baci con passione."
Cosa? Non
c'era niente di tutto questo, in quella foto. Vero? Non…
"Non è vero, non
è stato così" sostenne lei, un po' tentennante.
Pansy rise,
perché l'espressione della rossa era veramente strana: non
era inorridita, come
quando accusi qualcuno di farsela con qualcun altro che odia, ma allo
stesso
tempo non sembrava sicura di quello che diceva, come se sperava di
sbagliarsi.
"No?
Vuoi dare un'altra occhiata?" Le mostrò il giornale e
notò come lei si
incuriosì, non riuscendo a smettere di guardare la foto.
Non riusciva
a capire bene la situazione.
Ginny con
nonchalance prese il giornale e lo sfogliò, lanciando
occhiate non troppo
distratte alle varie foto fatte mentre i giocatori entravano nella sala
da
pranzo e i vari saluti che le coppie dedicarono all'obbiettivo, fino ad
arrivare
alla foto incriminata: Blaise aveva un mezzo sorrisetto e la guardava
con uno
sguardo dolce, ma sapeva che stava fingendo. E lei? No, lei si
ricordava quello
che era successo: quando aveva chiuso gli occhi e posato le labbra
sulle sue,
il mondo intorno a lei si era sgretolato e si era sentita
così strana… Ma
sicuramente era stato bello. Troppo bello. Troppo bello
perché per un momento
aveva scordato che non era vero.
"E chi
sarebbe il padre del bambino?" Chiuse di scatto il giornale e
tornò a
guardare la ex Serpeverde.
Stranamente,
la mora sorrise. "Mi piace questa strategia" disse, ma poi
tornò
seria. "Ma non mi piace se prendi in giro la mia famiglia".
Ginny scosse
il capo. "Non c'è niente di vero. Blaise mi ha baciato
perché c'era la sua
ex e voleva farle un… dispetto? Chiamiamolo
così… Sì, solo per questo. Non sto
prendendo in giro nessuno, posso garantirtelo".
Pansy la
squadrò per qualche secondo e quando capì che
stava dicendo la verità, si morse
un labbro. "E tu, invece?"
"Io
cosa?"
"Tu
perché lo hai baciato?" Pansy dovette insistere
perché per lei qualcosa
non quadrava.
"Per… lo
stesso motivo" rispose frettolosamente, guardando fisso un punto alle
sue
spalle. Ma Pansy continuò a guardarla con insistenza, non lo
fece apposta, non
era per cattiveria, era proprio perché aveva pensato che ci
fosse qualcosa
sotto.
"E cosa
hai provato?" Una domanda troppo intima per due come loro che poco
prima
si erano prese a incantesimi, infatti non si aspettava una risposta. Ma
la
rossa la stupì e mormorò: "È
complicato". Poi alzò una mano e fece un
cenno, forse apposta, a un cameriere. "Ordiniamo?"
Pansy annuì
senza dire altro; ordinarono e solo una volta di nuovo sole, disse: "Ho
fatto l'amore con un ragazzo che non è mio marito, il giorno
delle mie nozze, e
sono rimasta incinta. Penso che difficilmente potrà essere
più complicato di
così".
Ginny
spalancò la bocca e poi sbatté gli occhi.
"Effettivamente, mi batti. Al
massimo io potrei provare qualcosa per qualcuno che non ricambia i miei
sentimenti, ma tu ci vai giù pesante, eh? Il giorno delle
tue nozze?"
"Non era
una cosa premeditata. È stato un… colpo di
testa". La mora seguì con il
dito le venature sul piano di legno. "Ma tu sei sicura che Blaise
non…" La Parkinson si zittì quando il cameriere
di prima portò le
ordinazioni: fu contenta che a servirle non era stata la ragazzotta
della volta
precedente.
"Sai,
Parkinson, non è la prima volta che mi succede. Alla fine,
non fa niente.
Troverò qualcuno per me…" Senza convinzione,
sospirò e guardò ancora un
punto indefinito, sperando che la mora non continuasse il suo discorso.
Pansy scosse
le spalle. "Si può stare anche da sole, non siamo per forza
obbligate a
stare con qualcuno…" La rossa fece una curiosa espressione e
alzò un
sopracciglio. Ma poi lei si sentì in dovere di continuare:
in fin dei conti
erano in vena di sentimentalismi… "Ma ignorare i tuoi
sentimenti non li
cancellerà. Quando meno te lo aspetti, quando penserai che
sei riuscita a
passarci sopra e tutto il resto, il tuo mondo verrà
capovolto e dovrai fare i
conti con te stessa e con quello che provi…"
Ginny
aprì la
bocca per parlare, ma poi la richiuse; non era sicura di voler
affrontare
quella conversazione, ma
l'idea di
confrontarsi con quella ragazza le piaceva, così le
domandò: "Quindi è
qualcuno che conosci e di cui sei innamorata da tempo?"
La Parkinson
bevve un sorso della sua bevanda speciale e storse il naso. "Lui
è uno
stronzo. E questa burrobirra zero fa schifo". Alzò un
braccio e chiese ad
alta voce al cameriere di cambiare ordinazione. Ginny avrebbe riso se
la
situazione non fosse stata così tragica. O triste. Ma non
è che bisogna sempre
essere seri, comunque.
La loro
conversazione andò avanti per un altro po' con leggerezza,
come se tutte e due
le ragazze non volessero cadere nell'autocommiserazione e preferissero
comunque
riderci su.
"Tu sai cosa
vuol dire quello che ha detto Maddie su Blaise e Rachel?"
Pansy guardò
la rossa e piegò la testa di lato prima di risponderle. "Non
proprio, so
solo che c'entra la sua ex. Hai detto che l'hai conosciuta?"
La Weasley
scosse il capo. "L'ho incontrata solo una volta e le ho rivolto
tipo… tre
parole".
"Quindi
non sai perché si sono lasciati?"
Ginny
annuì: quello
lo sapeva! "Sì, me lo ha raccontato. Così come mi
ha detto di quella legge
stupida sui soldi della moglie in un matrimonio snob!"
La Parkinson
rise. "Quella sulla dote? Che tutto ciò che la sposa porta
in dono resta
al marito?"
La rossa
annuì. "Già, la trovo stupidissima!"
La mora alzò
le spalle e scosse la testa sorridendo. "Io non lo so perché
si sono lasciati.
Sicura che fra voi non ci sia niente? Perché Blaise non
è il tipo che si
confida con chiunque…"
"Sì, lo
so che non chiacchiera molto. Effettivamente non so perché
me lo abbia
raccontato" . Ginny alzò le spalle: in fin dei conti neanche
Astoria
conosceva tutta la storia.
Pansy
notò
come la ragazza prese il bicchiere facendo roteare il liquido che c'era
dentro;
non era male, era spigliata e simpatica. Sapeva già quanto
valesse, aveva
passato con lei l'ultimo anno a scuola e l'aveva vista in azione, era
una
ragazza in gamba; anche il moro doveva averlo capito. E sembrava adatta
a
Blaise. Lei e Potter si erano lasciati e non c'erano motivi validi per
cui suo
cugino non dovesse almeno provarci. Possibile che lui non provasse
niente?
Forse era più probabile che non volesse esporsi e si
nascondesse dietro a una
bugia. Doveva assolutamente parlargli e capire bene la cosa; in fin dei
conti
se davvero le aveva raccontato di come era saltato il suo matrimonio,
sicuramente qualcosa aveva visto anche lui.
"Sai com'è,
a volte fanno fatica…" Scelse di usare le stesse parole di
prima e la
ragazza rise, lasciando scivolare via la tristezza di poco prima.
*
Quando Blaise
raggiunse le ragazze al pub, pensò che fossero ubriache:
ridevano come due
sciocche e si raccontavano qualcosa a bassa voce, con le teste vicine.
Lui le
vide dalla porta del locale e lentamente si avvicinò a loro.
"Ragazze…"
Si sedette sulla sedia vuota e tutte e due sobbalzarono, troppo prese
dalla
loro conversazione per rendersi conto di ciò che stava
succedendo intorno.
Blaise scosse la testa quando loro scoppiarono di nuovo a ridere.
"Scusaci,
Blaise, hai ragione. Com'è andata con zia Maddie e Rachel?"
chiese Pansy,
e lui alzò le spalle: non c'era molto da dire.
"Sembra
che Rachel abbia problemi di soldi perché ha litigato con
suo padre, che le ha
tagliato i fondi. Mia madre è troppo buona, le ha fin
offerto un lavoro. Per me
le andava dato un calcio nel didietro". Blaise sospirò.
"Quindi
è finita così? Lei ha ammesso tutto?" Ginny non
riusciva a crederci, ma
Blaise annuì.
"Sì. Non
ha tentato neanche di negare. È scoppiata a piangere e
continuava a dire che le
dispiaceva."
"Che
stronza! Sarà stata dispiaciuta di essere stata scoperta!"
La Parkinson,
al suo fianco, rise forte. "Sai, Blaise, riesco a capire
perché lei ti
piace!"
Ginny sentì
le guance prendere colore e una sensazione strana riempirle il petto.
Cosa
aveva detto? E cosa avrebbe risposto lui?
Pansy
osservò
i due ragazzi e notò quando Blaise realizzò la
cosa. Le lanciò un'occhiata di
sottecchi, ma lei vide benissimo il suo sorriso. Si alzò.
"Scusatemi, ora
devo proprio andare" si congedò, per lasciarli soli.
"Ehi,
Parkinson, se ti va, sai dove mandare il tuo gufo". La rossa
alzò una
mano, facendo il gesto di impugnare una penna per scrivere e Pansy le
sorrise.
"Perché
no?" Si infilò il mantello e uscì per
smaterializzarsi.
Blaise
guardò
la cugina uscire e poi si voltò verso la rossa. "Ti ha detto
di chi è il
bambino?"
Lei scosse il
capo. "Non di chi è di preciso, ma mi ha raccontato altre
cose".
"Cioè?"
Lei fece una
smorfia strana con la bocca. "Se voleva farlo sapere anche a te, te lo
avrebbe raccontato direttamente, no?"
Come? Ma…
"Che vuol dire?"
"Che non
ti dirò quello che mi ha confidato!" Ah. Davvero? Lei
dovette leggergli in
viso il suo stupore perché continuò. "Pensi che
io sia una pettegola? Che
racconti in giro i segreti degli altri?" gli chiese, con tono
sostenuto.
Cosa? No! Ma
come avrebbe fatto a sapere cosa stava succedendo a Pansy se lei non lo
avesse
aiutato?
"Senti,
mi sono sbagliata… Ma non…" Lei si interruppe,
iniziando a disegnare righe
sul bicchiere della burrobirra.
Ginny si
sentì in colpa e pensò di essere una stupida:
aveva davvero creduto che fosse
stata la Parkinson a ingannare Maddie e aveva tentato di sostenere la
sua
versione, nonostante Blaise non avesse mai ceduto sulle sue
convinzioni, ma non
voleva dire che era una persona così malevola da spifferare
in giro i segreti
degli altri. Forse lui lo pensava perché aveva tentato di
fargli odiare sua
cugina e magari era convinto che lo avesse fatto apposta.
"Io non
sono…" Ma poi non finì la frase.
Blaise non
aveva capito cosa fosse successo. Lei, improvvisamente, era cambiata:
aveva
perso il suo sorriso e il suo viso si era fatto triste e strano. E
quella frase
sul fatto che si era sbagliata? Su cosa si era sbagliata?
"Ma
perché…"
Ginny
pensò
che lui volesse insistere e non aveva il coraggio di sostenere quella
conversazione;
purtroppo la ragazzina timida che era stata tanti anni prima, a volte
prendeva
ancora il sopravvento su di lei.
"Ora
vado, stasera ho… un impegno. Tanto noi abbiamo finito,
giusto?"
Come? Blaise
rimase stranito da quel cambiamento repentino di argomento.
"Eh? Sì,
sì, certo…" balbettò, chiedendosi dove
dovesse andare. Andava in Romania?
Ma perché continuava a pensare a Potter?
"Bene. Mi
dai le foto, allora?"
Cosa? Che
foto? Ah, le foto di Paciock! "Oh. Sì, certo". Incerto come
un
bambino, prese la bacchetta e, girandosi a guardare il personale del
pub per
verificare che non stessero guardando, mentre lei si alzava per
rivestirsi,
fece riapparire le foto. Notò che in mezzo c'era anche
quella dove era da sola
sulla panchina, la foto che stava usando a casa per disegnare. Mentre
lei era
ancora impegnata ad agganciarsi il mantello la fece sparire nella tasca
interna:
non voleva separarsene.
"Ecco
qui" disse e la rossa tornò a guardare verso di lui.
Ginny
finì di
agganciarsi il mantello con una strana agitazione a cui non riusciva
dare un
nome. O forse lo sapeva benissimo ma odiava sentirsi così e
non voleva
ammetterlo.
"Ok".
Si girò e guardò le quattro foto che lui aveva
fatto apparire sul tavolo. Le
prese e per un attimo non seppe se dovesse dire qualcos'altro o meno,
così
rimase zitta.
Blaise la
osservò e pensò che non volesse andarsene. "Tutto
bene?"
Lei alzò su
di lui i suoi occhi nocciola, ma il moro non riuscì a
leggere la sua
espressione. "Sì. Ci… vediamo, Blaise" lo
congedò, facendo un passo
indietro.
Blaise le
fece un cenno con il capo, indicando il cameriere che dietro di lei
stava
passando con un vassoio di bicchieri, ma la ragazza ci finì
contro lo stesso.
"Mi
scusi" disse al mago e, senza più guardarlo, si
avviò velocemente verso
l'uscita.
Oh. Sembrava
finito tutto in un attimo.
Ginny
uscì
dal locale e una volta fuori si fermò per riprendere a
respirare normalmente.
Blaise non l'aveva neanche salutata, le aveva fatto un cenno del capo,
come si
fa con un conoscente o qualcuno che non ti è particolarmente
simpatico. Come se
fossero stati ancora a Hogwarts.
Aveva pensato
che fosse meglio allontanarsi subito ed era stata così
stupida da finire contro
il cameriere e non lo aveva neanche aiutato a raccogliere i bicchieri.
Chissà
cosa aveva pensato Blaise. Beh,
in
questo caso era meglio non sapere e andare avanti. Sicuramente prima o
poi le
sarebbe passata. La Parkinson si sbagliava.
Si
smaterializzò a casa.
***Eccomi!
Il capitolo è molto corto, lo so. Avrei voluto aggiungere
anche l’inizio della parte nuova, ma ci stava male,
così pubblicherò domani un altro capitolo corto
(così da riequilibrare le cose). Ho preferito non
pubblicarli tutti e due oggi, per paura di creare confusione nella
lettura.
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Capitolo 27 *** Altro ballo, altra corsa ***
Altro
ballo, altra corsa
-
-
"Che
programmi hai per stasera?"
Blaise alzò
gli occhi dal piatto e guardò sua madre che, con una strana
espressione in
viso, beveva un po' di vino durante la cena.
"Non
saprei, perché me lo chiedi?" Tornò a guardare il
piatto e a spostare il
salmone da una parte all'altra, senza appetito.
Era passato
meno di un mese da quando avevano scoperto che Rachel aveva ingannato
sua madre
e lui non aveva chiarito con la ragazza, perché non era
riuscito a parlarle da
solo e non si era sbilanciato. Ma un conto era coprire un'amica che
tradiva il
fidanzato, un conto era tentare di derubare sua madre. Ancora
non si fidava di lei anche se non aveva più fatto passi
falsi e sua madre stava
bene, aveva ripreso a frequentare l'associazione di beneficenza per cui
faceva
i pupazzi e andava a casa delle amiche a prendere il tè.
Pensò quasi che fosse
ringiovanita: probabilmente tutte quelle preoccupazioni l'avevano
provata più
di quanto volesse ammettere.
"Penso
ci sia una festa del Ministero a casa dei Stin'sen"
buttò lì lei, con
nonchalance.
Suo
figlio guardò Maddie alzando un sopracciglio. "Vorresti
andarci?"
La strega
rise. "Io? Lo dicevo per te!"
"Per
me?" Lo sguardo di Blaise si fece ancora più corrugato.
"Sì.
È una serata importante. Magari potresti trovare qualche
contatto interessante
per i tuoi lavori e…" La donna lasciò cadere
lì la frase e prese una
forchettata di cibo.
"Mamma,
ho già venduto le foto dei Jobberknoll
a un prezzo più che buono, non ho bisogno di altri contatti."
"Sai benissimo a quali lavori mi
riferisco…" Maddie quasi sbuffò: quando Blaise
voleva ignorare qualcosa ci
riusciva benissimo.
Blaise
sospirò ancora: era quasi meglio quando sua
madre sembrava una tenera vecchietta indifesa. "Non sto lavorando in
quel
senso" mentì.
Sua madre aveva visto delle tavole con i suoi
disegni, tempo prima, e lo spingeva a cercare qualcuno a cui farle
vedere, ma
lui non era ancora pronto per una cosa così.
"E poi Molly mi ha detto che loro ci sarebbero
andati" disse ancora.
Blaise girò la testa verso di lei: Molly la madre di
Ginny? Quindi Ginny sarebbe andata al party del Ministero?
"La signora Weasley? Avete continuato a…
frequentarvi?"
Sua madre gli lanciò un'occhiata strana.
"Certo. Ci scriviamo spesso e prendiamo il tè insieme. Anche
con
Ginny".
Maddie
lasciò cadere la frase così, fra le briciole
del pane sparse sulla tovaglia, e osservò il figlio di
sottecchi.
"Hai visto Ginny, ultimamente?" le chiese
infatti lui, quasi subito. Maddie non gli fece notare che aveva
iniziato a
chiamarla per nome.
"Sì. Era qui anche ieri."
Ah. Davvero?
Blaise si girò, guardando la stanza,
come se la ragazza fosse nascosta dietro alle tende. "Qui?"
"Sì. Viene a prendere il tè, anche se mi ha
confessato che il tè non le piace molto. Ma chiacchiera
sempre volentieri, mi
racconta tante cose…"
Quali cose? Blaise fece fatica a non chiedere subito.
Maddie
notò l'interesse di Blaise e di come cercasse
di non farlo vedere.
"Di cosa ti racconta?" domandò infatti,
con uno studiata indifferenza, quando lei non continuò a
parlare.
"Ah, cose così…" Maddie sventolò una
mano
lentamente. "Il suo lavoro, la sua famiglia… Ultimamente mi
parla anche di
un ragazzo…"
Cosa? Di chi?
"Chi è?" chiese, troppo
velocemente perché potesse pensare a mascherare bene le sue
intenzioni.
"Ah, non ricordo… Mi sa che sto
invecchiando…"
Blaise corrugò la fronte: sua madre non stava
invecchiando di sicuro, forse si stava prendendo gioco di lui. O forse
no.
Conveniva sapere?
"Harry Potter?"
"Mmm… Non saprei…" Ma come? Tutti
conoscevano il nome di Potter, anche sua madre, come faceva a non
sapere se lei
gli parlava di lui o di un altro?
Sbuffò e quasi lanciò il tovagliolo sul tavolo.
Maddie rise
sotto i baffi. Osservò il figlio alzarsi
e sistemarsi un bottone. "Dove vai?"
"Penso che andrò a prendere la macchina
fotografica. L'ultima volta ho fatto delle belle foto dai Stin'sen,
chissà che non mi ricapiti la stessa fortuna."
Fece il
giro del tavolo, si chinò a baciarla sulla guancia e la
salutò, prima di
smaterializzarsi.
Maddie
sorrise ancora, prima di chiamare Kikky per farsi portare il dolce.
***
"L'ultima
volta che ho accettato di venire con voi a un Party del Ministero, sono
stata
ricattata" brontolò Ginny, stendendosi sul letto e aprendo
le braccia come
se fosse stata crocifissa.
Hermione
le lanciò un'occhiata divertita. "Già.
Un'esperienza disastrosa, a quanto
so".
"Ragazze,
quanto vi manca? Ginny! Non sei ancora pronta?" Molly aveva messo
dentro
la testa dalla porta dopo aver bussato lievemente, ma senza aspettare
di
ricevere il permesso per aprirla.
"Mamma…"
Molly
osservò la figlia sul letto e fece una smorfia. "Guarda che
il mal di
pancia per non andare all'asilo non funziona più,
Ginny…"
"Mamma!"
esclamò scandalizzata, come se avesse raccontato qualcosa di
imbarazzante.
"Io non vengo al Party".
Molly
alzò gli occhi al soffitto, ancora con la mano sulla
maniglia della porta.
"Quante storie! Ho dato conferma per noi cinque e in cinque ci andremo!
Non mi farai fare questa figura! E Maddie mi ha detto che stasera
sarà
interessante, ma non mi ha voluto dire perché e io devo
assolutamente scoprirlo!"
Ginny
alzò un sopracciglio. Maddie? "La madre di Blaise?"
"Sì,
lei. Non ne conosco altre. E muoviti!" rispose sbrigativamente sua
madre,
mentre entrava nella stanza e si avvicinava a Hermione, vicino alla
toilette.
"Come stai bene, cara, con questo colore, i tuoi occhi risaltano ancora
di
più…" Le fece una carezza e si commosse; fu il
turno di Ginny di alzare
gli occhi al cielo: quanta smielanza!
Molly
uscì, intimandole ancora di muoversi e la ragazza si
alzò un po' controvoglia.
"Ah,
allora vieni?" Le chiese l'amica, quando notò che apriva
l'armadio.
La rossa
alzò le spalle. "Sembra che sia obbligata…"
"Quindi
il fatto che ci potrebbero essere Zabini e sua madre non c'entra niente
con la
tua decisione, vero?"
Ginny
alzò di nuovo le spalle: che differenza faceva?
Però sì, l'idea di incontrarlo la
stuzzicava. Non lo vedeva da diverso tempo. Beh, dopo quello che era
successo
l'ultima volta, forse era stato giusto così.
Spalancò
le ante del tutto e guardò i pochi vestiti che possedeva.
Che strazio.
"Non
hai detto che lo psicomago ti ha lasciato libera proprio oggi?"
Tornò alla
carica Hermione dopo un po'.
"E
cosa c'entra Blaise con questo?" si stranì la rossa, mentre
l'amica
sorrideva sotto i baffi.
"Io
l'ho nominato prima. Stai pensando a lui da così tanto
tempo? O hai pensato a
lui per tutto il mese di astinenza?" le chiese, con uno sguardo
sornione.
Ginny arrossì e tornò a guardare nell'armadio. Si
avvicinò a lei, mettendole
una mano sulla spalla. "Ehi, scherzavo…"
Ginny
sentì le lacrime pungerle gli occhi. "Non…"
Hermione
la prese per le spalle e la fece girare verso di lei. "Sei una persona
fantastica, Ginny, non scordarlo mai". La rossa annuì, ma
non riuscì a
guardarla negli occhi. "Ti ricordi quella chiacchierata che abbiamo
fatto
a scuola il tuo quarto anno?" continuò e l'amica
annuì: si riferiva a
quando avevano parlato del fatto che se a Harry piaceva Cho, lei non
avrebbe
potuto farci niente, se non vivere la sua vita. Ed era lo stesso
consiglio che
stava seguendo Astoria.
Ginny
aveva incontrato Astoria spesso, in quel mese. A dir la
verità aveva
frequentato più ex Serpeverde, in quell'ultimo periodo, che
altre persone,
pensò, con un sorrisino divertito. Perché si era
mantenuta in contatto anche
con Pansy, ma con nessuno di loro aveva parlato di Blaise, era troppo
difficile. O forse era solo troppo presto.
"Va
bene, dai, vengo con voi. Non ho voglia di sentire la mamma che si
lamenta…"
Hermione
la guardò con un sorriso, come se sapesse perfettamente
quello che intendeva
davvero e Ginny, che lo aveva capito solo guardandola,
sospirò.
"Potresti
mettere questo!" Hermione si allungò verso l'alto e
tirò giù dal tubo di
sostegno una gruccia con un abito dal colore cangiante.
"Hermione,
quell'abito è bianco!" esclamò la rossa,
spalancando gli occhi.
"E
quindi? Scommetto che ti sta divinamente". Hermione guardò
un po' lei e un
po' l'abito.
"Si
sporca solo a guardarlo…" Allungò una mano per
sfiorare la stoffa e Hermione
notò il suo sguardo accarezzare le lievi decorazioni di
quell'abito. "E
comunque, la stoffa è bella, ma il modello no,
cioè, non sta bene a me".
Come?
"Ma che dici?"
"Vuoi
scommettere?"
Ginny si
spogliò velocemente e si infilò l'abito: lo aveva
fatto un sacco di volte, la
sinuosità della stoffa ingannava, perché sembrava
bellissimo ma poi, una volta
che lei lo indossava, la faceva sembrare un barilotto di burrobirra.
"Visto?
Te lo dicevo!" esclamò, tirando su le spalle del vestito, ma
senza
allacciarselo sulla schiena. Lanciò un'occhiata allo
specchio e poi fece una
smorfia: neanche Hermione avrebbe potuto sostenere il contrario.
"Sai
che ti dico, invece?" Hermione si posò una mano sul mento e
si avvicinò
per girarle intorno.
"Non
puoi dire niente di diverso, Herm…" Ma in verità
la riccia riusciva a vedere
davvero oltre: l'unico problema era che il modello veramente le stava
male, ma
quel colore! Era bellissimo su di lei. La sua pelle dorata come un
biscotto
cotto il giusto, che brillava del sole del mattino. Era un peccato. Un
vero
peccato.
"Dico
che invece si può far qualcosa…" Le
girò ancora intorno, mentre la rossa
si voltava a guardarla prima da un lato e poi dall'altro, e poi si
avvicinò e
le agganciò il vestito sulla schiena.
Ginny
guardò nello specchio della toeletta l'amica chiuderle
l'abito e poi tornò a
guardarsi: lo scollo a barca e la linea troppo morbida la infagottava
tantissimo e sembrava ancora più bassa. Poco dopo Hermione,
con un 'aspetta un
attimo', fuggì dalla porta in tutta fretta e
lasciò la ragazza da sola.
"Hermione!
Ma dove vai?" Stranita, la rossa guardò la porta chiudersi
alle spalle
dell'amica.
Sfiorò
con la mano la lunga gonna dell'abito e sospirò: si era
lasciata conquistare
dalla stoffa, e sì che lei non era mai stata il tipo da fare
una cosa simile:
abiti e cose del genere non le erano mai interessati. E non era mai
stata
vanitosa. Per questo lo aveva preso, si era innamorata di quella
sensazione
sulla pelle, ma senza capirne niente di moda o di presenza.
Chissà,
forse se avesse avuto più gusto nel vestire o se si fosse
interessata di più
alla moda, sarebbe stata una ragazza sofisticata, di quelle da cui
Blaise
sembrava attratto. Ma lei non voleva essere diversa da quello che era.
Non… del
tutto.
Si morse
un labbro e poi allungò la mano sulla schiena per sganciare
il vestito, ma non
ci riuscì. Sbuffando, si guardò intorno e, una
volta adocchiata la bacchetta,
fece un passo per andare a prenderla. Inciampò nella gonna
troppo lunga e per
poco non si ritrovò spalmata per terra.
"Oh,
porca Morgana!" imprecò, mentre la porta della camera si
apriva ancora.
"Oh,
Ginnì, no no, non dovresti assolutamente dire certe cose!"
Hermione entrò
con Fleur nella stanza e subito la bionda spalancò gli occhi.
"Sì,
scusami, Fluer… È che sono troppo bassa per
questo vestito e…"
Hermione,
che aveva sperato nel buongusto e nell'eleganza della francese per
sistemare l'abito,
sperò di non aver fatto un errore.
"Non
sei troppo bassa. È il vestito che è sbagliato!"
Fleur
aveva già adocchiato alcuni particolari ma su due cose era
sicura: il modello
di quel vestito non avrebbe giovato a nessuno e la sua stoffa era
magnifica
sulla pelle della cognata, nonostante il colore dei suoi capelli.
Difficilmente
il bianco e il fototipo dei Weasley sarebbero stati bene insieme, ma
quella
sfumatura le donava così tanto che sarebbe stato un peccato
che lei non lo
indossasse.
"Lasciami
fare qualche modifica. Sì, partiamo da questo…"
Ginny
osservò le spalline del vestito allungarsi e diventare
maniche, ma senza
allungarsi troppo, solo aprendosi e lasciando una coda come se fossero
state
dei vestiti da sposa.
Lo scollo
a barca si trasformò in una profondissima punta triangolare,
mentre un corpino a
fascia attillato appariva sotto, in un gioco di contrasti che
invitavano lo
sguardo.
"Oh!"
esclamarono Ginny e Hermione insieme: ora era decisamente
più bello.
"Che
scarpe hai intenzione di metterci sotto?" chiese subito dopo la bionda,
valutando con uno sguardo la lunghezza della gonna, per poi guardarsi
intorno
nella stanza.
La rossa
guardò Hermione spalancando gli occhi. "Herm…"
Hermione
aggrottò la fronte guardandole le gambe e poi scosse la
testa.
"Non
saprei, Ginny. Forse i tuoi sandali…" Ma Fleur la interruppe
prima che
potesse finire la frase.
"Oh,
Ginny, queste sono perfette!" La bionda aveva appellato un paio di
scarpe
che giacevano nell'armadio da tantissimo tempo e che probabilmente non
aveva
mai messo.
"Oh,
quelle le ho comprate per la serata di gala del Ministero in onore di
Harry…" mormorò Ginny, osservandole come se
fossero un cimelio. "Non
so se…"
"Vorrà
dire che stavolta saranno in onore tuo!" esclamò la riccia,
vedendo la sua
espressione.
Ma Ginny
scosse la testa. "Sono troppo scomode, l'altra volta sono quasi caduta,
ricordi?"
Oh. Era
vero. Hermione sospirò. "Che peccato!"
"Faremo
un incantesimo di crommodità.
Sono
perfette!" Fleur sembrava al settimo cielo, i suoi occhi brillarono e,
Hermione era sicura di non sbagliarsi, lo fecero anche i suoi capelli.
Ginny e
Hermione si guardarono: un incantesimo di cosa? "Cosa faremo, Fleur?"
chiese quindi la giovane cognata.
Fleur
sorrise divertita. "Un incantesimo di crommodità.
Per non farsi male ai piedi. Come si dice?" Confusa, guardò
le cognate con
la fronte aggrottata quando notò che loro non capivano.
"Forse…
di 'comodità'?" propose Hermione, mentre Ginny spalancava
gli occhi.
Quindi
esistevano magie di questo tipo e nessuno glielo aveva mai detto?
"Fammi
provare, prima. Altrimenti metterò
qualcos'altro…" Ginny prese le scarpe
dalle mani di Fleur, subito prima che lei impugnasse la bacchetta e le
incantasse in francese. Se le infilò e si sollevò
di almeno una decina di
centimetri. Ma era comodissima. Come a cavallo di una scopa e con i
piedi a
penzoloni. Come se stesse indossando delle calze di lana grossa in
pieno
inverno davanti al camino. "Oh!" esclamò, quando
notò la differenza
con l'altra volta. "Questo incantesimo è fighissimo!
Hermione, guardami,
dovrei riuscire anche a ballare!" Fece due passi e finse di volteggiare
nella stanza fra le braccia di un accompagnatore.
Fleur
rise. Ma Santo Godric, a quanti balli era andata ed era tornata con i
piedi
doloranti, quando avrebbe potuto chiedere a sua cognata?
"Grazie!"
Si avvicinò alla francese e la strinse in un abbraccio,
finalmente alla stessa
altezza.
"Stasera
sarà diverso!" Ginny ruotò su se stessa, facendo
dondolare la stoffa.
"Beh,
Ginnì, dobbiamo ancora sistemare la gonna!" E
così dicendo diede due tagli
alla gonna in diagonale, in modo che seguissero quelli della scollatura.
"Oh,
per tutti i cappelli di Godric!" Sempre più entusiasta, la
rossa si
specchiò: si sentiva veramente bellissima, mentre continuava
a girare su se
stessa per osservarsi da ogni angolazione. "Ma non so se mia madre mi
farà
uscire con uno spacco così…" Spostò
una gamba in avanti e la gonna scivolò
sulla pelle, mostrando ben più di quello che avrebbe dovuto
fare.
Fleur
sorrise. "Vorrà dire che la distrarremo mentre indossi il
mantello!"
E detto
questo scoppiò a ridere, seguita dalle altre due.
-
-
***Eccomi!
Ve lo avevo promesso, no? Buona lettura, ragazzi e grazie a tutti
quelli che leggono la storia!
|
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Capitolo 28 *** Uno strano gruppetto ***
Uno
strano gruppetto
-
-
Il ballo
era comunque noioso. Ginny, che era partita con i più buoni
propositi, dovette
ammettere presto che le sue aspettative avevano, di nuovo, superato la
realtà.
Una tediosa realtà, fatta di infinite chiacchiere sul lavoro
al Ministero, che
Hermione apprezzava particolarmente e che rifilava a chiunque volesse
ascoltarla e, purtroppo, nessuno del suo pubblico scendeva sotto il
secolo di
età.
"Ron!"
esclamò, quando lo vide allontanarsi di soppiatto dal
gruppetto.
Ron si
girò, preoccupato che fosse stata sua madre a chiamarlo, ma
quando vide la
sorella avvicinarsi e prenderlo a braccetto, si
tranquillizzò. "Dove vai?
Al buffet?" Il rosso annuì in risposta. "Allora vai, vai,
che vengo
anch'io!" sussurrò, facendogli allungare il passo.
Ginny lo
portò dalla parte dei dolci, ma lui voleva bere: quel party
era più angosciante
di Grattastinchi quando lo prendeva di mira.
"Vuoi
del vino?" Ron la osservò mentre si serviva di un piattino e
tre grossi
pasticcini.
"Sì
grazie" rispose Ginny al fratello: sicuramente un po' di alcol non
avrebbe
guastato. Lui si allontanò e lei rimase sola a scegliere i
dolci: era indecisa
fra le tartellette saltellanti alle fragole e i cuori budinosi al
cioccolato,
ma sapendo quanto fosse difficile scegliere, decise di riempirsi il
piatto di
tutti e due.
Guardandosi
il vestito, si rese conto di non aver chiesto a Fleur se esistessero
altri
incantesimi interessanti, tipo per evitare che gli abiti si sporcassero
quando
si mangia a un ricevimento o una cosa così. Sperò
di non sporcarsi, comunque,
perché sua madre l'avrebbe rimproverata come quando aveva
otto anni,
altrimenti.
"Ginny,
sei uno splendore!"
Per poco
la ragazza non fece cadere il piatto, mentre quella voce familiare le
arrivava
alle orecchie improvvisamente. Si girò e si trovò
davanti Neville e Hannah.
"Hannah!"
Ginny l'abbracciò con il braccio libero: era tantissimo che
non li vedeva!
"Ma che fine avevate fatto, ragazzi?"
*
Blaise
aveva visto Ginny già da un po', ma non riusciva a capire
quale poteva essere
il momento giusto per farsi vedere. Rimase a osservarla mentre si
avvicinava al
buffet con suo fratello, ma poi loro si divisero. Lei aveva un vestito
che gli
faceva seccare la bocca: non sapeva se era lui che la vedeva
diversamente o
cosa, ma era effettivamente bellissima. Gli piacevano anche i suoi
capelli, un
po' sciolti e un po' raccolti, anche se continuava a immaginarsela
mentre lui
le toglieva la piuma e i suoi capelli si scioglievano a coprirle le
spalle e la
schiena. Peccato che lei non avesse piume nei capelli.
Notò
Paciock e la Abbott avvicinarsi a lei e i ragazzi abbracciarsi
affettuosamente;
sbuffò, voleva che lei fosse sola.
Oppure
poteva portarla via. Finì in un sorso tutto il vino che
aveva nel bicchiere e
lo appoggiò sul davanzale di una finestra, mentre con passo
deciso, attraversava
la sala per raggiungerli.
Ginny
stava conversando con Hannah e Neville, complimentandosi con loro
quando la
ragazza le fece vedere l'anello.
"Sono
così felice per voi!"
"Lo
sai, vero, che dovrai essere la damigella d'onore?" Hannah le prese le
mani e Ginny spalancò gli occhi: lei? Lo stavano chiedendo a
lei?
"Io?"
"Certo!
Se non fosse stato per te…" Hannah e Neville si scambiarono
uno sguardo
dolce e amaro allo stesso tempo.
Ginny si
ricordò il suo sesto anno a Hogwarts, quando avevano ideato
la resistenza,
quando i Carrow li torturavano. Annuì senza dire niente: a
volte faceva ancora
male, pensarci.
"Non
ho la più pallida idea di cosa faccia una damigella d'onore,
ma giuro che mi
impegnerò tantissimo!" garantì, ridendo. "E chi
sarà il tuo test…"
Stava chiedendo, ma fu interrotta da un ragazzo che si
insinuò nel gruppetto.
"Buonasera"
salutò Zabini, comparendo al fianco di Neville.
Il
ragazzo non poté così rispondere a Ginny che
sarebbe stato Harry il suo
testimone.
"Oh,
Blaise!" Il saluto entusiasta dell'amica fece alzare un sopracciglio
all'ex
Grifondoro. Cos'era tutta quella confidenza?
Lanciò
uno sguardo alla ragazza, ma lei era presa veramente dal moro,
così si voltò
verso Hannah che ricambiò il suo sguardo sorridendo
divertita e stringendosi
nelle spalle.
Ma che
stava succedendo?
"Zabini"
ricambiò il saluto, non sapendo bene come comportarsi.
"Allora,
abbiamo novità?" Blaise lanciò un'occhiata ai due
che lo guardavano un po'
straniti.
"Di
che genere?" Paciock, stranito, strinse gli occhi: probabilmente ci
stava chiedendo
cosa ci facesse lì. Blaise capì che Ginny non gli
aveva detto niente.
"Non
so… traslochi, cambi di lavoro, matrim…"
Ginny
sbuffò e guardò il soffitto: quel troll stava
giocando col drago.
"Mmm.
Andiamo a ballare, va…" La rossa appoggiò il
piattino con i dolci al
tavolo del buffet, prese sottobraccio Blaise e, dopo aver salutato gli
amici,
di cui non si accorse lo strano cipiglio, lo trascinò sulla
pista da ballo.
"Sei proprio un troll, Zabini, lo sai?"
Lui rise
mentre le prendeva la mano e le posava l'altra sulla schiena.
"Mi
chiami per cognome, ora?"
"Quando
fai il troll, sì!"
Blaise
rise ancora al tono della sua voce: le era proprio mancata.
La fece
girare su se stessa e lei spalancò gli occhi,
perché non se lo aspettava.
Chissà, magari anche lei aveva sentito la sua mancanza.
"Non
gli hai detto di noi, eh?"
"Che
dovevo dirgli? Che mi avevi ricattato con delle foto assurde?"
Alzò una
spalla in un gesto molto poco elegante e sospirò. "Neville
ha già dei
problemi suoi, non volevo che si sentisse in colpa".
Oh.
Quella frase lo fece sentire a disagio. Quindi per lei si erano
frequentati
solo per via delle foto? E le altre cose? Era convinto che fosse
partito da lì,
ma che poi il tutto avesse preso una strada diversa. Ora non ne era
più così
convinto.
"Capisco."
Il suo
tono di voce era stato strano, ma Ginny non ci fece troppo caso. "Tua
madre? È qui?"
"Qui?
No. Perché?"
Oh. Non
c'era? Peccato. Alzò ancora le spalle. "Avevo capito che
sarebbe
venuta…"
"Tanto
non vai a trovarla a casa?" Il suo tono sembrava un po' stizzito.
"Eh?
Sì, sì, ma…" Lo osservò un
attimo e poi gli chiese: "Ti dà fastidio
che io vada a casa sua?"
Blaise
sentì un po' di calore salirgli al viso. Come dirle che gli
dava fastidio non
averlo saputo prima? O il fatto che non si fossero mai incontrati. O
che non lo
avesse mai contattato. "No, certo che no".
"Sicuro?"
insistette, guardandolo con la fronte aggrottata. "Sei
strano…"
"Che hai fatto in
questo mese?" Blaise cambiò argomento, prima di ripensarci,
senza
rispondere davvero. Cosa aveva fatto quando non si erano visti? E
com'era stata
senza di lui? Cercò di non dare voce a tutte quelle domande,
mentre tornava a
posare le mani su di lei dopo un'altra giravolta. La sua schiena calda
era
invitante e il suo profumo lo stordì dolcemente. Oh, Merlino!
"Oh, le solite cose,
direi. Allenamenti, bisticci con mio fratello, lettere e
gufi… Ah, abbiamo
perso la partita contro i Bats. Pensavo quasi che mi avresti mandato
una
strillettera per prendermi in giro!"
Come? Ma cosa stava
dicendo?
"Avete perso?" Non
aveva l'abitudine di leggere i giornali e non aveva pensato di farlo
per avere
informazioni su di lei; ora scopriva che aveva perso! Si sentiva
proprio un
troll. "Mi spiace, non lo sapevo…"
La stava
prendendo in giro? Era scritto
dappertutto! "È vero, tu non leggi i giornali, mi ero
scordata…"
Ginny non ci aveva pensato. E lei che aveva aspettato un suo
gufo… Che attesa
inutile. "Quindi non hai visto neanche la nostra foto?"
Blaise si bloccò e lei, che stava facendo il passo
successivo, si allontanò di un passo, lasciandogli le mani.
"Che foto?"
Ginny si morse il labbro:
lei aveva comprato una copia di Strega 2000 solo per tenere la foto, ma
non lo
avrebbe ammesso con nessuno.
Di quale foto
stava
parlando?
"Pansy non ti ha
fatto vedere la foto?" Ginny lo guardava incuriosita, come se dovesse
capire se la stesse prendendo in giro o no. Cosa? Cosa c'entrava Pansy?
Blaise cosse il capo.
"Ce l'hanno fatta
alla cena del Quidditch, quando…"
Merlino! Davvero? E perché
lui non lo sapeva? "Intendi mentre ci baciavamo?"
