Feuer und Wasser

di Jigokuko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'uomo del treno ***
Capitolo 2: *** L'uomo del bunker ***
Capitolo 3: *** L'uomo della torre ***
Capitolo 4: *** Monologo con la Luna ***
Capitolo 5: *** Ballata di caos e sottomissione - I ***
Capitolo 6: *** Ballata di caos e sottomissione - II ***
Capitolo 7: *** Ballata di caos e sottomissione - III ***
Capitolo 8: *** Ballata di caos e sottomissione - IV ***



Capitolo 1
*** L'uomo del treno ***


Ciao! Prima di iniziare, sappiate che questa storia è completamente self-indulgent. Il cervello mi ha obbligata a scriverla perché questi due mi stanno letteralmente divorando le sinapsi (eye twitching). Onestamente non mi aspetto che nessuno la legga perché 1. è su un fandom che in Italia non esiste 2. involve un'OC e lo sappiamo tutti che non frega un cazzo a nessuno degli OC.
Se deciderete di leggere comunque, vi ringrazio. :3

L'uomo del treno

Pav l'aveva odiata dal primo momento in cui l'aveva vista.
Era seduta su quel sedile, proprio in fronte all'uscita del vagone, così chiusa su sé stessa da sparire in mezzo ai cuscini color porpora, con una misera borsa di cuoio adagiata sulle minuscole ginocchia e le braccia avvolte attorno ad essa.
Quando vedeva una suora, soprattutto se giovane e con un viso tanto bello e delicato, pensava subito a quanto stesse sprecando la propria vita. Ed aveva avuto lo stesso pensiero con quella che stava viaggiando sul suo stesso treno per Prehevil.
Con quale coraggio nascondeva i suoi occhi blu sotto le folte ciglia per recitare stupide preghiere? Impedire a quelle labbra piene e rosee di baciare poteva definirsi il fallimento dell'umanità.
Erano sempre le più belle a buttarsi via così.

Il tenente si alzò dal suo sedile a pochi metri da lei e la raggiunse con un passo felino, il sorriso sulle labbra, lo sguardo predatorio. Si sedette sul bracciolo alla sinistra della suora e, con nonchalance, le avvolse il braccio destro attorno alle spalle, avvicinando quella testolina coperta dall'orrendo velo nero al suo petto.
Non si mosse, pietrificata. Pav vide solo due preziosi zaffiri spostarsi in sua direzione, e la pelle bianca del viso di lei tingersi di rosa acceso. Era rigida, sembrava volersi rannicchiare ulteriormente, le sue manine stropicciavano il tessuto della sua lunga veste.
Oh, già se le immaginava sul suo corpo. Chissà se un uomo l'aveva mai anche solo guardata da così vicino.

- Come ti chiami, bellezza~? – Nessuna risposta, la domanda servì solo a farle distogliere lo sguardo. – Oh, che carina, sei timida, eh? Vediamo... cosa ti porta su questo treno, allora? Quelle come te viaggiano in gruppo di solito.-
- Sono... diretta a Prehevil...-
Un mormorio quasi impercettibile. Anche la sua vocina era eccitante.
- Oh~ che coincidenza, anch'io! Da dove vieni?-
- Città del Vaticano.-
- Interessante. Cosa ti porta così lontano?-
- Uhm... non stai facendo troppe domande?-
- Che noiosa. – Pav sbuffò e la lasciò andare. Si alzò in piedi e, dopo aver fatto il giro, si sedette di nuovo accanto a lei, stavolta sui sedili veri e propri, stravaccato contro lo schienale e le gambe accavallate. – Volevo solo farti compagnia, sembri così sola...-
- Non mi da fastidio essere sola.- Lei continuava ad evitare il suo sguardo, o più che i suoi occhi il suo petto in bella vista.
- Eppure sembri così spaventata.-
- È... solo la prima volta che esco dal Vaticano.-
- Interessante. Posso farti compagnia, se vuoi~. Farti da guardia del corpo...-
- Sto bene così, grazie.-

Pav le mise le mani sulle spalle e si avvicinò a lei, quasi appoggiandosi con il corpo alla sua schiena. La sua testa era in avanti, si stavano a malapena sfiorando guancia contro guancia.

- Non hai mai trovato nessuno a cui importasse di te, non è vero? Nessuno che ti amasse?
Sono tutte così, quelle come te. Abbandonate dalla vita stessa, vi rifugiate in un convento a pregare giorno e notte uno morto secoli fa, annullando completamente il vostro essere donne e nascondendovi dentro sacchi neri, privandovi anche di ogni piacere della vita. Per cosa? Per nulla, dopo la morte finiamo tutti mangiati dai vermi.-
La vide abbassare il capo e prendere il crocifisso d'oro che aveva al collo con le mani.
- Non è così... non giudicare gli altri ad un primo sguardo...-
- Bugiarda. – Il tenente le si avvicinò ulteriormente, sussurrandole all'orecchio. – Posso darti io un po' d'amore, se vuoi... ti tratterò come una regina.~-

...
...
...

Pav si svegliò di colpo. Il treno si era fermato.
Ricordava di star parlando con la suora, ed all'improvviso una ragazza vestita di rosa era apparsa davanti a lui, l'aveva condotto in una strana stanza dalle pareti di legno, poi in un'altra piena di persone sedute a numerosi tavoli ed infine si era ritrovato in cima ad una torre.

Festival di Termina . . .

Girò la testa, ritrovando la suora. Era ancora addormentata, rannicchiata su sé stessa e con la testa adagiata sul bracciolo del sedile.
Purtroppo non avrebbe avuto tempo di scoprire il suo nome, il treno era giunto a destinazione. Quell'informazione non gli serviva, perché sarebbe probabilmente morto di lì a breve.
Si alzò, le diede un ultimo sguardo e se ne andò.
Niente ultimo momento di gloria prima di tentare di raggiungere l'obiettivo per cui aveva vissuto un'intera vita dalla parte sbagliata.


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Capitolo 2
*** L'uomo del bunker ***


L'uomo del bunker

Le veniva da vomitare. Non ci poteva credere.
Nel giro di pochissimo tempo era fuggita da un pazzo armato di accetta con i genitali di fuori, si era addentrata nel bosco ed aveva incontrato una dei passeggeri del treno, Abella, era entrata con lei in un bunker sotterraneo e lì si erano trovate davanti all'orrore.
C'era un uomo vestito di bianco con un enorme sorriso sul volto distorto e mezzo dipinto di blu... e stava tagliando la testa ad una persona. Maddalena aveva riconosciuto l'ormai cadavere come un altro dei passeggeri.
Quando finì di decapitarlo, lo sconosciuto si rivolse proprio a loro ed aveva iniziato ad inseguirle ridendo sguaiatamente. Abella gli aveva tirato in faccia delle schegge di vetro e lo aveva accecato, poi aveva afferrato la suora per un polso ed avevano corso fino all'ascensore che si era attivato mettendo il gasolio in un generatore.
L'ascensore scese lentamente e Maddalena continuava a tremare come una foglia, terrorizzata da ciò che aveva appena visto. Non avrebbe mai dimenticato l'orrore di aver assistito ad una decapitazione, il volto contratto dal dolore della vittima ed il sangue che, più la sua gola veniva tagliata, più spruzzava fuori dalla ferita. Si coprì la bocca con la mano per calmare i conati di vomito.
La donna le mise una mano sulla spalla, osservandola con un'espressione preoccupata.

- Hey... cerca di non pensarci, o ti sentirai male...-
- Non ci riesco... quel pover uomo...-
- So che è difficile, ma non potevamo fare nulla, purtroppo siamo arrivate tardi.-

L'ascensore si fermò e la grata si aprì. Erano ancora dentro il bunker, ma stavolta in una stanza unica, semivuota tranne che per uno strano marchingegno che attraversava il fondo della parete ed una porta sulla destra. Maddalena fece un salto per lo spavento quando vide che per terra c'era un altro cadavere. Quest'ultimo sembrava morto da un po', aveva l'uniforme da soldato ed in una mano sembrava stringere qualcosa. La suora si avvicinò con timore, quasi come se, inconsciamente, avesse paura che si svegliasse e la rincorresse.
Quella che aveva si rivelò essere una chiave, la quale sembrava importante a giudicare dall'aquila su di essa, simbolo dell'Impero di Bremen. Decise di prenderla con sé e raggiungere Abella, la quale stava trafficando con lo strano dispositivo appoggiato al muro. L'unica parte familiare di esso era quello che sembrava lo schermo di un televisore, collegato a dei tasti simili a quelli di una macchina da scrivere. Sullo schermo apparve la scritta "connettere il teleelettroscopio a Logica?".

- Cos'è un telelele— tel— insomma, teleele— ... quello che c'è scritto?-
- Mh... non lo so.-

Dopo averle risposto, Abella cliccò un tasto su cui c'era scritto "invio" e tutto il meccanismo di tubi, cavi e qualunque altra cosa fosse ciò che avevano davanti si accese, facendo un rumore assordante per qualche secondo, il quale poi scemò come se non fosse successo nulla.

- Ha... funzionato?- Maddalena si guardò intorno, cercando di trovare qualche cambiamento, ma nulla.
- Sembra di no. Uff... non importa, forse dovremmo tornare indietro. – La rossa si voltò verso l'ascensore. – Ma temo che ci toccherà scappare di nuovo da quel matto con le siringhe.-
- Oh, no, no, no...- La suora trasalì al pensiero.
- Maddalena, dobbiamo farci coraggio. Ti proteggo io, okay?-
- Non voglio esserti di peso, Abella.-

Iniziò a vagabondare nel tunnel, finché non entrò in quell'unica porta disponibile. Sperava fosse un'uscita di emergenza o simili, ma invece c'era solo una libreria... e per terra un disegno. Erano tre cerchi intersecati, di cui uno incompleto. Sembrava familiare... dove lo aveva già visto?
Fece un passo in avanti per poterlo vedere meglio, ma non appena il suo piede toccò il sigillo sul pavimento, tutto attorno a lei era cambiato. Non era più nel bunker, piuttosto in un luogo dalle pareti di legno.
... Ora ricordava. Era un luogo molto simile a quello visto nel sogno, prima di trovarsi in cima ad una torre, e quello stesso simbolo era proprio disegnato nel mosaico sul suo pavimento!
Poi però le tornò in mente quell'uomo nudo con una lama in mano che l'aveva rincorsa e sbiancò. E se fosse stato presente anche lì?
Un attimo prima che potesse mettersi ad urlare, Abella le apparve alle spalle.

- Maddalena! Come hai fatto a— oh. Ma che— vedi anche tu quello che vedo io?-
- È il luogo del sogno...-
- Già...-
- Cosa facciamo?-
- Se è davvero ciò che pensiamo, allora trovando l'uscita forse potremmo tornare in cima alla torre.-

La rossa andò avanti per prima e la suora la seguiva standole appiccicata. Quel luogo era in completo silenzio, a parte alcuni suoni parecchio strani che ogni tanto si sentivano in lontananza.
Per terra c'era quella che somigliava ad una gigantesca pianta carnivora, ma non appena le due ci passarono vicino, essa si animò e da un buco nel pavimento uscì il resto del suo corpo; sembrava il manichino di una donna, con un'ulteriore bocca sulla pancia e due lunghissime lame al posto delle braccia che oscillavano come fossero pendoli.
Senza pensarci troppo si diedero alla fuga, innescando il risveglio di altri di quei cosi, ma per fortuna erano lenti e li seminarono con facilità. Dopo aver corso attraverso tutto quello stranissimo ed inquietante luogo, raggiunsero una scala a pioli.
Maddalena salì per prima ed Abella le fu subito dietro.
In un battito di ciglia l'ambiente attorno a loro era cambiato e la scala era diventata la stessa che avevano sceso per entrare nel bunker. Era tutto troppo strano. Stava ancora sognando?
La suora aprì il portello sul soffitto e si trovò davanti un volto che la fissava con un sorriso. Per lo spavento scivolò giù e finì per cadere, ma la donna che era con lei riuscì a prenderla in tempo e tirarla su con il solo uso di una mano.
Quando furono entrambe fuori, vennero accolte da una risata.

- Oooh~ siete ancora vive. Brave ragazze.

Maddalena trasalì. Si ricordava di quel tizio! Era il soldato molesto che le stava appiccicato durante il viaggio in treno.
Era alto, aveva profondi occhi grigi, zigomi alti, naso dritto, un sorriso non molto rassicurante, ricci capelli biondi ed un'uniforme verde militare con lunghi stivali. Sul cappello aveva la stessa aquila che c'era sulla chiave trovata poco prima. Doveva far parte dell'esercito di Bremen, quindi.

- Sta lontano!- Disse Abella, facendo un passo in avanti per proteggere la compagna.
- Calma, tesoro. Vi ho viste al treno. – In quel momento, i suoi occhi grigi si fissarono sulla suora. Il suo sorriso si allargò. – Se vi avessi volute morte, sareste ancora ad occhi chiusi in uno dei vagoni. Vero, bella addormentata? – Le fece l'occhiolino. – Comunque. Tenente Pav, al vostro servizio.~ Come ti chiami, uccellino? Devi ancora dirmelo, ricordi?-
Maddalena sospirò. Forse era destino che, prima o poi, quel tizio sarebbe venuto a sapere il suo nome.
- ... Maddalena.-
- Maddalena... finalmente ti stai comportando bene!
Era ora, è un peccato che la nostra chiacchierata sul treno sia stata interrotta, ma volevo dirti una cosa: quei vestiti ti stanno proprio male. Dovresti toglierteli.-
- Hey, non parlarle così, è una suora!- Intervenne Abella.
- Ma dai, scherzavo~ o forse no—?
Dovresti stare attenta, sai? Mi agito parecchio davanti alle donne fiduciose e mature come te. Agitazione e grilletto facile non vanno molto d'accordo, mi capisci? – Pav si mise una mano sul fianco. – Avete trovato la chiave della città, vero? – Abbassò lo sguardo, notandola in mano a Maddalena. – Proprio lei, quella con l'aquila.
Molto bene. Avrei potuto andarla a prendere da solo, ma non si sa mai cosa si possa nascondere là sotto... il festival è appena iniziato, al momento non voglio fare nulla di rischioso.
Uccellino, di te ci si può fidare, non è vero? Mi faresti il favore di aprire il cancello per entrare in città?
Devo fare qualcosa di molto importante...
Beh, ci uccidia— volevo dire— vediamo più tardi~-

Il tenente le salutò agitando la mano e se ne andò, sparendo tra la nebbia della foresta.
Maddalena ancora fissava il punto in cui era scomparso, come imbambolata. Stringeva la chiave tra le mani.

- Sono sicura che sappia qualcosa su questo tunnel... sicuramente c'entra con la ragione per cui l'esercito di Bremen era così ossessionato da occupare— mi stai ascoltando, Maddalena?-
- Uhm...?- La suora trasalì, svegliandosi da quella sorta di trance.
- Uff... – Abella sospirò. – Ascolta... so che è difficile da credere, ma ci sono tanti uomini migliori di lui in giro per il mondo. Non sprecarti così.-
- Non è come pensi—!- Sentì la punta delle orecchie scaldarsi da sotto il velo.
- Scherzavo! Piuttosto... parlava come se vi conosceste già. È successo qualcosa sul treno?-
- Niente di che... si era solo seduto vicino a me e mi ha riempito di domande.- Cercò di minimizzare.
- Capito. La prossima volta che lo incontro, gli do un pugno talmente forte da spedirlo dritto sulla Luna. Così impara a dirti cose del genere.
Ed ora andiamo a cercare questa fantomatica seconda chiave, non voglio che si metta a piangere.-

Finalmente Maddalena rise.

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Capitolo 3
*** L'uomo della torre ***


L'uomo della torre

Quella era stata l'ultima volta che aveva propriamente sceso le scale.
L'ultima volta che, scendendo dalle scale, aveva usato entrambe le gambe.
Ora scendere le scale sarebbe stato per sempre diverso.

...

I suoi ricordi erano offuscati.
Aveva messo le tre effigi al loro posto ed il pavimento si era spostato, rivelando le famose scale che aveva sceso per l'ultima volta con entrambe le gambe.
Quella chiesa aveva ben due passaggi segreti, ed entrambi conducevano a scene dell'orrore che non avrebbe mai dimenticato.
Poi si era trovata al cospetto di un sacrificio umano, ed in cima ad una statua in costruzione una bestia terrificante alta il doppio, no, il triplo di lei. Brandiva due lance, una salda nella zampa sinistra e l'altra infilzata nella destra.
Era saltata giù, il pavimento aveva tremato.
Lei aveva evocato la spada fatta del suo stesso sangue.
La bestia aveva mollato lì il braccio destro con tanto di lancia e se n'era andata.
L'aveva chiamata patetica.
Si era tirata in piedi con l'ausilio del premio che aveva ricevuto per essere sopravvissuta e si era trascinata fin fuori, fino alla torre.
Lì aveva visto un uomo. Era lo stesso che non l'aveva mai lasciata in pace per tutto il viaggio in treno.
C'era una massa gialla.
Un rumore assordante.
La massa l'aveva quasi aperto in due con la lama di una spada.

...

Aprì gli occhi.
Il pavimento era freddo e la sua testa era appoggiata su qualcosa di scomodo. Si mise diritta e notò con orrore le sue gambe— no, la sua gamba. Se avesse avuto qualcosa in corpo, avrebbe vomitato.
Non aveva più il piede destro, né il polpaccio. Le era rimasto solo il ginocchio, ora avvolto da bende pregne di sangue.

- Sapevo già quanto fossi stupida, ma non immaginavo fino a questo punto.
Anzi, dovevo immaginarmelo, dopotutto sei una suora.

Era una voce maschile, profonda ma al contempo flebile, sofferente, innaturalmente roca. Il sarcasmo non mancava.

- Il tizio con la benda ha detto che eri al limite. Un altro po' e si sarebbero aperte le scommesse: morte per dissanguamento o grave infezione?

La suora alzò finalmente la testa. L'unica luce proveniva da una lampada ad olio poggiata per terra, doveva essere notte.
Vide le pareti in legno del treno, i finestrini, le tende color porpora, i sedili che sembravano veri e propri divani. Lei aveva dormito contro il bracciolo di uno di essi, sul quale era adagiato un uomo. Aveva il naso dritto ed importante, zigomi alti, labbra piene, occhi affilati di un grigio intenso ed accentuati da lunghe e folte ciglia. I capelli biondi gli incorniciavano il volto e gli accarezzavano il collo. Lei non capiva se fossero ricci od estremamente annodati.
Il suo busto era completamente scoperto, la pelle era bianca ed i muscoli definiti. Ma era pieno di bende, strette attorno ad una ferita a ridosso del cuore, un lungo taglio che aveva riempito la medicazione di fortuna di sangue. Anche il suo braccio destro era tutto fasciato. Portava pantaloni verde militare e stivali neri.

- Non mi hai mai detto il tuo nome.- Le chiese, con gli occhi chiusi.
- È "Maria Maddalena".-
- Troppo lungo.-
- Solo "Maddalena" va bene.-
- Perché non "Maria"?-
- Tutte le suore si chiamano "Maria".-
- La signorina vuole disperatamente essere diversa, eh?- Sebbene stesse chiaramente soffrendo, non mancava di offenderla.
- Non è quello che inten—-
- "Lena". Ti chiamerò così.-
- Okay... Pavel.-
- Solo "Pav".-
- Mi piace di più completo.-
- ... Come fai a saperlo, comunque?-
- Non me lo ricordo... credo di averlo sentito.-
- Hai origliato la mia chiacchierata con Kaiser, quindi.-
- Scusa.-
- Che vergogna, fallire la missione della mia vita davanti agli occhi di una bella donna.-

Maddalena non disse nulla ed iniziò a giocherellare con la croce d'oro che portava al collo. Era grata ad Alll-mer per averle salvato la vita. Senza la sua fede, non sarebbe mai sopravvissuta contro quella bestia armata di lance. E invece di un piede, avrebbe potuto perdere entrambe le braccia o, peggio, la testa. E Pavel ora sarebbe morto.
Chiuse gli occhi, stringendo il pendente al petto. Iniziò a recitare una preghiera sottovoce; lo faceva sempre quando voleva calmarsi e, nonostante non lo avesse dato a vedere, era ancora in un profondo stato di shock. La sua gamba... la sua gamba...

- Sigaretta. – Maddalena mollò il crocifisso ed alzò di nuovo la testa. – Voglio fumare.-
- Il fumo rallenta la guarigione...-
- Ormai sono già morto. Comportati da brava suora ed esaudisci il mio ultimo desiderio.-

La suora sospirò e si guardò attorno alla ricerca della sua borsa. Gattonò sul pavimento fino a trovarla e, frugando in essa, trovò cinque sigarette ed una scatola di fiammiferi. Erano entrambi "regali" da parte di Daan; la mattina del primo giorno lui ed Abella le avevano salvato la vita in chiesa, e l'uomo le aveva lasciato metà delle sue sigarette perché "potevano aiutarla a calmarsi".
L'idea di fumarle non le aveva mai sfiorato la mente e quasi le dispiaceva consumarle, ma voleva comunque aiutare il soldato moribondo.
Si trascinò di nuovo con fatica verso il sedile su cui si trovava Pavel e si sedette vicino al suo bacino, nell'unico minuscolo spazio non occupato dal suo corpo.

- Aww, quanto sei obbediente.- Le rivolse un sorriso sghembo, facendole sobbalzare il cuore.

Con la mano tremolante, Maddalena avvicinò la sigaretta al suo viso e lui la prese tra i denti, sfiorandole le dita con le labbra – era sicura che lo avesse fatto di proposito. Poi, accese il fiammifero ed a sua volta gli accese quella dannata sigaretta.
Pavel inspirò il fumo e poi, con la mano sinistra, quella ancora sana, si tolse l'oggetto dalla bocca ed espirò. La suora si sentì la persona più stupida del mondo ad avergli messo la sigaretta direttamente tra le labbra come se fosse stato completamente infermo. Lui sembrò aver notato il suo sconforto, lo capì da quel sorrisetto che non aveva ancora abbandonato il suo volto maleficamente angelico.
Il soldato fumò in silenzio come se lei nemmeno fosse esistita; attorno a loro si era formata una nebbiolina puzzolente che dava un fastidio tremendo a Maddalena, arrivando a farla tossire più volte. Ma lui se ne fregò e, una volta finito, le mise il mozzicone in mano, coperto di saliva, come se fosse stata un posacenere umano. Lo spense sul bracciolo del sedile non avendo altro.

- Che ci fai ancora qui? Non voglio morire mentre qualcuno mi fissa.- Le chiese, dopo un interminabile minuto di silenzio.
- ... Morire? Non ti lascerò morire.-
Finalmente si degnò di guardarla.
- Senti, uccellino, non so perché diamine tu mi abbia salvato, ma sappi che hai rischiato la tua vita per niente a portarmi fin qui.-
- Ti sbagli. Salvare una vita non è mai uno spreco.-
Il peso del suo sguardo la stava schiacciando, quelle iridi grigie sembrava volessero sbranarla.
- Stupida. – ... – Sei la donna più stupida che abbia mai incontrato.-
- Perché?-
- Lasciami morire in pace.-
- Ti ho già detto che non ho intenzione di lasciarti morire.-
- Taci.-

Pavel la colse di sorpresa e, a mano aperta, le diede un colpo alla spalla, con abbastanza forza da farle perdere l'equilibro e cadere di schiena sul parquet del treno. Si era ritrovata accartocciata su sé stessa e quel poco di gonna che ancora le era rimasta era salita quasi fino al bacino.
Maddalena, piena di vergogna, si sistemò il vestito e si raddrizzò nuovamente, mettendosi in ginocchio per terra. Guardò il soldato quasi con rabbia e lui ricambiò lo sguardo, gli occhi grigi assottigliati all'estremo e nascosti dalle lunghe ciglia.

