Fai rumore

di Bandida
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Promettimi che domani te ne dimenticherai ***
Capitolo 2: *** II. Qualcosa di non facile ***
Capitolo 3: *** III. Parte prima: Che cosa vuoi che cambi? ***
Capitolo 4: *** III. Parte seconda: Grazie, sai. ***
Capitolo 5: *** III. Parte terza: Quasi come danzare. ***
Capitolo 6: *** III. Parte quarta: Into you ***
Capitolo 7: *** III. Parte quinta: Sincerità ***
Capitolo 8: *** IV. Niente ***
Capitolo 9: *** V. Parte prima: Chissenefrega. ***
Capitolo 10: *** V. Parte seconda: Povera illusa ***
Capitolo 11: *** V. Parte terza: Respiriamo insieme ***
Capitolo 12: *** VI. Andare avanti ***
Capitolo 13: *** VII. Parte prima: Pedro chi? ***
Capitolo 14: *** VII. Parte seconda: Scelta. ***
Capitolo 15: *** VIII. Parte prima: Aspirante comica ***
Capitolo 16: *** VIII. Parte seconda: Sorpresa! ***
Capitolo 17: *** VIII. Parte terza: Silenzio. ***
Capitolo 18: *** IX. Parte prima: Personaggio da circo ***
Capitolo 19: *** IX.Parte seconda: Pericolosa banda criminale ***
Capitolo 20: *** IX.Parte terza: Non ho mai... ***



Capitolo 1
*** I. Promettimi che domani te ne dimenticherai ***


C'erano certi giorni in cui Antonella desiderava soltanto di essere inghiottita nelle profondità della terra e rifuggire da qualsiasi contatto umano, di ogni genere e sorta. Quello era uno di quei giorni. Spossata dalla giornata impegnativa che aveva appena trascorso, tra scuola, lezioni, interminabili chiamate coi propri discografici e promesse di interviste con giornalisti tutt'altro che professionali, la giovane promessa argentina del canto e del ballo aveva anche dovuto sorbirsi a fine giornata due ore di prove con il gruppo di musical della scuola, dove per giunta ormai le toccava subire regolarmente l'umiliante condizione di corista per lasciare il riflettore a Patty. Del resto l'anno precedente le sue costanti assenze a scuola e alle prove per motivi lavorativi legati alla sua carriera da solista avevano fatto sì che non riuscisse più ad avere un ruolo di spicco nei numeri musicali, e si era dunque ritrovata suo malgrado costretta a cedere la sua posizione di leader. Insomma, non era nient'altro che un'anonima partecipante ad una coreografia che avrebbe funzionato benissimo anche senza di lei – una metafora perfetta per descrivere ciò che era diventata la sua vita nell'ultimo anno, in realtà.

Nemmeno Antonella avrebbe potuto elencare una valida ragione per la quale valeva la pena di restare all'interno del gruppo di musical con quelle premesse, a dire il vero. Ce n'erano svariate, ma nessuna aveva poi molto senso. Raccontava a sé stessa che in fondo era il suo ultimo anno di liceo, che il quinto posto che la scuola aveva ottenuto l'anno scorso nella competizione intercollegiale le bruciava ancora e parecchio, e la voglia di rifarsi e chiudere la sua carriera con una bella vittoria sarebbe stato il meritato coronamento di un percorso tanto sudato quanto soddisfacente. Ma la verità era un'altra. La verità era che il mondo della musica e della discografia non era tutto rosa e fiori come Antonella se l'era immaginato, e con la fama arrivava anche un alto prezzo da pagare. Tempo libero praticamente inesistente, l'occhio dei riflettori sempre puntato addosso, pettegolezzi disdicevoli sul proprio conto a destra e a manca, tante pressioni, tante aspettative di successo, e poi tanta rivalità e tanta competizione, roba che faceva sembrare lo scontro tra Divine e Popolari risalente a due anni prima un patetico gioco da bambini.

E la verità era che forse ad Antonella quel gioco un po' mancava. Sì perché, per quanto i conflitti con Patty, Giusy e le sue amiche le avessero spesso e volentieri fatto venire il sangue amaro, allo stesso tempo lei era consapevole del proprio posto in quel frangente. Sapeva chi era e cosa voleva, sapeva di essere la numero uno e quello che di conseguenza poteva pretendere: la vittoria, il successo, la popolarità e un bel fidanzato al suo fianco da sfoggiare come trofeo. Opponendosi alle popolari, Antonella aveva l'assoluta certezza di essere “Antonella the best” e la numero uno, e questo le dava conforto anche nei momenti di fragilità e la faceva sentire protetta, in un certo senso. Era pur sempre una delle poche certezze della sua vita a cui poteva appigliarsi.

Fuori da lì, invece, Antonella non era nessuno. Soltanto un'anonima ragazza di bella presenza che sapeva ballare e cantare. Certo era ambiziosa e aveva talento, ma come lei ce n'erano tante altre in tutto il paese, con altrettanta voglia di sfondare e disposte a tutto pur di crearsi un nome e un'etichetta. Per quanto lei fosse determinata e scaltra e amasse davvero quello che faceva, era anche molto facile sentirsi sopraffatti e surclassati, come in una lotta continua contro un mare in tempesta che ogni volta la travolgeva con un'ondata dietro l'altra. E lei da un po' di tempo aveva incominciato ad affogare.

Il musical della scuola là dentro era ormai il suo unico salvagente, a cui Antonella si aggrappava disperatamente, con le unghie e con i denti – e forse in un modo un po' patetico – anche solo per illudersi per alcune ore a settimana che tutto fosse ancora come prima, che lei fosse ancora Antonella the best, l'unica e sola regina della Pretty Land School of Arts a cui bastava appena uno sguardo o un cenno della mano per ottenere rispetto o incutere timore.

Purtroppo però la realtà era diversa. Più passava tempo alle prove di musical, più Antonella otteneva l'effetto contrario e si rendeva amaramente conto che quelli erano solo ricordi all'interno della sua testa, ricordi di un tempo che ormai era passato. Quel pomeriggio ad esempio aveva passato due ore a sentirsi come un fantasma, ignorata e completamente inutile. Tutti facevano affidamento su Patty per gli assoli, si complimentavano con lei per la voce pulita e intonata, e di ballerini e ballerine di talento ce n'erano a bizzeffe; lei era solo una dei tanti. Una dei tanti. Da star di punta al centro di ogni numero, a completamente ininfluente. Nessuno cercava più la sua approvazione, nessuno le prestava attenzione, nessuno si complimentava con lei o al contrario aveva qualcosa da ridire. Perfino le stupide e petulanti critiche di Giusy sarebbero state meglio del nulla assoluto. E questo significava solo una cosa: anche il suo ultimo, piccolo salvagente che a stento l'aveva tenuta a galla non c'era più. Era da sola.

Fu proprio questa consapevolezza la ragione per la quale quella sera, dopo le prove, Antonella si attardò nello spogliatoio del teatro della scuola, presa dalla paura, dall'angoscia e una miriade di sensazioni soffocanti. Era come un peso sul petto che purtroppo non riusciva più ad ignorare, come un macigno che non la faceva respirare e della quale doveva liberarsi il prima possibile. Una volta accertatasi di essere sola, Antonella scoppiò in lacrime. Non fu un semplice pianto silenzioso e pacato, nossignore, ma una vera e propria lagna disperata – gli occhi le si gonfiarono, le guance diventarono tutte rosse, e lei in preda alla disperazione singhiozzava e non riusciva a calmarsi. Era come se avvertisse un nodo alla gola che voleva strozzarla, e con ogni secondo che passava si faceva sempre più forte, sempre più forte, sempre più forte, stringeva e stringeva fino a non farla più respirare.

Poi la porta si aprì.

Un suono di passi che si addentravano all'interno della stanza la avvisarono di un orribile fatto: Antonella non era più sola. Esitante e spaventata, alzò suo malgrado lo sguardo per capire di chi si trattasse e soprattutto che cosa volesse. Con suo estremo disappunto, la ragazza scoprì allora che per una qualche contorta e malata ironia della sorte, l'intruso era la persona che in quel momento meno di tutte avrebbe voluto vedere: ad una distanza di sicurezza di circa un paio di metri, Josefina Beltran la osservava con un'insopportabile espressione interdetta dipinta sul viso, come se Antonella fosse stata una bambina che faceva i capricci e che gli adulti là attorno non avevano la più pallida idea di come gestire.

“Ho dimenticato la sciarpa, me ne vado subito,” Giusy si giustificò in fretta, probabilmente avendo colto quanto la sua presenza la facesse sentire a disagio.

Antonella avrebbe anche potuto esserle grata per quella piccola accortezza e per aver deciso di non renderle quel momento più mortificante di quanto già non fosse, però purtroppo Giusy non se ne andò. Proprio come aveva annunciato, recuperò la sua sciarpa blu appesa ad uno degli appendini dello spogliatoio e giunse in prossimità della porta, poi però si bloccò di colpo. Sotto lo sguardo irritato e spazientito di Antonella, la ragazza si girò e domandò con un sospiro:

“Tutto bene?”

“Una meraviglia guarda,” la prese in giro Antonella. Era davvero così necessario chiederlo? “Che cazzo di domande fai?!” sbottò, seppur ingiustamente. Non ce l'aveva con Giusy per la verità, però in quel momento era lì ed era un bersaglio facile, e questo bastava ad Antonella per sentirsi legittimata a scaricare su di lei il suo malumore.

“Lasciamo perdere, non so neanche perché te l'ho chiesto,” rispose l'altra, alzando gli occhi al cielo. Sentendosi lievemente in colpa per quella reazione carica di aggressività, Antonella spostò lo sguardo dall'altra parte della stanza. “Senti, lo so che io e te non ci stiamo molto simpatiche,” continuò poi Giusy, seppur tentennante, “però se posso fare qualcosa...”

“Chiudi la bocca e sparisci dalla mia vista, non ho bisogno della tua compassione,” sentenziò Antonella in tono brusco. L'idea di fare pietà persino a Josefina Beltran le dava la nausea, sinceramente. Poi, sentendosi nuovamente in colpa per la durezza delle sue parole, aggiunse per sdrammatizzare: “Sto bene, ho soltanto avuto una brutta giornata, capita anche ai migliori.”

Passarono alcuni secondi di silenzio, in cui nessuna delle due disse niente. Antonella rimase ferma immobile nella panca su cui era seduta, mentre Giusy non si mosse di un millimetro dalla sua posizione accanto alla porta. Ad essere più precisi, Giusy aveva lo sguardo perso nel vuoto e si stava mordendo nervosamente il labbro inferiore con aria assorta e un po' combattuta, come se stesse riflettendo su una decisione di vita o di morte. Antonella inarcò un sopracciglio mentre la osservava incuriosita, domandandosi cosa fosse ad impensierirla così tanto. Senza rendersene conto si ritrovò a fissarla, come per studiarla minuziosamente.

Alcuni istanti dopo, Giusy finalmente si decise.

“So già che me ne pentirò ma, ti andrebbe di andare a bere qualcosa?”

Antonella deglutì, presa alla sprovvista.

“Te l'ho già detto, non ho bisogno della tua compassione o che tu mi faccia da balia. Va' via,” ordinò in modo istintivo, senza neanche pensarci.

Subito dopo infatti se ne pentì, pensando che quantomeno avrebbe potuto rifletterci prima di dare una risposta. Non sapeva nemmeno lei perché esattamente avesse reagito così, forse era stato quasi un riflesso automatico. Lei e Giusy d'altronde erano sempre state rivali, su fronti opposti in tutto e per tutto. Eppure, per una manciata di secondi Antonella pensò sul serio a come sarebbe stato andare a prendere un aperitivo con Giusy, scambiare quattro chiacchiere parlando del più e del meno come semplici compagne di scuola. No, no per carità, la sola idea sarebbe stata ridicola! Tanto ridicola quanto il pensiero che, per qualche assurda ragione, tutto ciò in fondo avrebbe anche potuto piacerle.

“Come vuoi,” replicò Giusy, scrollando le spalle. Invece di andarsene però camminò verso l'altra ragazza e si piazzò di fronte a lei, quasi come se la stesse sfidando. “E per tua informazione, non te l'ho chiesto per compassione o perché credo che tu non sia in grado di affrontare una brutta giornata, non abbiamo più tredici anni,” sottolineò con sarcasmo.

“E perché lo hai fatto allora?” domandò Antonella, ancora una volta senza riflettere.

“Credevo che mi avessi detto di andarmene,” rispose Giusy, con quel suo tono canzonatorio e a tratti gongolante che ad Antonella dava assolutamente su nervi.

“Fa' come ti pare,” ritrattò quest'ultima, nuovamente sulla difensiva. Di certo non le avrebbe dato la soddisfazione di chiederglielo una seconda volta, eppure in cuor suo si ritrovò inaspettatamente a sperare che Giusy non se ne andasse, che al contrario le desse una risposta e insistesse, invece di lasciar perdere. Che cosa si aspettasse di sentire, poi, non avrebbe saputo dirlo nemmeno la stessa Antonella.

“Che tu ci creda o no il mondo non gira intorno a te Antonella, anch'io avrei bisogno di andare a bere qualcosa,” Giusy rivelò infine con un sospiro. “Ma se non ti va ti lascio da sola.”

Antonella rimase spiazzata. Se avesse dovuto essere completamente onesta, dopo la giornata che aveva avuto e tutto lo stress degli ultimi tempi un drink non sembrava affatto una cattiva idea. Certo avrebbe potuto andare in un bar per conto proprio ma sarebbe stato un po' deprimente, senza contare i malintenzionati che avrebbero potuto avvicinarla. Uscire con Pia e Caterina poi sarebbe stato anche peggio – non aveva nessuna voglia di sorbirsi le loro domande invadenti e inopportune, specie sapendo con assoluta certezza che quelle due in privato non avrebbero fatto altro che rallegrarsi delle sue disgrazie, gelose com'erano del suo successo.

Giusy per contro aveva tanti difetti, più di quanti Antonella riuscisse a contarne – era tremendamente noiosa e moralista e si riteneva tanto intelligente solo perché nel tempo libero invece di andare a fare shopping come tutte le ragazze normali di buona famiglia preferiva leggere mattoni pesantissimi sul senso della vita (non che di fatto ad Antonella interessasse quello che poi lei faceva o non faceva), ma se non altro di una cosa non la si poteva proprio accusare: di essere una falsa. Al contrario, Giusy sentiva sempre l'impellente esigenza di fare sapere ad Antonella tutto quello che pensava di lei e glielo diceva dritto in faccia, guardandola fisso negli occhi. Era irritante, petulante e faceva innervosire Antonella come pochi, pochissimi altri al mondo riuscivano a fare, persino più di Patty, ma almeno non era falsa. E se proprio lei doveva andare a bere con qualcuno, Antonella preferiva di gran lunga una persona che si facesse i fatti propri e avesse il coraggio di darle dell'idiota qualora lo avesse pensato, rispetto a gente che indubbiamente sarebbe andate ad insultarla alle spalle alla prima occasione.

Beh, forse tutto sommato, andare a bere qualcosa con Giusy non era poi un'idea così terribile. Del resto era stata proprio lei a proporglielo e ad invitarla, per cui in fondo, per una volta...

“Aspetta!” la fermò di colpo Antonella, bloccando l'altra ragazza quando ormai era sul punto di uscire, proprio prima che aprisse la porta. “Non ho mai detto che non mi andasse,” chiarì poi, asciugandosi le guance bagnate con la mano destra nel tentativo di apparire un po' più autorevole. “Dammi un minuto per sciacquarmi la faccia e ci sono, scegli tu dove andare, a me non importa,” disse risoluta, alzandosi per raggiungere il lavandino con un sospiro. “Mi basta che servano da bere.”

...

 

“Ecco qua ragazze,” disse il cameriere con un sorriso, mentre appoggiava i due drink sul tavolo.

Antonella lo guardò e fece un cenno del capo in segno di gratitudine, allungando la mano verso uno dei due calici. Non aveva importanza quale scegliesse, aveva appositamente ordinato la stessa cosa di Giusy perché non aveva la più pallida idea di cosa prendere. Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma non era abituata ad andare per locali a fare aperitivi e i nomi dei cocktail non le dicevano proprio niente, sembravano anzi tutti uguali!

“Grazie,” rispose Giusy, con un sorriso e un cenno del capo. Annuendo, il cameriere si congedò e si allontanò subito dopo, lasciando dunque le due ragazze nuovamente sole.

Il locale scelto da Giusy era abbastanza vicino alla scuola, c'erano voluti sì e no una decina di minuti a piedi per raggiungerlo, ed era anche ben collegato con il centro. Antonella però non c'era mai stata prima di allora. Giusy aveva chiamato il posto 'Il caffè dei libri', e Antonella non sapeva se fosse il suo nome ufficiale o se si trattasse di un soprannome, stava di fatto che quello strano appellativo descriveva abbastanza accuratamente lo stile del locale, con scaffali pieni di libri alle pareti e lampade vintage che emanavano luci soffuse per mantenere l'atmosfera intima e privata. Giusy l'aveva portata direttamente al primo piano salendo la rampa di scale al suo interno e si erano sedute in uno dei tavoli vicino alla finestra sul lato destro, dalla quale si vedeva tutta la strada sottostante e le persone che passavano. Non c'era che dire, era chiaramente un posto nello stile di Josefina.

La stanza era quasi piena, occupata per la maggior parte da studenti o comunque ragazzi giovani della loro età. Il rumore della musica pop diffusa in sottofondo unito a tutte quelle voci, le grida e le risate rendevano l'ambiente piuttosto vivace e rumoroso, ma non in un senso sgradevole o negativo. Seduta in mezzo a tutta quella gente, Antonella si sentiva come invisibile e allo stesso tempo protetta da un velo di anonimato, come se per una volta avesse potuto prendersi una pausa dai riflettori che si sentiva costantemente puntati addosso. Era una bella sensazione, dopotutto – in quel momento lei non era nient'altro che una ragazza, niente di più e niente di meno.

“Allora, a cosa brindiamo?” chiese Giusy, richiamando la sua attenzione.

“Perché, bisogna per forza brindare a qualcosa?” rispose l'altra. Antonella strinse tra le mani il bicchiere, fingendo una disinvoltura che in realtà non aveva.

“Beh, non lo so, normalmente si fa così,” spiegò Giusy, stringendosi nelle spalle. “A dire la verità non sono molto abituata a queste cose,” confessò subito dopo, con un lieve rossore sul viso.

“Ai brindisi?”

“A bere.”

“Chissà perché non avevo dubbi,” scherzò Antonella, nonostante lei in realtà non fosse da meno – soltanto che Giusy non doveva scoprirlo, chiaramente. “Allora dimmi un po', Giusy,” proseguì, appoggiando le braccia sul tavolo, “che cosa spinge una brava ragazza come te a darsi all'alcolismo? Sono curiosa.”

“Niente di che, solo una brutta giornata,” spiegò brevemente l'altra, abbassando per un attimo lo sguardo sui bicchieri. “Mi pare di essere in buona compagnia, no?”

“Hai ragione,” concedette Antonella. Poi, la ragazza sollevò il suo bicchiere e sentenziò con un mezzo sorriso: “Allora alle brutte giornate.”

“Alle brutte giornate,” ripeté Giusy, e così dicendo le ragazze brindarono e si portarono ognuna il rispettivo bicchiere alle labbra.

Non era poi così male il gusto di... qualsiasi cosa avesse preso, Antonella pensò tra sé e sé. Era fresco e sapeva di menta, era piacevole tutto sommato. Di fatto ne bevve ancora due o tre sorsi mentre il gusto dissetante deliziava la sua bocca, e vide Giusy fare lo stesso. Poi, per rompere quel momentaneo silenzio che stava cominciando a renderla nervosa, spostò le labbra dal bicchiere per chiedere:

“Perché hai chiesto proprio a me di venire qui con te però? Posso saperlo?”

“Non ci vuole un genio per arrivarci, Antonellina,” rispose Giusy con sarcasmo, inclinando la testa di lato. “Dico, le hai viste le mie amiche? Ti sembra forse che potrei chiedere a Patty di venire con me in un bar a bere alcolici? Sua madre mi ammazzerebbe se lo venisse a sapere,” scherzò, prima di riportarsi il bicchiere alle labbra e bere un altro sorso.

“Carmen non è così rigida come credi, sai. È solo un po' protettiva, ma credo che se sapesse che Patty è al sicuro in compagnia delle sue fedeli sentinelle la lascerebbe andare,” replicò Antonella. Si ricordava molto bene la madre della sua ex amica e tutte le mattinate e i pomeriggi che avevano trascorso assieme nel loro piccolo appartamento. Forse era un po' sempliciotta, ma Carmen era una persona buona e sicuramente non retrograda. “Non abbiamo più tredici anni, Giusy,” aggiunse, ripetendo con sarcasmo le parole che l'altra ragazza le aveva rivolto poco prima.

“D'accordo, posso anche pensare di darti ragione su questo, ma ciò non toglie che sicuramente Patty finirebbe per sentirsi a disagio in un ambiente del genere,” proseguì Giusy guardandosi attorno, mentre Antonella beveva un altro sorso del suo drink. “Prenderebbe un analcolico alla frutta sperando di tornare a casa il prima possibile probabilmente.”

“Dovete smetterla di trattare Patty come una bambina, come se fosse una bambola di cristallo che alla prima occasione si spezza e scoppia in lacrime fino a quando non viene qualcuno a tenerle la mano e rimboccarle le coperte. Deve crescere anche lei,” replicò Antonella, forse in tono un po' brusco, ma comunque dando voce a ciò che realmente pensava. Proteggerla da ogni minima cosa che avrebbe potuto ferirla per paura di una sua reazione avrebbe soltanto reso più difficile l'impatto con la dura realtà. “E comunque, tralasciando Patty per un attimo che mi dici delle altre? Tamara, Sol e la brutta copia di Sol?”

“Che cos'è questo, un interrogatorio?” chiese Giusy, inarcando un sopracciglio. “Come mai sei solo tu qua dentro a fare le domande e io quella che deve rispondere?”

“Se vuoi chiedermi anche tu qualcosa fa' pure mia cara, siamo qui apposta,” la invitò Antonella, rilassandosi sulla sedia mentre con un gesto aprì le braccia e indicò sé stessa. “Sono un libro aperto.”

“E va bene. Una domanda ciascuna, che dici ti sembra equo?” propose Giusy.

Antonella sorrise, senza nemmeno sapere perché. Era un giochino anche piuttosto banale in fondo, eppure la incuriosiva più di quanto sarebbe stata disposta ad ammettere. Lei e Giusy d'altro canto non avevano mai avuto occasione di parlare e confrontarsi a viso aperto prima di quell'occasione, da sole e senza nessun altro attorno ad ascoltarle. Questo rendeva le cose molto diverse. Le sfuriate nel bel mezzo della scuola non erano certo un gran modo di comunicare.

“Perché no. Avanti, spara,” accettò con curiosità.

“Mmm, da dove comincio?” chiese retoricamente Giusy, con un sospiro. “Beh, tanto per cominciare potrei farti la stessa domanda: Pia e Caterina le hai lasciate a casa? Come mai non sei uscita con le altre divine, invece che con me?”

“Mi sorprende che una persona tanto intelligente come te non ci sia arrivata da sola. È più semplice di quanto credi tesoro, tu mi hai chiesto di uscire e io ho detto di sì, non loro,” chiarì Antonella, scrollando le spalle. In fondo non era una bugia, non erano state loro ad invitarla fuori, e Antonella di certo non si sarebbe presa la briga di cercarle.

“D'accordo, però avresti potuto rifiutarti e telefonare a loro riproponendo l'idea. O no? Non mi sembrano persone che si sentirebbero a disagio in questo contesto,” controbatté Giusy, indicando con il dito indice la sala.

“Ah ah ah, i patti non erano una domanda ciascuna? Queste sono due domande, se la matematica non mi inganna,” le ricordò Antonella.

“Che c'entra, è sempre collegata alla prima che ti ho fatto!” protestò Giusy.

“Va bene però anche la mia seconda domanda era collegata alla prima che ti ho fatto, se ben ti ricordi.”

“E va bene,” la mora si arrese infine. “Nemmeno Sol, Tamara e Belen sono persone a cui piace andare per locali se vuoi saperlo, di solito facciamo altre cose quando stiamo assieme,” spiegò.

“Certo, sia mai che a voi sempliciotte piaccia fare qualcosa di divertente,” la prese in giro Antonella, più per abitudine che altro.

“Fingerò di non aver sentito. E comunque, in realtà no, non è solo per questo. Se avessi voluto, alla fine avrei potuto chiederglielo e non penso che avrebbero avuto problemi ad accompagnarmi e uscire assieme, è pur sempre venerdì sera,” ammise Giusy. “Il fatto è che... non lo so nemmeno io perché l'ho chiesto a te e non a loro, se vuoi una risposta sincera. Ti ho vista nello spogliatoio e mi è venuto spontaneo, tutto qua. Mi pare che tu abbia accettato alla fine,” fece notare Giusy.

“Vero, ho accettato,” ammise Antonella. “E se ti può soddisfare vale lo stesso per me, non c'è una vera ragione per cui sono uscita con te invece che con Pia e Caterina. Tu me lo hai chiesto e io ho detto di sì, ecco tutto. Però c'è anche un'altra cosa,” confessò, in virtù della sincerità di Giusy. Antonella si riportò il calice alla bocca e bevve un altro sorso, perlopiù per farsi coraggio.

“Ossia?”

“Io e loro, beh... non,” iniziò, sospirando e poi ricominciando da capo la frase. “Per tua informazione neanche noi abbiamo l'abitudine di andare per locali assieme, ecco tutto. Sarebbe stato strano se glielo avessi chiesto così, di punto in bianco.”

“Sul serio? Questo mi ha sorpreso, devo ammetterlo.”

“È il mio turno di chiedere qualcosa ora, giusto?” domandò Antonella, desiderosa di cambiare argomento. Vedendo Giusy annuire, Antonella si fece coraggio e ritentò: “Bene. Voglio sapere come mai dici di aver passato una brutta giornata.”

“Ah, ma qua si incomincia ad andare sul personale!” esclamò Giusy, fingendosi divertita. “Fa attenzione Antonella, potrei quasi iniziare a pensare che in fondo in fondo un po' ti interessa di me,” proseguì scherzosamente. Antonella per un istante lesse in quelle parole una qualche sorta di domanda velata lasciata implicita.

“È un modo per dire che ti rifiuti di rispondere?”

“Certo che ti rispondo invece,” replicò Giusy con orgoglio. “Più che una brutta giornata direi che è un brutto periodo, ho una cena con le mie amiche più tardi e nessuna voglia di andarci, già il fatto che mi trovo qui con te la dice lunga. Non è per cattiveria ma loro parlano continuamente dei loro progetti futuri e io ogni volta non so mai cosa dire, a volte mi annoio un po' sinceramente,” ammise spazientita, lasciando Antonella un po' interdetta. “Sono tutte così entusiaste di quello che vogliono fare, e poi ci sono io...”

“Che vuol dire esattamente?” domandò incuriosita. Tuttavia, si ricordò poco dopo che non era più il suo turno di parola, per cui si corresse da sola alzando teatralmente le braccia al cielo: “D'accordo, vai, chiedi.”

“Hai detto di non essere abituata ad andare per locali con Pia e Caterina, giusto?” ricapitolò Giusy.

“Sì, e con ciò?"

“No, niente, non c'è niente di male. Mi stavo solo chiedendo, cosa fanno allora 'le divine' quando escono insieme? Preferite le discoteche oppure i ristoranti di lusso?” la provocò con un ghigno.

“Piacerebbe saperlo anche a me che cosa combinano quando si vedono,” Antonella le offrì una risposta sincera. “Io e le ragazze ormai non ci vediamo quasi più fuori da scuola, al massimo scambiamo qualche chiacchiera tra una lezione e l'altra ma nulla di che. È che la mia carriera non mi lascia tanto tempo libero, sai, sono sempre impegnatissima tra canzoni da registrare, interviste, eventi vari,” raccontò. “I pochi momenti liberi che ho a disposizione non ho voglia di passarli con loro perché a volte sento...” si interruppe, indecisa se continuare o meno. Poi guardò gli occhi castani di Giusy fissi nei suoi, intenti a osservarla con la massima attenzione. Allora proseguì. “Sento di non avere poi molto di cui parlare con loro, è come se ci trovassimo su due pianeti diversi in un certo senso.”

“Beh, m-mi dispiace...”

Giusy si portò un'altra volta il bicchiere alla bocca e bevette di nuovo.

“Scommetto che starai pensando che con il successo sono diventata anche più snob di prima, vero?” chiese Antonella con una risatina. Lei stessa si riteneva patetica da sola, per la verità.

“No invece, non lo penso affatto,” replicò Giusy. “So che ti sembrerà assurdo, ma penso di riuscire a capirti meglio di quanto credi in realtà.”

Antonella la guardò stupefatta. Per qualche ragione cominciò a sentirsi lievemente agitata. Doveva essere l'effetto dell'alcol a darle quella sensazione, sì, senz'altro.

“Sul serio?” chiese poi.

“È un po' la stessa cosa che capita a me quando sto con le altre, con le popolari,” le spiegò l'altra.

“Cioè?”

“Cioè, mentre tutte loro hanno già tanti progetti a cui dedicarsi io non ho la più pallida idea di cosa ne sarà di me una volta finito il liceo. Figurati che non so nemmeno se continuare con il mondo dello spettacolo, se fare l'università, che cosa vorrei studiare... In pratica ho solo confusione in testa,” rivelò con un sospiro sconsolato.

“Tu? Josefina Beltran con le idee confuse?!”

Antonella la guardò con un sopracciglio inarcato. Non era che non ci credesse, perché a giudicare dalla malinconia nei suoi occhi e il tono con cui aveva parlato dubitava che Giusy la stesse prendendo in giro. Semplicemente... era l'ultima persona da cui avrebbe potuto aspettarselo, più che altro.

“Che c'è di tanto strano? Sei tu quella che dice sempre di sapere quello che vuole, mica io,” le ricordò la mora.

Già, forse per l'Antonella di un tempo era stato così, pensò tra sé e sé con un po' di malinconia.

“Hai ragione. È che mi sei sempre sembrata così... così determinata e sicura di te, non credevo che ogni tanto avessi dei dubbi anche tu,” ammise. La forza e la tenacia di Giusy erano qualità che lei aveva sempre ammirato, nel bene e nel male. Solo che non glielo aveva mai detto – ovviamente.

“Mi spiace distruggere le tue aspettative allora,” scherzò Giusy. “Comunque lasciamo perdere, non voglio fare quella che parla solo di sé stessa, sicuramente questo discorso sarà una noia mortale per te,” aggiunse. “Mi sono persa, a chi toccava chiedere adesso?”

“No, no non mi annoia invece, anzi,” la rassicurò Antonella. Poteva sembrare assurdo, ma la verità era che aveva una gran voglia di continuare a parlarle. Non le capitava spesso di potersi confrontare con persone che... beh, che riuscivano a capirla. Quasi mai a dire la verità. “È il contrario invece. Anche io penso di poterti capire su questo, sai?” confessò, leggermente in imbarazzo.

“Tu? Ma per piacere,” Giusy la derise con uno sbuffo.

“No, non ti sto prendendo in giro, sono seria,” insistette l'altra. “Sai che ti dico? Abbiamo bisogno di un altro drink per affrontare questo discorso, non sei d'accordo?”

“Sì, sì decisamente, forse anche più di uno.”

 

La serata andò avanti e i minuti scorrevano via, mentre la conversazione tra Giusy e Antonella progrediva assieme al loro stato di ebbrezza. Al terzo drink Antonella ormai aveva perso qualsiasi freno inibitore mentre si lasciava andare ad insulti e lamentele rivolti un po' a chiunque le passasse per la testa: i suoi produttori insulsi, i giornalisti di terza categoria che le rivolgevano domande inutili e stucchevoli durante le interviste, la pessima organizzazione della sua casa discografica e per concludere sua madre, Paolo e Dorina, forse i manager più incapaci di tutta l'America latina, completamente impreparati a gestire quella tipologia di carriera e a sostenerla come sarebbe stato necessario. Se non altro le sue battute e prese in giro strappavano un sorriso e una risata a Giusy, che Antonella raramente aveva visto di buon umore prima di allora, perlomeno in sua presenza. Ogni volta in cui riusciva a farla ridere se ne rallegrava, come se fosse stata una sua personale conquista della quale andare fiera. E la cosa migliore era che Giusy non ascoltava semplicemente in modo passivo, facendo soltanto qualche commento di circostanza e annuendo come invece erano solite fare le divine, forse fatta eccezione per Caterina, ma al contrario partecipava attivamente facendo acute osservazioni su tutto il marcio e l'ipocrisia che tristemente erano così diffusi nel loro ambiente, le quali trovavano Antonella pienamente d'accordo.

Antonella non sapeva se fosse un semplice effetto dell'alcol o forse colpa della giornata pesante che aveva appena avuto, ma stava di fatto che si ritrovò a pensare che la compagnia di Giusy poteva anche essere... non così terribile, tutto sommato. Perlomeno quando non si comportava come una so-tutto-io presuntuosa e irritante e si lasciava un po' andare, come stava facendo in quel momento insieme a lei. Se solo fosse stata sempre così chissà, magari avrebbero potuto anche essere... no, no quello doveva essere senz'altro l'alcol a parlare.

“E così adesso ti ho fatto vedere tutta la polvere sotto il tappeto. Spero di non dovermene pentire,” sentenziò Antonella, guardando Giusy in trepidante attesa di un responso. Sapeva che non era il tipo di persona che andava a parlare alle spalle e diffamare la gente solo per il gusto di farlo, ma in fondo assicurarsene non poteva che fare bene.

“Puoi stare tranquilla, sono una botte di ferro, io. Da domani torneremo a non sopportarci e tutto quello che è successo qua dentro rimarrà tra queste quattro mura per sempre,” le disse Giusy, con un mezzo sorriso. Antonella la guardò e venne colta da una fitta di malinconia, senza sapere perché.

“Dimmi la verità, ti ho sorpresa? Per quello che ti ho detto,” le chiese poi.

“Sì, parecchio, ma non per la ragione che pensi tu,” replicò Giusy, inevitabilmente sollecitando la sua curiosità.

“E cioè? Avanti, dimmi, sono curiosa!”

“Promettimi che domani te ne dimenticherai però.”

“Te lo prometto,” le assicurò Antonella, con il tono di chi ci credeva davvero e anzi, reputava che quell'intera conversazione sarebbe stata completamente rimossa dal suo cervello nel giro di un paio d'ore al massimo. Non poteva certo immaginare che le parole che stava per ascoltare avrebbero continuato a risuonare nella sua mente per molto, moltissimo tempo, più di quanto non si sarebbe aspettata.

“Non sono sorpresa di sapere che il mondo della musica è tosto e pieno di ipocrisie, di apparenza e di superficialità. Quello che mi sorprende è sapere che tu cerchi qualcosa di meglio di cinque minuti di celebrità fini a se stessi,” confessò la ragazza, lasciando Antonella un po' interdetta. Quest'ultima infatti non sapeva se avrebbe dovuto prendere quelle parole come un complimento o piuttosto come un insulto. Sul serio dava l'idea di una persona disposta a svendersi per ottenere la fama? Per quanto sua madre fosse altamente superficiale, Antonella non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

“È davvero questa l'idea che hai di me? Che sono il tipo di persona che andrebbe in spiaggia mezza nuda o al ristorante a lanciare piatti e forchette e fare scenate da diva solo per ottenere l'attenzione dei fotografi e far parlare di me sui giornali? Mi dispiace Giusy, ma non mi conosci per niente,” replicò, scuotendo la testa con decisione per far intendere che non scherzava e che anzi, l'argomento era piuttosto serio per lei. “Che tu ci creda o no io amo cantare e ballare, per me è una passione, è uno dei pochi momenti in cui mi sento veramente me stessa. Non lo faccio solamente perché voglio il successo o l'attenzione della gente,” rivelò. Era forse una delle poche persone a cui Antonella lo aveva detto, perlomeno esplicitamente. Per un attimo la ragazza si chiese se il pensiero di Giusy fosse in realtà condiviso dalle altre persone nella sua scuola, se anche altri credessero che il canto e il ballo fossero per lei un semplice mezzo per acquisire notorietà.

“Lo sai, in fondo un po' credo di averlo sempre saputo. O perlomeno sospettato,” rispose Giusy, lasciando Antonella nuovamente sorpresa.

“Ah sì? E come mai lo dici?” tentò di indagare quest'ultima. Alla reticenza di Giusy, che in quel momento spostò lo sguardo di lato per evitare di incontrare gli occhi marroni di Antonella pieni di curiosità, la giovane cantante la sollecitò un'altra volta promettendole: “Andiamo, prometto che mi dimenticherò anche di questo domani mattina.”

“Mi posso fidare?” domandò Giusy, titubante.

“Questo devo deciderlo tu.”

E così, alla fine decise.

“Beh ecco, il fatto è che, quando ti guardo mentre ti esibisci io...” tergiversò la mora, alzando lo sguardo su Antonella. Poi fece un sospiro. “Non lo so, è come se lo sentissi, come se in qualche modo riuscissi a trasmettermela la tua energia, la tua grinta, la tua passione, la cura e la precisione che metti in ogni movimento, anche il più piccolo. Soltanto qualcuno che ha un grande amore per la musica può essere in grado di cantare e di ballare come fai tu Antonella, in qualche modo lo sento e basta.”

Antonella la guardò e rimase di stucco. Giusy, di fronte a lei, era arrossita leggermente. Quello era... forse il complimento più bello che qualcuno le aveva mai fatto, in tutta onestà. Tanta gente in passato le aveva detto quanto fosse bella e brava e quanto cantasse bene, ma nessuno era mai andato oltre cogliendo anche ciò che c'era dietro. Fu una strana sensazione, quella che Antonella provò in quel momento. Era come se in un certo senso qualcuno fosse riuscito a vederla per la prima volta, vederla sul serio però, senza forzature. E lei si sentì quasi scoperta.

Forse fu proprio questo ciò che la spinse ad alzarsi dalla panca per andarsi a mettere dall'altra parte del tavolo, sedendo accanto a Giusy. “Josefina Beltran, mi hai appena detto che ho talento?” le chiese, portandosi una mano sotto la guancia per sorreggersi il suo viso. “Ho sentito bene?”

“Forse, può darsi...” biascicò Giusy, distogliendo lo sguardo. “Chi immaginava che l'alcol facesse dire certe scemenze,” scherzò, simulando una risatina chiaramente artificiale e carica di imbarazzo e nervosismo.

“Nessuno mi aveva mai fatto un complimento così bello, lo sai?” aggiunse, altrettanto in imbarazzo nel dover fare quell'ammissione.

“Ma tanto tu te ne dimenticherai, no? Sono i patti,” le ricordò Giusy, quasi come spaventata dall'idea che potesse verificarsi il contrario.

“Sì, me ne dimenticherò,” le assicurò Antonella. “Un patto è un patto. Però, giusto per par condicio, anche io adesso ti voglio dire una cosa, ma solo perché così siamo pari,” le offrì, mentre tamburellava sul tavolo con le dita della mano sinistra. “Vuoi saperla?”

“Dimmi. Solo se lo pensi veramente però, non voglio che...” iniziò Giusy, ma Antonella la interruppe quasi subito.

“Lo penso veramente,” le assicurò, spostando la mano che teneva appoggiata alla guancia per stringere quella di Giusy sul tavolo. Appena entrarono in contatto, una sensazione di elettricità si diffuse nel suo corpo. “Lo so che in passato ti ho dato tante volte della sfigata, della stupida, della provinciale e tante altre cose poco carine, però sono tutte stronzate, non ho mai pensato davvero queste cose di te, anzi,” iniziò. “Te le ho dette solo perché ero arrabbiata con te, perché tu mi rifiutavi di continuo e io non sapevo più cosa fare per avere le tue attenzioni! Tutte le altre ragazze facevano la fila per entrare nelle divine e farsi notare da me, invece tu te ne fregavi. Però non è solo questo. Tu in qualche modo fai sempre di testa tua, non so come fai, te ne freghi di quello che pensano gli altri. A volte vorrei riuscirci un po' di più anch'io.”

Antonella rimase quasi senza fiato, fissava nervosamente Giusy in attesa di una sua risposta, il cuore che batteva a mille. Non sapeva esattamente perché glielo avesse detto o da dove fossero uscite fuori tutte quelle cose, sapeva soltanto che le pensava e che in qualche modo ora le aveva tirate fuori.

“Non me lo aveva mai detto nessuno prima,” rispose Giusy, leggermente rossa in viso.

Antonella la guardò e si ritrovò a pensare, forse a causa dell'alcol, che fosse bellissima. Sì, doveva essere l'alcol per forza. “Io...” iniziò la ragazza mora, intrecciando le dita della mano con quelle di Antonella prima di proseguire, “se ti allontanavo era solo perché ti credevo superficiale e stupida Antonella, non mi interessa proprio essere l'ennesima persona che ti applaude e accarezza il tuo ego smisurato. Però forse un pochino superficiale lo sono stata anche io a fermarmi alle apparenze. Sei molto meglio di quello che vuoi fare credere agli altri, lo sai anche tu.”

“In tua difesa, sono molto brava a nascondermi,” le concedette l'altra con un mezzo sorriso. Poi, con il cuore che batteva sempre più forte, la ragazza spostò una mano sulla sua guancia destra e la accarezzò dolcemente. Aveva una voglia matta di toccarla. “E dimmi un po', Giusy, adesso che ti ho detto il mio segreto e sai che cosa c'è sotto l'apparenza, che cosa ne pensi?”

“Che cosa ne penso di cosa?” domandò Giusy, un po' intimorita, senza tuttavia sottrarsi a quel contatto fisico, il secondo iniziato da Antonella nell'arco di quel pomeriggio.

“Di questo, di quello che ti ho detto.”

“Vuoi sapere se ora entrerò nelle divine per essere una dei tuoi minion e farti da cheerleader? No grazie,” la derise con uno sbuffo sarcastico, tuttavia soltanto in apparenza. Antonella lo vide subito che in realtà aveva capito benissimo.

“Non è quello che voglio sapere,” le rispose in tono fermo.

“E, e allora che cosa vuoi sapere?” chiese l'altra, schiarendosi la voce.

“Penso che tu lo sappia,” Antonella replicò in un sussurro, abbassando quasi inconsciamente lo sguardo sulle labbra della ragazza mora. Immagini molto nitide e precise si formavano all'interno della sua testa in quel momento, immagini di loro due assieme estremamente vicine. Antonella avrebbe dovuto saperlo che sarebbe stata una pessima, pessima idea. Eppure scelse deliberatamente di ignorare quel che rimaneva del suo buon senso mentre accarezzò per la seconda volta la guancia di Giusy, sporgendosi in avanti mentre inclinava il viso leggermente a lato.

“No, non lo so...” mormorò Giusy. La ragazza si sporse a sua volta verso Antonella e inclinò il viso nella direzione opposta. “Perché non me lo dici tu?” sussurrò poi, e Antonella non poté fare a meno di notare come gli occhi scuri dell'altra ragazza fossero posati sulle sue labbra.

Con pochi centimetri di distanza rimasti a separarle, Antonella fece un respiro profondo. Il fiato di Giusy le solleticava le labbra e un brivido di eccitazione ed adrenalina le corse lungo la schiena. Se fosse dipeso da lei, avrebbe già afferrato il colletto della sua maglia per chiudere la distanza con un bacio e soddisfare quella voglia crescente, curiosa di scoprire se le labbra di Giusy fossero morbide come sembravano. Il timore di come avrebbe reagito l'altra però la fermò e la fece rallentare: chiuse gli occhi e tentennò ancora per qualche istante, mentre la sensazione di solletico che avvertiva alla base dello stomaco la faceva sentire come se stesse per precipitare. Sospirò ancora una volta e si fece coraggio, ma proprio quando era sul punto di sfiorare le labbra di Giusy con le proprie una brusca interruzione le separò di colpo, come se fossero state colpite da una scossa di terremoto: un telefono stava squillando.

Per la precisione, il cellulare in questione era quello di Giusy. Antonella riaprì gli occhi con lo stomaco ancora in subbuglio e vide che la ragazza mora aveva le guance di un colorito così rosso che pareva fosse sul punto di andare a fuoco da un momento all'altro. Si allontanarono immediatamente l'una dall'altra, e nel frattempo Giusy si schiarì la gola e sistemò velocemente e in maniera raffazzonato le pieghe della sua gonna con un certo imbarazzo. Antonella invece rimase imbambolata a guardarla, senza reagire né tentare di processare ciò che era (o per meglio dire, non era) appena successo.

“S-scusa, devo rispondere,” mormorò Giusy, accuratamente evitando il suo sguardo. Poi tirò fuori dalla tasca della giacca il telefono e rispose: “Ciao Tami... Cosa, è già così tardi?! Scusate tanto, io...” si bloccò per un istante, lanciando un'occhiata veloce ad Antonella prima di tornare a fissare il vuoto di fronte a sé: “Ho avuto un imprevisto e non sono proprio riuscita a liberarmi, vi raggiungo subito,” concluse, prima di salutare rapidamente la sua interlocutrice e riagganciare.

“Problemi?” chiese Antonella, che per l'imbarazzo stava a sua volta facendo il possibile per evitare lo sguardo di Giusy e dover dunque affrontare... beh, cose che non desiderava assolutamente affrontare.

“Mi ero completamente dimenticata della cena con le ragazze stasera,” spiegò Giusy frettolosamente, e nel contempo si alzò in piedi per indossare il giubbotto autunnale, lo zaino e il foulard che aveva portato con sé, “avrei dovuto farmi trovare davanti a casa di Patty mezz'ora fa.”

“Cena?! È già così tardi?!” esclamò Antonella.

La ragazza si alzò in piedi e fece ritorno al suo posto per controllare il proprio telefono, accese il display e lesse quindi con stupore l'orario che si trovò davanti agli occhi: 21:37. Contando che erano arrivate là attorno alle sette e qualcosa, aveva trascorso all'incirca due ore e mezza là dentro a bere e parlare con Giusy. Oh. Mentre quella consapevolezza si faceva largo in lei, notò con la coda dell'occhio l'altra ragazza che si accingeva ad uscire e allontanarsi dal loro tavolo e dunque tentò di fermarla.

“A-aspetta Giusy!” esclamò, ottenendo come risultato che l'altra si voltasse mentre lei d'istinto cercava di mettersi la giacca il più velocemente possibile per seguirla.

“Non ti preoccupare, pago io, ti ho invitata io fuori no?” disse, tuttavia non lasciò ad Antonella nemmeno il tempo di ribattere che subito ricominciò a parlare: “Bene, è stato un piacere, ci vediamo in giro Antonella. Buona serata!”

Così dicendo, Giusy le rivolse un goffo gesto della mano per congedarsi e subito dopo sparì nelle scale verso il piano di sotto.

“Buona serata,” mormorò Antonella al vuoto, rimasta sola in piedi accanto al tavolo.

Si portò una mano alle labbra mentre fu invasa dal pensiero di quanto lei e Giusy fossero state vicine soltanto pochi minuti prima, e a come tutto fosse sfumato davanti ai suoi occhi nel giro di pochi secondi prima ancora che potesse rendersene conto. Con lo zaino color beige in spalla, Antonella si apprestò a scendere le scale con aria pensierosa e malinconica, interrogandosi su tutte le possibili strade alternative che la serata avrebbe potuto prendere se soltanto non fossero state interrotte. Si domandava infatti se quello stop forzato dovesse essere visto come un bene o un male, come un salvataggio da un momento di debolezza oppure... oppure qualcos'altro di molto diverso. Facendo un sospiro di sollievo, la ragazza pensò che in fondo non importava poi così tanto. Tanto lei avrebbe dovuto comunque dimenticarsi di tutto, a prescindere da cosa fosse successo o non successo, i patti erano questi. Eppure, una singola, fastidiosa domanda continuò ad echeggiare nella sua mente per tutto il tragitto fino a casa, e poi anche oltre, disturbandola e impensierendola per tutta la durata della sua serata.

Era davvero questo ciò che voleva?

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Capitolo 2
*** II. Qualcosa di non facile ***


Era passata quasi una settimana esatta dall’incontro di Giusy e Antonella, settimana durante la quale raramente a Giusy era riuscito di distrarsi e togliersi l’altra ragazza dalla testa. Il suo stato emotivo, proprio come quello mentale, era stato tutto tranne che stabile. Quell'uscita non programmata aveva continuato ad essere ripercorsa, rivista e rivissuta nella testa della ragazza ad oltranza, decine di migliaia di volte. E la cosa brutta era che Giusy nemmeno lo faceva apposta, le capitava e basta. Per quale ragione pensasse così tanto ad Antonella, non lo sapeva nemmeno lei. Certo, qualcuno avrebbe anche potuto affermare che anche ben prima di quella serata trascorsa assieme Antonella fosse stata perennemente nei suoi pensieri, siccome Giusy trovava sempre il modo di infilarla in qualsiasi discorso, conversazione e situazione, ogni scusa era buona per rimarcare a tutti, se stessa compresa, quanto non riuscisse a sopportarla e la trovasse sgradevole. Certo era una brava cantante, una brava ballerina e una discreta performer – ma chi voleva prendere in giro, quando Antonella si esibiva sul palco non ce n'era più per nessuno, toglierle gli occhi di dosso era un'impresa a dir poco impossibile, per Giusy compresa, – ed era anche molto bella e aggraziata nei movimenti, per non parlare del suo gusto nel vestire sempre impeccabile. Ma queste erano tutte cose estremamente superficiali che chiaramente a Giusy non interessavano, quello che realmente contava per lei era tutt'altro.

Antonella era una persona vuota, superficiale ed estremamente meschina, per non dire poi infantile ed insopportabile. O almeno, questo era quello che Giusy aveva sempre raccontato a sé stessa, e per ragioni molto valide. Ogni volta che le era stato possibile Antonella si era sempre comportata male con lei e le sue amiche, arrivando spesso a compiere scorrettezze o mentire o manipolare le persone per i suoi scopi senza farsi un briciolo di scrupolo, tutto per mettersi in mostra e soddisfare quel suo bisogno patologico di stare al centro dell'attenzione. Eppure quella non era la persona che Giusy aveva visto quando era rimasta sola con lei, era un dato di fatto. Forse anche per quello non riusciva a smettere di pensare al loro incontro, non riusciva a capacitarsi di come una persona tanto frivola avesse in fondo dimostrato di... beh, di riuscire a capirla.

Questa era la verità, che Giusy aveva paura ad ammettere perfino a se stessa. Come poteva una persona così tanto diversa da lei, così tanto perfida e crudele, esserle stata più vicina di quanto le sue amiche non lo fossero da mesi? L'unica possibile risposta era prendere in considerazione l'eventualità che Antonella non fosse poi il mostro che Giusy aveva sempre pensato, e questo avrebbe significato di conseguenza dover ammettere che... beh, che il suo giudizio su di lei era sempre stato sbagliato, almeno in parte, che Antonella era anche molte altre cose, cose che Giusy non conosceva. No, sarebbe stato assurdo anche solo pensarla una cosa del genere. Antonella era una persona cattiva, meschina e insopportabile e andava tenuta lontano ad ogni costo, così era sempre stato per Giusy e così avrebbe continuato ad essere. Il loro incontro non aveva alcuna valenza e sicuramente Antonella se l'era già dimenticato, visto e considerato che dopo quella sera avevano continuato ad ignorarsi a scuola come regolarmente facevano ed avevano fatto per anni. Per cui non c'erano problemi, no?

Ora Giusy doveva semplicemente trovare il modo di convincere il suo cervello di tutte quelle cose e levarsi l'altra ragazza dalla testa una volta per tutte, che lo volesse o meno. Aveva una verifica di matematica il prossimo lunedì e una marea di esercizi da fare per prepararsi, non aveva tempo da perdere con simili pensieri e assurdità. Eppure, la sua mente proprio non ne voleva sapere di concentrarsi sulle formule e smettere di pensare alla voce di Antonella, al suo viso e al suo sorriso, alla sua risata energica e piena di vita e al modo in cui le sue labbra erano state così vicine a... NO! Doveva darsi una regolata, e anche al più presto. Quella maledetta ragazza riusciva sempre a trovare il modo di danneggiarla, chissà come.

Giusy era sul punto di cambiarsi e uscire di casa per andare a fare una passeggiata e prendere una boccata d'aria, magari passare da Tamara per chiederle se avesse voglia di studiare assieme, quando il suo cellulare squillò, segnalando che le era arrivato un messaggio da parte di qualcuno. I suoi occhi lessero sul display il nome di Antonella e Giusy istintivamente trasalì, il cuore iniziò a batterle all'impazzata all'interno del petto mentre una miriade di pensieri diversi affollò la sua mente. Per quale motivo si stesse agitando così tanto, poi, non lo sapeva nemmeno lei.

 
Okay, niente panico. Antonella ci ha cercate, è vero, ma non significa che dobbiamo preoccuparci o andare a pensare a chissà che cosa. Non significa niente, assolutamente niente. Vedrai che sarà uno dei suoi stupidi messaggi, magari ha anche sbagliato numero.

E se invece stesse cercando proprio noi? E se ci ha scritto perché ci vuole vedere?

Andiamo, non dire assurdità. Te la figuri una come Antonella che chiede a noi di vederci? Non è possibile.

 
Con il cuore in gola, Giusy aprì il messaggio e si decise finalmente a leggerne il contenuto, impaziente di scoprire di che cosa si trattasse. Avrebbe potuto utilizzare mille scuse diverse per giustificare in maniera razionale quella curiosità, tuttavia sapeva che forse, in fondo in fondo, in un angolino remoto del suo cuore, la verità era che sperava che Antonella le dicesse di volerla rivedere – in barba ad ogni logica e razionalità. Giusy però sapeva anche che quello non era possibile, che Antonella non si sarebbe mai e poi mai spinta a tutto ciò, solo per lei poi. Era pur sempre Antonella. Con quella consapevolezza, si decise finalmente ad aprire il messaggio.

 
Io e te dobbiamo parlare. Vediamoci domani davanti all'aula di musical alle 16:10, prima delle prove.


Un messaggio molto coinciso e dritto al punto, non c'era che dire. Come suo solito Antonella faceva quello che le pareva e piaceva e dava ordini a destra e a manca, aspettandosi che gli altri fossero disponibili ogni qualvolta lei ne avesse l'esigenza. Tuttavia, Giusy decise di acconsentire e accettare l'appuntamento, vinta dalla curiosità di scoprire di cosa l'altra le volesse parlare. Visto il luogo da lei scelto dubitava che potesse essere un qualcosa di eccessivamente privato e personale, altrimenti le avrebbe dato appuntamento a casa propria o in qualche altro posto tranquillo. D’altra parte le aveva comunque chiesto un confronto faccia a faccia, per cui doveva essere una questione che preferiva non affrontare al telefono, e quindi di una qualche importanza, seppur minima.

Dopo averle risposto con un messaggio di conferma altrettanto breve, Giusy si risolse definitivamente a raccattare i propri libri e uscire per andare a studiare a casa di Tamara. Sapeva perfettamente che se fosse rimasta nella sua stanza un minuto di più i pensieri riguardanti Antonella e il loro incontro dell'indomani avrebbero finito col mangiarla viva, e la matematica per lei non sarebbe stata altro che un semplice e lontano ricordo.

 
 
Il giorno dopo
 
Erano a malapena le 16:03 quando Giusy raggiunse l'entrata dell'aula di musical, mentre gli studenti della scuola si riversavano in massa verso l'uscita e riempivano i corridoi. Alla Pretty Land School of Arts le lezioni normalmente terminavano alle 16:00, il che significava che tutti i ragazzi raccoglievano le proprie cose e lasciavano l'edificio attorno a quell'ora per recarsi a casa propria, o in alternativa a svolgere le attività extracurricolari pomeridiane a cui partecipavano. I ragazzi del gruppo di musical si incontravano ogni settimana per le prove, che si svolgevano di mercoledì e venerdì alle 16:30 nell'apposito auditorium. Di conseguenza, durante quella mezzora di intervallo restavano tutti nei paraggi della scuola e raramente si allontanavo, preferendo invece rilassarsi in cortile e fare merenda, fumare una sigaretta o semplicemente scambiare quattro chiacchiere con i propri amici, per staccare un po' il cervello dopo un'impegnativa giornata di studio e lezioni.

Sarebbe stato assai strano che qualcuno arrivasse davanti all'aula con ben venti minuti di anticipo, e questo Giusy lo sapeva, così come era certa lo sapesse anche Antonella. Se quest'ultima le aveva dato appuntamento lì e non in cortile all'aperto, una ragione doveva pur esserci. Giusy inevitabilmente non poteva fare a meno di pensare che volesse parlarle da sola, in privato, assicurandosi che nessun altro le potesse sentire. Nemmeno lei stessa avrebbe saputo dire con certezza che cosa si aspettasse, né quello che in fin dei conti volesse ascoltare da parte dell'altra ragazza – e no, poco importava che con lei fosse stata bene la scorsa settimana, di certo Antonella non le avrebbe chiesto di rivedersi, per cui era inutile sperarci o anche solo prenderlo in considerazione. Mano a mano che i minuti passavano e la folla lentamente si diradava, Giusy sperava sempre più che Antonella arrivasse quanto prima, perché il crescente sentimento di agitazione mista a nervosismo che stava provando cominciava a farsi insopportabile.

Quando finalmente la vide, il display del suo telefono segnava le 16:07 e il corridoio era completamente vuoto. E così, ancora una volta, le due si ritrovarono sole.

“Ciao,” la salutò Antonella con un sorriso timido, giusto accennato, molto diverso dall'atteggiamento spavaldo ed esuberante che solitamente la ragazza sfoggiava.

“Ciao,” replicò Giusy, con lo stesso tono remissivo. “Allora che c'è, perché mi hai fatto venire qua Antonella, di che cosa mi volevi parlare?” chiese con fare scocciato. Tuttavia, quella non era che una facciata per nascondere il reale interesse che provava, e che Antonella – né nessun altro ovviamente – doveva scoprire.

“Sempre molto gentile eh,” la rimproverò l'altra con una smorfia.

“Non mi va di perdere tempo, tutto qua,” si giustificò Giusy con uno sbuffo.

“D'accordo, allora la farò breve, così poi sarai libera di tornare dalle tue amichette e...” iniziò la cantante, tuttavia prima che potesse concludere la frase la ragazza fu allertata da un rumore di passi che si faceva sempre più forte, indicando dunque che qualcuno si stava avvicinando. Interrompendosi di colpo, Antonella afferrò Giusy per un polso e la trascinò verso la porta più vicina, intimandole nel frattempo in un sussurro: “Svelta, vieni con me.”

“Antonella, si può sapere che stai facendo?!” tentò di protestare Giusy, mentre Antonella apriva la porta e la conduceva all'interno della stanza guardandosi attorno con particolare attenzione, probabilmente per verificare che nessuno si fosse accorto della loro presenza. Dopodiché, con altrettanta velocità la ragazza chiuse la porta alle loro spalle, lasciando Giusy parecchio interdetta.

Tanto per cominciare, non erano capitate in un'aula qualunque dove si svolgevano le lezioni ma bensì in quella dei professori, dove ogni docente teneva i propri documenti e i propri effetti personali nell'apposito armadietto e dove si svolgevano le riunioni per discutere della didattica. Giusy era piuttosto sicura che gli studenti non dovessero avere accesso a quell'aula, men che meno adesso che era completamente vuota in quanto le lezioni della giornata erano terminate, fatta eccezione per le prove di musical coordinate dai loro insegnanti di canto e di ballo, che comunque non avevano motivo di entrare lì. Non con così tanto anticipo rispetto alla lezione, perlomeno.

“Ma sei matta, perché mi hai portato qua dentro?!” esclamò Giusy guardandosi intorno. “Non possiamo stare qui!”

“Beh allora chi si occupa di questa stanza avrebbe dovuto fare più attenzione e chiudere a chiave la porta, no?” fece notare Antonella, mentre la mora per tutta risposta alzò gli occhi al cielo esasperata. “Stava arrivando qualcuno, non posso rischiare che ci sentano,” chiarì poi Antonella.

Dunque era così, Antonella si vergognava di parlarle all'interno di un luogo pubblico, ora era tutto più chiaro. Del resto da lei non c'era da aspettarsi nulla di diverso.

“Senti facciamola finita e dimmi che cosa vuoi una buona volta, sia mai che qualcuno ti veda parlare con una comune mortale come me, no?” la provocò Giusy con irritazione, portandosi le mani sui fianchi.

“D'accordo,” replicò Antonella con uno sbuffo, l'aria altrettanto scocciata. “Volevo vederti perché i-io,” esitò, spostando per un attimo lo sguardo dal viso di Giusy prima di incontrare nuovamente i suoi occhi castani, “volevo solo assicurarmi che non avessi detto a nessuno che ci siamo viste la settimana scorsa, tutto qua.”

“Sul serio hai fatto tutto 'sto casino solo per questa sciocchezza?” sbuffò Giusy, ora incredula. A giudicare dal modo in cui Antonella aveva mostrato cenni di incertezza, quasi di tentennamento, la mora non era del tutto sicura che stesse dicendo la verità e che dietro quella richiesta non si celasse qualcos'altro, qualcosa che nemmeno la stessa Giusy era pronta ad ammettere. Tuttavia, non sarebbe stata certo lei la prima a dare voce a quei pensieri. “Non potevi chiamarmi e basta?” cercò di indagare, facendo un passo verso l'altra ragazza per fronteggiarla più da vicino.

“Beh, non è la stessa cosa,” tentò di difendersi Antonella, seppur poco convinta, dando quindi adito alla teoria di Giusy – o forse soltanto a una flebile e sciocca speranza. “In chiamata o per messaggio come fai a sapere se una persona sta mentendo o se sta dicendo la verità?” chiese, portandosi le braccia sopra lo stomaco.

“Sai non mi sorprende affatto che tu dica questo, viste le amiche che ti ritrovi,” la provocò Giusy con tono sprezzante.

“Non cambiare discorso Giusy, sto aspettando una risposta,” la riprese l’altra, facendo a sua volta un passo avanti verso di lei e dunque portandosi ancora più vicina di quanto già non fosse. “Hai detto o non hai detto agli altri che io e te ci siamo viste la settimana scorsa?”

“No, non l'ho detto a nessuno,” rivelò infine Giusy, tentennando a sua volta mentre abbassava inconsciamente lo sguardo sulle labbra dell'altra ragazza e ripensava a ciò che era stato sul punto di accadere tra loro soltanto una settimana prima. Il solo pensiero sembrava così assurdo, eppure eccole di nuovo là, tremendamente vicine, fin troppo per due persone che dichiaravano a gran voce di non sopportarsi.

“Sicura? Neanche alla tua cara amica Patty?” la prese in giro Antonella, con quel suo solito fare odioso e canzonatorio.

“No, neanche a Patty,” ribadì l'altra con decisione. “Non sono come te Antonella, se prometto una cosa poi la faccio. Anzi, sai che ti dico? Io di quella sera neanche mi ricordo, pensa un po',” mentì spudoratamente, tanto ad Antonella quanto a se stessa. L'ultima cosa che voleva era rendersi ridicola facendo venire a galla la verità, per cui a Giusy non restava altra scelta se non quella di negare, negare fino alla morte quello che realmente provava.

“Siamo in due a non ricordarla allora, per me è completamente cancellata, out, mia cara,” ribadì Antonella con altrettanta decisione. “Ci siamo capite?”

“Ah sì? Beh se è stata una cosa così insignificante che nemmeno te la ricordi, si può sapere perché hai voluto vedermi per parlarne?” la provocò Giusy ancora una volta, non indietreggiando nemmeno di un passo. Per quanto quell'eccessiva vicinanza la mandasse in confusione, allo stesso tempo le faceva provare anche una sensazione inebriante, alla quale non era disposta a rinunciare. E pareva che Antonella fosse dello stesso avviso, a giudicare dalla sua postura ferma e decisa.

“Perché non voglio che quello che ti ho detto si sappia, ecco tutto,” sentenziò quest’ultima. “Io avevo bevuto e per colpa dell'alcol mi sono lasciata andare e ti ho raccontato cose mie personali, cose che non devono uscire da qua. Se i giornalisti venissero a saperle...”

“Certo, me lo immagino, che grande scoop!” la prese in giro Giusy con una risatina. “Per tua informazione, anche io non voglio che quello che ti ho raccontato per colpa dell'alcol si venga a sapere, e soprattutto che lo sappiano le mie amiche,” chiarì poi.

In fondo non era una bugia, nonostante in realtà dentro di sé era convinta che Antonella non avrebbe raccontato niente a nessuno. Certo, in passato molte volte aveva dimostrato di non essere degna di fiducia, tuttavia in quell'occasione era diverso. Giusy non avrebbe saputo definire precisamente il perché a parole, se lo sentiva e basta.

“Sai quanto me ne frega di quelle quattro poveracce, io al contrario tuo ho una reputazione da difendere, ho molto di più da perdere rispetto a te!” ribatté l'altra sulla difensiva, con la sua solita spocchia.

“Bene, allora siamo d'accordo, no?” convenne Giusy infine, quasi con aria di sfida. “Io non dico niente di quello che mi hai detto, e tu non dici niente di quello che...”

“Aspetta...” la interruppe l'altra, allontanandosi bruscamente da lei mentre lanciava un'occhiata sorpresa verso la porta, ancora chiusa. “Senti anche tu questo rumore? Sta arrivando qualcuno!”

“Sei sicura?!” chiese Giusy, guardandosi attorno con occhi spalancati mentre cercava di percepire i rumori lì nei dintorni.

“Merda se ci trovano siamo nei guai, vieni dobbiamo nasconderci!” la esortò Antonella, afferrandole ancora una volta il polso. Era solo un'impressione di Giusy, o stava quasi diventando un'abitudine?

“Io te lo avevo detto che non si poteva stare qua!” si lamentò la mora, seguendo con riluttanza l'altra ragazza verso la parete di destra, di fronte agli armadietti dei professori.

“Shh fa silenzio!” la sgridò Antonella, aprendo le ante dell'armadio a persiana dove erano stati sistemati alcuni cappotti.

Dopodiché, la ragazza si infilò rapidamente al suo interno e spinse Giusy a fare lo stesso, la quale la seguì nonostante le perplessità mentre Antonella la tirava a sé con un certo vigore. Una volta dentro, entrambe richiusero una delle ante ciascuna con la mano che avevano libera, cercando di fare il meno rumore possibile. Fu solo quando sentirono il suono della porta della stanza che si apriva lentamente che Giusy realizzò che nella confusione lei e Antonella avevano finito per tenersi per mano, incredibilmente. Come fosse accaduto non lo sapeva nemmeno lei, probabilmente doveva essere capitato per sbaglio, mentre Giusy stava entrando nell'armadio in tutta fretta. Nonostante ciò, la mora decise di non fare nulla per interrompere il contatto fisico, optando invece per fingere di non accorgersene e continuare a stringere la mano di Antonella, le loro dita intrecciate assieme. Per qualche strana, contorta ragione, le dava un senso di sicurezza.

Ben presto le due si accorsero che la persona che aveva fatto capolino nella stanza molto probabilmente non era un professore, né qualcuno del personale autorizzato ad entrare. Dalle fessure dell'armadio a persiana si riusciva infatti ad intravedere dei piccoli spiragli di ciò che stava accadendo là fuori: un individuo che indossava una felpa nera, il cui cappuccio copriva totalmente il viso, stava dando loro le spalle mentre si avvicinava ad uno degli armadietti dei professori per aprirlo. Rapidamente lo sconosciuto tirò fuori un foglio di carta, si avvicinò alla fotocopiatrice poco distante e ne fece una copia, successivamente tornò dall'armadietto, rimise il foglio fotocopiato al suo posto e inserì la copia nella tasca della felpa, piegandola con cura. Tutto il processo durò giusto lo stretto necessario, il tempo che la fotocopiatrice avesse fatto, dopodiché la figura incappucciata uscì e lasciò la stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

Giusy aveva osservato tutta la scena col fiato sospeso, quasi non credendo ai propri occhi. La persona in questione non aveva rubato nulla, ciò che aveva preso lo aveva subito rimesso al proprio posto in fin dei conti... tuttavia, un sospetto tutt'altro che felice si fece largo nella sua mente. Non appena ebbero la certezza che la stanza fosse vuota, Giusy e Antonella si guardarono e si scambiarono un cenno di intesa, subito prima di aprire le ante dell'armadio e uscire fuori allo scoperto. Quel gesto costrinse le due a porre fine al loro breve contatto fisico, che Giusy naturalmente finse non ci fosse mai stato. In fondo non era poi così importante, no?

“Antonella...” cominciò poi, tentennante, mentre con fare dubbioso osservava gli armadietti dei professori di fronte a loro. “Quello non era uno dei nostri professori, vero?”

“No, direi proprio di no.”

Scambiandosi un'altra occhiata di reciproca comprensione, in silenzio si avvicinarono all'armadietto incriminato, che scoprirono appartenere al docente di matematica. Una volta aperto, la prima cosa che saltò agli occhi fu una cartellina gialla, dove le ragazze trovarono una ventina di copia del test di matematica che le attendeva il prossimo lunedì. Il che, naturalmente, poteva significare soltanto una cosa.

“Qualcuno ha rubato il compito di matematica!” esclamò Giusy con stupore. “Dobbiamo andare a dirlo a Ines, qua bisogna prendere provvedimenti,” continuò subito dopo, riponendo la cartellina con dentro i compiti all'interno dell'armadietto e richiudendolo poi con fermezza.

“Aspetta, non agire impulsivamente!” la fermò Antonella, afferrandola per un braccio prima che potesse allontanarsi.

Giusy si voltò di scatto.

“Che stai facendo?! Lasciami andare, non c'è un minuto da perdere!”

“Ti fermi un attimo per favore? Almeno ascolta quello che ho da dire, se poi decidi comunque di andare a parlare con la preside va bene, non ti fermerò.”

“E va bene, ti ascolto,” concedesse la mora con un sospiro. In fondo avevano tempo prima di iniziare le prove, ascoltare l'opinione di Antonella non avrebbe cambiato poi molto le cose. “Che cosa dovremmo fare secondo te, sentiamo?”

“Pensaci un secondo, le uniche persone che sono ancora a scuola a quest'ora sono i nostri compagni di musical, giusto?” la fece riflettere Antonella.

“Beh, sì, tutti gli altri sono già andati via.”

“E questo cosa significa?”

“Che a prendere il compito deve essere stato per forza uno di loro,” dedusse Giusy. Del resto, se una persona estranea al loro gruppo si fosse attardata a scuola senza una motivazione avrebbe sicuramente destato sospetti, sarebbe stato più sensato scegliere un altro momento, come ad esempio la pausa pranzo. Se invece fosse stato uno dei ballerini della loro squadra ad infiltrarsi là dentro approfittando del momento di pausa, nessuno ci avrebbe fatto caso. Per cui la deduzione di Antonella probabilmente era corretta, il colpevole era uno di loro.

“Esatto, proprio così. E adesso dimmi, ci hai pensato a cosa succederebbe se fosse stata una delle popolari a intrufolarsi qui di nascosto? Se fosse stata Patty ad esempio, o Sol o Tamara, vorresti comunque che fossero chiamate dalla preside e magari sospese, o addirittura espulse?”

“Beh...” Giusy esitò in un primo momento, per poi scacciare via tutti i dubbi. “Non cercare di confondermi, Patty non farebbe mai una cosa così lo sai anche tu, e nemmeno Sol e Tamara. Anzi, sai che ti dico, sicuramente sarà stata una delle divine a rubare la verifica, mi ci gioco quello che vuoi.”

“Sì, può darsi, come può darsi anche che alla fine tu non abbia ragione e invece sia stata una delle tue amiche. O hai le prove assolute del fatto che sono innocenti?” ribatté Antonella.

In effetti, per quanto infondata potesse essere quell'accusa, Antonella non aveva tutti i torti: fintanto che non c'era una prova certa a dimostrare che le popolari non erano implicate, la cosa non si poteva escluderle del tutto.

“Anche se così fosse, e sicuramente non è,” mise in chiaro Giusy, “allora sì, sarebbe giusto che andassero dalla preside e affrontassero la punizione che meritano.”

“Sei sicura Giusy?” insistette Antonella. “Sicura sicura? Non preferiresti invece, che so, parlare con loro e chiedere come mai si sono spinte a tanto, sapendo i rischi che hanno corso per giunta?”

“Dove vuoi arrivare con questo?” domandò Giusy, un po' interdetta. Qualsiasi fosse stata la ragione dietro quel gesto a Giusy non interessava, la giustizia era uguale per tutti.

“Dico solo che, dal mio punto di vista, non ha senso correre a chiamare la preside e fare la spia quando ci sono altri modi per risolvere il problema, senza che nessuno ci vada di mezzo,” ribadì Antonella. “Hai pensato al clima che si creerebbe alle prove se gli altri sapessero che uno del nostro gruppo è stato punito per colpa nostra, a come reagirebbero le divine o le popolari per esempio, o i ragazzi della banda?”

“E che cosa proponi allora?” controbatté Giusy. “Sappi che non ho nessuna intenzione di far finta di niente e chiudere un occhio.”

“E infatti non ho mai detto questo. Si da il caso che io abbia già un piano per trovare il responsabile e risolvere la cosa tra noi, sempre che tu sia d'accordo ovviamente. Però, come ti ho detto, se non ti fidi di me e pensi che io stia soltanto cercando di coprire una delle divine va' pure a parlare con la preside, non sarò certo io a fermarti,” stabilì Antonella.

Un po' indecisa sul da farsi, Giusy si morse il labbro inferiore e osservò la sua compagna di classe in silenzio per una manciata di secondi. Da un lato credeva fermamente che rubare una verifica fosse un'azione deplorevole e una grande mancanza di rispetto per chi invece studiava sodo e mostrava impegno e serietà nei confronti della scuola; d'altra parte però anche le argomentazioni di Antonella avevano una certa validità, incredibilmente. La consapevolezza che nel gruppo ci fosse una spia avrebbe potuto portare a tensioni o divisioni interne tra loro, e poi in fondo Antonella in fondo non aveva tutti i torti, era giusto perlomeno ascoltare le motivazioni di chi si era spinto a tanto. I casi erano due: o al colpevole non importava rischiare ed essere eventualmente scoperto, o era tanto disperato da pensare di non avere altra scelta. Certo questa seconda ipotesi non lo avrebbe comunque giustificato, però pensandoci bene valeva almeno la pena di andare a fondo della questione e analizzarla un po' meglio, invece di fermarsi ad un concetto bianco e nero di giustizia.

E poi c’era anche un’altra cosa. Visto e considerato che era stata Antonella a portarla dentro la sala professori, era molto improbabile che sapesse che dietro tutto ciò c’era una delle divine e stesse cercando di coprirla. Questo di conseguenza significava, stranamente, che per una volta non stava cercando di manipolarla né agiva dietro un qualche tornaconto personale; incredibilmente era sincera. Fu proprio in virtù di questo che Giusy decise di darle una possibilità, per una volta.

“E va bene Antonella, solo per questa volta voglio darti fiducia. Sentiamo, che cosa hai in mente?”

 
 
“Eccomi, scusate il ritardo,” esordì Antonella mentre entrava nell'aula di musica, dieci minuti in ritardo rispetto all'inizio delle prove, “i miei produttori non la finivano più di tenermi al telefono, corro a cambiarmi e ci sono,” annunciò la ragazza, avviandosi verso lo spogliatoio dietro le quinte.

“Non ti preoccupare Antonella, fa presto però,” la redarguì l'insegnante, mentre la classe impegnata nel riscaldamento si voltò verso di lei con curiosità.

“Eh certo, qua bisogna sempre stare ai suoi comodi,” imprecò Giusy sottovoce, rivolgendosi perlopiù a Patty e Tamara che si trovavano poco distanti da lei.

“Mi scusi professoressa, potrei andare un secondo in bagno?” chiese poi alzando la voce, avvicinandosi ad Emilia che si trovava al centro della sala.

“D'accordo Giusy, ma fa' veloce anche tu,” le concesse l'insegnante, “è importante fare bene il riscaldamento.”

Con un cenno del capo, Giusy annuì e si congedò silenziosamente dalla stanza per andare dietro le quinte, raggiungendo Antonella nello spogliatoio in poco tempo. Quando arrivò quest’ultima si era già cambiata e la stava aspettando, con un sorrisetto compiaciuto dipinto sul volto.

“Hai visto? Tutto secondo i piani,” si vantò scrollando le spalle.

“Allora questa testolina sa anche partorire idee intelligenti quando vuole,” scherzò Giusy con un sorriso, molto più ammorbidita rispetto al tono ostile di prima.

“Per tue informazione mia cara le mie idee sono sempre intelligenti, sei tu che non le hai mai sapute apprezzare.”

“Certo, come no. Dai, mettiamoci a cercare, se stiamo via troppo tempo Emilia si insospettirà.”

Come concordato, avrebbero approfittato del fatto che i loro compagni erano impegnati con le prove per controllare tutti gli zaini, lasciati incustoditi nello spogliatoio. Per prima cosa avrebbero guardato quelli delle ragazze, in quanto l'altezza e la struttura fisica della persona che avevano visto facevano pensare ad una donna. Nel caso di un mancato riscontro sarebbero passate allo spogliatoio dei maschi – nonostante Giusy sperasse davvero di non dover arrivare a tanto. Se qualcuno per caso le avesse beccate là dentro, beh, il tutto sarebbe stato ancora più complicato da giustificare di quanto già di per sé non fosse.

E c’era di più. Nonostante fosse stata Antonella a trascinarla in quell'assurdo piano per scovare il responsabile, la cosa assurda era che a Giusy in fin dei conti nemmeno dispiaceva più di tanto, né si era pentita di aver accettato. Sapeva di per certo che le sue amiche non avrebbero mai approvato un'idea tanto rischiosa, mentre invece Antonella, in qualche strano modo... beh, era sulla sua stessa lunghezza d'onda. Era come se i loro modi di ragionare fossero affini in qualche maniera – e se la cosa da un lato la intrigava, dall'altro la spaventava da morire.

“Tu controlli questa fila e io quest'altra?” propose Antonella, indicando le due panche di legno sopra cui erano stati lasciati tutti gli zaini color bordeaux delle loro compagne, tutti uguali tra di loro in quanto forniti dalla scuola.

“Va bene,” confermò Giusy annuendo. Subito dopo incominciò a procedere con l'ispezione.

Naturalmente si sentiva un po' in colpa ad esaminare gli effetti personali delle altre persone, soprattutto a loro insaputa e senza il loro consenso, però sapeva anche di non avere altra scelta. Riconobbe gli zaini di Sol e Tamara dagli astucci e i quaderni, e per fortuna si rivelarono tutte e due innocenti, con suo grande sollievo, mentre il terzo della fila apparteneva a una persona che Giusy non riuscì a riconoscere, almeno non a primo impatto, ma ugualmente estranea alle vicende. Era sul punto di passare al quarto, quando la voce di Antonella richiamò ancora una volta la sua attenzione.

“Eccolo qua, ladra trovata,” esclamò, sfoggiando la felpa nera che le due ragazze avevano visto prima. “E con tanto di prove,” aggiunse, mostrando poi il foglio del compito con fare compiaciuto.

Giusy si voltò verso di lei e la raggiunse.

“È la verifica che abbiamo visto prima, non ci sono dubbi,” dichiarò dopo una rapida occhiata. “Di chi è questo zaino?”

“Vediamolo subito,” rispose Antonella, aprendo la tasca in basso per tirare fuori il portafoglio della ragazza in questione, dove con ogni probabilità erano contenuti i suoi documenti. “Ecco qua.”

Quando Antonella estrasse dal borsellino la carta identità così che entrambe potessero leggere il nome, Giusy sgranò gli occhi dalla sorpresa.

“Caterina?!”

“E io che avrei puntato tutto su Luciana, Pia tuttalpiù.”

Il documento fu presto rimesso dentro il portafoglio, il quale a sua volta venne riposto all'interno della tasca dello zaino, subito dopo richiusa. “Da Caterina, sono sincera, non me l'aspettavo nemmeno io.”

“E pensare che mi è sempre sembrata una ragazza così corretta, così... così diversa da voi altre,” sospirò Giusy, aggrottando la fronte. “Perché ha fatto una cosa del genere? Ha problemi con la scuola, che tu sappia?”

“Non lo so, come ti ho detto ultimamente non parliamo più molto,” spiegò Antonella scrollando le spalle, “non è mai stata la prima della classe, certo, ma ha sempre avuto almeno la sufficienza in tutte le materie.”

“Che cosa facciamo adesso, ora che sappiamo che è stata lei?” chiese Giusy con un sospiro.

Lei e Caterina non erano certo amiche, tuttavia di vista si conoscevano, erano anche uscite assieme qualche volta, perlopiù nelle uscite di gruppo organizzate quando ancora stava con Guido dai membri della sua band, dove di tanto in tanto venivano invitate anche le fidanzate dei ragazzi. Per quanto le conversazioni con Caterina fossero sempre state abbastanza superficiali, a Giusy era bastato poco per capire che in fondo era una brava ragazza, forse un po' ingenua e facilmente influenzabile, ma certamente non cattiva né acida. L'idea di andare a fare la spia alla preside e metterla in una brutta situazione, sinceramente, la faceva sentire un po' in colpa. Fu per quella ragione che Giusy volle sapere che cosa ne pensasse Antonella, prima di prendere una decisione.

“Non eri tu quella super convinta di voler parlare con la preside e fare la spia?” le fece presente quest'ultima. “Vuoi forse dirmi che hai cambiato idea?”
“Voglio solo sentire quello che hai da suggerire,” mise in chiaro la mora.

“Quello che dobbiamo fare, secondo me, è molto semplice,” spiegò Antonella con naturalezza. “Per prima cosa, rimettiamo tutto a posto senza che Caterina si accorga che abbiamo frugato nel suo zaino. Secondo, una volta che sono finite le prove la aspettiamo fuori dalla scuola, le parliamo e le diciamo che per caso prima io e te passavamo per il corridoio e l'abbiamo vista entrare nella sala professori, tu fai la parte del poliziotto cattivo che vuole farle il terzo grado e chiederle cosa stesse combinando mentre io sarò quella buona che la difende, e da lì vediamo cosa ne viene fuori.”

“Ah io dovrei fare la parte della cattiva?” obiettò Giusy. “Stai per caso cercando di insinuare qualcosa, Antonella?”

“Chi, io? No, per carità! Dico solo che sarebbe più credibile che io che sono sua amica da tempo sia quella che prende le sue difese, tutto qua.”

“E va bene, mettiamo su questa recita, tanto oramai,” Giusy si arrese con uno sbuffo. “Tu pensi che confesserà?”

“Non lo so Giusy, sinceramente non ne ho idea. Conoscendo Caterina però, mi viene da pensare che non andrà fino in fondo. Tu invece credi che ci prenderà in giro?” domandò poi Antonella, girandosi per guardare in faccia la mora mentre piegava la felpa nera e la riponeva con cura all'interno dello zaino di Caterina.

“Non saprei nemmeno io a dirti la verità. Però per questa volta voglio credere alle tue parole, in fondo è giusto darle almeno la possibilità di spiegarsi.”

“Sbaglio o è la seconda volta che dici di fidarti di me, Giusy?” le fece notare Antonella subito dopo, un sorrisetto soddisfatto dipinto sulle sue labbra sottili. Nella sua voce non c'era traccia di arroganza né senso di superiorità, ma soltanto ironia e leggerezza, che Giusy percepì immediatamente. “Devo pensare che mi stai rivalutando?”

“Sbrigati ad andare a fare il riscaldamento che Emilia ti aspetta. Ti ricordo che sei già in ritardo,” rimarcò con fare ironico.

Si accinse così a lasciare lo spogliatoio per fare ritorno all'aula di musica.
….
 
 
Il cielo era ormai buio all'uscita da scuola, il sole era tramontato da un pezzo e senza la luce dei lampioni a illuminare la strada difficilmente sarebbe stato possibile orientarsi. A Giusy non sfuggì tuttavia la vista di Caterina in compagnia di Antonella, le quali si erano appena congedate da Pia e Luciana.

Facendosi coraggio, la ragazza si allontanò rapidamente dal resto delle popolari con la scusa di avere una cosa da chiedere a Caterina e subito dopo si avvicinò alle due divine, pienamente consapevole del fatto che Antonella la stesse aspettando. Ancora le faceva strano l'idea di essere sua alleata una volta tanto, invece di trovarsi su fronti opposti come sempre era stato in passato.

“Caterina? Ciao, senti, hai un minuto?” esordì Giusy di fronte alla ragazza, cercando di simulare un sorriso. “C'è una cosa di cui io e Antonella ti dobbiamo parlare,” spiegò, lanciando un'occhiata complice alla sua compagna di scuola che tu presto ricambiata.

“Ci vorrà solo un attimo, davvero,” aggiunse Antonella con fare rassicurante.

“D'accordo ragazze, ditemi,” Caterina acconsentì annuendo.

Con le braccia incrociate all’altezza del petto cominciò a spostarsi verso il piccolo giardinetto davanti alla scuola, accompagnata dalle altre due.

“Senti Caterina sarò breve,” incominciò Giusy con decisione, senza perdere tempo in inutili convenevoli, “io e Antonella ti abbiamo vista entrare nella sala professori prima, si può sapere che ci facevi là dentro?”

“Quello che Giusy intende dire,” aggiunse subito dopo Antonella, in un tono molto più mansueto e docile, lo stesso che Giusy la sentiva usare quando faceva le moine con lo scopo di ottenere qualcosa in cambio, “è che passavamo di lì per caso e, ecco vedi, ci è sembrato un po' strano che tu entrassi là dentro con quella felpa nera, quasi come se ti volessi nascondere... per caso c'è qualche problema?”

“Qualche problema? No ragazze, che cosa dite?” replicò Caterina nervosamente. “Io sono entrata là dentro perché... sì ecco, dovevo parlare con la professoressa Emilia per chiederle delle cose sulla coreografia ma lei là dentro non c'era e così me ne sono andata, tutto qua, davvero,” negò con esitazione.

“Caterina non prenderci in giro, sappiamo che cosa hai fatto.”

“Scusa se te lo dico Caterina, ma non è molto credibile come storia...” obiettò Antonella subito dopo. “Se hai dei problemi con la matematica io ti posso aiutare, non sarò una cima ma le cose basi le so fare...” si offrì poi, lasciando Giusy leggermente perplessa. Non si aspettava certo che sarebbe stata propensa ad offrire il proprio aiuto tanto facilmente.

“Come avete fatto a saperlo?” mormorò l'altra ragazza con un sospiro, abbassando gli occhi a terra.

“D'accordo, tagliamola corta, io e Giusy abbiamo frugato nel tuo zaino durante le prove,” ammise poi Antonella senza tergiversare, “so che non è stato carino ma...”

“È stata colpa mia, Antonella non c'entra,” Giusy la interruppe di colpo. In fondo era la verità, e se Antonella aveva offerto il suo aiuto per venire incontro ad un'amica in difficoltà, beh, non era giusto che Caterina se la prendesse con lei per quell'invasione della privacy. “Anzi, io volevo addirittura andare a parlare con la preside e dirle quello che avevamo visto, è stata Antonella a convincermi a capire cosa fosse successo e chiederti un confronto,” rivelò poi. I suoi occhi si posarono per un attimo sulla sua compagna di classe, che a sua volta ricambiò lo sguardo complice con un cenno del capo. “Caterina, quello che hai fatto è una cosa gravissima, hai rubato una verifica!”

“Ragazze vi scongiuro, per favore, questa cosa non la deve venire a sapere nessuno,” le implorò Caterina, “se la preside lo scopre sono fregata!”

“Stai tranquilla, non lo diremo a nessuno,” la rassicurò Giusy. Era chiaro che la ragazza non avesse cattive intenzioni, visto il suo senso di colpa evidente.

“Però prima ci devi dire perché lo hai fatto,” volle sapere poi.

“Questa cosa non è da te Caterina, tu non sei così,” fece notare Antonella con fare comprensivo. Il suo lato più umano e sensibile era totalmente sconosciuto a Giusy, tuttavia avrebbe mentito se avesse detto che la lasciava indifferente.

“Va bene, ve lo dico, però prima dovete giurarmi che non ne farete parola con nessuno, se si viene a sapere è la fine per me,” le supplicò Caterina, il cui tono mortificato mosse Giusy a compassione.

“Lo giuro,” acconsentì Giusy annuendo, seguita subito dopo da Antonella.

Caterina allora cominciò a raccontare.

“Purtroppo la mia famiglia sta attraversando un periodo difficile ultimamente. Mio papà ha perso il lavoro, mia mamma ha sempre fatto la casalinga e i soldi che dovevamo usare per pagare la retta della scuola siamo costretti a spenderli per fare la spesa e pagare le bollette, non abbiamo altra scelta. È dall'inizio di quest'anno che ho iniziato a lavorare come cameriera in un bar per potermi permettere di rimanere qui e pagare le tasse, i libri, però è difficile perché i turni sono pesantissimi e quando arrivo a casa sono distrutta, riesco a malapena a reggermi in piedi, non ho le forze di aprire i libri e studiare.”

“Certo, posso immaginare...” replicò Giusy, naturalmente dispiaciuta.

Non poteva certo prevedere che la sua situazione fosse così grave, ma del resto lei e Caterina non si parlavano un granché, difficilmente sarebbe riuscita a notare che c'era qualcosa che non andava.

“I miei voti sono calati tantissimo nel corso di questi mesi,” continuò a raccontare Caterina, “la mia media si è abbassata perché ho preso tante insufficienze, ho fatto varie assenze, e così la preside ha convocato i miei genitori qualche settimana fa. Se i miei voti non migliorano entro la fine del quadrimestre, ci sono buone probabilità che io debba ripetere l'anno. È per questo che ho rubato la verifica di matematica. Vi giuro che mi vergogno tantissimo di quello che ho fatto, però sono disperata, se prendo un'altra insufficienza non riuscirò mai a recuperare, non ho avuto altra scelta,” concluse con un sospiro amareggiato, colmo di tristezza, vergogna e soprattutto impotenza, davanti a una situazione che era decisamente più grande di lei e che Caterina di certo non si meritava.

“Caterina, questa storia deve finire immediatamente,” esordì Antonella, non appena l'altra ragazza ebbe finito di parlare. “Stammi a sentire, tu adesso chiami il tuo capo e ti licenzi, non voglio sentire ragioni,” le impose con decisione. “Ai soldi della tua retta ci penso io, me li restituirai quando la tua famiglia starà passando un periodo migliore, non ne ho bisogno subito.”

“Antonella, io non...” tentò di rifiutare Caterina, ma Antonella non le diede nemmeno il tempo di controbattere.

“No tu niente Caterina, o accetti o accetti,” le disse. “Puoi benissimo trovarti un lavoro nel fine settimana che ti permetta di mettere qualche soldo da parte per le tue spese personali, ma non puoi farti carico di questa responsabilità.”

Giusy ovviamente era d'accordo con lei, tutte loro erano ancora molto giovani e non avrebbero dovuto portare il peso delle difficoltà economiche della famiglia lavorando, non era giusto. Era ovvio che Caterina non riuscisse a studiare e prendere buoni voti, in quelle condizioni. Il gesto che Antonella aveva appena fatto però non era certo una cosa da poco: in quanti si sarebbe offerti di pagare una somma così grande per aiutare un'amica in difficoltà?

“Ti aiuterò io a studiare questo weekend, se vuoi,” disse poi Giusy, colpita dalla storia che Caterina aveva appena raccontato. “Tanto anche io sono in alto mare con lo studio e ho tantissime cose da ripassare, un po' di compagnia mi farebbe comodo,” spiegò. In fondo non era una bugia, magari con con un'altra persona vicino le sarebbe stato più facile concentrarsi ed evitare di pensare a... cose a cui non doveva pensare, rifletté guardando Antonella.

“Ragazze io sono senza parole,” esalò Caterina.

Subito dopo, la ragazza si lanciò in avanti per abbracciare prima Antonella e poi Giusy, la quale ricambiò con un po' di imbarazzo.

“Se domani mattina alle nove non ti fai trovare davanti a casa mia ti vengo a prendere di peso, è una minaccia,” ironizzò la mora con un sorriso.

“Ah io non rischierei, sta parlando sul serio ti avviso,” aggiunse Antonella.

“Grazie, davvero,” Caterina replicò con un sorriso. “Non so nemmeno da dove cominciare per sdebitarmi...”

“Promettimi che brucerai la tua copia del compito, questa è l'unica cosa che devi fare per sdebitarti,” le impose allora Giusy.

“Come se avessi già fatto, sul serio, sparita, non c'è più,” le garantì l’altra, gesticolando in modo buffo. “Bene allora io vado a casa adesso, noi ci vediamo domani mattina Giusy. Antonella vuoi venire con me?

“Tu incamminati, io dico una cosa veloce a Giusy e poi arrivo.”

Il cuore di Giusy perse un battito. Aveva capito bene? Antonella voleva parlare con lei?

“D'accordo, allora ciao, grazie ancora,” si congedò Caterina. Antonella e Giusy ricambiarono il saluto con un cenno del braccio.

Una volta rimaste sole fu Antonella la prima a parlare, avvicinandosi nel frattempo a una panchina nel giardino per sedervisi.

“Però, sei stata brava a fare la parte del poliziotto cattivo, immagino che grande sforzo sarà stato,” scherzò. Giusy roteò gli occhi al cielo e si sedette accanto a lei sbuffando. “Dai sto solo scherzando, io in realtà ti volevo ringraziare per quello che hai fatto per Caterina e per esserti offerta di aiutarla,” spiegò Antonella. “Non è da tutti riuscire a capire certe situazioni.”

“Figurati, non dirlo neanche per scherzo, con quello che sta passando poverina. Un po' mi costa ammetterlo ma alla fine avevi ragione tu, l'avevo giudicata troppo in fretta, se fossi andata a parlare con la preside col senno di poi me ne sarei pentita,” ammise Giusy con riluttanza. Tutto considerato, era contenta che Antonella l'avesse fermata in tempo per farla riflettere sulle conseguenze, su tutto un insieme di cose che andava ben oltre una semplice definizione di giusto e sbagliato.

“Senti senti, Josefina Beltran che mi dà ragione, non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato,” scherzò Antonella con espressione gongolante.
Giusy arrossì e distolse lo sguardo, fingendosi scocciata per mascherare il suo lieve imbarazzo.

“Vedi di non farci l'abitudine, Tontonella,” ribatté quest'ultima con ironia, strappando un sorriso alla sua interlocutrice.

“L'abitudine? Sbaglio o questo implica che avremo altre occasioni di vederci?” la provocò Antonella, alzando un sopracciglio.

“Non cambiare le carte in tavola, non è assolutamente quello che ho detto!” tentò di difendersi Giusy, seppur debolmente. Di fatto, il rossore sulle sue guance diventato ancora più evidente era già abbastanza eloquente di per sé, così come il piccolo sorriso che non riusciva a cancellarsi dalle labbra.

“Ah no? Benissimo, allora puoi andartene se vuoi,” le disse Antonella in un primo momento, seppur il suo tono lasciasse intendere tutt’altro. “Oppure potresti sempre accettare un invito ad andare a bere qualcosa e affogare tutto lo stress di questa giornata nell'alcol. Che dici, ti va?”

“Lo sai che hai proprio una bella faccia tosta Antonella?”

“Ah sì? E perché mai?”

“E hai pure il coraggio di chiedermelo?!” sbottò Giusy, in preda alla confusione. “Prima mi cerchi e mi chiedi di incontrarci solo per dirmi di non parlare con nessuno del nostro incontro e chiarire che non ce ne saranno altri, poi dopo nemmeno due ore mi inviti ad uscire un'altra volta come se nulla fosse. Si può sapere che cosa vuoi da me, Antonella?”

Che Antonella fosse una persona instabile e inaffidabile, Giusy lo sapeva. Lo sapeva e lo aveva sempre saputo, ed era anche una delle varie motivazioni per le quali l'aveva sempre tenuta a debita distanza, non poteva rischiare di avvicinarsi troppo e rimanerci bruciata. Questo però non significava che non lo desiderasse. Che forse, in cuor suo, una parte di sé non lo avesse sempre desiderato. Era proprio questa opposizione di sentimenti contrastanti a generare quel forte senso di frustrazione a lei tanto familiare, che spesso e volentieri sfociava addirittura in rabbia, una rabbia irrazionale che Giusy gestiva a fatica, spesso con scarsi risultati.

“D'accordo, hai ragione, probabilmente non avrei dovuto chiedertelo, è stata un'idea stupida mi dispiace,” rispose Antonella.

La ragazza si mise lo zaino in spalla e si alzò, sul punto di andarsene e lasciare l’altra sola sulla panchina. Di scatto allora Giusy balzò in piedi e le afferrò il braccio sinistro, spingendo Antonella a fermarsi e voltarsi verso di lei.

“Aspetta. N-non ho detto che non mi va.”

Un piccolo sorriso trionfante si dipinse sul volto di Antonella. Giusy le lasciò andare il braccio, certa che non se ne sarebbe andata, poi si avvicinò a lei di qualche passo e aggiunse: “Però prima devi rispondere alla mia domanda. Che cosa vuoi da me Antonella? Ho bisogno di saperlo.”

Antonella deglutì e si schiarì la voce. Poi, dopo una breve pausa, si decise a rispondere: “Vuoi la verità Giusy? Parlare. Voglio solo qualcuno con cui parlare. E tu, per qualche ragione, beh, tu mi ascolti e riesci anche a capirmi. Non è una cosa che mi capita spesso, se vuoi saperlo. Forse è per questo che ti ho cercata prima, io... la verità è che non sapevo come dirtelo,” Antonella confessò con un sospiro, incrociando le braccia al petto. “Però adesso lo sai, spetta solo a te decidere cosa fare.”

Giusy la guardò, e nei suoi occhi castani lesse la profondità della sua solitudine. In quel momento fu sicura che Antonella stesse dicendo la verità, e questo le bastò per prendere una decisione.

“Questa volta il posto lo scegli tu.”

Un attimo dopo, con un mezzo sorriso sul volto Giusy si mise in cammino, seguita a ruota da Antonella.

“E visto che l'altra volta ho offerto io, questa volta paghi tu.”

 
 
Il locale prescelto da Antonella era completamente diverso dal bar pieno di studenti in cui Giusy l'aveva portata la volta precedente. Tanto per cominciare, il posto era indubbiamente di lusso e rivolto a una clientela di un certo livello, perlopiù facoltosa, tant'è che Giusy si sentì lievemente a disagio ad entrare indossando la sua semplice uniforme scolastica. Antonella sembrava avere una certa confidenza con il titolare e questo giocò a loro favore: sfoggiando uno dei suoi sorrisi ammalianti, la ragazza chiese di poter avere accesso alla sua sala privata, quella che di solito affittava per festini o aperitivi. Nonostante un'iniziale reticenza da parte del proprietario, il quale spiegò che normalmente andava prenotata con un po' di anticipo e che c'erano tanti tavoli liberi nel locale in cui le due ragazze avrebbero invece potuto mettersi, siccome erano soltanto in due, Antonella riuscì ad avere la meglio in quella trattativa, complice anche e soprattutto l'offerta di pagare un sovrapprezzo per il disturbo arrecato dal poco preavviso.

Giusy si sentiva quasi in imbarazzo all'idea che l’altra fosse disposta a tanto per poter avere un po' di tempo da sola con lei, però d’altra parte l'idea della saletta privata solo per loro due la attirava parecchio. Un momento, ma a cosa stava andando a pensare?! Se erano là era soltanto per bere e spegnere il cervello, punto e basta. Il resto erano soltanto castelli mentali, a cui non doveva e non poteva fare l’errore di cedere.

La saletta riservata a loro era separata dal resto del locale da una vera e propria porta, garantendo dunque una privacy totale. Appena entrata, Giusy osservò con una leggera agitazione le luci soffuse al neon che illuminavano la stanza assieme alle due candele sul tavolo, accese dal cameriere che le aveva accompagnate. Il tavolino al centro era circondato da un divano in pelle rossa, ideato per contenere ben più di due persone, proprio come aveva detto il titolare. Per quella sera però era tutto loro.

Giusy sospirò e deglutì nervosamente. L’atmosfera del posto era piuttosto intima, e lei al pensiero di rimanere da sola con Antonella là dentro… beh, tenere lontani certi pensieri sarebbe stata un'impresa ardua.

Mentre si sedevano e si toglievano le giacche e gli zaini, appoggiandoli sul medesimo divanetto ad una certa distanza, Antonella ordinò da bere per entrambe e Giusy non obiettò. Il cameriere perciò prese nota e poi uscì, lasciandole finalmente sole.

Antonella era seduta alla destra di Giusy con aria tranquilla e disinvolta, e sotto la luce soffusa del neon sembrava ancora più bella del solito.

 
Santo cielo, speriamo che l'alcol arrivi presto o qua si mette male.
 

“Allora, che te ne pare, ti piace?” chiese, accavallando le gambe.

Il sorriso compiaciuto che aveva sulle labbra lasciava chiaramente intendere che fosse consapevole di averla impressionata e ne andasse anche orgogliosa.

“Non mi posso lamentare,” scherzò Giusy, ricambiando il sorriso. “Lo sai, quando prima ti ho detto che oggi paghi tu non avevo certo in mente un posto così, chissà quanto verrà a costare tutto questo. Se vuoi possiamo dividerci il conto, sul serio, non è un problema...”

“Non ci pensare neanche,” la interruppe Antonella. “Un patto è un patto, questa volta offro io. Ho scelto apposta questo locale proprio perché volevo un posto tranquillo, però se non ti piace o ti mette a disagio, possiamo sempre andarcene e...”

“No, è perfetto,” la bloccò Giusy, parlando tutto d'un fiato. “Sul serio Antonella, è perfetto. Se lo avessi saputo però mi sarei messa qualcosa di più carino dell'uniforme della scuola,” aggiunse poi con una risatina, lievemente in imbarazzo.

“Ma va', che dici, non ti preoccupare per queste cose,” tentò di rassicurarla Antonella, lasciando Giusy alquanto sorpresa. Normalmente era la prima infatti a sottolineare quanto il look e l'abbigliamento fossero importanti, imprescindibili addirittura, in ogni situazione. “E comunque anche l'uniforme della scuola ha il suo fascino, sul serio, il bianco poi in questa stagione va tantissimo, è praticamente un capo di alta moda,” scherzò, strappando a Giusy una risata mentre quest'ultima scuoteva la testa.

La porta della stanza poco dopo si aprì e lo stesso cameriere di prima entrò per portare loro i drink che avevano ordinato su un vassoio, assieme a diversi stuzzichini di accompagnamento. Entrambe le ragazze lo ringraziarono con un sorriso e poi, una volta andato via, brindarono tra loro. Il sapore dolce amaro che Giusy avvertì in bocca pochi istanti dopo lavò via ogni suo nervosismo e insicurezza, e mentre guardava gli occhi castani e allegri di Antonella illuminare la stanza la ragazza sorrise, con la piena consapevolezza di trovarsi esattamente nel posto giusto al momento giusto.

 
 
Un'ora e tre drink più tardi, la stanza era diventata incredibilmente più leggera. Sembrava quasi di star fluttuando. Non appena l'effetto dell'alcol aveva incominciato a farsi sentire parlare era diventato estremamente più semplice, così come ridere e scherzare. Avevano chiacchierato di tutto e di niente, della scuola, delle persone, dei loro amici, degli insegnanti e della gara di musical che si avvicinava sempre più. Giusy aveva ascoltato con estremo interesse la predizione di Antonella secondo la quale nemmeno quell'anno ce l'avrebbero fatta a vincere, non se avessero continuato a provare in quel modo perlomeno. Secondo il suo punto di vista, le coreografie non erano abbastanza elaborate per poter essere competitive sul piano nazionale, i testi delle canzoni cominciavano ad essere ripetitivi, i costumi non trasmettevano niente di che, fin troppo semplici e scialbi, e per giunta Patty, su cui vertevano praticamente tutti i loro numeri musicali in quanto era la voce solista, non aveva abbastanza presenza scenica per riuscire a catturare l'interesse del pubblico. Serviva qualcosa di più forte, di più intenso e d’impatto.

Giusy detestava ammetterlo, ma purtroppo aveva ragione, aveva ragione su tutta la linea. L'unione di due gruppi così tanto differenti tra loro non era stata in grado di mettere in luce i punti di forza di ciascuno di essi, ma anzi, aveva paradossalmente finito con l'affievolirli per poter creare un precario compromesso che andasse bene a tutti, ma che poi nella pratica funzionava poco. Se poi a questo si aggiungeva il fatto che Antonella aveva saltato moltissime prove l'anno precedente per dedicarsi alla propria carriera da solista e che quindi non aveva potuto farsi carico della responsabilità di cantare i suoi pezzi, il tutto era praticamente risultato in dei numeri musicali completamente privi della carica energetica che di solito metteva la ragazza. Insomma, se Patty aveva una voce limpida e incantevole, che riusciva a toccare il cuore di chiunque la ascoltasse, Antonella era quella che faceva sì che il pubblico non riuscisse a staccare gli occhi dal palco e dalla scena, come ipnotizzati da lei e da ciascuno dei suoi movimenti. E Giusy, purtroppo, lo sapeva molto bene.
Se non altro quest'anno Antonella sembrava essere più presente alle prove, tuttavia ormai gli equilibri erano cambiati e la posizione di Patty come leader si era abbastanza consolidata, anche in virtù del fatto che con lei al comando le divine gradivano molto di più il clima di cooperazione. E di questo, ovviamente, Antonella ne aveva risentito, sebbene non lo avesse detto a nessuno. Mentre i minuti scorrevano via rapidi, Giusy aveva gradualmente visto la sua maschera di arroganza e strafottenza sciogliersi come neve al sole. Antonella le parlò in modo sincero di quanto le mancasse fare le prove con le sue amiche, quanto in fondo le facesse male vedere che tutti sembravano essere andati avanti senza di lei e trovarsi bene con Patty al comando, mentre per lei invece era tutto così vago e fumoso, le sue prospettive future più incerte che mai mentre del suo passato non rimaneva altro che un vago ricordo, un'ombra tuttalpiù, una traccia ormai sbiadita.

Fu allora che Giusy riuscì a rivedere in lei tutti i dubbi e le preoccupazioni che la attanagliavano e si sentì compresa nella sua parte più fragile, quella che non mostrava a nessuno. Forse era proprio quella assurda ragione ad averla spinta lì quella sera: anche lei come Antonella voleva soltanto qualcuno con cui parlare, con cui parlare veramente però e poter condividere il senso di frustrazione e smarrimento che si portava dentro ormai da mesi, senza sentirsi giudicata. Voleva soltanto qualcuno con cui poter essere fragile.

“Lo sai Anto, adesso riesco a capire un po' meglio il tuo comportamento con Caterina prima. Io non... beh ecco, non immaginavo che...” esitò Giusy, bloccata tra il desiderio di esprimere i propri pensieri e l'incapacità di trovare le parole giuste per farlo.

“Che avessi un cuore?” scherzò Antonella, inclinando la testa di lato mentre Giusy evitava il suo sguardo, lievemente imbarazzata.

“Che potessi essere così generosa,” concluse la mora, cercando di mantenersi quanto più possibile sul vago. “Non è una cosa da tutti quella che ti sei offerta di fare, mi hai sempre dato l'idea di... Ecco...” esitò di nuovo.

“Avanti, puoi dirmi le cose in faccia Giusy. Non mi sembra che ci siamo mai fatte problemi l'una con l'altra fino ad ora, non vedo perché incominciare proprio adesso,” la esortò Antonella con un mezzo sorriso.

“D'accordo,” decise Giusy. “La verità è che ho sempre pensato che fossi una grande egoista, che non te ne fregasse niente delle tue amiche e ti circondassi apposta di ragazze con personalità deboli solo per controllarle e sentirti ancora più forte,” ammise senza mezzi termini, seppur in parte dispiacendosi per quel giudizio così severo. “Non credevo ti saresti mai spinta a tanto per aiutare una tua amica.”

“Vuoi che sia sincera con te Giusy?” chiese Antonella.

“Certo.”

“Ecco, un fondo di verità c'è nella tua interpretazione, lo ammetto. Però la storia di Caterina mi ha colpito in modo particolare perché so cosa significa doversi preoccupare dei soldi e rischiare di lasciare la scuola per andare a lavorare, non è giusto farsi carico di certe responsabilità a questa età,” le confessò.

“Che cosa vuoi dire? I-in che senso sai cosa significa?” volle sapere Giusy, mordendosi il labbro inferiore.

“È una storia lunga e complicata e molto noiosa, dubito che ti interessi stare qua a sentirla,” tentò di ironizzare Antonella, stringendosi nelle spalle.

“Mi interessa invece,” ribadì Giusy con convinzione, guardando l'altra ragazza dritto negli occhi. Erano sedute ad una distanza così ravvicinata sul divano che le gambe di Antonella avrebbero benissimo potuto sfiorare le sue, se solo Giusy si fosse mossa in avanti di appena un paio di centimetri. Ma perché certi pensieri non la volevano proprio lasciare stare?! Che importanza aveva tutto ciò ora? “Ti andrebbe di parlarmene?” sussurrò poi, quasi con timore.
Per quanto sarebbe stato immensamente più semplice attribuire all'alcol la responsabilità di quel crescente velo di fiducia e intimità reciproca che piano piano si stava instaurando tra le due, Giusy purtroppo sapeva che la realtà era ben altra. Sapeva che il suo desiderio di conoscere Antonella e scoprire i lati di lei più nascosti, e forse anche più intimi e preziosi, aveva radici ben più radicate e profonde di qualche bicchiere scambiato una sera in un bar, ed era proprio quella consapevolezza a spaventarla più di tutto.

“D'accordo,” le concesse l'altra, annuendo. “Però mi devi promettere che non ne farai parola con nessuno, con nessuno Giusy, sul serio.”

“Te lo prometto Anto, hai la mia parola,” le garantì la mora con un cenno del capo.

Fu così che Antonella finalmente si aprì e raccontò a Giusy tutto ciò che lei e la sua famiglia avevano passato due anni prima: le enormi difficoltà economiche di Bianca, la sua necessità di sposare Leandro a tutti i costi per evitare di rimanere su una strada, la finta gravidanza per incastrarlo, i sensi di colpa di Antonella nel non poter dire niente e le pressioni che aveva sentito addosso per tutto quel tempo. Fortunatamente la sua carriera da cantante era decollata poco dopo la rottura dei due e i soldi che guadagnava grazie al contratto con la sua casa discografica erano sufficienti a mantenere tutta la sua famiglia e far sì che potessero permettersi un tenore di vita più che dignitoso, oltre che a mettere qualcosina da parte per il futuro. Era però un percorso non privo di ostacoli e competizione e impegni e responsabilità a cui far fronte, per non parlare dell'enorme pressione di doversi portare sulle spalle il benessere economico della propria famiglia a soli diciassette anni. Sua madre, Bianca, a detta di Antonella aveva anche provato a cercare lavoro, ma purtroppo non era stata in grado di trovare nulla che andasse bene per lei e le sue scarse abilità lavorative.

E così, ecco che dalle vendite del suo disco, dal successo delle sue canzoni e dalla sua popolarità dipendeva non solo la carriera di Antonella, ma tutto il benessere economico e sociale della sua famiglia e la loro reputazione all'interno del quartiere. Adesso Giusy riusciva a capire come mai avesse le crisi di pianto nello spogliatoio dopo le prove di musical, come mai avesse cercato la sua compagnia quella notte e come mai, nonostante tutto, si erano trovate lì insieme, a parlare l'una con l'altra in quello spazio riservato solo a loro per fuggire dalla solitudine.

“Io non avevo idea che tu avessi passato tutto questo Antonella, dico sul serio,” commentò Giusy alla fine della narrazione. Non che ci fosse poi molto che avrebbe potuto fare per aiutarla, ma la faceva sentire ugualmente triste il pensiero che fosse stata all'epoca tanto vicina e allo stesso tempo tanto distante da lei, senza avere la minima idea delle cose che stava passando.

“Certo che non lo sapevi,” replicò Antonella, quasi sulla difensiva. “Non mi piace andare in giro a raccontare i fatti miei agli altri, non voglio passare per la vittima che non fa altro che piangersi addosso.”

“Questo lo capisco, però...” tentennò Giusy.

“Però cosa?”

“Però tenersi tutto dentro non sempre è la cosa migliore,” disse genericamente, scrollando le spalle. “Se tu non dici agli altri di avere bisogno di aiuto quando stai male, poi chi ci pensa a te?”