Lei annuì. Blaise la prese
delicatamente per un braccio e la trascinò lontano dalla
pista.
"Mi spiace. Hai avuto
problemi per questo?"
Ginny sorrise.
"No,
nessun problema" mentì. Erano stati solo una manciata, i
giornalisti che
si erano presentati al campo dell'allenamento e qualcuno era stato
anche
abbastanza insistente, ma poi Gwenog aveva messo a tacere tutti e loro
non
avevano più insistito. Anche se il suo capitano aveva
voluto, in privato, tutti
i dettagli, ma alla fine non aveva spifferato proprio tutto: solo
Hermione e la
Parkinson erano al corrente di tutto. In famiglia c'erano state qualche
battutina e qualche imprecazione da parte di suo fratello, ma aveva
spiegato
che era stato uno scherzo e forse, il fatto che non si fosse
più parlato di
lui, aveva convinto tutti. Anche se lei si era aspettata un contatto da
parte
sua, ma neanche questo lo disse ad alta voce. E se invece l'aveva
contattato
direttamente Chastity? Forse era per quello che non si erano
più sentiti.
"Bene" concluse
lui, poi si guardò intorno, notando che la musica era
finita. "Prendiamo
qualcosa al buffet?"
"Oh, avevo mandato
Ron a prendermi da bere, ma poi è sparito. Si
sarà fermato al vassoio del pollo
fritto!"
Blaise
annuì e insieme
camminarono in silenzio fino al buffet.
Però era curioso di vedere
la foto. Doveva assolutamente chiedere a Pansy. Fra l'altro non aveva
più
parlato con lei. Gli sembrava che sua madre avesse detto che il
matrimonio
fosse stato annullato, ma non era stato attento, quindi non ne era del
tutto
sicuro. Ma in giro non si era saputo niente: dovevano essere riusciti a
tacere
la cosa. Non si era informato neanche della gravidanza. Capì
di aver vissuto in
un limbo mentre osservava i piatti roteare per essere vuotati da tutti
i lati.
Quando videro arrivare
verso il buffet il Ministro McRiggen, sentì Ginny
brontolare. "Ci manca
solo lui. A parte te e Neville, questa festa è noiosissima.
Se non fosse per i
dessert, tornerei a casa" confessò.
"Potremmo riempire un
piatto, prendere da bere e nasconderci". Blaise indicò con
il capo le
tende che portavano allo spiazzo dove si erano incontrati la prima
volta: non
voleva assolutamente che lei se ne andasse.
"Oh. Ottima idea! Io
prendo i dolci e tu prendi il vino. Ci vediamo lì!"
sussurrò, cercando di
evitare il ministro per non farsi attaccare una pezza che non sarebbe
finita
più.
Blaise fece abbastanza
presto, si diresse velocemente verso le tende e aspettò.
Lei arrivò quasi subito, con
il suo sorriso e due piatti pieni di dolci e snack.
Appoggiò i piatti sulla
rientranza del muro dove lui aveva posato il vino e prese uno dei
bicchieri.
"Allora, com'era,
questa foto?" Blaise notò che il silenzio si stava facendo
un po' strano e
allo stesso tempo voleva davvero saperne di più.
Osservò con piacere le
guance della ragazza colorarsi e lei evitare il suo sguardo mentre si
girava a
prendere un dolcetto. Poi si guardò intorno e si sedette su
una sorta di
sgabello che c'era conto il muro.
Ginny
sperò di non cadere
e di non macchiarsi il vestito, sapendo benissimo che erano due cose
che le
potevano succedere tranquillamente, visto quanto si sentiva goffa.
Per non rispondere subito
addentò il pasticcino e impiegò una vita a
masticarlo, perché voleva pensare
bene a cosa rispondere.
"È… bella, in verità.
Ed è anche abbastanza ingannevole. Non sembra neanche che tu
stessi fingendo
per fare un dispetto a Chastity. Potrebbe quasi sembrare
che…"
Blaise
strabuzzò gli occhi
mentre si avvicinava a lei: doveva chiarire quella cosa subito! Fece
tre passi
in avanti e la raggiunse. "No, io non…" tentò di
interromperla, ma
una voce alle sue spalle impedì loro di continuare la
conversazione.
"Lo dicevo che vi
avevo visto entrare qui!" Draco, seguito da Theo e Hermes, si era
intrufolato dalle tende, rompendo quel momento confidenziale, facendoli
girare
verso di loro.
"Oh, Malfoy, che
piacere" Il tono ironico di Ginny riempì la stanza.
"A dir la verità,
speravo di aver interrotto qualcosa…" brontolò il
biondo, guardandosi
intorno con disgusto. Poi tornò a guardarla e fece il suo
solito ghigno. "Non
dovresti alzarti, quando qualcuno di rango superiore a te entra nella
stanza?"
"Vorrei dirti che mi
fanno toppo male i piedi, Malfoy, ma non ho neanche questa scusa. Ah,
ma
aspetta, ho una verità: sei un idiota e di sicuro non sei
superiore a nessuno!
Resto seduta, grazie."
La ragazza non
vide
l'occhiata di Blaise, che la guardava con interesse e orgoglio, ma la
notò Theo
che alzò un sopracciglio quando i loro sguardi si
incrociarono.
Scontroso, perché Blaise non
voleva ammettere niente e gli dava fastidio qualsiasi cosa pensasse
l'amico, lo
accusò subito: "Sempre con il bicchiere in mano, eh?"
Ma Theo doveva aver
capito, perché ghignò, alzando la mano in un
immaginario brindisi. "Sì,
certamente. E del migliore. Fra poco poi mi sceglierò anche
una bella…"
Questa volta fu lui a
essere di nuovo interrotto, quando Daphne entrò dalle tende
con passo spedito,
esclamando: "Draco!"
Pansy
entrò subito dietro
a Daphne, che aveva insistito per raggiungere i ragazzi anche se lei
avrebbe
preferito evitarli, e sentì la frase di Theo raggiungerle la
bocca dello
stomaco, pensando che stesse dicendo che si sarebbe cercato una ragazza
con cui
imboscarsi, visto che aveva mosso la mano libera per indicare curve
immaginarie
sul suo corpo.
Gli lanciò un'occhiataccia
senza dire niente, ma lui la notò subito e fece un
sorrisetto sghembo:
infastidita, Pansy si guardò intorno e, quando vide Ginny,
pensò di
raggiungerla. Fece un cenno con il capo a Blaise e si
avvicinò alla rossa.
Blaise
osservò Pansy
superare Daphne e raggiungere Ginny. Tornò a guardare gli
altri e notò che
Draco era stato raggiunto dalla bionda, mentre anche Millicent, di cui
prima
non si era accorto, guardava stranita Pansy chiacchierare con la rossa,
che si
era alzata e mostrava, anche nella penombra di quella stanzetta, tutto
il suo
splendore. Fece fatica a non fare niente quando vide Hermes lanciarle
un'occhiata interessata.
"Draco, oggi non mi
hai chiesto di ballare!" Daphne fece un broncio tanto pronunciato
quanto
studiato e incrociò le braccia sotto al seno, mettendolo in
mostra un po' di
più. Come se ce ne fosse stato bisogno: la sua scollatura
lasciava ben poco all'immaginazione.
"Forse perché non c'è
Astoria…" sussurrò Ginny dietro di lui, ma
Daphne, che la sentì lo stesso,
non gradì l'intromissione.
"Perché non ti fai
gli affari tuoi, Weasley?"
"Guarda, non preoccuparti,
io stavo proprio andando: questa festa è così
noiosa. Ci vediamo domani,
Pansy?" Ginny fece un passo verso le tende, per uscire da
lì. Come? No,
non doveva lasciarla andare via!
"Possiamo andare
anche adesso. Anch'io trovo che qui ci siano persone
noiose…" Pansy lanciò
un'altra occhiataccia a Theo, senza riuscire a contenersi.
Theo, però, resse il suo
sguardo benissimo e finì in un sorso, sotto i suoi occhi,
tutto il vino del
bicchiere, allungandosi a prenderne un altro che c'era su una
rientranza del
muro vicino a due piattini di dolci.
"Vengo anch'io".
Blaise fece un passo per seguirle.
"Mi unisco a
voi" gli fece eco Theo, continuando a guardarla, come se volesse
sfidarla.
Draco vide anche
Hermes
raggiungere il gruppetto e fece un passo anche lui. "Non vi
lascerò
soli…"
Quando fece un passo verso
di loro, Daphne si agitò. "Ehi, aspettate! Non
potete…" Si voltò
verso Millicent e sgranò gli occhi, ma la ex Serpeverde si
strinse nelle
spalle, non capendo cosa dovesse fare.
"Perché non andiamo a
casa mia? I miei non ci sono". Daphne, agitata perché
l'avrebbero
abbandonata tutti, buttò lì la sua ultima
spiaggia: i suoi genitori erano
spesso fuori e loro avevano passato molte serate a casa sua, nei tempi
in cui
andavano ancora a scuola.
Draco si voltò verso di
lei. "E Astoria?" Non riuscì a non chiedere, ma lei scosse
la testa.
Si strinse nelle spalle e fece un altro passo verso gli altri.
Pansy gli lanciò
un'occhiata colma di quella che lui pensò fosse pena e non
resse il suo
sguardo.
"Il padre di
Daphne ha
una cantina interessante…" Theo guardò il suo
bicchiere, non abbastanza
pieno da poter sopravvivere.
"Figurati se non eri
interessato all'alcol!" Pansy serrò la bocca e
sgranò gli occhi, guardandolo
male.
"Non ho parlato di
alcol, tesoro" la stuzzicò lui, facendole l'occhiolino. Lei
alzò gli occhi
al soffitto e Theo si immaginò anche che arrossisse.
Qualcosa si smosse nei
suoi pantaloni. Oh. Finalmente.
Blaise
sentì chiaramente
Pansy dire: "Dubito che Mr. Greengrass abbia un postribolo in cantina,
Theo…"
Theo ridacchiò e Blaise
sussurrò vicino a lui. "E io dubito che ti servirebbe,
nonostante tutte le
tue chiacchiere".
Il moro smise di ridere e
lo guardò male, finendo di bere dal bicchiere.
Millicent si avvicinò a
Pansy e Ginny e mormorò: "Hai un bellissimo vestito. Sembra
che te lo
abbiano incantato addosso…"
Allungò una mano e sfiorò
con le dita la stoffa sotto al seno della ragazza. Blaise si
sentì quasi
invidioso.
"Diciamo che è più o
meno quello che è successo. Fluer l'ha modificato dopo che
l'ho indossato.
Prima mi stava veramente male. E mi ha fatto un incantesimo alle
scarpe! Voi lo
conoscete? Serve per non…" La rossa agitò la
gonna e si chinò in avanti
mostrando delle scarpe con il tacco altissimo.
"Per non avere male
ai piedi? Sì, io lo faccio sempre. Ma non è che
basti per essere bella
come…"
"Però andiamo da me!"
Daphne doveva aver capito che stava perdendo l'attenzione della serata.
"Vieni anche tu, Weasley…" Ora i suoi occhi sembravano
implorare.
Ginny si
sentì in
trappola. Vabbè ma tanto che doveva fare?
"Potremmo giocare a Imperium
o Veritaserum!" propose ancora la bionda.
"Per Salazar, che
abbiamo, tredici anni?" Pansy scosse la testa.
"Cos'è Imperium o
Veritaserum?" chiese sottovoce Ginny, per non farsi sentire dalla
Greengrass.
"Tipo il gioco della
bottiglia. Solo molto, molto più… impegnativo,
diciamo". Nott appoggiò il
bicchiere vuoto vicino agli altri.
"Intendi più spinto o
più pericoloso?" Ginny pensò all'incanto
Imperium, sembrava qualcosa di
più di qualche bacetto sulle labbra.
"La verità è
pericolosa, Weasley. Quasi sempre. Si possono fare domande scomode e si
è
obbligati a rispondere. Oppure si è alla totale
mercé degli altri. Ma prima che
tu possa pensare qualcosa di brutto, sappi che spesso le parole
feriscono più
delle azioni. Diciamo che potrebbe essere un gioco interessante."
La sua voce era un po'
alticcia, ma i suoi occhi sembravano sobrissimi, mentre lo spiegava. E
il suo
sguardo si era spostato, forse senza volere, perché fu solo
per pochissimi
secondi, su Pansy. Oh. Ohhhhhhh. Davvero?
Si voltò a guardare la
mora, ma lei non si era accorta della cosa. Quando si rigirò
verso Nott, vide
che lui aveva notato il suo gesto e per un altro attimo, qualcosa di
strano
passò sul suo volto e sorrise sfacciato.
Desiderosa di un po' di
sostegno, cercò con gli occhi Blaise e quando i loro sguardi
si incontrarono,
capì dal suo sorriso di aver intuito giusto. Oh. Ma allora
doveva assolutamente
fare qualcosa.
"Ma sì, perché non
andiamo tutti a casa della Greengrass?"
Blaise ebbe uno
strano
presentimento, ma poi annuì e, quando lo fece lui,
accettarono anche gli altri.
Ginny si avvicinò a Draco
e sussurrò qualcosa verso di lui e lui sbiancò,
prima di risponderle, ma poi
tornò alla sua normalità.
Draco aveva
accettato solo
per non rimanere da solo: Astoria non era a quel ballo e, a quanto
pareva, non
era neanche a casa. E senza Astoria non c'era niente di interessante.
"Malfoy, se mi
materializzassi con te, finiremmo in camera di Astoria oppure sei stato
anche
in qualche altra stanza della casa?" Quella piccola vipera della
Weasley
si era avvicinata a lui, ma per fortuna aveva parlato a voce bassa e
nessun
altro l'aveva sentita: non voleva far sapere quello che era successo
dopo la
guerra. Non aveva raccontato a nessuno dei suoi problemi a dormire o
anche
soltanto a sopravvivere a ogni giorno. Ma la Weasley sapeva delle sue
notti con
Astoria. E Astoria era l'unica che non lo giudicava, che lo abbracciava
stretto
e che profumava come i dolci della sua infanzia. La guardò
male, ma lei non si
scompose: giusto, aveva tanti fratelli.
"Non preoccuparti,
non lo dirò a nessuno". Senza che nessuno potesse vedere,
gli appoggiò una
mano sul braccio come se volesse fargli una carezza, ma poi ci avesse
ripensato.
"Tu sai con chi è
uscita?"
"Sì. Ma non te lo
dirò. E so che non me lo chiederai davanti a tutti.
Perché non hai le palle di
voler ammettere che lei ti interessa."
"Non sai niente."
"Sarà divertente,
allora. Che faccio, vengo con te o devo chiedere a qualcuno che sappia
come è
fatto il salotto dei Greengrass?"
-
-
-
***Eccomi!
Ma qualcuno lo sa che le migliori serate sono quelle iniziate con "Io
stasera non esco"? Così per dire eh 😅 ok, basta spoiler.
Siete pronti per una serata a casa di Daphne? Io spero di avervi
incuriosito e che smaniate in attesa del prossimo capitolo! (che
è praticamente il mio preferito, visto che è una
delle prime scene che ho immaginato 😅).
Un bacio
a tutti e grazie per essere qui. 💜
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Capitolo 29 *** Imperium o Veritaserum ***
Imperium
o Veritaserum
-
Ginny si
guardò intorno
appena si materializzò a casa della bionda ex Serpeverde: a
parte a casa di
Blaise, non era mai stata in una villa come quella. La Greengrass li
aveva
fatti accomodare in un salotto, con divani per ospitare almeno due
squadre di
Quidditch, un enorme tappeto, un grosso camino, un pianoforte e degli
arazzi
alle pareti. Stranamente, trovò la casa elegante e non
inquietante come avrebbe
immaginato. Ma tanto lei che ne sapeva di arazzi?
"Dobbiamo
parlare."
Blaise si era avvicinato a Ginny perché, in tutta quella
confusione, non avevano finito di chiarirsi e lui voleva assolutamente
farlo. Anzi,
le avrebbe detto anche di ciò che era successo nello studio
di casa di sua
madre.
"Adesso?" gli
rispose lei e Blaise effettivamente si guardò intorno
perché c'erano troppe
persone per parlare di una cosa così intima.
"Io vado a cercare
una bottiglia". Theo fece qualche passo per la stanza, ma
fondamentalmente
nessuno lo ascoltò o si accorse di quando sparì
oltre la porta che conduceva al
seminterrato.
Blaise prese per un
braccio Ginny mentre si toglieva il mantello e la trascinò
lontano dagli altri.
"Che urgenza, Zabini, l'ultima volta hai detto qualcosa di spiritoso su
quella frase, stavolta cos'è cambiato?"
Blaise scosse la testa:
non si ricordava di una volta precedente, ma sicuramente non era
importante
come questa volta di sicuro. "Quello che hai detto prima sulla
foto…"
Lei spalancò gli occhi e
si girò verso gli altri. "Forse Pansy ha una copia di Strega
2000…"
Si voltò verso il gruppetto e gridò: "Pansy!"
"No, non mi interessa
la foto, voglio solo…"
Ginny ci rimase
male come
se lui l'avesse colpita con un bolide: non voleva vedere la foto? Non
gli
interessava? Oh. E lei che ogni tanto la tirava fuori solo per darci
un'occhiata.
Pansy si avvicinò a loro,
ma a quel punto la rossa non voleva più chiederle niente.
"No, scusami,
non…" iniziò, ma non riuscì a guardare
Blaise.
Pansy
osservò
l'atteggiamento di Ginny e capì che era a disagio. Forse si
pentiva di essere
venuta? O forse Blaise aveva fatto qualcosa che non andava bene?
"Vieni con me".
La prese per un braccio e la trascinò via da lui, ma quando
fu in mezzo al
salone, la porta che dava sulle cantine si aprì e Theo
salì le scale
direttamente nell'ingresso, gridando: "Guardate cosa ho trovato!",
così tutti si girarono verso di lui.
Theo aveva
trovato quello
che cercava: una bottiglia opaca, grigia, con delle decorazioni in
rilievo in
oro. La mostrò a tutti e si avvicinò a Pansy e
alla Weasley che lo guardavano
stranite. Beh, solo la Weasley lo guardava così, Pansy gli
stava lanciando
occhiate assassine, con le mani sui fianchi.
Abituato alla cosa, si
avvicinò a lei apposta, stappò la bottiglia e la
porse, però, alla rossa al suo
fianco. "Un goccio, Weasley?"
"Cos'è?" La
rossa cercò di sbirciare l'etichetta.
"Il nostro gioco:
veritaserum!" Theo le rispose, ma non staccò gli occhi da
Pansy che continuava
a guardarlo male.
Ginny
spalancò gli occhi,
subito distratta dai suoi pensieri da quella scoperta. "Usate veramente
il
veritaserum?"
"Eh, certo. Come fai
a sapere altrimenti se uno dice la verità? Mica eravamo
Grifondoro, noi!"
La prese in giro il moro, ridendo.
Ma… Quindi anche
l'Imperium… "Aspetta, mi stai dicendo che il nome del gioco
non è solo per
scherzare? E usate veramente l'incanto Imperium per far fare qualcosa
agli
altri?"
Tutti e due scossero la
testa. "No. Quello è pericoloso davvero" si intromise Pansy
e Ginny
fu d'accordo con lei.
"Lo usiamo solo se
qualcuno si rifiuta". Nott ammiccò, ma probabilmente lo
disse solo per
scandalizzarla.
"Ah."
"Non gli credere. Non
lo usiamo. E poi abbiamo sempre usato regole rigide per evitare di
cadere nel…"
iniziò Pansy ma subito fu interrotta dall'ex compagno di
casa.
"Ah, sì, per evitare
che qualcuno si approfitti di qualcun altro eleggiamo sempre un
controllore.
Che fai, Weasley? Giochi o hai segreti inconfessabili?"
Theo fece quella
domanda
ad alta voce quando notò Blaise che si avvicinava a loro:
gli aveva dato
fastidio la frase che aveva detto poco prima sulla sua
virilità e sapeva che la
Weasley era il suo punto debole.
"Potrei giocare
tranquillamente, ma non sono sicura di fidarmi di voi Serpeverde" gli
rispose per le rime lei, pensando probabilmente di rimetterlo al suo
posto.
Theo abbassò lo sguardo
verso la rossa che lo guardava con un sorrisetto divertito e di sfida.
Le mise
un braccio sulle spalle e la allontanò da quelli che lui
immaginava fossero gli
unici di cui lei si fidasse: Pansy e Blaise. "Il nostro controllore
potrà
sempre farti un Silencio appena
dirai
qualcosa che non va. E, conoscendo quanto sia noiosa Pansy…"
Si voltò
indietro e lanciò alla mora un'occhiata sorniona. "Immagino
che potrebbe
essere lei tranquillamente…"
Pansy
sbuffò. Forte.
"Theo, lascia stare Ginny. Nessuno giocherà a quello stupido
gioco
e…"
Ma la mora aveva fatto i
conti senza Daphne. "Theo! Hai trovato la bottiglia! Dai, giochiamo
davvero!" esclamò la bionda, tirandogliela via di mano con
uno sguardo
pericoloso negli occhi.
"Daphne, lasciamo
perdere, dai…" Pansy tentò di essere gentile, non
voleva dirle che se
aveva voglia di scoparsi qualcuno non c'era bisogno di tirare in ballo
quel
gioco assurdo. Allungò una mano verso di lei, per farsi dare
la pozione.
"Hai paura, Pansy? Di
cosa? Di fare qualcosa che non vorresti? O di dire qualcosa che ci
nascondi?"
la stuzzicò con cattiveria, mentre faceva dondolare la
bottiglia.
"Se vuoi solo
ubriacarti, Daphne, puoi farlo tranquillamente. Poi…"
"Non fare la
stronza!" La bionda le puntò il dito contro.
Ma cosa ne
sapeva quella
stronza di cosa volesse lei? Daphne sbuffò: era
così brutto il fatto che
nessuno si interessasse mai a lei. Si voltò verso Millie,
l'unica più sfigata
di lei nella stanza. "Vieni, Millie, vieni a giocare con
noi…" ordinò,
prima di andarsi a sedere sul tappeto.
"Mmm, Daphne, sai che
a me non…"
"Ti ho detto di
venire a sederti". Se c'era una cosa che odiava di Millie era quando
tentava di far di testa sua.
Sapeva che le avrebbe
ubbidito: lo faceva sempre e infatti sorrise quando sentì il
fruscio del suo
vestito alla sua sinistra.
Theo fece un
passo verso
Daphne quando appoggiò la bottiglia a terra. "Io gioco se
possiamo aprire
anche le bottiglie dello scaffale in fondo alla cantina" disse a Daphne.
In verità pensava che lei
dicesse di no, per quello lo aveva detto: in fondo alla cantina suo
padre aveva
il Firewhisky invecchiato più pregiato. Sperava
così di riuscire a cavarsi
dall'impiccio senza rimetterci la faccia, perché Daphne
aveva un brutto ghigno
in viso: aveva paura che potesse esagerare e lui non aveva intenzione
di essere
una pedina nelle sue mani. O in quelle di chiunque.
"Vai a
prenderlo" acconsentì lei e Theo non poté
più tirarsi indietro.
Draco
capì quello che
aveva fatto Theo, ma notò anche quanto fosse determinata
Daphne. Aveva in mente
qualcosa. "Qui si mette male…" sussurrò.
Blaise, accanto a lui, guardava
Daphne che ricambiava il suo sguardo con un ghigno.
"Io ci sto". Hermes si sedette alla destra della bionda. Poi Theo
tornò dalla cantina con
una bottiglia e la stappò, per poi far apparire dei
bicchieri sul tappeto. Uno
per ogni persona presente, ma li riempì senza sedersi.
"Io non…" iniziò
Draco: non voleva prestarsi a quella
commedia. E poi, come aveva detto prima: non gli interessava, se non
c'era
Astoria. Ma la rossa sapeva dov'era. La guardò. "Weasley, tu
giochi?"
Lei gli fece un sorriso
divertito, forse non aveva capito l'intento di Daphne. "Dovrei,
Malfoy?"
Hermes, a cui probabilmente
non fregava niente, batté la mano accanto a sé.
"Vieni qui, rossa, che ci
divertiamo. Pensa, potrebbe anche capitarti di baciare una ragazza!"
"Ho già baciato una
ragazza" lo mise a tacere la ex Grifondoro, scatenando i risolini
assurdi
dei ragazzi già seduti. Draco si voltò verso
Blaise con uno sguardo
interrogativo, ma lui gli rispose scuotendo le spalle. E se fosse
riuscito a
chiederle qualcosa di più su Astoria? Se le aveva raccontato
delle notti
passate insieme, sicuramente erano in confidenza. Però non
voleva farlo davanti
a tutti, su quello la rossa aveva ragione: era un codardo. Ma magari
sarebbe
riuscito a parlarle a quattr'occhi.
"Se si ferma lei, ci
sto anch'io" sussurrò il moro solo per le sue orecchie, per
poi fare un
passo avanti e prendere la rossa per un braccio prima che oltrepassasse
il
cerchio per andarsi a sedere.
Blaise aveva
visto
l'interesse di Hermes per Ginny e aveva appena cambiato idea sul gioco:
la
bloccò prima che si andasse a sedere vicino a lui, la
trascinò giù a fianco di
Millicent e prese posto accanto a lei.
Pansy quando
vide i
ragazzi sedersi sospirò. Poi Theo, che non si era ancora
seduto, le lanciò uno
sguardo di sfida, ma subito dopo cambiò in uno sguardo
triste, anche se fu per
così poco tempo che lei non fu sicura che fosse successo
davvero.
Theo si sedette accanto a
Blaise e, formando il cerchio, si trovò proprio di fronte a
Daphne, che gli
sorrise melliflua, prima di alzare lo sguardo su di lei, come per
testimoniare
una vittoria.
"Ci serve un
controllore, comunque. Pansy, lo fai tu?" la chiamò il moro,
girandosi
verso di lei e Pansy notò ancora qualcosa di più
nel suo sguardo.
"No, se vuole, lei
può andarsene: non abbiamo bisogno di un controllore"
tornò alla carica la
bionda, ora che aveva tutti in pugno.
Theo non voleva
che Pansy
se ne andasse. "Ho promesso alla Weasley che avremmo avuto un
controllore" spiegò il moro. "E lei si fida di Pansy. Vero,
Weasley?"
Guardò la rossa e lei
sbatté le palpebre prima di rispondere. Guardò
l'amica, per capire cosa dovesse
rispondere e poi Pansy sbuffò e fece un passo verso il
cerchio.
Senza sorprendersi, la
vide sedersi accanto a Hermes, lasciando un posto fra di loro.
"Va bene, lo faccio
io. Draco, siediti anche tu, ormai sei l'unico in piedi…"
Theo versò da bere per
tutti e diede un bicchiere a ognuno. Molti appoggiarono il bicchiere
davanti a
loro, mentre la ex Grifondoro lo tenne in mano.
Ginny
guardò il suo
bicchierino e poi, di soppiatto, guardò Blaise. L'aria si
era fatta strana e
sembrava ci fosse un po' di tensione, così lo
mandò giù tutto in un sorso e
decise di fare come le aveva insegnato Fred: buttarsi.
"Qualcuno può dirmi
le vostre regole?" Ginny posò il bicchiere e notò
che si riempì di nuovo
da solo: Nott aveva incantato il Firewhisky.
"Oh, è facile, Weasley,
ora io faccio girare la bottiglia e quando si fermerà, la
persona che il collo
indicherà dovrà scegliere se fare qualcosa come
se fosse sotto Imperium, ossia
qualcosa che magari non farebbe mai, o se bere il veritaserum e
rispondere a
tutte le domande degli altri". La Greengrass sembrava eccitata solo a
raccontarlo.
"No" la
contraddisse Pansy e tutti si girarono verso di lei. "Facciamo una
domanda
e basta. E la sceglierà chi ha girato la bottiglia".
"Ma così è
noioso!" si lamentò la bionda.
Ginny iniziava a capire
perché la situazione si era fatta pesante e in quel momento
si pentì di essersi
seduta.
"Questo è il modo in
cui giocheremo. Non ammetto obiezioni. Sono il controllore."
Stranamente, Ginny notò la
ragazza abbassare la cresta e accettare la cosa senza ribattere, poi
prese il
bicchiere e lo vuotò in un sorso. Subito, la bottiglia
incantata da Theo lo
riempì di nuovo.
"Altre domande?"
Pansy guardò tutti osservandoli come se fosse la McGranitt:
Merlino, se era
entrata nella parte del controllore!
"Immagino che non si
usi la magia, vero?" Ginnu guardò verso Pansy e lei
annuì. "In questo
caso… posso togliermi le scarpe che sto scomoda seduta
così?" Notò Pansy
rilassarsi alla sua frase senza cognizione e le fece un sorriso:
sarebbe andato
tutto bene. Si risedette per terra e incrociò le gambe,
coprendosi con la
gonna.
Il primo giro fu innocuo:
la bottiglia girata da Daphne si fermò davanti a Hermes, ma
per quanto la
bionda sperasse che scegliesse Imperium - si vedeva benissimo che lei
non
vedeva l'ora - lui scelse di bere una goccia di pozione.
"Ah, niente cose
riguardanti il sesso!" esclamò Pansy, ma Daphne rise.
"Il gioco è già
iniziato, neanche il controllore può cambiare le regole dopo
che si è iniziato
a far girare la bottiglia!" E dallo sguardo della mora, Ginny
capì che era
vero. Ma che voleva dire con quella frase?
Si voltò verso Blaise, ma
lui, notandola, scosse le spalle. Oh.
"Per il piacere della
frigida Pansy non ti farò domande sul sesso, sei contento?"
Ridacchiò
Daphne, lanciando uno sguardo cattivo alla mora. Prese il bicchiere
davanti a
lei e lo alzò per un brindisi nei suoi confronti. "Dovresti
rilassarti
anche tu Pansy, comunque. Bevi il tuo Firewhisky che sei l'unica che
non ha
ancora bevuto".
"Per me è uguale, non
ho niente da nascondere". Pansy alzò una spalla e Ginny
pensò ancora di
aver sbagliato ad accettare il gioco: e se avesse messo nei guai
l'amica?
Quando Daphne aprì di
nuovo la bocca per parlare, subito dopo aver bevuto, Pansy le tolse la
voce con
un Silencio. La bionda si voltò verso di lei, arrabbiata,
così la sua ex
compagna di casa le disse: "Hai già fatto la tua domanda.
Hermes, gira la
bottiglia".
Merlino, Pansy era davvero
una da non voler avere contro! Ginny però, sorrise contenta.
Theo vide girare
la
bottiglia e il suo tappo fermarsi indicandolo. Prima che chiunque
potesse
chiederlo, si allungò ad afferrare la bottiglia per bere la
sua goccia, ma
subito dopo vuotò anche il bicchiere di Firewhisky. Anche
gli altri fecero la
stessa cosa, e lui prese la bacchetta, scordandosi completamente di
aver già
incantato la bottiglia, così rimase a osservare mentre il
liquore faceva il
giro di tutti i bicchieri; quando arrivò a quello di Pansy,
però, notò che era
ancora pieno.
Guardò Hermes e si preparò
alla sua domanda, sperando che non facesse lo stronzo.
"Hai mai fatto
l'amore? Cioè, hai mai fatto sesso con qualcuna, o qualcuno,
per cui provavi
sentimenti e non solo attrazione?"
Theo sorrise, perché la
domanda era abbastanza innocua. "Sì" si sentì
rispondere e Millicent,
quasi di fronte a lui, spalancò gli occhi sorpresa e chiese
con chi, prima di
mettersi una mano sulla bocca e chiedere scusa.
Theo sentì le labbra
muoversi, ma non ci fu nessun suono; si voltò verso Pansy,
che aveva la
bacchetta puntata verso di lui e lo guardava con un'espressione dura.
"Solo una domanda" si giustificò e il moro annuì.
Theo girò la bottiglia e
questa si fermò davanti a Millie. "Scegli Imperium"
sussurrò Daphne.
Sembrava un ordine, però, perché si capiva
benissimo che la ragazza non voleva
e che allo stesso tempo non aveva voglia di contraddire l'amica.
La rossa accanto a lei le
mise una mano sulla coscia e disse ad alta voce che nella vita bisogna
sempre
avere il coraggio di fare ciò che si vuole. Millie si
girò verso di lei, annuì
e poi prese una goccia di pozione, guardando Theo come se fosse stata
la cosa
più difficile da fare, ma allo stesso orgogliosa di averlo
fatto.
Decise di andarci
tranquillo. "È vero che hai preso Eccezionale
in Antiche Rune, ai G.U.F.O.?" Girava voce che fosse
così, ma Daphne
diceva di nascosto che non era vero e che se lo fosse inventato.
Il viso di Millicent si
trasformò, come se improvvisamente avesse ricevuto in regalo
una Felix Felicis.
"Sì" disse, orgogliosa. Theo notò Daphne sbuffare
e fece un piccolo
ghigno. Quando spostò lo sguardo, incrociò gli
occhi di Pansy che lo guardavano
con approvazione. Si sentì quasi in imbarazzo.
"Davvero? Wow… Anche
Hermione l'ha preso, ma lei… vabbè, lei
è Hermione…" constatò la rossa,
con ammirazione.
Millie annuì. "Ho
preso Eccezionale anche ai M.A.G.O."
Il fischio di stupore di
Hermes fece innervosire Daphne che sbottò: "Sì,
ok, dai, andiamo
avanti…"
La Bulstrode
diede un
colpo alla bottiglia e questa, dopo vari giri, rallentò
segnando Pansy e poi
continuò, fermandosi su Malfoy.
"No!" esclamò la
Greengrass. Ginny vide chiaramente che avrebbe voluto che fosse Pansy a
subire
il gioco: non le piaceva molto, il suo sguardo. "Chiedigli…"
iniziò
la bionda, rivolta alla sua vicina di posto, quando venne interrotta.
"Daphne, lascia che
ognuno giochi come vuole. Quando sarà il tuo turno,
chiederai quello che vuoi
tu. E poi Draco non ha ancora scelto cosa fare" spiegò
Pansy, come se
l'altra ragazza avesse cinque anni.
Draco prese la
bottiglia
senza neanche pensarci. Appena la goccia cadde sulle sue labbra, Daphne
imbrogliò, domandando velocemente: "Hai scopato con Astoria?"
Si accorse di aprire la
bocca ma, come prima era successo a Theo, mosse le labbra senza dire
niente.
La Weasley, dall'altra
parte del cerchio, lo guardò con uno sguardo strano: a volte
sua madre lo
guardava così, ma su di lei era più
impressionante di quando lo guardava male e
lo insultava.
"Daphne,
smettila" la rimproverò Pansy e Draco vide chiaramente gli
occhi della
bionda riempirsi di odio: poteva finire male.
"Chiedigli qualcosa
sui mangiamorte" sussurrò allora, all'orecchio di Millie.
Draco sbiancò, ma la
ragazza lo guardò e chiese: "Quando è stata
l'ultima volta che sei stato felice?"
Quella domanda fece male.
Molto male. "Non lo so" si sentì rispondere. "Penso di non
esserlo mai stato per davvero".
"Come ha fatto a
rispondere così?" Daphne guardò gli altri con la
fronte corrugata. Poi
spostò lo sguardo su di lui e domandò: "Hai fatto
finta di prendere la
pozione?"
"No, l'ho presa
davvero. È vero?" Draco si voltò verso Theo, in
cerca di conferma.
Lui annuì. "Sì, l'ho
visto io". Forse Theo era ancora essere sotto l'effetto della pozione
che
aveva bevuto prima.
"È perché è un
pensiero e non una verità inconfutabile" spiegò
la Weasley. "Me l'ha
spiegato Hermione: la sua risposta è la sua
verità. È vero; lui pensa veramente
così. Ma è una cosa che può cambiare.
Potremmo rifargli la stessa domanda
domani e lui rispondere in modo diverso. Malfoy, sono sicura che tu ti
sia
sentito veramente felice, qualche volta, devi solo pensarci. Tipo la
prima volta
che sei salito sulla scopa e hai fatto un'acrobazia o una cosa
così…" disse
ancora, quasi con gentilezza.
E se Draco ci avesse
pensato bene, se si fosse dato il permesso di poter essere felice,
avrebbe
risposto che lo era stato in una qualsiasi di quelle notti che aveva
passato
fra le braccia di Astoria. Cercò di sorridere alla rossa, ma
non seppe cosa
venne fuori.
"E l'ultima volta che
sei stato infelice?" Daphne fece quella domanda a bruciapelo, quando
tutti
stettero zitti e Pansy aveva abbassato la bacchetta, per la
serietà
dell'argomento.
"Quando siamo venuti
qui senza che ci fosse Astoria" rispose, senza che nessuno potesse
impedirglielo.
"Daphne!" la
sgridò
Pansy, ma la risposta che le aveva dato Draco le era bastata come
lezione, lo
capì dalla sua espressione. "Draco, gira" ordinò,
quasi, all'amico.
Draco fece girare la
bottiglia che si fermò su Ginny. "Beh, qualcuno dovrebbe
scegliere
'Imperium', ogni tanto, così si movimenta il gioco. Weasley,
fallo ora,
dai" suggerì Daphne e Pansy scosse il capo verso l'amica:
non voleva che
la rossa finisse nelle grinfie di chiunque.
"Grazie per il
suggerimento, Greengrass, ma scelgo la pozione anch'io" le rispose con
nonchalance. Ma quando aprì la bottiglia per bere la sua
goccia, Daphne prese
il suo bicchiere e scattò verso di lei per distrarla e
finì che ne mandò giù
molto più di un sorso.
"Merlino! È
pericoloso?" chiese allora la rossa, quando bevette. No, non era
pericoloso, Pansy scosse la testa in risposta e guardò male
Daphne: probabilmente
voleva che l'effetto non finisse dopo pochi minuti come succedeva con
una
goccia e basta.
"Non guardarmi così,
Pansy, io non ho fatto niente! È stata lei a berla, non
gliel'ho detto
io!" si giustificò la bionda, sghignazzando prima di bere il
suo bicchiere
di Firewhisky.
"Chiedile
se…" La
voce della Greengrass si spense e Ginny, non sentendo la domanda, non
fu
obbligata a rispondere.
"Daphne, al prossimo
richiamo, smettiamo di giocare". Pansy sospirò, abbassando
la bacchetta.
La ragazza si voltò verso
Draco, pensando di chiedergli di domandarle ciò che gli
stava a cuore, visto
che doveva essere ancora sotto effetto della pozione, ma lui, ancora a
disagio
da prima o forse capendo le sue intenzioni, le chiese tutto d'un fiato:
"Con chi hai fatto sesso l'ultima volta?"
Prima che Pansy potesse
lamentarsi della domanda, Ginny aveva già risposto: "Con
Richard Stonewall".
"Quello dei Puddlemere United?" chiese
Hermes, alzando tutte e due le
sopracciglia.
Non
sapeva se meravigliarsi o no del fatto che non le avesse chiesto di
Astoria lo
stesso.
Blaise
non notò il brusio degli altri, ma sorrise: loro si erano
incontrati dopo che
lei era uscita con quel damerino. Quindi con Potter non era successo
più
niente! Oppure si era rivista con il giocatore? Doveva chiedere.
"Ma
non è stato tempo fa?"
domandò,
sottovoce, come se fosse una domanda tranquilla.
Lei
alzò una spalla, mentre annuiva. "Lo psicomago mi ha
proibito di fare
sesso, per lo stesso motivo che dicevi tu".
Ossia?
Cosa le aveva detto il medimago?
"Ragazzi!"
li sgridò Pansy, e loro si scusarono insieme.
"Ma
tu giochi professionalmente?" chiese ancora Hermes, rivolto alla rossa
e
lei annuì e spiegò che giocava con le Holyhead
Harpies. L'occhiata interessata che
le lanciò il cugino di Theo fece stridere i denti a Blaise.
"Andiamo
avanti!" quasi gridò Pansy, per paura che qualcun altro
facesse parlare
Ginny.
"Vai,
fai girare la bottiglia". Blaise indicò il centro del
cerchio e lei annuì.
Ginny
diede un colpo alla pozione e questa girò velocissima per
quello che sembrò un
tempo infinito, prima di fermarsi davanti a lui. Blaise sorrise: cosa
gli
avrebbe chiesto?
"Andate
a letto insieme?" Draco gli fece la domanda a tradimento mentre lui
beveva
la sua goccia, ma troppo presto per dargli modo di rispondere.
Infatti
sentì Ginny dire: "No. Io non sono il suo tipo. Ma
perché non lo hai
chiesto a me, prima?"
Pansy
non era riuscita a zittire la risposta di Ginny, ma poi, vedendo
l'espressione
di Blaise, pensò che fosse una cosa buona.
"Chi
ha detto che non sei il mio tipo?" le chiese lui, infatti, stranito e
sorpreso.
"Non
pensavo di interessarti in… quel senso. Mi sbaglio?"
"Ti
sbagli sì!"
"Pansy…
non dovresti sgridarli?" La voce di Daphne era infastidita, ma aveva
ragione.
"Ragazzi…"
disse, con poca convinzione. "Ginny, fa' una domanda…"
"No,
lo ha già fatto! Bisogna andare avanti!" brontolò
ancora la bionda. Pansy
sbuffò e la ignorò.
Ginny
si sentiva stordita: forse aveva bevuto troppo? "Ho così
tante domande che
non so quale scegliere" ammise e lì pensò davvero
di avere troppa pozione
in corpo.
"Chiedi
qualcosa di cui sai già la risposta. Le altre cose
è meglio se ve le chiarite
dopo, da soli" suggerì Pansy e la rossa annuì,
d'accordo con lei.
Tentò
di pensare a qualcosa di futile o poco importante, ma la sua mente
tornò al
primo bacio che Blaise le aveva dato quella sera, quando l'aveva
ricattata;
chissà se anche quello era stato qualcosa di importante, per
lui.
"Ginny…"
Venne richiamata dalla mora. Ah, sì, giusto, stava a lei.
