Body of evidence

di EleWar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Peace & Love ***
Capitolo 2: *** Amanti a mollo e in pre-lavaggio ***
Capitolo 3: *** Attraverso la cucina ***
Capitolo 4: *** Frozen ***
Capitolo 5: *** I vestiti nuovi dell’imperatore ***
Capitolo 6: *** Mick, la pettegola di Shinjuku ***
Capitolo 7: *** Impicci & impiccioni ***
Capitolo 8: *** Attenti a quei due! ***



Capitolo 1
*** Peace & Love ***


Cap. Peace & Love
 
 
“Quell’idiota di un Ryo!” sbuffò Kaori, avanzando con passo marziale lungo il vialetto lastricato del giardino.
 
Si stava dirigendo a grandi passi verso la piscina scoperta dell’hotel, e la rabbia e lo sdegno la rendevano bellissima al chiaro di luna.
 
“Ha fatto lo stupido tutto il giorno con la cliente, e non si è nemmeno accorto del mio costume nuovo… Bah, che scema che sono, a stare ancora appresso a lui.”
 
I due sweeper erano stati ingaggiati da un’attricetta emergente, che lamentava le attenzioni ossessive di un suo fan; non era ancora propriamente convinta dell’identità dello stalker, forse era addirittura un suo ex, o un regista con cui aveva avuto una breve relazione clandestina.
La sua abituale disinvoltura nelle faccende amorose, la rendeva pericolosamente oggetto di manie di possesso, e infatuazioni morbose, da parte dei numerosi pretendenti, invischiandola invariabilmente in relazioni complicate e ad alto tasso di pericolosità.
Neanche a dirlo che fosse notevolmente attraente, e la sua predisposizione verso l’altro sesso, la leggerezza del vivere - che la portava affrontare anche il lavoro come un immenso gioco - ne facevano la preda ideale anche per quel marpione di Ryo Saeba, al quale non era parso vero di accettare questo incarico.
 
Tra l’altro, niente di più facile!
 
Si trattava, semplicemente, di tenerla sottocchio e al sicuro, lì, in quel resort da favola, dove erano in corso le riprese di una commediola romantica, in cui lei recitava come protagonista, almeno finché non avessero scoperto chi fosse il misterioso e inopportuno ammiratore.
Nel frattempo, i City Hunter si sarebbero goduti quella specie di vacanza, anche perché, al momento, il tizio in questione si era limitato a poche sporadiche lettere minatorie, traboccanti minacce e dichiarazioni d’amore, e c’era poco o nulla da fare, e allo sweeper non restava altro che flirtare allegramente con la stessa cliente.
Questo era il programma che Ryo aveva pensato per loro, almeno per lui, soprattutto, perché ovvio Kaori aveva tutt’altri piani, e di sicuro i suoi sarebbero stati totalmente più formali e professionali, rispetto a quelli dello smanioso socio in affari.
 
Kaori aveva tenuto a bada la sua gelosia per tutto il giorno, ed ora aveva proprio bisogno di scaricarsi i nervi, senza dover distruggere il cranio di quell’invertebrato di Ryo, a suon di martellate.
Niente di meglio di una nuotata distensiva, in completa solitudine, in una bellissima piscina deserta, in piena notte.
 
Era ormai giunta quasi a bordo vasca, e si era già levata le ciabattine infradito; l’ultimo tratto lo aveva percorso a piedi nudi, deviando sulla fresca e rorida erba del prato tutto intorno.
Amava quella sensazione, le sembrava quasi un ritorno alla terra, alla natura, e già solo questo la metteva di buon umore, le rinfrancava lo spirito.
 
Non appena si tolse l’accappatoio, fu invasa dalla frescura della sera: l’aria umida delle notti d’agosto, la percorse lungo la pelle nuda ed ebbe un brivido.
Dall’acqua salivano leggere nuvolette di calore, a significare che la temperatura in vasca era leggermente più alta dell’esterno; sarebbe stato comunque rigenerante tuffarsi in quel liquido dai toni azzurrini, e una bella serie di vasche, l’avrebbe tonificata a puntino.
Insieme alle tossine, avrebbe eliminato anche tutti i malumori del caso, e stornato i cattivi pensieri; pregustava già la doccia calda che ne sarebbe seguita, e la meritata dormita che inseguiva da qualche sera ormai.
 
Gettato il morbido indumento sulla prima sdraio a disposizione, raggiunse il trampolino, e dopo un paio di saltelli, si tuffò in acqua protendendo le braccia, come una tuffatrice provetta.
Il corpo slanciato e armonioso descrisse brevemente un arco, prima di scomparire sott’acqua, fra gli spruzzi e la schiuma.
Sfruttando la spinta iniziale, nuotò radente al fondale, ed era piacevole e strano, insieme, sentirsi schiacciare dall’enorme massa d’acqua che le premeva sul dorso, ma non ebbe paura: l’aveva fatto decine di migliaia di volte, glielo aveva insegnato anni prima un istruttore di immersioni, e lei vi ricorreva quando, come in quel frangente, aveva una piscina tutta per sé.
Era un piccolo, quasi insignificante trucchetto, che custodiva gelosamente, di cui non aveva mai parlato nemmeno con Ryo.
Invidiava Ryo per il suo sconfinato sapere, per la conoscenza di tante tantissime cose, che spaziavano dal saper accendere un fuoco con un semplice legnetto, a come arrampicarsi lungo una parete liscia, passando dall’abilità di riuscire a sparare in sequenza e fare sempre invariabilmente centro, pilotare qualsiasi mezzo semovente che non fosse un aereo, però.
C’era qualcosa che Ryo davvero non sapesse fare, a parte relazionarsi in maniera seria e da adulto con le donne?
Forse c’era, e puerilmente Kaori pensava che questa fosse una di quelle; non sarebbe stata di certo lei ad insegnargliela, era una capacità tutta sua, qualcosa di cui andare fieri.
 
Aveva percorso quasi due terzi della vasca, quando, sentendo ormai il bisogno di riemergere per prendere fiato, decise di puntare verso la superficie.
Quando la testa fu fuori dall’acqua, prese un bel respiro, e senza mai fermarsi, coprì la distanza che la separava dal bordo, con ampie ed energiche bracciate.
 
Si sentiva finalmente bene; quella nuotata la stava riconciliando con sé stessa; il sangue fluiva leggero, il cuore pompava con energia; lo sforzo vivificava i muscoli delle braccia e delle gambe, e i polmoni si riempivano e svuotavano d’aria, con efficiente potenza.
Intimamente si compiacque per la magnifica idea avuta; in fondo sarebbe stato deleterio per lei continuare a restare in camera con la cliente, masticando amaro, imprecando contro quel bastardo di Ryo che non riusciva a starsene buono e tranquillo, e soprattutto non riusciva più a dissimulare il suo disagio davanti a quella bomba sexy della tipa.
Kaori, non per la prima volta, pensò che era quasi ingiusto che la cliente fosse perseguitata a causa della sua bellezza, attirando ogni sorta di uomo, mentre lei, che era innamorata di uno e uno soltanto, dovesse sempre sgomitare ed arrabattarsi per attirare la sua attenzione.
 
Nel frattempo era quasi arrivata alla fine della vasca, e, toccato il muro, si sarebbe rigirata e avrebbe fatto il tragitto inverso, continuando a nuotare ancora; era troppo carica per smettere così presto, voleva stancarsi, voleva uscire di lì esausta.
Tuttavia, quando giunse al limite del bordo, un’ombra le fece alzare gli occhi, e si trovò davanti un paio di gambe muscolose, leggermente divaricate, che torreggiavano sopra di lei.
 
C’era un uomo che, apparentemente, la stava aspettando; era scalzo, indossava solamente un paio di boxer rossi, le braccia conserte sopra il torace massiccio; Kaori non ebbe bisogno di guardarlo in viso per sapere chi fosse; l’avrebbe riconosciuto anche al buio pesto.
Era Ryo, chi altri?
 
I bassi lampioni globulari, dalla luce lattiginosa, spandevano macchie luminose quasi raso terra, ed erano più decorativi che utili all’illuminazione; gettavano ombre fantasmagoriche tutto intorno.
Mentre i fari, posizionati sul fondo e ai bordi della vasca, invece, irradiavano una luce fredda e azzurrina, facendo della piscina, di fatto, un’enorme pozza di chiarore, nel bel mezzo del buio del giardino.
 
Ryo era quasi in penombra, ma Kaori conosceva fin troppo bene il suo corpo, per non immaginarselo così, come doveva essere.
Il socio aveva un fisico da urlo, era atletico, tonico, con i muscoli al punto giusto; era forte, ma non pesante, era anche tremendamente sexy, e in quella posizione virile, sprigionava testosterone da tutti i pori.
Anche con quella scarsità di luce, Kaori riusciva a vedere i suoi occhi magnetici che la stavano fissando e frugando in ogni dove; se Ryo avesse assunto il suo solito sorrisino derisorio, non si sarebbe stupita affatto. Per l’ennesima volta pensò che avrebbe tanto voluto rifilargli una bella sberla, a quella sua faccia da schiaffi, e un misto di rabbia e attrazione le fece avere un movimento di stizza.
 
Kaori, tirando fuori le braccia, si aggrappò al bordo, e scuotendo la testa dai corti capelli bagnati, con un sospiro rassegnato ed esasperato insieme, gli chiese:
 
“Che ci fai qui?”
 
La sweeper aveva sperato di godersi quel momento in santa pace, in totale solitudine, perché, se stare in compagnia di Ryo significava litigare o arrabbiarsi, allora preferiva restare da sola.
Era profondamente irritata con lui, e non lo voleva vedere, non quella sera; come al solito lui riusciva a rovinare sempre tutto, aveva una naturale propensione a giungere nei momenti meno indicati.
Non ne faceva mai una giusta.
Si chiese se non fosse intenzionale la cosa.
 
In ogni caso, Kaori gli puntò gli occhi in viso, e Ryo fu percorso da un brivido inatteso.
Era andato a cercarla con l’intenzione di stuzzicarla un po’, e pregustava già il divertimento che ne sarebbe seguito, bisticciando con lei; era così adorabile quando s’infuriava con lui!
Non aveva messo in conto però che, vedendola in costume da bagno, con i capelli bagnati, al chiaro di luna, lui potesse sentirsi così turbato ed eccitato, tanto da non riuscire a spiccicare parola.
Era così bella ed attraente Kaori!
Il suo corpo, la sua sola presenza, avevano il potere di attirarlo come una falena incontro alla luce; sapeva che si sarebbe scottato.
Faceva sempre più fatica a controllarsi, e una parte di sé, per orgoglio, ancora le resisteva, perché non voleva arrendersi all’evidenza che la socia aveva un’enorme presa su di lui, e che davanti a lei veniva meno la sua volontà.
 
Lo strano mutismo del socio, dovuto all’imbarazzo dissimulato, però, esasperarono Kaori, che, spazientita, reiterò la domanda:
 
“Allora? Si può sapere perché sei venuto qui? Non dovevi rimanere con la tua bella cliente? Vi ho pure lasciati soli, eri libero di fare ciò che più ti piace …” finì in tono alterato.
 
A quel punto Ryo si piegò sulle ginocchia, accucciandosi quel tanto da permettergli di avvicinarsi di più a lei; così facendo il riverbero dei faretti della vasca gli illuminarono il viso, e Kaori vide che stava ridacchiando con aria sorniona; quasi avrebbe voluto afferrarlo per una gamba e tirarlo giù, in acqua, pur di cancellargli quel sorrisino da presa in giro.
Lei sbuffò.
 
Ma Ryo era troppo soddisfatto della reazione che aveva provocato in Kaori, e sempre senza smettere di guardarla, prese a dire, in tono strascicato:
 
“In realtà mi aveva così tanto stancato, che l’ho piantata nella sua stanza.”
 
Di fronte a questa inaspettata ammissione, Kaori spalancò i suoi occhioni; era inconcepibile che Ryo dicesse e facesse una cosa del genere, sia perché la tipa si era dimostrata totalmente disponibile, sia perché così veniva meno al suo impegno di proteggerla, e tenerla sotto controllo.
Ryo, immaginando la sequenza dei pensieri della partner, scelse di chiarire solo il secondo punto:
 
“So cosa stai pensando, ma no, non l’ho abbandonata a sé stessa. Visto che era passato a salutarti Mick, e non ti ha trovata, gli ho chiesto se mi faceva il favore di occuparsi della cliente, perché io avevo di meglio da fare…” e le indirizzò uno sguardo da predatore.
 
“Non-non dirai sul serio!?” balbettò la socia, che era andata a fuoco sentendo quell’intrinseca ammissione, per giunta detta con quel tono.
 
Iniziò a sudare, e si augurò che Ryo non se ne accorgesse.
Dannazione, pensò, quel bastardo quando ci si metteva era proprio un… un idiota!
Lui lo sapeva molto bene che effetto facesse a Kaori, e si divertiva un sacco a turbarla, con quei modi da seduttore; e lei, lei faceva una fatica improba a non cedergli, o meglio, a non saltargli addosso e a fargli vedere chi era Kaori Makimura.
E comunque, in quel momento era troppo arrabbiata con lui, per mettersi a flirtare come se niente fosse; si era comportato pessimamente con lei e non voleva sentir ragioni.
 
“Certo che dico sul serio!” le rispose quindi l’uomo, finendo per sedersi sul bordo della vasca, a gambe incrociate “Cosa c’è di meglio che una bella nuotata tonificante, magari in compagnia della mia socia?”
 
“Non prendermi in giro!” sbuffò la ragazza allontanandosi dal bordo, cosa che permise al suo partner di immergere le gambe nell’acqua. “Non sarà mica che la tipa ti ha rifilato un bel due di picche?”
 
“Ah cara la mia socia, davvero mi reputi incapace di vincere anche le peggiori tentazioni?” e dicendolo, scivolò  in acqua, andando a trovarsi faccia a faccia con lei “E comunque la cliente è troppo petulante per i miei gusti, e non so cosa ci trovino tutti questi uomini in lei. A me piacciono di più le donne di carattere, di spessore…” e avvicinandosi pericolosamente al suo viso, le disse in un sussurro “… a me piacciono le donne…come te.” E la baciò.
 
Kaori, che per tutto il tempo aveva combattuto con il magnetismo animale del partner, e aveva vissuto con un senso di pericolo il suo avvicinarsi, non si stupì affatto quando finirono per fare…ciò che gli veniva così tanto bene fare.
Loro erano così, irrimediabilmente innamorati e incapaci di resistersi.
La passione li travolse in un attimo, e il bacio si fece subito intenso e approfondito; Kaori gli si avvinghiò al collo, attirandolo naturalmente a sé, mentre Ryo si strinse al suo corpo, come a volerne sentire il calore e la pelle nuda sulla propria pelle.
 
Ad un tratto, però, Kaori si staccò all’improvviso, allontanandolo con forza; Ryo la guardò dapprima sbalordito, ma poi il solito sorriso strafottente gli si dipinse sul viso.
 
“Dai, Sugar non fare così!” Le sussurrò, cercando di riguadagnare la sua bocca, ma lei nuovamente lo respinse.
 
“Eh no bello mio, non è così che funziona!” Gli disse Kaori, cercando di sembrare più arrabbiata possibile: in realtà lo era eccome, eppure era così difficile non cedere alla voglia di continuare a baciarlo, e tutto il resto.
Non voleva dargliela vinta!
 
“Ma come no!” ribatté l’uomo, col suo solito sorriso irridente “Quante volte abbiamo fatto pace così?”
 
“Ecco, hai detto bene, troppe volte abbiamo risolto i nostri litigi in questo modo…”
 
“E perché questa volta dovrebbe essere diverso?” le domandò Ryo, che era riuscito a riavvicinarsi, e le stava tormentando il collo di infiniti baci tentatori.
 
Kaori per un attimo chiuse gli occhi, desiderosa di lasciarsi andare al suo amante: non riusciva a resistergli, tuttavia riuscì a riprendersi in tempo, e bloccandogli la testa con entrambe le mani, gli girò il viso così da poterlo guardare dritto negli occhi.
L’uomo dovette cedere; sapeva benissimo che la socia aveva ragione, eppure lui ci provava sempre a farsi perdonare alla sua maniera.
Era ancora più intrigante riuscire a sedurla, riducendo la sua rabbia e la sua frustrazione, in passione travolgente; anzi, era enormemente esaltante, perché lei trasfondeva la voglia di rivalsa in pura energia sensuale, e lui non poteva che esserne felice.
In realtà, quando ci pensava, si diceva che era veramente un bastardo, nel senso che effettivamente continuava a comportarsi da scemo, era il solito lavativo, pigro e negletto quando era in casa, il solito maiale in calore quando erano in giro, e ogni tanto qualche battutaccia gliela rifilava ancora.
Però, ovviamente, non faceva nulla di tutto ciò con vera convinzione: erano finiti i tempi in cui correva dietro a tutte le belle donne solo per farsele, ciononostante gli piaceva troppo ricorrere a quel suo lato demenziale, e soprattutto gli piaceva oltre ogni dire provocarla e farla infuriare.
Amava, però, anche la dolcezza, e la tenerezza che Kaori sapeva usare nei suoi riguardi, e che aveva scoperto non appena avevano fatto il grande passo; per non parlare della sua sensualità dentro e fuori il letto.
Erano nati per stare insieme, e non avrebbe potuto trovare partner migliore come la sua Kaori.
La loro intesa era sempre alle stelle.
 
Adesso, però, amoreggiare non sarebbe servito; con la cliente aveva fatto chiaramente l’idiota, e immaginava che il litigio, che era nell’aria, avrebbe avuto un epilogo più serio e meno appagante di tutte le altre volte.
Dentro di sé sospirò: odiava essere un adulto serio e responsabile.
 
Quando Kaori fu sicura di aver la completa attenzione del fidanzato, spentosi il luccichio nei suoi profondi occhi neri, affrontò la questione:
 
“Ryo, io non capisco perché continui a comportarti in questo modo. Se dici di amarmi, perché ci hai provato anche stavolta con quella, con quella…”
 
“Fumi…” suggerì il socio.
 
“So benissimo come si chiama!” sbottò la ragazza, e Ryo si redarguì mentalmente: meglio non peggiorare la situazione; erano partiti così bene, sentiva ancora il sapore delle labbra di Kaori sulle sue, ce l’aveva davanti bellissima in quel suo costume intero blu notte, i capelli bagnati… diamine, erano immersi nell’acqua di una piscina deserta, in piena notte!
Era il posto perfetto per fare l’amore, e invece eccoli lì, a bisticciare come una vecchia coppia.
Inutile dire che era sempre colpa sua.
Sperò di venirne a capo presto, perché davvero era difficilissimo averla così vicino e ragionare lucidamente; era veramente troppo per lui.
 