“Io ci penso da sola a me stessa, non ho bisogno di nessuno,” replicò Antonella.

Giusy però sapeva perfettamente che non era vero.

“Tutti abbiamo bisogno di qualcuno,” rispose, continuando a guardare negli occhi l'altra ragazza. Antonella invece distolse lo sguardo.

Nel frattempo, sul cuscino del divano a cui erano appoggiate Giusy notò con la coda dell'occhio le loro mani incredibilmente vicine, le punte delle loro dita praticamente a un passo dallo sfiorarsi. Nonostante il pensiero la tentasse, e non poco, la ragazza rimase ferma immobile, come un blocco di ghiaccio, troppo spaventata per riuscire a dare adito a quel vortice di sensazioni che lentamente si faceva sempre più pervasivo.

“Chissà, forse è per questo che ho voluto dare una mano a Caterina,” Antonella richiamò la sua attenzione tutto d'un tratto. “Anche a me sarebbe piaciuto avere qualcuno che aiutasse me e mia madre nel momento del bisogno, e invece non c'era nessuno...” sospirò, incontrando nuovamente lo sguardo pensieroso di Giusy che la fissava in silenzio. “Quello che molti non sanno è che quando si è messi alle strette, i gesti più disperati in fondo sono solo una richiesta di aiuto.”

“Su questo hai ragione, spesso i fatti parlano molto di più delle parole,” concordò Giusy, pensando a quanto lei stessa in prima persona facesse fatica ad esprimersi a voce, specialmente quando si trattava di esternare i propri sentimenti. “Soprattutto quando certe parole non sono facili da dire,” aggiunse, sovrappensiero.

“Ad esempio?” volle sapere Antonella, inarcando un sopracciglio.

“No, dicevo così, in generale,” tentò di minimizzare Giusy, stringendosi nelle spalle.

Sentì le proprie guance ricoprirsi di un lieve rossore mentre faceva il possibile per scacciare via certi pensieri e nascondere l'agitazione che le provocavano, tuttavia Antonella pareva abbastanza incuriosita e ben poco intenzionata a lasciar perdere l'argomento, per sua sfortuna.

“Avanti, non fare la misteriosa!” la riprese quest’ultima con un sorriso. “Josefina Beltran, mi pare di aver già parlato abbastanza quest'oggi o sbaglio? Adesso tocca a te raccontare qualcosa,” ordinò.

“Come prego?!”

“Non far finta di non capire,” Antonella la rimproverò scherzosamente.

“No, non capisco, anzi non so proprio di cosa stai parlando Antonella,” mentì Giusy, ancora una volta fingendo una calma e un'indifferenza che in realtà non aveva.

“Parlo del fatto che io sono stata quella che ti ha chiesto di vederci oggi per parlare,” fece presente l’altra, “io ti ho convinta a collaborare per risolvere la faccenda di Caterina e sempre io ti ho invitata fuori stasera scegliendo anche il posto. E fidati, Giusy, che non sono proprio il tipo da fare queste cose con chiunque,” le fece sapere, guardando Giusy dritto negli occhi mentre ostentava una tale sicurezza e decisione che quest'ultima vacillò.

“Ah, adesso stai dicendo che dovrei sentirmi onorata del fatto che mi stai dedicando un po' del tuo tempo, Tontonella?” replicò Giusy, scherzando e usando di proposito quel ridicolo appellativo infantile per mettere un po' di distanza.

“No, sto solo dicendo che adesso è il tuo turno di parlare un po',” obiettò l’altra.

“I-il mio? E che cosa vuoi che ti dica?”

“Tutto quello che vuoi, scegli tu. Mi basta solo che non sia qualcosa di facile.”

“Qualcosa di non facile quindi?” ripeté Giusy con una risatina, incuriosita da quella singolare ma buffa scelta di parole.

Per tutta risposta Antonella annuì, aggiungendo: “Qualcosa che alle altre persone non diresti mai e poi mai. Avanti Giusy, devi davvero farti pregare?”

Accortasi della titubanza dell'altra ragazza, Antonella allora la sorprese con un gesto inaspettato: di colpo scese dal divano e si mise in ginocchio davanti a Giusy, le mani giunte a mo' di preghiera mentre la osservava con sguardo supplichevole.

“Tirati su, che cosa fai Anto?!” chiese Giusy ridendo.

La ragazza afferrò Antonella per le braccia e cercò di tirarla su per riportarla sul divano, ma tutto ciò non servì proprio a nulla, Antonella resisteva tenacemente, ostinata a restare in quella posizione poco ortodossa e per giunta incredibilmente scomoda.

“Non mi rialzo finché non parli,” asserì con testardaggine, continuando a resistere alle tacite richieste di Giusy. “Sono seria!”

“E va bene, va bene, parlerò,” si arrese infine quest’ultima, scuotendo il capo.

Del resto Antonella non le lasciava poi molte alternative. Giusy la aiutò a rialzarsi e finalmente l’altra glielo permise, tornando a occupare esattamente lo stesso posto di prima; anzi, forse erano addirittura più vicine ora, constatò Giusy tra sé e sé.

“Ti ricordi quello che mi hai detto prima, sul fatto che con me ti senti ascoltata e capita?” disse poi, facendo un respiro profondo per darsi coraggio. “Beh, ecco... Io...,” esitò, e finì per bloccarsi di nuovo, come se le parole che aveva dentro la testa le si fossero incastrate in gola e non riuscissero ad uscire fuori, per quanto si sforzasse. In fondo non era niente di troppo difficile, non avrebbe dovuto esporsi poi così tanto, si sarebbe limitata a confermare ciò che Antonella aveva già detto prima, non ci sarebbe stato assolutamente niente di male. E allora perché la sola idea di parlare e dire alta voce quelle quattro parole era sufficiente a lasciarla paralizzata dalla paura?

Probabilmente intuendo le sue difficoltà, Antonella le prese entrambe le mani e le accarezzò i dorsi col pollice. Poi guardò Giusy negli occhi e le propose: “Facciamo uno per uno, okay? Adesso parli tu e poi dopo parlo io.”

Giusy si sentì tremare tutta, come se un brivido avesse percorso la sua schiena in seguito a una folata d'aria fredda. Paradossalmente, la sensazione delle mani di Antonella che custodivano le sue e le accarezzavano la rassicurò.  Fu come se un calore si propagasse da esse verso il resto del suo corpo, dandole coraggio e spingendola a non ritrarsi, a non scappare via da quelli che erano i suoi sentimenti, da quella che era la realtà.

“Mi sembra che ci stai prendendo un po' troppo gusto a fare questo gioco,” sussurrò poi con ironia, in parte per prendere tempo.

“Forse, chi lo sa.”

Giusy fece un altro respiro profondo. Poteva farcela.

“D’accordo allora. Visto che ci tieni tanto a saperlo, quello che mi hai detto prima vale anche per me,” riuscì ad ammettere infine, seppur con difficoltà e in maniera estremamente goffa. “A-anche io contro ogni previsione, tutto sommato non mi trovo poi così male con te,” spiegò, chiaramente minimizzando. “Sei contenta adesso?”

“Sì, sì, è qualcosa,” le concesse Antonella, con un enorme sorriso soddisfatto. “Anzi, ti dirò di più, Josefina Beltran. Se non ti conoscessi almeno un po', potrei quasi pensare che tu in tutti questi anni ti sei sempre ostinata a tenermi lontana solo perché avevi paura di scoprire che non sono il mostro che hai sempre pensato. Sarebbe proprio il colmo se adesso all’improvviso scoprissimo che io e te siamo anche più simili di quello che pensiamo, non trovi anche tu?”

“Sì, sì esatto, lo penso anche io, assurdo, una cosa indecente” concordò Giusy con ironia, strappando ad Antonella una piccola risata. “E comunque, solo perché tu lo sappia, non hai ragione su tutto. Non è solo per quello che questa cosa mi mette paura,” spiegò in un sussurro, abbassando lo sguardo a terra.

“Quale cosa?” chiese l'altra, a sua volta parlando sottovoce.

Antonella portò due dita sotto il suo mento e le alzò lievemente il viso, per spingere Giusy a guardarla negli occhi. Poi afferrò una ciocca dei suoi capelli ricci e gliela infilò dietro l'orecchio con dolcezza.

“Questa... questa cosa tra di noi,” tentò di spiegare Giusy, mentre con la mano libera gesticolava maldestramente per indicare prima se stessa e poi naturalmente Antonella, accanto a sé. Le sue guance arrossate ormai dovevano aver assunto una sfumatura scarlatta, pensò tra sé e sé. “A te no?”

“Ti svelo un segreto Giusy, io ho sempre paura,” confessò Antonella. “Sono solo molto brava a nasconderlo.”

“Con me non devi nasconderlo però,” esalò Giusy in un sospiro, come ipnotizzata dalla visione dell'altra ragazza. Quasi senza rendersene conto, inclinò il viso leggermente in avanti per avvicinarsi a lei. “Sul serio, Antonella... Non devi nasconderti quando sei con me.”

Con la mano libera poi Giusy cominciò ad accarezzale teneramente la guancia, in un tacito gesto di rassicurazione.

“Guarda che sei tu la prima che si nasconde Giusy,” le fece notare Antonella, inarcando un sopracciglio. La ragazza si sporse in avanti a sua volta e avvicinò ulteriormente il proprio viso a quello di Giusy, ormai distante da lei solo qualche centimetro.

“O sbaglio?”

“Sbagli,” replicò Giusy, ben poco convinta. “A-anzi, sei completamente fuori strada, io non ho niente da nascondere... proprio niente,” tentò inutilmente di negare.

Il suo corpo però parlava per lei e mise presto in luce tutte le sue contraddizioni. I suoi occhi neri infatti si abbassarono sulle labbra sottili di Antonella, così vicine alle sue ed incredibilmente invitanti, proprio come tutto il resto di lei. Solo alcuni istanti dopo Giusy tornò a guardarla negli occhi e si rese conto che la sua risposta stava stranamente tardando ad arrivare, così come si rese conto, arrossendo, che anche Antonella le stava fissando le labbra, senza nemmeno disturbarsi a nasconderlo. Messa di fronte alla sua crescente eccitazione, Giusy si leccò le labbra in un gesto inconscio e comprese così che quello strano e irrazionale desiderio, nonostante tutto, era reciproco, che anche Antonella la voleva, proprio come Giusy voleva lei; proprio come Giusy, in quel momento, stava morendo dalla voglia di saltarle addosso.

“Adesso è il mio turno di dire qualcosa, no?” parlò finalmente Antonella, quando quella pausa giunse al termine. Giusy per tutta risposta annuì sovrappensiero, inclinando la testa di lato mentre vedeva l'altra ragazza fare lo stesso, solo che nel verso opposto.

“Bene, allora basta nascondersi.”

Subito dopo, Antonella chiuse la distanza che le separava con un bacio.

Giusy chiuse gli occhi, il respiro che le tremava, mentre le loro labbra si sfioravano superficialmente, in una frazione di istanti che sembrò durare all'infinito. Rimasta immobile per tutto il tempo, non appena smise di percepire il calore delle labbra di Antonella sulle proprie Giusy riaprì gli occhi e trovò davanti a sé il volto incerto e pieno di dubbi dell’altra ragazza, che la osservava in silenzio. Erano i suoi occhi castani infatti, colmi di timori e paure e incertezze, a parlare per lei.

Giusy non tardò a risponderle. Non in modo ragionato però, parlò restando in silenzio, lasciando che fosse il suo corpo ad esprimersi per lei. Sfregando la punta delle sue dita contro la guancia di Antonella, Giusy le rivolse un piccolo sorriso timido, fatto di flebili consapevolezze che per troppo tempo erano rimaste taciute e che finalmente ora potevano uscire allo scoperto, regalando a entrambe una sensazione di sollievo liberatorio. Poi si sporse in avanti un'altra volta per rincontrare le sue labbra, questa volta con più consapevolezza e decisione.

La sensazione elettrizzante che quel bacio provocò in lei non fece altro che spingere Giusy a desiderarne altri, che in un primo momento chiese e cercò con timidezza, poi con crescente coraggio. Avvertì distintamente la mano di Antonella infilarsi tra i suoi capelli neri, accarezzandone i ricci ribelli per averla ancora più vicina. Giusy fu percorsa da una vampata di calore, eccitata da quel tocco volto a reclamarla a sé. In un attimo lasciò andare la mano di Antonella per cingerle la vita e accarezzarle la schiena, su e giù, ad un ritmo frenetico, in balia della necessità di toccarla e sentirla vicina. Antonella dal canto suo sembrò apprezzare molto – immediatamente attirò il corpo di Giusy a sé e incominciò ad accarezzarlo ed esplorarlo, mentre le sue labbra si dispiegavano in un sorriso alquanto soddisfatto sopra quelle della mora.

A Giusy a momenti non sembrava neanche vero. Quei baci erano così soffici e talmente intensi che il suo desiderio si faceva più forte con ogni secondo che passava, le sue mani incollate al corpo sinuoso e divino dell’altra ragazza. Sentendo l'urgenza di avere di più, Giusy schiuse leggermente le labbra per catturare quello inferiore dell'altra tra le proprie, accompagnata da un gemito. Antonella allora cominciò a tracciare lentamente i contorni della sua bocca con la lingua: prima il labbro superiore, poi passò a quello inferiore, curandosi di non tralasciarne neanche un centimetro.

Giusy stava tremando. Il suo corpo era scosso da brividi di piacere, intensificati dal tocco dolce e delicato di Antonella, le cui mani continuavano ad esplorarla in lungo e in largo, provocando vampate di calore sempre più accese e frequenti. Gemendo un’altra volta, Giusy aprì la bocca per fare entrare la lingua di Antonella e incontrarla con la propria, accarezzandone delicatamente la punta. Era come essere avvolte da una magia, un perenne cercarsi e ritrovarsi l'una nell'altra che le catturò totalmente, senza lasciare spazio a niente e a nessun altro.

Fu allora che Giusy riuscì a lasciarsi alle spalle la paura di cadere, trovando nelle labbra soffici di Antonella e i suoi baci tutte le risposte di cui in quel momento aveva bisogno.

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Capitolo 3
*** III. Parte prima: Che cosa vuoi che cambi? ***


Il momento in cui apriva gli occhi la mattina era la parte più tragica della sua giornata, mentre la sera, quando si coricava nel letto e nascondeva il suo corpo sotto il calore rassicurante delle coperte, gli unici istanti in cui trovava un po' di serenità. Antonella andava avanti così ormai da due settimane, ogni giorno uguale all'altro si ripeteva in una catena di eventi alla quale lei partecipava soltanto passivamente, a malapena faceva lo stretto necessario per riuscire a sopravvivere. Ciò che aveva generato questa grande inquietudine che la perseguitava era stato il bacio con Giusy – o per meglio dire, i baci. Il tutto era durato sì e no cinque minuti a dire la verità, poi il suono del cameriere che bussava alla porta della loro saletta privata aveva segnato il brusco ritorno alla realtà. A quanto pareva, con l'ora di cena che si avvicinava il tavolo doveva essere liberato per i clienti che intendevano fermarsi lì a mangiare, di conseguenza Antonella e Giusy avevano lasciato il locale per fare ritorno ognuna alla rispettiva casa, scambiandosi a malapena due parole e un goffo saluto. Dopo quel giorno non si erano più parlate.

Tutto lì, no? Insomma, non c'era alcun motivo di farne un dramma o una tragedia, almeno in teoria. Avevano bevuto e si erano scambiate due baci, non era certo una cosa così scandalosa. Sì, d'accordo, Giusy era pur sempre una ragazza e la cosa era forse un pochino strana da quel punto di vista, però alla fine che importava? Antonella non voleva certo fidanzarsi con lei o roba del genere, si era solo lasciata andare in un momento di stanchezza e confusione, tutto qua. Fintanto che nessuno veniva a sapere cos'era successo lei non aveva proprio nulla di cui preoccuparsi, poteva stare tranquilla e continuare a vivere la sua vita come sempre, come se Josefina Beltran non avesse alcuna importanza per lei.

Almeno in teoria.

In teoria, infatti, questo era quello che il suo cervello avrebbe dovuto recepire, eppure per assurdo un concetto così semplice ed elementare non riusciva proprio ad entrarle in testa. Sì perché, per quanto facesse il possibile per distrarsi e concentrarsi solo sulla scuola e il ballo e la sua musica durante le giornate, i baci con Josefina Beltran in un modo o nell'altro le riaffioravano sempre alla mente, spesso anche nei momenti più inopportuni – prima di andare a letto la sera, quando faceva colazione la mattina, a scuola durante l'intervallo, a lezione o mentre camminava per i corridoi, accompagnata dal pensiero che avrebbe potuto trovarsi davanti l'altra ragazza da un momento all'altro, senza avere la più pallida idea di come comportarsi né cosa dirle. Il solo ricordo di quei momenti era sufficiente a mandare Antonella in uno stato di completa e totale agitazione, offuscando del tutto ogni sua capacità di ragionamento. Non avrebbe dovuto ricordarsi così bene la sensazione delle labbra di Giusy sulle sue, così morbide e dolci, né le mani di lei che la stringevano e la accarezzavano continuamente, accendendo di desiderio tutto il suo corpo.

Nonostante i numerosi dubbi che la tormentavano e che Antonella cercava in ogni modo di zittire, seppur con scarsi risultati, c'era una sola cosa di cui la ragazza era assolutamente certa: non aveva mai provato sensazioni così intense per qualcuno prima di allora, così disorientanti. Beh, ad essere più precisi, per nessuno dei suoi ex fidanzati. In passato infatti era stato tutto molto più semplice da gestire.

Matias era stato il primo: dolce, carino e facilmente manipolabile. Antonella però, col senno di poi, non poteva negare che di lui quasi sicuramente non era mai stata innamorata. Forse aveva semplicemente creduto che fosse normale cercare un fidanzato alla sua età e Matias tra tutti era la scelta migliore, la più logica. Poi c'era stata la parentesi con Bruno, altrettanto bello e malleabile in base ai suoi desideri, un breve flirt in cui Antonella si era perlopiù approfittata dell'interesse di lui, lusingata dalle sue attenzioni e il suo corteggiamento. Tempo un paio di uscite però quella breve storia era stata troncata da lei praticamente sul nascere con il pretesto di non avere il tempo da dedicare ad una relazione, troppo presa dalla scuola e la sua carriera.

Infine, l'ultimo ragazzo che aveva avuto era stato Nicolas, parecchio più grande e forse, tutto sommato, soltanto un enorme sbaglio. Antonella ricordava bene come all'inizio lui non ne volesse sapere di iniziare una storia con una ragazzina così tanto più giovane, ma lei col tempo era riuscita a conquistarlo, quasi fosse stata una sfida con sé stessa. La presenza delle ex di lui nella loro vita però, prima Emma e poi Milagros, aveva creato numerose insicurezze in Antonella e causato costanti litigi e discussioni, ragion per cui di momenti felici e sereni, di fatto, ne avevano vissuti molto pochi. Quando Antonella era venuta a sapere del tradimento di lui lo aveva lasciato senza esitazione, nonostante i numerosi (e disperati) tentativi del ragazzo di farsi perdonare. Alla fine Nicolas aveva deciso di trasferirsi in Spagna e ricongiungersi con la sua famiglia e Antonella da lì non ne aveva più saputo niente.

Dopo di lui, con il lancio del suo disco su cui lavorare non aveva più avuto nessun'altra relazione e tutto sommato era stata contenta così, la sua carriera doveva avere la priorità, specialmente agli inizi.

Riesaminando le sue storie passate con un occhio più maturo, Antonella non poteva evitare di notare che ogni ragazzo con cui era stata in un certo se lo era scelto, come se avesse selezionato consapevolmente la persona per cui provare sentimenti, Matias e Bruno per la stabilità e il supporto che potevano offrirle mentre Nicolas per il motivo opposto, ovvero il fatto che fosse più grande di lei, misterioso e dunque in un certo senso irraggiungibile.

Quei sentimenti per Giusy, al contrario, erano la cosa più distante in assoluto dal concetto di scelta. C'erano e basta, per qualche ragione senza senso. Anche il solo capire da dove si fossero originati di per sé era un bel mistero. Sì perché Giusy, almeno in teoria, era proprio l'ultima persona che avrebbe dovuto piacerle. Tanto per cominciare era una ragazzA, non un ragazzo. In secondo luogo, era l'esatto opposto di suo fratello Matias: testarda, irrequieta, schietta e diretta. Antonella aveva perso il conto da tempo di tutte le volte in cui si erano prese a parole o addirittura per i capelli, in cui avevano discusso e si erano urlate contro i peggiori insulti. E dire che Antonella si era sempre comportata bene con lei, in linea di massima, e più volte si era sforzata di essere gentile e tentare di instaurare un'amicizia, ma Giusy l'aveva sempre tenuta distante rifiutando ogni contatto e ogni tipo di avvicinamento, anche il più superficiale. Anzi, a dirla tutta quest'ultima non perdeva mai occasione di insultarla, di tirarle frecciatine e di rimarcare il fatto che la ritenesse una ragazza vuota e superficiale.

Con tutte le persone che c'erano al mondo, con tutti i ragazzi che avrebbero fatto la fila per avere la possibilità di uscire con lei, per quale assurdo motivo Antonella riusciva a pensare solo e soltanto a Giusy?! Perché non era mai stata in grado di desiderare nessun altro prima di allora, non nello stesso modo in cui voleva lei perlomeno? Se non fosse stato per l'interruzione del cameriere due settimane prima, Antonella non era nemmeno sicura che sarebbe stata in grado di staccarsi da lei volontariamente e fermarsi, soprattutto quando la voglia di averla vicino ed esprimere quei sentimenti era così forte.

Se solo Giusy poi fosse stata orribile e cattiva con lei anche durante le loro uscite, tutto sarebbe stato molto più semplice da dimenticare. E invece no, ovviamente no. L'esatto opposto in realtà, perché Giusy in entrambe le occasioni l'aveva ascoltata, l'aveva capita, l'aveva fatta ridere con le sue battute ma anche riflettere attraverso gli scambi di pensieri e opinioni che avevano avuto. E Antonella ne era terrorizzata. La sola idea di poter perdere il controllo su se stessa e su ciò che provava la mandava ai matti, e forse proprio da quello erano state dettate le sue scelte sentimentali passate – bene o male sapeva di poterle gestire, tutte quante. Quello che stava succedendo tra lei e Giusy, al contrario, era qualcosa di incontrollabile e addirittura inspiegabile. Succedeva e basta, che lei lo volesse o meno.

L'atteggiamento di Giusy in tutto ciò non aiutava affatto. Lei e Antonella avevano trascorso quelle due settimane ad evitarsi come la peste, ignorandosi reciprocamente in una maniera decisamente insolita per due persone come loro. Niente battibecchi, niente battutine, niente sarcasmo, niente di niente, il nulla più assoluto. Persino durante le prove era successo lo stesso: Antonella si era sentita più a disagio che mai a causa dei silenzi innaturali tra loro e le occhiate piene imbarazzo che le due si erano scambiate quando nella coreografia si erano ritrovate a dover ballare l'una vicina all'altra. E così erano trascorsi quei giorni pieni di dubbi, timori e silenzi, in cui Antonella non aveva la più pallida idea di come comportarsi né cosa pensare. Parlare con Giusy non era un'opzione, ovviamente. Ammettere che stesse ancora pensando a lei e ai loro baci dopo tutto quel tempo avrebbe significato esporsi decisamente troppo e farsi vedere vulnerabile, cosa che non poteva assolutamente permettersi. Il rischio di rimanerne ferita sarebbe stato troppo, troppo alto, visto e considerato poi che Giusy nemmeno si era degnata di cercarla o parlarle o darle una qualche dimostrazione di interessamento. No, di fare il primo passo proprio non se ne parlava, era troppo rischioso, e a giudicare dal comportamento di Giusy sembrava che la cosa fosse assolutamente reciproca.

Che poi, anche nella remota eventualità che fosse stata l'altra a cercarla per parlare di ciò che era successo, Antonella avrebbe davvero potuto dire di sentirsi pronta ad affrontarla, pronta a parlare onestamente e apertamente e cercare un confronto? La sola idea di doversi aprire ed esporsi così tanto le faceva venire il vomito e la nausea contemporaneamente, talmente tanto ne era terrorizzata e completamente impreparata. Non riusciva ad essere sincera neanche con sé stessa quando si parlava delle sue emozioni, figuriamoci con un'altra persona. Con Giusy poi, tra tutti! Sarebbe stato più semplice comprare un biglietto di sola andata per lo Yemen e restarci per il resto dei suoi giorni.

Le cose quindi avrebbero dovuto essere relativamente semplici, no? Se esprimere ciò che sentiva non era possibile, visto e considerato anche che Antonella non ne era nemmeno del tutto consapevole, le rimaneva soltanto ciò che già stava facendo, ovvero lasciarsi la cosa alle spalle e andare avanti fingendo indifferenza. Normalmente non avrebbe dovuto essere questo gran problema per lei, abituata da tempo a recitare una parte per sembrare forte e nascondere le sue ferite, tuttavia in quel periodo già difficoltoso di per sé la cosa si prospettava molto più difficile del solito, forse anche perché aveva molte meno cose attorno che la distraessero e la tenessero occupata. La maggior parte delle sue energie infatti era concentrata sul suo lavoro, la promozione del suo album e la scrittura e composizione del secondo, appena abbozzato. Tuttavia, tutte quelle cose là per lei erano soltanto una fonte di stress e angoscia, altro sentimento che era costretta a reprimere quotidianamente per non sembrare debole agli occhi degli altri.

Insomma, in tutta quella caotica paranoia esistenziale, Josefina era per lei una cosa bella, forse l'unica o comunque una delle poche. E se da un lato Antonella non voleva rinunciarci, dall'altro non aveva la più pallida idea di come poter gestire la situazione. Era bloccata, in parole povere; senza controllo. E lei odiava non avere il controllo.

Antonella non poteva certo immaginare che l'unica cosa in grado di assestare le cose tra loro, paradossalmente, era proprio un enorme scossone.


 

L'unica cosa bella delle domeniche mattina di pioggia era la facoltà di poltrire fino a mezzogiorno inoltrato al calduccio, con quel rilassante rumore di sottofondo che dava l'impressione di essere quasi dentro una bolla, lontani dal resto del mondo in un paradiso ovattato. Quella domenica mattina, tuttavia, la bolla di Antonella venne fatta scoppiare fin troppo presto e in maniera decisamente sgradevole, per non dire traumatica: sua madre fece irruzione nella sua stanza buttandola giù dal letto, col tono di voce di chi stava evacuando un edificio in fiamme.

“Antonella, pulcino mio, svegliati, c'è Ines nell'altra stanza che deve parlarti adesso, subito Antonella!”

La voce squillante di Bianca giunse alle orecchie della povera Antonella come fosse stata una sirena della polizia, un suono acuto e imprevisto che metteva in serio pericolo la sua già precaria e instabile pace mentale.

“Mamma?” bofonchiò la ragazza, strofinandosi gli occhi con riluttanza.

Mentre sentiva il suo corpo venire scosso ripetutamente dalla braccia della madre con ben poca delicatezza, Antonella posò lo sguardo sulla sveglia elettronica che teneva sul comodino e lesse l'ora: 8:33. I suoni delle parole che riusciva a captare attorno a sé in maniera vaga e indistinta si fusero tutti assieme in un marasma inconfondibile, mentre un singolo, solitario pensiero tacciato di pigrizia ben presto si formò nella mente della ragazza e con altrettanta rapidità fu subito espulso ed espresso ad alta voce, accompagnato da un cipiglio contrariato.

“Che cosa diamine vuole Ines a quest'ora?!”

“Non lo so, non lo so tesoro ha buttato giù dal letto anche me, così, senza preavviso,” protestò Bianca, con voce chiaramente spiazzata mentre sfilava via le coperte della figlia, mostrando dunque ben pochi riguardi nei confronti della sventurata Antonella, ancora stordita. “Però da come ne parlava sembrava un'emergenza, vieni giù coraggio,” la esortò infine la donna, prendendo l'altra per mano per trascinarla letteralmente giù dal letto e costringerla così ad alzarsi.

“Arrivo,” grugnì Antonella, arrendendosi al desiderio della madre mentre metteva un piede davanti all'altro e tentava di non cadere. Sapeva bene infatti che quando sua mamma si metteva in testa una cosa era impossibile dissuaderla, opporsi significava soltanto perdere tempo inutilmente.

In fondo da qualcuno doveva pur aver preso, no?

...

 

“Buongiorno Ines,” mormorò Antonella con un sospiro sommesso mentre entrava nella sua cucina in laminato.

La ragazza gettò una rapida occhiata alla preside, seduta al tavolo bianco e vestita di tutto punto, in un raffinato completo rosso. Antonella sapeva bene che Ines non usciva mai di casa senza essere elegante e anche solo per questo meritava il suo rispetto. Naturalmente, anche la mattina presto non faceva eccezione. Mentre sua madre le porgeva i suoi saluti attraverso le loro solite cerimonie finte e preimpostate e i classici complimenti stucchevoli che le due erano solite scambiarsi, Antonella si avvicinò ai fornelli e mise su un pentolino d'acqua, con l'intenzione di prepararsi una tazza di tè.

“Antonella, ciao tesoro, ti ho svegliata?” chiese Ines, con il tono di chi sapeva benissimo la risposta e domandava soltanto per cortesia. “Scusami tanto se mi sono presentata a casa vostra senza avvisare, ho provato a chiamarti al telefono ma non rispondevi.”

“Sì, di solito lo tengo spento la notte,” spiegò Antonella, in tono più secco di quanto non intendesse. Non volendo urtare eccessivamente la sensibilità della preside, la ragazza rimediò subito porgendole un finto sorriso benevolo, poi si affrettò a prendere posto al tavolo di fronte a lei, in attesa che l'acqua bollisse. “Allora, dimmi tutto che succede?” domandò con fare amicabile.

“Si tratta del laboratorio tesoro,” incominciò Ines, visibilmente preoccupata. “Mio figlio mi ha chiamato questa mattina presto per dirmi che Patty purtroppo non si sente bene, e adesso senza di lei siamo perduti, non sappiamo come fare.”

Il laboratorio? Le ci vollero un paio di istanti per capire di cosa si trattasse e fare mente locale, ma presto ricordò. Era una stupida giornata, un pomeriggio a dire la verità, che Patty e la sua famiglia si erano offerti di organizzare a casa loro con lo scopo di attirare nuovi iscritti per la scuola – le classi prime quell'anno erano più piccole del solito, forse anche in virtù della crescente disoccupazione nel paese e le prospettive lavorative a dir poco fumose che una formazione nel campo delle arti figurative avrebbe offerto. Antonella non sapeva bene che cosa avrebbero dovuto fare di preciso, ricordava giusto che le avevano chiesto di presentarsi là nel pomeriggio ad assistere al tutto e assicurarsi che nessuno dei bambini coinvolti si facesse male, tipo una sorta di vigilanza. A dire la verità, la sera prima aveva anche preso in considerazione l'idea di balzare in toto la cosa e dare buca all'ultimo per stare a casa a perfezionare una delle canzoni su cui stava lavorando per il nuovo album, concedendosi magari un po' di shopping prima di cena per rilassarsi. In fondo che cosa sarebbe cambiato? La sua presenza ormai contava ben poco, erano Patty e i suoi genitori a dettare legge e sembrava che a tutti stesse bene così.

“In che senso Patty non si sente bene? Che cos'ha?” domandò, aggrottando la fronte mentre faceva tamburellare le dita sul tavolo.

“Ma niente di grave le è solo salita la febbre, però lo sai com'è Carmen, basta un niente che quella donna grida subito alla tragedia!” le spiegò Ines, forse in maniera un po' enfatica, ma nondimeno centrando il punto. Che la madre di Patty fosse fin troppo protettiva nei confronti della figlia era una cosa risaputa, del resto. “Antonella per favore, siamo disperati, senza Patty il laboratorio dovrà saltare, capirai bene che starebbe male annullare le cose così, all'ultimo minuto...” proseguì la donna, gesticolando con le braccia in modo un po' goffo. “Che credibilità può avere agli occhi dei genitori una scuola così disorganizzata, che annulla un evento con così poco preavviso?”

Nessuna infatti, pensò tra sé e sé Antonella. Del resto sono cose che succedono quando una sola persona è responsabile di tirare avanti la baracca e gli altri sono tutti contenti di seguire i suoi ordini come dei fattorini, osservò cinicamente, tuttavia si trattenne dal dirlo. Non era quello ciò che Ines aveva bisogno di ascoltare in quel momento.

“Certo Ines, capisco ma, che cosa c'entro io in tutto questo?” domandò, inarcando un sopracciglio con scetticismo. La direzione che quella conversazione stava prendendo cominciava a piacerle molto poco, francamente.

“Antonella per favore sei la nostra unica salvezza, se non ci pensi tu a prendere in mano l'evento e organizzare qualcosa da far fare a questi ragazzi è la fine,” la implorò la preside. La donna la guardò negli occhi con espressione sconfortata, e probabilmente lesse in quelli di Antonella la sua grande perplessità nel ricevere quella proposta – per non dire disappunto – dal momento che aggiunse poco dopo, congiungendo le mani a mo' di preghiera: “Fallo per la scuola tesoro, ti prego!”

“Come sarebbe prendere in mano l'evento, dovrei praticamente fare tutto io?” protestò Antonella, visibilmente contrariata. Non aveva la minima idea di dove partire per intrattenere un branco di ragazzini delle medie stupidi, immaturi e con ogni probabilità ben poco civilizzati, ma in ogni caso, a prescindere da tutto ciò, lei aveva una dignità. Non avrebbe fatto il rimpiazzo di Patty nemmeno pagata, su quello c'era ben poco da discutere. Antonella Lamas Bernardi non era seconda a nessuno, per cui o tutto o niente. E visto che Ines non si era certo rivolta a lei come prima scelta per organizzare quella patetica messinscena extrascolastica al fine di accaparrare più iscritti e far sborsare più soldi a quelle quattro famiglie borghesi che ancora se lo potevano permettere, la sua risposta non poteva essere altro che una: NO. Mille volte no, ad essere più precisi, no, no e no.

“Ma sì dai che sarà mai, con un talento come il tuo qualsiasi cosa andrà bene, basta preparare un paio di coreografie, qualche canzone e il gioco è fatto!” minimizzò il tutto la preside, con un sorriso fintissimo sulle labbra che ebbe il solo effetto di irritare Antonella ancora di più.

“Ines cara, anche se volessi provare a mettere in piedi qualcosa in poche ore, cosa estremamente difficile con le poche risorse che abbiamo a disposizione, mi spieghi esattamente dove troviamo lo spazio per far ballare e cantare una ventina di ragazzini? Un conto è il villone di Leandro con il giardino e la piscina, però senza di lui siamo punto e a capo,” controbatté Antonella, non lasciandosi prendere dall'emotività ma anzi facendo leva sugli aspetti prettamente pragmatici e logistici della vicenda. Del resto non poteva certo dire a Ines, né a nessun altro a dirla tutta, come davvero si sentiva a riguardo.

“A questo ci ho già pensato io cara non ti devi preoccupare, Giusy si è offerta volontaria per allestire l'evento a casa sua, si sta già mettendo in contatto con i vostri compagni per avvisarli e radunarli tutti là, così vi potete organizzare tutti assieme sulle attività da proporre,” le comunicò Ines, lasciando Antonella letteralmente pietrificata. A casa di Giusy? Cioè oltre al danno pure la beffa, oltre a dover fare la sostituta del papero provinciale doveva pure recarsi a casa della ragazza che da due settimane evitava come la peste senza avere la più pallida idea di che cosa dirle? No, non si poteva proprio fare, era fuori da ogni grazia divina.

“A casa di Giusy? Cioè io dovrei andare a casa di Giusy e passare là la giornata?” chiese Antonella con tono stizzito, come se si fosse trattato di andare a fare i lavori in miniera. Beh, tutto sommato il livello di sofferenza che tutto ciò le avrebbe provocato era più o meno lo stesso – anzi, la miniera sembrava quasi uno spasso al confronto.

“Andiamo Antonella ci sei già stata tante volte, non vedo che problema c'è,” Ines minimizzò ancora una volta, irritando ancora di più la ragazza. Ovviamente lei non era in grado di capire il problema, Antonella si sarebbe stupita del contrario. Tuttavia, prima che potesse aprir bocca per replicare sua madre intervenne nella conversazione, lasciandola piacevolmente stupita.

“Eccome se c'è un problema Ines, mia figlia ha ragione!” esclamò Bianca con orgoglio, avvicinandosi al tavolo dove le due donne si stavano confrontando. “Lei è una professionista seria, non puoi pretendere che venga a lavorare di domenica buttandola giù dal letto di prima mattina, ma che modi sono?!” si lamentò, gesticolando con enfasi mentre dava voce alle sue lamentele.

“Grazie mamma,” rispose Antonella, rivolgendo al contempo alla donna un'occhiata riconoscente. Lei stessa non avrebbe saputo trovare parole migliori.

“Ma Bianca...” tentò di protestare la preside, ma la madre di Antonella la bloccò sul nascere.

“No, niente ma Ines, Antonella non si muove da qui fintanto che non le sarà garantito un adeguato compenso per i suoi sforzi e il suo enorme talento, su questo non transigo,” tenne il punto la don – aspetta, cosa? No, non era quello ciò che Antonella desiderava!

“Mamma!” esclamò ad alta voce la ragazza in segno di opposizione.

Le altre due neanche l'ascoltarono.

“Ah ma se è solo questo il problema potevi dirlo subito Bianca cara, certamente una cantante famosa e brava come la nostra Antonella verrà ricompensata a dovere per il servizio prestato alla scuola, questo lo davo già per scontato,” Ines accettò immediatamente, tirando fuori nuovamente il suo falso tono lusinghiero. Sua madre non era certo una cima, ma Antonella aveva ragione di credere che anche lei avesse capito che quella era una bugia bella e buona e che la vecchia aveva sperato fino all'ultimo di riuscire a coinvolgerla gratis, senza sborsare un centesimo. Purtroppo però non le era andata bene. “Del resto è pur sempre un'emergenza,” aggiunse in un sospiro, roteando gli occhi al cielo con lieve aria scocciata. Come volevasi dimostrare, pensò Antonella tra sé e sé.

“Perfetto Ines, proprio quello che volevo sentire,” decretò Bianca, ora rivolgendo alla donna un luminoso sorriso a trentadue denti. Sebbene ci siano cose che non si possono comprare, Antonella sapeva bene che la compiacenza di sua madre non era tra quelle, purtroppo. “Antonella, corri a prepararti! Al resto ci pensa la tua mamma,” le ordinò poi la donna, col tono di chi non ammetteva obiezioni.

“Ma io veramente...” Antonella tentò di ribattere, seppur fosse consapevole che il suo destino era ormai tragicamente segnato.

Se l'iniziale presa di posizione di sua madre era stata accompagnata da una spontanea reazione di sorpresa da parte di Antonella, la quale di certo non si aspettava che la donna avrebbe difeso il suo diritto di trascorrere in sacrosanta pace la domenica, suo unico giorno di riposo, il suo totale servilismo alla prospettiva di ricevere in cambio dei soldi – senza dover alzare un dito, per giunta – al contrario non la sorprendeva minimamente. Le spese che dovevano affrontare purtroppo erano tante, c'era l'università di Fabio, la retta della scuola di Antonella, un certo tenore di vita da mantenere, e sebbene le vendite del suo album stessero andando discretamente bene e per il momento potevano permettersi di stare tranquilli, il suo futuro non riservava certezze ma solo domande.

Per tutte queste ragioni, Antonella sapeva bene che ogni volta che si presentava un'occasione per racimolare un po' di denaro sua madre si guardava bene dal lasciarsela sfuggire, desiderosa di mettere da parte il più possibile per garantire a sé stessa e ai suoi figli un futuro sereno. Antonella sapeva dunque di non potersi rifiutare, ben consapevole di essere costretta per l'ennesima volta ad inghiottire il proprio orgoglio e la propria dignità per assecondare il volere della madre. Era una sua responsabilità dopotutto.

“Su Antonella corri, cosa fai ancora lì impalata, la colazione la farai in un altro momento,” la esortò Bianca, voltandosi a guardare il pentolino d'acqua che aveva finalmente incominciato a bollire, “tanto di mattina, di pomeriggio, di sera, che cosa vuoi che cambi alla fine?”

“Vado a prepararmi,” sbuffò Antonella, alzandosi dal suo posto con lo sguardo fisso a terra e un grandissimo malumore addosso. Né Ines né sua madre tuttavia sembrarono farci caso.

“Mi raccomando, telefonami per dirmi come vanno le cose,” fu l'ultima cosa che Antonella sentì, subito prima di lasciare la stanza.

Sai che cazzo me ne frega di come vanno le cose. Meno gente sceglie di andare alla tua scuola del cazzo piena di ipocrisie e meglio sarà per loro.

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Capitolo 4
*** III. Parte seconda: Grazie, sai. ***


La porta di casa Beltran si aprì lentamente. Dalle fessure che piano piano si ampliavano Antonella intravide fin da subito delle ciocche di lunghi capelli castani, cosa che le permise di tirare un momentaneo sospiro di sollievo. Il timore di ritrovarsi faccia a faccia con i ricci neri ribelli di qualche d'un altro l'aveva accompagnata per tutto il tragitto tra le due abitazioni, e per quanto sapesse che quell'eventualità sarebbe stata impossibile da evitare, almeno completamente, Antonella sperava almeno di rimandarla il più possibile.

“Ciao,” la salutò Tamara con un sorriso amichevole.

“Ciao,” rispose Antonella, mentre osservava con attenzione il corridoio alle spalle della sua interlocutrice. Di Giusy, tuttavia, pareva non esserci traccia. L'agitazione che sentiva in parte si placò, ma questo non pose certo fine al suo stato di vigile allerta. Anzi, a dire la verità l'idea che l'altra ragazza sarebbe potuta saltare fuori da un momento all'altro senza preavviso la innervosiva ancora di più. Che poi perché stava sprecando così tanto tempo ed energie a preoccuparsi di lei? Non era venuta lì per vederla né tantomeno per parlarle. Antonella era lì per lavorare, solo quello doveva interessarle.

“Vieni, entra,” la esortò Tamara, facendosi da parte per spingere l'altra ragazza a fare il suo ingresso.

Antonella allora ripose l'ombrello nel portaombrelli all'entrata ed entrò, poi si sfilò il cappotto che lasciò appeso all'attaccapanni in ingresso. Tamara richiuse dunque la porta dietro di lei, e in un momento, Antonella fu assalita da un'agitazione irrazionale. I rumori provenienti dall'interno della casa le sembrarono venirle tutti addosso, tutti assieme, le voci dei suoi compagni di classe fuse in un brusio fastidioso che la fece sentire di troppo, quasi inopportuna. Nonostante ciò, la ragazza si fece forza e percorse a testa alta il corridoio, accompagnata da Tamara.

Quest'ultima le spiegò mentre si dirigevano verso il salotto che stavano aspettando che arrivassero tutti prima di incominciare la riunione e che al momento stavano semplicemente facendo un po' di ordine. Sulle scale che conducevano al primo piano della villetta erano seduti Felipe e Alan, quest'ultimo con una chitarra in grembo che strimpellava qualche nota mentre l'amico accanto a lui teneva il ritmo battendo le mani sulle ginocchia. Dalla cucina sulla destra invece provenivano rumori di vario tipo misti a delle voci femminili: Tamara puntualizzò infatti che Giusy e le due sorelle gemelle Sol e Belen stavano facendo un resoconto del cibo che avevano a disposizione per farsi venire in mente qualcosa da preparare come rinfresco. Il padre di Giusy infatti aveva una politica molto severa sulle merendine e snack vari come popcorn e patatine, avendoli banditi in toto dalla casa in quanto poco salutari, per cui non c'era nulla di già pronto che potessero servire ai loro ospiti. Quando Antonella domandò dei genitori della ragazza e se fossero in casa, inoltre, Tamara aggiunse che la coppia aveva trascorso il weekend fuori porta e che sarebbero rincasati soltanto in serata, cose che tranquillizzò enormemente la cantante.

All'appello perciò mancavano soltanto il resto delle divine, Pia, Luciana e Caterina, che avevano garantito la loro disponibilità per la giornata. Tutti gli altri invece, chi per la pioggia, chi per altri motivi personali, avevano detto che non riuscivano a venire – non che Antonella li potesse biasimare; se non si fosse trovata letteralmente incastrata dalle circostanze, avrebbe dato buca anche lei senza pensarci due volte. Fortunatamente le sue amiche non si fecero attendere molto, tempo un paio di minuti e il campanello suonò di nuovo. Dalla cucina allora si sentì una voce familiare echeggiare per tutto il salotto:

“Tamara, vai tu?”

“Sì, vado io,” replicò l'altra, precipitandosi nuovamente verso la porta.

Antonella invece non si mosse. Un brivido freddo le corse lungo la schiena, assieme alla pungente consapevolezza dell'identità della persona che aveva appena parlato. Riprendendosi mentalmente per quella distrazione, la ragazza si sedette sul divano e cominciò ad osservare Alan e Felipe sulle scale che suonavano e scherzavano tra loro con serenità. Non aveva niente da temere, impose a sé stessa con calma ed obiettività. Eppure Antonella continuava a sentirsi estremamente fuori posto, per qualche ragione.

Le voci di Pia, Luciana e Caterina arrivarono alle sue orecchie in lontananza e d'istinto la tranquillizzarono. Le uniche persone che poteva considerare anche solo vagamente amiche là dentro del resto erano loro, o perlomeno sue alleate.

Poi, Tamara gridò poco dopo apposta per farsi sentire: “Giusy, sono arrivate le altre, ci siamo tutti adesso!”

Giusy.

Un altro brivido la percorse da parte a parte. Antonella cercò di fare il possibile per ignorare quella spiacevole sensazione, concentrandosi invece sulle sue amiche che proprio in quel momento fecero il loro ingresso nel salotto, accompagnate da Tamara. Rivolse loro un sorriso amichevole e le salutò calorosamente, invitandole a prendere posto sul divano accanto a sé. Luciana si sedette allora alla sua sinistra, Pia alla sua destra mentre Caterina e Tamara si accomodarono sulle sedie lì accanto. I ragazzi rimasero invece sulle scale. Andava tutto bene. Antonella non aveva alcuna ragione di preoccuparsi, tentò di dire a sé stessa più e più volte. Fino a quando...

“Perfetto, allora possiamo cominciare,” stabilì con decisione la voce squillante ed energetica di Giusy, la quale finalmente entrò nella stanza seguita dalle due gemelle.

Antonella la guardò in trepidante attesa, seppur restando in silenzio. Era curiosa infatti di vedere se Giusy l'avrebbe salutata, se in quell'ambiente più familiare e domestico rispetto alle mura scolastiche tanto formali la ragazza avrebbe finalmente fatto un passo verso di lei o se invece avrebbe continuato ad ignorarla, proprio come era successo nelle scorse due settimane. La sua risposta arrivò presto: Giusy non si degnò nemmeno di spostare lo sguardo nella sua direzione mentre entrava nella stanza, marciando a passi decisi verso il centro dove con sicurezza prese la scena. Beh, le sue intenzioni erano chiare.

“Bene ragazzi, facciamo il punto della situazione,” esordì la ragazza. “Ines mi ha detto che i ragazzi che verranno dovrebbero essere una quindicina, saranno qui nel pomeriggio per le tre,” spiegò Giusy mentre gesticolava. “Il tutto dovrebbe durare circa un paio d'ore, per cui se tutto va bene per le cinque, cinque e mezza saremo tutti liberi. Allora, qualcuno di voi ha delle domande o qualcosa da proporre?” chiese, continuando ad evitare Antonella con lo sguardo e ignorarla completamente. La verità era che non lo sapeva nemmeno la stessa Antonella cosa si aspettasse di preciso, che cosa cercasse da lei in quel momento, tuttavia quella palese indifferenza la turbava parecchio.

“Io ho portato la mia chitarra,” si fece avanti Alan dopo un breve silenzio, “potremmo cantare qualcosa tutti assieme mentre vi accompagno, magari una canzone che conosciamo tutti.”

“Sì, ottima idea Alan, mi sembra perfetto,” Giusy annuì con un sorriso soddisfatto, guardando nella sua direzione.

Sul serio? Cantare tutti assieme accompagnati dalla chitarra le sembra perfetto? E da quando stiamo organizzando il campo estivo della parrocchia?

“Potremmo anche spostare il tavolino del salotto e insegnare alle ragazze qualcuna delle nostre coreografie, magari partendo dai movimenti più semplici,” propose poi Sol, in piedi accanto a Giusy.

“I-io potrei aiutarvi in cucina s-se per voi va bene, non s-sono molto bravo c-con queste cose, però penso che fare m-merenda sia una buona idea, no?” aggiunse Felipe, seguito immediatamente da un coro di approvazione.

Certo, se l'obiettivo è intrattenere dei bambini di terza elementare tutte queste idee vanno benissimo. Si può sapere perché Giusy mi ignora e non mi chiede manco cosa ne penso? Voglio dire, lo sa che in queste cose qua dentro sono quella che ha più esperienza, eppure è come se nemmeno ci fossi. E va bene, se vuole continuare a ignorarmi mi toccherà farmi sentire, non ho scelta.

“Smettiamola con le scemenze e cominciamo a parlare seriamente per favore,” Antonella finalmente intervenne. Con uno scatto si alzò dal divano per raggiungere Giusy al centro della sala, la quale la osservò con palese disappunto. Le due gemelle nel frattempo si fecero da parte spostandosi ai lati del salotto, come intimidite dalla sua presenza. “Santo cielo, siete proprio perduti senza la vostra capitana che vi dice cosa fare e vi tiene la manina, non è vero?” ironizzò poi con acidità. Quando non si è abituati a pensare con la propria testa e prendere decisioni poi i risultati si vedono, pensò tra sé e sé.

“Che cosa vuoi adesso Antonella?” sbuffò Giusy per tutta risposta, incrociando le braccia al petto nel fronteggiarla. “Se sei venuta qui per prenderci in giro te ne puoi anche andare, grazie,” aggiunse bruscamente mentre indicava la porta.

“Al contrario, mia cara, sono qui per salvare questa situazione disperata, per vostra fortuna,” replicò Antonella, rispondendole a tono mentre inclinava la testa leggermente a sinistra. “Il rinfresco è l'unica cosa che va bene, il resto è da buttare.”

“E tu chi saresti per deciderlo, di grazia?”

“L'unica persona dotata di un briciolo di buonsenso, ecco chi sono,” Antonella ribadì con decisione, mentre Giusy di fronte a lei sbuffava e alzava gli occhi al cielo. “Il karaoke con la chitarra è completamente inutile, non stiamo cercando di convincere queste persone a iscriversi agli scout, cerchiamo di conservare un minimo di serietà per favore,” sentenziò con sarcasmo, passeggiando per la stanza per far sbollire la tensione accumulata. “Mentre per quanto riguarda la coreografia, a occhio e croce qua dentro soltanto due persone riuscirebbero a ballare comodamente, quattro stando stretti. E gli altri nel frattempo che fanno? Prendono i popcorn e guardano?”

“E se facessimo coreografie improvvisate?” intervenne Tamara, con il solito tono mite e paziente che la contraddistingueva. “Ad esempio mettiamo un po' di musica, ci sediamo in cerchio e a turno ogni persona va nel mezzo e balla come gli viene?”

“Ah certo, ottima idea, se l'obiettivo è quello di mettere a disagio e in imbarazzo i poveri cristi che si presenteranno,” ironizzò Antonella, sempre più spazientita. Sapeva che Tamara non meritava quella rispostaccia, che tutti loro là dentro stavano solo cercando di farsi venire in mente qualcosa, tuttavia Antonella si sentiva arrabbiata e nervosa ed estremamente frustrata e quelle idee così inadatte non facevano altro che irritarla ancora di più, portandola dunque a prendersela con persone che invece non c'entravano niente per sfogare con aggressività ciò che aveva dentro. “Sul serio pensate che improvvisare dei passi di danza sia tanto semplice? Davanti a ragazzi più grandi che vi fissano e che voi manco conoscete, oltretutto? Non parteciperebbe nessuno,” spiegò con uno sbuffo stizzito.

“Visto che sei tanto brava a screditare le idee degli altri perché non proponi tu qualcosa?” la incitò a quel punto Giusy con intento di sfida. “Coraggio, siamo tutt'orecchi.”

“Finalmente ti sei decisa a chiedermelo Giusy!” esclamò Antonella, ostentando un entusiasmo simulato per ridicolizzarla. “Quello che secondo me dobbiamo fare è molto semplice. Accogliamo questi ragazzi, li facciamo sedere sul divano, rifiliamo la solita tiritera sul prestigio della nostra scuola e l'importanza della musica, l'amicizia e la solidarietà tra compagni, e poi...” lasciò la frase in sospeso per qualche secondo, guardandosi attorno alla ricerca di spunti. Beh, viste le limitate possibilità offerte dall'ambiente c'era solo una cosa che rimaneva da fare, o perlomeno l'unica che non richiedesse sforzi e creatività. Avvicinandosi allo schermo spento della televisione, Antonella lo indicò e proseguì con convinzione: “Li mettiamo seduti comodi comodi e per due ore o quel che è si guardano i filmati delle nostre vecchie gare di musical, così si rendono conto di quel che veramente si impara a fare nella nostra scuola. Dobbiamo dar loro una motivazione per iscriversi, no? Direi che questo è più che sufficiente,” concluse, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

Era un'idea terribile e lei lo sapeva, oltretutto improvvisata in meno di mezzo secondo giusto per non fare una figuraccia davanti a tutti, per cui non si sorprese minimamente quando le espressioni scettiche dei suoi compagni di classe non fecero altro che confermarglielo. Tuttavia, vista la pioggia che non permetteva di uscire e la sua scarsa motivazione in luce del suo ruolo di semplice sostituta, per altro forzata dalla madre e completamente ignorata dall'unica persona che... beh, lasciamo stare questa parentesi per ora, stava di fatto che a lei di impegnarsi e fare sforzi per quella grandissima cazzata in cui si era ritrovata coinvolta suo malgrado proprio non andava. La reputavano un'artista di serie B? Benissimo, e allora lei avrebbe dato a tutti quanti un'artista di serie B. Difficilmente qualcuno là dentro sarebbe stato in grado di fare di meglio, comunque.

“Parli sul serio? Suonare la chitarra e cantare tutti assieme sarebbe noioso e poi proponi di mettere dei ragazzini seduti sul divano per due ore a guardare uno schermo?!” controbatté Giusy, probabilmente dando voce a ciò che anche tutti gli altri in fondo stavano pensando. “Ma lo accendi il cervello prima di parlare, Antonella?”

“Sì cara, parlo sul serio,” ribatté Antonella, pur consapevole di non avere ragione. Fece un passo in avanti e si avvicinò all'altra ragazza, la quale rimase immobile senza indietreggiare. “Non siamo qui per mettere in piedi un centro ricreativo, è la scuola quello che dobbiamo promuovere, chi viene qui oggi vuole sapere che cosa si fa durante le lezioni e noi glielo faremo vedere, mi sembra un concetto semplice no?” chiese, con un chiaro intento provocatorio. Chissà, forse in fondo in fondo una parte di sé stava montando tutto quel teatrino anche solo per provocare Giusy e riuscire ad ottenere una qualche reazione da parte sua, un qualcosa di qualche tipo.

“Non puoi prendere tu questa decisione a nome di tutti Antonella, ti sei almeno chiesta se gli altri sono d'accordo con te?” le fece presente la mora, voltandosi per osservare le ragazze sedute sul divano e poi gli altri nella stanza. Antonella si chiese tra sé e sé se fosse un caso che stesse di nuovo evitando il suo sguardo, proprio quando lei le stava venendo più vicina.

“Ah adesso dovrei anche preoccuparmi se gli altri sono d'accordo con me?!” sbottò Antonella. “Vediamo un po', fammi pensare un attimo Giusy, c'è qualcuno qua dentro che ha la minima idea di come si prepari una coreografia? Come immaginavo, nessuno, e c'è per caso qualcuno qua dentro che sa, che so, cantare a livello professionistico, che per caso ha inciso un disco o un album? No, nessuno, solo io. E sapete come mai? Beh, ve lo spiego io, la ragione è molto semplice: Patty è quella che canta tutte le canzoni, la mamma di Patty è quella che prepara tutte le coreografie e il papà di Patty è quello che compone la musica e scrive i testi!,” rinfacciò a tutti a gran voce. Si rese conto solo in quel momento di star urlando, ma la cosa non le importava. “La verità è che a tutti voi qua dentro va benissimo lasciare fare tutto a Patty e i suoi genitori, mi pare che nessuno si sia mai lamentato finora, no?”

“Beh, questo è vero, però...” mormorò Giusy, presa in contropiede da quelle osservazioni tanto taglienti quanto veritiere.

“No, però niente Giusy,” la interruppe bruscamente l'altra. “Non venire a farmi i tuoi soliti discorsi moralisti e ipocriti sull'amicizia e la collaborazione perché qua dentro nessuno di voi contribuisce ai numeri che prepariamo, se ne occupa solo Patty,” ribadì con rabbia Antonella. Non era nemmeno particolarmente infastidita dalla cosa a dire la verità perché sapeva bene che lei per prima era stata molto assente dal corso di musical l'anno precedente per concentrarsi sulla sua carriera, non era certo Patty il problema. Ciononostante, avere qualcuno con cui prendersela la faceva sentire meglio in un certo senso. Beh, non proprio a dire la verità, ma perlomeno le permetteva di scaricare addosso a un colpevole fittizio tutte le sue frustrazioni, senza doversi guardare dentro. “Però se decide tutto lei a voi sta bene perché è buona e gentile,” proseguì imperterrita, “e se le date contro si mette a piangere, mentre se le cose le dico io allora no, non sia mai, Antonella è quella brutta e cattiva che non vi ascolta solo perché faccio notare che le vostre idee sono campate in aria, quando con lei non vi azzardereste a dire né a né ba. Le mie osservazioni potranno non piacervi ma le cose stanno così, non è praticabile organizzare delle attività di musical in questo spazio ristretto, poi se proprio ci tenete a mettervi in ridicolo da soli fate pure, non mi importa.”

Lo sfogo di Antonella fu seguito da attimi di silenzio, in cui nessuno dei presenti osò aprire bocca né controbattere. Consapevole di esserci andata giù pesante, la ragazza si guardò attorno sentendosi leggermente in colpa. Certo non aveva detto nulla di falso in fondo, ma sapeva di aver sbagliato i toni e che in ogni caso tentare di colpevolizzare gli altri per una dinamica che non dipendeva poi da nessuno di loro non era giusto, né li avrebbe aiutati a trovare una soluzione al loro problema.

La cosa trovò infatti riscontro nella reazione degli altri ragazzi: Antonella si accorse subito che avevano tutti distolto lo sguardo da lei con aria mortificata, chi fissando il pavimento, chi il soffitto, chi le proprie gambe o la persona accanto a sé – sembrava quasi di star guardando una classe al momento dell'interrogazione. Indecisa se aggiungere altro per ammorbidire un po' l'atmosfera, Giusy la tolse dall'impiccio prendendo di nuovo la parola, in maniera inaspettata.

“Sai che ti dico Antonella? Va bene, hai ragione tu, facciamo come vuoi, mettiamo pure i filmati delle vecchie competizioni e lasciamoli andare ininterrottamente per due ore,” le concesse la ragazza, ormai rassegnata. Giusy tirò poi un lungo sospiro e guardò l'altra negli occhi per una manciata di secondi. Era chiaro che si era stufata di litigare. “Se poi questa cosa si rivela un fiasco non venire a piangere da me,” concluse in tono secco. Subito dopo si voltò ed uscì. In pochi secondi entrò nella cucina e si richiuse la porta alle spalle sbattendola, il tutto accompagnato da un sonoro tonfo che fece sussultare Antonella e il resto dei presenti.

“Beh, un pochino teatrale questa uscita di scena,” commentò quest'ultima, nel silenzio generale che seguì lo scambio appena concluso.

Nessuno tuttavia sembrò apprezzarne l'ironia né aggiunse altro. Solo Tamara parlò, mentre si alzava dalla sedia sulla quale era seduta per dirigersi a sua volta verso la porta chiusa della cucina.

“Vado a parlarci io,” si congedò frettolosamente, subito prima di sparire dalla vista dei suoi compagni.

Beh, che dire? Se non altro Antonella aveva ottenuto quello che voleva, peggio di così le cose non potevano andare. Avrebbe dovuto esserne contenta in fondo.

E allora perché invece si sentiva uno schifo?



 

Il resto della mattinata di Antonella poteva essere racchiuso in due semplici parole: imbarazzo e disagio. Lei e Giusy non solo non si erano più parlate, ma si erano anche ben guardate dal condividere lo stesso spazio. La mora infatti non era più uscita dalla cucina, dove con Tamara avevano iniziato a lavorare ad una piccola locandina per sponsorizzare l'evento, da appendere alla porta di casa Beltran. I ragazzi che si sarebbero presentati nonostante la pioggia, in quel modo, avrebbero riconosciuto il posto senza sbagliarsi. Naturalmente era stata Antonella ad istruirle sul da farsi – beh, ad istruire Tamara perlomeno, l'unica ragazza tra loro in grado di disegnare decentemente, che poi aveva coinvolto Giusy siccome da sola non ce l'avrebbe fatta a finire in tempo. Del rinfresco invece se ne sarebbero occupate Sol e Belen, chiaramente le più indicate vista la loro vicinanza con Santiago, con Pia e Felipe ad assisterle – sempre seguendo le disposizioni di Antonella. Alan era stato incaricato di fare ricerche in rete per scaricare i filmati delle competizioni degli anni precedenti e metterle su un CD, mentre Antonella, Luciana e Caterina erano rimaste in salotto assieme a lui, preparando delle decorazioni per dare alla stanza una parvenza di allestimento – niente di estremamente elaborato a dire la verità, un semplice striscione colorato con il nome della scuola e un altro con su scritto “Benvenuti”, praticamente il minimo indispensabile.

Alan aveva per fortuna messo un po' di musica in sottofondo per dissipare la tensione, mentre Antonella e le ragazze avevano chiacchierato del più e del meno, perlopiù commentando il pessimo tempo e i colori da utilizzare nello striscione, così che fossero abbinati tra di loro. A dire la verità, Antonella per la maggior parte del tempo era stata zitta, troppo presa dai suoi pensieri e dai suoi turbamenti per mantenere il suo solito atteggiamento vivace e solare. Si era limitata a parlare soltanto quando era strettamente necessario, rispondendo alla richiesta di istruzioni o conferme delle sue compagne. Aveva anche supervisionato il lavoro di Alan approvando i filmati da lui selezionati e spiegandogli in che ordine montarli, successivamente confermò la locandina che Tamara le portò da visionare, dicendo che avrebbe potuto procedere a colorarla e appenderla.

Soltanto la parte del rinfresco ebbe qualche intoppo: l'idea iniziale di Sol e Belen era stata quella di preparare un paio di cheesecake alle fragole da mettere in frigo, vista e considerata la semplicità della ricetta e i tempi rapidi di preparazione. Purtroppo però il formaggio spalmabile che avevano a disposizione non bastava neanche per realizzarne una, figuriamoci due, di conseguenza le ragazze si presentarono da Antonella chiedendo istruzioni sul da farsi. Il supermercato aperto più vicino distava circa un'ora a piedi da là, a causa del fatto che era domenica e i minimarket più piccoli che si trovavano nei dintorni di quel quartiere residenziale erano tutti chiusi. Oltretutto, nessuno aveva una gran voglia di uscire ed affrontare la pioggia solo per una misera confezione di formaggio spalmabile, ma l'alternativa sarebbe stata servire ai ragazzi per merenda una ciotola di biscotti secchi sciolti e qualche caramella alla frutta – tanto valeva a quel punto presentarsi a mani vuote per salvare un briciolo di dignità. Ecco che dunque spettava ad Antonella prendere la decisione sul da farsi, vista la sua posizione di responsabilità.

Ciò che Antonella scelse di fare fu invece uno stratagemma per tentare di aggirare il problema, la cosa più pratica dal suo punto di vista: invece che andare a comprare una nuova confezione di formaggio, bastava semplicemente diluire quello che avevano con un po' d'acqua così da poter averne di più a disposizione. Sol e Belen inizialmente si opposero e tentarono di dissuaderla, spiegando la consistenza dello strato con cui farcire la torta non poteva certo essere liquida, ma Antonella le mise a tacere, ribattendo che nessuno si sarebbe accorto della differenza e che l'importante era soltanto dare qualcosa di commestibile da mangiare, il resto erano solo dettagli.

Mezz'ora dopo, le due gemelle tornarono da lei con aria quasi compiaciuta. Spiegarono ad Antonella e il resto delle ragazze lì presenti che le torte che avevano preparato si erano completamente sfaldate, mostrando il penoso risultato per dar prova della cosa. Oltretutto, per cucinarle avevano anche finito i biscotti che c'erano nella dispensa, di conseguenza ora si ritrovavano ad avere in mano letteralmente un bel niente – a meno di non voler servire pane e burro, commentò Belen con una punta di sarcasmo.

Antonella però non si lasciò abbattere. Minimizzò il problema dicendo che non era successo nulla di grave, poi ordinò loro di telefonare alla pasticceria aperta più vicina e chiamare per ordinare due torte a domicilio, da consegnare attorno alle tre. Naturalmente avrebbe provveduto lei alla spesa, in quanto responsabile: disse loro di pagare l'ordine in anticipo attraverso un bonifico e di venire poi a dirle quanto c'era da spendere, così che avrebbe immediatamente restituito i soldi spesi dandoli a loro in contanti. Non voleva infatti rischiare che l'opzione del pagamento alla consegna generasse malumori o proteste, soprattutto data la pioggia e quella che immaginava sarebbe stata la reticenza dei fattorini.

E così, la mattinata di preparativi si concluse attorno a mezzogiorno. Pia le confermò che la pasticceria aveva accettato l'ordine e che le torte sarebbero arrivate per le tre, come da programma; gli striscioni di benvenuto furono appesi alle pareti del salotto, la locandina venne affissa alla porta di casa e per finire il DVD con le esibizioni da mostrare, della durata di circa un'ora e mezza per lasciare spazio alla merenda e ad eventuali domande, era bello che pronto.

Cosa poteva andare storto? Ogni cosa era al suo posto, perfettamente sotto controllo. Lei e Giusy continuavano ad ignorarsi, per cui il rischio che succedessero altre litigate o discussioni era pari a zero. A posto così, no?

Antonella ancora non sapeva che invece certe volte le cose funzionano proprio perché si perde il controllo. L'amore era tra queste.

 

La pioggia si era fatta più leggera durante la pausa pranzo, fino ad arrivare a fermarsi del tutto per circa un'oretta. Poi però era ricominciata, poco prima che Antonella uscisse di casa, molto più fitta e intensa di prima. Nonostante la ragazza avesse indossato un cappotto pesante e avesse preso con sé l'ombrello per ripararsi, fare ritorno a casa di Giusy si rivelò più complicato del previsto, anche a causa del forte vento e delle correnti d'acqua che si erano formate lungo la strada. Quando finalmente arrivò davanti alla porta di casa della sua compagna di scuola Antonella era scocciata e infreddolita, senza contare le tensioni che la tormentavano già dalla mattina. Richiuso l'ombrello, si asciugò frettolosamente le scarpe sullo zerbino e suonò il campanello con un sospiro irritato, sperando che qualcuno venisse ad aprirle il più presto possibile – non vedeva l'ora di sfilarsi di dosso l'impermeabile fradicio e godere del calore del riscaldamento.

Quando la porta di casa si aprì, Antonella si ritrovò faccia a faccia con Josefina Beltran. Colta di sorpresa, la ragazza deglutì e poi accennò un sorriso, alzando il braccio sinistro in aria per rivolgerle un saluto un po' goffo e imbarazzato, mentre con la mano destra teneva l'ombrello zuppo d'acqua.

“Ciao,” la salutò Antonella, facendo del suo meglio per apparire amichevole.

“Ah, sei tu, credevo fossi Tamara,” fu la calorosa accoglienza di Giusy, la quale con un'espressione impassibile e indecifrabile fece un passo dietro per permettere ad Antonella di entrare e successivamente indicò il portaombrelli, come ad ordinarle implicitamente di lasciare lì il suo ombrello, cosa che Antonella naturalmente fece.

Una volta entrata, si richiuse la porta di casa alle spalle e fece per sfilarsi il cappotto, lasciandolo appeso ad uno degli appendini dell'ingresso. Con la coda dell'occhio scorse Giusy iniziare ad allontanarsi verso il corridoio, e allora di istinto, consapevole che probabilmente non avrebbero avuto molte altre occasioni per poter parlare faccia a faccia, solo loro due senza nessuna interruzione, Antonella si affrettò a fermarla.

“Giusy!” la chiamò, riuscendo nel far voltare la ragazza verso di lei. Antonella si avvicinò allora di qualche passo per colmare la distanza, ma si rese presto conto di non avere la benché minima idea di cosa dire. O meglio, a grandi linee in parte lo sapeva, ma trovare la maniera giusta di esprimerlo era molto più complicato. “Ecco, io...” biascicò per prendere tempo, mordendosi il labbro mentre evitava lo sguardo dell'altra ragazza. La sua mente sembrò offuscarsi e di punto in bianco fu come se non riuscisse a farsi venire in mente nessuna parola di senso compiuto, come se il suo cervello si fosse completamente bloccato.

“Lascia stare Antonella,” replicò Giusy dopo alcuni istanti di silenzio, alzando gli occhi al cielo.

Tuttavia, Antonella tentò di trattenerla un'altra volta. Di istinto allungò il braccio in avanti e prese Giusy per il polso, così da richiamare la sua attenzione in maniera immediata. In fondo sapeva di poter fare di meglio e impegnarsi un po' di più

“Aspetta!” sospirò, riuscendo a far sì che l'altra ragazza si girasse per ascoltarla un'altra volta. Consapevole che se fosse di nuovo rimasta zitta Giusy le avrebbe probabilmente consigliato di rivolgersi a un buon logopedista per farsi aiutare, Antonella si fece finalmente coraggio e parlò: “Senti io so di essere molto diversa da Patty e che non sempre è facile lavorare con me,” buttò fuori tutto d'un fiato.

“Ma dai, non me n'ero accorta,” replicò Giusy con sarcasmo.

“Quello che voglio dire è che...” proseguì Antonella, senza lasciarsi scoraggiare nel suo intento. Senza rendersene conto cominciò a giocare con le dita delle sue mani, intrecciandole tra loro fino a quasi farsi male.

Che sono un'idiota, che ho sbagliato a prendermela con tutti voi prima.

Che sono arrabbiata, sono molto arrabbiata ma non con te, tu non c'entri niente. Sono arrabbiata con me stessa perché ho dentro tutti questi sentimenti che non so come gestire, non so come esprimere, e non riesco a fare niente come una cretina.

Che ho bisogno di parlarti e ho paura, ma allo stesso tempo avrei davvero tanta voglia di stare di nuovo da sola con te, anche solo per un momento.

“Che non sono venuta qui per litigare,” disse invece Antonella, “sto solo cercando di portare a termine le cose nel modo migliore per tutti. Non è un periodo facile per me, lo sai,” aggiunse poi, abbassando leggermente la voce. Nel frattempo fece un piccolo passo in avanti verso Giusy, per venirle più vicina e farsi sentire meglio.

“Sei libera di fare come credi per quanto mi riguarda, non mi devi nessuna spiegazione,” replicò l'altra con freddezza. “Ora scusami ma vado a sistemare il salotto, i ragazzi saranno qui tra poco.”

Giusy allora si voltò e sparì nel corridoio. Antonella invece rimase lì per qualche istante in più, ferma immobile a fissare il punto dove l'altra ragazza si trovava fino a poco prima. Amareggiata, si morse il labbro e sospirò, scuotendo la testa. Avrebbe voluto dirle di più, avrebbe voluto fare di più. E invece, come sempre, non ne era stata capace. Praticamente un vero disastro.

Dieci minuti dopo, i partecipanti all'evento cominciarono a presentarsi. Prima fu la volta di una coppia di ragazzine, entrambe fradice per via della pioggia e un po' intimorite. Subito dopo di loro giunse un trio di ragazzi e dopo ancora altre tre ragazze, leggermente in ritardo rispetto all'orario prestabilito. Dopo di loro si attesero altri dieci minuti, ma nessun altro arrivò – era chiaro che il resto degli iscritti non si sarebbe presentato. Antonella fece uno sbuffo irritato mentre contava silenziosamente il numero delle persone: tre erano stati fatti sedere sul divano e gli altri cinque sulle sedie lì attorno, per un totale di otto. Praticamente era giusto la metà della gente che sarebbe dovuta venire, e tutti loro avevano sprecato la loro domenica soltanto per intrattenere meno di una decina di ragazzi – ad averlo saputo prima, Antonella li avrebbe mandati tutti al diavolo senza esitazioni. Ormai però era lì e quegli otto ragazzi si erano presentati, sua madre si era già messa d'accordo con Ines per giunta per cui era decisamente troppo tardi per tirarsi indietro. Tanto valeva far partire quello stupido video e aspettare che il tempo scorresse, no? Se non altro c'era pur sempre la torta.

E così, una volta stabilito che nessun altro sarebbe venuto e che il laboratorio poteva avere inizio, Antonella prese la scena, portandosi al centro della stanza per parlare al suo pubblico limitato. Alan e Caterina erano seduti uno accanto all'altra sulle due sedie libere rimaste vuote, spostate leggermente di lato; Giusy e Tamara erano sedute sulle scale che portavano al piano di sopra invece, sul primo gradino, mentre le due gemelle Sol e Belen in quello subito dietro, il secondo; nel terzo invece c'era Luciana. Soltanto Pia e Felipe non erano presenti, Antonella non ricordava con precisione dove fossero ma molto probabilmente dovevano trovarsi nella cucina, a tagliare e impiattare le torte – anche se certo era strano che non avesse sentito il corriere suonare il campanello e consegnarle. Magari nella confusione generale le era semplicemente sfuggito, con tutta la gente che era in casa del resto. Per cui, senza interiori indugi, il pomeriggio iniziò.

Dopo un primo, breve discorso introduttivo sull'eccellente formazione impartita dalla loro scuola, la professionalità degli insegnanti e la qualità impeccabile dei servizi che gli studenti ricevevano – tutte cazzate – Antonella spiegò che a causa del maltempo e la mancanza di spazi adeguati condurre un'esercitazione pratica di canto coreografato in quelle condizioni sarebbe stato impossibile, ragion per cui lei e i suoi colleghi avevano scelto di mostrare al gruppo i filmati delle loro vecchie competizioni, così da dare un assaggio concreto di quello che veniva realmente insegnato.

Al che, tutti i ragazzini presenti rimasero a fissarla con sguardo impassibile, senza dire una parola. Beh, non si prospettava certo un gran pomeriggio, pensò Antonella tra sé e sé, lievemente a disagio. Del resto c'era da aspettarsi una reazione del genere. Era sul punto di prendere il disco contente il CD e infilarlo dentro al lettore, quando sentì una voce familiare provenire dagli scalini parlare in tono amichevole, persino accattivante.

“Ah e non vi abbiamo detto che tra una mezz'oretta faremo una pausa e ci sarà una bella torta per tutti, non vi diciamo ancora quale perché è una sorpresa, così possiamo commentare tutti insieme le esibizioni e ci dite cosa vi piace, cosa non vi piace, e rispondiamo a tutte le vostre domande.”

Non appena ebbe inserito il disco, Antonella si voltò verso Giusy e un brusio di commenti soddisfatti si levò in sottofondo. Per un secondo gli occhi scuri della ragazza si posarono su di lei, e Antonella le rivolse un sorriso riconoscente. Chiaramente aveva fatto un lavoro migliore del suo a suscitare l'interesse dei ragazzi, e adesso sembravano tutti un pochino più contenti di guardare il filmato. Osservando il viso dell'altra ragazza, Antonella si accorse che Giusy stava ricambiando il sorriso, seppur in modo discreto e appena percettibile.

Tuttavia, all'improvviso fu costretta a distogliere lo sguardo quando il commento ad alta voce di Caterina giunse alle sue orecchie: “Che succede, come mai non parte?”

Voltandosi di scatto verso il televisore, Antonella lesse con orrore la dicitura in alto a destra: “Nessun disco inserito”.

“Deve esserci un errore,” disse spaventata, avvicinandosi al lettore DVD per estrarre il disco e poi reinserirlo, certa che questa volta avrebbe funzionato.

E invece, dopo una decina di secondi apparve di nuovo la stessa dicitura in blu in alto a destra sullo schermo: “Nessun disco inserito”.

“Alan, che succede?” chiese nervosamente Antonella, fulminando con lo sguardo il ragazzo seduto accanto a Caterina. Era stato lui a preparare il CD dopotutto, e lo avevano anche visionato insieme sul computer per essere sicuri che i filmati si vedessero bene. Certo non avevano pensato di testarlo anche sulla televisione, ma in fondo perché avrebbero dovuto esserci differenze? Adesso invece una marea di dubbi stava assalendo Antonella, la quale stupidamente non aveva preparato nessun piano B.

“Non ne ho idea, prima non c'era nessun problema,” si giustificò il ragazzo, altrettanto impreparato.

“Magari se lo tiriamo fuori e lo puliamo poi va, a volte è solo un po' di polvere il problema,” suggerì Luciana.

“Hai ragione, sarà sicuramente così, per forza,” ribadì Antonella, in parte per autoconvincersene mentre tentava di mantenere la calma.

La ragazza estrasse dunque il disco dal lettore DVD e lo passò a Caterina, che si alzò dal suo posto e si allontanò dalla sala, probabilmente per andare a prendere un panno con cui pulire. Antonella si ritrovò dunque ancora una volta faccia a faccia con le espressioni alquanto perplesse degli otto ragazzini venuti là, senza sapere cosa fare. Quello doveva essere senz'altro il karma che le stava presentando il conto per il suo comportamento da stronza di quella mattina, non c'era altra spiegazione. Ma perché Ines non aveva assunto una maestra laureata in pedagogia lasciandola libera di poltrire fino a mezzogiorno in santa pace, così erano tutti più contenti?!

“Bene, allora adesso sistemiamo il disco e vedrete che poi filerà tutto liscio,” disse Antonella, congiungendo le mani nervosamente. “Qualcuno ha sete? Qua abbiamo delle bottiglie se qualcuno vuole un po' d'acqua,” improvvisò poi, indicando le bottiglie di plastica sul tavolino bianco spostato verso la parete e i numerosi bicchieri di carta lì accanto.

“O ancora meglio,” intervenne Giusy, alzandosi per raggiungere Antonella al centro della sala e mettersi di fianco a lei, “se volete possiamo approfittare di questa pausa per mangiare adesso la torta, così ci raccontate un po' di voi, come vi chiamate, che scuola fate, che materie vi piacciono, perché vi appassionano il canto e la danza,” li invitò, con un sorriso rassicurante stampato sulle labbra. “Che dite, avete fame?”

Antonella la guardò in silenzio mentre l'assenso generale dei ragazzi si faceva sentire ancora una volta a gran voce, e pensò a quanto fosse meravigliosamente bella la sua sensibilità, che traspariva anche attraverso piccole cose come quella. Giusy aveva una cosa, a lei sembrava che venisse naturale parlare con quei ragazzi, trovare le strategie giuste per catturare il loro interesse e farli sentire coinvolti e partecipi, anche in un pomeriggio noioso come quello, come se ognuno di loro seduto là fosse stato una parte importante del gruppo che meritava di essere ascoltata. Antonella invece non aveva mai avuto nessuno che la trattasse così quando era più piccola, nemmeno la sua stessa madre. E forse in realtà non lo aveva neanche adesso.

“Pia, Felipe, c'è un piccolo cambio di programma, potete portare adesso la torta!” chiamò Antonella a gran voce, con la speranza di farsi sentire fin dalla cucina.

“Veramente Anto ci sarebbe un problema,” esordì timidamente Pia, uscendo a testa bassa dalla cucina con l'aria di chi non aveva nulla di buono da dire.

Perfetto, pensò tra sé e sé Antonella, proprio quando sembrava che le cose stessero incominciando a girare per il verso giusto naturalmente doveva capitare qualcos'altro.

“Scusate un attimo, vado a vedere,” disse, girandosi verso Giusy in attesa di una sua conferma.

“Tranquilla, ci penso io,” replicò l'altra con un cenno del capo.

Antonella abbozzò un sorriso, poi si incamminò a grandi passi verso la cucina, dove fece cenno a Pia di seguirla. Quando la ragazza richiuse la porta fece un bel respiro profondo e tentò di non perdere la calma, ripetendo a sé stessa che era tutto sotto controllo. Tutto sotto controllo.

“Per favore ditemi che il problema è che una fetta di torta è uscita più grande delle altre quando le avete tagliate perché non so più cosa inventarmi,” sospirò, guardando con circospezione sia Pia sia Felipe, seduto ad una delle sedie del tavolo con la schiena piegata in avanti. La sua espressione preoccupata non prometteva nulla di buono.

“Veramente il fatto è che, beh, in parole povere, non c'è nessuna torta,” la informò Pia, con il tono di voce di chi avrebbe voluto sotterrarsi.

Antonella fulminò con lo sguardo prima lei e poi il ragazzo, a malapena capacitandosi di ciò che aveva appena sentito.

“Come sarebbe che non c'è nessuna torta?!” chiese, alzando la voce per la rabbia senza rendersene conto. “Siete due incapaci, una cosa dovevate fare, una, chiamare una pasticceria e ordinare due cheesecake per questo pomeriggio, era tanto difficile?!” inveì, sbattendo con vigore la mano sul tavolo per scaricare la sua frustrazione. Con la coda dell'occhio vide Felipe trasalire e fare un salto all'indietro, spaventato da quell'impeto improvviso.

“Anto non ti arrabbiare, noi abbiamo fatto quello che ci avevi detto, però...” tentò di calmarla Pia, seppur con scarsi risultati.

“Però cosa Pia?!” replicò Antonella, facendo un passo avanti verso l'amica per guardarla negli occhi. “Non mi interessano le giustificazioni, richiamate il locale e trovate il modo di farci portare qualcosa al più presto, anche due pasticcini vanno bene a questo punto,” ordinò in tono perentorio, sperando che i tempi di consegna fossero relativamente rapidi. Quella giornata pareva procedere di male in peggio, ma per quanto una consegna tardiva sarebbe comunque stata fallimentare, era pur sempre un'opzione migliore rispetto a presentarsi senza cibo.

“V-veramente è q-q-quello che stiamo pr-provando a fare, p-però non si ca-capisce niente...” intervenne Felipe, chiaramente intimorito.

“Ossia?” lo incalzò Antonella, inarcando un sopracciglio.

“Li abbiamo appena chiamati ma dicono che la torta risulta già consegnata,” spiegò dunque Pia, “però a noi non è arrivato niente per cui non è possibile, deve esserci stato un errore.”

“Certo che c'è stato un errore idiota, dammi qua, li richiamo io,” imprecò Antonella, strappandole con uno scatto il telefono dalle mani.

Scorrendo il registro delle chiamate, selezionò rapidamente l'ultimo numero nella lista e fece partire la telefonata, mentre sospirava con impazienza. Avrebbe dovuto sapere oramai che se voleva che una cosa fosse fatta bene doveva pensarci da sola, delegare gli altri il più delle volte risultava solo ed esclusivamente in un eclatante fallimento, proprio come in quel caso.

Mentre il telefono squillava Antonella cominciò a passeggiare nervosamente verso l'altro lato della stanza. Solo allora si accorse della presenza di Caterina, in piedi vicino al lavello mentre strofinava il DVD di prima con un panno dello scottex. Antonella guardò l'oggetto che teneva tra le mani per un paio di istanti e le rivolse un mezzo sorriso, sperando che almeno lei riuscisse a combinare qualcosa di buono. Poi, finalmente, dall'altro capo risposero al telefono.

Il gestore della pasticceria le spiegò allora, molto cordialmente, che per quel pomeriggio avevano una sola consegna prevista per le tre, in via san Daniel. Il fattorino era persino partito con un po' di preavviso per via della pioggia, e l'ordine ormai risultava consegnato, oltre che già pagato in anticipo. Fu allora che Antonella capì cos'era realmente successo: la consegna era avvenuta, sì, ma all'indirizzo sbagliato, in quanto la casa dove abitava Giusy si trovava in via san Miguel, non san Daniel. Quell'idiota di Felipe con la sua balbuzia doveva aver dettato male l'indirizzo e ora dei completi estranei si stavano gustando le loro torte a gratis, alla faccia loro! Tutto ciò era inammissibile, anzi, non solo inammissibile ma anche completamente indecente!

Quando riattaccò il telefono porgendolo nuovamente a Pia, Antonella era furente.

“Mi sembra OVVIO che la torta non venga consegnata se si fornisce alla pasticceria l'indirizzo sbagliato, razza di cretini!” Antonella imprecò una seconda volta, urlando ancora più forte di prima.

“C-che vuoi dire?” domandò Felipe, in confusione.

“Voglio dire che questa è via san Miguel, non via san Daniel!” spiegò Antonella, continuando a gridare. Poche cose infatti la irritavano quanto l'inefficienza e la mancanza di attenzione. “Hanno portato le nostre torte da un'altra parte, ecco cos'è successo!”

“M-m-ma io n-n-non...” tentò di dire il ragazzo, quasi spaventato.

“Devono aver capito male Anto,” intervenne Pia in suo soccorso, “io ero con lui quando abbiamo dato l'indirizzo, ci deve essere stata un'interferenza.”

“Non mi interessa cos'è successo, quel che adesso mi interessa è recuperare quelle torte,” stabilì Antonella, facendo un altro respiro profondo per cercare di calmarsi. Era inutile piangere sul latte versato, del resto. “Il fattorino ormai le ha già consegnate ma se siamo fortunati riusciamo a riprendercele, per cui adesso voi due uscite, trovate quella benedetta via san Daniel e riportate qui la nostra merenda, forza!” ordinò, indicando la porta con fare minaccioso.

“Ma sta diluviando, la pioggia fuori è fortissima, ci prenderemo un accidente...” tentò di obiettare Pia, e in parte aveva anche ragione. Ad Antonella però gliene importava ben poco.

“Lo sai Pia, è proprio per questo che hanno inventato gli ombrelli,” ribatté con sagacia. “Riparatevi bene, mettetevi una sciarpa attorno al collo o che so io e uscite, io quelle torte le ho pagate e ora le pretendo. Badate bene di non ritornare a mani vuote, siamo intesi?” gli istruì, sbattendo un'altra volta la mano sul tavolo con violenza.

I due ragazzi fecero un altro salto all'indietro.

“Intensi, certo Antonella.”

“I-i-intensi.”

“Bene,” replicò lei in tono secco, rivolgendo loro un cenno del capo per congedarli.

“Anto io ho dato una pulita al DVD, magari adesso se lo mettiamo funziona,” intervenne poi Caterina. Finalmente qualcuno, per la prima volta nel corso di quella catastrofica giornata, si era deciso a darle una buona notizia, oltre che un barlume di speranza.

“Speriamo Caterina,” sospirò lei con rammarico.

Dopo aver ricordato a Pia e Felipe di andarsi a preparare, Caterina e Antonella fecero finalmente ritorno in salotto, dove Giusy era impegnata a chiacchierare con i ragazzi, seduta per terra. Vedendo le sue compagne di scuola di ritorno si rialzò subito in piedi, mentre Antonella fece cenno a Caterina di andare a mettere il disco dentro il lettore e provare a farlo partire. La ragazza naturalmente obbedì senza fiatare, annunciando al resto del gruppo che finalmente erano pronti per il filmato, mentre nel frattempo Giusy si ritirò verso un angolo della stanza in direzione di Antonella, la quale subito la seguì in disparte per parlarle. A giudicare dall'espressione interrogativa dipinta sul volto della ragazza, infatti, era piuttosto ovvio immaginare che Giusy stesse cercando una spiegazione per quanto era appena accaduto.

“Che succede, dove stanno andando Pia e Felipe con questo tempo?” domandò Giusy con perplessità, voltandosi per guardare i due ragazzi che si preparavano per affrontare il mal tempo. “Fuori sta diluviando!” fece notare alzando un sopracciglio.

“Ecco, il fattorino della pasticceria ha capito male l'indirizzo e adesso le nostre belle torte si trovano in via san Daniel invece che in via san Miguel,” spiegò Antonella, in un misto tra sdegno e rassegnazione. “Però non c'è da preoccuparsi perché Pia e Felipe si sono offerti volontari per andare a recuperarle, bisogna solo aspettare un pochino.”

“Ah si sono offerti, eh?” ripeté Giusy con ironia.

“Però la buona notizia è che Caterina ha dato una pulita al disco,” continuò Antonella, cercando di cambiare argomento, “per cui adesso dovrebbe essere tutto a posto, no?”

“Anto sei sicura che riusciranno a trovare le torte e riportarcele?” obiettò Giusy, evidentemente ancora poco convinta di quella risoluzione. “Possiamo sempre chiedere alle ragazze di fare un ordine a domicilio da qualche altra parte mentre prendiamo tempo con il video, o al limite la merenda salta e pace, non è la fine del mondo,” cercò di rassicurarla, approcciando la questione con un atteggiamento molto più tranquillo e rilassato e non come se il destino dell'universo dipendesse solo e solamente dalla consegna di due cheesecake. Il che portò Antonella a riflettere.

Fino a trenta secondi prima infatti quest'ultima non aveva avuto il minimo dubbio riguardo alla correttezza della sua decisione, eppure le era bastato soltanto scambiare due parole con Giusy per rimettere le cose in prospettiva. Beh, forse, pensandoci un po' meglio, poteva essere che avesse avuto una reazione un tantino esagerata con Pia e Felipe poco prima. In fondo un'incomprensione poteva capitare a tutti, no? Fare un altro ordine non avrebbe comportato chissà che sforzo. Pur realizzando ciò, Antonella per una questione di coerenza rimase ferma sulla sua posizione – anche perché ammettere di aver sbagliato per l'ennesima volta l'avrebbe soltanto fatta sentire come una vera e propria idiota, oltre che un'incapace.

“No Giusy, è una questione di principio!” esclamò dunque, cercando di mantenere il punto con orgoglio. “Che hai da ridere?” chiese poi aggrottando la fronte. Si accorse infatti che Giusy aveva incominciato inspiegabilmente a ridacchiare – e con una risata spontanea e sincera, che la ragazza aveva anche tentato di coprire portandosi la mano destra vicino alla bocca, non un riso diffamatorio e volutamente beffardo. Fu proprio quello che lasciò Antonella alquanto spiazzata. Cosa poteva mai trovare di tanto divertente in quella situazione al limite del tragico?

“No no, niente, hai ragione, su cose serie come i diritti umani e le torte non si discute,” spiegò Giusy mentre gesticolava, tentando di ricomporsi, “se poi Pia e Felipe si prendono una bella bronchite sarà per una giusta causa no? In fondo c'è chi si immola per la patria e chi per le cheesecake, tutto sommato mi sembra un sacrificio più che nobile,” scherzò, nonostante fosse riuscita a pronunciare il tutto mantenendo un tono e un'espressione estremamente seria. E forse fu proprio quello che fece capire ad Antonella il ridicolo di quella situazione.

Ripensò alla sclerata furibonda che aveva appena fatto, alla faccia terrorizzata del povero Felipe, a Pia che avrebbe voluto andare a sotterrarsi e a quei due poveretti costretti a combattere contro il freddo e le intemperie del diluvio, cercando una via che probabilmente non avevano nemmeno mai sentito nominare. E tutto per cosa? Per un paio di cheesecake. Manco fosse stata chissà che torta gourmet poi, era un dolce che poteva facilmente essere preparato andando a comprare quei quattro ingredienti che servivano in un discount pieno di sottomarche e realizzato in una mezz'oretta scarsa. Guardando le cose da quel punto di vista, Antonella non poté far altro che mettersi a ridere insieme a Giusy, scuotendo la testa con disappunto – come aveva fatto anche solo a pensare di poter essere presa sul serio? Cavolo, se era così che di solito trattava le sue amiche non appena succedeva qualcosa, non c'era poi da stupirsi che le altre la tenessero a distanza.

“D'accordo, hai vinto tu, non voglio avere quei due poveretti sulla coscienza,” si arrese Antonella con un sospiro divertito, guardando Giusy sorridere a sua volta di fronte a sé, “che già penso di averli traumatizzati abbastanza. Adesso vado a fermarli e casomai se più tardi il tempo migliora ordiniamo dei pasticcini da qualche altra parte,” stabilì, e così dicendo fece per andare a bloccare i suoi due compagni. Tuttavia, aveva appena fatto due passi in avanti quando un pensiero all'improvviso la bloccò.

Antonella si rese infatti conto di quanto il suo umore e il suo stato d'animo si fossero completamente trasformati grazie a Giusy, di tutto l'aiuto che lei le stava dando e le aveva dato in quella situazione di difficoltà. Fino a due minuti prima si stava facendo il sangue amaro dopo aver inveito contro due poveri ragazzi, adesso invece addirittura rideva con il sorriso sulle labbra. Fu quella consapevolezza che la spinse a fare un passo indietro. C'era ancora una cosa infatti che doveva dire a Giusy prima di allontanarsi, qualcosa di molto importante. Trovandosi dunque in piedi di fianco a lei, spalla contro spalla ma girate verso due fronti opposti, Antonella con la mano che riusciva a sfiorarla afferrò il braccio di lei per attirare la sua attenzione, all'altezza del gomito. Poi si sporse verso il suo orecchio e sussurrò due semplici parole:

“Grazie, sai.”

“E per cosa?”

Antonella notò subito che Giusy non si era sottratta al suo tocco e questo lo recepì come un buon segnale, soprattutto sapendo bene che quest'ultima non si sarebbe fatta problemi a scacciare via chiunque non le andasse a genio. “Per aver intrattenuto dei ragazzini per qualche minuto mentre tu di là tiravi giù tutto il calendario?” scherzò poi, portando l'altra a sorridere.

“Per avermi fatta ridere. Non mi succedeva da un po'.”

Quando Antonella indietreggiò ancora di qualche centimetro le due si ritrovarono faccia a faccia, e bastò uno sguardo silenzioso affinché si comunicassero tutto quello che non erano ancora pronte a dirsi a parole. Poi, con un cenno del capo, Antonella lasciò andare la presa sul braccio di Giusy e si allontanò, camminando rapidamente verso l'ingresso per fermare Pia e Felipe, appena in tempo.

I due ragazzi, neanche a dirlo, furono entusiasti di scoprire quel cambio di programma. Ancor prima di levarsi di dosso i giubbotto ringraziarono subito Antonella, con due sorrisi riconoscenti e gli occhi che brillavano di gioia. La ragazza li ascoltò in silenzio e nel mentre prese consapevolezza di una strana sensazione, un qualcosa che non le era per nulla familiare. Per la prima volta nel corso di quella assurda giornata, Antonella si sentì soddisfatta di se stessa, consapevole di aver fatto la scelta giusta. E tutto perché Josefina Beltran l'aveva fatta ridere. Cosa le stava succedendo? Essere così stucchevole non era da lei, non era affatto da lei. Eppure, mentre osservava Pia e Felipe che si toglievano i giubbotti tutti felici e mettevano via gli ombrelli, affrettandosi a ritornare nel salotto con tutti gli altri, lei sentì come una sensazione di calore avvolgerla alla base dello stomaco e poi salire su e propagarsi fino al suo petto. Non aveva idea di cosa fosse con precisione, però sapeva che era un qualcosa di bello; forse anche più di quanto non si sarebbe aspettata.

Con quella consapevolezza, anche la ragazza fece ritorno nel salotto per vedere come stessero procedendo le cose. Fortunatamente, il problema di prima sembrava essersi risolto: il DVD era finalmente partito e l'inizio della gara musicale stava venendo mostrato sullo schermo della televisione. Per creare l'atmosfera le tapparelle delle finestre erano state tirate giù in modo tale che la stanza fosse quasi completamente al buio, fatta naturalmente eccezione per la luce della TV che richiamava a sé tutta l'attenzione. Praticamente avevano tentato di ricreare l'effetto di una sala cinema, ma con uno schermo molto più piccolo.

Guardandosi attorno nella semi oscurità, gli occhi di Antonella d'istinto si misero a cercare Giusy. Non fu difficile trovarla: la ragazza si trovava nello stesso identico punto in cui lei l'aveva lasciata, in piedi vicino alla parete e leggermente in disparte rispetto al resto del gruppo. Non appena il suo sguardo si posò su di lei Antonella si accorse che anche la mora la stava osservando da lontano, quasi come se fosse rimasta ad aspettare il suo ritorno. Sentì allora il suo cuore cominciare a battere più forte, come presa dal nervosismo e una crescente agitazione, tuttavia la sensazione di calore di prima le diede coraggio e la spinse a non avere paura. Antonella fece allora un bel respiro profondo e attraversò la stanza in silenzio, sforzandosi di non fare più rumore del necessario, fino a raggiungere Giusy e fermarsi per rimanere in piedi accanto a lei. Le due si scambiarono un'altra occhiata silenziosa e un sorriso abbozzato, poi tornarono a fissare lo schermo della televisione, proprio come stavano facendo tutti gli altri.

Pochi istanti dopo, Antonella fece un piccolo passo indietro e appoggiò la schiena contro la parete, per stare più comoda. Giusy la seguì a ruota e si mise accanto a lei, e allora le loro spalle arrivarono a sfiorarsi, proprio come i loro fianchi e le loro gambe. Antonella sentì il proprio corpo tremare da parte a parte, attraversato da un brivido. Che cosa stava le stava succedendo? Per quale motivo riusciva sempre a mantenere il controllo e la calma quando si trovava circondata da ragazzi mentre affianco a Giusy ora le sembrava di impazzire, talmente tanto era nervosa? Non era abituata a tutto questo, a sentirsi così. E se una parte di sé gridava al pericolo e le diceva di scappare, un'altra invece non voleva muoversi di un centimetro. Anzi, abbassando lo sguardo, Antonella si accorse inoltre che la mano sinistra di Giusy si trovava estremamente vicina alla sua. Soltanto un paio di centimetri e i loro mignoli si sarebbero sfiorati.

Il cuore incominciò a batterle all'impazzata quando se ne rese conto. Era buio, nessuno le stava guardando, Antonella lo sapeva. Se ci fosse stata la luce, non si sarebbe mai avvicinata così tanto a lei. Però la luce non c'era, nessuno le avrebbe viste, erano tutti impegnati a guardare la televisione, fin troppo distratti per fare caso a loro. Soltanto pochi centimetri, e anche le loro mani si sarebbero trovate nell'oscurità, all'insaputa di tutti. Antonella era come immobile, paralizzata dalla paura, mentre continuava fissare quei pochi centimetri grandi come una voragine. Alla fine, decise di saltare. Tornando a guardare lo schermo della TV per fingere indifferenza, allungò con esitazione il mignolo e sfiorò così quello di Giusy, senza ritrarlo. Il suo stomaco era come in visibilio, preso da una miriade di sensazioni diverse e nuove che la facevano sentire debole e stupida e vulnerabile, come un'idiota. Aveva paura, e quasi per la paura avrebbe voluto scappare via e correre o farsi inghiottire dalla terra, ma poi arrivò la risposta di Giusy e tutto cambiò. Nemmeno un secondo dopo, Antonella sentì il mignolo di lei strofinarsi a sua volta contro il suo, e tutto attorno a sé sembrò come fermarsi. Si accarezzarono a vicenda per qualche istante, in uno pseudo ballo di incertezze, il suo sguardo sempre rigorosamente incollato al televisore, fino a quando Antonella, acquisito un po' di coraggio, si decise finalmente ad intrecciare i loro mignoli insieme. Il cuore le stava per esplodere.

Poi, prima ancora di avere il tempo di poter riflettere su quanto stava succedendo, qualcosa di completamente inaspettato colse lei e il resto della stanza completamente di sorpresa. In un attimo, lo schermo del televisore si spense di colpo, lasciando il salotto completamente immerso nel buio.

“Che succede?” una voce familiare si levò dal gruppo, probabilmente quella di Tamara, seguita poi da brusii e lamentele di vario genere.

Tuttavia, fu solo quando l'interruttore della luce venne premuto varie volte senza risultati che i ragazzi capirono di essere rimasti senza corrente.

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Capitolo 5
*** III. Parte terza: Quasi come danzare. ***


“Ragazzi siamo senza luce,” la voce di Alan si levò dalla confusione generale. Antonella la riconobbe subito.

“Come senza luce?!” ripeté Caterina, andandogli dietro con apprensione.

Da lì in poi, il resto si fece troppo sfocato e confuso perché lei potesse capirlo. Un insieme di voci si sovrappose l'una all'altra indistintamente, in modo brusco e quasi violento. Nel buio, ogni punto di riferimento era scomparso. Senza la vista per potersi orientare, solo l'udito le rimaneva per cercare di capire come muoversi. Tuttavia, in quelle condizioni anche i suoni erano diventati completamente inutili. Ciascuna parola, voce o frase veniva immediatamente soffocata nel mare di rumori indefiniti che li circondava, rendendosi così completamente indistinguibile da tutte le altre. Sentendosi intrappolata in quella situazione, senza il minimo controllo su se stessa e sugli altri, Antonella per qualche istante si ritrovò come paralizzata, lasciandosi prendere dall'angoscia e simultaneamente prevaricata dal senso di impotenza. Poi, qualcosa la ridestò dal torpore. Bastò soltanto un tocco.

Accanto a lei, Giusy approfittò della loro già estrema vicinanza per prendere la mano di Antonella e intrecciare le loro dita assieme, in un gesto di rassicurazione e supporto. Antonella ricambiò in un istante, aggrappandosi al contatto fisico con Giusy mentre stringeva la sua mano come fosse stato un faro nell'oscurità, l'unica cosa in grado di guidarla e darle un po' di sicurezza. D'improvviso si sentì un po' meno persa, così come si sentì un po' meno sola.

“Ragazzi per favore, stiamo calmi! Calmi!” gridò poi Giusy, alzando la voce per farsi sentire sopra la marea di reclami e lamentele che aveva ormai invaso la stanza.

Per tutta risposta, i ragazzi venuti lì come ospiti iniziarono a dire che a quel punto rimanere là era inutile, senza corrente c'era ben poco da fare, tanto valeva che ognuno se ne tornasse a casa propria. E in effetti, tutti i torti non li avevano. Anzi, forse dopotutto il blackout aveva fatto loro un favore. Che senso aveva continuare con quella farsa? Era soltanto una grande perdita di tempo, e Antonella lo sapeva. Aveva lasciato che l'impulsività prendesse il sopravvento su di lei, e adesso naturalmente ne pagava le conseguenze.

“Che disastro,” mormorò, in preda allo sconforto.

Una sola persona riuscì a sentirla nel caos generale. Soltanto in seguito avrebbe realizzato che era stata proprio la persona giusta.

“Non ti preoccupare, adesso ci penso io”, le sussurrò Giusy all'orecchio, cogliendola di sorpresa.

Non aveva la più pallida idea di quanto fossero vicine con precisione, né di cosa gli altri attorno a loro stessero facendo. Si rese conto solamente del pollice di Giusy che strofinava il dorso della sua mano con delicatezza.

“Un attimo di attenzione per favore! Restate tutti fermi dove siete!” gridò poi Giusy a voce ancora più alta, riuscendo a prevalere su tutti gli altri rumori. La ragazza incominciò poi a muoversi camminando all'interno della stanza, e Antonella la seguì quasi in automatico, senza porsi domande. Per qualche ragione sentiva di potersi fidare e non mise in dubbio nemmeno per un secondo la buona fede di Giusy. “La corrente non è saltata, questo è tutto calcolato, io e Antonella lo avevamo previsto fin dall'inizio!” annunciò quest'ultima mentre camminava, riuscendo così ad ottenere l'attenzione di tutti i presenti, ora improvvisamente zittiti. “Non è vero Antonella?”

“Sì, sì, certo è come dice Giusy,” Antonella replicò prontamente, non esitando un secondo a confermare quella versione dei fatti. “Non vi preoccupate questo è tutto calcolato, non ve lo abbiamo detto perché volevamo ottenere l'effetto sorpresa e sembra che ci siamo riuscite, no?” improvvisò, cercando di suonare convinta e sicura di sé come suo solito. Doveva ammettere che era una mossa furba, fingere che fosse tutta una loro idea per destare curiosità e dare l'impressione di avere la situazione sotto controllo. Ora bisognava soltanto vedere come Giusy avrebbe giustificato la scelta di far sparire la luce all'improvviso, cosa tutt'altro che semplice.

“Proprio così, adesso ascoltateci per favore,” proseguì la mora. La stanza d'un tratto si era fatta molto più silenziosa.

Giusy e Antonella nel frattempo smisero di camminare, fermandosi in un punto indefinito del salotto. Antonella stava ancora tenendo stretta la mano di Giusy, la quale a giudicare dai movimenti del suo braccio sembrò chinarsi per qualche istante, per poi tornare a stare in piedi normalmente. Forse le era caduto qualcosa?

“Che cosa dobbiamo fare senza luce allora?” domandò intanto una voce sconosciuta, una voce femminile e piuttosto acuta, la quale Antonella attribuì ad una delle ragazze venute lì per il laboratorio.

“Adesso ve lo diciamo, per prima cosa però sediamoci tutti per terra, in cerchio, uno vicino all'altro senza lasciare spazi,” istruì Giusy, e subito Antonella la sentì abbassarsi gradualmente, il braccio di lei che a sua volta la tirò verso il basso.

Seppur titubante la lasciò fare e si sedette per terra anche lei, alla destra di Giusy. La sua gamba sinistra si ritrovò a contatto con quella destra dell'altra ragazza, tuttavia nessuna delle due si mosse, anzi. Se non fosse stato completamente assurdo, poteva quasi sembrare che si stessero abituando a quella crescente dose di contatto fisico tra loro, o addirittura che lo ricercassero di proposito, che lo desiderassero. Completamente assurdo, per l'appunto!

“Anche noi Giusy?” domandò un'altra voce femminile ben più familiare, quella di Tamara.

“Sì, tutti quanti, venite tutti qua forza,” li esortò l'altra, continuando a tenere Antonella per mano. Quest'ultima ricambiò allora il gesto che Giusy aveva fatto poco prima e per qualche istante le accarezzò con il pollice e l'indice il dorso della mano, desiderando toccarla ancor di più di quanto non stesse già facendo. Magari era il buio a farla sentire più disinibita e protetta, magari era l'instabilità dell'intera situazione che fomentava il suo bisogno di essere rassicurata, o magari, semplicemente, la consapevolezza che nessuno poteva vederla nell'oscurità le dava finalmente la libertà di poter agire come meglio credeva ed esprimersi senza paura dei giudizi.

“Sai quello che stai facendo, vero?” sussurrò poi a Giusy, inclinando la testa verso di lei, a sinistra, senza sapere esattamente quanto le fosse vicina. Fu solo quando il suo mento sfiorò la spalla di lei che Antonella se ne rese conto. Nonostante questo, non si tirò indietro.

“Fidati di me.”

Antonella avvertì poi il rumore di qualcosa che veniva delicatamente appoggiato a terra, e poco dopo la sensazione di tre dita che le sfiorarono delicatamente il viso; prima il naso, in maniera quasi impacciata, poi scesero giù sulle sue labbra e infine arrivarono alla sua guancia, contro la quale si strofinarono per diversi secondi. Tutto il suo corpo tremò mentre sospirava. Soltanto quando Giusy ebbe ritratto la sua mano le riuscì di parlare.

“D'accordo, mi fido,” esalò Antonella, con gli occhi chiusi. Poi allontanò il suo viso e tornò a guardare dritto davanti a sé.

“Allora, ci siamo?” domandò la mora, e nel ricevere vari mormorii di assenso e conferme la ragazza proseguì. “Bene, adesso faremo un esercizio tutti insieme. Scommetto che vi starete chiedendo cosa ci facciamo seduti per terra al buio, vero? Ecco, questo spetta a voi scoprirlo, o meglio, cosa facciamo lo scoprirete tra poco, il perché ve lo stiamo facendo fare però dovete capirlo da soli, ma sono sicura che ci arriverete,” asserì in modo enigmatico, riuscendo a stuzzicare la curiosità anche della stessa Antonella, la quale non sapeva se stesse improvvisando o se invece le fosse effettivamente venuto in mente qualcosa di preciso. “Ora non perdiamo altro tempo e cominciamo. Per prima cosa distribuite questa pila di bicchieri, prendetene uno e poi passate gli altri alla persona che avete alla vostra destra,” ordinò Giusy con decisione.

Nemmeno un istante dopo, Antonella sentì il rumore di qualcosa che veniva trascinato per terra e poi sfiorò la sua gamba. Allungando la mano che aveva libera per verificare se fossero effettivamente i bicchieri, si accorse subito del materiale plastico di cui erano composti e della loro forma a cilindro. Seguì allora le istruzioni di Giusy e sfilò con facilità il bicchiere che si trovava in cima alla pila, mettendolo tra le sue gambe leggermente divaricate, poi fece scivolare gli altri verso la persona sconosciuta che aveva alla sua destra, forse Caterina, a giudicare da quel poco che le era parso di sentire, fino a quando non sentì che toccarono il corpo della ragazza. “Uno solo eh, non barate,” aggiunse Giusy.

“Che cos'hai in mente?” sussurrò poi Antonella, sporgendosi ancora una volta verso sinistra verso di lei.

“Adesso vedrai. Che c'è, sei curiosa?”

Antonella sentì il respiro di lei solleticarle la punta del naso, segno che dovevano essere più vicine di quanto pensasse. Un altro brivido le corse lungo la schiena, mentre l'adrenalina prendeva il sopravvento su di lei e la spingeva a rischiare sempre di più, curiosa di testare i limiti di quella crescente vicinanza.

“Mmm sì, ammetto che lo sono,” le confessò, decisa a fare il suo gioco. Poi inclinò la testa verso il basso e senza pensarci appoggiò la guancia sinistra sulla spalla di Giusy, come se le fosse venuto naturale; forse fu il buio a darle la spinta necessaria per farlo. Lasciarsi andare in quelle condizioni le veniva estremamente più facile, perché era come se il resto non esistesse o non avesse poi questa grande importanza. Era tutto più semplice, nell'oscurità. Specialmente ascoltare sé stessa.

“Allora magari è la volta buona che riesco a stupirti, Antonella,” le sussurrò Giusy, senza spostarsi. Antonella chiuse gli occhi per qualche istante e si appoggiò a lei, in attesa che tutti i bicchieri di plastica fossero distribuiti. C'era un qualcosa in quella assurda situazione nella quale si erano ritrovate che quasi le dava un senso di tranquillità, di pace. O forse era soltanto l'effetto che Giusy aveva su di lei.

 

Se solo sapessi che invece da quando ci conosciamo non fai altro che sorprendermi.
 

“Perfetto, i bicchieri mi sono appena ritornati, ne avete tutti uno?” domandò Giusy dopo vari istanti, e un coro di sì e altre risposte affermative si levò dopo poco. “Siamo pronti allora!” esclamò dunque a gran voce. “Adesso prestate attenzione e ditemi se riconoscete questo ritmo,” ordinò. Un attimo dopo, un suono ritmato si diffuse nella stanza, come di un oggetto che stava sbattendo contro il pavimento più e più volte intonando una melodia che Antonella ben conosceva. Quella che Giusy stava in qualche modo riproducendo era proprio la canzone simbolo del suo gruppo, Las Divinas”, la cui esibizione stava venendo trasmessa in TV attraverso il filmato fino a poco prima. Proprio come Antonella, anche tutti gli altri la riconobbero fin dalle prime note: tempo pochi secondi e numerose voci all'unisono pronunciarono il titolo, senza esitazione.

“Esatto, è la canzone che stavamo ascoltando poco fa, Las Divinas!” confermò Giusy, quasi con orgoglio. “E scommetto che avete anche capito che cosa ho usato per fare il ritmo,” aggiunse, facendo subito dopo una breve pausa per permettere ai ragazzi di dare l'ovvia risposta – nient'altro che il bicchiere di plastica. Antonella non aveva ancora capito con precisione lo scopo di quell'esercizio, ma nella sua testa un'idea più o meno chiara stava incominciando a prendere forma. “Proprio così, mi è bastato qualcosa di semplice come un piccolo bicchiere di carta per intonare la canzone. Adesso visto che la conoscete tutti così bene facciamola insieme dall'inizio, cerchiamo di coordinarci e andare a tempo, nessuno escluso!”

