Un solo battito d'ali

di Nao Yoshikawa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ispirazione per un cuore romantico ***
Capitolo 2: *** Una lettera da lontano ***
Capitolo 3: *** Post biscotti alla cannella ***
Capitolo 4: *** La peggior notizia ***



Capitolo 1
*** Ispirazione per un cuore romantico ***


Capitolo uno: Ispirazione per un cuore romantico
 
 
 
Emma Lyra, detta El, era nel suo posto preferito: il ramo di un melo un po’ sbilenco si era rivelato, qualche settimana addietro, un giaciglio stranamente comodo per riposare. O, ancora meglio, per scrivere sul suo blocco note dalle pagine ingiallite. Dopo aver narrato le gesta della sua breve ma intensa vita, El stava cercando una nuova idea appassionante, una storia incredibile da raccontare. E per una persona incapace di saltare nel tempo a piacimento, non avere ispirazione era assurdo e ridicolo.
Il sole era già alto nel cielo quando richiuse il blocco note e si stiracchiò. Iniziava ad avvertire una certa fame. Così salto giù dal melo con un salto e corse verso la sua casetta in mezzo alla campagna e i fiori. Quando arrivò, esordì con un acuto sono tornata! ma non ricevette risposta. Ma come, erano usciti tutti e nessuno gli aveva detto niente? Eppure dalla cucina proveniva un buon profumo di cipolla soffritta…
«Woah!» gridò ad un tratto. Qualcuno l’aveva sollevata da terra con estrema facilità.
«Da dove vieni, così conciata?»
Crowley se la teneva caricata in spalla come un sacco di patate. Nonostante i suoi tredici anni, El rimaneva sempre leggera e ancora piuttosto piccina, il che la rendeva facile da sollevare come fosse una bambina. El si lasciò andare a un gridolino.
«Ero sul melo a scrivere! Beh, ci stavo provando, in realtà.»
«Ah, il blocco dello scrittore? Brutto affare, capita anche i migliori.»
«Già… ma ora ti dispiace mettermi giù? Posso ancora camminare da sola.»
Crowley la rimise sgraziatamente a terra, non riuscendo a nascondere un ghigno divertito. Era sempre divertente punzecchiare sua figlia, che con quel modo di fare sognante e da scrittrice in crisi gli ricordava un certo angelo. O forse era il modo in cui alzava gli occhi bicromatici al cielo. Sì, Emma Lyra era decisamente angelica in quei momenti.
«Per fortuna sei tornata a casa presto. Gabriel e Belzebù ci hanno lasciato Ariel. Ci hanno per caso preso da due baby-sitter?» borbottò Crowley. Anche se in realtà gli piaceva prendersi cura di quella bambina, ma non c’era dubbio che perfino Ariel preferisse già El.
«Davvero? E perché non l’hai detto subito?» domandò lei correndo in cucina. Sul tavolo c’era seduta un’adorabile angioletto-demone che aveva appena schiuso le sue ali grigie e gli stava regalando un sorrise sdentato. El adorava Ariel, se ne prendeva cura e la trattava come avrebbe fatto una sorella maggiore. La prese in braccio, facendole mille feste.
«Ciao, Ariel! Quante volte sei già svolazzata in giro? Ti annoiavi senza di me, non è vero? Ora però sono qui, possiamo divertirci insieme!» esclamò prendendo in braccio quella bambina con estrema facilità. Ariel gorgogliò qualcosa in risposta. I piani di El saltarono quando Aziraphale rientrò in cucina, precipitandosi a spegnere il fuoco per evitare di far bruciare il soffritto di cipolla. Teneva in mano un libro di ricette e sul naso un paio di occhiali.
«El! Ti prego tesoro, fatti un bagno prima. Sembra che tu ti sia rotolata nel fango.»
El si portò una mano sui riccioli biondi e ramati, rendendosi conto di avere delle foglie incastrati su essi. Inoltre aveva i vestiti luridi di fango.
«E va bene, lo faccio. Ma perché non usi internet per cercare le ricette? È molto più facile» suggerì. Anche lei amava i libri, ma era decisamente più moderna del suo angelico padre.
«Lo sai che non sono bravo con quegli aggeggi.»
«Sì, lo sa. E lo so anche io!» gridò Crowley dal soggiorno. Aziraphale arrossì e impettito e orgoglioso continuò a seguire il suo libro di ricette, mentre El faceva il suo bagno e Ariel svolazzava per casa.
La vita al cottage era tranquilla, meravigliosa, su questo Crowley e Aziraphale erano d’accordo. Avevano un giardino, un orto, una stanza piena di libri per la gioia dell’angelo e una stanza dove Crowley poteva suonare la sua chitarra tutto il giorno. El aveva la sua camera in quella che in teoria era stata una soffitta e una finestra sul tetto le permetteva ogni sera di vedere il cielo e le stelle.
Stelle che aveva imparato a riconoscere grazie a Crowley. Ne era stato il creatore, dopotutto.
Quella casetta era il loro luogo felice.
Dove niente di male poteva entrare o succedere. Dove El aveva mosso i primi passi, dove Crowley e Aziraphale avevano passato i momenti più belli. A ripensarci, sembrava che il tempo fosse passato troppo in fretta. Anche se per degli immortali come loro, il concetto di tempo assumeva una sfumatura del tutto diversa.
El finì di fare il suo bagno e andò a sedersi al tavolo con i capelli umidi. E subito aveva preso a straparlare a ruota libera, come sempre faceva. Tuttavia era chiaro che ci fosse qualcosa che non andava. Lo aveva capito Crowley innanzitutto e poi anche Aziraphale.
«Mia cara, cosa ti preoccupa?» gli domandò l’angelo ad un tratto. Ad El andò di traverso il boccone che stava masticando. E guardò Crowley.
«Sapete cosa? Voi due dovete smetterla di parlare tra voi, non vi sfugge niente. È diabolico.»
«Nah, è solo l’essere genitori. Noi ti conosciamo» rispose il demone annoiato.
«È per quella storia del blocco dello scrittore?» domandò Aziraphale. «Non preoccuparti, certi periodi capitano a tutti.»
«Già, infatti, Guarda me. Ci sono delle volte in cui non riesco nemmeno a prendere in mano la chitarra» aggiunse Crowley.
El fece un sorriso poco convinto. Non voleva parlare del fatto che era convinta che quel periodo di blocco sarebbe durata in eterno e che non sarebbe più stata capace di scrivere. Questo almeno glielo suggeriva la sua parte più drammatica e demoniaca. Quella angelica e razionale le suggeriva di non lasciarsi prendere dal panico.
«Solo un periodo, dite? E va bene, ma io comunque non smetterò di provare. Voglio dire, io salto nel tempo, se non ho io la giusta idea…»
Ad un tratto il suo sguardo si illuminò, come quando aveva una buona idea.
«Emma Lyra?» domandò Aziraphale, cauto. La ragazza sorrise, finendo di trangugiare quello che aveva nel piatto.
«Uno stufato delizioso papà, ma adesso c’è qualcosa d’importante che devo fare e per farla devo uscire di casa.»
«Ma… un momento! El, sta per piovere!» esclamò Aziraphale.
«Lasciala andare, angelo. La pioggia sa essere di grande ispirazione per un animo romantico» disse Crowley con l’aria di chi la sapeva lunga.
Un animo romantico, eh? Facile indovinare da chi El avesse preso.
 