- È così che tratti la persona che ti ha salvato la vita?-
- Ti ho forse chiesto di farlo?-

La suora strinse i pugni. Sentiva la gola bruciare, la vista si appannava e, inevitabilmente, le lacrime fecero capolino ed iniziarono a scendere copiosamente lungo il suo viso, tracciando scie bagnate e lucide sulla pelle diafana.

- Guardati, sei ridicola. Stai piangendo per una stupidaggine.-
- Io... ho avuto paura che morissi...-

Maddalena tirò su col naso e Pavel non disse nulla per un lasso di tempo che parve interminabile. Lui la guardava, lei lo guardava.
Il tenente sospirò e le fece segno di sedersi ancora accanto a lui e la suora, obbediente come sempre, eseguì l'ordine.

- Perché hai fatto tutto questo?- Le chiese, con tono gelido.
- È il dovere di una suora aiutare gli altri.- Gli rispose, asciugandosi le lacrime con la manica del vestito.
Lui sembrò trattenere una risata.
- Sei l'unica suora al mondo davvero convinta di ciò che sta facendo.-
- Tante delle mie sorelle sono state costrette dalla famiglia a prendere i voti... io l'ho fatto di mia spontanea volontà.-
- Allora è proprio vero che sei stupida... e bugiarda. Dimmi il vero motivo per cui mi hai riportato al treno. Avevi appena perso una gamba ed invece di curare te stessa quel pezzo di gonna lo hai strappato per me. Non è normale.-

La suora si guardò attorno, ripensando più volte a quell'affermazione. Cercare di ricordare le faceva male alla testa, ma dopo un po' qualcosa tornò a galla.
Visualizzò la torre davanti a sé, una piazza con il pavimento in sampietrini blu e gialli, corpi impalati e cadaveri putrefatti. Quello che sembrava un uomo, avvolto in una veste di un giallo intenso, con il cappuccio in testa. Camminava in direzione del museo.
Poi vide la figura di Pavel apparire, ed urlare la parola "Kaiser"... gli aveva puntato la pistola e chiesto se sapesse perché quel proiettile aveva il suo nome inciso sopra.
Kaiser non si voltò nemmeno, pronunciò il suo nome per intero e seppe anche da dove il tenente provenisse.
"Ciò significa che sono il responsabile della distruzione del villaggio in cui sei nato... e dell'uccisione della tua famiglia e conoscenti. Spero sinceramente che questo non sia un atto di vendetta.
Vorrebbe dire che hai sprecato la tua intera vita a questo proposito, aspettando questa opportunità..."
Ma ciò che la fece sobbalzare furono le parole di Pavel: "Lo farei anche solo perché nessun'altro possa subire lo stesso" ... "stai calpestando le persone senza rimpianto, solo per portare avanti i tuoi obiettivi!".
Maddalena non ricordava nient'altro che uno sparo e poi Kaiser che lo apriva in due con la lama di una spada.
Si morse il labbro, stringendo il tessuto della gonna tra le mani e stropicciandolo.

- È vero ciò che Kaiser ha detto...? Che ti sei arruolato tra le sue fila dopo la distruzione del villaggio in cui sei nato?-
- Anche se fosse?- Lui sembrava nervoso.
- ... Sei una brava persona, Pavel. Più di quanto credi. – Maddalena tirò su col naso. La vista era ancora annacquata. – Per questo non potevo lasciarti morire... ho dimenticato le mie stesse ferite pur di portarti in salvo.-
- Avrei preferito morire.- Girò la testa, smettendo di guardarla.
- Non puoi buttare via la tua vita in questo modo.-
- La mia vita è finita nel momento stesso in cui ho perso la mia famiglia e la mia casa.-

Lei rimase in silenzio, non sapendo come rispondere ad una simile affermazione. Non poteva capirlo. Non poteva capire l'amore di una famiglia, la perdita dei propri cari... lei non aveva mai avuto nessuno che l'amasse, ed era lo stesso motivo per cui si era ceduta ad Alll-mer ad una così giovane età.

- ... Mi fai la predica, non vuoi che io butti via la mia vita, ma tu sei la prima a farlo.

La mano sana di Pavel viaggiò fino al moncherino dove una volta c'era il resto della sua gamba. Gliela alzò leggermente ed osservò le bende pregne di sangue mezzo secco con un'espressione indecifrabile. La lasciò.

- Sei talmente giovane, eppure dici di aver scelto tu stessa di diventare una suora. Quanti anni avevi?-
- ... Quindici.-
- Allora hai fatto una scelta sbagliata. Sei sprecata in quell'orrendo sacco nero.-
- Non ho sbagliato, il mio amore per Alll-mer è reale, le preghiere mi hanno salvato la vita, senza—-
- Le preghiere non salvano un bel niente, stupida.-
- Tu non puoi capire... ciò che ho passato...-
- Raccontamelo allora.-
- Io provengo da una famiglia molto ricca ed influente. Sin da quando ero bambina, i miei genitori mi picchiavano, tutti i santi giorni. Mi affibbiavano la colpa delle complicanze che mia madre aveva subito dopo il parto.
Loro volevano un maschio che potesse seguire le orme di mio padre, ma io non lo ero e mia madre non poteva avere altri figli.
... mi rifugiavo nella preghiera. Pregavo tutte le notti fino ad addormentarmi, chiedevo di essere salvata... ed un giorno mi si presentò l'occasione di fuggire. Quando fui finalmente libera, promisi che avrei dedicato tutta la mia esistenza ad Alll-mer per ripagarlo.-
- Da una gabbia ad un'altra. Complimenti.-
- Io non sono passata da una gabbia all'altra.- Maddalena sibilò, con un tono quasi irritato. Come si permetteva di giudicarla così?!
- Scopiamo. Qui ed ora. Spogliati.-
- Cosa— Cosa diamine?! – Sentì il viso infiammarsi. – Con che coraggio dici una cosa del genere ad una suora? Non voglio, e non potrei neanche se volessi!-

Pavel scoppiò a ridere all'improvviso, ma subito dopo iniziò a tossire ed il suo viso si contorse in una maschera dolorante, si tenne il petto con la mano. Maddalena si allarmò e cercò di controllare che la sua ferita non si fosse riaperta, ma lui la tenne lontana facendosi da scudo con il braccio.
Dopo qualche secondo il suo respiro si regolarizzò e pian piano riuscì a calmarsi, il suo volto era bagnato di sudore.

- Non devi fare sforzi...- Gli sussurrò lei, sentendosi impotente.
- Lena... apri quei dannati occhi. – Rimase zitto per un attimo, cercando di riprendere fiato. – "non potrei neanche se volessi"... l'hai detto tu. È questa la libertà a cui aspiravi quando fuggisti? – La suora tacque. Pavel aveva chiuso gli occhi. – Sei un uccellino in gabbia. Anche fuori da essa, ti comporti come se fossi ancora al suo interno.-

Maddalena non sapeva cosa dire. Guardava il viso affilato di quell'uomo che aveva appena conosciuto, ne scrutava i lineamenti. In lui c'era una bellezza che non aveva mai visto in nessun'altro, ma percepiva anche qualcosa di sbagliato, come se sotto quella pelle bianca strisciassero dei vermi che lo stavano lentamente divorando dall'interno. Anche lui aveva sofferto, forse molto più di lei.
Si accorse di avere il capo chino solo quando sentì una mano attorcigliarsi attorno al suo polso destro. Le dita facevano il giro come se fosse stata la cosa più semplice del mondo. Alzò la testa, gli occhi grigi dell'ormai ex tenente erano fissi su di lei.
Sentì il cuore battere più velocemente.

- Voglio farti uscire da questa gabbia. Sei troppo buona per soffrire.

Le disse, con un filo di voce. La sua mano si spostò dal polso al gomito e la tirò a sé. Non dovette preoccuparsi di metterci forza, perché Maddalena seguì quel movimento come se fosse stata fatta di pezza.
Pavel smise di tirarla quando i loro visi erano talmente vicini da far mescolare i due respiri. La mano passò dietro al suo collo, non riuscì a toccarle la pelle a causa del velo che le inglobava il capo e nascondeva i capelli.
E la baciò, avventandosi sulla sua bocca come un animale selvaggio, sembrava volesse divorarla. Il soldato aveva le labbra secche, costellate da crepe sanguinanti, il respiro che sapeva ancora del fumo di quella maledetta sigaretta.
Nonostante ciò, la suora non riuscì ad opporsi. Lui era debole, le sarebbe bastato tirarsi indietro... eppure lo lasciò fare. Lo lasciò morderle le labbra fino a farle diventare rosse e permise una caotica danza tra le loro lingue. Maddalena non sapeva cosa stesse facendo. O meglio, sapeva di star compiendo un'azione sbagliata.
Quello era stato il suo primo bacio, uno che non avrebbe mai dovuto dare.
Ma a Prehevil tutto funzionava al contrario.


Con questa OS si conclude la prima "trilogia" della serie. è collegata alla prima ma non necessariamente alla seconda. O sta in piedi anche da sola. In realtà è la prima che ho scritto, quindi è un po' inconsistente. Vabbè.

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Capitolo 4
*** Monologo con la Luna ***


Monologo con la Luna

Non era stata un'azione da "signorine" quella, eppure Maddalena lo aveva fatto lo stesso.
Aveva visto l'uomo coi baffi che viaggiava sul suo stesso treno saltare da un tetto all'altro, quindi perché non seguire il suo esempio? Certo, lei non era capace di fare cose del genere, ma un cancello lo sapeva tranquillamente scavalcare.
Ed ora si trovava finalmente dentro la vera e propria Prehevil. C'era un silenzio inquietante e la nebbia era fitta, neanche un passo ed aveva già i brividi... se nella parte più vecchia della città i contadini erano tutti armati e pronti ad affettarla, cosa l'aspettava adesso?
Doveva raggiungere la chiesa, il suo obiettivo sin dall'inizio. Lì non l'avrebbero sicuramente raggiunta, Alll-mer vegliava su di lei.
...
Strinse tra le mani il crocifisso che aveva al collo per qualche secondo, inspirando profondamente per darsi una calmata, poi srotolò la mappa e controllò che strada dovesse seguire.
Lei si trovava nei pressi del ristorante Bílý Vůl (come cavolo avrebbe dovuto pronunciarlo...?), mentre la chiesa si trovava a nordest di lì. Doveva andare dritto fino ad una biforcazione e poi girare a destra... facile, no? No?
Con il cuore in gola e la paura negli occhi, la suora si decise finalmente a mettersi in marcia e, mentre camminava, recitava a bassa voce il rosario, contando le perle a mente. Questo l'avrebbe protetta dal male che aleggiava in quel luogo maledetto.

La sua marcia continuò con non poca ansia. Era così spaventata da avere quelle che sperava fossero allucinazioni, le sembrava sempre di vedere, con la coda dell'occhio, qualcuno alle sue calcagna, che la seguiva felino e silenzioso.
... Non doveva pensarci. Non c'era nessuno. Non. C'era. Nessuno.
Prese un profondo respiro e tornò a pregare, seguendo la strada indicata dalla mappa.
Dopo un po' arrivò nei pressi di quella che sulla mappa era segnata come la libreria e, proprio da lì, avrebbe dovuto girare a destra. Andando avanti, però, notò un camion militare e sul suo rimorchio una figura. Era un uomo dal volto sfigurato che imbracciava un fucile e, purtroppo, anche lui l'aveva vista. Si affrettò a caricare un colpo in canna ed a puntarle l'arma contro.
Maddalena si congelò e tutto accadde in un attimo; si udì uno sparo e lei si ritrovò accasciata a terra con le mani sulle orecchie e gli occhi serrati. Attendeva di sentire un qualche tipo di dolore, ma passarono i secondi e non cambiò niente. Aprì lentamente gli occhi e guardò in direzione del camion... ciò che vide fu il contrario di ciò che si era aspettata: era il fuciliere quello che era stato colpito dopo lo sparo. Giaceva disteso con ancora l'arma da fuoco tra le mani ed un foro di proiettile dritto in fronte, mentre il sangue gli colava sul volto deforme.
Doveva esserci qualcun'altro nei paraggi, nascosto tra gli edifici, ne era sicura. Con la paura che continuava a crescere, iniziò a correre in direzione della chiesa. Si fermò per riprendere fiato solo quando finalmente arrivò all'entrata della cattedrale, dopo aver evitato un terrificante poliziotto con tre braccia armate di manganello e la testa che ruotava furiosamente su sé stessa.
Cosa diamine c'era di sbagliato in quella città?!
Avrebbe voluto urlarlo ai quattro venti, ma facendo così avrebbe sicuramente attirato altre mostruosità pronte ad ucciderla nei modi più disparati.

La suora entrò in chiesa. Finalmente un luogo che le fosse familiare...!
Non c'era anima viva, gli unici suoni erano quelli del suo respiro pesante e dei suoi passi che facevano eco.
Era un luogo bellissimo, si sentiva già meglio... ma si chiedeva se fosse davvero l'unica nell'edificio. Doveva pur esserci un sacerdote... vero?
Decise di cercare qualsiasi cosa che potesse esserle utile o, meglio, una persona ancora sana, anche per aiutare coloro che erano rimasti ad aspettare al treno, perciò iniziò a girovagare. Salì un paio di rampe di scale e, senza volerlo, si ritrovò nel sottotetto, su delle travi che permettevano di raggiungere un gigantesco lampadario.
Fece per tornare giù, ma una creatura le corse incontro e la costrinse ad indietreggiare sulla trave finché non aveva quasi finito lo spazio. Guardò giù e deglutì, poi guardò il mostro; era nerboruto, i muscoli sovrasviluppati, aveva però le braccia legate dietro la schiena e sembrava gli mancasse mezza testa, o che fosse stata spellata come si fa con le banane. Era terrificante.
E lei era in trappola.
Quel coso emetteva strani versi e continuava ad avvicinarsi. Se fosse caduta non sarebbe sopravvissuta, se lo sentiva. Era spacciata, già morta.
Serrò gli occhi e congiunse le mani, iniziando a pregare, ormai l'unica cosa che poteva fare.
Poi, uno sparo, un altro, ed un altro ancora, per un totale di cinque. Qualche secondo e si sentì un forte tonfo provenire dal basso.
Maddalena aprì lentamente gli occhi e, al posto del mostro, davanti a lei c'era un uomo. Aveva un'uniforme militare, il cappello che gli schiacciava dei ricci capelli biondi, occhi grigi, sguardo serio ed una pistola ancora fumante stretta nella mano sinistra. Il braccio destro era teso verso di lei, la mano aperta per invitarla ad afferrargliela.
A lei tremavano le gambe. Non aveva mai sofferto di vertigini eppure, in quel momento, si sentiva morire all'idea di fare un solo passo. Perciò il primo lo fece lui. Lo imitò, muovendosi di pochissimo e, dopo un lasso di tempo che parve infinito, riuscì ad allungare il braccio ed afferrargli la mano. Il soldato la afferrò saldamente e la tirò a sé, finché non riuscì a circondarle le spalle e farle appoggiare la testa contro il suo petto semiscoperto -perché cavolo aveva l'uniforme tanto aperta...?-.

- Ora scendiamo, tranquilla.

Le disse, per poi condurla fino alla scala, aiutarla a scendere e successivamente seguirla a ruota.
La suora quasi cadde per terra quando sentì nuovamente il pavimento sotto ai propri piedi. Fece un grosso sospiro di sollievo, quasi accartocciandosi su sé stessa a causa di tutta l'aria che aveva espirato.

- Come diavolo ci sei finita lassù? L'uccellino credeva di poter spiccare il volo?-
- Cercavo qualcuno...-
Nelle travi sul soffitto?-
- Non conosco questa chiesa... credevo fosse un altro piano.-
L'espressione seria di lui si trasformò un sorrisetto. Lei non capiva se esasperato o da presa in giro.
- Sai, sei stata fortunata. Di solito non spreco sei proiettili per qualcuno che non sia io.-
... Sei? Non erano cinque?
- Non so come ringraziarti...-
- Inizia dicendomi il tuo nome, magari. Poi penserò ad altro.-
- Mi chiamo Maria Maddalena. Anche solo "Maddalena" va bene.-
- Okay, "Lena". Non amo i nomi lunghi.
Tenente Pav, al tuo servizio.~-
- Hai un nome strano.-
- Huh? Parla quella—-
- Scusa, non era mia intenzione offenderti...! È che in Vaticano nessuno ha questi nomi. È... particolare, è un diminutivo?-
- Mh... chissà.~-
- Che risposta è?- Rispose lei, infastidita.
Pav le sorrise come se fosse stata la risposta più consona al mondo, poi guardò in alto, verso le travi dalle quali erano scesi.
- Questo posto non è sicuro quanto credi, uccellino, lassù c'è un altro di quei cosi. Aspetta che si renda conto della tua presenza e vedrai come salterà giù per venirti a prendere.
Fortuna vuole che al momento ho qualche piccola ricerca da fare prima di passare al mio obiettivo primario. Il tuo aiuto è ben accetto.~-

***

Quel tizio era... singolare. Ma meglio seguire lui piuttosto che rimanere da sola, vero? Almeno lui aveva una pistola, sperava solo non gliela puntasse contro.
E così l'aveva seguito fuori dalla chiesa, tallonandolo al punto che se si fosse fermato gli sarebbe corsa addosso. Il tenente camminava a testa alta, a passo svelto, sembrava quasi un grosso felino. E pensare che l'aveva chiamata "uccellino"... i gatti cacciano gli uccelli per mangiarseli.
Dopo qualche minuto di camminata, raggiunsero la libreria dalla quale Maddalena era passata poco prima ed entrarono.
Al suo interno c'era un altro di quei poliziotti con tre braccia e lei si spaventò a morte, ma Pav tirò subito fuori la pistola e gli sparò un proiettile in testa, facendola smettere di vorticare. Il corpo cadde per terra e lui si affrettò a spaccargli il cranio pestandolo con tutta la forza che aveva in corpo.

- Sette proiettili...

Mentre continuava a calpestare l'ormai cadavere, aveva sul viso un'espressione annoiata. Poi, all'improvviso, si stufò e tornò a rivolgerle un sorriso. Si diresse dietro il bancone ed iniziò a frugare nella libreria.
La suora, dopo qualche secondo di shock, decise di, finalmente, entrare nell'edificio e chiudersi la porta alle spalle. Rimase però lontana da quel coso appena morto.

- Cosa stai cercando?-
- Mh... qualunque cosa sia interessante. Aiutami, guarda negli scaffali a destra.-
- Definisci "interessante".-
- Che ne so— trovi un libro che suscita la tua curiosità? Mettilo sul bancone.-
- Uhm... se insisti...-

Maddalena si mise quindi a cercare, ma non trovò nulla che, secondo lei, sarebbe potuto interessare a Pav. C'erano dei romanzi, alcuni fantasy, altri erano storie d'amore, ma era sicura che lui fosse un tipo da riviste per adulti e basta, di quelle con le donne nude. Lo aveva mai aperto un libro vero in vita sua?
... forse si stava basando troppo sulle apparenze e la prima impressione, ma non riusciva a pensare ad altro, a vedere come se ne andava in giro— non aveva freddo, con petto ed addome così scoperti?

- Hey, ho trovato qualcosa che potrebbe piacere a te!

Si avvicinò e lui le passò un libro, girato sul retro. La copertina era color porpora con degli intarsi dorati. Non fece caso a cosa ci fosse scritto ed aprì una pagina a caso.
C'era un'illustrazione a colori di un uomo ed una donna, nudi ed avvinghiati tra loro in un evidente atto sessuale, con tanto di dettagliata descrizione a lato dell'immagine. La suora sgranò gli occhi e d'istinto mollò il tomo, facendoselo cadere sui piedi. Emise un verso molto simile ad uno squittio, mentre Pav era scoppiato a ridere al punto da piegarsi in due.
Con le risate di lui in sottofondo si chinò per raccogliere il libro da terra e finalmente vide il fronte della copertina: la runa della dea Sylvian, ovvero una gigantesca vagina stilizzata. Con il viso rosso, come se l'oggetto le avesse scottato le mani, lo poggiò sul bancone e si allontanò il più possibile da esso.

- Divertente... se hai dodici anni.- Brontolò.
- Dai, non te la prendere~ – Continuò a ridacchiare Pav. – era solo uno scherzo innocente... il vero libro per te è questo.-
- Giuro che se è un'altra guida illustrata su Sylvi—-
- "Bibbia di Pelle: Alll-mer".-

Maddalena non finì nemmeno di ascoltare la frase che, invece di fare il giro attorno al bancone come chiunque avrebbe fatto, appoggiò le mani sul piano e si diede la spinta, scavalcandolo. Lui la guardò con una faccia da pesce lesso.
Gli rubò il libro dalle mani ed iniziò a sfogliarlo. Le sue pagine raccontavano la storia del martire, cosa da lei ampiamente risaputa, ma una in particolare catturò la sua attenzione. Riportava le istruzioni su come utilizzare il sigillo di Alll-mer, ovvero la croce. Per accrescere la propria affinità, bisognava disegnarlo su un Cerchio della Perfezione precedentemente intagliato.

- Allora, è di tuo gradimento?-
- È... interessante. Non avevo mai sentito parlare di questo autore, Enki Ankarian. Penso che lo terrò a mente...-
- Prendilo e basta, no?-
- Sarebbe come rubare.-
- In questa città si sono trasformati tutti in dei mostri assassini.-
- Rimane rubare.-

La suora appoggiò il libro sopra quello di Sylvian nascondendo di proposito il tomo scandaloso, poi tornò a girovagare tra gli scaffali, finché non si imbatté in una rampa di scale, sbarrata però da una catena. Sopra vi era affisso il cartello "vietato l'ingresso al personale non autorizzato".

- Oh! – Pav apparve dietro di lei. – Andiamo a vedere!-
- C'è il carte—-

Senza nemmeno ascoltarla, il tenente tolse la catena, l'afferrò per un braccio e la trascinò su per le scale. Quando tutto ciò sarebbe finito, magari avrebbe recitato qualche preghiera e chiesto perdono per il comportamento del suo compagno d'avventure.
Si ritrovarono in un piccolo corridoio stretto, con una singola porta chiusa sulla sinistra.
Maddalena trovò per terra lo stesso cerchio raffigurato nella bibbia appena letta, intagliato nelle assi di legno del pavimento. Accanto ad esso un gessetto inutilizzato.
Nel mentre Pav tentò di aprire la porta senza successo, perciò la sfondò con un calcio. Poi, come se niente fosse, si rivolse a lei, che nel frattempo si era chinata ad osservare il Cerchio della Perfezione.

- Che stai facendo? Ti si sono atrofizzate le ginocchia?-
- Lo vedi questo? Era nella bibbia che mi hai dato...-
- E?-
- C'erano delle istruzioni... disegnarci sopra il sigillo di Alll-mer per accrescere la propria affinità...-
- Maddalena, niente di tutto questo ha senso. Piuttosto, ho trovato un'altra libreri—-

Lei non fece troppo caso all'uomo. Prese il gessetto e ci disegnò sopra una croce. Non appena essa fu completata, davanti ai loro occhi si aprì un buco, il cui perimetro era composto di sangue. Qualche goccia colava sul pavimento.