Kaori riprese:
 
“Tutto il giorno hai fatto il galletto con la cliente, e non mi hai degnato di un solo sguardo…” e la sua voce s’incrinò leggermente, scossa dal dispiacere “Avevo comprato anche questo costume nuovo e tu…”
 
“Hai ragione Sugar!” l’interruppe lui “Sono un cretino fatto e finito, e tu hai tutto il diritto di avercela con me.”
 
Kaori sussultò, non era preparata alla sua facile capitolazione; si augurò che fosse perlomeno sincero.
 
Lo sweeper proseguì dicendo:
 
“Il fatto è che, da quando ci siamo messi insieme e abbiamo deciso di tenerlo nascosto, per mantenere una qualche parvenza di come ero prima, devo continuare a comportarmi da marpione… ma tu lo sai che amo solo te!”
 
“Ti sei fatto prendere un po’ troppo la mano…” borbottò la ragazza, quasi sul punto di cedere.
 
“E comunque, l’avevo visto benissimo il tuo costume, e anzi ho pensato che sei uno schianto con quello, e che non vedevo l’ora di togliertelo!”
 
“Ma smettila!” sbottò lei dandogli una leggera spinta.
 
Ryo ridacchiò, poi le si fece più vicino e continuò, abbassando pericolosamente il tono della voce:
 
“Forse dovremmo rivedere i nostri accordi, socia” e calcò sulla parola socia “Non si può avere tutto… “
 
“Che-che cosa vuoi dire?” balbettò la giovane, che faticava enormemente per restare concentrata ed arrabbiata, come aveva deciso di essere.
 
“Voglio dire che… che se vuoi che non si sappia di noi due, allora devi anche accettare che io continui a fare lo scemo, per dissimulare..”
 
Kaori era già pronta a dire la sua, ma lui le pose un dito sulle labbra per farla tacere, e continuò dicendo:
 
“Lo so, lo abbiamo deciso insieme… e devo ammettere che fare tutto di nascosto mi eccita tantissimo, anche se…” e si lasciò andare ad un lungo sospiro “Sono pronto a venire allo scoperto.”
 
Kaori fece tanto di occhi, non gli sembrava vero che Ryo fosse giunto a quella decisione.
Quando avevano fatto il grande passo, di comune accordo, avevano deciso di tenere segreta la loro relazione, sia perché erano totalmente impreparati a gestirla e non volevano ingerenze esterne – i loro amici negli anni si erano dimostrati fin troppo presenti nelle questioni di cuore dei due City Hunter – sia perché un po’ temevano che la loro unione li avrebbe indeboliti, agli occhi dei balordi del giro, piuttosto che rafforzare la fama degli sweeper.
E come sempre accade, la situazione si era cristallizzata, e non avevano più trovato il tempo e il modo di cambiarla, loro che avevano davvero tempi biblici per attuare un qualsiasi cambiamento.
E, se come diceva Ryo, la segretezza aggiungeva sale alla loro storia d’amore, allo stesso tempo lo costringeva – con suo sommo dispiacere, sì come no – a continuare a recitare la parte del mandrillo infoiato, che sbava dietro ogni donna, esasperando la socia ed esacerbando la sua atavica gelosia.
In ogni caso non avrebbero potuto continuare a lungo così, e questo lo sapevano entrambi.
Ryo sembrava finalmente cresciuto, pronto ad assumersi le sue responsabilità.
 
“Va-va bene allora…” riuscì solo a dire la sweeper “Concluso il caso, lo annunceremo ai nostri amici, allora.”
 
“Oh, basterà dirlo a quella pettegola di Mick, non appena rientreremo in albergo, e in un nanosecondo lo saprà tutta Tokyo!” esclamò Ryo ridendo.
 
“Hai ragione!” convenne la socia, fra le risate.
 
Poi tornarono entrambi seri, e Ryo guardandola con occhi penetranti e magnetici, le sussurrò:
 
“Però io voglio fare pace con te…”
 
A quel punto Kaori si sentì percorrere da un lungo brivido caldo; si fece languida e recettiva; non voleva fare la prima mossa, e sperava che fosse lui a farla, lo desiderava con ogni cellula del suo corpo.
 
Ryo si avvicinò ulteriormente, e le posò entrambe le mani sui fianchi; lei istintivamente avanzò verso di lui, fino a far combaciare i bacini.
 
“Mi piace far pace con te…” disse ancora Ryo, e un secondo dopo la stava baciando nuovamente sul collo e sulla base delle spalle.
 
Kaori buttò la testa all’indietro, offrendosi totalmente a lui, sospirando di piacere, mormorò:
 
“Anche a me piace fare la pace…”
 
“Già, il bello di litigare con te è che poi…”
 
Ma Ryo non finì la frase, perché Kaori si appropriò delle sue labbra e gli ordinò:
 
“Avanti, baciami idiota!”
 
 
 
 
Ed eccomi tornata, dopo tanto (?) tempo. Anche se devo ancora finire di rispondere ad alcune rec, e spero di poterlo fare quanto prima, ma fra la fine dell’estate e la ripresa del lavoro, ho avuto un periodo un po’ movimentato – che non si è ancora stabilizzato.
Morivo dalla voglia di postare, però, questa fic scritta per gioco e per piacere personale.
Io mi sono divertita un sacco a scriverla, mi ha fatto passare delle belle ore spensierate, ed ora che è finita, spero che svaghi anche a voi.
Vi abbraccio tutti
Eleonora

 

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Capitolo 2
*** Amanti a mollo e in pre-lavaggio ***


....Ed il secondo capitolo è servito!
Grazie di tutto, vi lovvo ^_^
Eleonora




Cap. 2 Amanti a mollo e in pre-lavaggio

  
“Avanti, baciami idiota!”
 
Ovviamente Ryo non se lo fece ripetere due volte, e in un attimo si produssero entrambi in torride carezze erotizzanti.
Le mani dell’uomo, che non trovavano requie, con un unico gesto scostarono le due spalline del costume, abbassandolo completamente, e disvelandogli il seno superbo della compagna.
A quel punto si tuffò su di lei a baciarle il collo e le spalle, fino a spingersi alla sommità del seno, procurandole mugolii di piacere e sospiri.
 
Senza smettere di baciarsi, si liberarono in un attimo dei costumi da bagno, che finirono per galleggiare sul pelo dell’acqua, due macchie di colore nella limpida acqua azzurrata.
 
Stretti nell’angolo in fondo della vasca, si rifugiarono nel posto più buio di tutta la piscina; manco farlo apposta si era fulminato un faretto laterale, e quella penombra insperata rendeva più intrigante il loro incontro.
I corpi bollenti, avvinghiati, i due sweeper smaniosi sembravano dimentichi del tempo e dello spazio, rapiti dal reciproco desiderio, e da una passione bruciante, che li spingeva freneticamente uno verso l’altro; l’urgenza era assillante, e non si sa come Kaori riuscì a dire:
 
“Ryo…Ryo pensi che sia il caso di farlo qui?”
 
Ma non ebbe risposta, perché i movimenti dell’uomo, inequivocabilmente, le stavano già comunicando la sua intenzione; istintivamente, allora, Kaori gli cinse i fianchi con le lunghe gambe affusolate, pronta a lasciarsi andare al piacere sublime, quando una voce esterna, li riscosse facendoli trasalire:
 
“Dannazione, quel maledetto faretto è saltato di nuovo!”
 
Era il custode della piscina, che stava facendo un giro per il giardino, in cerca di un po’ di refrigerio.
Le stanze del personale erano penosamente surriscaldate, e non riusciva a dormire; a quel punto, si era detto, tanto valeva farsi una passeggiata, e fumarsi una sigaretta, per altro proibita nei locali comuni, piuttosto che rimanere disteso in quella sauna svizzera.
Da lontano, aveva subito notato quello spigolo in ombra, fortunatamente, però, da dove era non riusciva a vedere Ryo e Kaori immersi nell’acqua.
I quali, per paura di essere scoperti, cercavano di nascondersi sottacqua, più per un fatto di istintivo pudore che altro, consapevoli che, se il tizio fosse giunto fin lì, li avrebbe visti comunque.
Inoltre, è notorio l’effetto lente d’ingrandimento dell’acqua delle piscine, e la limpidezza della vasca avrebbe fatto il resto.
 
Il tizio, intanto, era già arrivato alla fila delle sdraio, e trovando l’accappatoio di Kaori borbottò:
 
“Maledetti villeggianti, sempre a lasciare la roba in giro! Non hanno rispetto per niente e per nessuno. Però… questo mi dà la scusa per passare nelle lavanderie, e parlare con Yuma; magari potrei chiederle di uscire…” e se ne andò ridacchiando.
 
I due soci, in debito di ossigeno, riemersero poco dopo, riprendendo fiato a pieni polmoni.
C’era mancato poco che il tizio li beccasse in fragrante, e al solo pensiero Kaori arrossì fino ai capelli, suscitando l’ilarità bonaria del socio.
D'altronde, anche se non fosse stato un uomo, notoriamente meno vergognoso, Ryo era totalmente privo di pudore, quindi non c’era storia.
 
“Dobbiamo uscire di qui e rientrare in albergo.” Suggerì Kaori.
 
“Hai ragione socia. Anche senza accappatoio, potremo tornare con i soli costumi… a proposito, dove sono?” chiese l’uomo guardandosi intorno, ma non fece in tempo a dirlo che la socia soffocò un grido.
 
“Guarda Ryo!!” indicò un punto la donna, invasa dal terrore; Ryo seguì il suo dito, e lì per lì non capì cosa spaventasse così tanto Kaori.
 
Si mossero entrambi in direzione di quello che sembrava un grumo blu e rosso, e con orrore constatarono che i loro costumi erano rimasti impigliati nella grata del filtro, mezzi risucchiati dalla pompa di spurgo.
 
“Sugar ci penso io!” Esclamò allora lo sweeper tuttofare, armandosi di orgoglio virile, e prendendo a tirare l’elastica lycra, convinto che avrebbe ceduto al primo strattone.
 
Ma dovette ricredersi all’istante, non appena constatato quanta presa esercitasse la ventola aspirante sui tessuti.
Ryo stava impiegando tutta la sua forza per tirarli via da lì, e anzi, ad un certo punto, addirittura finì per puntare i piedi sulla parete laterale della vasca, per tirare meglio, tendendo i muscoli e imprecando a bassa voce, sbuffando e sudando come un bue marino.
 
E più passava il tempo, e più si disperava, perché, non solo stava facendo una brutta figura davanti alla sua fidanzata, ma se non fosse riuscito a liberare i costumi dal filtro, sarebbero dovuti uscire di lì completamente nudi.
Il pensiero di esporre la timida socia al pubblico ludibrio – anche se al massimo li avrebbe visti il portiere di notte - gli diede la forza di dare l’ultimo strattone.
A quel punto la presa cedette di schianto, e Ryo ricadde indietro fra mille spruzzi, Kaori si coprì il viso per non essere invasa da quell’onda anomala provocata dall’affondamento del socio, e quando riuscì a guardarlo senza chiudere gli occhi, si accorse che finalmente il socio stringeva nelle mani i famigerati costumi.
Il senso di sollievo durò lo spazio di un istante, perché entrambi si accorsero che… i costumi erano a brandelli, e l’altra metà degli striminzitissimi indumenti, era rimasti nella grata; fecero giusto in tempo ad avvistarli perché subito dopo vennero risucchiati dalla pompa, con un gran risucchio.
 
“Nooooooooooooooo!” proruppero in coro i due imbranati, e subito dopo si zittirono con fare colpevole, temendo che qualcuno, tipo il custode, li avesse sentiti.
 
“Ed ora? Cosa facciamo?” chiese Kaori ad uno strabiliato Ryo.
 
Per fortuna non rispose con la prima idea che gli era passata per la testa, perché la ragazza l’avrebbe affogato all’istante; era proprio vero che lui pensava solo a quello, ma a sua intima e parziale discolpa, si disse, che erano già nudi e allora perché non approfittarne?
 
Ritrovato un briciolo di lucidità, Ryo disse:
 
“Dobbiamo uscire di qui al più presto, e nasconderci. Non possiamo rimanere qui tutta la notte, e poi il tipo potrebbe tornare.” E nel dirlo indirizzò la fidanzata verso la scaletta, che raggiunsero con quattro bracciate.
 
Ryo la fece salire per prima, e si godette lo spettacolo del suo sinuosissimo corpo, tutto bagnato, ancheggiare naturalmente davanti a sé.
Ma quanto era bella Kaori, la sua Kaori?
Un sorriso beato gli si disegnò da orecchio a orecchio, e il suo amichetto guizzò felice.
Lo ammonì mentalmente che quello non era il momento, e magari sarebbe andata a finire male per loro due se lei si fosse accorta.
Istintivamente si coprì le pudenda, ridacchiando.
 
Non appena ebbe salito la scaletta metallica, Kaori si voltò indietro a guardare il partner, in cerca di sicurezza; se si avvide della condizione in cui era Ryo, non lo diede a vedere.
Forse era troppo preoccupata di trovare un riparo, pericolosamente in bilico sullo svenimento, perché, non solo avevano rischiato di essere beccati come due porcellini in calore – non riusciva nemmeno fra sé e sé ad attribuirsi un epiteto dispregiativo, perché quando Ryo faceva lo stupido, era un porco, se lo faceva con lei… beh i toni si ammorbidivano, ovvio – ma adesso girare nudi per il giardino di un hotel super frequentato, non era proprio il caso.
Avrebbe potuto morire dalla vergogna!
In ogni caso, pudicamente si portò un braccio a coprire il seno, e uno il pube; una novella Venere nascente dalle acque, e Ryo si gustò l’immagine, pensando che fosse l’uomo più fortunato dell’universo, a stare con una donna fantastica come Kaori: bellissima e totalmente inconsapevole della sua bellezza.
C’era da perderci la testa!
 
“Ryo..?” lo richiamò, come a chiedergli dove avrebbero dovuto andare.
 
Continuavano a guardarsi intorno, in cerca di un riparo, e contemporaneamente un modo per coprirsi, se non vestirsi.
Poi d’un tratto Ryo le saltò addosso, trascinandola con sé e attutendole la caduta col proprio corpo, quindi rotolarono avvinghiati sotto un cespuglio.
 
“Ry-Ryo ma che…” stupita provò a domandargli, stretta nel suo abbraccio, ma lui le fece segno di tacere ed entrambi si acquattarono sotto il basso arbusto.
 
Un secondo dopo, videro un paio di scarpe da ginnastica spuntare al di là del loro riparo di fortuna; era nuovamente il custode della piscina:
 
“Ma tu guarda! Sembra che qualcuno si sia concesso un bagno notturno!” Esclamò il sagace tizio, notando la scia d’acqua lasciata dai corpi roridi dei due amanti clandestini.
Un sorrisino malizioso gli increspò il viso e gli venne da ridacchiare; quindi aggiunse: “Beati loro!”
 
Beati loro un corno!” pensò invece lo sweeper, “Se non fosse stato per te a quest’ora sì, che saremmo stati beati!
 
Kaori invece arrossì nuovamente pensando a ciò che stava pensando il custode, quando pensava a loro due; se ci pensava anche lei, le prendeva uno scompenso cardiaco…pensandoci.
 
Dal loro nascondiglio, i due sweeper videro il custode accucciarsi e, borbottando, sostituire la lampadina fulminata; per un attimo temettero di essere scorti attraverso il rado fogliame intorno ai tronchi, ma poi si tranquillizzarono constatando che loro erano immersi in un’enorme macchia d’ombra.
Trattenevano il respiro, però, e già Kaori stava iniziando a tremare per il fresco umido che saliva dall’erba, e non vedevano l’ora di potersi togliere da lì; era comunque fuori discussione chiedere aiuto al tipo.
 
L’attesa parve loro eterna, e non valse l’essersi messi più comodi possibile, lentamente e in silenzio per non farsi sentire, in perfetto stile sweeper; le pietruzze e i bastoncini secchi sotto il cespuglio, cominciavano già a dargli fastidio e prurito, a conficcarsi nella pelle nuda e morbida.
Al buio, i due soci si guardavano sconsolati, e per poco non urlarono quando furono investiti da un getto di acqua gelida.
 
“Toh, guarda! Gli irroratori si sono attivati” esclamò soddisfatto il custode “almeno quelli funzionano perfettamente!” aggiunse.
 
Il sistema di irrorazione del giardino, perfettamente mimetizzato fra l’erba del prato e i cespugli, ad azione temporizzata, era scattato, svolgendo al meglio il suo lavoro, bagnando e ribagnando ad intervalli regolari, i nostri poveri amanti.
 
Poteva andare peggio di così?
 
Il custode, per giunta, non sembrava avere fretta nel cambiare la lampadina, del resto non aveva sonno e non sarebbe rientrato in camera così presto, tuttavia più si attardava lui, più Ryo e Kaori restavano in quella scomoda posizione, nudi e bagnati, impossibilitati ad uscire di lì, e trovare un modo per coprirsi.
 
Ad un certo punto Ryo si voltò a guardare la sua socia che, con i capelli bagnati e flosci sulla fronte, sembrava veramente un cane bastonato, abbandonato sotto la poggia, e provò un gran senso di tenerezza e compassione; le mise un braccio intorno alla spalla e lei si lasciò scivolare addosso a lui, appoggiando la testolina bagnata sul suo ampio petto.
 
Sconfortati, erano ormai rassegnati a trascorrere così chissà quanto tempo, quando per poco non saltarono su come ossessi, nel momento in cui un micione comparve dal nulla e gli si strofinò addosso.
Incurante dei getti d’acqua dell’irroratore, un grosso micio rossiccio, padrone del suo territorio, con aria altezzosa se ne andava di cespuglio in cespuglio, affatto disturbato dalla presenza di quei due bipedi glabri ed implumi, anzi, passandogli accanto, pensò bene di strusciare il suo deretano peloso sulla faccia del cinico sweeper, e a quel punto questi non ci vide più dalla rabbia.
Afferratolo per la coda, lo fece roteare sopra la testa, e poi lo lanciò lontano, facendogli emettere una serie di miagolii spaventati “Miao-miao-miao-miaoooooooo!!” che si persero nella notte, e nel fogliame della siepe più lontana.
 
Il custode che si era rizzato in piedi allarmato, esclamò:
 
“Ma che caz…!”
 
Questo, però, gli diede la spinta per togliersi dai piedi e andarsene di lì, troppo curioso di sapere se si trattasse veramente di Fat Neko, come lo chiamavano loro, e magari farlo scappare, visto che era il flagello di tutte le gattine dei dintorni.
 
Con quella mossa astuta e provvidenziale, Ryo aveva preso proprio due piccioni con una fava, perché si erano liberati di due differenti scocciatori, contemporaneamente.
E Kaori, amante degli animali, e che stava per rimproverarlo per quel suo scatto di nervosismo, dovette piuttosto ammettere che, almeno così, sarebbero potuti scappare dal loro nascondiglio, indisturbati.
 
