Segugio

di dimouniak
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cucciolo, parte prima. ***
Capitolo 2: *** Cucciolo, parte seconda. ***
Capitolo 3: *** Cucciolo, parte terza. ***
Capitolo 4: *** Cucciolo, parte quarta ***



Capitolo 1
*** Cucciolo, parte prima. ***


Non tutte le storie iniziano in medias res. Non tutte le storie devono partire dalla fine. Per comprendere certi personaggi, si deve partire dall'inizio, c'è poco da fare.
Come Zachary Singer.
Se non si partisse raccontando il contesto nel quale è nato ed è cresciuto sino all'inizio della sua storia, certe cose sarebbero incomprensibili, ai giorni nostri; se non si spiegasse perché Robert Singer, suo padre, era un uomo burbero e suffegente, non si capirebbe come i suoi figli lo abbiano sempre perdonato e supportato; se non si raccontasse del modo in cui Peter e Cullen, i due figli maggiori, abbiano sempre dato il massimo per permettere al loro fratellino di vivere in pace e sereno, non si comprenderebbe il carattere buono ma viziato del nostro protagonista. Ma stiamo già correndo.

Zachary nacque nel 1676, in un caldo marzo; se dalle sue parti non fosse morta la Baronessa de Clifford, probabilmente nel corso degli anni si sarebbe persa questa informazione: come molti era nato in casa sua aiutato da una levatrice e venne battezzato da un prete che quasi non sapeva leggere nemmeno la Bibbia.
Il suo primo ricordo fu il padre piangere al capezzale di sua madre, una donna di cui a stento ricorda il nome. Nel corso degli anni il nostro protagonista si sarebbe chiesto come fosse possibile che ricordasse quel momento, in quanto sapeva che ella aveva perso la vita dandolo alla luce, ma più gli veniva detto che era impossibile che egli potesse ricordare quel momento, più Zack lo conservava nella sua memoria come un gioiello prezioso e con la sensazione che con la giusta concentrazione riuscisse a riportare dettagli di un incredibile vigore alla portata dei suoi stessi sensi; il colore delle lenzuola sul letto, la luce della candela, l'odore ferroso del sangue e quello sudaticcio di suo padre.
Suo padre l'amava di quell'amore vero e tenero che si legge nei romanzi cavallereschi o si sente nelle ballate struggenti del fondo della notte nei locali umidi e fumosi; la sua perdita fu enorme e cambiò per sempre l'assetto di quella famiglia. Robert, che di mestiere lavorava il ferro, era sempre via per lavoro ed il lutto altro non fece che farlo fuggire da un cantiere all'altro per anni, certo che la sopravvivenza della sua famiglia era affidata a Peter, che ormai aveva quattordici anni e sapeva ben badare ai suoi fratelli, e ad una nutrice che avrebbe condiviso il suo latte con l'ultimo arrivato in casa.
Quando gli fu passata a sufficienza e ricominciò a passare a casa più di qualche frettolosa giornata di programmazione del prossimo lavoro, Zack era in grado di camminare, parlottava abbastanza per farsi capire e mangiava lo stesso pane dei suoi fratelli; Peter aveva messo su una specie di bottega, dove prendeva ordini dai vicini di casa e si faceva aiutare da Cullen a pulire gli zoccoli dei cavalli e rinsaldava pale e picconi in cambio di verdura e formaggio. Presto la famiglia mise su una piccola attività che rendeva il minimo per mangiare ma abbastanza per essere un punto di riferimento per il vicino villaggio di Penrith. E Robert tornò a fare il padre.

