Glory Days

di Evola Who
(/viewuser.php?uid=439582)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Cashier & The Sheriff ***
Capitolo 2: *** The secret ***
Capitolo 3: *** The Dinner ***
Capitolo 4: *** The Call ***
Capitolo 5: *** The Departure ***
Capitolo 6: *** The Business Man ***
Capitolo 7: *** The Cinema ***
Capitolo 8: *** The date ***
Capitolo 9: *** The Rain ***
Capitolo 10: *** The Bathtub ***
Capitolo 11: *** Family Video ***
Capitolo 12: *** Saturday night ***
Capitolo 13: *** The Lake ***
Capitolo 14: *** The Letter ***
Capitolo 15: *** American Pie ***
Capitolo 16: *** Monday ***
Capitolo 17: *** Jonathan ***
Capitolo 18: *** The Sheriff & The Cashier ***
Capitolo 19: *** Capitolo Extra ***



Capitolo 1
*** The Cashier & The Sheriff ***


 
 
 

Hawkins, fine agosto 1985. Melvald’s General Store. 11:30 di mattina.
 
Joyce stava sistemando la busta della spessa di una signora anziana, per fare il conto in cassa dicendo: “Sono quindici dollari e cinquanta.”

La donna pagò, Joyce gli passò la busta assicurandosi che non fosse troppo pesante per lei.

“Oh no, Tranquilla cara, ho sollevato sacchi di patate più pesanti di me quando ero giovane. Questa busta della spesa è come una piuma per me.” Rispose la cliente prendendo la busta con entrambi le mani sorridendo.

“D’accordo, allora vi auguro una buona giornata, e trona a trovarci.” Salutò Joyce vedendola uscire dal negozio.

Joyce fece un piccolo sospiro, ma sorridendo. Da quando il centro commerciale ha preso fuoco, i cittadini di Hawkins, ritornarono ad acquistare dei loro vecchi negozi di fiducia. Facendo rintonare gli affari di Donald a girare, come il resto dei negozianti. Anche se erano rimasti sconvolti dall’arresto dell’ex sindaco Kline e i suoi crimini.

Tutti volevo buttare questa storia alle spalle, una volta per tutte Anche se tutti erano rimasto scioccati dai crimini di Kline e dal suo arresto, ma volevano comunque buttarsi questa storia alle spalle.

Joyce rimase dietro alla casa, sfogliando una rivista in attesa del prossimo cliente, finché non sentì la porta aprirsi e già solo dai passi, capì chi era.

“Buongiorno, sceriffo Hopper” disse alzò lo sguardo sorridendo.

“Buongiorno anche a te, mia giovane, onesta e bellissima cittadina” rispose avvicinandosi al balcone.

Indossava ancora la divisa da poliziotto a maniche corte, il suo solito capello a Fedora, e gli occhiali da sole, guardò Joyce con uno sguardo scaltro.

“Qual buon vento ti porta qui da noi, sceriffo?” domandò con tono ironico, mettendo i gomiti sul balcone e le mani chiuse sotto al mento.

“Beh, ero qui per comprami le sigarette e qualcosa da mangiare…” rispose con finto tono annoiato, appagando il braccio sul balcone e incrociando i piedi sotto: “Ma ora, ho davanti qualcosa di ben più interessante…” e abbassò gli occhiali mostrando i piccoli e magnetici occhi blu, con un mezzo sorriso ammiccante sotto hai baffi curati: “Molto, molto più interessante…” e continuò con il flirt.

Joyce ridacchiò per quella scena -non era più abituata di quel tipo di linguaggio- ma cercò di restare al gioco e continuare con il flirt: “E sentiamo, sceriffo, quale sarebbe l’oggetto dei suoi desideri?”

“Beh, qualcosa che probabilmente non è in vendita.”

“Muuh, forse per lei sceriffo possiamo fare un ‘eccezione…”.
Rispose Joyce con malizia.

“Davvero?” disse divertito, avvicinandosi al suo viso
“Davvero…”

“Allora, posso baciarla?” Domandò lui con fare insolente, mentre si sporgeva verso il volto di Joyce, che sorrideva divertita:
“Certo –rispose lei- sceriffo Hopper.”

Ridacchiarono divertiti, finché Hopper non le diede un dolce e lungo bacio sulle labbra.

Come era previsto dalla dichiarazione di Hopper e dal loro primo bacio, ebbero finalmente il loro appuntamento da Enzo il venerdì sera alle diciannove. prendendola a casa di Joyce, come l’aveva chiesto.

Passarono una stupenda serata romantica tra lumi di candele, quartetto d’archi dal vivo, mangiando lasagne e due porzioni di grissini (sotto consiglio di Hopper) e bevendo Chianti.

Tra risate, contatti di mano sul tavolo e sguardi innamorati, passarono il resto della serata passeggiando sotto le stelle e scambiandosi vari baci incerti ma appassionati, come se fossero due adolescenti della loro prima cotta.

E quando i baci diventarono sempre più lunghi e caldi, con la voglia di desiderare di più, Joyce propose di andare a casa sua, approfittando della assenza dei figli (visto che Will e Undi erano andati ad un pigiama party insieme i loro amici, a casa di Dustin e Jonathan stava passando la serata insieme a Nancy con i loro amici Steve e Robin dormendo fuori e, così, passarono la loro prima notte di passione.

E da allora erano diventati una vera coppia di fidanzati, vivendo un lungo e agognato momento di luna di miele, e trovandosi sempre insieme a casa di lei il venerdì sera per cenare tutti insieme con i loro rispettivi figli.

Si scambiavano in segreto baci e piccoli momenti di flirt o allusioni; ma anche per stavano semplicemente in compagnia parlando dei loro rispettivi lavori, delle loro giornate e delle piccole difficoltà di tutti giorni e spesso si scambiavano commenti piccanti.

Continuarono il loro bacio, finché non si allontanarono, guardandosi negli occhi e scambiandosi sguardi appagati.

 “Ciao” disse Hopper sorridendo.

Joyce ridacchiò rispondendo: “Ciao anche a te”

“Ti disturbo?”

“Non molto. Ancora poca gente in giro.”

“Allora ho fatto bene a venire qui…” Sussurrò.

“E perché?”

“Perché posso renderti la giornata un po' più interessante…”

Joyce rise al tono di voce seducente di Hopper, oltre che al suo mezzo sorriso convinto. Era però allo stesso tempo eccitata dalla sua risposta controbatté con lo stesso tono: “Questo lo vedremo…”
Ridacchiarono e si avvicinarono per un altro bacio, ma una voce in lontananza interruppe tutto.

“Joyce!”

La donna si allontanò da Hopper di scatto, girandosi dall’altra parte e rispondendo con tono teso: “Sì?”

 Si stava avvicinando alla cassa, mentre stava leggendo una bolla di scarico mentre diceva: “Ti ho messo una scatola di…” alzò lo sguardo e vide Jim, in piedi con la mano sul balcone con l’intento di alzare gli occhiali dal naso.

“Oh sceriffo, che sorpresa!” disse Donald con finto stupore con un sorriso sulle labbra.

“Giorno anche a te, Melvald” rispose Hopper con un accendo di saluto con il capello, mentre Joyce cercò di metterete a posto la rivista e cercando di far vedere che fosse tutto normale.

“State ancora investigando per l’incendio dello Starcout?”

“Sì, sì, stiamo ancora investigando” rispose con tono formale: “Anche se, crediamo che sia stato un incidente. Probabilmente causato da un corto circuito del impianto elettrico.”

“Ah! Lo sapevo! Quel maledetto di Kline avrà comprato dei sistemi elettrici da due soldi, pur di costruire quel maledetto centro commerciale!” si lamentò Donald: “Sapevo che quel posto avrebbe causato solo guai! E che avrebbe ridotto questa città in banca rotta! Meno male che quel posto non farà più chiedere i piccoli negozi gestiti da cittadini onesti.”

Jim e Joyce si scambiarono un’occhiata complice, senza aggiungere nulla.

“E ora guardaci: Siamo una città senza un sindaco, che sta faticando a ricominciare da capo.”

“Dai Donald, vedrai che presto ritorneremo alla nostra solita clientela fissa e movimentata” assicurò Joyce con tono gentile.

“Ah, lo spero! Visto che ho ordinato un bel po' di materiale da cartoleria per il ritorno a scuola!” rispose con tono un po' burbero. Facendo sorridere Joyce.

“Allora speriamo solo che la gente si svegli e voti un tizio normale come sindaco” aggiunse Hopper con sarcasmo.

“No, a questa città servirebbe un cittadino onesto, che conosce il duro lavoro e le vere difficoltà della gente, riesce a sistemare le cose per bene!” rispose il proletario convinto: “Qualcuno che conosce bene la città e sa come dirigerla. Tipo te, Joyce.”

“Io?” rispose incredula da questa affermazione.

“Sì, tu Joyce! Tu saresti adatta per dare il sindaco!”

La donna ridacchiò, incerta da queste parole: “Grazie, ma non credo di essere adatta per il ruolo di ‘il sindaco della città’.”

Hopper la guardò, sorridendo della per la sua modestia.

“Già non ho doti da leader. Figuriamoci se la gente vorrebbe votare per la vecchia matta di Joyce Byers”

“Ma hai dimostrato di avere sempre ragione sulla scomparsa di tuo figlio, e ti ho sempre vista come una grande stacanovista e una madre single in grado di gestire tutto. E secondo me, tu saresti in grado di gestire questa città, meglio di chiunque altro.”

“Ci penserò Donald, ci penserò” rispose ironicamente sorridendo.
Donald ricambiò, capendo che sarebbe stato solo una piccola fantasia, che non verrà mai presa su serio.

“Bene, io devo fare qualche commissione. Ci sono delle scatolette di cibo per gatti, da prezzare e mettere a posto. Puoi farlo tu?”

“Certo”

“Bene! Allora ci vediamo più tardi. Sceriffo!”

“Melvald”

E lo videro andare via dalla porta, lasciandoli da soli, dentro al negozio.

Joyce fece un piccolo sospiro, prese la prezzatrice sotto la cassa, e iniziò a regolarla.

“Sai, Donald non ha tutti i torti…” disse Hopper

“Ah sì, ovvero?” rispose indifferente.

“Tu come sindaco”

Alzò la testa e, notato il volto convito del suo fidanzato, rispose: “Su serio?”

“Sì!” disse sicuro: “in fondo Melvald ha ragione. hai sempre avuto ragione su Will, sulle calamite, l’apertura del varco e su tutto quello che è successo in questi tre anni.”

“Sì, ma avere ragione sui mostri che tormentano tuo figlio e sulla presenza di scienziati pazzi, non mi fa di me un ottimo sindaco”

“Ma saresti in grado di gestire questa città, meglio di chiunque altro” ripeté Hopper con tono sincero: “E protesti dare il ben servito a tutta quella gente che ti hanno sempre dato della pazza.” E si tolse gli occhiali da sole.

“Mi stai suggerendo di diventare sindaco, solo per vendicami?” chiese lei incuriosita

Hopper fece finta di pensarci, rispondendo e facendo spallucce: “Io lo farei.” E rise divertito.

Joyce alzò gli occhi al cielo ma sorridendo disse: “Grazie per il suggerimento Hop, ma credo di essere un po' troppo vecchia per fare cose da adolescente infantile” con sorriso compiaciuto.
Hopper non rispose, ma alzando lo sguardo emise un piccolo sbuffo.

“E poi, se non ricordo male, un certo sceriffo mi aveva proposto di smettere fare la commessa, per lavorare con lui in polizia.” Rispose appoggiando le braccia sul bancone con tono vago.

“Beh, perché la stessa persona aveva detto, e testuali parole: ‘Vederti tutti i giorni? Non credo proprio…’.” Ribatté sarcasticamente con sorriso compiaciuto.

“Beh, professionalmente parlando questo potrebbe essere un problema per lei.

“Allora, se questa persona diventasse sindaco, lo sceriffo diventerebbe il suo braccio destro”

Il suo braccio destro?” Chiese Joyce perplessa.

“Certo. I suoi occhi e orecchi in tutta la città e sempre al servizio del sindaco.” Iniziò a avvicinandosi poco, poco al viso di lei con tono profondo.

“Però, dovrà sempre prendere ordini da lei. Se questo sceriffo può accettare di prendere ordini da una donna?” ripeté con tono malizioso.

Hopper era ormai quasi vicino alle sue labbra rispondendo: “Credo che lo troverebbe abbastanza eccitante per lui, visto che lo fa già”

Joyce ridacchiò, iniziando a scambiandosi piccoli baci sulle labbra.  Godendo quel momento di romanticismo, visto che erano da soli. Finché con la coda del occhio, Joyce non vide gente che iniziava a passare davanti alla vetrina.

Così si allontanarono quasi bruscamente da lui dicendo: “È meglio che torni al lavoro. Non voglio che Donald torni e veda che non ho fatto niente.” Ripresa la prezzatrice in mano cercò di nascondere il suo nervosismo.

Hopper rimase fermo sulla sua posizione, si chinò sul balcone con le braccia incrociate sopra e perplesso da quello stacco improvviso da parte sua.

E vedendo lo sguardo nervoso di lui con gli occhi rivolti all’ingresso, e comprese il perché di quel gesto.

“Allora,” disse Joyce uscendo dal balcone camminando davanti allo sceriffo “Hai da fare, o vuoi tenermi compagnia mentre sistemo il cibo per gatti?” e prezzò il suo distintivo con aria divertita.

“Beh, se la mia compagnia vale più di venticinque centesimi...” rispose guardandosi il prezzo attaccato al suo distintivo.

Joyce rise, iniziando a incamminandosi verso al reparto con Hopper al seguito.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** The secret ***



 

Hop e Joyce erano in fondo al negozio a parlare, lei prezzava una scatoletta per volta, mettendole in ordine e lui era in piedi poco distante, appoggiato allo scaffale.

“Perciò, non voi che Undi frequenti la scuola?”

“Non è che non voglio. Penso solo che sia ancora troppo presto per farlo.

Joyce guardò lo sceriffo con aria paziente, notando l’espressione nervosa e la sua posizione: schiena appoggiata allo scaffale, le braccia conserte e il volto girato dall’altra
parte.

“Jim…” sospirò comprensiva

Si girò, perché quando Joyce lo chiamava per nome voleva dire che stava parlando seriamente.

“Undi ha il diritto di frequentare la scuola, e lo sai.”

“Lo so! Ha passato tutta la sua vita dentro a un laboratorio, senza conoscere minimamente il mondo reale. Ma credo che sia ancora troppo rischioso per lei frequentare le superiori”

“Quindi per te è più sicuro tenerla rinchiusa nella capanna per il resto della sua vita?

Hop non rispose, rivivendo il litigio con Undi avvenuto l’anno prima. Quella volta aveva imparato a trovare un giusto compromesso tra il tenerla nascosta e farla uscire con i suoi amici.

“Sto migliorando! Visto che Undi esce tranquillamente con i suoi amici, e frequenta ancora quel maledetto di Wheeler…” disse il cognome di Mike con tono irritato.

“Oh certo, infatti mi hanno detto del tuo ‘discorso a cuore aperto’ con loro” rispose girandosi verso di lui con aria paziente.

Hop sapeva a cosa si stesse riferendo, e dal suo sguardo capì che mentirle fosse non solo inutile, ma anche molto pericoloso.

Alzò gli occhi in alto cercando una risposta: “Beh… eravamo tutti e due seduti e ne abbiamo parlato in un modo calmo e sereno.”

“Mentire a un ragazzino sulla salute della nonna e poi spaventarlo in macchina e minacciarlo perché non si avvicini più a tua figlia?” ribatté seria.

Voleva controbattere con sicurezza e a tono, ma alla fine si arrese: “Senti, ci ho provato!” ammise.

Joyce sopirò paziente guardando in basso “Jim…”

“Ci ho provato seriamente! Con il foglio e tutto il resto! Ma non ci sono riuscito” si giustificò “Lo sai che non sono mai stato bravo con i sentimenti e con le parole. Così ho fatto quello che riuscivo a fare meglio, usando le parole in un altro modo e mettendo in chiaro la situazione.”

“Anche se si tratta di minacciare un preadolescente, che è un bravo ragazzo e cha ha fatto di tutto per salvare sia mio figlio che tua figlia più di una volta.”

Hopper alzò lo sguardo, vedendo il volto serio di lei. Nonostante la massiccia differenza di altezza e di stazza, quegli occhi grandi e scuri che lo fissavano con aria di rimprovero lo intimorivano.

“Beh… è pur sempre un ragazzo! E sai che cosa pensano i ragazzini di quell’età!” ribatté, consapevole che fosse una giustificazione abbastanza debole.

Joyce sopirò, alzando gli occhi al cielo e ritornando al lavoro.
“Comunque stiamo divagando” disse Hopper: “Stavamo parlando del fatto che non sono ancora sicuro che Undi vada a scuola! Potrebbe essere ancora troppo rischioso per lei”

“Jim, di che cosa hai paura?” ribatté Joyce: “Il varco è stato chiuso, il laboratorio è abbandonato, Brenner e i suoi scienziati sono morti, abbiamo ucciso definitivamente due mostri e distrutto un laboratorio Russo segreto” elencò “E poi Undi ha anche perso i suoi poteri. Oh, a proposito, come sta?”

“Abbastanza bene” rispose con tono calmo: “Non crede ancora di aver perso i suoi poteri e non si spiega come possa essere possibile. Ma credo che prima o poi dovrà accettarlo. Nonostante provi ancora ad aprire la porta con la mente” ridacchiò facendola sorridere.

“Ma sinceramente, sono felice che non abbia più quelle capacità” ammise sollevato: “Quei poteri le hanno causato più danni che altro. E credo che sia un bene per lei averli persi”
“Allora è un motivo in più per mandarla a scuola” ribatté Joyce: “Visto che ora può vivere la sua vita come una ragazzina normale?”

“E se non lo fosse?”

Joyce si fermò, guardando il volto inespressivo dello sceriffo che fissava il pavimento.

“E se non fosse portata per vivere una vita normale? E se a scuola si trovasse male? Se non riuscisse a integrarsi o venisse presa di mira dai bulli? Come potrei proteggerla da tutto questo?”

“Lasciandola vivere le sue prime esperienze” assicurò Joyce con tono calmo: “E stando accanto a lei quando ne avrà bisogno.”

Hop alzò lo sguardo, trovando Joyce vicino a lui con un sorriso gentile: “Undi ora è una ragazza libera. E ha diritto di vivere la sua adolescenza, con le sue scelte e i suoi errori. Ma l’importate è che non sarà sola. Ci sarà Will, ci sarà Mike, ci sarà Max e tutti loro amici. E poi ci sono anche Jonathan, Steve e Nancy a tenerli d’occhio. E tu sarai sempre il suo punto di riferimento. E io sarò sempre al vostro fianco.”

Gli mise una mano sul braccio, continuando “Ma ora non siete più voi e il resto del mondo. Ma tutti noi contro il resto del mondo” sorrise convinta.

Hopper la guardò ammirato dalle sue parole e dalla dolcezza della sua voce, questo bastava già a rassicurarlo. Come sentire la mano appoggiata sul suo braccio in segno di conforto gli dava un calore in più. Un calore che non pensava di poter provare ancora per qualcuno.

Ed era estremamente fortunato per questo.

“Grazie Joyce” rispose con un sorriso sincero: “Non so che cosa farei senza di te” ammise.

“Beh, in fondo siamo una squadra. Giusto?”

Joyce guardava gli occhi azzurri di Hop ricambiando il sorriso. Il suo sguardo gli riscaldava il cuore. Come se fosse ancora un ragazzino del liceo.

“Un’ottima squadra” aggiunse Hop

Joyce rise allegra e Jim iniziò ad avvicinarsi a lei con l’intenzione di baciarla, me lei lo interruppe.

“Ora il resto del mondo da affrontare saranno gli incontri tra genitori e insegnanti, colloqui, eventi scolastici, gite, balli e madri pettegole”. Lo baciò sulla guancia con aria beffarda e tornò a sistemare gli scaffali, lasciando Hop fermo e perplesso, a cercare di capire quello che aveva detto.

“E non posso evitare tutto questo?”

“No, non poi” rispose con sarcasmo: “Sei un padre single ora. E questo sarà tutta la tua vita” ridacchiò.

“Credo di sentire già la mancanza dei russi e dei mostri” rispose con sguardo rassegnato.

“Beh, guarda il lato positivo: avrai tutte le attenzioni delle altre mamme” rispose divertita.

“Certo, a spettegolare sul fatto che ho nascosto 'una figlia' per tredici anni…”

“Tanto noi sabbiamo bene la verità. E poi, hai ancora due settimane di vacanza, prima di affrontare questo nuovo mondo da padre single” rise divertita

“Beh, allora perché non approfittare di questo breve tempo di vacanza?”

Joyce si voltò verso di lui, e lo vide avvicinarsi con fare languido, fermandosi a pochi centimetri da lei e appoggiando un gomito allo scaffale.

Lei rimase ferma, con una scatoletta in una mano e la prezzatrice nell’altra, rabbrividì sotto quello sguardo, ma intuì subito che cosa aveva in mente.

“Ovvero?”

“Che cosa fai venerdì sera?” propose con tono profondo e con un mezzo sorriso languido.

“Perché ho pensato di andare da Enzo e bere un bel Cianti

Chianti” corresse

Chianti” ripeté “E goderci una bella serata di fine estate da qualche parte… senza parlare di scuola e ragazzi?” disse abbassandosi sul volto di lei.

“Sarebbe bello, ma venerdì sera tu e Undi venite a cena da noi per vedere ‘Miami Vice’.”

“Allora dopo ‘Miami vice’.” Propose con lo stesso tono.

“Ma sarebbe tardi…”

“Allora lasciamo Undi e Will con Jonathan, mentre gli adulti escono”

Joyce guardò in basso accennando un sorriso “Sarebbe bello, davvero” rispose.

Il volto di Hop era molto vicino a quello di lei “Non possiamo” Joyce si allontanò di scatto, mettendolo la scatoletta sullo scaffale, come se nulla fosse lasciando Hop ancora una volta a bocca asciutta.

Rimasero in silenzio, solo il suono della prezzatrice riempiva il negozio, i loro volti tradivano una certa tensione mentre cercavano di ignorare l’argomento: la loro relazione segreta.

“Joyce” disse Hop “Non pensi che sia giunta l’ora di dire ai tuoi figli che noi stiamo insieme?”

“Solo a poche settimane dal primo appuntamento e dalla chiusura del portale?” rispose continuando a lavorare: “Non credo che sia il caso.”

“Joyce…” Ripeté con tono calmo.

“Jim, ne abbiamo già parlato” disse fermandosi: “Per ora non voglio dire a nessuno della nostra storia. Soprattutto ai ragazzi”

“Ma perché?” chiese questa volta con tono diretto: “Insomma, non è che voglio salire sopra ad un tetto, con un megafono in mano e urlare a tutta la città che noi due stiamo insieme”

Joyce ridacchiò all’idea, ma non rispose e continuò a lavorare.
“Mi va bene lasciare che la gente lo capisca pian piano da sola. Senza dare spiegazioni a nessuno. Tranne ai ragazzi. E digli che ho delle intenzioni serie con te.”

Lei si fermò di nuovo, si girò e lo guardò in viso. Lui aveva ancora il gomito poggiato sullo scaffale, l’altra mano sul fianco e lo sguardo simile a quello di un cane bastonato, che mise a Joyce un inaspettato senso di tristezza.

Non poté che apprezzare le sue parole, quell’ammissione di non voler nascondere la relazione e il suo aprirsi sulla serietà dei propri sentimenti.

“Lo so” rispose “E sai che questo lo apprezzo molto. ma per adesso non voglio che la gente inizi a spettegolare su di noi, iniziando un gigantesco telefono senza fili fuori controllo” appoggiò la mano sullo scaffale fissando il pavimento: “Insomma, ti immagini cosa direbbero le persone su di noi? Se sapessero che lo sceriffo Hopper frequenta Joyce la matta?” alzò lo sguardo verso di lui: “Che cosa direbbero su di te dopo questa ‘scioccante notizia’?” lo disse con tono sarcastico, ma dentro di sé pensava davvero tutto quello che aveva detto.

Che la gente avrebbe detto che fossero una strana coppia, che Hopper fosse caduto così in basso ad uscire con lei, dopo tutte le avventure di una notte che aveva avuto con delle ragazze più giovani. O che lei lo faceva per “convenienza” o qualsiasi cosa le male lingue avrebbero potuto dire alle spalle.

“E da quando ti importa?” chiese Hop

“A me non importa. Tanto ci sono abituata.” Rispose “Però non voglio che tu debba sopportare tutto questo per me.”

“Joyce, da quando sono diventato sceriffo, me ne hanno dette di cotte e di crude per i miei metodi, per i miei ritardi, per il mio comportamento o la mia pigrizia. E spesso anche in faccia” spiegò “E pensi che mi importerebbe se qualcuno parlasse male di noi? Tanto non sapranno mai che cosa abbiamo vissuto. E a me importa solo di essere felice con te. Del resto non me ne frega niente” lo disse con sincerità, con uno sguardo serio, facendo capire che ci teneva davvero a lei.

La sua sincerità la fece arrossire, dopo Bob non era mai stata desiderata da un uomo. Ma questa volta era il suo migliore amico di infanzia a dire queste parole, lo stesso che aveva salvato suo figlio e che era disposto a sacrificarsi per il mondo.

“So che tu hai le spalle larghe per queste cose. Ma presto i ragazzi andranno a scuola, e pensa se queste possibili voci girassero tra insegnati o tra studenti. Come credi che reagirebbero?” sospirò “E so che tu sei un uomo fantastico, e che i ragazzi ti adorano. Ma loro pensano che siamo solo amici. Se scoprissero che stiamo anche insieme, diventerebbero dubbiosi e incerti di questa relazione, visto la mia sfortuna in fatto di uomini. Soprattutto Jonathan…”

Spiegò che il figlio maggiore sarebbe stato dubbioso della loro relazione, e forse anche protettivo dei confronti di sua madre, dopo aver visto che il trauma subito nel matrimonio con Lonnie l’aveva lasciata a pezzi fisicamente ed emotivamente.

Per non parlare della morte di Bob, avvenuta solo l’anno prima. E anche se si trattava di un uomo completamente diverso da sua padre sotto ogni punto di vista, non si sarebbe fidato completamente di lui.

E l’ultima cosa che voleva per la sua famiglia era creare tensione tra di loro. Soprattutto ora che stavano ritornando a una vita normale.

“Per questo non lo voglio dire a nessuno. Almeno per un po'.” Continuò “Per ora voglio solo aspettare che si abituino di nuovo a un’esistenza normale. E quando tutto si stabilizzerà, potremo dirlo.”

Hop ascoltò il suo discorso, capendo che come al solito, aveva ragione. La loro relazione era appena nata, dirlo adesso a Will e Jonathan poco dopo la morte di Bob, sarebbero stato un altro shock per loro. E che forse, aspettare era la cosa più giusta da fare.

“D’accordo” rispose Hop “Non diremo nulla, finché non te la sentirai.”

Joyce era felice di sentire quelle parole, apprezzò soprattutto la pazienza di Hop verso di lei nell’accettare questa condizione, non poteva essere più grata.

Appoggiò la prezzatrice sullo scaffale e si avvicinò allo sceriffo per abbracciarlo senza preavviso, lasciando Hop un po' sorpreso.

Aveva la testa appoggiata al suo petto, con le mani intorno ai suoi fianchi “Grazie Hop, sei fin troppo buono con me” chiuse in occhi con un sorriso sul volto.

Hop si irrigidì appena per quell’abbraccio, non si era ancora abituato alle dimostrazioni d’affetto. Si riprese in fretta e ricambiò la stretta, cingendole le spalle con le braccia e poggiando il mento sulla testa di lei.

“No, sono io che dovrei baciarmi i gomiti per tutto quelli che stai facendo per me” rispose dandole un bacio sulla testa e sentendola ridere.

Rimasero stretti in quell’abbraccio, Joyce appoggiata al suo petto mentre Hop le accarezzava la testa, facendola sentire coccolata e rassicurata da quel momento di intimità.

“Però, mi piacerebbe solo passare un po' più tempo da soli…” disse Hop.

Joyce aprì gli occhi alzando lo sguardo, ma mantenendo sempre la sua stretta.

“Tipo una breve fuga romantica.”

“E pensi che non lo voglia anche io?” rispose “Soprattutto quando entri qui, con i tuoi sexy pantaloni cachi che risaltano il tuo sedere da paura?” concluse maliziosa.

“Signora Byers! Stai insinuando che io abbia un sedere sexy?” rispose con finto stupore.

“Hum, forse è il fascino della divisa, mio caro sceriffo.” Rispose con fare ammiccante.

Cercò di mantenere un tono serio, ma durò poco e iniziò a ridere nascondendo il volto nel petto del suo ragazzo, cercando di nascondere il rossore del suo viso.

Jim trovò tutto questo veramente tenero, la guardò con occhi dolci e rispose: “Apprezzo il tuo complimento”

“No, dico su serio…” continuò: “Vorrei davvero passare almeno un weekend da soli.”

“Lo so” rispose alzando la testa in alto: “Ma abbiamo dei figli che hanno bisogno di noi. E poi tu sei impegnato con ‘l’investigazione’ dello Starcourt, e io con la nuova iniziativa del negozio, per non parlare del resto.”

“Lo so, lo so… ma nemmeno un breve momento solo noi due, da soli, come quando eravamo giovani e spensierati, a fare cose che tra amici non si potrebbero fare…”

“Perciò… tu vorresti farmi le stesse cose, che hai fatto a Chrissy Carpenter al liceo?”

“Sì, ma non nel retro della Oldsmobile di mio padre, e le farei con la donna dei miei sogni.” Rispose con voce bassa abbassandosi e iniziando a baciarla sul collo, tenendola stretta con le braccia.

Joyce iniziò a ridacchiare per via dei baffi che la solleticavano cercando di spingerlo via ma senza successo.

“Hop! dai, smettila! Potrebbe entrare qualcuno da un momento all’altro…” protestò ridacchiando per il solletico.
Con un po' di riluttanza si staccò dal suo collo, ma senza mai scogliere l’abbraccio.

“Senti, so che questa storia è nuova per entrambi, e vorremmo recuperare tutto il tempo perduto, ma non siamo più al liceo. Non siamo più dei ragazzini spensierati con tutta la vita davanti” disse Joyce paziente: “Ora siamo due adulti di mezza età, con delle responsabilità sulle spalle, con dei lavori e che hanno vissuto entrambi situazioni orribili. Non possiamo ritornare indentro e cambiare il passato. Ma possiamo recuperare tutto quel tempo adesso, nel presente” concluse con un sorriso dolce.

“Non sto dicendo di ritornare indietro a quando avevamo sedici anni, ma potemmo sentirci dei sedicenni insieme, anche se solo per un momento.”

Joyce rise per l’espressione corrucciata di Hop. Gli toccò il volto con dolcezza, rispondendo con tono rassicurante: “E avremo le nostre occasioni. Ma ora godiamoci il presente e siamo felici di poterlo vivere.”

Hop si intenerì a quello sguardo. Era sempre saggia e paziente con lui. Si chiese come avesse fatto a meritarsi una donna così speciale.

“Sì, in fondo hai ragione, e non vedo l’ora di godermi tutto il tempo che abbiamo insieme. E magari è vero, una relazione segreta può rendere ancora tutto un po' più eccitante…”  fece una risata divertita insieme a lei.

“Oh, Hop!”

Jim si abbassò, mentre Joyce si alzò le punte dei piedi per scambiarsi un bacio, ma fu interrotto dalla radio trasmittente di lui.

“Qui è Callahan, passo!”

Hop alzò gli occhi al cielo, con il volto irritato da quella intrusione, sciogliendo l’abbraccio ma tenendo stretta la mano di Joyce, mentre rispondeva alla chiamata con il suo solito tono burbero: “Che cosa c’è Callahan?”

“Capo, abbiamo ricevuto una chiamata della piscina comunale. A quanto pare dei ragazzini stanno disegnando graffianti osceni sul muro. E pare la situazione stia un po' degenerando, passo.”