Ormai liberi di uscire allo scoperto, riguadagnarono la posizione eretta, sgranchendosi braccia e gambe anchilosate, con grande scricchiolio di ossa; ad un certo punto Ryo disse, interpellando la sua socia:
 
“Tesoro, se vuoi coprirti come Eva nel giardino dell’Eden, credo che dovrai ricorrere ad una foglia molto più grande di quella lì” e la indicò “perché ti si vede ancora tutto!” e la guardò con un misto di presa in giro e ammirazione.
 
La ragazza abbassò lo sguardo sulle sue parti intime, e vide che, effettivamente, le era rimasta attaccata una piccola foglia, molto simile alla biblica foglia di fico, e nonostante l’intimità ormai conquistata con Ryo, quell’osservazione la fece sprofondare in un immaginario buco nel terreno.
Una potente ondata di vergogna e rossore la invasero, e stavolta non si dominò affatto; imbracciato un poderoso martello di svariate tonnellate, con la scritta Impudico, glielo scagliò sulla crapa, incurante del fracasso rivelatore.
 
Ansimando per lo sforzo e per il disagio, Kaori gli sibilò fra i denti:
 
“Sei…sei…sempre il solito idiota!”
 
L’uomo, da parte sua, con la bocca piena di radici e tuberi farfugliò in risposta:
 
“Avlesti potuto falmi lo stesso complimento, eh eh eh eh eh”
 
 
 
 
o.O.o
 
NOTA DI EleWar:
 
Molto prima che questa diventasse una storia fatta e finita, la scena di Kaori che va a farsi un tuffo in una piscina all’aperto e di notte, con tanto di Ryo che l’aspetta e il suo ‘voler far pace’ a quella maniera, ce l’avevo in testa che girava e si ripresentava a fasi alterne. Ma siccome non si legava a niente, non aveva un prima e un dopo, rimaneva solo una sequenza di immagini interessanti e nulla più.
Anzi!
Nell’originale l’incontro dei due amanti era mooooolto più hot, e in pratica… concludevano. Però ecco poi non sapevo più come proseguire, e il tutto è rimasto lì, letteralmente ‘a galleggiare’ nella mia psiche, salvo poi ispirarmi altre scene hot, come quella di Saeko e Mick, in un’altra vasca e in un’altra fic La prima volta (metto il link per chi se la fosse persa eh eh eh eh eh
https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3984362&i=1).
Insomma, alla fine questa sequenza si è ‘depotenziata’, però ha dato origine ad altre amenità, e visto il tono comico che poi ha assunto la storia, direi che va bene anche così ^_^
Sciaoooooo!

 

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Capitolo 3
*** Attraverso la cucina ***


Ed eccoci già al capitolo 3 di questa mia storia sgangherata. Spero che vi piaccia *__*
Grazie delle meravigliose rec.
Vi lovvo
Eleonora

 
 
 
Cap. 3 Attraverso la cucina
 
 
Ricompostisi entrambi, e tornati mediamente normali, Kaori chiese a Ryo, preoccupata:
 
“E adesso?”
 
“Ummm fammi pensare… Da quella parte ci sono le cucine. A quest’ora dovrebbero essere deserte, perché dubito che ci sia ancora qualcuno sveglio che ha voglia di mangiare un boccone…”
 
“Come te adesso, per esempio?” lo prese in contropiede la socia.
 
“Esatto! Perché effettivamente tutto questo movimento mi ha messo un languore…” c’era cascato in pieno, nella trappola tesagli dalla compare.
 
“Ryo!” quasi gli gridò, facendolo sobbalzare “Fai il serio, e vai avanti!”
 
“Sì…sì sissignora!” e le fece il saluto militare, poi ripresosi continuò “dicevo, che dubito che ci sia qualcuno in cucina; il ristorante ha chiuso ore fa, quindi, se riusciamo a passare da lì, poi sarà un gioco da ragazzi raggiungere le camere” e le sorrise a trentaquattro denti.
 
“Dimentichi che non abbiamo le chiavi, e dovremmo passare nuovamente in portineria…” gli ricordò la socia.
 
“Un problema alla volta, Darling” la rassicurò con lo sguardo alla John Wayne, ma Kaori lo guardò con aria scettica, e si disse che, se fosse uscita incolume da quell’avventura nudista, non si sarebbe spogliata mai più fuori casa, per nulla al mondo.
 
 
 
Poco dopo camminavano in fila, uno dietro l’altro, all’ombra del muretto di cinta; costeggiando il perimetro del giardino, cercando di guadagnare le cucine senza farsi notare da nessuno.
Il resort era deserto, o meglio, avrebbe dovuto esserlo da ore, ma l’avventura con il custode nottambulo, li aveva messi sull’avviso.
Mai fidarsi di niente e di nessuno.
 
Giunti al locale defilato della cucine, un enorme parallelepipedo bianco che quasi scompariva nella vegetazione, ad eccezione dell’enorme spiazzo sul davanti che si allargava all’improvviso, permettendo il carico/scarico delle merci, controllarono minuziosamente se ci fosse una porta, una finestra aperta o socchiusa da poter varcare.
Trovarono solo una sorta di sportellino metallico incernierato, a circa due metri e mezzo da terra, e per vedere a cosa dava accesso, Kaori dovette salire sulle spalle del socio per sbirciare.
 
“Non farti venire strane idee, tu!” lo redarguì immediatamente la ragazza, mentre avvinghiata a lui, tentava di accomodarsi al meglio, precariamente in equilibrio sulle possenti spalle dell’uomo.
 
Il fatto di essere nudi entrambi, lei molto più di lui (nella sua concezione di nudità, lei lo era mille volte più di quello spudorato di Ryo) non facilitava i movimenti e l’agio.
E il fatto di essere diventati due amanti focosi, pronti a prendere fuoco al minimo accenno, non aiutava la concentrazione e la lucidità.
Solo l’imbarazzo di quella situazione al limite, li teneva a bada, ma era comunque difficile lo stesso.
 
“Se non mi ci avessi fatto pensare tu… non ci avrei nemmeno lontanamente pensato!” rispose Ryo con aria angelica, sorreggendole le lunghe gambe toniche. “Piuttosto, cosa vedi da lì?”
 
“Un attimo…qui è tutto buio. Ah ecco, mi sembra di capire che è una dispensa, c’è una strana luce che proviene da una porta laggiù in fondo. Se mi aiuti ad entrare, faccio il giro e ti apro.”
 
“Stai attenta. Hai dove appigliarti per scendere?” chiese premuroso lo sweeper.
 
Ma Kaori era già per metà scomparsa dentro, e un fracasso di barattoli e latte metalliche gli dissero che… era già ridiscesa dall’altra parte.
 
“Ehi, Kaori tutto bene?” gli domandò lui, sforzandosi di rimanere a bassa voce, cercando, però, di farsi sentire.
 
Tese le orecchie in attesa di una sua risposta, ma questa tardava a venire.
Un senso strisciante di panico si impadronì di lui.
Impensierito, stava già per arrampicarsi sulla parete liscia del fabbricato, quando la porta accanto a lui scattò, e voltandosi vide che la socia era lì, sul limitare, facendogli cenno di fare silenzio.
 
“Mi hai fatto prendere un bello spavento!” quasi l’investì l’uomo.
 
“Ma dai?” esclamò la socia “Era tutto sotto controllo!” minimizzò lei orgogliosamente.
 
“E allora tutto quel rumore? Ho immaginato che tu fossi rovinata a terra, con tutti gli scaffali addosso, e magari ti fossi tagliata con i vetri dei barattoli, o fatta male con i coltelli, e tutti quegli utensili lì, insomma e poi ho pensato…”
 
“Ryo, calma!” lo interruppe lei, posandogli dolcemente un dito sulle labbra “Non è successo nulla, solo un paio di carabattole che ho urtato quando sono scesa a terra, che hanno fatto più casino che altro.” poi guardandolo dolcemente aggiunse “Davvero ti sei preoccupato, sei stato in pensiero per me?” e la mano dalla bocca si spostò a fargli una carezza sul viso virile.
 
“Cer-certo che sì, cosa credi?” però non riuscì ad aggiungere altro, perché il disagio gli toglieva le parole: non era ancora abituato a dare voce ai suoi sentimenti, e di fronte a Kaori stentava ad esternare le sue più intime preoccupazioni; erano entrambi così abituati a fingere e dissimulare, che non ci erano abituati.
 
Tuttavia, la giovane capì esattamente lo stato d’animo dello storico partner, e ne fu intimamente commossa: finalmente Ryo si comportava come un uomo innamorato, la trattava come una donna da proteggere e rispettare, e non come un collega di lavoro, un fratello, un essere asessuato o peggio, imprigionato in un corpo sbagliato.
Si sentiva finalmente amata, e non solo desiderata, come e più delle innumerevoli belle donne che erano transitate nella loro vita.
Fu un attimo, e lo strinse a sé.
Ryo per un momento si stupì dell’esagerazione del suo gesto: non credeva che ammettere di essersi preoccupato le facesse scaturire una tale reazione, ma poi abbracciandola, comprese cosa rappresentasse per lei la sua ammissione.
Chissà quante volte lei avrebbe voluto fare altrettanto, ma si era frenata nel timore e nella certezza di essere respinta da lui!
 
La strinse forte, e le accarezzò i capelli bagnati.
Un abbraccio poteva colmare la mancanza di mille altri?
Ryo lo sperò.
 
In ogni caso, quel dolce momento venne spazzato via velocemente dalla consapevolezza che erano ancora nudi, in piena notte, a gironzolare per un resort che avrebbe dovuto essere deserto e che invece non lo era affatto, ancora lontani dalle rispettive camere, e dalla salvezza.
 
Sospirando si staccarono, e la realtà riprese il sopravvento.
 
“Dai, forza, entriamo” propose la sweeper “magari troviamo qualche divisa da cuoco, o da cameriere, un grembiule, uno straccio che so, così da poterci coprire…”
 
“Hai ragione, Sugar, e magari anche qualcosa…” però stavolta non finì la frase, si fermò in tempo.
 
“Qualcosa da sgranocchiare?” terminò Kaori per lui, e lo fece in tono sarcastico.
 
“Eh eh eh eh eh, ma che vai pensando?? Mi basta un bel bicchiere di acqua fresca, e sono apposto!” mentì spudoratamente lo sweeper.
 
In realtà non gli sembrava vero di poter commettere una scorribanda notturna come quella, in una cucina del genere; chissà quante robe buone c’erano in giro, nelle dispense, nei frigoriferi, nonostante ciò non voleva fare la figura del solito ingordo, e quindi dissimulò il languore che già da un po’ tutto quel movimento gli aveva scatenato.
 
Inaspettatamente Kaori lo sorprese dicendo:
 
“E invece, quasi quasi, uno spuntino me lo farei anch’io… che ne dici? Ma senza esagerare, però!” puntualizzò non appena il socio accennò una faccia da divoratore seriale.
 
Chiusasi silenziosamente la porta alle spalle, entrarono così, all’interno della cucina, procedendo guardingamente; non si udivano rumori di sorta, a parte il leggero ronzio dei congelatori e degli abbattitori che ininterrottamente preservavano i cibi del ristorante.
 
Kaori, aggirandosi affascinata per la cucina, passando il dito sulle superfici tirate a lucido dei fornelli e dei piani di lavoro sospirò:
 
“Sarebbe un sogno avere una cucina così anche a casa…”
 
“Immagino che poi non ne usciresti più!” gli rispose prontamente il socio, ma stavolta, anziché denigrare il suo lavoro aggiunse “E cucineresti per me tanti bei piattini succulenti facendomi felice felice!” e battendo le mani, si mise a saltellare con occhi luccicanti.
 
“Eh?” Kaori si voltò verso di lui incredula; era la prima volta che implicitamente lui lodava il suo operato, e un misto di orgoglio e rabbia si impossessarono di lei: stai a vedere che quel somaro di Ryo, malgrado avesse criticato sempre la sua cucina, al contrario gradiva, eccome!
Scelse di soprassedere, per il momento.
 
Nel frattempo, Ryo aveva già spalancato la cella frigorifero, dalla cui porta a vetro proveniva la luce azzurrina che illuminava il locale, e stava rovistando nei vari ripiani, emettendo gridolini estasiati.
Cibo! Cibo! Cibo! ripeteva, e Kaori dovette raggiungerlo, intimandogli di fare più piano, e moderare il suo entusiasmo, perché poteva sempre sentirli qualcuno.
 
“Avanti, scegli qualcosa di semplice e vieni via di lì” gli ordinò.
 
“Ma… tesoro!?” le rispose Ryo, con gli occhi languidi di chi si trova a dover rinunciare a così tante leccornie: non era pronto a fare una scelta, fosse stato per lui avrebbe divorato tutto.
 
Per un attimo il discorso cibo li aveva distratti dal problema della nudità, e infatti Kaori gli disse:
 
“Mentre tu cerchi qualcosa da mettere sotto i denti, possibilmente già pronta, io cerco uno straccio per coprirmi…”
 
“Sì, sì, Sugar” rispose il socio con la bocca piena; si era preparato un mega tramezzino con tutto quello che aveva trovato nei paraggi “Ma sbrigati che altrimenti finisco anche la tua parte.”
 
Certo, la tentazione di uno spuntino era forte anche per lei, tuttavia anche la necessità di coprirsi era impellente; Kaori era estremamente indecisa, e alla fine si risolse ad afferrare il suo tramezzino, con l’intento di mangiare e girare per la cucina; aveva già allungato la mano per prenderlo, quando Ryo la bloccò:
 
“Ferma lì!”
 
Kaori sussultò: che storia era quella?
Ryo non voleva che lei mangiasse?
Veramente voleva sbafarsi tutto il cibo racimolato?
Lo guardò allibita.
E la sua incredulità crebbe, quando il socio le tolse il panino dalle mani, e glielo avvicinò alla bocca, invitandola a mordere.
 
Ryo la voleva imboccare.
Ryo la stava imboccando.
Ryo stava imboccando Kaori.
Ryo stava facendo… cosa esattamente?
 
Kaori affondò lentamente i denti nel morbido pane, e poi più giù fino in fondo, a mordere la lattuga croccante, il prosciutto cotto, il pomodoro succoso tagliato a fette, il formaggio affettato fine, le uova sode cosparse di maionese, e qualcos’altro che non seppe dire, perché era tutta presa a fissare Ryo negli occhi, cercando di capire il senso del suo gesto.
 
Lui non smetteva di sorriderle, e ad un tratto gli vide spuntare nello sguardo un luccichio strano, un brillio che sempre preludeva al desiderio manifesto.
 
La ragazza, allora, prese a masticare adagio, adagio, con lentezza, assaporando tutti i sapori che esplodevano sulla sua lingua; Ryo la guardava incantato, aveva perfino smesso di mangiare.
Kaori inghiottì, e poi si leccò le labbra.
 
Per poco Ryo non svenne.
 
Voleva quella bocca, voleva quelle labbra, però allo stesso tempo desiderava guardarla mangiare ancora e ancora.
Kaori, dolcemente, sfilò il tramezzino dalla mano di Ryo, e stavolta fu lei ad imboccarlo; l’uomo aprì la bocca, e a sua volta addentò il panino; mai cibo fu più delizioso ed afrodisiaco come quel semplice panino farcito; fu colto da una vertigine.
La salivazione crebbe a dismisura, in un tripudio di gusto.
 
Kaori aspettò che lui deglutisse, e poi si slanciò verso di lui, baciandolo con passione.
 
Ryo la strinse a sé; voleva sentirla nuovamente a contatto della sua pelle, voleva che i loro corpi aderissero pienamente.
Con le sue calde mani percorse la schiena nuda della ragazza, le spalle, i fianchi, s’impossessò dei morbidi glutei, li strinse, li saggiò, poi rifece il percorso inverso, fino alla nuca, affondò le dita nei capelli umidi, e si sentì al settimo cielo.
Molto dopo ripensandoci, Ryo non seppe spiegarsi come un semplice tramezzino avesse potuto risvegliargli un tale desiderio; in fondo quante mila volte lui e la sua socia avevano mangiato insieme, quante mila volte aveva condiviso del cibo con altrettante donne, e allora perché ora era tutto diverso?
Solo perché già di per sé era eccitante essere nudi?
O perché era con la donna di cui era innamorato?
Ma che importanza aveva?
Con Kaori era tutto diverso, e ogni giorno era una piacevole scoperta.
Di sicuro quell’avventura l’avrebbero ricordata a lungo, e magari, epurata dei risvolti hot, avrebbero potuto raccontarla, un giorno ai loro figli.
Nel frattempo era meglio viverla fino in fondo, quell’esperienza, e senza porsi troppe domande, approfondì il bacio, e si lasciò andare totalmente a lei.
 
Appoggiati al freddo ripiano della cucina, con le mani ancora sporche di salsa, piacevolmente sazi di cibo, baci e carezze, sarebbero volentieri andati molto oltre, se il rumore di una porta che sbatteva, non li avesse bruscamente richiamati alla realtà.
 
Si staccarono immediatamente, completamente frastornati; guardandosi intorno, faticarono a capire dove si trovassero.
L’improvvisa luce fredda di un neon, per giunta, ruppe l’incanto di quella bolla in penombra, e in un secondo si misero in allerta: stava arrivando qualcuno, e loro continuavano ad essere nudi e indifesi.
Due intrusi all’interno dei locali della cucina di un resort, nel bel mezzo della notte: cosa avrebbero potuto dire a chi li avesse sorpresi?
Quale spiegazione logica e sensata avrebbero potuto dare?
E, soprattutto, chi era colui che, a quell’ora tarda, aveva necessità di scendere in cucina?
 

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Capitolo 4
*** Frozen ***


Eccomi! Stasera ero indecisa se mettermi giù e rispondere a tutte le rec e rimandare l’aggiornamento – visto che ogni giorno ce n’ho una! – oppure…postare il capitolo, e se state leggendo questo messaggio sapete già quale decisone ho preso heehhehe ^_^
Buona lettura e grazie ancora per la vostra simpatia!
Eleonora

 
 
 
Cap. 4 Frozen
 
I due sweeper guardarono l’orologio sulla parete, segnava le tre del mattino; a quell’ora solo chi doveva impastare e cuocere il pane poteva bazzicare il pianterreno dell’hotel, e non avevano la più pallida idea di quanti attaccassero il turno a quell’ora.
Erano nuovamente nei guai.
 