Nel frattempo, all'insaputa di tutti gli altri, mentre succedeva tutto ciò la ragazza mora non si era mossa di un millimetro da lei, perciò Antonella decise di fare lo stesso e continuare a rimanere con la testa appoggiata alla sua spalla, inclinando leggermente il corpo verso sinistra per stare più comoda e distendersi. Afferrò poi saldamente il suo bicchiere con la mano che aveva libera, e non appena Giusy terminò il conto alla rovescia si unì a lei e al resto dei presenti nel scandire il ritmo della sua canzone più famosa, facendo sbattere a terra il bordo rotondo del bicchiere più e più volte.

Ci vollero alcuni secondi di assestamento prima che il gruppo riuscisse a trovare un ritmo unitario, ma alla fine, in qualche modo, la maggior parte dei suoni si uniformò in un'unica melodia. C'era un qualcosa di quel bizzarro e singolare esercizio che Antonella trovava estremamente soddisfacente, forse soltanto il sentirsi parte, alla pari con tutti gli altri, di un gruppo unito e coordinato. Quando finirono la parte introduttiva e arrivarono al ritornello, Antonella di impulso incominciò a cantare, in modo naturale e spontaneo. E non fu per mettersi in mostra né per attirare l'attenzione su di sé, si mise a cantare soltanto perché le andava e la divertiva e in quel momento aveva semplicemente voglia di farlo, di cantare a squarciagola la sua canzone senza pensare a niente o a nessun altro. Era da così tanto tempo che non lo faceva che ormai non era più abituata, aveva quasi dimenticato che cosa si provasse. Per assurdo, Antonella si ricordò solo allora che cantare a lei prima di tutto piaceva, e anche tanto. Anzi, certe volte le sembrava che gli unici momenti in cui riusciva a sentirsi libera erano proprio quelli, quando cantava.

“Tutti insieme, forza, tanto la sapete no?” Antonella invitò tutti gli altri non appena ebbe terminato il ritornello, sentendosi inaspettatamente felice. Nonostante una prima esitazione iniziale, dopo pochi secondi il resto della sala le venne dietro e cominciarono tutti a cantare, in un coro di voci in armonia. E stavano cantando tutti la sua canzone, proprio quella che aveva scritto lei! Sapeva di avere numerosi fan, certo, ma cantare tutti insieme in quella maniera... era un qualcosa di completamente diverso. Più intenso, e molto più di impatto.

Quando giunsero alla fine della canzone, terminata anche l'ultima strofa, ci fu un breve istante di silenzio. Poi cominciarono gli applausi. Fiumi di applausi, una marea, forse i più forti che Antonella avesse mai sentito – o forse era soltanto il buio a confonderla e a modificare la sua percezione delle cose. Stava di fatto che quegli applausi lì in particolare le arrivarono e la colpirono, molto più del solito. Era come se in qualche modo le sembrassero più veri, più autentici, nonostante in realtà non avesse fatto altro che cantare a cappella accompagnata da dei semplici bicchieri di plastica. E allora perché si era divertita così tanto? Perché quella canzone sembrava così speciale?

“Bravissimi, i miei complimenti,” disse poi Giusy. Lentamente il rumore degli applausi cominciò a farsi più lieve, fino a sparire del tutto. Poi la ragazza parlò di nuovo: “Quello che abbiamo appena eseguito è un numero musicale. Sembra assurdo, vero? Pensare che delle persone chiuse in una stanza buia con una ventina di bicchieri abbiano eseguito un numero musicale, eppure è proprio così. Adesso ditemi, vi è piaciuto?”

Una serie di risposte affermative arrivò subito dopo, senza esitazione.

“E vi siete divertiti?”

A quella domanda, una seconda raffica di sì inondò la stanza in un baleno. Antonella però rimase in silenzio mentre il suono di quelle parole le riempiva le orecchie, così come il suo cuore si riempì inspiegabilmente di gioia. No, non era solo gioia, ma un qualcosa di più profondo, che andava oltre... Forse addirittura orgoglio? Soddisfazione? Una sensazione molto diversa dalla vanità fine a sé stessa a cui era tanto abituata, la quale non faceva altro che soddisfare il suo bisogno quasi patologico di conferme e consensi. Questa volta però l'approvazione non veniva più dall'esterno e dalle altre persone, ma proprio da sé stessa – e forse proprio per quello era più significativa.

“Bene, allora adesso ne facciamo un altro,” decretò poi Giusy dopo poco. “Appena capite che canzone sto facendo unitevi a me e poi cominciamo a cantare.”

Riconoscere la canzone fu di nuovo abbastanza semplice. Se prima Giusy aveva scelto un pezzo delle divine, infatti, ora per par condicio il ritmo intonato da lei era quello di “Y ahora que”, una canzone delle popolari – forse anche la più carina, tra tutte. Antonella seguì le sue istruzioni e cominciò ad usare il bicchiere per tenere il ritmo, e in contemporanea si mise a cantare. Non le importava neanche che fosse la canzone di Patty o altre cazzate del genere, voleva soltanto cantare e divertirsi. E ad un tratto, come una lampadina che si accendeva all'improvviso, le fu subito chiaro il motivo per cui Giusy stava facendo fare ai ragazzi quel particolare esercizio – e in un certo qual modo aveva ragione, il senso della musica stava tutto lì.

Quando gli applausi invasero la stanza per una seconda volta Antonella parlò sopra di essi, ora con una maggiore consapevolezza.

“Ecco, se volete sapere quello che si impara nella nostra scuola e cosa significa davvero fare musical, la prima cosa da sapere è che parte tutto da qua, da questa roba qui che abbiamo appena fatto,” disse con soddisfazione. Diversi mormorii seguirono la sua affermazione. “Sì perché se manca questo, allora non potete pensare di arrivare a quello che stavamo guardando in televisione poco fa,” annunciò, imitando quasi senza volerlo il fare enigmatico di Giusy.

“I bicchieri?” suggerì uno dei ragazzi presenti, una voce maschile questa volta, seguito da una lieve risata generale.

“No, non i bicchieri, qualcos'altro. Però come vi ha detto Giusy lo dovete capire da soli, non ve lo possiamo dire noi,” replicò Antonella, ora più convinta che mai a proseguire quella specie di gioco dai risvolti inaspettati. Sentendosi sulla stessa lunghezza d'onda della sua compagna di classe, decise in quel momento di prendere le redini della situazione e perciò aggiunse: “Adesso passiamo ad un altro esercizio un po' più complicato. Questa volta state fermi, ascoltate e basta.”

Riprendendo di nuovo in mano il suo bicchiere, Antonella iniziò a cantare di nuovo ad alta voce mentre con il piccolo oggettino in plastica scandiva il ritmo di un'altra sua famosa canzone – questa volta la scelta ricadde su Tango llorón, altra sua grande hit.

 

No me vengas con un tango llorón

que yo necesito ritmo

porqué hay musica en mi corazón

y a mí no me da lo mismo!

No me vengas con un tango llorón

porqué es muy fuerte

y si alguna vez te miré

fue porqué tuviste sue-e-rte!

 

Mentre cantava con energia e si lasciava trasportare dal ritmo coinvolgente, Antonella sentì che anche Giusy accanto a lei stava leggermente muovendo il suo corpo a tempo – durante il ritornello le parve perfino di sentirla canticchiare qualche strofa, ma forse quella era soltanto la sua immaginazione. Stava di fatto che ad Antonella venne quasi naturale cominciare a muoversi insieme a lei ad un certo punto, sia con le gambe sia con il busto, i fianchi e il bacino, al punto che arrivarono a coordinarsi perfettamente l'una con l'altra. Era quasi come danzare, sebbene fossero entrambe sedute – una danza della quale tutte e due conoscevano ogni movimento senza nemmeno bisogno di mettersi d'accordo. Era un qualcosa che veniva naturale, tant'è che quando la canzone giunse al termine con tanto di applausi Antonella ne fu quasi rattristata.

“Vi è piaciuto?” chiese poi ad alta voce, mentre piano piano riprendeva fiato durante la breve pausa che seguì la sua domanda. “Bene, perché adesso tocca a voi, ognuno una canzone a scelta,” illustrò con decisione, sorridendo mentre appoggiava felice la testa contro il petto di Giusy.

 

Un momento, come siamo finite così?!

Perché, è davvero così importante? A lei non sembra dare fastidio in fin dei conti. Tanto nessuno ci vede, che ti importa.
 

In effetti quella strana vocina non aveva poi tutti i torti. Antonella si era praticamente rannicchiata contro di lei, se a Giusy avesse dato fastidio di certo non glielo avrebbe permesso, così come non avrebbe continuato a tenerla per mano per tutto quel tempo.

“Esattamente, adesso vogliamo sentire un po' le vostre voci,” la seguì a ruota la mora. “Tanto è tutto buio quindi nessuno vi vede, non avete niente da perdere.”

“E come si decide chi canta?” domandò una voce dal gruppo, appartenente a una ragazza.

“Si va in ordine?” aggiunse un altro subito dopo.

“No, certo che no, così sarebbe troppo banale!” replicò Giusy. Antonella si trovò mentalmente d'accordo con lei. “Faremo in questo modo, adesso prendo un bicchiere tra quelli rimasti e lo lancio raso terra, chi tra voi che lo riceve sarà quello che dovrà cantare, così nessuno saprà con certezza chi è,” stabilì Giusy. “Poi una volta finita la canzone il bicchiere verrà rilanciato, in modo che tutti riescano a cantare almeno una volta.”

“Ah e se qualcuno più avanti mano a mano che procedono i turni dovesse prendere il bicchiere per più di una volta,” intervenne Antonella, per anticipare possibili dubbi, “allora in quel caso lo dovrà rilanciare oppure semplicemente lo passa ad una delle persone che ha vicino, così riusciamo ad ascoltare tutti almeno una volta.”

“Ma possiamo scegliere qualsiasi canzone?” chiese poi una ragazza, forse una di quelle che aveva già parlato.

“No, non proprio qualsiasi, per questo primo turno dovrete cantare l'ultima canzone che avete ascoltato, senza contare quelle sentite qua dentro ovviamente,” decise Giusy, un'altra scelta sulla quale Antonella si trovò d'accordo. Era una regola che lasciava abbastanza libertà tutto sommato, chiunque avrebbe potuto modificare la canzone a proprio piacimento per sceglierne un'altra più adatta alla fine, però allo stesso tempo dava una base di partenza per chi invece era indeciso e non aveva idee. “Ah, un'ultima cosa, se quando qualcuno canta gli altri riconoscono la canzone allora siete liberi di tenere il ritmo usando il bicchiere, come abbiamo fatto prima,” specificò Giusy.

Antonella sorrise nell'oscurità. L'idea in effetti era proprio carina, ognuno tirava fuori la propria voce ma tutti gli altri partecipavano all'esibizione, tutti insieme.

“Però a cantare dovrà essere una persona sola, una sola voce,” ricordò Antonella, la quale ci teneva particolarmente che quel dettaglio non venisse confuso. “Tutto chiaro?”

Diverse conferme si levarono dal gruppo. Dunque adesso rimaneva soltanto una cosa da fare, quella che ad Antonella piaceva più di tutte: cantare.

“Bene, allora cominciamo,” annunciò solennemente Giusy.

Antonella allora si strinse a lei. Mentre il suono del bicchiere che strisciava sul pavimento riempì le pareti della stanza, il pollice di Giusy accarezzò ancora una volta il dorso della sua mano sinistra e le nocche, rassicurandola. Nel buio del salotto di casa Beltran, ad Antonella in quel momento una sola cosa era chiara: aveva una gran voglia di ballare.

 

Le canzoni si susseguirono una dopo l'altra, tra applausi e risate e consensi, e il tempo passò così velocemente che quasi volò via. Antonella si ritrovò a conoscere il testo e la melodia di praticamente tutte le canzoni che furono cantate, alcune anche in inglese, a cominciare da quelle pop e più commerciali, passando per le ballad sentimentali e profonde, seppur meno numerose, fino ad arrivare ai capisaldi della musica latinoamericana, piene di ritmo ed energia. Al termine del giro. Giusy riprese la parola per complimentarsi con tutti e annunciò così l'inizio di un secondo round, questa volta però con una consegna diversa: a turno ogni persona avrebbe dovuto cantare una delle loro canzoni preferite, un pezzo che in qualche modo era sentito come rappresentativo. “Una canzone che parla di voi, di qualcosa che vi riguarda o delle vostre emozioni,” furono le sue esatte parole. E così, il giro di brani riprese.

Ancora una volta il pop e il latinoamericano prevalsero, toccando diversi artisti e gruppi musicali. Giusy fu quasi tra le prime a cantare e optò per un pezzo di Natalia Oreiro, un classico latino molto sentito e coinvolgente. Le due ragazze continuarono a tenersi per mano per tutto il tempo, accoccolate in gran segreto. Il calore del corpo di Giusy avvolgeva Antonella completamente, così come il suo dolce profumo di lavanda. Di tanto in tanto si sussurravano a vicenda commenti stupidi sui testi delle canzoni, o qualsiasi altra cosa venisse loro in mente. Ogni volta che Giusy rideva ad una sua battuta, Antonella sentiva il suo stomaco farsi un po' più debole e il suo cuore battere un po' più veloce. Era come se stesse fluttuando, a metà tra la realtà dell'incontro e una dimensione parallela tutta loro, a cui nessun altro aveva accesso.

Canticchiando allegramente una canzone dopo l'altra contro il petto di Giusy, Antonella si rese conto di non volere più che la luce tornasse. Di fatto, lei non aveva che un unico desiderio: continuare a stare così, il più a lungo possibile.

Mancavano ormai poche persone alla fine del giro quando il bicchiere giunse ad Antonella. Tutto un tratto, la consapevolezza di dover cantare mandò paradossalmente la ragazza nel panico, per la prima volta in vita sua. Si era quasi dimenticata che per quel secondo giro il suo turno non era ancora arrivato, che anche lei avrebbe dovuto scegliere una canzone e cantarla, proprio come stavano facendo tutti gli altri. Il problema era che Antonella non aveva la più pallida idea di quale pezzo portare. Quel tipo di musica con una maggiore carica emotiva e una connotazione più personale era ben lontana dal genere che faceva di solito, lei prediligeva pezzi più ballabili e con tanta grinta. Patty era quella brava nelle ballad melense, non lei!

Spaventata dall'idea di doversi esporre davanti a tutti – certo erano al buio, ma la sua voce era piuttosto riconoscibile – e peraltro in un momento in cui si sentiva già di per sé vulnerabile, per via della vicinanza con Giusy e le varie implicazioni che ciò comportava, Antonella tentò di svicolarsi dal compito in maniera razionale e diplomatica.

“Ragazzi, c'è qualcun altro che deve cantare o abbiamo finito il giro? Perché se abbiamo finito, possiamo passare direttamente al prossimo tema se volete,” propose, sperando che qualcun altro si offrisse volontario al posto suo e dunque di far passare in sordina la sua mancata partecipazione.

“Che vuoi dire Antonella? Mi sembra che anche tu debba ancora cantare o sbaglio?” domandò Luciana.

“Sì, sì devo ancora cantare ma pensavo che non vi interessasse ascoltarmi di nuovo, del resto mi avete sentito cantare così tante volte, oggi questi ragazzi non sono certo qui per me,” mentì, seppur in modo forzato. Certo, quello che aveva detto non era poi così sbagliato in linea di massima e lei lo sapeva, soltanto che... beh, sapeva anche che non era una frase molto da lei, o un atteggiamento da lei. Non ci voleva certo un genio per capirlo.

E infatti...

“Senti senti, non credo alle mie orecchie, Antonella Lamas Bernardi che per una volta rinuncia alle luci della ribalta!” ironizzò Giusy, seguita subito da una risatina generale. “A cosa dobbiamo questa umile decisione?”

“A niente di particolare in realtà, è solo che questa volta mi sembra più giusto così,” tentò di difendersi Antonella, anche se in modo debole e poco convincente. “Del resto lo abbiamo scelto apposta di non usare luci né riflettori, no Giusy? Lo scopo non è mettersi in mostra,” ricordò, percorrendo ancora una volta la bugia che fosse tutto programmato fin dal principio per non destare sospetti. “Per cui, se non avete niente in contrario, questa volta cedo volentieri il mio turno a chi invece la propria voce non l'ha ancora fatta sentire,” aggiunse, e così dicendo passò il bicchiere a Caterina, alla sua destra, così che piano piano arrivasse ai pochi che dovevano ancora cantare la propria canzone.

“Non me la dai a bere Antonella, ti conosco,” le sussurrò Giusy all'orecchio non appena incominciò la canzone successiva, ancora una volta scandita dal ritmo dei bicchieri.

“Non so di cosa tu stia parlando.”

“Lo so benissimo che se non vuoi cantare è perché c'è qualcosa sotto, mi ci gioco quello che vuoi.”

Oh. Colpita e affondata.

“Mi fai davvero così egocentrica? Che vuoi che mi importi degli applausi di una ventina di persone, ormai sono abituata ad un pubblico molto più grande,” mentì. Era meglio passare per vanitosa e superficiale rispetto ad ammettere la realtà dei fatti e le proprie debolezze, dopotutto era una maschera che Antonella da tempo era abituata a indossare. Era più sicuro.

“Non cercare di raggirare le cose, ti avviso che non funziona con me. Guarda che l'ho capito che ti stai divertendo anche tu e che questo nostro giochino che abbiamo inventato ti piace sul serio, è per questo che mi sembra strano che tu non abbia voluto cantare.”

Colpita e affondata, parte seconda. Era quasi irritante il modo in cui Giusy era stata capace di leggerla, di non credere neanche per un secondo alle sue parole. Realizzando quindi di non potersi nascondere, non da lei perlomeno, Antonella si ritrovò davanti a un bivio: o allontanarsi senza dare una risposta, causando però una tacita conferma dei sospetti dell'altra ragazza, o ammettere la verità, magari cercando di edulcorarla il più possibile.

Decisa a non scappare dal confronto, Antonella scelse la seconda opzione. Parte di lei pensava che non voleva dare a Giusy la soddisfazione di avere l'ultima parola, però celato dietro a quel pensiero c'era di più; molto di più.

“Le ballad non sono il mio genere, tutto qua. Le cose smielate le lascio volentieri a Patty, io preferisco fare altro.”

“Guarda che puoi cantare qualsiasi genere tu voglia, non c'è nessuna imposizione.” Una breve pausa seguì quelle parole. Poi, Giusy sembrò come sporgere il viso leggermente all'ingiù per avvicinarlo il più possibile a quello di Antonella, come fosse stata sul punto di dirle qualcosa di ancora più privato e personale. “È normale avere paura Anto, anche io ce l'ho.”

“Non diciamo sciocchezze, io non ho paura di cantare,” reagì Antonella, mettendosi subito sulla difensiva. “È solo che non sono tanto abituata a usare la musica per parlare di me, te l'ho detto, preferisco altri tipi di canzoni, tutto qua. Sei soddisfatta adesso?”

“Sì questo lo capisco. Non è facile neanche per me se è per questo.”

“Che cosa?”

“A-ascoltare se stessi intendo, in generale. Cioè, prima di tutto dobbiamo averlo chiaro noi quello che vogliamo dire, altrimenti è impossibile scegliere una canzone.”

Colpita e affondata, atto terzo. Giusy aveva ragione: il vero problema era a monte, il punto non era cantare ma prima di tutto trovare una canzone adatta, una canzone che permettesse ad Antonella di esprimere quello che lei aveva dentro. Come poteva farlo, se lei per prima non aveva la più pallida idea di che cosa volesse esprimere? Il solo pensiero di dover andare nel profondo la terrorizzava, figuriamoci poi doverlo cantare davanti a tutti.

“E come si fa allora? A capire cosa realmente vorremmo dire?”

“Si capisce. Nel profondo noi lo sappiamo sempre quello che abbiamo dentro, dobbiamo solo trovare il coraggio di affrontarlo.”

“Giusy...” Antonella sospirò il suo nome con voce tremante, spezzata dal panico e dall'esitazione.

Aveva ragione, lei lo sapeva. E proprio per quello di norma Antonella cercava in ogni modo di distrarsi e coprire il vuoto che sentiva dentro, perennemente in fuga da sé stessa. Davanti a Giusy, però, ogni suo tentativo di scappare era inutile. E se da un lato la cosa la irritava profondamente, forse dall'altro era proprio da lì che aveva origine la grande attrazione che provava per lei.

Attrazione.

L'aveva detto, finalmente.

Dopotutto in fondo lo aveva sempre saputo, nonostante si fosse sforzata di ignorarlo e reprimerlo il più possibile. Lei era attratta da Giusy, e in quel momento aveva un desiderio enorme di esprimerlo e manifestarlo, non soltanto con una canzone.

“Sono qui,” ribadì l'altra in un sussurro.

Poi, la mano di lei accarezzò teneramente alcune ciocche dei capelli mossi di Antonella, la quale in risposta sospirò e sussultò, colta di sorpresa. Un attimo dopo sentì le labbra di Giusy posarsi delicatamente sulla sua fronte. Antonella chiuse gli occhi nonostante il buio, respirando a fatica. Solo dopo un paio di secondi si rese conto che il suo corpo stava tremando, scosso da brividi. Il fatto che per giunta fossero circondate da altre persone che però non potevano vederle rendeva il tutto ancora più intenso, perché significava che Giusy era stata disposta persino a rischiare pur di darle quel bacio apparentemente innocente, che anche lei lo voleva così tanto che non era riuscita a trattenersi. E questo la faceva impazzire.

Dio, come ho fatto a non accorgermene prima di quanto sono attratta da lei. Se penso che le è bastato soltanto un bacio sulla fronte per ridurmi in questo stato quasi mi vergogno. La voglio così tanto che riesco a malapena a respirare.

Tutto d'un tratto Antonella trovò la canzone perfetta, che in quel momento rappresentava alla perfezione i suoi sentimenti e tutte le sue emozioni. Peccato che cantarla non fosse certo un'opzione.

“Fallo ancora,” sussurrò con decisione, nonostante la paura.

Soltanto un attimo dopo però qualcosa le interruppe bruscamente. Non solo loro, ma anche la persona che stava cantando si fermò, ciascuno di loro colto alla sprovvista da un rumore improvviso – la televisione aveva ripreso a funzionare, e il DVD era ripartito esattamente nel punto in cui prima era stato interrotto, senza alcun preavviso.

Facendo due più due, Antonella realizzò rapidamente cosa ciò significasse. La corrente era tornata.

 

Quando la luce venne riaccesa, per Antonella fu come essersi risvegliata da un sogno. Per lei e Giusy era stato semplice mentire e spiegare che avevano programmato con anticipo l'assenza della corrente, impostando un timer che aveva già definito in partenza gli orari in cui la luce doveva venire a mancare e poi successivamente ritornare, poco prima della fine dell'incontro. Di fatto, mancava appena un quarto d'ora ormai alle cinque, per cui il tempo che avevano a disposizione stava per terminare a breve. Naturalmente Giusy e Antonella si erano allontanate l'una dall'altra con uno scatto non appena la televisione era stata riaccesa, quando ancora la visibilità nel salotto era scarsa a causa dell'effetto cinema che il gruppo aveva tentato di creare all'inizio, e questo aveva consentito loro di nascondersi e far passare in sordina il loro avvicinamento. Giusy aveva poi spiegato che quell'ultima parte dell'incontro sarebbe stata destinata alle domande, rialzandosi per andare a riaccendere le luci mentre tutti gli altri facevano ritorno al divano e alle sedie, ben più confortevoli del pavimento freddo.

Antonella ci mise un po' prima di elaborare quello che stava accadendo attorno a sé, come intontita da quanto appena successo. Sì, lei e Giusy si erano già baciate in passato, però era stato diverso, molto diverso! Avevano bevuto, ed erano rimaste sole, e Antonella non l'aveva esattamente pianificato. Si era soltanto lasciata trasportare dal momento e aveva dato un bacio a Giusy (e poi tanti altri ancora) semplicemente perché ne aveva avuto voglia (tanta), senza pensare alle conseguenze. Solo una volta rientrata a casa aveva più o meno realizzato cosa fosse accaduto con razionalità, tutti pensieri che poi aveva fatto il possibile per zittire e ignorare e minimizzare, seppur con scarsi risultati.

Adesso invece era reale, e a dir poco terrificante. Ormai Antonella non poteva più nascondersi da quello che provava, non dopo averne preso consapevolezza in modo così limpido, però allo stesso tempo non poteva neanche affrontarlo e parlarne, no signore, con tutte quelle persone attorno poi! Cosa fare allora? Le rimaneva soltanto un'opzione, si rese conto ben preso: scappare via. L'idea di rimanere lì dentro ancora per una mezz'ora, come minimo, d'un tratto si fece insopportabile, quasi soffocante, al punto che si sentì come se i muri delle pareti le stessero crollando addosso. In fondo il suo ruolo era stato assolto, no? Quello che doveva fare lo aveva fatto, per cui non aveva alcuna motivazione per restare. Ines l'avrebbe pagata comunque, il suo lavoro lì era finito.

“Scusate ragazzi, devo proprio andare, mi ha scritto mia mamma per dirmi che c'è stata un'emergenza a casa e devo rientrare subito,” improvvisò, alzandosi di scatto per dirigersi verso l'ingresso dell'abitazione. “Tanto abbiamo quasi finito comunque. Siete state tutti bravissimi, complimenti!”

Mossa come da un forte impulso, forse addirittura dall'istinto di sopravvivenza, Antonella camminò a grandi falcate verso la porta di casa, fermandosi all'appendiabiti per prendere il cappotto con il quale era arrivata e indossarlo. Sentì nel mentre diverse voci provenire dal salotto che le chiedevano spiegazioni o se andasse tutto bene, ma lei non ci badò. Non aveva neanche guardato Giusy negli occhi nell'allontanarsi, consapevole che se lo avesse fatto sarebbe crollata, e lei non poteva permetterselo. Non lì e non ora, non così.

“Adesso scappo, ciao ciao!” gridò poi una volta pronta e sul punto di uscire, proprio mentre intravide con la coda dell'occhio un paio di figure sbucare fuori dall'altra stanza per venire verso di lei, probabilmente per parlarle. Era già troppo tardi però, Antonella ormai era uscita di casa, accompagnata dal rumore della porta di ingresso che si chiudeva alle sue spalle.

Esattamente un istante dopo, un tuono rimbombò di colpo. Solo allora Antonella si rese conto di aver dimenticato l'ombrello.

Cazzo.

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Capitolo 6
*** III. Parte quarta: Into you ***


Premessa necessaria prima di iniziare la lettura.

Nel corso del capitolo viene citata una canzone di Ariana Grande, chiaramente pubblicata molto tempo dopo gli avvenimenti della storia (tenendo fede al periodo temporale in cui la serie è andata in onda originariamente, di conseguenza 2009, contando il salto temporale di due anni che ho inserito rispetto alla prima stagione) e quindi fatto anacronistico. Adesso, visto e considerando che la canzone era perfetta all'interno del contesto in cui l'ho inserita nel capitolo e che la mia conoscenza di musica argentina è letteralmente limitato alle canzoni della serie, fate finta di niente e chiudete un occhio, fingete che qualche altro artista l'abbia pubblicata all'epoca o sostituitela nella vostra testa con qualche altra canzone con significato analogo, non importa, oppure accettatelo e basta senza porvi troppe domande, del resto si parla pur sempre di una serie in cui un cane era più intelligente del 90% dei personaggi (letteralmente), per cui penso che un piccolo anacronismo possa essere tollerato. Grazie a tutti coloro che stanno seguendo e apprezzando la storia, buona lettura!

 

Circa un'ora dopo


La tazza con la tisana fumante era bollente, e Antonella, seduta al tavolo della sua cucina con occhi tristi e un'espressione mogia, stava facendo vorticare un cucchiaino di acciaio al suo interno senza neanche sapere il perché. Il bigliettino che sua madre le aveva lasciato per avvisarla che avrebbe cenato fuori con il suo compagno quella sera si trovava lì accanto, assieme a sei banconote da 1,000 pesos e il menù di diverse pizzerie d'asporto nei dintorni. Antonella della sua assenza non era rimasta stupita né delusa, forse dopotutto era meglio così. Non aveva voglia di avere gente attorno quando non si sentiva dell'umore giusto per parlare, anche perché di solito quand'era così finiva sempre per chiudersi in sé stessa e non spiccicare parola, o peggio ancora, diventava aggressiva e parecchio suscettibile e urlava contro gli altri immotivatamente al minimo pretesto. Nel profondo si sentiva anche in colpa, però purtroppo sapeva che non c'era altro modo per lei di gestire i propri malumori. Se non altro quando stava sola, l'unica a rimetterci era se stessa.

La prima cosa che Antonella aveva fatto una volta rientrata a casa era stato spogliarsi e infilarsi sotto la doccia, lasciando che l'acqua calda lavasse via la stanchezza e la ripulisse dal bagno che si era presa camminando per dieci minuti sotto l'acquazzone. Era rimasta là per un tempo indefinito, facendosi cullare dalla sensazione di calore sulla sua pelle nella quale trovava sempre conforto. Con la mente nel frattempo aveva ripercorso tutto ciò che era successo nel corso di quella assurda giornata, dallo scambio avuto con Ines quella mattina all'incontro fallimentare con Giusy e il resto dei ragazzi, per poi concludersi con la sessione di canto a cappella al buio durante il blackout, dalla quale era scappata via a gambe levate. Antonella non sapeva se avesse fatto la scelta migliore ad andarsene, forse tutto sommato avrebbe potuto restare altri dieci minuti per chiudere l'incontro. Tuttavia, il pensiero di rimanere accanto a Giusy, attorno a tutte quelle persone... No, era stato fin troppo per lei.

Il solo fatto di aver ammesso a stessa di provare sentimenti per un'altra ragazza era di per sé piuttosto spaventosa come cosa, ci mancava solo dover gestire dei mocciosi nel frattempo e avere a che fare con il resto dei suoi compagni. Nonostante questo però, Antonella aveva una gran voglia di rivedere Giusy. Se n'era andata via proprio sul più bello, quando erano state così vicine l'una all'altra... adesso invece era tutto perduto. Lei non era certo il tipo da grandi dichiarazioni, non sarebbe mai riuscita a prendere Giusy da parte, a cercarla ed aprirsi con lei, piuttosto si sarebbe fatta sparare. Difficilmente avrebbero avuto altre occasioni per riprendere le cose da dove le avevano lasciate...

Una volta uscita dalla doccia Antonella si era cambiata indossando la sua comoda tuta rosa chiaro, si era asciugata i capelli ed era poi scesa in cucina per farsi una tisana, mentre la sua mente era ancora tormentata da inutili elucubrazioni che probabilmente non l'avrebbero portata da nessuna parte. Forse alla fine la soluzione era più semplice di quanto pensasse, quello che doveva fare era lasciar perdere Josefina Beltran una volta per tutte e dimenticarsi di quel pomeriggio, come se non fosse mai esistito. Del resto era quello che già aveva deciso per conto suo, no? Che futuro avrebbero mai potuto avere due persone come loro assieme, in una relazione romantica? Era una follia, una vera e propria follia. Antonella era già impegnata con la sua carriera, il suo disco e mille altre cose, non era certo nella posizione di poter avere una storia d'amore, con un'altra ragazza poi! E soprattutto, non era nella posizione di poter affrontare i suoi sentimenti. Certo in parte si era già aperta con Giusy su alcune delle sue fragilità per sfogarsi, ma una relazione era diversa, richiedeva un livello di vulnerabilità a cui lei non era pronta e che la terrorizzava.

Nemmeno ignorare Giusy le sarebbe stato poi così facile, tuttavia lei se lo sarebbe imposto, non aveva scelta. Avrebbe categoricamente evitato di andare a casa sua da lì in poi e a scuola sarebbe stata circondata sempre da Pia e Caterina, onde evitare di rimanere sola con lei e rischiare di ricascare in errori come quelli di quel giorno. Sì, poteva funzionare. Doveva funzionare.

Il suono del campanello di casa interruppe bruscamente i suoi pensieri. Suonavano alla porta.

Antonella si alzò di scatto dalla sedia. Si rese conto di essere nervosa perché i battiti del suo cuore erano di colpo aumentati. Chi poteva essere? Sua madre no di sicuro, non sarebbe rincasata presto senza motivo e comunque aveva le chiavi. Forse una delle sue amiche? Magari Pia e Caterina si erano preoccupate per lei ed erano venute a vedere se andasse tutto bene...

O magari...

No.

Non doveva neanche pensarlo – nonostante in cuor suo ci sperasse. Fece un respiro profondo e si decise ad andare ad aprire, invece di continuare a stare lì ferma come un'idiota. Il cuore le batteva all'impazzata.

“Sì?” chiese, poco prima di aprire la porta.

Un attimo dopo, Josefina Beltran era davanti a lei.

Ad Antonella il respiro si bloccò in gola e non riuscì a parlare.

E adesso?

“Ciao,” la salutò Giusy, abbozzando un sorriso. “Sono venuta per riportarti l'ombrello, lo avevi lasciato a casa mia,” spiegò, sollevando il braccio destro con cui stava tenendo il piccolo oggetto di colore nero, fradicio di pioggia.

Non c'erano dubbi, quello era proprio il suo ombrello.

“Grazie,” rispose Antonella, allungando il braccio a sua volta per prenderlo e farlo cadere con noncuranza all'interno del portaombrelli accanto all'entrata.

Dopodiché cadde il silenzio.

Le due ragazze rimasero ferme a guardarsi per vari istanti, senza accennare a muoversi. Antonella aveva in realtà una marea di cose che desiderava dirle, così tante che non sapeva neanche da dove partire. Sapeva soltanto di essere contenta che Giusy fosse venuta a cercarla, nonostante sapesse di non meritarlo affatto, visto il modo in cui si era comportata. Avrebbe blaterato qualsiasi cosa soltanto per non farla andare via, non subito almeno.

“Giusy io...,” cominciò, con l'intento di scusarsi per il modo brusco in cui aveva lasciato casa sua quel pomeriggio.

“Anto...” disse Giusy nello stesso momento, parlandole sopra senza volerlo.

Le due si scambiarono un sorriso.

“Ho appena fatto una tisana. Ti va di entrare?”

E anche oggi la nostra coerenza va a farsi fottere. Buono a sapersi.

Antonella non ebbe nemmeno bisogno di ricevere una conferma a parole per capire che Giusy accettava l'invito. Si allontanò dalla porta di qualche passo e l'altra subito dopo entrò, chiedendo il permesso. Mentre si toglieva il cappotto Antonella la rassicurò del fatto che la casa era vuota, fatta eccezione per loro due, poi si avviarono verso il tavolo bianco poco distante. Mentre Giusy prendeva posto sulla sedia accanto a quella di Antonella, quest'ultima si diresse verso i fornelli e versò l'acqua che era rimasta nel pentolino bollente dentro un'altra tazza di colore azzurro chiaro, dove poi inserì una bustina di tisana ai frutti di bosco – la stessa che aveva preso lei, oltre che la sua preferita.

“Ci hai fatti preoccupare prima, lo sai?” le disse Giusy nel frattempo. “Te ne sei andata via così, da un momento all'altro, senza dare spiegazioni, avevamo paura che fosse successo qualcosa di grave. Pia e Caterina hanno anche provato a chiamarti ma non rispondevi.”

“Ero sotto la doccia fino a poco fa, non ho guardato il telefono,” le spiegò Antonella, avvicinandosi al tavolo per portare a Giusy la tisana. Una volta che ebbe appoggiato la tazza di fronte a lei tornò a sedersi sulla sua sedia, appoggiando le mani sul tavolo. La sua tisana era ancora troppo calda. “Se no vi avrei risposto,” proseguì poi. “L'emergenza è rientrata comunque, tutto sotto controllo adesso, lo sai com'è fatta mia madre, fa un dramma per ogni minima cosa.”

“Sì, lo so bene,” replicò Giusy, abbozzando un sorriso.

Temendo che potesse chiederle qualcosa di più sull'argomento, Antonella si affrettò a cambiare discorso.

“È andata bene con i ragazzi comunque? La fine dell'incontro dico.”

“Sì, sì è andata bene direi, molte delle domande che avevano in realtà erano per te, sulla tua carriera, le tue canzoni, però noi abbiamo risposto come potevamo a tutto il resto,” le raccontò Giusy, muovendo nel frattempo la bustina all'interno dell'acqua bollente. “Hanno tutti detto che si sono divertiti molto e che vorrebbero rifarlo in un futuro, così gli ho assicurato che parleremo con la preside per vedere se è d'accordo.”

“Bene, direi che è stato un successo allora, nonostante i mille problemi,” scherzò Antonella. Di certo non si sarebbe aspettata che addirittura chiedessero un bis, soprattutto viste le premesse iniziali alquanto disastrose. “Se penso che abbiamo messo in piedi tutto quel teatrino quasi per sbaglio mi viene da ridere.”

“Beh lo sai come si dice, le cose belle prima si fanno e poi si pensano,” rispose Giusy. Antonella però non colse il riferimento ed evidentemente la sua espressione lo diede a vedere, siccome l'altra poi aggiunse, scrollando le spalle: “L'ho sentito dire in qualche film, credo.”

“In questo caso è vero,” rispose con un sorriso. Se Giusy non fosse stata al suo fianco però, niente di bello sarebbe potuto venire fuori da tutto quel macello, anzi. Il che la portò a una domanda, un interrogativo che si stava ponendo in realtà da un po'. “Posso chiederti una cosa Giusy? Però rispondimi sinceramente, dimmi la verità, non mi interessa sentire cazzate.”

“Certo, se posso...”

“Perché lo hai fatto? Cioè, chi te l'ha fatto fare di venire a salvarmi il culo e aiutarmi a gestire la situazione quando ormai il pomeriggio era andato a puttane? Di certo non meritavo il tuo aiuto,” Antonella ammise con schiettezza. Osservando l'espressione compiaciuta e piacevolmente sorpresa di Giusy, la quale la stava guardando con un ghigno sulle labbra e le sopracciglia inarcate, come in attesa che lei continuasse, Antonella capì che per ottenere una risposta avrebbe dovuto spiegarsi meglio – suo malgrado. “Sono stata una stronza con te stamattina,” ammise con un sospiro, ripensando alle sue numerose uscite acide e prive di tatto, “cioè, un po' con tutti in realtà ma con te in particolare.”

“È vero, sei stata una stronza,” concordò Giusy con un cenno di assenso, continuando a sorridere senza disturbarsi a mascherare quanto quella piccola ammissione di colpa le facesse piacere. “Ma visto che vuoi sentirti dire la verità allora sappi che non ne sono rimasta particolarmente sorpresa, siamo tutti abituati a certi tuoi atteggiamenti oramai. Però solo perché ti sei espressa nel modo sbagliato non vuol dire che anche le cose che hai detto erano sbagliate. Ho riconosciuto un fondo di verità nelle tue parole, d'accordo? Per questo ho deciso di aiutarti,” confessò con un sospiro. Antonella sbatté le palpebre un paio di volte mentre continuava a guardarla, alquanto stupefatta. Questo non se lo aspettava di certo. Sul serio aveva capito bene? “Avevi ragione tu,” proseguì Giusy, seppur con evidente riluttanza, “il nostro gruppo fa troppo affidamento su Patty e sulla sua famiglia, non abbiamo un'autonomia senza di lei e in fondo questo fa comodo a tutti anche se nessuno lo dice, però non è giusto lavorare così. Non è su queste premesse che si dovrebbe basare un gruppo di musical. E tu sei stata l'unica che ha avuto il coraggio di dirlo e di farlo presente, anche se in fondo lo sapevamo già tutti in qualche modo, almeno secondo me. Non è certo stata colpa tua se ci siamo ritrovati la mattina stessa del laboratorio senza sapere che pesci prendere solo perché mancava Patty.”

“Se non altro qualcuno con un po' di onestà intellettuale c'è ancora,” ironizzò Antonella, mentre Giusy distolse lo sguardo da lei con timidezza. Era solo una sua impressione o stava arrossendo? “È stata un'idea carina quella che hai avuto comunque, sul serio,” aggiunse poi. In fondo non aveva ancora avuto modo di dirglielo apertamente, dopotutto era il minimo. Se non ci fosse stata Giusy al suo fianco, la verità era che Antonella quel pomeriggio sarebbe stata persa – anche se di certo non glielo avrebbe fatto sapere con quelle parole. “A me non sarebbe mai venuto in mente di cantare tutti assieme nel blackout a cappella, usando i bicchieri poi. Molto creativa come cosa, devo riconoscertelo.”

“Non mi è proprio venuto in mente in sé e per sé, ho cercato di improvvisare qualcosa mano a mano che andavo avanti,” spiegò Giusy. “Ho scelto i bicchieri solo perché sono stati la prima cosa a cui ho pensato in quel momento, li avevo portati io sul tavolino mentre preparavamo le cose, per quello mi ricordavo che erano lì. Però, mi scoccia un po' dirlo ma non è stato solo merito mio, anche tu hai fatto la tua parte, sei stata tu che hai avuto l'idea di far cantare a tutti una canzone ciascuno,” le ricordò. “Io da lì ti ho solo seguita.”

Antonella sorrise di gioia. Non aveva idea del perché si sentisse così contenta e realizzata nell'ascoltare quelle parole, dopotutto era pur sempre uno stupido laboratorio; eppure era felice come una pasqua.

“Stai forse dicendo che se il nostro laboratorio è stato un successo è perché ci abbiamo lavorato assieme, Josefina Beltran?” domandò compiaciuta.

Nel frattempo, voltando il corpo di 90° per guardare la sua interlocutrice dritta negli occhi, Antonella appoggiò il gomito sul tavolo e appoggiò la mano chiusa a pugno sotto la sua guancia, per sorreggersi il volto. Allungò poi mentre parlava il braccio che aveva libero verso Giusy per prendere tra le dita qualche ciocca dei suoi capelli ricci e giocarci per un paio di istanti, ritraendo la mano quasi subito.

“Forse, sì, qualcosa del genere, anche se questo non toglie che sei stata comunque una stronza stamattina,” rispose Giusy, gesticolando mentre si agitava leggermente.

Antonella questa volta notò distintamente il rossore sulle guance di lei farsi più intenso e sorrise intenerita mentre pensava a quanto fosse bella – oltre che con una punta di orgoglio nel riscontrare l'effetto che aveva su di lei. D'improvviso tutti i suoi propositi e la sua risoluzione sembravano vaghi e lontani ricordi, mentre la voglia di lasciarsi andare aumentava a dismisura. Ma perché ogni volta finiva sempre così?!

“Sai qual è la cosa assurda?” domandò poi Antonella mentre si sporgeva in avanti. “Tutta la sfida tra le divine e le popolari se ci pensi è nata perché io e te non ci sopportavamo e non riuscivamo neanche a cantare e a ballare nello stesso gruppo senza scannarci, e poi alla fine viene fuori che le cose escono molto meglio quando stiamo dalla stessa parte e lavoriamo assieme.”

Anche la volta scorsa era stato così, quando avevano gestito insieme il problema di Caterina. Antonella avrebbe fatto finta di non aver visto niente per farsi gli affari suoi, mentre Giusy sarebbe corsa dalla preside a fare la spia. Confrontandosi l'una con l'altra invece avevano trovato la giusta via di mezzo ed erano riuscite ad aiutare Caterina, facendo il suo bene. Anche quel giorno in fondo la stessa dinamica si era riproposta. Chi lo avrebbe mai detto?

“Cavolo, a proposito di popolari, mi sono completamente dimenticata di avvisare Patty!” esclamò Giusy, tirando fuori all'improvviso il telefono dalla tasca dei jeans.

Antonella si rabbuiò di colpo e aggrottò le sopracciglia con irritazione. Lei stava facendo uno sforzo per aprirsi, a modo suo, e quell'altra le parlava di Patty?!

“Patty? Che c'entra Patty ora?” domandò con disappunto.

“Mi aveva chiesto di chiamarla una volta finito per raccontarle del laboratorio,” spiegò Giusy, passandosi una mano tra i ricci. “Tra una cosa e l'altra mi è proprio passato di mente.”

“Se devi andare...” rispose Antonella, lasciando volutamente la frase a metà.

Il pensiero che fosse un semplice pretesto per andarsene via le balenò in testa, lasciandola alquanto rattristata. Del resto se Giusy preferiva andare a parlare con Patty lei non l'avrebbe certo pregata di rimanere, figurarsi se avrebbe ingoiato la sua dignità per...

“Ci metto giusto un minuto a telefonarle, così le dico che è andato tutto bene e di non preoccuparsi,” le assicurò Giusy, alzandosi dalla sedia per fare un passo verso quella di Antonella. “Almeno così dopo non rischiamo di essere interrotte,” spiegò, guardandola negli occhi e con voce leggermente più bassa. “Va bene?”

Ah. Dunque, a quanto pareva, Giusy non aveva alcuna fretta di tornare a casa.

Antonella ritrovò di colpo il buon umore.

“Certo, va bene, fai con calma,” le garantì con un sorriso timido, mentre arrossiva leggermente. Si sentì una stupida per quell'onta di gelosia irrazionale, sperando vivamente che Giusy non l'avesse percepita.

Con un cenno di assenso, la mora si allontanò dal tavolo per spostarsi verso il salotto all'interno dell'open space, appoggiandosi al divano bianco alle spalle di Antonella. Quest'ultima tirò fuori il cucchiaino dalla sua tisana e se lo portò alle labbra, onde evitare di bagnare il resto del tavolo.

 

Ma che sto facendo? Avevamo deciso di ignorarla, e invece eccomi qua, a flirtare spudoratamente. Sono una deficiente. Dovrei piantarla con questa cosa, però... però lei è venuta qua apposta per me col freddo, il vento e la pioggia e io non voglio che se ne vada, e neanche lei vuole andarsene. In fondo fintanto che fuori piove e noi rimaniamo qua a fare due chiacchiere non c'è niente di male, no? Ma a chi voglio darla a bere, altro che due chiacchiere, è palese che avrei voglia di fare molto di più con lei.
 

D'un tratto, la canzone che le era venuta in mente prima a casa di Giusy quando era stato il suo turno di cantare tornò a riecheggiare nella sua testa, se possibile ancora più forte. Presa dal nervosismo, per esorcizzare la tensione Antonella cominciò a battere il cucchiaino di acciaio sulla sua tazza in ceramica scandendone il tempo e poco dopo iniziò a canticchiare tra sé e sé.

 

Oh, baby, look what you started
The temperature's rising in here
Is this gonna happen?
Been waiting and waiting for you to make a move
Before I make a move

 

Arrivato il ritornello, Antonella presa dalla canzone cominciò a cantare a voce un po' più alta, scandendo bene le parole, abituata com'era poi a farlo a casa propria. Anche se non ne era del tutto consapevole, cantare era un ottimo modo di scaricarsi ed esprimere ciò che sentiva, soprattutto in quel momento di alta tensione emotiva. Ne conseguì dunque che si ritrovò coinvolta nella canzone quasi senza pensarci.
 

So, baby, come light me up
And maybe I'll let you on it
A little bit dangerous
But, baby, that's how I want it
A little less conversation and a little more touch my body
'
Cause I'm so into you, into you, into you

Got everyone watching us
So, baby, let's keep it secret
A little bit scandalous
But, baby, don't let them see it
A little less conversation and a little more touch my body
'Cause I'm so into you, into you, into you

 

Non appena finì di cantare, un applauso inaspettato seguì la sua performance. Poi, la voce di un'altra persona riempì la sala. Antonella trasalì.

“Però, che brava. Carina la canzone.”

Non appena si voltò si accorse che Giusy la stava guardando da dietro il divano. Il suo cuore accelerò immediatamente. Come aveva fatto ad essere così scema?! Era stata così presa dai suoi pensieri e la sua confusione mentale che per un attimo si era scordata di quella stupida telefonata a Patty e si era lasciata andare, dimenticandosi che Giusy era proprio dietro di lei, alle sue spalle. Osservandola attentamente, notò che l'espressione della mora era tutto sommato pacata, gli angoli della sua bocca lievemente tirati su in un piccolo sorriso ambiguo. Tuttavia, il rischio che avesse capito il reale significato della canzone era piuttosto alto, pensiero che mandò Antonella completamente nel panico. Non poteva certo esporsi così tanto!

“Grazie,” rispose esitante. Poi, per dissimulare e depistarla aggiunse con finta disinvoltura: “In questo periodo la passano sempre per radio, la stavo ascoltando anche prima mentre mi facevo la doccia e da allora mi è rimasta in testa, pensa un po'.”

“Davvero?”

Giusy sembrava quasi delusa dalla risposta ricevuta, a giudicare dal tono di voce, tant'è che Antonella per un attimo si chiese se sotto quella reazione non si celasse qualcosa di più profondo – forse persino ci sperò.

“Sì, perché? Che c'è?” la incalzò.

Giusy nel mentre tornò a sedersi al tavolo, sempre nella sedia accanto a quella di Antonella.

“No, niente,” replicò, accuratamente evitando lo sguardo dell'altra ragazza.

Antonella tuttavia non aveva alcuna intenzione di lasciar perdere tanto facilmente.

“Giusy.”

“Per un momento ho pensato che...” incominciò l'altra con un sospiro, lo sguardo perso in un punto indefinito nel vuoto. “Lascia stare, è una cosa stupida,” concluse poi scuotendo il capo, mentre le guance le si coloravano di una leggera sfumatura di rosso.

“Una cosa stupida?” ripeté Antonella, più che incuriosita che mai. “Dai, dimmelo!”

La sua mano destra si posò delicatamente sulla guancia di Giusy e la costrinse così a voltarsi per guardarla negli occhi. Nonostante questo, l'altra ragazza tentò comunque di svicolare: con una mano afferrò il menù della pizzeria d'asporto più vicino a lei e dopo averlo fatto strisciare verso di sé sul tavolo cominciò ad osservarlo attentamente, come fosse stato un documento della massima segretezza o un qualcosa di mai visto prima.

“Che cosa sono questi, dei menù di pizzerie da asporto? Come mai ne tenete tanti in casa?” domandò, senza staccare gli occhi dal volantino di colore giallo accesso.

“Che c'entrano le pizza ora, dammi qua!” protestò Antonella, estremamente contrariata.

La ragazza spostò a sua volta la mano dalla guancia di Giusy per afferrare di colpo il volantino e farlo scivolare via lungo tavolo, avvicinandolo così a sé.

“Aspetta, stavo leggendo!”

Con uno scatto Giusy si sporse in avanti, probabilmente per afferrare d'istinto il volantino che le era appena stato strappato via. Nel farlo però non si rese conto di un piccolo ma determinante dettaglio: il suo balzo in avanti non fece altro che farla avvicinare ad Antonella ancora di più, così tanto che involontariamente le due si ritrovarono viso contro viso, quasi per caso. Giusy le fissò le labbra, e ad Antonella bastò un'occhiata per rendersi conto che entrambe desideravano la stessa cosa, che per quanto provassero a starsi lontane in qualche modo finivano sempre per riavvicinarsi, forse un po' troppo per due persone che sostenevano a gran voce di non sopportarsi. Antonella allora capì che forse, in fondo in fondo, sarebbe stato molto più semplice farla finita con quello stupido giochino e smettere di opporsi una buona volta.

Inclinando la testa in avanti quel tanto che bastava per chiudere la distanza che le separava, Antonella chiuse gli occhi e sfiorò le labbra di Giusy con le proprie.

Giusy le rispose subito. Antonella la sentì immediatamente ricambiare il bacio con fervore e catturare poi il suo labbro inferiore tra le proprie, chiedendo di più. Era evidente che anche lei stesse morendo dalla voglia di farlo, che probabilmente si fosse dovuta trattenere fino ad allora, proprio come aveva fatto Antonella. Brividi di eccitazione accesero il suo corpo fino a farla tremare, mentre le mani di Giusy si infilavano tra i suoi capelli per averla ancora più vicina. La ragazza mora continuava a cercare le sue labbra, succhiando a intermittenza il suo labbro inferiore in una serie di piccoli baci mentre Antonella disegnava con la lingua i contorni interni della sua bocca, godendosi beatamente quelle sensazioni intense ed elettrizzanti nelle quali era pienamente immersa. Non si era mai sentita così desiderata prima d'ora, così tanto voluta. Aveva bisogno di avere di più. La sua mente immaginò in un flash il gran numero di cose che avrebbe voluto fare con Giusy all'interno della sua grande casa vuota tutta per loro e una vampata di calore si diffuse nel suo petto. Tuttavia, c'era una cosa che doveva chiarire prima.

Con riluttanza si staccò dalle sue labbra e riprese fiato, poi riaprì gli occhi e si ritrovò davanti il bellissimo viso di Giusy, le guance gonfie e arrossate e i riccioli neri che le cadevano sulle spalle e la fronte in modo disordinato. Dio solo sapeva quanto Antonella in quel momento la desiderava.

“A cosa avevi pensato? Me lo dici?” le chiese in un sussurro, accarezzandole teneramente le guance. Quel bacio era stato così intenso che ancora respirava a fatica e parlava col fiatone, tuttavia ne desiderava già tanti altri ancora.

“Per un momento ho sperato che stessi cantando per me,” confessò finalmente Giusy, questa volta sostenendo il suo sguardo. “Pensa un po' che scema.”

Antonella si sciolse in un sorriso. Avrebbe voluto dirle che era così, che ovviamente stava cantando per lei e che era anche normale, visto che non riusciva a fare altro che pensare a lei, in ogni momento della sua giornata. Che avrebbe potuto benissimo continuare a cantare per lei per tutta la sera, se non fosse stato che aveva ancora più voglia di baciarla e toccarla e sentirla stretta a sé. Tuttavia, ancora una volta le parole le morirono in gola, bloccate dalla paura di esporsi e rendere reale un qualcosa che era ancora troppo nuovo per lei.

Invece, preferì i fatti alle parole. Senza esitazione si avvicinò di nuovo al viso di Giusy e la baciò un'altra volta, adesso sicura di ciò che stava facendo. Giusy sorrise sopra le sue labbra con un sospiro, mentre Antonella schiuse leggermente la bocca e lasciò che la sua lingua accarezzasse quella dell'altra ragazza. Poi si alzò in piedi gettando all'indietro la sua sedia con un calcio, e subito Giusy la seguì all'istante facendo lo stesso. In un attimo le sue mani strinsero possessivamente il corpo di Antonella a sé, accarezzandone la schiena e le spalle. Antonella si lasciò sfuggire un gemito. Le sue mani affondarono nei capelli neri di Giusy, mentre le vampate di calore si intensificavano raggiungendo la base del suo stomaco e la zona in mezzo alle gambe.

Per una volta, perdere il controllo era tutto ciò che desiderava.

 

 

Di come fossero arrivate sul divano esattamente, Antonella non aveva la più pallida idea. I baci di Giusy avevano quasi il potere di stordirla, di non farle capire più niente e mandare a zero ogni attività del suo cervello. Sapeva soltanto che il loro bisogno reciproco si era fatto così forte che avevano entrambe sentito la necessità di avere di più, e al più presto possibile.

Antonella era dunque in qualche modo piombata sul divano, poco distante dal tavolo, e aveva immediatamente tirato Giusy a sé afferrandola per l'orlo dei jeans. L'altra si sdraiò sopra di lei subito dopo, giusto il tempo di sfilarsi le scarpe mentre Antonella le cingeva i fianchi. L'occhiata piena di desiderio che Giusy le rivolse subito prima di ricatturare le sue labbra la eccitò così tanto che sentì tutto il suo corpo fremere e il calore tra le sue gambe si fece più intenso. Poi Antonella richiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal suo desiderio, cercando le soffici labbra di Giusy con crescente avidità mentre le loro lingue si intrecciavano insieme. Ogni centimetro del corpo di lei era premuto contro il suo, eppure Antonella la voleva ancora più vicina.

Le sue mani vagavano sulla schiena dell'altra ragazza con frenesia, come presa da un grandissimo bisogno di toccarla, mentre i baci che si scambiavano si facevano sempre più appassionati mano a mano che passavano i secondi e poi i minuti. Ad un certo punto, quando si staccarono brevemente per riprendere fiato e respirare mentre i loro nasi si sfioravano con dolcezza, le labbra di Giusy invece di rincontrare quelle di Antonella scesero sulla sua mandibola e poi sul suo collo, tracciando lentamente una scia di baci verso il basso che andò a stimolare tutti i suoi punti più sensibili.

Ad Antonella sembrava di impazzire. I brividi di piacere che attraversavano il suo corpo mentre gemeva a gran voce si fecero allora così intensi che non riuscì più a smettere di tremare, spingendo i suoi fianchi all'insù verso quelli di Giusy che presto cominciò a ricambiare le spinte con altrettanto vigore. La sua pelle sotto i vestiti era diventata di fuoco, bruciava intensamente, come se stesse esigendo a gran voce di essere lasciata libera per incontrare il corpo dell'altra. In un attimo, immagini di lei e Giusy completamente nude che si baciavano e toccavano sdraiate l'una sopra l'altra cominciarono ad affollarle la mente. Il respiro le venne a mancare. Dio come lo voleva, lo voleva tantissimo. La sola idea della pelle nuda di Giusy che si sfregava contro la sua la mandava in estasi, così come il pensiero di darle accesso a tutto il suo corpo. Era un tipo di intimità che Antonella non aveva mai sperimentato con nessuno prima di allora, né aveva mai ricercato o voluto a dire la verità, ma adesso con Giusy era tutta un'altra storia.

Con Giusy lei si sentiva protetta, un qualcosa di nuovo per lei, e per giunta ne era anche immensamente attratta. Per questo Antonella non ebbe dubbi sul fatto di volersi lasciare andare con lei, totalmente. L'unico pensiero che ancora la bloccava era il fatto di trovarsi nel divano del suo salotto. Per quanto fossero sole in casa, infatti, rimaneva un ambiente fin troppo esposto, vista la vulnerabilità che tutto ciò comportava – per non parlare del fatto che era decisamente troppo stretto e scomodo, a differenza dell'ampio letto matrimoniale in camera sua. Prima che potesse controllarlo, nella mente le si susseguirono immagini molto vivide di Giusy nel suo letto che la mangiava di baci dappertutto e il suo desiderio aumentò a dismisura. Non poteva aspettare un secondo di più.

“Giusy,” tentò di chiamarla, in preda ai gemiti.

Giusy però probabilmente dovette credere che Antonella stesse semplicemente mostrando il suo apprezzamento per le attenzioni ricevute e dunque non si fermò. Al contrario, sospirò contro la sua giugulare prima di cominciare a succhiare la pelle del suo collo, simultaneamente accarezzandola con la lingua ad un ritmo lento e regolare. Antonella inclinò la testa verso il lato opposto per lasciarle più spazio e inarcò la schiena, mentre altri gemiti di piacere lasciavano le sue labbra.

“Giusy, a-aspetta,” ripeté con più decisione dopo una manciata di istanti, lottando contro se stessa per non lasciarsi sopraffare.

Giusy allora si bloccò immediatamente. Le sue labbra lasciarono subito il collo di Antonella e ritrasse il suo viso, così da poterla guardare negli occhi. Antonella notò subito i suoi capelli neri tutti scompigliati e la camicetta rossa spiegazzata, così come le labbra leggermente gonfie e la fronte sudata e arrossata – e sorrise con soddisfazione al pensiero che quella fosse tutta opera sua. Beh, non che l'effetto di Giusy su di lei fosse poi da meno, visto e considerato quanto era eccitata...

“Va tutto bene? Vuoi che ci fermiamo?” domandò Giusy con incertezza. “Perché se vuoi che mi fermi...”

“No,” Antonella la interruppe all'istante. Fermarsi era proprio l'ultima cosa che voleva. Fece scorrere le mani dalla schiena di lei alle spalle e poi il collo per arrivare alle sue guance, che accarezzò con i polpastrelli disegnando piccoli cerchi con i pollici per rassicurarla. “Andiamo in camera,” le sussurrò, facendo del suo meglio per celare il proprio nervosismo.

Giusy le sorrise con sollievo. Mentre Antonella ricambiava il gesto con lieve agitazione, lei chiuse gli occhi e inclinò il viso in avanti, fino a premere le labbra contro la fronte dell'altra.

Antonella sussultò. La dolcezza di quel bacio calmò la sua tensione e inaspettatamente la fece sciogliere, come neve al sole. Poi, Giusy le baciò la fronte un'altra volta mentre accarezzava il suo viso, con una tenerezza e una delicatezza che Antonella non aveva mai conosciuto prima di allora.

“Sei sicura?” esalò la mora.

Antonella sentì il respiro di lei solleticarle le labbra, mentre i loro nasi si sfregarono di nuovo insieme per qualche istante.

“Sì,” le confermò Antonella, guardandola negli occhi. Non voleva che Giusy avesse alcun dubbio circa il suo desiderio, anche perché non ne avrebbe avuto motivo. “S-solo se lo vuoi anche tu, ovvio,” aggiunse poi con leggero imbarazzo, in attesa della sua risposta.

“Lo voglio da morire,” confermò Giusy, con un altro sorriso raggiante. Le sue labbra catturarono quelle di Antonella in un breve bacio, poi sussurrò al suo orecchio: “Ho una voglia matta di strapparti i vestiti di dosso, se lo vuoi sapere.”

Antonella emise un gemito tremante. Le sue pupille si dilatarono e si leccò le labbra, perdendo così ogni facoltà di trattenersi e controllare i suoi impulsi. Con uno scatto le sue mani si fiondarono sui bottoni della camicetta di Giusy per slacciarglieli uno ad uno, il più in fretta possibile, forzandosi per impedirsi di strappargliela di dosso con la forza. Si accorse allora, mentre le toccava inavvertitamente l'addome per spogliarla, che anche Giusy stava fremendo sotto il suo tocco, respirando in modo irregolare proprio come Antonella. Quella consapevolezza fomentò ancora di più la sua eccitazione. Antonella si domandò allora se anche Giusy fosse bagnata come lei sotto i pantaloni, scoprendosi particolarmente ansiosa di conoscere la risposta. Il solo pensiero la portò a leccarsi le labbra in modo inconscio, mentre nel frattempo riuscì finalmente slacciare via anche l'ultimo bottone della camicetta, aprendola con decisione per rivelare la canottiera di pizzo bianco che Giusy stava indossando sotto di essa – così come la forma dei suoi seni abbondanti, adesso molto più accentuata.

Antonella la fissò per qualche istante come intontita, la bocca socchiusa. Era la prima volta che vedeva il corpo di Giusy da così vicino, e l'effetto che ebbe su di lei fu molto più intenso di quanto non si sarebbe aspettata. Stava morendo dalla voglia di toccare la sua pelle nuda e sentirla a contatto con il suo corpo, eppure allo stesso tempo rimase inspiegabilmente quasi paralizzata dallo stupore, come se avesse avuto bisogno di qualche istante per registrare il tutto e riprendersi, per rendersi conto che tutto ciò stava accadendo davvero, proprio a lei!

Giusy nel frattempo si tirò su per mettersi in ginocchio sopra il divano e si sfilò anche le maniche della camicetta rossa, liberandosene definitivamente per lanciarla all'indietro con noncuranza. Prima che Antonella potesse toglierle anche la canottiera e osservare così i suoi meravigliosi seni – cosa che in quel momento desiderava con tutta sé stessa –, Giusy prese l'iniziativa e le sfilò via dal basso la maglia della tuta, gettando anch'essa da qualche parte sul divano con poca attenzione. Eccitata da morire, Antonella le rivolse un sorriso soddisfatto e con un sospiro si alzò in piedi, prendendola per mano. Giusy la seguì immediatamente.

Arrivarono appena all'inizio del corridoio senza cedere alla tentazione di toccarsi. Poi, il loro desiderio ebbe la meglio. Fu Giusy quella che incominciò: con un lieve strattone del braccio attirò l'attenzione di Antonella, che si voltò verso di lei seduta stante. Con la mano che aveva libera Giusy afferrò il gomito di lei e la tirò a sé, poi le loro labbra si ritrovarono. Antonella sorrise di gioia. Il suo cuore stava letteralmente fluttuando. Mentre catturava il labbro inferiore di Giusy tra le proprie cominciò a camminare all'indietro, percorrendo il corridoio.

Risatine sommesse e felici sfuggirono dalle labbra delle due ragazze tra un bacio e l'altro, e mentre Antonella fremeva con impazienza al pensiero di ciò che stava per succedere si fece più scaltra e decise di concedersi una piccola anticipazione. Lasciò dunque andare la mano di Giusy e iniziò a sollevarle la canottiera, mordendosi le labbra. Giusy alzò subito le braccia al cielo per agevolarla, ansimando. Antonella le sfilò così l'indumento e lo lasciò cadere sul pavimento. Il torso di Giusy, quasi completamente nudo, apparve finalmente davanti ai suoi occhi. Antonella si leccò le labbra, trattenendo il suo desiderio di fronte a quella visione stupenda. Se non fosse stato per la scomodità e la poca praticità, si sarebbe inginocchiata davanti a lei seduta stante per toglierle il reggiseno e ricoprire così di baci affamati il suo petto, i suoi seni abbondanti e il suo addome perfetto, tracciandone i muscoli leggermente scolpiti con una scia di baci verso il basso che sarebbe andata a finire... No, non doveva distrarsi proprio adesso. Aveva un obiettivo da portare a termine, per prima cosa doveva pensare a portare Giusy nel suo letto e spogliarla, a tutto il resto si sarebbero dedicate più tardi. In fondo avevano tutta la serata davanti.

“A cosa stai pensando?” le chiese Giusy, con un sorrisetto tutt'altro che innocente dipinto sul volto. A giudicare dal modo malizioso in cui la stava fissando, Antonella capì subito che lo sapeva perfettamente e questo la eccitò ancora di più, finalmente consapevole del fatto che si volevano a vicenda.

“Vuoi saperlo?” rispose, inarcando un sopracciglio mentre continuava a camminare all'indietro. La visione del corpo dell'altra ragazza però le rendeva molto difficile riuscire a concentrarsi su qualsiasi che non fosse Giusy, dalla quale non riusciva proprio a distogliere lo sguardo.

“Moltissimo,” esalò Giusy, attirando a sé Antonella per l'orlo dei pantaloni della tuta che stava ancora, purtroppo, indossando.

 

Che ho una voglia matta di adorare il tuo corpo.
 

“Sto pensando a tutti i nostri progetti per questa serata,” Antonella le sussurrò all'orecchio, mentre tornava a cingere i fianchi della ragazza mora. Era la prima volta che toccava la sua pelle nuda, senza barriere di nessun tipo nel mezzo. Quella sensazione di calore e intimità la mandò in estasi, aumentando a dismisura il suo già grande desiderio di toccarla.

Nel frattempo, le due ragazze girarono l'angolo del corridoio, avvicinandosi sempre più alla porta della camera di Antonella che si trovava proprio alla fine.

“Mmh non vedo l'ora di conoscerli,” le sussurrò Giusy all'orecchio, poco prima di chinare la testa e iniziare a ricoprire il collo di Antonella di baci lenti e soffici. Ognuno di essi contribuì ad accaldarla sempre più, mentre Antonella, persa nei gemiti, strinse forte i fianchi di Giusy. Aveva bisogno di sentirla stretta a sé, più che mai.

Poco dopo, Giusy le tirò su la canottiera e gliela sfilò a sua volta. Antonella non esitò ad alzare le braccia a sua volta per facilitarla, desiderosa più che mai di spogliarsi. Fu soltanto quando la sua canottiera era già a terra che si rese conto di non stare indossando il reggiseno – del resto non contava certo di uscire un'altra volta di casa quando si era cambiata. E così, si ritrovò a torso completamente nudo davanti agli occhi languidi e affamati di Giusy.

Antonella si morse le labbra. Per quanto fosse ormai un'esperta a recitare la parte della ragazza iper sicura di sé stessa, dentro aveva molte più insicurezze di quanto gli altri potessero credere. Anche il suo fisico non ne era esente. Certo, sapeva di essere una bella ragazza, piacente, disinvolta e molto brava nel gioco della seduzione, sapeva truccarsi bene e scegliere abiti che la valorizzassero. Tuttavia, c'erano varie parti ed aspetti del suo corpo che avrebbe volentieri voluto cambiare. Tanto per cominciare era leggermente più bassa rispetto alla media, e non certo un gran problema di per sé, ma la cosa la turbava parecchio se unita alla sua corporatura magra e piatta, completamente priva di curve che dava al suo corpo un aspetto un po' minuto, come quello di una pre-adolescente in procinto di iniziare il liceo. Anche per quello Antonella compensava abbondantemente con il trucco e scollature, nel tentativo di dimostrare appieno i suoi diciassette anni. Un altro elemento di fastidio erano poi quelle orribili smagliature che riusciva fortunatamente a tenere coperte, presenti sui suoi fianchi, i suoi glutei e la parte posteriore delle sue cosce, che ogni volta che guardava allo specchio le facevano storcere il naso e aggrottare la fronte con disappunto. Insomma, se metteva così tanta enfasi sull'apparenza e il look, era perché al di sotto della forma Antonella si sentiva in parte inadeguata per ciò che riguardava il suo fisico e sperava così di mascherare le sue imperfezioni agli occhi degli altri.

Adesso però, davanti a Giusy non poteva più nascondersi. Osservò con nervosismo gli occhi scuri dell'altra ragazza posarsi sui suoi seni e fissarli in silenzio per un paio di secondi, la bocca socchiusa e le pupille dilatate. Per un attimo, attanagliata da paure irrazionali, Antonella si domandò se Giusy non avesse cambiato idea, se non fosse rimasta delusa dal suo corpo così piatto e minuto adesso che lo vedeva meglio e magari addirittura non la volesse più. Tempo qualche istante però Giusy si premurò di scacciare via ogni suo dubbio. Con un sospiro le mani di lei si posarono sui suoi seni, cominciando ad accarezzarli lentamente e palparli con dolcezza, di tanto in tanto sfiorando i capezzoli con il pollice. Brividi di piacere si originarono da quel contatto e scossero tutto il corpo di Antonella fino a raggiungere il suo centro ormai pulsante, tuttavia le labbra di Giusy soffocarono preventivamente i suoi gemiti in quanto si riunirono alle sue in un altro bacio.

Antonella fece scivolare le mani sulla curva dei glutei della mora e li strinse, presa dal bisogno di toccarla. Giusy allora si staccò dalle sue labbra ansimando, poi chinò la testa sul suo orecchio. Anche lei respirava a fatica.

“Hai un corpo bellissimo,” sussurrò, senza spostare le mani dai suoi seni.

“Sul serio lo pensi?” esalò Antonella con un piccolo sorriso, mentre una vampata di calore le riempiva il petto.

Leggermente rassicurata da quell'ammissione, oltre che dalle dolci carezze di Giusy che la mandavano in estasi con ogni secondo che passava, Antonella riacquistò un po' della sua sicurezza. Riuscì così a tornare a dedicarsi al corpo dell'altra facendo scorrere le mani su per la sua schiena, diretta verso i gancetti del reggiseno di pizzo che liberò quasi subito.

“Sul serio. Ogni volta che ti guardo mi fai impazzire,” sussurrò Giusy in risposta, mentre Antonella le sfilava l'indumento. Giusy posò un piccolo bacio poco al di sotto del suo lobo, poi continuò con voce bassa e decisa: “Voglio riempirti di baci.”

Antonella in quel momento dovette davvero ringraziare il signore per essere finalmente giunta all'entrata della sua camera, perché anche volendolo non sarebbe stata in grado di pazientare un secondo di più. Aveva ormai perso ogni forma di controllo sulle sue azioni, governate esclusivamente dall'istinto e il suo forte desiderio. Spalancò la porta socchiusa con una gomitata all'indietro e si staccò quindi da Giusy per farle cenno di entrare, precedendola all'interno della stanza. Poi richiuse la porta alle loro spalle – non che fosse necessario in realtà visto che erano sole, ma la cosa la faceva sentire più tranquilla.

Quando si voltò verso Giusy, l'occhiata piena di dolcezza che quest'ultima le rivolse la fece sciogliere completamente. Antonella si avvicinò a lei con un sorriso un po' esitante e la baciò, accarezzandole le guance. In quel momento, ebbe la piena consapevolezza di essere pronta.





Nota dell'autrice:

La parte finale del capitolo è stata tagliata su EFP per una questione di rating, in quanto il rating rosso renderebbe la storia inaccessibile alle persone che eventualmente volessero seguirla senza avere un account. Potete comunque trovare la versione completa su AO3 a questo link:

https://archiveofourown.org/works/47781736/chapters/122435764

Non è necessario leggere la versione integrale per continuare a seguire la storia in quanto la trama non viene portata avanti di per sé, c'è soltanto la descrizione dettagliata di come continua la scena, se non vi interessa la cosa si può tranquillamente saltare, ho comunque voluto riportare la cosa per completezza.
Altra cosa: Il prossimo capitolo sarà l'ultimo della parte che nell'indice dei capitoli ho nominato come "III.", dopo finalmente si passerà avanti e l'interminabile domenica di pioggia di Antonella e Giusy giungerà al termine.
 

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Capitolo 7
*** III. Parte quinta: Sincerità ***


Premessa:
Ancora una volta, il capitolo postato su EFP è in versione censurata in accordo con il rating, in questo caso è stata tolta la prima parte eccetto i due paragrafi introduttvi. La versione senza tagli la trovate su AO3 a questo link, se a qualcuno dovesse interessare: https://archiveofourown.org/works/47781736/chapters/122879479
In caso contrario, la storia rimane comunque comprensibile! Buona lettura.
 



Il cuscino rosa sotto la sua testa era morbido come una nuvola. Accasciata sulle lenzuola bianche che ricoprivano il letto, Antonella ansimava con gli occhi chiusi. Ci volle un po' prima che il suo respiro si regolarizzasse, così come per il suo battito cardiaco. Percepiva appena il suo petto che si alzava ed abbassava ritmicamente, come se il suo corpo fosse stato distante da lei anni luce. Come se stesse volando sopra una nuvola.

Poco dopo, sentì le braccia di Giusy attirarla a sé con dolcezza e stringerla in modo protettivo. Antonella si rifugiò nel suo abbraccio senza esitazioni. Affondò con gioia il viso nel petto dell'altra e si sdraiò sopra il suo corpo, le loro gambe attorcigliate assieme che si accarezzavano lentamente. L'unico pensiero che attraversò la mente di Antonella in quel momento fu che il corpo di Giusy era molto più soffice del cuscino – soprattutto i suoi seni. Di tutto il resto non le fregava niente. Non riusciva neanche a ricordare l'ultima volta in cui si era sentita così rilassata, così in pace con se stessa. Poi, quando pochi istanti dopo la mano destra di Giusy cominciò a grattarle la schiena con i polpastrelli, su e giù ad un ritmo regolare, mentre la sinistra si infilò tra i suoi capelli castani per massaggiarle il capo, Antonella credette di stare in paradiso. Era tutto così bello e soffice e meraviglioso che le sembrava di poter toccare il cielo con un dito.
...


 

“Stai dormendo?”

“No. Non dormo.”

“Sei sicura?”

Le labbra di Giusy si posarono sulla sua tempia. Antonella, tra le sue braccia, sorrise, pur continuando a tenere gli occhi chiusi. Un mormorio felice si levò dalla sua bocca. Adorava il modo in cui Giusy giocava con i suoi capelli.

“Sicura.”

“Se ti vuoi riposare un attimo non c'è problema, davvero. Mi piace tanto anche stare così.”

“Mmm anche a me.”

Un altro bacio, questa volta sulla fronte. Antonella sospirò di gioia.

“Adesso mi riprendo, un momento e ci sono. Dammi dieci minuti.”

“Tutto il tempo che vuoi. Non mi muovo da qui.”



 

“Lo sai che quando dormi sembri quasi un'altra persona?”

“Non sto dormendo.”

“D'accordo, allora rettifico, quando non dormi ma te ne stai sdraiata con gli occhi chiusi, proprio come adesso, sembri quasi un'altra persona.”

“Sarebbe un complimento o un insulto?”

“Diciamo che è più un'osservazione.”

“Ah sì, e sentiamo perché sembro diversa?”

“Non lo so, sei più tranquilla, sembri un angioletto. Penso di non averti mai visto così calma e pacifica in tutta la mia vita.”

“Allora è un complimento.”

“Forse, una specie diciamo. Vedi di non abituartici.”

“È quello che ci diciamo sempre, no? Ogni volta che ci vediamo dovrebbe essere l'ultima, promettiamo di dimenticarcene e che non succederà più, e alla fine poi siamo sempre punto e a capo.”

“E questo ti dispiace? Perché al momento direi che nessuna di noi due ne sembra molto afflitta.”

“Infatti non mi dispiace. Dico solo che forse, arrivate a questo punto, potremmo anche smetterla con questo giochino.”

“Forse. Però se lo facessimo, tu dovresti ammettere che ti piace una delle popolari, una di quelle ragazze provinciali racchie, sciatte e noiose.”

“E tu invece dovresti ammettere che ti piace una delle divine, anzi, la leader delle divine mia cara, vuota e superficiale, praticamente tutto quello che non sopporti.”

“Non l'ho mai pensato veramente, per la cronaca. Cioè, so che l'ho detto tante volte e senza troppi giri di parole, anche in maniera gratuita spesso, però non significa che lo pensassi sul serio. Era solo un modo per proteggermi, perché... Perché tutte le volte che ti vedevo io mi sentivo a disagio e non sapevo in quale altro modo gestirlo. E sinceramente, non avrei mai pensato che... beh, che saremmo mai arrivate a questo.”

“No, nemmeno io.”

Antonella si girò per incontrare le sue labbra, accarezzandole il collo. Il sapore dei baci di Giusy era qualcosa di cui non si sarebbe mai stancata.

“Però lo vuoi?” le domandò con timidezza, bisognosa di conferme.

“Però lo voglio. Tu?”

“Tu che dici?”

Quando si sporse in avanti per chiedere un altro bacio, Giusy si ritrasse. Il modo in cui la stava guardando non lasciava dubbi: voleva sentirglielo dire a parole. Antonella non era brava in questo genere di cose, ma decise che per lei un piccolo sforzo lo avrebbe fatto. In fondo ne valeva la pena.

“Sì, lo voglio anch'io. Cioè, non... Non dobbiamo per forza farne un affare di stato, no? Anche se abbiamo le nostre divergenze, per qualche strano motivo tu piaci a me e io piaccio a te, tutto qua.”

Antonella si morse il labbro inferiore e distolse lo sguardo. Non poteva rischiare che Giusy scoprisse la verità.

“Sì, incomprensibile direi.”

“Per cui, sì insomma, volendo potremmo anche...”

“Sì? Continua.”

“Beh, potremmo anche smetterla di fingere e continuare a vederci. Senza che lo sappia nessuno, ovvio.”

“No, certo, ci mancherebbe solo. Però sai che non è tanto male come idea, in fondo in fondo?”

Il collo di Giusy era così vicino alle sue labbra che resistere alla tentazione le fu impossibile. La bocca di Antonella si posò sulla sua pelle soffice, per posare un bacio in un punto che sapeva essere particolarmente sensibile. Il gemito di piacere che Giusy esalò subito dopo mandò un brivido giù per la sua schiena.

“No?”

“No, per niente.”

“Cioè, non ci dobbiamo mica sposare alla fine, è solo un modo come un altro di passare il tempo, niente di più.”

“Esatto, mi hai tolto le parole di bocca.”

Un altro bacio sul collo. Poi un altro ancora. Giusy a quel punto si spostò per cercare le labbra di Antonella, che incontrò con un grande sorriso. Ci volle poco prima che la ragazza mora, tra un bacio e l'altro, si girasse per tornare a sdraiarsi sopra Antonella, la quale la guardò con desiderio. Le sue mani erano praticamente incollate al corpo di Giusy, così come il suo sguardo.

“Sbaglio o la voglia di non dormire ti è già passata?” Giusy le sussurrò all'orecchio, prendendola in giro.

Quel suo atteggiamento spavaldo e un po' presuntuoso la attirava tantissimo – anche se mai e poi mai glielo avrebbe fatto sapere.

“Molto perspicace.”

“Vediamo se indovino anche di che cosa hai voglia adesso allora.”

Antonella chiuse gli occhi. Chissà perché, aveva la forte sensazione che lei già lo sapesse.


 

Il rumore della pioggia in sottofondo aveva reso il tutto ancora più magico. Ogni concezione dello spazio e del tempo si era come annullata per Antonella, la quale aveva avuto in mente solo e soltanto Giusy per tutto il tempo in cui avevano fatto – o per meglio dire, rifatto – l'amore quel pomeriggio. La testa svuotata di ogni pensiero si era goduta pienamente le sensazioni intense e fortissime che i baci e le carezze di Giusy avevano provocato in lei, perdendosi ancora una volta nel piacere mentre Giusy riempiva di attenzioni ogni angolo del suo corpo. Antonella non si era mai sentita tanto amata prima di allora, tanto desiderata per ciò che realmente era, senza il bisogno di nascondersi. Giusy voleva soltanto lei, così come Antonella non voleva altri che Giusy.

Dopo essere venuta, Antonella si rifugiò ancora una volta tra le sue braccia in cerca di coccole. Tutti i pensieri che normalmente la preoccupavano adesso non sembravano più così importanti – Giusy le faceva i grattini sulla schiena e giocava con i suoi capelli, e lei nel frattempo sonnecchiava. Di tanto in tanto si scambiavano qualche frase sconnessa o qualche bacino, a volte persino si stuzzicavano a vicenda mentre ridevano, e per entrambe in qualche modo aveva tutto perfettamente senso. Stavano bene così, felici l'una con l'altra.



 

“Dovremmo andare a farci una doccia.”

Antonella grugnì e sospirò.

“Sì.”

Non aveva alcuna intenzione di alzarsi dal letto, naturalmente .

“Sono seria Anto,” Giusy la riprese dolcemente.

Le sue labbra si posarono sulla fronte di Antonella.

“Mh-mh.”

“Cosa vuoi mangiare stasera?”

“Prendiamo una pizza, no? Dovremmo ordinare in effetti, di domenica di solito chiama sempre molta gente.”

“Appunto ormai è tardi, chissà quando ci arriva. Non facciamo prima a cucinarci qualcosa noi qua in casa?”

Antonella gettò uno sguardo alla sveglia elettronica che aveva sul comodino, mentre Giusy le scostava alcune ciocche di capelli dal viso.

“Cucinare?” ripeté poi, quasi confusa.

“Sì, perché? Hai presente quella cosa che si fa con le pentole, padelle, fornelli e attrezzi simili?”

“Vagamente, forse qualche volta ne ho sentito parlare. Non è un'attività molto comune in questa casa te lo dico, il massimo che facciamo è riscaldare al microonde i surgelati.”

“Ti preparo io qualcosa se vuoi, così ti insegno.”

Oh. Perché l'idea di Giusy che cucinava per lei sembrava tanto invitante?

“Buona fortuna, accomodati pure se ti va. Va già bene se in cucina trovi il sale e l'olio, al massimo del riso e qualche pacco di pasta se siamo fortunate.”

“Mi inventerò qualcosa con quello che c'è allora.”

Oh.

“Ah sì?”

“Sì. Ti fidi?”

“Correrò il rischio.”

Antonella si sporse in avanti e suggellò quella promessa con un bacio. All'improvviso, l'idea di alzarsi dal letto non sembrava più così terribile.

….

 

Quando Giusy fece partire l'acqua nella doccia, Antonella corse al muro per evitarne gli schizzi. La temperatura dell'acqua a casa sua ci impiegava sempre qualche minuto per passare da fredda a calda come piaceva a lei, ragion per cui sapeva di doversi mettere al riparo.

“Si può sapere che stai facendo?” chiese Giusy, reggendo la manichetta nella mano destra. L'occhiata divertita che le rivolse fece arrossire Antonella, che si portò le braccia al petto sulla difensiva, come per ripararsi.

“Come che sto facendo?! L'acqua è gelata, io non la tocco prima che diventi calda!” esclamò, come se fosse stata una cosa ovvia.

“Gelata, che esagerata su! È praticamente tiepida,” replicò Giusy, ridacchiando.

Poi, come per dimostrare la sua ipotesi, la mora allungò la mano sinistra e toccò il getto d'acqua, avvicinandosi nel frattempo di qualche passo verso Antonella.

“Non ti avvicinare con quel coso! Giusy, sono seria, guarda che ti butto fuori,” la avvertì Antonella in totale serietà, allungando un braccio per indicare la porta del bagno. Conoscendo il carattere dispettoso e spesso irritante di Giusy, non voleva certo rischiare di prendersi una bella doccia fredda, una delle cose che lei più detestava in assoluto.

Apparentemente l'avvertimento sembrò funzionare, visto che Giusy si fermò. Comunque, giusto per precauzione, Antonella si voltò verso il muro e le diede la schiena. Sapeva benissimo che Giusy sarebbe stata capace di farle abbassare la guardia per poi coglierla di sorpresa in qualunque momento, proprio quando lei meno se lo sarebbe aspettato. Doveva stare in allerta.

“Addirittura le minacce?”

“Per tua informazione la mia salute è molto delicata, devo stare attenta agli sbalzi di temperatura altrimenti rischio di ammalarmi o addirittura rimanere bloccata per la cervicale, per non parlare della mia pelle che è molto sensibile!”

“Oh poverina, hai una pelle sensibile!” ripeté Giusy, facendole il verso. Certe volte era proprio insopportabile.

“Sì, molto. Che cosa fai ora?"

Giusy infatti appoggiò proprio in quel momento la manichetta nel suo apposito spazio al muro, con il getto d'acqua rivolto nel verso opposto rispetto ad Antonella. Poi, una volta disarmata, continuò ad avanzare verso di lei. Antonella non si oppose, primo perché anche volendolo non aveva alcuna via di fuga, e in secondo luogo era curiosa di scoprire che cosa avesse in mente. Non dovette attendere molto per scoprirlo: non appena si trovò alle sue spalle, Giusy la abbracciò da dietro cingendole la vita. La schiena di Antonella era completamente premuta contro il suo petto e i suoi seni, già di per sé una sensazione bellissima che fu intensificata nel momento in cui le labbra di Giusy si posarono sul suo collo per lasciarle un bacio, appena sotto il suo orecchio. Antonella dovette mordersi le labbra per impedirsi di gemere. Il fatto che avessero entrambe i capelli legati poi non la aiutava per niente, anzi, Giusy in questo modo era ancora più facilitata nella sua impresa – il che non era affatto giusto.

“Ti tengo al caldo,” Giusy le sussurrò poi all'orecchio. Le sue mani leggermente bagnate cominciarono ad accarezzarle l'addome, e Antonella avvertì le sue ginocchia vacillare. Era un colpo basso, anzi, bassissimo. “Hai detto che devi proteggerti dagli sbalzi di temperatura, no?”

“In effetti sarebbe...” esalò, reprimendo un altro gemito, “sarebbe molto importante.”

“Ci penso io allora.”

Antonella chiuse gli occhi, perdendosi nei suoi baci. Le labbra di Giusy formarono una scia che percorse il suo collo e poi le sue spalle, mentre le mani girovagarono liberamente per un paio di istanti e poi si posarono sui suoi seni, stringendoli e palpandoli. Questa volta, Antonella non riuscì a reprimere i gemiti di piacere.

“L'acqua è calda,” la informò poi Giusy, quando qualche minuto dopo allontanò una mano dal suo corpo, probabilmente per sentire la temperatura.

“Sì? Sei sicura?” sospirò Antonella.

Non le sarebbe dispiaciuto passare un altro po' di tempo così, in tutta franchezza.

“Ti faccio sentire,” le offrì Giusy, facendo un passo all'indietro. Antonella la seguì, e lasciò che l'altra ragazza conducesse gentilmente la sua mano verso il getto d'acqua, ora molto più caldo. Adesso si iniziava a ragionare.

Quando Giusy fece un altro passo all'indietro e allontanò anche l'altra mano dal corpo di Antonella, quest'ultima finalmente si voltò per guardarla in faccia. Fu allora che Giusy, impugnata di nuovo la manichetta, la puntò di colpo verso di lei, bagnandole l'addome, il torace e il collo con un sorrisetto soddisfatto dipinto sul viso.

“Josefina Beltran!” gridò Antonella, colta di sorpresa. “Ti avviso che se mi si bagna anche un solo capello l'unica cosa che mangerai stasera sarà il pane dell'altro ieri!” la minacciò, seppur ridacchiando.

“Ah, ma che paura!”

“Guarda che sono serissima! No dico, hai idea del tempo che mi ci vuole per lavarmi i capelli, asciugarli e farmi la piega per farli venire esattamente come voglio io? Non tutti abbiamo la fortuna di avere i tuoi bei ricci naturali,” disse senza pensare, lasciandosi sfuggire inavvertitamente quel complimento.

Giusy allora abbassò il getto d'acqua sulle gambe di Antonella e si avvicinò di nuovo a lei. La sensazione dell'acqua calda sulla sua pelle le diede conforto.

“Allora vorrà dire che faremo attenzione,” la tranquillizzò Giusy, ora in tono più serio. “Non voglio perdere neanche un minuto di questa serata.”

La sua mano libera accarezzò la guancia di Antonella, poi le loro labbra si ricongiunsero. Non avrebbe voluto dargliela vinta così facilmente, eppure non sapeva proprio resistere alla sua dolcezza.

Si insaponarono quasi senza parlare, tra sguardi timidi e un po' imbarazzati e risatine coperte dal rumore dell'acqua che scorreva. Antonella tentò miseramente – e fallì – di mascherare le sue occhiate piene di desiderio al corpo perfetto di Giusy, mentre pregustava felicemente il loro dopocena. Quando Giusy si offrì di metterle il bagnoschiuma sulla schiena se lo lasciò fare senza esitazione, e sentì il proprio corpo rilassarsi subito sotto il tocco fermo e delicato di lei, come se la tensione accumulata evaporasse assieme all'acqua calda.

Si girò verso Giusy non appena ebbe finito e senza bisogno di parole l'altra si voltò, permettendole di fare la stessa cosa. Antonella fissò la sua schiena nuda in silenzio mentre faceva il possibile per memorizzare ogni sporgenza e curvatura che tastava con le mani.

Non avrebbe mai immaginato che toccare un'altra persona potesse essere così bello.



 

Alla fine, Giusy mantenne la promessa.

Uscita dalla doccia, Antonella le diede una delle sue felpe da indossare per stare in casa e dei pantaloni larghi color verde, così che Giusy potesse stare comoda. Con la televisione accesa in sottofondo, quest'ultima aveva osservato attentamente la sua dispensa semivuota per poi dichiarare con un sorriso trionfante che aveva deciso cosa prepararle: un bel risotto all'argentina. Certo non avevano a disposizione il pollo, ma avrebbero fatto senza.

Soltanto pelare le patate e tagliarle per Antonella fu un'impresa impossibile, e infatti nel lasso di tempo che impiegò per fare la prima Giusy, che le aveva gentilmente lasciato usare il pelapatate e di conseguenza aveva dovuto accontentarsi di un coltello, ne aveva già tagliate cinque, naturalmente accompagnata dalle varie lamentele di Antonella e varie imprecazioni. Fortuna che erano in due, altrimenti lei da sola ci avrebbe impiegato un'eternità. Comunque, Giusy stranamente invece che prenderla in giro la rassicurò, spiegandole che era normale all'inizio avere difficoltà e che ci voleva un po' di pratica prima di acquisire manualità. Ad un certo punto, forse esasperata, si sedette persino vicino a lei e le prese le mani con pazienza per farle vedere concretamente come fare e aiutarla nei movimenti. Antonella si sentì arrossire più del dovuto, non tanto per la vicinanza fisica, alla quale ormai si stava più o meno abituando, ma soprattutto per il fatto di star ricevendo aiuto in una cosa in cui lei era profondamente impedita. Questo, inevitabilmente, la metteva in una posizione di vulnerabilità – per quanto effettivamente avesse un disperato bisogno di assistenza. Era il tipo di persona che avrebbe negato fino alla morte di essere in difficoltà, piuttosto preferiva annegare nel suo brodo in silenzio. Quella sera però, stranamente si lasciò fare in modo passivo, pur provando un lieve senso di disagio. E in effetti, seppur in minima parte, l'intervento di Giusy riuscì ad aiutarla e le permise di velocizzarsi un po'.

Il resto della preparazione non era poi tanto complicato. Seduta al tavolo poco distante, Antonella osservava con aria assente Giusy che di tanto in tanto aggiungeva acqua alla padella con il riso e lo girava con il mestolo in legno, per evitare che non si attaccasse. C'era qualcosa di estremamente domestico in quel quadretto, quasi familiare. La cucina, il risotto, il vapore che usciva dalla padella mentre Giusy mescolava, la tv in sottofondo, la tavola apparecchiata e la sua felpa larga... c'era qualcosa nell'aria che dava come l'impressione ad Antonella che in quel momento loro due, beh, sembrassero quasi una coppia, che chiunque vedendole da fuori lo avrebbe pensato subito. Beh, certo, poi c'era anche il fatto che avevano passato metà pomeriggio a fare l'amore nel suo letto e coccolarsi – e l'altra metà a casa di Giusy a stare abbracciate nell'oscurità. Insomma, qualcosa che lo potesse far pensare in fondo in fondo c'era. Il solo pensiero mandava Antonella nel panico.

Cioè, non che Giusy poi non le piacesse in fin dei conti, era una bellissima ragazza, intelligente, spiritosa e stava pian piano scoprendo che sapeva essere anche molto dolce quando voleva – cosa che tra parentesi la mandava completamente in tilt – ma non era quello il punto. Il punto era che Antonella non era certo pronta per una relazione, cioè, non una relazione con lei almeno. Se fosse stato un ragazzo, allora non ci sarebbe stato alcun problema, in fondo doveva solo farsi portare al cinema o a cena fuori due o tre volte a settimana, farsi accompagnare a fare shopping al centro commerciale e magari qualche volta gli avrebbe permesso di venire con lei in sala registrazioni ad ascoltarla cantare, nulla di troppo complesso no? Il suo rapporto con Giusy però era completamente diverso, aveva basi ben più profonde e richiedeva intimità, maturità emotiva e sincerità, tutte cose che la spaventavano da morire. Come poteva lei farle da fidanzata, tenerla per mano a scuola, farle dei regali, portarle dei fiori, presentarla a sua madre (cioè, ufficialmente, come la sua ragazza), aprirsi con lei e fidarsi, dirle frasi stupide e sdolcinate, magari persino cucinare per lei? La sola idea la faceva sentire soffocare. Antonella non era proprio il tipo da cose del genere, men che meno con un'altra ragazza. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era farsi vedere debole e vulnerabile da qualcuno che a lungo andare avrebbe potuto lasciarla o ferirla. Dare ad un'altra persona così tanto potere su di lei era inaccettabile – bastava pensare a com'era andata a finire con... no, meglio non pensare a quella storia adesso.

Questo però non significava che volesse rinunciare a Giusy. In fondo stavano bene insieme, le piaceva avere qualcuno con cui parlare, ridere, scherzare e che fosse in grado di capirla. Però... allo stesso tempo, non voleva neanche infilarsi in qualcosa di troppo grande per lei e soccombere al peso di obblighi e aspettative, rischiando che alla fine ne rimanessero entrambe ferite e di causare quindi un gran macello per tutti.

Forse, per evitare fraintendimenti e litigi nel futuro, la cosa più logica da fare era mettere in chiaro le cose fin da subito. Almeno così Giusy non avrebbe potuto pretendere niente da lei, e se la cosa non le fosse andata bene, se non altro Antonella lo avrebbe saputo subito e se ne sarebbe fatta una ragione, senza rancore – anche se sperava davvero che non succedesse. L'idea di perderla proprio ora che avevano iniziato ad avvicinarsi l'avrebbe lasciata piuttosto contrariata se doveva essere sincera, forse anche un pochino delusa.

“Sai una cosa,” esordì dunque Antonella, un po' nervosamente, “stavo pensando che forse, così per non confonderci, potremmo mettere qualche regola a questo rapporto. Che cosa ne pensi?”

Giusy si voltò verso di lei.

“Regole?” ripeté, con un sopracciglio alzato.

“Sì, per... per evitare di discutere o sai, così, almeno sappiamo entrambe fin da subito cosa aspettarci e quello che possiamo e non possiamo fare, come le cose che ci danno fastidio per dire.”

“Non ne capisco molto il senso, ma se preferisci così va bene. Che regole avresti in mente?”

Giusy mise il coperchio sopra la padella e le rivolse un piccolo sorriso rassicurante.

“Guarda che lo dico anche per te eh, se c'è qualcosa che non ti piace o qualche atteggiamento che non sopporti me lo puoi dire così evito di farlo, conviene a entrambe no?”

“Lo sai Antonella, penso che quello che hai appena descritto si chiami dialogo, non so se hai mai sentito parlare di questo concetto,” la prese in giro dolcemente. Mentre parlava si avvicinò ad una delle sedie del tavolo accanto a quella di Antonella e la spostò per avvicinarla a quest'ultima, poi si sedette e con le braccia circondò la vita della ragazza. Cogliendone il tacito invito, Antonella lasciò che Giusy la tirasse a sé per mettersela a sedere sulle sue ginocchia, stringendola per la vita per far sì che non cadesse. Le sue mani le accarezzarono lentamente l'addome, in piccoli movimenti che Antonella trovò estremamente rilassanti. Socchiuse gli occhi, lasciandosi stringere in silenzio. La voglia di ribattere al suo commento sarcastico le era completamente passata.

“Però comunque va bene, sentiamo un po' queste regole,” la incoraggiò poi Giusy.

“Devi contribuire pure tu però, altrimenti non ha senso,” continuò Antonella. Non voleva sentirsi come quella che dettava legge e si imponeva, quella che faceva i capricci e aveva mille esigenze. Se anche Giusy avesse partecipato la situazione sarebbe stata più paritaria, sarebbe stato più giusto.

“Come sei democratica oggi,” scherzò Giusy, sussurrandole all'orecchio. Le sue labbra si posarono sul collo di Antonella, lasciandole un piccolo bacio sotto il lobo destro. Poi allungò un braccio per prendere uno dei tovaglioli sul tavolo e una penna, che mise tra le dita di Antonella subito prima di tornare a cingerle la vita. “Vai, segniamo la regola numero uno.”

“Allora, se sei d'accordo,” cominciò Antonella, leggermente in imbarazzo, “come prima cosa direi che sarebbe meglio non frequentare altre persone fintanto che questa cosa va avanti. Cioè, non che a me importi figurati se sono gelosa, lo dico più che altro per una questione igienica, tra malattie e cose varie è meglio non correre rischi...” tentò di dissimulare, tenendo lo sguardo fisso sul tovagliolo aperto davanti a lei.

Naturalmente non era vero niente. O per meglio dire, non erano tanto le malattie a preoccuparla in realtà. Ad essere sincera, il solo pensiero di Giusy che baciava un altro ragazzo, o ancora peggio, un'altra ragazza, l'avrebbe mandata su tutte le furie – così come lei al momento non sarebbe stata in grado di vedersi con nessun'altra persona, né maschi né femmine, soltanto Giusy le interessava. Antonella sapeva di non poterglielo vietare, però ammettere questo suo desiderio avrebbe significato anche ammettere di desiderare un rapporto esclusivo, e questo naturalmente avrebbe implicato di conseguenza anche tutti gli altri obblighi che una relazione comportava. Nascondersi dietro il pretesto delle malattie era la soluzione perfetta – in questo modo riusciva comunque ad ottenere ciò che voleva senza però doversi esporre.

Restava soltanto da capire se Giusy fosse d'accordo o meno.

“Sì, anche io penso sia meglio così,” confermò Giusy poco dopo.

Antonella fece un sorriso trionfante.

“Però questo non significa che abbiamo una relazione, è solo per precauzione,” ribadì con imbarazzo, mentre trascriveva sul tovagliolo quella prima regola.

“Per precauzione, certo, sono d'accordo.”

“Poi, regola numero due, che è quello che abbiamo già concordato prima alla fine, nessuno deve venire a saperlo. Neanche Patty, capito?”

“Certo, chiarissimo. Figurati se mi sogno di andare a dirlo a Patty poi, tra tutti...” mormorò Giusy, quasi sovrappensiero.

Antonella inarcò un sopracciglio.

“E perché scusa? Cioè, perché proprio Patty tra tutti?” chiese, con evidente disappunto. In fondo che cosa aveva Patty di tanto speciale rispetto a Sol o Tamara, per dire? Certo, in passato Antonella gliene aveva fatte tante, ma sapevano tutti che era troppo buona – e fessa, al contrario di Giusy – per serbare rancore, soprattutto considerato che nell'ultimo anno i litigi tra loro erano diventati molto meno frequenti. O forse Giusy si vergognava a parlare di lei alla sua cara amichetta, sempre così gentile e dolce con tutti al contrario suo, costantemente dipinta come il mostro brutto e cattivo?

“Beh, con tutte le volte in cui ti ho presa in giro o criticata parlando con lei, con che faccia le racconto cos'è successo tra noi?” spiegò Giusy.

Dunque era più che altro una questione di credibilità, pensò Antonella tra sé e sé. In effetti, Giusy tutti i torti non li aveva.

“L'ho sempre detto io che chi disprezza compra, mia cara,” scherzò Antonella con un sospiro, mentre con la penna annotava la regola numero due.

“Come se tu non avessi fatto lo stesso con me,” Giusy le rispose a tono.

Le sue mani strinsero a sé Antonella ancora più forte mentre le posò due baci sulla guancia, estremamente vicini all'angolo della bocca. Colta in fallo da quel gesto di dolcezza, Antonella lasciò cadere la penna sul tavolo e si voltò con la schiena verso Giusy per catturare di nuovo le sue labbra, dispiegate in un sorriso felice. Se non altro erano entrambe consapevoli di avere la credibilità di due clown quando si trattava dei loro sentimenti.

Dopo circa cinque minuti, la lista era pronta. Antonella aveva scritto tutto quello che le era venuto in mente per far sì che rimanesse ben chiaro il fatto che non avevano una relazione, imponendo chiari limiti. Giusy aveva perlopiù approvato senza avere tanto da ridire, e così il loro documento-tovagliolo si era presto riempito:

  1. Fintanto che continuiamo a vederci, non si frequentano altre persone.

  1. Nessun altro deve venire a sapere del nostro rapporto, amiche strette incluse.

  1. A scuola e davanti agli altri ci comporteremo come sempre per evitare che gli altri capiscano.

  2. Quando una delle due decide che vuole terminare la relazione, la storia finisce senza rancore. Finché dura va avanti, senza aspettative o piani per il futuro.

  1. Niente scenate di gelosia se passiamo del tempo con altri ragazzi o ragazze, specialmente in pubblico.

  2. Niente contatto fisico in pubblico o altre cose del genere.

  3. Niente cose tipiche delle relazioni (appuntamenti, regali, cose sdolcinate, cene con le famiglie etc.)

  4. Useremo il cellulare soltanto per necessità pratiche o per decidere quando vederci, non per sentirci tutti i giorni.

  5. Per non destare sospetti è meglio non vedersi troppo spesso e soprattutto non fermarsi a dormire l'una a casa dell'altra.

L'unico punto sulla quale Giusy aveva avuto da ribattere era stata la parte che vietava di cenare con le rispettive famiglie, sia da un punto di vista pratico – sarebbe stato più semplice infatti vedersi di pomeriggio, mangiare a casa e poi trascorrere assieme anche il resto della serata – sia da uno logico, visto e considerato che Giusy conosceva bene Bianca così come Antonella i suoi genitori. Quest'ultima però non aveva voluto sentire ragioni. Non voleva cerimonie formali, non voleva trovarsi nella posizione di dover dare “spiegazioni” sulla loro “amicizia”, non voleva nulla che non fosse necessario. E così, Giusy aveva accettato anche quella clausola.

Dopo aver riletto ed approvato la stesura finale, la mora si alzò per tornare a girare il risotto e aggiungere acqua. Tuttavia, Antonella continuava a guardare la lista con la fronte aggrottata, sentendosi come se ci fosse stato qualcosa che mancava. Forse era il numero nove che le dava fastidio, così vicino al dieci che invece era molto più completo ed equilibrato come numero, sarebbe stato più adatto per una lista di regole. Eppure, anche sforzandosi, non riusciva a farsi venire in mente nulla che sentisse la necessità di aggiungere. D'altra parte, mettere una regola inutile tanto per fare cifra tonda sarebbe stato stupido...

Ad un tratto le venne un'idea. Riempire quell'ultimo spazio era molto più semplice di quanto pensasse.

“Senti Giusy stavo pensando una cosa,” esordì Antonella, alzando lo sguardo su Giusy che al momento le stava dando la schiena. “Perché non aggiungi anche tu una condizione, così arriviamo a dieci? È più giusto così, no?”

Giusy si voltò verso di lei. La osservò in silenzio per qualche istante con un sopracciglio inarcato e un sorriso stupito, e Antonella per un momento credette che le avrebbe risposto con una battuta sarcastica delle sue o una qualche scemenza. Invece, dalle sue labbra uscì solo una parola.

“Sincerità.”

Antonella inclinò leggermente la testa di lato, mentre l'altra si avvicinò a lei. Questa volta si sedette sulla sedia accanto alla sua e la guardò negli occhi, con aria più seria.

“L'unica cosa che voglio da te Antonella è che tu sia sincera con me, d'accordo? Se c'è qualcosa che non ti va bene o che ti fa stare male, se hai qualcosa da dirmi o se più avanti preferissi chiudere e smetterla di vederci dimmelo e basta, senza bugie o giochetti. Solo questo ti chiedo.”

Antonella deglutì nervosamente. La sincerità era un concetto alla quale non era abituata per nulla e questo un po' la preoccupava – non riusciva ad essere pienamente onesta nemmeno con se stessa, figurarsi poi con un'altra persona. Tuttavia, la condizione di Giusy in fondo le sembrava equa. Non dovevano mica condividere ogni minima cosa alla fine, poteva comunque omettere e tenere per sé tutto ciò che non si sentiva di esternare, però era giusto che, qualora si fosse presentato un problema più avanti, Giusy lo sapesse chiaramente, senza essere presa in giro. In fondo Antonella avrebbe voluto che lei facesse altrettanto, se ad esempio avesse scoperto che Giusy in segreto si vedeva con un'altra persona alle sue spalle lei come minimo sarebbe andata su tutte le furie (qualcosa sotto sotto le diceva che la regola sulla gelosia probabilmente non sarebbe stata così semplice da rispettare, così, ad istinto). Se non altro quell'ultima clausola tutelava anche lei e se mai avesse avuto dei dubbi su Giusy o a scuola qualche ragazzo avesse cominciato a fare lo scemo con lei (cosa molto probabile), Antonella si sarebbe sentita più tranquilla nel parlarle, sapendo di potersi fidare della sua parola.

“D'accordo, mi sembra giusto,” rispose, un po' tentennante. “La sincerità non è proprio il mio forte, però ci voglio provare.”

Per Giusy, ci avrebbe provato.

“Beh, se non altro l'hai ammesso, direi che è un buon inizio,” scherzò la mora.

Con un sospiro divertito si alzò in piedi e poi si chinò su Antonella, prendendole il viso tra le mani per lasciarle un bacio a fior di labbra. Antonella chiuse gli occhi e sorrise, godendosi la sensazione fluttuante di farfalle nello stomaco.

Poi, Giusy tornò ai fornelli. Il riso doveva essere quasi pronto. Antonella la guardò con aria assente mentre rompeva le uova e le aggiungeva in padella, mescolandole al resto. Abbassò lo sguardo sul tovagliolo ancora sul tavolo e prese la penna, per trascrivere la regola numero dieci, l'ultima.

 

  1. Sincerità.




Nota dell'autrice:
Questo capitolo è sostanzialmente un'overdose di fluff, comfort e domesticità, cosa verrà dopo d'altra parte..... Insomma, godiamoci un momento di serenità tanto per cambiare. Grazie alle persone che stanno leggendo la storia, lo apprezzo molto! Come già preannunciato, il prossimo capitolo riprenderà la storia iniziando con un altro nucleo narrativo, finalmente. Per inciso, non sto ignorando l'esistenza di Guido o Matias (o Bruno e Gonzalo), se non sono ancora stati menzionati un motivo c'è, più avanti si verrà sapere che cosa è successo di preciso e come mai non sono apparsi. A presto!

 

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Capitolo 8
*** IV. Niente ***


Cinque anni dopo


 

Giusy tornò a casa quel lunedì sera sentendosi esausta. Era uno di quei giorni in cui nulla sembrava andare per il verso giusto, in cui ogni cosa, anche la più piccola, sembrava oltremodo pesante. Si lasciò cadere pigramente sul divano dopo aver appeso la giacca all'attaccapanni del corridoio e tirò fuori il telefono dalla tasca, con l'intento di lasciar sbollire un po' lo stress e le tensioni accumulate. Erano ormai cinque mesi che seguiva la stessa routine, le giornate si susseguivano l'una all'altra in modo uniforme e forse un po' piatto, ma quantomeno stabile.

Poi, il suo telefono squillò.

Giusy fissò lo schermo con la fronte aggrottata, perplessa nel leggervi un numero sconosciuto e non salvato in rubrica. Qualcuno la stava chiamando, qualcuno che non era tra i suoi contatti. Forse normalmente si sarebbe limitata ad ignorare la chiamata senza darci peso, sapeva bene infatti che le offerte telefoniche erano all'ordine del giorno e rispondere in quei casi equivaleva ad una perdita di tempo. Eppure quella sera, fissando con curiosità lo schermo illuminato del suo cellulare per una manciata di istanti, Giusy decise di non riattaccare. Forse perché era annoiata, forse perché non c'era molto altro che potesse fare in attesa che la cena fosse pronta, dei titoli del telegiornale le importava poco, o forse semplicemente qualcosa dentro di sé la spinse a farlo, senza una reale motivazione logica. Fece scorrere il tasto verde all'insù e si portò il telefono all'orecchio destro, poi parlò per prima.

Sì, pronto?”

Silenzio. Passarono diversi secondi, ma nessuno fiatava dall'altra parte. Per un istante Giusy pensò ad uno scherzo o ad un problema nella linea, tuttavia decise istintivamente di fare un altro tentativo. Se nessuno rispondeva, avrebbe riattaccato. “Pronto, c'è qualcuno?”

La risposta arrivò.

Giusy, sono io. Come stai?”

Il sangue le si gelò nelle vene. Quella voce... no, non poteva essere. Doveva essersi confusa senz'altro, sì, non c'erano dubbi. Per forza.

Io chi?” chiese nervosamente. Le mani le tremavano.

Sul serio hai dimenticato il suono della mia voce? Sono Antonella. Giusy, ci sei ancora?”

Antonella.

Quel nome la colpì come una doccia fredda, come un camion che la travolse in pieno petto lasciandola momentaneamente stordita. Giusy ebbe bisogno di svariati istanti per assimilare ciò che aveva appena sentito, nonostante si trattasse di appena due parole.
 

Sono Antonella.

 

Di fatto, erano tanti anni che le due non si vedevano né sentivano. Come poteva Antonella anche solo pensare di ricontattarla in quel modo, con una chiamata improvvisa e senza alcuna spiegazione, come se fosse stata una cosa normale?! O si trattava di uno scherzo di cattivo, anzi, di pessimo gusto, o aveva completamente perso ogni traccia di buonsenso.

È uno scherzo vero?” sibilò Giusy, a corto di fiato. Fu l'unica cosa che ebbe la forza di dire.

No, nessuno scherzo, sono io te lo assicuro. Puoi chiedermi qualsiasi cosa se non mi credi.”

Ancora una volta, faticò a rispondere. Fu come se la terra le stesse svanendo da sotto i piedi, come se ogni sua certezza stesse crollando. Deglutì nervosamente e fece un sospiro. Il cuore le batteva a mille, e non erano più solo le sue mani a tremare ma tutto il suo corpo. Nel corso di tutti quegli anni, Giusy aveva pensato tra sé e sé ad almeno un milione di cose che che avrebbe voluto dirle, eppure adesso non riusciva a farsene venire in mente nemmeno una. Non riusciva neanche a capacitarsi di star parlando con lei per davvero, a dirla tutta.

Che cosa vuoi?”

La faccio breve, ti ho chiamato solo per dirti che sto tornando a Buenos Aires, ho il volo domani mattina. Volevo sapere se ti va di vederci nel fine settimana. C'è una cosa molto importante che ti devo dare, non ti terrò molto se sei impegnata.”

Ah.

Sul serio credi che io abbia voglia di vederti, dopo tutto questo tempo poi?!” replicò Giusy istintivamente, quasi come se Antonella fosse stata un pericolo dal quale voleva mettersi al riparo.

Io lo so che non ho il diritto di chiederti niente, però io ci tengo, è una cosa molto importante...”

