Ranma del Ryozampaku

di Ranma789
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Arrivo al nuovo Dojo ***
Capitolo 2: *** Ranma, l'allievo del Ryozampaku ***
Capitolo 3: *** Ranma e Miu ***
Capitolo 4: *** Ranma vs Kenichi ***
Capitolo 5: *** La Proposta di Ranma ***
Capitolo 6: *** Ranma, l'insegnante? ***
Capitolo 7: *** Rivoluzione ***
Capitolo 8: *** Rivelazioni ***
Capitolo 9: *** Vecchi Punti Deboli e Nuove Conoscenze ***
Capitolo 10: *** L'Adunata dei Nuovi Allievi ***
Capitolo 11: *** La Determinazione di Kisara ***
Capitolo 12: *** Le Missioni Underground del Ryozampaku ***
Capitolo 13: *** Coloro che Vivono nell'Ombra ***
Capitolo 14: *** Battaglia in una Notte di Luna Piena ***
Capitolo 15: *** I Ricorsi del Destino ***
Capitolo 16: *** Punto di Non Ritorno ***
Capitolo 17: *** Gli Allenamenti di Kisara e Ranko ***
Capitolo 18: *** Il Momento Culminante ***
Capitolo 19: *** Il Sole Splende, le Nubi si Addensano ***
Capitolo 20: *** Ascesa e Caduta ***
Capitolo 21: *** La Tragedia si Scatena ***
Capitolo 22: *** Uniti Resistiamo, Divisi Cadiamo ***
Capitolo 23: *** Complotti, Intrighi e Tradimenti ***
Capitolo 24: *** Su Una Nave In Mezzo All'Oceano ***
Capitolo 25: *** Le Battaglie Parallele ***
Capitolo 26: *** Gli Scontri Decisivi ***



Capitolo 1
*** L'Arrivo al nuovo Dojo ***



 

Quando arrivò finalmente al dojo indicato sulla mappa, Ranma rimase perplesso. Una gigantesca cinta muraria delimitava uno spazio di alcune miglia quadrate, ed una volta decorata che sembrava risalire all’epoca Sengoku* sovrastava una massiccia porta di legno.



Ma che razza di posto è questo? Boh, tanto vale provare ad entrare


Il ragazzo col codino appoggiò le mani sulle ante delle porte e le aprì, senza alcuna difficoltà, ma rendendosi conto che non dovesse essere impresa da persone normali.



“Ehi, c’è nessuno?” domandò nell’entrare, lo zaino ancora in spalla, ma non ottenne risposta. Passeggiando nell’ampio porticato, notò un prato, degli alberi, ed un grande edificio sulla sinistra, che senza dubbio copriva la vista di altri edifici. Il luogo dava una sensazione di incuria, ma non doveva essere abbandonato.


Non vide né sentì nessuno, ma percepì un brusìo di voci provenire dall’interno, che via via si fecero più alte e concitate, poi delle grida ed improvvisamente vari rumori come di vasi spezzati, tavoli rovesciati, ed altri danni assortiti, che provenivano però, a breve distanza di tempo, da angoli diversi della casa, come se un elefante impazzito stesse muovendosi a zig zag.


Ed in breve Ranma lo vide, o meglio LA vide. Quella che sembrava una ragazza poco più giovane di lui, con una lunga treccia bionda, uscì da una parete, sfondandola di netto, inseguita da una cacofonia di voci diverse.


C’era qualcosa di strano in lei, era circondata da un’aura rossa fiammeggiante, ed i suoi occhi non sembravano umani, ma più simili a quelli di un’animale feroce. 




Lei stessa non si esprimeva come una persona, ma emetteva versi che potevano anche essere parole in un’altra lingua, e letteralmente schiumava dalla bocca, come posseduta.


Eh? Ma che diavolo…”


Ma non fece in tempo a fare domande, perché, nel notarlo, la ragazza emise un ringhio e gli si gettò addosso con furia selvaggia, attaccandolo con un colpo di avambraccio che mancò Ranma, che si era istintivamente spostato indietro, ma che spaccò il terreno sottostante.


“Ehi, CHE CAVOLO PENSI DI FARE?” gridò il ragazzo col codino, che tuttavia si limitò a schivare, con le mani ancora in tasca.


Dalla breccia nel muro emersero varie facce di persone bizzarre: un uomo con i capelli lunghi e degli strani mustacchi, un ometto cinese con lunghi baffi ed un ampio cappello, un enorme anziano con una lunga barba, un giovane gigantesco del sudest asiatico con i capelli a spazzola, ed un giapponese con la barba non fatta ed una cicatrice sul volto.


“Tsk! Ci è sfuggita!”

“E sta attaccando quel ragazzo! Doveva essere un cliente!”


“Ooh, non abbiamo mai visite, perché proprio oggi?”


“Apa! Se lo fa fuori, possiamo comunque fargli pagare la retta per la sfida?”


“Uhm…vediamo che cosa succede” suggerì l’uomo più anziano.



La ragazza misteriosa non cessava di incalzare Ranma con attacchi molto vari, acrobatici e ferocissimi, appartenenti ad un’arte marziale che l’erede della scuola Saotome non aveva mai visto, ma che gli ricordava vagamente qualcosa collegato ad uno dei suoi viaggi.


Il ragazzo col codino si limitava, con l’attenzione al massimo, a schivare istintivamente tutti gli attacchi, senza contrattaccare, muovendosi all’indietro, di corsa, come se stesse pattinando sul prato, sempre inseguito dalla ragazza selvaggia, che diventava sempre più frustrata nel non poterlo colpire, ed emetteva una serie di suoni gutturali ad ogni tentativo.


Ad un certo punto Ranma si accorse, con la coda dell’occhio, dei cinque strani individui che li spiavano dal buco nel muro senza fare niente al riguardo.


Tsk! Che cos’è, una specie di test di ammissione al dojo? Se è così, non è di mio gusto!


“EHI VOI! STRANI TIZI!” gridò, senza alcun riguardo, come suo solito.

Le sue parole ebbero un effetto inaspettato. Molti di loro sembrarono contriti




“Parla di noi?”


“Decisamente senza peli sulla lingua…”


“Siamo strani?”


“Beh, tu un po’ strano lo sei, con quella faccia…”


“APA! Apachai non è strano, al massimo un po’ originale, ma non strano…” mormorò “capelli a spazzola”, tenendosi le ginocchia, depresso.



“GUARDATE CHE SE QUESTO E’ QUELLO CHE VOLETE; TRA POCO RISPONDERO’ ALL’ATTACCO! ANCHE SE COLPIRE LE DONNE NON E’ NEL MIO STILE…”



Continuava a svolazzare all’indietro per tutto il cortile, evitando gli ostacoli come se avesse gli occhi dietro la nuca.



In quella, un’ombra uscì fulmineamente dal buco nel muro, coprendo la distanza a grandi balzi e gridando qualcosa.



“NOOOO; FERMATI; MIU-SAN!”



Uh? E quello chi è?” Si domandò Ranma.


La strana figura, però, si avvicinò rapida a loro due e, prima che Ranma potesse farci qualcosa, si interpose tra il ragazzo col codino e la ragazza selvaggia, incassando in pieno stomaco un colpo violentissimo che non era destinato a lui.


“Eeeh?”



Distratto per una frazione di secondo, Ranma inciampò su qualcosa che si ritrovò tra i piedi, che non aveva percepito.


I cinque uomini poterono osservare che un topolino con un cappello da ferroviere stesse guidando una piccola locomotiva fatta di fiammiferi, sulla quale viaggiavano una rana, un coniglietto, ed una scimmietta, tagliando la strada ai contendenti a tutta velocità, e che Ranma, calpestandola, la mandò in mille pezzi, così che le bestiole si dovettero lanciare in ogni direzione, per salvarsi dal “disastro ferroviario”. Il topolino-capostazione teneva stretto un cartello con scritto “HELP!”



“Tochoumaru…ecco…dov’era…finito…” disse una ragazza con una lunga coda di cavallo appollaiata mollemente sul tetto dell’edificio.

L’anziano sollevò lo sguardo, con una gocciolona sulla tempia “Shigure, sei stata lì per tutto il tempo?”



Ranma, inciampando in un ostacolo imprevisto, si ritrovò a rotolare all’indietro a tutta velocità, interrompendo la sua corsa contro un barile pieno d’acqua, che fracassò nell’impatto.



“Ahio…ma che diavolo faceva quel topolino? Anzi, più importante…chi è quello scemo che si è messo in mezzo?” Mormorò mentre cercava di rialzarsi, ormai trasformatosi nella sua versione femminile, bassa, pettoruta e dai capelli rossi.



Il ragazzo che aveva intercettato il colpo stava piegato in due, bocconi, sul prato, tra lui e la ragazza, che si era momentaneamente fermata, emettendo grossi sbanfi, come indecisa sul da farsi. 
Il ragazzo, tremante dal dolore, si girò comunque verso Ranma, chiedendo “Stai…stai bene?”


“Ma certo che sto bene, scimunito! E staresti meglio anche tu se non ti fossi intromesso!” urlò l’erede della scuola Saotome con il savoir faire per il quale era giustamente famoso.


“Uh? Ma…”


“Se i miei occhi non mi ingannano…”


“Mmmmh…”


“Apa!”


“UH? COSA VEDO?”


A quest’ultimo commento, l’ometto con baffi e cappello schizzò in avanti come un fulmine, una luce inquietante negli occhi.


“OH? Un altro pericolo?” Si domandò Ranma, avvertito dal sesto senso, mentre si rialzava, la testa ancora infilata in uno dei cerchi della botte.



“Uo-Ohhh! PROPRIO COME PENSAVO! UNA ROSSA COME PIACE A ME! MISURE 87-53-83! NON SE NE VEDONO TUTTI I GIORNI!”



Era l’omino, che girava intorno a Ranma ragazza a velocità supersonica, provando a palparla e scattando una raffica di foto con fotocamera portatile.



“Uh? Oh? Cosa? VAI VIA, BRUTTO MANIACO!” esclamò Ranma, terrorizzato, scalciando via con tutta la sua forza.


L’ometto schivò senza difficoltà, commentando “uhm…hai delle buone abilità”



“C-che cosa? Una ragazza?” si domandò il ragazzo piegato a terra “ma prima…mi sembrava di aver visto un uomo



La ragazza con la treccia, che era rimasta in piedi, a contemplare la situazione, tremando di rabbia e soffiando dalle narici, all’improvviso non ne poté più. Rivolse la testa al cielo e lanciò un urlo terrificante, primordiale. Un grido di guerra.


Ranma cambiò espressione.


“Arriva”



Ed infatti la ragazza le si scagliò addosso, cercando di attaccarla con rinnovato vigore, variando sempre le mosse.



Ranma però, balzato in piedi, non si fece trovare impreparato, continuando a schivare tutto, e questa volta anche parando, sfruttando a dovere le sue ridotte dimensioni per eludere gli attacchi, ben concentrato e deciso a finirla alla svelta.



“Uhm…niente male, davvero”


“APA! Quella ragazza è forte! Magari non morirà”


“Ma…sentite, sbaglio io, o quella ragazza, poco fa…”


L’anziano, invece, rimase in silenzio, pensieroso.



Ranma soppesava il da farsi.


“Tsk…attacca con ferocia, ma senza un vero schema…anche se non conosco queste mosse, sono più veloce, ed ho riflessi migliori…ma come la fermo senza farle troppi danni? IDEA!”



Continuando a deflettere la barriera di attacchi, Ranma cominciò, come d’abitudine, anche se forse la ragazza non poteva sentirlo, a schernire l’avversario.


“Sai bella mia, non so quale sia il tuo problema…


…ma adesso FINISCE QUI!”



E di scatto, dopo una schivata, le sbucò alle spalle. Le saltò in groppa e le immobilizzò le braccia stringendole intorno le gambe, per poi usare le mani per colpirla sulla schiena in vari punti con una raffica di colpi dati con la punta delle dita, inflitti nei punti di pressione del corpo umano, per immobilizzarla.



Ranma si lasciò cadere in piedi, mentre la ragazza si accasciava a terra, l’aura fiammeggiante esaurita, gli occhi che si spegnevano e l’espressione che ritornava brevemente normale, prima di svenire, più per l’abbassarsi della pressione nervosa che per altro.


“Pff! Non è stato poi difficile”


Devo ricordarmi di ringraziare ancora il dottor Tofu per avermi insegnato quei punti di pressione…”



In quella, però, accaddero diverse cose.



Tutte le persone che osservavano dall’edificio, più lo strano ometto, cambiarono espressione, sparirono all’improvviso, e ricomparvero a semicerchio intorno a Ranma ed alla ragazza accasciata a terra, come se si fossero teletrasportati.



EEEEH? Ma quando si sono mossi?” Ranma non poté trattenere il suo stupore, misto a timore.


Sono veloci…VELOCISSIMI. Molto più veloci persino di me…e saranno anche…più forti?


Uhm…forse ho fatto bene a venire qui, dopotutto”.



Il primo a parlare fu l’uomo con la lunga barba. Ranma poté notare solo ora che era davvero gigantesco. Oltre due metri di altezza per almeno duecento chili di puri muscoli, a dispetto dell’età. Torreggiava persino su tutti gli altri, il che era tutto dire.




Parlò con calma autorità.


“Akisame…”


“Mi occupo subito di Miu, Anziano” disse subito l’uomo con l’Hakama, i capelli lunghi ed i bizzarri mustacchi.


“Kensei…”


“Sì, vado a controllare come sta Kenichi” si offrì il pervertito di mezza età, che dall’atteggiamento sembrava adesso tutta un’altra persona.

“Ed ora…devo chiamarti…signorina?


Forse ci devi qualche spiegazione, non ti pare?”


Pff! Sempre la solita storia! Che seccatura!” Pensò Ranma.


Eh va beh. Via il dente, via il dolore


Fece un inchino non molto profondo e poi disse:


“Sono l’erede della scuola di Arti Marziali Indiscriminate dello Stile Saotome. Sono RANMA SAOTOME. Molto piacere”.



Ricevette diversi sguardi interrogativi in risposta, ma la maggior parte di loro non sembravano ostili, più incuriositi ed in qualche modo benevoli”.


“Beh, forse possiamo parlarne dentro di fronte ad un tè, ti va?” propose con un sorriso.


◊◊◊◊



Si trovavano tutti seduti ad un largo tavolo, all’interno, nella sala centrale.


Ciascuno aveva di fronte una tazza di tè, preparato dal piccolo cinese.


Il ragazzo che si era fatto “suicidare” aveva l’aria di un allievo, non poteva avere più di diciassette o diciotto anni. Si era tolto il gi ed era stato fasciato intorno al costato, ma sembrava in grado di seguire la discussione. Scrutava Ranma in un modo che a lui non piaceva affatto, anche se avrebbe dovuto esserci abituato.



La ragazza con la treccia bionda che aveva attaccato Ranma (e che, da svenuta, aveva un’espressione del tutto diversa, praticamente angelica, ed era-Ranma notò-piuttosto carina) era ancora svenuta ma adesso respirava in modo regolare. Era stata infilata in un futon ad un lato della stanza ed il maestro “mustacchi” come Ranma aveva deciso di chiamarlo nella sua testa, le stava cambiando delle pezze bagnate sulla fronte.



“Come sta?” si informò l’Anziano, una nota di preoccupazione nella voce.



“Si riprenderà, per fortuna non è nulla di grave” lo rassicurò Mustacchi.



“I punti di pressione che ho usato erano…” iniziò Ranma, ma venne interrotto dal piccolo cinese



“Lo sappiamo quali sono. Audace da parte tua usarli in uno scontro reale, visto che palesemente hai appena imparato ad usarli e che la tua conoscenza di essi è piuttosto scarsa; ma sono stati una buona soluzione, devo ammetterlo”



“UH? E lui come fa a saperlo? Lo ha capito solo vedendomeli usare una volta?”



Il cinesino sembrò avergli letto nel pensiero, perché si mise a sghignazzare un poco, ma subito si avviò verso il futon della ragazza. Ranma temette per un istante che volesse fare qualcos’altro di pervertito, invece la girò su un fianco, con delicatezza, si scrocchiò le dita, emise un bel respiro, e poi, a velocità supersonica, colpì con il dito gli stessi punti che aveva usato Ranma per stenderla, adoperando però l’effetto inverso, come antidoto. 
In effetti la bionda, che non avvertì lo shock, iniziò a respirare ancora più tranquillamente, come se fosse del tutto fuori pericolo, ed i suoi muscoli, da irrigiditi che erano, si rilassarono.



Ranma era sbigottito, provò un brivido freddo lungo la schiena.

“Ma dove diavolo sono finito?”



“Il tuo stupore è comprensibile-iniziò l’Anziano, a sua volta sembrando di leggergli nel pensiero-anche se, per arrivare qui, devi aver avuto qualche informazione sul conto di questo dojo.




Questo è il Ryozampaku, il luogo dove si radunano gli eroi che hanno padroneggiato al massimo le loro arti marziali”.



“Padroneggiato al massimo…?”


Ranma ci rifletté un secondo, ed iniziò a tremare di gioia. Aveva sempre sentito dire che le arti marziali sono un percorso senza fine, che c’è sempre qualcosa da imparare, che c’è sempre qualcuno più forte di te, ecc. Ma non ci aveva mai fatto troppo caso. 
Pensava, da arrogante, che fossero favole buone per far comportare bene i bambini. 


Anche se, doveva ammettere, la Vecchia Obaba ed il Vecchio Happosai erano rimasti degli ossi troppo duri da rodere, persino per lui. Era praticamente un neonato di fronte ad un elefante, rispetto a loro. 
Questo però significava che nel mondo dovevano esserci altri praticanti di arti marziali di livello INTERMEDIO tra il suo ed il loro. 
Ed ora ne aveva la prova. Erano qui, davanti a lui. 
Aveva temuto di annoiarsi, di non aver più niente da imparare. Ed ora, invece… Un nuovo mondo di arti marziali si apriva di fronte ai suoi occhi.



D’improvviso, l’entusiasmo per l’allenamento e la voglia di imparare si impossessarono di nuovo di lui, come ai bei vecchi tempi.


Rialzò lo sguardo, gli occhi che brillavano. Gli altri se ne accorsero, perché sorrisero di sottecchi.



“E voi sareste…?”


L’Anziano fece le presentazioni.



Indicò l’uomo alto e muscoloso, con la cicatrice sul viso e lo sguardo da lupo


“Alla mia sinistra:



Il Karateka di Centesimo Dan; Sakaki Shio!”


Poi si rivolse al piccolo pervertito con i baffi lunghi e la pelata.

“Di fronte a me:


Il Maestro di tutto il Kung Fu Cinese: Ma Kensei!”


“Di fianco a lui: Il Maestro Filosofo del Ju Jitsu: Akisame Koetsuji!”


Ecco qual era il vero nome di Mustacchi, pensò Ranma


“alla mia destra: il Dio della Morte della Muay Thai, Apachai Opachai!”


Ed il gigante thailandese con i capelli a spazzola, squittì un “APA!” alla presentazione, lasciando Ranma perplesso.


“Sopra di noi, sulle travi del soffitto:



il Prodigio delle Spade e di Tutte le Armi, Shigure Kosaka!”

Ranma si accorse solo ora della giovane donna e la trovò inquietante. Anche lei doveva avere dei dubbi perché lo guardava di sottecchi.



“Ed io sono Hayato Furinji, il titolare di questo dojo. Mi chiamano anche



IL SUPERUOMO INVINCIBILE!”


Ranma rimase per un istante senza parole. Poi si ricordò dell’allievo, che stava in un angolo, l’espressione mite.



“E…quel tizio SENZA ALCUN TALENTO laggiù in fondo, chi sarebbe?” chiese, con la massima nonchalance, come se stesse parlando del tempo.



Mentre Kenichi si sentiva trafitto da una freccia al cuore, tutti gli altri sghignazzarono.



L’Anziano rispose “Oh, lui è il nostro Primo Allievo; Il Discepolo dei Più Forti della Storia”



“Sono Kenichi Shirahama! Lieto di conoscerti, Saotome Ranma!” disse l’allievo, ricomponendosi e facendo un inchino.




Per nulla impressionato dalla risposta educata alla sua osservazione cafona, Ranma rimaneva dubbioso. 
Come poteva quel tizio essere il discepolo di quei mostri? 
Boh, magari era appena agli inizi, pensò. Certo, SI ERA intromesso nell’attacco della ragazza selvaggia, per cui…beh, avrebbe indagato un’altra volta.



“E…la ragazza che mi ha attaccato…è un’altra vostra allieva?” azzardò.


Le espressioni di tutti si rabbuiarono, abbassando lo sguardo.



Ancora una volta, l’Anziano parlò.



“Sì, lo è. Dobbiamo farti le nostre più sincere scuse, Ranma Saotome. Per quanto abbiamo fama di essere un dojo sopra le righe, con metodi di allenamento…beh, che a molti sembrerebbero ESTREMI; non è nostra abitudine attaccare gli ospiti in questo modo”



“La ragazza che vedi si chiama Miu Furinji, ed è mia nipote”

Ranma dovette fare tanto d’occhi, e tutti se ne accorsero.

“E ti possiamo assicurare che di norma è una ragazza dolce e gentile, per quanto molto preparata nelle arti marziali. La colpa di quello che è successo non è sua.



E’ mia. E solo mia”



“Anziano, non è vero…” iniziò Koetsuji



“Grazie, Akisame, ma sappiamo tutti che è vero. Il fatto è, Ranma, che mia nipote è nata con l’affinità per il ki del Dou, e diciamo che, di recente, per via di esperienze traumatiche delle quali non è il caso di parlare, ha delle grosse difficoltà a controllarlo, e se cerca di evocarlo per potenziare il suo fisico, rischia di perdere il controllo e trasformarsi in una bestia assetata di sangue. 


Ho cercato di intervenire con una terapia d’urto, lasciando sfogare la sua ira, per provare a farle controllare i suoi poteri, ma è sfuggita al nostro controllo, ed ha attaccato la prima persona che ha visto, non rendendosi conto di quello che faceva. 
Per fortuna, la prima persona che ha visto era un praticante di arti marziali abbastanza esperto da essere in grado di cavarsela comunque”.



Ranma non fece caso alla sviolinata, perché non gli sfuggì che era stata fatta per nascondere l’altra, colossale, mancanza che avevano commesso: non intervenire neanche dopo, per la curiosità di vedere cosa sarebbe successo. E questo gli diede una seconda impressione del dojo, una molto meno positiva della prima. Avrebbe dovuto tenere gli occhi aperti.



Tuttavia, in quel momento non desiderava fare polemica, anche se sarebbe tornato sull’argomento, prima o poi. Qualunque risentimento avesse provato per la ragazza si era dissolto, come fumo nell’aria, e provava invece, tanta pena per lei.



Una cosa, però, non gli era chiara.



“Il Ki…del Dou?”



Domandò, con esitazione.


“Ooh? Una praticante di questo livello che non conosce la differenza tra Dou e Sei? Che strano! Quello delle arti marziali è un mondo davvero vasto”.




“Possiamo dire che in generale, quando evocano il proprio Ki, la maggior parte dei praticanti di arti marziali, lo fa ricorrendo alla propria personalità: c’è chi lo fa esplodere adoperando le proprie emozioni, come la rabbia e l’aggressività, e si chiama Dou, e chi invece ricorre alla calma interiore ed alla capacità analitica per affrontare i nemici, ed è definito un praticante Sei. 
Per esempio, da quello che ho visto, tu dovresti essere di tipo Sei”.



Per Ranma fu come se qualcuno avesse fatto esplodere una bomba nel suo cervello.



C’erano così tante cose che aveva visto e fatto nella sua vita che corrispondevano a questa distinzione, eppure non gli era mai stata spiegata, oppure non la conoscevano neanche suo padre e Soun, mentre Obaba ed Happosai…beh, figuriamoci, quei vecchiacci riuscivano ad essere più abbottonati di una vecchia cassaforte, quando volevano.



Lui stesso era un combattente Sei. Era talmente ovvio, sin da piccolo non faceva che evitare con calma e raziocinio le mosse avversarie per poi attaccare e contrattaccare nel momento giusto.



L’Anima di Ghiaccio e lo Hiryu ShotenHa erano mosse Sei. Lo Hiryu ShotenHa sfruttava il ki del Dou dell’avversario contro di lui.

Lo Shishi Hokodan di Ryoga era una mossa Dou, potenziata dalle emozioni, per giunta negative. Ranma non riusciva a replicarlo per quel motivo, non gli era congeniale.




Happosai, mosso dall’avidità, dalla lussuria e dalla crudeltà, era un marzialista Dou.



Cologne era una marzialista Sei.



Shampoo sarà stata del Dou, pur essendo molto brava a controllarsi, quando serviva. Ukyo probabilmente era del Sei. 
Akane…beh era indubbiamente del Dou. 
Mousse era del Sei. 
Ryoga, manco a dirlo, del Dou.



Altri…non ne era sicuro.

E poi…Herb era Dou, ma conosceva anche lo Hiryu ShotenHa.


Ed ora che ci pensava…

Le tecniche proibite della scuola Saotome inventate da Genma…

Lo Yamasen Ken adoperato da Ryu Kumon era una tecnica Dou. E lo Umisen Ken imparato da lui era una tecnica Sei. 
Fin qui tutto chiaro.


Ma suo padre, che le aveva sviluppate, le padroneggiava ENTRAMBE! Proprio come Herb!



Interruppe quel flusso di coscienza per chiedere:

“Ma…esistono anche persone che sanno adoperare ENTRAMBI i tipi di Ki?”



“Ooh, questa è una domanda interessante-rispose Hayato-Beh, in effetti, molto di rado, nasce qualcuno in grado di adoperare tutti e due i tipi di ki, però in genere ha comunque un’affinità naturale per uno dei due. 
Quindi lo adopererà come tipo primario. 
Inoltre, i due tipi di Ki si possono adoperare ALTERNANDO l’uno e l’altro, non INSIEME. 
Chi provasse a farlo…beh, non è il caso di parlarne ora, ma finirebbe molto male”.



Il viso di Kenichi si rabbuiò. Stava pensando allo Seido Gouitsu, che aveva rovinato la vita di Ryuto, di Kanou Sho, e quasi distrutto Kajima Satomi, prima che poi riuscisse a salvarlo in extremis. 
Non sapeva se sarebbe stato in grado di replicare quell’impresa, all’occorrenza.



“Capisco-concluse Ranma, ancora riflettendo su tutto-però…io ho imparato ad usare il Ki anche SENZA adoperare le emozioni, o l’assenza di esse. 
Ci sono sia dei modi di aprire i propri Fori del Ki che di adoperare attacchi di energia interna, che sono, per così dire…neutri. E’ possibile?”



Stava pensando al Moko Takabisha; anche se all’inizio adoperava le emozioni positive per evocarlo, ormai lo faceva in automatico. 
E sapeva usare il Ki per potenziare il suo fisico a prescindere dalle emozioni, lo aveva imparato da poco, ma molto bene. 
Inoltre, anche molte delle tecniche di Hinako non avevano “colore”, per così dire.



Il sorriso di Hayato si allargò ancora di più.


“Oh, beh, a dire il vero ESISTE un terzo tipo di Ki, il Ki neutrale, ma è qualcosa di talmente raro che è difficile valga la pena parlarne. Tu dici che sai adoperarlo?”



“Beh, sì, almeno credo. Ci sono almeno un paio di applicazioni che sono in grado di eseguire”.



“Ma davvero? Allora siamo davvero fortunati ad averti incontrato. Vedi, il terzo tipo di Ki si chiama GA, ma possono adoperarlo solo l’1% della popolazione, forse anche meno. Ciò non esclude che chi lo usa poi usi anche in parallelo il Dou oppure il Sei. Io, per esempio, sono una delle pochissime persone in grado di usare il Ga. Se tu sei un’altra di quelle, il nostro incontro è più unico che raro”.




Tutti gli altri iniziarono a guardarlo con rinnovato interesse.

Ranma sorrise, ma poi un gemito di Miu-era strano sapere come si chiamasse senza essersi presentati-lo riportò agli argomenti più scottanti.




“E poi…quell’effetto estremo di perdita del controllo…non è proprio di TUTTI i combattenti Dou, vero? Perché io…credo di averlo già visto…di recente, una forma molto simile…ma si è trattato di un caso eccezionale”.



Ripensò ovviamente con amarezza a Ryoga ed a come si fosse mutato in una bestia assetata di sangue nel loro ultimo scontro. A pensarci bene, aveva usato in modo magistrale il potere del Sei per sconfiggerlo.




Hayato si rabbuiò. “Hai messo il dito nella piaga, purtroppo. 
No, i praticanti Dou SI SERVONO della rabbia, la INCANALANO, ma di solito non si LASCIANO POSSEDERE da essa. 
Se ciò accade, rischiano di perdere sé stessi e di non tornare più indietro. 
Quando questo avviene, si dice che cadano nella via dell’Ashura. 
Sono lieto che mia nipote, pur correndo quel rischio, non abbia fatto quella fine. A tal proposito, ti devo porgere i miei più sentiti ringraziamenti”.



Ranma si schermì “Ma no, dico davvero, ho fatto solo quello che era necessario, non mi dovete niente”.



Hayato si avvicinò col viso “Bene, sono contento di sentirtelo dire, perché ora che abbiamo chiarito questo aspetto, CI SAREBBE una cosa che TU devi a NOI”.



Ranma lo guardò, facendo tanto d’occhi “Uh? Davvero? E che cosa?”



“UNA SPIEGAZIONE SUL PERCHE’ TU TI SIA TRASFORMATO DA UOMO IN DONNA; PER ESEMPIO!”



“AAAH, è vero! Me n’ero dimenticato!” Ranma era stato così preso dalle ultime rivelazioni che aveva scordato che in origine doveva spiegare il suo aspetto di ragazza.



Ora tutti gli altri avevano delle gocciolone d’imbarazzo.


“E sia-sospirò-vi spiegherò tutto. Ma prima posso, per favore, avere dell’altro tè?”



“Uhm? Ti piace il mio tè? In effetti è molto buono, ti ringrazio-disse Kensei-ma non hai ancora finito il primo”.



“Già, è molto buono, ma in effetti il secondo non intendo BERLO”.



Dubbioso, il cinese gliene porse un secondo bicchiere.



Ranma si alzò in piedi sul tavolo, perché tutti potessero vederlo, nonostante la sua scarsa statura.



“Vi prego di fare attenzione, perché lo farò una sola volta”



E si rovesciò in testa il tè bollente, riacquistando subito l’aspetto di uomo.


◊◊◊◊◊



Quale può essere la reazione di qualcuno di fronte…all’impossibile?



E’ una domanda che molti si pongono: come reagirebbero se…ma in pochi trovano una risposta, perché l’unico modo per saperlo è provarlo per davvero.


La reazione dei maestri di fronte alla metaformofosi di Ranma fu principalmente di stupore e sgomento, ma espressero questo in modi diversi.



Si levò una cacofonia di voci ed urla.



Apachai sembrò terrorizzato, si mise seduto sotto la tavola, stringendosi le ginocchia e gridando: “uaaah, Ranma è un mago! Cioè, una maga! Cioè…non lo so! Apachai è confuso! Ti prego, non farmi il malocchio!”



Sakaki si esibì in un profluvio di oscenità, dopo aver sputato la birra che stava bevendo.



Koetsuji, sempre logico, era di sasso. La sua mente NON POTEVA accettare quello che stava vedendo. “Ma…ma non è possibile”



Hayato fece tanto d’occhi, aprendoli del tutto, il che era rarissimo. “Quindi…è proprio vero e può farlo in entrambi i modi”



Kenichi sembrò sconvolto, lui non si era accorto del tutto che Ranma all’inizio era uomo, ed ora la sua reazione assomigliava molto a quella di Apachai.



Ma il più sconvolto di tutti era Ma Kensei. 
Si ritrasse indietro, aggrappandosi ad una sedia con una mano, tremante, la bocca spalancata, indicando Ranma convulsamente con un dito


“No…non può essere…ma allora…le leggende SONO VERE! Tu…sei stato in quel luogo?”



Ranma si voltò a guardarlo.


“Ah, giusto, lei viene dalla Cina, non è così? 
Vedo che ne ha già sentito parlare…ebbene, è così, io sono stato ALLE FONTI MALEDETTE DI JUSENKYO!” proclamò a voce alta, per farsi sentire da tutti.



“Le magiche fonti che possono mutare la natura delle persone…ne avevo sentito parlare, ma ero convinto si trattasse di una diceria…una favola per bambini”



“Oh, fidatevi, è fin troppo reale. Non sono il solo che conosca al quale è capitata una brutta esperienza”



“Cosa? Ce ne sono degli altri?”



Per un istante, Ma Kensei soppesò il pensiero. Poi gli si stampò un sorrisone ebete sul viso.




“Quindi, da qualche parte…ci sono un mucchio di altre PUPATTOLE come quella di prima?” con gli occhi a cuoricino.



Ranma lo colpì in testa con uno sgabello.


“NON E’ QUELLO CHE INTENDEVO DIRE!”



“Uff…per un attimo pensavo di poter parlare seriamente…comunque no, le persone che conosco sono cadute in ALTRE fonti…per la precisione in fonti nelle quali sono annegati degli animali…ma non vi dirò chi od in quali”



“Un momento, ragazzo, ora stai sovrapponendo la spiegazione. Kensei ne ha già sentito parlare, ma noi non ne sappiamo nulla” gli ricordò Akisame.



“Sì, giusto, scusatemi. 
In pratica, in uno sperduto angolo della Cina esistono un centinaio di leggendarie fonti che sono maledette da tempi immemori. 
In ciascuna di esse è annegata, in tempi remoti, una creatura di qualche tipo. 
Da allora, chiunque si bagni con le acque di quella fonte è destinato a trasformarsi nello stesso tipo di creatura che vi annegò.



Io sono caduto nella Sorgente della Ragazza Annegata, ecco perché assumo l’aspetto di una ragazza, o meglio, di come sarei se fossi nato donna”.



“Uhm…certo, in effetti la ragazza sembrava la tua sorella gemella” soppesò Hayato.




“Esatto, e tutte le volte che vengo bagnato con dell’acqua FREDDA mi trasformo in quel modo, mentre bagnandomi con dell’acqua CALDA, riassumo il mio aspetto originario”.



“E’…è davvero pazzesco” riuscì a dire Sakaki.



“Già, e come vi ho detto, quella capitata a me non è stata neppure la sorte peggiore: conosco persone che sono cadute in fonti dove sono annegati degli animali, e quindi…beh, vi lascio immaginare”



Per un istante, tutti guardarono nel vuoto, immaginando, alternativamente, sé stessi in versione femminile, o peggio, trasformati negli animali più vari. Poi scossero tutti la testa per scacciare quelle fantasie.




“Incredibile…ma d’altronde, l’abbiamo visto con i nostri occhi, quindi non possiamo dubitarne” concluse Akisame.



“Purtroppo non esiste una cura, od un antidoto, a questa maledizione. Tutto quello che posso fare è cercare di conviverci.



Voglio anche precisare che la mia personalità, E SOPRATTUTTO il mio…orientamento sessuale, non cambiano AFFATTO quando sono trasformato in donna.



Di base, a conoscere la maledizione sono solo una manciata di persone dal luogo dal quale provengo, a Nerima, alcune delle quali hanno ricevuto a loro volta una delle altre maledizioni.



Ora siete anche voi a conoscenza del mio segreto e vi pregherei di mantenerlo tale: come potete immaginare, non è una cosa che mi faccia piacere far sapere in giro”.




Tutti rimasero in silenzio per un lungo istante.


Poi scoppiarono a ridere, all’unisono.



“Uahahah, ragazzo, tu sei uno che si preoccupa troppo!-esclamò Sakaki dandogli una micidiale pacca sulla spalla-comunque mi piaci, sei una persona davvero unica, in un certo senso”



“Apachai è amico di Ranma. Sia uomo che donna. Apachai ha DUE nuovi amici!”



“Non ti devi preoccupare, Ranma-interloquì l’Anziano-qui siamo tutti un po’ strani, in un modo od in un altro. E di sicuro non giudichiamo nessuno per le sue condizioni fisiche”. Ranma si sentì sollevato.



Poi sentì una mano sulla spalla. Si voltò. Era Ma Kensei.



Guardava verso il pavimento, con espressione solenne.

“Ah, povero ragazzo…quante ne hai dovute passare, alla tua giovane età…ma quello che devi fare, ora è cercare di farti forza, e…”



Improvvisamente cominciò a tirargli un numero incredibile di secchi d’acqua, e saettava tra di essi, pronto a scattare con la macchina fotografica


“…TROVARTI UNA NUOVA CARRIERA COME FOTOMODELLA; POSSO AIUTARTI IO!”



“MA SEI RIMBECILLITO?”



Ranma evitava tutti i secchi muovendosi a velocità ipersonica, ma non ce l’avrebbe fatta se non fosse arrivata Shigure, piombando giù dal soffitto (in effetti, Ranma non l’aveva vista né sentita durante la spiegazione, ma doveva aver assistito a tutto) a dare la caccia a Kensei inseguendolo con una katana.




Nell’attimo che Ranma sembrò potersi fermare, sentì una sensazione fredda sul collo.



Quello che avevano chiamato Kenichi, l’allievo, gli aveva rovesciato senza tante cerimonie una bottiglia d’acqua in testa, facendolo ritornare donna!



“Wow, è proprio come ha detto lui…”



“MA CHE CAVOLO COMBINI?”



Un calcio laterale fece volare via l’incauto allievo, facendogli fracassare la parete. Mentre scompariva all’orizzonte, si poteva sentire la sua voce dire “Volevo essere sicurooooooo….”


◊◊◊◊◊



“Mannaggia, quanti grattacapi” commentò Ranma-ragazza, strizzando via l’acqua da un lembo del camiciotto.



Era da solo, sotto il portico, mentre gli altri portavano via i tavoli e le sedie. 
A quanto pare, Shigure aveva catturato Kensei, legandolo come un salame con la sua catena e lo aveva appeso ad una trave del soffitto-con il suo topolino, Tochoumaru, a sorvegliarlo, con una lancia fatta da uno stelo di paglia, ed una bandana con il simbolo del Sol Levante stretta in fronte-ed ora gli altri si stavano arrabattando in qualche modo per preparare la cena-di solito era Ma a cucinare, quando non se ne occupava Miu-ed il fatto che lo facessero gli altri lasciava prevedere risultati variabili dallo scarso al disastroso.



Hayato si avvicinò a Ranma “Devi scusarli, non è sempre così…beh, no, ad essere onesti, a volte è pure PEGGIO…”



Ranma lo guardò, poi scosse la testa “Naah, non è un problema. Questa per me è ordinaria amministrazione. La mia vita non è mai stata del tutto normale, ma da quando sono caduto nelle fonti maledette, sembra che la sfortuna faccia a gara a superare sé stessa nell’inventarsi sempre nuovi modi per complicarmi l’esistenza”



“E’ solo che-aggiunse poi-per una volta che stavo entrando in un ambiente nuovo, avevo sperato che tutto potesse andare, in modo, come dire…ordinario? Tranquillo? Non so più neppure cosa vogliano dire, quelle parole”



Hayato sedette a gambe incrociate, come Ranma. Era ormai sera e nel cielo spuntavano le stelle.



“La tranquillità è un lusso che in pochi possono concedersi, nel nostro ambiente. Si potrebbe dire che le persone con gradi doti, non siano DESTINATE ad avere una vita tranquilla.



Tu di certo hai i tuoi problemi, ma come avrai notato, anche qui non siamo esattamente normali…però la cosa importante è che impegnarsi per migliorare, sostenerci gli uni con altri e non venire mai meno ai nostri ideali”.



Ranma si voltò a guardarlo. 
Il vecchio doveva essere matto come un cavallo, esattamente come gli altri, ma, per un momento, al ragazzo sembrò di intuire perché fosse il capo di quel dojo.



“In fondo-riprese Furinji-forse non è necessario AVERE una vita tranquilla, non credi, Ranma? Forse ciò che si dovrebbe desiderare è DI RIUSCIRE A SUPERARE qualunque difficoltà che la vita possa metterci davanti”.



Ranma si trovò a sorridere. “Sì, forse ha ragione”.



Per lunghi minuti entrambi guardarono le stelle, assorti nei loro pensieri.



“Ehi, Anziano, ho una domanda” iniziò la ragazza.



“Dimmi; comunque, puoi chiamarmi Hayato”



“Tua nipote, la ragazza di nome Miu…starà bene?”



Il vecchio sembrò illuminarsi a quella domanda.



“Puoi scommetterci che starà bene, ma ti ringrazio per averlo chiesto. Miu è di fibra molto forte, non devi preoccuparti. 
Sta ancora imparando a gestire i suoi poteri, e questo è stato un piccolo…incidente di percorso, tutto qui. 
Domani sarà come nuova, vedrai”



Ranma, inarcando un sopracciglio, si domandò quale razza di maniaco potesse definire “piccolo incidente di percorso” il trasformarsi in una bestia omicida, ma evitò di dar voce a quel pensiero.



“Bene-disse invece-sono sollevato”.



“Tra parentesi-riprese Hayato-non abbiamo avuto modo di parlare del motivo per il quale sei arrivato qui. Avevi intenzione di allenarti in questo dojo, Ranma Saotome della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate?”



“Che cosa voglio fare, a dire il vero, non lo so-affermò il ragazzo, anche se pronunciò quelle parole in forma di ragazza-per un sacco di tempo la mia vita è scorsa su binari prestabiliti da altri, tutto ciò che dovevo fare era quello che mi veniva detto. 
Ad un certo punto, non mi è stato più bene, e mi sono ribellato. 
Però, mi sono reso conto che…non so esattamente COSA farmene della libertà. 
Non sono mai stato abituato ad averla.



Tutta la mia vita è sempre stata incentrata sulle arti marziali, ed in linea di massima mi stava bene. 
Ma ora che posso davvero scegliere cosa fare della mia vita, cos’è che voglio IO, davvero? Non credo di saperlo…”




Rimasero in silenzio per un altro lungo momento.



“Beh, se posso esserti d’aiuto-interloquì Hayato-sia che tu decida di proseguire sulla strada delle arti marziali sia che tu decida di non farlo, l’unica cosa che puoi fare è continuare ad andare avanti, a vivere, e fare esperienze sempre diverse. 
Non devi aspettarti che la risposta ti caschi in braccio da sola. Piuttosto, è probabile che, mentre sarai impegnato a fare altro, quando avrai smesso di pensarci, essa ti si paleserà. 
Ti renderai conto di averla sempre conosciuta”



“E’ possibile…” replicò Ranma dubbioso.



“Comunque-riprese l’Anziano-da quello che ho visto, tu sembri possedere delle capacità non comuni. 
Non è da tutti essere in grado, ad una così giovane età, di evitare gli attacchi di Miu in modalità Ashura**, SENZA avere a tua volta evocato il Ki per potenziarti. 
Sarebbe un vero spreco se un talento simile smettesse di praticare le arti marziali”



Ranma osservò il vecchio, in obliquo. Era lieto del complimento, ma non capiva dove volesse andare a parare.



“Da un lato, questa scelta è solo tua, e la potrai prendere con cognizione di causa dopo aver fatto altre esperienze di vita. 
D’altro canto, questo è un dojo di persone che praticano le arti marziali-scoprirai che tutti possiedono altri tipi di talenti, oltre ad esse, ma principalmente è così-quindi possiamo esserti d’aiuto solo in questo ambito. 
Se ti allenerai qui, potresti riuscire a capire se le arti marziali saranno parte del tuo futuro; potresti decidere di smettere, oppure riuscirai a ravvivare la fiamma della passione che in questo momento si è attenuata”.



Ranma sembrò convincersi.

“Sì, perché no?”



Hayato sorrise di gusto.

“Molto bene! Allora è deciso. Comincerai già da domani, quando Miu e Kenichi si saranno ripresi. 
Ed ora, se vuoi scusarmi, devo fermare quegli idioti prima che distruggano la cucina-Miu non ci perdonerebbe se domani non la ritrovasse intatta-tanto ho capito che per stasera dovremo ordinare d’asporto per cenare”




Ranma rimase seduto sul portico a guardare le stelle anche dopo che Hayato se ne fu andato.



Ripensò a quel tizio strano, quel Kenichi, che doveva essere il loro allievo, con il quale avrebbe avuto a che fare l’indomani. 
Provò una fitta di fastidio al pensiero che lo avesse ritrasformato-a proposito, avrebbe dovuto farsi un bagno caldo prima di andare a dormire-ma in fondo poteva capire che la curiosità per la sua condizione fosse parecchia. Solo che non riusciva ad inquadrarlo. 

Sembrava decisamente…FUORI POSTO; lì in mezzo. 
Tutti gli altri Maestri pazzoidi avevano…in qualche modo una ragion d’essere, in un ambiente come il Ryozampaku, ma lui no.



Pensò anche a Miu. 
Sarebbe stato imbarazzante, il giorno successivo, fare le presentazioni, dopo quello che era accaduto; e per giunta, avrebbe dovuto rispiegare da capo tutta la storia della maledizione anche a lei. Tirò un grosso sospiro. MAI che le cose potessero essere facili.



A dire il vero, Miu era la persona sulla quale sapeva meno di tutti. Non era stata mai cosciente per tutto il tempo, da quando era arrivato al Ryozampaku.



Si sorprese a domandarsi come dovesse essere, in realtà. Assomiglierà di più alla belva feroce che lo aveva attaccato, ad una ragazza sfortunata in lotta contro un crudele destino (in questo senso, si assomigliavano), oppure all’angioletto dolce e gentile che traspariva dal suo viso addormentato?



Oh, beh-pensò-lo scoprirò domani, suppongo. Domani è un altro giorno

◊◊◊◊◊





Legenda



*Sengoku: l’epoca “degli stati combattenti” il lungo periodo di guerra civile che nel 1500 portò alla riunificazione del giappone sotto il potere dell’imperatore e del suo Shogun (primo ministro). L’epoca Sengoku è il periodo nel quale è ambientato, notoriamente, un altro manga della Takahashi, ossia Inuyasha



**Modalità Ashura: ho deciso di dare questo nome allo stato nel quale qualcuno cade quando è preda del Ki del Dou. In fondo, nel manga di Kenichi, si parla di "Via dell'Ashura" per chi sprofonda in una spirale di violenza omicida. Gli Ashura sono sorta di demoni rabbiosi della mitologia buddista, chi segue manga/anime ne avrà sentito parlare

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Capitolo 2
*** Ranma, l'allievo del Ryozampaku ***


Dopo aver dormito sul proprio futon in una spoglia stanza degli ospiti, Ranma si svegliò abbastanza presto, ma non abbastanza da non essere preceduto da qualcuno che aveva preparato la colazione per tutti. Mentre iniziava a mangiare, il cuoco rientrò per prepararla anche per Kenichi e Miu, che non si erano ancora alzati, e Ranma scoprì che si trattava del cinese, Kensei Ma.


All’inizio lo squadrò con sospetto, e poi gli disse, con neutralità: “Niente trucchi oggi, vecchio?”.

Il maestro, senza voltarsi, replicò con una leggera risata “Ohohoh, non so di cosa tu stia parlando, giovanotto. Io sono solamente un tranquillo praticante di arti marziali che ha come hobby la fotografia. Un sincero ammiratore del corpo femminile, la cui bellezza è indubbiamente un segno della misericordia divina nei confronti di noi poveri mortali”.


“Già, beh, sarà meglio che rivolga altrove la sua ricerca della misericordia, perché qui non ne troverà alcuna”.


“Ohoh, che giovanotto sfrontato.
Però…non posso fare a meno di chiedermi se a tutta questa sfrontatezza corrisponda ad un proporzionale livello di abilità” concluse guardandolo di sottecchi con un ghigno divertito.


“Tsk! Non chiedo di meglio che di farvi vedere di cosa sono capace!”


“Ohoh! Ci sarà tempo, ci sarà tempo…”


In quella entrarono, uno per uno, tutti gli altri maestri. Era evidente che dovevano aver tenuto riunione nella stanza grande fino a poco prima.
Ranma li squadrò di nuovo e gli sembravano sempre più bizzarri. Va bene che lui era abituato alle bizzarrie, comunque…


“Oh, ti sei già alzato, molto bene” interloquì Koetsuji.


“Ben svegliato, ragazzo!” disse il karateka con un ghigno da lupo.


“Apa!” squittì il gigante.


Ranma notò che mancava l’Anziano, mentre ipotizzò che Shigure stesse strisciando, come al solito, da qualche parte nelle travi del soffitto.


“Uh…posso chiedervi dove sono gli allievi? Miu e quel Kenichi?”


“Si sono appena svegliati. Miu sta parlando con l’Anziano, che le sta spiegando cosa è successo ieri. Da stamattina è possibile che vi alleniate tutti insieme, anche se riguardo a te, bisogna ancora prendere una decisione” lo informò Koetsuji.


“Uahah; già, e quanto a Kenichi, è un miracolo se si sveglierà, dopo il calcio che gli hai rifilato ieri!” sghignazzò Sakaki.


“Beh, non avrebbe dovuto innaffiarmi di acqua fredda. Non è esattamente il modo migliore di mettermi di buon umore”.


“Lo immagino-riprese Koetsuji-comunque, in caso che dobbiate allenarvi tutti insieme, sarebbe meglio che cercaste di andare d’accordo”.


“Da parte mia non ci sono problemi, finché NESSUNO si comporterà in modo strano” e su quelle parole scoccò un’occhiataccia a Kensei, che stava fischiettando come se niente fosse.

◊◊◊◊◊

Qualche minuto dopo, erano tutti nel cortile. I maestri stavano seduti a gambe incrociate sotto il portico (tranne Shigure, appollaiata sopra il tetto), ed a breve furono raggiunti da Kenichi e Miu che si sedettero accanto a loro.


Ranma notò che la ragazza, nell’incrociare il suo sguardo, arrossì e nascose il viso nel grembiule, imbarazzata. Dovevano averle detto cos’era successo il giorno prima e, come comprensibile, si vergognava. L’altra cosa che notò fu che era DAVVERO carina, corpo snello e flessuoso, ma al tempo stesso con curve mozzafiato, una lunga treccia bionda ed occhi color del cielo.


Ranma stava in piedi in mezzo al prato, di fronte a lui Hayato, in piedi a braccia serrate.


“Ranma Saotome-esordì-e così sei venuto al Ryozampaku per poterti allenare. Dimmi, dove hai sentito parlare del nostro dojo?”


“Si trovava tra gli appunti del vecchio maestro, ora defunto, che ha fondato il mio stile. A dire il vero non diceva molto, c’era solo scritto La Casa dei Più Forti. La cosa mi ha incuriosito, quindi sono venuto qui per saperne di più”.


“Uhm…e dimmi, come si chiamava il tuo maestro?”.


“A dire il vero…era un tipo misterioso, non ho mai conosciuto il suo cognome. Per tutti era solo il vecchio Happosai”.


A quel nome, Hayato cambiò espressione, ma in modo controllato, come se in fondo se lo aspettasse. Quasi tutti gli altri maestri, ebbero invece dei moti di stupore.


“Come? QUELL’Happosai…sarebbe il tuo maestro?” chiese Koetsuji


“Ma…se non sbaglio, ne ho sentito parlare come di una specie di demonio” disse Sakaki.


“Uno dei più grandi esperti di arti marziali, ed uno dei maggiori…ehm, pervertiti del globo terracqueo” osservò Ma, senza alcuna punta di autoironia.


“Feh! Sì, esattamente. QUEL vecchio ha fondato la Scuola di Arti Marziali Indiscriminate, che poi ha tramandato a due soli allievi, uno dei quali è mio padre, Genma Saotome.


Io personalmente sono stato addestrato fin da bambino per diventare l’erede della scuola, ma di recente, il vecchio Happosai è morto senza avermi mai insegnato un bel niente. Che possa bruciare all’inferno!”


“Uhm…da come ne parli, è indubbio che conoscevi veramente il vecchio” disse Hayato.


“Come? Lo…conoscevate anche voi?”


“Uahaha! Certo che lo conoscevo! A dire il vero, Happosai ed io siamo stati vecchi amici e compagni di bevute!”


“Cosa? Ma tu guarda. Il vecchio è pieno di sorprese” commentò Sakaki.


“Come? Incredibile” commentò Koetsuji “Già, ma del resto, il passato dell’Anziano è avvolto nel mistero…” proseguì tra sé e sé


“Apa! L’Anziano ed il maestro di Ranma erano amici! Anche Apachai è amico di Ranma!”


Kensei e Shigure non dissero nulla, pensierosi.


Miu sembrava stupita ed assorta.


Kenichi, invece, fu scioccato dalla notizia, ma in un modo diverso “Accidenti, ma questo…è un vero COLPO DI SCENA! Con quello di ieri sera, fanno già due! Devo prendere appunti-e tirò fuori carta e penna e cominciò a scribacchiare convulsamente-Se voglio diventare un grande scrittore, devo comprendere i meccanismi con i quali stupire i lettori quando meno se lo aspettano”.


A Miu venne una gocciolona d’imbarazzo in fronte a vederlo così.


“Uhm…non me lo aspettavo-commentò Ranma-ma…UN MOMENTO! Allora, quella figura che ho intravisto al funerale…ERAVATE VOI! Sapevo di non aver sognato”.


“Uahahah, sei stato bravo ad accorgerti di me! Sì, sono andato a rendere un ultimo omaggio ad un vecchio amico e ad uno straordinario praticante di arti marziali”.


Ranma era stupito. Ora tutto aveva più senso. Poi l’Anziano riprese a parlare.


“Comunque, Ranma, se non erro, lo stile della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate consiste nell’imparare qualunque tecnica, stile o mossa da qualunque scuola al mondo, per poi modificare ed adattare il tutto alle proprie caratteristiche e preferenze, escludendo le tecniche che non ci risultano congeniali ed avendo sempre a disposizione una risposta per ogni situazione. E’ esatto?”


“Sì, è così. In effetti, io stesso ho attraversato tutto il Giappone, durante l’infanzia, studiando ogni disciplina marziale (e molte discipline fisiche non marziali) giapponese o straniera che fosse, per sviluppare il mio stile. Poi ho appreso anche alcune tecniche segrete di arti marziali antiche tramandate solo in alcuni remoti clan, e mi sono confrontato con alcune arti marziali moderne sviluppate qui in Giappone a scopo sportivo, ispirate ad attività ordinarie. Come già sapete, sono stato in Cina, dove ho studiato vari stili di kung fu per circa un anno, conoscenza che ho rinfrescato di recente qui in Giappone. Nella vita ho affrontato e sconfitto numerosi rivali, alcuni dei quali ricorrenti, trovando sempre una soluzione, a costo d’improvvisare, a qualunque problema.”


“Uhm…il ragazzo mi piace. Sembra aver vissuto molto più dei suoi anni” osservò Sakaki.


In pratica…per la sua intera vita, è stato usato come cavia per verificare quale sia il livello di apprendimento delle arti marziali che una singola persona può raggiungere. In qualche modo, le menti dei marzialisti ragionano tutte in modo simile…”rifletté Koetsuji.


Kensei si domandò a QUALI tecniche segrete Ranma si riferisse. Comunque, sul suo volto si dipinse un ghigno. Il ragazzo era sempre più interessante.


Kenichi era esterrefatto, ma sapeva che Miu lo sarebbe stata di più. “In pratica, lui…”


“E’ COME ME!” pensò la ragazza.


“Bene, bene-disse Hayato-in tal caso, scoprirai che il Ryozampaku è davvero il posto che fa per te, se vuoi passare ad un altro livello”


Sul volto di Ranma si dipinse un sorriso speranzoso


“Tuttavia-riprese il vecchio Furinji con espressione severa-non insegniamo a CHIUNQUE. Per dimostrarti degno di studiare qui dovrai sottoporti ad un TEST”.


Ranma cambiò espressione, per assumerne una di sfida “Sono pronto a qualunque cosa.   Vi devo affrontare? Uno alla volta o tutti insieme?”
I maestri scoppiarono a ridere all’unisono. Miu e Kenichi sembravano imbarazzati. Ranma era seccato. Chiaramente non lo stavano prendendo sul serio.


“Ahah, mi piace il tuo spirito, giovanotto. Comunque no, non si tratta di una prova fisica, ma di una MORALE” riprese Hayato, lasciando il ragazzo abbastanza interdetto.


“Una prova…morale?” il ragazzo col codino non capiva.


“Vedi, in questo dojo seguiamo le regole del Katsujinken, che, in caso non lo sapessi, è la filosofia di vita del Pugno Che Salva; propria di chi utilizza le proprie arti marziali per far trionfare il bene ed aiutare il prossimo”.


Ranma sembrava non capire. Arti marziali al servizio del bene? Doveva diventare una specie di supereroe?


“Viceversa-continuò l’Anziano-esiste purtroppo una filosofia di vita opposta, detta Satsujinken, o Pugno Che Uccide, propria di chi pensa che le arti marziali siano state create per permettere ai forti di opprimere i deboli, e che si debbano uccidere senza pietà i propri nemici”


“In passato, purtroppo, è già capitato che persone allenatesi in questo dojo se ne siano poi allontanate, abbracciando i principi del Satsujinken, ed utilizzando la conoscenza così ottenuta per profitto personale”


Miu, Kenichi e Koetsuji abbassarono la testa, pensierosi. Hayato stava alludendo ad Isshinsai Ogata, naturalmente, ed anche a Saiga Furinji, il padre di Miu-anche se quest’ultimo era di recente tornato sulla strada del Bene.


“Per cui, Ranma, capirai senza dubbio per quale motivo debbo verificare il CARATTERE di chi si allena qui. Non posso permettere che questo errore si ripeta. Dimmi, ragazzo, tu quale via hai scelto? Katsujinken o Satsujinken?”


Ranma era dubbioso. Il suo comportamento era messo alla prova?


“Ma…veramente, è la prima volta che sento parlare di queste due filosofie opposte. Per tutta la mia vita, non mi sono mai posto il problema di questioni così complicate. Per me, le arti marziali sono un modo per migliorare sé stessi e provare la gioia della lotta e la soddisfazione della vittoria, oltre che il piacere di apprendere cose nuove. A chi non piace un bello scontro?” E qui avrebbe giurato di sentire un ghigno di approvazione da parte di Sakaki.


“Certo-riprese il ragazzo col codino-la morale che mi è stata impartita è sempre stata quella di PROTEGGERE la vita, e l’ho seguita senza contestarla, anche se…”


Tutti sembrarono sporgersi in avanti. Si sarebbe potuta sentire una goccia di rugiada cadere.


“…nella mia vita…ho incontrato VARIE persone che usavano le arti marziali per profitto personale…o peggio ancora, che erano disposte ad uccidere” e qui Ranma ripensò velocemente a molti dei suoi più grandi rivali, come Ryu Kumon, Herb (anche Mousse e Ryoga, all’inizio) e poi…quando pensò a Saffron, il suo volto si contorse in una smorfia di disgusto e rabbia.


“A dire il vero, mi è capitato, circa un anno fa…di vedere messa alla prova la mia determinazione.
Un…nemico, possiamo dire…incredibilmente forte…stava minacciando la vita di una persona…a me molto cara…e l’unico modo per affrontarlo, vista che era così potente…l’unico modo…”


Tutti avevano un’espressione neutra, tranne Kenichi e Miu.


“…è stato colpirlo con tutte le mie forze, senza pensare alle conseguenze. In quel momento…lui ha rischiato di morire…potrei dire che, SE FOSSE morto…ad essere onesto, non mi sarei sentito in colpa. Non posso davvero dire di esserne pentito” concluse, rialzando il volto, con espressione di sfida.


“Ma il tuo nemico non è morto?” domandò Hayato, in tono neutro.


“No, non è morto-espirò Ranma tutto in una volta, con velato sollievo-credo che non possa più nuocere a nessuno, ma è vivo e vegeto”. E si trovò a ripensare alla piccola fenice uscita dall’uovo, che il popolo del monte Hoo avrebbe di nuovo allevato per diventare il proprio sovrano. Speriamo che stavolta gli mettano un po’ più di sale in zucca, pensò.


Tutti i maestri si rilassarono. Hayato accennò un sorriso.


“Bene, bene. Sei stato messo alla prova, e comunque non hai commesso nulla di irrimediabile. Non ti criticherò: non dubito che una situazione disperata richieda misure disperate. Apprezzo la tua sincerità, Ranma. Non dev’essere facile parlare di una vicenda del genere con degli estranei”.


“Tsk! Ormai è acqua passata”.


“Molto bene! Solo altre due domande rapide: ritieni che sia onorevole usare tutta la propria forza per sconfiggere un nemico inferiore?”


“FEH! E che gusto c’è a prendersela con i più deboli?”


“Mentre, se passando per la strada, ti capitasse di vedere qualcuno usare la propria forza per maltrattare, rapinare o molestare il prossimo…?”


“Uhm!-Ranma scrocchiò le nocche-penso che andrei a prendere quel QUALCUNO e gli darei una bella lezione!”


Tutti i maestri sorrisero. Hayato si illuminò.


“Molto bene, Ranma! Hai superato la prova!”


Ranma sembrò stupito “Come? Tutto qui? Volete dire che…vi fidate semplicemente…della mia parola?”


L’Anziano gli mise una mano sulla spalla.


“Ohohoh, ma certo! Non è facile mentire, senza che io me ne accorga! Già, ma tu sei ancora giovane! Quando avrai un centinaio d’anni, anche tu riuscirai a leggere con facilità nel cuore delle persone!”


Miu sembrò deliziata “Meno male…sembra davvero una brava persona” Poi però si rabbuiò un momento. “Cosa penserà di me…dopo ieri?”
E poi la colse un pensiero inquietante “All’epoca del lavaggio del cervello di Jenazad…io, non avrò, per caso…?” e non osò terminare il pensiero.


Kenichi, invece, era ammirato, ma al contempo, un po’ spaventato “Meno male…non sembra una cattiva persona…ma…fa un po’ paura. Ha già vissuto esperienze tragiche, ed è poco più grande di Miu e di me…è come…-si guardò intorno-come la versione in miniatura dei Maestri” e questo pensiero non sapeva se gli fosse di conforto o meno.

Però…in fondo, anch’io ho vissuto molte esperienze al limite, da quando mi sono unito al Ryozampaku. Ranma-kun…potrebbe essere un nuovo amico? Un alleato nella lotta contro lo Yami?”


I Maestri esprimevano le loro opinioni a voce più alta.


“Uhm…il ragazzo ha già vissuto esperienze molto serie…ma credo che ci possiamo fidare. Mi piace il suo piglio!” commentò Sakaki, aprendosi una birra.


“Di sicuro, è una persona che sta camminando lungo il percorso delle vere arti marziali-commentò Kensei-fatto di momenti decisivi nei quali si fanno scelte difficili”.


“In molti si sono trovati di fronte ad un bivio, nella vita-interloquì Koetsuji-anche se non mi sembra che Ranma segua con convinzione il Katsujinken, è piuttosto chiaro che non appartenga al Satsujinken. Direi che è sufficiente”.


“Molto bene, Ranma-riprese Hayato- direi che possiamo ufficialmente accettarti come allievo del Ryozampaku”.


Ranma si limitò a scoccargli uno sguardo grato e stringere un pugno.


“C’è solo un piccolo particolare…”


“Quale?”


A supervelocità, apparve Kensei, con un piccolo scrittoio, fogli, penna, calamaio, ed una visiera da impiegato calcata sulla pelata.


“La RETTA da pagare, ovvio! Sono 10.000 yen al mese!”


Ranma sembrò orripilato dalla visione, ma si riprese.


“Uhm…la retta, giusto; vediamo-disse tirando fuori il portafoglio dalla tasca-non ne capisco molto di denaro, ma ho svolto dei lavoretti lungo la strada, ed ho risparmiato un po’…ecco qui! Pago anticipato per un anno!”


Gli occhi di Kensei si dipinsero del simbolo dello yen mentre gli strappava letteralmente di mano i soldi. Anche Miu teneva le mani unite, estasiata, mentre la sua testa suonava come un registratore di cassa! SOLDI! Finalmente avrebbe potuto fare la spesa senza controllare il centesimo!


Acc…se è così ben fornito, avremmo potuto chiedere molto di più. Beh, ormai è fatta” pensarono, all’unisono, Kensei ed Hayato.


Quando gli ebbero dato la ricevuta, Ranma se la ficcò in tasca e cominciò, fremente d’impazienza, a tirare pugni all’aria tutto intorno “Bene, ed ora che abbiamo sbrigato le formalità, quando si comincia? Ardo dalla voglia di imparare!”


“Calma, calma! E’ questo il brutto vizio dei giovani, sono troppo impazienti” Era Koetsuji, che avanzava verso di lui con una serie di cartelline sottobraccio.


“Uh? Cosa intende dire?” domandò il ragazzo con la giubba rossa.


“Voglio dire-riprese il maestro baffuto-che per impostare un programma di allenamento personalizzato abbiamo bisogno di conoscere il livello di abilità base del nostro allievo.


Nel caso di Kenichi e Miu è stato più facile: Kenichi ha cominciato ad allenarsi da noi quando le sue abilità erano praticamente a zero, quindi abbiamo potuto seguirne l’evoluzione passo passo; mentre, al contrario, Miu ha passato l’intera infanzia a viaggiare per il mondo con suo nonno, che l’ha addestrata personalmente (a dire il vero, una storia sorprendentemente simile alla tua); quindi il suo livello è per noi ben noto.
In tutto questo, TU sei per noi un’incognita; ma per casi come questi, ho preparato un SEMPLICE schema-(e nel dire questo tirò una tabella piena di formule e calcoli complicatissimi, che nessuno si sognò di contestare, nel terrore che volesse spiegarli in dettaglio)-che ci permetterà di stabilire con ragionevole grado di precisione i tuoi livelli di forza fisica, potenza, resistenza alla fatica, rapidità, velocità, riflessi, capacità sensoriali, resistenza ai colpi. Questi dati ci permetteranno poi di impostare l’allenamento sulle tue capacità effettive. In pratica, dovremo fare una serie di test fisici”.


“Mmmh…ok, cominciamo pure”.


Pochi minuti dopo Ranma si ritrovò a sostenere, con le braccia sollevate sopra la testa, una dozzina di putrelle d’acciaio del tipo per costruire le strutture portanti dei palazzi (prese chissà dove). Dopo che Apachai ebbe aggiunto l’ultima, Ranma, per quanto stoico, si ritrovò a vacillare un po’.
“Forza delle braccia…circa 25 tonnellate. Non male” annotò Koetsuji.


“Ehi, Akisame, dovremmo provare anche la forza delle gambe, non credi?” lo inzigò Sakaki. Ranma lo fulminò con lo sguardo.


“La forza delle gambe è di solito più che doppia di quella delle braccia, ma in effetti-aggiunse il baffuto con una luce strana negli occhi-per un dato il più possibile scientifico, sarebbe meglio verificare”.


Ranma era ora sdraiato per terra a tenere sollevate, a gambe piegate, una quantità di putrelle più che doppia, con in aggiunta il terrore che gli cadessero addosso.


“Forza delle gambe…60 tonnellate-avevi ragione Sakaki, valeva la pena provare, anche se secondo me potrebbe arrivare a 65-ok, Apachai, toglile di lì”


Per misurare la velocità di movimento, chiesero a Ranma di percorrere, in un unico scatto, tutta la distanza del prato da un muro all’altro. Sotto gli occhi via via più esterrefatti di Miu e Kenichi, il ragazzo col codino sparì ai loro occhi per riapparire dall’altra parte; anche se Shigure lo aveva preceduto di tanto che si stava limando le unghie sul muretto d’arrivo, cosa che sembrò causargli un certo scorno. “Rapidità di movimento base…oltre il livello  supersonico” annotò, diligente, il maestro di JuJitsu sulla sua cartellina.


Per misurare la potenza dei colpi, chiesero a Ranma di colpire una serie di blocchi di cemento impilati uno contro l’altro e di dimensioni crescenti: ce n’erano una dozzina, e Ranma, colpendo il primo con un pugno, causò un’onda d’urto che li distrusse tutti fino al sesto, causando alcune crepe nel settimo.


Per le capacità sensoriali, gli chiesero prima di riconoscere quanti kunai Shigure stesse lanciando contro un bersaglio, a velocità ipersonica e sempre crescente, tanto che sembravano sparire alla vista; e poi, ad occhi bendati, di riconoscere da dove provenisse il suono di un campanellino suonato da Akisame mentre tutti gli altri facevano un fracasso infernale battendo rami d’albero su pentole dismesse. Ranma superò le prove brillantemente.


Misurarono la sua resistenza alla fatica facendolo correre su un tapis roulant costruito da Akisame ad una velocità pari a 7/10 del suo massimo, con un gigantesco zaino sulle spalle, contenente 10 tonnellate di mattoni, per 10 minuti consecutivi: quando si fu fermato, osservarono quanto gli fosse venuto il fiatone (e lo notarono correttamente, malgrado Ranma cercasse, per orgoglio, di nasconderlo).


Per farlo riprendere, Kensei suggerì una prova supplementare, che consisteva nell’espandere la propria aura al massimo, perché i maestri ne osservassero la padronanza del Ki: Miu e Kenichi rimasero terrorizzati dall’espansione dell’aura di Ranma, mentre i maestri ne parvero ammirati e compiaciuti, ma non impressionati.


La rapidità di movimento delle braccia venne misurata (tutte le prove erano da eseguirsi senza adoperare alcuna tecnica, né ricorrere all’uso del Ki) lasciando che Ranma provasse ad allungare le mani abbastanza in fretta da IMPEDIRE ad Apachai di lanciarsi in bocca, uno per uno, un’intera scatola di spuntini: l’idea, probabilmente, non era che ci riuscisse, ma di misurare di quanto ci si sarebbe avvicinato. Ranma riuscì a sfiorare l’ultimo bocconcino, che però finì comunque nello stomaco del gigante thailandese. Akisame continuava a scrivere.


Ad ogni nuova prova, Kenichi era sempre più terrorizzato, perché in esse vedeva il suo futuro: Ranma era chiaramente molto più abile di lui, ma un giorno anche Kenichi sarebbe stato valutato in base a quei criteri, e non osava immaginare quali allenamenti infernali gli sarebbero stati impartiti per arrivarci.


Miu era semplicemente ammirata “Fantastico…e pensare che è poco più grande di me”.


Quanto al diretto interessato, Ranma sembrava progressivamente frustrato. Era come se fosse convinto di dover superare tutto brillantemente, com’era abituato, ed invece, ad ogni prova, gli sembrava di non riuscire: o meglio, di non fare abbastanza. O meglio ancora, di fare bene, ma non il massimo. E questo per lui era un’esperienza nuova. Anche se in realtà non era questo il criterio di valutazione dei maestri.


Verso la fine, chiesero a Ranma di schivare una serie di colpi che sarebbero stati tirati da Sakaki, a velocità progressivamente crescente, per misurare i suoi riflessi difensivi. “Non ti preoccupare, ragazzo-ghignò il karateka-non ti farò male, invece che un pugno userò solo il dito indice”.


“Tsk! Mi sa che MI STAI SOTTOVALUTANDO!” affermò il ragazzo, cominciando a schivare a velocità irreale e senza difficoltà la raffica di colpi di Sakaki.


“Oooh, notevole!” Affermò Kensei.


“Apa! Ranma è davvero bravo!” squittì Apachai.


Akisame continuava a scrivere sulla cartellina.


“Uhm…è specializzato nella difesa” constatò Hayato.


Kenichi e Miu non avevano parole, si limitavano ad osservare la scena a bocca aperta.


Sakaki però, continuava ad aumentare la velocità, ed, insieme ad essa, il numero e la qualità dei colpi e la complessità delle finte che eseguiva per tentare di colpire Ranma. Questi, con gli occhi fissi sul dito del karateka, concentrato al massimo, continuava a schivarli tutti, con movimenti sempre più piccoli e precisi, eseguendo una matematica infernale nella propria testa per calcolare le distanze e la tempistica.


“Tsk! Niente male, ragazzo!” Riconobbe lo stesso Sakaki.


Man mano però che aumentava la velocità, divenne troppo.


Ranma continuò a schivare, muovendosi sempre più veloce, praticamente il suo corpo neanche si vedeva più, lui stesso non capiva più nulla di quello che stava facendo e continuava per puro istinto, finché…


PUM!


Il dito indice di Sakaki incontrò la fronte di Ranma e questi si ritrovò seduto sul prato, con la testa che gli girava.


“Però! Ce n’è voluto di tempo…” commentò Kensei.


Ranma stava appena ricominciando a vedere il mondo girare sul giusto asse, che sentì una voce familiare sogghignare “Cosa succede, ragazzo? Sei scivolato? Coraggio, tirati su…non fare la femminuccia…”


Per Ranma fu troppo. Se c’era una cosa che non sopportava, era essere preso in giro. Scattò in piedi e spiccò un balzo verso Sakaki, iniziando a tempestarlo di calci volanti restando sospeso a mezz’aria, del tutto dimentico della sua compostezza di combattente Sei.


“Tu…BASTARDO!”


Sakaki non fece una piega, e sembrò non muoversi affatto, eppure, per qualche motivo, non veniva raggiunto da nessuno dei colpi.


“Apa! Ranma si è arrabbiato!”


“Sigh! Sakaki…dovevi proprio…?” domandò Koetsuji.


“Ohoh, il ragazzo ha dell’orgoglio!” ghignò soddisfatto Hayato.


CHE COSA? Sta attaccando uno dei Maestri! Ma è impazzito?”  si domandò Kenichi, gli occhi fuori dalle orbite. “Ma certo! E’ stato quel riferimento alla maledizione che è sfuggito di bocca a Sakaki! Per giunta, dobbiamo tenere tutto segreto a Miu…”


“Ranma! E’ pericoloso!” gridò la ragazza bionda.


Ma Sakaki non sembrava contrariato “Bravo ragazzo, mi piace chi dimostra fegato e carattere. Sei proprio il mio tipo.
Sono talmente felice che potrei persino esaltarmi un po’…”


E nel dire questo, ad occhi chiusi ed espressione beata, tirò un diretto destro contro Ranma. Il colpo era dato in modo rilassato, come non si fosse neanche mosso, ma un’onda d’urto scaturì dal suo braccio e centrò Ranma in pieno stomaco, piegandolo in due e facendolo schizzare indietro di un centinaio di metri, percorrendo una parabola che si interruppe fracassando un capanno degli attrezzi.


Kenichi e Miu avevano la mascella fino a terra, pietrificati dal terrore.


“Ops! Ero così contento che non sono riuscito a trattenermi del tutto. Eppure era un colpicino piccolo piccolo, dai…”


“Accidenti! Ma! Akisame!” tuonò Hayato.


“Subito!” risposero all’unisono i due maestri con capacità mediche, che schizzarono a zig zag verso il capanno.


“Apa! Che tragedia! Avevamo un nuovo studente, e Sakaki lo ha ucciso dopo una sola mattina! Pace all’anima sua…” cominciò a piagnucolare Apachai attaccando una bambola vodoo ad un albero.


“Non è…morto” sentenziò Shigure col suo solito tono lento e spettrale.


“Apachai! Per l’ultima volta, SMETTILA DI ROVINARE GLI ALBERI!-ruggì Hayato-E tu, Sakaki! Dovevi proprio?”


“Ma…Anziano! Era un colpo solo!-si schermì il karateka con la cicatrice, tenendosi una mano dietro alla nuca e sprizzando gocce di imbarazzo dal volto-dato leggero-leggero, al 35% della potenza. Massimo al 40%, giuro…”


Miu e Kenichi si reggevano l’un l’altra, i volti ridotti ad un quadro di Picasso dallo shock, incapaci di formulare parole coerenti.


Dal capanno si sentivano strani rumori, ed i commenti di Kensei ed Akisame, che non smettevano di commentare in tempo reale la medicazione, come una macabra radiocronaca.


“Uhm…solo sei costole rotte! E quasi nessun danno agli organi interni, solo una leggera compressione…il ragazzo era ben allenato, non c’è che dire…”


“Sì, ha sputato solo una modica quantità di sangue. Con le mie tecniche mediche sarà come nuovo entro tre giorni…se siamo fortunati, anche due”.
 

◊◊◊◊◊

Il mondo si era fatto buio. E poi, lentamente, confusamente, ci fu di nuovo luce.


Ci molto modi per risvegliarsi.


Di sicuro ci sono modi peggiori per farlo che ritrovarsi davanti il volto preoccupato di Miu, angelica come non mai, che si sporge in avanti, col seno che ballonzola, cambiando espressione in una di gioia nel vedere che stai bene.


“Ranma! Meno male che ti stai svegliando! Eravamo tutti preoccupati!”


“Mmmmh…tu sei…Miu, esatto? Non ci hanno presentati…formalmente. Piacere, Ranma Saotome…date le circostanze, mi scuserai se non…mi inchino”.


“Oh, se hai lo spirito per fare battute, vuol dire che stai bene. Meno male, sono contenta” si schermì la ragazza con un gesto della mano.


“Miu Furinji, il piacere è tutto mio”.


“Dove…dove sono? Che ore sono?”


Ma non fu Miu a rispondere.


“Ti trovi in una delle sale centrali e sono le tre del pomeriggio. Sei rimasto svenuto per circa sei ore” lo informò Akisame, che stava seduto sulle ginocchia, in penombra, in un angolo della stanza.


“Le…le tre? Devo…alzarmi di qui” disse il ragazzo col codino, cercando di mettersi a sedere.


“Ah…no, Ranma, fermo! Sei ancora debole, potrebbero aprirsi le bende” fece Miu, premurosa.


Akisame si avvicinò “Le tue ferite non sono letali né permanenti, ma sono gravi. Devi ringraziare la tua fibra resistente se il colpo di Sakaki non ti ha ucciso. E’ solo grazie alle competenze mediche mie e di Kensei che sei già in grado di riprenderti, ma devi stare a riposo”.


“Come…? Voi due…siete anche dei dottori?” domandò Ranma dubbioso.


“Sì, Akisame è titolare di una clinica di osteopatia, e Kensei lavora nell’agopuntura-spiegò Miu, orgogliosa-a parte questo, entrambi posseggono competenze sia di scienza medica moderna che di medicina tradizionale antica, e combinandole insieme, ed unendo i loro sforzi, sono in grado QUASI di resuscitare i morti…cosa che è stata utile in più di un’occasione per gli allenamenti di Kenichi” aggiunse, cambiando tono e scoccando al maestro uno sguardo severo.


Ranma si era comunque, in qualche modo, messo a sedere. In quella posizione, respirava meglio. Aveva tutto il busto fasciato, ed una benda gli passava di traverso dal mento a sopra la testa. Entrambe le gambe avevano delle stecche, ma non erano rotte.


“Prima li ammazzate, e poi li curate, magari facendovi anche pagare. Bel servizio completo” commentò con l’abituale sarcasmo.


Miu sorrise imbarazzata.
In effetti non sai quanto ci sei andato vicino…


Akisame, del tutto serio, replicò “Le arti marziali sono una pratica pericolosa. E diventano ancora più pericolose quando si è inesperti, come Kenichi, quando si è avventati, come sei stato tu, quando non ci si sa controllare, come Sakaki ed Apachai, o quando si affronta un nemico mortale che pratica la via del Satsujinken. In pratica…
…C’è quasi sempre bisogno di noi dottori” concluse con un accenno di sorriso.


Ranma rimase un momento senza dire nulla, poi emise un profondo sospiro. “Va bene, va bene. Allora vorrà dire che me ne starò buono per qualche giorno e comincerò gli allenamenti quando sarò guarito. Posso almeno, nel frattempo, fare una passeggiata nel portico per osservare gli altri?”.


“Di norma, non lo permetterei ad un convalescente-rispose Koetsuji-ma nel tuo caso devo dire che sono stupito dalla tua capacità di recupero-potresti addirittura guarire con un giorno d’anticipo-quindi ti permetterò di fare un giro sulle stampelle, se prometti di startene buono.
Ma prima, non vuoi conoscere i risultati dei test?”


Ranma lo squadrò, interrogativo. I test? “Ah, intende dire, le prove? Che cosa c’è da sapere? Sono andate bene o male?”


Miu sembrava eccitata “Ranma-kun, ma sono state incredibili! Le cose che sei riuscito a fare…beh, sono molto oltre il livello di Kenichi…ed anche il mio!”


Il ragazzo col codino era dubbioso. Si aspettava già di essere ad un livello superiore al loro. Ma era lui ad essere forte od erano loro a non esserlo poi tanto?


E comunque, aveva appena constatato di non essere dopotutto poi granché rispetto ai maestri…il che, forse, confermava che si trovava nel posto giusto per allenarsi.


Quella forza devastante…che di sicuro non era nemmeno al 100%


Provò un fremito di gioia.


Tsk! Sembra che il mondo delle arti marziali abbia ancora parecchio da riserbarmi, dopotutto.


“Quindi, questi risultati?”


“Uhm-Akisame si schiarì la voce e creò la suspance, come se avesse di fronte un folto pubblico. Nel farlo, tirò fuori la sua beneamata cartellina-i test sono stati…veramente notevoli, devo dire. Rispetto alla media dei praticanti di arti marziali, a parità di età ed anche della maggior parte di quelli di età maggiore, siamo molto al di sopra della media.
Quello che ci ha stupito, in particolare, è quanto le varie capacità-forza, velocità, coordinazione, ecc-siano ben equilibrate tra di loro. Ranma-kun, fino ad oggi sei stato addestrato in maniera impeccabile e con grande cura”.


Ranma rifletté un momento.
Non aveva mai dato al vecchio Genma il giusto riconoscimento per il lavoro svolto?


“Per quanto riguarda il livello complessivo-proseguì il maestro baffuto-tutti i dati confermano la teoria iniziale. Per quanto non abbiamo potuto osservare la tua abilità tecnica-se non brevemente, durante la tua…schermaglia fuori programma con Sakaki-né le tue mosse speciali, e per quanto sia normale che alcune facoltà siano di un livello mediamente più alto o più basso…”


Miu e Ranma cominciavano a bruciare d’impazienza. Non era un presentatore televisivo ad un quiz, ma Akisame sembrava godersi il momento.
“…posso affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il livello di Ranma è A META’ STRADA TRA IL LIVELLO DI ESPERTO E QUELLO DI MAESTRO!” concluse, trionfante, il filosofo maestro di JuJitsu.


“OOOOH! Addirittura!” esclamò Miu, ammirata.


“Uhm…ma che…che significa?”


Il gelo piombò nella stanza. Akisame perse tutto il suo entusiasmo.


“Tu…tu non sai cosa vogliano dire questi termini?”


“C’era da aspettarselo-interloquì Hayato, uscendo dall’ombra di un altro angolo-se non conosceva neanche i termini Dou e Sei, né Katsujinken e Satsujinken, e se lui stesso afferma che il Gran Maestro del suo stile non si è occupato direttamente della sua istruzione, è comprensibile che non gli siano stati spiegati dettagli di questo tipo”.


“Anziano…”


“Ranma-kun, i praticanti di arti marziali, grossomodo, vengono divisi per livello di abilità fisica, tecnica e mentale. Spesso queste capacità, od alcune di esse, presentano delle variabili-ad esempio, qualcuno può avere una forza di livello superiore, ma una velocità di livello inferiore-ma più spesso sono abbastanza uniformi tra di loro.
Per convenzione, il livello “Maestro” non indica chi semplicemente insegni le arti marziali, ma chi ne abbia raggiunto una piena padronanza, ed un alto livello di capacità fisiche.


I vari livelli sono:

  • Allievo (il livello in cui si trova, ancora per poco, Kenichi)
  • Esperto (il livello nel quale si trova Miu)
  • Maestro (il livello al quale ti stai avvicinando tu, senza però averlo raggiunto)
  • Gran Maestro (il livello nel quale si trovano gli insegnanti che vedi al Ryozampaku. Solo poche decine di persone in tutto il mondo si fregiano del titolo di Gran Maestri. Un Gran Maestro è tanto più potente di un Maestro quanto un Maestro lo è di un Esperto)
  • Gran Maestro Avanzato (un livello che solo pochissimi raggiungono, spesso inventano nuove tecniche, hanno capacità fisiche sopra la media, e sono in grado di sconfiggere persino dei Gran Maestri con relativa facilità)
  • Maestro Leggendario (un livello che pochissimi nella storia hanno mai raggiunto, e che solo tre-quattro persone al massimo possono vantare, in ogni epoca).
Per darti un’idea, sia io che il tuo defunto maestro Happosai possiamo essere definiti Maestri Leggendari” concluse con un ampio sorriso.


Ranma rimase a bocca aperta. Ancora una volta, da quando era arrivato al Ryozampaku, la sua mente parve esplodere. Tutto quello che gli veniva detto era nuovo, sconvolgente, eppure tutto era sensato, tutto andava a posto con quello che già conosceva, come i pezzi di un puzzle.


Papà sarà di livello Maestro? Forse non al 100% per quanto riguarda le capacità fisiche-l'ho superato da tempo-ma di sicuro a livello di competenza. Ha persino inventato tecniche originali e potenti come lo Yamasen-Ken e lo Umisen-Ken.

Herb sarà già stato di livello Maestro? Forse persino superiore, ma…no, era più probabile che solo per quantità di Ki posseduto fosse a livello Gran Maestro.

Anche quel bastardo di Saffron aveva di sicuro un Ki sconfinato, a livello Gran Maestro, ma ce l’aveva per nascita, per il resto le sue statistiche fisiche non erano un granché, e senza di esso combatteva peggio di un Allievo.


Happosai era un Maestro Leggendario. In effetti, nella sua Forma Gigante, poteva minacciare il mondo intero. Ed Hayato sarà davvero alla pari con lui? Accidenti, quindi è davvero di tanto più forte di tutti gli altri?

La vecchia Obaba? Pensavo fosse allo stesso livello di Happosai…mmmh, forse no, ma solo perché non può fare, per quanto ne sappia, niente di paragonabile alla Forma Gigante…però di sicuro è come minimo a livello Gran Maestro Avanzato…

Tutti gli altri? Akane sarà tecnicamente livello Allievo, ma ha una forza fisica almeno di livello Esperto.

Gli altri-Mousse, Ukyo, Shampoo, e forse Kuno-rientreranno tutti nel livello Esperto?

Magari hanno singole statistiche più alte o più basse…
quell’ottuso di Ryoga ha probabilmente forza bruta e resistenza a livello Maestro…ma di certo non la tecnica né la velocità…

Ukyo e Shampoo non sono paragonabili a Mousse e Ryoga, ma sono nettamente superiori ad Akane…

Kuno è più debole degli altri, ma più forte fisicamente delle ragazze


Gente come Shinnosuke e Konatsu riuscivano quasi a starmi alla pari dal punto di vista fisico, ma non per la tecnica.

Stesso dicasi per Ryu Kumon…


Si dovette fermare perché non gli esplodesse la testa, ma gli altri intuirono le sue elucubrazioni.
Poi all’improvviso ebbe un’intuizione.


Domandò all’Anziano “Ed…i livelli superiori come Gran Maestro Avanzato e Leggendario di solito hanno una più raffinata conoscenza del Ki?”


Tre paia d’occhi lo guardarono stupiti ed ammirati.
“Accidenti, ragazzo, non cessi di stupirmi. Hai fatto una riflessione molto acuta, pochi minuti dopo aver scoperto il concetto in questione e poche ore aver subito un trauma cranico…non usi solo i muscoli, ma anche il cervello!”


Ranma, non abituato ai complimenti, se li godette, ma bruciava comunque di curiosità.


“Sì, in effetti è così. Non è una regola assoluta, ma diciamo che è più probabile che un combattente riesca ad elevarsi sugli altri se riesce a padroneggiare al meglio l’energia interiore. Essa consente di adoperare tecniche che gli altri possono solo sognare, e di migliorare ulteriormente le prestazioni fisiche”.


Ora tutto ha un senso. Happosai non solo era straordinario, ma si è elevato al di sopra del normale livello sviluppando il ki come nessun altro. Anche io potrei seguire quella strada, ne ho l’attitudine.

Inoltre, ora è mi chiaro come abbia fatto a venire sconfitto così facilmente da Sakaki e perché tutti mi facciano i complimenti per i test.
Sono nettamente superiore ai ragazzi della mia età-e questo già me lo aspettavo-ma d’altro canto sono ad uno, se non due livelli di distanza dai Maestri del Ryozampaku.


Gli venne spontaneo fare un ghigno.


Beh, altrimenti, che gusto ci sarebbe?

◊◊◊◊◊

Ondeggiando un po’ sulle stampelle-non era la prima volta che le adoperava, ma si era appena alzato- Ranma raggiunse il portico, dal quale si poteva osservare gli allenamenti di Kenichi.


Era il turno di Kensei, che stava obbligando il giovane ad eseguire mosse abbastanza complesse con attaccate agli arti delle catene che avevano delle grosse sfere di ferro alle estremità, per costringerlo ad avanzare in avanti con tutta la sua forza. Apachai si trovava invece dall’altro lato del prato, a fare il giocoliere con mattoni ed incudini. Shigure, stranamente, non era nascosta, ma stava accovacciata a terra in un angolo, per giocare-immaginò Ranma-col suo topolino.


“Oh! Il ragazzo è già in piedi! Non finisce di stupirci” commentò Kensei con un sorriso.


“Che cosa?-si domandò Kenichi, tutto sudato, voltando la testa-si è già ripreso dopo il colpo di Sakaki-sensei? Non posso crederci?”


E’ davvero solo di poco più grande di me e di Miu?”


“Se hai tempo per pensare a lui, hai energia in eccesso” commentò Kensei saltando su una delle sfere, rendendo più pensosi i suoi sforzi.


“Argh!”


Anche gli altri avevano notato la sua presenza, con commenti di vario genere.


Ranma se ne rimase, appoggiato ad una delle colonne, ad osservare l’allenamento. Era un po’ malinconico a non poter cominciare subito anche lui, ma in fondo avrebbe dovuto rimandare solo di un paio di giorni. Dal momento che tentava di sperimentare cose nuove, tanto valeva coltivare la pazienza.


Feh! Cosa gli stava capitando? Stava maturando? Naah.


All’inizio era assorto nei suoi pensieri, guardava senza vedere davvero. Poi però iniziò ad essere incuriosito da Kenichi. Era chiaramente un disastro-non aveva alcun talento naturale, si capiva lontano un miglio-eppure stava eseguendo esercizi discretamente complessi. Solo che per farglieli eseguire, c’era bisogno di sovraccaricarlo con metodi di allenamento incredibilmente pesanti-assurdamente pesanti per il suo livello attuale, per Ranma sarebbero invece stati una passeggiata-pur di costringerlo ad eseguire i movimenti correttamente.


Poi glieli facevano ripetere allo sfinimento perché li apprendesse tramite memoria muscolare. Anche così, i risultati non gli parvero granché. Ma non si trattava solo di questo, c’era qualcosa, nel complesso, che non gli tornava, che gli suonava sbagliata, ma non capiva cosa.


In quella, con discrezione, si avvicinò Sakaki. Aveva le braccia conserte e rimase in un angolo, all’ombra.


“Ti ho sentito”


“Non mi stavo nascondendo”


“Feh! Ad ogni modo…”


“Vedo che sei già in piedi. Sei tosto”


“Me ne sono capitate di peggio”


“Uhm! Non so se dubitarne, od esserne incuriosito” disse col suo ghigno abituale da lupo


“C-comunque, spero che quel piccolo incidente non ti abbia fatto passare la voglia di allenarti qui”. Ranma si voltò a squadrarlo. L’omone era imbarazzato, e lo nascondeva in modo pietoso.


“N-non che mi interessi, ma penso che…che per tutti gli altri sarebbe uno spreco, ecco. Apachai è così triste quando non deve allenare Kenichi ed Akisame inventa sempre un sacco di macchinari che rimangono inutilizzati”


Ma tu guarda che tipo-pensò Ranma-prima mi massacra e poi inventa un mucchio di scuse patetiche per farmi restare”.


“Non c’è problema! Non vado da nessuna parte!”


“OH davvero? MOLTO BENE! Cioè, volevo dire, gli altri saranno contenti, almeno credo…”


“Eheh…penso proprio che questo posto…sia quello che fa per me per fare un salto di qualità!” aggiunse il ragazzo col codino con un brillìo negli occhi.


Sakaki rimase un momento istupidito, poi eruppe in una risata delle sue.


“UAH! UAH! Ben detto, ragazzo! Questo è lo spirito giusto!” e gli scoccò una micidiale pacca sulla spalla.


“Ops! Scusami, dall’entusiasmo mi ero quasi scordato dell’infortunio”.


“COMUNQUE-riprese un po’ seccato il ragazzo col codino-non credere che non me ne sia accorto”


“UH? Di che cosa?”


“Che prima, durante l’esercizio, hai limitato il ritmo di accelerazione degli attacchi per permettermi di adattarmi. Così, invece che passare di botto dal mio ritmo ad uno per me impossibile, ho potuto far evolvere i miei riflessi visivi. Fai tanto il duro, ed invece stavi facendo il maestro persino durante il test.
Ehi!-aggiunse poi-dovreste tutti fare attenzione, sapete. Vi raggiungerò prima di quanto crediate” dichiarò con la consueta arroganza, stringendo un pugno.


Sakaki rimase senza parole. Abbassò lo sguardo, poi si voltò e si allontanò sbadigliando qualcosa riguardo al fatto che Ranma doveva essere ancora stordito dalla botta e che tutti quei discorsi gli stavano facendo venire sete, quindi andava ad aprirsi una birra.


Appena si fu allontanato, però, aprì uno dei pugni. C’era dentro un minuscolo ciuffo. Il suo ciuffo, che spuntava dal resto dei capelli, era stato tagliato di netto a metà. Uno dei calci della raffica di Ranma l’aveva raggiunto.

Tsk! Mi domando se non abbia ragione…”

◊◊◊◊◊
 

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Capitolo 3
*** Ranma e Miu ***


Ranma entrò nella cucina con ampie falcate delle stampelle. Miu stava preparando la cena-il grembiule che portava sul davanti non nascondeva, vista di spalle, il suo spettacolare fondoschiena-ma si rivolse, senza voltarsi, al ragazzo che aveva sentito arrivare.

“Oh, Ranma, la cena non è ancora pronta, ma lo sarà tra un’oretta. Torna pure nella sala grande finché non sarà pronto” ​

“E chi CI RIESCE a stare fermo a fare niente per un’ora? Sono venuto qui apposta per darti una mano!” ​

“COSA? DARMI UNA MANO?” esclamò la ragazza voltandosi di scatto e facendo schizzare in aria una frittata che stava preparando, per poi aggiungere “Oh, povera me” e riprenderla al volo mentre cadeva. ​

Ranma la squadrò perplesso “Sì, perché…cosa ci sarebbe di strano?” ​

Miu all’improvviso si sentì stupida, ed arrossì. “Beh, perché, perché…di solito, faccio IO la cena, e tutti gli altri lavori di casa, qui al Ryozampaku…” ​

“Cosa? Vuoi dire che pulisci, lavi, stiri, fai la spesa e cucini per otto persone, tutti i giorni? Oltre alla scuola ed agli allenamenti?” ​

“Eheh, sì” si schermì la ragazza. ​

“E…nessuno viene mai ad aiutarti?” ​

“Oh, fidati, è MEGLIO che non lo facciano. Sono tutti negati, combinerebbero dei disastri e poi dovrei lavorare il doppio per rimediare. Solo Kensei cucina, ogni tanto” ​

Ranma ripensò alla sera precedente, quando, senza Kensei, avevano cenato da asporto. “Uhm…già, capisco” ​

“Comunque-riprese-io ho lavorato in un ristorante cinese e dato una mano in un chiosco di okonomiyaki e so cucinare un po’ in generale. Quindi, è deciso: visto che non posso allenarmi e che impazzisco a stare con le mani in mano, ti aiuterò a preparare la cena” ​

“Oh, ma…grazie, Ranma, non dovresti, davvero” ma il ragazzo aveva già cominciato a tagliare le verdure. ​

La ragazza bionda sentì una strana palpitazione. Nessuno le aveva mai fatto quella premura, prima d’ora. ​

Dopo qualche minuto fu evidente che i due avevano una buona intesa, in cucina.
Ranma aveva esperienza ed il cibo era evidentemente una sua passione, secondo solo alle arti marziali, infatti riusciva ad intuire cosa Miu stesse facendo e preveniva le necessità del lavoro.
Non solo, si mise a cucinare, sui fornelli liberi, una diversa varietà di primi e di contorni, con il cibo avanzato. Sembrava che cucinare lo rilassasse, gli evitasse di dover pensare ad altro. ​

“Wow, Ranma, sei davvero bravo! Oltre ad essere un abile praticante di arti marziali, sei un cuoco migliore di parecchie casalinghe!” ​

“Feh! Non esistono attività che debbano praticare solo gli uomini o solo le donne. Io poi ne so qualcosa!” aggiunse, con una nota amara. ​

Ranma si stupì un po’ di quanto aveva appena detto-da quando aveva cominciato a pensarlo?-ma rimase più stupito della faccia perplessa di Miu al suo commento osservazione. ​

MA CERTO!
Che idiota, si disse. La ragazza era stata svenuta tutta la sera prima, perciò, con ogni probabilità, era l’unica a non sapere della sua trasformazione! ​

Meglio cambiare discorso. Preferirei che almeno una persona qui continuasse a non saperlo. Sempre che Sakaki non faccia altre battutine come stamattina… ​

“E-ehm, comunque-riprese, un po’ sbrigativo-preferisco aiutarti, perché non vorrei dover ripetere l’esperienza di ieri sera! Il cibo da asporto non era male, ma era un po’ poco, poi il fattorino si era perso, è arrivato tutto freddo…” ​

Miu improvvisamente sembrò faticare a trattenersi. Iniziò a tremare, poi, di colpo, si gettò in un profondo inchino: ​

“Ranma-san! Kokoroyori Owabi Moshiagesumasu! * ​

(*=“Onorevole Ranma! le mie più sincere scuse” un modo di scusarsi molto formale, NDA) ​

Ranma rimase interdetto “EEEH? Ma…per che cosa?” ​

“MA come, PER CHE COSA? PER IERI POMERIGGIO; NO?? Per come…per come ti ho attaccato, mentre…mentre io ero…il nonno mi ha raccontato tutto, stamattina, e… Oooh, sono così IMBARAZZATA!” esclamò scoppiando quasi in lacrime. ​

Ranma, che era cambiato ma non abbastanza da non andare in crisi di fronte alle lacrime delle ragazze, si affrettò a consolarla. ​

“Ma-ma no, figurati, non è successo niente, che sciocchezza! Io neanche ci pensavo più. Figuriamoci, a me succedono cose del genere tutti i giorni.” Cercava di schermirsi ma Miu continuava a frignare, sconsolata. ​

“Oltretutto-aggiunse in tono più calmo-tuo nonno mi ha spiegato quale sia il problema e…beh, non posso davvero fartene una colpa” ​

Per un lungo momento i due si guardarono negli occhi. Miu sembrava un cucciolo smarrito, gli occhi lucidi. Se Ranma non avesse rischiato di perdersi, in quegli occhioni, avrebbe trovato la scena un cliché quasi ridicolo. ​

“D-davvero?” mormorò la bionda. ​

“Beh…sì, e poi…-Ranma ebbe un flashback del suo ultimo scontro con Ryoga, pochi mesi prima-a dire il vero, io…avevo GIA’ VISTO una cosa del genere. Avevo già incontrato qualcuno preda della Via dell’Ashura” concluse, pensieroso. ​

Miu lo fissò, interdetta. “Ah, ma in quel caso-si affrettò ad aggiungere-quella persona era entrata volontariamente in quello stato! Tutta un’altra cosa!” la rassicurò. ​

Miu prese un bel respiro, ormai calma. ​

“Il fatto è che…è che io MI VERGOGNO di non riuscire a controllarmi! Sono una praticante di arti marziali esperta e sto diventando sempre più forte! E riesco ad usare il Ki per combattere! Anche bene! Però…se provo ad alzare l’intensità oltre un certo grado, perdo il controllo. Ma se continua a succedere, non potrò passare al livello successivo!”. ​

Ranma ebbe un attimo di shock. Le sue stesse parole. Bizzarro. ​

“Beh, forse-azzardò il ragazzo col codino-stai trascurando gli allenamenti di base, non credi?” ​

“Uh? Che intendi dire?” ​

“Beh, io non ne capisco troppo di Ki di alto livello-ho imparato una o due cose su come usarlo, ma non sono un esperto-però, da quel che ne so, il Ki potenzia, proporzionalmente, le proprie capacità fisiche. Ad esempio, se Forza, Resistenza e Velocità sono a livello 100, col Ki si può arrivare a 150”. ​

“Sì, è esatto” ​

“Beh, allora, cosa accadrebbe, se…per qualche motivo, il proprio Ki fosse già ad un livello SUPERIORE rispetto alle proprie capacità fisiche? Se il Ki fosse potenzialmente 150, ma le capacità fisiche fossero solo, ad esempio, 80-90? Si creerebbe…uno scompenso di qualche tipo, credo. Magari è questa, la ragione, magari quando alzi il livello del Ki, questo, sovraccaricandoti, finisce col…darti alla testa”. ​

Miu rimase in silenzio per un lungo momento. ​

Ranma, a dire il vero, era stupito di sé stesso, anche per vantarsi. Non sapeva come gli fosse venuta quell’intuizione. ​

“Ma, se così fosse-riprese, timidamente ragazza-quale sarebbe la soluzione? Dovrei…allenarmi di più, nelle basi?” ​

“E perché no? Non bisogna mai trascurare le basi” rispose il ragazzo col codino. ​

“E poi-riprese, infervorandosi-cosa c’è, credi di non averne il tempo? ​

Posso farti una domanda, Miu? Non trovi che sia un po’ INGIUSTO che tu passi così tanto tempo a lavorare per tutti? Sei una praticante di arti marziali esattamente come Kenichi, dovresti essere fuori ad allenarti proprio come lui! Anche se non ha talento, di questo passo, rischia di superarti” ​

Quando Ranma finì quello sfogo, entrambi rimasero per lunghi attimi a bocca aperta. ​

Miu era scioccata. Un mix di emozioni le stavano passando nel petto. Stupore, consapevolezza, timore…gratitudine? ​

Ranma aveva detto qualcosa che lei sapeva ma che non osava esprimere a parole?

Ranma riprese a respirare normalmente. Non sapeva perché se la fosse presa tanto.
Forse era il suo innato senso di giustizia.
O forse Miu gli ricordava un po’ Kasumi, sempre pronta a farsi in quattro per gli altri e mai per sé stessa. ​

Entrambi potevano sentire l’atmosfera più intensa, l’intimità di quel momento di apertura e ne furono imbarazzati. Abbassarono lo sguardo ed arrossirono quasi all’unisono. ​

“Beh, che dici? Finiamo di preparare la cena?” ​

“S-sì, è meglio, rischiamo di fare tardi”. ​

A poca distanza, appoggiato con la schiena ad un pannello, le braccia conserte, Hayato era pensieroso. ​

◊◊◊◊◊ ​

Quella sera, la cena del Ryozampaku fu più lussuosa che mai. Non solo c’erano molte più cose (la retta, pagata da Ranma in anticipo, aveva fatto miracoli per fare la spesa), ma c’erano piatti più originali e raffinati del solito, che rappresentavano un bizzarro ma invitante mix di cucina giapponese, cinese ed occidentale. ​

“Ohoh, che meraviglia! Miu, hai superato te stessa!” si complimentò Hayato. Anche da tutti gli altri provenivano espressioni di stupore ed apprezzamento. ​

“GRAZIE! Ma non dovete ringraziare solo me! Buona parte del merito va a Ranma! E’ venuto ad aiutarmi in cucina, e più di metà dei piatti li ha preparati lui!” annunciò Miu con un sorrisone festoso. ​

“Davvero? Oltre che praticante di arti marziali, anche cuoco?-domandò Kensei, colpito-ragazzo, ci manca solo che tu sia anche un playboy, e sarai del tutto identico a me!” concluse con uno scintillante sorriso, che indicava come dicesse assolutamente sul serio. ​

“Le assicuro che le differenze si fermano qui” replicò Ranma, gelido. Non aveva ancora scordato lo scherzetto dei secchi d’acqua e delle foto. Kensei gli ricordava un po’ troppo il vecchio Happosai. ​

“Mmh…è un bene, per i giovani, coltivare molteplici talenti” affermò Akisame. ​

“Giusto!-confermò Apachai, già con la bocca piena-e poi Ranma ha fatto bene ad aiutare Miu; di solito nessuno muove un dito per aiutarla…” affermò, con espressione triste. ​

“MA SE TU LA AIUTI MENO DI TUTTI!” protestò Sakaki. ​

Kenichi, invece, sembrava scosso. “C-cucinare? Loro due? Soli soletti?” ​

Shigure si calò dal soffitto e gli sussurrò all’orecchio. “Forse…devi imparare anche tu….se non vuoi…perderla…” ​

“AAAAH!” esclamò il giovane Shirahama tenendosi la testa fra le mani, immaginandosi Ranma e Miu che fuggivano insieme su un carretto dei gelati con scritto << Just Married >>. ​

“Beh, cosa stiamo aspettando? Facciamo onore ai piatti che Ranma e Miu hanno preparato!-dichiarò l’Anziano-sarà un ottimo modo per festeggiare il primo giorno di un nuovo allievo al Ryozampaku!” ​

Improvvisamente, a tutti i maestri sfavillarono gli occhi con sadismo. ​

“Buon appetit….AAAH; non di nuovo!” si trovò a strillare Miu. ​

Tutti i maestri avevano cominciato una specie di gara nel muovere le braccia con le bacchette a supervelocità, per portare via il cibo dai piatti a Kenichi, Miu e Ranma. ​

“Oh, no! PROPRIO OGGI!” si lamentò Kenichi, cercando inutilmente di salvare il salvabile. ​

Ranma, invece, alzò un sopracciglio, dubbioso, però mantenne una certa calma “Uh? Cos’è, un nuovo gioco? Oh, beh…se sei a Roma, fai come i Romani” pensò con un sospiro. ​

Sollevò le bacchette e gridò: “VERSIONE MODIFICATA DELLA TECNICA DELLA GOURMET DE FOIE GRAS!”

Ed improvvisamente, anche Ranma si unì alla battaglia, muovendo le bacchette a supervelocità, effettuando però dei movimenti molto più precisi, specifici per quel tipo di attività. ​

“EH?” fece Miu. “Uh, ma..?” fece eco Kenichi. “Ooh, il ragazzo non finisce di sorprenderci” ​

Ed era così. Memore degli allenamenti infernali nella casa di Picolet Chardin, Ranma era in grado di sfidare chiunque in una battaglia culinaria (anche perché, maestri si stavano limitando parecchio: se avessero mosso le braccia alla loro velocità massima, cibo e tavola si sarebbero polverizzati per l’attrito dell’aria) e per di più, agì con astuzia: invece di rincorrere le scie dei maestri mentre tiravano indietro il maltolto-e detto per inciso, finivano anche col pestarsi i piedi a vicenda- si limitò ad intercettare il cibo non appena lo afferravano, a poca distanza dai piatti, modificandone un minimo la traiettoria. ​

Miu ebbe un’intuizione “Kenichi! Solleva il piatto come uno scudo! Dobbiamo aiutarlo! Offriamo meno superficie possibile ai maestri per rubare il cibo!” “Eh? S-sì!” ​

Dopo quelli che parvero ai ragazzi dei momenti interminabili, ma in realtà dovevano essere solo un paio di minuti, la battaglia finì.
Il cibo ERA stato rubato, ma Ranma ne aveva deviato la traiettoria, ogni volta, facendolo ritornare indietro.
Adesso, lui, Miu e Kenichi si ritrovano di nuovo con i piatti pieni di roba da mangiare, solo che…non era più LA STESSA roba che si erano messi all’inizio nei rispettivi piatti, ma si era rimescolata a caso tra un piatto e l’altro. ​

Improvvisamente, calò il silenzio. Tutti i maestri guardarono i piatti, esterrefatti, poi… Scoppiarono a ridere. A crepapelle. ​

“UAHUAHUAH; ragazzo, parola mia, sei troppo forte! Sarà uno spasso averti al Ryozampaku!” affermò Sakaki.
“Uhm! Una tecnica adatta per ogni situazione! Proprio come i maestri dei tempi antichi!” approvò Koetsuji, tenendosi il mento con fare saccente. “AHAH! Anche in Cina ci sono molte arti marziali che utilizzano il cibo! Ben fatto, ragazzo!” si complimentò Kensei. ​

E per il resto della cena ci furono solo risate, racconti ed il gusto del buon cibo. ​

◊◊◊◊◊ ​

Quella sera, dopo il bagno, Kenichi si ritrovò sul tetto del Ryozampaku, con Miu, ad osservare le stelle. A dire il vero, per il momento era da solo. “Uff! Quanto ho mangiato!” sospirò il ragazzo. “Devo ammettere che Ranma è anche un bravo cuoco, oltre che un grande praticante di arti marziali! È la prima volta che riesco a mangiare a sazietà quando i maestri decidono di sottrarre il cibo. E’ incredibile che avesse pronta una tecnica per contrastarli …c’è qualcosa che non sappia fare?” ​

Rimase in silenzio per un momento. “Chissà com’è che ci si sente…ad essere una persona speciale? Benedetto dal talento e dalla forza…a volte sento…di vivere in un mondo diverso da quello nel quale vive Miu…ma di sicuro Ranma…vive nel suo stesso mondo” Provò una fitta di gelosia, a quel pensiero. ​

Con Ranma al Ryozampaku, temeva di essere escluso. Aveva faticato tanto per costruire un rapporto con Miu…Ranma sarebbe potuto diventare un ostacolo? ​

In quella, spuntò la ragazza bionda, i capelli sciolti, come solo dopo il bagno. Sembrava molto giuliva e si arrampicò più rapidamente del solito. Kenichi attese per un istante per vedere se ci fosse anche Ranma, ma il ragazzo non apparve. Il suo sollievo gli confermò di sentirsi un po’ geloso. ​

“Ehm…Ranma non viene?” si informò ​

“Oh, penso che riuscirebbe a salire anche in stampelle, ma quando gliel’ho proposto, ha detto di no. E’ nella camera che gli hanno assegnato, ha detto qualcosa riguardo al telefonare a sua madre per avvisarla che per qualche giorno dormirà al Ryozampaku. All’inizio pensava di tornare ogni sera a dormire a casa, ma ha dovuto modificare i suoi piani…a causa di Sakaki” concluse con una smorfia di disapprovazione. ​

Kenichi non seppe se essere preoccupato all’idea che Ranma dormisse da loro, sollevato che fosse solo una cosa temporanea o stupito che il ragazzo sembrasse avere dei riguardi per la madre (possibile che sia un cocco di mamma?). A quel pensiero, sorrise maligno, nell’ansia di trovargli qualche difetto. ​

Si riscosse pensando a quello che gli aveva detto l’Anziano al mattino appena sveglio
<<   Mi raccomando, Kenichi-kun, non riferire a Miu del…problema di Ranma. Lui si è confidato con noi, ma ha diritto a che la cosa rimanga riservata. Inoltre, Miu è già abbastanza scossa per quello che è successo, senza dover aggiungere altre stranezze >>
 Il ragazzo emise un profondo sospiro. Non aveva davvero appigli contro di lui, eh? Ed in un paragone normale, avrebbe perso su tutta la linea. ​

“Ehi! Uno yen per i tuoi pensieri” sorrise dolcemente Miu. ​

Kenichi fu scosso, come se potesse intuire il suo disagio “UH? Oh, niente, è solo che…stavo pensando che le ultime ventiquattr’ore sono state particolarmente intense, non è così? Insomma, fino a ieri c’erano solo due allievi, nel Ryozampaku, ed ora siamo in tre, e…è strano pensare a quanto profondamente un fatto così semplice abbia cambiato la nostra piccola routine”. ​

Miu annuì convinta “E’ vero, sono successe un sacco di cose tutte insieme, ma non penso che questo sia un male. Il cambiamento può essere positivo, se sappiamo accettarne i lati migliori. E penso che Ranma-kun porterà un po’ di vivacità e freschezza nella vita del Ryozampaku, e che abbiamo tutti solo da guadagnare da questo”. ​

Kenichi soppesò la cosa “Uhm…in effetti, con un altro allievo, i Maestri potrebbero essere meno concentrati su di me…” ​

“Certo-confermò la bionda-ed avere più tempo a disposizione ti permetterà di concentrarti di più sulla scrittura, e sul curare i tuoi fiori…” ​

“Ah! E Ranma potrebbe aiutarci nella lotta contro Yomi! E’ talmente forte, potrebbe affrontare due-tre discepoli alla volta!” ​

“Beh, quanto a questo…non sappiamo se accetterebbe di farlo” ricordò la ragazza. ​

“No, hai ragione, mi sono lasciato trasportare, anche se…non so, ho la sensazione…che sia fatto della stessa pasta dei Maestri” ​

“Sì, sembra aver vissuto, come me, l’intera vita all’insegna delle arti marziali” ​

“Comunque…sono contento di una cosa” ​

“Di cosa?” domandò Miu, incuriosita. ​

“Che, per quante cose possano cambiare, possiamo sempre contare l’uno sull’altra”. ​

Miu sorrise teneramente. ​

E poi passarono un’altra ora a guardare le stelle. ​

◊◊◊◊◊ ​

Il mattino dopo, finita la colazione, Kenichi si trovava nel prato per gli allenamenti mattutini, iniziando a fare riscaldamento ai muscoli. Dal momento che era estate, non avevano la scuola di mezzo e poteva fare doppi allenamenti, per la gioia dei suoi maestri (sua un po’ meno, a dire il vero). ​

Ranma lo osservava, un po’ malinconico, dal portico. Camminava già meglio, anche se usava ancora le stampelle per sicurezza, ma sembrava morisse dalla voglia di unirsi a loro. A Kenichi fece quasi pena. ​

Ci fu però un’altra novità. Tutta pimpante, rivestita con la consueta tuta aderente e col Gi**, apparve Miu, raggiante, e cominciò subito ad unirsi al riscaldamento. ​

“Oh! Miu-San, ti alleni anche tu?” “Sì” rispose semplicemente la ragazza, con tono convinto. Ranma parve compiaciuto. ​

Era però una vista così strana, per i maestri, l’allenamento di Miu di prima mattina, che Sakaki si avvicinò, un po’ di soppiatto, ad Hayato. ​

“Ehm…Anziano, ci stiamo tutti chiedendo…è giusto che Miu dedichi più tempo al suo allenamento, ma…come dire…nel frattempo, chi farà le faccende di casa?” ​

“Nessuno” rispose Hayato con semplicità. ​

“Bene, mi pareva, io…NO; come? In che senso?” ​

“Mi sono reso conto che abbiamo fatto torto a Miu, negli anni, chiedendole di occuparsi di noi in questo modo, per sopperire alle nostre mancanze. Miu è giovane, ha tutta la vita davanti ed è una praticante di arti marziali esattamente come Kenichi ed è giusto che dedichi più tempo all’allenamento. L’incidente dell’altra sera mi ha aperto gli occhi, non possiamo permettere che si ripeta una cosa del genere. Miu continuerà a preparare i pasti (aiutata da Kensei e/o da Ranma, se lo desiderano), ma per tutte le altre incombenze…ci alterneremo tra di noi, stabilendo dei turni. QUALCOSA IN CONTRARIO?” tuonò poi, notando le espressioni interdette dei Maestri. ​

“No, no, assolutamente, si figuri” si schermirono tutti. ​

“Tsk! Però sarà dura…” pensò Sakaki, immaginandosi Apachai alle prese con il bucato, riducendo i vestiti a coriandoli, oppure Shigure fare pulizie aprendo nuovi interessanti fori d’aerazione nei muri. ​

Hayato giurò di aver visto l’ombra di un sorriso sul volto di Ranma e pensò “Uhmpf! Gli Allievi imparano dai Maestri, ed i Maestri imparano dagli Allievi, eh? Quanto è vero…” ​

Ranma si alzò, galvanizzato “Bene, bene! Sembra che non possa rimanere l’unico a stare con le mani in mano” ​

Fu ricevuto da sguardi perplessi. “Ranma, il tuo recupero è stato prodigioso, ma le tue ferite non sono guarite. Dovresti evitare sforzi almeno fino a domani” dichiarò Akisame. ​

“Va bene così, Akisame-intervenne ancora l’Anziano-Ranma, per oggi, tu ti allenerai con Miu. Farete una cosa leggera, soltanto un po’ di suite*** se riesci almeno a stare in piedi senza stampelle”. ​

Kenichi, da contento per Miu, passò in modalità sospettosa, perché avrebbe giurato di vedere la ragazza illuminarsi alla prospettiva. ​

“Senz’altro” dichiarò spavaldo il ragazzo col codino, anche se poi, lasciate cadere le stecche, si avviò nel prato a passo di lumaca, trascinando i piedi e barcollando. ​

Miu era già in guardia. Entusiasta, fece una cosa insolita, provocò amichevolmente Ranma, dicendogli “Non ti preoccupare, Ranma-kun, non ti farò troppo male”. ​

Ranma replicò per le rime “Feh! Di’ piuttosto che solo in queste condizioni hai qualche speranza di starmi dietro”. ​

Quando poi i due ragazzi avvicinarono la guardia ed appoggiarono i rispettivi avambracci destri uno contro l’altro, il tempo parve fermarsi, ed…accadde qualcosa di magico. ​

Iniziarono l’esercizio, dapprima lentamente, molto lentamente, poi aumentando leggermente il ritmo, ma svelando…un’intesa naturale. ​

Il loro respiro si coordinò, i loro movimenti si adeguarono, parevano rilassati, come se pensassero ad altro ed al tempo stesso, fossero completamente assorti nell’esercizio. Ben presto il ritmo delle leggere spinte, degli scambi di mano e delle prese, cambiò, senza mai esagerare, adeguandosi alle condizioni di Ranma, ma al tempo stesso, variando di continuo, seguendo il dolce dondolare avanti e indietro dei due corpi, tipico di quella pratica. ​

Dopo quella che parve un’eternità, ma saranno stati solo una ventina di minuti, le braccia si sciolsero e l’esercizio si concluse. L’aria intorno pareva più morbida. ​

Kenichi si rese conto che era rimasto come ipnotizzato a guardarli, ed era rimasto sepolto sotto un enorme peso che doveva sollevare, ma non era il solo: anche i Maestri ne erano rimasti affascinati. ​

“E’…è chimica. Quella è DECISAMENTE chimica!” dichiarò Kensei, quasi commosso. ​

“Sembrava…una…danza…di…corteggiamento…” fece Shigure. ​

“EEEEEEEH???!!!” protestò Kenichi. ​

“Uhm…ma tu guarda” soppesò Akisame. ​

“Lo sospettavo…” pensò Hayato. ​

Poi, a voce alta, aggiunse: “Ranma!” “Da quello che vedo, tu e Miu avete un’intesa naturale. Finora il suo allenamento era frenato dal non poter eseguire incontri di sparring contro qualcuno di un livello simile: Kenichi non lo è, ed inoltre non riesce ad andare al 100% contro una ragazza; mentre noi siamo troppo forti per entrambi. Per cui, ti domando: ti andrebbe-finché avrai recuperato, ed eventualmente anche dopo, se lo desideri-fare da compagno di allenamenti per mia nipote? Sono certo che avete molto da imparare l’uno dall’altra!” ​

Ranma non se lo aspettava. Miu sembrava raggiante. ​

Kenichi era fumante “CHE…CHE COSAAA??? LORO-DUE-COMPAGNI-DI-ALLENAMENTO?” ​

Kensei, con una punta di sadismo, gli sussurrò all’orecchio “Eh, mi sa che le cose si mettono male per te…” ​

“Ranma-kun! Lo faresti davvero?” domandò Miu, le mani giunte ed uno sguardo supplichevole che avrebbe fatto sciogliere anche una pietra. ​

Ranma, dopo l’iniziale smarrimento, si riebbe, la guardò, ed infine le sorrise “Ma sì, perché no?” ​

“EVVIVA! GrazieGrazieGrazie” e si rese conto troppo tardi di avergli gettato le braccia al collo. Entrambi divennero belli rossi e poi Miu si staccò lentamente, guardando per terra. “Scusa…” “Ehm…ma ti pare…” ​

Kenichi ormai emetteva solo suoni inconsulti e fumava dalla testa. Shigure osservò “Fumi così…tanto…che…stai…sprofondando…nel terreno…” ​

“Non ti sembra di dimenticare qualcosa?” spuntò in quella Akisame, tirandolo fuori a forza dalla buca.
“Uh? Che cosa, maestro?”
“DI CONTINUARE L’ALLENAMENTO; PELANDRONE!” gridò, gettandolo in mezzo ad una macchina di sua invenzione, un tapis roulant che, in contemporanea, alla corsa, allenava i riflessi, dal momento che, in modo del tutto casuale, quattro antenne posizionate agli angoli, si piegavano verso di lui per dargli la scossa. ​

Per il resto della giornata Kenichi non ebbe modo di preoccuparsi di Ranma e Miu, anche perché, ogni volta che Ranma vacillava durante un esercizio, e Miu soccorreva con sollecitudine il convalescente, se provava a distrarsi gridando “EHI!” una delle antenne lo fulminava… ​

◊◊◊◊◊ ​

Nel giro di qualche giorno, Ranma fu guarito completamente, ed i suoi allenamenti con Miu cominciarono ad assomigliare sempre di più a dei veri e propri scontri. Il fatto però di aver ricominciato praticamente da zero, mentre era convalescente, aveva permesso ad entrambi di ripassare tutte le tecniche di base, di eseguirle a velocità lenta e poi progressivamente crescente, potendo così apprezzare le piccole finezze delle singole mosse e cercando di individuare i punti deboli della difesa dell’altro per approfittarne. ​

Entro cinque giorni, Ranma poté eseguire un vero incontro con Miu, spostandosi nel prato e combattendo solo con le braccia; dopo sei fu in grado di combattere anche coi calci. Il settimo giorno, Miu non ebbe più riguardi e lo attaccò non solo da terra, ma dal cielo, eseguendo tutti i salti e le spettacolari capriole ed acrobazie tipiche del clan Kuremisago e di sua madre Shizuha, in particolare, oltre alle mosse dello stile Furinji. ​

Ranma fu impressionato nel vedere i movimenti sciolti, potenti ed eleganti della ragazza.
Era la prima volta che vedeva qualcuno combattere in quel modo, a dire il vero molto simile al suo stile, lo Stile Saotome che si basa sul combattimento in aria. “Ma tu guarda…la vita è piena di sorprese…” ​

All’ottavo giorno, Ranma si sentì abbastanza sicuro di sé da replicare per le rime, spiccando a sua volta il volo.
I loro duelli si trasformarono in una serie infinita di scambi di tecniche spettacolari eseguite a mezz’aria, a supervelocità. Ciascuno si concentrava contemporaneamente sulla difesa e sull’attacco, e tutti i colpi dell’altro venivano regolarmente parati, senza andare a segno. ​

Kenichi, nelle (rare) pause dei suoi allenamenti, era senza parole. Persino la gelosia cedeva il passo alla pura e semplice ammirazione.
“E’…è incredibile. Quei due sono davvero sensazionali. E poi…è come…”
“…Come quando ho incontrato Kanou Sho per la prima volta” pensò Miu, concludendo, senza saperlo, il pensiero del suo amico. ​

La ragazza in quei momenti si sentiva veramente volare, come se avesse incontrato qualcuno che davvero la capisse, che condividesse il suo modo di essere, e forse…che la rispettasse? ​

Apprezzava il fatto che Kenichi fosse fedele ai suoi principi, non volendo colpire le donne, ma non poteva chiedersi se nel suo caso, l’ammirazione non avesse una punta di accondiscendenza: come se la mettesse su un piedistallo e quindi non la vedesse davvero alla pari. ​

Con Ranma non era così: malgrado il ragazzo col codino ci stesse-ovviamente-andando piano con lei, sembrava davvero considerarla una praticante marziale prima ancora che una ragazza e questo riempiva Miu di gioia. ​

In vita sua era stata fraintesa, come dalla maggior parte delle persone prima di conoscere Kenichi perché “si faceva notare troppo”; oppure, al contrario, era stata messa su un piedistallo come dal suo amico ed anche da Kanou Sho; oppure ancora considerata una speciale ed ambita preda dai loro nemici dello Yomi, ma nessuno aveva mai davvero considerato Miu semplicemente…per quella che era davvero. ​

Forse questo stava finalmente cambiando. ​

Ignaro di questi pensieri, Kenichi era ancora esterrefatto. “Sono…troppo veloci, non riesco a seguirli”.
“Prova ad attivare il Ryusui Seikuken” gli suggerì Sakaki.
“Giusto!” ed il ragazzo attivò la tecnica per vedere con più attenzione utilizzando il potere del Sei.
“Oooh, è davvero incredibile. Non stanno soltanto scambiandosi colpi ad alta velocità, stanno…testando tutte le tecniche che conoscono l’uno contro l’altra, per osservare le reciproche reazioni. E poi…eseguono dei minimi aggiustamenti, minuto dopo minuto, di rapidità, precisione nel bersaglio e tempismo, in base alle parate precedenti, per attaccare con più efficacia”. ​

“Con uno scontro del genere, ciascuno dei due può migliorare di livello in modo significativo in breve tempo” commentò soddisfatto Akisame.
“Pa-pazzesco” ​

“Ma non è tutto. Guarda meglio” consigliò Kensei.
“Che cosa…che altro c’è?”
“Ranma non sta AFFATTO combattendo al massimo della velocità-lo informò Sakaki-del resto, qualche giorno fa, è stato in grado di evitare agevolmente Miu in modalità Ashura, potenziata dal Ki del Dou, mentre ora stanno entrambi combattendo in forma base”. ​

“Come-potrebbe andare ancora più veloce di così? Quindi…lui non si sta davvero allenando, sta solo aiutando Miu-san?”