Hop sopirò frustato, con la palese voglia di non averci nulla a che fare con questa storia.

“Va bene, di a Powell che sto arrivando. Passo”

“D’accordo, passo”

Chiuse la chiamata, sospirando e grugnendo, mettendo la mano in mezzo agli occhi.

“Forza capo! La città ha bisogno di te!” disse Joyce sorridendo con tono dolce.

Hopper ridacchiò, abbassandosi per baciarla.

“Ti va di vederci stasera a cena da te? Con Undi e i ragazzi?” domandò appoggiando la fronte conto la sua.

“Ma oggi non è venerdì” fece notare Joyce.

“Lo so, ma mi sono appena ricordato che non ho nulla di mangiare in frigo. E se questa storia dei graffiti va avanti per le lunghe, non avrei tempo di fare un po' di spesa. E sai com’è Undi quando ha fame.”

Joyce intuì che era solo una scusa per vedersi più tardi, ma in un modo plausibile.

“D’accordo. E magari possiamo anche vederci un film.”

“Perfetto”

Ridacchiarono scambiandosi un’altra serie di baci sulle labbra. Finché Hop non si staccò un po' di malavoglia da lei, salutandola con “A stasera.”

“A stasera” ripeté

Si scambiarono un ultimo sorriso e poi si allontanò per ritornare al proprio lavoro. Joyce lo guadò allontanarsi, ammirando gli stretti pantaloni color kaki che facevano risaltare i glutei sodi dello sceriffo.

Sì, ha proprio un bel culo!” disse Joyce tra sé a sé, riprendendo in mano la prezzatrice ridendo.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** The Dinner ***


                                               

 

Hop e Undi arrivarono alla residenza della famiglia Byers alle sette e mezza di sera in punto. Parcheggiarono nel vialetto della casa, scendendo dal blazer della polizia.


Undi era felice di questa uscita fuori programma. In questo ultimo periodo si era molto affezionata a Joyce, vedendola sempre di più come una figura materna. E passare la cena insieme a Will e Jonathan era sempre una piccola festa. Aveva anche portato da casa una busta formato famiglia di Pop-corn per la serata film, cosa che faceva sorridere Hop.
 
La ragazza suonò il campanello impaziente di essere ricevuta.

“Ricordati Undi, comportati in maniera educata e gentile a casa di Joyce e non esagerare con i pop-corn” avvertì Hop “Non voglio che tu e Will sporchiate tutto il soggiorno con le briciole. Non è carino.”

“Lo so, ma tu lo fai sempre con la tua poltrona” rispose con tono innocente.

“Sì, ma quando non abbiamo ospiti in casa. E poi pulisco sempre… quando mi ricordo di farlo…”

Undi fece spallucce, ma sentì la porta aprirsi e la voce allegra della padrona di casa che diceva: “Undi!”

“Joyce!” disse abbarcandola felice: “Grazie per averci inventato a magiare stasera! Papà aveva finito i mac and cheese”

La donna rise, ricambiando l’abbraccio e accarezzandole la testa.

“Allora dovrò dire a tuo padre di smettere di farti magiare roba surgelata e imparare a cucinare qualcosa di più sano” rispose guardando Hop con finto rimprovero.

“Beh, ci potrei provare, ma non prometto niente” ammise divertito alzando le mani in segno di resa.

Joyce alzò gli occhi al cielo, ma sorridendo.

Undi sciolse l’abbraccio e con fierezza mostrò il sacchetto di alluminio dicendo: “Ho portato i pop-corn per stasera! Così sarà davvero una serata cinema!”

“Oh, Undi è pensiero molto gentile da parte tua. Grazie” rispose accarezzandole i capelli, stavano diventando sempre più lunghi.

“E prometto di non sporcare il soggiorno di briciole!”

Joyce rimase perplessa da quella promessa, lanciando uno sguardo a Hopper che in tutta risposta fece spallucce con finta innocenza.

“Beh, so che non lo farete, ma grazie.” Rispose con tono gentile.

“Dai, entrante, i ragazzi stanno apparecchiando.”

“Okay!” rispose Undi correndo in casa, tenendo stretto il sacchetto di pop-corn al petto.

I due adulti rimasero da soli sul portico di casa a scambiarsi sguardi languidi ora che avevano un po’ di privacy.

Hop camminò, fermandosi davanti a lei, appoggiando la mano sullo stipite della porta e con fare seduttivo disse: “Ciao”

“Ciao”
rispose con finta timidezza, le braccia conserte.

“Grazie ancora per averci ospitato nella tua umile casa”

“Ohm non c’è di che sceriffo. Per me è sempre un piacere ospitarla. Anche se, venire da me a mani vuote è un gesto un po' maleducato da parte di un ospite.” Disse con finto rimprovero.

“Beh, posso farmi perdonare in qualche modo? Magari proprio qui. Adesso?”

“Ovvero?” domandò incuriosita.

“I ragazzi ci stanno guardando?”

Joyce girò la testa dall’altra parte, sentendo le voci dei ragazzi in cucina, lontano dal loro campo visivo.

“No, non ci stanno guardando” rispose ritornando a guardalo.

Hop fece un mezzo sorriso voglioso rispondendo: “Bene”
Si chinò in basso verso di lei per baciarla sulle labbra dolcemente, Joyce fece un verso di approvazione.

Fu un momento breve ma intenso, si staccarono lentamente, guardandosi con complicità.

“Allora? Sono stato perdonato?” chiese con tono sfacciato.
Joyce alzò gli occhi, facendo finta di pensarci e rispondendo con malizia: “Direi di sì, per ora…”

Iniziarono a ridacchiare come ragazzini, ed erano sul punto di scambiarsi un altro bacio quando vennero interrotti da una voce in lontanezza.

Mamma!” urlò Will “Abbiamo finito di apparecchiare!”

“Beh, è meglio entrare” sospirò Joyce “I ragazzi saranno impazienti per le ali di pollo fritte con patatine” si avviò dentro casa.

“E poi dici a me che dovrei far mangiare più sano a mia figlia” ribatté Jim mettendosi le mani in tasca.

“Ha-ah” ridacchiò sarcasticamente.

“Ma questo non vuol dire che mi sto lamentando del menù di stasera”

Entrò in casa, chiudendo la porta.
 

 

***

 
Dopo la cena, Hop, Undi e Will erano nel soggiorno a scegliere il film per la serata, mentre Joyce e Jonathan erano intenti a sparecchiare la tavola.

Hop era seduto sul divano con una sigaretta in mano, mentre Will e Undi erano seduti a gambe incrociate sul tappetto circondanti di VHS che Jonathan aveva preso da Family Video.

Steve e Robin avevano cominciato a lavorare lì dopo l’incendio dello Starcourt, e spesso noleggiavano gratuitamente qualche film al gruppo di amici senza che Keith lo sapesse.

“Cavolo! Jonathan, ha preso solo film per bambini” si lamentò Will: “ ‘Pomi d’ottone e manici di scopa’, ‘La fabbrica di cioccolato’, ‘L’isola del tesoro’…”

“A me sembrano dei film adatti a voi.” disse Hop guardando le cassette: “Tipo questo: ‘ventimila leghe sotto i mari’ con Kirk Douglas che canta canzoni marinaresche in una nave”

“E chi è?” domandò Undi

“Kirk Douglas? È un attore di Hollywood, era molto famoso quando ero giovane.” Rispose Hop “Infatti non dimenticherò mai la prima volta che vidi ‘Spartacus’ al cinema. Era stupendo! Soprattutto la scena di ‘Io sono Spartacus!’.” E imitò il tono deciso della scena. Sotto gli occhi perplessi degli adolescenti.

E dal loro silenzio capì che erano troppo giovani per aver visto film.

“E che cosa sarebbe?” domandò Undi questa volta a Will.

“Nulla, sta solo citando le battute di un film vecchissimo.”

Hop a quelle parole si sentì estremamente vecchio, e frustato, lanciò la casetta dal divano e fumando la sigaretta.

“E poi conosco già la storia di ‘ventimila leghe sotto i mari’. A scuola ci hanno fatto leggere il libro.” Aggiunse Will.

“Allora che cosa volete vedere?” domandò Hop.

“Ho sempre volto vedere i due film di ‘Alien’!” rispose Will.

“ ‘Alien’?”

“Quella della navicella spaziale piena di uova aliene che si schiudono, e i soldati devono uccidere la madre aliena prima che sia troppo tardi?” domandò Undi “Quello che ha visto Max?”

“Esatto!” rispose l’amico “Alieni contro umani nello spazio! Dove nessuno può sentirti urlare!”

Undi sembrava affascinata dalle parole di Will, ma l’entusiasmo fu fermato dal padre che diceva: “Dopo tutto quello che avete passato, volete ancora vedere film su mostri e alieni?”

I due adolescenti non risposero, scambiandosi espressioni pazienti.

“E non credo che siano nemmeno dei film adatti per la vostra età.”

“Allora possiamo vedere ‘Sixteen Candles’?” domandò Undi.

“E che cosa sarebbe?”

“Un film per ragazze” rispose Will “In breve, tutti si dimenticano del sedicesimo compleanno della protagonista e lei si innamora di due ragazzi.”

“Max l’ha visto e dice che è un film carino” aggiunse Undi: “Anche se lei preferisce di più ‘laguna blu’. Dove parla di un ragazzo e una ragazza, seduti in un’isola deserta e devono scoprire delle cose.”

Hop intuì già qualcosa di non adatto a lei, anche se sperava di sbagliarsi.

“Anche se non ho capito che cosa dovrebbero cercare… “ aggiunse Undi con perplessità, mentre Will iniziava a ridacchiare.

E i peggiori timori di Hop ebbero la conferma.

“Io ho pensato che fosse una specie di tesoro” disse Undi “Ma Max mi ha detto che è in un certo senso un ‘tesoro’, ma in modo diverso e…”

“Oh guarda!” interruppe Hop buttando la sigaretta nel posacenere e chinandosi a perdere una cassetta: “ ‘Risky Business’! ho sentito dire che è davvero un bel film!” disse cercando di essere normale, nascondendo il suo nervosismo.
Sotto gli occhi confusi di Undi e quelli divertiti di Will.

 

***

 
Dopo quel breve momento di tensione da parte di Hop, rintonarono a parlare della scelta del film, finché lo sceriffo vide i due adolescenti iniziare a scambiarsi delle occhiate complici senza dire niente. La cosa cominciò a insospettirlo.

“Hem… Hop” disse Will incerto.

“Sì?”

“Ecco, io e Undi volevamo dirti una cosa.”

“Che cosa?” domandò lui cercando di stare calmo, ma iniziando a preoccuparsi.

“Sì, ma non è niente di grave. Anzi, è una cosa divertente!” assicurò Undi.

“Ovvero?” Chiese Hop sospetto.

“Il mini-Comicon!” disse Will.

“Il mini-comicon?” ripeté Hop perplesso.

“Una fiera del fumetto” rispose Undi.

Hop era colpito. Non si aspettava questa risposta. Credeva di aspettarsi qualcosa di peggio.

“Il mini-comicon è una fiera all’aperto nel parco pubblico di Grant Park a Chicago” disse Will: “Ce l’ha detto oggi Keith in sala giochi! E dice che l’ingresso è gratuito per tre tutti i tre giorni!”

“E i ragazzi hanno pensato che sarebbe stato divertente andare in fiera tutti insieme.” continuò Undi.

“Andare dove?” disse Joyce perplessa entrando in stanza sedendosi vicino a Hop sul divano, Jonathan si sedette accanto a lei, con in mano una ciotola di pop-corn.

“Al mini-Comicon di Chicago” ripeté Undi.

Così i due adolescenti spiegarono l’evento del mini-comicon al Grant Park con l’ingresso gratuito, che sarebbe iniziato la settimana prossima. Tutto il gruppo voleva andarci, ma avevano bisogno di un adulto che li accompagnasse.

“Abbiamo chiesto ai genitori di Mike, ma non possono.” Continuò Will: “Diciamo che non hanno tempo di portarci fuori per il weekend”

“E la stessa cosa vale anche per le madri di Dustin e Lucas” aggiunse Undi.

“E volevamo chiederti se potessi portaci tu a Chicago” rispose Will: “In fondo, sono solo tre ore di macchina.”

“Ragazzi…” rispose Joyce con sguardo dispiaciuto: “Ci piacerebbe accompagnarvi a questa fiera. Ma non possiamo…”
I ragazzi abbassarono lo sguardo delusi.

“Non è che non vogliamo. Ma in questo momento non possiamo lasciare Hawkins. Soprattutto adesso che in negozio c’è un po' più di movimento, il signore Melvald ha bisogno di me. Mi dispiace” ammise Joyce.

“Non fa niente mamma, lo capisco” rispose Will con tono calmo e comprensivo. Quel tono fece nascere un piccolo senso di colpa in Joyce.

“Beh, papà magari ci potresti accompagnarci tu” disse Undi guardando Hop: “Per te non sarebbe un problema accompagnarci tutti a Chicago. Vero?”

Joyce girò la testa verso l’uomo notando il suo sguardo incerto.

“Sì, mi piacerebbe accompagnarvi… ma non posso.” Ammise: “Anche io in questo momento non posso lasciare Hawkins. L’indagine dell’incendio allo Starcourt è ancora in corso e stiamo cercando di chiudere il più presto possibile, con tutta la questione burocratica in corso.”

“Oh, okay…” rispose Undi con aria delusa.

Sia Joyce che Hopper guardarono i volti rammaricati dei loro figli, sentendosi in colpa.

“Ma... magari Jonathan sarà felice di portavi alla fiera” suggerì Joyce guardano il figlio maggiore: “Giusto Jonathan?”

Undi e Will alzarono lo sguardo verso l’adolescente con aria speranzosa.

“Ecco… veramente questo weekend sarei già occupato…” ammise un po’ imbarazzato.

I due adulti si girarono verso di lui, stupiti da quella risposta e non capendo a cosa si stesse riferendo.

“Davvero?” domandò Will perplesso.

“Ho promesso a Nancy di aiutarla con il trasloco di sua nonna in una casa di riposo” rispose: “Solo che vive fuori città e resteremo da lei fino a lunedì, per aiutarla a impacchettare le sue cose e mettere la casa in vendita.”

“Scusami, ma perché non possono andare Ted e Karen?” domandò Hopper.

“Beh, la nonna è la madre del signor Wheeler. E da quello che mi ha spiegato Nancy lei e sua madre non vanno molto d’accordo…”

“Oh, capisco…”

Jonathan si scusò con Undi e Will, e Joyce continuò a suggerire altre presone come Steve e la sua amica Robin. Ma Will rispose che non potevano, lavoravano da poco a Family Video e non potevano assentarsi fino alla fine dell’estate.

“Allora, ragazzi, mi dispiace dirlo, ma nessuno di voi potrà andare a Chicago” disse Hop.

Will e Undi sospirarono tristi.

“Mi dispiace ragazzi, ma è così” disse Hop paziente: “E di certo, nessuno di voi andrà a Chigaco da solo per una fiera.”

“Ma sono certa che ci saranno altri eventi del genere in futuro.” cercò di rallegrare la situazione Joyce.

“Sì, ma ci saranno durante l’anno scolastico e saranno in una convention a pagamento.” Rispose Will: “Questa invece è gratis per tre giorni ed è all’aperto.”

“E poi a Max farebbe bene uscire un po' da Hawkins…” aggiunse Undi: “Dopo ciò che è successo con il Mind Flayer … si sente ancora in colpa per Billy” guardò in basso con aria triste.

“E noi crediamo che potarla fuori dalla città le farebbe bene. Almeno per un po'” aggiunse Will.

Joyce, Hopper e Jonathan non sapevano che cosa dire.

“È un gesto molto nobile da parte vostra. Ma…” cercò di dire Joyce con tono paziente, ma venne interrotta da Hopper che chiese: “Quando inizia questa fiera?”

Joyce e Jonathan lo guardarono perplessi.

“Inizia questo venerdì mattina e finisce domenica sera.” Rispose Will

“Perciò un intero weekend.”

“Esatto, anche se… suppongo che non sia possibile, ma ci piacerebbe stare lì per tutti i tre giorni.”

Hop iniziò a pensare, finché non gli venne un’idea: “Beh, forse conosco qualcuno che sarebbe disposto a portarvi a Chicago, senza nessun problema.”

“Davvero?!” dissero Will e Undi insieme, stupiti.

“Davvero?” ripeterono Joyce e Jonathan confusi.

“Certo!” ammise Hop convinto: “E credo che sarà molto contento di farlo…”

 


 


Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** The Call ***


 

 
 

“Che cosa? Assolutamente no!”

“Andiamo Murray…” disse Joyce al telefono. Hop accanto a lei in cucina, mentre i ragazzi erano in soggiorno intenti a vedere la TV.

“Prima di tutto, io ho karate tutti i venerdì dall’una alle tre. E ho iniziato da poco e credo di essere già piuttosto bravo.” Si vantò compiaciuto “E secondo: vuoi che accompagni sei ragazzini a Chicago, per cosa?”

“Al mini-comic di Chicago.”

“E che cosa sarebbe?”

“Una fiera del fumetto. Dove c’è gente appassionata di fumetti, supereroi e videogiochi che si incontrano e si parlano”

“Ooooh, ho capito… roba da nerd” liquidò Murray facendo alzare gli occhi al cielo a Joyce dall’altra parte del telefono.

“Ma i ragazzi vorrebbero andarci come ultimo weekend di spensieratezza prima dell’inizio della scuola. E credo che gli farebbe molto bene questa piccola uscita. Dopo tutto quello che è successo…”

“E tu credi che io avrei la pazienza e la voglia di portare sei ragazzini a Chicago, per una fiera del fumetto lunga ben tre giorni?”

“Ma è gratis…” aggiunse incerta.

“Joyce…”

“Ascolta Murray, questi ragazzi hanno bisogno di un attimo di tregua. E tu sai che cosa abbiamo vissuto. E visto che nessuno degli altri genitori può, pensaci…”

“Aspetta un attimo” interruppe l’amico: “Tu non mi chiameresti mai per una cosa del genere. Joyce Byers non mi lascerebbe mai da solo con suo figlio minore e i suoi amici per una questione così banale. Visto che hai intuito fin da subito che sarei un pessimo babysitter.”
Disse sospettoso “E anche se avessi finito tutti gli adulti responsabili che conosci per questo compito, di certo non avresti mai pensato a me. A meno che… non sia stato qualcun’altro a suggerire di chiamarmi…”


“Suggerire?”

“Per caso, Jim è con te?” domandò Murray compiaciuto.

La donna rimase stupita da quella domanda, lo sguardo fisso su Hop.

“Jim?” ripeté attirando l’attenzione dell’uomo.

“Me lo passi?” chiese con tono tranquillo “Per favore.”

Joyce non rispose, incerta sul da farsi, poi passò la cornetta ad Hop dicendo: “Vuole parlare con te”

“Con me?” disse perplesso prendendo la cornetta sotto lo sguardo confuso di Joyce.

“Che cosa voi?” chiese Hop al telefono con tono diretto.

“Bene, bene, bene! Guarda un po' chi ha bisogno del mio aiuto nel momento del bisogno! Mio caro bambinone che si è finalmente aperto con i suoi sentimenti!” e iniziò a ridacchiare.

Hop sospirò frustato, iniziando a pentirsi della sua idea.

E da quello che ho intuito, Joyce sta ‘beneficando’ molto dei tuoi ‘sentimenti’.” Continuò divertito.

“Murray…” lo richiamò.

“E suppongo che tra voi due le cose stiano andando piuttosto bene… visto che dovete sbarazzarvi di un intero esercito di adolescenti per avere un po' di pace. Haaa, si sa. La fase della luna di miele è sempre la migliore per le coppie.”

“Murray!” disse Hop a denti stretti.

“Okay, okay, la smetto.” Rispose il giornalista con tono calmo: “Allora, tu voi che porti mezza scuola media con me per una fiera del fumetto, a tre ore di macchina per un intero weekend? Giusto?”

“Sì, Murray. Ti abbiamo chiamato per questo!” rispose paziente: “E possiamo darti anche dei soldi per la benzina e per gli alloggi. Basta solo che tieni d’occhio i ragazzi e che non combiniate nessun casino.”

“E visto che tutti gli adulti responsabili della città hanno dato buca, hai chiamato me, perché sono la vostra ultima spiaggia.”

“Esatto. Perciò voi aiutarci sì o no?”

“Beh… in effetti io avrei di meglio da fare, piuttosto che fare la babysitter. E poi sono anni che non vado a Chicago per ragioni personali…”

Hop alzò gli occhi al cielo per la pazienza.

“Ma… forse posso rischiare la mia sicurezza per questi ragazzini. Visto che hanno salvato il mondo, posso fare questo sacrificio. Così vado a trovare mia madre già che ci sono.”

“Allora ci aiuterai?”

“In fondo, perché no? Anche Joyce si merita un po' di tregua dai suoi figli. Perciò sì, accetto di essere il nuovo babysitter di Hawkins. Ma a una condizione?”

Una condizione?” chiese Hop confuso scambiandosi un’occhiata complice con Joyce.

“Esatto. Visto che sei sempre stato poco gentile con me, voglio che mi implori!”

“Che cosa?!”

“Se vuoi che dica sì, devi dire queste esatte parole: ‘Murray, tu hai sempre avuto ragione tra me e Joyce. E grazie a te ora siamo una coppia felice. E ci dispiace di averti ignorato.”

“Murray non ti dirò mai una cosa del genere!” si scaldò Hop: “Devi solo dire sì o no! Tutto qui!”

“Oh, beh, allora dovrò dire di no. Perciò di addio al tuo weekend di coppia fatto di sesso selvaggio. Perciò, addioooo!”

“D’accordo, d’accordo! Lo dirò!” disse Hop in fretta prima che Murray riattaccasse.

“Okay! Allora dillo, e io farò tutto ciò che vuoi…”

Hop si mise una mano in mezzo agli occhi con espressione irritata, pensando che forse chiedere a Murray fosse stata una pessima idea.

Ma poi alzò lo sguardo verso il soggiorno, dove i ragazzi seduti sul divano guardavano la TV in attesa della loro risposta. Posò lo sguardo verso di Joyce, che lo ricambiava vagamente perplessa da quello che stava succedendo durante quella telefonata. E solo vedere i suoi occhi scuri gli ricordò il perché lo stava facendo.

“Tik-tak Jim! Il tempo sta per scadere…” avvertì Murray ironicamente.

Hop sospirò: “Murray, tu hai sempre avuto…”

“Con più convinzione!”

“Murray tu hai sempre avuto ragione tra me e Joyce” ripeté con decisone, ma senza farsi sentire dai ragazzi in soggiorno, mentre Joyce lo stava guardando con volto stranito.

“E grazie a te ora siamo una coppia felice. E ci dispiace di averti ignorato.”

Dopo aver detto quelle parole, Murray iniziò a ridere sguaiatamente, divertito e incredulo da quanto appena sentito.

“Ha! Non ci posso credere che l’hai fatto davvero! Dio, è stato così esilarante!” continuò a ridere.

“Okay, okay, va bene, sono disposto a fare il baby-sitter per tre giorni. Tu e Joyce vi meritate di stare da soli per un po'.” Rispose una volta smesso di ridere, cercando di riprendere fiato.

“Ti ringrazio!” rispose Hop irritato.

“Almeno, smetterete di litigare per cose futili e vi strapperete i vestiti a vicenda, per poi darci dentro come non ci fosse un domani!”

“Okay Murray, ci sentiamo.”

Mazel Tov!” urlò il giornalista mentre Hop riattaccava stizzito.

Hop sopirò, abbassando la testa e mettendosi nuovamente la mano in mezzo agli occhi.

 “Wow, certo che Murray ti ha fatto davvero sudare per avere il suo sì” disse Joyce divertita.

“Non me ne parlare…” rispose sconsolato.

“Anche se non capisco il perché di tutto questo.” Ammise Joyce perplessa.

“Perché è la nostra grande occasione.”

“Cosa?”

“La nostra grande occasione di sentirci sedicenni insieme!”

Hop si ricordò le parole di quella mattina, che ci sarebbero stati delle occasioni per recuperare il tempo perduto, e di stare da soli riuscendo a mantenere la loro relazione segreta allo stesso tempo.

“E immagina: tre giorni, solo per noi e senza dare spiegazioni a nessuno, e i nostri figli in un lungo lontano e sicuro allo stesso tempo.”

“Perciò… non ti fidi di mandare Undi a scuola, ma la vuoi mandare a una fiera del fumetto a Chicago? Con Murray?” fece notare Joyce stupita.

“È diverso!” si giustificò Hop: “La scuola non è una fiera di tre giorni, con sconosciuti che non vedrai mai più. E poi sarà circondata dai suoi amici e chiederò a Murray di tenerli d’occhio per tutto il tempo e assicurarsi che Mike e Undi non stiano mai da soli!”

Joyce ridacchiò a quelle parole da padre iper-protettivo, ma decise di non aggiungere nulla.

“Ma immagina: noi due, da soli, al cinema o a cena o fare delle belle passeggiante…” continuò Hop con tono sempre più dolce, prendendola per i fianchi e attirandola di più a sé.

“Godendoci questa ultima brezza estiva…”

Joyce abbassò la testa e sorrise, nascondendo il leggero rossore in viso.

“Oppure, potremmo stare anche in casa, chiusi dentro e non fare assolutamente nulla.” Continuò con tono seducente.

“Tipo… due cuori e una capanna?” rispose Joyce alzando lo sguardo.

“Beh… avevo pensato più a due cuori e un letto, ma se ti va, va bene” disse Hop ridacchiando e stringendola di più a sé.

Joyce si fece contagiare dalla sua risata rispondendo: “Mi sembra un bel piano. In fondo, perché no? Godiamoci questi momenti e fingiamo che per un po' siamo solo noi due contro il resto del mondo” concluse maliziosamente appoggiando il mento sul petto di Hop e fissandolo con occhi dolci.

Hop la guardò rapito, chiedendosi cosa avesse fatto per meritarsi una donna tanto speciale.

“Non sarà una vera fuga romantica, ma sarà molto divertente comportarci da adolescenti scatenati…” continuò con voce seducente: “Anzi, credo che sarà molto più ‘eccitante’…” concluse facendogli piccoli cerchi sul petto col dito.

“Joyce”

“Sì?”

“Se voi continuare a vivere questa storia in segreto, non parlami e non guardami in quel modo. Altrimenti prederei il controllo di me stesso, e farei iniziare questo weekend fin troppo in anticipo…”

Joyce ridacchiò vedendo il volto teso dell’uomo. Si alzò sulle punte dei piedi per dargli un breve e dolce bacio sulle labbra.

“D’accordo”.

L’abbraccio si sciolse, con un po' di malinconia nel cuore di Hop.

“Dai, andiamo a dirlo ai ragazzi.” Si incamminò verso il soggiorno.

“Sì, signora…” ripeté Hop seguendola.

 

***

Joyce e Hop si misero davanti alla televisione, che Will spense subito per sentire impaziente le parole dei due adulti. E finalmente ebbe la conferma che potevano andare a Chicago con tutti i loro amici e con Murray come loro accompagnatore ufficiale.

“Sì!” disse Will felice sotto lo sguardo entusiasta di Undi e Jonathan.

“Allora devo migliore il mio costume da mago! E devo dire ai ragazzi di preparare i vestiti dei loro personaggi! E abbiamo solo meno di una settimana!” continuò Will: “Andiamo Undi! Devo fare uno schizzo della tua versione da stregone!”

Prese la mano di Undi, alzandosi in piedi e portandola in camera sua. Tutto sotto lo sguardo perplesso di Hop.

“Okay, non mi aspettavo così tanto entusiasmo…” Commentò lo sceriffo.

“Beh, è da tutta l’estate che Will voleva giocare a D&D” disse Jonathan sereno.

“Per Will questo mini-comicon sarà il paradiso in terra” aggiunse Joyce con lo stesso tono.

“Ma siete sicuri di volere Murray che accompagni i ragazzi a Chicago per un intero weekend?” domandò Jonathan.

“Cioè, senza nulla togliere a Murray, in fondo ha fatto tanto per noi, ma… è Murray!”

Joyce sopirò “lo so che Murray è un po' eccentrico come persona. Ma ci ha sempre aiutati in questa folle situazione del Sottosopra e senza lui e Alexei quel portale sarebbe ancora aperto. Mi fido di lui.”

Jonathan non sembrava molto convito, guardò Hop cercando una conferma.

“Concordo con tua madre. Murray è una persona affidabile. E credo che sia in grado di gestire sei ragazzini per tre giorni.” Rispose lo sceriffo notando il suo sguardo.

“Devo solo avvertire Karen e le altre mamma, sperando che siano tutti d’accordo” concluse Joyce.

Jonathan non era del tutto convinto di questa situazione, ma non voleva contraddire sua madre.

“Beh, se volete… posso disdire il mio impegno con Nancy e portarli io a Chicago.” Si limitò a rispondere.
“Oh no, tu aiuterai Nancy con il trascolo di sua nonna” ripeté la madre “Hai sempre dovuto rinunciare ai tuoi impegni per me e Will. E ora non dovrai più farlo. Soprattutto ora che ti sei preso un impegno con Nancy. Credo che voi due abbiate bisogno di chiarire un po’ di cose, e questo viaggio sarà l’occasione per farlo.”

Jonathan non rispose, guardando in basso con aria inespressiva. Sapeva che sua madre aveva ragione.
Joyce si sedette sul divano accanto al figlio, posandogli una mano sulla spalla “So che sei un bravo ragazzo” disse dolcemente “e hai sempre cercato di proteggere sia Will che me. E di questo ti saremo grati per sempre. Ma ora il peggio è finito. E tu meriti di vivere la tua vita.”

Il figlio alzò lo sguardo, fissando il volto sereno di sua madre.

“E lo sai, se succederà qualcosa io e Hop ci butteremo a Chicago pronti ad affrontare il peggio. Perciò, non preoccuparti per noi. Okay?”

 Jonathan guardò il sorriso rassicurante di sua madre.

“Okay, mamma, mi fido” rispose ricambiando il sorriso.
Joyce gli diede un bacio sulla fronte stringendolo a sé, sotto lo sguardo comprensivo di Hop.

“Coraggio, chiedi ai ragazzi se hanno ancora voglia di vedere un film. E cerca di fermare un po' l’estuiamo di tuo fratello.”

“D’accordo mamma”

Il maggiore si alzò dal divano, incamminandosi verso la stanza del fratello minore, lasciando i due adulti da soli.

“Hai dei ragazzi davvero stupendi” disse Hop sincero sedendosi al posto di Jonathan sul divano.
“Lo so”

“Allora… sei ancora convinta?” chiese Hop prendendole la mano “vuoi davvero recuperare il tempo perduto?”
Joyce strinse la mano di Hop con la sua, “sì”, rispose. Alzò lo sguardo continuando “voglio recuperare il nostro tempo perduto.”

Si scambiarono degli sguardi complici, con sorrisi dolci e tenendosi le mani strette l’uno con l’altro.

Pronti per questa nuova avventura.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** The Departure ***



 
 

Giovedì 9:30 del mattino, capanna di Hopper.

Murray parcheggiò il suo pulmino Volkswagen T2 color rosso ciliegia con il tettuccio bianco la vernice usurata e qualche ammaccatura, nel vialetto della capanna di Hop.

Con già a bordo Mike, Lucas, Dustin e Max in attesa di Will e Undi e pronti per partire.

I due ragazzini stavano uscendo insieme a Joyce e Hop, già in divisa da sceriffo, che tenevano in mano le valigie dei propri figli.

“Forza Gente! Non abbiamo tutto il giorno! Ci sono ben tre ore di guida da fare!” disse Murray con la testa fuori dal finestrino e suonando il clacson, cosa che mise a dura prova la già poca pazienza di Hop.

“Wow Murray! Questo furgone è davvero fantastico!” commentò Will stupito.

“Grazie ragazzo! L’ho affittato da due conoscenti che gestiscono un’officina vicino a casa mia.”

“Lo hai affittato?” chiese Hop perplesso.

“Ovvio Jim! Secondo te avrei una macchina abbastanza grande da far salire sei ragazzini in una volta sola?” rispose sarcastico.