"Mi
hai ridato tutte le foto che mi hai scattato nel giardino degli Stin'sen?"
"No".
Ginny non
afferrò subito
la sua parola perché, come aveva suggerito Pansy, gli aveva
fatto una domanda
di cui pensava di conoscere la risposta, ma quando
metabolizzò, pensò di essere
una stupida. "Che cosa?!"
Sentì qualcuno ridere alle
sue spalle, mentre era girata verso Blaise: probabilmente era la
Greengrass.
Blaise si rese
conto di
aver risposto e sentì la rabbia di lei come se la toccasse
con la mano.
"Aspetta" tentò di calmarla. "Posso spiegarti".
"Cosa c'è da
spiegare? Mi hai imbrogliato!" Ginny si alzò in piedi e lui
la imitò.
Quando vide Pansy alzare la bacchetta verso di loro, la rossa fu
più veloce,
tirò fuori la sua da sotto il vestito e la
disarmò con un Expelliarmus.
"Non zittirci, Pansy" quasi la implorò.
"Non ti ho
imbrogliato, è che... Ma non vuoi sapere perché
l'ho fatto?"
"Perché sei un troll,
ecco perché! Ma che scema che sono, a essermi fidata di te!"
Ormai stavano litigando.
Notò Daphne ridere con la mano davanti alla bocca, ma poi
riportò l'attenzione
sulla ex Grifondoro.
"Ah, no! Non sono un
troll! Troll è Draco che ci prova con Daphne anche se non
gliene frega niente e
solo per infastidire sua sorella o Theo che finge di andare a letto con
tutte
solo perché non riesce ad ammettere di essere innamorato di
una sola.
Non sono io il troll! Non
sono io che vado a letto con Potter per non sognare la battaglia!"
"Neanch'io vado a
letto con Harry. L'ultima volta non ci sono riuscita perché
pensavo a te!"
Pansy si
allungò a
raccogliere la bacchetta che la rossa le aveva fatto cadere poco prima
e
silenziò i ragazzi. Loro però continuarono a
urlarsi addosso, ma almeno lo
fecero in silenzio.
"Dai, andiamo
avanti…" ordinò Daphne che se non poteva sentire
cosa si stessero dicendo,
non le interessava.
Blaise sbuffò senza far
rumore e diede un calcio alla bottiglia che girò e si
fermò su Daphne, l'unica
felice di fare quel gioco. "Imperium!"
gridò, eccitata. Ma cos'aveva quella ragazza? Si
versò un altro bicchiere di
firewhisky, ormai doveva averne bevuti almeno cinque, e chiese,
leccandosi le
labbra: "Cosa vuoi che faccia, Blaise?"
"E io che pensavo
scegliessi Veritaserum per farci sapere con chi sei stata a letto dei
presenti…" Pansy alzò gli occhi al soffitto e
Daphne la guardò male, per
poi tornare a posare gli occhi sul moro, forse un po' troppo brilla per
capire
che il ragazzo non era interessato a lei, in quel momento. La mora
sospirò e
scosse il capo. Poi lanciò un Finitem Incantem a Blaise per
lasciarlo parlare e
lui disse con cattiveria: "Accovacciati e starnazza come un'oca per
mezz'ora. Tu, invece, vieni con me". Prese Ginny per un braccio e la
trascinò in un'altra stanza.
-
-
-
***Eccomi!
Questo capitolo mi piace molto e mi scuso subito se ci sono molti
dialoghi, ma spero che vi piaccia.
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Capitolo 30 *** Finalmente confessioni ***
Finalmente
confessioni
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"Lasciami
andare!"
La rossa, nervosa, quando oltrepassarono uno degli archi e si
ritrovarono in
una stanza di disimpegno, cercò di liberarsi dalla sua
stretta. Blaise la lasciò
e lei fece un passo indietro.
"Voglio tutte le
foto. Mi avevi dato la tua parola!"
"Ti avevo promesso
che ti avrei ridato le foto in cui eri con Paciock. Quella che ho
tenuto…"
La voce gli mancò per un momento e Ginny scosse la testa:
forse non era il caso
di specificare ogni cosa proprio in quel momento.
"Che scema che sono…"
Ginny si sentiva
una
stupida: gli aveva veramente creduto, si era fidata di lui. Voleva
fidarsi di
lui.
"Non è come
credi". Blaise sembrava imbarazzato.
"L'hai venduta a
qualche giornale?" Ma poi lei scosse la testa: nessun giornale aveva
pubblicato foto su di lei, a parte quelle della cena.
"È a casa mia, nel
mio studio. Ginny, è una foto tua, ci sei solo tu. Te l'ho
scattata prima che
arrivasse Paciock…"
Blaise era
riuscito a
confessarglielo: si sentiva quasi più leggero. La
osservò mentre elaborava la
sua risposta. Poi lei si morse il labbro inferiore, ma poi scosse
ancora la
testa, passandosi una mano fra i capelli: era nervosa, a cosa stava
pensando?
"E cosa ci fai, santo
Godric, la usi come bersaglio per le freccette magiche?" Lei non
capiva.
Il suo tono ancora sostenuto sembrava incredulo. Ma non aveva ascoltato
quello
che si erano detti in salotto poco prima?
Il moro alzò gli occhi al
cielo e decise di passare all'attacco sorridendo: fece un passo avanti,
coprendo la distanza fra loro e le prese il viso fra le mani,
chinandosi a
baciarle le labbra con un sorriso. "Ti disegno" ammise, staccandosi
da lei, ma tornando a coprirle la bocca quando tentò di fare
altre domande.
"Baciami, Weasley. Ti spiego tutto dopo. O te lo faccio vedere. Ma
adesso
baciami, per Salazar!"
Ginny
spalancò la bocca
alle sue parole, ma poi decise di seguire il suo consiglio: chiuse gli
occhi: lasciò
che la sua lingua le accarezzasse le labbra, prima di schiuderle, ma
soprattutto lasciò che lui le entrasse nella mente. Gli
portò una mano sul
petto e lui fece scivolare le sue lungo il suo corpo, fino a
raggiungere la
vita. Era scalza, ma quando lui fece un passo verso di lei, si
alzò sulle punte
dei piedi per appoggiarsi al ragazzo, e lo sentì gemere
mentre le posava la
mano sulla schiena per stringerla a sé.
I suoi seni premevano
contro il suo petto solido, facendole provare un'eccitazione nuova ma
familiare. Improvvisamente, si staccò da lui.
"Ci siamo
già
baciati!" esclamò lei e Blaise sorrise, contento che lei se
lo fosse, finalmente,
ricordato.
"Sì."
Lei fece un altro passo
indietro, stranita. Riuscì a prenderla per una mano.
"Io…" Si mise
una mano sulla bocca e strabuzzò gli occhi. "Mi ricordo: sul
tappeto, a
casa di tua madre. Kikky ha sparso la polvere e…" Si
interruppe, con uno
sguardo smarrito.
"Sì" ripetè,
tornandole vicino e accarezzandole la guancia con il dorso della mano.
Merlino,
voleva baciarla, non darle spiegazioni!
Ginny finalmente
riusciva
a capire molte cose: la sua strana sensazione di deja-vu quando lo
aveva
baciato alla cena di beneficenza o il fatto di sognare quel momento.
Non era un
sogno: era un ricordo.
Ma… Quando lui tornò a
circondarla con le braccia, decise di non volerci pensare e di
abbandonarsi a
quel momento. Questa volta fu lei a baciarlo per prima e
giurò di averlo
sentito sorridere sulle sue labbra.
Un rumore alle loro spalle
li sorprese e Ginny si girò, quasi spaventata: Pansy li
osservava sorridendo.
Pansy aveva
raccolto le
scarpe e il mantello della rossa, prima di uscire dalla stanza per
andare a
cercarli. Quando se li trovò di fronte, avvinghiati come due
amanti che si
erano ritrovati dopo tanto tempo, sorrise, vedendoli. Purtroppo una
scarpa le
cadette e loro si girarono verso di lei, accorgendosi della sua
presenza.
"Non ci sono, qui. Mi
sa che si sono smaterializzati" Pansy alzò la voce, per
farsi sentire gli
altri che erano rimasti in salotto, ma fece l'occhiolino ai due
ragazzi. Porse
le sue cose a Ginny e le fece segno di sparire: almeno loro avrebbero
avuto un
lieto fine.
La rossa prese scarpe e
mantello e Blaise le afferrò la mano, prima di
smaterializzarsi. Pansy si girò,
ancora sorridendo, quando si trovò la strada sbarrata da
Theo.
"Hai detto una
bugia."
"Io non ho bevuto la
pozione" dichiarò, come se ce ne fosse bisogno.
Il moro annuì e alzò un
braccio, pronto a bere da una bottiglia. Pansy pensò che
fosse un altro liquore,
ma poi il colore opaco della bottiglia attirò la sua
attenzione: aveva in mano
il veritaserum.
Lo osservò mentre beveva
un sorso e poi le sorrise, triste.
Theo aveva
seguito Pansy
subito dopo aver afferrato la bottiglia: Daphne non aveva ancora finito
la
penitenza che le aveva dato Blaise, mentre Draco continuava a versarsi
da bere
e Millie e Hermes si erano avvicinati e parlavano fitto, come se
fossero gli
unici nella stanza.
Pensando che non sarebbe
mai più riuscito a farlo, stappò la pozione e ne
bevve un lungo sorso, prima di
tornare a guardare la donna dei suoi sogni. O dei suoi incubi. Forse
ora
sarebbe riuscito a dirle tutto.
"Perché lo hai
fatto?" Pansy era stranita, beh, un po' lo era anche lui.
"Perché altrimenti
non ti avrei mai detto la verità. Oppure non mi avresti
creduto…"
"Quale verità, Theo?
Che mi hai tradito con Daphne?"
"Non ti ho tradito
con Daphne!"
"Davvero?" Ora
lei sembrava sorpresa. "E con chi mi hai tradito?" Si
avvicinò a lui
e gli prese di mano
la bottiglia,
guardandola, come se dovesse convincersi che fosse vera.
"Sono andato a letto
con Daphne dopo che ci siamo lasciati. L'ho fatto per dispetto: ti
odiavo
perché non mi credevi, ma non ti ho mai tradita."
"Poi però hai
iniziato a fartele tutte". Non era una domanda. Forse perché
lei sapeva
già la risposta. Era vero: dopo che si erano lasciati,
quando suo padre aveva
avuto tutti quei casini per i suoi legami con i mangiamorte e lui si
era
sentito abbandonato, aveva iniziato a bere e ad andare a letto con
tutte. Ma fu
contento che lei non gli chiedette spiegazione, perché era
una cosa triste da
ammettere.
"Già…"
"E lo fai anche
adesso…" Anche questa volta non era una domanda. "E dimmi,
sei…
contento?" Pansy non lo guardò negli occhi: Theo non
riusciva a capire
cosa volesse sapere davvero. Scosse il capo.
"No."
"È per questo che
bevi?" domandò ancora lei. Il moro fece un passo avanti e si
stupì quando
lei non ne fece uno indietro.
"Può essere. Pansy, ma
io non vado…" iniziò.
"Devo dirti anch'io
una cosa."
"Pansy, io…"
continuò, come se lei non avesse parlato.
"Theo, è
importante…"
"Pansy, dovrei
odiarti e non sai quanto vorrei farlo…"
Pansy
accusò quel colpo
come se l'avesse colpita un bolide mentre assisteva a una partita di
Quidditch.
Annuì. Forse era giusto: loro erano stati insieme a
Hogwarts, poi una sera lei
lo aveva visto mentre baciava Daphne e non aveva capito più
niente. Sapeva che
probabilmente era stata lei a iniziare la cosa, ma la gelosia le aveva
impedito
di ragionare lucidamente e la loro storia era naufragata. Lui aveva
giurato e
spergiurato di non aver fatto niente, che era stata la bionda a
baciarlo e che
si era tirato subito indietro, ma lei non gli aveva creduto. E quando
poi aveva
iniziato a girare tutti i letti dei dormitori, era stato troppo, e
troppo
tardi.
Ora, giustamente, lui la
odiava.
Guardò la bottiglia che
aveva in mano e ne prese un lungo sorso. Lui alzò un
sopracciglio.
"Penso che tu faccia
bene a odiarmi, Theo. Mi odio anch'io, a volte…"
Il ragazzo scosse la testa
e aprì la bocca per parlare, ma lei lo zittì.
"Ho tradito un uomo
favoloso, poco prima che diventasse mio marito. E mi sento una merda".
"È stata colpa mia, sono
io la merda, non tu."
La mora sorrise: sotto
veritaserum era un bravo ragazzo, alla fin fine. O forse lo era sempre
stato e
lei, troppo impegnata a criticarlo, non lo aveva capito.
"Per quanto mi
piacerebbe dare la colpa a te, Theo, sappiamo tutti e due che non
è così…"
Allungò una mano verso di lui e gli accarezzò la
guancia con dolcezza.
"Ti ho
obbligato."
Pansy rise. "Ne sei
convinto? Davvero? Ho fatto l'amore con te perché volevo, di
certo non perché sono
stata obbligata!"
Theo si
coccolò con le sue
parole. "Mi volevi?" Appoggiò la guancia alla sua mano.
La ragazza si allontanò e
si passò una mano sul collo. "Theo, io ti voglio ancora.
Ogni volta che ti
incontro penso che mi farai impazzire e cerco di starti lontana,
ma…"
"Non devi starmi
lontano!" Theo fece un passo per coprire la distanza che li separava e
la
strinse, posando le labbra sulle sue. Quanto aveva desiderato quel
momento!
Come avrebbe voluto non smettere mai di baciarla!
Sentì il suo corpo
abbandonarsi contro di lui e il moro l'abbracciò, mentre
sentiva le sue guance
inumidirsi. Si staccò da lei e notò che stava
piangendo. "Perché
piangi?"
"Perché sono una
stronza."
"Stai con me, Pansy.
Sono uno stronzo anch'io, andremo d'accordo."
Lei rise e scosse la testa,
mentre con una mano si asciugava gli occhi.
"Non è lui l'uomo per
te: sono io, credimi" tentò ancora di convincerla. Le
posò le mani sui
fianchi e avvicinò il viso al suo, facendo toccare le loro
fronti.
Pansy avrebbe
voluto che
fosse vero. Forse lui ci credeva, ma non bastava. Non bastava adesso.
Forse sarebbe
bastato prima.
"Theo, sono
incinta."
Lo vide spalancare gli
occhi e poi scuotere la testa. "Non fa niente. Stai con me. Ci mettiamo
d'accordo. Io… vi prendo tutti e due".
"Ci mettiamo d'accordo?
Che vuol dire?" Sospettosa, sperò che non intendesse
qualcosa di drastico:
non era sicura che il suo cuore avrebbe retto a una proposta del
genere, in
quel momento.
"Con tuo marito:
potrà vedere il bam…"
"Il bambino è
tuo". Lo stupore sul suo viso si mischiò a uno strano
sorriso di gioia, ma
poi lui tornò a fare quella faccia perplessa e Pansy non
seppe più cosa
pensare.
Theo sentiva
girare la
testa, ma capì che quella volta non era colpa dell'alcol.
Pansy aspettava un
bambino da lui ed era una notizia meravigliosa! Ma perché
non glielo aveva
detto prima? Ah, forse perché lei era sposata con un altro!
"Lui lo sa?" Lei
annuì in risposta. "E…?"
Pansy fece un
passo
indietro per mettere un po' di spazio fra loro.
"E niente."
"Come, niente? Che ha
detto? Sa che è mio?"
"Lui… Noi…" Si
morse il labbro, nervosa. "Sa che non è suo. E ha accettato
di…"
Lui la interruppe:
"Ha accettato cosa?"
"Di annullare il
matrimonio. Noi… non siamo più
sposati…" Ammetterlo era un po' come dover
dire ad alta voce di aver fallito, ma in quel momento sapeva che era la
cosa
giusta, verisaterum o meno.
Theo
spalancò gli occhi:
il matrimonio di Pansy era stato annullato? Era fantastico!
"Allora stai con me.
State con me."
"Theo, non
funzionerebbe."
Lui si stranì. "E
perché non dovrebbe?"
"È passato tanto
tempo. Siamo due persone diverse. Io penso che tu…"
"Che io?"
"Ho paura che tu
possa tradirmi" ammise, ma poi fece un altro passo indietro e
guardò per
terra.
Il ragazzo si avvicinò a
lei, le mise due dita sotto al mento e le fece alzare il viso. "Tesoro,
capisco
che tu possa non fidarti di me, ma io non ti ho mai tradita,
né mai ho
desiderato farlo. Non…"
"Theo, hai avuto
tante ragazze. Io non sono…" Si passò ancora la
mano sul collo e lui
riuscì a vedere tutta la sua insicurezza, come la prima
volta che avevano fatto
l'amore.
"Nessuna è come te.
Te lo giuro. Ti ho cercato in ogni ragazza che ho avuto, ma non ti ho
mai
trovata. E poi ultimamente non ci riesco più…"
"A fare che?"
"Stare con qualcuno
che non sia tu. Blaise lo ha detto prima, è vero: faccio
finta di andare a
letto con le ragazze, perché dal giorno del tuo matrimonio,
io… non riesco più
a farlo con nessun'altra…"
Pansy sospirò pesantemente
e lui capì che la sua sicurezza, il suo essere
così rigida nei suoi confronti,
la sua postura e tutto il resto, erano tutta una finzione, la sua
maschera per
vivere, proprio come il provarci con tutte era la sua. "Mi ami,
Pansy?"
"Sì" rispose, dopo
essersi leccata le labbra e aver trovato una lacrima. Lei era ancora
sotto
pozione e Theo sorrise: era il momento giusto.
Pansy
spalancò gli occhi
quando Theo si inginocchiò e le prese la mano: cosa stava
facendo?
"Allora sposami. Ti
amo anch'io e voglio passare il resto della vita con te". Poi il suo
viso
si addolcì e allungò la mano libera verso il suo
ventre. "Con voi…"
La ragazza non tentò
neanche più di frenare le lacrime. "Theo…"
"Dimmi che mi vuoi
anche tu."
"Certo che ti
voglio."
Poi si inginocchiò davanti
a lui e lo baciò.
***
Ginny si sentiva
stordita,
ma non seppe dire se fosse per colpa dei bicchieri di Firewhisky o
della
smaterializzazione. O forse per via di tutta la situazione che aveva
scoperto.
Quando Blaise li fece apparire nel suo salotto, si girò
verso di lei e la baciò
ancora. E ancora.
Quando, ancora allacciati,
camminarono verso la zona notte, Blaise si fermò. "Non
vorrei essere
insistente ma… cosa ti ha detto lo psicomago, di preciso,
sul sesso?"
Ginny rise. "Mi ha
detto di non fare sesso con nessuno per un mese".
Blaise si
staccò a fatica
da lei. Merlino, davvero? E ora? Sarebbe riuscito a fermarsi? Ma poi,
perché lei
stava ridendo? "Ah…" Tornò a baciarla: Merlino
era così difficile!
"Quindi non…" Fece un passo indietro per paura di non
riuscire a
controllarsi. Avrebbe dovuto farle quella domanda prima di
materializzarsi a
casa. O prima di sfiorare la sua pelle calda.
"Blaise…"
sussurrò lei, portandogli una mano sulla nuca, fra i capelli
e avvicinandosi
così tanto a lui da far aderire i loro corpi.
Sospirò silenziosamente.
"Sì?"
"Mi ha detto anche
un'altra cosa."
Il moro sperò che non
fosse una brutta notizia come quella che lei gli aveva appena dato, che
il suo
cervello cercava di metabolizzare, ma che il suo corpo, per colpa di
quello che
lei stava facendo, non riusciva ad assorbire. "Cosa?" praticamente
gemette sulle sue labbra e lei sorrise.
"Che da oggi posso
fare l'amore con chi voglio". Ginny sorrise, facendo scorrere la mano e
spingendolo verso di lei.
"Ottima notizia"
concordò lui, tornando a baciarla con passione e
stringendola a sé mentre
cercava di raggiungere la porta del salotto. In quel momento si
maledisse per
aver scelto la camera in fondo al corridoio.
Dovette averlo detto ad
alta voce perché lei gli rispose: "Andiamo sul
divano…"
Come? No, no. Voleva farlo
per bene. Non voleva di sicuro prenderla in pochi minuti mentre era
ancora
vestita.
"Mi sa che quello
romantico sei tu" rise lei, mentre gli leccava le labbra e strusciava
il
bacino contro di lui: così lo avrebbe fatto impazzire.
"Oppure potresti
farmi vedere la foto… In fin dei conti niente ci trattiene
dal farlo subito…"
Piccola, audace tentatrice!
Blaise, però, sorrise.
"Ti penso da quasi
due mesi. Non voglio aspettare: voglio vederti nuda. Voglio sfiorare il
tuo
tatuaggio e baciare la tua pelle. Voglio sentirti fremere e implorare
di non
fermarmi" iniziò, mentre scendeva a baciarle il collo. Lei
gemette
davvero. "Voglio…" Fecero ancora qualche passo e alla fine
lui riuscì
ad arrivare alla camera da letto, aprendo la porta.
Ginny si
sentì quasi
mancare quando lui scese a baciarla fino all'orlo della stoffa facendo
cadere
la parte sopra. E il vestito ora le copriva a malapena il seno. Si
sentiva
eccitata al massimo e, senza accorgersene, s'inarcò,
porgendosi a lui.
Lo sentì armeggiare con la
cerniera dietro la schiena e sussurrò qualcosa tipo: "Fai un
evanesco.
Anch'io non vedo l'ora di essere nuda, ma prima…"
Blaise la guardò con uno
sguardo scuro di passione e Ginny si sentì maledettamente
desiderabile.
"Prima?" chiese,
e la sua voce resa roca dal momento, la fecero fremere di eccitazione.
Allungò
le mani alla sua giacca e gliela abbassò dalle spalle alle
braccia.
"Dai anche a me
qualcosa da guardare. E da baciare…" Incominciò a
slacciare i bottoni
della camicia, dopo avergli sfilato la giacca.
Quando lei si
avvicinò a
Blaise e gli baciò il petto, facendo scorrere la piccola
mano calda sui suoi
addominali, lui pensò di cadere per le vertigini. La prese
per il vestito e la
trascinò verso il letto, per poi lasciarsi cadere addosso a
lei. Ginny rise e
si contorse sotto di lui: le portò le mani al viso e le
accarezzò la guancia, per
poi scioglierle i capelli. Era bellissima. Ed era tutta sua. Si
chinò a
baciarle le labbra. Lei continuò ad accarezzarlo e in men
che non si dica, la
sua camicia finì da qualche parte in fondo al letto.
Sentì le sue dita sulla
cintura dei pantaloni ed ebbe qualche problema: le sue mani erano
tremendamente
eccitanti.
"Vuoi farmi
morire…" borbottò e lei sorrise.
Ginny decise di
averne
abbastanza del vestito che la copriva e si inarcò, sperando
che lui riuscisse a
far passare la mano fra lei e il copriletto.
Blaise, per fortuna,
riuscì ad accontentarla con semplicità, senza
bisogno di bacchette o
incantesimi, semplicemente facendo scorrere la zip lungo la schiena.
Tornò a
baciarla mentre lei sentiva il fruscio del vestito accarezzarle il
ventre e poi
sempre più giù, denudandola.
I suoi piccoli
seni
puntavano verso di lui e Blaise non pensò neanche a cosa
stesse facendo, quando
si chinò su quelle punte turgide e calde, mentre lei gemeva
e iniziava a dire
cose poco comprensibili. Appoggiò una mano di fianco a lei,
per sollevarsi un
pochino, ma continuando a baciare e leccare, mentre il vestito le
scivolava
oltre le gambe. Continuò la sua esplorazione, scendendo con
le labbra e lei
infilò le dita fra i suoi capelli, stringendogli le ciocche
in un gesto
istintivo e possessivo.
La baciò sopra la stoffa
delle mutandine e lei si inarcò, offrendosi il
più possibile al piacere, senza
vergogna. Blaise sorrise: non l'avrebbe mai voluta diversa,
quand'è che aveva
pensato che una ragazza composta sarebbe stata una compagna ideale? Si
sbagliava. Si sbagliava di grosso.
Sentì la ragazza invocare più
santi e chiedergli effettivamente di non fermarsi, così le
tolse anche l'ultimo
indumento, lasciandola completamente nuda. Nuda per lui.
Ginny riuscì ad avere
qualche attimo di lucidità
solo quando Blaise, sfilandole lo slip, si fermò in quella
carezza intima così
bruciante e passionale, pensando che lui fosse ancora troppo vestito
perché le
cose stessero procedendo nel modo giusto.
"Spogliati, Blaise,
voglio…"
"Sh… abbiamo
tempo" la interruppe lui, prima di tornare a chinarsi su di lei, e
Ginny
non pensò più a niente che non fosse abbandonarsi
al piacere, mentre lui
entrava in lei con la delicatezza e la sicurezza di chi sapeva cosa
stava
facendo e di come farlo al meglio.
Blaise
sentì il corpo
della ragazza intorno alle sue dita e continuò a baciarla
fino a quando lei non
si morse la mano e tremò di desiderio.
Dopo poco, Ginny gli prese
il viso fra le mani e lo tirò su, per baciarlo con passione.
Lo baciò e giocò
con la sua bocca, fino a quando non lo spinse con la schiena sul letto
e si
sdraiò su di lui.
Di quello che successe
dopo, Blaise ne ebbe solo una vaga idea
per un sacco di tempo: le labbra della ragazza su di lui,
il suo respiro
che gli accarezzava la pelle, le sue dita che sfioravano punti
sensibili, un
continuo senso di esplosione di piacere, fino a quando fu lei a
decidere il
momento e il ritmo, scendendo su di lui in movimento fluido e che lo
fece
tornare sulla terra solo per il tempo necessario a stringerle i fianchi
e
godere mentre la guardava arrendersi ancora al piacere.
-
-
-
***Eccomi!
Mannaggia a EFP che non funzionava! Ora ci siamo e "Tutto bene quel che
finisce bene", giusto? Spero che la scena non sia scaduta nel volgare
ma che sia carina, mi fccio sempre un sacco di domande sulle cose un
po' spinte...
Vabbé
buona lettura a tutti!
|
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Capitolo 31 *** Foto, disegni e baci ***
Foto,
disegni e baci
-
-
"Avevi ragione,
sul
letto". Lei sospirò di quello che a Blaise sembrò
soddisfazione.
In risposta lui rise e la
strinse a sé. "Scoprirai che ho spesso ragione…"
Le baciò il collo.
Questa volta fu il suo
turno di ridere e la stanza sembrò riempirsi di aria fresca.
"Me la fai vedere, la
foto? E mi sembra che tu abbia parlato anche di disegni…
Quelli me li fai vedere?"
Ginny appoggiò le braccia sul suo petto e lo
guardò in viso. Oh. Sì, beh,
glielo aveva promesso. Ma la foto l'avrebbe rivoluta indietro?
Cercò i suoi
boxer e se li infilò, mentre si guardava intorno a cercare
la bacchetta: doveva
averla fatta cadere prima. Vabbè, sarebbe andato nello
studio. "Te la vado
a prendere, resta qui". Si alzò dal letto e la
coprì con il lenzuolo.
"No, vengo con
te!" esclamò lei, mettendosi seduta e lanciando un'occhiata
al suo
vestito.
Infilarsi di
nuovo quell'abito
sarebbe stato noioso, pensò Ginny, così si
allungò sul letto e prese la camicia
di Blaise, quella che gli aveva quasi strappato via: per fortuna aveva
ancora
buona parte dei bottoni. Se la infilò e si alzò
per sistemarla e allacciarla.
Lei si
portò le mani ai capelli
che erano rimasti nel collo della camicia, in un gesto che
probabilmente faceva
spesso, visto la naturalezza con cui si muoveva, e Blaise si
sentì di nuovo
pronto a far l'amore.
Chissà se lo aveva fatto
apposta; ma Blaise pensò di no, perché Ginny non
era una ragazza da giochetti.
"Vengo con te".
Si alzò per seguirlo.
No, non lo sapeva di
sicuro quanto fosse sexy in quella tenuta. Rimase imbambolato e lei gli
passò
davanti.
Ginny si
ricordava dov'era
lo studio e ormai era più che curiosa di sapere tutta la
storia della foto.
"Che fai, non vieni?" gli chiese, quando, davanti alla porta, dovette
girarsi per controllare dove fosse.
Lui fece un cenno
affermativo con il capo e sorrise mentre scuoteva la testa.
"Dai, che sono
curiosa!"
Per un attimo
Blaise si
pentì di averle detto della foto, dei disegni e di tutto il
resto. Dopo qualche
passo, si bloccò nel corridoio. E se a lei non fossero
piaciuti? Se avesse
detto che erano una cosa da bambini? E se… "Che
c'è?" Ginny dovette
capire che qualcosa non andava, perché tornò
indietro, senza entrare nello
studio, e a lui la cosa fece piacere. "Non vuoi…"
"Ho detto che ti
avrei fatto vedere la foto, ma…"
Lei infilò la mano nella
sua, mentre continuava la sua frase. "E i tuoi disegni. Hai cambiato
idea?
Non vuoi più farmeli vedere?"
Merlino, rispondere a una
domanda diretta era più difficile che tergiversare.
"Io…"
"Vorrei dirti che va
bene e che rispetto la tua scelta, Blaise, ma… sono curiosa,
lo ammetto. E poi
voglio proprio vedere questa foto…"
Lui annuì, mentre la rossa
gli stringeva ancora le dita: chissà se aveva capito la sua
ritrosia. "La
foto te la ridò, è giusto. Ma i
disegni…" E se non le fossero piaciuti e
avesse detto qualcosa di brutto? Lei non avrebbe mai elogiato qualcosa
che non
le piacesse solo perché era educato farlo.
Ginny gli
portò una mano
alla spalla e si alzò sulle punte per baciarlo. "Sono in
fase post coito
di uno dei migliori orgasmi che ho avuto negli ultimi mesi. Sarei
contenta
anche se tu mi avessi detto che allevi ippogrifi in cantina". Quando
notò
la sua espressione, all'accenno all'orgasmo, rise. "Troppo diretta?"
chiese e rise anche lui, facendole passare una mano dietro la schiena.
"Non cambiare
mai."
Stranamente,
Blaise si
sentì di nuovo sicuro: sicuro di quello che faceva, di
quello che era. Aprì la
porta dello studio e la portò fin davanti alla scrivania.
"C'è un po' di
disordine…" si scusò.
"Disordine? Non hai
mai visto una stanza in disordine, Blaise. Fidati, questo è
niente."
Si avvicinò al tavolo e si
allungò per spostare le pergamene. Quando le
capitò in mano lo schizzo del suo
primo piano a Stin'sen House, la osservò trattenere il
respiro. Merlino! Non
doveva farglieli vedere, lo sapeva!
Ginny prese in
mano un
foglio e osservò il disegno impresso: una ragazza con un
vestito come il suo
era seduta su una panchina ed era girata a guardare qualcosa oltre le
sue
spalle. Lentamente si disegnò sul suo volto un sorriso: era
bellissima. E aveva
anche i capelli come i suoi, dello stesso colore e con la stessa
acconciatura
che aveva durante i balli. Effettivamente l'unica parte colorata erano
i
capelli e questo dava al disegno un qualcosa in più, come se
fosse un dettaglio
importante. Sembrava quasi… raffinata. Ecco, forse era
proprio il giusto
aggettivo: lei era raffinata. Con il dito tracciò il
contorno del viso della
ragazza, notando che anche lei aveva piccoli puntini intorno al naso:
le
efelidi che Ginny tanto odiava a quella ragazza stavano benissimo. Si
morse un
labbro e per un attimo si pentì di aver guardato il disegno.
"È molto bello…
Sembra una foto, non avevo mai visto i disegni muoversi…"
mormorò, con
voce rotta.
Blaise l'aveva
guardata
per tutto il tempo e seppe dire con certezza che lei era rimasta
colpita dalla
cosa, ma non gli sembrava del tutto contenta. Sincera, ma non contenta.
Ma
perché?
"Sì, con l'inchiostro
giusto, si può fare: si disegna il primo schizzo, vedi?" Le
mostrò una
pergamena dove loro erano seduti vicini sulla panchina nel giardino
degli Stin'sen.
"Poi la si incanta e il disegno scompare. E si ridisegna…"
spiegò,
mostrando quello che succedeva subito dopo, ossia lei che si alzava per
allontanarsi. "Poi si incanta ancora. E sembra una foto, ma si
può far
fare ai disegni ciò che si vuole".
Poi lei abbassò di nuovo
gli occhi sul tavolo e fece scorrere una sull'altra alcune pergamene e
quando
scoprì quella che rappresentava il loro primo bacio, si
allungò a prenderla.
"Sei tu…" Il suo tono era sorpreso, o forse c'era dell'altro
nella
sua voce, ma lui non seppe dire con certezza cosa fosse.
"Sì, beh…" Si
passò una mano fra i capelli. "Dovremmo essere
noi…"
Gli occhi di lei si
alzarono su di lui, sorpresi, per poi tornare a guardare i disegni
sulla
scrivania e sfiorare con la mano un disegno prettamente esplicito.
"Noi?" chiese, come se la cosa non fosse chiara.
"Sì, io e te…."
Per un attimo si sentì un po' stupido, un bambino che aveva
fantasticato su
qualcosa che non c'era. Prese anche lui altre pergamene, mettendole in
fila,
per mostrare un momento fra di loro.
"Ma quindi questa
sono io?"
Come?
Ginny
osservò ancora la
ragazza con i capelli come i suoi e quella spruzzata di lentiggini sul
viso:
quella non era lei. Ma il fatto che lui l'avesse disegnata
così la fece
sorridere. "Sì che sei tu. Non… non ti riconosci?"
La rossa
alzò su di lui
uno sguardo strano. "Magari fossi così. Ma mi piace che tu
mi veda in
questo modo".
Ma cosa stava dicendo? Blaise non capiva.
"Come ti vedo?"
Ginny rise: una risata
sincera. "Bella". Ma…? Per un attimo pensò che
lei fosse in cerca di
complimenti, che avesse detto quella frase apposta, ma osservandola
meglio capì
che non era così, lei non lo guardava aspettando una
risposta a una sua tacita
domanda o qualcosa del genere, ma sfogliò tutte le
pergamene, come se volesse
osservarle bene tutte e metterle in ordine.
"Ti ho disegnato
esattamente come sei" rimarcò.
Lei annuì, guardandolo, ma
anche lui capì che la sua era solo condiscendenza.
Così, spostò le pergamene
per cercare una cosa in particolare e lo fece con un gesto un po'
frettoloso,
perché lei lo fermò. "Fai piano! Non rovinarle!"
Quando finalmente trovò
quello che stava cercando, ossia la foto incriminata, gliela
lanciò sulle altre
pergamene: lei doveva vederla.
Ginny si
stranì quando
vide la famosa foto che la ritraeva: come nel disegno, era seduta sulla
panchina, osservando dietro di lei e sorridendo improvvisamente. La
prese in
mano, pensando che comunque il disegno era più bello; poi la
mise vicino alla
pergamena giusta e dovette ammettere che erano molto simili. Ma che
strano: non
avrebbe mai detto di essere lei quella nella foto, se non avesse saputo
benissimo dove si trovava quando era stata scattata.
"Quindi?"
Lei scosse le spalle.
"Ok, hai ragione: ci assomigliamo molto. Contento?"
Blaise quasi
rise: lei era
impossibile. La osservò ancora mentre sfogliava le pergamene
e poi lei prese in
mano quella dove loro giacevano nudi uno sull'altra, con le mani
intrecciate
oltre la testa e le loro labbra quasi fuse insieme.
"E questo? Me lo sono
scordato?" Un sorriso sornione si dipinse sul viso di Ginny.
Lui si avvicinò. "Ho
avuto parecchie fantasie…" Le mostrò una
pergamena dove si vedeva la mano
di un ragazzo sfilare una piuma da dei capelli ramati raccolti sulla
testa e
questi cadere in boccoli sulle spalle chiare di una ragazza.
"Questo è facile.
Posso accontentarti subito…" Si allungò per
raggiungere l'altra parte
della scrivania e afferrare una piuma abbandonata sul piano, ma lui la
raggiunse
e le passò una mano sotto al seno, tirandola verso di
sé, prima che lei potesse
prenderla. "In verità, ci sono anche altre fantasie
interessanti…" sussurrò
al suo orecchio.
Il suo respiro
le
accarezzò la pelle e Ginny sentì un brivido
percorrerle il collo, la schiena e
il ventre. Si morse un labbro e dovette appoggiarsi con una mano al
piano di
legno quando lui si fece più vicino ancora e
sfiorò la sua schiena con il
petto: si inarcò praticamente senza accorgersene e la mano
di lui scivolò verso
l'alto, circondandole un seno dolcemente. Poi si chinò a
baciarle il collo,
inumidendole la pelle con la lingua. Un fremito le fece strusciare le
cosce fra
di loro. "Vediamo cosa hai in mente…" Con la voce un po'
ansimante, Ginny
si lasciò andare al suo tocco.
Non notò neanche i quadri
appesi alla parete davanti a lei, anche se giurò di aver
visto un cipresso e il
disegno di un volatile colorati di verde e azzurro prima di chiudere
gli occhi
e lasciarsi andare all'ennesimo orgasmo.
***
Draco si
materializzò in
salotto e si tolse mantello e scarpe, lasciandoli nell'angolo dove gli
elfi li
avrebbero trovati, per pulire e sistemato le sue cose. Aveva bevuto
abbastanza
da aver reso difficile la magia, ma non sufficientemente da impedirsi
di
pensare.
"Draco."
Il biondo si girò verso
una delle poltrone vicino al camino e fece un passo verso di essa
appena
riconobbe la ragazza seduta sopra.
"Astoria? Cosa fai qui?"
"Mi ha aperto tua
madre. Ha detto che potevo aspettarti…"
Oh. E lui che non voleva
tornare a casa quella sera! La osservò e notò che
indossava un vestito che non
le aveva mai visto. "Dove sei stata?" Si morse la lingua prima di
chiederle con chi. Fece un altro passo e si avvicinò, mentre
lei scuoteva le
spalle. Accontentandosi di quella risposta, domandò ancora:
"E perché sei
qui?"
"Volevo
parlarti" rispose subito lei: probabilmente si era preparata.
Effettivamente
non era mai successo che si presentasse a casa sua e la sua domanda era
più che
lecita.
Fece un altro passo e si
ritrovò proprio davanti alla poltrona. "Riguardo a cosa?"
Astoria si
alzò: si era
quasi appisolata nell'aspettarlo e ora sentiva freddo, aveva bisogno di
muoversi.
"Noi". Fece un passo,
avvicinandosi.
Draco la
osservò mentre si
alzava: una fata o una creatura magica, ecco cosa sembrava. La
più bella delle
Veele sarebbe parsa meno luminosa al suo confronto.
Prima che lei lo
raggiungesse, si spostò affiancandosi al carrello dei
liquori di suo padre. Si
versò un bicchiere di Firewhisky e fece una risata sciocca.
"Non c'è nessun noi,
Astoria. Dovresti saperlo."
Astoria
osservò il biondo
mentre si versava una dose abbondante di liquore e si
avvicinò ancora a lui.
Sentì l'odore di alcool nel suo respiro quando gli fu
davanti e gli prese il
bicchiere. "Sembra che tu abbia bevuto abbastanza".
"Sono stato a casa
tua. Tua sorella ha voluto giocare a Veritaserum o Imperium e Theo ha
versato
da bere" disse, a mo' di spiegazione.
A casa sua? "Ah. Tu
eri a casa mia, mentre io ti aspettavo qui? Simpatico…"
Ironica, Astoria,
pensò con invidia a Daphne. Ora che lei non era sempre con
loro, cosa faceva
sua sorella? E cosa faceva Draco con sua sorella? Scosse le spalle,
cercando di
scacciare il pensiero e prese un sorso di liquore.
Draco la
osservò mentre,
con la fronte aggrottata, pensava. Avrebbe voluto passare la mano sulla
sua
guancia e rassicurarla: quello che stava pensando era sicuramente
sbagliato.
Invece, si versò un altro bicchiere.
"Sai, stasera sono
uscita con un ragazzo…" iniziò lei e Draco prese
il bicchiere, bevendo in
un sorso tutto il suo contenuto.
"Ottimo. Mi fa
piacere" mentì, subito dopo.
Astoria si voltò verso di
lui e lo guardò negli occhi: diretta, dura, quasi cattiva.
"Davvero?"
Draco alzò una spalla,
senza rispondere.
"Ah."
"Eri venuta per dirmi
solo questo?" le chiese, versandosi ancora da bere.
Astoria
pensò di aver
sbagliato ad aspettarlo e lo odiò per quello che stava
dicendo, ma seppe
leggere sul suo viso qualcosa di diverso.
"Volevo darti
un'ultima possibilità, Draco…"
"Per cosa?" La
sua voce sembrava troppo dura per essere reale: non poteva essere
davvero così
indifferente.
"Per permetterti di
scegliere me."
La ragazza prese un altro
sorso, quando capì che la sua voce tremava quanto le sue
mani.
La risata di Draco la fece
sentire piccola. E insignificante.
Draco avrebbe
voluto
meritarsi una ragazza come Astoria. Davvero. Lo desiderava tanto. Ma
non poteva
darle quella croce. Lei poteva avere molto di più di uno
come lui. Anzi, se lo
meritava. Così fece quella cosa orribile: rise di lei. Anche
se in verità
rideva di se stesso.
"Non mi interessi,
Astoria" mentì, e infatti non la guardò, mentre
lo diceva.
"Sei sicuro?" La
voce della ragazza tremò ancora, ma questa volta Draco
sentì il fruscio della
stoffa e si girò a guardarla: il suo vestito era caduto per
terra e lei era lì,
nuda nel suo salotto. Bellissima.