“Quando sei un praticante di alto livello, puoi trasformare tutto in un allenamento” lo corresse Kensei. ​

“Kenichi, se potenzi ulteriormente il Ki del Sei dovresti poterlo vedere” lo consigliò Akisame.

Kenichi aumentò il Ki fino ad avere male agli occhi, all’inizio gli sembrò di non notare differenze, ma poi…

“Ranma…sta di proposito lasciando che Miu lo attacchi con efficacia…così anche lui si esercita meglio a parare?” ​

“Esattamente. Sta lasciando crescere la preda, per così dire, per poi divorarla meglio” concluse Sakaki col suo sorriso da squalo.

“Ma-in questo modo non corre dei rischi?”

“Kenichi-kun, i praticanti di alto livello hanno difficoltà a trovare qualcuno con cui allenarsi-gli spiegò Kensei-è improbabile che nella tua zona ci siano molti al tuo esatto livello, che non siano magari tuoi nemici mortali” ​

“E poi non è detto che un praticante disponibile sia adatto-proseguì Akisame-ad esempio, un combattente come Ranma che si basa sulla velocità e sulla tecnica, non guadagnerebbe molto dall’affrontare spesso uno che si basa sulla forza bruta. Lo batterebbe spesso, ma non imparerebbe mai qualcosa dallo scontro.” ​

“Al tempo stesso-andò avanti Kensei-i tuoi difetti da correggere dipendono dall’abitudine e dal posizionamento del corpo. Sia che tu combatta al 50% della velocità sia che lo faccia al 100%, sono sempre gli stessi. Solo che magari di solito non si notano.
Quindi può essere utile affrontare un avversario esperto, ma inferiore, limitandosi di proposito: noterà i tuoi errori, li sfrutterà, tu sarai costretto a correggerli, ed una volta corretti, non li commetterai più, neanche tornando a combattere al 100% ” ​

“Già, ma in un combattimento reale, non ti converrebbe esporti così-precisò Sakaki- contro l’avversario sbagliato, rischieresti comunque grosso. Puoi farlo, invece, in uno scontro amichevole contro un avversario inferiore, come Miu per Ranma”. ​

“Ed il bello è che Ranma non sta neanche sfruttando Miu per migliorare, ma piuttosto sta facendo crescere anche lei-concluse Akisame-perché man mano che Ranma aggiusta la difesa, Miu deve migliorare nell’attacco e man mano che Ranma alza il livello del contrattacco, è Miu a dover migliorare la difesa.
E così via, in un circolo vizioso positivo di crescita reciproca. Dovrebbe essere questo il significato delle arti marziali”. ​

Kenichi rimase un lungo momento a contemplare quanto aveva appena sentito.

Il significato…delle arti marziali? ​

“Potrebbe darsi che l’arrivo di Ranma sia stato una benedizione per il Ryozampaku-intervenne Hayato che fino a quel momento era rimasto nascosto chissà dove-Miu non avrebbe avuto tante altre occasioni di crescere così, e credo che anche lui avesse bisogno di uno sparring partner di buon livello”. ​

Kenichi rifletté di nuovo su tutto.
Era colpa sua? Se non avesse avuto tanti scrupoli a combattere con Miu…lei sarebbe migliorata di più?
Anzi no, se lui…fosse stato alla sua altezza, lei sarebbe migliorata di più?

Ed ora…non avrebbe avuto bisogno del ragazzo col codino…per giunta, facendo sì che loro due…si avvicinassero? ​

◊◊◊◊◊ ​

La maggior parte delle sere, da quando era guarito, Ranma non si fermava al Ryozampaku a dormire; ma le poche volte che lo faceva, si fermava ad aiutare Miu con la cena (causando in Kenichi piccole crisi di gelosia, delle quali l’erede Saotome era però del tutto ignaro). ​

Immancabilmente, le serate si concludevano nella sala grande con lunghissime chiacchierate nelle quali i maestri raccontavano alcune delle proprie passate imprese a Ranma (che era molto incuriosito da loro) e chiedevano a loro volta al ragazzo col codino di raccontare qualcosa del suo passato (perché anche loro erano molto incuriositi da lui). ​

L’erede della scuola Saotome era però riuscito ad evitare di parlare della maggior parte degli avvenimenti degli ultimi anni-di Nerima, di Akane, del matrimonio mancato, di tutta quella gabbia di matti-perché non si sentiva in vena, visti gli eventi più recenti, e più spesso narrava aneddoti su scontri che aveva affrontato contro avversari di rilievo, senza fornire troppo il contesto, oppure sui viaggi e sugli allenamenti con suo padre. ​

Già, suo padre.

Si rese conto di non aver mai dato abbastanza credito al vecchio Genma per quanto lo avesse addestrato bene, nel corso degli anni (sebbene spesso con metodi discutibili, quando non addirittura criminali…) e lo capì nel sentirsi rivolgere complimenti da parte dei maestri del Ryozampaku. Per loro, l’allenamento era tutto. ​

Fu anche stupito di venire a sapere che Miu aveva avuto una vita addirittura più avventurosa della sua (quantomeno durante l’infanzia), avendo girato buona parte del mondo-Ranma non era quasi mai uscito dal Giappone, prima di andare con Genma in quel fatale viaggio in Cina-quando era ancora molto piccola, aiutando suo nonno a…combattere i malvagi, ovunque andassero. ​

Persino a lui sembrava una cosa pazzesca e sin troppo rischiosa ed ebbe così conferma di quanto sospettava: che al Ryozampaku non tenevano troppo in conto la sicurezza personale. Non sapeva cosa pensare di ciò, ma in generale, niente di positivo.
Certo, lui stesso era spericolato, ma c’è una bella differenza tra mettere in pericolo sé stesso, e mettere in pericolo gli altri… ​

A parte questo, si rese conto di non aver parlato poi molto con Kenichi, in quelle prime settimane. Non è che i due si evitassero od altro, semplicemente non ce n’era stata occasione. Del resto, si allenavano separatamente, e quando si fermava a cena, veniva monopolizzato dai Maestri. ​

Parlava invece molto con Miu, ma solo perché riuscivano a chiacchierare durante gli scontri, o mentre preparavano la cena. Aveva finito col trovarla simpatica e si era stupito di quante cose avessero in comune. ​

Quanto tornava la sera da sua madre, le raccontava di come si trovasse bene al nuovo dojo e con la sua compagna di allenamento, ed infatti Nodoka spesso sorrideva di sottecchi e faceva delle strane allusioni… ​

◊◊◊◊◊ ​

“Miu-chan, posso farti una domanda?” chiese una mattina Ranma durante una delle spettacolari sessioni di sparring. “Quello che vuoi, Ranma-kun” rispose Miu con affabilità, senza interrompere minimamente la barriera di attacchi che gli rivolgeva. ​

“Il primo giorno, quando eri preda del Ki del Dou… Sei libera di non rispondermi, naturalmente, ma…ti ricordi cosa succede, in quei momenti?” ​

La ragazza bionda rabbuiò lo sguardo, ma attese solo pochi secondi prima di rispondere. ​

“Non molto, a dire il vero. Tutto ciò che accade rimane sfocato nella mia mente, come un sogno del quale riesci a ricordare solo spezzoni… Ricordo di aver colpito Kenichi, che si è messo in mezzo…un’azione che mi perseguita…e poi…non molto altro” ​

“Capisco”

“Meno male, ho l’ulteriore conferma che non ricorda la mia trasformazione in ragazza” ​

“Posso chiederti se c’era un motivo particolare per questa domanda?” ​

“Uh? Beh, a dire il vero…-ci rifletté un attimo, in effetti C’ERA un altro motivo-mi sono accorto che lo stile primario col quale combatti è molto simile al mio-calci volanti, eccetera-ma quella volta stavi combattendo in un modo completamente diverso. Era un’arte marziale che non avevo mai visto, anche se mi ricordava qualcosa. Mi domandavo se ci fosse una ragione per quel cambiamento” ​

Miu ebbe un istante di folgorazione. “Oh, ma certo! Era Pencak Silat!”

“Silat?”

“Sì, Pencak Silat, un’arte marziale indonesiana. Si dice che abbia più stili e varianti di quante il Kung Fu ne abbia in Cina; è un’arte marziale antichissima, votata alla distruzione del nemico senza pietà; è specializzata nel combattere su terreni difficili e nella giungla e comprende sia combattimento a mani nude che armi tradizionali”. ​

“Capisco. L’avevo già sentita nominare, ma non ci avevo mai combattuto contro. L’hai studiata mentre giravi il mondo con tuo nonno?” ​

La ragazza si incupì. “Beh, a dire il vero…c’è tutta una lunga storia dietro”. ​

“Perché, hai altri impegni?” le domandò con un sorriso sardonico. ​

Miu riuscì a sorridere. La spontaneità di Ranma e l’assenza di qualsiasi giudizio nel suo tono le rendeva più facile parlare di quell’argomento. ​

“Beh, è stato circa un anno fa…io e Kenichi stavamo assistendo allo scontro tra il maestro Sakaki ed il suo più grande rivale, un karateka di nome Akira Hongo”

“Un altro karateka allo stesso livello di Sakaki? La cosa si fa già interessante”.

“Poi, però…accadde un incidente”. Ranma si rabbuiò. ​

“Interferì un altro praticante di arti marziali estremamente crudele; il suo nome era Silcardo Jenazad, un eccezionale utilizzatore di Pencak Silat. Fece in modo che Kenichi rimanesse coinvolto e ferito nello scontro, ed io…persi la testa. Il mio Ki del Dou esplose, per la prima volta. Non capivo più nulla. Jenazad approfittò del mio stato per catturarmi e portarmi nel suo paese”. ​

“Ma…è atroce” ​

“Sì, e non è finita, purtroppo. A causa dello shock subii una perdita di memoria, e lui…cominciò a somministrarmi delle pozioni a base di erbe. Mi fece il lavaggio del cervello. Per un mese, vissi con lui nella sua casa e mi insegnò ogni principio di combattimento legato al Silat. Voleva fare di me il suo successore. Voleva che diventassi una perfetta macchina assassina”. ​

Ranma era scioccato. Non immaginava che fosse mai capitato loro qualcosa del genere.

Anche lui aveva affrontato dei sadici assassini, ma c’era qualcosa…di così perverso in ciò che era stato fatto a Miu. Trasformare qualcuno in una bambola priva di volontà. Trasformarlo in un assassino contro la sua volontà.
Era una cosa del tutto fuori scala. ​

“Io…mi dispiace. Se avessi immaginato, non ti avrei fatto questa domanda” ​

“Oh, non c’è problema. Ora è tutto passato, ed in fondo, essendo stato attaccato da una Miu in modalità Ashura che usava il Silat, avevi diritto di sapere.” ​

“Che cosa successe poi? Tuo nonno e gli altri vennero a salvarti?”. ​

“Non esattamente. Mio nonno partì alla mia ricerca, ma non riuscì a trovarmi. Gli altri non potevano tutti partire, al Ryozampaku sarebbero potute capitare altre minacce. Sakaki venne scelto perché ha esperienza come cacciatore di taglie, ed aveva già girato il mondo. Insieme a lui, venne anche Kenichi” aggiunse, arrossendo dolcemente. ​

“Davvero? Ha viaggiato in Indonesia con Sakaki, alla ricerca di un demonio per salvarti?” ​

Accidenti, il ragazzo aveva fegato. L’aveva giudicato male? ​

“Oh, sì. Kenichi è un ragazzo molto generoso, idealista e gentile. Alla fine, fu proprio lui a salvarmi” ​

“Come? Ed in che modo?” ​

“Mi trovò e malgrado io-sotto l’effetto della pozione-lo stessi attaccando, riuscì, parlandomi, a farmi ricordare chi ero. E sciolse l’incantesimo, per così dire”. ​

Wow. Quel tipo non sembrava un granché come principe azzurro, ma…tanto di cappello.

“Devo ricredermi su Kenichi, allora” ​

La ragazza si limitò ad annuire dolcemente. Ranma si rese conto che il rapporto tra quei due era piuttosto profondo. Provò un leggero fastidio. ​

“E…e poi cosa successe? Sai, man mano che parli, mi fai quasi desiderare che quel Jenazad sia qui davanti a noi. Per spaccargli la faccia”. ​

Miu sorrise tristemente. “Oh, non sarà possibile. E’ stato ucciso in duello da Hongo, il rivale di Sakaki, che voleva vendicarsi per aver interrotto il loro scontro”. ​

La storia diventava sempre più incredibile. “Accidenti, devo dire che vivete in un mondo davvero pericoloso” ​

Certo, loro non avevano affrontato fenici leggendarie sulle montagne della Cina, antiche maledizioni, o Principi Drago in grado di spaccare le montagne, ma neanche la vita del Ryozampaku era una passeggiata nel parco, bisognava ammetterlo. ​

“A volte sì-concesse la ragazza-per concludere, da allora riesco ad usare il Ki del Dou di proposito in battaglia, ma se alzo troppo il livello…beh, lo sai. Perdo il controllo. In un certo senso, regredisco a com’ero quando Jenazad mi controllava. E per una strana ragione, quando sono in quello stato, riprendo istintivamente ad usare quelle arti marziali che mi ha insegnato lui”. ​

Una specie di regressione traumatica.

Ranma era sicuro di aver sentito quell’espressione da Akane che leggeva un testo di psicologia per preparare il test dell’università. ​

A pensarci bene, non una cosa troppo diversa da quanto capitava a lui quando si trasformava, usando il Neko Ken****. Anche lui, una volta tornato normale, non ricordava cosa fosse accaduto in quello stato, come quando aveva baciato Akane. Akane…preferiva non pensarci. ​

Mentre parlavano, non avevano mai smesso di scambiarsi colpi a velocità sostenuta.

“E…quando sei in te, ricordi comunque le mosse di Silat?” le chiese il ragazzo col codino, sperando di scuoterla dalla sua malinconia. ​

Miu fu sorpresa dalla domanda. “Beh…sì, ma qual è il punto?”

“Voglio dire, ho notato che molte di esse sono attacchi insoliti, eseguiti da terra, a quattro zampe, come gli animali, o larghe spazzate per far cadere l’avversario. Molte di quelle mosse sono solidamente radicate a terra. Mentre il tuo stile di combattimento abituale-che tra parentesi è molto simile al mio, una coincidenza davvero eccezionale-si basa sul combattimento aereo e sulle acrobazie, quindi si fa l’opposto, si attacca all’alto verso il basso”.

Miu iniziava ad intuire dove volesse andare a parare, ma lasciò che finisse.

“In pratica, attaccando da mezz’aria ci si espone al contrattacco, perché non si può modificare la traiettoria del salto, specie contro nemici che ti conoscono, o di livello più alto. Invece, se tu iniziassi ad integrare il Silat nel tuo modo di combattere, alternando attacchi dall’alto e dal basso, calci volanti e spazzate, otterresti maggiore varietà, e potresti sorprendere i tuoi avversari. Forse non ne avrai mai avuto bisogno, finora, ma man mano che incontrerai nemici sempre più forti sarà positivo avere sempre nuovi assi nella manica”.

Miu fece tanto d’occhi. Era molto sorpresa da quel consiglio inaspettato e dall’atteggiamento positivo di Ranma, che voleva suggerirle-questo lo capiva-di superare il suo trauma cercando di accettare quello che era successo, anziché respingerlo, per sfruttandone i possibili lati positivi.
Inoltre, il consiglio tecnico era assolutamente corretto.

La ragazza fece un veloce sorriso. Poi si accovacciò a terra e roteò su sé stessa, alla velocità del fulmine, per travolgere Ranma con una spazzata che il ragazzo col codino evitò a malapena.

“Intendi così?” Il ragazzo sorrise a sua volta e cominciò uno scontro molto diverso.

I Maestri, da lontano, notarono il cambiamento di stile; grazie ai loro prodigiosi poteri d’intuizione, riuscirono ad indovinarne lo scopo ed annuirono, soddisfatti.

Circa un’ora dopo, anche quell’allenamento fu finito; come sempre, con la sconfitta di Miu, questa volta per via una mano a pugnale che le sfiorò il collo dopo una finta.

La ragazza si fermò, ancora carica di adrenalina e madida di sudore, riprese il fiato, e scoppiò a ridere nervosamente.

“Wow, è stato divertente”.

“Sì, niente male” convenne il ragazzo col codino.

“Sai, Ranma-kun, devo ammettere che da quando ti conosco, riesco a comprendere molto meglio Kenichi-San”.

“E perché?” domandò il ragazzo, perplesso per quell’osservazione inaspettata.

“Perché ora capisco cosa significhi perdere SEMPRE negli incontri d’allenamento! E devo ammettere che è…frustrante. Non ci sono abituata”

“Beh, non ti resta che continuare a provarci” le disse, scoccandole uno sguardo furbo.

“Immagino di sì” replicò la ragazza con lo stesso sguardo.

Poi la bionda si tolse il Gi, lo piegò con cura, e si appoggiò un asciugamano sul collo, ma, mentre si allontanava per la doccia, ebbe un ripensamento, si fermò, e si voltò ancora verso il compagno, con un leggero rossore sulle guance.

“Ah, Ranma-kun, io…volevo ringraziarti” “Per che cosa?” “Per tutto” concluse con un sorriso e se ne andò via.

◊◊◊◊◊

Legenda

**Gi: la divisa delle arti marziali giapponesi, come il Karate ed il Judo; noi lo chiamiamo spesso, in modo scorretto, “Kimono”, che è invece il tradizionale abito femminile da festa

***Suite: antico metodo di allenamento delle arti marziali cinesi, che consente nel partire appoggiando il proprio avambraccio a quello dell’avversario, per poi spingersi leggermente ed eseguire mosse, cercando di prevedere i movimenti tramite la trasmissione del movimento attraverso la pelle, al tatto.

****Neko Ken: il nome della “tecnica” che Genma ha insegnato a Ranma quand’era bambino, lasciandolo in balia di dozzine di gatti famelici, con cibo per gatti attaccato a tutto il corpo. Ranma ha sviluppato una sensibilissima fobìa dei gatti, e quando il terrore giunge al culmine, la sua mente cede, convincendosi di essere lui stesso un gatto e comportandosi come tale, combattendo in maniera decisamente più selvaggia del solito.

 

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Capitolo 4
*** Ranma vs Kenichi ***


Era ormai da un mese che Ranma si allenava con Miu al Ryozampaku e si era abituato ad evitare gli attacchi di Kensei Ma che cercava di bagnarlo con l’acqua fredda non appena si avviava all’uscita; ogni volta, appena spuntava fuori, veniva inseguito da Shigure, in una sorta di bizzarro esempio di solidarietà “femminile”.

I maestri apprezzavano l’abilità del nuovo arrivato, anche se si esprimevano a monosillabi, e lo dimostravano perlopiù con cenni del capo e sorrisi soddisfatti, con l’eccezione di Sakaki, che tra una bottiglia di birra e l’altra non mancava di sottolineare come apprezzasse “lo spirito del ragazzo”, contrapponendolo al “loro discepolo”, commenti che facevano invariabilmente cadere Kenichi in una profonda depressione. ​

Tutti, però, erano contenti di notare l’effetto che avere finalmente un compagno di allenamento ai suoi livelli produceva in Miu: per la prima volta in vita sua, poteva permettersi il lusso di lasciarsi andare, combattendo senza limitarsi, né timore di far male allo sparring partner; ed allo stesso tempo, costringendosi ad essere creativa ed aggressiva, perché Ranma era comunque più in gamba di lei e ribatteva colpo su colpo. ​

I loro incontri di allenamento erano intensi, rapidi, tecnici, e sempre diversi; e con lo stile acrobatico che caratterizzava entrambi, finivano con l’assomigliare ad una danza, tanto elegante, quanto letale. ​

Combattendo, sia Ranma che Miu potevano esprimere veramente sé stessi; simili in maniera impressionante come stile e storia personale, combattevano per il puro piacere di farlo, e nessuno che conoscesse la ragazza bionda avrebbe potuto dire di averla vista come in quei giorni: per una volta, veramente felice. ​

Quanto a Ranma, il suo rispetto nei confronti delle ragazze in generale, e di Miu in particolare, era cresciuto molto; a parte Akane, che non si era mai trovata immersa nelle arti marziali in maniera tanto pervasiva quanto lui, il ragazzo con il codino aveva conosciuto diverse ragazze con capacità combattive di alto livello, come Shampoo od Ukyo, ma nessuna di loro era comunque alla sua altezza; ed anche ignorando gli insegnamenti misogini di Genma, al ragazzo non era rimasto che concludere che probabilmente le femmine dovevano avere delle limitazioni fisiche intrinseche, che impedivano il loro progresso oltre un certo livello. ​

L’esistenza stessa di Miu bastava a smentire questo assioma: anche se Ranma le era superiore in tutti gli aspetti, la ragazza del clan Furinji aveva velocità, forza e competenze tecniche di un livello molto alto. ​

Un giorno, al termine di uno dei loro incontri di sparring, fu l’Anziano, seduto come sempre a gambe incrociate con un lecca-lecca in mano, a prendere la parola ​

“Da quando avete cominciato ad allenarvi, lo scorso mese, siete entrambi migliorati, Ranma-kun. Sono davvero contento che tu sia arrivato al Ryozampaku” ​

“Anche io-replicò il ragazzo-e devo ammettere che non immaginavo ci fosse da qualche parte una ragazza della mia età con capacità di questo livello. Prima di passare di qui ero convinto che le ragazze fossero necessariamente meno abili nel combattere rispetto agli uomini” ​

A quel commento, Miu gli lanciò uno sguardo divertito, con un sopracciglio inarcato. Sentire Ranma-kun parlare in quel modo la infastidiva un po’, ma al tempo stesso era lusingata di essere la persona che gli aveva fatto cambiare idea e felice dei suoi complimenti sinceri. ​

“Tuttavia, ci potrebbe essere qualcosa d’altro che potresti fare per il nostro dojo, se non ti dispiace” continuò l’Anziano. ​

“Se posso aiutare, sicuro” replicò senza esitazioni il ragazzo con il codino. ​

Alcuni sguardi neutri ed incuriositi si rivolsero verso di loro. Nessuno sapeva dove volesse andare a parare. ​

“Ti chiedo di sostenere un incontro ufficiale con Kenichi, il nostro primo allievo”. ​

A quelle parole, nel cortile calò il gelo. ​

Miu era esterrefatta. ​

Ranma era l’immagine stessa dello stupore. ​

Kenichi era sconvolto. ​

L’Anziano era impassibile. ​

Gli altri Maestri lanciarono qua e là sguardi interessati, forse un pelo divertiti. Alcuni ghigni si formarono sui loro volti, come se tutto sommato se l’aspettassero, ed alcuni si domandassero se fosse troppo presto o cosa. ​

“Che cosa?-esclamò Ranma, rompendo il silenzio-ma questa è una proposta assurda, Anziano, mi scusi la franchezza!”. ​

Decisamente non era migliorato in diplomazia. ​

“Io sono sempre pronto ad affrontare qualunque sfida, ma non sono abituato a prendermela con i più deboli-dichiarò il ragazzo Saotome, alzando il tono-e non c’è alcuna possibilità che quel tizio senza talento laggiù possa costituire una sfida adeguata per me!” concluse quasi urlando, indignato, ed indicando all’indietro Kenichi col dito, senza manco voltarsi.

“Sarebbe soltanto un massacro insensato!” ​

Kenichi, che fino a quel momento era rimasto scioccato all’idea di affrontare Ranma, che riconosceva senza dubbio come superiore e si stava chiedendo a cosa diavolo pensasse l’Anziano, ad ogni nuovo insulto, sembrava però farsi sempre più piccolo, e su questa conclusione, si ritrovò a terra piegato in due, preda della depressione più nera. ​

Miu sembrava l’unica ad essersene accorta, e le era apparsa una gocciolona sulla tempia, imbarazzata per la franchezza del ragazzo col codino. ​

I Maestri, dal canto loro, ghignavano sempre di più, interessati all’evolversi della situazione. ​

“Ranma-kun, quello che dici è senza dubbio vero-cominciò l’Anziano-e tuttavia rinnovo la mia richiesta di organizzare un incontro ufficiale. Le arti marziali non sono una scienza esatta. Per poter conseguire dei progressi non si procede sempre in modo lineare, ma spesso, facendo balzi e deviazioni” ​

Lo sguardo di Ranma parve mutare da indignato a perplesso. ​

Miu sembrava chiedersi dove suo nonno volesse andare a parare, ed era molto preoccupata. ​

Anche Kenichi si sollevò, un poco rincuorato, ma dubbioso al tempo stesso. ​

“Quello che voglio dire è che, anche un incontro che sulla carta potrebbe sembrare senza speranza, potrebbe riservare delle sorprese. Il bello delle arti marziali è proprio che sono imprevedibili. ​

E’ possibile che, a prescindere dal risultato, entrambi impariate qualcosa di nuovo da questo incontro. Ed è questo l’obiettivo di un dojo. Stimolare la crescita dei suoi allievi, con qualunque metodo ed a qualunque costo”. ​

Ranma si ritrovò a guardare di sottecchi Kenichi, chiedendosi se quel tizio deboluccio potesse davvero riserbargli delle sorprese. ​

In effetti, Miu ne aveva parlato, qualche settimana prima, come di una sorta di eroe, che l’aveva salvata dalle grinfie di Jenazad, che aveva affrontato ogni sfida che gli si era parata davanti e che aveva raggiunto quel livello in appena due anni di allenamento. ​

Doveva ammettere che la cosa l’aveva incuriosito, e forse anche un po’ seccato, per qualche ragione che non metteva bene a fuoco. Anche così, però, nel vederlo faticare tanto ogni giorno, non riusciva davvero ad immaginare come potesse metterlo in difficoltà in uno scontro. ​

Un conto sarebbe un incontro di allenamento, come quelli che sostengo contro Miu, ma andiamo! Un duello ufficiale! Non ci tengono proprio alla sua salute!” ​

Kenichi, invece, si era come scosso nel sentire le ultime parole di Hayato ed era rimasto in profonda riflessione per qualche secondo. ​

Poi si era rialzato del tutto e stava volgendo lo sguardo a tutti i suoi maestri, uno alla volta, percependo istintivamente la sacralità del momento, che in qualche modo era suo dovere fare quello che l’Anziano gli chiedeva. ​

Aveva sempre avuto fiducia nel Ryozampaku, e la fiducia era sempre stata ripagata. Quella volta non sarebbe stata diversa. ​

“Ranma-kun!” esordì, schiarendosi la voce. Il ragazzo col codino si girò. ​

Kenichi battè i tacchi e fece un profondo inchino “Sarei onorato se volessi accettare quest’incontro!!!”. ​

Ranma lo guardò con un’espressione indecifrabile, ma ormai era fatta. Accettò con un sospiro “Eh, va beh, se proprio ti va…”- ma poi aggiunse, solo col pensiero: “Poi però non venire a frignare da me se ti fai male” ​

Miu era quasi commossa, notando il coraggio del ragazzo col quale aveva condiviso tante esperienze. ​

Era orgogliosa di notare come dopo lo sconforto iniziale, e malgrado le umiliazioni dell’ultimo mese, con i continui complimenti rivolti a Ranma dai maestri, e le frecciatine, tutti quei “A differenza del nostro allievo”; anzi, persino malgrado l’evidente gioia che Miu sapeva di provare allenandosi con Ranma, Kenichi non pareva essere geloso, né serbare del risentimento nei confronti del ragazzo col codino. ​

Avrebbe affrontato l’incontro con il solo scopo di imparare. Come un vero praticante di arti marziali. ​

◊◊◊◊◊ ​

Ranma e Kenichi presero posizione nel cortile, ad una decina di passi l’uno dall’altro. ​

Tutti i maestri più Miu erano seduti sul portico, in posizione di seiza*, tranne ovviamente Shigure, che stava appollaiata mollemente sopra la tettoia, sdraiata supina, in compagnia di Tochoumaru. ​

Akisame si alzò in piedi e tese un braccio tra i due contendenti, (che rivolsero l’un l’altro un breve inchino), prima di esclamare: ​

“Ha inizio l’incontro ufficiale tra Ranma Saotome, Erede del Ramo Saotome della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate, e Kenichi Shirahama, Primo Discepolo del Ryozampaku! L’incontro sarà senza limiti di tempo, ed in ossequio agli insegnamenti del Katsujinken, non è permesso uccidere l’avversario. A parte questo, sono consentite tutte le tecniche che conoscete. L’esito dell’incontro sarà deciso dall’Anziano. Avete capito bene?” ​

“Sì” “Certo!” ​

“HAJIME!” esclamò Koetsuji, ed abbassò la mano tra di loro, dando via all’incontro, per poi tornare istantaneamente a sedersi. ​

Entrambi i contendenti si misero in guardia, Kenichi con una posa di gambe delle arti marziali cinesi e con una guardia di Karate; Ranma usò una guardia bassa, a mani aperte, saltellava sul posto con nonchalance. ​

Per un longo momento si fissarono e basta, la tensione nell’aria. ​

Ranma aveva un’espressione severa. Era seccato di essere stato trascinato in quella sfida. Non voleva per davvero far del male a Kenichi, ed era irritato con l’Anziano per averlo coinvolto. ​

Era anche infastidito che avesse insinuato che Shirahama potesse in qualche modo metterlo in difficoltà. ​

E se poi Kenichi si facesse male-pensò-cosa succederebbe? Miu se la prenderebbe con me?” ​

Kenichi, dal canto suo, sudava freddo. Aveva intenzione di prendere seriamente il compito affidatogli dall’Anziano, ma si rendeva conto, già da quel primo confronto, che Ranma era davvero formidabile. ​

Persino in quella posa rilassata, non aveva punti scoperti. ​

Tsk! Dunque è questo il livello di un combattente a metà strada fra il grado Esperto ed il grado Maestro, eh?-si trovò a pensare-Va bene. E’ come quella volta con Kokin. E’inutile tentennare. Devo prendere l’iniziativa!” ​

Kenichi caricò, coprendo istantaneamente la distanza tra loro, ed attaccando con la Strongest Combo n°1… ​

<< Yamatzuki! >> ​

<< Kao Loi! >> ​

<< Ugyuu Haitou! >> ​

<< Kuchiki Daoshi! >> ​

…od almeno, provò a farlo, perché Ranma neutralizzò sul nascere, senza sforzo, tutti i suoi attacchi. ​

I maestri erano deliziati. ​

“Ooh, Kenichi è passato subito all’attacco. E’ una cosa rara per lui” sentenziò Sakaki. ​

“Anche la lepre a volte capisce di dover reagire, contro il leone, se non vuol essere divorata-commentò Ma-Non si può scappare per sempre” ​

“Apa!” esclamò Apachai. Nessuno commentò il suo parere. ​

Kenichi aveva fatto un salto indietro, tornando in posizione di partenza, per evitare di subire un contrattacco. “Tsk!” ​

Ranma era ancora nella stessa posizione, e sollevò una mano con un singolo dito alzato. ​

“Un minuto, Kenichi” ​

“Uh?” ​

“Voglio vedere ciò che sa fare il Primo Discepolo del Ryozampaku. Per questo motivo, per un intero minuto…fermerò i tuoi attacchi senza contrattaccare. Avanti, fatti sotto!” concluse girando la mano e facendo un gesto d’invito. ​

Kenichi era da metà tra lo stupito ed il seccato. ​

Mi sta sottovalutando fino a questo punto?

Miu si preoccupò un po’. ​

“Uhm…una provocazione” osservò Sakaki, interessato. ​

“E’ il genere di tattica nella quale Ranma è probabilmente già a livello Maestro” sentenziò Ma. ​

“Tuttavia-osservò Koetsuji-è anche possibile che voglia davvero osservare a fondo le capacità di Kenichi…pensa che, se lo sconfiggesse subito, non sarebbe interessante ed è curioso di vedere cosa abbia imparato qui da noi…” ​

“Go, Kenichi, Go! Approfittane! Kill! Kill!” si mise a tifare Apachai, agitando bandierine. ​

A Kenichi si gonfiò una venetta sulla fronte. Pur senza dimenticare gli insegnamenti del Sei, si lanciò all’attacco, deciso. Non avrebbe fatto brutta figura di fronte a Miu. ​

“TI ACCONTENTO SUBITO!” ​

E scaricò una serie di raffiche super veloci di tecniche di tutti i tipi, continuando a variarle per evitare che Ranma si abituasse. Calci, pugni, ginocchiate, gomitate, colpi coi palmi, testate, prese…qualunque cosa avesse imparato al Ryozampaku in due anni. ​

Ma il ragazzo col codino poté deflettere tutto senza patemi. ​

Mentre lo faceva rimaneva in silenzio, il che era un po’ strano per lui, ed osservava con attenzione, l’espressione dubbiosa. ​

Era come se stesse studiando qualcosa di Kenichi, ma trovasse il risultato al di sotto delle aspettative. ​

Dopo alcuni secondi, tuttavia, fintò un contrattacco, mirando col polso al mento di Kenichi, e questi fece un doppio salto mortale all’indietro. ​

Cominciava a respirare più rapidamente. ​

Accidenti, non funziona niente. A pensarci bene, è ovvio che fosse così. Ma il problema maggiore è che legge il mio ritmo d’attacco perfettamente. Come potrei fare? ​

Ho detto Ritmo?…Giusto, perché no? Come quella volta…potrei provare quello.

Kenichi all’improvviso sollevò una gamba piegata, stando su una gamba sola e si mise in una guardia simmetrica. I suoi occhi emanarono una luce strana, e la sua personalità parve cambiare. ​

“APA!” ​

Uno “HOOORAY!” Si levò dalla zona del pubblico con Apachai e Shigure. ​

“Oooh, era da molto che non lo vedevamo. Kenichi si sta davvero ingegnando” osservò Hayato. ​

Ranma sollevò un sopracciglio, mentre il ragazzo, imitando perfettamente le movenze di Apachai, gli si gettò contro, attaccando selvaggiamente con potenti ma puliti colpi di Muay Thai. ​

<< RYOZAMPAKU’S RHYTM! >> ​

Il suo avversario era un po’ sorpreso, ma continuò a deflettere i colpi, usando sempre la minima forza necessaria. ​

35, 36… ​

D’improvviso, il ritmo di Kenichi cambiò. ​

Si mise in una guardia media ed un’espressione sanguigna, come quella di una fiera, comparve sul suo volto, mentre emetteva una risata satanica. ​

“Oh, adesso sta imitando Sakaki-san. E’ proprio come quella volta con Ryuto…ma da allora, Kenichi è migliorato parecchio, quindi il suo Ryozampaku’s Rhytm è più efficace” affermò Miu con sicurezza. ​

“Tsk! Ma io non ho una risata così malefica…” protestò Sakaki. ​

Tutti gli altri, invece, annuirono con la testa, come per dire: Invece sì ​

Kenichi tempestò il suo avversario con pugni, palmi, colpi di taglio e calci, ma senza mai riuscire a colpirlo. ​

41, 42… ​

Ci fu un nuovo cambio, con il ragazzo che acquisì un’espressione solenne ed austera, lo sguardo superiore. Stava imitando Koetsuji. ​

Provò svariate mosse di prese, proiezioni e leve articolari, dalle quali, però, Ranma sgusciava via come un’anguilla. ​

48, 49… ​

Mentre Kenichi si identificava in Kensei (causando inconsciamente preoccupazione in Miu, a causa della sua espressione da maniaco, anche se non ricordava che Ranma e la ragazza col codino fossero la stessa persona) attaccando con tecniche complesse e strane e spostamenti fulminei, la ragazza bionda notò che il Maestro tirato in causa scuoteva la testa. ​

“Cosa succede, Kensei-shishou?” ​

“Kenichi non può mettere Ranma in difficoltà in questo modo” ​

“Beh, ma almeno così non può leggerne il ritmo correttamente. E’ vero che ha promesso di non contrattaccare, ma…” ​

“Cretina! Guarda meglio” la rimbrottò Sakaki. ​

Uh? ​

“Finora hai osservato come Kenichi ha attaccato Ranma. Ma hai notato come RANMA si è difeso da Kenichi?” spiegò Akisame. ​

La ragazza osservò meglio. Gli attacchi soffici del Kempo stavano venendo parati…con blocchi pesanti di Muay Thai! ​

Ed ora che ci penso…. OH! Anche prima era la stessa cosa.

Quando Kenichi aveva attaccato con la Muay Thai, Ranma si era difeso con soffici deviazioni di Kung Fu. ​

Quando era passato al Karate, gli era sfuggito con eleganti schivate di Ju Jitsu. ​

Quando quest’arte era stata usata da Kenichi, il modo in cui il ragazzo col codino la evitava ricordava i movimenti fluidi di chi usa le armi.

Ed ora… 57, 58… ​

<< Kosaka Style! Kosaka Slash! >> ​

Mentre Kenichi usava il taglio della mano per replicare una spada, Ranma ne bloccò l’attacco, intercettando l’avambraccio con il proprio, prima che gli entrasse nella guardia…usando il Karate! ​

Aveva bloccato gli attacchi di Kenichi usando gli stessi stili in ordine differente! ​

E c’era un’altra cosa! In tutto quel tempo, Ranma…era rimasto nella stessa identica posizione di partenza, con gamba e braccio destro in avanti (lmalgrado non fosse mancino), come per darsi un ulteriore svantaggio e…non era arretrato con i piedi di un millimetro! ​

Miu guardò freneticamente l’orologio.

OH NO!

“KENICHI, ATTENTO!” ​

Il ragazzo col codino emise un lieve sorriso. ​

“Tempo scaduto!” ​

Nel momento esatto che ebbe neutralizzato l’ultima tecnica, Ranma cambiò istantaneamente guardia, spostando avanti il piede sinistro, per poi rilasciare un devastante calcio medio alle costole di Kenichi con la gamba destra. ​

Fu un calcio da manuale. Pulito, fulmineo, potente. ​

Kenichi si trovò sbalzato a mezz’aria. ​

Maccos…” ​

“Kenichi!” gridò Miu mentre dai maestri si levavano una serie di “Ooh” di approvazione. ​

Ma fu Ranma ad essere stupito “Strano, l’ho chiaramente colpito, eppure non ha subito gravi danni. E’ come se…” ​

Mentre pensava ciò, percepì un pericolo. ​

Ritrasse istantaneamente la gamba, così le braccia che Kenichi stava impiegando per afferrargliela con una presa di Jujitsu, graffiarono solo l’aria. ​

Kenichi atterrò a terra, in piedi. ​

“Ehi!” sembrò protestare il ragazzo col codino. ​

Ma la sua protesta fu di breve durata, perché Kenichi gli rifilò un diretto sinistro immediato, che Ranma deviò senza problemi con la destra, con la quale poi gli afferrò subito la mano esposta dall’attacco. ​

Di lì, torse il polso di Kenichi in direzione opposta, con una leva articolare, facendolo piegare sulle ginocchia. ​

Sferrò un doppio colpo col dorso del pugno sinistro, prima alla tempia di Kenichi e subito dopo alla coscia destra, aprendone la guardia. ​

Poi, mollata la presa, ritrasse la mano destra per caricare un colpo. ​

Si sentì Ranma inspirare profondamente, e poi si piegò in avanti, rifilando a Kenichi un colpo allo stomaco col palmo della mano, imprimendo in esso la rotazione di tutto il corpo. ​

L’impatto fu terrificante. L’aria si piegò dietro l’onda d’urto. ​

Kenichi venne sbalzato all’indietro come una bambola di pezza, sputando sangue dalla bocca e finendo come un missile contro un muretto, lontano una decina di metri, impattando su di esso così forte da formare una ragnatela di crepe. ​

Sakaki “Niente male!” ​

Shigure “Però” ​

Apachai “Apa!” ​

Ma “Comunque l’allenamento per gli organi interni di Kenichi ha dato i suoi frutti” ​

Akisame “Già, non ha subito danni eccessivi”. ​

Kenichi scivolò giù dal muro, riuscendo però in qualche modo ad atterrare in piedi, le ginocchia piegate. Aveva il fiatone, la vista gli tremava già. ​

Ranma fu il più stupito dei due: si aspettava che fosse già svenuto. ​

In mezzo alla polvere, Kenichi alzò di colpo una mano, gridando “ALT! STOP! TIME OUT!”

Ranma lo guardò obliquo “Che c’è, ti arrendi di già? Anche se in effetti non pensavo che fossi ancora cosciente…” ​

Miu era dubbiosa “E’ vero…il colpo di Ranma era perfetto…Ken-san non dovrebbe essere in grado di stare in piedi…-si interruppe, notando che tutti i maestri stavano sogghignando-AH! A meno che…” ​

Kenichi mise una mano dietro la nuca, imbarazzatissimo “Beh, no, vedi, il fatto è che…tra poco sarebbe stato il turno dell’allenamento con Shigure-San nella difesa da armi, e quindi…sono un po’ a disagio, ma…-e nel parlare, cominciò a togliersi il Gi-mi ero completamente dimenticato di avere addosso questa!” concluse, rivelando la cotta di maglia d’acciaio che usava quando era in missione: una protezione progettata per resistere a colpi di livello Maestro! ​

I maestri scoppiarono del tutto a ridere, senza più alcun ritegno. ​

Ranma diventò rosso come la sua giacca, innervosito per essere stato preso in giro. ​

Era evidente che i maestri, invece, lo ricordassero ed avessero fatto finta di niente. ​

“Sai, non è che volessi barare, è solo che…eheheh” continuò a schermirsi Kenichi, a cui sprizzavano gocciolone dal volto mentre parlava. ​

Ora capisco anche perché non ha sentito l’impatto del calcio di prima” rifletté Ranma ​

No! E’ tutto il contrario-fu folgorata all’improvviso Miu-dei due, è Ranma quello incredibile, perché ha colpito con tutta la sua forza con la gamba e la mano contro la cotta di maglia costruita da Shigure-san, e non si è fatto niente! Non se n’è nemmeno accorto! Che razza di allenamenti fa di solito?” ​

“Comunque-riprese Kenichi, cambiando espressione, il Gi riallacciato, la cotta di maglia stretta in una mano-ricominciamo da capo, come se stessimo iniziando ora. Adesso arrivo” ​

Lasciò cadere la cotta di maglia al suolo e l’impatto generò un piccolo cratere. ​

EEH? Ma quanto pesava?” si trovò a pensare Ranma ​

Ne ebbe appena il tempo, perché Kenichi balzò in avanti in un lampo, in posizione di placcaggio, abbrancandogli le gambe. ​

Cosa? E’ più veloce! Non mi dire che la maglia lo rallentava” ​

Ranma e Kenichi per un lungo istante furono sospesi a mezz’aria, il primo destinato a cadere a terra di schiena, il secondo a finirgli sopra. ​

In quell’istante, successero diverse cose. ​

I maestri levarono una vera e propria ola. ​

Miu si trovò un sorrisone sul volto. “Kenichi” ​

“Vedo che tutti quegli allenamenti sulle basi stanno finalmente dando i loro frutti” commentò Ma. ​

“Apa! Sembra una mossa del ragazzo con la mimetica!” esclamò Apachai. ​

“E’ così-precisò Koetsuji-anche se, oltre che nel Sambo, o nella Lotta Libera occidentale, quella mossa appartiene al curriculum del jujitsu” ​

“Però…” iniziò Shigure ​

“Già” continuò Sakaki. ​

Mentre erano sospesi per aria, Kenichi vide l’ombra di un sorriso sul viso di Ranma. ​

Il ragazzo col codino si diede un colpo di reni, liberandosi dalla presa, ed inarcò la schiena all’indietro, appoggiando le mani a terra facendo la verticale. Allo stesso tempo, agganciò i piedi sotto le ascelle di Kenichi. ​

Il Primo Discepolo del Ryozampaku in un attimo capì cosa sarebbe successo, ed un brivido gli attraversò la schiena. ​

Miu “Cosa? E’ riuscito a contrattaccare da quella posizione? E’ davvero abile!” ​

Sakaki commentò: “Bella contromossa in quella situazione, per di più con tanta facilità. Il ragazzo mi piace” ​

“A differenza del nostro allievo, ha del talento…” confermò l’Anziano. ​

Un pensiero attraversò la mente di Miu ​

Lo scaglierà con le gambe, lanciandolo a diversi metri di distanza, contro il muro posteriore” ​

“ATTENTO KENICHI!” le sfuggì, anche se non avrebbe dovuto interferire. ​

Kenichi dovette pensare in fretta “Mi lancerà contro il muro? Ma se so che lo farà, posso provare a sfruttare a mia volta lo slancio, fare una capriola in aria, ed atterrare sul muro coi piedi. Posso farcela!” ​

In quell’istante, come se gli avesse letto nel pensiero, Ranma modificò il ritmo, piegò gli addominali di colpo, e si richiuse a V rovesciata, scaraventando invece Kenichi di testa contro il terreno, piantandocelo dentro come un palo. ​

Poi si rialzò con un balzo, dando le spalle all’improvvisata segnaletica umana e spazzolandosi la spallina della giubba.

Ranma commentò  “Tsk! Dopotutto, è stato facile…” ​

Miu “Cosa? Sapeva che Kenichi aveva intuito le sue intenzioni, ed ha modificato l’attacco in corsa, scegliendone uno imparabile? E’ assurdo!” ​

Ma da in mezzo alla polvere, il sesto senso di Ranma lo avvisò di un pericolo “Come? Non è possibile” ​

Si voltò di scatto, vedendo che Kenichi si stava rialzando, non perfettamente illeso, ma ancora lontano dall’essere sconfitto. “Ohi, ohi, ohi…” ​

Ma come ha fatto? L’ho schiantato a terra con tutta la mia forza…” “Ma tu…sei per caso immortale?” chiese poi a voce alta. ​

“Beh, no, certo-replicò Shirahama-è solo che…sono abituato a ricevere colpi dai miei Maestri in allenamento, e quindi ho sviluppato una certa resistenza…loro dicono che sono un genio a farmi massacrare, ahahah” concluse, con un risolino imbarazzato. ​

Tutti i Maestri, con evidente orgoglio, confermarono, serissimi, con un coro di “Certo, proprio così”, conditi da risolini e sghignazzi vari. ​

A Miu apparve una gocciolona in fronte “Veramente, non è una cosa di cui vantarsi…” ​

Ranma era allibito. ​

Tsk! E’ come quella volta…quando ho affrontato Ryoga, dopo che la vecchia Obaba gli aveva fatto fare l’allenamento per la tecnica dell’esplosione…comunque-pensò, rivolgendo uno sguardo indignato ai maestri-che razza di allenamenti fanno in questo dojo? Usano il loro allievo come fosse una cavia da laboratorio! Sono davvero senza ritegno!” ​

“Comunque-fu la dichiarazione di Kenichi che si stava pulendo la terra dalle spalle che lo riscosse dai suoi pensieri-come immaginavo, sei davvero forte. Le tecniche tradizionali non funzioneranno mai contro di te”.

“Devo combattere per forza al massimo della potenza. Userò QUELLO” ​

Miu fu esterrefatta “Ooh! Lo fa di già?” ​

Anziano “Bene, bene…la cosa si fa interessante” ​

Shigure “Alla fine…anche un cocomero…deve per forza…maturare” ​

Gli altri evitarono di commentare il suo bizzarro paragone… ​

Kenichi si illuminò di Ki, mentre muoveva a semicerchio le mani aperte, ed espanse al massimo il potere del Ki del Sei. I suoi occhi parvero guardare nel vuoto, in un punto indefinito, mentre l’aria si contraeva e raffreddava intorno al suo corpo. ​

“Vieni pure avanti ed attaccami come vuoi!” dichiarò con sicurezza. ​

Ranma non aveva mai visto quella tecnica, ma si irritò nel notare il cambio di tono di Kenichi.

“Tsk! Ti stai MONTANDO LA TESTA!” e per la prima volta, iniziò l'attacco. ​

Solo per vedere il suo pugno deviato senza sforzi. Stupito, tentò un calcio dalla direzione opposta, con lo stesso esito. ​

Ormai decisamente contrariato, cominciò ad attaccare con tutte le mosse che conosceva, pugno destro, sinistro, calcio, combinazione, gomito, palmo, ginocchio, combinazione, pugno…ma tutte con lo stesso esito. ​

Kenichi si muoveva il meno possibile, ma defletteva con facilità tutti i suoi attacchi. La situazione si era del tutto ribaltata rispetto a poco prima. ​

Ranma si fermò per riordinare le idee. ​

Accidenti! E’ senza dubbio una sua tecnica. E’ completamente diverso da prima. Devo analizzare il tutto con calma, e trovare un punto debole, senza permettergli di contrattaccare”. ​

Si lanciò in una serie di attacchi spericolati, saltando a destra ed a sinistra, effettuando improvvisi cambi di direzione, capriole, calci volanti, attacchi in acrobazia, con il chiaro intento di sorprendere Kenichi, ma sempre senza esito. Kenichi evitava per un pelo tutti i colpi. ​

Miu era estasiata nel vedere Kenichi combattere alla pari con Ranma, anche se aveva visto utilizzare quella tecnica in combattimento decine di volte in situazioni di pericolo reale. ​

Ryusui Seikuken**. Una delle mosse definitive del Sei, creata dall’Anziano in persona, e facente parte delle sue 108 tecniche segrete. ​

Sincronizzando il respiro con quello dell’avversario, diventa possibile prevedere le sue mosse, introdursi nel suo flusso per anticiparle ed infine interromperlo per contrattaccare. ​

Non era la prima volta che una tecnica simile permetteva di affrontare avversari molto più potenti, senza subire danni. Come nel caso di Kanou Sho, o di Kajima Satomi. ​

Sì! Sì! In questo modo, Kenichi ce la può fare!” esultò in cuor suo la bionda. ​

Sakaki “Eheh…ve ne siete accorti anche voi?” ​

Akisame “Già!” ​

Ma “Certo” ​

Apa “Apa!” ​

“Di che cosa parlate?” Domandò Miu ​

“Del fatto che, se l’incontro continua in questo modo…Kenichi perderà” spiegò Akisame. ​

“Che cosa? Ma Kenichi ora è in vantaggio!” ​

“Cretina! Guarda meglio! Attiva il Ki del Dou, se necessario” la redarguì Sakaki. ​

Un po’ dubbiosa, Miu obbedì, i suoi occhi si accesero di una luce rossastra, e si mise ad osservare con ancora maggiore attenzione. ​

Era ormai da un paio di minuti che Ranma provava senza successo a colpire Kenichi.

Le difese del discepolo del Ryozanpaku non mostravano punti deboli, eppure a Miu sembrò che ci fosse qualcosa che non andava…un momento! ​

“Kenichi, per tutto questo tempo, non ha avuto occasione di contrattaccare. Neanche una volta”. Confermò il maestro di Karate. ​

“EEEH? Possibile?” ​

“Uhm-si intromise l’Anziano-come sapete, il Ryusui Seikuken è una tecnica in tre fasi.
Nella prima, si sincronizza il proprio respiro con l’avversario.
Nella seconda, si sfrutta la sincronizzazione per evitare gli attacchi.
Nella terza, ci si armonizza a tal punto con i suoi movimenti, da poter contrattaccare senza che questi capisca da dove stia arrivando il colpo.” ​

“Per tutto questo tempo, invece, Kenichi è rimasto sulla difensiva e basta-riprese Sakaki-e non perché non voglia contrattaccare, ma perché gli attacchi di Ranma non presentano punti ciechi, e sono così veloci da non dargli il tempo materiale di tentare qualcosa”. ​

“Prima o poi, Kenichi si stancherà-concluse Akisame-e non sarà in grado di mantenere il Seikuken per sempre. Deve provare a battere Ranma prima che ciò accada”. ​

Kenichi…” implorò Miu nel suo cuore. ​

E non si tratta solo di questo-aggiunse Hayato tra sé e sé-Miu non se n’è accorta, ma tutti gli altri di certo sì. Questa non è di certo la MASSIMA VELOCITA’ di Ranma Saotome. Se dovesse attaccare sul serio, il Seikuken di Kenichi verrebbe distrutto in un attimo. E’ già capitato anche contro avversari di livello inferiore, dopotutto. Tuttavia…Ranma si sta istintivamente limitando per non fare TROPPO male a Kenichi…e poiché la potenza è il risultato di Forza moltiplicata per la Rapidità, il ragazzo non è in grado di diminuire la potenza massima, se non rallentando anche la velocità d’attacco… Se Kenichi dovesse rendersene conto, capirebbe che gli conviene contrattaccare il più presto possibile. Deve sbloccare lo stallo finché non è troppo stanco”. ​

Ma se Atene piange, Sparta di certo non ride. ​

Ranma cominciava ad accumulare frustrazione, nel non riuscire a colpire Kenichi, e tuttavia si rifiutava, cocciuto, di ricorrere alle sue tecniche segrete migliori, anche perché non stava affrontando uno scontro mortale, né un avversario alla sua altezza. ​

Per di più, era convinto che ci fosse qualcosa che gli sfuggiva, come se la soluzione al problema-in realtà molto più semplice-fosse a portata di mano, ma non capisse quale fosse. ​

Eppure ci deve essere un modo. E’ perfettamente sincronizzato con i miei movimenti, maledetto lui. Ha completamente interiorizzato il mio ritmo d’attacco, ed anche se provo a cambiarlo, e…ehi, un momento. Già, potrebbe essere un’idea. Farò così”. ​

Per mezzo minuto, lo scontro sembrò proseguire allo stesso modo. Poi Miu cominciò a notare qualcosa di strano. ​

Pensò di essersi sbagliata, all’inizio. Non era abituata ad osservare gli scontri col Ki del Dou, gli occhi potevano averle giocato un brutto scherzo. ​

Invece era indubbio. Su Kenichi cominciarono ad apparire dei lividi. ​

Prima sulla spalla sinistra, poi sul fianco destro, poi sulla guancia, quindi sulla coscia. ​

All’inizio persino lui non parve rendersene conto.

Eppure stava chiaramente evitando tutti gli attacchi di Ranma! ​

“Ma come…?” ​

“Guarda meglio” la ammonì nuovamente Sakaki. ​

La bionda incrementò il Ki del Dou fino quasi a provar male agli occhi, e se ne rese conto. ​

Tra tutti gli attacchi di Ranma, ce n’erano alcuni che erano più veloci degli altri. ​

1,2,3,4 colpi a velocità normale ​

Il n° 5 a super velocità ​

I numeri 6,7,8,9 a velocità normale ​

Il n°10 a super velocità ​

“Eheh…una bella trovata” riconobbe Sakaki. ​

“Ha trovato un punto debole nella tecnica dell’Anziano…” ammise Koetsuji “uno che forse non conosceva nemmeno lui” concluse, ma si guardò bene dall’esprimere l’ultima parte del pensiero a voce alta. ​

Hayato, dal canto suo, osservava in silenzio, pensieroso. ​

Conosce una tecnica per aumentare la velocità, senza aumentare la potenza. Però la sta usando solo per indebolire Kenichi, invece che per spazzarlo via. Probabilmente ha modificato la tecnica al volo per questo scopo specifico. Sta sperimentando nuove opzioni da usare in futuro.” ​

Eppure…-pensò Shigure-sembra che non voglia fargli troppo male” ​

Voltò lo sguardo alla sua destra. “Sarà perché…c’è Miu che li sta guardando?”. ​

Ma cosa succede?-pensò Kenichi-sta improvvisamente riuscendo a colpirmi, e non capisco come sia possibile. Maledizione, presto non riuscirò più a mantenere il Seikuken. Ed allora…” ​

“Se…va…avanti…così…” commentò Shigure. ​

“Sì. Presto il Seikuken sarà distrutto” confermò Akisame. ​

Kenichi!” pensò dolorosamente Miu. ​

Quel Ranma-pensò Ma Kensei tra sé e sé-dove l’avrà imparata La Leggendaria Tecnica delle Castagne? E’ chiaro che non si tratta di un ragazzo qualsiasi…” ​

“Ora Kenichi si trova ad un bivio-dichiarò l’Anziano- per provare a rovesciare la situazione dovrebbe passare all’attacco, ma…” ​

Accidenti…così non va bene! Devo reagire! A qualunque costo, devo provare ad attaccare!” pensò Kenichi, ormai coperto di lividi. ​

Nella barriera di attacchi di Ranma, gli parve di individuarne uno meno protetto, un diretto sinistro. ​

Ecco, quello!” e si preparò ad afferrarlo con una presa. ​

Un lampo passò sui volti di tutti. ​

“Hai…sbagliatoooooo” cinguettò Shigure. ​

Era una finta. ​

Fu Ranma ad afferrare la mano destra di Kenichi per primo, usando la sinistra per torcergli il polso con un’altra, dolorosa, leva articolare. ​

Si lasciò poi cadere in posizione bassa con le gambe, scivolando sotto il contrattacco di gancio sinistro di Kenichi, ed affondò il gomito destro nel plesso solare dell’avversario. ​

Il Primo Discepolo si piegò in due, ma la combinazione proseguì. ​

Il braccio destro di Ranma si estese, calando un pugno a martello sulla fronte di Kenichi. ​

Poi il ragazzo col codino usò come perno il piede destro, fece una giravolta, ed eseguì una spazzata alle gambe di Kenichi col piede sinistro, sollevandolo vari metri in aria. ​

A quel punto spiccò un balzo ancora più in altro, fece una piroetta, si ritrovò esattamente sopra Kenichi, in perpendicolare, e fece calare un calcio ad ascia devastante sul suo stomaco. ​

Il ragazzo sputò un fiotto di sangue, si sentì uno schiocco per lo spostamento d’aria, e venne spedito giù, verso il suolo, a velocità supersonica, atterrando con fracasso sul terreno, e producendo una voragine. ​

Ranma atterrò con tutta calma, posizionandosi però sempre in guardia sul bordo del crepaccio, da cui si era sollevata un’enorme nuvola di polvere. ​

Era accaduto tutto in pochi istanti. ​

Solo quando fu finito Miu si riscosse abbastanza per gridare “KEN-SAN!”, con le lacrime agli occhi. ​

I maestri si stavano scaldando ed osservavano la situazione come un branco di lupi osserva un cervo. Lo spettacolo cominciava ad essere di loro gradimento. ​

“Avanti, esci da lì” intimò Ranma in tono deciso, senza un’ombra di trionfo nello sguardo o nella voce. “Lo so che sei ancora vivo”. ​

Lentamente, inesorabilmente, sputando sangue e tremando, Kenichi riemerse dalla voragine, imbrattato di sangue e malfermo sulle gambe. ​

Nel vedere che non era più una minaccia, Ranma si rilassò ed abbassò la guardia. ​

Si rimise dritto, chiuse gli occhi un istante e trasse un bel respiro. ​

Quando li riaprì, la sua espressione era stranamente calorosa. ​

“Kenichi…devo ammettere di essermi sbagliato. Non sei una persona qualsiasi. Riconosco il tuo valore. Sei un avversario fuori dal comune. ​

Ma ora non devi per forza continuare a combattere. Ti farei male sul serio, e non voglio farlo. Finiamola qui” ​

Nel dire questo, aveva messo una mano sulla spalla a Kenichi, che si era trascinato, moribondo, quasi carponi, verso di lui, respirando affannosamente. ​

“Io…non…posso…coff-coff-arrendermi…” ​

“Come dici?” ​

“Almeno…coff-fino a quando…” ​

Nel dire questo, sembrò aggrapparsi, disperatamente, alla giubba di Ranma con le mani, per rimanere in piedi. ​

“Non capisco. Fino a quando…cosa?” ​

Ranma si abbassò avvicinandogli l’orecchio alla bocca, per sentire meglio. ​

“Fino a quando…non sarò…in grado…di…” ​

Le mani di Kenichi cambiarono posizione, mettendosi puntate dritte sul petto di Ranma, parallele, in orizzontale. ​

“…DI PROTEGGERE MIU!” ​

Ma Che…?” ​

Fu un breve lampo nel suo sguardo. Ranma fu raggelato nel capire che qualcosa non andava. ​

Ma era troppo tardi. ​

La posizione del corpo di Kenichi cambiò di colpo. ​

<< MUBYOSHI! >> ​

Un’onda d’urto attraversò il corpo di Ranma mentre Kenichi fletteva il corpo in posizione avanzata ed affondava il pugno dentro il suo tronco, scaraventandolo all’indietro. ​

MACCOS…” ​

Si udì uno schiocco nell’aria, mentre l’onda d’urto dell’impatto spingeva Ranma una dozzina di metri indietro, facendogli scavare dei solchi nella terra in corrispondenza dei suoi piedi. ​

Un boato da stadio si levò dalla veranda, come se il Giappone avesse appena vinto il mondiale di calcio. ​

“Ken-San!” gridò Miu, estasiata. ​

I maestri facevano salire una serie di “Hooray”, agitavano bandierine del Sol Levante, mangiavano snack, stappavano bibite e lanciavano coriandoli e festoni. ​

Apachai “Apa! Bravo Kenichi!” ​

Akisame “Ha eseguito perfettamente il Mubyoshi” ​

Kensei Ma “Certo, si potrebbe obiettare che Ranma avesse smesso di colpirlo ed avesse il corpo completamente rilassato, ma…” ​

“…E’ solo colpa del ragazzo se ha abbassato la guardia-concluse Sakaki-in una vera lotta non c’è pietà per il nemico, e l’Anziano non aveva ancora decretato la fine dell’incontro” sentenziò. ​

“Ohohoh, adesso la cosa si fa interessante” ridacchiò Hayato. ​

“Però Ranma…è ancora…in piedi” osservò Shigure. ​

Ed era vero. Tenendosi lo stomaco per l’impatto, piegato in avanti, l’aria uscita dai polmoni, e le ginocchia tremanti, Ranma era nondimeno riuscito a non scivolare a terra. ​

E doveva anche riordinare le idee. ​

Che cosa diavolo era quella mossa? Piegamento in avanti di Ju Jitsu, posizione di Karate, spinta di Wushu, penetrazione nel corpo come nella Muay Thai…è una tecnica che combina insieme tutte le arti marziali che sta imparando! ​

E’ incredibile che avesse ancora in serbo una mossa così! L’avrà creata da solo? Uno come lui?...” ​

Ranma, col fiato corto, osservò Kenichi. ​

Era ancora nella posizione in cui aveva scagliato il colpo, con una luce determinata negli occhi, che non gli staccava di dosso, mentre riprendeva fiato. Persino le sue ferite sembravano di colpo meno gravi. ​

“…merda, mi sono fatto fregare. Avevo la vittoria in tasca ed ora ho complicato tutto. Pietà per un avversario, in un incontro ufficiale? Cosa mi succede? Se il vecchio Genma fosse qui, non la finirebbe più di rompere…” ​

“Ohoh, però anche Ranma deve aver allenato con diligenza la propria elasticità ed i propri organi interni, se è ancora in piedi dopo aver subito quella mossa mentre aveva il corpo totalmente rilassato” osservò Kensei Ma. ​

“Certo, il bello dell’incontro viene proprio adesso” si illuminò Sakaki. ​

“Tuttavia, probabilmente…il prossimo colpo sarà l’ultimo” sentenziò Hayato. ​

“Kenichi può farcela? Ranma-kun ha accusato il colpo, ma è indubbiamente Ken-San quello che ha subito più danni finora…” rifletté Miu. ​

Kenichi stava riprendendo il fiato, tenendosi le mani sulle ginocchia. Lanciò uno sguardo in avanti, verso Ranma. ​

“Accidenti…come pensavo, sei un osso duro…in pochissimi hanno resistito al Mubyoshi, e nessuno di loro in ogni caso mentre aveva il corpo totalmente rilassato come il tuo…sei davvero incredibile…è assurdo pensare che sei solo poco più grande di me” ​

“Feh! Sono io che dovrei farti i complimenti per essere uscito da una situazione disperata! A proposito, bella mossa. Cos’era?” ​

“Oh, solo uno sviluppo originale, che ho creato combinando gli insegnamenti di tutti i maestri…possiamo considerarla la sintesi del mio percorso al Ryozampaku. Il suo nome è Mubyoshi” ​

“Feh! Ora si spiegano molte cose***…” ​

Miu avrebbe giurato di aver visto l’ombra di un sorriso sul volto di entrambi. ​

E di colpo comprese una cosa che, dei maschi, non aveva mai davvero capito.

Cameratismo? Rispetto reciproco? Rivalità? Altro ancora?

Kenichi però, cambiò espressione, dopo aver velocemente guardato verso di lei. Si rialzò dritto, e si strappò di dosso il Gi, ormai semidistrutto, lanciandolo a terra. ​

“Ranma-kun! Sei senza dubbio l’avversario più forte che abbia mai affrontato! Per questo anch’io darò il massimo combattendo contro di te! Perché io sono il Primo Discepolo del Ryozanpaku…lo farò per il mio orgoglio, come praticante di arti marziali!” ​

Kenichi sembrava un altro. I muscoli torniti brillavano di sudore, malgrado fosse sporco di terra ed imbrattato di sangue. ​

Aveva l’espressione decisa, ma al contempo, serena, di chi accetterà qualunque risultato. ​

Ranma sembrò stupito, poi chiuse gli occhi un istante e sbuffò ​

“Pfff…quante arie ti dai”. ​

Si raddrizzò per bene. ​

“Allora anch’io combatterò con te senza alcun riguardo!” dichiarò, alzando le braccia e stringendo i pugni in guardia, per la prima volta dall’inizio dell’incontro. ​

“E’ QUELLO CHE VOGLIO!” dichiarò Kenichi, e si lanciò all’attacco, tempestando Ranma con una raffica ininterrotta di violentissimi colpi di Muay Thai. ​

“Eh? Ha ancora tutta questa energia? Però…” ​

“Apa! Kenichi sta usando la Muay Thai per finire il suo avversario! GO, KENICHI, KILL!” ​

“Si sta…esponendo…” notò Shigure. ​

“Senza dubbio, ma…è proprio quello il suo piano” affermò Hayato ​

<< STRONGEST COMBO N°3! >> ​

Ranma stava schivando tutti i colpi senza problemi, facendo dei piccoli salti all’indietro. ​

Si domandava quale fosse lo scopo di Kenichi: si sarebbe stancato, o si sarebbe esposto. Non poteva non saperlo. ​

Ed invece si espose lui.

Solo per un centimetro, solo per un istante. ​

La necessità di schivare quella combinazione gli aveva fatto esporre per un attimo il suo fianco destro. ​

E Kenichi mirava proprio a quello. ​

Le sue gambe si piegarono sul terreno, ma subito esplosero contro Ranma in un devastante calcio laterale saltato. ​

<< KOROI NUKI! >> ​

EEEH?” ​

Il tempo si congelò. ​

Nessun boato si levò dai maestri. Tutti i loro sguardi assunsero un’espressione rassegnata, come per dire: “E’ finita”. ​

E lo era davvero. ​

Kenichi fu trionfante per un istante, nel vedere Ranma esterrefatto, e colpito dal Koroi Nuki, sospeso a mezz’aria. ​

Ce l’ho fatta?” ​

E durò davvero meno di un secondo, perché poi non lo vide più. ​

Improvvisamente, non sentì più resistenza, si ritrovò con la gamba tesa nel vuoto, a mezz’aria. ​

Il suo avversario si era come dissolto. La giubba rossa di foggia cinese del ragazzo col codino stava sospesa in quel punto, vuota come fosse tenuta sollevata dal vento stesso. ​

Udì uno “swiish”, e gli parve di percepire una presenza materializzarsi, istantanea, alle sue spalle. ​

E qualcuno parlò, con tono calmo, comprensivo ed ammirato. ​

O meglio, in quel lasso di tempo così breve non poteva aver detto tutte quelle parole, ma fu come se le percepisse direttamente da dentro la testa. ​

“Incredibile…ancora un’altra tecnica decisiva. E quegli attacchi violenti servivano per prepararla, facendomi aprire la guardia per eseguirla. ​

Kenichi…riconosco che hai combattuto bene. Ma ora basta” ​

Kenichi udì un “THUD!”, un colpo secco, dato col taglio della mano, alla base del collo. ​

Le gambe smisero di reggerlo e cascò nel vuoto, a peso morto, come una marionetta coi fili spezzati. ​

“EEEEEH?” fu l’ultima cosa che pensò. Kenichi vide il prato avvicinarsi veloce, come se avesse preso di colpo il posto del cielo. ​

Poi tutto si fece buio. ​

Miu schizzò in avanti prima ancora che l’Anziano potesse parlare ​

KENICHISAN!” ​

Hayato si mise in piedi, sollevò un braccio, e dichiarò, prima che il suo allievo potesse toccare terra “IL VINCITORE E’…” ​

In quell’istante accaddero molte cose, al rallentatore. ​

Miu non riuscì a bloccare la caduta di Kenichi, perché fu anticipata. ​

Ranma svanì dalla sua vista, e riapparve seduto a terra a gambe incrociate, tenendo Kenichi in braccio. ​

Lo aveva preso al volo prima che picchiasse il volto a terra. ​

“…RANMA SAOTOME!” dichiarò Hayato a pieni polmoni. ​

In quel momento, tutti i maestri si alzarono come un sol uomo, ed iniziarono a schizzare, come fulmini in tutte le direzioni. ​

Riapparvero circondando i tre ragazzi e generando spostamenti d’aria, come se avessero usato il teletrasporto. ​

Miu era stupita e guardava Ranma con sguardo interrogativo, rossa in viso e chiaramente stupita per quel gesto di pietà. ​

Ranma aveva invece un’espressione solenne, poi incrociò il suo sguardo, lo fraintese e diventò rosso come un peperone, con grosse gocce di sudore che cominciarono a spruzzare dal suo viso per l’imbarazzo. ​

“Ehi, io…n-non c’entro, è stato un duello leale, e non volevo fargli male, n-non prendertela con me, ok?” farfugliò agitando rapidamente le mani e lanciando via Kenichi come un sacco, lasciandolo cadere a terra a peso morto. ​

Miu si inginocchiò senza badargli e cominciò ad esaminare le ferite del suo amico. ​

Si voltò poi a guardare Ranma, perplessa ​

“PERCHE’ avrei dovuto avercela con te? LO SO che è stato un duello leale”, e riprese a curare il ferito. ​

Ranma improvvisamente si sentì un po’ stupido. ​

L’imbarazzo passò, si calmò e parlò con un tono più calmo ​

“Uh…sì, immagino di sì”. ​

Poi voltò la testa all’indietro, ripensando al passato “Immagino di essere stato abituato male con Akane…se avessi ridotto così Ryoga, non avrebbe sentito ragioni, e mi avrebbe fatto a pezzettini. ​

A volte scordo che Miu è del tutto diversa da lei. Miu…capisce davvero il mondo delle arti marziali. E’ stata cresciuta…proprio come me”. ​

Ma non ebbe molto tempo di pensarci, perché tutti i maestri iniziarono a venire a complimentarsi con lui, ed il ragazzo col codino, schivo di natura, passò i minuti successivi a schermirsi e ringraziare. ​

“Bell’incontro ragazzo. Niente male davvero” ghignò Sakaki, con un’espressione compiaciuta in volto, dandogli una pacca sulla spalla. ​

“Eh…oh, grazie” ​

“Un combattimento tecnicamente magistrale” sottolineò Koetsuji ​

“Molto obbligato” ​

“Delle abilità eccezionali, ad una così giovane età” confermò Kensei Ma ​

“Eheh…immagino di sì” ​

“Apa!” squittì Apachai ​

“Uhm…grazie…credo…?” ​

Sono tutti diversi dai maestri che conosco…ho appena massacrato il loro allievo e mi stanno riempiendo di complimenti. Amano davvero il puro concetto delle arti marziali. E poi…” ​

Il suo sguardo incrociò quello dell’Anziano, dall’espressione severa e neutra. ​

“Ranma Saotome…hai compreso per quale motivo ho voluto farti combattere contro Kenichi?” disse con solennità. ​

“Io…immagino di sì. Per farmi comprendere di non sottovalutare mai nessun nemico…e farmi capire che il mondo delle arti marziali è ancora davvero vasto, e c’è sempre tanto da imparare, qualunque sia il tuo livello. ​

Inoltre, esistono tanti tipi di praticanti, ciascuno con convinzioni, sogni ed obiettivi differenti, ma tutti meritano ugualmente rispetto. I miei dubbi non sono in fondo nulla di speciale, quindi devo impegnarmi a trovare una risposta per decidere quale strada intraprendere. ​

E poi…-rivolse lo sguardo a Kenichi-lo avete fatto anche per lui. ​

Perché affrontando un avversario di livello superiore, venisse spinto al limite, come non può e non vuole fare, quando combatte contro Miu”. ​

La ragazza sembrò stupita. Non ci aveva mai davvero pensato.

Il fatto che Kenichi le volesse bene gli impediva di esprimersi al massimo contro di lei?

Ranma proseguì “Volevate vedere come avrebbe reagito, sollecitarne lo spirito guerriero, che di solito gli manca, ed anche…farlo abituare ai riflessi di un nemico più potente del solito…senza tuttavia fargli correre troppi rischi; come sarebbe successo combattendo contro voi Maestri, o con dei veri nemici, in uno scontro all’ultimo sangue”. ​

Tutti annuirono, bonariamente. Quindi, il ragazzo aveva capito. ​

Ranma si fermò a riflettere meglio su quello che gli era appena uscito di bocca, quasi senza pensare. ​

E si sentì di colpo un pochino usato. La cosa lo seccava alquanto. ​

Poi guardò Miu tendere teneramente alle ferite di Kenichi, e provò una fitta nel petto, della quale si stupì. ​

“Beh, era un avversario impossibile per Kenichi” sentenziò Sakaki ​

“Ovvio” ribadì Akisame ​

“Ma questa sconfitta lo farà crescere” concluse Kensei Ma ​

“E per quanto riguarda Ranma-continuò il maestro cinese-credo che non abbia neanche usato tutte le risorse a sua disposizione. Ci riserberà ancora molte sorprese. Il suo talento è grande, ed il suo potenziale è più vasto dell’oceano”. “Già, forse anche troppo vasto. Sarei curioso di sapere…” ​

Miu smise per un istante di medicare Kenichi e voltò lo sguardo verso Ranma. ​

Il ragazzo era rimasto a torso nudo e non si era ancora rimesso il camiciotto. ​

La bionda, che lo vedeva a torso nudo per la prima volta, si rese conto di indugiare qualche secondo sui suoi muscoli torniti. Si stupì di sé stessa per questo, ma prima di metabolizzare, fu distratta da qualcosa. ​

Sul fianco destro, dove Kenichi aveva mirato col Koroi Nuki, il ragazzo col codino presentava chiaramente un livido di un paio di centimetri: era stato raggiunto di striscio. ​

Allora non era riuscito a schivarlo del tutto…” ​

Shigure era rimasta tutto il tempo in silenzio, ed in disparte. ​

Osservava con espressione severa, tagliente come le sue lame, la giubba di Ranma, stesa per terra, col fianco destro lacerato. ​

Non c’è dubbio…la tecnica che ha usato…conosce persino l’Utsushimi no Jutsu****” ​​

Voltò la testa per guardare con sospetto l’ospite del Ryozampaku. ​

Ranma Saotome…ma chi diavolo sei, in realtà?” ​

◊◊◊◊◊ ​

Legenda: ​

Seiza*: la classica posizione giapponese nella quale ci si siede sulle ginocchia ​

Ryusui Seikuken**: letteralmente “Tecnica dell’Acqua che Scorre” ​

Mubyoshi***: Letteralmente “Senza Ritmo”, il che significa che chi lo subisce non percepisce l’intenzione nemica di attaccare, fino a che non è troppo tardi, il che spiega il commento di Ranma, che non capiva come avesse fatto a non accorgersene ​

Utsushimi no Jutsu****: Tecnica della Sostituzione del Corpo (come in Naruto!)

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Capitolo 5
*** La Proposta di Ranma ***


Ranma attese pazientemente, con le braccia conserte e la schiena appoggiata al muro.


Quando finalmente la porta dell’infermeria si aprì e ne uscirono, in successione, Miu, Kensei ed Akisame, fu soprattutto la ragazza ad esserne sorpresa.


“Ranma-kun…cosa ci fai qui?”


“Kenichi sta bene?”


“Ohoh, diciamo che non ha appena fatto una passeggiata nel parco-spiegò Kensei-Comunque, non solo se la caverà senza danni permanenti, ma posso stimare la sua completa guarigione nel giro di una settimana. Del resto-non è vero Akisame?-allenandosi al Ryozampaku, non è la prima volta che subisce danni di questo tipo…anzi, non sono neppure i più gravi che abbia mai subito”


“Già, è proprio questo che mi preoccupa…” rimuginò il ragazzo col codino


Ranma-san…è rimasto qui fuori apposta per scoprire come stesse Kenichi? E’ davvero…una persona gentile” si illuminò Miu


“Akisame-san, ho anche una richiesta da farvi” esordì poi il giovane Saotome.


“Domanda pure-gli rispose il maestro di Ju Jitsu-nei limiti del possibile, cercherò di accontentarti”


“Vorrei vedere i dati-da quel che ho capito di lei sono sicuro che ce ne siano, ed anche di molto accurati-sull’allenamento di Kenichi, fisico e tecnico, dal giorno in cui è arrivato al Ryozampaku”


Tutti i presenti parvero molto stupiti della richiesta.


“Beh…dovrei recuperare i miei vecchi fascicoli, ma penso che si possa fare-esordì dubbioso Koetsuji-solo non capisco a cosa ti possano servire”


“Diciamo che ho notato un paio di cose durante l’incontro con Kenichi, e c’è una certa teoria che vorrei verificare”


Akisame non si oppose “Vedrò cosa posso fare”


“La ringrazio”


“Ma prima di fare qualunque altra cosa-scattò in avanti Miu, in tono severo-devi farti medicare anche le tue di ferite, su questo non ci piove”


“Ma non è niente, sul serio-si schermì il ragazzo col codino-colpi come questi per me sono praticamente carezze”


“Carezze come queste?” domandò Miu, un po’ seccata, premendogli con forza i palmi delle mani, contemporaneamente, sullo sterno, dove aveva subito il Mubyoshi, e sul fianco, dove aveva il livido del Koroi Nuki.


A Ranma sfuggì qualcosa che, alle orecchie allenati dei Maestri, sarebbe potuto sembrare un gemito.


“Beh, certo, se ti ci metti TU a picchiare sopra…”


“Niente scuse-ribatté la bionda con un tono a metà tra la maestrina, la sorella maggiore e la mamma preoccupata-tu vieni a farti medicare senza fare i capricci” concluse, praticamente tirandolo per la giubba mezza aperta e trascinandolo in un’altra stanza, che poi chiuse sbattendo la porta.


“Beh, la nostra Miu non vede l’ora di spogliarlo…” affermò Sakaki, emergendo da un angolo con un sorriso sardonico.


“…Meno male che Kenichi è svenuto, altrimenti marcirebbe di gelosia” concluse.


“Ma se…dici queste…cose a…voce alta…gli verranno…gli incubi…” aggiunse Shigure, spuntando dal soffitto, a testa in giù, come i pipistrelli.


Sakaki saltò su per la sorpresa.
“Se la non la finisci con queste entrate, Shigure, gli incubi verranno a me!”



◊◊◊◊◊


Ranma stava pazientemente lasciando che Miu gli esaminasse il torace e nel farlo, si sforzava di non guardarla in viso. 


Entrambi erano abbastanza arrossiti, ma la bionda ben di più; sudava freddo e tremava leggermente. 


Quando ebbe finito di spalmare gli unguenti sui punti nei quali Ranma era stato colpito, gli mise una bella fasciatura, per sicurezza e poi disse “E-ecco fatto. Dovrebbe essere tutto a posto, ma per sicurezza, fatti controllare anche da Kensei più tardi. Il tuo livello di QiGong* è molto buono, ma non si possono del tutto escludere danni interni, anche se ne dubito”


“Uhm…grazie” concluse il ragazzo col codino, rimettendosi la camicia.


“D-di nulla” concluse Miu, girando lo sguardo.


“Senti Miu-iniziò Ranma dopo qualche secondo di silenzio-posso farti una domanda?”


“S-sì? Certo, tutto quello che vuoi” rispose la ragazza, il cui tono scosso non corrispondeva alle parole dette.


“Ma tu sai perché Kenichi…si impegna tanto per imparare le arti marziali?”


Oh, vuol sapere questo” pensò la ragazza.
Sembrò sollevata e delusa allo stesso tempo.
Comunque, chiuse gli occhi, fece un bel respiro, e poi disse:


“Oh, Ken-San è…straordinario. 
Sai, lui è stato bullizzato a scuola, per molto tempo. 
L’ho conosciuto il primo anno delle superiori e siamo diventati amici. 
Ha iniziato ad imparare le arti marziali per difendersi, oltretutto l’istituto era infestato da molte gang criminali. 
Così, dopo ogni nemico che sconfiggeva, ne saltava fuori un altro più forte, e…beh, sai come vanno queste cose. Non ha più smesso di venire sfidato.
All’inizio i nemici erano normali delinquenti, poi è saltata fuori un’organizzazione più strutturata, il Ragnarok, composta da ragazzi che praticavano le arti marziali.
Poi, dopo aver sconfitto loro, ha attirato l’attenzione delle persone sbagliate.
Infatti ha dovuto affrontare i discepoli di tutti i maestri di arti marziali più malvagi del mondo, che facevano praticamente a gara per sfidarlo, in modo da ottenere il titolo di Discepolo Più Forte della Storia”


Accidenti-pensò Ranma-e fino a stamattina pensavo di essere io quello con una vita complicata”. 


Al tempo stesso, non poté trattenere un fremito di eccitazione. 
Gli sarebbe piaciuto essere al posto di Kenichi ed affrontare tutti quegli avversari fortissimi, anche se forse, per lui, sarebbero stati al massimo un allenamento mattutino.


“Ma nonostante tutto, non si è mai arreso-proseguì Miu-Continua a combattere per i suoi ideali. 
Desidera evitare gli scontri inutili, proteggere la giustizia e dare una seconda possibilità anche a chi ha sbagliato.
Molti suoi vecchi rivali sono infatti diventati i suoi migliori amici”


Di questo ne so qualcosa, pensò il ragazzo col codino


“Una frase che Kenichi dice sempre è: voglio diventare forte per affrontare il male che la gente comune finge di non vedere. Non è eccezionale?” concluse con un sorrisone.


Ranma rimase bloccato per qualche secondo, per una serie di ragioni.


C’è anche qualcosa che non mi hai detto, eh Miu?


<< Fino a quando non sarò in grado di proteggere Lei… >>


Il loro rapporto ora sembrava un po’ più chiaro.


“Capisco…ed ora, a che punto vi trovate? Questi discepoli malvagi sono stati tutti sconfitti, o c’è il rischio che torneranno alla carica?”


“Oh, beh, non si può mai dire. Diciamo che di recente lo Yami, l’alleanza che riuniva i praticanti malvagi di arti marziali, ha subito un grosso scacco e si è creata un’importante divisione al suo interno; è improbabile che facciano mosse avventate in tempi brevi. 
Però non si può abbassare troppo la guardia.
Kenichi ha sconfitto tutti i loro allievi, tra i quali il capo dell’organizzazione giovanile, lo Yomi, un ragazzo di nome Kajima Satomi che aveva appreso tutte le arti marziali dei Maestri, oltre ad alcune metodologie molto avanzate di uso del Ki; in un certo senso, una sorta di copia malvagia di Kenichi.
Ma, anche se le minacce immediate sono state neutralizzate, sia io che Kenichi vogliamo continuare a sostenere i nostri ideali di praticanti del Katsujinken, il Pugno che Protegge, e sfidare i malvagi ovunque siano” concluse.


Wow, sono finito davvero in un rifugio segreto di supereroi” pensò, sarcastico.


Doveva riordinare le idee. 


Ancora una volta, da quando si trovava al Ryozampaku, era stato introdotto a concetti molto complessi di un mondo delle arti marziali che era esistito per tutto quel tempo sotto il suo naso. Yami, Yomi, Maestri malvagi, allievi…troppe cose tutte insieme. 


Per lui, quelle informazioni erano interessanti-era in cerca di nuovi stimoli, dopotutto, e sembra che potesse trovarne tanti da fare indigestione-ma, considerando la sua preoccupazione immediata, le cose erano ancora peggio di quanto pensasse.


“Capisco…quindi, Kenichi non ama le arti marziali in sé; per lui sono uno strumento per raggiungere i suoi obiettivi. Ed ha scelto degli obiettivi ben difficili”


“Oh, non combattiamo da soli; oltre ai Maestri, ovviamente, ci sono tutti gli amici che Kenichi si è fatto nel corso del tempo.
Te li presenterò, un giorno di questi: Takeda, Ukita, Kisara, Nijima e tutti i ragazzi dell’Alleanza Shimpaku. 


Sono una specie…come dire…di organizzazione, fondata da Haruo, un “amico” di Kenichi, che ha raccolto molti ragazzi che volevano seguire la via delle vere arti marziali. 
Sono tutte persone alle quali Kenichi ha cambiato la vita e desiderano aiutarlo nei suoi scontri, anche perché così hanno l’occasione di mettersi alla prova contro avversari forti”.


Fantastico, un mucchio di mocciosi inesperti e spericolati ai quali badare


“Nessun altro? Che so, magari ci sono ancora dei clown, animali parlanti, robot, marziani…cose così”


“Eheheh, no, nient’altro. 
Mi rendo conto che siano tante informazioni tutte insieme, ma in fondo ora anche tu fai parte del Ryozampaku ed era giusto che lo sapessi.
E adesso, non c’è altro, vado a preparare la cena. Non disturbarti ad aiutarmi, fa’ pure quello che hai chiesto a Koetsuji. A più tardi”.


In un nulla, la ragazza era sparita.
Ranma era pensieroso “Accidenti, sarà ancora più complicato di quanto pensassi…”


◊◊◊◊◊


L’erede dei Saotome si trovava a colloquio con Hayato nella sala grande; entrambi erano seduti nella posizione formale di seiza.


“Akisame mi ha riferito la tua richiesta e devo dire che mi suona bizzarra, Ranma-kun, anche se capisco che tu ti sia incuriosito sul nostro allievo dopo il vostro scontro di oggi”.


“Non si tratta solo di curiosità. In realtà, combattendo contro Kenichi, io ho avuto…non so come spiegarlo…una sensazione, che devo verificare. 
Mi sono fatto una certa idea sul livello che ha raggiunto, sui suoi pregi e difetti come combattente, e sulle sue possibilità di sviluppo. Però, per poter verificare le mie impressioni, è necessario che esamini come si è allenato finora. 
So che ha cominciato a praticare le arti marziali solo da un paio d’anni e che con i vostri metodi, ha raggiunto un livello notevole in così poco tempo, anche battendo avversari che le praticavano da tutta la vita.
Infatti Miu mi ha detto, poco fa, dello Yami, dello Yomi e di tutto il resto; sì, non se la prenda con lei, sono stato io a domandarle qualcosa in più, sempre ammesso che quelle informazioni dovessero rimanere riservate”


“Non lo sono in generale, né ritengo di doverle tenere riservate per te nello specifico; solo, non capisco dove vuoi arrivare. 
Sei forse preoccupato per il nostro allievo? Ti assicuro che la sua crescita sta a cuore a tutti i maestri del Ryozampaku, me compreso.
Cosa pensi di scovare esaminando i suoi allenamenti passati? A me puoi dirlo, Ranma-kun, intuisco che ti sei già fatto un’idea precisa, ma non vuoi dirla per non esporti troppo. 
Parla pure liberamente e senza timori”


Tsk! Legge davvero nel pensiero


“In linea di massima, mi domando se Kenichi…-qui Ranma dovette scegliere con cura le parole-stia venendo addestrato nel modo…più corretto, considerando il suo livello attuale”


No, decisamente non gli erano uscite le parole giuste.


“Intendo dire-riprese subito, imbarazzato-che il suo livello tecnico è discontinuo. Mi sembra che Kenichi abbia imparato…soprattutto le basi. Che ha assimilato in modo solido, senza dubbio. 
Poi, un certo numero di tecniche di ciascuna arte marziale. Che però combina insieme a casaccio, a seconda dell’ispirazione.
Infine, un paio di mosse segrete di livello elevatissimo, che suppongo gli abbia insegnato lei, Anziano, perché di sicuro non appartengono a nessuno degli altri stili, che conosco abbastanza bene anch’io.
Ed ha fatto esperienza affrontando numerose battaglie mortali, contro specialisti che usavano un solo stile.
Kenichi ha poi una resistenza fisica ai colpi che è molto superiore al suo livello di forza e velocità, o del suo livello tecnico. 
Infine possiede grande coraggio ed una determinazione incrollabile”.


“L’analisi è esatta”


“Ho notato, inoltre-riprese Ranma-che gli allenamenti, qui al Ryozampaku, sono molto duri, e continuano a concentrarsi sulla ripetizione all’infinito di singoli esercizi, per farglieli entrare in testa. Immagino avvenga perché, non avendo Kenichi alcun talento, non riesce a colmare i “buchi” tra teoria ed applicazione da solo.
Al tempo stesso, esegue poco sparring, o meglio, ne esegue contro i singoli Maestri che lo stanno allenando in quel momento, ma in quel modo usa solo il loro stile.


Non si allena mai a COMBINARE le varie arti marziali tra di loro.
Lo fa solo, al momento e spontaneamente, quando affronta una battaglia reale.
Però è ovvio che così facendo, gli riesca difficile.


E nella maggior parte dei casi, usa solo tecniche abbastanza semplici…il che, probabilmente, deriva dal fatto che si allena con ciascun Maestro per massimo un’ora al giorno…non ha mai il TEMPO di comprendere concetti più complessi.


Però Kenichi ha una resistenza fisica di livello superiore…scommetto che quegli scontri mortali si siano svolti con lui che resisteva, stoicamente, a colpi che avrebbero dovuto ucciderlo-come ha fatto con me-fino a quando non trovava la soluzione giusta al problema; magari usando le sue tecniche segrete.


Ed il Ryozampaku tende a RINFORZARE questo comportamento, perché Kensei e Koetsuji sono dei MAGHI della medicina in grado di resuscitare chiunque in poco tempo…ma così, Kenichi ripete un ciclo di battaglia-ferite gravi-recupero-allenamento che, a lungo andare, SARA’ nocivo per la sua salute…


…e forse potrebbe affrontare i suoi nemici con maggior efficacia se iniziasse ad imparare tecniche più avanzate per ogni stile…e per averne il tempo, dovrebbe passare più tempo con ciascun Maestro…anziché ogni giorno solo un’ora con ciascuno.


E poi, dovrebbe mettersi alla prova più spesso…duellare regolarmente contro Miu, magari. Capisco che fino ad oggi, Kenichi abbia sempre vinto, ma potrebbe vincere comprendendo meglio quello che fa, e soprattutto…subendo molte meno ferite” concluse.


Non ricordava quand’era l’ultima volta che aveva parlato così tanto in una volta sola.
Aveva vuotato il sacco, perlomeno. Aveva detto tutto quello che voleva dire. Ed ora, che andasse come doveva andare.


Hayato alzò un sopracciglio, pensieroso.
Ranma Saotome…un talento cristallino per le arti marziali…un’attitudine naturale alla lotta…un carattere riservato, ma in fondo gentile…una capacità analitica così sviluppata, il cervello per mettere insieme i pezzi, e quest’audacia…anzi no, l’arroganza di venire a dire una cosa del genere, senza malizia, semplicemente perché sa essere la cosa corretta.
Uhmph. In effetti, mi ricorda molto lui


“Sei stato franco, Ranma-kun, ed anche molto acuto. A dire il vero, non pensavo che avresti avuto il coraggio di venire a dire una cosa del genere proprio qui.
Uhuhu…si potrebbe dire che tu stia criticando il modo con il quale i maestri abbiano allenato Kenichi qui al Ryozampaku, fino ad oggi…mi domando come reagirebbero, se lo venissero a sapere…” lo canzonò l’Anziano, divertito alla prospettiva.


A Ranma per un lunghissimo momento vennero gli incubi, all’idea di tutti e cinque i Maestri (tutti evidentemente al livello di Sakaki) che potessero avercela a morte con lui.
Non sembravano le persone più ragionevoli del mondo, in effetti…
Si trovò a sudare freddo, il viso contorto in una smorfia.


“Ahahah! Dovresti vederti!” scoppiò a ridere il vecchio.


“M-ma io…”


“Tu hai a cuore il benessere di Kenichi, non negarlo. E di questo ti sono profondamente grato” concluse inaspettatamente Hayato.


Ranma per un momento non seppe cosa rispondere.


“Del resto-riprese l’Anziano-non saresti né il primo né l’ultimo. Kenichi possiede una qualità particolare…chi lo conosce, non può fare a meno di apprezzarlo…di tifare per lui, persino.


Voi non vi siete incrociati molto, in quest’ultimo mese…ma avete combattuto, il che significa che vi siete incontrati con i pugni, che spesso è il metodo con il quale si può conoscere qualcuno davvero in profondità”.


Ranma si trovò a riflettere. 


Conoscersi con i pugni? In effetti la maggior parte dei suoi “amici”, all’inizio erano stati suoi rivali e da quanto diceva Miu, era stato lo stesso per Kenichi…


E’ davvero possibile? 


Durante una lotta, ciascuno rivela che tipo di persona sia davvero? 


Le arti marziali possono avvicinare le persone? 


In effetti, senza di esse, non avrei mai conosciuto neanche…


“Comunque-continuò Hayato-voglio spiegarti il comportamento dei Maestri del Ryozampaku, per metterlo nella giusta prospettiva. 
In effetti quello che dici è vero, Ranma Saotome.
Con tutta probabilità, soprattutto negli ultimi mesi, abbiamo deluso le aspettative di Kenichi. Avremmo dovuto far evolvere il suo allenamento per adattarlo ai progressi che ha fatto.


Tuttavia, Kenichi è stato il primo vero Allievo per molti di noi. Alcuni dei Maestri del Ryozampaku non avevano mai insegnato a qualcun altro.
Un giorno ti renderai conto che è un’attività complessa”.


Ranma ascoltava con attenzione.


“E poiché Kenichi non ha mai avuto un attimo di pausa, affrontando un avversario dietro l’altro, e doveva progredire rapidamente per sfidare avversari che praticavano da tutta la vita, abbiamo ritenuto di dover velocizzare il processo, e di insegnargli tutte le arti marziali in egual misura, perché non avesse mai lacune evidenti, ma di focalizzarci sulle basi”.


“Certamente, capisco…infatti, non sto dicendo che allenarlo così finora sia stato un errore, mi rendo conto che ci fossero delle buone ragioni.
Quello che dico, invece, è che ORA che ha raggiunto questo livello e che è un periodo più tranquillo, sarebbe possibile modificare il suo allenamento per fargli fare un salto di qualità”.


“E’ certamente una possibilità. 
Consulta pure gli appunti di Akisame e confrontati con lui. 
Ti autorizzo a stilare un programma di allenamento alternativo che poi sottoporremo ai maestri del Ryozampaku, che riunirò in sessione straordinaria. Se saranno tutti convinti, potremmo anche accettare il tuo suggerimento”


“La ringrazio, Anziano. E’ più di quanto mi aspettassi”


“Sai, Ranma-kun, è strano. In questo momento, tu stai ragionando esattamente come un insegnante”.


“Un…insegnante?-Ranma parve estremamente sorpreso dal paragone-ma…no, Anziano, non direi” si schermì il ragazzo.


Si soffermò a pensare per un lungo momento, poi riprese:


“A…a dire il vero, era quello che sarei dovuto diventare.


Avrei dovuto ereditare una Scuola di Arti Marziali, quindi sarei dovuto diventare una specie di istruttore, credo. 


Ma…non ho mai davvero insegnato a nessuno.

 
A dirla tutta, non sono neanche convinto di averne l’attitudine. 


E poi le cose non sono comunque andate in quel modo. 


Non ho ereditato il Dojo. Immagino…che non fosse destino…” concluse con un velo di malinconia negli occhi.


“Eppure, tu HAI GIA’ svolto un ottimo lavoro come istruttore” insistette Hayato.


“Come? E quando?”


“Nell’ultimo mese, con Miu. Te ne sarai pure reso conto che da quanto si allena con te ha fatto passi da gigante”.


“Oh, beh, ma…non vuol dire niente. Mi sono allenato anche con altre persone, prima di arrivare qui. Amici e conoscenti. Tra compagni d’allenamento, si contribuisce al miglioramento reciproco, ma non è la stessa cosa che fare da Maestro a qualcuno”.


“E chi può dirlo, Ranma-kun? Come ti ho detto, molti membri del Ryozampaku, non avevano esperienza di insegnamento prima che arrivasse Kenichi. Insegnare è una competenza in sé, ma non esistono istruzioni su come fare. Si impara solo facendolo. E spesso-concluse-si impara persino dai propri allievi”.


Ranma si alzò, fece un rapido inchino ed uscì.


Aveva in testa più domande di quando era entrato e nessuna risposta.

◊◊◊◊◊


Ranma passò i due giorni successivi chiuso in uno sgabuzzino a scartabellare una montagna di fogli, appunti e cartellette che Koetsuji aveva pazientemente ed ordinatamente riposto e che ora dovevano assomigliare ad una vallata dopo un’alluvione.


Inoltre si consultò più volte con lo stesso Akisame (badando di tenere la porta chiusa per non fargli vedere il disastro) e cominciò a prendere una quantità di appunti su un blocco che si era procurato appositamente.


Più volte gli altri Maestri avevano tentato, incuriositi di brutto, di origliare cosa Ranma stesse facendo o cosa si dicessero quei due, ma nel caso non è che potessero capirci un granché, perché Ranma parlava sì da solo, ma a monosillabi, con molti “a-ah!; uhm…; già, certo capisco; e se invece provassimo a far così?” e similari, mentre nel secondo caso Akisame li cacciava via, come dei bambini fastidiosi.


La più perplessa di tutti era Miu che non riusciva ad immaginare, malgrado la conversazione avuta con lui nel pomeriggio successivo al duello, cosa stesse facendo il ragazzo col codino e per quale ragione. 


Era tuttavia molto impegnata: tra andare avanti e indietro per assistere Kenichi (che era in dormiveglia dopo diciotto ore di sonno filato, anche a causa di un sedativo datogli da Kensei per farlo riposare) e fare i lavori di casa-perché si era reso conto dei disastri che avevano commesso i Maestri del Ryozampaku nel mese nel quale si era allenata con Ranma-le rimaneva giusto un po’ di tempo per allenarsi. 


Per quanto si fosse divertita con il ragazzo col codino, era bello anche praticare di nuovo in autonomia: dedicare un po’ di tempo all’allenamento fisico, eseguire delle forme**, concentrarsi su flessibilità e mobilità.


Quando ebbe finito, stava per tornare dentro, ma poi non resistette: si voltò di nuovo verso il prato ed eseguì una raffica superveloce di calci e pugni, a vuoto.


“Woah! Devo essere davvero migliorata, allenandomi con Ranma-kun. Non me n’ero resa conto…”


Certo, perché si è costantemente adattato al mio livello, e man mano che miglioravo, alzava il ritmo. In pratica…
…ha fatto la stessa cosa che Sakaki ha fatto con lui, durante il test dei riflessi! 
E’ spaventoso…non ha soltanto talento nel combattere, ma è anche in grado di osservare ed imparare qualunque abilità in modo immediato. 
Sovrannaturale…


Nel pensare quella parola, a Miu venne un flash. Uno di quelli che ricordava confusamente, simili a sogni, della modalità Ashura.


Una ragazza coi capelli rossi.

 
Che combatteva contro di lei.


Ma quando…?

◊◊◊◊◊


Il secondo giorno, Kenichi si risvegliò del tutto, smise di delirare. 


Non sapeva per quanto avesse dormito, ma allenandosi al Ryozampaku, non era la prima volta che subiva gravi ferite (e non sarebbe stata certo l’ultima). 


Mentre apriva lentamente gli occhi e mugugnava, si rese conto, però, con un certo sollievo, che i danni che aveva subito erano ben poca cosa rispetto a quando veniva fatto volare per aria da Apachai…si potevano dire un mucchio di cose sul conto di Ranma, ma perlomeno sapeva controllarsi…


E poi lo vide e gli venne quasi un colpo. 


In un angolo della stanza, semicoperto dall’ombra, c’era Ranma Saotome (doveva aver preso dai Maestri il vizio di sbucare fuori dal nulla, non c’era altra spiegazione).


Il ragazzo col codino aveva una gamba piegata col piede appoggiato al muro, le braccia conserte e guardava verso il basso, ma come se fissasse il vuoto, non veramente Kenichi. 


A vederlo meglio, sembrava…sciupato, le occhiaie davano l’impressione che non avesse dormito ed i vestiti, abitualmente in ordine, erano coperti di polvere.


“Ranma-kun…mi hai quasi fatto venire un colpo…sei-sei stato lì ad aspettare che mi svegliassi? Che…che giorno è?”


“Feh! Come no! No, metti pure via i fazzoletti, sono arrivato solo un paio d’ore fa. Koetsuji aveva predetto con precisione cronometrica quando ti saresti ripreso e nel frattempo, avevo delle cose alle quali pensare.
Ah, comunque è Giovedì, il 28. Sono le tre del pomeriggio”.


“Sono rimasto svenuto…per quasi due giorni?
Oh, be’, mi è capitato anche di peggio” cercò di sdrammatizzare.


Ranma lo osservò in silenzio, respirando pesantemente.
Aveva un’espressione seria che Kenichi non gli aveva mai visto addosso e che quasi stonava sul suo viso.


Il ragazzo cominciava ad essere in imbarazzo. Perché Saotome si trovava lì? Cosa avrebbe dovuto dirgli?


“Oh, be’, comunque…complimenti per il duello. Come immaginavo ho perso” tentò di sdrammatizzare con una risatina nervosa.


“Ma…nonostante tutto…sono contento di aver combattuto contro di te” riprese guardandosi la mano e stringendo lentamente il pugno, risoluto “affrontare un avversario di livello superiore, ma più vicino a me di quanto lo siano i Maestri, mi ha permesso di capire dove mi trovo e quanta strada devo fare ancora. Di sicuro era questo il piano dell’Anziano…”


“Kenichi-kun…” lo interruppe Ranma


Il ragazzo rimase interdetto. Era la prima volta che lo chiamava Kenichi-KUN.


“Ti devo fare una domanda importante e vorrei che mi rispondessi sinceramente”


Shirahama lo osservò in silenzio, il busto eretto.


“Perché ti alleni nelle arti marziali?
E che cosa rappresentano per te?”


Il ferito fece tanto d’occhi e rimase a fissare il suo interlocutore per un tempo indefinibile. Poi abbassò la testa, con un mezzo sorriso


Già, capisco


“Io…sono sempre stato debole. Fin da piccolo.
Debole fisicamente e caratterialmente. Mi arrendevo ai bulli senza nemmeno combattere.


Nonostante ciò…o forse, proprio per questo…ho sviluppato un forte senso della giustizia. In particolare, non mi dava solo fastidio che alcune persone facessero il male…ma che le persone buone stessero a guardare senza fare niente. 


Forse è perché voglio diventare uno scrittore, ma ho sempre considerato molto importanti le parole.


E non sopportavo di non poter dire ciò che pensavo.


Quando una cosa è sbagliata voglio poterlo dire!


E se c’è qualcosa di male, voglio impedire che succeda!


Ma purtroppo…mi sono reso conto che…la giustizia senza forza è un’utopia…mentre la forza senza giustizia è solo violenza…”


Rimase per un attimo a contemplare quei ricordi, triste. Poi, di colpo, si illuminò.


“E’ stato allora che ho incontrato Miu-san”


Ancora quel fastidio, si rese conto Ranma.


“Lei…lei è straordinaria-gli occhi di Kenichi brillavano, mentre ne parlava-era così sincera, e decisa! Non aveva remore nell’affrontare il male e nel ribadire i suoi ideali! 


E faceva questo rimanendo così gentile! 


Ma poi…quando doveva passare all’azione…si scatenava con tale forza, ed al tempo stesso con tale eleganza…come piume che danzano nel vento…


Io…volevo essere come lei. Almeno un po’…”


Si voltò verso Ranma, sorridendo, ad occhi chiusi.


“E’ poi tanto strano?”


Ranma chiuse gli occhi a sua volta e sospirò forte. 


Aspettò un minuto prima di parlare.


“Kenichi, sarò franco. I tuoi ideali sono rispettabili, ma il tuo modo di pensare ti farà ammazzare. 


Dal momento che ti piace giocare a fare l’eroe, continui a combattere oltre i limiti del tuo corpo, il che significa che finirai sempre più spesso in ospedale, ma contro nemici che non saranno così gentili come lo sono stato io. 


Le arti mediche di Koetsuji e Kensei possono aiutarti fino ad un certo punto. Se continui questa crociata basandoti solo sulla determinazione, non ti resta molto da vivere, persino allenandoti al Ryozampaku”.


Kenichi fu colpito da quella rivelazione più che dalle botte di due giorni prima. 


Si rabbuiò, e rispose, di cattivo umore:


“Tsk! Questo lo so benissimo anch’io! Ma sono sempre stato pronto a difendere i miei ideali anche a costo della vita!”


“C’è una bella differenza tra essere coraggiosi ed avere voglia di suicidarsi!-ribatté Ranma, iniziando a scaldarsi a sua volta-ma che cosa credi, che le arti marziali siano una specie di supermarket? 
Che basti allenarsi di più, più a lungo, più duramente, per ottenere risultati? 
Che ogni volta che TU non impieghi abbastanza il cervello per risolvere i tuoi problemi, loro verranno a salvarti? NON FUNZIONA COSI’!”


“Ma io…mi sono sempre dedicato anima e corpo all’allenamento!”


“TU NON AMI DAVVERO LE ARTI MARZIALI!

 
Le usi soltanto, per poter risolvere i tuoi problemi! 
In pratica, è come se domandassi a loro di farlo per te! 


Ma in questo modo…non le comprendi davvero. 
Le usi solo in modo meccanico. 


E le arti marziali sono amanti gelose, Kenichi. Se si accorgono che non le ricambi…prima o poi ti tradiranno”.


Kenichi rimase esterrefatto. Non aveva mai considerato la situazione in quel modo.


“Io…sfrutto soltanto le arti marziali?”


“E’ così. Probabilmente è così fin dall’inizio. Le usi senza comprenderle davvero. E’ in questo che sei diverso dai tuoi Maestri. 


Ed anche…da Miu”


“NON E’ VERO!”


“Tu puoi anche ripeterlo, ma sai che è così. In questo momento hai raggiunto un livello discreto, ma non comprendi tu stesso la tua forza, né come dovresti fare per migliorare. 


E’ come dare un bazooka in mano ad un bambino. Potrebbe sconfiggere un carro armato, ma è più probabile che si spari su un piede e salti per aria”.


Il ragazzo rimase pietrificato, sudando freddo.


Poi iniziò a stringere le lenzuola coi pugni, fino quasi a sanguinare.


“Quindi…che cosa dovrei fare? 


Dovrei smettere di praticare le arti marziali?


Smettere di inseguire i miei ideali?


Abbandonare Miu e tutti i Maestri, perché non faccio parte del loro mondo


…e tu invece sì?


E’ QUESTO CHE VORRESTI DIRE, RANMA?” 


Kenichi era furente.


Anche il ragazzo col codino sbottò.


“IDIOTA! Quello che voglio dire è che dovresti MIGLIORARE! 


E cercare di COMPRENDERE quello che fai, invece di ripetere quello che ti viene insegnato, come un robot! 


Ti ci entra, il concetto, in quella tua zucca vuota?”


Kenichi si calmò di colpo. Mille pensieri gli affollavano la testa, riprese a respirare, il fiato corto.


Ranma si staccò dal muro


“Feh! Fa’ un po’ come ti pare…” e si avviò alla porta, chiudendola.


Il ferito rimase a riflettere, ad occhi spalancati, nel buio.


In tutto l’edificio, i Maestri avevano sentito ogni cosa e ciascuno, a modo proprio, rifletteva in silenzio, tanto consapevoli quanto preoccupati.


Mentre camminava a grandi passi verso il ripostiglio di Koetsuji, Ranma si sentiva un fuoco dentro.


Ed anche se per le ragioni sbagliate, aveva chiarito alcuni dubbi avuti nell’ultimo anno.


E gli seccava che li avesse risolti per via di quella testa vuota di Kenichi.
A lui non importavano davvero le arti marziali, le usava e basta.


Ranma invece era stato in dubbio per un mucchio di tempo se continuare a praticarle o meno.


Perché avrebbe dovuto farlo, in fondo?


Per ereditare il dojo Tendo?


Perché era quello che tutti si aspettavano da lui?


Perché non sapeva fare altro, nella vita?


No.


Perché lui, invece, amava davvero le arti marziali.

◊◊◊◊◊


Passarono un altro paio di giorni nei quali gli allievi non videro Ranma, se non quando usciva in fretta e furia dal ripostiglio per mangiare un boccone o per andare al bagno.


Miu continuava ad occuparsi di Kenichi portandogli i pasti, ed era soddisfatta di vederlo migliorare rapidamente, ma le sembrava che il ragazzo avesse un male più profondo di quello fisico, un male esistenziale, che per il momento non voleva dirle. 


Scelse di rispettare quella decisione immaginando che, come al solito, Shirahama le avrebbe parlato quando se la sarebbe sentita.

 
Il problema era che aveva praticamente la certezza che c’entrasse il litigio che aveva avuto con Ranma.


A differenza dei Maestri, non aveva compreso le parole, aveva solo sentito urlare, ma soprattutto, era molto perplessa. 


Dopo il suo ultimo colloquio con il ragazzo con il codino aveva avuto l’impressione che questi, in qualche modo, provasse del rispetto per Kenichi, forse persino che si fosse affezionato a lui. 


Ed allora perché avevano litigato? C’entravano forse le misteriose manovre di Ranma nello sgabuzzino di Koetsuji? 


Oppure…il motivo era del tutto diverso?


C’entrava per caso…lei?


Arrossì e scacciò subito quel pensiero. 


A dire il vero era già abbastanza pensierosa per conto suo.


Non riusciva a ricordare dove avesse visto la ragazza dai capelli rossi, ma più ci pensava e più le sembrava qualcosa di importante.

 
Quei momenti a pranzo finirono col diventare insolitamente silenziosi.

◊◊◊◊◊


Quando Kenichi si fu abbastanza ripreso, lo attendeva un’altra sorpresa.


Hayato gli comunicò che poteva lasciare il Ryozampaku e prendersi un mese di vacanza.


“Ma come, Anziano…perché? C’è forse…qualcosa che non va? C’entra qualcosa…quello che è successo con Ranma? Il duello e tutto il resto?”


“Non dire sciocchezze, Kenichi-kun, ho voluto io il vostro duello per il tuo percorso di crescita e non è che il rapporto con il nostro Primo Discepolo possa cambiare per quello che ha detto un ragazzo arrivato da un mese, per quanto talentuoso egli sia”.


Kenichi sembrò al tempo stesso rabbonito, rincuorato e dispiaciuto di aver dubitato.


“No, semplicemente abbiamo pensato-in accordo con tutti i Maestri-che fosse giusto che tu ti prendessi un periodo di riposo. 


Ti stai allenando senza sosta da sei mesi e tutto sommato è giusto che-visto che tra un mese ricomincerà la scuola-tu possa divertirti e goderti gli anni della tua gioventù. 


Troppo allenamento finisce con l’accumulare tossine che poi influiscono negativamente sull’allenamento successivo. 


Paradossalmente, riposandoti un po’, potrai ritornare ancora più efficiente”.


Kenichi era contento, ma non gli sembrava farina del sacco dell’Anziano.


Però non osò esprimere i suoi dubbi per il timore che potesse cambiare idea.


“Inoltre-continuò Hayato, alzando il tono per farsi sentire da Miu che stava facendo pulizie in fondo alla stanza-anche Miu sarà autorizzata a prendersi un periodo di vacanza”.


“Davvero nonno?” domandò la ragazza, un po’ stupita.


Kenichi già si immaginò uno scenario nel quale andavano a fare i piccioncini da soli in una località di mare, ed invece…


“Davvero, Miu. E’ giusto che anche tu ti prenda un po’ di pausa e non ti occupi sempre di noi.
Questo, a dire il vero, me l’ha fatto capire Ranma, anche se non direttamente”.


A questa affermazione seguì una specie di gorgoglio imprecisato da parte di Kenichi.


“Inoltre-riprese Hayato, con tono gioviale-ritengo che sarai contenta del cambiamento di programma. 
Sono riuscito ad organizzare tutto perché tu possa passare quel tempo con una persona con la quale probabilmente hai molto di cui parlare”


Gli occhi di Miu sembrarono guardare un punto lontano, mentre il suo viso esprimeva sgomento, speranza e letizia, tutto nello stesso momento.
“Vuoi dire…con mio padre, Furinji Saiga?”


Hayato si limitò ad annuire, godendosi l’espressione di pura gioia che si dipingeva sul volto della nipote.


◊◊◊◊◊

Legenda:

*QiGong: nel mondo reale, sono una serie di pratiche pseudo scientifiche della medicina tradizionale orientale che ipotizzano l’esistenza di meridiani di energia all’interno del corpo; in questo caso, però, viene intesa come lo sviluppo dell’energia interna del corpo, ossia della resistenza degli organi interni e delle fasce muscolari ai danni


**Forme: chiamate Kata nelle arti marziali giapponesi, Taolu in quelle cinesi o Poomsae in quelle coreane, le forme sono delle sequenze di tecniche di arti marziali, normalmente applicazioni di mosse di autodifesa personale, che si eseguono allenandosi singolarmente, a scopo di memorizzazione. Ciascuna arte marziale ha un elevato numero di forme dalle movenze simili, che ne rappresentano lo stile e le caratteristiche fondamentali

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Capitolo 6
*** Ranma, l'insegnante? ***


Era strano non avere più allievi al Ryozampaku.

Ormai da tempo tutti i Maestri si erano abituati alle presenze solari di Miu e Kenichi, che indubbiamente miglioravano l’umore di tutti loro.

Ma anche nei giorni più solitari, raramente il Ryozampaku aveva conosciuto un silenzio così assoluto, benché carico di controllata tensione.

Nella sala grande, Ranma sedeva in seiza su un cuscinetto, di fronte, a diversi metri di distanza, ad Hayato.


Tutti gli altri Maestri erano seduti allo stesso modo, alla sua destra o sinistra. Dietro di lui stava invece collocata una specie di lavagna. Il ragazzo col codino aveva accanto a sé un grosso foglio arrotolato.

La solennità del momento era testimoniata dal fatto che persino Shigure stava seduta in mezzo agli altri, invece che appollaiata su una trave del soffitto. A Ranma sembrò che lo guardasse di sottecchi, come se si fidasse di lui meno di tutti.

Raramente il giovane Saotome aveva provato quella tensione e, per certi versi, quell’incertezza.
La situazione era nuova per lui ed avrebbe dovuto ricorrere ad abilità che non aveva mai coltivato per poter vincere quella particolare sfida: la capacità di esposizione verbale e l’arte della persuasione.

Kami, aiutatemi voi, pensò. Poi però, aggiunse: oh, beh, dopotutto, una sfida è una sfida, anche se verbale e non fisica.

Ad un certo punto, come uno studente sotto esame, ruppe il silenzio prendendo la parola.

“Ehm! Credo che sappiate perché l’Anziano vi abbia convocato qui, ma voglio comunque ringraziarvi di persona per essere venuti. Mi rendo conto che questa procedura sia un po’ irregolare e che non siate tenuti ad ascoltare quello che ho da dire”

 “Tsk! Non fare discorsi troppo pomposi-esclamò Sakaki aprendosi una birra nel solito modo, cioè tranciandone il collo col bordo della mano-vieni al sodo ed esponi la tua teoria”.

Ranma deglutì ed iniziò a parlare. Si rese conto di sudare freddo.


“Nell’ultimo mese ho avuto modo di osservare sia Miu, durante i nostri incontri, che Kenichi, prima durante i suoi allenamenti quotidiani e poi grazie al nostro duello.
Ho notato qualcosa di strano e per verificarlo mi sono fatto raccontare da Miu tutta la sua storia e poi ho studiato passo passo gli allenamenti che Kenichi ha svolto al Ryozampaku in questi due anni, con l’aiuto del maestro Koetsuji.
La conclusione che ne ho tratto è…”


Sei paia d’occhi lo fissarono contemporaneamente


“…che Kenichi si stia allenando al di sotto del suo potenziale”


Cinque paia d’occhi parvero brillare nel buio, come cacciatori che acutizzino i sensi, prima di saltare addosso ad una preda. L’aria parve affievolirsi.


“Quello che voglio dire, in effetti-accidenti, pensò Ranma, ci sono cascato di nuovo. E’ più difficile di quanto pensassi-è che, per quanto Kenichi non abbia talento, stia reagendo bene agli allenamenti che gli avete fatto fare finora.


E’ diventato forte in poco tempo. E poi lui è anche…intelligente.
Ha imparato molte tecniche diverse e se le ricorda tutte. Miu dice che probabilmente è perché vuole fare lo scrittore, tende ad avere una buona memoria.
Ed è persino riuscito ad apprendere le difficilissime mosse speciali che gli ha insegnato l’Anziano, con le quali ha sorpreso anche me. Anche se- precisò -non hanno funzionato per battermi…”

“Non solo-proseguì, con maggior fiducia, nel notare i maestri rabboniti-a quanto mi dicono Kenichi ha persino battuto nemici che praticano le arti marziali da tutta la vita e che combattevano per uccidere.
Ed ha addirittura sviluppato da solo una mossa come il Mubyoshi”

“Siamo un po’ stupiti di sentirti parlare così, lo confesso-si intromise Akisame-ci era parso di capire dal vostro litigio che Kenichi non ti stesse così simpatico”.

“A dire il vero…provo rispetto per Kenichi.
E sono anche preoccupato per lui.
Con il suo atteggiamento ingenuo ed idealista e la sua disposizione al martirio-combattere fino a farsi distruggere, sfruttando la sua resistenza sovrumana-prima o poi si farà uccidere. E so che tutti qui ne sareste molto rattristati”


I Maestri abbassarono lo sguardo, considerando quella possibilità.

“Ma in effetti mi infastidisce anche il mancato rispetto che dimostra nei confronti delle arti marziali.
Le usa come strumento senza comprenderle, come un fabbro userebbe un martello. Anzi, come un bambino userebbe un martello da fabbro per giocare”.


“Ranma-kun, capiamo come ti senti-interloquì Kensei-siamo consapevoli che Kenichi, per il momento, non ami le arti marziali tanto quanto noi…o te. Ne apprezza solo l’aspetto pratico.

Ma per noi è più importante che il suo cuore sia al posto giusto, che le usi per seguire i suoi ideali di giustizia. Nel mondo ci sono fin troppi praticanti che amano sì le arti marziali, ma le usano per uccidere per profitto. Rispetto a loro, sceglieremmo Kenichi senza esitazione.
Inoltre, a furia di praticare arti marziali ogni giorno, finirà necessariamente anche con l’apprezzarle, prima o poi”.

“Capisco-rispose il ragazzo col codino-ed è proprio per questo che avrei una proposta da farvi”

Sakaki lo squadrò, incuriosito.

“Ritengo che per Kenichi sia arrivato il momento di apprendere tecniche più avanzate, di ciascuno stile. Deve dedicare molto più tempo allo studio ed all’approfondimento di ciascuna arte, dal momento che già ne padroneggia le basi.
Al momento, tra le sue competenze fisiche, e le sue capacità tecniche c’è…beh, c’è un abisso. Un abisso da colmare, per evitare che i suoi avversari se ne intromettano e se ne approfittino. Dal momento che è abbastanza competente da apprendere le mosse speciali dell’Anziano, non c’è ragione per non insegnargli tecniche normali di livello elevato. Non solo le basi.

Ed un’altra cosa: deve fare più sparring possibile qui al dojo per sperimentare come combinare insieme le varie arti marziali che impara.
Se deve improvvisare come farlo solo quando si trova in un combattimento reale, si espone a rischi molto maggiori.
Deve diventare molto più fluido”.

Tutti i maestri rimasero in silenzio per diverso tempo a riflettere su quanto l’erede della scuola Saotome aveva appena detto.

“Uhm…non avevamo considerato la situazione da questo punto di vista-ammise Koetsuji-probabilmente perché, a differenza tua, Ranma-kun, siamo così lontani da Kenichi che lo osserviamo come dalla cima di una montagna…”

“Apa! E visto che Kenichi ha sempre vinto contro i suoi avversari, finora non c’era motivo di cambiare” squittì Apachai.

“Ma…se dovessimo seguire il tuo consiglio…-considerò Sakaki, interessato ma combattuto-l’allenamento che gli abbiamo fatto fare fino ad oggi andrebbe rivisto del tutto. La programmazione sarebbe da rifare da capo. Il tempo dedicato a ciascun allenamento…non basterebbe più”

“E non solo-continuò Kensei-dovremmo dedicare parecchio tempo alla sua flessibilità fisica e mentale, per favorire il passaggio da un’arte marziale all’altra”

Uhm, dunque questo è Ranma Saotome? Una sorpresa dietro l’altra. Si sta persino interessando agli aspetti pratici dell’allenamento. Sempre più interessante…

“E poi Kenichi…dovrebbe combattere…di più” aggiunse Shigure.

Era così raro sentirla parlare che Ranma le rivolse uno sguardo curioso. Lei rispose con la solita espressione assente.


“Allenare le basi di Kenichi è stata una scelta precisa-intervenne l’Anziano, rimasto in silenzio fino a quel momento-con caratteristiche fisiche più elevate, avrebbe risparmiato tempo quando fosse giunto il momento di allenare di più la tecnica.
In questo senso, non ritengo che Ranma-kun-che ringrazio per il suo interessamento e per la sua acuta analisi-ci stia dicendo che abbiamo sbagliato e consigliando di stravolgere tutto.
Al contrario, ci sta ricordando che questo SAREBBE DOVUTO ESSERE il piano fin dall’inizio, che però noi col tempo abbiamo perso di vista l’obiettivo, e che in realtà quel momento è già arrivato”.


Ranma non poté che apprezzare con lo sguardo quell’efficace operazione di sintesi che parve dimezzare i dubbi residui dei maestri. A quanto pare, il vecchio non era soltanto forte. Cominciava a capire perché fosse il patriarca di tutti loro.


Tutti i membri del Ryozampaku smisero infatti di parlare e cominciarono a borbottare una serie di “sì/ beh/forse/in effetti…”


Sakaki prese però la parola con decisione, dopo un ulteriore sorso di birra (Ranma non avrebbe potuto ricordare quante ne avesse già bevute, era almeno la terza o la quarta)


“Diciamo per un momento che hai ragione, ragazzo. Cosa suggerisci di fare? Perché immagino che tu non sia venuto qui solo a dare buoni consigli. Devi avere UN PIANO. Un programma PRATICO di allenamento”.


Ranma deglutì. Era arrivato il momento della verità. D’accordo, si disse, in un certo senso il più era fatto. Si alzò, esitante, e disse:


“No, certo. Ho preparato un progetto che intendo sottoporvi. Koetsuji-sensei ha un’idea di massima di cosa si tratti ma non ne conosce i dettagli” e si avviò verso il treppiede con sottobraccio il lungo rotolo che aveva tenuto a fianco a sé.


Lo appese, srotolò e rivelò un grande foglio, diviso in due parti, con scritto << Kenichi >> a sinistra e << Miu >> a destra, ed un programma dettagliato degli orari per ciascun giorno della settimana per entrambi. Sotto, c’erano ulteriori scritte.


Ranma prese la parola


“Vi informo che il programma include sia l’allenamento di Kenichi che di Miu e prevede di farli confrontare periodicamente, per verificarne i progressi. E’ vero che Miu è più forte di Kenichi, ma già ora eseguono sparring uno contro l’altra, quindi quello che cambierà sarà solo l’intensità dei loro confronti.
Inoltre, questo non è solo un programma di allenamento, è un programma di sviluppo olistico che prevede che entrambi debbano dedicare il giusto tempo al riposo, alla scuola, alla famiglia, ad altri loro interessi.
Questo significa che Miu deve essere facilitata nello svolgere i lavori di casa del Ryozampaku, per non sacrificare troppo tempo da dedicare all’allenamento, come del resto già ha disposto l’Anziano”


Il ragazzo si interruppe per vedere se stesse ricevendo occhiatacce, ma tutto sommato, si aspettava ben di peggio.