Nonostante i vasti locali della cucina, fondamentalmente c’erano due sole entrate principali: quella che dava sull’esterno, che li avrebbe fatti ritrovare punto e a capo, e quella che dava sull’interno e che collegava le cucine con il resto dell’albergo, da dove, si erano augurati, sarebbero riusciti a guadagnare le scale per salire ai piani superiori.
Ma proprio da lì, evidentemente, stava giungendo qualcuno che gli avrebbe sbarrato la strada.
 
Il fischiettare allegro del presunto fornaio, si faceva sempre più vicino, e i due sweeper si sentirono in trappola.
 
Istintivamente si voltarono indietro, e all’unisono decisero all’istante che l’unica soluzione praticabile fosse quella di nascondersi nella cella frigorifero, in attesa del momento buono per sgattaiolare via.
E poiché la porta si chiudeva solo dall’esterno, pensarono bene di bloccarla, mettendoci, fra il battente e lo sportello, uno scatolone di vasetti di maionese appoggiato per terra; così facendo non si sarebbe chiusa, sigillandoli dentro.
Lo scatolone ra sufficientemente pesante per reggere il peso del portellone a chiusura stagna, e abbastanza piccolo per non dare troppo nell’occhio, lasciando giusto un trascurabile spiraglio.
Se il fornaio non si fosse accorto di questo escamotage, loro sarebbero stati salvi.
 
Un uomo entrò in cucina fischiettando e sbadigliando, alternativamente; stropicciandosi gli occhi sospirò.
Come prima cosa accese una piccola radiolina, e subito le note allegre di una famosa canzone pop riempirono l’aria, quindi si diresse al suo armadietto, nell’anticamera, ed infilò il suo grembiule.
I due sweeper spiavano tutti le mosse del nuovo venuto, e per un attimo Kaori si rammaricò di non essere andata nello spogliatoio dei dipendenti, a frugare negli armadietti in cerca di qualcosa da mettersi addosso.
Si era piuttosto lasciata tentare dal cibo e da Ryo e… poteva dirsi pentita veramente?
Sentiva di aver vissuto un momento molto intenso con lui, e non era solo questione del mangiare in sé.
Avevano condiviso qualcosa di intimo e importante, e la ragazza seppe che mai nessun altro tramezzino, fosse stato fatto anche con gli stessi ingredienti, avrebbe avuto lo stesso sapore.
Il bacio che ne era seguito, inoltre, era stato meraviglioso ed elettrizzante.
Si consolò dicendosi che non si può avere tutto nella vita, anche se adesso era ancora nuda, per giunta dentro una cella frigorifero, a frollare come un quarto di bue.
 
Il fornaio tornò troppo presto, per dare adito ai nostri eroi di tentare la sortita, e mentalmente i due si dissero che non era quello il momento giusto; prima o poi sarebbe arrivata la loro occasione.
 
Canticchiando, il ragazzo tirò fuori il suo libro di ricette, e sfogliandolo, scelse i dolci da preparare per la prima colazione; le dosi per il pane, invece, le sapeva a memoria, e non c’era bisogno di consultare alcunché.
Iniziò quindi a tirar fuori la farina, il lievito, ed avviò diversi impasti, dolci e salati.
I suoi movimenti erano fluidi e armoniosi, se non fossero stati penosamente al freddo e al gelo, Ryo e Kaori si sarebbero goduti lo spettacolo di quel giovane fornaio che lavorava con grazia e maestria, ed era davvero una gioia per gli occhi.
 
Peccato che il tempo passasse e lui non avesse nessuna intenzione di uscire di lì, nemmeno per andare in  bagno o fumarsi una sigaretta.
Quanto ancora avrebbero dovuto resistere i due soci?
Iniziavano anche a sentir un notevole freddino sui corpi nudi, ma un imprevisto si abbatté su di loro.
 
Sembrava che il fornaio dovesse impastare pane e dolci per un reggimento, e che non ci fosse modo di mandarlo via di lì, quando ad un tratto arrivò una ragazza, una cameriera del turno di notte.
 
“Ehi ciao Pan-ya!” trillò la ragazza entrando.
 
“Oh sei tu Kita? Non sapevo che toccasse a te lavorare stanotte” la salutò di rimando il giovane.
 
“Ho fatto un cambio con Hitomi.” rispose facendo spallucce.
 
“Ma dimmi, se sei qui immagino che hai bisogno di qualcosa… Non dirmi che c’è qualcuno che stanotte ti ha mandato a chiamare, perché vuole mangiare a quest’ora!”
 
“Zitto, non me ne parlare! E’ quell’attricetta che s’è svegliata affamata, e non le sono bastati gli snack del frigo bar!” disse stizzita, e con una punta di disprezzo.
 
Ryo e Kaori accusarono il colpo, e si dissero che effettivamente la loro cliente non era solo petulante, ma anche inopportuna e viziata.
 
Pan-ya perplesso le disse:
 
“Però, al momento qui ci sono solo io, e non ho niente di pronto; è ancora presto per le colazioni, e i cuochi arriveranno molto più tardi. Cosa possiamo darle da mangiare?”
 
“Ah guarda, non lo so proprio. Magari un panino volante con quello che c’è…. Prova a guardare nella cella, chissà che non trovi un po’ di formaggio e del prosciutto, credo che potrebbe andare!”
 
Ryo e Kaori sentendo quelle parole iniziarono a sudare freddo, e si sentirono persi.
 
Kita e Pan-ya li avrebbero beccati nudi e crudi, e semi congelati, per giunta!
 
Il giovane fornaio era già sulla porta, quando si bloccò di colpo: i resti dei tramezzini dei due sweeper giacevano disordinatamente sul piano di lavoro di alluminio, immediatamente davanti alla cella frigorifero; li guardò interrogativamente, e quasi infastidito.
I due soci, nel frattempo, si erano rincantucciati sul fondo della cella, e si erano nascosti dietro una pila di scatoloni contenenti passata di pomodoro, e altri barattoli di verdure.
Avevano allargato lo stretto spazio fra le cataste e la parete di fondo, e velocemente gli avevano cambiato di posto, così da ricavarsi un discreto nascondiglio.
Se nessuno avesse ispezionato il vano per tutta la lunghezza, sarebbero passati totalmente inosservati.
C’era solo un unico, non trascurabile, problema, e cioè che la parete metallica era, se possibile, ancora più gelida di tutto il resto, e Ryo, che vi stava appoggiato con il sedere, non si sentiva più le chiappe, ormai totalmente congelate e schiacciate: si immaginava il suo prezioso sederino non più morbido e liscio, ma squadrato e insensibile ad ogni sollecitazione.
Avrebbe voluto piangere, ma era sicuro che le lacrime gli si sarebbero congelate.
 
Kaori, invece, di fronte al suo fidanzato, praticamente addosso a lui, non riusciva a trattenersi dal tremare, scossa da terribili brividi che le facevano battere i denti.
Temeva di fare così tanto rumore, da essere scoperta anche per quello.
 
Percepivano la presenza del fornaio a pochi passi da loro, e trattenevano il respiro, del resto, non si azzardavano nemmeno ad espirare, con la paura che nuvole di vapore acqueo, li rivelasse.
 
“Allora? Trovato qualcosa?” gli domandò la giovane cameriera avvicinandosi “Non vorrei metterti fretta, ma sai com’è…” e gli fece una smorfia, poi notando anche lei i tramezzini sul tavolo esclamò “Ehi, direi che quello è perfetto!” indicandone uno smozzicato.
 
“Ma che dici?” si stupì Pan-ya “Non vedi che è già stato morso da qualcuno? Chissà di chi è, tra l’altro!” esclamò quasi disgustato.
 
“E allora?” Gli rispose Kita “Basterà tagliar via la parte morsicata, e ne avremo uno bello che pronto!” gli spiegò pratica, e già stava per afferrare lo stesso coltello che aveva usato Ryo.
 
“Sei matta?” le disse Pan-ya, bloccandole la mano “E dopo cosa dirà la cliente? Potremmo avere noie con il direttore!”
 
“Su dai, non essere così pessimista! La cliente non è affatto sveglia…” e a sentire ciò, i due soci semi-ibernati si scambiarono uno sguardo eloquente “…e non si accorgerà di nulla. Se dovesse dire qualcosa, le spiegherò che questo è il famoso mini-sandwich che tutte le modelle ordinano, per togliersi lo sfizio di mangiare qualcosa di succulento, senza dover rinunciare alla linea.” e gli fece l’occhietto.
 
“Kita, ma tu sei un genio! Sei davvero sprecata per fare la cameriera. e per giunta nel turno di notte. Dovresti, come minimo, stare alla reception, o negli uffici amministrativi!”
 
“Caro il mio Pan, tu invece sei troppo buono, proprio come i dolci che prepari.” e nel dirlo, gli si avvicinò per poi scoccargli un bel bacio sulla guancia.
 
Kita aveva già afferrato il panino, rifilato dai morsi degli sweeper e impiattato al meglio, e si stava velocemente avviando all’uscita; il ragazzo, piacevolmente stupito dalla sua carineria - lui che aveva un debole per lei - rimase un attimo imbambolato, e si riebbe solo quando lei gli gridò dalla porta:
 
“A proposito, quando sono pronti? Mi lasceresti da parte una delle tue famose ciambelle?”
 
Solo allora si riscosse totalmente, e leggermente allarmato le rispose:
 
“Giusto! E’ ora che mi dia da fare, altrimenti non farò in tempo!”
 
Pan-ya, che per tutto il tempo era rimasto fermo davanti alla cella frigorifero, dando le spalle al portellone, senza di fatto aver avuto bisogno di entrare, stava quasi per andarsene, quando i due eroi lo sentirono esclamare:
 
“Ma tu guarda! Questo scatoloncino di maionese non fa chiudere bene la porta. Chissà da quanto tempo è qui! Per fortuna lasciava aperto solo uno spiraglio, se no sarebbero andate a male tutte le scorte!” e con un unico gesto, raccolse la scatola e chiuse con un colpo di anca, lo sportello del refrigeratore.
 
Quello fu il peggior rumore che i nostri sweeper potessero udire, peggio di una raffica di mitra, dello sparo di una pistola, del deflagrare di una bomba, del crac delle ossa che si rompono, della cilecca di un’arma che non spara al bisogno.
Era il rumore della loro fine!
 
Illuminati dalla fredda luce del neon, che rendeva ancora più fredda la loro prigione, i due soci si guardarono negli occhi, e vi lessero la disperazione.
 
Sapevano benissimo entrambi che avevano due possibilità: rimanere lì, a farsi ibernare come Ian Solo in attesa di essere scongelato dalla Principessa Leila - anche se alla fine non sarebbe stata la spaziale eroina a trarli d’impaccio, ma un qualsiasi cuoco, sguattero, fornitore, cameriere o chissà chi altro ad aprire la porta di quell’inferno gelato e trovarli morti e nudi - oppure mettersi a gridare e battere i pugni sulla porta di metallo e vetro infrangibile, attirando l’attenzione della gente di cui sopra che, invariabilmente, li avrebbe trovati vivi sì, ma nudi.
Perché sempre nudi erano.
Cosa scegliere?
 
“E adesso?” quasi singhiozzò Kaori.
 
Ryo la strinse a sé, sia per consolarla, che per trasmetterle un po’ di calore corporeo.
Fosse stato per lui, si sarebbe subito messo a strepitare per farsi sentire dal fornaio o chi per lui, ma già sapeva che la sua compagna sarebbe morta di vergogna, e sotto sotto non gli andava di creare uno scandalo inutile.
Essere sorpresi nudi dentro una cella frigorifero non era in cima ai suoi desideri, e poi chissà cosa sarebbero andati a pensare!
E invece, quella sera, gira e rigira, lui era sempre andato in bianco, bianco come il sottile strato di ghiaccio che si stava formando su di lui.
 
“Tesoro?” le disse ad un tratto Ryo “I tuoi capelli si stanno imbiancando.” constatò passandole le dita fra le ciocche umide e gelate.
 
“A-a-anche i tuoi.” balbettò la ragazza.
 
Non avevano fatto in tempo ad asciugarsi dopo il bagno in piscina, e i getti d’acqua dell’irroratore; finire al gelo in quel modo, come avevano fatto loro, era proprio l’ideale!
L’era glaciale stava avanzando.
 
Il socio la strinse ancora di più:
 
“Tesoro? Se avessi delle chiavi, saprei dove appenderle.” le disse con noncuranza.
 
“Eh?” rispose Kaori, pensando che tutto quel freddo stesse dando di volta al cervello del socio.
 
Era risaputo, infatti, che il corpo umano sottoposto al grande stress dell’ipotermia, rallentava tutte le funzioni vitali, riducendole al minimo; probabilmente Ryo stava svalvolando per quello.
 
“Ma sì!” continuò il partner staccandosi leggermente da lei, e indicando col mento il suo seno.
 
Kaori abbassò lo sguardo, e ci mise un po’ a capire cosa intendesse quello scemo; si guardò il petto, la prima cosa che vide, e quando si accorse che il suo seno era naturalmente e durissimamente appuntito, fu invasa da una potente ondata di calore.
La rabbia, la vergogna e il disappunto, la fecero ribollire fin nel profondo, sciogliendole il ghiaccio dai capelli, che scivolò giù in allegri rivoletti.
 
“Tu-tu-tu…” balbettò, prima di fracassargli sulla testa due dozzine di scatoloni di barattoli da mezzo chilo di passata di pomodoro, spiaccicandolo sul bancale sul fondo.
 
Poi, avvicinandosi alla sua faccia informe, incastrata fra le stecche di legno, gli sibilò:
 
“Come ti viene in mente di dire una cosa del genere!!!! Sei il solito idiota!”
 
“Eh eh eh eh eh” ridacchiò “Però almeno ho trovato il modo di riscaldarti eh eh eh eh”
 
“Pfuuu!” sbuffò esasperata la giovane, per poi aggiungere “E comunque se lo vuoi sapere, non sei un gran bello spettacolo nemmeno tu.” e indicandogli i gioielli di famiglia osservò “Quelle due prugne secche, e quella banana avvizzita che ti porti appresso, non sono degne del grande stallone di Shinjuku!” e lo guardò con aria sprezzante.
 
“Ma che stai dic…” aveva iniziato a protestare il socio, quando dovette interrompersi all’istante; mentre loro facevano gli scemi, indecisi di quale morte morire, fra il congelamento e la vergogna, si accorsero che la ben nota voce di Pan-ya si stava avvicinando nuovamente.
Sembrava al telefono.
 
“Sì, sì, hai ragione, ma non posso preparare quindici torte alla frutta candita, se mi mancano gli ingredienti!” poi fece una pausa, sicuramente stava ascoltando il suo interlocutore, quindi riprese “…ti ho già detto che i fornitori questa settimana non si sono fatti vedere, ed io mi arrangio con ciò che ho!”
 
La voce ora era vicinissima, e i due soci si rintanarono nel loro nascondiglio.
 
“Cosa vuoi che faccia? Ancora non ho imparato a fare le magie!” e nel dirlo aprì la porta della cella frigorifero, con uno strano rumore di risucchio; sembrava l’apertura della porta pressurizzata di un’astronave, però non era Leila, ma il suo carceriere Jabba the Hut.
 
Per un attimo Ryo e Kaori si sentirono perduti; era inevitabile che Pan-ya li scoprisse perché, sempre al telefono, aveva già fatto un passo all’interno del magazzino refrigerato, e continuava ad avanzare, dicendo:
 
“… eh, per forza! Userò la frutta che ho, quella congelata, tipo i frutti di bosco. Dovrei averne una scorta in fondo al frigorifero.”
 
I due soci si prepararono ad uscire allo scoperto – e più scoperti di così! – entrambi rassegnati ad essere vittime delle reprimende altrui, quando gli parve di sentire, vagamente, come un suono di clacson, provenire dall’esterno; anche Pan-ya si fermò e tacque in ascolto.
 
“Aspetta, aspetta!” disse poi nel ricevitore del cordless che si portava dietro “Credo che sia arrivato qualcuno nel piazzale…” e con passo svelto si diresse verso l’uscita; i due soci allora, ricorrendo a quanta più adrenalina avessero in corpo, si produssero in uno scatto fulmineo, e si precipitarono fuori, prima che la porta si richiudesse su sé stessa.
 
Udirono appena il fornaio sbraitare di fuori, con quelli che dovevano essere i famigerati fornitori, che erano, sì in ritardassimo per il fornaio, ma che erano arrivati giusto in tempo per salvargli la vita.
 
Ryo e Kaori, nonostante il freddo patito e le membra irrigidite dalle basse temperature, filarono via come comete nello spazio siderale, senza mai guardarsi indietro.
Correvano a perdifiato, verso la salvezza; Ryo non avrebbe lasciato la mano della socia per nulla al mondo, e lei quasi non riusciva a stargli dietro.
 

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Capitolo 5
*** I vestiti nuovi dell’imperatore ***


Finalmente stasera sono riuscita a postare, non prima di aver ri-ri-ricorretto il capitolo per l’ennesima volta, e visto che questo è un po’ più lunghetto degli altri, ci ho messo un po’ di più ^_^’
Diciamo che siamo quasi alla metà della storia, e tante altre cose debbono ancora succedere.
Spero che vi piaccia anche il proseguo di questa ff strampalata.
Intanto vi stra-ringrazio anche qui per la vostra simpatia.
A presto
Eleonora
 

 
 
 
Cap. 5 I vestiti nuovi dell’imperatore
 
 
Non appena guadagnarono quelle che avevano tutta l’aria di essere le scale di servizio, si fermarono ansanti, al riparo da occhi indiscreti.
Solo allora Ryo si accorse che Kaori si era portata dietro due scatoloni vuoti, del passato di pomodoro.
 
“Che-che ci fai con quelli?” le chiese lui, con un leggero fiatone, mentre Kaori armeggiava con i cartoni dell’imballo, cercando di adattarseli al corpo, come fossero un gonnellino, a coprire le parti intime.
“Ahhh, ora ho capito! Vuoi metterci dentro la patata!” esclamò alla fine il socio, come se avesse avuto l’intuizione del secolo, salvo poi farsi improvvisamente pensoso, e aggiungere “Ma… fuori c’è scritto pomodoro!?!”
 
A quella scappata, Kaori s’infiammò nuovamente, e, gonfiato il torace, gli urlò in faccia:
 
“Taciiiiiiiiiiiiiii!!!”, buttandogli all’indietro tutti i capelli. Poi ripreso fiato “Sei un idiota senza cervello! Mi chiedo ancora come fai ad essere così… così… e allo stesso tempo un cinico sweeper!” e gesticolando con le braccia, lo indicò con rassegnata frustrazione.
 
Ad un Ryo, ormai trasformato in Super Saiyan di 4° livello, dalla potenza della soave voce femminea, non restò che ridacchiare, e per sua fortuna si astenne dal dire che, finalmente, le sue sfere del drago, erano tornate a risplendere.
 