In effetti pioveva, una pioggerellina leggera e gioiosa. A El la pioggia piaceva, in realtà le piacevano tutte le stagioni e non solo per il fatto che aveva anche il potere di controllare le condizioni atmosferiche. Era un’abilità utile, ma la maggior parte delle volte preferiva godersi le cose così come venivano. Arrivò al suo albero preferito bagnata fradicia e poi prese a parlare da sola. Lo faceva spesso quando doveva prendere decisioni importanti o doveva farsi coraggio Poi batté le mani.
«Bene! Il mio prossimo salto nel tempo sarà nel futuro. Sono sicura che lì troverò l’idea che mi serve!»
E poi prese la rincora e saltò.
Poco dopo, la pioggia divenne una tempesta. Aziraphale fissava dalla finestra l’orto e i fiori fradici. Sapeva di non aver nulla da temere, non sarebbe stata una tempesta a fare del male a El. Ma quale genitore non si sarebbe preoccupato, in quei momenti?
«Forse dovremmo andare a cercarla… ma perché non le abbiamo ancora comprato un cellulare?» sospirò Aziraphale.
«Eh? Non guardare me, non eri d’accordo, dicevi sempre che era troppo presto. E poi non è necessario, quelli come noi possono comunicare in altri modi. Certo, con una figlia che a volte va a spasso nel tempo, è un po’ complicato» ammise Crowley, rimettendo a posto la sua chitarra. Non era proprio dell’umore per suonare o comporre. In realtà aveva una brutta sensazione ed era sicuro che anche per Aziraphale fosse lo stesso. Ma nessuno dei due osava parlare, quasi a volere evitare di rendere reali le loro preoccupazioni. Crowley allora ebbe un’idea per spazzare via la tensione.
«Aziraphale… ti va di ballare?»
L’angelo lo vide arrossire lievemente. Anche dopo tutti quegli anni, era capace di imbarazzarsi mentre domandava al proprio marito di ballare. Quasi come fosse sempre la prima volta.
«Mi piacerebbe molto»
Strinse la sua mano e si lasciò catturare dalle sue braccia sicure. Lentamente iniziarono a ballare sulle note di Le vie en rose. E non c’era cosa più bella, adorabile e intima che danzare vicini nel silenzio della loro casa, mentre fuori pioveva. Guardandosi negli occhi, senza che ci fosse bisogno di parlare.
«Animo romantico…» mormorò Aziraphale. «Pensavo di essere io quello romantico della coppia, ma dopo tutti questi anni, sei ancora capace di sorprendermi.»
«Non sono affatto così romantico come dici» Crowley cercava sempre, dopotutto, di fare la parte del duro. «Ma mi piace vederti felice. È così strano?»
«No. È assolutamente perfetto» sussurrò, guardandolo negli occhi. Si fissarono per un lungo istante e poi si avvicinarono, per baciarsi, proprio mentre la canzone arrivava al suo climax.
Ma qualcuno bussò con violenza alla porta e l’incanto si ruppe. Pensarono subito si trattasse di El, ma in effetti lei non bussava.
«Bene, hanno rovinato l’atmosfera» borbottò Crowley fermando la musica. Aziraphale andò ad aprire: davanti si ritrovò Gabriel e Belzebù, che dovevano essere tornati a riprendere Ariel.
«C’è forse una festa lì dentro? O abbiamo interrotto qualcosa?» domandò Gabriel allusivo.
«Eh? Niente di quello che pensi!» disse l’angelo. «Comunque, Ariel sta dormendo.»
Belzebù entrò.
«Siete stati adorabili a prendervi cura di lei mentre non c’eravamo. Ma spero per voi che non si sia fatta nemmeno un graffio.»
«Ah! È lei che fa un graffio a noi! Inoltre, ti ricordo che abbiamo cresciuto El in maniera perfetta» puntualizzò Crowley, offeso.
«Già, a proposito. Dov’è El?» domandò Gabriel.
«È quello che mi piacerebbe sapere» rispose Crowley.
«Ah, sì. Proprio il padre dell’anno» lo stuzzicò Belzebù, prendendo in braccio la bambina, indisturbata da tutto quel caos.
Aziraphale sospirò.
«Vi prego. Emma Lyra è un po’ giù di corda. Blocco dello scrittore. Penso stia cercando la sua ispirazione. Ma spero che lo faccia senza mettersi in pericolo» rifletté Aziraphale. El era oramai quasi perfettamente capace di gestire i suoi poteri, ma un margine di errore esisteva sempre, per tutti. Forse avrebbe potuto usare un miracolo per aiutare la sua ispirazione, ma El non sarebbe stata d’accordo. Era quel tipo di persona che voleva raggiungere risultati con le proprie forze. E di questo ne era orgoglioso.
Il vento si alzò all’improvviso. El era appena tornata, era entrata, fradicia d’acqua, stranamente pallida.
«El! Stai tremando. Ma perché non sei tornata subito a casa?» domandò Aziraphale. Solo in un secondo momento si accorse dei suoi occhi sbarrati, come se avesse visto chissà quale orrore. Aveva un’espressione sconvolta e dolorante e muoveva la bocca come se stesse cercando di parlare, ma non ci riuscisse.
«El, che succede?» domandò Crowley.
El pronunciò solo una frase, prima di svenire.
«Non posso più saltare nel tempo.»
E un secondo dopo cadde. Crowley fu abbastanza veloce da afferrarla. Il suo viso bruciava, come se avesse la febbre.
«El!» gridò Aziraphale. «Com’è possibile, che succede?»
Nessuno di loro si era accorto della lettera che era stata infilata sotto la loro porta.
Una lettera venuta da molto lontano e l’unica cosa che avrebbe potuto dare una risposta alle loro domande.

Des nuits d'amour à ne plus finir
Un grand bonheur qui prend sa place
Des ennuis des chagrins, des phrases
Heureux, heureux à en mourir.
 
Quand il me prend dans ses bras
Il me parle tout bas,
Je vois la vie en rose.


NDA
Non voglio dilungarmi troppo, altrimenti le note diventerebbero più lunghe della storia. Ma non posso credere di essere di nuovo qui,a  pubblicare il sequel di una storia che ho tanto amato. Non era previsto e non era necessario. Però era necessario per me. Dopo aver visto la seconda stagione, all'improvviso mentre cercavo di addormentarmi, ho avuto un flash di questa storia. E quindi ho iniziato a scriverla e voglio continuare a farlo. Sarà una storia molto diversa dalla prima, ovviamente. Ma non voglio spoilerare nulla e spero che qualcuno possa apprezzare questo primo capitolo.
A presto, qui di nuovo (devo ancora metabolizzare) la vostra Nao (:
 
 

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Capitolo 2
*** Una lettera da lontano ***