Nel corso degli anni, quando la stabilità era tornata in casa e Zachary era divenuto abbastanza grande da poter comprendere certe dinamiche, nasceva un sentimento di ribellione; ad oggi potremmo giustificare i suoi comportamenti come normali per un bambino che vede ben tre figure maschili di riferimento avere accesso ad alcuni privilegi ed alcuni doveri: la cosa che recriminava di più in assoluto era che Peter poteva viaggiare con il loro padre, mentre lui e Cullen dovevano restare in casa a badare alla bottega. E guai se si fossero comportati male o non fossero andati in chiesa, perché sarebbe venuto a saperlo.
Ma soprattutto, essendo Cullen un ragazzo sveglio ed intelligente, sapeva perfettamente tenere le redini di tutto e Zack si trovava la maggior parte del tempo a bighellonare, annoiandosi. Non aveva molti amici, poiché non vivevano abbastanza vicini al paese da poterlo raggiungere da solo in sicurezza, e quei pochi bambini che capitavano nella bottega avevano fretta di tornarsene da dove erano venuti; esplorare i dintorni, addentrandosi nella boscaglia o nella brughiera, aveva da tempo perso il suo fascino; seguendo le istruzioni di qualche contadino ben conosciuto aveva imparato a tenere un piccolo orticello che curava con passione, aveva intrapreso la via della pesca in un rigagnolo con ben poca soddisfazione, aveva imparato a prendersi cura di quegli aspetti della casa che solitamente sarebbero stati di competenza di sua madre, come il camino, la cucina; quando compì tredici anni ebbe anche il permesso di curarsi del tetto e delle assi del pavimento che scricchiolavano di più. Ma non di seguire suo padre in quei viaggi che superavano i confini di Penrith.
Questo toccò a Cullen.

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Capitolo 2
*** Cucciolo, parte seconda. ***


Era il 1689. Immaginate il contesto: la Guerra della Grande Alleanza infuria in Europa; i Tory ed i Whig si scannano sulla successione al trono d'Inghilterra dopo la morte di Carlo II; presto le acque della Manica verranno solcate dalle navi olandesi di Guglielmo III d'Orange. Nessuno, nemmeno il più povero dei contadini della Cumbria, avrebbe abbandonato casa sua per viaggiare per cantieri investendo su ferro che non fosse quello di una spada. Per le strade gli stranieri venivano visti di malocchio, a chiunque veniva chiesto da che parte stava.
Ma Robert Singer prendeva i suoi due figli maggiori e li portava a zonzo come nulla fosse. Ogni tanto tornava col carretto vuoto, ma sempre affamato; ogni tanto si portava appresso qualche livido nuovo e qualche camicia sporca di sangue. Ma mai oro. Chiunque in paese si faceva domande sulla natura dei viaggi dei Singer. E chiunque chiedesse a Zachary trovava un bambino sperduto ed ignorante, che sapeva solo rispondere "un ferro di cavallo per una dozzina di uova oppure un cesto di patate".
Nella sua mente, Zack sapeva che non era normale tutto ciò: non era normale che suo padre lo lasciasse solo per tutto quel tempo, che con due figli adulti Robert continuasse a viaggiare così tanto, che nessuno dei suoi fratelli avesse preso in considerazione di sposare alcuna ragazza di Penrith o di qualunque altro posto, che continuassero in tempi così pericolosi a vivere isolati dal resto del circondario. La prima volta che Cullen partì e lui rimase in casa con Peter, tentò di parlarne al fratello maggiore, come tante volte si era in buona fede confidato con l'altro; a cena, con un tozzo di pane caldo ed una zuppa, con la bufera che infuriava all'esterno, seduti l'uno di fronte all'altro.