- Un portale di sangue—!- Esclamò, alzandosi in piedi. La luce rossa emessa dal portale illuminava le pareti.
- Cosa diavolo è?!- Pav quasi urlò, il grigio dei suoi occhi spalancati ora scarlatto a causa del bagliore.
- Se ciò che viene raccontato è vero, serve per andare istantaneamente da un luogo all'altro.-

Senza troppa esitazione, Maddalena ci saltò dentro, per ritrovarsi però sempre nella libreria, solo rivolta dalla parte opposta. Gli occhi del tenente erano così sbarrati che sembrava stessero per uscirgli dalle orbite.

- Sembra che non ci siano altri portali da raggiungere nelle vicinanze... uno solo è inutile.-
- Farò finta di aver capito.- Disse lui, entrando nella stanza alla quale aveva sfondato la porta.
Era piccola, sulla destra c'era un letto matrimoniale, mentre sulla sinistra un'altra libreria.
- Non mi hai ancora detto cosa stai cercando, Pav...-
- Oh, e va bene— ho bisogno di una mappa, questa dannata città è un labirinto e le indicazioni fornite dai cartelli sono sbagliate.-
- Una mappa...? Potevi dirmelo subito, io ne ho una.-

La sua testa scattò in sua direzione come se gli si fosse rotto l'osso del collo, poi fece quei tre passi che li separavano quasi di corsa. Le mise le mani sulle spalle con così tanta forza che, con un minimo in più, avrebbe potuto piantarla nelle assi di legno del pavimento. Sembrava una bestia.

- ... Dammela, per favore.-
Maddalena non si aspettava che le chiedesse addirittura per favore.
- Temo che dovrai copiarla su un foglio nuovo... ne ho bisogno anche io. – Frugò nella sua borsa, estraendola. – Se hai intenzione di separarti da me.-
Pav la guardò, sospirando. Si tolse il cappello, passò una mano tra i riccioli biondi e poi se lo risistemò sulla testa.
- In altre occasioni te l'avrei strappata dalle mani e me ne sarei andato, ma visto che ce l'hai tu, uccellino... e va bene, la ricopierò.-

Il tenente tornò giù, mentre Maddalena ne approfittò per mettersi sul letto e riposare un po'. Si accorse di essere più stanca di quanto credesse e, poco dopo, sprofondò nel mondo dei sogni.

***

- Quindici partecipanti sono rimasti. Suvvia, non credi che dovrebbero iniziare le danze? Il mio signore sta iniziando ad annoiarsi.

La creatura vestita di piume dorate si coprì la bocca cercando di soffocare una risata.
Maddalena si guardò intorno spaesata prima di capire dove si trovasse. Era in cima alla torre, la stessa del sogno fatto prima che il treno si fermasse, davanti a lei la stessa persona che l'aveva accolta. Stesso identico sogno, parole diverse.

- Ragazzina, hai intenzione di rimanere imbambolata per molto, o mi stai semplicemente ignorando di proposito?-
- ... Perché mi trovo qui?-
- Hai la memoria corta? Sei stata scelta come partecipante al Festival di Termina, è un grande onore.-
- Io non voglio partecipare a nulla...-
- L'unico modo per non partecipare è suicidarti! Ma sarebbe noioso, al mio signore non piacerebbe... dovreste uccidervi tra di voi... vicino a te c'è un altro dei partecipanti, perché non gli prendi la pistola e lo uccidi, prima che lo faccia lui?~-

***

Aprì gli occhi di colpo, con il respiro pesante.

- Oh, ti sei svegliata, finalmente~

C'era qualcosa di strano, che non ricordava fosse presente al momento in cui si era addormentata.

- Non ti fa male la schiena a dormire così?

Come al solito, ogni volta che si addormentava, finiva sempre per rannicchiarsi su sé stessa al punto da svegliarsi tutta indolenzita.
Solo dopo notò di essere stata coperta con la giacca verde di Pav. Allungò le gambe e si sgranchì, girandosi a pancia in su. Lui era seduto accanto a lei, con la schiena appoggiata alla testiera del letto e le gambe accavallate. Aveva un libro in mano e stava sorridendo.

- Mi fa sentire più al sicuro dormire in questo modo...-
- C'è qualcosa che ti turba?-
- No... eventi del passato... lo faccio sin da quando ero bambina.-

Si mise seduta anche lei, sbirciando nelle pagine del libro che il tenente stava sfogliando con tanto interesse.
... per poi girarsi subito dall'altra parte, con il viso in fiamme e le mani a coprirlo per l'imbarazzo. Era ancora quel dannato libro sui rituali della dea Sylvian! Lo sapeva che a quel tizio potevano interessare solo quelle cose!
Lui ridacchiò.

- Dai, uccellino, smettila di fare la pudica, sono solo disegni! E metterli in atto è divertente, vuoi provare~?-
- Sei un depravato, fare proposte simili ad una suora...-
Pav le avvolse un braccio attorno alle spalle e l'avvicinò a sé. Poteva sentire il suo calore ed il battito del suo cuore.
- Uff, non si può neanche scherzare con te... sei sempre così rigida? Dovresti goderti un po' di più i piaceri della vita. Siamo in una situazione nella quale potresti morire anche solo mettendo un piede fuori da questo posto, fai uno sgarro per una volta! – Maddalena rimase zitta, il suo sguardo era basso e si guardava le scarpe sprofondate nel materasso. – Uccellino? Sei sicura che non sia successo niente? Hai avuto un incubo?- Dal tono di voce sembrava realmente interessato.
- Sul treno... hai sognato anche tu la Luna, con il suo servitore?-
- Sì. Deve essere quello il motivo per il quale siamo tutti bloccati in questa città piena di mostri.-
- L'ho sognato ancora, l'uomo ricoperto di piume gialle... dice che il suo signore si sta annoiando. – Rimase zitta per qualche secondo ad ascoltare il cuore di Pav. – Vuole che ci uccidiamo a vicenda... mi ha detto di prenderti la pistola e spararti... prima che lo faccia tu.- Si rannicchiò su sé stessa, stringendo i lembi della giacca che le aveva messo sulle spalle e tremando come una foglia.
- Dolcezza, se avessi davvero voluto spararti, il tuo viaggio sarebbe finito prima ancora di scendere dal treno.
Tu non sei il mio obiettivo, né tantomeno tutti gli altri partecipanti del Festival, preferirei evitare di sprecare proiettili per voi.- Lui le accarezzò la spalla, come se stesse cercando di calmarla. Un po' funzionò.
- Qual è il tuo obiettivo...? Perché eri sul treno?-
- Non fai un po' troppe domande?-
- Per favore... voglio solo conoscerti meglio... non lo dico a nessuno.-
- ... Io odio l'esercito di Bremen, con tutto il mio cuore. – Quella sul suo cappello non era proprio l'aquila simbolo dell'Impero di Bremen...? – Conosci quella che chiamavano "Voroniya"? Distrussero il mio villaggio, la mia casa, uccisero i miei familiari. Sono rimasto completamente solo da un momento all'altro.
Per questo ho giurato che avrei ucciso la mente responsabile di tutto ciò, perché nessun'altro potesse mai andare incontro al destino che ho avuto io. Sono qui per far fuori Kaiser una volta per tutte.-

Maddalena non poteva credere alle proprie orecchie. Aveva conosciuto Pav da pochissimo, eppure dal suo atteggiamento non avrebbe mai pensato che dietro ci fosse stata una storia simile. Tutti quegli anni nell'esercito che aveva raso al suolo la sua patria... solo ad immaginarselo le veniva da piangere. Al suo posto non ce l'avrebbe mai fatta.
Non poteva nemmeno provare a capirlo, lei una famiglia per cui fare gesti simili non l'aveva mai avuta, non avrebbe mai potuto passare anni ed anni ad aspettare il momento giusto per vendicarli. Un pensiero simile l'avrebbe mandata istantaneamente all'inferno, ma se fosse capitato a lei sarebbe stata solo felice.

- ... Scusa. Avevo intenzione di consolarti, invece ho finito per raccontarti delle cose orribili. – Lo guardò in quegli occhi grigi, da ora era come se al loro interno potesse vedere tutta la sofferenza celata da quel sorrisetto strafottente che gli piaceva tanto esibire. – Ora che sai quanto le mie mani sono sporche di sangue innocente, immagino che non vorrai parlarmi mai più.- Il tenente mostrava un'espressione seria, accentuata dagli angoli spigolosi del suo volto.
- Non voglio smettere di parlare con te. – Dal movimento delle sue sopracciglia sembrava essersi sorpreso. – "Non uccidere" è uno dei dieci comandamenti, ma la fede insegna che bisogna perdonare tutti, nessuno escluso.
... Non me la sento di giudicare le tue azioni, il motivo per cui le hai fatte... il tuo obiettivo... non riesco a vederti come una cattiva persona.-
- Oh, uccellino, quanto sei dolce. Mi fai venire voglia di darti un bacio~-

Ed effettivamente ci provò, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra, con quel maledetto sorriso stampato in volto. Ma Maddalena gli mise una mano in faccia e lo tenne lontano.
Pav però non mollò la pezza e le prese il mento tra le dita, per poi stamparle un bacio sulla guancia sinistra. Lei rimase imbambolata per qualche secondo.

- M—Maledetto, fino ad un secondo fa eri un cane bastonato, ed ora come se niente fosse sei tornato quello di prima...!-
Il viso del tenente era ancora vicinissimo al suo, al punto da poter sentire il suo respiro.
- Seppellisco solo il mio trauma. Ai problemi ci penserò una volta portato a termine l'obiettivo. – Le sussurrò, prima di allontanarsi. – Ed ora che ne dici di mettere in atto i rituali illustrati nel libro? Ci sono delle posizioni interessanti, vorrei provarle con te—-
- No!-

L'uomo scoppiò a ridere e, nonostante le sue richieste ed atteggiamenti molesti, la suora era contenta di vederlo ancora così. Anche se quella frase sussurrata così flebilmente l'aveva inquietata parecchio. Chissà quanto era grande il peso che si portava nel cuore...
Le tolse il braccio da attorno alle spalle e si stiracchiò, per poi alzarsi dal letto e tendere la mano verso di lei. Maddalena impiegò qualche secondo per comprendere che volesse la giacca indietro, perciò gliela consegnò. Subito sentì un freddo anomalo.

- Mh~ credo che per me sia ora di andare. Grazie per avermi prestato la mappa, Lena.-
- ... Pav. Hai davvero intenzione di affrontare Kaiser?- Gli chiese, nonostante sapesse già la risposta.
- Ovviamente.-
- Promettimi che ne uscirai vivo.-
- Solo questo? Non credo di poter promettere, allora.
Che ne dici di sancire un piccolo patto?-
- Di che si tratta...?-
- La prossima volta che ci incontriamo, voglio un bacio da te. Uno vero, sulle labbra.-
- Non posso fare queste cose, dimentichi che sono una suora...-
- Beh, allora smetterai di esserlo e ci sposeremo! Che ne dici?-
- Non—-
- Ottimo, il patto è sancito!-

Pav fece dietrofront ed iniziò ad andarsene a passo svelto. Lei si alzò in fretta e furia dal letto e lo rincorse, afferrandolo per la manica dell'uniforme e fermandolo. Lui la guardò con quel suo solito sguardo felino.

- Aspetta! Voglio darti una cosa. –
Si sfilò il crocifisso d'oro che aveva al collo e glielo offrì. – So che probabilmente per te è una cosa stupida, ma vorrei che lo prendessi. Ti proteggerà dal male.-
Il tenente lo prese, osservando il metallo brillante.
- Sei sicura di volermelo dare? E a te, chi ti protegge?-
- Me lo restituirai quando ci incontreremo di nuovo. Nel frattempo pregherò per te.-

Lui la fissò per qualche secondo, poi si mise in tasca l'oggetto. Senza dire altro, sorridendole per un ultima volta, se ne andò.

***

Maddalena era rimasta nella libreria ancora per qualche ora, inginocchiata di fronte al portale che aveva accidentalmente aperto, a pregare. Quale luogo migliore per recitare una preghiera se non su una runa di Alll-mer, con davanti l'opera della sua grandezza?
Aveva pregato per tante cose. In primis, che tutti i malcapitati nella sua stessa situazione non morissero, che il Festival di Termina terminasse, che la Luna si annoiasse al punto da lasciare tutti in pace, ed infine che Pav riuscisse nella sua missione suicida.

Dopodiché aveva deciso di tornare al treno. Per fortuna non aveva dovuto scavalcare di nuovo il cancello, perché a quanto pare qualcuno aveva sparato alla serratura ed ora le inferriate avevano un grosso buco al centro. Sperava solo che chiunque maneggiasse un fucile di quel calibro fosse amichevole.
La foresta con il buio era terrificante, ma per fortuna il boscaiolo che andava in giro solo con un impermeabile addosso ed un'ascia in mano giaceva morto per terra... e senza testa. Mancava anche la capra nera che girava attorno alla sua casa.
Non appena aveva messo piede nel vagone, un uragano dai capelli rossi l'aveva abbracciata così forte da stritolarla... Abella era felicissima di rivedere un'altra dei passeggeri ancora in vita. All'interno trovò anche Olivia, la ragazza che aveva bisogno della sedia a rotelle, Marcoh, l'uomo proveniente dal Vaticano, Henryk, lo chef, e per ultimo Daan, il dottore con la benda sull'occhio. Quest'ultimo era tornato da poco con Abella dopo aver cercato dei pezzi per riparare il treno, ma senza successo. Le dissero anche che la ragazza con i codini, Marina, se n'era andata da qualche ora.
La suora raccontò parte della sua tremenda esperienza in città, ovvero l'essere quasi morta in chiesa nel giro di dieci minuti. Disse anche di essere stata salvata da Pav e di averlo aiutato con la mappa, omettendo tutta la parte che riguardava quel maledetto libro su Sylvian. Marcoh era stato sull'attenti dopo che aveva specificato fosse il tenente di Bremen. Non poteva biasimarlo, era normalissimo provare astio verso l'Impero.
Dopo che Henryk le ebbe offerto del goulash -era la prima volta che lo assaggiava, ma era davvero buono-, si era addormentata sul sedile di fronte all'entrata del treno.

***

- Quattordici partecipanti rimasti... finalmente avete iniziato le danze~!

Per'kele aveva fatto una piroetta su sé stesso, sembrava davvero contento.
Maddalena strinse i pugni, guardando la Luna che la fissava. Era terrificante.

- C'è qualcuno che ha capito perfettamente lo spirito del festival, al contrario tuo.

Questo lo disse con un'espressione cupa. La stava chiaramente prendendo in giro.

- Questa persona ha ucciso uno dei partecipanti, non è vero...? – Il solo pensiero le metteva i brividi. – Chi... chi è stato?-
- Noiosa, quanto sei noiosa, stupida suora! Perché dovrei dirtelo? Esci da quel treno e scoprilo da sola! Non posso rovinare la sorpresa a te ed il divertimento a Rher, che conduttore sarei?
Ora svegliati, sono stanco di parlare con te.-

***

Il risveglio fu ancora più brusco di quello avuto in libreria. Aveva il respiro pesante, le mancava l'aria, era come se qualcuno la stesse strozzando.

- Maddalena...? Stai bene?

Una voce femminile, che riconobbe come quella di Olivia, giunse alle sue orecchie. Maddalena guardò per terra e la vide, appoggiata contro il muro del vagone con un libro aperto sulle gambe, illuminata dalla tenue luce che filtrava da un finestrino, era mattina.
Chiuse il libro e si trascinò fino a raggiungere il sedile, per poi issarcisi sopra con il solo uso delle braccia -ma quanta forza aveva...?-.

- Sembri terrorizzata...-
- Uno dei partecipanti è morto, me lo ha detto Per'kele in sogno, ha anche fatto intendere che lo ha ucciso uno di noi.-
Olivia non sembrò sorpresa, abbassò solo lo sguardo.
- Lo so, ho sognato la stessa cosa... ti ha detto chi è stato? O chi ha perso la vita?-
- Purtroppo non ha voluto rivelarmelo e mi ha forzato il risveglio. Ho... ho paura...-
- Dobbiamo rimanere uniti, finché rimarremo insieme una sola persona non sarà una grande minaccia.-
- Il problema è che non posso stare qui.- Maddalena scattò in piedi di colpo.
- Eh? Perché?-
- Pav, m—mi ha promesso che ci saremmo incontrati di nuovo, devo trovarlo! Mi dispiace, Olivia, non posso stare qui!-
- Aspetta, Maddalena!-

Ma lei era già corsa fuori, all'interno della foresta e poi nella città vecchia. Appena superato il cancello che la separava dall'altra parte, davanti al ristorante vide Marcoh in compagnia di un altro uomo, anche lui passeggero del treno.
Non aveva alcuna intenzione di fermarsi, ma il suo concittadino l'afferrò per il polso ed arrestò la sua corsa.

- Dove vai così di fretta? Non lo sai che è pericoloso? Qualcuno sta uccidendo i partecipanti, dovremmo restare uniti.-
- È per questo che sto cercando Pav!-
- Il bastardo di Bremen? Per quanto ne sai potrebbe essere lui l'assassino.-
- No, non lo è...-
- Solo perché ci hai parlato per cinque minuti non vuol dire che sia una brava persona.-
- Marcoh, lasciami il braccio, per favore...-
L'uomo la mollò lentamente. Glielo si leggeva negli occhi che non avrebbe voluto farlo.
- ... Sta attenta, Maddalena. Qualunque cosa succeda, ritorna subito al treno.-

Il gruppo si separò e la suora tornò a correre. Si ritrovò di nuovo in libreria, sperando di poter incontrare Pav, ma nulla. A darle il benvenuto solo il cadavere dal cranio fracassato a cui proprio lui aveva sparato.
Salì le scale, anche il Portale di Sangue era ancora lì.
Lo attraversò e, contro ogni previsione, esso la teletrasportò in quello che sembrava il nascondiglio segreto di qualcuno. C'erano quattro letti, una mappa della città ed una moltitudine di fogli sparsi in giro. Salì la scala a pioli, che con sua sorpresa portava ad un bar deserto; il posto da cui era arrivata era nascosto sotto il pavimento.
... Non aveva tempo di farsi domande.
Uscì dal locale -a quanto pare si chiamava "PRHVL BOP"- e realizzò di essere a metà della strada che conduceva alla torre. Essa svettava nel cielo e la sua cima era nascosta dalle nuvole. Qualcosa le diceva che doveva raggiungerla.
Continuò a camminare, stando il più lontano possibile dai cadaveri dei mostri che ogni tanto incontrava.
Ce n'era uno simile ma diverso dai poliziotti con tre braccia; aveva tre facce e nell'unica mano stringeva ancora una campana. Il suo petto era stato sfondato da dei proiettili, forse sparati da un fucile a giudicare dall'ampiezza dei buchi. Non si soffermò più di tanto perché, primo, era una visione nauseante e, secondo, non aveva tempo da perdere.
Finì per ritrovarsi di fronte ad un altro cancello chiuso a chiave; quello era un vicolo cieco e la torre era proprio lì vicino, perciò decise di scavalcarlo come aveva fatto con quello principale la mattina precedente. Non andava troppo fiera di quel suo comportamento, ma cos'altro doveva fare?
Seguì la strada usando l'enorme edificio in lontananza come se fosse stata la Stella Polare, passò davanti al museo -in circostanze migliori avrebbe voluto visitarlo...- e, continuando dritto, finalmente raggiunse l'obiettivo.
Era un luogo pregno di energia e sembrava un film dell'orrore, ancor più del solito. Davanti alla torre c'erano una decina di corpi impalati ed altri smembrati, i sampietrini una volta azzurri e gialli ora impregnati di rosso.
Maddalena proseguì, ma il suo sguardo cadde subito per terra. Riconobbe il verde di un uniforme militare e subito corse verso l'uomo riverso in una pozza di sangue.
Non appena vide i suoi capelli biondi sbiancò e, prima di vederlo in viso, capì subito che si trattasse di Pav. Si inginocchiò a terra e gli mise una mano sulla spalla, in una speranza di trovarlo vivo, ma il suo cadavere cadde a pancia in su. Aveva una lunga e profonda ferita sul lato destro del petto, sicuramente prodotta da una lama affilata, ma non era stato ucciso da quella. Qualcuno gli aveva rotto l'osso del collo calpestandoglielo, c'era ancora il segno della suola della scarpa sulla sua pelle bianca.
I suoi occhi grigi erano semiaperti, ora traslucidi, così come le labbra, diventate bluastre. Il cappello era volato qualche metro più in là, vicino alla mano destra giaceva la sua pistola, mentre nella sinistra... stringeva il crocifisso che gli aveva dato, la suora ne riconobbe la corda perché il pendente era ancora avvolto dalle dita, chiuse attorno ad esso in una morsa.
Maddalena sentì qualcosa rompersi dentro di lei. Accarezzò il viso di Pav con le lacrime che scendevano a fiotti, ormai non vedeva più nulla. Il suo corpo aveva gli spasmi, singhiozzava come una bambina.

- Non volevi sposarmi...? Perché ti sei lasciato uccidere?

Erano domande senza risposta e questo lo sapeva bene. Perché il destino doveva essere così crudele con lei? Cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto quel dolore?
Si asciugò le lacrime con la manica del vestito e si abbassò sul corpo del tenente, per poi lasciargli un leggero bacio sulle labbra.

- Quando ci saremmo incontrati di nuovo avresti voluto un bacio, no? Scusami se non è un granché... io non so niente di queste cose... avresti potuto insegnarmi... forse ti avrei anche permesso di mettere in atto le illustrazioni di quel libro...

La suora iniziò a sbottonarsi il velo e se lo tolse dalla testa, facendo fuoriuscire una cascata di mossi capelli biondo platino. Con delicatezza sfilò la giacca a Pav e se la mise sulle spalle, poi indossò il suo cappello e mise la sua pistola nella fondina.
Gli lasciò il crocifisso.
Rovistò nelle tasche e tirò fuori un oggetto metallico, che riconobbe poi come una piastrina identificativa.

Pavel Yudin
--/--/1910

Pavel... quindi "Pav" era davvero un diminutivo. Aveva trentadue anni, dodici più di lei. Non si comportava affatto come uno della sua età.
Maddalena guardò il cielo, si mise la piastrina al collo e tirò fuori la pistola dalla fondina. Era sporca di sangue.
Giurò che avrebbe trovato il colpevole, a costo della vita.

Maria Maddalena avrebbe partecipato al Festival di Termina.
 


questa oneshot mi sono divertita molto a scriverla.
... le prime 4000 parole.
comunque babygirl Maddalena ha una pagina toyhouse con tutte le sue illustrazioni. se volete vederla cliccate qui. meglio da pc perché non avevo sbatti di adattare l'html a mobile.

 

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Capitolo 5
*** Ballata di caos e sottomissione - I ***


Ballata di caos e sottomissione - I

Quel cancello era fottutamente alto. Scavalcarlo sarebbe stato quasi impossibile, per di più le sbarre erano lisce e prive di appoggi. Pav non era di certo una scimmia. E nemmeno tanto idiota come quel tizio con la testa da maiale che si era appena soffocato con il suo stesso gas velenoso.
Sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi. Avrebbe dovuto trovare un altro modo per entrare in città.
Quando si voltò per andarsene, vide una figura nera aggirarsi spaesata in mezzo alla nebbia. Era già pronto a spararle come aveva fatto con tutti quei contadini pazzi, ma guardandola più attentamente riconobbe un volto familiare. Pelle bianca, visino delicato, occhioni blu e labbra piene. ... il tutto avvolto nel vestito e velo più brutti che avesse mai visto. Era la suora che aveva incontrato sul treno, la stessa che non aveva nemmeno voluto dirgli il suo nome. Proprio lei.
Mentre osservava l'ambiente circostante con evidente paura, ad un certo punto i loro sguardi si incrociarono. Lui le sorrise, lei sussultò, ma accelerò il passo fino a raggiungerlo.