Capitolo due: Una lettera da lontano
 
 
El era caduta in un sonno profondo, in preda alla febbre. Ogni tanto si svegliava e mormorava qualcosa, si lamentava, senza però seguire un filo logico. Era accaduto altre volte che si ammalasse (anche se era abbastanza raro), ma quel suo stato ora sembrava la conseguenza di uno shock. Aziraphale vegliava su di lei, ogni tanto le inumidiva il viso. Che cosa poteva mai essere successo da ridurre El così? E com’era possibile che né lui né Crowley si fossero resti conto di niente?
Il demone se ne stava seduto in una poltrona vicino la finestra. Attento, ascoltava il respiro regolare e calmo di El. La figlia si era addormenta dopo quasi un’ora di quello che sembrava un delirio. Era estraniante e doloroso vederla così inerme.
«Tu credi che qualcuno le abbia fatto del male? O che ci abbia provato?» domandò ad un tratto Crowley, spezzando il silenzio.
«È quello che vorrei sapere anche io. Ma a questo punto dovremo aspettare che si riprenda per chiederglielo. Però non so quanto potrà essere una buona idea» rifletté Aziraphale. Non aveva intenzione di turbare ulteriormente sua figlia, si trovava in uno stato estremamente delicato e Dio solo sapeva il perché.
Belzebù entrò con descrizione, senza fare rumore.
«Come sta adesso?»
«Si è addormentata» rispose l’angelo. «E sono preoccupato. Come può aver perso il suo potere? Così ci è nata, non pensavo nemmeno che si potesse portare via, un dono del genere.»
Ad Aziraphale vennero in mente mille scenari diversi. Forse qualcuno dell’Inferno o del Paradiso non si era arreso all’idea di eliminare El e aveva trovato un modo per toglierle potere. Ma tra la sua famiglia e gli altri vigeva una sorta di silenzioso accordo per cui uno non avrebbe infastidito l’altro. Gli scenari aumentavano, se si considerava che viaggiando nel tempo poteva accadere qualsiasi cosa.
«No, dubito sia successo» disse Crowley. «Vedi come sta El, no? È in stato confusionale, ma che qualcuno le abbia portato via il suo potere… è ridicolo!»
Ridicolo, ma non impossibile.
Decisero comunque di lasciare El riposare, avrebbero capito cosa fare l’indomani. O quando si fosse ripresa.
Fuori non aveva smesso di piovere, anzi, la pioggia era diventata quasi minacciosa.
«Credo che per noi sia arrivato il momento di tornare a casa» disse Belzebù. «Ma fateci sapere se El si riprende. Se… insomma. Se possiamo fare qualcosa.»
«Ti ringrazio, ma al momento vorremmo solo capire» disse Aziraphale con un sospiro.
Ariel, sul pavimento, stava gattonando in libertà, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Svelta, la sua manina si artigliò attorno ad una busta umida che era scivolata un’ora prima sotto la porta.
«Ehi, cos’hai lì? Che non ti venga in mente di mangiarla» intervenne subito Gabriel, sfilandogliela dalle mani. «Ah, è una lettera per voi. Ma oramai sarà bagnata fradicia.»
«Ah… sì, grazie. La leggeremo dopo, magari» disse Crowley con un brusco cenno del capo.
Rimasti soli, Aziraphale mise ad asciugare i vestiti fradici di El, mentre Crowley si rigirava tra le mani il taccuino in cui la figlia appuntava le sue idee. Non osava aprirlo, perché sarebbe stato come entrare in un mondo che non gli apparteneva. Né lui né Aziraphale erano pronti all’idea di affrontare qualcosa di orribile. Non che riguardasse El, quanto meno.
«Forse avremmo dovuto prestare più attenzione» disse ad un tratto l’angelo, riscuotendolo dai suoi pensieri. «So che El è indomabile e potente, ma è così giovane e…»
«Oh no, angelo. Non ti permetterò di darci la colpa. Non potremo certo esserci ogni istante per proteggerla. Per quanto… la cosa mi dia fastidio, ma oramai ci sono sceso a patti molto tempo fa» tentò di rasserenarlo Crowley. In realtà condividevano gli stessi sensi di colpa. Lo stesso senso di impotenza. Perché pur essendo un demone e un angelo, c’erano delle cose che nemmeno loro potevano fare. O impedire.
«Io credo di doverci ancora scendere a patti. Però, non è necessario disperarsi prima del tempo, no? Oh, magari quando El si sveglierà avrà fame. Meglio prepararle qualcosa.»
Aziraphale si dipinse un sorriso tirato sul viso. E fece quello che lui e Crowley potevano fare, ovvero aspettare. Crowley sbuffò nervoso, poi si alzò e rivolse le sue attenzioni alla busta umida poggiata su una mensola. La prese distrattamente, non si leggeva quasi per nulla il destinatario. Quando l’aprì, una farfalla dalle ali nere e arancioni, si posò sulla sua mano.
«Ma che cosa… Ehi, Aziraphale. Hai mai visto niente del genere?»
Aziraphale alzò lo sguardo dal suo libro di ricette. Vide la farfalla e poi la lettera che Crowley teneva in mano.
«Quella è una farfalla.»
«Lo so che è una farfalla! È uscita da questa busta. Penso sia una lettera.»
«E cosa c’è scritto?»
«Amh… l’inchiostro è un po’ rovinato, ma dovrei riuscire a leggere… Vediamo: Questa è una lettera d’emergenza inviata all’angelo Aziraphale e al demone Crowley direttamente da vent’anni nel futuro… che cosa?»
Una lettera che veniva dal futuro, da vent’anni in là nel futuro, sembrava una cosa ridicola. O sarebbe sembrata tale in circostanze diverse.
«Continua a leggere» disse Aziraphale, sentendo il cuore accelerare.
«Eh? Ah, sì. È richiesta la vostra immediata presenza qui nel futuro. Se volete aiutare El, dovete assolutamente fare quello che vi dico, potrebbe essere l’unico modo. Sai cosa? Questo mi sa tanto di fregatura. Sotto c’è qualcosa di losco.»
«Non c’è scritto chi la manda?»
«Non riesco a leggere niente. Ma anche se fosse, io non mi fiderei.»
Suo marito non aveva certo torto, pensò Aziraphale.
«Dice altro?»
«Sì che dice altro. Le cose qui vanno male. Vanno molto male ed El ha bisogno di ritrovare la retta via, ma oramai so per certo che da sola non può farcela. La farfalla che vi ho mandato in allegato alla lettera può portarvi qui nel futuro. Almeno spero, in realtà non ho mai provato, quindi non so se funzionerà… ma deve funzionare!»
Chiunque avesse scritto quella lettera, sembrava fin troppo sincero e preoccupato per El. E il fatto che fosse arrivata proprio il giorno in cui sua figlia era crollata davanti ai suoi occhi dicendo di aver perso il proprio potere, doveva significare per forza che le due cose fossero collegate.
Sentì quasi il respiro mancargli.
«No. È davvero più assurdo di quanto pensassi» Crowley osservò la farfalla adagiata sulla sua mano. Non accennava a scappare, né a muoversi.
«Considerando tutto il contesto, non lo trovo assurdo…» ammise Aziraphale. Crowley gli rivolse uno sguardo sgomento.
«Non starai pensando di andare, vero? Non abbiamo alcuna certezza di quello che ci succederà.»
«Non l’aveva nemmeno El quando è venuta dal futuro per salvarci» dichiarò Aziraphale, serio. A Crowley si bloccò il respiro in gola. In effetti, se una bambina aveva viaggiato nel tempo, affrontando mille dolori e pericoli, perché non avrebbero potuto farlo loro?
«Aziraphale, io… è che stanno succedendo troppe cose tutte insieme! Non possiamo permettere che ci capiti qualcosa. Se proprio dobbiamo farlo, uno dei due dovrebbe rimanere qui.»
«È richiesta la nostra presenza, di entrambi» l’angelo gli si avvicinò, afferrandogli con impeto le mani. «Non so perché, ma non posso pensare che sia un inganno. Sarà l’istinto o quello che vuoi, ma se davvero El ha smarrito la sua strada – qualsiasi diavolo di cosa voglia dire – allora ha bisogno di noi, di tutti e due. Non pensi che sia un rischio che vale la pena correre?»
Oh, Aziraphale aveva ragione. Per quanto più riflessivo, su certe cose era disposto a buttarsi più rispetto ad altre. Per El di certo si sarebbe buttato nel fuoco. E anche lui. Anche se questo voleva dire intraprendere un viaggio nel tempo sotto consiglio di un perfetto sconosciuto, andando incontro a chissà quali pericoli.
«È un rischio che vale la pena correre» ripeté a bassa voce.
 
 
Gabriel non era molto felice di essere stato chiamato nel bel mezzo della notte. D’accordo che era sempre molto disponibile, ma così forse era un tantino troppo. Non solo, era anche stato chiamato con urgenza da Crowley e Aziraphale per sentirli discutere circa un fantomatico viaggio nel tempo per salvare El. Era, insomma, chiaro il suo sgomento. Belzebù invece non pronunciava parola alcuna, né lasciava trapelare emozioni. Si limitava ad ascoltare, con Ariel in braccio.
«Bene, quindi volete salvare El. Salvarla… da cosa?» domandò Gabriel.
«Non lo sappiamo» rispose Aziraphale.
«E come?»
«Non lo sappiamo» disse Crowley, spazientito.
«Però. Un piano ben congeniato, il vostro» commentò, assonnato.
«Oh, lo so che è una pazzia. Ma sento che dobbiamo andare. È tutto scritto in questa lettera! E poi quella farfalla… beh, non so come, ma è il nostro biglietto di viaggio.»
Belzebù assottigliò lo sguardo, leggendo le parole dall’inchiostro sfocato e lanciando uno sguardo alla farfalla ora poggiata alla spalla di Crowley.
«Non so perché, ma anche io ho la sensazione che dovrebbero andare. O quanto meno provarci.»
Gabriel sospirò. Se quello era l’unico modo per salvare El da un infausto destino, allora andava fatto.
«E va bene. Ma noi come possiamo aiutarvi?»
«Dovrete stare con El mentre non ci siamo» disse Crowley.
Belzebù sorrise.
«È passata una vita dall’ultima volta che le abbiamo fatto da baby-sitter. D’accordo, non dovete temere. Ci prenderemo cura di El e la proteggeremo da eventuali pericoli.»
«E mi auguro che voi facciate lo stesso. Giusto?» domandò Gabriel.
Crowley si alzò, sgranchendosi le gambe.
«Puoi scommetterci, razza di ex Arcangelo dei miei stivali. Allora, Aziraphale? Vogliamo fare questa cosa?»
 
 
Prima di fare qualsiasi cosa, prima del salto nel buio, era indispensabile salutare El. Avevano concordato che sarebbe stato meglio non informarla di tutti i dettagli, per evitare di agitarla ulteriormente.
Quando rientrarono nella sua camera, l’acchiappasogni sopra il letto di El si mosse appena. E lei aveva aperto appena gli occhi.
«Oh, El. Tesoro, ti sei svegliata. Ti senti più in forze?» domandò l’angelo, sorridendo.
«Mi sento… uno schifo» mormorò El. «Io non riesco a ricordare cosa è successo… però… non riesco più a… a…»
«Non devi sforzarti» la interruppe Crowley con dolcezza. «E non devi preoccuparti. A questa cosa penseremo noi.»
El aggrottò la fronte. Nonostante la febbre, i suoi occhi bicromatici rimanevano vispi.
«Voi due? Oh, ma cosa volete combinare?» piagnucolò. Ad Aziraphale venne da ridere. Sembrava quasi che fosse lei la madre e loro i figli. Ma anche loro avevano la tendenza a cacciarsi nei guai. Quindi forse aveva anche senso.
«Adesso staremo via per un po’. Belzebù e Gabriel staranno con te. E ti promettiamo che tutto sarà risolto, quando torneremo» promise Crowley di getto. Una promessa azzardata non sapeva nemmeno a cosa sarebbero andati incontro. Ma ad El voleva dare almeno una speranza, una certezza.
El sospirò, chiudendo gli occhi.
«Fate attenzione, okay?»
Aziraphale le baciò la fronte.
«Puoi scommetterci.»
Adesso, di sicuro, non si tornava più indietro. Non letteralmente, si augurarono.
 
