Ken

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: che sta succedendo a Barbieland? ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - La proposta di Allan ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Quanto tempo è passato? ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - I chiodi non sono per bambini ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Chiamami Bro ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - un'accoglienza poco calorosa ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: che sta succedendo a Barbieland? ***


(NOTA: Non ero sicura che fosse il caso di pubblicare questa fanfiction. Ma ho scritto tanto in poche ore e ho deciso di provarci, centellinando le pubblicazioni nei prossimi giorni. Ho visto il film di Barbie e ne sono rimasta molto colpita. In particolare, e non me lo aspettavo, mi è piaciuto moltissimo Allan e anche tutta la vicenda di Ken. E siccome anch'io come lui sono stata vittima di un amore non corrisposto come di un rapporto in cui non ero davvero importante per l'altra persona, volevo dedicargli questo sequel immaginario per "riscattare" il personaggio e concedere anche a lui un'occasione di trasformazione. Tenere i toni del film sarà difficile ma farò del mio meglio per provarci. Spero che questa storia possa piacervi.)

 
“Non ho alcun dubbio: quanto sta succedendo è colpa del Mondo Reale. Ma non credo che superare il portale sia la soluzione migliore.”
Eseguendo una spaccata perfetta che costrinse la sua gamba sinistra a essere poggiata contro una colonna, Barbie Stramba osservò l’edificio, pieno di Barbie e di Ken (e Allan), e notò che molti oggetti mancavano all’appello.
Ovviamente, la prima cosa saltata all’occhio erano le sedie e i banchi. Ma ora mancavano anche le piante decorative, gli scaffali e perfino le finestre.
Barbie Stramba si chiese se non fosse il caso di uscire subito dall’edificio prima che sparissero anche le porte, come era successo alla casa di Barbie Premio Nobel per la Letteratura. Si era svegliata una mattina completamente chiusa in casa e per fortuna uno dei Ken aveva conservato il grosso trapano usato nei tempi di Kendom e aveva bucato il muro per farla uscire.
Barbie Stramba osservò di nuovo la folla e valutò subito che se avesse esposto i suoi pensieri si sarebbe creata una calca per il panico. Meglio stare zitta.
“Mi dispiace. Penso che quello che possiamo fare è attendere. Direi che possiamo chiudere qui la seduta.”
Un boato di voci di protesta si accese nella folla.
Barbie Presidente e Ken Vice Presidente richiamarono l’ordine. Ken senatore chiese la parola e gli fu permessa.
“Quindi il tuo consiglio è di stare qui con le mani in mano?”
“Magari non qui, ma fuori.” Pensò Barbie Stramba sforzandosi di tenere il pensiero per sé e limitandosi ad annuire, mentre con lunghi passi si avviava verso la porta d’uscita.
“Ma Barbie Stramba, non sarebbe la prima volta che qualcuno di noi si avventura nel Mondo Reale!” intervenne Barbie Storica agitando un manuale con una mano e sistemandosi gli occhiali con l’altra.
“È capitato due volte e sappiamo cosa è successo” suo malgrado, Barbie stramba si fermò e si voltò “Barbie Skipper è finita nella scatola e non è mai più tornata. Poi c’è stato il periodo Kendom e sappiamo tutti cosa è successo.”
Nessuno si azzardò a fiatare. Tutti i Ken guardarono a terra con vergogna. Allan invece aveva iniziato a fissare nervosamente la porta. Aveva intuito anche lui il pericolo.
“Quello che sta succedendo al nostro mondo è molto grave. Indica che il Mondo Reale è diventato peggio di quello che Barbie e Ken Stereotipo avevano trovato ai tempi. Anche se noi non possiamo farci male, temo sia troppo rischioso andare.”
“Barbie Stramba ha ragione.” A parlare era stata una barbie con i capelli bruciati e un braccio mancante.
Era comparsa una mattina a Barbieland, con gli occhi sgranati e una gamba sola. Si era autodefinita “Barbie Mutilata” e ogni giorno, da allora, ogni mattina che si svegliava qualcosa nel suo corpo cambiava.
Poche erano state le volte in cui aveva avuto tutti e quattro gli arti e ancor meno quelle in cui i capelli erano interi.
Inutile dire che Barbie Stramba l’aveva subito presa sotto la sua ala.
“Non so cosa sta succedendo, ma so una cosa: per i bambini è diventato normale, se non quasi appagante giocare con le Barbie con degli arti mancanti. Barbie Campionessa Paraolimpica, non guardare per terra perché sai bene che siamo diverse!”
Barbie Campionessa Paraolimpica, che aveva un braccio protesi, arrossì.
“Non ci sono più protesi là fuori!” proseguì Barbie Mutilata alzando la voce “Né protesi né arti cazzo!”
Un’altra caratteristica di Barbi Mutilata era che sapeva tantissime parolacce e non aveva alcun freno a esprimerle.
“Chi andrà laggiù non potrà più tornare qui perché Dio solo sa cosa gli verrà insegnato dagli umani e come avrà intenzione di applicarlo qui!”
Barbie Stramba si avvicinò a Barbie Mutilata e le mise una mano sull’unica spalla visibile.
“Hai detto bene, cara. Ora però cerca di calmarti, ok? Piuttosto, è tardi, io ho detto la mia e credo sia meglio uscire.”
Allan, ormai a un passo dalla porta, non se lo fece ripetere due volte.
Barbie Stramba e Barbie Mutilata, lo seguirono.
Solo allora le altre Barbie e i Ken si resero conto che mancavano le finestre.
Barbie Presidente e Ken Vicepresidente si scambiarono un’occhiata e con voce ferma iniziarono a dare ordini.
“Uscite tutti ma con calma.”
“Infila per uno, massimo due! La porta è stretta!”
“Lasciate la porta aperta per chi è dietro di voi!”
“Passi lenti, calmi!”