“Detto ciò, non solo bisogna pianificare gli allenamenti di quei due-ed il programma si basa sui mesi scolastici, nei quali non ci saranno per la mattina ed il primo pomeriggio-ma prevedere anche che al Ryozampaku i Maestri dedicheranno tempo anche: al proprio allenamento; ai lavori di casa; ad allenare altri allievi, se dovessero arrivarne; ed infine a svolgere le attività lavorative che già praticano, od altre di nuove, per contribuire al bilancio comune”.


Più di un sopracciglio si alzò, ma non parlò nessuno.


“E-ehm, naturalmente questo non sarebbe possibile con l’attuale suddivisione del tempo, quindi passo subito ad illustrare la nuova proposta per Miu e Kenichi, ed ho aggiunta anche una per me, visto che non ho ancora ufficialmente cominciato a lavorare con nessuno di voi, ma è là che vogliamo arrivare.
La principale novità è che Kenichi deve allenarsi con ogni Maestro per tutto il giorno”


 

Kenichi:
Nuovo regime alimentare, specifico sulle sue necessità, studiato da Koetsuji


Divisione del tempo della giornata:
  • 8.00-13.00 Scuola
  • 13-14 Pranzo
  • 14-15 Club di Botanica
  • 15-16 Allenamento Fisico (uno diverso e specifico per ogni arte marziale)
  • 16-18 Allenamento Tecnico (un singolo Maestro ogni giorno per tutto il tempo)
  • 18-19 Recupero con Stretching e Doccia
  • 19-Cena e serata libera

  • Kenichi si allena per due mesi di fila e poi ha una intera settimana libera


    Su quattro domeniche al mese, due sono di allenamento, due restano libere


    Una può passarla in famiglia, se lo desidera


    Una può passarla con Miu ed i suoi amici, se lo desidera



    Lunedì: Koetsuji; Jujutsu


    Martedì: Sakaki; Karate


    Mercoledì: Kensei; Wushu


    Giovedì: Kensei; Wushu


    Venerdì: Apachai; Muay Thai


    Sabato: Shigure; difesa da Armi


    Domenica (due al mese, alternate a due di riposo):


    Nella prima fa allenamento speciale con l’Anziano;


    Nell’altra combatte un duello serio contro Miu



    Miu:
     
  • 8.00-13.00 Scuola
  • 13-14 Pranzo
  • 14-15 Club di Ginnastica Artistica
  • 15-16 Lavori Domestici, aiutata da uno dei Maestri
  • 16-18 Allenamento Tecnico (sempre con Hayato)
  • 18-19 Recupero con stretching e Doccia
  • 19-Cena e serata libero

  • Miu si allena ogni giorno con suo nonno, tranne il Venerdì, quando si allena con Shigure nella difesa da armi.


    Il Sabato riposa o lavora, se necessario


    Ha per il resto gli stessi turni di allenamento e riposo di Kenichi, ma quando lui ha la Domenica in famiglia, anche lei la passa con suo padre (se lo desidera)


    Può passare l’intera settimana libera con chi preferisce



     
    Ranma:


    Lunedì: Kensei


    Martedì: Koetsuji


    Mercoledì: Sakaki


    Giovedì: Shigure


    Venerdì: Hayato


     
    A differenza di Kenichi e Miu, si allena di mattina, dalle 9 alle 12


    nei pomeriggi, in settimana, osserva gli allenamenti; collabora nel definire l’allenamento fisico di Kenichi


    Torna a casa a per pranzo e cena


    Sabato e Domenica: liberi (ma può scegliere di restare ad osservare allenamenti ed incontri degli altri)


     ​


     Quando Ranma ebbe finito, con pazienza e lentamente, di esporre il tutto, tacque, per permettere ai Maestri di elaborare quanto avevano appena sentito e letto.


    E di certo c’era molto da elaborare.


    Per alcuni, interminabili minuti, dai cuscinetti provenivano facce contorte, sguardi strabici, smorfie varie e borbottii inintelligibili: un insieme che Ranma si aspettava, ma che non lo preoccupava tanto quanto…


    “Ehi, ma! Un momento!”


    Questo.


    “Senti un po’, ragazzo-iniziò Sakaki, con un tono sull’ultima parola che a Ranma non piacque molto-ma…forse non sarò sveglio come Akisame, o forse può darsi che stia diventando vecchio e cominci a vedere male, visto che ho appena compiuto 30 anni, ma…mi sembra di vedere che Kensei abbia DUE giorni di allenamento con Kenichi!
    DUE, mentre tutti gli altri UNO! Che storia sarebbe questa?”


    “Eh, sì, allora, diciamo che il fatto è che…”


    “APA! Apachai fa fatica a leggere il giapponese, è pieno di segni difficili, ma il suo nome l’ha imparato, ed Apachai NON C’E’ tra gli allenatori di Ranma!
    RANMA NON VUOLE ESSERE AMICO DI APACHAI!” ed il gigante si gettò in un angolo, preda di profonda depressione.


    “Ma cosa dici, Apachai, è solo che…”


    “Uh-Uhm…dunque l’allenamento fisico che ho fatto fare finora a Kenichi non andrebbe bene?
    Occorre che ciascuno dei maestri faccia fare al nostro Primo Allievo un allenamento fisico diverso ogni giorno? Aiutati da Ranma stesso, per giunta?
    Uhuhuhu…-sghignazzò Koetsuji in tono passivo-aggressivo, sfregandosi il mento-vorrei proprio vedere…lasciato a loro, il nostro allievo diventerà un’ameba nel giro di una settimana”


    “COME TI PERMETTI; AKISAME! Ne so di più io sull’allenamento fisico di voi cinque messi insieme!-protestò con veemenza Kensei-ti ricordo che ero il capo dei 100.000 guerrieri dell’Alleanza della Fenice!
    Potrei allenare Kenichi meglio di te, in metà del tempo, e ad occhi chiusi!”


    “Ma…signori, suvvia, non litigate…”


    (Kensei era a capo di 100.000 guerrieri? Davvero?)


    Ranma era sempre più imbarazzato. Non che si immaginasse corone di fiori, ma le cose stavano andando, se possibile, persino peggio di quanto temesse.


    “Audace…da parte…tua…supporre che…mi fidi…di te…abbastanza da…addestrarti…” sibilò gelida la donna ninja, avvicinando la testa come un serpente alla preda.


    “S-Shigure, ma…perché?”


    BASTAAAAAAAA!!!”


    La voce che rimbombò in tutta la stanza come una sirena antifurto, facendo scendere un brivido gelido lungo la spina dorsale di tutti i presenti apparteneva, ovviamente, ad Hayato.


    Come Ranma si aspettava, il vecchio, quando voleva, faceva fottutamente paura.


    Scese il silenzio, ed il patriarca Furinji prese un lungo respiro per riprendere fiato.


    “Come al solito, vi comportate come dei bambini.
    Ci sono diverse cose da capire, naturalmente, ma se vi mettete a litigare con Ranma e tra di voi, non ci riusciremo mai. Riprendi la parola, Ranma Saotome, e cerca di essere esauriente”


    Il ragazzo col codino annuì, con un leggero inchino, per ringraziarlo.


    “E-ehm, allora, cominciamo dall’inizio, dalla domanda di Sakaki.
    E’ una domanda legittima, mi aspettavo che sollevaste la questione. Vi assicuro che non si tratta assolutamente di una faccenda di…preferenza personale” e qui scoccò un’occhiataccia a Kensei, che nascose dietro la schiena un secchio d’acqua ed una macchina fotografica, iniziando a fischiettare.


    “né di faziosità riguardo all’arte marziale: ho praticato parecchio WuShu e ne apprezzo vari stili, ma non in particolare più di altre arti.
    Come sapete, esistono un’infinità di stili di Kung Fu, e Kensei è specializzato in tutti gli stili “morbidi”, cioè in quelli che sfruttano il movimento armonico di tutto il corpo, ed i movimenti circolari, anziché la forza fisica ed i colpi in linea retta, ed è qui il punto”.


    Tutti lo guardarono, interessati.


    “Kenichi…ha bisogno di imparare un po’ più a lungo queste cose, perché tra Karate, JuJutsu e Muay Thai combatte già fin troppo in modo rigido e muscolare.
    Il Kung Fu, per lui, può essere anche un collante…un fattore unificante, tra arti marziali altrimenti molto diverse, che non si specializzi in colpi o prese, ma che faccia un po’ di tutto”.


    I maestri rimasero in silenzio, pensierosi. Hayato ridacchiava.


    “E…e poi, Koetsuji-san…non intendevo mettere in dubbio la sua competenza…ma penso che su un’ora, solo mezza debba essere dedicata alle capacità fisiche base (forza, velocità, coordinazione, ecc) e l’altra mezza debba essere gestita direttamente dal Maestro di quel giorno…magari impiegando antichi metodi di allenamento tradizionali di quell’arte…come tenere sollevate le giare di sabbia nel Karate di Okinawa, o tirare calci agli alberi nella Muay Thai…così Kenichi avrebbe il condizionamento necessario per l’allenamento tecnico successivo”.


    “Uhm…sì, potrebbe anche funzionare”.


    “Ora ho io una domanda, Ranma” intervenne Kensei, con la faccia furba.


    “Dica pure”


    “Sbaglio od è invece Miu a non avere un programma di allenamento fisico?”


    “Oh, beh, mi è parso di capire che finora Miu non stesse allenando il corpo perché ha già raggiunto l’apice delle capacità fisiche che può ottenere, in base all’età ed al peso. Finché non sarà cresciuta un altro po’, ulteriore potenziamento fisico sarebbe inutile o controproducente. Nel frattempo, si allenerà dopo aver passato del tempo al club di ginnastica artistica, dove va ogni giorno, quindi si manterrà comunque tonica e flessibile”.


    “Uhm, molto bene” dichiarò soddisfatto il piccolo cinese.


    Ranma sollevò un sopracciglio.
    Sapeva già la risposta? Mi ha fatto la domanda solo per vedere se la sapevo? O…per permettermi di mettermi in buona luce con gli altri? Possibile?


    Ad uno sguardo di Shigure, Ranma si voltò verso di lei.


    “E…Shigure-san, non sono sicuro di capire il motivo della tua…diffidenza nei miei confronti…voglio dire, ulteriore rispetto al solito, ma…-qui quasi tutti ridacchiarono-io sono un praticante di arti marziali dalle dita dei piedi fino alle punte dei capelli.
    Anche se non le uso spesso, conosco abbastanza le armi…più quelle cinesi, a dire il vero, e…apprezzerei davvero molto se tu mi facessi l’onore di allenarmi”.


    Shigure fece uno sguardo obliquo, ma pareva essere rabbonita.
    Od aver rimandato il chiarimento ad un’altra volta.


    “Ed infine, Apachai…-iniziò Ranma sfoderando il suo sorriso migliore con il gigante ancora inchinato nell’angolino in ombra-suvvia, vecchio mio, come puoi pensare che io non voglia essere tuo amico?”


    “Ad Apachai non importa. Apachai rimarrà qui fino a quando lo coglierà la morte e gli uccellini spolperanno le sue ossa” rispose l’omone, ancora più depresso.


    “Ma cosa dici, figurati! Non è che tu non mi piaccia, è solo che…non voglio allenarmi con te perché…beh, come posso dire…
    Non ho ancora voglia di morire


    Tutti gli altri si ritrovarono con delle gocciolone sulle tempie.
    Il ragazzo sembrava migliorato, in diplomazia, ma qui era tornato ad esprimersi in modo brutale. Che, con Apachai, forse, era la cosa migliore.


    Inoltre, non è che potessero dargli torto...


    Apachai si voltò, lo sguardo fisso.


    “APA! Davvero? Certo, capisco! Il maestro di Apachai diceva sempre: << Apachai, Muay Thai è per uccidere! >> Go, Kill, Kill! E poi diceva anche: << Apachai, ricordati: morire=male; restare vivi=bene >>
    Forse anche Ranma conosceva il maestro di Apachai, vero?”


    “Eheh, sì, può darsi, chissà!” Replico il ragazzo, in un mare di sudore.


    “Però-ecco, ho trovato!-puoi aiutarmi con un’altra cosa! Hai presente…quelle acrobazie che fai…quando fai il giocoliere con palle da bowling, mattoni ed incudini? Potresti…insegnarmele, per favore?”


    “APA! Ma certo che Apachai te le insegnerà! Ranma diventerà così bravo che potrà andare a lavorare al circo Barnum!” e lo abbracciò, stritolandolo un po’.


    “UHFF! Sì, ecco…se vorrò cambiare mestiere, te lo farò-coff! Coff!-sapere…”


    Hayato osservava la scena, soddisfatto.


    Ranma Saotome…è riuscito a convincere cinque delle persone più ostinate del pianeta…non un’impresa da poco…ma…uh-oh!


    Fu questione di un attimo: togliendo loro gli occhi di dosso solo per un secondo, Sakaki e Kensei si erano messi a litigare di nuovo per la questione delle ore, Kensei stava pensando di “convincere” Ranma a lasciargli gestire l’allenamento in toto, facendogli sperimentare qualcuna delle sue invenzioni, e Shigure stava preparando la Kusari Gankiri* per catturare il ragazzo col codino ed interrogarlo subito


    Hayato su svelto: in un flash fu addosso a Ranma, lo prese per la collottola del camiciotto, lo trascinò fuori dalla stanza e si richiuse il portone dietro le loro spalle.


    “Ma…ma che cosa è successo?”


    “Oh, nulla di anomalo-lo rassicurò l’Anziano-Semplicemente, quei cinque hanno bisogno…di schiarirsi un po’ le idee, alla maniera del Ryozampaku”.


    Infatti, dall’altra parte della porta provenivano rumori bizzarri, urla e discussioni, che a Ranma non parvero c’entrare poi molto con le questioni affrontate poco fa.


    Man mano che aumentarono di intensità, al ragazzo col codino si rizzarono i capelli in testa, mentre solo immaginava cosa stesse succedendo.
    Intanto Hayato fumava tranquillamente una pipa mentre contemplava degli antichi acquarelli di animali, che erano la sua grande passione.
    Dopo un’oretta, rumori ed urla cessarono.


    “Oh! Hanno fatto presto!” si stupì il patriarca Furinji.


    Le porte si aprirono e ne uscirono i cinque maestri, tutti un po’ pesti, impolverati e con i vestiti malconci.


    Kensei aveva una catena di Shigure stretta intorno al collo, ed un kunai spuntava dalla spalla di Sakaki.
    Apachai stava facendo tranquillamente degli origami con un pezzo di carta strappato dal cartellone preparato da Ranma.
    Koetsuji aveva un occhio nero.
    Shigure era bagnata fradicia di birra, acqua e succo di frutta e Ranma si sforzò di non guardarle le forme in trasparenza.


    Ma…ma in che razza di maniera hanno litigato? Chi stava dalla parte di chi? E perché? No, anzi…meglio non farsi domande. Di nessun genere. Mai.


    Koetsuji si fece espressione e portavoce di tutti, tossicchiando prima di prendere la parola. Avevano tutti le braccia conserte e guardavano in direzioni diverse, offesi l’uno con l’altro come bambini capricciosi, ma sembravano essersi calmati.


    “E-ehm, dunque Ranma, i Maestri del Ryozampaku hanno…uhm, dibattuto le proposte che ci hai fatto, e siamo giunti alla conclusione…”


    Gli occhi del ragazzo si illuminarono di attesa.


    “Che vale la pena di provarle! Complimenti, nel prossimo anno seguiremo il programma che hai preparato!”


    “Cosa? Davvero? Grazie! Grazie davvero! A tutti!”


    Hayato sghignazzò ancora un po’, la fronte ormai rilassata.


    “MOLTO BENE!” esordì con la sua voce forte e calda.
    “Tuttavia, non possiamo portare avanti il programma di Ranma in questo vecchio dojo che cade a pezzi. Dopotutto, non vorrete sbugiardarmi con il nostro Primo Allievo, vero? Gli ho detto che dovevamo fare dei lavori di ristrutturazione…e per quando quei due saranno tornati, questo posto sarà come nuovo!
    Con il contributo di tutti voi, si intende!”


    Per una volta, quella giornata, Ranma ed i Maestri ebbero la stessa espressione e pronunciarono, all’unisono, la stessa parola
    “EEEEEEEEEHHH????”


    ◊◊◊◊◊

    Le tre settimane successive furono molto impegnative.


    L’Anziano, in realtà, stava pensando da molto tempo di effettuare la ristrutturazione, un po’ perché era necessaria, un po’ perché voleva rendere il Ryozampaku più sicuro contro eventuali attacchi od azioni di spionaggio dello Yami.


    Akisame (che Ranma aveva appena scoperto essere una specie di Leonardo da Vinci in grado di padroneggiare qualunque tipo di arte e scienza) aveva progettato un complesso sistema di antifurti, trappole e generatori di elettricità di emergenza.
    Questi sarebbero serviti in aggiunta ai normali sistemi, che, a quanto pare, funzionavano senza necessità di pagare bollette, grazie ad un’esenzione della quale godeva il dojo in seguito a non meglio precisati servizi resi al governo giapponese.


    I materiali vennero acquistati a credito con un leasing ventennale da alcuni artigiani che dovevano un favore a Sakaki, che li aveva salvati da un qualche racket (Ranma scoprì così che il karateka, che Miu gli aveva detto essere un cacciatore di taglie, faceva anche l’investigatore e la guardia del corpo), ma la manodopera dovettero mettercela loro.


    E riuscire a lavorare mentre Apachai combinava guai come un bambino di otto anni non era, prevedibilmente, molto semplice.


    Ranma si trovò a sospirare: “E pensare che ho pagato per fare l’allievo qui


    Ma dal momento che aveva proposto lui una rivoluzione nell’allenamento, gli ricordò l’Anziano, non poteva rifiutarsi di contribuire ai lavori.


    Quale fosse esattamente il nesso tra le due cose, Ranma non avrebbe saputo dirlo, ma ritenne che non fosse il caso di insistere.


    Mettiamola così: mi consolerò pensando che imparare a gestire un dojo fa parte del mio allenamento, come in effetti avrebbe dovuto essere sin dall’inizio. Certo, se penso che quei due, nel frattempo, si stanno divertendo
     


    ◊◊◊◊◊

     
     
    Kenichi starnutì.


    “Salute onii-chan**, cerca di non prendere freddo”.


    “Oh, grazie, Honoka, non preoccuparti”.


    Kenichi si rese conto, mentre stava marciando verso la cima della montagna con i suoi genitori e la sorella, per una tre giorni di trekking che suo padre aveva voluto organizzare per festeggiare per “il ritorno del suo adorato primogenito”, il quale, in effetti, non vedeva la sua famiglia da parecchio.


    E la cosa strana era che, per molto tempo, non gli era importato.


    Gli allenamenti al Ryozampaku, passare del tempo con Miu, sperimentare l’amicizia con i membri dell’Alleanza Shimpaku…erano tutte esperienze che lo avevano distolto da loro.


    Ma nel notare la sollecitudine e la sincera gioia della sua sorellina, si domandò se non fosse stato un po’ rude e freddo con lei, negli ultimi tempi.
    Certo, le aveva salvato la vita quando era stata aggredita dagli squali e rapita da Loki del Ragnarok (ormai una vita fa…), ma in condizioni normali non le mostrava spesso il proprio affetto.

    Ora più che mai, oltretutto, la ragazzina ne aveva bisogno, perché la scomparsa di Hermit, Natsu Tanimoto, andato ad allenarsi chissà dove col suo Maestro, l’aveva resa molto triste.


    Kenichi non era abituato a pensare a sé stesso come una persona egoista: di norma, si prodigava per aiutare gli altri.


    Eppure, all’improvviso, si rese conto di due cose: che persino lui poteva non comportarsi bene con tutti ogni singola volta, e che ogni tanto è giusto riposarsi, lasciar stare i propri doveri e dedicare del tempo a chi ci vuole bene. Ricordarsi per che cosa si combatte.


    L’Anziano aveva previsto anche questo?
     


    ◊◊◊◊◊

    Su un’altra montagna, molto più alta, Miu si voltò improvvisamente.


    “Qualcosa non va, Miu?” le domandò l’imponente uomo biondo che la precedeva, ossia suo padre, Furinji Saiga.


    La ragazza guardò nella vallata che avevano appena attraversato, assorta.


    Poi disse: “No, nulla di grave. Solo…credo che qualcuno mi abbia pensata. E’ forse questo quello che chiamano…sesto senso?”.


    L’uomo sbuffò, mezzo divertito e mezzo rassegnato.


    “Forse stai avendo di già nostalgia dei tuoi amici? Lo capisco, ma speravo che volessi passare un po’ di tempo col tuo vecchio…abbiamo molto da recuperare”.


    La ragazza guardò con convinzione l’uomo che le era genitore e che aveva ritrovato solo da pochi mesi. Poi, camminando lentamente, gli si avvicinò e gli mise una mano sul braccio, dolcemente.


    “Fidati, tou-san***. Non c’è nessun altro posto dove vorrei essere ora”.


    ◊◊◊◊◊

    I lavori erano a buon punto e Ranma, in canottiera e con un asciugamano sul collo, stava ad osservare il dojo, rimanendo con i gomiti appoggiati sul muretto esterno e stando con le gambe sospese nel vuoto, sorreggendosi solo con la forza delle braccia. Si stava allenando anche in quel momento.


    Fu raggiunto da Sakaki, a torso nudo, che si appoggiò in modo simile, dando però le spalle al prato e stando appoggiato con un singolo gomito, come se fosse addossato al bancone di un bar.


    “Ehi, ragazzo, uno yen per i tuoi pensieri”.


    Ranma lo guardò, obliquo.


    “Sai, Sakaki, ho un nome ed un cognome ed ho già compiuto vent’anni. Non occorre che tu mi chiami ragazzo”.


    “UAHAHAH, certo, giusto, sei talmente minuto che tendo a scordarmi che sei più grande di età di Kenichi e Miu.


    Beh, RANMA; visto che sei un uomo fatto…ero giusto venuto a chiederti se volevi una di queste, per goderti la pausa” e tirò fuori come un prestigiatore due bottiglie di birra, offrendone una al giovane combattente, strizzandogli l’occhio.


    Ranma ci rimuginò sopra un secondo. Di solito non beveva, ma Sakaki stava cercando di essere gentile, e faceva così caldo…


    “Massì, in fondo sto cercando di provare a fare cose diverse dal solito…”


    “Così si fa! Se si lavora con impegno, bisogna divertirsi con altrettanto impegno, dico io”.


    Il karateka aprì la sua bottiglia nel solito modo ed iniziò a tracannarla, mentre Ranma fece saltare il tappo con uno schiocco di dita ed iniziò a sorseggiare con calma la sua.


    Forse era la prima birra che beveva.


    Aveva provato alcolici anche più forti, in Cina, per imparare la Tecnica dell’Ubriaco, ma era la prima volta che beveva solo per piacere. La trovò buona e, soprattutto, fresca.


    “Abbiamo quasi finito, eh-iniziò Sakaki, che evidentemente voleva fare conversazione-sarà strano avere un nuovo Ryozampaku, dopo averci vissuto per tanti anni. Beh, sarà anche strano avere un nuovo allievo, mi ero appena abituato a Kenichi…”


    “Tutto cambia, immagino-rispose Ranma in tono pensieroso-ma alcune cose rimangono uguali, malgrado le apparenze: fanno dei giri immensi e ritornano al punto di partenza.
    Se qualche mese fa mi avessero detto che avrei aiutato a sistemare il dojo di altri dopo aver rifiutato la responsabilità di gestirne uno tutto mio, avrei detto che erano pazzi…ed invece, eccomi qui”.


    “Ho notato che sei abbastanza reticente, riguardo al tuo passato…no, non guardarmi strano, non stavo per chiederti nulla.
    Tutti noi maestri al Ryozampaku abbiamo, chi più chi meno, delle storie particolari…e se c’è una regola assoluta, è quella di rispettare la privacy di chi vive con noi”.


    Ranma lo guardò un altro po’ in tono neutro, poi tornò a squadrare il cortile e bevve un altro sorso.


    “E’ che alla fine…ho passato tutta la vita ad allenarmi, per diventare un grande praticante di arti marziali…ma non avevo mai davvero pensato a me stesso come ad un insegnante…anche se in effetti era questo lo scopo di tutto…insegnare sarebbe diventato il modo per guadagnarsi da vivere.
    Man mano che finiamo i lavori, si avvicinerà il momento in cui torneranno Kenichi e Miu…e tutto cambierà.


    Saremo allievi alla pari, ma al tempo stesso, Kenichi si allenerà con un programma sviluppato da me…anche se, di fatto, continuerete ad allenarlo voi…e potrò verificare se quanto ho pensato si rivelerà efficace.


    Sarà una sorta di prova generale del mio futuro, se sceglierò di proseguire su questa strada e diventare un maestro.


    Potrò verificare…se sono davvero in grado di intraprendere quella carriera.


    E poi, sarà strano-aggiunse, dopo una breve pausa-ho discusso con Kenichi prima che se ne andasse, ma quando tornerà, si allenerà col mio programma.
    Non so come la prenderà, a dire il vero.
    Può darsi che sia ancora arrabbiato con me, che pensi che stia usurpando il suo posto”.


    Sakaki lo squadrò per un lungo istante.


    “Non hai mai provato una responsabilità di questo tipo…lo capisco, ma non devi rimuginarci sopra.
    Nessuno di noi, a parte Kensei, aveva mai allenato nessuno, prima che arrivasse Kenichi…si potrebbe dire che, in un certo senso, sia stato la nostra cavia. Eppure, le cose sono andate bene.


    Il tuo progetto non sarebbe stato approvato, se non lo avessimo ritenuto valido, quindi funzionerà.


    E poi, Kenichi è una persona gentile, qualcuno direbbe anche troppo.
    Capirà che eri solo preoccupato per lui, quella volta”.


    Ranma lo guardò un po’ perplesso “Sai, Sakaki, in effetti è da un po’ che volevo dirvelo…la parte sulla cavia mi convince poco.
    Capisco che occorrano metodi drastici per insegnare a quel testone, ma non dovreste danneggiarlo troppo. Non tutti sono come voi o come me”.


    “Uhm…e chi lo sa. Il carbone sottoposto a pressione diventa un diamante, dopotutto. L’Anziano dice spesso che Kenichi gli ricorda sé stesso da giovane”.


    L’Anziano da giovane? Possibile?


    “Dimmi, Ranma…che cosa rappresenta Kenichi per te?
    Un compagno d’allenamento più giovane da proteggere? Una persona fastidiosa? Un rivale? Oppure…
    Oppure, stai pensando che…potrebbe essere un degno rivale, se diventasse più forte?”


    “Mmhh…chissà” disse il ragazzo, pensieroso, sorbendo un altro sorso.


    Dopo un momento di silenziò, Sakaki scoppiò a ridere e gli diede una delle sue solite pacche sulla spalla.


    “Muahahah, ma neanche tu puoi permetterti di riposarti sugli allori! Nello stesso periodo comincerai ad allenarti con noi, ed i tuoi allenamenti saranno molto più pesanti dei suoi”


    Ranma si voltò e lo guardò negli occhi con un sorriso particolare.


    “Non vedo l’ora!”


    Non ci fu bisogno di altre parole.


    Fecero cin-cin colpendo le bottiglie di birra tra di loro e le finirono in un sorso.


    ◊◊◊◊◊

    La settimana successiva Kenichi raggiunse il resort balneare nel quale era stato invitato. Gli era parso molto strano un invito da parte dell’Alleanza Shimpaku, ma non poteva rifiutare un’occasione simile.


    Era la terza settimana di vacanza su quattro, e l’ultima l’avrebbe passata di nuovo a casa dai suoi: aveva già stabilito di stare un po’ di tempo ad esercitarsi nella scrittura e poi dedicarsi al giardinaggio insieme alla sua compagna di classe Yuka Izumi-che sembrava stranamente insistente al riguardo-quindi ora non sentiva nessun rimorso nell’allontanarsi dalla famiglia, per dedicare tempo agli amici.


    Del resto, anche Honoka avrebbe passato una settimana ad allenarsi al camp estivo del tennis che frequentava. Suo padre aveva provato a seguirla con il suo fucile per “Controllare che non ci fossero dei pervertiti”, ma sua madre l’aveva steso con una padellata in testa.


    “Yu-huuu, Kenichi! Siamo qui!”


    “Ma…questa voce? Renka-san?”


    Era proprio lei. La figlia del maestro Kensei gli stava correndo incontro con un costume a due pezzi che lasciava poco spazio all’immaginazione, ma dietro di lei c’era tutta la combriccola.

    Takeda, come sempre abbronzato e più che mai a suo agio col codino biondo, Freya, che gli stava vicino in maniera sospetta e che a sua volta non sfigurava certo in costume da bagno, Ukita, con gli immancabili occhiali da sole, che teneva…sottobraccio Nijima, legato ed imbavagliato?-ma anche Kisara, accompagnata da Shiratori, Sigfried, tutti gli altri membri dello Shimpaku-Kamioka, Matsui, Kimoto, Mizunuma-e poi Thor, circondato da tutte le Valkirie (Kenichi non poté fare a meno di essere felice per lui ed invidioso al tempo stesso) ed infine i compagni di Renka, Genson e Shokatsu.
    C’era persino Shinnosuke Tsuji, che gridava come un ossesso come suo solito, coi suoi sottoposti.


    “Ragazzi! Ma…siete tutti qui?”


    Erano infatti in un villaggio turistico su una bella spiaggia che ospitava anche un grande parco acquatico. L’hotel nel quale avrebbero soggiornato aveva quattro stelle.


    “Ma certo!-iniziò a spiegare Takeda, mentre Renka gettava le braccia al collo di Kenichi-avevamo tutti bisogno di una vacanza, e quando un…topolino dal Ryozampaku ci ha informati che saresti stato libero…”


    “Abbiamo deciso di approfittarne-proseguì Ukita, dando una scrollata a Nijima che cercava di liberarsi-ed abbiamo fatto una colletta, adoperando i soldi che questo qui aveva raccolto a nostra insaputa, grazie alla vendita online di articoli sportivi a nostro nome e con la pubblicità online sul sito dell’Alleanza Shimpaku, per prenderci tutti del meritato riposo”


    “E’ fantastico…-proseguì Kenichi, salutando tutti, a turno, ignorando le proteste di Nijima e con ancora Renka con le braccia al suo collo a fare le fusa-sarà davvero magnifico passare una settimana tutti insieme”.


    Peccato solo che Miu non sia qui…
     


    ◊◊◊◊◊

     
    Ranma si risvegliò lentamente. Era madido di sudore.


    Riprendendosi dal dormiveglia, non era sicuro di cosa fosse reale e cosa immaginario.


    Si rese conto, per prima cosa, di essere in una stanza completamente buia.


    La seconda cosa della quale si rese conto, fu che stava appeso, a stella, col viso rivolto in basso. Braccia e gambe erano legate con delle corde collegate a dei ganci, sulle pareti. Per qualche motivo, la cosa non gli causava dolore o fastidio.


    La terza cosa della quale si rese conto fu che aveva addosso solo i boxer.


    E la quarta fu che su tutto il corpo aveva infissi degli aghi da agopuntura, dei quali si accorse appena.


    La quinta fu che tutto il corpo gli sembrava caldo, come se fosse stato…rimodellato, e che gli sembrava di provare fisicamente nel corpo le sensazioni dei suoi sogni.


    La sesta cosa fu che provava un’indefinibile sensazione di benessere, quasi sollievo.


    Ma…che cosa è successo? Cerchiamo di ricordare


    << “Uhm! Sono contento di aver finito i lavori! Mi sento le spalle un po’ rigide” Aveva detto, scrocchiandole.


    “Questa è una conseguenza di un’attività non abituale, Ranma-kun-aveva precisato Akisame-dopotutto, abbiamo svolto in poche settimane un lavoro che persone normali avrebbero fatto in un anno, e tu hai quasi seguito il nostro ritmo.


    Inoltre, posso osservare che nell’ultimo anno hai subito notevoli stress mentali ed anche se sembri esserti ripreso bene ed aver raggiunto una certa serenità, hai dei grossi problemi emotivi irrisolti. Ho ragione?”


    Ranma, al solito, trovava terrificante, sopra ogni altra cosa, la capacità di analisi ed intuizione dei maestri, specie di quello baffuto.


    “Uh…sì, è abbastanza giusto” ammise, contrariato.


    “Non sarebbe consigliabile iniziare i pesanti allenamenti del Ryozampaku con questa rigidità articolare. Anche le problematiche emotive causano stress che influenza la muscolatura, contraendola.


    Posso suggerire un trattamento osteopatico completo, al quale posso aggiungere una rara forma di massaggio muscolare su tutto il corpo, specializzato nel sollevare la persona dallo stress.


    Tuttavia, devo avvisarti che il processo funziona anche nel verso opposto: risolvere il problema fisico, può portare a…liberare i problemi emotivi repressi, facendo quindi rivivere, in una sorta di trance o di delirio, momenti poco piacevoli del proprio passato.


    Al termine, tuttavia, l’aver portato alla luce queste emozioni, anziché reprimerle, non potrà che portare un notevole giovamento complessivo.
    Ti va di provare?”


    Ranma deglutì. L’idea di rivivere tutte gli eventi poco piacevoli degli ultimi tempi non lo soddisfaceva appieno, ma era anche vero che preferiva affrontarli, piuttosto che nascondersi.


    Gli sembrò di sentire suo padre nella testa.


    Tsk! Hai forse paura? Femminuccia!


    “Lo farò”


    ●●●

    Caldo.


    Freddo.


    La sensazione di cadere nel vuoto.


    Paura? No, non era paura. Era più…sconcerto? La terrificante sensazione di non sapere cosa fare.


    Poi, dei visi, confusi.


    I tratti di uno si dissolvevano, per formare quelli del prossimo.


    Herb. Lo guardava con aria di sfida.


    Poi…Ukyo? Sorrideva mentre preparava un Okonomiyaki.


    Poi qualcun altro. Ragazzi, di spalle, che entravano in una scuola. Poi la scuola diventava un’entità confusa, un insieme di grattacieli.


    Allunga una mano. Non riesce a raggiungere i ragazzi.


    Viene tirato verso sinistra.


    Il volto sorridente di Shampoo.


    A fianco a lei, Mousse sembra gioviale nell’offrirmi una scodella di ramen. Dietro di loro, la vecchia Obaba sta cucinando qualcosa.


    Viene tirato verso destra.


    Una figura di donna, sembra triste. Sola, nel buio, illuminata da una luce, guarda verso il basso. Ha una spada tra le braccia.


    Mamma?


    Volo in avanti, verso la luce.


    Sembra…la Cina? Le montagne della Cina? Sto marciando per andare da qualche parte.


    Il Panda mi parla. Non con i cartelli, mi parla proprio. Gli rispondo. Non sento cosa gli dico, ma so che non è una cosa gentile.


    Iniziamo a litigare. Ma non combatte normalmente. E’ feroce, sembra un animale vero. Mi morde la spalla.


    Urlo.


    Apro gli occhi. Kasumi mi sta accudendo, premurosa. E’ molto dolce.



    All’improvviso, penso che dovrei essere da qualche altra parte.


    Giro per la casa. Apro tutte le stanze. Sono vuote.


    Perché sono vuote? Una di queste, in particolare, mi riempie d’angoscia. Sprofondo. Verso il basso. Non c’è il pavimento.


    Di nuovo tutto buio. Il vecchio Happosai si sta mangiando un panino davanti ad un fuocherello da campo. Non sembra avere un problema al mondo.


    Tsk, cos’hai da essere così tanto allegro? Non pensi di aver ancora qualcosa da fare?


    Provo a dirglielo, so che sto pronunciando le parole, ma non emetto alcun suono.


    Vengo tirato indietro.


    Un prato. Un tramonto, rossastro, incendiario. Su di esso si staglia un ragazzo, a quattrozampe, come un animale, ringhia al cielo.


    Mi fa rabbia. Mi fa anche pietà, ma soprattutto rabbia. Il petto si infiamma.


    Vengo tirato verso destra. In una casetta, una ragazza dai capelli corti e scuri guarda fuori dalla finestra. Fuori piove a dirotto.


    La ragazza sembra triste. Perché è triste?


    Dovrei poter fare qualcosa per non renderla triste.


    Allungo una mano, voglio parlarle. Non si accorge di me.


    Cado nel vuoto, di nuovo.


    Vedo la mia mano incespicare verso l’alto, per afferrare qualcosa.


    Intravedo qualcosa, per un istante.


    Una…treccia bionda?


    Per un po’ non sento nulla.


    Passo del tempo come sospeso, nell’acqua, a testa in giù. Respiro comunque.


    Poi, dal fondo, vedo un volto, mi sorride maligno, con soddisfazione crudele.


    E’ Saffron.


    Allungo le mani, e stavolta ne ho il controllo.


    Gliele metto intorno al collo.


    E stringo.


    Poi tutto si dissolve ancora.


    Solo buio.>>


    Poi ancora buio, eppure non è lo stesso buio di prima. E’ una stanza.


    Dove mi trovo? >>


     
    ●●●

     
    Una luce. Ferisce gli occhi.


    Una figura si staglia in mezzo e si avvicina.


    “Oh, ben svegliato, Ranma-kun. Spero tu stia bene”


    “Ke-Kensei? Cosa ci fai qui?” la voce che sentiva era un mormorio, ma era la sua.


    All’improvviso si ricorda tutto.


    Akisame, la sua proposta, il trattamento osteopatico, ed il massaggio anti stress. Accidenti.


    E’ come se le emozioni fossero diventate liquide e se le sentisse galleggiare nel corpo. In effetti, i muscoli gli paiono rilassati, come mai prima d’ora.


    Respira normalmente.


    Portare a galla quelle emozioni, gli ha fatto bene? Esprimerle gli ha permesso di gestirle meglio?


    Ma-un momento!


    “Pe-perché ho questi aghi su tutto il corpo? Non…non c’entra con Akisame”.


    “Questo è esatto, Ranma-kun. Infatti sono stato io.
    Ho potuto osservare il tuo corpo, durante il trattamento di Koetsuji, e mi sono reso conto che hai un problema con il sistema circolatorio del Ki”


    “Cosa? Il…il Ki ha un…sistema circolatorio?” ormai non si stupiva più di niente.


    “Certo che ce l’ha. E tu hai una buona padronanza di base…si potrebbe dire persino che tu abbia già raggiunto il livello del Ki no Shoaku****, anche se ne hai un minore controllo rispetto al Ki no Kaiho*****


    Posso dire che hai imparato ad impastare il Ki, a diluirlo per renderlo meglio adoperabile…ma di recente, lo hai usato con forza eccessiva, superando i limiti del tuo corpo, non è vero?”


    La battaglia contro suo padre. L’ultimo colpo.


    “S…sì”


    “Lo immaginavo. Questo ha causato un piccolo danno al sistema circolatorio del Ki. Nulla di grave, intendiamoci.
    Solo che ora, ogni volta che lo usi, ne potrai adoperare una quantità minore, perché esso fuoriesce con minor controllo, e se supererai ancora il limite, rischierai danni ancora più gravi.


    Hai imparato a controllarlo con la meditazione, ma forse non sai che è un processo che è meglio ripetere ogni mese…anche ogni settimana, se necessario”


    “Ca…capisco”


    “Comunque, non è un grosso problema. I miei aghi da agopuntura sono posizionati esattamene sui meridiani del sistema circolatorio del Ki.
    Altre dodici ore in questa posizione ed i danni saranno riparati.


    Potresti approfittarne per esercitarti ulteriormente ad impastare il Ki.


    Immagina che ciascuno dei meridiani sia una piccola sfera, e falla ruotare nella direzione nella quale ti crescono i capelli.


    …ecco, così…con controllo…affina la percezione…sentile in modo rilassato, spontaneo…è per questo che ho approfittato del momento, perché sei completamente svuotato emotivamente e quindi più in contatto con il tuo IO interiore…sì, continua così”


    Nel notare Ranma che, con lo sguardo assente, esercitava l’impasto del Ki, abbandonato mollemente in quella posizione assurda, Kensei sospirò. Il ragazzo ne aveva passate tante, ma stava reagendo bene.


    Si avviò alla porta e poi si voltò “Quando saranno passate le dodici ore, ti tireremo giù. Potrai lavarti, mangiare e riposare.
    Akisame ha chiamato a casa col numero di telefono che avevi in tasca per avvisare che dormirai qui, stanotte.
    Poi avrai tre giorni liberi prima che tornino Kenichi e Miu. Passali come preferisci”.


    “Va…bene”


    Kensei si risistemò il cappello in testa ed uscì.


    Sempre più interessante


    ◊◊◊◊◊



    Legenda:
     

    Kusari Gankiri*: antico strumento ninja, simile alla Kusari-Gama, se però quest’ultima è la falce con catena, il Kusari-Gankiri è solo una catena con un peso alle estremità, usato da lancio per catturare qualcuno, avvolgendosi attorno come una bolas, o come il Liu Xing Chui cinese, che però è attaccato ad una corda o striscia di seta. Nel Manga, Shigure usa spesso il kusari gankiri su Kenichi quando tenta di fuggire dal Ryozampaku

    Onii-chan**: Fratellone (penso ormai lo sappiano anche i sassi)

    Tou-san***: appellativo per dire “padre” in giapponese. E’ una forma di rispetto, che si può usare solo per il proprio padre, ma è meno formale di Otou-san, che è adoperabile anche per il padre di altri. Miu rispetta suo padre ed è felice di essere con lui, ma non è ancora al punto di usare l’onorifico massimo quando gli parla.

    Ki no Shoaku****: “Trattenere” il Ki, è il terzo e più avanzato livello di uso del Ki, con il quale lo si può manipolare dentro e fuori al proprio corpo, e controllare quello degli altri. Questo viene descritto nel manga di Kenichi

    Ki no Kaiho*****: “Rilascio” del Ki, è il secondo livello, quello intermedio, di uso del Ki, con il quale si fa fuoriuscire il Ki dal proprio corpo per potenziarsi od usarlo in combattimento contro i nemici

    Nota dell'Autore:

    Una vita fa, quando ero un ragazzino, capitava che gli autori scrivessero commenti ed anticipazioni al termine del capitoli.
    Diciamo che voglio rinverdire la tradizione.

    Come avete notato, è una fanfiction su Ranma NEL mondo di Kenichi, perciò chi non conosce quest'ultima opera, potrebbe fare un po' più di fatica. Comunque c'è parecchia esposizione su quel mondo, dal momento che la storia è narrata dal punto di vista di Ranma.

    Inoltre i personaggi sono tanti, chiederò ai moderatori se sia possibile inserire immagini di copertina, dal momento che ho creato un collage con i personaggi principali.

    Abbiate un po' di pazienza, perché per un paio di capitoli si deve ancora stabilizzare il nuovo status quo.

    La fanfiction segue soprattutto l'allenamento dei personaggi ed il loro sviluppo umano (cosa volete, sono un maniaco dei manga di arti marziali e dell'approfondimento psicologico), poi un po' più avanti si entrerà nel vivo dell'azione.

    Se vi mancano i personaggi di Ranma, sappiate che anche loro entreranno in scena, ma tra un po'.

    Ho fatto una scelta precisa di mostrare un Ranma che ricomincia da zero, dopo avere perso tutto, e quindi potrebbe avere un atteggiamento di un certo tipo, ma spero di non sforare nello OOC.

    Più avanti verrà rivelato cosa gli sia successo, per ora accontentatevi del suo delirio onirico, che però ci rivela più cosa abbia nella testa che non i fatti precisi, tranne un paio di rivelazioni.

    Penso di riuscire a pubblicare un capitolo ogni 5 giorni, ho progettato un certo numero di capitoli e ne ho già scritti la maggior parte.

    Grazie di seguire; fatevi sentire nei commenti ed a presto

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    Capitolo 7
    *** Rivoluzione ***


    Kenichi si avviava senza fretta sulla strada ben conosciuta che lo avrebbe condotto al Ryozampaku. Avrebbe dovuto essere entusiasta di ritornare, eppure non lo era.

    Senza che se ne rendesse conto, aver passato così tanto tempo con gli amici e la famiglia lo aveva portato a riconsiderare molte cose, tra le quali il fatto che il Ryozampaku dovesse essere il centro della sua vita.

    In effetti, non era sicuro quale delle due cose fosse sbagliata: se aver trascurato per tanto tempo gli affetti per allenarsi, o l’aver indugiato, ora, in essi, tanto a lungo, da non voler quasi più ricominciare.


    Probabilmente entrambe, si disse.


    Ma non fece in tempo a pensare: “Certo, sarebbe stato tutto diverso se avessi visto Miu-san” che accadde.


    Se la ritrovò davanti, sulla strada che portava al dojo, che lo aspettava vestita ancora con pantaloni da ginnastica ed un bel maglione fucsia.
    Aveva un sorrisone stampato in fronte mentre lo guardava, come se si godesse la sua aria pensierosa, all’idea della sorpresa che avrebbe avuto nel vederla.


    Ed una sorpresa fu. Kenichi rimase come paralizzato, gli occhi che brillavano. Pensò che fosse una visione celeste. “Miu-san…”


    “Piacere di rivederti, Kenichi” si schermì la ragazza con un leggero rossore sulle guance.


    Per un lungo momento rimasero solo a fissarsi.


    Poi Kenichi si riscosse e le disse “Ehm…Com’è andato il viaggio? Spero tu abbia passato delle buone vacanze…”


    Cretino che non sono altro, perché le ho detto solo questo?


    Miu gli si avvicinò di più, con un sorriso comprensivo


    “Molto, grazie. Spero che anche tu ti sia divertito, con tutti gli altri”


    Allo sguardo di stupore-e vagamente in colpa-di Kenichi, si affrettò però ad aggiungere:


    “E’ stato mio nonno ad organizzare il tutto, ricordi? Prima che partissimo mi ha chiesto se volessi partecipare.
    Ma io…per quanto volessi farlo, sentivo che non mi sarei perdonata, se avessi perso quest’occasione di passare qualche giorno in più con mio padre. Avevamo un sacco di cose di cui parlare, un sacco di tempo da recuperare.
    E…sono contenta di aver trascorso questo mese con lui. Riferirò agli altri che mi dispiace, ma so che ci saranno altre occasioni”.


    Kenichi ebbe come una rivelazione.


    Certo, dopotutto è ovvio. Che egoista sono stato.


    “Hai…hai ragione, Miu-san. Anche io, a dire il vero, mi sono reso maggiormente conto dell’importanza della famiglia in queste vacanze, e…sono contento che tu abbia avuto quest’opportunità. So quanto ci tenessi”.


    Gli occhi della ragazza sembrarono illuminarsi.


    “Al tempo stesso, sono contento di rivederti. E di ricominciare l’anno scolastico, gli allenamenti al Ryozampaku e qualunque altra cosa ci aspetti, come abbiamo sempre fatto. Insieme”.


    La ragazza annuì, dolcemente, e si avviarono all’ingresso.


    …o meglio, quello DOVEVA essere l’ingresso del Ryozampaku, vero? Perché non lo sembrava affatto.


    Il massiccio portone era tirato a lucido ed era stato decorato con figure mitologiche scolpite in bronzo, Bodhisattva*, Kanon** ed altre che Kenichi non poté riconoscere. Il muro di cinta sembrava estremamente più solido-come se fosse stato ricostruito mattone dopo mattone-ed era stato indubbiamente ritinteggiato di arancione brillante. Persino le tegole erano nuove.


    “Ma…che diamine…?”


    Una volta entrati-a proposito, le ante sembravano il 30% più pesanti di prima-ebbero però le maggiori sorprese.


    Gli edifici erano rimasti uguali, ma erano stati interamente ristrutturati e ritinteggiati come le mura. Un nuovo fabbricato si estendeva per una ventina di metri dal corpo dell’edificio principale dove c’erano le stanze per dormire.


    Un altro edificio interamente in metallo si apriva dal magazzino delle statue di Akisame. Ed in fondo al cortile, un fabbricato in vetro assomigliava…ad una serra?


    A questo proposito, l’erba era tagliata di fresco, ed a Kenichi, sempre attento alla botanica, sembrò di individuare molti più alberi che erano stati piantati qua e là, ed intorno ad essi dentro piccole aiuole in metallo crescevano fiori di vario tipo.


    A qualche metro dal porticato principale, un placido stagno in stile giapponese raccoglieva l’acqua di alcuni canali artificiali che tagliavano il prato a metà-attraversabili da dei ponticelli in legno-e dentro detto stagno sguazzavano quattro o cinque carpe koi***.


    “Ma…ma che cosa è successo qui?”


    I maestri-tutti, persino Shigure-stavano raccolti in piedi di fronte al portico, godendosi le espressioni di sorpresa dei due ragazzi e mostrando una certa soddisfazione ed un giustificato orgoglio per il risultato del loro lavoro.


    “Ohohoh, ben tornati ragazzi. Allora, che cosa ne pensate dei piccoli cambiamenti che abbiamo apportato al nostro umile dojo?”


    “Anziano! Ci può spiegare…?”


    “Non c’è molto da spiegare, in effetti-dichiarò Hayato, tutto soddisfatto, lisciandosi la barba-come ti avevo detto, Kenichi-kun, il dojo aveva bisogno di ristrutturazioni.
    Già che c’eravamo, ne abbiamo approfittato per fare alcune piccole modifiche: abbiamo migliorato la sicurezza per evitare spionaggio da parte dello Yami, abbiamo aggiunto qualche edificio per accogliere eventuali nuovi studenti, e reso più piacevole tutto l’insieme.
    Ora, se avete un po’ di pazienza, vi porterò a fare un piccolo tour”.


    Kenichi e Miu (la quale era cresciuta lì e quindi era ancora più abituata al vecchio aspetto) rimanevano costantemente a bocca aperta ad ogni nuova stanza.


    Per prima cosa, Koetsuji aveva trasformato il vecchio magazzino delle statue in un laboratorio artistico dove teneva le sue opere: sculture, dipinti, ceramiche, ecc, in un’esposizione straordinaria che non avrebbe sfigurato in un grande museo occidentale.


    Le statue da allenamento erano state invece distribuite egualmente lungo le mura, come se fossero al tempo stesso bizzarri esempi di pop art ed inquietanti guardiani sovrannaturali.


    Uno degli edifici che erano stati aggiunti era invece una palestra. Vera. Modernissima e super accessoriata, con attrezzi di ogni tipo che dovevano essere costati una vera fortuna.


    Tutte le stanze dei maestri erano state ristrutturate e rese più accoglienti, e l’altra nuova ala ospitava invece le stanze per gli eventuali nuovi allievi.


    Qui dormiva anche Ranma, nei giorni nei quali si fermava al dojo (la sua stanza era però chiusa a chiave) ed anche Kenichi scoprì, con sorpresa, che avrebbe dormito in quell’ala.


    “Che ne è stato della mia vecchia stanza?”


    E nessuna sorpresa fu maggiore di scoprire che era stata trasformata in una piccola biblioteca, con annesso scrittoio. Molti degli spazi erano vuoti, in altri c’erano classici della letteratura, o molti dei libri che Kenichi teneva a casa (di certo portati di contrabbando da Honoka, che così avrebbe guadagnato spazio per le sue cose).


    Mentre Kenichi era ancora a bocca aperta, Hayato aggiunse “A dire il vero, è stato Ranma-kun a proporre che realizzassimo questa stanza, per permetterti di esercitarti nella scrittura nelle ore libere”.


    Come? E’ stato davvero lui? Possibile?


    “E non solo-aggiunse Kensei-ha anche proposto un’altra piccola modifica”


    Dietro all’edificio principale, infatti, si estendeva un’aiuola di trenta metri con tutte le varietà di fiori possibili ed immaginabili, ed un piccolo capanno contenente sementi ed attrezzi da giardinaggio.


    Miu e Kenichi erano ormai paralizzati dalla sorpresa. Kenichi era quasi commosso.


    “Ma non è tutto-intervenne Koetsuji-il nostro nuovo allievo ha anche pensato che potremmo sfruttare le tue-ehm-peculiari capacità per risparmiare un po’ sul nostro budget. Il che cade a fagiolo, visto tutte le spese che abbiamo appena sostenuto”


    E così saltò fuori che l’edificio in vetro e acciaio che sembrava una serra era veramente una serra. Nella quale coltivare ogni tipo di frutta e verdura conosciuto all’uomo, per il consumo quotidiano del Ryozampaku.


    Una delle stanze dell’edificio principale, invece, conteneva un computer ed una specie di pannello di controllo che, Kenichi intuì, doveva essere il centro di tutta la sicurezza che l’Anziano asseriva di aver introdotto nel dojo.


    Anche se non erano state loro mostrate, Kenichi e Miu non ebbero dubbi che le misure di sicurezza dovessero essere micidiali.


    Il che, ora che ci penso, mi renderebbe ancora più difficile anche scappare di qui-pensò il giovane Shirahama.


    Ogni singola stanza-muri, intonaco, imbiancatura, parquet-era stata rimessa a nuovo.


    Con grande delizia di Miu, i decrepiti elettrodomestici erano stati sostituiti con modelli nuovi, tra i quali un forno, una stufa, fornello con dieci fuochi ed un frigorifero così grande da ospitare persino le scorte richieste a soddisfare lo stomaco di Apachai.


    Mentre i ragazzi si domandavano come ci si fosse potuti permettere tutto questo, notarono una stanza blindata, con estreme misure di sicurezza. Dedussero che fosse una cassaforte nella quale stivare le entrate delle varie attività dei Maestri.


    Miu fu contenta ed onorata di scoprire di essere l’unica persona autorizzata ad accedervi, tramite un sistema elettronico inventato da Koetsuji che univa impronte digitali, riconoscimento vocale e scansione della retina.
    L’Anziano, che da quel momento in poi non avrebbe più potuto saccheggiare le entrate del dojo per comprarsi i suoi rari Choju Giga****, era un po’ meno contento.


    In una delle stanze centrali stava in bella vista un calendario che indicava gli impegni domestici ed altri appunti che sembravano inerenti ad attività lavorative.
    Un secondo calendario pareva coperto da un telo, per qualche ragione.


    Un’infermeria moderna e pulita aveva sostituito la stanzetta dove Kenichi era stato curato tante volte ed in essa facevano bella mostra sia i ritrovati della medicina occidentale che, con singolare contrasto, delle giare con i bizzarri ingredienti per le pozioni di Kensei, come se fosse riedizione moderna del laboratorio del Dottor Frankenstein.


    Usciti di nuovo all’aperto, i ragazzi ebbero la sorpresa di vedere Apachai giocare con una mezza dozzina di cani di tutte le razze, le dimensioni ed i colori.


    “Ha finalmente trovato il lavoro che fa per lui-spiegò Sakaki-nei giorni dispari fa il DOG-sitter, in quelli pari fa il BABY-sitter.
    Riesce così a sfruttare quella sua aura misteriosa che porta tutte le creature a sentirsi calme accanto a lui e, per la prima volta, contribuisce agli introiti del Ryozampaku. Il che sarebbe anche ora, con tutto quello che mangia!”


    Il gruppetto passeggiò per il giardino, notando come, tra l’erba tagliata, la freschezza dell’acqua dei canali, ed il maggior numero di alberi e fiori, l’aspetto dell’ambiente esterno ne avesse in effetti guadagnato.


    Miu notò degli uccellini cinguettare da sopra gli alberi e fu euforica nello scoprire che i maestri avevano preparato un rifugio atto ad ospitare una mezza dozzina di mici, che-si ripromise-avrebbe provveduto presto a popolare.


    Kenichi sentì poi battere un martello da fabbro e si rese conto che proveniva da un piccolo tugurio in pietra con un camino, che sbucava anch’esso dall’edificio principale. Dentro di esso, Shigure stava martellando del metallo, con una fascia sulla fronte ed una tenuta da fabbro.


    “Anche Shigure ha trovato un modo di contribuire-disse Akisame-sfrutta le sue competenze siderurgiche per restaurare antiche armi che vengono esposte nei musei, restituendole alla loro affilatura originaria, ed in mancanza di questo, realizza affilatissimi coltelli da sushi, venduti in tutto il Giappone”.


    “Infine-concluse Hayato-oltre che col lavoro di tutti-le missioni di Sakaki, le cliniche di Akisame e Kensei-ci finanziamo, come sempre con i proventi delle iscrizioni pagate da coloro che vogliono sfidarci.
    Abbiamo realizzato un tariffario rinnovato con tariffe un po’ più alte di prima; in fondo, dopo la faccenda dell’Eternal Sunset, siamo diventati piuttosto famosi; almeno nel mondo delle arti marziali; ed il tuo amico Nijima ci ha aiutati un po’ con la pubblicità, vista la nostra scarsa conoscenza del mondo moderno”.


    Persino Nijima ha contribuito…


    In tutto, questo, rimanevano da capire due cose.


    Primo, se almeno il dojo interno fosse rimasto simile a com’era un tempo.


    Secondo, dove diavolo fosse finito Ranma.


    Scoprirono l’una e l’altra cosa.


    Il dojo era rimasto la cosa più simile a come fosse in origine, ma tutte le assi di legno erano state sostituite con assi nuove e sane, realizzate in legno pregiato.


    Dentro, da solo, Ranma stava eseguendo un kata, con somma concentrazione.


    Rimasero in rispettoso silenzio e quando l’erede della scuola Saotome ebbe finito, li notò e si voltò. Scoccò a Miu, almeno parve, uno sguardo d’intesa, e poi disse “Oh, quindi siete tornati. Alla buon’ora”. Poi iniziò ad asciugarsi il sudore con un asciugamano.


    Kenichi per un lungo momento fu indeciso su cosa dire.
    Poi, di colpò, si lanciò in un profondo inchino


    “RANMA-KUN! GRAZIE DI TUTTO; DAL PROFONDO DEL MIO CUORE!”


    Il ragazzo col codino, un po’ sorpreso, si voltò a guardarlo, con uno sguardo tra l’obliquo ed il perplesso.


    “Feh! Se hai tante energie per queste formalità, pensa a prepararti. Ti aspetta un allenamento massacrante”.


    Ma quando il giovane Shirahama si rialzò, disse anche un’altra cosa, lo sguardo serio.


    “Non ho dimenticato quello che mi hai detto quel giorno, sai. Io…ci ho pensato a lungo. E’ possibile che in effetti, io non ami le arti marziali per quello che sono, ma solo per quello che mi permettono di fare.
    Però io…ti prometto che continuerò a pensarci. A cosa significhino per me. Ed un giorno…sarò in grado di darti una risposta, te lo giuro”.


    Ranma lo ascoltò in silenzio e si limitò ad annuire, chiudendo gli occhi.


    ◊◊◊◊◊

    Quando si fu cambiato nella sua tenuta da combattimento e fu uscito in cortile, Kenichi notò che anche Miu-con la sua solita tuta super aderente-e Ranma lo stavano aspettando e si misero tutti in Yoi***** schierati davanti all’Anziano ed agli altri.


    “Kenichi, Miu, Ranma-iniziò Hayato in tono solenne-da oggi siete allievi a tempo pieno del Ryozampaku. Ciascuno di voi eseguirà un programma diverso, ma tutti e tre sarete tenuti a rispettarvi e ad ubbidire alle regole di questo dojo.
    Inoltre ci aspettiamo che, come avete sempre fatto, vi atteniate ai principi del Katsujinken. E’ tutto chiaro?”


    “Sì” risposero all’unisono i tre ragazzi.


    “Molto bene. Prima di cominciare vi esporrò il vostro programma di allenamento. Dovete sapere-disse mentre Akisame arrivava con una lavagna a rotelle-che le sorprese per oggi non sono finite.
    Ranma, che come avete saputo ha contribuito al rinnovamento del dojo con alcune sue idee, è venuto qualche settimana fa a proporci un progetto, e noi l’abbiamo accettato”.


    Gli sguardi dei ragazzi si fecero interrogativi, mentre Ranma pareva molto soddisfatto.


    “Ossia, alcune modifiche ai vostri programmi di allenamento, la più consistente dei quali è la loro riorganizzazione su base giornaliera, con un singolo Maestro a seguire un singolo allievo per tutto il giorno”.


    Ed in breve, l’Anziano spiegò le modifiche che Ranma aveva esposto ai Maestri ben tre settimane prima. Spesso venne interrotto per domande od osservazioni-più o meno le stesse che avevano fatto loro-alle quali rispose in modo esauriente.


    Al termine, i due ragazzi erano impressionati, e provavano un rispetto ulteriormente accresciuto per il loro nuovo compagno, e forse un pochino d’invidia.


    Allora è questo che stava facendo chiuso nello sgabuzzino…


    Ed il litigio con Kenichi…vuole che si alleni meglio perché si ferisca di meno in battaglia?


    Ranma-kun-pensò Miu con ammirazione-è davvero già giunto a questo livello? Notare i difetti nei nostri allenamenti e suggerire delle modifiche?
    D’improvviso…raggiungerlo sembra sempre più difficile. Ma…non smetterò di provarci, quant’è vero che mi chiamo Furinji Miu-concluse stringendo il pugno, determinata.


    I pensieri di Kenichi, prono invece come sempre alla depressione ed ai cambi d’umore improvvisi, erano un po’ più cupi.


    Ra-Ranma ha…convinto i Maestri a cambiare il programma d’allenamento? E loro hanno accettato? Cosa sta succedendo? Succede tutto troppo in fretta! Diventerà il mio insegnante? E poi cosa succederà con Miu…


    Anzi, ora che ci penso…che razza di allenamenti vorrà farmi fare? Saranno di sicuro terrificanti, me lo sento…


    “Ehi, svegliati dai sogni ad occhi aperti” lo riscosse proprio il ragazzo col codino


    Cosa? Come se n’è accorto?


    “Ah-ehm!-si schiarì la voce Akisame, che teneva in mano una bacchetta da puntare sulla lavagnetta-come noterete fra poco, le modifiche non sono enormi, ma sono sostanziali. Per cominciare, Kenichi, farai dell’allenamento fisico generale…”


    Kenichi si ritrovò così a dover eseguire delle tecniche di base (pugni in avanti, slanci verso l’alto) rimanendo legato ad una complessa struttura in metallo che faceva scorrere delle catene che aveva attaccate ai polsi ed alla cui estremità opposta stavano dei pesi piuttosto grossi: ogni volta che il ragazzo muoveva i pugni in avanti, le catene scorrevano, ed i pesi venivano trascinati verso l’alto, per ritornare giù appena cambiava posizione.


    “E’ ANCORA PIU’ TERRIBILE DEL SOLITOOOO”


    “Oh, avanti, non frignare-lo rimproverò Ranma-eseguivo questi esercizi quando stavo finendo le scuole medie!”


    Come? Sono i suoi esercizi? Ma allora…?


    “Dunque, Kenichi-kun-cominciò Akisame-come ha spiegato l’Anziano, Ranma ha contribuito a definire il vostro programma di allenamento. Ha riorganizzato i turni dell’allenamento tecnico, ma ha anche proposto di dividere quello fisico in due fasi: una generica ed una specifica per ciascuna arte marziale; poi ha suggerito qualche esercizio per la fase generale.
    Ed io ho accettato i suggerimenti perché mi sono sembrati validi, ma soprattutto, perché mi davano la possibilità di inventare nuovi marchingegni da allenamento”.


    Ed era vero: Akisame premette un pulsante su un telecomando, e la struttura si riorganizzò da sola come un Transformer, cambiando forma, e d’improvviso Kenichi si ritrovò ad avere le catene anche ai piedi. Ora, invece che pugni in avanti e slanci in alto, doveva eseguire movimenti simili a proiezioni di judo, da un lato e dall’altro e poi tirare calci in avanti, destro e sinistro, per concludere accosciandoci verso il basso e saltando verso l’alto, sempre con i contrappesi che salivano o scendevano in base ai suoi movimenti.


    “E’ PERSINO PEGGIO DI PRIMAAAAA”


    “Woah! Devo dire-commentò Ranma-che la modifica fatta da Koetsuji-sensei rende l’allenamento più efficiente. Rispetto al progetto di mio padre, ora è possibile cambiare movimento senza dover smontare e rimontare tutta la struttura da capo”.


    “Inoltre…è molto efficace!-affermò Miu ammirata-Kenichi con questo metodo allena contemporaneamente: la forza massima, perché i pesi sono giusto un po’ più pesanti di quanto Ken-chan riuscirebbe a sollevare con comodo; il riscaldamento generale, per prepararsi al lavoro successivo e mantenersi flessibile; la parte tecnica, ripulendo i movimenti, stimolando la memoria muscolare ed impedendo i movimenti scorretti; ed infine, la resistenza cardiovascolare, perché da quello che vedo da questo display, dura per trenta minuti giusti”.


    “CO-COOME? TRENTA MINUTI????”


    “E’ un metodo per allenare contemporaneamente tutti gli attributi fisici in una volta sola, e per giunta, può essere eseguito qualunque giorno, a prescindere dal Maestro che allenerà successivamente la parte tecnica. E’ davvero fantastico!” concluse la ragazza.


    “Oh, una sciocchezzuola!-si schermì Ranma-in effetti devo ammettere che il mio vecchio ha avuto una buona idea, io mi sono limitato a proporla anche per Kenichi e poi Koetsuji ha migliorato un po’ l’aspetto tecnico della cosa”


    “Ranma-kun, anche il tuo allenamento deve iniziare” gli ricordò Kensei.


    “Arrivo” rispose Ranma. Prima che si separassero, però, lui e Miu si dettero uno sguardo d’intesa e si diedero il cinque con la mano, mentre si avviavano in direzioni opposte.


    Fa’ del tuo meglio-pensarono entrambi-fino alla prossima volta


    La ragazza Furinji andò verso il retro del dojo, dove la attendeva suo nonno.
    Il contenuto dei loro allenamenti sarebbe rimasto a lungo un segreto per tutti.


    Nel frattempo, Ranma stava eseguendo la preparazione fisica propostagli da Kensei, prima di cominciare l’allenamento tecnico con lui.
    Sakaki, Apachai e Shigure, che non avevano niente di meglio da fare, erano lì a curiosare.


    Ranma si era tolto la giubba e stava facendo la verticale camminando sulle mani dei piccoli paletti di legno che stavano infissi in una pista di sabbia. Sarebbe stato quasi normale, se non avesse avuto un grosso masso-pesante all’incirca 30 tonnellate, la metà del massimo che avrebbe potuto reggere-da tenere in equilibrio sui piedi nudi.


    Anche così, il giovane Saotome, pur facendo attenzione, sembrava perplesso.


    “Non è male, e di sicuro è impegnativo, ma, anche come primo giorno, mi sarei aspettato qualcosa di più…come dire…”


    “Come dicono i saggi-interloquì il maestro cinese-fa’ attenzione a ciò che desideri, ragazzo”


    In quella, uno dei paletti sui quali Ranma appoggiava le mani cedette di colpo, finendo di lato nella sabbia. Fu un miracolo se il ragazzo, malgrado l’oscillazione, riuscì a non rovinare a terra ed a mantenere il masso in equilibrio.


    “Ohoh!”


    “Apa!”


    “Ben…pensata…Kensei…”


    Il maestro si limito a scoccare uno sguardo al nuovo allievo.


    Ranma sudava freddo. In un istante realizzò le orribili implicazioni di tutto.


    Alcuni dei paletti erano finti, cavi all’interno e destinati a cadere a terra, proprio come quello, non appena ci avesse appoggiato il peso sopra.


    Lui avrebbe dovuto proseguire fino alla fine-30 metri di percorso-senza far cadere il masso.
    E non c’era modo di capire quali paletti fossero finti, guardandoli da fuori.


    Poi, la preoccupazione cedette il passo al gusto della sfida.
    Tsk! E quindi questo sarebbe il famoso Ryozampaku, eh?


    “VE LA FACCIO VEDERE!”


    E partì, più veloce di prima, adeguando i suoi movimenti per non cadere neanche quando i paletti cedevano.
    I maestri si limitarono a ridacchiare in approvazione.


    ◊◊◊◊◊

    La prima settimana di allenamento trascorse abbastanza in fretta.


    Ranma si fermava al mattino ad allenarsi, tornava a casa per pranzo da Nodoka, poi di nuovo al Ryozampaku ad osservare gli allenamenti di Kenichi ed infine si recava a casa per cenare e dormire.
    Solo in un paio di occasioni si trattenne a cena dopo gli allenamenti, aiutando Miu a preparare tutto. I Maestri furono talmente contenti che non riprovarono nemmeno a sottrarre il cibo ai ragazzi.


    In quella settimana, Kenichi dovette iniziare ad adattarsi alla routine modificata.
    Per lui era strano allenarsi tutto il giorno con un singolo Maestro, anche se, si rese conto, in questo modo aveva la possibilità di apprendere, approfondire e sperimentare molte più cose tutte insieme.


    Imparò concetti più complessi di quelli ai quali era abituato e riuscì ad applicarli bene; cominciò persino a dubitare di non avere alcun talento.
    Si sentì anche un po’ a disagio, inizialmente, ad allenarsi due giorni con Kensei ma, anche qui, dovette ammettere che era stata una scelta azzeccata.
    I metodi “morbidi” di movimento delle arti marziali cinesi interne gli permettevano di integrare quelli più “muscolari” di Karate, Muay Thai e persino JuJutsu, mantenendo un necessario equilibrio.


    Inoltre iniziò ad imparare molte più tecniche, adatte a varie situazioni, e cominciò a ragionare in maniera più strategica.
    Quanto all’allenamento fisico, dopo lo shock iniziale si accorse che in effetti la mezz’ora generica diventava sempre più facile ogni giorno-il che significa che funzionava.


    La mezz’ora specifica consisteva invece in metodi di allenamento fisico tradizionale di ciascun’arte marziale che lo preparavano all’allenamento successivo.


    E’ sorprendente pensare che Ranma sia riuscito a far migliorare i metodi di allenamento del Ryozampaku. Cioè, non li ha proprio modificati lui. Ha notato degli errori e dato dei suggerimenti. Comunque, non è certo allo stesso livello di competenza dei Maestri. Non avrebbe potuto insegnare lui così.


    Ma ha comunque potuto scoprire i loro errori e li ha persuasi a correggerli. E’ pazzesco, considerando le loro personalità.
    Mi ricordo un vecchio detto: anche il più sciocco degli uomini può scoprire gli errori del più saggio.
    Eppure Ranma è tutto meno che uno sciocco. Al contrario, sembra non ci sia niente in cui non riesca bene. Per certi versi…mi ricorda un po’ Saiga Furinji, il padre di Miu.


    Forse…lo avrà pensato anche l’Anziano?


    Miu, invece, inconsapevole di queste elucubrazioni, proseguiva i suoi allenamenti segreti con suo nonno.
    Per certi versi era contenta, le sembrava di essere tornata bambina.


    Per altri, al contrario, le stavano riconoscendo per la prima volta un certo grado di maturità. Hayato riteneva che la sua nipotina fosse pronta per passare al livello successivo.


    Era quasi un’Esperta. E lui si sarebbe accertato che diventasse il più forte possibile. Glielo doveva, dal momento che era dispiaciuto per aver trascurato il suo allenamento negli ultimi mesi.


    Per la maggior parte del tempo, come quando si allenava con Ranma, la ragazza bionda si limitava ad attaccare il suo maestro, adoperando il suo nuovo stile, che mixava il Silat per gli attacchi da terra con lo stile Furinji per quelli aerei, però con la differenza che lo faceva potenziandosi con il Ki del Dou.


    Hayato pensava infatti che per controllarlo del tutto, Miu avesse bisogno di abituarsi e perciò le permetteva di aprire il “rubinetto” del Ki solo poco per volta: prima del 10%, poi del 20%, quindi al 30% e così via…


    Quanto a Ranma, le sue aspettative non erano state deluse.
    Ora che finalmente aveva modo di allenarsi al Ryozampaku, doveva ammettere che la fama di quel posto era più che meritata e che semmai era sottostimata.


    Grazie ai Maestri apprese nozioni complesse che non sospettava neppure, pur essendosi allenato per tutta la vita ed avendo padroneggiato anche tecniche molto difficili.
    Inoltre, era evidente che ciascuno di loro avesse delle competenze di un livello inimmaginabile nel proprio campo.


    Ranma si ritrovò spesso a pensare a quando sarebbe stato in grado di battere tutti loro.


    Non tanto presto, temo. Ma comunque quel giorno verrà.
    Il Giovedì  a Ranma toccava Shigure ed era, a dire il vero, intenzionato a chiederle il motivo di tutta quell’ostilità e quel sospetto nei suoi confronti. Più facile a dirsi che a farsi.
    La comunicazione non era il punto forte del prodigio di tutte le armi ed il ragazzo col codino non aveva trovato l’occasione-od il coraggio-di domandarglielo.
    Quella volta, in quanto prima lezione, Shigure aveva voluto verificare il suo livello, perciò si erano limitati a fare sparring; prima con le armi tradizionali di Okinawa, quelle che Ranma usava meglio-Bo, Jo, Tonfa, Sai, Nunchaku, Tekko******* e poi con tutte le armi tradizionali cinesi, molte delle quali erano versioni locali di spade, sciabole ed alabarde, che Ranma aveva imparato ad usare in quel fatale viaggio d’addestramento con Genma.
    La Maestra si era limitata a parare ed anche così il ragazzo col codino era sbalordito di come la giovane donna potesse contrastare tutti i suoi attacchi con nonchalance usando il fodero della spada tenuto in una mano sola.
    Nel corso dello scontro, a Ranma sembrò di avere imparato di più, sull’attacco e sulla difesa con armi, di quanto avrebbe fatto in un mese di allenamento normale.
    E’ così che si sentono di solito Miu e Kenichi? E’ questo che vuol dire essere di un livello molto più basso di chi ti insegna?


    Il Venerdì, invece, l’Anziano aveva interrogato Ranma sui suoi allenamenti passati. Ne aveva concluso che il giovane aveva trascurato i metodi per difendersi da avversari multipli, ed il ragazzo col codino non poté che ammettere che si trattasse di un punto che suo padre aveva trascurato, e che anche negli anni al dojo Tendo non aveva approfondito in particolare.


    Sempre focalizzati nel perfezionare l’arte del duello, i maestri della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate avevano trascurato le battaglie campali, ma questo poteva diventare un problema in scontri reali con avversari scorretti, specie contro organizzazioni criminali o contro la sezione armata dello Yami.


     Ranma era un po’ seccato nello scoprire di avere una lacuna del genere, ma ancora di più perché l’Anziano, per abituarlo, si muoveva intorno a lui a supervelocità, colpendolo da ogni parte come se ci fossero molte copie di lui.


    ◊◊◊◊◊

    Era lunedì sera, il primo giorno della seconda settimana del nuovo allenamento e Ranma aveva deciso di fermarsi a cena (aveva passato il week-end con Nodoka, visitando i luoghi dove la donna era cresciuta, portando rispetti a tombe di parenti dei quali-si rendeva conto-non aveva mai sentito parlare e poi girando mercatini a lei congeniali; anche se era sempre contento di passare del tempo con la madre, Ranma aveva BISOGNO di una compagnia diversa), perciò, come faceva spesso in quelle occasioni, stava aiutando Miu in cucina.


    Quel giorno lei e Kenichi avevano ricominciato la scuola, per loro iniziava il terzo ed ultimo anno delle superiori. Per festeggiare l’occasione, e la prima settimana del nuovo allenamento, era stata eccezionalmente comprata dell’aragosta.


    Ranma si rendeva conto che cucinare lo rilassava, gli piaceva persino.
    Si era domandato spesso cosa avrebbe fatto della sua vita se non avesse messo al centro le arti marziali, od in che modo procurarsi da vivere; e doveva ammettere che la cucina avrebbe potuto essere una buona opzione, anche se molto di quello che sapeva l’aveva imparato nell’ultimo anno.


    Un’altra novità fu che Kenichi sbucò in cucina, più per osservarli cucinare-o per spiarli? Si domandò il ragazzo con il codino-che per aiutare a far da mangiare, cosa nella quale in effetti era negato.


    “Ehi, ehm…tutto bene?”


    “Beh, fino ad un attimo fa sì”


    “Ranma-kun! Non essere villano con Kenichi-kun. Tanto più che è molto raro vederlo spuntare da queste parti”


    Feh, e lo credo bene…non distingue una padella da una grattugia…


    “Eheh, io a dire il vero…volevo sapere cosa stavate preparando” si schermì il discepolo.


    “Aragoste in salsa al cognac, con contorno di spaghetti in tre versioni: cinesi con uovo fritto e verdure, italiani al pomodoro, aglio e basilico, giapponesi con gamberi ed alghe konbu. Come accompagnamento: uramaki di granchio rosso con una spruzzata di uova di lompo e verdure bollite a volontà. Come bevanda abbiamo scelto del vino bianco fresco italiano, un Riesling, e di dessert faremo dei Mochi alla mela verde”.*****


    Kenichi aveva chiaramente fatto una domanda a caso per giustificare la sua presenza, ma ora era sinceramente impressionato dal livello di sofisticazione e di dettaglio raggiunto.


    Wow…è davvero bravo. Praticamente a livello professionale. Ho anche l’impressione che pure Miu sia migliorata in cucina, da quando Ranma viene qui…


    “Ranma-kun è eccezionale, non è vero?-affermò Miu, tutta sorridente, come a leggergli nel pensiero-figurati che vuole fermarsi più tardi per insegnarmi qualche ricetta”.


    Accidenti! Però non sopporto di sapere che quei due siano così vicini-pensò, mettendosi le mani nei capelli, mentre gli scendevano delle lacrimone.


    Miu era inconsapevole del suo dramma interiore, tutta presa a cucinare, canticchiando, ma si poteva giurare che a Ranma fosse sfuggito un mezzo sorriso.


     Subito, però, si rifece serio “Oh! Manca il rafano. Kenichi, me lo puoi passare, per favore? Anzi, già che ci sei, puoi grattugiarmene un po’ in una ciotolina?”


    Kenichi eseguì la richiesta, sempre con lo sguardo depresso “Ecco a cosa mi sono ridotto, a grattugiare il rafano per il grande chef. Chissà, magari a Miu piacciono gli sguatteri…”


    Ed in quella…
    “Kenichi, non credere di poterci tenere all’oscuro, sai” disse la bionda all’improvviso


    I due ragazzi dovettero fare la stessa esatta faccia perplessa. Visti da fuori, sarebbero stati comici.


    Come? Sta indovinando cosa penso?”


    “Tu non sei venuto qui per vederci cucinare. Tu sei venuto qui perché vuoi chiederci come vanno gli allenamenti”


    Beccato.


    “Oh, beh…in un certo senso…”


    Ranma gli rivolse uno sguardo interrogativo. Non ci aveva pensato.


    “Sì, è vero. Non prendetela nel modo sbagliato, i nuovi allenamenti vanno bene…devo riconoscere che la calendarizzazione ripensata da Ranma è molto efficiente. Sento di stare imparando più del solito, e credo che persino ai Maestri piaccia di più, anche se non lo vogliono ammettere. Però…
    Beh, ecco, prima ci si allenava tutti insieme, e potevo vederti sempre, Miu-san. Ora invece siamo separati e non so cosa nessuno di voi stia facendo.
    Mi domandavo…se le cose andassero bene anche per voi, e se vi andasse di raccontarmi qualcosa. Sono un po’ curioso di come vi stiate trovando in questo nuovo Ryozampaku”.


    Miu se l’aspettava e sorrideva dolcemente.


    “Bah! Pensavo chissà cosa-disse Ranma-comunque anch’io, ora che sto veramente sperimentando gli allenamenti del Ryozampaku, devo ammettere che siano incredibilmente efficaci. Non è neanche il fatto che…funzionino, quanto che…beh osservando i Maestri, non diresti mai che siano delle persone…complesse, mi spiego bene?”


    Kenichi e Miu non poterono che annuire, imbarazzati, ben conoscendo le personalità eccentriche ed infantili di tutti i membri del dojo.


    “Ed invece…non sono solamente forti, sono proprio competenti. Tutto ciò che fanno ha vari strati di significati sovrapposti, come una cipolla od una matrioska, dei quali potresti accorgerti subito, od in un secondo momento, oppure mai. Però ti tornerebbero utili lo stesso, anche se non li comprendessi del tutto.


    Per esempio, oggi mi sono trovato per la seconda volta ad allenarmi con Kensei. Mi ha fatto eseguire di nuovo lo stesso riscaldamento della scorsa settimana-e qui Ranma spiegò brevemente in cosa consistesse e come fosse riuscito, sette giorni prima, a completare il percorso, arrivando fino in fondo facendo sì cadere tutti i finti paletti ma senza far cadere il masso-e quindi mi aspettavo qualcosa di diverso, oppure che volesse vedermi completare l’allenamento in meno tempo.


    Invece…dopo essermi accorto che, ovviamente, i finti paletti non erano gli stessi della settimana scorsa, ho capito che…non voleva solamente che completassi il percorso. All’inizio mi ha chiesto di fare un secondo giro muovendo il masso a destra ed a sinistra, malgrado i finti paletti, allenando nello stesso tempo gli addominali obliqui.


    Poi mi ha fatto fare un terzo giro-ed ogni volta cambiava la disposizione dei paletti, ad una velocità tale che non riuscivo a seguirlo, dannato lui-stavolta però camminando, sempre sulla verticale, ma all’indietro”.


    Kenichi e Miu restarono esterrefatti dal racconto.


    "E quando ho completato anche quello-e naturalmente ci ho messo un po’ più di tempo-mi ha detto che per oggi bastava così, ma che non avevo compreso il vero significato dell’esercizio”


    “Eeeh? E quale potrebbe essere?”


    “Non lo so, ma osservando tutti i finti paletti caduti a terra…non so, è soltanto una sensazione, ma…credo che continuerà a farmi ripetere lo stesso allenamento fino a quando non sarò in grado…di camminare sulle mani non tanto evitando i finti paletti, quanto camminandoci sopra apposta, senza far comunque cadere il masso”.


    “Come? Dici davvero?”


    “Beh, non lo so, ma è possibile. Sarebbe coerente con la loro logica contorta. Con una lezione morale o filosofica: di non evitare le situazioni difficili, ma di affrontarle, fino a quando non creano più problemi.


    Al tempo stesso, sta allenando, in una volta sola l’equilibrio, la coordinazione, i tempi di reazione, il senso del pericolo, la stabilità del core****** ed altro ancora.
    Camminare sui paletti senza far cadere il masso è già prodigioso. Quando sarò in grado di camminare apposta sui paletti finti senza cadere, avrò un equilibrio soprannaturale”.


    Gli altri due sudavano freddo, contemplando le implicazioni di quel ragionamento, che sembrava turbare lo stesso Ranma.


    A pensarci bene, è così che hanno sempre fatto…pensò Kenichi


    allenare qualcuno con dei metodi fin troppo complessi, per gli obiettivi immediati che si prefiggevano di raggiungere…ma in questo modo, gettare le basi per i traguardi successivi, anche se l’allievo stesso non se ne rende inizialmente conto-concluse Miu


    Il Ryozampaku…non è davvero un posto come tutti gli altri-soppesò Ranma


    “E non è tutto-riprese il ragazzo-perché poi quel tipo di allenamento era perfetto per prepararmi alla lezione tecnica successiva, nella quale abbiamo trattato le arti marziali cinesi interne, che si basano tutte sulla forza, flessibilità e stabilità nella regione addominale. Era tutto calcolato”.


    I ragazzi si trovarono a sorridere tutti insieme, spontaneamente.


    “Anche se non sembra…-iniziò Kenichi


    …sono tutti persone affidabili, eh?”-completò Miu


    Ranma si limitò ad annuire, di buon umore.


    “Oh, e…non è tutto, sapete!-si intromise Kenichi-l’altro giorno, il maestro Sakaki…”


    Ed in breve si ritrovarono a condividere le impressioni sui rispettivi allenamenti, entusiasti come bambini, come se si conoscessero da sempre.


    Come altre volte, Hayato sorrideva soddisfatto ad alcuni muri di distanza.


    Il bello è che mentre parlavano, Ranma e Miu non smettevano di cucinare, mentre Kenichi li aiutava passando loro piatti, ingredienti, e sistemando sui vassoi i cibi pronti. Se lo avessero fatto consapevolmente, non ci sarebbero riusciti così bene.


    Dopo qualche minuto, si resero conto di una cosa. Uno di loro non aveva parlato.


    “A proposito, Miu-san…ed il tuo allenamento con l’Anziano come sta andando?”


    “Già, per qualche ragione, è l’unico che si tenga a porte chiuse”.


    La ragazza guardò i suoi compagni con aria furba, la lingua appena fuori dalle labbra come i bambini, lusingata di poterli, una volta tanto, tenere sulle spine.


    Poi si produsse nella sua migliore imitazione di Shigure.


    “E’ un seee….greee…toooo…”


    Per poi scoppiare a ridere.


    “Aww, non vale, Miu-san” si lagnò Kenichi.


    “Non credere di poterci prendere in giro” la redarguì Ranma, bonariamente, e le lanciò in viso gli scarti della verdura.


    All’inizio Miu sembrò perplessa, poi con un sorriso monello si mise a fare altrettanto, ed in breve tempo si scatenò una battaglia di tutti contro tutti adoperando le parti avanzate del cibo per la cena: gambi della verdura, gusci d’uovo, corazze di aragoste ed altro ancora.


    Quando lo scontro finì com’era iniziato, i tre ragazzi si ritrovarono seduti a terra, sporchi di qualunque cosa, a ridere a crepapelle.


    Tornato il silenzio, Ranma si trovò a riflettere.


    Quando sarà stata…l’ultima volta che mi sono trovato ad essere così spensierato? A casa dei Tendo? No, forse no…c’era sempre qualche pazzia in corso…ed anche quando non c’era, avvenivano tensioni, litigi, ripicche…qui invece non ci sono aspettative od obblighi…possiamo davvero essere soltanto quello che vogliamo…è questo che significa essere…felice? No, forse…sereno è la parola giusta. La felicità è un momento specifico, ma la serenità è uno stato che perdura…


    “Ti ringrazio, Ranma-kun”


    Il ragazzo col codino voltò la testa, sorpreso. Era stato Kenichi a parlare.


    “Devo ammettere che…quando eri arrivato, ero un po’ preoccupato. Forse sarà un ragionamento egoista, ma…temevo che la nostra routine sarebbe cambiata, magari in peggio. Devi scusarmi, tendo ad essere pessimista di natura, ed un po’ ansioso”.


    Beh, l’ho notato.


    “Ed invece-riprese, con una luce in volto-devo dire per davvero che, da quando sei qui…tutto sembra essere migliorato, per noi del Ryozampaku. Grazie davvero”.


    Ranma non se l’aspettava e si limitò a contemplare quel momento. Aveva percepito in Kenichi una certa preoccupazione ed anche gelosia, ma ora capiva cosa intendevano dire tutti, quando sostenevano che avesse una luce dentro che influenzava gli altri.


    “Su, su, riscuotetevi, uomini-disse Miu, in tono canzonatorio, ma in realtà felice nel vederli andare d’accordo-dobbiamo ripulire questo disastro, ed ormai sarà pronto da servire in tavola”.


    Ma mentre lo facevano, fu proprio la bionda ad avere un piccolo momento di shock. Gli altri però non se ne accorsero, fu solo come se fosse andata in trip per un breve momento.


    Di nuovo quella visione.


    La ragazza con i capelli rossi ed il codino.


    Ma perché continua a venirmi in mente? E più di frequente, ultimamente?


    Sarà forse…per gli allenamenti con il nonno? Imparando a controllare il Ki del Dou, riesco a ricordarmi meglio cosa accade in quei momenti?


    Ma perché mi sembra qualcosa di così importante?


    Perché quando penso a lei, sento questa…rabbia?


    “Ehi, Miu, cosa fai? Stiamo portando tutto in tavola”


    “Sì, arrivo”


    ◊◊◊◊◊

    Non fu una cena, fu un banchetto. L’atmosfera era decisamente allegra. A testimonianza dell’eccezionalità del momento, Shigure partecipò alla cena seduta a tavola ed evitò persino di lanciare a Ranma i suoi soliti sguardi accusatori.


    Il vino scorreva a fiumi ed anche Ranma, a differenza del solito-incoraggiato decisamente da Sakaki-ne bevve un po’, rendendosi conto che era molto buono e pensando che forse, ogni tanto, se si lavora duramente, poi ci si può anche lasciare un po’ andare.


    ◊◊◊◊◊


    Il Giovedì successivo, invece, quando Ranma si allenò di nuovo con Shigure, fu stabilito che la Maestra potesse anche contrattaccare per verificare le capacità di Ranma nella difesa.


    La cosa lo preoccupava il giusto, perché immaginava che volesse dire che anche Shigure avrebbe usato un’arma da taglio.
    Si limitò però ad impugnare una Wakizashi******** anziché una katana. Il ragazzo si sentì al tempo stesso sollevato ed un pochino offeso.


    Mentre eseguiva le parate e provava a contrattaccare con il DaDao*********, si rese conto che, forse, gli attacchi erano un po’ più veloci di quanto si aspettasse. Un po’ più vicini.


    “Shigure…”


    Nessuna risposta. Anzi, gli attacchi si facevano più frequenti ed ormai poteva sentire l’aria sibilargli vicino alla faccia.


    Avrebbe giurato di aver subito un paio di tagli superficiali solo per la pressione dell’aria.


    “SHIGURE!”


    Ancora nessuna risposta. Il ritmo continuava ad aumentare.


    Tsk, non mi lascio fregare così


    Ranma passò all’attacco, ignorando il pericolo, sfruttando la maggiore portata della sua arma.


    La maestra, ovviamente, schivò abbassandosi di colpo, e, per tutta risposta, gli portò un taglio orizzontale sul torace. Superficiale, ma sempre un taglio.


    Ugh!


    “Sei…avventato…
    Con le…armi…questo vuol dire…morte”


    “Tsk! E come dovrei fare, altrimenti? Visto che la mia maestra sta TENTANDO DI UCCIDERMI!”


    “Se…avessi voluto…ucciderti….saresti….già morto”


    “Ah, sì? Buono a sapersi!”


    Ed in quella, Ranma fintò soltanto un attacco, poi, nel notare il contrattacco di Shigure con un affondo, eseguì una tattica inaspettata.


    Trasse indietro la sciabola per attaccare la corta spada di Shigure, invece che lei stessa, facendo incastrare le due lame, che si creparono a vicenda, metallo contro metallo.


    Cosa?


    “E adesso mi dirai…” affermò, saltandole addosso, sfruttando la lunghezza della sciabola per avvicinargliela al collo, mentre la sua arma era bloccata a metà strada.


    “…PERCHE’ CE L’HAI TANTO CON ME!”


    Crack!


    Una lama si spezzò.


    La sciabola che stava usando Ranma. Shigure aveva eseguito una torsione del polso, e la lama del DaDao si era spezzata del tutto, mentre la sua Wakizashi era intatta.


    Di che razza di metallo è fatta quella lama?


    Ranma pensò questo istintivamente, mentre gli balenava ad un centimetro dal collo.


    Si era fermato appena in tempo, altrimenti, proseguendo in avanti, si sarebbe suicidato.


    Sudava e respirava pesante. Shigure lo guardava con maggiore rispetto, ma il suo umore non era certo migliorato.


    “Vuoi…che ti dica…cosa voglio…sapere?”


    “Sì”


    “Devo…fidarmi…di chi…si allena…qui.
    Tu non…ce la racconti…giusta…
    Alcune…tue tecniche…non sono arti…marziali…
    Ti ho visto…usare…abilità…da ninja!”


    COME? Ah, allora era per questo!


    “E so…che la maggior parte…di quei clan…non sono…per nulla…raccomandabili…”


    Ranma la guardò fissa negli occhi, con aria di sfida. Non sembrava più impaurito per la lama alla gola.


    “Oh, in un certo, puoi proprio affermare che quei clan non lo siano….
    Perché il clan Saotome è composto dalle persone meno raccomandabili del mondo, e soprattutto…siamo discendenti di un’antica famiglia di ninja!”


    ◊◊◊◊◊
     

     
     
     
     
     
    Legenda

    *Bodhisattva: entità che ha conseguito il risveglio spirituale, per la dottrina buddista


    **Kanon: una delle forme assunte dal Bodhisattva per spaventare i demoni nell’inferno: in essa, ha mille braccia e dieci teste


    ***Koi: nome dato in Giappone a quelle carpe rosse che sguazzano negli stagni privati


    ****Choju Giga: pregiati disegni ad acquerello raffiguranti animali in caricatura. L’Anziano ne è appassionato, anche se, per comprarli, dissangua le finanze del Ryozampaku


    *****Le alghe konbu sono usate come condimento; il Riesling è un vino bianco frizzante italiano da pasto; i mochi sono dei dolcetti di pasta di riso


    ******Core: la zona centrale del corpo, che comprende gli addominali frontali, gli addominali laterali, ed i muscoli lombari, della parte bassa della schiena. Allenare il Core è fondamentale per la stabilità, per quasi tutte le attività sportive e per ogni esercizio che si basi sulla rotazione del corpo, come lanciare una palla o tirare un pugno


    *******Bo (bastone lungo 180 cm), Jo (bastone di 130 cm), Tonfa (manganelli di legno), Sai (i mini tridenti delle Tartarughe Ninja), Nunchaku (bastoni con catene), Tekko (sorta di tirapugni). Okinawa è l’isola giapponese dove ha avuto origine il Karate. Le arti marziali giapponesi che usano le armi hanno nome, collettivamente, di Kobudo


    ********Wakizashi (Spada Corta usata dai Samurai come arma secondaria; a volte combattevano con due armi usando Katana in una mano e Wakizashi nell’altra)


    *********DaDao: una sorta di Sciabola Cinese, o Dao, però più lunga e con la lama più larga

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    Capitolo 8
    *** Rivelazioni ***



    La giovane donna aveva dipinta sul volto un’espressione molto simile allo shock, tanto più strana da vedersi per chi (ma non era il caso di Ranma) fosse stato abituato al suo aspetto compassato.


    “Una…famiglia…di ninja?”


    Ranma, malgrado la situazione, poté permettersi un ghigno.


    “Eheh, certo, cosa c’è di strano? Dopotutto, non era quello che sospettavi già? Anzi, in fondo, osservando le di tue abilità, Shigure…”


    Il ragazzo col codino non emise un fiato, mentre si preparava alla prossima mossa.


    “…di quella roba lì sembri saperne un bel po’ anche tu!”


    Nel dire questo, Ranma balzò all’indietro, lanciando addosso a Shigure, al tempo stesso, il manico della sua lama spezzata, che la Maestra deviò senza difficoltà.


    Ma per farlo si era distratta per un brevissimo istante.


    Ranma, fulmineo, fece una capriola laterale e nel rialzarsi afferrò una Naginata*, che puntò contro Shigure, rimanendo in posizione difensiva.


    “Uhm! Ora siamo di nuovo alla pari”.


    “Credi…davvero…di essere…alla pari…con me…solo perché…con un diversivo…hai recuperato…un’arma?”


    “Forse no, ma è sempre meglio che essere disarmati e con una lama alla gola non ti pare? Inoltre- la canzonò-credevo che con voi Maestri…i diversivi non funzionassero MAI”


    Shigure non cambiò espressione, ma le si gonfiò una vena sulla fronte.


    Ranma capì che stava tirando un po’ la corda e cambiò discorso
    “Comunque, non ho mentito. Quello che ho detto è la verità, almeno la prima parte…ed anche la seconda parte. Considerando il tuo stile di combattimento, non mi stupirei se sui ninja tu ne sapessi molto più di me, quindi non capisco tutta questa avversione.


    Pensi che sia una specie di spia che si stia infiltrando nel Ryozampaku? Non è così, anche se su questo dovrai fidarti della mia parola”.


    Shigure sembrò rilassarsi un momento, come se l’osservazione fosse ragionevole. Abbassò la sua arma e scrollò le spalle, con un sospiro (ma Ranma si guardò bene dall’abbassare la naginata).


    “Va bene…allora sarò più chiara…”


    Gli puntò contro la spada dal lato del manico, come se gli stesse puntando l’indice.


    “Hai mai…sentito parlare…dei Kuremisago?”


    Ranma ebbe un momento di sincero stupore.


    “I Kuremisago? No, io…non li conosco affatto. Beh, a dire il vero conosco un paio di persone eredi di antichi clan di ninja-Ranma pensava soprattutto a Konatsu ed Ukyo-e non potrei mettere la mano sul fuoco su quali siano, ma…non ho mai sentito quel nome nello specifico.


    So abbastanza poco, a dire il vero, anche delle origini del clan Saotome, tranne per il fatto che i miei antenati fossero degli Yamabushi, gli antichi monaci guerrieri specializzati nella vita all’aria aperta, nelle pratiche ascetiche e nell’addestramento fisico e spirituale, dal quale si ritiene che siano derivati i ninja veri e propri.


    E’ da loro che deriva lo stile di famiglia di combattimento a mezz’aria, sviluppato dai monaci che saltavano da un albero all’altro per attraversare la regione senza essere visti.


    L’ultimo uomo che ha seguito questa tradizione, a dire il vero, era il mio bisnonno, tutti i Saotome successivi hanno studiato arti marziali più moderne, pur tramandandosi qualche trucchetto…come la tecnica della sostituzione che-ora che ci penso-deve aver dato origine ai tuoi sospetti, quando me l’hai vista usare contro Kenichi”.


    Shigure parve soddisfatta, ed anche un po’ stupita dell’apertura mostrata dal giovane, solitamente reticente.


    “Va…bene. Diciamo che…mi fido. PER ORA”


    “Oh, per tutti i Kami! Sarebbe anche ora! Comunque, IO ho risposto alla tua domanda, ora TU devi rispondere alle mie.
    Chi sono questi Kuremisago? E da dove derivano le tue tecniche?”


    Shigure, che si stava già avviando verso l’uscita, si voltò, con espressione neutra.


    “Sì, in effetti è…giusto.
    Lo stile Kosaka è…un mix di tutte…le armi che siano mai…state usate in Giappone…ed anche di tutti…i metodi di movimento…inclusi quindi quelli più conosciuti dei ninja…ma, da quello…che ne so…il mio maestro non era…un ninja vero e proprio”


    Ranma annuì, come se fosse poco convinto, ma si accontentasse (e poi si ricordò di aver visto Shigure camminare a testa in giù sul soffitto, usando le dita dei piedi per aderire allo stipite delle travi del sottotetto, quindi la storia era credibile).


    “Quanto ai…Kuremisago…sarebbe un…segreto, ma…visto che l’Anziano…si è fidato…posso fidarmi…anch’io”


    Già, certo, e non potevi pensarci prima di puntarmi una lama alla gola?


    “I Kuremisago sono…un antico clan…che impiegava le sue capacità…in guerra…come mercenari…e per fare questo…facevano sposare tra loro solo…le persone più forti, per…generare dei…superuomini”


    Ranma ebbe un flash. Far sposare tra loro le persone più forti. Un modo di ragionare comune a molti praticanti di arti marziali che aveva già incontrato, non è così?


    In fondo, il suo fidanzamento con Akane derivava dalla volontà di suo padre e Soun di far rivivere nel mondo moderno certe tradizioni. Mandare avanti il dojo, generare eredi forti.


    Per non parlare delle assurde leggi del Villaggio delle Amazzoni, che, come Shampoo, sono obbligate a sposare qualunque uomo le sconfigga per garantire una discendenza di valore (e viceversa ad uccidere qualunque donna straniera le batta per evitare di avere delle rivali nella caccia al miglior…candidato all’accoppiamento).


    Diamine, la tribù di Herb aveva addirittura portato questo concetto all’estremo, facendo trasformare in donne, nelle acque di Jusenkyo, bestie come lupi, tigri, persino dei fottuti draghi, per sposarle e tramandarne i poteri speciali ai propri discendenti. Quindi, perché no, in fondo?


    A Shigure non sfuggì il suo moto di stupore: “Ne hai già…sentito parlare?”


    “Non dei Kuremisago, quelli no. Ma pratiche matrimoniali simili esistono presso molte culture ossessionate dalle arti marziali”.


    “E’…vero. Ma questo…specifico clan…di ninja…è un po’ particolare. Sono stati legati…a molte malefatte…dello Yami…anche se oggi…sono pressoché estinti”.


    Lo Yami. Ecco che quel nome tornava ancora. Quanto pericolosi dovevano essere quei tizi se persino ai Maestri del Ryozampaku quel nome sembrava fare così paura?


    “In particolare…un certo Senzui…ha rovinato la vita a Saiga…il padre di Miu…ed anche la madre di Miu, Shizuha…faceva parte di quel…clan”


    Che cosa?


    “E già una volta…un ragazzo, di nome Kanou Sho…che discendeva…da loro…si è avvicinato…a Miu, per…traviarla, facendo leva…sulla loro…affinità. Quindi, voglio…essere sicura che…tu non faccia…lo stesso”


    “Oh, andiamo. Io non mi sto avvicinando proprio a nessuno. Sono qui per allenarmi e basta. Ho già avuto fin troppe beghe sentimentali nella vita ed ora voglio soltanto dedicarmi alle arti marziali.
    Inoltre-aggiunse, sempre un po’ offeso-non sono mica il tipo che cerca di sedurre le ragazze perché ha dei secondi fini. Non eravate in grado di capire quando uno mente? Secondo te, ora, non sono sincero?”


    Shigure lo osservò un po’, poi abbassò la testa da un lato, con l’ombra di un sorriso sul volto.


    “Già, forse. Comunque…ti avverto…se il tuo rapporto con lei…cambierà, tu avrai…di che…pentirtene”


    Cosa intende dire? Si riferisce a Kenichi?


    In quella, la donna gli diede le spalle e fece per inforcare l’uscita.


    “Ehi, dove vai? L’allenamento non è mica ancora finito!”


    “Sì, lo…è”


    Ed in quella Ranma udì degli affondi supersonici, e si ritrovò la naginata che stringeva in mano affettata in mille pezzi.


    Eeeeh? Ma come diamine…?


    Shigure, mentre si allontanava con la sua camminata dondolante, abbassava la testa da un lato e dall’altro, riflessiva.


    Ranma Saotome…è stato solo un momento, ma…è stato in grado di sorprendermi. Anzi, due momenti. Non…male


    “Ehi, un’ultima cosa!” sentì urlarle dietro le spalle


    “Sì?”


    “Questo Senzui, Shizuha e Kanou Sho…dove sono ora?”


    La donna girò la testa, inespressiva, e disse in tono laconico “Sono…tutti…morti…”


    Poi uscì dalla stanza senza aggiungere altro.


    ◊◊◊◊◊

     Il lunedì successivo, Ranma si recò al Ryozampaku nel pomeriggio anziché di mattina-sua madre aveva avuto bisogno di aiuto nelle pulizie di casa, che lui si era offerto di svolgere purché potesse farle in forma di ragazza, per non “sminuire la sua virilità”-e quindi per la prima volta da quando era ricominciata la scuola, lui, Kenichi e Miu si stavano tutti allenando contemporaneamente, in punti diversi del cortile.


    Il ragazzo col codino stava eseguendo delle forme, durante l’allenamento con Kensei, quando questi, all’apparenza impegnato a leggere una rivista porno, gli rivolse una domanda con nonchalance.


    “E dimmi, Ranma…quand’è che avresti imparato La Leggendaria Tecnica delle Castagne?”


    Il ragazzo rimase sorpreso per un momento, e si voltò verso di lui.


    “Eh? Ma come…?”


    Oh, MA CERTO. Il combattimento con Kenichi
    E’ un po’ come con Shigure. Le tecniche che mi vedono usare sono come delle bricioline di pane che li conducono al mio passato. Che seccatura.


    “Avanti, non tergiversare. Ci ho visto giusto, non è così?”


    “Uhm. Può darsi. In effetti, tendo a scordare che siete il maestro di tutto il kung fu cinese. O almeno di tutte le forme morbide. Ed in quanto tale, avete sentito parlare di molte cose che normalmente non si insegnano a chiunque”.


    “Eheh, possiamo dire che sia così. Ma il fatto che tu sia venuto a contatto con tecniche considerate pura leggenda e che le abbia addirittura imparate è qualcosa di notevole. Riuscirai a comprendere la mia curiosità”.


    Ranma rimase un momento a riordinare le idee, per scegliere come raccontare la storia.


    “E’ stato poco dopo che io e mio padre siamo stati a Jusenkyo. Il cibo era finito, e la guida ci condusse lì vicino ad un villaggio di donne che praticavano le arti marziali”


    “Il Mitico Villaggio delle Amazzoni? Esiste davvero?” al Maestro brillavano gli occhi.


    Ranma fece una smorfia soddisfatta. Si stava abituando a venire sorpreso dai Maestri, ed era un piacere, ogni tanto, poter mettere a segno qualche colpo, con cose che neppure loro sapevano.


    “Sì, esiste davvero, e Joketsuzoku è un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso”.


    E Ranma procedette a raccontare, per sommi capi, ma senza entrare nel dettaglio, di come si fosse inimicato Shampoo, di come questa lo avesse seguito fino in Giappone per vendicarsi, e di come poi fosse venuto a conoscenza della sua fortissima bisnonna, Cologne, che però tutti chiamavano Obaba (“venerabile nonna”).


    La maledetta vecchia gli aveva premuto un punto di pressione segreto per impedirgli di ritornare uomo, rendendolo estremamente sensibile all’acqua calda.
    Per impossessarsi delle leggendarie Pillole della Fenice che avrebbero risolto il problema, Ranma si era dovuto scontrare con la vecchia, la quale, sportivamente, gli aveva dato degli indizi su come imparare la tecnica, che lui poi era stato capace di completare da solo ed in seguito di modificare per combattere.


    Il ragazzo, però, omise di aggiungere particolari che sarebbero stati pericolosi, se conosciuti da Kensei, come il fatto che le donne Amazzoni dovessero necessariamente sposare l’uomo che le avesse sconfitte, od uccidere la donna che avesse fatto altrettanto, o che alla fine, per affrontare la vecchia, avesse fatto ricorso al Neko Ken, una condizione della quale non andava certo orgoglioso, derivante dalla sua fobìa dei gatti, che avrebbe preferito-almeno quella-mantenere segreta.


    Kensei ignorò o finse di ignorare i buchi nella storia derivanti dalla sua reticenza ed invece gli chiese:


    “E dimmi, questa Shampoo…è piuttosto carina? Dicono che le donne della Tribù delle Amazzoni siano delle vere bellezze”.


    “Beh, non credo che si possa dire ciò di tutte le donne della tribù…almeno per quello che ho visto…però Shampoo è molto bella, questo sì” ammise il giovane, arrossendo.


    Accadde tutto in un lampo.


    Kensei comparve vestito di tutto punto accanto a Ranma, con tanto di cappotto, cappello, valigia già fatta in una mano e pipa in bocca. L’altra mano la mise in spalla al suo allievo, con espressione grave.


    “Molto bene, Ranma-kun. Ritengo che per il tuo bene, sia necessario proseguire il tuo allenamento direttamente in Cina. Dove hai detto che si trova questo…Joketsuzoku?”


    All’improvviso, un’aura caldissima si poté sentire dietro di loro.


    “Già, così magari ci cadi dentro e ti trasformi in un maiale. Beh, almeno esternamente, perché nell’animo lo sei già, baba**”.


    Ma questa voce…


    Una bellissima ragazza, con un abito di foggia cinese che lasciava abbastanza scoperti i seni prorompenti e le gambe dalle cosce in giù, stava osservando Kensei con aria inviperita. Aveva una complessa pettinatura con due Odango*** che finivano con due ciuffi che parevano essere in grado di muoversi autonomamente, come le orecchie di un gatto. L’aura che emanava non lasciava dubbi sul fatto che praticasse le arti marziali.


    “Oh, ehm…mia cara Renka, ma che piacere vederti. Sei venuta a trovare il tuo caro papà?” disse Kensei, con evidente imbarazzo.


    Papà? QUEL Kensei sarebbe sposato? Possibile? Ed avrebbe avuto una figlia così bella? Cos’è, una candid camera?


    “Già, e dopo aver cercato per anni di riportarti in Cina…vuoi dirmi che ci torneresti da solo, per andare a fare il farfallone, in barba alla mamma?” finì la ragazza quasi urlando e cominciando ad inseguire il depravato genitore cercando di colpirlo con un Guandao****


    Kensei correva a zig zag per non farsi prendere, e nel frattempo, spruzzava gocce di sudore, per l’imbarazzo, cercando di giustificarsi.


    “Ma Renka cara…OPS! Tu non capisci…OUCH! In quanto Maestro, devo pensare al bene del mio allievo…GASP! Ti assicuro che hai equivocato…”


    “Ah, sì, il bene del tuo allievo? E cosa mi dici di Kenichi? Non è forse tuo allievo anche lui? Lo lasceresti qui mentre vai in giro a bighellonare? Oppure te lo porteresti dietro per trasformarlo in un pervertito par tuo? Non te lo permetterò!”


    Ranma osservava abbastanza basito la scena, che intuì dover essere abbastanza abituale. Sembrano certe scene che vedevo (o subivo) quand’ero a Nerima…fa un effetto strano vederle da fuori...anzi, è ancora più imbarazzante di quanto immaginassi...


    In quella, l’oggetto del contendere, ossia Kenichi, forse attirato dal fracasso, si fece vedere.


    “Ma cosa succede…? Oh, Renka-san, sei venuta a trovarci”


    “KENICHI!” Gridò la ragazza, che abbandonò il suo depravato genitore e cambiando espressione di colpo spiccò un balzo addosso al ragazzo, iniziando a fare le fusa come una gatta.


    Ranma era ancora più sorpreso. Questa ragazza era interessata a Kenichi? La figlia di Kensei? Il ragazzo è pieno di sorprese, nulla da dire.


    Quest’ultimo era abbastanza imbarazzato, ma in qualche modo, non sembrava del tutto consapevole della sua fortuna.


    “Ma…Renka-san. Siamo in mezzo a degli ospiti”


    Ranma ebbe improvvisamente un flash.


    Vedere Kenichi soffocato di abbracci in quel modo gli fece venire in mente come dovesse apparire lui quando era bersagliato dalle sue pretendenti, non ultima la stessa Shampoo, alla quale quella ragazza assomigliava molto per carattere e modo di fare, oltre ad essere anch’ella una guerriera cinese dalle forme prorompenti.


    Allo stesso tempo, c’era un qualcosa di indefinibile, nell’atteggiamento della ragazza, che non solo non lo attirava, ma gli suscitava una sensazione mista tra disagio e repulsione.


    In quella, un’aura fortissima, di puro odio, parve provenire dal retro del dojo, dove Miu si stava allenando con Hayato. La ragazza chiamata Renka, ancora con le braccia al collo di Kenichi, volse la testa in quella direzione e parve ghignare soddisfatta.


    Poi, finalmente, si staccò dal Discepolo Più Forte della Storia, per rivolgere la sua attenzione a quello che per lei era il nuovo arrivato. Lo squadrò inizialmente con diffidenza, come se volesse inquadrarlo, ma poi gli si avvicinò cordialmente, porgendogli la mano.


    “Tu devi essere il nuovo allievo del Ryozampaku del quale ho sentito parlare da mio zio Hakubi, al quartiere cinese. Sembra che baba non abbia tenuto la bocca chiusa l’ultima volta che è venuto a trovarlo ed ha alzato un po’ il gomito, perciò sono venuta a conoscere la persona che si sta allenando con Kenichi e Miu.
    Sono Ma Renka, la figlia maggiore di Kensei. Molto piacere”.


    “Sono Ranma Saotome-rispose, stringendole la mano-l’Erede della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate Saotome. Piacere mio”.


    “Arti Marziali Indiscriminate? Vuol dire che non pratichi un singolo stile? Vuoi imparare più arti marziali, come Kenichi?”


    “A dire il vero, HO GIA’ imparato diverse arti marziali e sono al Ryozampaku per perfezionare la mia conoscenza. Possiamo dire che la mia scuola tenda a non escludere nulla ed a fondere insieme i sistemi migliori, od a realizzare a partire da essi un proprio stile personale.
    Diciamo che, più che arti marziali miste, come Kenichi, pratico arti marziali ibride, come l’Anziano”.


    “Uhm…interessante” ma mentre diceva questo, Renka parve anche indugiare sul corpo tornito del ragazzo del codino, che si accorse solo allora di essere a torso nudo.


    Oh, kami, non ricominciamo…


    “E-ehm, hai detto di essere la figlia maggiore di Kensei? Dunque ha altri figli? Avevo sentito parlare del fatto che facesse parte di questa…Alleanza della Fenice, ma prima di oggi non sapevo che fosse sposato”.


    Renka parve contrariata.
    “Certo che è sposato, ed ha altri due figli, un maschio ed una femmina, anche se sta trascurando ormai da anni i suoi doveri di capofamiglia nonché di leader dell’Alleanza della Fenice-l’organizzazione di arti marziali più grande della Cina, con ben 100 mila membri-per stare qui a poltrire al Ryozampaku, lasciando mamma da sola ad occuparsi di tutto!”


    Ranma voltò lo sguardo verso Kensei, che era stato catturato da Shigure, che lo aveva legato come un salame con la sua catena, e che stava frignando come un bambino, agitandosi e dichiarando “IO LI’ NON CI TORNO! NO E POI NO!”


    E così Kensei è DAVVERO un pezzo grosso. Beh, certo che lo nasconde bene…


    “Anche se-riprese Renka con voce flautata-devo ammettere che la qui presente Renka ha rinunciato a riportare baba in Cina, almeno per il momento…al Ryozampaku hanno bisogno di lui per combattere contro lo Yami, e soprattutto-e qui si mise a sbattere le ciglia in direzione di Kenichi-il suo allievo ha bisogno di…tutto il supporto possibile”.


    In quella, un’aura praticamente fiammeggiante parve apparire da dietro l’angolo. Per un attimo, sia Ranma che Kenichi furono spaventati in egual misura. Miu era comparsa, in tuta da allenamento, ed i suoi capelli galleggiavano in aria, sostenuti dal Ki, come i serpenti della Medusa, mentre i suoi occhi erano ridotti a fessure.


    Poi, in un attimo, tutto finì, e lei e Renka si salutarono e rivolsero complimenti ipocriti, con solo un nervo inarcato sulla fronte di ciascuna ad indicare il disappunto.


    “Renka-san, carissima! Che sorpresa rivederti! So che hai trascorso le vacanze con l’Alleanza Shimpaku, tutto bene?”


    “Miu, amica mia! Certo, tutto bene. Si è sentita la tua mancanza, ma non preoccuparti, ho fatto io compagnia a Kenichi al posto tuo”.


    Kenichi rivolse uno sguardo turbato a Ranma, quasi per comunicare col sesto senso.


    Non capisco le ragazze, non le capisco davvero…


    Ranma "rispose" nello stesso modo.


    Oh, credimi, ho visto queste scene fin troppe volte. Le capisco benissimo, invece, ma sarebbe meglio non capirle…


    Al tempo stesso, la scena lo infastidiva un po’ per ragioni che non inquadrava del tutto.
    Quindi Miu è gelosa di Kenichi?


    Poi però capitò una cosa bizzarra. Senza soluzione di continuità, Miu iniziò ad agitare dell’erba gatta davanti a Renka che, istintivamente, si mise a quattro zampe miagolando e cercando di afferrarla.


    TU-TUMP.
    Il battito del cuore di Ranma si sentì distintamente. Il ragazzo col codino aveva arretrato di mezzo passo, madido di sudore.


    Kenichi lo notò con la coda dell’occhio.
    Uh?


    Renka si riscosse rapidamente “MA CHE COSA MI FAI FAREEEE?”
    “Ops, scusa, Renka-San, è stato un riflesso spontaneo!”


    Come un gatto, notò Ranma. Quella ragazza si comportava come un gatto.


    “Umph! Comunque, sono venuta anche per un’altra ragione, oltre che per conoscere il nuovo allievo del Ryozampaku!”


    “Uh? E quale?”


    “Ma è ovvio! Se il Ryozampaku ha un altro allievo di tale valore, sarebbe uno spreco lasciarlo escluso dalla lotta contro lo Yomi. Dovete presentare Ranma all’Alleanza Shimpaku”.


    Alleanza Shimpaku. Ecco che quel nome tornava di nuovo.


    “Oh, ma…”
    “Renka-san, Ranma è appena arrivato, ed è venuto qui per allenarsi. Non credo sia giusto coinvolgerlo in scontri che non lo riguardano, specialmente se lui non vuole” intervenne Miu.


    “Prima o poi questi scontri lo riguarderanno, che gli piaccia oppure o no-replicò la ragazza cinese scuotendo la testa-tu lo sai meglio di me, Miu.
    Tu e Kenichi siete un BERSAGLIO per quella gente.


    Una volta o l’altra torneranno a sfidarvi, e Ranma si troverà coinvolto nel fuoco incrociato.
    Se questo deve accadere in ogni caso-proseguì scoccando uno sguardo direttamente a Ranma-non credete che tanto valga fargli conoscere i suoi futuri compagni d’arme?”


    Per un momento, tutti e tre osservarono Ranma, in silenzio. Alla fine, fu lui a parlare.


    “Chiaramente, non ho obiezioni riguardo al dare una mano, se qualcuno venisse a sfidarvi. Ma sono abituato ad agire da solo. Ho collaborato con altri praticanti di arti marziali in passato-e qui il suo sguardo si fece lontano e vagamente triste-ma in singole occasioni speciali e non con continuità.
    A dire il vero, non ho intenzione di unirmi a questo…piccolo club, che chiamate Alleanza Shimpaku. Ma non ho neanche nulla in contrario a conoscerne i membri, visto che sono vostri amici e che in ogni caso potrebbe capitare di combattere insieme”.


    Miu e Kenichi sembrarono reagire in modo indefinibile, mentre Renka si illuminò, i suoi occhi parevano quelli del predatore che abbia ottenuto il suo obiettivo


    “Molto Bene! Direi che è sufficiente! Possiamo organizzare tranquillamente un incontro! Diciamo…martedì sera, ossia domani, dopo cena, alla sede dell’Alleanza? Sì, Kenichi? Perfetto, a domani, allora!”


    E spiccato un balzo, scavalcò il muro di cinta e sparì.


    Ranma era perplesso “Non sono sicuro di capire cosa sia successo”.


    Miu si teneva la mano con la testa “Che Renka ha qualche motivo per agire così, ecco cosa”


    Kenichi sembrava il più confuso, ma avanzò delle ipotesi “E’ vero che avevo pensato anch’io di chiedere a Ranma-kun di aiutarci nella lotta contro lo Yomi…ma mi sembra troppo presto.


    Certo, Renka-san si comporta spesso così…è abituata ad agire d’impulso, ma ha anche una mente strategica, pensa sempre a tutti gli aspetti di un problema. Il punto è che non vorrei che…ci fosse dietro qualcun altro.
    E se glielo avesse chiesto Nijima? Quello è capace di tutto!”


    “Oh, dici che Nijima potrebbe averle chiesto di arruolare Ranma nell’Alleanza Shimpaku?”


    “E’ di certo una possibilità. Quell’alieno ha occhi ed orecchie dappertutto. Di certo sa dell’arrivo di Ranma al Ryozampaku. Figuriamoci se non mira ad acquisire un sottoposto così potente.
    Devi fare attenzione, Ranma-kun! Quel tizio sembra umano, ma è un demonio venuto dallo spazio e se lo guardi negli occhi e lo ascolti parlare, ti farà il lavaggio del cervello!”


    “Chi sarebbe questo tizio?” domandò il ragazzo del codino, mentre a Miu venne una gocciolona nel sentire la descrizione del loro compagno di classe, per poi prendere la parola e darne una descrizione più coerente.


    “E’…diciamo che è un nostro amico-un “cattivo amico” precisò Kenichi-che non pratica le arti marziali, ma ha messo insieme l’organizzazione di cui ti parlavo, l’Alleanza Shimpaku, composta da combattenti che si oppongono alle gang-anche se la maggior parte dei membri sono ex teppisti a loro volta. Sono tutti nostri amici, e ci hanno aiutato più di una volta contro lo Yomi.


    Diciamo che Nijima…è una persona che si fa pochi scrupoli. Vuole rendere lo Shimpaku una fonte di profitto, sfruttando il talento dei suoi membri.
    Ha buone doti di leadership, conosce ottimamente i sistemi informatici, è un valido stratega, riesce a comprendere quali siano i desideri nel cuore delle persone, ed è abile nell’arte della persuasione…inoltre, riesce sempre a sapere tutto di tutti”.


    “Dì le cose come stanno, Miu-san. Nijima è uno sporco spione, un approfittatore ed un ricattatore!-precisò Kenichi-Contamina tutto quello con cui viene a contatto”.


    Umph! Questo tizio ricorda un po’ Nabiki, ma lei non ha mai operato su scala così vasta…


    “Va bene! Mi avete convinto!”


    “EEEH?” si sentì, all’unisono.


    “Beh, se questo tizio vuole conoscermi, sarebbe scortese negarsi, non credete? Preferisco affrontare i problemi faccia a faccia, quando è possibile.
    Inoltre, sono curioso di conoscere i vostri amici e verificare se siano così abili nelle arti marziali come dite. Martedì sera andremo tutti insieme a quell’appuntamento”.


    ◊◊◊◊◊

    Il martedì era passato in fretta, almeno per Ranma. Dopo l’allenamento mattutino con Koetsuji (che lo aveva sbatacchiato di qua e di là, dopo che il ragazzo col codino si era vantato di essere “non proiettabile”), ed il pranzo a casa, non gli restava molto da fare, fino a sera, quando avrebbe avuto l’appuntamento con lo Shimpaku.


    Perciò, avvisata sua madre Nodoka che avrebbe cenato al dojo e dormito fuori, non trovò di meglio che bighellonare nei pressi della scuola superiore di Miu e Kenichi, per raccogliere qualche informazione sui membri di tale alleanza che, a detta di Miu, frequentavano quasi tutti la loro stessa scuola.


    Se non aveva sbagliato i calcoli, a quell’ora sia Miu che Kenichi sarebbero stati impegnati, lei col club di ginnastica artistica, lui con quello di giardinaggio. Quale occasione migliore per ficcanasare…cioè, per indagare in santa pace. Aveva circa un'oretta, ma sarebbe più che sufficiente.


    Avvicinandosi alla Kouryo High, a Ranma non poté che venire un breve impeto di nostalgia. Era passato poco più di un anno da quando si era diplomato ai Liceo Furinkan ed era diventato a tutti gli effetti un membro della società.


    Vedere gli studenti entrare, uscire, bighellonare, spettegolare e dedicarsi ai club ed allo sport gli faceva tornare in mente tutto il tempo che aveva passato a scuola con Akane, e di conseguenza tutto quello che era accaduto a Nerima…


    Scacciò quei pensieri e balzò sul muro di cinta, badando di restare, non visto, dietro le frasche di uno degli alberi. Subito si rese conto che, nel seguire un impulso spontaneo e senza aspettative particolari, aveva fatto male i suoi calcoli: non aveva idea di che aspetto avessero i membri dell’Alleanza Shimpaku, e ricordava i nomi solo di un paio di loro.


    “Oh, beh, sono riuscito a fare di più anche con meno” e spiccò un altro balzo per salire sul tetto dell’edificio principale.


    Da lì, sfruttando le sue abilità furtive, che avevano suscitato i sospetti di Shigure, iniziò ad ispezionare non visto le varie classi, tenendosi addossato alle pareti come Spiderman.


    Udì un sacco di chiacchiere che non gli interessavano minimamente, e ciònonostante, non riconobbe mai i nomi che ricordava: << Takeda, Ukita, Kisara e Nijima >>.


    Ad un certo punto, però, notò un volantino appeso ad un muro che recitava:

    << I bulli ti tormentano?
    La tua vita fa schifo?
    Vorresti diventare qualcuno?
    Unisciti all’Alleanza Shimpaku!
    Se ci è riuscito LUI
    (seguiva foto di Kenichi venuta piuttosto male)
    Può riuscirci chiunque
    Sede principale: Edificio B, terzo piano
    Telefonare ore pasti al 1245862
    L’Alleanza Shimpaku declina ogni responsabilità legale in caso di danni fisici subiti dai partecipanti >>

    Ma tu guarda, si fanno pure pubblicità. Beh, meglio così, ora so dove cercare


    Ma mentre Ranma si avviava verso il terzo piano, sempre spostandosi a supervelocità da un nascondiglio all’altro, la sua presenza venne notata da qualcuno.
    Una ragazza americana, che aveva prolungato il suo viaggio di studio all’estero. Un viso d’angelo ed un corpo fatto per il peccato, Rachel Stanley incarnava la ragazza ideale per quasi tutto l’istituto. Gli occhi azzurri, la cascata di boccoli biondi e le forme mozzafiato che spiccavano sul fisico atletico avrebbero attirato l’attenzione di chiunque.


    Ma poiché la ragazza era un ex membro dello Yomi, l’organizzazione di discepoli dello Yami, e praticava la Lucha Libre come discepola di Diego Carlo, Il Pugno d’Acciaio Sorridente, questa volta fu Ranma ad attirare la sua di attenzione.