 
La farfalla dalle ali arancioni e nere era adagiata sul taccuino di El. Quando Crowley allungò un braccio, vi si poggiò.
«Non posso ancora realizzare che stiamo per farlo. Sarò un demone, ma il viaggio nel tempo mi mancava ancora.»
Aziraphale strinse la sua mano, guardandolo negli occhi.
«Sono preoccupato, Crowley.»
«Ma no, El starà benissimo.»
«Non è questo. Sono preoccupato per quello che troveremo nel futuro.»
«Ah, sì. Ma come abbiamo già imparato, il futuro non è scritto. Vale anche questa volta.»
I suoi occhi erano carichi di preoccupazioni e dubbi. E nonostante ciò, non faceva altro che rassicurarla. Portare speranza, a tutti loro.
L’angelo annuì.
«Sì, anche questa volta.»
La farfalla, ora sulle loro dita, batté le ali una volta soltanto.
 
 
Aziraphale e Crowley si erano chiesti molto spesso cosa si provasse a viaggiare nel tempo. El lo aveva sempre descritto come la sensazione di un attimo di vuoto seguito da un’esplosione. E in effetti fu proprio così. Un attimo di vuoto e buio, seguito da un vento violento contro il viso. Anche il rumore di un boato o forse quello se l’erano immaginati. Fu una sensazione stranissima, capace perfino di sorprendere un angelo e un demone millenari come loro. Sembrava fosse successo tutto in un istante, eppure pareva anche che fossero passati anni. Quando si staccarono, sopra di loro non pioveva. C’era una bella giornata, il sole era alto in cielo e a giudicare dai colori intorno a loro, doveva essere autunno.
«Ha funzionato?» domandò Aziraphale, avvertendo un lieve giramento di testa.
«Beh, di sicuro non siamo più a casa nostra. Quindi, in qualche modo ha funzio-»
Il rumore prolungato di un clacson. Si trovavano in mezzo ad una strada!
Aziraphale lo afferrò d’impeto e lo trascinò con sé sotto una tettoia.
«Merda, vogliamo scherzare?» imprecò il demone. «È fuori di testa. Tutto, intendo.»
Aziraphale sospirò, sistemandosi la giacca. Era certo che non fossero più nel loro presente, ma come scoprire se si trovavano dove effettivamente dovevano essere? Gli venne in mente la cosa più logica che potessero fare.
«Casa nostra. Proviamo ad andare lì, qualcosa scopriremo di certo.»
Qualcosa di non troppo negativo, si auguravano.
Era necessario trovare El, innanzitutto. Ed era certo che l’avrebbero trovata nel loro cottage, non poteva essere da nessun’altra parte.
I due percorsero il sentiero non asfaltato che attraversava la campagna. Su una collinetta si trovava il cottage e furono sollevati quando videro che in effetti esisteva ancora.
«Mi sembra… piuttosto uguale a come l’abbiamo lasciata» commentò Crowley. Anche se in effetti c’era qualcosa di un po’ strano. La casa era silenziosa, forse troppo. Come se non ci vivesse nessuno. Ma non sembrava abbandonata, il prato era potato e l’orto curato.
«Meno male, almeno una certezza!» Aziraphale provò ad aprire, senza però riuscirci. Probabilmente nessuno era in casa in quel momento, quindi nemmeno El? Si aiutò con un piccolo miracolo per entrare. Una volta dentro, sia lui che Crowley si resero conto che era tutto perfettamente in ordine. La disposizione della mobilia era diversa, le piante di Crowley erano rigogliose come al solito. Ma che fine avevano fatto le librerie strapiene che Aziraphale ed El tanto adoravano?
Crowley schioccò la lingua.
«Ah, te lo dico io, angelo. Qui c’è puzza di bruciato.»
«… Di biscotti alla cannella» disse Aziraphale.
«Guarda che non intendevo letteralmente.»
«E io ti dico che letteralmente c’è odore di biscotti alla cannella!»
Quindi c’era qualcuno. E il loro sospetto fu confermato immediatamente dopo: un rumore assordante, qualcosa doveva essere caduto sul pavimento della cucina. Poco dopo, una ragazza apparve davanti a loro. Sembrava una campagnola, con quel vestito a fiori e le mollette a forma di farfalla nei capelli.
«Oh, accidenti. Siete tornati?» domandò.
Crowley si lasciò andare ad una risatina nervosa.
«Certo che siamo tornati, ma tu chi sei?»
La ragazza sgranò gli occhi, guardandoli più attentamente.
«No, aspettate. Non siete voi. Cioè… siete i voi del passato. Questo vuol dire che la mia lettera ha funzionato!»
Ecco dunque la persona che aveva inviato loro la lettera e che li aveva – a quanto sembrava – spediti vent’anni più avanti.
«Sei stata tu? Ma non capisco, tu… ci conosciamo?»
Crowley si accorse che quelli nei capelli della ragazza non erano fermargli, bensì farfalle vero che sbattevano delicatamente le ali. Eppure c’era qualcosa nel suo sguardo, nei suoi occhi e nel suo sguardo che gliela rendeva fin troppo familiare.
Lei sorrise, in modo timido.
«Non mi riconoscete? Sono io, Ariel!»
Ariel? La stessa Ariel a cui facevano da baby-sitter? La graziosa neonata dalle ali grigie che svolazzava ovunque? Quell’Ariel? Ma non c’erano dubbi. Gli occhi azzurri con sfumature viole erano proprio quelli. Incastonati in un viso tondo e giocoso, circondato da lunghi capelli neri. Sì, quella era proprio la piccola Ariel. Crowley la squadrò e poi guardò suo marito.
«Mi sbagliavo. Questo è fuori di testa.»
Ariel sospirò.
«Sentite, i biscotti sono quasi pronti. E stavo preparando del tè. Credo che ci vorranno, perché abbiamo delle cose di cui parlare.»
Aziraphale non aveva ancora riferito una singola parola. Se era già così sconvolto, come avrebbe affrontato il resto?


NDA
E così, Aziraphale e Crowley sono arrivati nel futuro, dove prima di tutto incontrano Ariel. Mi piaceva che fosse lei a mettere in moto il viaggio nel tempo, anche perché El - per ovvi motivi - da questo punto di vista non può fare nulla. Ancora non si sa cosa sia successo a El, ma si può immaginare viste come sono andate le cose... Spero che questo capitolo vi abbia incuriositi ;)
Nao

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Capitolo 3
*** Post biscotti alla cannella ***


Post biscotti alla cannella
 
La cannella pizzicava lievemente la lingua, eppure quei biscotti risultavano comunque piacevoli. Prendere un tè nel proprio soggiorno, nella loro casa, ma vent’anni nel futuro. Era una cosa che Aziraphale e Crowley avrebbero aggiunto alla lista di cose straordinarie vissute nella loro vita.
Ariel, che sorseggiava tè davanti a loro, era la creatura più timida e adorabile che avessero mai visto.
«Ecco… non so da dove cominciare, quindi cercherò di rimettere a posto le idee» sospirò la ragazza. «Quella lettera ve l’ho spedita io, ma non ero sicura funzionasse. Anche se sono per metà angelo e per metà demone, non ho gli stessi poteri di El. Non me la cavo molto bene con i viaggi nel tempo, però qualche volta riesco a far viaggiare qualcosa attraverso il tempo. Però richiede un grande dispendio di energie. I miei poteri sono più legati… alla natura, diciamo.»
I due ascoltavano la sua vocetta melodiosa, senza ancora riuscire a credere a ciò che stavano vedendo e ascoltando.
«Nella lettera dicevi che El ha… perso la sua strada» disse Aziraphale.
«Oh, infatti. È perché ha perso la sua capacità di viaggiare nel tempo. Non l’hai mai riacquisito e quindi… la cosa ha poi influenzato tutta la sua vita.»
Venire a sapere che El avesse perso la sua dote speciale fu scioccante, ma davvero era solo questo? Con o senza quel suo potere, El rimaneva comunque El. Com’era potuto succedere?
«Cosa le è successo?» domandò Crowley, serio e teso.
«Ah, non preoccupatevi. El sta bene. Più o meno. È che ha iniziato a frequentare cattive compagnie. Quando ero più piccola, eravamo molto unite, ma da qualche tempo… mi spaventa, non so come prenderla. Ecco perché ho chiesto aiuto ai voi del passato.»
Quella rivelazione non fece che aumentare il numero delle domande che il demone e l’angelo avevano. E che fine avevano fatto i loro stessi di quel futuro? Davvero Ariel era stata costretta a rivolgersi a loro?
Aziraphale si alzò, guardandosi intorno.
«Amh, Ariel… questa è casa nostra. Come mai ci vivi tu?»
Lei sorrise.
«Ah, ma io non ci vivo, vivo con i miei non molto lontano da qui. Però ogni tanto vengo qui per prendermi cura dell’orto e delle piante di zio Crowley, non mi ha raccomandato altro.»
«Sì, questo è proprio da me» disse Crowley. «Ma mi chiedo che fine abbiano fatto le nostre controparti di qui.»
«Ecco… non siete qui, al momento. Ascoltate!» Ariel arrossì. «Ci sono delle cose che non spetta a me dirvi. Quando vedrete El, sarà tutto più chiaro.»
Crowley si tolse gli occhiali. Era evidente che stava fremendo, che era preoccupato, che voleva sapere a tutti i costi cosa fosse capitato a El.
«E va bene, Ariel. Dicci dove possiamo trovarla.»
 