“Beh, l’importante è che sia ancora in grado di muoversi…” disse Joyce cercando di sdrammatizzare la situazione.

“Oh, lo so che è un po' vissuto. In fondo i due tizi che me lo hanno affittato sono due fratelli gemelli che hanno vissuto a pieno la summer of love” e ridacchiò divertito.

Joyce e Hop si scambiarono uno sguardo allarmato da quella notizia. Sperando vivamente che quel pullmino non si trasformasse in una macchina mortale.

“Ma tranquilli! L’hanno ripulita, restaurata e sistemata. E questo bel gioiellino farà ancora un sacco di chilometri!”

“E allora che cos’è questa puzza?” urlò Max dal lontano con tono irritato.

“È l’erba che si fumavano a quei tempi?” aggiunse Dustin: “Le famosissime ‘canne’?”

“Ehi laggiù!” rispose Murray girandosi verso di loro: “Non osate dire più queste cose! Soprattutto davanti alla polizia!”

“Sei ancora convinto di questa idea?” domandò Joyce a bassa voce.

“Orami Murray ha accettato ed è troppo tardi per tirarsi indietro.” Rispose Hop paziente.

“Che cos’è una canna?” domandò ingenuamente Undi a Will.

“Già orami è troppo tardi…” aggiunse Joyce mormorando tra sé e sé, incamminandosi verso lo sportello del furgone.

Lo aprì per sistemare i bagagli dei ragazzi, composti da due zaini pieni in stile campeggio e una piccola valigia da viaggio che Will teneva tra le mani.

“Perché il tuo futuro figliastro tiene quella valigia stretta, come se dentro ci fossero i codici dei missili nucleali?” domandò Murray dal finestrino verso Hop.

“Lì dentro c’è il suo nuovo costume da mago e quello da stregone di Undi” rispose “Ci hanno lavorato per una settimana intera giorno e notte, e non volevano essere disturbati.”

“Ah giusto, il gioco di ruolo dal vivo o roba dal genere” disse Murray. “Sì, la solita roba per nerd.”

“Comunque, perché portare i ragazzi a Chicago oggi, se la fiera inizia domani?”

“Beh, quando ho chiamato mia madre e le ho detto che sarei andato a Chicago in veste da Babysitter, ecco…sono successe un po' di cose.”

Raccontò che sua madre voleva conoscere i nuovi amici di Murray, ospitarli in casa loro per tutto il weekend e farli dormire nelle due camere degli ospiti (una di quelle camere era l’ex camera da letto di Murray) lasciando il figlio dormire sul divano.

“All’inizio non volevo accette minimamente la sua proposta. Ma poi mi sono ricordato che avrei dovuto trovare un motel e pagare tre stanze, per non parlare del cibo e spese simili… Allora ho capito che ritornare nella mia vecchia casa di infanzia era decisamente meglio, e soprattutto gratis, che andare in un motel di terz’ordine.”

“E per tua madre non sarà un problema?” domandò Hop

“Naaah, sarà uno spasso! È da tutta la vita che voleva dei nipotini. Ma visto che mi conosce fin troppo bene, ha capito che quel sogno non si realizzerà mai. Così è ben contenta di ospitare sette ragazzini come surrogati di nipotini e a giocare a fare la nonna.” Assicurò il giornalista “Credetemi li vizierà, prenderà sempre le loro difese, gli cucinerà biscotti, panini imbottiti di carne e gli racconterà di quando era una giovane ragazza di New York che viveva nel quartiere ebraico di Brooklyn e dei suoi vicini di casa, ovvero la famiglia Straisand.”

Hop era ancora perplesso da quelle parole. Ma in fondo era meglio che i ragazzi fossero accolti in una tranquilla casa di periferia, che in un motel.

“Hop!” chiamò Joyce, capendo che era ora di salutare i ragazzi. Così lo sceriffo andò da loro davanti allo sportellone ancora aperto per abbracciare Undi e dare gli ultimi avvertimenti alla squadra. Ovvero: stare insieme alla squadra, mai divedersi, comportarsi bene e rispettare le regole della signora Bauman e soprattutto di non stare troppo tempo da sola con Mike, lanciando un’occhiata severa a quest’ultimo, facendolo spaventare.

“Mi raccomando Will, stai attento, non girare da solo in fiera, non dividetevi e se c’è qualche problema, chiamami immediatamente. D’accordo?” aggiunse Joyce.

“Certo mamma, non ci divideremo e saremo educati con la signora Bauman. Promesso” rispose Will.

Joyce sorrise e lo abbracciò e finalmente i due ragazzi salirono sul fugone.

“Bene ragazzi! Allacciatevi le cinture che dobbiamo essere a Chicago in tempo per la deep dish pizza fatta in casa!” disse Murray accendendo il motore.

Salutò i suoi amici con sorriso sornione e parole a doppi sensi con tanto di occhiolino, facendoli imbarazzare. E finalmente chiuse il finestrino, fece manovra e partirono verso alla grande città, sotto gli sguardi di Joyce e Hop.

“Non ci credo che l’abbiamo fatto davvero.” Disse Hop: “E non ci credo che Undi ora sarà così lontano da Hawkins e da me per tutto questo tempo.”

“Stessa cosa con Will dopo il rapimento del sottosopra….” aggiunse Joyce: “Dio, so che abbiamo parlato di dargli più spazio, ma… pensi che abbiamo fatto la scelta giusta?”

“Orami il danno è fatto, e ora dobbiamo solo sperare che vada tutto bene per una volta” assicurò Hop.

Joyce appoggiò la testa alla sua spalla, mentre Hop mise le un braccio introno alla vita per stingerla a sé, mentre vedevano il pulmino allontanarsi sempre di più fino a scomparire.

 

***

 
Joyce e Hop entrarono nella capanna (ancora in fase di riparazione sul tetto per via dello scontro con il Mind Flayer) dove lei si sedette sul divano sospirando.

“Ti va un po' di caffè?” domandò Hop

“Sì, grazie”

Hop preparò il caffè nella sua piccola cucina, prese due tazze e lo portò in soggiorno.

“Grazie” disse lei prendendo la tazza e iniziando a bere.

“Oggi che turno hai al lavoro?” domandò Hop sedendosi sulla sua poltrona con la tazza in mano.

“Donald vuole tenere il negozio ad orario continuato. Perciò devo attaccare a mezzogiorno fino alla chiusura.” Rispose bevendo un sorso di caffè.

“Perciò, niente pranzo insieme?”

“Purtroppo no. Dovrò mangiare un panino nei momenti morti”

“Peccato”

“Però ora abbiamo la serata libera” disse Joyce posando la tazza semi vuota sul tavolino e sorridendo.

“Hai ragione” rispose Hop ricambiando il sorriso e posando la tazza accanto alla sua: “E che cosa pensavi di fare?” chiese con un po' di malizia.

“Che ne dici di andare al cinema stasera?”

Hop rimase sorpreso da quella richiesta ripetendo: “Cinema?”

“Sì, in fondo è da tempo che non vado a vedermi un film al cinema. E sarebbe bello andarci insieme” rispose sorridendo: “Così, domani potremo andare da Enzo.”

Hop sorrise a quella proposta “Sì, sarebbe fantastico” rispose.

“E magari, dopo il cinema possiamo mangiare in qualche tavola calda” continuò: “Sarebbe divertente!”

“E che film vorresti vedere?”

“Non lo so…” rispose “Jonathan e Nancy sono andanti a vedere un film fantasy medievale che parla di maledizioni e magie.”

“E tu vorresti vedere un film fantasy?” chiese Hop perplesso.

“Che c’è? sarebbe bello cambiare genere ogni tanto” continuò “E poi mi ha detto che è anche romantico, e che il protagonista è il droide di ‘Blade Runner’.”

“Harrison Ford?”

“No quello biondo che alla fine del film muore.”

“Ho, Rutger Hauer!”

“Ecco lui! Nancy mi ha detto che è un bel film. Con una donna che si trasforma in un’aquila o roba del genere.”

Hop sorriso rispondendo: “D’accordo! Per me va bene.”

“Fantastico!”

“Allora ti prendo dopo il lavoro?”

“Sì, chiuderò per le sette.”

“Allora ti prenderò per le sette in punto, signora Byers”

“Grazie, sceriffo Hopper!” E iniziò a ridere.

Pian piano calò il silenzio.

Joyce si alzò, prendendo le tazze dal tavolino per portarle in cucina, mentre Hop rimase seduto sulla sua poltrona seguendola solo con lo sguardo.

“Però ora sono soltanto le 10:15” fece notare Hop guardando l’orologio

“È vero, sono già le 10:15” rispose mettendo le tazze sopra il lavandino.

“Perciò, abbiamo ancora un po' di tempo libero…” fece notare Hop con finto disinteresse.

Joyce capì dove voleva andare a parare, restò al gioco rispondendo allo stesso tono: “È vero, ho ancora un po' di tempo prima del turno” e si camminò verso al soggiorno, fermandosi accanto alla poltrona di Hop e appoggiando le mani sul bracciolo piegandosi verso di lui dicendo: “Potrei tornare a casa e riposarmi un po'.”

“Oppure potresti restare un po' qui con me…” rispose Hop sempre con più malizia.

“Davvero?”

“Davvero.”

“E che cosa potremmo fare?” chiese con tono allusivo.

“Beh… potremmo riposarci insieme.” Disse Hop prendendo la mano di Joyce e tirandola a sé, facendola sedere sopra alle sue ginocchia con una mano sulla spalla e l’altra sul ginocchio.

Joyce ridacchiò, mettendo le braccia introno alle sue spalle.

“Che ne dici?” propose con tono profondo, avvicinandosi al suo volto e iniziando ad accarezzare lentamente una coscia “Per dare inizio a questo meraviglioso weekend?”

Joyce ricambiò lo sguardo rispondendo con lo stesso sguardo provocante.

“Allora a noi…” disse Hop avvincendosi al suo volto.

“A noi…” ripeté Joyce

Stavano per bacarsi, quando la grossa radio della polizia non iniziò a suonare.

“Sceriffo Jim Hopper mi ricevi? Sceriffo Hopper è in casa ed è sveglio o sta cercando di ignorami? Passo.”

Hop frustato imprecò: “Ma porca miseria!” per poi guardare Joyce cambiando tono: “Scusami…”

“Non preoccuparti” assicurò lei accarezzando il volto con la mano: “Tanto io sono ancora qui” e gli diede un bacio sulla guancia.

Hop era grato della sua pazienza, accarezzando dolcemente la gamba con la voglia di non smettere e tenerla ancora sulle sue ginocchia per sempre.

Ma la radio continuò a suonare e Joyce si alzò dalla poltrona per lasciare che Hop andasse a rispondere.
“Qui è Hop, passo”

Hallejua Jim! Dimmi un po' hai dormito fino a tardi o hai iniziato a riprendere le tue vecchie abitudini?

“Ho avuto da fare Florence” rispose paziente: “E te l’avevo detto giusto ieri che sarei arrivato tardi questa mattina”

“Hu-muh, però non avevi detto che saresti arrivato così tardi, visto che sono quasi le 10:30. E poi, quand’è che ti comprerai un telefono nuovo?”

“Che cosa è successo Florence?” chiese paziente.

“C’è la preside Murphy del suo ufficio da più di mezzora.”

“La preside Murphy?”

“L’hai chiamata per discutere della situazione a scuola, o te lo sei dimenticato?”

E Hop a quel punto si ricordò rispondendo: “E’ vero! Avevo chiesto di venire nel mio ufficio. Dille che sto arrivando.”

“Va bene, dirò che arriverai fra dieci minuti”

“Dieci minuti? No, dille che…”

“Dieci minuti Hop!” ripeté Florence con tono diretto.

Lo sceriffo sopirò paziente rispondendo: “D’accordo, dille che sarò lì fra dieci minuti…”

“Ricevuto capo, passo”

“A più tardi Florence” e chiuse la chiamata.

“La preside Murphy?”

Hop si girò, vedendo Joyce in piedi che stava camminando verso di lui in cucina a braccia conserte e aria perplessa: “Perché hai chiamato la preside Murphy nel tuo ufficio?”

“Beh, perché ormai sono troppo vecchio per essere chiamato per andare nell’ufficio del preside” rispose ironicamente, cercando di farla ridere.

Ma Joyce si fermò davanti a lui e con tono serio disse: “Jim?”

“L’ho chiamata per parlare della situazione di Undi e iscriverla a scuola…” ammise

Spiegò che aveva deciso che Undi frequentasse la scuola, grazie al finto certificato di nascita e i documenti lasciati da Sam. Ma doveva spiegare la sua paternità con Jane, che prima aveva vissuto isolata per molto tempo con sua madre a New York fino alla sua morte, che solo dopo quell’evento aveva scoperto l’esistenza di sua figlia dopo tredici anni di silenzio.

“E poi per parlare dalle questioni bullismo”.

“La questione bullismo?” ripeté Joyce perplessa.

“Lo sai, i bulli che hanno sempre tormentato Will e i suoi amici.”

“Ma se la famiglia Walsh ha lasciato la città l’anno scorso.”

“Sì, ma Undi frequenterà il primo anno di liceo!” fece notare Hop leggermente allarmato: “E lo sia come sono fatti i ragazzini quando iniziano il liceo: manipolabili, incerti, insicuri e con la voglia di conformarsi con gli altri a tutti costi!”

Joyce alzò gli occhi al cielo, intuendo il tono allarmistico di Hop e il suo lato da padre iperprotettivo.

“E Undi è una ragazza fragile che conosce ancora molto poco del mondo intorno a lei. È l’ultima cosa che voglio per lei è che sia presa di mira da un gruppo di adolescenti! Perciò voglio assicurami che la preside Murphy prenda in mano questa situazione insieme a tutti i docenti.”

“Lo sai che la scuola ha i suoi limiti, e che il liceo di Hawkins è molto affollato” fece notare Joyce con pazienza.

“Sì, ma se Undi un giorno tonerà a casa presa di mira dai i bulli, la scuola risponderà a me!” e si indicò con il pollice con aria sicura.

“Direttamente a te?” ripeté Joyce perplessa.

“Non ho mai avuto paura del signor Cooper, figurati se ora ho paura di affrontare tutto il liceo.”

Joyce sopirò rassegnata, capendo che farlo ragionare in modo razionale era completamente impossibile.

“D’accordo, fai come voi.” rispose alzando le mani: “Ma non mi mettere in mezzo in questa faccenda! Sappi però che stai un po' esagerando”

“Questione di punti di vista” rispose Hop convinto.

La donna alzò gli occhi iniziando a incamminarsi verso la porta: “Allora io ritorno a casa, così potrai arrivare in tempo per incontrare la preside.”

Hop la raggiunse per aprirle la porta.

“Allora… ti vengo a prendere stasera? Così andiamo direttamente al cinema?”

“Per me va bene”

Joyce si alzò sulla punta dei piedi per un bacio sulle labbra che fu subito ricambiato.

“Ciao” disse Joyce con tono dolce

“Ciao…” rispose Hop con lo stesso tono.

Joyce uscì dalla capanna per raggiungere la sua macchina mentre Hop la guardava davanti alla porta con lo sguardo sereno finché non la vide andare via.

E da quel momento in poi, iniziò ufficialmente i loro lungo e romantico weekend.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** The Business Man ***


         

 

Melvald’s General Store 18:45
 
Il negozio oramai era vuoto, e Joyce stava iniziando a pulire il bancone ed era pronta per la chiusura Quando sentì il suono della porta che si apriva: Hopper.

Lo sceriffo indossava abiti civili: una leggera camicia blu dalla fantasia scozzese, dei blu jeans scuri e degli scarponi marroni, pronto per iniziare la serata.

“Buona sera mia giovane e splendida cittadina” disse Hopper avvicinandosi al bancone: “Pronta per la nostra serata insieme?”

Joyce rise rispondendo divertita: “Sì signor Sceriffo Hopper!”

“E già che sono qui in anticipo, possiamo prendere due o tre pacchetti di patatine. Così non dobbiamo spendere un capitale per una confezione di pop-corn”

“Ma sceriffo, non è vietato portare cibo al di fuori di quello del cinema?” fece notare Joyce con finta innocenza.

“Beh, visto che ci sono io possiamo fare un’eccezione” rispose con sfacciataggine: “E poi, offro io” e dalla tasca dei jeans tirò fuori una banconota da dieci dollari.

“Wow, come posso rifiutare questa generosa offerta?” ripeté Joyce ironicamente, prendendo la banconota tra le dita di Hopper.

“Però per il cinema ognuno paga per sé” specificò Joyce mettendo le banconote in cassa.

“D’accordo, come vuoi” rispose Hopper “Allora che cosa preferisci? Dolce o salato?”

“Perché non entrambi?” rispose Joyce

“Uuuuh… stasera ci diamo alla pazza gioia!”

Joyce ridacchiò dicendo “Idiota!” e si scambiarono un bacio veloce

“Okay, torno subito”

Hopper iniziò a camminare tra gli scafali, mentre Joyce iniziò a prepararsi a chiudere la cassa, finché non sentì la porta aprirsi, ed entrare un altro cliente.

Un uomo di circa 25 anni, con fisico alto e slanciato, spalle larghe, il volto allungato e squadrato con zigomi pronuncianti, che indossava una camicia bianca sbottonata con le maniche arrotolate fino ai gomiti e dei pantaloni grigi da sartoria completati da dei mocassini marroni scuro.

Era intento a parlare al telefono, uno di quelli nuovi senza fili, grosso come un mattone e con una lunga antenna su un lato: “Non capisco il perché di questo incontro di formazione in mezzo alle montagne, e non in un hotel di Las Vegas come le persone normali… non mi interessa se Brut si è scoperto ‘salutista’ o merdate del genere, e vuole fare quelle ‘prova di fiducia’ lontano dalla l’aria inquinata della città, ma poteva almeno scegliere un resort migliore!”

“Signore” disse Joyce con tono cordiale cercando di attirare la sua attenzione: “Il negozio sta per chiudere…”

Ma l’uomo alzò il dito verso di lei, in segno di stare zitta, mentre continuava a parlare al telefono.

“Sì, okay ora senti Bert sono dentro ad un alimentare. Faccio due acquisti e riparto subito! D’accordo a più tardi!” e chiuse la telefonata incamminandosi dentro al negozio ignorando completamente Joyce.

“Che razza di idiota!” commentò lei tra sé a sé.
Hopper ritornò alla cassa con in mano due pacchetti di patatine al formaggio, uno di pop-corn e due pacchetti di caramelle gommose dicendo: “Hey chi è il tipo che parla con un mattone in faccia?”

“Un tizio che mi ha appena fatto segno di stare zitta mentre parlava con il suo mattone” rispose perdendo la sua borsa e mettendo dentro gli snack “E che poi mi ha completamente ignorata sul fatto che stavamo per chiudere.”

“Che stronzo” commentò Hopper irritato: “Scommetto che è qualche business man che gioca in borsa, pieno di soldi e stronzo fino al midollo.”

Joyce non rispose, facendo solo un sospiro paziente.

“Non puoi cacciarlo via?”

“Hop, non posso cacciare via un cliente solo perché entra in negozio poco prima dell’orario di chiusura” rispose: “Se Melvald lo viene a sapere, finirei nei guai”

“Allora facciamo in modo che non lo sappia mai”

“Hop!”

“Va bene” rispose rassegnato “In fondo siamo ancora in tempo per il film…”

E si mise da parte, appoggiato al bancone mentre si abbandonava ad alcuni commenti in attesa che Joyce staccasse dal lavoro. Pochi minuti dopo arrivò lo sconosciuto con in mano un pacchetto di patatine, una confezione di birra e una bottiglia di Jack Daniel’s, mettendo tutto in cassa, insieme al suo telefono.

“Devo chiedere il documento per questi” rispose Joyce con tono cordiale indicando le confezioni dall’alcol.

“Oh andiamo signora! Crede davvero che non abbia compiuto vent’anni?” chiese con tono sfacciato con un mezzo sorriso sul volto.

Hopper cercò di non sospirare frustato per quel tono arrogante da ragazzino viziato.

“Mi dispiace, ma la è prassi. Li devo chiedere a tutti i clienti che comprano i prodotti alcolici” rispose lei sempre con tono sorriso.

“E… non poi fare un’eccezione?” chiese con tono persuasivo: “Tanto siamo solo io e lei qui dentro. E di certo, il suo capo non lo saprà mai…” Lesse il cartellino dell’uniforme: “Joyce”

Hopper rimase irritato da quello che aveva appena visto, e quel tipo aveva chiesto quel favore con un tono allusivo mentre leggeva il cartellino con il nome e nient’altro e ignorando la sua presenza.

Qualcosa dentro di lui stava iniziando a crescere, delle emozioni di gelosia e irritazione che non gli piacevano per niente. Cercò di ignorarle, non voleva fare la parte del l’uomo ossessivo della propria ragazza.

Non era mai stato quel genere di persona e aveva la fiducia completa in Joyce. Così fece finta di nulla sperando che quel tipo se andasse via il più presto possibile.

“Mi dispiace, ma senza documento non posso venderle i prodotti acolici” rispose diretta: “E visto che devo chiudere fra meno di cinque minuti le consiglio di farlo.”

Il tipo rimase stupito dal tono franco di Joyce, prendendo un po' a malavoglia il suo portafoglio di pelle firmato rispondendo: “D’accordo” tutto sotto gli occhi compiaciuti di Hopper.

“Questa sì che è la mia donna!” pensò compiaciuto ammirando la determinazione di Joyce.

Il ragazzo le passò la sua patente, leggendo il suo nome: John Christopher Palmer. Nato il nove giugno di venticinque anni fa. guardò bene la foto: stesso taglio di capelli scuri corti e folti tirati all’indietro, stesso taglio del viso, colore blu dei occhi, solo che della foto aveva un accenno di pizzetto.

“Okay signor Palmer, sono in tutto 25 dollari e dieci centesimi” disse Joyce passando i prodotti sulla cassa e restituendo la patente.

“Accettate carta di credito?”

“Preferiamo più i contanti”

“E va bene…”

John prese una banconota di cinquanta dollari, la passò a Joyce e attese il resto.

E in quel momento, John con tono seducente disse: “Lo sai, hai davvero due bellissimi occhi”

Joyce alzò lo sguardo, non capendo di che cosa stesse parlando: “Come?”

“No, dico sul serio. Che hai dei bellissimi occhi, stupendi” ripeté sorridendo: “Sai, ho conosciuto davvero molte ragazze, ma mai nessuna aveva degli occhi così grandi e luminosi da cerbiatta” e gli fece un occhiolino.

Joyce rimase perplessa da quel tipo di commento, iniziando a sentirsi un po' a disagio a causa di un commento simile.

Tutto sotto allo sguardo incredulo ma irritato di Hop. Quel tipo ci stava provando spudoratamente con la sua ragazza!

“Ehm… grazie” rispose gentilmente, abbassando lo sguardo, mettendo tutta la spesa in una busta, mentre cercava di nascondere il suo disagio.

“È un peccato che una bella donna come lei, con uno sguardo così carino, debba restare chiusa qui dentro…” continuò con tono sempre più allusivo e avvicinandosi di più al bancone.

“Beh, è il mio lavoro” rispose con pazienza: “E come ho già detto, stavo per…”

“Hai da fare stasera?” interruppe.

“Come?”

“Sai, davanti a questo negozio ho una bella Porsche Turbo rossa fiammante e nuova di zecca. E sarebbe un peccato guidare senza nessuno accanto. Perciò, pensavo che noi due potremmo… magari andare fuori a cena e chi sa, fermarci a guadare le stelle” disse allusivo con un sorriso che diventava sempre più viscido.

Hopper non ci poteva credere! Quel tipo dal colletto bianco non solo ci stava provando spudoratamente con la sua ragazza, ma ora la stava evidentemente mettendo a disagio con le sue avance, e per giunta sembrava non notarlo.

“Mi dispiace, ma ho già un impegno.” Rispose con tono diretto: “E le chiederei di non insistere.”

“Ma perché dolcezza?” continuò alzando la mano per spostare un ciuffo di capelli di Joyce per metterlo dietro allo orecchio: “In fondo, non credo che tu abbia di meglio da fare. Tanto vale, divertirsi un po’ insieme, se capisci che cosa intendo…” sussurrò con aria maliziosa.

Joyce era estremamente a disagio, solo a sentire la sua mano che le toccava le ciocche di capelli le faceva venire i brividi, soprattutto con quel tono sempre più viscido. Joyce, a quel punto non riusciva a capire se fosse il caso di ribadire nuovamente il concetto o meno.

Stava per controbattere, ma questa volta, fu qualcun altro a farlo per lei.

Ehi!” disse Hopper attirando l’attenzione di John: “Hai sentito la signora? Ha detto di no. Perciò finiscila e basta!” e si mise le mani sui i fianchi con espressione seria.

Lo straniero si girò verso di lui con aria irritata, mentre Joyce li fissava preoccupata per la situazione.

“Ho detto: lasciala in pace e vattene!”

 Calò un silenzio carico di tensione con Joyce che li guardava con preoccupazione temendo che la situazione potesse ancora peggiorare.

John iniziò a ridacchiare beffardo, guardando e rispondendo: “Amico, fatti gli affari tuoi, che io so come si conquistano le donne di questo decennio.”

“Ovvero tormentandole fino allo sfinimento?Wow, tu sì che sei un vero cavaliere” ripeté con tono sarcastico.

Il ragazzo lo fissò con espressione arrabbiata, avvicinandosi a lui ripartendo all’attacco: “Senti vecchio, fatti gli affari tuoi e non ti intromettere. Okay?”

“Non posso, visto che stai molestando una donna che ti ha chiaramente detto di no!” ribatté serio.

John nonostante la differenza di venti centimetri con Hopper, che lo guardava dall’alto in basso con espressione decisa rispose: “E tu chi cazzo ti credi di essere? Un fottuto poliziotto?”

“No amico, sono il fottuto sceriffo di questa città!” ripeté Hopper irritato.

John prima lo guardò con espressione divertita, come se stesse scherzando, ma il volto di Hopper non cambiò minimamente, mantenendo l’espressione infuriata contro di lui. E da lì non sorrise più.

“Oh cazzo, non stai scherzando!”

“No idiota! Sono lo sceriffo Hopper, e se non te ne vai via da qui entro due minuti, l’unico posto in cui passerai questa notte sarà dentro una cella umida! È chiaro?”

Ora l’espressione di John non era più quella sorridente e cinica di prima, ma appariva spaventato e preoccupato, sentendosi estremamente piccolo

“Chiaro?”

“Sì, sì, sceriffo. Tutto chiaro.”

“Ora non ti sento così tanto sicuro di te. Non è vero piccolo moccioso?” pensò Hopper compiaciuto.

“E un’altra cosa” continuò Hop prendendo la busta della spesa, togliendo la confezione di birra e il Jack Daniel’s.

“Questi, rimangono qui dentro. Perché l’ultima cosa che voglio fare stasera è arrestati per guida in stato di ebrezza. Anche se sarei molto tentato di sequestrati la tua preziosa Porsche Turbo e farci un bel giro.” E fece un mezzo sorriso divertito.

John annuì spaventato, senza aggiungere nulla.

“Ora…” disse Hopper lanciandogli la busta della spesa piena di pacchetti di patatine sul petto: “Vattene prima che cambi idea!”

John annuì e con la busta in mano stretta sul petto uscì dal negozio con la coda tra le gambe.
Hopper lo guardò andare via con le mani sui fianchi, con il sorriso soddisfatto sul volto godendosi quel momento di soddisfazione per il suo operato.

Wow sceriffo” disse Joyce con finto stupore: “Grazie mille per avermi difesa”

“Sbaglio o sento del sarcasmo della tua voce?” rispose Hopper avvicinandosi a lei.

“Beh, diciamo che apprezzo l’aver mandato via quel tipo.” Rispose sincera: “Anche se… non pensavo che fossi così affascinate quando diventi geloso” rispose divertita.

Geloso? Io? No” rispose con finta innocenza: “Ho solo fatto il mio dovere da sceriffo, ovvero: mandare via un molestatore da una mia giovane e carissima cittadina”

“Che non a caso, è anche la fidanzata dello sceriffo.”

“Come hai detto tu, è solo un caso”

Ridacchiarono insieme, ma Joyce era rimasta stupita dalla presa di posizione di Hopper. Non capendo se fosse stato davvero geloso o altro. Visto che l’unica forma di gelosia che conosceva era quella paranoica e possessiva di Lonnie.

Però quella di Hopper era diversa… e non sapeva bene come chiamarla, ma solo che approvava il suo gesto. Sentendosi al sicuro e apprezzata.

“Ora possiamo andare al cinema, e queste vengono con noi” disse Hopper perdendo le birre e il Jack Danial’s.

“Dovresti sapere che non si possono portare gli acolici dentro ad un cinema” rispose Joyce togliendo la camicia blu della divisa e chiudendo la cassa.

“Lo so, ma possiamo metterle in macchina e continuare la festa altrove!” assicurò Hop.

Joyce rise uscendo dal bancone dicendo: “Per me va bene!”

Joyce prese la borsa, uscì dalla casa e prese la mano di Hopper.

E finalmente diedero inizio alla loro serata.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** The Cinema ***



 

Finalmente arrivarono al cinema, ma non quello di Hawkins. Piuttosto quello di una cittadina vicina (per evitare di incontrare qualche conoscente) ed erano seduti vicini sulle sedie intenti a condividere un pacchetto di patatine dentro alla borsa di Joyce. A vedere “Lady Hawke” un fantasy romantico medievale di un vescovo malvagio che colpisce la giovane coppia di protagonisti con una maledizione: lui, l’ex capo delle guardie del vescovo si sarebbe trasformato in un lupo durante la notte, e lei, la sua fidanzata in un falco durante il giorno. Impedendogli così di stare insieme.

E con sorpresa di Hopper, era davvero interessato alla storia, tifando per la coppia di protagonisti e sperando che rompesse la maledizione. Anche Joyce era rapita dalla trama e dalla bellezza del film e con la testa poggiata sulla spalla di Hopper continuava a mangiare patatine.

Hopper a quella vista, sorrise. Alzò il braccio e lo mise intorno alla spalla di lei per tirarla più a sé, facendole appoggiare la testa al suo petto. Rimasero abbracciati a quel modo per tutto il resto del film.

Il film finì e le luci della sala si accesero, Hopper guardò l’orologio e vide che erano le dieci e quindici di sera.

“Però! È stato lungo!” commentò alzandosi dalla sedia.

“Beh, è un film fantasy, di solito non sono film con trame semplici e brevi.” Rispose Joyce ormai piena di cartacce vuote.

“Come le campagne fantasy di tuo figlio?”

“Beh, una partita di D&D di Will può durare più di dodici ore”

“Dodici ore di fila, seduti su una sedia a tirare dadi e inventarsi creature magiche?” 

“Oh no, non se le inventano. Usano pure un manuale per seguire il mondo fantasy già esistente per il gioco. Il resto se lo inventando loro!” e ridacchiò divertita.

Hopper rise e le prese la mano iniziando a camminare verso l’uscita.  

“Comunque è stato un bel film!” disse Joyce: “È bello che anche nella situazione peggiore, l’amore non muoia mai.”

“Beh, in fondo uno si trasformava in un lupo, e altra in falco, solo perché un vescovo non accettava un no come risposta.”

“Hop”

“Che c’è? In fondo è questa la storia”

“Lo so, ma il che nonostante la loro maledizione non abbiano smesso di stare insieme e di proteggersi. Anzi, che negli anni li abbia resi più forti senza che si arrendessero mai.” Rispose Joyce con tono dolce: “È questa la cosa che mi piace, che nonostante le difficoltà hanno sempre creduto nel loro amore.”

Hopper si girò verso di lei, guardando il volto sereno non capiva se quelle parole fossero effettivamente riferite al film o alla loro situazione degli ultimi tre anni.

Che dopo tutto questo, la loro amicizia e i traumi condivisi, si era trasformato in amore. Ma a qualsiasi cosa si stesse riferendo, alla fine non era poi così importante.

“È vero” rispose Hopper sorridendo e la strinse ancora più a sé, solo per sentirla più vicino. Oramai erano quasi usciti, finché non sentirono una voce dietro di loro.