Incredibilmente, anche se la paura aveva iniziato a serpeggiare, le Barbie e i Ken obbedirono e uscirono dalla sala del consiglio in ordine. Barbie Presidente e Ken Vicepresidente, li seguirono poco dopo.
Appena i due politicanti uscirono fuori, un rimbombo invase Barbieland.
Ognuno abbracciò il proprio vicino (Allan si ritrovò suo malgrado tra le braccia di Ken Bodybuilder) e a testa bassa attese che il rumore passasse.
Quando finalmente tornò il silenzio, si scoprì che a essere sparito era proprio l’edificio appena abbandonato.
“Prima la casa bianca, poi il parlamento, ora ci hanno tolto anche la sala del consiglio….” Boccheggiò Ken Vicepresidente.
Barbie Presidente cercò con gli occhi Barbie Stramba, ma fu Barbie Mutilata a parlare: “Andate pure, forza! Voglio vedere chi di voi ha il coraggio di andare!”
Nessuno trovò le parole per risponderle.
 
Ken Spiaggia, ancora sotto shock per l’aver rischiato di trovarsi dentro un edificio al momento della sua sparizione, si avviò a passi lenti verso la Casa dei sogni di Barbie.
Ora che Barbie non c’era più, era diventata sua. Ma non aveva buttato via nulla.
Anche quando l’aveva trasformata in una “Casa Villa Mojo Dojo” in realtà aveva tenuto tanta roba appartenente a Barbie.
Quella avrebbe dovuto essere la loro casa, dopotutto…
“Ciao Ken.”
Ken sobbalzò.
Barbie Veterinaria aveva finito con l’avere lo studio proprio vicino alla casa dei Sogni, con tanto di campo dove un cavallo e una mucca pascolavano felicemente e una piscina con un delfino e una tartaruga marina.
Prima, quando si occupava solo di un cane e un gatto, aveva uno studio più piccolo e più isolato. Poi avevano fatto una riedizione a tema ecologista/animalista-anti-allevamenti ed ecco che aveva guadagnato un posto migliore.
“Ciao Barbie… Si sono spaventati gli animali?”
Barbie accarezzò il cavallo di plastica davanti a lei.
“No, per fortuna non più di tanto. Dopo vado a vedere come stanno Tortillia e Flipper nella piscina.”
Anche Ken accarezzò il cavallo. La prima volta che era andato nel mondo reale e li aveva visti, non aveva avuto modo di carezzarli. Chissà, si chiese, che pelo morbido avevano quelli veri.
“Brutta storia questa…”
“Già… Tu Ken eri andato nel Mondo Reale, vero?”
Ken cercò di pensare a una frase che potesse troncare al più presto l’argomento. Odiava parlare di quando Barbie c’era ancora. Gli faceva troppo male.
“Mi fido di Barbie Stramba: se dice che non è il caso, è meglio non andare.”
Barbie Veterinaria annuì e sospirò.
“Spero solo che non mi portino via le mie creature. Mi va bene se si portano via lo studio. Ma loro? A quel punto sarei davvero inutile. Cosa fa una veterinaria senza animali?”
Ken provò un gran dispiacere. Pensò a quando lui esisteva solo perché esisteva Barbie.
“Non funziona così… Tutti possono dare una mano, qui a Barbieland. Non sei stata forse tu ad assistere Barbie Medico quando tutti ci siamo sentiti male senza sapere perché?”
Un altro episodio molto strano e che ormai si ripeteva periodicamente.
“Forse hai ragione tu.”
Ken le prese le mani con gentilezza.
“Abbi fiducia. Qualunque cosa stia accadendo lì la risolveranno prima o poi. Io ho studiato il loro sistema sai? O almeno una parte di esso… E se le… come dire… Se le danno di santa ragione da secoli ormai e riescono sempre a essere… vivi…”
Più parlava più il suo discorso gli sembrava strano e innaturale. Come quando chiedeva a Barbie di stare la notte insieme a lui, senza ancora sapere perché.
“Beh… Allora spero la smettano presto di… darsele di santa ragione.” Disse Barbie Veterinaria senza anche lei essere del tutto sicura che quelle fossero parole da dire.
Ken le la sciò le mani.
“Buonanotte allora…”
“Ehi Ken!” lo fermò lei “Sai… è stata una brutta serata per le creature e pensavo… beh io ce la faccio a gestirli da sola. Ma Stardust qui, ad esempio, magari se resti e gli fai un po' di compagnia…”
Ken scosse la testa: “Scusami Barbie ma sono molto stanco. Anche volendo mi addormenterei.”
Baribe annuì.
“Capisco. Buonanotte allora.”
Ken sorrise e se ne andò via. Non gli venne in mente neanche per un attimo che Barbie Veterinaria avesse cercato una scusa per spingerlo a restare con lei. Questo perché ancora pensava a Barbie Stereotipo. Anzi, a quella che nei suoi pensieri chiamava semplicemente “La MIA Barbie”.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - La proposta di Allan ***


Steso sul grande letto rosa, Ken si ritrovò a stringere un cuscino.
Barbie li aveva lasciati per il mondo reale molto tempo prima. Ma non così tanto. Lui, in segreto, aveva contato i giorni. E se non aveva sbagliato i calcoli, doveva essere ancora viva.
Ma se invece avesse sbagliato?
C’erano stati più di un paio di casi in cui aveva avuto il dubbio di non aver annotato il passaggio del giorno precedente.
Ed in più, Barbie era ormai una donna. Una donna in un Mondo dominato dagli uomini in cui ora chissà cosa stava succedendo.
Non aveva avuto il tempo per farsi una cultura sulle cose terribili che un uomo poteva fare a una donna. Ma aveva ad esempio un’idea seppur vaga della guerra umana. Quella vera, quella combattuta con armi vere, quella dove c’era realmente la possibilità di non trovarsi più un arto da un momento all’altro. Quella dove morire era la norma. Anche per i cavalli.