Appunto, non hai il diritto di chiedermi niente,” ripeté Giusy. “Puoi pure tenerti qualsiasi cosa tu abbia, non me ne frega niente Antonella. E cancella il mio numero, non ti voglio più sentire. Tu per me non esisti più ormai, non sei più niente.”

Le parole le arrivarono alla bocca e lasciarono le sue labbra prima che Giusy ebbe il tempo di pensarle. Uscirono e basta, in modo quasi automatico. Poi, la ragazza prese il telefono e chiuse la chiamata. Il suo cuore batteva così forte che pareva stesse per esplodere. Restò in silenzio per svariati minuti, seduta sul divano con lo sguardo perso nel vuoto e il suono della televisione in sottofondo che echeggiava per il salotto. Avrebbe voluto calmarsi ma era praticamente impossibile, non riusciva nemmeno a smettere di tremare né a regolare il suo respiro leggermente affannoso. Era come se quella breve telefonata avesse aperto una lacerazione all'interno del suo petto, un buco nero gigante che risucchiava ogni cosa, facendola sentire completamente svuotata. E non era giusto. Giusy strinse i pugni e si arrabbiò con se stessa, constatando quanto potere Antonella Lamas Bernardi avesse ancora su di lei nonostante gli anni passati, in maniera del tutto ingiusta e immeritata. Con quale diritto si permetteva di telefonarle dal nulla e avanzare richieste, rovinandole in pieno la serata oltretutto? Non era più nessuno per lei. Quella era l'unica verità che conosceva.

Poi, una voce familiare la riportò alla realtà.

Che succede?”

Una mano si posò sulla sua spalla da dietro e la accarezzò teneramente. Giusy si voltò, ricacciò indietro le lacrime e fece un sorriso.

Niente. Non succede proprio niente. Prepariamo la cena?”


 

Passarono i giorni, tre per la precisione, e Antonella non si fece più sentire. Giusy faceva il possibile per proseguire con la sua vita di tutti i giorni come se quella telefonata non fosse mai successa, tuttavia non le era così facile. Per quanto tentasse di scacciare via il pensiero, di tanto in tanto si ritrovava a controllare il suo cellulare per vedere se avesse ricevuto qualche messaggio o ci fossero chiamate perse da un certo numero – non che Giusy lo avesse salvato, figurarsi se le avrebbe dato tutta questa importanza; se lo era semplicemente imparato a memoria, a furia di fissarlo. Eppure non arrivava mai niente. Non che ci fosse nulla di sbagliato, in fondo lo aveva chiesto lei ad Antonella di non ricontattarla, per cui, forse, era meglio così... teoricamente. Nella pratica, era tutta un'altra storia. Ogni volta che camminava per il centro si domandava dove fosse Antonella, se per caso fosse nella zona anche lei e si trovassero inconsapevolmente vicine. Sussultava alla vista di ogni ragazza con i capelli castani ondulati alta circa un metro e sessanta e si guardava attorno nervosamente, cercando perennemente i suoi occhi in quelli dei passanti ignari. E neanche sapeva per cosa.

Quattro giorni dopo, Antonella la ricontattò. Questa volta non attraverso una telefonata e nemmeno per messaggio, passò invece direttamente ai fatti. Tornata dal lavoro quel venerdì pomeriggio, Giusy notò inequivocabilmente qualcosa che sporgeva dalla cassetta delle lettere. La ragazza la aprì incuriosita e oltre alla solita posta di routine e qualche volantino pubblicitario trovò un qualcosa che attirò la sua attenzione, qualcosa che sapeva bene non avrebbe dovuto essere lì: un giornale. Per la precisione, era una popolare rivista settimanale argentina che si occupava prevalentemente di gossip, musica, TV e più in generale di tutto ciò che riguardava il mondo dello spettacolo. Non ci sarebbe stato nulla di strano, se non fosse stato che sulla copertina c'era proprio una foto di Antonella a figura intera. Afferrandolo subito in mano senza nemmeno richiudere la cassetta, Giusy si affrettò a leggere lì nell'atrio ciò che era riportato là sopra: il giornale parlava di un'intervista esclusiva alla famosissima Antonella, la pop-star argentina che aveva fatto successo in tutto il mondo. Lesse poi la data di pubblicazione, riportata in alto a sinistra: 30 settembre 2014, ovvero il martedì successivo. Come poteva quella copia trovarsi nelle sue mani, se ufficialmente doveva ancora essere pubblicata? L'unica spiegazione possibile era una sola...

Doveva avergliela portata la stessa Antonella.

Ancora una volta, Giusy si sentì tremare. Il suo cuore accelerò notevolmente mentre prese in tutta fretta il resto della posta e richiuse la cassetta, affrettandosi poi a prendere l'ascensore e fare ritorno al suo appartamento al terzo piano. Appena entrata si tolse la giacca e corse sul divano, appoggiò la posta sul tavolino del salotto e si concentrò sul giornale tra le sue mani. Una parte di sé, quella più forte e logica e razionale, sapeva che avrebbe dovuto buttarlo nella spazzatura senza nemmeno aprirlo. Sapeva che dell'intervista di Antonella non avrebbe dovuto interessarle, perché ormai ciò che era successo tra loro era un capitolo chiuso, acqua passata. Eppure lei era lì. Seduta sul suo divano, a fissare in silenzio quei fogli che teneva tra le mani come fossero stati una bomba sul punto di esplodere, in grado di bruciarla viva in pochi secondi. In un certo senso, Giusy sapeva che era così. Sapeva che nel corso di tutti quegli anni Antonella non le aveva mai mandato una sua intervista, addirittura prima che uscisse poi. Se adesso si era scomodata tanto, doveva esserci di certo una buona ragione dietro, e Giusy avrebbe mentito a sé stessa se avesse detto di non star morendo dalla curiosità di scoprirlo.

Con il respiro che le tremava, Giusy si decise ad aprire la rivista. Naturalmente consultò l'indice per poter arrivare subito alla pagina dell'intervista, che incominciò a leggere con rapidità. Le prime erano le classiche domande generali che riguardavano la carriera di Antonella, i suoi tre dischi incisi, i suoi tour, il rapporto con i fan... fino ad arrivare alla parte dei suoi progetti futuri, nella quale Antonella dichiarava senza mezzi termini di voler tornare a Buenos Aires, sua città natale, e stabilirsi là in modo permanente. Parlava di una svolta importante per la sua carriera e grandi progetti in arrivo, che ancora non poteva rivelare perché era ancora tutto in divenire, una sorpresa insomma. E poi arrivava la parte relativa alla sua vita privata. Il giornalista le chiedeva se la scelta di fare ritorno nella capitale argentina così all'improvviso, dopo tanti anni passati a vivere all'estero, fosse in parte stata dettata dalla sua vita sentimentale.

La risposta di Antonella diceva così:
 

“In un certo senso sì, è così, ma non per i motivi a cui sta pensando probabilmente. Al momento sono single, sono molto riservata sulla mia vita privata ma mi piacerebbe chiarire che non c'è nessun uomo al mio fianco e mai ci sarà, sono attratta esclusivamente dalle donne.”

 

Il giornalista continuava chiedendole se fosse stato quello il motivo per il quale in tutti gli anni trascorsi non si fosse mai saputo nulla di certo sulla sua vita sentimentale e le sue frequentazioni ma fossero circolati soltanto vaghi pettegolezzi non confermati, e Antonella aveva risposto di sì, che non era stato facile per lei arrivare ad una completa accettazione e poi finalmente al coming out ma che adesso non desiderava più tenere nascosta quella parte di sé, nemmeno nelle sue canzoni.

Giusy ne rimase esterrefatta. Fissò quella stessa pagina di giornale con occhi sbarrati e il cuore che batteva a mille e rilesse quelle ultime parti almeno una decina di volte, come se potesse magicamente estrarre da esse nuove informazioni rispetto a quelle che già aveva. L'idea che Antonella avesse appena fatto coming out con il mondo intero... sembrava quasi surreale. Forse era stato questo ciò che aveva voluto dirle, dandole quella rivista? Sì, sicuramente doveva essere così.

E poi c'era quella frase, quando il giornalista le aveva chiesto se fosse tornata a Buenos Aires per amore...

 

“In un certo senso sì, è così.”

 

Giusy deglutì nervosamente. Estrasse il telefono dalla borsa e compose il numero di Antonella, senza sapere nemmeno lei per cosa. Una parte di sé moriva dalla voglia di chiamarla e chiederle cosa le fosse passato per la testa, se fosse consapevole delle conseguenze del suo gesto e ne fosse veramente convinta. E poi anche domandarle cosa intendesse dire con quella frase, sul perché fosse tornata a Buenos Aires e perché proprio ora...

Poi però si trattenne. Cancellò il suo numero dal display e allontanò il telefono, lanciandolo dall'altra parte del divano. No, non l'avrebbe cercata lei nemmeno sotto tortura. Non importava se adesso Antonella fosse libera di essere se stessa o dove vivesse, poteva anche trasferirsi dall'altra parte della strada ma ciò non poteva (né doveva) cambiare il fatto che tra loro era finita da un pezzo. Certe cose non si potevano cancellare.

Il giorno dopo, Antonella la richiamò. Giusy sapeva che non avrebbe dovuto rispondere. La forza di riattaccare, tuttavia, lei non l'aveva.

E così rispose.

Sì?”

Ciao Giusy. Volevo solo sapere se hai ricevuto quello che ti ho mandato.”

Sì, l'ho ricevuto,” replicò secca, senza fare commenti. Avrebbe voluto dire molto di più, ovviamente, ma si trattenne apposta per vedere cos'altro le avrebbe detto Antonella. “C'è altro?”

Immagino tu l'abbia anche letto allora, visto che hai deciso di rispondermi...” aggiunse l'altra. Nonostante fosse passato tanto tempo dal loro ultimo incontro, per Giusy lei rimaneva un libro aperto, tant'è che riconobbe subito l'incertezza nella sua voce e forse anche un po' di paura, dovuta al fatto di essersi esposta così tanto. Eppure, nonostante questo, Antonella era lì. Peccato che ormai fosse troppo tardi.

Non ho deciso di risponderti per tua informazione, ho soltanto visto un numero sconosciuto, pensavo fosse qualcosa di urgente,” mentì – beh, solo in parte comunque. “E comunque sia sì, l'ho letto, ma sinceramente non capisco perché tu me lo abbia mandato. È stata solo una perdita di tempo,” mentì ancora una volta. Se Antonella stava cercando di comunicare qualcosa, il minimo che poteva fare era dirglielo chiaramente.

Lo sai benissimo perché te l'ho mandato, non prendermi in giro.”

No, no Antonella, non lo so davvero. Te lo ripeto, non mi interessa più niente di te o di quello che fai, dove vivi o se vuoi tornare a Buenos Aires, per me puoi fare quello che vuoi, è come se non esistessi,” continuò imperterrita Giusy, decisa a non cedere. Poco importava che non fosse la verità, Antonella non meritava comunque di venire a saperla. “Ti chiedo solo di smetterla di telefonarmi se possibile, lasciami in pace.”

E tu pensi sul serio che io ci creda?”

Che tu ci creda o no per me non fa alcuna differenza, pensa un po'. E comunque il giornale mi è arrivato e l'ho anche letto, che cos'altro vuoi da me?”

Giusy esitò con il cuore in gola, come fosse stata una questione di vita o di morte.

Voglio vederti,” disse Antonella. Due semplici parole che la mandarono in tilt. “So che tu invece non vuoi vedere me e lo capisco, però volevo comunque che lo sapessi. Adesso sono qua e non me ne vado più, per cui se mai un giorno cambiassi idea e volessi ascoltare le cose che ho da dirti mi trovi a questo numero, va bene?”

Giusy rimase totalmente spiazzata. L'idea ipotetica di trovarsela davanti per parlare la mandò in confusione totale, oltre che nel panico. Doveva correre ai ripari, al più presto possibile.

Non cambierò idea stanne certa, anzi, trovo assurdo che tu lo abbia anche solo pensato!” sbottò, andando immediatamente sulla difensiva. “E solo perché tu lo sappia sono felice adesso, ho un lavoro che mi piace e convivo da mesi con la mia compagna, non ho alcun bisogno di perdere altro tempo a sentire le tue quattro stronzate, ne faccio volentieri a meno. Ti saluto Antonella.”

Un attimo dopo, Giusy si lasciò crollare sul divano. Prese la rivista e la scaraventò con violenza contro la parete opposta, dando sfogo a tutto il suo risentimento. Avrebbe voluto riuscire ad essere forte e non farsi scalfire, eppure dentro di sé si sentiva un cristallo.

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Capitolo 9
*** V. Parte prima: Chissenefrega. ***


Tempo presente

 

All'inizio, Giusy credette che sarebbe stato semplice. Erano soltanto poche regole, d'altra parte, poche e semplici. Doveva solo evitare di comportarsi come se Antonella fosse stata la sua fidanzata (perché non lo era), e le cose tra di loro sarebbero andate a meraviglia. Senza impegno. Soltanto un passatempo, uno sfogo al massimo. Più avanti avrebbe scoperto invece che attenersi a quella rigida lista era tutto tranne che semplice, che ogni divieto e imposizione pesava su di lei come un macigno. E si sarebbe presto resa conto, con un misto di stupore, rabbia e rassegnazione, che lei e Antonella erano state in grado di osservare soltanto le prime due voci all'interno dell'elenco. Tutto il resto, invece, andò presto a farsi benedire. Ci volle a malapena un mese, un mese scarso.

 

“A scuola e davanti agli altri ci comporteremo come sempre per far sì che nessuno intuisca niente.”

Il giorno dopo il loro incontro, un lunedì, Antonella e Giusy non si rivolsero né la parola né uno sguardo, neanche nella forma di un'occhiata accidentale. Giusy però pensò a lei tutto il tempo. Anzi, le poche volte in cui capitò che si trovassero vicine, Giusy si girava apposta per darle le spalle e non doverla guardare. Temeva che i suoi occhi potessero tradire i suoi sentimenti, che rivelassero al mondo cantando a gran voce cos'era successo soltanto il giorno prima in camera di Antonella. Sarebbe stata davvero capace di non arrossire osservando il suo viso, il suo collo, le sue gambe e gli zigomi delle sue guance, mentre tra sé e sé pensava al modo in cui aveva tenuto tra le sue mani e baciato tutte queste parti di lei – e che con ogni probabilità lo avrebbe rifatto e non ne vedeva l'ora? E se Patty e le altre la avessero scoperta? Era stato uno dei momenti più belli e intensi di tutta la sua vita, eppure una parte di sé inspiegabilmente se ne vergognava, quasi come una ladra.

La sera tenne il telefono accanto a sé sulla scrivania per tutto il tempo, fino a quando non andò a coricarsi, la suoneria accesa naturalmente. Antonella non chiamò, né le scrisse un messaggio. In fondo non c'era ragione per cui avrebbe dovuto farlo. Giusy contemplò un paio di volte l'idea di contattarla per prima, ma scartò l'idea quasi subito. Poteva chiederle quando voleva che si rivedessero, certo, ma era passato troppo poco tempo in fondo. Sarebbe sembrata patetica e disperata – e forse un po' lo era, ma Antonella non doveva assolutamente scoprirlo, né tutti gli altri. Prima di addormentarsi ripensò all'ampio letto matrimoniale di Antonella, alle sue lenzuola e il materasso morbido. Ripensò al modo in cui erano state abbracciate, al corpo esile e soffice di lei stretto al suo mentre sonnecchiava e talvolta borbottava cose senza senso che la facevano sorridere. E si chiedeva se anche Antonella ci stesse pensando.

L'indomani, le cose andarono nello stesso identico modo. Beh, almeno fino all'ora di pranzo. Giusy era seduta nel bar della scuola accanto a Tamara e di fronte a Sol, Patty e Belen, quando vide ad un tratto le espressioni sui volti di queste ultime tre accigliarsi e rabbuiarsi senza una spiegazione, come se avessero appena visto un fantasma. Le sue amiche smisero di parlare e Giusy non ne capì il motivo. Stava per chiedere se andasse tutto bene e cosa stesse succedendo, quando una voce alle sue spalle le diede senza che lei aprisse bocca la risposta che stava cercando.

“Scusate, è libero qua?”

Giusy e Tamara si voltarono. Antonella era in piedi che guardava con un misto di dubbio ed esitazione il tavolo da quattro posti accanto a Giusy, al momento occupato soltanto da Patty e quindi con tre sedie completamente libere. Il resto delle divine era al suo fianco, ammutolite e piuttosto perplesse.

Nessuno parlò per qualche istante.

Giusy avrebbe voluto rispondere, ma non ci riuscì. Aveva la gola in fiamme.

Cosa stava succedendo?!

“Ci stai prendendo in giro Antonella?” Sol disse infine, dando voce a quello che doveva essere stato il pensiero del resto delle ragazze presenti. Beh, tutte tranne Giusy almeno. Lei aveva altrettanta confusione in testa, ma legata ad un tipo di consapevolezza completamente diverso.

“Forse intende la sedia,” intervenne allora Tamara, “sì, potete prenderla se vi serve, come no.”

“No, intendevo, per sederci al tavolo, possiamo sederci qua?” chiarì Antonella, in modo un po' goffo ed imbarazzato. Giusy stava evitando il suo sguardo di proposito, preferiva invece tenere gli occhi fissi sul tavolo mezzo vuoto, ma poteva immaginare perfettamente quale espressione avesse assunto in quel momento la ragazza. Si sentì arrossire, per quanto stesse tentando di stare calma.

“Ma il bar ha ancora tanti posti liberi,” evidenziò Belen, guardandosi attorno.

“Ragazze dai, non facciamo le antipatiche!” si inserì allora Patty – per fortuna. “Sì, certo che vi potete sedere con noi, missà che vi servirà un'altra sedia però altrimenti in quattro non ci state, aspettate.” La ragazza più giovane si alzò con uno scatto, afferrò rapidamente una sedia vuota lì vicino e la mise a capotavola, poi tornò al suo posto di fronte a Giusy, in obliquo. “Ecco qua.”

“G-grazie, dai su ragazze mettiamoci qua, c'è spazio,” le esortò Antonella.

Subito dopo, prese posto di fianco a Giusy. Non fu più solo la gola di quest'ultima a incendiarsi allora, ma anche tutto il resto del suo corpo. Per un attimo le tornò in mente l'immagine di Antonella distesa nel suo letto senza vestiti e il modo in cui era stata sopra di lei e quasi soffocò sulla sua stessa saliva. Per fortuna riuscì a contenersi – seppur a stento.

“Scusa Giusy tu non dici niente?” chiese poi Sol, portando così l'attenzione di tutte le ragazze proprio su di lei. Giusy si sentì sprofondare. “Sul serio ti va bene che Antonella e le sue amiche si siedano qua con noi durante il pranzo?”

“B-beh, la mensa è di tutti, mica glielo possiamo impedire,” Giusy blaterò a fatica la prima cosa che le venne in mente. Il suo cuore batteva così forte che ebbe seriamente paura che le altre potessero sentirlo. All'improvviso si sentì come un imputato in un'aula di tribunale, mentre attorno a sé si svolgeva un processo per un crimine di cui era colpevole. E lo sapevano tutti, anche se nessuno lo diceva apertamente, stavano soltanto cercando un modo per farglielo confessare ad alta voce ed incastrarla. Sapeva di dover resistere in silenzio e negare, negare tutto, anche di fronte all'evidenza! Che altra scelta aveva?

“Eddai su, cosa sono queste sceneggiate?!” si inserì Antonella, giustamente spazientita. “Adesso è vietato per caso sedersi dove si vuole, non sapevo che dovessi prenotare il tavolo in anticipo,” ironizzò con una mezza risata sarcastica. Giusy le fu grata per quel commento, perché così l'attenzione delle altre si spostò nuovamente su di lei. Era molto più brava di lei a tenere la scena, Giusy lo sapeva. Era la migliore in questo. Lo sapevano tutti.

“No, certo, però...” iniziò Tamara, con il suo solito tono mite e pacato, “è solo un po' strano, tutto qua,” e scrollò le spalle.

Giusy teneva lo sguardo fisso sul tavolo e il piatto di carne condito con patate davanti ai suoi occhi, ma percepì naturalmente il silenzio che si creò subito dopo. Probabilmente le sue amiche dovettero invece fissare con aria sospettosa il resto delle divine, Pia, Caterina e Luciana, come testimoni chiamate a pronunciarsi e raccontare la loro versione dei fatti, visto ciò che sentì dopo.

“Ah non guardate noi, ne sappiamo quanto voi,” disse Pia, seduta alla sinistra di Antonella e di fronte a Caterina, che invece era accanto a Patty.

“Infatti, nemmeno noi abbiamo capito cosa ci facciamo qua a dire il vero,” le andò poi dietro Luciana, a capotavola.

“La volete piantare una buona volta?!” sbottò allora Antonella “Mi andava di sedermi qua e mi ci sono seduta, non c'è nessun complotto, non vedo perché mi dovrei giustificare con voi. Siamo tutte assieme in un unico gruppo ora, giusto? Non ci sono più le divine e le popolari, per cui non ha senso continuare con divisioni stupide e litigate infantili. Se a qualcuna di voi non va bene ditelo pure e cercatevi un altro tavolo, non mi interessa. È solo un posto a mensa cavolo, non credevo fosse un affare di stato,” concluse mentre scosse la testa, poi tagliò un pezzo di carne e cominciò a mangiare. Giusy le fissò le labbra per qualche istante con la coda dell'occhio, senza rendersene conto. Un brivido le percorse la schiena.

“Antonella ha ragione ragazze, è bello mangiare tutte assieme per una volta, no?” disse Patty, con il tono allegro e un po' infantile che la contraddistingueva.

Che ingenua, pensò Giusy tra sé e sé. Nella sua testa aveva dato ragione ad Antonella sul suo conto molte più volte di quanto fosse stata disposta ad ammettere.

“Sei d'accordo anche tu Giusy?” le chiese poi Tamara, cogliendola alla sprovvista.

Giusy non sapeva cosa dire.

“Beh, insomma...” biascicò. “Non vedo perché no ecco, non c'è niente di male.”

“Secondo te si sente bene?” sussurrò allora Sol alla sorella, ma non abbastanza piano perché Giusy non potesse sentirla.

“Non saprei, la vedo un po' rossa in viso in effetti...”

“Piantatela e mangiamo, che il cibo si fredda altrimenti,” gridò Giusy, un po' troppo forte per sembrare naturale. Poi cominciò a tagliare la carne in silenzio, le voci delle altre ragazze arrivarono come poco più che brusii alle sue orecchie che ignorò facilmente. Per tutta la durata del pranzo, non fece altro che pensare alle labbra di Antonella.

Il giorno seguente capitò la stessa cosa, e così anche quello dopo ancora. Le ragazze se non altro sembravano meno stupite – beh, un po' di meno comunque. Patty, Tamara e Caterina non apparivano in realtà eccessivamente turbate da quel cambiamento e finirono per accettarlo senza opporre particolare resistenza, mentre gli sguardi di Pia, Luciana, Sol e Belen continuavano a trasudare di incredulità e disagio. Quanto a Giusy, la presenza di Antonella accanto a sé la rendeva incredibilmente nervosa ed agitata e faceva del suo meglio per concentrarsi sul cibo e pensare solo a mangiare, tuttavia avrebbe mentito a sé stessa se avesse detto che non gradiva averla al suo fianco. Era l'unica occasione che avevano durante la giornata per trascorrere un po' di tempo assieme, dopotutto: a lezione i banchi erano da due e non avevano nemmeno tutti i corsi assieme, mentre durante il cambio dell'ora c'era talmente poco tempo a disposizione, e poi non potevano mica mettersi a parlare nel bel mezzo del corridoio. Di tanto in tanto si guardavano in silenzio per una frazione di secondo, prima di passare avanti e distogliere lo sguardo come se tutto ciò non avesse significato nulla. Invece per Giusy significava tutto.

Il pranzo era l'unico momento in cui avevano del tempo, seppur limitato. Giusy era rimasta per tutti e tre i giorni incredibilmente silenziosa, ma non le dispiaceva ascoltare le conversazioni tra Patty e Caterina che talvolta coinvolgevano anche Pia e Luciana, sebbene le ultime due facesse più fatica a sentirle. A volte interveniva anche Antonella in realtà, ma molto più raramente rispetto a quanto avrebbe fatto di solito. Era incredibilmente silenziosa anche lei, per i suoi standard, ma nessuna sembrò farci caso, o se così fu non lo dissero. Le poche volte in cui parlò non si rivolse mai direttamente a Giusy, così come Giusy non si rivolgeva mai a lei, soltanto a Patty, qualche volta a Sol o Tamara se decideva invece di prendere parte alla conversazione in corso nell'altro tavolo. Era però estremamente consapevole della sua presenza. A volte capitava che i loro gomiti si sfiorassero, così come le loro braccia o gambe. Era normale stando sedute fianco a fianco, nessuno ci badò. Giusy però si sentiva tremare ogni volta. Addirittura in un paio di occasioni lo fece apposta a distendere una gamba nella direzione di Antonella o inclinare leggermente il braccio per sfiorarla, solo per poterla toccare. Si trattò appena di qualche istante, ma per lei era sufficiente.

Giovedì dunque, poco prima che la pausa pranzo terminasse, Antonella si decise a fare la sua mossa. Prese in mano il telefono e cominciò a scrivere un messaggio, dicendo ad alta voce al resto delle ragazze di scusarla ma doveva mettersi d'accordo con il suo discografico per decidere quando incontrarsi. Aggiunse anche che erano giorni che stava aspettando che si facesse vivo lui, ma doveva essere stato particolarmente occupato evidentemente visto che non le aveva ancora scritto. Giusy capì subito che il discografico era lei, ovviamente. E Antonella non aveva tutti i torti: l'aveva cercata per tre giorni di fila e Giusy non aveva fatto nulla in risposta, niente di niente. Non voleva che pensasse che non le interessasse più, che avesse cambiato idea sul loro accordo. Così, colta da un improvviso spirito di iniziativa, si alzò e si congedò dal tavolo dicendo che doveva andare in bagno. E in bagno andò veramente, soltanto che si portò dietro il cellulare per uno scopo ben preciso. Non c'era un secondo da perdere. Con il cuore in gola aprì il telefono, selezionò la casella dei messaggio e cercò il contatto di Antonella. Poi iniziò a digitare sulla tastiera. Le mani le tremavano.

Ho sentito che il tuo discografico ha voglia di vederti domani sera. Facciamo da me per le nove e mezza?

Giusy deglutì e ne rilesse il contenuto un paio di volte, per accertarsi che non ci fossero errori di battitura. Se fosse stato per lei le avrebbe chiesto di incontrarsi anche quello stesso pomeriggio, talmente tanta voglia aveva di vederla, ma sarebbe stato poco furbo perché l'ora di cena sarebbe arrivata presto e Antonella avrebbe quindi dovuto andarsene, viste le loro regole. Il venerdì invece era la scelta migliore, perché di sabato non c'era scuola e dunque non dovevano né studiare né alzarsi presto, il che significava che Antonella sarebbe stata libera di restare con lei fino a tardi. Molto tardi. Aveva una voglia incredibile di baciarla, e di darle anche tutti i baci che aveva dovuto reprimere nel corso di quelle giornate e quegli interminabili pranzi, quasi fosse stato un bisogno. E a Giusy non piaceva affatto fare le cose di fretta.

La risposta di Antonella arrivò poco dopo.

Vedo che al mio discografico piace farsi desiderare, ce ne ha messo di tempo. Va bene per domani. Se riesci a trovare il modo di mandare via i tuoi genitori è meglio.

Giusy lesse la sua risposta e arrossì, mentre un sorriso raggiante le colorava le labbra. Erano trascorsi solo pochi giorni, eppure le pareva una vita fa. Si morse le labbra mentre immaginò lei e Antonella nel suo di letto, domandandosi se la seconda volta sarebbe stata stupenda come la prima. Forse da un lato aveva paura di scoprire la risposta; dall'altro invece non ne vedeva l'ora.

Le sue amiche si sarebbero insospettite se non la avessero vista tornare presto. Prima di uscire però volle rispondere ad Antonella.

Farò il possibile. Lo sai come si dice, l'attesa aumenta il desiderio.

Giusy tornò quindi dalle altre, facendo il possibile per sopprimere il ghigno felice sulle sue labbra. Anche Antonella sembrava di buon umore, le sue guance leggermente arrossate. La campanella suonò dopo poco e le ragazze tornarono alle ultime lezioni pomeridiane. Quel giovedì, a Giusy concentrarsi riuscì più difficile del solito. Con un sospiro arrendevole non poté far altro che constatare che avrebbe dovuto chiedere a Tamara gli appunti delle lezioni una volta tornata a casa.

Antonella rispose al suo messaggio soltanto nel tardo pomeriggio, prima a scuola doveva esserle sfuggito nella confusione, ipotizzò Giusy, o magari voleva soltanto formulare una risposta con più calma. Le due ebbero quindi un breve scambio, che iniziò naturalmente con la risposta di Antonella.

A me però attendere non piace, mi spazientisco facilmente.

Lo so, ti conosco.
Sono giorni che non faccio altro che pensarti quando vado a letto, credi che non sia impaziente anche io??

E a che cosa pensi di preciso?

Non tutto si può dire per messaggio Anto. Domani te lo faccio vedere.

Non posso neanche avere una piccola anticipazione? Sei crudele!

D'accordo, un'anticipazione piccola. Penso a quanto mi mancano i tuoi baci.

Presto li avrai...

Il giorno dopo, venerdì, a pranzo Antonella non chiese più se i posti fossero liberi e le sue amiche la seguirono senza fare domande, sedendosi in automatico. Patty e le altre alzarono a malapena la testa dal tavolo per salutarle, poi ripresero a chiacchierare, come se non fosse successo nulla fuori dall'ordinario. Ormai si stavano abituando, piano piano. Anche per Giusy era così, e infatti quel giorno parlare le venne un po' più facile e si inserì nella conversazione con maggiore disinvoltura. Lei e Antonella riuscirono a scambiarsi persino qualche piccola frase – tutte cose banali e senza importanza – e una volta addirittura si sorrisero, seppur per pochi istanti. Il cuore di Giusy le batteva fortissimo nel petto al pensiero di ciò che sarebbe successo quella sera, quasi scoppiava, e ogni volta che i suoi occhi si posavano su Antonella si sentiva sprofondare constatando quanto fosse bella.

Presto, le aveva detto.

Ormai persino un minuto pareva un'eternità.

 

“Niente cose tipiche delle relazioni, come appuntamenti....”

 

Alla fine, Giusy riuscì ad avere casa libera. Due biglietti per uno spettacolo teatrale regalati ai suoi genitori (con la scusa di averli ricevuti in omaggio da Leandro) avevano avuto quell'effetto, per sua fortuna. Lo spettacolo durava tre ore con intervallo, ma il tempo con Antonella volava via in un baleno e anche tutte quelle ore parevano insignificanti, se rapportate al suo bisogno di averla. Comunque, Antonella aveva apprezzato molto lo spirito di iniziativa. Giusy stando con lei aveva presto capito che i suoi timori erano del tutto infondati, la seconda volta fu anzi addirittura più bella della prima. Buona parte dell'imbarazzo iniziale non c'era più, e le sembrava di aver pian piano iniziato a conoscere meglio il corpo di lei, ogni sua curva, i punti più delicati e sensibili e le cose che le piacevano particolarmente. E le pareva anzi incredibile non essersi mai resa conto in passato del suo desiderio represso – o forse una parte di sé lo aveva sempre saputo, solo che doveva averla spaventata così tanto da spingerla a combatterlo con le unghie e con i denti.

Antonella era pigramente sdraiata tra le sue braccia quando le chiese che ore fossero, entrambe avvolte dal calore delle coperte color blu scuro. Giusy sapeva che amava farsi fare i grattini sulla schiena, e così se la teneva a sé mentre accarezzava il suo corpo nudo, con la stessa devozione di chi aveva il privilegio di toccare un'opera d'arte. Avrebbe potuto andare avanti per ore, perdendo così ogni concezione del tempo. Fortuna che ci pensava lei a riportarla alla realtà.

“Non saprei, non ho un orologio qua,” disse dunque sovrappensiero, guardandosi attorno. I suoi occhi si posarono sul comodino alla sua destra, dove aveva posato il telefono. “Guarda pure sul mio cellulare, è lì sul comodino,” le indicò. Lei del resto aveva le mani occupate.

Antonella obbedì e le prese il telefono.

“Sono passate da poco le undici,” rivelò, quasi con stupore.

Avevano infatti deciso di chiudere le luci della stanza una volta giunta la mezzanotte e tenere accese soltanto un paio di candele, per far sì che i genitori di Giusy una volta tornati la credessero addormentata e non entrassero a disturbare. In quel modo, se avessero fatto silenzio sarebbero potute restare assieme un po' (ovvero molto) di più.

“Ho visto che ti è arrivato un messaggio comunque,” aggiunse l'altra, porgendole il telefono. “Cioè, non che sia andata a controllare ovviamente, ho solo visto la notifica in alto, magari è importante...”

Giusy aggrottò la fronte. Un messaggio?

“Adesso guardo,” disse, spostando a malincuore una mano dal corpo perfetto di Antonella per controllare. Poi, vide di cosa si trattava. Il suo viso si rilassò.

“Ah non è nulla di importante, soltanto la pubblicità del cinema, ecco perché non lo avevo aperto,” spiegò.

“In che senso la pubblicità del cinema?”

Giusy le raccontò allora di un piccolo cinema del centro che frequentava con i suoi genitori, suo padre soprattutto, dove trasmettevano prevalentemente film vecchi o stranieri, spesso anche cose di nicchia e poco conosciute. Il sabato pomeriggio davano ogni settimana un film in lingua originale con i sottotitoli in spagnolo, e per pubblicizzare l'evento il giorno prima mandavano un messaggio a tutte le persone in possesso di un abbonamento, ricordando l'orario, il luogo e il titolo del film prescelto – alla maggior parte della gente questo tipo di proiezioni non interessava e ricevevano per questo poche adesioni, purtroppo, di conseguenza avevano bisogno di tutta la promozione possibile. Giusy stessa spiegò che a lei non sarebbe dispiaciuto farci un salto una volta ogni tanto, anche per fare qualcosa di diverso dal solito, ma sapeva che le sue amiche si sarebbero annoiate perché capivano poco l'inglese e preferivano guardarsi i film direttamente tradotti in spagnolo, quindi in pratica avrebbe dovuto andarci da sola. Qualche volta l'aveva anche fatto in realtà, però non era certo come stare in compagnia e così la maggior parte delle volte ci rinunciava per prendere parte alle uscite di gruppo con il resto delle sue amiche.

“Considerando chi ti ritrovi come amiche, non mi stupisce affatto,” commentò infine Antonella in tono un po' acido. Giusy inarcò un sopracciglio e la osservò con disapprovazione. Neanche Pia e Caterina erano certo critiche cinematografiche a dirla tutta, ma non per questo Giusy si sentiva in diritto di deriderle. Antonella per fortuna colse l'antifona e tornò sui suoi passi. “Scusa, hai ragione,” aggiunse poco dopo con un sospiro. “A che ora è il film comunque?”

“Alle sei credo. Perché?”

“Ti ci porto io,” le disse con sicurezza. Il cuore di Giusy perse un battito, e per un istante credette addirittura di aver capito male. Poi, Antonella continuò a parlare. “Ho sentito che in centro hanno aperto da poco un ristorante di sushi che volevo provare, potremmo andare al cinema e poi a cena,” propose, e nel frattempo avvicinò le labbra all'orecchio di Giusy per sussurrare: “e poi dopo a casa mia naturalmente,” concludendo la frase con un bacio sul suo lobo.

“È perfetto,” rispose Giusy, arrossendo e ridacchiando per la felicità. Era solo una banale uscita in centro alla fine dei conti, la classica formula cinema + cena, eppure dalla sua reazione sembrava che Antonella le avesse appena chiesto di dormire assieme in un castello.

“Sì?”

“Sì,” ripeté Giusy annuendo, poi chiuse la distanza tra di loro con un bacio che Antonella ricambiò.

“E poi almeno,” sussurrò quest'ultima sulle sue labbra, mentre Giusy le accarezzava i capelli, “così questa volta so già che non mi tocca aspettare un altro secolo prima di rivederti.”

“Un secolo? Di che cosa stai parlando?” domandò Giusy, inarcando le sopracciglia. Antonella allora si irrigidì ed evitò il suo sguardo.

“Beh, visto quanto ti ci è voluto per invitarmi qua da te...” rispose con esitazione, facendo una piccola pausa. “Ad un certo punto ho anche pensato che avessi cambiato idea su di noi, siccome non ti decidevi.”

“Che scema che sei,” Giusy la prese in giro dolcemente, scuotendo la testa. Appoggiò due dita sul mento di Antonella per far sì che lei tornasse a guardarla negli occhi, poi si sporse in avanti e la baciò ancora. La avrebbe rassicurata anche un milione di volte sulle sue paure e fragilità, se fosse servito – e ogni volta che Antonella apriva un piccolo spiraglio per farle venire alla luce, seppur per pochi istanti, Giusy avvertiva un irrefrenabile desiderio di proteggerla. “Te l'ho mai detto che sei un'idiota?”

“Circa un milione di volte, sì.”

Poi decise di tornare seria. Guardò Antonella negli occhi e disse con assoluta convinzione: “Non ho cambiato idea Anto.” Le sue dita cominciarono ad accarezzarle le labbra mentre continuava a parlare. “Fidati che non hai alcun motivo di pensarlo, anzi, questa cosa tra di noi è l'unica cosa della mia vita di cui sono sicura in questo momento. È che è ancora tutto nuovo per me e avevo bisogno di un po' di tempo per metabolizzare, e poi avevo paura di metterti fretta o pressioni se ti avessi chiesto di rivederci subito... però questo non significa che non mi andasse.”

Antonella si strinse più forte al suo petto. Giusy si sentì tremare.

“È vero che mi pensavi prima di andare a dormire?” le sussurrò, sostenendo il suo sguardo.

L'altra si sciolse in un sorriso.

“Certo che è vero,” confermò subito. Poi chinò il capo per lasciarle un bacio sulla fronte. “Tutte le notti.”

“Tutte?”

“Tutte,” Giusy ripeté con una piccola risata. Cercò un'altra volta le labbra di Antonella, ma staccarsi le riuscì a fatica perché aveva una voglia matta di baciarla, che aumentava di secondo in secondo in maniera spropositata. “Ti volevo qua con me,” sussurrò poi.

“Adesso sono qui,” le fece presente Antonella, prima di rincontrare le sue labbra con un sorriso soddisfatto. Il loro bisogno prese allora il sopravvento e si lasciarono andare ad esso totalmente, mentre le loro mani ripresero a vagare ovunque. Giusy dopo poco invertì le loro posizioni, si sdraiò sopra Antonella e cominciò a ricoprire di baci il suo collo, sapendo quanto questo la facesse impazzire (e tremare, eccitare e ansimare, tutte reazioni che lei adorava). Presa dalla foga dal momento, tra i gemiti Antonella ammise sommessamente: “Ti ho anche sognato una volta, sai?”

“Sì? E che cosa facevo?” Giusy sussurrò al suo orecchio, chiaramente curiosa di saperne di più.

“Non lo so, non me lo ricordo bene,” negò Antonella. Giusy si accorse che era arrossita e si morse le labbra.

“Ma che bugiarda. Guarda che non ti do più baci se non me lo dici,” minacciò. Era però consapevole di avere ben poca credibilità. E infatti...

“Ma per favore, sappiamo tutte e due che anche volendolo non ci riusciresti mia cara,” la provocò Antonella, accarezzandole la schiena per riportarla più vicina a sé. Il suo sguardo carico di desiderio del resto difficilmente poteva far intendere il contrario.

“Sì, può darsi,” convenne lei allora. “Però se la metti così non mi lasci scelta, dovrò trovare un altro modo per estorcerti la confessione allora,” proseguì con un ghigno. Posò quindi le labbra sul petto di Antonella fino ad arrivare al suo seno, e rabbrividì di piacere quando l'altra inarcò la schiena e si contorse sotto di lei. Le labbra di Giusy si dispiegarono in un sorriso. Sapeva già che avrebbe vinto.

 

....regali....

 

“Ho una cosa per te.”

Giusy pronunciò quella frase apparentemente innocente con finta noncuranza, sforzandosi di buttarla lì in mezzo alla conversazione come se fosse stato un piccolo dettaglio, un qualcosa di cui si era appena ricordata in maniera del tutto casuale e naturale, quasi correndo il rischio di tralasciarla. In realtà, il nervosismo la stava mangiando viva. Non sapeva come Antonella avrebbe reagito, non sapeva se avrebbe apprezzato, non sapeva se avesse azzeccato i suoi gusti oppure...

“Una cosa per me? Che cos'è?”

Antonella la guardò e arrossì, seduta sul letto accanto a lei. I suoi occhi parvero illuminarsi.

Giusy deglutì.

“Ma niente, una sciocchezza davvero, è che l'altro giorno ero in centro con mia mamma a fare compere e così già che c'ero ne ho approfittato...” spiegò, arrossendo a sua volta mentre si piegava per prendere da sotto il suo letto il regalino che lei stessa aveva impacchettato e avvolto in un fiocco color rosso acceso.

Niente di tutto ciò era vero, naturalmente. Non solo la domenica appena passata Giusy era andata in centro apposta per lei, ma aveva anche trascorso più di un'ora tra i negozi per scegliere attentamente. Sapeva già cosa prendere naturalmente, ma voleva essere sicura che il modello da lei prescelto fosse quanto di più vicino ai gusti e allo stile di Antonella, per quanto in fondo si trattasse di una stupidaggine.

“Lo posso aprire?” domandò quest'ultima con entusiasmo.

Giusy annuì mentre le porse il pacchetto e le sorrise. Ogni volta che vedeva Antonella felice sentiva il suo cuore sciogliersi.

Poco dopo, la ragazza fece a pezzi la carta con noncuranza, rivelando così un paio di pantofole calde color rosa acceso. Sopra ciascuna di esse era ricamata una grande stella dorata, che naturalmente Giusy aveva scelto in quanto simboleggiava una metafora del desiderio di Antonella di diventare una stella nel mondo della musica.

L'idea le era venuta il sabato precedente, quando erano andate a casa di lei dopo il loro appuntamen- la loro uscita senza impegno. Antonella aveva chiesto a Giusy se le andasse di farsi la doccia assieme, e aveva dato a quest'ultima delle calze antiscivolo da indossare per camminare senza prendere freddo ai piedi. Era stato allora che Giusy si era resa conto che in tutta la casa non c'era nemmeno un paio di pantofole calde, ma soltanto ciabatte estive e aperte. E allora le era venuta l'idea, soprattutto sapendo quanto Antonella detestasse il freddo.

Una volta aperto il regalo, subito Antonella non disse nulla. Si limitò ad osservare le pantofole e rigirarsele tra le mani con un sorriso raggiante dipinto sul viso, chiaramente colta di sorpresa. Poi alzò lo sguardo su Giusy, che attendeva nervosamente un responso.

“Sono per me? Sul serio?”

“Te l'ho detto, è una scemenza,” replicò Giusy con imbarazzo, mentre come una scema arrossì ulteriormente, “è solo che l'altra volta quando sono venuta da te ho visto che hai solo ciabatte estive a casa e le tue calze a lungo andare potrebbero rovinarsi, per caso le ho viste in un negozio e così ho solo pensato che magari potevano esserti utili, tutto qua. Ti piacciono?”

“Sono perfette,” rispose Antonella, a sua volta rossa in viso. Appoggiò per terra le pantofole e si spostò sul letto per sedersi in braccio a Giusy, sopra le sue gambe, mentre quest'ultima le cinse la vita per tenerla a sé. “Sarai ricompensata adeguatamente per questo regalo, Josefina Beltran,” Antonella le sussurrò all'orecchio, poco prima di incominciare a posare dolci baci sul suo collo. Giusy chiuse gli occhi. Il suo corpo tremò e si morse le labbra per reprimere un gemito.

“Davvero ti piacciono?” esalò, facendo del suo meglio per controllarsi. “Non me lo dici solo per non farmi rimanere male vero?”

“Sai che non sono il tipo,” rispose Antonella. Spostò leggermente il viso e tornò a guardarla negli occhi, dopodiché aggiunse con un piccolo sorriso: “Dico sul serio Giusy, le adoro.”

“Menomale,” sospirò la mora, ricambiando il sorriso. “Confesso che ero un po' preoccupata, sai i tuoi gusti non sono esattamente semplici, per usare un eufemismo...”

“No, non lo sono, però tu mi sembri piuttosto brava ad indovinarli,” fece presente Antonella, adesso con un ghigno sornione. Avvolse le braccia attorno alla schiena di Giusy e si strinse a lei, poi continuò a parlare: “Sotto sotto io l'ho sempre pensato che avessi più gusto di tutte le tue amiche comunque, e infatti come volevasi dimostrare...”

“Stai alludendo a qualcosa nello specifico per caso?”

“Chi, io? E a cosa starei alludendo secondo te?”

Antonella le accarezzò le spalle e la base del collo e Giusy si morse le labbra un'altra volta. Aveva una voglia matta di saltarle addosso e cancellarle dalle labbra quel sorrisetto arrogante e beffardo a suon di baci, ma si trattenne. “Non lo so, non lo so, forse ad una certa ragazza che conosco, un po' viziata, un po' egocentrica e con gusti un po' difficili?” la provocò invece, inclinando la testa di lato.

“Beh dipende, che motivo avrei di alludere a questa ragazza, sentiamo un po'?” continuò Antonella. Giusy sapeva benissimo dove volesse andare a parare, eppure la lasciò fare di proposito.

“Non fare la finta tonta, lo sai benissimo che stravedo per lei,” ammise, mentre le scostava alcune ciocche di capelli dalla fronte. Antonella sospirò, sciolta in un'espressione di assolutamente adorazione. Giusy capì allora che apprezzava la dolcezza molto più di quanto non fosse disposta ad ammettere e annotò subito nella mente quell'importante informazione.

“No, non lo so anzi, potresti ripetermelo per favore? Mi pare di non averlo capito bene,” rispose Antonella. Mentre parlava cominciò a spostare le sue gambe per mettersi a cavalcioni sull'altra ragazza, e Giusy naturalmente le mise le mani sulle cosce per averla ancora più vicino. Era solo una questione di secondi prima che si arrendesse al suo desiderio.

“Tu lo hai capito benissimo invece,” sussurrò sopra le sue labbra, un attimo prima di cominciare a baciarla.

L'ultima cosa che Giusy riuscì ad afferrare fu la voce di Antonella che ansimante sospirava qualcosa riguardo al fatto che adesso era arrivato il momento dei ringraziamenti. Giusy non era mai stata così felice di aver scelto il regalo azzeccato.
...

 

... o altre cose sdolcinate.

 

“Lo sai, a volte penso che sono stata proprio una cretina.”

Antonella, avvolta tra le braccia di Giusy, esalò un mormorio di assenso. Erano ormai due settimane che si frequentavano, eppure ogni volta che finivano di fare l'amore e iniziavano a coccolarsi strette l'una all'altra, Giusy si meravigliava perennemente di quanto fosse meravigliosa Antonella, come se ai suoi occhi avesse acquisito un tipo di bellezza di cui prima non si era mai accorta, o forse avesse addirittura evitato di vedere di proposito. Ogni volta che in quei momenti la osservava, sdraiata con la testa appoggiata tra l'incavo del suo collo e la sua spalla, i loro capelli mescolati assieme sul cuscino, Giusy si sentiva perennemente a corto di fiato, e il cuore batteva fortissimo. A volte si domandava se Antonella da lì potesse sentirlo.

“Sì, sono d'accordo. A cosa ti riferisci però di preciso?”

Giusy ridacchiò.

“A te, a noi due,” sussurrò. Poi posò le labbra sulla fronte di Antonella. “Credevo di conoscere tutto di te, e invece non sapevo un bel niente.”

“Beh, almeno lo riconosci. E comunque non sono del tutto d'accordo.”

“Ah no?”

Antonella tirò su il viso per guardarla.

“Sì, insomma, è vero che c'erano molte cose di me che non sapevi, però non direi neanche che non sapevi proprio niente. Sicuramente mi hai sempre capita più tu di quel tonto di tuo fratello ad esempio, senza offesa per Matias ovviamente,” ironizzò con un piccolo sorriso. Giusy ovviamente capì subito ciò che voleva dire e non se la prese, anche perché lei stessa era la prima ad essere d'accordo.

“Figurati, hai ragione, lo rigiravi come un calzino a tuo piacimento, direi che tonto è il minimo,” rispose Giusy, ripensando a tutte le volte in cui aveva chiamato suo fratello proprio così cercando (invano) di fargli aprire gli occhi. Per un momento pensò a cosa avrebbe detto Matias se avesse potuto vederle in quel momento, se solo avesse saputo... Giusy allora si trovò a metà tra l'essere divertita nell'immaginare la sua reazione sconvolta e, al contrario, completamente terrorizzata per quello che poi ne sarebbe seguito. Fortuna che al momento non aveva alcun motivo di preoccuparsene, visto che il suo caro fratello era partito da un anno e qualche mese per andare a giocare a calcio a Barcellona, in una squadra professionistica. Chissà se poi, un giorno... Ma no, non aveva senso preoccuparsene adesso.

“È vero. E poi anche le mie amiche, Pia, Luciana e Caterina... non credere che mi conoscano chissà quanto sai,” proseguì Antonella. La sua voce sembrava un po' malinconica. “Non parlo mai di cose personali con loro. Tu se non altro non sei mai cascata nei miei giochetti.”

“Questo è vero, però alla fine non vuol dire niente. Tutte le cose veramente importanti su di te le sto scoprendo in quest'ultimo periodo, il resto per me è solo una facciata.”

“Ne sei sicura?”

Giusy annuì. Aveva ormai capito che la vera Antonella raramente usciva fuori con le altre persone, e il pensiero di avere un accesso quasi esclusivo a tutte quelle parti meravigliose di lei la faceva sentire estremamente fortunata.

“Sicurissima.”

“Adesso però mi fai venire la curiosità, potrei sapere anch'io che cos'hai scoperto di tanto importante?”

“Vediamo un po',” Giusy fece mente locale. Se avesse dovuto parlare liberamente sarebbe andata avanti per ore, non poteva certo lasciarsi sfuggire troppe cose. Decise dunque di limitarsi a dire le prime cose che in quel momento le passarono per la testa. “Ho scoperto che adori il sushi, che sei molto affezionata al tuo gatto, che odi la gente che parla ad alta voce al cinema, che la notte dormi sempre abbracciata al tuo peluche, che detesti il freddo, che se qualcosa o qualcuno ti sta a cuore trovi sempre il coraggio di dire quello che pensi perché è un po' il tuo modo di dimostrare che ci tieni, anche se è un po' strano, che usi sempre lo shampoo al miele e per finire che ti piace tanto quando stiamo abbracciate, come adesso.”

Quando finì di parlare, Antonella tornò a seppellire il viso nell'incavo del suo collo. Giusy appoggiò il mento sopra la sua testa, in attesa di una sua risposta. Le sue dita le accarezzavano la schiena. Sperava solo di non averla messa a disagio, con tutte quelle melensaggini...

“Beh, a me non sembrano cose poi così importanti, sono solo dettagli stupidi alla fine,” protestò Antonella, dopo un attimo di silenzio. “E tra l'altro l'ultima che hai detto non è neanche vera se vuoi saperlo, per me è del tutto indifferente.”

Giusy però si accorse che la sua voce era esitante e leggermente più acuta del solito. Era sicura che stesse mentendo. Del resto sapeva bene che Antonella sarebbe stata troppo orgogliosa per ammettere che aveva ragione.

“Certo che sono importanti invece, soprattutto l'ultima che ho detto. Non è difficile da intuire Anto, considerando che ogni volta che stiamo assieme in qualche modo finiamo sempre abbracciate come due koala, non credo proprio che sia una coincidenza.” Esitando per alcuni istanti, Giusy decise di inclinare il volto per lasciarle un bacio sulla parte superiore della testa, in un tentativo di farla rilassare. Poi sussurrò, accarezzandole il viso con dolcezza: “Guarda che non è mica qualcosa di cui vergognarsi, piace tanto anche a me stare così. E poi sei un koala perfetto, tieni molto caldo sai?” scherzò, in un tentativo di farla ridere. Antonella esalò un sospiro divertito. Poi finalmente alzò lo sguardo su di lei.

“Ah, sarei un koala ora?”

“Sì, e non certo uno qualunque, il koala più divino di tutti sei,” scherzò, strappandole finalmente una risata.

“E tu invece sei il koala più idiota,” rispose Antonella, scuotendo leggermente la testa. Premette le labbra contro il collo di Giusy per lasciarle un bacio, e poi un altro ancora poco più in su. “Però nonostante questo, anche tu tieni caldo e in più mi aiuti a rilassarmi,” sussurrò al suo orecchio, “per cui alla fine missà che ti tengo.”

Giusy le sorrise. Sapeva di non potersi aspettare grandi dichiarazioni da Antonella e nemmeno le interessavano; al contrario, le bastavano quelle piccole affermazioni che di tanto in tanto si lasciava sfuggire per capire quali fossero i suoi sentimenti. Certe cose non avevano bisogno di essere dette.

La ragazza mora si sporse in avanti e le baciò la punta del naso.

“Ti va di guardarci un film assieme, koala?” sussurrò sulle sue labbra. “O vuoi dormire un po'?”

Gli occhi di Antonella si illuminarono.

“Vada per il film. Scegli pure quello che vuoi, a me non importa.”

Giusy aveva la sensazione che comunque non l'avrebbero guardato.

 

Finché dura va avanti, senza aspettative o piani per il futuro.

 

Con il passare dei giorni, il venerdì sera divenne il momento della settimana preferito di Giusy. Non che prima di per sé non lo apprezzasse, era pur sempre rilassante oziare per una serata od organizzare qualche uscita con le amiche, anche se la stanchezza accumulata spesso non le permetteva di svagarsi un granché. Da quando stava con Ant- da quando lei e Antonella si frequentavano senza impegno però, quel momento aveva assunto tutta un'altra valenza. Dopo le prove di musical infatti Giusy stava ormai piano piano prendendo l'abitudine di tornare a casa, farsi una doccia veloce, posare le sue cose, cambiarsi e poi correre da Antonella, che le riservava sempre un'accoglienza meravigliosa. A quanto pareva, quest'ultima stava diventando piuttosto brava a suggerire a sua madre nuovi ristoranti da provare con il suo compagno o le sue amiche, e dunque la casa era tutta per loro – era infatti la terza settimana che trascorrevano la serata assieme. Un po' una loro piccola tradizione, in un certo senso.

E poi, incredibile ma vero, Antonella aveva addirittura cominciato a fare la spesa al supermercato con regolarità! Il frigo di casa sua stava cominciando pian piano a perdere le sembianze di uno di quei frigobar che si trovavano nelle camere d'albergo per iniziare – incredibilmente – ad assumere la funzione di conservare cibi ed ingredienti funzionali alla preparazione di ricette. Di conseguenza, Giusy poteva prendersi molte più libertà con i piatti che le insegnava a preparare e stava anche pensando di sperimentare con lei qualche nuova ricetta, magari un dolce. Una volta insegnatale le basi, comunque, Antonella aveva dimostrato di possedere più senso pratico di quanto non sembrasse e anche una certa manualità, non era poi il caso perso che poteva apparire da fuori. Bastava solo un po' di pazienza e un po' di pratica – e naturalmente la motivazione; Giusy era particolarmente brava a mantenerla motivata, in effetti.

Non avrebbe dovuto affezionarsi a quei momenti – Giusy lo sapeva. Sapeva che non avrebbe dovuto vedere in essi più di un semplice passatempo temporaneo, men che meno un significato. Eppure non ne poteva fare a meno. Si sentiva più libera e felice in quelle serate clandestine, con le stoviglie sporche nel lavello e i game show televisivi in sottofondo, che in qualsiasi altro posto sulla faccia della terra.

L'elenco di tutte le piccole cose che amava di quei momenti sarebbe stato forse troppo lungo – e forse anche un po' troppo dettagliato, – ma ce n'era una in particolare che apprezzava particolarmente. Si trattava per la precisione delle conversazioni in cui lei e Antonella si lasciavano completamente e indiscutibilmente libere di esprimere giudizi, commentare, criticare e sparlare di tutto e di tutti, sia di persone del mondo dello spettacolo ma anche e soprattutto di tutti i loro compagni di scuola, le loro conoscenze in comune in breve. Era un qualcosa di poco carino, decisamente poco carino, probabilmente anche moralmente opinabile. Gli altri non erano certo lì per difendersi e la sua famiglia aveva sempre insegnato a Giusy che se non si aveva nulla di carino da dire su una persona era meglio non dire proprio niente. Eppure, poter esprimere i propri pensieri in maniera schietta e tagliente, senza mezzi termini o doversi controllare, con la consapevolezza di venir capita dall'altra parte e senza ricevere in cambio alcun senso di colpa o giudizio le dava un senso di soddisfazione tale che non gliene fregava proprio niente delle implicazioni morali. Anzi, che se ne andassero tutti al diavolo! Tutte quelle cose sarebbero rimaste solo tra lei e Antonella comunque, non avevano mica intenzione di andare dai diretti interessati ad offendere e insultare, contava quello alla fine, no? Che male c'era, in fin dei conti?

Quegli stessi discorsi d'altra parte Giusy non poteva nemmeno sognare di proporli con Patty, Tamara e le altre, erano troppo diverse da lei da quel punto di vista, fin troppo buone ed ingenue. Antonella invece la capiva perfettamente. E non solo, spesso la stimolava anche a riflettere come nessun altro aveva mai fatto prima, le faceva notare dettagli di cui lei stessa non si era mai accorta o guardare le cose da un altro punto di vista – per non parlare dei suoi commenti acidi e sarcastici che la facevano morire dalle risate, a volte un po' a malincuore. Eppure Giusy non se ne sentiva affatto in colpa. Era come se con Antonella potesse esprimere una parte di sé che aveva sempre tenuto addormentata – anzi, ben più di una in realtà, – come se con lei Giusy si sentisse paradossalmente più vicina a sé stessa.

Quella sera, uno degli oggetti della conversazione furono proprio le sue amiche, le popolari. Mentre Antonella lavava i piatti, da brava padrona di casa che stava diventando, Giusy le raccontò tra le risate e un'evidente perplessità di quanto le sue amiche fossero proprio delle frane quando si parlava di furbizia e creatività. Mancavano infatti all'incirca due settimane al suo compleanno e tutte loro avevano cominciato da qualche tempo a farle delle domande ovvie per capire che regalo prenderle, tant'è che Giusy ogni volta quasi si sentiva ridicola a dover fingere di non capire e rispondere come se nulla fosse – come se poi ci volesse così tanto a scegliere un qualcosa di carino.

“Io te lo dico, altre due settimane così io non le reggo,” concluse scuotendo la testa. Antonella nel mentre posò lo strofinaccio accanto al lavandino, la raggiunse sul divano e si sedette accanto a lei. “La prossima volta che mi dicono qualcosa le cose sono due, o gli rido in faccia o dico direttamente che cosa prendermi e la facciamo finita.”

“Beh, perché no a questo punto? Quasi quasi ti converrebbe, almeno vi risparmiereste la recita,” le fece notare Antonella. La ragazza distese il braccio sul cuscino alle sue spalle.

“Sì, lo so, hai anche ragione da un lato, però che vuoi farci io le conosco, poi ci restano male o magari si sentono in dovere di cercare altro per farmi una sorpresa, alla fine è meglio per tutti se faccio la finta tonta e le faccio contente,” concluse Giusy, stringendosi nelle spalle. “Certo che anche loro però potrebbero impegnarsi un po' di più per non farsi scoprire, questo va detto.” Non sentendo arrivare nessuna risposta da parte di Antonella, nessun commento o cose del genere, Giusy spostò lo sguardo dallo schermo della televisione e notò sul suo viso un'espressione pensierosa. La mora si sporse in avanti e le diede un bacio sulla guancia. Ottenne così la sua attenzione. “Va tutto bene?” domandò. Le sue dita le accarezzarono una ciocca di capelli castani:

Antonella annuì di colpo, come risvegliata da un trance.

“Sì, sì, tutto bene, no è che stavo solo pensando, mi ricordi quand'è il tuo compleanno di preciso?” chiese mentre gesticolava. “Sapevo che è in autunno ma la data l'ho dimenticata, sai che sono una frana con queste cose.”

“Ah sono pessima anch'io non preoccuparti, le date importanti me le devo segnare tutte su un quadernino e poi sul calendario perché altrimenti me le dimentico, non sai quante figuracce avrei fatto altrimenti,” disse Giusy con ironia. “È il sei maggio comunque. Non te lo avevo ancora detto perché non so nemmeno io se organizzerò qualcosa, non ho nemmeno tanta voglia di festeggiare ad essere sincera.”

Antonella aggrottò la fronte e la guardò quasi indignata, come se avesse appena detto un'eresia o una grandissima sciocchezza.

“Come no? Giusy non scherzare, non puoi non fare nemmeno una piccola festa per i tuoi diciott'anni!”

“Sì lo so Anto,” Giusy sospirò. In fondo lei non aveva tutti i torti. “È che a dirti la verità mi sarebbe piaciuto festeggiarli assieme a mio fratello visto che è un momento importante, però lui prima di giugno non ce la fa a tornare a casa, ha partite su partite ed è sempre occupato ultimamente.”

“Sì certo questo lo capisco, del resto siete gemelli...” convenne Antonella. La sua faccia si rabbuiò di nuovo per alcuni momenti, come se fosse stata assorta nella risoluzione di un problema. Poi si sedette sul divano a gambe incrociate, si voltò verso Giusy e riprese a parlare, mentre congiungeva le mani con un battito: “Potremmo fare così se vuoi, quando torna Matias facciamo una bella festa in grande con tutti i vostri amici, mi occuperò io di organizzare tutto perché, beh, non per vantarmi, però lo sai anche tu che sono la persona perfetta per questo genere di cose,” le propose con un sorrisetto. Giusy in effetti non poteva che darle ragione. “Però magari anche il giorno stesso del tuo compleanno potremmo fare una piccola festa, non ti pare?”

La ragazza fece una smorfia poco convinta. Sapeva che in fondo in un modo o nell'altro le sarebbe toccato, però di fatto non ne aveva la minima voglia. Si sentiva così stanca di tutto e di tutti che l'unico vero regalo che desiderava sarebbe stato prendersi qualche giorno di pausa dal mondo – naturalmente con Antonella. “Non lo so koala,” rispose con esitazione, “a dirti la verità l'unica cosa di cui avrei voglia in questo momento è lasciare Buenos Aires e la scuola e andarmene qualche giorno in vacanza, se potessi scegliere li festeggerei così i miei diciott'anni.”

“E dov'è il problema scusa?” replicò Antonella. Il suo tono era assolutamente serio e Giusy ne fu colta alla sprovvista. “Partiamo assieme e stiamo fuori un weekend, mi sembra abbastanza semplice come soluzione. Anzi, a pensarci bene hai avuto un'ottima idea, anche io avrei bisogno di qualche giorno di vacanza.”

“Mi prendi in giro o stai parlando sul serio Antonella?” volle sapere Giusy. L'idea di partire e lasciare tutto le sembrava così folle – per quanto stupenda – che faceva fatica a capacitarsene.

“Ma che prendere in giro, sono serissima! Ho un'idea, che ne dici se ti porto a fare il weekend in un centro termale con spa? Ci cerchiamo un posticino fuori città che non sia troppo lontano e ce ne stiamo lì tre giorni solo io e te, venerdì, sabato e domenica.”

“Tre giorni?!” ripeté Giusy con incredulità. “Antonella tu sei pazza, i miei genitori non mi faranno mai saltare la scuola perché voglio andare a farmi la vacanza, fidati, tu non lo conosci mio padre,” la avvertì, mettendo le mani avanti. La serietà e il rigore per Roberto Beltran venivano prima di tutto, tant'è che nel corso della sua relazione con Guido, terminata circa sei mesi prima, Giusy non aveva ricevuto neanche una volta il permesso di passare la notte con lui (non che questo divieto li avesse mai fatti desistere dai loro intenti, in realtà). Sicuramente con Antonella i suoi genitori sarebbero stati più flessibili, visto che ufficialmente lei era soltanto un'amica, ma da qui a permettere addirittura una vacanza in periodo scolastico... certamente non sarebbe stato così semplice.

“E dai, nemmeno un giorno soltanto, per il diciottesimo compleanno della loro unica figlia? O se no facciamo così, alla mattina andiamo a lezione e poi partiamo dopo pranzo, che sarà mai se saltiamo un solo pomeriggio di scuola?” ritrattò Antonella. In effetti messa in quei termini, le probabilità di ottenere una risposta positiva sarebbero sicuramente aumentate.

“Ti ricordo che tu al sabato mattina devi essere in sala di registrazione per lavorare,” obiettò Giusy, che ormai conosceva i suoi orari, “e poi abbiamo anche le prove di musical il venerdì pomeriggio, te lo sei dimenticato? Le provinciali ormai si avvicinano.”

“Al mio lavoro ci penso io, parlerò con il mio discografico e vedrai che una soluzione la troviamo, tanto per loro cambia poco che io venga in studio di venerdì o di giovedì o di sabato mattina,” la rassicurò subito l'altra, come se fosse stata la più semplice delle questioni. “E delle prove di musical invece sai cosa ti dico mia cara? Chissenefrega!” esclamò con orgoglio, strappando a Giusy una piccola risata. “È dall'inizio dell'anno che non abbiamo mai fatto un'assenza, per una volta ci inventiamo una scusa e via, vedrai che gli altri se la caveranno benissimo anche senza di noi. Allora?”

Antonella le prese le mani. In attesa di una risposta, guardava Giusy con occhi grandi e colmi di aspettativa e un sorriso che andava da un orecchio all'altro. L'altra pensò tra sé e sé che con lei sarebbe andata anche in capo al mondo, se solo glielo avesse chiesto. Poi, Antonella si sporse in avanti e premette le sue labbra contro quelle di Giusy in un bacio a fior di labbra, che quest'ultima ricambiò subito. Era più forte di lei. Quando si staccarono, entrambe stavano sorridendo. Antonella allora, probabilmente cogliendo i primi segnali di cedimento, si spostò sul divano e attirò Giusy a sé per i fianchi, poi incrociò le loro gambe assieme. Giusy sentì il suo corpo vibrare piacevolmente nell'averla così vicina. La sua gamba sinistra era sopra la destra di Antonella, mentre la sua destra sotto quella sinistra dell'altra ragazza, perfettamente incastrate come due pezzi di puzzle.

“Ammesso e non concesso che questa cosa possa essere anche solo vagamente fattibile,” cominciò, mentre nel frattempo Antonella si avvicinò di nuovo a lei per darle un altro bacio a fior di labbra, “mettiamo caso che in qualche modo riesco a convincere i miei a saltare un pomeriggio di scuola, metti che troviamo un posto a due ore di macchina da qui ad esempio e partiamo subito dopo pranzo, passiamo là due notti e torniamo domenica nel tardo pomeriggio per dire. Hai pensato a cosa raccontare agli altri per spiegare la nostra assenza in tutto ciò? Perché va bene che le mie amiche a volte sono un po' ingenue, ma non crederanno mai che il weekend del mio diciottesimo compleanno lascio la città per andare a fare un viaggio da sola,” le fece presente Giusy. Quello era in realtà ciò che la preoccupava di più, il pensiero che le sue amiche e anche tutti gli altri potessero arrivare a sospettare qualcosa.

“E perché no? Anzi, secondo me sarebbe una scusa perfetta,” replicò Antonella. “Puoi raccontare che sei molto triste perché Matias è lontano e avresti voluto festeggiare il compleanno insieme a lui, e così preferisci aspettarlo per fare una festa in grande tutti assieme e intanto adesso ti prendi qualche giorno per te stessa e per stare a contatto con la natura, fare un po' di meditazione, sai no tutte quelle cose che si dicono in questi casi. Ti ricordo che è di Patty che stiamo parlando, vedrai che non sarà troppo difficile da convincere. Senza offesa ovviamente...” concluse. Giusy però non era del tutto convinta. Quel pretesto le sembrava troppo debole, sapeva già che le sue amiche non sarebbero state così facili da persuadere.

Antonella sembrò accorgersi del suo turbamento. Poco dopo le accarezzò teneramente una guancia con le nocche della mano destra, poi chiese sussurrando: “Che cosa c'è? Non sei convinta?”

Giusy si strinse a lei.

“Non è questo, è che alla fine è pur sempre il mio compleanno, le mie amiche sicuramente vorranno festeggiarlo assieme, se le conosco so già che faranno il possibile per convincermi a non partire. Ci rimarranno malissimo se non ci sarò...” esalò, abbassando lo sguardo.

Antonella sciolse l'abbraccio e si spostò da lei, tornando a sedersi più in là sul divano. Giusy avvertì subito la mancanza del calore del suo corpo.

“Se tu senti di voler stare con loro allora non insisto, ci mancherebbe, devi scegliere quello che preferisci ovviamente,” le disse poi Antonella. Il suo tono fiacco e un po' distaccato esprimeva tuttavia la sua delusione.

“Lo sai benissimo che preferisco mille volte partire con te,” Giusy la rassicurò subito, spostandosi per riavvicinarsi a lei. Abbracciò Antonella da dietro cingendole la vita, con una mano le scostò i capelli dal collo e poi avvicinò le labbra, cominciando a ricoprire di baci la sua nuca e poi la base del suo collo. “Non c'è nemmeno da fare il paragone, vinci tu su tutta la linea,” le sussurrò all'orecchio. Antonella emise un gemito. “È che ho paura di deluderle, è solo questo che mi blocca dal prendere il computer e fare già da adesso la prenotazione.”

“Scusami un secondo, che giorno è il sei di preciso?” chiese Antonella, dopo alcuni istanti di silenzio. Giusy appoggiò il mento sulla sua spalla destra.

“Giovedì credo. Perché?”

“Allora è perfetto! Scusami che problema c'è, giovedì sera organizzi una bella cena con le tue amiche e i tuoi genitori per festeggiare e poi venerdì partiamo insieme. Che cosa ne dici?”

“Sarebbe perfetto così,” convenne Giusy. Un sospiro di sollievo lasciò le sue labbra. Antonella si girò e appoggiò la fronte contro la sua, adesso nuovamente sorridente.

“Allora ti ho convinta? Partiamo insieme koala? Dimmi di sì...”

Giusy si morse il labbro inferiore. Sapeva benissimo che Antonella stava usando quel nomignolo sdolcinato per far leva sui suoi punti deboli e convincerla, eppure funzionò lo stesso. C'era soltanto quella punta di preoccupazione e nervosismo che ancora le impediva di lasciarsi andare totalmente, quei pensieri irrazionali nel fondo della sua mente che sussurravano di come tutto potesse andare a catafascio, nonostante il suo grande desiderio di trascorrere quei giorni sola con Antonella.

“Che cosa facciamo se ci scoprono?” sospirò.

“Non ci scopriranno, te lo prometto,” le assicurò l'altra. E Giusy in quel momento ci credette davvero. Poi la ragazza proseguì, sussurrando al suo orecchio: “Mi renderesti davvero davvero felice se facessimo questa cosa assieme, lo sai?,” e nel mentre posò delicatamente le labbra sul collo di Giusy, facendola tremare. La baciò ancora altre due volte, prima di tornare a parlare: “Adesso chiudi gli occhi e pensa per un attimo a noi due alle terme, pensa a come sarebbe bello starcene a mollo in piscina tutto il pomeriggio con gli idromassaggi e l'acqua bella calda sulla pelle, e poi di notte da sole in camera senza nessuno attorno, senza abbassare la voce o tenere spente le luci per non farci scoprire, soltanto noi due per tutta la notte. Poi il giorno dopo ci alziamo con tutta calma, andiamo a fare colazione con mille cose buone da mangiare tutte per noi e poi di nuovo relax per tutto il giorno in piscina, sia sabato che domenica. Che cosa ne dici koala?”

Giusy sospirò un'altra volta. Aveva immaginato tutto ciò che Antonella aveva appena descritto mano a mano che parlava e sembrava tutto meraviglioso. Era meraviglioso. E forse era un'idea folle, e Giusy poi non era neanche abituata ad improvvisate e colpi di testa del genere; eppure in quel momento, capì che partire con Antonella era esattamente ciò che voleva. Era ciò di cui aveva bisogno. Era davvero così tanto sbagliato volerlo assecondare, per una volta?

“Dico che questo è un colpo bassissimo, Antonella Lamas Bernardi,” disse infine, riaprendo gli occhi. “Adesso tu spiegami, come faccio io a immaginare di fare tutte queste cose meravigliose con te e poi trovare la forza di dirti di no e rinunciarci? Avanti, come, spiegamelo?!” scherzò, fingendosi irritata. Antonella, evidentemente un po' nervosa, si sciolse in un sorriso.

“Allora è un sì?”

“Certo che è un sì amore mio, vieni qua,” Giusy confermò entusiasta, prendendo il viso di Antonella tra le mani mentre unì le loro labbra in un bacio che fu subito ricambiato. Non fece caso nemmeno all'appellativo che si era per sbaglio lasciata sfuggire, ma per fortuna non lo notò nemmeno Antonella, o se lo fece comunque non lo diede a vedere: lei e Giusy presto si lasciarono trasportare dalla passione del momento e poco dopo si ritrovarono sdraiate sul divano l'una sopra l'altra, le mani di Antonella infilate sotto la maglietta della ragazza mora per stringerla possessivamente a sé. Quando si staccarono per riprendere fiato, Giusy era estremamente eccitata. Riuscì però a sussurrare sopra le labbra di Antonella, ansimando: “Hai ragione tu koala, chissenefrega. Non muore nessuno se per una volta penso a me stessa.”

Antonella annuì e le sorrise, accarezzandole le labbra con il pollice.

“Brava, chissenefrega.”

Se fosse dipeso da Giusy, probabilmente non sarebbe stata capace di resistere al suo desiderio, proprio lì su quel divano. Ma Antonella aveva altri piani, almeno momentaneamente, e così lei anche se un po' a malincuore li assecondò: si fece condurre da Antonella in camera sua e prese posto assieme a lei sul suo grande lettone matrimoniale, la schiena contro la testiera del letto e le gambe divaricate mentre la sua piccola diva se ne stava beatamente sdraiata su di lei, con la testa sul petto di Giusy mentre quest'ultima la teneva stretta a sé, circondandole la vita da dietro. Antonella teneva sulle sue gambe il proprio computer portatile e insieme le due trascorsero circa una mezz'oretta ad organizzare la loro vacanza imminente, facendo una selezione dei centri termali della zona per scegliere il più adatto – Antonella naturalmente pretendeva un grande numero di piscine e servizi tra cui scegliere, camere spaziose, accoglienti e ben arredate e tutti i pasti inclusi, soprattutto le colazioni. Dopo aver vagliato diverse opzioni trovarono un hotel termale perfetto per loro ad un'ora e mezza di macchina da Buenos Aires, il prezzo non era dei più economici ma Giusy tra sé e sé pensò che ne sarebbe valsa la pena, in fondo aveva pur sempre qualche risparmio da parte da cui poteva attingere.

Naturalmente scelsero una camera matrimoniale e Antonella volle controllare subito la disponibilità nelle date che avevano scelto, giusto per essere sicure: con loro grande sollievo, la stanza era ancora libera. Giusy sentì un tuffo al cuore. Pareva così bello che neanche sembrava vero.

“Senti Giusy, lo so che forse è un po' affrettato ma cosa ne dici se la blocchiamo subito e prenotiamo? Non voglio rischiare che ce la portino via,” disse Antonella, tra le sue braccia.

“Sì sono d'accordo, prenota,” confermò Giusy, ormai sicura. “Ai miei genitori ci penso io, vedrai che li convinco. Domani ti porto la metà dei soldi, va bene?”

Antonella voltò la testa di lato verso di lei, spostandosi leggermente. “Non ci pensare neanche. È il mio regalo di compleanno per te, pago io.”

“Sei sicura? Sul serio Anto, non sei costretta solo perché ci andiamo per il mio compleanno, per me è già un bel regalo poter partire con te, non voglio farti spendere così tanto solo per me,” Giusy tentò di rassicurarla, accarezzandole i capelli. Non voleva che Antonella pensasse che lei se ne stesse approfittando, che fosse interessata a lei per la sua carriera o i suoi soldi; la verità era che sarebbe stata felice di trascorrere il weekend con lei persino in una mansarda impolverata.

“Certo che sei proprio testarda tu,” ribadì Antonella, alzando gli occhi al cielo in maniera scherzosa, “mi dici quando ti entrerà in questa tua bella testolina riccioluta che lo so benissimo che non sono costretta? Se te lo regalo è perché mi va.”

La ragazza si sporse in avanti e congiunse le loro labbra in un bacio. Poi si rigirò e tornò ad armeggiare con il computer, con l'intento di confermare la prenotazione e versare i soldi.

Giusy, come paralizzata, rimase a guardarla in silenzio per svariati minuti, mentre nel frattempo Antonella borbottava qualche lamentela riguardo alla connessione internet lenta. La ragazza mora ripensò tra sé e sé a tutte le volte in cui le aveva dato dell'egoista, dell'egocentrica, le volte in cui l'aveva vista mettere sé stessa al primo posto, approfittarsi degli altri solo per i suoi scopi e poi gettarli via o addirittura affossarli. Adesso invece, Antonella con lei era completamente diversa.

Se te lo regalo è perché mi va, le aveva detto.

Giusy realizzò così che Antonella Lamas Bernardi era in realtà il tipo di persona che avrebbe dato il mondo per le persone che per lei erano realmente importanti – soltanto che in genere questa categoria era molto molto ristretta. Quello che Giusy ora vedeva in lei non era più cattiveria, superficialità o egoismo ma solo il suo bisogno di amare ed essere amata.

E Giusy l'amava.

Se ne rese conto per la prima volta in quel momento, tenendola tra le sue braccia mentre Antonella prenotava l'hotel. Guardava il suo sorriso soddisfatto mentre tutta contenta apriva la mail di conferma appena ricevuta, ed ebbe l'assoluta certezza di amarla. Anzi, non solo lo capì, ma se lo sentì dentro con una consapevolezza così limpida e vera che quasi ne rimase spaventata.

Doveva essere soltanto un passatempo, si erano dette. Ora invece veniva fuori che lei di Antonella era innamorata persa.

In breve, tutte le giuste premesse per finire col cuore spezzato.

 

Nota dell'autrice

Un capitolo molto molto lungo e molto molto pieno di fluff. Pensare che inizialmente doveva contenere circa il doppio delle cose che ho inserito. La parte V sarà composta a sua volta da tre parti (per ora il piano è questo perlomeno), questa è la prima. Chiedo scusa per i denti cariati in questo capitolo, preparatevi a un bel drammone in arrivo per compensare.
Grazie a tutte le persone che hanno letto e stanno seguendo la storia!

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Capitolo 10
*** V. Parte seconda: Povera illusa ***


Niente scenate di gelosia se passiamo del tempo con altri ragazzi o ragazze, specialmente in pubblico.


Il tavolo era più vuoto del solito quel giorno. Dopo la lezione di psicologia, Giusy sedeva al suo solito posto nel bar della scuola, accanto a Tamara. Sol e Belen erano con loro e tutte e quattro le ragazze osservavano in silenzio i loro vassoi sulla tavola, pieni di cibo. Ciononostante, nessuna di loro mangiava. Mancava Patty. Erano quasi cinque minuti che la aspettavano, eppure di lei non c'era traccia. Era un po' strano, pensava Giusy tra sé e sé, la loro amica raramente tardava. Qualcosa doveva esserle successo, forse un qualche contrattempo o una lezione più lunga del solito. Comunque, anche le divine dovevano ancora arrivare. Di questo però Giusy non si stupiva, sapeva infatti che Antonella e le sue amiche di solito si fermavano tutte assieme nei bagni prima di andare a pranzo. Era un po' una loro abitudine.

L'altro gruppo arrivò poco dopo e si sedette. Antonella però non c'era.

“Ciao ragazze,” le salutò Giusy. Forzò un sorriso mentre si guardava attorno impensierita, poi chiese:“Dov'è Antonella? L'avete vista?”

“È uscita subito dalla lezione perché doveva andare a parlare con Patty,” le spiegò Pia, “saranno da qualche parte in cortile presumo.”

Giusy aggrottò la fronte. Le altre ragazze cominciarono a mangiare; a lei invece si chiuse lo stomaco. Il pensiero di Antonella e Patty assieme, che parlavano da qualche parte da sole di qualcosa che lei nemmeno sapeva la innervosiva – e purtroppo sapeva anche perché.

“Con Patty? E per cosa?” chiese con disappunto. Sapeva che sarebbe sembrato strano questo suo improvviso interessamento, eppure non riuscì a trattenersi. L'alternativa sarebbe stata andare direttamente a cercare Antonella e chiedere spiegazioni alla diretta interessata, cosa che ovviamente non poteva fare. Sarebbe passata per psicopatica, come minimo. E lei era meglio di così. O almeno doveva sembrarlo.

“Non lo sappiamo, è scappata via di corsa, non ce l'ha detto. Sembrava abbastanza importante però,” continuò Pia. Giusy si irritò ancora di più.

“Abbastanza importante? Sul serio non vi ha detto niente, che so, neanche un piccolo accenno?” insistette.

E menomale che avrebbe dovuto essere discreta.

“Scusa tesoro perché non glielo chiedi tu stessa quando arrivano? Visto che ci tieni tanto...” replicò Pia. L'ambiguità nel suo tono di voce non sfuggì certo a Giusy, che naturalmente la lesse come una tacita provocazione.

“Infatti, Pia ha ragione Giusy, perché ti interessa tanto?” si inserì Luciana. “Non sarà che ti da ancora fastidio che Antonella e Patty siano amiche...” aggiunse, con un ghigno malizioso. Giusy si sentì pervadere dalla rabbia. Non si alterava così tanto dai tempi in cui lei e Antonella litigavano quotidianamente.

“Tappati la bocca Luciana, non diciamo idiozie,” sbottò, lanciandole un'occhiataccia. “Non mi interessa infatti, ero solo curiosa visto che nemmeno noi abbiamo più visto Patty, tutto qua. E per la cronaca, a me non ha mai dato fastidio che Antonella e Patty fossero amiche in passato, si può sapere chi vi ha detto questa scemenza?!” chiese, il volume della sua voce ora notevolmente aumentato. Senza accorgersene stava gridando.

“Beh, Giusy...” commentò sommessamente Tamara, di fianco a lei, “non è proprio così, se permetti.”

“Come prego? Se hai qualcosa da dire dilla e basta Tamara!” replicò l'altra, chiudendo le mani a pugno.

“Guarda che non c'è niente di male,” l'amica tentò di placarla, “eri solo preoccupata per Patty in quel periodo, è comprensibile, visto quello che le combinava Antonella.”

“Infatti Tamara, direi che era più che normale e giustificato, e poi scusa cosa sarebbe questa storia? Mi fai passare per una pazza quando mi sembra che nessuna di noi fosse contenta di quell'amicizia, o mi sbaglio?” le fece notare Giusy. Sia le divine sia le popolari si erano opposte all'epoca, lei non era certo stata l'unica.

“Noi veramente eravamo più che altro preoccupate per la reputazione di Antonella, era pur sempre la leader del nostro gruppo,” spiegò Pia. Di nuovo, quel suo tono passivo aggressivo che celava insulti dietro mezze frasi ambigue dava a Giusy sui nervi. Non aveva proprio idea di come Antonella facesse a sopportarle, soltanto Caterina si salvava tra tutte loro. Non c'era certo da stupirsi che ultimamente tutto il suo tempo libero Antonella scegliesse di passarlo con lei – per la felicità di Giusy.

“E questo cosa vorrebbe dire scusa?” chiese Sol.

“Quello che Pia intende,” si introdusse Caterina, “è che di per sé a noi Patty non ha mai dato fastidio, è solo che era molto diversa dalle ragazze che Antonella frequentava normalmente, per questo all'inizio la loro amicizia ci ha fatto un po' strano, però noi non abbiamo mai avuto niente contro di lei, giusto ragazze?”

“Infatti,” confermò Luciana, “anzi vi confesso che io sotto sotto Antonella la detestavo anche più di Patty, certe volte era proprio una serpe.”

“A chi lo dici, se penso a tutte le cose che abbiamo sopportato a causa sua,” le andò dietro Pia, con un sospiro.

Più Giusy le ascoltava, più si sentiva il sangue ribollire nelle vene. Avrebbe voluto alzarsi, buttare giù dal tavolo tutti i loro vassoi e poi andarsene, ma trovò in qualche modo la forza di combattere il proprio istinto e si trattenne.

“Belle amiche di merda che siete, lasciatevelo dire,” Giusy le attaccò impulsivamente. “Forse Antonella vi ha sempre tenute a distanza e ha addirittura preferito Patty a voi perché nessuna di voi l'ha mai capita veramente, siete solo delle egoiste,” si lasciò sfuggire. Sapeva che stava andando fuori controllo e avrebbe dovuto fermarsi, però in quel momento non riusciva a pensare lucidamente. Succedeva sempre così, quando si trattava di Antonella.

“Può darsi Giusy, alla fine Patty è l'unica tra noi che può capirla veramente,” replicò Luciana. “Entrambe sono cresciute senza un papà, entrambe hanno la passione per il canto e la musica, non c'è da stupirsi che siano state tanto legate. Chissà, magari adesso che abbiamo cominciato a mangiare tutte assieme pian piano ritorneranno amiche,” ipotizzò.

“Io non credo proprio invece,” Giusy ringhiò in risposta, “e anche se fosse sono affari loro, a me non interessa.”

“Ah no?A me sembra di sì invece. Perché ti scaldi tanto allora, se non ti importa?”

“Luciana piantala, cerchiamo di andare d'accordo per una volta,” intervenne Caterina con severità.

“Io non mi sto affatto scaldando!” Giusy gridò subito dopo. Tutte le altre ragazze la guardarono interdette, allora lei si bloccò e respirò profondamente. Chiuse gli occhi per una frazione di secondo e poi li riaprì mentre espirava. Calma. Doveva restare calma. “Sono calmissima,” continuò. “È solo che non mi piace quando la gente dice falsità sul mio conto, anche se visto il livello di intelligenza di certe persone non mi stupisco.”

“Guarda che io non mi sono inventata proprio niente,” si difese Luciana, “è stata Antonella a raccontarci che eri gelosissima di lei e Patty e ti intromettevi sempre nella loro amicizia, se proprio devi prendertela con qualcuno prenditela con lei.”

Giusy rimase di sasso.

“Lo ha detto Antonella?” disse tra i denti, in poco più di un sussurro.

“Luciana adesso basta!” Caterina riprese l'amica, ancora una volta. “È stato tanto tempo fa, non ha alcun senso parlarne adesso, piuttosto godiamoci il pranzo adesso, questa cotoletta sembra buonissima.”

Giusy però non riusciva a mangiare. Si forzò di mandar giù qualche boccone ma ci riuscì a fatica, lasciando nel piatto la maggior parte del pranzo. Antonella e Patty arrivarono assieme, dopo circa altri cinque minuti. Giusy distolse subito lo sguardo dalle due ragazze, la sola vista la innervosiva. Era come se nel fondo del suo stomaco si fosse aperta una voragine, dilaniata da tutti i pensieri che aveva su loro due. Come mai Antonella aveva cercato Patty? Che cosa poteva avere di così importante da dirle, al punto da farle saltare addirittura una parte della pausa pranzo? Tutti quei dubbi la mandavano fuori di testa.

“Eccoci qua, scusate il ritardo,” Antonella salutò tutte mentre prendeva posto. Sotto il tavolo la sua mano scivolò per un breve istante sulla coscia di Giusy, che si irrigidì e si ritrasse immediatamente. “Di che parlavate?”

“Di niente. Non parlavamo di niente,” Giusy rispose secca.

Poi non parlò più per il resto del pranzo.

Più tardi nel pomeriggio, Antonella le mandò un messaggio. Giusy era in palestra quando lo lesse. Andava ad allenarsi regolarmente tre volte a settimana, ma quel giorno trovò che correre, fare gli esercizi con le macchine e sollevare pesi fu particolarmente soddisfacente. L'aiutò infatti parecchio a scaricarsi e dar sfogo alla sua frustrazione. Aveva appena finito la terza serie di addominali quando controllò il telefono.
 

Eri strana oggi. Va tutto bene?

Sì, tutto bene.

Ho bisogno di vederti. Sei a casa?

No, sono in palestra.

Quando torni?

Non lo so. Penso tardi.

Non mi importa, ti aspetto.

Fa' come vuoi.
 

Giusy allora bloccò il telefono e tornò a concentrarsi sull'allenamento. Le attenzioni di Antonella la resero felice, da un lato, ma estremamente preoccupata dall'altro. Che cosa avrebbe dovuto dirle, se le avesse chiesto di parlare? Non poteva certo raccontarle la verità, sarebbe passata per una pazza gelosa ed ossessiva. Poteva però fare finta di niente e farle credere che andasse tutto bene? Poteva baciarla ed abbracciarla come al solito, come se nulla fosse, pensando dentro di sé alla sua vicinanza con Patty, al non sapere cosa questo per lei significasse? Il solo pensiero la mandava in bestia, e perciò decise di tornare a dedicarsi alla palestra. Era il turno del sollevamento pesi. Non le mancava poi tanto per finire, per messaggio aveva mentito ad Antonella solo per farla desistere dal passare da casa sua ed evitare così di affrontarla. A volte era fatta così, aveva solo bisogno di un po' di tempo. Poi però le passava.

Mezz'ora dopo, Giusy aveva finito. Sotto il cappotto autunnale indossava una tuta da ginnastica color blu scuro, quando girò le chiavi nella toppa della porta di casa sua ed entrò. Subito dopo, il suo saluto echeggiò per il salotto. Suo padre era ancora fuori in facoltà, rincasava sempre tardi dal lavoro, poco prima dell'ora di cena. Sua madre invece normalmente a quell'ora era in casa. Giusy però non percepì la sua voce mentre percorreva il corridoio all'entrata, subito dopo essersi tolta la giacca. Sentiva solo il rumore della televisione. Quando entrò nel salotto, sua madre non c'era. Vi trovò invece Antonella.

Seduta sul divano, la ragazza si alzò e le venne incontro per salutarla. Giusy si fermò di colpo. Si era chiesta più volte se l'altra alla fine sarebbe passata, però non si era realmente aspettata che succedesse. Non da Antonella.

“Ehi,” le disse quest'ultima, accennando un sorriso. Giusy di istinto fece un passo indietro.

“Antonella che fai qui?” chiese, aggrottando la fronte.

“Mi ha fatto entrare tua madre. Te l'avevo detto che ti aspettavo, no?”

“Sono appena tornata dalla palestra, devo farmi una doccia,” Giusy tentò di scoraggiarla, mentre riprese a camminare verso le scale che poco dopo iniziò a salire. Antonella però le veniva dietro.

“Ottimo, allora vengo con te,” stabilì l'altra con decisione.

“C'è mia madre a casa lo sai, e poi sono stanca, voglio riposarmi,” la mora tentò di opporsi, seppur debolmente.

“D'accordo, possiamo almeno parlare?” insistette Antonella. Giusy nel mentre aprì la porta di camera sua ed entrò. Antonella la seguì dentro la stanza.

“Te l'ho già detto, sono stanca morta e poi non dovevamo nemmeno vederci oggi, mi sembra,” le fece notare Giusy, sedendosi sul letto. Lasciò cadere a terra il borsone della palestra e stiracchiò le braccia all'indietro, come per sgranchirsi. Antonella si sedette accanto a lei.

“È vero, però non riuscivo ad aspettare fino a domani,” continuò quest'ultima, guardandola negli occhi. La sua mano si posò sul ginocchio di Giusy. “Ti rubo solo cinque minuti, d'accordo?”

Giusy tentennò. Fino a poco prima era stata determinata a tenere Antonella lontana da sé, adesso invece non riusciva neanche a dirle di andare via sostenendo il suo sguardo. Sapeva che probabilmente avrebbe dovuto, eppure non ne aveva la forza. Non quando lei la guardava così, con quei suoi grandi occhi marroni che rendevano Giusy profondamente debole.

“Che siano cinque,” le concesse infine con un sospiro. “Avanti, che cosa c'è?”

Antonella ritrasse la mano.

“Veramente sei tu che mi devi dire cosa c'è. È dall'ora di pranzo che sei strana, si può sapere che è successo?”

“Niente, non è successo niente,” negò Giusy, stringendosi nelle spalle. Si morse il labbro nervosamente e spostò lo sguardo a terra.

“Non me la bevo Giusy. Fammi indovinare, quelle serpi delle mie amiche mentre non c'ero ti hanno detto qualche infamata su di me e tu ci hai creduto, giusto? Chi è stata, Pia o Luciana?”

Giusy chiuse gli occhi e scosse il capo.

“Lasciamo stare.”

“Giusy...” tentò di replicare Antonella. La ragazza le mise una mano sul braccio per ottenere la sua attenzione, ma Giusy si irrigidì e si ritrasse al contatto immediatamente.

“Sul serio Antonella, sono stanca e non voglio parlarne. Ora te ne puoi andare per piacere? Tanto sono sicura che hai già qualcun altro disposto a farti compagnia,” si lasciò sfuggire con amarezza. Poi si morse il labbro, pentendosene subito dopo. L'ultima cosa che voleva era che Antonella venisse a sapere della sua stupida gelosia.

“Ora ho capito, si sono inventate che mi sto vedendo con qualche ragazzo. Giusy te lo assicuro, sono tutte cazzate, lo sai anche tu che parlano tanto per dare aria alla bocca.”

“Non è questo...”

“E allora cosa?” chiese Antonella. Per qualche secondo nessuna delle due parlò e cadde il silenzio. Giusy, sempre più in difficoltà, non sapeva più cosa inventarsi per farla desistere. Non fece neanche in tempo a pensare a qualcosa da dire in risposta che Antonella riprese a parlare, stavolta più sommessamente: “Non me ne vado da qui finché non vuoti il sacco Josefina Beltran, ti avviso, anche a costo di restare seduta sul tuo letto per tutta la notte,” decretò, incrociando le braccia al petto.

Giusy allora alzò lo sguardo su di lei. Osservò la sua postura tronfia, il petto leggermente all'infuori, il mento rivolto all'insù, la schiena dritta e le gambe accavallate e d'istinto le venne da ridere. I tentativi di Antonella di sembrare seria e autorevole adesso le facevano solo una gran tenerezza, come un pulcino in un pollaio che si atteggia da gallo per ottenere il rispetto di tutti gli altri pennuti.

“Piantala,” le disse Giusy con voce affettuosa. Si sciolse in un sorriso divertito mentre scuoteva la testa e sospirava.

“Guarda che sono serissima,” dichiarò Antonella, mantenendo il punto. Poi, anche il suo sguardo si raddolcì. “Perché non me lo dici? È qualcosa di grave?” chiese quasi in un sussurro, sporgendosi in avanti. “Mi fai preoccupare così.”

“No, al contrario, è una scemenza in realtà.”

Antonella le prese entrambe le mani tra le proprie. Giusy questa volta la lasciò fare e si godette in silenzio la sensazione delle dita di lei che le accarezzavano teneramente le nocche. Bastò questo a tranquillizzarla. “Una scemenza che però ti da fastidio,” fece presente Antonella. “Allora me lo dici o vuoi continuare a farti pregare?”

Giusy allora capì che continuare a lottare era inutile. Come sempre, Antonella aveva trovato il modo di far breccia dentro di lei, cosa che pochissimi riuscivano a fare. “Luciana ha detto che quando tu e Patty eravate amiche andavi in giro a dire che io ero gelosa,” ammise con riluttanza, mentre abbassava lo sguardo un'altra volta. Si sentì arrossire. Le mani le bruciavano, quasi come stessero andando a fuoco.

“Beh, adesso non direi proprio che lo andavo a urlare ai quattro venti,” rispose Antonella, “però, sì, qualche volta parlando con loro è capitato che lo dicessi,” confermò infine. Anche Giusy sapeva che in fondo non c'era nulla di male. “Perché, non è forse vero? È successo tanto tempo fa, tu mi odiavi e Patty era la tua migliore amica, penso sia normale che ti desse fastidio che lei passasse tanto tempo con me, no?” concluse.

Giusy guardò a terra senza rispondere. Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, pur di dare uno straccio di spiegazione, ma sentiva che il rossore sulle sue guance aumentava ogni secondo di più e il fiato le moriva in gola. Probabilmente fu allora che Antonella capì.

“Oh,” disse soltanto.

Allarmata dal suo silenzio, Giusy alzò lo sguardo su di lei e si accorse che anche Antonella era arrossita e la stava ora osservando con un ghigno sulle labbra. Dentro di sé si sentì sprofondare.

“Non ridere!” gridò, mentre si agitava, “non ridere Antonella!”

“Scusami, scusami, non sto ridendo,” le assicurò l'altra, mordendosi il labbro inferiore. Poi le rivolse un sorriso rassicurante. “Vieni qua,” le ordinò con dolcezza. Lasciò andare le mani di Giusy per prenderle il viso tra le mani, le accarezzò le guance e infine si sporse in avanti, unendo le loro labbra in un bacio. E Giusy si sciolse. Si sentì tremare mentre, nonostante tutto, ricambiò il bacio, e ad occhi chiusi allungò le mani in avanti per ricercare il corpo di Antonella e toccarla. Voleva sentirla vicino.

“Sono tutta sudata, dovresti starmi lontana,” le sussurrò, una volta staccate. Eppure sorrideva.

“Non mi importa,” rispose Antonella. Poi le si spostò più vicina e la baciò ancora. Giusy si godette quegli attimi come fosse stata su una nuvola. “Dirò a Luciana di chiudere quella boccaccia domani e farsi gli affari suoi una volta tanto, sempre che ne sia capace,” la rassicurò poi Antonella, quasi con fare protettivo. Le sue mani iniziarono a giocare con le ciocche di capelli ricci di Giusy. “Ti ha dato fastidio?”

“Ha detto che probabilmente ora tu e Patty tornerete amiche,” le raccontò quest'ultima, curvando le labbra in un piccolo broncio, “che avete tante cose in comune, che riuscite a capirvi meglio di tutti gli altri, e poi mi ha chiesto perché mi interessasse tanto.”

“E tu che le hai detto?”

“Che cosa dovevo dirle, di farsi gli affari suoi e che non mi interessa ovviamente,” la informò Giusy, stringendosi nelle spalle. Antonella le prese di nuovo le mani.

“Ed è la verità?”

Giusy esitò per qualche istante. Che senso aveva continuare a mentire?

“Forse su alcune cose Luciana ha ragione,” confessò infine, mentre sbuffava, “ecco perché me la sono presa. Tu e Patty condividete delle cose molto importanti che io invece non posso capire, il fatto di non aver avuto un padre, la passione per la musica... Come posso competere io?” sfogò finalmente tutta la sua frustrazione, oltre che la sua insicurezza.

Antonella le accarezzò le mani. Il suo sorriso rassicurante per un attimo rasserenò Giusy.

“Stai dicendo delle grandi scemenze, te ne rendi conto? Sì, è vero, io e Patty abbiamo queste cose in comune, però che c'entra, non significa nulla,” ribatté Antonella. Il suo sguardo però per un attimo si spostò di lato evitando quello di Giusy e la sua voce per qualche istante esitò, suonando leggermente tremolante. Giusy ne riconobbe subito l'esitazione.

“Ne sei sicura Anto?” chiese. Fu lei a stringerle le mani, questa volta. “Perché io me lo ricordo com'eri con lei, quando eravate amiche...” cominciò, riportando alla mente ricordi non proprio piacevoli. Tuttavia, prima o poi Giusy sentiva che avrebbe comunque voluto parlargliene. Meglio togliersi il dente subito, invece di tenere il dolore. “Mi ricordo come la guardavi, come le stavi vicino, come ti sei presa cura di lei tutte le volte che stava male, che stavate sempre assieme, le imprestavi i tuoi vestiti, le raccontavi tutto... Eri completamente diversa da com'eri con mio fratello, lo hai anche lasciato per non avere problemi nella vostra amicizia! E vogliamo parlare di quando ti sei addirittura fatta investire da una macchina e sei finita in ospedale per salvare sua madre? Di quando le hai fatto una scenata in piena regola perché per una volta era venuta in sala di registrazione con me e non con te e non ti aveva avvisato? Non lo so Antonella, forse è solo una mia impressione ma, avevo come la sensazione che lei non fosse una semplice amica per te.”

Giusy sentì come una fitta al fianco. Il cuore aveva incominciato a batterle fortissimo e un'ondata improvvisa di tristezza la colpì nel petto. La verità era che non era mai stata arrabbiata perché credeva che Antonella volesse fare del male alla sua migliore amica o avesse intenzione di prenderla in giro. Era tutto il contrario. Se se l'era presa così tanto era proprio perché sapeva che Antonella aveva voluto bene a Patty in modo sincero, perché prima di allora non l'aveva mai vista comportarsi con qualcuno in modo così altruista e generoso. Così onesto. E Giusy ne era gelosa marcia. Perché anche se in fondo lei era stata la prima a respingere Antonella, ad allontanarla e declinare costantemente ogni tipo di invito a fare amicizia, vederla così vicina a Patty la faceva bruciare di invidia al pensiero che la sua amica invece potesse godere di tutte quelle attenzioni e starle tanto vicina. A lei invece non era concesso. Non le era concesso neanche di riconoscere e ammettere di desiderarlo, figurarsi poi ricercarlo. Perché Patty sì e lei no? Non era giusto.

E così, Giusy si era spesso intromessa nel loro rapporto apposta per separarle, quasi inconsciamente, fino a quando le due non avevano litigato in maniera definitiva proprio a causa sua quel giorno nella sala di registrazione – non che lei lo avesse pianificato, era semplicemente successo quasi per caso, ma non poteva negare di esserne stata felice. Uno dei giorni più belli di quell'intero anno scolastico, in realtà.

“Giusy...” Antonella sospirò, evitando il suo sguardo. “È stato tanto tempo fa, adesso per me non conta più nulla,” disse, eludendo la domanda. Giusy percepì il suo disagio, e ciò fu sufficiente di per sé a darle una risposta. Però non era abbastanza. Aveva bisogno di sentirselo dire, chiaro e tondo.

“Antonella guardami negli occhi. Voglio la verità.”

Antonella alzò allora lo sguardo su di lei.

“Va bene. Mi sembra giusto,” decretò con voce flebile. “Però è qualcosa di molto personale per me che non ho, non ho mai detto a nessuno, neanche a mio fratello, perciò ti chiedo di non farne parola con nessuno per favore,” la pregò, quasi tremando.

“Te lo prometto,” le assicurò Giusy, un po' a fatica. La morsa alla base del suo stomaco la stava torturando. “Lo sai che non farei mai una cosa del genere.”

“Lo so. E va bene,” convenne Antonella, con un sospiro. “Anche se forse non è quello che vuoi sentire o che ti dovrei dire, la verità è che hai ragione tu. Quando io e Patty eravamo amiche, io... io penso di aver provato qualcosa di più per lei,” confessò. Più di una volta Giusy tra sé e sé lo aveva ipotizzato, eppure sentirselo dire le fece comunque un certo effetto. Il suo cuore d'un tratto parve farsi più pesante. “È stato tanto tempo fa però e adesso è passato, te lo giuro su quello che vuoi,” proseguì Antonella. “Non lo so, non ne ero neanche del tutto consapevole io stessa in quel periodo, però dentro di me me lo sentivo che con lei era diverso, era un legame molto più forte per me, non te lo so spiegare. E quel giorno, quando vi ho viste assieme nella sala di registrazione ci ho visto rosso, volevo solo farla soffrire come lei aveva fatto soffrire me... Sei arrabbiata?”

“No, come potrei essere arrabbiata?” disse Giusy, rivolgendole un piccolo sorriso. “Anzi, sono contenta che tu sia stata sincera, preferisco sapere la verità invece di rimanere col dubbio.”

“Ti giuro su tutto quello che vuoi che adesso però è finita, al cento per cento,” aggiunse Antonella subito dopo, questa volta con fermezza. Forse parlarne l'aveva fatta sentire più sollevata, pensò Giusy tra sé e sé. Conoscendo Antonella, non era sorpresa del fatto che non lo avesse mai detto a nessuno. Doveva esserselo tenuto dentro in silenzio per anni, magari addirittura sentendosene in colpa o vergognandosene – una sensazione che Giusy conosceva fin troppo bene, purtroppo. Tirarlo fuori, in un certo senso, poteva quasi essere una liberazione per lei.

“Ne sei sicura?” volle verificare, giusto per sicurezza.

“Sicurissima,” confermò Antonella, che ora appariva molto più sicura di sé e convinta rispetto a prima. “Patty è stata solo la prima persona che mi ha ascoltata e capita senza giudicarmi, e sì, è vero che abbiamo la musica in comune ma c'è anche tanto altro di molto più importante. Noi due siamo molto più simili di carattere, mi fai ridere, mi fai riflettere, parliamo di tutto assieme, senza contare che mi prepari da mangiare, mi porti a cena fuori, al cinema, mi fai le coccole...” Antonella cominciò l'elenco. Giusy allora si sentì rassicurata, e una sensazione di calore allo stomaco sostituì la morsa gelata che fino a poco prima l'aveva attanagliata. Ripensò a tutti i momenti di tenerezza che fino ad allora avevano condiviso e ogni dubbio svanì. Il sentimento che aveva legato Antonella a Patty era stato molto più immaturo, inconsapevole e quasi circostanziale. Loro due invece si erano scelte e questo faceva tutta la differenza del mondo.

Vedendola probabilmente rasserenata, Antonella si sporse in avanti per darle un bacio e le accarezzò il viso. “Non hai motivo di preoccuparti Giusy, sul serio, non c'è competizione. Mi credi?”

Giusy annuì.

“Sì, ti credo. Prometto che non lo dirò a nessuno quello che mi hai confidato.”

“Grazie. Che cosa c'è ancora?” le chiese poi Antonella, mentre aggrottava la fronte. “C'è altro che ti preoccupa?”

“No, niente...”

“Guarda che so leggerti bene ormai.”

“E va bene, qualcosa c'è,” Giusy ammise con riluttanza, “però non voglio dirtelo perché non voglio fare come quelle...” quelle fidanzate, pensò tra sé e sé, ma per fortuna riuscì a fermarsi in tempo per impedirsi di dirlo, “beh ecco, quelle ragazze ossessive e gelose con manie di controllo.”

“Guarda che un pizzico di gelosia non ha mai ucciso nessuno, anzi, a me per esempio non dispiace affatto,” le rivelò Antonella. Giusy seguì il suo sguardo e si accorse che le stava fissando le labbra.

“Ah davvero? Beh, allora se è così... Non che io sia gelosa ovviamente, è solo che mi stavo domandando come mai oggi a pranzo sei rimasta da sola con Patty per tutto quel tempo, di che cosa parlavate? Pia ha detto che sei stata tu a cercarla,” riuscì a dire finalmente, dando voce al dubbio che da ore la tormentava.

Antonella allora si tolse le scarpe, si sdraiò sul letto appoggiando la schiena sui cuscini e prese Giusy tra le sue braccia, trascinandola giù con sé. La mora non oppose resistenza, anzi, la lasciò fare ben contenta di ricevere quelle attenzioni.

“Vieni qua,” Antonella sussurrò contro la sua tempia. Giusy sistemò la testa contro il suo petto mentre l'altra le accarezzava i capelli. Si sentì subito meglio nell'averla così vicina. “Te lo avrei detto domani, ma visto che sei curiosa te lo anticipo ora. Il mio produttore vorrebbe inserire nel nuovo album due feat, solo che è difficile trovare qualcuno perché la maggior parte dei canti famosi non vuole duettare con un esordiente. Abbiamo pensato a Patty perché la gara tra le divine e le popolari è stata abbastanza seguita in televisione e così la gente sarebbe più invogliata a sentire una nostra canzone, per questo le ho parlato oggi, sono andata solo a farle questa proposta, tutto qua.”

“Ah. E lei che ti ha detto?” replicò Giusy. In fondo aveva senso, sarebbe stata una buona occasione per entrambe. Eppure...

“Che ci deve pensare ma che l'idea le piacerebbe molto, almeno sulla carta, poi dobbiamo ancora metterci d'accordo su tutto il resto, ovvio,” la informò Antonella. “Perché, è un problema per te?”

“No, certo che no. Cioè, non posso dire di esserne felice se è questo che vuoi sapere, però mi fido di te. Se dici che non provi più nulla per lei io ti credo,” ammise Giusy.

Si sentiva un po' in colpa nel pensarlo, ma l'immagine di lei e Patty tutte sole che lavoravano assieme per ore su una loro canzone le dava il voltastomaco, esattamente nella stessa maniera in cui glielo aveva dato la prima volta – e poi anche tutte le altre a venire. Non avrebbe certo impedito per questo ad Antonella di farlo, non voleva ostacolarla o essere un peso per lei, eppure quella fitta di gelosia proprio non voleva saperne di sparire. In cuor suo, Giusy sapeva che la musica sia per Patty che per Antonella era una parte importante delle loro vite, ben più di un semplice lavoro o una fonte di guadagno. Se fossero tornate a condividere quella sfera loro due da sole, anche solo temporaneamente, vuoi o non vuoi avrebbero condiviso anche dei momenti di intimità. E se poi Antonella avesse desiderato di tornare ad essere amica sua? E se poi si fossero riavvicinate, come aveva ipotizzato Luciana? Giusy sapeva che non doveva lasciare che quei pensieri avessero la meglio su di lei, sapeva che erano tutte paranoie irrazionali e Antonella le stava dimostrando in ogni modo possibile di volere solo lei, eppure non riusciva a fare a meno di preoccuparsene. L'idea che un giorno Antonella potesse svegliarsi e rendersi conto di desiderare di meglio di lei – e di poterlo pretendere – la terrorizzava.

“Però ti darebbe fastidio,” concluse Antonella, mentre osservava la sua espressione corrucciata senza smettere di accarezzarla.

“Questo però non ha nulla a che vedere con te e con Patty, è un problema mio, non è giusto che pesi su di te o ti condizioni,” ribatté Giusy, contraria all'idea che Antonella dovesse fare delle rinunce per colpa sua.

“Non dire cazzate, certo che mi riguarda. Domani a scuola le dico che i miei produttori hanno cambiato idea e hanno già un'altra persona, qualcuno comunque lo troveranno.”

“No Anto sul serio, non voglio che tu...” Giusy tentò di opporsi. Antonella presto la zittì mettendole il dito indice sulle labbra.

“Se è un problema per te allora lo è anche per me, fine della questione,” chiarì quest'ultima in tono risoluto. “Patty non è certo l'unica ragazza che sa cantare nel nostro paese, non mi importa di lavorare con lei o qualche d'un altro, un cantante vale l'altro per me, tanto lo sanno tutti che la diva resto io. Tu invece...” disse poi, ma lasciò la frase in sospeso per posare le labbra sul viso di Giusy e cominciare a baciarlo con dolcezza – la fronte, la tempia, il naso e poi la guancia.

“Io cosa?” chiese Giusy, ridacchiando mentre arrossiva.

“Di Josefina Beltran ce n'è soltanto una, voglio tenermela stretta,” Antonella sussurrò al suo orecchio. Giusy le rivolse un'occhiata adorante. La amava più di qualsiasi altra cosa.

“Da dove viene fuori tutta questa dolcezza?”

“Ti piace?”

La ragazza decise di non risponderle a parole ma coi fatti. Si sporse in avanti per catturare le labbra di Antonella ancora una volta, poi a malincuore sgusciò via dalle sue braccia e si alzò in piedi. “Aspettami qui, torno tra un secondo, non ti muovere!” le ordinò, subito prima di uscire dalla stanza.

Quando ritornò da lei, pochi minuti dopo, Antonella era ancora lì, sdraiata sul suo letto a braccia conserte che la attendeva fissando la porta.

“C'è qualche problema?” le chiese. Giusy si avvicinò al letto e tornò a sedersi accanto a lei.

“No, è tutto a posto, sono solo andata da mia madre a ricordarle con una certa urgenza che deve andare a fare la spesa prima di cena, dovrebbe uscire a momenti,” la informò, con un sorrisetto malizioso sulle labbra che Antonella presto ricambiò. “Sbaglio o avevi detto di voler venire con me nella doccia?”

“Sì, confermo, ho detto proprio così.”

“Allora missà che è il tuo giorno fortunato.”




Niente contatto fisico in pubblico o altre cose del genere.