Poco dopo erano nella tromba delle scale di sicurezza, a salire quella teoria infinita di scalini, mano nella mano, uno avanti l’altra.
Kaori, non si sa come, si era sistemata i cartoni addosso, riuscendo a nascondere almeno le parti sensibili: una scatola era servita per improvvisare una specie di pareo, e l’altra per coprirsi il seno.
Non erano certamente degni della maestria di Eriko, ma, almeno, le davano un senso di sollievo dall’enorme imbarazzo che aveva dovuto sopportare dall’inizio di quella tragica avventura.
Per la prima volta, da che era andata in piscina per una semplice nuotata rigenerante, finalmente si sentiva più forte e più fiduciosa, padrona della propria vita.
 
“Ormai dovremmo esserci” esclamò lo sweeper, richiamando l’attenzione della socia che, tutto sommato si stava godendo il momento, mano nella mano con il suo fidanzato.
Ryo era ancora completamente ignudo, ma la sua mancanza di pudore, o meglio la sua innata disinvoltura, facevano passare in secondo piano tutto il resto.
A vederlo incedere così sicuro e spigliato, veramente non avrebbe fatto nessunissima differenza se fosse stato nudo o vestito, tanto sarebbe stato uguale per lui.
Questo era Ryo e a Kaori andava benissimo così: non poteva chiedere di meglio.
 
Stava giusto per spingere la porta che li avrebbe portati al piano terra, all’altezza della hall, quando Kaori gli disse:
 
“Aspetta!” e lui si fermò, voltandosi a guardarla.
 
“Non possiamo entrare così, come se niente fosse. Cosa diremo al concierge? E poi… e poi… che ore saranno?” chiese nuovamente turbata.
 
“Be’ a giudicare dalla luce” e indicò gli alti finestrini che illuminavano le scale “non dovrebbe mancare molto all’alba.”
 
“Questo significa che presto l’albergo si animerà, e tornerà ad esserci il consueto andirivieni, con tanta gente in giro!” osservò spaventata.
 
“Hai ragione socia” disse Ryo conciliante, “ma come possiamo fare? Abbiamo bisogno delle chiavi per rientrare in camera, e sarebbe peggio se mi beccassero tutto nudo a rubarle dal casellario, che andare lì e chiederle con nonchalance!” e si profuse in un sorriso da faccia di bronzo.
 
“Non hai tutti i torti…” bofonchiò la ragazza. “E va bene, allora, cosa pensi di fare?” domandò ansiosamente.
 
“Hai mai sentito parlare della fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore? No?? Be’, lascia fare a me.” e si batté la mano sul petto, con aria sicura, facendole l’occhiolino.
 
“…mmmm…speriamo bene…” mormorò la sweeper poco convinta.
 
Ryo stava quasi per uscire, quando lei gli afferrò la mano, trattenendolo:
 
“Ryo…?”
 
“Sì?” chiese l’uomo voltandosi a guardarla interrogativamente.
 
“Stai… stai attento.” e prima che lui potesse ribattere che non correva nessun tipo di pericolo, e che anche se era disarmato, non stava affrontando nessun tipo di nemico, lei aggiunse “E non farti arrestare per atti osceni in luogo pubblico!”
 
Il viso dell’uomo, allora, si illuminò di un sorriso divertito e amorevole insieme, e avvicinatosi alla ragazza, poco prima di posarle un fuggevole bacio sulle labbra, le sussurrò:
 
“No, quelli li faccio solo per te!” e un secondo dopo avanzava con passo scalzo e sicuro, incontro al bancone della hall.
 
Kaori, portandosi una mano al viso, a coprirsi gli occhi, sospirò sconsolata e innamorata insieme.
 
Drin drin drin
Ryo, con impazienza, premette con il palmo della mano, il campanello posto sul bancone.
Per un attimo Kaori si chiese se non fosse impazzito, perché, d’accordo attirare l’attenzione del portiere di notte, ma così sembrava voler svegliare tutto l’albergo!
 
Nel giro di un minuto, però, si vide arrivare dal retro un ometto alquanto assonnato, che, stropicciandosi gli occhi, emise un rauco “Sono subito da lei!”, prima di guadagnare la sua postazione al front office.
E più si stropicciava gli occhi, e più il suo sguardo si faceva incredulo, trovandosi davanti quell’omone aitante di Ryo, a torso nudo.
Tuttavia l’omone aitante in questione, non perse tempo, e precedette ogni suo eventuale strabiliato commento iniziando a dire:
 
“Ragazzi che serata! Magnifica!” e poi rivolgendosi direttamente al receptionist prese a parlare quasi a raffica “Stasera io e mia moglie” e Kaori che ascoltava poco distante da lì, sobbalzò a quella parola “abbiamo preso parte ad una sfilata di moda fantastica; sapesse che vestiti, che stile, che fashion! Uno più bello dell’altro! Ce ne erano certi da far girare la testa” e poi appoggiando il gomito sul ripiano, e facendosi più vicino, come a volergli confidare un segreto “ma anche i prezzi facevano girare la testa, non so se mi spiego…” e finì per ridacchiare.
 
Il receptionist, che si era svegliato di soprassalto al suono insistente e quasi impertinente del campanello, e che ora si trovava davanti un uomo seminudo che pontificava di moda e sfilate, non riusciva a capacitarsi se stesse ancora sognando, o quella fosse una bizzarra realtà, anche perché, a dirla tutta, quel cliente petulante, lo stava rimbambendo con la sua chiacchiera!
Si sforzò di concentrarsi, per capire dove lo sconosciuto volesse andare a parare.
 
Ryo, in ogni caso, dopo la confidenza, si era ritirato su, in tutta la sua stazza e, perfettamente a suo agio, riprese a raccontare la sua immaginifica serata, passata ad una presunta sfilata di moda:
 
“Dicevo… abiti da togliere il fiato, e allora sa che cosa abbiamo fatto io e mia moglie?”
 
L’impiegato non fece in tempo nemmeno a dire un No di convenienza - mentre una Kaori tutta orecchi sussultava seguendo la scena dallo spiraglio della porta - che Ryo proseguì per la sua strada:
 
“Siamo andati nel backstage della sfilata, e abbiamo chiesto a Fashion Guru Master, sa, il famoso stilista, lo conosce no? E chi non lo conosce?” rimarcò in tono teatrale e ammiccando “Dicevo abbiamo chiesto a FGM, Fashion Guru Master, è così che lo chiamiamo noi amici” e nuovamente gli ammiccò “di venderci a-s-s-o-l-u-t-a-m-e-n-t-e una delle sue creazioni!” e concluse con aria beata, congiungendo le mani in estasi.
 
Il portiere ascoltava basito, e stentava a seguire il filo dei vaneggiamenti di Ryo; si chiedeva come mai ‘sto tipo mezzo nudo parlasse tanto di vestiti, quando non ne indossava nemmeno uno!
 
Ryo, soddisfatto dell’effetto confusionario che stava avendo sul timido receptionist, proseguì la sua tirata:
 
“Ovviamente, io e la mia signora, volevamo un vestito ciascuno, unico, che ci rappresentasse, e FGM ha trovato quello che faceva per noi. Che uomo! Che artista! Che genio incontrastato!” snocciolò entusiasta.
 
Il dipendente dell’hotel, si guardò bene dal proferire parola, perché lui, di questo guru qualcosa, non ne aveva mai sentito parlare, e meno che meno sapeva che ci fosse una sfilata così importante in città.
 
“Guardi, guardi qui!” disse ad un tratto Ryo, costringendo il receptionist ad esaminarlo con occhi assai più interessati di come non stesse facendo.
L’omino, infatti, faceva di tutto per non farsi scoprire a guardare i pettorali guizzanti e le braccia muscolose, completamente nude, che Ryo metteva in mostra sbracciandosi nel raccontare con enfasi la sua serata fantastica, ma era difficile non soffermarcisi, data la bizzarria della situazione.
Stavolta, però, era proprio lo stesso cliente che lo obbligava, e non aveva scampo.
Ryo, dal canto suo, proseguì:
 
“Vede questo magnifico completo che indosso? E’ una creazione FGM o-r-i-g-i-n-a-l-e! Ne ha mai vista un’altra così? No? Lo immaginavo, del resto non sono adatte al pret-à-porter, queste.” e fece una smorfia da saccente snob “Vede la giacca? Che taglio! Che linea, e che rifiniture! Non è superba? E vogliamo parlare della mia camicia di seta? Seta indiana, della più pura e costosa. La cravatta… si commenta da sé” aggiunse con un gesto che stava ad indicare un’ovvietà “I pantaloni? Come non averli! Le scarpe… un po’ rigidine all’inizio, ma ho dovuto accontentarmi di quelle che avevano, pur sempre fatte a mano, che crede? Tuttavia Fashion mi ha promesso che me ne farà avere un altro paio, fatte su misure per me. Ero così impaziente di venir via con il suo abito, che sarei tornato in albergo anche scalzo!” e Ryo si lasciò andare ad una fragorosa risata.
 
Un colpo di tosse discreto della socia, lo richiamò all’ordine; il suo spettacolino stava andando troppo per le lunghe, e lei si stava scocciando a restarsene lì, dietro la porta di servizio, con indosso due scatoloni di pelati, mentre dalla tromba delle scale saliva uno spiffero che le freddava tutta la cantina.
 
Ryo tornò in sé:
 
“Anche il vestito di mia moglie è straordinario, una vera opera d’arte” riprese con enfasi “Una bella donna e un bel vestito, quale altro migliore connubio?”Argomentò lo sweeper, poi si fece improvvisamente serio, e nuovamente si appoggiò al bancone, abbassando la testa, e inducendo il portiere a fare altrettanto; Ryo era pronto ad una nuova confidenza: “Solo che… solo che è successo un guaio.”
 
Il receptionist era ormai totalmente assorbito dai vaneggiamenti di Ryo, e anche se, ancora, non riusciva a vedergli indosso quel completo fantasmagorico che diceva di indossare, per empatia si fece cupo anche lui e si dispose ad ascoltare ciò che, apparentemente, angustiava quello strano tizio tutto muscoli e parlantina.
 
“Solo che…” riprese lo sweeper “quando siamo andati al buffet, un vero e proprio tripudio di cibi raffinati e ottimo vino, manco a dirlo, la mia povera Kaori, si è sporcata con la salsa… ovviamente non è stata colpa sua…”
 
“Certo che no!” riuscì ad infilare il receptionist.
 
“Vero? Anche lei pensa che la mia signora sia l’esempio vivente della leggiadria e della femminilità?” chiese lo sweeper con occhi sognanti, mentre Kaori esasperata da quella pantomina stava già perdendo la pazienza. “Ah dovrebbe vederla! E la vedrà sa, solo che….” e nuovamente assunse un’aria mogia, da sconfitto.
 
“Solo che…?” lo incalzò l’altro.
 
“Solo che, pur non essendo stata colpa sua, si è sporcata il vestito con la salsa, dicevamo, ed ora…” e abbassando ulteriormente la voce disse “… si vergogna di farsi vedere. Con il vestito macchiato! Ecco, l’ho detto!”
 
“Ohhhhhh!” esclamò l’omino rapito.
 
“Si vergogna di farsi vedere da lei!” puntualizzò Ryo, e questo inorgoglì il portiere di notte che, raddrizzate le spalle, assunse una postura più dignitosa, dimenticando completamente che stava parlando con un uomo nudo e tutto il resto.
 
“Oh, ma si figuri…” iniziò a schermirsi “non ce n’è motivo, io sono solo un umi…”
 
“E invece no!” lo interruppe Ryo con enfasi “Quel che è giusto è giusto. Lei è un uomo di valore, un fulgido esempio della dedizione al lavoro di noi, popolo Nipponico. Io e mia moglie conosciamo l’importanza del suo lavoro, tanto più che lo espleta nelle ore notturne, quando tutti dormono o sono in giro a fare baldoria.”
 
Lo stava bellamente intortando, e l’omino non capiva più niente dalla felicità: il suo petto stava per scoppiare di amor proprio e orgoglio.
 
“Anche io mi vergognerei a tornare in albergo con un vestito macchiato, con un abito indecente, e la mia Kaori è molto sensibile a queste cadute di stile, ecco perché non è qui con me, e anzi, piuttosto, se ne sta laggiù nascosta” e la indicò “Ad aspettare che io ritiri le nostre chiavi, e soprattutto trovi una soluzione al suo imbarazzo.”
 
Il receptionist si voltò verso la sweeper, e questa lo salutò timidamente dallo spiraglio.
L’uomo arrossì inspiegabilmente; era al cospetto di cotanta donna che, per suo rispetto e pudore, preferiva restarsene acquattata dietro una porta di servizio, anziché farsi vedere in disordine da lui.
Mai era stato investito di un così grande onore, e veramente dimenticò la buffa avventura notturna che stava vivendo, e gli parve che il tutto fosse sì bizzarro, ma altamente appagante.
 
“Signora, troveremo una soluzione!” le disse ad alta voce, così da farsi sentire. Quindi, dopo essersi fermato a pensare un attimo aggiunse “Potrei farle avere una vestaglia o un accappatoio per… per.. coprirsi, se vuole.”
 
“Oh sarebbe una magnifica idea!” rispose euforica la sweeper, che iniziava a vedere un finale decoroso a quell’avventura notturna; Ryo era riuscito a far passare in secondo piano tutto il resto: quel bastardo racconta frottole ne sapeva una più del diavolo.
 
“Se avrete la pazienza di aspettarmi, le procurerò qualcosa da mettersi sopra” sentenziò orgogliosamente il portiere, e senza aspettare la risposta, scomparve all’interno con servile solerzia.
 
A quel punto Ryo fece segno a Kaori di raggiungerlo, ma lei fece di no con la testa: non si sentiva ancora pronta; per fortuna il receptionist non tardò a ritornare, e porgendo a Ryo, attraverso il bancone, un morbido kimono di seta lavorato a fiorami spiegò:
 
“E’ della mia fidanzata, ma credo che sarà felicissima di prestarglielo.” e nuovamente arrossì.
 
Ryo, per un attimo, si sentì in colpa di averlo preso in giro così tanto, in fondo era un brav’uomo, un po’ troppo credulone forse, ma di buon cuore; probabilmente anche il lavoro che faceva lo portava ad essere accondiscendente con tutti i clienti, e la sua indole naturale faceva il resto.
Lo sweeper afferrò l’indumento con profondo rispetto e gratitudine, e voltandosi si avviò verso Kaori e la porta, mostrando le terga al receptionist, che sgranò tanto di occhi.
Se l’impiegato dell’albergo aveva creduto che Ryo fosse a torso nudo, nonostante non riuscisse a vedere il tanto decantato vestito di alta moda, adesso constatava che non aveva nemmeno il sotto, e veramente i suoi pantaloni era come non averli!
Si stropicciò nuovamente gli occhi e scosse la testa, eppure Ryo continuava ad apparire completamente svestito; il suo piglio sicuro e la sua disinvoltura lo stavano confondendo e non riusciva più a scindere il vero dal falso.
A peggiorare le cose, ad un certo punto, il portiere lo vide infilarsi le mani in quelle che dovevano essere le tasche della giacca, ed estrarre accendino e sigarette, e ci mancò poco che andasse fuori di testa.
Ryo dal canto suo mimava tutti i movimenti, apposta per destabilizzare e confondere ulteriormente l’ometto.
 
In ogni caso, Kaori fu veloce ad indossare il kimono, e finalmente poté uscire allo scoperto.
Al braccio di Ryo si avvicinò al bancone della hall, il socio sempre nudo, lei vestita.
Lo sweeper, quindi, sempre sicuro di sé, chiese le chiavi:
 
“4-8 e 4-9, per favore.”
 
E la disinvoltura era tale, che l’addetto nemmeno si chiese come mai i due si dicevano sposati, e invece occupavano due stanze diverse.
 
Ryo prese le chiavi, e con naturalezza appoggiò i cartoni dei pelati sul bancone, quelli che aveva indossato Kaori; un secondo prima di andarsene verso l’ascensore, chiese al receptionist con noncuranza:
 
“Ah, ci pensa lei a mandare questo in tintoria?” ma non attese risposta; quando l’altro si riscosse, quella strana coppia era già scomparsa, e non per la prima volta, l’uomo si chiese se non si fosse sognato tutto.
 
Scrollando nuovamente la testa, decise di farsi un bel caffè forte, così almeno si sarebbe svegliato del tutto.
 
 
 
I due sweeper raggiunsero finalmente le tanto agognate stanze da letto, scelte tatticamente contigue, e si fermarono indecisi.
Kaori divideva la sua con la cliente, come da prassi, ma dopo quella strana avventura avrebbe tanto voluto restare con Ryo, passare altro tempo con lui, trascorrere il resto della nottata abbracciati, nel medesimo letto, anziché adattarsi a condividere la stessa, seppur spaziosa e lussuosa, stanza, con quella tipa antipatichina.
Tra l’altro, con il rischio di essere aspramente redarguita, nel caso l’avesse svegliata con la doccia bollente che aveva intenzione di fare.
Ryo da parete sua, avrebbe voluto che Kaori entrasse e restasse nella sua, di stanza, per gli stessi identici motivi della socia, ma stavano lavorando e quelli erano i patti.
 
Entrambi si guardarono per un lungo istante, sconsolati, senza parlare, e sospirarono affranti.
 
Alla fine Kaori fece per aprire, quando Ryo la fermò:
 
“Sugar, aspetta, guarda qui” e nel dirlo si piegò a raccogliere una lettera che aveva trovato sotto la porta, entrando; la prese e lesse “A quanto pare è di Mick. Chissà cosa avrà da dirci?”
 
Kaori tornò indietro, e raggiunse il socio all’interno della sua camera; si sedettero entrambi sul letto, non prima che la ragazza gli dicesse:
 
“Almeno, adesso, potresti metterti le mutande?”
 
Ryo stava per protestare che erano ore e ore che andava in giro nudo, ma poi si arrese subito; era così stanco anche lui, che non vedeva l’ora di farsi una doccia calda e dormire dormire dormire.
 
Non appena ebbe infilata della biancheria intima pulita, Ryo iniziò con:
 
“Dunque il nostro yankee dice ‘Adorata Kaori, che ancora ti ostini a sprecare il tuo tempo accanto a quello scimmione spelacchiato di Ryo, volevo avvertirti che, durante la vostra assenza, ho praticamente risolto il caso.’” letto ciò Ryo s’interruppe e sbottò con: “Quel damerino è davvero uno spudorato, come osa definirmi scimmione spelacchiato quando ho una chioma nera e folta più della sua??? E poi sempre a provarci con te… mi sta dando sui nervi!” concluse esasperato.
 
“Caro…” gli disse Kaori, pericolosamente in bilico fra la veglia e il sonno “… forse ha detto così perché gli scimmioni hanno più pelo di te, che sei notoriamente glabro, da buon giapponese che si rispetti” e si lasciò andare ad uno sbadiglio.
 