“Le persone muoiono… le idee no…”
Non sapeva da dove veniva quella frase, ma la ricordava vagamente da un vecchio sogno in cui c’era anche Barbie…
“Ehi Ken!”
Ken si distolse dai suoi pensieri e andò ad affacciarsi alla finestra. Era Allan.
“Che dormivi? Disturbo?”
“No, figurati, ero pensieroso.”
“Posso salire?”
Ken annuì.
Allan fluttuò fino al piano superiore.
“Dimmi Allan.”
Allan si strofinò nervosamente le mani.
“Questa cosa delle sparizioni non mi piace per niente.”
“Nemmeno a me.”
“Te lo stai chiedendo anche tu allora…”
Ken stava pe annuire, poiché ogni sera si domandava se Barbie stava bene, ma all’improvviso non fu sicuro che era quello a cui Allan si riferisse.
Aveva notato che, a parte lui, tutte le Barbie e tutti i Ken sembravano aver accettato senza alcuna riserva che Barbie Stereotipo se ne fosse andata.
“Chiesto cosa, Allan?”
“Beh… quand’è che inizieremo a sparire anche noi.”
Ken fu invaso all’improvviso da un profondo senso d’angoscia.
Ormai tutti i sentimenti negativi erano diventati familiari a Barbieland, ma da un po' di tempo sembravano essersi acuiti in maniera spaventosa.
La tristezza era diventata angoscia, la rabbia furia, la paura panico e così via.
“Non credo eh!” si affrettò a dire Allan “anche perché se potesse accadere, io sarei sparito molto tempo fa… Però mi sembra di capire che… Che non è più una questione di messa in produzione.”
Ken si stropicciò gli occhi. “Non ci avevo minimamente pensato…” disse “Ma perché non lo hai detto stasera alla riunione?”
“In realtà ho pensato solo che prima fosse meglio parlarne con te.”
“Perché?”
Allan era chiaramente nervoso. Si guardò intorno in cerca di un posto dove sedersi e individuò un grosso puff rosa.
“Posso?” chiese indicandolo.
Ken annuì e Allan si sedette.
“Vedi Ken… Io nel mondo reale ci voglio andare.” Spiegò “Ma non posso andare solo. Tu ci sei già stato e hai guidato tutti i mezzi necessari per arrivarci. Se mi offrissi volontario da solo… Temo che non supererei neanche la prima parte del tragitto. Mentre in due… dopotutto sono o non sono la tua spalla?” domandò Allan infine con un accenno di risatina nervosa.
Ken fissò Allan sorpreso.
“Vuoi andare nel mondo reale?”
“Mi piacerebbe da sempre… andare a vedere qualcosa di diverso da qui.”
“Perché? Qui non ti trovi bene? Credevo che dopo Kendom la situazione fosse cambiata in meglio per te.”
Dopo la caduta del regno dei Ken, Allan aveva vissuto un periodo di rinnovata popolarità dentro e fuori Barbieland. Non si erano visti altri Allan, ma questo sembrava infastidirlo di meno ora che era più coinvolto nella vita e nelle conversazioni con gli altri.
“Certo, è così. Ma questo non cambia la mia curiosità.”
Ken fissò Allan che distolse lo sguardo con fare timido. Decise di credergli e di accontentarsi di quella risposta.
“Allora cosa vorresti fare esattamente?”
“Adesso solo andare da Barbie Stramba e Barbie Mutilata per chiedere loro le ultime istruzioni. Poi convocheremo tutti per salutarci e partiremo.”
“Questo è il tuo piano? E quando arriveremo nella realtà cosa dovremmo fare? Non sappiamo mica cosa troveremo!”
“Se non sappiamo cosa troveremo, perché dovremmo organizzare un piano in anticipo?”
Ken annuì lentamente alla replica di Allan.
“E comunque, se vuoi sapere la mia, Barbie Stramba sa molto più di quanto non dice. E così Barbie Mutilata. E capisco che probabilmente c’è un buon motivo. Ma sai, un conto è parlarne davanti a una comunità sotto shock e un conto è dirlo a due persone pronte ad andare volontarie.”
Ken fissò Allan a lungo in silenzio con uno sguardo sorprendentemente pensieroso.
“Mi ricordi come mai ti hanno messo fuori produzione e non hanno più fatto tue versioni?”
Allan fu colto alla sprovvista dalla domanda e rimase in silenzio.
“No perché, ci vorrebbero più persone come te Allan.”
Questa frase stupì molto Allan.
“Oh grazie… Io… Beh che dire…”
“Appuntamento domani mattina davanti casa di Barbie Stramba.”
Allan sorrise.
“A domani allora Ken.” Fece pronto a buttarsi dalla casa.
“A domani.”
Allan si lanciò ma invece di fluttuare per terra cadde di petto sul prato. Ken si sporse spaventato.
“Ehi Allan! Tutto ok?!”
Allan si alzò a fatica emettendo un lungo gemito di dolore. Poi fece a Ken il gesto dell’ok.
“Aspetta, vengo ad…” Ken si lanciò e precipitò sopra Allan buttandolo di nuovo per terra.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Quanto tempo è passato? ***


Ancora zoppicanti dopo l’incidente della notte precedente, Ken e Allan arrivarono a casa di Barbie Stramba. Questa era seduta in spaccata al centro della stanza.
“Ah! Ken e Allan insieme! Non è una cosa che si vede tutti i giorni!”
“Ciao Barbie. Dobbiamo parlare subito con Barbie Mutilata.” Fece Ken serio.
“Mi spiace, ma temo che oggi non sarà possibile.” Fece Barbie Stramba rimettendosi dritta.
“Ma perché?”
“Perché stamattina si è svegliata senza gambe e senza testa.”
Allan e Ken sgranarono gli occhi.
“Non è di buon umore, come potete immaginare.” Proseguì Barbie stramba “Quindi è meglio che rimanga di là, tranquilla.”