    Pur non riuscendo ad individuarlo con esattezza, grazie al suo addestramento da assassina, la ragazza fu in grado di percepirne la presenza e seguirne grossomodo i movimenti.


    “Ma tu guarda…qualcuno di interessante si è infiltrato in questa scuola…qualcuno che non vuole mettersi in mostra…il che, di per sé, è imperdonabile…vediamo di convincerlo a giocare un po’…” e si mise sulle sue tracce.


    ◊◊◊◊◊

    Nel quartier generale dell’Alleanza Shimpaku, Nijima stava discutendo animatamente con i suoi collaboratori, specie Matsui (il ragazzo che porta la bandiera), Komioka (quello coi capelli a spazzola) e Mizunuma (quello con gli occhiali che pratica Karate).


    “Come sarebbe a dire che NON CI SONO? Ma questa è diserzione!”


    “Ma, Comandante Generale-provò a spiegare Matsui-sia il Generale Ikki Takeda che il Generale Kozo Ukita che la Generale Nanjo Kisara erano studenti del terzo anno quando noi facevamo il secondo (anzi, per la precisione, Takeda ed Ukita erano pure ripetenti). E’ normale che si siano diplomati e quindi non vengano più a scuola”.


    “Tsk! Così poco senso del dovere nei confronti del loro Comandante Generale. Mi sembra chiaro che, per continuare a frequentare le riunioni con noi, avrebbero dovuto almeno farsi bocciare di nuovo.
    Comunque-riprese poi con aria di superiorità-avete mandato gli inviti?”


    “Sì, Comandante-rispose Komioka-ed hanno risposto TUTTI: si troveranno alle 20.30 alla sede principale, per attendere l’arrivo di Kenichi, Miu e questo Ranma Saotome per le 21 di stasera. Sempre se decida di venire…”


    “Oh, verrà, non ti preoccupare-rispose Nijima con fare serpentino-ho mandato qualcuno di molto persuasivo a recapitare l’invito…non esiste che un praticante di arti marziali non sia incuriosito dall’Alleanza Shimpaku, per non parlare poi di ME, il sommo leader”


    E prese a fare una risata diabolica, mettendosi addosso una specie di mantello.


    Ranma, che li osservava stando appeso a testa in giù da fuori della finestra, non poté che pensare: “Questo tizio non è normale. Capisco perché Kenichi mi stesse mettendo in guardia da lui. Eppure…questi tizi lo seguono, per qualche ragione, mentre pare che tra i membri ci siano dei praticanti di arti marziali di buon livello…ehi, un momento!”


    “Piuttosto, avete finito di raccogliere tutte le informazioni? Siamo già in ritardo sulla tabella di marcia!” gracchiò l’alieno.


    Altre tre persone stavano smanettando freneticamente su dei computer, in un angolo della stanza, mentre una stampante continuava a sputare fogli.
    “Sì, Comandante Generale! Anche se, a dire il vero, non c’è molto…o meglio, le informazioni sembrano confuse, non ci sono mai resoconti attendibili o di prima mano, tantomeno fotografie.


    A quanto pare, nel quartiere di Nerima, negli ultimi anni, sono avvenuti svariati incidenti che si potrebbero collegare all’attività di praticanti di arti marziali di livello simile ai Maestri del Ryozampaku…o comunque, di livello molto elevato.


    Sono stati avvistati combattenti in grado di correre sui tetti, combattere a velocità tale da rompere il muro del suono, abbastanza forti da sradicare pali della luce o sfondare muri di mattoni…in alcuni casi, sono stati segnalati scontri fra di loro all’interno dei quartieri cittadini che ricordano i vecchi film di Kung Fu…se non conoscessimo persone in grado di fare altrettanto, dico…forse non ci crederei…”


    “MUAHAHAHAH! Lo sapevo che ne sarebbe venuto fuori qualcosa di interessante. C’è altro?”


    “Beh, a dire il vero…”
    “A dire il vero COSA?”


    “Beh, il fatto è che alcune sono cose ancora più strane, che riguardano…Panda che si aggirano nel quartiere, comunicando con dei cartelli…esseri giganteschi fatti di energia che si fronteggiano in mezzo ai palazzi come in un film di Godzilla, oppure avvistamenti di un mostro volante simile ad uno yeti dalla testa di toro…ed infine…beh, colonne di luce provenienti dal campo da baseball del liceo Furinkan, durante un duello…”


    Nijima iniziò a picchiare Komioka in testa con un quotidiano ripiegato.


    “Imbecilli! Quante volte vi ho ripetuto che l’ABC della guerra informativa consiste nel disseminare notizie false, per non farle più distinguere da quelle vere?


    E’ evidente che tutte queste bufale sono delle allucinazioni collettive, oppure delle frottole montate ad arte da quel Ranma e dai suoi amici, per distrarre il pubblico con delle favolette, ed evitare che si indaghi sulle VERE notizie, che riguardano i combattimenti suoi e della sua cricca!
    A pensarci bene, una tattica molto intelligente! Potrei aver sottovalutato quel tizio…”


    Ranma, dalla parete esterna, era al tempo stesso preoccupato e sollevato


    Questa gente ha fatto i compiti a casa. In effetti, non mi ero mai posto il problema che le nostre scaramucce potessero arrivare al grande pubblico. Dovrò preoccuparmene, d’ora in avanti.
    Però, quanto a quel Nijima…beh, è un mitomane. Meglio così. Ha scoperto TUTTO; e non ha capito NIENTE


    Mentre si apprestava però a ridiscendere la parete, percepì una presenza in cima all’edificio “Qualcuno mi ha individuato? Possibile?”


    “A-ah! Trovato! Non è educato rimanere in disparte a spiare! Su, vieni a giocare con me!”


    esclamò Rachel Stanley, prima di lanciarsi giù dal tetto, pattinando con i suoi stivaletti lungo la parete liscia, per avvicinarsi a Ranma, che non poteva però ancora vedere bene.


    Il ragazzo col codino, non sapendo se la figura che gli veniva incontro fosse amica o nemica, membro dello Shimpaku od altro, e preferendo mantenere segreta la sua incursione, optò per la fuga, non avendo una vera ragione per combattere.


    Rapido come la folgore, saettò via dalla finestra, lasciando solo una scia rossa nei vari punti d’appoggio che usò per allontanarsi.


    “Ehi! Così’ non vale” protestò Rachel, contrariata


    Quella velocità…è perlomeno un avversario di livello Esperto…


    Nel frattempo, anche all’interno del club c’era trambusto, perché le urla di Rachel avevano fatto capire a tutti che qualcosa non andava, e si stavano accalcando verso la finestra per vedere meglio.


    In quella, la ragazza concluse la sua discesa sul bordo della finestra aperta, si accovacciò per prendere lo slancio e si gettò all’inseguimento dello sconosciuto…regalando così per un secondo a Matsui un primo piano paradisiaco del suo fondoschiena, che fu sufficiente a farlo svenire con uno spruzzo di sangue dal naso. Nessun altro aveva notato nulla, ed il “ferito” una volta risvegliato, fu solo in grado di dire di aver visto un angelo…


    ◊◊◊◊◊

    Ranma era sicuro di aver seminato l’inseguitrice, e si stava già domandando chi fosse, quando…l’irrigatore automatico del prato della scuola si attivò all’improvviso, facendolo trasformare in ragazza.


    La rossa cominciò a lanciare un profluvio di oscenità contro chiunque avesse deciso di sprecare soldi pubblici per irrigare in quel modo una stretta striscia di erba antistante un vecchio campo da baseball (in quel momento, a qualche centinaio di metri di distanza, il sovrintendente Yasunaga starnutì******), ma nel fare questo, rischiò di venire colpita da una palla vagante…


    …che invece prese al volo con una certa nonchalance.
    Il problema fu che entrambe le squadre che stavano giocando avevano provato ad avvisare del pericolo, perciò Ranma si ritrovò circondato di giocatori in piena tempesta ormonale, attirati dalla nuova ragazza.


    “Ehi, scusa del tiro, bellezza. Cosa vuoi, questi scarsoni non sanno giocare!”


    “VOI non saprete giocare! E comunque, bella presa, hai mai giocato da catcher?”


    “Ma lo sai che sei davvero carina? Non ti ho mai vista da queste parti, sei del primo anno? Eppure sembri più grande…”


    “Sei venuta a prendere tua sorella minore? E’ carina come te? Magari chiamo un mio amico e possiamo uscire in quattro”


    “Dai, per farci perdonare, ti offro un gelato! Mi lasci il tuo numero?”


    Se c’era una cosa che Rachel Stanley non sopportava, era che qualcuno attirasse l’attenzione più di lei. Aveva perso le tracce dell’intruso, ma l’americana aveva un radar per rilevare l’attenzione maschile, specie se non era rivolta a lei.


    Si accorse subito dell’assembramento dei giocatori e, nel vedere una ragazza bassa coi capelli rossi ed il vestito rosso che provava ad evitare, imbarazzata, le attenzioni di due squadre di baseball, non ebbe dubbi che la scia che avesse visto fosse lei.


    Bingo! Ti ho trovata, mia cara. E vedo che vuoi a tutti i costi farmi arrabbiare, attirando l’attenzione più di me…imperdonabile!


    Mentre Ranma cercava di scrollarseli di dosso (e malediceva la tendenza del genere maschile di broccolare con chiunque) percepì all’improvviso un intento omicida. Di sottecchi, tra un giocatore e l’altro, poté dare un bello sguardo alla sua inseguitrice.


    Una occidentale vestita con la divisa della scuola, un aspetto da sogno ed uno sguardo da incubo. Sembrava un cacciatore che avesse trovato la sua preda.


    Tsk! Questo toglie ogni dubbio: la ragazza di sicuro non fa parte dell’alleanza Shimpaku. Questo è quello che chiamano…un seguace del Pugno che Uccide?


    “Scusatemi ragazzi, apprezzo molto le vostre attenzioni…”


    E nel dire questo spiccò un balzo per scavalcare il muro di cinta


    “…ma VADO DI FRETTA!”


    “Eh, no! NON MI SCAPPI DI NUOVO!” Dichiarò la bionda, seguendola a ruota.


    ◊◊◊◊◊

    In una delle vie laterali, intanto, stava arrivando Kisara Nanjo, l’utilizzatrice di TaeKwonDo.


    “E’ da un po’ che non vedo Miu…prima di annoiarci a morte con le chiacchiere di Nijima di stasera, potrei invitarla a venire al rifugio per animali a coccolare i cuccioli…ehi, ma cosa?”


    La scena che si stagliava davanti alla ragazza era incredibile. Rachel Stanley, il membro dello Yomi della quale aveva potuto osservare tante volte le capacità, stava imprecando contro una ragazza minuta (ma molto pettoruta, come notò con fastidio) dai capelli rossi…il punto era che questa nuova arrivata si muoveva a velocità INCREDIBILE, e con una scioltezza superiore persino a quella di Furinji!


    Incredibile! Esisteva una ragazza della mia età con capacità simili…ma chi diavolo sarà? Persino Rachel non riesce a starle dietro…


    “Ehi, tu! Fermati un attimo!” e colta da un impulso, provò ad inseguirla a sua volta.


    ◊◊◊◊◊

     

    Accidenti! Che seccatura! Per un istante, mi sembra di essere tornato a Nerima. E questa nuova arrivata chi sarà? Sembra conoscere l’altra, ma non sembrano in buoni rapporti. Bah, non ho voglia di dover dare spiegazioni.


    Infatti, le due ragazze, Rachel e Kisara, la stavano entrambe inseguendo, per ragioni opposte, e, resesi conto l’una della presenza dell'altra, si stavano scambiando una quantità di parolacce.


    Il problema è che qui è molto più caotico di Nerima, non posso muovermi a velocità massima, ci sono troppi ostacoli. Auto, autobus, passanti, cavi della luce. Per dileguarmi, dovrei salire sui tetti, ma…


    In quella, svoltò sulla destra e si ritrovò in mezzo ad una situazione bizzarra.


    La ragazza del giorno prima, Renka, la figlia di Kensei, si ritrovava circondata da una dozzina di energumeni, metà dei quali armati. E di sicuro non volevano chiederle il numero di telefono.


    “Renka Ma, stavolta sei caduta nella nostra trappola! L’Alleanza Tigre Nera e Dragone Bianco riuscirà finalmente a prendersi la testa della figlia di Kensei Ma! Non riuscirai a cavartela, ti abbiamo spiata ed abbiamo scoperto l’unico giorno nel quale Genson e Shokatsu non sono con te! Nessuno verrà ad aiutarti!”


    Renka era in posizione di guardia, rispondeva con tono sfrontato, ma il viso tradiva la sua preoccupazione.


    “Beh, sono parole grosse per uno che non ha ancora iniziato a combattere. Non dovreste vendere la pelle del…gatto, prima di averlo ucciso!”


    Si mette male, ce sono alcuni di livello Esperto…se almeno Kenichi e Miu fossero qui…


    Ranma aveva evitato la situazione ed era saltato su un tetto, dal quale si mise ad osservare per capire se fosse necessario intervenire.


    Kisara e Rachel, invece, svoltando l’angolo a tutta velocità mentre bisticciavano, andarono a sbattere esattamente contro i mafiosi.


    “Ehi, che ci fanno qui queste pollastrelle? Questo vicolo dovrebbe essere poco frequentato!”


    “Non ha importanza! Ci hanno visti! Eliminatele!”


    Kisara fece mente locale. Non vedeva più la rossa misteriosa, in compenso vedeva la ragazza cinese che aveva combattuto con loro all’Eternal Sunset e vedeva anche un sacco di guai.


    “Tsk! Sembra che ci siamo immischiate in una situazione pericolosa…”


    Rachel, invece, non si faceva fermare da certi dettagli.


    “Voi non mi interessate, insetti! Il mio obiettivo è un altro! Levatevi dai piedi!
    E comunque, nessuno può uccidere quella ragazza cinese A PARTE ME! Sono stata chiara?”


    “TOGLIETEMELE DI TORNO!” ordinò il capo.


    Renka vide una possibilità, ed iniziò a combattere, ed in breve scoppiò una vera e propria battaglia.


    Ranma rimase qualche secondo ad osservare come se la cavavano le tre ragazze, i cui stili di combattimento non conosceva affatto.
    La ragazza coi capelli corti e vestita di verde era ovviamente una praticante di TaeKwonDo: tirava quasi solo calci, perdipiù molti in salto ed in giravolta. Erano dei bei calci, veloci e potenti, ma mancavano di qualcosa…di mordente, per essere veramente efficaci.


    La bambolona assassina, invece, stava combattendo…con la Lucha Libre? Era la prima volta che la vedeva in una rissa da strada.
    Eppure, era saltata con le gambe al collo di un avversario, aveva fatto una capriola all’indietro, e con una perfetta hurracanrana******* gli aveva schiantato la testa a terra. Non c’era modo di sbagliarsi.


    Quanto a Renka, era la degna figlia di Kensei Ma. Combatteva con uno stile eclettico, un mix di stili cinesi di Kung Fu, interni ed esterni, e sembrava badare più alla strategia, provando a farsi inseguire per far allineare i nemici uno dietro l’altro, perché si ostacolassero a vicenda.


    Per qualche secondo rimase solo affascinato ad osservare lo scontro, poi si riscosse e pensò “Oh, beh. Mi sembra il diversivo perfetto per dileguarmi.
    Tra poco Miu e Kenichi saranno al Ryozampaku, e voglio farmi trovare lì, in foggia maschile e senza anima viva che possa testimoniare di avermi visto a scuola”.


    Si rialzò e si voltò, ma non si mosse.
    Continuava a sentire grida e rumori della rissa.


    Anche in tre contro dodici, le ragazze avevano il loro bel daffare.


    Tsk! E’ inutile!-soppesò Renka-ce ne sono otto di livello Allievo e quattro di livello Esperto. E su dodici, in sei combattono con armi e in sei senza.
    Si sono coordinati per circondarci tutte, per combattere quattro contro una, ed è solo questione di tempo prima che…


    “AAAH!”


    Era stata Kisara a gridare.


    “Kisara! Come va?”


    “Non è…niente-replicò, stoica, la Valkiria-uno di quelli col bastone mi ha colpito al braccio, ma ora gliela faccio pagare”


    “Sai, è possibile, che se verremo sconfitte…tu sarai la prima a cadere” affermò l’assassina bionda con una punta di sadismo.


    “Stà zitta, Rachel!” le intimò Renka


    Ma purtroppo ha ragione. Questa volta ci vuole un miracolo. Kenichi, dove sei?”


    Ranma stava fremendo dal nervoso, sempre fermo sulla tettoia.


    Non è affar mio. Non è una questione che mi riguardi. In fondo, non è che si siano imbattute in quei tizi, perché mi stessero inseguendo, giusto?
    Beh, e chi ha chiesto loro di farlo, dopotutto? Se giochi a giochi stupidi, vinci premi stupidi, dico io.


    Abbassò la testa, ad occhi chiusi.
    “Oh, Kami”


    Rachel continuava a combattere tirando raffiche di calci e ridendo selvaggiamente
    “Ohohoh! Credete di essere in grado di battere un’allieva di Diego Carlo di Un’Ombra, Nove Pugni? State mirando troppo alto”


    Eh, anche se dico così, non potrò resistere a lungo. Se solo Ethan fosse qui…


    Kisara era la più in difficoltà di tutti.
    Maledizione…non voglio morire qui…senza aver verificato fin dove posso arrivare nelle arti marziali. E’ davvero questo il mio limite? Freiya-sama, Miu…sembra che non riuscirò a raggiungervi, dopo tutto…


    “EHI; VOI! SCIMMIONI!”


    A sentire quella voce nuova, tutti i combattenti si fermarono e si voltarono un attimo.


    Bella forza, a prendersela con tre ragazze indifese. Perché non ve la prendete con qualcuno della vostra taglia?”


    Il che era particolarmente bizzarro da dire, visto che a parlare era stata una ragazza coi capelli rossi alta poco più di un metro e mezzo.


    “E quella chi è? Su, prendetela, prima che spunti qualcun altro”


    Renka: “Ehi, ragazzina! Guarda che questi non scherzano!”


    Rachel: “Indifese a chi? Vedo che non perdi occasione per metterti in mostra”


    Kisara: “Co-come della vostra taglia? Ma se sei più bassa di me! L’unica cosa che hai di grande, sono le tette! E comunque non è una cosa di cui vantarsi, vacca da latte!”


    Disciplinati, i banditi si divisero di nuovo in gruppi da tre, ciascuno ad affrontare un avversario singolo, ed i tre che si erano appena staccati dagli altri corsero addosso alla nuova arrivata, che era un po’ più lontana.


    La ragazza caricò i pugni sui fianchi e parve sorridere.


    Versione modificata della Tecnica delle Castagne!


    Un diluvio di pugni rapidissimi si abbatté sui malcapitati scagnozzi.


    Tutto quello che videro le altre ragazze fu che dopo pochi secondi, i tre energumeni tornarono indietro volando nella direzione da cui erano venuti, cascando a terra ed ammucchiandosi l’uno sull’altro.


    COSA?


    A quel punto, una saetta rossa sfrecciò in mezzo al resto della bolgia.


    Per prima si occupò del gruppo di Kisara: tirò un calcio basso alla rotula di uno dei tre, facendolo piegare in ginocchio, poi spiccò un balzo in aria e lo finì con un calcio circolare dato giusto giusto sul retro del collo. Il gigante crollò a terra senza un gemito.


    La rossa sgusciò poi da Renka, schivò, muovendosi in modo supersonico, il contrattacco di sciabola di uno dei tre e gliela fece saltare via di mano con un calcio, facendola piroettare in aria.
    Poi gli balzò addosso, a ginocchia unite, colpendolo nello sterno, e lo finì con una gomitata sulla tempia.


    A quel punto, si voltò verso il gruppo che combatteva contro Rachel (la quale notò di essere stata lasciata non casualmente per ultima) per fronteggiare il capo che la attaccò con un bastone ferrato, ma la ragazza col codino aveva calcolato perfettamente il tempo di caduta della sciabola: la afferrò a mezz’aria in tempo per intercettare l’arma, parando il colpo.


    Per un breve istante, fronteggiò il bandito, guardandolo in cagnesco, poi lo respinse via, con una forza sorprendente, e passò al contrattacco, con una serie di fendenti supersonici, che affettarono il bastone in mille pezzi.


    Il bandito non fece in tempo a riprendersi dallo shock che ricevette un calcio frontale nelle parti basse, e poi, piegatosi in due dal dolore, fu finito da un calcio dato in verticale dal basso verso l’alto, che lo colpì sotto il mento.


    La ragazza, allora, emise un urlo di karate e spezzò la lama che teneva in mano a metà, colpendola col taglio della mano sul lato piatto, per poi gettarla via.
    Renka era sconvolta: da dove spuntava una combattente simile?


    A quel punto, anche se la battaglia non era conclusa, la ragazza col codino, muovendosi in modo particolarmente fluido, evitò tutti gli altri combattenti e ritornò fuori dall’area della rissa, per poi saltare su un tetto con un singolo balzo.


    “Ehi, ma che cosa fai? Guarda che qui non abbiamo mica finito!” protestò Rachel.


    “No, ma li ho dimezzati di numero e vi ho eliminato giusto giusto i più forti di ciascun gruppo. Da quel che vedo, per il resto dovreste potervela cavare da sole. Sayonara! E non cercate di seguirmi, sarebbe inutile!”


    “E-ehi, ma che cosa dici? Tu…ci hai salvate, dicci almeno il tuo nome!” le urlò dietro Kisara.


    La ragazza col codino si voltò un’ultima volta, con espressione neutra, come se fosse in dubbio se rispondere o no. Alla fine disse:


    “Mi chiamo Ranko. Ma non vi serve saperlo, perché tanto non ci rivedremo mai più”


    Ed in quattro balzi, sparì alla loro vista.


    “M-maledizione!” sbraitò Kisara.


    Quando la ragazza ebbe steso l’ultimo dei suoi avversari (le altre due avevano già finito) si buttò seduta a terra, col fiato corto.
    Erano tutte stanche, sudate ed impolverate, ma nessuna aveva ferite gravi, al massimo qualche escoriazione di poco conto.


    “Ma…chi diavolo era quella ragazza?” si domandò Renka, dubbiosa.


    “Chiunque sia, è una a cui piace mettersi in mostra-rispose l’americana-eppure, al tempo stesso, sembra essere molto timida”


    “Basta con le cazzate, Rachel!” sbraitò Kisara


    “Ma come siamo sboccate, una signorina di buona famiglia non dovrebbe parlare così-la canzonò l’ex membro dello Yomi-comunque ho un’informazione per te: quella ragazza oggi pomeriggio è venuta a far visita alla tua ex scuola superiore, e sembrava molto interessata alla riunione della vostra beneamata Alleanza Shimpaku…”


    Cosa? Ma questo non ha senso!


    “Ma allora-rifletté Renka-quella ragazza è una spia? Ma se così fosse, perché avrebbe dovuto aiutarci? Non riesco ad intravedere uno schema logico…Rachel, pensi che faccia parte dello Yomi?”


    “Da quel che ho visto, a dire il vero, potrebbe essere di livello abbastanza alto da stare nello Yami, con la divisione adulti…comunque, no, non credo.
    Per due buone ragioni: PRIMO, perché, anche se è solo da pochi mesi che non ne faccio più parte, ne avrei sentito parlare, ed anche se fosse nuova, dubito che possa essere appena arrivata…una così non si trova tutti i giorni…e SECONDO, perché…beh, guardateli” indicò i corpi esanimi dei banditi cinesi.


    “Per quanto li abbia sconfitti con decisione e spietatezza, colpendoli in punti vitali per farli crollare rapidamente col minor sforzo possibile, NON NE HA UCCISO NESSUNO…”


    E’ vero…


    Ciò detto, la praticante di Lucha Libre si voltò e se ne andò, non però senza aver aggiunto
    “Renka, ricordati che dobbiamo ancora concludere il nostro duello…non farti ammazzare da nessun altro, fino ad allora”


    La figlia di Kensei rispose: “Contaci. Quando vuoi e dove vuoi. Ah, e comunque…per oggi…mi dispiace che siate rimaste coinvolte. E…grazie”


    L’americana si limitò a fare un cenno di saluto mentre si allontanava.


    Renka si rivolse a Kisara, che stava ancora a terra.


    “Kisara, tutto bene?”


    Si accorse però che la ragazza stava fremendo dall’eccitazione.


    “Ma…ti rendi conto, Renka? Una ragazza della nostra età…così forte. Ha sconfitto tutti quei banditi…con tanta facilità. Non c’era nessuna differenza tra lei e degli uomini. Anzi, lei era nettamente superiore a loro!”


    La Valkiria alzò lo sguardo al cielo, gli occhi brillanti.


    Come lei. Voglio essere come lei. Devo ritrovarla assolutamente. Ad ogni costo.


    ◊◊◊◊◊

    Ranma uscì dal bar nel quale era entrato per riacquistare il suo aspetto abituale, bagnandosi di acqua calda nel bagno e riprese a passeggiare tra i vicoli.


    “Uff! Ed ora questa giornata folle dovrebbe essere finita. Devo chiedere a Miu qualche informazione su quelle ragazze, senza far capire cosa sia successo”.


    Ma fu proprio in quel momento che accadde la tragedia.


    ◊◊◊◊◊

    Mentre Miu e Kenichi tornavano a passeggio a casa da scuola, non avevano un pensiero al mondo e chiacchieravano amabilmente.


    “Sai, Miu-san, devo ammettere che non mi dispiace la nuova routine del Ryozampaku. Anche se ultimamente è quasi strano avere un periodo di tranquillità così lungo”.


    “Hai ragione, speriamo che duri”


    “Ci ho riflettuto, forse avevi ragione tu: in fin dei conti, l’invito per Ranma di domani non sarà nulla di speciale. Nijima cerca sempre di reclutare persone forti. Ranma gli dirà di NO e sarà finita lì”.


    “E’ vero, ma sarei comunque curiosa di accompagnarlo per…oh! Honoka! Quanto tempo!”


    La sorella minore di Kenichi stava infatti correndo loro incontro e stava frignando copiosamente.


    “Bohohoho, Tette Grandi, mi devi aiutare!”


    “Honoka, cosa è successo? Tutto bene?” si informò Kenichi.


    “Bohoho, io…io stavo cercando di farti un favore, Tette Grandi…avevo sentito che avevi creato un rifugio per mici randagi al Ryozampaku…e così ne sono andata a cercarne un po’ da portarti…Honoka avrebbe sempre voluto giocare con un gattino, ma papà e mamma dicono che in casa non c’è spazio…”


    “Ma certo, Honoka, e poi cos’è successo? Non ne hai trovati? Oppure ti hanno graffiata?”


    “No…ne ho trovati, invece…una mezza dozzina…è solo che…poi mi sono scappati via tutti! Bohohoho!”


    “Non piangere Honoka, vedrai che ora li ritroveremo-la rassicurò suo fratello maggiore-allora, dove li hai visti l’ultima volta?”


    Qualche minuto dopo, l’esperienza sovrannaturale di Miu in fatto di gatti aveva fatto ritrovare al terzetto le tracce dei mici scomparsi.


    Sentirono un coro di gatti miagolare intensamente da dietro l’angolo di un vicolo.
    “Eccoli, sono loro!” squittì Honoka dalla felicità.


    Ma quando voltarono l’angolo, non trovarono quello che si sarebbero aspettati.


    C’erano sì i gatti, ma erano tutti sopra ad una persona, stesa a terra, in stato di shock. Quella persona era Ranma.

    ◊◊◊◊◊

     
    Nota dell'Autore:
    La storia comincia ad entrare nel vivo.
    Questo capitolo andava pubblicato a breve distanza dal precedente, perché strettamente legato ad esso, così come sarà pubblicato a breve il prossimo.


    Ranma interagirà con l'Alleanza Shimpaku e...con qualcuno di loro avrà un impatto particolare.
    Diciamo solo che presto ci saranno molti nuovi Allievi e qualche Maestro inaspettato.


    Come vedete, Ranma per ora è raramente messo in difficoltà dal punto di vista fisico, ma la sua vita continua ad essere complicata. Anche se si stanno svelando man mano le tragedie del Ryozampaku (che avranno un peso più avanti) che possono servire anche come riassunto per chi non ha letto Kenichi.


    Qui abbiamo vistodi nuovo un po' d'azione, che ci voleva, e mi sono molto divertito a scrivere delle bizzarrie di Nijima e della mania per l'attenzione di Rachel.


    Fatemi sapere nei commenti

     


    Legenda

    Naginata*: Alabarda giapponese, dalla lama curva


    Baba**: Papà, in Cinese, detto in maniera colloquiale


    Odango***: Gli chignon che le ragazze cinesi portano in coppia sulla testa, un po’ come quelli di Shampoo


    Guandao****: una specie di Alabarda cinese, simile alla Naginata giapponese, ma con la lama più larga e grande


    *****Wuxia: detto anche Wuxiapiang, è il genere di film cinesi a tema arti marziali, trattate in versione “fantastica”, cioè con persone che saltando spiccano quasi il volo, ecc, come “La Tigre e il Dragone”


    ****** Yasunaga è il professore con la pelata del liceo di Kenichi; in Giappone si pensa che quando qualcuno parla di noi, si starnutisca (invece che fischiare le orecchie, come da noi)


    *******Hurracanrana: mossa di wrestling che consiste nel saltare in spalla ad un avversario, mettendogli le gambe al collo, per poi eseguire una capriola all’indietro, proiettando in avanti il nemico; Rachel interrompe la tecnica a metà strada per far schiantare i nemici di testa al suolo, anziché farli atterrare di schiena, come negli scontri organizzati

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    Capitolo 9
    *** Vecchi Punti Deboli e Nuove Conoscenze ***


    Per un attimo rimasero tutti scioccati. Non era una visione normale e di sicuro non era quanto si aspettassero.
    Poi esplosero delle grida, in contemporanea.


    Honoka: “MICETTI! Siete tornati da me!” e balzò a coccolarli, completamente incurante del ragazzo sotto di loro.


    Miu “Ranma-kun! Stai bene?”


    Kenichi: “Ma…ma che cosa è successo? Ranma…è stato sconfitto da qualcuno? E poi…i felini hanno cercato di divorarlo?”


    E si immaginò i peggio scenari con i normali gatti randagi che spolpano i cadaveri dei senzatetto, tipo leggenda metropolitana.


    Ma fu mentre Miu iniziava a prestare soccorso al “ferito” che ebbero la loro risposta. Non appena Ranma venne separato dai gatti, la testa appoggiata in grembo alla bionda, sembrò riacquistare coscienza, anche se diceva solo parole sconnesse.


    Poi però, facendo le fusa ad Honoka, uno dei mici fece un “MIAO” più forte degli altri ed il ragazzo col codino scattò di colpo, balzando praticamente in braccio a Miu e strillando “Noo! Tenetemelo lontano!”


    Per un singolo, lungo momento, calò il gelo.


    Kenichi: “Ranma, ma tu, per caso…hai paura dei gatti?”


    Se il ragazzo col codino avesse conosciuto una tecnica segreta per sprofondare sottoterra, in quel momento l’avrebbe fatto.


    ◊◊◊◊◊

    “Ahahah! Questa è davvero bella!” rise di gusto Kenichi mentre passeggiavano tutti verso casa, con sua sorella qualche metro più avanti, trasformata in un albero di Natale, per quanti mici stava portando in braccia, e loro tre più indietro, con Ranma che osservava le “bestie” a debita distanza, stando al sicuro dietro a Miu.


    “Non c’è proprio NIENTE da ridere” mugugnò il ragazzo col codino.


    Gli seccava terribilmente, per il suo orgoglio, che il suo punto debole fosse stato scoperto anche da queste nuove persone che aveva appena conosciuto e con le quali aveva finora fatto sempre bella figura.
    Si vergognava da sempre di avere un punto debole così ridicolo, ma in quel momento non seppe cosa per lui fosse peggio: che ora Kenichi avesse un appiglio per guardarlo dall’alto in basso, o di apparire debole di fronte a Miu.


    Già, gli importava così tanto in generale, o c’era un motivo particolare?


    La ragazza, dal canto suo, era comprensiva (e forse a sua volta un po’ divertita) ma soprattutto stupita e sinceramente curiosa.


    “Ma, Ranma-kun…com’è successo? Com’è possibile che tu soffra di ailurofobia*?”


    “Umpf! Vorrei vedere voi al mio posto”


    E fu così che Ranma procedette a raccontare tutta la storia di come a dieci anni suo padre, avendo trovato in un vecchio libro la tecnica segreta dell’Artiglio del Gatto, avesse cercato di insegnargliela, gettandolo ripetutamente in una botola piena zeppa di gatti famelici, dopo avergli diligentemente legato al corpo pesci di ogni genere.


    I ripetuti assalti da parte delle bestiole affamate avevano finito per causare uno stress post traumatico al povero ragazzo.
    (Ranma evitò però di aggiungere che l’allenamento aveva avuto successo, poiché tale trauma era così grave che, al culmine del terrore, lui stesso entrava in uno stato di trance nel quale si convinceva di essere un gatto e combatteva in modo ferale, balzando a quattro zampe, ed artigliando i nemici così rapidamente da tagliare qualsiasi cosa con la pressione dell’aria. Per una sola giornata aveva già confessato abbastanza stranezze)


    Al termine del racconto, Kenichi non rideva più, anzi era terrorizzato.


    Adesso capisco. Suo padre è un altro maniaco tipo i Maestri del Ryozampaku. Sfido che è diventato così forte, se voleva sopravvivere. Devo assolutamente evitare che i miei Maestri scoprano questa storia, altrimenti si faranno venire delle strane idee…


    Miu invece pareva al tempo stesso stupita, intenerita e riflessiva, come se gli estremi ai quali fosse stato costretto il povero Ranma le facessero vedere sotto una luce diversa il concetto stesso di “evoluzione a qualunque costo” sul quale si basava il Ryozampaku.


    Non aveva anche lei vissuto una vita decisamente al limite? Suo nonno non l’aveva forse condotta in giro per il mondo a correre rischi terribili, mentre frequentava ancora le elementari, e lui combatteva trafficanti di esseri umani, terroristi, contrabbandieri di droga e killer professionisti?


    Certo, quello che aveva fatto il padre di Ranma era imperdonabile ed anche imbecille; però Ranma non aveva realmente rischiato la vita. Per una volta, non poté fare a meno di chiedersi quanto lei, invece fosse andata vicina a morire in un’età nella quale non si rendeva ancora conto del concetto stesso di “morte”.


    Crescendo, si era reso conto che le altre persone non vivevano così, eppure prima di aver sentito il racconto di Ranma, non aveva mai riflettuto su cosa volesse dire guardare qualcuno dall’esterno e pensare “Ehi, quella persona ha vissuto una vita davvero assurda”.


    Era così che la vedevano gli altri? Era quello l’effetto che faceva?


    E Ranma…era quindi l’unica persona a capire davvero come ci si sentisse?


    “Comunque-riprese il ragazzo col codino dopo un lungo ed imbronciato silenzio-vi sarei davvero grato se evitaste di raccontare ai Maestri del Ryozampaku quello che avete appena visto, per ovvie ragioni.
    Questo vale anche per te, ragazzina” aggiunse alzando la voce per farsi sentire da Honoka.


    “Mi chiamo Honoka, non ragazzina-rispose la sorella di Kenichi, piccata-e quanto al resto…diciamo che ci penserò-riprese, facendo il sorriso malefico che Kenichi aveva visto tante volte rivolgere al povero Natsu Tanimoto-potrei aver bisogno di qualche favore in futuro, e di certo tu non vorresti negarlo alla povera sorellina del tuo Kohai**, giusto?”


    “Ma…che diamine? Kenichi, tua sorella mi sta…ricattando?”


    “Ahahah! Ma no, ma no, ad Honoka piace scherzare, non è vero? E comunque, Ranma-aggiunse, guardandolo con un sorriso ebete, tipico di chi se la gode tantissimo-non ti devi preoccupare, chiunque ha un punto debole o due…ma di noi ti puoi fidare…”


    A Ranma non sembrava proprio di potersi fidare. D’improvviso Kenichi cominciava ad assomigliare tanto a Gosunkugi.


    Bah! Figurati se per una volta le cose potevano andare lisce! Mi sembra di essere tornato a Nerima…


    “Oh! Non ci avevo pensato!” saltò su Miu all’improvviso, come riscuotendosi dai suoi pensieri.


    “Uh? Cosa c’è?” chiesero i due ragazzi in coro.
    “Ranma-kun, ma se tu odi i gatti, questo vuol dire…che il nostro progetto di creare un rifugio per mici randagi al Ryozampaku…DEVE FINIRE PRIMA ANCORA DI INIZIARE?”


    Aveva detto le ultime parole con già i lacrimoni agli occhi, come una bimba.


    Ranma si ritrovò decisamente in imbarazzo, e cominciò a farfugliare confusamente “ma…forse…no…beh…dall’altro lato del cortile…la mattina i mici dormono…mumble…”


    “Oh, molto bene, allora è deciso!” si riscosse di colpo la ragazza, tornando a sfoggiare il suo sorriso migliore.


    Kenichi e Ranma rimasero scioccati in egual misura da quel rapido cambiamento.


    Da quando Miu-san ha imparato a manipolare la gente? Frequenta troppo Nijima? Sta cominciando a manovrare noi maschi come una donna adulta? Dovrò guardarmi anch’io da lei?


    Desidera così tanto stare vicino ai gatti, pur sapendo l’effetto che hanno su Ranma? Spaventoso…è la prima volta che vedo come per certi aspetti, assomigli a suo nonno…


    Ranma fece un grosso sospiro, rassegnato. Decisamente, per un solo pomeriggio, di seccature da delle ragazze ne aveva avute abbastanza. E non si aspettava queste ultime.


    Un conto era venire ricattato da una pazza come Kodachi od una sfruttatrice come Nabiki, ma c’era qualcosa di sottilmente sbagliato se a farlo era una quattordicenne come Honoka.


    E decisamente non mi aspettavo di venire manipolato proprio da Miu.


    La bionda, come in risposta al suo pensiero, poco prima di entrare dal portone del Ryozampaku, approfittando di un momento nel quale Kenichi stava aiutando Honoka coi gattini, voltò la testa verso di lui, lo guardò per un po’, poi gli sorrise e gli fece l’occhiolino, in modo innocente.


    “Grazie” la sentì sussurrare.


    L’erede della Scuola Saotome si stupì un po’. Non veniva ringraziato spesso, tanto meno quando se lo meritava o ne sentiva il bisogno.
    Forse non è proprio tutto come a Nerima…


    ◊◊◊◊◊

     

    Il resto della giornata passò abbastanza in fretta. Ranma stette oziosamente ad osservare gli allenamenti di Kenichi, prendendo solo qualche appunto, e quando venne la sera, aiutò Miu in cucina. Come di consueto, gli allenamenti della ragazza si erano tenuti a porte chiuse.


    Il ragazzo col codino provava sensazioni contrastanti stando con lei, dopo le novità degli ultimi giorni. Ora lei conosceva il suo punto debole, cosa della quale lui si vergognava, ed a quanto pare era gelosa delle attenzioni che Renka dedicava a Kenichi…ma per tutta la durata della preparazione della cena non parlarono, perché avevano fretta di finire il lavoro per poi andare all’appuntamento con l’Alleanza Shimpaku.


    Quando giunse il momento, i tre ragazzi si incamminarono-dopo aver debitamente avvisato i Maestri-sulla strada per la sede dell’Alleanza. Erano in abiti civili, e visto che era metà di Settembre, Miu e Kenichi indossavano maglioni leggeri, e Ranma i suoi vestiti abituali.


    “Quindi quest’Alleanza Shimpaku…da chi è composta?” domandò Ranma, per rompere il ghiaccio, badando di non lasciarsi sfuggire nulla riguardo alla sua incursione pomeridiana.


    “Oh, da diverse persone, in realtà-rispose Miu-ma forse, Kenichi, preferisci parlare tu”


    “Uh, beh, sì, non c’è molto da dire. Forse la cosa principale è che quasi tutti sono ex teppisti che hanno cambiato vita, ex membri del Ragnarok”


    “Il Ragnarok? Mi sembra che ne abbiate già parlato, ma cos’era esattamente?”


    “Il Ragnarok era un’organizzazione criminale fondata da Ryuto Asamiya, che per uno scherzo del destino è un mio amico d’infanzia che ha preso una cattiva strada”


    Gli occhi di Kenichi si fecero tristi. Era da un po’ che non lo vedeva più…poteva solo sperare che stesse bene.


    Notandolo, fu Miu a riprendere la spiegazione: “Ryuto era allievo di Isshinsai Ogata, uno dei membri di Un’Ombra, Nove Pugni, il ramo di arti marziali senz’armi dello Yami…ed a dire il vero, è stato lo stesso Ogata a selezionare tutti i ragazzi che avrebbero dovuto farne parte, scegliendo persone dotate di particolare talento nelle arti marziali.


    E’ possibile che originariamente Ogata volesse fare un golpe all’interno dello Yami e far scontrare i membri del Ragnarok contro gli allievi dello Yomi…ma Kenichi li ha sconfitti tutti prima che potesse farlo, ed uno dopo l’altro tutti, o quasi, sono passati dalla parte giusta della barricata.


    Anche lo stesso Ryuto ha cambiato casacca, anche se lui è stato allievo di Ogata per un altro annetto, e lo ha abbandonato più di recente, anche in questo caso aiutandoci a vincere uno scontro molto importante”.


    “Capisco. Sembra di sentir raccontare la trama di un manga d’azione, ma in fondo nella vita mi sono capitate cose anche più strane” commentò il ragazzo col codino.


    “Quindi, in estrema sintesi, tutti o quasi gli attuali membri dell’Alleanza Shimpaku sono ex membri del Ragnarok, cioè persone scelte per il loro grande talento nelle arti marziali?”


    “Esatto-precisò Kenichi-anche se la cosa più importante di tutte è che loro…sono miei carissimi amici” concluse con un sorriso caloroso.


    ◊◊◊◊◊

    Entro dieci minuti quegli amici stavano combattendo accanitamente contro di loro.


    Non ci fu veramente il tempo per domandarsi cosa stesse succedendo, solo per sollevare la guardia e difendersi.


    Era sembrato strano, certo, quando l’edificio dell’Alleanza Shimpaku (che aveva lasciato Ranma molto stupito per quanto fosse grande e lussuoso) era sembrato vuoto.
    Ed ancora più strano che la porta fosse aperta, il corridoio illuminato, e tutte le trappole disattivate.


    Ma che giunti nello stanzone principale le luci si accendessero, abbagliando i tre allievi del Ryozampaku, per poi veder saltare fuori i Generali dell’Alleanza ad attaccare solamente Ranma…beh, questo non se lo aspettava nessuno.


    “Ragazzi! Ma che cosa fate?” gridò Kenichi, ancora stordito, ma in quella, come ninja in un vecchio film, fu circondato da otto belle ragazze che utilizzavano armi tradizionali in legno: le Valkyrie al servizio di Freiya!


    “Kenichi!” gridò Miu, ben sapendo come il suo amico fosse in svantaggio nell’affrontarle per il suo ideale di non colpire mai delle ragazze, ma prima che potesse intervenire, dal soffitto saltò giù nientemeno che Renka, la figlia di Kensei, sbarrandole la strada.


    “Il tuo avversario sono io, Miu!”


    “Che cosa? Ma che significa?”


    Nel frattempo, nella palestra si stava scatenando l’inferno.


    Takeda (il pugile)

    Kisara (la praticante di TaeKwonDo)

    Thor (il lottatore di Sumo)

    ed Ukita (il Judoka)

    stavano attaccando Ranma dai quattro lati, saettandogli addosso come indemoniati.

    Il ragazzo col codino, pur se messo sull’avviso per le condizioni della base, non si aspettava un assalto a sorpresa da parte degli “amici” di Kenichi, ma era abituato a picchiare prima e domandare dopo, quindi entrò in modalità combattimento senza porsi troppe domande.


    A dire il vero, era curioso: aveva sentito parlare di questi tizi, quindi ora si sarebbe preso del tempo per studiare le loro capacità.


    Dette a malapena uno sguardo storto a Kisara, riconoscendo che fosse la ragazza del pomeriggio (ed infatti presentava visibili bende e cerotti, ma non sembrava per questo esserne rallentata), ma confidava che non potesse riconoscerlo, in forma di ragazzo. Lei aveva conosciuto “Ranko”: una delle rare volte nelle quali la sua maledizione si rivelava utile.


    L’utilizzatrice di Taekwondo rivolse a Ranma una raffica di calci, mentre Ukita si avvicinava, studiando le sue reazioni con rapidi ganci ed uppercut. Era chiaro che il loro ruolo era quello di chiudergli la distanza, per spingerlo nelle grinfie degli altri due, più specializzati nella lotta.


    All’erede dei Saotome venne in mente cosa gli aveva detto l’Anziano due settimane prima, in occasione del suo primo allenamento con lui.


    << “Ranma, le tue abilità nel duello sono pressoché senza difetti. Tuttavia, una sfida uno contro uno non è l’unica modalità con la quale si può dover affrontare uno scontro. Scommetto che i tuoi insegnanti ti hanno rimproverato che non riesci ad affrontare combattimenti nei quali sei in uno svantaggio numerico, come una battaglia”.
    E’ vero-aveva risposto-anche se sono stati proprio loro ad addestrarmi così. Non ho difficoltà ad affrontare anche molti avversari scarsi, grazie alla mia velocità, ma posso avere problemi con 4-5 avversari di medio livello, che combattono coordinandosi
    Quando ti trovi in una situazione del genere-aveva detto l’Anziano-la prima cosa da fare è rompere la formazione nemica, fare in modo che i loro piani non vadano a buon fine. Muoviti di continuo, non dar loro punti di riferimento. Fa’ qualcosa di inaspettato, scombina lo schema. Sfrutta il loro numero contro di loro. E poi… >>


    Ranma stava praticamente danzando in mezzo ai colpi dei nemici, che non riuscivano del tutto a circondarlo e dovevano spostarsi di continuo per seguirlo.


    Per di più, il ragazzo col codino non sembrava aver fretta di rispondere ai colpi, osservando invece con occhio critico quelli che gli venivano rivolti.


    “Tsk! E’ ancora peggio di quello che dicevano! E’ davvero forte! Non siamo ancora riusciti a colpirlo neanche una volta!” osservò Takeda, che si stava divertendo un mondo.


    “Figurati! E’ solo questione di tempo!” ribatté Kisara.


    E comunque, non è ancora abbastanza. Questo tizio non è come LEI. Anche se…si somigliano? C’è un legame fra di loro? Gli farò sputare la verità a calci, in quel caso!


    “Uhm…non male-osservò Ranma rivolto ai pugni di Takeda-la forma dei ganci e dei montanti è ottima, e riesci sia a metterci fluidità che potenza. Tu…a differenza degli altri, hai un buon Maestro?”


    Cosa? Se n’è accorto solo da questo breve scambio?


    “Ehi, tu, codinato! NON MI SOTTOVALUTARE!” sbraitò la ragazza del TaeKwonDo.


    Ranma le rivolse uno sguardo divertito. Provocare gli avversari era la sua specialità, dopotutto.


    “Oh, ma non ce n’è mica bisogno. Ti sto valutando ESATTAMENTE al tuo livello.
    Sono dei buoni calci, ma niente che non potrei schivare ad occhi chiusi. Per essere precisi, combatti in modo ripetitivo e noioso”.


    “COSA?” gridò Kisara, rossa di rabbia.


    “Kisara! Ti sta provocando! Mantieni la calma!” la avvisò Ukita, il quale stava ripetutamente cercando di afferrare Ranma per proiettarlo, ma era come provare ad afferrare un fantasma: non si trovava mai dove sembrava essere un attimo prima.


    “E tu chi sei, una specie di mascotte?” gli domandò il ragazzo col codino rivolgendogli uno sguardo obliquo.


    Come? Non gli permetto di umiliarmi di fronte a Kisara!


    E provò una presa differente, di quelle che gli aveva insegnato Chikage Kushinada, senza che se ne fosse accorto.


    “Oh! Non male!” ammise Ranma, evitandola comunque.


    “Come osi offendere i nostri amici? E’ il nostro legame a renderci più forti!” proclamò a gran voce Thor, mettendosi in shikodachi*** e caricando le braccia ai fianchi.
    Poi rilasciò una raffica devastante di colpi coi palmi delle mani.


    “PER TUTTI GLI UOMINI GRASSI DEL MONDO!” declamò, come grido di guerra.


    “Ragazzi, ma cosa state facendo? Fermatevi, questo è…è assurdo!” provò ad urlare Kenichi, per farsi sentire, mentre evitava freneticamente gli attacchi di tutte le Valkyrie, che cambiavano continuamente combinazioni e schemi per non permettergli di abituarsi.


    “Tsk! Si vede che è il Primo Allievo del Ryozampaku-commentò Ayazaki, la comandante che usava i Tonfa-riesce grossomodo ad evitare i colpi più pericolosi. E’ proprio l’allievo di quella Maestra…CONTINUATE! NON DATEGLI TREGUA!”


    Miu, intanto, stava scambiando colpi a supervelocità con Renka, la quale sembrava al settimo cielo.


    << BAKE RENKANGEKI SUJIN >> si sentì, mentre la cinese sferrava calci in ogni direzione, muovendosi in cerchio intorno a Furinji, per impedirle di sfuggirle


    “Renka! Bisogna far finire questa follia, prima che qualcuno si faccia male!”


    “Oh, coraggio, Miu, non mi dirai che ti stai annoiando? Sai, a pensarci bene…io e te non abbiamo mai combattuto-le disse, con sguardo di sfida-dimmi la verità, non sei curiosa? Di scoprire chi vincerebbe tra noi due?”


    Miu arrossì e sembrò contrariata. Per un attimo, i suoi istinti avevano preso il sopravvento, ed aveva davvero pensato che avrebbe voluto soltanto lasciarsi andare.


    “Non…non è questo il punto! Se vuoi sfidarmi, puoi farlo al Ryozampaku quando ti pare! Ma non capisco perché siano stati coinvolti tutti gli altri! Confessa! Qual è la verità? Perché avete organizzato quest’agguato? E’ tutto un piano di Nijima, non è vero? Qual è il suo scopo?”


    “Uhm…perché, c’è bisogno di uno scopo per combattere? Sai bene quanto me che ci sono cose che si possono comunicare soltanto combattendo.
    Per esempio, guarda loro-aggiunse rivolgendo un rapido cenno del capo ai quattro che erano contro Ranma-sembra che si stiano divertendo un mondo, non ti pare? Per gente come noi, è questo il modo appropriato di dirsi buongiorno”


    Cosa? Ma allora, lo scopo di questo agguato…


    In quel momento si sentì risuonare per tutto l’ambiente una risata malefica.
    Nijima era spuntato da un balcone che sovrastava la palestra. Teneva una mano dietro la schiena, indossava un lungo mantello da cattivo dei film e con l’altra mano reggeva un bicchiere di vino.


    Dietro di lui, i membri rimanenti dell’Alleanza Shimpaku stavano filmando tutti gli scontri con videocamere ad alta definizione, con particolare attenzione allo scontro di Ranma.


    “MUAHAHAHAH! Bravi, continuate così, mie pedine! Mostrate a tutti gli Allievi del Ryozampaku la forza dell’Alleanza Shimpaku! Immolatevi, se necessario, per la gloria del grande Nijima!”


    Kenichi lo notò subito.
    Nijima? Qual è il suo obiettivo, questa volta?


    Anche Ranma, malgrado fosse impegnato, alzò lo sguardo un momento.
    E’ lo schizzato di oggi pomeriggio. E stanno filmando tutto…già, capisco. Se quella pazza americana non si fosse intromessa, avrei scoperto questa piccola sorpresa e l’avrei mandata in fumo. Invece, dovrò ricambiare il favore…un giorno. Per ora, devo solo finire di giocare.


    In quella, Ukita gridò, sovrastando il rumore, e cercando sempre di afferrare il suo avversario: “Finiscila, alieno! Qui nessuno sta combattendo per te, ma soltanto per il proprio orgoglio!”


    Kisara, invece, stava ancora fumando per le parole di Ranma e decise di cambiare strategia.
    E così non vuoi annoiarti, eh? Ti accontento subito.


    E spiccò un balzo in aria, eseguendo delle giravolte simili alle evoluzioni che compiva Miu normalmente, preparandosi ad un doppio calcio dall’alto.
    Ranma se ne accorse e si distrasse un momento.


    Takeda pensò: “ORA!”


    Invece, praticamente alla cieca, Ranma gli fece uno sgambetto, rimanendo fuori tiro dai suoi pugni, ed il pugile scivolò a terra.
    “Takeda!” esclamò Ukita, lanciandosi sul ragazzo col codino


    << E poi, quando meno se lo aspettano-aveva proseguito l’Anziano-fai fuori per primo il più debole di loro >>


    Ranma, fulmineò, effettuò una mezza piroetta, tirò una gomitata all’indietro nello sterno di Ukita, facendolo piegare in due, poi, con l’altra mano, lo afferrò al bavero, sempre alla cieca, e con un solo braccio…


    “No, Ukita!” gridò Kisara, mentre si rese conto del pericolo, incapace però, in caduta, di fermarsi.
    …lanciò il judoka in avanti, gambe all’aria, usandolo come scudo umano per intercettare al volo i calci di Kisara, e proseguisse il suo slancio finendo addosso a Thor, a peso morto.


    Persino il combattente di sumo, che aveva cercato di afferrare il compagno per attutirne la caduta, fu scosso dalla potenza del lancio e rovinò a terra, di schiena.


    Kisara, che non aveva trovato l’appoggio che pensava, non atterrò come sperato ma riuscì a rotolare a terra per assorbire la caduta. Rivolse a Ranma uno sguardo livido di rabbia.


    Tutti e quattro i Generali erano a terra, contemporaneamente.


    Ranma si ergeva in mezzo a loro, squadrando l’ambiente con audacia, come se fosse l’amministratore del condominio venuto per una visita a sorpresa. Non aveva una singola goccia di sudore addosso.


    “Woah! E’ davvero forte!” commentò Renka


    Che…che potenza incredibile!” pensò Thor.


    “Persino l’Onorevole Thor è stato sbalzato al suolo?” si stupì Ayazaki.


    “Ranma! Non far loro troppo male! E’ tutta colpa di Nijima!” esclamò Kenichi, continuando a parare i colpi con le armi, senza trovare lo spazio per contrattaccare.


    “Tsk! E chi sta facendo male a chi? Non ci stiamo nemmeno scaldando!”


    Miu si rivolse direttamente a Nijima “Devi fermare questa follia! Vuoi che i membri dell’Alleanza Shimpaku si facciano ammazzare per la tua ambizione?”


    “Muahahah! E’ solo naturale che dei sottoposti si sacrifichino per il piano del loro Comandante”


    Ranma rivolse uno sguardo moderatamente seccato al Comandante Supremo.
    “Tu devi essere Nijima-gli disse, fingendo di non conoscerlo-mi avevano parlato di te, ma devo dire che sei PEGGIO di come ti avevano descritto”
    “OHOHO! Non farmi troppi complimenti, o finirò con l’arrossire!”


    “Tuttavia, sotto un aspetto, avevano esagerato. Altro che grande stratega…in questo agguato da due soldi non sarebbe caduto nemmeno un bambino…”


    E’ davvero bravo anche nel provocare i nemici, pensò Renka


    Nijima per un momento sembrò contrariato e smise di sorridere. Rimase in silenzio.
    “Beh, sai…ogni stratega che si rispetti, deve anche…”


    In quella, Ranma vide un armadietto aprirsi e da esso sbucare fuori, roteando a tutta velocità come una trottola, un tizio vestito alla tirolese, con lunghe trecce che spuntavano sul davanti. Il tizio stava cantando.


    “…elaborare un diversivo! MUAHAHAHAH!
    Pensavi di aver già finito? Povero illuso, le risorse a mia disposizione sono ancora parecchie!”


    Tsk! E questo chi accidenti è?


    “LALALALALA! Ecco che arriva in soccorso dei suoi compagni Sigfried, il Compositore Immortale! La Melodia dell’Amicizia suonerà di nuovo!”


    Takeda si era rimesso in piedi ed aveva rialzato la guardia.

    “Non avrai creduto che bastasse così poco, vero?”


    “Oh, in quel caso sarei stato molto deluso” gli rispose Ranma.


    Thor cercava di togliersi di dosso il corpo di Ukita, privo di sensi, appoggiandolo delicatamente a terra, per tornare a combattere.
    “Scusami, Ukita…ma devo tornare a combattere e sconfiggere quel tizio…per tutti gli uomini grassi del mondo!”


    Ma la più strana di tutti era Kisara. Mentre si rialzava, gli occhi iniettati di sangue, sembrava stesse…ringhiando e soffiando?


    Tuttavia il problema più pressante era il nuovo tizio. Si muoveva in modo folle ed imprevedibile, ed i suoi movimenti non avevano senso. Oppure sì? Ranma per la prima volta, provò ad attaccare, e si rese conto che…


    “Oooh? Tu sei specializzato nel contrattacco? Non ho mai visto un combattente creare uno stile personale che si basi solo su quello! Insolito!”


    “LALALA! Sei all’altezza della tua fama, per essertene accorto così presto! Ma la vera forza della nostra combinazione è ben altra cosa, ed ora lo vedrai”.


    Sigfried cominciò pertanto a ruotare intorno a Ranma a supervelocità, come un piccolo tornado, cercando alternativamente di avvicinarsi ed allontanarsi, senza uno schema preciso. << MEIKAI NO WALTZ! >>


    Takeda cambiò stile, iniziando ad usare dei jab e dei diretti per tenere Ranma a distanza, e quando questi provò un blando contrattacco con un colpo col dorso della mano…


    …il pugile gli sfuggì con un movimento fluido.


    La stessa tecnica di Kenichi? Il Ryusui Seikuken?


    Takeda iniziò a danzare intorno a Ranma tirandogli colpi rapidi e precisi, apparentemente senza un pensiero al mondo, e schivando agevolmente tutti i rari tentativi di contrattacco.


    Komioka, uno dei sottoposti di Nijima, commentò, mentre riprendeva:


    “Ooh, guardate! Il Generale Takeda sta usando il Ryusui Seikuken, la tecnica che ha imparato copiando il Comandante d’Assalto Shirahama! E’…incredibile, persino riprendendola con la videocamera, non si riescono bene a distinguere i movimenti!”


    Nijima, dal canto suo, pensava: “Stanno tutti facendo sul serio…”


    Ranma, improvvisamente, schivò d’istinto qualcosa che gli balzò addosso…cercando di graffiarlo?


    La cosa atterrò dopo di lui e si voltò, feroce: era Kisara, ma combatteva a quattro zampe, come un gatto selvatico, e sembrava aver scordato la facoltà di parola.
    Il ragazzo col codino deglutì, ma mantenne la calma.


    Cosa succede? Quello è…come il mio Neko Ken? E quella ragazza…non sembra cosciente di cosa stia facendo? Come Miu il giorno in cui l’ho incontrata? Quello è il Ki del Dou?


    La ragazza bionda, dal canto suo, era stupita quanto lui.
    “Non le avevo più visto eseguire quella tecnica dal giorno del Torneo D of D sull’Isola di Fortuna!”


    Anche Renka si rese conto per la prima volta del potenziale dell’Alleanza Shimpaku “Straordinario…”


    “Ranma, sta attento!” gridò Kenichi.


    “Feh! Per chi mi avete preso? Attacchi di questo livello…”


    << THOR’S HAMMER! >>


    Il giovane Saotome si spostò in avanti giusto in tempo per evitare il colpo a mani giunte di Thor che aveva lasciato un crepaccio nel pavimento, nel punto in cui l’aveva mancato.


    “Ci sono anch’io! Terrò alta la bandiera di tutti gli uomini grassi!”


    “Io combatterò per vendicare Ukita!” dichiarò Takeda.


    Kisara ringhiò in modo eloquente.


    “Lo vedi, ora? Questa è la nostra…Melodia dell’Amicizia!” proclamò Sigfried.


    Ranma scoccò ad ognuno uno sguardo con un po’ di rispetto. Ora capiva cosa intendesse Miu dicendo che ciascuno di loro aveva del talento nelle arti marziali.


    Forse poteva cominciare a divertirsi.


    Lo scontro ricominciò, più furibondo di prima.


    In pratica, tutti e quattro stavano attaccando senza uno schema preciso, per evitare che Ranma potesse prevederne i movimenti.


    E ciascuno di loro lo faceva in un modo completamente diverso.


    Le cariche selvagge di Kisara, che rimbalzava da una parte all’altra della palestra come una molla, i movimenti fluidi ed i pugni dritti di Takeda, il movimento a tornado ed i contrattacchi di Sigfried e gli occasionali colpi lenti ma potentissimi di Thor, che si abbattevano addosso a Ranma quando meno se l’aspettava, concentrato ad evitare tutti gli altri.


    ●●●

     
    “Molto bene, miei sudditi! Il vostro sovrano è soddisfatto di voi! Continuate così fino alla vittoria definitiva!” declamò Nijima mettendosi una corona d’allora sul capo.


    “Ma, Comandante Supremo…ne è sicuro?” chiese Komioka.


    “Perché, cosa c’è che non va?”


    “Beh, in pratica…ha notato i movimento di quel Ranma?”


    Era proprio così: Ranma stava continuando ad evitare i colpi di tutti, muovendosi con grande leggerezza e si spostava di continuo, senza mai fermarsi.
    Nel fare questo, però, si avvicinava di volta in volta a tutti gli strumenti di allenamento della palestra-panche, macchine da allenamento, ecc-che stavano venendo distrutti, uno dopo l’altro, dalla furia degli attacchi nemici rivolti a lui.


    Nijima ebbe un sussulto, e sudò freddo.


    Ranma trovò il tempo per scoccargli uno sguardo divertito e fargli l’occhiolino.


    Che tipo…ha già cominciato a trovare un sistema per farmela pagare…tch, più tardi dovrò giocarmela bene…


    ●●●
     ​

    Miu continuava a combattere con Renka, alzando costantemente il ritmo, anche se nel frattempo scoccava occhiate preoccupate sia a Kenichi che a Ranma. Qualcosa però non le tornava.


    E’ strano, ci sono tutti, tranne…quella persona?


    Continuando ad evitare gli attacchi di tutti, Ranma finì al centro della palestra.


    Dalle travi del soffitto, un’ombra si lanciò giù.


    Bingo!-Pensò Nijima-proprio come previsto!


    Rotolò in aria, le ginocchia al petto, e poi…


    << KOUGATACHI RYU; OUGI: GOKUI SEN UN!**** >>


    Freya unì i suoi due bastoni smontabili in uno solo, e sfruttò la caduta per aumentare la velocità, scendendo a peso morto e sferrando un fendente potentissimo diretto verso la spalla di Ranma…


    Che però se ne accorse all’ultimo momento e si spostò lateralmente, fulmineo.


    Il colpo diretto a lui arrivò a terra, lasciando una lunga crepa sul pavimento, ma il bastone era flessibile e nel rimbalzare, non si spezzò nell’impatto.


    “Woah! Bella trappola, devo dire. Mi avevate QUASI preso”.


    Freya si rialzò lentamente osservandolo con attenzione. Era evidente che non lo stava sottovalutando.


    Nijima lanciò quasi un’imprecazione. Anche l’ultima strategia era fallita. Ora poteva solo confidare nel numero.


    “Tu sembri un po’ diversa da tutti gli altri. Posso sapere con chi ho l’onore…?”


    Il capo delle Valkyrie ricambiò lo sguardo. Poi, a sorpresa, fece un breve inchino.


    “Kaname Kugatachi, detta Freya, della Scuola Kugatachi di Sojutsu*****. Molto piacere”.


    “Ranma Saotome, della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate Saotome. Piacere mio”.


    ●●●

    Ma che cosa fanno?-si domandò Kenichi-ora rispettano pure l’etichetta dei duelli? Ma se Freya-sama ha appena eseguito un attacco a sorpresa? Ooh, non ci capisco più niente!”


    “Ranma-kun-gridò Miu-lei è davvero l’ultima, non ci sono altre persone nascoste. Combatti senza timore, ma cerca di non esagerare!”


    Però-soppesò poi-ora che l’alleanza Shimpaku è al completo, Ranma dovrebbe essere in svantaggio…oppure no?


    “Devo intervenire” dichiarò, provando a disimpegnarsi dallo scontro con Renka.


    “Ehi, il tuo avversario sono io!” protestò quest’ultima


    << TANPA! >> si sentì risuonare.


    Miu venne respinta indietro da un colpo dato con entrambi i palmi e sbatté contro il muro dietro di sé.


    Poi alzò lo sguardo su Renka, la sua espressione cambiò.


    “Ora sono un po’ arrabbiata”


    ●●●

     

    Freya riunì rapidamente i suoi due bastoni smontabili in uno solo e cominciò a rotearlo rapidamente per saggiare se avesse subito danni.


    Ranma la osservava interessato, alzando i pugni in guardia per la prima volta e saltellando sul posto. Diede delle rapide occhiate intorno a sé, notando che lui e la nuova arrivata erano da soli al centro, mentre il pugile, il lottatore di sumo, lo strano tizio vestito alla tirolese e persino Kisara-gatto si erano disposti in cerchio intorno a loro, per impedire la fuga.


    In pratica, questa nuova tattica prevedeva che l’utilizzatrice di bastone fungesse da attaccante principale e gli altri compissero operazioni di disturbo ed approfittassero di ogni minima occasione per provare a colpirlo.


    Questo significava che: avevano allenato varie volte quella manovra; avevano grande fiducia l’uno nell’altro e che quella Freya veniva riconosciuta per essere quella con le abilità più adatte a sfidarlo. Volevano anche evitare che potesse sfruttare la sua agilità per farli scontrare l’uno contro l’altro, come prima.


    Bene, bene.


    “Allora, bellezza…ti va di ballare?” le disse mentre con un gesto con la mano le faceva segno di venire avanti.


    Freya, di solito compassata, non se lo fece ripetere. Si fiondò contro di lui, eseguendo una rapidissima serie di combinazioni col bastone, che ruotava come le pale di un elicottero.


    << KUGATACHI RYU; SECONDA TECNICA: O KEN! >>


    “Oh, anche tu, come il pugile, hai un buon Maestro, a differenza degli altri”.


    Ranma schivò agevolmente tutti i colpi muovendosi all’indietro e lateralmente, ma al tempo stesso, evitava, come se avesse gli occhi dietro la testa, di mostrare il fianco a tutti gli altri, che provavano, a turno, ad avvicinarsi.


    Tsk! Questo è quello che chiamano…sesto senso?” Si domandò Takeda.


    Ripensò a cosa gli aveva suggerito il suo Maestro, James Shiba, per quelle occasioni.


    << Ricorda, Ikki. Se incontrassi un avversario che schiva senza guardare, non giocare con le sue regole. Costringilo ad usare comunque i cinque sensi, e poi ingannali >>


    Takeda allora, iniziò ad usare il Ryusui Seikuken non su Ranma, ma su Freya.
    Guardando negli occhi la ragazza, che da qualche mese si allenava con lui (e che frequentava anche fuori dal dojo, all’insaputa di tutti, od almeno così credeva), poté sincronizzarsi col suo respiro ed il suo ritmo d’attacco ancor meglio di quanto potesse fare con Ranma.


    A quel punto, non aveva più bisogno di inseguire il ragazzo col codino: sapendo in anticipo dove ella avrebbe attaccato, iniziò ad immaginare da che parte Ranma avrebbe schivato, per anticiparlo e posizionarglisi davanti.


    E fu così che ad un certo punto poté di nuovo guardarlo negli occhi.


    << ILLUSIONARY LEFT! >>


    Ranma non ci cascò neanche per sbaglio.


    “Sei noioso” dichiarò il codino, contrattaccando con un diretto destro.


    Ma Ikki aveva iniziato la seconda tecnica alla cieca partendo proprio da quel presupposto.


    << HAIR’S BREADTH CROSS COUNTER! >>


    Il suo braccio destro era praticamente scivolato lungo quello di Ranma, schivandolo per un millimetro per contrattaccare il suo contrattacco nel punto dove doveva trovarsi la sua testa.


    Ed invece no.


    Ikki si ritrovò a subire un pugno d’incontro sinistro nel plesso solare, mentre il suo cross counter era stato bloccato saldamente con una parata alta…eseguita con il destro, che Ranma, piegato in avanti, aveva appena usato, all’apparenza, per contrattaccare.


    Ma…è assurdo


    “Una bell’idea…ma io padroneggiavo il Sen Sen No Sen****** quando tu andavi ancora alle elementari”


    “Ikki!” gridò Freya, staccando il suo bastone in due ed incrociando le braccia per colpire Ranma da entrambi i lati.


    Il ragazzo col codino fu più veloce.


    Schizzò dietro a Takeda, facendo sì che l’attacco di Freya colpisse a vuoto (per un pelo non colpì il suo compagno), poi eseguì una spazzata di gamba, facendo rovinare il pugile a terra e con la stessa gamba lo finì con un calcio ad ascia.


    Freya non aveva avuto il tempo di reagire.


    Ranma le afferrò saldamente i bastoni, uno in ciascuna mano, eseguì una piroetta e la costrinse a spostarsi di peso, in mezza giravolta, come se stessero ballando un valzer. Così la posizionò giusta giusta davanti a Thor, in carica come un bufalo, che però riuscì, per un millimetro, a fermarsi prima di travolgerla.


    “LALALA! le cose si mettono male!” Dichiarò Sigfried provando ad intervenire.


    “FREIYA-SAMAAA!” sbraitò Kisara spiccando un balzo come una tigre.


    ●●●

    Kenichi e Miu intuivano che lo scontro stesse salendo di intensità, e volevano intromettersi prima che qualcuno si facesse veramente male.
    Entrambi pensarono ad una strategia per disimpegnarsi.


    Miu già da un po’ sembrava essere circondata da un’aura rossa fiammeggiante e stava decisamente sovrastando Renka, sia in velocità che in potenza.


    Ma…non è possibile. E’ così avanti nel controllare il Ki del Dou? Eppure io…mi alleno costantemente combattendo scontri reali. Non dovrebbe esserci tutta questa differenza


    Quanto a Kenichi, aveva trovato una soluzione, ma esitava ad usarla.


    Accidenti…ormai non mi rimane che usare quella tecnica. Sensei Ma, dammi la forza.


    I due ragazzi colpirono in contemporanea.


    Kenichi, sorprendendo le Valkyrie, non attaccò nessuna di loro, ma rivolse il proprio palmo contro il pavimento d’acciaio


    << SOUTENSHOU! >>


    Miu, invece, rivolse un potente calcio circolare alle costole di Renka


    << FURINJI DANKOU YOKUDAN GERI! >>


    Il colpo della bionda spazzò via la ragazza cinese, scaraventandola a terra, ma era ancora più ferita nell’orgoglio.
    Il tempo di rialzare lo sguardo e Miu era sparita alla sua vista.


    L’attacco di Kenichi, invece, aveva generato un’onda d’urto che aveva sollevato l’aria tutto intorno dal basso verso l’alto.


    Le otto Valkyrie, che indossavano i loro tipici costumi, si ritrovarono con le gonne sollevate in aria, alla Marylin Monroe, le candide mutande esposte alla vista.


    Strillarono tutte insieme, imbarazzatissime, lasciarono cadere all’unisono le armi a terra e si gettarono in ginocchio, per coprirsi.
    Kenichi approfittò di quell’apertura e schizzò via.


    ●●●

    Ma lo scontro giù in basso si concluse prima.


    Il calcio volante di Kisara venne agevolmente schivato da Ranma che si abbassò con la testa, ma sollevò istantaneamente un braccio, afferrandole lo stivale, mentre era sospesa a mezz’aria.


    Da lì fece perno coi piedi ed effettuò una mezza giravolta all’indietro, facendole cambiare direzione ed usando la ragazza come arma improvvisata.


    Sigfried avrebbe potuto evitarla.
    SE avesse saputo da dove sarebbe arrivato l’attacco.
    O contrattaccare.
    SE l’attacco fosse arrivato da Ranma.


    Invece la schiena di Kisara lo colpì in pieno viso mentre le correva incontro, stendendolo a terra sul posto.


    Ranma rallentò un po’ la giravolta, poi lasciò andare la presa e la Valkyria proseguì il suo volo venendo scaraventata contro una delle poche panche ancora integre, sfasciandola.


    “Kisara!” si trovò ad esclamare Kaname.


    “Freya, spostati di qui!” la implorò Thor, scavalcandola e caricando il suo colpo di palmo più potente.


    “Thor, NO!”


    Ranma schivò all’ultimo secondo anche quel colpo, si voltò di scatto, dando le spalle al nemico, alzò le braccia, gli afferrò il polso del braccio ancora esteso per l’attacco ed in un unico fluido movimento ne fece proseguire lo slancio eseguendo una perfetta proiezione di judo, facendo volare Thor sopra la propria testa e facendolo schiantare al suolo di schiena.


    Poi la polvere si posò ed il ragazzo col codino si voltò a guardare la ragazza col bastone.


    Con un piede raccolse da terra e si fece saltare in mano un tubo di ferro che doveva essere appartenuto ad una delle attrezzature distrutte e lo fece roteare come un giocoliere.


    “Vuoi continuare con le tue regole?”


    Freya osservò i bastoni scomponibili che teneva in mano.
    Poi scosse la testa e sospirò.


    “No, è inutile. Non ce la potrei mai fare”


    La ragazza si inchinò su un ginocchio, con dignità.


    “E’ la nostra completa sconfitta, Ranma Saotome della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate. Oggi l’Alleanza Shimpaku ha perso, ed hai vinto tu”.


    “Pff!-sbuffò il ragazzo col codino lanciando via il tubo di ferro-peccato, stavo cominciando a divertirmi”


    In quella, due figure si materializzarono sul pavimento, a supervelocità.


    Cosa? Da quando Miu e Kenichi sono così veloci?


    “Ragazzi! State tutti bene?”


    “Ranma! Non li hai colpiti troppo forte, vero?”


    “Tranquilli. Non ho seguito il detto che recita che un leone combatte al massimo della forza anche quando caccia un coniglio.
    Piuttosto…-aggiunse volgendo lo sguardo verso il balcone-…la mia preda è un’altra”


    Le persone sul balcone non se ne accorsero. Komioka, che stava riprendendo, vide la figura di Ranma sparire improvvisamente dal video.
    Altri notarono una scia rossa rimbalzare in vari punti, salendo sulla parete.


    Se lo ritrovarono in mezzo a loro dal nulla, come in un film dell’orrore.


    Nijima, coi suoi sensi marziani, lo percepì prima di tutti, alle proprie spalle, la faccia gli si deformò per il puro terrore, ma dalla bocca non gli usciva neanche un suono.


    Tutti gli altri membri semplici dello Shimpaku si trovarono a sudare freddo, ma poi ebbero un sussulto, quando le telecamere, tutte insieme, esplosero in mille pezzi.


    Si udì distintamente il suono di nocche che venivano scrocchiate.


    “Bene, mister comandante generale, forse è il momento di fare due chiacchiere, non ti pare?”


    ◊◊◊◊◊

    Nijima stava in ginocchio in mezzo a loro, al centro della palestra, le braccia legate dietro la schiena con la sua stessa cintura, perciò i calzoni gli erano cascati ed era rimasto in mutande.
    Aveva un paio di grossi bernoccoli, un occhio nero, gli erano saltati dei denti e l’interno della bocca gli si era gonfiato.


    “Shono innoshente…per una volta…” gemette.


    “Accidenti, quanto siete avventati!” commentò Kenichi, un po’ sollevato, ma comunque con tono di rimprovero.


    “Come vi è venuto in mente di fare una cosa del genere?” chiese Miu, preoccupata.


    “Non…non dovete prendervela con Nijima. Per una volta, non è per davvero colpa sua. Siamo stati noi” dichiarò con onestà Freya, che era l’unica in grado di reggersi in piedi autonomamente.


    Thor si era rimesso a sedere e non stava troppo male.
    Ukita era sveglio, niente di rotto, ma doveva restare sdraiato, accudito da alcune delle Valkyrie.
    Miu aveva notato sguardi preoccupati sia di Kisara che di Kaname e non seppe cosa pensare.
    Takeda si teneva lo stomaco con le mani, ma restava in piedi per puro orgoglio, mentre sia Kisara che Renka si appoggiavano a dei rottami come improvvisate stampelle.
    Sigfried, invece, sembrava illeso.


    “In che senso? Spiegatevi meglio”


    “Beh, Dolcezza, ormai è da un po’ che conosciamo Kenichi-spiegò Takeda-durante le vacanze avevamo notato che fosse un po’ elusivo, ed avevamo dedotto che ci fossero novità al Ryozampaku”


    “Però non sapevamo ancora quali fossero-precisò Freya, che aveva alzato un sopracciglio a quel “dolcezza” rivolto da Ikki a Miu-fino a quando Nijima non è tornato alla base un giorno, raccontandoci di aver offerto degli hamburger ad Apachai-qui Kenichi si coprì gli occhi con una mano- e che questi gli aveva raccontato che c’era un nuovo studente al Ryozampaku”


    “E non uno qualunque-aggiunse Thor-ma uno talmente forte da poter aiutare ad addestrare Miu e fare a polpette Kenichi in un duello ufficiale”


    Quest’ultimo crollò in ginocchio, depresso.


    “Non…mi ha…fatto a…polpette…ho solo…perso…ma…di poco…” piagnucolò.


    “Cerca di capirci-riprese Takeda-siamo tutti praticanti di arti marziali e cerchiamo costantemente di migliorarci. E’ ovvio che all’improvvisa comparsa di uno così forte fossimo tutti eccitati”


    “Volevamo misurarci con lui per verificare il nostro livello attuale-spiegò Freya-non avevamo intenzione di fare del male a nessuno”


    “Ed eravate tutti d’accordo?” domandò Miu, sbigottita.


    Non era il primo colpo di testa che facevano, come quando si erano presentati al Torneo D of D, ma sembrava che la mentalità del Ryozampaku stesse contagiando anche loro, sebbene a distanza.


    “Sì, è così. A dire il vero, è anche parecchio colpa mia-aggiunse Renka, facendo un paio di passi avanti-quello che ho detto era vero. Ho parlato con Zio Hakubi ed ho saputo di Ranma, così quando Nijima mi ha chiesto informazioni, ho confermato i suoi sospetti.


    Ed ho anche dato il mio parere, che sarebbe stata un’ottima idea fare un piccolo scontro reale per verificare il nostro livello, visto che è da un po’ che lo Yomi ci sta dando tregua. Anche per non farci trovare impreparati quando torneranno ad assalirci di nuovo”.


    Kenichi si rimise in piedi e sbuffò.
    Tipica Renka. Come quando gli aveva proposto di sfidarsi a duello con Ikki per la stessa ragione. La mentalità perversa di chi vive nel mondo delle arti marziali da tutta la vita.


    La ragazza gli rivolse uno sguardo implorante, come se ne chiedesse la comprensione ed il perdono, ma Shirahama la ignorò.
    Neanche il calcio di Miu le aveva fatto così male.


     “Siete stati sconsiderati. Ranma-kun è un nostro ospite ed un nostro amico, e voi lo avete aggredito prima ancora di conoscerlo, solo per la vostra ambizione.
    Dovete ringraziare che abbia deciso di non farvi troppo male”.


    A quell’affermazione, tutti quanti abbassarono lo sguardo, vergognandosi.
    Era più unico che raro sentire Kenichi parlare così severamente.


    Inoltre, erano umiliati dal fatto di essere stati sconfitti così facilmente, quindi quello che avevano fatto era anche servito a poco.


    Shirahama si voltò verso Ranma e gli rivolse un profondo inchino.


    “Ranma-san, ti prego di perdonare lo sciocco comportamento dei miei amici. Non sono cattivi, sono solo impulsivi ed avventati.
    Avevo davvero sperato che il vostro primo incontro avvenisse in circostanze migliori. Ma forse non era possibile, visto che a capo di tutti c’è quell’alieno laggiù”.


    “Ma, io…shono innoshente…” balbettò ancora Nijima.


    “Grazie, Kenichi, ma non è necessario-rispose Ranma, che fino a quel momento era rimasto in silenzio-quanto a te, marziano-aggiunse rivolgendosi al prigioniero-posso credere che tu abbia assecondato il desiderio delle tue truppe, ma allora perché stavi filmando lo scontro? Questo non lo sapevano neanche loro, immagino.
    Avevi intenzione di studiare i video? Di rivenderli a buon prezzo? Od entrambe le cose?”


    Tutti quanti ebbero un sussulto.


    “Come? Nijima ci stava riprendendo con delle videocamere? A pensarci bene, sarebbe proprio da lui…” scattò su Thor.


    “Sholo per…rivedershi…e migliorare i propri…difetti…” provò a giustificarsi.


    “Già, e magari rivendere a caro prezzo i filmati su internet come fosse un film d’azione, eh, Alieno?-saltò su Ukita, che si era rimesso faticosamente a sedere-non sarebbe la prima volta che cerchi di lucrare sulle nostre fatiche. Ma io ti…”


    Miu si strinse con pollice ed indice la sommità del naso e scosse la testa.


    Siamo alle solite


    E si erano anche organizzati bene-rifletté Kenichi-le Valkyrie per bloccare me, sapendo che non colpisco le donne e che ho paura delle armi, e Renka per tenere in stallo Miu. Volevano evitare qualunque possibile interferenza”.


    “Comunque-riprese poi Ranma, rivolgendo, alternativamente, lo sguardo a tutti i membri dell’Alleanza Shimpaku-ora che tutto è chiarito, voglio dirvi che non vi serbo rancore per questa piccola sorpresa.


    In fondo né io né Miu e Kenichi ci siamo fatti male-nel mio caso, non è che poteste farmene, in effetti-e a dire il vero, neanche a me dispiace una bella rissa, ogni tanto. Non sono del tutto in disaccordo col vostro assunto di base: per migliorarsi, bisogna sfidare avversari forti. Ma avete fatto il passo più lungo della gamba”.


    A Kenichi vennero i lacrimoni.
    Per un istante avevo sperato che Ranma mostrasse buonsenso, invece era ovvio che fosse d’accordo con questa follia


    “Però, visto che ormai vi siete presi il disturbo-continuò il ragazzo col codino-e che mi avete fatto divertire abbastanza, vi ringrazierò dandovi dei consigli.
    Ciascuno di voi ha del potenziale, ma se non lo sfruttate nel modo giusto e continuate ad agire impulsivamente, vi farete solamente ammazzare. E’ la stessa cosa che ho detto anche a Kenichi”


    “Tu-disse rivolgendosi per primo a Takeda-ti stai addestrando bene, ed hai delle buone tecniche, ma fai troppo affidamento su di esse, e sull’effetto sorpresa delle mosse più appariscenti. Bada alla concretezza e non farti colpire.


    Visto che hai copiato il Ryusui Seikuken di Kenichi, la strada è quella giusta, ma non usi la tecnica con la sua stessa efficacia. In generale, credo tu stia al massimo al 70% del livello di Kenichi, e non c’è nessuno in quest’Alleanza che ti stia sopra, al massimo ti stanno alla pari: ricorda, il tuo peggior difetto è quella personalità che ama troppo mettersi in mostra”


    Ikki parve molto colpito da queste parole, e di sicuro non in positivo.


    Tch! Sono solo al 70% di Kenichi? Dopo tutto questo tempo?


    “Tu, invece-proseguì Ranma parlando con Thor-sfrutti bene le mosse di Sumo e non ti esponi troppo, ma devi variare in qualche modo le tue tecniche, altrimenti il tuo schema d’attacco diventa prevedibile. Visto che non puoi essere molto veloce, dovresti sfruttare il posizionamento e le combinazioni per rendere i tuoi attacchi imparabili”


    “Tu sei forse la migliore del gruppo, per equilibrio tra capacità fisiche, mentali e strategiche-disse rivolgendosi a Freya-ma spesso sembra che il tuo cuore non sia davvero lì, come non fossi convinta di quello che fai. Dovresti risolvere i tuoi dubbi personali per concentrarti sul combattimento, quali essi siano.


    Inoltre-nel frattempo alla ragazza era sfuggito uno sguardo in direzione di Takeda ed Ukita-visto che usi il bastone, che è l’arma più versatile, sfruttane al massimo le potenzialità. Con un bastone non c’è differenza tra attacco e difesa, sono una cosa sola. Non ti porre da sola dei limiti.
    Prima eri preoccupata di non colpire accidentalmente i tuoi compagni e non davi il 100%. Scegli se preferisci guidare un gruppo od imparare a duellare da sola e poi addestrati di conseguenza”


    “Tu invece-scoccando uno sguardo perplesso a Sigfried-sei un po’ strano, ed anche il tuo stile di combattimento lo è. Ma hai creato da solo un’arte marziale nuova e molto efficace. Hai talento, ma ti sei invischiato da solo nella tua stessa creazione. Sei ossessionato dal contrattaccare, al punto che ti esponi di continuo e non inizi mai l’attacco. Con un avversario più forte, potresti venire sconfitto lo stesso.


    Inoltre, ricorda che se so cosa stai facendo, posso evitare i tuoi contrattacchi perché immagino già da dove possano arrivare, oppure posso fare delle finte. Poi questo stile rende gli scontri molto lunghi, in alcune situazioni sarebbe uno svantaggio.


    A volte la dea della vittoria non dà il suo bacio a chi non ha l’audacia di attaccare per primo”. Sieg sembrò essere ispirato per una canzone.


    “Mentre per quanto riguarda te-si voltò verso Kisara, fingendo di non conoscerla-le tue tecniche base sono buone, ma prevedibili. Devi variare i tuoi schemi d’attacco.


    Quando lo fai, però, sia copiando le mosse di Miu che trasformandoti in una gatta selvatica, non hai veramente il controllo di quello che fai.
    Stare a mezz’aria ti espone a contrattacchi, mentre perdere il controllo…beh non ti aiuta ad essere lucida. Avresti bisogno di un Maestro per sviluppare il tuo stile personale di combattimento in modo coerente. Così non sei né carne né pesce, ed il tuo potenziale rimane inespresso”.


    Kisara gli scoccò un’occhiata di fuoco, come se avesse un sacco di voglia di dirgli qualcosa, ma per il momento si trattenne.


    “Ehi, ed io?” protestò Ukita, nel vedere che Ranma si era zittito e si stava voltando, come avendolo dimenticato.


    “Oh, giusto, ci sei anche tu-rispose il ragazzo col codino con nonchalanche-in effetti mi stavo chiedendo cosa ci facessi in mezzo a tutti gli altri. Il tuo livello è nettamente più scarso del loro”.


    Ukita forse se lo aspettava, ma ci rimase malissimo lo stesso.


    Tutti i suoi compagni, però, scoccarono sguardi risentiti, al sentire quelle dure parole.


    “Non mi fraintendere, hai fegato. Si capisce che cerchi di non ostacolare gli altri, sfruttare le giuste occasioni ed al limite sacrificarti per loro, pur di essere utile, ma…come ho detto a Kenichi, l’attitudine al martirio non mi è molto congeniale.


    Pensi che subendo dei colpi, riuscirai comunque ad aiutarli? Che questo ti renderà degno di stare in mezzo a loro?
    I tuoi amici ti vedranno subire sempre delle gravi ferite pur di accompagnarli in battaglia. Non credo che sia quello che vogliano neanche loro, sai. Ho forse ragione?”


    Ukita rimase scioccato.
    Era vero. Era quello che aveva sempre fatto, ma non si era mai posto il problema di come si sentissero gli altri, a vederlo ferito.


    “E forse…c’è del potenziale in te. Hai eseguito una o due mosse…non riesco ad inquadrarle nel tuo livello generale-solo Miu e Kenichi annuirono, poiché sapevano come Kushinada lo avesse in qualche occasione manipolato come una marionetta, facendogli eseguire tecniche più avanzate-ma per continuare a combattere con loro, dovresti allenarti di più.


    Tu fai Judo, no? Al Ryozampaku c’è un Maestro di JuJitsu…potresti provare a venire ad allenarti lì”.


    Tutti i presenti nell’edificio rimasero scioccati.


    Parlare di allenarsi al Ryozampaku come se fosse una gitarella domenicale, e non il posto infernale dal quale Kenichi li aveva sempre messi in guardia e tenuti accuratamente lontani.


    Ukita stava considerando tutto nel suo cervello, come se la sua vita fosse ad una svolta.


    Allenarmi al Ryozampaku? Io?
    Perché…perché non avevo mai davvero…considerato la possibilità?
    Forse…avevo paura? Avevo paura di non esserne all’altezza?
    Ma…ho paura anche di non poter stare con i miei amici.
    Ho paura anche di morire al prossimo attacco dello Yomi…
    Quindi…cos’è che mi fa davvero più paura? O cos’è che DOVREBBE farmene di più?


    Dopo un po’ che era calato il silenzio, Ranma si voltò e riprese a camminare lentamente verso l’uscita.


    Una voce lo richiamò.


    Ehi, tu! Arrogante stronzo! Adesso te le dico io un paio di cosette!”


    Era Kisara, livida di rabbia per un mucchio di ragioni diverse.


    Ranma si fermò e voltò la testa, con espressione neutra.


    “Beh, io non sarò certo un fenomeno a farmi amiche le persone, ma nemmeno tu sei pronta per la carriera diplomatica, mi pare”.


    “Lascia stare queste cazzate! E’ vero, ti abbiamo sfidato ed abbiamo perso! Ma questo non ti dà il diritto…non ti dà il diritto di parlarci così”


    Tutti quanti stavano guardando in basso, pensierosi.


    “Nessuno me lo dà, infatti. Ce l’ho, e basta. Siamo in un paese libero, da quanto ne so.
    E quello che ho detto corrisponde a verità, lo sai anche tu. Le arti marziali sono un percorso di miglioramento personale.
    Chi non riconosce i propri difetti, non potrà mai diventare più forte. Se avessi un Maestro, te lo avrebbe già spiegato”.


    La ragazza era rossa in volto e tremante dal nervoso, a maggior ragione perché sapeva che era tutto vero.


    “Bah! Ti dai tante arie! Ma tu non sei poi così in gamba! Proprio oggi pomeriggio ho visto una ragazza coi capelli rossi...anzi, UNA DONNA…che è molto più forte di te!”


    Tutti gli altri le rivolsero sguardi interrogativi.


    A Ranma, invece, quell’affermazione strappò un mezzo sorriso.


    Oh, ma tu guarda…


    “Ah, sì? E chi sarebbe questo fenomeno? Forse la conosco! Fammi indovinare: oltre che forte, è per caso anche molto carina?” la canzonò.


    “Ma…non è che…?”


    Kenichi ebbe un mezzo sussulto e fece per dire qualcosa, ma poi si ricordò che Miu non conosceva la verità su Ranma.


    Kisara arrossì, se possibile, ANCORA DI PIU’.


    “Beh…sì, in effetti…non che mi interessi, ma…credo che qualcuno la potrebbe anche definire bella…ma questo NON HA NESSUNA IMPORTANZA!
    Quello che intendo dire è che quella ragazza è IDENTICA A TE! Ha lo stesso aspetto, veste lo stesso genere di abiti, porta persino lo stesso codino alla cinese!


    Dice…dice di chiamarsi Ranko. Persino il nome è simile al tuo.


    Tu…sai di chi si tratta, non è vero?
    Forse siete anche imparentati…magari è tua sorella o tua cugina…Avanti, sputa il rospo!”


    Ranma si stava, per una volta, godendo la scena. Era bello, per una volta, che il suo segreto, anziché seccature, gli portasse un piccolo vantaggio.
    Scoccò una rapida occhiata a Kenichi per intimargli di fare silenzio, e poi proseguì


    “Ah, sì? E perché dovrei risponderti, di grazia? Forse come penitenza per avere perso la battaglia? Oppure come ringraziamento per le squisite gentilezze che mi stai rivolgendo?
    Ah, no, giusto…”


    Kisara sussultò, mordendosi il labbro. La sua solita boccaccia.


    “Ed anche se decidessi di dirtelo, per quale motivo ti interessa? Hai per caso intenzione di sfidarla?


    Ti assicuro che quella ragazza NON E’ più forte di me, ma se tu ci combattessi contro uno contro uno, ti triterebbe viva con una mano, mentre mangia dei dango******* con l’altra”.


    “Ranma-kun, non c’è bisogno di essere così diretti…” pensò Kenichi, con una gocciolona sulla tempia


    Miu invece era perplessa, turbata, persino.


    Ma cosa succede? Di chi parlano? Una ragazza col codino? Simile a Ranma? Molto forte? Mi ricorda qualcosa…è come se…se fosse la ragazza della mia visione? Allora esiste davvero?


    Iniziò a tenersi la testa tra le mani. Le stava venendo mal di testa.


    Kisara, umiliata, abbassò lo sguardo.


    “No, beh, è che…in realtà io…


    …vorrei incontrarla per chiederle di DIVENTARE LA MIA MAESTRA!”


    Tutti quanti si girarono a guardare Kisara. Era raro che ammettesse una qualche debolezza, il che rivelava quanto fosse disperata.


    Proseguì, quasi con le lacrime agli occhi, sciogliendo tutta la tensione nervosa


    “CIO’ CHE HAI DETTO PRIMA E’ VERO! NON HO UN MAESTRO! E SO CHE SENZA FARO’ FATICA A PROGREDIRE PIU’ DI COSI’, PERO’ IO…PERO’ IO…


    Io voglio davvero diventare più forte! Voglio davvero migliorarmi!
    E soprattutto, voglio dimostrare che le donne possono combattere alla pari con gli uomini! Per questo per me è così importante che la mia Maestra sia una donna e con uno stile simile al mio!”


    Ranma era esterrefatto.


    Kenichi aveva la testa attraversata da mille pensieri.


    Tutti osservavano Kisara, impietositi, malgrado le loro preoccupazioni. Le sue urla risuonavano nel grande capannone. Ormai le lacrime le sgorgavano calde sulle guance.


    “TI PREGO; RANMA SAOTOME! HAI RAGIONE; NON HO DIRITTO DI CHIEDERTELO! MA…HO DAVVERO BISOGNO DI INCONTRARE QUELLA RAGAZZA. DEVO ALMENO CHIEDERGLIELO; DEVO PROVARCI. DIMMI DOVE POSSO TROVARLA”


    Ranma rimase in silenzio, per un periodo imprecisato. Ad un certo punto, chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.


    “Mi dispiace-esordì-ma non posso aiutarti.
    E’ vero, CONOSCO quella ragazza, molto bene. Ma so per certo che non ha intenzione di prendere allievi.
    Credo che…non si sentirebbe all’altezza del compito, in ogni caso. Nella vita, ha già sprecato la sua occasione”


    Il suo sguardo si fece lontano e vagamente triste.


    Kenichi sussultò.


    “Inoltre-riprese il ragazzo col codino-non credere che lei sarebbe una buona Maestra, anche se cambiasse idea.
    E’…sfacciata e…sboccata e…sfuggente ed…inaffidabile.


    Non credo abbia mai preso un impegno e che lo abbia portato a termine in tutta la sua vita.


    Sarà per questo che anche la sua vita privata fa schifo…


    Comunque, tutto questo non ha senso. Io stesso non ho idea di dove si trovi ora, potrebbe essere dovunque.
    Potrebbe anche darsi che tu non la riveda mai più. Fossi in te, lascerei perdere, e mi cercherei qualcun altro”


    Ed inforcò l’uscita.


    Kisara era crollata in ginocchio, non cercava più nemmeno di trattenere le lacrime di frustrazione, anche se era davanti ai suoi amici, di fronte ai quali faceva sempre la dura.


    “Maledizione…”


    Kenichi e Miu guardarono i loro amici, con sguardo triste, poi fecero un cenno di saluto e si accodarono a Ranma verso l’uscita.


    Ciascuno di loro aveva i propri pensieri deprimenti.


    Takeda
    “Dunque…tutto ciò che ho fatto, non basta ancora”


    Renka
    “Cosa ho mai fatto…ora Kenichi mi detesta…e poi…non pensavo…che avrei perso così nettamente contro Miu…che umiliazione…”


    Ukita
    “Io…potrei andare al Ryozampaku? Davvero? Uno come me?”


    Freiya
    “Devo…devo fare ordine nel mio cuore. E’ necessario anche per la mia crescita nelle arti marziali”


    Kisara
    “Non mi importa cosa dice…devo ritrovare quella ragazza…devo almeno fare un tentativo…”


    D’improvviso, lo stesso pensiero attraversò le menti di tutti


    “DEVO DIVENTARE PIU’ FORTE!”


    I portoni dell’edificio si richiusero con un rumore sordo.


    Poi, il silenzio.


    ◊◊◊◊◊



     Legenda

     ​

    *Ailurofobia: il termine scientifico per la fobia per i gatti (sì, esiste davvero); dal greco ailùros=gatto


    **Kohai: in giapponese è il “Compagno Più Giovane”, ad esempio un compagno di scuola o praticante sportivo più giovane di età, o che abbia praticato per meno tempo. Molto usato nel mondo gerarchico delle arti marziali. Contrapposto a Senpai, che vuol dire “Compagno Più Grande”. Qui Honoka si riferisce al fatto che Kenichi sia più piccolo di Ranma, anche se quest’ultimo si è appena unito al Ryozampaku e quindi, tecnicamente, il rapporto sarebbe invertito


    ***Shikodachi: posizione di gambe tipica del Sumo, ma usata anche in altre arti marziali. Si allargano le gambe, piegando le ginocchia e puntando i piedi ad angoli di 45°. Si usa di solito prima di una carica o per ricevere un nemico che stia caricando a sua volta


    **** KOUGATACHI RYU; OUGI: GOKUI SEN UN=Stile Kugatachi, Tecnica Definitiva; Mossa Finale: Nuvola Brillante


    *****SoJutsu: il “So” è il Bastone, quindi Tecnica di Combattimento col Bastone


    ******Sen Sen No Sen: nelle arti marziali giapponesi esistono alcuni concetti riguardo l’attacco, il contrattacco e l’anticipo.
    “Sen” indica l’iniziativa, o l’attaccare per primi.
    Go No Sen è parare e contrattaccare.
    Tai No Sen è attaccare in contemporanea.
    Sen No Sen è anticipare l’attacco nemico.
    Infine, Sen Sen No Sen è una condizione suprema nella quale si anticipa l’avversario prima ancora che questi manifesti l’intenzione di attaccare


    *******Dango: tipici dolcetti giapponesi fatti di farina di riso glutinata. Spesso se ne mangiano tre o quattro infilati su uno spiedo, come spuntino. Li mangia spesso Anko Mitarashi di Naruto



    Nota dell'Autore:

    Questo capitolo ed il precedente sono stati tra quelli che più mi è piaciuto scrivere, ma sono stati impegnativi.
    So che Ranma può apparire freddo, ma non è quella l'intenzione, ha lo stesso livello di considerazione per i sentimenti altrui che aveva con Akane, cioé basso in superficie ed alto in profondità. Tutto quello che dice può essere sgarbato, ma ha buone intenzioni.
    Kisara che diventa ossessionata da "Ranko" è uno dei punti focali della storia, come scoprirete tra un paio di capitoli.
    Tutte queste scene di combattimento sono molto divertenti da scrivere, vi prometto che ce ne saranno tante altre.
    Il ritmo continua ad essere lento, ma a breve ci sarà un'accelerazione.
    A presto!
     

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    Capitolo 10
    *** L'Adunata dei Nuovi Allievi ***


    Quella sera, Ranma, come previsto, si fermò a dormire al Ryozampaku.


    Quando Miu salì sul tetto, come faceva spesso, per osservare le stelle, lo trovò già lì.


    Ne fu un po’ stupita, perché il ragazzo col codino non sapeva che quello era il loro posto; suo e di Kenichi, e che si trovavano lì spesso per quel motivo. La bionda era appena uscita dal bagno ed aveva i capelli sciolti, una rarità.


    Notò che anche Ranma indossava il pigiama (Miu aveva scoperto di recente che molti ragazzi non lo mettevano per sembrare dei “duri”, ma lui non se ne preoccupava).


    “Oh, ciao Miu. Non immaginavo venissi qui”.


    “A dire il vero, sono io quella stupita di vederti. Di solito io e Kenichi ci troviamo qui a guardare le stelle”.


    Ranma sembrò leggermente deluso “Non lo sapevo. E lui dov’è adesso?”


    “A letto a dormire, credo. E’ crollato subito dopo il bagno. Non che possa dargli torto, dopo una simile serata”.


    “Già, certo, capisco. Io, invece, non riuscivo a dormire”


    “Troppe emozioni?”


    “In un certo senso. Non avevo intenzione di fare la conoscenza dei vostri amici in quel modo, né immaginavo che sarebbe successo tutto quel dramma, subito dopo”.


    Miu era un po’ imbarazzata “Devo scusarmi di nuovo per il loro comportamento”.


    “Piantala. Sai bene che non è colpa vostra. Non amo le formalità, quando sono inutili. E per quanto riguarda il resto, mi domandavo…sarò stato troppo duro con loro?”


    “Ranma Saotome!-lo canzonò leggermente la ragazza-è preoccupazione quella che sento nel tuo tono di voce?”


    “Ahah, molto divertente. Io HO riguardo per la gente-rispose Ranma un po’ offeso-anche se riconosco che spesso posso essere un po’…come dire? Diretto?”


    “Potremmo dire tranquillamente “brutale”, sai? Ma non te la prendere, si vede che non lo fai con malizia-precisò, notando la sua espressione-e per quanto riguarda il resto, credo che, per quanto spiacevoli possano essere certe verità, ricevere dei consigli da qualcuno più esperto possa fare soltanto che bene, a lungo andare. In pratica, hai appena dato loro un mini programma di allenamento da seguire per eliminare i loro difetti, a lungo andare potranno solo che esserti riconoscenti.


    Anche nel caso di Kisara-a proposito, mi rendo conto che alla fine non te li abbiamo neanche presentati con tutti i crismi…comunque, la ragazza che pratica TaeKwonDo si chiama Kisara Nanjo, detta la Valkyria-dicevo, mi rendo conto che ci sia rimasta male, ma le passerà. E’ una persona forte e determinata. Troverà una strada diversa, come ha sempre fatto”.


    “Meglio così”


    Miu non aggiunse quello che le passava per la testa, cioè che le parole di Kisara avevano risvegliato in lei i ricordi che da qualche tempo la tormentavano.


    Chi è questa misteriosa ragazza col codino? Cosa ha a che fare con Ranma? E’ la stessa ragazza con la quale ho combattuto? E se così fosse, perché lui non mi dice niente?
    E’ possibile che Ranma-kun…mi nasconda qualcosa di importante?


    “Sai-iniziò Ranma all’improvviso, riscuotendola dai suoi pensieri, dopo un lungo momento di silenzio-mi sono reso conto che io e te siamo simili. In maniera sorprendente, persino”


    “In effetti…abbiamo avuto percorsi di vita molto affini”


    “Entrambi abbiamo dedicato la vita alle arti marziali, l’abbiamo passata totalmente immersi in questo mondo…questo, in qualche modo, ci rende diversi dalla maggior parte delle persone”


    “Sì…l’ho pensato anch’io. Avevo notato che ci sono molte similitudini nella nostra storia. A dire il vero, quando me ne sono accorta, sono stata contenta. Contenta che…ci fosse qualcun altro come me. Qualcuno che mi capisse”.


    Ranma sorrise interiormente nel sentirlo. Poi le domandò:
    “E’ stata dura? Viaggiare per il mondo con tuo nonno, affrontando molti pericoli, dico”


    “Un po’. Soprattutto, è stato strano riadattarsi alla vita civile. Per quanto cercassi di comportarmi normalmente, c’era sempre qualcosa che facevo che attirava l’attenzione. I ragazzini sanno essere crudeli. Mi hanno sempre messa da parte perché mi facevo notare troppo, od almeno così dicevano”.


    Miu sembrò rievocare ricordi tristi
    “Per tanto tempo…sono stata sola. Kenichi è stato il mio primo vero amico. Quelle doti che spaventavano tutti gli altri…lui le ammirava. Questo mi ha resa davvero felice”.


    “Che sciocchezze!”


    “Uh?”


    “No, intendevo dire-arrossì Ranma-che sciocchezza l’atteggiamento dei ragazzini. Come se tutto ciò che fosse fuori dall’ordinario andasse per forza ammirato oppure odiato. E se invece venisse semplicemente…ignorato? Se ciascuno potesse vivere come preferisce, a prescindere dalle differenze?


    Perché le persone si lasciano sconvolgere da qualcosa che non è come i loro limitati cervelli si aspettano che sia? E mettiamo pure il caso che una ragazza salti più in alto, lanci cose più lontano, sia più carina del normale. Cosa ci sarebbe di strano? Perché dovresti colpevolizzarla? E’ un atteggiamento meschino. Sa tanto di invidia nei suoi confronti.


    Fossi in te, non mi sarei lasciato intimidire. Se uno dice così, è perché vorrebbe raggiungere gli stessi risultati, ma non ci riesce. O non ci prova neanche”


    Miu era rimasta ad ascoltare ammirata, e non le erano sfuggiti i complimenti. Si sentì grata. Poi commentò “Beh, posso capire che non tutti vivano per la competizione”


    “Non bisogna per forza vivere per la competizione. Bisogna scegliere quali battaglie si vogliono combattere; salvo in certi casi nei quali è la vita a scegliere per te. Di norma, gli individui dovrebbero poter vivere vite assolutamente ordinarie e non essere costretti a misurarsi con nessuno. Però è anche vero che la competizione in qualche modo è insita nell’essere umano. Per procurarsi le risorse, per trovare un partner…”


    Miu arrossì leggermente a quell’ultima affermazione, anche se Ranma pareva averla fatta in modo del tutto innocente.


    “E comunque-concluse il ragazzo col codino-la vera competizione è quella con sé stessi. Sembrerà un concetto trito e ritrito, ma è così. Diventare sempre un po’ migliori, ogni giorno. Questo ti fa davvero…sentire vivo”.


    Per un po’ rimasero in silenzio.


    “Sai, sei più loquace di quanto sembri”


    “E’ vero, una volta non parlavo così tanto. Immagino di star cambiando anche su questo, con il tempo. Oppure dipende dal fatto che mi trovo a mio agio a parlare con te”


    “S-sì, anche per me è così. Forse…dipende da quello che dicevamo prima. Che ci capiamo davvero. Vediamo che l’altro è simile a noi e quindi non temiamo di aprirci”.


    In quella, i gatti del rifugio iniziarono a miagolare alla luna. Il ragazzo col codino ebbe un piccolo scatto sul posto, suscitando un innocente sorriso nella ragazza bionda.


    “Però-aggiunse Ranma-ci sono anche cose sulle quali farei a meno di dovermi aprire. Avrei preferito che non veniste a sapere della mia fobia. Primo, perché me ne vergogno; secondo, perché potrebbe essere sfruttata contro di me, se si spargesse la voce; terzo perché Kenichi e sua sorella sembrano già volersene approfittare”.


    “Eheh, a parte Honoka, ti garantisco che Kenichi non è il tipo. Sarà stato solo contento-ma un po’ lo capisco-di vederti scendere dal piedistallo, per una volta. Il fatto è che da quando sei arrivato al Ryozampaku, sembri…beh, sembri in grado di fare tutto. Hai rivoluzionato le nostre vite, sei molto più forte di noi pur essendo solo di poco più grande, i Maestri ti ammirano, sai persino cucinare…devo riconoscere-a costo di ragionare come le ragazzine che mi isolavano-che non è…facile confrontarsi con tanta perfezione. Il fatto che neanche tu in fondo sia perfetto ti rende…più simpatico. Più umano”


    Ranma rimase per un momento a contemplare le implicazioni di ciò che Miu aveva detto.


    “Non ci avevo pensato. Non ho mai voluto mettervi in ombra”.


    “Oh, non lo fai, non equivocare. E’ solo che…beh, come ti dissi una volta, ora capisco un po’ meglio Kenichi. Visto che anch’io riesco bene nel fare le cose, non sempre riesco a mettermi nei panni di chi non ci riesce. In un certo senso, avere questa prospettiva mi permette di capire meglio gli altri. Essere più…empatica nei loro confronti”.


    “Uhm…l’empatia. Non è materia che abbondi, al Ryozampaku”


    “Te ne devo dare atto. I metodi dei Maestri sono un po’ estremi, anche se bisogna ammettere che funzionano”


    “Sai, Miu, è da quando sono arrivato che molte delle pratiche che vedo qui non mi piacciono, mi sembrano troppo…radicali. E’ come dici tu, ora vedo anche le cose dall’esterno ed anche se personalmente sono un pazzo furioso che sarebbe disposto a fare qualunque cosa per diventare più forte…non imporrei la stessa scelta a qualcun altro. Io sono cresciuto in un certo modo, e tutto sommato mi sta bene, ma ho anche sofferto dei traumi, come l’allenamento del Neko Ken, perciò ho comunque un atteggiamento ostile verso pratiche di allenamento inutilmente rischiose”.


    “Hai ragione, anch’io stavo pensando oggi che la mentalità del Ryozampaku, quest’audacia portata all’estremo, a lungo andare è dannosa. Secondo me anche l’attacco dell’Alleanza Shimpaku significa che hanno iniziato anche loro ad assorbire quel tipico modo di fare.
    Io…penso che dovremmo fare meglio di così. Trovare un sistema diverso. Forse è il nostro compito in quanto futuri Maestri. Sviluppare un nuovo metodo per trasmettere la conoscenza alle prossime generazioni in maniera più sicura”.


    Ranma rimase per un po’ a rifletterci sopra.


    “Futuri Maestri, eh…non l’ho mai pensata in questi termini. Il mio destino sarebbe stato quello di gestire un dojo, ma le cose sono andate diversamente. Ho modificato il programma per Kenichi…e confesso che mi sono trovato bene a farlo. E come hai notato, ho dato delle indicazioni ai membri dello Shimpaku e prima avevo aiutato te…Ma non so se…mi vorrei assumere davvero la responsabilità di fare da insegnante a qualcuno”


    “Oh, al Ryozampaku dicono che il rango di Maestro non è qualcosa al quale ascendi, piuttosto ci cadi dentro. Come per dire, che prima o poi, è inevitabile diventarlo”


    “Già, è probabile. Comunque mi riferivo all’insegnamento, non al livello. Anche se…vedo che qui…tutti tengono molto a crescere la generazione successiva”.


    “In un certo senso, è addirittura fondamentale per le arti marziali, tramandarle perché continuino ad esistere. Ecco perché al Ryozampaku vogliono rendere Kenichi il Discepolo Più Forte della Storia. Ecco perché allo Yami hanno fondato lo Yomi, un’organizzazione parallela con i Discepoli dei Maestri, destinati un giorno a sostituirli”.


    “Come i figli con i genitori?”


    “Più o meno così, sì, come fosse una sorta di famiglia sostitutiva”.


    “Allora non ne capisco troppo, la famiglia è un concetto nuovo, per me”


    “Eppure sembri molto legato a tua madre. Voglio dire, la trovo una cosa bella”


    “Beh…possiamo dire di sì, ma…la verità è che io e madre…stiamo recuperando il rapporto, perché non l’ho vista per moltissimi anni, cioè da quando ero molto piccolo”


    “Oh, mi dispiace. Quindi tu…sei cresciuto senza di lei?”


    “Purtroppo sì. Sempre per causa di mio padre, che mi portò in viaggio d’allenamento da quando ero appena in grado di camminare. Io…a dire il vero mi sono reso conto che debba essermi molto mancata, negli anni”.


    Miu sentì il cuore battere all’impazzata. Un’altra similitudine tra di noi


    “Anch’io…ho vissuto un’esperienza simile. Beh, peggiore, in realtà. Mia madre…è morta quand’ero in fasce, e mio padre…sono successe varie cose per le quali non è stato possibile farmi crescere con lui. Sono stata allevata dal nonno. Proprio come te, avevo un genitore, nel mio caso, mio padre, che era vivo, ma che non avevo mai visto fino a qualche mese fa”


    “Mi dispiace molto. E’ una cosa terribile”


    “Lo è. Ma anche nel nostro caso, stiamo recuperando il tempo perduto. Il mese di vacanza l’ho trascorso con lui e mi ha fatto immensamente piacere. Avevamo tantissime cose da dirci, tanto tempo perduto da recuperare”


    “Sì, capisco…e mi vergogno un po’ per una cosa”


    “Uh? Quale?”


    “Che…alcune delle cose che hai appena detto…tue faccende private, che avresti il diritto rimanessero riservate…io, grossomodo, a grandi linee…le sapevo già. Mi erano state accennate da qualcuno qui al Ryozampaku. Che tua madre era morta, che non vedevi mai tuo padre…ma mi rendo conto che siano questioni strettamente personali, e mi fa sentire un intruso averle sapute prima che tu me le dicessi di persona, come se…ti avessi spiato”.


    Miu fece tanto d’occhi, poi sorrise dolcemente.


    “Non c’è problema, dico davvero. Anzi, apprezzo molto la premura. Loro…beh, i Maestri mi hanno praticamente cresciuta da quando ero bambina. Quindi sono protettivi nei miei confronti. Non c’è nulla che possano fare che non sia per il mio bene. Anche se, in linea generale, la riservatezza è un valore assoluto, qui al Ryozampaku.


    Infatti anche con te, abbiamo avuto riguardo la tua privacy, ed è evidente che ci sono tante cose del tuo passato delle quali non vuoi parlare. Ma, per l’appunto…io lo rispetto. Capisco come ci si debba sentire”.


    Miu ripensò per un istante al mistero della ragazza col codino. Ma ora più che mai sentiva di potersi fidare di Ranma, e decise che se non ne parlava, doveva esserci un valido motivo.


    “Sì, il passato…può essere un peso, a volte” ammise Ranma dopo una breve pausa.


    “Eppure, è il fondamento del nostro presente e del nostro futuro. Bello o brutto che sia, ci insegna qualcosa”


    “Come a non rifare gli stessi sbagli?”


    “Sì, anche. Per questo ora…sono più concentrata sul recuperare il rapporto con mio padre, anziché disperarmi per il passato. Forse ad un certo punto è anche giusto andare avanti ed accogliere senza riserve quanto di bello ci offre la vita”.


    Ora era Miu ad essere loquace. Per qualche minuto i due ragazzi non dissero altro. Poi la bionda riprese:


    “Ah, a questo proposito…l’ho notato, sai…che nel programma d’allenamento hai previsto per me una domenica al mese e l’intera settimana di riposo, da passare con mio padre.
    E’ stato un tocco particolarmente sensibile da parte tua e…beh, voglio farti sapere che l’ho apprezzato”.


    Miu si allungò verso di lui e gli scoccò un bacio sulla guancia.


    Ranma non se lo aspettava, ma non ne fu-stranamente-scioccato od intimorito. Semplicemente apprezzò, accolse quel gesto d’affetto. Gli risultò naturale.


    Poi Miu gli appoggiò la testa sulla spalla e rimasero per un’altra ora a guardare le stelle.


    ◊◊◊◊◊

    Il giorno dopo Ranma si svegliò di buon’ora e cominciò prima di colazione ad eseguire forme sull’omino di legno da Wing Chun. Non passò molto che gli si avvicinò Ma Kensei.


    “Ehi, Ranma, ragazzo mio. Ho sentito che ieri avete avuto una serata movimentata”


    “Uh? Come lo sa? Gliel’ha detto Kenichi?”


    “E’ un po’ difficile nascondere le cose al proprio Maestro” affermò l’ometto con un sorriso obliquo


    << LA SERA PRIMA:
    Kenichi è legato con delle corde e Kensei gli sta sventolando addosso i vapori usciti da un braciere contenente chissà quale diavoleria.
    “Non mentire! I tuoi vestiti sono sgualciti ed hai addosso profumi di varie ragazze diverse! Hai fatto a botte con delle pupe! E non hai pensato, prima di farlo, di avvisare il tuo caro Maestro, per farlo assistere allo spettacolo? Confessa!” >>


    “Sì, quelli dell’Alleanza Shimpaku hanno deciso di tenderci un agguato, per verificare il loro livello. Un’idea di quel Nijima, ed anche di Renka, credo”.
    Ed in breve il maestro del Kung Fu venne ragguagliato su cos’era successo.


    “Mmhh…capisco. Quindi diciamo che non ci sono state conseguenze gravi. Non a livello fisico, almeno”


    Ma a livello emotivo ce ne saranno eccome, oh sì. Se non mi sbaglio di grosso vedremo alcuni sviluppi oggi stesso

     
    ◊◊◊◊◊

    Quel pomeriggio, Ranma stava mangiando un pacchetto di patatine mentre osservava oziosamente gli allenamenti di Kenichi, quando capitò una cosa piuttosto strana.


    Dal cancello del Ryozampaku sembravano provenire dei gemiti. All’inizio poteva sembrare di essersi sbagliati, e che fosse il vento, od un gatto malato di passaggio. Tuttavia, col passare dei minuti, questi si fecero sempre più pressanti, come se qualcuno fosse sottoposto ad uno sforzo sovrumano. Incuriosito, il ragazzo col codino si alzò ed andò in direzione del suono.


    Lui e Shigure si ritrovarono nella stessa posizione, appollaiati sui rami di due alberi uno di fronte all’altro, ad aspettare incuriositi cosa sarebbe successo.


    Centimetro dopo centimetro, il cancello iniziava ad aprirsi.
    I gemiti si facevano più pressanti, e dalla fessura tra le due ante si vedeva stillare il sudore del malcapitato che provava ad aprirle.
    Alla fine, con uno scatto secco, il portone si aprì del tutto e dal centro fu catapultato in avanti, crollando a terra per lo sforzo, il corpaccione di Kozo Ukita.


    Shigure si appese per i piedi al ramo, a testa in giù, come i pipistrelli, per dare un’occhiata al malcapitato. “E’ l’amico…di Kenichi…”


    Ranma ebbe un sussulto.
    E’ quel tizio di ieri sera. Ma…non sarà venuto qui perché gliel’ho suggerito io? Non pensavo l’avrebbe fatto davvero


    Ormai tutti al Ryozampaku si erano accorti di cosa stava succedendo, ed in particolare Kenichi e Miu erano accorsi al capezzale del loro amico.


    “Ukita-San! Che succede? Qualcosa non va? Cosa ci fai qui da solo?”
    “Anf…anf…troppo…pesante…” sbanfava il poveretto.


    “Ohoh!-gongolò soddisfatto Kensei-prima di quanto mi aspettassi, persino”


    Il maestro Koetsuji era arrivato come gli altri, ma, dopo un rapido sguardo, ne concluse che il ragazzo stava bene. “E’ solo crollato per il troppo sforzo. Lasciatelo respirare e gli farò bere acqua e sali minerali e starà benone”


    Dopo qualche minuto, Ukita si rese conto di avere tutti attorno ed arrossì, imbarazzato.


    Poi volse lo sguardo verso Akisame, lo abbassò subito e si inchinò, steso in ginocchio.
    “Koetsuji-sensei! La prego! Mi alleni!”


    Lo sguardo di shock che si dipinse sul volto di Kenichi e Miu non aveva prezzo.
    Ukita, ma…ti rendi conto di cosa stai dicendo?


    L’espressione del maestro filosofo del JuJitsu era indecifrabile.
    “Ne sei davvero sicuro?” disse alla fine.


    “Più che sicuro, signore!
    Ormai è…da molto tempo che io ne sono consapevole. Che non sono…al livello di tutti loro. Per me le arti marziali non sono mai state un impegno altrettanto totalizzante. Ma ho visto…il mio amico Kenichi, che era una persona comune, proprio come me, allenarsi qui e diventare un combattente straordinario, di ispirazione per tutti noi. Io…non sono mai stato speciale. Ma so che se voglio continuare a stare con i miei amici…devo diventare più forte. E per farlo sono disposto a superare qualunque difficoltà. La prego!”


    Kenichi sembrava commosso e preoccupato al tempo stesso.


    Koetsuji abbassò lo sguardo, sorridendo.
    “Uhuh…molto bene…”


    Ukita alzò lo sguardo, speranzoso.
    “Allora vuol dire che accetta?”


    Koetsuji iniziava a rimuginare tra sé e sé ma ad alta voce, con ghigno da pazzoide.
    “E’ raro, ma al tempo stesso confortante vedere un giovane che vuole impegnarsi con tutto sé stesso in quello che fa…anche se non sa ancora a cosa va incontro…uhuhuhu…”


    I visi di Kenichi, Miu ed Ukita sbiancarono, intuendo che stesse già pensando a degli allenamenti infernali da fargli fare.
    Lo sapevo, lo sapevo…


    “Kozo Ukita-disse infine il Maestro di JuJitsu-visto che sei davvero sicuro, accetto la tua richiesta. Ti allenerai con me al Ryozampaku”
    “Davvero? Grazie Maestro! Grazie davvero!”


    “Però-riprese il Maestro coi baffetti-visto che per il momento la tua condizione fisica non ti permette neppure di aprire i portoni del nostro dojo senza svenire-anche se li abbiamo resi un po’ più pesanti quando l’abbiamo ristrutturato-non credo che sarebbe consigliabile per te allenarti qui tutti i giorni, come fa Kenichi. Suggerisco una pianificazione di questo tipo: oggi tornerai a casa a riposarti, e da domani verrai qui ad allenarti di pomeriggio, due giorni la settimana, il giovedì ed il venerdì.”


    “Come? Solo due giorni? Ma…”


    “Per iniziare saranno più che sufficienti-affermò il Maestro prevenendo l’obiezione-inoltre, dal momento che, suppongo, tu stia cercando un lavoro dopo esserti diplomato, non puoi dedicare troppo tempo agli allenamenti, od essere troppo stanco a causa di essi da non poter lavorare, dico bene?”


    “Ehm…in effetti…”


    “Ed infine…uhuhu…dal momento che i miei allenamenti sono piuttosto duri, in questo modo, dopo il venerdì, avrai ben due giorni nel week end a disposizione per recuperare le forze e guarire dalle ferite prima di dover lavorare di nuovo il lunedì. Mi sembra perfetto”.


    La faccia sbiancata di Ukita valeva più di mille parole, ma poi la sua espressione si fece seria.
    “E sia”.


    Né Kenichi né Miu dissero nulla, anche se avrebbero voluto. La determinazione del loro amico era evidente.


    Ukita pagò il mensile a Kensei (in versione ridotta, visto che non si sarebbe allenato tutti i giorni) e poi fece per inforcare l’uscita. Nel farlo, però, rivolse lo sguardo a Kenichi e gli sorrise. Questi gli rispose con un gesto di incoraggiamento.


    Miu, invece, sgattaiolò con sguardo furbetto ai piedi dell’albero dal quale Ranma aveva osservato la scena, un po’ stupito, malgrado quello sviluppo l’avesse suggerito lui.


    Allo sguardo interrogativo del ragazzo col codino, la bionda gli disse:
    “Hai visto, Saotome? Anche tu, come Kenichi, stai iniziando ad influenzare le persone che hai intorno. Dovresti farci l’abitudine. Non si sfugge alla propria natura. E sei più importante di quanto tu stesso non voglia credere”


    Ranma non seppe cosa rispondere. Non gli capitava spesso.


    ◊◊◊◊◊

     

    Circa un’oretta dopo, però, il portone del Ryozampaku si spalancò di nuovo, stavolta di scatto. Tuttavia, subito dopo, seguì un silenzio totale, come se la persona che l’avesse aperto fosse indecisa se entrare o meno. Infine, come riscuotendosi di colpo dall’indecisione, Ma Renka inforcò il vialetto a velocità sostenuta.
    Indossava gli abiti più castigati che utilizzava a scuola e non quelli appariscenti che Ranma le aveva sempre visto adoperare in precedenza quando combatteva.


    Il ragazzo col codino notò che sembrava avere delle grosse preoccupazioni, lo degnò appena di uno sguardo, mentre evitò, imbarazzata, quello di Miu, ed abbassò il viso, piena di vergogna, incrociando quello di Kenichi.
    Quest’ultimo sembrava stranamente freddo con lei, come se non le avesse perdonato di aver coinvolto l’Alleanza Shimpaku nella bravata della sera prima.


    Miu, invece, sembrò intuire cosa stesse succedendo, e provare compassione per la ragazza.


    La cinesina andò dritta a grandi falcate verso il prato nel quale suo padre stava allenando Kenichi.


    Sakaki, che si stava bevendo la quarta birra della giornata, osservò “Tsk…oggi è davvero il giorno delle visite inattese”.


    Ma Kensei, invece, osservò la figlia appena con la coda dell’occhio, come se si aspettasse esattamente quello sviluppo.
    Quando Renka fu arrivata a nove passi dal padre, si inchinò in modo formale, alla giapponese.


    “Baba! Questa vostra indegna figlia, la qui presente Renka, si presenta a voi per chiedervi di essere allenata da capo!”