 
Si erano aspettati di tutto, ma non di certo che El potesse trovarsi in un pub che pareva molto poco raccomandabile. Alle sei del pomeriggio, per giunta. Già questo rappresentava un indizio piuttosto importante.
«Amh… un posto delizioso, eh caro? Forse qui El viene per scrivere o trovare la concentrazione» disse Aziraphale a disagio. Ma non ci credeva nemmeno lui.
«Dubito fortemente che sia qui. Oh, ma mi sentirà» borbottò Crowley. Si era dimenticato che lì El doveva avere più di trent’anni, non era quindi una bambina da un po’. Ma poco gli importava, era assolutamente scandaloso.
Il pub si chiamava The pony’s tale, dentro la luce era soffusa e l’aria impregnata di alcun e fumo di sigarette. Era un colpo al cuore pensare che la loro bambina fosse in un posto come quello a fare chissà cosa.
«Secondo te Ariel si è sbagliata?» domandò l’angelo.
«Io ho la sensazione che non solo non si è sbagliata, ma che non siamo pronti a quello che vedremo. Vuoi da bere?»
«Crowley, ti sembra il momento?!» chiese Aziraphale a voce troppo alta, facendo voltare molte teste nella sua direzione. E arrossì. Crowley qualcosa da bere la prese comunque, aveva detto che l’alcol lo avrebbe aiutato meglio. Insieme al suo angelo, si era seduto ad un tavolo appartato.
«Io non capisco, come abbiamo potuto permettere a El di prendere una cattiva strada?» cominciò a sproloquiare il demone. «Siamo sempre stati presenti, accorti… pronta ad ascoltarla.»
«Io non so, Crowley. Penso che sia qualcosa che nemmeno noi possiamo controllare.»
«Beh, comunque le farò un bel discorso, appena la vedrò» decise Crowley. Ci provava sempre ad avere una certa autorevolezza, cosa in cui molto spesso falliva a causa del suo cuore fondamentalmente tenero.
Ad un tratto un rumore attirò le loro attenzioni. Qualcuno era entrato e si era avvicinato al bancone per ordinare da bere. Era una donna bellissima, vestita di nero e dal trucco pesante sugli occhi e sulle labbra. I riccioli le arrivavano in vita e i suoi occhi… oh, i suoi occhi! Se non fosse stato per la loro particolarità, Crowley e Aziraphale non avrebbero mai creduto che quella donna dallo sguardo truce e malizioso fosse la loro piccola El. Che oramai di piccolo aveva ben poco. In effetti non si erano soffermati a pensare a come sarebbe stata fisicamente. Per questo erano rimasti sorpresi. El aveva una camminata un po’ sbilenca e annoiata, sembrava un po’ la versione femminile di Crowley ma con i tratti più morbidi. Andò a sedersi da sola.
«Quella è la nostra El…?» domandò Aziraphale, commosso. «È diventata una donna bellissima.»
«E ha uno stile incredibile. Sempre detto che il look gotico le sarebbe stato bene.»
«Dovremmo avvicinarci a lei e parlarle» disse Aziraphale. Sì, e poi cosa? Dirle ehi ciao, veniamo dal passato e siamo qui per risolvere i problemi che a quanto pare non siamo riusciti a risolvere.
«Tesoro, senti, perché non vai prima tu?» domandò rivolgendosi a Crowley.
«Io? Non avrai mica paura!»
Era terrorizzato. Quella non era la El che conosceva, poco ma sicuro.
«E va bene, allora andiamo insieme» decise l’angelo.
Si rese ben presto conto che molti occhi eran puntati su El. Per forza, non solo possedeva una bellezza divina, ma emanava anche un’aura forte. Crowley iniziava a essere nervoso.
«Non mi piace come viene guardata. Non è un pezzo di carne. Aziraphale, fammeli punire come si deve!»
«Per quanto io sia d’accordo con te, ripeto che non è il momento!»
Un uomo si stava avvicinando ad El, per quale intenzione fu ahimè fin troppo chiaro sia ad Aziraphale che Crowley.
«Solo un piccolo miracolo!» sibilò Crowley a denti stretti.
«El è adulta, immagino sappia cavarsela da sola!» gemette.
E non si era sbagliato. Oh, non si era sbagliato per niente. L’uomo si era chinato per sussurrarle qualcosa. El non aveva cambiato espressione, ma nei suoi occhi era ad un tratto apparso un guizzo maligno.
La sua mano si era mossa velocissima sulle costole dell’uomo. Per un attimo, Aziraphale e Crowley temettero che avesse perforato il suo corpo, ma per fortuna non si era spinta a tanto.
«Però, El si sa davvero difendere» disse Crowley ammirato e anche un po’ intimorito. Nemmeno lui era solito a usare una tale forza.
El si passò una mano tra i capelli.
«Una donna adesso non può nemmeno bere in pace? Ma chi vi credete di essere?»
Aziraphale si fece coraggio e si schiarì la voce, avanzando verso di lei.
«Ciao, El» sussurrò. Sua figlia spostò piano lo sguardo e assunse un’espressione indefinibile. Di shock, sgomento. E immediatamente dopo, rabbia.
«Siete tornati?» domandò, atona.
Ariel aveva avuto la stessa reazione. Si può sapere dov’erano andati in quel futuro?
«Siamo tornati dal passato, vorrai dire» rivelò Crowley. Era davvero stranissimo trovarsi dall’altro lato. Trovarsi in un punto del tempo che non gli apparteneva ancora. El li guardò, con le guance leggermente arrossate. Non pensò nemmeno per un istante che stessero mentendo. E per questo, fu molto più difficile.
 
El uscì dal Pony’s tale a grandi falcate e a pugni chiusi. Improvvisamente aveva assunto una postura perfettamente dritta. Aziraphale e Crowley la stavano seguendo, non si erano certo aspettati una reazione del genere, anche se forse avrebbero dovuto.
«El. Emma Lyra!» la chiamò l’angelo. «Fermati, vuoi ascoltarci?»
«Sinceramente? No, non voglio!»
«Cosa?! Un momento!» Crowley l’afferrò per un braccio. «Siamo venuti qui dal passato esclusivamente per aiutare te, forse meritiamo di essere ascoltati!»
El gemette, lanciandogli uno sguardo di sfida. Era davvero diversa dalla bambina allegra e solare che avevano cresciuto, quasi sembrava un’estranea.
«Come avete fatto ad arrivare qui?» sibilò. Crowley allentò la presa.
«Ariel ci tiene molto a te. Ha trovato un modo molto ingegnoso di portarci qui.»
Sua figlia alzò gli occhi al cielo.
«Ariel si preoccupa sempre troppo per me» borbottò, ma con una nota d’affetto nella voce. «Non era necessario, io sto bene.»
«Ma non a giudicare da quello che ci ha scritto nella sua lettera. O da quello che vediamo» commentò Aziraphale. Era assurdo, non sapeva come porsi o cosa dire. Doveva imparare a conoscere quella versione di sua figlia, diversa da quella che conosceva. Di questa versione, non conosceva niente. El si rilassò appena.
«E va bene. Allora andiamo a casa mia.»
L’angelo sospirò. A giudicare da quello che aveva visto e sentito, i loro rapporti dovevano essere piuttosto tesi. Oh, ma cosa avevano combinato lui e Crowley, questa volta?
«Bellissima idea. Dove vivi? È qui vicino?» chiese il demone.
«Abbastanza, ma preferisco andarci con la mia auto»
El tirò fuori un mazzo di chiavi e si avvicinò ad un’auto incredibile. Una Maserati nera opaca dai vetri oscurati, notò Crowley. Sua figlia doveva essere piuttosto ricca per mettersi un’auto del genere Certo, per lui non era bella quanto la sua amata Bentley, ma aveva comunque stile.
«Però, si tratti bene, eh?» domandò ammirato. El fece un sorrisetto.
«Ovviamente. Allora, volete salire o no?»
Aziraphale salì cautamente nell’auto. Aveva la sensazione che El avesse ereditato il modo folle di guidare di Crowley, ma dieci volte peggio. E in effetti non si era sbagliato. Quando sua figlia mise in moto l’auto, avvertì il rombo del motore e un secondo dopo ecco che sfrecciavano in mezzo alla strada e al traffico di Londra.
«El, non pensi di correre troppo?» domandò Aziraphale.
«E allora? So quello che faccio.»
«Sì, angelo. E poi è divertente» disse Crowley, tranquillo. Suo marito quanto meno si stava divertendo, perché lui di sicuro no.
 