“Sono d’accordo.” Mormorò Ken deluso: non voleva rimandare la partenza.
“Cosa volevate sapere da Barbie Mutilata?” una voce colse i due di sorpresa.
Dalle scale del piano superiore della casa si sporgeva il Ken con l’orecchino.
“Oh, ciao Ken!”
“Ciao Ken, ciao Allan”
“Ciao Ken.”
“Infatti” si intromise Barbie Stramba “Cosa volevate da lei?”
“Vedi Barbie, io e Allan vorremmo proporci volontari per partire verso il mondo reale.”
Barbie sgranò gli occhi.
“Io ci sono già stato.” Proseguì Ken.
“E io vorrei da sempre andarci!” si allacciò Allan.
“Hai detto che è inutile mandare qualcuno, ma se ci facessimo un’idea anche solo del perché queste cose stanno accadendo, potremmo almeno provare a studiare un piano come comunità!”
“Non mi sembra una cattiva idea!” esclamò dal piano superiore il Ken con l’orecchino.
Barbie Stramba arricciò il naso. Sembrava molto pensierosa.
“In effetti… Sembra che quanto sta capitando non è frutto di uno scontro singolo tra un proprietario e un giocattolo. È qualcosa che coinvolge tutti noi. Lo stesso portale è più ampio dell’ultimo aperto, quello di Barbie Stereotipo.”
“Siccome non vogliamo andare impreparati” intervenne Allan “ci stavamo chiedendo se Barbie Mutilata non potesse darci qualche informazione in più. Magari ci sono delle cose di cui non è il caso di parlare con tutti….”
Barbie Stramba si incupì, mentre Ken con l’orecchino sgattaiolò via.
“Non credo che vi sarà completamente utile sapere… quello che Barbie Mutilata ha rivelato in segreto a me…” iniziò Barbie Stramba. La sua voce aveva un tono esitante e incerto, per nulla incoraggiante “Posso solo dirvi che nel Mondo Reale si stanno iniziando ad elaborare altri concetti… altre idee…. Altri giochi… Pensieri e progetti che non sono adatti a nessuno. Adulto o bambino che sia. Lei rappresenta solo uno di quei progetti perversi.”
Ken si sentì all’improvviso come se stesse per perdere l’equilibrio. Allan se ne accorse e gli mise una mano sulla spalla per fargli forza.
Nessuno dei due era sicuro di capire affondo il significato delle parole di Barbie Stramba, ma tutti e due ne percepivano una gravità profonda e angosciante.
“Questo progetto potrebbe arrivare a modificare anche noi? O si limiterà a generare altre Barbie e altri Ken come lei?”
“E chissà, magari anche altri Allan” pensò Allan spaventato.
“Questo non lo sappiamo. A quanto ho capito il legame che Barbie Mutilata ha con il suo proprietario è molto profondo. A lui piace così.”
“Lui?”
“Ne parla sempre al maschile. Ma potrebbe anche non essere un bambino… o un uomo. Qualche volta lo chiama al femminile, ma non sempre. Comunque è raro che qualcuno sparisca totalmente, anche quando viene messo fuori produzione non capita mai. Però… Non so a quel punto chi altro potrebbe arrivare. Né cosa può succedere agli edifici rimasti.”
Ken sospirò.
“Dimmi una cosa Barbie: tu credi davvero che sia completamente inutile andare nel Mondo Reale?”
Barbie Stramba allargò le braccia.
“Dico che non lo so. Non so se sarà utile, non so cosa vi aspetterebbe lì fuori… Non ho idee, ho solo capito che la situazione è molto molto grave.”
“Ma ciò non toglie che possiamo provare.” Insistette Ken.
“Se volete andare…”
“Allora per favore dacci le chiavi della macchina. Poi convoca tutti e informali della nostra partenza.”
Dopo la partenza di Barbie Stereotipo, la comunità aveva affidato le chiavi dell’auto per l’inizio del viaggio a Barbie Stramba proprio perché sembrava l’unica veramente ferrata sull’argomento “Mondo Reale”.
Con una capriola seguita da una spaccata, Barbie Stramba recuperò le chiavi e le lanciò ad Allan.
“Vai tu a prendere l’auto. Io voglio un attimo dire una cosa a Ken…”
Allan, abituato com’era a essere messo da parte, non obiettò nulla e si allontanò verso il garage.
“Poteva stare! Dopotutto lui viene con me!” protestò Ken.
Ma la Barbie scosse la testa.
“Non sarai d’accordo quando ti farò la domanda che sto per farti: perché vuoi andare nella realtà?”
“Per scoprire cosa sta succedendo!” rispose Ken con tono sicuro.
“È solo per quello” Barbie di rimise in piedi e avanzo con passo lungo verso di lui “o c’è dell’altro?”
“No no, è solo quello!” disse Ken cominciando a sentirsi intimidito.
“Non sarà per caso che vuoi tornare nella realtà per cercare una tua vecchia conoscenza?”
Barbie Stramba fissò Ken intensamente. Questi non riuscì a reggere il suo sguardo.
“Non l’hai dimenticata, lo so. Ho visto come a volte cerchi di capire i giorni che passano anche se questo è un luogo senza tempo. Tu sai che, dato quello che sta succedendo, lei potrebbe non esistere più?”
Questa volta Ken tornò a guardarla negli occhi: la colpì con uno sguardo talmente rabbioso che la Barbie dovette fare un passo indietro come colta di sorpresa.
Ken non poteva farci nulla: qualcosa in lui ancora ribolliva quando sentiva parlare di Barbie Stereotipo con certi toni. Non riusciva proprio a sopportarlo. Come non sopportava l’idea che fosse perduta per sempre.
“Se non vuoi che partiamo, ti ridiamo la chiave.”
“Non voglio che la tua cecità comprometta la missione.” Replicò calma Barbie Stramba “E comunque lei non sarà felice se scoprirà che non l’hai davvero lasciata andare…”
Ken prese un profondo respiro per calmare quel ribollire che sentiva nello stomaco.