Con le budella in fiamme,
cercò di mantenere una parvenza di autocontrollo e si
versò ancora da bere. Si
avvicinò a lei con il bicchiere in mano, guardandola negli
occhi, cercando di
non far scorrere lo sguardo su tutto quel ben di dio.
Mentre lui si
avvicinava
continuando a bere piccoli sorsi dal bicchiere, Astoria si
sentì esposta, come
se avesse messo a nudo, invece del suo corpo, la sua anima e il suo
cuore; per
un attimo pensò che era proprio quello che aveva fatto, gli
aveva dato il
potere di farla felice o di ucciderla.
Lo guardò mentre si
avvicinava piano e quando fu a pochi respiri da lei, le
portò una mano alla
nuca, chinandosi a posarle le labbra sulla pelle calda.
***
"Stai dicendo
che ti
sei offerta a lui e quel troll ti ha dato un bacio in fronte?!" Il tono
della rossa dava l'idea di quanto fosse sconvolta, mentre esclamava
quella
frase alla fine del racconto di Astoria. La bionda fece un sorrisetto
mesto e
annuì.
Ci aveva fatto una grama
figura, ma almeno aveva fatto quel passo e non se ne pentiva.
"Ma che
è,
rincoglionito?" sussurrò Ginny verso Pansy, seduta accanto a
lei al tavolo
di una graziosa sala da tè vicino a Diagon Alley. La mora
alzò le spalle e
Ginny sbuffò: possibile che quel troll se la fosse fatta
scappare così? Prima
di riuscire a chiedere ad Astoria qualunque cosa, sentì
Pansy chiederle:
"E poi che hai fatto?"
Ginny sbuffò e alzò gli
occhi al soffitto, mentre alzava la mano per chiamare il cameriere. "Si
è
rivestita e si è infilata nel letto di Fastball!" rispose
per lei.
"No!" Il viso di
Astoria era sconcertato: i suoi occhi erano spalancati e anche la sua
bocca
aveva preso la stessa espressione.
Ginny alzò una spalla e,
con un sorriso sornione, disse: "Avresti dovuto".
Astoria invece
scosse il
capo: era difficile da spiegare a qualcuno che conosceva Draco solo da
fuori,
senza aver visto ciò che lui era veramente, ciò
che lei conosceva. Però… E se
lui fosse andato da un'altra? Una ragazza più grande o
più interessante di lei?
Sentì quei pensieri imprigionarle il cuore come una
ragnatela tessuta da un
ragno paziente.
Pansy
notò come Ginny posò
delicatamente la mano sulla sua amica e la consolò quando i
suoi occhi si
riempirono di lacrime: era una ragazza un po' troppo estroversa e
spesso
parlava senza pensare, ma aveva un gran cuore.
"Forse, quando era a
casa con Daphne…" Astoria sospirò senza finire la
frase, ma Pansy la zittì
subito.
"Tua sorella si è
comportata da sciocca e ti assicuro che Draco non ha fatto niente con
lei, se è
questo che stai pensando!" Bleffò, perché lei e
Theo se ne erano andati
via prima di lui, ma loro erano amici e Pansy conosceva Draco come le
sue
tasche: non avrebbe mai fatto niente con Daphne.
La bionda divenne rossa
sulle guance e i suoi occhi si spalancarono ancora.
"Oh, per Godric,
non
penserai mica che sia stato con tua sorella!" Ginny alzò la
voce e quando
se ne rese conto l'abbassò di nuovo. "Ti assicuro che quel
ragazzo vuole
te. E non so perché sia così cocciuto da
rifiutarti costantemente, ma lui ti
vuole…"
"Beh, anche Theo
diceva che voleva me, ma intanto se l'è fatte
tutte…"
Ginny e Astoria si
voltarono di scatto verso la mora: cos'è che aveva detto?
"Come?"
Santo Merlino, Nott! Ginny
lo sapeva che doveva essere lui! Ma cosa aveva fatto?
Si voltò verso Astoria e
lei ricambiò il suo sguardo con uno sguardo stranito,
muovendo la testa in
segno che non aveva capito neanche lei.
Pansy scosse le
spalle
mentre un cameriere si avvicinava e non disse più niente se
non ordinare un tè
con zenzero e cannella: ormai iniziava a non sopportare più
certi odori e zia
Maddie le aveva consigliato quella bevanda per evitare le nausee. Fu
solo
quando il cameriere se ne andò con le ordinazioni di tutte
che tornò a
guardarle e a dar loro la novità della sera prima. "Beh,
ragazzina"
disse, rivolta alla rossa, "tu sarai anche scappata da casa Greengrass
senza scarpe e con le mani di Blaise nel tuo vestito, ma non sei
l'unica che
ieri sera ha lasciato la festa insieme a qualcuno…"
Dopo aver parlato tutto
d'un fiato, però, abbassò gli occhi, come se
quella confessione fosse stata una
grossa rivelazione, da parte sua.
Astoria, dall'altro lato
del tavolo si strinse le mani al petto: anche Pansy avrebbe voluto
avere tutta
la sua fiducia nell'amore.
Ginny
strabuzzò gli occhi
e rise. "Cavolo, Nott!" Ma poi si fermò perché
non aveva capito
dall'espressione della ex Serpeverde cosa dovesse pensare, chiese:
"Cioè,
siamo contente, giusto?"
Pansy alzò il viso e
sorrise, con un impercettibile segno del capo. "Non sono proprio
convintissima, ma sì, la cosa mi piace…"
Astoria si alzò e andò ad
abbracciare l'amica di là dal tavolo. Ginny, che era accanto
a lei, si allungò
e le passò un braccio intorno al collo.
"Merlino, ragazze,
non fatemi piangere…" La mora, che era quella meno espansiva
di tutte, tentò
di ribellarsi, ma gli ormoni dovevano aver iniziato a fare scherzi.
"Raccontaci
tutto!" Astoria tornò a sedersi.
Ginny apprezzò il fatto
che fosse felice per l'amica anche se a lei non era andata bene la sera
prima:
era proprio una cara ragazza.
"In verità io ero
venuta per sapere tutto di Ginny e Blaise…" Pansy
liquidò la questione,
spostando l'attenzione sulla rossa.
Astoria batté le mani.
"Giusto, Pansy ha detto qualcosa sul tuo vestito e le mani di Blaise,
mi
ero lasciata confondere! Oh, ma dovete assolutamente partire da capo e
raccontarmi tutto!"
E Ginny raccontò tutto.
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Capitolo 32 *** Carte da gioco e foto babbane ***
Carte
da
gioco e Foto babbane
-
-
"Ma
cos'ha Draco,
stasera?"
Blaise alzò gli occhi e si
girò verso il biondo, fuori dalla porta, appena Theo ebbe
pronunciato quelle
parole. "Non saprei. È successo qualcosa, ieri?"
Theo alzò le spalle,
radunando le fish che aveva vinto. "E come faccio a saperlo, io? Non
eri
mica l'unico ad aver qualcosa da fare…"
Come? Il moro tornò a
girarsi verso l'ex compagno di casa e corrugò la fronte: che
intendeva?
Theo
sorrise sornione.
"Vi ho visto, mentre vi smaterializzavate…" Non disse di
aver notato
che guardava l'ora ogni cinque minuti e che quindi immaginava avesse un
appuntamento con la Weasley per quella sera.
"Ah, non lo sapevo.
Pensavo che ci fosse solo Pansy lì con… Aspetta,
eri con Pansy?"
Theo alzò le spalle.
"Mmm… Forse…" Un sorriso gli curvò le
labbra: si sentiva benissimo,
come se avesse vinto la coppa Tremaghi o addirittura avesse salvato il
mondo
magico.
Blaise lo osservò
corrugando la fronte e lui non riuscì a smettere di
sorridere.
"Ma sei tu il padre
del bambino, allora?" Blaise appoggiò le carte .
Come? Blaise lo sapeva? "Sapevi
che Pansy era incinta?" Quando l'amico annuì, si
sentì un po' perso.
"E perché non me lo hai detto?"
Blaise
non riuscì a
sostenere lo sguardo del moro: lui sembrava veramente deluso, ma cosa
poteva
farci? Con tutto quello che era successo, il problema dei fiori di
Rachel e sua
madre che aveva voluto risolvere la cosa a modo suo, Ginny che lui non
era
riuscito a capire fino alla sera prima… Perché
avrebbe dovuto dire a Theo di
Pansy?
"Tu non mi hai detto
che eri stato a letto con lei!"
"Perché era il suo
matrimonio! Non volevo che sembrasse…" Theo
abbassò la voce quando Hermes
passò accanto al tavolo per raggiungere Draco che era uscito
sul balcone a
fumare.
"Che sembrassi uno
stronzo?" rincarò Blaise, con tono accusatorio: il giorno
del suo
matrimonio? Theo non si fermava davanti a niente.
"Che lei apparisse
come una poco di buono… Blaise, doveva sposare un altro, ti
sembra che io vada
in giro a raccontare…"
Blaise sbuffò prima di interromperlo. "Tu
racconti sempre di quelle che ti porti a letto! Anche quando non era
vero, come
ultimamente!"
Theo
alzò gli occhi al soffitto: lui non avrebbe
raccontato di Pansy. Delle altre non gliene fregava niente, ma di
lei…
"Non potevo raccontare
che non ci riuscivo più!" Theo infilò una carta
nel mazzo, senza
guardarlo. Se fosse stato per lui non lo avrebbe saputo neanche Blaise,
ma lui
lo conosceva così bene che lo aveva capito dai suoi gesti e
dalle sue parole.
"E non potevo di sicuro dirti perché!"
Blaise
sgranò gli occhi:
era quello il motivo? "Stai dicendo che le due cose sono collegate?"
Theo
sbuffò e il ciuffo
sulla sua fronte si spostò: non voleva parlarne. Non in quel
momento.
"Senti, ma per
Draco?"
"Per Draco,
cosa?" Blaise tornò a guardare verso il balcone.
Draco stava spegnendo la
sigaretta e parlava con Hermes come se gli costasse fatica anche
respirare.
Theo sospirò. "Non
dovremmo… che so, fare qualcosa?"
"Tipo?"
"Non saprei, appunto,
ma lui non sembra stare bene. Ti sembra che stia bene?" Theo non
continuò
il discorso perché Draco si era riavvicinato a loro: aveva
un bicchiere in mano
e non sembrava troppo stabile.
Draco
era tornato al
tavolo verde, ma non era in vena di giocare: aveva perso tutto quello
che
poteva perdere quella sera, ma non gli interessava granché.
Finì di bere e appoggiò il
bicchiere sul tavolo.
"Draco, tutto
bene?" gli chiese Blaise.
"Certo. Non
dovrebbe?"
"Sai, non sembri…
molto…" Theo tentò di trovare le parole giuste,
probabilmente, ma poi
guardò Blaise in cerca di aiuto.
"Non preoccupatevi
per me, ragazzi" li rassicurò, scolandosi tutto il bicchiere
e
appoggiandolo per riempirlo di nuovo.
Blaise
capì che qualcosa
non andava, molto più del solito, e scambiò
un'occhiata con Theo. "Perché
non riprendiamo a giocare?" chiese allora, chiamando Hermes a gran
voce,
perché era ancora sul balcone.
"Penso che andrò a
casa, invece. Stasera non sembra la mia serata…"
"Dai, rimani per un
ultimo giro" propose invece Theo, quando capì l'intenzione
di Blaise.
Hermes tornò e si sedette
sorridendo al tavolo.
"Sembri
molto
contento… Ragazze?" Theo, cercando di distrarre l'attenzione
da Draco, sorrise
a suo cugino.
Hermes alzò una spalla, ma
non disse niente.
"O per Salazar, non
ti sarai fatto Daphne! Ti avevo detto di stare attento!"
esclamò, senza
aggiungere un anche tu,
perché
sarebbe stato veramente poco educato.
Ma la faccia di suo cugino
divenne stranita. "Ma no!"
"Perché, con te non
ci ha provato?" Draco, incuriosito, tornò a sedersi.
Stranamente, Hermes
divenne rosso in viso. "Sì, in verità
sì…" Tre paia di occhi lo
osservarono mentre lui si passava una mano sul collo. "Ma
non…"
"Sei stato a letto
con Millie?" domandò allora Draco, ma anche se il suo tono
era curioso,
non era denigratorio.
"Chi dà le
carte?" Hermes, invece, face capire che non voleva parlarne.
Theo prese la bacchetta e lasciò
che le carte si mescolassero al centro del tavolo.
*
"Draco,
sei sicuro di
stare bene?" Blaise si era avvicinato all'amico mentre fumava
affacciato
alla finestra del corridoio.
"Siete spariti, ieri.
Tutti" lo accusò, invece di rispondere. Già:
forse non si erano comportati
bene. "Sai cosa mi ha detto Daphne?" Draco tirò ancora dalla
sigaretta.
"Draco, sei…"
Non era andato a letto con Daphne, giusto? Blaise si pentì
di non aver prestato
tutta l'attenzione al biondo.
"Mi ha detto di
smetterla di giocare. Che finché lo faccio con lei va bene,
ma che sua sorella
sta iniziando a soffrirne davvero. Di pensare bene a quello che voglio
e di
prendere una decisione" continuò lui, come se non lo avesse
interrotto. Poi
si voltò e lo guardò negli occhi. "Quel che
è peggio è che ha perfettamente
ragione: devo smetterla di darle false speranze..."
"Draco, sei un
coglione." Blaise si trattenne da sospirare rumorosamente: in quel
momento
gli mancò Ginny come l'aria. Lei sarebbe riuscita a dire le
cose giuste,
sicuramente. In quel suo modo sboccato, probabilmente, ma sarebbe
riuscita a
far ragionare Draco.
"Non sono adatto a
lei…"
"Non lo pensi
veramente" gli fece notare.
Draco però non rispose e
non si giustificò.
"Stai facendo del
male a te e a lei, così."
"Ieri le ho detto che
deve dimenticarmi". Draco, con una pinghella, lanciò il
mozzicone in aria
e poi prese la bacchetta per farlo sparire mentre era ancora in volo.
"Ieri?" Blaise
era stranito: quando l'aveva vista?
Draco
ripensò alla sera
prima: aveva fatto una fatica immane, tutto il suo essere voleva
abbracciare il
corpo caldo di Astoria, baciarla come non era mai stata baciata, amarla
come
sapeva che lei si meritava, ma poi non aveva avuto il coraggio. Con la
morte
nel cuore le aveva lasciato un casto bacio in fronte, come uno zio
premuroso,
l'aveva fatta rivestire e le aveva detto di tornarsene a casa.
Chissà se lo aveva fatto
davvero. Chissà che invece non fosse andata da quel tipo,
quello con cui
l'aveva vista sul giornale, il damerino che giocava a
Quidditch…
"Sai,
Draco, si
arriva a un punto che bisogna fare di tutto per cogliere le occasioni.
Se…" iniziò Blaise, ma il biondo alzò
su di lui uno sguardo così triste
che non riuscì ad andare avanti.
"Chi sono io per
rovinarle la vita, Blaise? Lei è convinta di amarmi, ma
starmi vicino è
difficile e complicato. Io…"
"Immagino che questa
dovrebbe essere una sua scelta, no?"
"Anche
perché
potrebbe scegliere di sposare un altro…" Tutti e due i
ragazzi si girarono
verso Theo, che era uscito dalla stanza per cercarli e aveva sentito la
discussione.
"Forse sarebbe meglio
se lo facesse…" Draco sospirò.
"Hai ragione,
Draco" gli disse allora il moro e Blaise si voltò verso di
lui con gli
occhi sgranati, anche se Theo non guardò nella sua
direzione. Si avvicinò di un
passo e continuò. "Hai ragione: forse la sua vita sarebbe
più facile con
un altro. Ma allora dovrai sacrificarti".
Draco
annuì: lo sapeva.
"Ieri l'ho rifiutata. Le ho detto che non potrà mai esserci
niente fra di
noi e…"
"Dovrai andartene,
Draco" continuò Theo e il biondo spalancò gli
occhi: come? "Se le
vuoi bene e non vuoi impegnarti con lei, non dovrai più
farti vedere, non
dovrai essere una tentazione, non dovrai impedirle di essere felice.
Perché
vedi, adesso lo stai facendo. Lei non riesce a lasciarti andare,
perché sei
sempre con lei. Se vuoi che lei si dimentichi di te, dovrai fare la tua
parte".
"Che caz…"
Blaise venne interrotto da Draco stesso.
"No, Blaise, Theo ha
ragione: devo lasciarla andare. Devo…"
Blaise
notò lo sguardo
disperato di Draco e lanciò un'occhiataccia al moro, ma lui
gli fece un cenno,
come se gli stesse intimando di non immischiarsi. "Devi lasciarla stare
davvero: non frequentare più i posti che frequenta lei, non
incontrarla neanche
per caso…"
"E cosa dovrei
fare?"
"Draco, curati.
Perché non stai bene per niente. Cerca di volerti bene.
Perché se devi
rinunciare a lei, potrà accettarlo solo a questa condizione."
"Ma…"
"Vuoi che lei stia
male sapendo che tu sei infelice? Non credo proprio."
"No, no…"
Blaise notò come Theo si
stesse rigirando un Draco abbastanza ubriaco da non ragionare, ma
abbastanza
fertile da permettere di piantare un seme.
"Certo, dovrai
curarti. Andare dallo psicomago che mi hai consigliato, non sarebbe una
cattiva
idea…" iniziò anche lui e comunque parlava solo
di ciò che sapeva: Ginny gli
aveva detto che il dottor Normoon
la stava aiutando tantissimo,
anche se ancora non aveva superato la cosa. Ma a casa sua aveva dormito
benissimo.
Forse perché lui l'aveva
stancata per bene, pensò, con un mezzo sorriso.
***
"Sei
certa che questa
cosa sia sicura?"
Ginny tentò di non ridere
al tono incerto della voce di Blaise. "Fidati di me".
Il moro fece un respiro
troppo profondo per essere naturale e la ragazza ebbe quasi
l'impressione che
la stesse prendendo in giro.
"Dovevo bendarti, lo
sapevo". Ginny spostò la tenda e lo fece sedere.
"Possiamo sempre
farlo stasera" disse, con un sorriso sornione.
"Vedremo. Se farai il
bravo…" Si sedette in braccio a lui e quando Blaise le
passò la mano sul
sedere, gliela spostò più in alto. "Ho detto
stasera, non barare" lo
riprese canzonandolo.
Blaise
si guardò intorno
in quell'angusto spazio: sembrava una toilette pubblica. Ma che avevano
i
babbani nel cervello? Polvere di drago? Dondolò a destra e a
sinistra, tenendo
la mano sul fianco della ragazza, mentre lei si chinava in avanti a
trafficare
con una banconota, una fessura e diversi bottoni colorati.
Quando si accese una luce
sopra la sua testa, anche Ginny si mise dritta. Gli passò un
braccio dietro al
collo, e indicò il vetro davanti a loro. "Devi guardare
lì". Dove
doveva guardare? Blaise si voltò verso di lei, ma lei gli
spostò il viso in
avanti. "Ho detto lì" rimarcò.
Oh. Blaise si vide
riflesso in quello che immaginava fosse uno specchio. Ma cosa doveva
fare? Il
flash, improvviso e accecante, lo prese di sorpresa: una fotografia!
Quella
toilette faceva le foto? Ginny ridacchiò e guardò
in avanti, dicendogli, fra un
flash e l'altro, cosa fare.
Ginny
rise alla faccia
stralunata di Blaise e, all'ultima foto, invece di fare smorfie in
direzione
dell'obbiettivo, gli prese il viso fra le mani e lo baciò
con passione.
Blaise
non capì molto di
quello che era successo ma, come ormai succedeva spesso con lei, non si
fece
molte domande e la seguì. Ginny si staccò da lui
e la luce si spense,
lasciandoli di nuovo in penombra. "Sai, vero, che non ho la
più pallida
idea di quello che è successo?"
"Ci siamo fatti delle
foto" spiegò lei, accarezzandogli la barba.
Lui sorrise: qualcosa
aveva capito, ma le foto dov'erano? E la macchina fotografica?
Improvvisamente
quella cabina iniziò a emettere degli strani rumori e, dopo
che le loro labbra
si erano incollate ancora e ancora, come aveva iniziato, smise.
"Sono pronte!"
esclamò la ragazza, allungandosi verso un'altra fessura,
prendendo quella che
sembrava una pergamena lunga e sottile.
"Guardaci!"
esclamò.
Ginny
mostrò le
fototessera a uno stranito Blaise: Hermione e Harry avevano spiegato
che i
babbani usavano quelle cabine per fare le foto per i loro documenti, ma
spesso
i ragazzi si divertivano a farsi immortalare facendo delle facce strane
come se
fossero allo specchio, perché la macchina scattava una foto
dietro l'altra e ti
coglieva di sorpresa, rendendo la cosa un po' frivola e stupida, ma
assolutamente divertente.
"Sono foto?" le
chiese il moro, prendendole in mano.
Blaise
osservava quelle
foto di loro due, che sembravano i vecchi disegni, quelli che non si
muovevano.
"Sono ferme" disse, quando lei annuì.
"Sì."
Non è che lui non lo
sapesse, che le foto dei babbani erano fisse, ma era la prima volta che
ne
vedeva una. Anzi, quattro: perché in quella striscia di
carta c'erano ben
quattro foto. Guardò il viso della ragazza, stupendosi
ancora di quanto lei
fosse così fotogenica, ma quando vide il suo volto si
rabbuiò: a parte il fatto
che non gli piaceva farsi fare foto, lui sembrava un idiota, mentre lei
rideva.
Solo l'ultima foto era bella, quella dove lei lo aveva preso alla
sprovvista e
lo aveva baciato.
Quando
vide la sua
espressione, Ginny pensò di aver sbagliato, così,
si scusò: "Avrei dovuto
dirti cosa sarebbe successo…"
"In verità le foto
scattate all'improvviso a volte sono più belle di quelle
studiate ad arte"
iniziò lui. "Ma dipende dal soggetto…"
spiegò ancora, colpendo la sua
faccia sulla foto in modo denigratorio.
"Non è vero!"
esclamò lei, strappandogliele dalle mani, quando
capì cosa intendeva. "Tu
sei bellissimo" sussurrò, dopo essersi alzata ed essersi
riseduta a
cavalcioni su di lui.
Blaise
sorrise quando lei
gli leccò il labbro inferiore, dandogli una prova di quello
che diceva. Si
baciarono ancora e poi disse: "Facciamo altre foto", e si
stupì lui
stesso di averlo anche solo pensato.
Lei si allungò a inserire
un'altra banconota nella macchina, non senza difficoltà,
visto che non voleva
staccarsi da lui, né scendere dalle sue gambe. "Ok, allora
pronto che
parte".
Quando lei si avvicinò
ancora per baciarlo, lui cambiò idea: voleva giocare? Lui
poteva farlo.
"No" disse, spostandosi all'ultimo e lei, stupita fece un'espressione
così meravigliata che Blaise rise, proprio mentre la prima
foto veniva
scattata.
"Vai!" esclamò,
allora lui, girandosi e mostrando la lingua all'obbiettivo.
Ginny
spalancò gli occhi:
l'aveva presa in giro! Sorrise anche lei e gli prese il naso,
facendogli fare
una smorfia, mentre lei riusciva a girarsi verso il flash e farsi
immortalare.
Blaise le fece perdere l'equilibrio, mentre lei scoppiava a ridere e le
foto
continuavano a scattare e loro a lottare davanti al vetro.
Quando ritirarono le foto,
avevano già mescolato risate e baci, mentre continuavano a
dondolarsi sullo
sgabello girevole e Blaise faceva finta di farla cadere.
"Siamo venuti bene,
stavolta. Forse io di più" la prese in giro, ammiccando.
Ginny non riusciva a
smettere di ridere. "Fammele vedere!" gridò, allungando la
mano,
mentre lui spostava il braccio fuori dalla sua portata. "Oddio, hai
ragione, guarda che faccia che ho…" rise ancora lei, con
un'altra smorfia
della bocca.
"Se non avessi finito
i soldi, ti sfiderei a farne ancora!"
Blaise
alzò un
sopracciglio: una sfida? Tirò fuori la bacchetta e gli
occhi di Ginny si spalancarono, come la sua bocca. "Che fai?"
sussurrò, guardando verso la tenda che, anche se tirata, non
li nascondeva del
tutto alla Londra babbana. "Non…"
"Perché non taci e mi
baci?" propose invece lui, tirandola verso di sé e agitando
la bacchetta
verso il vetro: la macchina iniziò a scattare foto a tutto
andare.
"Tu sei matto!"
La ragazza rise e gli prese di nuovo il volto fra le mani per
assaggiarlo, ma
subito dopo si girarono insieme verso l'obbiettivo e tutti e due, senza
essersi
messi d'accordo, arricciarono le labbra e corrugarono la fronte in modo
molto
poco elegante.
Blaise
scoprì quel
pomeriggio che, a volte, fare qualcosa di non premeditato, un po'
stupido, un
po' folle e con relativa documentazione di ciò che era
successo, non era male.
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Capitolo 33 *** Problemi? ***
Problemi?
-
-
"Ginny!" La
rossa si voltò alla voce della madre.
"Mamma!" esclamò
quindi, con un sorriso innocente, di quelli che aveva imparato a fare
già a
quattro anni. Ginny era appena a casa con la metropolvere, ma sua madre
l'aveva
bloccata prima ancora che riuscisse a salire le scale.
"Dobbiamo parlare,
signorina". Molly, con voce sostenuta, le indicava il tavolo in cucina,
senza nessuna possibilità di fuga.
Come? No, no.
"Veramente, io dovrei…"
La donna però la guardò
severamente e lei abbassò lo sguardo, annuendo e seguendola
in cucina.
"È più di un mese che
torni sempre tardi. Non mi piace non sapere dove sei e vederti tornare
all'alba…"
Ginny, che lanciando
un'occhiata all'orologio poteva notare che all'alba mancava ancora
parecchio
tempo, sospirò. "Sono stata da…"
iniziò, pronta a raccontare
l'ennesima bugia.
"Guarda che so già
che non vai a casa di Hermione né di Luna, risparmiami le
tue menzogne."
Molly assunse la
sua posa
da mamma, appoggiando le mani sui fianchi, assomigliando vagamente a
un'anfora.
"Ma quali menzogne!
Io… rimango a casa di una ragazza della squadra, si
chiama…" Ginny stava
mentendo, lei lo capiva benissimo. Ma questa volta non poteva lasciar
correre.
"Ginevra Molly
Weasley!" richiamò la ragazza e questa spalancò
gli occhi. "Non mi
raccontare frottole, sono tua madre!"
Ma cosa credeva, sua
figlia, che si fosse rincretinita? Anche lei era stata giovane e aveva
passato
parecchie notti con Arthur prima del matrimonio, ma non si sarebbe mai
sognata
di prendere in giro i suoi genitori. E poi loro sapevano che era con
lui. Ora
lei voleva sapere quello che stava combinando.
Ginny
sospirò e spostò lo
sguardo: non voleva raccontare bugie a sua madre, ma non voleva neanche
raccontarle qualcosa di cui neanche lei sapeva bene la situazione.
"Mamma,
io…"
"Dormi da un
ragazzo?"
Annuì e si passò una mano
fra i capelli.
"Senti" le
disse, abbassando il tono e sedendosi davanti a lei al tavolo. "Con
Harry
è appena finita e non vorrei che tu stessi
correndo…"
"Ho lasciato Harry
quasi un anno fa, mamma. Non sto correndo per niente."
La strega annuì e questa
volta sospirò lei. "È che quando stavi con Harry
io non ero in pensiero… E
tu non ti assentavi così tanto…"
"Mamma, Harry viveva
qui, praticamente! Dovevamo solo far le scale per vederci!" Ginny
alzò un
braccio indicando vagamente la scala a chiocciola nell'altra stanza
mentre
osservava il viso di sua madre rendersi conto della situazione.
"Ah!" Molly
sembrò pesare le sue parole. "Quindi, con questo qui, sei
già… intima?"
"Mamma…"
"Per l'amor di
Merlino, spero tu prenda precauzioni!"
"Mamma, sì!"
sbottò, per poi sospirare. "Ma non voglio parlarne
con…"
"Preferirei che tu
tornassi a casa prima, però. E poi non sta bene che ti fermi
a casa di un
ragazzo senza che..."
Pronta a ribattere che né
George né Ron, sicuramente, dovevano sottostare a una
qualsiasi regola assurda
stesse pensando, sbuffò e strizzò gli occhi,
quando il fratello più giovane
fece la sua comparsa in salotto.
"Ron!" esclamò
con entusiasmo, vedendolo dalla porta della cucina, rimasta socchiusa.
Ron non si
aspettava di
vedere nessuno: non se l'era sentita di smaterializzarsi e
così aveva preferito
usare il camino, ma aveva pensato che fosse troppo tardi per trovare
qualcuno
ancora in piedi.
"Ehm.. Ginny?"
Stranito più dal tono della sorella che dall'alcol,
osservò la madre e la
ragazza raggiungerlo in salotto come se fosse un vecchio parente
tornato dopo
anni.
"Mamma, a Ron non
diciamo niente per cui è tornato così tardi?
E… fammi sentire… non sembra
neanche totalmente sobrio o sbaglio?"
Sua sorella si era
avvicinata a lui e faceva finta di annusarlo.
"Ron! Hai
bevuto?" Sua madre era scandalizzata.
Ron non è che stesse
capendo benissimo: era uscito con alcuni colleghi del ministero e, una
cosa
tira l'altra, una pinta qua e una pinta là, sì,
insomma, poteva aver bevuto un
pochino di troppo.
Ginny si mise fra lui e la
mamma proprio mentre si passava una mano fra i capelli e tentava di
negare in
modo poco dignitoso.
"Scusami, Ron. Giuro
che mi faccio perdonare" sussurrò, solo per lui, prima di
girarsi verso la
signora in vestaglia che, con le mani appoggiate ai fianchi, era pronta
per una
sfuriata da strillettera. "Io gli farei qualche discorsetto su come ne
ha
rovinati più l'alcol che la bacchetta!" E così
dicendo, scappò via per la
scala a chiocciola.
Ma… Cosa era successo?
Si voltò verso sua madre,
non del tutto sicuro di riuscire a fare conversazione.
*
Ginny era
entrata in
camera e si era appoggiata alla porta chiusa sospirando: l'aveva
scampata per
un pelo.
Poco dopo si sentì bussare
alla porta: fece finta di niente e non rispose, sperando che chi fosse
in
corridoio pensasse che stesse dormendo.
"Ginny… sono io"
sussurrò Ron e la ragazza sospirò ancora,
pensando che a lui non poteva negare
una spiegazione.
Aprì lentamente la porta.
"Ron" mormorò.
"Posso entrare?"
Ginny spalancò l'uscio.
"Devi aver bevuto parecchio per chiedere il permesso di entrare in
camera
mia!"
Ron alzò una spalla mentre
faceva due passi e lei gli richiuse la porta alle spalle. "Hermione
dice
che se mi alleno a essere gentile, poi mi verrà naturale."
"Hermione ti ha preso
com'eri. Non è detto che diverso le piaceresti."
"Come?" Ron
sembrava un po' confuso.
"Lascia stare."
Ron si distese
sul letto di
sua sorella perché la stanza aveva preso a girare. "Cosa ti
ha detto la
mamma?" Chiuse gli occhi per non vedere il soffitto ondeggiare.
Sentì il materasso
piegarsi sotto il peso di Ginny, che si stava sdraiando accanto a lui.
"Ha fatto storie
perché torno tardi…"
"E tu le hai detto
che è fortunata per il fatto che almeno torni?"
"Come?"
Ron rise. "Niente, ho
bevuto davvero".
"Scusa se ti ho messo
in mezzo: non sapevo più come cavarmela. Dice che non sta
bene che io stia fuori
così tanto e che…"
"E che fai
sesso."
Ginny rise. "Ho
cercato di non arrivare a quella parte. Era già piuttosto
imbarazzante il fatto
che mi stesse sgridando per il coprifuoco…"
"Mamma ha solo paura
che tu soffra."
Ginny alzò un
sopracciglio, voltandosi verso di lui. "Sicuro di essere Ron?"
Il ragazzo si toccò la
faccia. "Sì, penso di sì". E il suo tono la fece
ridere ancora.
"Comunque ho sentito che lo diceva a papà dopo cena, non
sono proprio
parole mie…"
"Ah, ecco!" Ora
tutto aveva più senso.
"Penso che non le
piaccia il fatto che non lo hai ancora portato a casa ufficialmente.
Sai che
lei deve avere il controllo della situazione. Magari ha paura che
finisca come con
gli altri…" Ron sbadigliò e non mise la mano
davanti alla bocca.
"Gli altri? Mamma
cosa sa degli altri?"
"Non saprei. Ma lo
sai che non le sfugge niente."
Ginny sospirò e si strinse
le braccia al corpo, come se avesse freddo, nonostante la temperatura
fosse
ideale. "Non voglio portarlo a casa. È troppo presto:
voglio… tenerlo un
po' per me. Solo per me…" spiegò. Ron
alzò un braccio e l'abbracciò,
posandoglielo sulle spalle e stringendola; Ginny si gustò
quella coccola.
"Strano che tu sia
così riflessiva, per una volta."
"Come?" Ginny
corrugò la fronte: che intendeva?
"Sì, beh, di solito
fai le cose subito, senza pensarci, così… un
po'…" Cosa? Lei era cosa?
"Istintiva. Forse è la parola giusta. Merlino, Hermione
sarebbe orgogliosa
di me, ho usato una parola nuova… Istintiva."
"Istintiva?"
chiese ancora Ginny, facendo fatica a stargli dietro.
"Come dicevo, fai le
cose senza considerare quello che potrebbe succedere dopo, ma lo
capisco, a
volte lo faccio anch'io. Non è che lo facciamo apposta. Come
quando sono
scappato da Harry e Hermione e li ho abbandonati. Dopo ci ho ripensato
e sono
riuscito a capire i miei sbagli e ho rimediato; sono tornato. Forse
è una cosa
di famiglia…" Ginny ascoltò Ron con un orecchio
solo: davvero lei era
istintiva e non pensava a ciò che faceva? Prendeva decisioni
sul momento, senza
considerare troppo le conseguenze? Nel Quidditch lo faceva spesso, ma
era una
cosa buona. Beh, il più delle volte. Forse avrebbe dovuto
iniziare a fermarsi a
pensare, prima di agire?
"E lo fai
ancora?" gli chiese, in un sussurro.
"Sto cercando di non
farlo più. Anche se è difficile. Ma forse
è questo crescere, cosa dici?"
Crescere? Ginny annuì
senza dire niente: forse anche lei avrebbe dovuto smetterla di
comportarsi come
una bambina. Perché sono i bambini che si comportano senza
riflettere prima
sulle ripercussioni delle loro azioni. Avrebbe dovuto crescere anche
lei. Rimase
a pensare su questa cosa e per un po' nessuno parlò
più.
"Comunque prima o poi
ti toccherà portarlo a casa. Chi è? Il tipo del Puddlemere United?" Ron
sbadigliò ancora.
"No…"
rispose, non sapendo se dovesse essere sincera o no: come avrebbe
reagito Ron
al fatto che lei usciva con Blaise?
"Per
Godric, è Zabini, vero?"
"Come
hai fatto a indovinare?" Ginny spalancò gli occhi e si
voltò verso di lui,
ma Ron aveva ancora gli occhi chiusi e non poteva vederla.
"Beh, Ginny… la cena,
la foto sul giornale del Quidditch… Non sono un genio,
ma…" Suo fratello sorrise
al buio.
"Non è tutto come
sembra, sai? Alla cena è stato obbligato a venire e la foto
del bacio in verità
era uno scherzo che…"
"Sì, sì certo. 'Siamo
solo amici' dicevi" la interruppe lui con condiscendenza e ironia.
Ginny
sbuffò: come gli dava fastidio quando faceva
così! Ma d'altronde non poteva
dire niente, da fuori sembrava proprio come diceva lui.
Ma poi lui rise, aprendo
gli occhi e voltandosi verso di lei e Ginny capì. "Te lo ha
detto
Hermione! Le avevo detto di non dirti niente!"
Ron rise ancora e lei
sbuffò prendendo uno dei cuscini che aveva sul letto e
sbattendoglielo in
faccia.
"Ron, puzzi di burrobirra!"
Stizzita perché non poteva ribattere e lui continuava a
ridere lo stesso, fece
un broncio e si sentì veramente una bambina.
"Puzzi anche tu"
l'accusò.
"Io?" si
scandalizzò, tentando di avvicinare il naso all'ascella: non
era vero!
"Sì: di cedro. E di…
soddisfazione" disse, prima di addormentarsi.
Ginny pensò che non
l'avesse presa male come era successo con gli altri, forse Hermione
glielo
aveva detto nel modo giusto: lei sapeva davvero quello faceva. Come
tutte le
altre volte, in effetti.
***
"Blaise? Sono
io…"
Ogni volta che Ginny si
materializzava a casa del moro, anche se le aveva detto di farlo
tranquillamente, si sentiva sempre un po' d'impiccio: e se con lui, per
un
motivo o per l'altro, ci fosse stato qualcuno? Cosa avrebbero fatto o
detto?
"Sono nello
studio!" La sua voce, alta e sicura, non aveva mai bisogno di urlare o
alzarsi di tono. Doveva essere una di quelle cose che i piccoli snob
purosangue
succhiavano con il latte materno: non agitarsi e farsi rispettare.
Ginny lo raggiunse e,
sulla porta, lo vide fumare alla finestra. Cercava di non farlo alla
scrivania
perché una volta una pergamena si era rovinata con la cenere
della sigaretta.
Sorrise per il suo autocontrollo.
"Com'è andata?"
"Le hanno prese
tutte" rispose lui.
L'espressione
sul viso
della ragazza lo riempì di orgoglio: aveva scoperto che
rendere qualcun altro
fiero di quello che faceva lui, gli riempiva il petto di un calore
inaspettato.
Ed era bello. Anzi bellissimo. Era forse più eccitante di
contrattare il prezzo
delle foto che vendeva.
"Bravissimo!"
Lei si avvicinò e lo baciò. Blaise fece scorrere
la mano sulla sua schiena e
Ginny ridacchiò quando le toccò quel punto in cui
soffriva il solletico:
adorava quando succedeva.
"Non mi chiedi quanto
mi hanno dato?"
Lei alzò una spalla.
"Se ci tieni…" Si staccò da lui e andò
verso la scrivania, dove Kikky
aveva lasciato il vassoio del pranzo. Prese la mela e diede un morso,
mentre si
spostava per guardare i suoi nuovi disegni. Da un lato, il fatto che a
lei non
interessasse per niente il suo denaro, lo rendeva consapevole che non
stesse
con lui per quello, ma il suo patrimonio, d'altro canto, era anche il
suo
orgoglio, perché era lui che lo faceva fruttare, grazie alle
sue intuizioni e
al suo modo di agire. Si avvicinò alla scrivania dopo aver
spento il mozzicone.
"Quanto ti hanno
dato?" gli chiese, allora, con la bocca piena, mentre prendeva in mano
una
pergamena.
Quando glielo disse, lei
si girò di scatto, sgranando gli occhi. "Davvero? Per i
denti di Merlino!"
esclamò, alzando poi la mano per battergli un cinque.
"Già" continuò.
"Potremmo spenderli… che dici?"
Ginny
alzò gli occhi dal
disegno, che era tornata a guardare subito dopo essersi complimentata
con lui.
"E cosa vorresti farci?" chiese, in risposta.
"Non so. Che ti
piacerebbe? Vorresti un regalo?" Blaise infilò le mani nelle
tasche dei
pantaloni, esibendo un sorrisetto sghembo.
"Io?" chiese e
lui scosse le spalle. "A me non serve niente" spiegò,
corrugando la
fronte.
Già,
questo Blaise lo
sapeva già. "Non vorresti qualcosa?" Lei si morse un labbro,
mentre i
suoi occhi si inumidivano.
"In verità ciò che
desidero non si può comprare…"
mormorò, abbassando lo sguardo e lui si
sentì un idiota. "Però…" La ragazza
tornò a guardarlo con uno sguardo
diverso. Però? Blaise stette in attesa. "Ci sarebbe una cosa
che mi
piacerebbe… Ma costa un sacco di galeoni e non lo avrei mai
proposto… ma visto
che me lo chiedi…" Come? Cosa? Blaise si fece attento:
davvero bastava
chiederlo?
Ginny fece un
passo verso
di lui con uno sguardo eccitato e divertito, come se avesse otto anni e
fosse
la mattina di Natale. Blaise era sempre più attento, pronto
a ricevere da lei
un'informazione preziosissima, neanche fosse la profezia che lo avrebbe
designato imperatore del mondo magico. "E…
cos'è?" chiese, quando non
parlò più.
La ragazza scosse il capo.
"Mi vergogno… costa veramente tantissimo…"
Blaise
corrugò la fronte:
ma cosa poteva essere? Quando lei abbassò di nuovo lo
sguardo, si avvicinò.
"E quanto costa?"
"512 galeoni".
Ginny alzò il viso verso di lui. Blaise non
collegò subito, cercando di pensare
cosa gli ricordasse quel numero. Fu solo quando lei scoppiò
a ridere che capì
di essere stato preso in giro.
"La maglia di
Quigley!" Blaise era divertito, ma scosse la testa.
"Sì. Regalamela che
voglio usarla per provare gli incantesimi distruttivi…" Rise
ancora lei,
per poi stringersi contro di lui e mettergli le braccia al collo. "Non
devi spenderli per me, Blaise, sono soldi tuoi. Ma se vuoi, possiamo
fare
qualcosa insieme: andiamo a mangiare in quel ristorante italiano dove
mi hai
portato due mesi fa, o a un concerto delle Sorelle Stravagarie o
ovunque tu
voglia… Non mi interessa niente, voglio solo stare con
te…"
Blaise incassò il colpo
sorridendo e annuì: l'avrebbe accontentata. Lo avrebbe fatto
anche se lei gli
avesse detto di desiderare che gli comprasse un elfo. "Potremmo andare
al
Tasty Magic…" propose. Notò la smorfia che
segnò il viso della ragazza, ma
poi lei sorrise di nuovo, passandosi una mano sulla testa.