Ora, per questa scena, la nostra prima vera scena, voglio cambiare un po' registro di scrittura: voglio che immaginiate una scena dai toni caldi, la luce del fuoco che brilla da un lato del tavolo mentre una candela illumina il piano dall'altro lato, affianco ad una brocca d'acqua. Voglio che immaginiate Peter ripreso da davanti, una figura di trent'anni che ha l'aspetto di un adulto vero, ingobbito dalla vita, con i capelli e la barba corti e le maniche tirate fino a metà avambraccio; una figura dalle spalle larghe, che occupa buona parte della scena. Il resto della stanza, oltre quel tavolo, è scuro; non nero e buio, semplicemente in secondo piano
Guardiamo Peter con gli occhi di un fratello che potrebbe essere un figlio: quest'uomo curvo, dall'espressione indecifrabile, impegnato sul proprio pasto e che non dice una parola; Zack prende tempo, solitamente coraggioso oggi non sa come iniziare il discorso; immaginiamolo mentre compie quei movimenti distratti, come giocare col cucchiaio lungo il bordo del piatto o tamburellare con le dita sul tavolo, tipici del nervosismo finché dopo qualche momento non chiama «Peter?»
Il fratello alza gli occhi. Sono occhi azzurri, limpidi, svegli. Lo guardano con curiosità e pacatezza. «Perché nostro padre non mi porta con sé quando viaggia?» Peter abbassa gli occhi, torna a mangiare «Perché sei piccolo.»
«So badare a me stesso...» Peter risponde con un'alzata di spalle «Qui rimango spesso solo.» un'altra alzata di spalle «E so cucinare, so pescare, so anche fare di conto perché Cullen me l'ha insegnato.» un grugnito, una specie di risata smorzata; inutile spiegare che lo trovi divertente, o quantomeno voglia placare l'animo turbolento del ragazzo trattandolo come se gli parlasse un bambino. Zack però non si sente più un bambino. Spostate la telecamera sul suo viso: un viso che il mondo ancora non è riuscito a toccare, che ha sempre vissuto al caldo e con la pancia piena; una carnagione chiara ma non pallida, grandi occhi neri pieni di vivacità, capelli scarmigliati ma puliti tenuti corti per controllare che non gli vengano i pidocchi; nessuna cicatrice, nessun segno particolare, nemmeno quelli del tempo che passa, non ancora. 
«La verità è che voi non mi amate, nessuno di voi. Scappate da questa casa appena ne avete l'occasione e mi lasciate qui perché mi trovate di peso, insopportabile ed infantile.»
«Non sai nemmeno che parole usi, ragazzo»
«E se non è questo» insiste «Almeno datemi istruzioni con cui rispondere alle malelingue che v'accompagnano, o giuro su Dio che vi tratterò come servi di streghe e vi denuncerò alla prossima messa io stesso!»
La telecamera, impegnata sullo sfogo del giovane, non segue il movimento dell'adulto se non quando la sua manona irrompe sullo schermo per impattare contro l aguancia molle ed infantile di Zachary; egli non finisce a terra come ci si aspetterebbe, ma la sua pelle cambia colore dal vermiglio della rabbia al livore del terrore e si tiene il viso con una mano affusolata. 

Ora, di questo non si sarebbe più parlato per anni: il resto del tempo lo avrebbe passato o insieme a Peter o assieme a Cullen, perennemente tenuto d'occhio; ma dopo qualche anno, 4 per la precisione, con il placarsi degli eventi che avevano sconvolto l'Europa e parte del Nuovo Mondo, fu più sicuro per una famiglia della Cumbria muoversi lasciando le redini della propria casa ad un giovane diciassettenne assenato e laborioso.

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Capitolo 3
*** Cucciolo, parte terza. ***


Fu in questo periodo che Zack trovò per la prima volta il Diario.

Era raro che Robert si portasse entrambi i figli maggiori e se proprio doveva scegliere tra il portarsi il taciturno Peter o l'allegro Cullen preferiva sempre lasciare il secondo, o almeno Zack pensava la scelta ricadesse su di lui per il suo carattere mite e la socievolezza con cui si rivolgeva ai loro clienti abituali; ma da quando lui era diventato abbastanza indipendente, a Cullen piaceva prendersi lunghi pomeriggi di riposo. Ciò di cui sto per raccontare è proprio uno di questi giorni.
Gennaio, per tutta la notte aveva nevicato e non c'era anima viva per strada, ma non per questo il lavoro mancava: erano anni che nella piccola bottega avevano iniziato la fabbricazione di chiodi e se all'inizio avevano tentato esclusivamente la strada dei chiodi da maniscalco, dall'estate precedente la finezza di alcuni lavori avevano spinto il calzolaio di Penrith a richiederne alcuni per sé.
La giornata in questione era domenica, per cui si fa poca fatica ad immaginare quanto fosse penoso per i due fratelli arrivare fino alla cappella per ascoltare la messa tenuta da padre Leander, presbitero di Penrith; a dire dei due fratelli quando erano soli nelle loro passeggiate domenicane, il sacerdote era un uomo viziato e pigro, che era costretto a presiedere la messa anche nella loro piccola e campagnola cappella e quindi si rendeva sgradevole ed antipatico a tutti loro trattandoli con sufficienza: «Ah, vedrai!» diceva quel giorno Cullen mentre si stringeva nel mantello «Ci saluterà lamentandosi che anche in una giornata così fredda "il lavoro del Signore non si ferma per voi peccatori"» e gracchiò un'imitazione del prete.
«Piuttosto, vedi di pulirti le scarpe, appena entri, o dovrai subirti la predica di Maria Maddalena che-» «Che pulisce i piedi di Nostro Signore coi suoi capelli, sì, sì...»
Vi invito a guardarli dal bordo strada mentre si affrettano con le gambe lunghe e le calze tirate fin sopra le ginocchia: due giovani, sorridenti e tranquilli uomini; Zachary, con gli occhi ed i capelli neri ed un accenno di barba ispida, ride di cuore e sguaiatamente guardando un Cullen di svariati centimetri più basso di lui; quest'ultimo, con qualche accenno di rosso nei capelli e con grandi occhi azzurri, si comporta come un folletto alzando la neve ad ogni passo e sbracciandosi nei suoi schiamazzi; l'aria è fresca, frizzante, di festa. è una scena, questa, che vi invito a guardare con gli occhi della fiaba, con una musica leggera e malinconica che li accompagna nelle loro chiacchiere finché in fondo alla strada non compare una le costruzione in pietra.