    Il silenzio che crollò nel cortile fu surreale.
    Uhm…proprio come pensavo…


    Poi Kensei si voltò verso sua figlia.
    “Mi aspettavo una tua visita, Renka, anche se non così presto. Però non capisco, perché non ti rivolgi allo zio Hakubi? Anzi, già che ci siamo, cosa ne sarebbe del tuo lavoro al ristorante? Genson e Shokatsu sarebbero in grado di tenere a bada le Triadi senza di te?”


    “Ho già parlato con Hakubi, padre. Anche se mi è molto affezionato, ha acconsentito a lasciarmi andare per qualche mese, ed in effetti è proprio perché lui è troppo buono con me per allenarmi seriamente che mi sono rivolta a voi. So che i legami di sangue non vi impediranno di essere severo, se necessario”


    A quelle parole, Kenichi fu un po’ stupito. Renka si rivolgeva al padre con rispetto, per quanto riguardava le arti marziali. E non immaginava che potesse essere severo. Cioè, se già comportandosi da pagliaccio rischiava di ucciderlo su base regolare una lezione sì e l’altra no, non avrebbe voluto conoscere il suo lato severo.


    “Quanto al resto-riprese la ragazza-quei due se la caveranno benissimo. In caso di necessità, possono anche contare su Kaku, Chou e Yo.
    Inoltre, Chinatown è molto tranquilla, ultimamente. Ho subito un attentato abbastanza serio, di recente, ad opera di parecchi sicari di livello Esperto, ma sono stati sbaragliati da una misteriosa ragazza dai capelli rossi che passava di là-un mistero che risolverò un’altra volta-ed è improbabile che le Triadi possano permettersi a breve di assoldarne degli altri. Dunque non ci sono ostacoli al mio allenamento”.


    A quelle parole, Kenichi fece tanto d’occhi, mentre Ma Kensei scoccò un’occhiata di stupore e riconoscenza a Ranma, che si schermì con un gesto del capo, come per dire: bof, che vuole che sia…


    Miu, invece, stava riflettendo con angoscia su un’altra cosa (anche se l’ennesimo riferimento alla misteriosa ragazza coi capelli rossi l’aveva incuriosita più che mai)


    E’ per causa mia…è perché ieri ha perso contro di me che Renka si sente così…


    “Va bene, Renka-disse infine il Maestro-puoi allenarti qui tutti i giorni dopo la scuola, come Kenichi e Miu. Mettiti di fianco a Kenichi e, per cominciare, ripeti i suoi esercizi, come riscaldamento”


    “Sì, Maestro!”


    A Miu venne un tuffo al cuore, del quale non comprendeva l’origine, nel vedere Renka posizionarsi a fianco a Kenichi ed allenarsi con lui (anche se lei aveva l’aria del cane bastonato e lui ne evitava lo sguardo, offeso).


    In quella, fu Ranma a sbucarle alle spalle, appeso al ramo a testa in giù come Shigure poco prima, ed a sussurrarle, con un pizzico di malizia:
    “Beh, anche tu sembri influenzare le persone che ti stanno intorno, Furinji. Anche se forse questo non è lo sviluppo che avresti desiderato…”


    ◊◊◊◊◊

    Ma non fu l’ultima sorpresa che si ebbe al Ryozampaku quella settimana.


    Il Giovedì vennero le Valkirie, tutte ed otto, ad implorare di allenarsi con Shigure.
    Quella, per tutta risposta, usò il fodero di un pugnale per disarmarle tutte e ridurne a brandelli i vestiti-causando uno svenimento con fiotto di sangue dal naso di Kenichi, che per sovrappiù si beccò un pugno da Miu perché non guardasse, mentre Renka invece lo soccorreva, uno scoppio di eccitazione da parte di Ma, che cominciò a fare foto all’impazzata, ed un po’ di comprensibile rossore e stupore da parte di Ranma-ma mentre le ragazze si coprivano, imbarazzatissime, la Maestra di Spade e Tutte le Armi sembrava soddisfatta.


    “Rispetto…all’ultima volta…avete parato…un colpo ciascuna…siete…migliorate”


    “Posso allenarvi un po’…ma non qui. Verrò io, ogni Giovedì pomeriggio…alla sede dell’Alleanza…Shimpaku”


    Le ragazze cambiarono espressione, diventando molto felici, raccolsero le loro cose e se ne andarono.


    Poco dopo entrarono dal portone lasciato aperto i tre galoppini di Nijima, cioè Kamioka, Kimoto e Matsui (con delle evidenti tracce di sanguinamento dal naso a loro volta, segno che avevano incrociato le Valkirie lungo la strada) e si presentarono, con un po’ di imbarazzo, al Maestro Sakaki, implorandolo di allenarli.


    Sakaki sembrava non credere alle proprie orecchie, ma dopo una serie di “Io non prendo allievi” ricevette un’occhiata di fuoco da Miu perché non rifiutasse dei clienti paganti e si lasciò convincere, riluttante, a lasciarli venire, purché tutti insieme e solo il Giovedì pomeriggio, a cominciare da quello successivo. Nella restante settimana avrebbero fatto meglio a lavorare sulla loro preparazione fisica base, se volevano sperare di sopravvivere.
    I tre pagarono il mese e poi, un po’ impauriti, corsero via ad allenarsi.


    Miu era ormai al settimo cielo, teneva stretti tutti gli yen guadagnati dal Ryozampaku in un solo giorno, più di quelli guadagnati in molti mesi precedenti in una volta sola, i suoi occhi avevano il simbolo dello yen e suonava come un registratore di cassa.


    Ranma, manco a dirlo, ormai, era un po’ perplesso sugli sviluppi.
    Dalle sue spalle gli si avvicinò l’Anziano.


    “Uhuhu, Ranma-Kun…sembra che, da quando tu sia venuto a farci visita nel nostro dojo, le cose per il Ryozampaku siano migliorate. La vostra piccola scaramuccia di Martedì sera ha avuto l’effetto di far riflettere molti degli amici di Kenichi sui propri limiti e spingerli a lavorare per migliorarsi. E di certo non guasta che vogliano allenarsi qui”


    “Lei dice, Anziano? Bisogna vedere se dureranno. Guardando alcuni di essi, non darei loro due giorni”


    Hayato si limitò a ridacchiare, ma poi osservò di nuovo il ragazzo col codino.


    Anche lui ha influenza sulle persone che gli stanno intorno…però indirettamente, non come me o come Kenichi…lui è più il tipo che dà l’esempio, e poi lascia che gli altri seguano la propria strada…in effetti, proprio come...


    ◊◊◊◊◊

    Fu però il venerdì mattina che Ranma ebbe la sorpresa più grossa di tutte, anche se, all’inizio il ragazzo col codino non se ne avvide.


    Dal portone del Ryozampaku sbucò infatti un ragazzo con un grosso ciuffo castano.


    Fu Shigure la prima ad accogliere l’ospite, sbucando, per l’ennesima volta, appesa a testa in giù dal ramo di un albero. “E tu…chi saresti?”


    Il giovane rimase sorpreso per un tempo fin troppo breve, vista la situazione, e poi cominciò a declamare versi.


    Oh, pura dama, qual benigno scherzo del fato ci ha fatti incontrare? I suoi occhi splendono come la neve sulla cima del monte Fuji. I suoi capelli sono neri e lisci come le ali dei corvi, messaggeri dei cieli*. Sei forse tu un’illusione? Una volpe** maligna? Ti prego, non confondere questo cuore innocente


    Poi tirò fuori dal nulla un mazzo di fiori e chiese
    “Vuoi uscire con me?”


    Ranma dal cortile nel quale si stava allenando con Hayato, a schivare i colpi che gli rivolgeva con delle grosse mazze di legno, udì uno << SBONK! >> e fu autorizzato ad andare a vedere.


    Quello che proprio non si aspettava era il giovane vestito con uno Hakama ed un Samue*** riccamente decorati, e stava steso a terra, incatenato come un salame, con in testa un bernoccolo che Shigure gli aveva fatto con uno dei suoi Tonfa.


    “KUNO? Ma…che ci fa lui, qui?”


    All’improvviso nella mente gli vennero, tutti insieme, una valanga di ricordi legati a Nerima, molti piacevoli, alcuni spiacevoli, sia antichi che recenti. Quelli ai quali era collegato Kuno, spiace dirlo, erano quasi tutti negativi.


    “Lo conosci, Ranma?” gli chiese la Maestra delle Armi.


    “Purtroppo sì. Si chiama Tatewaki Kuno. Era un mio Senpai alle superiori. Praticante di Kendo, abbastanza forte, ma neanche lontanamente al mio livello. Di famiglia ricca, molto arrogante ed un po’ tocco in testa. In particolare, è una specie di maniaco che salta addosso ad ogni donna che vede, anche se non è al livello del Maestro Ma o del vecchio Happosai. A differenza loro, però, vive nell’illusione che ogni donna che vede si innamorerà di lui al primo sguardo e non accetta un << NO >> come risposta”


    Nel dire questo, capì un paio di cose. Si voltò verso Shigure e le chiese:


    “Shigure, lo hai conciato così perché ci ha provato con te?”


    “Più o…meno”


    “Ohoh, dunque è un giovanotto pieno di energie” ridacchiò Hayato, per nulla contrariato.


    “Se vogliamo metterla così…”


    In quella, il “giovanotto pieno di energie” si risvegliò e tornò in piedi come nulla fosse.


    “Mi hai fatto male” disse a Shigure con tutta la calma del mondo


    “Era quella…l’idea” confermò la donna.


    “Uhm…si è ripreso in fretta” osservò l’Anziano.


    “Sì, ha la vitalità di uno scarafaggio”


    Nel sentire quella voce, Kuno Tatewaki si voltò, lo sguardo stupito.


    “Ranma Saotome. Che ci fai tu qui? Quale bizzarro scherzo del destino ti ha portato ancora una volta sulla mia strada? Ah, già, capisco. Dunque tu forse hai messo gli occhi e le grinfie sulla tenera pulzella qui presente. Ma, se è così, il Tuono Blu ti punirà nel nome di…”


    “Sì, sì, d’accordo, la conosco a memoria la pappardella. Fammi un favore Kuno: FRENA LA FANTASIA, per una volta, va bene?
    Innanzitutto, dopo tutto il tempo che ci conosciamo, dovresti aver capito che non sono quel tipo di uomo.


    Secondo: la << tenera pulzella >> della quale parli è Shigure Kosaka, Prodigio di Spade e di Tutte le Armi, uno dei Maestri di questo dojo, il Ryozampaku. Ti assicuro che NESSUNO AL MONDO sarebbe in grado di << metterle le grinfie addosso >> senza il suo consenso, a meno che non voglia guadagnarsi un rapido biglietto di sola andata per l’altro mondo.
    Diglielo anche tu, Shigure”


    Ma la giovane non reagì come Ranma si sarebbe aspettato.
    Seduta su una roccia del giardino, stava guardando in alto con aria sognante.


    “Mi hanno…riconosciuta come donna!”


    Ranma per poco non cascò per terra.


    Kuno sembrò invece molto impressionato dalla dichiarazione del ragazzo col codino.
    Come? Dunque sarebbe lei!


    Di colpo, fece un elegante inchino alla occidentale e porse a Shigure, invece che tutto il mazzo, una singola rosa rossa, che lei accettò dopo una breve esitazione.


    “La prego di perdonarmi, gentile Maestra, la maleducazione del qui presente è imperdonabile. Ero per l’appunto venuto in questo dojo per migliorare le mie abilità, ma ho permesso a pensieri mondani di distrarmi dal mio percorso. Segno che, ahimé, ho ancora molta strada da fare”


    Ranma era allibito, e lo erano anche tutti gli altri, che si stavano ormai radunando a vedere cosa succedesse.


    Tutta la pomposità di Kuno è trasformata in…cortesia? Eleganza? Forse Sakaki quella volta mi ha colpito troppo forte, sono ancora in coma e sto avendo un incubo…


    “Uhuhm, è raro trovare un giovanotto così forbito” osservò Koetsuji.


    “Tsk! Non mi piacciono i damerini” osservò sprezzante Sakaki.


    “Apa! Le rose sono buone da mangiare?” domandò Apachai


    “Ma…ma…quel ragazzino…ci sta provando con Shigure? E lei lo lascia fare?” osservò Kensei, paonazzo in viso.


    Uhm…quel Ranma conosce persone singolari…” rifletté Hayato.


    “Se ci siete tutti, lasciate che mi presenti, sono Tatewaki Kuno, dell’illustre famiglia Kuno, campione nazionale (liceale ed universitario) di Kendo, sia individuale che a squadre.
    Sono venuto in questo dojo perché ho sentito che al Ryozampaku ci fosse un Maestro in grado di aiutarmi nel perfezionare la mia abilità con la spada…anche se non immaginavo che potesse essere una fanciulla così giovane, e più bella di qualunque fiore possa regalarle per scusarmi della mia impertinenza”.


    Kensei stava fumando dalle orecchie.


    Ranma invece non credeva alle sue di orecchie, una cosa che ormai gli capitava spesso.


    “Uhm…dunque, vorresti allenarti qui?” domandò Hayato.


    “Certamente. Ho sentito dire meraviglie del Ryozampaku, ed ora che ho visto che anche Ranma Saotome-un mio affezionatissimo kohai delle superiori, la cui competenza marziale è quasi pari alla mia-si allena qui, non ho più alcun dubbio sul vostro valore”


    Il ragazzo col codino sbottò


    “Senti un po’ tu! Forse la botta in testa che ti ha dato Shigure era un po’ troppo forte! O forse è l’effetto combinato di tutte quelle che hai preso nel corso degli anni sia da me che da ogni ragazza con un po’ di amor proprio che abiti tra le Hawaai e la Corea!


    Mi sembra che ricordiamo alcuni dettagli in modo un po’ differente, Kuno.
    << Affezionatissimo Kohai? >>
    << Competenza quasi pari alla tua? >>”


    Ma il ragazzo aristocratico lo ignorò, intento com’era a pavoneggiarsi con i Maestri.


    “Tu che ne dici, Akisame? Pensi possa essere una valida aggiunta al dojo?”


    “Uhm…non saprei, Anziano. A dire il vero è strano, nel giro di pochi giorni abbiamo raccolto più studenti di quanti ne abbiamo mai avuti. Di sicuro, a livello di tempistiche ed…ehm, economico, potremmo di sicuro aggiungerne degli altri, ma…è una scelta che deve compiere Shigure. Il ragazzo si allenerebbe con lei, quindi deve sentirsi a suo agio. Viste anche le sue…eh-ehm…inclinazioni


    Shigure ora squadrava Kuno come per indovinare l’uomo, il praticante di arti marziali, nascosto dietro il ragazzino vanesio.


    “Dimmi un po’, Kuno Tatewaki. Hai detto che pratichi il Kendo, esatto? E poi?”


    Il ragazzo col ciuffo si rivolse alla Maestra e parve farsi serio.
    “Esatto, pratico il Kendo, sia con lo Shinai che con il Bokken, ma sono di recente passato al KenJutsu****, arte nella quale esiste una lunga tradizione con uno stile di famiglia. Ho anche appreso i rudimenti dell’arte dei fabbri per forgiare personalmente le katane”


    A Ranma venne infatti in mente quando, un annetto prima, Kuno aveva martellato fuori dalla fornace una katana nuova di pacca per provare ad affettarlo durante la festa di Tanabata*****


    “Inoltre, ho indegnamente passato un po’ di tempo ad impratichirmi con forme di BuJutsu, come lo Iaido, il Tanto Jutsu, il Wakizashi e Kodachi Jutsu, le Muto Dori, il Ba Jutsu, il Suiren, il Tessen Jutsu e lo Gunryaku Heiko.
    Pratico abitualmente Mekkyo e Saimin Jutsu per perfezionare la mente ed allenarmi a visualizzare i miei obiettivi” (******* NDA: sul serio, guardatevele tutte nelle note)


    Ranma grossomodo immaginava molte di quelle cose, ma non ne era impressionato
    In pratica, si crede un antico samurai in pieno ventesimo secolo…beh, ora si spiegano tutte quelle scemenze poetiche che blatera sempre, e le sue ossessioni…si sarà talmente autoconvinto di poter riuscire in qualunque cosa con l’autoipnosi, da non accettare più un << NO >> come risposta da parte delle ragazze…


    Ma tutti gli altri erano abbastanza colpiti che un ragazzo così giovane portasse avanti le antiche tradizioni con tanta diligenza. Anche Shigure parve soddisfatta.


    “Forse…potresti andare bene. Ma prima…”


    “Prima che cosa? Sono disposto a qualunque cosa pur di allenarmi con Lei, soave Shigure”


    TSk! Sì, e non solo per allenarsi, scommetto…


    Per tutta risposta, la donna ninja estrasse una delle armi che portava sulla schiena, una Wakizashi ancora nel fodero.


    “Voglio verificare…il tuo livello”


    Un lampo di interesse si accese negli occhi di Kuno. “Uhm…stimolante. E sia”


    Anche tutti i Maestri parvero interessati, e fecero spazio a semicerchio per consentire loro di duellare con tranquillità.


    Solo Ranma si mise a sudare freddo.
    “Kuno! Non sai cosa stai facendo! Guarda che quella donna…è molto più forte di me! Ti farai male! Non farti ingannare dal fatto che abbia poco più di vent’anni! Fai conto di stare duellando direttamente col vecchio Happosai in persona!”


    “Le tue premure nei miei confronti sono tanto inaspettate quanto gradite, Ranma Saotome, e lo sono doppiamente, considerando i trascorsi che ci sono stati fra di noi. Ma non temere, non LE farò troppo male”


    “Stupido idiota! Hai sentito TUTTO e non hai capito NIENTE!”


    Shigure, intanto, vedendo che Kuno aveva estratto, tra le varie armi che portava sulle spalle in una specie di faretra, il suo abituale bokken di legno, gli fece cenno di buttarlo via e prendere invece la katana.


    Questi rimase abbastanza sconvolto dall’audacia della Maestra, ma, dopo un momento di esitazione, decise, con movimenti lenti ed incerti, di accontentarla. La katana che sfoderò era nuova e di ottima fattura e scintillava brillante sul sole autunnale.


    “Ricordati che lo hai voluto tu. Kuno Tatewaki non ferisce le fanciulle, ma se è questo quello che vuoi…PREPARATI!”


    L’assalto in avanti di Kuno venne facilmente parato da Shigure, incrociando la sua arma in orizzontale.


    Come? Sto spingendo con tutto il corpo, impugno la katana a due mani, e lei la Wakizashi con una…e non si muove di un millimetro? Ed il fodero non è neanche scheggiato! Eppure si tratta di una lama eccellente.


    Con un breve scarto, la donna ninja lo respinse indietro al punto di partenza. Tatewaki sudava freddo.


    Poi dopo un breve momento di riflessione, ripartì a razzo, tirando una raffica di affondi di punta, gli stessi che usava regolarmente contro Ranma negli anni della scuola, ma, se possibile, con ancor meno successo.


    Shigure aveva in viso un’espressione beata, ma mentre parava tutti i colpi senza neanche guardarli, dietro di lei una delle vecchie statue di Akisame, appoggiate lungo il muro di cinta, esplose in mille pezzi.


    “Ehi! La mia opera!” protestò il filosofo maestro di Ju Jitsu.


    “Uhm…il ragazzo ha appreso la capacità di generare spostamenti d’aria con i fendenti che tira-osservò Hayato-le sue capacità fisiche sono sovrumane, ma il suo livello tecnico è un po’ più scarso…non mi stupisce che abbia vinto i campionati nazionali, ma non va molto oltre…non ha saputo far evolvere di pari passo il fisico e la tecnica…avrebbe bisogno davvero di un buon Maestro”.


    Ranma sudava freddo nel vedere quella scena. Gli ricordava una delle prime volte che aveva battuto Kuno, al liceo Furinkan. E se tanto gli dava tanto, questo voleva anche dire…


    “Spostatevi! Proteggete gli alberi, gli edifici! Fate presto!”


    “Uh? Cosa intendi dire?” Domandò Sakaki


    Quasi per rispondergli Kuno, spazientito, cominciò ad eseguire fendenti molto ampi e taglienti. Shigure iniziò allora a schivarli, con la stessa espressione da troll in faccia, come se stesse saltando la corda da bambina.


    Gli altri, però, man mano che lei si spostava, e Kuno, frustrato, la inseguiva, mulinando la spada a casaccio, dovettero scansarsi per evitare di essere coinvolti e capirono l’avviso di Ranma riguardo al proteggere la vita vegetale: come il ragazzo col codino ricordava bene, Tatewaki aveva un pessimo rapporto con gli alberi, che tagliava a metà senza riguardo, cercando di colpire i suoi avversari, così come con muri e suppellettili in genere.


    Ma le sue preoccupazioni furono superflue, perché Shigure, quasi intuendo il pericolo, iniziò a saltellare qua e là evitando accuratamente di avvicinarsi a qualunque cosa che potesse subire danni, sicché le spadate di Kuno colpirono sempre soltanto il vuoto, e danneggiarono al massimo un paio di rami sporgenti e di tegole della tettoia.


    Tsk! Meno male che è mattina, e Kenichi e Miu sono a scuola!


    Dopo una serie di altri colpi a vuoto, Kuno si fermò a riprendere fiato, esterrefatto.


    Forte…è così forte…


    Shigure, però, non sembrava aver smesso di divertirsi, e si abbassò la palpebra con un dito, come facevano i bambini, mentre gli faceva la linguaccia, per sfidarlo a continuare.


    Koetsuji riconobbe che era un po’ troppo “Shigure-San…quando questo sarà finito, dovremo fare un discorso riguardante il tatto…”


    Gli altri se la ridevano di brutto. Ranma aveva le mani nei capelli.
    Soltanto Kensei stava facendo il tifo di brutto per Shigure, agitando bandierine di Cina e Giappone, e mangiando popcorn, mentre gridava “Avanti Shigure! Ammazzalo! Così impara a mancarti di rispetto!” (senza minimamente cogliere l’ironia della cosa…)


    Tatewaki, invece, era livido.
    “Urgh…nessuno può prendersi gioco di Tatewaki Kuno. PROPRIO NESSUNO!”


    Ed in quella, eseguì un fendente più potente degli altri, ed accadde qualcosa.


    Dal colpo sembrò dividersi una lama fatta d’aria, a forma di mezzaluna, che si lanciò contro Shigure a grande velocità.


    Una specie di saetta attraversò di botto le menti di tutti, rendendosi conto della novità.
    Kuno stesso parve stupito di quello che aveva fatto.


    Shigure passò da un genuino stupore ad un sorriso furbo e soddisfatto.


    Ma, che cosa…?” ebbe appena il tempo di pensare Ranma


    E poi ci fu un rumore acuto, ed il vento sibilò, disperdendosi tutto intorno.


    Shigure aveva estratto la Wakizashi dal fodero, e la teneva tesa verso l’alto. Aveva eseguito un contro-fendente che aveva intercettato
    e disperso la lama di vento scagliata da Kuno. Tuttavia la tecnica era indubbiamente efficace, come sottolineato dall’espressione della Maestra.


    “Non…male” concesse.


    Kuno stesso pareva non rendersi conto di quello che era successo.
    Ma…ma che cosa ho appena fatto?


    Ranma era sbigottito.
    Quella…era una nuova tecnica? L’ha sviluppata d’istinto, nel bel mezzo della battaglia? Uno come lui? No, è come se…”


    “Shigure è stata brava” osservò Koetsuji.


    “Sì, ha tirato fuori il potenziale latente di quel ragazzo” confermò Hayato.


    “Il potenziale latente?” domandò Ranma


    “Certo che sì-confermò Akisame-Shigure si è accorta che Kuno era in grado di manipolare l’aria con i suoi colpi, ma non aveva fatto il passaggio successivo di sviluppare tale abilità per inventare una tecnica decisiva.
    Ora quelle…lame di vento possono diventare un utile strumento per avere capacità di combattere anche a distanza, pur usando un’arma ravvicinata come la spada”.


    Pazzesco…la tecnica assomigliava al Kijin Raishu Dan dello Yamasen Ken di Ryu Kumon (********), ma era un po’ meno potente, ed era composto da aria, non da vuoto. In effetti, aveva sentito dire che il vento potesse tagliare, ma non l’aveva mai visto prima d’ora.


    “Quindi quel ragazzo…” iniziò Sakaki.


    “Eh, sì-confermò Akisame-usa il Ki del Dou”


    Ma allora…Kuno non è soltanto un’idiota?


    Kuno, nel frattempo, era passato dallo stupore all’eccitazione.


    Allora posso farcela!


    “Shigure-dono, ti sono grato per avermi aiutato a sviluppare questa tecnica, ma ora…la sperimenterò su di te, per insegnarti a non prenderti gioco della mia augusta persona!”


    << Tecnica Mortale:
    Lame di Vento Multiple che Calano dal Cielo e Puniscono il Male! >>


    Ranma si strinse il naso con indice e medio
    …ma non ha perso il vizio di dare nomi assurdi alle tecniche!


    Kuno risplendeva di Ki, iniziò ad eseguire una serie di rapidi fendenti e da ognuno di essi si sprigionò come prima una lama di vento a forma di mezzaluna; e tutte iniziarono a volare contro Shigure ad alta velocità, in varie direzioni, apparentemente bloccandole ogni via di fuga…


    …perché in realtà la ragazza iniziò a danzare tra una lama e l’altra, muovendosi così veloce da lasciare delle immagini residue, ed avvicinandosi progressivamente.


    Fin quando non sparì e riapparve col viso proprio di fronte a quello di Tatewaki
    “Siamo…un po’ scarsi…in difesa…eh?”


    E ciò detto, lo colpì di affondo al petto col manico della Wakizashi, schiantandolo contro il muro, facendogli lasciare una ragnatela di crepe.


    Il ragazzo sollevò appena la testa, gli occhi socchiusi “Ma…maledizione”.


    I Maestri stavano lanciando degli Hurrah, principalmente per lo sviluppo che l’aspirante allievo aveva appena avuto, ma Ranma provava una sensazione strana.


    Nuova. Insolita.
    Tutto questo gli sembrava sbagliato. Perché gli sembrava sbagliato?


    Kuno era stato un suo rivale, una seccatura, anche se non lo era più da tempo. Non erano più nemici, ma non scordava le umiliazioni alle quali era stato sottoposto ogni qual volta in forma di ragazza aveva bisogno di qualcosa, o le palpate che lui provava immancabilmente a darle.


    Eppure…


    Eppure era comunque una persona che conosceva, con la quale aveva condiviso un po’ di percorso di vita. Un rivale col quale aveva combattuto tante volte. Una persona che conosceva la famiglia Tendo. Un compagno col quale aveva condiviso delle avventure, come quando si erano recati tutti a Nekonron, in Cina, dalle Sette Divinità della Fortuna, o quando erano naufragati nei Mari del Sud presso l’isola di Touma (9*). E poi…e poi…


    Perché vorrei almeno vedergli fare bella figura?
    Perché ho appena visto che ha più potenziale di quanto mi abbia mai mostrato?
    Perché se lo sviluppasse, diventerebbe finalmente divertente combatterci contro?
    Perché è una persona della mia vita di “prima” e non voglio che sfiguri di fronte alle persone della mia vita di “adesso”?
    Ma in fondo, ha davvero importanza?


    E scappò via di corsa.
    Gli altri lo notarono, ma non ebbero modo di chiedergli il motivo.


    Kuno si stava faticosamente rialzando, ma si reggeva in piedi a malapena.


    “Devi…arrenderti-gli intimò Shigure-come vedi sei…meno peggio di quanto…sembri, ma non ha…senso continuare questo…scontro”


    “Mai! Tatewaki Kuno muore, ma non si arrende! Posso essere sconfitto, ma non esiste che che non riesca a vibrare almeno un singolo colpo al mio avversario!”


    “Beh! Il ragazzo ha fegato!” concesse Sakaki


    “Apa! Gli amici di Ranma-squittì Apachai-sono testardi come lui!”


    In quella il “testardo” riemerse di corsa dalla dispensa con un grosso cesto con una mezza dozzina di cocomeri sulle spalle. Gli sguardi di tutti non si potevano neanche descrivere come sbigottiti


    Ho fatto in tempo
    “EHI! SENPAI!”


    Kuno, malgrado usasse la katana come un bastone per reggersi, voltò lo sguardo verso di lui “Saotome! Che follia è mai questa? Ti sembra il momento di fare merenda?”


    “Sì, mi sembra proprio il momento giusto!-dichiarò Ranma, facendo saltellare un’anguria in una mano-prendi questo!” e gliela lanciò addosso.


    All’inizio nessuno capì il motivo di quel gesto, nemmeno Kuno. Poi, quando vide l’anguria ad un metro da sé, ebbe un flash.


    La katana saettò nell’aria, rapida e precisa.
    Le varie fette d’anguria, perfettamente affettata, caddero sul prato tagliato di fresco.


    Ma…ma perché l’ho fatto? E’ stato come…un istinto…un ricordo…


    “Molto bene! Avanti, continua così! Trasformiamo questo scontro in una vera festa!” e cominciò a lanciargli addosso tutte le angurie, una per una.


    “Saotome! Cosa fai? Questo è un duello serio!” protestò Kuno, in quale intanto, però, tagliava d’istinto, tutte le angurie in pezzi perfettamente atti ad essere mangiati…


    …ed infatti i Maestri del Ryozampaku li avevano afferrati al volo e stavano improvvisando un picnic, con Apachai che si strafogava senza ritegno, ed Hayato che provava a chiedere in tono metadibondo “uhm…Akisame, secondo te qual è lo scopo di Ranma?” (ma sarebbe stato più autorevole se non avesse avuto la bocca sporca di succo e la barba piena di semi)


    “Uhm…non lo so, Anziano, ma vedo che…sta avanzando verso Kuno con l’ultima anguria in mano?”


    “SAOTOMEEE! Tu stai rovinando il mio sacro duello con la dolce Shigure! Come osi? IO TI AMMAZZO!”


    “Oh, suvvia, come sei nervoso senpai-dichiarò Ranma, canzonatorio, danzando letteralmente in mezzo a tutti i colpi che schivava-forse dovresti…RINFRESCARTI LE IDEE!”


    E ciò detto, gli si fiondò alle spalle e gli appoggiò l’anguria in cima alla testa.


    Kuno, d’istinto, calò un colpo col piatto della lama sull’ostacolo, e così facendo, si incassò la testa completamente dentro l’anguria.


    Per un attimo, calò un silenzio imbarazzato.
    Tochoumaru ed i suoi amici animaletti passarono di lì, insieme al vento autunnale.


    Tutti quanti avevano gli occhi fuori dalle orbite, smisero persino di mangiare (tranne Apachai, ovviamente).


    Poi, l’anguria si crepò e cadde giù in vari pezzi.


    Kuno era invece di nuovo in forma. Solo che non sembrava più lui. Negli occhi si vedeva solo il bianco ed aveva un’espressione spietata e decisa. Si eresse in tutta la sua altezza, col petto gonfio, e strinse la spada a due mani, con fierezza. Il suo corpo iniziò a risplendere di Ki del Dou.


    Ranma si allontanò rapidamente, ed in tre balzi, fu di nuovo in mezzo ai Maestri.
    Shigure, invece, osservava con interesse il nuovo stato del suo avversario.


    “Ranma-kun…ma che cosa hai fatto?” gli domandò Kensei Ma.


    “Oh, semplicemente, ho fatto emergere il suo IO più profondo. Oppure, secondo la terminologia che ho imparato qui, l’ho aiutato a liberare il suo vero potenziale ed a sprigionare il suo Ki del Dou.
    Dovete sapere che Kuno, in quello stato, non è veramente in sé, è come se combattesse in stato di incoscienza. In questo momento non è uno spaccone ed un pervertito, è una specie di massa vivente di arte della spada”


    “E…quale incidente del passato innesca questa reazione psichica? C’entrano dunque i cocomeri?” si informò Akisame, curioso.


    “Esatto, è stato circa due anni fa. Lui era andato sulla leggendaria Isola dei Cocomeri per…per allenarsi per battermi-disse rapidamente. In effetti, dire “per imparare ad affettare i cocomeri per fare un picnic con la mia metà femminile” avrebbe tolto fascino drammatico alla storia-e si è sottoposto ad un allenamento leggendario che consiste nel lasciare che da una rete fuoriescano centinaia di cocomeri che precipitano nella cascata sottostante. Per evitare di esserne schiacciati, ci si deve per forza allenare a tagliarli a supervelocità, sviluppando rapidità e riflessi di attacco e difesa a livelli divini. Devo ammettere che quella volta è QUASI riuscito a battermi”


    “Però” concesse Sakaki.


    “Solo che-riprese Ranma-se non si schianta di nuovo il cocomero in testa, non ritorna a combattere in quello stato d’incoscienza, e tutta la capacità che ha appreso quella volta viene, per così dire, dimenticata”.


    Akisame parve contento “Hai voluto dare al tuo amico una possibilità contro Shigure. A differenza di quanto vorresti far credere, sei generoso, Ranma”


    Il ragazzo voltò lo sguardo “NON è un mio amico. E’ solo che…sarebbe stato troppo noioso se avesse perso subito, tutto qui”.
    Gli altri ridacchiarono.


    E poi…se il tuo vero potenziale è quello che ho visto prima…voglio che ti alleni al Ryozampaku, e tra qualche mese, combatterò ancora contro di te. Stanne certo!


    Kuno misurò la distanza con Shigure che lo osservava, guardinga, e scattò all’attacco all’improvviso.


    Con un gioco di gambe completamente differente, iniziò a ruotare su sé stesso a grande velocità, attaccando con ampi movimenti circolari della spada in orizzontale, variando costantemente l’altezza dei colpi ed attaccando con un unico, continuo, movimento.
    Sembrava una trottola. Persino Shigure non aveva mai visto nulla del genere.


    “Apa! Lo scontro si fa interessante!” applaudì il Maestro di Muay Thai.


    La Maestra di Spade e di Tutte le Armi si ritrovò sulla difensiva.
    Evitò l’attacco di quel tornado di metallo saltando indietro e muovendosi a balzi intorno al cortile.


    Provò ad intercettare i colpi con la Wakizashi, ma dal momento che lo schema d’attacco non aveva senso, i colpi che parava venivano semplicemente deviati, e l’attacco continuava come niente fosse, al massimo emettendo delle scintille.


    Passarono così alcuni minuti, con Kuno che attaccava e Shigure che si difendeva.
    La donna non combatteva neanche lontanamente al massimo dell’abilità, però fin tanto che il nuovo arrivato esibiva questo livello, le era difficile batterlo senza alzare il ritmo.
    Era come se combattesse per puro istinto.


    Uhm…e quindi questa è la vera forza di questo ragazzo? E Ranma…ci teneva che io la vedessi?


    Ad un certo punto, provò a bloccare la lama piantando la Wakizashi ad intercettare la Katana con la forza, ma la lama rimbalzò, ed avvenne un incidente.


    La katana di Kuno tagliò la parte frontale del vestito di Shigure, scoprendole il seno.


    Ranma non poté evitare di sobbalzare, rosso come il suo camiciotto.


    Kensei svenne emettendo un fiotto di sangue intenso come una fontana (questo però gli impedì di scattare delle foto, e ne fu depresso per i successivi tre mesi).
    Sakaki si coprì gli occhi, mentre l’Anziano li copriva ad Apachai che domandava “che succede? Sei Miu, ho indovinato?”


    Paradossalmente, soltanto Shigure, dopo l’iniziale shock, rimase calma, anche se Kuno, benché incosciente, fu distratto da tale vista paradisiaca, ritornò il Kuno di prima e gridò “Un’apertura!” attaccando con un ampio e potente fendente.


    Pochissimi secondi dopo, il malcapitato stava steso per terra con un paio di kunai che gli spuntavano da schiena e retro della testa…


    Ranma si era ripreso da poco, e tra imbarazzo, shock e delusione, non sapeva quale sensazione provare. Poi prese un bel respiro e si calmò.
    Mi dispiace, senpai, io ci ho provato…


    In quella, Shigure arrivò verso di lui, con l’abito rattoppato alla bell’e meglio, tenendo appoggiata sopra una spalla la katana di Kuno, dentro nel fodero, e trascinandosi dietro lo sfortunato aristocratico, tirandolo con l’altro braccio per il colletto del vestito.


    “Ehi…Ranma…”


    “Uhm…sì, Shigure-san?”


    “Il tuo…ex senpai è un tipo…interessante. Credo che…lo accetterò…come allievo”


    Il ragazzo col codino si illuminò in viso, come gli altri Maestri
    “Davvero?”


    “Sì, anche se…ci sarà da…lavorare parecchio con…lui. Però ha…del potenziale. E poi, gli farà…bene avere una…donna come…Maestra. Forse, nonostante…tutto, non diventerà…come quell’altro…lì in basso”


    << Quell’altro lì in basso >> era Ma Kensei, che era stato steso su una copertina da Akisame ed, a giudicare dall’espressione, faceva dei dolci sogni a base di…morbidezze e rotondità.


    “Eheh, già” concesse Ranma.


    E la Maestra si allontanò portandosi dietro il suo nuovo allievo, per farlo curare alla clinica di Akisame, ma facendo al ragazzo col codino un cenno come per dire << ben fatto >>.


    Ranma era raggiante.
    Il numero di allievi del Ryozampaku stava davvero crescendo e si rendeva conto che in gran parte era merito suo.


    Inoltre, per qualche ragione era contento che Kuno ne avrebbe fatto parte, anche se avrebbero avuto (o proprio per questo) un rapporto su basi del tutto diverse rispetto al passato.


    Già, perché…perché ne sono così felice?
    Che ci sia qualcuno del mio passato qui, anche se si tratta di Kuno?
    Forse…mi manca la mia vecchia vita, dopotutto?
    Che cosa…voglio davvero?
    Recuperare ciò che di buono c’era nel passato?
    O proiettarmi alla scoperta del futuro?

     

     
    ◊◊◊◊◊


     
    Legenda

    Messaggeri dei Cieli*: i corvi, secondo la mitologia giapponese sono intermediari tra la Terra e le Divinità. Lo Yagata Karasu, o Corvo a Tre Zampe, nella mitologia, avrebbe salvato la vita all’Imperatore Jimmu, guidandolo poi nella fondazione del Giappone, su richiesta della Dea Amaterasu.


    Volpe** : come saprà chiunque abbia visto Naruto, in Giappone si crede che esistano spiriti demoniaci, i Kitsune, che possono assumere forma di volpe (acquisendo sempre più code, e quindi saggezza e potere magico col passare del tempo) ma anche di bellissima donna. Queste donne-volpi spesso seducono gli uomini per poi ingannarli.


    Hakama e Samue***: l’abito tradizionale che indossa sempre Kuno, anche se quella è più una divisa da Kendoka (Praticante di Kendo), mentre qui intendo la gonna-pantalone che mettono gli uomini (Hakama) e la camiciotta il cui lato si piega nell’altro (Samue) che indossa spesso. Intendo dare l’idea che Kuno stia mettendo una versione “da tutti i giorni” e “Di lusso” dei suoi soliti abiti.


    ****: Il Kendo è l’arte della spada intesa come sport e metodo di miglioramento personale, come le arti marziali moderne. Lo Shinai è la spada da allenamento fatta di bambù, ed il Bokken quella in legno massiccio che Kuno usa sempre. Il KenJutsu è invece l’antica arte della spada usata dai Samurai sui campi di battaglia usando spade vere


    *****: è successo nel volume 35 di Ranma, capitolo 377, quando Ranma ed Akane devono unire le due metà di un bambù magico


    *******: Sono tutte arti marziali che fanno parte del Bu Jutsu, cioè le arti tradizionali dei Samurai (e ce ne sarebbero altre ancora…). “Jutsu”, come ormai saprete, vuol dire “Tecnica”.
    Il Tanto è un piccolo pugnale, Wakizashi e Kodachi sono spade corte, spesso usate in coppia con una katana, ma la Kodachi è spesso più lunga e più curva di una Wakizashi.
    Lo Iaido è l’arte di colpire con la katana estraendola rapidamente dal fodero
    Le Muto Dori sono tecniche di disarmo a mani nude.
    Il Ba Jutsu è l’equitazione
    Il Suiren è la capacità di nuotare in contesti militari (o di guadare i fiumi con l’armatura)
    Tessen Jutsu è l’arte di combattere con un ventaglio con spunte di metallo
    Gunryaku Heiko è lo studio delle antiche tattiche militari dei generali
    Mekkyo è una forma di meditazione zen trascendentale di origine buddista
    Saimin Jutsu sono un insieme di metodi di visualizzazione degli obiettivi acquisiti con l’autoipnosi (NDA: il che spiegherebbe molte cose sui problemi mentali di Kuno…)


    ********: Il Kijin Raishu Dan (Colpi Multipli della Divinità Demoniaca) è la tecnica finale dello Yamasen Ken, l’arte marziale creata da Genma ed usata da Ryu Kumon, il rivale di Ranma del volume 28 del Manga


    9* Rispettivamente, primo e secondo film di Ranma


    10* Episodio dell’Anime “L’Isola dei Cocomeri” o capitoli 191-193, volume 19


    Nota dell'Autore

    Capitolo di transizione, ma ci tenevo ad approfondire il legame tra Ranma e Miu e ad estendere l'allenamento al Ryozampaku a molti personaggi, anche alcuni minori.


    Finalmente è arrivato un personaggio di Nerima, cioé il vecchio Kuno, facendosi subito riconoscere. Ho provato a renderne il parlare pomposo ed inutilmente poetico, ed al tempo stesso a trasmetterne una specie di evoluzione, come se stesse diventando meno molesto,ma credesse comunque alle sue stesse fanfare. Inoltre, mi andava di svilupparne il potenziale di combattimento.


    Non sarà l'ultimo, né il più importante, tra i vecchi personaggi che ritorneranno, ma per intanto accontentatevi.


    Nel prossimo capitolo Ranma si troverà di fronte ad una scelta fondamentale, dovendo decidere se assumersi o meno delle responsabilità concrete di insegnamento


    Da questo capitolo in avanti, inoltre, la storia avrà una struttura diversa: ogni capitolo sarà dedicato ad un singolo evento importante, che occuperà tutto il capitolo, salvo eccezioni. Si inizierà a breve a delineare una minaccia che poi ci porteremo avanti sino alla fine


    Buon proseguimento!

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    Capitolo 11
    *** La Determinazione di Kisara ***





    Da qualche giorno la vita al Ryozampaku era diventata più movimentata e vivace.
     


    Kuno aveva cominciato ad allenarsi con Shigure, anche se era stato stabilito che sarebbe venuto soltanto di Martedì e Mercoledì mattina (con grande scorno di tutti, una volta vista la mazzetta di banconote che aveva tirato fuori per il pagamento) e Ranma lo aveva visto allenarsi con lei con diligenza ed inaspettata serietà.
     


    Miu e Kenichi lo avevano conosciuto appena, dal momento che loro invece si allenavano nel pomeriggio, dopo la scuola (Tatewaki aveva comunque fatto il baciamano a Miu nell’unico incontro avuto con lei, suscitando facce di disappunto sia in Kenichi che in Ranma).
     


    Tutti gli altri nuovi iscritti si allenavano nei seguenti giorni: Ukita il Giovedì ed il Venerdì pomeriggio con Akisame, i tre dello Shimpaku il Giovedì pomeriggio con Sakaki, Renka tutti i pomeriggi con suo padre (incrociandosi con Kenichi di Mercoledì e Giovedì, con un certo scorno da parte di Miu). Sabato pomeriggio, Shigure aiutava le Valkirie.
     


    Ranma, che si allenava sempre al mattino e pranzava e cenava con sua madre, passava molto tempo al Ryozampaku anche di pomeriggio, a volte sgranocchiando qualcosa, a volte leggendo manga o riviste, o chiacchierando con i Maestri non impegnati, ma principalmente osservando gli allenamenti di Kenichi (quelli di Miu erano ancora ricoperti da rigoroso riserbo, e l’Erede della Scuola Saotome non aveva dubbi che l’Anziano avesse delle motivazioni precise al riguardo).
     


    Tuttavia molti pomeriggi non voleva dire proprio tutti. Infatti aveva preso l’abitudine di bighellonare tra un quartiere e l’altro, ed in un paio di occasioni era persino uscito a bere una bibita con i suoi vecchi compagni di classe Hiroshi e Daisuke (evitando accuratamente qualsiasi discorso riguardante Akane).
     


    Da quando poi il Ryozampaku si era fatto più affollato, capitava più spesso che sentisse proprio il bisogno di passare del tempo da solo per riordinare le idee. Gli allenamenti che stava facendo da loro, per quanto duri, gli stavano facendo fare progressi straordinari in poco tempo, ma, con sua somma sorpresa, Ranma si era reso conto che gli allenamenti non sono tutto nella vita.
     


    Durante quelle passeggiate solitarie, che compiva senza un vero tragitto, si era infatti trovato a pensare a tante cose, non ultima il fatto che dovesse trovarsi un lavoro. Aveva, è vero, pagato il Ryozampaku in anticipo per un anno, ed aveva ancora parecchi soldi dai lavori che aveva svolto mesi prima, coi quali contribuiva alle spese di casa, ma pensò che sia per il proprio bene, sia per quello di Nodoka, dovesse, ora che non c’era Genma (il quale, comunque, non era mai stato un modello nel provvedere alla famiglia) assumere del tutto il ruolo di “uomo di casa” e portare a casa il pane, con regolarità.
     


    Già, ma come?
     


    Non aveva certo terminato il suo addestramento, e quindi poteva solo impiegare il pomeriggio per lavorare e visto che la sua vita si svolgeva tra il Ryozampaku e la casa di sua madre, non poteva neanche allontanarsi troppo dall’area compresa tra i due quartieri.
     


    Anche riguardo al che cosa fare, buio completo. Qualche mese prima, sulle montagne, aveva svolto lavoretti a cottimo, impiegando le sue capacità sovrumane per svolgere in poco tempo compiti (soprattutto trasporto di materiali durante gli scioperi dei trasporti) che avrebbero richiesto ad altri giorni o settimane, ma, oltre al fatto che non gli andava di togliere il pane di bocca ad onesti lavoratori, questo tipo di crumiraggio era molto più difficoltoso in ambiente cittadino.
     


    E’ davvero assurdo…tutta questa storia è iniziata perché avrei dovuto ereditare la Scuola di Arti Marziali Indiscriminate…e quindi lavorare per tutta la vita facendo l’istruttore…tutto ciò che so fare, invece, è combattere…insegnare è cosa diversa, anche se sto facendo pratica con gli esercizi di Kenichi…mio padre e Soun erano convinti che non si potesse insegnare Arti Marziali senza possedere fisicamente un dojo…avranno avuto ragione?
    Ultimamente, persino il Ryozampaku trabocca di allievi, ed in gran parte è merito mio…mi meriterei una percentuale, a ben vedere…
     


    Mentre rifletteva, c’era una figura che lo seguiva a debita distanza, nascondendosi dietro ogni angolo, palo o cestino che incontrasse.
     


    Oppure potrei cercare lavoro in un ristorante…cucinare è l’unica altra che so davvero fare…bisognerebbe capire come regolarsi con gli orari e…
     


    “Ehi, vieni fuori! Credi che non ti abbia notato?” gridò all’improvviso
     


    La figura emerse lentamente da dietro un albero, come se la lentezza riflettesse lo stupore di essere stata sorpresa.
    “Tsk…sei davvero un esperto…pensavo di essere stata discreta” commentò la ragazza a denti stretti, imbarazzata ed impressionata al tempo stesso.
     


    Era Kisara.


    “Il tuo concetto di << discreto >> non è il mio stesso concetto di << discreto >>. Per i miei sensi, eri come un elefante in una cristalleria, e con i tuoi sotterfugi stavi disturbando i miei pensieri.


    Tu sei la ragazza chiamata…Kisara Nanjo, esatto? L’amica di Kenichi e Miu che sta con gli Shimpaku.
    Che cosa vuoi da me? E sbrigati”


    Kisara sembrò stupita ed insolitamente docile. Si rese conto, anche se non osservava molto l’etichetta, che non si erano mai presentati formalmente, e non poteva neanche farlo per bene, perché lui conosceva già il suo nome. Imbarazzata, e chiaramente fuori allenamento con le formalità, fece un inchino rigido ed esagerato, gridando


    “S-sì, quello è il mio nome, signor Ranma Saotome, mi chiamo Kisara Nanjo. Piacere di conoscerla e la prego di scusarmi per le scortesie dell’altro giorno e per l’assalto contro di lei”


    Era ancora inchinata, in silenzio, mentre il vento spostava la polvere. Ranma era molto perplesso.


    “Beh, non posso dire che me lo aspettassi. Non sembravi davvero una persona formale, anche se personalmente non bado troppo all’ossessione del nostro paese per l’etichetta. Quanto al resto…non c’è bisogno di scusarsi, che importanza vuoi che abbia? Il passato è passato”


    “Beh, il fatto è che-balbettò Kisara, ancora con il viso verso terra, per quanto la cosa dovesse costarle uno sforzo immane- so che non sembra, ma sono una ragazza di buona famiglia, anche se sono la pecora nera che passa il suo tempo a combattere e non uso spesso l’educazione che mi hanno impartito. Però mi rendo conto che siamo partiti col piede sbagliato, e…soprattutto, perché sono venuta a chiederle un favore”


    “Per tutti i Kami, rialza quella testa e smetti di usare il << lei >>. Di cosa si tratta? Non sarai ancora parlando di…?”


    “Di Ranko, sì, o comunque si chiami!-esclamò la ragazza rialzandosi dritta, in tono supplichevole-io…mi rendo conto che si tratti di un impulso…o di un capriccio…no, chiamiamolo pure istinto. Il mio istinto mi dice che quella ragazza è la persona giusta per farmi da Maestra! Ed anche se non lo fosse…credo di avere il diritto…di incontrarla, provare a convincerla e…se anche dovesse dirmi di no, di sentirmelo dire direttamente da lei!”


    Ranma si ritrovò a sbuffare. Ed ora come ne esco?


    Kisara proseguì “Io…capisco che noi non ci conosciamo e che…tu non hai motivo di accontentarmi. Ma ti prego di fare almeno un tentativo, nel nome del rapporto che ti lega a Kenichi e Miu. Loro…sono le persone che mi hanno cambiato la vita…e l’hanno cambiata anche a tutti gli altri dello Shimpaku…figurarsi, prima di incontrare loro eravamo tutti dei teppisti, te l’avranno detto…ed ora, invece…inseguiamo la via delle VERE arti marziali…ma a differenza loro…o di Takeda, il pugile, io non ho qualcuno che possa guidarmi…quindi, per poter continuare a stare al loro fianco…a combattere insieme a loro, a ridere insieme a loro…devo diventare più forte. Visto che pratichi arti marziali, penso che tu possa capirlo”.


    Quasi le stesse parole di Ukita


    Ranma inspirò a braccia conserte.
    “Capisco quello che vuoi dire. Rispetto le tue motivazioni, dico davvero. Ma ti ripeto ancora che Ranko non è la persona che fa per te. Non ha…nessuna idea di come si addestri un discepolo, non l’ha mai fatto in vita sua e…penso che per lei sarebbe solo una seccatura”.


    Kisara deglutì e guardò il ragazzo col codino fisso negli occhi.
    “La conosci molto bene. Chi è?”


    Per un lungo istante nessuno disse nulla.


    “Mia sorella gemella”.


    Ranma fu il più stupito di tutti a sentire quelle parole dalla sua bocca.
    Anche per la banalità della soluzione: perché non aveva mai usato prima quella scusa? Era così ovvia, così credibile.


    “Lo sapevo!-disse Kisara, con un gesto di trionfo-e…se posso chiedere, in che rapporti siete? Dove si trova ora? Accetterebbe di ascoltarmi se glielo chiedessi tu?”


    “Sei davvero cocciuta. Non so dove si trovi Ranko, è sempre stata scapestrata e fa solo quello che vuole lei. Potrebbe trovarsi qui di fronte a te o dall’altra parte del mondo, chissà. Dicevo la verità, anche se non volevi credermi. Non si sta addestrando al Ryozampaku, questo è sicuro. Miu e Renka sono ancora le uniche donne, laggiù.


    Ma, se hai visto Ranko da queste parti-proseguì con un sorriso più gentile-può darsi che bazzichi questi dintorni e che uno di questi giorni tu la riveda. Nel caso, potrai chiederle direttamente tutto quello che vorrai. E’ tutto quello che posso dirti.
    Ci vediamo!” concluse con un gesto di saluto con le dita, voltandole le spalle.


    “Ehi! No, un momento! Ma…ho ancora un sacco di cose da chiederti, e…”


    Non ci fu nessun “E…” Ranma schizzò via ad una velocità impressionante, lasciando Kisara di sasso. Ma dopo un momento iniziale di stupore, la ragazza ritornò al proprio contegno abituale.


    “Ma che cosa crede, quello stronzo? Se pensa che mi arrenda così facilmente…”
    E si lanciò all’inseguimento.


    ◊◊◊◊◊

    Ranma aveva distanziato Kisara di diverse centinaia di metri, sfrecciando tra i vicoli, e si sentiva ormai al sicuro.


    Se non fosse che, proprio mentre ci passava davanti, un idrante esplose, formando una colonna d’acqua alta decine di metri.


    Un vecchietto che passava di là, reggendosi ad un bastone, commentò
    “Eh, erano anni che dicevo al rappresentante di quartiere che quell’idrante non era sicuro, ma non l’hanno mai sostituito. Che tempi, signorina, dove andremo a finire, dico io…”


    La “signorina” era ancora ferma sul posto, sgocciolando come le cascate del Niagara, ed aveva l’espressione di chi non credeva ai propri occhi.


    Comincio a pensare che la maledizione di Jusenkyo non consista solo nella trasformazione…ma anche in questa dannatissima dose di rogna…


    Proprio in quella, attirata dalla colonna d’acqua, spuntò Kisara, trafelatissima, da dietro un angolo.
    “Oh! Ma…ma tu sei…allora era vero che potevo trovarla qui intorno!”


    Le sfortune non vengono mai da sole, decisamente


    “Vi ho trovata! Maestra, cioè Ranko, cioè, io…”


    Kisara si tuffò a terra, in ginocchio.
    “Buongiorno, signorina, sono Kisara Nanjo, piacere di conoscervi. La ringrazio immensamente per l’aiuto di quella volta!”


    “Ranko” rimase un po’ scioccata, ma doveva reggere il gioco.


    “Oh, ehm…e tu chi sei…strana ragazza che non conosco affatto?”


    Kisara rialzò lo sguardo da terra, l’espressione leggermente ferita “Ma…beh, forse non vi ricordate…circa una settimana fa…una praticante di Lucha Libre vi stava inseguendo…e mi sono accodata anch’io per chiedervi una cosa…poi ci siamo imbattute in una praticante di Kempo cinese, attaccata da membri delle Triadi…è scoppiata una battaglia…e voi ci avete salvate…e mi avete detto il vostro nome…signorina Ranko”


    Ranko si mise una mano sulla nuca e scoppiò in una risata esagerata e recitata malissimo.


    “Ohoho! Ma certo! Ma certo! Che sbadata! Ma non devi ringraziarmi, è stata una cosetta da nulla. Faccio cose di quel genere ogni giorno, non posso certo ricordarmi di tutto. Beh, se era solo per quello, ora devo proprio andare e…”


    “NO! UN’ALTRA COSA!”


    Tombola!


    “DEVO CHIEDERLE UNA COSA! HO ANCHE INCONTRATO SUO FRATELLO RANMA; SIGNORINA; CHE SI ALLENA AL RYOZAMPAKU; E L’HO DETTO ANCHE A LUI…IO…LA PREGO DI DIVENTARE LA MIA MAESTRA! LA PREGO; MI ALLENI!”


    Ranma dovette fare finta di non aver sentito la stessa storia per la terza volta.


    “Oh, ma…beh, come dire, io…non sono una Maestra e…non prendo allievi, mi dispiace. Sono solo un’umile praticante di arti marziali, ed in effetti mio fratello è molto più bravo di me-oltre ad essere un ragazzo saggio, gentile e piuttosto bello-ma credo non prenda allievi neanche lui, a dire il vero. Beh, come dicevo, sono davvero di fretta. Spiacente di non poterti aiutare”


    Kisara la guardava perplessa, non riconoscendo la descrizione di Ranma, ma proseguì, imperterrita


    “Capisco, ma per me sarebbe davvero importante poter almeno PROVARE! Io…l’ho vista combattere e…ed era qualcosa che non avevo mai sognato. Come praticante di arti marziali…come donna…sarebbe davvero importante se lei…ci ripensasse…e mi desse solo una possibilità…sono disposta a qualunque cosa…e naturalmente la pagherò per il disturbo, s’intende…”


    “Sì, ma davvero, io ho…ho la pasta sul fuoco, devo proprio scappare” continuò la rossa, sempre più imbarazzata, fingendo di guardare un orologio da polso che non aveva.
    Ma di fronte alle continue insistenze di Kisara, a “Ranko” fu chiaro che non si sarebbe mai liberata di lei. Allora stese le braccia lungo il corpo, chiuse gli occhi e prese un bel respiro. Persino Kisara percepì il suo Ki e tacque di colpo.


    Scuola di Arti Marziali Indiscriminate. Stile Saotome. Tecnica Finale…”


    Oooh, mi mostrerà una sua tecnica? Oppure…vuole usarla per sbarazzarsi di me? Od è una specie di test?


    “…FUGA A GAMBE LEVATE!”


    Sollevando un polverone enorme, Ranko sparì alla vista.


    Kisara rimase paralizzata dallo shock, una gocciolona enorme sulla tempia, ed un tic nervoso sulla fronte. Non credeva ai suoi occhi.


    “Que…quella sarebbe una tecnica?”


    “MI STA PRENDENDO IN GIRO! Accidenti, tale fratello, tale sorella!-sbraitò la ragazza gettando, stizzita, il suo cappello a terra-e VA BENE! Se vuole giocare a nascondino, facciamo pure! Deve ancora nascere chi snobba Kisara Nanjo!” E si lanciò all’inseguimento.


    Ranma si assicurò di prendere ogni vicolo, ogni strettoia, ogni deviazione, ogni curva, pur di levarsi di torno Kisara. Non era sufficiente essere più veloci, doveva accertarsi che non immaginasse che strada avrebbe fatto.
    Prima era stata fortunata, lo scoppio dell’idrante aveva attirato la sua attenzione, ma ora…quante possibilità c’erano che qualcos’altro la indirizzasse nella zona giusta?


    E proprio in quel momento, un adorabile micetto le attraversò la strada.


    AAAAAH!


    Sembrava che qualcuno fosse stato squartato vivo. La ragazza si fermò di colpo.
    “Quella voce…è la sua. Ma cosa sarà successo? Comunque viene da lì, dalla zona del mercato”


    Ma quando Kisara arrivò nel vicolo, non vide proprio nessuno.


    “Accidenti, mi è sfuggita. Quella maledetta vigliacca. Ma la ritroverò, quant’è vero che mi chiamo…
    MIO BELLISSIMO AMORUCCIO; COSA CI FAI SOLO SOLETTO? VIENI A CASA CON KISARA!”


    E lanciandosi ad inseguire il gattino marrone che aveva notato solo in quel momento, si allontanò.


    Ranma era ancora sotto shock, attaccato al lampione soprastante, sul quale era balzato d’istinto appena aveva notato il pericolo felino. Per qualche miracolo, la seccatrice non aveva alzato lo sguardo al cielo e non l’aveva notata. Ancora tremante e balbettante, scese a terra mezzo metro alla volta.
    “Ki-Kisara, maledetta…mi hai…rovinato la giornata…spe-spero di non rivederti mai più”


    ◊◊◊◊◊

    Infatti, il giorno dopo, mentre passeggiava nei dintorni del Ryozampaku, dopo pranzo, in forma di maschio, Ranma se la ritrovò che lo pedinava ancora, stavolta apertamente, senza neanche provare a nascondersi.


    Se accelerava il passo, lo accelerava anche lei. Se si fermava, si fermava anche lei. Se fingeva di guardare le vetrine, lo faceva anche lei, a pochi metri di distanza.
    Dopo cinque minuti nei quali aveva tentato di ignorarla, si voltò verso di lei e sbottò


    “INSOMMA; SI PUO’ SAPERE COSA ACCIDENTI VUOI DA ME?”


    “La stessa cosa di ieri-replicò la ragazza con espressione indolente-che tu mi faccia parlare con tua sorella Ranko. Ieri sono riuscita ad incontrarla, ma si è rifiutata di aiutarmi ed è scappata via”


    “E questo non ti fa venire il vago sospetto che non voglia saperne della tua proposta, eh, Einstein?”


    “Kisara Nanjo non accetta un << no >> come risposta. Fa parte del mio credo come praticante di arti marziali. Prima o poi riuscirò a farle cambiare idea, ma devo prima ritrovarla” dichiarò con somma sfacciataggine.


    Ranma si dovette trattenere dal prenderla a schiaffi perché era una ragazza.


    “Beh, il MIO credo come praticante di arti marziali comprende il non venire scocciato di primo pomeriggio da ragazzine impertinenti e viziate, quindi…ti saluto!”


    E corse via così veloce che Kisara non riuscì a raggiungerlo.


     La stessa scena si ripeté ogni giorno per una settimana.
    Ranma tentava sempre strade diverse, ma Kisara lo ritrovava sempre, anche perché sapeva che sarebbe passato dai paraggi del Ryozampaku, prima o poi, all’andata od al ritorno.
    Ed ogni volta il ragazzo col codino seminava la praticante di Taekwondo correndo via a tutta velocità.


    Ma una volta Kisara sbucò fuori proprio subito dopo che un venditore ambulante che trasportava una vasca di pesciolini rossi su un monociclo era inciampato in una buca per strada rovesciando il suo carico addosso a Ranma-circostanze del genere, notò Ranma, capitavano con frequenza sospetta-e fu così che la ragazza incontrò di nuovo Ranko.


    “A-Ah! Sapevo che l’avrei ritrovata! Uh? E’ ancora bagnata fradicia? Come mai?”


    “Sai com’è-rispose Ranko, acida ed ancora seccata- fa talmente caldo oggi…poi, il nuoto è uno sport completo, e mi sono detta: << perché non fare una bella nuotata? >>”


    “Sarà, comunque…questa volta non può sfuggirmi di nuovo!”


    “Infatti non ho nessuna intenzione di farlo-replicò Ranko con aria seria-so cosa stai facendo. La devi smettere di tormentare me e mio fratello, approfittandoti della nostra pazienza! So che ti ha già dato una lezione una volta, ed io farò lo stesso!”


    “Mi sta…sfidando a duello?”


    “E se vincerò io, tu lascerai in pace entrambi i gemelli Saotome, siamo intesi? Mio fratello è troppo gentile, ma io non ho problemi a picchiare le donne!”


    “Interessante!-affermò Kisara, con un lampo negli occhi-ci sto!”


    Pochissimi secondi dopo, la ragazza rovinò a terra, piena di lividi.


    “E con questo siamo a posto-dichiarò Ranko spazzolandosi una mano con l’altra-non ci rivedremo mai più. Buona vita”


    “E’…è davvero incredibile…ancora più forte di quanto avessi visto l’altra volta…non ci sono dubbi, lei DEVE diventare la mia maestra…non può farlo nessun altro!”


    Ranko non poteva credere alle sue orecchie, gli occhi invece le schizzavano praticamente dalle orbite.
    “Coooosa? Ma…il duello? Le condizioni erano che…oh, va’ al diavolo, io me ne torno a casa”


    “Vada pure. Io so…aspettare”


    ◊◊◊◊◊

    Il giorno successivo, Ranma decise di giocare d’anticipo. Si presentò nei pressi del Ryozampaku già trasformato in Ranko, ben deciso a finirla una volta per tutte.
    Non aveva davvero intenzione di fare seriamente del male a Kisara, ma doveva almeno spaventarla, farle credere che volesse farlo, per farla desistere.


    Così, quando la ragazza col basco sbucò da dietro l’angolo e la vide, ormai per nulla stupita, non le lasciò il tempo di avvicinarsi, né di aprire bocca: le si gettò contro, a tutta velocità, i pugni serrati.


    Non devo farle male…solo spaventarla…


    Ma Kisara non faceva una piega.
    Ferma, in piedi, sorrideva con uno sguardo furbo, tipico di chi ha un asso nella manica.


    Ed un attimo prima che la rossa potesse colpirla, infilò una mano in tasca.


    Un’arma?


    Invece tirò fuori una mazzetta di banconote.


    Ranko frenò talmente in fretta da fare scintille sull’asfalto.


    “Posso offrirti qualcosa?”


    ◊◊◊◊◊

     

    Pochi minuti dopo, Kisara stava seduta al tavolino di una pasticceria, a vedere con sorpresa come Ranko avesse spazzolato a velocità supersonica tre maxi gelati Parfait e ne stesse ordinando un quarto.


    La praticante di arti marziali severa e spaventosa non c’era più, sostituita da una ragazza che si comportava in modo spudorato ed infantile. A tratti le ricordava la piccola Kushinada…


    “Certo che…non fai davvero complimenti, eh?” domandò, abbastanza perplessa.


    Ranko la squadrò con diffidenza, sbucando da un lato della maxi coppa, con le labbra sporche di gelato.
    Se non fosse stato per quel dettaglio ridicolo, sarebbe potuta sembrare una vedetta che si rivolge con diffidenza ad una spia che vuole passare un posto di blocco.


    “Allora, che cosa vuoi da me?”


    “Te l’ho già detto un mucchio di volte, e prima lo avevo detto anche a tuo fratello. Voglio che tu diventi la mia Maestra di arti marziali”.


    “Umph! Mi diphpiashe per te-bofonchiò Ranko con sufficienza, con la bocca piena di gelato-ma io non prhendo…allievhi”


    Kisara spiccò un sorriso, lo sguardo tagliente. Aveva scoperto il suo punto debole, ormai.


    “Se accetti, ti offro 200.000 yen al mese” (circa 1200 Euro attuali, NdA)


    Poco ci mancò che Ranko si strozzasse col Parfait.


    Seguì un lungo silenzio carico di sospetto.


    “Ma tu…hai veramente tutti quei soldi?”


    Kisara tirò fuori un’altra mazzetta di banconote, più grossa della prima, e la schiaffò sul tavolo, con arroganza.


    “Ecco qui il primo mese! In anticipo, in contanti, sull’unghia!”


    A Ranko vennero gli occhi a registratore di cassa. Somigliava un po’ a Miu.


    In questo modo, avrebbe potuto contribuire alle spese di casa e gli sarebbe avanzato ancora parecchio.


    “So che non lo sembro-riprese Kisara dopo una pausa ad effetto-ma sono una signorina di buona famiglia, i miei genitori hanno una grossa azienda e mi passano una rendita mensile piuttosto sostanziosa, che posso spendere come voglio. Quindi, che ne dici, accetti?”


    Ranma dovette rifletterci un momento. Non gli andava di cedere così facilmente, ma era veramente tentato…guardandola di sottecchi, le disse:


    “Sei davvero sicura? Guarda che il mio addestramento è molto severo. Non è che dopo un paio di giorni ti metterai a frignare, e vorrai smettere?”


    “Mettimi alla prova. Sono disposta a tutto. Ma, anche se dovesse accadere, i soldi anticipati saranno comunque tuoi”


    “Perché ti interessa tanto diventare forte?”


    “Che domande! Quale praticante di arti marziali non vuole farlo? Ma, se hai parlato con tuo fratello, saprai che faccio parte dell’Alleanza Shimpaku e che ci opponiamo ai malvagi praticanti dello Yomi. Alcuni di noi…hanno dei Maestri, ma a me ne manca uno. E temo che prima o poi…rimarrò indietro”.


    “E perché dovrei essere proprio io il tuo Maestro?”


    “Perché ho visto come hai sistemato quei tipi. Perché penso che il tuo stile di combattimento sia simile al mio. E soprattutto, perché voglio che il mio Maestro di arti marziali sia una donna”


    “Bof! Che modo di ragionare sciocco! Se pensi a diventare forte devi abbandonare qualsiasi tipo di preconcetto e limitazione. Porsi dei limiti inutili ti farà ammazzare!”


    “Non è una sciocchezza! Io…sono sempre stata sottovalutata, perché sono una ragazza! Forse…sarà successo anche a te, almeno credo…sei così forte, magari nessuno ha mai osato…E poi, c’è una persona che ammiro molto…Freiya-San, voglio dire Kaname Kugatachi, dello Shimpaku…è una mia senpai, ma lei combatte in modo diverso…usa le armi. Io…non credo ci sia nulla di male, ma voglio essere in grado di raggiungerla, combattendo però col mio stile personale”.


    Ranma non era ancora del tutto convinto, e continuò a squadrarla.


    “E SE decidessi di accettare, quando vorresti allenarti? Io sono impegnata tutte le mattine, sappilo”


    “Eh? Voglio dire…sì, va benissimo il pomeriggio, anche io sono impegnata di mattina”


    “Cinque giorni a settimana”


    “Sì, perfetto”


    “E dove vorresti allenarti?”


    “C’è un grosso campo dietro la villa dei miei, si potrebbe usare quello”


    “Occorrerà dell’attrezzatura”


    “Posso procurarmi tutto il necessario”


    “Nel caso, prometti di obbedire a qualsiasi mio ordine?”


    “Certo che sì, Maestra”


    “Senza discutere?”


    “Certo che no”


    “Per quanto strano, bizzarro, umiliante, od apparentemente non collegato con l’allenamento possa sembrare?”


    “Beh…ma sì, ovvio. Mi fido completamente di lei”


    “E smetteresti di scocciare me o mio fratello in altri momenti della giornata?”


    “Prometto solennemente”


    “E non racconterai a nessuno che ti sto allenando? Neanche a Miu, Kenichi, od all’Alleanza Shimpaku”


    “Se preferisce così, manterrò il segreto”


    “Anche se dovessi vedere mio fratello, comportati come se nulla fosse”


    “Va bene”


    “Terrai chiusa quella boccaccia quando te lo chiedo?”


    “Sigillata”


    “E parlerai con rispetto quando interpellata? << sì, Maestra, certo Maestra, subito Maestra >> sono le uniche frasi che voglio sentire uscire dalla tua bocca”


    “Sì, Maestra”


    “Inoltre, non mi parlerai mai di nessun argomento privato, né chiederai a me di parlare della mia vita? Fa’ conto che io non esista, che sia sbucata dalla terra, non abbia parenti od amici e non mi interessi niente e di nessuno”


    “Nessuna chiacchiera che non riguardi l’allenamento”


    Ranko la guardò un altro po’. Riconosceva un’espressione determinata, quando ne vedeva una.
    Finì velocemente il Parfait, poi emise un grosso sbuffo.


    “E va bene, se proprio insisti, potremmo anche provare…”


    Kisara aveva le lacrime agli occhi dalla gioia.
    “Davvero? DAVVERO? Oh, non se ne pentirà, Maestra!”


    “Impossibile!-replicò Ranko, afferrando la mazzetta di banconote, saltando giù dalla sedia e lanciandole il conto da pagare-me ne sono GIA’ pentita”


    “Comunque-aggiunse mentre si avviava all’uscita-ancora non sono convinta che tu abbia quello che serve per allenarti con me. Per un periodo, faremo dei TEST. Se li supererai, al termine ti accetterò ufficialmente come mia allieva ed avrà inizio l’allenamento vero e proprio”.


    “Come? Dei test? Sì, certo, qualunque cosa”.


    ◊◊◊◊◊

     

    Qualche minuto dopo, in un terreno abbandonato, Ranko spiegò alla ragazza che cosa voleva dire.


    “Oggi è lunedì. Tutti i giorni, per UN MESE, ci incontreremo nello stesso posto ed allo stesso orario di oggi.


    Ogni volta, ti chiederò di eseguire un compito, da svolgere a casa per l’intera giornata.
    Il giorno successivo verificherò che tu l’abbia fatto veramente, e ti darò il prossimo.
    Se alla fine del mese li avrai svolti tutti con successo, allora inizierò ad allenarti sul serio”.


    Kisara era preoccupata e sudava leggermente, ma era determinata “Certo”


    “Va bene, allora…per cominciare, mettiti a fare la verticale”


    Kisara obbedì senza difficoltà.


    “Riesci a camminare sulle mani?”


    “Ma…beh, sì, certamente”


    “Ottimo, allora, fino a domani, dovrai camminare sulle mani dovunque andrai”


    “EEEEH? Che cosa?”


    “Che c’è? Non te la senti? Oh, beh, in quel caso…”


    “No, no, voglio dire…lo farò, sicuro. Ma…perché?”


    “Niente discussioni, ricordi? Domani, SE ci sarai riuscita, non solo ti darò un nuovo compito, ma ti spiegherò il significato di quello di oggi”


    “Uhrgh….va beeene, MAESTRA” replicò Kisara con il viso deformato dal nervoso.


    Mentre la osservava andare via, traballante, Ranma pensò


    Tsk! Non durerà due giorni


    Invece, il giorno dopo, mentre la attendeva, ancora come Ranko, oziosamente appoggiato al muro di fronte al quale l’aveva incontrata il giorno precedente, iniziò ad udire, con grande sorpresa, dei flebili conteggi”


    “Ventisettemila ed uno….ventisettemila e due…ventisettemila e tre….”


    Ranma non credeva ai propri occhi.


    Kisara era sbucata da un angolo della strada camminando sulle mani ed a giudicare da quante fosse sudata e malridotta, aveva davvero eseguito alla lettera il compito per l’intera giornata.


    “Ventisettemila…e dieci. Uff!”


    La ragazza si fermò, fece uno sforzo ulteriore, poi con un salto mortale, ritornò in piedi.
    Cercò di fare la tosta, ma dopo un paio di secondi, il sangue andatole alla testa si spostò di colpo ed iniziò a barcollare un po’.


    “Ops! Tutto bene! Nessun problema! Eheh”


    Ranko la guardava facendo tanto d’occhi.


    Era davvero pronta a tutto.


    “Allora…che…che cosa facciamo oggi?” domandò la ragazza, intontita.


    La rossa cambiò espressione.
    Forse la cosa si faceva interessante.


    “A-ehm! Tanto per cominciare, vediamo se oltre alle braccia, hai allenato anche il cervello. Per quale motivo pensi che ti abbia fatto fare quest’esercizio?”


    “Uhm…a dire il vero…non saprei? Per provare a spingermi a mollare?”


    “Sì, esatto, questo era proprio uno dei motivi”


    Che cooosa?”


    “Certo che sì. Ho bisogno di verificare la tua determinazione, la tua serietà, la tua capacità di eseguire gli ordini senza discutere, per capire se sei davvero, come dici, disposta a tutto per diventare forte. E fin qui ci siamo. Ma ci sono altri due motivi”


    “E…quali?”


    “Uff! Siamo un po’ tarde di comprendonio, eh? Innanzitutto, la tua condizione fisica generale. L’allenamento vero e proprio, se mai ci arriverai, sarà massacrante, e non posso permettermi di fartelo iniziare se non sei in grado di reggerlo.


    E poi perché, essendo tu-da quanto dice Ranma-una praticante di TaeKwonDo, usi soprattutto i calci per combattere, quindi ho immaginato che avessi bisogno di rafforzare soprattutto le braccia”


    Kisara si ritrovò a sbattere gli occhi.
    Era tutto così semplice, così ovvio ed al tempo stesso…corretto. Si sentì stupida per non averci pensato.
    Quella giovane donna aveva capito con un solo sguardo che da parecchio tempo non allenava le braccia?


    “Ora…capisco. Quindi…non dubiterò più. Che…cos’altro vuole farmi fare, Maestra?”


    Ranko fu stupita di sentirla così rabbonita. Non c’era quasi più gusto.


    “Per tutta la prossima giornata, cammina muovendoti all’indietro, ed ogni volta che devi superare un ostacolo, esegui degli ampi semicerchi intorno ad esso, sempre però rivolgendogli la schiena”


    L’allieva la guardò come se le avesse detto di mangiare la terra, ma iniziava ad intuire che parte del suo compito fosse non lamentarsi, e che, al di là dell’apparenza che la sua Maestra si divertisse a farle fare cose imbarazzanti ed umilianti (e chissà che non ci fosse del vero) c’era una ragione precisa anche dietro le sue richieste più bizzarre, quindi non disse nulla.


    Lentamente, confusamente, si allontanò nel modo richiesto.


    Il Mercoledì Ranko incontrò di nuovo Kisara, spiegandole che l’esercizio serviva per farla abituare a non muoversi solo in un piano nello spazio, ad abituarsi a contare i passi e tenere da conto i possibili ostacoli, ed a muoversi con delle rotazioni, anziché frontalmente.
    Inoltre, a scardinare la paura inconscia di arretrare per riposizionarsi, evitando al contempo di finire in trappola, se avesse dovuto farlo.


    La lasciò chiedendole di passare tutta la giornata successiva a camminare a quattro zampe, che oltre a rafforzare tutti gli arti, ne migliorò la coordinazione tra l’uno e l’altro. (Ranma ricordava di averla vista combattere in una modalità che ricordava il Neko Ken, quindi ipotizzò che avesse bisogno di allenare quella modalità di movimento).


    Il Giovedì le chiese di muoversi arrampicandosi ed appendendosi ad oggetti sospesi, come una scimmia: cavi della corrente, cartelli stradali, insegne dei negozi, senza appoggiare i piedi a terra, e saltando da un appiglio all’altro.
    Questo per migliorare l’agilità e la capacità di gestire il peso del proprio corpo, oltre che quella di muoversi nello spazio, approfittando degli elementi in esso contenuti, invece che considerarli degli ostacoli.


    Il Venerdì ed il Sabato le chiese di passare le successive giornate saltellando su una gamba solo, sempre lo stessa, per spostarsi, prima la destra e poi la sinistra.
    Questo allenò sia la resistenza che l’esplosività delle gambe e la capacità di salto, evitando che una delle due gambe, più forte, compensasse per l’altra.


    La Domenica, infine, le chiese di togliersi gli stivali e passare tutta la giornata a camminare a piedi nudi.


    Malgrado l’erede della famiglia Nanjo si fosse quasi abituata alle bizzarrie della sua Maestra e fosse quasi arrivata alla fine della prima settimana del percorso di prova, il suo strabuzzare d’occhi spinse la rossa ad anticipare la spiegazione.


    “Oh, Kami, eppure questa non mi sembra tanto difficile. In un dojo ti sarai pure allenata a piedi nudi, prima di uscire per andare in strada a fare risse da teppisti ed utilizzare quei pesanti stivali come un’arma”.


    “Beh…sì, però…”


    “Dovresti sapere che i piedi sono estremamente ricchi di terminazioni nervose grazie ai quali si riesce ad essere molto ricettivi riguardo al terreno di scontro. Esistono un mucchio di sensazioni che non si possono ricavare con delle calzature addosso.
    Inoltre, la mobilità della caviglia è estremamente limitata con stivali così pesanti. Ed anche la varietà di mosse che puoi usare è limitata dal modo in cui puoi muovere gamba e piede. Anche se non sono altrettanto versatili quanto le mani, i piedi possono essere usati per calci eseguiti con il collo del piede, con la punta, col tallone, di taglio…ed anche con il primo osso dello stinco. Tutte cose che ti riusciranno meglio quando potrai muovere l’arto più liberamente.
    Infine, anche se camminare un’intera giornata ti causerà delle piaghe, od addirittura di perdere la pelle sottostante, in seguito la pelle ti ricrescerà, dura come il cuoio, e potrai camminare su qualsiasi superficie senza problemi”


    Tsk! Non scherzava affatto quando diceva che sarebbe stata dura…ma se crede che mi tiri indietro, si sbaglia di grosso!


    Il Lunedì, vedendo Kisara arrivare coi piedi piagati, sanguinanti e coperti di bende, Ranko fece un sorriso impercettibile: ora era sicura che la ragazza avesse lo spirito giusto e che si potesse proseguire con lei.


    Tuttavia aveva ancora molto lavoro da fare: l’abitudine a tirare sempre e solo calci l’aveva resa un po’ rigida, perciò obbligò la sua allieva (con suo grande orrore) a frequentare, per tutta la seconda settimana, un corso di breakdance e nella terza (e qui Kisara dovette dare fondo a tutta la sua forza di volontà per non esplodere) uno di balli latinoamericani.


    Non solo, ma Ranko non la abbandonò per tutto il tempo, filmandone i progressi (con somma vergogna della ragazza) con una videocamera che si era comprata.


    Tuttavia, all’inizio della quarta settimana, la neo allieva dovette riconoscere che quelle attività, apparentemente slegate dal combattimento, le avevano donato una scioltezza di movimenti ed una capacità di muovere il proprio corpo nello spazio assolutamente inaspettate, e che avrebbe presto potuto metterle a frutto anche in un contesto marziale.


    Cominciava a capire, confusamente, in che cosa consistesse la Scuola di Arti Marziali Indiscriminate: non solo nell’allenare TUTTO quello che riguardava le arti marziali, ma…nel rendere QUALUNQUE ATTIVITA’ un allenamento.
    Nel trasformare TUTTO in un’arte marziale. Alle implicazioni di ciò che aveva realizzato, le vennero quasi le vertigini: quanto sarebbe stata dura, da quel momento in avanti?


    Però, d’altro canto…è così che si è allenata anche lei? Questo significa che potrò diventare anch’io così forte?”


    “Molto bene, Kisara Nanjo. Sono soddisfatta di come tu abbia svolto tutti i compiti e ti sarai resa conto di come, a vario titolo, ti abbiano portato beneficio. Tutti quanti hanno avuto l’effetto secondario di scardinare la tua modalità abituale di fare le cose, costringendoti ad uscire dalla comfort zone, pensare fuori dagli schemi ed allenare muscoli che di solito non usavi. Inoltre, la flessibilità mentale è assolutamente indispensabile per allenarsi nelle Arti Marziali Indiscriminate”


    “Sì, Maestra”


    “Ora, però, ti chiederò di fare una cosa, se possibile, ancora più difficile. E’ assolutamente essenziale saper usare tutti i propri arti alla perfezione. Nel tuo caso, poi, visto che combatti soprattutto coi calci, è cruciale che tu sappia usare i piedi con altrettanta destrezza e precisione quanto le mani. Per cui ti chiedo…”


    Il silenzio si poteva tagliare con un coltello.


    “Di legarti entrambe le mani dietro la schiena e adoperare i piedi, nudi, per effettuare i normali compiti quotidiani: aprire le porte, mangiare, lavarti i denti, cambiarti d’abito, girare le pagine dei libri di testo, ecc. Proprio come farebbe una persona alla quale abbiano amputato gli arti superiori. Nel giro di una settimana dovresti esserti abituata”


    “EEEH? Ma…Maestra…questo…questo è impossibile!”


    La povera Kisara sapeva di non poter replicare, ma più che arrabbiata, era esasperata.
    Peggio: era scoraggiata.


    A quelle parole, Ranko scalciò via al volo una delle proprie scarpe, estrasse da una tasca un pennarello, lo prese tra due dita di un piede ed eseguì movimenti rapidi e precisi come colpi di spada.
    Poi lasciò cadere il pennarello e sempre col piede afferrò uno specchietto che puntò verso il viso dell’allieva.


    Le aveva scritto sul viso col pennarello, ma a rovescio, così che, allo specchio, lei potesse leggere:
    << FIFONA >>


    Nel vedere quelle parole, a Kisara si gonfiò una vena in fronte. Stringendo le mani e serrando i denti, lo sguardo verso il basso, scagliò il cappello a terra, frustrata, ed esclamò


    “E…VA BENE! Visto che a quanto pare, non c’è altro modo per guadagnarsi la possibilità di addestrarsi con voi, lo farò. Spero solo che poi ne sia valsa la pena, di fare queste stupide prove!” mentre stava già iniziando a legarsi le mani da sola, usando i denti per stringere il nodo.


    Ranko era soddisfatta, ed evitò anche di rimproverarla per il piccolo momento di frustrazione.
    “Oh, fidati, ne varrà la pena eccome. Ci rivediamo tra una settimana”


    L’erede dei Nanjo se ne andò schiumando rabbia.


    E pensare che ho anche pagato per tutto questo


    ◊◊◊◊◊
     

    Ma la settimana successiva, a Ranko si presentò una Kisara del tutto diversa.


    Posata, composta, rilassata, sembrava davvero quella signorina di buona famiglia che sarebbe dovuta diventare, invece che la teppista sboccata che era venuta su, crescendo.


    Si presentò alla sua Maestra con un inchino, poi tirò fuori da uno zaino che teneva sulle spalle delle tazze da tè, che mise su un bollitore d’acqua portatile, scaldò, versò il tè nelle tazzine, ne porse una a Ranko, poi ne prese un’altra lei, ed iniziò a sorseggiarla.
    Tutto in perfetto silenzio.


    E fece tutto usando solo i piedi.


    Aveva ancora ancora le mani legate, ma ora dietro la schiena e con delle manette, e si era ovviamente data una lavata e cambiata d’abito rispetto alla settimana prima, il che significava che anche quei compiti li aveva imparati ad eseguire adoperando i piedi come fossero mani, come avrebbe fatto una scimmia.


    Ranko era sinceramente impressionata.


    “Niente male. Davvero niente male”.


    Kisara eseguì un altro inchino, poi tirò fuori dallo zaino le chiavi delle manette e con una torsione degna di una contorsionista, se le tolse.


    A quel punto, dal portafoglio tirò fuori la mazzetta di banconote che costituivano il pagamento del secondo mese e le lanciò alla rossa, che le prese al volo.


    Poi l’erede dei Nanjo tirò fuori dalla borsa un paio di scarpe, dalla suola robusta, ma che lasciavano scoperte le caviglie e le indossò.
    Ranko notò che la ragazza indossava degli shorts di jeans, invece che i consueti pantaloni con solo mezza gamba tagliata via.


    “Da’ qua, fa vedere”


    La Maestra prese le braccia di Kisara nelle sue mani e con rapidissime frizioni degne di una massaggiatrice professionista, le riattivò la circolazione del sangue.


    Solo quel punto, la ragazza parlò, esprimendo stupore.
    “Uao…è come se non avessi mai smesso di usarle”


    La rossa le rivolse un sorriso impercettibile.
    Le due donne, a qualche passo di distanza, si guardavano con comprensione, con rispetto.


    Le parole non servivano. Kisara si fidava ormai completamente, essendo passata attraverso tutte le possibili fasi del dubbio, della frustrazione, della rabbia, ed avendo visto che in effetti gli strani metodi di Ranko erano sempre motivati.


    Ranko, dal canto suo, aveva un accresciuto rispetto per quella che ormai era pronta a considerare la sua allieva.


    Ormai siamo in ballo, eh? E allora balliamo


    “Va bene-disse infine la giovane dai capelli rossi-fammi vedere cosa sai fare”


    A Kisara si illuminarono i grandi occhi da gatto.


    “Certo!”


    Dopo cinque minuti di sparring, la ragazza era ancora più felice di essere riuscita a diventare l’allieva di Ranko.
    Era davvero straordinaria. Aveva evitato ogni suo singolo attacco senza sforzo alcuno, come se le leggesse nel pensiero, ed ogni volta che si scopriva, evidenziava l’errore, puntandole un dito ad un centimetro dal corpo e sibilando “Zap! Sei morta!”.
    Dopo trentasei “ZAP”, Kisara si rese conto che forse la difesa non era il suo punto forte.


    Fermatasi a riposare, col fiatone, udì la Maestra fare un sunto delle sue capacità


    “L’analisi di mio fratello-sì, mi ha parlato dello scontro alla sede dell’Alleanza Shimpaku-era esatta. Calci molto bene, ma ti manca una varietà di schemi d’attacco. Inoltre, non sei altrettanto brava a difenderti. Provi a rimediare attaccando senza pause, per non lasciare opportunità di contrattacco all’avversario, ma funziona solo contro chi è più scarso di te. Così, inoltre, ti stanchi più in fretta. E non hai dei veri colpi decisivi, che possano spezzare ogni difesa. E poi, se in ogni caso l’avversario sa già in anticipo che attaccherai con dei calci, sa sempre cosa aspettarsi, e per quanto tu sia veloce, è impossibile fare delle vere e proprie finte. Ah, e preferisci schivare piuttosto che parare. Ma se l’avversario esegue un contrattacco, è impossibile avere dei riflessi abbastanza pronti. Ci sono altri difetti, ma questi sono i principali”.


    Straordinario! Si è accorta di tutte queste cose solo da questo breve sparring…sì, decisamente, ho scelto bene. E’ valsa la pena fare tutta quella fatica per poter imparare da lei…


    “Kisara, per il momento proviamo a fare così”


    “Come?”


    “Attaccami solo coi pugni”


    EEEH?


    O magari no…


    “S-solo coi pugni? Ma…”


    “Certo, cosa credi, che siccome preferisci attaccare coi calci, ti avrei insegnato solo quelli? Hai capito male, bella mia, io sono stata pagata per insegnarti LE ARTI MARZIALI, e ti insegnerò le arti marziali, le quali, che ti piaccia o no, non sono certo solo gli stili che preferisci. E se noto che combattere coi pugni è un tuo punto debole, lo correggerò insegnandoti a combattere coi pugni, sono stata chiara?”


    Kisara deglutì.
    “D’accordo, ma…sono appena stata con le braccia legate per una settimana”


    “Pff, e cosa cambia? Scommetto che sono ANNI che non tiri un singolo pugno ad un avversario, o mi sbaglio?”


    “Ugh! Beh, in effetti…”


    “E se un tuo avversario sa che attacchi solo coi calci, sarai sempre prevedibile. Comincia a variare. Nel TaeKwonDo ti avranno insegnato a tirare anche i pugni, ma tu hai preferito concentrarti sui tuoi punti di forza, vero? Ed io invece sono qui apposta per farti fare non ciò che vuoi tu, ma ciò di cui hai più bisogno.
    E bada, se mi tirerai anche un solo calcio, fosse pure per istinto, io ti colpirò”


    Tsk! Mi sta bene! Me la sono cercata io…


    Per tutto il resto del pomeriggio, dal prato nel quale si stavano allenando, si potevano sentire i versi di frustrazione di Kisara e le frasi di scherno di Ranko “Fai schifo! Mia nonna tira i pugni meglio di così”


    Decisamente, non immaginavo in cosa mi sarei cacciata…


    ◊◊◊◊◊

    Durante l’allenamento, “Ranko” non si distrasse neppure un secondo. Verso la fine, però. Kisara era così spompata che poteva permettersi di rilassarsi.


    Ed infatti fu solo un attimo.


    Una sensazione, una percezione col Sesto Senso.


    Rivolse di scatto lo sguardo alla propria sinistra.


    Un cespuglio sembrò muoversi. Poi tutto tornò normale.


    Sarà stato il vento? O me lo sono immaginato?

     


    ◊◊◊◊◊
     

    Mentre un’ombra si allontanava, furtiva, dal confine del campo di allenamento, un uomo alto e possente, ben vestito, coi capelli biondi, osservava il tutto dal tetto di un edificio.
     


    Saiga Furinji non sembrava troppo soddisfatto di ciò che vedeva.
     


    “E così hanno cominciato a muoversi. Li stanno facendo sorvegliare tutti.
    Non va bene…non va per niente bene…presto ci sarà una crisi.
    Solo, mi domando…quale sarà il loro vero obiettivo?”

     


    ◊◊◊◊◊
     


     


    Nota dell'Autore:

    Ho pubblicato più tardi di quanto volessi, è stata una settimana impegnativa.


    Mi sono divertito molto a scrivere questo capitolo, credo ci volesse un po' di leggerezza ma al tempo stesso di far andare avanti la storia. 


    Il personaggio di Kisara è uno di quelli di Kenichi's the Mightiest Disciple che mi piacevano di più, ma che al tempo stesso è stato un po' sacrificato, in mezzo a quel cast enorme. La poveretta non ha mai avuto un Maestro, fondamentale per evolvere oltre un certo livello.
    Inoltre, altri avranno già notato alcune similitudini con Ranma, quindi era interessante farle incontrare.


    Per quanto la trasformazione di Ranma sia il motore della storia originale, ad un certo punto è un po' caduta nel vuoto come spunto narrativo.
    Credo fosse uno spreco. In alcuni casi, ha originato saghe grandiose (Herb, il nervo del gatto), in altri, delle cose patetiche (Ranma costretto ad uscire con qualcuno in forma di ragazza).
    Mi sono sempre stupito che non si utilizzasse di più la trasformazione per ragioni di commedia degli equivoci o come vera e propria doppia identità (tranne che con Nodoka). 
    Kisara è ossessionata dal competere con gli uomini, perciò è plausibile che voglia una Maestra di sesso femminile.
    Quindi mi è sembrato interessante obbligare Ranma a prendere un'allieva con questo pretesto, per adoperare la trasformazione ed al tempo stesso fargli assumere un ruolo da mentore per farlo crescere.


    In questo capitolo intravediamo anche qualcuno che tiene d'occhio le nostre eroine, ed un ruolo non chiaro per Saiga Furinji.


    Il prossimo capitolo sarà un po' diverso e vedrà Ranma compiere una delle "missioni underground" del Ryozampaku, iniziando una serie di eventi che ci porteranno lontano...


     

    Mini-Guida per il manga di Kenichi:
     

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou
     


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Ranma e Mousse usano il Sei.
     


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere
     


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 12
    *** Le Missioni Underground del Ryozampaku ***





    Un giorno Nodoka aveva detto a Ranma che era curiosa di conoscere il posto dove suo figlio passava tutto quel tempo e, parole sue “vedere se poteva fidarsi delle persone che ci abitavano” (anche se Ranma ebbe la netta sensazione che fosse soltanto curiosa marcia di conoscere Miu, essendosi fatta delle strane idee sul rapporto che la legava a lui).


    Non potendosi rifiutare, aveva chiesto all’Anziano se sua madre potesse venire una sera a cena, nella speranza che rifiutasse, ma ovviamente Hayato, incoraggiato da tutti gli altri (e dagli stessi Miu e Kenichi che origliavano da dietro la porta ma che poi, per l’entusiasmo, erano saltati fuori ad incitarli senza alcuna vergogna) non solo aveva accettato, ma aveva rilanciato: dopo la cena, si sarebbero potuti fermare anche a dormire.


    Incastrato in questo modo, Ranma, che avrebbe preferito tenere separate vita privata ed allenamento (e che era un po’ preoccupato a far conoscere a Nodoka tutti quei pazzoidi), poté al massimo mettere la condizione che la cena si tenesse di sabato, giorno migliore per tutti e specialmente per lui, dal momento che nel week end non era impegnato ad allenare Kisara.


    Erano passate infatti altre due settimane (quindi un mese e mezzo da quando aveva accettato, visto che per quattro settimane l'aveva sottoposta ai test) da quando aveva iniziato ufficialmente il suo “lavoro part time”, del quale aveva solo accennato a sua madre, per rassicurarla che non si trattasse di nulla di illegale, ma senza fornirle altri dettagli (perché non voleva confessarle che per svolgerlo doveva volontariamente trasformarsi in donna).
    In quel periodo, aveva messo alla prova duramente la Valkiria, ma si era anche reso conto che la ragazza aveva del potenziale, ed era deciso a farglielo sviluppare.


    Al tempo stesso, da quando aveva cominciato, non gli era più possibile passare del tempo al Ryozampaku nel pomeriggio, e dunque vedeva pochissimo Kenichi (del quale avrebbe voluto monitorare i progressi) e Miu (che sembrava un po’ rammaricata dalla sua assenza).


    Il ragazzo col codino ebbe anche l’impressione che il fatto che Renka vivesse e si allenasse al dojo con loro avesse causato qualche piccola tensione nel rapporto tra i tre ragazzi, certamente per questioni di gelosia.


    Beh, e perché dovrebbe importarmene? Le questioni di cuore non portano mai a nulla di buono


    “Ehi, Ranma, cento yen per i tuoi pensieri”


    Il ragazzo col codino si riscosse dal suo fantasticare, mentre trasportava un enorme sacco di provviste lungo la strada.
    “Non mi tentare, Sakaki, potrei chiederteli per davvero”


    “Oh, abbi pietà di me-lo canzonò il Maestro di Karate di Centesimo Dan-abbiamo già da spendere abbastanza denaro per fare questa maledetta spesa. Vediamo, la prossima tappa dovrebbe essere…”


    Ma in quella, Ranma si accorse che, ad una cinquantina di metri di distanza, due ragazzi che gli parevano familiari stavano…litigando?
    No, non era esatto. Però di sicuro discutendo. Come se parlassero di qualcosa di molto importante per entrambi.


    Erano il pugile dell’Alleanza Shimpaku, Ikki Takeda, e l’utilizzatrice di bastone, Kaname Kugatachi, detta Freya.


    Ranma ne osservò il gesticolare da lontano, senza comprendere le parole.
    Poi entrambi si fecero più calmi.
    La ragazza, con aria triste, si voltò ed iniziò ad allontanarsi lentamente. Takeda alzò una mano come per tentare di fermarla, ma rinunciò quasi subito, abbassando lo sguardo.


    Ranma si rese conto che Sakaki, uscito dal negozio, li stava osservando a sua volta.
    Con discrezione, caricate le provviste in spalla, si allontanarono per non farsi vedere e solo dopo qualche decina di metri il karateka commentò la cosa.


    “E così, sembra che quello che sboccia in primavera, muoia in autunno”


    “E’ così? Li ho visti solo una volta, ma non sapevo che si frequentassero”


    “Da quello che dice Miu-riprese Sakaki-è una cosa recente, risale a poco prima la pausa estiva delle scuole. Inoltre, pare che lo stessero tenendo segreto a tutti gli altri; ammesso che sia possibile riuscirci, naturalmente”


    “Non sapevo che vi interessaste di gossip al Ryozampaku” lo canzonò Ranma.


    “Cosa vuoi farci, la vita riesce ad essere così noiosa…se Miu è entusiasta di qualcosa, comincia a parlare anche da sola…ed a volte, sto persino ad ascoltarla” concluse, con semplicità.


    “E quindi…tra loro non ha funzionato” Ranma si sentì inspiegabilmente triste, come se col ricordo stesse spaziando verso altri lidi, verso altri volti…


    “Già, ma non è detto che sia per forza un male. A quanto diceva Miu, la situazione era un po’ più complessa”


    “Uh? E cioè?”


    “A quanto pare, a quella Freya, prima di frequentare il pugile, piaceva il suo amico, quello grosso che pratica Judo, che ultimamente si sta facendo massacrare da Akisame lì da noi…a proposito, non pensavo che avrebbe retto, invece sta continuando a venire”


    “Davvero? Freya era attratta da Ukita?”


    “Così pare, ma lui a sua volta è sempre stato cotto di quell’altra, Kisara Nanjo, ed a furia di starle addosso, l’ha convinta ad uscire con lui, alla fine”.


    Ranma ebbe un sussulto, e si ricordò di una cosa successa la settimana prima.


    << Mentre attendeva l’arrivo di Kisara, era arrivato un po’ in anticipo.
    Sbucato fuori, già trasformato in ragazza, dal vicolo dove nascondeva il secchio d’acqua e la teiera d’acqua calda, stava passeggiando su alcuni muri di cinta, senza una meta.
    Accortosi di altre persone, si era nascosto dietro le fronde di un albero.
    Così si era ritrovato, involontariamente, ad osservare una scena molto strana.
    Anche lì’ non aveva potuto udire le parole esatte, ma Kisara stava chiaramente parlando con Ukita, il quale non sembrava molto felice della cosa.
    Alla fine, lui sembrava disperato, mentre lei si era voltata ed aveva preso a camminare a grandi passi, un po’ malfermi, guardando verso il basso, col berretto calcato in testa.
    In seguito, allenandosi con “Ranko”, la Valkiria non aveva accennato alla cosa, ma aveva gli occhi lucidi… >>


    “Uhm-riprese il ragazzo col codino-allora è probabile che a breve Freya riesca a realizzare il suo desiderio originale…”


    “Come?-Sakaki si allungò come una vecchia comare-allora tu sai qualcosa in più sulla faccenda”


    “Può darsi, non ne sono sicuro…”


    Ma in quella, furono interrotti dallo stridìo di gomme sull’asfalto, un suono chiaramente anormale.
    Veloci come il lampo, quattro persone si precipitarono fuori dall’auto per fiondarsi in banca.
    Avevano dei passamontagna ed erano tutti armati.


    A nessuno dei due marzialisti occorse altro per capire la situazione.
    Sakaki si fece di colpo serio, il suo viso era una maschera di pietra. Si voltò verso Ranma e gli disse:


    “Forse è meglio rimandare il resto della spesa. Tieni e resta qua fuori. Controlla che quello in macchina non scappi”


    “Come? Non vuoi che intervenga? Ti posso dare una mano!”


    “Questo non è un gioco-lo redarguì il karateka-per quanto tu sia in gamba, quelli sono armati, e nella banca ci sono dei potenziali ostaggi. Fidati, so come gestire queste situazioni, è il mio lavoro”


    Ranma si ricordò improvvisamente che Sakaki per vivere faceva il cacciatore di taglie.
    E’ vero, anche lui aveva affrontato cose ben peggiori dei banditi…ma i proiettili sono pericolosi per chiunque, e non sapeva combattere proteggendo al tempo stesso dei civili.


    Di malincuore il ragazzo accettò con un cenno, poggiò a terra la spesa e si avvicinò di soppiatto alla macchina del pilota, mentre Sakaki si fiondava nella porta e da dentro la banca iniziava a scatenarsi l’inferno.


    Il bandito alla guida non era sicuro di aver visto l’energumeno entrare nella banca-era stato troppo veloce-quindi si domandò se i suoi occhi gli avessero fatto uno scherzo, quando…un pugno lo raggiunse alla testa, e l’unica cosa che vide furono stelle e poi il buio.


    Ranma tranciò rapidamente tutte e quattro le gomme col taglio della mano; poi, preoccupato, si avvicinò alla porta a vetri per sbirciare dentro.


    Sakaki aveva già sistemato due dei quattro banditi che ci erano entrati.


    Uno era stato lanciato in alto e stava girando sulle pale del ventilatore, svenuto, mentre il secondo aveva subito un pugno che lo aveva incastrato dentro una colonna di marmo.
    I fucili a pompa che entrambi avevano all’entrata erano stati annodati l’uno con l’altro come fossero asciugamani.


    “Niente da dire, il buon Sakaki è efficiente, ma…ehi!”


    Il bandito sulla destra aveva un fucile mitragliatore, un vecchio Ak-47, e minacciava di sparare ad un gruppetto di ostaggi.
    Di Sakaki si poteva vedere il bianco degli occhi, e l’aura minacciosa che gli gonfiava i vestiti; infatti l’ultimo bandito, quello sulla sinistra, che aveva una semplice pistola ed aveva appena iniziato a riempire la borsa di banconote, era praticamente paralizzato dal terrore.


    “IO FOSSI IN TE NON LO FAREI…” minacciò il karateka al bandito di destra.


    “Tu…tu non ci fermerai, maledetto mostro!”


    Una scarica di “BRRRTT” iniziò immediatamente, ma, ad una velocità irreale, i terrorizzati clienti della banca vennero spostati di peso, uno per uno, ed i proiettili attraversarono le sagome di dove stavano fino ad un minuto prima, come fossero fantasmi, per piantarsi nella parete retrostante.


    Quando la polvere si posò, il bandito non vedeva più nessuno, e credette di sognare.
    Invece, dalla polvere emerse una figura gigantesca, gli occhi iniettati di sangue.


    Strinse tra due dita la canna del suo mitragliatore e la piegò come fosse fatta di carta.


    “QUELLO NON AVRESTI DOVUTO FARLO”


    Subito dopo, un calcio frontale esplose contro il bandito, che sfondò la vetrata dei cassieri e venne sbalzato come un missile verso la porta della cassaforte, schiantandocisi contro.


    Il bandito di sinistra crollò in ginocchio a terra, in stato di shock, la schiuma alla bocca, lasciando cadere la pistola. Se l’era anche fatta addosso.


    Ranma tirò un sospiro di sollievo. Sakaki ritornò alla sua espressione abituale e rivolse agli ostaggi un sorriso rassicurante “Non vi preoccupate, è tutto finito”


    Ma in quella, uno dei finora terrorizzati cassieri, mentre i suoi colleghi applaudivano, ammirati, decise che fosse ora di premere il pulsante d’allarme. Il bandito di sinistra, nel sentire la sirena, si riprese dallo shock, raccolse la pistola e gliela puntò contro, gridando
    “Tu, bastardo! Fatti i cazzi tuoi!”


    “NO!” Gridò Sakaki


    In quella, un’ombra rossa schizzò dentro la banca.
    Ranma afferrò con una mano la pistola del bandito, stringendogliela in alto, sull’otturatore, con la sinistra, mentre con la destra lo colpì forte al viso con il dorso del pugno, mandandolo nel mondo dei sogni.


    Dopo un istante di terrore, nella banca tornò la calma, e gli ostaggi proruppero in un secondo applauso.


    Sakaki fu un po’ stupito, ma anche soddisfatto. Si avvicinò a Ranma e gli rivolse un sorriso.


    “Mi hai disubbidito, ma comunque ben fatto, ragazzo. In queste situazioni, un imprevisto può sempre capitare”


    “Eheh. Grazie. Riconosco che non me ne intendo di armi da fuoco, ma non è stato troppo difficile”


    “Ho visto, ma ti do un consiglio per la prossima volta: per come è fatta una pistola, bloccare l’otturatore può servire, ma non garantisce che un colpo non parta comunque per sbaglio. Per essere sicuro che non spari, devi bloccare il cane…ecco, vedi, questa parte qui”


    “Oh, capisco. Lo terrò a mente”


    Sakaki lo osservò per un momento. Poi, gli disse, con un ghigno:
    “Sai, se ti può interessare, posso insegnarti una o due cosette che ti permetteranno di guadagnare qualche soldo extra. Ma per il momento, recuperiamo la spesa: siamo già in ritardo per la cena con tua madre”.


    ◊◊◊◊◊

    Invece sistemare tutte le formalità con la polizia richiese più tempo del previsto.
    Ranma scoprì che, se non altro, ad occuparsene fu un ispettore che Sakaki conosceva bene, un certo Honmaki, il quale aveva un’enorme opinione della virtù del Maestro del Ryozampaku e fece anche un commento sul fatto che il loro dojo non si smentisse mai se avevano trovato un nuovo allievo come lui.


    Fu così soltanto dopo un’altra oretta che poterono tornare di corsa al Ryozampaku per permettere a Miu di preparare la cena e dovettero giustificarsi raccontando della rapina.


    Quando infine Nodoka arrivò al dojo, fu Apachai ad andare ad aprirle-una cosa che rese Ranma giustamente preoccupato-ma poi vide sua madre entrare a braccetto col gigante thailandese, lodando “la simpatia e la gentilezza di quel giovanotto straniero”.


    I Maestri si erano schierati in ordine per l’occasione, e la persona più emozionata di tutti era probabilmente Miu, che non doveva vedere spesso donne adulte (a parte Shigure che era sicuramente un caso a parte…).


    Nodoka sfoggiava un kimono arancione e blu e per qualche dannata ragione portava sulla spalla la katana di famiglia, come una volta.


    “Buonasera a tutti-disse con un breve inchino-sono Nodoka Saotome, la madre di Ranma. Sono onorata del vostro gentile invito, e spero che questo piccolo presente possa contraccambiare la vostra gentilezza” disse porgendo un pacchettino.



    Hayato si fece in avanti, fece a sua volta un inchino e raccolse il pacchetto “Signora, le assicuro che il piacere è tutto nostro. Non abbiamo molte visite di piacere, qui, e tantomeno da parte di una signora così raffinata-aggiunse facendo arrossire leggermente Nodoka, ed alzare un sopracciglio a Ranma-Mi chiamo Hayato Furinji, e sono il capo di questo dojo. E’ la benvenuta. Posso chiedere di che si tratta?”


    “Dolcetti fatti in casa”


    Tutti i Maestri si presentarono a turno: Akisame facendo un baciamano alla occidentale; Kensei iniziando a decantare la bellezza della loro ospite, che sembrava impossibile avesse un figlio di vent’anni (e perciò prese una botta in testa, in simultanea, da Ranma e da Renka); e Sakaki Shio che sembrava imbarazzatissimo, come non fosse abituato alle occasioni formali, iniziò a balbettare mentre diceva proprio nome, così che Nodoka, per una buona metà della cena, credette si chiamasse “Shikaki Kao”.


    La presentazione più strana fu con Shigure: Nodoka da un lato sembrò giudicare “poco femminile” il fatto che la ragazza fosse una guerriera, mentre il Prodigio delle Spade pareva interessatissima al fatto che la madre di Ranma portasse sempre appresso una katana e le chiese se la sapesse usare. In quella Nodoka, si schermì, un po’ imbarazzata, e l’arma le scappò di mano, uscendo dal fodero, e piantandosi sul muro a dieci centimetri da Kenichi, causando un mezzo infarto a lui ed a Ranma.


    “Oh, scusatemi-si schermì la donna come nulla fosse-si tratta di un cimelio di famiglia, ma non la so usare molto bene!”


    Nel conoscere Kenichi dopo l’incidente, la madre di Ranma sembrò positivamente sorpresa di conoscere un giovane così bene educato, che voleva diventare scrittore ed era appassionato di botanica, ma dovette sfuggirle di bocca un mezzo accenno al fatto che non fossero attitudini troppo virili, causando un po’ di perplessità.


    Quando infine Nodoka fu presentata a Miu e Renka, sembrò squadrarle come per farsi un’idea di quale fosse la migliore, come se fossero state esposte in un banco frigo, ma poi sorrise dolcemente a Miu, sussurrandole di aver sentito molto parlare di lei.
    La ragazza sembrò felicissima, senza minimamente comprendere il sottinteso, mentre Ranma era diventato rosso come il suo camiciotto, Kenichi tendeva le orecchie ed i Maestri sghignazzavano tutti.


    La cena si rivelò invece decisamente conviviale e piacevole, contro ogni previsione.
    Miu si era davvero superata ed aveva preparato sashimi di tonno, salmone e pescespada come antipasto; poi zuppa di miso con alghe e funghi, tofu in brodo con zenzero, ramen di manzo e uova e yaki udon sia al pollo che ai gamberi come primi piatti; poi riso al curry, anguilla arrosto, polpo alla griglia, spiedini di pollo yakitori e tempura di gamberi come secondi, con contorni di verdura e frutta intagliate secondo le tecniche mukimono*.
    La cena venne innaffiata con vini bianchi occidentali, in particolare un Pinot Bianco italiano, e si concluse con i dolcetti di Nodoka, che erano Manju, Anmitsu e Warabimochi**.


    Per tutta la durata della cena, i Maestri si scambiarono aneddoti di vario tipo, ma soprattutto, cercavano di fare a Nodoka quante più domande possibili sul passato di Ranma, alle quali però lei tendeva a rispondere con semplicità, ma senza rivelare troppo.


    A sua volta, la donna sembrava curiosa e fece con la massima naturalezza molte domande a tutti, del genere se avessero qualcuno nella loro vita, e cose simili, causando un certo imbarazzo.
    Kensei provò a declamare di come si fosse dovuto tragicamente allontanare dalla sua famiglia in Cina per venire al Ryozampaku ad aiutare i suoi amici a lottare contro il Male: Nodoka per un momento lo guardò ammirata, ma poi Renka gli tirò addosso un piatto chiedendogli se “non si vergognasse a raccontare tutte quelle balle”.


    Anche i ragazzi non furono risparmiati dalla curiosità della madre di Ranma: Kenichi e Miu sprizzarono gocce di imbarazzo da ogni poro ad una innocente allusione che ci fosse del tenero tra di loro, mentre a Renka venne raccomandato di non distrarre troppo il suo Ranma dall’allenamento…la ragazza divenne praticamente bollente, e cominciò a gesticolare a profusione che lei non aveva nessun interesse per suo figlio, suscitando anche le proteste dell’interessato.


    Nel fare questo, Ranma si lasciò sfuggire un “proprio ora che non ho più tutte quelle aspiranti fidanzate tra i piedi…” il che fu come scavarsi la fossa da solo, perché a quel punto tutti lo tempestarono di domande cercando di cavargli qualcosa di bocca, mentre Nodoka, che cominciava ad essere un po’ brilla, lanciava riferimenti apparentemente casuali “ma sì, c’era quella cinesina graziosa…come si chiamava? Shampoo…e quell’altra che faceva ginnastica ritmica…mi pare Kodachi…oh, e poi c’era quella che faceva gli okonomiyaki…eh, quella mi piaceva…Ukyo, mi pare”.


    Il povero Ranma provava a protestare di non essere mai stato realmente fidanzato con nessuna di loro, ed ecco che Miu parve essere molto contrariata nel sentire quelle storie, Kenichi lo fu nel notare la reazione di Miu, e Renka lo divenne nel notare quella di Kenichi.


    Però, è strano-rifletté il ragazzo col codino-prima mia madre era convinta che mi piacesse Miu, ed invece mi ha attribuito qualcosa con Renka, ed ha chiesto se ci sia qualcosa tra Miu e Kenichi…cioè, tutto a rovescio…ed ora, invece racconta queste cose
    …a meno che…NO! In realtà voleva osservare…come avremmo reagito tutti quanti? Possibile?


    Il povero Ranma sentì un brivido lungo la schiena: l’universo femminile rimaneva un vero mistero per lui.


    L'altra cosa che notò fu che sua madre non aveva nominato Akane, che non solo era stata davvero l'unica per lui, ma che anche la stessa Nodoka considerava giusta per suo figlio...non poteva essersi trattato di una dimenticanza...sua madre sapeva quanto lui ci stesse ancora male ed aveva voluto essere delicata, ed anche riservata...poteva nominare le altre per fare i suoi giochetti perché sapeva che per lui non avevano mai contato davvero...ma lo rispettava abbastanza da lasciar decidere a lui se parlare o meno di lei con i suoi nuovi amici.


    Al secondo giro di saké per tutti, e mentre Sakaki scolava a garganella una bottiglia di whiskey Jack Daniel’s, arrivò invece il momento davvero imbarazzante.
    Incuriosito dal fatto che Ranma parlasse spesso di suo padre come suo Maestro, ma che non fosse lì, fu Akisame, la persona più insospettabile, a fare l’osservazione più scabrosa:


    “A proposito, signora, sono spiacente per il suo lutto. Ranma parla costantemente di suo padre Genma come dell’uomo che lo ha allenato, ma se non è qui, immagino che…”


    “Oh, ma mio marito non è morto!” rispose Nodoka con semplicità


    TOMBOLA! Pensò subito Ranma “E-ehm, sì, il fatto è che…”


    Nodoka riprese con nonchalance: “L’ho soltanto cacciato di casa dopo aver scoperto che, per anni, mentre addestrava Ranma in giro per il Giappone, per anni non gli aveva affatto parlato della mia esistenza” disse con la massima naturalezza e si versò un altro bicchiere di saké, mentre nella stanza calava un gelo polare.


    Più tardi, tutti quanti provvedevano a rigovernare, Nodoka si stava appisolando (Ranma le aveva messo un cuscino sotto la testa ed una coperta addosso), farfugliando-nel dormiveglia e perché era brilla-alcune brevi frasi su quanto fosse contenta che Ranma si fosse trovato delle persone così simpatiche ed a modo tra le quali stare.
    Il ragazzo non poté che osservare, nonostante tutto, che non era davvero abituato al concetto di famiglia…anche se, notare che sua madre fosse contenta perché lui stesse bene, in qualche modo gli scaldava il cuore.


    C’era stato un certo imbarazzo dopo quella dichiarazione di Nodoka e, ad un certo punto, Miu gli si era avvicinata e gli aveva messo una mano sulla sua, guardandolo in viso con un’espressione come per dire: non ti preoccupare, capisco, non siamo qui per giudicarti; ma ora non era più con lui perché stava da qualche parte in giardino a bisticciare con Kenichi perché, apparentemente, si lasciava mettere troppo le mani addosso da Renka.


    Fu così che Ranma si avvicinò, per la prima volta da quando la conosceva, alla suddetta Renka, che stava seduta su una panchina, sotto un gazebino, rossa in viso, non si sa se più per il bere al quale non era abituata, o per l’imbarazzo accumulato.


    Badando che i suoi gesti non venissero equivocati, il ragazzo col codino si sedette a qualche distanza e guardandola di sottecchi le disse: “ehi…”


    “Sì…” rispose lei guardando in un angolo.


    “E-ehm, riguardo a quello che ha detto prima mia madre…mi dispiace, io..”


    “Sì, lo so”


    “Uhm…ok”


    “Ranma-prese poi Renka dopo una pausa di qualche minuto-tu sei davvero fortunato”


    “Cosa? E…come ti viene un’idea del genere? Non mi definirei davvero così, sai”


    “Beh, le persone che sono interessate a te non mancano, mi sembra…io, invece, non riesco a farmi notare da quella che mi piace…”


    “M-ma, sai, in realtà…sono tutte situazioni che mi sono cascate addosso, non ho mai davvero…beh, approfittato di esse, come dire. E non sono…mai stato con chi avrei voluto davvero” concluse con una nota triste nella voce.


    “Ah sì? Quindi c’è un’altra ragazza con la quale saresti voluto stare?”


    Il ragazzo col codino si rabbuiò “Scusa, ma non mi va di parlarne”


    “Certo, lo capisco, figurati”


    Poi, dopo un’altra pausa, la ragazza riprese “Senti…io, lo capisco che…non ci conosciamo molto, ma…tu pensi che…ci sia qualcosa che…non vada in me? Come donna, dico”


    Ranma divenne paonazzo “I-in che senso? Io…non credo di essere la persona giusta per giudicare…ma…no, non direi. Voglio dire…sei molto carina, la maggior parte degli uomini sarebbe felice di uscire con te”


    Non seppe neanche lui come fece a dirlo senza esplodere.
    Cavolo, adesso fraintenderà tutto, come al solito


    Invece Renka si voltò, con un sorriso spontaneo e colmo di gratitudine, un accenno di lacrime agli occhi


    “Dici davvero? Grazie! Grazie sul serio!”


    A Ranma batté forte il cuore, ma fu grato che l’avesse capita correttamente “uh..beh, figurati”


    “Eheh, non è assurdo…chi potrebbe avere tutto…non ha proprio quello che vorrebbe di più…anche in quello, mi sa che noi due ci assomigliamo” contemplò la ragazza.


    “Beh, sì, ma…sai, io penso che…se tieni davvero a qualcuno…tu dovresti lottare. Non dovresti arrenderti finché non avrai realizzato il tuo sogno! Od almeno finché non ci avrai provato davvero! Così almeno…potrai vivere senza alcun rimpianto!”


    Ranma, nel dire questo, l’aveva presa per le braccia e le parlava accoratamente, faccia a faccia.
    Renka era basita.


    “Tu…non dovresti commettere il mio stesso errore. Se Keni…cioè, quella persona, voglio dire…non sa dei tuoi sentimenti…dovresti dirglielo…finché non è troppo tardi”


    Renka parve comprendere.
    “Grazie Ranma. Davvero” disse, dolcemente.
    “E per quanto mi riguarda…spero che un giorno anche tu…”


    Ma proprio in quella, sbucò fuori Miu, con un’aura fiammeggiante intorno ai capelli


    “REEEENKA…cosa state combinando voi due? Non che la cosa mi riguardi, sia chiaro…” domandò, con un nervo in rilievo sulla tempia.


    Ranma e Renka si allontanarono l’uno dall’altra con un balzo, come se avessero il colera ed iniziarono a parlarsi sopra


    “NO-MA-SAI-PERCHE’-NOI-IN REALTA’…”


    In quella, Kenichi, un po’ pesto, si stava trascinando sul prato verso di loro…”Miu-san…ma…quindi, sei gelosa…di quale dei due? AAAH, non ci capisco più niente”.


    ◊◊◊◊◊

    La mattina dopo avvenne una scena insospettabile. Dopo colazione, e dopo aver salutato e ringraziato tutti (ignara di tutto il macello che aveva causato la sera prima) Nodoka venne riaccompagnata a casa da Sakaki in moto (lui aveva dato a lei il suo casco, e guidava solo con gli occhiali da sole).
    Ranma era un po’ preoccupato, ma aveva imparato a fidarsi del maestro di Karate, anche se si tranquillizzò davvero solo quando lo vide tornare indietro, con la conferma che sua madre era sana e salva.


    Ma quella non fu l’unica sorpresa della giornata.
    Sakaki gli lanciò il casco e gli disse “salta su” con un tono che non ammetteva repliche.
    Dubbioso, il ragazzo obbedì (era la prima volta che saliva su una moto, si rese conto) e sfrecciarono via a tutta velocità verso quartieri che non aveva mai visto.


    “Dove mi stai portando?”


    “A fare un giretto di piacere” fu la risposta.


    Dopo altri 20 minuti buoni di corsa e di svolte varie, parcheggiarono in un quartiere periferico e smontarono.


    “Che ci facciamo qui?”. Sakaki abbassò gli occhiali da sole ed indicò un edificio dietro di sé.


    “Lo vedi quel palazzo? Lì ci abita Kazuhide Noyamura, ricercato per creazione e traffico di documenti falsi, complicità in traffico internazionale di droga, falsa testimonianza e porto abusivo di armi da taglio”


    “E che cos’ha a che fare questo tizio con noi?”


    “Con TE, pochissimo, per ora. Forse molto, in futuro. Per ME; parecchio, dal momento che mi guadagnerò lo stipendio dei prossimi due mesi pedinandolo perché ci conduca ai suoi amichetti, facendoci scoprire tante cose interessanti”


    Ranma lo guardò sbigottito, ma Sakaki gli fece un sorriso complice.
    Aveva deciso di coinvolgerlo nella sua attività di investigatore, o quantomeno di farlo provare, per vedere se potesse piacergli.
    E senza nemmeno consultarlo.


    L’appostamento si rivelò lungo e noioso.


    “YAAAWN! Ma dobbiamo proprio aspettare che quel tizio esca? E’ sempre così il tuo lavoro?”


    “Non sempre, ma a volte sì. Anche io sono una persona impulsiva, ma per fare questo mestiere, ho dovuto imparare la pazienza”


    “Se vuoi sapere il mio parere, è una perdita di tempo. Non sappiamo nemmeno se al momento sia in casa. Potrebbe essere uscito dal retro prima che arrivassimo, per quanto ne sappiamo”


    “Secondo i miei informatori, dovrebbe avere una grossa commissione da svolgere: preparare almeno 30 passaporti falsi per dei contrabbandieri che arriveranno il mese prossimo. Con un lavoro del genere, non uscirà mai di casa, è già un miracolo se riuscirà a mangiare e dormire…il nostro compito è appunto seguirlo per vedere a chi li consegna…però, in effetti è strano…non esce ormai da due giorni, e non mi risulta gli abbiano consegnato del cibo da asporto…non vorrei che avesse cambiato i suoi piani”


    “Se vuoi, posso andare a controllare che sia in casa. Da quell’albero che dà sulla sua finestra, posso vedere l’interno dell’appartamento. Non preoccuparti, so essere molto discreto”


    “Va bene, ma dai solo un’occhiata e torna subito a riferire”


    Ranma si arrampicò sull’albero, ma poté confermare che la sua ipotesi era giusta: lo squallido monolocale al primo piano era completamente vuoto, e qualcuno doveva aver usato il tubo della grondaia per scendere nel giardino, dove si notavano orme fresche.


    “Allora?” gli chiese Sakaki quando fu di ritorno.


    “Il nostro uccellino ha preso il volo!”


    “Dannazione! Questa non ci voleva! Se ne dev’essere andato stamattina prima che arrivassimo”


    “Cosa intendi fare, ora?”


    “Mostrarti un altro piccolo trucco del mestiere”


    In breve Sakaki stava armeggiando con la porta dello stabile con degli attrezzi da scasso che portava nascosti in una tasca interna del giubbotto di pelle.


    “Sai, non me ne intendo, ma sono proprio sicuro che quello che tu stia facendo sia illegale”


    “Un piccolo sacrificio per una giusta causa”.


    Dopo la porta d’ingresso, salirono una scala ed inforcarono un corridoio pieno di stanze dove la gente si faceva i fatti suoi.
    Poi Sakaki si inchinò per ripetere l’operazione con la porta dell’appartamento di Noyamura, che scattò rapidamente, ma senza lasciare tracce.


    Scivolarono all’interno e l’appartamento era un disastro.
    Sacchetti di patatine, confezioni di cibo da asporto e bottiglie vuote sul pavimento. Un odore acre di sudore e di chiuso.
    Un grande tavolo con accatastati una ventina di passaporti già pronti, una decina ancora da preparare, e tutti gli arnesi del mestiere: pennelli, pennini, taglierini ed altro ancora.


    L’attenzione di Sakaki fu però rapidamente attirata da una boccetta di inchiostro multicolore rovesciato sul pavimento.


    “Bingo!” esclamò.


    “Puoi spiegare anche a me?”