 

Contenersi diventò via via più difficile. Abituata com'era nel privato a vivere quel sentimento senza alcuna restrizione, Giusy faceva ogni giorno più fatica a ricordarsi che nel pubblico non avrebbero neanche dovuto piacersi. In teoria. Nella pratica, le cose non stavano proprio così. Dopo il primo imbarazzo iniziale, durante i pranzi lei e Antonella cominciarono pian piano ad essere più sciolte e disinibite e anzi, adesso chiacchieravano davanti alle altre liberamente, forse anche un po' troppo. Giusy era contenta di poterla avere vicino e parlarci almeno un'ora al giorno, così anche quando non riuscivano a vedersi dopo la scuola avevano comunque occasione di stare un po' assieme. E poco importava che lei ormai rideva alle battute di Antonella quasi regolarmente mentre quest'ultima spesso ignorava le sue amiche per rivolgersi a Giusy, con il tempo sembrava come se si stessero entrambe dimenticando che tutte quelle cose non sarebbero dovute succedere, come se in fondo non ci fosse niente di male né di anomalo.

Fino a quando Giusy aveva incominciato a volere di più. Più volte a scuola si trovava a fissare le labbra di Antonella con desiderio e ricordarsi poi con disappunto che doveva trattenersi, che non si poteva, che neanche un abbraccio innocente, una carezza o un bacio sulla fronte le erano consentiti. Era contro le regole, purtroppo. Certe volte Giusy avrebbe desiderato annullarle, stracciare il foglio dov'erano scritte e infischiarsene allegramente! Però non si poteva. Era meglio per tutti così. Se le altre avessero saputo... E poi i loro genitori, gli insegnanti... No, non si poteva.

Se però a Giusy era proibito infrangere le regole, nessuno poteva impedirle di testarne i limiti e i confini, che ogni giorno parevano farsi più labili e oggetto di libera interpretazione. Quel giorno a pranzo rientrò esattamente in questa casistica. Era un mercoledì, e lei e Antonella si erano viste soltanto il giorno prima a casa di quest'ultima. Il fatto era però che per rimanere di nuovo da sole avrebbero dovuto attendere fino a sabato, per una serie di sfortunati eventi. Suo padre infatti aveva acconsentito a farla partire con Antonella per il compleanno, a patto però che lei prendesse il massimo dei voti nella verifica di diritto di quel venerdì e gli dimostrasse che per lei la scuola veniva sempre al primo posto. Roberto Beltran si era infatti accorto che nelle ultime settimane Giusy aveva cominciato a passare molto più tempo del solito fuori casa, soprattutto durante il fine settimana, e che Antonella inoltre spesso veniva a trovarli, sia di pomeriggio sia di sera, con il pretesto di “guardare un film” o “provare una coreografia”. Dettosi preoccupato per tutte quelle “distrazioni” che avrebbero potuto minacciare l'impeccabile rendimento scolastico della figlia, Giusy era riuscita ad assicurarsi il loro viaggetto alle terme solo con la promessa di un votone nella verifica più prossima – che guarda caso era proprio diritto, per sua sfortuna.

Questo significava che avrebbe dovuto studiare sul serio e non fare il minimo indispensabile per garantirsi un voto dignitoso, approccio che ultimamente sembrava prediligere per poter avere più tempo con Antonella. Il che voleva dire, tristemente, che fino a venerdì Giusy avrebbe dovuto tenerla lontana, se voleva studiare con serietà. E poi ci si erano messe anche le sue amiche. Queste avevano voluto organizzare a tutti i costi un pigiama party prima della sua partenza, contrariate dall'assenza di Giusy nel periodo del suo compleanno proprio come lei aveva immaginato. In settimana non era possibile per via della scuola, così erano state costrette a scegliere il weekend precedente al suo viaggio.

Il sabato non era un'opzione, visto e considerato che lei e Antonella di solito trascorrevano assieme il pomeriggio e la cena, per poi rientrare a casa di lei dove Giusy rimaneva fino a tarda notte. Era la loro giornata, e Giusy per niente al mondo ci avrebbe rinunciato. Fu costretta perciò a sacrificare il venerdì sera, altro momento sacro visto che avevano la loro cenetta domestica già programmata (più coccole sul divano e successivo trasferimento in camera). Però purtroppo non avevano alternative, a malincuore... E così, lei e Antonella avrebbero dovuto aspettare fino a sabato per ricongiungersi. Non era neanche tanto tempo a dire la verità, e forse sarebbe stato paradossalmente più semplice da gestire se Giusy non avesse dovuto trovarsi davanti l'altra ragazza tutti i giorni a scuola senza poterla toccare nemmeno con un dito. Non era affatto giusto. E così, Giusy per una volta decise che avrebbe fatto di testa sua, in barba alle regole. In fondo non aveva mica intenzione di infrangerle... soltanto aggirarle un po'.

Quel giorno a pranzo, dunque, le cose presero una piega pericolosa fin dall'inizio. Antonella infatti le si sedette particolarmente vicina, molto più del solito. Le loro sedie erano praticamente attaccate e le loro gambe si toccavano, così come i fianchi. Giusy sussultò e in un primo momento si irrigidì, ma non si sottrasse al contatto. Non sapeva se ciò fosse successo in maniera accidentale o se Antonella invece lo avesse cercato di proposito, tuttavia non era poi così rilevante. Le sue sinapsi andarono in cortocircuito, e Giusy a partire da quel momento perse ogni capacità di ragionare lucidamente. Tutto quello a cui riusciva a pensare era il corpo di Antonella premuto contro il suo, la sua voce e il suo profumo. Le pieghe ai lati delle loro gonne erano l'una sovrapposta all'altra, e Giusy gettando una rapida occhiata in basso riuscì a vedere il suo ginocchio scoperto. La voce di Tamara da un lato e quella di Pia dall'altro arrivavano alle sue orecchie come suoni distanti, la sua mente era come annebbiata. E così, i suoi istinti prevalsero.

Coperta dalla tovaglia, la ragazza allungò di poco una mano sotto il tavolo mentre con l'altra teneva la forchetta per mangiare. Poi, con naturalezza, appoggiò delicatamente la mano sul ginocchio scoperto di Antonella e la lasciò lì. Il suo sguardo naturalmente rimase fermo sul cibo che aveva nel piatto e poi sulle ragazze che a turno parlavano, senza mai posarsi su Antonella. Dovevano fingere completa indifferenza per non farsi scoprire. Antonella accanto a sé per un breve istante si irrigidì, probabilmente colta di sorpresa. Poi però si rilassò, e fece una cosa che incentivò Giusy a chiedere di più: restando in silenzio, la ragazza divaricò lentamente le gambe, portando Giusy a spostarsi in maniera quasi impercettibile per lasciarle più spazio. Un brivido di eccitazione le percorse la schiena. Antonella la voleva, tanto quanto Giusy voleva lei. Se fosse rimasta immobile, Giusy probabilmente si sarebbe limitata ad accarezzarle il ginocchio per un paio di minuti e poi ritrarre la mano, in maniera del tutto innocente. Però quello era un chiaro invito, una provocazione in un certo senso. E lei chi era per ignorare ciò che Antonella desiderava?

Mentre le altre ragazze dialogavano amichevolmente, Giusy si sforzò di mantenere le apparenze e continuò a mangiare, come se nulla fosse. Il cuore però le batteva all'impazzata. Poi, lentamente, prese coraggio e fece scivolare due dita, l'indice e il medio, lungo l'interno coscia di Antonella, avanti e indietro. La ragazza sussultò, in maniera quasi impercettibile. Solo Giusy fu in grado di accorgersene. Non che stesse facendo niente di male in realtà, stava a malapena toccando la porzione di pelle sotto il lembo della sua gonna e continuò così per alcuni minuti, senza spingersi oltre. Con il pollice cominciò a disegnare piccoli cerchi ad un ritmo lento e costante, mentre le dita andavano su e giù. Fino a quando Antonella, sempre nascosta dalla tovaglia, le prese la mano e la spostò notevolmente più su, ora ben sotto la gonna. Giusy si sentì tremare. Una scarica di adrenalina l'attraversò da parte a parte, mentre le stringeva l'interno coscia tastandone la pelle morbida. Era un gesto che aveva già fatto moltissime volte, nel privato, eppure adesso a scuola l'idea di avere accesso a una parte così intima e privata di lei la mandava in estasi, quasi come le fosse stata concessa la facoltà di reclamarla; come se Antonella stessa avesse desiderato che lei lo facesse.

Mentre la stringeva, le dita di Giusy vagavano su e giù indisturbate. Acquisì dunque una maggiore sicurezza. E la divertiva moltissimo ascoltare Antonella che continuava a parlare come se nulla fosse, mentre lei sentiva il suo respiro farsi talvolta più irregolare o avvertiva il suo corpo essere scosso da piccoli tremori che sopprimeva subito. In una di queste occasioni, Antonella si agitò al punto che non riuscì a sopprimere un piccolo gemito, che prontamente mascherò con un finto colpo di tosse.

“Va tutto bene? Hai bisogno di un po' d'acqua?” la provocò Giusy parlando piano, con un finto sorriso innocente sulle labbra.

“No grazie, sto benissimo,” replicò Antonella. “Però sono contenta di sapere che ti preoccupi tanto per me,” disse poi con sarcasmo.

“Sai com'è, più tardi abbiamo le prove, credo che sia mio dovere assicurarmi che la nostra cantante di punta si senta bene,” ribatté Giusy, stando al gioco. Fortunatamente le altre non avevano la più pallida idea di quanto in realtà le stesse a cuore il suo benessere.

“E da quando Antonella è la nostra cantante di punta?” chiese Tamara con stupore, dall'altra parte.

“Mi stava solo prendendo in giro, mi sembra ovvio,” rispose secca Antonella, subito dopo. “Lo sappiamo tutti che alla nostra Giusy piace scherzare e darmi fastidio, ormai ci sono abituata.”

“Oh povera cucciola, vittima delle mie angherie!” la prese in giro Giusy, ancora una volta. Le altre ragazze al tavolo ridacchiarono. “In nome dello spirito di squadra allora facciamo che ti concedo una tregua, se vuoi che la smetta devi solo dirlo,” le concesse, chiaramente parlando in codice e riferendosi in realtà a ben altro.

“No, non smettere, non ce n'è alcun motivo. Anzi sai che ti dico, continua pure finché ti pare, tanto la tua è tutta invidia mia cara,” la sfidò apertamente Antonella.

Giusy si sentì tremare. La sensazione della coscia morbida di lei nella sua mano le parve un fuoco che si irradiò verso tutto il resto del suo corpo.

“Ma non è che voi due piano piano state diventando amiche?” chiese poi Patty, di fronte a loro. Le due ragazze si voltarono di colpo verso di lei.

“Amiche noi? Ma per favore,” replicò Antonella, con finto sdegno.

“Va già bene se non ci uccidiamo a vicenda,” aggiunse Giusy.

La mano dalla gamba di Antonella la tolse solo alla fine del pranzo, un attimo prima di alzarsi. Più tardi, la ragazza le fece sapere via messaggio che la sorpresa era stata molto gradita. Giusy non riuscì a pensare ad altro per tutto il resto della giornata. Non aveva mai atteso un sabato con tanta impazienza.




Useremo il cellulare soltanto per necessità pratiche o per decidere quando vederci, non per sentirci quotidianamente.

 

Il telefono di Giusy squillò per quella che era circa la decima volta nel corso della serata. Le era arrivato un messaggio. Le sue labbra si colorarono di un sorriso felice e anche un po' emozionato quando lesse il nome di Antonella sullo schermo del suo telefono. Di nuovo.

“Un altro messaggio eh?” la prese in giro Tamara, seduta sul divano accanto a lei.

Giusy arrossì. Doveva darsi un contegno.

“Allora ci vuoi dire chi ti scrive?” le andò dietro Sol. “È da quando siamo arrivate a casa tua che il tuo telefono continua a squillare ogni dieci minuti, piantala di dire che è qualcuno che ti chiede i compiti perché non ci credo!” esclamò, e le altre ragazze le vennero dietro con mormorii di assenso e occhiate di approvazione. Giusy si sentì braccata.

Doveva però riconoscere che purtroppo non avevano neanche tutti i torti. Sarebbe stato tutto più semplice da gestire, se solo la sua fidanz- se solo Antonella non avesse avuto un bisogno compulsivo di attenzioni che ricadeva su di lei come una pila di tessere del domino, pronte a causare danni e schiacciare qualsiasi cosa si trovasse nelle vicinanze.

I primi ad accorgersene erano stati i suoi genitori, sua madre prima e poi anche suo padre. Con il passare delle settimane il numero di messaggi e chiamate che le due si scambiavano era aumentato drasticamente. Antonella a quanto pareva amava chiamare Giusy a fine giornata per lamentarsi con lei di tutte le cose spiacevoli che le erano successe, farsi ascoltare e ricevere il suo supporto, amava mandarle messaggi ogni volta che andava a fare shopping per farle vedere che cosa aveva comprato e chiederle che cosa ne pensasse e amava decisamente mandarle foto sue o addirittura video nel corso della giornata – Giusy aveva incominciato a salvarli tutti in una cartella a parte. Anche lei poi le scriveva spesso per aggiornarla o raccontarle di sé, spesso e volentieri lasciando intendere in toni espliciti che sentisse la sua mancanza e avesse voglia di vederla. Ne conseguiva dunque che ormai anche in casa il tempo che passava con il telefono in mano era aumentato parecchio, e da lì erano arrivate le prime domande dai suoi genitori, “si può sapere a chi stai scrivendo?”, “con chi parli tutto il tempo?”, “con chi eri al telefono prima?”. Trovare risposte credibili si faceva ogni volta più complicato.

A scuola invece raramente lei e Antonella si scrivevano, perciò le sue amiche avevano tardato ad accorgersene. Giusy poi quando era con loro di solito teneva il telefono in borsa e lo tirava fuori solo quando andava al bagno o alla fine dell'uscita, ma ad Antonella essere lasciata ad aspettare non piaceva per niente – lo aveva imparato a sue spese. E così piano piano, anche le ragazze avevano iniziato a notare che Giusy negli ultimi tempi riceveva più messaggi del solito e naturalmente si erano subito chieste da chi. Quella sera però Antonella si stava superando. Non aveva preso molto bene la notizia del loro venerdì sera annullato, così come non era stata per nulla contenta di sapere che Giusy avrebbe passato la serata con le sue amiche senza di lei, senza invitarla. E lei aveva provato a spiegarle che se avesse deciso di chiamarla sarebbe stato sospetto, che era una cosa solo tra popolari e che non era nulla di personale, che il giorno dopo si sarebbero viste subito dopo pranzo e avrebbero recuperato stando assieme tutto il resto del sabato, ma riuscire a farla ragionare era stata un'impresa e così avevano persino litigato. Poi però alla fine avevano chiarito, e Antonella anche se un po' riluttante aveva capito che era un male necessario e si era consolata con il pensiero del fine settimana che avrebbero trascorso alle terme ormai in arrivo – senza contare tutti i baci che Giusy le aveva dato per addolcirla e tutte le coccole che le aveva fatto. Ormai sapeva bene come prenderla.

Così come Giusy sapeva che quella sera tutti i messaggi che Antonella le stava mandando non erano altro che una ricerca di attenzioni, un modo per compensare il fatto che si sentisse esclusa e messa da parte, in un certo senso – nonostante lei le avesse spiegato almeno un migliaio di volte che non era così. Però lei come la metteva con le sue amiche? Avrebbe passato anche l'intera notte a scriverle, se non fosse stato che era in compagnia e lei detestava isolarsi con il cellulare a mandare messaggi quando era con altre persone. Però d'altra parte, se avesse ignorato Antonella lei si sarebbe risentita e quella era l'ultima cosa che desiderava. Ma perché doveva essere tutto sempre così complicato?!

“È mio fratello, mi sta scrivendo perché il mese prossimo torna in Argentina, ci stiamo mettendo d'accordo sul suo arrivo,” mentì Giusy, “sapete come sono queste cose, bisogna pensare ai voli, agli orari, ai bagagli, a come andare e tornare dall'aeroporto...”

Le ragazze si guardarono tra loro in silenzio, come interdette.

“Certo, certo, è naturale...” rispose Tamara, abbassando lo sguardo.

La rottura tra Patty e Matias a causa della distanza non era particolarmente recente, la loro storia da quando lui si era trasferito in Spagna era durata appena pochi mesi, ma tutte sapevano che in fondo Patty ci stava ancora male, che nonostante il tempo passato lei non lo aveva dimenticato. Giusy sapeva che quello era un colpo basso, tuttavia era l'unico modo che aveva per scrollarsi di dosso le amiche.

“Credevo che fossero i tuoi genitori a occuparsi di queste cose però,” fece presente Belen, scrollando le spalle.

“No, ormai Matias è indipendente, non ha bisogno di chiedere neanche un soldo a mamma e papà, ha uno stipendio più alto di quello che probabilmente io guadagnerò in tutta la mia vita,” scherzò Giusy, scuotendo la testa. In fondo non era neanche una falsità. “Per cui l'aereo lo compra con i suoi soldi, però lo sapete come sono gli uomini su queste cose, da soli non saprebbero organizzare neanche una colazione,” ironizzò, ridendo nervosamente.

“Per quanto si ferma qua a Buenos Aires, lo sa già?” chiese poi Patty, timidamente. Giusy la guardò e per un istante si sentì in colpa.

“Non lo so, deve ancora deciderlo, appunto di questo stiamo parlando,” spiegò, “anzi, adesso gli rispondo un attimo così poi ho fatto.”

Le ragazze risposero ancora una volta con mormorii di assenso, e così Giusy poté finalmente tirare fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni e leggere il messaggio di Antonella.
 

“Come va la serata?”

“abbiamo appena finito di mangiare, Carmen ci ha portato le pizze 😋
tu hai mangiato koala??"

 

Poi tolse la suoneria al telefono, per spostare l'attenzione dai messaggi che riceveva sul cellulare. La loro conversazione proseguì per svariati minuti ad intermittenza, mentre le sue amiche chiacchieravano nel frattempo del più e del meno.

"Sì, ho mangiato, tutta sola..."

“domani ci penso io a te, ti preparo tante cose buone e poi ti coccolo, sarai servita e riverita come una principessa ♥"

"Sarà meglio, non ce la faccio più ad aspettare."

"stai facendo un po' troppi capricci stasera, vedi di fare la brava"

"Altrimenti che cosa mi fai?"

"altrimenti domani ci penso io a metterti in riga"

"Lo sai che se mi dici così mi fai venire ancora più voglia di fare l'esatto opposto, vero?"

 

Giusy era sul punto di risponderle per le righe, quando inaspettatamente Antonella le mandò un altro messaggio.

"Ho voglia di sentire la tua voce, posso chiamarti?"

Per qualche secondo la ragazza fissò lo schermo in silenzio. Il suo cuore batteva all'impazzata. Anche lei aveva voglia di sentirla, di ascoltare la sua voce mentre Antonella le parlava della sua giornata, le cose che aveva fatto e i suoi commenti sulle prove di quel pomeriggio. Anzi, avrebbe avuto voglia di averla con sé e fare tutte quelle cose direttamente assieme mentre se ne stavano a letto, se solo avesse potuto. La chiamata era la cosa che al momento più ci si avvicinava. Tergiversò per qualche istante, indecisa sul da farsi. Come poteva chiamarla con le sue amiche là a casa? Avrebbe dovuto inventarsi un'altra bugia. Era anche vero però che alle sue amiche aveva tutto il resto della serata da dedicare, mentre Antonella là non c'era. Abbassò di nuovo lo sguardo e rilesse le parole che quest'ultima le aveva scritto.

Ho voglia di sentire la tua voce.

Poi decise.

"chiamami (non ho tanto tempo, però voglio sentirti anch'io)"

Subito dopo si alzò dal divano del salotto e si congedò, rifugiandosi al piano di sopra. Farfugliò appena due parole confuse su Matias e sul fatto di doverlo chiamare da lì a breve per concordare gli ultimi dettagli sulla sua partenza, poi sparì.

Venti minuti dopo, lei e Antonella erano ancora al telefono. Giusy perse come la cognizione del tempo, si lasciò ipnotizzare dalla voce di lei e poi si dimenticò di tutto il resto, come del resto le capitava sempre quand'erano insieme. Antonella sembrava essere particolarmente in vena di stuzzicarla quella sera, e Giusy naturalmente stette al gioco e le rese pan per focaccia.

“Missà proprio che ti sto viziando un po' troppo, lo sai?” le disse a un certo punto, scuotendo la testa con un sorriso malizioso mentre appoggiava la schiena contro la parete alle sue spalle.

“Ah sì? Tu viziare me? E perché mai?”

“E me lo chiedi pure? Le mie amiche potrebbero scoprirci se mi vedono in continuazione al telefono a mandare messaggi, anzi credo che qualche sospetto già ce l'abbiano, però qua c'è qualcuno che senza di me proprio non sa stare e piuttosto preferisce rischiare, ti ho abituata troppo bene,” concluse, ben sapendo come l'altra avrebbe reagito.

“Fammi capire quel qualcuno sarei io? Perché non mi risulta, non sono io quella che non riesce a tenere le mani a posto all'ora di pranzo con tutte le altre ragazze attorno a noi al tavolo, o mi sbaglio?”

“Ma per favore Antonella, non fare la santarellina perché non ti riesce,” obiettò Giusy, “mercoledì ti sei praticamente seduta in braccio a me a tavola, lo hai fatto apposta confessa!”

“Non so proprio di cosa tu stia parlando.”

“Lo sai benissimo invece.”

“So cosa? Avanti dillo,” la esortò Antonella, con voce più bassa e roca. Giusy fece un respiro profondo e si sforzò di non perdere il controllo.

“Tu lo sapevi che averti così vicina mi avrebbe fatto venire voglia di toccarti, mi hai provocato apposta perché ti volevi fare accarezzare, e io come una tonna ci sono cascata,” disse arrossendo. Pronunciò quell'ultima frase a bassa voce, quasi vergognandosene.

“Sei stata sedotta casomai, e comunque anche se fosse che male ci sarebbe? Abbiamo entrambe ottenuto quello che volevamo mi sembra, o no?”

“Per l'appunto, lo dicevo io che sei troppo viziata, questa cosa non va affatto bene,” la rimproverò scherzosamente Giusy. Quella ragazza era fin troppo abituata ad ottenere tutto ciò che voleva, e a Giusy toccava riconoscere amaramente che anche a lei era toccata la stessa sorte, pendeva dalle labbra di Antonella come un'idiota. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di vederla felice.

“Vuoi sapere cosa penso io invece?”

“Illuminami.”

“Penso che a te faccia comodo dire così perché ti permette di ignorare il fatto che sei tu la prima a cui piace viziarmi tesoro, o vuoi forse dire non hai scelto tu di toccarmi le gambe sotto il tavolo l'altro giorno, di appartarti dalle tue amiche per parlare con me al telefono, di farmi i regali e così via?”

“Sei molto brava a rigirare la frittata, lo sai?” rispose la mora, mordendosi le labbra. Antonella però aveva già capito tutto.

“Me lo dicono in molti è vero. Non hai risposto alla mia domanda però,” le fece notare.

“Ti toccherà rimanere con il dubbio allora, mi spiace per te.”

“Veramente io di dubbi ne ho ben pochi.”

“Quindi in pratica volevi solo farmelo ammettere,” sospirò Giusy, per nulla stupita.

Per quanto ad Antonella piacesse atteggiarsi come quella sfacciata e sicura di sé, lei sapeva che poche cose la facevano sciogliere come quando Giusy le sussurrava cose dolci all'orecchio nei loro momenti di intimità, anche se cercava di non darlo a vedere. Giusy dal canto suo era più il tipo che mostrava il suo affetto tramite gesti concreti o dedicando il tempo alle persone a cui voleva bene, neanche lei amava tradurre in parole i suoi sentimenti e forse proprio per quello tra lei e Antonella le cose funzionavano, in qualche assurda maniera; di tanto in tanto però le era capitato di lasciarsi andare a smancerie e farsi sfuggire complimenti, e ogni volta aveva visto l'altra ragazza andare in brodo di giuggiole tra le sue braccia. Giusy aveva deciso quindi di riservarli per occasioni speciali, un po' per orgoglio e per non dargliele tutte vinte e un po' per evitare che quelle parole perdessero di significato.

“Esatto, ma tanto ci riuscirò a fartelo dire, sta' a vedere,” replicò Antonella, con la sua solita presunzione.

“Domani sappi che io e te facciamo i conti, ti avviso,” la avvertì Giusy. Rimase ambigua volutamente, per lasciare ad Antonella il compito di trarre le sue conclusioni da sola.

“Lo spero proprio. Pretendo di essere ricompensata a dovere per tutto il tempo perso di questi giorni.”

“Ah lo pretendi? Beh visto che ci tieni tanto ti ricompenserò con gli interessi allora,” la minacciò ancora una volta.

Rimasero a chiacchierare ancora qualche minuto, poi Giusy dovette salutarla e le diede la buonanotte, resasi conto del tempo che passava. Con quale faccia poteva tornare dalle sue amiche, ora? Sospirando, la ragazza mora si rese conto di essere spacciata, le loro domande invadenti non gliele avrebbe tolte nessuno adesso, e tutto per colpa di Anton- oh al diavolo, ma chi voleva prendere in giro? Antonella aveva perfettamente ragione. La verità era che Giusy non si pentiva di niente.




Per non destare sospetti è meglio non vedersi troppo spesso e soprattutto non fermarsi a dormire l'una a casa dell'altra.

Seduta sul divano di casa sua, Giusy strinse forte il telefono nella mano destra mentre dentro di sé combatteva l'istinto di scagliarlo violentemente contro la parete. Era la quinta volta che telefonava ad Antonella, e per la quinta volta la voce automatica della segreteria telefonica era stata l'unica risposta che era riuscita a ottenere. Tutte quelle belle parole, “sì Giusy, ho voglia di vederti sabato,” “devi proprio vedere le tue amiche di venerdì sera, Giusy?” “è così lontano sabato Giusy, non voglio aspettare tutto quel tempo,” e poi sabato era arrivato e Antonella che cosa aveva fatto? Era sparita, sparita completamente! Qualcosa non tornava, Giusy nel profondo se lo sentiva. Non era da lei fare così.

La prima avvisaglia di allarme era arrivata fin dalla mattina, quando Antonella non le aveva mandato il buongiorno né aveva risposto a Giusy quando lei glielo aveva scritto. Già questo di per sé era un po' strano perché Antonella fino ad allora non aveva mai mancato una mattina, però Giusy sapeva che di sabato lei lavorava fino all'ora di pranzo e quindi aveva semplicemente ipotizzato che si fosse svegliata più tardi quel giorno e si fosse preparata di fretta, magari non aveva avuto il tempo di guardare il telefono. Verso l'una aveva deciso di chiamarla per mettersi d'accordo sull'orario in cui vedersi direttamente a voce, di solito lo stabilivano sempre all'ultimo in caso fosse successo qualche imprevisto, eppure Antonella non rispose. Il suo telefono era staccato, non squillava nemmeno. Era lì che Giusy aveva incominciato a pensare che forse fosse successo qualcosa. Le aveva scritto un messaggio subito dopo per dirle che a breve sarebbe andata a prepararsi e chiederle quando voleva che si incontrassero, ma Antonella non aveva risposto. Così come non aveva risposto a tutte le altre chiamate di Giusy. Quest'ultima poi aveva anche controllato il sito di chat online che a volte utilizzavano per comunicare tramite il computer quando erano entrambe a casa, magari il telefono le si era rotto o aveva avuto qualche problema. E invece Antonella era offline.

Così erano trascorse le ore e Giusy, arrivata al tardo pomeriggio senza uno straccio di risposta o comunicazione, stava incominciando sul serio a spazientirsi. Tra qualche ora avrebbero cenato, era il loro giorno libero dopo quasi tutta una settimana passata a stare distanti e Antonella la trattava così? Doveva pur esserci una spiegazione. Se aveva avuto un imprevisto o dopo il lavoro si era sentita stanca e aveva preferito stare a casa a riposare, perché non l'aveva avvertita? Era il minimo dopotutto. Non stare assieme ufficialmente non significava certo mancanza di rispetto! E perlomeno questo era quello che Giusy preferiva credere. Prendere in considerazione l'altra ipotesi, ovvero che Antonella non stesse usando il cellulare perché non poteva, perché si era sentita male o le era capitato qualcosa di grave, era qualcosa che Giusy si rifiutava categoricamente di fare, la sola idea le faceva venire un dolore al petto quasi opprimente. Poteva soltanto aspettare.

Quel prolungato silenzio però la destabilizzava sempre più con ogni secondo che passava. Era chiaro che Antonella per il momento non le avrebbe risposto, e non avrebbe nemmeno saputo dire quanto ancora avrebbe dovuto attendere, realisticamente. Un paio d'ore? Fino a tarda notte? Fino alla mattina dopo? O addirittura fino a lunedì a scuola? No, no, così era insostenibile! Come avrebbe fatto a trascorrere serenamente la sua domenica senza avere sue notizie, senza sapere se stesse bene o se le fosse successo qualcosa o perché non si erano viste al contrario di quanto invece avevano programmato! Se anche Antonella fosse stata impegnata lei naturalmente lo avrebbe accettato, però almeno voleva saperlo. Il silenzio invece lasciava che i suoi dubbi si ingigantissero e diventassero pesanti come macigni.

Si trovava dunque in quello stato quando sua madre entrò nel salotto, rincasata dopo un pomeriggio di compere.

“Giusy, sei ancora qui? Non dovevi uscire con Antonella?” chiese la donna, rientrando con in mano diversi sacchetti che appoggiò sul tavolino in mezzo alla stanza.

Giusy alzò appena lo sguardo su di lei, poi si alzò dal divano e cominciò a camminare avanti e indietro.

“Non lo so mamma, è tutto il pomeriggio che la chiamo ma non mi risponde,” disse sbrigativamente, il suo cervello affollato da mille pensieri. Il telefono che teneva nella sua mano destra pareva un ordigno sul punto di esplodere.

“Magari ha avuto un imprevisto, vedrai che più tardi ti chiama tesoro,” tentò di rassicurarla l'altra, mettendosi seduta.

Giusy invece continuava a camminare senza sosta, avanti e indietro.

“Non lo so, non ha mai fatto così, a questo punto non so più che pensare.”

“Se sei così preoccupata perché non fai un salto a casa sua? Magari Bianca è in casa e può dirti dove trovarla.”

La ragazza si fermò di colpo, proprio davanti al tavolino.

“A casa sua?” ripeté, questa volta guardando la madre negli occhi.

Un brivido attraversò la sua schiena mentre prendeva in considerazione l'ipotesi in silenzio, come se sua madre le avesse appena suggerito un qualcosa di illegale. Tecnicamente non era contro le regole, però...

Però se lo avesse fatto, di certo non sarebbe sembrato il comportamento di una persona che vedeva quel rapporto solo come un passatempo. Se lo avesse fatto, sarebbe stato come ammettere che Antonella era importante per lei. Molto importante. E quello era contro le regole.

Oh andiamo, al diavolo quelle stupide regole, né noi né lei le abbiamo mai rispettate. O c'è bisogno che ti ricordi di tutte le volte in cui le abbiamo trasgredite, dopo soltanto un mese?

Forse hai ragione, però se Antonella non fosse d'accordo? Se adesso vado a casa sua e la trovo là sul divano, bella tranquilla con Pia e Caterina, e mi dice che si era dimenticata che dovevamo vederci oppure era stanca, che figura ci faccio? Sembrerò una scema o una pazza.

Beh se è così Antonella se ne può pure andare a quel paese, rispettare gli impegni presi è una questione di rispetto. Nostra madre ha ragione, dobbiamo andare da lei, anche perché se no qual è l'alternativa? Che cosa facciamo se fino a lunedì non ci risponde? E se lunedì addirittura non venisse a scuola? Come ci staresti? Vuoi davvero passare così tanto tempo senza avere notizie della persona che ami?

Io...

Mentre sua madre le parlava, Giusy dovette arrendersi all'evidenza. Per quanto le costasse ammetterlo non aveva altra scelta, doveva andare da lei. Se anche Antonella non fosse stata in casa, magari Bianca avrebbe saputo dirle qualcosa. Qualsiasi cosa era meglio di quel silenzio assordante.

Venti minuti dopo Giusy suonò il campanello di casa Bernardi, il respiro tremante e un groppo in gola. Il pensiero di ritrovarsi davanti un'Antonella menefreghista e strafottente che le rideva in faccia la terrorizzava, ma era comunque meglio di molte altre alternative ben più cupe che avevano attraversato la sua mente in quell'esasperante attesa.

Alla fine fu Bianca a venire ad aprirle. Appena la vide la donna spalancò la porta e le fece cenno di entrare immediatamente.

“Oh Giusy, come sono contenta di vederti!” esclamò, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Giusy fu colta un po' alla sprovvista da tutta quell'enfasi. “Vieni vieni, entra in casa cara coraggio, fuori sembra di stare al polo nord, bisognerebbe mettere i termosifoni per strada con questo freddo, un giorno di questi manderò una bella lettera di protesta al sindaco,” disse, mentre Giusy faceva timidamente il suo ingresso nella casa. La donna le accarezzò il braccio e poi chiuse la porta dietro di lei, mentre Giusy si sfilava il cappotto.

“Buonasera Bianca, scusi il disturbo a quest'ora,” incominciò, guardandosi attorno per la stanza. I suoi occhi ricercarono silenziosamente Antonella, che però non era da nessuna parte.

“Ma quale disturbo, hai fatto benissimo a passare, anzi sei venuta proprio al momento giusto,” rispose Bianca. La donna iniziò a camminare verso il corridoio che portava alla camera di Antonella senza bisogno che l'altra le dicesse nulla. Giusy d'istinto la seguì.

“Perché, che cosa succede? Antonella sta bene?” chiese subito dopo con apprensione. Poi si affrettò a specificare: “Sono venuta qui per lei perché è tutto il giorno che non risponde al cellulare, dovevamo vederci oggi ma è sparita senza avvisare, non è da lei fare così. Per caso è in casa adesso?”

“Devi perdonarla tesoro, è che la mia Antonellina oggi ha avuto una giornata terribile, anzi pessima, è stata tutto il giorno chiusa in camera sua e non è uscita neanche per andare al lavoro, non ha nemmeno toccato cibo!” Bianca le raccontò allarmata. “Ti prego Giusy parlaci tu, falla ragionare perché io non so più cosa fare! Con me non parla neanche.”

Giusy ascoltò tutto ciò con il cuore in gola, come se fossero state informazioni della massima importanza. Dunque il suo istinto non si sbagliava, qualcosa dopotutto era successo veramente! Se non altro se Antonella era stata tutto il giorno in camera questo significava che almeno di salute stava bene, il che era già un gran sollievo. Dopo l'incidente che le era capitato due anni prima, non si sentiva più di escludere nulla...

“Che le è successo? Perché fa così tutto d'un tratto, ha avuto problemi al lavoro o a scuola? Qualcuno le ha detto o fatto qualcosa?” Giusy chiese tutto d'un fiato. Aveva bisogno di sapere di più, al più presto possibile.

“No cara quello non c'entra, aspetta un momento,” rispose Bianca. Poi si fermò nel bel mezzo del corridoio e si guardò attorno con circospezione, come per accertarsi che fossero sole. Quando ricominciò a parlare, la sua voce era poco più che un sussurro: “Vedi, tu fa conto che io non ti ho detto niente, però questa mattina il mio ex marito è venuto a casa nostra, così, all'improvviso...”

“Il papà di Antonella?!” esclamò Giusy con occhi sgranati.

Del padre di Antonella lei sapeva pochissimo, anzi, praticamente niente. Antonella non gliene aveva mai parlato e Giusy non le aveva mai chiesto niente, sapeva che per lei era un argomento molto delicato e non aveva neanche mai avuto motivo di tirarlo in ballo. Bianca da tempo aveva raccontato a tutti che lui fosse morto, e per molto tempo Giusy aveva creduto che fosse così. Poi Emma Taylor aveva sparso in giro quelle voci di pessimo gusto sul fatto che lui fosse in realtà un criminale scappato dal paese e detenuto in Spagna, che però erano state prontamente smentite sia da Antonella che dal resto della sua famiglia. Giusy fin dall'epoca non aveva mai voluto entrare nel merito della questione reputandolo un argomento troppo delicato e personale per diventare oggetto di gossip spiccioli e infelici. Qualche tempo dopo però Leandro aveva piantato Bianca da un giorno all'altro nonostante fossero in teoria sposati e si era sistemato in seguito con Carmen, che poi aveva sposato. Sua madre le aveva raccontato in merito a ciò che nel quartiere la gente diceva che il matrimonio di Bianca e Leandro era terminato così in fretta perché in realtà non era mai stato valido, che il certificato di morte del marito di Bianca era un falso e il padre di Antonella in realtà era vivo e vegeto, soltanto che aveva abbandonato la famiglia tantissimi anni prima e quindi lei non aveva potuto ottenere il divorzio.

Giusy non aveva saputo se crederci o meno e ancora una volta aveva scelto di non interessarsene, qualche dubbio però le era sorto. Patty e Tamara ne sapevano probabilmente molto di più, ma non ne avevano mai parlato con il resto delle popolari – né loro avevano mai fatto domande per quel che valeva. Qualche volta Patty aveva giusto accennato che per Antonella la questione di suo padre fosse una ferita aperta, che soffriva molto più di quanto lasciasse intendere, tutte cose che Giusy comunque già immaginava. Oltre a ciò, quell'uomo rimaneva un vero mistero per lei. L'unica cosa che di per certo ora sapeva era che morto non era, nonostante Antonella probabilmente lo avesse creduto per molto tempo. Doveva essere stato uno shock per lei vederselo rispuntare dal nulla dopo tanto tempo, a maggior ragione se le voci che circolavano sul suo conto erano vere e sul serio aveva lasciato il paese e abbandonato la famiglia per andare a fare il criminale in Spagna.

Perché era tornato proprio ora? Che cosa voleva da Antonella?

“Sì, sì tesoro, di ex marito ne ho soltanto uno,” Bianca le disse poi, con un'eccessiva leggerezza.

“E che cosa è successo? Antonella l'ha visto?”

“Sì, l'ha visto purtroppo e hanno anche litigato, poi Antonella si è chiusa in camera e non è più voluta uscire,” raccontò la donna, amareggiata.

“Mi dispiace. Deve essere stato uno shock per lei vederlo tornare così dopo tantissimo tempo...” commentò Giusy. Spostò lo sguardo sulla porta chiusa della stanza dell'altra ragazza e se la immaginò lì dentro, triste e sola. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterle stare vicino in un momento del genere.

“Ti prego, cerca di parlarle, convincila almeno a venire fuori, farsi una doccia e mangiare qualcosa, io non la posso vedere così,” la esortò poi Bianca con enfasi, mentre riprese a percorrere il corridoio con fare sconsolato. Giusy la seguì.

“Certo, farò il possibile.”

Raggiunsero così la porta della camera di Antonella. Fu Bianca a bussare.

“Antonella, pulcino, sono la mamma!” la chiamò, alzando la voce. “C'è Giusy che è venuta a trovarti, possiamo entrare?”

“Dille di andarsene,” replicò da dentro la voce di Antonella, in tono scocciato. Giusy deglutì.

Conosceva bene Antonella e sapeva perfettamente che era il tipo di persona che proprio non concepiva il lasciarsi aiutare dagli altri, che lo vedeva come un'ammissione di vulnerabilità e debolezza e quindi preferiva gestire tutto da sola, anche il dolore. Anche quando il dolore avrebbe finito per schiacciarla. Giusy però non glielo avrebbe permesso.

“Antonella sono io,” disse, anche lei a voce alta, “prometto che ti rubo solo un minuto, per favore è importante...”

Passarono alcuni secondi di silenzio. Poi Antonella rispose.

“Avanti.”

Giusy si scambiò un'occhiata complice con Bianca. La donna rimase in silenzio e annuì, facendosi da parte. Solo allora lei aprì la porta ed entrò.

Trovò Antonella in piedi poco distante dalla porta, che Giusy richiuse subito alle sue spalle. Le sue guance erano leggermente arrossate e gonfie e i capelli sciolti un po' spettinati. Doveva aver pianto.

“Ehi, che è successo?” Giusy le chiese dolcemente, mentre avanzava verso di lei tendendole una mano.

Antonella però fece subito un passo indietro e incrociò le braccia al petto. Giusy allora ritrasse la mano, mentre l'altra le rivolgeva un'occhiata contrariata. Era chiaro che non fosse contenta di vederla.

“Mi dici che cosa ti salta in mente?! Che cosa ci fai qui?” esclamò attaccandola.

“E-ero preoccupata per te, è tutto il giorno che ti cerco ma al cellulare non rispondi e così ho pensato di venire direttamente qua, avevo paura che ti fosse successo qualcosa,” tentò di spiegarle Giusy.

“Beh sto bene come puoi vedere, non è successo niente, se non ti ho scritto forse è perché non mi andava di vederti, non mi sembra tanto difficile da capire.”

“D'accordo, scusami, io non sapevo...” cominciò, lasciando però la frase a metà. Sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto, Antonella avrebbe comunque trovato il modo di attaccarla un'altra volta.

“Appunto, la prossima volta se non sai fatti i fatti tuoi ed evita di presentarti a casa mia senza nemmeno avvisare, chi cazzo pensi di essere per venire qua e parlare addirittura con mia madre?! Ti ricordo che non sei la mia fidanzata,” le disse aspramente.

Giusy si sentì piccola piccola. Sapeva che tutta quella rabbia non era in realtà diretta a lei, sapeva che Antonella si stava solo sfogando, ma le sue parole la colpirono ugualmente nel profondo.

Ti ricordo che non sei la mia fidanzata.

“Va bene, tolgo il disturbo allora,” rispose in tono arrendevole. Per un momento fu tentata di aprire la porta e andarsene sul serio, poi però si fermò, bloccata dal suo orgoglio. Antonella poteva avere mille motivi per volere il suo spazio, ma questo non giustificava certo il pessimo atteggiamento che stava mostrando. Chi credeva di essere?! “Scusami tanto sai se sono stata in pensiero per ore, bastava che mi mandassi un messaggio di due righe per avvisarmi che oggi volevi startene per conto tuo ed evitavo di far perdere tempo ad entrambe,” aggiunse con rabbia.

“Io non devo rendere conto a nessuno, men che meno a te,” replicò Antonella, con fare scocciato. “Non te l'ho certo chiesto io di preoccuparti e assillarmi, hai fatto tutto da sola.”

“Ascoltami bene Antonella, io lo so che adesso tu stai soffrendo e sei in un momento di difficoltà, ma questo non ti da automaticamente l'autorizzazione a trattare di merda le persone attorno a te che cercano solo di aiutarti!” sbottò Giusy, giunta al limite della sopportazione. “Che cosa pensi di ottenere facendo così, me lo dici? Credi che prendertela con chi ti vuole bene e allontanarci risolverà le cose? Non funziona così, o perlomeno con me non funziona!” gridò, piena di adrenalina.

“Ah no, con te non funziona?” Antonella la prese in giro, facendole il verso. “Beh sai quanto me ne frega! Te l'ho già detto una volta mi sembra, sono libera di fare quello che mi pare, per cui ora vattene, e non provare a farti più vedere a casa mia se prima non ti ho dato il permesso di venire!"

Giusy a quel punto fece un respiro profondo. Chiuse gli occhi e cercò di ricomporsi, per quanto fosse difficile. Si stava lasciando trascinare dall'emotività e sapeva che di questo passo avrebbe finito per mandare Antonella a quel paese e andarsene sul serio, sbattendo anche la porta. Solo che se fosse arrivata a quel punto, poi sapeva anche che le cose sarebbero precipitate, probabilmente per sempre. Lei non sarebbe riuscita a passare sopra alla sua maleducazione e la sua mancanza di rispetto, specie dopo aver passato un'intera giornata a preoccuparsi e stare in pensiero solo per essere trattata a pesci in faccia e cacciata via, mentre Antonella a sua volta sarebbe stata troppo orgogliosa per cercarla e chiederle scusa, anche nella remota possibilità che una volta tornata lucida sarebbe riuscita a capire il suo errore. Per cui Giusy sapeva che l'avrebbe persa. Così come sapeva anche che nessuna di loro due voleva quello. Sapeva che Antonella aveva bisogno di averla al suo fianco, ora più che mai, ma era troppo testarda per riuscire ad ammetterlo. E così, inghiottì la rabbia e l'orgoglio e decise di fare un ultimo tentativo.

Provò a calmarsi e riacquistare la lucidità, realizzando che più si lasciava trasportare dall'emotività più sarebbe stato difficile riuscire a comunicare. Darsi la colpa a vicenda non avrebbe portato proprio a nulla, se non ad arrabbiarsi ancora di più. Per cui provò invece di nuovo a venirle incontro, sperando che Antonella questa volta l'avrebbe finalmente ascoltata.

"Antonella ascoltami,” disse Giusy, ora in tono pacato, “qualsiasi cosa sia successa non dobbiamo parlarne per forza se non te la senti, però vorrei che tu ti mettessi in testa che non sei da sola, possiamo affrontarle assieme le cose, piano piano. Ci sono io con te, d'accordo? Ti preparo qualcosa da mangiare e poi ci guardiamo un film, oppure mettiamo un po' di musica e cantiamo assieme, giochiamo a carte o ce ne stiamo a letto in silenzio e basta se non hai voglia di fare niente. Però non mi allontanare per favore, lo so che hai bisogno di me adesso. Lascia che mi prenda cura di te," concluse, pronunciando quell'ultima frase quasi in un sussurro. Fece un passo in avanti verso Antonella e la fissò in silenzio, con uno sguardo carico di aspettative.

Per qualche istante Antonella fece silenzio, e Giusy credette quasi che finalmente avesse cominciato a ragionare. Quasi.

Povera illusa.

"Sei dura di comprendonio, eh?” Antonella sbottò con disprezzo. “Stai incominciando a seccarmi. Ascoltami bene Giusy, solo perché la tua vita è piatta e monotona, non hai alcuna ambizione per il tuo futuro e per amiche ti ritrovi quattro ritardate non sei autorizzata a venire qua a starmi col fiato sul collo, sputare le tue sentenze moraliste e psicanalizzarmi, esci fuori e va' a farti una vita tua piuttosto invece di continuare ad intrometterti nella mia! Io qui non ti voglio, te lo ripeto," sentenziò bruscamente.

Fu quello il punto di rottura.

Giusy fece un altro respiro profondo, la gola secca. Antonella voleva che se ne andasse? Perfetto. Aveva vinto. Aveva voglia di piangere, ma ringhiottì le lacrime e si fece forza. Non le avrebbe dato anche quella soddisfazione.

"D'accordo, sai cosa c'è? Hai vinto tu, me ne vado,” si arrese. “Ho cercato di capirti e venirti incontro ma c'è un limite a tutto, per cui o tu adesso ti scusi per il tuo comportamento e le cose che hai appena detto o io prendo e me ne vado. Solo che se lo faccio io qua non ci torno più Antonella, è finita, fuori da scuola non mi vedi più. È questo che vuoi?"

Antonella a quel punto si voltò e le diede le spalle. Esitò tre secondi prima di rispondere, come se quel breve intervallo bastasse a farle avere un ripensamento. Come se potesse avere un significato.

"Fa' come vuoi, basta che mi lasci in pace," mormorò la ragazza, senza guardarla in faccia.

Eccola lì, un'altra pugnalata.

"Va bene Antonella, come vuoi, ti lascio in pace, mi sono stancata di te e della tua immaturità. Tra noi è finita."

Giusy si girò e lasciò la stanza. Mentre apriva la porta sentì la voce di Antonella mormorare qualcosa, un borbottio soffocato distinguibile appena.

"Giusy..."

Ma ormai era troppo tardi. Il suono della porta che sbatteva echeggiò per il corridoio. Era finita.

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Capitolo 11
*** V. Parte terza: Respiriamo insieme ***


Due giorni erano passati dal loro litigio, eppure a Giusy parevano mesi. Lei naturalmente non aveva più cercato Antonella e non lo avrebbe fatto nemmeno sotto tortura – nessun messaggio, nessuna chiamata, niente di niente, come se non fosse esistita. Poco importava se fosse stata sul punto di farlo almeno un milione di volte. Mentirebbe se avesse detto di non sentirne la mancanza, ma più di tutto Giusy era preoccupata per lei. La conosceva abbastanza bene da sapere per certo che nel frattempo Antonella se n'era stata tutta sola, ferita e impaurita ma allo stesso tempo troppo divorata dall'orgoglio per chiedere aiuto, per cercare una mano amica alla quale aggrapparsi. Lei era fatta così, non voleva nessuno quando soffriva.

Giusy sapeva che probabilmente anche Antonella sentiva la sua mancanza almeno tanto quanto lei soffriva la sua, ma le sue parole l'avevano colpita troppo nel profondo per riuscire a passarci sopra. Non si poteva aiutare chi non voleva essere aiutato, non senza che Antonella prima perlomeno riconoscesse di aver sbagliato. Ma chi era lei per poterla costringere? Figuriamoci se Antonella Lamas Bernardi poteva cambiare così, da un giorno all'altro, ingoiare l'orgoglio e venirla a cercare per ammettere di avere bisogno di lei. Non lo avrebbe mai fatto, nemmeno sotto tortura! Giusy la conosceva fin troppo bene, purtroppo, e sapeva a malincuore che non c'era nulla che potesse fare per tirarla fuori dalla spirale autodistruttiva nella quale l'altra ragazza con ogni probabilità stava piano piano sprofondando. Eppure le si stringeva il cuore al pensiero di non poterla salvare.

 

Lunedì a scuola fu persino più difficile di quanto immaginava. Vederla era uno strazio, anche solo da lontano, forse perché Giusy riusciva a leggere meglio di chiunque altro la tristezza e il vuoto nei suoi occhi. Ogni volta che la guardava provava una voglia matta di correre da lei ad abbracciarla, sentire di nuovo il suo profumo e il calore della sua pelle, però poi ogni volta il ricordo delle parole gelide con la quale Antonella l'aveva scacciata la bloccava all'istante, e allora rimaneva a fissarla ancora per qualche istante e poi spostava lo sguardo, colta dalla tristezza. Ogni secondo era una sofferenza.

Le cose peggiorarono nettamente a lezione di danza, l'ultima prima della pausa pranzo quel giorno. Antonella c'era ma era come se fosse stata assente, aveva lo sguardo spento e non parlava con nessuno, neanche con le sue amiche, le quali le stavano accanto ma neanche sembravano accorgersi che qualcosa non andava. I suoi movimenti erano lenti e scoordinati, come se l'energia che di solito la caratterizzava fosse stata completamente risucchiata. A Giusy le si spezzava il cuore. Si andò avanti così per una ventina di minuti circa, entrambe le ragazze completamente sconcentrate, qualche occhiata silenziosa scambiata da lontano, quasi per sbaglio, che portava entrambe a distogliere lo sguardo subito dopo, quasi come fosse stato un peccato. Poi qualcosa cambiò. Antonella dacché era soltanto distratta ad un certo momento cominciò a sembrare preoccupata, agitata persino. Si guardava intorno disorientata e sembrava essersi addirittura scordata di essere in classe, a lezione, ignorava la musica e a malapena si muoveva. Giusy allora cominciò a preoccuparsi sul serio. Non era da lei fare così, non lo era per niente.

I suoi sospetti vennero confermati poco dopo: senza preavviso Antonella si staccò dal resto del gruppo e lasciò l'aula di musica, senza voltarsi indietro. Biascicò a malapena due parole sul fatto di andare un attimo in bagno, ma la sua voce era spezzata ed era palese che stesse trattenendo le lacrime, tant'è che Emilia fermò la musica e le chiese se si sentisse bene. Antonella però la ignorò, se ne andò e basta, lasciando tutti un po' stupiti. Giusy sembrava l'unica che sapeva che cosa le fosse successo – o quantomeno, forse, ne aveva una vaga idea.

“Ragazzi scusate, qualcuno di voi sa che cos'ha?” domandò poi l'insegnante, girandosi per rivolgersi alla classe. “L'ho vista un po' strana oggi...”

Un mormorio confuso si levò in risposta. Tuttavia, nessuno prese la parola. Giusy pensò tra sé e sé che probabilmente era l'unica là dentro a cui gliene fregava qualcosa, e sentì come un fuoco che la incendiava da dentro e le riempiva la gola. Non poteva stare ferma un secondo di più; Antonella aveva bisogno di lei.

“Ci penso io, vado a vedere se sta bene,” sentenziò secca. Poi uscì dall'aula, senza voltarsi indietro. Non chiese neanche il permesso.

Il primo posto che decise di controllare furono i servizi al fondo del corridoio, che raggiunse in pochi istanti. Non si era nemmeno accorta che aveva cominciato a correre.

“Antonella!” gridò appena entrata, spalancando la porta. Cominciò a percorrere il piccolo corridoio mentre si guardava attorno, abbassando lo sguardo a terra per capire quale tra i vari bagni fosse quello occupato da lei. Dubitava che potesse essere andata lontano. “Anto sono io, sei qua per caso?” chiese mentre camminava. L'eco della sua voce rimbombava tra le pareti.

Nessuno parlò in risposta. Tuttavia, dopo alcuni secondi di ascolto attento Giusy riuscì a captare un rumore. Erano singhiozzi.

Seguendo quella traccia, Giusy raggiunse l'ultimo bagno attaccato al muro e vide per terra un paio di scarpe che lei conosceva molto bene. Il rumore proveniva proprio da lì. Esitante, fece un sospiro ed alzò il braccio destro, poi fece per bussare. Le sue nocche erano sul punto di sfiorare il legno della porta, quando si bloccò con la mano a mezz'aria. Sapeva che se avesse chiesto il permesso Antonella l'avrebbe respinta e lei non poteva permetterlo. Non quando sapeva che aveva bisogno di aiuto, che aveva bisogno di lei. E così, seppur con esitazione, appoggiò la mano sulla maniglia e la spinse in basso per aprire la porta. Antonella era proprio lì.

Seduta per terra, le mani stringevano le ginocchia al petto, la testa era inclinata in avanti. Singhiozzava, ansimava. Era la prima volta che Giusy la vedeva in un simile stato. La ragazza sentì immediatamente una stretta al cuore, ma non perse tempo e si affrettò a richiudersi la porta alle spalle, si chinò e sedette accanto a lei. Solo allora Antonella alzò lo sguardo. Aveva gli occhi gonfi e le guance rosse, rigate dalle lacrime .

“Vattene via,” biascicò tra i denti. Poi seppellì il viso tra le ginocchia.

“Vieni qua,” sussurrò Giusy in risposta. Allungò una mano e la posò sulla spalla di lei per rassicurarla e attirarsela a sé, ma Antonella si scostò e la respinse.

“Vattene Giusy,” protestò tra le lacrime, “vattene, vattene via.”

Mentre parlava incominciò a dimenarsi e prendersela con lei, più per mancanza di lucidità che per un motivo effettivo. Tentò di allontanarla con deboli spintoni alle spalle e alle braccia, ma Giusy la bloccò con estrema facilità e le afferrò saldamente i gomiti. Antonella in risposta provò comunque a tirarle deboli pugni al petto, scoordinati, e continuava a piangere in modo quasi isterico. Giusy questa volta la lasciò fare e non si oppose, non sarebbe riuscita a farle male nemmeno volendolo. Poi la abbracciò e la strinse a sé, circondandole la schiena con le braccia. Antonella appoggiò la testa contro il suo petto e Giusy le accarezzò il viso e la nuca, passandole una mano tra i capelli ad un ritmo lento e costante. Stava tremando in maniera incontrollata, tant'è che lei in un primo momento quasi si spaventò, anche se non lo diede a vedere. Doveva tranquillizzarla ora.

“Ci sono qua io adesso, non preoccuparti, ci sono io con te, va tutto bene,” le sussurrò, continuando ad accarezzarla. Antonella però non smetteva di piangere e sospirare, in un modo che Giusy sapeva non essere normale.

“Giusy, non respiro... ho paura...” biascicò contro il suo petto, con voce strozzata e il respiro tremante. Le mani di lei strinsero forte la sua camicia e Giusy la tenne ancora più stretta.

“Come sarebbe che non respiri?”

“Non respiro, non riesco a respirare, non ce la faccio, Giusy ti prego aiutami,” Antonella singhiozzò disperata.

“Ehi, ehi, sono qui, sono qui con te,” le ripeté Giusy. Chinò il viso per guardarla negli occhi e cercare il contatto visivo mentre con la mano libera le accarezzava il mento. “Respira, piano piano, così,” disse, e nel mentre fece un bel respiro profondo.

"Giusy, io non ce la faccio..." Antonella replicò tra i singhiozzi, la testa ancora contro il suo petto. Sembrava in preda al panico e continuava a respirare con fatica, ansimava e tremava senza sosta.

“Sì che ce la fai, guardami. Antonella guardami,” le ordinò l'altra. Le sollevò delicatamente il mento per far incontrare i loro sguardi, le prese le mani e intrecciò le loro dita. “, Appoggia i piedi per terra, chiudi gli occhi e tienimi le mani, respiriamo insieme, io e te,” le disse.

Antonella allora annuì e fece come le era stato detto. Chiuse gli occhi e strinse forte le mani di Giusy, al punto che quest'ultima quasi provò dolore. Le importava così poco però che non ci badò nemmeno. “Adesso concentrati solo sulla mia voce, va bene? Fai un bel respiro profondo, così, l'aria adesso entra...” la istruì in un sussurro, inspirando a sua volta assieme ad Antonella. “E l'aria esce....” aggiunse dopo qualche secondo, mentre Antonella espirava con lei. “L'aria entra.... E l'aria esce... L'aria entra... E l'aria esce....” continuò a ripetere ritmicamente, con pause a intervalli regolari, mentre Antonella seguiva le sue indicazioni e lentamente inspirava ed espirava. Proseguirono in quel modo per qualche minuto, fino a quando non vide che il respiro di Antonella cominciava a stabilizzarsi. “Va meglio?" le chiese quindi, sempre sussurrando.

Antonella annuì e riaprì gli occhi. Continuava a piangere, ma almeno aveva smesso di ansimare.

"Sì, un po' meglio,” confermò. Poi alzò lo sguardo su Giusy. “Ti prego non te ne andare, resta qua," la supplicò. Sembrava provata. Le lasciò andare le mani per avvolgerle le braccia attorno alla vita e si strinse a lei, come alla ricerca di protezione. Giusy la abbracciò immediatamente, più forte che poteva.

“Non me ne vado, stai tranquilla. Sono qua,” la rassicurò. Le scostò i capelli dalla fronte e la baciò con dolcezza, poi riprese ad accarezzarle la schiena con una mano e le mise l'altra sopra la testa. Antonella appoggiò ancora una volta la testa al suo petto come fosse stato un cuscino e pianse, pianse in silenzio e ininterrottamente. Doveva essersi tenuta tutto dentro per giorni fino ad esplodere, per questo Giusy decise di lasciarla sfogare senza fare domande. L'importante era solo che si sentisse al sicuro. Certo l'ambiente non doveva aiutarla molto in quello, rifletté la ragazza tra sé e sé, sedute sul pavimento di un bagno di fronte a un water, con un odore terribile poi.

“Ascoltami, cosa ne dici se adesso andiamo giù in cortile a prendere un po' d'aria?” le chiese dopo un po', quando Antonella cominciava a sembrare un po' più stabile. “Vedrai che ti fa bene, in un attimo sei come nuova.”

“No Giusy, non ce la faccio, non riesco a stare in piedi,” rispose l'altra, in modo categorico. Pareva quasi spaventata.

“Vuoi che vada a prenderti un po' d'acqua almeno?”

“No, no ti prego non te ne andare, se sto da sola è peggio,” la supplicò Antonella.

“Ascoltami Anto ho una proposta,” le disse allora la mora, sorridendole mentre le prendeva la mano. “Cosa ne dici se adesso faccio una corsa veloce da Emilia e le dico che per il resto dell'ora io e te ci prendiamo una pausa, ti andrebbe bene? Così poi ce ne stiamo tranquille. Torno qua subito, te lo prometto,” le assicurò. Sapeva che anche Antonella era consapevole che una loro assenza prolungata avrebbe destato più di qualche sospetto, non potevano scomparire così, senza una spiegazione. E conoscendo Antonella, probabilmente lei era la prima che voleva evitare una folla di gente attorno a sé in quelle condizioni. “E poi voglio dire, non dirmi che non riesci a resistere due minuti con questa vista suggestiva davanti agli occhi,” scherzò Giusy, riuscendo finalmente a strapparle una piccola risata.

“Va bene, ce la faccio,” si decise infine Antonella. “Torna presto però.”

“Te lo prometto.”

E così Giusy si alzò e fece ritorno nell'aula di musica. Per sua fortuna arrivò in classe proprio mentre Emilia stava facendo fare ai ragazzi esercizi a coppie e così riuscì a parlarle in disparte e spiegarle molto brevemente la situazione – chiaramente omettendo e rielaborando un bel po' di cose. Era arrivata giusto in tempo a quanto pareva, la loro insegnante le disse che stava giusto per uscire a cercarle, ma Giusy la rassicurò spiegandole che non ce n'era bisogno e che non valeva la pena interrompere la lezione apposta, che Antonella avrebbe presto chiamato casa per farsi venire a prendere e che lei sarebbe rimasta al suo fianco fino a quel momento, con il suo permesso. Emilia a quel punto acconsentì senza fare storie e anzi ringraziò Giusy per l'accortezza, dopodiché la ragazza mora si precipitò fuori dall'aula – non voleva lasciare sola Antonella per troppo tempo, in fondo glielo aveva promesso. Decise però di fare una sosta ai distributori visto che non c'era la fila e le prese una bottiglietta d'acqua, poi tornò in bagno. Quando aprì la porta, Antonella non era più seduta per terra ma sulla tazza del gabinetto tirata giù, segno che era riuscita perlomeno ad alzarsi. Se non altro era un miglioramento.

“Eccomi qua, ti ho anche portato da bere,” le disse Giusy, porgendole la bottiglietta che nel breve tragitto aveva già aperto per lei. Antonella l'afferrò subito.

“Grazie,” sussurrò, poco prima di berne qualche sorso. Poi la richiuse. “Penso di farcela ad andare fuori, forse un po' d'aria può farmi bene,” la informò poi, tenendo lo sguardo basso. Il volto di Giusy a quelle parole si illuminò, sollevata del fatto che il peggio fosse ormai evidentemente passato.

“D'accordo, allora andiamo,” rispose, prendendola per mano.

Antonella non si oppose e anzi riuscì ad alzarsi, così le due camminarono assieme verso l'uscita poco distante. Per fortuna l'aula di musica era al piano terra. Quando iniziarono a percorrere fianco a fianco il sentiero in ghiaia davanti alla scuola Antonella lasciò andare la sua mano, e Giusy non la trattenne. Piuttosto incrociò le braccia al petto e chiese, guardandosi attorno:

“Dove vuoi che ci mettiamo? Là dalla fontana?”

“Andiamo sul retro, preferisco,” replicò Antonella.

Giusy annuì e la seguì in silenzio. Percorsero il sentiero laterale che portava sul retro del grande edificio scolastico, ignorato dai più, di fronte al quale si apriva un piccolo cortile trascurato con arbusti incolti e qualche erbaccia. Giusy non aveva addosso la felpa e iniziò presto a sentire il freddo sulle braccia, ma lo ignorò. Il rumore dei loro passi sulla ghiaia le dava quasi più fastidio. Giunsero a dei gradini sotto un portone chiuso con un lucchetto un po' arrugginito e vi si sedettero, ancora una volta l'una di fianco all'altra. Poi continuarono a rimanere in silenzio.

Giusy si guardò attorno, un po' interdetta. Non era quasi mai stata in quel posto prima di allora, forse giusto un paio di volte. Di solito ci andavano i ragazzi più grandi a fumare durante la pausa pranzo o le coppiette a baciarsi in segreto, non aveva proprio una bellissima reputazione. Adesso però era vuoto, c'erano soltanto loro due, sedute in silenzio.

Dopo qualche momento di esitazione, Giusy si girò verso Antonella e la osservò con attenzione. Quest'ultima si era di nuovo portata le ginocchia al petto che aveva circondato con le braccia, il suo suo sguardo era perso nel vuoto, come se la sua mente fosse stata da tutt'altra parte. Guardandola, Giusy si rese conto di aver incominciato a trattenere il respiro e divenne improvvisamente consapevole dei battiti del suo cuore accelerati. Che cosa fare? Non poteva certo rivolgerle una domanda sciocca del tipo “Come va?” o “Senti freddo?”, perché già sapeva che Antonella l'avrebbe ignorata. Aveva però una gran voglia di entrare in contatto con lei, desiderava parlarle. Con il respiro tremante, Giusy decise di usare un altro tipo di comunicazione. Dopo attimi di esitazione pieni di adrenalina, la ragazza alzò timidamente il braccio destro e lo allungò verso il viso di lei, con due dita le mise una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio e le accarezzò la guancia, prima coi polpastrelli e poi con tutta la mano. Antonella in risposta si voltò nella sua direzione, quasi con stupore, e solo allora Giusy si accorse che aveva ricominciato a piangere, il suo viso tutto arrossato era di nuovo rigato dalle lacrime. La ragazza mora non esitò un attimo a riprendersela tra le braccia, la attirò a sé ancora una volta e la strinse, senza dire una parola. Adesso c'era molto più spazio rispetto al bagno stretto e angusto ed entrambe le ragazze furono libere di distendere le gambe mentre si accoccolavano l'una all'altra. Il freddo all'improvviso smise di essere un problema.

“Vieni qua, vieni qua,” ripeté Giusy in un sussurro, mentre l'accarezzava. Le baciò la fronte ancora una volta e nel frattempo sentiva Antonella piangere contro la sua camicia bianca.

“Sono patetica, vero?”

“Niente affatto,” replicò la mora, portandole una mano sopra la testa. “Sei una gran testa di cazzo, questo te lo concedo, ma patetica no,” scherzò, riuscendo a strappare all'altra una piccola risata.

“Devo averti proprio esasperata se arrivi ad usare certe parole,” commentò Antonella, alzando lo sguardo su di lei mentre con una mano si asciugava le lacrime.

“Un po' in effetti, ma non importa adesso.”

Altri secondi di silenzio. Poi, Antonella parlò di nuovo.

“Non me lo merito Giusy. Lo so che sono stata orribile con te, ti ho detto delle cose..." borbottò sottovoce. Giusy appoggiò il mento sopra la sua testa, mentre Antonella si aggrappava forte alla sua camicia. Avrebbe voluto proteggerla da tutto. “Io non le pensavo sul serio, te lo giuro. Non lo so nemmeno io perché le ho dette a dirti la verità, forse hai ragione tu, sono una testa di cazzo,” concluse. Giusy fece un sospiro divertito. Era vero, Antonella era una testa di cazzo e quando ci si metteva arrivava ad essere caotica e distruttiva persino nei confronti di se stessa. Eppure lei non ci poteva fare niente, l'amava.

“Lo so che non le pensavi, non ti preoccupare."

"Io ti devo chiedere scusa prima,” mormorò Antonella. Giusy la sentì deglutire e rabbrividire leggermente. Si rese conto subito dello sforzo che le stava costando persino una piccola ammissione come quella, che quel piccolo passo per lei aveva comportato la fatica di una maratona. “Mi perdoni? Lo so che non me lo merito e la verità è che neanche io m perdonerei, però..."

La ragazza mora la interruppe mettendole il dito indice sulle labbra, poi abbassò il viso per guardarla negli occhi. “Scuse accettate. Cerca di stare tranquilla adesso, ne riparliamo in un altro momento,” la ammonì dolcemente. Non era né il luogo né il momento adatto per affrontare quel tipo di conversazione, e non avrebbe approfittato del provato stato fisico e mentale di Antonella per strapparle impegni e promesse che non avrebbe potuto o voluto mantenere.

“Che cosa hai detto ad Emilia?” le chiese l'altra, cambiando argomento.

“Che hai avuto un calo di zuccheri e sei svenuta in bagno, le ho detto che adesso rimango io con te fino a quando non ti viene a prendere tua mamma, per fortuna non ha fatto storie,” le spiegò Giusy.

“Hai fatto bene. Grazie.”

La mora le strinse la mano e accennò un sorriso.

“Appena stai meglio allora andiamo in segreteria, vedrai che Bianca si precipiterà qui in un baleno.”

“Mia madre? Aspetta, eri seria? Guarda che non ce n'è alcun bisogno, sto bene, non vedo perché dovrei saltare le lezioni,” Antonella oppose resistenza. Ecco, Giusy avrebbe dovuto aspettarselo. Quella ragazza non era proprio capace di essere indulgente con sé stessa e concedersi un po' di riposo.

“Antonella, mi prendi in giro? Fino a dieci minuti fa neanche riuscivi a stare in piedi e ora vuoi dirmi che riesci a reggere per altre quattro ore di lezioni?” protestò Giusy, inarcando un sopracciglio in segno di contrarietà.

“Beh sono tre tecnicamente se conti che una è la pausa pranzo...”

“Non cambiare discorso!” la riprese. Senza volerlo si rese conto di stare incominciando ad alzare la voce, per cui si sforzò di darsi un contegno e abbassò il tono per non agitarla. “Tu non rimani qui, non se ne parla, hai bisogno di riposare,” insistette, con voce più pacata ma pur sempre mantenendo il punto.

“Giusy davvero non è niente fidati, queste cose di solito mi passano velocemente, non ci metto molto a riprendermi,” le spiegò Antonella, stringendosi nelle spalle.

La disinvoltura con cui lo disse lasciò l'altra alquanto spiazzata.

“In che senso di solito? Vuoi dire che non è la prima volta che ti succede un episodio del genere?”

Antonella rispose scuotendo la testa, poi abbassò lo sguardo sul pavimento in ghiaia.

“A scuola sì, è la prima volta, ma mi è già successo a casa, qualche volta al lavoro anche,” confessò.

“Antonella questo è gravissimo! Ne hai parlato con qualcuno? Devi vedere un medico il prima possibile, non puoi stare così!” Giusy esclamò a gran voce. Per quanto stesse tentando di rimanere calma e tranquilla, non riuscì a non agitarsi al pensiero che Antonella avesse potuto affrontare momenti del genere tutta sola, senza nessuno che la aiutasse e le stesse vicino. Che testa di cazzo.

“Non serve, lo so già che cos'ho,” rivelò la ragazza, che continuava ad evitare il suo sguardo. “Si chiamano attacchi di panico, non sono pericolosi in realtà, è solo che sul momento fanno paura.”

“Da quanto tempo li hai?” le chiese Giusy, accarezzandole il viso.

“Un po'. Saranno mesi, forse un anno. All'inizio era più difficile gestirli, poi col tempo mi sono abituata, anche se nelle ultime settimane era da un po' che non ne avevo. Di solito mi vengono la sera o di notte, quando sto da sola in camera. Aspetto un po' e poi se ne vanno, non sono nulla di grave...” raccontò Antonella, chiaramente minimizzando. Le ci volle poco a Giusy per capire che in realtà quegli episodi la scalfivano di più di quanto non volesse ammettere, soltanto a guardarla era chiaro che la paura che generavano non era poi così facile da gestire. Forse lei stessa era la prima a non riconoscerla.

“Ne hai mai parlato con qualcuno?”

Antonella scosse il capo, ancora una volta. “Non lo sa nessuno. Soltanto tu.”

Di colpo, Giusy ebbe un'illuminazione.

“È per questo che non volevi che dormissimo assieme, per tenermelo nascosto?”

Antonella annuì, e di colpo a Giusy fu tutto più chiaro. Da un lato, se non altro, ne era quasi sollevata. Per tutte quelle settimane infatti la ragazza aveva dovuto fare finta che non le pesasse il divieto di dormire assieme, non voleva sembrare troppo appiccicosa o opprimente. Nella realtà però si era chiesta spesso il perché di quella stupida regola insensata. Che senso aveva? Lei e Antonella in fondo più di una volta erano rimaste assieme fino alle due o le tre di notte, perché non dormire assieme a quel punto? Le loro famiglie si conoscevano bene, le loro madri erano amiche, non era forse molto più sospetto tornare a casa così tardi? L'unica teoria che Giusy era riuscita a formulare era che forse ad Antonella non interessasse andare oltre la parte fisica del loro rapporto e volesse tenerlo ben chiaro, sebbene più volte i suoi comportamenti dimostrassero l'esatto contrario.

Adesso invece era tutto chiaro.

“Che scema che sei,” la rimproverò dolcemente. Le sue dita si insinuarono tra i capelli dell'altra per giocare con alcune delle sue ciocche castane.

“Avevo paura di spaventarti,” ammise Antonella con voce sommessa. “O...”

“O cosa? Che ti lasciassi?”

“Nessuno prenderebbe la merce difettosa potendo scegliere, non prendiamoci in giro.”

“Io sì invece,” ribadì Giusy. Fu solo allora che Antonella alzò di nuovo lo sguardo su di lei. I suoi occhi lucidi la guardarono con incredulità, e Giusy dovette fare uno sforzo immane per non cedere all'istinto di baciarla. “Credi davvero che io voglia stare con te solo perché sei bella, famosa e piena di talento?” chiese, ritrovandosi ad arrossire involontariamente mentre lo diceva. Antonella dovette accorgersene perché le rivolse un sorriso divertito, forse anche un po' gongolante. “Lo sai anche tu che a me non me ne frega niente di queste cose. Cioè, non nego che a primo impatto è stato quello che mi ha attratto, però poi ho visto tutto il resto di te e adesso quasi non ci faccio più caso,” dichiarò.

Non era poi del tutto vero al cento per cento in realtà, nel senso che Giusy avrebbe mentito se avesse detto di non venire completamente e totalmente rapita dalla bellezza di Antonella ogni volta che si baciavano o facevano l'amore, per non parlare poi del modo in cui ogni altra cosa attorno a loro scompariva quando la guardava ballare o cantare o esibirsi su un palco. L'attrazione fisica che Giusy provava per lei era un qualcosa di imbarazzante e avrebbe potuto benissimo passare intere giornate con lei senza mai toglierle le mani di dosso – ma quello ora non era il punto sulla quale voleva soffermarsi.

“Cioè? Che intendi dire?”

“Cioè intendo che piano piano ho scoperto anche quello che hai dentro e...”, 'e me ne sono innamorata', pensò tra sé e sé, tuttavia si autocensurò e fece una piccola pausa, sapendo di non poterlo dire. “E così ho conosciuto l'Antonella testarda e piena di difetti ma che ha anche tante qualità preziose e un cuore molto grande sotto la sua corazza, è lei che ho scelto,” Giusy mise in chiaro una volta per tutte. Le accarezzò lentamente la guancia destra mentre si perdeva nei suoi occhi castani, e per un attimo lo sguardo le cadde sulle labbra rosa e sottili di lei, adesso ancora più vicine alle proprie. “Non mi interessa niente della diva che sta sotto ai riflettori,” concluse infine.

“Mi vuoi ancora allora,” esalò Antonella, con un sospiro di gioia. Tremante, la ragazza avvicinò il viso a quello di Giusy e lo inclinò leggermente verso destra. Giusy riusciva a sentire il suo respiro sulle proprie labbra e quella sensazione di vicinanza le provocò un brivido lungo la schiena.

“Certo che ti voglio ancora Anto, non ho mai smesso,” sussurrò con voce spezzata, senza pensare. Poi chiuse gli occhi, perché altrimenti Antonella avrebbe scoperto che era a tanto così dal mettersi a piangere come una scema. Dopo una frazione di secondo, le loro labbra si incontrarono.

Giusy le accarezzò le guance mentre si sentiva tremare. Si sciolse completamente nel bacio e ben presto sentì la mano destra di Antonella infilarsi tra i suoi capelli ricci, l'altra invece continuava a tirarla a sé per il colletto. Quei baci disperati e pieni di fremiti erano il loro modo di dirsi quanto si erano mancate, di colmare quella mancanza quasi come fosse stata una necessità.

“Vieni a casa con me, andiamo via assieme,” le chiese Antonella una volta staccate, a corto di fiato. Anche Giusy respirava a fatica. I loro respiri erano in sincrono.

“Anto, sei impazzita?” le domandò sorridendo. Continuava a tenerle le guance tra le mani e le accarezzò coi pollici, e per un attimo le sembrò che la sua pelle stesse andando a fuoco.

“Ti prego amore. Ho tanto bisogno di stare con te adesso,” la supplicò Antonella, chinando la testa in avanti. Giusy fece lo stesso, sospirò e chiuse gli occhi. Le loro fronti erano adesso appoggiate l'una contro l'altra.

“Anche io piccola, tantissimo,” esalò la mora, sforzandosi di non perdere il controllo e darsi un contegno. Era molto difficile riuscire a resistere ad Antonella, soprattutto quando le rivolgeva richieste del genere. Adesso però non si poteva. Riaprì gli occhi per incontrare il suo sguardo. “Però lo sai che mio padre non mi darà mai il permesso di uscire prima da scuola senza motivo, rischieremmo anche di non partire più per il mio compleanno se se la prende,” le fece notare dunque, a malincuore. “Vengo da te appena esco, okay? Non passo neanche da casa a posare lo zaino, te lo prometto,” le assicurò, accarezzandole il viso ancora una volta.

Antonella annuì, poi chiuse gli occhi. Allontanò leggermente il viso da quello di Giusy, poi prese la mano destra di quest'ultima tra le sue e se la portò alle labbra per baciarle le nocche.

“Va bene. Non vedo l'ora di stare a letto con te,” le disse.

Giusy tremò di nuovo. Non aveva la più pallida idea di come avrebbe fatto a resistere altro tempo lontana da lei.

 

Quando arrivò a casa sua quel pomeriggio fu Bianca a venire ad aprirle. Disse a Giusy che Antonella la aspettava in camera e la fece entrare, con il suo solito modo di fare un po' sconnesso. Si erano viste in realtà anche poche ore prima a scuola quando Bianca era venuta a prendere Antonella, Giusy era rimasta con lei fino all'arrivo della madre, proprio come le aveva promesso.

“Come sta adesso?” chiese con timidezza mentre entrava.

“Insomma, diciamo che si sta riprendendo, ha mangiato almeno e ora se ne sta in camera, non sai com'ero preoccupata Giusy,” raccontò Bianca. “Questo fine settimana la mia Antonellina non ha voluto vedere nessuno, nessuno! Non sai com'è testarda quando ci si mette.”

“Purtroppo lo so molto bene invece,” ribatté la ragazza, scuotendo la testa. Poi cominciò a dirigersi verso il corridoio – la strada ormai la sapeva bene. “Allora la raggiungo, ci vediamo dopo.”

“A dopo tesoro, se avete bisogno di qualsiasi cosa fatemi sapere!”

Che tipa, pensò tra sé e sé.

Arrivata davanti alla camera di Antonella, Giusy bussò alla porta tre volte e nervosamente. La risposta non tardò ad arrivare.

“Avanti.”

La ragazza mora appoggiò la mano sulla maniglia. Poi fece un respiro profondo. L'ultima volta che era stata lì, le cose non erano certo andate a finire a meraviglia. Giusy si sentiva agitata, ma più di tutto, disorientata. Non aveva idea di che cosa avrebbe trovato dall'altra parte, di quale sarebbe stata l'Antonella che questa volta l'avrebbe accolta. Quella amorevole e gentile che piano piano era venuta fuori nel corso della loro relazione, per così dire? Quella fredda, orgogliosa e distaccata? Quella cinica e in preda alla rabbia, disposta a dire o fare qualsiasi cosa per ferirla? O magari quella debole e spaventata che aveva visto quella stessa mattina? Giusy non lo sapeva, così come di conseguenza non sapeva che cosa aspettarsi da quell'incontro. Avevano deciso di rivedersi in un momento di fragilità, in quello che era stato un momento di grande debolezza per Antonella. Adesso però da quel momento erano passate ore... Antonella avrebbe potuto pentirsene, avrebbe potuto cambiare idea, avrebbe potuto reagire in mille modi diversi. E anche Giusy per quanto cercasse di essere forte aveva un cuore, anche per lei non era facile. Anche lei aveva sofferto, e tutt'ora continuava a soffrire, e tutto per causa sua.

Eppure era lì. Pronta a correre il rischio di stare male un'altra volta soltanto per rivederla.

Con questo peso sul cuore aprì la porta.

Antonella era nel suo letto, seduta con la schiena premuta contro il cuscino e avvolta da una vestaglia azzurra. La sua gatta grigia dal pelo lungo, Stella, era appisolata sopra le coperte calde, tutta raggomitolata su se stessa a pochi centimetri dalla sua padroncina. A Giusy per un momento l'immagine fece tenerezza. Le sorrise, e Antonella ricambiò.

“Ehi, vieni,” la invitò ad entrare quest'ultima. Le fece cenno con la mano di avvicinarsi, e allora Giusy chiuse la porta della stanza, si avvicinò a lei e posò lo zaino a terra.

“Ho fatto prima che ho potuto,” disse, sedendosi ai piedi del letto mentre si toglieva le scarpe. Non era nemmeno passata da casa sua per cambiarsi, tant'è che aveva ancora addosso l'uniforme della scuola: felpa bordeaux, camicia bianca e gonna a quadretti.

Antonella gattonò verso di lei.

“Ciao,” la salutò con un sorriso. Giusy non ebbe neanche il tempo di risponderle, l'altra ragazza avvicinò il viso al suo e catturò le sue labbra in un bacio che lei ricambiò all'istante. La mano di Antonella si posò sulla sua guancia.

“Ciao,” la mora sospirò sulle sue labbra, con una risatina. Le sue labbra si dispiegarono in un sorriso felice. Quanto le erano mancati i suoi baci, e la sensazione elettrizzante di sfarfallio nello stomaco che ogni volta mandava in cortocircuito il suo cervello.

“Non ce la facevo più ad aspettarti,” sussurrò Antonella, prima di baciarla di nuovo.

Le sue mani si affrettarono a sfilarle la felpa lanciandola con noncuranza verso un angolo del letto, poi avvolse con le braccia la schiena di Giusy e la tirò giù a letto con sé. La mora si sdraiò sopra di lei con felicità, accarezzandole il viso. Si spostarono assieme per sistemarsi più vicine ai cuscini e passarono i minuti così, a cercarsi e ritrovarsi, le mani affamate di contatto e desiderose di sentirsi a vicenda. Era come se avessero avuto bisogno di riparare e medicare tutte le ferite che si erano inflitte, di colmare la distanza che le aveva tenute separate così a lungo fino a cancellarla del tutto.

Fino a quando gli istinti cominciarono a diventare sempre più difficili da controllare. Giusy era impegnata a baciarle il collo in un punto che sapeva essere particolarmente sensibile per Antonella, e mentre i suoi gemiti riempivano la stanza si rese conto che le mani di lei avevano incominciato a slacciarle i gancetti del reggiseno, e che senza un contegno le cose sarebbero presto sfuggite di mano. Non che Giusy di per sé non lo volesse, ma sapeva benissimo che fare l'amore adesso non poteva certo essere la soluzione del loro problema. Anzi, casomai avrebbe solo complicato le cose e reso ancora più difficile affrontare il discorso in un secondo momento. Per cui, a malincuore si fermò e si staccò da lei, nel tentativo di mettere un freno – anche e soprattutto a se stessa.

“Come ti senti?” le chiese, riprendendo fiato. Alzò lo sguardo su Antonella per incontrare i suoi occhi castani, che la fissavano con le pupille dilatate.

“Molto meglio adesso che ci sei,” esalò l'altra in modo sbrigativo, e un attimo dopo ricatturò le sue labbra e riprese a baciarla e toccarla.

Le mani di Antonella afferrarono gli orli della sua camicia bianca con il chiaro intento di tirarla su e sfilargliela, ma Giusy questa volta si distaccò in modo più netto. Staccandosi da lei, si allontanò all'indietro e si tirò su per mettersi seduta sul letto.

“Anto, aspetta, aspetta un attimo,” le disse, ancora col fiatone.

Antonella la guardò con espressione confusa.

“Che cosa c'è? Credevo che fosse tutto a posto,” chiese interdetta.

“Io e te dobbiamo parlare prima,” fece presente Giusy, cercando di usare il tono meno minaccioso che aveva.

Antonella a quel punto si tirò su e si sedette di fronte a Giusy, con le gambe incrociate. La ragazza tenne lo sguardo basso in un primo momento e si portò il dorso della mano destra alle labbra, sfregandosele per alcuni istanti.

“Parlare? Va bene, parliamo,” disse, ben poco convinta. “Io per quanto mi riguarda sono a posto così, però se tu mi devi dire qualcosa dimmi pure, ti ascolto,” continuò mentre gesticolava con le braccia. Poi si strinse nelle spalle, intrecciando assieme le dita delle sue mani.

Giusy allungò un braccio nella sua direzione e le prese la mano destra, accarezzandole il palmo con delicatezza.

“Per prima cosa ci tenevo a dirti che apprezzo molto che tu mi abbia chiesto scusa per l'altro giorno, conoscendoti so che non deve essere stato facile,” esordì, nel tentativo di mettere l'altra a suo agio. Antonella allora le strinse la mano e alzò lo sguardo su di lei, rivolgendole un piccolo sorriso come a conferma di ciò che Giusy aveva appena detto. “Però allo stesso tempo Antonella, mentirei se ti dicessi che non ci sono stata male, le tue parole mi hanno ferita, e tanto anche,” continuò con un sospiro. “Io... lo so che hai agito impulsivamente e senza pensare come tuo solito, ma ad un certo punto mi sono anche chiesta se non le pensassi sul serio tutte quelle cose,” confessò. Antonella l'aveva colpita proprio in una delle sue insicurezze più grandi, e per quanto Giusy si fosse sforzata di non dare peso più di tanto a quelle parole dette in un momento di rabbia, passarci sopra e dimenticare non era certo semplice.

“Te lo giuro Giusy non è così, devi credermi,” intervenne l'altra, che ora le prese anche l'altra mano.

“Sì, ti credo te l'ho detto, e sono contenta che tu abbia capito di avere sbagliato, però Antonella tu devi promettermi che è la prima e ultima volta che mi manchi di rispetto,” mise in chiaro Giusy, in modo risoluto.

“Certo che te lo prometto, non accadrà più, mai più,” ribadì Antonella con decisione. Approfittando del fatto che si stavano tenendo per mano, quest'ultima attirò Giusy a sé per prendersela tra le braccia, poi appoggiò la schiena contro il cuscino vicino alla testiera del letto. Giusy la lasciò fare e in un attimo si ritrovò con il viso appoggiato al suo petto, le mani di Antonella che le accarezzavano teneramente le braccia e lo stomaco. Lei allora chiuse gli occhi e inalò il suo profumo; com'era bello lasciarsi coccolare. “Vieni qua, vieni qua,” sussurrò Antonella, stringendola. Poi avvicinò le labbra al suo orecchio. “È anche la prima e ultima volta che ti lascio andare via così, hai capito?”

Giusy alzò lo sguardo su di lei e le sorrise, tutta rossa in viso. Solitamente era lei quella che si lasciava andare a smancerie, parole dolci e gesti d'affetto, adorava infatti vedere Antonella sciogliersi come neve al sole e non capire più niente, ma non era abituata a riceverli altrettanto spesso. Con lo stomaco in subbuglio e un sorriso idiota stampato sul viso, la ragazza non riuscì a resistere e si sporse in avanti per darle un bacio, che Antonella ricambiò e approfondì immediatamente. Quando si staccarono, i battiti del suo cuore sembravano un martello pneumatico. Le loro mani si intrecciarono di nuovo.

“Ascolta, non sono venuta qui oggi perché voglio farti venire i sensi di colpa, sono qui perché voglio stare con te,” le disse, accoccolandosi contro di lei. “Quello che voglio dirti e soprattutto che voglio che tu capisca è che l'ultima cosa che voglio fare è toglierti il tuo spazio Anto. Se mi sono arrabbiata sabato non è stato perché volevo a tutti i costi vederti o costringerti a stare assieme, lo sai che non ti obbligherei mai. Ti chiedo solo di dirmelo quando hai uno di questi momenti e vuoi stare da sola, cerca di metterti nei miei panni per un momento, dovevamo vederci e tu sei sparita di colpo, di punto in bianco, è naturale che mi sia preoccupata,” raccontò, mentre nel farlo riviveva in parte le sensazioni angoscianti che aveva provato quel pomeriggio. “Sono stata in pensiero per te tutto il giorno sabato quando ti sarebbe bastato soltanto un messaggio per chiarire le cose,” concluse.

“Hai ragione, io non...” replicò Antonella, abbassando lo sguardo. Per un istante fece una breve pausa, nella quale tirò un sospiro. “Non sono brava in questo. Però... ”

“Però?” Giusy la incitò a continuare.

“Però, sto bene quando sto con te. Non voglio perderti,” concluse l'altra con voce flebile. Poi chiuse gli occhi.

“Neanche io piccola,” Giusy sussurrò contro l'incavo del suo collo.

“Ho avuto paura quando te ne sei andata, pensavo...” Antonella si interruppe ancora una volta, la voce rotta. Fece un altro respiro profondo, poi proseguì. “Pensavo che non saresti più tornata,” mormorò. Giusy si accorse subito, con una fitta al cuore, delle lacrime agli occhi che ormai l'altra ragazza non riusciva più a trattenere.

“Sono qua adesso, sono qua, non me ne vado,” si affrettò a rassicurarla, subito prima di ricatturare le sue labbra. Poi le portò una mano sul viso e le asciugò le lacrime con il pollice, una per una, e in seguito la baciò sulle guance proprio nei punti che aveva toccato, come se così facendo potesse portare via anche la sua tristezza, tutto il dolore che si portava dentro. Sentì Antonella ridacchiare e sospirare di gioia, e poco dopo quest'ultima avvolse il suo corpo e si sdraiò di nuovo, trascinando Giusy giù con sé.

“Ascoltami Giusy, io devo essere onesta con te,” disse, intrecciando le loro gambe assieme. “Non posso prometterti che riuscirò sempre a fare la cosa giusta o che non farò più errori, perché probabilmente sbaglierò ancora e magari ti ferirò o ti deluderò pur non volendolo, mi conosco purtroppo. Però quello che posso prometterti è che farò tutto il possibile per evitare che succeda perché non te lo meriti e soprattutto perché...”

“Perché?” chiese Giusy, mentre le scostava i capelli dalla fronte.

“Beh, p-perché voglio che tu stia bene, ovviamente,” Antonella tentennò. Giusy per un attimo si chiese se fosse veramente quello ciò che l'altra voleva dirle. “Io non sono molto brava a parlare, soprattutto quando sto male, di solito preferisco chiudermi in me stessa e aspettare che passi. Non ho mai avuto una persona che si prendesse cura di me in quei momenti, sarà anche per questo che sono abituata così, e le abitudini a volte sono difficili da cambiare. Però...” Un altro sospiro. Poi Antonella finalmente incontrò il suo sguardo. “Però voglio provarci, a-a cambiare. E non lo dico solo per te o per convincerti a non lasciarmi ma anche per me stessa, anzi soprattutto per me stessa.”

Giusy la guardò con tenerezza e avvertì nel petto una sensazione di calore. Si lasciò andare a un altro sorriso idiota, poi si sporse in avanti e le diede un bacio sulla fronte. Non aveva mai provato verso qualcuno un senso di protezione così forte.

“Impareremo assieme, va bene?” le assicurò, mentre le accarezzava il viso. “E come potresti farne tu di errori guarda che sicuramente ne farò anche io, non pensare che per me sia tutto semplice sai? Anche io ho paura Anto,” ammise. “A piccoli passi però vedrai che piano piano si fa tutto.”

“Piccoli passi, mi piace,” ripeté Antonella, ricambiando il sorriso.

“Sì?”

La ragazza annuì.

“Facciamo che il prossimo passo allora è che tu questa notte resti qua con me,” disse, più come una constatazione che come una domanda. Giusy però non aveva proprio niente in contrario, anzi, se non altro ne rimase stupita.

“A dormire intendi?” volle sapere, giusto per sicurezza.

“Sì, a cena e poi a dormire,” confermò Antonella. “S-sempre che tu lo voglia, ovviamente.”

Giusy stava per risponderle che ovviamente lo voleva, che non vedeva l'ora di passare la serata a letto e recuperare tutto il tempo in cui erano state lontane, quando un rumore la bloccò sul nascere. La gatta di Antonella, Stella, solitamente taciturna, si mosse improvvisamente dall'angolo al fondo del letto in cui si era messa – Giusy non l'aveva nemmeno notata a dirla tutta – e miagolò a gran voce, poi si avvicinò alla gamba sinistra di Giusy e strofinò contro di essa il suo musetto. Le due ragazze si guardarono negli occhi e si misero a ridere, mentre Stella nel frattempo balzò giù, alla ricerca di un nuovo angolino.

“Visto? Ti vuole qui anche lei,” scherzò Antonella.

“Beh se Stella mi reclama direi che non mi posso opporre.”

 

Le due ore successive volarono via alla velocità della luce. Era sempre così con Antonella, ma in quel pomeriggio lo scorrere del tempo fu particolarmente accentuato. Rimasero a letto fino a quando si resero conto che l'ora di cena si stava avvicinando, al che Giusy le propose di andare a fare la doccia per non doverci pensare più tardi. Antonella però rilanciò con una controproposta: un bel bagno caldo rilassante, che prese la ragazza mora in contropiede. Era da quando aveva sei anni che Giusy non faceva più il bagno. Sua madre le aveva insegnato che la doccia era molto più veloce e che faceva risparmiare acqua, per questo tutti i grandi la preferivano; era ora che imparasse anche lei. Da quel momento non era più tornata indietro.

Poi però Antonella era entrata nella sua vita, rivoluzionando tutto ciò che aveva sempre creduto di sapere. Immersa nella sua vasca da bagno con l'acqua calda, quasi bollente, che le arrivava poco al di sotto delle spalle, i sali da bagno al profumo di fragola che riempivano l'aria e la schiuma tutta attorno a loro, a Giusy sembrava di essere in paradiso. Non riusciva a ricordare nel suo passato neanche un momento in cui si era sentita così rilassata, in pace col mondo. Antonella era sdraiata tra le sue braccia, Giusy la stringeva per la vita mentre l'altra giocava con la schiuma e canticchiava allegramente, senza scandire le parole. Lei aveva gli occhi chiusi, ma riusciva a sentirla lo stesso. Le bastava poco per essere felice.

Non parlavano tanto, quasi per niente. Non a parole. Antonella qualche volta si girava verso di lei e le schizzava un po' d'acqua sul collo, le accarezzava le guance con le mani piene di schiuma o le rubava i baci, proprio quando Giusy meno se lo aspettava. Lei però non si arrabbiava mai. Rideva e basta, e poi la baciava di nuovo.

Decise ad un certo punto di chiederle se le andasse un massaggio alle spalle e al collo. Immaginava infatti che lo stress e la tensione di quei giorni dovevano essersi riversati anche sul suo corpo. Giusy perlomeno si sfogava andando in palestra – anche se aveva scoperto grazie ad Antonella che c'erano metodi addirittura più piacevoli per scaricarsi –, lei invece aveva la musica e la danza, che però ormai erano associate al suo lavoro e di conseguenza a responsabilità; chissà quanta tensione aveva accumulato.

Antonella accettò la proposta e si girò per darle un bacio sulle labbra, suggellando così l'accordo. Giusy allora cominciò. Appoggiò saldamente le mani bagnate sulle spalle di lei, tastò la sua pelle soffice e calda e cominciò a massaggiarla delicatamente, muovendo i pollici in movimenti lenti e circolari. Antonella chiuse gli occhi e piegò il collo più indietro, mentre un gemito lasciava le sue labbra. Giusy sorrise soddisfatta e fu quasi tentata di darle uno di quei baci sul collo che la facevano impazzire, ma si trattenne e decise di rimanere professionale, concentrandosi solo sul massaggio. In base ai segnali di gradimento che riceveva aumentava o diminuiva la pressione, la velocità e sceglieva di concentrarsi su un punto rispetto ad un altro, privilegiando quelli in cui sentiva i suoi muscoli più rigidi per sciogliere piano piano tutti i suoi nodi. I mormorii di apprezzamento di Antonella erano come musica per le sue orecchie.

Quando ebbe terminato, Antonella le rivolse un sorriso adorante e sussurrò al suo orecchio di sentirsi molto meglio. Poi ordinò a Giusy di fare cambio di posizioni. Quest'ultima acconsentì con curiosità, e così si spostò e passò a star seduta tra le braccia di Antonella, ora dietro di lei. Credeva che volesse ricambiare il massaggio all'inizio, ma presto scoprì di sbagliarsi. Antonella allungò un braccio per afferrare la bottiglietta di shampoo al miele sul bordo della vasca e se ne versò una porzione sulla mano, che sfregò poi assieme all'altra. Poi rimise la bottiglia al suo posto e cominciò ad insaponarle i capelli, massaggiandole la testa con dolcezza. Le sue dita si infilarono gentilmente tra i ricci di Giusy, che gemette e chiuse gli occhi. Le sembrava di non aver mai vissuto in tutta la sua vita un momento di intimità così intenso e profondo.

Sembrava di stare su una nuvola.

Dopo un lasso di tempo indefinito, Antonella smise di insaponarla e cominciò a sciacquarla. Prendeva tra le mani l'acqua calda che usciva dal rubinetto della vasca e gliela versava sopra la testa, le passava le dita tra i capelli e nel frattempo le baciava il collo, le spalle e la parte alta della schiena.

E Giusy si lasciava baciare. Era tutto meraviglioso.

 

Fu una serata domestica, anche più del solito. Giusy e Antonella prepararono le lasagne mentre Bianca guardava sul divano la televisione. Giusy leggeva a voce alta la ricetta mentre Antonella ascoltava con attenzione le sue indicazioni ed eseguiva tutto con estrema precisione, nonostante il piatto fosse di per sé piuttosto semplice. La ragazza mora di tanto in tanto faceva qualche battuta per farla ridere, ma si guardava bene dal darle suggerimenti perché sapeva che Antonella non gradiva. Voleva fare tutto da sola, forse per orgoglio o per testardaggine. Ci teneva a farcela con le sue sole forze, e Giusy voleva permetterglielo. Chi era lei per fermarla del resto, per una volta che prendeva l'iniziativa?

Mangiarono a tavola tutte e tre assieme, Giusy e Antonella sedute vicine e Bianca di fronte a sua figlia. Le lasagne una volta tirate fuori dal forno erano un po' tiepide, se ne accorsero tutte e tre, non certo fredde ma nemmeno bollenti come invece dovevano essere. Così le rimisero a scaldare per altri cinque minuti, che Antonella volle portare a sette giusto per essere sicura. Il risultato finale piacque molto a tutte e tre, Antonella compresa, che tra le tre era sicuramente la più esigente.

Mentre mangiavano Giusy chiese di Paolo e Dorina, da tempo non li vedeva più in giro. Antonella non ne parlava mai, e Giusy d'altra parte non se n'era mai interessata – aveva ben altre cose per la testa quando rimaneva da sola con lei. Bianca le spiegò che i due si erano trasferiti da tempo, Paolo aveva trovato lavoro come autista e nel tempo libero si dedicava al teatro, aveva fatto qualche particina in produzioni locali che però non avevano riscontrato molto successo, mentre Dorina aiutava nella gestione di una catena di B&B – Bianca non l'aveva detto proprio esplicitamente, ma Giusy sospettava fortemente che il tutto fosse abbastanza abusivo, viste le cose discutibili che Antonella le aveva raccontato sul conto di quei due.

In teoria poi avrebbero anche dovuto gestire la carriera di Antonella – molto, molto in teoria – e aiutarla a trovare ingaggi e serate, nella pratica quei due pensavano solo al loro tornaconto personale e a spillarle soldi ad ogni occasione, ma di fatto facevano ben poco. Antonella al momento era pur sempre nella fase di scrittura ed incisione del suo nuovo album, per cui lavorava perlopiù nello studio di registrazione, ma a maggior ragione Giusy pensava – e disse – che le avrebbe fatto bene trovare qualche ingaggio dal vivo una volta ogni tanto, almeno secondo la sua modesta opinione, esibirsi davanti ad un pubblico e sentire un applauso vero. Non c'era da stupirsi così che si sentisse tanto oppressa dal lavoro e le finanze, se le si toglieva tutto il bello della musica. Bianca fu del tutto d'accordo, e cominciò a fantasticare su tutti i posti meravigliosi in cui avrebbe voluto far esibire la figlia – senza fermarsi all'Argentina ovviamente ma espandendo ben presto le sue mire persino all'Europa e il nord America. Giusy rideva e scherzava con loro, mentre pensavano per gioco a New York, Londra, Madrid, Parigi e persino a Roma. Lei però era fermamente convinta che Antonella un giorno ce l'avrebbe fatta sul serio ad arrivarci, piano piano. Chissà se quel giorno sarebbe stata lei ad accompagnarla.

Giusy non sapeva se fosse realistico aspettarsi che la loro relazione durasse tanto, anzi, probabilmente non lo era; sapeva però di per certo che con lei sarebbe andata in capo al mondo.

Del padre di Antonella nessuno parlò durante la cena. Nessuno ne aveva motivo, del resto. Era un argomento molto delicato per Antonella e dunque Giusy preferiva lasciarle i suoi tempi e non metterle alcun tipo di pressione, soprattutto quando la ferita era ancora così fresca. Guardarono tutte e tre assieme il gioco a premi dopo il telegiornale sul canale principale, mentre Giusy sparecchiava e Antonella caricava la lavastoviglie – e Bianca stava sul divano a fare ipotesi assurde e del tutto prive di senso, cercando di indovinare le identità nascoste associate a ogni concorrente. Con grande imbarazzo Antonella tentava in tutti i modi di zittirla, ma Giusy invece quasi si divertiva ad ascoltarla e rassicurò più volte l'altra ragazza dicendole che andava tutto bene. Almeno c'era un po' di leggerezza nell'aria, un po' di allegria.

Quando il programma finì rimasero ancora un po' tutte e tre assieme nel salotto. Giusy era convinta che ad Antonella avrebbe fatto bene svagarsi un po' con stupidaggini e così propose qualche gioco di società, qualche partita a memory, battaglia navale e altri giochi simili di breve durata anche con le carte – per quanto fossero entrambe piuttosto competitive, Antonella era particolarmente agguerrita quella sera, ragion per cui Giusy non ebbe nessuna pietà e non ci pensò neanche lontanamente a farla vincere di proposito. Non che ce ne fosse bisogno poi, la sua abilità a bluffare purtroppo la avvantaggiava parecchio e faceva sì che Giusy la maledisse spesso in ogni modo possibile.

Si divertivano con poco, ma soprattutto erano felici.

 

“Dicevo sul serio prima, lo sai?” mormorò Giusy, nella luce soffusa della camera. Teneva la schiena comodamente appoggiata ai morbidi cuscini del letto, e passava pigramente la mano sinistra tra i lunghi capelli castani di Antonella, il cui viso era appoggiato sul suo grembo. Le undici erano passate da un pezzo, ma nessuna delle due voleva saperne di dormire; Antonella le avvolgeva la coscia con un braccio e con la punta delle dita le accarezzava dolcemente la parte interna, ragion per cui prendere sonno era praticamente impossibile. “Riguardo al fatto di esibirti dal vivo più spesso, dico,” fece presente Giusy, momentaneamente distratta dalla vista della ragazza mezza nuda. “Passi tutto il tuo tempo nello studio di registrazione, ti farebbe bene ogni tanto prendere una boccata d'aria.”

“Lo so hai ragione, però ho firmato un contratto, non è così facile,” sospirò l'altra. Persino da imbronciata rimaneva stupenda – divina di nome e di fatto. “È la mia casa discografica a gestire il tour e avere i diritti sulle canzoni del mio album, e in questo momento dicono che bisogna aspettare di lanciare il secondo disco per organizzare esibizioni e fare promozione, stanno già investendo su altri artisti adesso e quindi per organizzarsi è un po' un casino...”

“E tu hai intenzione di dare retta a quei buffoni?” protestò Giusy, quasi indignata. “Te lo devo ricordare io che sei Antonella Lamas Bernardi e che nessuno, e dico proprio nessuno si deve permettere di dirti cosa puoi o non puoi fare?”

Antonella alzò lo sguardo e le rivolse un sorriso adorante, poi fece una risatina.

“Hai troppa fiducia in me amore mio. La verità è che quando ho iniziato questo percorso non avevo la minima idea di come va il mondo, a nessuno frega un cazzo di Antonella Lamas Bernardi e di quello che vuole,” disse amareggiata.

“Io non credo proprio invece,” ribadì Giusy. “E se anche fosse, vorrà dire che noi invece faremo in modo che ti ascoltino, non ti permetterò di startene qui a sprecare il tuo talento.”

“A dirla tutta starmene qui non mi dispiace affatto,” scherzò Antonella. Poco dopo, la ragazza abbassò il viso e premette le labbra contro il suo interno coscia, lasciandole una breve scia di baci che andava verso l'alto. Giusy chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un gemito.

“Sono seria Anto,” disse, cercando di mantenere una parvenza di autocontrollo. “Tanto per cominciare Paolo e Dorina andrebbero licenziati in tronco secondo me. Quei due non hanno la più pallida idea di come si lavora in modo serio diciamoci la verità, sono solo dei parassiti che cercano in tutti i modi di campare sulle tue spalle.”

“Sì, questa potrebbe essere una buona idea,” concordò Antonella, che nel frattempo aveva riportato il viso sul suo grembo. “Però senza di loro poi come faccio? Non ho nessuno disposto a seguirmi, rimarrei senza un manager, lo sai anche tu che mia madre farebbe anche peggio.”

“Perché non ti rivolgi a tuo zio Fito?” propose Giusy, dopo averci riflettuto per qualche istante. “Mi sembra che abbia tanti contatti con la gente del vostro settore, no? Magari potrebbe trovarti qualche ingaggio, anche solo delle serate in qualche locale tanto per dire,” ipotizzò.

“Sì, forse potrebbe, però poi come facciamo con le canzoni se non posso neanche cantare le mie? Fare le cover non è la stessa cosa...”

“Certo, sì, questo è chiaro...” sospirò Giusy. Mentre cercava di fare mente locale e trovare una soluzione al problema, d'improvviso fu colta da un'idea. “Potresti sempre scriverne di nuove, se quelle vecchie non sono disponibili,” disse di getto.

“Di nuove? Scrivere io canzoni nuove?” ripeté Antonella, inarcando un sopracciglio.

“Sì, perché no?”

“Non sono brava in questo, non saprei neanche da dove partire. Al limite potrei improvvisare una melodia e scrivere gli spartiti, questo sì, ma con le parole sono un disastro,” si lamentò la ragazza, aggrottando la fronte.

“Beh, in questo potrei darti una mano io se vuoi,” rispose Giusy, senza rifletterci. Si rese conto di quello che aveva appena detto soltanto quando le parole avevano già lasciato la sua bocca, e quasi si vergognò dell'offerta tanto stupida che le aveva appena fatto. Antonella era una cantante famosa, puntava in alto lei, figurarsi se poteva accontentarsi di un testo scritto da qualcuno come lei.

“Tu? E da quando scrivi canzoni?” Antonella le chiese infatti poco dopo.

“Non è che le sappia proprio scrivere, però...” biascicò Giusy, arrossendo. “Niente, lascia stare fa' finta che non ti abbia detto niente, ho detto una sciocchezza,” imbarazzata tentò di ritrattare.

“Non te la cavi così tesoro, tu mi nascondi qualcosa,” replicò invece Antonella.

Perfetto, si era scavata la fossa da sola. Giusy sapeva già che quando Antonella usava quel tono c'era poco da fare, difficilmente si sarebbe arresa e avrebbe mollato la presa. Nonostante questo, un tentativo di svicolare decise di farlo lo stesso.

“Chi, io? Ma per favore, cosa vuoi che ti nasconda?” rispose nervosamente. “Lascia perdere Anto, sul serio.”

“Io non lascio stare proprio niente invece. Avanti, sputa il rospo. Che cosa c'è? Guarda che non ti lascio stare finché non me lo dici, sono seria!” esclamò l'altra, confermando così i sospetti di Giusy.

“Ma no, niente, l'ho detto così tanto per dire...”

“Ah quindi tutti quei bei discorsi di prima sul fatto che è importante parlare e dirsi le cose valgono solo per me, giusto? Brava Giusy, complimenti, bella ipocrita che sei,” la sgridò Antonella, seppur dolcemente.

Giusy però dovette purtroppo constatare che aveva ragione. Come poteva pretendere che Antonella si aprisse con lei e le parlasse di argomenti personali e delicati se poi lei non riusciva a fare lo stesso? Se ci doveva essere onestà e trasparenza allora doveva esserci da entrambe le parti, altrimenti non aveva senso.

E così, a malincuore, decise di arrendersi.

“E va bene, te lo dico solo perché così la smetti una buona volta,” scherzò, alzando gli occhi al cielo. “Non è che so scrivere proprio canzoni o che lo abbia mai fatto, però, mi piace scrivere ecco,” riuscì finalmente ad ammettere. “E ultimamente mi è anche capitato di buttare giù qualcosina se lo vuoi sapere, così a tempo perso diciamo, non direi proprio canzoni ma, ecco, più testi liberi,” confessò con il cuore a mille, tutta rossa in viso.

Quando ebbe finito di parlare, Giusy fissò Antonella come se dalla sua risposta dipendesse tutto il destino dell'umanità.

“Testi liberi? Cioè tipo racconti?” le chiese quest'ultima.

“Non proprio, molto più brevi, più che altro simili a poesie o a versi se ci tieni fare un paragone,” spiegò Giusy, mordendosi il labbro inferiore.

“E me lo dici solo adesso?! La mia fidanzata è una poetessa e io non ne sapevo niente?!” scattò di colpo Antonella, sciogliendosi in un sorriso raggiante. Dalla sua faccia sembrava che le avessero appena dato la notizia più bella del mondo.

“Poetessa, non esageriamo adesso,” disse Giusy, ancora più imbarazzata. Una vampata di calore si diffuse nel suo petto e poi in tutto il resto del suo corpo. Eppure sorrideva, come una scema. “Butto semplicemente giù sulla carta quello che sento, tutto qua,” tentò di minimizzare. C'era però un'altra parte di ciò che aveva detto Antonella che aveva catturato la sua attenzione, un'informazione a dir poco fondamentale per giunta. “E comunque non sapevo di essere la tua fidanzata,” aggiunse, mordendosi il labbro.

“Certo che sei la mia fidanzata,” replicò Antonella. Da come lo diceva lei, sembrava la cosa più naturale al mondo. “Come altro lo chiameresti questo?” chiese, mentre nel frattempo le prese la mano che aveva libera e intrecciò le loro dita assieme. Poi premette le labbra contro di essa e le lasciò un bacio sulle nocche.

“Fidanzata è perfetto infatti,” Giusy decretò con un altro sorriso sognante. Poi chinò il viso e le baciò la fronte. “È che è la prima volta che me lo dici,” aggiunse sommessamente.

“Beh, p-perché credevo che fosse ovvio,” si giustificò Antonella, arrossita a sua volta. “Comunque non cercare di cambiare argomento tu, torniamo a noi. Quand'è che mi fai leggere qualcosa? Visto che sono la tua fidanzata credo di averne diritto,” pretese con orgoglio.

“Quando vuoi tu amore, però sappi che non sono niente di che, sul serio, non farti strane idee. Sono solo parole al vento,” ribatté Giusy.

“Questo se permetti fallo decidere a me,” replicò l'altra con determinazione. Nulla sembrava smuoverla dalla convinzione che le poesie di Giusy fossero quasi dei piccoli capolavori, e quest'ultima non sapeva se sentirsi lusingata da ciò o piuttosto in soggezione; probabilmente a prevalere era una combinazione di entrambe le cose. “Potremmo usare i tuoi testi come base e da lì tirare fuori qualcosa assieme per scrivere una canzone, che cosa ne dici?” propose quindi Antonella.

“Sul serio lo faresti?!” Giusy domandò sbigottita.

“E perché non dovrei scusa?”

“Non lo so Anto, io...” sospirò la ragazza. Lavorare a una canzone insieme sarebbe stato stupendo naturalmente, ma la paura di deludere Antonella e non essere all'altezza delle sue aspettative la intimoriva da morire. Antonella era una star d'altronde e presto sarebbe diventata una cantante famosa in tutto il mondo, lei invece a suo confronto non era un bel niente, una ragazza semplice e insignificante senza alcun talento. “Forse ti servirebbe qualcuno di più bravo di me, non lo so se ne sono all'altezza, non voglio farti perdere tempo quando potresti avere di meglio,” disse.