- Guarda chi si rivede~! Dormito bene, Uccellino?-
- Uhm... ciao... non proprio...- Sussurrò, con le mani giunte sul ventre. Era così rinchiusa su sé stessa da dare l'impressione di voler sparire.
- Hai fatto un incubo?-
- ... Lo hai fatto anche tu?-
- Ho sognato di peggio. Un giullare in cima ad una torre ed una luna inquietante sono poco e niente.-
- Questa città è strana... mi fa paura, e poi c'è stato il sogno collettivo, il treno che non vuole muoversi... se solo potessi raggiungere la chiesa...-

Pav alzò lo sguardo, scorgendo la silhouette di quella che sembrava una chiesa. Non era molto lontano in realtà, ma il solo fatto che il cancello fosse chiuso con un catenaccio e due lucchetti rendeva le cose molto più complesse.

- Sai, anch'io dovrei entrare urgentemente in città, ma come puoi vedere la via principale è sbarrata. Da qui non si entra, a meno che tu non abbia le chiavi.-
- E scavalcare il cancello?-
- Sei matta?-
- ... Forse hai ragione, è alto...-
- Ascolta, che ne dici di fare coppia per il momento? Abbiamo lo stesso obiettivo, in due possiamo trovare una soluzione più facilmente.-
- Uhm... non lo so...-
- Sei armata? Sai come difenderti?-
- Beh, no. Come potrei essere armata?-
- Pensaci bene: sono un tenente dell'esercito, sono armato, addestrato e perfettamente in grado di proteggerti, mentre tu sei... una suora, e basta. Pensi di poter sconfiggere questi pazzi armati di coltelli e falci a suon di preghiere?-
La ragazza guardò in basso.
- Okay, vengo con te.-
- Perfetto! Come ti chiami, quindi, uccellino?-
- Maria Maddalena... solo Maddalena va bene.-
- Lena va bene, anzi, mi piace chiamarti "uccellino". Tenente Pav, al tuo servizio~-

E così, i due si incamminarono alla ricerca di una strada alternativa. Andarono a destra, Pav cecchinò altri contadini ammattiti e lei lo seguiva quasi standogli appiccicata. Doveva ammettere che fosse una piacevole sensazione, l'essere tallonati da una bella donna... avrebbe preferito che le circostanze fossero state migliori, comunque. In quella situazione lei era più un peso, qualcun'altro da proteggere oltre a sé stesso, ma doveva prendere quel che passava il convento, letteralmente. In qualche modo avrebbe potuto essergli davvero utile, dopotutto non sembrava così stupida (tralasciando il fatto che stesse buttando la sua vita per fare la suora), solo parecchio codarda.

- Uhm... scusa se te lo chiedo... – Parlò lei. Nel frattempo erano arrivati davanti a quello che sembrava un municipio. – ma quello sulla tua divisa non è lo stemma dell'Impero di Bremen?-
- Sì. C'è qualche problema a riguardo?-
- Uhm... no... cioè... in realtà sì... quello che ha fatto Bremen è tremendo, non voglio neanche pensarci. Ma non è per quello che te l'ho chiesto... visto che l'esercito ha occupato la città e tu sei un tenente, non potresti semplicemente passare a tuo piacimento i posti di blocco?-
- Vedi, Uccellino, hai fatto una domanda molto sensata, ma la questione è molto più complicata di quel che pensi. Non starò qui a parlartene, non abbiamo tempo per queste cose.-

Nonostante avesse letto curiosità nei suoi occhi, la suora non disse una parola e lo seguì all'interno dell'edificio. C'era un silenzio tombale, a parte per il suono di un pendolo... senza la presenza del vero e proprio orologio. Almeno, non al piano inferiore.
A destra la strada era sbarrata da un sacco di cianfrusaglie, perciò salirono le scale.
Pav aveva sempre la pistola in mano, in allerta, mentre Maddalena era andata avanti, titubante. Girò l'angolo e, raggiunta una porta, un urlo maschile la spaventò al punto da farla cadere per terra.

- Mi hai spaventato! Come ti viene in mente di apparire così all'improvviso? – Un tizio biondo, che Pav riconobbe come uno dei passeggeri del treno, uscì dalla sala da pranzo, scavalcò la ragazza e camminò per il corridoio annusando l'aria. Ma che problemi aveva? – Sento... dell'aglio... rosmarino... c'è del cibo... ne sono sicuro...-
Maddalena si alzò, andandogli dietro.
- Hey, che succede?-
- Lo senti l'orologio? Mi sta facendo uscire pazzo!- Continuava a camminare, come in trance.
- Ricomponiti, Henryk!-
- ... Huh? – Scosse velocemente il capo, passandosi una mano tra i capelli. – Mh... scusa... è che ho fame, non sai quanto. Questo è il municipio, sono sicuro che tutte le scorte della città siano nascoste qui. Ne sento l'odore! Devo trovarle... mi aiutereste?-
- Non se ne parla.- Disse Pav.
- Certo.- Disse Maddalena.
Il tenente la guardò, la prese per un braccio e la trascinò poco lontano.
Non abbiamo tempo di stare appresso a questo svitato.- Le sussurrò.
- Non è uno svitato— se lo aiutiamo, magari potrà aiutarci a sua volta...-
- No.-
- Dai.-
- ... Okay, ma facciamo in fretta.-
I due tornarono dal matto.
- Ti aiuteremo!- Cinguettò Maddalena, con un sorriso sul suo visino.
- Ottimo, grazie!- Rispose quello con la faccia da ebete. Pav grugnì.

La suora approcciò l'altro lato del corridoio e gli uomini la seguirono. Lui per primo, quell'altro a chiudere la fila. Entrarono in una stanza che conduceva ad un'altra.
... Prima che facesse anche un singolo passo, Pav sparò in testa al prete che stava inginocchiato a terra, facendogli saltare le cervella e spargendole sul pavimento. Lei urlò dallo spavento e gli corse quasi in braccio, aggrappandosi alla sua giacca come una scimmia.
... Avrebbe voluto che mettesse quelle belle manine da un'altra parte, ma per ora andava bene così. C'era tempo.

- Perché lo hai ucciso?! Era un sacerdote!-
- ... Guardalo bene.-

Sia lei che il tizio con la faccia da scemo -Henryk si chiamava...?- si avvicinarono cautamente al cadavere ed inorridirono.

- La sua pelle è così raggrinzita... sembra... uhm... quando ti fai un bagno troppo a lungo... e mani e piedi diventano tutti rugosi. Ma a lui è successo su tutto il corpo, heh. Che schifo.- Disse l'annusatore, facendo un passo indietro ed una faccia schifata.
- P—possiamo andarcene? Mi viene da vomitare...- Chiese Maddalena, girandosi dall'altra parte e trattenendo un conato di vomito.
- Sì, andiamo. Ma smettila di andare per prima, non vorrei spararti per sbaglio se incontriamo qualcun'altro, non servi a niente da menomata.-

Non fece obiezioni e si scambiarono di posto, mentre Henryk rimaneva sempre per ultimo. Al contrario di Maddalena, lui almeno aveva un coltello da cucina con sé. Era completamente inutile, ma comunque meglio della suora, la quale era completamente disarmata e priva di qualsivoglia talento nella lotta.
... Perché se la stava portando dietro? Ah, giusto, l'happy ending.
Il gruppo scese in una botola e Pav trovò una chiave su un tavolo, la quale a quanto pare apriva tutte le porte della magione. Quel posto era stranissimo, l'architetto doveva essere stato ubriaco nel momento in cui lo aveva progettato, le stanze si univano in modo sconnesso e si doveva passare dall'una all'altra per proseguire. Un incubo.
In qualche modo raggiunsero quella che sembrava una cantina e, dietro una porta, trovarono finalmente le scorte di cibo.
... Allora erano davvero nascoste lì! Quell'Henryk era un cane da tartufi o cosa? Come diamine aveva fatto ad annusarle a due piani di distanza?

- Visto? Lo dicevo che tutto il cibo si trovava qui! – Esclamò, con grande entusiasmo. – Visto, bella rossa? Mi sono reso utile...- L'ultima frase la mormorò tra sé e sé, ma Pav lo sentì benissimo.
- Bene, il nostro lavoro qui è finito. Andiamocene, Uccellino.-
- Uh, aspettate! – Replicò il matto, frugandosi nelle tasche dei pantaloni. Ne tirò fuori un mazzo di chiavi. – Ho trovato queste nella stanza del sindaco, forse potrebbero esservi utili... un piccolo ringraziamento per avermi aiutato a trovare le scorte della città ed avermi fatto riprendere da quello stato di confusione in cui ero finito.-
- È stato un piacere.- Disse Maddalena. Non per lui.
- Tornate al treno quando vi verrà fame, preparerò anche la vostra parte!-

Pav e Maddalena si separarono da Henryk ed uscirono dal municipio. A quel punto lui guardò il mazzo di chiavi che avevano ricevuto, sulle quali c'era un'etichetta: "fogne".
Invece di tornare da dove erano arrivati, proseguirono verso il lago, dove incontrarono un bel po' di persone che, apparentemente sembravano sane, ma avvicinandosi queste stavano cercando di strapparsi la faccia con le unghie. Lamentavano di una luce verde, della luna che li bruciava... a Pav non fregava nulla, mentre la sua compagna ne era estremamente turbata. Iniziava a pensare che lei avesse paura di tutto.
Proseguirono verso sud, costeggiando il lago, poi quando la strada finì si diressero verso un fiume. Lì, il tenente si accorse che avevano girato intorno, in lontananza riusciva  addirittura a vedere il treno sbucare nella nebbia.
Ad un certo punto sentì il rumore di uno sparo ed un proiettile sfiorò la spalla della suora, passandole così vicino da farle uno strappo nella manica del vestito. Non c'era tempo da perdere.
Pav la spinse per terra e, usando gli alberi come riparo, corse velocemente verso il tiratore, il quale si rivelò essere l'ennesimo cittadino con la faccia deforme, ma stavolta imbracciava un fucile da caccia invece dei soliti strumenti da contadino. Il soldato, una volta raggiunto alle spalle, mise un braccio attorno al collo dell'uomo e si buttò a terra con lui, tirandogli la testa all'indietro e stringendo così forte da soffocarlo. Quando non ci fu alcun segno di vita lo lasciò andare e prese il suo fucile, iniziando a controllarlo.
Poco dopo Maddalena ebbe il coraggio di alzarsi e raggiungerlo, tenendosi però a debita distanza dal cadavere.

- Dannazione, questo ferro vecchio cade a pezzi, non serve a niente. – All'interno era rimasto un solo proiettile, nonostante non fosse adatto alla sua Luger lo prese comunque, in caso avessero trovato un altro fucile. – Stai bene, Uccellino? Non ti ha colpita, vero?- Le chiese, buttando l'arma sul corpo.
- Io sì... perché non gli hai sparato? Hai rischiato che ti colpisse...-
- La mia pistola ha un numero limitato di proiettili, non posso sprecarli tutti prima ancora di entrare in città. Non preoccuparti, se non è riuscito a prendere nemmeno te, che speranze aveva con me?- Le rivolse un sorriso, al quale lei rispose con un broncio adorabile.

Continuando a camminare, quello che sembrava un fiume si rivelò essere un canale di scolo, chiuso da una grata di ferro ed una porta. Non si fidava veramente di quel tizio strano con un fiuto potentissimo, ma doveva ammettere che era stato piuttosto utile. Le chiavi funzionarono.

- Uhm... Pav... dobbiamo davvero entrare nelle fogne? Sento la puzza già da qui...- Si lamentò Maddalena, chiudendosi il naso con le dita.
- Principessa, se vuoi puoi rimanere qui. Da sola. In balia dei cittadini pazzi.-
- Io lo dicevo che dovevamo scavalcare il cancello.-
- Non fare storie ed entra.-

Lei entrò. Purtroppo non nei suoi pantaloni, ma nella rete fognaria.
Là dentro ogni cosa faceva un eco assordante e lei aveva ragione: c'era una puzza tremenda. Ma non solo di liquami, anche di morte, quell'odore che potevi trovare solo nei campi di battaglia, quando la battaglia era finita e del nemico non rimanevano che poltiglia e pezzi sparsi in giro. Non voleva sapere cosa fosse successo là dentro.
Il rumore dell'acqua che scorreva quantomeno copriva in parte quello dei loro passi, così sarebbe stato più facile non farsi notare in caso di presenza di mostri.
Era difficile orientarsi quando tutto il pavimento era uguale, il muro pure, la strada era labirintica ed i canali forzavano percorsi ben precisi. Non poteva far stare Maddalena dietro, ma nemmeno davanti, perciò la obbligò a stargli di fianco ed il più possibile vicino, in modo che non corresse alcun pericolo. Era frustrante portarsela appresso, doveva ammetterlo, ma per qualche motivo l'idea di lasciarla da sola e magari trovarla morta in un secondo momento non gli piaceva. Eppure era una sconosciuta, praticamente inutile, fin troppo ingenua suora, che avrebbe dovuto essere ovunque tranne che lì con lui, in una rete fognaria sotto una città piena di pazzi assassini.
Il suo flusso di pensieri si interruppe all'improvviso quando vide una strana creatura camminare con movimenti flosci. Aveva una figura umanoide, ma al contempo era un vero e proprio mostro. Le braccia sembravano sacchi pieni, aveva le gambe tozze, la pelle tutta rugosa e la testa simile al muso di un tapiro, per qualche ragione indossava una camicia bianca girata al contrario ed emetteva suoni con la "bocca" -che poi era un buco più che una bocca-.
Non appena anche lei si accorse del coso, le mise una mano sulla bocca per impedirle di urlare -era sull'orlo di farlo, aveva spalancato gli occhi ed iniziato ad indietreggiare- e la trascinò dietro un muro, sporgendosi ogni tanto per controllare i movimenti della creatura. Non sembrava averli visti per il momento.

- Io ora ti tolgo la mano dalla bocca, ma sappi che se emetterai un singolo suono siamo spacciati. Non lo combatto quel coso a mani nude, intesi?

Le sussurrò, tenendo la voce il più bassa possibile. Maddalena annuì e lui smise di coprirle la bocca, poi le prese la mano e si sporse di nuovo per vedere la situazione. Ottimo, sembrava essere girato dall'altra parte. Il loro obiettivo si trovava di fronte, vedeva quella che sembrava un'altra area della rete fognaria, era probabile che un'uscita fosse vicina.
Con la sua fidata Luger nella mano sinistra, Pav iniziò a camminare furtivamente tenendo per mano la suora, la quale era così tesa da aver quasi smesso di respirare. Se quell'abominio si fosse accorto di loro sarebbero stati spacciati; nonostante avesse ancora dei proiettili, dubitava di riuscire a scalfire quella pelle dall'aspetto così duro usando la pistola, né tantomeno di poterlo uccidere a mani nude come aveva fatto con il contadino armato di fucile.
Continuò a camminare con il cuore in gola; qualcosa gli diceva che, non avendo occhi, la creatura fosse in grado di individuarli grazie al suo fiuto. E quello era un problema, perché erano entrambi sudati, quindi sarebbe stato facilissimo "vederli"; sperava solo che il tremendo odore dell'acqua e dei liquami potesse aiutarli.
Lentamente, riuscirono a passare dall'altro lato e fiondarsi dietro l'angolo opposto proprio un momento prima che il mostro si girasse. Pav trascinò una Maddalena terrorizzata per qualche metro e poi la lasciò andare quando fu sicuro che fossero da soli. Lei si afflosciò e cadde in ginocchio per terra, riprendendo finalmente a respirare ed inalando grosse boccate d'aria.

- L'esperienza peggiore della mia vita.-
- E siamo solo all'inizio, tesoro.-

Le rise in faccia, ma dopotutto non poteva biasimarla. Lui aveva visto talmente tanto orrore nella vita da essere diventato completamente insensibile, mentre lei probabilmente il massimo di schifo a cui aveva assistito era del cibo ammuffito dimenticato in dispensa.
Mentre aspettava che si calmasse un po', il tenente iniziò a guardarsi intorno. Era una "camera" diversa dalle altre, con molti scoli divisi in due file ed alcune porte sul muro. C'era anche una console con delle leve e, leggendo le istruzioni, capì che servivano a chiudere ed aprire le cascate.
Maddalena lo raggiunse, osservando il meccanismo e poi le porte sul muro, pensierosa sul da farsi. Il criceto stava girando nella ruota della sua testolina.

- Secondo te possiamo sfruttare queste leve per uscire?- Gli chiese.
- C'è scritto che servono a cambiare il flusso dell'acqua. Al piano di sopra si vede una porta nascosta dietro uno degli scoli, dovremmo provare ad andarci.-
- Mh... uno di noi potrebbe andare a spostare le casse che bloccano il passaggio, mentre l'altro può aprire e chiudere l'acqua a seconda delle necessità.-
- Buona idea. Sei brava con i rompicapi?-
- Veramente non ne ho mai provato uno...-
- C'è sempre una prima volta, Uccellino. Tu rimani alla console, io vado a liberare il passaggio.-

E così si accordarono sul da farsi. Pav salì la scala a pioli ed entrò nella prima porta accessibile, scoprendo che essa portava solamente ad un'ulteriore scala che, risalita, conduceva alla porta direttamente sopra a quella da cui era entrato, ma essa era impossibile da aprire perché bloccata da una cassa molto pesante, perciò fu costretto a tornare al piano di sotto.
A quel punto intervenne Maddalena la quale, tirando una delle leve, interruppe il flusso d'acqua che gli ostruiva la strada per la porta alla sua sinistra. Lo schema fu lo stesso e, quando si ritrovò al piano di sopra, spostò la cassa che bloccava la prima porta, poi lei aprì lo scolo direttamente sopra di essa per farla cadere in acqua, tirò di nuovo la stessa leva e lo raggiunse.
L'uscita in alto a destra era l'unica che non portava alla passerella sottostante, ma bensì scendeva molto in profondità, letteralmente nelle viscere della terra. Erano finiti in una vera e propria caverna.
L'unica, sorprendentemente potente, illuminazione proveniva da dei particolari funghi che crescevano nel terreno arido ed umido. Anche là sotto, nonostante fosse un bellissimo spettacolo, c'era puzza di morte... non era un bel segno.
Fece cenno alla suora, la quale era meravigliata dalla luce, di stargli vicino per sicurezza. Ed infatti non si sbagliava; pochi metri più in là, una vera e propria pila di cadaveri in decomposizione. Maddalena, inorridita, si avvicinò ancor di più a lui.

- Perché in questa maledetta Prehevil non c'è uno, neanche un posto dove si può essere calmi, dove non ci sia mo—

Si sentì uno squittio e lei si congelò. Pav all'inizio non capì, ma poi si girò ed alle sue spalle vide, seppur per poco, una creatura. Sembrava un topo, peccato fosse grosso quanto un bambino di sette od otto anni; era completamente pelato tranne per della peluria grigia in testa e sulla schiena, stava eretto su due zampe, aveva giganteschi occhi rossi ed altrettanto grossi denti, sulla pancia aveva un buco dal quale uscivano le sue stesse budella. Non appena fu notato da entrambi, corse via, zampettando agilmente.
I due si guardarono per qualche secondo e poi ripresero a camminare per la loro strada come se l'incontro non fosse mai avvenuto. Col cavolo che voleva avere a che fare con quel coso.
Proseguirono per qualche metro e ritrovarono il topo fermo in piedi, ma poi corse via di nuovo. La stessa cosa successe un paio di altre volte.

- Sembra che voglia essere seguito.-
- Pav, prima che io segua un topo gigante dovrei essere appesa a quel crocifisso pieno di cadaveri che abbiamo visto in città.-

Non poté fare a meno di ridere, la sua frustrazione era adorabile, il suo visetto non era fatto per le espressioni arrabbiate.
Volenti o nolenti, per il momento la strada era una sola ed altri incontri con la bestiaccia furono inevitabili, almeno fino ad un bivio. Il topo andò alla loro destra, perciò si diressero dal lato opposto, per la felicità di Maddalena.
Pav si chiese quanto fossero effettivamente sottoterra, faceva piuttosto freddo, l'aria era umida e quella caverna, nonostante fosse bellissima -se non si guardava ai cadaveri ammassati in pile-, poteva diventare la loro tomba. C'era davvero un'uscita, oppure portava sempre più giù?
Si sentivano dei rumori, eco lontani ed incomprensibili, sembravano quasi ululati. A terra c'erano anche delle ossa sgranocchiate, le quali nonostante tutto non erano la cosa peggiore vista quel giorno. Per sicurezza teneva la mano vicino alla fondina della pistola.
Continuando a camminare si ritrovarono in uno spiazzo largo della caverna, dove a destra c'era una costruzione in cemento con una porta, mentre davanti i funghi luminosi si diradavano sempre di più fino a sparire e rendere il fondo completamente buio.
Non che fosse un problema, perché proseguire non sarebbe comunque stato nei piani, l'obiettivo era quella porta. Sicuramente portava a qualcosa di interessante, o non avrebbe avuto senso costruire così in profondità.
Fecero per dirigervisi, ma un forte suono proveniente dal buio li interruppe. Gli sembrava strano che non ci fosse stata una fregatura.
Dall'oscurità comparve un lupo gigantesco, così enorme da superare i due metri, forse arrivava a tre, con un folto pelo grigio su tutto il corpo. Sul suo testone c'erano quattro occhi scarlatti e luminosi, ma quello sinistro inferiore era attraversato da un taglio che lo aveva spento definitivamente. Dalla sua bocca usciva un numero di denti che pareva infinito, tutti ricurvi verso l'esterno. Con le sole zampe anteriori avrebbe potuto schiacciarli come zanzare.
Subito Pav estrasse la pistola e gliela puntò contro, mirando a sparargli negli occhi per accecarlo.

- Non sparare!- Urlò Maddalena, evitando per un pelo una zampata del mostro.
- Sei completamente scema?!- Le rispose, non abbassando l'arma. Avrebbe già fatto fuoco, ma era veloce e rischiava di sprecare i proiettili.
- Pav, fidati di me!-
- Uccellino, se vuoi farci uccidere entrambi sei sulla strada giusta, ma sappi che non voglio diventare merda di cane.- Stavolta fu lui a schivare l'attacco dell'animale.
- Fidati ho detto!-

La suora iniziò a correre attorno alla bestia, troppo vicina, quella stupida sarebbe morta al primo morso andato a segno. Poi si aggrappò saldamente alla pelliccia del collo ed iniziò ad arrampicarsi, mentre il lupo si agitava e la sballottava, ma lei non mollò la presa e riuscì a salirgli sulla schiena.
Solo ora il tenente si accorse di un dettaglio: infilzate a ridosso delle spalle, una a destra e l'altra a sinistra, c'erano due spade, una violacea dalla lama larga ed un'altra blu e sottile.
Maddalena afferrò con entrambe le mani l'elsa di quella viola ed iniziò a tirare forte, fino ad estrarla. La creatura emise un verso di dolore e tentò di scrollarsela ancora di dosso, con ancora più violenza. Rischiò di farla volare via, ma lei riuscì a salvarsi.

- Calma, piccola, ora fa male, ma poi starai meglio...!-
- Maddalena, brutta scema, se rimani lì non posso sparare, o rischio di uccidere te!-

Quella situazione era a dir poco frustrante. Pav stringeva il calcio della pistola con una forza tale da essere sull'orlo di romperla. Un niente e quella matta sarebbe stata schiacciata ed il suo cervello sparso ovunque. Perché diavolo le era venuto in mente di arrampicarsi su quel cazzo di lupo mostro?!
Prese l'elsa dell'altra spada ed estrasse anche quella, la quale uscì molto più facilmente essendo essa sottile e, probabilmente, molto più affilata dell'altra.
La bestia si agitò di nuovo violentemente, ma dopo qualche secondo rallentò fino ad accasciarsi al suolo, sembrava essersi calmata. Maddalena scese e poi si avvicinò al suo muso.