"Va bene, se proprio
ci tieni, andremo lì. Ma devo passare da casa a mettermi un
po' di terra nei
capelli…" Quando capì la battuta, Blaise
sbuffò bonariamente e la spinse,
facendola cadere sul divano dove lei aveva dormito quando gli era
svenuta fra
le braccia.
"Spiritosa, mia cara
Ginny…" la prese in giro.
"Come? Non lo sapevi?
Eh, ma ormai è tardi, non puoi più ridarmi
indietro, sai?" E così dicendo
lo tirò per la camicia per farlo chinare e riuscire a
baciarlo. Blaise non si
fece scappare l'occasione, anche se non le disse che non avrebbe mai
tentato di
'ridarla indietro'.
***
"Ohi, ma mi stai
ascoltando?"
Blaise staccò lo sguardo
dalla rossa che, nella cucina di Pansy, era chinata sul tavolo mentre
le
raccontava qualcosa di divertente, per cui le ragazze stavano ridendo
insieme.
Scosse il capo.
"Scusa, Theo".
Si voltò verso l'amico, prestandogli attenzione.
Theo
sbuffò bonariamente:
aveva visto che Blaise non riusciva a smettere di guardare la Weasley,
come se
dovesse continuamente sapere dove fosse e cosa facesse.
"Dicevo" iniziò,
andandosi a mettere comunque nella traiettoria fra Blaise e la cucina,
onde
evitare altre distrazioni. "Hai visto Draco, ultimamente?"
Da quando avevano avuto
quella famosa 'discussione' con il biondo, non ne avevano
più parlato, forse
anche perché erano stati distratti dalle ragazze, ma la sera
prima ci aveva
pensato e aveva notato che lui non si era più fatto vedere.
Blaise
portò tutta
l'attenzione sull'amico: Draco? No, non solo non lo aveva
più visto, ma non ci
aveva neanche più pensato. Scosse il capo mentre beveva dal
bicchiere di
cristallo. Ascoltò Theo parlare del biondo con un orecchio
solo, finché non
disse qualcosa che attirò tutta la sua attenzione.
"Come?" chiese,
pensando di aver capito male.
"Redpoppy House,
Blaise, ma mi ascolti?"
Oh. Parlava della
proprietà che la madre di Blaise aveva ereditato da uno dei
precedenti mariti:
era una costruzione dalle discrete dimensioni nella campagna inglese e
loro,
lui e gli altri, c'erano andati più volte durante le vacanze
di primavera o
d'estate. Si ricordò anche del laghetto: poco più
di uno stagno,
effettivamente, ma un ambiente confortevole e in mezzo al boschetto.
Avrebbe
potuto portarci Ginny: era sicuro che a lei sarebbe piaciuto molto,
poteva
essere una vacanza, in fin dei conti. Un posto dove lei non sarebbe
scappata
via di notte per tornare a casa e avrebbero passato del tempo insieme.
"Dicevo che potremmo
portarlo lì, no? Chiamiamo anche Hermes e gli altri, un
weekend fuori da tutto,
come le altre volte, durante gli anni della scuola…
chissà che non scopriamo
qualcosa…"
Mmm… no, lui ora non
poteva proprio andare via. Non voleva staccarsi dal suo folletto rosso,
non
ancora. Lanciò uno sguardo alla cucina, ma la ragazza era di
spalle, così
lasciò scivolare gli occhi sul suo sedere. Potevano andare a
RedpoppyHouse loro
due, così avrebbero passato un'intera notte insieme. E forse
più di una.
"No, non penso che…
Non saprei…" Accampò qualche scusa, girandosi
verso l'amico e sperando di
essere convincente, mentre osservava Theo aggrottare la fronte in un
modo molto
curioso: non resse il suo sguardo quando capì che lo avrebbe
sgamato.
"Di che
parlavate?" chiese la mora, entrando nel loro cerchio di azione, mentre
Ginny la seguiva reggendo un piatto di stuzzichini e un bicchiere pieno
di vino.
Le due ragazze si
sedettero sul divano, e Theo alzò le spalle prima di bere
l'aperitivo che aveva
nel bicchiere. "Stavo ricordando a Blaise di quando andavamo a Redpoppy
House".
"Oh!" A Pansy
brillarono gli occhi, mentre esclamava: "Redpoppy House! Oh, Ginny
sarebbe
magnifico, devi vederla, è una casa bellissima, in mezzo
alla campagna. Non
incontri nessuno per un sacco di miglia, e c'è anche un
bosco; e in mezzo al
bosco un delizioso stagno che…"
La mora aveva iniziato un
monologo descrittivo troppo veloce per essere capito, tanto
l'entusiasmo la
stava prendendo, prima che il moro smorzasse ogni euforia.
"Dicevo che non è
agibile, adesso: ci sono dei lavori da completare e non si
può proprio
andarci" la interruppe Blaise, con un tono forse troppo duro rispetto a
quello che stava dicendo e un disagiato silenzio riempì il
salotto: tutti
avevano nasato la scusa del ragazzo, che sembrava contrario all'idea
dei suoi
amici.
Ginny ci rimase male più
per il suo tono e per come aveva zittito i ragazzi che per quello che
sembrava
che fosse: non parlarne davanti a lei.
Pensò di dire ad alta voce
che non c'era problema per lei, che li avrebbe lasciati soli per
discutere
della cosa, ma pensando che potesse essere una di quelle cose
'istintive' che
le aveva detto suo fratello, decise di non parlare e si alzò
per tornare in
cucina a prendere qualcosa che aveva fatto finta di dimenticare, per
dare loro
l'occasione di parlarsi.
Pansy
notò la rossa
alzarsi e raggiungere la cucina, così la seguì e
aprì uno sportello a caso, iniziando
a parlare di una cosa qualunque.
Theo
notò le ragazze in
cucina e si sporse verso Blaise, sussurrando: "Merlino, ma che ti
è preso?
Si è capito benissimo che era una bugia!"
Il moro scosse le spalle.
"Non so davvero come è messa la casa. Non so neanche se
è può ospitare
qualcuno, non controllo gli elfi da una vita…"
Sì, va bene, ma non
avrebbe potuto dirlo direttamente? "Ma così sembrava che tu
volessi…"
iniziò, ma l'amico lo interruppe, liquidando la questione
con una mano.
"Per Draco, troveremo
una soluzione al più presto, senza aspettare il momento
giusto per andare in
campagna: non lo lasceremo nei guai, lo sai benissimo…" Theo
annuì alle
sue parole e si rassicurò un pochino: Blaise era quello su
cui contare per le questioni
organizzative perché gli piaceva avere il controllo di tutto
e loro glielo
lasciavano fare volentieri. Sapeva anche che per lui era importante che
ogni
cosa fosse perfetta. Ma se anche la casa non fosse stata pienamente
lucida, che
differenza faceva? Forse a volte era esagerato e avrebbe avuto bisogno
di
lasciarsi un po' andare. Notò le ragazze tornare verso di
loro, chissà forse
davvero la Weasley avrebbe potuto essere la persona giusta: era
così poco
prevedibile, lei. E di sicuro poco controllabile.
"E comunque è troppo
presto per organizzare una cosa così" rimarcò
ancora lui: vabbè, almeno le
piccole manie potevano lasciargliele, no? Annuì
distrattamente.
Ginny
sentì l'ultima frase
di Blaise e pensò che riguardasse la loro relazione: era
troppo presto per
andare in vacanza insieme? Effettivamente poteva essere,
così come per lei era
troppo presto ufficializzare la cosa in famiglia, forse per lui era
troppo presto
passare insieme e a stretto contatto, il tempo di una vacanza con i
suoi amici
più intimi.
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Capitolo 34 *** Cose non dette ***
Cose non
dette
-
-
"Perché
non rimani un
altro po'?"
La voce di Blaise era
intrisa di aspettativa, ma sperava che non si notasse troppo.
Ginny lo guardò e poi fece
un sorriso triste. "Devo andare, lo sai. È già
così tardi…"
Giusto: il giorno dopo lei
si sarebbe alzata presto per andare all'allenamento. Il ragazzo
annuì.
Ginny
sospirò e si
risedette sul letto. "Blaise…" mormorò,
accarezzandogli il petto
nudo. "Devo pur tornare a casa, no?"
"Sei sicura?" Blaise
fece un sorriso sornione, prendendole la mano per intrecciare le dita
con le
sue.
No. No. Se lui iniziava a
fare così, non sarebbe mai tornata a casa; lentamente tolse
la mano dalla sua e
si rialzò dal letto. Con una mano si avvolse i capelli e poi
fece scorrere gli
occhi per le lenzuola, cercando la piuma che li aveva raccolti; si
chinò sul
cuscino del letto matrimoniale per recuperarla e la infilò
nella chioma sulla
testa.
"Sì, sono
sicura" precisò, con un sorriso triste.
Si guardò intorno cercando
il resto della sua roba e si avvicinò alla sedia dove aveva
lasciato cadere il
mantello quando, dopo la cena, si erano materializzati direttamente in
camera.
In quel momento un gufo di
media altezza si posò sul davanzale della finestra,
spingendo l'anta vetrata
che, appena socchiusa, era facilmente raggiungibile, per lui.
"Aspetti un
gufo?" La ragazza si girò verso il letto e Blaise scosse il
capo,
alzandosi. Era ancora nudo, ma non ci fece troppo caso, avvicinandosi
alla
finestra. Il gufo si spostò, allontanando dalla mano tesa
del ragazzo la busta
che stringeva col becco. Oh?
Si voltò verso Ginny.
"Mi sa che è per te".
"Per me? E chi è?"
chiese lei, seduta mentre si infilava una scarpa. Blaise
alzò una spalla,
osservando l'animale: doveva essere un allocco, visto che non
raggiungeva la
grandezza degli altri gufi e sembrava più scuro.
La ragazza lo raggiunse e il
piccolo volatile lasciò che gli sfilasse la busta dal becco,
bubbolando in richiesta
di cibo.
Blaise prese la bacchetta
e appellò un biscotto per gufi dalla cassettiera vicino al
letto.
"Oh!" Sentì la
rossa esclamare, per poi infilare la lettera nella tasca interna del
mantello;
Blaise si voltò verso di lei.
"Chi è?"
"Harry" rispose
solamente.
Cosa? Harry Potter? Ah. E
cosa le scriveva? "E perché ti scrive?"
Ginny si
alzò sulle punte
e lo baciò sulla guancia. "Quando la leggerò lo
saprò. Ora vado".
"No, rimani"
disse; il suo tono duro e la sua faccia imbronciata facevano sembrare
il tutto
un ordine, più che un invito.
"Come chiedi tu le
cose…" iniziò, ironicamente, alzando gli occhi al
soffitto: avevano già
parlato del fatto che lui spesso avesse un atteggiamento autoritario,
cosa di
cui non si rendeva conto, e che avrebbe dovuto lavorarci su.
Blaise
capì che doveva
essere una 'di quelle volte' in cui non aveva usato il giusto tono, ma
si
sentiva spaesato. "Per favore?" aggiunse allora.
Ginny sorrise.
"Meglio". Si avvicinò a lui e lo baciò sulle
labbra. "Ma devo
scappare davvero" concluse subito dopo. Merlino, aveva pensato che
bastasse! Non bastava dire 'per favore' per ottenere quello che si
voleva? E
cosa bisognava dire, altrimenti?
Ginny
guardò di sfuggita
l'orologio: non aveva raccontato a Blaise della ramanzina di sua madre
perché
era convinta che lui si sarebbe presentato alla Tana per spiegare alla
sua
famiglia che lei era al sicuro e altre cose del genere, e non voleva
assolutamente che succedesse. Come aveva spiegato a Ron due giorni
prima, era solo
troppo presto. E poi sembrava una cosa tremendamente infantile!
Sgridata dalla
mamma perché faceva tardi…
Si chinò per recuperare
l'altra scarpa, quando Blaise la prese per una mano e la fece girare,
abbracciandola: si ritrovò contro il suo petto e sorrise,
nonostante tutto.
"Blaise…"
"Ginny" la imitò
lui, mentre si chinava a lasciarle un bacio umido sul collo. No. No.
Non poteva
fare così. Mentre si spostava verso la clavicola e poi
ancora la baciava in
quel punto così sensibile dove finisce il collo e inizia la
spalla, la ragazza
sospirò: un sospiro che dovette trattenere perché
non si trasformasse in un
piccolo, traditore, gemito di piacere.
Quando la mano calda del
ragazzo si fece strada lungo il suo corpo per poi approdare sotto la
maglietta,
lei iniziava già a non ragionare più lucidamente.
Con le dita lui spostò il
lembo di stoffa per percorrere quella scia sensibile di pelle e Ginny
non
riuscì a trattenersi. "Santo Godric, Blaise, io…"
Blaise sapeva
quello che
stava facendo: si spostò appena da lei per chinarsi, alzarle
la maglietta dal
ventre e riniziare a baciarla su quella pelle morbida. Vide il manico
della
scopa sbucare dai suoi jeans e, esattamente come la prima volta che
l'aveva
visto, il sangue gli riempì il basso ventre, rendendolo
pronto di nuovo. Mentre
si avvicinava con le labbra alla cintura dei pantaloni,
sganciò il bottone con
un gesto esperto e, all'ennesimo gemito della ragazza, la
sbottonò del tutto
per poi abbassarle i jeans.
Ginny capiva che
lui lo
stava facendo apposta, ma a un certo punto decise di non voler
più ribattere e
si lasciò cadere sul letto, tirandosi dietro il ragazzo.
Notò il sorrisino
vittorioso di Blaise, ma ormai non le interessava più
niente. "Sei
tremendo, lo sai?" disse, prima di baciarlo a bocca aperta.
Blaise sorrise
poco prima
che lei chiudesse gli occhi e si sporgesse verso di lui per baciarlo
con
passione. Non dovette più insistere e non fece neanche
obbiezioni quando prese
in mano il gioco e i loro ruoli si invertirono: lei aveva deciso di
rimanere e a
lui sembrava di aver vinto la guerra magica.
*
Blaise mescolava
da cinque
minuti lo zucchero nel tè: aveva una buona rendita e tanti
possedimenti, non
aveva bisogno di lavorare per vivere, poteva fare quello che voleva.
Gli piaceva
fotografare e fare disegni; nella prima attività era anche
piuttosto bravo,
visto che riusciva a vendere le foto al prezzo che decideva ed erano
sempre
ricercate. Disegnare lo rilassava e forse, se un giorno avesse deciso
di
mettersi in gioco, avrebbe anche potuto pensare a una sorta di
pubblicazione di
storie a fumetti. Insomma, la sua vita era fantastica, non aveva
bisogno di
niente. Aveva amici per bere e divertirsi e, se ce ne fosse stato
bisogno,
avrebbe potuto avere qualsiasi donna avesse potuto scegliere (o
così gli
piaceva pensare). Non aveva bisogno di niente. Non doveva per forza far
parte
di qualcosa, non voleva dipendere da nessuno (di questo ne era convinto
solo
quando era di buon umore, però). Non gli interessava di
niente. Niente a parte
sua madre e le sue cose. Ma lei… Lei riusciva sempre a
mettergli dei dubbi. Non
che lo facesse apposta, di questo era consapevole; e chissà,
forse proprio
perché capiva che lei non cercava mai di manipolarlo, lui si
sentiva così
coinvolto.
E ora… ora non riusciva a
smettere di pensare a cosa Potter poteva aver scritto a Ginny. E
perché gli
interessava così tanto sapere cosa lei gli aveva risposto?
Iniziava a non
riuscire a pensare ad altro e la cosa lo infastidiva parecchio. Anche
se a lui
non interessava. Anche se sapeva che a lei, Potter non interessava
più…
"Sei solo
geloso…"
Pansy sospirò, mentre ascoltava il monologo di Blaise,
lanciando a Theo, che si
aggirava per il salotto alle spalle dell'amico, un'occhiata carica di
richieste
d'aiuto e a cui lui rispondeva con piccoli sorrisi beffardi.
"Non sono
geloso!" Blaise batté la mano sul tavolo, come se la cugina
lo avesse
offeso e lei sospirò ancora, in modo molto evidente.
"Blaise…"
"Non ero geloso
neanche quando ho visto Chastity con quell'altro tipo e loro avevano
appena
fatto sesso!" esclamò, forse con troppa enfasi: per fortuna
Pansy era già
venuta a conoscenza della storia, altrimenti per la sorpresa, le
sarebbe venuto
il singhiozzo. O sarebbe venuto al bambino.
"Di
quella…"
Theo appoggiò una mano sulla spalla di Blaise, ma si
bloccò prima di dire una
parolaccia, guardando Pansy. "Quella… Di quella
là, non te ne fregava
niente, mentre della Weasley, invece…"
"Ma non vuol dire che
io sia geloso!"
"Non c'è niente di
male a essere gelosi. È una situazione fuori dal tuo
controllo e ti rende
nervoso. Pensi che se riuscissi a tenerli lontani, non potrebbe mai
succedere niente
fra di loro. Ma non funziona così: non puoi controllare
tutto, devi fidarti".
Cercò di spiegare allora la ragazza, chinandosi verso di lui
e coprendogli una
mano con la sua.
"Sì, può essere…"
ammise lui. "Ma io mi fido…" Anche Theo sentì il
vero e allo stesso
tempo il suo disagio a dover ammettere quelle cose: per Blaise era
difficile
fidarsi di qualcuno e lasciare il comando della situazione.
Cercò di
sorridergli, ma l'amico dovette capire male, perché
tentò ancora di negare.
"Comunque, non sempre voglio decidere tutto io o avere il controllo.
Non
sono così…"
"Il sesso non vale,
Blaise" lo interruppe Theo e lui gli lanciò un'occhiataccia.
"E comunque ti dà
fastidio che lei non dipenda da te e possa liberamente avere contatti
con
Potter…" Theo rise all'occhiata che Pansy gli
lanciò per le sue parole: se
non lo faceva lui, chi lo avrebbe stuzzicato? Doveva scrollarsi di
dosso quella
rigidità che si era cucito a mo' di corazza sulla pelle
tanto tempo prima e che
non gli faceva bene per niente.
Blaise sapeva
che il fatto
di non riuscire a gestire tutto a volte lo rendeva paranoico, ma di
solito
riusciva a trovare una soluzione per ogni problema, così
tutto andava poi per
il meglio. Ma questa volta non ci riusciva: era così
difficile... "Lei non
ha detto a nessuno di noi. A parte quella cavolo di cena, non sono mai
stato a
casa sua, suo fratello non ha chiesto il mio scalpo, non siamo mai
usciti con
le sue amiche, non…"
Pansy inclinò la testa e
lo guardò con tenerezza. "Blaise, questo non vuol dire che
non tenga a te.
Magari ha bisogno di tempo anche lei… Forse è
solo cauta".
"Ginny fa tutto
quello che vuole, non è… cauta". Dover ammettere
ad alta voce che se lei
non aveva detto ai suoi amici di lui poteva essere perché
non credeva nella
loro storia, era quasi umiliante.
"La sua ultima storia
era sotto gli occhi di tutti. Vuole solo essere discreta."
Blaise sbuffò: non voleva
mica che facesse un annuncio! Gli sarebbe bastato che lo sapessero la
Granger e
la Lovegood. E anche Paciock. Sì, avrebbe voluto che anche
lui ne fosse a conoscenza.
Sembravano più una coppia quando non lo erano che in quel
momento, pensò,
ricordando le foto della cena di beneficenza. Aveva dovuto chiedere a
Pansy una
copia vecchia della rivista per farlo, ma ne era valsa la pena.
Santo Salazar, quando lei
stava con Potter lo sapevano tutti e questo, anche se li metteva in una
situazione di disagio, era comunque una verità. Non c'era
bisogno di dirlo a
nessuno: si sapeva e basta. Lo sapeva anche lui e a lui di Potter non
gliene
era mai fregato niente!
"Perché non lo chiedi
direttamente a lei?" propose Theo, cercando di essere conciliante.
"Che cosa?"
Blaise non capiva cosa volesse dire, i suoi pensieri viaggiavano
velocissimi;
l'amico si sedette prendendo una tazza di tè.
"Chiedile cosa le ha
scritto Potter. E, se la cosa ti infastidisce, chiedile cosa
c'è ancora fra
loro."
Non c'era niente fra loro!
Ginny stava con lui, Santo Salazar! Forse doveva per forza fidarsi e
lasciare
che le cose procedessero con calma.
"Non voglio
chiederglielo" ammise subito dopo, per poi bere un sorso di
tè e scoprire
che si era fatto freddo; con una smorfia riappoggiò la
tazzina e Pansy impugnò
la bacchetta per riscaldarglielo.
"Oh. E come
mai?"
Lui scosse le spalle: era
difficile da spiegare, ma non voleva farle sapere che lui
era… era… era
curioso, ecco, sì, era curioso di sapere. Non era geloso.
Era solo curioso. Non
voleva ammettere di avere quella… debolezza.
Theo
alzò un sopracciglio
e si scambiò un'occhiata divertita con Pansy. "Non sarebbe
una debolezza,
Blaise. Ammettere di tenere a qualcuno e aver paura di perderlo,
è normale.
Essere gelosi non è…"
Blaise spalancò gli occhi
alle parole di Pansy e lì, Theo capì che non si
era accorto di aver parlato ad
alta voce.
"Non ho paura di
perderla. E non sono geloso."
Ora Pansy sbuffò forte.
"Certo. Infatti l'hai circuita con il sesso affinché non
andasse a casa a
leggere la lettera di Potter perché sei una persona cattiva
e non perché sei
geloso!" esclamò, con sarcasmo.
Blaise si
voltò verso
Theo, che spalancò gli occhi e alzò i palmi delle
mani.
"Ti avevo detto di
non dirlo a nessuno!"
"È la mia futura
moglie, non ho segreti con lei!" si difese il ragazzo.
"Non diventerò tua
moglie" disse Pansy, con calma.
"Come?" Theo
voltò il viso verso di lei e strabuzzò gli occhi:
i problemi di Blaise già nel
dimenticatoio. "Cosa vuol dire?"
"Non ci sposeremo,
Theo" rispose lei, alzandosi dalla sedia a fatica, appoggiando le mani
sul
tavolo.
"Certo che ci
sposeremo e diventerai mia moglie! Cosa credi che…"
Blaise
sbuffò. "Non
potete litigare dopo? Qui si stava parlando di me e Ginny…"
Theo gli lanciò
un'occhiataccia. "Veramente si parlava della Weasley e di Potter"
precisò, per poi girarsi verso Pansy di nuovo.
"Tu…"
"Giusto: di
Potter" lo interruppe la ragazza, rivolgendo a Blaise tutte le sue
attenzioni
e ignorando Theo. Blaise pensò che forse non sarebbe stata
una cosa buona.
"Hai…"
"Se dici ancora che
ho circuito Ginny con il sesso, ti lancio un silencio!"
sbottò Blaise.
"Perché, non è quello
che hai fatto?" Anche Theo si voltò verso di lui, alzando un
sopracciglio.
Certo che era quello che
era successo, ma dirlo ad alta voce non lo faceva sembrare bello. Cosa
avrebbe
dovuto dire? Lei sembrava prendere la loro storia in modo leggero. Come
se non
ci credesse o non volesse farlo sapere in giro. Era andato al campo da
Quidditch, ma lì non avevano detto a nessuno di come fosse
cambiata la
situazione e lui non era sicuro che lei avesse speso qualche parola per
farlo
sapere alle compagne di squadra. Probabilmente loro pensavano ancora
che
fossero solo amici. Finti amici, come era all'inizio. Ora avrebbe
voluto aver
fatto qualcosa di azzardato davanti a loro, come quando aveva baciato
Ginny
dopo la cena. Ma che idiota che era! Lo aveva fatto quando fra loro non
c'era
niente e non l'aveva più presa fra le braccia quando c'erano
gli altri.
Probabilmente un po' di colpa era sua davvero. Ma lei non aveva detto
niente,
non si era mai lamentata. A Ginny andava sempre bene. E se fosse stato
davvero
per il sesso? E se a lei non interessava nient'altro? Lui non aveva
aiutato la
cosa di sicuro…
Pansy scosse la
testa: ma
cosa aveva quel ragazzo? "Lei ci tiene a te" iniziò,
prendendo degli
altri biscotti dal mobile e tornando a sedersi per scartare la scatola.
"A volte non sembra
così. Come se stessimo insieme solo per fare…
quello. A parte voi, non sembra
che abbia detto a qualcuno che…"
Pansy sospirò: i ragazzi
non volevano mai esporsi, ma poi la cosa gli piaceva se ci pensava
qualcun
altro. "Blaise, la sua ultima storia seria è stata con un
ragazzo di cui
si era innamorata da bambina, quello che ha salvato il mondo e di cui
ha letto
sui giornali qualsiasi cosa, sia vera che falsa. Pensi che il suo primo
pensiero, adesso, sia quello di sbatterti su 'Strega 2000" o qualcosa
del
genere? Di far sapere a tutti che forse è riuscita ad andare
avanti dopo che
con il suo primo amore non ha funzionato? Vorresti che il mondo magico
puntasse
il dito su di voi e facesse scommesse?"
Blaise scosse la testa.
"Non avevo pensato ai giornali" ammise lui. E per forza non l'aveva
fatto: a lui non interessavano e non li leggeva mai! Ginny le aveva
detto che
era stata lei a dovergli dire della loro foto che era apparsa sui
tabloid.
"Dici che è per questo allora? Non che sta con me solo per
il…"
Pansy alzò gli occhi al
cielo. " Allora:, sono sicura che non ti sta usando solo per fare
sesso!"
"E tu lo sai perché…"
"Perché frequenta i
giocatori di Quidditch!" sbottò Theo, sedendosi accanto alla
ragazza, ma
continuando a lanciarle occhiate minatorie. "Perché dovrebbe
venire a
cercare te?"
"Oh, grazie
mille" disse il moro, stizzito, e Pansy rise.
"Effettivamente…"
"Pansy, almeno
tu…"
"Ma dai, lo ha detto
anche lei: l'ultima volta lo aveva fatto con Stonewall dei Puddlemere United!"
rimarcò Theo.
Blaise
storse la bocca: sì, era presente quando lo aveva detto,
anche se lui lo sapeva
da quando l'aveva raccontato a Paciock nel giardino degli Stin'sen.
"A me ha anche detto
che era piuttosto…"
Blaise per poco non le
lanciò una fattura e la interruppe per non farla continuare.
"Potete
smetterla? Non mi interessa sapere quanto le piacesse farlo con quello
là!" Pansy gli sorrise e posò una mano sulla sua.
"Ma mi ha anche confessato
che lui non le piaceva del tutto. Che le ricordava troppo Potter
perché fra
loro potesse funzionare oltre a quello" continuò, con
dolcezza.
Come? "In che
senso?"
Theo scosse le spalle.
"Che è troppo perfetto" disse, al posto della ragazza, che
lo guardò
male.
Oh. "Perfetto?"
"Sì: bello, ricco,
con i suoi stessi interessi, bravo a letto: perfetto. Devi esserne
contento,
visto che non sei così e, chissà
perché, le piaci lo stesso."
Blaise non era sicuro di
quello che gli stava dicendo l'amico. "Le piaccio perché non
sono
perfetto?"
"Esatto!" Theo
rise e Blaise si chiese se lo stesse prendendo in giro.
Pansy scosse il
capo e
diede uno scappellotto a Theo perché, come al solito, ci
stava mettendo del suo.
"Ascolta, Blaise. Lei non sta con te perché non
può stare con nessun
altro. Lei ha scelto te fra tutti. Quindi vuol dire che…"
"Che qualcosa di
buono devi averlo per forza anche tu, lì, nascosto da
qualche parte!"
concluse, di nuovo, il suo quasi ex fidanzato, se avesse continuato
così.
"Theo!" Pansy si
alzò e Theo, ridendo, scappò intorno al tavolo,
per non farsi prendere.
Blaise
osservò Theo e
Pansy quasi rincorrersi e alzò gli occhi al cielo.
"Sì, vabbè…"
"Ascolta…" Pansy
si fermò accanto a lui, sperando probabilmente che Theo non
facesse altrettanto
e non interrompesse il suo giro intorno al tavolo. "Parla con lei. Sono
sicura che, qualsiasi problema abbiate, sia solo una questione di
comunicazione. Sarà un sassolino di cui stai facendo una
montagna, questa
storia del 'non lo sa nessuno': a lei piaci tu, non Potter o
quell'altro…"
"Il bel figo" si
intromise Theo e Pansy lo fermò serrandogli un braccio.
"Lei sta con te. E se
sei così insicuro è perché…"
"Perché Potter verrà
in Inghilterra per il matrimonio di Paciock e hai paura che se si
rincontrano
possano finire a let…" Pansy diede un pizzicotto al moro e
Theo si lagnò,
interrompendosi.
Quindi era questo che
c'era scritto nella lettera? "Dici che tornerà qui per
questo?"
Theo alzò le spalle mentre
si massaggiava la pelle dove la ragazza lo aveva pizzicato. "Beh, erano
amici e Paciock si sposa… Fai tu le tue conclusioni, no?"
Giusto. Giusto.
Poteva essere. Ma allora
perché lei non glielo aveva detto? La gelosia gli prese la
bocca dello stomaco
e strinse fino a fargli venire la nausea. Gli occhi di Theo ridevano,
mentre
immaginava quello che stava pensando.
"E tu sei così
insicuro perché non hai il controllo della situazione. Come
è giusto che sia."
Blaise annuì e si alzò:
iniziava a mettere insieme le cose: non su tutto si poteva avere il
controllo,
specialmente su una ragazza imprevedibile come lei.
"Dovresti parlarle.
Vedrai che risolverete tutto. E Blaise…" Lui
fissò gli occhi su di lei. "Io
ti conosco: hai paura di perderla perché sei innamorato e
non ti è mai successo
prima" spiegò, con un sorriso, girandosi quando Theo la
raggiunse da
dietro e le mise una mano sulla pancia. Poi tornò a
guardarlo. "Ma devi
fidarti, per una volta. So che è difficile, dopo Chastity.
Ma Ginny non è così:
lei non tradirà la tua fiducia".
Blaise abbassò gli occhi
quando la cugina disse quella frase perché aveva capito
davvero il suo punto
debole. Ora, però, l'unica cosa che voleva fare era
stringerla fra le braccia.
E baciarla. Sì, magari anche altro, ma visto che
probabilmente era alla Tana,
si sarebbe accontentato.
Il moro si
smaterializzò e
Theo si chinò sulla ragazza per baciarle il collo: doveva
trovare il modo per
convincerla a sposarlo.
***
Ginny era
sdraiata sul
vecchio lettino a sdraio, quello che sostava nel cortile della Tana da
quando
lei era piccola ma che ancora non si era disfatto del tutto, e guardava
la
trasformazione del cielo, in attesa della cena. Sospirò, un
po' stanca.
Ron si
materializzò al suo
fianco e lei sobbalzò, girandosi verso di lui.
"Volevo
spaventarti". Le allungò una bottiglietta di burrobirra.
"Come?" Allungò
la mano verso la burrobirra chiedendo spiegazioni.
"Volevo proprio
spaventarti: ti ho visto qui, così tranquilla…
Non sembravi neanche tu".
Ron sorrise come quando aveva sette anni e l'aveva aiutata a imparare a
tenere
in mano una piuma.
Ginny fece
tintinnare la
bottiglietta con quella che teneva in mano il fratello e
tornò a guardare il
cielo prima di prenderne un sorso. "Sono solo un po' stanca…"
Anche lui bevette e poi
guardò il cielo striato di rosso, mentre si sedeva su una
sdraio accanto a lei.
"Almeno ora è per motivi differenti" mormorò.
La rossa si voltò
velocemente verso di lui. "Sai dei sogni?" Da quando aveva cominciato
le sedute dallo psicomago, aveva iniziato anche a parlare
più apertamente dei
suoi sogni: non erano più una cosa proibita o di cui
vergognarsi, ma erano un
problema che stava affrontando e che sembrava avere una soluzione.
Ron
alzò una spalla,
continuando a guardare lontano: era stato il primo in famiglia a notare
che la
sorella non dormiva, ma era stato un troll perché non aveva
capito quanto fosse
grave il problema.
"Chi te lo ha
detto?"
"Ho detto a Hermione
del fatto che ti beccavo spesso sveglia quando tornavo a casa e da
lì…"
"E Hermione mi ha tampinato
finché non è riuscita a estorcermi tutto."
"Mi dispiace…"
"Per avermi fatto
importunare da Hermione?" chiese lei, sorridendo.
"Per non averlo
capito prima…"
Ginny si fece seria. "Non…"
"Scusami. Io ero così
concentrato su di me che…"
Ginny si voltò verso di lui
e lo guardò con attenzione. "Sei molto serio. È
successo qualcosa?
Hermione è incinta?"
Ron si
tirò su così
velocemente che un po' di burrobirra gli macchiò la
maglietta. "Merlino!
Ma te lo ha detto lei?"
Ginny rise forte e riprese
a bere. "Scusami, sembravi così maturo… Pensavo
che fosse successo
qualcosa di… grosso. Non volevo spaventarti" disse, ridendo
ancora.
"O forse sì!"
Ron scosse il capo e
aspettò che lei smettesse di ridere.
"In verità mi ha
scritto Harry."
Ah. Ecco
perché era uscito
a parlare con lei. Ginny annuì e non disse niente, tornando
a bere.
"E che ti ha
scritto?" chiese, dopo un po'.
"Dice che Neville gli
ha chiesto di fargli da testimone."
Ah, davvero? Ginny chinò
il capo: beh, in fin dei conti avrebbe dovuto aspettarselo.
"Allora tornerà"
disse, prima di prendere un altro sorso.
"Così sembra…"
Ginny si girò verso il
fratello. "Ron, non sarai offeso perché torna per il
matrimonio di Neville
e non per…" La ragazza non riuscì a finire la
frase perché suo fratello si
tirò su dalla sdraio con uno sguardo stranito,
così non sentì la sua
rassicurazione sul fatto che non avrebbe dovuto prenderla male se Harry
sarebbe
tornato per il matrimonio e non per venire da lui.
"Zabini!" Ron
aveva visto l'ex Serpeverde materializzarsi in giardino e aveva
sgranato gli
occhi: erano arrivati a questo punto? Lui si presentava già
a casa così? Ma
Ginny non aveva detto che la cosa doveva rimanere 'solo sua' per un
po'? Se lui
avesse detto qualcosa sul fatto che non aveva trovato sua sorella in
camera e
che la stava cercando avrebbe dato di matto. "Che ci fai qui?"
Per fortuna anche Ginny
sembrava sorpresa, ma gli lanciò un'occhiataccia e lui prese
un altro sorso di
burrobirra, facendo finta di niente.
Ginny si
girò verso di lui
e si tirò su per sedersi: effettivamente, cosa ci faceva
lì? Ma di sicuro le
parole di Ron erano state esagerate. "Blaise, è successo
qualcosa?"
"Vorrà chiederti
scusa per averti fatto fare di nuovo tardi, ieri. O forse vuole
scusarsi
direttamente con la mamma… chi lo sa…"
Blaise
guardò i due fratelli
che lo osservavano straniti. No, non era successo niente, se non quella
dannata
lettera di Potter. Ma le parole del rosso lo fecero sentire in colpa.
"No, io…" Si
ritrovò a dire; poi, imbarazzato si passò una
mano sulla nuca; il suo sguardo
passò da uno all'altra. "Ma sei stata sgridata da tua madre
per colpa mia?"
Ron sorrise,
mentre sua
sorella gli lancivaa un'altra occhiata che, ne era sicuro, a breve
avrebbe
generato magia involontaria. Aveva notato quanto il moro fosse sorpreso
da ciò
che aveva detto lui e sarebbe rimasto lì solo per
stuzzicarli, ma si sentiva di
troppo, così decise che era il momento migliore per levar le
tende.
"Vabbè, ragazzi, me ne vado… Non fate…
Vabbè, state attenti…" Fece un
cenno con il capo al ragazzo e alla sorella e si incamminò
verso la porta della
cucina.
Solo mentre stava entrando
si ricordò di non aver detto a Ginny ciò per cui
era uscito: Harry li aveva invitati
tutti in Romania, e Hermione gli aveva detto che lui avrebbe dovuto
parlarle della
situazione prima di partire. Si voltò verso lo spiazzo con
le sdraio e vide
Zabini sedersi sul fondo del lettino della sorella, mentre lei si
sporgeva a
baciarlo: forse non era il momento giusto. E forse, era il caso che lei
non
pensasse a Harry.
Ginny fece posto
a Blaise
sulla sdraio, indicando l'ultima parte libera. "Vieni qui, dai" gli
disse; lui sembrava strano e non credette subito alle sue parole.
Blaise si
sedette e lei si
sporse per baciarlo; chiuse gli occhi e si lasciò andare,
coccolandosi con
quella bella sensazione, ma poi si ricordò quello che aveva
detto Weasley.
"Hai avuto problemi con i tuoi, ieri?" le chiese, sentendosi di nuovo
in colpa.
Ginny rise nervosamente e
si toccò i capelli. "Ieri, in verità, no. Sapevo
già che mia madre si
sarebbe arrabbiata, così ho cercato di evitarla…"
Ah. Merlino. Lei glielo
aveva detto che doveva andare, ma lui aveva pensato che lei avesse
insistito
per via della lettera di Potter. Iniziava a sentirsi uno stupido. "Mi
dispia…" iniziò a scusarsi, ma lei si sporse
ancora e lo baciò di nuovo.
Ginny non voleva
sembrare
un'adolescente che doveva ubbidire alla mamma; in fin dei conti aveva
quasi
vent'anni, un lavoro e una vita sua. Avrebbe ucciso Ron quella stessa
sera, per
averle fatto fare quella figura grama. Appena Blaise si
mostrò dispiaciuto (e
probabilmente lei gli stava anche facendo pena!) lo baciò
per distrarlo.
Fu mentre gli passava le
mani fra i capelli che lo tirò verso di sé e si
ritrovarono sdraiati sul
lettino, in una posizione scomodissima, ma a stretto contatto.
Blaise
alzò il viso oltre
la spalliera della sdraio e osservò le finestre della casa:
qualcuno poteva
vederli? Lei dovette capire il suo interrogativo, perché
sussurrò: "Gli
altri non sono ancora tornati, mia madre è in cucina e da
lì non si può spiare,
qui".
Decise di non chiederle
come potesse esserne così sicura: era un posto dove si
imboscava con Potter?
Praticamente lui viveva lì, da quanto aveva capito.
Poi, però, pensò al fatto
che suo fratello non aveva fatto storie, e li aveva lasciati soli,
senza chiedere
niente. Ma quindi lui sapeva? Lei glielo aveva detto? Guardò
ancora verso la
cucina, ma effettivamente non si vedeva niente.
Ginny vide il
viso
pensieroso del moro, ma non voleva che pensasse che fosse una bimbetta,
così,
gli prese una mano e se la portò sul seno. "Non mi credi?"
gli chiese
e lui perse quello sguardo strano.
"Sì, ti credo"
rispose, baciandola e iniziando a muovere il pollice cercando la punta
sensibile, che non tardò a farsi trovare.
Dopo pochi minuti, la sua
mano finì sotto la maglietta e il suo reggiseno aveva
già subito un evanesco.
Quando il suo respiro iniziò a
farsi affannato, però, lui si fermò. "A che ora
cenate, di solito?"
Ginny gli tirò il colletto
della camicia verso di lei e sulle sue labbra mormorò:
"Tardi".
"Ci materializziamo
da me?" le chiese, con uno sguardo sornione.
No, voleva dimostrargli
che non era una ragazzina. "No" rispose, smaterizzandosi e facendoli
riapparire in camera sua, sul suo letto.
Blaise fu
felicissimo che
lei avesse scelto la sua camera: si guardò intorno, curioso
e affamato di
dettagli, quando vide sulla scrivania il mantello posato
disordinatamente e lì,
accanto, la busta di Potter, stropicciata; non era ancora stata aperta.
Con un sorriso diabolico,
alzò la maglietta della ragazza e si chinò sulla
sua pelle sensibile, deciso a
farla impazzire di piacere.
E così fece.
-
-
-
***Eccomi
ragazzi, scusate il ritardo, ma sono state settimane un po'
così... Vi auguro una buona lettura e vi faccio tanti auguri
di buone feste, sia che festeggiate religiosamente o diversamente.
Spero di riuscire a farvi qualche sorpresa durante le vacanze. Un bacio
a tutti
|
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Capitolo 35 *** Galeotto fu il Galeone ***
Galeotto
fu il Galeone
-
-
"Malfoy!" Ginny
esclamò il nome del biondo, troppo stranita per dire
qualsiasi cosa.
Lui, invece, non fece una
piega e, senza muovere un muscolo del viso, come probabilmente gli era
stato
insegnato fin da piccolo, le fece un cenno con il capo.
"Weasley" la
salutò.
Ginny si voltò verso di
lui mentre usciva dalla porta: non aveva mai incontrato nessuno nello
studio
dello psicomago, ma quella volta era arrivata un po' in anticipo.
Si sedette su una delle
sedie e aspettò di essere chiamata: non sapeva che anche
l'ex Serpeverde
andasse dal dott. Normoon, ma effettivamente Blaise le aveva detto che
era
stato proprio lui a dargli il suo contatto e dopo quello che le aveva
raccontato Astoria, era possibile che anche lui avesse sentito il
bisogno di
parlare con il medimago.
"Ginny, cara, entra
pure" la salutò lo psicomago, aprendo la porta del suo
studio.
"Buongiorno, doc!"
esclamò, un po' più allegra:
forse c'era davvero speranza per tutti.
*
Se Ginny si era
sorpresa
di incontrare Draco nello studio dello spicomago, fu ancora
più stupita di
trovarlo ad aspettarla in strada, appoggiato al portone, quando scese
le scale,
a seduta finita, ma riuscì a mascherarlo molto meglio.