“Giusy, starai scherzando spero? Queste stronzate non voglio neanche sentirle,” rispose secca Antonella, guardandola negli occhi. “Ascoltami bene, è la prima e ultima volta che ti sento dire certe sciocchezze. Tu non hai niente da invidiare a nessuno, d'accordo? Sei intelligente, sei sensibile e sei anche molto brava con le parole, persino i prof ti fanno sempre i complimenti quando fai i temi in classe, per me invece è già un miracolo se vado oltre la sufficienza,” commentò con un sospiro. “Per cui non ho dubbi che anche quello che scrivi sarà sicuramente eccellente e non devi averceli neanche tu, fine della questione,” disse risoluta. “Non starei con te se non lo pensassi, credimi.”

“Sul serio?” domandò Giusy, ancora un po' tentennante. Tuttavia, dentro si era completamente sciolta. Raramente Antonella si lasciava andare a simili complimenti, e parole del genere non gliele aveva mai rivolte.

“Certo,” annuì Antonella, con un piccolo sorriso.

Poi si sporse in avanti e incontrò le labbra di Giusy in un bacio. L'altra ricambiò all'istante e in un attimo, quasi senza che se ne rendesse conto, Antonella la trascinò giù con sé nel letto. Si ritrovarono presto abbracciate sotto le coperte, l'una stretta all'altra con le gambe avvinghiate assieme.

“Non credevo che pensassi tutte queste cose di me koala,” Giusy sussurrò al suo orecchio, mentre continuava ad accarezzarle il viso e la schiena.

“Beh, era ovvio, no?”

“No, non era ovvio per niente,” la contraddisse, poco prima di catturare di nuovo le sue labbra. “Lo sai, la maggior parte dei testi che ho scritto sono per te, pensavo a te mentre li scrivevo Anto... A quello che provo per te, ai nostri momenti,” confessò con imbarazzo, tutta rossa in viso.

“Perché non me lo hai detto prima, si può sapere?” l'altra la riprese con dolcezza.

“Non lo so, perché mi vergognavo e mi sembrava una cosa stupida forse...”

“È una cosa bellissima invece,” ribadì Antonella. “Nessuno aveva mai scritto una poesia per me, figuriamoci più di una.”

“Te ne dedicherò tante altre allora. Tutte quelle che vuoi,” Giusy le promise in un sussurro, e suggellò il patto con un'altra serie di baci che Antonella ricambiò immediatamente.

“Se ci pensi siamo praticamente la coppia perfetta,” le disse quest'ultima una volta staccata. “Io canto, ballo e mi esibisco e tu mi scrivi le canzoni, non potrei chiedere di meglio.”

“Non correre, non è detto che questa cosa funzioni,” l'ammonì Giusy, ancora un po' spaventata dall'idea di deluderla.

“E perché non dovrebbe scusa? Io sono certa che funzionerà, appena avremo pronto qualche pezzo mio zio ci troverà degli agganci e inizieremo con qualche serata, vedrai che sarà un successo!” esclamò Antonella, piena d'entusiasmo. “Tu naturalmente verrai con me dappertutto, e così quando ogni sera mi guarderai da sotto il palco saprai che sto cantando per te,” le promise.

Giusy la osservò per qualche istante in silenzio, mentre immaginava dentro di sé quell'ipotetico scenario. Quando ancora stava con Guido, tante volte era stata gelosa di lui e del suo successo, del seguito che la sua band riscuoteva soprattutto tra le ragazze e delle orde di fan sfegatate che durante i concerti si radunavano sotto al palco, venivano a cercare lui e gli altri ragazzi nel backstage e qualche volta addirittura a scuola. Tante volte avevano litigato per quei motivi, tante volte Giusy non era stata d'accordo e si era opposta fermamente quando lui le diceva che avevano trovato ingaggi fuori città e doveva passare la notte fuori in albergo. Ricordava le discussioni, le liti, le incomprensioni, le telefonate piene di urla, il senso di frustrazione generato in entrambe le parti. Guido le diceva sempre che Caterina e Tamara erano molto più comprensive e non facevano mai tutte queste storie ad Alan e Fabio e lei ogni volta andava su tutte le furie e finiva che non si parlavano per giorni, per poi riappacificarsi come se nulla fosse successo. Soltanto che ogni volta le crepe si facevano sempre più grandi, fino a quando alla fine purtroppo gli era crollato addosso tutto il soffitto.

Ripensandoci adesso a distanza di parecchi mesi, Giusy sapeva di aver fatto molti errori. Se la sua relazione con Guido era finita gran parte della colpa era sua, della sua gelosia eccessiva e le sue insicurezze. Forse però, sotto sotto, era passato in sordina anche un altro motivo decisamente importante che però era stato trascurato: Giusy nei suoi confronti non aveva provato soltanto gelosia, ma anche un (bel) po' di invidia. Guido con la sua band stava prendendo una direzione ben precisa nel mondo della musica, aveva successo e buoni risultati, senza contare il lavoro da modello che continuava a portare avanti parallelamente, nell'ultimo periodo poi le agenzie avevano anche incominciato a chiamarlo per campagne e spot pubblicitari.

Giusy invece non aveva niente. La scuola, sì, certo, prendeva ottimi voti con facilità, e le prove di musical con tutti gli altri, però era diverso. L'idea che Guido prendesse il volo e si realizzasse mentre lei invece rimaneva lì, ferma a guardare, senza nulla di concreto in mano la faceva sentire inferiore e incapace. Era dunque cresciuto piano piano in lei il bisogno malsano di controllarlo, che dopo ogni discussione si faceva sempre più grande e difficile da gestire, come se nulla potesse più bastare per rassicurarla.

Adesso con Antonella rischiava di capitare lo stesso. Prima di oggi Giusy non si era mai posta il problema, principalmente perché l'idea di un futuro con Antonella posto in modo concreto le era sempre sembrata troppo assurda e irrealistica per poter diventare realtà. E invece a quanto pareva le cose si erano fatte serie. Se voleva stare con lei, Giusy doveva accettare il fatto che Antonella era fatta per cantare, ballare e stare sul palcoscenico, che la sua vocazione era la musica e per nulla al mondo ci avrebbe rinunciato, né lei naturalmente glielo avrebbe mai potuto chiedere. Era davvero pronta per una cosa del genere?

D'altra parte, forse questa volta le cose non sarebbero andate a finire per forza come con Guido. Mentre Guido condivideva la band solo con gli altri ragazzi e lei ne era sempre stata una semplice spettatrice esterna, Giusy in questo caso poteva stare vicino ad Antonella in una maniera completamente diversa. Come lei stessa aveva detto, potevano scrivere le canzoni insieme e collaborare, poteva accompagnarla alle serate, guardarla da sotto il palco e aspettarla dietro le quinte per riabbracciarla. Poteva provare dunque a vivere di luce riflessa in un certo senso, condividere con lei il successo seppur restando nell'ombra. Sì, poteva funzionare. Doveva funzionare. Amava così tanto Antonella che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non perderla, persino rinunciare a se stessa.

Soltanto anni dopo Giusy avrebbe capito che fu proprio quello il suo più grande errore.

“Sarebbe stupendo amore,” replicò infine la ragazza mora, annuendo.

D'altra parte in quel momento erano entrambe così felici, perché rovinare tutto con dubbi stupidi e senza fondamento?

Sarà stupendo, ti correggo,” disse Antonella con un piccolo sorriso, poco prima di sporgersi in avanti e darle un bacio a fior di labbra.

“Certo che lo sarà.”

 

La luce della camera la spensero soltanto alle tre di notte. Accoccolate a cucchiaio sotto le coperte e il piumone, Giusy stringeva Antonella con gli occhi chiusi mentre era avvolta dal suo profumo. Tutti quei discorsi sul loro futuro e le ambizioni di Antonella le avevano tenute sveglie a parlare e fare mille progetti, poi sull'onda dell'entusiasmo non erano riuscite a trattenersi e avevano rifatto l'amore. Avrebbe dovuto saperlo che dormire assieme durante la settimana era un rischio grossissimo, eppure non le interessava minimamente della sveglia che da lì a poche ore sarebbe suonata. Era troppo felice per preoccuparsene.

“Giusy, ti devo dire una cosa,” sussurrò Antonella nell'oscurità, quando ormai l'altra ragazza era prossima al sonno.

“Dimmi.”

“Sabato è tornato mio padre,” confessò Antonella, di punto in bianco. Sentendo quelle parole, Giusy spalancò gli occhi. “Erano più di dieci anni che non lo vedevo, quando se n'è andato di casa avevo solo sei anni,” proseguì. “Ecco perché ce l'avevo con il mondo. Questo ovviamente non giustifica come ti ho trattato, però volevo che tu lo sapessi.”

“Che cosa voleva, te l'ha detto?”

“Sì, è venuto perché vuole il divorzio da mia madre per potersi risposare, a quanto pare in Spagna ha un'altra donna che per giunta ha anche una figlia,” raccontò Antonella. “Ero andata a trovarlo più o meno un anno e mezzo fa, subito dopo aver saputo che era vivo ed era in prigione. Indovina un po'? Quel bastardo non ha neanche voluto vedermi, si è rifiutato. Con Fabio non ha avuto problemi a parlare al telefono, con me invece zero, neanche una parola. Se penso che ho fatto tutta quella strada solo per lui, e invece lui niente, mi ha rispedito indietro come se nulla fosse, senza neanche uno straccio di spiegazione.”

“Che bastardo,” commentò Giusy, rimasta senza parole sia per la stanchezza che per la sorpresa, per non dire shock. Poteva solo immaginare quanto fosse stato traumatico per Antonella. “Ti giuro che non ho parole, mi vengono solo insulti in questo momento.”

“Sapessi a me. Pensa che pretendeva anche di vendere la nostra vecchia casa per avere la sua metà dei soldi, quella dove io e Fabio siamo cresciuti,” continuò l'altra. “Adesso visto che ci siamo trasferiti la stiamo affittando, però con che coraggio può chiederci una cosa del genere?”

“Lo avrete rispedito via a calci spero.”

“Certo, naturalmente. Gli ho detto di non azzardarsi mai più a presentarsi a casa nostra e che per me è come se non esistesse, che avrei preferito fosse morto sul serio,” Antonella raccontò con un sospiro. Tuttavia, Giusy colse immediatamente la sua sofferenza, la ferita mai completamente rimarginata che quell'uomo ora aveva riaperto.

“E lo pensi davvero?” le chiese, accarezzandole l'addome sotto le coperte.

“No,” rispose Antonella, scuotendo la testa, “però non importa. Sono un'idiota vero?”

“È normale che tu gli voglia ancora bene Anto, è pur sempre tuo padre,” Giusy cercò di rincuorarla, per quanto sapesse che difficilmente ciò sarebbe potuto bastare.

“Io lo odio Giusy,” inveì Antonella con un singhiozzo. “Lo odio per come si è comportato, per quello che ha fatto a me e mia madre... Lo odio e basta. Perché non è rimasto con noi, perché non mi ha voluto bene?! Che razza di padre abbandona la propria famiglia per andarsene in un altro paese?! Se lo ha fatto una ragione ci dev'essere, no? Allora a volte anche se è sciocco penso che forse il problema sono io, che se fossi stata abbastanza brava per lui forse a quest'ora non se ne sarebbe andato. Che cosa avevo che non andava?” gemette in lacrime, la voce rotta da un pianto sommesso.

Giusy la strinse forte a sé, appoggiò le labbra sul suo collo e poi sul suo orecchio, in un vano tentativo di farle sentire la sua vicinanza. Sentirle dire quelle parole le faceva piangere il cuore, e si sentiva impotente di fronte a una sofferenza che difficilmente lei avrebbe potuto curare, e probabilmente neppure capire appieno.

“Niente amore mio, tu non hai proprio niente che non vada,” tentò di rassicurarla. “Quello che ha fatto tuo padre non è stata colpa tua, è lui l'unico responsabile del suo comportamento di merda, mettitelo bene in testa.”

“Non lo so Giusy...”

“Gliele hai chieste a lui tutte queste cose?” le domandò poi, dopo alcuni istanti di silenzio.

“No. Non mi interessa ascoltarlo, è troppo tardi,” sentenziò Antonella, in modo categorico. “Lui tanto ormai ha un'altra famiglia, rimarrà qua giusto il tempo di andare dall'avvocato con mia madre e far avviare le pratiche per il divorzio, e poi probabilmente tornerà solo per mettere una firma. Non sono niente per lui, un bel niente.”

“Come puoi dire questo Antonella, rimani sempre sua figlia...”

“Una figlia che ha abbandonato senza pensarci due volte, una figlia che ha lasciato da sola per quasi tutta la sua vita, senza neanche mai fare una cazzo di telefonata per augurarmi buon compleanno o chiedermi come stavo!” disse con rabbia. “Capirai quanto gliene frega.”

“Questo lo so piccola, però io credo che fintanto che lui è qui ti farebbe bene ascoltare la sua versione dei fatti,” le fece presente Giusy, nel tentativo di presentarle un'altra prospettiva meno offuscata dall'emotività. “Non vuoi sapere perché se n'è andato, che cosa lo ha spinto a farlo? Una ragione dovrà pur esserci.”

“E a che cosa servirebbe? Non cambia certo che cosa è successo, nulla di quello che potrebbe dirmi servirebbe a giustificarlo.”

“Ma tu non lo devi fare per lui o per giustificarlo, lo devi fare per te stessa, è questo il punto,” ribadì Giusy. “Io sinceramente penso che non sia giusto che dopo tutto questo tempo tu stia ancora male per colpa sua, non se lo merita tutto questo potere. Dopo tutto il male che ti ha fatto ti deve perlomeno delle scuse e delle risposte, troppo comodo passarla liscia così e fare la bella vita altrove senza pensare alle conseguenze delle sue azioni,” protestò.

“Da un lato hai ragione. È che non so se me la sento di affrontarlo di nuovo, ci devo pensare. Non è stato facile vederlo e parlarci, mi ha scosso parecchio,” ammise Antonella, chiaramente turbata.

“Pensaci un po' su almeno, d'accordo?” disse Giusy, subito prima di darle un altro bacio sotto il lobo dell'orecchio. Antonella emise un mormorio di assenso. Il suo respiro stava cominciando a farsi pesante. “Non devi fare nulla che tu non ti senta koala, il mio era solo un suggerimento. È che non mi piace vederti soffrire, soprattutto per colpe che non hai.”

“Tu ci verresti con me, se ipoteticamente decidessi di farlo?” Antonella domandò con voce impastata. Poi sbadigliò.

“Certo,” confermò Giusy, senza esitazioni. “Se posso esserti d'auto ci sarò sicuramente. Non ti lascio sola.”

“Grazie.”

Nella stanza calò il silenzio. Giusy richiuse gli occhi. Il respiro di Antonella ormai era sempre più lento, doveva essere in dormiveglia, e anche lei piano piano cominciava ad assopirsi mentre la coccolava.

Poi ad un tratto, nel buio la sentì parlare.

“Nessuno mi ha mai amato così,” disse con voce assonata.

L'attimo dopo, Antonella si addormentò e cominciò a russare.



Nota dell'autrice:

Sono passati due mesi, ma io questa storia non la abbandono. Per chi interessasse (ovvero nessuno), in questo mese sono stata molto impegnata da un trasferimento e l'inizio dell'università, e ad un certo punto ho anche cancellato il capitolo e l'ho ricominciato da capo perché quello che avevo non mi soddisfava. Piccola nota, ho revisionato e modificato alcune cose del primo capitolo, il senso generale e i contenuti sono rimasti gli stessi ma ho modificato un po' alcune parti di dialogo o monologhi interni che non mi convincevano più di tanto per fare fluire meglio la storia, se foste curiosi trovate la versione aggiornata.
Spero che questo seguito non deluda! Grazie a chiunque dovesse star impiegando il suo tempo leggendo questa storia.
Nella prossima parte si ritornerà ad esplorare il piano temporale del futuro.
Angst is coming.

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Capitolo 12
*** VI. Andare avanti ***


Cinque anni dopo
 

Il sole era alto nel cielo. Erano le nove meno un quarto e il cortile della scuola era illuminato in ogni suo angolo. Antonella camminava percorrendone il sentiero in ghiaia e sentiva quel famigliare rumore di passi che per tanto tempo aveva accompagnato le sue giornate da adolescente. Sembrava passata una vita. I ragazzi attorno a lei però erano cambiati tutti, voci e visi sconosciuti che riempivano il giardinetto con mormorii, chiacchiere e sbadigli assonnati. Un gruppetto seduto nei pressi della fontana si voltò ad osservarla mentre passava con espressioni incuriosite, che lei colse con la coda dell'occhio mentre avanzava in silenzio, senza voltarsi. I loro zaini in spalla e le divise bianche e bordeaux la riportarono indietro con la mente ai giorni in cui anche lei era stata seduta lì prima di entrare in classe, proprio su quelle stesse panchine. E si sentiva intoccabile mentre se ne stava a spettegolare con le amiche e si aggiustava il trucco, come se avesse avuto tra le mani il destino dell'intero universo.

Ancora non si era del tutto abituata all'idea che da lì a poco sarebbe stata dall'altra parte. Era questione di minuti ormai.

 

“Vieni cara, vieni avanti.”

La voce di Ines giunse alle sue orecchie forte e chiara. Antonella scrutò con apprensione la porta chiusa della sala professori, poi appoggiò la mano sulla maniglia ed entrò.

“È permesso?” domandò con timidezza.

“Ma certo, accomodati pure, siediti qua vicino a me cara,” la invitò Ines, indicando la sedia accanto alla sua a capo del grande tavolo quadrato, attorno al quale si erano riuniti tutti i docenti della scuola.

Josefina Beltran era tra loro.

Antonella sapeva già che l'avrebbe trovata lì una volta entrata, eppure quella consapevolezza non fu lontanamente sufficiente a prepararla. La ragazza la guardò col respiro mozzato mentre in silenzio prendeva posto. Non si vedevano da cinque anni più o meno, ma Giusy era rimasta esattamente come se la ricordava – aveva solo i capelli un po' più corti ora che le arrivavano appena sotto le spalle, e portava un paio di occhiali con la montatura nera. Per il resto era sempre la stessa.

Giusy ricambiò la sua occhiata, spalancò la bocca e inarcò un sopracciglio, incredula e sbigottita. E sebbene Antonella fosse ormai abituata ad esibirsi davanti a centinaia di migliaia di persone, mai una volta prima di allora si era sentita così agitata come in quel momento.

“Ines mi scusi, questo è uno scherzo vero?” chiese Giusy, spostando lo sguardo sulla preside. Antonella invece rimase a guardarla, quasi pietrificata e incapace di muovere un muscolo, mentre una fastidiosa sensazione di tremore le percorreva le braccia.

“No Giusy, nessuno scherzo, anche se posso capire il tuo stupore. Dunque, non credo che ci sia bisogno di presentazioni per la nostra ex-alunna più famosa, la nostra Antonella!”

Col braccio destro, la preside indicò la ragazza seduta lì al suo fianco. Poi congiunse le mani e rivolse al resto dei presenti un sorriso accogliente. “Bene, adesso che ci siamo tutti quest'incontro può finalmente incominciare.”

Antonella nel frattempo non le levava gli occhi di dosso. Aveva spesso pensato prima di rivederla a tutte le cose che desiderava dirle, ora invece era paralizzata. La guardava seduta lì e a momenti Giusy non le sembrava neanche reale, come se ci fosse stato il rischio che fosse tutto uno scherzo della sua immaginazione. Accanto alla ragazza mora poi anche Patty la osservava sbigottita. Aveva saputo da Ines infatti che anche sua nipote adesso insegnava nella scuola come professoressa di canto, mentre parallelamente aveva incominciato a studiare medicina.

“Aspetti un secondo Ines, che significa questo?! Che cosa ci fa lei qui?!” Giusy protestò a gran voce, alzandosi dalla sedia. Patty allora le appoggiò una mano sul braccio, come per tranquillizzarla.

“Giusy, calmati un secondo,” la esortò l'amica, sussurrando.

Giusy le rivolse un'occhiata scettica e sospirò, poi tornò a sedersi con fare scocciato.

“Giusy, capisco la sorpresa ma lascia che ti spieghi con calma, adesso vi dico tutto,” disse Ines, lievemente a disagio. “Bene, come tutti voi già sapete questo è il mio ultimo anno da preside di questa scuola, sono stati anni molto belli ma anche molto faticosi a dirla tutta, specialmente nell'ultimo periodo. Dobbiamo guardare in faccia la realtà ragazzi: la scuola purtroppo è in crisi da tempo ormai, le iscrizioni ogni anno sono sempre di meno e i nostri risultati nella competizione intercollegiale non sono quelli sperati, sapete tutti quanto ha pesato il fatto di non esserci nemmeno qualificati per la finale nazionale l'anno passato, è una vergogna senza precedenti per il nostro istituto,” spiegò, ricapitolando le cose che Antonella già sapeva, così come gli altri presenti. “Purtroppo i conti parlano chiaro: se non vogliamo chiudere abbiamo bisogno di un cambiamento e di risultati eccellenti, non c'è niente da fare, è l'ultima possibilità che abbiamo per risollevarci. Ed è per questo che ho deciso di andare in pensione in anticipo e lasciare il mio posto in questi ultimi mesi di scuola alla persona che secondo me è la più indicata in assoluto per questo ruolo: a partire dalla prossima settimana, Antonella sarà la nuova preside della scuola!” annunciò.

Le reazioni non tardarono ad arrivare. Un grande brusio si levò dal tavolo e tutti i professori si scambiarono occhiate stupefatte e commenti increduli, comprensibilmente. La stessa Antonella aveva preso quell'importante decisione poco più di una settimana prima, quando Ines l'aveva contattata per telefono per proporle l'idea. La sua reazione era stata immediata: senza indugiare aveva prenotato il primo volo disponibile ed era partita. Dopo una settimana di riunioni, scartoffie e roba burocratica da sbrigare tra notai e avvocati, era ufficiale finalmente: tra una settimana esatta sarebbe diventata la dirigente scolastica dell'istituto che l'aveva vista crescere. Sembrava incredibile persino a lei stessa, figuriamoci agli altri.

Tuttavia, soltanto la reazione di una persona là dentro le interessava sul serio.

“So che è molto giovane, ma la sua esperien...” iniziò a dire Ines, prima di essere bruscamente interrotta.

Giusy infatti in quel momento si alzò dalla sua sedia e camminò a grandi falcate verso la porta, senza disturbarsi a dare la benché minima spiegazione. Antonella rimase ferma a guardarla.

“Giusy!” esclamò Patty, tentando invano di fermarla.

La ragazza mora uscì poco dopo, senza nemmeno voltarsi.

“Ma che le prende?” domandò Ines.

“Vado a parlarci,” si congedò allora Patty, alzandosi per seguirla. Sua nonna le rivolse un cenno di assenso.

“Lasciamola perdere,” disse poi la preside, rivolgendosi al resto degli insegnanti là presenti, “abbiamo cose molto più urgenti da discutere adesso.”

Eppure per Antonella, era tutto il resto ad essere irrilevante.

 

Giusy si assentò da scuola per tutto il resto della giornata, e poi anche per quella successiva. Di comune accordo con Ines, Antonella affiancò gli insegnanti curricolari durante la maggior parte delle lezioni per osservare gli studenti e il loro livello di preparazione, e si decise poi che nel pomeriggio del suo secondo giorno ci sarebbe stata una riunione straordinaria per discutere tutti assieme della programmazione da portare avanti. Giusy non si presentò.

Diede però un segnale piuttosto forte: al ritorno nell'ufficio della preside, Antonella trovò assieme a Ines una lettera da parte sua appoggiata alla grande scrivania in legno. Erano soltanto poche righe in realtà, breve e coincise: Giusy lasciava il lavoro, e con effetto immediato.

Mentre Ines leggeva e rileggeva stupefatta quelle parole domandandosi il perché di quella reazione tanto esagerata, Antonella stava zitta. Lei la risposta già la sapeva. Sapeva però anche un'altra cosa: aveva causato lei il problema, di conseguenza spettava a lei risolverlo. Non avrebbe lasciato che la sua scuola perdesse una valida insegnante, ma soprattutto, non avrebbe permesso che Giusy, ancora una volta, ci rimettesse per colpa sua. Era tornata là per sistemare le cose, non per creare altri problemi.

Prese così le redini della situazione.
...

 

Con il cuore in gola e il respiro tremante, Antonella teneva il dito alzato a mezz'aria vicino al campanello dell'appartamento di Giusy, sfiorandolo con il polpastrello che tremava nervosamente. Deglutì e si fece coraggio. Sapeva già che sarebbe stata respinta, ma non le importava. Doveva almeno provarci.

Con quel pensiero, Antonella suonò il campanello e ritrasse la mano. Giusy aprì la porta poco dopo.

Poi, il silenzio.

Proprio come l'altro giorno, la ragazza mora portava gli occhiali, i capelli neri sciolti le ricadevano sulle spalle. Restava sempre bellissima, eppure adesso ad Antonella sembrava quasi di trovarsi al cospetto di un'estranea.

“Hai una bella faccia tosta a presentarti qui. Che cosa vuoi?”

Antonella deglutì. Aveva paura, ma non poteva mostrarlo. Non poteva lasciare che la sua paura vincesse ancora una volta.

“Delle spiegazioni, ecco cosa voglio,” si finse decisa. Poi tirò fuori dalla borsa la lettera di dimissioni di Giusy e gliela mostrò. “Cos'è questa?!”

“Lo sai benissimo che cos'è. Ora vattene,” sentenziò l'altra, incrociando le braccia al petto.

“Non me ne vado finché non parliamo invece. Sono seria Giusy,” ribatté Antonella.

“Ah adesso ti interessa parlare? Arrivi un po' tardi Antonella. Ti avevo detto di non farti più vedere e tu che cosa fai, ti presenti dove lavoro senza avvisare per dirmi che adesso sei diventata la preside?! Mi dispiace ma questo è troppo, siamo alla follia, io non lo accetto.”

“Veramente avevo provato a dirtelo ma tu mi hai praticamente chiuso il telefono in faccia, cos'altro dovevo fare?” obiettò Antonella. Nemmeno lei era stata contenta di gestire le cose in quella maniera brusca e indelicata, ma Giusy non le aveva dato altre soluzioni. Se avesse chiesto a qualcun altro di avvisarla del suo arrivo per tempo, sapeva già che l'altra non si sarebbe presentata a scuola apposta. Cos'altro poteva fare, se non metterla di fronte al fatto compiuto?

“Ah quindi ora sarebbe anche colpa mia?!” protestò la mora, sempre più adirata.

“Non ho mai detto questo. Ascoltami, nessuno ti costringe a rimanere a scuola se non vuoi, d'accordo?” Antonella tentò di farla ragionare.

“Perfetto, perché non ne ho nessuna intenzione.”

“Va bene, d'accordo, però ti chiedo soltanto di parlare un secondo prima di prendere una decisione. Se poi vorrai andartene giuro che accetto le tue dimissioni e non mi faccio più sentire, mai più, sul serio,” le promise.

Giusy sembrò esitare un attimo. Poi, finalmente arrivò la risposta.

“Tra cinque minuti massimo te ne devi andare, ci siamo capite?” le concesse con un sospiro.

Si spostò così dalla porta per fare passare Antonella, in un tacito invito ad entrare in casa.

“D'accordo, grazie,” annuì quest'ultima, un attimo prima di varcare la soglia.

In silenzio seguì Giusy e percorse il piccolo ingresso, arrivando così nel salotto. La ragazza mora si sedette sul divano beige posto di fronte a un tavolino in legno, decorato con oggettini di vario tipo e un portacenere. O Giusy aveva incominciato a fumare, oppure non era il suo.

“È carino l'appartamento,” commentò Antonella, mentre prendeva posto accanto all'altra. Lievemente a disagio, si guardò attorno un po' per imbarazzo e un po' per effettiva curiosità. La prima cosa che notò, oltre alla libreria imponente piena di volumi attorno alla TV, erano i diversi vasi di piante sparsi per la stanza. Per qualche motivo la mettevano di buon umore.

“Avanti, sentiamo, che cosa vuoi ancora?” chiese Giusy dal lato opposto del divano, incrociando le braccia al petto.

Antonella spostò lo sguardo su di lei.

“Perché vuoi licenziarti? Voglio saperlo,” le disse.

“Mi prendi in giro, vero? No perché se è uno scherzo dimmelo subito che così almeno non perdiamo tempo.”

“Nessuno scherzo. Voglio che tu me lo dica chiaro e tondo qual è il problema,” insistette Antonella.

“Il problema sei tu Antonella, sei sempre stata tu il mio problema,” replicò Giusy. “Mi dispiace ma non me la sento di lavorare con te, soprattutto non dopo cos'è successo e quello che hai fatto...”

“Credi che sia stato semplice per me invece?”

“Non me ne frega niente di te sinceramente,” ribatté la ragazza. “Hai fatto la tua scelta mi sembra, sei andata all'estero e sei diventata una star, hai ottenuto quello che volevi no? Puoi anche tornartene da dove sei venuta per quanto mi riguarda,” le disse con durezza.

“Io non vado da nessuna parte invece,” ribadì Antonella, senza farsi scoraggiare. “Sono tornata qui per restare, che tu lo voglia o no. E la scuola non è il mio unico progetto se vuoi saperlo, ho anche altre faccende da sbrigare, per cui sarei tornata a prescindere. Ines ha soltanto velocizzato un po' i tempi.”

“Che vuoi che mi importi delle tue faccende, io di te non voglio saperne più niente, mi hai capito? Niente!” le gridò Giusy con rabbia. “Per questo lascio la scuola. Ti basta come risposta?”

“No che non mi basta, anzi penso che sia una grandissima stronzata,” Antonella le rispose a tono. “Sono io il problema? Benissimo, faremo in modo di interagire il meno possibile se è questo che ti preoccupa. Tu insegni letteratura, per cui non c'è alcun bisogno che io sia presente alle tue lezioni. Comunicheremo via email soltanto in caso di necessità, non dobbiamo vederci per forza.”

“Non ci provare,” ribatté Giusy.

Antonella la guardò spiazzata, senza capire cosa intendesse.

“A fare cosa?”

“A prendermi in giro. Lo hai detto anche tu, no? Sono solo un'insegnante di letteratura, precaria e alle prime armi per giunta, Ines mi avrà sicuramente assunta soltanto perché sono amica di Patty,” spiegò la mora. “Me o un'altra che cosa ti cambia, si può sapere?! Perché insisti tanto?”

“Sono affari miei il perché insisto, ho i miei motivi.”

“Ma per favore Antonella, potrei anche essere una pessima insegnante per quel che ne sai tu, che motivi vuoi avere?!”

“Ines invece mi ha detto che i voti dei ragazzi sono migliorati molto da quando ci sei tu e che stai simpatica a tutti, pensa un po',” ribatté prontamente. “Però se vuoi saperlo, non è solo per questo. Io ti conosco Josefina Beltran. Ti ricordi quella volta in cui abbiamo scoperto che Caterina andava male in matematica e rischiava la bocciatura e tu hai iniziato a darle ripetizioni senza volere nulla in cambio? È per questo che voglio te, e non ho intenzione di accontentarmi di altro. Ti basta come risposta?”

Giusy distolse lo sguardo. Sembrava arrossita.

“Credi davvero che ti basti venire qui e sparare quattro frasi fatte per mettere a posto le cose, che mi bastino due complimenti per perdonarti?”

“Neanche per idea,” disse Antonella. “Non sto cercando di mettere a posto le cose infatti, lo so anch'io che probabilmente ormai è troppo tardi. Cerco solo di farti ragionare lucidamente e impedirti di licenziarti da un lavoro che ti piace e che sai fare bene, tutto qua.”

“Una cosa giusta l'hai detta Antonella, ormai è tardi.”

“Giusy...” mormorò la ragazza.

Passarono attimi di silenzio. Con il respiro tremante, Antonella si girò verso di lei e allungò la mano sinistra nella sua direzione, nel tentativo di accarezzarle un braccio. Giusy però se ne accorse subito e la schiaffeggiò all'altezza del polso, con il chiaro intento di allontanarla. Antonella ritrasse immediatamente la mano.

“Non mi toccare!” quasi urlò l'altra. Poi si girò di nuovo verso di lei e le rivolse un'occhiata piena di risentimento. “Hai idea di quante notti ho passato a piangere per colpa tua? Hai idea di tutte le giornate di merda che ho passato in cui dovevo fingere di stare bene per non far preoccupare gli altri mentre dentro di me volevo solo sprofondare? Di come mi salisse la rabbia ogni volta che sentivo il tuo nome in TV o la tua voce alla radio e non potevo dire niente, di quanta rabbia mi sono tenuta dentro per tutto questo tempo?! I primi tempi mi alzavo appena dal letto mentre tu eri da qualche parte lontana a fare la bella vita se vuoi saperlo, ho passato mesi sempre col telefono in mano aspettando una telefonata o anche solo un messaggio, qualsiasi cosa pur di poterti sentire almeno un'ultima volta, e invece indovina un po'? Niente, zero assoluto! Tanto io valevo quello per te, tutto quello che siamo state non ha mai contato un cazzo per te, è questa la verità! E adesso tu vieni qui e secondo te dovrei dimenticarmi di tutto e mettermelo via solo perché una volta cinque anni fa ho dato ripetizioni di matematica a Caterina?! Vaffanculo Antonella, vattene via, non voglio più vederti!”

Così dicendo, Giusy afferrò uno dei cuscini del divano e lo scagliò con rabbia verso Antonella, colpendola allo stomaco. Poi si voltò e le diede le spalle, rannicchiando le ginocchia al petto. Antonella la sentì singhiozzare sommessamente, e capì che stava piangendo. Allora, andando contro ogni logica e buon senso, si avvicinò a lei e la abbracciò da dietro, cingendole la vita. Poi con una mano avvicinò il viso di lei al suo petto e lo appoggiò nell'incavo del suo collo. Giusy biascicò qualcosa di incomprensibile, che si disperse contro il suo petto.

“Mi dispiace, mi dispiace tantissimo per tutto il male che ti ho fatto,” Antonella le sussurrò all'orecchio, mentre con il pollice le asciugava le lacrime. “Lo sai che non sono brava come te con le parole, però... Non ho mai smesso di pensare a te in tutti questi anni, neanche per un istante. Te lo giuro,” sibilò affranta.

“Non è vero,” singhiozzò Giusy, evitando il suo sguardo.

“La mia non è stata una scelta, lo sai anche tu,” insistette l'altra, ora anche lei con le lacrime agli occhi e la voce tremante. Le sembrava quasi surreale poter riabbracciare la persona che amava dopo tanto tempo; una sensazione di calore si diffuse per tutto il suo corpo mentre il suo cuore cominciò a battere fortissimo. “Cos'altro potevo fare? Ti avrei rovinato la vita se fossimo rimaste insieme, non puoi dirmi che non è così. Non ti avrei mai lasciata se avessi potuto scegliere Giusy, mai, devi credermi.”

“Potevi scegliere eccome invece. Potevi scegliere me, e invece non lo hai fatto,” le rinfacciò la mora, in modo quasi meccanico, mentre continuava a darle le spalle.

“Non è così semplice. Ascoltami bene...” proseguì Antonella, facendo un bel respiro. Poi si fece coraggio e le strinse la mano destra. Giusy restò immobile e non reagì, non ricambiò la stretta né la allontanò. Antonella le accarezzò allora il dorso della mano con il pollice e sentì una piccola scossa elettrica diffondersi in tutto il suo corpo. Erano state distanti così a lungo che anche piccole carezze del genere erano preziose. “Io a te non rinuncio. Mi hai sentito? La scuola ha bisogno di te e tu hai bisogno della scuola. E se non mi vuoi vedere lo accetterò te lo ripeto, mi basta sapere che ci sei,” ribadì.

“Non è la prima volta che me lo dici, e guarda com'è andata a finire...”

“Questa volta è diverso. Questa volta non me ne vado. Avevo ogni motivo per restarmene dov'ero e continuare a fare soldi, e invece sono qua. Lo so anch'io che non basta per cancellare cos'è successo e infatti è giusto così, non si può tornare indietro, però magari possiamo provare ad andare avanti. Pensaci su.”

Antonella attese qualche secondo ma Giusy non rispose, continuava a restare immobile senza reagire. Non avendo più altro da dirle, Antonella lasciò andare la sua mano e a malincuore sciolse l'abbraccio, poi si rialzò in piedi. Se fosse dipeso da lei sarebbe rimasta lì con lei sul divano per tutto il pomeriggio, ma sapeva che doveva lasciarle i suoi spazi e soprattutto darle tempo, per cui si fece da parte. Era il momento di andare adesso.

“Ciao Giusy,” la salutò, avviandosi verso l'uscita.

Non appena fu fuori dalla porta di casa, Antonella ebbe bisogno di un paio di minuti buoni per riprendersi e calmarsi. Appoggiò infatti la schiena contro la parete del pianerottolo, chiuse gli occhi e fece dei respiri lunghi e profondi, nel tentativo di rallentare i battiti del suo cuore. Tutte le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento cominciarono ad uscire, copiose come una cascata.

Il giorno dopo, Antonella venne sapere da Patty che Giusy era tornata a scuola e aveva ripreso a lavorare. Si era scusata per l'assenza e aveva detto che purtroppo era stata malata e aveva dimenticato di avvisare.

Forse, dopotutto, erano ancora in tempo.

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Capitolo 13
*** VII. Parte prima: Pedro chi? ***


Tempo presente, inizio dicembre


Quel sabato mattina Antonella uscì dallo studio di registrazione sentendosi più appesantita del solito. Aveva sonno, era stanca ed irritata, senza una ragione precisa. La sera prima lei e Giusy avevano fatto le due di notte a casa di quest'ultima per studiare e ripassare in vista delle numerose verifiche e prove che le attendevano nel corso della prossima settimana, si erano addormentate tardi e per giunta riuscendo a malapena a coccolarsi. Era infatti il loro ultimo mese di scuola, e Antonella non sapeva più da che parte girarsi per avere un po' di respiro – gli ultimi esami dell'anno le stavano sfinendo, tra un paio di settimane avevano la finale della competizione intercollegiale e lei non aveva la più pallida idea di che cosa fare del suo futuro. Giusy in tutto ciò era un fascio di nervi. I suoi genitori le buttavano addosso pressioni su pressioni affinché uscisse con il massimo dei voti, la scadenza per iscriversi all'università si faceva sempre più vicina e anche lei doveva ancora prendere una decisione definitiva.

Lei e Antonella stavano insieme da ormai sette mesi; nessun altro però ne era a conoscenza – perlopiù per volere di Antonella. Tutti le credevano amiche adesso e a lei andava bene così, non aveva bisogno che qualcuno si impicciasse nei loro affari privati. Avevano trovato il loro equilibrio e in qualche modo funzionava, anzi, funzionava meraviglia a suo dire. Da quando stavano insieme infatti Antonella stava molto meglio, i suoi attacchi di panico erano smessi e la sua ansia era diventata gestibile. Le sembrava di poter fare tutto, con Giusy al suo fianco. Le serate in cui andava a suonare nei locali erano sempre un successo, molta gente veniva a sentirla e avevano fatto persino qualche tappa fuori città – naturalmente la sua fidanzata la seguiva ovunque, e in ogni suo concerto rimaneva a guardarla ed appoggiarla da dietro le quinte. Così, ad Antonella bastava girarsi in un qualsiasi momento della sua esibizione per trovarla là. Questo per lei valeva più di mille parole. Tutti i soldi che avevano guadagnato avevano deciso di metterli da parte, come se fosse stato un fondo comune da utilizzare per viaggi o nel momento del bisogno. Senza Giusy però lei non ce l'avrebbe mai fatta.

Adesso quindi era il suo turno di essere forte per entrambe, toccava a lei aiutare Giusy nello studio e darle la forza di superare le crisi che talvolta la coglievano, anche nei momenti in cui la forza non l'aveva nemmeno per se stessa. Le ricordava sempre quanto valeva e che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa volesse, doveva solo decidere quale. Suo padre insisteva affinché si iscrivesse a giurisprudenza, Giusy però non ne era convinta e anzi mostrava interesse verso la letteratura e il campo umanitario. Erano le prospettive di lavoro a spaventarla, ma Antonella le ricordava che aveva la fortuna di essere nata in una famiglia più che benestante e che suo fratello viveva in Europa e guadagnava stipendi altissimi, per cui in fondo perché avrebbe dovuto importarle di guadagnare bene o trovare subito lavoro? Almeno questo era il suo pensiero, ma Giusy faticava a prendere una decisione e aveva paura di deludere il padre, così si teneva tutto dentro e sviava l'argomento il più possibile. Questo però la rendeva nervosa e facilmente irritabile, ed era Antonella a prendersi cura di lei nei suoi momenti di crisi e le sue giornate no – che stavano diventando sempre più frequenti.

Proprio per quello Antonella aveva deciso di portarla fuori per il weekend e aiutarla a staccare un po' – aveva trovato un appartamentino vicino alla spiaggia appena fuori Buenos Aires, con le temperature che pian piano cominciavano ad alzarsi un po' di mare era quel che ci voleva. Avevano studiato di venerdì dopo le prove apposta per potersi rilassare per due giorni di fila, e Giusy quella mattina era venuta in studio di registrazione con lei così da partire il prima possibile e arrivare nel loro appartamentino per l'ora di pranzo. Antonella non vedeva l'ora di rimanere un po' da sola con la sua ragazza, senza parlare di studio, esami, prove, università e tutti quegli altri argomenti spiacevoli.

Se solo fosse stato così semplice.

 

“Bene, per oggi abbiamo finito,” decretò Pedro, con i suoi soliti modi affabili. Antonella lo guardò e gli rivolse un sorriso stanco. La sua attenzione però era perlopiù rivolta a Giusy, in piedi accanto al produttore stempiato.

“Sì? Come sono andata?” chiese, rivolgendosi a entrambi.

“Molto bene cara, l'album è quasi finito ormai, tra un paio di settimane potremo ascoltarlo per intero se tutto va bene,” la rassicurò l'uomo. Poi appoggiò per qualche istante una mano sulla sua spalla, in segno di incoraggiamento.

“Sì? Che bella notizia, non vedo l'ora di iniziare di nuovo col tour,” esultò Antonella, sollevata da quella notizia. “Mi sembra di stare chiusa qui dentro da secoli ormai!”

“Calma, prima bisogna vedere come vanno le vendite e se gli ascolti sono buoni,” le ricordò Pedro.

“Ma sicuramente lo saranno, non è vero Pedro?”

“Faremo il possibile, cominceremo a metterci in contatto con qualche emittente televisive per farti fare interviste ma non ti prometto niente, nel periodo di Natale è sempre un gran macello, i canali televisivi sono sempre pienissimi,” le disse, in tono non troppo convinto.

Antonella capì subito che quella risposta significava che verosimilmente se ne sarebbe parlato dopo le feste, e non riuscì a mascherare la sua delusione. Non ne poteva più di aspettare.

“Tanto non c'è fretta, è un periodo pieno anche per noi purtroppo,” intervenne Giusy, avvicinandosi alla ragazza.

“Ah sì, lo immagino,” rispose l'uomo, abbozzando a un sorriso. “Andate a pranzo assieme ragazze?”

“Sì, adesso prendiamo le giacche e andiamo,” replicò Antonella, facendo un cenno verso l'appendiabiti che si trovava all'ingresso. Con le temperature in aumento, si erano entrambe portate dietro semplici giacche di jeans per la precisione.

“Se mi aspetti un secondo vado su in ufficio e prima che ve ne andiate ti porto il demo con le canzoni che abbiamo registrato finora, così ti fai un'idea di quello che abbiamo,” propose Pedro.

“D'accordo Pedro, grazie,” la ragazza accettò annuendo.

Detto ciò, il discografico si allontanò verso le scale poco distanti e scomparì dalla loro vista. Una volta rimaste sole, Antonella si voltò verso Giusy e le rivolse un'occhiata adorante. Era così felice di averla lì con lei sul suo posto di lavoro che mise da parte la delusione per la risposta di Pedro e la stanchezza per il sonno arretrato. Aveva solo voglia di stringerla.

“Ehi,” la salutò, poco prima di avvolgerla in un abbraccio. Giusy ricambiò la stretta con un sospiro e Antonella sentì la mano di lei infilarsi tra i suoi capelli per accarezzarne alcune ciocche. Chiuse gli occhi e appoggiò la testa sulla sua spalla. Il suo profumo ormai la faceva sentire a casa.

“Ehi.”

“Come sono andata?” mugugnò contro la sua spalla. Giusy allora sciolse l'abbraccio e le prese le mani.

“Divina come al solito amore,” rispose, con un sorriso raggiante.

“Non mentirmi, lo so che oggi non ero al top, potevo fare di meglio, anche Pedro lo avrà visto sicuramente,” Antonella rifletté amareggiata, mettendo il broncio. Sapeva benissimo che poteva (e doveva) fare di più, e ogni volta che le sue performance non erano all'altezza delle sue aspettative non poteva fare a meno di prendersela con se stessa.

“Smettila con queste sciocchezze, sei stata bravissima invece, fidati,” ribatté Giusy. La ragazza mora si sporse in avanti e le diede un rapido bacio sulla punta del naso. Antonella, colta alla sprovvista, si sentì arrossire. Tutti quei gesti di dolcezza puntualmente la facevano sciogliere come neve al sole. “Dopo riascoltiamo il demo insieme così te ne accorgi anche tu,” proseguì Giusy con fare rassicurante, stringendole le mani. Antonella però nel frattempo si era persino dimenticata di cosa stessero parlando.

“Mi piace tanto averti qui con me, lo sai?” si lasciò sfuggire sovrappensiero. Avrebbe voluto farla venire con sé tutte le settimane se avesse potuto, ma una presenza costante di Giusy avrebbe di certo destato più di qualche sospetto, motivo per cui Antonella le aveva chiesto di accompagnarla soltanto un paio di volte prima di quell'occasione. Era un peccato però.

“Piace tanto anche a me se è per questo,” disse Giusy, a sua volta lievemente arrossita. Attirò quindi Antonella a sé per le mani e si sporse di nuovo in avanti, questa volta appoggiando le labbra sulla sua fronte. Poi le circondò la vita e sussurrò: “Sono molto fortunata ad avere una fidanzata piena di talento che lavora in un posto del genere.”

Antonella arrossì di nuovo, persino più di prima. Quella crescente vicinanza stava avendo un certo effetto su di lei.

“Sai che fortuna, non ti annoi ad ascoltare le stesse canzoni e gli stessi pezzi per tutta una mattinata?” replicò, inarcando un sopracciglio. “Io al posto tuo mi sarei rotta da un pezzo.”

“No, per niente invece, anzi mi rilassa. E poi lo sai che adoro sentirti cantare Anto,” le ricordò Giusy.

E io adoro te, pensò Antonella, ma non lo disse. Invece, decise di esprimere quel sentimento con i fatti, come del resto era solita fare. Si guardò attorno furtivamente per assicurarsi che fossero sole, poi, una volta accertatasene, prese tra le mani il viso di Giusy e si avvicinò a lei per darle un bacio. Tutto quello che ottenne però fu un rapido sfiorarsi di labbra: Giusy infatti si ritrasse immediatamente, paonazza in viso, e cominciò a guardarsi in giro evitando il suo sguardo.

“Che cosa fai Anto, sei pazza?!” sussurrò, lasciandole le mani.

“Stai calma non c'è nessuno, chi vuoi che ci veda?” la rassicurò Antonella, prendendole di nuovo la mano. La ragazza fece di nuovo un passo verso di lei e la guardò in trepidante attesa.

“Un bacio soltanto però,” Giusy stabilì con un sospiro.

“Come vuoi, tanto ci penserò più tardi a darti il resto,” rispose l'altra, con la sua solita presunzione.

“Ah sì?”

Antonella a quel punto decise di non rispondere più a parole e passare direttamente ai fatti. Riprese il viso della sua ragazza tra le mani, chiuse gli occhi e incontrò le sue labbra, incapace di aspettare oltre. Aveva tanto bisogno di stare con lei adesso.

 

Quel pomeriggio il mare fu l'ultimo dei loro pensieri. Antonella si svegliò nel tardo pomeriggio, completamente nuda e avvolta tra le braccia di Giusy, che la stringeva a sé da dietro. Sentiva le mani di lei che le accarezzavano lentamente il petto e l'addome, i polpastrelli disegnavano piccoli cerchi sulla sua pelle con leggerezza. Si stava bene.

“Ciao,” mormorò Antonella. Poi aprì gli occhi lentamente.

“Finalmente, cominciavo a preoccuparmi,” sussurrò Giusy al suo orecchio, subito prima di posarle un bacio sul collo. Antonella si girò verso di lei e si sdraiò su un fianco, poi unì le loro labbra in un bacio. “Ciao piccola,” Giusy mormorò sulla sua bocca con un sorriso e una risatina.

Antonella non rispose, aveva la mente ancora troppo annebbiata per formulare un pensiero sensato. Si limitò a grugnire confusamente per qualche istante, poi si sporse in avanti e la baciò ancora, indugiando più a lungo nel contatto questa volta. Le sue mani cominciarono a scorrere su e giù per il corpo stupendo di Giusy, le accarezzò il seno e le gambe mentre le loro lingue si intrecciavano. I loro corpi si muovevano assieme sotto le lenzuola blu quasi in sincronia, alla ricerca l'una dell'altra.

“Hai dormito bene?” sussurrò la mora, una volta staccatasi per riprendere fiato. Con la mano destra scostò una ciocca di capelli dalla fronte di Antonella e gliela portò dietro l'orecchio.

“Sì, benissimo,” rispose l'altra. “Ne avevo proprio bisogno,” ammise con un sospiro.

“Di dormire o delle coccole?” chiese Giusy, un sorriso malizioso dipinto sulle sue labbra.

“Di tutti e due,” disse Antonella, ricambiando il sorriso. Poi le prese la mano e intrecciò le loro dita. “È da tanto che sei sveglia?”

“No, non tanto. Deve avermi svegliata il tuo telefono credo, stava vibrando prima,” spiegò la ragazza mora. Mentre Antonella aveva un sonno molto pesante infatti e Giusy di conseguenza doveva sempre sbizzarrirsi per trovare modi per svegliarla e farla alzare dal letto, la sua ragazza al contrario si destava molto facilmente, di norma era sempre lei quella che si svegliava per prima proprio per questo.

“Ho dimenticato di spegnerlo allora, che cavolo,” sospirò Antonella, con lieve irritazione. Giusy, da sotto le coperte, le strinse la mano. “Li detesto questi cosi, sempre a rovinare tutto. Hai visto chi era?”

“Sì, era Pedro, ha chiamato un paio di volte per quello ho buttato un occhio...” raccontò l'altra. Antonella ebbe un sussulto nel sentire il nome del suo discografico.

“Pedro? Che cosa vuole adesso? Ci siamo visti prima...” rifletté ad alta voce.

Se ripensava a ciò che si erano detti quella mattina nella sede della sua casa discografica, Antonella non poteva fare a meno di pensare a cattive notizie. Forse voleva dirle che l'uscita dell'album doveva essere rinviata a data da destinarsi, forse le canzoni che aveva registrato prima non andavano bene e dovevano rifarle, forse non aveva trovato nessuno disposto ad intervistarla...

“Non lo so, magari è importante però, se si tratta di lavoro potrebbe essere urgente Anto,” le fece notare Giusy.

Sbuffando, Antonella decise che non aveva senso pensarci adesso. Era il loro weekend di relax, tutte le faccende legate allo studio e al lavoro potevano, anzi, dovevano aspettare, Pedro compreso.

“L'unica cosa urgente adesso sei tu per quanto mi riguarda,” Antonella disse con voce roca, guardando la sua ragazza negli occhi mentre arrossiva in modo adorabile. Poi si spostò sopra di lei. Desiderava dimenticarsi del resto del mondo.

“Anto,” gemette Giusy. Con la mano che aveva libera circondò la schiena di Antonella e le accarezzò le spalle e la base del collo.

“Molto, molto urgente,” Antonella ribadì sussurrando al suo orecchio, un attimo prima di chinare la testa e incominciare a baciarla alla base del collo. I gemiti di Giusy riempirono subito la stanza.

“Non... non vuoi richiamarlo e sapere di cosa si tratta?” chiese la mora dopo qualche istante, seppur con titubanza.

Antonella allora si bloccò immediatamente, alzò lo sguardo su Giusy e la guardò fissa negli occhi.

“Neanche per sogno,” ribadì con decisione, stringendole la mano. La ragazza si alzò mettendosi seduta, allungò la mano verso il comodino alla sua sinistra e prese il suo cellulare, soltanto per tener premuto il tasto rosso sotto il display e spegnerlo. Il resto del mondo avrebbe dovuto aspettare. “Pedro chi scusa? Io non conosco nessun Pedro mi dispiace, devi esserti confusa con qualcun altro,” scherzò, strappando a Giusy una risatina.

Poi riprese a baciarla.

“Voglio pensare solo a te amore mio.”

 

Il ritorno alla realtà in compenso fu anche più spiacevole del previsto. Quando Antonella riaccese il telefono, nel tardo pomeriggio di domenica, vi trovò un'altra chiamata da parte di Pedro e un messaggio in cui l'uomo le chiedeva se potesse passare nel suo ufficio lunedì o martedì per parlare di lavoro. Inizialmente lei non lo voleva neanche dire a Giusy, non voleva darle altri pensieri quando era già molto presa dallo studio e la preparazione degli ultimi esami, ma purtroppo ormai la sua ragazza sapeva leggerla come un libro aperto e si accorse subito che c'era qualcosa che non andava, così Antonella fu costretta a raccontarglielo.

Disse dunque a Pedro che sarebbe passata lunedì pomeriggio dopo la scuola, e così fece.

Quello che ascoltò però andò contro ogni sua previsione. Giusy la chiamò quasi subito dopo l'incontro per avere notizie, ma Antonella nonostante la sua insistenza rimase sul vago, disse che non era nulla di importante e che potevano parlarne il giorno dopo con calma dopo la scuola, che di persona sarebbe stato più semplice. La verità era che nemmeno lei sapeva come dirglielo. Comunque, avevano un test di scienze da lì a poco e Giusy aveva bisogno di studiare e di concentrarsi, per cui non aveva nemmeno senso che si vedessero. Con questo pretesto, Antonella declinò la proposta di Giusy di vedersi e le disse che doveva soltanto pensare a concentrarsi adesso. Non poteva lasciare che i suoi problemi travolgessero anche lei, era suo compito risolverli. E infatti, presto lo avrebbe fatto.

Giusy però non la vedeva allo stesso modo. Erano circa le dieci di sera quando a casa Bernardi suonarono al campanello. Antonella nonostante l'orario non ebbe nemmeno bisogno di chiedere chi fosse, già lo sapeva, aprì la porta e basta. E infatti...

“Ehi, che cosa ci fai qui?” salutò la sua ragazza un attimo dopo. “Non dovresti essere a casa a studiare?”

“È inutile non ce la faccio, non riesco a concentrarmi,” rispose Giusy, facendo immediatamente irruzione a casa sua. Con un sospiro, Antonella richiuse la porta. Sapeva quanto la sua ragazza fosse testarda, per cui la lasciò entrare senza opporsi e la seguì fino al divano nel soggiorno. “Antonella che cosa ti ha detto Pedro?”

“Amore senti ne parliamo domani con calma, va bene? Domani abbiamo un test, ti preparo una tisana e poi ripassiamo assieme se vuoi...” tentò di convincerla, pur sapendo che probabilmente non avrebbe ottenuto alcun risultato.

“Che vuoi che me ne freghi del test Antonella, ho bisogno di sapere!” protestò Giusy, alzando la voce. “È una brutta notizia vero? Se fosse stata una bella notizia saresti venuta a dirmelo di corsa ti conosco, per cui tanto vale che tu me lo dica subito così almeno mi tolgo il pensiero.”

“Vieni, andiamo in camera,” le concesse Antonella, arrendendosi con un sospiro. Poi la prese per mano e la condusse in camera sua, senza parlare.

“Avanti, dimmi, forza,” la spronò nuovamente Giusy, una volta arrivate.

Antonella si sedette sul letto e con un gesto la invitò a prendere posto accanto a sé, cosa che Giusy fece senza esitare. Poi, Antonella prese anche l'altra sua mano e le accarezzò le nocche con i pollici.

“Giusy ascoltami, questa cosa non ti riguarda, non voglio essere un peso per te con i miei problemi quando tu hai già le tue cose, lascia che ci pensi io a Pedro d'accordo?” tentò di dissuaderla.

Giusy per tutta risposta sbottò e si alzò in piedi, sottraendosi al suo tocco.

“Smettila con queste stronzate Antonella, non voglio più sentire certe scemenze!” gridò irritata.

La ragazza si girò, si passò una mano tra i suoi capelli neri e fece un grande sospiro, il tutto mentre Antonella la osservava mortificata. Da quando stavano assieme capitava molto di rado che Giusy alzasse la voce contro di lei, motivo per cui Antonella rimase di sasso e non seppe come reagire. Girandosi nuovamente, la ragazza osservò la sua reazione e tornò allora a sedersi sul letto accanto a lei.

“Scusa, scusami non volevo arrabbiarmi, non ce l'ho con te, vieni qua,” Giusy la rassicurò immediatamente, avvolgendola in un abbraccio subito dopo. Antonella si lasciò stringere e sospirò, mentre l'altra le strofinava la schiena sopra la maglia che aveva addosso. Poi abbassò il viso e le diede tre baci sopra la spalla. “Il fatto è che,” Giusy proseguì, sciogliendo l'abbraccio per guardarla in faccia mentre le prendeva nuovamente le mani, “è proprio perché ho già tante cose di cui preoccuparmi che ho bisogno di sapere che almeno tu stai bene e che con il tuo disco non ci sono problemi. Non sei sola Anto, se una cosa riguarda te allora riguarda anche me. Qualunque cosa sia lo affrontiamo insieme, d'accordo?”

Antonella chiuse gli occhi. Un sospiro tremante lasciò le sue labbra mentre si sentiva le mani e le braccia che incominciavano a tremare leggermente. Come poteva dirglielo? La sola idea le fece venire un nodo alla gola, come se il fiato all'improvviso non riuscisse più a passare. Non voleva dare questo dispiacere a Giusy, sapeva che la cosa l'avrebbe distrutta e non se lo meritava. Purtroppo però non aveva altra scelta.

“Il disco non c'entra,” cominciò, facendosi coraggio. “È più... è una cosa personale, riguarda la mia vita privata. Penso che Pedro sappia di noi,” concluse, andando dritta al punto senza girarci attorno.

Negli occhi di Giusy, Antonella riconobbe lo stesso panico che lei stessa provato solo qualche ora prima.

“C-come sarebbe? Che cosa sa di preciso?” biascicò la mora.

“Non lo so, non lo ha detto esplicitamente ma lo ha fatto intendere,” Antonella andò avanti a spiegare, la voce ancora tremante. “Mi ha detto che per il lancio del disco vuole che mi trovi un fidanzato, che faccia qualche intervista e dia la notizia che ho una relazione, magari organizzarmi con i paparazzi per farci vedere assieme a qualche evento pubblico, dice che penserà lui a trovare qualcuno come copertura, forse qualche attore o un calciatore, non lo so...”

Attimi di silenzio seguirono quella rivelazione. Antonella osservò Giusy in trepidante attesa, senza sapere cosa aspettarsi. Avrebbe urlato un'altra volta? Se la sarebbe presa con lei o con Pedro?

“Stai scherzando spero,” disse infine, quasi incredula.

“No Giusy, nessuno scherzo.”

Giusy emise un sospiro e distolse lo sguardo.

“E tu che gli hai detto?”

“Cosa potevo dirgli, niente,” Antonella raccontò con rassegnazione. “Gli ho detto che non ne capivo il senso perché si dovrebbe parlare della mia musica e non certo di quello che faccio nella mia vita privata, ma lui dice che per un'artista emergente l'immagine è tutto e che va costruita a tavolino, che se le persone non parlano di me non li comprerà nessuno i miei dischi e che la sua azienda non può permettersi di investire in un prodotto che potrebbe fallire,” riassunse poi, ancora mortificata.

“Ha detto così, seriamente?!” sbottò Giusy, urlando ancora una volta. Sbuffando, la ragazza si alzò in piedi e cominciò a camminare su e giù per la stanza con fare irrequieto. “Che bastardo.”

“Giusy ascolta,” Antonella tentò di calmarla, seppur inutilmente.

“No, non provare a giustificarlo Antonella, ha superato ogni limite con questa cosa!” Giusy la interruppe subito dopo. “Quell'uomo non ha mai fatto niente per valorizzare il tuo talento come meriti, e ora se ne esce fuori con questa stronzata solo perché teme che la nostra storia possa venire fuori e sporcargli l'immagine, non è ammissibile questo! Andrò a parlarci io stessa domani, vedrai come mi sentirà,” decretò decisa, mettendosi le mani sui fianchi.

Antonella la guardò e per un attimo le fece quasi tenerezza.

“Non ce n'è bisogno, io ho già deciso di non accettare,” riuscì a spiegare infine. “Lui mi ha detto di prendere un po' di tempo per rifletterci perché lo ha visto che ero incazzata, ma io non ne ho bisogno, la mia risposta non cambia, domani passo da lui e glielo dico, per questo preferivo parlartene domani a cose fatte. Non sarebbe giusto nei tuoi confronti e io a te non rinuncio, non mi interessa quello che dice Pedro,” la informò, ormai determinata. Non poteva fare altrimenti del resto.

Solo a quel punto Giusy si placò, sembrò infatti rendersi conto della realtà della situazione. Mentre il suo viso mostrava un'ondata di improvvisa realizzazione farsi largo in lei, la ragazza tornò a sedersi.

“Che cosa succede se gli dici di no? Credi che accetterebbe un rifiuto come risposta?” chiese ad Antonella. Tuttavia, quest'ultima già sapeva che aveva capito tutto.

“Non mi interessa cosa succede, non può costringermi, non si parlava di niente del genere nel mio contratto, ho anche controllato per sicurezza,” la rassicurò. “Qualsiasi siano le conseguenze le accetterò, non mi importa.”

“Anto...”

Giusy si bloccò e non disse più niente, abbassò lo sguardo sul letto e sospirò, con espressione afflitta. Per alcuni istanti nessuna delle due parlò. Sapevano entrambe che non c'era nulla che potessero dire, per cui rimasero in silenzio.

“Giusy è meglio se torni a casa adesso, è tardi e domani...” le fece notare Antonella, quando non riuscì più a sostenere il suo sguardo carico di tristezza. Si sentiva infatti già male di suo per come erano andate le cose, l'aria da cane bastonato di Giusy e la sua delusione non facevano altro che rendere tutto ancora più difficile. Per quello Antonella aveva desiderato tenerla fuori dalla faccenda, almeno in un primo momento.

“Non posso chiederti di fare una cosa del genere, lo sai vero?” disse Giusy, finalmente incontrando i suoi. “È fuori discussione, non posso.”

“Infatti tu non mi hai chiesto niente, è una decisione mia, tu stanne fuori,” la ammonì Antonella.

“Starne fuori? Ti rendi conto che è impossibile, vero?!” inveì l'altra ragazza. “Che sia una decisione mia o tua poco importa, il risultato è lo stesso. Sono mesi di lavoro buttati nel cesso Anto, non posso permetterti di fare questa cazzata. Non ci pensi alla tua famiglia, a tua madre e a tuo fratello? Se Pedro ti blocca l'album è finita, e trovare un'altra etichetta sarà tutt'altro che semplice lo sai anche tu, lui sicuramente parlerà in giro e...”

“Giusy, Giusy ascoltami,” Antonella tentò di bloccarla, afferrandola per le braccia per farla stare ferma. Poi la guardò negli occhi e parlò in tono fermo e deciso: “Troverò una soluzione, d'accordo? Qualcosa mi inventerò, venderemo la casa se necessario fino a quando le cose non si sistemano, tu non preoccupartene.”

“No...”

“Ascoltami,” tentò di parlare, ma Giusy si sottrasse alla sua presa e si rialzò allontanandosi da lei ancora una volta.

“No, no Antonella non posso,” disse la mora, abbassando lo sguardo a terra.

“Ascoltami, mi fai parlare?” insistette Antonella. Poi si alzò a sua volta per fronteggiare Giusy e guardarla in faccia. “Guardami bene e stammi a sentire, io a te non rinuncio. Mi hai capito? Tu mi sei stata vicina anche quando non me lo meritavo, anche quando sono stata un'idiota e mi sono fatta prendere dalle paure e dall'ansia, in tutti questi mesi non mi hai mai lasciata sola, neanche una volta.”

“Che cosa c'entra Anto, questa è una situazione completamente diversa,” ribatté Giusy.

“C'entra invece perché è tutta la vita che vivo pensando solo all'approvazione degli altri, che penso di dover essere la migliore a tutti i costi, di dover vincere sempre, di dover sempre piacere a tutti e fare sempre tutto perfetto, era tutto un dovere per me, anche le cose che mi piacevano,” si sfogò, buttando fuori di getto cose che non aveva mai detto prima ad alta voce. “Poi però sei arrivata tu e, e adesso è diverso. Io sono felice da quando sto con te Giusy, e ho capito che non voglio vivere una vita piena di doveri, non ha più senso per me ormai. Sono stanca di dover sempre pensare a mia madre e alla mia famiglia, non spetta a me. Lo sai cosa ti dico? L'Antonella di un anno fa sicuramente non ci avrebbe pensato due volte a scaricare chiunque per avere successo, però io adesso non sono più così, e non voglio nemmeno più esserlo.”

Antonella guardò Giusy sperando con tutto il cuore di essere finalmente riuscita a farla ragionare. Per quanto amasse la sua ragazza, sapeva che quando ci si metteva poteva essere davvero testarda ed era capace di costruirsi castelli di paranoie tutti da sola, dai quali era poi molto difficile distoglierla.

“Non posso lasciartelo fare Antonella, mi dispiace,” disse Giusy, dopo una breve pausa. La ragazza chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. “Domani tu vai da Pedro e gli dici che farai quello che vuole, mi hai capito?”

“Giusy...”

“Tanto lo sapevamo dall'inizio che non poteva funzionare, era ovvio,” esalò la mora con una risatina.

“Si può sapere che stai dicendo?” Antonella domandò con disappunto.

“Siamo state bene insieme ma adesso è finita, tu hai la tua vita a cui pensare e io ho la mia, la nostra storia non può continuare,” Giusy sentenziò in tono glaciale.

Antonella si sentì sprofondare.

“Ti prego dimmi che non sei seria,” tentò di farla ragionare. Riusciva a parlare a fatica perché si sentiva un groppo in gola e le lacrime agli occhi, tuttavia non voleva piangere. Doveva essere forte, sia per sé stessa che per Giusy.

“Buonanotte Antonella,” rispose invece quest'ultima, subito prima di voltarsi e dirigersi verso la porta della stanza.

“Aspetta un attimo, ti prego resta qui e parliamone un secondo, cerca di ragionare,” Antonella praticamente la supplicò, al limite della disperazione, facendo qualche passo verso di lei.

“Devo andare mi dispiace, ciao,” disse Giusy, senza voltarsi indietro.

Poi aprì la porta e uscì, lasciando Antonella da sola.

Sola, confusa, smarrita e in lacrime, ad essere precisi.

Tuttavia, Antonella decise di non abbattersi. Doveva essere forte. Non poteva crollare, non adesso soprattutto.

Sapeva che Giusy si comportava così così spinta puramente dall'irrazionalità e dai sensi di colpa, voleva proteggerla e fare il suo bene, almeno era quello che credeva. Andarle dietro e cercare di parlarle sarebbe stato inutile adesso, tanto qualsiasi cosa dicesse di certo non l'avrebbe ascoltata. Per cui, Antonella decise che l'indomani le avrebbe risposto coi fatti, dandole la prova tangibile del fatto che lei non aveva alcun bisogno di Pedro, né di chiunque altro fosse intenzionato a sfruttarla, ricattarla o manipolarla. L'unica persona di cui aveva bisogno era e sarebbe sempre stata se stessa. Soltanto se stessa.





Nota dell'autrice:

Eccoci qua con un nuovo aggiornamento. Ho dovuto purtroppo saltare molti capitoli filler che avevo intenzione di inserire nel piano temporale del passato per mostrare la progressione del loro rapporto perché visti gli aggiornamenti più lenti e il poco tempo che ho a disposizione per scrivere mi preme di più arrivare a una conclusione e inserire le cose più rilevanti a livello di trama. Non escludo di postarli eventualmente in un futuro come one-shot collegate alla storia.
La buona notizia è che ho già scritto la maggior parte dei dialoghi della seconda parte a venire e siccome sono in modalità riposo in questi giorni potrei riuscire a postarla con rapidità. La cattiva notizia è che l'angst ritornerà e più forte di prima.
Grazie a tutte le persone che stanno leggendo la storia e buon anno a tutti!
 
Edit: Ho rivisto e modificato un po' il capitolo precedente, il numero dodici, la sostanza è rimasta la stessa ma ho cambiato alcune parti, soprattutto nella parte finale del dialogo tra Giusy e Antonella. Si tratta di piccole cose non importanti ai fini della trama ma per completezza vi consiglio di andarlo a rivedere!

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Capitolo 14
*** VII. Parte seconda: Scelta. ***


Clat-clat.

Clat-clat.

Clat-clat.

Clat-clat.
 

Il sassolino rimbalzò contro il vetro della finestra della camera di Giusy e cadde per la quarta volta nel giardino in ghiaia che circondava l'abitazione. Antonella attese qualche secondo, ma la finestra rimaneva chiusa. Fece un respiro profondo, si chinò e raccolse un altro sasso. Poi prese la mira e colpì di nuovo la finestra. Sarebbe andata avanti così fino al tramonto, se avesse dovuto.

Aveva provato a suonare al campanello una decina di minuti prima, ma Giusy l'aveva ignorata lasciandola aspettare a vuoto. Antonella però era più che certa che fosse in casa, la luce accesa in camera sua si vedeva bene anche da dietro le tende. Se pensava che bastasse così poco per farla andare via si sbagliava, e di grosso anche. Che lo volesse o no avrebbero parlato, non poteva aspettare.

Chinatasi per raccogliere un altro sassolino, Antonella era già pronta a lanciarlo quando, con sua sorpresa, la finestra della camera finalmente si aprì. Dalle tende bianche emerse dunque il viso di Giusy e i suoi capelli ricci ricaddero sul davanzale.

Antonella si sciolse in un sorriso. Eccola finalmente.

“Si può sapere che stai facendo?” gridò la ragazza, sporgendosi. Sulle sue labbra però si intravedeva un sorriso che tradiva completamente le sue intenzioni.

“Posso andare avanti anche tutto il pomeriggio se serve,” urlò Antonella, più forte che poteva. “Allora mi fai entrare?”

“Solo cinque minuti però, poi devi andartene.”

L'attimo dopo, Giusy richiuse la finestra e Antonella corse verso la porta di ingresso con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Non era mai stata così felice di vederla.

Pochi istanti dopo Giusy aprì la porta e la fece accomodare in salotto, sul divano, dove entrambe si sedettero – pur mantenendo una certa distanza.

“Che cosa c'è? Pensavo di essere stata chiara ieri, non abbiamo altro da dirci per quanto mi riguarda,” esordì Giusy con freddezza.

Antonella si accorse subito che non la stava guardando negli occhi e trovò così la conferma dei suoi sospetti – la sua non era altro che una recita, un modo per obbligarsi a tenerla lontana anche se i suoi sentimenti dicevano tutt'altro.

“L'unica cosa che è chiara è che non ragioni tesoro,” rispose Antonella. “Lo so che stai cercando di proteggermi, ma...”

“Ti sbagli di grosso,” la interruppe Giusy, parlandole sopra.

Antonella però non si diede per vinta e continuò a parlare: “Non sono stupida, l'ho capito che non vuoi che perda il lavoro e che ti senti in colpa perché ti sei convinta di essere tu il problema.”

“Non è così Antonella, la verità è che adesso devo pensare solo a me stessa e a studiare, non ho tempo per una relazione,” le disse l'altra, in modo sbrigativo.

“Per favore, non ci credi nemmeno tu a questa stronzata.”

“È stato solo un divertimento per me ma adesso ho altro per la testa fattene una ragione,” proseguì. Poi fece un respiro profondo e abbassò lo sguardo a terra. “Io non ti amo e non ti ho mai amata, non ho nessuna voglia di incasinarmi la vita con i tuoi mille problemi, adesso vattene per favore.”

Antonella sapeva benissimo che quelle parole non erano vere, ma non per questo non le fecero male. Con decisione appoggiò una mano sul braccio di Giusy e girò il corpo nella sua direzione. Aveva bisogno di guardarla negli occhi.

“Tu mi ami Giusy, lo so benissimo che mi ami.”

“No, non è vero...” tentò di negare l'altra, continuando ad evitare il suo sguardo.

“Dimmelo guardandomi negli occhi allora. Se non mi ami dimmelo e ti lascio in pace, me ne vado e non ti disturberò più, te lo giuro.

Giusy esitò per una manciata di secondi. Esalò un respiro tremante e alzò infine lo sguardo su di lei. I suoi occhi scuri erano come vuoti.

“Non ti amo e non ti ho mai amata,” sibilò infine con voce piatta, guardando l'altra dritto negli occhi.

Per un istante, Antonella sentì come una pugnalata al cuore. Non poteva essere vero, non poteva finire tutto così...

Poi si accorse che Giusy aveva incominciato a piangere. Mentre le lacrime le sgorgavano dagli occhi e rigavano le sue guance nel silenzio della stanza, Antonella fece un sospiro di sollievo. Poi le sorrise.

“Vieni qua,” sussurrò sulle sue labbra.

Prese le sue guance tra le mani e cominciò ad asciugarle le lacrime con i polpastrelli, poi chiuse definitivamente la distanza tra loro con un bacio.

Questa volta, Giusy non la respinse. Sebbene in un primo momento rimase immobile, ricambiò ben presto il bacio di Antonella e poi schiuse le labbra, approfondendo il contatto. Antonella allora riuscì finalmente a lasciarsi andare.

“Anto,” Giusy mormorò appena si staccarono, gli occhi ancora chiusi.

“Shh, fammi parlare adesso,” sussurrò Antonella, accarezzandole il mento con il pollice. “Ho già parlato con Pedro amore mio, ormai è fatta.”

“Sì? E che cosa gli hai detto?”

“Gli ho detto la verità. Gli ho detto che ci ho pensato e che non posso lavorare alle sue condizioni, che non può obbligarmi e che piuttosto rinuncio all'album,” spiegò Antonella, più convinta che mai della sua scelta.

“Antonella tu sei pazza, devi tornare subito là e...”

“Neanche per sogno,” la interruppe secca. Poi le prese le mani. “Ascoltami, ci ho pensato molto ieri sera e ho capito che c'è solo una cosa da fare. Non posso restare qua Giusy, anche se trovassi un'altra etichetta sarebbe lo stesso, non voglio vivere dovendo passare tutta la vita a nascondermi.”

“Lo so amore neanche io lo voglio, però questo vorrebbe dire che devi rinunciare alla tua carriera e a tutti i tuoi sogni in pratica,” le ricordò Giusy. “Non posso chiederti di fare questo per me, non sarebbe giusto, è una cosa troppo importante per te.”

“Infatti non devo rinunciarci per forza. Andiamocene via insieme Giusy, io e te,” le propose Antonella, con il cuore in gola. L'altra ragazza la guardò con occhi sgranati, ma lei non si perse d'animo e cominciò ad esporle la sua idea: “Possiamo partire e andare in Europa, in Spagna magari da tuo fratello, ricominciamo tutto. Ho già pensato a tutto, io mi presenterò a tutti i provini e le audizioni che riesco a trovare, parteciperò ai musical o a programmi televisivi e vedrai che prima o poi mi farò un nome e non avrò più bisogno di dipendere da nessuno, te lo prometto. Sarà difficile i primi tempi lo so, però mi troverò un lavoro e penserò anche a te, abbiamo ancora da parte i soldi delle mie esibizioni, ci basteranno per andare avanti per qualche mese. Tu potresti sempre fare domanda per lavorare nella redazione di qualche giornale o per qualche casa editrice, ti prenderanno sicuramente quando vedono come scrivi,” le fece notare, facendo del suo meglio per infonderle speranza.

“Antonella tu sei matta!” esclamò Giusy, seppur sorridendo. “Ti rendi conto di quello che dici?”

“Lo so, è una follia, però se vogliamo stare insieme è l'unico modo che abbiamo, non c'è altra soluzione,” le fece presente l'altra. “Che cosa ne pensi? Ci vieni con me? Non ti farò mancare nulla te lo prometto!”

Antonella la osservava con trepidazione, e sentiva il suo cuore sul punto di esplodere. Giusy però pareva un po' scettica.

“Antonella ascoltami, i soldi che abbiamo da parte basteranno sì e no per un paio di mesi scarsi, contando che dovremo prendere anche i biglietti dell'aereo,” ragionò la mora. “Come faremo a vivere quando finiranno, ci hai pensato? Nella migliore delle ipotesi mi assumeranno per un tirocinio non pagato, che vuoi che valga un curriculum con un diploma e nessuna esperienza.”

“Penserò io a te te l'ho detto, mi troverò un lavoro, anche due se sarà necessario.”

“Amore non fraintendermi, non è che io non creda in te ma queste cose di solito richiedono tempo lo sai anche tu, ci vorrà un po' prima che tu riesca ad ottenere un contratto decente e guadagnare bene,” obiettò Giusy, ragionevolmente.

“Lo so anch'io che cosa credi, accetterò qualsiasi lavoro infatti, non mi importa cosa dovrò fare. E poi magari Matias conosce gente, potrebbe aiutarci a trovare qualcosa se siamo fortunate,” rispose Antonella, intrecciando insieme le dita delle loro mani.

“Anto ma tu ne sei proprio sicura?” domandò l'altra, guardandola negli occhi. Antonella aggrottò le sopracciglia, non capendo cosa volesse dire. Giusy le spiegò infatti, subito dopo: “Non hai mai lavorato un giorno in tutta la tua vita, con solo un diploma andrà già bene se ti prenderanno a fare la commessa o la cameriera, è molto diverso dalla vita che sei abituata a fare ora. Non lo dico per scoraggiarti ma una volta che partiamo poi è fatta, tornare indietro sarà impossibile. Sei sicura di essere pronta?”

Antonella esitò prima di rispondere, presa alla sprovvista. Forse si era scioccamente aspettata che la sua ragazza avrebbe subito accettato e che per amor suo avrebbe detto di sì a prescindere, nonostante tutte le difficoltà. Da un lato poteva capire il suo punto di vista, aveva ben ragione Giusy a pensare agli aspetti più pratici e concreti, come ad esempio il fatto che per lei passare dal cantare nelle sale di registrazione a dover pulire i pavimenti di un locale a tarda notte con gente ubriaca sarebbe stato un cambiamento difficile, per non dire un trauma. Però in fondo, che altra scelta aveva? Teneva troppo a Giusy per rinunciare a lei, per cui in un modo o nell'altro avrebbe imparato e se lo sarebbe fatta andare bene, costasse quel che costasse.

“Lo so che non sarà facile però è quello che voglio, sono sicura,” ribadì Antonella. Poi, la ragazza si portò le loro mani unite alle labbra e lasciò un bacio sul dorso della mano di Giusy. “Mi darò da fare e imparerò, non mi importa se è difficile, se mi dovrò alzare alle cinque di mattina o se tornerò a casa la sera tardi con il male alla schiena, il solo fatto che dormiremo tutte le notti nello stesso letto mi basta per capire che è la scelta giusta,” le assicurò con un sorriso, arrossendo lievemente.

Giusy a quelle parole le rivolse un'occhiata adorante, e ad Antonella bastò un secondo per rendersi conto che avrebbe detto sì. Il suo cuore incominciò a battere all'impazzata, mentre si faceva largo in lei la consapevolezza della realtà della situazione, la consapevolezza che quell'idea assurda e forse anche un po' impulsiva sarebbe diventata realtà. Sembrava una follia, eppure era tutto vero.

Giusy nel frattempo lasciò andare le sue mani e le accarezzò una guancia. Poi sporse il viso in avanti e Antonella fece lo stesso, incontrando le sue labbra in un bacio esitante.

“Tu sei matta, lo sai? Sei completamente pazza,” esalò, scuotendo il capo con un sorriso.

“Possiamo farcela Giusy. Ti sto chiedendo tanto lo so però poi ne varrà la pena, te lo prometto amore,” le garantì l'altra, appoggiando nel frattempo la fronte contro quella di lei.

Giusy esitò ancora un attimo. Antonella sentì un brivido di adrenalina correrle lungo la schiena, mentre la sua ragazza nel frattempo chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Poi li riaprì e le sorrise.

“D'accordo, facciamolo. Partiamo insieme.”

“Sul serio?!”

“Sì, sul serio,” ripeté Giusy, con una piccola risata.

L'attimo dopo, Antonella la tirò a sé e la baciò, con tutto l'entusiasmo che aveva in corpo. Chiuse gli occhi e per svariati minuti si lasciò trasportare, toccandola, stringendola e accarezzandola – persa completamente in Giusy e in tutto ciò che provava per lei.

“Ti amo,” Antonella sussurrò di getto non appena si staccarono, presa dall'euforia. Ed era vero, l'amava. L'amava tantissimo, anche più di se stessa. Il suo era un tipo di amore che non solo non aveva mai provato prima, ma che nemmeno aveva mai immaginato potesse esistere. “Lo so che non te lo dico spesso però non devi dimenticarlo mai, hai capito?” ribadì. Poi scostò alcune ciocche di capelli neri dal viso di Giusy e le baciò la fronte. “Ti amo tantissimo,” ripeté, ad occhi chiusi.

“Ti amo anche io Anto. Tantissimo ti amo.”

Antonella annuì e la baciò ancora una volta.

Poi, Giusy la prese per mano e la condusse in camera, la spogliò e trascorse il resto del pomeriggio a fare l'amore con lei, mostrandole quanto l'amava in tutti i modi che conosceva.



 

Passarono i giorni e poi le settimane. La fine della scuola era sempre più vicina, e nonostante Antonella fosse già completamente proiettata sul futuro e avesse incominciato ad attivarsi per organizzare la loro partenza nei minimi dettagli, occorreva prima che passassero le ultime verifiche e ottenessero la promozione e il diploma. Quella domenica pomeriggio, in particolare, Giusy stava lavorando alla tesina finale del suo corso di diritto, mentre Antonella, seduta sul letto della fidanzata, ripassava pigramente geografia, il libro aperto sulle ginocchia mentre la mente vagava già in posti lontani.

Erano circa le cinque e un quarto quando le due decisero di chiudere tutto e riposare – considerando che avevano iniziato ad essere operative dalle nove della mattina, era anche troppo secondo Antonella. La sua fidanzata si offrì molto gentilmente di scendere in cucina a preparare il caffè per entrambe e chiese ad Antonella di consegnare la tesina via mail al suo professore, così da archiviare la faccenda una volta per tutte. E così lei fece.

O perlomeno, così si stava accingendo a fare. La ragazza stava cercando il file tra le varie cartelle del computer di Giusy quando all'improvviso la sua attenzione fu attirata da una cartella che non aveva mai visto prima di allora. Il nome era molto breve, contava soltanto tre lettere – UNI. Curiosa di capire di che cosa si trattasse, Antonella si affrettò a mandare il file al professore aggiungendo nella mail la solita premessa in burocratese, poi chiuse tutto e andò ad aprire la cartella.

E così, Antonella scoprì con sua sorpresa che “uni” non era altro che l'abbreviazione di università. Nella cartella erano contenuti diversi file scaricati da internet con il piano degli studi di diverse facoltà dell'università di Buenos Aires, lettere, filosofia e giurisprudenza, le sedi delle lezioni, i costi delle tasse e un file di word con libri e manuali da studiare. Più recentemente, informazioni simili erano state aggiunte anche sulle università di Madrid e Barcellona, inclusi i requisiti di accesso, le borse di studio e come far domanda da studente straniero.

Antonella fissava lo schermo con crescente stupore, senza sapere cosa pensare. Giusy non le aveva mai detto di essere convinta di fare l'università o di aver deciso di iscriversi, l'aveva sempre vista molto incerta e indecisa sulla facoltà e proprio per quello avevano deciso insieme che avrebbero cercato un lavoro una volta in Spagna, per mettere qualche soldo da parte e intanto fare un po' di esperienza. Antonella fino a quel momento aveva creduto che lo volessero entrambe, che fosse il loro obiettivo e il loro progetto comune... adesso però non ne era più così sicura.

Era stata così tanto concentrata su se stessa, sulla sua carriera all'estero e sui suoi sogni, che aveva completamente messo da parte Giusy e quelli che erano i suoi di desideri. L'idea di andare a convivere con lei in un posto dove nessuno le conosceva era così bella che non aveva neanche preso in considerazione quello a cui Giusy per colpa sua avrebbe dovuto rinunciare – la sua famiglia, le sue amiche, i suoi studi... poteva davvero chiederle una cosa del genere?

“Ecco il caffè piccola, senza zucchero come piace a te,” disse Giusy, rientrando nella stanza.

La voce squillante della ragazza riportò Antonella alla realtà. Giusy appoggiò le tazze di caffè fumante sulla scrivania accanto a lei, poi le avvolse le braccia attorno al collo e premette le labbra contro la sua guancia destra. Antonella abbozzò un sorriso.

“Grazie.”

“Hai mandato tutto?” chiese poi la ragazza, riprendendosi la tazza per andare a sedersi sul letto.

“Sì, ho fatto...” confermò Antonella, tentennante. Poi si girò verso di lei sulla sedia con le rotelle e si fece coraggio. “Ho trovato questa cartella prima mentre stavo cercando il file da inviare. Potrei sapere cosa significa?”

A quella domanda Giusy si irrigidì immediatamente.

“Ho dimenticato di cancellarla per liberare spazio, hai ragione,” disse, fingendosi disinvolta. “Non è niente di importante non farci caso, sono solo informazioni che avevo preso un po' di tempo fa su alcune facoltà qui a Buenos Aires, così, giusto per curiosità...”

“Giusy non mentirmi, ho visto le date e molte di queste cose sono abbastanza recenti, guarda qua, piani di studi, tasse, scadenze, esami, tirocini... Che cosa dovrei pensare?” domandò, con un tono più inquisitorio di quanto non volesse.

“Ti sei fatta gli affari miei per bene vedo, e io che pensavo che la privacy fosse un diritto in questo paese,” Giusy commentò con sarcasmo, alzando gli occhi al cielo. Poi si portò la tazza di caffè alle labbra per berne un sorso.

Antonella fece un sospiro. Percependo la sua irritazione, si rese conto di aver oltrepassato il limite e per questo capì di doversi fare perdonare. Senza indugiare si alzò dalla sedia e raggiunse Giusy sul letto, sedendosi sulle sue gambe.

“Ascolta, ti chiedo scusa se sono stata invadente,” incominciò, passandole una mano tra i ricci, “è che ho visto questa cartella per caso e volevo capire cosa fosse per questo ho sbirciato, forse ho sbagliato però sono la tua fidanzata e come tale ho diritto di sapere se c'è qualcosa di importante che mi stai nascondendo, non pensi?”

Giusy la guardò e si sciolse in un sorriso. In un attimo, Antonella si sentì più sollevata.

“D'accordo, sei perdonata,” le concesse, sporgendosi in avanti per darle un bacio a fior di labbra. Poi appoggiò la tazza sul comodino e circondò la vita di Antonella con le braccia. “Non ti sto nascondendo niente koala te lo giuro, già te l'ho detto quella cartella non è niente di importante, anzi tra poco la cancello così non ci pensiamo più,” tentò di rassicurarla.

Antonella però sentiva che c'era qualcosa che non le stava dicendo, e non si sarebbe sentita tranquilla fintanto che non lo avrebbe scoperto.

“Giusy ascolta, voglio che tu sappia che se non te la senti di partire con me sei ancora in tempo per cambiare idea,” insistette, facendosi coraggio. “Se tu hai dei ripensamenti, se non sei sicura voglio che tu me lo dica prima di...”

“Anto, che stai dicendo?” Giusy la interruppe immediatamente. “Non ho nessun ripensamento, non dire sciocchezze. Ammetto che negli ultimi tempi ho preso qualche informazione sulle università perché volevo capire se studiare in Spagna fosse fattibile, però è stata una cosa così, tanto per curiosità, non mi interessa sul serio,” le assicurò, prendendola per mano. “Magari un giorno ci penserò chissà, però al momento non voglio, abbiamo già tanti progetti in ballo.”

“Giusy...” Antonella sospirò con rammarico, scuotendo la testa. Poi abbassò lo sguardo a terra. Giusy parlava al plurale, ma i progetti che avevano riguardavano solo ed esclusivamente lei e la sua carriera da solista. Non era giusto che diventassero anche la priorità di Giusy. “Non lo so, non mi sembra giusto...” disse infine, tenendo gli occhi bassi.

“Che cosa?”

“Che tu debba rinunciare a quello che vuoi per colpa mia.”

“Non sto rinunciando proprio a niente Antonella, sul serio,” insistette la mora. “Non ho nemmeno le idee chiare su quello che voglio fare in questo momento, riprenderò gli studi quando potrò. La cosa più importante per me è che stiamo assieme,” la rassicurò, mentre con la mano che aveva libera le alzò lievemente il viso per incontrare il suo sguardo.

“Sì, però... però tu durante questi mesi mi sei sempre stata vicina in tutto, abbiamo scritto canzoni assieme, abbiamo organizzato serate, preso accordi con locali e musicisti, mi hai sostenuto in tutti i miei periodi di crisi e poi anche nello studio, hai fatto di tutto per me,” ricordò Antonella. “E io invece che cosa ho fatto per te?”

“Amore ma una relazione non è un contratto, avevi bisogno di me e io ti ho aiutato perché lo volevo e perché ti amo, non l'ho fatto di certo per avere qualcosa in cambio,” le disse Giusy con convinzione.

“Lo so, però... Anche tu forse avresti avuto bisogno del mio aiuto ma io non me ne sono accorta, ho pensato solo a me stessa e alla mia carriera dando tutto il resto per scontato,” Antonella rifletté ad alta voce, con amarezza. Che ormai fosse troppo tardi per rimediare?

“Questo non è assolutamente vero, vieni qua koala,” le ordinò l'altra con dolcezza, conducendola sul letto assieme a lei. Giusy appoggiò allora la schiena al cuscino messo contro la testiera e fece distendere Antonella tra le sue gambe, con le quali poi le circondò la vita. Infine, appoggiò il viso di lei sul suo petto e incominciò ad accarezzarle i capelli. Antonella infatti adorava farsi stringere da lei, per l'appunto come due koala, e Giusy lo sapeva bene. Si sciolse allora nel suo abbraccio e gemette sommessamente. Poi chiuse gli occhi. “Ascoltami bene,” riprese Giusy, sussurrando al suo orecchio, “tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto insieme, come una squadra. È assolutamente normale visto che siamo una coppia. Ci siamo aiutate a vicenda tantissime volte in questi mesi e soprattutto mi hai reso felice, più di qualsiasi altra persona,” le assicurò, poco prima di darle un bacio sulla guancia.

“Ne sei sicura?” domandò Antonella, strofinandole lentamente un braccio.

“Certo.”

“È che... non lo so, forse potevo fare di più, dovevo capirlo che avevi bisogno di supporto,” rifletté poi ad alta voce. “Magari potevo informarmi anche io per vedere se è possibile ottenere borse di studio o come fare richiesta, se gli studenti stranieri in Spagna hanno qualche agevolazione, invece hai dovuto fare tutto questo da sola...”

“Antonella piantala, ti stai facendo paranoie per niente, credimi!” Giusy l'ammonì ancora. “Ci avrò messo sì e no mezz'ora a tirar giù da internet quelle informazioni e l'ho fatto più per curiosità che altro, se avessi avuto bisogno di aiuto te lo avrei detto, sul serio. Sono sicurissima della decisione che ho preso, per cui adesso basta con questi discorsi per favore!” esclamò, quasi spazientita.

Antonella capì allora che non c'era niente da fare, non sarebbe riuscita a tirarle fuori un bel niente neppure insistendo.

“D'accordo, va bene...” si arrese dunque, a malincuore.

“Sì?”

“Sì,” ripeté, abbozzando un sorriso.

Giusy si sporse in avanti e le diede un bacio sulla guancia, poi un altro ancora. Capendo le sue intenzioni, Antonella la assecondò e girò il viso nella sua direzione, così da poter incontrare le sue labbra in un bacio.

“Sei molto dolce a preoccuparti per me koala però non ne hai motivo, so quello che faccio,” le assicurò Giusy, accarezzandole il viso. “Non che non mi faccia piacere il tuo interesse, però ti conosco e so che tendi sempre a farti carico di troppe responsabilità, anche di quelle che non ti spettano. Io e te l'abbiamo scelta insieme questa cosa, ci siamo scelte perché ci siamo innamorate, come potrei avere dei dubbi?” chiese sorridendole.

“Hai ragione,” Antonella annuì in risposta. Poi si sporse verso di lei e la baciò ancora una volta. “Sei brava con le parole, lo sai?”

“Me lo hanno detto qualche volta,” scherzò la mora. Poi prese dal comodino la sua tazza di caffè e bevette un altro sorso.

“Tu meriteresti il mondo amore mio e io non sai quanto odio il pensiero di non potertelo dare, di non essere abbastanza per te,” Antonella sospirò nel frattempo, stringendosi a lei mentre aggrottava la fronte.

“Questo non devi neanche pensarlo piccola, sul serio, togliti subito queste sciocchezze dalla testa!” le ordinò Giusy. “Tu sei la persona che amo Antonella Lamas Bernardi, tutto quello che potrei desiderare io già ce l'ho, è proprio qui tra le mie braccia,” le ricordò, mentre le accarezzava il petto.

“Davvero?” chiese Antonella, lo sguardo che luccicava mentre nel frattempo si scioglieva tra le sue braccia.

“Sì, davvero,” ripeté Giusy, suggellando quella promessa con un bacio sulla tempia. “Abbiamo ancora tempo, il resto verrà strada facendo vedrai.”

Antonella chiuse gli occhi e si raggomitolò contro il petto della sua fidanzata. Si sentiva a casa.

“Ti amo tanto anch'io Giusy.”

“Lo so.”

E proprio perché l'amava, Antonella doveva proteggerla. Persino da se stessa se fosse stato necessario.




E così, arrivò l'ultimo giorno di scuola. L'ultima settimana filò abbastanza liscia, ma Antonella non riusciva a togliersi dalla testa quella cartella sul computer di Giusy e la loro conversazione. Giusy a parole continuava a rassicurarla costantemente del fatto che fosse felice di partire con lei e che ne era convinta al cento per cento, eppure lei continuava a sentire che c'era qualcosa che non andava, che non era sincera e che al contrario tutto quell'entusiasmo nascondeva dei non detti che forse nemmeno Giusy era pronta ad esternare.

E Antonella non riusciva a fare a meno di sentirsi colpevole. Colpevole di essere egoista, colpevole di non essersene accorta prima, colpevole di rovinarle la vita se fosse andata fino in fondo con quel piano che ogni giorno le sembrava sempre più incosciente e insensato, soprattutto per Giusy. Avrebbe voluto riuscire a parlarne con lei, parlarne sul serio però e affrontare le ansie e le insicurezze, però purtroppo era impossibile. Non poteva partire con quel peso sul cuore, e così Antonella decise che se lei non era pronta per avere una conversazione sincera doveva per forza rivolgersi a qualcun altro, qualcuno che potesse darle risposte concrete.

Matias non era un'opzione, col fatto che abitava lontano Giusy probabilmente non si confidava più con lui come un tempo, per cui Antonella immaginò che probabilmente non c'era molto che potesse dirle. Rimanevano quindi solo le Popolari – che culo...

Patty era la sua migliore amica, quindi in teoria la persona che avrebbe dovuto conoscerla meglio – dopo di lei naturalmente – però nella pratica Antonella non si fidava molto degli unici due neuroni funzionanti che aveva nel cervello (ad essere generosa). In alternativa, c'era Tamara. Lei e Giusy si conoscevano da tempo ed erano molto legate e Antonella un po' di confidenza con lei ce l'aveva, visto che per un periodo aveva frequentato suo fratello Fabio. Per cui, la scelta di Antonella ricadde su di lei – principalmente perché era l'unica alternativa decente a sua disposizione.

Decise quindi di approfittare dell'ultimo giorno di scuola per parlarle. Le classi dell'ultimo anno avevano organizzato una piccola festicciola nell'aula di musica per festeggiare la fine della scuola superiore, con varie canzoni ed esibizioni dei ragazzi. Era il momento perfetto. Appena Antonella si accorse che Tamara si stava dirigendo verso il corridoio ne approfittò e la seguì, congedandosi dalle sue amiche con una scusa. E così, in poco tempo la raggiunse.

“Ciao Tamara,” la salutò, richiamando la sua attenzione. “Come stai? Possiamo parlare un secondo?” domandò, camminando veloce per affiancarla.

“Con me?” disse Tamara con sguardo perplesso, aggrottando un sopracciglio. La ragazza si fermò a pochi metri dal bagno e si voltò a guardare Antonella.

“Sì, certo. Se cerchi Giusy, è andata a...”

“Non sto cercando Giusy, volevo parlare proprio con te in realtà,” spiegò Antonella, accennando a un sorriso. “Come stai?”

“Tutto bene, grazie. Di cosa volevi parlare Antonella?”

La ragazza deglutì nervosamente. D'accordo dunque, bando ai convenevoli.

“Si tratta di Giusy,” esordì. “Io... volevo sapere se a te ha detto qualcosa dei suoi progetti futuri. So che potrebbe sembrarti strana questa domanda ma te lo chiedo perché sinceramente sono un po' preoccupata, lei è sempre molto vaga sull'argomento e quando glielo chiedo non mi dice mai niente. Mi ha detto che per il momento non vuole fare l'università perché non le interessa però l'altro giorno ho visto per caso sul suo computer che aveva fatto diverse ricerche, non riesco a capire perché mi ha mentito o quello che vuole davvero. Tu sai qualcosa? Dimmi la verità.”

“Mi stai prendendo in giro? Ma cos'è che non capisci Antonella?” Tamara chiese seccata, quasi sbraitando. Antonella rimase di stucco.

“In che senso scusa?”

A quel punto, l'altra ragazza sospirò e si guardò attorno con circospezione. Poi rivelò, parlando a bassa voce: “So tutto di voi due e di quello che intendete fare. Non lo sai che sono settimane che Giusy risponde a ogni offerta di lavoro che le capita a tiro per cercare di mettere soldi da parte? Aveva scelto di iscriversi a lettere e ci ha rinunciato per seguire te, io e le altre non la vediamo da mesi perché tutto il suo tempo lo dedica a te, non va nemmeno più in palestra. Ah, e lo studio? Ha preso a malapena la sufficienza nelle ultime verifiche, la sua media di quattro anni ormai se l'è giocata. E tutto questo per seguire la signorina Lamas Bernardi dall'altra parte del mondo e permetterle di inseguire i suoi sogni,” disse con sarcasmo, dando sfogo a tutto il suo risentimento. “E tu ti permetti di fare l'offesa?! Cresci Antonella, sei sempre la solita egoista!”

Così dicendo, Tamara sbuffò e si allontanò da lei a grandi falcate, dirigendosi verso il bagno.

Antonella invece rimase lì. Pietrificata.



 

Successe tutto nella notte, in una notte di luna piena. Antonella aveva festeggiato la cerimonia del diploma – e la vittoria alla competizione intercollegiale – con Giusy e gli altri ragazzi a scuola. Poi avevano cenato tutti assieme in spiaggia, preso una pizza, bevuto un paio di birre, cantato e ballato fino allo stremo delle forze. Era rientrata a casa della sua ragazza a tarda notte, e Giusy aveva a malapena avuto le forze di cambiarsi e mettersi a letto, poi era crollata.

Antonella invece sapeva già che quella notte non avrebbe chiuso occhio.

Aveva già programmato tutto, adesso doveva solo trovare la forza di mettere in pratica il suo piano. Con la morte nel cuore e le lacrime agli occhi guardò la sua ragazza che dormiva distesa accanto a lei, il suo petto coperto da una canottiera nera che andava su e giù ritmicamente. Per un istante, soltanto per un istante, Antonella si domandò se fosse davvero necessario, se sul serio non ci fosse nessun'altra soluzione, qualsiasi cosa pur di non doversi separare da lei. Purtroppo non c'era.

Doveva fare una scelta: o Giusy o se stessa. Una delle due purtroppo doveva sacrificarsi, non potevano essere felici entrambe. Antonella la amava, per cui la sua scelta fu ovvia: lei scelse Giusy e sacrificò se stessa. La cosa più importante era fare il suo bene, che lei fosse felice, che fosse serena e che vivesse la sua vita nel modo più giusto, senza dover rinunciare a niente. Anche a costo di farsi odiare. Anche a costo di mentirle. Era questo che significava amare una persona, adesso lo aveva capito. E se lo sarebbe portato con sé per sempre.

Quando Giusy si svegliò il mattino dopo, Antonella non c'era più. Al posto suo, la ragazza trovò soltanto una lettera lasciata sul suo cuscino. Aveva il suo profumo.

 

Cara Giusy,

 

lo so che dovrei dirti queste cose a voce ma purtroppo io non ho il tuo coraggio e non ce la farei. Ricordi il giorno in cui sei venuta a casa mia dopo l'open day e abbiamo fatto l'amore per la prima volta? Quel giorno tu hai voluto mettere una sola regola al nostro rapporto, la sincerità, e finora quella regola non l'abbiamo mai infranta. È per questo che meriti di sapere la verità. Qualche giorno fa ho ricevuto una chiamata da mio padre e mi ha fatto una proposta che non posso rifiutare, per il bene della mia famiglia e della mia carriera. La sua compagna, Francesca, ha contatti con un produttore famoso in Spagna che è interessato alla mia musica, vivrò a casa loro e provvederanno loro alla mia famiglia e a tutte le mie spese per i primi tempi. Tu hai fatto tutto quello che potevi per sostenermi e per questo te ne sarò grata per sempre, ma non posso chiedere a mio padre di farsi carico anche di te, presto avrò la mia carriera avviata e ben poco tempo a disposizione. Spero che un giorno tu possa capirmi.

Buona fortuna per tutto,


Antonella.”





Nota dell'autrice: eccoci di nuovo qua, sono riuscita a finire questa parte velocemente, probabilmente per togliermela di mezzo. C'erano tante cose che avrei voluto esplorare nella linea narrativa del passato, ad esempio l'incontro tra Antonella e suo padre (cosa che verrà sicuramente ripresa più avanti), la preparazione per la competizione di musical, il loro primo ti amo, il fatto che Tamara sapesse della loro relazione, e poi anche qualcosa di più su Guido, dunque tutte queste cose molto probabilmente saranno inserite più avanti come flashback. Avrà fatto bene Antonella a lasciare Giusy?
Grazie a tutti coloro che sono qui anche nel 2024 a leggere questo racconto!

 

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Capitolo 15
*** VIII. Parte prima: Aspirante comica ***


Cinque anni dopo

 

“Cavolo che storia.”

La cenere cadde dal mozzicone di sigaretta e si posò sul bordo del tavolino, mancando il portacenere soltanto di pochi centimetri. Giusy osservava il volto di Nicole illuminato dal sole, i suoi capelli biondo cenere raccolti in uno chignon come era solita portarli, le braccia divaricate appoggiate allo schienale del divano e gli occhiali neri fotocromatici che quasi le nascondevano il viso piccolo e rotondo. Giusy non le aveva mai parlato di Antonella prima di allora, per questo studiava il suo viso con meticolosa attenzione, alla ricerca del più piccolo dettaglio che potesse fornirle qualche indizio sui suoi pensieri. Stavano insieme da quasi due anni e convivevano da circa sei mesi, eppure in tutto quel tempo per qualche motivo di Antonella non aveva mai voluto parlare. Forse perché per lei ormai la sua ex fidanzata ormai non era altro che una vecchia ferita che doveva restare chiusa, o forse perché dopo tutto quel tempo nemmeno lei avrebbe saputo che cosa dire.

E avrebbe volentieri continuato ad evitare l'argomento per sempre, se solo avesse potuto. Peccato che Antonella fosse tornata nella sua vita senza preavviso come una bomba a orologeria, esplosa proprio nel momento in cui Giusy aveva appena terminato di costruire le fondamenta della sua nuova casa. Arrogante, presuntuosa e piena di sè come suo solito, ecco cos'era Antonella, faceva danni ovunque andasse senza averne diritto! Tanto a lei in fondo che importava, no? Alla fine erano sempre gli altri a doversi sorbire le conseguenze delle sue azioni e rimettere a posto i cocci.

I loro primi giorni di convivenza a scuola in realtà non erano andati poi così male – nel senso che dopo quel giorno a casa di Giusy non avevano avuto altri contatti. Antonella aveva mantenuto la sua promessa, incredibilmente, e si era mantenuta distante, per cui le due ragazze non si erano né viste né sentite. Patty le aveva raccontato che Antonella aveva assistito con regolarità a tutte le lezioni di canto e di ballo, più in qualità di osservatrice che altro; oltre a questo, Giusy di lei non sapeva altro. Non che le importasse in fondo, ma il pensiero di avercela nella stessa scuola, di stare sotto al suo stesso tetto e di poterla incontrare in qualsiasi momento girando l'angolo le faceva ribollire il sangue di rabbia. Per quanto provasse a scacciare quel pensiero Antonella era sempre lì, e tutto il rancore che Giusy aveva nutrito per lei nel corso degli anni adesso era tornato a galla. Nicole, ovviamente, non poteva non notarlo.

Giusy era dunque stata costretta a darle delle spiegazioni, seppur controvoglia, e così quella domenica mattina la ragazza mora aveva finalmente vuotato il sacco raccontando per filo e per segno cos'era successo tra lei e Antonella e il motivo di tanto astio nei suoi confronti.

“Già...” mormorò Giusy, con sguardo colpevole. Poi allungò un braccio e le prese la mano. “Sei arrabbiata?”

“Arrabbiata? No, perché dovrei esserlo? Quello che è successo con la tua ex sono fatti tuoi, non mi interessa il passato,” disse Nicole, scuotendo le spalle. Giusy le offrì un sorriso tentennante.

“Menomale. No perché lo capirei se fossi arrabbiata, tutte queste cose che non sapevi sono abbastanza importanti,” ammise, rammaricandosi. Nicole d'altra parte pareva tranquilla, serena e rilassata come suo solito.

“Solo perché stavi con una delle cantanti argentine più famose al mondo? Capirai, sarà capitato a tutti almeno un paio di volte nella vita,” scherzò, strappando a Giusy un piccolo sorriso. “Mia nipote ti chiederà il suo autografo probabilmente, ci rimarrà molto male se non riesci a procurarglielo ti avviso.”

“Che scema,” Giusy la rimproverò dolcemente, scuotendo la testa. “Scherzi a parte però, volevo dirti che non hai nulla di cui preoccuparti, sul serio, Antonella per me è soltanto una ex,” ribadì con sicurezza. “Una ex molto sgradevole, irritante e di cui farei volentieri a meno, però purtroppo al momento non posso liberarmene,” convenne amaramente, arricciando le labbra.

“Ehi, guarda che non ti devi giustificare,” la rassicurò la sua fidanzata, accarezzandole la guancia con l'indice e il pollice. Poi spense la sigaretta nel portacenere e ruotò il corpo nella direzione di Giusy. “Vedila così, sicuramente la sua fama attirerà nuovi iscritti a scuola e non dovrete chiudere, già questa è una bella vittoria.”

“Non avevamo alcun bisogno di lei...” protestò Giusy, mettendo il broncio. Poi, osservando l'occhiata scettica che le rivolse Nicole, seppur controvoglia aggiunse sbuffando: “D'accordo forse un po' ammetto che la sua presenza potrebbe aiutarci ma questo non conta, Antonella è una persona totalmente inaffidabile e soprattutto egoista. Appena troverà un'occasione migliore non fatico a credere che ci lascerà tutti nella merda, per questo non possiamo permetterci di dipendere troppo da lei,” disse esasperata. “Però sì, come hai detto tu, sicuramente è meglio che chiudere, su questo non ci sono dubbi.”

Il giornale in cui Giusy lavorava part-time come stagista del resto pagava poco più che una miseria mentre la scuola di Ines essendo privata offriva un buono stipendio, le erano state assegnate ben tre classi e una cattedra stabile fino alla fine dell'anno. Se la scuola avesse chiuso, con la poca esperienza che aveva probabilmente le sarebbe toccato fare su e giù per il paese a fare supplenze a destra e a manca, o in alternativa farsi mantenere dai suoi genitori mentre cercava un impiego fisso, cosa sinceramente umiliante. Aveva ventitré anni e una laurea magistrale, eppure si sentiva una fallita, soprattutto a confronto con i suoi coetanei.

“Giusy, tu l'hai capito vero che lei ti ha lasciato per impedirti di fare una cazzata gigantesca e rovinarti la vita, sì?” le chiese allora Nicole, come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo. La ragazza appoggiò il gomito sullo schienale del divano mentre la fissava con le sopracciglia aggrottate. Giusy non riusciva a seguirla.

“Che vuoi dire?”

“Si è addirittura licenziata per stare con te e secondo te se ne va così su due piedi?” ricapitolò lei, con voce incredula. “Che ti piaccia o no ha fatto la scelta più giusta.”

Giusy a quelle parole scattò come una furia. Ritrasse la sua mano di punto in bianco e fulminò l'altra ragazza con un'occhiata torva.

“Ah adesso la difendi pure?!” sbottò con rabbia.

Antonella non l'aveva soltanto lasciata – e per di più con un bigliettino di merda. Lei l'aveva umiliata, usata, abbandonata, illusa, presa in giro, insultata e mille altre cose che adesso non aveva il tempo né le forze di elencare. L'aveva svuotata, completamente azzerata e annientata come persona nel vero senso della parola. Le ci erano voluti mesi per riprendersi dal dolore che le aveva causato e trovare (molto lentamente) una via d'uscita, se non addirittura anni. E adesso doveva pure sentirsi dire che Antonella in fondo aveva fatto la cosa giusta?!

“Non è che la sto difendendo, guardo solo le cose per come me le hai raccontate,” obiettò Nicole. “Aveva già iniziato a lavorare quando si è messa con te, giusto?”

“Sì, certo, le vendite del suo primo album erano andate anche abbastanza bene e ha saltato un sacco di mesi di scuola per andare in tour,” le raccontò Giusy, senza capire però che cosa c'entrasse.

“E allora perché avrebbe dovuto licenziarsi se aveva già una carriera avviata per ricominciare da capo dall'altra parte del mondo? Non vedi anche tu che non ha senso?”

Giusy la guardò interdetta e si morse il labbro inferiore. In effetti non aveva tutti i torti e anche lei stessa qualche volta ci aveva pensato, se Antonella se n'era andata per mettere al primo posto la sua carriera tanto valeva che restasse a Buenos Aires con Pedro, sarebbe stata la scelta più logica, considerando che così facendo ha anche perso un album già pronto.

“Beh però lei ha detto che suo padre poteva trovarle un lavoro, è per questo che è voluta partire...” tentò di spiegare, seppur debolmente.

“Vuoi sapere cosa penso io invece? Io credo che lei si sia resa conto appena in tempo che stavate per fare una cazzata immensa e fortunatamente te lo ha impedito. Pensaci un attimo Giusy, cosa sarebbe successo se fossi partita con lei?”

Giusy sospirò. Tante volte se l'era chiesto, quella domanda le aveva dato il tormento per anni. Non era però mai stata in grado di trovarci una risposta.

“Non lo so...” disse infine.

“Pensi davvero che sarebbe andata a finire bene? Non puoi prendere certi decisioni a quell'età secondo me,” rifletté Nicole, stringendosi nelle spalle.

“Tu dici che Antonella lo ha fatto per me?” mormorò Giusy.