“Joyce?”

La coppia si fermò. Entrambi si girarono indietro e videro un’altra coppia che conoscevano abbastanza bene…

“Scott?” disse lei sorpresa allentandosi subito ad Hopper.

Era proprio il professor Scott Clarke. In abbigliamento casual che teneva la mano alla sua fidanzata Jen Woo.

“Che sorpresa! Anche tu hai visto ‘Lady Hawke’?” chiese sorridendo.

“Hem… sì” rispose po' tesa: “Sai, i ragazzi sono via per una fiera e ho pensato di vedermi un bel film dalla trama romantica…”

“Immagino che ti abbia consigliato Will di vedere questo film. Ma in fondo è davvero un bel film!” rispose Scott: “Oh! Ti ricordi della mia fidanzata? Jen?”

“Oh sì, mi ricordo di lei, ciao Jen”

“Ciao Joyce, come stai?” chiese lei con tono cordiale.

Così iniziarono a parlare del più e del meno, del fatto che Scott avrebbe sentito la mancanza di Will e dei suoi amici, visto che avrebbero iniziato il primo anno di liceo e che erano sempre stati bravi studenti.

Hopper era stato completamente messo da parte dal trio, e forse era giusto così. in fondo anche se aveva aiutato Joyce durante la storia dei magneti, dentro di sé era irrazionalmente arrabbiato un po' con lui, visto che era stato a causa sua che Joyce gli aveva dato buca al loro primo appuntamento.

Ma purtroppo per lui, Scott aveva notato la presenza dello sceriffo, dicendo con tono cordiale: “Jim! Anche a te piacciono i Fantasy?”

“Ehm più o meno, non c’erano altri film da vedere…” rispose Hopper con tono vago.

“Non ti credevo amante di questo genere” rispose sorridendo.

“Beh, ogni tanto fa bene” rispose con indifferenza. Mentre Joyce alzò gli occhi paziente, ma in fondo lo capiva.

“Perciò, tu e Joyce siete usciti insieme?” domandò Jen.

“No!” risposero insieme con fin troppa enfasi.

Scott e Jen rimasero perplessi da quella risposta, fissandoli confusi.

“Ecco noi…” cercò di spiegare Joyce.

“Ci siamo incontrati per caso!” aggiunse Hopper cercando di essere convincente.

“Esatto! Ci siamo incontrati per caso in sala” continuò Joyce: “E ci siamo seduti vicini; abbiamo visto il film insieme.” Sorrise: “I ragazzi sono via e mi sono presa una serata libera.”

“E io avevo un appuntamento con una ragazza, ma a quanto pare mi ha dato buca” concluse Hopper.

“Davvero? Chi è la donna che ti darebbe buca?” chiese Jen 

“Si vede che alla fine non era del tutto interessata a te” aggiunse Scott: “Ma si sa, capita anche ai migliori!” e sorrise cercando di sdrammatizzare la situazione.

“O forse, era troppo occupata con qualcun altro e si è dimenticata di avvertimi.” Rispose sarcastico e con un sorriso forzato. Chiaramente era una frecciatina della buca di Joyce.

“Così, abbiamo deciso di vedere questo film insieme e… ci siamo divertiti” aggiunse Joyce.

Scott e Jen avevano ascoltato tutto annuendo. Joyce e Hopper sperarono che se la fossero bevuta.

“Oh, okay, sono contenta che vi siete divertiti, dopo tutto quello che è successo, ve lo meritate” disse Scott con tono gentile.

“Beh, grazie Scott. Ormai il peggio è passato” rispose lei ricambiando lo sguardo. 

“Comunque io e Scott stiamo andando a mangiare qualcosa fuori. Scott conosce una tavola calda aperta tutta la notte” disse Jen

“È vero! E credetemi, fanno i french toast salati e i club sandwich più buoni dello stato!” aggiunse Scott

“Volete unirvi a noi?” concluse Jen 

Hopper e Joyce si scambiarono uno sguardo perplessi chiedendosi se accettare o meno.

"Ecco, ci piacerebbe, ma non credo che sia possibile” rispose Joyce con tono cordiale.

“Oh” disse Scott “Come mai?”

“Ecco, domani mi devo alzare presto per lavorare al negozio. Perciò non mi sembra il caso di fare tardi stasera.” Rispose giustificandosi.

“Oh capisco.”

“E poi, siamo arrivati con due macchine diverse, perciò sarebbe scomodo uscire tutti e quattro insieme.” aggiunse Hopper.

“Sì, sarebbe scomodo” annuì Joyce.

“Oh, d’accordo. Allora sarà per un’altra volta” disse Scott comprensivo.

“Sì, sarà per un’altra volta” ripeté Joyce sorridendo.

Così Joyce salutò Scott e Jen con un veloce abbraccio, mentre Hopper con un cenno della testa, e li videro allontanarsi finché non uscirono dal cinema, e da lì sospirarono di sollievo. 

‘Troppo occupata con qualcun altro e si è dimenticata di avvertimi’?” disse Joyce con tono paziente.

“Era per dire!” giustificò Hopper.

“E per caso, proprio quello ti è venuto in mente di dire?”

Hopper non controbatté, sospirando e guardando in basso.

“Allora? Che cosa facciamo adesso?” domandò Joyce: “Perché, dopo quella storia del club Sandwich, mi è venuta fame.”

“Anche io, ma aspettiamo ancora qualche minuto per uscire di qui.” Rispose Hopper.

“Perché?”

“Per evitare di incontrarli in giro, visto che abbiamo detto che siamo venuti in macchine separate, anche se non è vero.”

“Oh, giusto.”

 

***

Erano le 23:20 di sera, e Joyce e Hopper ritornarono a casa di lei, mangiando hamburger presi da asporto in un fast food vicino, mangiandoli in cucina e bevendo le birre sequestrate dal cliente.

Ironizzando nel parlare dei bei vecchi tempi del liceo, di quelle volte che mangiavano le lezioni, gli scherzi di Hopper verso gli insegnanti e le ore saltate, passate a fumare le camel non filtrate.

In tutto ciò mangiarono, bevvero e fumarono quelle stesse sigarette, godendo di quel momento di pura spensieratezza. E Hopper non poteva fare a meno di essere rapito dalla calda e dolce risata di Joyce, perché più la sentiva ridere, più aveva la sensazione di innamorarsi sempre di più di lei.

Oramai era quasi mezzanotte e mezza passata, e il tavolo pieno di cartacce e lattina di birre sparse e loro erano mezzi brilli. 

“Okay, Hop forse è meglio andare a letto…” disse Joyce alzandosi dal tavolo cercando di smettere di ridere.

“Cosa nooo!” protestò Hopper con tono deluso alzandosi anche lui dal tavolo avvicinandosi a lei.

“Dai Hop, siamo brilli ed è tardi. E sul serio domani mi devo alzare presto per lavorare.”

“E dai! Non ti chiedo di stare sveglia per tutta la notte. Dico solo che possiamo fare qualcos’altro”

“Ah sì?” chiese Joyce divertita ma con tono di sfida: “E cosa sentiamo?”

“Beh, possiamo ballare!” propose Hop

Joyce rimase confusa da quella proposta ripetendo: “Ballare?”

“Sì, ballare!” ripeté lui convinto: “In fondo, non ti ricordi i balli scatenati dentro alla capanna di mio nonno?”

“Quando lui non c’era per lavoro, e tu ti portavi il tuo giubbotto di pelle mentre eravamo intenti a bere e fumare e ascoltando Elvis a tutto volume?” disse Joyce sorridendo.

“Dove tutti i ragazzi si vestivano con le giacche e gli stivaletti di pelle e i jeans stretti” continuò Hop avvicinandosi a lei e mettendo le mani sui suoi fianchi: “E dove le belle ragazze con le gonne a palloncino e maglioni colorati.”

“Allora io che ero il maschiaccio della scuola, con i capelli corti e i completi di jeans?” domandò divertita: “Quindi, secondo la tua logica, non facevo parte della categoria delle ‘delle ragazze più carine’.”

“Beh tu eri, tra le ragazze, quella più tosta e divertente della scuola.” Rispose Hopper sorridendo: “La mia fidata complice e l’unica persona di cui mi potevo fidare.”

“Perché ero l’unica amica che ti tirava sempre fuori dai guai e che spesso si prendeva la colpa al posto tuo.” Ricordò Joyce sorridendo.

“E di questo, ti sarò sempre grato!” disse dandogli un bacio sulla fronte mentre lei ridacchiava.

“Ma ora come allora, sei sempre stata la ragazza più carina di tutta la città” rispose Hopper con tono dolce con espressione tenera negli occhi.

Joyce abbassò lo sguardo sorridendo ma anche nascondendo un leggero rossore sul volto rispondendo: “Ruffiano!”

“Oh lo so” rispose convinto, dandole una piccola serie di baci sul collo e iniziando a stringerla di più sui fianchi mentre prendeva a dondolare insieme a lei che rideva per il solletico dei suoi baffi.

“E ora, questo ex teppista con la giacca di pelle, vorrebbe ballare con te” disse con tono seducente e guardandola.

“Con molto piacere” rispose Joyce con sorriso ammaliante.

“Bene, allora dobbiamo mettere un po' di musica”

Hopper si guardò intorno e vide una piccola radiolina grigia vicino al lavandino, così si staccò dalla sua ragazza e andò ad accenderla con la speranza di trovare una stazione radio che prendesse decentemente.

E per sua fortuna trovò la stazione giusta, che in quel momento trasmetteva l’inizio di “Ain’t No Mountain High Enough”


“Listen, baby

Ain't no mountain high

Ain't no vally low

Ain't no river wide…”

 

Hopper in tutto questo, iniziò a muovere le braccia e i fianchi a tempo di musica, mentre si avvicinò a Joyce che iniziava a ridere divertita dalla scena. Soprattutto quando Hopper iniziò a mimare le strofe cantate da Tammi Terrell.

“Non dovrei cantare io la parte di Tammi?” chiese ironicamente Joyce.

“Puoi cantare anche tutta la parte di Marvin Gaye, purché iniziamo a ballare!” rispose Hopper ormai davanti a lei perdendo la mano.

Finalmente potevano ballare con un passo in un valzer incerto, cercando di muovere i fianchi a tempo di musica, finché il duetto alla radio non inizio:

 

“'Cause baby,

There ain't no mountain high enough

Ain't no valley low enough

Ain't no river wide enough

To keep me from getting to you…”

 

Joyce si sciolse dalla stretta di Hop iniziando a muovere prima i fianchi sul posto, il bacino e infine a spingere le braccia in alto con fare divertito, tutto sotto gli occhi di Hopper, che si mise dietro di lei, posando le mani suoi fianchi per muoversi allo stesso ritmo.

“Però, te la cavi bene!” commentò Hopper divertito

“Guarda che ero abbastanza brava a ballare il twist! Mica sono sempre stata la ragazza noiosa della scuola” rispose divertita.

“Al liceo si poteva dire di tutto, ma di certo non che fossi quella noiosa!” rispose Hopper con lo stesso tono iniziando a ridacchiare insieme.

 

“My love is alive

Way down in my heart

Although we are miles apart

If you ever need a helping hand

I'll be there on the double

As fast as I can”

 

All’improvviso, Hopper la fece girare verso di sé, tirandola per il suo braccio mentre continuava a trattenerla, e le mise una mano sul fianco e una sotto la schiena, per fare un caschè a sorpresa.

“Wow Hopper! questa è una cosa inaspettata da parte tua!”

“Che posso dire? sono un uomo piene di sorprese" rispose con finta modestia.

“Oh questo lo so bene” rispose lei con malizia.

Hopper rise con lei, tenendola stretta a sé in quella posizione. Si scambiarono un bacio caldo e appassionato, mentre la canzone continuava con le sue ultime note:

 

“Ain't no mountain high enough

Ain't no valley low enough

Ain't no river wide enough

To keep me from getting to you, baby

Ain't no mountain high enough

Ain't no valley low enough

Ain't no river wide enough

Ain't no mountain high enough

Ain't no valley low enough…”


 



 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** The date ***


 


 

Casa Byers ore 6:29

Hop e Joyce stavano dormendo serenamente sul letto matrimoniale abbracciati, la testa di lei era appoggiata al suo petto, mentre Hop la stringeva tra le braccia con espressione beata sul volto.
Nonostante si fossero divertiti a ballare, alla fine spensero la radio e andarono in camera da letto, continuando ad approfondire il bacio come due ragazzini del liceo.

Si erano solo limitati a quello, baciandosi e coccolandosi fino ad addormentarsi, togliendosi giusto i pantaloni e rimanendo sotto alle lenzuola. In fondo, stavano cercando di sentirsi giovani come una volta, ma con i fisici e il metabolismo di due genitori single quarantenni. Ma almeno erano finalmente da soli, senza nascondere nulla a nessuno e con la possibilità di prendersela comoda per una volta.
Almeno, era quello che credevano.

Alle sei e mezza del mattino la sveglia di Joyce iniziò a suonare rumorosamente.

Joyce si svegliò, girandosi di malavoglia, lamentandosi e staccandosi dalle braccia di Hop, cercando di spegnere la sveglia.
Anche Hop si svegliò quando la sentì allontanarsi da lui, guardò l’orologio da polso e vide che era ancora fin troppo presto.
Joyce spense la sveglia e fece un lungo sospiro.

“Si può sapere il perché hai messo la sveglia?” si lamentò Hopper, girandosi verso di lei per abbracciarla.

“Perché quando ho detto a Scott e Jan che oggi dovevo andare al lavoro, avevo detto la verità” rispose sbadigliando.

“Ma il negozio non apre alle nove?”

“Sì, ma una casa dove vivono due ragazzi adolescenti non si pulisce da sola…”

E buttò la testa sul cuscino sbuffando “Beh ora siamo da soli e per una volta puoi prendere le cose con più calma” rispose Hop avvicinandosi a lei e mettendole le braccia introno ai fianchi: “E magari visto che siamo già svegli, possiamo dedicarci a qualcos’altro…” e iniziò a dare piccoli baci intorno al collo.

Joyce sorrise per il solletico dei baffi sul collo, per poi iniziare ad avere dei piccoli brividi quando sentì le mani di Hop sotto la sua maglia.

“E dedichiamoci finalmente un po' di tempo per noi due…” sussurrò Hop con tono ammaliante accarezzando tutto l’addome.

“Hop mi piacerebbe davvero tanto…” rispose godendosi quelle leggere carezze “Ma mi serve un altro buon motivo per abbandonare tutte le mie responsabilità…”

“Beh, non ti basta solo la mia presenza?” rispose sarcastico con finto disdegno.

Joyce rise rispondendo: “Per quando sarei davvero tentata di dire di sì, non è sufficiente come motivazione.”

Hop prese quelle parole come una sfida e alzò lentamente le mani in alto rispondendo: “Beh… e se dicessi che ora puoi urlare quando vuoi?” e mise le mani sul seno sotto la maglietta stringendola a sé, sentendo il verso di sorpresa di Joyce.

“Che ne dici?”

“Muuh… direi che mi hai convinta….” Rispose felice godendosi quelle carezze e quella presa di posizione.

Hop lasciò la mano sinistra sul seno stringendo con le dita un capezzolo, mentre con la destra iniziò a passare dal petto alla pancia, fino a scendere più in basso, sentendo i leggeri sospiri di Joyce.

Era tutto prefetto, potevano godere di quel momento di pace. Che fu puntualmente interrotto da uno squillo del telefono.
Entrambi iniziarono a sospirare, orami frustati da queste continue interruzioni.

“Giuro che la prossima volta che sento un telefono che squilla, lo distruggo!” borbottò Hop irritato.

“Mi dispiace, ma non puoi farlo, visto che i ragazzi sono lontani” rispose Joyce paziente.

Si guardarono comprensivi, con il suono del telefono di sottofondo, finché Joyce non decise di staccarsi da lui alzandosi dal letto, sistemandosi la maglietta e lasciando Hop da solo sul letto, leggermente deluso.

Joyce andò in cucina per rispondere, guardando l’orologio. Orami erano le sette del mattino in punto.

“Pronto?”

“Era ora!”  disse Murray con tono paziente: “Mio dio, so che tu e Jim ve la state spassando, ma almeno abbiate la decenza di rispondere al telefono!”

“Ma… ti ho chiamato ieri sera dal negozio prima di chiudere. E mi hai detto che siete arrivati e che il viaggio è andato bene…” disse Joyce perplessa: “Perché? È successo qualcosa? I ragazzi stanno bene? È successo qualcosa a Will e Undi?” continuò allamata.

“Cosa? No, no, no. Non è successo niente.” Assicurò Murray: “I ragazzi stanno tuti bene. Li ho portai a casa di mia madre, si sono sistemati, li ha rimpinzati di cibo e abbiamo fatto tutti insieme un giro in centro città, e serata film a casa per tutta la sera. E presto faranno colazione e poi andremo alla fiera.”

“Oh, meno male…” rispose Joyce sollevata: “Quindi… si stanno divertendo?”

“Sì, praticamente mia madre li sta già viziando. E non sono nemmeno nipoti suoi! Pensa, quando lei ha detto che da giovane ha letto ‘Lo Hobbit’, i ragazzi sono andanti in brodo di giuggiole e hanno iniziato una discussione infinita…”

“Sì, è tipico di loro” commentò Joyce divertita.

“Comunque, ieri sera volevo chiamarvi, ma tra le 19 fino alle 22 non mi rispondeva nessuno.”

“Beh, sai che siamo stati al cinema, il film era lungo e abbiamo fatto un po' tardi” rispose Joyce.

“Muh-muh, certo ‘al cinema’.” Commentò divertito: “Cinema fino a tardi, a vedere chi sa quali tipi di film voi due!” commentò divertito.
Joyce alzò gli occhi al cielo, ignorando quel tipo di commento e frustrata di essere appena stata interrotta proprio da lui.
“E ringraziami se ora potere recuperare chi sa quanti anni sprecati in inutile tensione sessuale.”

“Okay Murray, grazie per telefonata” disse paziente: “Ma mi raccomando, non perderli per nessun motivo al mondo! E assicurati che stiano tutti bene!”

“Sì mamma orsa, non li predirò mai di vista. Orami credo di prenderci la mano a fare il babysitter” assicurò: “E ti chiamerò ogni sera per aggiornarti”

“Grazie Murray.”

“Di nulla mamma orsa! Intanto tu e papà orso divertitevi con il vostro ‘letargo anticipato’…”

“Addio Murray” disse Joyce attaccando la cornetta e sospirando.

“Chi era?” chiese Hop in lontananza.

“Era Murray!” rispose “Ha chiamato per avvertire che i ragazzi stanno bene e che oggi andranno in fiera. E che la mamma di Murray li sta viziando e riempiendo di cibo.”

“Almeno loro si stanno divertendo” commentò divertito.

“Tranquillo, troveremo il tempo anche per noi.” Assicurò: “Intanto ti va di fare colazione?”
 
 

***

 
Alle 7:20 del mattino, erano seduti insieme a fare colazione tra uova e pancetta e tazze di caffè nero appena fatto.

“Perciò, oggi è il tuo ultimo turno fino a lunedì?” chiese Hop bevendo caffè.

“Esatto, e poi mi posso definire finalmente libera.” Rispose Joyce mangiando una fetta di toast: “Almeno che non ci sia un altro cambio di programma all’ultimo momento”

“Ho già avvertito Phil e Calvin di non chiamarmi per nessun motivo al mondo, almeno che non sia estremamente urgente.” Assicurò Hop
“Perciò, ti chiameranno quando la gente ti ruberà nani da giardino o signore attaccate dai gufi” domandò ironicamente finendo la sua colazione.

“Ah, credo che Phil e Calvin siano orami dei ragazzi grandi e vaccinati da gestire il dipartimento senza di me per un paio di giorni.”

“Beh, speriamo solo che Florence riesca a sopravvivere a tutto questo” disse Joyce sempre con tono sarcastico.

“Oh lo so, quella donna ha fin troppa pazienza con me”

“E non è l’unica” punzecchiò Joyce divertita.

Hop alzò gli occhi, ma sorridendo continuando a consumare la loro colazione con tranquillità.

E dopo la colazione, si presero una sigaretta post-caffè e Hop aiutò Joyce a sparecchiare e a ripulire i piatti.

“Comunque, sai che cosa non vedo l’ora di fare oggi?” disse Hop mettendosi dietro di lei con le braccia intorno ai suoi fianchi e il mento sulla testa.

“Che cosa?” rispose con tono finto tonto mentre posava i piatti.

“Beh, stasera che c’è la nostra serata speziale da Enzo” rispose con tono dolce: “E non vedo l’ora di andare lì, a goderci un po' di musica, bevendo del cianti”

“Chianti” corresse subito automaticamente.

“Chianti” ripeté: “E mangiare una buona lasagna e dei bei grissini, come nel nostro primo appuntamento.”

“Ma questa volta possiamo prendere il dolce?” rispose Joyce girandosi verso di lui abbarcandolo e guardando in alto.

“Perché? Io ricordo che abbiamo mangiato il dolce.”

“Strano, perché io mi ricordo che dopo la cena, abbiamo chiesto subito il conto, hai preso una bottiglia di vino e siamo andati subito in un motel.”

“Appunto, ho assaggiato con calma il mio dolce” rispose Hop compiaciuto.

Joyce ridacchiò divertita insieme a Hop, per poi alzarsi con le punte dei piedi per scambiarsi dei piccoli baci sulle labbra.

“Anche se… avrei voglia di una mousse al cioccolato” disse con tono dolce guardando Hop con aria serena.

“Tutto quello che vuoi” rispose continuando a baciarla.

“E che tu mi prenda a casa” continuò.

“Muh-muh” confermò mentre la baciava.

“E che oggi mi porti al lavoro.”

A quel punto Hop si fermò, guardandola con espressione confusa rispondendo: “Come mai? È successo qualcosa alla tua macchina?”

“Teoricamente sì,” rispose Joyce sorridendo “Visto che ho dovuto lasciarla al parcheggio del negozio per andare al cinema insieme ieri sera.”
Hop ci pensò e alla fine capì che aveva ragione: “Ooooh giusto!”

Joyce iniziò a ridere dandogli un bacio sulla fronte.

 


***

 
Alle nove del mattino in punto, il furgone di Hop si fermò davanti al negozio, si augurarono una buona giornata e si scambiarono un tenero bacio con la promessa di rivedersi la sera stessa.

Così Joyce scese dalla macchina e lo vide andare via, con il sorriso sul volto. E incamminandosi verso al negozio, finché non sentì una voce dietro di sé: “Joyce!”

Si girò e vide Sue Sinclair (la madre di Lucas) insieme a sua figlia Erica, che si stavano avvicinando a lei.

“Sue!” rispose sorridendo.

“Come stai?” chiese la donna con tono gentile fermandosi davanti a lei.

“Giorno signora Byers” rispose Erica

“Buongiorno anche a te Erica” rispose Joyce con tono gentile, per poi rivolgersi a Sue: “Tutto bene, stavo per aprire il negozio. Dovete entrare?”

“Oh, magari più tardi. Ora io e Erica stiamo andando alla ricerca dei vestiti nuovi per la scuola. Sa, inizierà la prima media.”

“Già, e devo essere favolosa nel mio primo giorno di scuola!” rispose diretta: “Non voglio essere subito associata a quel nerd di mio fratello. Io sono Erica Sinclair! Non la ‘sorellina di Lucas’!”

Joyce era rimasta interdetta dalla tenacia di Erica. Ma in fondo era la stessa ragazzina di dieci anni che avevo messo a tacere un uomo adulto come Murray.

“Già…” rispose la madre paziente: “Quindi, speriamo di trovare dei vestiti adatti per lei.”

“Io invece, non penso che saranno i vestiti a far parlare di te.” Rispose Joyce: “Ma la tua grande personalità e la tua forte determinazione” e sorrise rassicurante.

“Oh, questo lo so” rispose sicura: “Ma anche l’occhio vuole la sua parte. Lo sanno tutti che le prime impressioni contano.” E sorrise sodisfatta.

“E questo mi spaventa molto…” disse Sue tra sé a sé alzando gli occhi al cielo.

“Comunque, ti abbiamo appena vista scendere dal furgone del capo” disse Sue: “Tu e lo sceriffo vi state frequentano?” chiese ironicamente.

“Oh, no, no, no…” rispose cercando di essere vaga: “Cioè, sì, ci frequentiamo come amici… ma nulla di serio.” E sorrise nervosa: “Infatti, Hop mi ha accompagnata a lavoro, perché la mia macchina ha avuto qualche problemino”

“Ma quella non è la tua macchina parcheggiata lì?” chiese Sue indicando la Ford Punto del’76 color verde pisello.

“Ehm… sì, infatti ieri sera non partiva!” spiegò: “Sai, proprio quando stavo uscendo dopo il lavoro non riusciva a partire. Così ho dovuto chiamare Hop per prendermi e portami al lavoro. E oggi chiamerò qualcuno per sistemarla.”

Sue annuì sorridendo: “Oh, okay, allora spero che la tua macchina riparta.”

“Lo spero anche io…” rispose Joyce guardando in basso.

“Hai sentito i ragazzi stamattina?”

“Oh sì, Murray ha chiamato proprio stamattina”

Parlarono per un po' dei loro figli, che Murray li stava tenendo d’occhio abbastanza bene, e che oggi iniziava la fiera.
Per poi salutare augurandosi una buona giornata.

Sue e Erica la videro entrare al negozio e iniziarono a incamminarsi.

“Bene, sono contenta che Lucas stia bene a Chicago con lo zio di Joyce. In fondo è sempre stata una donna degna di fiducia.” Disse Sue sorridendo.

“Perciò… facciamo finta di nulla che il capo e la signora Byers non vanno a letto insieme?”

“Erica!” riproverò la madre sconcertata.

“Che c’è? Credi davvero alla storia della macchina rotta? Andiamo mamma! È palese che stanno uscendo insieme già da un po'.”

“Innanzitutto, non sono affari nostri” spiegò: “E anche se fosse, sarei molto felice per loro. Sarebbero una bella coppia, anche se forse sarebbe stato un po' scontato” e ridacchiò divertita.

“Solo un po'?” chiese sarcastica

“E noi due dobbiamo parlare signorinella! Voglio sapere dove hai imparato certi termini!”

“Se tu e papà ci lasciate davanti alla tv senza supervisione, non ti aspettarti che mi guardo cose educative.” Ribatté Erica alzando le spalle come se nulla fosse, lasciando sconcertata sua madre.
 


 

***

 
Alle 19 in punto, la macchina di Hop si fermò al vialetto della casa di lei, uscendo dalla macchina con in mano un mazzo di fori di margherite e fresia e incamminandosi verso la porta con passo sicuro. Nonostante non fosse più il loro primo appuntamento, voleva che tutto fosse prefetto più del primo.

Indossava una nuova camicia celeste, fresca di lavanderia, giacca color bianco panna in stile “Miami Vice" che si abbinava con i pantaloni dello stesso colore e con delle scarpe di pelle sintetica color marrone scuro. Baffi e capelli ben curati e sistemanti e pronto per iniziare la serata.

Bussò alla porta, rimanendo in attesa con il sorriso sulle labbra. E quando si aprì, rimase folgorato dalla vista di Joyce.
Indossava un tubino nero aderente lungo fino al ginocchio che risaltava il fisco snello e minuto, ma anche le curve dei fianchi ben delineati, le spalline sottili e una scollatura a cuore che risaltava il décolleté pieno.

Il vestito si abbinava con le calze color carne e delle scarpe nere lucide con tacco a spillo. E il trucco sul volto era leggero ma che esaltava i suoi lineamenti e gli occhi coperti un leggero sfumatura di nero che la facevano rendere gli occhi ancora più grandi, con le labbra dipinte con un rossetto rosso ciliegia. I capelli leggeri in ordine in uno chignon basso sotto il collo, e tra le mani teneva stretta una pochette nera lucida
Era davvero stupenda, sembrava un’altra persona. Non che non la trovasse bella ogni giorno. Ma ora, sembrava uscita da un sogno, forse anche più bello di un songo.

“Allora?” chiese Joyce sorridendo al mutismo di Hop: “Che cosa ne pensi?”

“Che sei la donna più bella del mondo…” rispose con aria rapita.

Joyce arrossì a quel complimento, sorridendo nervosamente rispondendo: “Beh, anche tu non sei male stasera…”

“Sai, in queste grandi occasioni, bisogna essere prefetti” rispose Hop con tono sicuro.
E risero divertiti insieme.

“Comunque ti ho portato questi” disse mostrando il mazzo di fiori: “Spero che ti piacciano”

“Hop! sono bellissimi!” rispose felice prendo i fiori “Grazie!”

“Beh, ecco non sono mai stato il tipo da ‘portare i fiori’, e pensavo a delle rose, ma credevo che fossero troppo banali…”

“Oh, Hop io adoro le margherite! Grazie di cuore!” rispose con tono dolce dandogli un bacio sulle labbra.

“Vado subito a metterli in un vaso e possiamo uscire…” e camminò dentro casa, e lasciando la porta aperta e Hop nell’ingresso.

E mentre aspettava la vide allontanarsi e notò che il tubino faceva risaltare il suo bacino con tutte le sue forme e con le scarpe la facevano slanciare ancora di più, e a quella vista non potè fare a meno di lasciarsi scappare un piccolo fischio di ammirazione, sentendosi l’uomo più fortunato del mondo.

 

***



Alle 19:50 di sera erano già da Enzo, al loro tavolo in mezzo alla sala, avevano già ordinato la cena e versato il vino.
Erano al lume di candele e con la musica degli archi come sottofondo. E Hop si stava già finendo la prima porzione di grissini.

“Dai Hop! non ti mangiare tutti questi grissini, altrimenti ti rovini l’appetito” disse Joyce

“Non posso farci niente, questi cosi sono davvero fantastici!” ribattè: “Non so che spezie ci siano qui dentro, ma tinto nell’olio è la cosa più saporita del mondo!” e ne prese un altro.

“Su, prendine uno!”

Joyce prese un grissino e, dopo aver tinto dell’olio di Olivia, lo assaggiò e scoprì che era davvero buono.

“Hai visto?”

“Si, hai ragione! Sono davvero deliziosi!” rispose e continuò a mangiarlo.

“Ma non è una scusa per mangiarli tutti tu”

“Tranquilla, non saranno dei grissini a riempirmi” rispose convito perdendone un altro. Lei alzò gli occhi al cielo sorridendo.

Arrivarono i loro ordini e brindarono.

“Allora, a noi?” disse Joyce prendendo il bicchiere.

“A noi, a questa splendida serata e al nostro chianti”

“Chia... ehi! L’hai detto del modo giusto!” disse Joyce stupita

“Mi sembrava giusto ricordarmelo” rispose beffardo.

Risero divertiti e brindarono.

Consumarono la loro cena e bevvero il loro chianti tre risate e chiacchere, scambiarono anche sguardi dolci, espressioni languide e si tennero per mano sopra al tavolo, in un’atmosfera a dir poco romantica.

Forse ancora di più del loro primo appuntamento, visto che ora non avevano dei figli ad attenderli a casa, e per una volta, potevano prendersela comoda. Cosa di cui avevano decisamente bisogno entrambi.

Dopo che il cameriere prese i loro piatti vuoti e portò un’altra bottiglia di vino.

“Che ne dici? Chiediamo il conto o prediamo il dolce?” domandò Joyce.

“Beh, io vorrei il dolce” rispose Hop con finta indecisione.

“Perfetto, allora prediamo una mousse al cioccolato o un sorbetto?”

“Io intendevo dire…. di chiedere il conto e prenderlo da un’altra parte.” rispose con malizia.

“Beh, la notte è ancora giovane” rispose Joyce “E ora abbiamo tutto il tempo del mondo per assaggiare quel tipo di dolce” e sorrise compiaciuta.

“E se fossi un po' impaziente?” ribatté con un po' di sfida.

“Dovrai aspettare. Perché io ho davvero voglia di quel dolce, e credo che prenderò la mousse” ribatté convita prendendo il foglio dei dolci e leggendo con aria sodisfatta.

Hop era sempre stato ammirato dalla sua determinazione e decisione. Che era una delle cose che ammirava di lei e che allo stesso tempo lo intrigava, e non poteva fare altro che sorridere rispondendo: “D’accordo, allora che mousse sia!”