"Vuoi farmi fuori o
cosa, Malfoy?"
Il biondo si tirò su e le
andò incontro. "Ti va una burrobirra?" le chiese.
"Veramente io ho
fame. Se ci metti vicino almeno delle patatine fritte, va bene"
rispose,
con tono affabile.
Draco
annuì e si
incamminarono insieme. Non aveva previsto di fermarsi con la rossa, ma
quando
l'aveva vista dallo psicomago, gli era venuta l'idea di chiederle se le
andasse
di bere con lui.
Da quando aveva lasciato
che Astoria fuggisse da casa sua, non l'aveva più rivista.
Un po', seguendo i
consigli dei ragazzi, si era tenuto in disparte e un po', lei doveva
aver preso
un altro giro.
Entrarono in un pub vicino
a Diagon Alley e quando si sedettero a un tavolo d'angolo, lui
alzò la mano per
chiamare un cameriere.
"Sì, sì e no"
disse la Weasley, mentre si allungava a prendere un menù.
Draco alzò un sopracciglio.
"Come?"
Ginny sorrise.
"Sì
alla prima domanda: ho visto Astoria di recente. Sì
alla…"
"Non puoi essere
sicura che volessi chiederti proprio quello!" Lui sembrava un po'
seccato.
"Certo, infatti
volevi sapere come va la mia storia con Blaise. E poi ti volevi
informare su
quanto Harry sarebbe tornato in Inghilterra, vero? Non mi hai fermato
per
questo?" spiegò lei ironicamente, ma poi il suo tono si
addolcì. "So
come funzionano queste cose, Malfoy…"
Draco
sospirò e annuì:
alla fine perché mentire? Voleva veramente sapere di Astoria.
"Lei sta bene?"
La rossa sorrise.
"Seconda risposta: sì. Vuoi indovinare anche la terza?"
Lui ci pensò un attimo,
prima di dirla ad alta voce. "È felice?"
La ragazza inclinò la
testa. "Hai cercato una domanda a cui ti avrebbe fatto comodo che
avessi
risposto 'no'?"
Il biondo
divenne
paonazzo: chi lo sa, forse quelli pallidi come lui arrossivano
così. Nonostante
tutto, Ginny sorrise.
"Non era
questa?" Malfoy fece uno strano sorriso, ma almeno non era un ghigno.
"Era: pensi che
abbia fatto bene a lasciarla andare?"
Malfoy, chiaramente,
sospirò, ma anche lei notò che era sollevato.
"Non voglio mettermi con lei".
"Come no" fece
finta di assecondarlo lei. "Infatti mi offrirai il pranzo
perché non ti
interessa niente".
"Non ho detto che non
mi interessa."
"Che due pluffe,
Malfoy…" Ginny si voltò verso il cameriere, che
finalmente si era
avvicinato per prendere le ordinazioni, e gli ordinò da
mangiare e una
burrobirra.
Draco
ordinò, aspettò che
rimanessero di nuovo soli e continuò: "Quello che intendo
è che…"
"È che sei un troll.
Ti interessa Astoria, ma non vuoi stare con lei. Sei
proprio…" La ragazza
sbuffò, ma prima che continuasse, lui la interruppe.
"Mi interessa che sia
felice. E so che con me non lo sarebbe."
Lei alzò gli occhi al
soffitto. "Quindi hai deciso per entrambi e non vuoi stare con lei. Ma
non
vuoi starle lontano…"
In verità, lui non è che
non voleva starle lontano, era che non ci riusciva. Pensava ad Astoria
continuamente e si chiedeva in continuazione se avesse fatto bene o
meno a
lasciarla andare.
Ginny
osservò il viso del
biondo e provò un po' di tenerezza nei suoi confronti.
"Astoria è grande e
sa usare la bacchetta. Dovresti darle la possibilità di
scegliere. Oh, che poi
non è detto che scelga te, sai?"
Lui la guardò con uno
sguardo così triste che si pentì di averlo detto.
"Sono abbastanza sicuro
che andrebbe così, in verità" ammise Malfoy.
"Beh, immagino che
bisognerebbe provare comunque, no? Sai, quella cosa che sono meglio i
rimorsi
dei rimpianti…"
"Ho paura, Weasley,
ho paura di rovinarla."
La ragazza sospirò e si
allungò a posare una mano sulla sua. "Malfoy, lei ti
conosce. Sa come sei
fatto e, anche se ancora non capisco perché, tu le piaci".
Sorrise quando
lui la guardò stranito alla sua frase. "Metti le cose in
chiaro. Dille
delle tue paure. Lei lo apprezzerà. E se non dovesse
funzionare, non vivrete
pensando a cosa poteva essere. E se invece andasse bene…"
Ginny notò gli occhi del
biondo riempirsi di speranza. "E se andasse bene?"
Draco
lasciò che la sua
mente spaziasse e si immaginasse qualcosa di molto, molto lontano. E
bello.
"Beh, se vi doveste sposare, avere una nidiata di bambini, fare sesso
meraviglioso tutte le sere… e fossi stata io a
convincerti… diciamo che
potresti dare il mio nome alla tua primogenita, che dici?" La Weasley
sorrise di un sorriso così stupido che lui ebbe quasi il
pensiero che potesse
avverarsi.
Il cameriere tornò con le
loro ordinazioni, ma lui aveva i pensieri altrove. Scosse il capo: non
era
detto. Poteva non funzionare. Poteva renderla infelice. O no? Forse
avrebbe
dovuto andarsene proprio come dicevano gli altri.
"Chi ti ha detto di
andartene?" gli chiese lei, con la fronte aggrottata e Draco si rese
conto
di averlo detto ad alta voce.
Ginny strinse
gli occhi e corrugò
la fronte: chi gli aveva detto di andarsene via e abbandonare tutto? Se
fosse
stato Blaise, lo avrebbe cruciato.
Lui scosse il capo.
"Non riesco a decidere cosa fare: me ne vado e le lascio vivere la sua
vita, o rimango, le rovino tutte le storie che potrebbe avere e che
potrebbero
renderla felice, obbligandola a stare con me?"
La ragazza rise.
"Obbligarla? Malfoy, nessuno può obbligare una ragazza
determinata come
Astoria a fare qualcosa che non vuole".
"Tu sei stata con
Potter. Ma ora è finita. Non… non ti è
dispiaciuto?"
"Malfoy, non solo mi
è dispiaciuto, ma mi si è spezzato il cuore. Ma
non sono pentita di com'è
andata. Avrei passato tutta la vita a chiedermi come sarebbe stato
stare con
lui e probabilmente a cercare qualcuno che gli assomigliasse solo
perché me lo
ricordava. Solo quando si chiude davvero una porta, si può
andare avanti. Se si
è in due a voler stare insieme bisogna almeno provarci."
Ginny si rese conto di
aver parlato con il cuore; e tutto era vero. Se non fosse mai stata con
Harry,
probabilmente avrebbe pensato a lui per sempre, mentre ora…
Sperava solo che
per i due ex Serpeverde la vita avrebbe riservato qualcosa di
più felice.
Quando notò che lui non
era ancora convinto, sospirò. "Dammi una falce, Malfoy".
Allungò una mano
verso di lui, in attesa.
Draco
guardò la sua mano
stranito: cosa voleva? Quando agitò le dita, mise una mano
in tasca e tirò
fuori qualche spicciolo che gli avevano dato di resto: due galeoni,
alcuni
zellini, ma nessuna falce.
Glieli mostrò e lei prese
il galeone. "Vada per i pezzi grossi. In fin dei conti sei uno snob
purosangue, ti si addice di più". Gli mostrò le
due facce della moneta.
"Ora la lancerò, così facciamo scegliere al
destino, ok? Se uscirà il
Goblin, te ne andrai e lascerai che Astoria viva la sua vita, che sia
felice
con un altro; mentre, se esce il Drago, dovrai smetterla di piangerti
addosso,
prendere in mano la tua vita e impegnarti con lei per renderla felice.
Dovrai
farle sapere quello che provi e dirle quello che hai detto a me, le tue
paure. Mi
segui?"
Il ragazzo aveva ascoltato
le sue parole con gli occhi sbarrati: davvero voleva far decidere una
cosa così
importante a un galeone? Forse voleva incantare la moneta?
Controllò la sua
bacchetta, ma era riposta da qualche parte: non l'aveva tirata fuori.
"Malfoy, hai
capito?"
Questa volta annuì. La
ragazza lanciò la moneta in aria per poi riprenderla al volo
e coprirla con una
mano sul dorso dell'altra.
Ginny sorrise a
guardare
l'attenzione con cui lui seguiva i suoi gesti: sapeva che l'espediente
della
moneta poteva far prendere una decisione.
"Allora? Cosa speri
che venga fuori?"
Quando lanci una moneta e
la guardi mentre decide il tuo futuro, capisci cosa speri che mostri e
ti rendi
conto di quello che devi fare da solo.
Il biondo la osservava con
gli occhi sbarrati e, forse senza accorgersene, sussurrò
quale faccia della
moneta avrebbe voluto vedere.
Perfetto. Ginny riprese la
moneta senza fargli vedere che faccia mostrava e la fece roteare
davanti ai
suoi occhi. "È quello che è uscito". Gli ridiede
il galeone e tornò a
mangiare.
***
Pansy
entrò nella stanza
da letto con addosso solo la vestaglia, mentre reggeva ancora il foglio
di
pergamena.
"Theodore Jacob Nott!
Avete detto a Draco che doveva andarsene?"
Con un misto di piacere e
sgomento, notò il moro imbarazzarsi. "Beh…
diciamo che eravamo tutti
ubriachi e…"
"Merlino! Che troll
che siete!" La ragazza sbuffò e gli voltò le
spalle tornando verso il
salotto.
Theo
seguì la mora e
balbettò mentre cercava di spiegarle cosa fosse successo.
"Comunque lui
non è andato via…"
Pansy si voltò e il moro
si fermò sull'uscio del salottino. "Ci mancherebbe solo
questo". Il
suo sguardo lo trapanò e il ragazzo si passò una
mano sulla nuca.
"In verità gli
abbiamo detto cose esagerate per convincerlo a rimanere e a…"
"Gli avete fatto
credere che non dovrebbe stare con Astoria!" sbottò lei, ma
Theo scosse la
testa: no, no non era andata così.
"Ma no…" Capiva,
però, che qualcosa non aveva funzionato, perché
Draco si era fatto vedere poco
e due sere prima aveva bevuto più del solito.
"Lei è andata a casa
sua e lui l'ha rifiutata. Santo Salazar, si è spogliata e
lui l'ha mandata via!
Glielo avete detto voi, di farlo?"
Cosa? Draco non
l'aveva
raccontata così! Cosa era successo? "No, non…"
"Avete fatto un bel
casino."
Sì, era vero, lo avevano
fatto. Ma lui aveva tentato di rimediare: aveva fin tentato di
organizzare una
gita in campagna! "Infatti avevo proposto di andare a Poppyhouse, ma
Blaise ha tirato fuori quella storia assurda sulle pulizie e dopo non
ne
abbiamo più parlato!" si giustificò.
Pansy
spalancò gli occhi:
cosa aveva detto? "Stavate parlando di PoppyHouse per una gita fra
ragazzi? Per… Draco?"
Theo non
capì bene
l'espressione della ragazza, ma aveva il cinquanta percento di
possibilità di
sbagliare, così osò e mentì.
"Sì. Ma poi tu sei arrivata dicendo alla
Weasley che era così bello lì che hai fatto
saltare tutto!"
Pansy
impallidì: era vero,
lei aveva pensato che stessero organizzando un weekend per coppiette o
comunque
una gita per tutti, non aveva pensato che fosse una cosa diversa! "Ah.
Vabbè, ma che problema c'è? Si può
comunque fare: si va tutti e tutti possiamo
aiutare Draco. Anzi potremmo anche invitare Asto…"
"Sì, certo e pure il
suo giocatore, perché no? Così Draco si suicida
direttamente…" Il tono
sarcastico del moro la fecero arrabbiare: loro combinavano i casini e
quando
lei proponeva qualcosa la scherniva così? Dall'ira
portò la mano alla
bacchetta.
"Sei un Tr… Oddio,
Theo, il bambino!" esclamò, facendo cadere la bacchetta e
tenendosi la
pancia per una fitta di dolore: la candida camicia da notte si stava
macchiando
di sangue.
***
Ginny lesse la
lettera che
le aveva mandato Pansy e subito dopo imprecò, facendo
fermare Hermione che
passava in corridoio davanti alla porta aperta della sua stanza.
"Ginny, tutto
bene?"
La rossa si
voltò verso di
lei con gli occhi spalancati. "Pansy ha avuto una minaccia d'aborto"
spiegò, pallida come un cencio.
Hermione entrò in camera
con passo veloce, capendo la gravità della cosa. "Era..
È incinta?" L'amica
annuì.
"Devo andare da lei.
Dice che non può muoversi dal letto…" Ginny
lanciò la pergamena sulla
scrivania e girò su se stessa per cercare le scarpe.
"Vedrai che starà
bene. Anche mia zia…" iniziò, cercando di
consolarla.
Ginny
ascoltò il discorso
di Hermione con un orecchio solo, pensando a come potesse andare a casa
della
ex Serpeverde, visto che non c'era mai stata. Forse ora abitava a casa
di Nott,
però. Lì lei c'era stata, ma con Blaise. Beh,
avrebbe preso la metropolvere e
se non l'avesse trovata, sarebbe andata in cerca di uno dei ragazzi. O
poteva
andare a casa di Maddie. Ma sì, una soluzione l'avrebbe
trovata. Con l'animo un
po' più tranquillo, si sedette sul letto per infilarsi le
scarpe. "Herm,
sai se c'è un modo per ritrovare qualcosa che si
è perso?"
Hermione
osservò la rossa
mentre litigava con la scarpa sinistra mentre cercava di infilarsela
sul piede
destro. "In che senso? Hai provato con un Accio?"
Ginny scosse il capo. "Ho
perso la lettera che mi ha scritto Harry. Sono sicura di averla
lasciata sulla
scrivania, ma non c'è più. Pensavo che George mi
avesse fatto uno scherzo,
rendendola invisibile, ma non c'è davvero. E non so dove
possa essere: non è
caduta, non è sotto la scrivania o l'armadio, non
è dietro il baule, non c'è
proprio. Sai se c'è un modo per ritrovarla?"
La riccia corrugò la
fronte: la corrispondenza magica era protetta da incantesimi invisibili
e non
tracciabili; era molto difficile riuscire a rubarla. "Nessuno
può
trasfigurare una lettera di un'altra persona, Ginny. Deve essere per
forza qui.
Oppure…"
"Oppure?"
Stranamente, il tono della rossa era molto tranquillo, come se per lei
non
fosse una cosa così importante.
"Qualcuno te l'ha
rubata. Ma senza magia. L'avevi già presa dal gufo?"
Ginny si
fermò e lasciò
cadere le braccia: e perché avrebbe dovuto? "Rubata?"
domandò,
stranita.
"Sì, beh, presa e
messa via". La riccia fece il gesto di infilarsi qualcosa nella tasca
dei
jeans. "Se sei sicura che qui non ci sia…"
No, aveva cercato
dappertutto e la lettera non c'era; e lei era sicura di non averla
portata da
nessun'altra parte.
Ginny si alzò dal letto e
si affacciò al corridoio: George era tornato a casa per
pranzo e non era ancora
tornato al Tiri Vispi, solo lui avrebbe potuto farle uno scherzo del
genere.
"George! George!" gridò, iniziando a salire le scale. Il
fratello si
materializzò sul pianerottolo, seccato, chiedendo
spiegazioni e i due rossi si
scambiarono informazioni da un piano all'altro.
Intanto Hermione
continuava a guardarsi intorno: no, la lettera non c'era. Ma quindi lei
non
sapeva di Harry? Come Ginny tornò in camera, sbuffando su
una scarpa sola,
confermò: "George dice di non essere stato lui. Stranamente
gli
credo…"
Si sedette sul letto e si
infilò l'altra scarpa. "Ma allora non saprei proprio chi
potrebbe essere
stato… Magari scriverò a Harry e gli
dirò che l'ho persa, così potrà
riscrivermi quello che voleva dirmi. Merlino, che figura di…"
"Posso dirti io cosa
c'è scritto. Ha scritto anche a me e a Ron…"
Ginny si
alzò in piedi.
"Perfetto. Sì, magari ha detto la stessa cosa a tutti.
Così posso evitare una
brutta figura: come faccio a dirgli che ho perso davvero la sua
lettera? Però
ora vado da Pansy, ti dispiace se ne parliamo stasera? Torno prima di
cena, così
ci facciamo due chiacchiere".
Hermione
riuscì a malapena
fare un cenno con il capo che la ragazza era già sparita, ma
non la biasimò: se
la Parkinson non stava bene, era giusto che andasse da lei.
Si chiuse la porta della
camera dell'amica alle spalle e si scontrò con Ron. "Ron!
Non hai parlato
con Ginny di quello che Harry…"
Ron scosse il capo e la
interruppe. "No, stavo per farlo, l'altro giorno in cortile, ma poi
è
arrivato Zabini e ho preferito evitare".
"Zabini è venuto
qui?" Si voltò istintivamente a guardare la porta chiusa
della camera.
Hermione sentì l'imbarazzo
di Ron appena parlò. "Sì, beh… pensavo
che avrebbero iniziato a baciarsi e
io…" Si voltò verso di lui, ma aveva le orecchie
così rosse che preferì
non chiedergli se lui fosse entrato nella stanza. Poteva essere stato
Zabini a
far sparire la lettera? Avrebbe potuto metterla in tasca e poi portarla
via
quando si era smaterializzato per tornare a casa, perché
Hermione era
abbastanza sicura che non era passato dal salotto per usare la
metropolvere.
Con un sorriso prese sottobraccio
il fidanzato. "Se non ti sei messo in mezzo, sei stato molto carino!
Potresti quasi meritarti un premio…"
Ron non era
proprio sicuro
di quello che stava dicendo Hermione, ma quando si sporse verso di lui
per
baciarlo, non ritrattò e non la contraddisse, esattamente
come faceva tutte le
volte.
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Capitolo 36 *** Lettere ***
Lettere
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"Weasley!"
Ginny aprì gli occhi dopo
aver passato il camino con la metropolvere; Nott la guardava stranito,
con gli
occhi spalancati. "Per l'amor del cielo, Nott, dimmi che Pansy
è qui e che
non sono venuta per niente…"
Imbarazzata per essersi
presentata senza avviso a casa di un ragazzo, ma decisa a verificare le
condizioni dell'amica, cercò di non dare a vedere la propria
insicurezza. Se
sua madre lo avesse saputo, l'avrebbe cruciata: non si prendeva la
metropolvere
per presentarsi a casa delle persone che non si conoscevano, bisognava
bussare
alla porta. Come se fosse possibile materializzarsi in un posto dove
non si era
mai stati!
Stranamente, il viso del
moro si addolcì quando nominò Pansy;
piegò un braccio e con il pollice indicò
dietro di sé. "È in camera: il medimago l'ha
messa a letto. Stai attenta
che morde".
"Io non mordo!
Ginny
vieni, santo Salazar, che non posso muovermi!"
Theo sentì la voce della ragazza
che, dopo la grossa paura della sera prima, quando in lacrime aveva
temuto di
aver perso il bambino, nervosa per il riposo forzato che le avevano
affibbiato,
si annoiava. Per fortuna non era successo niente di grave, ma la
macchia di
sangue sulla sua camicia da notte aveva fatto preoccupare tutti e due,
così si
erano smaterializzati per andare al San Mungo.
Si era sentito così in
colpa, perché nell'ultimo periodo Pansy aveva avuto spesso
voglia di fare
l'amore e lui non si era mai tirato indietro, e anche se aveva chiesto
al
medimago se potevano aver messo in pericolo il bambino e lui li aveva
rassicurati, non riusciva a togliersi dalla testa che potevano aver
fatto
qualcosa di sbagliato. Ora avevano detto che avrebbero dovuto fermarsi
per un
po', ma Theo non si era preoccupato della cosa: l'importante era che il
loro
piccolo stesse bene. Aveva passato la sera prima ad asciugare le
lacrime della
sua ragazza e ad accarezzare il suo pancino appena pronunciato,
parlando al suo
bambino e, stranamente, era stata una delle serate più belle
della sua vita.
Accompagnò la Weasley da
Pansy, lasciando che la rossa gli passasse davanti per andare ad
abbracciare
l'amica, una volta entrata in camera. "Volete del tè?"
Ginny vide Pansy
lanciare
a Nott uno sguardo colmo d'amore e capì che loro avevano un
modo tutto loro di
comunicare, che doveva essere meraviglioso, anche se gli altri potevano
non
capirlo. "Preferirei una burrobirra, lo sai" disse infatti la mora,
con una smorfia.
"Ti porterò del tè deteinato,
allora". Il ragazzo sorrise, come se lei avesse chiesto proprio quello.
Poi guardò Ginny e ordinò: "Non farla agitare".
La ragazza annuì come
un soldato obbediente.
La rossa lasciò che lui
uscisse dalla stanza e si sedette vicino al letto di Pansy, su una
bruttissima,
ma molto comoda, poltroncina dai toni scuri, mentre lei le spiegava
ciò che era
successo la sera prima.
Poi abbassò la voce e
raccontò che Nott si era addormentato con la mano sulla sua
pancia mentre
raccontava al bambino cose molto dolci. Ginny cercò di non
mostrare la sua
sorpresa, perché non le sembrava carino darlo a vedere o
dire alla mora che non
se lo sarebbe mai immaginato, ma quando lui tornò, lo
osservò con attenzione e
notò che aveva tanti piccoli gesti di attenzione nei
confronti dell'amica e ciò
la fece sorridere.
"Tutto bene,
Ginny?
Hai uno sguardo strano…" Pansy sospirò quando
Theo tornò con il tè e,
anche se sapeva che era stato il medimago a consigliarle quello
deteinato per i
primi giorni, apprezzò il fatto che il ragazzo si ricordasse
tutto ciò che era
stato detto loro per far continuare la gravidanza nel migliore dei modi.
Lei si stranì e sembrò
quasi in imbarazzo. "Oh, sì, stavo solo
pensando…" Ginny mescolò
distrattamente lo zucchero nel tè che aveva detto di non
volere ma che il moro
le aveva portato lo stesso e sospirò.
Theo rimase sulla soglia, cercando
di capire se le ragazze volessero rimanere sole o no e Pansy gli
sorrise quando
i loro sguardi si incrociarono. Da quando erano corsi al San Mungo non
l'aveva
lasciata sola un attimo e lei stava scoprendo che alla fine si era
sbagliata su
molte cose sul suo conto.
"In verità oggi mi è
successa una cosa strana…" Ginny parlò dopo aver
bevuto un lungo sorso di tè
e lei, che come aveva detto Theo prima, iniziava a 'mordere'
perché si
annoiava, si interessò subito della cosa.
"Dai, raccontami
tutto!" esclamò, con forse troppa enfasi.
Theo stava per
uscire dalla
stanza quando la Weasley iniziò a raccontare. "Qualche
giorno fa ho
ricevuto una lettera…" Oh! E se fosse stata la famosa
lettera di Potter?
Pansy dovette pensare la stessa cosa perché per un attimo i
loro sguardi si
incrociarono e lui notò che lei si era fatta molto attenta.
Per quanto la cosa
lo interessasse, doveva assicurarsi che la mora non si agitasse troppo:
si era
spaventato parecchio anche lui, la sera prima, ed essere totalmente
impotente
nella cosa, lo rendeva nervoso.
"Chi ti ha
scritto?" Il tono di Pansy fu così magnificamente
indifferente che Theo
capì come avesse fatto in tutti quegli anni a pensare di non
interessarle.
"Oh, mi ha scritto
Harry, ma…"
Il moro si avvicinò e si
sedette con nonchalance dall'altra parte del letto. Pansy gli
appoggiò una mano
sulla coscia e lui giocò, fingendo distrazione, con le sue
dita.
Ginny
notò le mani dei due
ragazzi e si fermò, sospirando. Forse doveva andare via?
"Che novità ci
sono in Romania?" chiese allora Nott, forse perché lei non
aveva più detto
niente. Scosse le spalle.
"In verità non lo so:
non l'ho letta."
"Come?" Lo
sguardo stranito di tutti e due gli ex Serpeverde era un po' esagerato,
ma non
ci fece troppo caso.
"Beh, non l'ho letta
perché l'ho persa…" confidò sottovoce,
come se dovesse ammettere chissà
quale colpa.
"Cosa vuol dire che
l'hai persa?" La voce di Pansy si era alzata di un'ottava ma, ancora,
lei
non ci fece caso, né vide la mano di Nott accarezzarle il
braccio per
rassicurarla.
Ginny alzò le spalle.
"Era in camera mia, sulla scrivania, ma poi non c'era più.
Non l'ho
trovata da nessuna parte e l'ho cercata dappertutto…
Hermione dice che non può
essere stata rubata magicamente perché era ancora chiusa e
io non so proprio
dove possa essere finita, ho spostato tutti i mobili!"
Pansy strinse le
labbra:
la famosa lettera che Potter le aveva scritto, non solo non era stata
letta, ma
era pure andata persa? "Rubata magicamente…"
Sentì dire a Theo, alla
sua sinistra e quando si voltò verso di lui le venne in
mente una cosa.
"E se non fosse stato
fatto magicamente?"
domandò,
agitandosi forse un po' troppo.
"Pansy…" Tentò
di sgridarla il moro, ma lei, a cui era appena venuta quell'idea,
iniziò ad
animarsi.
"No, Theo, pensaci: e
se invece che incantata magicamente, qualcuno
l'avesse semplicemente presa e messa in tasca?" chiese, calcando sulla
parola 'qualcuno'.
Ginny si fece
più attenta:
anche Hermione aveva detto la stessa cosa. Ma come poteva succedere? E
perché
fare una cosa del genere?
Theo
capì cosa volesse
dire la ragazza e purtroppo ragionò ancora di
più: chi voleva sapere cosa ci
fosse scritto nella lettera? Lui lo sapeva bene. "Magari qualcuno
è
passato di lì e l'ha vista e…" Si interruppe:
come spiegare la cosa?
"No, mia madre non è
stata. E poi lei non tocca la nostra corrispondenza, non lo ha mai
fatto. Solo
se glielo chiedo io…"
"Io pensavo a qualcun
altro, in verità".
Pansy lo guardò ma poi
spalancò gli occhi quando capì quello che stava
pensando. "Non puoi
pensare che sia stato lui!"
"Ci metteresti la
mano sul fuoco?"
Pansy strinse le labbra:
no, non lo avrebbe fatto, la pensavano allo stesso modo.
Ginny
guardò i due ragazzi
che stavano parlando fra di loro come se stessero usando un codice: si
erano
scordati che c'era anche lei?
"Ehi, ma di chi state
parlando?"
"Theo pensa che sia
stato Blaise". Pansy, subito dopo aver parlato si voltò
subito verso il
moro. "Ma per farlo avrebbe dovuto entrare in camera sua! Se la lettera
era lì e non può averla spostata
magicamente…"
"Blaise è stato in
camera mia…" mormorò, più a se stessa
che a loro. Ma non ci credeva:
perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere?
"Ma…"
"Ah!" esclamò la
ex Serpeverde, quasi contrariata da quel fatto.
Nott alzò tutte e due le
sopracciglia in un gesto inequivocabile, come se volesse dirle: visto? Ho ragione.
Però effettivamente quella
volta che avevano fatto l'amore in camera sua era stato un giorno
strano:
Blaise si era presentato a casa sua senza preavviso e sembrava
piuttosto
agitato, anche prima che Ron gli dicesse che lei era stata sgridata da
sua
madre. E quella era stata l'ultima volta che aveva visto la lettera:
era sulla
scrivania, ma poi dopo cena non c'era più, pensava di averla
spostata, ma
effettivamente non lo aveva fatto.
Possibile? No.
Possibile? No, non lo era,
Blaise non lo avrebbe mai fatto.
E poi… perché avrebbe
dovuto? Per farle un dispetto? Non aveva senso.
"E perché avrebbe
dovuto farlo?" Non voleva ancora crederci.
"Beh, quella
lettera
lo ha mandato in crisi parecchio, ricordi, Pansy?" Theo si
voltò verso la
ragazza che, con le labbra serrate e guardando da un'altra parte,
dovette poi
annuire controvoglia; non voleva dargli ragione: forse il ragazzo
avrebbe
trovato la cosa divertente, se non avessero parlato del suo migliore
amico.
"Cosa, cosa? Cosa
sapete voi della mia lettera?"
Ginny era sempre
più
stranita: aveva intavolato il discorso per caso, quasi per distrarsi e
ora
veniva fuori che loro erano a conoscenza di molte più cose
di lei?
"Non è quella lettera
che hai ricevuto mentre eri con Blaise?" La rossa annuì alla
domanda di
Pansy.
"Quando poi ti ha
convinto a non andartene subito per non leggerla?"
Come? Sentì le guance
prendere colore: loro sapevano di sicuro troppe cose!
"Ma come fate
a…"
"Diciamo che lui è
venuto da noi perché era un po'…"
"Geloso, Theo. Era
geloso, anche se continuava a dire di no" finì per lui la
frase la
ragazza, per poi voltarsi verso di lei. "La lettera lo ha mandato in
crisi
davvero. Non lo avevo mai visto così, Ginny. Lui non dubita
mai, di niente.
Mentre invece, quando è arrivata quella lettera, lui si
è fatto prendere
dall'ossessione di sapere. E tu non gli dicevi cosa c'era scritto,
pensava che
volessi nascondergli qualcosa" disse ancora, tentando di giustificare
il
cugino.
"Non gliel'ho detto
perché non lo sapevo! Mi sono scordata di leggere subito la
lettera e quando mi
è venuto in mente di farlo, non l'ho più
trovata…"
"Pensava che non
volessi parlargliene. A volte è un po' paranoico. Ma di
solito riesce a farsi
scrollare di dosso tutto" rimarcò il moro.
"Questa volta ci ha
provato e non c'è riuscito" spiegò Pansy; Ginny
riusciva solamente a
spostare lo sguardo da uno all'altra, senza dire niente.
Non aveva capito che lui
fosse così geloso. Sapeva che, caratterialmente, era un po'
possessivo, ma
quando ne parlavano insieme, lei ci rideva su e lo prendeva in giro
affettuosamente. E se invece avesse sbagliato? E se lei avesse capito
male? Se
tutta questa storia avesse un altro significato?
"Forse dovrei
parlargli…" disse, alzandosi dalla poltrona dove si era
seduta.
Pansy
osservò la rossa
smaterializzarsi e sperò vivamente di essersi sbagliata.
"Magari non è stato
Blaise" disse Theo, al suo fianco, giocando ancora con le sue dita. La
mora si voltò verso di lui, ma il ragazzo non la stava
guardando. "Spero
proprio di no. Magari è volata via con un soffio di
vento…"
Finalmente Theo alzò gli
occhi su di lei. "Sai bene che è molto difficile…"
Pansy sospirò: sì, se ne
rendeva conto. "Però non mi piace, non è una
bella cosa. Non farebbe bene,
a loro, se fosse così".
Theo
alzò una spalla:
Blaise iniziava a smuoversi dal suo piedistallo e non pensava
più di essere
intoccabile o irraggiungibile, finalmente iniziava a essere umano, a
provare
sentimenti, belli e brutti, a farsi delle domande, a mettersi in gioco
in
qualcosa che non sapeva come sarebbe finita. Però era vero:
se la Weasley
smetteva di aver fiducia in lui e per questo decidesse di lasciarlo,
sarebbe
stato malissimo. E rubare una lettera, perché sarebbe stato
veramente un furto,
se fosse andata così, minava la fiducia di chiunque.
"Già. Magari poi va a
finire che lui non è sincero con la Weasley e lei sposa un
altro…"
Pansy gli
strinse la mano
e lui ricambiò la stretta. "E magari lei sarebbe gelosissima
di tutte le
ragazze che lui inizierebbe a frequentare… E proverebbe a
farsi piacere
chiunque…"
"Tipo Draco al sesto
anno?" Il tono di Theo era divertito, ma la ragazza notò nel
suo sguardo
una serietà pesante: si ricordava di quando al sesto anno
faceva la civetta con
Draco, ora si sentiva un vero troll per averlo fatto!
"Tipo Draco al sesto
anno. Merlino, ci ho davvero provato a farmelo piacere! Per fortuna lui
aveva
capito e mi ha messo subito all'angolo" ammise, guardando in basso le
loro
mani e continuando a giocare con le sue dita.
"Davvero? Non me lo
ha mai detto. Dovrò ringraziarlo, allora" disse il ragazzo,
posandole un
dito sotto al mento e facendole alzare il viso: posò
delicatamente le labbra
sulle sue e poi le circondò le spalle con un braccio; lei
appoggiò la testa
sulla sua spalla. "Pansy, ma perché non mi vuoi sposare?"
***
Astoria era
rincasata
presto quella sera. Presto rispetto agli altri giorni. Aveva deciso di
lasciarsi Draco alle spalle e ci stava riuscendo molto bene: tutte le
sere
usciva con Rudolph e i suoi amici, anche se lui cercava di non
esagerare per
via degli allenamenti. Loro due, insieme, si trovavano bene, ma Astoria
sapeva
che presto le avrebbe chiesto di più: non poteva bastargli
quello che avevano e
lei non voleva imbrogliarlo.
Stare con lui era stata
una ventata d'aria fresca in un pomeriggio afoso in campagna, ma la
ragazza
sapeva che ci avrebbe messo del tempo a dimenticare Draco e non voleva
che
Rudolph rimanesse ad aspettarla per qualcosa per cui magari non sarebbe
mai
stata pronta.
Sospirando salì le scale e
la voce della sorella la colse di sorpresa. "Ti sei divertita?"
Astoria alzò lo sguardo e
notò che Daphne era in piedi in fondo alla scalinata, sul
pianerottolo che dava
sul salone. Sospirò ancora: a sua sorella non piaceva che
adesso uscisse da
sola, diceva che era preoccupata per lei. O forse era solo invidiosa
per il
fatto che frequentasse persone che lei non conosceva e che erano famose.
"Lasciami stare"
sussurrò, continuando a salire i gradini.
"Lui non sta bene,
Astoria."
La ragazza alzò lo sguardo
troppo velocemente per far finta di non aver capito.
"Lui non è mai stato
bene, lo sai."
Quando arrivò sul
pianerottolo, scivolò accanto alla sorella come se non si
fossero mai parlate e
si incamminò verso la sua camera da letto.
"Tu riuscivi a dargli
pace, però."
Astoria, stanca per la
serata e sopraffatta da ciò che provava, si girò
e squadrò malignamente la
sorella.
"Cosa vuoi da me,
Daphne?"
"Non abbandonarlo. Lui
ha davvero bisogno di te."
La giovane bionda scosse
la testa e poi rise nervosamente. "Guarda che è con te che
ci prova in
continuazione". Ma lei fece un sorriso triste e si strinse nelle spalle.
"Se mi avesse voluto,
sarebbe già successo. Lui vuole te. E tu sei perfetta per
lui. E lo sappiamo
tutti che…"
"Cos'è, uno scherzo?
Ti stai prendendo gioco di me? Ti diverti?" Astoria era stufa: stanca e
stufa. Cosa si stava inventando sua sorella? Si voltò e
tornò verso di lei con
una furia che non faceva parte di lei.
"No. So che posso
essere sembrata una stronza, ma…"
"No, Daphne, non lo
sembri: tu sei una stronza."
Lei alzò una spalla.
"Sì, forse hai ragione, me l'ha detto anche Pansy. Ma volevo
solo darti
qualche consiglio prima di partire. Dovresti davvero dargli la
possibilità…"
Ma Astoria la interruppe,
sorpresa dalle sue parole: "Parti?"
Daphne annuì. "Mamma
mi ha trovato un posto come dama di compagnia della vecchia vedova
Smith. Te li
ricordi? Lei aveva quel bastone con cui…"
"In America?"
Astoria era così stranita che se anche Draco fosse entrato
in casa sua, vestito
di viola e ballando come un folletto, non se ne sarebbe accorta. Sua
sorella
partiva per l'America? Ma era così lontano che servivano
delle passaporte
speciali per arrivarci!
"Sì. In America. Sai,
ho pensato che cambiare aria avrebbe fatto bene a tutti. Un posto dove
non mi
conosce nessuno e dove nessuno sa quello che ho fatto…
Potrebbe essere un bel
modo per reinventarmi, no?"
Astoria sentì la voce
della sorella tremare: l'avevano obbligata i loro genitori?
"È successo
qualcosa?"
Lei si strinse nelle
spalle. "Le solite cose, Astoria. Niente di che. Pensavo solo di darmi
questa possibilità e…"
Astoria, che
fondamentalmente era una secondogenita che aveva idolatrato la sorella
maggiore, fece due passi per raggiungerla e l'abbracciò,
stringendola come se
la vedesse per l'ultima volta. "Mi mancherai, Daph"
sussurrò, mentre
calde lacrime le solcavano le guance e si mescolavano a quelle della
sorella
quando lei aveva usato il nomignolo con cui la chiamava da bambina.
"Anche tu. Ma so di
lasciarti in buone mani. Avrà tanti difetti, ma Draco ti
vuole davvero
bene."
Astoria rise nervosamente
mentre si staccava dalla ragazza. Certo, Draco le voleva
così bene che l'aveva
mandata via quando si era offerta a lui, pensò ironica.
"A Draco non gliene
frega niente di…" La ragazza non riuscì a finire
la frase che un grosso
gufo entrò, con un gran rumore di ali, dalla finestra in
fondo al corridoio,
che la loro madre chiedeva agli elfi di lasciare aperta durante la
notte.
"Ma cosa…"
"Prendilo, Steely!" sussurrò
quasi gridando
Daphne, mentre, con gli occhi sbarrati, si avvicinava al volatile.
Astoria capì
subito il suo atteggiamento: sua madre si sarebbe svegliata e
sicuramente si
sarebbe infuriata per quel contrattempo che le aveva interrotto il
sonno. Come
se fossero state sempre sincronizzate e telepatiche, impugnarono la
bacchetta
nello stesso momento e si avvicinarono al gufo che, vedendole sempre
più
vicine, sbatté gli occhi; si avvicinò alla bionda
più giovane, lasciò cadere
una busta ai suoi piedi e poi riprese il cielo dalla stessa finestra da
cui era
entrato.
"Oh?" esclamò
Astoria, guardando la lettera sul tappeto, ma senza fare niente per
prenderla.
Daphne si chinò e la prese
per lei. "È di Draco" sussurrò, mostrandogliela.
Draco? Il mondo magico era
impazzito tutto d'un colpo?
"Daphne, Astoria,
cosa sta succedendo?"
Tutte e due le ragazze si
girarono di colpo verso la madre che, in vestaglia, era uscita dalla
camera
padronale.
Astoria fece per aprire
bocca, ma Daphne la precedette, mettendosi davanti a lei e passandole
dietro la
schiena la lettera di Draco. "Stavo raccontando ad Astoria quello che
si è
persa stasera, a casa dei Dormer…" Sua madre strinse le
labbra in un gesto
di stizza e scosse una mano per liquidare ciò che stava
dicendo sua sorella.
"Oh, allora smettila
subito. A nessuno interessa sapere che ti sei appartata con il figlio
cadetto dei
Montague nell'aranciaia" sibilò sua madre, guardandola con
disprezzo.
"Come ho già detto,
non ho fatto niente, mamma" rispose Daphne, senza fare una piega allo
sguardo della strega.
Dal tono della giovane
bionda, Astoria capì che non stava mentendo, anche se
già sapeva che, qualsiasi
cosa fosse successa, sua sorella non si sarebbe mai appartata con Kain
Montague: tutti i Serpeverde sapevano che gli piaceva alzare le mani
sulle
donne, soprattutto nei momenti intimi. La voce era girata ormai a tutte
le
ragazze e nessuna si sarebbe azzardata a rimanere sola con lui. Neanche
Daphne.
"Mamma…" Astoria
si azzardò a prendere le difese della sorella, ma venne
zittita da
un'occhiataccia.
"Quel che è fatto, è
fatto. Bisogna fare ciò che è necessario per
nascondere gli scandali. Non ne
parleremo più". E così dicendo, si
voltò e tornò in camera da letto.
Astoria sgranò gli occhi e
si voltò verso la sorella. "Ma Daphne, cosa…"
Daphne
alzò le spalle e si
avviò verso la porta della propria stanza. Cosa poteva
risponderle? Che aveva
visto Montague fare bere una ragazzina fino allo stordimento e li aveva
raggiunti per impedirgli di avere la meglio su di lei? E che quando
tutti erano
entrati nell'aranciaia, avevano trovato il ragazzo con i pantaloni
calati e
avevano pensato male? Per fortuna era riuscita a lanciare alla
ragazzina un
petrificus e farla sparire oltre l'aiuola alta e nessuno l'aveva vista
senza il
vestito.
"Buonanotte,
Steely" disse solamente.
Astoria
annuì alla
sorella, complice di una verità che poteva soltanto leggerle
negli occhi e gioì
ancora del nomignolo infantile con cui l'aveva chiamata, stavolta con
intenzione. "Mi scriverai?" le chiese solamente.
Daphne si girò e allargò
le braccia, prima di entrare in camera.
Sospirando abbassò gli
occhi verso la busta che reggeva ancora in mano e mentre si dirigeva
verso la
sua stanza, strappò delicatamente la pergamena decorata.
Perché Draco le aveva
scritto? Altre brutte notizie? Mentre iniziava a scorrere le parole,
però,
sorrise aprendo la porta ed entrando in camera. Incapace di muoversi
mentre
lacrime di commozione le solcavano il viso, si appoggiò alla
porta, rimanendo a
leggere quelle bellissime frasi.