Era la prima volta che prendeva in considerazione quell'ipotesi. Prima di quel momento, Giusy aveva sempre creduto che Antonella se ne fosse andata per il semplice fatto che aveva capito di desiderare qualcosa di più, qualcosa di meglio rispetto a lei. Lei era una stella che brillava di luce propria, Giusy invece non era altro che una qualsiasi ragazza mediocre, senza talento né particolari ambizioni. Perché Antonella avrebbe dovuto scegliere di stare tutta la vita con lei? Le sarebbe stata soltanto di intralcio nella sua carriera, e lei questo lo aveva sempre saputo in fondo. Forse anche per questo Giusy ce l'aveva tanto con lei adesso, tutta quella rabbia la incanalava su Antonella quando in gran parte non era rivolta ad altri che a sé stessa. Antonella l'aveva lasciata spezzandole il cuore, sì, ma la colpa in fondo era anche un po' sua – era stata lei ad averglielo permesso, lei ad essersi illusa che la loro storia assurda potesse durare, lei ad aver pensato che Antonella potesse amarla sul serio. Se fosse stata abbastanza Antonella non l'avrebbe mai lasciata, e Giusy avrebbe dovuto sapere che non sarebbe mai potuta essere abbastanza per qualcuno come Antonella. Quella era l'unica verità che conosceva.

“Non lo so, io credo che sia molto probabile,” spiegò Nicole, gesticolando. “Comunque adesso non importa, no?”

La sua domanda risvegliò Giusy dalle sue riflessioni.

“No, infatti, non importa,” ripeté quest'ultima, in modo quasi meccanico. “Però, comunque ti sbagli sono sicura, tu Antonella non la conosci come la conosco io. Ha sempre messo se stessa al primo posto, e io mi sono illusa che fosse cambiata come una cretina solo perché stavamo assieme. Ha avuto un'opportunità migliore e l'ha colta al balzo, tutto qua,” replicò con un sospiro.

“D'accordo, se ne sei convinta non discuto. L'importante è che ti dia lo stipendio,” concluse Nicole, rivolgendole un sorriso di incoraggiamento.

Giusy annuì e si sforzò di ricambiare il sorriso.

Per tutto il resto della giornata quella conversazione continuò ad echeggiare nella sua mente.


 

“Ma che ti dice il cervello, me lo spieghi?!”

Giusy spalancò di colpo la porta dell'ufficio della preside, facendo il suo ingresso trafelata come una furia. A grandi falcate si portò davanti alla scrivania dietro la quale sedeva Antonella e torreggiò su di lei, le mani saldamente appoggiate sui fianchi.

“Prego?!” rispose quest'ultima, fingendo di non capire.

Dio solo sapeva quanto Giusy odiasse quelle sue sceneggiate. Riusciva a capire quando Antonella mentiva fin da quando avevano quindici anni, figuriamoci adesso.

“Lo sai benissimo a cosa mi riferisco, non fare la finta tonta!” l'accusò imperterrita.

Quel lunedì mattina infatti Giusy era stata accolta in aula da una bella sorpresa. Quasi nessuno dei ragazzi seguiva la sua lezione, erano tutti agitati e nervosi e il chiacchiericcio e il brusio erano molto più intensi del solito. Per quanto avesse cercato di ottenere l'attenzione generale era risultato quasi impossibile, motivo per cui a un certo punto aveva smesso di fare lezione per chiedere che cosa diamine stesse succedendo. La risposta era arrivata poco dopo: Antonella, ecco cosa stava succedendo. Giusy avrebbe dovuto aspettarselo. Scoprì così che quella mattina prima dell'inizio delle lezioni Antonella aveva radunato tutti gli allievi dell'istituto nell'auditorium per fare un annuncio: pareva infatti che avesse deciso di smantellare il gruppo di musical, così, su due piedi! Era ovvio che i ragazzi adesso stessero dando di matto.

Ad essere più precisi, le avevano riferito che Antonella aveva bandito una prova eliminatoria a cui avrebbe dovuto in realtà partecipare tutta la scuola, anche quelli che del gruppo non facevano parte. Venerdì ci sarebbero state le selezioni, e il lunedì successivo avrebbe fatto sapere chi poteva conservare il proprio posto in squadra ed eventuali nuovi ingressi. In pratica una follia! Senza contare poi che mancavano appena tre settimane alla selezione regionale della competizione intercollegiale, non potevano permettersi di buttare via così un'intera settimana. Altro che aiutarli a vincere, di questo passo sarebbero finiti sull'orlo del baratro!

Per questo Giusy aveva assicurato ai ragazzi che con Antonella ci avrebbe parlato lei. Non poteva permetterle di rovinare tutto – per l'ennesima volta.

“Punto primo, signorina Beltran,” replicò allora Antonella, alzandosi dalla sua sedia per guardarla in faccia, “è buona norma e regola bussare prima di entrare in una stanza, specialmente se si tratta dell'ufficio della dirigente scolastica. E secondo, non è certo questo il modo di rivolgersi alla preside della scuola per cui lavora, che poi sarei io. Ho accettato di venire incontro alle sue esigenze e sto rispettando i confini che ha imposto mi sembra, ma ciò non significa che posso tollerare queste mancanze di rispetto. Adesso, vorrebbe cortesemente spiegarmi qual è il problema?”

Giusy roteò gli occhi al cielo. In quanto a sceneggiate e a fare la vittima Antonella era sempre stata una professionista, il suo era un talento naturale, non c'era che dire. Decisa a renderle pan per focaccia, la ragazza mora uscì dalla stanza, chiuse la porta alle sue spalle e poi bussò nuovamente, in attesa di ricevere una risposta.

“Prego, avanti,” si sentì dire dall'altra parte.

A quel punto, Giusy aprì la porta della stanza ed entrò una seconda volta, in maniera decisamente più pacata. Richiuse la porta alle sue spalle con delicatezza e poi prese posto in una delle due sedie di fronte alla scrivania di Antonella, che nel frattempo la osservava alquanto perplessa.

“Buongiorno signorina Bernardi,” riprese, in tono docile e mansueto, “non so se si ricorda di me, sono l'insegnante di letteratura, Josefina Beltran. Avrei una domanda da farle se è così cortese da concedermi udienza, mi stavo chiedendo se per caso quel poco di buonsenso che le era rimasto questa mattina sia evaporato nell'aria come per magia, così, puff,” disse, chiudendo le mani a pugno per poi riaprirle di scatto allargando le dita. “Va meglio così?” la provocò, inclinando la testa di lato con un sorriso passivo aggressivo.

“Ma che spiritosa, oltre che insegnante di letteratura vedo che sei anche un'aspirante comica adesso,” Antonella le rispose per le rime, con un sorriso divertito.

“Beh, se dobbiamo fare la sceneggiata facciamola fino in fondo, no?”

“Ascolta Giusy non ho tempo da perdere, o mi dici entro trenta secondi cosa c'è che non va o puoi pure andartene per quanto mi riguarda,” la riprese, senza perdere la calma.

“Come vuole, signorina Bernardi,” replicò Giusy, enfatizzando appositamente quell'appellativo ridicolo. “I ragazzi mi han detto tutto, ho saputo della prova eliminatoria. Si può sapere come ti vengono in mente certe sciocchezze?! Mancano tre settimane alla competizione regionale, invece di pensare a decimare il gruppo dovremmo preparare una scaletta, esercitarci e perfezionare le coreografie che abbiamo già pronte, ci sono tantissime cose da fare e la tua priorità qual è, perdere i pochi studenti che abbiamo?!”

“La ragione per cui faccio quello che faccio non è affar suo, signorina Beltran. Non s'intrometta per piacere, io non le vengo certo a dire come fare il suo di lavoro mi sembra,” Antonella disse categorica, con voce ferma.

“E piantala di darmi del lei Antonella, sei ridicola!” esclamò Giusy, sbattendo le mani sulla scrivania dal nervoso. Invece di arrabbiarsi però Antonella si sciolse in un sorriso e fece un sospiro, poi si morse il labbro inferiore. Sembrava quasi che trovasse addirittura divertente quell'assurda situazione, come se per lei fosse tutto un gioco. “Che cos'hai da ridere adesso?”

“Niente, niente,” rispose l'altra, scuotendo la testa. “D'accordo Giusy, ti accontento. Credevo che avessimo deciso che non ci sarebbero stati contatti tra di noi, no? Io sto nel mio e tu stai nel tuo, è quello che volevi tu. O vuoi forse dirmi che hai cambiato idea?”

“Come posso starmene nel mio quando tu te ne esci con certe trovate stupide?!” sbottò Giusy, spazientita dalle scemenze che le toccava sentire. “Non posso starmene certo a guardare, i ragazzi hanno bisogno di qualcuno che li tuteli!”

“È un modo molto poco carino per dirmi che vorresti essere coinvolta? Perché se è così, non devi fare altro che dirmelo tesoro,” la invitò allora Antonella, con un sorrisetto irritante.

Giusy si sentì ribollire il sangue al cervello. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla prendere a calci nel sedere e rispedirla da dove era venuta, ma purtroppo non si poteva. Se conosceva Antonella, allora poteva star certa che tutto quel teatrino non era altro che un modo per riprendersi il controllo su di lei, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa. Aveva provato ad approcciarla per telefono ed era stata rifiutata, si era presentata senza preavviso nel posto in cui lei lavorava ed era stata rifiutata, era venuta persino a casa sua ed era stata rifiutata di nuovo, per la terza volta di fila. Chiaramente il suo ego non poteva reggere una batosta del genere. Beh, se pensava di avere a che fare con un burattino, si sbagliava di grosso! Che cosa pensava, che Giusy non era altro che una bambola a sua disposizione con la quale poteva giocare quando non aveva niente di meglio da fare, gettare via quando si stufava e poi riprendere a suo piacimento? Bella considerazione che aveva di lei!

“Quanto ti detesto,” le disse con rabbia. “Antonella se tutto questo circo non è altro che un modo per ottenere la mia attenzione io giuro che...” la mise in guardia, quando l'altra la interruppe bruscamente.

“Ma per chi mi hai preso?! Ho bandito una prova eliminatoria perché se ci presentiamo alle regionali così sta' pur certa che il turno non lo passiamo, sto solo cercando di fare il mio lavoro decentemente e dare a questa scuola una possibilità di vincere, cosa di cui non devo certo rendere conto a te!” inveì Antonella, alzando la voce. “Ora piantala di farmi perdere tempo ed esci dal mio ufficio per favore!” ordinò, indicandole la porta.

“Non ci penso nemmeno, se vuoi la mia fiducia te la dovrai guadagnare mi dispiace, per cui sì, voglio essere coinvolta, anzi lo pretendo!” Giusy si oppose fermamente. Quelle parole uscirono dalla sua bocca senza che lei se ne rendesse conto, e capì soltanto in un secondo momento che cosa aveva appena fatto. Poi però le ritornarono in mente le parole di Nicole.

“Giusy, tu l'hai capito vero che lei ti ha lasciato per impedirti di fare una cazzata e rovinarti la vita, sì?”

E se...

No, non doveva nemmeno pensarci.

E se fosse questo quello che vuole dirci? Se volesse dirci che ci ama ancora e che è tornata per rimediare?

Ormai è tardi, anche se fosse doveva pensarci prima. Io amo un'altra persona adesso. Quella con Antonella è una storia finita, al di là dei motivi per cui mi ha lasciata.

Ne sei proprio sicura? Sei proprio sicura che non ti importa, che non vuoi saperne più niente? Che riusciresti a guardarla negli occhi senza provare più nulla?

Giusy deglutì mentre osservava l'altra ragazza in silenzio. Se solo fosse stato così semplice. No, non poteva illudersi un'altra volta, aveva già sofferto abbastanza. Antonella non era altri che la sua datrice di lavoro al momento, tutto il resto non era altro che una stupida congettura priva di fondamento.

“Mi spieghi perché continui a ridere?” chiese poi con disappunto, notando la stessa smorfia divertita di prima comparire di nuovo sul volto di Antonella.

“È che non sei cambiata affatto,” spiegò quest'ultima, guardandola negli occhi, e Giusy per la prima volta nel corso di quella conversazione sentì che era sincera. Lievemente a disagio, distolse lo sguardo. “Niente, lascia stare. D'accordo allora, se lo desideri possiamo lavorare insieme,” proseguì poi la cantante. “La prova eliminatoria si farà che ti piaccia o no, in queste condizioni il gruppo non si può presentare alle regionali, però se hai piacere potremmo stabilirne insieme le condizioni e fare le assegnazioni. Tu conosci questi ragazzi da tempo, io da appena una settimana, il tuo aiuto sarà prezioso. Facciamo questo pomeriggio a casa mia?”

“B-beh, ecco, io...” Giusy tentennò, presa alla sprovvista. Rimanere da sola con lei e per giunta a casa sua era una pessima idea, soprattutto se ripensava a com'erano andate le cose l'ultima volta che si erano viste. “Credo che per garantire una selezione più equa dovremmo chiamare anche i professori di canto e di ballo, non pensi? Più persone siamo, più sarà facile riuscire a prendere una decisione.”

“D'accordo, hai ragione è giusto così,” concordò Antonella, lasciando Giusy un po' sorpresa dalla facilità con la quale aveva accettato. Meglio così in fondo. “Li vai a chiamare tu allora? Di' loro di venire nel mio ufficio così ci mettiamo d'accordo.”

“Mi hai preso per la tua segretaria adesso?” si oppose la mora, incrociando le braccia al petto.

“Non ti stanchi mai di contraddirmi su tutto, vero?” domandò Antonella per tutta risposta, inarcando un sopracciglio mentre accavallava le gambe.

Giusy esalò un sospiro di rassegnazione. Poi si alzò in piedi.

“E va bene, vado, ma solo perché volevo passare dalle macchinette a prendermi un caffè prima,” mise in chiaro. Prima di uscire però aveva un'ultima cosa da dire. “E comunque, anche tu non sei cambiata affatto Antonella.”

 

Cinque anni prima

 

“Questa prova eliminatoria è una grandissima stronzata.”

La voce squillante di Antonella risuonò forte e chiara nel trambusto della ricreazione. Giusy era seduta accanto a lei sui muretti del giardino, e il resto delle popolari e delle divine se ne stavano lì attorno, alcune sedute e altre invece in piedi. Avevano appena finito una lezione di danza nel teatro della scuola che si era conclusa con una sorpresa a dir poco spiacevole: a quanto pareva, Ines aveva avuto la brillante idea di assumere un nuovo coreografo e di metterlo alla guida del gruppo di commedia musicale, quella mattina era venuto ad osservare la lezione per conoscerli, senza dire niente. Si era presentato soltanto alla fine, con un annuncio da disperarsi (per non dire direttamente spararsi): tutte le persone facenti parti del gruppo erano sottoposte a una prova eliminatoria, se intendevano conservare il loro posto in squadra e prendere parte alla competizione intercollegiale c'era prima da passare una selezione.

Quando ancora c'erano Emilia e Barcaroli nella scuola al gruppo di musical poteva partecipare chiunque lo volesse, non c'era mai stata una selezione vera e propria o una prova di ingresso. Adesso invece le cose stavano cambiando. Da una parte Giusy era contenta della presenza di un coreografo che coordinasse il tutto, dall'altra però aveva paura di non farcela a passare e di non essere selezionata. Antonella e Patty avevano il posto in squadra praticamente assicurato, lei invece non aveva un particolare talento, era semplicemente una tra le tante. C'era davvero bisogno del suo contributo per portare a casa una vittoria? Che cosa avrebbe pensato Antonella di lei se la sua ragazza non riusciva neanche a passare una semplice selezione? Sarebbe stata un'umiliazione pazzesca! E se poi Antonella si fosse resa conto che lei in fondo non era nulla di speciale e poteva avere di meglio? Se avesse fatto un confronto con Patty che invece aveva una voce pazzesca e avesse capito di preferire una come lei, al suo stesso livello, che potesse capirla e stimolarla di più?

Giusy era preoccupatissima, ma tutti questi pensieri naturalmente lei li teneva per sé. Non voleva che Antonella pensasse che la sua ragazza era debole o insicura, soprattutto lei che al contrario suo queste cose era sempre così forte e decisa, le sarebbe soltanto sembrata patetica.

La natura della prova poi non faceva altro che peggiorare le cose. Tutti gli studenti erano stati divisi in gruppi da cinque persone, due ragazzi e tre ragazze per ogni gruppo. Il compito era relativamente semplice in realtà: scegliere una canzone a proprio piacimento, ideare una coreografia e cantarla, o in coro o affidando il compito a una voce solista. Giusy non era un'esperta, ma immaginava che il professore volesse valutare le loro capacità di organizzazione, autonomia e coordinazione in gruppo, oltre che naturalmente le loro abilità in fatto di canto e di ballo e selezionare le voci migliori in vista delle regionali.

Ovviamente Antonella era capitata in gruppo con Patty. Ad essere più precisi, il suo gruppo era formato da loro due, Caterina, Santiago e Felipe, una scelta quantomeno bizzarra. Si erano tutti domandati infatti come mai le due cantanti migliori fossero state messe insieme, e Giusy aveva pensato che probabilmente il professore voleva vedere come lavoravano assieme, oltre che sentire cos'erano in grado di fare tutti gli altri senza il loro aiuto. Giusy invece era finita insieme a Pia e Luciana, praticamente un suicidio, ma a compensare le cose perlomeno c'erano Alan e Lucas, con i quali si trovava discretamente bene. Lucas seguiva il suo stesso corso di diritto e spesso capitava che si scambiassero gli appunti o si confrontassero sulle lezioni, mentre Alan lo conosceva fin da quando erano piccoli; un po' di supporto morale contro quelle due serpi sicuramente le avrebbe fatto bene.

In realtà, paradossalmente, Giusy era molto più infastidita dal pensiero di Antonella e Patty in gruppo assieme. Si ricordava benissimo che le due inizialmente erano diventate amiche proprio quando avevano dovuto comporre una canzone assieme, e in cuor suo aveva paura che quella fosse l'occasione perfetta per farle riavvicinare. Se Antonella avesse cominciato a fare confronti per lei sarebbe stata la fine!

Ovviamente neanche di questo poteva parlarle, anzi, specialmente di questo. La sua gelosia eccessiva era stata una delle tante cose che avevano rovinato la sua storia con Guido, non poteva rischiare di fare gli stessi errori con Antonella, per cui anche se dentro di sé le sembrava di impazzire al pensiero di loro due assieme doveva contenersi e fingere, fingere più che poteva. In fondo Antonella le aveva detto più volte di voler stare solo con lei, per cui non le rimaneva altro da fare se non reprimere tutte le sue stupide insicurezze e fidarsi della sua ragazza.

Se solo fosse stato così semplice ignorare quelle irritanti vocine nella sua testa.

“Tu dici? Io non sono d'accordo,” ribatté dunque Luciana, con le braccia incrociate al petto e la sua solita spocchia. Ecco, a proposito di cose irritanti. “Ci sono persone nel nostro gruppo che meritano di stare qui molto più di altre secondo me, finalmente c'è qualcuno che se n'è accorto,” continuò con una smorfia.

“A cosa stai alludendo Luciana, me lo spieghi?” ringhiò Antonella, fulminando la ragazza con lo sguardo seduta stante. “Non mi piacciono queste provocazioni.”

“Beh non parlavo certo di te Antonella, noi divine siamo impeccabili lo sanno tutti...” disse l'altra, con chiaro intento provocatorio.

“E le popolari non sono da meno se è per questo, considerando che due anni fa ci hanno anche battute. O te lo sei dimenticato?” Antonella rispose prontamente. Giusy rimase piacevolmente sorpresa dal modo in cui la sua ragazza era corsa a difenderla senza esitazioni – beh, in teoria, lei e tutte le popolari, ma sapeva che Antonella non era certo intervenuta per Sol – e questo la fece sentire protetta.

Senza dare nell'occhio, allungò leggermente la mano destra lungo il muretto in direzione di Antonella e cominciò ad accarezzarle la base della schiena, infilandosi sotto la sua divisa. Le sue dita incontrarono il tessuto morbido della canottiera di lei, sopra la quale presero a disegnare piccoli cerchi.

“Non preoccuparti, a certe insinuazioni ci siamo abituate ormai,” Giusy tentò allora di calmare la sua ragazza, alzando gli occhi al cielo. Antonella le rivolse un sorriso timido.

“Io sono sicura che noi ragazze passeremo tutte,” intervenne allora Patty, in piedi accanto a Caterina, “ci siamo impegnate tanto in questi anni, vedrete che ce la faremo!”

“Certo per te è facile parlare Patty, con la voce che ti ritrovi è ovvio che non verrai esclusa e lo stesso vale per Antonella, magari fossimo tutti bravi come voi,” ribatté Giusy con disappunto, stringendosi nelle spalle.

“Che cosa sono queste scemenze?! Tu non ha...” Antonella partì in quarta subito dopo, ma si placò altrettanto rapidamente. “Cioè, volevo dire, voi ragazze non avete proprio nulla da invidiarci, ha ragione Patty passeremo tutte sicuramente, per questo questa stupida prova non ha senso, è solo una perdita di tempo,” commentò, leggermente imbarazzata. Giusy fece del suo meglio per rimanere impassibile, ma il modo in cui la sua ragazza tentava goffamente di nascondere i suoi sentimenti le faceva tenerezza.

“Sei sicura di sentirti bene Antonella?” chiese Tamara, aggrottando le sopracciglia.

In effetti ciò che aveva appena detto non sembrava per niente una frase da Antonella.

“La sua amicizia con Giusy le ha dato alla testa, almeno su questo siamo tutte d'accordo,” scherzò Pia, ricevendo in risposta un mormoro di assenso.

“La volete piantare una buona volta? Sarà la ventesima volta che fate questa battuta, cambiate repertorio please perché cominciate a diventare un po' ripetitive!” esclamò Antonella, col suo solito fare teatrale. In effetti però non aveva neanche tutti i torti. “Piuttosto, parlando di cose più serie, perché non ci esercitiamo tutte assieme per la prova? Casa mia è grande, nel mio salotto ci stiamo tutti,” propose.

Mentre lo disse si girò per guardare Giusy negli occhi, e quest'ultima capì al volo che quella domanda era perlopiù rivolta a lei. Al che, la ragazza ebbe un momento di panico. Era già abbastanza deprimente sapere che Antonella avrebbe di sicuro fatto confronti tra lei e Patty, figurarsi poi se avesse visto la differenza proprio davanti ai suoi occhi! Giusy si sarebbe sentita una schifezza e sicuramente con quelle due vicino non sarebbe riuscita a concentrarsi proprio per niente sulle sue di prove. Non poteva rischiare di fallire ed essere esclusa dal gruppo, era inaccettabile.

“Secondo me non è una grande idea Antonella,” rispose allora, ritraendo la mano dalla schiena della sua ragazza, “ogni gruppo deve preparare una coreografia diversa non possiamo fare tutti la stessa cosa, verrebbe fuori un gran macello e le canzoni si sovrapporrebbero, dubito che riusciremmo a combinare granché,” obiettò, evitando lo sguardo dell'altra.

“Beh ma che cosa c'entra possiamo aiutarci a vicenda, il nostro gruppo potrebbe dare una mano al vostro e aiutarvi a preparare una coreografia e poi voi farete lo stesso con noi, sarebbe anche più divertente così, no?” insistette Antonella.

“Io ci sto, secondo me è una buona idea!” Patty accettò subito con entusiasmo. “Siamo una squadra in fondo, no?”

Giusy si sentì persino in colpa ad avercela con loro, in fondo volevano solo aiutarla. Era lei che invece non era all'altezza...

“Non lo so ragazze io credo che sia meglio di no,” rifiutò ancora, “si sa che quando si è in tanti poi si finisce sempre per non combinare niente, è una cosa importante questa prova non possiamo rischiare di perdere tempo a vuoto!”

“In effetti Giusy non ha tutti i torti, mi dispiace Antonella...” concordò Pia.

“D'accordo allora pazienza, dicevo così perché volevo esservi d'aiuto ma se preferite ognuno per sé allora,” si arrese dunque Antonella, visibilmente delusa.

Giusy la guardò e sentì quasi una fitta al cuore nel vederla così dispiaciuta. Probabilmente la sua ragazza aveva proposto l'idea soltanto per avere un pretesto in più per stare assieme, e si disse allora che avrebbe trovato il modo di farsi perdonare. Si sarebbe impegnata e avrebbe fatto vedere a tutti quanti quello di cui era capace.

Tutto pur di rendere Antonella orgogliosa di lei.

 

“Mi rifiuto di alzarmi da questo divano, sono distrutta!”

Antonella sprofondò nel divano di casa propria con un sospiro esausto, gli occhi chiusi e lo zaino scaraventato a terra con noncuranza sul pavimento del soggiorno. Giusy la osservava divertita mentre appoggiava le proprie cose su una delle poltrone lì vicino, e pensava a quanto fosse bella la sua fidanzata anche con i capelli spettinati e i vestiti spiegazzati. Sorridendo si avvicinò a lei, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa Antonella la afferrò per l'orlo della gonna e la attirò a sé con forza.

“Vieni qua,” le ordinò, mentre Giusy ridacchiava.

L'attimo dopo, la ragazza cadde di pancia sul divano e atterrò sopra la sua fidanzata, che l'accolse subito tra le sue braccia. Antonella non le lasciò il tempo di dire nulla: le sue mani si infilarono sotto la gonna di Giusy e strinsero con avidità il suo fondoschiena, mentre nel frattempo catturò le sue labbra in un bacio.

Giusy allora chiuse gli occhi e si lasciò trasportare, baciando Antonella con altrettanta fervore mentre le accarezzava il viso, le guance e il collo. Tutto il suo corpo stava fremendo a contatto con quello della sua fidanzata, e se da un lato si accorse di aver davvero tanto bisogno di toccarla e di dare sfogo a tutto quello che a scuola era costretta a reprimere, dall'altro cominciò presto a sentirsi sempre più accaldata e incapace di controllare i suoi istinti.
Con un gemito si staccò dunque da lei e cominciò ad ansimare alla disperata ricerca di aria. Antonella fece lo stesso. Giusy appoggiò la testa nell'incavo del suo collo e chiuse gli occhi, mentre l'altra spostò le mani per avvolgerle la schiena e accarezzarle i capelli. Era così bello farsi stringere.

Passarono diversi istanti in silenzio, l'una tra le braccia dell'altra. Poi, Giusy sentì le labbra di Antonella posarsi sulla sua fronte. Solo allora riaprì gli occhi.

“Ti ho preso il gelato, lo sai?” le sussurrò la sua fidanzata. “Fragola e pistacchio, i tuoi gusti preferiti, è in freezer. Ricordami che poi lo tiriamo fuori.”

“Grazie mille koala,” mormorò Giusy, con un sorriso raggiante sulle labbra. Poi chinò la testa per lasciarle un bacio sotto l'orecchio destro. “Quando lo hai preso che ieri era domenica? I negozi qua attorno son tutti chiusi di solito.”

“Mi son fatta il giro della città per trovare una gelateria aperta infatti,” spiegò Antonella, “ci avrò messo quaranta minuti buoni, non sai che stress. Però direi che ne è valsa la pena.”

“Awww!” esclamò la ragazza mora, mossa da quel gesto di dolcezza. “Anto ma non dovevi, sul serio lo sai che a me basta stare con te.”

“Certo che dovevo,” ribadì Antonella, sporgendosi in avanti per darle un bacio a fior di labbra. “Voglio trattarti come una principessa quando sei qua da me, visto che fuori non posso. Oggi Luciana ad esempio l'avrei presa a sberle se solo avessi potuto, ti giuro che non ne posso più dei suoi commenti idioti.”

Giusy si raggomitolò contro il suo petto.

“Tu quindi non pensi che lei in fondo un po' abbia ragione? Sii sincera Anto,” le chiese. Poi cominciò a fissare il soffitto sopra di loro, agitata per la risposta che da lì a poco avrebbe sentito.

“Ma neanche per idea,” Antonella rispose con convinzione. “Cioè, è vero che la scuola fa entrare cani e porci nel gruppo di musical compresa gente senza talento, però lei si stava palesemente riferendo a te e alle altre e io queste cose non le sopporto, quella stronza non si deve azzardare a parlare di te!” sbottò, decisamente alterata. “Non sai quante avrei voluto dirgliene,” sospirò infine. Giusy non disse nulla, rimase in silenzio mentre si faceva coccolare, incapace di esprimere a parole i suoi timori e le sue insicurezze. “Che cosa c'è amore? Qualcosa ti preoccupa?” domandò allora Antonella, dopo una breve pausa.

“No è che, se ci pensi io e le popolari senza Patty non saremmo riuscite a combinare un bel niente, non avremmo neanche messo su il gruppo senza il suo aiuto,” Giusy riuscì a dire infine, seppur titubante. “Se lei non fosse mai arrivata non lo so come sarebbero andate le cose, probabilmente io e le altre saremmo rimaste a ballare sullo sfondo durante le vostre canzoni e basta, completamente inutili. Per questo penso che, non lo so, magari Luciana non ha nemmeno tutti i torti a dire così...”

“Giusy Luciana dice un mucchio di stronzate, è solo invidiosa lo sai benissimo, non ci pensare,” insistette Antonella. Poi le diede un altro bacio sulla fronte. “Tu sei piena di talento amore mio, chiunque se ne accorgerebbe.”

“Dici?”

“Certo, ovvio, anche perché non staresti certo con la sottoscritta se così non fosse,” disse con ironia.

“Non ti sopporto quando fai la presuntuosa, lo sai?” replicò Giusy, assecondandola con una risatina.

“Chi disprezza compra amore mio.”

“Ah sì?”

“Sì,” Antonella ribadì con sfacciataggine, mentre annuiva. Poi si sciolse in un sorriso e catturò ancora una volta le labbra di Giusy.

“Giusy, ti posso chiedere una cosa? Sono seria adesso,” domandò poi, con tono più pacato.

“Certo, cosa succede?” chiese la mora, quasi allarmata dall'improvviso cambiamento nella conversazione.

“Volevo solo sapere come mai prima a scuola hai detto di no quando ho proposto di provare tutti insieme per il corso di musical. Pensavo che saresti stata contenta di passare del tempo con me, no? Invece sembrava quasi che ti desse fastidio,” mormorò Antonella, visibilmente delusa.

“Te l'ho già detto Anto è solo perché ho bisogno di essere concentrata, non è che non voglio stare con te,” spiegò Giusy, accarezzandole il viso. Non era propriamente la verità, ma in fondo non era nemmeno una bugia. “Tu e Patty potreste anche recitare una filastrocca e comunque passereste la prova, per me invece è diverso e se ci fossi tu con noi so già come andrebbe a finire.”

“Ah sì? E dimmi un po' com'è che andrebbe a finire?” la provocò Antonella, inarcando un sopracciglio.

“Andrebbe a finire che tu in mezzo alla confusione troveresti il modo di appartarti con me con una scusa e le prove sarebbero l'ultimo dei nostri pensieri,” sentenziò Giusy, con finta severità.

“Beh questo si chiama sequestro di persona a casa mia, mi stai forse accusando di tentato rapimento Josefina Beltran, non ho capito?” replicò l'altra, stando al gioco. “Perché se così fosse sarebbe un'accusa molto grave ti avviso.”

“Sì esatto, è esattamente quello che ho detto,” Giusy la sfidò apertamente, cercando di trattenersi dal ridere.

“Brutta insolente, vieni qua!” la rimproverò Antonella, che in quel preciso istante cominciò a solleticarle la schiena e la pancia. Giusy si contorse immediatamente sul divano, mentre rideva e si dimenava cercando di bloccarla. Antonella però non glielo permise. “Visto che fai tanto la spiritosa dovrò sequestrarti sul serio, non mi lasci altra scelta,” disse infine, concedendole finalmente una tregua. Poi prese Giusy tra le braccia e la sollevò dal divano per condurla nella sua camera da letto.

A Giusy bastò quello per lasciarsi andare e dimenticarsi di ogni sua stupida insicurezza. Le attenzioni di Antonella erano l'unica cosa di cui aveva bisogno.

 

Tempo presente

 

Il pomeriggio per fortuna finì per essere meno traumatico del previsto. Grazie al coinvolgimento di Patty e del professor Carlos, l'insegnante di danza della scuola che aveva sostituito Emilia da almeno un paio d'anni ormai, Giusy riuscì a mantenere le distanze da Antonella e concentrarsi soltanto sul lavoro da fare. Definirono quindi tutti assieme le modalità della prova eliminatoria: gli allievi della scuola furono divisi per gruppi sulla base delle loro caratteristiche e capacità, e a ciascun gruppo vennero assegnati due brani da cantare e una coreografia da preparare individualmente. Antonella non ci andò leggera con le assegnazioni, soprattutto agli studenti più promettenti che sembrava voler mettere in difficoltà di proposito per testare i loro limiti.

Naturalmente tutto ciò richiese un bel po' di tempo anche perché non sempre si riusciva a trovare subito un accordo, Antonella sapeva essere una bella testa calda quando voleva e battagliava continuamente per portare avanti le sue proposte. Finirono perciò verso tarda sera, e poiché si erano visti a casa di Patty, quest'ultima naturalmente propose agli altri di fermarsi per cena. Carlos dovette congedarsi spiegando che a casa aveva la moglie e i figli piccoli che lo aspettavano, e Giusy da un lato sapeva che avrebbe dovuto fare lo stesso. Eppure, come una cretina, si fece convincere a rimanere. Le insistenze di suo fratello Matias poi non l'aiutarono per niente a defilarsi.

Già, perché Matias e Patty vivevano assieme adesso. Dopo aver giocato qualche anno per il Barcellona suo fratello aveva ricevuto un'offerta dal Boca e aveva colto la palla al balzo per tornare in Argentina. Lui e Patty si erano rivisti e avevano scoperto di amarsi ancora, e così erano tornati assieme. Era quasi un anno ormai che convivevano, e avevano tutta l'intenzione di mettere su famiglia non appena Patty avesse finito con gli studi. Le mancavano solo due anni per prendere la laurea in medicina, mentre in parallelo portava avanti la sua passione per il canto.

Quella sera dunque Matias aveva accolto Antonella con grande entusiasmo, e aveva spinto affinché anche Giusy restasse là con loro per organizzare una piccola rimpatriata. Se soltanto avessero saputo... Comunque, alla fine per un motivo o per un altro Giusy aveva detto di sì. Avrebbe dovuto impuntarsi e tornare a casa da Nicole, trascorrere una serata tranquilla in compagnia della sua fidanzata e andare a dormire presto, eppure rimase là. Tutti quei dubbi su Antonella le ronzavano ancora in testa e anche se non lo voleva ammettere nemmeno a sé stessa, aveva bisogno di vederci chiaro e capire se i sospetti che Nicole aveva insinuato in lei potessero avere delle fondamenta.

Sarebbe stato tutto molto più semplice, se solo Giusy fosse riuscita a trovare il coraggio di affrontare Antonella. Invece da brava furba qual era continuava ad evitarla. Non aveva la più pallida idea di come introdurre la conversazione, e detestava il pensiero di prenderla da parte, darle attenzioni e farla sentire importante, farsi vedere ancora una volta vulnerabile e dimostrarle che ci teneva ancora, che gli eventi accaduti cinque anni prima continuavano ad influenzarla ed avere un peso su di lei. Allo stesso modo, non riusciva nemmeno a fregarsene totalmente e andare avanti con la sua vita come se nulla fosse, per cui si sentiva bloccata, incapace di comunicare quelli che realmente erano i suoi pensieri e frustrata dal fatto che invece Antonella sembrava passarsela piuttosto bene. Mentre lei e Matias infatti apparecchiavano la tavola, in attesa delle pizze d'asporto che avevano ordinato, Antonella e Patty se ne stavano sul divano e chiacchieravano amabilmente con la TV in sottofondo.

Giusy sentì una morsa alla base dello stomaco nell'osservare la complicità di quelle due. Che cosa avevano tanto da dirsi poi lo sapevano solo loro.

“Certo che fa strano riaverla qua con noi, non sembra neanche vero,” commentò Matias. Suo fratello appoggiò i coltelli e le forchette sulla tavola mentre osservava anche lui Antonella seduta nel suo salotto. “È ancora più bella di come me la ricordavo.”

“Ti ricordo che sei fidanzato adesso,” replicò Giusy seccata. Era forse fastidio quello che stava provando? Ma no, certo che no, o quantomeno le dava fastidio che Antonella continuasse a ricevere attenzioni che non meritava, specie da suo fratello.

“Ma che stai dicendo Giusy, lo so benissimo di essere fidanzato, la mia era solo un'osservazione!” si difese Matias, arrossendo leggermente. “E comunque non hai sentito? Pare che ad Antonella piacciano le ragazze adesso, lo ha detto in un'intervista. Sinceramente non me lo sarei aspettato da lei.”

Quelle parole, se possibile, irritarono Giusy ancora di più.

“E questo cosa vorrebbe dire scusa?” chiese, aggrottando la fronte.

“No no niente per carità, non c'è niente di male!” chiarì subito suo fratello. “È che sai io e lei siamo stati fidanzati tanti anni fa, e poi faceva sempre la scema con gli altri ragazzi, prima con Bruno, poi con quel suo specie di zio, insomma non lo avrei mai detto...”

Ti posso assicurare che i ragazzi erano il suo ultimo pensiero quando stava con me.

Antonella poteva aver avuto tanti difetti, ma verso di lei era sempre stata estremamente leale e fedele e a Giusy non aveva mai dato modo di pensare che potesse essere interessata a qualcun altro, né a ragazzi né a ragazze. L'aveva sempre messa al primo posto e le aveva dato prova del suo amore almeno un centinaio di volte, in ogni occasione possibile. Mentre ripensava a certi ricordi del passato si sentì arrossire, e per evitare che suo fratello se ne accorgesse si girò e andò a tirare fuori una bottiglia di acqua naturale dal frigo.

“Questo non vuol dire niente Matias, il suo era soltanto un modo per attirare l'attenzione secondo me,” gli spiegò, facendo del suo meglio per apparire distaccata. “Sapeva di essere bella e di piacere e quindi se ne approfittava per vedere i ragazzi che le sbavavano dietro, sappiamo tutti quanto è grande il suo ego. I sentimenti però sono una cosa diversa...”

“Sì, su questo hai ragione, probabilmente non ci capivo niente nemmeno io quando avevo quindici anni,” concluse lui. “Senti posso farti una domanda? Visto che anche tu di queste cose un po' te ne intendi...”

Giusy si irrigidì immediatamente. E se avesse intuito qualcosa? Certo suo fratello non era esattamente una cima, ma comunque non si poteva mai sapere.

“Avanti sentiamo, se posso esserti utile...”

“Secondo te ad Antonella piace qualcuna in questo momento?”

Giusy spalancò gli occhi. I battiti del suo cuore accelerarono improvvisamente.

“Matias ma che domande fai, come faccio a saperlo secondo te?!” rispose istintivamente, camminando su e giù per la stanza mentre fingeva di cercare qualcosa. Tutto pur di non stare ferma.

Piacerebbe tanto anche a me saperlo se è per questo.

“Non lo so, dimmi quello che pensi, si sa che voi donne avete un po' un sesto senso,” le disse suo fratello. “È che ho letto la sua intervista e faceva intendere che aveva deciso di tornare qua a Buenos Aires per amore, sono curioso lo confesso, magari tu hai notato qualcosa.”

“Io?! M-ma figurati, ci ho a malapena parlato in questi giorni, con tutte le cose che abbiamo da fare a scuola figurati se ho tempo per i gossip, al contrario tuo,” Giusy replicò andando sulla difensiva. Sentì le sue guance andare a fuoco e si augurò con tutto il cuore che suo fratello non lo notasse, mentre una sensazione di agitazione si diffuse inspiegabilmente in lei.

“Lo so però mi pare di ricordare che avevate stretto amicizia durante l'ultimo anno, no?” continuò Matias. “Secondo me è per forza qualcuna che conosce dai tempi della scuola, solo che non ho la più pallida idea di chi possa essere. Con Pia e Caterina non è che andasse tanto d'accordo, erano in gruppo assieme ma non penso fossero molto legate, anzi, Antonella diceva sempre che secondo lei erano solo invidiose. Certo era tutta un'altra storia con Patt...” proseguì, mentre osservava le due ragazze che sul divano interagivano e chiacchieravano del più e del meno. Poi, di colpo si interruppe. I suoi occhi si spalancarono come fanali mentre socchiuse le labbra in un'espressione i sgomento.“Aspetta un attimo... Non ci posso credere!”

“Matias a che stai pensando? Non crederai mica che Patty e Antonella stessero assieme vero?” gli chiese Giusy, forse addirittura più sconvolta di lui. Sapeva bene che era tutto un fraintendimento, eppure una parte di sé era inspiegabilmente infastidita al solo pensiero che suo fratello lo avesse potuto credere.

“Ma è ovvio Giusy, come ho fatto a non pensarci prima!” esclamò lui con convinzione. “Antonella una volta mi aveva anche lasciato per non avere problemi con Patty, diceva che la sua amicizia con lei veniva prima di tutto, e poi te la ricordi quella volta in cui è stata addirittura investita ed è finita in ospedale perché si è buttata sotto una macchina per salvare Carmen?! Adesso sì che ha tutto un senso!”

Più ne parlava, più Matias sembrava convincersi di quell'assurda teoria, e più Giusy di conseguenza si innervosiva. D'accordo, sì, tutte quelle cose saranno anche successe, ma era successo molto altro dopo, tutte cose che suo fratello ignorava chiaramente ma su cui comunque esprimeva giudizi come un emerito cretino!

“Mati ascolta, io credo che tu stia saltando a conclusioni affrettate,” cercò di dirgli Giusy, sforzandosi di mantenere un tono pacato, “è vero che Antonella e Patty un tempo erano amiche però questo non significa nulla, non sappiamo nemmeno se è sicuro al cento per cento che in questo momento ad Antonella piaccia qualcuno,” osservò. Non che poi le interessasse scoprirlo in realtà.

“Io credo di sì invece, in quell'intervista è stata chiara,” insistette Matias. “Aspetta un attimo, dunque questo vuol dire che Antonella...” il ragazzo si bloccò poi per un breve istante, come se stesse facendo un ragionamento complesso. “È tornata qui per soffiarmi la ragazza!” esclamò, tutto preoccupato. “Come faccio adesso Giusy?!”

Giusy, ai limiti dell'esasperazione, era sul punto di tirargli una sberla. Avrebbe voluto gridare che Antonella era qui per lei, che era lei la persona che voleva rivedere e che Patty non c'entrava niente. Però purtroppo non poteva, in primo luogo perché non poteva nemmeno dire di esserne totalmente sicura. Per quanto ne sapeva, tutta quella manfrina poteva tranquillamente essere uno dei mille giochetti di Antonella, poteva essere benissimo un'altra presa in giro o poteva darsi che Antonella avesse soltanto bisogno di qualcosa, o fosse tornata soltanto perché annoiata dalla sua bella vita da pop star. Già una volta Giusy si era fidata delle sue belle parole, e guarda dove l'aveva portata. Non poteva fare lo stesso errore adesso, e non poteva assolutamente fare la figura della demente davanti a suo fratello.

Questo però non significava certo che le andasse bene sentire certe affermazioni prive di ogni senso logico.

“Ascoltami, non è mai successo niente tra Antonella e Patty, sono sicura al cento per cento, puoi stare tranquillo fratellino la tua relazione è al sicuro!” lo prese in giro, con un sospiro esasperato.

“Come fai a dirlo con certezza?” domandò allora Matias. “Per caso sai qualcosa che io non so Giusy?”

Giusy deglutì. Le parole che avrebbe voluto dire le morirono in gola, e così ancora una volta scelse di correre ai ripari e nascondersi. Suo fratello, ovviamente, non si accorse di nulla.

“Chi, io?! N-no, figuriamoci, dicevo così tanto per dire, la mia era più che altro un'ipotesi!”

“Ascoltami sorellina, tu avrai anche il tuo sesto senso ma io certe cose me le sento, Patty e Antonella stavano assieme, le conosco troppo bene,” sentenziò con severità. “Lo so sembra incredibile, ma secondo me è così. Guarda come le sta seduta vicina, è senza vergogna!” esclamò poi, mentre osservava con occhi sbarrati le due ragazze nel salotto.

“Sono solo sedute assieme sul divano, non essere ridicolo per piacere,” lo rimproverò Giusy.

Nonostante questo, però, Giusy provò una fitta di invidia nel vederle una accanto all'altra, a ridere e scherzare come se nulla fosse. Chissà per quale assurdo motivo poi, visto che era stata lei a scegliere di tenere a distanza Antonella, e non il contrario. Eppure, il risultato era che adesso era Patty quella che se ne stava beatamente a scherzare in sua compagnia, mentre lei le fissava da lontano con un'espressione corrucciata degna di un bambino dell'asilo.

Non era giusto, non era affatto giusto!

“Altro che ridicolo, sarò cornuto di questo passo se non faccio qualcosa!” si lamentò suo fratello, con aria preoccupata. “Mi dispiace ma Antonella deve mettersi in testa che la mia ragazza non si tocca, forse mi ha preso per stupido ma mi ha sottovalutato, non le permetterò di portarmi via Patty da sotto il mio naso!”

“Eh già Matias, a te non la si fa,” Giusy disse con un sospiro.

“Fai pure la spiritosa, non mi interessa, questa sera intendo mettere le cose in chiaro.”

Allarmata da quel tono combattivo, Giusy prese per la prima volta in considerazione l'idea che suo fratello potesse combinare qualche scemenza e peggiorare ulteriormente le premesse già disastrose di quella ridicola cena in cui si era ritrovata incastrata. Se soltanto quelle stupide pizze non fossero già state ordinate.



Nota dell'autrice:

Eccoci qua con il proseguimento. Purtroppo l'università e altri impegni vari fanno sì che gli aggiornamenti procedono un po' a rilento ma faccio il possibile per scrivere ogni volta che ho tempo. Ho anche già scritto due dialoghi della seconda parte per creare continuità, questo sicuramente agevolerà le tempistiche di aggiornamento per la prossima parte. Se c'è qualcuno che sta seguendo questa storia, grazie!

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Capitolo 16
*** VIII. Parte seconda: Sorpresa! ***


Nota dell'autrice:

Avrei voluto postare il completamento di questo arco narrativo, VIII, tutto assieme, dunque aggiungere soltanto la seconda parte alla prima, invece ci sarà anche una terza parte. Questo a causa del fatto che la seconda parte si stava facendo abbastanza lunga e il mio tempo per scrivere è davvero molto limitato, dunque siccome circa la metà era completa onde evitare di attendere tempi biblici prima di postare ho voluto intanto aggiornare la storia e dividere il tutto in tre parti.
Grazie a chi sta seguendo e leggendo la storia!

 

 

“Allora Anto raccontaci un po', come procedono le cose qua a Buenos Aires? Che effetto ti ha fatto tornare a scuola e rivedere le tue vecchie compagne?”

Antonella alzò lo sguardo dal piatto e scrutò con familiarità gli occhi castani di Matias Beltran e il suo sorriso mite. Trascorrere una serata insieme al suo ex fidanzato storico, la sua ex fidanzata segreta e la sua ex crush sembrava la formula perfetta per una cena da incubo, eppure contro ogni pronostico Antonella non si era ancora infilzata una mano con la forchetta nel disperato tentativo di trovare un pretesto per andarsene. Certo, Giusy continuava ad ignorarla e stranamente sembrava quasi che le sue occhiatacce si fossero addirittura intensificate, ma Matias e Patty al contrario erano estremamente amichevoli.

Non che questo fosse una grande consolazione considerando che lei era rimasta lì soltanto per Giusy, non si sarebbe certo sorbita quella gran rottura di palle altrimenti. Antonella infatti aveva stupidamente creduto che se avessero avuto l'opportunità di trascorrere un po' di tempo assieme fuori dalla scuola forse l'atmosfera tra loro si sarebbe distesa anche solo un pochino, e allora finalmente ce l'avrebbe fatta ad avere l'occasione di parlarle. Nulla di più sbagliato ovviamente. Per la gran parte del pomeriggio Giusy era rimasta in silenzio, limitandosi a parlare ed intervenire solo sulle questioni strettamente scolastiche. Si era mantenuta distante da Antonella e sembrava anche piuttosto pensierosa, come se ci fosse stato qualcosa a turbarla. Chissà se era legato a lei e al suo ritorno...

“Beh a dire il vero appena sono arrivata sono stata subito sommersa dalle cose da fare per cui non ho avuto tanto tempo per la nostalgia,” Antonella rivelò in risposta, “però comunque fa uno strano effetto sapere che l'ufficio di Ines adesso è il mio, ancora non mi sembra vero.”

“Eh già, lo immagino,” rispose Matias. “Abbiamo tutti tanti ricordi legati alla nostra scuola, giusto? Io e Patty ad esempio ce lo siamo dati là il nostro primo bacio.”

Antonella aggrottò la fronte e lo guardò con lieve perplessità. C'era davvero bisogno di tirare fuori certe melensaggini? Del resto da Matias non ci si poteva aspettare granché.

“Fratellino per caso ce l'hai ancora il numero del nostro dentista? Credo che mi sia appena venuta una carie,” lo prese in giro Giusy, alzando gli occhi al cielo.

“Eddai Giusy come sei acida, vuoi farmi credere che tu a scuola non hai mai baciato nessuno? È impossibile,” replicò l'altro.

Antonella a quel punto spostò lo sguardo su Giusy, seduta di fronte a lei, e dovette mordersi il labbro inferiore per impedirsi di sorridere come una scema. Chissà come avrebbe reagito.

“Queste non sono cose che ti riguardano,” lo mise a tacere la mora, mentre le sue guance si coloravano di una vivida sfumatura di rosso, “non siamo tutti melensi come te e Patty, alcuni di noi certe cose preferiscono tenerle private, si chiama riservatezza,” concluse secca. I suoi occhi vagavano per la stanza posandosi dappertutto tranne che su Antonella. Era quasi comica la cosa.

“Guardate com'è arrossita!” la riprese Patty, con un sorriso divertito. “Io dico che sta pensando a Guido.”

Certo, come no. Io e Giusy abbiamo esplorato la scuola da cima a fondo alla ricerca di luoghi in cui appartarci per stare da sole, ma sicuramente starà pensando al ragazzetto coi capelli pieni di lacca che ha frequentato quando aveva quindici anni. Cosa mi tocca sentire, menomale che non posso risponderle.

“O magari sta pensando che voi due pettegoli dovreste farvi i fatti vostri,” Antonella intervenne in suo soccorso, con leggera irritazione. Poi si portò alle labbra il bicchiere d'acqua che aveva sul tavolo e ne mandò giù un sorso per costringersi a restare in silenzio.

“E va bene, ognuno ha i suoi segreti d'altronde, no?” convenne Matias. “Chissà poi quanti ne avrà Antonella.”

Ad Antonella per poco non andò l'acqua di traverso. Fortunatamente riuscì a mandare giù appena in tempo, e mentre tentava di riprendersi tra i colpi di tosse Patty seduta accanto a lei le diede tre pacche sulla schiena, anche piuttosto forti.

Oh santo cielo. Che abbia capito? Lui e Giusy stavano parlando prima, ma non credevo certo che lei gli avesse raccontato tutto, senza neanche consultarmi poi! E se invece Matias ci fosse arrivato da solo e adesso stesse cercando di indagare? Forse non è così stupido come pensavo...

“Io?! No, non ho nessun segreto,” disse poi Antonella, tossendo un'ultima volta prima di mandare giù la saliva, “perché, cosa te lo fa pensare?”

“Sai, avendo perso gli ultimi anni di scuola io tante cose non le so, avrei tanto voluto vedere cosa avete combinato tu e Patty mentre non c'ero,” replicò lui in modo allusivo, dando adito ai sospetti di Antonella. La ragazza lo osservò con circospezione, chiedendosi quale fosse l'approccio giusto da adottare ora. Aveva senso continuare a negare o poteva finalmente essere sincera? Senza consultarsi con Giusy d'altronde era difficile capire quale fosse la scelta migliore. Per il momento, decise di mantenersi sul vago.

“In realtà il nostro rapporto è molto migliorato, soprattutto durante l'ultimo anno,” raccontò Patty nel frattempo, prendendo la parola.

“Ah sì, sul serio, vi siete avvicinate molto?”

“Esatto,” confermò la ragazza, “pensa che Antonella a un certo punto ha incominciato a passare la pausa pranzo insieme alle popolari praticamente ogni giorno, all'inizio pensavamo che volesse farci qualche scherzo però in realtà è stata molto carina con noi,” gli disse poi.

“Ma pensa un po', sembra incredibile,” commentò Matias. “Come mai questo cambiamento se posso chiedere?”

“Nessuna ragione,” rispose Antonella, fingendo disinvoltura mentre scrollava le spalle, “Pia e Luciana avevano incominciato a darmi sui nervi con tutte le loro chiacchiere inutili, volevo solo cambiare un po' aria, tutto qua.”

“Qualcuno vuole le patatine?” si intromise Giusy, prendendo il cartoccio che era rimasto al lato del tavolo per metterlo in centro, così che tutti potessero servirsi. “Se non le mangiamo poi si raffreddano.”

“Io le prendo volentieri grazie!” disse Patty con un sorriso, allungando un braccio per afferrare una manciata di patatine fritte e farla cadere sul proprio piatto. Poi se ne portò un paio alla bocca e diede un morso, mentre tutti gli altri nel frattempo a turno si servivano. “Che buone!” esclamò, con un mormorio di assenso.

Antonella la osservò e si lasciò scappare un sorriso, divertita dalla sua ingenuità. Mentre Giusy e Matias con ogni probabilità erano ben consapevoli di ciò che stava succedendo attorno alla tavola, lei era pronta a scommettere che Patty al contrario non avesse capito un bel niente.

“Tieni Patty, ecco la maionese, tutta per te,” le disse poi Antonella, quando era sul punto di prendere le salse per se stessa. Passò a Patty una bustina di maionese e se ne tenne una di ketchup, ricordandosi del fatto che erano solite spartirsele così ogni volta che in passato avevano mangiato insieme l'hamburger o la pizza. “Il ketchup me lo prendo io che so che a te non piace,” concluse poi, mormorando tra sé e sé mentre apriva la bustina rossa in modo quasi automatico.

“Te lo ricordi ancora Anto?” le chiese Patty, quasi entusiasta.

“Beh con tutte le volte che abbiamo cenato assieme mi sembra ovvio,” Antonella ribadì con un sorriso, mentre versava il ketchup sul suo piatto, “ricordo anche i cereali che mangiavi la mattina a colazione se è per questo, per un periodo ne tenevo sempre un pacco di scorta nella mia dispensa per quando ti fermavi a dormire,” raccontò, mentre intingeva nel ketchup un paio di patatine. Poi se le portò alle labbra e cominciò a masticarle, contenta che la conversazione si fosse spostata da argomenti scomodi e ambigui verso cose più superficiali.

“Caspita, eravate proprio legate,” commentò Matias.

“Antonella è stata davvero importante per me, io e lei ci capivamo con uno sguardo e ci divertivamo tantissimo a cantare insieme,” proseguì allora Patty, mentre Antonella la osservava annuendo. “Mi è dispiaciuto tanto separarmi da lei, però anche se è passato tanto tempo per me è come se non te ne fossi mai andata Anto, te lo assicuro, è come se tu mi fossi entrata dentro,” concluse, allungando una mano per stringere quella di Antonella.

Matias a quel punto sbatté una mano sul tavolo e di scatto si alzò dalla sedia, mentre Giusy lì accanto per poco non saltò sulla sedia dallo spavento. Antonella strabuzzò gli occhi e l'osservò incredula.

“Adesso basta, ho sentito abbastanza!” gridò. “Voglio la verità Antonella, come mai sei tornata a Buenos Aires?”

“Che ti prende Matias, va tutto bene?” chiese l'altra, aggrottando la fronte.

I battiti del suo cuore cominciarono ad accelerare mentre osservava l'occhiata inquisitoria del suo ex fidanzato, e si sentì come un colpevole colto con le mani nel sacco, senza più vie di fuga. Che Matias avesse intuito la sua tattica di prendere tempo e sviare la conversazione e si fosse stufato dei convenevoli, preferendo affrontare l'argomento in modo diretto?

“Voglio la verità, ecco che mi prende,” il ragazzo continuò risoluto. “Penso di avere diritto di saperla, e sono stanco di passare per stupido. Tu sei tornata per lei, non è vero?” chiese, voltandosi verso destra in direzione di Giusy e Patty. Perfetto, sapeva tutto allora. “Si vede lontano un miglio che vi amate ancora. Non ce l'hai un po' di vergogna a intrometterti nella relazione di due persone che si amano e che addirittura vivono insieme, che stanno progettando un futuro?!”

“Matias aspetta...” tentò di intervenire Giusy, ma Antonella la interruppe.

In fondo il guaio lo aveva combinato lei, era giusto che si assumesse le sue responsabilità. Certo non si era aspettata che Matias fosse tanto legato all'attuale fidanzata di Giusy, ma in fondo da un lato poteva capirlo. Anche lei era stata molto protettiva verso Fabio nel passato, basti pensare al periodo in cui quella stronza di Emma Taylor aveva cercato di intromettersi tra lui e Tamara facendoli lasciare, aveva lottato con le unghie e con i denti per proteggere il suo fratellino.

“No Giusy ha ragione, la sua richiesta è più che legittima,” disse allora Antonella. “Io non ho intenzione di intromettermi nella vita di nessuno se è questo che ti preoccupa, il passato è passato,” mise in chiaro.

Certo, se Giusy fosse ancora innamorata di me, allora in questo caso non si parlerebbe più di passato ma di presente e sarebbe tutta un'altra storia, no? Aspetta un secondo, non ha appena detto 'si vede lontano un miglio che vi amate ancora'?! Chissà se Giusy gli ha detto qualcosa! Forse ho ragione io ed è confusa!

“Sul serio vuoi farmi credere che non provi più nulla per lei?” insistette Matias, guardandola fisso negli occhi.

Antonella per un istante si voltò verso Giusy che la stava osservando con occhi pieni di aspettativa. Non poteva mentire davanti a lei e farle credere qualcosa di falso, ma non poteva nemmeno dichiararsi in quel modo, così, davanti a tutti e senza contesto! Doveva aspettare l'occasione giusta e quello non era senz'altro il momento opportuno, né il luogo opportuno.

“Non è questo il punto,” Antonella tentò quindi di sviare la conversazione, ritornando a guardare Matias con occhi malinconici. Se solo avesse potuto dire la verità...

“Sì invece Antonella, è proprio questo il punto!” gridò l'altro, con un accanimento che Antonella raramente aveva visto prima in lui. “Se penso che è successo tutto sotto il mio naso...” mormorò poi, scuotendo la testa.

“Matias capisco che sei confuso ma sinceramente non pensavo che la prendessi così male,” lei gli disse allora, guardandosi attorno in imbarazzo. “D'accordo forse potrebbe essere un po' strano per te pensare a noi due assieme a scuola o a casa tua, ma sinceramente...”

“A casa mia?!” sbottò lui, persino più adirato di prima. “Come sarebbe a dire a casa mia?!”

“Beh penso che anche tu ci abbia portato Patty quando stavate assieme, no? Per cui che differenza fa?” chiese Antonella, stringendosi nelle spalle.

“Mi stai prendendo in giro Antonella?!”

D'accordo, forse Matias non era mai stato un ragazzo particolarmente sveglio ma era gentile e sensibile. Antonella non si aspettava di certo che avesse tanti pregiudizi bigotti!

“No affatto, sono serissima,” rispose dunque lei, tenendo il punto. Poi si alzò in piedi a sua volta e lo guardò negli occhi con decisione. “Anzi se hai qualche problema dimmelo chiaramente per piacere.”

“Fatela finita una buona volta e sedetevi!” esclamò allora Giusy. Intimiditi dal suo tono perentorio, Antonella e Matias seguirono i suoi ordini in silenzio e si rimisero a sedere. “Non era con Patty che Antonella aveva una relazione, chiaro?!” disse poi Giusy, quando finalmente tornò il silenzio.

Patty? Che c'entra Patty ora?

Aspetta un attimo...

All'improvviso, tutto iniziò ad avere un senso.

Oh.

“E allora di chi stava parlando prima se non di Patty? Sono confuso...” disse allora Matias, passandosi una mano tra i capelli mentre aggrottava la fronte. Il suo sguardo perso si spostava tra Patty e Antonella come se fossero state un complesso geroglifico egiziano che si sforzava disperatamente di tradurre senza ottenere alcun risultato.

“Sul serio non ci sei ancora arrivato?!” Antonella sospirò esasperata, portandosi una mano alla fronte. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso incredulo.

Alla fine avevo ragione, non è stupido come pensavo, è persino peggio!

“Parlava di me razza di idiota, Antonella e io stavamo assieme!” confessò finalmente Giusy, tutto ad un fiato, rompendo quel silenzio imbarazzante. Completamente rossa in viso, la ragazza si alzò dalla sedia di scatto. “Ecco, sei soddisfatto?!”

Poi, nel silenzio generale uscì dalla stanza.

“Aspetta un attimo...” mormorò Matias, alcuni istanti dopo. “Tu e mia sorella stavate assieme?! Quindi Patty non c'entra niente?”

“Tu per tutto questo tempo hai creduto che io stessi parlando di Patty?” sospirò Antonella, al limite dell'esasperazione.

Scuotendo la testa con disappunto, la ragazza si voltò allora verso la sua collega, curiosa di vedere la sua reazione.

Patty, accanto a lei, stava mangiando le ultime patatine rimaste nel suo piatto. Era l'unica persona nella stanza che sembrava serena e tranquilla.

“Ah non guardate me, io non ci ho capito niente dall'inizio alla fine.”

 

Cinque anni prima

 

“Ragazzi Alan mi ha scritto, stanno provando anche loro, guardate qua!”

Caterina non fece in tempo a finire la frase che Antonella le era già piombata addosso, praticamente strappandole il telefono di mano. Era da ormai un paio d'ore che lei e il suo gruppo stavano provando, e Giusy per tutto quel tempo non si era degnata di mandarle nemmeno uno straccio di messaggio. Questo naturalmente la stava facendo uscire di testa. Prima rifiutava la sua richiesta di fare le prove assieme per non si sa quale ragione e inventandosi mille scuse diverse, poi dopo che Antonella le aveva ripetutamente chiesto se le andasse bene che lei e Patty fossero nello stesso gruppo non aveva battuto ciglio, mostrandosi indifferente e disinteressata, quasi come se non le importasse nulla. Era la sua fidanzata, che diamine! Come faceva a interessarsi così poco a lei?!

Da lì erano partiti tutti i pensieri intrusivi e mille paranoie diverse, mille complotti e teorie sul perché Giusy fosse distante. Antonella era arrivata persino a pensare che forse Giusy non voleva averla tra i piedi durante le prove perché magari le piaceva qualcuno del suo gruppo, come ad esempio Alan con cui anni fa era pur sempre stata fidanzata, o magari quel Lucas. Li aveva visti chiacchierare qualche volta per i corridoi tra una lezione e l'altra e non le piaceva affatto il modo in cui quella sottospecie di emo fissava la sua ragazza. Glielo avrebbe strappato con le sue stesse mani quel ciuffo se solo si fosse azzardato a toccarla, e invece era costretta a starsene lì, a perdere tempo con quelle stupide prove mentre Giusy nel frattempo chissà che combinava.

“Come?! Fa' vedere!” ordinò quindi bruscamente a Caterina, mentre già stringeva tra le mani il telefono dell'amica. Tutti gli altri nel frattempo si radunarono attorno a lei per dare un'occhiata.
I messaggi che Alan le aveva mandato erano abbastanza eloquenti. La prima foto era un autoscatto e ritraeva il ragazzo riccio seduto su una delle poltrone del salotto di Giusy che suonava la sua chitarra, con Pia lì accanto che sorrideva – praticamente inutile. La seconda foto invece era ben più importante: poco distante da loro infatti si vedeva il divano, sul quale erano seduti Giusy e Lucas uno accanto all'altra – e poi Luciana un po' più in là che guardava il telefono.

Ma questo è gravissimo!

“Che stai dicendo Antonella?” chiese Caterina, con uno sguardo stupito. Soltanto allora Antonella si accorse di aver pronunciato quelle parole ad alta voce.

“Dobbiamo andare subito a casa di Giusy, non c'è un minuto da perdere!” decretò la ragazza, senza badare al resto. Restituì bruscamente il telefono a Caterina e marciò verso l'attaccapanni di casa sua, con l'intenzione di mettersi il cappotto e uscire.

“Perché dovremmo andare a casa di Giusy scusa?” domandò allora Patty, con scetticismo. Il resto del gruppo, nel frattempo, la seguì titubante.

“Come perché, mi sembra ovvio!” esclamò Antonella, improvvisando una scusa qualsiasi. “Dobbiamo spiarli, dobbiamo capire quale canzone stanno preparando perché potrebbero aver scelto la nostra e magari ci stanno copiando, non possiamo permetterlo, che figura faremmo con il nuovo professore se succedesse una cosa del genere, me lo dite?” chiese con foga, sperando con tutta se stessa di non incontrare resistenza. C'era un'emergenza in corso, non aveva tempo da perdere con certe sciocchezze!

“Scusa se mi permetto Antonella,” si inserì allora Caterina, quasi con timore, “potrei semplicemente chiedere ad Alan quale pezzo hanno scelto e così...”

“No Caterina non se ne parla, noi dobbiamo andare là prima che la situazione sfugga di mano!” esclamò, mentre nel frattempo cominciò ad indossare il giubbotto. “Non possiamo avere la certezza che Alan ti dica la verità, e se si inventasse una bugia per depistarci, ci hai pensato?”

“Perché dovrebbe mentire scusa?” osservò Santiago, che fino a quel momento era rimasto in disparte assieme a Felipe. “Non avrebbe molto senso...”

“Perché sì Santiago,” ribadì Antonella, “e comunque in questa prova siamo tutti avversari, per cui in quanto capitano del gruppo...”

“Ma chi ti ha nominato capitano scusa?!” si oppose il ragazzo, con un cipiglio.

“In quanto capitano”, proseguì Antonella, ignorandolo completamente, “io ordino di andare a spiare Giusy e il suo gruppo, adesso! Non mi sento tranquilla fintanto che non scopro cosa stanno combinando,” insistette. Vedendo le reazioni impassibili degli altri quattro, decise allora di tentare di argomentare un pochino più efficacemente, nella speranza che quei buoni a nulla si decidessero ad uscire una buona volta. “Ci arrivate sì o no che non basta superare la prova, dobbiamo essere i migliori o il professore non ci prenderà in considerazione per le prossime gare! Forse voi sarete anche abituati a starvene a ballare in ultima fila ma per me è inaccettabile, per cui ora diamoci una mossa e usciamo, coraggio, abbiamo anche perso fin troppo tempo,” li esortò, indicando con impazienza la porta di casa sua.

“I-io sono d'accordo con Antonella,” disse allora Felipe, facendo un passo avanti. Antonella gli rivolse un'occhiata stupefatta, ma fu comunque sollevata di ricevere il suo appoggio. “A-alla fine ab-biamo già preparato il nostro pezzo, per cui d-dare un'occhiata agli altri non può fare male, no?”

“Visto? Anche Felipe è d'accordo,” fece notare lei, inarcando un sopracciglio.

“E da quando ti importa cosa pensa Felipe scusa?” obiettò Santiago.

“Da adesso,” ringhiò Antonella, mentre nel frattempo Patty, Caterina e Felipe presero i loro giubbotti e cominciarono a vestirsi. “Prendi esempio e spicciati se non vuoi che ti lasciamo qui,” gli intimò allora, prendendo le chiavi di casa.

“Io di questo passo propongo un colpo di stato.”

 

“Eccoli là, fate silenzio,” intimò Antonella, sussurrando pur senza averne un reale motivo. Giunta nel giardinetto che circondava casa di Giusy, la ragazza si nascose dietro una delle siepi e fece cenno agli altri di seguirla, restando chinata.

La finestra che dava sul salotto al piano terra della casa era chiusa, ma per fortuna le tende non erano tirate e dunque era abbastanza semplice riuscire a vedere ciò che stava succedendo all'interno – nulla di particolare in realtà, se non le prove di una coreografia. La visuale non era delle migliori, ma purtroppo Antonella doveva accontentarsi, avvicinarsi troppo l'avrebbe esposta a un rischio troppo grande.

“Guardate c'è Giusy!” esclamò Patty, indicando la finestra con un sorriso. “Perché non andiamo a salutarla?”

“Ferma là idiota!” la riprese Antonella, facendole abbassare il braccio poco dopo. “Non deve vederci.”

“Perché scusa? Non è più semplice bussare alla porta? Sicuramente sarà contenta di vederci!” rifletté l'altra, con la sua solita ingenuità. “Da qua fuori non si vede molto bene cosa fanno.”

Antonella esalò un sospiro esasperato. La sua pazienza quel giorno stava sul serio venendo messa alla prova.

“Quale parte della parola “spiare” non ti è chiara? Se ci vedono non ha più senso!”

“D'accordo, però non capisco perché sinceramente, non ti va di salutare Giusy?” ribatté Patty con disappunto.

“Come faccio a scoprire cosa mi nasconde se mi vede?!” le disse allora Antonella, mentre nel frattempo continuava ad osservare la finestra con grande attenzione. “Non deve sapere che siamo qui.”

“Pensi che ti nasconda qualcosa Antonella?” intervenne allora Caterina, accucciata alla sua sinistra.

“Ma no, dicevo così, riguardo alle prove ovviamente...”

“Non sarà forse che sei arrabbiata perché Giusy non ha voluto fare le prove con te?” continuò l'amica. Antonella si irrigidì immediatamente.

“Ma che cosa dici, che vuoi che mi importi, te l'ho detto voglio solo assicurarmi che il nostro gruppo sia il migliore, dovreste ringraziar...” mentì. Poi si interruppe di scatto, la sua attenzione completamente monopolizzata da ciò che stava accadendo dentro la casa. “Aspetta un secondo, che sta facendo?”

“Ma chi?” domandò Santiago, dietro di lei.

In quel preciso istante infatti le prove si interruppero e la musica cessò: Antonella vide Giusy cliccare il pulsante di pausa sullo stereo e il gruppo ruppe lo schema della coreografia. Poi, mentre Pia e Luciana andavano a sedersi sul divano, la sua ragazza si avvicinò pericolosamente a qualcuno. Lucas. Il sangue le ribollì nelle vene nel vederli parlare e sentì come un buco alla base del suo stomaco che la inghiottiva. No, non poteva essere.

Non stanno facendo nulla di male in fondo, stanno solo parlando. Cerca di stare calma e rilassati.

Poi iniziarono a camminare, con tutta probabilità verso le scale che portavano alla camera da letto di Giusy, e uscirono dalla sua visuale.

Antonella si sentì sprofondare.

“Oh no, no no no no no!” gridò con foga, mentre istintivamente balzò in piedi per cercare di non perderli di vista.

La ragazza riuscì a vederli con la coda dell'occhio mentre salivano i gradini, confermando così i suoi sospetti.

“Antonella ti senti bene? Non avevi detto che non dovevamo farci vedere?” domandò Patty, ancora rannicchiata dietro la siepe.

“Devo seguirli prima che sia troppo tardi!” esclamò Antonella, ragionando a voce alta.

Presa dall'istinto e la fretta di agire, la ragazza lasciò il suo nascondiglio e si diresse verso la parete della casa su cui si trovava la finestra della camera di Giusy. Era troppo in alto perché lei riuscisse a sbirciare naturalmente, motivo per cui doveva trovare una soluzione, e in fretta anche.

“Ho capito vuoi fare una sorpresa a Giusy, che bella idea voglio venire anch'io!” esclamò Patty, balzando fuori dal cespuglio per seguirla.

“Ragazze che state facendo?! Si può sapere dove andate?!” le chiamò allora Caterina.

“Per me è completamente pazza,” aggiunse Santiago.

Antonella ignorò entrambi, focalizzandosi piuttosto sul trovare un modo per raggiungere la finestra. Usare una scala ovviamente era impossibile, però forse arrampicandosi... se si fosse appoggiata al tubo d'acciaio nero accanto alla porta poteva raggiungere la tettoia sopra l'ingresso della casa, e da lì poi sarebbe bastato sporgersi un poco per arrivare alla finestra. Sì, poteva farcela. Ignorando i commenti dei suoi amici alle sue spalle, Antonella si fece coraggio e cominciò ad arrampicarsi su per la parete. Era molto più faticoso di quanto pensasse e le mani e le braccia cominciarono a farle male dopo poco, ma per fortuna non le ci volle molto prima di raggiungere la tettoia. Con le mani si aggrappò saldamente al bordo e si tirò su, riuscendo con molta fatica nella sua impresa.

Aveva il fiatone, le mani tutte sporche e le braccia doloranti, ma ne era valsa la pena. Il muro davanti a sé ovviamente non aveva alcun punto di appoggio al quale poteva aggrapparsi e la superficie della tettoia era inclinata, per cui doveva stare attenta o sarebbe scivolata. Con cautela Antonella tentò di raggiungere l'estremità sinistra verso la camera di Giusy, tenendosi alle tegole per non scivolare, tuttavia la finestra era troppo distante perché lei potesse riuscire a guardare. Se si fosse sporta rischiava di perdere l'equilibrio, motivo per cui doveva trovare un modo.

Fu in quel momento che Patty la raggiunse sopra la tettoia, dandole la soluzione perfetta. Antonella le diede una mano a salire prendendola per le braccia, poi si portò il dito indice sulle labbra per segnalarle di rimanere in silenzio. Indicandole il davanzale della finestra, ordinò sottovoce alla ragazza di sporgersi e di tenercisi saldamente aggrappata, come per formare una specie di ponte.

“Sta' giù, non deve vederci!” mormorò Antonella, quando vide che Patty stava alzando la testa per guardare. Poi, una volta in posizione, la ragazza si aggrappò a lei e si sedette a cavalcioni sulla sua schiena, usando Patty come punto di appoggio per osservare.

E così, finalmente riuscì a vedere la sua ragazza. Seduta sul letto accanto a Lucas, i due stavano semplicemente osservando un quaderno che Giusy teneva aperto sulle sue gambe, entrambi con la testa chinata su di esso.

Oh.

Antonella attese per diversi istanti che qualcos'altro succedesse, ma la situazione sembrava abbastanza stagnante – per non dire noiosa. Da quello che vedeva, sembrava che i due stessero semplicemente parlando di scuola. E fu così che si sentì una completa cretina.

Poi, inaspettatamente, Giusy alzò lo sguardo dal quaderno. Terrorizzata dall'idea di essere scoperta, Antonella si chinò accovacciandosi su Patty, che però da completa idiota quale era ne approfittò per sporgersi in avanti prendendo il suo posto e agitare un braccio per salutarla.

“Ciao Giusy! Sorpresa!”

Ecco, sono fottuta.

“Idiota, adesso ci ha viste!!” la rimproverò Antonella, mentre tentava disperatamente di divincolarsi per tornare sulla tettoia e nascondersi. Purtroppo però la manovra non le riuscì: dalla fretta, la ragazza allungò una gamba credendo di riuscire ad arrivare alle tegole e tentò di appoggiarvisi, ma purtroppo perse l'equilibrio e scivolò, cadendo rovinosamente a terra.

Fu solo quando raggiunse l'asfalto che la finestra finalmente si aprì.

“Antonella!”

Il viso di Giusy per un istante le sembrò quasi un'apparizione divina.

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Capitolo 17
*** VIII. Parte terza: Silenzio. ***


“Ahia... Ah... Brucia da morire questo coso...”

“Te lo meriti, considerando la sciocchezza che hai appena fatto,” Giusy parlò con tono severo, mentre passava con estrema cura il pezzo di cotone intriso di alcol sul ginocchio sanguinate di Antonella. “Mi spieghi cosa ti dice il cervello?! Ti è andata di lusso che Santiago da sotto è riuscito ad attutirti la caduta, potevi farti male seriamente o peggio, finire in ospedale, sei stata fortunata a cavartela con solo un ginocchio sbucciato! E tutto questo perché poi, me lo spieghi?!”

Seduta sul pavimento del bagno di casa di Giusy, Antonella rimase ad ascoltare il rimprovero in silenzio. In fondo se lo meritava. Avrebbe voluto sotterrarsi dalla vergogna, seppellendosi sotto le piastrelle blu che stava fissando con sguardo mortificato mentre Giusy nel frattempo la medicava.

“Antonella, sto parlando con te! Non hai niente da dirmi?”

“No...” la ragazza mormorò con voce fioca, trattenendo le lacrime.

“Antonella guardami,” Giusy richiamò la sua attenzione, questa volta con un tono un po' più morbido. Poi le sollevò il mento con la mano che aveva libera ed incontrò il suo sguardo, buttando nel frattempo il pezzo di cotone nel cestino lì accanto. Finalmente quella tortura medievale si era conclusa, Antonella pensò tra sé e sé con sollievo. Almeno quello. “Sto aspettando una spiegazione, forza. Posso sapere perché ti sei arrampicata con Patty fino alla finestra della mia stanza? Che cosa cercavi di fare?”

“Patty non c'entra, mi ha seguito e basta,” sospirò Antonella, tirando su col naso. Il ginocchio le bruciava da morire, e la mortificazione appena ricevuta non l'aiutava affatto a sentirsi meglio. “È colpa mia, va bene? Ti ho vista salire in camera con Lucas e sono impazzita, non ci ho capito più niente,” confessò con reticenza. “Avevo bisogno di sapere cosa stavate facendo.”

“Premesso che questo comunque non spiega perché tu e gli altri eravate sotto casa mia, non ti è venuto in mente di chiedermelo e risparmiarti l'imitazione di John Rambo?” chiese Giusy, prendendola in giro con un piccolo sorriso. Poi, visto il silenzio colpevole nel quale Antonella si stava rifugiando, la ragazza andò avanti a precisare: “Lucas e io ci conosciamo perché facciamo diritto, abbiamo una tesina da consegnare tra una settimana e siccome era qua per le prove mi ha chiesto se poteva dare un'occhiata ai miei appunti. Te li faccio vedere se non ci credi.”

“No, non ce n'è bisogno...” Antonella rifiutò immediatamente, vergognandosi del fatto che Giusy si fosse sentita in dovere di giustificarsi. Che razza di fidanzata era?! “Prendo le mie cose e me ne vado,” concluse poi, facendo per alzarsi. Dopo quell'orribile figura, per giunta di fronte a molti dei loro amici, c'era ben poco che potesse dire o fare per rimediare.

“Ferma qua, tu non vai da nessuna parte,” la bloccò Giusy, prendendola per le braccia per impedirle di alzarsi. Riluttante, Antonella tornò a sedersi. “Per prima cosa ti devo mettere il cerotto adesso,” le spiegò Giusy, mentre apriva l'anta del mobiletto bianco, “e poi devi riposare la gamba, di certo non puoi camminare in questo stato.”

“È soltanto una sbucciatura, che vuoi che sia...” Antonella tentò di minimizzare, come suo solito.

“Una sbucciatura che intanto fa male, devi rimanere a riposo ora e non sforzarti o rischi di giocarti la prova eliminatoria,” la rimproverò la mora, in tono serio. Poi la ragazza prese la scatola di cerotti e ne estrasse uno, rimosse la pellicola protettiva e lo premette contro la ferita di Antonella, applicandolo con decisione. Antonella la lasciò fare in silenzio, senza opporre resistenza né muoversi. Era bello avere qualcuno che si prendesse cura di lei, pensò tra sé e sé. Qualcuno che a discapito di tutte le sue follie e paranoie non mancava mai di farla sentire protetta e al sicuro.

“Anto sono seria, mi spieghi che succede?” domandò poi Giusy, inclinando la testa di lato.

“Succede che sono una stupida...” mormorò lei, con un sospiro. Si sentiva talmente ridicola ad essere andata a pensare certe scemenze che si vergognava di se stessa, oltre che del suo comportamento immaturo.

“E dove sarebbe la novità?” scherzò Giusy, con un sorriso. Poi si chinò in avanti sul ginocchio dell'altra e premette le labbra contro il cerotto, dandole un bacino sulla sua ferita. Antonella si sentì avvampare. Gliene avrebbe chiesto volentieri un altro, se le circostanze fossero state diverse. “Mi riferivo ad oggi nello specifico,” proseguì Giusy, spostandosi nel frattempo sul pavimento per andare a mettersi seduta accanto ad Antonella, entrambe con la schiena appoggiata alla vasca da bagno. “Possiamo starcene qua in bagno per tutta la notte se vuoi, io non ho fretta te lo dico.”

Antonella fece un altro sospiro. Poi prese coraggio.

“Mi sono ingelosita, va bene? Sei contenta adesso?”, ammise, tutto d'un fiato.

Lo sguardo di Giusy lo evitava come la peste.

“Gelosa di chi scusa? Di Lucas?”

Seguì il silenzio. Antonella teneva la testa china verso pavimento, e la risata di Giusy che poco dopo giunse alle sue orecchie le fece venire voglia di sottrarcisi.

“Non ridere!” l'ammonì. Le sue guance si fecero di un colorito rosso vivido, tanto per peggiorare la situazione.

“Sul serio eri gelosa di Lucas?!” chiese Giusy, tra le risate.

“Non ridere ho detto!” ripeté, agitandosi. “Basta, me ne vado!”

“Ma dove vai, vieni qua!” la fermò l'altra, prendendola per le braccia per fermarla mentre Antonella tentava di scappare verso la porta. Vedendosi bloccata la sua unica via di fuga, la ragazza allora si girò e fece dietro-front, smarcandosi dalla presa di Giusy per entrare dentro la vasca vuota alle loro spalle e rifugiarcisi. Si portò le ginocchia al petto e le circondò con le braccia, poi vi appoggiò la testa e chiuse gli occhi, in segno di protesta.

Pochi secondi dopo, Giusy entrò nella vasca con lei. Si sedette alle sue spalle divaricando le gambe e le circondò la vita con le braccia, poi le passò le dita tra i capelli sopra la nuca e le diede un bacio alla base del collo. Antonella si sentì sciogliere. Titubante, lasciò la sua posizione difensiva per appoggiarsi a lei, riposando il viso contro la spalla di Giusy. Poi chiuse gli occhi.

“Mi spieghi come ti è passata per la testa una cosa tanto stupida?” chiese quest'ultima, accarezzandole l'addome. “Con Lucas avrò fatto sì e no due chiacchiere a lezione, niente di più.”

“È che...” esitò l'altra. Odiava farsi vedere insicura, odiava parlare delle sue insicurezze e odiava che Giusy pensasse che fosse una stupida o una pazza o troppo possessiva. Però d'altro canto Giusy era importante per lei, e allora seppur con difficoltà decisa di provare a spiegarsi e fare uno sforzo, invece di rintanarsi nell'orgoglio e la superficialità come spesso aveva fatto in passato. Tanto peggio di così. “Io volevo fare le prove con te e stare assieme,” ammise, vergognandosi da morire, “e tu invece hai detto di no e non ho capito perché sinceramente, e così ho pensato che forse...”

“Hai pensato che volessi stare con Lucas?” completò Giusy per lei, con un sospiro incredulo. Antonella annuì sommessamente. Giusy allora scosse la testa con vigore, poi la strinse a sé. In un certo qual modo, sembrava persino sollevata. “Sei una testa di legno, lo sai?” la rimproverò dolcemente. “Ho avuto paura quando ti ho vista cadere, non provarci mai più a farmi prendere certi spaventi,” continuò, mentre le accarezzava alcune ciocche di capelli. Poi le diede un piccolo bacio sulla guancia. “La prossima volta che ti vengono questi pensieri devi parlarne con me, te lo avrei detto subito che io ho occhi solo per la mia ragazza e che ci tenevo ad esercitarmi per la prova eliminatoria solo per non fare brutta figura, tutto qua.”

“Brutta figura?” ripeté Antonella, aggrottando la fronte. “Che vuoi dire scusa? Tu non potresti mai fare brutta figura, balli benissimo e sei anche stupenda, sei una delle migliori nel nostro gruppo, se non prendono te praticamente non rimane nessuno.”

“Patty sicuramente sì, questo è poco ma sicuro,” commentò allora l'altra, con una certa amarezza.

“Patty? Che c'entra Patty ora?” chiese Antonella, un po' confusa. Al prolungato silenzio di Giusy, la ragazza girò il corpo nella sua direzione per osservarla e vide che questa volta era lei ad evitare il suo sguardo, con un'espressione quasi colpevole. Al che, finalmente Antonella capì. “Non dirmi che sei gelosa!” esclamò, un sorriso soddisfatto dipinto sul viso.

“Non sono gelosa!” negò Giusy, arrossendo di colpo.

“Sì, sei gelosa!” ripeté Antonella, agitandosi con voce trionfante. Dalla contentezza ruotò il suo corpo per fronteggiare Giusy e divaricò le gambe a sua volta, intrecciandole attorno al corpo dell'altra ragazza. “Ammettilo.”

“Non sono gelosa,” insistette la mora, ora in tono più pacato, “è soltanto che tu sei capitata in gruppo con lei e io... volevo solo evitare che tu facessi confronti.”

“Confronti?” chiese Antonella, intrecciando le loro dita assieme.

“Beh, mi sembra ovvio che Patty in queste cose riesce molto meglio di me,” spiegò Giusy, “lo sanno tutti che siete due cantanti bravissime, io non c'entro niente con voi. Avevo paura che se tu ti fossi resa conto della differenza tra noi, magari...” esitò, lasciando la frase in sospeso.

“Magari cosa?”

“D'accordo va bene lo ammetto, forse un po' sono gelosa, sei contenta adesso?” confessò Giusy. Con uno sbuffo alzò gli occhi al cielo, sollevando involontariamente qualche ciocca di capelli neri. “Avevo paura che potessi preferire lei a me e che tu e Patty vi poteste riavvicinare,” ammise infine.

Antonella la guardò e pensò a quanto fosse contenta di aver sentito quelle parole. Non per un fatto di vanità o di orgoglio, ma perché Giusy in quella situazione pur avendo il coltello dalla parte del manico aveva scelto di essere vera con lei, senza barriere o finzioni.

“Perché non me l'hai detto subito?” chiese poi, accarezzandole il viso con il palmo della mano destra.

“E tu perché non mi hai detto di Lucas?” protestò la mora.

“Come facevo a dirti di Lucas, io ti avrò chiesto mille volte di Patty e se volessi cambiare gruppo e tu invece eri sempre così tranquilla, così moderna, che figura avrei fatto!” obiettò Antonella. “Pensavo che non te ne fregasse niente...” mormorò infine, stringendosi nelle spalle.

“E invece me ne frega eccome,” ribatté Giusy. “Però... non lo so, ho pensato che tenermelo dentro fosse più semplice. Volevo solo fare bene la prova e renderti orgogliosa di me una volta tanto.”

“Amore ma io sono sempre orgogliosa di te,” disse allora Antonella, senza alcuna esitazione. Le prese il viso tra le mani e proseguì, mentre la guardava dritto negli occhi e le accarezzava le guance con i pollici: “Lo sono sempre stata e lo sono in ogni momento, anche adesso, anzi soprattutto adesso perché finalmente ti sei decisa a dirmi la verità.”

“Sul serio?”

“Certo,” le rispose annuendo.

Poi, in un gesto istintivo, strinse Giusy in un abbraccio e chiuse gli occhi. Non avevano bisogno di nient'altro.

“Che cosa dovrei dire io scusa?” disse poi Antonella, una volta staccate. “Tu le hai viste tutte le mie insicurezze e le mie follie, eppure sei ancora qua, no? È normale quando si ama qualcuno,” si lasciò sfuggire, con tutta la naturalezza del mondo.

Si rese conto di ciò che aveva appena detto solo dopo che le parole avevano già lasciato la sua bocca. L'espressione di Giusy infatti cambiò completamente: i suoi occhi si spalancarono e schiuse le labbra, dalle quali uscì un sospiro tremante.

“Che cosa c'è, perché mi guardi così?” chiese allora Antonella, facendo finta di niente. Un brivido le corse giù lungo la schiena mentre mandava giù la saliva.

“Hai detto 'quando si ama' Antonella?” ripeté Giusy, portandosi una mano alla bocca con occhi quasi lucidi. “Ho sentito bene?”

Antonella esitò per qualche istante. Il suo cuore batteva fortissimo.

“Sì, e allora? Non mi sembra nulla di strano, visto che io ti amo,” le disse, per la prima volta in assoluto.

“Mi ami?” ripeté Giusy, sciogliendosi in un sorriso.

Antonella annuì. Le gambe avevano iniziato a tremarle, e sentiva come una voragine alla base del suo stomaco che quasi minacciava di inghiottirla. Non era la prima volta che diceva “ti amo” a qualcuno, ma si rese conto allora che in passato non aveva mai avuto la maturità emotiva necessaria per comprendere il peso e il significato di quelle parole, né tantomeno era stata in grado di provare sul serio un sentimento tanto forte e importante.

Con Giusy era un qualcosa di completamente diverso, un sentimento molto più maturo e consapevole. Antonella la amava in maniera incondizionata, a prescindere da tutto.

“Sì, certo che ti amo,” ripeté allora, cercando di tenere a bada l'emozione. “Mi sono quasi rotta una gamba per te Josefina Beltran, più di questo non so cos'altro fare per dimostrartelo,” scherzò con una piccola risata, mentre le prendeva le mani.

Giusy esalò un sospiro. Poi attirò Antonella a sé e la baciò, catturando le sue labbra con foga. Solo in quel momento Antonella si rese conto che stava piangendo.

“Che cosa c'è?” sussurrò sulla sua bocca.

“Niente,” rispose Giusy, sottovoce e ad occhi chiusi.

Antonella le asciugò le lacrime con il pollice.

“Perché piangi?”

Giusy allora riaprì gli occhi.

“Ti amo anche io Antonella,” disse allora, continuando a piangere. Eppure sorrideva. “Ti amo tantissimo.” Poi catturò di nuovo le sue labbra. Antonella chiuse gli occhi e si perse tra i baci, mentre stringeva Giusy a sé più forte che poteva, toccandola dappertutto. Senza rendersene conto cominciò a piangere anche lei, mentre il suo corpo tremava, come mosso da uno scossone che veniva da dentro. Ancora non aveva pienamente assimilato le parole che aveva sentito.

Quando si staccarono, avevano entrambe il fiatone. Antonella appoggiò la fronte contro quella di Giusy, che nel frattempo le accarezzava i capelli.

“È da tanto che volevo dirtelo ma non trovavo il coraggio,” confessò quest'ultima, rossa in viso. “Avevo paura che tu non fossi pronta o di spaventarti, che fosse troppo presto...”

“È tutto perfetto invece,” le assicurò Antonella, intrecciando le loro dita assieme. Riusciva a stento a parlare, come se il suo cervello fosse offuscato – o direttamente in tilt.

“Nel bagno di casa mia e col tuo ginocchio sbucciato secondo te è perfetto?” la prese in giro Giusy, con un sospiro.

“Non me ne frega niente scema,” la zittì l'altra.

Poi, seguendo l'istinto, Antonella si sedette a cavalcioni su di lei e iniziò a baciarle il collo, lasciando una scia di baci umidi che andavano all'insù. I gemiti di Giusy cominciarono presto a riempire le mura del bagno.

Antonella appoggiò le labbra al suo orecchio.

“Tua,” sussurrò.

E lo era, lo era sul serio.

Giusy tremò. Le sue mani afferrarono l'orlo della maglietta di Antonella e lo tirarono su per togliergliela in tutta fretta. L'altra ragazza alzò le braccia per agevolarla, inarcando la schiena. Si sentiva quasi ubriaca.

L'attimo dopo, Giusy le sfilò la canottiera e il reggiseno, lasciando Antonella a torso nudo. Poi chinò la testa e cominciò a baciarle il collo, il petto e il seno; le sue mani scorrevano su e giù per la pelle nuda della schiena di lei tastandone ogni curva, ogni sporgenza e ogni angolo, come già tante altre volte avevano fatto in passato. Antonella chiuse gli occhi e strinse le gambe attorno alla sua vita.

“Mia,” sussurrò allora Giusy, mentre le baciava le spalle e poi di nuovo il collo. “Tutta mia. Tu non ti muovi più da qua oggi,” le ordinò.

Antonella chinò il viso su di lei e incontrò ancora una volta le sue labbra, suggellando quella promessa.

Nemmeno una gru sarebbe riuscita a spostarla dalle braccia della ragazza che amava.

 

Tempo presente

 

La camera degli ospiti era l'unica stanza dell'appartamento dalla cui porta trapelava uno spiraglio di luce. Giusy doveva essere lì, Antonella pensò tra sé e sé. Un brivido le percorse la schiena mentre si avvicinava, quasi di soppiatto. Poi, con la mano sinistra bussò alla porta un paio di volte.

Una voce flebile giunse in risposta. Decise allora di entrare.

Giusy era seduta ai bordi del letto, scoprì in quel momento, le gambe accavallate e le braccia incrociate. Antonella abbozzò un sorriso. Finalmente erano da sole.

"Ehi,” la salutò, chiudendo la porta. Poi appoggiò il piattino che reggeva nella mano destra sul comodino lì accanto, e Giusy nello stesso momento si voltò nella direzione opposta, dandole le spalle. Un ottimo inizio.

“Ti ho portato il dolce,” proseguì Antonella, sedendosi a debita distanza. “C'è la torta meringata, lo so che ti piace tanto.”

Giusy non la degnò di uno sguardo.

“Ascoltami Giusy....” sospirò l'altra, senza neanche sapere che cosa dire. Avrebbe dovuto scusarsi? In fondo che colpa ne aveva lei se quello stupido di Matias aveva capito tutt'altra cosa, non era certo stata lei a farglielo credere! Era ovvio però che Giusy ne fosse stata turbata, a prescindere da chi avesse la colpa. “Va tutto bene? Perché da quando sono entrata non mi hai ancora detto di andarmene o di stare zitta o di sparire,” scherzò, in un tentativo di alleggerire la tensione.

Ancora silenzio.

“D'accordo, allora lo faccio io per te, ormai mi ci sto abituando sai. 'Vattene via Antonella, non mi interessa cos'hai da dirmi, smettila di farmi perdere tempo con le tue stronzate',” disse, in un'imitazione caricaturale del tono seccato che Giusy regolarmente usava nei suoi confronti. “Ecco, ora va meglio."

"Vedo che non sono l'unica aspirante comica qua," parlò finalmente l'altra, rompendo il gelo venuto a crearsi.

"Finalmente, cominciavo a preoccuparmi,” esultò Antonella, con un sospiro di sollievo. “Non era da te questo silenzio."

"Avanti, dì quello che devi dire e facciamola finita," le ordinò la mora, continuando a darle le spalle.

"Non ci provi nemmeno a mandarmi via? Ormai ti sei rassegnata,” Antonella tentò nuovamente di scherzare, seppur con scarso successo. “O forse pian piano ti stai abituando alla mia presenza?"

"Tanto qualsiasi cosa io dica fai sempre come ti pare, perché sprecare fiato a vuoto?" esalò Giusy, stringendosi nelle spalle.

"Giusta osservazione. Ascoltami Giusy...” tentennò l'altra, incerta su come continuare. “Non so nemmeno io che cosa dire in realtà. Matias mí ha preso alla sprovvista, ti giuro che non avevo idea che lui pensasse... Non volevo che lo scoprisse così di noi due,” concluse infine. Ancora una volta, Giusy non disse nulla. Antonella non l'aveva mai vista così silenziosa e si domandò ovviamente il perché, che cosa avesse fatto di tanto grave da turbarla così tanto.

“Giusy, sto iniziando a preoccuparmi, dimmi qualcosa per piacere," la esortò allora, non sapendo più dove sbattere la testa.

Giusy allora si voltò finalmente verso di lei.

"Cosa vuoi che ti dica Anto," disse con rassegnazione.

"Qualsiasi cosa,” rispose l'altra con un mezzo sorriso, felice di poterla finalmente guardare in faccia. “Mandami a quel paese piuttosto, urla, grida, non mi importa, basta che parli. Ti preferisco quando fai rumore."

"Passami la meringata per piacere."

Antonella annuì e fece come Giusy le aveva richiesto, porgendole anche il cucchiaino che aveva portato. La ragazza mora cominciò a mangiare la fetta di torta, senza fare commenti. Antonella la osservò per qualche istante, contenta del fatto che se non altro stesse reagendo alla sua presenza.

"Buona?" le chiese, inclinando il viso nella sua direzione.

"Sì, abbastanza. Grazie."

"Di niente. Posso sapere perché te ne sei andata?" Antonella fece un altro tentativo, sperando che la torta avesse raddolcito un po' l'altra ragazza.

"Sei tu che devi spiegarmi che cosa ci faccio qua," rilanciò Giusy.

"Come?"

"Hai capito benissimo. Patty è l'insegnante di canto, mio fratello è il suo fidanzato e vive con lei, Carlos è l'insegnante di danza, ma io che c'entro con tutti voi? Che cosa sono venuta a fare qua oggi?" domandò, senza staccare gli occhi dal piattino che aveva in mano.

"Vuoi una risposta sincera?"

"Sì per piacere," confermò la mora mora, raccogliendo con il cucchiaino l'ultimo boccone di torta per portarselo alle labbra.

"D'accordo. Allora, tanto per cominciare potrei dirti che anche se non insegni danza né canto hai comunque preso un diploma in un istituto artistico e hai partecipato a tantissime gare di musical, per cui sei più che qualificata per far parte del gruppo. Poi potrei aggiungere che conosci bene questi ragazzi e avevo bisogno del tuo aiuto per dividerli in gruppi equilibrati e fare le assegnazioni. Ti va bene come risposta?" domandò Antonella, tastando il terreno. Intrecciò tra loro le dita delle sue mani e cominciò a muoverle nervosamente, in attesa della risposta di Giusy.

La parte più importante l'aveva tralasciata, e sapeva benissimo che anche quest'ultima ne era a conoscenza – o almeno lo sperava. Eppure Antonella non sapeva più che pesci prendere. Aveva manifestato a lei la sua intenzione di parlarle e spiegarsi già diverse volte, e puntualmente Giusy l'aveva respinta e allontanata. Se avesse ottenuto la stessa reazione anche adesso sarebbe finita, Giusy se ne sarebbe andata e loro al di fuori della scuola non avrebbero avuto altre occasioni di parlare. Non poteva lasciarsi scappare la sua ultima opportunità.

La ragazza mora per tutta risposta prese il piattino tra le mani e si alzò.

“Se hai finito io me ne vado,” disse, dirigendosi verso la porta.

L'ennesimo fallimento. Antonella si sentì sprofondare. In un ultimo, disperato tentativo, la ragazza si alzò in piedi di scatto. Ormai non aveva nulla da perdere.

“Volevo passare un pomeriggio con te,” confessò tutto d'un fiato. Giusy a quel punto si fermò proprio quando stava per aprire la porta e rimase immobile. Antonella continuò a parlare. “È questo che vuoi sentirmi dire? Che mi manchi e che mi sei mancata ogni giorno da quando ci siamo lasciate? Perché la verità è questa. Mi manchi e mi sei mancata ogni giorno Josefina Beltran, e anche se non vuoi parlarmi io proprio non riesco a smettere di cercarti. Non ce la faccio.”

Antonella, completamente rossa in viso, rimase ferma ad osservare la schiena di Giusy e i suoi lunghi capelli neri come se fosse stata appesa a un filo, quasi senza respirare. Il suo cuore batteva come un tamburo.

Poi Giusy si girò.

"Arrivi un po' tardi. Se ti mancavo avresti potuto telefonarmi in tutti questi anni," osservò, rimanendo a debita distanza.

"Lo so. Credi che non ci abbia pensato? Avrei voluto sentire la tua voce più di qualsiasi altra cosa," rispose allora Antonella, facendo un passo verso di lei.

"E allora perché non lo hai fatto?"

"A cosa sarebbe servito? Probabilmente ti avrei fatto soffrire e basta. Adesso sono qui però."

Di nuovo silenzio. Giusy la osservava intensamente, quasi come se la stesse studiando, e Antonella nel mentre rimase immobile. Non poteva più forzare la mano ora, se Giusy voleva parlarle spettava a lei fare un passo.

"Ho bisogno di sapere una cosa,” disse quest'ultima, chinandosi per rimettere il piattino sul comodino accanto al letto. Poi tornò a fronteggiare Antonella. “Quel biglietto che mi hai scritto quando te ne sei andata... Erano vere quelle cose, è per la tua carriera che mi hai lasciata o c'era dell'altro?"

"Non ti avrei mai lasciata se avessi potuto scegliere Giusy. Mai,” mise in chiaro Antonella, guardandola dritto negli occhi. “Se me ne sono andata è stato solo perché ho voluto lasciarti libera. Se fossimo partite insieme sarei stata soltanto un peso per te, volevo che tu fossi felice e..." cominciò, con voce tremante.

"Come puoi dire una cosa del genere?!” Giusy la interruppe bruscamente, avanzando verso di lei. “Io ero già libera e avevo scelto te Antonella, ho sempre scelto te e a te non è fregato niente, hai buttato tutto nel cesso! Ti sembro felice in questo momento?” gridò, esplodendo di rabbia. Antonella rimase pietrificata e si sentì debole e inerme. Forse era così che si era sentita Giusy durante tutti quegli anni. Un bello schifo. “Rispondi, ti sembro felice?" ripeté, gesticolando con le braccia.

"Io l'ho fatto per te,” mormorò Antonella, lottando contro il nodo che le si era formato alla gola. “Volevo soltanto il meglio per te, e credevo che io.... Ho avuto paura di rovinare tutto, di rovinarti la vita soprattutto," biascicò, abbassando lo sguardo a terra.

"Ascoltami bene Anto, io non sono come te,” parlò ancora Giusy, questa volta in maniera più pacata. “Tu è da quando andavi all'asilo che hai sempre saputo di voler fare la cantante, è sempre stato il tuo sogno. Io invece una cosa del genere non ce l'ho mai avuta. Ho tanti interessi, sì, e ci sono tante cose che mi piacciono o che mi incuriosiscono, ma nessuna di queste è la mia vocazione o il mio sogno nel cassetto. Non ho lo stesso fuoco dentro che hai tu, ed è anche una delle cose di te che ho sempre ammirato a dire il vero. Non ti avrei mai chiesto di rinunciare alla musica per me lo sai, però per me non c'è nulla che abbia lo stesso valore. Io sarei stata più che felice di partire con te e viaggiare, trovarmi un lavoro e chiarirmi le idee, se anche avessi iniziato l'università più tardi di qualche anno non era certo la fine del mondo. Non era un sacrificio per me, era quello che volevo. Era il nostro progetto Antonella, e può darsi che fosse una follia e magari ce ne saremmo tornate a casa dopo qualche mese senza un soldo, però non spettava a te strapparmelo via dall'oggi al domani con un biglietto, era una decisione che avremmo dovuto prendere insieme, come una coppia. Come credi che mi sia sentita?!"

Una merda, avrebbe voluto dire Antonella. Così infatti si sentiva lei in quel momento. Per tutti quegli anni era sempre stata convinta di aver fatto la scelta migliore per il bene di Giusy; adesso che se la trovava davanti invece non ne era più tanto sicura.

"Io non ne avevo idea, ero convinta che..." esalò, ma non riuscì a terminare la frase, come se avesse avuto un peso sul cuore che la teneva giù e le impediva di parlare o di reagire.

"Antonella te lo avrò detto almeno un milione di volte che partire con te era quello che volevo, perché non ti sei mai degnata di ascoltarmi?" ribatté allora Giusy.

"Non lo so,” disse Antonella. Le lacrime ormai le bagnavano gli occhi. “Non lo so."

Poi si voltò e cominciò a piangere in silenzio. Tentò di sopprimere i singhiozzi al meglio che poteva e si portò le mani sulla faccia per coprirsi il viso, per quanto inutilmente.

Poi sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Il suo corpo tremò.

"Antonella..." Giusy mormorò sommessamente.

"Ho rovinato tutto."

Antonella sospirò e tirò su col naso. Era sul punto di andare in bagno a sciacquarsi la faccia e poi di sotto a prendere le proprie cose per tornare a casa, vergognandosi del pietoso spettacolo che stava dando, quando qualcosa la fermò. Due braccia avvolsero il suo corpo e una mano si posò sopra la sua testa. Era Giusy.

Antonella trasalì.

"Sono qua con te Anto, respira, fai un bel respiro,” sussurrò la ragazza, tenendola stretta. La sua mano destra si infilò tra i lunghi capelli di Antonella e cominciò ad accarezzarli coi polpastrelli in lenti movimenti circolari. Antonella sentì il suo respiro regolarizzarsi quasi immediatamente e chiuse gli occhi, appoggiando la testa contro il petto di Giusy come tante volte aveva fatto in passato. Il suo profumo era diverso, ma il calore del suo corpo aveva sempre lo stesso effetto su di lei. Con lei era a casa.

“Cerca di stare tranquilla,” la rassicurò poi Giusy, mentre si allontanava da lei. Antonella sentì immediatamente la sua mancanza e desiderò poterla ritirare a sé, rifugiandosi ancora una volta nella sicurezza del suo abbraccio. Però non si poteva.

Con sua sorpresa però Giusy non si allontanò: prese invece Antonella per mano e la condusse sul letto della camera degli ospiti, poco distante da loro. Poi le lasciò la mano per accarezzarle la guancia, asciugandole le lacrime con il pollice. Antonella accennò un sorriso, arrossendo.

“Che cosa è successo quando sei partita? È vero che sei andata da tuo padre o era tutta una bugia?" le chiese Giusy.

"Non era vero niente,” esalò Antonella, stringendosi nelle spalle. Poi tirò su col naso un'altra volta. “Ho detto così perché volevo che tu mi odiassi e non mi cercassi più. A quanto pare ha funzionato," commentò, con amaro sarcasmo.

"Non ti odio,” disse invece Giusy, continuando ad accarezzarle il viso. “Non potrei mai odiarti.”

Antonella la guardò in silenzio. Sentiva così tante cose tutte insieme che non riusciva a parlare, fissava Giusy in silenzio e basta, come attonita.

Rimasero in quel modo per diversi istanti, fin quando Giusy non ritrasse la mano, leggermente in imbarazzo.

“Che cosa è successo allora, dopo che hai lasciato la città?” le domandò, schiarendosi la voce. “Dove sei andata?"

"Sul serio lo vuoi sapere? Vuoi che te lo racconti?"

"Sì, mi piacerebbe,” rispose Giusy annuendo. “Sempre se ti va."

Antonella non desiderava altro.

Cominciò così a raccontare la sua storia, e senza che se ne rendessero conto lei e Giusy rimasero lì dentro la camera degli ospiti a parlare fino all'alba.

Non si sfiorarono neanche una volta, eppure per Antonella fu una delle notti più belle della sua vita.


 

Note dell'autrice:

Rieccoci qua. Due momenti diametralmente opposti a confronto, ma accomunati da un elemento molto importante: il superamento del silenzio da entrambe le parti in favore di una comunicazione da troppo tempo attesa e rimandata.
Naturalmente nel prossimo capitolo scopriremo quello che Antonella e Giusy si sono dette durante la notte e che conseguenze avrà per il loro rapporto. Also, tanti elementi che nella storia finora non sono stati esplicitati verranno approfonditi ;)
Grazie a tutte le persone che stanno leggendo il racconto, eventuali commenti sono davvero apprezzati!!

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Capitolo 18
*** IX. Parte prima: Personaggio da circo ***


Giusy era pervasa dai sensi di colpa. Rientrò a casa quella notte... beh, che non era più notte, ma l'alba, e doveva prepararsi per andare a lavorare. Si infilò di soppiatto nella camera che condivideva con Nicole per cambiarsi e la trovò addormentata, distesa sulla schiena nella metà del letto matrimoniale che regolarmente occupava.

Giusy si sentì una merda.

Era con lei che avrebbe dovuto stare, non con Antonella. E anche se tra loro non era successo proprio niente, questo non cambiava il fatto che... che aveva fatto un errore, un errore bello grosso. Non cambiava il fatto che era stata tutta la notte con una persona che non era la sua fidanzata, una persona che avrebbe dovuto tenere a distanza e che in passato l'aveva ferita, più di chiunque altro! Una persona a cui purtroppo lei ancora pensava, e molto.

La cosa peggiore di tutte era che Giusy non l'aveva nemmeno fatto apposta. Era successo e basta, così, in maniera del tutto naturale. Lei e Antonella si erano ritrovate da sole e avevano incominciato a parlare, e poi a parlare un altro po', e poi ancora un po', e avevano avuto così tante cose da dirsi che prese dai discorsi poi la notte era passata. Giusy si era accorta che forse era il caso di andare soltanto quando la luce aveva cominciato a trapelare dalle fessure delle tapparelle e aveva lasciato la casa di Matias e Patty sentendosi come una ladra, presa dalla vergogna – soprattutto perché in cuor suo lei desiderava restare con Antonella.

Aveva fatto il possibile per tenerla lontana proprio perché era ben consapevole dei rischi che la sua vicinanza avrebbe portato con sé. Eppure non era servito a niente. Poteva sforzarsi quanto voleva, ma la verità era che una parte di sé aveva come imbottigliato tutta la sofferenza che Antonella le aveva causato, la rabbia, la tristezza, il senso di impotenza, tutti quei sentimenti contrastanti rimasti irrisolti che adesso, accanto a lei, stavano venendo a galla, come compressi in una pentola a pressione.

Quella notte il coperchio era esploso.

Avevano pianto tanto, tutte e due. Antonella le aveva raccontato dei suoi viaggi e delle difficoltà che aveva avuto, di come all'inizio fosse andata in Spagna, a Barcellona, usando i soldi che aveva da parte e si fosse presto resa conto che li avrebbe sperperati tutti in breve tempo se non avesse trovato al più presto una soluzione solida. Aveva chiesto ospitalità a suo padre, almeno in via temporanea, e allora le cose se possibile erano persino peggiorate: la convivenza con la sua nuova compagna, Francesca, e sua figlia Barbara, detta Babi, tecnicamente sorellastra di Antonella, era stata disastrosa. Avevano fatto il possibile per renderle la permanenza un vero e proprio infermo, costringendola a dormire al freddo nel sottoscala su un vecchio materasso scassato nonostante avessero una camera degli ospiti libera e perfettamente utilizzabile perché “non si sa mai che possa servire”, l'avevano derisa, denigrata e isolata, mentre suo padre in tutto ciò non prendeva posizione. Per non parlare poi degli insulti a sua madre, a suo fratello, ai suoi nonni, all'Argentina e di tutte le provocazioni gratuite che riceveva costantemente!

Dopo soli sei giorni, aveva fatto i bagagli e se n'era andata. Beh, non prima di essersi presa per i capelli con Babi e averle lasciato un occhio nero e lividi sulle gambe – ed essere stata cacciata di casa da Francesca sotto lo sguardo inerme di suo padre. E menomale che aveva detto di essere cambiato!

Antonella aveva dunque raccontato che lì si era trovata davanti a un bivio e aveva seriamente pensato di tornare in Argentina con la coda tra le gambe. Poi però, pensando che Giusy ormai la odiasse, che non sarebbe tornata con lei manco sotto tortura – nulla di più sbagliato naturalmente, ma questo lei si era ben guardata dal dirlo – e che sarebbe diventata lo zimbello di tutta la città dopo quell'umiliante racconto, aveva deciso di tentare la sorte e salvare il suo orgoglio partendo per Londra. Aveva preso alloggio in un B&B e per i primi tempi aveva lavorato come cameriera in bar, ristoranti e tavole calde, collezionando nei primi due mesi ben undici licenziamenti, un record mondiale probabilmente. Antonella aveva raccontato di come finisse sempre per rompere piatti o bicchieri, sbagliare gli ordini, litigare con clienti molesti e inopportuni o peggio ancora, di come rispondesse per le rime a datori di lavoro prepotenti che più che impiegati cercavano veri e proprio schiavi!

Sentendo certe sue storie Giusy aveva riso a crepapelle, e Antonella la guardava con disappunto e protestava, prima di unirsi a lei nelle risate. Le riusciva difficile immaginarsela nelle situazioni descritte, quasi impossibile, come se tutto ciò potesse essere accaduto solo in un universo parallelo. Eppure era reale. Mentre la sentiva raccontare, Giusy pensava che avrebbe tanto voluto essere al suo fianco mentre succedeva tutto ciò e si era immaginata come avrebbe potuto essere la loro vita assieme se solo Antonella le avesse permesso di seguirla. Se solo. Chissà se il loro rapporto sarebbe stato in grado di resistere a tutte quelle difficoltà, chissà se Giusy si sarebbe risentita con lei per quella scelta azzardata che avrebbe cambiato il corso della sua vita, chissà che ne sarebbe di lei ora.

Chissà.

In compenso, nonostante la vita lavorativa di Antonella fosse stata un disastro nei primi tempi, quella relazionale era andata un po' meglio. Siccome conosceva e parlava bene l'inglese non aveva avuto problemi ad ambientarsi e aveva subito stretto amicizia con la coppia di anziani che gestiva il B&B dove alloggiava – a dire il vero spesso avevano avuto pietà di lei e delle sue pessime capacità di sopravvivenza e l'avevano aiutata preparandole i pasti, aiutandola nelle pulizie e dandole una spalla su cui piangere nel momento del bisogno. Le naturali doti di Antonella come intrattenitrice erano venute alla luce abbastanza presto e così lei in cambio aveva organizzato per la strutturata serate-evento a tema musicale che avevano riscontrato un discreto successo.