Un clacson lo riportò alla realtà.
“Ehi Ken!” esclamò Allan dall’automobile.
Ken gli fece un gesto per chiedergli di aspettare. Non distolse lo sguardo da Barbie Stramba.
“Quanto tempo è passato?”
“Perché me lo chiedi, Ken?”
“Quanto tempo è passato?”
“Ken, ne è passato abbastanza. Deve bastarti questo per lasciar perdere.”
“Quanto-Tempo-è-passato.”
Barbie Stramba scosse la testa: “Non funziona così. Non lo possiamo sapere. Anche provando a contarlo, il tempo per noi non è importante e non conta. Quindi non è possibile avere una risposta certa.”
La Barbie eseguì una spaccata in aria mentre si avviava al piano superiore.
“Fai il percorso come ricordi. Non spaventarti se vedi cose strane, o se manca uno step. Il portale è sicuramente aperto e finisce con i pattini. Andate ora. Cercate di non distrarvi e di tornare il prima possibile.”
E con un ultimo lungo passo sparì sulle scale.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - I chiodi non sono per bambini ***


Stavano per imboccare la via principale di Barbieland, quando Ken Bagnino li raggiunse.
Ken sospirò ma fece ugualmente segno a Allan di rallentare.
“Ciao Ken! Ciao Allan!”
“Ken…” Ken non salutò con altrettanto calore il gemello asiatico, a cui non aveva mai completamente perdonato la caduta di Kendom. Se non altro perché era stato proprio per quello che poi Barbie se n’era andata. Sì, Kendom era stato un errore. Ma Barbie…
“Scusa Ken, ma devi assolutamente venire a vedre!”
Ken si voltò verso Allan che però gli fece un segno di assenso. Seguendo l’altro Ken, arrivò sulla spiaggia. Da tempo ombrelloni, sdrai, lettini e altre strutture erano sparite. E Ken Tritone e Barbie Sirena si facevano vedere meno del solito.
Ma quella mattina era diverso: qualcosa di nuovo era comparso sulla spiaggia.
“L’ho trovato questa mattina, così come lo vedi.” Spiegò il bagnino, indicando “Non so cosa farmene, a cosa serva... non sembra una roba che la Mattel manderebbe in giro.”
Ken avanzò incerto verso la nuova costruzione, che sembrava un grosso muro fatto in legno e metallo: quelli che apparivano come grossi tronchi orizzontali, uniti tra loro da lunghi chiodi verticali, correvano lungo tutto il perimetro della spiaggia, dividendola in due parti distinte. Per poter passare da una parte all’altra, si poteva arrampicarsi attraverso piccoli incavi irregolari intagliati nei tronchi.
“Non capisco… Non ho mai visto qualcosa fatto di metallo a Barbieland…” mormorò Ken, che arrampicandosi e sedendosi in cima, poteva vedere la testa del chiodo “E questi… di certo non sono adatti ai bambini.”
“Pensi che ne appariranno altre?”
“Meglio che vedere cose che scompaiono.”
“Sì ma… non capisco, che senso ha fare un muro di legno vicino al mare?”
“Appena lo scoprirò te lo farò sapere.”
“Stai andando nel mondo reale?”
Ken Spiaggia annuì.
“Accidenti… E Barbie Stramba è d’accordo?”
“Di sicuro è stata meno ostile di quanto ci aspettavano.”
“Aspettavamo?”
“Io e Allan.”
“Vai con Allan?”
“Sì.”
“…Avresti potuto chiedere a me.”
Ken Spiaggia fissò il suo rivale negli occhi: “No, che non avrei potuto.”
Ken Bagnino ricambiò lo sguardo: “Barbie non c’è più.”
Si era aspettato una frase diversa. Quella lo colse talmente tanto di sorpresa che scivolò e cadde di schiena sulla sabbia.
“Tutto bene Ken?” chiese l’altro.
“Sì…” gemette Ken tirandosi su “Che cosa vuoi dire con quella frase?”
“Dico solo che credevo fossimo in pace, ora che Barbie Stereotipo non c’era più. Possibile che ce l’hai ancora con me?”
Ken sospirò.
In lontananza sentì il rumore del clacson.
“Facciamo così!” disse Ken all’altro Ken “Te lo dico dopo che ho salvato Barbieland!”
Si voltò e si allontanò a passo deciso.
“Auguri fratello!” gli urlò alle spalle Ken bagnino.
Ken raggiunse l’auto, spalancò la portiera e si rimise al posto di guida.
“Cosa voleva farti vedere?” chiese Allan.
Mentre uscivano da Barbieland, Ken spiegò ad Allan della struttura in legno e metallo.
“Ma non ha senso, il legno ha le schegge, il metallo può arrugginire…” mormorò Allan.
“Già… è strano infatti. È strano anche che abbia la forma di un muro. Non so a cosa stanno giocando lì fuori, ma sembra che tutto sia cambiato davvero e che questo cambiamento stia arrivando anche a noi.”
Ken strinse forte il volante, mentre la strada si apriva verso quello che sembrava il vuoto.
“Barbie Stramba ha detto che il percorso potrebbe non essere come quello della volta precedente… potrebbero mancare delle cose… L’unica certezza sono questa macchina e i roller alla fine.”
“Perché mancheranno delle cose?”
“Perché magari sono sparite anche nella realtà.”
Ken  notò che Allan stringere le ginocchia con le mani.
“Qualcosa non va?”
“No. Mi sto solo domandando se sono sparite o se sono state sostituite… e da cosa.”

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Chiamami Bro ***


Li circondava una strada asfaltata, un cielo cupo, un orizzonte che sembrava non finire mai.
Ken guidava in silenzio, cercando di riportare alla memoria le tempistiche di quel viaggio fatto tanti anni prima. Ma proprio non ci riusciva a ricordare in quanto tempo erano passati lui e Barbie da un mezzo all’altro.