Fu solo dopo molti anni,
secondi, e mesi e mesi di giornate di sole che richiuse quel foglio di
pergamena con, finalmente, un po' di speranza nel cuore.
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Capitolo 37 *** E se fosse questo, l'amore? ***
E se
fosse questo, l'amore?
Blaise si
materializzò
nell'atrio e subito un elfo comparve accanto a lui.
"Buonasera, Mr.
Blaise" lo accolse.
"Pokdey. Mia madre è
in casa?" Consegnò il mantello all'elfo di sua madre, mentre
con
un'occhiata adocchiava l'ingresso: era tutto in ordine.
"Nella stanza del
cucito" rispose, dopo aver annuito.
Blaise si diresse verso il
corridoio sotto le scale e, già prima di arrivare,
sentì che sua madre stava
conversando con qualcuno. Pensando che fosse Ginny, sorrise prima di
entrare.
"Blaise!"
esclamò sua madre, con uno strano cipiglio, quando
alzò gli occhi su di lui.
"Mamma…" Squadrò
la ragazza seduta accanto a lei. "Rachel, mi meraviglia trovarti qui"
disse, con calma, cercando di afferrare ogni particolare della
situazione.
"Blaise…" Rachel
si alzò dal divano, sistemandosi la gonna. "So che
non…"
Lui si avvicinò alla
madre, la baciò sulla guancia ignorando la ragazza, che si
era interrotta
quando lo aveva visto spostarsi, e poi si sedette sulla poltrona
accavallando
le gambe. "Francamente, dubito che tu possa dirmi qualcosa che ho
voglia
di ascoltare, ma se proprio ci tieni, continua pure". La sua voce
trasudava strafottenza e fastidio.
"Blaise non essere
maleduc…" iniziò la donna, ma il ragazzo
scattò in piedi e alzò la voce.
"Mamma, mi spieghi
cosa ci fa lei qui? Hai intenzione di farti fregare un'altra volta?"
Rachel alzò tutti e due i
palmi delle mani e prese la parola. "No, Blaise, io sono venuta a
scusarmi. So di non essermi comportata bene, ma…"
Blaise tirò fuori la
bacchetta e la puntò contro la ragazza senza lanciarle
nessun incantesimo.
"Porca Morgana, hai derubato mia madre e le hai fatto credere di essere
demente!" La sua voce tremò per la rabbia. La ragazza
impallidì e si girò
verso la strega.
"Zia Maddie…"
piagnucolò, in cerca di aiuto.
Blaise sospirò quando si
alzò in piedi anche la donna. "Blaise, per favore, metti
giù la bacchetta.
Rachel è venuta per restituirmi i soldi che mi…"
La strega si fermò e
Blaise continuò per lei.
"Che ti aveva rubato.
Beh, mi sembra il minimo!" Si voltò a guardare la ragazza
che arrossì.
"Sei stata una stronza: ci hai traditi e ci hai rubato tutto quello che
avevamo!"
"Beh, non esageriamo,
adesso…" mormorò lei, a voce flebile. "Non erano
così tanti
soldi…"
Maddie
capì,
dall'espressione di suo figlio, che lui non parlava più dei
fiori e dei vuoti
di memoria. Sapeva che i ragazzi non si erano chiariti la volta in cui
avevano
smascherato Rachel, ma era anche consapevole che dovevano farlo.
"Rachel, forse è il
caso che ti scusi con Blaise anche per quell'altra questione."
"Quale altra
questione?"
Blaise per poco
non la
fatturò. "Non fa niente, mamma. Non voglio parlarne."
"Blaise", Maddie
si voltò verso di lui. "So che cerchi di non darlo a vedere,
ma so che la
rottura del fidanzamento ti ha fatto soffrire. Che non ti
piace…"
Il ragazzo digrignò i
denti. "Che non mi piace che mi si prenda in giro?" Lanciò
un'occhiataccia a sua madre, come se il fatto di aver nominato la
questione lo
rendesse più debole.
"Io non…" iniziò
Rachel, ma Blaise la interruppe con un'occhiata.
"Se stai per dire che
non sapevi della tresca di Chastity, puoi risparmiare a tutti e due
questa
bugia, Rachel". Il tono del ragazzo era duro e lo sapeva. Anzi, sperava
proprio di trasmettere quello che sentiva dentro: era stato ingannato.
Tradito
e ingannato. Lo avevano preso in giro.
"Forse dovrei
andare…" La ragazza si alzò e Blaise non
pensò minimamente a fermarla: per
lui non avrebbe neanche dovuto essere lì.
Maddie
però, non era dello
stesso avviso. "Siediti, Rachel. Non è che puoi chiedere
scusa solo a chi
è facile farlo…"
La ragazza la guardò
sgranando gli occhi, ma lei non voleva che se ne andasse. Suo figlio
aveva
bisogno di andare avanti. E se non avesse chiuso quella porta, ogni
colpo di
vento in quella direzione avrebbe riaperto la questione.
Indicò il figlio alla
nipote e lei annuì, con il viso cereo. "Sapevo quello che
stava facendo
Chastity, ma non approvavo. Te lo giuro, Blaise. Le avevo anche detto
di
lasciarti…"
"Di lasciarmi?
Perché?" chiese lui, stranito.
Perché
le aveva detto una
cosa del genere? Perché non consigliarle di lasciare l'altro?
Rachel alzò le spalle.
"Diceva che non sapeva quello che provava per te. Non mi sembrava il
modo
giusto per affrontare un matrimonio".
"Non ci si sposa solo
per amore, sai?" rimarcò; ma perché le ragazze
avevano quest'idea così
romantica dei matrimoni? Non erano tutti così.
"Io preferirei ti
sposassi per amore, però" intervenne sua madre e lui scosse
le spalle. Lui
si sarebbe accontentato di sposare una ragazza con cui stava bene, si
divertiva
e faceva cose interessanti. Non c'era bisogno di amarsi. Ma il rispetto
sì, era
indispensabile. E anche la fedeltà.
"Lei cosa ti ha detto
quando ne avete parlato?" Fu sua madre a farle quella domanda, per
fortuna.
"Disse che voleva
togliersi qualche sfizio prima di infilare l'anello al dito. Mi aveva
promesso
che una volta sposati non sarebbe più successo."
Porca Morgana! Ma allora
non era stata solo una volta? "Ah!" Blaise fece fatica a celare la
sua rabbia.
"Li ho coperti solo in
un'occasione, perché pensavo davvero che sarebbe stata solo
quella volta e
invece…"
"Invece lei ci ha
preso gusto" finì Maddie e la ragazza annuì
silenziosamente. Il ragazzo
dovette spostarsi per cercare di mascherare la sua rabbia: odiava che
si
parlasse di lui così. Soprattutto del fatto che era stato
imbrogliato.
"Mi dispiace davvero,
Blaise. Te lo giuro. So che non mi crederai, ma è
così. Tu ci tenevi così
tanto…"
Quando lesse sul viso di
Rachel la pietà, per poco non diede un calcio al tavolino
che li divideva.
Tutti erano convinti che lui provasse teneri sentimenti per quella
stronza,
mentre invece era seccato perché era stato ingannato.
Era stata infranta la sua
illusione d'amore, ma quello che aveva creduto di poter raggiungere
stando con
Chastity, o con qualsiasi altra, una volta raggiunto il matrimonio: una
vita a
due, la condivisione delle giornate, il far parte di una coppia. Ora,
molto più
di prima, faceva fatica fidarsi di chiunque; anelava lasciar andare le
sue
paure e i suoi dubbi, confidarsi, ma fidarsi lo faceva sentire
vulnerabile e
diventava sempre più difficile. Aveva sempre fatto fatica
anche con i suoi
amici, pensò, ricordandosi di Pansy e Theo e della loro
ultima discussione.
Si alzò in piedi, nervoso
e stizzito: non capivano niente.
Come spiegare che se il
suo consulente avesse fatto la stessa cosa, sarebbe stata la stessa
cosa, se
non peggio? I sentimenti non c'entravano niente, in questo frangente.
Lui
difficilmente ne provava. Sapeva mantenere la razionalità
della cosa e di sicuro
non era perché si era sentito spezzare il cuore. A lui non
succedeva mai. Non
permetteva mai a cose come i sentimenti di mettersi in mezzo. Anche se
Pansy
diceva che aveva iniziato a essere geloso. Anche se ultimamente faceva
sempre
più fatica a tenere le cose separate.
"Blaise…" Tentò
di chiamarlo la madre, ma lui scosse il capo sbuffando e porse verso di
lei la
mano aperta, mostrandole il palmo per interromperla.
"Lasciami stare,
mamma. Ho bisogno di andarmene" disse, quando capì che non
voleva rimanere
solo perché era troppo arrabbiato. Si voltò verso
la ragazza e le raccomandò:
"Questa è l'ultima occasione che avrai di entrare in casa di
mia madre.
Fai ancora…"
Ma anche Maddie
si alzò in
piedi. "Blaise, le tue questioni te le risolvi tu; le mie le sistemo
io,
ne abbiamo già parlato" specificò. Per quanto
avesse ragione a essere
arrabbiato, non poteva dettare legge così in casa sua. Lui
non abitava più lì e
doveva farsene una ragione. Per quanto sapesse di essere stata stupida
a farsi
imbrogliare, conosceva Rachel da quando era nata e non era una cattiva
ragazza,
poteva darle un'altra possibilità.
Vide la rabbia negli occhi
del figlio fulminarla e per poco pensò che avrebbe generato
magia involontaria,
come quando da bambino gli succedevano quei rari, ma potentissimi,
scoppi
d'ira.
Blaise non disse
niente e
accettò le parole della madre, annuendo: ah, volevano
così? Lo avrebbero avuto.
Poi se ne sarebbero pentite di sicuro, e quando sarebbero tornate da
lui per
scusarsi, glielo avrebbe fatto notare.
Girò su se stesso e si
smaterializzò a casa.
Quando comparve in salotto
si scontrò con Kikky, a cui aveva detto di sistemare. La
povera elfa si scusò e
lui, sempre più nervoso, per poco non le lanciò
una maledizione. Forse era il
caso di levare le tende. Pensò a Ginny: lei riusciva a
calmarlo. Avrebbe detto
una battuta delle sue e lo avrebbe salvato con il suo sorriso. Anche se
cercava
di non lasciarsi troppo coinvolgere nella loro storia, gli dava
fastidio la
possibilità che anche lei facesse la stessa cosa. Non doveva
andare in quel
modo: lei doveva tenerci anche se lui non lo dimostrava,
perché in fin dei
conti era così, solo, non voleva doverlo ammettere nel caso
che lei non fosse stata
troppo coinvolta. Come, appunto, con Chastity. E se questa volta lui si
fosse
fatto prendere davvero?
Pensò al fatto che era proprio
a causa della loro storia che non riusciva più a tenere
separata la testa e a
pensare razionalmente. E se invece fosse stato già
così? Se lui fosse stato già…
innamorato? Scosse il capo mentre si versava un bicchiere di Firewhisky
e se lo
scolava tutto d'un fiato. Se ne versò un altro ma poi, prima
di berlo, lo
guardò: non voleva ubriacarsi. Non ne valeva la pena. Quando
capì che era così
nervoso da poter avere uno scatto d'ira, pensò di cambiare
aria: in campagna
era tutto sottosopra, non avrebbe fatto danni irreparabili se si fosse
sfogato
là.
Chiamò Kikky a gran voce e
lei comparve subito, mettendosi ai suoi ordini.
"Vado in campagna.
Non so fino a quando starò lì. Se qualcuno
venisse qui a cercarmi, di'
semplicemente che sono a Redpoppy House a fare dei lavori, ok?"
L'elfa annuì e lui si
smaterializzò subito dopo aver vuotato il bicchiere.
***
Dopo ore e ore
in cui
aveva fatto piccole riparazioni insieme agli elfi di Redpoppy House, il
suo
animo si era calmato e Blaise poteva considerarsi stanco, ma
soddisfatto.
Era arrivato in campagna
convinto di far saltare una qualsiasi stanza come era successo nel
giardino
d'inverno, ma poi aveva ripensato a Ginny e a come lo aveva aiutato a
sistemare
sorridendo e dicendogli che in quel modo sarebbe riuscito a calmarsi la
prossima
volta che fosse successo e, seppur controvoglia, dovette ammettere che
aveva
avuto ragione: non solo non aveva distrutto niente, ma aveva pensato a
lei
tutto il tempo: doveva crescere, forse. Era giusto che le parlasse
chiaro,
soprattutto dei suoi sentimenti. Lei non li avrebbe gettati via come
avrebbero
potuto fare altre ragazze prima di lei, Ginny si sarebbe presa cura
delle sue
emozioni, senza deriderle o tradirle. Voleva fidarsi di lei.
Possibile che fosse così
che ci si sentiva quando si era… innamorati? L'immagine
della ragazza gli
riempì la mente e si coccolò, come faceva spesso,
con il pensiero della
morbidezza dei suoi capelli quando le ricadevano sulle spalle. Il suo
profumo
di mela verde gli riempì il petto, ma lui sapeva
perfettamente che questa volta
non erano i suoi polmoni a esserne colmi, ma il suo cuore. Voleva
vederla,
aveva assolutamente bisogno di affondare i viso in quella chioma fulva,
lo
avrebbe fatto sentire di nuovo se stesso.
Sì, doveva essere quello.
Possibile che fosse innamorato e non se ne fosse accorto?
Sempre più convinto, tornò
a casa a lavarsi pronto per andare da lei, prima di scoprire che era
notte
fonda e che avrebbe dovuto aspettare almeno il mattino dopo.
Deciso a fare comunque
qualcosa di buono, invece di andare a letto si sedette alla scrivania
dello
studio, intinse la penna nell'inchiostro arancione e iniziò
a tratteggiare
capelli, sorrisi e piume galeotte.
Scrisse anche qualche
fumetto. E, prima di rendersene conto, partendo da un bacio nel
giardino degli Stin'sen,
arrivò a una tavola dove un ragazzo scuro stringeva al petto
una bellissima
ragazza dai capelli di fuoco e le sussurrava di amarla.
***
Ginny
bussò alla porta d'ingresso, ma questa si aprì da
sola.
"Blaise…
sei a casa?" chiese, facendo un passo dentro l'appartamento. Sentiva
delle
risate lontane, così si incamminò verso il
salotto. "Blaise… ci sei?"
domandò ancora, ad alta voce; più un gesto di
cortesia per palesare la sua
presenza, che una vera domanda, comunque.
"Vieni,
siamo qui, nello studio!" La voce del moro la chiamò e lei
si stranì:
'siamo'? Chi c'era con lui?
Lentamente,
ma con sicurezza, oltrepassò il soggiorno e
spalancò la porta che dava sul corridoio
delle altre stanze, cercando di raggiungere lo studio. Sentì
una voce
femminile, ma non riuscì a riconoscerla, nonostante capisse
di sapere di chi
fosse.
La
porta dello studio era socchiusa e una luce filtrava da dentro,
illuminando un
poco il buio corridoio. La spinse lentamente, con una brutta
sensazione, ma
continuando ad aprirla.
Quando
si trovò di fronte Bellatrix, la sua mano impugnò
la bacchetta senza neanche
pensarci e la spianò contro di lei. Il suo sorriso beffardo
fece capolino sul
viso scuro. "Ma che carina! Blaise, è lei?"
Ginny
si voltò, continuando a tenere la bacchetta puntata verso la
strega, in
direzione del viso della donna, che si era girata verso la scrivania:
Blaise
stava disegnando. Era una cosa che faceva spesso e a lei piaceva
osservarlo
mentre intingeva la penna nell'inchiostro e tratteggiava magie e
incanti sulla
pergamena. In quel momento, però, non era come al solito:
lui sembrava quasi
posseduto, come se fosse sotto un incantesimo; disegnava senza sosta e
senza la
cura che ci metteva di solito.
Si
avvicinò per vedere cosa stesse disegnando, quando la voce
di Bellatrix si fece
dura e velenosa. "Ferma lì! Non ti muovere!"
Stranita
da quello che la strega le aveva detto, ubbidì senza
rendersene conto e quando
si voltò di nuovo verso il moro, mormorò:
"Blaise… Cosa sta
succedendo?"
Il
moro alzò su di lei uno sguardo vacuo. "Sto disegnando la
mia casa in
campagna, guarda" rispose e alzò la pergamena verso di lei
dove un grosso
stagno e una casa vittoriana riempivano il foglio. Alcune figure
camminavano
sull'erba. "Chi hai disegnato?" chiese, perché normalmente
lei si
sedeva in braccio a lui mentre le spiegava le tavole e in quel momento
avrebbe
voluto farlo, ma la strega continuava a guardarla e lei non riusciva a
muoversi.
"Gli
altri. Tutti" spiegò lui, senza invitarla ad avvicinarsi
alla scrivania.
"Tutti
tranne te!" Bellatrix rise verso di lei, proprio come aveva riso
durante
la battaglia, ma poi si girò verso Blaise. "Lei non
può venire: in fin dei
conti è solo una ragazzina…"
Ginny
sentì la rabbia salirle lo stomaco: lei non era una
ragazzina! La strega tornò
a guardarla e le rivolse un sorriso affettato. "Ma certo, cara, non lo
sei
davvero". Il suo tono sembrava quello di una babysitter svogliata che
assecondava un bambino piccolo purché non le desse fastidio.
La
ragazza fece un altro passo verso il moro, ma Bellatrix la
sgridò ancora,
intimandole di non muoversi. "Non starò ferma!" la
contraddisse e la
donna rise ancora sguaiatamente.
"Ma
se lo fai sempre!"
Ginny si
svegliò di
soprassalto, contenta, per una volta, di tutto il casino che arrivava
oltre la
porta della sua stanza. Si mise seduta, cercando di ricordare il sogno
che
aveva fatto e di capirlo ma, alla fine, pensò che non fosse
un sogno
particolarmente rivelatore, forse era solo un incubo di quelli che
capitano a
tutti. Cosa c'entrava Bellatrix con Blaise, in fin dei conti? Niente.
Forse la
sera prima aveva mangiato troppo.
Però erano due problemi
che doveva risolvere: il sogno della strega e il comportamento di
Blaise.
Possibile che lui avesse davvero rubato la sua lettera? Non riusciva a
crederci. Non credeva fosse possibile. E se allora si fosse sbagliata
anche su
tutto il resto? Magari anche la questione della casa di campagna non
era come
lei aveva pensato… Come si chiamava? Glielo aveva ripetuto
Kikky la sera prima
quando, dopo aver parlato con Pansy e Nott, era andata a cercare Blaise
per
parlargli, ma lui non c'era. E l'elfa le aveva detto che stava facendo
dei
lavori alla casa in campagna. Continuava a sfuggirle il nome.
SunFlower, forse?
No, era un altro fiore… Ma perché lei non sapeva
niente di fiori? Oh, Santo
Godric, non se lo ricordava!
Si alzò dal letto diretta
in bagno e sul pianerottolo si scontrò con George e sua
madre che confabulavano
già di prima mattina. "Buongiorno" li salutò.
"Oh, Ginny!"
L'entusiasmo di Molly era esagerato e lei lo percepì
benissimo: sperò che non
avesse bisogno di qualcosa, ma si ricredette quando notò
George scappare alla
chetichella appena aveva notato la madre che si rivolgeva a lei.
"Mamma" ricambiò
lei.
"Oggi verranno Teddy
e Vic, tornerai presto per aiutarmi con loro? Ron e George hanno
già inventato
scuse…"
Ginny sospirò. "Mi
spiace, mamma, ma dopo l'allenamento devo per forza andare…"
Cercò una
scusa plausibile da rifilare a sua madre per non dover ammettere che
voleva
parlare con Blaise, ma non le venne in mente niente.
"Sì… Beh…" Si
morse un labbro e Molly sbuffò.
"Ho capito"
ribatté stizzita.
No! Sua madre pensava che
non volesse farlo e invece aveva davvero un impegno: era solo che non
voleva
farlo sapere a lei. "Ma no, mamma, è che…"
"Lascia stare"
insistette, girandole le spalle e marciando per il corridoio diretta
alle
scale.
Ginny sospirò e si diresse
in bagno, ancora insonnolita: sapeva che il sogno che aveva fatto non
c'entrava
con i soliti sogni sulla battaglia, era solo la situazione
così strana che le
dava da pensare. Doveva assolutamente parlare con Blaise, ma avrebbe
potuto
andare a cercarlo solo dopo l'allenamento. Una volta uscita dal bagno,
decise
di prendere la scopa: non c'era niente di meglio di una buona corsetta
per
chiarirsi le idee.
***ECcomi!!
Scusate per il mio ritardo, ma sono stata impegnatissima... So che il
capitolo è corto, ma non potevo fare diversamente e anzi,
sono a scusarmi ancora perchè non è detto che
pubblicherò presto per problemi di tempo e cose da fare. Ma
tornerò appena posso, scusatemi.
Un
grosso bacio e spero comunque che riusciate a perdonarmi.
|
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Capitolo 38 *** Mattina ***
Mattina
Blaise quella
mattina si
svegliò tardi e, guardando l'orologio, si rese conto che
Ginny era già andata
all'allenamento di Quidditch in Galles, così decise di fare
un giro a Diagon
Alley prima di andarla a prendere.
Fece un salto dal suo
consulente e, sebbene avesse dormito poco, si sentiva così
bene e in forma, che
il mago si stupì di trovarlo particolarmente allegro e gli
chiese più volte se fosse
sicuro di sentirsi bene; la cosa fece ridere Blaise così
tanto che l'ultima
volta il consulente gli aveva lanciato uno sguardo stranito.
Ancora
sorridendo, con le
mani in tasca, fischiettò per tutto il tragitto dallo studio
del consulente
fino alla Gringott, dove lavorava Theo, deciso a fare una visita
all'amico.
"Mr Nott non è in
ufficio, si è preso dei giorni di ferie" gli
comunicò un folletto, senza
neanche alzare gli occhi da una lunga pergamena che stava scrivendo.
Oh. Dei giorni di ferie? E
come mai? Forse era andato in vacanza con Pansy? Alzò le
spalle. Deciso a farsi
comunque un giro, uscì dalla Gringott e deviò per
il Tiri Vispi.
Non aveva neanche
attraversato la strada che un grosso gufo puntò verso di lui
con una busta nel
becco. Posta? Incuriosito, lo guardò mentre il suo volo si
faceva sempre più
vicino e, per un attimo, pensò che il gufo volesse sfidarlo
soltanto
guardandolo negli occhi. Poco prima che lo raggiungesse, il volatile si
impennò
e deviò nel cielo, ma Blaise ebbe l'impressione che
continuasse a guardarlo,
anche quando si diresse verso l'ufficio postale. Poco prima di entrare
nell'apertura della torre, il gufo si voltò verso di lui e
(Santo Merlino, ci
avrebbe scommesso la bacchetta!) gli fece l'occhiolino.
Come? Cosa aveva fatto?
Senza pensarci, Blaise attraversò la strada e un gruppetto
di ragazzini gli
finì addosso. Stizzito, si lisciò la camicia e
borbottò qualcosa sull'essere a
scuola e poi tornò a dirigersi verso l'ufficio postale.
Spinse la porta di vetro e
il classico rumore di ali e bubbolii di gufi, gli riempì le
orecchie. Alzò lo
sguardo verso l'imboccatura della torre e lì, appoggiato su
una pietra
sporgente, vide il gufo che stava cercando: aveva ancora la busta
bianca in
bocca. Il volatile spiegò le ali e percorse tutto il locale,
fino a raggiungere
il fondo, dove dei folletti stavano smistando delle buste che volavano
in
lunghe file ordinate prima di depositarsi in piccoli box numerati.
Il grosso gufo iniziò la
sua discesa a spirale e Blaise ebbe l'impressione che lo avesse fatto
lentamente
per permettergli di prestare attenzione; poi aprì il becco e
la busta cadde
sulla testa del folletto che, sbuffando, la raccolse per leggerne il
destinatario e il mittente.
"Ancora posta per
questo Biagio Zabini…" Il folletto sbuffò
lanciando la busta su un grosso mucchio di lettere.
Blaise si bloccò sul posto
a osservare il tutto come se fosse invisibile: non sentiva quel nome da
tantissimo tempo. Per un attimo si immaginò in un altro
posto e il profumo di
prati e fiori gli riempì le narici.
Quando notò altre buste fare
la stessa fine, si riscosse e la paura che la lettera che aveva appena
visto
diventasse irrintracciabile, gli fece fare un passo avanti.
"Sono io, Biagio
Zabini" esordì, rivelando la sua presenza ai folletti. Tutti
si girarono,
straniti, verso di lui, ma solo una creatura dal fondo del locale
decise di
prestargli la giusta attenzione: camminò verso di lui
mentre, con le sue lunghe
dita, continuava a lanciare buste incantate verso altre direzioni.
"Mi dica". Anche
nel momento in cui si trovò di fronte a lui, comunque, non
smise di lavorare,
continuando a lanciare buste che sbucavano da sotto al suo gilet.
"Sono Biagio Zabini:
quella lettera è per me" insistette, notando che il folletto
davanti a lui
lo guardava come se fosse un magonò.
"Deve dimostrarlo:
può farlo?" chiese ad alta voce uno dei folletti dal fondo
del locale.
"In che modo?"
La creatura davanti a lui,
Ibbusb come diceva il cartellino che portava appeso al bottone del
taschino
della camicia, lo osservò piegando il capo. "Dovrebbe
bastare la sua
bacchetta". Allungò la mano e le sue lunghe dita si
incurvarono verso di
lui.
Non era sicuro di potersi
fidare, ma prese la bacchetta e gliela porse. "Blaise
Zabini… Biagio
Zabini…" mormorò come un mantra Ibbusb, mentre
faceva roteare la bacchetta
fra le dita. Lo osservò attraverso le lunghe ciglia.
"Sono nato in Italia,
mi hanno registrato anche con il nome italiano."
Il folletto non disse
niente e gli restituì la bacchetta. "Sono stati fatti
cambiamenti di
recente, che lei sappia?"
Blaise si stupì della
domanda. "A cosa?"
Il folletto si allontanò e
intanto alzò le spalle. "Ai documenti. Nascite, morti, cose
così…"
"Non saprei. Quando?"
La piccola creatura
continuò a camminare e poi, con un incantesimo non verbale,
appellò una lettera
che dal mucchio volò verso di lui, subito seguita da
un'altra e da un'altra
ancora. In breve, una decina di buste lo raggiunse e lui ne fece un
mucchio fra
le mani.
"A volte succedono
queste cose: magari c'è un eredità o un
cambiamento di albero genealogico e allora
iniziano ad arrivare tutte le lettere perse in qualche ufficio
postale…"
spiegò, incamminandosi ancora verso di lui. Prese al volo
una busta,
osservandola e, anche se Blaise si era convinto lo avesse fatto a caso,
in
verità capì che non era così.
“Direi intorno alla metà di maggio”.
Blaise ricordò vagamente
quello che Ginny aveva detto sulle biblioteche italiane e i loro
folletti.
"E se qualcuno avesse richiesto qualche documento specifico? O la nuova
forgiatura di uno stemma?"
"Potrebbe essere".
Ibbusb non si stupì e annuì con distrazione.
Blaise tentò di frenare la
curiosità e si fermò quando, vedendolo sempre
più vicino tentò di strappare
dalle mani del folletto le buste chiuse: non era proprio una cosa
decorosa.
Una volta vicino a lui, il
folletto fece apparire una pergamena e una piuma auto inchiostrante.
"Firmi qui e siamo a posto". Indicò con l'unghia una lunga
riga e
Blaise diede una letta veloce prima di porre il suo nome: sembrava
un'autocertificazione. Ah, la burocrazia!
Poco dopo
uscì dal locale
con le lettere in mano e una strana sensazione nel petto: si sentiva
agitato.
Agitato come non lo era mai stato. Pensò di allungarsi al
pub, per sedersi a
leggere con calma, ma non resistette e alla fine si fermò,
in mezzo al
marciapiede, sull'angolo con la via principale di Diagon Alley, e
strappò il
sigillo sull'ultima busta che sembrava essere stata recapitata.
Lesse velocemente le
parole in bella grafia e si fermò solo quando lesse la firma
in calce:
Bartolomeo Zabini. Uno dei fratelli di suo padre. Suo zio.
Come se fosse stato in
trance, aprì una per una le altre lettere. Suo zio gli aveva
scritto solo
all'inizio come avesse fatto a trovarlo: come aveva immaginato era
stato merito
di Ginny, lei aveva 'smosso' tutto. La richiesta della forgiatura di un
altro
stemma e della pergamena ufficiale delle sacre tredici, aveva
incuriosito i
membri della famiglia che, una volta venuti a sapere che la richiesta
era stata
firmata da una ragazza del Regno Unito, avevano pensato che potesse
essere una
sua parente. Sorrise: Ginny non passava mai inosservata. E questa volta
aveva
davvero smosso le acque in modo originale. Avrebbe dovuto farle un
regalo.
Merlino, avrebbe dovuto farlo per tutto il tempo che passavano insieme.
Sfogliò un'altra lettera,
ma quando si accorse che i fogli stavano diventando troppi per poter
essere
letti tutti insieme, attraversò la strada per raggiungere il
pub e sedersi
comodamente.
Una volta
raggiunta l'altra
parte del marciapiede, però, continuò a leggere
mentre camminava e arrivò a una
frase che lo fece bloccare di colpo e qualcuno gli finì
addosso. Si voltò per
scusarsi, quando vide un bambino con i capelli turchesi, caduto per
terra.
Blaise si chinò per
accertarsi che non si fosse fatto niente. "Stai bene? Ti sei fatto
male?"
Il bambino si rialzò prima
ancora che lui potesse aiutarlo e la sua bocca si trasformò
in un becco.
"Sono un ippogrifo cattivo!" Spalancò le braccia e
aprì il becco, ma
non emise il classico verso dell'animale, per fortuna.
"Ne esistono di
buoni?" chiese Blaise, ma il bambino non lo ascoltò.
"Teddy!"
Blaise si voltò al suono
familiare di quella voce. "Buongiorno, Molly" disse, subito dopo,
riconoscendo la madre di Ginny.
Molly
sospirò e si mise
una mano sul cuore: Teddy aveva iniziato a correre e lei lo aveva perso
di
vista, ma per fortuna non si era allontanato troppo.
"Oh, Blaise, per
fortuna lo hai fermato!"
Molly spostò da un fianco
all'altro Vic e poi tentò di chinarsi verso il bambino.
Quando capì che non ci
sarebbe riuscita, si voltò verso il ragazzo e gli mise in
braccio la piccola,
per poi chinarsi a parlare con Teddy e spiegargli quanto fosse stato
pericoloso
quello che aveva fatto.
Blaise rimase
così stupito
quando la signora Weasley gli allungò la bambina che teneva
in braccio che
neanche si accorse di averla presa. La tenne sollevata in aria e la
guardò: era
la stessa bambina che Ginny aveva portato a casa di sua madre. Poi
continuò a
guardarla quando lei si mosse un po' e notò che stringeva
sotto il braccino un
pupazzo a forma di snaso uguale a quelli che sua madre faceva per
l'associazione
dei bambini. Sorrise, ma poi lei si agitò e lui dovette
prendere la decisione
di fare qualcosa in pochissimo tempo, ma non ci riuscì.
Molly
notò il ragazzo in
difficoltà e riprese Vic in braccio, per poi osservarlo
bene: sembrava strano.
"Tutto bene, Blaise?
Ma sono tue queste lettere?" domandò, osservando le buste e
le lettere che
giacevano per terra.
Lui la guardò come se
realizzasse in quel momento che era veramente lì e
spalancò gli occhi a vedere
tutte le lettere sul marciapiede. Quando si chinò con una
strana espressione in
viso, si preoccupò. "Teddy, aiuta Blaise a raccogliere le
pergamene che
gli hai fatto cadere".
Per fortuna il bambino si
chinò senza discutere e aiutò il ragazzo senza
protestare.
Quando tutti e due si
tirarono su, Molly notò ancora lo sguardo spaesato del
ragazzo. "Sicuro di
sentirti bene?"
Lui
annuì senza rispondere
niente, ma iniziò a mettere in ordine le lettere in un modo
così strano che
Molly si preoccupò. "Hai mangiato qualcosa, ragazzo?"
"Come?" Il
figlio di Maddie alzò su di lei due occhi straniti e
disorientati.
"Vieni alla Tana con
noi, penso che tu abbia bisogno di una tazza di tè e di una
fetta di
torta."
"Torta!"
gridò
il bambino allargando le braccia. "Sono un ippogrifo cattivo!"
Blaise tentò di
sorridergli, ma non sapeva molto di bambini.
La madre di Ginny scosse
le spalle e prese per mano il piccolo. "Niente torte per gli ippogrifi
cattivi".
"Sono un ippogrifo
buono! Voglio la Torta!"
La bambina che aveva in
braccio rise e la strega si rivolse a lui. "Vieni con noi" quasi
ordinò.
Lui scosse il capo: aveva
deciso di andare in Galles a prendere Ginny, una volta finito
l'allenamento. Ma
poi gli tornò in mente la frase che aveva letto. Suo nonno.
Suo nonno era
morto. "Non…"
Purtroppo la signora
Weasley si mise la mano libera sul fianco e lo guardò come
se avesse l'età di
Teddy e avesse appena rotto un vaso costoso giocando con la scopa. "Ora
vieni a prendere una tazza di tè. Non mi sembra che tu stia
molto bene."
Blaise non riuscì a
ribattere: si sentiva veramente strano. Il pensiero delle lettere di
suo zio
gli fece venire un giramento di testa. Così,
annuì e basta.
"Bravo. Prendi in
braccio Teddy, così facciamo una materializzazione
congiunta."
Blaise annuì più per
inerzia che per convinzione e lasciò che lei lo istruisse
sulle cose da fare.
In men che non si dica, si
trovò nella cucina della Tana. Il bambino gli
scappò dalle braccia e lui si
guardò intorno: la cucina non era molto diversa dall'ultima
volta ma, ancora
confuso, non realizzò molto.
"Vieni,
siediti". Molly gli fece cenno di sedersi alla lunga tavola e lui non
disse niente, obbedendo. Appoggiò le pergamene sul tavolo e
la strega continuò
a lavorare e incantare cose intorno a lui, come se fosse del tutto
normale. I
bambini corsero in salotto e lui non ci fece più caso.
Dopo un po' la strega posò
una teiera e due tazze sul tavolo, sedendosi davanti a lui.
Appellò una torta
dall'aspetto invitante e ne tagliò due fette grandi e due
piccole, chiamò i
bambini e li fece sedere sul tavolo, dando a tutti e due un quadratino
di torta
da mangiare.
"Cos'è
successo?" La strega versò il tè e, come se
avesse mille occhi e braccia,
continuò a gestire i bambini, le tazze e tutto il resto che
c'era in cucina.
"Come?"
"Sembri sconvolto.
Hai ricevuto brutte notizie?"
Il ragazzo scosse le
spalle. "Mio nonno è morto".
La donna si bloccò con la
bacchetta a mezz'aria. "Oh, quanto mi dispiace!" sussurrò.
"Come… stai?"
Lui prese la tazza e la
circondò con tutte e due le mani: voleva parlare con Ginny,
ma lei era
all'allenamento. Vabbè, almeno era a casa sua. "Non lo so"
sussurrò.
Ed era vero: non poteva
dire di essere triste, perché non si ricordava neanche di
suo nonno, ma aveva
sempre pensato che lui sarebbe stato lì, se un domani ci
fosse stata
l'occasione di incontrarsi. Non aveva previsto una cosa del genere. Si
sentì un
po' demoralizzato, ma probabilmente solo per aver perso l'occasione,
non di
sicuro perché era dispiaciuto. O no? Sapeva perfettamente
che se avesse
confidato una cosa del genere a Ginny, lei lo avrebbe sgridato
affettuosamente
dicendo che si rifiutava di ammettere che la notizia gli stava
prendendo troppi
pensieri per essergli indifferente. Nervoso come se lei fosse
lì davanti e gli
sorridesse con condiscendenza, sbuffò e
riappoggiò la tazza. "Non mi
interessava niente di lui".
Molly
alzò un sopracciglio
mentre osservava il ragazzo seduto alla sua cucina: non sembrava stare
bene e
di sicuro non era vero quello che stava dicendo. Ma capì
anche che non lo stava
facendo di proposito: forse cercava di convincere se stesso. Ma che
cosa
strana…
Si alzò per far scendere i
bambini dal tavolo. Mentre puliva loro i musetti, i suoi pensieri
continuarono
a vorticare, seguendola nei gesti che faceva in automatico.
Sarebbe stato meglio
avvisare Maddie? O forse era meglio di no? Posò un piattino
di dolci davanti al
ragazzo e gli fece un sorriso: in fin dei conti poteva essere uno dei
suoi
figli, tanto valeva trattarlo come tale.
Blaise prese la
fetta di
torta praticamente senza guardare la donna, ma poi alzò lo
sguardo e notò che
lei gli sorrideva dolcemente. La cosa lo infastidì, come se
potesse pensare che
stesse fingendo, ma sapeva perfettamente che non era così.
"Era il padre di mio
padre. Non lo vedevo da tantissimi anni…"
Molly si sedette accanto a
lui. "Non vuol dire che tu non possa essere triste".
Alzò le spalle. "Non
avrei motivo per esserlo. Non lo conoscevo e l'ultima volta che l'ho
visto non
è stata una bella occasione…" Spezzò
in due la fetta di torta prima di
metterla in bocca. Sorrise al pensiero che prima di conoscere Ginny non
lo
avrebbe mai fatto: il cibo si toccava
solo con la forchetta.
"Già…"
Blaise alzò lo sguardo
velocemente. "Lei… lei sa?"
Molly
annuì: sapeva
cos'era successo l'ultima volta che lui e sua madre erano stati in
Italia. In
un incidente, Maddie aveva perso il marito e un figlio. E tutta la
famiglia del
marito era andata in escandescenza.
"Non l'ha raccontato
a Ginny, vero?" Blaise sembrava più preoccupato che
incuriosito.
Come? Molly scosse la
testa. "No, perché avrei dovuto?"
Blaise si
alzò. Si passò
una mano fra i capelli: non gli piaceva che lei fosse a conoscenza
della
storia. "Pensavo che con il fatto che io e Ginny …
Sì, che stiamo…"
Si bloccò quando si rese conto di aver parlato troppo.
"Tu e mia figlia? È
con te che sta, ora?" Il tono della donna era incredulo o forse era lui
che non riusciva decifrarlo come faceva di solito, per via di quella
storia che
gli stava facendo girare la testa.
"No, no, giusto, lei
non lo sa…"
Anche Molly si
alzò in
piedi quando capì che il ragazzo non era lucido.
Così era lui il nuovo
fidanzato di Ginny? Si sentì contenta: conosceva sua madre e
sapeva tantissime
cose su Blaise. E tutto quello che sapeva le piaceva.
Quasi rise della sua
frase, ma cercò di trattenersi. "Forse dovresti
sederti…"
Quella donna era strana. O
forse lo era lui. Sì, Blaise non si sentiva per niente in
forma, dopo quella
gaffe, aggiunta a tutto il resto. Voleva andarsene, prima di fare altri
casini.
"Io vado". Si girò velocemente, sfilando la bacchetta dai
jeans e
prendendo contro, di nuovo, a Teddy, che girava per la cucina trainando
un
treno di legno che ruzzolò nello scontro.
"No!" gridò
il
bambino e Vic, che era seduta su una coperta, all'esclamazione del
piccolo,
scoppiò a piangere. Merlino.
Blaise fece un altro
passo, ma inciampò nel filo che Teddy stava tendendo e
cadde, perdendo la
bacchetta. Imprecò e anche il bambino incominciò
a piangere.
Molly
sospirò: tanto
valeva farsi aiutare da Ron!
Si
chinò a raccogliere la
bacchetta e la porse al moro. "Non ti azzardare a smaterializzarti:
chissà
cosa combineresti, in questo stato". Poi, senza aspettare la sua
replica,
perché era sicura che ce ne fosse una, si chinò a
prendere in braccio Vic e poi
si rivolse a Teddy. "Ora, se smetterai di piangere, Blaise ti
aiuterà a
sistemare il treno".
Il piccolo
annuì e la
strega si voltò verso il ragazzo.
Cosa doveva fare
lui? Non
era capace di riparare giocattoli! Nervoso, Blaise si alzò
da terra per
spiegarlo a tutti, ma poi il visetto del bambino, coperto di moccio e
lacrime,
gli sorrise. Maledizione! "Va bene, proviamoci".
Il piccolo, contento, gli
porse il treno con la locomotiva spezzata e sorrise ancora. Quando si
mangiò
una parte di moccio, Blaise inorridì. "Però
pulisciti il viso".
Molly fu subito dietro di
lui e con la bacchetta lo pulì e il bambino tornò
come prima. La strega fece
scendere dalle braccia anche la piccola bionda e questa si sedette
davanti a
lui, mentre cercava di capire come funzionasse quel giocattolo.
"Spostatevi in
salotto, così avete più spazio". Molly
aprì la porta comunicante con la
bacchetta e tutti e tre ubbidirono, andando a sedersi sul tappeto
davanti al
camino.
Blaise osservò il treno
rotto e provò a lanciare qualche incantesimo. Preso
dall'attenzione data al
giocattolo, non si accorse che i suoi pensieri iniziarono a
riordinarsi,
tornando in file ordinate e compite.
Molly
osservò le tre teste
vicine, così diverse fra loro ma intente nello stesso
progetto. Sorrise quando
Blaise disse qualcosa a Vic e la fece ridere, per poi sorridere lui
stesso. Si
girò, tornò in cucina e fece levitare le tazze
nel lavandino, incantandole per
lavarle.
***
Astoria
affidò la busta,
elegantemente decorata con motivi floreali in rilievo, al gufo di
famiglia,
Arrow, con un sospiro e uscì di casa.
Lei e Draco ormai si erano
scambiati quasi una decina di lettere, ma ogni volta che gli
rispondeva, le
batteva forte il cuore. Quasi quanto come leggere le sue parole scritte.