Il viaggio in auto era stato tremendo, El non aveva il minimo senso delle leggi autostradali. Li aveva condotti in un appartamento moderno e spazioso, forse un po’ troppo spoglio. Un’abitazione del genere non rientrava nei gusti della El che conoscevano.
La El che conoscevano amava i colori, i fiori, era disordinata e gioiosa. Nulla a che vedere con quella casa fredda e asettica, eccezion fatta per alcuni disegni colorati attaccati al frigo. Chissà da dove venivano?
«Ah, mia cara. Un posto accogliente, non c’è che dire» disse Aziraphale a disagio, stando attento a non toccare niente. El si sedette sul divano di pelle, accavallando le gambe.
«Beh? Da cosa mi siete venuti a salvare? Come vedete, la mia vita va benissimo, sono ricca e realizzata» disse annoiata.
«Che cosa fai per vivere?» domandò Crowley.
«Il mio lavoro di copertura è avvocato divorzista. È sempre divertente assistere alla fine di un amore che non funziona» rispose con soddisfazione.
Beh, El doveva essere un avvocato davvero capace se poteva permettersi di vivere in tali agi. Ma anche questa, non era una cosa da lei. E poi, cos’era quella storia è divertente assistere alla fine di un amore che non funziona? Era a dir poco crudele.
«Ah, sì. Delizioso» commentò Aziraphale. «E il lavoro… emh… quello vero?»
El batté le palpebre. Si alzò e andò verso una vetrina, tirando fuori una bottiglia di whiskey.
«Sono per metà demone e per metà angelo. E sono molto potente, quindi faccio quello che fanno quelli come noi. Lavoro per l’inferno, compio miracoli demoniaci, tento le persone. Oh, adoro tentare le persone, so essere molto… persuasiva» sussurrò.
Crowley dovette sedersi. Non voleva nemmeno cogliere l’allusione di El. E inoltre, il fatto che avesse intrapreso quella strada…
«Ma da quando lavori per l’inferno?» chiese l’angelo. «E poi… perché?»
«Perché la fazione angelica preferisce far finta che io non esista?» domandò El versandosi un bicchiere di Whiskey. «Beh, peggio per loro. Vuol dire che solo i demoni vanteranno un prodigio tra le loro file.»
Azitaphale dovette sedersi. Gli girava la tesa, troppe notizie tutte insieme. El non era mai stata interessata a quel genere di cose. No, l’unica cosa che voleva era vivere un’esistenza normale, leggere libri, passeggiare per le campagne. Non servire una fazione o l’altra!
«El… perché?» sussurrò Aziraphale. Lei fece spallucce.
«Perché cos’altro posso fare? Che c’è, padre? Non sono diventata ciò che ti aspettavi? A volte ci illudiamo e poi rimaniamo delusi. È successo anche a me.»
Era stata così distaccata da ferirlo. Da ferirli entrambi.
«È perché hai perso il tuo potere» Crowley lo disse, non lo domandò. Vide gli occhi di El inumidirsi, ma la figlia riprese immediatamente il controllo di sé.
«Era solo uno dei miei poteri, rimango comunque molto capace e si vede. Quello era però la cosa che rendeva me… me. Beh!» El posò il bicchiere vuoto. «Ma oramai è andata. A questo punto non potete cambiare le cose, quel che è successo è successo. Quindi potete tornare a casa.»
Crowley guardò Aziraphale. E l’angelo guardò il demone a sua volta. Era chiaro che nessuno dei due sarebbe andato da nessuna parte.
«Emma Lyra» disse Crowley. «Non ho idea di cosa sia successo, ma se non vuoi spiegarcelo con precisione, lo scopriremo. Noi di qui non ci muoviamo.»
Il suo era uno di quei toni che non permetteva repliche. El alzò gli occhi al cielo.
«Voi non capite, non potete stare qui.»
«E perché mai? Hai qualche segreto?» chiese il demone, già sul piede di guerra.
Questo futuro in cui Crowley ed El bisticciavano ed erano tremendamente simili avrebbe potuto essere divertente, se solo non fosse stato così tragico.
«Mamma, sono tornata!»
Una bambina di circa cinque anni spinse la porta. Aveva dei graziosissimi boccoli biondi e gli occhi azzurri con leggere sfumature dorate. Aziraphale e Crowley non riuscirono a muoversi per lo shock. La bambina sorrise, curiosa.
«Mamma, chi sono queste persone?»
Che diavolo. Avevano sentito male o quella bambina aveva chiamato El mamma?

NDA
Ebbene sì. El ha una figlia, gli ineffabili hanno una nipote, le sorprese non finiscono. E no, il fatto che El sia diventata oscura non è la cosa peggiore, quella verrà svelata nel prossimo capitolo. Qui però almeno avrete un'idea di cosa è successo.

 
 

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Capitolo 4
*** La peggior notizia ***


La peggior notizia
 
Aziraphale, Crowley ed El rimasero ad osservare quella deliziosa bambina in silenzio. Fu El ad un certo punto a interrompere il silenzio e chinarsi sulla bambina con fare affettuoso.
«Mayram, ma cosa ci fai a casa a quest’ora?»
«Oggi finivamo prima, lo zio Gabriel mi ha detto di salire su dritta dritta. Ma chi sono queste persone?»
Crowley si tolse gli occhiali. Non si sentiva molto bene. Per tutti i diavoli, El era madre. Lui e Aziraphale avevano una nipote. QUESTO sì che era fuori di testa.
«Sono, ecco…emh… amici, sono venuti e trovarmi» spiegò El.
Amici? Se li stava presentando come tali, questo voleva dire che Mayram non li aveva mai conosciuti, il che era assurdo. Perché non avrebbero dovuto conoscere la loro unica nipotina? Che la situazione fosse molto più seria del previsto?
Mayram si avvicinò al demone e all’angelo, sorridendo.
«Ciao! Io mi chiamo Mayram e ho cinque anni e mezzo. E voi come vi chiamate?»
Sì, era senza dubbio una bambina deliziosa. Ricordava molto El, anche se in lei c’erano anche tratti che non riconoscevano.
«Io… io mi chiamo Aziraphale e lui è Crowley. È un vero piacere conoscerti, Maryam» disse l’angelo, ancora un po’ stordito. Anche se non quanto Crowley, il quale si era seduto su una sedia, con una mano sulla testa.
«Oh! Il tuo amico sta male?»
«Sì, mi sto sentendo molto male, infatti» ammise il demone. El alzò gli occhi al cielo.
«Tesoro, perché non vai in camera tua? Ti porto la merenda tra poco.»
Mayram fece spallucce e salutando i due ospiti corse in camera sua.
El si ritrovò ben presto lo sguardo dei genitori su di lei. Aveva sperato di non dover dare spiegazioni circa quel piccolo dettaglio.
«Tu hai una figlia» iniziò Crowley. «Ma io non posso essere un nonno. I nonni sono anziani, con la dentiera e giocano il venerdì sera a Bingo. Io suono la chitarra, guido una Bentley e sono in forma.»
Aziraphale lo guardò come a volergli dire ma non è questo il punto!
Certo, era abbastanza strano, ma non era comunque la cosa più importante.
«El… tua figlia non ci conosce» disse l’angelo serio. El sembrò a disagio. Iniziò a sistemare le stoviglie in cucina, giusto per non doverli guardare negli occhi.
«Senti, i nostri rapporti si sono parecchio… ecco, sono cambiati! E per quanto riguarda Mayram, è meglio così. Vorrei non avesse niente a che fare con questo mondo.»
«È il nostro mondo, ed è anche il suo. È in parte demone e angelo, come te. Questo non lo puoi cambiare» Aziraphale si avvicinò, sfiorandole un braccio. El si scostò.
«Lo so. I suoi poteri stanno iniziando a manifestarsi e glielo spiegherò al momento opportuno, ma non adesso. Voglio tenerla al sicuro, perché è questo che è un bravo genitore fa.»
Crowley colse la frecciatina e immediatamente lo shock di poco prima lasciò posto ad una rabbia furente.
«Che cosa vorresti dire? Mi pare che abbiamo sempre fatto il possibile per te. Non è colpa nostra se hai perso la tua capacità di saltare nel tempo. E non mi sembra un buon motivo per essere… beh, così!»
El corrugò la fronte. Dovevano farsene una ragione, Aziraphale e Crowley: quella non era la bambina dolce e affettuosa che avevano lasciato nel passato, ma una donna disillusa e arrabbiata e la colpa era anche loro a quanto pare.
«Se non vi dispiace, adesso devo andare a lavoro» dichiarò El freddamente. Crowley fece per ribattere, ma suo marito gli poggiò una mano sulla spalla per quietare il suo spirito. Sarebbe stato inutile continuare a discutere, erano lì per aiutare El, non per peggiorare le cose. Dunque era meglio lasciarla da sola al momento.
 