Una cappella circolare non più grande di una qualunque capanna e con un portone in legno era accasciata a bordo strada. Non aveva alcun giardino né sembrava che qualcuno si fosse mai preoccupato di tenere lontane le erbacce che vi crescevano intorno. Non c'erano alberi che la proteggessero dall'essere vista lungo la strada, quindi i due fratelli si chiedevano da sempre se non fosse stata costruita apposta per sembrare un masso qualunque in mezzo alla campagna.
Avvicinandosi al portone aperto, si vedevano all'interno diverse anime infreddolite, in piedi ovunque trovassero posto, con l'unica eccezione dell'altare, affianco al quale uno sgabello reggeva il fisico ricco di padre Leander; Cullen entrò per primo e, mentre ancora Zack si faceva il segno della croce e salutava il pastore, si gettò subito contro una parete a chiacchierare fitto fitto col calzolaio, mister Billings. Di quel pezzo di conversazione, Zack captò a mala pena due o tre parole tra una predica infervorata dello stanco presbitero ed un alzarsi di "amen" distratto dalla piccola congrega intirizzita dal freddo; poi, mentre si apprestavano a ricevere la comunione, gli arrivarono dei più chiari «Devo vederlo» «Un ottimo lavoro» e «Pranzo» prima che la perpetua, una vecchia piena di bitorzoli, gli ficcasse a forza in bocca un pezzo d’ostia rinsecchito. Non avrebbe comunque aspettato molto per capire il resto.
La mattinata fu breve e concisa, così che chi di dovere potesse tornarsene “in mezzo alla civiltà”; fuori, sotto un tiepido albeggiare, si ritrovarono diverse persone a salutarsi frettolosamente prima di rintanarsi in qualche casupola calda, ma non i due Singer e mister Billings.
«Allora, mister Singer, fate pure strada!»
Cullen prese la spalla del fratello «Ho invitato il nostro amico a fermarsi a pranzo per vedere un po’ la bottega ed il suo ordine» gli spiegò sorridendo «Ci pensi che è venuto da Penrith stamane proprio per intercettarci? Direi che glielo dobbiamo.»
Zack non era tipo da mettersi a discutere col fratello di fronte al loro miglior cliente, e sorrise di rimando e s’avviò, ma qualcosa nel modo in cui i due si guardarono lo stranì. Il viaggiò passò lento e pieno di assurdi convenevoli che il più giovane del gruppo percepì stonati in una cornice che fino a poco prima non aveva nulla di diverso da tante altre scene della loro vita semplice; Zack non sapeva spiegarsi bene perché, ma negli abiti ricchi di Billings, nelle sue scarpe d’alta qualità, nel mantello foderato di pelliccia pregiata e nel cappello vedeva quella ricchezza narrata dai fratelli quando i loro viaggi li facevano uscire dalla loro regione di contadini e che lui non aveva mai visto nemmeno nelle persone più ricche in città. Il calzolaio era certamente rispettabile, ma fuori luogo. Ed il modo in cui confabulava con un umile artigiano di provincia anche.