Joyce sorrise compiaciuta rispondendo: “Grazie”

“Non c’è di che”

Stavano chiamando il cameriere quando sentirono una voce che era diretti verso di loro: “Joyce? Jim?”

Entrambi si girarono verso l’ingresso e increduli. Stavano entrando Karen e Ted Wheeler.

“Oh no” disse Hop appoggiando la testa con la mano sulla fronte: “Dimmi che non è vero…”

“No, è vero e si stanno avvicinando a noi” rispose Joyce svelta: “Quindi sii gentile e cerca di sorridere!”

“E perché? Già il loro figlio sta corrompendo la mia e devo anche sorridere?!”

“Jim!” riproverò Joyce.

I congiungi Wheeler arrivarono davanti al loro tavolo: Karen indossava un vestito da cocktail rosso acceso, come il rossetto, il trucco degli occhi e le scarpe col tacco alto lucide. Il tutto con dei gioielli vistosi color oro. E i capelli cotonati in un’acconciatura vaporosa. E Ted accanto a lei con indosso un completo blu scuro con tanto di cravatta.

Lei sorrideva luminosa, mentre lui sembrava impassibile.

“Karen, Ted!” disse Joyce sorridendo: “Che sorpresa! Anche voi qui?”

“Sì, visto che ora i ragazzi sono fuori casa, abbiamo deciso di lasciare Holly da una babysitter e uscire un po’ e darci alla pazzia gioia!”

“Già, con cinema e poi cena” rispose Ted.

“E abbiamo visto un film davvero stupendo! ‘Lady Hawke’!” aggiunse Karen: “Non credevo che un film fantasy potesse essere anche così romantico.”

Se lo dici tu, io non ho capito molto” rispose Ted: “Non credo che la trama avesse troppo senso, ed era decisamente troppo lungo.”

“Almeno ti sei visto un film diverso, e non i soliti tre film che ti guardi sulla tua poltrona prima di crollare in coma” rispose con tono passivo.
“Se non altro, hanno un senso.”

Joyce e Hop si scambiarono uno sguardo davanti a quella discussione a tono passivo e aggressivo, sentendosi a disagio.

“Ma guardati!” disse Karen verso a Joyce con tono sorpreso: “Sei bellissima! Quel vestito ti dona tantissimo! Per non parlare del resto!”

“Oh, beh… grazie” rispose tesa cercando di sorridere.

“Dove nascondevi quel bel vestito?”

“Non è niente di che, è solo un vecchio tubino che avevo dimenticato di avere. Tutto qui…”

“Ma sei stupenda lo stesso! ho sempre pensato che sotto a quelle t-shirt larghe, nascondevi un fisco straordinario”

Hop sentendo quelle parole, non riusciva a nascondere il suo sorriso. Per una volta, era d’accordo con Karen.

Joyce cercò di ridere, sentendosi un po' imbarazzata da ricevere tutti questi complimenti, infatti non aveva ricevuto molto della sua vita…

“Beh, grazie Karen, anche tu sei bellissima stasera. E quel rosso ti dona davvero molto” rispose con tono gentile.

“Oh, lo spero. Questo vestito ormai ha fatto un po' il suo tempo. l’avevo comprato prima di avere Holly. Ma sono fiera che mi vada ancora!” e ridacchiò.

“Anche tu Jim sei davvero elegante” aggiunse ancora Karen.

“Con quel completo sembri uscito da ‘Magnum, P.I.’.”

“Grazie Ted, anche il tuo completo non è male” rispose.

Ted annuì senza aggiungere nulla.

“Anche voi vi siete dati alla pazzia gioia?” chiese Karen

“Beh, ogni tanto ci vuole una serata tra adulti” rispose Joyce.

“Vero, in fondo essere genitori non vuol dire che bisogna annullarsi come persone” disse Karen: “Ma non pensavo di trovarvi qui insieme.”
“Beh, me l’ha proposto Jim di venire qui.”

“Sì, visto che questo periodo Joyce mi ha aiutato molto, mi sembrava giusto ringraziarla portandola in un posto decente.”

“Anche se non c’era bisogno di farlo, ma apprezzo lo stesso” rispose Joyce guardando Hop con un sorriso.
“Oh, è molto carino da parte tua, Jim”

“Allora, questo deve essere una specie di appuntamento per voi due” disse Ted con tono ironico.

“No!” risposero seri insieme. Lasciando la coppia sposata stranita.

“Nel senso che non è un appuntamento” cercò di spiegare Hop.

“Infatti non lo è” aggiunse Joyce

“Sì, insomma è solo un’uscita tra due amici e basta.” continuò Hop.

“Già… nulla di troppo serio.”

Karen e Ted li guardarono un po' perplessi, notando la leggera tensione creatasi tra di loro.

“Okay, allora vi auguro una buona serata per entrambi” disse Karen sorridendo.

“Anche voi” ribatté Joyce.

Si salutarono, mentre Karen chiese a Joyce di ringraziare Jonathan da parte sua per aver aiutato sua figlia con la suocera, e finalmente i Wheeler se ne andarono, lasciandoli soli al loro tavolo.

“Oh mio Dio! Sopirò Hop paziente

“Lo so…” concordò lei

“Ma come è possibile che in due giorni e in due luoghi diversi abbiamo incontrato una coppia di conoscenti?”

“Sarà solo una coincidenza”

“E in tutte due le volte, abbiamo dovuto dire che non era un appuntamento.”

“Lo so” sopirò Joyce

Calò il silenzio per via della uscita di Hop. Notò che l’aveva fatta sentire un po' in colpa per via della sua dichiarazione.

“Hey,” disse Hop prendendo la mano con la sua sopra al tavolo: “Come hai detto tu la notte è ancora giovane! E non importa se dobbiamo giustificare alle presone se stiamo uscendo o meno. Mi importa solo che siamo insieme. nient’altro.” Guardandola con aria rassicurante, Joyce lo ricambiò stringendo la sua mano con la sua.

“Allora, ti va il dolce?”

“Ted e Karen ci posso vedere?”

Hop girò la testa dietro di sé, iniziando a guardarsi intorno alla ricerca dei Wheeler, che fortunatamente erano fin troppo lontani dai i loro occhi.

“No” rispose Hop girandosi verso di lei.

“Allora ho voglia di prendere il dolce” disse Joyce serena.

“Bene, allora che mousse al cioccolato sia!”

Hop alzò le braccia per richiamare il cameriere, sotto la risata di Joyce.

Intanto, dall’arta parte del ristorante la signora e il signore Wheeler si sedettero al loro tavolo, con il menù in mano.

“Ah, carino da parte di Jim di portare fuori Joyce” disse Ted mettendosi il tovagliolo sulle gambe.

“Beh, è normale visto che sono una coppia” rispose Karen con tono tranquillo.

“Perché? Pensi che stiano insieme?” domandò lui dubbioso.

“È ovvio che stanno insieme. persino un cieco lo capirebbe. In fondo se vuoi potare fuori un amico, di certo non lo porti ad un ristorante al lume di candele e vino Italiano.”

“Ma se stessero insieme, non l’avrebbero detto?”

“Si vede che per adesso non vogliono dirlo a nessuno. Probabilmente la loro relazione è iniziata da poco e vogliono vivere il brivido della ‘relazione segreta’.” E ridacchiò “E non vedo l’ora che Joyce me lo confesserà, e io farò finta di essere sorpresa.”

“Secondo me, te lo stai immaginando tu.” Rispose Ted: “Non sono più dei ragazzini. Perché tenere ‘una relazione segreta’ alla loro età?”

“Oh, ma tu che ne sai di romanticismo!” borbottò Karen: “Che per te è già tanto se sono riuscita a farti alzare da quella poltrona e portarti fuori”

“Beh, ti lamenti sempre che non ti porto mai fuori” ribatté Ted.

Karen alzò gli occhi e sospirò senza dire nulla.



 



 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** The Rain ***


                               
 


Alle dieci di sera, Joyce e Hop uscirono dal ristorante camminando mano nella mano sul marciapiede, intenti a raggiungere la loro macchina parcheggiata a un paio di isolati.

“Devo dire che quella Mousse non era affatto male” disse Hop sorpreso.

“Infatti mai mangiato nulla di così cremoso in tutta la mia vita!” aggiunse Joyce ridendo “È stata una bellissima serata!”

 “Beh, ne avevano bisogno”

“Già e ti ringrazio per avermi convinta”

“Ha, non c’è di che! Mi piace convincerti a fare cose che non vorresti” rispose Hop ironicamente.

“Sì, ma non ti ci abituare” disse con lo stesso tono di lui e iniziarono a ridere insieme.

Joyce iniziò a sentire brividi di freddo: “Cavolo! Per essere ancora agosto la sera sta iniziando a fare freddo” si sfregò le braccia con le mani.

Hop notando la cosa decise di togliersi giacca e appoggiarla sulle spalle di lei “Meglio?” chiese.

“Molto” rispose con tono dolce: “Anche se è un po' un cliché” aggiunse scherzosamente.

“Oh scusami, se vuoi me la riprendo” ribatté scherzosamente.

“Ehi! Non ho detto che mi dispiaceva.” Ridacchiò.

“Comunque sul serio, dal cielo sembra che stia per piovere” disse Joyce guardando in alto.

Infatti il cielo era sempre più scuro a causa delle fitte nubi che coprivano la luna, accompagnate da brevi tuoni.

“Speriamo che non inizi a piovere proprio adesso! Ho speso un bel po' di soldi per questi vestiti” 

“Comunque te lo devo dire: con quel completo sei veramente uno schianto!” commentò Joyce.

Si fermarono sotto alla luce di un lampione.

“Davvero?” chiese Hop compiaciuto e con un sopracciglio alzato.

“Sì, e quella camicia ti dona davvero molto.” continuò lei con tono ammiccante, giocando con uno dei bottoni tra le dita: “Risalta i tuoi occhi”

“Mi stai dicendo che ho dei bei occhi?”

“I più belli che io abbia mia visto”

“Più belli di quelli di Marlon?”

Joyce ridacchiò a quelle parole, un riferimento alla sua cotta adolescenziale per Marlon Brando.

“Guarda che mi ricordo ancora come guardavi lo schermo del drive-in mentre trasmettevano ‘Un Tram che si chiama Desiderio’ o ‘I selvaggi’.”

“Beh, erano dei bei film” ribatté Joyce con tono calmo: “Insomma, era il bello e dannato che tutti volevano all’epoca. Ma sì, tu sei più affascinate di Marlon Brando.”

“Anche più di Tom Selleck?”

Joyce continuò a ridere rispondendo: “Anche più di Tom Selleck. Dieci mila volte più bello di lui”

Hop fece un sorriso compiaciuto nel sentire quelle parole, per quanto il tono di lei fosse sarcastico, ma per il suo piccolo ego andava più che bene.

“E invece io? Sono più bella di qualche star o celebrità?” chiese Joyce sorridendo ma cercando di nascondere una piccola fetta di curiosità.

“Beh è difficile farti un paragone” rispose facendo finta di pensarci.

“Ah sì? e come mai?”

“Perché non esiste un’altra donna più bella di te” disse con un sorriso sincero e il tono dolce, lasciando Joyce senza parole con un leggero rossore sulle guance.

“Sei davvero un ruffiano Hop” rispose abbassando lo sguardo.

“No, sono solo onesto.”

Mise la mano sulla guancia, facendole alzare lo sguardo e guardandola con espressione dolce.

Hop si stava per abbassare per baciarla, finché non si fermò, sentendo della musica che sembrava arrivare dall’alto. Un suono di un pianoforte e di una chitarra elettrica suonata in suono lento.

Entrambi si guardarono intorno, notando pochissime persone per strada a loro, e nessuno che stesse suonando.

Hop alzò lo sguardo notando una finestra aperta di un appartamento da dove usciva la musica.

“Oh” disse Joyce sorpresa girandosi verso l’edifico in alto: “Sembra che qualcuno si stia godendo della bella musica.”

“E probabilmente non da solo…” aggiunse Hop.
 
“It's late in the evening
She's wondering what clothes to wear…”
 
“Ma questa la conosco” disse Joyce stupita: “È ‘Wonderful Tonight’ di Eric Clapton”
 
“We go to a party
And every one turns to see
This beautiful lady...”
 

“Come lo sai?”

“Davano spesso alla radio quando Will ha iniziato la prima elementare. La ascoltavo sempre ogni volta che andavo a perdere i ragazzi a scuola. E a loro piaceva…”
 
“…And then she asks me
‘Do you feel all right?’
And I say, ‘Yes, I feel wonderful tonight’…”
 
“E la canticchiavo spesso al lavoro o durante le faccende. Mi piaceva tanto il testo…” e fece un sospiro, rivivendo quel ricordo con un filo di malinconia.

Hop notò quello guardo e decise di fare una cosa senza pensarci. Ovvero prese i fianchi di lei, facendola girare e iniziando ad ondeggiare, iniziando un lento sotto a un lampione con lo sguardo confuso di Joyce.
 
“…We go to a party
And every one turns to see…”
 
“Hop che cosa stai facendo?” chiese Joyce perplessa.

“Niente, sto solo ballando con una bellissima ragazza…” sussurrò
 
“This beautiful lady
Who's walking around with me”
 
Joyce ridacchiò, mettendo le mani sulle sue spalle e la testa sul suo petto, continuando a ballare sotto la luce del lampione con una canzone che usciva da quella finestra.
 
“And then she asks me
‘Do you feel all right?’
And I say, ‘Yes, I feel wonderful tonight’.”
 
“Hop la gente penserà che siamo dei pazzi a ballare sotto a un lampione” ridacchiò Joyce.

“Chi se ne frega della gente! Voglio solo ballare con la mia ragazza” e la strinse più a sé.
 
“I feel wonderful because I see the love light in your eyes
Then the wonder of it all is that you just don't realize
How much I love you”
 
 
Hop e Joyce si guardarono, e fermandosi senza dire nulla si baciarono. Un lungo bacio romantico, sulle ultime note della canzone e ignorando tutto il resto.

Il bacio stava diventando pian, piano sempre più appassionato finché il cielo non iniziò a tuonare, facendo scendere una fitta pioggia improvvisa.

Hop e Joyce si staccarono per l’improvvisa pioggia.

“Porca misera!” Imprecò Hop.

Joyce alzò la giacca di Hop fino alla testa per coprirsi dalla pioggia.

Hop prese la mano di lei corredando il più svelto possibile verso la macchina, nonostante i tacchi alti di Joyce.

Finalmente arrivarono alla macchina entrandoci e Hop partì.

“Cavolo! Proprio ora doveva piovere!” di lamentò Hop.

“Beh, tu avevi detto che poteva piovere” ricordò Joyce.

“Lo so, ma credevo che fossero solo due gocce. Non un intero acquazzone!”

Joyce ridacchiò dicendo: “Comunque è stato bello.”
Hop le lanciò una breve occhiata perplesso.

“Insomma, ballare sotto ad un lampione, con una bella canzone e baciarci sotto la pioggia… non è stato un po' da film?”

Hop ridacchiò rispondendo: “Sì, è stato bello. Ma preferisco baciarti quando sono asciutto!”

Joyce ridacchiò e si godettero il rumore della pioggia che picchiettava sulla macchina e il suono dei tergicristalli. E lei guardò Hop, notando che la camicia era mezza bagnata dalle spalle in giù, intravedendo il pezzo senza canotta, i capelli umidi tiranti all’indietro con le punte che colavano sulle spalle e con espressione serena, mentre teneva le mani strette sul volante.

Trovò tutto questo estremamente sexy, soprattutto l’effetto vedo non vedo della camicia, che risaltava l’ampio petto. E notò anche che quei pantaloni color panna erano abbastanza aderenti come quelli della sua divisa, molto attraenti.

“Che cosa c’è?” domandò Hop sentendosi osservato.

“Nulla!” rispose Joyce girando la testa verso al finestrino cercando di essere naturale: “E solo che… ho notato che stai guidando abbastanza lentamente.”

“Con questa pioggia è meglio guidare sicuro, visto che sembra che sta diventando sempre più fitta, ma che cavolo!”

“Giusto, giusto, giusto… tanto, non abbiamo fretta.” E ridacchiò.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** The Bathtub ***





L’atmosfera iniziava a essere un po' strana in macchina. In una tensione che sembrava pian-piano aumentare per via di quel surreale silenzio. Anche se non sapevano il perché di questa situazione.

“Chi sa come sta andando la serata tra Karen e Ted” si chiese Joyce.

“Beh non sembrava che Ted fosse tanto eccitato dall’idea.” commentò sarcasticamente Hop

“Forse hai ragione!”

Ridacchiarono insieme, immaginando una ipotetica scena della “chimica” inesistente di Ted e Karen. Finché non si spense lentamente fino a ritornare al silenzio di prima.

Joyce lanciava delle brevi occhiate sul fisico bagnato di Hop, trovandolo sempre più affascinate, ma cercava di concentrarsi sul panorama fuori dal finestrino.

Hop iniziava a trovare strano il mutismo di Joyce, chiedendosi che cosa stesse pensando. Si girò verso di lei, notato che i capelli erano ormai leggermente scompigliati, con un piccolo ciuffo di capelli che gli cadeva lungo il collo, le spalle coperte dalla sua giacca, ma che lasciava in bella vista le clavicole e tutta la parte del petto, con il decolleté stretto in quella scollatura a cuore, fino a notare la gonna del vestito leggermente tirato su, lasciando leggermente scoperte le gambe. E in quel momento la trovò estremamente affascinante.

“Che ne dici se mettiamo un po' di radio?” propose Joyce.

Hop ritornò in sé, cercando di concentrarsi sulla guida e sentendosi improvvisamente teso.

“Per me va bene” concordò.

Hop accese la radio e con la manopola cercò una stazione che prendesse abbastanza decentemente, finché non trovò una che poteva andare bene.
 
“…e per tutte le coppie che sono in giro in questa notte d’estate, spero che non siate troppo bollenti, perché ora la serata inizierà a surriscaldarsi con Rod Stewart con la sua ‘Da Ya Think I’m Sexy?’! buon ascolto gente!”
 
La canzone partì, sotto gli occhi increduli di Joyce e Hop che volevano proprio evitare quei tipi di pensieri. Ma entrambi non avevano il coraggio di spegnere la radio proprio in quel momento, per la paura di cadere in un silenzio ancora più imbarazzante, così decisero di ascoltare la voce tagliente di Rod Stewart.
 
 

“She sits alone, waiting for suggestions
He's so nervous, avoiding all the questions…”

 
 
Hop guardò le gambe di Joyce soprattutto di un ginocchio in bella vista, così con la mano andò a toccarlo. Joyce a quel notto improvviso abbassò il capo, guardando la mano di Hopper che le accarezzava il ginocchio, risalendo piano piano lungo la coscia coperta dal vestito, sorridendo compiaciuta.
 

“His lips are dry, his heart is gently pounding
Don't you just know exactly what they're thinking?”

 
Joyce un po' incerta decise di avvicinarsi più ad Hop, facendo spostare la sua mano sull’interno coscia mentre con la sua mano accarezzò il petto di Hop attraverso la camicia bagnata, facendo provare una sensazione di piacere a lui.
 

“If you want my body and you think I'm sexy
Come on, sugar, tell me so…”

 
Hop cercò di concentrarsi sulla guida, ma le carezze di Joyce erano una piacevole tentazione, e la canzone non lo stava aiutando affatto.
 
 
“If you really need me, just reach out and touch me
Come on, honey, tell me so...”
 
E in quel momento, Joyce iniziò a dargli una piccola serie di baci sulla guancia, mettendo le braccia introno alle sue spalle.

“Joyce… non so che cosa stai facendo, ma mi stai distraendo…”

“Beh, hai iniziato tu” sussurrò lei con malizia, continuando a baciarlo, accavallando le gambe, tenendo la mano di Hop stretta sotto la sua gonna.
 

“…They catch a cab to his high-rise apartment
At last he can tell exactly what his heart meant
If you want my body and you think I'm sexy
Come on, sugar, tell me so (tell me so)…”

 
Joyce continuò a baciarlo, fino al collo, iniziando a scendere lentamente in basso con la mano.
 

“…If you really need me, just reach out and touch me
Come on sugar, let me know…”

 
 
La mano di Joyce era vicino al cavallo dei pantaloni, continuando a baciarlo, e a quel tocco così audace decise di fermare la macchina a lato della carreggiata, si slacciò la cintura e si buttò su di lei baciandola appassionatamente fino a tirarla su di sé verso il finestrino della macchina del sedile passeggero.
 

“His heart's beating like a drum
'Cause at last he's got this girl home
Relax baby, now we are alone…”
 

Hop senza mai interromperete il bacio, spense la radio per poi stringerla di più a sé con entrambe le braccia. Joyce interruppe il bacio per prendere fiato.
Hop la guardò: le sue labbra piene, gli occhi lucidi, i capelli orami scompigliati contro il finestrino della macchina e il petto che si alzava e si abbassava per il respiro affannoso.

“Wow…”

“Beh, te l’avevo detto che mi stavi distraendo.”

“Sì, ma hai iniziato tu…”

“Ma non mi sembravi così infastidita.” E ridacchiò compiaciuto.

Joyce mise le mani sulle spalle, sorridendo e ammirando il possente corpo di Hop ormai sotto di lei, e con tono incredula chiese: “E ora che facciamo?”

“Beh, è ancora un po' di rischioso guidare con questa pioggia. Ed è meglio stare fermi e aspettare che il tempo si calmi…” propose con malizia.

“E nel frattempo che cosa facciamo?” chiese con finta innocenza.

“Beh, possiamo fare una cosa che muoio dalla voglia di farti da quando hai aperto la porta…”

“Ovvero?”

Hop sorrise, e senza rispondere riprese a baciarla sulle labbra con lo stesso ardore di prima, con le braccia di Joyce strette sulle sue spalle di lui per stringerlo di più a sé, mentre sentiva le mani che le alzavano la gonna del vestito accarezzandole dolcemente le cosce. Con i baci si spostò verso al collo, petto, la curva del seno con baci veloci e ardenti, finché non andò più giù con la testa, dove sentiva già l’umidità di lei.

Joyce fece un sussulto quando sentì la lingua di Hop sulla stoffa del suo intimo, stimolando ancora di più la sua intimità con la lingua, mentre teneva le mani strette sui suoi fianchi.

Iniziò con tocchi leggeri e piano, per poi diventare improvvisamente più intensi e forti.

Joyce iniziò a gemere di piacere, alzando la mano per prendere la maniglia sopra al finestrino per tenerla stretta.

Hop con le mani si spostò dai fianchi al bordo delle mutandine, staccandosi dalla sua parte intima per abbassare l’indumento fino alle ginocchia per poi ributtarsi a leccarla mentre con la mano iniziava a stimolare il clitoride, facendola sussultare, Joyce gemette sempre più forte.

“Hop… credo che… credo che…” cercò di dire Joyce, ma senza successo. Godendosi quel momento di puro piacere e pronta a venire. E Hop continuava ad assaporare il suo dolce personale preferito in assoluto.

Ormai Joyce stava per venire, godendosi quel momento di piacere tanto desiderato, quando sentirono qualcuno che picchiettava sul finestrino della macchina.

Joyce prese un colpo di spavento a quel suono, sentendo ancora il finestrino picchiettare sempre più forte.

Hop si alzò ritornò a sedersi sul sedile imprecando a denti stretti, guardando il finestrino. Grazie al buio della sera e il vetro ricoperto dalla pioggia, non si poteva intravedere nulla di quello che stavano facendo, ma da parte loro potevano vedere una figura fuori dal finestrino del guidatore.

Hop strinse Joyce a sé, cercando di tranquillizzarla da quello spavento improvviso e aiutandola a prendere fiato.

“Tutto Okay?”

“Sì, sì, tutto okay” rispose “Dio!”

“Lo so…” sopirò frustrato, sistemando la giacca sulle spalle di lei.

Il finestrino continuava a picchettare, accompagnata da una voce maschile: “Capo? È lei?”

Hop la riconobbe, era quella di Calvin.
Abbassò il finestrino.

“Powell! Sei di servizio stasera?” chiese Hop con tono di finto stupore.

“Sì, io e Callahan siamo di servizio stasera, come ha detto lei” rispose “Ma come mai lei è fermo del bel mezzo della careggiata?”

“Per la pioggia. Stava battendo troppo forte e sembrava troppo rischioso per continuare a guidare.”

“Capisco, in fondo prima c’era davvero un acquazzone bello fitta. Ma fortunatamente la pioggia si è calmata.” Fece notare il collega.

Infatti era vero, ora non cera più il temporale improvviso di prima, ma una leggera pioggia estiva.

“Okay, grazie Callahan”

Stava per alzare il finestrino, ma Calvin chiese con un po' di curiosità: “Ehi capo, è in dolce compagina?” e ridacchiò.

Hop si fermò a metà alla chiusura del finestrino, con aria inespressiva, mentre Joyce era nascosta sotto alla giacca sotto al sedile, ascoltando tutto.

“Capo! Non sapevo che avesse ripreso ad uscire!” rispose divertito: “Chi è questa volta?”

“Non credo che siano affari tuoi…” rispose cercando di tenere la calma.

“Andiamo capo! Non lo dirò a nessuno, soprattutto se è una giovane conquista al bar?” chiese sorridendo.

“Calvin, non è il momento…”

“Allora è una vecchia fiamma!” rispose divertito
Joyce ascoltò tutto perplessa, mentre Hop abbassò lo sguardo rassegnato.

“Fammi indovinare, è la bibliotecaria!” continuò: “Alla fine ti sei fatto prendere e ti sta facendo un bel…”

Joyce ascoltò tutto e ne aveva abbastanza di quel discorso tra uomini, così si alzò e con tono convincente disse: “Oh! Eccola qua!”

Hop si girò di scatto verso di lei con aria perplessa da quello che stava facendo.

“La borsetta era sotto il sedile.” Rispose serena con in mano la borsa.

Hop le lanciò una occhiata per capire che cosa stesse facendo, sotto lo sguardo stupito di Calvin che disse: “Signora Byers?”

“Oh! Salve Powell!” rispose sorridendo: “Come stai?”

“Tutto bene signora Byers, grazie” rispose con aria confusa: “Lei invece come sta? Will e Jonathan stanno bene?”

“Stanno bene per fortuna”

“Sono felice di sentirlo” rispose sorridendo ricambiato da lei.

Powell guardò prima Hop e poi Joyce, che cercavano di nascondere la tensione.

“Quindi… ora voi due state uscendo insieme?” chiese confuso.

“È solo una uscita tra amici” chiarì subito Hop.
Calvin alzò uno sopracciglio con aria incerta.

“Sì, Hop mi ha proposto di andare a mangiare fuori e ho detto di sì.” rispose lei con tono tranquillo: “In fondo, dopo tutto l’aiuto che mi ha dato in questi anni, mi sembrava il minimo accettare”

“Beh, per me il minimo che potevo offrirle” aggiunse Hop.

“Felice che vi stiate divertendo” rispose Powell aggiungendo “Allora vi auguro un buon proseguimento di serata, visto che l’acquazzone è finito, potete guidare con prudenza.”

“Grazie Powell” salutò Hop.

Il poliziotto salutò con accenno di capello, mentre vedeva Hop chiudere il finestrino e andare via.
Quando non vide più la macchina sospirò e ritornò alla pattuglia di polizia, dove cera Phil Callahan seduto nel sedile del passeggero “Allora, era Hop” chiese.

“Sì” rispose entrando in macchina, chiudendo lo sportello.

“Ed era da solo o in compagina?”

“In compagnia, e credo che tu abbia sempre avuto ragione”

Phil si girò verso di lui con aria perplessa chiedo: “Oh, davvero?”

“Che il capo e la signora Byers vanno a letto insieme.”

Phil lo guardò con occhi spalancati dicendo: “Su serio?”

“Sì, ma vogliono giocare la carta del ‘siamo solo amici’.”  E ridacchiò.

Phil incredulo iniziò a ridacchiare divertito rispondendo: “Te l’avevo detto che quei due scopavano! Te l’avevo detto o no?” e ridacchiò, mentre il collega accese la macchina e iniziò a guidare.

“Speriamo solo che non faccia la fine della bibliotecaria” commentò lui facendo ridere Calvin che rispose: “Allora, questa volta sarebbe la fine definitiva di Hop!” e risero divertiti insieme.

Mentre nella macchina di Hop, l’atmosfera non era proprio leggera, visto che si erano fatti quasi beccare da un poliziotto come due adolescenti. E nessuno dei due aveva intenzione di parare per primo.

“Quindi… che cosa è secesso tra te e la bibliotecaria?” chiese Joyce con tono di finto interesse.

“Ma niente!” rispose Hop: “Siamo solo usciti insieme una volta e non l’ho più richiamata. E per questo ce l’ha a morte con me”

“Capisco…”

Calò di nuovo il silenzio teso.

“E… lei ti faceva qualcosa di particolare?” domandò Joyce sarcasticamente.

Hop rimase allibito da quella domanda, senza sapere se fosse meglio rispondere o meno.

“Perché questa domanda?” chiese con tono incerto.

“Perché fino poco tempo fa, eri tu intento a farmi qualcosa di particolare.” Provocò Joyce.

Hop la guardò con occhi spalancati, mentre lei ridacchiava divertita dalla sua espressione e alla fine si fece contagiare dalla sua risata.

Joyce si spostò appoggiando la testa sulla spalla di Hop chiudendo gli occhi, con Hop che sorrideva compiaciuto godendosi il resto del viaggio.

Erano arrivati a casa di Joyce e fecero appena in tempo a chiudere la porta e accendere la luce prima che Hop si buttasse sulle sue labbra con ardore.

“Finalmente” disse Hop spostando le labbra sul collo e baciandole la pelle umida dalla pioggia. I suoi baffi le fecero il solletico, facendola ridere.

Le mani di Joyce erano sulle spalle, notò che la camicia era ancora umida e trasparente sul suo petto, trovandolo estraneamente sexy, e le venne un’idea.

“Hop” stuzzicò

Lui alzò la testa rispondendo: “Sì?”

“Mi è venuta una idea…”

“Ovvero?”

“Visto che ti sei preso un bel acquazzone e non vorrei mai che ti ammalassi, che ne dice di farti una bella doccia calda?”

“Una doccia calda?” ripeté Hop alzando un sopracciglio con espressione perplessa.

“Insieme” concluse con tono malizioso.

Hop sorrise subito a quell’idea “Una doccia calda insieme dopo un terribile acquazzone?”

“Esatto”

“Beh, perché dovrei dire di no?”

Entrambi ridacchiarono insieme, così Joyce prese la mano di Hop per trascinarlo in bagno iniziando a togliersi le scarpe.
 
***

Erano dentro alla doccia, con la tendina tirata e tutti i vestiti sparsi sul pavimento del bano con il vapore del getto d’acqua che inumidiva la stanza. Tra i baci e lunghi preliminari, sembrava tutto perfetto, in un momento di pura sessualità e romanticismo che avevano sempre desiderato.

Solo che non avevano calcolato un piccolo problema: la loro grande differenza di altezza e stazza.

Tra il metro e novanta di Hop e il metro e sessanta di Joyce in piedi, in una vasca da bagno non adatta per due adulti di quelle dimensioni così diversi…

“Ahi!”

“Che cosa?”

“Ho sbattuto la testa sul doccino!”

“Okay, allora proviamo a regolare un po'.”

“Ma è già al massimo Joyce!”

“Va bene, allora vado io sotto al doccino. Okay?”

“Okay?”

“Così va bene?”

“Sì, così bene”

“Allora, preparati a metterti comoda e… ma per la miseria!”

“Hop! i miei shampoo!”

“Non l’avevo visti! Non pensavo che il mio gomito fosse in mezzo al tuo porta shampoo!”

“Secondo te si sono aperti? Non voglio che la schiuma o altro riempia la vasca.”

“No, non credo che si siano aperti. Voi riprovare?”

“Okay, ma questa volta stai attento.”

“Sì, sto attento. Allora uno… due… tre!”

“Ahia! Jim! La mia schiena!”

“Scusami! Ti ho fatto male?”