“Ma certo che lo so come sono le scimmie! Lo conosco anch’io il mondo animale… animale come lo è lui!!”
 
“Dai non fare il geloso!!! Ti stai scaldando tanto per nulla… e per quanto mi riguarda, se ci decidessimo finalmente a dirgli di noi, forse, dico forse, se la smetterebbe di provarci con me. In fondo lo fa per provocarti… aauauauuahhah” terminò con l’ennesimo sbadiglio.
 
Ryo incassato il colpo, e fattosi passare lo sdegno, riprese la lettura della lettera borbottando:
 
“Quel cretino ha imparato a scrivere in giapponese meglio di me… va be’ vediamo cosa ha scarabocchiato qui” e lo si sentì rileggere velocemente a mezza voce, per riprendere il filo “ah sì dice che ha risolto il caso, che la tipa si era inventata tutto perché voleva far ingelosire il regista con cui aveva una mezza relazione e bla bla bla, e che così si sarebbe fatta pubblicità rendendosi interessante e via dicendo. E questo l’ha scoperto perché, non appena tu sei è uscita, anche lei, che fingeva di dormire, è sgattaiolata fuori, e Mick l’ha seguita fino alla suite del regista. Ha origliato alla porta e ha sentito tutto. A quel punto ha bussato, gli hanno aperto, e fingendosi un investigatore privato mandato dal produttore del film, ha minacciato uno scandalo se non avesse saputo tutta la verità. Attrice e regista hanno vuotato il sacco, e lei ha ammesso di essersi inventata tutto. Ha detto che si scusava con noi, e che ci avrebbe pagato il compenso comunque, l’indomani mattina.” Ryo alzò gli occhi dalla lettera, e guardando una Kaori allibita e perfettamente sveglia, fece spallucce.
 
“Mick dice che passerà domattina…” e istintivamente i due sweeper adocchiarono il lussuoso orologio da parete “cioè fra poche ore, a spiegarci tutto meglio nei dettagli.”
 
“Perfetto! Vien da dire, tutto è bene ciò che finisce bene” sentenziò la ragazza. “Abbiamo giusto il tempo di farci una doccia e un pisolino. Mick sa essere davvero mattiniero, quando ci si mette, non come qualcuno che conosco io…” e rivolse uno sguardo in tralice al suo partner, ma quella fu solo una battuta innocua, senza conseguenze.
 
“Ti dispiace se faccio la doccia qui da te, prima di andare di là?” domandò la sweeper al suo fidanzato.
 
“Ma cerrrrrrto che no!” saltò su Ryo, improvvisamente rianimato, con uno strano luccichio negli occhi.
 
“Ryo…” iniziò Kaori con pazienza “capisco il tuo stato d’animo, e in un altro momento ti avrei pure invitato… a farla con me… ma veramente ho bisogno solo di lavarmi, se capisci cosa intendo…”
 
E già l’uomo era passato dalla gioia sfrenata di un bambino che sta per andare al parco giochi, al cupo malumore di chi è costretto in casa durante una giornata di pioggia, di novembre, di domenica.
 
Si riscosse:
 
“Però scusa, perché hai detto ‘prima di andare di là’? La cliente non c’è, probabilmente sta facendo quelle cose che tanto vorrei fare io con te, col suo amante, e tu vuoi lasciarmi solo?” quasi piagnucolò.
 
Lei allora gli si avvicinò, intenerita dal suo dispiacere, e gli pose una mano sulla guancia leggermente ispida:
 
“Tesoro, mi hai appena detto che domattina, cioè fra non molto, Mick sarà qui, e vuoi davvero che ci sorprenda a letto insieme?” e gli fece l’occhiolino.
 
“Ma…ma… questo non vale!” protestò infantilmente il cinico sweeper, poi cambiando repentinamente tono e faccia aggiunse “E se ti venisse a fare una visita notturna?” incalzò l’uomo.
 
“Saprò come proteggermi” lo smontò lei.
 
“E quindi? Davvero te ne vai così?” e la guardò con occhi lacrimosi.
 
“Finché non usciremo allo scoperto, sai quante altre volte dovremo dissimulare ancora? Io inizio ad esserne stanca, e tu?”
 
Ryo annuì sconsolato: Kaori aveva ragione, prossimamente avrebbero dovuto mettere fine alla loro relazione clandestina, e rivelare tutto agli onnipresenti amici di sempre; del resto non c’era più motivo di tenere il segreto, e passata la prima buriana di risatine, commenti e sfottò, tutto si sarebbe sistemato, e sarebbe diventato perfettamente normale, vederli e saperli insieme.
Anche Kaori era dispiaciuta di doversene andare in camera sua, tanto più che non c’era più quella piattola della cliente, ma non si poteva fare di meglio; a parziale consolazione di entrambi propose:
 
“Facciamo così. Io mi concedo una doccia bollente veloce, e poi ti aspetto qui” indicando il letto su cui già era seduta “finché la fai tu. Poi ti saluto e me ne vado di là, d’accordo?”
 
“MMMm non è molto ma mi dovrò accontentare…” concesse a malincuore l’uomo, e avvicinandosi le disse: “Intanto salutiamoci anche adesso” e la baciò teneramente sulle labbra “Sai, stai andando a fare la doccia, e chissà quando torni, poi ci risaluteremo anche dopo. Certo sarebbe stato diverso se io e te…”
 
Ma lei lo bloccò in tempo, posandogli una mano sulla bocca; lo sweeper depose le armi.
 
Kaori filò in bagno a lavarsi, finalmente, e poco dopo se ne uscì paludata in un morbido accappatoio recante la sigla dell’hotel, esalante vapore, profumo e stanchezza; si frizionò energicamente i corti capelli e si stese sul letto, giusto un attimo – quella era l’intenzione.
Anche Ryo fece una doccia veloce, e quando la raggiunse, lei già dormiva e non volle svegliarla, e anzi, le si distese accanto.
Stringendosi a lei, le prese la mano, e sfinito si addormentò.
 
 
 
Fu così che li trovò Mick il giorno dopo, introducendosi nella camera senza permesso, e senza essere invitato; in più, rispetto alla sera prima, c’era che i due dormivano profondamente e teneramente abbracciati, ed Angel, ridacchiando mentalmente, si disse:
 
“Lo sapevo, eh eh eh eh!” 
 

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Capitolo 6
*** Mick, la pettegola di Shinjuku ***


Zitti zitti siamo arrivati anche al capitolo 6 e manca veramente poco alla fine.
Come andrà a finire questa storiellina?
Ancora grazie per la vostra simpatia.
Vi lovvo
Eleonora

 
 
 
Cap. 6- Mick, la pettegola di Shinjuku
 
 
“Ragazzi ho le prove!” esordì Mick entrando al Cat’s eye, impugnando una vhs come fosse un talismano che li avrebbe liberati dalla mala sorte; la sventolava come un incensiere e Umi mugugnò di fronte a tanta teatralità.
 
“Ciao Mick” lo salutò tranquillamente Miki, totalmente in contrasto con l’agitazione dell’altro, intenta a tirare a lucido il già lucido bancone “Di cosa stai parlando?” gli chiese, quindi, leggermente incuriosita.
 
“Cara mia, ho le prove che quei due stanno insieme!” annunciò il biondo con un sorriso smagliante.
 
Miki colse al volo l’allusione, e inspiegabilmente arrossì.
 
“Chi è che sta insieme?” domandò Kasumi spuntando dal retro con un vassoio di pasticcini appena sfornati; il caldo profumo della vaniglia e dello zucchero invasero il locale, stuzzicando il palato.
 
“Indovina?” chiese a sua volta Mick, allungando una mano sul vassoio, ma Kasumi lo bloccò al volo, dandogli uno schiaffetto sul dorso della mano prensile, e lui la ritirò di scatto, più offeso che dolorante.
 
Si aspettava che almeno i coniugi Ijuin fossero più curiosi di sapere, e invece solo la bella ladra sembrava interessata; se solo si fosse dimostrata più generosa e gentile, sarebbe stato più piacevole e divertente svelare lo scoop.
Cercò di stuzzicare la curiosità dei due baristi:
 
“Allora? Non lo volete sapere chi è che si è messo insieme, alle nostre spalle per giunta?”
 
Alle nostre spalle di chi?” chiesero quasi in coro le sorelle Nogami, Saeko e Reika, entrando.
 
“Buon giorno ragazze!” le salutò cordialmente la padrona di casa “E’ sempre un piacere vedervi” e le tre donne stavano già per lanciarsi nel solito chiacchiericcio muliebre, completamente dimentiche dell’americano, che ancora impugnava la videocassetta come fosse uno scettro, quando lui, innervosito, si schiarì la voce e incalzò:
 
“Ehi ehi ehi donne! Ho qui per voi pane per i vostri denti…” ed iniziò a ridacchiare maliziosamente “Non lo volete vedere cosa ho qui dentro?” chiese indicando la vhs.
 
“Basta che non è un filmino a luci rosse dei tuoi, che di prima mattina e a stomaco vuoto, proprio no!” rispose caustica l’ispettrice Saeko, e nel dirlo si inerpicò sull’alto sgabello con la consueta sensualità: sedendo le si allargò lo spacco sulla lunga gamba, e per un attimo Mick dimenticò la notizia bomba che voleva rivelare, e cioè che aveva scoperto che Ryo e Kaori stavano insieme.
 
“Ma…ma che vai dicendo?” balbettò l’americano, aggiustandosi il ciuffo e cercando di ritrovare il solito aplomb, anche se, si disse, certe scene veramente avrebbero potuto considerarsi osé, quantunque la qualità delle riprese era così scarsa, che quelli potevano essere chiunque, intenti a fare qualsiasi cosa.
 
Si era aspettato di giungere al Cat’s Eye trionfante, con la prova regina, frutto della sua testimonianza diretta, e di quella documentata in video, della conclamata relazione amorosa dei suoi due amici, e invece sembrava che nessuno volesse prenderlo sul serio, e non riusciva a creare il pathos necessario ad introdurre l’argomento.
Possibile che non interessasse a nessuno sapere quello che voleva dire?
 
Si spazientì ulteriormente, e non appena le tre donne ripresero a parlare fitto fitto, esplose:
 
“Lo volete capire sì o no, che Ryo e Kaori si sono fidanzati???” tuonò.
 
“Oh che bello, l’hai scoperto anche tu?” esclamò una vocetta alle sue spalle.
 
Lo sweeper americano si voltò stupito, e si trovò davanti Yuka Nogami, con la solita divisa scolastica, lo zainetto e i libri sottobraccio; tutti si erano voltati verso di lei, e guardavano alternativamente Yuka e Mick.
 
“Avanti sentiamo, cos’è questa storia?” chiese pacata Saeko.
 
“E’ un’ora che cerco di dirvelo!” sbuffò esasperato Angel “Ho beccato Ryo e Kaori dormire insieme, abbracciati, con le mani intrecciate, e come se non bastasse, ho qui degli spezzoni delle telecamere di sicurezza dell’hotel Miyazaki, in cui si vedono i nostri innamorati, girare nudi e fare… e fare cose!”
 
“Fa vedere, va vedere!” saltò su Reika, improvvisamente interessata, mentre Kasumi tentava di strappargli la vhs dalle mani, per inserirla nel videoregistratore che, chissà come, dal piano di sopra era già ricomparso magicamente lì davanti a loro, e pronto da essere collegato alla tv.
 
In un attimo partì il reportage, e sei teste si protesero per veder quella sequenza di immagini e scene, in cui si vedevano Ryo e Kaori in piscina – e a quel punto Saeko cercò invano di tappare gli occhi alla sorellina Yuka – poi scappare nudi nel giardino, e intrufolarsi nell’apertura della cucina.
Quindi le riprese video riprendevano, seppur lateralmente, nella hall dell’hotel, dove un Ryo in costume adamitico, gesticolava e si dava un gran da fare davanti ad un attonito receptionist, che sembrava indifferente alla nudità altrui.
I video erano tutti sprovvisti di audio, perciò non si capiva cosa stava dicendo lo sweeper nipponico di così interessante, tanto da tener lì, inchiodato, il povero portiere notturno, senza farlo scattare a richiedere l’intervento della sicurezza interna.
Il nastro si interrompeva poco dopo la sfilata di Kaori in kimono, al braccio del suo socio, perfettamente a suo agio.
 
“Tutto qui?” chiese infine la giovane Yuka, spiazzandolo.
 
“Come, tutto qui?” esclamò incredulo Mick “Ma non hai visto?”
 
“Io ho visto, prima due bagnanti in piscina che si baciavano, ma la ripresa era scurissima a causa di un faretto fulminato, e davvero potevano essere chiunque. Erano talmente abbracciati ed avvinghiati che non si capiva dove iniziava uno e finiva l’altro… i capelli quando sono bagnati sembrano sempre scuri, ed è difficile riconoscerne il colore originale… quindi, cosa dovrei dedurre?”
 
“Eh brava la mia sorellina detective” commentò orgogliosamente Saeko.
 
Yuka riprese:
 
“Nelle sequenze successive vediamo due che corrono su un prato, che si tengono principalmente in ombra e che sfuggono ad ogni fonte di luce. Sono nudi? Forse. Oppure potrebbero indossare delle tute color carne… rosa magari, o un colore neutro tipo ecru. Quando i fuggiaschi entrano nelle cucine, effettivamente quello che riesce ad entrare dallo sportellino, ha tutta l’aria di essere una donna; le fattezze del corpo sono chiaramente femminili, in netto contrasto con quelle dell’altro che la sorregge, ma i volti non si distinguono, nemmeno quando entrano dalla porta principale della cucina, perché l’interno non è illuminato, e i due hanno sempre fatto in modo di non rimanere scoperti…”
 
“Ma…ma…” balbettava sconnessamente Mick, semi-affondato.
 
“Nelle riprese video della hall quello è chiaramente Ryo, non ci sono dubbi, anche se non sentiamo ciò che dice. E’ nudo è vero, ma ciò non è rilevante, perché lui è uno spudorato che non si fa problemi ad andare in giro in quel modo. Mi stupisco piuttosto della reazione del portiere: che Ryo abbia imparato anche ad ipnotizzare la gente?”e qui la ragazzina per un attimo si fermò a riflettere, poi riprese “In ogni caso, quando entra in scena Kaori, è perfettamente vestita, probabilmente con lo stesso indumento che il concierge ha dato a Ryo, però lei e lui non si scambiano effusioni o carinerie di sorta, vanno via semplicemente a braccetto, come hanno fatto un milione di volte… Da dove lo deduci che stanno insieme?”
 
“Ma… ma…ma tu… tu sei tremenda!” proruppe infine Angel, e la guardò meglio.
 
Come tutte le sorelle Nogami, aveva la giusta dose di furberia, e il suo acume investigativo prometteva già bene; non avrebbe sfigurato vicino alla sorella maggiore Saeko, ispettrice, e a Reika, l’ex poliziotta ed ora investigatrice privata.
 
Effettivamente dalle riprese video non si capiva poi molto, né la vera identità degli attori protagonisti, né che avessero una tresca di sorta; lui ce li vedeva, a Ryo e Kaori, solo perché sapeva che erano lì in quell’hotel, dove tra l’altro li aveva mandati lui, con la scusa di quell’incarico fittizio, con il segreto intento di tenerli sotto controllo e spiarli: voleva a tutti i costi scoprire la verità su di loro!
Tuttavia, a parte vederli scorrazzare nudi per il resort, non si vedeva altro: i dialoghi erano assenti, la vhs muta, la qualità pessima.
La piccola Nogami aveva ragione: potevano essere chiunque.
 
“Io, però, li ho visti dormire abbracciati!” ribatté, cercando si spuntarla con la giovane Yuka.
 
“Sei entrato nella loro camera senza permesso?” s’intromise Umibozu, a quel punto, attirando l’attenzione di tutti; erano così presi ad ispezionare il nastro, e a fare commenti, che si erano quasi scordati della sua presenza. “Non dirmi che ti sei messo pure a fare il guardone!?” concluse con una smorfia di disprezzo.
 
“Non… non è come pensi” cercò di giustificarsi l’americano.
 
“Ah sì?” lo provocò Falcon.
 
“E comunque… io già lo sapevo…” s’inserì timidamente Miki, che nuovamente era arrossita fino all’attaccatura dei lunghi capelli. Tutti si voltarono verso di lei, mentre continuava, dicendo: “L’ho capito quando sono andata da loro, dopo l’ultimo incarico, quando hanno avuto entrambi la bronchite… direi che era ovvio!”
 
Un coro di Oh si produsse fra gli astanti, e a quel punto Miki si disse che era arrivata l’ora di vuotare il sacco.
Si schiarì la voce:
 
“All’incirca due settimane fa, quando Ryo e Kaori hanno accettato l’incarico di scoprire chi fosse il misterioso stalker dell’attrice Fumi Mapoko, lo stesso che ha poi brillantemente risolto il nostro caro Mick qui” e nel dirlo si rivolse verso di lui, provocandogli un’ondata di virile orgoglio; Miki sorrise: bastava così poco a far gonfiare l’americano!
Un’implicita lusinga ben assestata, e lui si perdeva nella sua vanità.
Si chiese se tutti gli occidentali fossero così.
Proseguì:
 
“I nostri amici si sono ritirati in casa, e non hanno più dato notizie di sé. E siccome la cosa mi era parsa fin da subito strana, un giorno ho telefonato a casa Saeba, chiedendo se ci fossero problemi, o se fossero impegnati in un altro caso, perché non li avevo più né visti né sentiti. Quella volta mi rispose Ryo, con una profonda voce roca, che quasi non lo riconoscevo; mi disse che lui e la socia erano raffreddati, e che finché non si fossero guariti, non avrebbero messo il naso fuori casa. Mi offrii di fargli la spesa, dargli una mano per le pulizie o in cucina, ma Saeba, stranamente, si affrettò a dirmi che era tutto sotto controllo, e che non dovevo preoccuparmi di nulla. Cosa che invece feci, eccome!” e concluse con un’espressione buffa e furba insieme.
 
Gli astanti ascoltavano in silenzio, curiosi di sapere cosa avesse visto o sentito la bella barista, tanto da convincersi che Ryo e Kaori fossero una coppia, e non più solo lavorativamente parlando.
Yuka, soprattutto, pendeva dalle sue labbra, e mentalmente prendeva appunti per il suo prossimo libro giallo.
Non si perdeva una sola parola, e gli altri non erano da meno.
 