Usciti dall’appartamento della figlia, Crowley e Aziraphale stavano rimettendo a posto le idee. Primo punto: Emma Lyra era una donna potente e temibile, che lavorava per i demoni. 2 Aveva una figlia. 3 In quel futuro, loro figlia li odiava a morte. Erano tante notizie da elaborare in così poco tempo.
«Questo futuro è orribile. Non possiamo tornare indietro e basta? Se sappiamo cos’accadrà, basterà evitarlo» suggerì Crowley.
«Sì, ma il problema è il come evitarlo. Inoltre, è tutto troppo vago. Ariel ci ha mandato da El perché diceva che sarebbe stato compiuto suo parlarcene, però… lei non vuole parlare con noi.»
Crowley si passò una mano tra i capelli, lamentandosi.
«Quanto ci può odiare? Nostra nipote nemmeno ci conosce.»
«Nostra… giusto! Gabriel l’ha presa da scuola e l’ha riportata a casa. A questo punto andiamo da lui. Ho bisogno di una faccia amica e di qualcuno che mi spieghi finalmente le cose come stanno.»
In effetti, Gabriel e Belzebù rappresentavano le uniche certezze stabili della situazione, per cui dovevano trovarli. Furono molto felici di constatare che i due vivevano sempre nella stessa casa, una graziosa abitazione in città. Quando bussarono alla porta, li accolse un Gabriel che portava sul naso degli occhiali da lettura.
«Aziraphale? Crowley? Voi siete tor»
«Non siamo tornati da nessuna diavolo di parte, d’accordo?!» borbottò Crowley entrando. «Siete gli unici adulti responsabili su cui possiamo fare affidamento.»
Gabriel si aggiustò gli occhiali.
«Non capisco, voi due siete tornati insieme?»
«Ma che cosa vuol dire che siamo… cosa?» Crowley abbassò ad un tratto la voce. «Che cos’hai detto?»
Quella non era la notizia che si erano aspettati di sentire. In effetti, avevano avuto parecchie sorprese, ma quella era la più terribile. La più nefasta.
«Gabriel, ma si può sapere chi…è…?» Belzebù raggiunse Gabriel e guardò i due. «Ah. Voi non siete di quest’epoca, dico bene?»
Aziraphale fu ben felice che Belzebù avesse capito da sé. Non avrebbe avuto comunque modo di spiegargli niente, sconvolto per com’era. Che cosa aveva voluto dire Gabriel? L’orribile sensazione (in realtà quasi certezza) che lui e Crowley in quel futuro si fossero lasciati, iniziò a diventare realtà.
 
 
«Ah, capisco. Quindi è stata Ariel a portarvi qui. Sì, ha sempre gli stratagemmi più ingegnosi» disse Gabriel fiero. Lui e Belzebù sembravano una vecchia coppia sposata. Beh, teoricamente lo erano, ma era davvero molto difficile abituarsi a questa nuova realtà per certi versi spaventosa.
«Sì, sì. Abbiamo capito. Quello che vogliamo sapere è: cosa è successo a El?»
Belzebù guardò Gabriel ed entrambi convennero che fosse meglio che a raccontare fosse proprio il demone.
«Le cose sono iniziate a cambiare dopo che El ha perso il suo potere. La cosa l’ha depressa così tanto… è stata malissimo. Poi beh, mettiamo anche che tutto ciò è accaduto a ridosso dell’adolescenza, quindi è stato ancora peggio. E insomma… non si è mai ripresa dal suo blocco dello scrittore. Ad un certo punto ha messo da parte la scrittura. Oramai sono anni che non tocca più una penna.»
Fece un attimo di silenzio, perché immaginò che per Crowley e Aziraphale fosse un grave colpo. E non si era sbagliata. Che El avesse messo da parte la sua passione più grande, nonché il sogno di diventare una scrittrice, era da spezzare il cuore.
Aziraphale da un lato avrebbe voluto tapparsi le orecchie e non sentire altro. Tornare nel passato dove c’era la El che conosceva e fare l’impossibile per stare bene. Ma da un lato, lo sapeva, era inevitabile.
«E poi cosa è successo?» Crowley lo precedette. «El ci detesta! Ha perfino una figlia che non sa di noi. E poi non ci dovrebbero essere delle versioni future di noi due qui? Perché sembra che non siamo da nessuna parte?»
Quello era il dubbio che più lo attanagliava. L’idea che i rapporti con El si fossero distrutti così… doveva esserci una spiegazione.
«Perché voi in effetti non siete qui. Non che siete morti, eh!» chiarì Gabriel. «Crowley è in tournée con la sua band…»
«Ho una band?» domandò Crowley. Finalmente una bella notizia.
«E Aziraphale si è trasferito in Irlanda da quando ha chiuso la sua libreria.»
L’ennesimo colpo al cuore, ultimamente era un continuo. Come aveva potuto chiudere la sua amata libreria? E trasferirsi così lontano da El, tra l’altro. Era in incubo orribile.
«Ma non ha senso tutto ciò! Perché siamo tutti divisi?»
Sperava vivamente che non fosse ciò che tanto temeva, ma che era così dolorosamente palese.
Belzebù sospirò. Oh, no – pensarono. Forse stava davvero per sganciare la bomba definitiva, quella che li avrebbe distrutti.
«Perché voi qui non state più insieme.»
 
Intanto, nel passato…
 
 
El aprì gli occhi. Si sentiva un po’ meglio rispetto a qualche ora prima. Avvertì subito qualcosa di strano: i suoi papà non erano in casa. Però erano presenti sia Gabriel che Belzebù, con la piccola Ariel al seguito. Si alzò, e portandosi una mano sulla fronte si rese conto che la febbre si era abbassata. Doveva rimettere a posto le idee. E doveva rimettersi in piedi. Cosa che fece, anche se le sue gambe erano un po’ instabili. Al piano di sotto, Gabriel cercava di annaffiare (senza molto successo, in verità) le piante di Crowley.
«Queste qui mi detestano. E non oso nemmeno avvicinarmi alla Bentley» disse ad alta voce.
«Gabriel?» domandò El scendendo le scale.
«El! Oh, ma allora stai meglio, meno male. Però non dovresti ancora alzarti dal letto.»
«Lo so, però… e i miei papà dove sono? Ricordo che avevano detto che sarebbero andati da qualche parte, ma non so dove» si massaggiò la testa. Per colpa della forte febbre, la sua mente era annebbiata. Gabriel sorrise nervoso. Magnifico, a lui toccava sempre il difficile.
«Ecco… loro… Crowley e Aziraphale… non sono più qui. Però torneranno presto.»
Mentire a El era praticamente impossibile. La ragazzina si indispettì.
«E dove sono andati?»
Inoltre, lui non era proprio bravo a mentire. Non a lei, almeno. Si dedicò di nuovo a guardare le rigogliose piante di Crowley.
«La domanda giusta non è tanto dove sono andati… ma quando.»
El sgranò gli occhi.
«Hanno viaggiato nel tempo?! Quando e come?! Tu devi dirmelo!»
«Ehi, El. Così ti farai alzare di nuovo la febbre!»
Belzebù li raggiunse, piuttosto infastidita.
«Sentite, ho appena fatto addormentare Ariel e non intendo… El?»
«Come hanno fatto i miei genitori a viaggiare nel tempo?» domandò El esasperata. Nessuno le dava una risposta! Belzebù guardò con un’occhiata velenosa suo marito, come a volergli dire Non posso crederci, hai parlato? Di già?
Mentire a El non sarebbe giusto e sarebbe stato inutile. In qualche modo sarebbe arrivata alla verità da sola, ma visto il suo stato di salute fragile, era meglio spiegagli la cosa con delicatezza.
 