“No, ho solo i rubinetti conficcati sotto alla schiena!”

“Okay, okay, allora proviamo a spostarti sul muretto?”

“Va bene, ma fai attenzione. D’accordo?”

“D’accordo?”

“… e ora… aaaaah!”

“Che cosa c’è?!”

“Perché cazzo l’acqua è così calda?!”

“Perché io mi lavo sempre con l’acqua calda. Come il resto del mondo…”

“Questa non è ‘calda’, è bollette Joyce! Mi sono ustionato mezza schiena!”

“Come sei esagerato! È solo un po’ calda!”

“Solo un po' calda? Joyce qui potremmo fare la fine delle aragoste!”

“E va bene! Allora regola la temperatura! Basta che non sia gelata!”

“Okay fatto! Va bene ora?”

“Sì, ora possiamo riprendere?”

“Metti le braccia introno alle mie spalle e le gambe intorno al bacino e tieniti stretta”

“D’accordo, allora pronto?”

“Pronto! E… Ahia!”

“Che cosa?”

“Ho sbattuto la testa sulla spalla di metallo della tendina!”

“Oddio! Ti sei fatto male?”

“Sì che mi sono fatto male! E perché stai ridendo?”

“Non sto ridendo! È solo che prima hai sbattuto la testa sulla doccia e poi sulla tendina da doccia!”

“Beh, se questa doccia è troppo piccola per me, non è certo è colpa mia!”

“Non è che la doccia è ‘troppo piccola per te. Sei tu che sei troppo grosso per questa doccia, mio caro!”

“Va bene! Allora riesci ad allagare un po' le gambe”

“Sì, ecco… però non so se riesco ad allagare più di così…”

“Okay, provo ad entrare tu intanto tieniti stretta”

“Hop, credo che tu stia scivolando!”

“No, no, non sto scivolando!”

“Invece sì! Stai scivolando all’indietro!”

“No, invece! tieniti stretta e… haaa!”

“Hop!”

Scivolò all’indietro, aggrappandosi alla tenda della doccia, per attutire la caduta, ma cadde a terra dentro alla vasca a pancia in giù, con la testa sotto l’acqua.

Joyce invece aveva mollato subito, scivolando di schiena sul muro e cadendo in mezzo al bordo della vasca, incastrandosi tra il muro e la vasca.
Gemettero entrambi di dolore.
 
***
 
Joyce era in camera da letto, con indosso una maglia sportiva over-size, con i capelli umidi con due cuscini sotto alla schiena, gemendo dal dolore.

Arrivò Hop, con indosso i pantaloni della cena, ma a petto nudo con un asciugamano introno alle spalle con i capelli tirati all’indietro, ancora bagnati e in mano un bicchiere d’acqua che stava schiumando.

“Ecco a te, un bicchiere d’acqua con asprina” disse passando il bicchiere.

“Grazie” rispose con tono dolce prendendo il bicchiere iniziando a bere.

“Come ti senti?” chiese Hop sedendosi al bordo del letto accanto a lei.

“Che mi fa male tutta la schiena fino al sedere e le gambe” rispose “Tu invece?”

“Ho controllato la testa, non ho nessun vernacolo, ma mi fa un male cane tutto…” e schioccò la schiena accompagnato da un gemito di lamento.

“Mi dispiace tanto Hop…”

“Per cosa?”

“Per questa idea. avrei dovuto immaginare che non saremmo stati comodi in quella vasca…”

“Non è colpa tua…” assicurò Hop con tono sincero “In fondo era una idea eccitante farlo sotto alla doccia. Mi definisco una persona piuttosto agile”

Joyce alzò gli occhi al cielo, mentre lo sentiva ridere.

“Eppure, nei film o nei romanzi sembrava così semplice…” commentò lei

“Lo so… abbiamo solo calcolato male le nostre ‘misure’.”

Risero insieme a quelle parole.

“Comunque, non è colpa di nessuno. Anzi, mi dispiace molto per aver distrutto il tuo porta shampoo e la tua tendina da doccia…”

“Non fa niente. Possiamo rimediare” assicurò Joyce: “Altrimenti se i ragazzi vedono la tendina distrutta, mi chiederebbero come è successo…”

“E sarebbe abbastata ‘inopportuno’ spiegare il perché non hanno più una tendina da doccia!”

Risero insieme della situazione.

“Magari, evitiamo!” commentò Joyce finendo il bicchiere d’acqua.

“Allora, domani facciamo un giro per negozi e magari… un salto al negozio di noleggio film.”

“Per restituire i film che hanno preso i ragazzi?”

“Beh, veramente… pensavo ad un’altra cosa…” propose Hop con uno sguardo convito.

“Cioè?” chiese Joyce perplessa.

Hop continuò a sorridere con sguardo languido, si avvicinò al sul viso e sussurrò la sua idea all’orecchio, lasciandola completamente stupita.

“Hop!” rispose con il volto arrossato.

“Beh, ora voi fare la pudica con me?” rimproverò ironicamente.

“Beh, diciamo che è un po' insolito per me…” spiegò con una leggera timidezza “Ma possiamo provare” e ridacchiò.

“E vedrai che sarà piuttosto eccitante” aggiunse Hop malizioso avviandosi al suo volto.

Joyce posò il bicchiere vuoto sul comodino, per baciarlo e quando il bacio diventò più caldo, Hop la tirò a sé da sotto la schiena, ma facendola gemere dal dolore.

“Ahi, ahi, ahi!”

“Scusa! Ti ho fatto male?”

“Sì mi fa male ancora la schiena. A te no?”

“Certamente, mi fa male ogni singolo muscolo del mio corpo...” confessò.

“Allora è meglio rimandare e riprenderci…” suggerì Joyce.

“Va bene…”

Si sdraiò insieme a lei, con il braccio intorno alle sue spalle, tirandola a sé mentre lei appoggiò la testa alla sua spalla, cerando di coccolarsi.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Family Video ***


                

 



Casa Byers, 11 di mattina.

Joyce e Hop dormivano beatamente nel letto matrimoniale, abbracciati con aria serena.

Nonostante i dolori muscolari della sera prima, potevano permettersi di dormire fino a tardi. Senza pensare ai turni, al lavoro o i figli da portare in giro. Godersi una rara e tranquilla mattina di sabato.
Ma fu rovinata dal suono del telefono.

Telefono che era in cucina e che stava suonando rumorosamente per tutta la casa.

Joyce si svegliò con fatica, controllò che ora fosse tramite la sveglia del suo comodino, stupendosi di quanto fosse tardi. Così, sospirò e si sciolse di malavoglia dall'abbraccio di Hop (che continuava a dormire come un sasso) e si diresse in cucina per rispondere al telefono.

"Proto?"

"Buongiorno Joyce!" rispose la voce serena di Murray "come sta la mia dolce e soddisfatta amica?"

"Che cosa c'è Murray?" rispose con tono paziente.

"Oh, dal tuo dolce tono di voce, non mi sembri tanto 'soddisfatta'... guai in paradiso?"

"No, nulla di tutto questo..." rispose Joyce: "Solo... qualche 'imprevisto in casa' ma nulla di grave"

E si massaggiò una spalla ancora indolenzita.

"Beh, dal tuo tono di voce, intuisco che ti sei appena svegliata"

"Due adulti non possono dormire fino a tardi nel weekend?"

"Sì, dopo aver fatto sesso per tutta la notte. Ma non è successo a te..."

Joyce alzò gli occhi al cielo senza rispondergli.

"Spero che abbiate fatto qualcosa in questi giorno, altrimenti mi spieghi il perché ho accettato di fare il babysitter a mezzo ' il villaggio dei dannati'?"

"Perché sei un buon amico, sia che cosa hanno passato quei ragazzi e hai costretto Hop a supplicarti per dire di sì?"

"Dettagli" liquidò

Joyce sopirò e chiese paziente: "Come stanno i ragazzi? Tutto bene lì? È successo qualcosa?"

"No, tutto a posto. A parte che arrivo ogni sera a casa di mia madre distrutto..."

Raccontò che odiava stare in mezzo a così tanta gente, ossessionata di fumetti o prodotti fantastici, tenendo d'occhio sette ragazzini tutti insieme.

"L'unica cosa positiva è che mia madre li sta viziando come se fossero nipoti suoi" sospirò.

Joyce radicchio rispondendo: "Si stanno divertendo sia in fiera che a casa di tua madre?"

"Moltissimo! Di giorno corrono avanti e indietro in mezzo a un prato pieno di nerd, e di sera vengono rimpinzati di cibi grassi e pieni di burro e crollano sul divano davanti alla tv. Mentre io ricevo rimproveri da parte mia madre"

Joyce rise sentendo il tono del giornalista.

"Sono felice che si stiano divertendo. Ne avevano bisogno... soprattutto Will e Undi"

"A fidati! Per loro tutto questo è il paese dei balocchi!"

Joyce sorrise serena sentendoselo dire, almeno poteva stare tranquilla, dopo fin troppo pericoli.

"E che cosa farete oggi?" domandò

"Solite cose: colazione in casa, fiera fino a sera. E visto che oggi c'è un evento a tema D&D dal vivo o roba del genere..."

"Oooh, me ne hanno parlato! Will ha sempre desiderato di partecipare a un gioco di ruolo dal vivo. Ci ha messo tutta la settimana a prepararsi il suo costume con Undi"

"Sì, me l'ha raccontato circa novecento volte in questi ultimi giorni"

Joyce non poteva fare altro che ridere della disperazione del suo amico. Finché non chiese quando sarebbe ritornato a Hawkins. Accordandosi per lunedì mattina, dopo la colazione.

"Okay, Murray grazie."

"Voi invece che cosa farete oggi?"

"Niente di che... faremo colazione e devo fare due commissioni. E forse resteremo a casa a guadare un film."

"Cavolo Joyce, questo non è il weekend di sesso selvaggio, che Jim ti aveva promesso" provocò Murray: "Un po' deludente come cosa..."

"Passami Will per favore" chiese con tono diretto ignorando.

Murray sospirò e chiamò Will in lontananza per passarlo a sua madre.

"Ciao Mamma!"

"Ciao tesoro!" disse con tono sereno: "Come stai? Dormito bene?"

"Sì, tutto bene"

Joyce parlò con suo figlio, ascoltando tutti gli aneddoti degli ultimi giorni.

Mentre parlava, vide che Hop stava entrando in cucina sbadigliando con indosso solo i pantaloni della sera prima.

Joyce con il labiale disse che stava parando con Will, e chiese se volesse parare con Undi.

Poco dopo Hop era a telefono con sua figlia. E Joyce ascoltava tutto sorridendo sentendo le ultime raccomandazioni di Hop, come quella di non stare da sola con Mike.

"A quanto pare, i ragazzi si stanno divertendo" disse Joyce.

"Già, e forse più di noi..." commentò ironicamente Hop.

"Ma almeno Murray no"

"Dammi del cinico bastardo, ma sono felice di sapere che lui invece sta impazzendo" commentò Hop divertito.

Joyce ridacchiò insieme a lui, e finché la risata non svanì e lui si avvicinò a lei dandole un bacio sulla fronte "Buongiorno"

"Buongiorno"

"Dormito bene?"

"Sì, e tu?"

"Sì, nonostante che mi faccia male ancora tutta la schiena..."

"E a me dalla schiena in giù..."

"Sì, ma per i motivi sbagliati... purtroppo."

"Hop!" disse Joyce, ridacchiando stupita da quella uscita.

"Beh, preferisci farti male con i rubinetti della doccia?" Ribatté.

Joyce alzò gli occhi al cielo, andando verso i fornelli: "Meglio preparare la colazione. O il pranzo, vista l'ora"

"Ah, dettagli."

Joyce e Hop fecero colazione con bacon, uova, caffé e sigarette. E dopo aver sistemato la cucina, decisero di uscire per comprare la tendina da doccia e prendere un film a noleggio un po' più adatto per la loro serata...

***

Alle due del pomeriggio arrivarono a family video, che per fortuna faceva orario continuato, e cercarono Steve e Robin al bancone. Entrando insieme con Hop che teneva in mano le cassette prese da Jonathan la settimana scorsa.

"Salve Signora Byers" salutò Steve con tono gentile: "Sceriffo"

"Ciao anche a te, Steve. Come stai?" disse Joyce con lo stesso tono fermandosi davanti al bancone con Hop accanto.

"Non c'è male" rispose il ragazzo tranquillo: "Siamo stati fortunati a trovare questo lavoro."

"Molto. Talmente tanto che oggi siamo costretti a fare il tempo pieno, perché Keith è scapato a Chicago per quella stupida fiera di nerd" commentò sarcasticamente Robin.

"Beh, sempre meglio di vendere gelati, con una base russa sotto di noi" aggiunse Steve con lo stesso tono, facendola ridere.

"A proposito della fiera, come se la passa la gang a Chicago?"

"Si stanno divertendo un mondo" rispose Joyce serena: "Oggi hanno la partita di D&D dal vivo, e sono un po' eccitati

"Oh ma è fantastico! Spero che i ragazzi faranno una bella figura! Soprattutto con i costumi"

"Steve ha aiutato Dustin a sistemare il suo costume da menestrello" aggiunse Robin

Steve guardò l'amica con aria paziente rispondendo: "Okay: Uno è un bardo. Non un menestrello. E due: è un signor costume da bardo! Con tanto di Liuto originale!"

"Dove hai trovato uno liuto?"

"Conosco un tipo. Anzi, i miei conoscono quel tipo. Ma non importa."

Robin alzò gli occhi al cielo ritornando ai suoi clienti.

"Allora, che cosa posso fare per voi?"

"Jonathan ha preso in prestito tutte queste casette, e mi sembra giusto pagare il noleggio" rispose Joyce.

"Oh no, Jonathan ha pagato il noleggio di una casetta. Il resto gli ho chiuso un occhio" spiegò Steve

"Steve, non c'è bisogno, non devi farci degli sconti speciali per noi" assicurò lei: "E non vogliamo metterti nei guai con il lavoro."

"No, nessun problema. Anzi, solo che io e Jonathan stiamo imparando ad andare d'accordo. E vorrei mostrami un amico migliore per lui..." abbassò la testa con aria in colpa.

"Steve, ci hai aiutato tantissimo in questi ultimi anni con Will. E io ti sarò sempre grata per questo. Perciò, sei già un amico migliore" assicurò lei appoggiando una mano sulla sua con sguardo materno.

Steve sorrise, sentendosi molto sollevato e apprezzato da quelle parole, soprattutto da parte di Joyce. Capendo di essere una persona davvero migliore.

"La ringrazio signora Byers"

"Di nulla Steve"

"Okay, allora gli farò solo un piccolo sconto di tutte queste cassette. E non accetto no come risposta"

"Va bene, accetterò lo sconto" rispose sorridendo.

Così Robin gli passò le casette e gli fece il conto di tutto dicendo "Allora, voi due avete un programma per questo weekend?" chiese la ragazza.

"Nulla di particolare" rispose Joyce: "Mi mangerò del cibo surgelato e mi guaderò un film.

"Stessa cosa anche io" aggiunse Hop

"Per questo siete venuti qui, insieme nello stesso momento?" chiese lei sarcasticamente.

Joyce rimase stupita da quelle parole. anche se erano dette con tono sarcastico, non voleva dare nessun sospetto a Steve e Robin della loro storia. Ma Hop rispose con lo stesso tono: "Già, piccolo il mondo, non è vero?"

Joyce ridacchiò, mentre prendeva il portafoglio aggiungendo: "Soprattutto in una piccola città"

Steve le fece lo scontrino, mentre Robin la guardò con aria perplessa.

"Grazie Steve"

"Avete qualche film nuovo?" domandò Hop

"Sì, c'è qualcosa dello scaffale novità davanti alla vetrina. O nella cesta di 'tutto a poco' in fondo all'angolo."

"Okay, grazie Steve"

"E lo scaffale dei film romantici?" chiese Joyce.

"Nell'altro reparto" rispose Robin indicando con il dito.

"Grazie" rispose con tono cordiale e incamminandosi verso il reparto, lasciando Hop al bancone.

Aveva intuito che era meglio dividersi per un po', prima di raggiungerla. Per creare meno sospetti davanti a Robin e Steve.

Avevano fatto bene, più discreti erano, meglio era.

"Allora, posso consigliarle qualche titolo in particolare?" chiese Steve

"No, grazie ragazzo. Cercherò qualcosa da solo." Ripose Hop incamminandosi verso gli scaffali.

Steve e Robin lo guardarono senza chiedere nulla, finché non ritornarono al loro lavoro. Dopo qualche minuto Hop notò che i due ragazzi erano occupati a catalogare i film restituiti davanti al computer. Così decise di camminare verso l'altro reparto insieme a Joyce.

"Finalmente" rispose divertita con aria maliziosa.

"Scusami, ma dovevo assicurami che nessuno mi vedesse..." rispose con tono di finta saccenza.

"Pensi che abbiano dei sospetti?" chiese stando al gioco, ma sempre con tono divertito.

"Penso di no"

"Allora possiamo procedere..."

"Hai già trovato qualche titolo interessante?" chiese Hop malizioso

Joyce alzò gli occhi con finta aria perplessa rispondendo: "Forse, ma mi serve la tua competenza per scegliere i film giusti..." gli prese la mano, andando verso lo scaffale.

Hop si fece guidare da lei, finché non si rese conto delle sue ultime parole: "Aspetta... cosa?"

***

Erano degli scaffali di film per adulti, in mezzo a due lunghi corridori pieni di casette porno con locandine parecchio esplicite.

Joyce iniziò a sentirsi un po' intimorita da questo corridoio. In fondo non era mai stata interessata da quel tipo di film. era Lonnie che nascondeva quel tipo di casette e riviste in fondo al loro armadio. E la trovava una cosa abbastanza squallida.

Anche Hop si sentiva a disagio da questa situazione. Prima di Undi, comprava spesso quel tipo di film quando aveva tempo, e poi dimenticandosi di averle. Ma li comprava da solo. E di certo non si sarebbe sentito così imbarazzato.

"Credevo che sarebbe stato più eccitate..." ammise Joyce

"Beh, possiamo provare con qualcosa di soft." Suggerì Hop "Tipo la categoria dei film stranieri. Magari sono anche d'autore"

Così si avvicinarono allo scaffale iniziando guardare qualche casetta.

"Che ne dici di questo?" chiese Joyce prendendo una casetta e mostrandola.

Hop guardò la casetta con la copertina di una donna disegnata, completamente nuda, ma con un serpete che intorno al corpo per coprire le parti calde su uno sfondo bianco. Con un titolo colore verde e nero in italiano, ma il sotto titolo inglese che diceva: "Black Cobra Woman"

"Che cos'è?"

"Qui c'è scritto che è un film exploitation di produzione Italiana"

"Sembra interessante! E di cosa parla?"

" 'La bella Eva, Ballerina di origini esotice, lavora nei locali notturni e si esibisce in un numero con dei serpenti'?"

"Huuu! Eccitante!" commentò Hop divertito insieme a Joyce

'In vacanza a Bangkok, conosce il commerciante ebreo Judas, che traffica con i diamanti'." Continuò a leggere concludendo: "Poi continua a parlare di intrighi, gelosie e vendette"

"Sembra interessante"

"Sì, ma non mi piace l'idea di un serpente che striscia su un corpo" fece finta di avere i brividi posando la casetta.

"Capisco..." rispose Hop "Allora... che ne dici di questo! 'L'ultimo tango a Parigi'?" e prese la casetta

"Non è quello con Marlon Brando?" chiese incuriosita

"Sì, quello. Dove lui è un vedovo di mezza età, che vive a Parigi e ha una relazione con una ragazza di vent'anni più giovane "

"Ma non è sempre quel film che fece uscire la gente dalla sala disgustata all'epoca?"

"Allora deve essere interessante!" rispose Hop incuriosito.

"Uhm, non lo so... ho sentito dei pareri molto contrastanti su questo film..." ammise "E poi sai che i film d'autore sono piuttosto pesanti. Quindi, perché non perdiamo un film più leggero?"

"E pensare che una volta avevi una cotta per lui..." disse Hop mettendo la cassetta a posto.

"Sì, ma quando ero ragazzina e lui un giovane, bello e dannato."

"Capisco..."

"Ehi! Che ne dici di questo?" domandò Joyce perdendo la casetta del film "l'oggetto del desiderio"

"Un thriller erotico con Madonna?" legge Hop sulla casetta

"Questo sì che sembra avvincente!"

"Non lo so, che ne dici di 'Gola profonda'? domandò perdendo la casetta

"Mai sentito. Che cos'è?"

"È un porno che fece tanto clamore all'epoca" rispose: "In pratica parla di una prostituta che ha una cosa al di fuori dal comune"

"Ovvero?"

"Beh... in breve, ha il clitoride in gola."

Joyce rimase sorpresa da quella rivelazione: "In gola?"

"Già, ed è per questo che si chiama Gola profonda"

Joyce alzò un sopracciglio di interesse, posando la casetta del film di Madonna e perdendo quello di 'Gola profonda' dalle mani di Hop.

"Sembra carino" commentò divertita.

"Sul serio?"

"Sì, davvero molto carino."

Sì avvicinò a lui, mettendo le braccia introno alle sue spalle con un volto malizioso.

Hop ricambiò lo sguardo, mettendo le mani sui fianchi di lei rispondendo: "Allora... film aggiudicato?"

"Mmmmmh" disse lei facendo finta di pensarci: "Perché no?"

"Quindi... dopo il film potremo imitare alcune scene del film?"

"Lo vedremo" rispose Joyce ridacchiando.

Hop rise insieme a lei, per poi abbassarsi per baciarla sulle labbra. Joyce ricambiò ben più che volentieri in bacio, alzandosi in punta di piedi per raggiugerlo meglio.

Il baciò continuò, con Hop che si spostò facendo appoggiare Joyce sullo scaffale della casetta, sentendola ridere.

"Non dovremmo aspettare stasera per questo?" chiese ironicamente

"È solo un piccolo assaggio..." rispose con lo tesso fono, facendola sorridere.

Il bacio continuò con Hop che si abbassò verso di lei, sentendo le mani di lei spostarsi sulle sue spalle, stringendo forte la sua camicia, lui rispose stringendola di più a sé.

Era una cosa molto ingenua e stupida da fare. Come due ragazzini che erano troppo presi dalla passione, ignorando tutto e tutti.

Bacandosi e ridacchiando, godendosi questo momento di passione in un luogo insolito come il corridoio di un video noleggio

Non sapevano quanto tempo fosse passato, non credevano molto, ma sentirono qualcuno tossire.

Hop e Joyce interruppero il bacio, girandosi verso alla fonte della tosse: Robin.

Era davanti a loro, con in mano delle casette e li stava fissando con aria perplessa, ma senza dire niente.

Joyce e Hop la fissarono con gli occhi spalancati e ancora avvinghiati. Nessuno dei tre aveva intenzione di parlare.

"Ecco..." disse Hop

"Penso che prenderò 'Voglia di tenerezza'. L'ho avete ancora?" interruppe subito Joyce

"Sì... penso di sì. lo vuole noleggiare?"

"Sì! sì, prenderò quel film." rispose sciogliendo l'abbraccio con Hop e allontanandosi da lui.

"Okay, allora vado a prenderlo..." disse Robin uscendo dal reparto.

"E lo prendo subito in cassa!" aggiunse in lontanezza Joyce.

Quando rimasero soli Joyce e Hopper sospirarono stanchi.

" 'Voglia di tenerezza'? su serio?" chiese Hop

"E' il primo titoli che mi è venuto in mente! Mi imbarazzava di dire che prendevo 'Gola profonda'!" si giustificò.

Hop per tutta risposta alzò gli occhi sospirando.

"E poi che cosa voleri dire prima?"

"Che non era quello che sembrava" rispose lui incerto.

"Wow che frase originale" rispose sarcasticamente

"Beh, non avevo altre idee!"

Joyce non rispose, uscendo dal reparto con Hop che lo seguiva.

Arrivarono in cassa per pagare il noleggio della casetta e uscirono in fretta sotto gli occhi di Steve e Robin.

"Che strano" disse Steve perplesso "Sono usciti così in fretta, senza nemmeno salutare. Non è insolito? È come se volessero scappare via da qui."

"Magari avevano solo fretta" rispose Robin con tono tranquillo "O forse, perché l'ho beccati a pomiciare del reparto dei film degli adulti."

"Sì, può essere che avesse... aspetta, che cosa?!" disse Steve girandosi verso di lei con gli occhi spalancati dalla sorpresa.

L'amica per tutta risposta fece spallucce con aria indifferente, come se avesse detto nulla di particolarmente importante.

"Aspetta, mi stai dicendo che il capo, e la signora Byers... stanno..." domandò Steve con tono incerto.

"Sì" rispose subito lei tranquillamente.

"E pensi che Jonathan lo..."

"Ha, su questo non lo so. Probabile."

Steve rimase senza parole da questa rivelazione. Di certo, non era una cosa che si aspettava di scoprire in questo modo.

"Tanto era scontato" commentò Robin tranquilla, lasciando l'amico ancora più confuso.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Saturday night ***


 






Ormai era sera, dopo il family video erano andati a fare un po' di spesa da Bradley’s. Hop decise di non entrare e aspettarla in macchina.

Tornarono a casa di Joyce dove sistemarono la tenda della doccia, passando un’ora buona a litigare su chi avesse ragione.

Alla fine riuscirono a sistemarla, e si fecero le 18:30 di sera.
Erano seduti in soggiorno, con due vassoi di surgelati della marca di Hungry- Man, davanti alla tv a guadare la cassetta “Voglia di tenerezza”.

Di certo, non era proprio la serata che si erano entrambi immaginati, ma era meglio di niente. In fondo l’importante era stare insieme e godersi il resto della serata.
Joyce guardava il film con interesse, nonostante la trama fosse un po' smielata, lo trovava carino. Soprattutto la chimica su schermo tra Shirley MacLaine e Jack Nicholson.

E durante la scena del loro appuntamento, Joyce iniziò a notare una cosa, iniziando a guardare lo schermo e il volto di Hop.

“Hop?”

“Sì?”

“Ma lo sai che assomigli a Jack Nicholson”

Hop non rispose, rimanendo confuso da quello che aveva appena sentito.

“Cosa?” disse girandosi verso di lei.

“Che hai una certa somiglianza con Jack Nicholson.”

Lo sceriffo rimase un po’ perplesso dalle parole della sua ragazza “Assomiglio a Jack Nicholson?” ripetè

“Sì” rispose facendo spallucce come se avesse detto un’ovvietà.

Hop cercò di capire il senso di quelle parole. Prese il telecomando, mettendo in pausa il film, proprio in un primo piano dell’attore dicendo: “Tu credi che assomigli a lui?”

“Sì”

“A lui? Con il sorriso più inquietante del mondo e la faccia da pazzo maniaco?” ripeté indicando lo schermo con il telecomando.

“Beh, non ho detto che sei il suo sosia” rispose ridendo: “Dico solo che hai qualche caratteristiche simile a lui.”

“Tipo cosa? La faccia da serial killer? Gli occhiali da sole? Il fatto che sembra abbia appena sniffato mezza Colombia?” chiese sarcasticamente.

“No, tipo la forma del viso, la fronte alta e l’attaccatura dei capelli…”

“Perciò… un giorno sarò stempiato come lui?” ripeté

Joyce ridacchiò rispondendo “Sì, se hai pazienza” e rise divertita.

“Oh, questo sì che è rassicurante!” rispose alzando gli occhi al cielo.

“E poi, anche la forma degli occhi” aggiunse

“La forma degli occhi?”

“Sì, avete entrambi gli occhi piccoli e le ciglia folte. Ma sono entrambi ben penetranti…” spiegò “Solo che i tuoi sono più chiari. Quindi hai uno sguardo più profondo”

“Quindi… secondo le tue parole, stai dicendo che ho dei begli occhi blu da pazzo psicopatico?” ribatté ironicamente, posando i due vassoi di cibo precotto, ormai finiti, sul comodino.

“No, ho detto che hai dei piccoli occhi penetranti”
Hop si girò verso di lei, guardandola con curiosità.

“Ma sì, spesso fai delle espressioni da pazzo.” Rispose ridendo

“Ah sì?” ribatté con lui con aria di sfida avvicinandosi a lei: “Credi che io abbia la faccia da pazzo?” con un sorriso a trentadue denti e gli occhi incerti. E più si avvicinava a lei con quello sguardo, più lei cercava di allontanarsi fino ad arrivare al bracciolo del divano, sentendosi in trappola.

“Hop? Che hai intenzione di fare?” chiese perplessa da quello sguardo.

“Joyce… sono il lupo cattivo!” rispose con un tono profondo.

Oh no…”

Hop le saltò addosso, facendola sdraiare sul divano sotto al suo peso, con le labbra sul suo collo e le mani intorno ai suoi fianchi, mentre sentiva le risate di Joyce per via del solletico provocato dei baffi.

“Hop! dai, smettila!” disse ridendo e agitandosi sotto di lui.

“Non posso! Hai scatenato il lupo cattivo che è in me!” rispose alzando la testa per guardala con aria maliziosa “E ora il lupo cattivo è affamato…” rispose baciandola sul collo, le mani cominciarono ad accarezzare i fianchi sotto la maglia con movimento lento “Molto affamato…” aggiunse
I baci diventarono più caldi, con le braccia di Joyce introno al suo collo, iniziando ad accarezzagli i capelli, godendosi quei baci mentre Hop iniziò a scendere pian, piano sotto di lei, alzando la maglietta.

Finalmente potevano godersi quel momento di pace, da soli e non vedevano l’ora di vivere il momento.

Hop stava andando sempre più giù, finché non sentirono il suono telefono in cucina.
Hop si alzò di scatto da lei imprecando: “Ma Gesù Cristo! Sul serio?!”

Joyce sopirò anche lei incredula di queste continue interruzioni.

“Giuro! La prossima volta che sento quel maledetto telefono suonare, lo rompo con le mie stesse mani!” disse Hop furioso.

Lei sospirò paziente, alzandosi dal divano e sistemandosi la maglia dicendo: “Speriamo solo che non sia nulla di grave”
Andò in cucina a rispondere il telefono.

“Pronto?... oh, ciao Karen!”

Hop sentendo il nome della signora Wheeler iniziò a stranirsi. Ormai avevano l’abitudine che i ragazzi chiamassero tutti i loro genitori ogni sera. Perciò, perché Karen aveva chiamato Joyce a quest’ora della sera?

Così si alzò e andò in cucina sentendo Joyce parlare.

“No, no non mi disturbi, sono solo un po' sorpresa. È successo qualcosa ai ragazzi?... cosa?... sì, conosco Eddie il nipote di Wayne, non vive nello stesso campeggio caravan di Susan?... che cosa?... oh no! Ma stai dicendo su serio?”
La voce di Joyce iniziò a diventare sempre più allarmata, e Hop iniziò a preoccuparsi.

“Mio dio, ed è una cosa seria?... speriamo davvero che non diventi ancora più grave del previsto…. Che cosa?... Jim?”
Joyce si girò verso di lui, che stava in piedi fermo davanti all’ingresso della stanza con espressione sempre più confusa.

“No, non so dove sia, l’ho incontrato per caso oggi pomeriggio e mi aveva detto che si era preso il weekend libero. Perché?... ha-ha… sì, è proprio da lui… okay capisco… ascoltami Karen, cercherò di contattarlo e spiegare la situazione, okay?.... va bene, ti richiamo più tardi.” E chiuse la telefonata facendo un lungo sospiro stanco.

“Beh, allora? Che cosa è successo?” domandò Hop preoccupato “Riguarda i ragazzi? C’entra qualcosa con il nipote di Wayne?” era teso e cercava di evitare tutti gli scenari peggiori nella sua testa e mantenere il controllo.

“No, non si tratta dei ragazzi. Ma di Eddie Munson” rispose alzando la testa” A quando pare, Eddie e dei suoi amici si sono intrufolati nella palestra della scuola per fare casino, ma dentro c’era un certo Jason Carver con i suoi amici, e… a quanto pare è iniziata una rissa.”

Hop si mise una mano in mezzo agli occhi sospirando, stanco della situazione.