Dopo una breve pausa ad effetto, l’ex mercenaria riprese:
 
“Quello stesso giorno, più tardi, gli ritelefonai, e sperai che stavolta mi rispondesse Kaori, e non quello sciocco di Saeba, che magari pensa il frigorifero si riempia da solo, e non grazie alle economie della sua oculata socia. E poi volevo sentire come stava Kaori, perché veramente magari aveva bisogno di aiuto, prima che il compare riducesse un porcile l’appartamento, e prima che morisse di fame, visto che Ryo non è un gran cuoco. Mi andò bene perché rispose proprio lei. Anche Kaori era tutta chiusa e congestionata, e fra un eccesso di tosse ed un altro, mi spiegò che lei e Ryo dovevano stare a riposo, e curarsi, che avevano beccato entrambi la bronchite, e Doc li aveva già visitati e stabilito la terapia. Nuovamente mi offrii di dare una mano, portandogli un pasto caldo, se non addirittura cucinare lì da loro, ma, contrariamente alla reazione di Saeba che mi aveva liquidato frettolosamente, Kaori esitò incerta, e questo mi fece capire che in realtà avevano bisogno di aiuto, ma o non lo voleva ammettere, oppure si vergognava di accettare la mia proposta!”
 
“E poi cosa hai fatto?” si lasciò sfuggire Reika Nogami, forse la più impaziente di tutti; aveva posto una domanda pressoché inutile perché la signora Ijiuin aveva già detto che era andata a casa dei due sweeper, quindi, perché domandare l’ovvio?
 
In ogni caso, semplicemente, Miki rispose che alla fine era andata lo stesso, anche senza invito, con la scusa, appunto di portare viveri e conforto.
Una volta raggiunto l’appartamento, aveva preso la chiave di scorta dal nascondiglio segreto, che anche lei conosceva, ed era entrata in casa; si era pure annunciata ad alta voce, ma tanto era sicura che Ryo avrebbe riconosciuto la sua aura, e la mancanza di pericolo: lei veniva sempre in pace.
 
Miki si era diretta spedita in cucina, a controllare le scorte, trovandole subito esigue, e poi in camera da letto di Kaori, dove era sicura d’incontrarla, ma la stanza, spiegò, sembrava disabitata da un bel pezzo.
Non c’erano vestiti in giro, seppur Kaori fosse comunque molto esatta e ordinata, quindi difficilmente ne avrebbe scorti, ma nemmeno i suoi effetti personali, o l’amatissima cornice con dentro la foto di lei e Ryo insieme.
Il vano era insolitamente vuoto, e neanche c’era la consueta occupante: Miki si era aspettata di trovarla a letto malata, e invece dove era finita?
Per un attimo si allarmò, temendo che sue le condizioni di salute, fossero peggiorate a tal punto, da dover ricorrere ad un ricovero in ospedale, e allora aveva chiamato Ryo a gran voce, mentre di filato raggiungeva la stanza da letto dell’amico.
 
Non appena varcata la soglia, le si era parato davanti uno spettacolo davvero insolito, che mai si sarebbe aspettata.
I due sweeper erano a letto insieme.
Vestiti, perché indossavano entrambi dei comodi pigiami.
Con delle pezzuole sulla fronte, visibilmente febbricitanti e raffreddati.
Si erano riscossi solo quando si erano sentiti chiamare da Miki; avevano aperto faticosamente gli occhi e quasi all’unisono avevano biascicato un:
 
“Oh Miki, sei tu?”
 
Superato il primo momentaneo sgomento, l’ex-mercenaria si era fatta avanti chiedendo:
 
“Ma state davvero così male?”
 
Non aveva atteso risposta, e subito si era messa all’opera, prestando le cure necessarie: aveva cambiato l’acqua, mettendone di più fresca per gli impacchi, aveva controllato le medicine e le aveva somministrate al caso; aveva fatto prendere aria alla stanza, e quando fu soddisfatta del lavoro svolto, era ridiscesa in cucina a preparare un brodino caldo per gli sweeper, non prima di essersi accertata che la febbre fosse finalmente scesa.
 
Stava quasi per uscire dalla camera, quando Ryo le aveva detto:
 
“E’ che così… era più comodo” intendendo che, dal momento che stavano entrambi male, era più facile per loro curarsi, se condividevano la stessa stanza e lo stesso letto, ma Miki era troppo smaliziata per bere quella fandonia, tra l’altro, quando si dà una spiegazione non richiesta, in un certo senso ci si accusa, e quindi la ragazza si era limitata a sorridergli sardonicamente, e a rispondergli:
 
“Sì, sì… come no?”
 
Kaori era già sprofondata nel sonno, per prendere parte al dialogo, tuttavia l’amica era sicura che al massimo avrebbe ridacchiato a disagio.
 
Del resto Miki li aveva scoperti, e non c’erano altre scusanti per quello.
Quando mai i due soci avevano condiviso lo stesso letto, pur essendo entrambi malati o feriti?
Le uniche volte che erano stati costretti dagli eventi, a dormire insieme, avevano alzato un tale polverone, e fatto un tale strepito, che quelli erano diventati dei veri e propri aneddoti su cui ridere, di e con loro, quindi, non c’era storia.
 
Tutti gli indizi portavano a quella conclusione: Ryo e Kaori avevano fatto il grande passo, solo che non avevano ancora dato la notizia agli amici.
Miki, all’epoca, si era chiesta da quando andasse avanti quella cosa, e intimamente se ne era dispiaciuta di non essere stata messa a parte di quella felice novità, da parte di colei che considerava la sua migliore amica.
Ciononostante non ignorava quante difficoltà avevano incontrato quei due caproni innamorati, nell’accettare e vivere il loro amore reciproco: tutti ne erano a conoscenza, tranne loro.
L’avevano osteggiato e negato fino all’eccesso, anche se, specialmente negli ultimi tempi, Kaori si era aperta totalmente con Miki, e le aveva confessato quali erano i suoi reali sentimenti, verso il recalcitrante Ryo.
 
Per quei due nulla era facile e lineare, tutto doveva essere necessariamente complicato, altrimenti non sarebbero stati Ryo e Kaori.
 
Ad ogni modo, la bella barista aveva scelto di ignorare tutte le implicazioni del caso: i suoi amici erano malati, e non era il momento di affrontare l’argomento; se avessero voluto, gliene avrebbero parlato in seguito, magari quando avessero sfebbrato; non voleva metterli ulteriormente a disagio.
 
Peccato che nei pochi giorni in cui si era recata da loro, il momento giusto non era arrivato mai, e i due muli, dissimulando le apparenze, non avevano aperto bocca.
Miki, troppo educata e soprattutto troppo riservata davanti al loro mutismo, aveva deciso di non fare domande, ed ora eccola lì, a raccontare al resto della banda, cosa aveva visto.
 

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Capitolo 7
*** Impicci & impiccioni ***


Ed eccoci al penultimo capitolo.
La storia di per sé non era lunghissima e quindi presto ne leggerete la fine.
Ancora una volta vi ringrazio per la compagnia che mi avete fatto, leggendo e commentando questa mia ennesima storiellina.
Ma per i saluti finali è ancora presto, quindi intanto gustatevi (?) questo capitolo e … ciao :D
Eleonora

 
 
 
 
Cap. 7 Impicci & impiccioni
 
 
 
“Ma allora tu sapevi tutto?” saltò su Mick Angel al termine del racconto della proprietaria del Cat’s Eye.
 
“Emmm effettivamente… credo di sì” si scusò la ragazza.
 
“E anche tu scimmione lo sapevi?” domandò quindi a Falcon.
 
“Certo! Io so sempre tutto!” rispose con una voce da baritono, il gigante, incrociando le braccia sul petto in atteggiamento di superiorità e sfida.
 
“Io racconto tutto al mio orsacchiotto, non lo sai?” aggiunse la bella Miki, in difesa del marito, il quale a quel punto perse il suo aplomb, e andò in ebollizione.
 
“E adesso cosa facciamo?” s’intromise Reika Nogami, a spezzare l’imbarazzo createsi dopo la tirata di Miki, e i rossori impacciati di Umibozu, riscuotendo Mick dalla sua delusione.
 
L’americano le rispose così:
 
“Direi che dobbiamo pensare ad un piano, per farli uscire allo scoperto!” e balzò su dallo sgabello, dando maggior enfasi alla sua trovata.
“Vi ho già detto che l’incarico dell’attricetta era solo una scusa per osservarli, e metterli alla prova, no? Glielo avevo trovato io, o comunque avevo fatto in modo che vedessero il messaggio di aiuto e accettassero il caso. Non dico che avevo concordato con Fumi Mapoko tutta la pantomina, ma, insomma, non c’era nessuno stalker che la perseguitasse … era tutta opera mia” disse battendosi energicamente il pugno sul petto, con orgoglio.
“Ad ogni modo non è servito a molto… se non a vederli scorrazzare nudi, fra la piscina e il giardino, e poi chissà dove altro. Le telecamere, come avete visto, non mi sono state di grande aiuto, e non sono riuscito mai a coglierli sul fatto…solo alla fine, ma erano semplicemente addormentati.”
 
Un coro di Mick! e Mick Angel! si levò dai presenti, in tono di rimprovero e protesta.
 
“Ehi, ehi, piano!” si difese l’uomo, opponendo davanti a sé le mani, come a respingerli idealmente “Non ho fatto nulla di male. Siamo o non siamo sweeper? E’ il nostro lavoro indagare e scoprire la verità…”
 
“Ma non farsi gli affari degli altri, soprattutto se sono amici!” l’interruppe Umibozu, sempre estremamente sensibile agli affari privati, o di cuore.
 
“Veramente, il signor Angel non ha tutti i torti” prese la parola la piccola Yuka “anche io una volta ci ho provato a carpire i loro sentimenti, ma… non ho avuto molta fortuna. O meglio… io ho capito solo che si amavano, quello sì, però io l’ho scoperto da certi atteggiamenti, di certo non dalle parole, e sono abbastanza sicura che all’epoca non fossero una coppia.”
 
“Ha ragione mia sorella” intervenne Saeko “Io credo che il cambiamento, se c’è stato, è relativamente recente. Da certi ragionamenti di Ryo, nonché comportamenti strani, ho immaginato che fosse successo qualcosa fra loro due, ma non saprei dire quando. Direi sei mesi, massimo un anno.” sentenziò.
 
“E allora perché non ce l’hanno mai detto?” si fece sentire Kasumi.
 
La giovane, che in principio si era infatuata di Ryo, e in un eccesso di impulsività aveva deciso che lo avrebbe conquistato e sposato, unica condizione per tornare in seno alla famiglia di ladri a cui apparteneva, ben presto aveva scoperto di ammirare in lui unicamente il coraggio e la lealtà, la sua destrezza con ogni tipo di armi, deplorando totalmente, però, il suo comportamento da maniaco perverso.
Lei dal suo uomo pretendeva fedeltà assoluta, e Ryo sembrava non poterla assicurare a nessuna.
Per lei l’amore era tutta un’altra cosa, e non avrebbe mai potuto innamorarsi seriamente di un tipo come lui.
Ma non solo!
Aveva anche capito che, contrariamente a ciò che lui andava sbandierando, lo sweeper amava profondamente la sua storica partner, Kaori Makimura, e che nel suo cuore non c’era spazio per nessun’altra, se non per lei.
Motivo per cui, in tutto quel tempo, Kasumi non si era mai fatta avanti con Ryo, né troppo esposta.
Se l’ipotesi di Ryo e Kaori come coppia fosse stata confermata, lei avrebbe irrimediabilmente perso la sfida con sua nonna, perché mai e poi mai si sarebbe frapposta fra i due, eppure, stranamente, si sentì sollevata a quell’idea.
In fondo, quello era un prevedibile epilogo, e lei ormai si era abituata a lavorare per Umi e Miki.
Stava terminando gli studi, e il cambiamento forzato a cui aveva dovuto cedere all’inizio, si era rivelato più intrigante e soddisfacente del previsto; non le mancava più di tanto l’antico mestiere di ladra.
Le dispiaceva soltanto non poter tenere fede al giuramento fatto a sua nonna, e l’esilio perpetuo che ne sarebbe seguito, venendo esclusa dalla cerchia famigliare, come una reietta, tuttavia sperava che la matriarca, prima o poi, avrebbe finito per capire anche lei la situazione.
Non era colpa sua se Ryo amava un’altra, e poi anche la sua famiglia nascondeva storie di amori travagliati e impossibili, e questo sua nonna lo sapeva bene.
 
Inoltre, da quando aveva iniziato a far parte di quella buffa combriccola, si era appassionata a tal punto alla storia d’amore dei due sweeper che, scordandosi che Kaori in realtà fosse la sua rivale, e che lei voleva Ryo solo per sé, era finita per fare il tifo per loro due, affinché si mettessero definitivamente insieme.
Quindi ora, da buona romantica qual era, voleva solo sapere come era andato a finire il romanzo d’amore di Ryo e Kaori, e se l’ultimo capitolo, finalmente, portasse con sé il lieto fine.
E visto che, come sempre, la relazione amorosa fra quei due pazzi scatenati, era una faccenda di pubblico dominio, almeno all’interno della banda, se c’era il modo di scoprire la verità, o dargli una mano in tal senso, lei era la prima a mettersi in gioco.
 
“Perché si vergognano!” le rispose il suo gigantesco titolare, Umibozu, che, rimasto zitto fino a quel momento, parlando attirò l’attenzione di tutti; più d’uno si voltò a guardarlo con aria interrogativa, e prima che implodesse in un eccesso di verecondia, fu costretto a specificare “Ho detto che, se quei due scemi hanno fin qui taciuto, è perché si vergognano… dopo tutte le idiozie che hanno fatto…” e nel dirlo prese fuoco lui, come se fra Ryo, Kaori e Umibozu, fosse quest’ultimo quello che si vergognasse di più.
 
I presenti, però, annuirono, visibilmente d’accordo.
Del resto i City Hunter erano famosi per il loro menage al limite della decenza, con lui che svalvolava ogni qualvolta vedeva una bella donna, e si faceva guidare dagli istinti più bassi, pur amando nascostamente – ma non sempre troppo nascostamente – l’unica donna che sapeva tenerlo a bada così energicamente, cioè Kaori, la stessa a cui non concedeva mai nessuna carezza o tenerezza, disprezzandola ad ogni piè sospinto.
Sempre insieme, e sempre divisi, agli antipodi per atteggiamento e condotta morale; inseparabili e inscindibili, ma guai a dire che erano una coppia, almeno fuori dal lavoro.
Entrambi difendevano strenuamente i loro sentimenti nascosti, uno perché animato da strampalate idee di rinuncia e sacrificio, l’altra terrorizzata di essere respinta e ferita, più di quello che non era mai stata, da quel somaro con la pistola.
Ryo e Kaori dovevano ingarbugliare e rendere complicata anche la situazione più semplice; la trasparenza, la sincerità, e l’onestà emotiva non facevano per loro.
Negli anni avevano fatto così tante storie per ammettere l’ovvio, e cioè che si amavano più della loro stessa vita, che ora, era plausibile si vergognassero di ammettere che stavano insieme ed erano innamorati.
Falcon era arrivato al nocciolo della questione.
 
Era altresì vero che, con degli amici impiccioni di tal fatta, all’atto pratico, come si poteva non essere titubanti, nel confidare l’eventuale passo avanti della loro relazione?
E proprio per i motivi di cui sopra!
Gli sfottò e le prese in giro, che puntualmente sarebbero arrivate, li frenavano enormemente.
 
Tuttavia i tempi erano maturi; i City Hunter erano sul punto di confessare, e Miki, ma soprattutto Mick li aveva in qualche modo sgamati.
Inutile portarla ancora per le lunghe, inoltre cosa c’era di così terribile da tenere nascosto, il naturale epilogo del loro amore?
 
“Si vergognano, dici?” saltò su Mick, con sguardo di sfida ed un sorriso da joker “E fanno bene!” sentenziò, rispondendosi. “Ma non temete, troverò il modo di fargli sputare la verità. Presto, carta e penna!” ordinò.
 
 
 
 
 
o.O.o
 
 
 
 
 
Più o meno in quello stesso momento, a casa Saeba-Makimura, i nostri eroi erano alle prese con i preparativi per uscire.
 
“Kaori? Allora? Vado bene vestito così?” chiese lo sweeper all’amata socia, con una nota di apprensione nella voce.
 
“Ryo, tesoro, dobbiamo solo andare al locale di Miki, non ad una cerimonia, o ad una festa in maschera, o che so io!” rispose amabilmente Kaori, in tono accondiscendente.
 
Il suo fidanzato era insolitamente nervoso, e non si contavano le prove che aveva fatto davanti allo specchio, per scegliere il giusto outfit; per non parlare delle diverse pieghe che aveva provato a dare alla sua folta criniera nera.
Aveva desistito solo quando l’amabile partner gli aveva scompigliati i capelli con le mani, riportandoli al solito tenore, proprio come piacevano a lei; a quel punto gli aveva sorriso, e gli aveva detto, non prima di posargli un tenero bacio sul naso: “Sei perfetto così!”
L’abbigliamento sembrava lo zoccolo duro della questione, e veramente non era da Ryo.
 
“Parli bene tu, che sei sempre magnifica qualsiasi cosa indossi!” le aveva risposto lui, piagnucolando, ma il significato di quell’affermazione riempì di gioia la ragazza, che mai si era sentita rivolgere tali parole, e non c’era abituata.
Ryo aveva parlato quasi distrattamente, rimirandosi allo specchio, con un completo da golf, ripescato chissà dove, e davvero non si era reso conto di averle fatto un complimento che, detto da lui, valeva mille mila volte di più di cento sentenziati da altri.
 
Kaori arrossì di piacere, portandosi, istintivamente, le mani alle gote in fiamme.
 
“Che c’è?” le domandò Ryo, accorgendosi del suo turbamento.
 
“N-niente… è solo che… non credevo che… lo pensassi veramente.” mormorò in preda ad un imbarazzante piacere.
 
Lo sguardo di Ryo si addolcì, e per un attimo sembrò dimenticare i suoi crucci amletici; si voltò verso di lei, e le posò le forti mani sulle esili spalle:
 
“Kaori, amore mio, hai ragione, non te l’ho mai detto, ma non puoi sapere quante e quali volte l’ho pensato! Praticamente sempre! E non solo quando hai indossato quei bellissimi vestiti di Eriko. Anche l’altra volta al resort, con quei due scatoloni di pelati addosso, eri una favola.” e finì per ridacchiare.
 
“St-stupido!” esclamò a mezza voce, dandogli una leggera spinta per cercare di allontanarlo, ma il suo sorriso era radioso.
 
Ryo l’abbracciò.
 
“Quante occasioni ho perso per dimostrarti i miei sentimenti! Ti ho negato anche gli apprezzamenti più innocenti, sono stato un vero e proprio bastardo… potrai mai perdonarmi?” le sussurrò fra i capelli.
 