- Te l'avevo detto di non sparare... stava soffrendo, poverina.-
- "Poverina?"-
- È una femmina.-
- Non ti ho chiesto il suo sesso, la mia era una domanda retorica. Ti rendi conto di quello che hai fatto? Se fossi caduta, ora starei tirando su il tuo cervello con una paletta!-
- Se non fossi stato impegnato a gingillare con quella tua pistola, avresti notato le due spade conficcate ne—-

Un suono. Entrambi si voltarono. Da non si sa dove era fuoriuscito un uomo, lo aveva già visto sul treno. Aveva i capelli rossastri tirati all'indietro, profondi occhi grigi e baffi estremamente curati. Dalla sua espressione sul volto sembrava sorpreso.

- ... Oh. – Disse. – Ed io che mi aspettavo chissà quale combattimento.-
- Signor August!- Esclamò Maddalena, altrettanto sorpresa nel vederlo.
Pav assottigliò lo sguardo.
- Moonless è... una vecchia amica di famiglia. Spero non vi abbia fatto male.-
- Ha cercato di ucci—-
- Non ci siamo fatti niente per fortuna, sono riuscita a calmarla. – Lo interruppe la suora, sorridendo. – Ma purtroppo ha delle ferite sulla schiena per via delle spade che c'erano conficcate...-
- Non preoccuparti, mi prenderò io cura di lei.- Sotto i baffi di August comparve un sorriso.
- La ringrazio!-
- Beh, arrivederci allora.-

L'uomo li salutò e, prima che potessero dire altro, lui e la lupa se ne andarono, sparendo nelle profondità della caverna. Ora non restava altro da fare che entrare nella costruzione che avevano trovato.

 

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Capitolo 6
*** Ballata di caos e sottomissione - II ***


Ballata di caos e sottomissione - II

Pav raccolse da terra una delle spade che erano precedentemente conficcate nella schiena del lupo, più precisamente quella bluastra. Aveva la lama lunga, sottile e leggermente ricurva, ma soprattutto parecchio affilata, sulla quale era incisa una scritta di cui non conosceva il significato. Veniva chiaramente dall'Est, in Europa non erano in grado di forgiare armi simili.
... Finalmente aveva un'arma alternativa alla pistola, così poteva risparmiare proiettili.
Guardò poi Maddalena, la quale sembrava pensierosa.

- Che c'è, Uccellino?-
- ... Uff. Avrei voluto portarmela a casa... ma purtroppo ha già un proprietario.- Sospirò, dondolando sul posto in modo infantile.
- Sei strana. Eri terrorizzata da quei tizi che si strappavano la faccia piangendo, ma non lo sei da una gigantesca lupa con quattro occhi e più denti di un alligatore?-
- Mi piacciono tanto i cani, ne ho sempre voluto uno, ma non mi è stato mai permesso...-
- Che storia triste, ma non abbiamo tempo di pensarci. Dobbiamo andare.-
- Sì, hai ragione. Usciamo di qui.-

Più che uscire, entrarono, precisamente nella costruzione in cemento infilata nel muro della caverna. Era una stanza piccola e completamente vuota, tranne che per due ascensori.
Il tenente aprì la grata di quello a sinistra, scoprendo però che mancava l'elettricità necessaria per farlo funzionare, si vedeva solo il cavo pendere e la cabina ferma di sotto. L'unica cosa positiva era che non era troppo in basso, si poteva raggiungere tranquillamente calandosi con il cavo.

- Spero che in quelle braccine ci siano dei muscoli funzionanti.-
- Non vorrai— – Maddalena, la quale era accanto a lui, boccheggiò. – scendere aggrappandoti ai cavi.-
- Non è profondo, è fattibile.-
- Ma io ho paura, non so nemmeno se ho la forza necessaria a farlo...!-
- Non è un mio problema, Uccellino.-
- Ci sarà un altro modo, da qualche parte...! Potremmo cercare il signor August e—-
- In certi momenti sembri più una bambina viziata piuttosto che una suora, lo sai?
... Facciamo così: aggrappati alla mia schiena, ti porto io. A meno che tu non voglia vagare in una caverna buia, piena di cadaveri e popolata da topi giganti con le budella di fuori. Scegli.-
- Uhm...-
- E se provi a replicare con qualcosa di simile a "le suore non posso toccare gli uomini", ti abbandono qui.-
- Okay... vengo con te...-

Pav sorrise. Era così gratificante vincere le discussioni.
Le diede le spalle e si chinò, così lei si arrampicò sulla sua schiena e gli avvolse le gambe attorno alla vita -notò che i suoi collant erano tutti smagliati-, le braccia fecero la stessa cosa con il collo.
Avrebbe voluto averla in quella stessa posizione sul davanti, ma avere il suo corpo appiccicato al suo era comunque una bella sensazione, inoltre poteva ammirare le sue belle gambe avvinghiate a lui.

Si avvicinò all'ascensore e si appese al cavo, iniziando a calarsi. Sentiva chiaramente la tensione ed il battito accelerato di Maddalena, ancora una volta era esageratamente terrorizzata.
Come previsto, la discesa era stata semplicissima e soprattutto breve. Non appena i suoi piedi toccarono il tetto della cabina ferma, la suora si buttò giù dalla sua schiena -purtroppo-.
Il luogo in cui erano finiti sembrava un bunker, interamente costruito nel metallo e pieno di marchingegni sconosciuti. Allora c'era davvero qualcosa sotto la città... ma aveva la sensazione che quella fosse solo una minuscola parte, era troppo piccolo e "spoglio" per essere il grande segreto di Prehevil.
Proseguendo, trovarono un'altra persona, rivolta verso il muro. Indossava un completo elegante ed un cappello... gli ricordava qualcuno. Che fosse un altro dei passeggeri?
Ma in tutto ciò c'era qualcosa di strano.
Non fece in tempo a fermare Maddalena che la testa del tizio si girò e mostrò di non avere né naso ne occhi, solo una gigantesca bocca al posto del volto. La suora urlò.

- VI INGOIERÒ INTERI.

Esclamò il coso, il quale brandiva una valigia da lavoro.
Pav non ci pensò due volte a tagliargli il braccio destro con la spada. L'arto volò via, ma al posto di una reazione di dolore la sua fu quella di caricare in direzione di Maddalena la quale, spaventata, iniziò a correre per evitare i suoi morsi. La scena sarebbe risultata quasi comica se lei non fosse stata in pericolo di vita.

- Vieni verso di me!

La suora continuò a correre fino a raggiungerlo e fiondarsi dietro di lui.
Pav aspettò l'arrivo di quel tizio, che a quanto pare era estremamente stupido e non aveva cambiato la sua traiettoria di un minimo, e poi gli tagliò la testa di netto, colpendolo alla gola con la lama della spada come se fosse stata una partita di baseball. Il suo corpo esanime cadde per terra, la pozza di sangue che si allargava lentamente.
Si voltò, trovando Maddalena rannicchiata per terra e con le mani sugli occhi. Si inginocchiò davanti a lei e le mise una mano sulla spalla.

- È finita, Uccellino.-
- Non voglio vedere...-
- Ci sono io davanti. Andiamo.-

Si tolse le mani dal viso ed aprì lentamente le palpebre con la paura di vedere il macello appena fatto. Lo guardò in viso per qualche secondo, sospirò e poi si alzò in piedi. Quando si alzò anche lui, gli si appiccicò addosso, prendendolo per un lembo della manica della giacca. Stava tremando. La lasciò fare e finalmente ebbe il tempo di guardarsi attorno.
Il bunker era fin troppo piccolo e spoglio, con l'unico vero punto di interesse contro il muro. C'era un marchingegno che attraversava la parete, tubi d'acciaio e cavi sparivano in dei grossi buchi. Al centro c'era una console simile a quella che avevano usato nelle fogne, ma a guardarla sembrava molto più tecnologica. Non che Pav sapesse qualcosa di elettronica ma, il solo fatto che si fosse appena acceso uno schermo dopo aver cliccato un tasto, bastava a farglielo pensare.
C'erano due voci tra le quali scegliere, la prima era per poter visualizzare le istruzioni e la seconda diceva semplicemente "Connettere il teleelettroscopio a Logica?"; decise di leggere prima le istruzioni per capire cosa diamine fosse quel marchingegno.

"Il teleelettroscopio non può essere connesso alla Logica a meno che tutti e tre i cavi non siano su ON.
Connetterne uno prima dell'altro non causa alcun danno al sistema, ma non dovrebbe essere fatto senza chiari ordini dall'ufficiale incaricato dell'operazione.
Per favore, rivolgetevi al manuale dell'operazione per informazioni sul personale in carica."

- Huh... non ci ho capito nulla...- Disse Maddalena, strabuzzando gli occhi.
- Nemmeno io, ma sembra importante. Connettiamolo.-
- Ne sei sicuro?-
Le sorrise, mostrandosi confidente.
- Ma certo.-

Era per quel motivo che Kaiser era così ossessionato da Prehevil? Il "teleelettroscopio"? O "Logica"? Qualunque cosa volesse dire. Ma il solo fatto che quel computer fosse stato messo così sottoterra e dentro un bunker sicuramente appartenuto all'Unione dell'Est, gli faceva pensare che fosse proprio così. Le istruzioni dicevano che il cavo non doveva essere collegato se non si era ricevuto ordine dall'ufficiale incaricato, perciò immaginava che fosse ancora troppo presto per farlo, oppure non si dovesse proprio connettere questa "Logica". Per questo motivo cliccò sul pulsante per attivare il tutto, nella speranza di ostacolare in qualche modo quel bastardo.
Il grosso tubo iniziò a tremare ed emettere un suono metallico, il quale durò per qualche secondo prima di fermarsi completamente. Adesso sullo schermo appariva semplicemente la scritta "Teleelettroscopio: ON".

Dopodiché, dato che lì ormai non c'era nulla da fare, decisero di andarsene. Maddalena si tenne le mani sugli occhi finché non arrivarono all'ascensore. Pav se la caricò in spalla e si arrampicò fino all'uscita.
Non restava che "prendere" l'altro, al quale mancava a sua volta l'elettricità, perciò dovette nuovamente arrampicarsi con la suora appresso.

- Uff. Sei in debito con me, sappilo...-
- Scusami. – Lei arrossì. – ... Dove siamo finiti, comunque?-

Il posto in cui si trovavano era esattamente identico a quello da cui erano arrivati. Uscendo dal piccolo edificio di cemento l'ambiente era come la grotta, con i funghi luminosi ad illuminare la via. Unica differenza era che quello era un anfratto piuttosto stretto, con parti di una costruzione molto più grande che sembrava protrarsi fino all'esterno. Entrambi i pilastri erano attraversati da grosse crepe, abbastanza grandi da farci passare una persona intera. Maddalena infilò la testa in una di esse, ma la tirò subito indietro e fece un urletto spaventato.

- C—Ci sono degli scheletri!-
- Mh? – Pav guardò dentro. Sembrava una cripta, con un paio di scheletri coperti da una tunica e molti teschi impilati sul muro. – Come fai ad avere paura? Non siete soliti avere questa roba in chiesa? È la cosa più normale che abbiamo visto oggi...-
- Non mi piace vedere queste cose.- Replicò lei, maneggiando il crocifisso che aveva al collo.
- Beh, abituatici.-

Continuando ad esplorare, si accorse che anche quell'altro pilastro aveva una crepa identica al precedente, quasi come se fossero state fatte di proposito. Molto strano. Visto che la suora aveva paura, ci infilò lui la testa. Era un ennesimo cunicolo, stavolta vuoto, con l'unica differenza di quello che sembrava un piccolo ascensore. Perché diamine serviva un ascensore lì? Sinceramente non gli importava, bastava solo che li portasse fuori da quell'immenso labirinto di roccia e fogne, aveva bisogno di aria fresca.
Perciò ci entrarono e la struttura salì, portandoli in un luogo altrettanto... strano. C'era una puzza di marcio indescrivibile, per non parlare dell'odore del sangue. Non prometteva bene. Come tutto in quella città di merda, ma lì i suoi sensi forgiati dagli anni passati tra i cadaveri avevano fatto scattare parecchi allarmi.
Con la spada nella mano destra e la Luger nella sinistra, il tenente uscì dall'ascensore, Maddalena al seguito appiccicata come una cozza ad uno scoglio. Si mossero lentamente cercando di non far rumore, lui anche con la guardia alzata, pronto a difendersi e contrattaccare qualunque cosa fosse nascosta là sotto -o sopra...? Non ci stava più capendo niente-.
Proseguendo, trovarono subito delle chiazze rosse per terra che non lasciavano spazio all'immaginazione e più esploravano quello strano posto con celle e pozze riempite di sangue, più i rimasugli di carne maciullata per terra aumentavano.
Districandosi tra muri di pietra tutti uguali, giunsero al cospetto di una gigantesca statua dorata; raffigurava una specie di angelo inginocchiato ed avvolto dalle sue stesse ali piumate. Un braccio era teso verso l'alto e sopra di esso un oggetto a forma di crocifisso con un serpente avvolto attorno al simbolo. Si voltò verso Maddalena per chiederle se ne sapesse qualcosa, ma dietro di lui non c'era più. Il suo intero corpo si irrigidì di colpo. Non aveva senso che si fosse allontanata di sua spontanea volontà per com'era terrorizzata, ed era impossibile che qualcuno o qualcosa l'avesse presa senza che lei non fosse nemmeno riuscita ad urlare.
Strinse le mani attorno all'elsa della spada ed al calcio della pistola al punto da far sbiancare le nocche ed iniziò a cercare.

- Uccellino, giuro che se è uno sche—-

... La vide di spalle. Di fronte a lei una figura a primo impatto umanoide, ma guardandola meglio ogni tratto riconducibile agli umani spariva. Era completamente viola, con una tunica addosso dalla quale fuoriuscivano dei tentacoli, al posto della testa una grossa lumaca. In una mano aveva una daga, che consegnò in mano proprio alla suora. Dopodiché lei si voltò e, con occhi persi nel vuoto, caricò in sua direzione e tentò di pugnalarlo. Pav evitò il fendente indietreggiando e mise velocemente la pistola nella fondina, mentre Maddalena continuava a tentare di accoltellarlo con una furia disumana. Nel frattempo, la testa della creatura si era schiusa come un uovo, riempiendosi di denti affilatissimi e sottili e le mani si erano trasformate in ulteriori tentacoli.
Un solo sguardo gli aveva fatto avere una visione; vide carni strappate che presero la forma della divinità da un occhio solo, quella che bruciava in una fossa di zolfo. La testa faceva malissimo, sembrava stesse per esplodergli, per qualche motivo l'odore del sangue aveva acquisito un sapore dolce... gli veniva voglia di berlo...
Rinsavì quando Maddalena gli graffiò la guancia con il pugnale. Tornò lucido di colpo e, senza nemmeno pensarci, afferrò il polso della ragazza e con una spazzata le fece fare un capitombolo per terra, facendola accartocciare come una bambola di pezza e volare lontano l'arma. Approfittò dello stallo per impugnare di nuovo la spada ed attaccare l'abominio. Esso tentò di afferrarlo con le "braccia" e forzarlo a guardarlo negli occhi, ma Pav lo infilzò con la lama dritto nel petto, sperando che funzionasse.
Per fortuna funzionò; il suo corpo si dissolse completamente, lasciando solo la tunica celeste ed il lumacone che fungeva da testa. Lo calpestò con tutta la forza che aveva in corpo.

Voltandosi, vide il corpo della suora ancora esanime per terra, perciò si avvicinò con cautela, pronto a difendersi. Si chinò su di lei e la girò a pancia in su. Aveva le labbra schiuse ed i suoi occhi blu erano spalancati, ma opachi. La scosse un po', ma non accadde nulla, poi le toccò la guancia, niente. Alla fine optò per uno schiaffo.
Lei sussultò di colpo, sbattendo velocemente le palpebre e muovendo lo sguardo a destra ed a sinistra, impanicata. Dopo pochi secondi si accorse della sua presenza, perciò si fissò su di lui.

- Pav...? Cos'hai sul viso?- Allungò il braccio verso il suo viso e gli toccò il graffio, sporcandosi le dita di sangue.
- Sei stata tu, Uccellino.- Lui le sorrise.
- E—Eh? – Si mise una mano sulla fronte. – La testa...-
- Non ricordi proprio niente?-
- Solo... di aver visto una creatura con la testa di lumaca, per un istante. Poi nulla, buio.-
- Beh, sappi che quel coso ti ha controllata come una marionetta e ha cercato di farmi uccidere.-
- Cosa? Oh, santo cielo, mi dispiace tanto. Non volevo, io— perdonami...-
Pav sospirò.
- Smettila di frignare. – Le offrì la mano. Quando lei gliela afferrò, la tirò in piedi. – Tu stai bene? Per fermarti ho dovuto scaraventarti per terra.-
Maddalena annuì.
- Ho subito ben di peggio... sono abituata.-

Quella frase la disse a voce bassissima, come se non volesse farsi sentire. Decise di non porle delle domande solo per non farla agitare ulteriormente, se fosse stata in uno stato mentale alterato, sarebbe diventata una zavorra ancor più pesante.
I due tornarono indietro, dalla statua d'oro che teneva stretto lo strano oggetto.

- Allora, sai di cosa si tratta?-
- Sembra un'effige che rappresenta la crocifissione di Alll-mer. Mi chiedo cosa ci faccia in un posto simile. È... sbagliata, un simbolo così positivo in un luogo tanto pieno di morte e violenza. Mi viene da piangere.-

Maddalena congiunse le mani attorno al crocifisso e poi al petto, abbassando lo sguardo. Sembrava completamente affranta. In tutta onestà, Pav non credeva fosse seriamente devota, solitamente le suore diventavano tali solo perché costrette dalla famiglia, perciò spesso tendevano addirittura ad odiare la religione. Ciò complicava le cose. Il suo happy ending sembrava un vero e proprio miraggio adesso.
Le andò dietro, l'afferrò per i fianchi -sotto al vestito si sentivano le costole. Interessante- e la sollevò da terra.

- Ma che fai?!- Si agitò, sorpresa, voltando la testa verso di lui.
- Prendila.-
- Sarebbe come rubare...-
- Preferisci lasciarla lì? Se ci tieni tanto, trovale un posto migliore. Basta che la smetti di fare quella faccia da cane bastonato.-
- Pav...-

La suora allungò le sue manine verso l'effige e la prese con sé. Quando fu rimessa a terra, la strinse come se fosse stato il tesoro più prezioso al mondo.
Ripresero la marcia alla ricerca di un'uscita, ma sembrava di essere in un vero e proprio labirinto, la cosa peggiore era che di quei mostri con la testa di lumaca ce n'erano altri, e non erano pochi. Non aveva la minima intenzione di ripetere la battaglia; nonostante fosse stato uno scontro facile, non poteva rischiare che prendesse il suo controllo. Dubitava che Maddalena sarebbe mai stata in grado di farlo rinsavire prima che la uccidesse.

- ... Hey, ho trovato qualcosa!- Esclamò lei, facendolo voltare.
Per terra c'era uno strano simbolo inciso sul pavimento. Sembrava una stella a sei punte a cui ne mancava una.
- Che cos'è?-
- Un Cerchio Imperfetto! Hai presente Marina, la ragazza con i capelli grigi che c'era sul treno?-
- Quella che sembra una bambola di porcellana? Penso di aver capito.-
- Ecco... lei stava incidendo un Cerchio della Perfezione proprio sul treno e mi ha spiegato come funzionano. Su questi possiamo disegnare il simbolo di uno degli antichi dei per accrescere la nostra affinità.-
- E quale sarebbe l'utilità?-
- Ognuno di essi ha un effetto.
Gro-goroth brama sangue, Sylvian necessita amore per risanare il corpo, Rher ha occhi ovunque e Vinushka è l'essenza stessa della natura. Dobbiamo sceglierne uno.-
- Mh... che ne dici di dare un po' di amore a Sylvian~?-
- Vinushka.-
- Non è quello che ho detto.-
- Dobbiamo disegnare Vinushka.-
- Mi ascolti?-
- Pensa con la testa, non con quello che hai tra le gambe. – Doveva ammettere che quel commento un po' lo aveva offeso. – Non abbiamo ferite gravi, invocare Sylvian non ha senso. Vinushka è la risposta, l'unico modo per tirarci fuori da questa situazione.-
- Non ti seguo.-

Maddalena si tirò fuori un gessetto dallo stivale ed iniziò a disegnare un simbolo per terra, poi indietreggiò in fretta. Pav non riuscì a guardarlo bene che la terra si mise a tremare violentemente ed un vero e proprio albero nacque dal pavimento, crescendo rigoglioso e forte fino a bucare il soffitto. Strabuzzò gli occhi. Stava sognando? Era un'altra visione mandata dai lumaconi?!
Fece per parlare, ma poi vide la suora arrampicarsi sulla pianta appena nata come una scimmia, mentre teneva l'effige sottobraccio.

- Dove vai?!-
- Esco di qui! Sono stanca della puzza di morte!-
- Quando, esattamente, hai imparato ad arrampicarti così, comunque?- Nel mentre fu costretto a seguirla. Purtroppo era veloce e non riusciva a guardarle sotto la gonna...
- Mai fatto prima... credo sia istinto di sopravvivenza? Mi adatto facilmente alle situazioni spiacevoli.-

Anche quella frase gli risultò strana, come quando gli aveva detto di essere abituata a cose peggiori. Gli suscitò curiosità, forse lei era molto più di una fragile suora. Se fossero stati in una situazione normale, avrebbe voluto estorcerle qualche risposta...
La cima dell'albero sbucava effettivamente all'esterno ed i due si ritrovarono finalmente all'aria aperta. Maddalena si stiracchiò ed inspirò una gran quantità d'aria, per poi però mettersi a tossire perché l'odore era ugualmente tremendo.
Con poco stupore scoprirono anche che ormai si era fatto il tramonto e tra non molto sarebbe scesa la notte, mentre la nebbia era rimasta altrettanto fitta.
A quanto pare il luogo labirintico da cui erano appena usciti era il sotterraneo di un edificio molto più grande che si ergeva proprio accanto alla cima dell'albero, con una scala a pioli appoggiata al muro.

- Hey Pav, non sarebbe meglio salire sul tetto? Da qui in basso non si vede nulla a causa della nebbia, ma da lassù potremmo almeno capire dove ci troviamo... forse.-
- Sì, buona idea. Lo vedi che a volte sai essere utile?-
- "A volte"? Se non fosse stato per il sigillo di Vinushka che ho disegnato, saremmo ancora là dentro!-
- Accrescere l'affinità con Sylvian non mi sembrava una cattiva idea... potremmo farlo lo stesso, non ci serve disegnarlo sul pavimento...- Le sorrise. Lei diventò bordeaux.
- Sei— ugh— tu—-

Farfugliò qualcosa in una lingua incomprensibile, si zittì, gli diede le spalle ed iniziò a salire la scala. Pav la seguì a ruota e finalmente poté vedere, anche se solo per un secondo, sotto la sua gonna. Registrò subito tutte le informazioni nella sua testa: i collant le coprivano interamente le gambe ed arrivavano al bacino; la loro semitrasparenza e l'essere tutti smagliati facevano intravedere le mutandine che indossava. Bianche come il latte, semplicissime, di quelle che coprivano completamente le parti interessate, lasciando interamente spazio all'immaginazione.
Sarebbe stato divertente se una suora avesse indossato dell'intimo sexy in pizzo sotto quell'abito, ma era totalmente fuori personaggio...
Dal tetto in realtà non si vedeva molto della città, solo edifici bassi quasi del tutto avvolti nella nebbia, l'unica capace di spiccare era la torre, la stessa che si vedeva sin dal bosco in cui il treno si era bloccato, sembrava fungere da Stella Polare.
Mentre si stava guardando attorno vide Maddalena, la quale stava camminando sulle tegole, sparire all'improvviso con un urlo. Corse subito a vedere e constatò che ci fosse un buco nel tetto. Guardò giù aspettandosi di vederla sfracellata sul pavimento, ma invece la trovò abbracciata con braccia e gambe ad una trave, mentre una spada a forma di crocifisso era conficcata nel legno a pochi centimetri dal suo naso.