Joyce spiegò che qualcuno aveva sentito dei rumori forti dalla palestra del liceo e aveva chiamato la polizia per rumori molesti. Solo che al loro arrivo la scuola sembrava sigillata. Avevano cercato di mantenere la calma e di contattare lo sceriffo via radio e telefono, ma senza successo.

“E Karen come sa di tutto questo?” domandò Hop perplesso

“L’ha sentito da una sua amica… non ho capito bene, parlava veloce”

“E ti ha chiesto se io fossi da te?”

“Jim” riproverò lei paziente

“D’accordo! Vado a calmare la situazione!” rispose andando verso la porta, seguito da Joyce.

Hop era davanti alla porta che indossava la sua giacca di Jeans “Spero che sia una cosa veloce, ma ne dubito fortemente…” e guardò il suo orologio stupendosi che fossero le nove e venti di sera.

“Mi raccomando, cerca di stare attento” assicurò Joyce

“Lo farò, in fondo non è la prima volta che devo sistemare i casini del giovane Munson…” sospirò aggiungendo: “Non aspettarmi alzata”

“D’accordo”

Si scambiarono un bacio veloce sulle labbra e Hop uscì dalla porta mentre Joyce non poteva fare altro che di aspettarlo a casa sano e salvo.
 

***

 
A mezzanotte passata, Hop ritornò a casa di Joyce estremamente stanco sia fisicamente sia mentalmente.
Eddie e Jason si erano intrufolati della palestra della scuola, iniziando a insultarsi e mettendo black metal a tutto volume in tutta la scuola.

Hop aveva cercato di negoziare via megafono, ma senza successo. E dopo un’ora e mezza Hop aveva deciso di ordinare di spaccare la porta della palestra e arrestarli tutti.
Ma non riuscivano a trovarli, perciò avevano dovuto ispezionare mezza scuola superiore. Alla fine erano riusciti a prendere solo Eddie, lasciandosi scapare tutti i suoi amici. E senza trovare traccia di Jason e dei suoi compagni.

Credeva che fosse tutto finito, ma aveva dovuto portare Eddie alla stazione di polizia, chiamare il già irascibile Wayne Munson e spiegare tutta la situazione. E dopo aveva dovuto fare rapporto della nottata per evitare di farlo nel weekend.

Questo gli aveva portato via fin troppo tempo.
Di certo, non era questo il modo in cui voleva passare il sabato sera. Soprattutto visto come era iniziato…

Ma ora era tornato a casa della sua ragazza, casa dove, senza accorgersene, ormai entrava, camminava e si atteggiava come se fosse sua da quante volte andava a trovare Joyce.

Arrivò nella camera dal letto, dove la trovò già addormentata, ma con la lampada sul comodino ancora accesa.

Cosa che Hop apprezzò molto.

Si tolse i vestiti, rimanendo solo in boxer e si infilò sotto alle coperte abbracciandola.

Joyce iniziò a muoversi, ma Hop sussurrò “No, tranquilla, continua a dormire…”

Joyce mugolò dicendo: “Come è andata?” senza aprire gli occhi.

“Complesso, ma alla fine si è sistemato tutto per il meglio…”

“Mmh-mmh…”

“E ho dovuto fare tardi per sistemare le scartoffie”

“Okay…”

Joyce si girò verso di lui, appoggiandosi meglio al suo petto ancora mezza addormentata.

Hop mise la mano sulla sua testa accarezzando dolcemente i suoi capelli, sentendosi subito calmo. Come un effetto terapico.

“A te invece come è andata la serata?”

“Mmh, ho finito il film… molto carino” rispose sbadigliando
“Bene, ne sono felice” aggiunse Hop dandole un bacio sulla testa accarezzando i capelli “Buonanotte Joyce”

“Buonanotte Hop”

Hop allungò la mano per spegnere la luce e dormire.
Lasciandosi finalmente alle spalle questo imprevedibile sabato sera…


 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** The Lake ***


       

Era ormai mezzo girono e Joyce aveva avuto una bella idea: fare un pic-nic al lago degli innamorati.

Nonostante tutte le brutte cose successe in quella zona, decisero di fare una passeggiata nel bosco e approfittare delle ultime settimane d’estate, godendosi la natura e la compagnia reciproca e, soprattutto per Hop, stando lontani dal telefono di Joyce.
Camminarono mano nella la mano per il bosco, mentre Hop teneva nell’altra mano il cestino da Pic-nic.

“Sai, non pensavo di camminare di nuovo in un bosco insieme, dopo l’ultima volta” disse Hop con tono ironico.

“Oh vero, quando eravamo seguiti da un terminator russo?”

“E tu che cercavi di spiegare a Smirnoff il problema delle tue calamite?”

Alexei” corresse automaticamente Joyce.

“Sì, giusto. Alexei, tutti e tre al caldo e con le zanzare che mi torturavano.

“Ma almeno, ne è valsa la pena” fece notare Joyce.

“Sì, ne è valsa la pena…”

Hop la guardò sorridendo e continuando a camminare.

“Ma comunque è stata una bella idea di fare una scampagnata in mezzo al bosco.”

“Davvero? Non credevo che fossi tipo da scampagnata” disse ironicamente Joyce

“Beh, in effetti non lo sono” rispose con lo tesso tono: “Ma ogni tanto bisogna respirare un po' di aria fresca, camminare in mezzo al verde, senza incontrare nessuno, senza nessun telefono in giro…”

Joyce ridacchiò, seguita subito da Hop.

“E poi, nel bene o nel male tutti hanno dei ricordi riguardo al lago degli innamorati” commentò Hop

“Probabilmente due generazioni di Hawkins sono state concepite lì” aggiunse Joyce sempre con il tono divertito.

“Già, compresi mezzi ragazzini della città”
Continuarono a ridere senza mai staccarsi.

“Tu invece hai mai portato qualche tua vecchia conquista in questo lago?” chiese Joyce incuriosita.

“Beh, ecco… perché questa domanda?” chiese Hop con tono incerto.

“Dai Hop! Sai che non mi devi nascondere niente…” assicurò lei con tono dolce “Orami è roba passata. Non ha più importanza, non credi?”

Hop guardò il sorriso gentile, sentendosi più rassicurato e dandole ragione.

“Beh, diciamo che al liceo, venivo spesso qui…” ammise con tono di finto avaro: “E… anche quando sono ritornato in città dopo il divorzio…”

“Sul serio?” chiese Joyce

“Ne sei stupita?”

“No, è che mi sembra strano che le portassi qui, nonostante avessi quel caravan.”

“Non sempre me le portavo a casa…” rispose un po' teso: “E a volte si accontentavano anche del minimo indispensabile…” e tossì teso.

Pensava che Joyce lo stesso giudicando, visto che non stava parlando, perciò si girò verso di lei, notando che aveva l’aria impassibile. Come se avesse netto nulla di nuovo, capì subito il perché: “Lo sapevi già, non è vero?”

“Beh, la città è piccola… e la gente parla…”

“Oh Dio!” sopirò Hop, mentre sentiva ridacchiare.

“E questo non ti dà nemmeno fastidio?”

“Jim, te l’ho già detto. È roba passata e non sono nemmeno affari miei” assicurò

“Okay, ma immagino che non ti ho dato una bella impressione di me…”

“Non è che mi sia mai importato quello che la gente dice di me o delle altre persone. E poi ti conoscono ormai da tanto di quel tempo, da poterti giudicare su certe cose”

Hop continuò a guardarla, lei sorrise con uno sguardo gentile, dimostrando che era sincera.

Ricambiando il sorriso, sciolse la stretta di mano, per mettere il braccio introno ai suoi fianchi, tirandola a sé, continuando a camminare e dandole un bacio sul lato della testa dicendo: “Sei davvero troppo buona per me Joyce. Non ti merito”

“Dai Jim! Nemmeno io sono una santa…”

“In che senso?”

“Secondo te, dove ho concepito Jonathan?”

Hop per qualche secondo non capì, finché non ci arrivò

“Hooo…”

“Beh, alla fine non siamo così diversi!”

 
***

 
Erano accampati vicino alla riva del lago, seduti sulla tovaglia, circondati da pianini e un’insalata di uova accompagnati da una confezione di lattine di birra.

Dove finalmente non cera nessuno a disturbarli o interromperli, sentendosi finalmente come due adolescenti spensierati e liberi da tutto e da tutti. almeno per qualche ora…

Si fecero le due di pomeriggio, avevano finito il loro pranzo e Hop era appoggiato con la schiena sul tronco di un albero, stringendo con un braccio Joyce, che era seduta accanto a lui con la testa sulla sua spalla.

Entrambi si godevano il silenzio, riposando gli occhi in un momento di tranquillità all’ombra degli alberi.

“Mmh… che pace” disse Joyce serena.

“Lo so”

“Vorrei che questo giorno durasse per sempre”

“Davvero?”

“Almeno per un po'”

Joyce aprì gli occhi sorridendo e disse: “Tu no?”

Hop la guardò rispondendo: “Beh, perché no. Sarebbe bello fermare il tempo e recuperare tutto quello che non siamo riusciti a fare questo weekend” e ridacchiò.

“Hop” riproverò paziente anche se stava sorridendo.

“Che c’è? È stata tua l’idea di noleggiare un film per adulti!” rispose divertito.

Joyce ridacchiò, senza rispondere.

“Comunque, non era di certo il ‘tuffo nel passato’ che volevo vivere” disse Hop con tono rammaricato.

“Dai Hop, non è stato così male…” disse Joyce

“In fondo, siamo andanti al cinema, siamo andanti da Enzo, abbiamo ballato sotto ad un lampione…”

“Ci siamo fatti beccare dalla polizia…” aggiunse Hop ridendo.

Hop non poteva fare altro che sorridere, riuscendo a trovare il lato comico di ogni situazione continuando: “Ma una cosa è certa, tu hai bisogno di una vasca più grande!”

“In realtà, avrei bisogno di una casa più grande, ma lo terrò a mente”

Continuarono a ridere, finché la risata si spense pian piano rimasero solo i suoni della natura.
Joyce si accoccolò di più su Hop, con il braccio di Hop che la stringeva più a sé.

“Però, alla fine ci siamo sentiti come due ragazzini, no?” domandò sorridendo

“Beh, un po' sì” ammise Hop “Ma sarebbe stato più bello godersi questi momenti quando eravamo davvero più giovani…”

“Oh, Hop…”

“Avrei dovuto lasciarti quella lettera” ammise paziente fissando il cielo.

“Lettera?” disse Joyce perplessa: “Quale lettera?”


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** The Letter ***



 

"Beh, la lettera che ti volvevo scrivere prima di partire per il Vietnam" risposecon aria calma.

Joyce si staccò dall'abbraccio di Hop ripetendo: "Tu volevi lasciarmi unalettera, prima di partire per il Vietnam?"

Dal tono e dallo sguardo sembrava arrabbiata. Hop non capiva questo cambio di atteggiamento da parte sua.

"Sì, ma... avevo capito che fosse inutile. E che non potevo chiederti cosìtanto..."

"E dimmi, che cosa volevi scrivere in quella lettera?" chiese con tono calmo ma con lo sguardo deciso.

"Beh, volevo scriverti che... di aspettare al mio ritorno, per poi scappare via da Hawkins" ammise con tono incerto.

"Cosa?"

"Sì, insomma volevo scriverti che se fossi ritornato vivo da lì, volevo scappare insieme a te a New York e fare una vita insieme. Chiederti di aspettarmi fin quel momento" ripeté: "Ma mi sembrava ingiusto chiederti così tanto"

"Ma hai deciso di partire senza dirmi niente!"

"Beh... ecco..."

"Sei incredibile Jim!"

Joyce si alzò in piedi con aria paziente, accampandosi lontana da lui, lasciandolo seduto da solo sulla tovaglia con aria stranita. Non capendo il cambio di atteggiamento di Joyce per via della sua confessione.

"Joyce... Joyce!"

Si alzò in piedi, seguendola dicendo: "Andiamo Joyce!"

Si fermò a quasi a due metri di distanza da lui, con una mano in volto.

"Sì può sapere che cosa ti si è preso?"

"Perché non mi hai lasciato quella maledetta lettera?" domandò diretta girandosi verso di lui con tono arrabbiato.

"Cosa?" ripeté stranito.

"Perché non mi hai scritto ad aspettarmi mentre eri in guerra" ripeté con tono chiaro.

Hop ne fu colpito, non riusciva a capire come tutta l'atmosfera si fosse capovolta in un secondo. Dalla spensieratezza, al rancore di un vecchio di ricordo.

"Non volevo farti soffrire, Joyce" rispose "Non volevo avere la responsabilità di lascarti da sola, mentre io ero ad affrontare la guerra, senza sapere se sarei ritornato vivo o no!"

"Ma io ti avrei aspettato lo stesso, Jim!" ribatté: "Ti avrei aspettato fino al tuo ritorno, pregando ogni giorno per te! Perché sapevo che saresti ritornato. Anzi, ero sicura che saresti tronato! Anche se la gente mi avesse detto il contrario"

"Ed è per questo che non ti ho lasciato quella lettera! Per non farti soffrire e darti false speranze!"

"E secondo te, sapere che eri partito per il Vietnam da tua madre non mi ha fatto stare male lo stesso?" ripeté Joyce: "Sapere che il mio migliore amico era partito per l'altra parte del mondo a combattere per una stupida guerra non mi ha fatto soffre?"

"Okay, ammetto che non è stato un bel gesto. Lo ammetto" rispose: "Ma non potevo chiederti così tanto. Non sarebbe stato giusto nei tuoi confronti, sarebbe stato un gesto egoista da parte mia. Pensavo che non ne valesse la pena..."

"Mio Dio, Jim! Sei incredibile" rispose alzando gli occhi al cielo. "Tanto che importanza ha?" chiese: "Perché ti stai arrabbiando così tanto per una stupida lettera?"

"Perché poteva cambiare tutto tra noi!" ripeté

"Quindi, mi avresti aspettato fino al mio ritorno? È questo che mi stai dicendo?" ripose irritato con la mano sui fianchi.

"Sì, Jim! Ti averi aspettato! Ti aversi aspettato fino all'ultimo giorno della mia vita se fosse stato necessario!"

"E se fossi ritornato cambiato dalla guerra? E se non fossi stato più lo stesso di prima?"

"Ti sarei stata accanto, come ho sempre fatto, e come sto facendo tutt'ora!"

La tensione era molto densa, Joyce lo fissava con aria inespressiva, ma i suoi occhi trasmettevano rabbia e rancore che stava riemergendo dopo anni di silenzio. E Hop ricambiava lo sguardo, ma non riusciva a capire il perché di tutta questa rabbia.

"Mi spieghi perché sei così infuriata?" chiese "È una cosa che è successa più di sedici anni fa"

"Tu proprio non ci arrivi, non è vero?" rispose "Se tu mi avessi scritto quella lettera, io ti averi aspettato con tutta me stessa. Perché non solo speravo che saresti ritornato, ma lo sapevo! E non avrei mai abbandonato il mio migliore amico di cui mi ero innamorata."

Il tono di Joyce era freddo e fermo, guardando il volto di Hop che iniziò a rendersi conto delle sue parole.

"Oh..." disse abbassando lo sguardo con aria incerta.

"Quando te ne sei andato, mi sono sentita abbandonata. Abbandonata da te!

L'unico vero amico che avevo. Senza nemmeno darmi una spiegazione e con la paura che saresti morto! E l'unica persona che era accanto a me in quel periodo era Lonnie..."

Abbassò lo sguardo a terra, con aria ormai malinconica vivendo tutti i ricordi della sua storia complicata con Lonnie.

"Joyce... mi dispiace. Non avevo idea che tu fossi stata così male per me..." aggiunse Hop alzando lo sguardo: "Ma avevo diciotto anni. Non avevo una minima idea di quello che volevo fare della mia vita e mio padre mi guardava come se fossi una merda inutile. Così mi sono arruolato per dimostrare che si sbagliava su di me! E questa cosa della guerra era l'occasione giusta per dimostrare che si sbagliava!"

Joyce alzò lo sguardo, guardandolo con aria inespressiva ma con gli occhi tristi.

"E se ti avessi detto qualcosa mi avresti convito a non farlo e impedito di partire. E non volevo questo Joyce! E l'unico modo per impedirtelo era non dirti nulla..."

Lei alzò lo sguardo senza aggiungere niente, fissando l'aria incerta di Hop, che iniziava a sentirsi in colpa di quello che aveva fatto ormai quasi vent'annifa.

"E... quando ero lì, a pulire agenti arancio della giungla, pensavo a te. Pensavo a quando sarei ritornato a casa da te. E che mi sarei fatto perdonare della mia scomparsa dichiarandomi a te..."

Joyce non rispose, ascoltando ma tenendo gli occhi fissi a terra, cercando di non piangere.

"Mi mancavi Joyce, mi mancava terribilmente la mia compagnia di scuola, con cui condividevo una sigaretta tra la quinta e la sesta ora. La mia migliore amica, la ragazza che mi metteva e mi toglieva allo stesso tempo nei guai.

L'unica persona al mondo a cui avrei potuto raccontare tutto di me, senza sentirmi giudicato. Quando ero nella giungla pensavo a te ogni giorno, rendendomi conto che non era solo la tua amicizia che mi mancava..."

Guardò in basso con una mano dietro alla testa sentendosi terribilmente stupido.

"E l'ho capito che non era solo affetto che provavo per te. E ho giurato a me stesso, che se fossi rintonato vivo da lì, mi sarei dichiarato a te... ma poi sono rintonato a Hawkins e tu stavi aspettando un figlio da Lonnie..."

Hop sopirò, mettendo le mani sulle spalle ormai con aria rassegnata. "Perciò, visto che tu ti eri fatta una vita con lui, dovevo farmi una vita anche io. E sono andato avanti e ho incontrato Danie."

"E te ne sei andato a New York..." aggiunse Joyce

"E il resto lo sai già"

Calò il silenzio. Era gelido e pesante, nonostante il calore del sole. Vivendo questa scoperta, avevano toccato vecchi ricordi che facevano ancora male, nonostante il tempo passato.

Questa era la dura realtà: non erano più dei giovani ragazzini spensierati e innamorati. Ma due adulti con tanti rimpianti e rancori dietro alle spalle, che ceravano di sentirsi giovani.

"E... ti sei mai chiesto che cosa sarebbe successo se mi avessi lasciato quella lettera?" chiese Joyce alzando lo sguardo.

"Non lo so, ha importanza?"

"Magari ci saremo risparmianti anni di dolore e di silenzio. Magari ci saremo evitati tutta la storia del sotto sopra."

"Ma avresti dovuto assistere alla lunga agonia di vedere tua figlia morire davanti agli gli occhi, senza poter fare nulla per salvarla..."

Joyce capì subito che stesse si riferendo a Sarah, ritornando guardare in basso.

Nessuno alzò lo sguardo da terra e per la prima volta, dopo anni, si sentivano più lontani che mai.

"Andiamo via" disse Joyce incamminandosi verso il loro pin-nic.

"Joyce..."

"Voglio andare via, Jim" ripeté con tono fermo "Voglio ritornare a casa."

Hop sopirò, guardandola mentre metteva via quello che doveva essere un momento speciale, ma che si era trasformato in un dramma causato da vecchi rancori.

"Okay"


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** American Pie ***



 

Joyce guardava il finestrino con aria assente a braccia conserte, mentre Hop guidava con aria inespressiva. Il viaggio in macchina verso casa di Joyce sembrava interminabile, soprattutto per il silenzio tra loro due.

Nessuno voleva parlare. Nessuno voleva affrontare quello che avevano detto, e nessuno dei due aveva idea di come affrontare questa situazione.

La loro storia era già finita prima di iniziare su serio?

Era destino che non dovessero stare insieme?

Nonostante avessero superato mostri, portali dimensionali nascosti da due governi diversi, non erano in grado di superare questi piccoli ostacoli?

Ancora non lo sapevano, intanto stavano in silenzio. E l'unica fonte di rumore era la radio della macchina, che trasmetteva a passo volume la voce di Don McLane che cantava "American Pie"

"But February made me shiver
With every paper I'd deliver
Bad news on the doorstep
I couldn't take one more step..."
 

Hop decise di alzare il volume della radio per coprire il silenzio tra di loro, e anche ascoltare meglio la canzone.

"I can't remember if I cried
When I read about his widowed bride
But something touched me deep inside
The day the music died"

E in quel momento, Hop iniziò a canticchiarla insieme alla radio.

"So bye-bye, Miss American Pie
Drove my Chevy to the levee
But the levee was dry..."
 

Joyce si girò verso di lui, stranita di sentirlo a cantare e lo fissò.

"So bye-bye, Miss American Pie
Drove my Chevy to the levee
But the levee was dry..."

Abbozzò un sorriso, in fondo aveva una bella voce, non memorabile, ma piuttosto intonata, e lo ascoltò.

E quando il ritmo divenne più veloce, Hop iniziò a cantare più allegramente a voce alta.

"Did you write the Book of Love?
And do you have faith in God above?
If the Bible tells you so
Do you believe in rock 'n' roll?
Can music save your mortal soul?
And can you teach me how to dance real slow?"

Joyce iniziò a ridacchiare, mentre vedeva la mano di Hop che continuava a battera a ritmo sulla sua coscia.

"Well I know that you're in love with him
'Cause I saw you dancing in the gym
You both kicked off your shoes
Then I dig those rhythm and blues"

Rideva divertita da sentire l'acuto finale della strofa di Hop, anche lui rideva.

"Dai canta anche tu!" propose Hop divertito

"Non ci penso nemmeno!" rispose ridendo

"Andiamo" so che adori questa canzone!"

"E chi non adora Don McLean?"

"Allora cantala!"

"Non ci peso nemmeno! Sono stonata!" si giustificò sorridendo.

"E allora? Non siamo mica Simon & Garfunkel! Siamo solo due tizi a caso che cantano una canzone in macchina"

"Sei incredibile Hop!" ribatté ridendo.

"Andiamo Joyce! Insieme!"

Così, ridendo, improvvisarono un duetto del ritornello.

"... bye-bye, Miss American Pie
Drove my Chevy to the levee
But the levee was dry"

Per poi scambiarsi uno sguardo di intesa, continuando a duettare

"Them good old boys were drinking whiskey and rye
Singing, "This'll be the day that I die"
This will be the day that I die..."

Si misero a ridere divertiti del loro duetto, sentendosi più spensierati e allegri.

La risata pian, piano si spense e entrambi si guardarono con aria serena.

"Mi dispiace Hop..." disse Joyce con tono gentile "Non avrei dovuto aggredirti così..."

"No, dispiace a me..." rispose Hop "Avrei dovuto lascarti quella lettera anni fa. almeno per darti una spiegazione. Non ti meritavi soffrire così tanto per causa mia."

"Ormai è acqua passata" assicurò "Eravamo stupidi e immaturi. E anche io ho fatto molti errori, non avrei dovuto cadere tra le braccia di Lonnie alla prima occasione buona..."

"Però non avresti mai avuto né Jonathan né Will" fece notare Hop

"E non avremmo mai salvato Undi da quel laboratorio" continuò lei

"E Hawkings sarebbe invasa da mostri e russi"

"E la città non esisterebbe più"

E grazie a quelle parole, si resero conto di una cosa.

"Beh, alla fine tutta questa merda che ci è capitata, ne è valsa la pena" fece notare Hop

"E nonostante tutto, sono stati questi venti ad avvicinarci di nuovo" continuò Joyce

"E chi sa che cosa sarebbe successo ad Undi..."

"Perciò... basta rancore?"

Hop le lanciò un'occhiata, prendendole la mano, stringendola a sé e rispondendo: "Nessun rancore" e sorrise.

Joyce ricambiò lo sguardo, appoggiandosi con la testa alla sua spalla e stringendosi al suo braccio, mentre Hop guidava serenamente con una mano sola.

"Comunque avevi ragione" continuò Hop "Non si può vivere come due ragazzini. Il passato è passato"

"Beh, almeno ci abbiamo provato" continuò Joyce: "E forse non ci sentiremo mai come due 16enni, ma almeno ci siamo sentiti spensierati" e sorrise.

"Non possiamo rivivere il passato, ma abbiamo sempre il presente e il futuro davanti a noi"

Hop si sentì più sollevato da queste parole, capendo che tutta la situazione del lago era chiusa per sempre.

"E poi, avremo altre occasioni per sentirci giovani, almeno per un po'."

"Beh, il weekend non è ancora finito" fece notare Hop con un sorriso.

Joyce ricambiò lo sguardo e ridacchiò, scambiandosi un veloce bacio sulle labbra.

Joyce appoggiò la testa alla sua spalla con aria serena e stringendosi al suo braccio, mentre Hop continuava a guidare con il sorriso sulle labbra. Con la voce di Don McLean che li accompagnava a casa.

"they caught the last train for the coast
the day the music died.
We were singing
bye-bye, miss American Pie
drove my Chevy to the levee
but the levee was dry
them good old boys
were drinkin' whiskey and rye
and singin' this'll be the day that I die
this'll be the day that I die"

***

Arrivarono a casa di Joyce, andarono in cucina a buttare gli avanzi dei panini e posare il resto delle birre in frigo. Senza dire una parola.

Quando Joyce chiuse il figuro, incontrò lo sguardo di Hop, appoggiato allo stipite con gli occhi puntati su di lei.

"Ciao" disse lei con sguardo dolce.

"Ciao anche a te" ripose con lo stesso sguardo.

E in pochi instanti si avvicinarono per baciarsi.

Joyce con le braccia introno al suo collo e in punta di piedi, e Hop la stringeva a sé cingendole i fianchi.

Il bacio da dolce, diventò più caldo e appassionato in poco tempo.

Hop piegò le ginocchia per avvicinarsi maggiormente a lei, facendola quasi spostare dalla porta del frigo facendola ridacchiare.

Hop continuò a baciarla intrecciando le loro lingue, le dita di Joyce stringevano la sua camicia mentre lui la teneva stretta ai fianchi.

Si spostò a baciarle il collo, mentre con le mani la accarezzava lentamente sotto la maglietta, sentendo crescere l'impazienza via via che toccava la sua pelle nuda.

Aveva smesso di uscire da quando Undi viveva con lui e iniziava a sentire l'astinenza, e adesso, essere con la donna che amava da tutta la vita stava facendo risvegliare i suoi istinti più bassi.

Provava emozioni molto forti e contraddittorie: voleva prenderla subito e, allo stesso tempo, voleva godersela con tutta la calma del mondo.

Joyce iniziò a gemere e a dire: "Jim, Jim, Jim..."

Si staccò da lei guardandola: "Sì?"

"Non sarebbe meglio andare in camera mia, o vuoi che le calamite del mio frigo si conficchino nella mia schiena?" disse ironicamente sorridendo.

Hop ricambiò il sorriso dicendo: "Beh, credevo che lo avresti trovato eccitante..."

Joyce ridacchiò rispondendo: "Jim..."

"E va bene, e va bene... in fondo dovremmo stare comodi entrambi, giusto?"

Entrambi risero e Hop senza preavviso la prese in braccio lasciandola completamente sorpresa: "Hop"

"Allora andiamo a metterci comodi!" ribatté divertito.

Hop si avviò verso camera di Joyce con lei in braccio con aria serena.

Entarono della stanza e Hop chiuse la porta con il piede e appoggiò Joyce sul letto, dove si sdraiò mentre guardava Hop togliersi le scarpe e la maglietta, buttandola sul pavimento.

Joyce sorrise, ammirando il petto nudo dello sceriffo. Era allo stesso tempo affascinata e intimorita dal suo fisico possente e massiccio.

La donna inizió a trascinarsi verso il fondo del letto, mentre lui gattonava sulle lenzuola. Si guardavano come preda e predatore, pronti ad attaccare, con sguardi pieni di lussuria.

Quando Joyce si fermò sul fondo del letto si guardarono negli occhi, la tensione tra loro era palpabile. Dopo qualche secondo Hop la baciò sulla bocca con ardore, attirandola a sé.

Joyce ricambiò subito il bacio, aggrappandosi a Hop e sentendo la sua erezione premerle sull'addome attraverso i jeans. Lui la baciò sul collo, facendola strillare, mentre iniziava ad alzarle la maglietta fino a toglierla del tutto e gettarla sul pavimento.

La bacio sulle labbra, sul collo e scese fino al seno, baciando un capezzolo attraverso il tessuto del reggiseno, mentre con l'altra mano la palpava attraverso la coppa dell'indumento. Joyce cominciava a gemere, godendo di quella piacevole tortura.

Continuò a baciarla intorno al seno, smanettando col gancio e togliendole l'indumento con facilità. Alzò lo sguardo per ammirarla, la pelle bianca e liscia, la vita stretta e i fianchi larghi, il seno prosperoso scoperto in tutta la sua bellezza. La guardò come se fosse la cosa più bella del mondo.

Vedendo la sua espressione e soprattutto per il suo silenzio,Joyce cominciò a sentirsi un po' intimorita e imbarazzata dalla sua nudità.

"Jim..."

"Sei bellissima Joyce." Rispose con tono dolce e profondo.

Tornò su di lei, stringendo, a più a sé e baciando, a intorno al petto con passione, ripetendo "Davvero bellissima..." tra un bacio e l'altro.

Sentì i versi di piacere di Joyce, gli occhi chiusi mentre si godeva i suoi baci e le sue carezze.

Hop iniziò a scendere più giù, accarezzandole i fianchi, arrivando ai bottoni dei jeans. Li sbottonò, tirandoli giù insieme alla biancheria, sentendo già la sua umidità.

Senza dire nulla, Hop buttò la testa tra le sue gambe, baciando avidamente tutta la sua intimità.

Joyce gemette dalla sorpresa, sentendo la lingua di Hop sicura e famelica intorno al suo clitoride e non riuscì a trattenersi dal gemere e gridare per il piacere.

Strinse con le mani la coperta leggera sul letto, cercando di aggrapparsi a qualcosa mentre godeva della lingua di Hop in un punto così delicato del suo corpo.

Hop continuava a dedicarsi al clitoride, mentre iniziava a infilare due dita dita dentro di lei con delicatezza. La sentì ansimare ancora di più, mentre cominciava a ripetere il suo nome come una litania.

Hop continuò a penetrarla e leccarla allo stesso tempo, spingendola al limite.

Joyce godeva di tutto questo, sentendosi stranamente compiaciuta e desiderata. Mai nessuno l'aveva fatta sentire così bene con il suo corpo, provando un piacere che non sapeva descrivere.

Voleva solo che questo momento non finisse mai, nonostante il suo fisico sembrava non essere d'accordo con lei.

Dopo le ultime penetrazioni con le dita Joyce venne con un gemito quasi strozzato, rimanendo senza fiato.

Hop si staccò da lei, alzandosi e guardando il suo volto: I capelli sparsi sul cuscino, la bocca socchiusa, il respiro affannato, gli occhi chiusi e le labbra gonfie, con il petto che muoveva velocemente in cerca di prendere fiato.

E rimase incantato da quella visione.

"Sei bellissima Joyce." Disse baciandole il collo "Bellissima..." ripeté.

Joyce sentendo quei baci, strinse le braccia introno a lui, e gli fece cambiare posizione: spingendolo sul materasso e rimanendo sopra di lui, lo baciò sulle labbra con la stessa passione, mentre sentiva l'erezione promettente di Hop nel suo interno coscia, cosa che la fece eccitare ancora di più.

Joyce si staccò dalle sue labbra, e con le mani gli slacciò i pantaloni, facendo scivolare via jeans e boxer, e scoprendo l'erezione ben retta dell'uomo.

Era ben proporzionato, sia per altezza che per forma fisica e Joyce non poté che sentirsi impressionata.

Hop notò il suo sguardo, cercò di fare finta di niente e si alzò sul materasso dicendo: "Joyce?"

Per tutta risposta lei gli mise le braccia introno alle spalle sistemandosi le mani intorno di lui introno ai suoi fianchi. E in questa posizione si abbassò su di lui, facendosi penetrare lentamente, con le braccia intorno alle spalle di Hop e le unghie conficcate nelle sue carini, iniziando a gemere mentre si muovevano.

Hop la teneva stretta per i fianchi, con la testa bassa a guardare il movimento del seno per le spinte del suo corpo. Di tanto in tanto la baciava intorno al seno e sul collo, mordicchiandola mentre ascoltava i gemiti di lei che pian piano diventavano sempre più forti.