“Vuoi che ti sostituisco io? Sei stanco?” chiese Allan.
“No. E comunque ci siamo. Tra un po' dovremmo essere…” Sull’astronave? Sul Jet-sky? Non ricordava l’ordine esatto.
Forse quello che aveva detto Barbie Stramba era vero: forse anche il percorso era cambiato.
“Ti ricordi com’era?” domandò Allan.
“Che cosa?”
“Il mondo reale.”
Ken si lasciò sfuggire un sorriso. Lo ricordava eccome. Era stato così bello scoprire all’improvviso che esisteva anche altro, oltre alla realtà di Barbieland…
“Eccome. Se è rimasto come lo ricordo…” si interruppe. Era ovvio che non era possibile.
“Sai cosa dovremmo fare? Dovremmo inventarci qualcosa, un codice per comunicare tra noi. Visto quanto accaduto con Barbie l’altra volta, credo che la cosa migliore sia mantenere più segreta possibile la nostra identità.” Allan aveva parlato di nuovo senza esitazione e con una decisione che Ken non gli aveva mai sentito prima nella voce.
Rimase nuovamente stupito.
“Mi sembra un’ottima idea, Allan.” Disse. Provò a ripensare a quanto visto e “imparato” dal suo primo viaggio con Barbie “Dunque, le possibilità sono molte. Possiamo dire che siamo due colleghi di lavoro o due amici. L’importante è che non diciamo che viviamo insieme.”
“In che senso?” chiese Allan, sorpreso anche dal fatto che doveva sottolineare qualcosa di effettivamente vero (loro non vivevano assieme a Barbieland).
“In realtà non ho capito bene, ma due uomini che superata una certa età vivono assieme sono equivoci.”
“E perché?”
“E che ne so? Non è cosa da patriarcato comunque.”
“Pensi ci sia ancora il patriarcato?”
“E che ne so?”
“Va bene. Allora non viviamo assieme… ma allora perché siamo in viaggio insieme?”
“Beh… potremmo inventarci che stiamo facendo un viaggio da uomini!”
Allan fissò Ken con un’espressione a metà tra il seccato e il disgustato: “Che cosa vorrebbe dire un viaggio da uomini?”
“Beh abbiamo lasciato le nostre mogli a casa e stiamo adando… a pesca o a caccia… almeno questo è quello che mi ricordo di come venivano descritti i viaggi da uomini…”
“A caccia? In una città della california?”
“Allora a pesca, oppure a giocare d’azzardo.” Ken avrebbe voluto tirare fuori altre ipotesi, ma vide la faccia di Allan sempre più corrucciata e si arrese “Va bene, ho capito, lasciamo perdere. Tanto non ho neppure una moglie quindi in ogni caso non sarebbe vero.”
Ci fu una lunga e tesa pausa, poi Allan prese di nuovo la parola: “C’è una cosa strana, comunque: sai che io in teoria sarei il tuo ‘Buddy’, così come tu saresti il mio?”
“E allora?”
“Beh, è da un po' che ho in testa un altro termine con cui vorrei chiamarti. A te come agli altri Ken, a volte quando vi saluto, mi viene voglia di chiamarvi ‘Bro’,”
Ken inarcò un sopracciglio.
“Bro?”
“Sarebbe l’abbreviazione di fratello.”
“Fratello?”
“Sì. Sai forse, nel mondo reale, il termine ‘Buddy’ non si usa più. In fondo è capitato con tante altre cose che…”
“ODDIO ALLAN! SEI UN GENIO! BRO! MA CERTO! SARAI IL MIO BRO!”
Allan fissò Ken, molto sorpreso dal suo entusiasmo.
“Se siamo fratelli, non dobbiamo inventarci scuse! Siamo familiari, capisci!? Non è mai sconveniente, nel mondo reale, che due familiari viaggino assieme! Che condividano la stessa stanza da letto, lo stesso cibo, e tutto il resto! È socialmente molto, molto accettato!”
Allan non capiva ancora cosa intendesse dire Ken parlando di ‘socialmente accettato’ e si ripromise di scoprirlo una volta arrivato nel mondo reale.
“D’ora in poi!” disse Ken mettendogli un braccio attorno alle spalle e stringendolo forte “Io e te saremo fratelli!”
“Ah beh… bello…” Annuì Allan.
“Saremo i fratelli Spiaggia! Che ne dici? The Beach Brothers! Mi piace troppo! Hai avuto un’idea geniale bro!”
Allan sorrise: “Grazie bro.”
“Grazie a te, bro!”
“RAAAGH!”
L’urlo disumano spinse Ken a frenare all’improvviso. Guardando l’espressione di Allan capì che non era il solo ad averlo sentito.
Immobili dentro la macchina rosa, i due si resero conto di trovarsi immersi nell’oscurità più totale. Se riuscivano a vedere qualcosa era solo perché era il loro stesso mezzo a brillare di luce propria.
“Ken… Non mi piace…” disse Allan nervoso.
“Nemmeno a me…”
“Dobbiamo andare…”
“Sì ma… cos’è questo posto? Perché siamo qui?”
“Ken, meglio andare….”
Ken non lo ascoltò: con la mente cercava di ricordare il suo primo viaggio. Era stato molto rapido e colorato. O comunque lo era stata la parte nella macchina. Stavano guidando da troppo tempo.
Aprì la portiera.
“Ken!”
Ken allungò la mano per dirgli di aspettare e mise un piede fuori. Anche il suo corpo brillava di luce propria.
Illuminando il suolo, vide che era fatto di sabbia. Non era la sabbia bella e gialla della sua spiaggia, ma una sabbia scura, dove pezzi di conchiglie e alghe secche si mescolavano ai granelli neri e marroni.