- Ma guarda te che culo: – Disse, calandosi nel buco ed atterrando dietro di lei. – sembra che tu abbia trovato la chiesa!-
- Uh...? – La suora aprì gli occhi, trovando il coraggio di guardare giù. – È... è davvero la chiesa! Mh... Pav... mi aiuteresti a rialzarmi? Ho... ho paura.-

Pav sospirò, ma poi la afferrò per la collottola e la rimise in piedi. Lei si aggrappò al suo braccio, le tremavano le gambe ed era piuttosto instabile.

- ... E quel coso che ti stavi portando dietro?-
- Mi è caduto quando sono scivolata nel buco... spero sia ancora integro...-
- Ne dubito, ha fatto un bel volo. Piuttosto, dovresti prendere quella specie di spada, così avrai anche tu qualcosa con cui difenderti. Se dici che è rubare ti spingo giù dalle travi.-

Dalla faccia che gli mostrò, sembrava star trattenendo un "sarebbe come rubare" con tutte le sue forze, ma fu costretta ad arrendersi.
Senza mollargli il braccio con la mano sinistra, afferrò l'elsa del crocifisso e la estrasse dalla trave.
Honor et virtus, sacrus gladius, Excalibur.
...

- Lode alla nuova regina!- La prese in giro, osservandola rigirarsi l'arma in mano.
- Possiamo scendere di qui ora? Ho le vertigini...-

Il tenente si voltò pronto a condurla giù di lì, ma si bloccò. Non erano da soli. C'erano due mostri che camminavano sulle travi. Umanoidi nudi, nerboruti, con le braccia incatenate dietro la schiena e la testa spellata a metà. Maddalena si aggrappò alla sua cintura con tutte le sue forze.

- Cosa facciamo adesso...?- Sussurrò, la sua voce sembrava quasi uno squittio.
- Shh, non fare rumore. Non riesco a capire se siano in grado di sentirci.-
- Ho visto una scala dall'altra parte... si può scendere da lì.-
- Okay, ma ora fa silenzio. Se dovessimo cadere non credo ci sarà sigillo di Sylvian in grado di aiutarci.-

Per fortuna quella suora era molto obbediente, infatti si cucì la bocca e lo seguì a passo felpato. Pav iniziò a camminare sulle travi facendo molta attenzione ai due mostri e, fortunatamente, riuscirono a raggiungere l'altro lato del sottotetto ed arrivare alla scala. Mentre lei scendeva, una delle creature si accorse di loro e lo caricò all'improvviso, facendogli perdere l'equilibrio e cadere di peso sulla suora. Finirono entrambi sul pavimento, ma lei gli attutì la caduta. Un secondo dopo le armi li raggiunsero, precipitando per terra e rischiando di infilzarli.
Fortunatamente quei cosi, avendo le mani legate, non erano in grado di seguirli fin sotto.
Pav si rese conto solo dopo di essere ancora seduto sopra Maddalena a causa dei suoi lamenti, perciò si spostò.

- Pesi, lo sai?-
- E tu sei comoda, non credevo. Dopotutto sei tutt'ossa.-

Lei fece un'espressione adorabile, non ce la faceva proprio ad essere credibile. Il suo viso aveva l'innocenza di una bambina, ma al contrario i suoi occhi sembravano aver visto tanto, troppo, bilanciando al punto da invecchiarla visibilmente. Scendendo un'altra rampa di scale, finalmente raggiunsero la navata principale della chiesa. Era molto grande, con delle immense vetrate che raffiguravano tre uomini. Quello di mezzo sembrava Alll-mer, gli altri non ne aveva idea -non che gliene importasse qualcosa, in realtà-.
Maddalena riuscì anche a recuperare l'effige che le era caduta, per qualche strano miracolo tutta intera, e posarla proprio sull'altare di fronte alla vetrata centrale.
Prima di andarsene, decisero di esplorare la chiesa più nel dettaglio, magari alla ricerca di qualche indizio sul motivo per il quale sotto l'edificio c'era letteralmente una prigione piena di lumaconi controlla-menti.

Il giro fu quasi a vuoto, tranne che per un misero foglio trovato per terra. La prima metà era praticamente inutile, mentre la seconda aveva suscitato curiosità.
Parlava di un passaggio segreto sotto la chiesa e di tre effigi chiave; l'autore della nota aveva scritto di averne lasciata una ai preti -presumibilmente quella che avevano trovato loro-, una era stata portata da un certo Padre Domek all'orfanotrofio, mentre l'ultima se l'era tenuta lui nel suo appartamento.

- Sembra proprio che qui a Prehevil la Chiesa nasconda qualcosa di grosso. Cosa se ne fanno di un passaggio segreto? O è normale per voi, uhm, devoti?-
- No che non è normale...!-
- Oh, beh, non che mi importi in realtà, non sono di certo venuto fin qui per indagare su un gruppo di preti ed i loro strani rituali.
... La nostra collaborazione termina qui, Uccellino. Tu hai raggiunto la chiesa, io la città. Ci vediamo~-

Pav le lasciò il foglio con le note ed iniziò ad andarsene. Dannazione, il solo arrivare lì gli aveva fatto perdere ben mezza giornata. Mezza giornata in cui avrebbe potuto crivellare di colpi la maledetta testa di Kaiser ed invece gli era toccato fare il giro delle fogne, scampare ad un lupo gigante e salvare una suora da un mostro che l'aveva fatta impazzire. Niente di tutto ciò era stato nei suoi piani... almeno si era guadagnato una spada figa ed aveva visto, anche se solo per mezzo secondo, le mutande indossate dalla suddetta suora.
Raggiunta l'uscita della chiesa, però, un rumore di passi svelti giunse alle sue orecchie, susseguito da due inconfondibili mani che gli si avvolgevano attorno al polso destro.

- Aspetta...! – La guardò in quegli occhi blu penetranti. – Non... non lasciarmi qui...-
- Non sto andando a fare una scampagnata, là fuori è pericoloso per te.-
- Sì, ma, ho... ho paura... hai visto cosa si nasconde là sotto... non voglio stare da sola... per favore, fammi rimanere con te, almeno finché non troviamo qualcun'altro del treno, o un posto più sicuro.-
- ... E va bene, ma ad una sola condizione.-
- Quale?-
- La scoprirai.-

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Capitolo 7
*** Ballata di caos e sottomissione - III ***


Ballata di caos e sottomissione - III

Ormai la luce era scomparsa completamente, peccato che il sole invisibile non si fosse portato la nebbia con sé. Pav poteva percepire i suoi capelli arricciarsi ancor di più ed appesantirsi a causa della forte umidità. Anche la temperatura esterna era calata, non era certo il momento ideale per stare fuori, senza contare il fatto che quella maledettissima città fosse popolata da gente deforme e mostruosa.
Perciò la cosa migliore era, seppur avrebbe perso ulteriore tempo, trovare un posto sicuro dove stare almeno fino all'alba. Lui non aveva problemi a stare sveglio, ma la sua zavorra sì.
Maddalena gli camminava accanto e la vedeva visibilmente barcollante, le si chiudevano gli occhi nonostante fosse in piedi. Stringeva forte l'elsa della spada/crocifisso ed era tutta chiusa su sé stessa come un riccio, tremante -più del solito, nel senso-.
Il tenente decise di fare un atto caritatevole e si aprì completamente la giacca, poi se la tolse e la mise sulle spalle della suora. I suoi inquietanti occhi blu gli si piantarono subito addosso.

- Non guardarmi così, si vede a chilometri di distanza che stai morendo di freddo.-
- E tu...? – Vide il suo sguardo cadere sul suo petto. Lo distolse alla velocità della luce. – Sei più... scoperto di me...-
- Non preoccuparti per me, la camicia basta e avanza. Sono abituato a temperature ben più basse, anzi, per me fa caldo.-
- È per questo che vai in giro in questo modo...?-
- Allora l'occhio sulla mercanzia ti è caduto~ – Con il viso in fiamme ed un adorabile broncio sul viso, Maddalena si infilò le maniche della giacca ed accelerò il passo. Accelerò anche lui. – Guarda che starmi lontano è pericoloso.-
- Anche starti vicino.-

Questo lo fece ridere. Nonostante quella specie di insulto, lei rallentò per davvero e ricominciarono a camminare all'unisono. Era proprio carina con la sua giacca addosso, le stava enorme e copriva molto di quell'orrendo vestito nero che la fasciava malamente. Peccato fosse parte di una divisa di Bremen.
La vide mettersi una mano in tasca e poi tirarne fuori qualcosa, guardandoci con interesse.

- Pavel Yudin? È il tuo nome completo? Non sembra bremenite...-
... Ecco cos'era, la sua piastrina identificativa.
- Mettila via.-
- Sei nato il 25 dicembre?! Come Alll-mer!-
- Ho detto "mettila via"...-
- Perché mi hai detto di chiamarti solo Pav?-
- Non mi piacciono i nomi lunghi. Chiamami solo così.-
- A me "Pavel" piace.-
- E quindi?-
- Se vuoi continuare a chiamarmi "Uccellino", aspettati che io ti chiami "Pavel".-
- ... Fa come ti pare.-

In quella stupida città non c'era elettricità, anzi, non funzionava proprio niente. Pav aveva provato a mettere in moto uno dei camion dell'esercito che erano stati abbandonati in giro, ma nulla da fare, era la stessa storia capitata al treno. Ovviamente ciò rendeva i lampioni degli inutili pali di ferro; l'unica fortuna era che quella dannata luna emetteva abbastanza luce da riuscire -circa, perché la foschia era maledettamente fastidiosa- a vedere poco più in là dei loro piedi.
Saltò giù dal camion, sbuffò e si sistemò il cappello sulla testa. Avrebbe così tanto voluto investire qualche mostro, tipo quei poliziotti con tre braccia tutte armate di manganelli, gli avrebbe sicuramente risparmiato fatica, tempo e proiettili, ma invece era costretto a cercare un posto dove far riposare Maddalena, la quale ormai stava dando segni di cedimento.
Era troppo orgoglioso per ammettere di stare andando a caso, ma cosa poteva farci? Non conosceva le strade di quella dannata Prehevil. Fanculo.
Il girovagare a vuoto li portò in una via deserta dove l'unico particolare era un condominio abbastanza alto.

- ... Pensi che sia questo l'appartamento di cui si parlava nella lettera che abbiamo trovato in chiesa?- Domandò Maddalena, fermandosi davanti all'edificio.
- Chi lo sa. Questo posto è grande, potrebbero essercene molti altri uguali.-
- E se andassimo a controllare?-
- È meglio andarci domani, troviamo prima un posto dove puoi riposarti, non ti reggi nemmeno in piedi. Ho un brutto presentimento riguardo quel condominio.-
- Hai ragione...-

Ovvio che aveva ragione, perciò la marcia proseguì. Links! Links! Links! Links! Links zwo, drei, vier! Al solo pensiero della marcia, la sua camminata era diventata inconsciamente più ritmica.
Si arrestò solo quando si trovò davanti due... bambini? Cani? L'unica cosa certa era che emettevano un odore tremendo. La loro pelle era giallognola, non si capiva se di natura o perché pregna di feci. Sembravano canidi, ma la testa era più simile a quella umana, senza peli e con le orecchie a lato della testa. La bocca era contorta in un ghigno perenne perché incapace di contenere tutti quei grossi e lunghi denti.
Per fortuna qualcuno li aveva già uccisi al posto loro.
Niente domande e si va avanti, a quanto pare erano arrivati ad una sorta di centro, perché davanti a loro c'era un negozio di vestiti.

- Uccellino, perché non vai a vedere se ci sono dei vestiti decenti che puoi indossare?-
- No.-
- Noiosa.-
- Mi piacciono i miei vestiti.-
- A me no.-

Maddalena non rispose e girò subito a sinistra, come se fosse stata attirata da qualcosa. Pav inizialmente non vide nulla, ma poi notò quella che sembrava una farfalla blu, no, una falena, librarsi nell'aria ed emettere un tenue bagliore, quasi come una lucciola. Strano. Cosa ci faceva una creatura del genere in un posto simile? Se si fosse trasformata in un mostro da un momento all'altro non sarebbe stata una sorpresa, perciò il tenente si mise sull'attenti, pronto a sfoderare la pistola in caso di necessità.
L'insetto li condusse, prima di sparire nel nulla, ad una rampa di scale interrata, sulla porta un'insegna spenta con scritto "Prhvl BOP". Che fosse un locale? Non sarebbe stato di certo un posto comodo dove poter riposare, ma onestamente sperava di potersi fare un goccetto, giusto per dimenticare tutto lo schifo visto nelle ultime ventiquattr'ore.
Ed infatti era veramente un bar, uno di quelli belli, con il pavimento a scacchi, un bancone in legno massiccio, una gran quantità di alcolici pregiati esposti sulle mensole ed addirittura degli strumenti musicali. Poi Pav notò che in realtà la falena era entrata con loro ed ora stava svolazzando in tondo, come se volesse attirare l'attenzione. Decise di stare al gioco e, quando la raggiunse, essa scomparve di nuovo, ma si accorse di qualcos'altro, una specifica mattonella faceva un rumore diverso dalle altre quando la si calpestava.
Si chinò a controllare e si accorse che quella era una botola, perciò l'aprì; come al solito, guardia alta, mano sulla fondina ed infilò la testa nel buco. Nessun movimento sospetto, perciò scese la scala a pioli.
Quello sembrava il nascondiglio di qualcuno: c'erano due letti a castello, un tavolo su cui era stata lasciata una Luger e, cosa migliore, almeno un intero caricatore di proiettili. Erano presenti anche dei documenti, ma quando provò a leggerli risultò impossibile perché scritti in codice.
Ciò che lo incuriosì maggiormente fu la mappa di Prehevil attaccata ad una lavagna, sulla quale erano state disegnate quattro X rosse. Una era collocata nei boschi vicino a dove il treno si era fermato, un'altra pure, ma nel suo cuore, una invece era proprio sul museo e l'ultima... controllò bene la zona. Era poco a sud della chiesa... che fosse la posizione dei teleelettrocosi? Il computer ne nominava tre, mentre le croci erano quattro. Assumendo che gli altri fossero anch'essi bunker come quello in cui erano stati, quindi solo atti a contenere le macchine... uno di essi era il Bunker Bianco. Era solo un'ipotesi, ma forse era proprio quello il luogo dove "Logica", qualunque cosa fosse, era custodita, forse l'oggetto delle fissazioni di Kaiser. Lui era diretto là, sicuramente! Il bastardo... forse era già sottoterra, doveva andare là e sparargli un proiettile in testa. Basta aspettare, perché stava perdendo tempo? Cosa diamine ci faceva—
Un pianoforte iniziò a suonare. Era una melodia lenta e dolce, ma allo stesso tempo sembrava qualcosa che avrebbe potuto ascoltare in una chiesa.
Pav si arrampicò sulla scala e poi la vide, seduta al pianoforte, che con mani esperte ed occhi serrati continuava a suonare come se là fuori non ci fosse stato il finimondo, addirittura sorrideva e dannazione quanto era bello il suo sorriso. Le labbra erano leggermente schiuse e si vedevano i denti bianchi, le ciglia scure e folte sembravano ventagli di piume. Si era tolta la giacca che le aveva dato e l'aveva lasciata appesa ad una sedia, il crocifisso al collo seguiva i suoi movimenti fluidi. Si avvicinò e poi si sedette sulla panca accanto a lei. Quando aprì gli occhi e lo guardò, le mise una mano su un fianco ed una sulla coscia.

- Che stai facendo...?!- Si agitò e tentò di scansarsi. Glielo impedì.
- La condizione per cui ho acconsentito a portarti fin qui. Rendi felice un uomo solo... sei viva grazie a me, sai?-
- Non dovresti fare simili proposte ad una suora.-
- Senza vestiti siamo tutti uguali, uccellino.-
Lei non disse nulla, solo gli mise una mano in faccia quando tentò di avvicinarsi.
- ... Per favore. Non rovinare l'idea che ho di te.-
Pav le prese il polso e le allontanò il braccio.
- L'idea che hai di me? Stai andando in giro con un tenente dell'esercito di Bremen, te lo sei forse dimenticato? Hai dimenticato ciò che abbiamo fatto? Noi spariamo in testa e bruciamo i corpi di chi osa disobbedire.-
- Tu non vieni da Bremen. Il tuo accento... il tuo è un nome dell'Est.-
- Mi stai facendo arrabbiare.-
- È perché ho ragione?-
- Se non vuoi che ti uccida, fa ciò che ti dico.-
- Ho trovato delle carte sul bancone...!-
- Cosa cazzo c'entrano ora le carte?!-
- ... Giochiamo. Alla fine di ogni partita, il perdente dovrà rimuovere una parte del vestiario. Se riuscirai a farmi togliere tutto, mi concederò a te.-
Pav la guardò, pensieroso. Stava già pensando a come se la sarebbe sbattuta su uno di quei letti, chissà cosa nascondeva sotto quell'abito largo... voleva ammirare altro oltre alle sue mutande...
Purtroppo per lei era bravo ai giochi di carte, nell'esercito era la principale soluzione per ammazzare il tempo, aveva già vinto.
- Affare fatto, ma sappi che ti sei scavata la fossa.-

Maddalena rimase immobile, per nulla scalfita dalla sua affermazione. Era così strana, a volte era spaventata da qualunque cosa vedesse ed altre si mostrava estremamente composta e lucida, soprattutto nei momenti in cui doveva "sopravvivere"; non era mai stato bravo a capire gli altri, ma di lei aveva compreso che in quella testolina ci fosse molto più cervello di quanto desse a vedere.
Presero posto uno di fronte all'altra ai tavolini del bar. Lei aveva il mazzo in mano.

- Non credevo che lo strip poker fosse un passatempo di voi suore~-
- Non so giocare a poker. Giocheremo a briscola.-
Si era messa a tirare fuori delle carte dal mazzo e metterle da parte, più precisamente i numeri otto, nove e dieci di ogni seme.
- Non ho idea di cosa sia briscola.-
- È un gioco originario del Vaticano. Ti insegno io. – Dopo aver mescolato le carte rimaste, ne distribuì tre a sé stessa ed altrettante a lui. Poi ne scoprì una, un cinque di fiori, e la mise di traverso, mentre sopra ci mise il mazzo capovolto. – Non abbiamo le carte giuste, ma ci adatteremo. Briscola ha regole molto semplici: per vincere devi fare più punti di me. L'asso equivale ad undici punti, il tre dieci, il fante due, il cavallo tre ed il re quattro, gli scartini non valgono niente. Visto che stiamo usando il mazzo sbagliato, il jack varrà due punti, mentre la regina tre.
Ad inizio partita si scopre una carta che determinerà il seme più importante, in questo caso abbiamo i fiori.
Asso vince su tutto, tre vince su jack, regina e re e così via, chi vale di più vince sull'altro. Il seme più importante, però, vincerà sempre su ogni carta. Capito?-
- Mh, sì. Muoviamoci a giocare, voglio vederti nuda.-

... Non l'avesse mai detto.
La prima volta poteva dargliela vinta, dopotutto non aveva mai giocato a quel gioco, andava considerata come riscaldamento, perciò aveva dovuto dire addio al berretto.
Ma partita dopo partita, lei aveva continuato imperterrita a fregarlo, ad avere sempre la meglio con i punti. Come faceva ad essere così forte ad un gioco che andava principalmente a fortuna? Ogni santa volta lei si prendeva sempre le sue carte migliori ed il mazzo acquisiva sempre più valore. Il suo a fine partita poteva essere il più alto, ma quello di Maddalena valeva di più.
E così Pav aveva salutato anche camicia, calze e stivali, prima uno e poi l'altro per rendere l'esperienza ancor più una presa in giro. Gli rimanevano solo calzoni e pantaloni, questi ultimi li aveva persi nella partita appena finita, perciò avrebbe dovuto toglierseli.
E lei era lì, sorniona, che faceva finta di essere seria, ma si vedeva a chilometri quanto fosse contenta. Era felice di umiliarlo, mentre non gli aveva mostrato neanche un capello.
... Non avrebbe mai pensato che una suora potesse essere un avversario tanto temibile. Allora era veramente intelligente come pensava, forse anche di più. Oppure era lui il patetico perdente, quello che si era scavato la fossa accettando la sfida, pur di una scopata?

- Se sicuro di voler continuare, perdente?- Alzò i suoi occhioni blu dal mazzo appena mescolato, piantandoglieli addosso. Eccola, l'ombra di un sorriso. C'era. Non se l'era sognato.
- Adesso mi mostri pietà?- Lui appoggiò il gomito sul tavolino, sorreggendosi il capo con la mano.
- Beh... fai un po' pena...-
- Dai, continua a prendermi in giro, ricordami quanto poco valgo.-

Abbassò lo sguardo, non voleva più guardarla, voleva stare lontano da quegli occhi innocenti e giudicanti. Era abituato a perdere, mai una volta che la vita non gli avesse dato un calcio in culo, mai una vittoria, neanche piccola, un motivo per sorridere veramente. Avrebbe davvero voluto vederla nuda.
Forse se l'avesse trattata meglio ora i vestiti sarebbero mancati anche a lei e gli si sarebbe concessa, ma ovviamente aveva avuto il suo solito approccio inappropriato, il quale avrebbe potuto funzionare con qualcun'altra, ma lei era stata la persona più sbagliata del mondo a cui rivolgersi in quel modo.
Sentì il rumore di una sedia che strisciava contro il pavimento, pochi secondi di silenzio e poi qualcosa di caldo avvolgerlo. Si ritrovò con la testa appoggiata su un soffice petto e delle dita che si muovevano dolcemente tra i capelli. Lo stava abbracciando. La suora lo stava abbracciando.

- Mi dispiace... non volevo trattarti male, davvero.-
- Ho minacciato di ucciderti e ti scusi per due paroline?-
- È che sembri così solo... e triste... tu non sei la persona cattiva che vuoi dare a vedere.-
- Cosa te lo fa pensare?-
- So quando negli occhi di una persona c'è sofferenza...-

Pav alzò le braccia come un automa e le avvolse attorno al busto di Maddalena. La strinse a sé, affondò ancor di più nel suo petto. Nei suoi vestiti si sentiva ancora, leggerissimo, il profumo di panni puliti, nonostante tutto il sudore versato e l'essere stati un giorno intero nello schifo. La stava stringendo così forte che molto probabilmente il crocifisso gli avrebbe lasciato un solco a forma di croce sulla gola.