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Capitolo 4
*** Cucciolo, parte quarta ***


Spostiamo la nostra telecamera di nuovo, spostiamola lungo la linea di vista del nostro protagonista. Osserviamo, nell’incedere nella neve, la strada di campagna priva di qualunque ostacolo che improvvisamente incontra e costeggia un basso muretto di pietre; un muretto un po’ alla buona, fatto probabilmente anni ed anni prima e mai davvero curato. Dietro il muretto vediamo una casa con un’ampia base di pietra ed un’aggiunta di legno, dal tetto spiovente e mezza coperta da questa coltre pallida di neve depositata; quest’aggiunta possiede un piano rialzato; poco più in là, appena qualche metro, c’è un capanno più basso dove forse un tempo risiedeva qualche animale da fattoria. Per raggiungere la casa c’è un cancelletto di legno decisamente più nuovo del muro che spezza ed un palo con una lanterna appesa alla cima.
«E quella?» chiede mister Billings.
«La teniamo accesa quando siamo in casa, se qualcuno dovesse aver bisogno.»
«E non temete che possa avvisare qualche malintenzionato?»
«Di cosa dovrebbe avvisarli?» si intromise Zack.
«Beh, del fatto che c’è qualcuno in casa…»
Cullen rise «Ma tutti sanno che siamo quattro uomini in casa! Non preoccupatevi, caro amico: nessuno che voglia farci del male sarebbe così sciocco da entrare in casa nostra di notte, rischiano di prendersi un martello in testa!»
Ridendo e parlando della lanterna, i tre entrarono in casa.