Si chinò, la toccò. Al tatto, al contrario di tutte le cose del mondo di barbie, non risultò di plastica. Una delle conchiglie rotte gli aprì un taglio trasparente sul dito, che si rimarginò poco dopo.
“Se i miei calcoli sono esatti…” pensò Ken “Qui c’era il motoscafo… ma allora… questo è il fondo dell’oceano? Che fine ha fatto l’acqua?”
Uno strano sentimento si fece largo dentro di lui.
Alzò la testa e guardò verso l’alto.
“È evaporata? Ma allora… se non ci sono più mari, non ci sono più spiagge…”
“RAAAGH!”
Scorse solo allora, in mezzo al buio, una massa più oscura dello stesso e sentì il suo scalpiccio farsi largo sul terreno sabbioso.
Allan lo tirò dentro e contemporaneamente mise in moto e premette forte sull’acceleratore.
Adagiato metà sul corpo di Allan e metà sul sedile, Ken si girò e scorse la massa alle loro spalle. Il suo era cambiato: ora sembrava stesse saltando per raggiungerli.
“Guida tu guida tu!” disse Allan che con difficoltà teneva in mano il volante.
I corpi di districarono e Ken riprese il controllo del mezzo.
Accelerò ancora di più ma la cosa alle loro spalle sembrava sempre più vicina.
Il suono che emetteva, a metà tra un urlo e un ruggito era proprio alle loro spalle quando cambiarono mezzo: come per il primo viaggio, non ebbero bisogno di scendere. All’improvviso Allan e Ken si ritrovarono su una bici a pedalare.
Ken notò subito che la bici era molto diversa da quella del primo viaggio: ne avevano una per ciascuno e era arrugginita in molti punti, così come sembrava essere frutto del montaggio di parti tra loro diverse.
“Io non ho mai pedalato!” esclamò Allan.
“Non preoccuparti! Viene da sé!” gridò Ken.
Anche se l’essere totalmente scoperto lo preoccupava non poco. Gli sembrava quasi di poter sentire il calore della cosa alle loro spalle.
“Restisti Allan! Manca pochissimo! Tra poco finiremo sui pattini! Me lo ricordo!”
E infatti, poco dopo, le bici sparirono e i due si ritrovarono a pattinare. Allan sbandò finì addosso a Ken e si aggrappò al suo braccio.
Un lungo urlo esplose alle loro spalle ma fu l’ultimo suono che sentirono. Poi piombarono nel silenzio mentre l’oscurità lasciava il posto a una luce fioca, come quella di un sole nascosto da grosse nuvole nere. E infatti, alzando gli occhi verso l’alto, Allan e Ken videro dei nuvoloni neri che tuonavano forte. I loro pattini iniziarono a scrichiolare, per via delle pietruzze dell’asfalto che finivano in mezzo alle ruote.
Erano arrivati nel mondo reale.
“Ah! Ce l’abbiamo fatta!” Esclamò Allan sorridendo radioso.
Ma Ken non era affatto contento: il panorama che si stagliava di fronte a lui era molto diverso dal mondo reale che aveva visto la prima volta: non c’era nessuno in giro, neanche una persona, le strutture apparivano semidistrutte e sulla strada asfaltata grosse buche avevano permesso la cresciata di cespugli e alberi.
Barbie Stramba aveva ragione: quel mondo reale non era lo stesso che aveva visitato anni prima.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - un'accoglienza poco calorosa ***


Venice Beach era cupa e distrutta: l’asfalto presentava delle buche enormi, alcune tramutate in pozze, altre piene di piante selvagge cresciute in libertà; gli edifici erano semidistrutti, alcuni del tutto crollati; i cartelli divelti sul terreno; scheletri di automobili bruciate in mezzo alla strada.
Non c’era anima viva. Il silenzio del luogo era rotto dal cupo suono del vento che passata tra le finestre rotte e le fronde dei cespugli cresciuti tra le buche.
Tenendosi l’un l’altro, Ken e Allan avanzarono con difficoltà sui loro pattini, che sembravano sempre sul punto di incepparsi a causa delle pietruzze presenti sul terreno.
“Immagino che non era così, una volta.” Mormorò Allan.
“No… Non era così.”
Ken ricordava dove era andato a cambiarsi con Barbie e si diresse istintivamente lì.
Sapeva che non avrebbero potuto restare sui pattini troppo a lungo, vista anche l’alta presenza di ostacoli.
Il negozio era distrutto, ma almeno così non avrebbero dovuto pagare.
“Hanno portato via tutto.” Mormorò Ken aprendo quel che restava della porta.
Per terra vestiti sporchi abbandonati.
Ken stava per uscire quando notò delle scarpe in un angolo. Erano malridotte e spaiate, ma meglio di nulla.
Lui e Allan ne provarono diverse prima di trovare quelle più adatte.
Allan fu fortunato: ne trovò due uguali anche se prive di lacci, mentre Ken si dovette accontentare di indossarne una marrone da ufficio e una blu da ginnastica.
Mentre Allan recuperava dei lacci dalle scarpe scartate, Ken si andò a specchiare i piedi sulla superfice di una grossa scheggia di specchio, unica cosa rimasta di un camerino.
Si sorprese che, nonostante la combinazione piuttosto cacofonica, gli sembrava di essere comunque elegante.
“Adesso che si fa?” domandò Allan mentre stringeva il doppio fiocco.
“Dobbiamo… Beh cerchiamo qualcuno e poi…”
Un’angoscia si impadronì di Ken: ma c’era davvero qualcuno?
“Comunque almeno adesso sappiamo perché stanno succedendo cose strane a Barbieland: non se la passano tanto bene, nel mondo reale.”
“No.” Ken non lo stava ascoltando davvero. Stava di nuovo pensando a Barbie. Se il mondo era ridotto in quel modo, che ne era stato di lei?
“Ken? Mi senti?”
“Eh?”
“Ho detto, usciamo, qui tanto sicuro non c’è nessuno.”