Draco le scriveva tutto
ciò che provava, le aveva confidato le sue paure, i suoi
desideri e,
finalmente, leggendole, Astoria si sentiva di nuovo partecipe della sua
vita.
Si sentiva bene come quando, durante quelle notti buie, abbracciava un
Draco
silenzioso e appoggiava il capo sul suo petto, ascoltando il ritmo del
suo
cuore suonare per lei. Erano momenti intimi, ma lui non le aveva mai
detto
niente e Astoria aveva sempre avuto l'impressione di partecipare a
metà. Ora
che lui si stava aprendo, avrebbe voluto averlo vicino, poterlo
toccare, ma
sapeva che lui aveva bisogno di tempo.
"Io esco,
mamma". In salotto, salutò la strega seduta sul divano a
cucire e fece per
incamminarsi verso l'atrio.
"Tua sorella ti ha
scritto?" Diretta come sempre, senza convenevoli, né
fronzoli, quando si
trattava di sua sorella, la strega non alzò il capo dal
lavoro, ma prese la
tazza di tè.
"Sì, mamma"
ammise, prima di aver passato l'uscio della stanza e si girò
a guardarla.
"Sai se sta
bene?" Il tono freddo non riuscì a nascondere un po' di
preoccupazione e
la sua voce tremò sull'ultima parola.
Astoria tornò indietro, entrò
nella stanza e posò la mano sulla spalla della madre,
stringendola appena,
mentre lei continuava a guardare un punto fisso davanti a sé.
"Sì, mamma, sta bene,
non devi preoccuparti". Si chinò a darle un bacio sulla
guancia e tornò
verso l'atrio.
Sorrise pensando
all'ultima lettera di sua sorella: ne aveva ricevute solo due, ma
nell'ultima,
la ragazza le aveva raccontato quello che faceva e Astoria sapeva che
stava
veramente bene. Forse davvero doveva andare via per provare a essere
felice.
Si smaterializzò con un
sorriso.
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Capitolo 39 *** Un arrivo inaspettato ***
Un arrivo
inaspettato
-
-
Ginny
sospirò della sua
sfortuna: Blaise non era a casa, così era andata a cercarlo
da Maddie, ma lei
le aveva spiegato che la sera prima avevano discusso e lui se ne era
andato
nervoso e arrabbiato.
Preoccupata per lui, pensò
di tornare a casa: gli avrebbe mandato un patronus, chiedendogli di
vedersi.
Doveva assicurarsi che stesse bene. E se fosse successo qualcosa?
Magari poteva
chiedere a Pansy o a Nott se potevano accompagnarla nella casa di
campagna e
vedere se era tutto a posto. E se lui avesse avuto un'altra crisi come
quella
che aveva avuto nel giardino d'inverno?
Si materializzò a casa con
in testa solo la preoccupazione per Blaise, così, quando
entrò in salotto e
inciampò nel treno di Teddy, non si arrabbiò
neanche.
"Oh, Teddy dovresti…
Blaise?!" Ginny vide il moro seduto sul tappeto, mentre giocava
–
giocava!- con Teddy e Vic, e per poco gli occhi non le uscirono dalle
orbite.
"Ma… cosa ci fai qui? Ti ho cercato…"
Blaise stava
facendo ridere
Vic, con piccole magie elementari, sorridendo come un Troll e incantato
dal
sorriso della piccola, quando si sentì chiamare.
Alzò gli occhi e vide Ginny
che lo guardava con una faccia stranita.
"Ginny, sei
tornata!" Tentò di alzarsi in piedi, ma quel piccolo
terremoto dai capelli
blu gli saltò addosso e Blaise cadde con lui sul tappeto.
Ginny si
avvicinò, ancora
incredula e prese Teddy in braccio, liberando il ragazzo. "Cosa ci fai
qui?" sussurrò. Lei lo aveva cercato per tutto il Regno
Unito e lui era a
casa sua? Non sapeva se ridere o piangere.
"Blaise mi ha aiutato
a tenere i bambini". Molly fece capolino dalla cucina e la
guardò mettendo
le mani sui fianchi: oh oh.
"Mamma, ti avevo
detto che dovevo…"
Ma sua madre non ascoltò
il resto della sua frase, si girò per tornare in cucina e
borbottò qualcosa sul
fatto che nessuno le desse mai ascolto.
La ragazza si voltò di
nuovo verso Blaise, che stava cercando di tenere a bada Vic, adesso.
"Come
ti senti?" sussurrò, allungando la mano per aiutarlo ad
alzarsi.
Blaise le prese
la mano,
ma non si tirò su, stupito dalla sua domanda, e lei si
sbilanciò e cadde. Ma
come faceva a saperlo? Stranito, borbottò e glielo chiese.
"Me lo ha detto
Maddie. Sono venuta a cercarti da lei, visto che non eri a casa."
Sua madre? "Lo sa
anche lei?" Sempre più stranito, non reagì quando
i bambini saltarono loro
addosso, credendo che stessero ancora giocando.
Ginny strinse
gli occhi.
Ma cosa diceva? "Ma stai bene? Ieri non sei andato a Redpoppyhouse? Hai
avuto… non eri arrabbiato?" Il suo tono di voce si era
abbassato: non
voleva che i bambini sentissero e neanche che sua mamma carpisse
informazioni.
Cosa? Blaise
spalancò gli
occhi e la bocca. "No!" Perché aveva pensato una cosa
simile? Perché
aveva visto sua madre! "No, no, sono riuscito a non… Ma
allora non sai di
mio nonno?" chiese, quando capì che parlavano di due cose
diverse.
"Tuo nonno? Che è
successo a tuo nonno? Merlino, no, non so niente…" Ginny
tentò di alzarsi
quando Teddy si buttò in braccio a lei e gridò,
con tutto il fiato che aveva in
corpo. "Nonna!" Vic, dal canto suo, tentò di imitarlo, ma
riuscì
solamente a gridare, senza che si capisse cosa stesse dicendo.
"Mio nonno
è
morto". Blaise riuscì ad alzarsi e le porse la mano per
aiutarla.
"Oh. Mi dispiace
tanto. Ma…" Ginny si guardò intorno in salotto e
poi tornò a posare gli
occhi su di lui. "Tuo nonno che viveva in Italia?"
Blaise annuì: i bambini lo
avevano distratto, ma poi il pensiero di suo nonno tornò a
riempirgli il petto.
Quando Molly fece di nuovo
capolino, attraverso la porta della cucina, Ginny lasciò
andare la sua mano di
scatto, passandosela fra i capelli. Forse lo aveva fatto per non far
sapere a
sua mamma di loro. Ma lui aveva già rovinato tutto.
"Tua madre sa di noi…
Scusa, mi è scappato…"
Ginny si era
spaventata
quando sua madre, probabilmente apposta, aveva fatto sbattere la porta
della
cucina e si era passata la mano nei capelli, quando l'aveva fulminata
con
un'occhiataccia, sentendosi in colpa per averla abbandonata quella
mattina. Si
girò per scusarsi, ma Blaise fermò il suo gesto,
chinandosi su di lei e
confessandole di aver detto a sua madre di loro.
La ragazza alzò le spalle.
"Non preoccuparti, non c'è problema". Ed era vero: non le
interessava
molto, in quel momento, di quello che stava considerando un dettaglio.
"Davvero?" Il
tono stranito di Blaise prese la sua attenzione.
Alzò le spalle. Davvero.
Ma che scema era stata a dar tanta importanza alla cosa. L'importante
era che
lui stesse bene.
"Però dobbiamo
parlare" sussurrò, come se i bambini potessero capire tutto
da quelle
poche parole.
"Di cosa?"
"Della lettera
che…" Ma Teddy si aggrappò alle gambe del
ragazzo, distraendolo e lei non
seppe se avesse sentito la sua frase o meno. "Dopo ti spiego tutto:
aspettiamo di essere soli". Si allungò verso di lui e gli
passò le dita
sulla guancia. Avrebbero parlato di tutto: della preoccupazione di sua
madre,
di Harry, del perché non gli aveva detto cosa ci fosse
scritto nella lettera e
di tutto il resto. Poi lui le avrebbe spiegato cosa ci facesse
lì e cosa fosse
accaduto in Italia a suo nonno.
Sorrise perché tutto si
sarebbe sistemato.
Molly
notò i ragazzi
scambiarsi sussurri e poi la figlia accarezzare la guancia del moro.
Quel gesto
fu così dolce che lei si intenerì e perse la sua
rigidità: non valeva la pena
continuare a essere arrabbiata, probabilmente Ginny aveva davvero un
impegno
con Blaise e visto come era messo lui quella mattino, doveva essere
qualcosa di
importante. Si girò e tornò in cucina.
Blaise prese la
mano di
Ginny e le baciò il polso, contento che lei l'avesse presa
bene. Quando lei
ridacchiò per il solletico, sorrise. Ginny gli prese il viso
con tutte e due le
mani, prima di sussurrare contro la sua bocca. "Dovremo accontentarci
di
questo, ci sono dei bambini…" E lo baciò sulle
labbra.
*
"Non dovevi
preoccuparti per me…"
Blaise quasi sbuffò mentre
Ginny gli raccontava in poche parole della sera prima, quando lo aveva
cercato
a casa di sua madre. Fra l'altro, non gli interessava più
neanche delle
vicissitudini di sua madre con Rachel: voleva perdonarla? Che lo
facesse! Nel
caso, sarebbe intervenuto solo se ce ne fosse stato bisogno. Ma era
abbastanza
sicuro che lei non avrebbe sgarrato ancora.
"Certo che mi
preoccupo per te!" Ginny gli sorrise in quel modo che gli piaceva e si
sentì a casa, mentre lei sistemava i giochi dei bambini
sparsi sul tappeto.
Ma sì, avrebbero chiarito
tutto nel pomeriggio: le avrebbe spiegato come si era sentito e come
era
riuscito a non perdere la testa solo pensando a lei. E le avrebbe fatto
vedere
le tavole che aveva disegnato. No, magari per quello avrebbe aspettato
di
finire tutto. Quando
lei, ignara dei
suoi pensieri, gli diede un altro casto bacio sulle labbra,
pensò che il
pomeriggio sembrava lontanissimo.
"Basta stare
appiccicati, voi!" Il piccolo terremoto dai capelli blu
saltò in piedi in
tutta la sua poco altezza, colpendolo sulla testa con la mano aperta.
Ginny rise e acchiappò il
piccolo che cercò di divincolarsi, mentre gli faceva il
solletico, tenendolo
fermo sul tappeto, e lui rideva come un matto Quando riuscì
a scappare da lei,
la ragazza si mise in ginocchio. "Non mi scappi, sai chi sono io?"
La bambina bionda al suo
fianco spalancò gli occhi. "Chi sei?"
Ginny si chinò verso di
lei e con fare cospiratorio sussurrò: "Io catturo gli
ippogrifi cattivi!"
E mentre i bambini
gridavano eccitati, lei si alzò per rincorrerli ma, prima di
scappare dietro al
divano, si voltò, gli fece l'occhiolino e mimò
con le dita di fare il percorso
inverso.
Blaise ubbidì e scoprì che
giocare con un bambino poteva essere divertente, stremarti di risate e
renderti
inerme sul tappeto dopo pochissimo tempo. Ma non pensò
più a niente. Neanche a
Potter e alla sua lettera.
***
"Andate a
lavarvi le
mani, fra poco saranno qui tutti per pranzo…"
La voce della madre
ricordò a Ginny i doveri di casa e prese in braccio Vic,
incamminandosi verso
il bagno. "Teddy, vieni anche tu" disse al bambino.
"Voglio giocare
ancora! Non voglio lavarmi le mani!" In una perfetta imitazione di
Molly,
il piccolo mise le mani sui fianchi e mise il broncio.
"Andiamo, ippogrifo".
Blaise si chinò e prese in braccio il bambino,
capovolgendolo e facendolo
dondolare per le gambe: Teddy rise tantissimo e il ragazzo
riuscì a trascinarlo
in bagno.
Ginny
lavò le mani a Vic e
poi si chinò per aiutare Teddy, che voleva fare da solo,
così sorrise a Blaise
che era entrato in bagno con loro. "Grazie per aver aiutato mia
madre".
Blaise aiutò la piccola ad
asciugarsi e poi la fece uscire. "In verità è
stata tua madre a salvare
me: dopo aver saputo di mio nonno…"
Ginny gli strinse un
braccio in un gesto affettuoso, sperando che per il momento potesse
bastare.
"Giusto, tuo nonno. Devi raccontarmi tutto".
Blaise
sospirò. "Le
lettere mi hanno destabilizzato…"
"Lettere? Ma quante
ne hai ricevute?" Ginny alzò un sopracciglio e lui si
ricordò che
effettivamente erano tante le cose che doveva dirle: ne avrebbero
parlato bene
nel pomeriggio, ma cercò di spiegarle velocemente del gufo e
di tutte le
lettere che aveva ritrovato all'ufficio postale e lei lo
ascoltò con gli occhi
sgranati, ma poi la madre di Ginny li richiamò in cucina,
così si incamminarono
lungo il corridoio.
"Comunque vogliono
che vada là. Non so se per l'eredità o qualcosa
del genere…"
"In Italia?"
Ginny quasi gridò.
"Mi sembra di sì.
Magari dopo mi rileggo bene le lettere."
"Oh, ma l'Italia è
bellissima! Sei proprio fort…" Ginny si interruppe e scosse
il capo.
"Scusa, non…"
Molly li richiamò un'altra
volta e lei si girò velocemente per raggiungerla.
Ginny si morse
il labbro:
ma che stupidaggine dimostrarsi così entusiasta quando lui
aveva appena detto
che suo nonno era morto! Doveva essergli sembrata un'idiota. O forse
solo una
bambina. Decisa a non dire più niente, entrò in
cucina, seguita dal moro.
Gli altri erano tornati e,
andando ad aiutare sua madre, lasciò Blaise con Ron, George
e suo padre, senza
pensarci.
Blaise non
capì il cambio
di espressione della rossa, ma quando il signor Weasley si
avvicinò a lui, gli
dedicò l'attenzione che meritava.
***
Il pranzo fu
piacevole e
abbastanza veloce: gli altri dovevano tornare al lavoro, quindi c'era
poco
spazio per i convenevoli, ma tutti furono gentili e nessuno disse
niente del
fatto che Blaise fosse lì a mangiare con loro.
Blaise scoprì che la cosa gli
faceva enormemente piacere e che forse si era creato una montagna da un
sassolino, pensando che nessuno sapesse di loro. Quando si
voltò verso Ginny,
alla fine del pasto, lei gli fece l'occhiolino e sorrise a mezza bocca,
come se
gli avesse appena confidato un segreto. Sentì il cuore
scoppiargli di gioia e pensò
di non essersi mai sentito così. Forse era arrivato il
momento giusto per
confidarsi con lei.
"Hai detto che andiamo
da me, dopo?" mormorò, accanto all'orecchio della rossa,
mentre faceva scivolare
la mano sulla sua schiena, alzandole la maglietta e accarezzandole la
pelle
appena sopra i jeans. La vide rabbrividire e sentì la stessa
scossa che gli
scuoteva il corpo.
Ginny si
voltò verso di
lui, in modo che nessuno potesse sentirli, seduti vicino sulla panca.
"Non
vedo l'ora di averti dentro di me…" sussurrò lei
in risposta, posandogli
una mano sulla coscia, sotto la tovaglia, e facendo scorrere le dita
avanti e
indietro. Sorrise, pensando a ciò che sarebbe accaduto dopo.
Avrebbero avuto
tutto il pomeriggio per stare insieme. Solo loro due, senza nessuno,
senza
pensieri di case in campagna o viaggi di poco piacere. O forse sarebbe
sembrata
troppo superficiale? Forse avrebbero dovuto prima chiarire tutte le
cose?
"Cioè, se per te va bene. Oppure…" Stranita dal
fatto di sentirsi in
difetto, non sapeva cosa dire, per paura di poter dire la cosa
sbagliata.
Blaise sorrise
con
tenerezza quando lei vacillò. Gli accarezzò una
spalla per tranquillizzarla:
andava bene tutto. Tutto quello che voleva lei. "Certo che mi va
bene". Se l'occasione fosse stata diversa, si sarebbe chinato, le
avrebbe
scoperto la spalla e le avrebbe baciato la pelle nuda, ma dovette
accontentarsi
di quel piccolo gesto.
"Per l'Italia, prima,
non volevo sembrare troppo…"
Lui sorrise ancora e si
avvicinò i più. "Non preoccuparti, ho capito. A
me dispiace solo che
faccia saltare i piani. Non posso tirarmi indietro, mi sa. Non posso
non
andarci. Dovrò rispondere stasera stessa e organizzare il
viaggio…"
Ne avrebbero comunque
parlato una volta da soli, pensò, mentre si interrompeva
perché uno dei suoi
fratelli era passato troppo vicino e non sapeva se potesse dirlo
esplicitamente.
Però ne avrebbero parlato
dopo aver fatto l'amore, anche lui non vedeva l'ora di toccarla e di
baciarla.
Di quello che avrebbero fatto in Italia c'era sempre tempo di parlarne.
Ginny si morse
il labbro.
"Certo, hai perfettamente ragione: devi andare per forza…"
Cercò di
non rimanere male del fatto che non le avesse chiesto di andare con lui
ma,
come era successo con la casa in campagna, capiva perfettamente. E poi,
non è
che perché aveva pranzato a casa sua e tutti i suoi fratelli
avevano capito che
stavano insieme, lui dovesse condividere ogni cosa con lei. No. No.
Però…
"È che avevo finito
di sistemare RedPoppyHouse. Avrei voluto andare prima
lì…" Lui ringraziò
sua madre quando si avvicinò con una tazza di
caffè, allungandogliela.
Ginny sospirò
silenziosamente. Lei non aveva molti posti dove andare. Non aveva una
casa in
campagna o dei parenti all'Estero. Si morse il labbro, rendendosi
perfettamente
conto che poteva sembrare un capriccio infantile, così si
sforzò di sorridere e
non dire niente.
Blaise
mescolò il caffè
pensando a come le lettere gli stavano guastando i piani. Odiava che
tutto
andasse a rotoli, gli piaceva molto di più fare progetti e
seguirli. Ma poi
sorrise: la ragazza accanto a lui gli stava insegnando un modo di
vedere le
cose totalmente diverso a quello a cui era abituato e iniziava a
prenderci
gusto. Per quanto gli dispiacesse per suo nonno, ancora non riusciva a
metabolizzare la cosa, probabilmente, e non riusciva a capacitarsi di
nient'altro oltre le cose che aveva scoperto la notte scorsa.
Ron raggiunse la
sorella
quando lei si alzò per raggiungere il lavandino e sistemare
dentro alcune stoviglie.
"Tutto bene?"
Ginny si girò verso di lui
e Ron indicò Zabini con un gesto discreto del mento, anche
se lui era girato,
mentre parlava con George. "Ora è ufficiale?"
La ragazza alzò le spalle,
guardando di sottecchi verso il fidanzato; Ron notò un lieve
rossore sulle sue
guance. "Non so. Non vedo differenze da prima…"
Ron rise e sussurrò.
"Sicura?" E indicò sua madre che, con una faccia da pranzo
di Natale
riuscito bene, sorrideva guardando il moro.
Ginny
guardò sua madre e
poi Blaise che in quel momento, come se fossero stati telepatici, si
girò verso
di lei e ammiccò. Sì, forse qualcosa era
cambiato. E non solo lì fuori, pensò,
ma anche dentro di lei.
"Ascolta, devo dirti
una cosa…" iniziò Ron, ma lei non lo
sentì perché in quel momento Hermione
entrò in cucina e sua madre la salutò ad alta
voce.
Ginny si allontanò dal
fratello quando notò la riccia posare gli occhi su Blaise e
poi guardare subito
lei con un'occhiata interrogativa.
"Hermione!" la
salutò, a voce un po' troppo alta, facendole segno di
raggiungerla.
Hermione
salutò tutti e si
avvicinò al lavandino, dove Ginny stava lavando i piatti e
Ron le passò un
piatto e poi tornò a posarsi al piano, senza collaborare
più di tanto.
"Potresti aiutare,
Ron" lo apostrofò, con un leggero cipiglio: a volte il
ragazzo andava
accompagnato.
"Ginny sta lavando i
piatti a mano perché le piace e le permette di pensare. Non
voglio rovinarle il
suo momento". Il ragazzo continuò a guardare verso il
tavolo, senza
muoversi, dopo aver detto quella frase.
"Come?" Hermione
era sicura di non aver capito bene: cosa aveva detto? Era una scusa?
Guardò
Ginny che aveva spalancato gli occhi, girandosi verso il fratello.
"Mah… e tu come lo
sai?"
Quando a Ron divennero
rosse le orecchie, Hermione capì che era vero e che non
stava facendo il troll.
Ron scosse le
spalle,
imbarazzato, e si passò una mano fra i capelli. Aveva
parlato senza pensarci
troppo e non si era reso conto di quello che diceva, così
non rispose.
"Ti ricordi quando
lavavamo i piatti insieme e con la schiuma ci facevamo la barba?" Il
tono
di Ginny divenne tenero e la sua mano gli raggiunse la faccia per
depositargli
una piccola quantità di schiuma sul mento. Subito dopo,
però, rise e gli coprì
gli occhi con altra schiuma, spalmandogliela su tutta la faccia.
Il sapone gli fece
bruciare gli occhi e si agitò a quello scherzo, mentre sua
sorella continuava a
ridere.
Con gli occhi chiusi non
ragionò e corse verso il bagno per sciacquarsi il viso, non
pensando minimamente
di utilizzare il lavandino della cucina.
Per fortuna sua madre lo
bloccò e gli tolse la schiuma dagli occhi con la bacchetta
prima che uscisse
dalla cucina.
"Sempre a
bisticciare, voi" lo rimproverò, ma anche lui
capì che era intenerita
dalla cosa.
Hermione si
girò per dare
le spalle alla stanza e si affiancò all'amica. "Quindi? Ti
sei scordata di
dirmi qualcosa?"
Ginny la guardò curiosa.
"Cosa?"
Ma come 'cosa'? C'era
Zabini a pranzo con la sua famiglia! "Forse non te ne sei accorta, ma
c'è
un ragazzo seduto fra i tuoi parenti…"
Ginny rise,
lanciando un'occhiata
a Blaise. "Ah, sì. L'ho trovato qui. Ma è una
storia lunga, è venuto con mia
mamma…"
"Molly? Ah, va bene.
Avete parlato della lettera?"
Ginny scosse il capo,
sciacquando un piatto. "Dopo: non siamo ancora stati da soli. Sono
successe tante cose… Ho parlato con Pansy e…"
"La Parkinson! Come
sta? Il bambino?"
"Stanno bene, stanno
bene. L'hanno messa a letto, però, e non le piace. Nott le
fa da secondino
perché non vuole che qualcuno la innervosisca. È
molto protettivo."
"Nott?" Lo
stupore di Hermione si riversò nei suoi occhi e
spalancò la bocca.
Ginny arricciò il naso.
"Non si direbbe, eh? Eppure…" Anche lei era rimasta
sorpresa, ma era
contenta per l'amica. Lanciò un'occhiata ancora a Blaise, ma
lui stava parlando
con George.
"Comunque mi hanno detto
che Blaise ha preso male il fatto che Harry mi abbia scritto e che
sia… geloso.
Secondo te è vero?"
Hermione si
girò appena e
insieme guardarono il ragazzo in questione che, serio, parlottava di
qualcosa
con George. Geloso Zabini? Strano. Però… Si
voltò dall'altra parte a guardare
Ron: sapeva che le storie d'amore potevano un po' cambiarti e lei ne
aveva
l'esempio sotto gli occhi. E anche lei era cambiata un pochino da
quando stava
con lui.
"Potrebbe
essere" concluse il suo pensiero ad alta voce, alzando le spalle,
rivolgendosi a Ginny. "Ma quindi è per questo che ti ha
rubato la
lettera?" Forse le emozioni nuove ti fanno fare anche cose non proprio
consone.
Ginny
tornò a guardarla.
"Non penso sia stato lui. Ma in questo momento non mi interessa. Posso
sempre sistemare le cose con Harry. Prima voglio rassicurare Blaise".
"Ma non ti interessa
sapere chi è stato?"
La rossa alzò una spalla.
"Probabilmente l'ho persa o l'ho messa da qualche parte e non me lo
ricordo. Anche se sono meno stanca di prima, sono sempre
disordinata…"
"Non dovresti
dubitare di te."
"Lo so. È che proprio
non riesco a pensare che possa essere stato lui. Non riesco a crederci.
Non so
spiegarti perché…"
Sciacquò l'ultimo
bicchiere e lo posò a testa in giù sullo
scolapiatti, senza asciugarlo. Tutto
ciò che aveva detto era vero: non riusciva a crederci
neanche quando ci
pensava, che potesse essere stato lui. Ma sapeva anche che se fosse
stato così,
le si sarebbe spezzato il cuore. Si morse il labbro e guardò
verso il ragazzo,
mentre suo padre, George e Percy salutavano per smaterializzarsi e
tornare al
lavoro.
Blaise
salutò i parenti di
Ginny e prese in braccio il piccolo Teddy, sedendosi con lui sulla
panca,
quando gli si aggrappò alla gamba per contestare il fatto
che dovesse andare a
dormire. Voleva provare a convincerlo, magari ci sarebbe riuscito senza
essere
brusco.
"Teddy, smettila di
fare i capricci. Il riposino pomeridiano ti sembrerà una
vacanza alla mia
età!" Molly, invece, si era avvicinata e glielo aveva preso
dalle braccia
senza tanti complimenti; forse non era necessario essere troppo teneri
con i
bambini, allora? Osservò la donna che, come un generale,
convinceva i bambini a
uscire dalla cucina per raggiungere i piani superiori.
Si guardò intorno: erano
rimasti solo lui e Ginny, insieme a suo fratello e alla Granger, che
sembravano
confabulare vicino alla ghiacciaia.
"Ginny, devo dirti
una cosa…" Weasley si avvicinò a Ginny, un po'
nervoso.
"Non ora, Ron".
Si avvicinò a lui e si sedette sulla panca. "Ora voglio
baciare
decentemente il mio ragazzo, ora che se ne sono andati
tutti…" sussurrò
poi verso di lui, prendendogli il viso fra le mani.
"No, Ginny davvero…
Dovresti…" Anche la Granger si intromise e per poco Blaise
non le lanciò
una fattura: ma davvero?
La ragazza sbuffò sulle
sue labbra e alzò gli occhi al soffitto. "Scusa questa mia
famiglia
fastidiosa…" mormorò anche se non proprio a bassa
voce, prima di voltarsi
e lasciare cadere la mani.
Gliene prese una e
intrecciò le dita con le sue, trattenendola: anche la sua
famiglia fastidiosa
avrebbe dovuto scusare lui.
"Ditemi, cosa non può
assolutamente aspettare… Oh,
Harry!"
Il tono sorpreso della
ragazza fece girare Blaise verso la porta posteriore, dove il ragazzo
che aveva
salvato il mondo magico stava entrando. "Permesso…"
Tutti si stupirono del suo
ingresso: Weasley, la Granger e anche Ginny era sorpresa, ma sorrise di
uno dei
suoi sorrisi più belli, così geloso senza volerlo
ammettere, rimase seduto
apposta, senza lasciare la mano della ragazza, così quando
lei si alzò, le loro
braccia si allungarono e lui, che pensava che lei lo avrebbe lasciato,
strinse
più forte le dita e tirò appena il braccio per
impedirle di staccarsi da lui.
Ginny si
girò verso Blaise
quando lui la trattenne, e lo guardò con un'espressione
curiosa: subito dopo
lui le lasciò la mano e lei vide sul suo viso la delusione
per qualcosa che non
aveva capito. Cos'era successo? Ancora girata continuò a
guardarlo.
Quando aveva
capito che
lei non avrebbe lasciato la sua mano, che non voleva nascondersi, ma si
era
solo alzata per accogliere un amico, Blaise si sentì in
difetto perché non
aveva afferrato subito la situazione e, senza dire niente, la
lasciò andare.
Ginny si girò verso di lui
e Blaise, consapevole di essersi sbagliato ma senza volerlo ammettere,
le
lanciò un'occhiata delusa.
Harry fece un
altro passo
per entrare del tutto in cucina e si chiuse la porta alle spalle.
"Harry!" Hermione gli corse incontro abbracciandolo stretto e lui
ricambiò, guardando gli altri tre occupanti della stanza:
Ron, Ginny e Blaise Zabini.
Un po' stranito ma senza voler darlo a vedere, si staccò
dall'amica e le
sorrise: sembrava l'unica contenta di vederlo, effettivamente.
"Sei tornato"
disse solamente Ron, avvicinandosi, ma con ben poco entusiasmo.
"Ron…"
"Cosa sei venuto a
fare? Non ci aspettavi tutti in Romania?"
Come? Ginny
corrugò la
fronte a quell'affermazione del fratello: perché Harry
doveva aspettarli tutti
in Romania?
Harry, forse anche lui
stranito dalle parole di Ron, si passò una mano fra i
capelli. "Io…"
Ginny decise di toglierlo
dall'impaccio e si avvicinò. "Bentornato Harry, non fare a
caso a Ron, è
sempre il solito…" Lo abbracciò e nello stesso
momento lanciò
un'occhiataccia al fratello che abbassò lo sguardo.
Harry
lasciò andare la
ragazza e le sorrise. "Ti trovo bene" sussurrò e poi le fece
l'occhiolino. Lei annuì con il capo e si girò
verso Zabini che si alzò dalla
panca in quel momento.
"Harry, ti ricordi
di…"
"Blaise Zabini… Come
stai?" Harry fece un passo verso di lui e gli porse la mano sorridendo.
"Potter. Qui va a
gonfie vele. Da te?"
Ginny
capì subito che
Blaise si stava sforzando di essere gentile e cordiale. Doveva essere
per quel
che avevano detto Pansy e Nott, perché era geloso.
Decisa a salutare e a
defilarsi a casa di Blaise, lanciò un'occhiata a Ron, che
ancora non sembrava
voler partecipare. Poteva lasciarli da soli?
Guardò Hermione e lei
sospirò.
Hermione era
felice di
vedere Harry, ma allo stesso tempo aveva paura che Ron potesse dire o
fare
qualcosa che potesse rovinare la sua visita.
"Hai fatto bene a
venire a trovarci! Vuoi qualcosa…" Hermione si
improvvisò padrona di casa
quando capì che Ron non aveva nessuna intenzione di
accogliere Harry e Ginny
stava pensando di andarsene con Zabini.
"È
casa sua,
Hermione, non c'è bisogno che gli offri da bere…"
Ron si mise le mani in
tasca e sospirò: rivedere Harry lo aveva sorpreso e un po'
scombussolato, così
non aveva reagito benissimo. Era quella cosa che aveva spiegato a Ginny
qualche
notte prima: non pensava mai alle conseguenze e sbottava all'improvviso.
Harry
sorrise alle parole di Ron. Sapeva di
essere in debito nei suoi confronti, ma non ce l'aveva fatta a tornare
alla
Tana prima. E se c'era riuscito ora, in fin dei conti era solo grazie a
Ginny.
Fece un cenno del capo all'amico e Ron gli rispose allo stesso modo,
così si
voltò verso sua sorella, prima di chiarirsi con lui.
"Non hai
risposto al
mio gufo: non sapevo cosa pensare, così… sono
venuto". Harry allargò le
braccia, alzando le spalle, con un sorriso che sperò fosse
abbastanza
amichevole e non accusatorio. Ora aveva anche paura di averla messa in
difficoltà: stava con Zabini? Gli lanciò
un’occhiata di sbieco e notò che lui
sembrava molto attento alla situazione.
Ginny si
portò una mano
alla nuca e sospirò. "Harry, ho perso la tua lettera, per
questo non ti ho
risposto…" Santo Godric, com'era imbarazzante!
Harry sorrise:
allora
Ginny non ce l'aveva con lui! "Oh, bene. Cioè
non…"
"Ho preso io la
tua
lettera, Ginny, non l'hai persa…" Ron fece un passo avanti e
tutti si
girarono verso di lui spalancando gli occhi.
"Sei stato tu?"
esclamò
lei, troppo incredula anche per aggiungere un insulto, probabilmente.
Blaise
osservò la scena
come se stesse spiando dalla finestra: Potter era tornato portando un
po' di
scompiglio, visto che Weasley non sembrava contento, e Ginny era troppo
stranita sia dal fatto che fosse tornato, sia dalla confessione del
fratello.
Ma Ginny aveva
perso la
lettera prima di leggerla? Allora era per questo che non gli aveva
detto cosa
le aveva scritto?
Sorrise
soddisfatto del
fatto che lei non volesse nascondergli niente e per poco non si perse
il resto
della conversazione.
"Ma
perché lo hai
fatto, brutto troll?" Ginny portò la mano alla tasca
posteriore dei jeans,
in cerca della bacchetta, un gesto che Blaise aveva imparato a
riconoscere, ma
poi il suo sguardo si posò sul piano della cucina: la sua
bacchetta era lì,
vicino al lavandino.
Si
avvicinò a lei di un
passo per cercare di calmarla, quando la situazione esplose.
"Non fa
niente…"
disse Potter, avvicinandosi e alzando le mani.
"Non
è vero che non
fa niente!" Ginny si stava infuriando e fece due passi verso il
fratello
che, però, non si difese, forse perché si sentiva
in colpa; Blaise poteva
notarlo dal suo sguardo. "Sei il solito co…"
Prima che lei
potesse
finire l'insulto, la Granger si avvicinò a loro e
cercò di sistemare la
situazione. "Beh, dai, almeno non è stato Zabini!"
Blaise si perse
un attimo
per afferrare tutte le parole della ragazza. Cosa c'entrava lui?
"Cosa?"chiese
con voce alta e ferma. Potter si voltò verso di lui, ma
Ginny, che gli dava le
spalle, no.
Lei si rivolse
alla
Granger, in una muta domanda, probabilmente, visto che non poteva
vederle il
viso.
La Granger
alzò le spalle
in un gesto di scusa, come se volesse difendere Weasley, e
probabilmente
proprio per quello, pensò Blaise. "Se è stato
Ron, non è stato lui…"
E lo indicò con la mano.
Quando Ginny si
girò verso
di lui, seguendo il braccio dell'amica, alzò gli occhi e i
loro sguardi si
incrociarono. "Pensavi fossi stato io?" le chiese, con tono basso e
incredulo.
Lei non rispose
subito,
come se gliela avesse fatta in un'altra lingua.
Poco dopo
socchiuse gli
occhi come se fosse molto stanca, poi scosse le spalle e
tornò a guardare il
fratello.
No, no, doveva
rispondergli!
Ginny non
riusciva a
capire niente. Perché Ron le aveva preso la lettera?
Pensando di aver già
risposto a Blaise, si rivoltò verso il fratello per capire
il motivo del suo
gesto, visto che era l'unica cosa che non capiva.
"Perché…"
Venne
bruscamente
interrotta da una mano sulla spalla, che la fece girare e si
trovò a guardare
gli occhi increduli del moro. "Pensavi davvero che avrei potuto fare
una
cosa del genere? Rubare una lettera? A te?"
"Io
non…" La
voce le venne fuori bassa e stanca, come se fosse una bugia, mentre
invece lei
non sapeva come spiegarsi.
"Non ci posso
credere! Non ti fidi di me?" Blaise la lasciò andare e fece
un passo
indietro, incredulo, sorpreso e probabilmente anche offeso. Sentiva nel
suo
tono tutto il rammarico che gli leggeva in faccia.
"No, Blaise,
aspetta,
ti spiego: la lettera non c'era più e…"
Lui la
interruppe e fece
un altro passo indietro. "Non voglio avere a che fare con persone con
cui
la fiducia non è reciproca. Non…" La sua frase si
interruppe e lui fece
passare lo sguardo sui presenti. "Non voglio scuse. Avresti dovuto
dirmelo…"
"Parliamone da
soli.
Da te…"
Blaise scosse il
capo: non
voleva parlare con lei, si sentiva infuriato e aveva paura di esplodere
da un
momento all'altro. Non voleva che succedesse davanti ai salvatori del
mondo
magico. Scosse ancora il capo. "Non voglio vederti più"
mormorò, con
la morte nel petto.
"No, Blaise,
aspetta,
posso spiegarti! Pansy…" Lei si avvicinò con un
palmo alzato e lui fece un
passo indietro. Anche Pansy? Ma erano tutti contro di lui? La testa
iniziò a
girare più della stanza e lui quasi si sentì
mancare. Doveva andarsene, e
subito.
"Stai lontana da
casa
mia. Stai lontano da me."
Così
dicendo girò su se
stesso e si smaterializzò.
Ginny
guardò Blaise
scomparire e spalancò gli occhi.
"Complimenti,
Hermione, trovi sempre le parole giuste, eh?" Ron guardò la
riccia e
scosse il capo.
"Stavo cercando
di
difenderti! Sei veramente un troll, quando ti ci metti!" rispose
l'amica,
alzando un braccio.
"Ragazzi…"
Harry
fece un passo verso di loro e li richiamò per calmarli.
Ginny pensò che lo
aveva fatto così tante volte che alla fine doveva venirgli
naturale.
"Smettetela di
litigare!" Il grido di Ginny mise a tacere tutti e tre. Possibile che
non
capivano? O che dovessero parlare sempre a sproposito?
Si
avvicinò a grandi passi
a Ron e gli si fermò di fronte. Era molto più
alto di lei, infatti dovette
abbassare lo sguardo, ma la guardò negli occhi. "Ora, vuoi
dirmi una buona
volta perché lo hai fatto? Ho bisogno di sapere cosa diavolo
ti è passato per
la testa, prima di rimediare
la cosa con
il mio ragazzo…"
Ron, alle parole
della
sorella, rimase interdetto. Ma sapeva che lei aveva ragione. Prese
dalla tasca
dei jeans la lettera piegata e gliela porse: aveva già
deciso di confessare il
suo gesto proprio quel giorno, così se l'era infilata in
tasca.
Ginny,
probabilmente
ancora stizzita, abbassò lo sguardo, ma poi, invece di
prendere la busta, diede
un colpo alla sua mano e la fece cadere per terra. "Voglio sapere
perché.
Ho perso la stima di Blaise, Ron, puoi spiegarmi almeno il
perchè?"
Ora lei era
furiosa. Ron
doveva solo ringraziare il cielo che non avesse tirato fuori, ancora,
la
bacchetta. Poteva comunque ancora emettere magia involontaria.
"Io…
Ginny… Non
volevo che venissi in Romania…" Ron si passò una
mano nei capelli e poi
lanciò uno sguardo di sottecchi a Harry. "Scusami,
Harry…"
Come? Ginny
corrugò la
fronte. "Cosa vuol dire?" Ginny, quando capì che suo
fratello non
avrebbe risposto subito, si girò a guardare Hermione e poi
Harry.
"Mi avevi detto
che
non ti eri messo in mezzo…" Hermione sospirò,
come se il fidanzato le
avesse mentito su un tradimento.
"È
quello che ho
fatto!" sostenne il rosso.
"Non mi sembra,
Ron…"
"Quando Zabini
si è
presentato qui, non ho detto niente sul fatto che si sono messi a
sbaciucchiarsi in cortile, su questo non può smentirmi
nessuno! E ne avrei
potute dire, di cose!" Ron guardò sua sorella e lei
annuì con un gesto
poco chiaro delle spalle.
Oh, che carino!
Hermione
gli sorrise.
"Ma hai rubato
la mia
lettera!" Ginny sbottò come se si fosse ricordata in quel
momento del
motivo del loro litigio.
Hermione si
riprese:
giusto, la lettera!
"Harry ci aveva
invitato
tutti in Romania, pensavo che… E se si fosse guastato tutto
ancora? Sì,
insomma, non volevo che litigaste per questo… Ora stai
così bene. Dormi di
notte, sei felice… Beh, non so effettivamente…
ora avete litigato… Oddio, scusa
Ginny, non volevo che…"
Ginny fece un
verso
strozzato con la bocca e fece un passo verso il fratello. "Ron, riesci
sempre a combinare qualche guaio… Vieni qui, Troll che non
sei altro!" E
così dicendo passò un braccio intorno al collo di
suo fratello e lo fece
chinare per abbracciarlo.
Nel suo modo
rozzo,
confusionario e totalmente incoerente, Ron aveva tentato di aiutarla.
Questa
considerazione non riuscì a farla rimanere arrabbiata e
strinse il ragazzo
stretto. "Mi farai morire…"
"Non volevo
farvi
litigare. Davvero… posso andargli a parlare, se vuoi."
"No, no,
è meglio di
no. Ci penso io". Ginny quasi ridacchiò isterica, come se
avesse per poco
scampato un pericolo. Poi si voltò verso Harry. "Quindi ci
volevi tutti in
Romania?"
Harry, per la
prima volta
da quando era entrato alla Tana, sorrise contento. "Ehm,
sì… Ho seguito il
tuo consiglio e ho preso una casa in affitto. Volevo farvela
vedere…"
Ginny sorrise
sincera.
"Ma è meraviglioso, Harry. Sono contenta per te!" E detto
questo,
abbracciò di nuovo il ragazzo. Quando si staccò
da lui, tornò a girarsi verso
il fratello. “E ora, fatevi una bella chiacchierata.
Prendetevi a pugni o fate
un giro sulla scopa o quello che fanno i ragazzi per fare pace:
perché sapete
bene tutti e due che la vostra amicizia è più
importante di qualsiasi cosa
possiate pensare l’uno dell’altro”.
Hermione le
lanciò un
sorriso di gioia e annuì alle sue parole, mentre i ragazzi
si scambiavano
un’occhiata.
Si girò quando capì che lì
non aveva nient’altro da fare.
Ora doveva solo risolvere
il guaio più grosso della sua vita.
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***Eccomi!
Spero di farmi perdonare il ritardo con questo capitolo corposo (ma non
happyend... 😅).
Grazie a
tutti!!!
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