Poi, per l'appunto, dopo due mesi dal suo arrivo a Londra, la figlia di un'amica dei proprietari del B&B aveva lasciato il suo lavoro per andare in maternità – e così, Antonella aveva presto fatto un colloquio di lavoro per sostituirla. Si trattava di una mansione abbastanza umile a dire la verità, cameriera ai piani in un albergo di lusso nel centro di Londra, ma grazie alla buona parola della ragazza che avrebbe sostituito e la sua capacità di mostrarsi sicura di sé aveva ottenuto il posto. Da lì poi era andato tutto in discesa.

L'ambiente dell'albergo era buono, più o meno, o comunque migliore di tutti quelli che aveva trovato nei suoi precedenti luoghi di lavoro. Aveva presto fatto amicizia con le sue colleghe e imparato da loro tutti i segreti su come cambiare il sacchetto dell'aspirapolvere e rifare i letti in tempo record. Poi, dopo 6-7 mesi, la sua occasione era finalmente arrivata: la band che una sera avrebbe dovuto esibirsi per l'intrattenimento serale degli ospiti aveva dato buca all'ultimo, e così Antonella aveva avuto la sfacciataggine di andare nell'ufficio del direttore e offrirsi di sostituirli – senza chiedere niente in cambio se non una fetta di tiramisù.

L'esibizione ebbe così tanti consensi e applausi che il posto le fu offerto come secondo lavoro in pianta stabile. E lei naturalmente accettò. La paga aumentò, la sua fama cominciò a crescere e sempre più persone cominciarono a venire all'hotel per sentirla cantare – fino a quando non arrivò la volta di un produttore pronto ad offrirle un contratto.

Il resto, Giusy più o meno già lo conosceva – lasciò la sua stanza del B&B per trasferirsi in un appartamento, incise il suo primo disco londinese e poi ne fece un secondo, dunque in totale tre, contando quello che aveva lanciato in Argentina con Pedro. Organizzò ben due tour mondiali e per giunta partecipò anche a svariati episodi di tre o quattro serie TV, come guest star della puntata. Aveva persino recitato in un film uscito nelle sale l'anno precedente a dire il vero, interpretando il ruolo di supporto della migliore amica in una commedia romantica a tema natalizio (pellicola che Giusy all'epoca si era categoricamente rifiutata di vedere). Praticamente una carriera di tutto rispetto.

Poi era tornata in Argentina.

Anche Giusy naturalmente aveva raccontato di sé e di quello che le era successo in quei cinque anni, sebbene le sue esperienze fossero molto più limitate. Certo aveva il tempo trascorso all'università alla facoltà di lettere, i corsi che aveva seguito, qualche nuova amicizia, qualche viaggio all'estero e il contratto di stage che le avevano fatto di recente nella redazione di un quotidiano locale – ma nulla di eclatante. Il tempo per lei era passato e basta, in modo mite e tranquillo. Aveva visto tutte le persone attorno a sé realizzarsi e lavorare per la carriera che sognavano mentre lei invece se ne stava lì, ferma a guardare mentre le cose le succedevano. Non poteva dire di stare male o di essere infelice, ma nemmeno di essere particolarmente orgogliosa di sé e dei suoi risultati – la loro scuola dopotutto rischiava la chiusura, mentre il suo impiego in redazione consisteva perlopiù in compiti di archivio e di ricerca, oltre che in un esorbitante numero di fotocopie da fare. Che sicurezza poteva darle tutto ciò sulle sue prospettive future? Era insomma ben lontana dall'indipendenza che Antonella si era conquistata con le sue sole forze.

Giusy naturalmente tutte queste cose non le disse, le lasciò implicite più che altro come suo solito. Antonella allora le aveva chiesto della scrittura e se avesse continuato con le poesie o magari con qualche racconto, e lei aveva mentito spudoratamente dicendo di no e che non aveva tempo. In realtà era un qualcosa di lei che nessuno sapeva e di cui preferiva non parlare, per questo chiuse l'argomento piuttosto in fretta.

Nel corso di quella nottata Giusy si era chiesta più volte se Antonella si sarebbe esposta di più se non avesse saputo che lei ora era fidanzata. Si era chiesta se avrebbe provato ad abbracciarla ancora come aveva fatto quel giorno a casa sua, se avrebbe provato a giocare con i suoi ricci come era solita fare quando stavano assieme, se l'avrebbe presa per mano e se avrebbe magari provato anche a... a... a...

E la cosa peggiore era che Giusy quella notte tutte quelle cose le aveva desiderate veramente, una per una. Per questo adesso si sentiva uno schifo.

Era tornata a casa sua da Nicole che negli ultimi due anni c'era sempre stata per lei, che non l'aveva mai lasciata sola, neanche una volta, che era stabile e risolta e indipendente e la faceva ridere e avevano tantissime cose in comune, obiettivi, valori, ambizioni. E il pensiero di Antonella e di quello che avevano condiviso assieme quella sera l'aveva schiacciata come un macigno, continuando ad opprimerla per tutti i giorni che erano seguiti.

Come era prevedibile, la sua compagna non la prese molto bene. Per quanto stanca, dopo il lavoro Giusy usò ogni pretesto possibile per rincasare nel tardo pomeriggio, il più tardi possibile – la sola idea di affrontare Nicole e ammettere cos'era successo, per quanto “innocente”, le faceva venire il voltastomaco. Alla fine però per l'ora di cena dovette tornare a casa, e ad attenderla vi trovò una bella discussione.

Non era tanto Antonella il problema o il fatto che Giusy avesse passato del tempo con lei, le spiegò Nicole. Capiva che Giusy volesse parlarle, capiva la sua necessità di avere un chiarimento, anzi, era stata lei stessa a suggerirglielo per evitare tensioni al lavoro e che rimanesse dell'irrisolto. Quello che veramente le aveva dato fastidio era che Giusy avesse passato la notte fuori senza avvertirla, senza degnarsi di mandarle un messaggio dimenticandosi completamente della sua esistenza, che a casa c'era qualcuno che la aspettava per il quale lei aveva dimostrato zero considerazione. E aveva ragione, aveva ragione su tutta la linea, Giusy lo sapeva.

Mortificata, la ragazza mora promise allora che tra lei e Antonella non ci sarebbero stati più scambi, che si erano dette tutto ciò che avevano da dirsi e che avevano chiarito, più o meno, motivo per cui adesso le sarebbe stata lontana, a qualsiasi costo. Nicole le rispose allora che non era questo ciò che voleva né lo avrebbe mai pretesto e anzi, se Giusy sentiva il bisogno di misure tanto drastiche avrebbe forse dovuto chiedersi il perché.

L'unica cosa che le chiese fu di rispondere sinceramente a una sola domanda: lei che cosa voleva adesso da Antonella?

Giusy tergiversò un attimo prima di rispondere. Poi disse che non voleva proprio niente. Che il tempo era passato e la sua vita non era più quella di un tempo, che il suo futuro era con Nicole che voleva costruirlo e che con Antonella ormai non c'era più niente che le tenesse legate, che non era il tipo di persona di cui poteva fidarsi.

Quando la sua ragazza le chiese se ne fosse sicura, lei rispose di sì. In fondo Giusy tutte quelle cose le pensava veramente, era la cosa più giusta per sé e per tutti.

Peccato però che quella risposta non aveva fatto i conti con i suoi sentimenti, che infatti nei giorni a venire pensò bene di reprimere.

Mossa dal senso di colpa, a scuola Giusy evitò Antonella il più possibile, fece in modo di non ritrovarsi mai da sola con lei e smorzò ogni suo tentativo di iniziare un dialogo. Smise di presentarsi alle prove del gruppo di musical e prese le distanze dalle iniziative della classe, limitandosi a fare le sue lezioni e correggere i compiti com'era pattuito dal suo contratto. Antonella non insistette né la cercò per telefono. Alla faccia dell'interesse nei suoi confronti... comunque, era meglio per tutti probabilmente, Giusy si ritrovò a constatare con il passare dei giorni. Forse alla fine lo aveva capito pure lei.

Per contro, cominciò a ricoprire Nicole di attenzioni in un modo che non aveva mai fatto nemmeno ai primi tempi della loro relazione. Le preparava il pranzo e la cena tutti i giorni, teneva la casa pulita in modo quasi maniacale, la veniva a prendere al lavoro per riportarla a casa, la ricopriva di regali e organizzò anche diverse serate fuori casa solo per loro. Era determinata a dimostrarle quanto fosse importante per lei la loro relazione e che Antonella ormai per lei non contava più niente, proprio niente.

O forse voleva semplicemente autoconvincersene.

Trascorsero così una decina di giorni. Andare a scuola si faceva ogni giorno più triste, quasi come se Giusy avesse avuto un peso sul cuore. Anche per questo cercava di rimanervici per il meno tempo possibile.

Una mattina però qualcosa attirò la sua attenzione. I ragazzi in classe erano più inquieti del solito, e quel chiacchiericcio tipico del cambio dell'ora rimase persistente anche mentre avevano iniziato a leggere il brano del giorno. Dopo circa una decina di minuti, Giusy si trovò costretta ad interrompere la lezione per chiedere se fosse successo qualcosa. I ragazzi risposero che si trattava di Antonella. Una ragazza spiegò allora che quella mattina l'avevano cercata perché proprio in quei giorni stavano discutendo della selezione di canzoni da portare alla competizione regionale, eppure Antonella a scuola non c'era. Era la prima volta da quando aveva assunto l'incarico che non si presentava, e stando a loro nemmeno il vicepreside aveva idea di dove fosse.

Giusy a quel punto si impensierì. Per essere strano era strano... non era da Antonella. Appena lo seppe si chiese immediatamente se fosse successo qualcosa, e il suo primo istinto fu quello di telefonarle per sapere se andasse tutto bene. Magari poteva avere avuto qualche problema, un guasto alla macchina, un inconveniente imprevisto...

Poi però si disse che non spettava a lei e lasciò perdere la questione, per quanto forzatamente. Richiamò i ragazzi ricordando loro che adesso era l'ora di letteratura e che con Antonella, anzi, con la signorina Bernardi avrebbero avuto modo di parlare più tardi. La sua mente però rimase lì per tutto il resto della lezione.

Una volta terminata la lezione, Giusy si ritrovò combattuta sul da farsi. Non aveva impegni in redazione per quel giorno e a casa Nicole non c'era perché era al lavoro, avrebbe staccato dopo pranzo, nel pomeriggio. Non avendo perciò una vera e propria necessità di essere altrove, ponderò se restare a scuola potesse avere senso per lei o meno. Parlare con Antonella o ancor peggio, telefonarle, non era certo un'opzione, specialmente dopo tutti quei giorni di silenzio. Però magari avrebbe potuto restare nella sala professori per un'oretta e prepararsi le prossime lezioni e le verifiche, fare ricerche sui brani da proporre e cose del genere, e se poi per una qualche coincidenza Antonella nel frattempo sarebbe arrivata dandole la possibilità di sincerarsi che andasse tutto bene, che male avrebbe fatto? Non contava mica come passare del tempo con lei in fondo.

E dunque Giusy fece esattamente così. Si sedette al tavolo di legno al centro della sala professori e tirò fuori le sue cose, il libro e il suo computer portatile, con l'intenzione di preparare il materiale. In trentasette minuti però non riuscì a combinare nulla di buono. La stanza era semi-deserta, oltre a lei c'erano solo un paio di colleghi, uno dei quali uscì dopo circa un quarto d'ora. Per quanto riguardava lei, tutto quello che faceva sembrava infruttuoso, apriva e chiudeva pagine e schede quasi a vuoto, leggeva tre righe e un attimo dopo non ricordava già più niente e soprattutto guardava in continuazione l'ora – e lo schermo del suo telefono. La sua mente sembrava essere stata messa in attesa.

Dopo ben trentasette interminabili minuti la porta della stanza si aprì ed entrò una persona. Era Patty.

Non appena la vide Giusy si alzò in piedi e chiuse libri e computer, avvicinandosi a lei a passo svelto. Non era Antonella, ma magari avrebbe potuto sapere qualcosa su di lei. Da quanto ne sapeva di tanto in tanto passavano del tempo assieme, sia fuori che dentro la scuola. Non che a Giusy interessasse.

“Ciao Patty, tutto bene?” le chiese quindi con un sorriso, mentre l'amica intanto si toglieva la giacca riponendola sull'appendiabiti.

“Tutto bene Giusy, tu?” la bionda rispose con un sorriso, buttando un occhio sul tavolo dove Giusy aveva lasciato le proprie cose. “Sei alle prese con le verifiche?”

“Sì, una specie, siccome ho un po' di tempo libero ne approfitto...” disse l'altra, in maniera vaga. Poi non riuscì più a tenere per sé il pensiero che le affollava la mente e decise di non disturbarsi in inutili convenevoli. “Ascolta per caso sai dov'è Antonella? Questa mattina non è venuta a scuola, è strano perché di solito non manca mai, te lo chiedo giusto perché prima i miei studenti la stavano cercando, mica per altro,” proseguì, appoggiando la schiena alla fila di armadietti mentre il suo sguardo si muoveva frettolosamente per la stanza.

Una sensazione di calore nel petto la invase facendola sentire a disagio. Aveva fatto una semplicissima domanda, più che legittima, eppure si sentiva un'idiota.

Tu guarda che situazione.

Patty nel frattempo aprì il proprio armadietto e cominciò a tirare fuori le sue cose, mentre con disinvoltura raccontava: “Questa mattina mi aveva detto che aveva un appuntamento con una ragazza, non so altro, ma per l'ora di pranzo sicuramente arriverà se vuoi parlarle, anche perché questo pomeriggio abbiamo le prove di musical.”

Un appuntamento?!

Nel sentire quella parola, la mente di Giusy andò completamente in cortocircuito.

Come sarebbe a dire un appuntamento?! Non è possibile!

“Un appuntamento?! Che genere di appuntamento scusa?” chiese di impulso.

“Non lo so Giusy, mi ha solo detto che si vedeva con una ragazza per colazione, non so altro,” le disse Patty, stringendosi nelle spalle. “Se non è ancora arrivata avranno avuto tante cose da dirsi immagino. Perché non glielo chiedi tu stessa quando arriva che appuntamento era?”

Giusy andò su tutte le furie. Un appuntamento per colazione, in una giornata in cui avrebbe dovuto essere a scuola dai suoi alunni, specie in un periodo critico come quello!

Noi rischiamo la chiusura e questa che cosa fa invece di essere presente, se ne va agli appuntamenti con altre donne?! Mi sentirà quella buffona, quella sottospecie di personaggio da circo che non è altro, eccome se mi sentirà!

Forse è solo un presentimento, ma qualcosa mi dice che non te la saresti presa così tanto se Antonella fosse andata a fare la pulizia dei denti...

“Non mi interessa niente di Antonella e dei suoi stupidi appuntamenti,” ribadì, dando una manata agli armadietti alle sue spalle, “penso solo che sia un comportamento molto irresponsabile per qualcuno che dovrebbe fare la preside ed essere un punto di riferimento per i suoi studenti, ma come al solito di lei non ci si può fidare mai, mai!”

Patty, al contrario suo, appariva fin troppo calma, come se non ci fosse stato nulla di male in quel comportamento.

“Giusy i ragazzi la vedono così spesso che tra un po' se la sognano la notte, non essere troppo dura!” la riprese, con una risatina. “Sei tu piuttosto quella che non c'è mai, pensavo che ti piacesse venire alle prove e darci una mano...” fece notare, mentre con la mano destra richiudeva l'anta del proprio armadietto reggendo i libri che le servivano con la sinistra.

Giusy si sentì arrossire e spostò lo sguardo verso la porta d'ingresso.

“È che sono molto occupata Patty, in redazione ho tante cose da fare e poi c'è molto lavoro da fare a casa, sai com'è...” spiegò debolmente. Patty in effetti non aveva tutti i torti.

“Sisi certo per carità, dicevo solo che se volessi saperne di più sull'appuntamento di Antonella potresti venire alle prove e chiederglielo tu stessa, tutto qua,” ribadì l'altra, scrollando le spalle.

“Per l'ennesima volta, non mi interessa degli appuntamenti di Antonella, che si veda pure con tutte le donne di Buenos Aires, sono affari suoi!” esclamò Giusy.

Si rese conto che stava gridando soltanto quando concluse la frase, ritrovandosi con il fiato corto. Osservò il professore ancora seduto al tavolo e si accorse che proprio in quel momento stava uscendo, prendendo una cartellina nera sotto braccio. Se possibile, il rossore sulle sue sue guance aumentò.

“D'accordo, va bene, se lo dici tu...”

Patty a quel punto si allontanò di qualche passo da lei, avvicinandosi al tavolo per posare alcuni libri che aveva e iniziare a rovistare tra cartelline e fogli volanti.

Giusy, seppur titubante, si riavvicinò a lei. Il cuore per qualche ragione le batteva forte nel petto.

“Che cosa c'è?” chiese allora, intuendo che la sua migliore amica stesse omettendo qualcosa. Se c'era altro che Patty sapeva su Antonella Giusy aveva bisogno di scoprirlo, a qualsiasi costo. Ad esempio non le sarebbe dispiaciuto venire a sapere chi fosse quella fantomatica ragazza che aveva visto per colazione, tanto per dirne uno.

“Nono, niente, se non vuoi parlare di Antonella non ne parliamo, per carità,” rispose, in maniera un po' troppo accentuata e caricata per essere naturale.

Giusy fece un sospiro irritato.

“Patty sono la tua migliore amica, lo so benissimo che c'è qualcosa che vuoi dirmi, andiamo sputa il rospo,” la esortò, appoggiando il braccio destro sul tavolo in un punto poco distante dai libri.

Patty a quel punto alzò finalmente lo sguardo su di lei.

“Giusy, non voglio intromettermi tra te e lei però...” esalò, portandosi le mani giunte al petto. “A me non sembra che lei ti sia così indifferente come dici. Lo so che hai sofferto tanto per colpa sua ma credimi che ci sta male anche lei per questa situazione, e non è evitandovi che risolverete i vostri problemi.”

“Questa è una situazione che ha creato lei Patty, e non sono certo io la responsabile dei suoi comportamenti folli,” ribatté l'altra, alzando gli occhi al cielo. Poi, desiderando fuggire da una conversazione che si stava facendo un po' troppo scomoda, Giusy prese la propria borsa e ci infilò dentro il proprio libro di testo e il computer, riponendolo nell'apposita custodia. “Adesso vado che è tardi, e non dire niente ad Antonella di questa conversazione per favore!” si congedò in tutta fretta, poco prima di avviarsi verso la porta.

Desiderava sparire.

“D'accordo, ciao, buona giornata...”

 

Cinque ore dopo, Giusy era di nuovo là.

Beh, non là , là in senso lato, a scuola... nella palestra dove erano da poco cominciate le prove di musical.

Antonella sarà anche una buffona, ma noi non siamo da meno come clown.

Se sono qua è solo per dare un'occhiata ai ragazzi e vedere come procedono le prove, nulla di più. In fondo Patty ha ragione, non sono stata molto presente nell'ultimo periodo.

Clown e racconta palle, i miei complimenti.

In effetti, il suo interesse verso le prove non era proprio del tutto sincero, per non dire che non lo era per nulla. Dopo la sua disastrosa conversazione Patty – a cui andava aggiunta la splendida figura in presenza del collega – Giusy era tornata a casa, aveva fatto un po' di spesa e si era preparato il pranzo. Peccato che il cibo le fosse rimasto tutto sullo stomaco e non fosse riuscita a digerire nulla, i suoi pensieri rimuginavano sulle parole di Patty e quel fantomatico “appuntamento” di cui aveva parlato. Aveva persino provato a guardare i cartoni animati che davano per pranzo in televisione per distrarre la mente, ma a nulla era servito.

Richiamare Patty sarebbe stato inutile, e poi Giusy non l'avrebbe fatto anche solo per una questione di orgoglio. Non le rimanevano poi molte opzioni, o se lo faceva passare in un modo o nell'altro... o ne parlava con la diretta interessata.

La sola idea le faceva venire la nausea, e infatti Giusy fece ogni sforzo possibile per cancellare quel pensiero dalla sua mente: provò a pulire, a mettere in ordine, ma il suo nervosismo non si placava, era come un'anima in pena.

Ripensava alla serata che lei e Antonella avevano condiviso, alle cose che si erano dette, alle parole che Antonella le aveva rivolto...

È questo che vuoi sentirmi dire? Che mi manchi e che mi sei mancata ogni giorno da quando ci siamo lasciate? Perché la verità è questa. Mi manchi e mi sei mancata ogni giorno Josefina Beltran, e anche se non vuoi parlarmi io proprio non riesco a smettere di cercarti. Non ce la faccio.

Giusy aveva fatto il possibile per restare impassibile, ma la verità era che quelle parole l'avevano smossa e non poco. Conosceva Antonella abbastanza bene da sapere con assolutamente certezza che era stata sincera, l'inflessione nella sua voce e il suo tono erano inequivocabili. Eppure adesso Patty se n'era uscita così... qual era la verità? Sul serio tutte quelle belle parole erano solo cazzate? A che scopo poi, visto che Giusy aveva cercato di allontanarla in ogni modo possibile? Possibile che in cinque anni Antonella non avesse mai smesso di cercarla come diceva, e adesso in dieci giorni stesse già frequentando un'altra persona? Aveva bisogno di risposte e in fretta.

Per questo alla fine si era dovuta arrendere e aveva deciso di andare alle prove, seppur neanche questa idea fosse proprio il massimo, tanto più che aveva detto a Nicole che sarebbe venuta a prenderla al lavoro quel pomeriggio. Se fosse rimasta 10-15 minuti Giusy aveva calcolato che avrebbe fatto in tempo a fare tutto, in fondo quel lasso di tempo era più che sufficiente. Le sue intenzioni erano abbastanza semplici in realtà: tutto quello che doveva fare era arrivare nella palestra della scuola, chiedere ai ragazzi come procedessero le cose, scambiare due parole con Antonella e farle presente che i suoi studenti l'avevano cercata quella mattina. Da lì poi avrebbe visto che piega avrebbero preso le cose e in maniera molto discreta avrebbe cercato di indagare... Nulla di troppo difficile, no?

Almeno in teoria.

Nella pratica, Giusy aveva oltrepassato la soglia della palestra da appena sette secondi e già le veniva da vomitare. Un inizio perfetto.

Appena entrata poi le venne in mente che quella era la prima volta in cui vedeva Antonella in veste di vera e propria coreografa dei ragazzi. Nella sua prima settimana si era limitata a fare osservazione, poi aveva indetto la prova eliminatoria e poi Giusy non era più andata alle prove. La cosa era particolarmente evidentemente perché mentre i ragazzi facevano gli esercizi di riscaldamento Antonella era in piedi di fronte a loro a dirigerli, muovendosi con loro a ritmo di musica: aveva legato i capelli in una coda alta ed era vestita con una canottiera bianca dai bordi neri molto attillata e un paio di pantaloncini corti elasticizzati di color rosa intenso – estremamente corti. Le forme e le curve del suo corpo erano bel delineate da quell'abbigliamento e Giusy non appena la vide rimase spiazzata, ferma immobile a pochi passi dall'entrata come uno stoccafisso.

Rimase ferma a fissarla senza neanche rendersene conto, le labbra socchiuse e il respiro mozzato. I suoi occhi si soffermarono sui movimenti di Antonella delle spalle e del collo, la sua clavicola e i muscoli delle braccia... e poi le anche e il bacino stretto, le gambe scolpite e le cosce toniche e... beh, e anche... prima che potesse controllarlo, svariate immagini dei loro trascorsi affollarono la mente di Giusy. Tutte le volte in cui aveva potuto accarezzare la pelle soffice di Antonella ad esempio, raggomitolata con lei nel suo letto. Tutti i baci che le aveva dato, nelle parti del corpo che ora aveva esposte. Tutti i segni che le aveva lasciato, rossi o violacei e ben poco equivocabili.

Poi Antonella si accorse di lei.

Cazzo.

Giusy si voltò immediatamente, quasi come fosse stata colta sul fatto nella scena di un crimine. Si schiarì la gola mentre fingeva di osservare il cellulare che tirò fuori dalla tasca alla velocità della luce, dando le spalle ai ragazzi che si allenavano mentre nel frattempo tentava di calmarsi.

Poi percepì un rumore di passi, che andavano nella sua direzione.

Cazzo.

“Ehilà, chi si rivede, il ritorno del figlio al prodigo,” giunse una voce da dietro le sue spalle, a lei fin troppo familiare. “Che cosa fai da queste parti, ti sei persa?”

Quando si voltò trovò Antonella in piedi poco distante da lei, che la fissava con la sua coda di cavallo e un sorrisino sulle labbra quasi compiaciuto.

“Molto spiritosa,” ribatté Giusy, tentando di non agitarsi. “Ero solo curiosa di vedere come andavano le prove, ma visto che ti diverti a fare sarcasmo me ne vado...” disse, quasi senza riflettere.

La sua avanzata verso l'uscita fu però presto interrotta.

“Aspetta aspetta aspetta,” la bloccò Antonella, afferrandole il polso. Giusy si voltò di scatto, sentendosi quasi bruciare sotto il suo tocco. Abbassò lo sguardo sulla mano di Antonella mentre un brivido le percorreva la schiena, e allora la ragazza la lasciò andare all'istante, facendo un passo indietro. “Sono contenta che tu sia venuta,” le disse, con un piccolo sorriso. “Rimani almeno per dare un'occhiata, no? Cinque minuti.”

“Giusto cinque minuti, ho molto da fare oggi,” biascicò Giusy.

“Sì, non fatico a crederlo...” l'altra mormorò in risposta, cominciando a camminare nuovamente verso la classe. Giusy la seguì e si accorse in quel momento che Antonella aveva chiesto a uno degli studenti di portare avanti il riscaldamento, facendosi temporaneamente sostituire.

“E con questo cosa vorresti dire?” chiese la mora, contrariata da quel tono sarcastico.

“No, niente, lascia stare...”

Giusy incrociò le braccia al petto e le si parò davanti.

“Antonella.”

“Son settimane che non ti fai vedere Giusy, sei stata praticamente inghiottita dagli abissi,” le fece notare Antonella, inarcando un sopracciglio. “Credevo di poter contare su di te e che ti facesse piacere essere coinvolta nel gruppo di musical, ma evidentemente mi sbagliavo.”

“Te l'ho detto, è che sono stata occupata...” obiettò Giusy, seppur debolmente. Poi abbassò lo sguardo a terra.

“Mi stai evitando.”

“Non è assolutamente vero!”

“Sì che lo è,” ribadì l'altra. “Comunque non importa, sei libera di fare come credi lo sai, non hai nessun vincolo che ti tiene legata a me o ti obbliga a stare qui dopo il lavoro,” mise in chiaro.

“Questo lo so benissimo,” obiettò Giusy. “Se sono qui adesso è perché lo voglio. E per la cronaca, è vero che voglio essere coinvolta nel gruppo di musical,” insistette.

D'accordo, forse non era stata proprio un asso nel dimostrarlo, e anzi in questi pochi minuti che stava passando con i ragazzi in palestra Giusy aveva già incominciato a pentirsi della sua prolungata assenza, specie perché aveva iniziato a seguire e supportare il gruppo nelle prove dall'inizio dell'anno. Aveva dato ad Antonella la propria parola sulla sua partecipazione, e poi si era ritratta senza spiegazioni né avvisi...

In poche parole, qualsiasi cosa lei facesse era sempre quella sbagliata.

“Ah sì? Beh mi sembra un po' strano, considerando che lavoriamo nello stesso posto e questa è la prima volta che ti presenti in due settimane, ” le fece notare Antonella per tutta risposta.

“Veramente sono passati dieci giorni,” precisò la mora.

“È uguale. Considerando che siamo state sveglie a parlare fino alle sei del mattino l'ultima volta che ci siamo viste, mi sarei aspettata di rivederti un po' prima di dieci giorni,” ribatté Antonella. “Ma evidentemente devo aver frainteso.”

Poi la ragazza si allontanò temporaneamente. Giusy la seguì con lo sguardo e la vide impartire istruzioni alla classe sui prossimi esercizi da svolgere, che consistevano nello stretching di braccia e gambe.

Giusy, rimasta interdetta da quella risposta diretta e incerta sul da farsi, si guardò attorno per qualche istante. Poi raggiunse di nuovo Antonella, per continuare la conversazione.

“Le cose non sono così semplici Antonella...” disse in un sussurro. “Non basta una notte per rimediare a cinque anni di assenza. E poi lo sai benissimo che adesso sono fidanzata, sono impegnata con un'altra persona in questo momento,” tenne a ricordarle, mentre arrossiva lievemente.

“E questo che c'entra scusa?” obiettò Antonella. “Non mi sembra di averti chiesto niente da quel punto di vista né di essere stata inopportuna. Credevo solo che quello che abbiamo condiviso l'altra notte avesse un significato per te perché per me è stato importante, ma forse non è così,” concluse, lasciando ricadere le proprie braccia lungo i fianchi.

“Certo che ha avuto valore per me, che cosa credi?” Giusy si affrettò a precisare. “Non rimarrei certo sveglia a parlare per tutta la notte con il primo che passa. Sono stata bene con te l'altra notte Anto, e tanto anche...” confessò, abbassando la voce. Il viso di Antonella a quelle parole si illuminò, i suoi occhi si accesero. Giusy dovette sforzarsi moltissimo per reprimere il sorriso che minacciava di incurvarle le labbra. “Però te l'ho detto, le cose sono complicate.”

“E allora semplifichiamole,” concluse Antonella. “Se tu stai bene con me e io sto bene con te, che cosa ci vieta di passare del tempo assieme quando il lavoro lo richiede?” le chiese, avvicinandosi a lei di un passo.

“È inutile che usi quel tono con me, io ti conosco,” la ammonì Giusy, sforzandosi di sembrare seria mentre sorrideva come una scema.

“Quale tono scusa? Non so di cosa tu stia parlando,” negò Antonella, inarcando un sopracciglio in segno di sfida mentre sogghignava.

“Lo sai benissimo invece,” ribadì Giusy, facendo un altro passo verso di lei quasi senza rendersene conto. “E comunque non mi sembra di essere l'unica che è stata impegnata, se proprio vogliamo dirci le cose in faccia,” riuscì finalmente a dire, approfittando del confronto.

Antonella le rivolse un'espressione confusa.

“Di che stai parlando?”

“Non far finta di niente,” la riprese Giusy, ansiosa di arrivare al nocciolo della questione. “Patty mi ha detto tutto, lo so benissimo che questa mattina non eri a scuola perché avevi un appuntamento con una ragazza,” l'accusò, pur senza volerlo.

Antonella inarcò le labbra in un sorrisetto enigmatico.

“E con ciò? Non mi sembra che ci sia una legge che vieta di prendere appuntamenti in questo paese,” la stuzzicò.

“No, infatti non c'è, dicevo solo che come io ho i miei impegni mi sembra che anche tu abbia il tuo bel da fare,” Giusy le rispose a tono. Sapeva benissimo che erano entrambe perfettamente consapevoli di ciò a cui in realtà stavano facendo riferimento, ma Giusy non le avrebbe dato la soddisfazione di cedere e chiederglielo apertamente. Soprattutto non quando Antonella non aspettava altro, com'era evidente.

“C'è forse qualcosa che mi vuoi chiedere, Josefina Beltran?” domandò allora quest'ultima, con tono provocatorio.

“Io? No, affatto, perché cosa dovrei chiederti scusa?” rispose Giusy, con un falso sorriso innocente.

“Non lo so, visto il tuo tono di voce, sembrava quasi che volessi saperne di più sul mio 'appuntamento' di questa mattina,” disse allora Antonella, facendo le virgolette con le dita sulla parola appuntamento. “Se sei curiosa non devi fare altro che domandare mia cara,” la invitò, inclinando la testa di lato.

“Io non sono affatto curiosa, anzi, non mi interessa per niente!” ribadì Giusy, facendo un altro passo verso Antonella. Si rese conto solo in quel momento della loro distanza ravvicinata, di quanto vicino fosse il viso di Antonella al proprio – e di quanto facile sarebbe stato per lei toccarlo. “L'ho detto così, tanto per dire...” proseguì, abbassando lo sguardo sulle labbra dell'altra ragazza per una frazione di secondo. Di colpo Giusy si sentì arrossire, mentre si sforzava di scacciare via tutti i pensieri che non avrebbe dovuto fare.

“D'accordo, allora visto che non ti interessa non ti annoierò con i dettagli, non preoccuparti,” rispose Antonella, mantenendo il suo tono provocatorio. “Anzi, grazie di avermelo ricordato perché c'è una cosa importante che devo dire alla classe.”

Così dicendo, la ragazza si allontanò da lei e cominciò a battere le mani, con l'obiettivo di attirare l'attenzione.

“Un attimo di attenzione per favore,” annunciò. I ragazzi interruppero subito il riscaldamento e si voltarono verso di lei. “Prima di cominciare le prove quest'oggi ho un annuncio da fare: domenica prossima andremo tutti ad esibirci alla casa di riposo Santa Margarìta, per cui se avete impegni cancellateli e fate in modo di esserci. Fate conto che sia una prova generale in vista delle regionali, per cui la partecipazione è obbligatoria, pena l'esclusione dalla gara e dalla squadra. Vi consiglio caldamente di impegnarvi e prendere questa cosa sul serio, anche perché non solo ci ospitano ma ci offrono pure il pranzo, vedete di meritarvelo,” li ammonì Antonella.

Mentre un coro di proteste e reazioni quantomeno scettiche si levava dal gruppo, Giusy aggrottò le sopracciglia e fissò con sguardo interrogativo la sua collega.

Qual era il senso di questa cosa? Per carità, esibirsi in una casa di riposo era di per certo una bella cosa, ma Giusy conosceva bene Antonella e sapeva che non lo avrebbe mai fatto se non avesse pensato che dietro ci fosse un senso o un fine più ampio.

“Ci andremo e basta e ci servirà per vincere e migliorarci, fatela finita con le vostre lamentele o prima di iniziare le prove vi faccio fare dieci giri dell'auditorium,” li minacciò Antonella, zittendo in un colpo solo tutte le proteste e le lamentele. “Tutto quello che dovete sapere,” proseguì poi, nel silenzio venuto a crearsi, “è che questa cosa è un'iniziativa proposta da una persona che mi è molto cara, per cui vedete di non farmi fare brutte figure per piacere,” concluse.

Giusy rimase di sasso.

Un'iniziativa proposta da una persona che mi è molto cara...

Doveva essere legato alla donna che Antonella aveva incontrato quella mattina, ne era sicura! Possibile che lei fosse tanto impulsiva da portare la classe in una casa di riposo solo per fare bella figura con una ragazza che aveva appena iniziato a frequentare? Il solo pensiero fece ribollire a Giusy il sangue nelle vene. Doveva esserci per forza un'altra spiegazione, per forza. Temeva però che ci fosse un unico modo per andare al fondo della questione...

“Allora oggi che fai, ti fermi con noi?” le domandò poi Antonella, mentre i ragazzi si preparavano a cominciare le prove.

Giusy annuì. Nicole l'avrebbe vista direttamente a casa, in fondo se per un giorno non la passava a prendere non era certo la fine del mondo.

“Sì, mi fermo volentieri,” confermò. “Anzi, se sei d'accordo domenica prossima potrei venire con voi, così Patty e mio fratello si riposano un po',” le propose infine.

Probabilmente era una pessima idea, anzi, sicuramente era una pessima idea. Ciononostante, Giusy non avrebbe potuto sopportare l'idea di farsi consumare dal dubbio senza mai ricevere una spiegazione su tutta quella storia.

“D'accordo, ne sarei molto felice,” Antonella rispose con un sorriso.

In fondo era soltanto una domenica in una casa di riposo.

Che cosa sarebbe mai potuto succedere?




Nota dell'autrice:

Rieccoci qua con le mie due pagliacce preferite 😂
Come al solito, questa parte doveva essere formata da due capitoli, dunque questo capitolo secondo i piani doveva contenere anche altre cose, ma visto che stiamo andando per le lunghe l'ho dovuto dividere in tre, sono sorpresa? Nemmeno un po'.
Grazie a chi legge e supporta la storia, apprezzo sempre molto 🥰

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Capitolo 19
*** IX.Parte seconda: Pericolosa banda criminale ***


L'autobus arrivò alla casa di riposo che erano da poco passate le dieci. La tratta era durata poco più di mezz'ora, ma a Giusy ogni secondo era sembrato un'eternità. Specialmente accanto ad Antonella.

Aveva cercato di scucirle qualche informazione in tutti i modi che le erano venuti in mente negli scorsi giorni, ma Antonella era stata una sfinge – per sua sfortuna. L'aveva osservata con grande attenzione cercando di notare qualche suo cambiamento o qualche telefonata imprevista, ma purtroppo non era stata in grado di captare nulla. In compenso però Giusy le aveva fatto compagnia alle prove sia giovedì che venerdì pomeriggio cercando di aiutarla nella gestione del gruppo – e si era presto resa conto che Antonella aveva per le mani una bella gatta da pelare.

I componenti erano stati ridotti a circa una ventina di studenti, e oltre a diversi abbandoni nella squadra c'erano stati anche dei nuovi arrivi, due ragazzi e due ragazze che inizialmente non avevano voluto partecipare al corso di musical, pur avendo talento da vendere. Antonella doveva essersi accorta di loro osservando le lezioni e per questo aveva costretto tutti gli studenti a fare la prova, Giusy aveva realizzato in un secondo momento. Soltanto che la cooperazione non era semplice. C'erano nuovi equilibri, c'erano persone che non volevano dividere il palco con i nuovi senza esperienza, c'era chi rimpiangeva i compagni che se n'erano andati... insomma, l'atmosfera non era proprio delle migliori e questo naturalmente inficiava anche sulla performance e la coordinazione.

Chissà come sarebbe andata nella casa di riposo, pensava Giusy tra sé e sé. Proprio in quel momento le porte dell'autobus che aveva da poco parcheggiato si aprirono: la ragazza si alzò e prese il proprio giubbotto primaverile, poi scese le scale e si avviò verso l'uscita. Antonella le venne dietro, e mentre i ragazzi lentamente si radunavano, sbadigliavano e si stiracchiavano, una figura vicina all'entrata si avvicinò a loro salutando con la mano.

A Giusy ci volle qualche istante per riconoscerla. Sebbene i suoi capelli biondi fossero diventati molto più lunghi, l'espressione del viso e i suoi occhi verdi erano sempre gli stessi.

“Giusy, da quanto tempo, che bello vederti!”

A pochi passi da lei, Caterina la osservava con un sorriso raggiante.

Perfetto, ancora una volta sono stata fregata.
...

 

“Ho saputo che Antonella era tornata qui in Argentina quasi per caso e così appena siamo riuscite a trovare un momento libero ci siamo viste, sembra passato un secolo!” raccontò Caterina, mentre il gruppo faceva il suo ingresso nella struttura.

Antonella e Giusy guidavano la fila di studenti, accompagnate da Caterina che indicava loro la strada.

“Ma tu pensa, che bella notizia,” commentò la mora, palesemente sarcastica.

“Caterina adesso lavora qui, per questo le ho rifilato i ragazzi oggi,” spiegò Antonella, mentre camminava alla destra della sua ex compagna di classe.

“Ci siamo aiutate a vicenda in realtà. Il gruppo di teatro che doveva venire ad esibirsi oggi pomeriggio ha dato forfet all'ultimo, e così mentre Antonella mi raccontava dei problemi che state avendo con i ragazzi mi è venuta l'idea di utilizzarvi come supplenti,” proseguì Caterina.

E grazie a questa idea del cavolo ora mi ritrovo a passare la domenica bloccata qui con Antonella. Grazie tante Caterina.

“Senza offesa Caterina, ma io non penso che esibirsi in una casa di riposo possa cambiare di molto le cose,” ribadì allora Giusy, le braccia conserte mentre si guardava attorno per il corridoio.

“E chi ha parlato di esibirsi?” rispose Antonella, inarcando un sopracciglio.

Giusy osservò la sua collega per alcuni istanti, presa alla sprovvista.

“Sentiamo, che cos'hai in mente questa volta?”

Caterina fece per rispondere, ma Antonella allungò una mano nella sua direzione e la ragazza si zittì immediatamente. Proprio come ai vecchi tempi.

“Aspetta e vedrai. Abbiamo preparato per loro una bella sorpresa,” disse Antonella, senza sbilanciarsi oltre.

“E non mi dicevi niente?!”

“Tutto a tempo debito mia cara.”

Giusy sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Tipico di Antonella, quell'atteggiamento criptico e misterioso. Quanto non la sopportava quando faceva così.

“Di che cosa ti occupi qua Caterina? Avevo sentito che stavi studiando psicologia se non sbaglio,” disse poi Giusy, rivolgendosi all'altra ragazza. Nel corso degli anni non si erano mantenute granché in contatto, per non dire per nulla.

“Sì infatti tra qualche mese mi laureo, mi resta solo un esame e la tesi, però nel frattempo guadagno qualcosa lavorando qua come animatrice,” raccontò Caterina.

“E ti piace, ti trovi bene?”

“Diciamo che non mi lamento, è divertente stare con gli anziani. Con il passare del tempo ho capito che molti di loro hanno solo bisogno di qualcuno che li stia a sentire,” disse.

“Un po' come tutti del resto,” aggiunse Antonella. Poi il gruppo si fermò, davanti ad una porta chiusa. Antonella si voltò verso Caterina. “Allora, procediamo?”

 

Ancora una volta Antonella se n'era uscita con una delle sue. Altro che auditorium ed esibizioni, quando la classe fece il suo ingresso nel laboratorio che avevano predisposto ad attenderli trovarono tutt'altro – e Giusy conoscendola non avrebbe nemmeno dovuto sorprendersene.

All'interno della sala molto spaziosa c'erano una serie di tavoli molto grandi, sui quali erano stati messi oggetti e cianfrusaglie di varia natura: tubi di cartone, fogli di compensato, cassette di legno, vecchi vasi di fiori, barattoli di latta, lattine, bottiglie di plastica, e poi una serie di attrezzi come matite, righelli, forbici, colla, martelli, cacciaviti e altri oggetti da lavoro di cui Giusy sinceramente non conosceva nemmeno i nomi. Che diamine stava succedendo?

Fu allora che Antonella e Caterina spiegarono il senso della loro presenza lì: in linea di massima era vero che i ragazzi si sarebbero esibiti, però lo avrebbero fatto creandosi base e strumenti a partire da zero, con gli oggetti che avevano a disposizione – perlopiù materiali di scarto che avevano trovato in giro per la struttura. Alcuni degli anziani si erano offerti di fare loro da mentore e aiutarli nella procedura, avendo esperienza nella lavorazione del legno e altri lavoretti fai-da-te.

A nulla valsero le proteste degli studenti, chiaramente. C'era chi se ne voleva andare dicendo che era una perdita di tempo, chi si lamentava perché aveva compiti da fare e materie da studiare. Antonella li zittì tutti in un colpo solo, spiegando che l'autobus prima delle quattro e mezza del pomeriggio non sarebbe tornato a riprenderli, e tornare in città da soli era semplicemente impossibile. E così, pur con riluttanza, si misero a lavorare in piccoli gruppi, seguiti dagli anziani che passo dopo passo li guidavano nella costruzione degli strumenti.

Seppur scettica, Giusy trascorse circa un'oretta a girare tra i banchi per osservare come procedevano le cose, facendo da mediatrice durante le discussioni. Il malcontento generale sembrò paradossalmente unire i ragazzi, che inizialmente collaboravano per finire il lavoro il più in fretta possibile. Chi aveva più manualità riusciva a cavarsela piuttosto bene, e quando i primi strumenti cominciavano a prendere forma, come ad esempio legnetti, maracas e tamburelli, chi era riuscito a realizzarli li suonava con orgoglio attirando tutti gli altri attorno a sé, per cantare e ballare in gruppo.

Si stavano divertendo, Giusy constatò con sollievo. Era da tanto che non capitava alle prove... e allora, in un baleno, l'intento di Antonella le apparve chiaro come il sole. Parlando di Antonella, Giusy si guardò attorno e realizzò allora che la sua collega non era da nessuna parte. Doveva essere uscita dalla sala, per qualche motivo. Incuriosita, Giusy decise di allontanarsi momentaneamente per cercarla – non che desiderasse parlarle, voleva soltanto verificare che stesse bene.

Non le ci volle molto per trovarla. Uscita nel cortile interno della struttura, i suoi occhi videro immediatamente Antonella seduta al sole, su una delle panchine del piccolo giardinetto allestito. Giusy la raggiunse e le si sedette vicino, mentre quest'ultima alzò lo sguardo dal telefono che reggeva tra le mani per rivolgerle un'occhiata leggermente perplessa.

“Lo sai, per essere la loro insegnante non stai dando il buon esempio,” convenne Giusy, incrociando le braccia al petto. “Te ne stai qui con le mani in mano senza alzare un dito, dovresti metterti alla prova anche tu.”

La ragazza mora evitò il suo sguardo, preferendo fissare la piccola aiuola davanti a loro con tanti fiori colorati che balzavano in avanti e qualche piccolo alberello. Per qualche ragione le metteva allegria.

“Io? Ma per favore, lo sanno tutti che sono negata,” rispose Antonella, con uno sbuffo. “Rischierei come minimo di tranciarmi un dito, e poi ho le mani delicate certe cose non posso farle,” si giustificò, esagerando come suo solito.

Giusy inarcò un sopracciglio e si voltò verso di lei, un sorrisetto divertito abbozzato sul viso.

“Ah hai le mani delicate?” la prese in giro, facendole il verso.

“Sì, le mani delicate e una pelle molto sensibile,” ribadì Antonella, quasi con orgoglio.

“Lo sai, avrei tanto voluto vedere come facevi quando eri costretta a lavorare,” disse la mora, scuotendo la testa. Poi però pensò che avrebbe desiderato sul serio essere stata accanto ad Antonella nel corso di tutti quegli anni, e un'ondata di malinconia la colpì. Giusy distolse lo sguardo.

“Non era un bello spettacolo, te lo assicuro,” replicò Antonella, con un mezzo sorriso.

Poi calò il silenzio. Giusy sospirò e si alzò in piedi, continuando a tenere le braccia conserte. Per un attimo pensò che avrebbe dovuto andarsene e tornare a dare un'occhiata alla classe, sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Qualcosa però la trattene.

“Avresti potuto dirmelo di Caterina,” sbottò, dopo alcuni istanti di esitazione. Poi si girò nuovamente. “Che ti eri vista con lei l'altro giorno, dico. Da come me l'aveva messa Patty sembrava quasi che tu...” disse, lasciando la frase in sospeso.

“Che io?” chiese Antonella, inarcando un sopracciglio.

Aveva capito benissimo, Giusy lo sapeva. E lei, come un'idiota, per l'ennesima volta era cascata nel suo giochetto.

“Lasciamo perdere,” disse contrariata, facendo per andarsene.

Antonella però la bloccò e si alzò in piedi, e Giusy si fermò di nuovo.

“Che io mi fossi messa a frequentare una ragazza durante l'orario di lavoro?” chiese, inclinando la testa di lato. “Avresti potuto chiedermelo, se ci tenevi a saperlo.”

“Non sono affari miei, puoi frequentare chi ti pare per quanto mi riguarda,” mise in chiaro Giusy.

“E a te darebbe fastidio?” domandò per contro Antonella, facendo un passo verso di lei.

Giusy lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e sostenne il suo sguardo, non volendo dargliela vinta.

“È un paese libero, puoi fare quello che vuoi.”

“Non è una risposta questa.”

Rimasero in piedi faccia a faccia a guardarsi per diversi istanti, come se fossero state entrambe in attesa di un qualcosa di indefinito.

Poi, Giusy sospirò e fece un passo indietro.

“Sarà meglio che torni dentro, chissà che combinano quei selvaggi se li lascio da soli per troppo tempo,” osservò, alzando gli occhi al cielo.

“Perché non mi insegni tu?” le chiese allora Antonella. “Io ho provato a stare dietro alle spiegazioni ma ho fatto un disastro, magari in due riusciamo a combinare qualcosa.”

“La cosa non mi sorprende sai?” la prese in giro Giusy, con evidente sarcasmo.

“Stai cercando di insinuare qualcosa, Josefina Beltran?”

“No, io non insinuo niente, te lo dico chiaro e tondo che con te ci vorrebbe un miracolo,” replicò, strappando ad Antonella una piccola risata.

“O magari non ho ancora trovato una persona che mi spieghi come fare nel modo giusto,” ribatté l'altra.

Giusy la osservò per qualche istante, indecisa sul da farsi. Stare vicina ad Antonella era una pessima idea, di questo ne era sicura. D'altro canto però ormai erano là, e avevano ancora parecchie ore da trascorrere assieme. Aveva davvero senso continuare ad evitarla?

“E va bene, andiamo. So già che me ne pentirò,” annunciò con un sospiro.
...

 

Quando Antonella diceva di essere negata nei lavori manuali, Giusy scoprì presto che non esagerava affatto. Provarono a dare una mano a una coppia di ragazzi che stavano realizzando un paio di maracas utilizzando delle lattine e dei manici in legno, ma l'esito fu a dir poco disastroso – nonostante il processo fosse relativamente semplice. Tutti i tentativi di avvitare i manici da parte di Antonella risultavano in un completo fallimento e per poco la ragazza non fece cadere tutto per terra causando un gran fracasso, tra le risate dei ragazzi. Anche Giusy si divertì a prenderla in giro, e più Antonella protestava più lei ci prendeva gusto, divertendosi nel vedere le sue smorfie sconsolate.

Giusy le propose allora un qualcosa che fosse più alla sua portata e così, guardando tra gli strumenti che avevano a disposizione, utilizzarono una scatola di yogurt vuota per creare un piccolo tamburo, fissando al posto del coperchio un piattino di plastica che ritagliarono affinché fosse della misura giusta e poi incollarono ad un cartoncino arancione, per dare un po' di colore – scelta artistica di Antonella, naturalmente. Con del nastro adesivo assemblarono il tutto e così, perlomeno, conclusero la mattinata con un qualcosa di concreto in mano.

La pausa pranzo ebbe inizio all'una, e si decise di dare ai ragazzi tempo per riposarsi e staccare la spina fino alle tre. Poi avrebbero fatto qualche prova generale e si sarebbero esibiti tutti assieme in aula magna, per tutti gli ospiti della struttura. Giusy non era del tutto sicura che sarebbero riusciti a uscirne facendo una figura dignitosa, però ormai non avevano nulla da perdere – e in un certo qual modo, nemmeno le importava. I ragazzi si stavano divertendo da matti e sembravano anche più uniti, era questa la cosa più importante.

Dopo pranzo il gruppo si spostò all'esterno, nel prato che circondava la struttura. Era una bella giornata di sole primaverile e il tempo era magnifico, era un peccato starsene rintanati al chiuso. Giusy se ne stava sdraiata al sole, utilizzando il proprio giubbotto come telo. La ragazza osservava i suoi alunni svagarsi nei modi più disparati – un gruppetto di ragazzi aveva preso in prestito un pallone per improvvisare una partitella di calcio, qualcuno da seduto li osservava e faceva il tifo, altri ancora giocavano a rincorrersi e un gruppo di ragazze si era radunato all'ombra di un albero in quella che aveva tutta l'aria di essere una sessione di gossip in piena regola. Antonella era seduta su una panchina con alcune ragazze, a Giusy sembrava che stessero cantando, forse intonando qualcuna delle loro canzoni, ma a causa della lontananza non riusciva a distinguere con chiarezza il suono.

Ad un certo punto però lo sguardo di Antonella incontrò il suo. Giusy le sorrise. Vide allora Antonella dire qualcosa alle ragazze accanto a sé, poi si alzò. Stava venendo nella sua direzione. Per qualche ragione, un brivido le percorse la schiena.

“Ehilà,” la salutò Giusy, abbozzando un mezzo sorriso.

Antonella distese la propria giacca sul prato accanto a quella di Giusy e si sdraiò di schiena, lo sguardo rivolto alle nuvole sopra le loro teste.

“Ehi.”

“Che cosa fai qua?” le chiese la mora, voltandosi verso di lei.

“Non si vede? Prendo il sole. Non sono esattamente il tipo da partita di calcio,” disse Antonella, riferendosi ai ragazzi che stavano giocando poco distanti da loro. “Tu però probabilmente saresti brava.”

“Io?” ripeté Giusy, con un sospiro di disappunto. “Solo perché mio fratello è un giocatore professionista non significa certo che anche io sia capace, magari fosse così semplice,” le ricordò.

“Veramente non lo dicevo per quello,” spiegò l'altra, aumentando la curiosità della mora. “Ti ci vedrei bene sul serio sai, avresti la grinta necessaria secondo me. E poi staresti bene con la divisa.”

Giusy arrossì al complimento e distolse lo sguardo, fissando a sua volta le nuvole bianche.

“E tu che cosa faresti, la ragazza pompon?” chiese con ironia.

“Perché no, se ti servisse un po' di incoraggiamento mi presterei volentieri,” scherzò Antonella.

Poi calò il silenzio. Giusy chiuse gli occhi. Tutto sembrava pacifico, ogni cosa sembrava al suo posto. Il venticello fresco tra i capelli era estremamente rilassante, così come la sensazione del prato sotto la sua schiena.

“Lo sai, odio ammetterlo ma hai avuto una buona idea a venire qua,” ammise, dopo qualche istante. “A scuola ultimamente c'era troppa tensione durante le prove, al minimo errore si passava subito alle urla in faccia... non sono stati mesi facili. Guardali adesso invece,” concluse, con un sospiro. Antonella non disse nulla, e ci fu allora una breve pausa. Poi, Giusy proseguì: “Da quando te ne sei andata ogni anno è andata sempre peggio per la scuola, Ines non ce la faceva davvero più. Se non fossi arrivata tu penso che probabilmente avrebbe chiuso e basta,” raccontò, stringendosi nelle spalle.

“Io sto cercando di fare il possibile ma non so se sarà sufficiente per vincere,” ribatté Antonella. “Lo spero ovviamente, però non sarà semplice. Tu credi che se fossi rimasta sarebbe cambiato qualcosa?”

Sarebbe cambiato tutto.

Giusy aprì gli occhi e girò lo sguardo verso Antonella. Scoprì così che quest'ultima si era voltata verso di lei e ora stava distesa su un fianco, scrutandola con un sorriso. Decise quindi di fare lo stesso e si girò a sua volta, sdraiandosi su un fianco per osservare l'altra ragazza.

“Non importa adesso,” disse Giusy. “Hai fatto quello che era più giusto per te, non avresti mai fatto carriera se fossi rimasta qua per sempre. Hai fatto bene a partire, non serve che ne parliamo ancora.”

“Adesso sono qua però. Non me ne vado più,” le assicurò Antonella, con voce flebile.

Poi, la ragazza chiuse gli occhi e appoggiò la testa sopra la propria mano destra, come fosse stata un cuscino. Giusy la guardò e si lasciò sfuggire un sorriso. Le era sempre sembrato incredibile il modo in cui una persona energica e caotica come lei apparisse tanto calma e innocente quando dormiva. La cosa non era cambiata nel tempo, constatò Giusy.

Rimasero così per un lasso di tempo indefinito: Antonella riposava con gli occhi chiusi e Giusy la osservava con estrema attenzione, come se il suo viso fosse stata un'opera d'arte dalla quale era stata rapita. Tutto il resto divenne secondario.

Si accorse ad un certo punto che alcuni capelli di Antonella le cadevano sulle labbra, e Giusy istintivamente allungò una mano verso il suo viso per rimuoverglieli, pensando che potessero darle fastidio. Si trovò così ad accarezzarle involontariamente la guancia e le labbra, arrossendo nel farlo in modo vivido. Antonella allora aprì gli occhi e incontrò il suo sguardo, le rivolse un sorriso ed esalò un sospiro assonnato. Giusy sentì il suo cuore battere all'impazzata, e si sentì colpevole, come colta in flagrante sulla scena di un crimine.

Per fortuna quel momento fu interrotto dall'arrivo di Caterina, che disse loro che la sala prove della struttura era pronta e da lì a breve avrebbero potuto iniziare. Prima di andare via però la ragazza le guardò con un sorriso raggiante e si chinò a terra, aggiungendo: “Sapete ragazze, sono davvero contenta per voi. Sul serio.”

“Che cosa vuoi dire Caterina, scusa?” chiese Antonella, inarcando un sopracciglio.

Giusy condivideva appieno la sua confusione.

“Beh, voi due, che siete tornate insieme,” spiegò, come fosse stata la cosa più naturale del mondo.

Giusy la osservò sconcertata, spalancando gli occhi e socchiudendo le labbra. Come diavolo faceva Caterina a sapere che lei e Antonella un tempo erano state una coppia?! E soprattutto, chi diavolo le aveva detto che erano tornate assieme quando non era affatto vero? Ci mancava solo che si spargessero in giro voci false e le venissero a sapere le persone che lei conosceva, specialmente Nicole! Che figura ci avrebbe fatto?!

D'improvviso, la ragazza sentì una morsa gelata impadronirsi del suo stomaco.

“Ops, forse non dovevo dirlo?” chiese Caterina, che evidentemente colse in quel silenzio un campanello d'allarme.

“Le hai raccontato di noi?! Chi altri lo sa?” sbottò allora Giusy, mettendosi seduta di scatto mentre lanciava ad Antonella un'occhiata furiosa.

“Io non le ho detto niente, te lo giuro!” replicò l'altra, tirandosi su a sua volta.

“Giusy non ti arrabbiare per favore, Antonella sta dicendo la verità,” spiegò Caterina. Giusy a quel punto la osservò con scetticismo. Se non glielo aveva detto Antonella, da chi altri lo era venuta a sapere? Non c'erano poi tante opzioni, in fondo.

Captando la sua perplessità, Caterina si affrettò dunque a spiegare con lieve imbarazzo: “Io, ecco, diciamo che in un certo senso l'ho sempre saputo.”
...



 

Cinque anni prima

Tutto iniziò in un giorno di grande tristezza. Caterina era disperata, certa del fatto che presto avrebbe dovuto lasciare la scuola – anzi, molto peggio, sarebbe stata addirittura cacciata, vuoi perché la sua famiglia non aveva più un soldo o perché i suoi voti facevano pena. Alan, il suo ragazzo, aveva provato a offrirle aiuto con lo studio molte volte, ma lei a causa del suo lavoro era sempre troppo stanca per mettersi con la testa sui libri, riusciva a malapena a ricordare il proprio nome ogni volta che tornava a casa dai turni massacranti, segnata dalle caviglie a pezzi e una grande stanchezza fisica e mentale.

Messa con le spalle al muro, Caterina si era ritrovata senza possibilità di scelta. O farsi espellere o barare, non c'erano altre soluzioni. E così, presa dalla disperazione, si introdusse nella sala professori quando, almeno in teoria, avrebbe dovuto essere vuota. E fece ciò che andava fatto. L'adrenalina era salita alle stesse e per pochi momenti Caterina pensò di essere al sicuro. Poi però ci fu l'incontro con Giusy e Antonella, e il mondo le cadde addosso. Vergognandosi come una ladra della sua situazione fu costretta ad ammettere tutto, pronta ad accettarne le conseguenze. Da Antonella e Giusy però arrivò ciò che mai si sarebbe aspettata: un aiuto. Caterina osservò l'amica quasi impietrita mentre si offriva di mantenere il riserbo su ciò che aveva appena scoperto e aiutarla economicamente. Sembrava quasi un'altra persona.

L'Antonella a cui lei era abituata l'avrebbe per prima cosa umiliata e derisa, possibilmente davanti a tutti. Lei che aveva una carriera di successo, un contratto con una casa discografica importante ed era reduce da un tour nelle principali città dell'Argentina non avrebbe dovuto avere nulla a che spartire con una ragazza di diciassette anni costretta a fare la cameriera per aiutare i genitori in difficoltà. Invece, contro ogni aspettativa, Caterina trovò nello sguardo di Antonella qualcosa che la ragazza raramente aveva mostrato in precedenza: comprensione.

Era tutto così strano che Caterina stentava a crederci. Stava aspettando Antonella per fare la strada di ritorno a casa assieme a lei così che nel tragitto potessero chiarirsi meglio, ma per qualche ragione quest'ultima tardava ad arrivare. E così, nell'attesa, qualcosa nella mente di Caterina cominciò a divenire sempre più bizzarro. Più ci pensava, di fatto, più ciò che era successo non aveva alcun senso.

Come avevano fatto Antonella e Giusy a scoprire del suo inganno? Caterina era stata più che sicura che il corridoio fosse stato vuoto quando era entrata nella sala professori, e dentro non aveva visto nessuno, se ne sarebbe accorta se le due fossero state nei paraggi. E poi, ammettendo che fosse vero... che cosa ci facevano Giusy e Antonella assieme? A malapena si sopportavano, come mai Antonella aveva detto che “passavano di lì per caso”? Sembrava quasi che ci fosse qualcosa che stavano nascondendo di proposito, qualcosa che Antonella aveva scelto di non dire.

Mordendosi il labbro, Caterina pensò che forse avrebbe dovuto farsi gli affari propri e accettare l'aiuto che le era stato offerto tanto generosamente. Poi però pensò che se anche Antonella e Giusy si fossero fatte gli affari propri lei a quest'ora starebbe ancora annegando. E così, Caterina fece marcia indietro e scelse di non tornare a casa, per il momento. Vide dunque con la coda dell'occhio, poco distanti dalla scuola, Antonella e Giusy che camminavano assieme, fianco a fianco. Sembravano andare da qualche parte l'una in compagnia dell'altra, il che era molto strano considerando quanto non si sopportassero. Che cosa stava accadendo?

La curiosità ebbe la meglio e così Caterina le seguì, fino al bar in cui entrarono assieme. Da quando quelle due erano amiche e si frequentavano fuori da scuola, senza dirlo a nessuno?!

Nelle settimane seguenti Caterina continuò a tenerle d'occhio, rivolgendo di tanto in tanto ad Antonella domande innocenti solo in apparenza, con l'obiettivo di saperne di più. Poi, con il passare del tempo, tutto divenne sempre più chiaro. Il modo in cui Antonella in un modo o nell'altro ricercava sempre la presenza di Giusy, i piccoli momenti di contatto fisico che avvenivano tra loro quando pensavano di non essere viste, gli sguardi rubati, tutte le volte in cui Antonella arrossiva senza motivo, la sua insistenza nel passare la pausa pranzo assieme alle popolari, e ogni volta sempre seduta vicino a Giusy, come se quel posto le appartenesse di diritto. E poi quella volta in cui Antonella uscì fuori dalla classe di colpo durante la lezione di danza e Giusy praticamente le si precipitò dietro... Caterina non aveva certezze, ma nemmeno poi molti dubbi: quelle due non stavano nascondendo una semplice amicizia.

Il tutto culminò nel giorno delle prove per la prova eliminatoria, in cui Antonella, palesemente infastidita dal fatto di non essere stata messa in gruppo con Giusy, continuava a fissare il telefono in maniera quasi ossessiva – sicuramente in attesa di un suo messaggio. La sua frustrazione era così grande che alla fine, esasperata, Antonella costrinse tutti loro poveretti a dirigersi a casa di Giusy in incognito, a suo dire per “spiare la loro coreografia”. Se Caterina conosceva almeno un po' la sua amica, avrebbe scommesso qualsiasi cosa sul fatto che Antonella fosse gelosa marcia e in preda ad una delle sue manie isteriche di controllo. Già, povera Giusy.

E poveri anche loro, visto che adesso lei, Patty, Santiago e Felipe si ritrovavano tutti rannicchiati dietro le siepi del giardino di casa di Giusy, ad osservare chissà che cosa quando avrebbero semplicemente potuto suonare il campanello, come le persone normali. Ad Antonella però comportarsi da persona normale non era mai piaciuto, lei il modo di distinguersi lo trovava sempre.

Caterina ne ebbe la conferma quando la vide balzare in piedi tutto d'un tratto, per dirigersi verso la parete della casa su cui si trovava la finestra della camera di Giusy. Patty si alzò a sua volta in piedi e la seguì, e Caterina rimase lì a guardarle sconcertata, innocente spettatrice del disastro che da lì a poco si sarebbe verificato davanti ai suoi occhi.

“Ragazze che state facendo?! Si può sapere dove andate?!” le chiamò, passandosi una mano tra i capelli biondi. Poi esalò un sospiro di rassegnazione.

“Per me è completamente pazza,” commentò Santiago.

Caterina restò con lui e Felipe in disparte e assieme osservarono Antonella e Patty arrampicarsi e dimenarsi sulla tettoia di casa di Giusy, muovendosi in modo goffo mentre parlottavano tra loro. Una scena del genere era quasi surreale, persino per Antonella.

Naturalmente tutta quella confusione fu subito notata: dopo neanche un minuto la porta di ingresso si aprì e uscirono fuori Alan, Pia e Luciana, che si guardarono attorno con espressioni attonite. Caterina poteva capirli.

“Qualcuno ci spiega cosa sta succedendo?” domandò Alan, alzando lo sguardo verso l'alto in direzione di Patty e Antonella.

“Che stai facendo lassù Antonella?” proseguì Luciana. La ragazza inarcò un sopracciglio con un sorrisetto quasi divertito e incrociò le braccia al petto.

Caterina si morse il labbro e sospirò, poi scambiò un'occhiata di intesa con Santiago e decise di venire fuori e farsi avanti. Tanto peggio di così...

In quello stesso momento sentì un fruscio di foglie provenire da lì vicino, come se qualcosa si fosse mosso di scatto. Pia, accanto a Luciana, indicò d'istinto il punto in cui Caterina si trovava, e quest'ultima si sentì arrossire, come fosse stata colta sul fatto.

“Felipe!” esclamò tuttavia Pia, continuando ad indicare lo stesso punto. “Felipe lo so che sei tu, ti ho visto non provare a nasconderti!”

Caterina aggrottò la fronte e, allo stesso tempo, emise un sospiro di sollievo. Almeno Pia non ce l'aveva con lei e questo già di per sé era un sollievo, ma perché mai le interessava di Felipe? Come se in tutta quella storia proprio Felipe fosse la parte più assurda.

“Che cosa siete venuti a fare qua?” continuò Pia, tutta rossa in viso. “Mi stavi spiando?”

Il ragazzo biondo intanto venne fuori dal suo nascondiglio, a piccoli passi. Era quasi esilarante la scena: teneva le braccia leggermente alzate in aria, come un criminale stanato dalla polizia con i fari puntati addosso. La pericolosa banda criminale dello spionaggio di coreografie, pensò Caterina tra sé e sé con un piccolo sorriso.

“P-Pia, io posso spiegarti,” balbettò lui.

“Caterina, anche tu qui?”, aggiunse Alan, inarcando un sopracciglio.

“Veramente ci sarei anche io, anche se non mi nota nessuno,” obiettò Santiago, facendo cadere le braccia lungo i fianchi con fare un pochino teatrale.

“Bene, adesso che abbiamo fatto l'appello qualcuno vuole spiegarci che cosa ci fate qua?” sibilò Luciana, con la sua solita acidità.

“Ah non guardate noi, è stata Antonella a...” cominciò Caterina, indicando con l'indice della mano destra verso l'alto in direzione di Patty e Antonella, ora prese da una qualche specie di strana acrobazia.

“Pia, s-sono stato io a voler venire,” la interruppe Felipe, con una convinzione nella voce che Caterina prima d'ora non gli aveva mai sentito. La ragazza lo guardò stupefatta. “Ti ho vista con Alan nella foto e no... e non ci ho visto più,” dichiarò lui, facendo un respiro profondo. “Tu v-vuoi a-ancora stare con lui, vero?” le chiese, le guance tutte rosse come se avesse appena fatto uno sforzo immane.

Caterina si morse il labbro e dovette trattenersi dal ridere. Pia e Alan?! Ma che stava blaterando Felipe? Forse Antonella lo aveva contagiato con la sua pazzia quel giorno, non c'era altra spiegazione.

“Felipe ma che stai dicendo?!” rispose Pia, con un sorriso nervoso. Poi si guardò attorno e i suoi occhi incontrarono lo sguardo perplesso di Caterina. “Scusate ragazzi non fate a caso a lui, non sa quello che dice è evidente.”

“Io m-mi sono stancato Pia,” ribadì Felipe, se possibile in maniera ancora più convincente di prima. “Se tu vuoi stare con me, allora devi dimostrarmelo. N-non voglio più fare il fidanzato segreto, adesso b-b-basta!”

Fidanzato segreto? Aspetta un secondo...

Caterina guardò prima Felipe e poi di nuovo Pia, e a giudicare dall'espressione sconcertata e piena di imbarazzo di lei capì subito come stavano le cose.

Tuttavia, non appena aprì la bocca dallo stupore un grido acuto proveniente dall'alto interruppe la scena.

“Antonella!”

Poi, l'impatto.

La figura di Antonella cadde a terra dal tetto come un sacco di patate, di fronte allo sguardo attonito di Caterina. Fu solo grazie alla sua solita fortuna che la sua amica riuscì a salvarsi: Santiago, che si trovava proprio lì sotto la tettoia, ebbe la prontezza di fare un balzo in avanti e la prese al volo. Non riuscì però a mantenersi in equilibrio e così caddero entrambi in avanti, finendo tra l'erba e la polvere.

Attorno ai due si venne a creare un silenzio di tomba.

Antonella si tirò su e si mise a sedere sul prato, gli occhi di tutti i presenti puntati su di lei, come se fossero stati tutti in attesa di una sua spiegazione.

“Beh, che avete da guardare? È la prima volta che vedete una persona cadere da un tetto?”

“Un grazie sarebbe gradito,” mormorò Santiago, rialzandosi in piedi. La sua felpa arancione era tutta piena di polvere ora.

Antonella invece rimase a terra. Caterina la osservò preoccupata e si chinò su di lei.

“Antonella, va tutto bene?” le domandò, cercando di vedere se fosse ferita. Il suo ginocchio di fatto stava sanguinando, ma oltre a quello non sembrava avere altre ferite per fortuna. Probabilmente sarebbe riuscita a cavarsela con poco.

Alan, Pia e Felipe la seguirono a ruota, erano tutti preoccupati per Antonella e Santiago e in pochi istanti venne a crearsi un brusio lì attorno, tant'è che ad un certo punto non si capiva più niente a furia di parlare l'uno sopra l'altro.

“Aspettate un secondo,” li interruppe Luciana, rimasta in disparte. Caterina si voltò verso di lei, e le voci si zittirono di colpo. “Sbaglio o Felipe ha appena detto di essere il fidanzato segreto di Pia?” ricordò, con un sorrisetto malizioso sulle labbra. Quella ragazza ci godeva proprio a creare guai certe volte.

“Che cosa?! Pia, è la verità?” domandò Antonella, osservando la sua amica con la bocca semi aperta. Pia rimase in silenzio e abbassò lo sguardo a terra con fare colpevole, per cui Antonella da lì a poco la sollecitò: “Allora?”

“Io non volevo che lo scop...” cominciò Pia, ma ancora una volta la scena fu interrotta da un rumore di passi incalzante e una voce.

“Antonella!” gridò Giusy, facendosi largo tra il gruppo – praticamente spinse via Alan e Pia senza nemmeno voltarsi, per fortuna Caterina ebbe la prontezza di spostarsi appena in tempo. Giusy si inginocchiò a terra di fronte ad Antonella e la strinse in un abbraccio, chiuse gli occhi e con un sospiro di sollievo appoggiò la testa sulla sua spalla. Era un'impressione di Caterina, o le stava strofinando la schiena? Antonella impiegò qualche secondo a ricambiare il gesto. Avvolse le braccia attorno alla schiena di Giusy con fare goffo e imbarazzato mentre arrossì leggermente in volto.

Già, mi ci gioco tutto, queste due stanno assieme. Antonella non si sarebbe mai fatta abbracciare da nessuno in questo modo e per giunta davanti a tutti senza minacciare di tagliargli un braccio.

Con la coda dell'occhio, Caterina notò che Lucas aveva seguito Giusy e ora anche lui si era aggregato al gruppo.

“Come stai, ti sei fatta male?” domandò Giusy, una volta sciolto l'abbraccio. Si sedette per terra e mise le mani sulle spalle di Antonella mentre la fissava con uno sguardo pieno di apprensione. “Non hai battuto la testa, vero?”

“Giusy, sto bene non ti preoccupare, Santiago mi ha presa al volo,” spiegò Antonella, distogliendo lo sguardo. “Pia stava per dirci una cosa importante...” l'aggiornò, concentrando la sua attenzione sull'amica.

Giusy aggrottò la fronte e si voltò verso Pia, al che Caterina e tutti gli altri fecero lo stesso.

“Che cosa?”

Pia fece un lungo sospiro. Caterina la guardò con un sorriso di incoraggiamento, sperando di mandarle energia positiva.

“E va bene,” disse, prendendo coraggio. “Felipe è il mio fidanzato. Sono mesi che ci frequentiamo, è iniziato tutto quel giorno a casa di Giusy quando è mancata la corrente e siamo rimasti da soli in cucina. Diciamo che da quel momento abbiamo iniziato ad uscire assieme,” raccontò, rossa in faccia come un peperone. I suoi occhi erano incollati ad Antonella, come se la sua reazione fosse una questione di vita o di morte.

“P-Pia però non ha voluto dirlo a ne-a nes-suno perchè, perché si vergognava,” aggiunse Felipe subito dopo.

E Caterina poteva capirla, eccome se la capiva. Quante volte anche lei in passato aveva mentito o nascosto cose ad Antonella per vergogna o paura della sua reazione, quella ragazza sapeva essere terribile quando voleva, era bravissima a umiliare e distruggere pubblicamente le persone. Ricordava ancora i giorni in cui le aveva imposto di infiltrarsi tra le popolari e poi era stata costretta a lasciare le divine, era stato uno dei periodi più brutti per lei sinceramente, pieno di tristezza e solitudine. Anche per quel motivo Caterina era stata più determinata che mai a tenere nascoste le sue difficoltà economiche, nonostante Antonella in realtà alla fine avesse deciso di aiutarla. Chissà se con l'influenza di Giusy piano piano qualcosa in lei sarebbe finalmente cambiato.

“No aspetta Felipe, non è vero che mi vergognavo!” lo corresse Pia. “È che sapevo che se Antonella lo avesse scoperto mi avrebbe costretta a lasciarti e io non volevo scegliere tra te e le mie amiche...” disse, confermando i sospetti di Caterina.

“Che cosa vuoi dire scusa?” domandò Antonella, inarcando un sopracciglio.

“Beh, mi sembra ovvio,” rispose Pia. “Un conto è Alan che suona la chitarra e fa parte di una band, un conto è Felipe che è timido e balbetta... Se si fosse sparsa la voce che io e lui stiamo insieme non mi avresti più permesso di essere tua amica Anto, mi sembra ovvio.”

Antonella socchiuse le labbra e per qualche secondo fece silenzio. Sembrava quasi dispiaciuta, come se le parole di Pia l'avessero fatta riflettere. O perlomeno Caterina se lo augurava.

“È davvero questo quello che pensi Pia?”

“Perché, non è così?”

“Certo che non è così,” obiettò Antonella, con particolare decisione. “Che vuoi che me ne importi se stai con Alan o con Felipe o con chissoio, a me basta che tu sia serena e che ti faccia rispettare.”

A Caterina per un istante sembrò di intravvedere un piccolo sorriso sulle labbra di Giusy.

“Antonella ha ragione Pia,” intervenne poi, alzandosi per raggiungere l'amica, “avresti dovuto parlarcene, siamo tue amiche. Nessuno dovrebbe vergognarsi di stare con la persona che ama, che sia balbuziente o disabile o un uomo o una donna, l'amore rimane amore ed è una cosa normalissima, non c'è nulla di strano.”

Caterina le fece una carezza sul braccio in segno di conforto, e Pia per tutta risposta l'abbracciò, con un grande sospiro di sollievo. Doveva essere un peso che si portava dietro da tempo, pensò Caterina tra sé e sé. Nel frattempo osservò le reazioni di Giusy e Antonella alle sue parole – che non aveva certo scelto a caso, ovviamente – e vide che le due si stavano scambiando un'occhiata silenziosa; Giusy per qualche istante si morse il labbro inferiore, il suo viso parlava da sé.

Certo che adesso è un bel pasticcio per loro. Se conosco Antonella non ce la farà mai a dire la verità a tutti e Giusy non può mica accettare di stare insieme in segreto per sempre. Ho la sensazione che questa storia finirà con un gran casino in un modo o nell'altro.

“Ben detto tesoro,” aggiunse poi Alan, mettendo un braccio sulla spalla di Caterina.

“Quante melansaggini, direi che per oggi ho visto abbastanza,” commentò Luciana, con il suo solito cinismo.

Caterina sciolse l'abbraccio e alzò gli occhi al cielo, ma prima che potesse rispondere una voce dall'alto si inserì nella conversazione in maniera del tutto inaspettata.

“Pia, Felipe, sono molto felice per voi, sul serio!”

Fu solo in quel momento che il gruppo si ricordò dell'esistenza Patty, seduta sulla tettoia con le gambe che penzolavano.

“Patty, che fai ancora lassù?” chiese Giusy, con una piccola risata.

“Beh il fatto è che non so come fare a scendere,” rispose l'altra, con completa nonchalance.

“Ci penso io, vieni Patty ti prendo al volo,” si offrì Lucas, avvicinandosi alla tettoia e aprendo le braccia per prenderla.

Così, mentre Patty veniva giù in sicurezza, Giusy tese una mano ad Antonella e la aiutò a rialzarsi.

“Bene, direi che con questo possiamo chiuderla qua con le prove per oggi, che ne dite?” propose, trovando il consenso generale. Anche Caterina aveva voglia di andare a riposarsi, e così il gruppo si avviò verso casa di Giusy così che gli altri potessero prendere le proprie cose. “Ci penso io a medicare Antonella,” si offrì poi.

“Non ho bisogno di essere medicata, sto bene,” protestò l'altra, che tuttavia continuava ad appoggiarsi a Giusy per reggersi in piedi.

“Non ci provare, stai sanguinando!” la riprese la mora, indicando il ginocchio pieno di sangue e graffi.

“È solo una sbucciatura che vuoi che sia, cammino benissimo guarda,” minimizzò Antonella, che tuttavia venne tradita dalla propria espressione di dolore mentre tentava di camminare da sola. Tornò allora ad appoggiarsi a Giusy, che prontamente la sorresse e le cinse la schiena.

“Tu non ti muovi da casa mia finché la tua ferita non sarà disinfettata e adeguatamente fasciata, non provare ad opporti!” la avvertì, in tono perentorio.

Antonella sbuffò. “Quante storie,” disse, alzando gli occhi al cielo.

“Ah hai pure il coraggio di lamentarti?!”

“Nono, io non ho detto niente,” mormorò, alzando gli occhi al cielo.

Era la prima volta che Caterina vedeva Antonella così remissiva e docile, che qualcuno riusciva ad imporsi su di lei e domarla. Era proprio vero che l'amore faceva miracoli.

Arrivati dentro casa, Alan, Lucas, Pia e Luciana presero le proprie cose in salotto e si rivestirono mentre Caterina, Felipe, Patty e Santiago li aspettavano per andar via tutti assieme.

“Noi andiamo un attimo in cucina a prendere del ghiaccio, voi fate pure con comodo,” si congedò Giusy, sparendo con Antonella nella stanza accanto.

Caterina sapeva che non avrebbe dovuto, ma la curiosità era più forte di lei. Soprattutto quando vide che le due ragazze nella fretta avevano lasciato la porta della stanza accostata, probabilmente rassicurate dal fatto che gli altri di là erano tutti impegnati. E così, senza dare nell'occhio, si avvicinò pian piano alla piccola fessura per osservare cosa stava succedendo.

Non si sorprese neanche un po' nel vedere Antonella e Giusy di nuovo abbracciate, le mani di Giusy che accarezzavano i capelli di Antonella mentre la stringeva a sé. Quest'ultima invece aveva gli occhi chiusi e teneva il viso appoggiato contro l'incavo del collo di Giusy, completamente a proprio agio tra le braccia della sua vecchia rivale. A Caterina sembrava ovvio che fossero entrambe abituate a quel tipo di vicinanza fisica.

Giusy dopo un po' sussurrò qualcosa all'orecchio di Antonella, poi subito dopo le diede un bacio sul lobo dell'orecchio, un altro sulla guancia e infine un altro ancora sulle labbra, che Antonella ricambiò immediatamente. Caterina le osservò con occhi sgranati, scoprendo così con assoluta certezza che tutte le sue teorie erano giuste, Antonella e Giusy erano amanti! Per quanto avesse avuto i suoi sospetti, vederle assieme in un momento di tenerezza la lasciò comunque abbastanza sorpresa, se non altro per via di tutti i loro trascorsi e di tutte le volte in cui invece si erano fatte la guerra.

“Non preoccuparti, sto bene, dico sul serio,” riuscì a cogliere la voce di Antonella, una volta che le due si furono staccate. La ragazza prese le mani dell'altra e cominciò ad accarezzarle.

Giusy le rivolse allora un'occhiata severa.

“Sappi che sono molto arrabbiata con te, appena gli altri se ne vanno facciamo i conti, non te la caverai così questa volta,” l'avvertì, con tono minaccioso. “Devi promettermi che è l'ultima volta che ti metti in pericolo in modo così stupido, mi hai capito? Se ti succedesse qualcosa non lo so come farei,” proseguì, mentre nel frattempo le portò alcune ciocche di capelli dietro l'orecchio.

“Te lo prometto,” rispose Antonella, annuendo. “Non è successo niente, vieni qua,” disse, catturando di nuovo le labbra di Giusy in un altro bacio che l'altra ricambiò. Giusy allora lasciò andare le mani di Antonella per accarezzarle il viso e le guance, mentre Antonella nel frattempo la strinse nuovamente a sé.

Caterina sorrise e decise di allontanarsi, era il loro momento dopotutto, era giusto che lei non si intromettesse.

Mentre si allontanava da casa di Giusy assieme ad Alan e gli altri Caterina si domandò come sarebbe andata a finire quella strana storia d'amore, se Antonella alla fine sarebbe stata in grado di trovare il coraggio di lottare per la persona che amava.

L'unica cosa che poteva dire con certezza era che lei tifava per loro.



Nota dell'autrice:

Pia che anche nel momento del suo big reveal viene comunque messa in ombra da Antonella e il tutto passa in secondo piano è qualcosa che vedrei molto anche nella serie 🤣
Ho già preparato i dialoghi del prossimo capitolo, ho iniziato a lavorare e studiare contemporaneamente e questo rallenta molto i tempi di scrittura purtroppo ma farò il possibile per continuare ad aggiornare in tempi decenti. Nel prossimo capitolo in particolare faranno la comparsa due vecchie conoscenze di Giusy 👀 stay tuned!
Grazie a chi supporta la storia e sta ancora leggendo 🥰

 

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Capitolo 20
*** IX.Parte terza: Non ho mai... ***


Tempo presente

 

Quando Giusy varcò la soglia di casa di Antonella quella sera, il suo primo pensiero fu chiedersi chi diamine glielo stesse facendo fare.

Antonella e i ragazzi avevano terminato da poco la competizione regionale di musical, che si era conclusa con la loro vittoria e un bel trionfo su tutta la linea – Giusy in realtà su questo non aveva mai avuto dubbi. Dopo l'uscita alla casa di riposo il clima alle prove era migliorato nettamente, il gruppo era diventato più unito e affiatato e anche l'esecuzione delle coreografie ne aveva risentito. Giusy li aveva seguiti ogni giorno durante l'ultima settimana prima della gara ed era estremamente orgogliosa di tutti i passi avanti che avevano fatto in così poco tempo, pareva quasi un miracolo. Detestava ammetterlo, ma Antonella era brava in quello che faceva e in fatto di leadership e carisma aveva delle doti naturali, era riuscita a tirare fuori da ogni membro del gruppo tutto il loro potenziale e valorizzarlo al massimo, lasciando tutti a bocca aperta. E così, alla fine, si erano qualificati per le nazionali.

Quel giorno a vedere la gara Giusy aveva visto Caterina, Patty e suo fratello seduti tra il pubblico, ma non erano gli unici ad essersi palesati. A quanto pare la voce del ritorno di Antonella si era sparsa velocemente, era una vera e propria celebrità a quanto pareva, e così alla fine erano venuti anche Pia, Sol, Belen, Fabio, Bruno, Santiago e Alan a fare il tifo per loro. Dopo la gara le avevano subito raggiunte dietro le quinte per congratularsi con loro – non che a Giusy tutto ciò avesse dato fastidio ovviamente, cioè, forse una piccola parte di sé avrebbe preferito restare sola con Antonella e godersi il momento con lei, però in fondo non aveva poi tutta questa importanza. E così tra una chiacchiera e l'altra a Bruno era venuta l'idea di organizzare una rimpatriata e festeggiare tutti assieme la vittoria quella sera, e tutti gli altri gli erano subito venuti dietro, chiamando anche gli altri ex compagni assenti per organizzare una vera e propria festa. Era sabato sera dopotutto, potevano permetterselo. E tutto questo dove? A casa di Antonella, naturalmente! Fabio aveva subito incoraggiato l'idea, spiegando che adesso Bianca viveva con il suo compagno in un appartamento in centro mentre lui stava in una stanza in affitto assieme ad altri ragazzi, motivo per cui a casa loro ci stava solo Antonella.

Giusy, che conosceva a memoria tutte le espressioni facciali della sua ex ragazza, aveva visto per un attimo una breve incertezza a quella proposta, come se ci fosse stato un qualcosa, un pensiero di qualche tipo a trattenerla. Poi però alla fine aveva accettato, e per qualche ragione lo aveva fatto anche Giusy, spinta soprattutto dalle insistenze delle sue amiche e di suo fratello. Per un attimo si era chiesta se forse anche Antonella avrebbe voluto, cioè, magari avrebbe avuto in mente di chiederle di... beh, non aveva alcuna importanza adesso.

Una volta rientrata a casa aveva cenato rapidamente insieme a Nicole, che a sua volta era rincasata da poco dopo aver passato il pomeriggio fuori con amici. Avevano deciso di approfittare della bella giornata primaverile per fare una gita al lago, alla quale in teoria avrebbe dovuto partecipare anche Giusy, se non fosse che aveva rifiutato per accompagnare i ragazzi alla gara insieme ad Antonella. L'atmosfera tra loro era diventata più tesa da quando Giusy aveva ripreso ad andare alle prove, o perlomeno, Giusy si era fatta più distante verso di lei, e sapeva che la sua compagna non era scema e doveva averlo notato, anche se non diceva niente. Probabilmente stava aspettando che fosse lei a parlargliene, e Giusy sapeva che avrebbe dovuto farlo al più presto. Soltanto che adesso, ora come ora non lo sapeva nemmeno lei che cosa dirle.

Il ritorno di Antonella non l'aveva lasciata indifferente, ormai non aveva più senso negarlo, e per quanto Giusy avesse provato a sfuggirle e tenerla lontana, in qualche modo poi tornava sempre da lei. Per questo quando era con la sua ragazza Giusy si sentiva incredibilmente in colpa, in colpa per tutti i momenti che lei e Antonella trascorrevano assieme a scuola, in colpa per le farfalle che sentiva nello stomaco ogni volta che Antonella la guardava o le sorrideva, in colpa perché anche quando non erano assieme Giusy la pensava spesso, praticamente sempre. In colpa perché il desiderio di restare sola con lei ogni giorno si faceva più difficile da reprimere, e la sua voglia di combatterlo diminuiva sempre più. La sola idea di guardare negli occhi Nicole e ammettere tutte queste cose le faceva venire il magone e una voglia incredibile di sprofondare sotto terra, però allo stesso tempo non riusciva a fingere con lei, e così si trincerava dietro un silenzio pieno di sensi di colpa.

Quella sera a cena le cose non erano state tanto diverse. Lei e Nicole si erano raccontate brevemente le rispettive giornate, e quando quest'ultima le aveva proposto di guardare assieme un film sul divano Giusy aveva sentito un brivido correrle lungo la schiena nel dirle che, beh, fondamentalmente sarebbe andata a casa di Antonella. Cioè, non aveva usato quelle parole ovviamente, aveva spiegato che i suoi compagni di classe avevano organizzato una rimpatriata e che Patty e suo fratello l'avevano praticamente costretta ad accettare, e così ormai aveva preso l'impegno – il fatto che fosse a casa di Antonella era soltanto un piccolo dettaglio marginale.

Giusy sapeva benissimo che avrebbe potuto chiedere a Nicole di venire con lei, anzi, forse se fosse stata una brava fidanzata avrebbe dovuto farlo senza pensarci. E invece rimase in silenzio, ancora una volta, e sperò con tutta sé stessa che la sua compagna non dicesse niente, perché se le avesse chiesto di accompagnarla non avrebbe saputo che scusa inventarsi. Nicole però non era mai stata gelosa verso di lei e non era il tipo da auto-invitarsi per cui non aveva detto niente, anzi, al contrario aveva commentato dicendo di essere particolarmente stanca e che da lì a poco sarebbe andata a letto probabilmente. Giusy però lo sapeva che era una bugia, sapeva benissimo che aveva capito la situazione e aveva fatto finta di niente, e questo l'aveva fatta sentire ancora più in colpa, tant'è che ad un certo punto si era anche chiesta se forse non avesse dovuto rinunciare.

Poi però alla fine Patty e suo fratello erano arrivati a prenderla e l'avevano praticamente trascinata in macchina, e adesso eccola là, in procinto di entrare a casa di Antonella con la consapevolezza di essere la peggiore fidanzata di tutta l'America latina.
...

 

La serata procedeva senza intoppi, anzi, tutto filava in modo incredibilmente liscio, persino più liscio di quanto Giusy si era immaginata. Anche Tamara era riuscita a venire alla fine, Giusy e le altre non la vedevano da un bel po' di tempo da quando la sua carriera di attrice e modella era decollata, e così le Popolari al completo si erano riunite. Giusy aveva trascorso circa un'oretta a chiacchierare con loro, aveva sgranocchiato qualche snack – giusto qualche d'uno – e bevuto un paio di bicchieri con le sue compagne – d'accordo, forse un po' più di un paio, ma in fondo che male c'era? Erano tutte adulte adesso. Era felice di rivedere Tamara e ascoltare il resoconto dei suoi viaggi in Europa, le novità sulla sua carriera d'attrice e tutte le chicche sui film che aveva girato, anche perché non capitava spesso che la sua amica si fermasse a Buenos Aires a lungo e così negli anni Giusy e le altre si erano un po' distaccate da lei, purtroppo.

Matias, Alan e gli altri erano passati a salutare e scambiare due chiacchiere di tanto in tanto, e poi c'erano anche Guido e Gonzalo che però Giusy aveva giusto salutato da lontano, loro erano rimasti con Bruno e Fabio e Antonella, Pia e Luciana da un'altra parte della sala, avevano ballato un po' tutti assieme e poi si erano messi a giocare a birra pong – non che Giusy avesse prestato attenzione o altro o avesse segretamente tifato per Antonella da lontano. Beh, dati i trascorsi di Fabio e Tamara e le doppie corna che lui le aveva messo, prima con Emma e poi addirittura con l'ex dalla Spagna, Guadalupe, era normale che Tamara non avesse voglia di avere nulla a che fare con lui, e così Giusy e le altre per solidarietà non potevano certo unirsi a loro, no? E Antonella per tutto quel tempo non era neanche passata a salutarle né altro, era rimasta là a farsi i fatti suoi con i suoi amici o a ballare, e poi erano andati tutti da lei a parlarle in continuazione e Giusy non aveva avuto neanche un attimo per scambiare due chiacchiere o... Beh, meglio così in fondo, no? Lei si faceva i fatti suoi con le Popolari mentre Antonella era quella che si godeva la popolarità – come al liceo in pratica.

E proprio come al liceo, Giusy ne era incredibilmente frustrata.

Almeno adesso sappiamo dare un nome a questa cosa, si chiama gelosia.

Non sono gelosa di Antonella, figurati se mi interessa con chi parla o chi non parla. È solo che non mi sembra giusto che tutte queste persone si intromettano in una cosa nostra mentre lei se ne sta là e mi ignora, potrebbe almeno passare a salutarmi o chiedermi se voglio qualcosa da bere, insomma, è come se neanche esistessi per lei! Non mi sembra giusto.

Per l'appunto, sei gelosa. Se vuoi le sue attenzioni potresti alzarti e andare tu a parlarle, non mi sembra così difficile. Tamara capirà se ci allontaniamo per dieci minuti, no?

Ma nemmeno morta, non sarò certo io a correrle dietro! Se le interessa di me come dice sarà lei a venire da me. Anzi, sai cosa ti dico, da adesso la ignoro anch'io, sarà come se manco esistesse!

In questo caso dovremmo smetterla di fissarla allora, perché se continuiamo a guardarla così sarà un po' difficile dimenticarsi della sua esistenza.

Con un sospiro di rassegnazione, Giusy si alzò in piedi di colpo e disse alle sue amiche che sarebbe andata nella cucina a prendere altri snack e alcolici – gli alcolici per sé stessa, principalmente, ma questo dettaglio lo omise. Aveva bisogno di cambiare stanza e allontanarsi da Antonella, o di lì a poco sarebbe impazzita.

E così, detto fatto si allontanò dal gruppo ed entrò nella cucina vuota, cominciando a radunare alcune delle cose rimaste sul tavolo di quello che avevano portato i ragazzi e a frugare tra i cassetti alla ricerca di bottiglie di alcolici. Poco dopo però sentì un rumore di passi e si accorse così di non essere più sola, qualcuno doveva averla seguita dentro la stanza. In un attimo si girò per scoprire chi fosse, pensando che magari, forse, ad entrare fosse stata proprio – no, niente, era solo Luciana.

“Luciana? Che diavolo ci fai qui?” chiese, aggrottando un sopracciglio.

“Ti do una mano con gli snack, non sapevo fosse vietato,” spiegò l'altra ragazza, avvicinandosi al tavolo. Giusy non ci badò e proseguì invece con la sua ricerca, ma intravide con la coda dell'occhio il ghigno malizioso che si era formato sulle labbra della sua ex compagna di classe e capì che non prometteva nulla di buono.

“Come mai questo muso lungo?” le chiese infatti, poco dopo.

Ecco, per l'appunto. Giusy si strinse nelle spalle e continuò ad evitare il suo sguardo.

“Di che cosa parli?”

“Siamo a una festa Giusy, rilassati un po' una buona volta,” le disse Luciana, avvicinandosi a lei. Poi appoggiò una mano sul bancone della cucina, poco distante da dove Giusy si trovava. “Beh, sempre che non ci sia qualcosa che ti sta dando fastidio ovviamente,” proseguì, con il suo solito tono allusivo ed estremamente irritante.

“In quel caso saresti l'ultima persona a saperlo, fidati,” rispose Giusy, cercando di tagliare corto. Poi, nell'aprire uno dei cassetti in alto riuscì finalmente a trovare una bottiglia di tequila e i suoi occhi si illuminarono. La ragazza la prese e la portò sul tavolo, insieme al resto degli snack che aveva radunato.

Luciana, disgraziatamente, la seguì in ogni suo movimento. Evidentemente si stava annoiando da morire per decidere di importunarla a tal punto. Possibile che non avesse davvero nulla di meglio da fare quella sera che accettare l'invito a quella stupida festa?!

“Vediamo se indovino allora,” proseguì a torturarla. “Secondo me ti dà fastidio che Guido e Gonzalo ti hanno ignorato di brutto stasera. Ho indovinato, vero? Scommetto che brucia non essere più al centro dei loro pensieri,” la provocò, inclinando la testa di lato.

Giusy fece un respiro profondo e impose a sé stessa di rimanere calma. Non le era chiaro il motivo per il quale Luciana stesse facendo tutto ciò, ma era più che ovvio che ci si fosse messa proprio d'impegno per farla incazzare, ragion per cui Giusy non doveva assolutamente cedere – specialmente durante una serata in cui era già leggermente alterata di suo.

“Pensa quello che vuoi Luciana, sul serio, non mi interessa,” rispose, scrollando le spalle.

Radunano gli snack e reggendo saldamente la bottiglia di tequila nella mano destra, Giusy si accinse a lasciare la stanza – e ovviamente Luciana la bloccò piazzandosi proprio di fronte alla porta. Ugh, santa pazienza, perché tutte a lei!

“Non cercare di mentire Giusy, guarda che l'ho visto benissimo che non hai fatto altro che fissarci per tutto questo tempo,” le disse, con un sorrisetto. “Allora, chi dei due stavi guardando, Guido o Gonzalo? O forse adesso che siamo cresciute vorresti stare con entrambi? A me puoi dirlo, guarda che non ti giudico.”

Giusy si sentì ribollire il sangue nelle vene. Quella sottospecie di vipera stava esagerando, persino per i suoi standard! Vinta dal suo fastidio e sentendosi in un certo senso esposta per essere stata “scoperta” a fissarli, la ragazza appoggiò gli snack sul ripiano della cucina e sbatté il fondo della bottiglia con furore. Poi si girò verso Luciana e la fulminò con lo sguardo

“Nessuno dei due Luciana, ora chiudi quella bocca o ti tiro un ceffone!” le ordinò, alzando la voce pur senza volerlo.

“Nervosetta, eh?” la prese in giro l'altra, squadrandola dall'alto in basso. Giusy aveva una voglia matta di cancellarle quel ghigno beffardo dalla faccia a suon di schiaffi, ma purtroppo non le era concesso. Non in quel momento perlomeno. “D'accordo allora magari mi sarò sbagliata, magari invece stavi fissando Pia o Antonella, chissà,” continuò, scrollando le spalle.

Nel sentire il nome di Antonella, Giusy perse anche l'ultimo briciolo di lucidità che le era rimasto.

Sì perché, se fosse rimasta lucida, Giusy lo avrebbe capito subito che Luciana era ironica, che aveva citato apposta un esempio improbabile per deriderla e prenderla in giro. Invece, purtroppo, non lo capì. Registrò a malapena il nome di Antonella e quello fu abbastanza per mandare in tilt il suo già precario equilibrio emotivo, e così le rispose di conseguenza.

“Antonella?! Che cosa vuoi che mi interessi di Antonella,” replicò, distogliendo lo sguardo, “è libera di parlare con chi vuole per quanto mi riguarda, figurati se mi importa o se ci ho fatto caso...” farfugliò, con il cuore che batteva a mille. Luciana non rispose subito, per qualche istante rimase in silenzio a fissare Giusy con un'espressione confusa, come se stesse cercando di attribuire un senso a quelle parole sconnesse. Poi, gradualmente, un sorrisetto cominciò a formarsi sulle sue labbra. Aveva capito tutto.

Merda.

Fu così che la ragazza afferrò la bottiglia di tequila e marciò fuori dalla stanza, lasciandosi dietro una Giusy in preda ai dubbi e l'agitazione.

“Luciana!” gridò invano, nel tentativo di fermarla. “Luciana, torna subito qua!”

Ma Luciana la ignorò beatamente e si fece largo nel salotto, anzi, andò a parlare proprio con Antonella!

Ci mancava solo questa, tu guarda che situazione.

Giusy la seguì a ruota portando con sé gli snack in maniera goffa, e proprio mentre si avvicinò al tavolo per posarli Patty la raggiunse con un sorriso.

“Giusy, arrivi proprio al momento giusto, Luciana ci ha chiesto di giocare al gioco del 'Non ho mai', vieni anche tu sarà divertente,” e così dicendo la trascinò per un braccio verso il cerchio che si stava creando in prossimità del divano.

“Veramente non mi sembra un'idea molto saggia Patty,” tentò di opporsi Giusy, mentre con riluttanza seguiva l'amica. Luciana stava sicuramente architettando qualcosa, molto probabilmente qualche maniera meschina per metterla in imbarazzo di fronte a tutti, come faceva Patty ad essere sempre così ingenua?!

“Eddai Giusy, rilassati un po',” disse Sol, sedendosi a terra mentre Patty tirava Giusy giù con sé.

La ragazza sbuffò e incrociò le braccia al petto. Bruno nel frattempo distribuiva i bicchieri di tequila, mentre Fabio li riempiva attingendo dalla bottiglia che aveva portato Luciana – a chi doveva guidare fu dato succo di frutta, naturalmente. Giusy prese il suo bicchiere e lo avvicinò a sé, osservando con aria di rassegnazione la situazione creata che sembrava non promettere nulla di buono.

“Allora, siccome il gioco l'ho proposto io il primo turno è il mio,” disse Luciana, osservando Giusy con aria maliziosa. Quest'ultima chiuse le mani a pugno e la ignorò guardando altrove, mentre dentro di sé si agitava. Qualcosa le diceva che sarebbe stata la prima ad essere presa di mira. E infatti...

“Non ho mai dormito nella camera da letto di Antonella,” disse, inclinando la testa di lato.

Giusy si girò verso di lei e vide che Luciana continuava ad osservarla, e dovette trattenere l'istinto di alzarsi e tirarle un ceffone – o farle il dito medio. Nel frattempo, Pia, Caterina, Antonella, Fabio e Patty bevvero un sorso dei loro drink, e Giusy, seppur con riluttanza, fece lo stesso, sperando di vivo cuore che nessuno notasse il rossore sulle sue guance.

“È un modo per dire che avresti voluto, Luciana?” la prese in giro Antonella, facendo scoppiare tutto il gruppo in una fragorosa risata.

“Non sei il mio tipo, non preoccuparti,” le rispose a tono l'altra, alzando gli occhi al cielo.

Fortunatamente quel piccolo battibecco aveva catturato l'attenzione del gruppo e così per fortuna Giusy riuscì a scamparsela senza troppe domande. Poi fu il turno di Pia, seduta accanto a Luciana.

“Non ho mai ballato in prima fila durante una gara di musical,” disse, facendo bere sostanzialmente Patty, Matias, Antonella e pochi altri eletti.

“Qualcuno serba del rancore,” scherzò Alan, facendo ridacchiare i ragazzi lì attorno.

“È un dato di fatto,” replicò Pia, stringendosi nelle spalle.

“Tocca a me adesso!” prese la parola Caterina, con un sorriso. “Vediamo un po'... Non ho mai baciato un membro delle divine.”

Mentre un coro di voci si levava dal gruppo, la maggior parte delle persone bevve dal proprio bicchiere – beh, fatta eccezione per Sol, Belen, Patty, Santiago e Fabio. Giusy guardò tentennante il proprio, incerta sul da farsi, mentre una scarica di adrenalina le percorreva la schiena. Le immagini di tutti i baci che si era scambiata con la leader delle divine presto affollarono la sua mente e si sentì arrossire vividamente. Beh, non erano certo ricordi spiacevoli.

“E tu perché non bevi, Giusy?” domandò Luciana, ancora una volta in tono provocatorio.

Giusy si sentì morire. Poi, per fortuna, Tamara accorse in suo aiuto.

“Guarda che ha ragione, se ben ricordo Guido faceva parte delle divine. È passato così tanto tempo che a volte faccio confusione anch'io,” le disse con disinvoltura.

“Hai ragione, infatti stavo pensando proprio a questo,” rispose Giusy, portandosi il bicchiere alle labbra per bere un altro sorso di tequila. Sinceramente lei se n'era completamente dimenticata.

Il turno dopo fu quello di Antonella, e Giusy, assieme a tutti gli altri, si voltò verso di lei e la osservò con trepidazione. C'erano ben poche cose che qualcuno come lei poteva dire di non aver mai fatto, per cui Giusy si domandò che cosa potesse mai venirle in mente – forse in un certo senso ne era anche curiosa.

Fu così che prese la parola.

“Non ho mai detto 'ti amo' senza esserne convinta al cento per cento,” disse, guardando Giusy dritto negli occhi.

Mentre un coro di voci e applausi si levava dal gruppo, Giusy continuò a fissarla con le labbra socchiuse. Lo sguardo di Antonella la penetrò da parte a parte come un colpo di fulmine, come una scheggia che si infilava in un pezzo di vetro fino ad infrangerlo completamente. Quelle parole erano per lei, non potevano essere per nessun altro se non per lei, Giusy ne era certa. Non poteva dire con certezza se Antonella fosse ancora innamorata di lei o meno, ma sapeva che non avrebbe scelto di esporsi in quel modo senza una buona ragione.

Giusy guardò il bicchiere davanti a sé e le sembrò pesante una decina di tonnellate. Bere o non bere? Poteva davvero dire di amare la sua ragazza se bastavano due paroline da parte di Antonella a mandarla in confusione totale? Presa dai sensi di colpa, Giusy bevette un altro sorso.

Piano piano cominciava a girarle la testa.

“Non ho mai rotto gli occhiali a nessuno,” disse poi Fabio, distogliendo Giusy dal torpore dei suoi pensieri. Tutto il gruppo scoppiò in una risata, e Giusy abbozzò un sorriso. “Questa è per te sorellina,” aggiunse, indicando con l'indice Antonella che stava bevendo per l'ennesima volta.

“Non capisco perché ce l'abbiate tutti con me questa sera,” protestò quest'ultima, “ma sappiate che mi vendicherò.”

“Bene, ora tocca a me,” si inserì Matias. “Non ho mai dimenticato il compleanno della mia ragazza,” constatò con orgoglio.

Giusy si guardò attorno, ma nessuno prese in mano il bicchiere per bere. Pia e Luciana scherzarono sul fatto che i ragazzi là dentro non erano certo dei fidanzati modello, e tra le risate e dopo un po' di sollecitazioni – e recriminazioni – alla fine Fabio e Gonzalo furono gli unici due a bere un sorso.

“Non ho mai tenuto segreta una relazione,” Patty disse con orgoglio, causando un malcontento generale nel gruppo mentre lei se la rideva sotto i baffi.

Giusy questa volta mandò giù un sorso senza pensarci, così come la stragrande maggioranza dei presenti, Antonella inclusa. Se non altro per la legge dei grandi numeri nessuno fece particolarmente caso a loro due.

Giunto finalmente il suo turno, Giusy non aveva alcun dubbio su chi dovesse essere il suo bersaglio.

“Non ho mai avuto una cotta per un insegnante,” disse con gioia, osservando Luciana con lo stesso ghigno beffardo che lei tante volte le aveva rivolto. La storia di Barcaroli se la ricordavano tutti molto bene del resto, e così la ragazza alzò gli occhi al cielo e si portò il bicchiere alle labbra, per la gioia di Giusy.

“Andiamo avanti per favore,” sentenziò in tono acido.

Era quindi il turno di Tamara, seduta accanto a Giusy.

“Non ho mai tradito la persona con cui stavo,” disse secca.

Tutti si voltarono inevitabilmente verso Fabio, che con un gran sospiro mandò giù un sorso tra vocine e commenti vari. Giusy si voltò invece verso Antonella, che proprio come lei era rimasta ferma. Le due si scambiarono una rapida occhiata, poi Giusy si voltò dall'altra parte.

“Non ho mai visitato New York,” disse poi Belen. “Anche se mi piacerebbe molto.”

Antonella e Matias furono tra i pochi a cui toccò bere, mentre Giusy pensava tra sé e sé che le sarebbe piaciuto organizzare un viaggio. Chissà, forse un giorno...

Il gioco proseguì quindi con Sol.

“Non ho mai baciato una ragazza,” affermò, dopo un attimo di indecisione.

Tutti i ragazzi presenti corsero subito a bere, mentre Giusy arrossì e si sentì leggermente in imbarazzo. Nonostante questo, mandò giù l'ennesimo sorso di tequila, consapevole del fatto che in fondo lo sapevano tutti da tempo che lei era bisessuale e che aveva avuto svariate relazioni e frequentazioni con altre ragazze nel corso degli anni. Soltanto che quasi nessuno conosceva la più importante. Con la coda dell'occhio vide poi che anche Antonella stava bevendo, e anche... Luciana?!

“Che c'è?! È capitato anche a me qualche volta, non c'è nulla di male,” si difese quest'ultima, probabilmente in risposta alle occhiate stranite rivolte a lei tra le quali anche quella di Giusy.

“Non ho mai baciato un ragazzo,” disse a quel punto Santiago, seduto accanto a Sol.

Questa volta furono le ragazze a prendere in mano il proprio bicchiere per bere, e Giusy stava cominciando a sentire la testa sempre più leggera mentre il sapore dolce della tequila le riempiva la bocca e la gola. Forse, tutto sommato, rilassarsi un po' avrebbe potuto farle bene, specialmente vista la settimana che...

Aspetta un attimo, sbaglio o anche Guido e Gonzalo stanno bevendo?!

Giusy osservò i due seduti l'uno accanto all'altro con occhi sgranati. No, non si era sbagliata affatto, quei due stavano bevendo eccome! Cioè, non che ci fosse nulla di male, per carità, però a giudicare dalle occhiate che si stavano scambiando e i loro sorrisi nervosi l'imbarazzo era a dir poco palese, e poi anche Bruno li stava osservando mentre sorrideva, come se stesse cercando in tutti i modi di trattenersi dal scoppiare a ridere. Giusy in quel momento ebbe uno strano presentimento.

Non sarà che...?

“Allora, glielo dici tu o glielo dico io?” disse Gonzalo, rompendo il silenzio di tomba venuto a crearsi.

“Prego, a te l'onore,” replicò Guido, osservando prima Gonzalo e poi il resto del gruppo.

“Beh ecco la farò breve, io e Guido adesso ci stiamo frequentando.”

Il breve silenzio che seguì quella confessione si trasformò presto in un boato di applausi e commenti. Giusy invece si voltò verso Antonella e la guardò in silenzio, e vide Antonella fare lo stesso. In quel momento, nonostante lo stupore e le mille perplessità, il suo primo pensiero fu che in circostanze diverse avrebbero potuto tranquillamente esserci loro in quella posizione.

“Come sarebbe a dire ci stiamo frequentando?! Veramente sono tre anni che stiamo assieme,” puntualizzò Guido, dando a Gonzalo una lieve spinta in segno di protesta mentre l'altro ridacchiava.

Nel guardarli così sereni, Giusy provò quasi un pizzico d'invidia. A quanto pareva lei e Guido avevano molte più cose in comune di quanto immaginasse.

“Tocca a me adesso!” prese la parola Bruno nel bel mezzo del brusio, prendendo in mano la bottiglia per riempire il bicchiere di suo fratello. “Non ho mai baciato una persona con cui ho fatto a botte,” disse scherzando, costringendo Guido e Gonzalo a bere tra le proteste.

Giusy si sentì avvampare. Ancora una volta esitò, mentre percepiva su di sé le occhiate di suo fratello e di Patty. Poi, con la coda dell'occhio, vide Antonella che afferrò la bottiglia, si riempì il bicchiere rimasto quasi vuoto e mandò giù un sorso con decisione.

Forse fu l'effetto della tequila a farle prendere quella decisione, o forse il fatto che Giusy era semplicemente stanca di continuare a nascondersi. Così, seguendo l'istinto, si portò il bicchiere alle labbra e mandò giù quel che rimaneva fino a svuotarlo.

Proprio come prima, si venne a creare tra il gruppo un silenzio quasi tombale. A turno le persone attorno a loro fissavano un po' Giusy e un po' Antonella, prima con aria confusa e quasi curiosa, poi con crescente consapevolezza. Di fronte a sé, Giusy vide sul viso di Luciana quello che somigliava parecchio ad un ghigno trionfante, come se le stesse in qualche modo dicendo “ecco vedi te l'ho fatta, ho vinto io”, e dovette fare appello a tutta la sua forza per impedirsi di mostrarle il dito medio.

“Cioè, tu e mia sorella...?!” Fabio commentò con occhi sgranati, mentre con le mani indicava prima l'una e poi l'altra ragazza.

“Adesso sì che si spiegano tante cose,” intervenne Pia subito dopo, fissando Antonella con la bocca aperta.

Giusy si sentì arrossire fino alla punta dei capelli e iniziò ad avvertire una sensazione opprimente all'interno del petto che pareva volerla schiacciare. Le voci attorno a lei divennero confuse fino al punto in cui non riuscì più a distinguerle, e così di scatto, di punto in bianco si alzò alla ricerca di una via di fuga.

“Ho bisogno di un po' d'aria,” disse, e poco dopo sparì avviandosi verso il cortile.

 

Nota dell'autrice:

Naturalmente tutta la parte su Guido e Gonzalo verrà approfondita nel prossimo capitolo 👀👀
plus Luciana bisessuale è un altro dei miei headcanon 😂
Grazie ancora a chi sta seguendo la storia e mostra il proprio supporto, lo apprezzo sempre molto 🥰

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