 
Quando ebbero finito il racconto, El non ebbe nessuna reazione. Non una di quelle che si aspettavano, almeno. Forse perché era abituata al concetto di viaggio nel tempo? La ragazzina si guardò le mani, confusa.
«Volete dirmi che i miei papà sono andati nel futuro perché ho bisogno di aiuto?»
«Detto in parole povere, sì. È tutto scritto in questa lettera» spiegò Gabriel mostrandogliela. «Aziraphale ha creduto da subito che fosse vera e Crowley l’ha ovviamente seguito.»
El sgranò gli occhi. Stava iniziando a mostrare i primi segni di preoccupazione. Ma non per quello che Gabriel e Belzebù temevano.
«Questo è un disastro! Ma non capite? Due come loro che viaggiano nel tempo, avete idea di quanto è grave la cosa?!»
A quanto pare ad El importava ben poco della sua sorte, era molto più preoccupata per quelle della sua famiglia.
«Andiamo El, Aziraphale e Crowley sanno il fatto loro» disse Gabriel.
«Ma non sanno come funzionano i viaggi nel tempo! Sono andati nel futuro, pensa cosa succederebbe se incontrassero le loro versioni di quel periodo!»
Calò un silenzio gelido. In effetti nessuno di loro aveva pensato a quel piccolissimo dettaglio.
«Che cosa succederebbe?» chiese Belzebù, glaciale.
«Non ne ho idea! Non mi è mai capitato, ma so che non dovrebbe accadere. Oh, dobbiamo assolutamente fare qualcosa. Ma io non posso saltare né avanti né indietro. Sono bloccata qui, in questo stupido presente deprimente!»
El aveva parlato senza prendere aria, camminando avanti e indietro. Infine si era seduta, avvilita. Poche volte nella sua vita le era capitato di sentirsi impotente (dopotutto non c’era niente che non potesse fare), ma ora si sentiva uno schifo. Belzebù le circondò le spalle con un braccio.
«Emma Lyra, troveremo un modo.»
«Spero tu abbia ragione. Dopotutto, il futuro non può essere così orribile, giusto?»
 
 
Aziraphale e Crowley erano caduti nel mutismo più totale, tant’è che Belzebù temette di aver causato loro uno shock troppo grande.
«No, non è vero. Tu menti» mormorò Crowley. O forse aveva capito male. Sì, doveva essere per forza così. Lui e Aziraphale non si sarebbero mai lasciati, non con tutto quello che avevano affrontato.
«Avrei motivo di mentire?» domandò Belzebù. Gabriel sospirò.
«Mi dispiace, ragazzi. Però è così.»
Aziraphale guardò Crowley. Anche se il futuro poteva essere cambiato, era comunque orribile. Lui e Aziraphale non si sarebbero mai lasciati, non ne avevano motivo. L’angelo sospirò, mogio.
«Da quanto?» domandò. Oramai aveva ricevuto la notizia peggiore, non c’era più niente che potesse ferirlo.
«Da quando El aveva… diciassette anni, mi pare» disse Gabriel pensieroso.
Quindi, non solo si erano lasciati, ma lo avevano fatto in un periodo delicatissimo della vita della loro figlia. Non c’era da stupirsi se adesso El sembrava detestarli.
Crowley si alzò, facendo rumore.
«Ho visto abbastanza. Torniamo indietro, angelo. Aggiusteremo le cose. Ariel, puoi riportarci indietro?»
Ariel arrossì.
«Non so quanto mi ci vorrà. La prima volta ha funzionato, ma è stato praticamente un salto nel vuoto. Di sicuro ci riuscirò, ma non posso promettere che sarà immediato.»
Il demone fece un’espressione scocciata.
«Ma El ha bisogno di noi, adesso!»
«Beh, anche la El di qui ha bisogno di voi» fece notare Belzebù. «Magari potreste usare questo tempo per fare qualcosa di costruttivo e provare a capirla.»
Aziraphale strinse la mano di suo marito, cercando di calmarlo.
«Non è affatto una cattiva idea. El del passato è al sicuro. E, al momento, mi preoccupa di più la El di questo presente.»
Crowley era spaventato, poteva leggerglielo in quei suoi occhi dorati. Come, d’altronde aveva paura anche lui.
«Ma Aziraphale… abbiamo combinato un disastro.»
«Lo so. Non preoccuparti, troveremo un modo. Non so ancora come. Ma se El ha salvato la nostra famiglia una volta, noi la salveremo per una seconda volta.»
Aziraphale era un tipo determinato. Nonostante la paura e i dubbi, avrebbe fatto qualsiasi cosa per far sì che quel futuro non si avverasse.
 
 
«El. El, mia cara. Ti prego, esci di lì.»
El si era chiusa in bagno, preda di una crisi nera. Aziraphale e Crowley avrebbero anche potuto entrare senza problemi, ma preferivano non invadere la privacy della figlia.
«Lasciatemi in pace» sussurrò, le ginocchia strette al petto. Da quando aveva perso la sua capacità di saltare nel tempo, si era innescata come una catena di eventi spiacevoli. Quell’evento l’aveva segnata così tanto da fargli venire un blocco dello scrittore che durava oramai da circa un anno. E ciò era doloroso, dolorosissimo, anzi. Non riuscire più a fare due delle cose che gli venivano così naturali.
«Fa provare me, angelo» borbottò Crowley. «Emma Lyra, chiudendoti lì non risolverai niente.»
El corrugò la fronte e, furiosa, aprì la porta.
«Grazie per la risposta ovvia! Se non vi dispiace, sto affrontando un momento nero della sua esistenza.»
El aveva sempre avuto una tendenza al dramma, come il suo demoniaco padre. Aziraphale, infatti, la guardò con dolcezza.
«Tesoro, ci sono persone i cui blocchi durano per molto tempo. Magari per te è lo stesso e riuscirai di nuovo a scrivere quando meno te lo aspetti.»
Parlava cauto. El era oramai un’adolescente di quasi quindici anni e spesso gli sembrava di non riconoscerla. Di avere davanti una totale estranea, pronta a scattare da un momento all’altro. Che ne era della dolce e sensibile bambina che aveva messo al mondo?
«Papà, tu non capisci! Non riesco nemmeno a tenere in mano una penna. È come se non avessi più niente da raccontare. O forse il mio non è un vero talento. Ho perso il io potere, ho perso la mia bravura, cos’altro devo perdere?»
El tratteneva orgogliosamente e ostinatamente le lacrime. Aziraphale allungò una mano per accarezzarla.
«Lo capisco, ma…»
«Come puoi capire ciò che sto passando? Non sei me!» gridò.
«El, non usare quel tono» disse duramente Crowley. Non amava fare la parte del genitore cattivo, ma doveva anche esserci un limito. El si imbronciò.
«Voglio rimanere sola, adesso. Mi state sempre addosso.»
Passò tra i due, attenta a non farsi sfiorare.
«Ah, sì? Un giorno potresti rimpiangerlo!» le urlò dietro Crowley, voltandosi poi verso Aziraphale. «Ma si può sapere cosa le è preso?»
«È un periodo duro per lei, Crowley. Ma sono certo che passerà, dobbiamo solo darle tempo» l’angelo gli accarezzò la schiena.
Aveva solo bisogno di tempo. Ma quanto tempo?
 
El si destò da quel ricordo riscoprendosi con le guance umide. Erano anni che non ripensava più al periodo della sua adolescenza, non c’era niente di piacevole da ricordare, ma quei due… oh, come avevano potuto fare una cosa così stupida come venire fino a lì!
«Mamma? Stai bene?»
Mayram le si avvicinò. El, in piedi davanti la finestra, si asciugò le guance. Quell’adorabile bambina (del tutto inaspettata, doveva ammetterlo) era una delle poche cose buone che avesse mai fatto.
«Sì, piccola. Sto bene» El la prese in braccio.
«Lo sai? Quei due tuoi amici di oggi, mi stanno simpatici. Mi ricordano te» disse Mayram. Era una bambina sveglia tanto quanto lo era stata lei, le ci sarebbe voluto poco per fare due più due.
«Sono due persone molto particolari.»
«Voglio parlare di nuovo con loro» la bambina sbadigliò, poggiando il viso sulla sua spalla. El la strinse a sé. Non si era soffermata sul fatto che quelle versione dei suoi genitori erano molto diverse da quelle attuali. Lì si amavo ancora. Lì andavano d’accordo. Lì non si erano ancora lasciati per colpa sua.
«Ah, sì?» domandò sovrappensiero.
Ma Mayram si era già addormentata.

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