Zachary non aveva mai effettivamente ragionato sul fatto che qualcuno potesse entrare in casa loro: come molte nozioni, la paura dell’”esterno”, di qualcuno che da fuori possa entrare a farti del male, era qualcosa che se non passata da un genitore o un fratello maggiore difficilmente si incastona nella corona di pensieri che dividono le abitudini domestiche da quelle pubbliche. Così ogni notte Zachary accendeva la lanterna, anche se era in casa da solo, aspettandosi prima o poi che qualche cliente o qualche vicino bussasse alla porta perché aveva bisogno d’aiuto, ma chiudeva la porta a chiave perché gli era stato insegnato che così si faceva e non aveva mai pensato che servisse a tenere fuori la persona che gli veniva a bussare.
Questo intrigo di pensieri lo accompagnò per tutto il pranzo, che andò bene e li mise tutti di buon umore: mister Billings aveva quel carattere allegro ed alla mano che gli permise di fare conversazione con entrambi i fratelli allo stesso livello; scoprirono che era di origine contadina, come loro, e nonostante possedesse terre lavorate da dipendenti suo padre aveva sempre preteso che della loro casa si occupasse lui personalmente; scoprirono che aveva quattro sorelle, ma solo due erano arrivate all’età adulta, che era scappato di casa a sedici anni per imbarcarsi su una nave diretta in Italia e che quando era tornato con la coda tra le gambe aveva messo la testa a posto ed aveva deciso di darsi all’artigianato. I suoi racconti ed i suoi discorsi presero la mente di Zachary come una favola di draghi e cavalieri prenderebbe un bambino e nonostante il loro ospite si rivolgesse più a Cullen che a lui il ragazzo si godette la giornata.
Poi, al termine del pasto, «Zack, fai vedere al nostro ospite la bottega mentre io sistemo questi piatti» si offrì Cullen.
Il nostro protagonista accompagnò mister Billings nella parte pubblica della bottega, ovvero la costruzione in pietra, il cuore principale dell’agglomerato di piccoli edifici di campagna; al centro c’era la piccola forgia al cui interno le braci erano ancora accese; «Le teniamo così» spiegò «Perché costa meno ravvivarle piuttosto che accendere il fuoco da capo ogni volta. Abbiamo del carbone, ma con quello che costa l’inverno dobbiamo stare attenti…» «Affascinante, affascinante» commentava l’altro.
Guardarono ogni strumento, ogni angolo, mister Billings gli fece anche un sacco di domande sulla legna che utilizzavano «Nel mio lavoro» gli spiegò «Ogni modello ha un’anima lignea diversa, per adattarsi a determinati contesti: uno stivale da cacciatore deve proteggere il piede da rovi e spine e serpenti, mentre il panettiere deve essere protetto dalle teglie bollenti del forno, se gli dovessero cadere addosso!»
«Non sapevo vendeste anche a gente del popolo.»
«Sono i miei miglior clienti, in verità, ma non mi pagano il cibo in tavola se devo essere sincero!» e rise, dandogli una pacca sulla spalla.
A quel punto furono raggiunti anche da Cullen, che gli mostrò i chiodi ed i ferri a cui avevano lavorato nella settimana precedente; nella bottega si concessero di fumare una pipa: Zachary non aveva mai fumato in vita sua ma scoprì che per suo fratello non era la prima volta; con suo dispiacere, ascoltò il seguente aneddoto:
«Io e papà eravamo a Formby, un villaggio costiero del Merseyside - non vi tedierò spiegandovi come ci siamo finiti. Sappiate solo che se a Venezia avete imparato a costruire scarpe, lì io imparai cos’è la vera noia! Ed alloggiammo presso la casa di un, pensate un po’, un ottomano! Un ottomano vero! Uh, la sua storia sì che sarebbe interessante… Ma non distraetemi, devo finire di dirvi: lì, beh, il nostro ospite s’era portato da casa ogni comodità, tra cuscini, incensi, datteri e mogli. Oh, sì, ne aveva ben tre, tant’era ricco. E dopo cena, dopo che avevamo assaggiato questo e quest’altro ci portò delle pipe. Non come queste: pipe alte, col bocchino, tutte decorate d’argento e d’ottone! Insomma fumammo attendendo l’alba insieme. Ah, che serata, che nottata!»
Fu allora che forse si accorse dello sguardo di Zachary e lasciò scemare il tono finché non rimase solo mister Billings a commentare il racconto ed a fare domande che non ricevettero risposta in quel momento.
«Non mi avevi mai raccontato questa storia, Cullen.»
«Beh, non era davvero importante…»
«Avrei potuto giudicarlo da me: credevo ti avrebbe fatto piacere raccontarmi qualche bella storia dei tuoi viaggi con nostro padre.»
«Zack, non cominciare, abbiamo un ospite.»
«E che sareste andati a fare a Formby?» a quel punto s’era alzato in piedi, troneggiando sui due «Il porto più vicino è a Workington, che già di suo è un bel viaggio, avreste potuto farvi mandare lì qualsiasi cosa aveste bisogno, no?»
Cullen si alzò a sua volta, paonazzo. Non era tipo da perdere le staffe, né da alzare la voce, ma certamente provava vergogna delle scenate, forse più di chiunque altro nella famiglia. Quindi, alzandosi, nascose il viso imbarazzato al loro ospite e si piantò a pochi centimetri dalla faccia di suo fratello, sussurrandogli venefico «Adesso porto il nostro amico a prendere un caffè di là. Accendi il fuoco e mettiti a lavorare, e non farti vedere finché non ti chiamo io» Zack fece per spostarsi indietro, improvvisamente agitato dalla rabbia di Cullen, che di rimando gli strinse dolorosamente una spalla ed abbassò ancora più il tono «Altrimenti assaggerai da me tutto ciò che non ti è stato dato da nostro padre nel corso degli anni. Sono stato chiaro?»
Zack annuì e, veloce come una bandiera durante una tempesta, Cullen si girò sorridendo di ottimo umore a mister Billings «Permettete che vi offra qualcosa di caldo, un digestivo!» lo invitò allegro «E più tardi potrei mostrarvi la legnaia: sapevate che qui a Penrith cresce un particolare tipo di edera che produce un ottimo olio per conservare la quercia?»
Uscirono dalla stanza e Zack rimase lì. Contemplò il sapore del fumo sulla lingua mentre cercava di trattenere un pianto di rabbia e vergogna: ancora una volta era stato messo da parte. Ancora una volta aveva dimostrato impazienza. Ma stavolta aveva rischiato di rovinare i rapporti con un cliente che, a detta di Cullen, aveva tra le mani la loro sopravvivenza.
Ci pensò per un’ora, forse di più, mentre aveva il petto sconquassato dai singhiozzi.