“Ah, sì hai ragione Allan.”
Uscirono e si guardarono intorno.
All’improvviso un lampo illuminò il cielo.
“Quello cos’è?”
“Sembra un razzo segnalatore.”
“Come lo sai Allan?”
“Barbie Guardiamarina ne aveva alcuni nella sua barca. Poi li hanno tolti perché i bambini se li sparavano negli occhi.”
“Allora dobbiamo seguirlo! Troveremo qualcuno!”
“Ci servirà una barca allora.”
Ken si rese conto che Allan aveva ragione: il razzo era stato lanciato dove si trovava il mare. Una strana nebbia avvolgeva l’oceano rendendo difficile scorgere la barca in lontananza.
I due stavano per rimettersi in cammino quando udirono qualcosa: un rumore di ruote sull’asfalto.
Ma non si sentiva un rumore di motori.
“Hai sentito Allan?! Ruote! C’è qualcuno!”
Presto, in fondo alla strada, comparvero sei figure scure.
“Ehi! Voi!” Ken si buttò in mezzo alla strada e iniziò ad agitare le braccia.
Allan invece fu colto da uno strano senso di paura.
“Ken, forse è meglio non…”
Ma era troppo tardi: sei grosse bici, cavalcate da figure completamente coperte da abiti scuri si fermarono circondandoli. Indossavano tutti dei caschi grossi, più adatti alle moto che alle biciclette.
Ken e Allan notarono un dettaglio ancora più inquietante: erano tutti armati.
Anche se le armi non erano mai state popolari a Barbieland, entrambi le conoscevano; merito anche del periodo Kendom.
Quasi tutte quelle persone avevano pugnali e fucili, una un arco con frecce e un’altra teneva delle pistole.
Proprio questa smontò dalla bicicletta e si avvicinò ai due.
“S-Salve” balbettò Ken alzando le mani “veniamo in pace.”
“Perché non hai il casco?” domandò la figura. Impossibile capire se si trattasse di un uomo o una donna: la voce era soffocata dal casco e l’abito nero che indossava non delineava contorni particolari sul suo corpo.
“Chiedo scusa?”
“Il casco. Lo sai vero che potrebbe andarti in pappa il cervello in qualunque momento?”
Ken non riusciva a capire. Guardò Allan ma vide che era perplesso quasi quanto lui.
Un’altra persona smontò dalla bici e gli puntò contro il fucile.
“Che faccio, sparo?” domandò.
“Calma, non sembrano in procinto di attaccare.” Replicò la prima, che aveva iniziato a girare intorno ai due.
Anche se non potevano vedere i suoi occhi, Ken e Allan percepirono lo sguardo intenso che li studiava.
“Chi siete voi.” Non suonava come una vera domanda.
“Io sono Ken e lui è Allan, il mio bro.”
“Il tuo cosa?”
“Fratello! Mio fratello! Siamo fratelli io e lui!”
“Non vi somigliate per niente.” La figura chinò la testa e si fermò fissando le scarpe di Ken.
“Carine eh? A casa ne ho altre due uguali!” Ken aveva, ai tempi del suo primo viaggio nel mondo reale, letto una battuta del genere su uno dei libri dedicati al patriarcato, in una sezione inerente i “dady’s jokes”; sperava con l’ironia di guadagnarsi la fiducia di quegli sconosciuti ma nessuno di loro rise.
“Non mi fido proprio, Capo.” Disse la figura con il fucile puntato.
Il Capo alzò la mano in un chiaro gesto di “stop”, poi tese la mano e prese quella di Ken. Ken, al contrario degli altri, non indossava guanti totalmente coprenti.
Il Capo tese un suo dito e sembrò osserva le unghie.
“Ancora non sono malati.” Disse.
Ken lo lasciò fare senza opporre resistenza. Anche se il fucile non lo spaventava più di tanto, in quanto immortale, non voleva apparire come ostile. Sapeva che era in una situazione di svantaggio.
“Infatti non siamo malati.” Disse allora Allan “Lasciateci andare per la nostra strada, e noi vi lasceremo per la vostra.”
Il casco si alzò nella sua direzione, guardando oltre la spalla di Ken.
“Ci stai minacciando?”
“No. Ma non vi abbiamo fatto nulla. Quindi lasciateci perdere.”
Ken si stupì: la voce di Allan era ferma e decisa. Un tono che non gli aveva mai sentito avere prima.
“Non mi sembra che voi abbiate qualcosa per convincerci a lasciarvi perdere.” Il Capo si avvicinò a Allan, gli afferrò la mano e controllò le sue unghie “Ma non è la malattia a farti parlare.”
All’improvviso tutti gli estranei smontarono dalle bici e si avvicinarono a loro.
Allan non perse tempo: afferrò il braccio del Capo e lo lanciò contro l’uomo col fucile, poi si girò di scatto e mollò un pugno allo sconosciuto con l’arco. Ken indietreggiò e cadde per terra osservando il suo compagno picchiare anche un terzo uomo. Vide che gli ultimi due che erano rimasti stavano imbracciando il fucile e con un balzo provò a saltargli addosso. Ma quelli furono più veloci e spararono due colpi.
Uno andò all’aria, il secondo lo colpì in pieno petto spingendolo indietro.
Un dolore acuto lo travolse, ma riuscì ad alzarsi e a togliersi il proiettile. Non c’era sangue e la plastica che componeva il suo corpo si risistemò subito.
I sei estranei si bloccarono a osservare Ken che teneva in mano il proiettile e stava immobile in piedi.
“N-Non è possibile…” mormorò uno di loro da sotto il casco.
Il Capo, ancora seduto per terra, si rialzò in fretta.
“Andiamocene!” urlò.
Immediatamente i sei raccolsero le loro bici e fuggirono.
Allan e Ken li osservarono allontanarsi.
“E non fatevi vedere mai più!” urlò Ken lanciandogli il proiettile.

 

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