- Tu... ti sei preoccupato per la mia sopravvivenza per tutto il giorno, mi hai sempre aiutata, addirittura portata in braccio mentre ti arrampicavi, mi tenevi vicina pur di non lasciarmi da sola... e non mi hai fatto del male quando ho cercato di ucciderti.
Per questo mi rifiuto di credere che tu sia cattivo, Pavel. Tu non sei originario di Bremen, vero? Perché sei un tenente nel loro esercito?-
- ... Voroniya. Questo è il nome di ciò che era la mia casa. – Si morse il labbro, forse tremò anche. Lei continuava ad accarezzargli i capelli. – Ma ora non esiste più.-

Le fiamme erano vivide nella sua mente, il fuoco che divorava ogni cosa, la inceneriva, la uccideva. Le urla, il sangue, gli spari, le risate. Nessuno fu risparmiato. Vecchi, uomini, donne, bambini, animali.
Pavel aveva visto la sua intera famiglia morire come bestiame, sua madre e le sue sorelle stuprate e poi lasciate morire tra atroci sofferenze, suo padre con il cranio spaccato e le cervella sparse ovunque per aver cercato di proteggerle, un fratello con un buco in testa e l'altro, poco più che neonato, buttato vivo in una pila di cadaveri che ancora bruciava. Un suo amico era morto stringendo tra le braccia il cane che gli avevano appena ammazzato, la famiglia di lui tutta giustiziata a fucilate. E così tanti altri.
Pavel se n'era andato con loro, la morte dell'innocenza. Di quel bambino spensierato ed iperattivo non era rimasto più niente, ed esso, per miracolo o maledizione, era cresciuto in un uomo capace solo di sporcarsi le mani di sangue per conto di coloro che avevano raso al suolo tutta la sua infanzia. Di lui non era rimasto più nulla.

- Quasi trent'anni fa, Kaiser ha ordinato di distruggere il villaggio in cui sono nato. Sono sopravvissuto solo io. Tutta la mia famiglia, persa.- Non aveva smesso di stringerla per un secondo ed ora l'aveva tirata giù e fatta sedere sulle sue gambe. Sentiva il battito del suo cuore. Lei non protestò.
- Oh...- Maddalena non fu capace di dire altro. Non poté vederle il viso, ma la sentì singhiozzare.
- Non piangere per me. Per arrivare fin qui ho dovuto commettere non poche atrocità.-
- Io... odio sapere che anche qualcun altro abbia sofferto così tanto.- Le sue manine gli erano scese sulle spalle e ci si era avvinghiata come se avesse avuto paura di perderlo, la sentiva chiaramente piangere nell'incavo del suo collo.
Ora fu lui ad accarezzarle la testa, peccato fosse coperta da quel dannato velo.
- Per questo mi trovo qui, per mettere finalmente fine all'egemonia di Kaiser.-
Lei si allontanò e lo guardò in viso. Aveva gli occhi e le guance lucide, le sclere rosee e le labbra gonfie. Era comunque bellissima.
Un martire... – Sussurrò. – Voglio aiutarti, Pavel.-
- Non se ne parla.-
- Perché?-
- Perché questo non è un gioco.-

La prese per le spalle e la mise in piedi, poi si alzò ed andò dietro al bancone del bar, iniziando a guardare la selezione di liquori. Scelse una semplice bottiglia di vodka liscia e bevve qualche sorso a collo. Solitamente non gli piaceva bere, gli faceva abbassare le difese e lo faceva sentire vulnerabile, ma dopo che quei ricordi erano venuti a galla aveva sentito il bisogno di tentare di affogarli di nuovo. Si asciugò le labbra con il dorso della mano e, quando si voltò, trovò i suoi vestiti ripiegati con cura sul piano, anche gli stivali ed il cappello. Maddalena era in piedi con le mani giunte.

- Credevo di non essere autorizzato a rivestirmi.-
- Puoi farlo... scusa se ti ho messo in questa situazione. Volevo solo... sopravvivere.-
Non riuscì a non sorriderle.
- Mi hai davvero umiliato, complimenti. Hai fatto bene. – Si infilò le maniche della camicia e poi slacciò la cintura per potersela infilare nei pantaloni. Mentre li aveva leggermente abbassati, notò che lei era ancora lì immobile come una statua. – ... Che c'è? Se vuoi mi tolgo tutto.- Infilò i pollici tra l'elastico degli slip e la pelle, facendo finta di volerseli sfilare, intanto le mostrava il sorriso più sghembo che riuscisse a fare.
La suora sembrò finalmente accendersi, gli mostrò uno sguardo di disperazione, ruotò su sé stessa di novanta gradi e si lanciò a passo svelto nella botola.
- Buonanotte!-

Pav se la rise da solo mentre si rivestiva; camicia, calze, cappello, stivali... si appoggiò la giacca sulla spalla e scese anche lui le scale.
Maddalena era su uno dei letti inferiori, si era tolta gli scarponi ed era stesa su un fianco, ancora sveglia. Il tenente, senza dire nulla, le mise la giacca addosso come coperta e poi salì sulla branda superiore. Quel tipo di letti gli ricordavano l'esercito... ovviamente in senso negativo.
Passò qualche minuto, non seppe esattamente quanti, ma sentì una vocina arrivare dal basso.

- Pavel...-
- Non dormi, uccellino?-
- È che... ho paura...-
- Siamo al sicuro qui, riposati.-
- Uhm... potresti, ecco... scendere e venire qui?-
- E va bene.-

Scese la scaletta che portava al suo letto, quando la vide lei si era avvicinata al muro e stava picchiettando il materasso a mano aperta in segno di invito. Accettò, stendendosi a pancia in su accanto al suo corpo. La suora, rannicchiata su sé stessa, lo guardò.

- Cosa c'è, hai cambiato idea e vuoi finalmente concederti a me~?-
La sentì sospirare dall'esasperazione.
- Ce la fai a stare serio per una volta?-
- No, mi dispiace. Se rimanessi sempre serio mi verrebbe voglia di ammazzarmi.-
- Non dire così...- Era mortificata, convinta di aver sbagliato ancora. Il suo sguardo si abbassò.
- Smettila di comportarti come se tutte le disgrazie che mi sono successe siano colpa tua, uccellino. Preoccupati di meno per uno con le mani così sporche di sangue.-
- Non mi piace che gli altri soffrano, te l'ho detto, Pavel.-
- E tu? Hai sofferto?-
- ... – Maddalena rimase zitta per qualche secondo. Stringeva le mani a pugno, il suo sguardo era vago. Era spaventata, come se avesse appena visto un mostro ai piedi del letto. – Non sai quanto.-
- Me lo vuoi dire?-
- Non... io...-
- Se te la senti.-
- Scusa... non... non ci riesco...-
- Calmati, non ho intenzione di obbligarti.-
- ... Grazie.-

Non si dissero più nulla e lei si addormentò poco dopo. Il suo viso non aveva smesso di essere teso anzi, se possibile, si era contratto ancor di più, seguito dal suo intero corpo. Si era rannicchiata su sé stessa al punto da sembrare in procinto di spezzarsi da un momento all'altro, i pugni chiusi e stretti a loro volta, le unghie piantate nella carne, il respiro pesante. Sembrava star lottando contro un incubo, le sue guance erano diventate lucide dal sudore. Pav decise di non svegliarla; il sonno agitato era comunque meglio dell'insonnia.
Insonnia che lui aveva iniziato ad avere sin da quel giorno, quello in cui aveva perso tutto e la sua vita si era capovolta. La paranoia di essere ucciso o sopraffatto prima di poter portare a termine il suo obiettivo non lo facevano dormire. Doveva essere sempre vigile, dopotutto lui era quello straniero nell'esercito del grande Impero di Bremen, quello che ci si era ficcato dentro da sin troppo piccolo. Carne da macello, insomma. Il suo unico pregio era che con quei capelli biondi angelici, il bel sorriso e gli occhi d'argento era il soggetto ideale da raffigurare su un poster di propaganda bremenite. Ironico. Quello la cui patria aveva smesso di esistere, era l'immagine perfetta per rappresentare il Paese che ne aveva ordinato la cancellazione.
Lo avevano sempre guardato come la puttana più economica del bordello, quella di cui ti accontenti quando hai poco o niente. Ma quella puttana non erano mai stati capaci di toccarla. La puttana mordeva, si ribellava, li sovrastava nonostante la giovane età, lei era rimasta immacolata ed il suo valore si era accresciuto fino a farla salire di rango. Ora era lui quello che avrebbe potuto guardare le reclute in quel modo se solo lo avesse voluto.
... Col cazzo che se lo sarebbe fatto succhiare da un bremenite, avrebbe preferito rimanere a secco per il resto della vita. E poi lui preferiva le donne, creature delicate che non erano ammesse in quelle insulse guerre e che anzi, ne erano vittime anch'esse, impotenti di fronte ai loro mariti e fratelli mandati a morire. Forse era uno stolto, forse era un pazzo, ma avrebbe prevenuto che altri avessero mai dovuto subire la sua stessa esperienza e dolore.

Il suo non-sonno venne interrotto da Maddalena qualche ora dopo, forse era l'alba, ma non poteva saperlo. Erano sottoterra e, per di più, tutti gli orologi della città erano fermi alle 14:35, come se fossero stati tutti sincronizzati.
Si era svegliata di colpo, i suoi occhi ancor più spalancati del solito, respirava affannosamente a bocca aperta e tremava come una foglia, sembrava stesse avendo un attacco di panico.

- Hey, uccellino, che hai?

Non gli rispose, perciò Pav passò all'azione senza pensarci. Afferrò i bottoni che le chiudevano il velo ed iniziò a slacciarli, ma lei protestò e cercò di staccarsi dalla sua presa.

- Sta ferma, dannazione, come cazzo fai a respirare con un coso così stretto attorno al collo?!

Alla fine vinse e quell'orribile pezza bianca e nera scivolò sul materasso, nell'azione si portò dietro una chioma biondissima che si posò sul petto della suora in ampie onde. Non aveva un taglio di capelli vero e proprio, erano soltanto lunghi, senza alcuna cura e scompigliati.
La tenne per le spalle finché il suo respiro non si regolarizzò, il cuore aveva rallentato significativamente e gli occhi erano lucidi, ma vivi.

- Gli uomini non possono... vedere i capelli... di una suora...-
Blondes Haar und Rosenkranz, non mi pare il momento di lamentarsi per queste cose, neanche ti avessi sverginata. – Il viso di lei avvampò. – Cosa diamine ti è successo mentre dormivi?- Nel frattempo, la lasciò andare fino a farla stendere nuovamente sul materasso.
Maddalena prese il crocifisso che aveva al collo e lo strinse forte. Chiuse gli occhi, sospirò e poi li aprì di nuovo.
- Ho sognato... la creatura sulla torre... mi ha detto che il suo signore si annoierà di questo passo. Mi ha anche suggerito di ucciderti...-
- Prima devo ammazzare Kaiser, non ho tempo per queste cose. Lo farai dopo.-
- Ma io non voglio ucciderti! – Scattò come una molla e si mise seduta. – Ho... solo... paura che qualcuno prenda questa storia del festival sul serio... – I suoi occhi correvano a destra e a manca come impazziti. – non voglio morire... non voglio ferire nessuno... voglio solo tornare in Vaticano.- Si rannicchiò di nuovo, abbracciandosi le gambe e nascondendoci la testa dentro.
- Se mi stai suggerendo di dirti che andrà tutto bene, hai sbagliato persona.-
- Non era mia intenzione... – Alzò il capo e sospirò. – Vuoi sapere perché sono diventata una suora?-
- Perché sei scema?-
- Perché mi picchiavano, dalla mattina alla sera. Sono nata in un ramo della Famiglia, un'organizzazione mafiosa che opera in Vaticano. I miei genitori volevano un erede maschio, ma quando sono venuta al mondo ho rischiato di uccidere mia madre e l'ho resa infertile.
Quando avevo quindici anni, hanno combinato un matrimonio con un uomo che ne aveva dieci più di me perché volevano che lo facessi io l'erede che desideravano; quando l'ho saputo ho tentato di fuggire, ma sono stata sorpresa nel farlo e mi hanno quasi uccisa. – Afferrò i lembi della gonna e li sollevò fino a scoprirsi le gambe. Sotto ai collant semitrasparenti si vedevano una marea di cicatrici sulle ginocchia. Erano orrende. – Ho sempre pregato Alll-mer... ogni notte fino ad addormentarmi... pregavo mentre venivo ripetutamente percossa... ho pregato ogni singolo giorno della mia vita...
Il giorno prima del mio matrimonio sono riuscita a scappare ed a raggiungere un monastero, dove dopo essermi ripresa dalle ferite ho preso i voti. Alll-mer ha salvato la mia vita innumerevoli volte ed io voglio dedicarla a lui.-
- È questo che non riuscivi a raccontarmi prima?- Pav decise di non dirle quanto trovasse stupida l'idea di buttare via la vita che aveva chiesto così incessantemente di salvare.
Maddalena annuì, nascondendo di nuovo i suoi capelli nel velo.
- Ho deciso di parlartene perché non mi sembrava giusto conoscere la tua storia senza che tu conoscessi la mia... sei il primo a cui ne abbia parlato.-

Il tenente non disse nulla. Ora tutto aveva assunto un senso. Quando gli aveva detto di essere abituata a cose peggiori dopo che l'aveva scaraventata a terra, oppure il suo "istinto di sopravvivenza"... la sofferenza provata da quella suora doveva essere stata indicibile. Neanche un giorno della propria vita in cui era stata felice -non credeva affatto che prendere i voti l'avesse davvero resa tale-. Lui aveva avuto una famiglia che l'aveva amato e perciò, dopo quasi trent'anni, ancora lottava per loro, mentre lei nemmeno quello. Nata per soffrire, ora una mera illusa che crede di essere stata salvata da un paio di insulse preghiere.
Pav si alzò dal letto, si sistemò il cappello in testa e si diresse verso la scala a pioli.

- Dove vai?-
- Ho una missione. Ricordi?-
- Voglio venire anch'io.-
- No. Qui sei al sicuro.-

Lei rimase zitta e lui risalì nel bar. Fu quando approcciò l'uscita che sentì un peso schiantarsi contro la sua schiena. Due mani si avvinghiarono a lui, gli entravano nella giacca ed erano così strette che quasi lo graffiarono con le unghie. Pav si fermò, rimase zitto per qualche secondo e poi si decise a parlare.

- "Le suore non possono toccare gli uomini, bla, bla, bla...". Che ne è stato delle regole con cui sei così tanto fissata?-
- Per favore, portami con te. So di averti detto che avrei smesso di seguirti se avessi trovato un posto sicuro, ma... non ce la faccio a lasciarti andare. Voglio davvero aiutarti. Sdebitarmi per avermi protetta.-
- Se vuoi sdebitarti così tanto puoi far scendere quelle mani fin dentro le mie mutande, uccellino...-
- Smettila di dire queste cose. Io sono seria, Pavel! So che è la tua battaglia, però voglio combattere al tuo fianco... se posso impedire a qualcuno di soffrire in futuro, sono disposta anche a rischiare la mia stessa vita. E poi... dovevamo andare a vedere se in quell'appartamento si trova una delle effigi che aprono il passaggio segreto della chiesa.-
- ... Questi paroloni mi fanno venire il mal di testa. – Non credeva l'avesse mai potuto dire, già si stava pentendo. – E va bene, vieni con me, cerchiamo questa effige. Ma dovrai promettermi che dopo non mi intralcerai. Se voglio uccidere, uccido. Anche se si dovesse trattare dei passeggeri del treno.-

Lei non rispose, solo lo lasciò. Senza voltarsi il tenente salì le scale del bar ed uscì; il sentirla zampettare dietro di lui gli fece intendere che avesse accettato il compromesso.
Si diressero a sud, da dove erano arrivati la sera prima, verso il condominio nel quale in teoria si doveva trovare una delle due effigi che mancavano. Chissà se aveva davvero senso aprire quel passaggio situato in chiesa... sperava solo che non gli avrebbe fatto perdere troppo tempo, il suo obiettivo primario erano i teleelettroscopi ed il Bunker Bianco. E Kaiser.
I due camminavano fianco a fianco in silenzio, tra la nebbia fitta come al solito; tutto era tranquillo, fin troppo, ciò rendeva il tutto ancor più inquietante, c'era da aspettarsi la qualunque in un posto del genere.
... Ed infatti, neanche il tempo di pensarci che una bottiglia di vetro venne lanciata verso di lui, frantumandosi a pochi centimetri dai suoi piedi.
All'istante la quiete venne squarciata da un vero e proprio pandemonio. Dal vicolo sbucarono tre uomini bruciati dalla Luna, uno si passava un  batticarne da una mano all'altra, un altro agitava come un pazzo una motosega fatta in casa sopra la sua testa ed il terzo aveva un fucile.
Quest'ultimo sparò un colpo ed in un battito di ciglia un urlo sovrastò anche il suono della lama rotante; acuto, lacerante. Ne seguì un secondo, Pav urlò il nome di Maddalena a pieni polmoni, quasi a vomitarli. Finì completamente l'aria al loro interno.


Ciaoooo a quei letteralmente due lettori che mi seguono. Faccio delle note solo per dire che sono pazza e sto moddando Maddalena nel gioco. A voi un video dell'intro: https://youtu.be/zZ6UlfwKpWA

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Capitolo 8
*** Ballata di caos e sottomissione - IV ***


Ballata di caos e sottomissione - IV

L'aveva presa come se fosse stata già morta, tirata su afferrandole il vestito dal petto e buttata sulla spalla.
Pav agitava la spada come un forsennato in un tentativo di tenersi lontano quei tre mostri, mentre urlava bestemmie con una foga tale che, a momenti, credeva davvero di poter evocare l'ira di ogni divinità il cui nome aveva chiamato invano. Lo sapeva che avrebbe dovuto insistere perché rimanesse in quel bar, cazzo! Ed ora stava crepando per colpa sua, buono a nulla, capace solo di far morire chiunque non lo avesse odiato e destinato a non essere in grado di salvare nessuno. Mai.
Ogni. Singola. Volta.
Tenente addestrato, oltre venticinque anni in un esercito, ma uno contro tre -di cui uno con una sega circolare portatile- ed una suora sanguinante in braccio lo mettevano in tremende condizioni di svantaggio. In poche parole, poteva lasciarci le penne anche lui. Fosse stato da solo avrebbe anche potuto farcela, ma così...
Maddalena era una zavorra, lo era stata sin dal primo momento in cui l'aveva vista. Inutile, incapace di combattere, fragile. Eppure, per qualche ragione, per lui valeva più di ogni altra cosa al mondo in quel momento. E forse non solo in quel momento. Lei non meritava di morire in quel posto di merda. Era troppo buona, una perla rara in un mare di letame. Se solo fossero stati tutti come lei... illusa ma pura. Per questo l'avrebbe salvata pur di rimetterci sé stesso. Una cosa buona, prima o poi, voleva farla.
Prese a correre all'improvviso prendendo di sorpresa gli assalitori, diede una violenta spallata a quello con il batticarne e così fu in grado di liberarsi un passaggio e sfuggire a quei tre, mentre lo inseguivano in fila indiana. Correva con tutta la forza che aveva in corpo distanziandosi il più possibile da loro. Sapeva di non poter continuare all'infinito nonostante l'adrenalina, perciò girò di colpo e si infilò nella via che dovevano raggiungere sin dall'inizio e poi si fiondò all'interno del condominio.
Una volta dentro, ansimante, prese Maddalena dalla sua spalla e la girò a pancia in su. Sul suo vestito c'era un foro nei pressi del cuore e, nonostante fosse nero, la macchia che si espandeva sul tessuto era ben visibile. Per un fortunato miracolo era ancora viva; respirava a malapena e si lamentava flebilmente con gli occhi socchiusi, ma di quel passo non lo sarebbe stata per molto.

- DANNAZIONE! – Urlò all'improvviso, a pieni polmoni. – COME CAZZO FACCIO A SALVARTI, ORA, UCCELLINO? TI SEMBRO FORSE UN MEDICO?! RISPONDIMI. – Lei non rispose. – MADDALENA! MADDALENA! Madda... lena... non morire... per favore.-

Pav si rese conto che gli stavano tremando le mani. Erano sudate, come il suo intero corpo. Sentiva le gocce corrergli lungo la nuca, altre fermarsi nell'incavo del collo. Maddalena stava per morire ed era solo colpa sua, non era riuscito a proteggerla, non era stato in grado di tenersi stretta l'unica persona che non aveva osato giudicarlo nemmeno dopo aver tentato di farle del male.

- Urlarle in faccia non la farà guarire, sai?

Alzò la testa di colpo per incontrare lo sguardo di un uomo. Era magro, non troppo alto, con dei ridicoli pantaloni a scacchi, una benda sull'occhio sinistro e l'altro circondato da una profondissima occhiaia. Lo aveva già visto sul treno... se lo ricordava.
Tra le dita della mano destra aveva una sigaretta accesa. Scese le scale dalle quali era arrivato e li raggiunse, chinandosi ed osservando la ragazza. Inspirò del fumo dalla sigaretta.

- O forse sì? Scherzo, ma grazie ai tuoi versi ho potuto sentirti. Sei stato fortunato. Fa vedere.-
- Non la toccare!-
- Calmati, sono un medico. Vuoi che la salvi o no?-

Pav lo guardò dritto nell'occhio, scrutando i suoi lineamenti. Aveva un viso delicato, il naso piccolo... sembrava davvero giovane, forse più della sua effettiva età, ma nel suo sguardo c'era qualcosa di torbido. Doveva fidarsi? Affidargli la vita della suora? Forse rischiare era la scelta più giusta, dopotutto sarebbe morta ugualmente.
Lo lasciò guardarla.

- Cosa le è successo?-
- Un proiettile.-
- ... Oh. Va estratto il prima possibile, se dovesse lacerare un'arteria dovresti iniziare a scavarle una fossa.-
- Puoi farlo?-
- Sì, ma non qui. Questo condominio è pieno di muffa ai livelli di un film horror, necessito di un posto più pulito, se chiudessi la ferita qui il rischio di infezione sarebbe elevato.-
- ... C'è un bar qui vicino, ci sono anche dei letti. Può andare?-
- Me lo farò bastare. Ma abbiamo un problema.-
- Mh?-
- Una volta entrati qui, è impossibile uscire. La porta si blocca.-
- Non dire stronzate, era aperta qualche secondo fa!-

Il tenente non aveva creduto a mezza parola, perciò per far valere la propria opinione lasciò Maddalena in braccio al tizio ed andò ad aprire la porta.
Ma la porta non si aprì. Allora provò a tirare di più. E non si aprì ugualmente. Non importava quanta forza esercitasse, non si muoveva.

- Che ti avevo detto?-
- E come usciamo allora?!-
- Ci sarà sicuramente un meccanismo da qualche parte nel palazzo. – Si frugò nella tasca dei pantaloni e tirò fuori una chiave. – Questa dovrebbe aprire tutto qua dentro.-
Pav gliela rubò dalle mani.
- Io vado a cercare una via d'uscita, tu prenditi cura di lei. – Si piegò verso di lui, estraendo un coltello dalla tasca della giacca e puntandoglielo contro. – Se torno qui e lei è morta, ti taglio la gola, doc.-

Il suo sguardo di ghiaccio era completamente morto, come se non gliene fregasse nulla della minaccia, anzi sperasse lo facesse. Maniaco.
Nella speranza che fosse davvero un dottore e fosse in grado di salvare Maddalena, il tenente iniziò ad aggirarsi nel palazzo. Era il più strano e schifoso che avesse mai visto, completamente -letteralmente- ricoperto da uno spesso strato di muffa che aveva inglobato ogni cosa, dalle pareti agli arredi e addirittura le piante, tingendo tutto di un bianco candido e malsano.
Con la chiave datagli dal tizio scese al piano sotterraneo, nella speranza di trovare un contatore della corrente; che la porta non si aprisse per mancanza di elettricità? In realtà non gli sembrava elettrica... ma provare non costa niente. Lo trovò ed infatti la leva principale era abbassata, perciò la alzò, ma essa si abbassò all'istante, come se fosse saltata la corrente. Provò a tirarla su più volte, ma nulla da fare. Finché, dopo un po', si rese conto di un rumore alle proprie spalle, continuo e metallico.
Perciò si addentrò ulteriormente nello scantinato ammuffito, sempre con la guardia alta.
Alla fine scoprì che esso proveniva... da una lavatrice accesa, l'unica di quattro. Si scuoteva rumorosamente e dall'oblò chiuso colava del sangue, notò anche un pannello dove si poteva inserire una sequenza numerica a sei cifre.