    “Ora sappiamo perché il nostro uomo è uscito in tutta fretta.
    Era così disperato di finire il lavoro in tempo, e così stanco, che ha rovesciato questo raro inchiostro tipografico per passaporti ed ora non ne ha abbastanza per finire il lavoro.
    Devi sapere che per fare un lavoro perfetto, occorre lo stesso tipo di inchiostro dei passaporti originali…quindi, sarà uscito a procurarsene dell’altro”


    “Ma…non sarà il genere di roba che si compra in cartoleria”


    “Direi proprio di no, ma per fortuna io so dove reperire questa informazione”


    “Quindi vuoi proseguire l’indagine? Non potremmo restare qui ed aspettare che torni?” propose Ranma, pensando di aver avuto un’idea brillante.


    “Non è un ragionamento sbagliato-concesse Sakaki-ma in questo caso, preferisco non farlo.
    Primo, perché anche se la porta non presenta segni di scasso, potrebbe comunque accorgersi di noi e fuggire.
    Secondo, perché poi intendo dargli una sbatacchiata per fargli sputare i nomi dei committenti e preferisco farlo lontano da occhi indiscreti…in questo palazzo, anche i muri hanno orecchie”


    “Ok, capisco-confermò Saotome-ma non avevi intenzione di pedinarlo per trovare i mandanti?”


    “I piani si modificano in base alle circostanze-precisò Sakaki-in questo caso, visto che è uscito di casa, preferisco rintracciarlo fuori di qui, piuttosto che aspettare e rischiare che ci scappi, per qualunque motivo. Tanto-affermò scrocchiando le nocche-ho metodi persuasivi per farlo parlare”.


    Dopo una rapida perquisizione-ma non tanto rapida che Ranma non potesse osservare ed apprezzare i metodi di Sakaki, che gli appariva in una luce diversa rispetto sia al bruto ubriacone che al maestro di Karate che conosceva-trovarono una bella mazzetta di yen (di sicuro l’anticipo del lavoro), un coltello a serramanico, un walkie talkie spento, una mappa del porto senza segni, un taccuino scritto fittamente in codice cifrato ed una fondina vuota.


    Nel notare quest’ultima, Sakaki si accigliò, ma non disse niente. Invece infilò tutto il resto in una borsa a tracolla di pelle che teneva sulla moto ed uscirono.


    Il viaggio stavolta fu un po’ più lungo e li condusse in un’altra zona di Tokyo che Ranma non conosceva.
    Si trattava di un quartiere-manco a dirlo, malfamato-che sembrava costituito esclusivamente da negozi dall’apparenza abusiva, coperti di cartelloni pubblicitari come un albero di Natale lo è di luci.
    La spazzatura giaceva rovesciata per la strada, dove sciamavano un numero incalcolabile di persone, con tutte le combinazioni possibili ed immaginabili di abiti e di acconciature di capelli e barba.
    Ranma notò che parecchi di loro non erano giapponesi, ma-ipotizzò-coreani, vietnamiti e filippini. C’erano anche alcuni sudamericani e perfino qualche occidentale.


    Sakaki gli raccomandò di restargli vicino, e dopo aver legato la moto con un lucchetto grande quanto il suo braccio, si avviò con sicurezza in una direzione.


    Dopo essere scesi lungo le scale di un seminterrato, entrarono in un locale dal soffitto basso, male illuminato e fumoso come una ciminiera.
    Era zeppo di gente che chiacchierava a bassa voce, in crocicchi di quattro o cinque persone, posizionati lungo le pareti.
    Ranma non avrebbe saputo dire se fosse un bar, una sala ricevitoria per scommesse sui cavalli-stavano infatti trasmettendo delle corse su dei video alle pareti-od una sala slot.
    Probabilmente tutte e tre le cose


    Sakaki si mimetizzava perfettamente nell’ambiente.
    Con lo sguardo truce, la cicatrice sul viso, gli occhiali da sole ed il giubbotto di pelle aperto sui muscoli scolpiti, sembrava un criminale fatto e finito.
    Si avvicinò al bancone del bar e disse al barista con nonchalance:


    “Una birra, amico…e delle informazioni” aggiunse, facendo scivolare una banconota da diecimila yen (circa 64 euro, NDA) sotto il bancone.


    “Puoi avere l’una ma non necessariamente le altre-affermò il barista, un uomo grassoccio e calvo con gli occhi a fessura-ed a seconda del tipo, non per quel prezzo”


    “Tu inizia a cantare, e vediamo se ti concedo il bis-sogghignò il karateka affondando le labbra nella schiuma del boccale-in fondo, il vecchio Matsui mi diceva che questo è il posto migliore della città, per certi servizi”.


    “Ti manda Matsui?-domandò l’uomo, squadrandolo-beh, allora si può fare, ma non garantisco di sapere quello che cerchi”


    Renma, nel frattempo, a differenza del suo Maestro, dava le spalle al bancone ed osservava mollemente tutti gli altri sfaccendati, per evitare che qualcuno potesse prenderli alle spalle, in caso di necessità. Sakaki gli fece un rapido cenno di approvazione.


    “Io invece dico di sì-proseguì il karateka dopo un'altra sorsata-voglio sapere dove è possibile trovare un certo tipo di inchiostro…del tipo del quale risulta un ammanco alla Tipografia di Stato, per intenderci”


    “Uhm! Non una richiesta che si sente tutti i giorni. Eppure, tu sei la seconda persona che oggi mi chiede la stessa cosa. Che cos’è, una specie di scommessa?”


    “Più che altro, una sorta di gara. Vedi, il tizio che ti ha fatto quella domanda prima di me, è un concorrente del mio capo. Entrambi stanno cercando di guadagnarsi un grosso appalto con gente che paga bene…e sarebbe un peccato se lui arrivasse prima di noi, mi capisci. Ho l’impressione che, di norma, si serva di altri fornitori, ma…di recente c’è stata una scarsità di materia prima”


    Il barista parve soddisfatto “Beh, non ti posso garantire che riuscirai ad anticiparlo, ma siete fortunati. C’è un solo mercante in tutto il quartiere che rivende quel genere di roba-oltre ad un mucchio di altra-ed è Raiden, che ha un magazzino a tre isolati da qui. Ma non aprono mai prima delle tre del pomeriggio, perché di solito…lavorano di notte”


    L’uomo col ghigno da lupo annuì “Chiaro”


    “Quando il tuo…concorrente l’ha saputo, è sembrato disperato. Doveva avere davvero fretta. Ha fatto una mezza scenata, ed i ragazzi hanno dovuto minacciarlo un po’ per farlo calmare. Ha passato un po’ di tempo qui da noi. Ha bevuto un rum e cola, giocato alle macchinette-ma non credo abbia avuto molta fortuna-ed è uscito un’ora fa. Secondo me è andato al magazzino in anticipo per importunare Raiden nel momento stesso che apre-tra parentesi, non una buona idea, quello è uno che non scherza-ma se uscite subito, potete raggiungerlo, credo”.


    “Grazie mille, amico. Come arrivo a quel magazzino?”


    “Ecco, vi disegno una mappa”


    “Perfetto. Quanto ti devo?”


    “Nient’altro. Gli amici di Matsui sono miei amici. Ma-aggiunse tenendo la mano premuta sulla mappa invece di lasciarla-se a quel tizio dovesse…succedere qualcosa. Oppure se Raiden fosse…infastidito dalla vostra presenza…io non voglio saperne niente, sia chiaro”.


    “Puoi contarci”


    Sakaki infilò la mappa in tasca, scolò di colpo il resto della birra e si avviò all’uscita con Ranma senza dire una parola.


    Il ragazzo col codino, tornato all’aria aperta, sentiva il bisogno di lavarsi.


    “Fiuu. Che bei posticini che frequenti”


    “A volte, è necessario, per il lavoro. Dopo un po’ di tempo che svolgi questa attività, gli amici giusti, i nomi giusti da dire, una buona rete di contatti…possono fare miracoli”


    Ranma fu contento di avere una mappa perché altrimenti in quel quartiere si sarebbe perso senza speranza e per un attimo capì cosa volesse dire essere Ryoga.


    Quando arrivarono al magazzino-un edificio a due piani, in una strada laterale stranamente deserta, con una grossa saracinesca per far passare i camion al piano terra ed enormi vetrate al primo piano-iniziarono ad essere guardinghi.


    Prima di entrare, Sakaki gli raccomandò “Qualunque cosa succeda lì dentro, ricorda…lascia parlare me…se succede qualcosa, obbedisci ai miei ordini. Il nostro obiettivo è Noyamura, nessun altro. In caso di problemi, concentrati su di lui, è chiaro?”


    “Limpido. Ma perché entrare, e rivelare che lo stiamo cercando, per di più in mezzo a tutti quei banditi? Potremmo aspettare che esca”


    “Sì, se non ha già finito, e non se n’è andato di nuovo da un’altra uscita secondaria…nel qual caso, dovrò interrogare quel Raiden, per sapere in che direzione sia andato. Se tornasse a casa sua prima di noi e si accorgesse della porta, o se qualcuno degli inquilini lo avvisasse della visita-improbabile, ma non impossibile-leverebbe le tende e non lo beccheremmo più”


    Detto questo, si infilarono sotto la saracinesca mezza sollevata.


    Davanti a loro, ad una decina di metri, stava il loro uomo.
    Noyamura indossava un vecchio impermeabile beige ed aveva la barba non fatta e gli occhi di chi non dorme da due giorni.


    Davanti a lui, i capelli a spazzola e la barba tinta di rosso, un energumeno che doveva essere Raiden, il capo.
    Tutto intorno a loro, a semicerchio, non meno di una decina di scagnozzi.


    “E voi chi diavolo siete?” berciò uno di loro, vedendo i due sconosciuti.


    “Ehi, cosa sono queste maniere?-esordì Sakaki con un sorriso sardonico-è questo il modo di rivolgersi a due clienti paganti?”


    “Con quali maniere rivolgersi a chi entra nel mio negozio, lo decido io-dichiarò Raiden, autoritario-anche perché non mi fido dei clienti che non conosco, specie quando ne arrivano ben tre in poche ore. La cosa…mi puzza”


    Il ragazzo col codino non riuscì a trattenersi
    “Ah, ed io che pensavo che la puzza provenisse da questo postaccio. O da…qualcuno di voi”


    Noyamura gettò un rapido sguardo ai nuovi arrivati, poi si rivolse di nuovo al capoccia. Ranma notò che tremava.
    “Se-senti, Raiden, tutto questo non mi interessa. Io voglio soltanto pagare e andarmene. Prendi i miei soldi e…”


    “NON COSI’ IN FRETTA”


    Era Sakaki, che aveva espanso l’aura quel tanto che basta da mettere tutti sull’attenti. Gli scagnozzi sudavano freddo.


    “Eheh, scusate la maleducazione, ma…se i miei occhi non mi ingannano, quello è inchiostro tipografico. Scommetto che persino per il famoso Raiden è raro metterci le mani sopra, quindi…non vorrei che fosse l’ultimo che avevi, mi capisci? Che ne diresti…di lasciar perdere quello scricciolo e fare una piccola asta? Te lo pago il triplo di quello che lo paga lui”


    Per quanto spaventato, Noyamura protestò “Ehi, ma…non vale! C’ero prima io! E comunque, voi…perché volete quest’inchiostro? Non fate il mio mestiere, si vede lontano un miglio!”


    Raiden squadrò i nuovi arrivati. Strinse la presa che aveva su una sbarra di ferro che teneva in mano e la puntò su di loro.


    “Sì, in effetti, tutto quest’interesse improvviso mi sembra sospetto. Uno di voi è una spia. O magari tutti e tre lo siete. La vendita è sospesa, vi impacchetterò e vi interrogherò per bene. RAGAZZI! PRENDETELI!”


    Ranma non poté che notare come il piano stesse andando a carte quarantotto.
    Eppure, Sakaki sembrava aver soppesato la possibilità fin dall’inizio.
    Continuava ad espandere l’aura, disintegrando il suo giubbino di pelle, e dai suoi occhi a fessura non si vedevano più le pupille, mentre sorrideva, famelico.


    “OH; DAVVERO? Beh, che peccato…speravo di risolverla tra amici, ma in fondo…”


    E non appena il primo bandito gli fu addosso, lo fece volare via con un colpo terrificante dato col dorso della mano


    “….AVEVO GIUSTO VOGLIA DI SCATENARMI!”


    Altro che “potrebbe essere fuggito dall’uscita secondaria”-pensò Ranma-voleva menare le mani fin dall’inizio!


    Tutti gli altri furono loro addosso come un sol uomo, circondandoli con atteggiamento minaccioso. I contrabbandieri non avevano armi da fuoco, ma quasi tutti avevano in mano coltelli, bastoni e catene.


    Noyamura approfittò della confusione per divincolarsi e fuggire a perdifiato in una direzione qualsiasi.


    “RANMA! RICORDATI IL PIANO!”


    “Lo seguo!” dichiarò il ragazzo col codino, scavalcando con un balzo i banditi e mettendosi sulle tracce del falsario


    “Ma fa’ attenzione! Ha preso una pistola!”


    “Ehi! Il ragazzo è veloce!” protestò uno degli scagnozzi.


    “Non preoccupatevi, lo riprenderemo dopo-affermò Raiden, saggiando la sbarra di ferro con una mano-ed anche quel piccolo verme che è scappato senza pagare. Il magazzino non ha altre uscite”


    “OH, davvero?-disse Sakaki, che ormai emanava fumo dalla bocca-un vero peccato…PER VOI!”


    “Basta! Prendetelo!”


    Ma mentre i nove banditi lo attaccavano tutti insieme, Sakaki eruppe in una serie di mosse di karate a corta distanza: pugni, parate di avambraccio, colpi col dorso del pugno e col taglio della mano, eseguiti in una guardia molto stretta e ruotando rapidamente in varie direzioni.


    << TETSUKI HYAKUDAN >>***


    I contrabbandieri vennero respinti in tutte le direzioni e crollarono a terra, sbaragliati Nessuno di loro aveva una prognosi inferiore alle tre settimane.
    Raiden, stranamente non impressionato da quello spettacolo, si avvicinò, soppesando la spranga di ferro tra le mani come se la usasse per applaudire.


    “Niente male davvero…non ci sono tanti combattenti di quel livello…quello era Karate, non è vero? Tu non sarai, per caso…?”


    “IL KARATEKA DI CENTESIMO DAN; SHIO SAKAKI. PER SERVIRTI”


    “Oh-oh, questa volta sono stato scovato da una bestia famelica. Ma non credere che sarà così facile, Shio Sakaki. Il vecchio Raiden non ha studiato le arti marziali, questo è vero-e nel dire questo, quasi a smentirsi, sollevò la spranga con un braccio in quella che sembrava una guardia-ma nelle Risse da Strada è quello che definiresti…di livello Maestro!”


    Umpf! Sembra che sarà divertente. Solo Ranma, nel frattempo…vedi di non farti ammazzare dal giocattolo di quel pivellino


    ●●●●

    Ranma stava inseguendo Noyamura per una serie di scale a chiocciola e poi lungo dei corridoi che sembravano infiniti, composti da scaffalature altissime piene di casse di legno. Ogni tanto, il falsario si voltava, isterico, gridandogli di lasciarlo stare.


    Ranma lo stava per raggiungere, quando quello si voltò di nuovo, stavolta con una rivoltella a tamburo nella sinistra, e sparò in rapida successione tre colpi.


    Ranma non aveva mai affrontato un’arma da fuoco prima.
    Vedendo i movimenti dell’uomo, però, ebbe dei riflessi abbastanza pronti da balzare via dalla traiettoria di tiro non appena vide il dito sul grilletto.


    Pur avendo velocità e riflessi sovrumani, le pallottole sibilarono e gli passarono vicino…troppo vicino, pensò.


    Sudando freddo, intimò all’uomo di fermarsi.
    “Finiscila, Noyamura! Conosciamo tutta la storia-mentì-questo posto non ha uscite, ed hai molte più probabilità di cavartela con noi che con quei tizi laggiù…o con i tuoi committenti, se è per quello”


    “LASCIATEMI STARE!”


    Ranma capì che l’uomo non era abituato all’azione, perciò era diventato isterico.
    Però era un isterico con una rivoltella…ed altri tre colpi nel tamburo, almeno. Il ragazzo sperò non ne avesse anche un quarto in canna.


    Poiché i corridoi non avevano uscita, nel vedere l’uomo svoltare in una curva, invece di seguirlo, si gettò sulla destra, si arrampicò sulle casse e sbucò dall’altra parte, per tagliargli la strada.


    Si calò giù senza far rumore e quando fu abbastanza vicino…


    Una pistola. L’arma dei vigliacchi


    “FERMO! ULTIMO AVVERTIMENTO!”


    Il falsario fu sconvolto di ritrovarselo a tagliargli la strada, appeso alle casse come una scimmia, a dieci metri da terra. Sollevò la pistola e fece fuoco ancora.
    “MUORI!”


    Ranma si lasciò cadere giù appena vide la pistola sollevarsi.
    Il primo proiettile colpì dove si trovava un attimo prima.


    Atterrò a terra ed il secondo proiettile passò a mezz’aria, un paio di metri sopra di lui.


    Effettò una capriola in avanti, rotolando verso il criminale, ed il terzo ed ultimo proiettile sibilò venti centimetri sopra il suo corpo.


    Balzò in piedi davanti a Noyamura, l’espressione insolitamente feroce.


    L’uomo per poco non ebbe un infarto, sollevò l’arma un’ultima volta…


    …e Ranma la afferrò in una mano e la accartocciò come carta stagnola.


    “BASTA con i giocattoli” dichiarò gelido.


    Noyamura svenne.


    ●●●●

     

    In altre circostanze, Sakaki si sarebbe divertito, ma in quel momento aveva fretta.


    Raiden non millantava la propria fama, ma dopo circa un minuto, con la sua sbarra, aveva solo procurato dei lividi superficiali agli avambracci che il Karateka usava per parare i colpi.


    Sakaki sollevò le braccia, piegate ad angolo retto, una sopra il viso, ed una in basso, a coprire le viscere.
    Tutta la parte centrale del corpo era scoperta.


    << MOUSOU GAMAE >>****


    “Tsk!-sputacchiò Raiden-quella guardia mi sembra…PIENA DI BUCHI!”


    Ed attaccò con un affondo molto potente.


    Shio abbassò di scatto il braccio destro ed alzò contemporaneamente il sinistro.
    L’arma del contrabbandiere rimase incastrata tra i suoi possenti avambracci e si spezzò di netto in tre parti, prima di poter solo sfiorare il suo corpo.


    Raiden rimase esterrefatto.


    “LA TUA TESTA sarà piena di buchi, vorrai dire…
    Sai, mi spiace…vorrei ancora giocare con te…” dichiarò il karateka, caricando il pugno
    “…ma purtroppo, ORA HO DA FARE!”


    << DOTSUI SAJIN THRUST! >>*****


    E rilasciò un singolo diretto destro, potentissimo, che spaccò la mascella del bandito, gli fece saltare vari denti e lo fece volare, svenuto, sul mucchio di corpi che costituiva la sua ormai ex banda.


    Tornato a respirare normalmente, Sakaki dichiarò, tra sé e sé
    “Uff! Be’, è stato facile…spero solo che Ranma se la sia cavata”


    “Ranma se l’è cavata!” dichiarò l’interessato, saltando giù dalla scala con il falsario appoggiato di traverso su una spalla ed un sorriso soddisfatto.
    Sul viso di Sakaki si dipinse un’espressione di sollievo.


    “Bene, bene. Quando ho sentito quegli spari, ho temuto il peggio”


    “Beh, in effetti non è che non ci abbia provato-concesse il ragazzo col codino-ma non aveva una grande mira. Possiamo dire che mi sia servito come allenamento per imparare a schivare i proiettili col tempismo giusto”


    “Sì, forse-disse Sakaki pensieroso-ma ora dobbiamo sbrigarci. Gli spari avranno attirato la polizia-una delle poche cose che può spingerla a venire in forze in quartieri come questi-e fatto scappare tutti gli altri delinquenti nel raggio di un miglio.
    Non voglio che questi banditi la passino liscia-non che possano muoversi per tutta la prossima settimana, in effetti-ma non voglio consegnare Noyamura agli agenti prima di averlo fatto cantare.
    Facciamo così: io resto qui per parlare con gli sbirri-non ti preoccupare, se faccio il nome dell’ispettore Honmaki e lo chiamano alla radio, non mi arresteranno-e tu porta il nostro prigioniero fino alla mia moto, ed aspettami lì. Non dovrei metterci più di un’ora o due”


    Ranma obbedì al suggerimento del Maestro di karate, trasportando il falsario svenuto da sotto le spalle (come se stesse aiutando a camminare un amico che ha avuto una sbronza) con tutta la nonchalance della quale era capace, mentre i residenti fuggivano in tutte le direzioni ed una mezza dozzina di auto della polizia si dirigeva a sirene spiegate verso il magazzino dal quale provenivano.


    ●●●●

     

    Stette seduto nel vicolo sulla moto di Sakaki-tra parentesi, scoprì che gli piaceva-dopo aver legato il prigioniero con la sua stessa cintura, per circa un’ora e mezza, prima di veder arrivare il suo Maestro, a torso nudo, ma con gli occhiali da sole.


    “Tutto a posto?”


    “Tutto a posto. La polizia non riusciva a crederci. Quel Raiden ha talmente tanti precedenti, ed hanno trovato tante di quelle prove dei suoi traffici che passerà un secolo prima che riveda la luce del sole. Ed ora vediamo…non ha ancora ripreso conoscenza?”


    “No. Ed io non l’ho svegliato, era più comodo così che se si fosse messo a strillare”


    “Già, un vero cuor di leone” e lo svegliò schiaffeggiandolo leggermente.


    Kazuhide Noyamura avrebbe preferito restare nel mondo dei sogni, perché quando si svegliò, si ritrovò in un incubo.
    Sakaki riusciva ad essere incredibilmente intimidatorio quando voleva…e spesso, anche quando non voleva.


    Nel vedere le lucine sugli occhi, Ranma gli mise una mano sulla spalla “Sakaki…magari anche un po’ meno” mentre il prigioniero sussultava e tremava.


    “Non ti preoccupare, facciamo solo due chiacchiere…vero Kazuhide, amico mio?”


    “Io…non sono vostro amico! Non vi ho mai visto in vita mia! Cosa volete da me?”


    “Informazioni” dichiarò semplicemente il karateka, scrocchiando le nocche.


    Il falsario deglutì.


    “Cosa…cosa vi serve sapere?”


    “Oh, solo un paio di cosette…come ad esempio chi sono gli amici per i quali stai preparando ben trenta passaporti, quando approderanno in Giappone, qual è il loro carico, come si chiama la nave, quando avverrà lo scambio…cose così”


    Il falsario, ad ogni dichiarazione, sbiancava sempre di più, rendendosi conto di essere fregato.


    “Oh, ed un altro paio di cose-aggiunse, tirando fuori dalla bisaccia le cose che aveva sequestrato in casa sua-voglio conoscere il significato di questa mappa; so che non può essere il luogo nel quale approderanno, perché è il porto civile, non quello commerciale; e naturalmente voglio che tu traduca per noi questo codice cifrato”


    “Io…non posso farlo! NON POSSO FARLO!
    Voi…non avete idea di chi sia quella gente! Se scoprono che ho parlato, sono un uomo morto!”


    Sakaki tirò un pugno dritto davanti a sé, sfondando uno dei mattoni del muro, a dieci centimetri dal viso di Kazuhide.
    “MA SE NON PARLI, PRESTO DESIDERERAI DI ESSERE MORTO”


    Il poveretto ebbe un sussulto. Ranma sospirò.


    “E…e va bene-disse infine, dopo essersi calmato un po’-loro…non so chi siano, mi hanno contattato tramite casella di fermo posta, come faccio con tutti i clienti. Qualcuno doveva averglielo detto.
    Arriveranno qui in nave il mese prossimo e non si fidavano a far fare dei passaporti all’estero, volevano un professionista locale. Perciò devo consegnarglieli soltanto il giorno prima che approdino qui”


    “Uhm, comincio a capire-disse Sakaki, che era tornato di espressione normale-c’entra qualcosa questa mappa del porto, non è vero?”


    “Esatto, loro in questo momento…beh, per tutto il mese, a dire il vero, stanno stazionando appena fuori dalla giurisdizione della Guardia Costiera, pochi chilometri oltre l’inizio delle Acque Internazionali. Quando saranno pronti, entreranno nelle acque territoriali giapponesi ed è allora che consegnerò i passaporti. Un loro complice qui mi porterà da loro nottetempo con un motoscafo, mi pagheranno e tornerò indietro. La mappa serve per sapere dove andare, ma non me l’hanno ancora detto, solo il quadrante: sarà il complice stesso a telefonarmi nel pomeriggio del giorno stabilito”.


    “Ingegnoso-commentò Sakaki-ma perché rimanere così a lungo tanto vicino alle coste giapponesi?”


    Noyamura esitò un momento, poi pensò che ormai tanto valesse vuotare il sacco del tutto


    “A quanto pare, ci sono iniziative internazionali contro il contrabbando che Giappone e Corea del Sud svolgono nel Pacifico in collaborazione con la Marina Statunitense…quindi, per evitare di incappare in una nave da guerra, loro non sono salpati da…da dovunque siano partiti già con un carico illegale, ma faranno uno scambio con altre navi in alto mare”


    Ranma fece tanto d’occhi “Davvero? Si tratta di una banda estremamente organizzata, allora”


    “E’ così-confermò il falsario-da quanto ho capito, trasportano un carico di pesce surgelato ed è con questa scusa che intendono approdare a Tokyo. Dichiareranno via radio di aver avuto un guasto appena fuori dalle acque territoriali giapponesi per avere la scusa di restare fermi per alcune settimane, fingendo di ripararlo.


    Invece, ci saranno una serie di barche più piccole-alcune che fingeranno di essere navi da riparazione, altre sono piccoli pescherecci salpati da tutto il sud est asiatico-che li raggiungeranno, ogni notte, per trasportare a bordo il carico illegale”.


    “Un momento-intervenne Ranma-c’è una cosa che non capisco. Se impiegheranno un mese a fare queste operazioni, perché sei così disperatamente di corsa per terminare il tuo lavoro? Da come ti comporti, si direbbe che tu debba consegnare i passaporti tra pochi giorni”


    Sakaki scoccò uno sguardo di rispetto per l’osservazione intelligente del ragazzo.


    “Perché…loro stessi non sono sicuri di quanto impiegheranno ad effettuare il trasbordo. Se uno solo dei barchini ritarda per qualsiasi motivo, hanno ordine di aspettarlo. Il destinatario giapponese della merce sembra essere inflessibile: se manca anche una sola cassa, non pagherà il pattuito.
    Quindi anch’io devo preparare i passaporti il prima possibile e poi restare in attesa di ordini: potrebbero arrivare dopodomani…o fra tre settimane. Ma se non ho pronti TUTTI e trenta i passaporti quando mi chiamano…beh, mi faranno fuori”


    Ora era tutto chiaro. Ranma e Sakaki provarono pietà per il falsario e ne capirono, finalmente, lo stato emotivo. Poi l’uomo finì la spiegazione.


    “Infine, quando avranno finito, approderanno a Tokyo in piena notte-ma scegliendo uno dei porti più piccoli, di quelli che non lavorano per tutta la giornata”


    “Il resto lo immagino-intervenne Sakaki-quella notte stessa, approfittando magari di una mancia all’ufficiale di guardia, arriveranno dei camioncini a portare via il carico illegale e lasceranno a bordo il pesce surgelato che sarà regolarmente scaricato il mattino successivo, come se niente fosse. Non è così?”


    “Esatto”


    “Bene, bene, un piano davvero geniale. Non vedo l’ora di stringere la mano all’autore di questo capolavoro. Ma c’è solo una cosa che non mi torna…”


    Kazuhide chiuse gli occhi, aspettandosi la mazzata.


    “Il carico illegale…in che cosa consiste?” sussurrò Sakaki avvicinandosi un po’, con espressione seria.


    Il falsario gettò lo sguardo da un lato, non osando guardarlo negli occhi.


    “Sono delle casse…sono casse di fucili automatici”


    “CHE COOOSA?” Sakaki lo prese per il bavero e lo sollevò di peso.


    “HO CAPITO BENE? FUCILI MITRAGLIATORI? E TU LI STAI AIUTANDO A PORTARE ARMI DA GUERRA NEL TUO PAESE; MALEDETTISSIMO BASTARDO?”


    Ranma era sconvolto dalla notizia, ma ebbe comunque la prontezza di provare a fermare Sakaki.


    “Fermati, Shio! Così lo strozzi!”


    Quando il falsario venne rimesso giù, ed ebbe finito di tossire, Sakaki, che lo guardava con espressione spietata, riprese a parlare con più calma.


    “Ed il tuo quadernetto in codice cifrato? Cosa c’è scritto?”


    “Quello…coff…non è direttamente collegato a loro. Beh, non solo a loro, almeno. Ho preso appunti su ogni lavoro che ho svolto nella mia carriera…sin da quando…mi hanno cacciato dalla Zecca di Stato per i miei problemi col gioco e mi sono messo in proprio…ho segnato gli acquirenti, cosa ho fatto per loro, quanto mi hanno pagato, ogni cosa”.


    “Molto bene-riprese Sakaki, di umore migliore-allora adesso ti dico cosa faremo d’ora in poi. Primo, ti riaccompagneremo a casa tua, con l’inchiostro che hai preso da Raiden e tu…finirai il tuo lavoro come se niente fosse”


    “Come?”


    Anche Ranma era stupito, ma intuì che Sakaki doveva avere un piano.


    “Secondo. Quando ti contatteranno per la consegna, tu risponderai normalmente dal tuo walkie talkie, solo che…faremo una piccola modifica”.


    Il cacciatore di taglie tirò fuori dalla bisaccia il radiotelefono preso a casa di Kazuhide, ne svitò rapidamente la cassa usando il coltello a serramanico che aveva ivi sequestrato, e lasciò scivolare in mezzo alle componenti elettroniche un piccolo aggeggio che Ranma aveva visto solo nei film, ma che intuì essere una microspia. Poi richiuse il tutto, come prima.


    “Terzo. Eseguirai la consegna come previsto, solo che quando il corriere ti avrà lasciato andare…tu verrai preso in consegna dall’Ispettore Honmaki, della polizia di Tokyo”


    Kazuhide annuì, troppo emotivamente stanco per preoccuparsi per il suo futuro.
    E poi, finire in cella era sempre meglio che finire in una cassa da morto.


    “Quarto. Tu rivelerai all’Ispettore il codice cifrato e confesserai TUTTI i tuoi crimini-poi, nel vedere la faccia inorridita del falsario, alzò un po’ la voce, ma al contempo la sua espressione si raddolcì-e testimonierai contro TUTTE le persone alle quali hai venduto documenti falsi, compresi questi ultimi trafficanti d’armi. In questo modo, entrerai nella Protezione Testimoni e nessuno riuscirà a torcerti un capello”


    Ora Noyamura lo guardava in modo diverso, come fosse un faro di speranza.


    “E poi-aggiunse in tono neutro-una volta che sarai uscito di galera, ti consiglio di farti aiutare per i tuoi problemi col gioco e trovarti un lavoro onesto, per sfruttare i tuoi talenti. Tu non hai la stoffa per fare il criminale, Kazuhide. Se vai avanti con questa vita, prima o poi finirai male”.


    L’uomo abbassò lo sguardo. Era quasi commosso
    Ranma non aveva mai visto Sakaki comportarsi in modo così ammirevole e la cosa gli scaldò il cuore.


    “ED INFINE-riprese il Karateka, cambiando ancora tono-QUINTO: se per caso, in questi giorni, dovesse saltarti lo sghiribizzo di PROVARE a fuggire, raccontare a CHIUNQUE del nostro patto, o lasciarti sfuggire il MINIMO segnale di un problema con i tuoi clienti…finirai come questo giocattolo”


    E nel dire questo, Sakaki prese tra pollice ed indice il coltello a serramanico che aveva richiuso e lo pressò, trasformandolo in un tubo di metallo estremamente denso, alto non più un paio di centimetri.


    Se Ranma sudò freddo a quella vista, il falsario sbiancò del tutto, facendo “no” freneticamente con la testa.


    Qualche decina di minuti dopo, riaccompagnato Kazuhide nel suo quartiere e dopo aver osservato da lontano che l’uomo rientrasse regolarmente nel palazzo, Sakaki si voltò verso Ranma e gli fece un sorriso caloroso.


    “Beh, cosa ne dici Saotome? E’ stata una buona giornata di lavoro, non trovi?”


    “Sì, varia ed intensa-approvò il ragazzo col codino-ma immagino che il lavoro dell’investigatore non sia sempre così”


    “No, in effetti no-ammise il Karateka di Centesimo Dan-come ti dicevo, a volte può essere molto noioso. Ma può comunque dare delle soddisfazioni”


    I due uomini si scambiarono uno sguardo d’intesa.


    “Allora, cosa ne pensi? Potresti essere interessato a questa carriera? Anche part-time?”


    Ranma incrociò le braccia dietro la testa e si stirò.


    “Forse. Non ne sicuro. Di certo sarebbe un modo per mettere a frutto alcuni miei talenti…ma dovrei imparare a fare molte altre cose. Però, magari…”


    Sakaki fece un ghigno.
    “Tutto quello che c’è da imparare posso insegnartelo io, beninteso nei week end. E sei fortunato, ragazzo, perché impareresti dal migliore.
    Inoltre-aggiunse-questa indagine non è mica finita. Hai visto l’inizio della storia, vorrai mica perderti la fine?”


    Ranma si limitò ad annuire, sorridendo.


    ◊◊◊◊◊

    Quando furono tornati al Ryozampaku erano ormai le sette di sera-Ranma intendeva salutare tutti visto che era sparito all’improvviso, ma anche telefonare a sua madre per avvisarla che sarebbe tornato tardi per cena, prima di farsi riaccompagnare da Sakaki-ma prima di tutto, il ragazzo col codino ebbe una strana sorpresa.


    Nel cortile del dojo, in piedi, a parlare con i Maestri, c’era una persona appartenente al suo passato di Nerima, una che pensava non avrebbe mai più rivisto.


    Il suo vecchio rivale.


    ◊◊◊◊◊

     

     
    Nota dell'Autore:


    Come anticipato, questo capitolo porta Ranma ad esplorare il mondo del crimine con un maestro d'eccezione...avevo voglia di far sviluppare di più il rapporto tra Ranma e Sakaki e non vedo male il codinato ad imparare la sua professione.


    L'indagine che stanno seguendo avrà dei risvolti ben più interessanti ai fini della trama, anche se non immediatamente evidenti...aspettate e vedrete.


    Non ho resistito alla tentazione di avere Nodoka fare emergere il quadrangolo amoroso tra i ragazzi, per ricordarci che ci deve sempre essere un po' di sano caos, ma mi piaceva l'idea che lo facesse di proposito, con finta ingenuità.
    Volevo anche che Ranma avesse un qualche tipo di rapporto con Renka, ma non banale...confidente che fa il tifo per lei e quasi fratello maggiore mi piaceva di più che "finto interesse amoroso n° 478923"


    Infine, sono stato cattivello, nel non rivelare chi sia la persona arrivata al Ryozampaku...ma lo scoprirete tra pochi giorni ;)


    Legenda


    Mukimono*: la maniera tradizionale giapponese di tagliare frutta e verdura in modo decorativo


    Manju, Anmitsu, Warabimochi**: i Manju sono dolcetti di farina e riso in polvere con ripieno di marmellata (anko) di fagioli dolci (azuki); l’Anmitsu è un dessert a sua volta composto da anko, che ricopre pezzi di frutta tipo macedonia, servito con agar agar (un gel derivato dalle alghe rosse) disciolto in succo di frutta; il Warabimochi è un dolce di pasta di soia, ricoperto di polvere di sesamo


    Tetsuki Hyakudan***: una delle tecniche di Sakaki nel manga; è come l’ho descritta, si traduce come “Demone di Ferro di Centesimo Livello”. Visivamente, ricorda un po’ certe mosse dei Kata Tekki, dello stile Shotokan


    Musou Gamae****: una posizione di guardia come descritta, che significa “posizione di guardia suprema/senza rivali”. Sakaki nel manga la usa ad Okinawa, per affrontare la Lancia del Centro


    Dotsui Sajin Thrust*****: una delle mosse di Sakaki, un pugno diretto da Karate, però molto più potente del normale 


     
    Mini-Guida per il manga di Kenichi:

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 13
    *** Coloro che Vivono nell'Ombra ***





    Ranma dovette sbattere gli occhi più volte per convincersi di non aver preso un abbaglio.
    Gli sembrò di aver avuto un dèja vu.


    Eppure non c’era da sbagliarsi, era proprio lui.


    “Ehi! Cosa ci fai tu qui?”


    La figura si voltò verso di lui.


    Alto, con i capelli lunghi e lisci e la consueta lunga veste cinese a maniche a sbuffo.


    Mousse si rivolse a Ranma e gli rispose, come se stesse parlando con un deficiente:


    “Che domande, Saotome, quello che ci fai tu, no? O pensi di essere l’unico ad avere il diritto di allenarti dove ti pare?”


    Quella risposta altera e cattedratica-un modo di fare che Mousse poteva sviluppare, nei rari momenti nei quali non era lo zimbello di tutti-riuscì ad irritare Ranma ancora di più.


    “Quello che intendo dire-aggiunse coprendo la distanza che li separava a grandi passi-è COME sei finito qui! E non dirmi anche tu che è stato per puro caso, come ha fatto Kuno, perché non ci credo!”


    “Come? Anche Kuno si allena qui? Il mondo è davvero piccolo.
    Beh, comunque no, nel tuo caso, hai ragione. Ovviamente, ti ho fatto seguire”


    Disse questo con suprema nonchalance, pareva avere degli ideogrammi con scritto
    << NATURALMENTE ! >> accanto alla testa.


    “Che COOSA?”


    “Beh, perché ti stupisci, scusa? Dopotutto, ti conosco da anni, so che sei un praticante molto forte ed io sto a mia volta cercando di migliorare. Quando ho saputo che ogni giorno andavi in qualche posto misterioso per tornare a casa solo la sera, ne ho dedotto che avessi trovato un luogo adeguato dove allenarti, e naturalmente la cosa interessava anche me”


    Ranma conosceva Mousse da anni, ma questi riusciva ancora a sorprenderlo.
    “E…e non ti vergogni di dire che mi hai fatto seguire? Anzi, COME hai fatto a farmi seguire senza che me ne accorgessi? Chi è stato? Da come ne parli, è ovvio che hai incaricato qualcuno”


    “Ahah, Saotome, quanto sei deliziosamente ingenuo-cominciò Mousse, dandosi delle arie-da come parli si direbbe che tu non mi conosca. E’ evidente che quando si ottiene un vantaggio su un rivale, non si svelano i propri segreti; prima ancora che della strategia, sono le basi del buon senso. Ma già, tu sei estraneo al concetto di pianificazione”


    Ranma stava per venire alle mani con lui.
    “Adesso io ti…”


    In quella però arrivo Akisame a mettergli una mano sulla spalla.
    “Calma, calma, Ranma, non lasciarti trascinare dal nervoso e ricorda che sei un combattente Sei ed un allievo di un dojo con delle regole.
    Il qui presente Mousse ci stava appunto spiegando le ragioni per le quali intende allenarsi qui e…ci ha anche parlato con franchezza della vostra passata conoscenza”


    “Davvero?” Mousse parlava con franchezza? Il mondo stava andando alla rovescia


    “Davvero-confermò il praticante che si trasformava in un papero-e perché non avrei dovuto, dopotutto? Non è forse passato diverso tempo dall’ultima volta che ti ho sfidato per il cuore di Shampoo? Non ho forse rinunciato da tempo a cercare di conquistarla? Non abbiamo forse combattuto in svariate occasioni fianco a fianco? Perché dovresti essere ostile nei miei confronti?”


    Gli chiese tutto questo come se fosse una innocente vittima e Ranma un crudele persecutore. Il ragazzo col codino si calmò un po’ ed arrossì al tempo stesso.


    “Ma…ma io, veramente…
    Beh, diciamo che…non mi aspettavo di vederti qui…e mi sono risentito allo scoprire che mi hai fatto seguire…non mi fa sentire a mio agio, ecco…e visti certi nostri trascorsi, la cosa mi ha fatto mettere sull’attenti…”


    Accidenti, poco ci manca che gli chieda scusa IO!


    Mousse fece una cosa che non gli si vedeva spesso fare: scoppiò a ridere di gusto.
    “Ahahahah, sei davvero una sagoma, Saotome! Non cambi mai-esclamò dandogli una pacca sulla spalla-ma non preoccuparti, è tutto a posto, ci mancherebbe. Oh, e visto che ci alleneremo nello stesso dojo…a presto, compagno!”


    E detto questo, con un cenno di saluto ai Maestri, si avviò verso l’uscita.
    Ranma rimase a guardarlo mentre si allontanava, ancora perplesso.


    Poi Akisame gli chiese: “Quindi è vero, tu e quel ragazzo avete dei trascorsi”


    “Beh, possiamo dire di sì. Come sapete, io…sono stato in Cina, ed anche al villaggio di Joketsuzoku, le famose Amazzoni. Tuttavia, in quel villaggio anche molti uomini praticano le arti marziali e lui è uno di quelli. In particolare, Mousse è uno specialista nell’uso di armi nascoste negli abiti”.


    “Una…specializzazione…rara” commentò Shigure.


    “Sì, esatto, e proprio come la sua specialità, per anni Mousse è stato un tipo infìdo, incline ai complotti ed agli intrighi. Era innamorato perso di una ragazza di quel villaggio, una sua amica d’infanzia di nome Shampoo, la quale invece era innamorata-o meglio, ossessionata dall’idea di sposare-me, per una questione di tradizioni che adesso vi risparmio…”


    “Oh, invece ci interessa” lo inzigò Ma Kensei. Miu e Renka parevano anch’esse incuriosite, ma non osarono proferire parola.


    Ranma non vi badò e proseguì: “E quindi, per diverso tempo, Mousse è stato convinto che se mi avesse sconfitto, Shampoo avrebbe cambiato idea e si sarebbe innamorata di lui. Ma:

    1. Non ci è mai riuscito
    2. Lei non avrebbe voluto saperne nulla di lui in ogni caso
    Nel corso degli anni, è capitato più di una volta che facessimo fronte unito contro minacce comuni e…beh, sì, potrei dire che l’ultima volta che ci siamo visti eravamo decisamente in buoni rapporti.
    Oltretutto, di recente, lui sembra aver rinunciato a Shampoo, e lei sembra aver rinunciato a me, quindi…”


    “Beh, ma allora, non è tutto a posto?-interloquì Kenichi, con semplicità-che problema ci sarebbe se si allenasse qui?”


    Ranma lo squadrò per un istante. Il solito Kenichi, ingenuo ed idealista.


    “Beh, perché il mio istinto mi dice che ha anche un secondo fine di qualche tipo. O perché non mi rende tranquillo sapere che può farmi seguire quando vuole.
    Non lo so, forse…mi infastidisce soltanto che diversi componenti della mia vecchia vita si intromettano nella mia nuova vita. Ho lavorato e faticato per ricostruire tutto da capo ed ora temo che qualcuno di quegli imbecilli possa rovinare tutto anche qui”


    Lui per primo fu stupito della spontaneità di quella confessione. Ma mentre si guardava intorno, con un moto di imbarazzo, vide che tutti, Maestri ed Allievi, sorridevano con calore a quell’accenno, alla “nuova vita” della quale facevano parte.
    Erano evidentemente lusingati di quella confessione, specie da parte di Ranma, in genere avaro di complimenti.


    Akisame si fece avanti a nome di tutti, gli mise una mano sulla spalla e gli disse: “Non ti preoccupare, Ranma-kun, siamo tutti dalla stessa parte. Terremo gli occhi aperti se dovesse esserci qualcosa di strano…ma nel frattempo, non c’è ragione per non collaborare tutti, da buoni amici”


    Ranma si rilassò “Sì, forse ha ragione, Koetsuji-sensei”


    ◊◊◊◊◊

    Le settimane successive furono impegnative, ma prive di eventi significativi in sé e per sé.
    Ranma aveva accettato di buon grado il fatto che Mousse si allenasse al Ryozampaku e questi non fece nulla per far dubitare della sua buona fede.
    Aveva stabilito una routine d’allenamento particolare e personalizzata: più giorni la settimana, sempre con Maestri diversi (non diversamente da Ranma e Kenichi, in fondo) e cioè il Lunedì, Martedì e Mercoledì.
    Cosa facesse nei restanti giorni della settimana, non si sapeva e Ranma non osò chiederlo, per non fare tutto il giro e passare lui per uno spione; anche se si ripromise di scoprirlo, prima o poi.


    Il Lunedì il ragazzo cinese si allenava nell’uso delle armi con Shigure, che sembrava soddisfatta di avere un allievo specialista nell’uso delle armi e che ne usava molte diverse, a differenza di Kuno.


    Il Martedì, Mousse si allenava nelle arti marziali cinesi interne con Kensei, che era entusiasta di avere un altro cinese al Ryozampaku, e per giunta proveniente dal mitico villaggio di Joketsuzoku. Inoltre il ragazzo era in gamba, forse non quanto Ranma nel complesso, ma ad un livello simile, con differenti punti di forza e punti deboli. Inoltre, il piccolo Maestro passava un mucchio di tempo a domandargli come fossero le ragazze del suo villaggio…


    Il Mercoledì, infine, e questa fu la sorpresa maggiore per Ranma, Mousse si allenava con Akisame, ma…non nel JuJitsu. Il Maestro Filosofo, infatti, aveva accettato di prendere il cinese come discepolo per insegnargli cognizioni tecniche, ingegneristiche, tattiche e strategiche.


    Ora, che Mousse avesse un gran cervello, su questo non ci pioveva. Già dopo poche settimane in Giappone, parlava la lingua perfettamente e senza accento (cosa che Shampoo non avrebbe probabilmente mai fatto), oltre a parlare il nativo Mandarino, il Cantonese ed un’altra dozzina di dialetti. Ranma lo aveva persino visto scrivere in giapponese utilizzando tutti e tre i loro alfabeti* cosa che creava difficoltà agli stessi nipponici, figuriamoci agli stranieri.


    Ed aveva una certa abilità nel creare le cose con le proprie mani, d’accordo. Ranma sapeva che Mousse si forgiava da solo tutte le armi e gli strumenti che usava e nascondeva, e ne inventava spesso di nuovi; era un esperto di chimica e di esplosivi; gli aveva anche visto spesso risolvere problemi pratici, mentre si trovavano in zone selvagge, costruendo al momento le soluzioni, che fossero impalcature con mezzi di fortuna od altro.


    Tuttavia, dove difettava davvero era proprio nel suo presunto punto di forza: la pianificazione. I piani di Mousse fallivano sempre proprio perché si lasciava coinvolgere troppo dalle emozioni, dall’orgoglio, dalla passione che lo animava, perché trascurava i dettagli o sottovalutava gli avversari e finiva invariabilmente per fare, all’opposto, la figura del cretino.
    Ora che non sembrava più distratto dalle sue emozioni, però, Mousse appariva calmo, lucido ed in grado di esprimere il suo vero potenziale, sia come praticante di arti marziali (era evidente che fosse un praticante SEI) sia come inventore.


    Dal punto di vista pratico, Akisame gli mostrava come progettare e costruire attrezzature e macchinari, sia meccanici che elettronici e lui ne apprendeva i segreti ad una velocità sorprendente.


    Persino Shigure contribuiva, mostrandogli alcune procedure per forgiare ed affilare armi di vario tipo, affinandone le doti come fabbro, senza però svelargli, ovviamente, i segreti dell’acciaio tramandati da suo padre.


    Mousse e Koetsuji, infine, passavano moltissimo tempo a giocare a dama, scacchi occidentali, shogi e Go**, e nel giro di qualche settimana, presero l’abitudine di giocare quattro partite contemporaneamente, su altrettante scacchiere.
    Akisame vinceva il 90% delle volte, ovviamente, ma…considerato il quoziente intellettivo mostruoso del Maestro di JuJitsu, il 10% come punto di partenza era già una percentuale incredibile, ed il ragazzo col codino sospettava che presto Mousse sarebbe passato al 15% delle partite, poi al 20%...


    La verità era che Ranma si sentiva, per una volta nella sua vita, un po’ geloso di Mousse.
    Si rendeva conto solo ora, non tanto del suo potenziale come praticante di arti marziali, che già conosceva e rispettava, ma del suo potenziale tout court, a 360°.
    Mousse era una specie di genio, un altro Leonardo da Vinci come Akisame, in grado di padroneggiare decine di materie differenti e tutte complesse. Si era reso conto di essere sprecato a lavare i piatti al Neko Hanten, ed aveva trovato il modo di dare una svolta alla sua vita.


    E questo cosa dice di me? Mousse è forte QUASI quanto me, ed in più sa fare molte altre cose…io invece…sono una specie di scimmia che sa soltanto combattere?
    Cos’altro so fare, in realtà? In cosa potrei impiegare la mia vita, se non fossero le arti marziali?
    Come aveva detto l’Anziano, quasi tutti al Ryozampaku, hanno degli altri talenti, oltre a quelli marziali…Akisame sa fare TUTTO, ma è specializzato nella medicina e nell’arte. Kensei è un esperto di agopuntura e pratiche esoteriche. Sakaki è un abile investigatore e guardia del corpo. Shigure sa forgiare oggetti in metallo con rara maestria. Apachai…d’accordo, lui non ha altri talenti, a meno che fare il baby sitter ed il dog sitter non sia considerato un talento.
    Diamine, persino Kenichi è un botanico ed uno scrittore, ed ha anche vinto un premio come autore emergente.
    Ed io…? Io cos’altro sono?


    Nel notare il suo rimuginare, Hayato Furinji gli si avvicinò e gli chiese se andasse tutto bene. Per qualche motivo, Ranma si sentiva in vena di confidarsi con lui.


    “Uhm…capisco cosa intendi dire, Ranma-disse infine, lisciandosi la fluente barba-in realtà, ci sono tre possibili risposte alla tua domanda”


    “Tre diverse? E quali?”


    “Beh, la prima è che in realtà tu ABBIA altri talenti, ma non ci faccia caso.
    Voglio dire, sei un cuoco piuttosto bravo, come abbiamo sperimentato anche qui.
    Stai imparando cosa vuol dire allenare qualcuno nelle arti marziali, oltre che apprenderle tu, ed insegnare è un’abilità in sé e per sé [Ranma non seppe dire se Hayato si riferisse a Kenichi, o se avesse subdorato qualcosa di Kisara].
    Hai anche una certa influenza sulle persone che ti stanno intorno, e questo è un talento tra i più rari.
    Inoltre, Sakaki mi ha detto che hai accettato di apprendere qualcosa del suo mestiere di investigatore.
    Non mi sembra che tu non abbia nulla, nella vita, oltre alle arti marziali”


    Ranma non l’aveva pensato. Tendeva a dare tutto per scontato.
    Era normale che ciò che ci riguardava non si vedesse bene che dall’esterno?
    Anche gli altri, Mousse, Ryoga, Kuno, si saranno sentiti gelosi di lui, senza considerare in cosa fossero più abili o fortunati?


    “La seconda risposta, invece-proseguì l’Anziano-è che…beh, guarda me.
    Io NON HO altri talenti, a parte le arti marziali, eppure in esse il mio talento è SENZA PARI”


    Aveva cominciato a fare il gradasso, alzando la voce e tenendo i pugni sui fianchi.
    “E’ possibile che coloro i quali siano benedetti dal cielo e siano destinati a grandi cose, non possano avere multipli talenti, perché il loro talento principale occupa TUTTO LO SPAZIO POSSIBILE” declamò nel modo più teatrale possibile.


    A Ranma si formò una gocciolona sulla tempia
    “e la terza spiegazione?”


    “Oh, beh, quella è la più facile di tutte-affermò l’Anziano, tornato normale ed ammiccando-se non sai quali siano i tuoi altri talenti…allora SCOPRILI. La vita è una sola, sì, ma è ancora lunga.
    Benedetto ragazzo, il mondo sarebbe un posto ben misero se a vent’anni una persona avesse già esaurito tutto quello che ha da scoprire su di sé.
    Ma finché sei vivo, ogni giorno è una scoperta! Ti ricordi cosa ti dissi, quando eri appena arrivato qui?
    Che puoi solo fare esperienze diverse, per capire la tua strada.
    Ed è ancora così.
    Magari a trent’anni, scoprirai di avere un talento come pittore. Magari a cinquant’anni scoprirai di essere un grande stilista. Magari tra dieci minuti scoprirai che ti piace cantare canzoni folk.
    Non porti mai dei limiti, ragazzo.
    Ricorda: gli unici limiti che hai, sono i limiti della tua immaginazione”.


    Ranma lo osservava a bocca aperta, con ammirazione.
    Hayato era veramente il capo di quel dojo per un motivo, dopotutto.
    Non era soltanto forte: era saggio ed aveva carisma, capacità di ispirare il prossimo e di tirare fuori il meglio da ognuno.


    “E non paragonarti mai agli altri, è stupido-proseguì il vecchio-
    Ciascuno è destinato a fare qualcosa di diverso, nella vita, e tutti abbiano il nostro scopo.
    Ciascuno di noi è un grande pezzo di un puzzle, che esiste solo se lo componiamo tutti.
    E mentre tu stai invidiando gli altri, gli altri stanno invidiando te.
    Ma nessuno di voi sa cosa voglia dire essere l’altro.
    Nessuno di noi sa quale sia il peso che gli altri stiano portando, mentre vediamo solo i lati positivi della loro vita.
    Molti di noi vorrebbero avere gli stessi risultati degli altri, senza fare gli stessi sacrifici.
    E poi, perché sforzarci di essere qualcun altro?
    Questo non ci impedisce forse di compiere il viaggio più bello e difficile di tutti?
    Quello di…essere noi stessi?
    Dobbiamo esplorare chi siamo. Scoprirlo. Svilupparlo. Ma soprattutto accettarlo. Ed amarlo.
    Ama la persona che diventerai, Ranma Saotome, perché sarà l’unica compagnia della quale non ti libererai mai”.


    Seguì un lungo silenzio. Ranma aveva le stelle negli occhi.
    Fece un inchino all’Anziano e si allontanò in silenzio. Aveva molto su cui riflettere.


    Poi si avvicinarono Akisame e Kensei.
    “Uao, Anziano, quando ci si mette, sa fare davvero dei bei discorsi, eh?”


    “Certo che sì, ma nel caso di quel ragazzo, era necessario che lo tirassi su di morale”


    “Uhm…si riferisce alla particolare posizione nella quale si trova?” ipotizzò Koetsuji.


    “Sempre acuto, Akisame. Sì, è così-confermò Hayato-come sapete anche voi, Ranma si trova in una fase molto importante e delicata della sua esistenza. Per quanto indubbiamente di buon cuore, ha già sofferto molto per la sua giovane età, e deve aver perso solo di recente tutte le certezze che aveva.
    Inoltre, non sa cosa fare della sua vita, sta evolvendo rapidamente come praticante di arti marziali e non è del tutto convinto riguardo a Katsujinken e Satsujinken.
    Se fosse in una fase diversa, non mi preoccuperei, ma…in quella nella quale si trova…basta poco.
    Basta veramente poco per farlo scivolare dalla parte sbagliata.
    E voi sapete a cosa mi riferisco, perché c’è una persona che assomigliava a Ranma in modo impressionante, nella purezza con la quale viveva solo per le arti marziali, che è stata addestrata proprio in questo dojo e proprio da noi tre…e che ha preso la china peggiore possibile”.


    “Isshinsai Ogata” confermò Akisame.


    “Ma, Anziano-protestò Kensei-pensa davvero che Ranma rischi di diventare come lui? Sotto ogni punto di vista, non sembrerebbe il tipo”.


    “Non sottovalutare l’impatto che può avere su un uomo il fatto di avere tutto quello che vuole e perderlo, Ma-ribatté l’Anziano-o, al contrario, di cercare per tutta la vita una cosa e non trovarla mai”


    “E…noi possiamo aiutare Ranma a trovare quello che cerca davvero?” esitò Kensei


    “Lo spero” concluse l’Anziano.


    Ranma Saotome…tu sei come una moneta che abbiamo lanciato per aria…se esce testa, diventerai come Kenichi…o come me, ma se esce croce…no, non devo pensarci. Anche a costo di rischiare di ripetere gli stessi errori del passato, il compito di un Maestro è provare a trasmettere i giusti valori alla generazione successiva…ed avere fede in loro


    Akisame sembrava osservare in lontananza, pensieroso.


    ◊◊◊◊◊

    Il giorno successivo, Martedì, Ranma doveva allenarsi proprio con Koetsuji. I
    l Maestro del JuJitsu arrivò, proprio mentre il ragazzo col codino sembrava ancora riflettere sul profondo discorso del giorno prima, appoggiato ad un palo, sotto il portico.


    “Buongiorno, Koetsuji-Sensei” lo salutò educatamente l’allievo.


    “Buongiorno Ranma” rispose il Maestro estraendo da sotto il braccio la pila di scatole dei giochi che adoperava di solito con Mousse.


    “Uh? A che cosa le servono, ora? Mousse si allenerà domani con lei, oggi per lui è il turno di Kensei”


    “Lo so perfettamente-rispose-infatti è con TE che voglio giocare”


    “Uh? Con me? Sensei, deve essersi un po’ confuso. Io non ho mai giocato ad un gioco da tavolo in vita mia!”


    “Ragione di più per cominciare ora” concluse, mettendosi comodo seduto al tavolino che usava per giocare.


    Ranma sollevò un sopracciglio e si sedette a sua volta.
    Akisame gli spiegò le regole e cominciarono a giocare.


    Ma dopo NOVANTANOVE partite di dama perse consecutivamente, il ragazzo col codino provava una comprensibile frustrazione.


    “Insomma, sensei! Perché continua ad insistere? E’ per quello che ho detto ieri? Ho parlato con l’Anziano, sto bene! Ma perché insiste a farmi fare quest’attività? E’ inutile, sono un imbecille, questi giochi non fanno per me”


    “Ranma Saotome!” il Maestro coi baffetti non era mai stato così serio con lui e Ranma si zittì


    “Perché ti sei convinto di essere stupido? Eppure sono sicuro che, per la maggior parte della tua vita, tu ti sia vantato di quanto fossi brillante nel superare le sfide che ti venivano poste davanti”


    “Beh, sì…ma si trattava quasi sempre di sfide legate alle arti marziali”


    “E con questo? Credi forse che le arti marziali siano attività per idioti? Che non occorra intelligenza per praticarle, padroneggiarle, superare i propri limiti?”


    “No di certo, ma…”


    “Non c’è nessun << ma >>. Esistono, è vero, VARI tipi diversi di intelligenza. C’è chi è più portato per la matematica e la logica, chi per il ragionamento astratto, chi per i rapporti interpersonali e così via. E ciascuno possiede un maggiore o minore talento in una di queste, a seconda di attitudine naturale ed allenamento.
    Ma io non credo affatto che tu sia stupido. Credo piuttosto che tu abbia sempre impiegato la tua intelligenza per uno SCOPO diverso dall’apprendimento teorico. Anzi, scommetto che anche a scuola, in realtà, andavi benino, ma non ti impegnavi più di tanto, vero?”


    “E-ehm, sì, beccato”


    “Invece, correggimi se sbaglio, tuo padre, che è stato, mi pare, il tuo allenatore principale, ti ha insegnato sì le Arti Marziali, ma ti ha anche fatto praticare una grande varietà di attività diverse, non è vero?”


    Ranma ripensò a quando andava alle elementari e suo padre lo iscriveva a corsi di ballo, gare di go-kart, gli insegnava a scrivere contemporaneamente con entrambe le mani e con entrambi i piedi, lo costringeva a fare il giocoliere come al circo, facendo roteare palline mentre andava su un monociclo, e mille altre cose.


    “Beh, sì, è vero, ma come fa a…”


    “E’ evidente da mille dettagli di come ti comporti. E quindi non ti ha soltanto insegnato le arti marziali. Ti ha insegnato ad APPRENDERE, tout court. Ecco perché tu hai un’intelligenza così polivalente che puoi imparare qualsiasi cosa ti venga insegnata in pochissimo tempo, non è vero? Certo, funziona meglio con le attività fisiche, ma…”


    Ranma sentì un colpo nella testa. Era vero.
    Poteva imparare qualunque attività pratica in pochissimo tempo, anche se usava quel talento principalmente per imparare tecniche marziali.


    “E poi c’è un secondo tipo di intelligenza molto particolare che possiedi. Da quello che vedo, tu sei specializzato nell’OSSERVARE ED ANALIZZARE quello che fanno gli altri, i loro pregi ed i loro difetti. Ecco perché riesci ad avere delle intuizioni degne di Sherlock Holmes sul loro carattere, la loro storia e le loro tecniche segrete, quando affronti degli avversari”


    Anche questo era vero. Ranma sapeva di essere così bravo. Se ne vantava spesso.
    Ma non la considerava un’attività intellettuale, per così dire.


    “Ma…quindi io…sono una specie di prodigio…in generale, e non solo riguardo alle arti marziali?”


    “POTENZIALMENTE, sì. Poi sta a te saper sviluppare o meno tale dote”


    Ranma stette un momento a riflettere sulle implicazioni di questo. Molte sue insicurezze si erano dissolte come neve al sole, ma…


    “Allora, perché non riesco a batterla in questi giochi? E perché me li sta facendo provare? Richiedono un tipo di intelligenza diverso? Oppure…”


    “Ti sto facendo provare questi giochi per la stessa ragione per la quale ci gioco con Mousse, anche se, nel tuo caso, bisogna partire molto più indietro.
    Tutti questi giochi sono letteralmente simulazioni di battaglie, ed in passato venivano giocati dai generali, per tenersi in esercizio.
    Da noi in Giappone, nella pratica del budo*** è considerato importante essere acculturati ed allenare il cervello, oltre ai muscoli. In effetti molti praticanti di arti marziali si esercitano spesso con i giochi di strategia”


    Ranma ebbe una rivelazione.
    Suo padre e Soun giocavano a Shogi TUTTO IL SANTO GIORNO!
    Con quali risultati intellettuali non avrebbe saputo dirlo, ma aveva finalmente scoperto quale fosse la ragione!


    “Ed in particolare, Ranma-continuò Akisame-non ti dovresti preoccupare tanto del fatto che perdi in sé-stai pur sempre giocando contro di me, dopotutto-quanto del COME perdi. Questo è infatti indizio di un problema più grande”


    “Di quale problema più grande?”


    “Il fatto che, per quanto tu faccia anche alcune buone mosse, poi quelle non ti portano da nessuna parte e quindi vieni sconfitto nel turno successivo. In pratica, padroneggi la tattica, ma non la strategia.
    E questo, sospetto, vale anche nelle arti marziali…e nella vita in generale, non è vero?
    Sei abituato ad affrontare a testa bassa l’ostacolo immediato che hai di fronte, e magari trovi anche delle soluzioni molto brillanti, ma poi…non sai pianificare a lungo termine.
    Scommetto che, anche nella vita, affronti le crisi che ti si presentano, ma poi ti trascini per anni gli stessi problemi ricorrenti, senza risolverli una volta per tutte, non è così?”


    Ranma rimase del tutto interdetto.
    Era la storia della sua vita.
    Combatteva sempre, vinceva sempre, ma poi tornava sempre al punto di partenza.
    Una rivalità, un fidanzamento non voluto…molti di quei problemi erano ormai passati, ma non aveva mai sviluppato delle strategie per risolverli. Affrontava la vita così come veniva


    “E questi giochi sono perfetti per sviluppare quel tipo di pensiero. Tu ora, Ranma, sei come il comandante di una compagnia di soldati che riesce a prendere una scorciatoia ed accerchiare il nemico.
    Ma devi trasformarti nel generale che posiziona le truppe in modo tale da sapere già in anticipo che vincerà la battaglia, prima ancora che cominci.
    In pratica, se non pianifichi con anticipo dove vuoi arrivare…non mi batterai mai”.


    ◊◊◊◊◊

     

    Sakaki non era venuto meno alla sua promessa e passava sabati e domeniche ad istruire Ranma sul mestiere di investigatore.
    All'inizio imparò il modo corretto di perquisire una stanza per cercare indizi.

    Poi a come distinguere quelli davvero importanti.

    Poi come fare a non lasciarsi sviare da indizi falsi lasciati a bella posta.

    Dopodiché, come distinguere documenti falsi da quelli veri.

    A quel punto fu la volta di imparare tutti i modi con i quali un fuggitivo può far perdere le sue tracce, e tutti i trucchi per riuscire ad individuarlo comunque; tra cui, non ultimo, come riconoscere qualcuno malgrado un travestimento.

    Indi, come pedinare qualcuno senza farsi scoprire e, naturalmente, come accorgersi se qualcuno stia pedinando te.

    Dopodiché, come interrogare qualcuno e quali fossero i segni per capire se mentisse o meno.

    Quindi, come crearsi degli alias credibili e come confondersi in vari tipi di ambienti, per ottenere informazioni senza sembrare sospetti.

    Infine, per non farsi mancare niente, come scassinare il 90% delle porte e delle serrature esistenti, possibilmente, senza lasciare troppi segni di scasso.

    Fatte tutte queste cose, c'era bisogno però di mettere tutto insieme per risolvere dei casi nella pratica.

    Per cominciare Sakaki costrinse Ranma a risolvere una montagna di indovinelli, cruciverba e giochi enigmistici per svilupparne le capacità logiche.

    Dopodiché iniziò a portarselo dietro per risolvere dei casi, verificandone l'istinto e le doti d'intuizione.
    A volte si inventava delle simulazioni, costruendo finte scene del crimine ispirate ai suoi vecchi casi per lasciare il giovane libero di ricostruire da sé la situazione e risolverla da solo, ma più spesso lo portava con sé per dei compiti facili facili, e gli spiegava dove e quando sbagliava.

    Ranma si rese conto che occorreva una certa sottigliezza per quel mestiere, ma anche che, tutto sommato, ci si sentiva portato.

    Al tempo stesso, il karateka era ancora preoccupato che non sapesse evitare i colpi di arma da fuoco, quindi, per un intero weekend, lo portò in un campo a farsi sparare addosso da una bella ragazza sua conoscente, un’americana bionda e minuta di nome Jenny che-da quanto poté capire-lavorava in una base militare o qualcosa del genere ed era in libera uscita.

    Benché la ragazza-che continuava a ricordare ad un imbarazzato Sakaki che dovesse portarla fuori a cena per ricambiare il favore-sparasse pallini di gomma con armi ad aria compressa, Ranma si rese conto che, quando veniva colpito, e successe spesso, faceva ugualmente un male del diavolo, e per giunta quello scricciolo era a livello Maestro nel maneggiare le armi, quindi rappresentava una sfida ben più seria di Noyamura.


    Successivamente, Ranma dovette apprendere finezze come comprendere da quali punti è possibile che un cecchino decida di bersagliarti, come evitare una raffica di colpi in campo aperto, come trovare copertura nel modo giusto e, soprattutto, come aggredire e disarmare correttamente un avversario armato (né era facile, perché Jenny era anche addestrata in molte tecniche per evitare il disarmo).

    Al termine, tuttavia, un Ranma coperto di lividi dalla testa ai piedi aveva acquisito abbastanza competenza da poter evitare il 99% dei pistoleri che non fossero al livello di Jenny, e Sakaki era abbastanza tranquillo da proclamare che se lo sarebbe portato dietro in qualunque missione (mentre diceva questo, beveva tranquillamente l’ennesima birra, il suo allievo era a terra esausto e Jenny insisteva per uscire a cena).


    ◊◊◊◊◊
     

    Un sabato sera Sakaki lo stava portando a passeggio per Tokyo.
    Quel giorno non avevano svolto le esercitazioni abituali, ma il karateka non aveva spiegato a Ranma i suoi piani.


    “Perché tutti questi misteri?-domandò il ragazzo col codino-e perché non abbiamo preso la moto?”


    “Tch! Tra poco vedrai, non voglio rovinarti la sorpresa-dichiarò Shio, con un sorriso furbo in viso-quanto alla mia moto, se ti piace tanto, risparmia abbastanza da comprartene una”


    “Magari lo farò-replicò distrattamente il ragazzo col codino-per ora voglio mettere da parte soldi con i miei lavori part time, l’altro e quelli che mi procuri tu; a proposito…”


    “Non ci sono aggiornamenti su Noyamura-lo anticipò Sakaki-ma l’ho fatto sorvegliare, e non si è mosso dal suo appartamento, né ha ricevuto chiamate. L’ispettore Honmaki ha approvato il mio piano e ci ha garantito tutto il supporto possibile, quindi non ci resta che aspettare. Secondo me, non manca poi molto…a proposito, c’è una novità”


    “Cioè?”


    “Ho parlato con l’Anziano, e concorda anche lui che sarebbe un’ottima occasione di allenamento. Quando attaccheremo la nave per catturare i contrabbandieri, verranno anche Miu e Kenichi”


    “CHE COOSA?”


    “Certo! Cosa c’è di strano? Miu fa cose di questo tipo da quando era bambina, non ricordi? Quanto a Kenichi, non è la prima volta che lo coinvolgiamo in quelle che io chiamo << Le Missioni Underground >> per fargli sperimentare le vere arti marziali. Stavolta, poi, ci sarai anche tu, quindi andrà tutto liscio…probabilmente


    Ranma abbassò la testa, pensieroso.
    A volte dimentico di essere finito in un covo di pazzi. Riesco quasi a capire Kenichi…


    Ma fu riscosso da una frase di Sakaki, che si fermò di colpo ed esclamò:
    “Ecco, siamo arrivati”


    C’era una grande apertura quadrata in un muro che conduceva ad una scala che scendeva sottoterra.
    Centinaia di persone tra le più varie stavano sciamando dentro.
    Una grossa insegna luminosa recitava semplicemente
    << il più grande spettacolo del mondo >>


    “Che razza di posto sarebbe?”
    “L’arena dei combattimenti clandestini” rispose Sakaki, come se avesse appena detto che era un parco pubblico.


    “Come? E quindi…siamo qui perché…Vuoi assistere ai combattimenti? No, forse…”


    Sakaki gli rivolse uno sguardo da squalo.
    “Non solo…voglio scommettere. Voglio puntare tutto quello che ho e voglio vincere. E so che accadrà perché…punterò tutto su di te”


    “Cosa? Vuoi farmi combattere per soldi?”


    “Ma neanche per idea. Io voglio che tu combatta per allenarti. Il fatto che ci guadagneremo un mucchio di soldi sarà solo la ciliegina sulla torta


    Ma tu guarda che razza di…


    Quando furono entrati, si stava scatenando l’inferno.
    Gli spettatori e scommettitori sembravano indemoniati e stavano dando il peggio di quanto l’umanità ha da offrire.


    “Disgustoso” commentò Ranma


    “Non pensare a loro, pensa a quanti soldi guadagneremo”


    “Volevi dire all’allenamento”


    “Sì, certo, penso anche a quello”


    Ranma notò che c’erano diversi ring, ciascuno di foggia differente, e che il pavimento era di lastre d’acciaio, che sembrava rifatto da poco, per ospitare modifiche meccaniche.

    Un tizio con la faccia grossa e schiacciata si avvicinò a Sakaki con fare untuoso

    “Maestro Sakaki, che piacere vederla. E’ qui per scommettere?”

    “Salve capo, vedo che è ancora vivo. Sì, in effetti sono qui per scommettere sulla vittoria del mio nuovo discepolo” disse, presentando Ranma.

    “Salve, sono Ra…”

    “E’ davvero RApito dall’onore di poter partecipare a questo prestigioso torneo. Lo porto negli spogliatoi” e poi aggiunse, sottovoce:


    “Da queste parti, non è conveniente dare le proprie vere generalità”


    Mentre veniva spinto verso gli spogliatoi, Ranma notò su uno dei ring un pugile con i capelli legati in un codino che stava facendo volare fuori dalle corde il suo avversario.


    “Ma quello è Takeda”


    “Uh? Sì, è un habitué di questo posto. Il tizio grosso a bordo ring è il suo Maestro, James Shiba, un Gran Maestro di Boxe. Ma fa’ attenzione: è una persona infìda, inaffidabile e pensa solo ai soldi. Non è un caso che ad Akisame stia antipatico”


    Così Ranma notò l’uomo gigantesco con assurdi baffetti, una benda sull’occhio ed una gamba artificiale.
    Era il Maestro grazie al quale Ikki svettava sugli altri Shimpaku.


    Tsk! Forse questa serata sarà interessante, dopotutto


    Ranma si ritrovò ad indossare dei pantaloncini blu che gli aveva comprato Sakaki.
    Gli aveva dato anche dei guantini molto sottili che lasciavano libere le dita.


    “Ma non mi servono” dichiarò.
    “A te no, ma ai tuoi avversari sì. Non vorrai conciarli troppo male”


    Quando venne fatto salire su uno dei ring, a Ranma venne chiesto con quale nome d’arte volesse presentarsi.
    “Uhm…non saprei…”
    L’annunciatore scelse per lui


    << E SUL RING N° 3, PER LA PRIMA VOLTA IN QUEST’ARENA…ACCOMPAGNATO DAL MAESTRO SAKAKI…IL RAGAZZO COL CODINO! >>


    Beh, ma che cavolo! Avrebbe anche potuto sforzarsi di più


    Il suo primo avversario era un uomo gigantesco e calvo, con muscoli possenti e gambe ricoperte di cicatrici.
    Ranma intuì che doveva praticare la Muay Thai.


    “Combattete!”


    “Ehi, un momento, quali sono le regole?”


    “Non ce ne sono-replicò Sakaki, laconico-ehi, tu, punto tutti questi soldi sul mio allievo”


    Ranma evitò rapidamente un calcio circolare alle costole che il gigante aveva scagliato appena suonato il gong, grazie ad un agile balzo.
    Ne approfittò per contrattaccare con quattro/cinque pugni al viso, mentre era sospeso in aria.


    Quando atterrò, dandogli le spalle, si aspettava di udire il gigante crollare a terra e stava già preparando una frase sprezzante da dire, quando l’uomo si allungò in avanti e gli tirò una gomitata che il ragazzo evitò solo piegandosi in avanti all’ultimo.
    Era sconvolto.


    Sakaki fece un ghigno.


    Ma allora…?


    Con uno slancio fluido, l’avversario proseguì il movimento, eseguendo un calcio girato che non trovò Ranma perché questi spiccò di proposito un balzo verso le corde, sfruttandone il rimbalzo per piombargli addosso come un missile.


    Mentre eseguiva un calcio volante, esclamò
    << Calcio della Cometa! Seconda versione! >>


    L’impatto fu devastante, ed il gigante venne sbalzato a terra. Ma mentre Ranma riprendeva fiato, più per la sorpresa che per altro, l’uomo si rialzò, come nulla fosse.


    Cosa?


    Nel frattempo, la folla cominciava ad eccitarsi.
    Tutti stavano puntando sul grosso praticante di Muay Thai.
    Sakaki continuava a sogghignare.


    Il gigante iniziò a tirare una raffica di pugni, provando ad usarli per chiudere la distanza e sferrare delle ginocchiate allo sterno di Ranma, che si ritrovò costretto in difesa, ad arretrare muovendosi rapidamente, senza però sapere come contrattaccare.


    “Sakaki! Che storia è questa?”


    “Come? Non l’avevi ancora capito? Di solito sei più sveglio di così. Questo tizio è a livello Maestro, ma si è addestrato pressoché da solo.
    In pratica, ti supera per forza fisica e resistenza ai colpi, ma ti è inferiore in tecnica e velocità.
    Se continui a difenderti e basta, o se lo attacchi con quei pugnetti mosci da maestra d’asilo, rischi di prenderle!”


    Accidenti! Proprio un bell’avversario, per il primo incontro. Mi sembra di affrontare di nuovo Ryoga!


    Raggiunto il centro del ring, Ranma scelse di usare una tecnica segreta.


    << Versione Modificata della Tecnica delle Castagne >>


    Mentre centinaia di pugni rapidissimi investivano il tizio, colpendolo in ogni parte del corpo, dalla folla si levarono una serie di “ooh” e di “aah”, ed anche molti “oh, no!” pensando alle scommesse.


    Solo Sakaki, invece, bisbigliò “Idiota”


    Per un attimo il Nak Muay**** restò come paralizzato a centro ring, nella posa nella quale aveva subito i colpi, ma poi i suoi occhi ripresero vita e si gettò su Ranma con rinnovata furia ed un sorriso maligno.


    La folla emise un ruggito.
    Non ci credo! La Tecnica delle Castagne non ha funzionato!


    Ormai il ragazzo col codino evitava per un pelo, muovendosi in modo disordinato, i colpi del gigante, che, deciso a farla finita in fretta, usava solo i colpi più letali, ginocchiate e gomitate alla massima potenza, ed ogni volta che lo mancava, spaccava un pezzetto di ring, che fosse il pavimento, uno dei paletti, o le corde, tranciate a metà dalle sue ossa.
    In breve, sembrava di stare su un campo di battaglia.


    L’entusiasmo della folla era al culmine, pregustavano il momento in cui la preda non sarebbe più riuscita a scappare dal cacciatore.


    Ranma stava riprendendo fiato, chiuso all’angolo.
    Voltò il viso ancora verso il suo Maestro, anche se gli seccava terribilmente chiedergli un consiglio.


    Shio Sakaki sospirò. “Non ho mentito, quando ti ho detto che questo sarebbe stato un buon allenamento. E’ mai possibile che in questi mesi, tu non ti sia reso conto che al Ryozampaku stiamo cercando di correggere i tuoi difetti?


    A differenza di Kenichi, che tira molte tecniche a casaccio, tu spari raffiche di pugni e calci molto rapide e precise.
    Ma se le tiri troppo rapidamente, devi necessariamente diminuire la loro potenza.
    Ci sono avversari che non puoi battere lanciando decine di tecniche deboli, è solo uno spreco di energia.
    Ricordati dello Hiken Hissatsu***** che hai imparato da bambino.
    Scegli il bersaglio e tira pochi colpi, ma tutti al massimo della potenza”.


    E’ vero. Come avevo fatto a non pensarci?
    Istintivamente, punto tutto sulla velocità, che è un mio punto di forza…specie contro avversari più lenti.
    Ma un pugno al 100% della potenza ed uno al 40%...si muovono alla stessa velocità, ma causano danni differenti.


    Mentre pensava questo, stava espandendo l’aura.
    Il gigante gli si scagliò contro caricando un pugno e gridando: “ADESSO SEI FINITO”


    Accadde in un attimo.


    Ranma tirò dei pugni così potenti che l’impatto generò delle piccole onde d’urto.
    Uno sotto il costato, sul fianco sinistro.
    Uno al centro, sullo sterno.
    Un altro sulla mandibola.
    Stava per tirarne un quarto, al naso, ma si fermò all’ultimo secondo.


    Il suo avversario era rimasto congelato nella posizione in cui si trovava dopo il primo colpo, ma appena smise di essere colpito, crollò lentamente a terra, gli occhi bianchi.


    Per un lungo momento, la folla restò in un silenzio, scioccata.
    Poi esplosero le grida, le maledizioni e le manifestazioni di gioia più varie.


    Ranma sospirò e si asciugò il sudore dalla fronte.
    Sakaki disse soltanto “alla buon’ora”, prima di abbrancare un incaricato del locale per riscuotere la vincita.


    Il ragazzo col codino sentì all’improvviso un intento maligno nei suoi confronti e si voltò verso uno degli altri ring.


    A guardarlo storto era stata una ragazza occidentale tanto atletica quanto formosa con una matassa di boccoli biondi, una specie di sogno con gli occhi di una bestia feroce.
    Indossava un completo da luchador (6*) ed una maschera le copriva parzialmente il volto.


    Ranma non ebbe dubbi che si trattasse della stessa persona che lo aveva inseguito fuori da scuola, quel giorno.
    Solo che l’aveva visto in forma di ragazza.


    Anche Sakaki la osservò, corrucciato.
    Poi si avvicinò alle corde e disse: “Quella ragazza si chiama Rachel Stanley, detta anche Castor, e fa parte dello Yomi, l’organizzazione di allievi dello Yami: Kenichi ed i suoi amici la conoscono bene”.


    Allora avevo ragione a notare qualcosa di strano. Dunque fa parte dello Yomi.


    “Anche se ora molti dei vecchi componenti si sono staccati dall’organizzazione ed operano in autonomia.
    Possiamo dire che con loro abbiamo una specie di tregua.
    E’ l’allieva del Gran Maestro della Lucha Libre, Diego Carlo, il Pugno d’Acciaio Sorridente, ed è un’habitué di questo posto. Ah, dimenticavo: odia chiunque attiri l’attenzione più di lei”


    Quindi, oltre a me ed a Takeda, ci sono altre piccole star, eh?


    Poi fu attirato dal vociare che proveniva da uno dei ring alla sua destra.
    Due praticanti si stavano affrontando con delle spade!


    Ed uno di loro era Mousse!
    Ecco cosa faceva, almeno in alcuni dei giorni nei quali non si allenava al Ryozampaku!
    Si metteva alla prova in scontri reali!


    L’avversario di Mousse era tosto, ma lui combatteva con una determinazione che gli aveva visto raramente.
    Dopo aver respinto alcuni feroci attacchi, contrattaccò con affondi rapidissimi che spezzarono in cinque parti l’arma del suo avversario e gli tagliarono i vestiti, lasciandolo in mutande.


    Mentre quello scivolava fuori dal ring, il ragazzo cinese si godeva la vittoria.
    Guardandosi intorno notò Ranma e, dopo un attimo di stupore, gli fece un sorriso d’intesa.
    Il ragazzo col codino ricambiò lo sguardo.


    Dopo pochi secondi il capo del posto prese il microfono per fare un annuncio:


    “Gentili ospiti, come potete vedere, stiamo avendo una serata come non ne vedevamo da molto tempo, all’Arena di Combattimento.
    Abbiamo ben quattro giovani atleti che ci stanno riscaldando il sangue; due di loro sono venuti qui spesso, mentre altri due sono delle new entry.
    Ora, io vi dico: non vorreste VEDERLI MESSI ALLA PROVA?”


    Uno “HOORAY!” si alzò, unanime, dalla folla.


    “Umph! Il capo non ha perso il suo tocco magico” commentò Sakaki
    “Non a livello del Maestro Diego, ma questo tizio sa come dare spettacolo” concesse Rachel


    “Perciò vi propongo un’eccitante formula ad eliminazione-proseguì l’organizzatore-ciascuno di questi ragazzi combatterà contemporaneamente sui nostri nuovi ring personalizzati.


    Ognuno di loro affronterà dieci avversari, in successione, cioè quelli attualmente in attesa di un match, secondo la modalità << King of the Hill >>.
    Chi vince, rimane dentro come atleta principale, ed affronterà quelli successivi.


    Riusciranno i quattro esordienti a difendere la loro posizione?
    E se ci dovessero riuscire, chi dei quattro finalisti sopravviverà alla Battle Royale senza regole che concluderà la serata?”


    La folla era praticamente in delirio, come se fossero appena entrate una dozzina di celebrità tutte insieme.


    “Uhm…Interessante” pensarono Ranma e Mousse
    “Ottima occasione per mettersi in mostra” contemplò Rachel
    Tsk! Questa sarà dura, ma…devo almeno provarci-soppesò Takeda-ci terrei ad affrontare di nuovo Ranma


    “Naturalmente-concluse il presentatore-per uno spettacolo così speciale, la base per le puntate è doppia, rispetto al normale”


    “Ah! Quella vecchia volpe!” sogghignò Sakaki


    Ad un segnale dell’organizzatore, qualcuno premette dei pulsanti, e le lastre d’acciaio che costituivano il pavimento iniziarono a muoversi.
    Mentre gli spettatori si spostavano, i ring finora presenti sparivano, inghiottiti dal pavimento, venendo fatti scendere da dei grossi pistoni, come quelli dei carrelli elevatori, ed altri ne prendevano il posto, allo stesso modo.


    Accanto a Ranma si stagliava un ring che era piuttosto una piattaforma tonda, come per incontri di sumo, ma sopraelevato da terra di quattro metri.


    Per Rachel era comparsa una grossa gabbia chiusa da ogni lato, col soffitto alto sei metri ed alcuni oggetti di scena da wrestler al suo interno.


    Takeda poteva vantare un ring pressoché normale…ma dotato di otto lati, invece che quattro.


    A Mousse, infine, era stato riservato quello più pericoloso: un normale ring a quattro lati…con filo spinato al posto delle corde.


    Accanto a ciascuno si stavano già presentando, in fila, tutti gli avversari.
    “COMINCIATE!” proclamò l’organizzatore.


    Ranma come primo avversario si ritrovò un cinese con ampi abiti, tipo Mousse, che combatteva usando un gancio da marinaio in una mano ed una sciabola nell’altra.
    Non era molto forte, ma era veloce quasi quanto lui e cercava di combinare tra loro i suoi attacchi per riuscire o a tagliuzzarlo, od a storpiarlo con il gancio, per rallentarlo.
    Aveva una notevole fantasia nelle combinazioni, e Ranma cominciò presto a sudare freddo.


    Oltretutto, non poteva arretrare troppo per non rischiare di precipitare giù dal bordo.
    Quando fu arrivato al limite, spiccò un lungo balzo con una capriola per tornare al centro del ring: il cinese alzò di scatto il gancio e riuscì a prenderlo al volo, ferendolo ad una spalla, anche se solo di striscio.


    Il ragazzo col codino si voltò e lo guardò malissimo
    “Bene, abbiamo finito di giocare”


    L’altro ricominciò ad attaccare, stavolta invertendo l’ordine: fintò con la sinistra che teneva il gancio e poi calò dall’alto un colpo con la destra, che aveva la sciabola.
    Ma proprio mentre pregustava di affettare il suo avversario, la lama fu fermata…dal suo stesso gancio.


    Ranma aveva afferrato il suo polso, dopo l’ultima finta, e glielo aveva torto, facendo girare l’arto in modo tale che il gancio intercettasse perfettamente l’arma.
    Poi glielo torse di nuovo ed il gancio, molto più resistente, spaccò di netto la lama in due…mentre il suo polso, slogato, lasciò cadere il gancio, che Ranma scalciò giù dalla piattaforma.


    “Maledetto! Me la pagherai!” giurò vendetta l’avversario, tentando un colpo di punta con la spada rotta, ma il ragazzo col codino piroettò su sé stesso, lasciò che proseguisse la sua corsa incontrando il vuoto, poi gli afferrò la mano della spada e lo finì con un calcio dal basso verso l’alto che lo colpì dritto sul mento.


    “Avanti il prossimo!”


    Uhm…sembra aver preso un bel ritmo” osservò Sakaki


    Anche negli altri ring, le cose non erano semplici.
    Takeda stava affrontando un lottatore di sumo, e rimbalzava da un set di corde all’altro per evitarne gli attacchi.


    Rachel si stava divertendo un mondo dentro la gabbia, eseguendo tutte le tecniche più spettacolari che le venivano in mente: hurracanrana dalla terza corda, diving cross body in tuffo dal tetto della struttura, dropkick (7*) volanti da una parte all’altra del ring, e condendo il tutto con colpi con la sedia d’acciaio alla schiena od al cranio dei malcapitati avversari.
    Spesso fingeva di essere in difficoltà per lasciar crescere la tensione (e far lievitare le scommesse) e poi “ribaltava la situazione” all’ultimo momento. Si divertiva ad inventare nuovi modi di usare la gabbia: in un caso, evitò un attacco in carica facendo finire il malcapitato avversario con la testa incastrata tra le sbarre, cui seguì un calcio nelle parti basse. In una o due occasioni, finse di rimanere incastrata tra le corde, facendo uscire mezzo seno dal costume, per attirare più folla (tattica che ebbe un successo sorprendente).


    Mousse era impegnato ad affrontare un utilizzatore di Kali (8*) che usava i bastoni doppi, come Freya, e che saltellava agilmente da una parte all’altra del ring, cercando al tempo stesso di spingerlo contro il filo spinato.
    Il ragazzo cinese parava tutti i colpi con un bastone lungo, poi, quando sembrava troppo vicino alle corde…estrasse con rapidità sorprendente una fune, prese il nemico al lazo e lo scagliò contro il limite del ring dal lato opposto, facendolo incastrare sul filo spinato.
    Il poveretto optò per la resa.


    Mentre affrontava un avversario dietro l’altro, Ranma sentiva la trance agonistica impossessarsi di lui, ma al tempo stesso…provava qualcosa di sbagliato.


    Gli sguardi che lanciava ogni tanto agli altri ring, ed alla folla urlante, ormai indemoniata, che scommetteva…non gli restituivano immagini piacevoli.


    Questa è violenza per il puro gusto della violenza.
    E’ avidità, è corruzione, è puro ego.
    Non mi trovo a mio agio.
    Anche se…capisco che fosse un’esperienza che dovessi fare.
    Per comprendere i miei avversari, devo adattarmi al loro ambiente e capire cosa pensano, come ragionano.


    Mi ha stupito vedere Mousse, ma sono io il pesce fuor d’acqua, qui. Lui si è sempre fatto meno scrupoli.
    Figuriamoci la ragazza dello Yomi.
    In un certo senso…non porsi dei limiti, immergersi nel lato oscuro…di sicuro ti pone in condizione di vantaggio.
    Mentre io sono sempre stato svantaggiato contro chi giocava sporco. Non conosco davvero quel mondo

    E’ questa la loro vita?
    La vita di coloro che vivono nelle ombre?


    Fu riscosso da quel pensiero dalla tripla piroetta con altrettanti calci di un utilizzatore di capoeira, che era riuscito, su tre attacchi ad altezze diverse, a colpirlo al tronco, mentre usava le braccia per parare gli attacchi a viso e parti basse.


    Ma mentre quello voleva eseguire con l’altra gamba un calcio perforante al busto scoperto, Ranma usò il proprio piede per fare una spazzata sul braccio che l’avversario, a testa in giù, usava per tenere sospeso il proprio corpo, facendolo rovinare a terra di schiena.
    Poi gli tirò un calcio in spinta con l’altra gamba, facendolo scivolare fino al limite del ring…


    Pareva caduto giù, ma quando il ragazzo col codino si affacciò per verificare, il suo avversario, che si teneva aggrappato con la punta delle dita, eseguì un colpo di reni e con una sorta di capriola in avanti, gli agganciò le ascelle con i talloni, eseguendo poi uno scarto in senso opposto per scaraventarlo giù.


    “Tsk! Bella mossa! Sembra quasi una delle mie!” esclamò Ranma sprezzante, una volta riavutosi dalla sorpresa.


    Si liberò dalla presa e si aggrappò alle caviglie dell’avversario, il quale, esaurito lo slancio, oscillò in avanti come un pendolo, con Ranma aggrappato alle gambe, avvicinandosi al palo che teneva sollevato il ring.


    Ranma diede ad esso una poderosa spinta con le proprie gambe, facendoli oscillare nel verso opposto, poi, giunti al limite del ring, iniziò ad eseguire delle capriole in aria, sfruttando lo slancio per trascinare via di peso il capoerista dal bordo della struttura e farli ricadere insieme verso il centro della piattaforma.


    “Lasciami andare! Sei Pazzo?” gridò quello mentre, dopo il volo degno del circo, stavano precipitando verso il centro del ring con Ranma che gli si aggrappava sopra.


    “No, non sono pazzo, sono solo…stato addestrato in modo differente”.


    Ranma sgusciò a mezz’aria alle spalle del suo nemico e lo afferrò per le spalle.
    Rachel sarebbe stata fiera (od invidiosa) di vedere come atterrò eseguendo un perfetto German Suplex (9*) che fece svenire l’avversario, schiuma che gli usciva dalla bocca.


    Gli avversari si susseguivano agli avversari.


    Takeda spazzò via uno degli ultimi con un massacrante uppercut.
    Rachel schiantò a terra la testa di un nemico con l’ennesima hurracanrana.
    Mousse sbaragliò un occidentale che usava due asce con un perfetto taglio di traverso lungo il busto…dato con il dorso della spada, come insegnava Shigure.


    Tutti quanti cominciavano ad avere il fiatone ed avevano numerosi lividi.
    Persino Ranma ne aveva qualcuno. Il calcio al costato gli aveva fatto male.


    Quasi tutti i miei avversari erano di un livello simile al mio.
    Ma anche gli altri...hanno affrontato avversari del loro livello.
    Gli organizzatori...vogliono farci sopravvivere fino alla fine? Per far lievitare le scommesse?


    Rachel aveva un livido insanguinato sopra la fronte, un altro al fianco destro, uno dietro la coscia sinistra e varie escoriazioni, ma non sembrava curarsene.


    Ikki aveva ematomi ampi su spalla destra e stinco sinistro, cortesia della testata di un rissaiolo e dei calci bassi di un praticante di thai.


    Mousse aveva un taglio su una guancia, tutta la manica destra strappata ed un paio di ferite minori.


    Sakaki e Shiba, veterani di quel posto, avevano continuato a scommettere sui rispettivi discepoli ed a vincere, ma osservavano anche gli altri ring ed avevano la stessa espressione corrucciata.


    Ciascuno dei contendenti aveva ricevuto avversari diversi, ma adatti ad esaltare il proprio stile.
    Rachel aveva affrontato vari altri lottatori.
    Mousse aveva affrontato quasi solo avversari armati.
    Non poteva essere un caso.


    L’arena stava puntando forte sul successo dell’evento, e sulla speranza di avere sempre loro alla finalissima.


    Infine, anche il decimo avversario venne per ciascuno di loro.


    Per Ranma fu uno specialista di JuJitsu Brasiliano e di lotta a terra in generale che approfittò della sua stanchezza per portarlo al suolo e ad eseguirgli una Rear Naked Choke (10*).
    Il ragazzo col codino si irritò, pensando che l’ultima persona ad averlo sopraffatto con la lotta a terra fosse stato suo padre, e quando andava ancora alle medie.
    Dopo, era sempre riuscito a costringere i nemici ad affrontare lo scontro in piedi.


    Beh, con Akisame non ci riuscirei. Ma questo tizio non è certo Akisame


    Anche gli altri avevano il loro bel daffare.
    Takeda stava evitando i calci ad ascia di un praticante di TaeKwonDo che, come Ranma e Kisara, attaccava spiccando dei grandi balzi per poi piombare addosso al nemico.


    Rachel incontrò per la prima volta un avversario armato, con due piccoli Kriss (11*)


    Mousse per la prima volta uno disarmato, un colosso proveniente dalla Mongolia.


    Ben pensata-rifletté Sakaki-li hanno fatti stancare per bene con avversari al loro livello e con stili adeguati, per poi sorprenderli con un avversario del tutto diverso proprio all’ultimo turno.
    Se quei quattro non ce la facessero, infatti, le basi d’asta dovranno ricominciare da zero, ed anche senza indovinare il vincitore finale, l’arena ci rimetterà abbastanza poco.
    Se invece sopravvivono tutti e quattro, dal momento che c’è una grossa differenza di livello tra Ranma e Mousse e gli altri due, sanno già che vincerà per forza uno di loro e possono in ogni caso limitare i danni.


    Però...non capisco. Con delle scommesse così elevate, c'è da scommettere che l'Arena proverà a scommettere a sua volta, tramite dei prestanome. In questo modo, possono pelare i loro clienti, facendo in una sola sera, l'incasso di sei mesi.
    Ma per farlo, devono influenzare il risultato.
    Devono sapere chi vincerà e spingere tutto il pubblico a scommettere per i perdenti.
    Questo sarà difficile. Qualunque idiota vedrebbe che Ranma e Mousse sono superiori agli altri due...


    A meno che… non ci siano degli agitatori che provino a persuadere gli scommettitori, uno per uno, che uno dei sicuri perdenti, Rachel o Takeda, trionferà a sorpresa... fingendo che l’incontro sia truccato per farli vincere.
    Se quasi tutti scommettessero su quei due, ciascuno convinto di essere l'unico a farlo e di vincere moltissimo, paradossalmente saranno i prestanome dell'Arena gli unici a dividere le scommesse su Mousse e Ranma...e quando uno dei due vincerà, diventeranno straricchi


    Nessuno, infatti, vorrebbe ammettere di essersi fatto fregare, e la volta successiva torneranno a scommettere per provare a rifarsi.
    Ma per influenzare le puntate, devono avere degli agenti tra il pubblico. Vediamo un po’ se li individuo…a-ah!”


    Sakaki attirò lo sguardo di James Shiba e gli fece dei cenni col capo per segnalargli i guastatori.
    Il pugile gli fece cenno che aveva capito ed entrambi andarono in silenzio ad occuparsene.


    Ranma riuscì a battere il suo avversario tirandogli una serie di gomitate nel tronco, per liberarsi dalla presa e poi si girò  di slancio e lo finì con una gomitata ascendente al viso.


    Mousse aveva respinto indietro il colosso con una serie di rapidi calci, per poi scagliargli addosso una fune con una palla di piombo, che gli si avvolse intorno al collo facendogli finire il peso sul cranio.


    Rachel aveva attirato gli attacchi di pugnale del suo avversario finché in affondo non aveva colpito la gabbia, incastrandosi le braccia, poi lo aveva finito con una ginocchiata in salto.


    Takeda aveva schivato per un millimetro tutti gli attacchi e contrattaccato con pugni alle giunture del suo avversario, che ad un certo punto non riuscì più a muovere le gambe per spiccare il volo e venne avvicinato e sconfitto con un diretto al mento.


    Tutti e quattro avevano il fiatone, ma nel complesso stavano bene.


    << SIGNORI…I VINCITORI! CONTRO OGNI PREVISIONE CE L’HANNO FATTA! SONO DAVVERO LE STELLE DI QUESTA SERATA!
    ED ORA…IL MOMENTO CHE TUTTI STAVATE ASPETTANDO! LA BATTLE ROYALE FINALE! >>


    I quattro ring finirono risucchiati sotto il pavimento e spuntò fuori quello finale.
    Era il più strano di tutti.


    Senza corde e sopraelevato, ma solo di un paio di metri, come quello di Ranma.
    Otto lati.


    Con quattro tubi curvi che partivano da quattro degli angoli e si univano parecchi metri in cima, come una gabbia per uccelli con poche sbarre.
    E tutto intorno, invece che i paletti per le corde…degli spuntoni aguzzi emergevano dal bordo.


    Era una combinazione di tutti e quattro i precedenti ring.
    Si potevano usare le sbarre per aggrapparsi ed eseguire mosse aeree, ma era anche possibile cadere fuori e venire eliminati. Ci si poteva muovere in più direzioni, ma bisognava fare attenzione agli spuntoni.


    Quindi è quasi finita-pensò Ranma, facendo un cenno col capo a Mousse, come per dire “mettiamocela tutta”, che il ragazzo cinese ricambiò.


    Takeda entrò con entusiasmo, ma anche un po’ di timore, sapendo di dover affrontare una sfida difficilissima, ma anche che il suo Maestro non avrebbe tollerato la resa.


    Rachel Stanley salì le scalette come una regina ascende al trono. “Non è importante vincere o perdere, ma intrattenere il pubblico e farsi notare più degli altri, anche nella sconfitta. Questo è la Qualità Livello Diego


    Quando i quattro ragazzi si trovarono a fronteggiarsi, fra il boato assordante del pubblico, le loro espressioni erano molto diverse.
    Mousse era una maschera di cera.
    Takeda appariva eccitato e preoccupato al tempo stesso.
    Rachel sembrava gustarsi il momento come avesse davanti una fetta di torta.
    Ranma era serio e corrucciato. Parlò per primo.


    “Ragazzi, so che probabilmente spreco fiato, ma…non vi andrebbe di ritirarvi?”
    “Umph! Vuoi avere il palcoscenico tutto per te? Mi ricordi una ragazza che ho incontrato di recente…non sarete per caso parenti?” domandò la luchadora, sprezzante.


    “Mi dispiace Ranma, ma non posso farlo-confermò Takeda-so di essere surclassato, ma…devo almeno provarci.
    Il mio Maestro non mi perdonerebbe se mi ritirassi.
    Diamine, io non mi perdonerei di perdere la possibilità di combattere un simile scontro. Comunque finisca, avrò imparato qualcosa.
    E poi lo sai-aggiunse col suo migliore sorriso-la mia vita è stata cambiata da Kenichi. Lui è il mio esempio. E lui è uno che non si arrende mai”


    Il ragazzo col codino ne fu colpito e non disse più nulla. Fu invece Mousse a proseguire.


    “Umph, siete davvero due idioti. Ma non lo capite? Questo cuore tenero vuole evitare di farvi troppi danni.
    Ma sappiate che io non ho gli stessi scrupoli. Il mio obiettivo è affrontare solo lui.
    Ma se vi intromettete, finirete male” e detto questo estrasse un’arma e scattò all’attacco contro Ranma.


    Era un bastone telescopico, di metallo leggero, tipo alluminio.
    Ma Mousse lo manovrava con maestria, ruotandolo a grande velocità come le pale di un elicottero.
    Ranma si trovò ad arretrare sulla difensiva.


    Rachel lanciò un grido di guerra, saltò in alto verso i tubi, si aggrappò ad essi con le braccia e poi si lasciò cadere in acrobazia sui due contendenti.


    Takeda, per non restare indietro, si tuffò in avanti, provando a colpire Mousse ai reni.


    Ranma si occupò di Rachel.
    Si spostò con i piedi per fare in modo che finisse addosso a lui e non a Mousse ed alle sue armi.
    Al tempo stesso, quest’ultimo, mentre stava apparentemente attaccando Ranma, allungò il bastone dietro di sé, alla cieca, colpendo Takeda al fianco e respingendolo a terra, prima che potesse aggredirlo.


    Poi gli rivolse solo un’occhiata sprezzante, come per dire “ci vorranno altri 100 anni…”


    Rachel atterrò su Ranma tirandogli una raffica di calci, che il ragazzo col codino parò con gli avambracci.
    La ragazza americana stava facendo uno dei suoi proclami, quando il ragazzo col codino, per toglierla di mezzo mentre Mousse tornava alla carica, le afferrò uno stivale mentre era a mezz’aria e la lanciò di peso verso terra, badando che non finisse contro gli spuntoni.


    Sta combattendo…proteggendomi? Imperdonabile!


    Così, mentre Ranma affrontava Mousse, la ragazza allungò un calcio da terra per spazzargli una gamba, mentre arretrava: il ragazzo col codino si ritrovò a cadere verso il pavimento, con il rivale che ne approfittava.


    Ma, un attimo prima di essere colpito, con il giusto tempismo afferrò con le mani il bastone del cinese, bloccandone il movimento.
    Mousse gli cadde sopra, ma Ranma eseguì un colpo di reni, e con una capriola all’indietro, lo rovesciò a terra, finendogli sopra a propria volta.


    Mousse lo respinse con una raffica di calci allo stomaco, ma nel fare questo, si rese conto che Ranma gli aveva strappato di mano il bastone, che poi gettò giù dal ring.


    Mousse si rimise in piedi, con lo sguardo fiero, e si mise in guardia, invitando Ranma a combattere a mani nude.
    Questi accettò con entusiasmo, balzando in avanti.


    Ma Mousse gli scagliò una raffica di calci, più rapidi, più precisi e più flessibili di quelli dello stesso Ranma, che poté solo parare con gli avambracci.


    “Bravo, Mousse, sei migliorato ancora”
    “Non sono mica andato al Ryozampaku per giocare”


    Mentre i due si fronteggiavano, Takeda era paralizzato alla vista del livello delle loro tecniche, quando venne aggredito furiosamente da Rachel, con una raffica di ginocchiate.


    Alla sua espressione di stupore, lei disse, sottovoce
    “Beh, non possiamo lasciare che ci rubino la scena, no? Se lo scontro si divide in due duelli separati, il pubblico potrà seguire meglio ed avremo anche noi il nostro spazio”
    “Ma…ma io…-protestò il pugile-non posso combattere al massimo della forza contro una ragazza!”
    “Peggio per te!-dichiarò Rachel schiantandolo a terra con una hurracanrana, e poi continuando a tenerlo stretto al collo con le proprie cosce anche mentre era a terra-quel tipo di ragionamento sessista mi irritava anche quando a farlo era Kenichi, ma ho capito che nel suo caso è una convinzione profonda. Credo che invece per te sia soltanto timidezza”
    “Coff! Ma cosa…dici? Coff!”


    Ranma e Mousse continuavano a muoversi lungo la piattaforma scambiandosi tecniche ad alta velocità: ora saltavano a mezz’aria intercettandosi a vicenda raffiche di calci, ora si confrontavano a centro ring, con Ranma che provava a tirare pochi, potenti colpi per spezzare le difese di Mousse e questi che provava invece a colpirlo con la mano a pugnale nei punti deboli del corpo, con movimenti rapidi e fluidi.


    Ma mentre, all’apparenza, si muovevano senza uno schema, presto si avvicinarono a dove si stavano scontrando Rachel e Takeda.


    Quest’ultimo stava attaccando con precisione coi pugni gli stivali della luchadora mentre lei gli tirava dei calci, per intercettarli, quando…


    …il tornado umano composto da Ranma e Mousse si intromise tra di loro, quasi per caso…


    …i due ragazzi più giovani evitarono di esserne travolti saltando all’indietro allo stesso tempo…


    …ed i due ragazzi più grandi ne approfittarono per colpirli all’indietro, alla cieca, coi palmi delle mani (Ranma colpì Ikki e Mousse colpì Rachel) sbalzandoli entrambi all’indietro…


    …facendoli cadere fuori dal ring ed eliminandoli.


    “Ehi! Ma così non vale!” protestò Rachel


    Accidenti…capirei Ranma…ma anche quel cinese ha eseguito questo piano senza che si parlassero-rifletté Takeda-certo che devono conoscersi davvero bene quei due


    Ranma e Mousse si scambiarono un rapido sorriso e ripresero a combattere: erano bloccati in posizione di clinch, ma il ragazzo col codino la modificò in una proiezione di judo, con la quale schiantò il cinese schiena al suolo.


    Mousse, però, contrattaccò con un rapido calcio dal basso all’alto, colpendolo ad una spalla.
    Balzò in piedi ed usò la corda con peso per aggrapparsi ai tubi in alto: spiccò il volo e roteò per il ring come Tarzan, raccogliendo slancio per poi colpire Ranma a piedi uniti.


    Il ragazzo col codino parò, ma fu sbalzato a terra, di schiena.
    Però saltò subito in piedi, con un colpo di reni e contrattaccò, fumineo, facendo una piroetta, abbassandosi sulle gambe e schivando il contrattacco di Mousse, per rifilargli una gomitata allo stomaco, spezzandogli il fiato.
    La corda col peso si slegò e cadde a terra.


    Nel frattempo, Sakaki e Shiba avevano tolto di mezzo tutti quelli che si erano intromessi con le scommesse.
    Il Maestro di karate si avvicinò al ring per riferire a Ranma il da farsi.


    “EHI RANMA! Guarda che l’incontro è truccato! Volevano decidere loro chi potesse vincere, per incassare le scommesse! Sappi che, ora che non possono più farlo, è probabile che non vi lasceranno uscire vivi di qui!”


    “CHE COSA?” domandarono simultaneamente Ranma e Mousse, ancora avvinghiati.


    Infatti, rapidamente, all’insaputa del pubblico, decine di scagnozzi armati di mitra stavano sciamando a bloccare tutte le uscite.


    “Cosa facciamo, Saotome?” domandò Mousse


    “Lascia fare a me, ho un’idea. Dobbiamo creare un diversivo”


    I due si respinsero ancora una volta, ma Ranma sottrasse dall’abito di Mousse un’arma, un coltello corto, largo e piatto.
    Mousse raccolse da terra la fune col peso e con un movimento fluido glielo scagliò contro.
    Il ragazzo col codino lo respinse usando la lama, ma così il peso schizzò via e finì come un missile contro il grande apparato di luci che illuminava l’arena, danneggiandolo e spruzzando milioni di scintille…


    Uhm! Ben pensata-osservò Sakaki


    …peccato che le scintille contagiassero anche le altre luci, e poi le altre ancora, fino a quando TUTTE non esplosero, ed alcune degli impianti iniziarono a precipitare a terra, mentre il pubblico, terrorizzato, iniziava a scappare.


    “HAI ESAGERATO, SAOTOME!” strepitò Mousse


    “MA CHE NE SAPEVO IO!”


    Rachel stava firmando autografi ad un gruppo di scommettitori, perciò non si accorse subito che una delle casse le stava precipitando addosso.


    “ATTENTA!”


    Ikki si tuffò in avanti e la spostò di sotto un attimo prima dello schianto.


    “Ma…ma tu…mi hai salvata”


    Gli altri impianti caduti non avevano ferito nessuno, ma TUTTE le persone fuggivano verso le uscite, nel caos più totale.


    Le luci precipitate al suolo stavano inoltre generando un incendio, che si propagava sempre di più.


    In quel marasma, per gli scagnozzi che non erano fuggiti a loro volta, era impossibile individuare i loro bersagli.


    Shiba prese il suo allievo sottobraccio, come fosse un ragazzino, e cominciò a correre verso una delle uscite.
    Mentre Takeda era in quella posizione, un aeroplanino di carta gli saettò in mano, rapido come avesse un motore a reazione.
    Svolgendo il foglio, c’era scritto un numero di telefono.


    Si voltò e vide Rachel Stanley, Castor di Yomi, che si stagliava all’ombra generata dalle fiamme, mentre camminava con calma in direzione di una delle uscite dal lato opposto.
    Girò la testa verso di lui e gli disse solo
    “Chiamami”


    In un angolo, il proprietario dell’arena piangeva disperato:
    “bohoho, il mio bellissimo locale, com’è potuto succedere…”


    ◊◊◊◊◊

    I tre membri del Ryozampaku camminavano per strada un po’ affumicati.


    “Certo che dove ci sei tu, Saotome, capitano sempre guai”


    “Ma cosa c’entro io? Era la prima volta che ci venivo”


    “Appunto. Tutte le altre volte, non è successo nulla del genere”


    “Buoni, ragazzi, buoni. In fondo, avete fatto un’utile esperienza e non vi siete fatti male”


    “Già, come no-sbuffò Ranma, deluso-siamo venuti per guadagnare ed invece…”


    “Oh, ma infatti ABBIAMO guadagnato” affermò il Maestro, tirando fuori da una borsa le più grosse mazzette di banconote che Ranma avesse mai visto.


    “Cosa credi, che non me ne intenda di posti come questi?-spiegò, vedendo il suo stupore-Quando ho capito che volevano influenzare l’esito, ho smesso di scommettere subito prima della finale. Certo, non ho moltiplicato ulteriormente il capitale, ma non ho perso nulla di tutto ciò che avevamo guadagnato fino a quel momento.


    Oh, a proposito, Mousse, questi invece sono tuoi-aggiunse lanciandogli un altro grosso pacco di banconote-Anche queste sono le vincite dei tuoi incontri fino alla finale. Uno dei cassieri me le ha spontaneamente anticipate”


    “Ooh, grazie!”


    “D'accordo, per questa volta è andata bene-concluse Ranma-ma non credo che sfiderò mai più la sorte con delle scommesse”


    ◊◊◊◊◊


     Nota dell'Autore:


    E' un capitolo lunghissimo, che è stato stancante da scrivere, editare e pubblicare.
    Dite la verità, vi aspettavate Ryoga...prima o poi arriverà anche lui, lo prometto.
    Mousse mi è sempre piaciuto molto, è un personaggio dal gran potenziale ridotto spesso ad una macchietta. Volevo dargli il giusto risalto ed al tempo stesso mantenere un alone di ambiguità.
    L'ho poi sfruttato per far venire a Ranma dei legittimi dubbi su di sé nella vita e ed evidenziare come l'Anziano possa essere d'ispirazione per qualcuno.
    Hayato che crede che Ranma possa cadere nel "lato oscuro" può sembrare strano, ma...è un rischio che corrono tutti i praticanti di alto livello...e Ranma ha perso tutto ciò che aveva. Tra un po', se avrete pazienza, scopriremo il come ed il perché.
    Non potevo non fare una capatina all'Arena Clandestina, è uno scenario fantastico per menare le mani.
    Takeda e Rachel secondo me possono fare una bella coppia, mentre quella tra Ukita e Freiya era stata solo vagheggiata nel manga di Kenichi, ma mai realizzata. Secondo me, anche se sono sottotrame, stanno meglio così.
    Compreso questo, tutti i capitoli che verranno avranno dei contenuti esplosivi, a livello di combattimento, di rivelazioni ed emozioni o di entrambi. Siamo entrati nel cuore della storia.
    Preparatevi perché ne vedremo delle belle.



    Legenda

    Alfabeti*: in Giappone, si usano tre alfabeti distinti, denominati Katakana, Hiragana e kanji; i primi due sono sillabici, rappresentano cioé suoni come le sillabe da comporre insieme, il terzo è composto da ideogrammi (derivati da quelli cinesi, ma differenti) ciascuno con un proprio significato. Una frase può essere scritta in una combinazione dei tre, anche se l'hiragana è usato più di frequente. Gli stessi giapponesi imparano anni ad usarli tutti!


    Shogi e Go**: sono giochi dell'Estremo Oriente. Lo Shogi ricorda gli scacchi anche se il significato dei pezzi varia a seconda del simbolo inciso sopra e per il resto sono tutti a forma di tavolette; il Go è il gioco più complesso che esista, come la dama ma con centinaia di pezzi e pressoché infinite combinazioni, aventi lo scopo di "bloccare" i pezzi avversari impedendo loro di muoversi, come in un campo di battaglia


    Budo***: Letteralmente, la "via del Guerriero", cioé l'insieme di comportamenti etici (come il codice degli antichi cavalieri) e di addestramento pratico e mentale seguito dai samurai


    Nak Muay****: cioé praticante di Muay Thai, in thailandese


    ***** Hiken Hissatsu: è il concetto del Karate tradizionale per il quale ogni colpo che si infligge deve essere un colpo decisivo, quindi bisogna essere potenzialmente in grado di uccidere un avversario con un colpo solo


    Luchador (6*): cioé praticante di Lucha Libre ("Lotta Libera") la versione messicana, molto spettacolare ed acrobatica, del wrestling professionistico (come quello della WWE), praticato da Rachel Stanley e dal suo Maestro, Diego Carlo


    Hurracanrana, Diving Cross Body, Dropkick (7*): mosse di pro wrestling. Hurracanrana è una forbice in salto con la quale si stringe il collo dell'avversario tra le proprie gambe, poi si esegue una sorta di salto mortale all'indietro, trascinando l'avversario in avanti e schiantandolo a terra, di schiena o di testa. Il Diving Cross Body è un salto dalla terza corda cadendo apposta addosso all'avversario col corpo. Col Dropkick si spicca un balzo restando in orizzontale per aria colpendo con doppio calcio a piedi uniti il viso avversario


    Kali (8*): arte marziale filippina che usa principalmente le armi, come la coppia di bastoni corti, i coltelli, ed il curvo e corto pugnale chiamato Karambit


    German Suplex (9*): mossa di pro wrestling. Se l'avversario ci dà la schiena, si afferra ad anello la sua vita e si esegue uno scarto all'indietro, mettendosi a ponte e proiettandolo all'indietro, facendolo atterrare di schianto con la parte alta della schiena, le scapole o la base del collo


    Rear Naked Choke (10*) una presa di strangolamento al collo eseguita con entrambi gli avambracci se l'avversario ci dà le spalle. A volte l'esecutore abbranca anche il nemico con la gambe intorno al tronco per impedirgli di muoversi


    Kriss (11*): coltelli dalla forma arricciata, ad onde, invece che dritti, tipici del Borneo e della Malesia


    Mini-Guida per il manga di Kenichi:

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Ranma e Mousse usano il Sei


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 14
    *** Battaglia in una Notte di Luna Piena ***





    Nel corso delle settimane, gli allenamenti di tutti divennero piacevoli routine.
    L'unico problema era che, neanche a farlo apposta, Ranma, Kuno e Mousse si allenavano al mattino e quindi non incontravano mai Kenichi, Miu e Renka, che in quegli orari erano a scuola. Era come se Nerima e la Kouryu fossero diventate rette parallele destinate a non incrociarsi.


    Un po’ dispiaciuto per questo, Ranma cercò di trovare un modo per non trascurare i suoi amici senza rinunciare all’impegno con Kisara (che pagava Ranko profumatamente).
    Intanto, li vedeva comunque il Sabato e la Domenica, ed almeno una sera a settimana si fermava a cena al Ryozampaku, spesso insieme a Nodoka.


    Ma oltre a questo, almeno una volta alla settimana, nella routine di allenamento che realizzava per la ragazza del TaeKwonDo (e che, si rese conto, aveva bisogno di pianificare con un certo anticipo; proprio come le strategie delle quali parlava Akisame) inseriva attività bizzarre da farle fare in solitaria, proprio come ai primi tempi.
    Così da un lato, “Ranko”, ritornata “Ranma” aveva il pomeriggio libero e dall’altro la Valkiria sperimentava la vera essenza della scuola Saotome di Arti Marziali Indiscriminate…imparando attività come muoversi in equilibrio su un cavo a vari metri da terra; sia in avanti che all’indietro, che ad occhi bendati; oppure migliorare la destrezza facendo il giocoliere con delle palline, muovendosi su un monociclo.
    Tutte attività che si rivelavano paradossalmente utili a sviluppare doti necessarie al combattimento.


    In quelle settimane Kisara iniziò a migliorare notevolmente e “Ranko” iniziò a provare qualcosa che, più che alla soddisfazione, assomigliava all’orgoglio.
    Ranma stesso veniva messo a dura prova al Ryozampaku.
    Dal punto di vista fisico, soprattutto, avevano preso l’abitudine di fargli muovere un grosso masso in varie direzioni, legandoglielo alternativamente alle braccia, alle gambe, od alla schiena.
    Il peso del masso non variava mai, ed era poco più leggero del massimo che potesse sollevare, ma erano gli esercizi che faceva ad essere sempre diversi, spostava quel peso mentre si muoveva, non come fosse un sollevamento da palestra e quindi generava il tipo di forza più necessario per combattere; inoltre, esercitava tutti i muscoli come un’unica unità, anziché singolarmente, e ne sviluppava di nuovi che abitualmente non usava.


    Dal punto di vista tecnico, gli insegnamenti di Kensei gli stavano aprendo la mente sulle possibilità dei colpi con i palmi e delle mosse “morbide” che usavano le onde d’urto dell’impatto per penetrare nel corpo, anziché i colpi “duri” destinati a distruggere le difese nemiche.
    Ranma si trovava sempre meglio col piccolo cinese: erano parecchio affini, ed il Maestro aveva praticamente rinunciato a bagnarlo con l’acqua fredda.


    Akisame lo stava rendendo ancora più bravo ad evitare di essere proiettato (da chiunque non fosse lui, almeno) e ne stava colmando alcune lacune riguardo la lotta a terra, oltre a proseguire le lezioni di strategia.


    Con Shigure, con la quale ormai i rapporti erano buoni, il ragazzo col codino stava impratichendosi sempre di più nella difesa contro le armi, sia usandone a sua volta, che a mani nude; oltre che nell’usare a sua volta almeno le sue armi preferite, e per colmare alcune lacune sugli attacchi con armi da lancio.


    Era però con Sakaki che si trovava meglio: non necessariamente a livello tecnico, ma di intesa personale.
    Il Karateka di Centesimo Dan aveva maggiore intuito e buon senso di quanto gli si potesse dare credito ad una prima occhiata ed era molto scrupoloso ed ordinato nell’organizzare l’allenamento, preoccupandosi che l’allievo comprendesse anche concetti semplici, ma che potevano tornare utili in specifiche situazioni, prima di passare ad altri più complessi.
    Un esempio che scelse di replicare con Kisara.


    Quanto a Kenichi e Miu, i loro rapporti erano tornati normali, dopo essersi raffreddati un po’ per la gelosia di quest’ultima nei confronti di Renka.


    A dire il vero, Ranma si sarebbe aspettato il contrario, perché in realtà la figlia di Ma non era mai stata così vicina a Kenichi come adesso.
    Aveva cambiato del tutto atteggiamento con Kenichi dopo aver parlato con Ranma, la sera della cena, ed ora si comportava con il ragazzo in modo sì solare ed amichevole, ma per nulla invadente od appiccicoso.
    Questo aveva un po’ stupito Kenichi, che si sentì un po’ in colpa ad averle tenuto il broncio tanto a lungo.
    Di conseguenza, aveva cominciato ad avere con lei un rapporto del tutto nuovo, di rispetto e collaborazione…cosa che però li fece avvicinare di più, complici i ben due giorni la settimana nei quali si allenavano insieme.


    Ranma invece non si allenava mai con qualcuno, ma al contrario, aveva necessità di imparare ad affrontare più avversari alla volta.
    Aveva sì sbaragliato con facilità i membri dell’Alleanza Shimpaku coalizzati contro di lui, ma solo per una combinazione di differenza di livello e padronanza del Sesto Senso: con avversari più forti, avrebbe comunque trovato difficoltà.
    Per tale obiettivo, era Hayato che provvedeva ed infatti nel giorno a lui dedicato sottoponeva il ragazzo col codino ad addestramenti personalizzati e specifici per neutralizzare i suoi punti deboli.
    Addestramenti durissimi, persino per lui.


    Quanto a Mousse e Kuno, i loro Maestri erano soddisfatti dei loro progressi e negli altri giorni non si vedevano spesso in giro.
    Ranma rimaneva però in guardia, per evitare sorprese.
    Si fidava di Mousse, specie dopo gli eventi dell’Arena, ma sapeva che non gli aveva comunque detto tutta la verità sulle sue intenzioni.


    ◊◊◊◊◊

    Infine, venne la sera tanto attesa. Sakaki informò Ranma, Miu e Kenichi che dovevano prepararsi.
    Il ragazzo col codino notò con rispetto la serietà e la calma con la quale i due ragazzi si prepararono al compito, soprattutto Kenichi.
    Portava la mise da allenamento completa, con sotto la maglia d’acciaio di Shigure, ed agli avambracci sfoggiava degli strani Tekko* che però sembravano essere stati forgiati di recente e fatti su misura.
    Miu indossava stivali comodi, una tuta completa che non lasciava le sue forme all’immaginazione, un giubbino aperto ed altro paio di Tekko.
    Ranma immaginò che venissero usati per difendersi da attacchi armati. Almeno su questo, sono prudenti.


    Realizzò anche che, almeno in parte, era implicito che uno dei suoi compiti sarebbe stato proteggere i due ragazzi se le cose si fossero messe male. Inoltre, alla spedizione avrebbe voluto partecipare anche Renka, ma quello stesso giorno lei e Kensei dovettero recarsi a Chinatown, richiamati dallo zio Hakubi, per sedare dei disordini dovuti ad una guerra fra gang.
    Akisame ed Hayato sollevarono un sopracciglio a quella coincidenza, ma non dissero nulla.


    Un piccolo problema furono poi i trasporti: anche col sidecar, la moto di Sakaki non poteva trasportare quattro persone.
    “Miu, sali in sella col Maestro, io vi seguo a piedi”
    “A piedi? Sei sicuro, Ranma-kun?” domandò Kenichi
    “Beh, quando avevo 15 anni, sono andato in Cina con mio padre a nuoto. Penso di poter correre per qualche decina di chilometri”
    Il Discepolo del Ryozampaku si mise le mani nei capelli
    Mi dimentico sempre che loro appartengono ad un mondo diverso dal mio…


    ◊◊◊◊◊

    Quando furono arrivati a qualche centinaio di metri dal porto, Sakaki si fermò a fianco ad un furgone all’apparenza abbandonato che celava in realtà un mezzo civetta della polizia.
    Dentro c’era l’Ispettore Honmaki.


    “Lieto di vederla, Ispettore, com’è la situazione?”
    “Una dozzina di camioncini sono arrivati, alla spicciolata, al porto pochi minuti fa. Secondo noi non hanno ancora cominciato a scaricare”
    “Bene, allora noi andiamo avanti. Ricordatevi, intervenite solo dopo che vi abbiamo dato il via libera”
    “D’accordo, ma teniamoci in contatto via radio. Tieni, Sakaki-kun, mettiti questo radio-trasmettitore nell’orecchio”


    Mentre i quattro camminavano con circospezione verso il porto-e Ranma ipotizzò che ci fossero un’altra ventina di auto della polizia mimetizzate nel quartiere-Kenichi fece una domanda intelligente, che gli frullava in testa da tutto il giorno.


    “Maestro Sakaki, ma se il piano ha funzionato a dovere…perché non può occuparsene la polizia, da questo momento in avanti? Perché è necessario coinvolgere il Ryozampaku?”


    “Mmmh…vedi, Kenichi, da un po’ di tempo a questa parte, l’influenza dello Yami sulla criminalità del nostro paese ha raggiunto un tale livello che è difficile che un’operazione criminale di dimensioni così grandi avvenga senza la loro supervisione.
    In pratica, è pratica è probabile che, per proteggere quella nave ed il suo carico…i contrabbandieri abbiano assunto un praticante di arti marziali a livello Maestro”


    “Cosa?” esclamarono i ragazzi all’unisono.
    Nessuno se lo aspettava.