Kaori, avvinta dalle sue braccia, e immersa nel suo abbraccio, riusciva solo a percepire l’enorme amore che Ryo provava per lei; sentiva il suo immenso rammarico, i suoi sensi di colpa, la sua inadeguatezza nei suoi confronti, la sua fragilità, e volle stringerlo più forte, per consolarlo, per dimostrargli che c’era lei lì a proteggerlo, che la felicità e la soddisfazione che stava provando, erano più grandi delle recriminazioni che avrebbe potuto fargli.
A che pro rivoltare il coltello nella piaga, rivangando il passato?
 
Non era nemmeno sicura che Ryo si aspettasse una vera e propria risposta, quindi la giovane tacque, però poi lo sentì quasi scuoterla, impercettibilmente, come a spronarla a dire qualcosa; Kaori si decise a parlare, scostandosi da lui gli disse:
 
“Ti perdonerò quando la smetterai di indugiare davanti allo specchio, come una ragazzetta trepidante, prima del ballo delle debuttanti!”
 
“Ma-ma io…” provò a protestare l’uomo.
 
“Niente ma! Su infilati questi!” e gli porse i sempiterni jeans neri e la maglietta rossa “e non dimenticare di indossare questa” e gli allungò la giacca leggera, celestina. “Voglio che i nostri amici ti riconoscano, perché anche se diremo loro che ora stiamo insieme, non voglio che pensino che siamo diversi, che non siamo più noi.”
 
Come al solito Kaori aveva ragione, e Ryo si riscosse dall’indecisione; benedetta quella santa donna che aveva sempre la parola buona e giusta per ogni momento, che con la sua avvedutezza e il suo pragmatismo, riusciva a risolvere ogni situazione.
Kaori era speciale anche in questo, e lui era fortunato ad essere il prescelto da lei.
 
Ormai più sicuro di sé, Ryo indossò i suoi soliti abiti con gesti precisi e collaudati; si sistemò la fondina sotto la giacca e finalmente proclamò:
 
“Sono pronto!” ed ovviamente non lo era solo per uscire di casa.
 

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Capitolo 8
*** Attenti a quei due! ***


Cap.8 Attenti a quei due!
 
 
 
Le tre sorelle Nogami, e cioè Saeko, Reika e Yuka, la ladra Kasumi, e soprattutto Mick, si erano appartati in un angolo del Cat’s eye, e avevano dispiegato, sopra un tavolino, dei rotoli di carta contenenti planimetrie, mappe, schemi, schizzi e complicatissimi calcoli matematici.
Sembravano i piani strampalati di Willy il Coyote, con i suoi Acme, quando era alla disperata ricerca di un modo per catturare l’antipaticissimo, e velocissimo, Beep Beep.
 
Ognuno dei congiurati sembrava avere la giusta soluzione, per portare allo scoperto Ryo e Kaori, ovviamente in netto contrasto con quella degli altri, e mentre i coniugi Ijuin attendevano agli impegni del bar, e di tanto in tanto prestavano una poca convinta attenzione al vociare della banda, i toni si erano via via fatti più accesi, e sembrava imminente una qualche lite.
 
Reika stava giusto dicendo:
 
“No, no, e poi no! Ho ragione io! Se li faremo ubriacare, finiranno per confessare. Dicevano gli antichi latini in vino veritas, e vedrete se non canteranno! E nel qual caso Kaori fosse incinta, vedrete come si rifiuterà di bere, per il bene del nascituro, ovviamente.” Affermò con convinzione l’investigatrice.
 
“Sei sempre la solita esagerata!” la redarguì la maggiore delle Nogami “Lo sai bene che Ryo regge una tale quantità di alcool, da far invidia a chiunque, e l’eventuale rifiuto di Kaori non è una prova. E perché mai dovrebbe essere incinta, poi?”
 
“Per- perché dici che potrebbe essere incinta?” chiese Yuka arrossendo fino ai capelli.
 
“Ragazze, non ci siamo!” s’intromise Mick “Qui ci vuole di più di un sorso di sakè, per sbrogliare la matassa!”
 
“Per me sono tutti matti.” mormorò Falcon all’orecchio della moglie.
 
“Lasciali divertire.” ridacchiò questa, continuando ad asciugare i bicchieri.
 
“L’unico modo per far capitolare Ryo, è che mi dichiari disposta a cedere alle sue avances.” esordì la bella Kasumi.
 
“Frena ragazzina!” quasi la minacciò Reika “Se permetti, allora, quel tentativo spetta a me.” disse puntandosi il pollice al petto, indicandosi.
 
“Ma che state dicendo?!” le bloccò l’affascinante Saeko “Se vi mostraste accondiscendenti, lui potrebbe anche fare lo stupido, e darvi ad intendere che ci sta, del resto è da una vita che lo fa, tuttavia dimenticate che lui sa bene che entrambe volete prima la certezza di un legame formale, che volete essere sposate, e si sa che lui è allergico a queste cose. Rischiereste solo di mettere in difficoltà Kaori, e di farla soffrire inutilmente…”
 
“E allora tu, che hai detto che vuoi proporgli di saldare i tuoi debiti in mokkori?” ribatté Reika, con sguardo di sfida.
 
“Perché sono sicura che non accetterebbe!” rispose pronta Saeko, sentendosi accusata “Già una volta si è tirato indietro all’ultimo, adducendo una stupida scusa. Si era chiuso in bagno, ed è lì che Kaori l’ha trovato.”
 
“Però così anche tu faresti soffrire Kaori, non è così sorellona?” puntualizzò Yuka.
 
“Donne!” sbuffò Mick fra sé e sé, e poi ad alta voce “Secondo me avete scelto il soggetto sbagliato su cui far leva” pontificò l’americano. “Ryo si sarà anche deciso a fare sul serio con Kaori, ma se voi vi offriste a lui, non fareste altro che alimentare il suo egocentrismo, facendogli uscire quel suo spirito da porcello maniaco. D’altro canto è innamorato da una vita di Kaori, e per tutto questo tempo ha recitato la parte dello sciupa femmine, senza mai concludere… non certo come me!” e si produsse in un sorriso abbagliante a trentadue denti, peggio della pubblicità del dentifricio.
 
Un leggero colpo di tosse di Umibozu, lo riportò con i piedi per terra; se Angel lo sentì sibilare il suo “Pivello!” non lo diede a vedere.
 
Passandosi la mano ad aggiustare il ciuffo biondo, lo sweeper americano riprese:
 
“Voglio dire che, se ci concentrassimo solo su Ryo, alzeremmo il solito polverone, e non verremmo a capo di nulla. Voi fareste la parte delle sirene tentatrici, lui in qualche modo risponderebbe al richiamo, ma all’atto pratico andrebbe tutto come sempre. Lui farebbe il maniaco, e Kaori lo punirebbe con la consueta martellata. Niente di nuovo, solita routine.”
 
Un mezzo mormorio di assenso parve dargli ragione, lui più sicuro di sé proseguì dicendo:
 
“E’ su Kaori che dobbiamo concentrarci!” e tutti lo fissarono interessati, gratificando il suo ego smisurato.
 
“E cosa pensi di fare?” chiese l’arguta ragazzina, la minore delle sorelle Nogami.
 
“Semplice.” rispose pronto Mick “Qui ci vuole una visita notturna!”
 
Una valanga di insulti piovvero su di lui, e tutti tornarono a far valere le proprie ragioni, perché a quel punto tutte erano valide, soprattutto per coloro che le avevano pensate.
Una cacofonia di voci e urla riempirono il locale, e i pochi clienti si spaventarono non poco.
 
“Facciamoli ubriacare!” gridava Reika sbracciandosi, con un piede sul tavolo.
 
“No, mi offrirò a Ryo!” urlava Kasumi in piedi sul divanetto di pelle.
 
“Non potete fargli questo!!!” protestava Yuka sgomitando.
 
“ Mokkori, ho detto mokkori!” cercava d’imporsi Saeko, scaldandosi.
 
“Ho detto di nooooo! Fatemi mettere le mani su Kaori e poi…”sbraitava Mick.
 
Falcon, che a forza di asciugare e lucidare una brocca di peltro, l’aveva quasi consumata, sbuffò in direzione della dolce mogliettina:
 
“Che idioti! E pensare che dovrebbero essere le menti più acute di tutta Shinjuku!”
 
“Tesoro, a me fanno morire dal ridere. Piuttosto tu, che soluzione troveresti per far confessare a quei due zucconi di Ryo e Kaori che si amano e stanno insieme?”
 
“Non sono affari che mi riguardano” tagliò corto lui, avvampando come un peperone stra-maturo.
 
“Come sono fortunata ad averti!” e nel dirlo Miki gli si strinse addosso, arrossendo di piacere, e spingendo il marito sull’orlo di un colpo apoplettico.
 
Nonostante l’enorme confusione che stavano facendo quegli scalmanati, che si dibattevano furiosamente ognuno a difendere le proprie strampalate idee, in un vociare assordante, Falcon riuscì ugualmente a sentire il leggero tintinnio del campanellino della porta.
 
In quel momento, infatti, entrarono nientemeno che Ryo e Kaori, a braccetto, quasi timidamente.
 
I City Hunter avevano lasciato la mitica Mini rossa a diversi isolati di distanza, perché, su consiglio di Kaori, passeggiare li avrebbe rilassati, soprattutto Ryo che sembrava essere teso come una corda di violino.
Fra i due era quello più nervoso, e non si sarebbe detto che il più grande sweeper del Giappone fosse quasi intimorito nel dover confessare ai suoi amici, che si era deciso a fare il grande passo, dichiarando il suo amore alla bella socia.
Rivelargli che ora stavano insieme, gli sembrava un’impresa ardua e delicata, ingigantita dal fatto che erano ormai diversi mesi che la loro relazione aveva avuto quella bellissima svolta, e che entrambi l’avevano tenuta nascosta anche, e soprattutto, proprio a loro.
 
Kaori, che per tutta la vita aveva combattuto con la vergogna e il pudore, era piacevolmente rassegnata; in fondo tutti loro della banda conoscevano i suoi sentimenti per Ryo, e sicuramente fra i due era quella che si era maggiormente esposta.
Non ignorava che Miki, in quei giorni della malattia, li aveva trovati a letto insieme, o meglio, a condividere lo stesso letto da malati, e non solo; sapeva che se non le aveva chiesto nulla a riguardo, era stato solo per discrezione e rispetto.
Infatti, di aver taciuto con la sua migliore amica, le dispiaceva un po’, eppure, in fin dei conti, non aveva fatto nulla di male, ed era stato bello avere Ryo tutto per sé, soprattutto il quel loro modo clandestino e segreto, che rendeva tutto molto più autentico e intenso.
Certo, anche lei era un po’ timorosa del giudizio altrui: si aspettava qualche battuta, qualche presa in giro, ma era così felice, che avrebbe voluto gridarlo al mondo intero, che ora finalmente Ryo era suo, era innamorato di lei, e l’amava.
Tutto il resto passava in secondo piano.
 
Entrando, gli sweeper, si stupirono non poco di trovare quasi la banda al completo al Cat’s Eye; anche se si erano decisi a venire allo scoperto, non gli avevano dato propriamente un appuntamento: si erano detti che avrebbero iniziato con Miki e Falcon, e con chi avessero incontrato.
Ryo in particolar modo, era convinto che sarebbe bastato dirlo a Mick, la pettegola di Shinjuku che in un attimo tutta Tokyo l’avrebbe saputo.
Ritrovarseli tutti lì, sarebbe stato un po’ come affrontare una giuria impietosa, ma almeno avrebbero parlato una volta per tutte.
Superato il primissimo impercettibile imbarazzo, i due soci avanzarono all’interno del locale.
 
Miki vedendoli si portò una mano alla bocca, sorpresa e quasi allarmata, e le scappò detto:
 
“Ed ora? Cosa facciamo?”
 
Perché a pochi passi da loro, quegli scemi patentati ancora stavano facendo un baccano infernale, in un crescendo di voci strepitanti, accapigliandosi a parole, e urlando le proprie motivazioni, che avevano un unico tema principale: Ryo e Kaori, e il loro segreto da far confessare.
Non esisteva nient’altro, e non si erano accorti di nulla.
 
“Stai calma.” le disse Umi, con il tono di voce di chi ordina ad un commilitone di non sparare, non ancora.
 
“Ehi ragazzi!” esordirono quasi in coro Ryo e Kaori, salutando i coniugi Ijuin, divenuti rigidi come statue di sale; perplessi li guardarono annuire appena, e bofonchiare un saluto imbarazzato.
 
Miki ridacchiò, e si sentì morire quando Kaori le chiese:
 
“Che stanno facendo quelli là?”indicandoli con un cenno del capo.
 
Seguita a ruota da Ryo, che esclamò:
 
“Caspita, la questione sembra davvero importante! Mi sembrano tutti matti!”e scuotendo la testa rise.
 
E quando i due sweeper si avvicinarono a quegli scalmanati, Miki trattenne il fiato, perché ancora assorbiti nella loro disputa più che accesa, Mick & C. continuavano a questionare.
 
Si capivano solo parole in qua e in là, tipo “Mokkori!ì” “Visita notturna” “Farli ubriacare” in un vortice di urla, parole forti, improperi, e un’infinità di altre frasi smozzicate, e interrotte da chi gridava più forte, prendendo il sopravvento, e parlandosi sopra.
 
Cautamente i due soci si tennero a debita distanza, poiché quelli sbracciavano con tale violenza che, se non fossero stati attenti, avrebbero rischiato di prendersi pure una sberla, o una qualche botta.
 
“Salve gente!” provò a dire Kaori, cercando di attirare la loro attenzione.
 
“Che state facendo?” chiese divertito Ryo, ormai dimentico della tensione dei minuti precedenti, quando pensava di doverli incontrare.
 
“Ragazzi? Dico a voi?” reiterò la giovane sweeper.
 
“Mick, mi sembri un gallo nel pollaio!” l’apostrofò Ryo.
 
Al che l’americano si voltò di scatto, e quasi rabbiosamente gli rispose:
 
“Ryo, non mettertici pure tu, intesi?” e poi rivolto a Kaori “Buona sera mia dolce Kaori” e le sorrise amabilmente “Scusami, ma qui abbiamo da fare!” e detto ciò si ributtò nella mischia.
 
Gli altri nemmeno si accorsero della presenza di Ryo e Kaori, e pensare che stavano bellamente discutendo proprio di loro!!!
 
Delusi dal comportamento della banda, i City Hunter si allontanarono sconvolti dalla combriccola vociante e litigante, e sostando brevemente davanti al bancone, dove le due cariatidi imperterrite sembravano sostenere le sorti del mondo, chiesero agli oracoli di pietra:
 
“Ma che gli è preso a quelli là?”
 
Non ottennero risposta.
Gli occhiali di Falcon scintillarono, e un unico pelo dei baffetti parve guizzare nell’enorme faccione.
Sul viso di Miki invece si alternarono diversi colori, dal rosso fuoco al grigio perla.
 
Kaori scosse la testa, e perplessa guardò il suo fidanzato; questi si strinse nelle spalle, e ormai rassegnato disse:
 
“Okay, torneremo in un altro momento.” e si diressero alla porta d’uscita, mentre si lasciavano alle spalle da un lato il mutismo dei padroni di casa, e dall’altro il fracasso di quegli scalmanati.
 
Kaori infilò il braccio in quello di Ryo, e spingendo insieme la porta a vetri, si fermarono sulla soglia, trovandosi davanti Kazue:
 
“Oh, anche voi qui?”chiese la bella infermiera.
 
“Sì, siamo appena arrivati, ma ce ne stiamo già andando” spiegò Kaori.
 
“Veramente? E come mai?” domandò la ragazza.
 
Fu la volta di Ryo di parlare:
 
“Mah, qui oggi sembrano tutti impazziti. Urlano, si accapigliano, non ci hanno dato udienza minimamente, nemmeno i padroni di casa. E pensare che eravamo venuti qui per annunciarvi il nostro fidanzamento!”
 
“Già” confermò l’amabile socia.
 
Kazue sobbalzò a quella rivelazione, detta così, con una naturalezza sconcertante, e riuscì solo ad emettere un “Ah!” stupito.
 
Ma i due sweeper erano ormai già a usciti, e mano nella mano, si erano persi nella folla del passeggio.
 
All’infermiera le ci volle un po’ per assimilare quella sconvolgente notizia; il suo fidanzato, Mick, erano giorni che non parlava d’altro: era diventata la sua unica fissazione, e cioè scoprire se era vero che i suoi amici Ryo e Kaori stavano insieme; e alla fine proprio loro stessi lo avevano detto a lei, così, con semplicità.
 
Si voltò a guardare Miki e Falcon, che parvero sul punto di sgretolarsi.
 
Poi d’un tratto, nell’improvviso silenzio che si verificò nel vociare violento dei litiganti, si sentì Yuka dire:
 
“Mi era parso di vedere qui Ryo e Kaori!” portandosi le dita a sorreggersi il mento, con aria meditabonda.
 
Ma subito dopo fu travolta da un coro di “Ti sarai sbagliata!” “Che stai dicendo?” “Sei solo una bambina!” “Starai scherzando?” che presto lasciò il posto al solito urlarsi che andava avanti già da un po’.
 
 
 
 
 
Ormai lontani dal Cat’s eye, immersi nei colori caldi del tramonto, Ryo si volse a guardare la sua magnifica fidanzata, e sorridendole, disse:
 
“Beh, noi ci abbiamo provato, no?”
 
“Direi proprio di sì! Ora… sarà quel che sarà.” e si strinse di più a lui.
 
“Chissà su cosa stavano litigando? Sembrava qualcosa d’importante.” le disse, quasi distrattamente.
 
“Mah, va a capire?!” rispose la ragazza “Più importante di quello che dovevamo dirgli noi? Non credo!”
 
“Già, non penso. Va be’ peggio per loro. Ti va un gelato?”
 
E gelato fu.
 
 
Ed eccoci così giunti alla fine di questa storiellina leggera.
Spero vi sia piaciuta, tutta, e soprattutto il finale.
L’ho detto sempre che mi sono divertita un sacco a scriverla, spero voi nel leggerla.
 
Approfitto di questo spazio per ringraziare:
la sempre presente e dolce
Sabrinagenova,
l’arguta
Kalandra,
la puntuale
vento di luce,
senza dimenticare
by ila, Meddy80.
Ma soprattutto, e con un pizzico di anticipo, volevo fare gli
Auguri di Buon Compleanno alla mitica BrizMariluna e a Gbzgbzgbz, che mi fa le recensioni in privato, tramite vocale.
 
Che altro dire se non GRAZIE INFINITE a tutti quelli che mi hanno letto, anche in silenzioso, e che hanno scelto la mia ff??
Nulla.
E allora vi saluto affettuosamente.
Ci sentiamo presto.
Vostra Eleonora

 

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