Non credeva che Joyce fosse rumorosa durante il sesso. Ma era una cosa di lei che adorava, come adorava sentirla stringere di più le sue spalle, spingendolo ad andare più veloce e più forte, la trovava estremamente eccitante.

Era bello sentirsi desiderata da quei piccoli gesti e tocchi. E non immaginava che da movimenti così veloci, quasi brutali, potesse provare un piacere così intenso, una passione selvaggia, rispetto alla loro prima volta, che era stata più dolce e passionale, quasi incerti e intimoriti, ma indimenticabile.

Qui invece era ben diverso. era più ardente, più selvaggio come se stessero sfogandosi di tutti i momenti interrotti in questi tre giorni in un solo rapporto. Cercando di recuperare tutti i detti e i non detti, i silenzi che li avevano divisi per anni, cercando di fermare il tempo.

Orami erano al limite, entrambi sapevano che non sarebbero durati ancora molto.

"Joyce..." ansimò Hop.

"Lo so..." rispose con lo stesso tono.

Hop appoggiò Joyce sul materasso, rimanendo sopra di lei, con le gambe di lei intorno ai suoi fianchi, continuando a spingere dentro. Entrambi si guardarono negli occhi, fissandosi la fronte madifa di sudore e gli occhi lucidi. Senza dire nulla, perché in quel momento non ce n'era bisogno. Capendo che potevano concludere insieme.

Joyce venne per pima in un gemito quasi urlato per via del secondo orgasmo, arricciando il naso e conficcando le unghie nelle spalle di Hop stringendo le gambe sempre di più introno al bacino di Hop.

Dopo l'orgasmo la testa cadde pesante sul letto, mentre sentiva Hop che veniva dentro di lei in un orgasmo soddisfacente.

Crollò sopra di lei, sentendo i seni di Joyce schiacciarsi sul suo petto come il resto del suo corpo.

Entrambi cercarono di prendere fiato, ma dentro di loro si sentivano entrambi emozionati e sodisfatti come due giovani innamorati.

Hop alzò lo sguardo verso il volto soddisfatto di Joyce sorridendo: "Immagino che sono stato perdonato."

"Cosa?" chiese perplessa.

"Sai per la storia della lettera e di tutto il resto..." rispose con finta vaghezza.

"Hop, mi hai già chiesto scusa in macchina" gli ricordo sorridendo: "E ci siamo detti che siamo stati giovani e stupidi"

"Lo so, ma questo di certo è un buon modo per farsi perdonare" rispose Hop con un sorriso sarcastico.

"Quindi voi usare il sesso per farti perdonare per qualsiasi cosa stupida che fai?"

"Beh, alla fine io sarò perdonato e tu soddisfatta, e vincono tutti" rispose convinto.

Joyce ridacchiò, ma alzando gli occhi al cielo.

"Sì, ma ti rendi conto che tu fai un sacco di stupidaggini?" ripeté con ironia.

"Lo so, e questo è il bello!"

Hop sorrise convinto, mentre gli dava dei leggeri baci sul volto che la facevano ridacchiare per via del solletico dei baffi.

Hop uscì fuori da lei, cadendo di peso sul materasso accanto a lei sospirando. Joyce si accoccolò con la testa appoggiata sotto al suo braccio accarezzando i peli sottili del petto, dove Hop la stringeva più a sé, godendosi il loro meritato weekand.

"Allora, in questo caso... devi farti perdonare un'altra volta" rispose Joyce con aria divertita.

Hop la guardò chiedendo: "Per cosa?"

"Per avermi quasi distrutto la doccia"

"Ma se ti ho riparato il tuo porta shampoo e la tendina da doccia"

"Sì, ma io non ti ho ancora perdonato per avermi quasi distrutto la schiena" ripeté: "Perciò, credo che il modo migliore in cui tu possa farti perdonare è... io sdraiata su questo letto, e tu che ti concentri su una piccola parte di me..."

Guardò con aria maliziosa, accarezzando con delicatezza tutto il petto. Hop intuì subito che cosa voleva esattamente da lui.

"E poi, possiamo provare a fare il bagno insieme..." continuò lei

"Ma se abbiamo capito che in quella vasca non ci staremmo mai"

"Forse in piedi no, ma da seduti e stringendoci un po', possiamo starci..." e lo guardò con un sorriso pieno di malizia.

Hop ricambiò il sorriso a questa proposta a dir poco allentante, si spostò subito, mettendosi sopra di lei dicendo: "Oh Joyce Macdonald, tu sarai la mia fine!"

Joyce rise contagiando anche Hop, mentre iniziava a baciarla sul collo, fino a scivolare sempre più in basso...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Monday ***


Lunedì, 12:10 a casa Byers

Murray era davanti alla porta di casa, che teneva in mano quattro buste piene di fumetti e gadget della fiera, con Undi e Will a fianco che tenevano le loro valigie e gli zaini sempre pieni di roba.

Murray mise la chiave nella fessura della porta e prima di aprire disse: "Okay, come ho già detto ai vostri amici: non dite che vi siete persi durante il gioco di ruolo dal vivo, che Dustin ha provocato una rissa tra sviluppatori informatici e che mi sono distratto a litigare con un tizio fanatico di Stephen King su come siano davvero i mostri".

"Almeno possiamo dire che tua madre ci ha messo in punizione senza cena?" domandò Undi divertita, facendo ridere anche Will.

Murray sospirò paziente ribadendo: "Se lo dite ai vostri genitori, io dirò a Jim che tu e Mike siete stati un pò ; troppo da soli..." e guardò Undi con aria severa, lei per tutta risposta abbassò lo sguardo a terra.

"E dirò a tua madre che eri un pò troppo interessato ad un sedicenne vestito da Elfo..."

Will arrossì a quelle parole, girando la testa dall'altra parte.

"Bene, allora ci siamo capiti" disse vittorioso.

Aprì la porta entrando nell'ingresso dicendo: "Joyce! Siamo tronati!" 

Ma non ricevettero nessuna risposta, guardandosi intorno notarono come la casa fosse quasi immacolata, come se non ci fosse stato nessuno. Murray rimase confuso, aveva detto al telefono a Joyce che sarebbero arrivati alle 11:30, massimo mezzogiorno. E dava per scontato che fosse a casa ad aspettarli. Perciò la trovò un pò; insolita come cosa.

 "Joyce?" la chiamò ancora.

"La mamma è andata al lavoro?" domandò Will

"Non credo. Altrimenti me l'avrebbe detto ieri al telefono" rispose incerto.

Rimasero fermi davanti all'ingresso, finché Undi disse: "Non sentite della musica?"

I tre rimasero in silenzio, ascoltando una leggera musica che arrivava dal corridoio, accompagnata dalle parole:

"...Oh, gonna get it on
Threatenin' you, baby
I wanna get it on
You don't have to worry that it's wrong
 if the spirit moves ya..."
 

"Oooh, Marvin Gaye..." disse Murray tra sé e sé: "Qui la situazione è calda..." e ridacchiò divertito.

Will e Undi si guardarono con aria confusa. Voleva richiamare sua madre, ma Murray lo fermò subito dicendo: "No, ragazzo. Faccio io..."

E con un sorriso cinico in volto, alzò il pungo sulla porta ancora aperta e bussò rumorosamente. Dopo che finì, sentì la canzone fermarsi all'improvviso.

Sentirono la porta aprirsi verso in corridoio e uscì Joyce con indosso un accappatoio bianco largo, e un asciugamano introno alle spalle, mentre ridacchiava.

Arrivò in soggiorno, prendendosi quasi colpo alla vista di Murray e dei ragazzi.

"Will! Undi! Siete già arrivati?" domandò perplessa.

"E Murray. Grazie per avermi nominato, anche io sto bene, Joyce" rispose lui con tono polemico per poi continuare normalmente: "Comunque sì, siamo arrivati un pò prima. Mia madre voleva che ci fermassimo per pranzo, ma era una trappola per farci rimanere da lei per un altro giorno. Così siamo partiti alle nove, e per fortuna non abbiamo trovato traffico e siamo arrivati in orario scaricato il resto dei ragazzini, ed eccoci qua!"

"Oh, ma è perfetto!" rispose Joyce cercando di nascondere il suo nervosismo:

"E... vi siete divertiti?"

"Oh sì!" rispose Will "La fiera è stata a dir poco fantastica! Non ho mai visto tante persone appassionati  in un unico posto! E siamo arrivati secondo alla campagna dal vivo contro altre cinque squadre!"

"Oh Wiil ma è magnifico!"

"E la signora Bauman è una donna straordinaria!" aggiunse Undi entusiasta: "È sempre stata gentile con noi, e chi ha cucinato un sacco di dolci e arrosto di pollo davvero squisiti!"

"Sì, ha deciso di mettere all'ingrasso questi ragazzi" aggiunse Murray

"E poi una sera la signora Bauman ci ha messo dei bigodini sia a me che a Max per farci una piega, sotto un casco gigante, mentre ci faceva le unghie!"

continuò Undi alzando le dita mostrando le sue unghie smaltate di colore celeste con i brillantini: "Per essere carine per l'ultimo giorno di fiera!"

Joyce rimase colpita, sia per l'estuiamo di Undi, che per le sue parole.

"Mia madre è una esistita in pensione" spiegò Murray "E ha conservato un pò della sua vecchia roba di lavoro per usarla con le sue amiche"

"Ho" commentò Joyce: "Sono davvero contenta che vi siete divertiti... ora perché non andate in camera a..."

"Joyce!" disse una voce in lontananza interrompendo il suo discorso: "Perché te ne sei andata?"

Lei chiuse gli occhi, rassegnata da quello che stava per succedere. Dalla porta del bagno uscì Hop coperto solo da un asciugamano intorno ai fianchi, si incamminò in soggiorno dicendo: "Che succede? Credevo che volessi..." guardò l'ingresso notando che c'erano delle persone davanti. Rimase a bocca aperta e immobilizzato.

"Ragazzi..." disse mentre teneva stretto l'asciugamano su di sé: "Già di ritorno?"

Will lo guardò, con un'espressione di disagio, Undi invece con aria perplessa, mentre Murray guardò tutto con un sorriso compiaciuto sul volto. C'era silenzio in casa, un lungo e pesante silenzio pieno di disagio.

"Allora... come, come è stata la fiera?" domandò Hop cercando di essere normale

" Perché Papà è in casa tua?" domandò Undi perplessa

"E perché sta girando in asciugamano in casa nostra?" aggiunse Will

"Sì, come mai siete in questa situazione?" concluse Muarry con un sorriso divertito verso i sui amici, mentre Hop gli lanciò un'occhiata omicida.

"Ecco..." cercò di spiegare Hop con tono incerto.

"La sua doccia sì è rotta!" rispose Joyce alzando lo sguardo con ara nervosa.

"Cosa?" domandò Will

"Sì, la mia doccia si è rotta all'improvviso!" aggiunse Hop: "Così sono venuto da lei per chiedere di usare la sua..."

"Solo che la stavo già usando io e... abbiamo deciso a farla a turno!" aggiunse Joyce con tono incerto: "E...eccoci qua!"

"Già, eccoci qua..." aggiunse Hop

Will non era convito di quelle parole, e li guardava con aria perplessa, Undi invece era ancora più confusa di prima. Mentre Murray alzò un sopracciglio con aria paziente dicendo: "Sul serio ragazzi? Sul serio?"

Joyce sospirò abbassando la testa mettendosi una mano in fronte, mentre Hop girò la testa dall'altra parte.

"Dio, non può andare peggio di così..." disse Joyce a bassa voce.

E in quel momento, si sentì un'altra voce che veniva da fuori.

"Ehi gente!"

Tutti riconobbero subito a chi apparteneva quella voce: era quella di Jonathan.

Il ragazzo entrò dall'ingresso: "Siete appena arrivati da Chicago?" disse guardando Will e Undi: "Come è andata?"

"Eeeeh, tutto bene Jonathan. Tutto bene..." rispose Murray con tono tranquillo.

"Oh grandioso! Sono contento per voi!" rispose con tono onesto: "Ma come mai siete fermi davanti alla port..." e si girò verso il soggiorno vedendo sua madre vestita solo con un accappatoio, con i capelli bagnati e Hop dietro di lei, coperto solo da un asciugamano intorno alla vita.

"Ciao tesoro..." disse Joyce con un sorriso nervoso: "Come è andata con la nonna di Nancy?"

"Ma che cavolo sta succedendo?" chiese Jonathan irritato

"La doccia di casa nostra si è rotta" rispose Undi ingenuamente: "E Joyce si è offerta di fare a turno con la sua"

Joyce e Hop sospirarono senza aggiungere nulla, mentre guardavano Jonathan iniziare a innervosirsi.

"Beh," disse Murray: "È stato un bel ritorno a casa per tutti!" e sorrise divertito, in mezzo ad un forte scenario di imbarazzo e tensione famigliare.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Jonathan ***



 
Dopo venti minuti, il tempo per Joyce e Hop di vestirsi e asciugarsi, erano in cucina. Seduti uno accanto all’altra, con Undi e Will seduti davanti a loro.

“Allora ragazzi… probabilmente avete delle domande su quello che è appena successo…” disse Hop con tono pacato.

“E noi siamo qui a rispondevi nel modo più onesto possibile, come giusto che sia” continuò Joyce.

“Quindi… avete fatto davvero a turno per la doccia?” domandò ingenuamente Undi.

Hop e Joyce si scambiarono uno sguardo imbarazzato, mentre la ragazza aspettava la sua risposta.

“Questo non è improntate…” rispose Hop con tono paziente.

“Allora, tu e Hopper state insieme?” domandò Will guardando i due adulti.

“Ecco sì, io e Hopper stiamo insieme” rispose Joyce con tono tranquillo.

“Già dopo la sconfitta del Mind Flayer, io e tua madre abbiamo deciso di frequentarci e uscire insieme” continuò Hop scambiandosi sguardi rassicuranti con Joyce.

“Perciò, siete due fidanzati? Come io e Mike?” chiese Undi.

Joyce rise della domanda assicurandosi: “Sì, Undi. Io e Hop siamo due fidanzati, come te e Mike."

“Ma visto che siamo due adulti noi possiamo stare da soli senza dare conto a nessuno, possiamo dormire insieme nello stesso letto con la porta chiusa” aggiunse Hop con tono severo: “Mentre tu invece mi devi sempre dire dove tu e Mike andate in giro, non potete stare da soli in casa e la porta sempre aperta di dieci centimetri! Intensi?”

Joyce alzò gli occhi al cielo al discorso da padre iperprotettivo di Hop, sentendo il sospiro paziente della ragazza che rispondeva: “Intesi…”

“Quindi… ora che state insieme, cambierà qualcosa?” domandò Will con tono incerto.

I due adulti si guardarono perplessi da quella informazione, non sapendo cosa rispondere.

“Nel senso, Hopper verrà più spesso da noi a cena. Rimarrà a dormire o cose del genere?”

“Beh sì, magari potrei venire a mangiare da voi un po' più spesso a cena. O magari anche invitarvi a cenare nella mia capanna qualche volta” rispose Hop

“Significa che andremo a vivere insieme a Joyce?” domandò Undi speranzosa.

“Undi… è ancora presto per dirlo” rispose Hop teso: “Insomma, magari un giorno sì… ma dipende da Joyce.”

“Sì, penso che un giorno potremmo vivere tutti e cinque insieme. Quando saremo proti” rassicurò Joyce con un sorriso rassicurante che fu ricambiato da Undi, capendo che era onesta.

“E Will” disse Hop guardando il ragazzo: “Forse non cambierà molto per le tue abitudini, in fondo già venivo spesso a trovarmi per assicurami che voi steste bene. Ma se hai bisogno di aiuto con un compito scolastico o un passaggio a scuola o altrove… non farti problemi a dirmelo. Io cercherò di aiutarti…”

Iniziò a sentirsi un po' nervoso da questo discorso, ma voleva assicurare che Will poteva contare su di lui. Come riferimento, in caso di difficoltà. Assicurandosi che l’avrebbe aiutato in qualsiasi caso e in ogni momento.

“Beh, mi sembra ovvio” rispose Will: “In fondo tu hai aiutato la mamma quando ero nel sottosopra ed eri l’unico a crederle. E mi hai salvato la vita insieme ad Undi e i miei amici, e ti sei quasi sacrificato nel centro commerciale. Perciò, sarò sempre grato per questo” e sorrise.

Sia Hop che Joyce rimasero stupiti dalle parole di Will, ma anche molto riconoscenti e fieri di lui.

“Beh Will… anche tu mi ha salvato la vita. E cercherò di essere un buon compagno per tua madre. E esserci sempre in caso di bisogno.”

“So che lo farai” rispose Will ricambiando il sorriso.

“E Undi,” disse Joyce guardandola: “Questo vale anche per te. Se hai bisogno d’aiuto o qualsiasi altra cosa, puoi contare su di me o anche su Jonathan”

“Lo so” rispose con un sorriso dolce.
Joyce si emozionò, stringendo la mano sia di Undi che di Will.

Sarebbe stato un nuovo inizio per loro. L’inizio di una nuova famiglia che si stava creando.

“Ma allora, perché Jonathan è arrabbiato?” domandò Will, riferendosi a quando Jonathan era entrato in camera sua, senza dire nulla sigillando la porta.

Con Murray che disse: “Bene, ora è un vostro problema! Ci sentiamo!” andandosene via chiudendo la porta.

“Ecco, non credo che Jonathan sia arrabbiato” rispose Joyce: “Diciamo che... doppiamo spiegare la situazione anche a lui.”

“E allora perché non è qui in cucina con noi?” chiese Undi.

Sia Joyce che Hop non sapevano che cosa rispondere.

“Beh… forse aveva bisogno dei suoi spazi.” Rispose Hop incerto.

“Esatto, ma ora credo che sia meglio parlarci” aggiunse Joyce: “E voi due avete tanta roba da sistemare. Perciò Will, perché non inizi a svuotare le valigie e mettere i vestiti da lavare in una cesta?”

“Okay”

“E forse, è meglio che andiamo anche noi
Undi” disse Hop alzandosi dalla sedia.

“Ma ceniamo qui stasera?” domandò speranzosa.

Hop guardò Joyce in cerca di conferma.

“Ma certo, in fondo tu e Will avete tante cosa da raccontare. Giusto?” rispose lei con tono sereno.

Undi sorrise felice di questa risposta, come Hop.

“Allora a stasera” disse Hop ricambiando lo sguardo: “Vuoi che ti porti qualcosa?”

“Una bottiglia di vino è troppo?”

Hop sorrise rispondendo: “No, per niente.”
Sorrisero e si scambiarono un tenero bacio veloce sulle labbra, davanti ai ragazzi. Ormai non avevano più nulla da nascondere.

Joyce si alzò dal tavolo, salutando Undi con un abbraccio e un bacio sulla testa. E insieme a Wll gli accompagnò alla porta, guardandoli andare via.

Quando fu da sola con Will, lo invitò a sistemare le sue cose in camera sua.
E ora era da sola, davanti alla porta, sospirando e sperando di essere pronta ad affrontare questo argomento con Jonathan…
 
***
 
Joyce era davanti alla porta della camera di Jonathan, sospirò e iniziò a bussare.
“Jonathan? Posso entrare?” chiese con tono gentile.

Nessuno risposta da parte sua. Così decise di entrare in camera sua.

Joyce chiuse la porta, mentre vedeva suo figlio svuotare il suo borsone, senza alzare lo sguardo verso la madre.

Lei poteva percepire la rabbia di suo figlio, ma cercò di essere paziente e parlare con tono cordiale: “Allora, spero che tu e Nancy vi siate chiariti in questo viaggio…”

Jonathan non rispose, senza mai staccare gli occhi da quello che stava facendo.

Joyce sopirò paziente dicendo: “Jonathan, riguardo a quello che è successo…”

“Da quanto tempo va avanti?” chiese il figlio con tono diretto, alzando lo sguardo verso di lei.

“Dopo gli eventi del quattro luglio…” rispose: “Quando Hopper stava sacrificando la sua vita per noi… e lì ho capito che se fosse morto in quella esplosione… ne sarei stata amareggiata per tutta la vita…” e abbassò lo sguardo in basso: “E solo in quel momento ho capito di quando fosse importante Hop nella mia vita… da quando eravamo ragazzi, fino alla scomparsa di Will.”

Il volto di Jonathan cambiò: Dal suo sguardo severo, ad uno più paziente dopo quelle parole.

“Hop è sempre stato al mio fianco, da due anni ha fatto molto per questa famiglia e per Undi. E per poco ho rischiato di prendere l’unica persona che ci ha sempre aiutati…”

Jonathan iniziò a essere più comprensivo con sua madre.

“E quando mi ha proposto l’idea di un appuntamento insieme, ho accettato e il resto è storia…”

“Ed… è una cosa seria?” domandò incerto
Joyce alzò la testa guardandolo con un accendo di un sorriso: “Da quanto ha detto sì.”

“E allora perché non me l’hai detto?” domandò Jonathan: “Capisco che tu e Hopper non volevate dirlo a Will e Undi, ma perché non l’hai detto a me?” guardando la madre perplesso: “Perché?”
“Jonathan non l’abbiamo detto a nessuno di questa relazione” rispose “Anche se… probabilmente tutta la città lo sa…” aggiunse a bassa voce.

“Insomma, abbiamo deciso di tenerlo nascosto. Di tenerlo per noi almeno per un po'.”

“Ma perché?”

“Beh… all’inizio per non creare voci in giro per la città. Almeno finché voi ragazzi non vi foste stabilizzati con la scuola e tutto il resto…” spiegò: “Ma forse, non volevo creare delle finte speranze…”

Jonathan guardò sua madre con più comprensione, mentre si sedeva nel suo letto.

“Non che Hopper sia come tuo padre. E sai che non lo sarà mai” assicurò “Ma so che con Bob avevi dei dubbi nonostante ci abbia aiutati con i mostri, sei sempre stato molto protettivo di me e di Will. E… mi dispiace per questo.” E gli mise una mano sulla spalla.

Jonathan non rispose, ma stava capendo dove voleva andare a parare.

“Per colpa mia ti sei preso cura sia di Will che di me. Ti ho costretto a crescere in fretta, perché io non sono stata abbastanza forte per i miei figli.”

“No Mamma, non dire così” rispose: “Non è colpa tua! Tu hai fatto tutto per noi, e…”

“Jonathan” interruppe: “Ora è tutto finito. E adesso non hai più bisogno di proteggermi” e fece un accenno di sorriso “Per questo non te lo volevo dire subito, perché non ti preoccupassi per me, perché iniziassi a pensare di più a te stesso, come giusto che sia. Visto che ormai sono ben in grado di difendermi anche da sola. D’accordo?”

“D’accordo” sorrise il figlio sentendosi rassicurato: “E poi, so che Hop non è come papà, ma… non voglio che lui ti faccia soffrire.”

“Fidati, Hop non mi farà mai soffrire come tuo padre.” Assicurò: “Anzi, a volte è lui che ha timore di me!”

E risero insieme.

Quando la risata cessò, si guadarono con aria più serena e si abbracciarono.

“Ti voglio bene Jonathan”

“Anche io mamma”

Stettero abbracciati per qualche secondo, finché non si staccarono e lei disse: “Forse, l’unica cosa che ti chiedo, è di tenere d’occhio Will e Undi qualche volta, mentre io e Hop dovre…”

“Ho capito! Ho capito!” interruppe Jonathan nervoso: “Non dire altro, ti prego!”

Joyce ridacchiò guardando il volto incerto di suo figlio, notando anche un leggero rossore sulle guance.

Ora tutto era sistemato e chiarito. E finalmente, potevano vivere la loro vita in serenità.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** The Sheriff & The Cashier ***


                                                     



Lo stesso giorno, alle 19:00, casa Byers         
 

Hop e Undi erano davanti alla porta di casa, in attesa di essere ricevuti, e ognuno aveva portato qualcosa per la cena: Hop una bottiglia di vino bianco sotto il braccio come aveva promesso, e Undi una bottiglia di Coca-Cola di due litri.

“Quindi… adesso verremo spesso a casa di Joyce?” domandò la ragazza.

“Forse, ma non dobbiamo approfittarne. In fondo è pur sempre casa sua, non nostra” rispose Hop.

“Allora, non dormiamo qui stasera?”

“Beh, se faremo tardi, forse sì. Ma solo perché non c’è scuola. Perciò, non ti abituare”

“Okay”

La porta si aprì e trovarono Jonathan ad accoglierli.
Hop cercò di essere composto, anche se non sapeva bene il perché, visto che Jonathan non aveva uno sguardo intimidatorio.

“Ciao Jonathan!” salutò subito Undi

“Ciao Undi” salutò il ragazzo con tono gentile: “Will mi ha raccontato di come vi siete divertiti alla fiera. E ti chiedo scusa se stamattina mi sono chiuso in camera mia.”

“Non fa niente” rassicurò: “Ma posso raccontarti tutto
durante la cena!”

“In fondo, non ha raccontato molto nemmeno a me” aggiunse Hop.

Jonathan sorrise e la invitò dentro, rimanendo da solo all’ingresso con Hop. Nessuno dei due disse una parola, ancora imbarazzati per questo successo in mattinata.

“Jonathan,” disse Hop: “Ascolta, riguardo quello che è…”

“È tutto a posto Hop” interruppe subito il ragazzo: “Mamma mi ha spiegato tutto.”

Il volto di Hop cambiò, rimanendo sorpreso.

“Anzi, forse lo sapevo già, ma ho preferito far finta di niente…” e guardò in basso.

“Jonathan, non so che cosa pensi di me. Ma ho davvero delle intenzioni serie con tua madre e non le farei mai del male, voglio che tu lo sappia.”

“Lo so, Hop” assicurò e alzo lo sguardo: “So che non lo faresti mai. Non dopo tutto quello che abbiamo vissuto. E so che saresti sempre dalla nostra parte.”

Hop fece un accenno di sorriso, apprezzando davvero tanto le sue parole.

“E soprattutto, so che non feriresti mia madre. Cercherai sempre di renderla felice, e per me è la cosa più importante, perché se lo merita”

“E le darei anche il mondo se potessi”

Si scambiarono sorrisi, entrami capendo che volevano la stessa identica cosa: la felicità di questa famiglia.

Hop era grato di avere anche la benedizione di Jonathan.

“Però, se un giorno combini un guaio o qualsiasi altra stronzata, io sarò sempre dalla parte di mia madre”

“Sì, questo lo so…” rispose “E avresti tutte le ragioni.”

“Bene”

Si guardarono con espressione seria, finché non scese un po’ la tensione del momento, e si concessero un sorriso.

“Posso entrare ora?” domandò Hop ironicamente.

“Solo se mi fai bere un po' di quel vino” rispose indicando la bottiglia.

Per tutta risposta entrò in casa dicendo: “Questo lo devi chiedere a tua madre” si incamminò verso alla cucina, con Jonathan che lo seguiva.

Quando entrò vide la tavola apparecchiata di tutto punto, con Will e Undi già seduti uno accanto all’altra, mentre Joyce metteva al centro della tavola una ciotola di insalata russa.

Mentre Jonathan si sedeva a tavola, Hop mise il braccio introno ai fianchi di Joyce tirandola a sé, facendola sussultare dallo spavento, mentre diceva: “Allora che cosa c’è di buono stasera?” e le diede un bacio sulla guancia facendola ridere, davanti ai ragazzi, che cercavano di essere indifferenti, soprattutto Jonathan.

“Arrosto con insalata russa fatta in casa” rispose sorridendo.

“Allora ho fatto bene a prendere il vino bianco” disse mettendo la bottiglia sul tavolo “Solo che non è un Chianti”.

Joyce sciolse l’abbraccio rispondendo: “Beh, quello sarà per le occasioni speciali” si sedette sulla sedia e scambiò uno sguardo ammiccante con Hop, che ricambiava ben volentieri.
Sotto agli occhi perplessi di Undi e Will e lo sguardo paziente di Jonathan.

Iniziarono a mangiare, sembrava una tranquilla cena di famiglia.

Potevano chiudere definitamente tutta la storia del sottosopra e dei mostri.

E iniziare la loro nuova vita insieme.
Come una vera famiglia.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo Extra ***


      

Due mesi dopo…
 
“Non ci posso credere!” disse Hop a bassa voce: “Di tutte le case che abbiamo visto, tu voi comprare proprio questa?”

“Cos’ha che non va?” domandò lei a bassa voce: “È una viletta a due piani, con un soggiorno e cucina spaziosi, un seminterrato e quattro camere da letto. Una a testa per i ragazzi”

“Ma siamo a solo due isolati dai Wheeler!”

“E cos’hai contro Ted e Karen?”

“Nulla, ma non voglio avere il loro figlio così vicino a Undi!”

“Jim…”

“Lo sai che vivendo qui, Undi riuscirà a sgattaiolare fuori di casa per vederlo! E lui la spingerà a farlo di nascosto!”

“Sai che non lo farebbe mai” assicurò lei paziente.

“Beh, io non rischierei!”

“Senti, abbiamo già visto metà casa, ci manca solo la camera matrimoniale, e poi diremo di no. Okay?”

Hop emette solo un ringhio in risposta, facendo alzare gli occhi a Joyce.

“Ma io spero che tu cambierai idea, visto che non troveremo un’altra simile”

“Con i soldi che ci ha dato Sam, potremmo comprarci un intero quartiere!”

Joyce sopirò, fece per rispondere ma sentì i passi dell’agente immobiliare che saliva sulle scale e li saluta con un sorriso cordiale sul volto dicendo: “Scusatemi! Ma è arrivato il tecnico per la tenda in anticipo, e ho dovuto dirgli di passare un altro giorno. Quindi, dove siamo arrivati?”

“Alla stanza matrimoniale” rispose Joyce
“Ho! Giusto! È in fondo al corridoio.”

La coppia segue la donna fino alla stanza.

“E questa è la camera da letto matrimoniale” li invitò ad entrare.

“Come potete vedere la camera come il resto della casa è ristrutturata da cima a fondo.”

Joyce e Hop si guardarono intorno, la prima con aria interessata e il secondo di pura indifferenza.

“La camera è ben illuminata sia per le finestre che per la parete color celeste pastello. La rende più luminosa con la luce sorale.”

“Infatti è molto carina” commentò Joyce.

“Soprattutto è anche la camera da letto più grande della casa”

Joyce iniziò a camminare intorno alla stanza, ammirando sia la grandezza dell’armadio, che la toletta accanto fatta di legno chiaro con tre specchi apribili sopra.

“E non solo, avete anche un bagno privato!”

“Un bagno privato?” ripeté Hop perplesso.

“Vuol dire che abbiamo il bagno in camera?” chiese Joyce

“Appena ristrutturato!” rispose l’agente immobiliare.

Aprì una porta, mostrano il bagno di più di tre metri: con lavandino, il water, la finestra in fondo e un box doccia che riempiva quasi un muro della stanza.

“Le pareti sono fatte di piastrelle color verde acqua, il pavimento liscio di marmo, la finestra e il box doccia con la vetrata opaca”

Joyce e Hop guardarono il bagno dalla porta, ammirando soprattutto la grandezza della doccia.

“Anche se è piccolo è molto efficiente. E la doccia è il punto forte di tutto il bagno!”

Tirò la vetrata della doccia, mostrando il suo interno fatto di acciaio chiaro.

“Il doccino è regolabile in base alla altezza, ci sono i porta shampoo e spugna, ed è abbastanza largo per farci entrare perfino tre presone!”

Entrò dentro alla doccia, alzando le braccia per mostrare lo spazio che c’era dentro: “In pratica è adatta per ogni stazza e altezza. Anzi, se volte, potete fare la doccia insieme senza nessun problema!” disse ridacchiando e abbassando le braccia.

Joyce e Hop rimasero colpiti della doccia, soprattutto del fatto che fosse grande e si trovasse nella loro camera da letto, lontano dai ragazzi. Iniziarono a scambiarsi occhiate complici, pensando la stessa identica cosa.

“Okay, credo che abbiate visto tutta la casa. Avete altre domande o…”

“La prendiamo!” interruppero Joyce e Hop insieme con tono convito.

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4056481