    “Ecco perché è necessaria la mia presenza-proseguì, con semplicità-Voi siete necessari in caso ci siano anche dei Discepoli da affrontare, ed è meglio essere in tanti per non far scappare i pesci piccoli col loro carico”


    Ecco perché persino la polizia aspetta ad intervenire…


    Con rinnovata concentrazione, tutti gli Allievi si diressero verso il molo, per vedere, in effetti, che una dozzina di furgoncini era parcheggiata nei pressi di una grossa nave, chiamata “NEREUS II”, mentre parecchie persone sciamavano sul ponte della stessa.


    Due uomini, che dovevano essere uno il rappresentante dei marinai, l’altro dei camionisti, stavano parlando tra loro sulla passerella, con dei fogli in mano.


    “Prima di iniziare vi dirò un’altra cosa-aggiunse Sakaki-la missione che stiamo svolgendo è di importanza capitale.
    Quelle armi automatiche sono destinate ad essere vendute alle bande criminali straniere che da qualche anno puntano a prendere il posto della Yakuza.
    Ora, di norma non me ne fregherebbe niente, ma se per farlo vogliono usare armi da guerra…presto il Giappone sembrerà un campo di battaglia.
    Inoltre, non scordatevi mai che insieme alle armi, contrabbandano anche i proiettili, quindi se le cose si mettessero male, qualcuno dei marinai potrebbe decidere di spararvi addosso usando una parte del loro stesso carico”


    Queste avvertenze riuscirono a rendere i ragazzi più determinati, ma certo non a tranquillizzarli.


    Sakaki avanzò di qualche passo ed alzò un po’ la voce
    “EHI; VOI! DELLA CIURMA!”


    Una ventina di facce si voltarono, stupite, irritate e minacciose.
    “Siamo dell’ispettorato del porto, vogliamo vedere i vostri documenti di carico” proclamò il karateka, sardonico.


    Il capo dei camionisti, con impermeabile e pizzetto, si consultò un po’ con il capitano della nave, calvo e con una cicatrice lungo l’occhio.
    “Tu non hai l’aria di un ispettore e noi non ti diamo proprio un bel niente. Fila via!”


    “Oh, ma così ferite i miei sentimenti. Ed io che ero venuto a chiedervi in prestito uno o due pesciolini per cucinarli alla mia fidanzata…sempre che voi, in realtà non trasportiate pezzacci di metallo…sapete, lei non digerisce bene il piombo!”


    I ragazzi dietro di lui facevano le facce più varie per la sfrontatezza del loro Maestro.
    I criminali, ormai certi che fosse una trappola, fecero quadrato.


    Il capitano si mise a gridare, sarcastico: “Sai, in condizione normali sarei molto felice di verificare se TU digerisci bene il piombo…ma non voglio compromettere il nostro carico, ed abbiamo pagato una fortuna per le nostre guardie del corpo, quindi credo…che mi godrò lo spettacolo. EHI; VOI! PRENDETELI!”


    I membri del Rypzampaku alzarono lo sguardo e, su una gru da carico, videro ben quattro figure, che fino a quel momento avevano nascosto la loro presenza.


    Le espressioni e le esclamazioni di Miu, Kenichi, e soprattutto Sakaki, che li avevano riconosciuti, fecero capire a Ranma che dovevano essere finiti in guai seri.
    Aveva avuto l’impressione che quell’operazione nascondesse delle rogne, ma non avrebbe immaginato quanto grosse.


    Le quattro persone erano:
    Tirawit Kokin, il praticante di Muay Thai dello Yomi


    Il suo Maestro, Agaard Jum Sai, detto Il Sovrano delle Gomitate e l’Imperatore dei Pugni, Gran Maestro di Thay e di Muay Boran ed ex compagno di allenamenti di Apachai


    Natsu Tanimoto, detto Hermit, compagno di scuola e rivale di Kenichi, praticante degli stili di Kung Fu Bajiquan e Piguaquan, ex Sesto Pugno del Ragnarok


    Il suo Maestro, il Gran Maestro di tutte le forme dure del kung fu cinese, Ma Sogetsu, il fratello maggiore di Kensei


    “Natsu! E…Kokin!” esclamò Kenichi
    “Ci sono…tutti e due! Con entrambi i loro Maestri!” rincarò Miu


    “Merda!” esclamò Sakaki.
    Siamo chiaramente in svantaggio…ho commesso un errore a portare i ragazzi.
    Ma chi avrebbe mai immaginato che per un singolo carico, avrebbero assunto ben DUE ex membri di Un’Ombra, Nove Pugni? Qui c’è qualcosa che non quadra…


    Ranma non capiva molto, ma abbastanza da sapere che la situazione era molto seria.


    “Kenichi…” disse con calma Hermit lanciandogli uno sguardo affilato.


    Mentre Miu ragguagliava Ranma sulle identità dei loro avversari, Aagard parlò
    “Ohoh, guarda se non sono ancora quelli del Ryozampaku! Che fortunata coincidenza!” ridacchiò il thailandese.


    L’uomo con la barba, che a Ranma venne detto chiamarsi Ma Sogetsu, non diceva nulla, ma beveva quello che si immaginava essere alcool da una fiasca di foggia cinese.
    Sembrava pensieroso e guardava spesso il ragazzo col codino.


    “Ehi, mi avete sentito?-urlò ancora il capitano della Nereus-vi ho detto di farli fuori!”


    Fu solo allora che Sogetsu voltò il viso e parlò: “Ehi, ometto, smettila mi urlare, mi dai ai nervi. Stiamo decidendo come affrontarli. Non è mica una scelta facile…”


    Sakaki sudava freddo.
    Dannazione, se mettono i Discepoli contro Miu e Kenichi…io posso affrontare qualunque dei due, ma Ranma non può farcela contro un Gran Maestro…come faremo?


    “Vuoi fare a morra cinese per decidere chi debba affrontare Sakaki, Sogetsu-san?-domandò Agaard, che a Ranma sembrava avere un atteggiamento fin troppo solare, per essere uno dei cattivi-Ammetto che avrei preferito incontrare di nuovo Apachai, ma sono curioso di affrontare un Maestro di Karate talmente forte da essere il rivale di Hongo-san…”


    Sogetsu rimase un momento a riflettere.


    “No-disse infine-affrontalo pure tu”


    “Tsk! Per me è uguale, però ammetto-disse Sakaki-che avrei preferito combattere contro di te, anche se non vorrei dare un dispiacere a Kensei. D’altro canto-aggiunse gonfiando l’aura-ho sempre avuto voglia di dare una lezione al tizio che ha conciato così male Apachai, l’ultima volta”


    “Bene, c’è solo da decidere chi affronterà i nostri allievi” concluse Agaard, serafico.


    “E’ questo il punto-riprese Sogetsu col suo tono basso e lento-quel ragazzo nuovo è un problema. E poi…”


    “Ooh, hai ragione, sembra forte! Ed inoltre…già, capisco” aggiunse guardando più in là


    “Ehi, voi! Cosa state confabulando?” domandò il capitano.


    “Facciamo così!-concluse Sogetsu-Hermit, Kokin, voi due…affronterete quel ragazzo nuovo. INSIEME”


    “CHE COSA?” domandarono all’unisono i due allievi.


    Anche nel campo del Ryozampaku erano stupiti.
    Forse abbiamo una possibilità…” soppesò Sakaki


    “Io, invece, resterò qui ad evitare interferenze esterne. E degli allievi del Ryozampaku se ne occuperanno i praticanti che stanno sulla nave”


    “Ma che diavolo dite?-protestò il capitano-vi abbiamo pagato per fare un lavoro! Siete quattro contro quattro, affrontateli! Me l’avevano detto che eravate inaffidabili!”


    “Sei un imbecille-replicò Sogetsu-se loro sono qui, vuol dire che c’è mezza polizia di Tokyo a poche centinaia di metri, non lo capisci?”


    Il capitano ebbe un sussulto.
    “Se io resto qui, invece…nessun essere umano che non sia un praticante di alto livello, oserà avvicinarsi nel raggio di un chilometro.
    Poniamo il caso che li affrontiamo in quattro contro quattro, e che nel frattempo voi veniate arrestati tutti…cosa ci avremmo guadagnato?
    Invece, così, mentre noi tratteniamo i nemici, voi potete scaricare tutto e provare a fuggire.
    Naturalmente-aggiunse poi con un ghigno-il compito per il quale siamo stati pagati è impedire che qualcuno interferisca con le operazioni di scarico…se venite arrestati tutti subito dopo, non è affar nostro”


    Hermit si mise la mano sul viso, imbarazzato
    Il mio Maestro e’ sempre il solito…


    “Umpf! Comunque, non mi piace-affermò Kokin-che dovremo affrontare quel ragazzo in due. Combattere in superiorità numerica non era contrario ai principi del Pugno che Uccide?”


    “Kokin, mio caro, i principi vanno adattati alle circostanze-gli spiegò il suo Maestro-sarebbe disonorevole contro avversari dello stesso livello…ma contro uno più forte, potete farlo tranquillamente…mettiamola così, se affrontaste uno di noi, non basterebbero una decina di voi, giusto?”


    “Va bene!” disse semplicemente, e sia lui che Hermit saltarono giù.


    “Non è l’unica ragione per cui hai preso questa decisione, vero, Sogetsu-kun?-aggiunse poi il grosso thailandese-se non avessi fatto così, quei due…non si sarebbero mai messi d’accordo su chi di loro avrebbe dovuto affrontare di nuovo Kenichi per la rivincita”


    “Umpf! Forse-affermò il barbuto cinese, assaporando un’altra sorsata dal fiasco-ma oltre a questo, voglio che si allenino affrontando qualcuno di più forte di loro, che però non è ancora a livello Maestro…un’esperienza formativa che non capita tutti i giorni”


    “State bene a sentire, ragazzi, tra poco non potrò più darvi consigli-raccomandò Sakaki-la situazione è brutta, ma per come si è messa, abbiamo una possibilità di farcela.
    Ranma, quei due combattono per uccidere.Non so quanto riescano a coordinarsi bene, hanno stili completamente opposti, comunque, il loro scopo sarà tenerti impegnato. Impedisci loro di farlo.
    Miu e Kenichi, voi dovete, al contrario, combattere coordinandovi alla perfezione, come avete imparato nelle ultime settimane al Ryozampaku.
    Non sappiamo come siano organizzati i marinai, ma sembra che alcuni di loro siano dei praticanti…probabilmente usano armi bianche, sono più facili da nascondere su una nave.
    Terzo, sappiate che la MIA battaglia causerà un livello di distruzione gigantesco…vedete di non restare coinvolti!”


    “SI’! risposero all’unisono tutti e tre.


    Le due coppie, Miu e Kenichi ed Hermit e Kokin si scambiarono degli sguardi intensi mentre si incrociavano, correndo in direzioni differenti.
    Ma, ubbidienti agli ordini dei rispettivi Maestri, non accadde nient’altro.
    Kenichi sapeva cos’aveva letto negli occhi dei suoi vecchi rivali:
    La resa dei conti è solo rimandata, Shirahama…”


    Agaard si avvicinava a Sakaki a passi lenti, gonfiando a sua volta l’aura.
    Ranma si rese conto che non aveva mai visto confrontarsi dei Ki di quelle dimensioni, non da quando suo padre, in forma di panda, aveva eguagliato la trasformazione in gigante di Happosai…


    “Ranma-kun, un’ultima cosa…il discorso di non restare coinvolti vale anche per voi…porta quei due Discepoli lontano da qui…e già che ci sei, magari, prova a…” il Karateka lasciò in sospeso il discorso ma Ranma intuì il significato: sabotare lo scarico dei mitragliatori, se possibile.


    “D’accordo!” esclamò Ranma con un cenno di intesa e si mise a correre, in obliquo, verso la zona dei container scaricati da altre navi durante la giornata, alla destra della Nereus, subito inseguito dai suoi avversari.


    Il confronto tra i due Maestri stava iniziando a causare scintille nell’aria. Sakaki era concentratissimo, consapevole che il minimo errore avrebbe significato un disastro. Agaard, dal canto suo, stava pregustando il momento.


    E poi avvenne. Si mossero senza che nessuno potesse vederli e si scontrarono.
    Subito divennero un’unica massa umana di arti marziali, di pugni, parate, gomitate, calci e ginocchiate.
    L’aria entro dieci metri da loro iniziò a vorticare come un tifone.
    Le finestre degli edifici, a trenta metri di distanza, esplosero in mille pezzi.

     
    ◊◊◊◊◊

    Kenichi e Miu procedevano a grandi balzi verso i camioncini e la nave dietro di essi.


    “Sono un po’ preoccupato-confessò Kenichi-per Sakaki-san ed anche per Ranma-kun. Non affronteranno scontri facili…”
    “Concentrati, Kenichi-lo rimbeccò Miu-pensare ad altro mentre combatti può farti ammazzare.
    Ora dobbiamo concentrarci sui nostri avversari e ricordare l’addestramento. E poi…anche avere fiducia nei tuoi amici è un modo di combattere!” concluse, sorridendo.
    “Sì, hai ragione” ammise il Primo Discepolo del Ryozampaku, rinfrancato.


    I contrabbandieri sui camioncini provarono a fermare i due ragazzi, ma questi li sorpassarono come se non esistessero, facendo salti di svariati metri alla volta, ed in men che non si dica, furono sul ponte della nave, causando sconcerto nei marinai che si stavano affrettando con le operazioni di sbarco.


    “Posate quelle casse ed arrendetevi!” intimò Miu, con uno sguardo severo.


    “Tsk! Ma per chi ci hai preso, ragazzina? Pensate di essere gli unici a praticare arti marziali? Tra i nostri marinai…ci sono molti praticanti di Silat!” affermò uno di loro.


    Il Silat? L’arte marziale di Radin Tidat Jihan, e di Silcardo Jenazad! E se non sbaglio, molti di quegli stili…


    I marinai si divisero rapidamente in due gruppi, con disciplina militare.
    Circa la metà, cioè una quindicina, di origine sud est asiatica, circondarono i due ragazzi, mentre gli altri si spostarono di torno per proseguire con lo scarico.


    “Avanti rammolliti! Aiutateli a scaricare! Fate presto!” ordinò il loro capo ai conducenti dei camioncini.


    E poi quelli che affrontavano Kenichi e Miu, tirarono fuori dagli abiti delle lame dalle forme più strane…Karambit, Nusantara, Golok, Bawean ed anche dei Kriss**
    A Kenichi sfuggì un gemito.
    Lo sapevo! Delle armi! Le lame fanno paura!


    ◊◊◊◊◊

    Ranma arrivò abbastanza lontano, ma non troppo da non poter vedere entrambi gli scenari, balzò in cima ai container, che costituivano, uno a fianco all’altro, un’unica superficie di metallo ininterrotta per centinaia di metri e si voltò verso i suoi nemici.


    Questi lo osservavano con cautela, senza dire niente.
    Iniziarono a mettersi in guardia ed a girare intorno a lui lentamente, in semicerchio, espandendo le loro auree.
    Ranma sentiva distintamente il puzzo del loro intento omicida.


    Non sono al mio livello, ma è bene non farmi colpire…non saranno teneri come Kenichi


    Per non lasciare che guadagnassero un vantaggio, si gettò all’attacco per primo, contro Hermit, ma, a sorpresa, quello chiamato Kokin si mise in mezzo, intercettando con una gomitata la sua gamba avanzata.


    Cosa?


    Il praticante di Kung Fu ne approfittò per lanciargli un attacco con la punta delle dita, diretto ai suoi occhi, che Ranma schivò, spostando la testa…
    …e di lì Kokin cercò di infliggergli un colpo ai testicoli, che evitò con un balzo all’indietro.


    Attaccano solo, da subito e senza esitazione i punti vitali. Sanno che, anche se sono loro superiore, percependo il pericolo, tenderò comunque, istintivamente a schivare
    Uhm…è così dunque che combattono i praticanti del Satsujinken?


    Ranma iniziò ad espandere l’aura. I due ragazzi gli furono addosso come un sol uomo.


    Come? Cercano di impedirmi di espandere l’aura al massimo!
    Vogliono obbligarmi a stare sulla difensiva!


    Ranma adattò il proprio Ki del Sei e si sintonizzò col proprio Sesto Senso.


    I due membri dello Yomi iniziarono a tempestarlo di un mulinello di colpi durissimi e sempre diversi, Hermit da destra e Kokin da sinistra.
    Kokin lo attaccò con una ginocchiata in salto verso l’alto, da sinistra ed Hermit con un colpo di palmo al costato, in basso a destra, che parò simultaneamente.


    Ma erano delle finte.
    I due iniziarono altri due attacchi, un calcio frontale in salto con l’altra gamba per Kokin ed una spallata al corpo, per Hermit.


    Ranma, nel vederle arrivare, roteò su sé stesso e le schivò, piegandosi all’indietro e lasciando che colpissero il vuoto.
    I due discepoli proseguirono lo slancio e si ritrovarono ad avere invertito la posizione, Kokin da destra ed Hermit da sinistra.


    Ripresisi, attaccarono di nuovo, il primo con un diretto al volto, il secondo con una spazzata alla gamba d’appoggio.
    Ranma parò il primo e resistette alla seconda.


    Di nuovo, invertirono lo schema d’attacco, Hermit slanciando le braccia come fruste per colpire le sue spalle, mentre Kokin si piegava in avanti per una gomitata allo sterno.


    Il ragazzo col codino intercettò quest’ultima con le mani e deviò i colpi di Piguaquan*** scartando leggermente a sinistra, per farli rimbalzare fuori bersaglio.


    Ma intanto non poteva fare a meno di chiedersi:
    Come diavolo fanno a combattere coordinandosi così bene? Non credo si siano allenati insieme, hanno stili contrapposti, non si stanno parlando né facendo segnali…se va avanti così…mi terranno bloccato sulla difensiva fino a quando i banditi non avranno terminato di scaricare tutte le casse


    ◊◊◊◊◊

     

    I due discepoli del Ryozampaku avevano espanso le loro aure contrapposte, il Dou arancio fiammeggiante di Miu ed il Sei azzurro chiaro di Kenichi.


    I praticanti che li fronteggiavano erano a livello Discepolo, fascia alta, il che voleva dire guai.
    Uno sfavillìo continuo di lame, gettate in avanti con affondi, con fendenti, con giravolte, si infrangeva con una pioggia di scintille sui Tekko dei due ragazzi, abituati duramente da Shigure a difendersi contro le armi.


    Fortunatamente avevano appena passato le ultime settimane ad allenare la loro coordinazione come team (forse proprio in previsione di questa missione, pensò Miu) ed a Kenichi tornò utile persino l’esperienza fatta nell’affrontare le Valkirie qualche settimana prima.


    Il problema era che Kenichi non poteva attivare il Ryusui Seikuken, perché altrimenti poi non sarebbe più riuscito ad adattare i suoi movimenti a quelli di Miu.
    Inoltre quella tecnica era più adatta ad un avversario singolo, del quale si leggevano perfettamente le intenzioni, concentrandosi su di lui, cosa impossibile con dozzine di attacchi diversi di parte di avversari multipli.
    La cosa rischiava di durare a lungo. E se c'era una cosa che non avevano, era il tempo.


    ◊◊◊◊◊

    Sakaki usò la sua vista acuta per gettare rapidi sguardi agli scontri dei suoi allievi. Quello che vedeva non gli piaceva.
    Il piano dei loro nemici di tenerli in stallo stava funzionando alla perfezione.


    In quella, un pugno gli sfiorò la guancia, lasciandogli un graffietto.
    “Ehi! Hai davvero il tempo di preoccuparti per gli altri?” lo canzonò Agaard.


    Il karateka dallo sguardo da lupo fece un ghigno “Bah! Voi del Satsujinken non capirete mai cosa significa…quando combatti per il Pugno che Salva, uno dei compiti principali è sconfiggere il nemico ed al tempo stesso raggiungere un altro obiettivo!”


    “ED ALLORA DIMOSTRAMELO!” affermò il thailandese, eccitato, tirando un pugno ed una ginocchiata al tempo stesso, che il karateka parò con un avambraccio e con l’altra gamba.​


    “Umpf! CON PIACERE!”


    A Sakaki iniziarono a brillare gli occhi, chiuse la distanza ed iniziò a tirare una raffica di corti ganci al corpo del suo avversario, mettendosi nello stesso tempo a correre di traverso.
    Agaard accettò la sfida, ma si rese conto, un po’ troppo tardi, della traiettoria.


    “Ooh, bella pensata”


    Lo schianto fu devastante.
    I due contendenti finirono contro uno dei furgoncini, già carico per due terzi, facendolo praticamente esplodere e facendo volare le lamiere, le gomme e pezzi di cassa e di mitragliatore in un raggio di venti metri.
    Un paio dei contrabbandieri vennero stesi sul colpo, altri quattro-cinque che si erano tuffati in copertura tremavano, paralizzati dal terrore.
    I detriti volanti avevano colpito altri furgoni, squarciando la gomma di uno, spaccando il vetro di un altro, distruggendo i fari di un terzo, e tranciando in due di netto la cassa d’armi che trasportavano altri due delinquenti.


    “AHAHAH! Straordinario! Avanti, Karateka del Katsujinken! Fammi divertire ancora!”


    “HO APPENA COMINCIATO!”


    ◊◊◊◊◊

    Ranma stava avendo il suo bel daffare a bloccare tutti gli attacchi dei due discepoli dello Yomi.
    Anche se non erano al suo livello, il fatto che mettessero intento omicida nei loro colpi voleva dire che non poteva permettersi distrazioni.


    Tsk! E’ come se un adulto combattesse con due bambini, che però usano dei pugnali…essere più forte non significa che tu possa rilassarti…


    Per di più, continuavano a cambiare ritmo, per evitare che si abituasse.
    Prima uno dall’alto, uno dal basso.
    Poi uno da destra, uno da sinistra.
    Poi uno da destra ed uno dall’alto.


    Tuttavia, questo non era sufficiente per colpirlo nemmeno una volta.
    << FLASHBACK: Ranma si sta allenando al Ryozampaku con Hayato. L’Anziano è a torso nudo, e tiene due enormi mazze di legno, una in ciascuna mano. Si muove intorno a Ranma, in cerchio, muovendosi così velocemente che era come se Ranma venisse attaccato da sei nemici alla volta. Dopo averlo schiantato a terra, l’Anziano lo provoca: “Muahahah, cosa succede Saotome? Non riesci nemmeno ad affrontare mezza dozzina di avversari? Come osi definirti un Esperto?” >>


    Dal canto loro, Kokin ed Hermit erano decisamente frustrati dal non essere riusciti ancora a colpirlo, e stavano facendo una piccola competizione su chi ci sarebbe riuscito per primo.


    “Perché ci stai sottovalutando?-gli domandò Kokin, gelido-non hai ancora contrattaccato neanche una volta. Oppure…non ci riesci?”


    “Umpf! Credetemi…non vi conviene sfidare la sorte. Piuttosto…dei ragazzi di quest’età che fanno gli assassini professionisti…che vergogna...e vi definite dei praticanti di arti marziali?”


    “Credi di avere diritto di criticarci? Solo perché noi seguiamo la vera via, e non abbiamo paura di sporcarci le mani” replicò Hermit


    “Ooh, credete che non avere scrupoli vi renda più forti? Eppure non mi sembra che siate riusciti anche solo a sfiorarmi finora…ehi, se non sbaglio, fate parte dello Yomi, giusto?”


    “E’ esatto, ma cosa c’entra?”


    “Nulla, avevo sentito parlare di voi. In pratica, voi…
    siete quelli che le hanno prese da Kenichi!


    Scorse come un lampo tra di loro.
    Kokin lanciò un calcio medio devastante.
    Hermit si abbassò nel tirare una gomitata, dal lato opposto.


    Ranma si abbassò in avanti, parò il calcio con un braccio e sollevò una gamba piegata per intercettare il corpo di Hermit, impedendogli di avvicinarsi.


    Aveva un sorriso beffardo.
    “Se siete combattenti Sei, non dovreste farvi provocare così facilmente…”


    Estese del tutto la gamba, respingendo indietro Hermit, ed afferrò quella di Kokin, lanciandolo via lateralmente come un sasso.
    Il praticante di thay rimbalzò su una delle spesse funi di metallo che tenevano legati i container, la spezzò di netto, e scivolò di sotto, cadendo in mare.


    La fune, che era tesa, rimbalzò in modo imprevedibile, ma Ranma la schivò per un pelo.


    Il problema era che i container erano stati collocati molto vicini al molo, ed il contraccolpo e l’assenza dei cavi, iniziò a farli scivolare in mare, uno per uno.


    “Oh, dannazione…SPOSTATEVI!” gridò Ranma, iniziando a correre in direzione opposta.


    Hermit si trovava molto lontano da lui, intuì il pericolo, si rimise in piedi, ma provò ad usare il contrattempo per attaccarlo.
    Era disposto a rischiare la vita, in quell’attacco.


    Ranma stava correndo sui container, passando da uno all’altro, man mano che scivolavano in acqua, e si ritrovò quel ragazzo biondo che provava a suicidarsi.
    Lo scavalcò con un salto, come nulla fosse.


    Uno dei container, però, si ribaltò del tutto, sollevandosi in verticale ed il ragazzo col codino ci atterrò sopra.
    Tutti gli altri continuarono a premere su quelli precedenti, rischiando di rovesciarsi su Hermit e schiacciarlo.


    “ATTENTO!”


    Hermit scalò il container di corsa e provò ad attaccarlo uno contro uno.
    “Hai davvero il lusso di preoccuparti per i tuoi nemici?” gli domandò, ferito nell’orgoglio.


    Ranma si trovò a schivare i suoi attacchi, come se stesse danzando, sul container che stava scivolando velocemente in mare.
    E lui voleva a tutti i costi evitare l’acqua.
    “Ascoltami, ragazzino, tu…”


    In quel momento, tutti i container crollarono in acqua insieme ed i due ragazzi si trovarono in cima.
    Ranma spiccò un balzo in direzione opposta, ma il praticante di Kung Fu gli si aggrappò alla caviglia.
    La gravità del crollo li sbalzò in aria.


    Ranma eseguì una piroetta a mezz’aria, e si ritrovò sotto di lui, con lo sguardo seccato.
    Cosa?-si domandò Hermit-ma come diavolo ha fatto a muoversi a mezz’aria?


    “…sei davvero ostinato!” e lo scagliò via, al massimo della forza, facendolo finire in acqua, a svariate decine di metri di distanza.


    Poi cadde anche lui in acqua.


    ◊◊◊◊◊

    Kenichi e Miu continuavano a parare i colpi dei nemici e stavano cominciando a prendere il giusto ritmo.
    Poi iniziarono a sentire il fracasso dei container che cascavano in acqua.


    “Miu-san!”
    “Ho sentito! Non ti distrarre!”
    “Ma…non sono tanto preoccupato per Ranma…non vorrei che Tanimoto-san si facesse troppo male!”


    La ragazza ebbe un sussulto. Poi sorrise dolcemente
    E’ vero, è sempre il solito Kenichi…si preoccupa persino dei suoi avversari


    “Comunque: dobbiamo iniziare a contrattaccare. Ti ricordi le lezioni?”
    “Sì”
    << FLASHBACK: Shigure sta istruendo i ragazzi nel difendersi dalle armi. Spiega che, se i nemici sono tanti, e tutti armati, bisogna eseguire una procedura in tre fasi >>


    “Primo: fare in modo che si intralcino a vicenda”
    I due ragazzi iniziarono non solo a parare, ma a respingere le armi dei nemici a destra ed a sinistra, per fare in modo che le armi, sbalzate via in modo imprevisto, si incastrassero le une con le altre, o colpissero di striscio gli arti e le spalle dei compagni di fianco.
    Una serie di maledizioni, urla di dolore ed imprecazioni iniziò ad alzarsi dai marinai.


    “Secondo: attaccare i loro punti scoperti, ostacolando il loro equilibrio”
    A turno, mentre uno dei due parava, Miu e Kenichi iniziarono a tirare calci bassi alle gambe dei loro avversari, a volte dei pestoni sui piedi, e persino alcuni calci frontali allo sterno (o, nel caso di Miu, alle loro parti basse), iniziando a farne cascare a terra qualcuno, a rompere la loro formazione, a farli esitare nell’attaccare.


    “Terzo: approfittare delle loro incertezze per eseguire un disarmo!”
    Un marinaio più audace degli altri eseguì un affondo, Miu lo lasciò scorrere sopra di sé, si alzò di colpo, gli afferrò il braccio e lo torse, facendogli cadere di mano il kriss.
    Lo afferrò e, fulminea, lo lanciò in mare.
    Poi stese l’uomo con un rapido calcio al mento.
    “Meno uno!”


    Kenichi sorrise, pieno di speranza.
    Ma io sono quello che dovrebbe proteggere Miu, quindi non posso essere da meno. Ora tocca a me!


    ◊◊◊◊◊

    Ranma stava imprecando nella sua mente, mentre nuotava più veloce che poteva, sott’acqua, in apnea totale.


    Diede giusto uno sguardo rapido dietro di sé per capire se qualcuno dei suoi avversari fosse ancora sott’acqua, ma con la dozzina di container che affondavano lentamente, in piena notte, non poteva vedere un bel niente.


    Poi vide la catena dell’ancora ed iniziò ad arrampicarsi su di essa, il più rapidamente possibile.
    Sperò che nessuno lo vedesse trasformato in ragazza.
    Hermit riemerse, a 200 metri dalla nave, e lo notò, quasi casualmente.
    Eccolo lì…


    ◊◊◊◊◊

    Sakaki continuava a scambiarsi colpi tremendi con Agaard e stavano cominciando ad usare i calibri pesanti.
    Ciònonostante, non poté fare a meno di notare cos’era successo al molo.


    L’acqua del mare è fredda, eh, Ranma…mi dispiace, ma dovrai cavartela da solo…


    Il nak muay usò una delle sue tecniche decisive: saltò in avanti con una ginocchiata al mento, tirando una doppia gomitata verso il basso, alla testa, nello stesso tempo.
    << HAK KO ERAWAN >>


    Per un attimo sembrò che l’avesse colpito in pieno.
    Poi si accorse che Sakaki aveva parato entrambi i colpi, posizionando le braccia in orizzontale, una sopra ed una sotto la propria testa. La ginocchiata, deviata, lo aveva colpito invece nello sterno.
    Le braccia che aveva usato per parare erano ferite a sua volta.


    “Ooh…niente male…ma non vedo bene quelle braccia, ora…”


    “Uhm…sei davvero nella posizione di preoccuparti per me, visto che ora…
    …SEI SCOPERTO!”


    Allargò le braccia per sbalzarlo via e poi le strinse di nuovo, sferrando un doppio colpo con i pugni a martello, dall’esterno, colpendo entrambi i reni del thailandese con forza devastante.
    Immediato, scattò un calcio frontale alto, diretto al suo viso.
    << MOROTE SEIKEN HASAMIGERI! >>


    Agaard si era spostato all’indietro tanto che basta per evitare il calcio, che gli ferì solo la spalla di striscio.


    Dopo quel doppio scambio, entrambi rimasero diversi secondi a riprendere fiato.
    Stavano cominciando a farsi male sul serio ed il sangue iniziava ad imbrattarne i corpi scolpiti.


    “Eheh…forse non potremo continuare ancora a lungo…” ammise Sakaki
    “Dici che i nostri Discepoli…finiranno dopo di noi, Sakaki?”


    Il karateka lanciò uno sguardo ai contrabbandieri che stavano effettuando le operazioni di scarico.
    Nonostante i contrattempi, stavano lavorando come forsennati per finire presto.
    Tsk…sarà meglio che qualcuno riesca ad ostacolarli. Ragazzi, conto su di voi.


    ◊◊◊◊◊

    Ranma, trasformato in ragazza, stava correndo a zig zag in ogni direzione dentro la nave. I locali del capitano e gli alloggi superiori erano vuoti.


    “Avanti…acqua…ci dovrà pur essere dell’acqua calda da qualche parte…o qualcosa per scaldarne un po'…”


    Fu attirato a guardare da un oblò da un’imprecazione che proveniva da fuori.
    Una cassa di armi era sfuggita di mano a due contrabbandieri.


    “Dannazione…stanno finendo troppo in fretta…cosa faccio?”
    Gli venne un’idea.
    Mise dell’acqua a scaldare su un fornello, come se dovesse farsi un tè.


    Poi, mentre aspettava che si scaldasse, ribaltò tutto per trovare qualcosa di appuntito.
    Trovò solo coltelli e forchette e prese tutti quelli che poteva.


    ◊◊◊◊◊

    I contrabbandieri avevano già il loro daffare ed erano molto nervosi per le numerose battaglie tra quelli che per loro erano dei veri e propri mostri, che stavano avvenendo a pochi metri da loro.
    Ad un certo punto, oggetti di metallo cominciarono a saettare intorno a loro, brillando alla luce dei fari e dei pochi lampioni.
    Forchette e coltelli.
    Lanciati ad una velocità sorprendente e penetrati negli pneumatici dei furgoni con una forza tale da piantarsi dentro e farli velocemente sgonfiare.


    “Ma che diavolo…?”


    “Guardate! C’è qualcuno sulla nave! E’ uno di loro!”


    “No, sembra una ragazza!”


    “Forse ce n’erano altri! Chi se ne importa! Cinque di voi, prendete le pistole ed andate a sistemarla! A questo punto, non mi importa più di non fare rumore. Tutti gli altri, sistemate le gomme il più rapidamente possibile!”


    ◊◊◊◊◊

    Ormai sul ponte era scoppiata una vera battaglia campale.


    Kenichi e Miu avevano rotto il fronte dei loro nemici e, non più circondati, si spostavano di continuo per evitarne gli attacchi e provare ad affrontarli uno per uno, in modo da guadagnare un vantaggio.
    Ora il numero dei marinai si ritorse contro di loro, perché non dovevano colpirsi a vicenda (cosa che capitò comunque più di una volta), mentre i due ragazzi mulinavano calci e pugni, ben decisi a farla finita rapidamente.


    Avevano sentito le urla senza comprendere le parole esatte e videro cinque persone correre rapidamente lungo la scaletta con dei revolver in mano. All’inizio si preoccuparono, ma poi furono perplessi nel vedere che non cercavano loro, ma entravano nel cabinato principale.


    Miu sentì poi una voce che non sentiva da molto tempo, che credeva di aver sognato.


    “Accidenti a voi! Levatevi di torno!”


    Seguita da degli spari.


    Miu si voltò in direzione del castello di prora e vide una ragazza dai capelli rossi sbucare da una delle porte e correre via, inseguita dai banditi armati che le sparavano addosso.


    Ebbe una sorta di dèja vu. Fu paralizzata per un singolo istante.
    Un istante di troppo.


    “MIU-SAN!”


    Kenichi si gettò in copertura tra lei ed il marinaio che le aveva calato il machete addosso, dall’alto, bloccandolo tra le mani con un perfetto Shinken Shirahadori****.


    La ragazza si voltò e si riscosse, vergognandosi di essersi esposta così.
    Spiccò un balzo in aria e rilasciò una decina di calci contro il nemico, stendendolo.
    << TOPAN KAIT! >>


    “Grazie Kenichi-san. E…scusami. Ho visto qualcosa che mi ha distratta per un secondo”


    “Di cosa si trattava? Altri nemici?”


    “Non lo so…non sono sicura. Controlleremo dopo, ora occupiamoci di loro”


    ◊◊◊◊◊

    Ranma era rimasto nascosto dietro un angolo e fece un semplice sgambetto al primo dei banditi, che, per lo slancio, crollò subito in avanti, seguito dal compagno subito dietro, che se lo ritrovò come ostacolo.
    Ad entrambi caddero le pistole e la ragazza fu svelta a stendere i banditi con rapide botte in testa per poi raccoglierle e gettarle in mare dalla finestra.


    “E’ lì! La vedo! Ha steso Hayase e Tadashi!” gridò il terzo, prendendo la mira e sparando due colpi.


    Ranma, calcolando il suo tempismo, si abbassò per evitare la traiettoria dei colpi, poi si tuffò giù dalla finestra.


    “Ma…siamo a venti metri da terra!” 


    “Forse si è tuffata in mare”
    ed il bandito si affacciò per verificare, ma Ranma, che in realtà era rimasto appeso per le braccia al bordo, fece un colpo di reni, ripiegandosi su sé stesso, gli agganciò il collo coi piedi e con uno scarto, lo scaraventò giù, facendolo piombare direttamente in acqua con un urlo, pistola e tutto.


    Gli ultimi due, ancora scioccati, si fecero più prudenti, e spararono al bordo della finestra, esponendosi il meno possibile, ma la ragazza col codino si lasciò cadere per davvero, atterrò sul ponte con l’agilità di un gatto e riprese a correre.


    Sulla sua strada incontrò uno dei marinai con le armi bianche, ma lo stese eseguendo un perfetto calcio saltato in giravolta, gridandogli di levarsi di torno.
    Poi rientrò nel cabinato.


    Stavolta fu Kenichi a vederla, per un singolo istante.
    Ranma-kun…allora è così. Spero tu riesca a proteggere il tuo segreto.


    Però si sentì anche in colpa per aver nascosto la verità a Miu per tutto quel tempo.


    Dentro il castello di prua era buio pesto.
    I nemici, saliti per le scale, stavano ridiscendendo per la stessa via, Ranma li sentiva come fossero elefanti in una cristalleria.
    Spense il fornello dell’acqua, ormai bollente, ed attese, in silenzio.


    Non appena il primo emerse da una porta, aperta, gli afferrò la mano che stringeva la rivoltella, gliela torse e lo colpì al viso col dorso della mano, poi gli strappò l’arma di mano.


    Il problema è che l’altro gli stava subito dietro, quindi, nel vedersi cascare addosso il compagno inerte, si spaventò e gli partì accidentalmente un colpo.


    Il bandito svenuto si ritrovò con un buco nella spalla.
    Ranma si infuriò.
    “IDIOTA!”
    E scattò nel fargli saltare via l’arma di mano con un calcio laterale, per poi stenderlo subito dopo con un secondo.


    Per fortuna aveva minime nozioni di pronto soccorso.
    Più in fretta che poté, ricucì la spalla al bandito con ago e filo che trovò nei cassetti e ne bloccò l’emorragia con un pezzo di stoffa che gli strinse intorno alla ferita.


    Poi, finalmente, si avviò verso il pentolino con l’acqua calda.


    Ranma Saotome emerse dalla porta principale in tutto il suo splendore, ma di umore decisamente peggiore.


    Vide Kenichi e Miu affrontare i banditi, ed erano a buon punto.
    Poi lanciò uno sguardo al molo, e vide i due Discepoli dello Yomi, Kokin ed Hermit che uscivano dall’acqua proprio in quel momento, vivi ed in buona salute.
    Rivolse loro uno sguardo sprezzante e con un cenno del capo li invitò a seguirlo per andare a concludere lo scontro.
    Poi saettò in mezzo ai suoi amici e saltò giù dalla nave.


    ◊◊◊◊◊

    A Sogetsu Ma non piaceva come si stava mettendo la situazione.
    Persino i poliziotti avevano trovato il coraggio di uscire dai loro nascondigli ed avvicinarsi, anche se erano rimasti a circa cento metri di distanza dalla nave, in attesa.
    Anche da lì, poteva vedere che avevano armi di grosso calibro.


    I discepoli del Ryozampaku avevano quasi finito di battere i loro avversari.
    Le operazioni di scarico erano pressoché concluse.
    Lo scontro del suo discepolo stava per ricominciare, e quello dei Maestri per finire.
    Però, in lontananza, sentiva un rumore meccanico che non gli piaceva.
    Tirò una sorsata dalla fiasca e poi sospirò forte.
    “Finirà che non ci pagheranno neanche stavolta…”


    ◊◊◊◊◊

    Ranma raggiunse in quattro salti lo stesso sito di prima, ora del tutto sgombro, perché parecchi dei container erano scivolati in mare.
    Si voltò ed osservò i suoi nemici severamente, espandendo l’aura. Non avrebbe più avuto riguardi.


    Anche i due membri dello Yomi, però, erano molto seccati per l’inconveniente e, decisi a finirla rapidamente, espansero l’aura al massimo e lo attaccarono con rinnovato vigore.


    Per una decina di secondi ricominciò il balletto precedente, loro che attaccavano coordinandosi perfettamente e Ranma che parava tutto.


    Non devo farmi ingannare…presto, uno dei due farà da esca e l’altro proverà ad eseguire una tecnica decisiva…ma quale dei due?
    La Thai è un’arte molto letale, ma anche il Bajiquan…


    In quella, Kokin, di fronte a Ranma, tirò un colpo in giravolta col dorso del pugno ed Hermit, alle sue spalle, una gomitata alla schiena.
    Il ragazzo schivò la prima con uno scarto all’indietro e parò la seconda, mettendo una mano dietro la schiena.
    Ma Hermit cambiò la mossa in una spallata, con la quale lo colpì per la prima volta, spingendolo in avanti.


    Nello stesso momento, Kokin, che dava le spalle al suo avversario, fece un salto mortale all’indietro che si concluse, a testa in giù, con una ginocchiata diretta al petto del nemico.
    << YAN ERAWAN >>


    Ranma bloccò il colpo con entrambe le mani, impedendogli di raggiungerlo.
    E fu quello il suo errore.
    Hermit lo colpì simultaneamente ai fianchi con entrambe le mani, rilasciando onde d’urto nel suo corpo.


    Il ragazzo col codino sussultò e lanciò Kokin a terra, ma questi approfittò della posizione per provare ad eseguirgli una spazzata alle gambe.
    Ranma spiccò un balzo, evitandola ed al contempo eseguì una giravolta a mezz’aria per colpire Hermit, dietro di lui, con un calcio ad ascia, in caduta.
    Il biondo scartò all’indietro, evitandolo per un soffio.


    Il thailandese, fulmineo, balzò in piedi e tirò una gomitata in giravolta alla nuca di Ranma, che, senza guardare, la schivò piegandosi in avanti.
    E così vide Hermit che gli balzava addosso, per colpirlo al ventre con il polso, le dita piegate in basso. Il suo istinto lampeggiò


    Sento che quello…è l’unico attacco che non deve assolutamente colpirmi


    Afferrò con entrambe le mani il braccio di Hermit e ne bloccò il movimento sul posto, prima che lo raggiungesse.


    Poi fece un salto con capriola in avanti, e nel farlo, colpì col tallone il mento di Kokin, dietro di lui, sbalzandolo da terra.


    Conclusa la giravolta, Ranma atterrò in piedi dando ora le spalle ad Hermit, del quale teneva ancora stretto il braccio tra le mani, piegandoglielo in leva dietro la testa.
    Ripresosi un momento dallo shock, Natsu Tanimoto tentò qualcosa per liberarsi, ma il ragazzo col codino non aveva nessuna intenzione di tenergli in braccio in leva: estese le braccia in avanti, sfruttando lo slancio e lo sollevò di peso, lanciandolo con forza contro i container, ad una decina di metri.


    Per sua fortuna il biondo aveva osservato Ranma muoversi per aria, quindi riuscì a cambiare direzione al volo per non atterrare di faccia…ed invece si schiantò contro la parete di schiena, per poi scivolare a terra.


    Conclusa quella sequenza, Ranma rifletté un momento e poi disse:
    “Siete stati bravi, lo ammetto, a provare ad ingannarmi con quelle finte, ma ora vi conviene arrendervi: d’ora in avanti il vostro lavoro di squadra non funzionerà più come prima, vi avverto”.


    Doloranti, sanguinanti, entrambi i discepoli si rialzarono lentamente in piedi.
    “Tu…non ci sottovalutare” ringhiò Hermit.
    “Oh, beh, contenti voi…”


    I due ragazzi si lanciarono istantaneamente all’attacco e Ranma…chiuse gli occhi.
    Poi slanciò le braccia con grazia, una in avanti ed una indietro.
    Colpì d’incontro Hermit col sinistro, un pugno di Kung Fu al viso e Kokin, dietro di sé, col destro, una gomitata di Muay Thai nello sterno.
    I due ragazzi crollarono a terra, per il colpo e per lo shock.


    “Allora, come faccio a spiegarvelo…ho capito il trucco. E’ stata una bella pensata: sfruttare il fatto che siate entrambi combattenti Sei e che lo sia anch’io, e che quindi non riuscissi subito a percepirlo.
    Parlo del vostro Ki. Vi siete mandati segnali con il Ki, trasformandolo in impulsi tipo scariche elettriche, per segnalare dove avreste attaccato.
    In questo modo, sapevate sempre dove colpire ed io sono stato costretto sulla difensiva, senza spazio per reagire.”


    “Vorresti dire…che alla fine ci hai scoperti ed hai trovato una contromisura?” chiese Kokin


    “Esattamente. Ho emanato il mio Ki…come un’onda.
    Una sorta di impulso o di segnale radio, in una sfera intorno a me.
    Ha neutralizzato le vostre scariche, facendovi attaccare nel punto sbagliato. Senza quel vantaggio, non potete competere con me”


    Hermit stava diventando nervoso, ed incredulo “Ma…ma quando avresti imparato a fare una cosa del genere?”


    “Mai. Solo ora. Ho improvvisato sul momento” dichiarò con un ghigno.


    “NON PRENDERCI IN GIRO!” e si gettarono entrambi di nuovo all’attacco.
    Ranma questa volta fece l’opposto: colpì Hermit con una gomitata di Thai allo sterno con la sinistra e Kokin al viso con la destra, un colpo di Kung Fu dato con il polso.
    I due ragazzi cascarono a terra per l’ennesima volta, storditi e sanguinanti dalla bocca.


    “Liberi di non crederci.
    Ah, un’altra cosa: è inutile che continuiate ad insistere. Nessuno di voi è in grado di battermi.
    Per quanto possiate essere forti…siete al massimo al livello di Kenichi.
    Forse anche meno forti”


    I due non avevano l’aria di potersi rialzare, ma dopo quella dichiarazione persero la loro compostezza, si rialzarono di scatto e si gettarono all’assalto per la terza volta.
    Ranma colpì Hermit con un calcio frontale perforante al tronco, poi girò all’indietro la stessa gamba e la estese in un calcio laterale sul quale Kokin andò a schiantarsi.


    I discepoli dello Yomi, a terra, si tenevano le parti ferite tremando dal dolore.
    “Non ho mentito. Lo penso davvero.
    Ma ve l’ho detto anche apposta perché sapevo che avreste reagito così.
    In fondo, dopo tutta questa fatica, avevo voglia almeno di pestarvi un altro po’”


    ◊◊◊◊◊

    Kenichi e Miu stavano finendo il lavoro. Il Primo Discepolo del Ryozampaku schiantò a terra un nemico con una proiezione di Ju Jitsu, poi si rivolse al successivo.


    Anche la bionda ne stese uno con una combinazione di ginocchiate volanti mentre lo abbrancava con le braccia, chiamata << FURINJI BENIKAWASEMI >>


    Quando Kenichi completò il suo pugno perforante sbalzando via un marinaio, gridando
    << MUBYOSHI >> e Miu ebbe steso sotto il tallone, in giravolta, il proprio, esclamando
    << FURINJI KOUHOU YOKU >>, nel giro di qualche secondo i ragazzi si accorsero…che avevano spazzato via tutti i nemici armati.


    Miu fu la più lesta a pensare al passaggio successivo.
    “Kenichi-san! Dobbiamo fermare i contrabbandieri prima che finiscano di scaricare!” e si lanciò con un calcio volante a colpirne uno nella schiena. Questi non riuscì più ad aiutare il suo compare a sostenere la cassa di armi che trasportavano, che finì a terra, sul molo.


    Ma Sogetsu vide la cassa cadere, e scattò di corsa giù dal suo nascondiglio.
    Anche se ammonticchiate l’una sull’altra e ben lontane dal venire tutte caricate sui furgoncini, tutte e cinquanta le casse erano state scaricate.
    Il loro contratto era stato onorato. Il loro compito era concluso.


    ◊◊◊◊◊

    Sakaki ed Agaard stavano tirandosi talmente tanti calci e pugni che se ne potevano vedere le sagome in movimento, come quelle divinità induiste con mille braccia.
    Ma erano tutte tecniche di distrazione.
    Le tecniche risolutive esplosero all’unisono.


    << SHINCHII SEKANTSUKI! >>****
    << APUNCH! >>


    I loro diretti destri colpirono entrambi la mascella dell’avversario.
    Per un istante rimasero paralizzati sul posto.
    Poi si riscossero simutaneamente e fecero entrambi un salto all’indietro, rimettendosi in guardia.


    “Tch…sembra che entrambi abbiamo entrambi perso i sensi per mezzo secondo…”


    “Uhm…già, ma non vuol dire mica che il divertimento sia finito, vero Sakaki?”


    “In realtà, se le mie orecchie non mi ingannano…per voi è finita di sicuro”


    I cinquanta poliziotti dell’ispettore Honmaki, non più paralizzati dal terrore per la presenza di Sogetsu, stavano avanzando rapidamente.
    L’ispettore, grazie alla sua esperienza, li aveva posizionati così: la prima linea con gli scudi antisommossa, la seconda con fucili a pompa caricati a pallini di gomma e gas lacrimogeni, la terza con i fucili mitragliatori.
    A coprirne l’avanzata, chiudevano le camionette blindate.


    Come se non bastasse, dal cielo si sentiva distintamente il rumore di più rotori.
    Erano ben tre elicotteri della Guardia Costiera, chiamati di rinforzo.
    Uno di questi aveva un mitragliatore di grosso calibro montato su un lato del cargo passeggeri.
    Da un secondo, un megafono iniziò a berciare comandi
    << ATTENZIONE! SONO LE FORZE DI POLIZIA CHE PARLANO! POSATE IL VOSTRO CARICO ED ARRENDETEVI >>


    Infatti, in quella, i contrabbandieri intorno ai camioncini ed i marinai che li aiutavano, che già stavano venendo assaltati da Miu e Kenichi ed erano terrorizzati da tutti gli eventi della nottata, alzarono le mani e si arresero senza tentare alcuna resistenza.


    Sogetsu, fulmineo, passò di fianco a Sakaki ed Agaard, dicendo:
    “Recupero i Discepoli. Vieni via”
    “Beh…mi dispiace, Sakaki, ma dovremo concludere questo scontro un’altra volta”
    “Uhm…ed io che speravo di portarti in vacanza dentro Big Lock”******
    “Potresti provarci…ma poi, chi garantisce che qualcuno di questi solerti poliziotti non diventi un danno collaterale?”
    “E va bene…ma solo perché voglio lasciare ad Apachai la soddisfazione di massacrarti con le sue mani”
    “Digli pure di venire a trovarmi quando vuole” e con un cenno di saluto, si dileguò.


    ◊◊◊◊◊

    Sogetsu arrivò dove Ranma aveva atterrato i discepoli, e rapido come un tornado, li raccattò da terra, tenendoli sotto le proprie braccia.


    Ranma, stupito ma non troppo, si rese conto che lo stava osservando e ricambiò lo sguardo.


    “Come ti chiami, ragazzo?” domandò poi il Maestro barbuto


    “Ranma Saotome, Erede della Scuola Saotome di Arti Marziali Indiscriminate”


    “Umphf…io sono Ma Sogetsu. Saotome, tu…ti alleni al Ryozampaku con mio fratello?”


    “Sì, da qualche mese. Quindi è vero, siete…il fratello di Ma Kensei?”


    “E’ così. E dimmi…mio fratello come sta?”


    “Oh, beh, direi bene…il solito, credo” facendo una mezza smorfia mentre se lo immaginava a fare cose sconce.


    Il cinese abbassò lo sguardo “E’ sempre lo stesso, quindi…”


    “Ho una domanda da farvi” disse poi Ranma


    “Perché avete scelto in questo modo? Se aveste combattuto voi contro di me…avreste vinto di certo, e magari avreste completato il vostro incarico con successo”


    L’uomo sospirò.
    “Beh, tecnicamente le armi sono state scaricate…anche se non ci pagheranno, per i mercenari la reputazione è tutto…e la mia è già abbastanza pessima così com’è.
    Poi, i Maestri non combattono in due contro uno: se tu fossi scappato, anziché affrontarmi, e Sakaki avesse battuto Agaard, la polizia avrebbe comunque arrestato tutti gli altri.


    Ma soprattutto, la missione era fallita in partenza.
    La presenza della polizia ci obbligava a due sole opzioni: battere voi e poi annientare anche la polizia per proteggere il carico-e questo avrebbe scatenato una futura reazione militare che avrebbe reso difficile persino a noi continuare ad operare in Giappone-oppure combattere voi e nel frattempo, qualunque fosse l’esito dello scontro, restare a guardare mentre la polizia li arrestava comunque.


    Quindi, ho scelto di scommettere sulla loro capacità di scaricare e fuggire in tempo, mentre i nostri Discepoli facevano un’utile esperienza combattendo contro di te.
    Non si trova tutti i giorni uno a metà strada tra Esperto e Maestro.
    Per di più del Katsujinken, quindi non rischiavano la morte, in caso di sconfitta.
    Diventeranno ancora più forti, grazie a te”


    Ranma ripensò a quando al Ryozampaku gli avevano fatto affrontare Kenichi.
    I Maestri ragionavano tutti allo stesso modo.


    “Un’ultima cosa…la tecnica che Hermit ha provato ad eseguire su di me…gliel’hai insegnata tu, non è vero? Come si chiama?”


    Il Maestro lo guardò per un lungo istante.
    “Si chiama Kyousa, e sei stato bravo ad evitarla, o non saresti qui.
    Ci rivedremo, Ranma Saotome. Sono curioso di vedere…se riuscirai a raggiungere l’apice”


    E svanì, rapido come un soffio di vento.


    “Tsk! Ci puoi scommettere!”


    ◊◊◊◊◊

    I quattro del Ryozampaku si riposavano accanto a delle casse, mentre la polizia terminava le operazioni di arresto dei contrabbandieri ed attendeva altri rinforzi per portare via le casse sequestrate.


    Miu stava facendo le prime medicazioni di emergenza su Sakaki, malgrado le sue insistenze che fossero solo “quattro graffietti”.


    Ranma si era spinto a dire un sincero “Bel lavoro” a Kenichi e questi gli aveva fatto l’occhiolino, per fargli capire che aveva visto la sua trasformazione, ma che era tutto ok.


    Dopo qualche altro minuto, si avvicinò l’Ispettore Honmaki.
    “Sakaki, ragazzi del Ryozampaku, non so davvero come ringraziarvi.
    Sequestrare ben CINQUANTA casse di fucili automatici prima che finiscano nelle mani delle gang è davvero un’operazione di importanza capitale. Non ce l’avremmo mai fatta senza di voi, visto che era coinvolto persino lo Yami”


    “Beh, grazie Ispettore, ma devo ammettere che ci è andata bene. Le cose si sarebbero potute mettere molto peggio-ammise Sakaki-comunque, ha ragione lei. Soprattutto i ragazzi, sono stati eccezionali”.


    I tre discepoli si illuminarono in viso a quei complimenti.


    Uhm…ma resta da capire come sia stato possibile che qualcuno abbia assunto ben DUE Gran Maestri per una singola operazione…e per giunta con l’ordine di proteggere soltanto lo scarico della merce…questo non ha alcun senso…ci dev’essere sotto qualcosa d'altro, non ci sono dubbi..


    Quanto a Miu, malgrado la soddisfazione per la vittoria e lo scampato pericolo, non riusciva a smettere di pensare alla ragazza coi capelli rossi.
    Ora non poteva più ignorarla: si era intromessa nella loro missione e poi era sparita senza lasciare tracce.
    Nascondeva di sicuro qualcosa di losco.


    Anche se voglio fidarmi di Ranma, devo svelare il segreto di quella ragazza


    ◊◊◊◊◊



    Nota dell'Autore:

     

     Altro capitolo estremamente impegnativo, ma uno di quelli che più mi ha dato soddisfazione scrivere.
    La mini saga del contrabbando è finita, ma i misteri che ha sollevato torneranno a tormentarci.
    Avevo voglia di far comparire altri membri dello Yomi ed Hermit e Kokin sono quelli che trovo più interessanti: entrambi buoni rivali per Kenichi, in contrasto con lui, e per certi versi più simili a Ranma nella purezza con la quale perseguono le arti marziali. Come avversari per lui sono interessanti perché sono simili, calcolatori, spietati, e non abituati ad essere messi in difficoltà. Il codinato, però, ne sa sfruttare la frustrazione psicologica, la rivalità con Kenichi.
    Mi affascinava anche mostrare il carisma naturale di Agaard e la quieta riflessività dell'inaffidabile Sogetsu.
    Far ricomparire Ranma ragazza e far sì che solo Miu la veda (o meglio, che Kenichi non sappia Miu l'abbia vista) è un modo per rompere gli equilibri che si sono venuti a creare sinora.
    Ho fatto emergere spesso come lo scontro con la ragazza dai capelli rossi abbia lasciato degli strascichi in Miu, che è l'unica a non conoscere il segreto di Ranma...questi dubbi, questa mancanza di fiducia, avranno conseguenze serie.
    Scrivere scene di combattimento mi diverte tantissimo, ma è impegnativo.
    Nel prossimo capitolo ci sarà un ritorno atteso da tutti, ma vi avverto: ci sarà anche tanta angst e le cose non saranno come ve le aspettate.
    Forse mi odierete e perderò i miei fedeli lettori, non lo so   ;__;
    Ma scopriremo tutta la verità su cosa sia successo a Ranma nell'ultimo anno.
    Perché non stia più con Akane e perché se ne sia andato da Nerima.
    Preparate i fazzoletti


     

    Legenda

    Tekko*: delle specie di guanti d’arme di metallo che Kenichi e Miu usano, infilati sugli avambracci, per proteggersi dalle armi bianche. Kenichi usa i vecchi Tekko di Saiga, il padre di Miu


    **Karambit= piccolo pugnale ricurvo, Nusantara= piccole sciabole curve, Golok= sorta di machete, Bawean= corta spada sottile, Kriss=pugnale con lama di forma attorcigliata


    Piguaquan***: un'arte marziale cinese caratterizzata da movimenti ampi e colpi frustati


    Shinken Shirahadori****: la tecnica con la quale si chiudono le mani, a preghiera, per bloccare a mezz’aria una spada che ti sta tirando un fendente


    Shinchii Sekantsuki*****: un semplice pugno diretto da Karate, dotato però di una potenza tale da penetrare qualunque difesa.
    Si traduce come “Pugno Perforante della Vera Terra”. Nel manga, è la tecnica con la quale Sakaki causa la cicatrice ad Akira Hongo


    Big Lock******: nel manga di Kenichi, è la super prigione internazionale creata dalle nazioni libere, nella quale possono essere imprigionati persino avversari di livello Gran Maestro
     


    Mini-Guida per il manga di Kenichi:

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 15
    *** I Ricorsi del Destino ***



    Le cose al Ryozampaku sembravano essere tornate alla normalità.
    Era Mercoledì pomeriggio, Kenichi si stava allenando con Renka sotto la guida di Kensei e Ranma li osservava, sgranocchiando patatine stando sdraiato sulla pancia sopra ad una grossa ruota di pietra che veniva usata per l’allenamento. Anche Shigure faceva lo stesso, guardandoli però dalla grondaia.

    Per quel giorno, “Ranko” aveva imposto a Kisara di passare l’intero pomeriggio a tirare calci dentro una piscina, per vincere la resistenza dell’acqua, quindi non doveva supervisionarne l’allenamento.

    Tuttavia, mentre osservava gli esercizi dei suoi amici, non poteva fare a meno di ripensare a tutto quello che era successo al porto. Ben DUE Gran Maestri con i rispettivi Discepoli, chiamati come scorta. Scontri due contro uno. Scontri due contro quindici. Un duello Gran Maestro contro Gran Maestro. La polizia in forze, come se ci fosse una sommossa. Tre elicotteri. Lui che rischiava di venire visto in forma femminile. Il bandito con la spalla trapassata da un proiettile. Il perfetto lavoro di squadra dei due discepoli del Pugno che Uccide. E poi…quella tecnica, che Hermit non era riuscito ad eseguire su di lui.

    Un sacco di cose da metabolizzare. Ma, se non altro, la missione si era conclusa con successo.
    In quella, quasi a rispondere ai suoi pensieri, Hayato arrivò a passeggio, seguito da Miu, in tenuta da allenamento. Presto si radunarono intorno anche gli altri Maestri, per sentire cosa avesse da dire. Il Decano del Ryozampaku alzò appena la voce.

    “Come sapete, la Missione dell’altro giorno si è conclusa con un grande successo. Rinnovo i miei complimenti a tutti i partecipanti. E li faccio anche a Kensei e Renka per aver sedato la guerra tra gang nel quartiere cinese” detto questo, però, scambiò un rapido sguardo con Kensei ed Akisame.

    A Ranma (come del resto, alla maggior parte dei presenti) non sfuggì il significato recondito di quello sguardo: qualcuno aveva causato quei disordini per tenere impegnati padre e figlia ed accertarsi che almeno loro non si recassero al porto.
    Di sicuro il motivo era impedire che i due fratelli si incontrassero. Chi aveva assunto Sougetsu, temeva che il Ryozampaku potesse interferire con il contrabbando e sapeva che il legame fra i due praticanti, sebbene divisi dagli ideali, avrebbe reso più difficile al mercenario cinese di fare il suo lavoro.
    Come facevano i mandanti a saperla così lunga?

    < Questo, unito alla stranezza che due Gran Maestri fossero stati assunti per proteggere un singolo carico, gettava ombre sinistre sul vero significato dell’avventura, su chi ci fosse dietro, e sollevava l’inquietante dubbio se la storia fosse finita per davvero. Ma Hayato non disse nulla di ciò.

    “Tuttavia-riprese invece-gli scontri al porto hanno dimostrato, una volta di più, l’importanza del lavoro di squadra. Sia l’eccellente collaborazione di Miu e Kenichi nello sconfiggere ben quindici avversari armati; che il fatto che persino Ranma sia stato trattenuto per vari minuti da due Discepoli dello Yomi senza poter contrattaccare, dimostra che, da questo momento in avanti, le battaglie che affronterete saranno raramente dei duelli uno contro uno; e spesso, non potrete sperare di farcela da soli, ma dovrete contare sui vostri compagni.

    Perciò, ritengo imperativo che i nostri Discepoli si allenino non soltanto per sostenere dei duelli, ma anche delle vere e proprie battaglie.
    E poiché spesso non potranno scegliere con chi affrontarle, voglio che si esercitino a lavorare in coppia, con tutte le combinazioni possibili: Miu con Kenichi, Renka con Kenichi, Miu con Renka”

    “Come?” i Discepoli parevano sorpresi.

    “Non ho finito-continuò Hayato-per poter conoscere al meglio le rispettive capacità, e sviluppare al massimo le proprie, è necessario anche che si scontrino fra di loro.
    Il programma di Ranma prevedeva un duello al mese tra Miu e Kenichi, ma…credo dovremo accelerare.
    Diciamo che, invece che di Domenica, organizzeremo i duelli il Sabato Pomeriggio, dopo gli allenamenti…ed ogni settimana, ci sarà un avversario diverso: prima Kenichi contro Renka, poi Miu contro Renka, poi Miu contro Kenichi”

    I ragazzi erano ancora più sbigottiti.
    “Ma…Anziano” provò a protestare Kenichi.

    “So cosa vuoi dirmi, Kenichi-kun, che è contro il tuo credo affrontare le donne. Anche se, in allenamento, hai affrontato spesso Miu. Tuttavia, questa tua convinzione sta diventando un vero punto debole. Non soltanto i tuoi nemici la conoscono e ne possono approfittare…ma man mano che salirai di livello, incontrerai moltissimi avversari del Pugno che Uccide…e parecchi di loro sono donne”

    Ah! E’ vero-Kenichi ripensò ad alcuni membri delle Otto Lame Lucenti Esecutrici, ed anche a Kushinada Mikumo-in effetti, prima o poi…potrei dover affrontare qualcuna di loro

    “Tutti hanno dei punti deboli-concluse l’Anziano-tuttavia è necessario impegnarsi per superarli, perché ad alti livelli, non ci si possono permettere errori”

    A Ranma parve che il vecchio guardasse lui. Ha scoperto la mia fobia per i gatti?

    “Però non capisco una cosa-intervenne Renka. Lei e Miu si erano guardate, imbarazzate, per varie volte, quando avevano sentito le intenzioni dell’Anziano-come si colloca Ranma in questo nuovo schema di allenamento? E’ vero che è ad un livello diverso dal nostro, ma…”

    “Un’osservazione intelligente, Renka-concesse Hayato-in effetti, anche Ranma dovrebbe imparare a combattere di concerto con un alleato, ma per ora ha più probabilità di voi di essere attaccato da molti avversari alla volta, ed anche se ultimamente se l’è cavata, anche grazie al mio…interessamento-e qui fece un ghigno ripensando all’allenamento infernale che gli aveva impartito-ha più bisogno di perfezionare questo, che non il lavoro di squadra.
    Non solo, voglio anche approfittare della SUA disponibilità per allenare meglio voi”

    Io non ho dato nessuna disponibilità-precisò mentalmente il ragazzo col codino, aggrottando le sopracciglia

    “Infatti, mentre per tre Sabati di fila, duellerete in singolo gli uni contro gli altri, nella quarta settimana, uno dei vostri team dovrà affrontare Ranma in modalità due contro uno”

    “COOME?”

    “Non è un’idea geniale?-riprese l’Anziano, chiaramente molto soddisfatto di sé stesso-in questo modo, prenderemo due piccioni con una fava: voi imparerete il lavoro di squadra, e lui a difendersi da avversari multipli. E’ perfetto. E non correrete grandi rischi: solo una delle coppie lo affronterà una volta al mese, quindi passeranno tre mesi prima che la stessa coppia lo affronti di nuovo. Non potete proprio lamentarvi della mia magnanimità”

    I ragazzi, tutti, reagirono con vari tipi di espressioni alla magnanimità loro espressa.

    Poi Koetsuji prese la parola: “Inoltre, è stato deciso che per permettervi di prepararvi, ogni settimana, per due giorni, dal lunedì al sabato, sacrificherete mezz’ora dal normale allenamento per allenarvi col vostro partner. Kenichi e Renka possono dedicare a ciò i due giorni la settimana nei quali si allenano già insieme”

    Una ragnatela di sguardi e pensieri contrastanti intercorse fra i tre Discepoli.
    “Naturalmente, mi auguro che i vostri sentimenti personali non interferiscano mai con l’allenamento. Ed ora…tornate al lavoro!”


    ◊◊◊◊◊

    Ranma in versione femminile si stava allenando in solitaria presso il campo di allenamento dove attendeva l’arrivo di Kisara.
    Aveva preso l’abitudine di non trascurare l’allenamento della propria versione femminile (più bassa, leggera, agile e veloce della versione maschile, ma meno forte, con meno Ki e portata dei colpi) per sfruttarne meglio le peculiarità e adeguarsi ai progressi conseguiti in forma maschile, specie da quando stava evolvendo rapidamente grazie agli allenamenti del Ryozampaku.
    Non voleva trasformarsi all’improvviso solo per combattere con goffaggine e sprecare tutta la fatica fatta.


    Ad occhi chiusi, eseguì, col massimo della concentrazione, una serie di mosse rapide ma precise ed eleganti. Improvvisò al momento quali eseguire, immaginandosi situazioni specifiche da affrontare. Raffica di pugni verso sinistra, poi parata, spazzata di piede e gomitata verso destra, quindi ritorno in posizione frontale e calcio saltato verso l’alto, concluso con una giravolta per atterrare in guardia dal lato opposto.


    Sentì applaudire.
    “Oh, sei già arrivata”


    “Scusatemi, Maestra, per caso vi ho disturbata? E’ stato un impulso spontaneo”


    “Tranquilla, avevo comunque finito. Piuttosto, sei stata brava a cancellare la tua presenza”

    Kisara sorrise soddisfatta. Era raro che la sua maestra le facesse dei complimenti.

    “Beh, in fondo, io prendo ispirazione in tutto e per tutto dai gatti, e loro sono discreti. Oggi, poi, ho portato questo tesoruccio a farmi compagnia nell’allenamento-e da un cestino che aveva poggiato a terra tirò fuori un adorabile micino marrone-vero, che te ne starai buono qui a guardarmi? VERO; TESORUCCIO?”

    Si sentì distintamente uno “swiiish” nell’aria.

    Kisara si voltò e vide la sua maestra seduta sul muretto, ad una decina di metri di distanza, con le mani in tasca, intenta a guardare qualcosa con grande interesse.

    “Uh? Maestra, qualcosa non va?”

    “Uhm…no, niente, niente, stavo notando…ma sai che quella nuvola assomiglia ad un unicorno?”

    “Davvero? Da qui non sembra”

    Però da lì sopra, Ranko notò qualcos’altro.
    In una stradina a qualche decina di metri, stavano passeggiando, uno accanto all’altra, Kaname Kugatachi, detta Freya, e Kozo Ukita, dello Shimpaku.
    A Ranma sembrò che gli allenamenti di entrambi li avessero resi ancora più in forma, ma soprattutto…chiacchieravano amabilmente tra di loro.

    E così alla fine hai messo ordine nel tuo cuore, eh, Freya? E quanto a Kisara…lo saprà? Avrà portato il gatto all’allenamento perché si sentiva depressa?

    “Vengo lì a vedere meglio” continuò Kisara, avvicinandosi con il micio in braccio.

    “EH? Uh? No, NON PUOI! Cioè, volevo dire…”

    Di fronte al viso perplesso della sua allieva, Ranko dovette arrendersi e sospirare, con una mano sugli occhi.
    “La verità è che io…” iniziò, solenne, stringendo un pugno e guardando il cielo.
    Kisara la osservava senza capire, accarezzando il gatto

    “…sono TERRIBILMENTE ALLERGICA AI GATTI!” dichiarò, con dei finti lacrimoni urlando dentro un microfono preso da chissà dove.

    Lo sguardo di shock della sua allieva fu impagabile.
    “Ooh, ma…ma io non lo sapevo, ma…questo vuol dire…che Brown non può stare qui?” domandò, facendo LEI degli occhioni da cucciolo smarrito, le lacrime che scendevano a profusione.

    Ranma non poteva tollerare di vedere una donna piangere, neanche quando era donna lui.

    “Coff, coff…beh…a dire il vero…se lo lasci lì in fondo nel cestino…magari dandogli una tazza di latte, perché non si muova…potrebbe anche restare”

    “Grazie mille, maestra, sapevo che sarebbe stata comprensiva” esclamò l’allieva, raggiante.
    La maestra, intanto, aveva una gocciolona d’imbarazzo sulla tempia.
    Pff…continuo a farmi fregare…ho ancora un sacco di strada da fare…

    Poi gli tornarono in mente i due piccioncini.
    Però, almeno, Kisara…tu non li hai visti.
    In fondo, è meglio così…l’amore porta soltanto sofferenze, alla fine.
    Meglio lasciarsi il passato alle spalle
    Definitivamente.


    ◊◊◊◊◊

     

     
    Una domenica mattina, molto presto, al Ryozampaku avvenne un fatto molto strano.
    Il computer che gestiva le difese e gli antifurto del dojo iniziò a brillare ed a suonare come un albero di Natale, ma nessuno poté capire cosa succedesse, perché Akisame era andato (come Kensei) a gestire la sua clinica.
    Sakaki stava smaltendo la sbronza della sera prima ed Hayato era andato di nascosto a comprare i suoi lecca lecca.
    Solo un paio di Maestri erano vigili ed attivi al Ryozampaku.

    Shigure trovò Apachai che si affannava intorno al computer centrale.
    “Cosa…fai?” domandò la donna col suo abituale ritmo lento.

    “APA! Non è colpa di Apachai! Apachai non ha fatto niente!-esclamò il gigante thailandese-il computer si è messo a fare le lucine ed a suonare, da solo! E non riesco a spegnerlo!”
    “Secondo…Akisame…questo è…il segnale…di un’intrusione…”

    In quella, in un punto del cortile, avvenne un’esplosione.
    La terra si sollevò dal basso all’alto, ricadendo tutto intorno.
    Intorno al ricadere della polvere, si poteva notare un cratere, un tunnel.

    Dal tunnel spuntò la testa di un ragazzo dai capelli neri con una bandana gialla.
    “Ma dove sono finito?”


    ◊◊◊◊◊

    Ranma e Kenichi stavano tranquillamente tornando a casa dalla loro uscita.
    Erano entrambi in abiti civili, il secondo con una camicia verde ed il primo con uno dei suoi abiti di foggia cinese, ma di colore azzurro.
    Avevano passato tutto il giorno, sin dalla mattina, insieme a Miu, Renka ed ai membri dell’Alleanza Shimpaku.

    Era già la seconda volta che uscivano come un normale gruppo di amici, e se la prima volta gli Shimpaku erano stati un po’ imbarazzati di vedere Ranma, dopo lo scontro alla loro sede, l’atteggiamento rilassato del ragazzo col codino aveva presto stemperato la tensione.

    Ranma si era anche reso conto che non aveva fatto spesso cose del genere-uscire con ragazzi all’incirca della sua età, senza motivazioni o secondi fini particolari, tantomeno con un gruppo così ampio-e si rese conto che, da un lato aveva sacrificato molte cose nella sua vita, dall’altro che…un po’ di leggerezza gli piaceva.
    Che ne aveva bisogno, persino.

    Fu pertanto riconoscente a Kenichi per aver insistito tanto, entrambe le volte.

    Si era reso conto che quel ragazzo aveva davvero dentro una luce particolare.
    Poteva capirlo ancora meglio vedendolo interagire con gli altri.
    Erano tutti felici di vederlo, grati per aver cambiato le loro vite…eppure lui manteneva un contegno aperto e rilassato, come se la cosa che volesse di più al mondo fosse quella, non vincere le battaglie, non allenarsi per essere il Discepolo più Forte della Storia, bensì stare con loro, avere degli amici.

    Già, amici. Da quanto era che Ranma non ne aveva? O poteva dirne di averne, davvero, mai avuti? Ripensò al passato con tristezza, poi scacciò quel pensiero.

    La giornata era stata splendida.
    Mattinata divisa tra giardino botanico (dove Kenichi aveva spiegato a tutti i nomi di tutte le piante) e zoo.
    Poi pranzo al fast food.
    Quindi biliardo, bowling e conclusione prendendo bibite e gelati in un altro bar.
    Tutti erano allegri, entusiasti, persino. Non finivano mai di parlare, si scambiavano battute, racconti, aneddoti.
    Venne fuori la storia dei combattimenti clandestini di Takeda, il quale raccontò tutta la vicenda con trasporto.


    Ranma notò anche che Ukita e Kaname stavano spesso vicini, ma con discrezione, come se non avessero ancora deciso di dirlo agli altri.
    Lo stesso Takeda, invece, sembrava averlo capito, ma era come se non gli importasse: era solo contento che il suo migliore amico stesse con la sua ex, oppure anche lui frequentava già qualcun altro?


    Ranma invece si scoprì preoccupato per Kisara, ma non poteva darlo a vedere.
    Con suo sollievo, la ragazza chiacchierava molto con Miu e le altre Valkirie e non sembrava dare peso al fatto che la persona che ammirava di più stesse con il suo ex.
    La ragazza con lui aveva un atteggiamento ambivalente: alla sede dello Shimpaku si erano lasciati male, ma ora lei si comportava col ragazzo col codino come se non importasse, anzi con atteggiamento di sfida (e solo Ranma sapeva il vero motivo, che era felice di aver ottenuto comunque, “in barba a lui”, quello che voleva, ma non poteva dirlo).

    Il ragazzo col codino ripensava a molte di queste cose mentre passeggiava con calma con Kenichi per tornare al Ryozampaku, alle cinque di pomeriggio di un giorno stupendo di sole, malgrado la stagione.
    Miu, Renka e Kisara erano andate tutte al rifugio per gatti abbandonati e non sarebbero tornate prima dell’ora di cena.

    Kenichi stava dicendo qualcosa su quanto si fossero divertiti, e si lasciò sfuggire una cosa.
    "Sai, Ranma-kun, sono contento che tu sia arrivato al Ryozampaku. Ho l'impressione...che le nostre vite siano tutte migliorate da allora".

    Ranma si fermò di colpo, sul marciapiede, stupito.
    Per lui era praticamente una novità che qualcuno fosse felice della sua presenza.
    Kenichi si voltò, non capendo.

    Il ragazzo col codino si accese di un bel sorriso e disse:
    “Io…ti ringrazio, Kenichi. Per me…è raro poter fare queste cose. Vivere una vita normale, dico. Ed è ancor più raro…avere degli amici. O comunque, frequentarli in modo normale”

    Shirahama si rasserenò.
    Eh, già, lui ha vissuto come Miu, eh…prima ne vedevo solo i lati positivi...ma quelli negativi sono parecchi, non è vero?
    “Non c’è niente per cui ringraziare Ranma-kun”

    I due ragazzi si osservarono per un lungo momento, sorridendo.
    Dopotutto, dalle battaglie possono davvero nascere delle belle amicizie.
    Ranma si stirò le braccia dietro la testa.
    “Aah, davvero una splendida giornata. E’ raro averne una così serena. Per una volta penso…che niente possa davvero rovinarla”


    ◊◊◊◊◊

     << QUALCHE ORA PRIMA, QUELLA STESSA MATTINA >>

    Il ragazzo con la bandana ed un enorme zaino sulle spalle uscì con fatica dal buco che aveva creato.
    “Che posto strano…sembra un dojo, ma sui muri vedo molte statue bizzarre, ed un giardino fin troppo curato…e perché sento degli allarmi?”
    In quella, Shigure arrivò sul tetto come un fulmine.

    “L’ho trovato!” gridò, più a sé stessa che altro, o forse a Tochoumaru, il suo topolino-ninja, che la seguiva, con una spada formato stuzzicadenti.

    Sette shuriken rifulsero nel sole mattutino e saettarono contro l’intruso.

    Ma questi, aggrottando le sopracciglia, estrasse da dietro la schiena un grosso ombrello rosso, di foggia cinese, lo aprì, ed iniziò a correre lateralmente, usandolo per parare le armi da lancio in arrivo.

    “Uhm…se la cava” soppesò la donna.

    Il ragazzo-avrà avuto l’età di Ranma, e gli assomigliava per corporatura e pettinatura-afferrò rapidamente qualcosa dietro alla sua testa, dove teneva la bandana, poi la scagliò in avanti, urlando:
    “Donna, fai male a sottovalutare Ryoga Hibiki!”

    Presto qualcosa come cinque oggetti rotanti che si muovevano in direzioni imprevedibili sfrecciarono contro di lei e Tochoumaru.
    Il topino ne tagliò a metà uno con la sua spadina, mentre Shigure ne schivò un paio, defletté un terzo con la mano ed afferrò al volo l’ultimo.
    “Ma…sono altre…bandane?”
    Non dirmi che…ha usato il ki per irrigidirle e lanciarle come dei boomerang?

    Il ragazzo aveva approfittato della distrazione per girare l’angolo.
    Shigure fu lesta nel lanciare la sua catena con peso, facendole eseguire una curva, per voltare l’angolo.
    “Non mi…scappi!”

    Ed in effetti, sentì il peso di avergli afferrato la caviglia, e lo strattone di averlo fatto cadere a terra.
    Ma poi, quando tirò, non sentì più nulla, come se non avesse peso.
    Voltò rapidamente l’angolo e…vide uno spettacolo alquanto bizzarro. ​

    Il sistema automatico d’irrigazione progettato da Akisame si era attivato come ogni mattina e stava irrigando tutto il prato.
    Una delle cose che stava bagnando era…i vestiti del ragazzo, vuoti ed accasciati a terra, ancora disposti nella forma del suo corpo, con la catena stretta intorno al pantalone sinistro ed accanto il pesante zaino, l’ombrello e le bandane (che erano minimo ancora una decina).

    “Ma…dove…sarà…andato?” si domandò la donna, con sincero stupore.
    “E poi…è fuggito…nudo…che sia…un maniaco?”

    Tochoumaru, nel frattempo, si era messo ad esaminare il terreno con una lente di ingrandimento ed un cappellino da Sherlock Holmes e presto cominciò a squittire.
    La sua padrona si avvicinò per notare delle impronte di un piccolo animale che si dirigevano verso la foresta che cresceva sul retro del Ryozampaku.

    “Ma…Tochoumaru, lui…era un ragazzo…a meno che…non fosse…uno Youkai…”

    Poi si riscosse, fece un “Oh”
    “Comunque…quando ci siamo…divisi…Apachai è andato…proprio di…là”

    Dopo un momento, sospirò.
    “Peccato…quell’intruso…sarebbe potuto diventare forte…ma purtroppo…morirà oggi”


    ◊◊◊◊◊

    Pi-Chan stava trotterellando, con frenesia, a zig zag, nella giungla tropicale che cresceva sul retro del Ryozampaku ed era, comprensibilmente, confuso di trovarsi lì.
    Malgrado la sua totale assenza di senso dell’orientamento, neppure LUI avrebbe potuto sparire dalla periferia di Tokyo e ritrovarsi, nel giro di pochi secondi, ad Okinawa…od in Malesia…giusto?

    In quella, vide quello che sarebbe potuto essere uno del luogo che si voltò e gli sorrise.
    “APA! Un maialino nero! Che carino! Apachai ama gli animali, anche se non glieli fanno mai tenere qui…”

    Emanava un’aura che pareva calmarlo, ma poi provò ad abbrancarlo con le sue manone ed a Pi-Chan sembrò improvvisamente terrificante.
    Sgusciò via come un’anguilla e schizzò verso il fitto della foresta. Il gigante lo inseguì.

    “APA! Cosa fai, piccolino? Non vuoi stare con Apachai? Ehi…non andare di là, è pericoloso!”

    E lo era davvero.
    Una serie di trappole mortali cominciarono a scattare al suo passaggio: frecce avvelenate gli sibilarono sopra la testa, una gabbia di bambù per poco non lo intrappolò, un tronco legato a delle corde non lo schiacciò per un pelo, un grosso masso rotolò a pochi metri da lui…il povero maialino, praticamente impazzito dalla sorpresa e dalla paura, non poté che evitarle tutte, a zig zag, e continuare ancora più veloce.

    “APA! E’ in gamba! Vedi, maialino, Shigure prepara queste trappole per catturare Kensei quando lui cerca di spiarla mentre si bagna nella…”

    SPLASH!

    “…sorgente termale!
    Ops…il maialino ci è caduto dentro…uhm…chissà se è buono cotto? Miu potrebbe preparare del Katsudon* stasera, quando torna…”

    Ma in quella, un uomo sui vent’anni, bollito come un’aragosta, praticamente volò fuori dall’acqua, urlando come un ossesso per il caldo e per il terrore di essere mangiato.

    “AAAAH!”

    “AAAAAAAAAAAAAH!” replicò Apachai, tenendosi il viso tra le mani.

    E poi lui e l’intruso corsero via, a zig zag, in direzioni diverse, mentre il praticante di Muay Thai gridava:
    “Il Katsudon è un uomo! No, il ragazzo è un katsudon! Cioè, volevo dire…”


    ◊◊◊◊◊

    Poco più tardi, Shigure lo notò, mentre, trafelato, stava martellando una bambola vudù ad uno dei muri.

    “Apachai, cosa…fai?”


    “APA! L’Anziano non vuole che rovini gli alberi, ma non ha detto niente sui muri! Quello vuole farmi il malocchio! L’uomo-maiale, od il maiale-uomo, non ho capito bene…”

    “Hai trovato…l’intruso?”

    “Sì, è una specie…di maiale che si trasforma in uomo. Dopo che è caduto nelle terme”

    “Ah…capisco…quindi, come uno…Youkai”

    “APA! Oh, giusto, Shigure! Se è uno Youkai…Apachai lo può battere. Dopotutto, Apachai…è il DIO DELLA MORTE DELLA MUAY THAI CLANDESTINA!” e con gli occhi illuminati da delle lucine, si mise a cercarlo, gridando “Yu-huuu, signor Youkai-katsudon…vieni fuori…”

    Shigure si allontanò con calma, pensando “Bene, spero…solo che…non lo massacri…troppo. Gli altri vorranno…interrogarlo

    Poi un flash le attraversò la mente.
    Trasformato in un uomo cadendo nella sorgente termale? Cioè in acqua calda. Proprio come aveva detto Ranma quella volta

    Si voltò e si mise a correre. “APACHAI!”


    ◊◊◊◊◊

    Ryoga si stava rivestendo rapidamente, approfittando dell’assenza della donna ninja, ed aveva un diavolo per capello.
    “Se pesco quel thailandese che voleva farmi arrosto…lo concio per tutta la settimana. O non mi chiamo più…”

    “MAIALINO!” Esclamò qualcuno.

    Era il gigante, che scrocchiava le nocche ed aveva l’aria di voler combattere.

    “Oh, giusto te cercavo, gigante! ADESSO ME LA PAGHI!”

    E gli balzò addosso, rifulgendo di ki dorato.

    Ma ogni colpo sembrava andare a vuoto.
    Quella montagna di muscoli si muoveva con l’agilità di un ballerino e gli dava persino dei consigli mentre schivava.

    “OH! Lo Youkai non è molto abile! E’ forte, ma non tira colpi abbastanza veloci o con buona forma! Ed usa il Dou come Apachai, ma lui…si lascia possedere da esso e non si controlla bene. Non come Apachai, che ha sempre tanto riguardo per Kenichi!”

    In quella arrivò Shigure, trafelata. Iniziò a dire:
    “Aspetta, Apachai! Non ucciderlo! Penso che sia…”

    Ma la frase le morì in gola.
    Il ragazzo stava venendo posseduto dal proprio Ki del Dou, come se la frustrazione di non colpire Apachai accelerasse il processo.
    Gli occhi erano sbiancati, i canini parevano allungarsi ed il Ki aumentava d’intensità, mentre ringhiava e schiumava dalla bocca.

    Quella è…modalità Ashura?


    “APA! Apachai deve punire lo Youkai cattivo! E lo farà con una tecnica che non potrebbe usare quando ci sono i Discepoli!” gli occhi rifulsero mentre sorrideva, sadico.

    Ryoga lo assalì, selvaggiamente.

    Il thailandese esclamò:
    << PUGNO CHE NON PUOI FAR VEDERE AI BRAVI BAMBINI! >>

    Ed una scarica micidiale di qualche dozzina di pugni colpì l’intruso, come una barriera, in ogni parte del corpo, dalla testa ai piedi.
    Il ragazzo schizzò all’indietro, fracassò una delle statue di Akisame e si incastrò profondamente nel muro, con una ragnatela di crepe, come un bottone premuto in un pupazzo di neve.
    Il suo Ki si dissolse interamente.
    Era svenuto.

    Apachai, sorridente, si voltò verso la sua amica “Dicevi Shigure? Chi pensi che sia?”

    “Un…amico…di…Ranma”

    “APAAAA???”


    ◊◊◊◊◊

     

    << DI NUOVO ALLE CINQUE DEL POMERIGGIO >>

    Quando Ranma lo vide, non poté credere ai suoi occhi.
    Gli pareva di aver visto un fantasma e cominciò a sudare freddo. ​

    Eppure era lì, non c’era da sbagliarsi.
    Fasciato come una mummia, sdraiato su un futon a dormire al centro della stanza.
    Mentre tutti i Maestri erano seduti in posizione di seiza su dei cuscini intorno a lui.

    Ryoga Hibiki.

    Ebbe un sussulto.

    Hayato esordì: “Dunque, l’ipotesi era giusta. Tu lo conosci”.


    Ranma abbassò lo sguardo, digrignando i denti e stringendo forte i pugni.
    Kenichi avrebbe potuto giurare che avesse le lacrime agli occhi, e non avrebbe potuto immaginare il perché.


    “Tsk! Sì, potremmo proprio dire che io lo conosco” berciò, con la voce colma di disprezzo.
    “Quell’uomo si chiama Ryoga Hibiki-esclamò, tremante, indicandolo con il dito-ed è colui che MI HA ROVINATO LA VITA.
    Se ho perso tutto quello che avevo…è solo colpa sua”.


    ◊◊◊◊◊

    Circa quindici minuti dopo, Ranma stava appoggiato con un gomito ad una delle colonnine di legno del dojo, guardando il tramonto incendiario con espressione assente.

    Certo che il destino fa degli scherzi strani.

    Kensei, invece, stava posizionando sul ragazzo svenuto i suoi aghi da agopuntura, per farlo riprendere così che potesse raccontare la sua versione della storia.

    “Quindi-esordì Sakaki per stemperare la tensione, mentre sorseggiava una birra-è stato solo un caso che si sia intrufolato da noi. Voglio dire, non è una spia dello Yami?”

    “No-rispose Ranma-a meno che non abbiano abbassato i loro standard e non reclutino anche i ritardati”

    “Ho quasi finito-affermò Kensei-tra poco dovrebbe svegliarsi e dovrebbe poter parlare, anche se non garantisco. Il ragazzo è di fibra molto resistente, persino più di Ranma, però ha preso un sacco di botte”

    “Certo che, ogni volta che capita qualcuno di nuovo al dojo, fa sempre questa fine…” osservò Akisame, sconsolato.

    “APA! Apachai non ha colpe! Il ragazzo lo ha spaventato ed attaccato per primo! E poi, Apachai ci è andato molto piano! A differenza di Sakaki, che ha quasi ucciso Ranma combattendo al 40%, Apachai si è trattenuto. Ha tirato i pugni massimo al 30% della potenza!”

    “Sì, PECCATO CHE IO ABBIA TIRATO UN PUGNO; TU NE HAI TIRATI TRENTA!”

    Il gigante thailandese si mise seduto in un angolino, depresso per il rimprovero. ​

    Kenichi non riusciva ad immaginare cosa fosse successo di così spiacevole tra quei due.
    Ma non attese molto, perché il ragazzo iniziò a svegliarsi.

    “Ooh…che male…ma…dove sono?”
    Aprì gli occhi e sbatté le palpebre.
    Poi vide, intorno a lui, una serie di facce strane.
    In un angolo, un ragazzo che non conosceva.
    Ed in fondo…no, non era possibile.

    “R-Ranma? Sei…davvero tu?”

    Il ragazzo col codino si voltò a guardarlo, con espressione severa.
    “Sì, sono proprio io. Mi sto allenando da qualche mese in questo dojo, il Ryozampaku, dove tu ti sei intrufolato di sfroso, venendo scambiato per un intruso e pestato per bene”

    “Io…ah, sì, forse ricordo…che male”

    “Quello che però voglio capire è-affermò Ranma avvicinandosi e stringendo gli occhi in due fessure-COSA ci sei venuto a fare qui? E’ una specie di coincidenza? Oppure sei venuto a cercarmi? E nel caso, perché? Non credi di aver già fatto abbastanza, l’ultima volta?”

    Ryoga gli rivolse uno sguardo mortificato, poi abbassò il viso e cercò di mettersi seduto, malgrado i propri gemiti e le proteste di Akisame.

    “No, Ranma-disse infine-non sapevo che tu fossi qui, anche se…in effetti, ti stavo cercando. Ti stavo cercando per farti le mie scuse.”

    Ranma, di solito calmo, esplose, stupendo molto tutti i presenti.

    “AH! LE TUE SCUSE; EH? E PENSI CHE POSSANO BASTARE? COSA DOVREI FARMENE? HO PERSO TUTTO CIO’ CHE AVEVO PER CAUSA TUA; MALEDETTISSIMO BASTARDO!”

    Per chi lo avesse conosciuto, sarebbe stato altrettanto strano anche vedere Ryoga starsene buonino a subire la sfuriata.
    Sembrava sentirsi molto in colpa.

    “Ranma-kun-esordì Akisame, in tono calmo-non so cosa sia successo tra di voi, ma forse dovreste parlarne con calma, non credi? E se è necessario…possiamo anche lasciarvi la vostra privacy”

    “Oh, no, Akisame-shishou, non è necessario. Preferisco che tutti quanti sappiate con che persona avete a che fare. Dopotutto, voi ormai fate parte della mia vita…e conoscete già molti miei segreti, quindi tanto vale che conosciate anche questo. Anzi-aggiunse con tono triste-è a causa dei segreti che è iniziata tutta questa storia”.

    Kenichi non poté fare a meno di riflettere che però, in questo modo, Miu e Renka sarebbero rimaste le uniche all’oscuro della verità, come del resto già lo erano della trasformazione di Ranma. Ma in questo caso si trattava di una coincidenza, ed in fondo non spettava a lui forzare gli altri a rivelare i propri segreti. E' anche vero che avrebbero potuto ragguagliarle in seguito.

    “Vediamo, da dove comincio…come sapete, io e mio padre abbiamo passato la vita a zonzo per il Giappone per allenarci…tuttavia, frequentavo regolarmente la scuola, anche se ogni anno in una località diversa. L’ultimo anno delle medie l’ho frequentato in una scuola tutta maschile ed ho conosciuto questo tizio…”

    “Ryoga Hibiki-esordì il ferito, con un breve inchino-lieto di fare conoscenza di tutti voi e scusatemi per l’incidente di stamattina”.

    Ranma procedette a raccontare, per sommi capi, tutta la storia: di come Ryoga lo avesse sfidato a duello, di come, a causa del suo inesistente senso dell’orientamento fosse arrivato sul luogo con ben quattro giorni di ritardo, di come avesse avuto la faccia tosta di prendersela con lui ed inseguirlo fino in Cina per vendicarsi.

    Il ragazzo col codino non omise di specificare che Ryoga-che, come tutti ormai sapevano, si trasformava in un maialino nero-era finito nelle Sorgenti Maledette a causa sua, anche se si era trattato di un incidente.

    “Sì, certo, come no” sbuffò il ragazzo con la bandana.

    “Tu non avresti neanche dovuto trovarti lì, pezzo d’asino!”

    Fu così che Kenichi venne a sapere, per la prima volta, che Ranma si era stabilito nel distretto di Nerima per vivere nel dojo dei Tendo, dal momento che suo padre ed il patriarca di quella famiglia avevano deciso di combinare un matrimonio con la figlia dell’uomo, Akane Tendo, per riunire le due Scuole di Arti Marziali Indiscriminate e veder prosperare la scuola, come dicevano loro…o per poter vivere senza lavorare, come sosteneva Ranma.

    Un matrimonio combinato? Nel ventesimo secolo? A 16 anni? Capisco che Ranma e quella Akane fossero irritati

    Ranma procedette a spiegare che Ryoga lo aveva raggiunto a Nerima, e che intendeva-non omise questo particolare-ucciderlo, per vendicarsi della maledizione.
    E poi spiegò che, in forma di maialino nero, aveva fatto la conoscenza di Akane, la quale, trovandolo adorabile e ribattezzandolo P-Chan…lo adottò come animaletto domestico, facendolo anche dormire con lei. ​

    A questa dichiarazione, Ranma tacque in modo calcolato per qualche momento, per permettere ai Maestri di realizzare la cosa e rivolgere una legittima dose di disprezzo al ragazzo con la bandana, il quale, da parte sua, stava guardando il suo futon, era diventato praticamente viola e sembrava in procinto di sprofondare sotto terra.

    “Ma…che razza di…” iniziò Sakaki, strabuzzando gli occhi.

    Kenichi era abbastanza sconvolto. Quel ragazzo non sembrava capace di una cosa simile.

    Kensei, invece, finse stupore, ma poi ebbe una palese fantasia su come sarebbe stato trasformarsi in maialino per dormire abbrancato alle grazie di Miu e di Shigure, ma smise subito quando quest’ultima sguainò giusto cinque centimetri di spada, guardando verso il ragazzo con la bandana, con espressione omicida.

    “Io…non ho scuse…” confessò Ryoga, iniziando a piangere “sono un verme, e mi merito tutto questo disprezzo”

    “Già, OGGI è comodo dirlo, vero?-interloquì Ranma-peccato tu l’abbia fatto per un mucchio di tempo. Ed io-e qui Ranma sembrò molto combattuto-scemo che non sono altro, pur avendo cercato in tutti i modi di impedirtelo…non ho mai fatto la cosa più semplice: non ho mai detto ad Akane la verità. Non ti ho mai sbugiardato con lei, perché, pensate che idiota, mi sentivo in colpa per te e mi facevi pena. Sto pensando a tutte le volte nella mia vita che avrei risolto qualche problema facendomi meno scrupoli sin dall’inizio”.

    “Comunque-riprese dopo una pausa-dal momento che Ryoga passava la maggior parte del suo tempo in viaggi d’addestramento, stava pochissimo con Akane in quel modo.
    E devo ammettere…che nel corso degli anni…io e lui siamo stati buoni rivali…ed abbiamo combattuto insieme contro gli stessi nemici…e, pensate che cretino, mi ero persino illuso…che noi…che noi fossimo…”

    “LO ERAVAMO; RANMA! AMICI! LO ERAVAMO! ERA REALE!”

    “GLI AMICI NON FANNO CIO’ CHE TU HAI FATTO A ME!”

    Ryoga non rispose.
    Kenichi provava molta pena per entrambi, ma più per Ranma.

    Quest’ultimo si calmò e proseguì.
    “Comunque, per farla breve, io ed Akane…beh, il nostro rapporto è sempre stato altalenante. Litigavamo spesso, ma ci siamo aiutati spesso l’un l’altra, e potrei dire che…”

    “Non riesci a dirlo nemmeno adesso, non è vero? Tu la amavi, Ranma, perché è così difficile? La amavi proprio come la amavo io”

    A quella dichiarazione, si sarebbe potuto sentire lo stupore dei presenti nel silenzio assoluto che era piombato nella sala.

    “Non credo proprio-riprese Ranma, rifulgendo di rabbia gelida-che uno che ami una ragazza si comporti con lei come hai fatto tu. Vorresti farti passare per quello ONESTO coi propri sentimenti? SUL SERIO?”

    “No…non posso davvero dirlo”.

    “E non è finita-riprese Ranma, che stava provando un piacere sadico, inusuale per lui, nello spiattellare tutti i peccati di Ryoga a quelle persone che l’avrebbero, inevitabilmente, vista come lui-perché anche questo idiota, alla fine, pur non avendo confessato mai ad Akane i suoi sentimenti…ha trovato un’altra ragazza. Dolce, adorabile e, per ragioni che mi rimangono tuttora ignote, innamorata persa di lui. Akari Unryu”.

    Ryoga ebbe un sussulto a quel nome.

    “Pensate che scemo-riprese Ranma-io l’ho AIUTATO a mettersi con lei. Ero persino FELICE per loro”

    “Ed io invece…ho rovinato tutto” concluse Ryoga, con amarezza.

    “Ma c’è un ultimo fatto da raccontare. Mio padre ed il padre di Akane avevano infine provato a combinare il matrimonio, ma poi la cerimonia è andata a rotoli, perché…beh, sia io che Akane avevamo degli altri spasimanti che hanno trasformato il ricevimento in una battaglia, pur di impedircelo”

    Kenichi si rese conto che era esattamente il genere di follia che sarebbe potuta capitare ad uno dei Maestri.

    “Raccontala giusta-lo rimbeccò Ryoga-sarebbe andato tutto a rotoli COMUNQUE, perché Akane voleva sposarti, ma tu non eri pronto ad ammettere i tuoi sentimenti”

    Ranma sembrò sul punto di esplodere.
    Poi si calmò.

    “Beh, FORSE avevamo bisogno di tempo per capire meglio cosa provassimo l’uno per l’altra. FORSE non sarebbe stato giusto sposarsi quando, dove e perché deciso da qualcun altro e non da noi, per giunta così giovani. FORSE non sono i cazzo di affaracci tuoi!”

    Ryoga incassò il colpo.

    “E…poi?” azzardò Akisame. Tutti gli altri erano concentrati ed assorti nella storia, con espressioni di comprensione e malinconia in volto.

    “E poi-ricominciò Ranma, con un sospiro-io ed Akane abbiamo, paradossalmente cominciato ad avvicinarci di più. Ci siamo diplomati, io continuavo ad allenarmi, lei studiava per l’esame di ingresso all’università…per una volta ho pensato che le cose sarebbero andate bene”.
    “Ed invece…QUESTO QUI ha rovinato tutto”.

    “Io…non avrei voluto. Sul serio!” provò a giustificarsi Ryoga.

    “Ryoga, raccontaci con calma cosa è successo” lo tranquillizzò Akisame.

    “Quando loro…si sarebbero dovuti sposare, io…ero felice per loro, dico davvero. Alla fine mi ero davvero convinto che fossero fatti l’uno per l’altra.

    Poi però…Akari mi chiese di sposarla. Lo chiese lei a me

    Calò il silenzio di nuovo.

    “Ed in quel momento, io…mi resi conto che la stavo ingannando. Non amavo affatto Akari, malgrado fosse dolce e gentile, e meritava di stare con qualcuno che la apprezzasse davvero, non con uno che l’avrebbe ingannata per semplice convenienza.
    Io...ero ancora innamorato di Akane

    “AMORE? Lo chiami amore? Passione, ossessione, fissazione, semmai!-sbottò Ranma-ma lo sapete-proseguì-che in più di un’occasione questa testa di legno mi ha sfidato con l’intento di uccidermi, pensando che avrebbe avuto Akane in palio come trofeo? Che pensava davvero questo di lei? Che sarebbe caduta per magia tra le sue braccia se io fossi sparito? Che la considerava un oggetto da conquistare?”

    Tutti i Maestri rivolsero a Ryoga sguardi ancora più severi di prima.
    L’oggetto di tanto disprezzo si contorceva dal rimorso, ma non protestava, perché sapeva che era tutto vero.

    “E’ così…io…ero un’altra persona, a quei tempi…ma…le persone cambiano! Possono cambiare! E me lo hai insegnato proprio tu, Ranma! Io…sono diventato una persona diversa…migliore…proprio grazie a te, credo.
    E…quanto ad Akane…con il tempo, l’ho apprezzata per davvero per le sue qualità.
    Non pretendo che mi crediate, ma è così” concluse, sconsolato.

    “Va bene-disse poi Hayato, che era sempre rimasto in silenzio-e poi cosa successe?”

    “Mi recai al dojo Tendo per dichiararmi ad Akane-confessò Ryoga-ho pensato che, se Ranma non lo aveva mai fatto, per piccole che fossero le mie speranze, avrei dovuto farlo.
    Lei meritava di sapere la verità. Così avrebbe potuto scegliere con cognizione di causa.
    E se mi avesse rifiutato, tanto meglio. Mi sarei tolto un peso dal cuore, me ne sarei fatto una ragione e sarei stato libero.
    Ed avrei augurato loro tutta la felicità possibile, sinceramente”

    Ranma sembrava sul punto di piangere.
    Dal tono, credeva alla sua buona fede.
    E questo lo intristiva ancora di più, ripensando al seguito.

    “E poi-esordì il ragazzo col codino-io e lui abbiamo litigato.
    Mi sfidò a dichiararmi ad Akane, dicendo che ero un vigliacco se non lo facevo, e che lei meritava qualcuno che fosse onesto con lei. Quella volta, vidi rosso. Mi seccava che venisse a parlarmi proprio di onestà.
    Gli rinfacciai di essere P-Chan, e lui mi aggredì, e…”

    Tutti lo guardavano, aspettando la prossima frase.

    “…proprio mentre Ryoga affermava di amare Akane, lei spuntò fuori, lo sentì, e noi due, avvinghiati, cademmo nel laghetto delle carpe”.

    TOMBOLA! Pensarono tutti, contemporaneamente.

    Per un lungo momento nessuno disse niente.
    Poi parlò Ryoga.

    “Non scorderò mai quel momento, campassi cent’anni. Lo rivedo tutte le notti nei miei incubi.
    Quando riemergemmo, lui come ragazza, ed io come…P-Chan…Akane ci guardò, stranita, per un lunghissimo momento.
    Poi ebbe un mancamento e svenne”.

    “Quando rinvenne-riprese Ranma-ci eravamo ritrasformati, ma lei ci chiese cosa fosse successo e confessammo la verità, una buona volta.
    Seguì un lungo momento di realizzazione da parte sua: che Ryoga l’aveva sempre amata, quindi lei non aveva capito le sue attenzioni; ma anche che lui era P-Chan e quindi si era sempre approfittato di lei, che aveva…dormito con lei, con quella scusa”.

    Ryoga parlò, la voce rotta e gli occhi spiritati.

    “Credetemi, non c’è…nulla che…Ranma o voi, o chiunque…possiate dirmi, o farmi, che mi farà stare peggio…di quanto mi sia sentito nel vedere lo sguardo di Akane, più gelido dei ghiacci del Polo Nord”

    “Nel frattempo, a peggiorare le cose-aggiunse Ranma-si erano affollate intorno al cortile TUTTE le persone che facevano parte della nostra vita: parenti, amici, rivali, scocciatori generici…come capitava spesso, ed assistettero a tutto lo spettacolino”

    “Però-riprese Ranma, con furia trattenuta-dopo aver detto a Ryoga il fatto suo, Akane si rivolse a ME.
    E non come avrei pensato.
    Io ero mortificato, mi ero scusato per non averglielo detto, spiegando che avevo sempre provato a separarla dal maialino, e che il vero motivo era che mi sentivo in colpa per il ruolo avuto nella trasformazione di Ryoga, ma…”

    Il ragazzo col codino soffocò un singhiozzo e Kenichi si domandò cosa ci fosse di ancora peggiore.

    “Akane mi disse che…non riusciva a credere che non gliel’avessi mai detto.
    Che prima si fidava di me, ma che ora…non avrebbe mai più potuto fidarsi.
    Che non credeva che potessi scegliere la dignità di Ryoga prima della sua.

    MI MOLLO’ PER COLPA DI QUESTO IDIOTA!”

    Calò di nuovo il silenzio.

    Ora, a tutti, erano chiare molte cose.
    La reticenza di Ranma nel parlare del suo passato, il fatto che “avrebbe dovuto ereditare un dojo” ma non era accaduto…

    Kenichi provò tanta, tantissima pena.
    Ma anche gli altri espressero, ciascuno a modo loro, quel sentimento.

    Quindi, è davvero possibile? Che fare la cosa giusta…aiutare un amico…ti si ritorca contro?

    “Ranma, penso di parlare a nome di tutti se dico che siamo sinceramente dispiaciuti-affermò l’Anziano-ma credo la storia non sia finita. Cosa successe dopo, vuoi dircelo?”

    Ranma sembrò combattere un impulso.

    “Sì. Io…per la prima volta in vita mia…sbottai.
    Del tutto. Ero disperato. ​

    Mi era caduto il mondo addosso. ​

    Quindi... Dissi esattamente TUTTO quello che pensavo. ​

    Che non mi stupivo che mi fosse successa l'ennesima mazzata, considerando quanto la mia vita facesse ed avesse sempre fatto schifo. ​

    Avevo passato tutta la vita a girare il Giappone ed allenarmi, senza poter mantenere rapporti di amicizia duraturi; con mio padre che mi aveva tenuto nascosta persino l'esistenza di mia madre. ​

    Tra parentesi, fu allora che lei lo venne a sapere e decise di lasciarlo. Fu per colpa del mio sfogo". ​

    Ranma dovette fermarsi un momento per riordinare le idee. ​

    "E dopotutto-riprese-a quanto pare il destino non aveva fatto altro che usarmi come punching ball per tutti quegli anni, dunque, in fondo, perché no? ​

    Perché non avrei dovuto perdere anche il suo amore? L'unica cosa alla quale avessi mai tenuto davvero? ​

    A quanto pare, era il mio destino. ​

    Ma non sopportavo...che ciò avvenisse in questo modo. Che avvenisse sentendomi sotto processo, per l'ennesima volta. ​

    Dovete sapere che, per anni, il senso di colpa, o meglio, la simulazione di esso, sono state le tattiche predilette usate dalle persone intorno a me per manipolarmi. ​

    A Nerima si era raccolta la peggiore massa di irresponsabili ed egoisti che si fosse mai vista sul pianeta Terra.
    E ciascuno di loro usava qualunque pretesto-cercando di farmi sentire in colpa, specie per cose che non avevo fatto-per ottenere ciò che volevano, ed al tempo stesso erano indifferenti rispetto alle proprie, di responsabilità.

    << Ranma, devi sposarmi, siamo stati promessi da bambini >>
    << Ranma, è colpa tua se Shampoo non mi vuole >>
    << Ranma, tratti sempre male Akane, perché non esaudisci il desiderio del tuo vecchio e la sposi, così potremo vivere a scrocco dei Tendo per il resto della vita? >> ​

    << Ranma, perché tratti male la mia piccola Akane? Dovreste sposarvi e fare tanti bei bambini per portare avanti il mio dojo, che l'età, gli acciacchi e l'incompetenza non mi permettono di gestire >> ​

    << Ranma, mi hai sconfitta, ora per la legge della mia tribù, mi dovrai sposare, altrimenti sarò disonorata >> ​

    << Ranma, è colpa tua se mi trasformo in un maiale, e non certo del fatto che sono un idiota, quindi ti farò fuori >> ​

    Ho sentito questi discorsi...fino alla nausea. ​

    E la cosa peggiore è che…per tanto tempo…ingenuamente, io mi sono lasciato…manipolare da queste persone.
    Cercavo di comportarmi da persona decente e loro se ne approfittavano, mentre facevano le peggio schifezze e dipingevano me come un mostro.
    Ma in quel momento...nel momento in cui Akane mi mollava per non aver disonorato Ryoga, qualcosa in me...si spezzò. ​

    Mi resi conto che non mi importava davvero del parere degli altri. ​

    Che non mi sarei più lasciato manipolare. ​

    E soprattutto, che ero stufo di essere sempre usato come capro espiatorio. ​

    Quindi dissi a ciascuno di loro esattamente TUTTO quello che pensavo di TUTTI loro”

    Sakaki fischiò come per dire “però


    “E poi-riprese Ranma dopo una pausa per riprendere fiato-ne ebbi anche per Akane.

    Lei…spesso mi insultava. Era sempre disposta a pensare male di me, in qualunque situazione. Mi picchiava ogni volta che la facevo arrabbiare. Era capricciosa ed egoista. Non ammetteva mai i suoi sbagli. Eppure, io...
    Nonostante tutto…io, mi sentivo realmente in colpa per quello che le avevo fatto, questa volta.
    E soprattutto, per lei provavo...

    Però…ad un certo punto, mi venne in mente una cosa.
    Una frase che aveva detto, non mi tornava.

    << Io non potrei mai nasconderti qualcosa di così importante per te >>

    Mi ricordai che…non era vero.
    Lei MI AVEVA nascosto una cosa di importanza capitale. Proprio pochi mesi prima”.

    “Di che si trattava, se possiamo chiedere?” fece Kensei

    “Durante il…matrimonio fallito, tra i doni, c’era una botte d’acqua. Proveniva dalle Sorgenti Maledette di Jusen.
    Poco tempo prima eravamo stati in Cina ed avevo reso un grosso servigio, ma non eravamo potuti passare dalle Fonti. Perciò, la guida, per ricompensarmi, me la spedì a casa.
    L’acqua della Fonte dell’Uomo Annegato”

    Akisame ebbe un sussulto. “Ma certo! Anche se non esiste una cura, se ci si bagna una seconda volta con un’acqua che ti farebbe trasformare nella versione originale di te stesso…”

    “…si rimarrebbe per sempre uomini, con acqua fredda o calda, esatto.

    Akane…SAPEVA quanto avessi bramato quell’acqua.
    Quanto detestassi trasformarmi in donna e quanto volessi liberari della maledizione.
    Non solo; c’erano altre persone che avrebbero potuto beneficiarne: mio padre, che si trasforma in un panda gigante, Ryoga-anche se lei all’epoca non lo sapeva-ed un’altra persona del nostro gruppetto”

    “Vuoi dire Mousse?”

    “Uh? Sì, come fate a saperlo?”

    “Si è trasformato una mattina, un paio di settimane fa, a causa dell’impianto di irrigazione”

    “Oh, già, certo, capisco. Tipico.
    Beh, per farla breve, il padre di Akane MI TENNE NASCOSTA quell’acqua…deciso a darmela solo se e dopo che avessi sposato sua figlia…mentendo persino a mio padre, il suo migliore amico.

    Ed…anche Akane lo sapeva.
    E questo mi ferì. Non me lo sarei aspettato da lei. ​

    Me lo aveva tenuto nascosto.
    Quell’acqua era MIA DI DIRITTO. ERA DESTINATA A ME”

    Ranma tremava di rabbia.

    “Quindi…visto che vi trasformate ancora tutti, immagino che…”

    “Esatto, Koetsuji-sensei. Nel macello che scoppiò dopo-i pazzoidi che cercarono di impedire il matrimonio-l’acqua andò distrutta. E così perdemmo la speranza di tornare tutti normali”.
    "Akane...alla fine mi aveva detto la verità, ma...troppo tardi. E solo perché stavamo litigando riguardo al matrimonio, altrimenti non lo avrebbe fatto. L'acqua si trovava a casa Tendo da una settimana"

    Il ragazzo col codino tremava dal nervoso e dal rimpianto.

    Per l’ennesima volta, calò un silenzio pesante.
    Sentire raccontare quella storia era già abbastanza dura. Figuriamoci viverla

    “Quindi-concluse Sakaki-hai fatto l’uomo ed hai detto a questa Akane che neanche lei poteva fare la santarellina, giusto?”

    “Esatto. E mi sembrò che la cosa la colpisse, per una volta.
    Le dissi che lei per prima si era dimostrata indegna di fiducia, quindi non aveva alcun titolo per rimproverarmi.
    Ed in ogni caso, la verità è che...non si era mai fidata di me neanche prima. Quindi, forse, non avevamo mai avuto speranze, dopotutto.
    Queste mie parole la fecero soffrire, credo.
    Anche se…a quel punto sapevo che era finita, comunque e non me ne importava più di nulla”.

    “E poi?” fece Hayato.

    Ranma si voltò verso Ryoga con sguardo furente.
    Il ragazzo con la bandana piangeva copiosamente, vergognandosi per quello che sapeva essere il seguito.

    “Come? C’è dell’altro ancora?” esclamò Kenichi.

    E’ troppo terribile. Povero Ranma, credo bene che non si fidasse più di nessuno

    “Oh, Kenichi, ma adesso viene LA PARTE MIGLIORE!
    Perché vedete, QUESTO TIZIO-ed indicò ovviamente Ryoga-
    Ha avuto anche il…coraggio? Spudoratezza? Non so neanche come definirla…di PRENDERSELA CON ME PER AVER LITIGATO CON AKANE!”

    Una serie di sguardi stupiti spuntarono sui visi dei Maestri.

    “Esatto, lui è sempre stato un tipo…emotivo.
    Alcune delle sue tecniche si basano sulle emozioni, rabbia o depressione, usando quello che oggi conosco come Ki del Dou.
    E quella volta…per quanto si sentisse in colpa…voleva continuare a considerare Akane la sola vittima, e nel sentirmi risponderle con rabbia…in qualche modo, ritenne di doverle qualcosa...come se questo potesse discolparlo un po'...ed entrò in modalità Ashura.
    E CERCO’ DI UCCIDERMI”.

    I Maestri e Kenichi erano al culmine dello stupore.

    Ryoga ormai era scoppiato in un pianto a dirotto e non se ne vergognava neanche.

    Un suo amico…ha cercato di ucciderlo? Ora capisco perché era così arrabbiato con lui

    “Cioè, rendiamoci conto-precisò Ranma-dopo TUTTO quel macello, dopo aver causato la rovina della vita in OGNI modo possibile ed immaginabile…LUI cercò di uccidere ME”

    Era raro vedere Ranma in ira con qualcuno, ma in questo caso, nessuno se ne stupiva.

    Tutti rivolgevano al ragazzo con la bandana sguardi di disprezzo.
    Ovviamente, nel feudo del Pugno che Salva, non amavano chi si abbandonava ai metodi del Pugno che Uccide.

    Ryoga non riusciva quasi a parlare, tra le lacrime.

    “Io…mi vergogno così tanto…ma…ultimamente…se evocavo il Ki per potenziarmi…non riuscivo più a…controllarmi…mi è successo anche stamattina”

    “E’…vero” confermò Shigure.

    “Uhm…ora capisco tutto-fece Hayato-beh, Ranma-kun, il tuo risentimento è pienamente giustificato, non voglio negarlo.
    Però da quando sei qui ne sai un po’ di più sul Ki del Dou e sugli effetti che ha sui non iniziati, anche quelli…con una migliore capacità di giudizio, rispetto a costui.
    Quindi, forse, almeno per quest’ultimo peccato, Ryoga può essere sia pure parzialmente, non dico giustificato, ma compreso, non trovi?”

    Ranma ripensò a Miu, il primo giorno che era arrivato al Ryozampaku. Anche lei era trasformata in una belva assassina, epure...
    Si rabbonì un po’.

    “Sì, forse” ammise con riluttanza.

    Ryoga sollevò lo sguardo, un barlume di speranza, per la prima volta.
    “Volete dirmi…che quella condizione…si può curare?”

    “Parzialmente, sì-precisò Kensei-è possibile evitare di farsi controllare da essa e poi diventare in grado di potenziarsi con il Ki del Dou, come fanno i qui presenti Sakaki ed Apachai, senza diventare bestie assassine”

    “Oh, io…Maestro, la prego! Mi aiuti! Sono disposto a fare qualunque cosa!”

    “Uhm…vedremo”

    “Concludi la storia, Ranma. Immagino che siamo verso la fine” lo esortò Akisame.

    “Sì-espirò il ragazzo col codino. Raccontare tutto a qualcuno gli aveva fatto bene. Specialmente, perché, per una volta, erano persone che lo sostenevano, anziché dargli contro per partito preso, come era SEMPRE abituato a Nerima-come vedete, non sono morto.
    Ho sentito, al contrario, il mio Ki diventare freddissimo e…HO SPACCATO LA FACCIA A QUESTO IDIOTA SENZA ALCUN RIMPIANTO.
    Poi ho raccolto le mie cose e me ne sono andato per sempre da Nerima.”

    Per l’ultima volta, il silenzio calò nella stanza.
    La tragedia si era conclusa.


    Tutti quanti dovevano metabolizzare tutte le cose che avevano scoperto.
    E non erano poche.

    “Beh, ora sapete tutto-affermò Ranma-a dire il vero, parlarne, mi ha fatto bene.
    Ed ora-riprese indicando con un dito il suo ex amico-voglio che sia molto chiara una cosa, Maestri: io vi sono riconoscente per tutto, e qui mi trovo benissimo.
    Diamine, Kenichi, Miu, Renka e tutti gli altri sono i primi veri amici che ho da…da sempre, credo, ora che ci penso.
    MA, se QUESTO TIZIO, rimarrà qui…ME NE ANDRO’ IO”

    Ed inforcò l’uscita del dojo.

    “Aspetta, Ranma-Kun-provò a farlo ragionare Akisame-non decidere in modo impulsivo”

    “Oh, le assicuro che non lo sto facendo, Akisame-shishou.
    Si tratta della decisione più ragionata della mia vita.
    Semplicemente, mi sono reso conto…che TUTTE le cose negative che mi sono capitate nella vita…sono COLPA MIA.
    Io HO PERMESSO che mi accadessero.
    Ho LASCIATO che le persone mi manipolassero e mi trattassero male.
    Ma ora basta. Per il mio bene, per la mia salute mentale, devo eliminare le persone tossiche dalla mia vita.
    Naturalmente, questo non è un ultimatum. Con il vostro dojo potete fare quello che volete.
    Tuttavia, devo precisare che questa è la mia decisione.
    E se deciderete di tenerlo qui…per aiutarlo, me ne rendo conto…nessun rancore, dico davvero.
    Semplicemente, separeremo le nostre strade più rapidamente del previsto e serberò sempre un bel ricordo di tutti voi”

    Ed in quattro salti, fu fuori.

    Tutti volevano dire qualcosa, ma in quella entrarono Miu e Renka, completamente giulive per la scorpacciata di coccole che avevano fatto ai gattini, e dissero:

    “Eccoci qui! Scusate, siamo un po’ in ritardo per la cena. Cosa ci siamo perse?”

    ◊◊◊◊◊


     ​


    Legenda

     Katsudon*: piatto tipico giapponese, una cotoletta di maiale fritta, di solito collocata su una ciotola di riso bianco


    Nota dell'Autore:


    Eccoci qui. Posate le torce ed i forconi, per favore.
    Mi rendo conto che questo non fosse ciò che avreste voluto leggere.
    Tuttavia fin dal primo momento nel quale avevo deciso di scrivere una fanfiction con Ranma lontano da Nerima, avevo stabilito che dovesse accadere per un motivo molto grave.
    Che Ranma non se ne sarebbe mai andato, altrimenti. Non avrebbe mai CONSIDERATO di avvicinarsi ad una ragazza che non fosse Akane, senza che prima avvenisse qualcosa di drammatico. ​

    E se ci pensate, di nodi irrisolti che avrebbero potuto far scoppiare una bomba, ce ne sono sempre stati parecchi. ​

    Mi è sembrato che, tra tutti, la trasformazione di Ryoga fosse l'evento potenzialmente più importante.
    Come avrebbe reagito Akane?
    Bene, no di sicuro.
    Ma al tempo stesso, sarebbe emerso un problema di fiducia per il fatto che Ranma glielo avesse tenuto nascosto.
    E Ranma ha UN MUCCHIO di ragioni per provare rancore nei confronti di tutti gli altri, solo che è talmente di buona pasta, che alla fine perdona sempre.
    Ma io VOLEVO che una buona volta emergessero tutte le magagne. Se ci fate caso, la Takahashi tende a buttarla sull'umorismo, sul fatto che tutti tendano sempre a scaricarsi le colpe
    Ma se accadesse a noi? Ad una persona reale? Come reagiremmo? ​

    Di sicuro, avremmo dello stress da sfogare. ​

    A Ranma sono andate male le cose una volta di troppo. ​

    E per lui, Ryoga è un simbolo. E' colui che ha causato tutto questo. ​

    Detto ciò. Potrebbe non piacere il trattamento di Akane. Beh, la questione dell'acqua l'ho sempre trovata piuttosto grave.
    Aggiungo che la Akane del manga, quella degli ultimi 10-15 volumi, è un bel personaggio. Proprio per questo, il fatto che fosse stata complice di Soun mi ha sempre fatto storcere il naso. ​

    Ma per una volta, sarebbe giusto anche che Ranma rispondesse, non che stesse passivamente a subire. ​

    Tornando a Ryoga. Il fatto che cada nella modalità Ashura e diventi una bestia assassina è perfettamente coerente con il fatto che potenzia il suo Ki con depressione e rabbia, come per lo Shishi Hokodan.
    In questo caso, gli universi di Ranma e Kenichi sono perfettamente coerenti. ​

    Oltretutto, il Ki del Dou viene qui visto come una sorta di dipendenza, e chi ne fa uso, se non si sa controllare, è una vittima, come Miu. ​

    Al tempo stesso, Ryoga è un personaggio del quale tendiamo a vedere solo i pregi. Anche a me piace, ma all'inizio era losco, voleva far fuori Ranma pensando che avrebbe avuto Akane come premio, sia nelle prime apparizioni che più avanti, quando impara la Tecnica dell'Esplosione. ​

    Ed anche se si è evoluto, ancora nel volume 24, nella saga di Herb, lui e Mousse, inizialmente, volevano approfittarne per uccidere Ranma, nel volume 29 usa la canna da pesca per far innamorare Akane (ma sbaglia e colpisce Ranma), e poi, di nuovo, cerca di UCCIDERE Ranma. ​

    Quindi, come dire, non è un santo. Ha delle cose da farsi perdonare. ​

    Ma tende alla depressione e si sente molto in colpa per tutto. ​

    Perché in fondo è una brava persona. ​

    Ma quelle contraddizioni ci sono. Vanno affrontate. Vanno risolte. ​

    Ranma in questo caso è deluso che uno che ormai considerava suo amico si sia rivoltato contro di lui per ammazzarlo, non per il fatto in sé che Akane lo abbia lasciato a causa sua.
    Di certo Ranma se la sta prendendo con Ryoga, ma soffre ancora per Akane. E' stato strano scrivere di un Ranma che prova rancore. ​

    Ma è umano. Sono tutti umani.
    Soffrono, piangono e si arrabbiano.
    Come si svilupperà la cosa?
    I due torneranno amici?
    Per scoprirlo...continuate a leggere


     

    Mini-Guida per il manga di Kenichi:

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou

    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.

    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere

    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 16
    *** Punto di Non Ritorno ***





    Per un paio di giorni, la questione di Ryoga non ebbe altre ripercussioni.


    Ranma si recò normalmente al Ryozampaku ad allenarsi, anche perché Ryoga stava ancora recuperando dalle sue ferite e quindi la sua presenza non gli creava disturbo.


    A Miu e Renka la faccenda era stata spiegata solo per sommi capi, e questo per una ragione ben precisa: se si fosse rivelato che Ryoga si trasformava in un maialino, si sarebbe dovuta raccontare tutta la storia delle Sorgenti Maledette e quindi, inevitabilmente, anche la verità su Ranma.
    Il voto di segretezza che i Maestri e Kenichi avevano fatto, invece, imponeva loro delle ulteriori complicazioni.