Quando si riprese a sufficienza si nascose il viso rosso nella fuliggine, ravvivò la brace e si scaldò un po’ davanti al fuoco, prima di andare a vedere come procedeva il pomeriggio.
Varcò la porta che dalla bottega portava nella casa aspettandosi di sentire il chiacchiericcio dei due, ma c’era solo silenzio. Strano. Non credeva fosse passato così tanto da quando si erano divisi. Si prese un bicchiere di vino per scaldarsi un po’, osservando da lontano pallide nubi nevose in avvicinamento.
Attese, ma non si vide nessuno.
Iniziò a vagare per casa con un’orribile sensazione che gli attanagliava le viscere: tornò alla bottega un paio di volte per controllare il fuoco, salì al piano superiore per vedere se Cullen fosse in camera sua; forse Billings se n’era andato, ma era impossibile che, pur avendo litigato, il fratello se ne fosse andato senza averlo avvisato, non era da lui. Ed il pensiero di quella lanterna accesa e quella porta sprangata tornò a bussare alla sua mente.
Solo dopo aver vagato inutilmente per tutta casa aprì la porta per cercarlo fuori. C’era una luce accesa nella legnaia. Zack si rilassò e rimproverò sé stesso per essere così sciocco: li aveva anche sentiti, mentre parlavano della legna.
Li attese per un po’, ma nessuno tornava e la notte era ormai calata da un pezzo.
Era quasi ora di cena, quando si decise ad andare a chiamarli: si gettò sulle spalle un mantello ed attraversò la neve fino alla porta della capannina, tirò la maniglia della porticciola… e la trovò bloccata. «Cullen?» chiamò. Sentì un mugolio. «è quasi ora di cena.»
Fece un po’ di forza e riuscì ad aprire quel tanto da poter sbirciare all’interno.
Venne investito da due cose innaturali, appena avvicinò il viso all’apertura: c’era aria calda, dentro il magazzino, ed odore di sudore. E quando individuò i due, li trovò tra una catasta di legna ed un paio di sacchi di carbone. Di mister Billings vedeva solo la testa e le mani che si arrampicavano lungo il petto di Cullen, che troneggiava coperto solo del suo sudore e del rossore che i morsi e le unghiate del suo amante gli avevano lasciato addosso.
Zachary non aveva mai conosciuto il tocco di una donna, ma aveva visto abbastanza animali in vita sua da sapere cosa stava succedendo. E Cullen, che allarmato dall’aprirsi della porta aveva intercettato il suo sguardo, non poté mentire a sé stesso. Ma Zachary era già schizzato indietro e scappato verso la porta.

Fu in quel momento che successe.
Seguendo l’istinto che ci impone di fare finta di non aver visto niente, di evitare la situazione scomoda, la punizione, l’imbarazzo, il piccolo di casa si rifugiò nella camera che condivideva con quel fratello ora estraneo; la voce di padre Leander che gridava da un pulpito fatto dalle rovine della sua casa lo infestava gridando “sodomia! sodomia!”; iniziò a mettere a soqquadro nella speranza di trovare una via d’uscita che gli impedisse di avere quel confronto, finché non gli capitò tra le mani un taccuino di pelle che preso da un turbine di pensieri iniziò a sfogliare senza far veramente caso a ciò che guardava.
Finché non fu colto dal pensiero che nessuno della sua famiglia sapeva leggere e scrivere.
Ed iniziò a guardarlo meglio.
A guardare le incomprensibili annotazioni prese nelle angolazioni più assurde. Come assurde erano le figure grottesche che qualcuno aveva scarabocchiato prima a carboncino e poi ripassato con l’inchiostro per rendere l’orrore che rappresentavano ancora più palpabile. Cose che avevano zanne. Che avevano artigli. Demoni la cui sete di sangue era pari alla follia in cui trascinavano la mente ignorante che li osservava troppo a lungo.
La gola di Zack si riempì di bile amara.
Poi la porta si aprì di scatto e lui gettò quell’orrore tra le cose di suo fratello.

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