- Una lavatrice con la password? Ma che cazzo...

Decise che non aveva senso perdere tempo a cercare la soluzione, perciò guardò dietro l'elettrodomestico per staccare la spina... ma essa non era nemmeno collegata. Tentò anche di forzare l'oblò. Niente di niente.
A quanto pare la soluzione all'enigma era d'obbligo trovarla, qualcosa gli diceva che quella lavatrice era proprio il motivo per il quale la porta si era bloccata, dopotutto sembrava l'unica cosa funzionante in tutto l'edificio. Il che era ridicolo, ma in quella città di merda ci si doveva aspettare di tutto e di più.
Tornò su e cominciò ad esplorare il primo piano, finché non si ritrovò davanti ad una televisione stranamente funzionante, la quale stava mandando in onda un servizio del telegiornale condotto da quella bionda che sul treno lo aveva guardato come se avesse voluto ucciderlo -non poteva biasimarla-. Esso parlava di una strage avvenuta proprio in quel luogo, dove avevano perso la vita quattro persone.
Pav decise di tenere a mente quell'informazione e passò al piano di sopra. La maggior parte delle porte erano incastrate a causa della muffa, solo una di esse era aperta.
Era un appartamento normalissimo -"normale" voleva dire ugualmente ammuffito-, tranne che per un disegno sul pavimento; raffigurava due triangoli intersecati tra loro con alla base una croce rovesciata. Il solo guardarlo gli provocava uno strano mal di testa.
Per terra c'era anche un diario, perciò lo raccolse ed iniziò a sfogliarlo. Per gran parte risultava illeggibile, ma verso le ultime pagine iniziò ad assumere un senso.

"Sogno della luna. Il segno. La città è in agitazione.
Pazzi. Loro non sanno cosa li aspetta.
Per me la luna non ha alcun valore. Non è altro che il segno di un'attivazione. Il momento è arrivato. E così anche lui.
E tu che mi sei testimone, sono pronto mio signore. Ho immaginato tutto ciò un migliaio di volte nella mia testa.
Il primo sangue - Colei che parla solo alle proprie piante.
Il secondo sangue - I suoi pupazzi saranno testimoni del suo sacrificio.
Il terzo sangue - Il pazzo spaccone che si è appena trasferito.
Il quarto sangue ed il sacrificio finale - La ragazza che mi tiene sveglio la notte. L'usignolo che pronuncia il suo ultimo pianto.
Per finire il rituale, ho bisogno di tempo. La lavanderia è il luogo perfetto per nascondere i sacrifici.
Lo giuro sul tuo nome, mio signore, il nostro unico leader, lo Zol—"

Il resto era illeggibile, ma Pav capì di avere fatto jackpot. Doveva trovare le case che corrispondevano a quelle nominate nel diario, sicuramente se inserite nel modo giusto nel pannello della lavatrice si sarebbe aperta.
Perciò si diede da fare e, dopo aver fatto il giro e controllato tutti gli appartamenti, giunse ad una possibile combinazione da inserire: 2 - 11 - 13 - 6.
Sei cifre, proprio come gli spazi del pannello.
Tornò velocemente nel seminterrato e si affrettò a digitare la presunta password.
... Ed effettivamente funzionò, la lavatrice si spense e lo sportello si aprì da solo.
Il tenente si chinò guardando al suo interno e ciò che vide fu assurdo: al posto del cestello sembrava esserci un altro luogo, come se quella fosse stata una semplicissima porta. Vedeva solo delle assi di legno e si chiese come diavolo fosse possibile una cosa del genere. Ormai era già al corrente di doversi aspettare di tutto e di più da Prehevil, ma così tanto? Era da pazzi!
Dato che dopo tutto quello che era successo aveva imparato che solo le scelte più assurde ed insensate portavano a dei veri e propri risultati... si infilò nella lavatrice.
Passò senza problemi e si alzò in piedi, ritrovandosi in un luogo completamente foderato da assi di legno, sembrava di essere in un'altra dimensione.
Con la guardia alta e la mano sulla fondina, iniziò ad aggirarsi per quel posto assurdo. Salì una scala a pioli che portò ad un piano superiore... e tutto si fece ancor più strano e distorto.
La planimetria era molto simile, se non identica, a quella del condominio,  con l'unica differenza che il tutto aveva la forma di una prigione. Al posto delle porte degli appartamenti c'erano delle vere e proprie sbarre che le trasformavano in celle. Ma, peggio ancora, a pattugliare la zona era pieno di mostri simili a tapiri uguali a quello che aveva incontrato nelle fogne con Maddalena. Che inculata, si ritrovò a pensare.
Dalla precedente esperienza ricordava che quei cosi non ci vedevano, ma usavano la lingua per tastare l'aria e percepirne gli odori. Pav di riflesso si annusò i vestiti. Doppia inculata, l'essere tremendamente sudato non l'avrebbe certamente aiutato.
Ma si decise comunque di uscire allo scoperto, non poteva starsene con le mani in mano mentre Maddalena stava morendo tra le braccia di quel tizio appena incontrato. Dopotutto quegli abomini erano piuttosto lenti, quanto sarebbe stato difficile evitarli?
Il diario dell'assassino parlava di un rituale e, se quel posto era davvero una copia distorta del condominio, forse la chiave per aprire la porta si trovava proprio nell'appartamento in cui aveva trovato il diario... dopotutto c'era quel simbolo per terra, no?
Dannazione, non gli piaceva arrovellarsi così tanto. Sparare in testa a tutti e farsi strada a testa alta era ben più facile... ma purtroppo ora gli toccava usare il cervello, disseppellire quell'intelligenza che la sua famiglia tanto amava. Dopotutto era per una buona causa.
Uscì allo scoperto, sensi attivati e spada in mano -la pistola sarebbe servitagli solo a suicidarsi-, ed iniziò a dirigersi verso l'appartamento -in teoria- incriminato.
I mostri molleggiavano sui loro passi, ma presto si accorsero di lui ed iniziarono a muoversi in sua direzione. Erano lenti per davvero, ma non poteva certo farsi prendere.
Usò la chiave che gli aveva dato il dottore per aprire una delle celle e ci si infilò dentro per seminare le creature, poi corse finché non aprì un'altra cella e tornò al corridoio principale e si fiondò su per le scale.
Al piano di sopra la stessa storia e, come aveva previsto, dietro le sbarre che corrispondevano all'appartamento dell'assassino, c'era una statua identica a quella trovata nei sotterranei della chiesa, con tanto di effige in alto. L'unico problema era che la chiave non apriva proprio quella porta, ovviamente. Quando mai le cose si facevano facili? Avrebbe tanto voluto che fosse qualcuno a cui sparare.
Guardando meglio, notò che sul soffitto c'era un buco -tra l'altro era presente anche nella sua controparte-. Terzo piano, quindi.
Terzo piano, stesso procedimento, ormai stava iniziando ad annoiarsi.
Aprì le celle finché non ne trovò una con un buco sul pavimento, il quale lo condusse proprio dove voleva arrivare. La vicinanza con il simbolo intagliato nelle assi di legno continuava a provocargli il mal di testa, perciò prese con sé l'effige e fece tutto il percorso a ritroso, fino ad uscire dalla lavatrice e tornare nel vero e proprio appartamento.
Era sempre stato una persona calma, fredda, impossibile da scalfire e lucida, ma in quel momento le sue mani tremavano, sudavano dentro i guanti di pelle. E se ci avesse messo troppo e lei fosse morta? O non si sarebbe più potuta riprendere?
Era paura, quella? Paura che quell'insignificante suora non sarebbe più stata la sua zavorra?
Mentre camminava sentiva il cuore martellargli nelle orecchie, trepidante e desideroso di conoscere la verità. Viva? Morta? Viva? Morta?
E finalmente arrivò. Vide la figura del dottore seduta per terra e poi vide Maddalena.
Ce l'aveva seduta in braccio, con la testa appoggiata contro il petto. Quando la vide spogliata del velo e con l'abito calato fino a scoprirle il petto, rischiò di scoppiargli una vena nella testa. Accelerò il passo di colpo, pronto a sgozzare quel bastardo maniaco, ma poi si rese conto della situazione: le stava tamponando la ferita con un pezzo di stoffa.
Lui alzò la testa e la girò in sua direzione.

- ... Oh, beh, a quanto pare ce l'hai fatta. La porta si è aperta.- Disse, con il suo solito tono piatto.
- Non mi interessa la porta— lei. Lei come sta?-
- Credo che pregare le abbia fatto bene, le hanno sparato in un punto estremamente critico, eppure il proiettile non ha toccato nessun vaso sanguigno importante. È ancora in tempo per essere salvata almeno dal sanguinamento, dall'infezione si vedrà più avanti.-
Pav sentì le spalle rilassarsi.
- Bene, tienila tu, e prendi questa. – Gli passò l'effige. – Vado ad ammazzare quei bastardi che l'hanno ferita e poi ce ne andiamo.- Con la spada stretta nella mano, aprì la porta.
- Daan, comunque.-
- Mh?-
- Mi chiamo Daan. O Daniël, come vuoi.-
- Tenente Pav. Grazie per esserti preso cura dell'uccellino.-

Non aspettò risposta. Uscì dall'edificio ed in un battito di ciglia un proiettile aveva già centrato la fronte, un cerchio perfetto, di quello con il fucile.
Pav cacciò di nuovo la Luger nella fondina e si lanciò in battaglia. Venne approcciato dal bastardo armato di tritacarne; lo sventolava come una bandiera e tentava di colpirlo senza sosta, pieno di rabbia ed odio.
La sua specialità era sempre stata quella di schivare ed avere sempre il primo colpo a segno; la sua agilità gli aveva garantito di restare in vita per tutti quegli anni, di farsi notare per l'abilità con cui sovrastava i nemici più per intelligenza che per forza bruta.
Quella era la sua personale danza. Impugnò la spada a due mani e come se fosse stata una mazza da baseball direzionò la lama proprio al di sotto delle ginocchia dell'avversario, tagliandogli le gambe a metà. Il corpo del mostro cadde a pancia in giù sulla sua stessa arma, il collo atterrato sulla sega circolare. Si decapitò da solo, il sangue sporcò gli stivali al tenente. Maledizione.
Non aveva tempo per bestemmiare ulteriormente, perché ne mancava ancora uno, l'ultimo, quello che voleva spappolargli il cranio con il batticarne. Anche lui era rabbioso per qualche motivo, ancora non aveva capito il perché di tutto quell'astio ed istinto omicida. Che fosse... per l'Aquila di Bremen che svettava fiera sul suo berretto...? Era colpa di quella dannata divisa che portava? Oppure erano solo gli effetti della luna e di tutte quelle malformazioni?
In ogni caso, doveva ucciderlo.
Per prima cosa lo allontanò da sé con un calcio al petto e, quando si sporse di nuovo verso di lui in un tentativo di sferrare un altro attacco, gli tagliò di netto il braccio che sorreggeva l'arma. Di riflesso il mostro lo colpì con quella massa informe che era l'altro arto, prendendolo di sorpresa e buttandolo a terra. Cercò di avventarglisi addosso, ma Pav estrasse di nuovo la pistola dalla cintura e con un colpo alla testa tutto finì, in un battito di ciglia.
Si alzò in piedi, raccolse la spada, si pulì il viso dal sangue che gli usciva dal naso e poi prese da terra la spada a forma di crocifisso che Maddalena aveva perso quando le avevano sparato. Era ancora sporca del suo sangue...
Sentì dei passi alle proprie spalle e quando si voltò vide Daan camminargli in contro. Gli fece cenno di seguirlo ed i tre furono presto al PRHVL BOP dal quale lui e Maddalena erano partiti poco prima. Lo portò nel nascondiglio sotto al bar e lui posò la suora sul letto in cui aveva dormito quella notte. Era estremamente pallida, i suoi capelli biondi sparsi sul materasso e la fronte imperlata di sudore, il petto che si alzava ed abbassava lentamente.

- Portami dell'alcol, – Disse il medico. – della gradazione più alta che riesci a trovare. Servirà per disinfettare la ferita.-

Era la prima volta dopo tanto tempo che qualcuno osava dargli ordini, ma Pav non si oppose, anzi, come un bravo e docile soldatino eseguì. C'era una decente gamma di alcolici al bancone, ma optò per della vodka liscia; aveva un'alta gradazione ed era ciò di più simile ad un disinfettante che potevano usare.
Quando scese con la bottiglia, trovò Daan già intento ad armeggiare con un bisturi in una mano e nell'altra un accendino con cui stava rendendo la lama incandescente. Con un'espressione gelida sul volto, piantò la lama nella carne di Maddalena, ficcandola nella ferita e tentando di estratte il proiettile. Pav si ritrovò a stringere il collo della bottiglia di vodka con una forza tale che pensava di poterla rompere da un momento all'altro. Lui non ci capiva niente di medicina, ma il modo in cui l'uomo stava agendo lo disturbava, sembrava stesse tentando di ucciderla piuttosto che salvarle la vita.
Doveva rimanere calmo. Era la procedura. Maddalena sarebbe stata meglio. Ne era sicuro. Sicuro. Sicuro.

- Passami la vodka.

Gli sembrò di essersi svegliato da uno stato di trance. Visualizzò la figura di Daan che lo guardava. La mano sinistra piena di sangue, il proiettile stretto tra le dita.
Gli passò la vodka. Silenzio. Lui tornò a lavorare. Versò il liquido sulla ferita, la pulì ed asciugò. Poi fece una cosa strana: si piegò sul corpo esanime della suora e le sussurrò qualcosa all'orecchio... dopo un po', la sua pelle era tornata ad essere immacolata.

- Cosa... cosa le hai fatto?-
Daan si alzò in piedi.
- Magia di Sylvian, tutto qui. Non mi piace usarla, ma in questa situazione non credo di avere scelta... il tempo stringe, non ha senso lasciarla riprendere naturalmente. – Si stiracchiò, poi si avviò verso la scala. – Mi trovi al bancone del bar, se vuoi farti un drink posso prepararti ciò che vuoi.-

Pav si sedette sul bordo del letto, osservando Maddalena, il suo petto alzarsi ed abbassarsi lentamente. Dopo una manciata di minuti che gli parve interminabile, vide le sue palpebre aprirsi ed i suoi occhi blu guardarsi intorno. Lo notò e poi schiuse le labbra, tirandosi su e gattonando verso di lui.

- Dormi, eh?-
- Cosa ci facciamo... qui...?-
- Una certa scema si è quasi fatta uccidere, ma sempre quella certa scema è fortunata fino al midollo. – Lei strabuzzò gli occhi e si guardò attorno con confusione. – Però avevi ragione, c'era davvero un'effige in quel condominio. Avresti dovuto vedere che schifezza... anzi, meglio di no.-
- Altri di quei preti-lumaca...?-
- No. Muffa. Tantissima muffa. Non ne voglio parlare... come ti senti?-
- Bene.-
- Bene.-
- Scusa... se ti sto rallentando. Tu hai la tua missione ed io sono qui a metterti i bastoni tra le ruote.-

Era stufo di quei discorsi. Odiava quando Maddalena si metteva a scusarsi per tutto.
Le avvolse un braccio attorno alle spalle, tirandola a sé. La sua testa si appoggiò al suo petto ed i capelli sciolti gli facevano il solletico. La pelle della sua spalla nuda era morbida e liscia, forse ancor più candida del suo già pallido viso. Ed il pensiero di volersela sbattere tornava sempre a ronzargli in testa, nonostante tentasse continuamente di scacciarlo via. Proprio in quel momento non aveva tempo.

- Devo chiederti una cosa importante, Maddalena.-
- Mh...?- I suoi occhioni blu si accesero di curiosità.
- Belle tette, posso toccarle?-

Aveva davvero delle belle tette, sode e di media misura, proprio come piacevano a lui. Le aveva viste mentre Daan la operava e poteva intravederle ancora dal vestito ancora aperto. Lei non se n'era accorta, a quanto pare.
La suora sbiancò al punto da diventare trasparente e la sua prima reazione fu quella di sussultare e dargli involontariamente -forse- una testata sotto il mento. La lasciò e quasi crollò sul letto, tenendosi stretto il viso.
Quando la guardò nuovamente, aveva le mani sul petto e la sua pelle aveva ripreso colorito, diventando tutta rossa. Scoppiò a ridere.
Allungò una mano verso di lei nonostante cercò di scansarsi, afferrandole i lembi dell'abito.

- È bello sapere che sotto questo orrendo sacco nero esista una donna vera e propria. – Dall'espressione di lei poteva dedurre che pensasse volesse denudarla ulteriormente, ma invece iniziò ad abottonarle l'abito. – C'è ancora speranza per te.-
Da rigida come una tavola di legno, le sue spalle si rilassarono e si mise le mani sulle ginocchia.
- Che vuoi dire?-
- Che puoi ancora scappare, la religione non ti serve a niente. Fatti una famiglia, insegui i tuoi sogni, viaggia per il mondo. Uccellino, tu sei troppo intelligente per metterti da sola in una gabbia.-
- Non sminuire la mia fede—-
- Calma. Non ti sto dicendo di smettere di pregare se ci tieni così tanto, solo di scappare dal monastero in cui ti sei chiusa. Sei ancora in tempo.
Non imploravi Alll-mer di darti la libertà, quand'eri bambina? Ti sembra libertà questa?-
- Io... io devo ripagare il mio debito, Alll-mer mi ha permesso di scappare dalla mia famiglia...!-
- Cazzate. Quella che ha usato le gambe per fuggire sei tu, non Alll-mer.
Maddalena, dico sul serio, stai buttando via la tua vita. All'interno del sistema non puoi essere te stessa, e se ne esci troppo tardi di te non rimarrà nulla, la tua vita perderà significato. Non fare come ho fatto io.-

Da quando gli aveva raccontato la sua storia, Pav aveva iniziato a vedere un giovane sé stesso in Maddalena, un giovane sé stesso che presto avrebbe sacrificato la sua intera esistenza per seguire un obiettivo preciso, quello di vendicare la propria famiglia. Ma lei... lei non aveva alcun motivo di seguire lo stesso percorso, lei poteva essere libera.
Non aspettò che rispondesse. Pav si alzò dal letto e la lasciò lì, per poi salire le scale ed andare al bar. Daan si era appostato dietro al bancone come un barman.

- Per oggi sarò il tuo barman. Cosa bevi?-
- Credevo fossi un medico.-
- Non ho mai preso la licenza.-
- Tu— – Stava per insultarlo, ma poi sospirò rumorosamente. Si sedette su uno degli sgabelli. – ... Non ho voglia di alcol. Mi fa venire il mal di testa.-
- Mh... con una faccia come la tua, mi sarei aspettato un bevitore esperto. Tipo... vodka scadente bevuta a collo, direttamente dalla bottiglia.-
- Ho cose troppo importanti da fare per potermi ubriacare. Magari quando le ho finite.-
- ... Ha senso. E perché mai ti trovavi con una suora in punto di morte, invece di essere con i tuoi colleghi dell'esercito di Bremen?-
- Sempre per le cose importanti di prima. Per farla breve, con loro non ci lavoro più.-

Daan non disse niente, solo gli posò un bicchiere pieno davanti al viso. Era latte. Il tenente gli lanciò un'occhiataccia e quell'altro si limitò a guardarlo con il suo sguardo da morto, senza dire una parola.
Lo bevve senza fare troppe storie, alla fine era buono; non troppo dolce, fresco e, parte migliore, non era andato a male. Si leccò le labbra, soddisfatto.
I due uomini continuarono a fare silenzio e, dopo un po', vennero raggiunti da Maddalena. Pav si girò e la vide, con la seconda effige sottobraccio, purtroppo si era rimessa il velo. Sembrava confusa alla vista di Daan.

- Uh—Uh...? Chi sei...?-
- Quello che ti ha estratto il proiettile.-
- Proiettile?!-
Il ciclope si voltò verso di lui.
- Non glielo hai detto—? Che hai fatto laggiù tutto il tempo allora?-
- Le ho chiesto se potevo toccarle le tette.- Pav sorrise.
L'altro alzò un sopracciglio, poi si mise una mano sulla fronte. La suora era diventata bordeaux.
- Mi chiamo Daan, comunque... sono un medico.-
- Non hai la licenza. Non sei un vero medico.- Replicò il tenente.
- ... Ti avevano sparato un colpo di fucile, ho estratto il proiettile. Senti dolore da qualche parte?-
Maddalena scosse il capo, confusa. Dopo qualche secondo si decise a parlare.
- Mi chiamo... Maddalena...-
- Anche lui ti ha visto le tette!-
- Pavel! – Pav non l'aveva mai sentita alzare la voce così tanto, sembrava lo squittio di un topolino. – Grazie... uhm... per avermi salvata, Daan...-
Sul viso di Daan apparve un sorriso, ma forse era un'allucinazione da tanto che era minuscolo.
- Siediti, ti faccio un drink.-
- Io non bevo.- Disse lei.
- Lei non beve. – Disse Pav, all'unisono. – È una vera suora purtroppo.- Aggiunse poi.
- "Purtroppo"?-
- Sei noiosa...-
- Tu insopportabile.-
- Eppure ti piace tanto quando ti do attenzioni...~-
- Non ti ascolto più.-
- Noiosa!-

Sembrava sul punto di esplodere.
E no, non "sembrava" e basta, perché esplose per davvero. In quel momento una bestemmia da parte sua sarebbe stata perfetta -ed esilarante- per dare un tono alla sua frustrazione, ma decise di starsene zitta e correre via all'improvviso, con l'effige stretta al petto. Il rumore dei suoi stivali la seguì su per le scale e poi si quietò completamente dopo il violento sbattere della porta. I due uomini vennero lasciati ad un silenzio tombale. Si guardarono.

- Dannazione! – Pav batté un pugno sul bancone con una forza tale da farlo tremare, poi si alzò di fretta dallo sgabello e lo ribaltò. – Dopo tutto quello che ho fatto per non farla crepare— si farà ammazzare!-
- Calma.-
- "Calma" un cazzo, non si è nemmeno portata la spada, quella ci muore in un posto come questo! Tempo dieci secondi!-
- Se dovessimo correrle dietro cercherebbe ancor di più di scappare, finendo più facilmente per farsi del male, non credi? Dalle un attimo per sbollire la rabbia e si renderà conto di aver sbagliato a correre via disarmata.
... A meno che non sia una persona estremamente orgogliosa e piena di sé.-
- Tutto il contrario, è la definizione umana di "pezza da piedi". Non appena si accorgerà dell'errore ci chiederà scusa piangendo almeno un miliardo di volte. Ha un istinto di sopravvivenza decente, ma non durerà molto là fuori da sola. – Pav iniziò a salire le scale del bar. – Io vado a cercarla, tu fai come vuoi.-
Daan lo seguì.
- Sembri tenere a lei.-
- Scopare una suora è una cosa che non ho mai fatto, volevo provare. E poi si è portata via l'effige. Tutto qui.-

 

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