    Perciò raccontarono solamente che Ryoga era un vecchio amico di Ranma, col quale però c’era stato un grosso litigio, perché amavano la stessa donna, che però era più vicina a Ranma, e la rivelazione di uno sporco segreto di Ryoga che Ranma aveva protetto aveva distrutto il suo rapporto con lei.


    Il ragazzo col codino ce l’aveva a morte con lui, a maggior ragione perché Ryoga lo aveva attaccato con intenzioni omicide, posseduto dal Ki del Dou. Riguardo a questo, però, i Maestri avevano dichiarato di poterlo aiutare.


    Le due ragazze erano rimaste abbastanza impressionate dalla cosa, e non sapevano cosa pensarne, perché il ragazzo con la bandana sembrava una brava persona e per di più aveva l’aria di chi si vergognava profondamente di sé stesso e volesse solo scomparire, quindi, pur provando molta pena per Ranma, ed anche risentimento, certo, per chi gli aveva fatto questo, erano tutto sommato propense a considerare la questione come una specie di tragedia.


    Ora, quantomeno, il passato di Ranma era un po’ più chiaro: il fatto che avesse del tutto tagliato i ponti con la sua vecchia vita e che non ne volesse parlare…c’entravano la fine di un amore e la rottura di un’amicizia. Delle ragioni assolutamente comprensibili.


    A Miu, però, la cosa turbava per una serie di ragioni in più che non sapeva spiegare.


    A quanto pare, Ryoga non era in grado di controllare il Ki del Dou, ed entrava spesso in modalità Ashura. Una situazione con la quale Miu poteva empatizzare. Nel pensare che Ranma provasse del disprezzo per lui, non poté che ripensare a quando lo aveva a sua volta attaccato, il primo giorno. La cosa la angosciò.


    Avrà pensato la stessa cosa di me?


    No, non direi. Ho avuto modo di parlarci, dopo, non mi serbava alcun rancore.


    Però, di sicuro…gli saranno tornati alla mente ricordi spiacevoli.


    Mi aveva detto in effetti di avere già incontrato qualcuno preda della modalità Ashura…quindi, si trattava di Ryoga.


    Ma ora…Ranma-kun se ne andrà se Ryoga resta qui?


    Non è giusto, tutti noi gli vogliamo bene, stiamo bene con lui, e ci sta dando una grossa mano…


    Se ne andrebbe davvero come se non contassimo nulla per lui?


    E poi…senza nemmeno dirci il vero motivo…


    So solo che a causa di Ryoga, Ranma ha perso l’amore di una ragazza.


    Penserà ancora a lei?


    E poi…non ci hanno detto esattamente cosa sia successo.


    Kenichi ed i Maestri sembravano saperne molto di più di quanto hanno detto a me e Renka


    Perché è stato tenuto il segreto solo con noi due?


    Perché tutti al Ryozampaku gli stanno reggendo il gioco?


    Non è giusto.


    Ranma non si fida di noi?


    Non si fida di ME?


    Eppure…tutto questo mi ricorda…quell’altra questione sulla quale sono tutti sfuggenti.


    La ragazza con i capelli rossi.


    Anche in questo caso…Ranma sta mantenendo un segreto, e tutti gli coprono le spalle, per qualche motivo.


    Non sono pazza. La ragazza con i capelli rossi esiste. Diamine, Renka l’ha vista, Kisara l’ha vista, Ranma stesso ha confermato di conoscerla.


    Di sicuro…la ragazza che ho visto quella sera al porto…è la stessa di cui parlavano loro.


    La stessa che ho affrontato quel giorno…quando Ranma è venuto qui…ho combattuto contro entrambi.


    Poi solo Ranma è rimasto ad allenarsi.


    E tutti quanti si sono messi d’accordo per nascondermi l’esistenza di quella ragazza.


    Per quale ragione?


    E da quel momento in avanti, è ricomparsa spesso nelle nostre vite.


    Sempre in modo sospetto, devo aggiungere.


    In queste settimane, non ho avuto realmente il coraggio di chiedere a Ranma la verità.


    Ma ho l’impressione che non mi risponderebbe.


    Ha un sacco di segreti.


    E’ da mesi che al pomeriggio non lo vediamo quasi mai.


    Ha un lavoro part time, a quanto pare. Ma perché non può dirci cosa fa?


    Se ne vergogna? E’ qualcosa di losco?


    Io…non obbligherei mai nessuno a rivelarmi i suoi segreti, ma qui…si tratta della nostra sicurezza.


    E poi…non solo questo.


    E’ questione di…fiducia.


    Ranma…sa quasi tutto di me, ormai.


    Io, invece, mi rendo conto di non sapere quasi nulla di lui.


    Conto davvero così poco?


    Svelerò i suoi segreti.


    A cominciare dalla ragazza coi capelli rossi


    Costi quel che costi


    ◊◊◊◊◊

    Quel Mercoledì pomeriggio, Kisara aveva dovuto saltare l’allenamento per un impegno coi suoi genitori, quindi Ranma era rimasto ad osservare gli allenamenti al Ryozampaku.
    Si rese conto che erano tutti contenti di vederlo, come se mancasse loro, da quando al pomeriggio era impegnato col suo “lavoro part-time”.
    Gli dispiaceva un po’ trascurarli in quel modo, ma non avrebbe davvero saputo come fare altrimenti.


    Inoltre, la prospettiva di non rivederlo più se li avesse abbandonati a causa di Ryoga non sorrideva a nessuno.
    I Maestri non sapevano come affrontare la situazione.
    Ranma si stava comportando in modo ostinato, ma non spettava loro prendere decisioni per gli altri.
    Però una sua partenza avrebbe avuto un riflesso negativo sugli altri allievi.


    Ranma si rese conto che Miu, stranamente, sembrava un po’ fredda e scostante nei suoi confronti, e non riusciva ad immaginarne il motivo.


    E’ seccata per quello che le hanno raccontato di me e Ryoga?


    Perché ho minacciato di andarmene?


    O per un altro motivo ancora?


    Il ragazzo col codino si rese conto che anche a LUI non andava, davvero, di abbandonarli per Ryoga.
    Avrebbe voluto dire perdere una SECONDA famiglia, dopo quella che aveva già perso a Nerima, per lo stesso motivo.
    Ma non credeva davvero che potesse accadere, era sicuro che quell’idiota, che si sentiva così in colpa per tutto, avrebbe presto levato le tende, e tutto sarebbe tornato alla normalità.
    Certo, prima o poi avrebbe dovuto giustificare le sue assenze pomeridiane. Forse avrebbe potuto raccontare che…


    “Ehm…Ranma-kun? Posso farti una domanda?”
    “Uh? Sì, certo, Renka. Dimmi pure”


    La ragazza cinese aveva appena finito una sessione di allenamento con Kenichi, nella quale avevano tentato di sviluppare il loro lavoro di squadra, con scarso successo, e stavano facendo una breve pausa.
    I suoi occhi guardavano in basso, imbarazzati, e persino i suoi codini stavano piegati verso il basso, come le orecchie di un animale appena bastonato.


    “Ecco, io…volevo chiederti se…per caso tu conoscessi un metodo efficace per combattere in coppia con qualcuno. Come…come forse avrai visto, io e Kenichi non abbiamo intesa. Ma proprio zero. E la cosa…beh, mi crea dei problemi, per…più motivi, come già sai”


    “Oh…beh, ma io…vorrei aiutarti, ma non sono esattamente un esperto di queste cose…”


    “E’ solo che-proseguì Renka, desiderosa di sfogare la sua frustrazione-Miu e Kenichi si conoscono da talmente tanto tempo! Hanno combattuto insieme così tante volte, e l’uno contro l’altra così tante volte! Io e Kenichi non abbiamo quella storia, né quell’intesa. Ed è…frustrante, perché…beh, perlomeno, io e Kenichi siamo entrambi combattenti Sei…mentre Miu è del Dou…quindi, dovremmo, in teoria, essere più compatibili. Beh, e visto che anche tu sei un combattente Sei, ho pensato che magari…”


    “Aspetta…forse…C’E’ qualcosa che posso suggerirti di fare”


    “Davvero? Ti prego, dimmelo!”


    A Ranma era tornato in mente quello che avevano fatto Kokin ed Hermit contro di lui.
    Trasmettersi segnali col Ki, trasformandolo in impulsi elettrici che si scambiavano come ripetitori radio.
    Una cosa possibile solo per combattenti Sei. Tanto valeva provare…


    “Beh, non si tratta esattamente di una tecnica che conosco, ma di qualcosa che ho visto fare…usata contro di me…però era molto efficace. In pratica, si tratta di…”


    Dal fondo del cortile, la ragazza bionda osservava Ranma che parlava a Renka e quest’ultima che sembrava essere al settimo cielo. E la cosa la infastidiva.


    “Va bene, allora ci proverò” concluse Renka. Poi, mentre stava tornando, saltellante, verso Kenichi, si voltò di nuovo un momento verso il ragazzo col codino e gli disse: “Comunque, Ranma-kun, per quello che vale…sarebbe davvero un peccato se tu te andassi dal Ryozampaku”


    Ranma fu positivamente stupito. Anche se conosceva Renka da poco, si rese conto che per certi versi, il loro rapporto sembrava quello che avrebbe potuto avere con una sorella minore, se mai ne avesse avuta una.


    E dopotutto…era vero. Non VOLEVA abbandonarli…


    ◊◊◊◊◊

    Il Giovedì Ranko aveva obbligato Kisara a camminare in affondo, prima in avanti, poi all’indietro ed infine lateralmente, con dei pesantissimi pesi attaccati alle caviglie. Completato l’allenamento, le aveva chiesto di tenerli per il resto della giornata, anche per camminare normalmente.


    Il Venerdì, invece, quando la vide arrivare con i pesi, glieli fece togliere, e, con un ghigno soddisfatto, le disse:
    “Bene, ora che hai completato questo, ti insegnerò…a muoverti sui tetti. Probabilmente hai già visto qualcuno farlo…come Miu e forse Kenichi, od i loro Maestri, giusto?"


    “Eh? Sì! Sì, certo!-alla ragazza brillavano gli occhi. Io…non pensavo di essere già pronta”


    “Beh, se non sarai pronta, al massimo cadrai giù” le disse la giovane donna, con un ghigno divertito.


    “Cosa?”


    “Scherzavo! In caso tu dovessi cadere, ti prenderei! Parlando seriamente, se non credessi che tu ce la possa fare, non te lo avrei proposto”


    Presto si allontanarono dal campo d’allenamento e si arrampicarono sul tetto di una casa lì vicino.


    “Allora, guarda, si fa così: devi usare tutta la tua forza, per…come dire…scalciare la superficie d’appoggio. Solo che, invece di trasmettere la forza nell’oggetto, come per romperlo, devi…”


    CRASH!


    Kisara aveva fatto esattamente quello ed aveva creato un foro nel tetto dell’edificio, per fortuna abbandonato, incastrandosi dentro con la gamba.


    “Kisara! Gradirei molto se, prima di sbagliare come una deficiente, mi lasciassi almeno finire la spiegazione!” strepitò Ranko, sprizzando gocce di imbarazzo.


    “Eheh…certo, Maestra, mi scusi”


    “Umpf! Allora, come dicevo, devi scalciare il pavimento, ma allo stesso tempo mantenere il corpo leggero ed elastico, in questo modo il contraccolpo ti darà una spinta che ti permetterà di spiccare il balzo”


    “Ah, capisco. Quindi devo scalciare con tutta la forza, ma poi la forza del calcio, invece che spingere indietro il nemico, spingerà me in avanti”


    “Esatto, è come se…OOOH; ora capisco!”


    “Uhm? Che cosa, Maestra?”


    Quella tecnica.
    La tecnica di Kenichi, il Koroi Nuki…si basa su questo stesso principio…quel vecchio bastardo di Hayato…


    “Tutto bene, Maestra?”


    “Sì, mi è solo venuta in mente una cosa. Cominciamo”


    Dopo alcuni tentativi nei quali Ranko aveva dovuto tenerla per mano, Kisara fu grossomodo in grado di eseguire correttamente il principio, e cominciò a balzare da un edificio all’altro insieme a lei, per poi riuscire a farlo da sola, senza nessun aiuto.


    “E’…è fantastico…sembra di volare!”


    E’ questo che vuol dire essere…speciali? No, essere…liberi…come i gatti?
    E’ così…che si sente di solito Miu?


    ◊◊◊◊◊

    Miu era di cattivo umore. Per un sacco di motivi.
    Ce l’aveva con Ryoga-con il quale a dire il vero, non aveva mai ancora parlato-perché il suo arrivo minacciava di far andare via Ranma dal Ryozampaku.
    Aveva del risentimento nei confronti di Kenichi e dei Maestri per averle tenuto nascosta la ragazza dai capelli rossi.
    Se non poteva fidarsi nemmeno di loro…?
    Naturalmente, era irritata con Ranma. Per tutti i suoi segreti. Per volersi allontanare da loro. Per così tanto tempo, erano sembrati vicini…era stata una menzogna?
    Era anche irritata perché il giorno precedente, Renka e Kenichi, da un momento all’altro, avevano cominciato a lavorare insieme a meraviglia, e questo sembrava averli avvicinati molto.
    Ed infine, sapeva che saltare l’allenamento con Shigure, anche se dietro la promessa di recuperare un altro giorno, le sarebbe costato. Ma aveva solo quella possibilità per indagare sulla ragazza dai capelli rossi.


    L’unica traccia era Kisara.
    Era sembrata OSSESSIONATA da lei.
    E forse, alla fine, era riuscita a trovarla.


    Ma se quella ragazza era davvero ambigua…Kisara poteva essere in pericolo?


    Poteva solo andare dalla sua amica a domandarglielo.
    Non aveva avuto il coraggio di farlo durante una delle loro uscite.
    Ma lo avrebbe fatto ora. Faccia a faccia.


    E fu allora che le vide.


    Saltare di tetto in tetto, fianco a fianco.


    Kisara sembrava entusiasta, e la ragazza dai capelli rossi era girata verso di lei come per monitorarne i progressi. Sembravano andare d’accordo.


    La ragazza bionda ebbe un sussulto, si accovacciò dietro ad un albero e, quando le due ebbero sorpassato il punto dove si trovava, balzò a sua volta sui tetti per inseguirle, a debita distanza e badando di non farsi notare.


    Le due donne proseguirono per un paio d’ore e Miu dovette ammettere che Kisara-che aveva sempre avuto un certo talento naturale per l’acrobatica-riusciva ora a muoversi sui tetti meglio di Kenichi, anche se non ancora bene quanto lei.


    Sempre seguendole da lontano, le vide tornare verso un vecchio cortile-in realtà situato in fondo all’enorme giardino della villa dei genitori di Kisara-che sembrava essere attrezzato come un…campo da allenamento?


    Poi…da lontano, non riusciva a sentire cosa si dicessero, ma sembravano essersi salutate e se ne andarono in direzioni diverse.


    Per un istante, Miu ebbe il dubbio atroce su quale delle due dovesse seguire: Kisara per avvisarla del possibile rischio, o la ragazza misteriosa, per scoprire di più?
    Ma fu solo un momento: sapeva dove vivesse Kisara, mentre forse non avrebbe più avuto occasione di rivedere dal vivo la ragazza coi capelli rossi.


    Esisti davvero, bella mia. Non sono pazza. E stavolta, non mi scappi.


    Continuò a seguirla da lontano, ma poi quella si imbucò in un altro terreno abbandonato, dietro ad un cespuglio.
    Miu aspettò per un po’, poi non vedendola più, corse il rischio di intrufolarcisi dentro anche lei. Solo che non c’era più.


    “Dannazione, non può finire così!”


    Saltò in cima ad un tetto ed iniziò a guardare in tutte le direzioni, freneticamente, per capire dove potesse essere andata.


    E fu così che LO vide.
    Non c’era possibilità di errore: a poche decine di metri, Ranma Saotome passeggiava per la strada, con sottobraccio un secchio ed una brocca.


    Miu accelerò e gli spuntò davanti.


    “Ranma!”


    “Miu!-il ragazzo sembrò turbato di vederla-Non mi aspettavo di vederti qui. Non avresti l’allenamento con Shigure, oggi pomeriggio?”


    “Lascia stare Shigure, per ora-iniziò la ragazza, con tono inquisitorio-piuttosto, rispondi ad una mia domanda”


    Il ragazzo col codino parve deglutire e sudare freddo.


    “Voglio sapere…chi sia la ragazza con i capelli rossi. Quali siano le sue reali intenzioni. Che rapporto tu abbia con lei. Perché sia sempre circondata da tutto questo mistero”


    All’inizio il ragazzo col codino sembrò scioccato e Miu seppe di aver colpito nel segno. Poi però si riprese e col suo abituale sarcasmo disse:
    “Beh, questa non è UNA sola domanda”.


    “E poi, soprattutto-Miu non dette peso all’interruzione-PRETENDO di sapere PERCHE’ quella ragazza fosse anche lei al Ryozampaku il giorno che sei arrivato tu. Sì, me lo ricordo, non provare a negare. Voglio capire COME abbiate convinto tutti a mentirmi sulla faccenda. Voglio anche sapere in che rapporti siano lei e Kisara.
    Kisara è mia amica e non mi fido di sapere che passa del tempo con una persona così ambigua.
    Sì, ambigua-prevenne una protesta del ragazzo col codino-credi che non lo sappia? Che c’era anche lei, quella notte, al porto? Eppure, subito dopo è sparita. Come poco fa, del resto. Sembra la sua specialità”


    Ranma era praticamente sbiancato in volto e non sapeva cosa dire.


    “E poi-aggiunse la bionda, con tono più calmo, ma con sguardo curioso-cosa ci fai a passeggiare per strada con un secchio ed una brocca?”


    “Ma insomma? Uno adesso non può fare quello che gli pare? Che altro vuoi sapere? La mia taglia di scarpe? La ricetta della salsa tonnata? Cos’è questo terzo grado?”


    “Non provare a cambiare discorso!” esclamò Miu, sempre più irritata.


    Cominciava ad avere le lacrime agli occhi. Poi proseguì
    “Io…non ti capisco. Credevo…che tu ti fidassi di me.
    Ormai…sai quasi tutto di me. Ed invece…mi sembra di non conoscerti affatto. Ogni minuto, spunta fuori una nuova sorpresa.
    Ed ora sembra che tu te ne vada per causa di Ryoga.
    Mentre la persona che ha ossessionato i miei sogni per mesi è in strani rapporti con una mia cara amica. Io voglio proteggerla. Ma non so più cosa pensare. Non so più di chi fidarmi. Se persino Kenichi ed i Maestri mi hanno mentito…”


    Ranma provò un tuffo al cuore nel vederla così. Si rese conto di averle fatto molto male senza volerlo.


    “Loro non ti hanno mai mentito-si affrettò a precisare Ranma, con il dolore negli occhi-e neanche io. Al massimo…possiamo aver omesso delle parti. E di certo questo non l’abbiamo fatto per mancanza di…stima…od affetto…nei tuoi confronti. Tutto l’opposto.
    A volte…si può cercare di risparmiare un dispiacere alle persone alle quali si vuole bene. Ed inoltre, non abbiamo il diritto di rivelare i segreti degli altri”


    Accidenti, è una situazione così simile a…


    Miu ripensò a tutto quel tempo nel quale non aveva saputo la verità su suo padre.
    Hayato non le aveva detto che riteneva Saiga responsabile della morte di sua madre Shizuha, e di certo l’aveva fatto per proteggerla, per non farla impazzire dal dolore.
    Anche se poi si era scoperto che il vero colpevole era Senzui, del clan Kuremisago.
    Poi però, la ragazza si riscosse.


    “Ah, sì? Quindi mantenere segreti con le persone che ti sono vicine…è una buona linea di condotta? Da quel poco che…AVETE VOLUTO DIRMI, mi è sembrato di capire…che l’ultima volta, con Ryoga…facendo così, non sia andata poi così bene”


    Ranma accusò il colpo. Da un lato era un colpo basso, dall’altro se l’era cercata.


    Miu si pentì di quello che aveva detto un secondo dopo che le sfuggì dalle labbra. Ma ormai era fatta.


    Ranma sembrava estremamente combattuto e provare varie emozioni insieme. Infine disse:


    “Hai ragione. Ci sono una serie di cose che non sono andate come avrei voluto.
    Comunque, posso rispondere alle tue domande in questo modo: quella ragazza si chiama Ranko ed hai ragione, è molto vicina a me, anche se non in modo-urgh!-romantico od altro.
    Ti garantisco che non è una minaccia per nessuno, tantomeno per Kisara. Da quel che ne so, Kisara…è riuscita a convincerla a diventare la sua Maestra ed addestrarla per migliorarsi. L’unico obiettivo che abbia Ranko è fare qualche soldo con quest’attività.
    Ti assicuro…che non c’è altro di cui tu debba preoccuparti. C’è altro?”


    Miu aveva fatto tanto d’occhi nel sentire che Ranko stava addestrando Kisara, ma in effetti era coerente con quanto aveva visto.
    Ma non si accontentò.


    “Certo che C’E’ dell’altro. Non hai risposto…beh, a quasi niente di quello che ti ho chiesto, in realtà. Mi stai solo chiedendo di fidarmi di te”


    “E’ così. Io…capisco che tu ti senta…non so neanche come, a dire il vero. Ma so di non avervi mai dato motivo di dubitare di me e ti assicuro che questa volta non è diverso”.


    “Io…vorrei poterti credere”


    “E’ una tua scelta farlo o meno” affermò il ragazzo col codino e ricominciò a camminare verso casa sua.


    Miu era frustrata. Si sentiva esclusa. Ancora una volta. Come quando, da bambina, tutti la consideravano strana. Però ora era diverso. Perché ad escluderla era stata una persona della quale si fidava. E la situazione era rovesciata: invece che “speciale”, si sentiva l’ultima ruota del carro, perché tutti sembravano sapere la verità tranne lei.


    ◊◊◊◊◊

    Kisara sentì qualcuno bussare alla porta ed andò ad aprire. Mancava poco all’ora di cena.


    “Miu? Cosa ci fai qui? E’ successo qualcosa?”


    “Ciao Kisara, io…no, non è successo niente…ancora. Posso parlarti in privato per un minuto?”


    La ragazza uscì ed accostò la porta. “Certo, dimmi”


    “Ecco, io…ho saputo…che ti stai addestrando con una ragazza…quella ragazza coi capelli rossi che stavi cercando qualche tempo fa…di nome Ranko”


    “Cosa? Come fai a saperlo? Dovrebbe essere un segreto per chiunque!”


    “Beh, io…intanto, oggi vi ho viste


    “Ci hai viste? Sui tetti?”


    “Sì. Beh, non mi fraintendere, non è che vi stessi spiando. Vi ho viste mentre saltavate da un tetto all’altro e vi ho seguite. A dire il vero, volevo già parlare con te di lei. Poi, quando vi siete separate, ho provato a tallonarla, ma l’ho persa. E poi…ho parlato con Ranma”


    “Con Ranma?-Kisara era sempre più confusa-ma lui…non dovrebbe sapere che Ranko mi sta addestrando. Almeno credo, vai a sapere, tutto è possibile con quei due…”


    “Con quei due?”


    “Sì, uff, loro…ascolta, Miu, è complicato, io…ho dovuto promettere di non parlarne con nessuno. Era una delle condizioni per potermi addestrare con quella donna. Sembra tenere alla privacy in modo quasi ossessivo, per qualche strano motivo”.


    “Davvero? Perché io…credo appunto che quella donna abbia qualcosa da nascondere e…sto indagando su di lei. A dire il vero…mi sono un po’ preoccupata, nello scoprire che eravate insieme. Temevo…potesse capitarti qualcosa”


    “Miu! Ma…beh, grazie della premura, ma ti assicuro che…Ranko non è una minaccia per me…beh, a parte per la pesantezza di certi allenamenti, intendo-e qui scoppiò in una risata di cuore-però devo ammettere che funzionano! Sto diventando sempre più forte!” aggiunse con una luce particolare negli occhi.


    “Mmmh…davvero? In effetti…la maggior parte delle volte che è stata vista…stava sempre aiutando qualcuno, combattendo dalla parte giusta…oppure-e qui ripensò a quando LEI l’aveva attaccata-si stava difendendo, ma…non capisco perché sia Ranma che Ranko sembrino tanto ossessionati dalla segretezza. In primo luogo, in che rapporti sono quei due?”


    “Beh, a dire il vero…sì, questo non me l’ha rivelato lei, dopotutto, bensì Ranma, quindi se te lo dico, non sto violando alcun giuramento. Lei e Ranma…sono fratelli gemelli”.


    “Come?”


    “E’ così. Od almeno, così mi hanno detto. Però non sembrano andare d’accordo, o meglio, Ranko sembra essere una ribelle che fa soltanto ciò che le pare-il che a pensarci bene, mi piace-e Ranma non la considera affidabile. Ed in effetti si assomigliano in modo impressionante, vestono allo stesso modo e combattono persino in maniera simile”.


    “Ma…se la spiegazione fosse così semplice…che bisogno ci sarebbe di…?”


    “Ah, non me lo chiedere! Ho rinunciato a provare a comprendere le stramberie di quei due! Mi accontento di aver ottenuto ciò che voglio e faccio di tutto per non perderlo-e qui prese le mani di Miu fra le sue-Miu! Per favore! Non fare niente che possa far cambiare idea a Ranko sul fatto di allenarmi! Lei è…molto capricciosa. Vuole mantenere la massima segretezza e sarebbe capace di cacciarmi se sapesse che te l’ho detto! Ma io ho davvero bisogno di lei!”


    “Io…certo, Kisara, te lo prometto”


    ◊◊◊◊◊

    Quel sabato, verso sera, Ranma stava seduto sul letto, in camera sua, a guardare il soffitto ed a riflettere.
    Era confuso. Troppe cose stavano capitando tutte insieme e non riusciva a venirne a capo.


    Si rendeva conto che, delle due, i sospetti di Miu e la…frustrazione che la ragazza provava per la sua reticenza non solo lo facevano sentire in difetto, ma lo turbavano più della presenza di Ryoga al Ryozampaku.


    A tal proposito, quell’idiota doveva essere ormai guarito, quindi presto avrebbe dovuto prendere una decisione definitiva, a seconda di cos’avessero deciso i Maestri.


    In cuor suo, non era del tutto sicuro.
    Aveva capito che non avevano certo l’attitudine di rifiutare aiuto a chi ne avesse bisogno e vivevano in base alla filosofia che ognuno fosse responsabile delle proprie decisioni. Quindi, dopotutto, non sarebbe stato impossibile che scegliessero di permettere a Ryoga di restare.


    In tal caso, sarebbe dovuto andare fino in fondo?
    Abbandonare un luogo così splendido dove addestrarsi?
    E tutti i suoi amici?
    Oppure restare, ugualmente, e venire meno alla sua parola? Gliel’avrebbe data vinta?


    L’orgoglio…quando è espressione del rispetto per sé stessi è positivo…ma in altri casi?


    Gli venne un flash di Miu che gli parlava, con le lacrime trattenute.


    Detestava vedere le ragazze piangere. Ancor di più, pensare di esserne la causa. Nel caso se ne fosse andato…non avrebbe mai chiarito l’equivoco con lei?


    Lui non l’avrebbe mai più vista? Non si sarebbero più allenati insieme?
    Lei avrebbe avuto di lui un cattivo ricordo per quel motivo?


    Accidenti, ma perché la mia vita dev’essere sempre così complicata?


    In quella sentì qualcuno bussare…alla finestra.


    Andò ad aprire e vide un topolino con una piccola cartina in mano ed una mini torcia legata alla schiena.
    Era Tochoumaru, il topolino domestico di Shigure, addestrato però a muoversi come un ninja ed intelligente quanto una persona.


    “Mamma, io esco!” urlò verso la tromba delle scale.


    “Va bene, ma se non torni per cena, avvisami” gridò Nodoka, di rimando.


    Il ragazzo col codino saltò giù dal balcone dopo aver richiuso la finestra e seguì il topolino di Shigure in un dedalo di viuzze che sembrarono condurlo verso il quartiere del Ryozampaku, ma non esattamente al dojo.


    Infatti, dopo una ventina di minuti, si ritrovò in un campo incolto, ad un paio di chilometri, in linea d’aria, dalla Casa dei Più Forti.


    Tochoumaru si sedette in ordine su una scatoletta di latta, come se avesse istruzioni di attendere la fine di quel che sarebbe capitato, prima di eseguire i compiti successivi.


    Nel campo, accanto ad una tenda già montata e ad un fuocherello, dandogli le spalle, c’era Ryoga.


    Il ragazzo col codino si paralizzò per un momento.
    Perché condurlo a parlare con lui? Avevano organizzato un incontro senza chiederglielo?


    Il ragazzo con la bandana si voltò con calma.
    “Benvenuto Ranma. Scusa per il mistero”


    “Cosa ci faccio qui?” domandò Ranma, gelido.


    “Ho domandato un favore ai Maestri del Ryozampaku e loro sono stati così gentili da aiutarmi. Immaginavo che non avresti voluto parlare con me se te l’avessi chiesto io”


    “Tsk! Figuriamoci…”


    “Ti assicuro che l’hanno fatto principalmente per te.
    Vedi, Ranma, il tuo…ultimatum li ha messi seriamente in difficoltà. Io sono stato lì solo per pochi giorni, ma è evidente che sono tutti molto affezionati a te, e sarebbero tristi se te ne dovessi andare.
    D’altro canto, vivono in base a delle regole morali per le quali aiutano chi ne ha bisogno, e non hanno intenzione di lasciarmi andare via senza avermi…diciamo, curato, nonostante…la scarsa stima che provano per me, dopo che gli hai raccontato i miei exploit.
    Quindi si sono trovati di fronte ad un bivio-se posso permettermi, a causa della tua ostinazione-ed hanno convenuto anche loro che l’unica possibile soluzione fosse che la risolvessimo tra di noi”


    “Ma davvero? E come vorresti risolverla? Giocando a dadi?”


    “Cerca di essere serio, te ne prego. Hai ogni ragione di essere arrabbiato con me. Ma in questo momento dobbiamo parlare di cose importanti. E prima di tutto, ci tengo a precisare una cosa: che se alla fine, tu lo vorrai, io mi farò da parte. Non voglio rovinare quello che avete tu e quelle persone, e basterà una tua parola, ed io me ne andrò per sempre, anche senza essere stato aiutato da loro”.


    Ranma sembrava un po’ rabbonito.


    “Va bene, ti ascolto”.


    “Grazie, io…a dire il vero, ho pensato a questo momento per molto tempo. Dall’ultima volta che ci siamo visti, è passato più di un anno e…ho trascorso quasi tutto quel tempo da solo, in montagna, a meditare. Ho riflettuto su ogni cosa che mi sia successa nella vita, su ogni cosa che abbia detto o fatto. Poi, quando ho realizzato la portata dei miei sbagli, ho iniziato…a cercarti.


    Per poterti dire questo.


    Ranma io…ti chiedo scusa.


    Tutto ciò che hai detto, l’altra sera…per quanto doloroso…per quanto colmo di rancore…era assolutamente vero.


    E me ne vergogno, me ne vergogno davvero. Della persona che sono stato, delle cose che ho fatto.


    Mi piaceva pensare di essere riflessivo e sensibile, di animo nobile e tendevo a dipingerti come un insensibile che non riesce mai ad essere serio.
    Ma questa non è mai stata esattamente la verità.


    Io…sono un vigliacco. Non ho mai fatto altro che…evitare e rimandare ogni cosa nella mia vita che…fosse difficile, o spiacevole o…che richiedesse di fare qualcosa per la quale non mi sentissi pronto.


    E non ho mai avuto il coraggio di guardarmi dentro e capire…di essere il mio peggior nemico.


    Spesso…era più facile…rivolgere le critiche all’esterno…dare la colpa agli altri di quello che accadeva…trovare un capro espiatorio per tutto.


    Ed è…quello che ho fatto con te. Quelli che tutti a Nerima abbiamo fatto con te, a dire il vero. Ed il fatto che tu fossi una persona decente, a sua volta timida, e che non provava rancore…ci facilitava il compito.


    E ci perdonavi anche quando non lo meritavamo. Quindi ci aspettavamo di farla franca per sempre.


    Io per tanto tempo…ti ho accusato di ogni cosa che non andasse nella mia vita. Il duello, la mia trasformazione, il fatto di non poter stare con Akane…


    Ed invece…ciascuna di quelle cose era solo colpa mia.


    E penso che…in fondo, in fondo…lo sapessi comunque, anche allora.


    Perché poi…mi sabotavo da solo. Forse, in realtà…non pensavo di meritarlo. Di essere davvero felice.


    Era più confortevole raccontarsi delle bugie e rimandare tutto al domani. << Sarò felice quando…sarò felice se… >> ma senza mai avere IL CORAGGIO di provare ad esserlo davvero. Sperare che la soluzione arrivasse dall’esterno, come per magia. Come una vincita alla lotteria.


    Io quella lotteria l’ho vinta. Si chiama Akari. Ma sapevo di non meritarla davvero. Ecco perché non ho mai accettato del tutto il suo amore.


    Perché per meritare qualcosa…bisogna lavorare…lottare per essa. Solo allora avrà del valore.


    E devo dirti anche un’altra cosa, Ranma.


    Tu sei sempre…stato un esempio, per me.


    Per tutti noi, a Nerima, credo.


    Qualunque cosa ti capitasse, non ti sei mai arreso, hai sempre continuato a migliorarti ed a superare qualsiasi sfida, credendo nelle tue capacità, invece di cercare scorciatoie, come facevamo tutti noi.


    E a differenza nostra, cercavi anche di…mantenere una bussola morale.


    Fare la cosa giusta e non la cosa facile.


    Pensare anche agli altri e non solo a te stesso.


    Forse sono sempre stato…meschino. Ti invidiavo…e odiavo…perché avrei voluto essere come te…ma non ne avevo la forza.


    Magari…è questa la verità.
    Bisogna prima di tutto migliorare sé stessi. Se non lo si fa, non si potrà mai rendere felici gli altri.


    Io…non avrei voluto rovinare le vostre vite. La tua, quella di Akane, di tutti quanti.


    Ma è capitato. A causa di una sporca bugia, l’ultima di una serie infinita.


    Non dovremmo mai dire bugie alle persone alle quali vogliamo bene. Neanche nascondere la verità sulle cose, ammesso che ci sia differenza tra l’una e l’altra cosa.


    So quanto ti sia costato proteggere il mio segreto con Akane.
    E non avrei voluto che…di tutte le ragioni per le quali avrebbe potuto lasciarti…fosse proprio per quella.


    Voi eravate fatti l’uno per l’altra Ranma, ora lo capisco.


    Mi fa davvero male sapere che non stiate insieme.
    Quando si trova qualcuno di importante, non si dovrebbe lasciare che qualcosa si intrometta.


    E so che non potrò mai ripagarti per quello che hai perso, ma…devo dirtelo!


    Voglio che tu lo sappia!


    Da quando…hai protetto me e Mousse, nella battaglia contro Herb*, sul monte Horai…nonostante avessi appena scoperto che volevamo tradirti…io…credo di essere cambiato, come essere umano. O di aver desiderato di farlo, ci sto ancora lavorando su.


    Io…quello che ho di buono…lo devo a te. Quindi, ti ringrazio, Ranma.


    Forse non merito la tua amicizia, ma…mi fai desiderare di essere migliore”.


    Ryoga era cascato in ginocchio mentre parlava e piangeva copiosamente.


    Ranma aveva a sua volta le lacrime agli occhi mentre lo ascoltava.


    Si chinò su un ginocchio e gli prese una mano tra le sue.


    ◊◊◊◊◊

    La settimana nuova iniziò meglio di com’era finita quella vecchia.


    I Maestri furono entusiasti nel sentire che Ranma non se ne sarebbe andato, dopotutto, e che avrebbero potuto comunque aiutare Ryoga.


    Il ragazzo domandò se, oltre al trattamento per controllare il Ki del Dou, potesse anche allenarsi al Ryozampaku.


    Gli venne risposto che sì, poteva, ma prima di tutto Akisame lo sottopose allo stesso trattamento che aveva inflitto a Ranma: osteopatia per sbloccarne le articolazioni-ed era MOLTO più rigido di Ranma, sia in generale che in particolare, dopo un intero anno senza allenarsi-poi il massaggio muscolare in grado di rilasciare le emozioni-che lo lasciò per un paio di giorni preda di incubi terribili, ma forse meno di quanto lo sarebbero stati se non fosse riuscito, prima, a chiarirsi con Ranma-ed infine l’agopuntura di Kensei, col doppio obiettivo di riconnetterlo col proprio sistema circolatorio del Ki e di limitarne l’uso fin quando non fosse riuscito a controllarlo tramite emozioni positive.


    Infine, fu proprio Apachai che volle prenderlo come allievo.
    Il gigante era triste di non avere nessuno da allenare a parte Kenichi, ed era contento di poter aiutare qualcuno che, come lui, usava il Ki del Dou ed utilizzava uno stile di combattimento muscolare, duro e diretto: anche se, a differenza sua, Ryoga non era abbastanza equilibrato e si basava TROPPO sulla forza, e poco sulla finezza.


    Uno dei primi allenamenti che il thailandese gli fece fare fu infatti imparare a fare il giocoliere con mattoni e palle da bowling, come faceva a volte lui. Per Ryoga, che non faceva della destrezza il proprio punto di forza, fece parecchia fatica all’inizio-facendosi cadere spesso i pesi in testa-ma questa era la prova che ne avesse bisogno e che fosse la strada giusta.


    ◊◊◊◊◊

    Ma quella settimana successero molte altre cose di importanza capitale.


    Per quanto sollevata che Ranma non se ne andasse, Miu non aveva certo desistito dai suoi propositi.


    Se la sua supposizione era corretta, Ranko e Kisara si allenavano tutti i giorni allo stesso orario.


    Perciò, il Lunedì, Miu saltò con una scusa il club di ginnastica artistica, andò ad allenarsi al Ryozampaku un’ora prima del solito, finì in anticipo (infatti, il sabato precedente, Shigure le aveva inflitto un allenamento più terrificante del normale per aver voluto rimandare quello del venerdì, ed ora non osava proporre modifiche) ed uscì dal dojo dicendo che aveva un impegno, e chiedendo a Kensei di preparare lui la cena.
    Hayato ed Akisame subdorarono qualcosa, ma non dissero nulla.


    La ragazza bionda si recò nei pressi del luogo dove aveva perso di vista Ranko l’ultima volta, immaginando che ci tornasse abitualmente una volta finito di allenare Kisara; e la sua supposizione si rivelò corretta.


    Questa volta Ranko non poté sfuggirle, perché la intercettò prima ancora che si intrufolasse nel cespuglio-che aveva perquisito, e conteneva un secchio vuoto ed una brocca d’acqua calda; proprio gli oggetti che aveva visto trasportare a Ranma il venerdì precedente-e la confrontò, ben decisa a non fare parola di Kisara per non mettere in difficoltà la sua amica.


    Ranko fece tanto d’occhi quando vide Miu sbarrarle la strada che portava al suo improvvisato rifugio, e questo fu un errore, perché confermò alla ragazza bionda che la donna del mistero l’aveva, effettivamente, già vista in vita sua.


    “E così ci si rivede…Ranko, o comunque tu ti faccia chiamare”


    La donna coi capelli rossi provò a negare. Ma era oggettivamente una pessima bugiarda.


    “Di…di che cosa stai parlando? Io…non ti conosco”


    “Basta con le balle-affermò Miu, in tono minaccioso, mettendosi in guardia ed iniziando a rilasciare il Ki-tu sai benissimo chi sono, anche se il nostro primo incontro è stato meno cordiale di questo; ma ti assicuro che sembrerà un tè con la Regina, al confronto di quello che succederà se continui a mentire”


    “Mentire…su che cosa? Io non ho ancora detto niente”


    “Ed allora comincia a parlare. Voglio sapere quale sia il tuo nome; quale sia il tuo legame con Ranma, cosa tu sappia del Ryozampaku e perché tu sia comparsa nella battaglia al porto, qualche settimana fa”


    “Tsk! E se mi rifiutassi?”


    “Diciamo che potresti riconsiderare le tue scelte di vita” replicò Miu, scrocchiando le nocche.


    “Uhm…davvero? Ma se dici di ricordare davvero il nostro primo incontro, dovresti ricordare anche…
    …CHE SONO PIU’ FORTE DI TE!”
    Dichiarò la ragazza, schizzando in avanti.


    “OH, BEH, LA VEDREMO, ANCH’IO MI SONO ALLENATA PARECCHIO, SAI?”


    Miu iniziò a sferrare una raffica di calci superveloci contro Ranko, in carica, per impedirle di avvicinarsi troppo e sfruttare la differenza di lunghezza delle sue gambe, più lunghe.


    La rossa non sembrò però troppo in difficoltà nel frenare e parare gli attacchi. Al massimo pareva…stupita? Come se non si aspettasse quel livello?


    Acc…è migliorata, da quando duellava ogni giorno, contro di me. Che razza di allenamenti le avrà fatto fare l’Anziano? Adesso…devo farle credere di non conoscere il suo stile…ma anche scansarla, senza colpirla…e se è migliorata ancora, potrebbe non essere facile


    Ranko spiccò un balzo sopra alla bionda per sferrarle un calcio ad ascia, rivolto alla sua spalla, ma la ragazza sembrava aspettarselo: interruppe l’attacco coi calci, si scansò appena, con una mezza giravolta e contrattaccò intercettando con un pugno il polpaccio della rossa.


    Tattiche per contrattaccare avversari volanti: queste gliele ha SENZA DUBBIO insegnate Hayato


    Ranko incassò il colpo alla gamba e, in modo fluido, con continuità, sfruttò l'impatto subito per muoversi in modo soprannaturale, facendo una capriola all’indietro come se avesse avuto un punto d’appoggio per aria ed atterrando al suolo, in accosciata.


    Fulminea, Miu si abbassò ed attaccò di nuovo, con una ginocchiata, che Ranko schivò spostandosi istantaneamente un metro più a sinistra, senza cambiare posizione, lasciando una mezza immagine residua sul posto.


    In continuità, la bionda si allungò per colpirla col dorso del pugno, con un movimento ampio, solo per vederla schivare inarcando la schiena all’indietro: ma in quella posizione sembrava scomoda, quindi Miu usò la gamba destra per sferrare un calcio laterale.


    La rossa sembrò scomparire: in realtà, si era lasciata cadere di schiena a terra ed aveva rotolato su sé stessa mezzo giro a sinistra, per poi rimettersi in piedi esattamente alle spalle di Miu.


    Questa non si lasciò prendere alla sprovvista e tirò un calcio col tallone alla cieca, all’indietro, dal basso all’alto, rimanendo appoggiata a terra con le mani, facendo la verticale.


    Ranko si postò all’indietro come se avesse i pattini ai piedi, poi schizzò in avanti per eseguire una spazzata di gamba alle braccia di Miu, facendola rovinare a terra, di schiena.


    Ma subito, per evitare che la rossa approfittasse di quella postura, iniziò a girare su sé stessa, schiena a terra, come una praticante di breakdance, mulinando colpi in ogni direzione.


    Ranko li evitava facendo balzi come se saltasse la corda.


    Nell’eseguire una giravolta, Miu tornò sulle proprie gambe, ma si mise in una posa simile ad un animale feroce, con una gamba piegata, una dritta ed un braccio appoggiato a terra. Ranko percepì il suo Ki aumentare.


    Da quella posa, usando il braccio come perno, fece una mezza rotazione usando la gamba dritta come una frusta per spazzare la gamba d’appoggio dell’avversaria.


    Ranko si abbassò in affondo, intercettando il calcio col ginocchio e la coscia invece che con la caviglia; parando quindi l’attacco sul posto.


    Ma da quella posizione bassa era più vulnerabile: Miu le affondò una mano in avanti, verso il viso, cercando di colpirla col palmo della mano.


    Spazzate basse e colpi ai punti vitali…sta usando il Silat!


    Con una velocità irreale, Ranko bloccò il braccio di Miu con le sue mani, poi saltò in alto, avvinghiandosi con le gambe alla sua spalla, ed eseguì uno scarto, facendola cadere a terra e mettendole al tempo stesso il braccio in leva.


    Com’è possibile che IO sia stata bloccata con una leva articolare?-si trovò a pensare Miu, sotto shock 


    Ma, aumentando un altro po’ l’emissione del Ki, la bionda trovò un modo per liberarsi.
    Si rialzò in piedi, poco alla volta, ancora con Ranko avvinghiata al suo braccio, sollevandola di peso. Poi eseguì una giravolta, per mandare a sbattere l’intrusa contro un palo della luce.


    Ranko mollò la presa, allungò le braccia verso il palo e lo afferrò con le mani, poi sfruttò lo slancio per ruotare intorno ad esso, come un’acrobata, ritornando indietro per colpire l’avversaria con un dropkick.


    Ma Miu, vedendola, aveva afferrato i suoi piedi al volo e, con un’altra mezza rotazione verso destra, l’aveva lanciata di nuovo, stavolta verso il muro di cinta dal lato opposto della strada.


    La rossa fece una serie di capriole a mezz’aria, mentre si avvicinava al muro, come fosse una pallina da baseball, poi ci atterrò contro con i piedi, piegò le gambe, accumulando slancio, e poi le rilasciò, ripartendo come un missile in direzione opposta, all’apparenza per colpire con due pugni lo stomaco della bionda.


    Questa si fece piccola e si accovacciò, coprendosi con le braccia ed i gomiti, preparandosi all’impatto, ma all’ultimo secondo, Ranko cambiò mossa.


    Allargò le braccia, afferrò Miu per le spalle, lasorpassò appena in volo, poi, piegando le gambe, eseguì una capriola in avanti, atterrando in piedi e sollevandola di slancio, e concluse la sequenza lasciandola andare e proiettandola sopra la propria testa, facendola schizzare DENTRO il cespuglio dove voleva rifugiarsi…e facendola scottare con l’acqua calda che aveva preparato, a giudicare dai suoi strilli.


    Ma era il diversivo del quale aveva bisogno: saltò in cima ad una casa e schizzò via, più veloce che poté, muovendosi a zig zag per non essere seguita.


    Bel casino, Ranma, complimenti davvero. Come hai fatto ad essere così idiota da non cambiare posto dove ritrasformarti, dopo quello che è successo venerdì? La faccenda di Ryoga mi ha distratto a tal punto? Oppure non pensavo che Miu potesse…credevo si fidasse di me…ma no, era ovvio che non si fidasse più, a questo punto. Riesco sempre a rovinare tutto, è un talento naturale dei Saotome.

     


    ◊◊◊◊◊

     

    Miu tornò a casa bagnata fradicia e con un diavolo per capello.
    Né Kenichi né Kensei ebbero il coraggio di fare commenti o domande di alcun genere.


    Consumò la sua cena in camera ed intimò di non voler vedere nessuno, richiesta nella quale fu esaudita.


    Era arrabbiata, confusa e delusa.


    Ce l’aveva con tutti quanti perché non le avevano detto di Ranko, con Ranma perché non si fidava di lei, con Ranko per essere così strafottente e con sé stessa per avere perso.


    Aveva mille problemi in testa e nessuna soluzione.


    Decise di andare a farsi una doccia per schiarirsi le idee.


    ◊◊◊◊◊
     

    Ranma tornò da sua madre in versione femminile, farfugliando qualcosa su in incidente lungo la strada, senza specificarne la natura e si buttò in doccia prima di cena. Aveva bisogno di pensare.


    Nel sentire l’acqua calda scorrergli tra i capelli, Ranma non si rilassava come gli capitava di solito.


    Stava andando tutto a rotoli.


    Miu gli era sembrata fredda, ultimamente, ma non immaginava che fosse perché aveva dei sospetti su Ranko-per quanto ne sapeva, non ricordava neppure il loro primo scontro-tantomeno sospettava che l’avesse vista al porto. Per lei avrebbe dovuto essere soltanto un nome, parte dei delìri di Kisara quella sera all’Alleanza Shimpaku. Invece, il venerdì precedente, lo aveva confrontato.


    E sentiva che qualcosa dentro di lui si era rotto. Detestava vederla maldisposta nei suoi confronti. Detestava mentirle.


    Detestava mentire in generale, fosse per lui non lo avrebbe mai fatto.
    No, non era vero, lo faceva quando si vergognava troppo di qualcosa per dirlo apertamente.


    Accidenti, ora cosa sarebbe successo? Avrebbe cercato di mettere Kisara contro di lei? Avrebbe perso il suo lavoro come sua Maestra?


    Proprio adesso che avevo sistemato le cose con Ryoga…MAI che possa andare tutto bene per più di cinque minuti, eh?


    Un momento…Ryoga? Tra le tante cose che gli aveva detto…alcune ora gli tornavano in mente.
    << Bisogna prima di tutto migliorare sé stessi. Se non lo si fa, non si potrà mai rendere felici gli altri >>


    << Non dovremmo mai dire bugie alle persone alle quali vogliamo bene. Neanche nascondere la verità sulle cose, ammesso che ci sia differenza tra l’una e l’altra cosa >>


    << Quando si trova qualcuno di importante, non si dovrebbe lasciare che qualcosa si intrometta >>


    << Fare la cosa giusta e non la cosa facile. Pensare anche agli altri e non a te stesso >>


    Umpf. Già. Era talmente ovvio.
    Chi l'avrebbe mai detto? Che sarebbe stato quel testa di rapa a darmi il suggerimento giusto?


    Spense l’acqua. Ora sapeva cosa doveva fare.


    “Ma’, dopo cena esco di casa. Mi sono ricordato che ho un impegno”


    ◊◊◊◊◊

    Miu era ritornata in camera dopo il bagno, vestita con la parte superiore del pigiama. Aveva i capelli sciolti ed il vapore della doccia emanava ancora dalla sua pelle.


    Si era calmata un po’.
    Dopotutto, se non altro, aveva fatto progressi. Venerdì aveva scoperto ulteriori informazioni su Ranko.


    Oggi l’aveva addirittura confrontata.


    Da quel momento in avanti, sarebbe stato impossibile fare finta di niente.
    L’indomani avrebbe strappato la verità a qualcuno, anche a costo di prendere Kenichi e Ranma e…


    TAP! TAP!


    Alla bionda per poco non venne un colpo.


    Pensava che le sorprese per una giornata fossero finite, invece tutto si sarebbe aspettata, tranne che di vedere Ranko appoggiata al suo davanzale che bussava alla SUA finestra.


    Come…come faceva innanzitutto a sapere quale, tra tutte, fosse la mia di finestra?


    Ranko si fece vedere, con calma, e tenne le mani aperte, come per far capire di non essere una minaccia.


    Poi, lentamente, metodicamente, prese la finestra dall’esterno la fece scattare e la sollevò lentamente.


    Miu era paralizzata dalla sorpresa e da una certa, primordiale, diffidenza, ma non era paura.
    Era più shock, non capiva cosa stesse succedendo.
    Eppure non fece nulla, era come se il suo istinto le confermasse che la rossa non avesse cattive intenzioni.


    Quando la finestra fu sollevata, Ranko entrò-sempre con studiata lentezza, senza fare movimenti bruschi-nella sua stanza.


    Miu non poté fare a meno di notare, per l’ennesima volta, la presenza di un secchio d’acqua e di ben DUE brocche dell’acqua calda; teneva tutte queste cose sotto a ciascun braccio. Poi le appoggiò lentamente a terra.


    Miu aveva ancora l’aria di chi ha visto un fantasma e non ci può credere.


    Ranko alzò una mano in segno di calma, si mise un dito sulle labbra, poi si voltò e richiuse lentamente la finestra, senza far rumore. Infine, si voltò di nuovo.


    “Scusa per l’intrusione-esordì, a voce bassa-ma, dopo oggi pomeriggio…avevo bisogno di parlarti, in privato, e questo mi sembrava il modo migliore”


    “Io…io non so cosa dire. Ho…mille domande da fare. Questo vuol dire che…sei disposta a rispondermi, finalmente?”


    “Sì. Risponderò a TUTTE le tue domande, te lo garantisco”.


    A Miu qualcosa non tornava.
    Erano le dieci di sera. Non più tardi delle sei e mezzo, quella ragazza l’aveva battuta…umiliata…facendolo sembrare facile…all’apparenza impegnandosi, in realtà, non adoperando affatto la sua vera forza…per poi fuggire. Tutto pur di non doverle parlare.
    Ed ora…cosa le aveva fatto cambiare idea in così poco tempo?


    “Tutto questo…non ha alcun senso. No, forse…tu…hai parlato con Ranma?”


    “In un certo senso-convenne la rossa, con un sorriso amaro. Poi alzò una mano per prevenire una possibile obiezione-come ti ho detto, ti spiegherò ogni cosa, ma prima lasciami dire una cosa, Miu: voglio scusarmi con te per quello che è accaduto oggi. Non avrei dovuto accettare la tua sfida e combattere con te, pur di non raccontarti la verità. Ma devo ammettere che mi hai preso alla sprovvista”


    “Allora siamo in due. Ma…perché…da come parli, sembra che…ci conosciamo già?!


    La ragazza fece un altro sorriso amaro.


    “Oh, ma perché noi CI conosciamo già. Da un po’ di tempo, ormai.
    Vedi, non è che volessi… tenertelo nascosto, ma…beh, quando avrai visto, capirai”


    Ranko raccolse una delle due brocche di acqua calda e se la sollevò, con lentezza, sopra la testa.


    “Reggiti, perché ciò che stai vedere può…scioccare, me ne rendo conto”


    La donna si rovesciò l’acqua bollente sulla testa e nel giro di pochi secondi…parve afflosciarsi, poi allungarsi ed irrobustirsi…ed infine davanti a Miu, nella sua stanza, stava nientemeno che Ranma Saotome, col suo ciuffo di capelli neri ed un sorriso triste.


    “Ra-Ranma? Ma come…cosa?”


    Satelliti e galassie roteavano nella testa di Miu, cercando di ricomporre quello che aveva visto


    “Uhm…non sei svenuta, come temevo. Non ci sarebbe stato nulla di strano, sai. Già, ma tu sei una ragazza di fibra forte.
    E’ questa la verità, Miu. Ranko, la Ragazza dai Capelli Rossi…non esiste, non è mai esistita…sono sempre stato io, Ranma.
    No, aspetta, non fraintendere. Sono nato uomo, lo sempre stato, e non ho tendenze strane.
    Quello che hai visto è…una trasformazione. Letteralmente, una magia”


    “Una…MAGIA???”


    “Sì. Una maledizione, ad essere precisi. Non una cosa che posso controllare”


    “Io…non capisco. Stai dicendo che…la magia, le maledizioni…esistono davvero?”


    “Purtroppo sì, ed io ne sono la prova. Anzi, questa non è neanche l’unica nella quale mi sia imbattuto, ma…una cosa per volta. Devi sapere che, circa quattro anni fa, mentre mi trovavo in Cina con mio padre per allenarmi…”


    ◊◊◊◊◊

    Miu aveva ascoltato tutta la storia come rapita.


    “E’ davvero incredibile. Quindi, quegli oggetti…”


    “Sì, mi servono per cambiare aspetto, in caso di necessità.
    Di norma preferisco non farlo, se non capita per un incidente. Senza offesa, ma DETESTO trasformarmi in donna”.


    La bionda non poteva biasimarlo. E se fosse stata lei a trasformarsi in maschio? Le vennero i brividi al solo pensiero.


    “Ma…dunque…tutte le volte che ho visto, o sentito parlare di Ranko…eri sempre tu?”


    “Esatto. Quando sono giunto al Ryozampaku ed abbiamo combattuto mentre eri in modalità Ashura ero un uomo.
    Poi sono…beh, inciampato su Tochoumaru-Miu notò che Ranma si vergognava un po’ ad ammetterlo-e mi sono trasformato fracassando una botte dell’acqua.
    Per cui i tuoi ultimi ricordi riguardavano Ranma-ragazza, anche se all’inizio mi avevi detto di non ricordare niente.
    Hai per davvero affrontato entrambi, ma eravamo comunque uno”.


    “Infatti…all’inizio non ricordavo…poi mi sono venuti come dei flash…”


    “E poi, Kenichi ed i Maestri mi avevano visto, quindi ho dovuto raccontare loro tutta la storia. Tu eri svenuta e non hai sentito niente. Anche dopo, non sapevo se te lo avessero detto o meno, ma ho scoperto che avevano optato per non dirtelo. Immagino per non…scioccarti ulteriormente, visto il tuo stato. Ho apprezzato la loro premura di rispettare la mia privacy, ma…non vorrei che tu te la prendessi con loro per questo”


    “Io…no, certo”.


    Ma non era del tutto vero.


    << Non c’è niente che non farebbero che non sia per il mio bene >> aveva detto qualche mese prima. Ora un po’ ne dubitava.


    Era strano pensare di non potersi fidare del tutto neanche di Kenichi.


    Certo, non era un SUO segreto…la stessa logica contorta di Ranma con Ryoga…


    Gli uomini ed il loro malriposto senso dell’onore


    “E quindi-riprese l’erede del clan Furinji-tutte le altre volte…quando hai salvato Renka, Kisara e Rachel dalla mafia cinese, quando ti ho visto sulla nave…”


    “Ero sempre io, sì. Sulla nave mi ero trasformato perché sono caduto in mare. Poi, all’interno, ho fatto scaldare dell’acqua per tornare normale”


    “E…Kisara? Lei…lo sa?”


    “Nooo, certo che no. Non lo sa e non lo deve sapere.
    Lei…beh, è fissata con questa storia che la sua Maestra debba essere per forza una donna. Ha visto combattere << Ranko >> e poi non la finiva più di tormentarmi per convincermi ad insegnarle le arti marziali”


    A Miu sfuggì una risata “Sì, sembra decisamente una cosa che farebbe Kisara-san”


    “Già, ed alla fine ho accettato, visto che lei è benestante e paga molto bene. Però, per allenarla, dovevo trasformarmi e ritrasformarmi ogni santo giorno.
    E lo facevo nel pomeriggio, ecco perché non mi vedevate più al Ryozampaku e perché non potevo dirvi la verità su cosa facessi, anche se…beh, mi dispiaceva doverlo fare” aggiunse con uno sguardo sinceramente contrito.
    Tutti i dubbi ed i sospetti di Miu si erano dissolti come neve al sole.


    “Io…mi sento un po’ in colpa ad aver dubitato di te. A pensarci bene, non avevo dei veri motivi per pensare che Ranko fosse…malvagia. Solo che…la sua presenza mi sembrava così…sospetta. E DOVEVO scoprire perché…appariva nei miei ricordi”.


    “Lo capisco, non ti preoccupare-le rispose Ranma, conciliante-tranquilla, Miu, tu non hai niente di cui rimproverarti. Semmai…sono io che dovrei chiederti scusa.
    Non ho mai avuto davvero intenzione di…mentirti, o di…ingannarti…dico davvero.
    E’ solo che…preferisco che questa faccenda rimanga il più possibile segreta perché…me ne vergogno, ecco”


    “Lo capisco, certo. Ma…scusa, so di chiederti parecchio, ma…posso…”


    “Non ti preoccupare. Ne ho portate due apposta” le sorrise il ragazzo.


    Ranma ripeté l’operazione, bagnandosi con l’acqua fredda e rimpicciolendosi a diventare “Ranko” di nuovo.


    Miu sembrava febbricitante nell’osservarla ed anche…beh, tastarla un po’, per verificare che fosse davvero una donna, che non avesse appena avuto un’allucinazione.
    E poi, in un silenzio imbarazzato, Ranma si ribagnò nuovamente con l’acqua calda e di nuovo si trovò a sovrastare Miu di una decina di centimetri buoni.


    La ragazza non aveva più dubbi.


    Era scioccata per la rivelazione che aveva ricevuto quella sera, per un intero nuovo mondo-la magia ESISTEVA-che si era spalancato nella sua vita.


    Eppure, mentre il cuore le batteva forte, nel fondo del suo cervello si fece strada un piccolo pensiero insistente.


    “Ma PERCHE’?” gli diede voce.


    “Come, scusa?”


    “Perché lo hai fatto? Dirmi la verità…se te ne vergogni tanto? Se non vuoi che si sappia? Avresti potuto…mantenere il segreto in qualche modo.
    Inventarti delle scuse plausibili.
    Insistere con la storia della sorella gemella, come hai fatto con Kisara.
    Perché hai deciso di rivelarlo proprio a me?”


    Ranma rimase in silenzio a lungo.


    Non sapeva cosa rispondere.


    O forse sì?


    “Perché-esordì, un po’ incerto-la storia della gemella, per quanto plausibile-in effetti, avrei dovuto iniziare ad usarla molto prima-avrebbe potuto funzionare al massimo con Kisara; che è una carissima ragazza, intendiamoci, ma non è la più sveglia della cucciolata; ed anche perché non avrebbe giustificato le assenze pomeridiane di RANMA dal Ryozampaku.
    Né avrebbe spiegato l’apparizione di Ranko alla nave, e solo per pochi secondi.
    O la congiura del silenzio dei Maestri riguardo ai fatti del primo giorno.
    Anzi, no…non è vero. Questi sono degli ottimi motivi, ma…non sono il motivo principale”


    Miu lo guardava con intensità. Le batteva forte il cuore. “Ed allora qual è il motivo principale?”


    Ranma sospirò.


    “Sai, Miu…praticamente TUTTE le persone che conoscono la mia maledizione…l’hanno scoperta per caso, vedendola ed io ho provveduto, a posteriori, a spiegare CHE COSA avessero visto, e PERCHE’ accadesse.
    Tu sei…la prima persona alla quale la rivelo senza esserci costretto”


    Io sono la prima persona…


    “E…perché?”


    “Perché-riprese Ranma, facendo un evidente sforzo-mi sono reso conto che questo segreto ci stava dividendo, che stava rovinando il nostro rapporto.
    E…non volevo che accadesse.
    Ma sapevo che stavolta era solo colpa mia.
    Quindi, ho preso una decisione.


    Di recente, ho avuto modo di riflettere sul concetto di responsabilità.
    Una cara amica mi ha illuminato sull’evitare di commettere gli stessi errori del passato


    Ed un amico col quale avevo litigato, mi ha ricordato…che i segreti dividono le persone.


    Un tempo…tenevo moltissimo ad una persona. Ma l’ho persa. A causa di un segreto.


    Io…non volevo perdere anche te


    Per un lunghissimo istante, nessuno disse più nulla.


    L’aria stessa sembrava pesante.


    Poi Miu fece un passo in avanti, in automatico. Poi un secondo.


    Prima che ciascuno dei due potesse realizzare cosa stesse succedendo, Miu gettò le braccia al collo di Ranma e lo baciò.


    Prima teneramente, poi con trasporto.


    Ranma si ritrovò a ricambiare il bacio.


    Presto entrambi erano avvinghiati l’uno all’altra.


    Tutte le barriere erano cadute, non c’erano esitazioni o dubbi. Si abbandonavano ai loro desideri.


    Come se, ora che non c'erano più ostacoli fra loro, potessero lasciarsi andare ai loro istinti, come un fiume in piena.


    Presto i baci aumentarono d’intensità.


    Ranma stringeva Miu intorno al busto, ma presto le sue mani cominciarono ad esplorarne le forme.


    La ragazza bionda iniziò a sbottonargli la camicia, con frenesia.


    Il ragazzo col codino indugiò sui seni pieni di lei e ne tormentò a dovere i capezzoli, già turgidi, attraverso la flanella del pigiama.


    Iniziava a sentirla respirare più forte.


    Si divincolò dal bacio e le tirò via la parte superiore del pigiama con un unico strattone; proprio mentre lei aveva lasciato cadere a terra la camicia che gli aveva sbottonato.


    La bocca e la lingua di Ranma iniziarono ad esplorare il corpo di Miu.


    A partire dal collo, per poi scendere con sapiente lentezza verso i seni, dai quali sorbì con avidità.


    Mentre faceva questo, si voltò di scatto e la spinse contro il muro. Miu iniziò a gemere.


    Poi il ragazzo iniziò a scendere.


    Lasciò una scia lungo il suo tronco, sul suo addome, indugiando sull’ombelico, per poi proseguire verso il basso ventre.


    Invece, a sorpresa, saltò il piatto forte, per continuare sulle sue cosce perfette, che assaporò, inginocchiato, mentre con le mani le stringeva i glutei, ancora coperti dalle mutandine.


    Poi, alla fine, gliele sfilò, lasciandole scivolare a terra.


    Si rimise in piedi e la osservò negli occhi. Erano sempre stati meravigliosi, ma ora parevano brillare.


    La baciò di nuovo, stringendola a sé, con più consapevolezza di prima, in modo più accurato, ma nel frattempo si accorse che lei armeggiava con i suoi pantaloni e coi suoi boxer, che gli sfilò, facendoli cadere anch’essi sul pavimento.


    La virilità di Ranma era completamente eretta e premeva contro la pancia della bionda, più bassa di lui.


    Il ragazzo col codino strinse Miu fra le braccia mentre la sollevava di peso, per poi gettarla sul suo letto.


    Solo a quel punto, salendoci anch’esso ed avvicinandosi con lentezza, la penetrò.


    Per Miu furono un vortice di sensazioni contrastanti. Il dolore della prima volta, il piacere, l’eccitazione mentale.


    Il ragazzo cominciò a muoversi, con spinte prima moderate, poi man mano sempre più forti.


    Intanto i due ragazzi continuavano a danzare un valzer con i propri baci ed a lasciar scorrere liberamente le mani ad esplorare il corpo dell’altro.


    Miu assaporò al tatto i pettorali di lui, per poi lasciar andare le dita ad accarezzargli la schiena, mentre le sue gambe si sollevarono ed incrociarono sopra ai suoi glutei, per bloccarlo nella posizione desiderata.


    Ranma spaziava dai suoi seni, che gustava in ogni particolare, ai suoi glutei, che finì col tenere stretti con le mani mentre aumentava d’intensità.


    Il ballo continuò a lungo.


    Il piacere andava e veniva, ad ondate.


    Cercarono, esplorarono e si saziarono.


    Infine, venne la risoluzione.


    Ma anche dopo, continuarono a tenersi stretti per dei momenti che parvero infiniti.


    Dormirono abbracciati.


    ◊◊◊◊◊

    Al mattino, Miu, si alzò come ogni giorno sentendo la sveglia per la scuola, che indicava il terzultimo giorno prima della fine dell’anno.


    Il ragazzo col codino era sparito.


    Ma la bionda questa volta non credette di aver sognato.


    Aveva ancora il suo odore addosso.


    ◊◊◊◊◊

    Legenda

     
    Saga di Herb, Monte Horai*: volume 24 del manga

     

    Nota dell’Autore

    D'accordo. Se nel capitolo recedente temevo i forconi e le torce...ora temo che mi veniate a prendere a casa.


    Il fatto è che avevo sviluppato da un po' un certo tipo di rapporto di Ranma con Miu. Loro due sono davvero ben affiatati. Ma esitavo a farli finire veramente insieme. C'era bisogno di qualcosa. Di una scossa, di un evento particolare. Il fatto che Miu si sia sentita isolata da tutti e che alla fine Ranma le mostri invece fiducia, aprendosi con lei, è la stata la molla definitiva.


    Ora, ci sono delle considerazioni. Intanto, non è che a me non piaccia Kenichi, come personaggio. Al contraro, mi piace parecchio, ovviamente, anche se è da un po' che ha un ruolo secondario. Nei prossimi capitoli, invece-non subito, ma tra un paio-il suo ruolo si amplierà. E non è che volessi "fargli un torto", volevo...esplorare delle possibilità. Tutti dovremmo, nella vita. 


    Miu non mi sembra faccia la figura di quella facile, o quantomeno, volevo evitare l'impressione.


    Sono stato in dubbio se glissare sulla scena di passione-tra parentesi, è la prima che scrivo-e farli semplicemente risvegliare a letto, o se descriverla. Intanto, spero che il rating arancione sia corretto. E' descrittiva, ma non indugia troppo. Poi, da un lato il momento era estremamente romantico, ma poi...descrivere la pratica fisica era in qualche modo necessario. Perché racconta qualcosa di come è il loro rapporto. Non è esattamente amore, non è solo sesso. E' passione. E' desiderio di completezza. E' attrazione a vari livelli, come una calamita.


    Passiamo a Ryoga. L'altro dubbio che ho avuto è stato se-malgrado i miei capitoli siano sempre lunghi-fosse corretto farlo rappacificare, da un lato così presto e dall'altro nello stesso capitolo in cui Ranma va con Miu. Ho risolto facendo sì che una delle due cose contribuisse a causare l'altra: le scuse di Ryoga fanno capire a Ranma la necessità di essere sinceri con le persone a cui tieni, e quindi lo spingono indirettamente tra le braccia di Miu. 


    Poi, la storia va avanti. Ryoga ne ha fatte parecchie, ma ce lo vedo ad essere sinceramente dispiaciuto e contrito. Alcune delle cose che gli faccio dire a Ranma sono cose che avrebbe dovuto dire da tempo. Ora si allena con Apachai. E' decisamente il Maestro che fa per lui.


    Chiaramente, la faccenda si complica: come cambieranno i rapporti, ora? 

    EDIT: sono finalmente riuscito a caricare le immagini, avevo commesso degli stupidi errori, ora chi non conosce Kenichi può dare un volto ai nomi.

     

    Mini-Guida per il manga di Kenichi: 

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 17
    *** Gli Allenamenti di Kisara e Ranko ***





    Ranma si stava allenando con Kensei, il quale gli stava mostrando il modo corretto di eseguire dei colpi con i palmi delle mani, eseguendo una rotazione con tutto il corpo.


    “Vedi Ranma-kun-iniziò a spiegare il Maestro cinese-questo è il modo corretto di ruotare il corpo. Abbiamo notato che anche tu tendi a colpire troppo spesso in modo frontale…in pratica, finisci col limitarti da solo, mentre dovresti esplorare diversi modi di muoverti”


    “Va bene!” rispose Ranma, eseguendo la rotazione come aveva mostrato.


    “Piuttosto…come nota a margine…ultimamente sembri più giulivo…ti è per caso capitato qualcosa di bello, Ranma-kun?”


    “Uhm?” il ragazzo sembrò arrossire con violenza.


    “Ma…no, non in particolare, perché me lo chiede?”


    “Uhuhu…sei come un libro aperto, sai?-iniziò a canzonarlo il Maestro pervertito-Per essere un combattente Sei, devi imparare a nascondere le tue emozioni ed i tuoi sentimenti, quantomeno per evitare che i tuoi avversari possano leggerle ed approfittarsene”


    Ranma rimase zitto guardando per terra.


    “Allora? Non vuoi davvero dirmi cosa è successo?-continuò a chiedergli-e va bene, dopotutto sono affari tuoi. Ma lascia che ti dia un buon consiglio-aggiunse poi trasformando la sua smorfia in un sorriso di complicità più sincera-la vita per gente come noi è già abbastanza dura di base. Quindi, se ti capita di trovare qualcosa di bello, per cui valga la pena di lottare; od anche soltanto qualcosa che ti permetta di star bene e ti aiuti a distrarti dalle difficoltà della vita; beh, non fartelo scappare, se puoi”.


    Ranma sembrò rilassarsi e la sua espressione, dopo un breve attimo di stupore, cambiò.
    Assunse un sorriso accennato ma deciso, mentre guardava il suo Maestro con aria riconoscente.
    “Grazie Kensei-shishou, lo farò”


    Kensei ricambiò lo sguardo con un altro sorriso complice.


    “Bene, ed ora continuiamo con l’allenamento. Come dicevo, i colpi con i palmi sono sottovalutati nelle altre arti marziali, ma sono molto frequenti nel Kung Fu.
    Sfruttando il giusto modo di muoversi, puoi imprimere forza nel modo corretto, e lasciare che l’energia si trasferisca attraversa lo spostamento e l’allineamento del tuo corpo, anziché attraverso la forza muscolare.
    Così il surplus di potenza generato, attraversa il nemico come un’onda d’urto, danneggiandolo internamente senza lasciare tracce all’esterno.
    Sono questi i colpi nei quali sono specializzato, i colpi che sfruttano le onde d’urto e l’energia interna. Possono essere una preziosa aggiunta al tuo arsenale. Ma ricorda, tutto comincia dal movimento del corpo”.


    “Capisco. E’ solo che…il modo in cui acceleriamo. Mi confonde. Mi sembra che l’accelerazione, durante la rotazione…inizi, poi rallenti, poi acceleri ancora”


    “E’ così. Perché bisogna darsi una bella spinta iniziale, però poi bisogna trattenerla per evitare di muoversi con troppa foga, quindi riallineare il corpo e solo infine concludere il movimento. Il nemico, oltretutto, viene colto alla sprovvista dal cambio di ritmo perché non se lo aspetta e viene colpito più facilmente”


    “Capisco, ma…mi sembrava quasi di vederla sparire, Maestro. Vedo quasi…una sua immagine residua mentre si muove”


    “Ooh, sei stato bravo ad accorgertene-Kensei si girò, ridacchiando-sì, in effetti, questo è un procedimento simile a quello impiegato per generare delle immagini residue”


    “Davvero? In effetti si tratta di una tecnica che avrei sempre voluto imparare”


    “Uhm… rischiamo di mettere troppa carne al fuoco, ma dopotutto, perché no…immagina di accelerare in una direzione, poi di cambiare idea, frenare, quasi per andare in direzione opposta, ed infine, di lasciarti andare ed accelerare per davvero nella direzione iniziale, fino a sparire alla vista del nemico. Il risultato è che rimani per un po’ di più nel suo campo visivo in quel punto, ma in realtà sei già sparito in direzione opposta”


    Ranma ci provò, ma accelerare in due direzioni opposte era più facile a dirsi che a farsi.


    “Guarda, così” esclamò Kensei, ed iniziò a sparire ed a riapparire, lasciando dietro varie immagini residue di sé, per giunta impegnate in varie attività, come leggere una rivista porno, pescare trote nel laghetto, mangiare degli spuntini, stare sdraiato al sole o provare a fotografare Shigure con una fotocamera con mirino telescopico.


    Wow…davvero incredibile…


    “Comunque, credo di aver capito…è all’incirca…COSI’?”


    Ranma concluse l’accelerazione e sparì alla vista, lasciando una copia di sé stesso che eseguiva l’esercizio, piegata sulle gambe.


    “Molto bene ragazzo! Impari in fretta.


    Ora, a livelli più alti, per ingannare i Maestri, si utilizza anche il proprio Ki, lasciandone una traccia nella copia, per sfruttare contro di loro la superiore percezione del nemico che hanno i tuoi avversari, trattenendoli con la finta una frazione di secondo in più.
    Si parla in quel caso di << copia di Ki >>. Ma per ora, una cosa per volta. A proposito, esegui sempre la tua meditazione settimanale per raffinare l’uso del Ki?”


    “Sì, sempre. A volte, anche più di una volta alla settimana”.


    “E fai bene, perché da quello che ho visto, il tuo stile di combattimento fa largamente uso di mosse che sfruttano il Ki, specialmente quelle che non ci hai ancora mostrato”


    Ranma non poté che essere sbalordito, ancora una volta, dalla capacità di intuizione-che sfiorava la preveggenza-dei Maestri del Ryozampaku.


    A dire il vero, Kensei era uno di quelli con i quali si trovava meglio, dopo i bisticci che aveva avuti i primi tempi.
    Ogni giorno passato con lui era una miniera d’oro di insegnamenti, aneddoti ed anche modi divertenti di passare il tempo.


    “A proposito, Ranma-domandò Hayato, spuntando fuori da chissà dove-devo farti una domanda: tu per caso hai mai…creato nuove tecniche?”


    “Creato nuove tecniche? A dire il vero…ho modificato pesantemente molte tecniche segrete che ho appreso dall’esterno, spesso sviluppandone al volo delle nuove versioni, durante il combattimento, per risolvere situazioni specifiche…e ad oggi, posseggo nel mio arsenale diverse varianti della stessa mossa…però non ne ho mai creata una io da zero, quello no”


    “Mmh…lo immaginavo. Beh, dopotutto è ancora presto”


    “Per che cosa, se posso chiedere?”


    “Si dice che i praticanti di arti marziali attraversino tre fasi: l’Apprendimento passivo, nel quale si replicano pedissequamente i modelli proposti; la Rottura, nella quale si modificano gli insegnamenti ricevuti e li si adatta al proprio stile; infine la Liberazione, nella quale si ricercano e si inventano nuove strade, senza essere vincolati da nulla e da nessuno*.


    Da quello che dici, tu sei nella fase della Rottura, che è più avanti di quanto la maggior parte dei praticanti, anche i Maestri, arriverà mai, ma non sei ancora nella fase della Liberazione.
    Beh, comunque, non c’è bisogno di aver fretta, in tal senso. E’ un processo che deve venire naturale, non va forzato.
    Però può essere utile iniziare a domandarti quali siano le tue caratteristiche come praticante di arti marziali, se c’è qualche mossa che ti manca, qualcuna che vorresti creare, o se esiste un principio od una situazione che potresti voler sfruttare in qualche modo”.


    Il ragazzo col codino rimase per un po’ a riflettere.


    Inventare una nuova tecnica…mi sentirei in alto mare, non saprei da dove cominciare. Però…AH! Ora che ci penso…


    Mio Padre! Lo Yamasen Ken e lo Umisen Ken…sono tecniche che ha inventato lui, completamente originali…per di più basate su principi completamente opposti…davvero straordinario…è questo che significa…aver raggiunto il grado di Maestro?
    Quindi, nonostante tutto…non sono ancora al suo livello?


    Poi si riscosse dai suoi pensieri e scuoté la testa “Per il momento non ho idee, mi dispiace”.


    Kensei prese la parola “Beh, non è un grosso problema. Per ora continuiamo con l’addestramento ordinario e con l’insegnarti le nostre tecniche. Prima o poi qualche buona idea ti verrà di sicuro”


    Ranma lo guardò con riconoscenza “Certo!”


    Mentre, più tardi, faceva sparring col Maestro cinese, il ragazzo col codino gli domandò: “Kensei-shishou, ho una domanda”


    “Dimmi pure, Ranma-kun”


    “Voi Maestri del Ryozampaku…avete tutti creato da soli le vostre mosse definitive?”


    “Naturalmente sì-rispose il piccolo Maestro-ed è per questo che a volte esse finiscono con l’essere un po’ diverse sia dall’arte marziale di partenza che dai nostri stili personali. In qualche caso, una mossa finale può essere uno sviluppo ulteriore di una mossa pre-esistente.
    Oppure che porta all’estremo un concetto teorico già in uso.
    Od un qualcosa che sfrutta a dovere le tue caratteristiche e gusti personali.
    O tutte e tre le cose insieme”


    “E per quanto riguarda il Mubyoshi di Kenichi…”


    “Quella, come ti ha detto lui, è una Ougi** che ha creato da solo. In effetti, siamo molto fieri di lui per questo. Rappresenta la sintesi del suo percorso al Ryozampaku: un colpo che sfrutta i principi di quattro arti marziali diverse”


    Persino Kenichi ha inventato una mossa solo sua…


    “Mentre, il Ryusui Seikuken ed il Koroi Nuki…”


    “Quelle sono tecniche speciali dell’Anziano che, nel corso degli anni, ha ritenuto di insegnare soltanto al nostro Primo Allievo”


    “Ne ha molte altre?”


    “Oh, si dice che il vecchio Hayato nel corso degli anni abbia creato un insieme di 108 tecniche segrete. Re e principi lo hanno implorato di insegnargliele, ma senza successo”


    Ranma, senza smettere di attaccare e difendere, fece però tanto d’occhi.
    Sembra che io abbia ancora un sacco di strada da fare…


    “Comunque-concluse Kensei-quando si allena un allievo, specialmente, non è tanto importante insegnargli MOLTE tecniche, quanto scegliere QUALI tecniche insegnargli: esse si devono prima di tutto adattare alle sue caratteristiche personali, per esaltarle, e non il contrario”


    Ranma rimase un momento a soppesare la cosa.
    “E naturalmente questo me lo dice, come prima, per puro amor di chiacchiera, non perché abbia << avuto l’intuizione >> che possa servirmi saperlo per qualche altro motivo”


    “Ranma, ragazzo mio-concluse Kensei col suo miglior sorriso, sardonico come non mai-che ragione avrei di farlo, altrimenti?”

    ◊◊◊◊◊

    Nel pomeriggio Ranko andò con una consapevolezza nuova a trovare Kisara per allenarla.
    Trovò la ragazza che la aspettava, di buon umore, ma che si illuminò ancora di più nel vederla.


    “Wooah, Maestra! A qualcuno è capitato qualcosa di bello, durante le vacanze di Capodanno, non è vero?!”


    “Ancora? Ma cos’avete tutti oggi? E poi, nel caso, sarebbe capitato la settimana scorsa…cioè, ehm, volevo dire…”


    “A-ah! Lo sapevo! La Maestra ha per caso…trovato qualcuno?”


    “KISARA! Cosa ti avevo detto quando avevamo cominciato? Fa’ conto che io non esista e sia sbucata fuori dalla terra”


    La ragazza si schermì un po’, guardando da un lato ed arrossendo.
    Nonostante la severità e la riservatezza che la Maestra adoperava sempre, la ragazza aveva avuto l’impressione, ultimamente, che la donna dai capelli rossi stesse cominciando ad aprirsi con lei e quindi aveva osato un po’.


    “D’accordo, d’accordo, mi scusi. E’ solo che…beh, ero contenta.
    Che almeno a qualcun altro le cose stessero andando bene, e…ultimamente mi sembrava che noi…no, niente. Lasci stare, ha ragione”


    Ranma la guardò per un momento e si sentì un po’ in difetto. Poi sospirò.


    “Oh, Kami…d’accordo.
    Kisara, io…se hai un problema e vuoi parlare un po’, prima dell’allenamento…oppure dopo…possiamo farlo, se ti va. E’ solo che…non credo di essere molto in gamba nel dare supporto o consigli. Non sono la più frivola e femminile delle donne, come avrai notato”


    A Kisara si illuminarono gli occhi, non poteva quasi crederci.


    “Davvero? DAVVERO? Oh, grazie, Maestra, io…a dire il vero, non sono neanche sicura…di volerne parlare davvero” si voltò arrossendo di brutto.


    Santo cielo. Prima fa tutta la sentimentale ed ora è troppo timida per parlare.
    Non capirò mai le donne, mai.
    Preferisco decisamente Kisara quando si comporta come il maschiaccio che è.


    Ranma non sapeva come introdurre il discorso.
    Poi ebbe un’illuminazione “Diamo la colpa a quell’altro, tanto le sta già sulle scatole…”


    “Kisara-iniziò, esitante-a dire il vero…mio fratello me l’ha detto…”


    La sua allieva cambiò espressione.
    Ranko sembrò essere tremendamente imbarazzata.


    “Beh…non è proprio che noi PARLIAMO di te, od altro…diciamo che…gli è capitato di incrociare per strada altre persone di quel gruppo…come hai detto si chiama? L’Alleanza Shimpaku? Ed ha notato che…quei due tizi, quello grosso con gli occhiali da sole, e la tua amica abbronzata che usa il bastone…”


    Kisara fece un sorriso amaro. “Sì, Ukita e Kaname, il mio ex e la mia migliore amica escono insieme. E non posso neanche biasimarli”


    “In fondo…per tanto tempo io ho rifiutato di uscire con Ukita…poi mi sono arresa alla sua insistenza, e l’ho frequentato per un po’…ma non so se lo ricambiassi davvero.
    E non avevo idea…che Kaname, di tutte le persone…la mia migliore amica, la persona che ammiravo di più…fosse attratta da lui…ed è stata a guardare mentre lo frequentavo come niente fosse…


    Però, in fondo…ho lasciato io Ukita…non volevo che ci restasse male, ma non potevo continuare a fingere…eppure ora…vederli insieme…mi fa uno strano effetto…”
    La ragazza era sul punto di scoppiare in lacrime.


    “Mi rendo conto che Ukita mi volesse bene…non so, non sono sicura…forse ho semplicemente rifiutato il suo amore, ma al tempo stesso, non sto facendo nulla per ottenere quello di chi vorrei davvero…se così fosse, cosa farebbe questo di me?
    Avrei davvero diritto di ottenere la felicità, nel caso?”


    Ranko non si aspettava tutto quello sfogo, e non sapeva davvero cosa dire.
    Si sentiva in imbarazzo.


    Kisara però concluse “Mi scusi. Non dovevo buttarle addosso i miei problemi. Comunque mi sento meglio. Mi ha fatto bene anche solo parlarne”


    “Kisara, sappi solo questo, però-intervenne Ranko-io…non credo che ci siano alcuni che MERITINO o NON MERITINO la felicità.
    Essa…è una déa capricciosa. Non concede i suoi doni in base al merito, questo è sicuro. Ma se così fosse…tu la meriteresti, stanne certa”


    La sua allieva le rivolse uno sguardo…di incredulità mista a riconoscenza


    Ranko si limitò ad annuire.
    “Ed ora passiamo all’allenamento, ti va?”


    “S-sì, certo”.


    “Molto bene. A questo proposito-disse la giovane donna cambiando tono-ho riflettuto molto sul tuo addestramento. E mi sono resa conto…che finora ho proceduto un po’ a casaccio”


    La sua allieva fece tanto d’occhi. La Maestra stava parlando con tono parecchio impenitente.


    “Tuttavia-riprese, in modo cattedratico-questo era inevitabile, visto che non avevo esperienza di addestramento, come ti avevo avvisata.
    Ma questi primi tempi mi hanno permesso da un lato di rafforzarti e renderti più versatile e dall'altro di farmi un’idea e gettare le basi di tutto.


    Quindi ora ho sviluppato UN PROGETTO che si fonda sulle tue effettive esigenze. E procedo subito ad illustrartelo:

    1. Correggere i tuoi difetti dal punto di vista difensivo
    2. Insegnarti bene il combattimento aereo
    3. Tirare fuori il tuo Ki del Dou per potenziarti e per sfruttare al meglio la tua capacità di combattere come se fossi un gatto
    4. Farti sviluppare una tecnica segreta adatta alle tue caratteristiche
    5. Insegnarti bene come affrontare avversari armati
    E questo più o meno è tutto, mi sembra”


    Kisara non sapeva cosa dire.
    “Beh…d’accordo, ma…sembra un mucchio di roba”


    “Ed allora cominciamo subito”

    ◊◊◊◊◊

    “Allora, Kisara, dal momento che hai appreso come muoverti sui tetti, sei pronta per imparare uno dei principi fondamentali della Scuola Saotome: il combattimento aereo”.


    “Sì, Maestra”


    Kisara non stava più nella pelle: era quello che aspettava da una vita


    “Naturalmente-riprese Ranko-esistono più modi in cui puoi farlo: tu imiti già, da quanto mi ha detto mio fratello, i movimenti dello stile Furinji, usati dalla erede del Ryozampaku…lui me li ha più o meno descritti, e sono diversi dai nostri…e poi, anche quando combatti come un gatto, spicchi attacchi in salto.
    Quindi, quello che dovrai fare prima o poi sarà integrare più metodi di combattimento aereo differenti.
    Ma, prima di tutto, dovrai imparare il combattimento aereo dello stile Saotome, e poi potrai usarlo come base sulla quale aggiungere nuove mosse-la sua allieva annuì per far intendere che aveva capito-
    In pratica, il nostro stile si basa sul…beh, diciamo, sul restare sospesi in aria, mentre si combatte”.


    Kisara fece tanto d’occhi e si scordò una delle sue regole
    “Ma…Maestra, ma questo…è impossibile!”


    Ranko sembrò contrariata.


    Poi chiuse gli occhi un secondo e nel riaprirli, le disse
    “Kisara, se vuoi superare i tuoi limiti, devi capire una cosa: NON HA ALCUNA IMPORTANZA CIO’ CHE E’ POSSIBILE E CIO’ CHE E’ IMPOSSIBILE. ESISTE SOLO CIO’ CHE SCEGLI DI FARE QUI ED ORA”


    E per dimostrare il concetto, prese un sacco di sabbia, lo lanciò in alto come se fosse una pallina da baseball, poi spiccò un balzo a propria volta e raggiunto l’oggetto, a dieci metri d’altezza…iniziò a tempestarlo di calci.


    Nel fare questo, però, iniziò a girargli intorno a mezz’aria, come se galleggiasse, tempestandolo da ogni direzione, e nel frattempo diceva


    “Vedi, Kisara? Se colpisci un oggetto, od un avversario, il contraccolpo che ricevi genera  due forze contrapposte, e l’impulso del moto, annullandosi, fa’ sì che, finché non smetti di colpire…i due corpi rimangono sospesi in aria, come respingendosi a vicenda.


    Kisara Nanjo era esterrefatta


    Non riesco a credere ai miei occhi. Non può essere vero. Eppure, lo sto vedendo


    “E quando infine smetti…”


    Ranko ed il sacco precipitarono al suolo.
    Lei atterrò con la grazia di una ginnasta, il sacco era crivellato da ogni parte.


    Kisara tremava dalla sorpresa e dall’eccitazione.
    Allungò la mano sul sacco e guardò la sua Maestra come se avesse appena visto un unicorno.


    “E…questo principio…si può davvero imparare? Io…potrei farcela?”


    Ranko abbassò la testa di lato, con un sorriso sardonico

    ◊◊◊◊◊

    “Per quanto riguarda la difesa, invece-fece Ranko un altro giorno, prendendo la sua allieva e chiedendole di infilare i piedi in un vaso di terra, come fosse una pianta-il tuo problema è che non esegui abbastanza rotazioni col busto per eseguire delle parate con le braccia, ma preferisci muoverti con tutto il corpo per schivare.
    Ma cosa succede se non puoi o non riesci a farlo? Che le prendi di sicuro”


    Kisara era parecchio dubbiosa sull’essere stata trasformata in un vegetale ornamentale.


    “Così, invece, sarai obbligata a parare, se non vuoi farti male, perché NON PUOI spostarti.
    Inoltre, ruotando il busto per intercettare i colpi con gli avambracci, anziché solo alzando le braccia, bloccherai i colpi con maggiore efficacia.
    Preparati, perché ti attaccherò sul serio”


    “Ehi, un momento, ma…”


    Non ci fu nessun << ma>>. Ranko iniziò a girarle intorno in cerchio a supervelocità, tempestandola di colpi dall’alto, dal basso, da destra, da sinistra.
    Kisara si ritrovò a doversi voltare freneticamente, di volta in volta, dal lato dal quale veniva attaccata, per provare a sopravvivere.
    Era una cosa molto simile all’allenamento al quale Hayato aveva sottoposto Ranma.

    ◊◊◊◊◊

    Ranma si stava allenando con Sakaki al Ryozampaku.


    Era un Mercoledì mattina e stava facendo sparring con lui.
    Si scambiavano colpi ad alta velocità, muovendosi di continuo sul prato.


    “Bene, così-lo istruì il karateka con la cicatrice sul volto-non avere fretta, ricordati di cercare di rendere ogni colpo un colpo potenzialmente decisivo”.


    Ranma accelerò un po’ il ritmo, ed il karateka iniziò, oltre che a parare, anche a contrattaccare.


    “Molto bene! Mettiamo un po’ di pepe in questo allenamento!”


    Ad un certo punto si resero conto che si stavano allenando vicino a dove Akisame e Mousse stavano seduti, in centro al giardino, impegnati nella loro partita a shogi.


    “Ops! Scusate ragazzi, disturbiamo?” domandò Sakaki, distogliendo lo sguardo, ma continuando a duellare con Ranma come niente fosse.


    “NO!” risposero i due secchioni, all’unisono.


    Ma in quella, una delle pareti della camera di Shigure esplose verso l’esterno.


    Due furie ne uscirono fuori, muovendosi a grande velocità sul prato e scambiandosi ferocemente colpi con le spade.
    Erano Kuno e la Maestra di Spade e tutte le Armi.


    “Questa sarà la volta buona che il Tuono Blu ti batterà, dolce Shigure!” dichiarò il kendoka con il ciuffo.


    Shigure, però, non sembrava farci troppo caso, dal momento che parava agevolmente tutti i suoi attacchi usando solamente la mano sinistra, usando una spada corta.
    Ranma notò che la donna voltò lo sguardo verso il tavolo di Akisame e Mousse.


    Poi, con nonchalanche e l’aria birichina, Shigure estrasse una seconda spada corta con la mano destra ed attaccò il ragazzo cinese, seduto a giocare.


    Mousse, impassibile, tirò fuori dalla manica un largo coltello di foggia cinese e si mise a parare tutti gli attacchi con la propria mano destra, alla cieca, mentre continuava a tenere lo sguardo concentrato sulla partita.


    Ranma non avrebbe saputo dire cosa fosse più incredibile, se il fatto che il cinese ci riuscisse, o che Shigure stesse duellando separatamente con entrambi i ragazzi.


    “Woah!-riconobbe il ragazzo col codino-bisogna dire che si stanno tutti impegnando, eh?”


    “Puoi dirlo-concesse Sakaki-per questo non bisogna rimanere indietro”


    Ranma si rese conto solo dopo un po’ che sia lui che Sakaki stavano continuando a scambiarsi colpi alla cieca, mentre erano girati con la testa ad osservare gli altri.


    In quella, si sentì un urlo disperato, e qualcuno venne fatto volare via da dietro il muretto, finendo a terra, a poca distanza dal muro di cinta. Era Ryoga.


    “Apachai è in gran forma stamattina” osservò Sakaki.


    Il ragazzo con la bandana si rialzò a fatica, con la determinazione nello sguardo, mentre il suo Maestro si affrettava a vedere come stesse.


    “A…ancora!” dichiarò, con uno sguardo determinato.


    “Però, forse…quei due sono fatti l’uno per l’altro” osservò il ragazzo col codino.


    “Sì, ma non come pensi tu. Ryoga ha praticamente il problema OPPOSTO al tuo: tira pochi colpi, potenti ma lenti. Deve imparare a dosare la forza ed a sferrare più attacchi, migliorando la rapidità, se non vuole venire visto lontano un miglio.
    Ed Apachai, per quanto usi una potenza esagerata, è comunque perfetto per insegnarglielo, perché, come Gran Maestro, è anche molto veloce e tecnico”


    Ranma osservò come Ryoga si sforzasse di tirare raffiche di colpi, rapidi e meno potenti, ad Apachai, che ci danzava intorno e contrattaccava.


    “Io tiravo troppi colpi e devo sferrarne di meno, ma più potenti, lui invece deve migliorare velocità e precisione-riassunse il ragazzo col codino-sarebbe come a dire che, una volta corretti i nostri difetti…ci incontreremo a metà strada? I nostri stili finiranno con l’assomigliarsi un po’?”


    “Uhm! E chi lo sa? I praticanti di alto livello tendono ad assomigliarsi un po’ tutti. Al tempo stesso, quello che li differenzia è altrettanto importante. Il loro stile personale, le loro tecniche segrete…”

    ◊◊◊◊◊

    Ranko stava costringendo Kisara ad infilare rapidamente le mani dentro dei cesti pieni di ghiaietta.
    Poco prima l’aveva obbligata a fare la stessa cosa tenendo contratte le dita dei piedi nudi.


    “Avanti, coraggio! Non fermarti! Il CONDIZIONAMENTO di mani e piedi era un elemento essenziale nel Karate di Okinawa, ed anche se il tuo stile primario è il TaeKwonDo, dovresti rendere gli arti con i quali colpisci il più possibile robusti, per far male al nemico, senza farti male tu”


    “Ma…Maestra-uff!-posso chiedere-anf!-una cosa? Posso capire…le mani, i gomiti, le ginocchia, gli stinchi…ma perché far indurire-uff!-le DITA di mani e piedi, nello specifico?”


    “Per le peculiarità del tuo stile-le spiegò la rossa-come abbiamo visto, tu tendi a fare due cose: colpire il nemico con i calci e poco coi pugni, e combattere come posseduta, convincendoti di essere un gatto.
    Ma quando  fai la prima cosa, i tuoi pugni non sono abbastanza pesanti, mentre con la seconda, invece che colpire, graffi. Se graffi, devi rafforzare le dita, per evitare di farti ancora più male di quanto tu ne infligga all’avversario”


    “D’accordo, ho capito, ma…le dita dei piedi?”


    “Questo è per la prossima tecnica che ti insegnerò”


    Qualche minuto dopo, Kisara stava a piedi nudi di fronte a Ranko che mostrava una tavola di legno ed un grosso cartoncino simile ad un Calendario dell’Avvento, con un centinaio di foglietti adesivi rossi appiccicati sopra.


    “Per quanto riguarda i piedi, come facevano gli antichi Maestri, bisognerebbe essere in grado di attaccare un nemico con le dita del piede per penetrare nel corpo, come fosse una lancia” e per dimostrare il concetto, lanciò via una scarpa, contrasse le dita di un piede e sferrò un calcio alla tavola di legno, lasciandoci un foro di netto.


    “Pazzesco…se quello fosse un corpo umano…”


    “Esatto. Questo metodo può servire perché il dito di un piede ha una superficie più piccola della pianta, del collo del piede o dello stinco, ed è più difficile da parare. Inoltre, si può puntare a colpire il nemico in punti vitali, per sconfiggerlo rapidamente con pochi colpi.


    Per allenarti a fare questo, voglio che tu esegua questo esercizio. Ogni volta che tirerò via un adesivo-ed iniziò a tirare via gli adesivi rossi a supervelocità, rivelando che sotto avevano dei quadratini gialli-voglio che tu colpisca con precisione soltanto i quadratini gialli, hai capito?”


    “Io…sì, lo farò”


    “Mi raccomando, Kisara. Io credo che tu ce la possa fare…a realizzare una nuova variante di quella tecnica”


    “Quale tecnica?”


    “Ad eseguire una certa Tecnica Leggendaria…usando i piedi!”

    ◊◊◊◊◊

    Per diverse settimane, Ranma si infilò in camera di Miu dalle due alle tre volte alla settimana.
    Conosceva perfettamente l’ubicazione di trappole, antifurti e del campo minato, perché Akisame non aveva motivo di tenerglieli nascosti, o di non aggiornarlo sulle novità, quindi non ebbe mai difficoltà ad entrare di nascosto e senza lasciare tracce, evitando di essere ripreso dalle videocamere.


    Aspettava generalmente che sua madre dormisse, per fare rapidamente tutta la strada verso il Ryozampaku, ma era più probabile che Nodoka subdorasse qualcosa e fosse felice che il suo Ranma si stesse dando da fare, “come un vero uomo” con la ragazza del mistero…della quale oltretutto sospettava l’identità.


    Il ragazzo col codino e l’ultima del clan Furinji erano insaziabili. Si desideravano, si volevano, si assaporavano.
    Passavano tantissimo tempo a fare l’amore, ma anche a scambiarsi semplicemente tenerezze.
    In genere non ne parlavano non razionalizzavano il perché ed il percome dei loro sentimenti, e si comportavano l’indomani come niente fosse.


    Una sorta di tacito accordo che stava bene ad entrambi.
    Era come se, istintivamente, si cercassero, sentendo di avere una chimica naturale, ma fossero consapevoli che, parlandone o rendendone partecipe qualcun altro, l’incantesimo si sarebbe rotto.
    Nessun altro avrebbe capito. E tra loro non c’era bisogno di parole.


    A Miu in particolare, quella segretezza sembrava stare benissimo.
    Non voleva dover spiegare la cosa a nessuno.
    Non voleva giustificare la sua vita od averla sotto i riflettori, ancora una volta.


    Stessa cosa valeva per Ranma.
    Aveva avuto una sola relazione nella sua vita, con una dozzina di persone costantemente impegnate a ficcare il naso.


    Ad entrambi pareva perfetto avere finalmente qualcosa che appartenesse soltanto a loro.
    C’erano loro due, una stanza, ed il mondo intero rimaneva fuori…

    ◊◊◊◊◊
     

    Ad allenamento terminato, Ranko e Kisara accesero un fuocherello nel cortile e ci arrostirono sopra delle patate dolci, per fare uno spuntino.


    “Non pensavo che avresti retto così bene, dico la verità”


    “Eheh, te l’avevo detto che sono una tosta-ridacchiò Kisara, soddisfatta-E poi…l’allenamento non mi ha mai spaventato-anche se ammetto che questo è particolarmente pesante-perché quantomeno…è semplice. Lineare. Fai una cosa, ottieni un risultato”.


    “Non è come…i rapporti umani, intendi dire?”


    “Già, quelli…sono molto più complicati” ammise la ragazza, amaramente.


    “E’ importante avere la mente sgombra, quando ci si allena…anche se non è sempre facile, lo ammetto.
    Le relazioni sentimentali…beh, non posso dire di capirci poi molto. Sono sempre state un gran casino anche per me”


    Kisara voltò la testa verso la sua maestra con tono ammiccante. Forse poteva permettersi di osare un po’.


    “Beh, comunque avrà avuto sempre un mucchio di uomini che le ronzavano intorno, Maestra…o di donne, non conosco i suoi gusti”


    Ranko sembrò imbarazzata in modo persino eccessivo e cominciò a balbettare.


    “Che domande…io…sono assolutamente eterosessuale, anche se…in effetti, devo ammettere che ho avuto parecchi pretendenti di entrambi i sessi”


    “Ahah, lo sapevo!” gongolò la ragazza.


    “Non c’è un bel niente da esultare. La maggior parte delle persone che mi venivano dietro, lo facevano contro la mia volontà, ed in modo particolarmente insistente e fastidioso. E se credi che le donne siano meno peggio degli uomini, ti sbagli di grosso: ce ne sono alcune che sono davvero assatanate”


    “Questo non mi stupisce. I tempi sono cambiati. Io stessa non sono una ragazza molto tradizionale…beh, in realtà, nella nostra piccola cerchia di fanatici di arti marziali, quasi nessuna lo è”.


    “Ma c’è una bella differenza tra essere anticonvenzionali ed essere degli stalker!-riprese Ranko, seccata-quasi tutte le persone, uomini e donne che erano…brrr…interessate a me, erano convinte di avere dei diritti su di me. Volevano saltare direttamente all’altare!”


    “Pazzesco”


    “Sì, ed inoltre io stessa…in tutto quel marasma…non ho potuto avere…una vita sentimentale normale…che non fosse sotto gli occhi di tutti…potermi concentrare su chi avrei voluto davvero, senza interferenze…”


    Gli occhi di Kisara si illuminarono.
    Non sembrava tipo da gossip, ma evidentemente non c’era verso.
    Magari era davvero una cosa intrinseca alle ragazze, si disse Ranma.


    “Ed ora…c’è qualcuno nella sua vita, Maestra?”


    Ranko, arrossita, si voltò a guardare da un’altra parte con una mancanza di compostezza che una combattente Sei non avrebbe dovuto avere.


    “Può darsi, chissà…”


    Kisara si illuminò in viso, raggiante. La sua Maestra si comportava sempre come un robot, ma per una volta sembrava decisamente umana.


    “Ma…anche se fosse…non so esattamente come definire il rapporto…e forse…sia io che quella persona…riteniamo che tutto funzionerà meglio se rimarrà riservato”


    “Una relazione segreta! Com’è romantico!”


    Lo sarà davvero?
    Non credo di provare per Miu le stesse cose che provavo per Akane.
    Né credo che lei provi qualcosa di altrettanto profondo per me.
    Almeno penso, valle a capire le donne.
    Però…non è neppure una cosa solamente fisica. Cioè, è anche quello, ma non solo…


    “Oh! E per quanto riguarda Ranma?”


    “Come? Ranma? Perché? Ancora? Cioè, volevo dire…cosa c’entra mio fratello, adesso?”


    “Oh, non la capisca nel modo sbagliato: non mi piace suo fratello”


    E meno male, ci mancherebbe solo questa!


    “Anzi, a dirla tutta…penso che…mi interessino un po' di più le ragazze…forse è per questo che con Ukita, nonostante tutto…non poteva funzionare”


    UH? Aspetta un momento.Quindi forse non era gelosa di Ukita perché usciva con Kaname.
    Eppure ha parlato di << una persona >> che le interessa davvero, e nei confronti della quale non si sta impegnando abbastanza…

    Oooh, e se la realtà fosse che a lei interessa proprio


    “Tuttavia-riprese Kisara, arrossita come un peperone ed ansiosa di cambiare discorso-devo riconoscere che suo fratello è un bel ragazzo, Maestra. In effetti, vi assomigliate moltissimo.
    Oh, ma con questo, sia chiaro, non mi sto facendo strane idee su di lei.


    Né su di lui…che non mi sta neanche molto simpatico.
    Anche se…in effetti voi due vi comportate anche esattamente nello stesso modo…
    Ah, ma con questo non intendo dire che lei anche sia antipatica, io…”


    Kisara si era cacciata in un ginepraio da sola ed agitava le mani, a mulinello, imbarazzatissima, sprizzando stille di sudore da tutte le parti e rossa come la giubba di Ranma.


    “Kisara, TAGLIA CORTO!”


    “Sì, sì, quello che intendevo, è…immagino che anche lui avrà un sacco di ragazze che gli ronzano intorno. O di ragazzi, quello che è. Quindi ero curiosa. Volevo fare un po’ di gossip, tutto qui”


    Ranko sembrò scandalizzata all’idea dei “ragazzi”.


    Kisara si stupì del suo stupore.


    “PRIMO; mio fratello Ranma è INDISCUTIBILMENTE eterosessuale.
    SECONDO, a dire il vero…beh, ha molte meno pretendenti di quanto pensi. Meno di un tempo, perlomeno.
    TERZO…beh, no, in effetti, in passato ha avuto a sua volta parecchie pretendenti…non ci si può stupire, è talmente un bel ragazzo, forte e soprattutto virile…e QUARTO…”


    Kisara, che all’inizio era solo attenta, diventava sempre più perplessa ad ogni contraddizione, adulazione per il gemello e segno d’imbarazzo della giovane donna, ma quando arrivò questa pausa divenne curiosa marcia.


    “E quarto…beh…non so se si sia mai ripreso dalla rottura che ha avuto un anno fa” concluse Ranko.


    Il suo sguardo si fece lontano e vagamente triste, come se stesse pensando ai fantasmi di epoche passate e futuri mai realizzati.


    Kisara le mise una mano sulla spalla.
    “Mi dispiace, Maestra. Non è obbligata a parlare di questo”


    “Non ha importanza, il fatto è che…beh, trovo così ingiusto il MODO in cui sia finita. Uno scherzo del destino così crudele.
    Non era mai davvero riuscito a frequentare in santa pace la ragazza che gli piaceva davvero…che a sua volta era una dannatissima testona, se vuoi il mio parere…ed allo stesso tempo, la sua vita veniva complicata dalle altre pretendenti che credevano a loro volta di avere dei diritti su di lui…e proprio quando sembrava che la cosa andasse meglio…è andato tutto a catafascio”


    “Mi dispiace”


    “Non importa. Si vede che non era destino”


    “Voi due sembrate molto legati”


    “Oh, non sai quanto. Praticamente siamo un’unica persona


    “Dev’essere bello avere qualcuno con cui condividere tutto. Io sono figlia unica, sono abituata a stare da sola”


    Ranma si riscosse un momento: copertura a parte, si rese conto che era la stessa cosa per lui.


    Già…forse sarebbe stato bello avere per davvero qualcuno con cui condividere tutto, eh?


    “E questa ragazza…come l’aveva conosciuta?”


    Ranko fece uno sbuffo. “Umph! Questa è la parte migliore della storia. Quell’idiota di nostro padre aveva combinato un matrimonio per lui-nel ventesimo secolo, ci crederesti?-con la figlia del suo migliore amico, per fargli ereditare il dojo della famiglia di lei”


    “COOOSA? Ma è assurdo!”


    “Già, una cosa fuori di testa. Infatti all’inizio, i loro rapporti erano un disastro. Non andavano d’accordo, forse temevano che…se avessero mostrato una qualunque simpatia, quei pazzi dei loro genitori avrebbero affrettato le nozze”


    “Incredibile. Però diceva che anche lui aveva delle altre pretendenti, giusto?”


    “Sì, una serie di ragazze più o meno squilibrate”


    “E lui non ha mai…approfittato per divertirsi e basta con qualcuna di loro?”


    “MA NO; COSA DICI?


    Beh…a dire il vero…credo non gli sia mai passato per l’anticamera del cervello.
    Dopotutto…a lui piaceva la sua promessa…a modo suo…ed anche se così non fosse…il fatto che le altre avessero tutte delle…aspettative matrimoniali, gli ha impedito di…anche solo ipotizzare di farlo”


    Ranma si rese conto che non ci aveva mai pensato prima.
    Riprese a parlare, assorto nei suoi pensieri, come se parlasse a sé stesso prima che alla sua allieva.


    “Forse…dopotutto, avrebbe dovuto? Semplicemente divertirsi, come fanno molti ragazzi della stessa età?
    Ma non è il tipo…non lo farebbe se non sentisse comunque, non dico amore, ma una qualche connessione, credo…


    E poi…come ti dicevo, le aspettative...il dojo, il matrimonio...non lo so.
    C’era sempre di mezzo una pesantezza…una responsabilità…che è più di quanto un ragazzo dovrebbe provare a 16 anni”.


    Kisara rimase un po’ in silenzio.
    “La responsabilità, eh…”


    “Sì, è un concetto al quale penso spesso, ultimamente. Ereditare la scuola, assumersi il ruolo di Maestra…sono tutte cose che entrambi abbiamo a lungo evitato.
    Da un lato, è vero che non si può scappare per sempre. Dall’altro…


    Non credo neanche si debbano fare le cose solo per compiacere gli altri.
    Non credo si abbiano degli obblighi nei confronti di qualcuno solo perché gli piaci.
    Non bisogna annullarsi per il prossimo.
    E questo vale nei rapporti umani, con il lavoro, o…”


    “Con tutto, certo. E’ un concetto interessante. In effetti è vero, per quanto mi sentissi in colpa ad aver lasciato Ukita…alla fine è stato per il meglio. Per me ed anche per lui. Entrambi eravamo destinati a qualcosa di diverso”


    “Sì, invece Ranma…magari avrebbe potuto accettare di ereditare quella scuola…sposare quella ragazza…beh, in quest’ultimo caso…magari l'avrebbe voluto, un giorno…se non avessero corso tanto…se l’avesse incontrata in altre circostanze…e se l’avessero fatto solo per sé stessi e non per gli altri”


    “Quindi, alla fine, si è ribellato, in un certo senso. Ha ribadito la sua individualità”


    “Credo che…gli mettesse ansia. Sapere che il futuro…fosse già deciso. Da qualcun altro.
    Che la sua opinione non contasse nulla.
    Lui ha…cioè, noi abbiamo sempre accettato di dedicare la vita alle arti marziali, ma…”


    A Kisara venne il magone. Fece una tale faccia da funerale che Ranko si preoccupò.


    “Kisara, cosa c’è?”


    “No, mi scusi, non è niente, è solo che…a dire il vero, mi sono resa conto che…la mia vita è molto simile a quella di suo fratello”


    “In che senso?”


    “I miei genitori…beh, li vede. Sono ricchi, hanno solo me…mi hanno sempre un po’ viziata, e chiuso tutti e due gli occhi su quello che facevo…le arti marziali, gli scontri tra bande di teppisti…però loro si aspettano che io prenda in mano tutta l’azienda, un giorno. Ed io…non so se voglio farlo davvero”


    “Ma…non ti interessa come professione, oppure pensi di non…esserne in grado? O ti spaventa la responsabilità che comporta?”


    “Io…non lo so. Forse un po’ tutte e tre, non ci ho mai davvero pensato.
    Però…sì, forse la responsabilità mi preoccupa.
    Forse perché…credo che con essa, perderei la mia libertà.
    Io…ho sempre voluto vivere libera…come un gatto.
    Invece…temo soprattutto che…perderei tutto questo.


    Ma al tempo stesso, mi sento in colpa, perché…beh, dovrò pur fare qualcosa nella vita, no? Non posso continuare a farmi mantenere per sempre. Ma non saprei davvero cosa vorrei fare, per guadagnarmi il pane”.


    Non sai quanto ti capisca…hai ragione, è proprio come la mia storia col dojo Tendo…


    “Così, per il momento, abbiamo raggiunto un compromesso. Ho preso un anno sabbatico, ed al mattino studio per provare l’ingresso in Università l’anno prossimo…Economia e Commercio…ed in cambio, posso continuare le mie altre attività e ricevere un mensile.


    Ma…forse arriverà il punto in cui dovrò scegliere? Dovrò smettere con le arti marziali? Non potrò più combattere a fianco dei miei amici? Questo…mi spaventa”.


    Ranko rimase un po’ a riflettere, prima di risponderle.


    “Non credo che tu debba necessariamente smettere.
    La maggior parte della gente pratica le arti marziali come passatempo.
    Il capo di un’azienda di sicuro può organizzare il suo tempo in un certo modo, a costo di assumere qualcuno che gestisca tutto al posto suo e fare un po’ di profitti in meno.


    Oppure, potresti investire il denaro per fare qualcosa d’altro che ti piace.
    Vendere l’azienda, una volta ereditata.


    O trovare qualcosa di diverso che preferisci fare, mentre i tuoi mandano avanti l’azienda, e la venderanno quando andranno in pensione.
    La cosa migliore è avere diverse opzioni, credo. Chi nasce in una famiglia ricca ha più fortuna degli altri, quindi dovrebbe metterla a frutto”.


    “Lo so, mi vergogno un po’ di lamentarmi in questo modo. Forse sto davvero solo fuggendo dalle responsabilità. Loro ci tengono, ed io…non odio del tutto la prospettiva. Sono solo insicura, credo”.


    “Sì, la responsabilità…è un concetto interessante. Qual è il confine, la differenza tra fuggire dalle responsabilità…ed affermare la propria individualità?
    Forse nel secondo caso, sei disposta ad accettarle, purché sia tu a sceglierle, e non qualcun altro?”


    “Forse”


    “Ma nel tuo caso specifico…una persona di recente mi ha fatto riflettere su una cosa diversa.
    Le arti marziali…vengono costantemente tramandate alle generazioni successive. Altrimenti sparirebbero.


    Le arti marziali sono…parole che ci vengono dette da persone morte da centinaia o migliaia di anni. Un dialogo che intratteniamo con loro. Una prova della loro esistenza.


    Così come ogni nuova invenzione od aggiunta che faremo nella nostra vita sarà a sua volta una prova della nostra esistenza che lasceremo alle generazioni future.


    Forse…è la stessa cosa con tutto quello che si voglia trasmettere a qualcuno.


    I tuoi genitori ci tengono a tramandarti la ditta di famiglia perché continui ad esistere e perché…beh, è una cosa vostra, in un certo senso.


    Aaah, comunque, lascia stare. Ho parlato troppo. E’ ovvio che tu possa fare quello che vuoi”.


    La ragazza fece tanto d’occhi.
    Era strano sentire la sua Maestra fare discorsi così profondi, ed a giudicare dal suo sguardo, ne sembrava stupita lei per prima.
    Come se stesse maturando come persona in seguito a numerose esperienze, ma non se ne rendesse ancora bene conto. 


    “Sì, certo-disse Kisara-ma…è comunque una prospettiva interessante”.


    “Ricordati una cosa, però, Kisara. Esistono tante strade diverse per raggiungere un obiettivo.
    Non porti mai da sola dei limiti. Non ragionare in termini di bianco o nero.


    Se ti fissi a pensare che solo uno specifico obiettivo, solo una certa persona, solo un determinato modo di fare le cose possano condurti alla felicità…beh, o sei estremamente fortunata, o non sarai mai felice.


    Invece ragiona con la prospettiva che esistono diverse opzioni…che l’unico limite è la tua immaginazione…allora non potrai mai essere fermata da nessuno”.


    Kisara la guardava come se fosse il Buddha.


    “Sono…parole sue, Maestra?”


    “Non proprio. Diciamo che potrebbe avermele dette di recente un vecchio saggio***.


    Ma ti dirò un’altra cosa e questa è tutta farina del mio sacco.
    Lungi da me voler dare consigli sulla famiglia. La mia è un disastro.
    Ma proprio non ne ho quasi mai avuta una, capisco che valore abbia una famiglia unita.
    Io…ne ho sempre sentito la mancanza, credo, senza neanche rendermene conto.


    E quando sono venuta a contatto con le famiglie degli altri…ho provato calore. Ed anche invidia. E tristezza.


    Ed ora la mia famiglia non è più unita di nuovo…


    Però mi sembra di capire che tu ed i tuoi abbiate un buon rapporto, nonostante tutto.
    Quindi, nella vita fai quello che ti senti, qualunque cosa, eredita l’azienda oppure no, pratica arti marziali oppure no, diamine, unisciti ad un circo se ti va di farlo, ma…se è possibile, non rovinare il rapporto che hai con loro.


    Perché credimi, quando le cose andranno male, e prima o poi capiterà, vorrai avere quel porto sicuro al quale tornare.


    Io sono stata una ribelle, per buona parte della mia vita.
    E se conoscessi la mia famiglia, capiresti anche il perché.
    Però…se qualcuno ti vuole bene ed andate d’accordo…che gusto c’è a ribellarsi?”

    ◊◊◊◊◊

      

    Era da qualche settimana che al Ryozampaku non accadevano novità particolari.


    Da quando Ranma aveva fatto pace con Ryoga, e Miu aveva smesso di comportarsi in modo strano, e di mostrarsi fredda sia con Ranma che con lui, Kenichi pensava che niente potesse turbare la loro quiete.


    I rapporti fra loro quattro (includeva ormai anche Renka) erano ottimi, anche se potevano vedersi soprattutto nel fine settimana, quando uscivano come persone normali.


    Il ragazzo si rese anche conto anche di aver sempre sottovalutato Renka, e che dopotutto, era davvero una brava ragazza, ed una persona piacevole con la quale passare il tempo.
    Ultimamente il loro lavoro di squadra era migliorato e si domandava come sarebbero andati i prossimi scontri mensili 2 contro 1 programmati dall’Anziano.
    Kenichi però si trovò a pensare che forse lui e Renka potessero riuscire a sorprendere Ranma, la prossima volta, tanto stavano cominciando a cooperare bene.
    Infatti, già nello scontro di Dicembre (finito senza vincitori), il ragazzo col codino aveva fatto un po’ di fatica a combattere contro due avversari, anche se pareva divertirsi un mondo, specialmente da quando Renka aveva suggerito di mandarsi segnali col Ki per coordinare le loro mosse.


    La loro collaborazione era stata nettamente migliore di quella delle due ragazze, il mese precedente.
    Kenichi non poteva fare a meno di chiedersi quanto bene sarebbe riuscito a combattere insieme a Miu, a fine Gennaio.


    Allenamenti a parte, Kenichi, aperto di natura, aveva legato abbastanza con i compagni di Ranma, soprattutto con Ryoga, che sembrava dispiaciuto di tutto e pronto a ricominciare, un’opportunità che Shirahama, sempre disposto al perdono, era pronto a dargli.
    Era anche lieto che lo stesso Ranma fosse arrivato a far pace con lui, nonostante tutto.
    Il Discepolo Più Forte ed il giovane senza senso dell’orientamento avevano diverse cose in comune, tra cui una certa natura timida e sognante e Ryoga si era persino offerto di leggere le bozze del libro che Kenichi stava scrivendo, per dargli un parere.


    Anche con Kuno i rapporti erano abbastanza buoni (per quanto lo vedessero poco e riuscissero a capirlo ancor meno), tranne quando provava a dare mazzi di fiori a Miu e Renka chiedendo loro di uscire: entrambe rifiutavano, Miu imbarazzatissima e Renka lusingata, ma ferma (però si teneva comunque i fiori).


    Kenichi si rese conto di essere seccato…forse persino geloso…in entrambi i casi?
    Kuno era anche il più superficialmente socievole dei tre nuovi allievi del Ryozampaku, e spesso partecipava alle uscite con l’Alleanza Shimpaku: oltre a parlare molto di sé, ed a cercare di impressionare tutti con i suoi soldi (ma a tutti andava bene, per farsi offrire un giro di bibite gratis), l’aspirante samurai aveva ovviamente messo lo sguardo su TUTTE le belle ragazze che componevano il gruppo…e non erano poche.


    Naturalmente, Takeda ed Ukita provvedevano a non farlo avvicinare troppo a Freya (non che non sapesse contenerlo da sola), ma soprattutto, Kenichi si stupì di come il ragazzo si trovasse bene con Thor, il lottatore di sumo (a causa del loro comune amore per il romanticismo e le tradizioni giapponesi) e di come, tutto sommato, venisse tollerato dalle stesse otto Valkyrie.
    E’ vero che Tatewaki probabilmente si era convinto che le avrebbe rese membri di un suo personale harem, ma le ragazze, fatte della stessa pasta degli altri, erano contente che si fosse aggiunto al gruppo un altro utilizzatore di armi ed in qualche occasione Shigure lo portò con sé il Giovedì pomeriggio alla sede dello Shimpaku per allenarsi con loro. Non c'era neanche da escludere che qualcuna di loro lo trovasse carino. O fosse affascinata dai suoi modi, o dal suo portafoglio.


    Mousse era infine quello che rimaneva più misterioso di tutti e che, nonostante i suoi sforzi, Kenichi non era mai riuscito a far partecipare ad una delle uscite settimanali con tutti gli altri: sembrava sempre avere altro da fare e se da un lato rifiutava in modo educato, al Primo Discepolo i suoi modi calcolatori, freddi e scostanti parevano persino sospetti.
    Come se avesse qualcosa di molto importante per la testa che non potesse raccontare a nessuno.
    Tuttavia, Ranma sembrava non curarsene…come se si fidasse comunque di lui, o soltanto perché conoscesse meglio il suo carattere e non ci trovasse, in fondo, nulla di strano.


    Quanto a Ryoga…il ragazzo col codino non esagerava nel dire che aveva un pessimo senso dell’orientamento: trascorreva più di metà settimana perso da qualche parte, a cercare di ritrovare la strada per il Ryozampaku…e questo nonostante avesse piantato la sua tenda nel prato principale del dojo!


    Di conseguenza, finiva con l’allenarsi con Apachai soltanto tre giorni a settimana.
    Tuttavia quei tre giorni parevano sufficienti per fargli conseguire rapidi progressi-per quanto facesse fatica ad adattarsi-confermando che qualcuno in grado da fare da rivale a Ranma, doveva essere davvero forte.


    Quanto a Ranma, l’unica cosa di lui che turbava Shirahama erano le sue sparizioni pomeridiane che si ripetevano ormai da qualche mese.


    Perché non poteva dire loro che lavoro stesse facendo?
    Era invischiato in qualcosa di losco?
    Oppure era solo una scusa per vedere una ragazza?


    Eppure da quel che aveva raccontato non sembrava essersi ripreso dalla rottura con quella Akane, quindi Kenichi ne dubitava.
    E non riteneva Ranma capace di commettere dei crimini (sarebbe stato anche stupido, con tutto il tempo che passava con Sakaki), principalmente perché ne intuiva la natura, in fondo buona.
    Dopo quell’unico litigio che avevano avuto, subito dopo il loro scontro, andavano d’accordo a meraviglia.


    Senonché le parole che Ranma gli aveva rivolto quella volta continuavano, di tanto in tanto, a turbarlo.


     <<Tu non ami davvero le arti marziali, le usi soltanto>>.


    E non solo per il significato (ci stava in effetti riflettendo sopra), ma per il modo con cui gliel’aveva detto. Quasi con disprezzo.
    E questo gli fece ricordare un'altra cosa. Le stesse parole gli erano già state dette in passato da un nemico come Kajima Satomi, il capo dello Yomi.


    Non è bizzarro che Ranma mi abbia detto le stesse cose di un nemico mortale?


    “Naa, ma cosa vado a pensare? Lui è un bravo ragazzo. Non potrebbe fare mai del male a me od a qualcuno di noi”

    ◊◊◊◊◊

    Proprio in quei giorni il “bravo ragazzo” aveva deciso di allenare Kisara per farle acquisire il Ki del Dou.


    E’ una delle cose che mi aveva incuriosito su di lei…è in grado di combattere in uno stato di trance simile al Neko Ken…però lei riesce ad entrarci ed uscirci di proposito…è a causa della sua ossessione per i gatti? Ed io che pensavo di conoscere gente strana


    “Allora, Kisara-esordì Ranko-come dicevamo, tu riesci a combattere identificandoti con un gatto. Come se fossi sotto ipnosi.
    Ho già-ehm!-visto una condizione simile, ma l'altra persona non poteva entrare di proposito in quello stato, né controllarsi come fai tu.


    Ora, combattere così ferocemente è una manifestazione del Ki del Dou, ma tu non riesci a controllare la tua aura in maniera cosciente.
    Dal momento che io stessa uso il Ki del Sei, sarà un po’ più difficile addestrarti, ma la prenderò come una sfida…”


    “Va bene Maestra” ma Kisara aveva praticamente un punto interrogativo in testa


    “Per abituarti a combattere come un gatto, ti chiedo di comportarti come un gatto per tre interi giorni. Ed ho portato qualcosa che può aiutarti.
    Per cominciare…”


    E le rovesciò addosso un sacco pieno di erba gatta****


    “Ma che cosa fa?”


    “Diciamo che…ti servirà per immedesimarti…e per stimolare gli animali che sono in quel sacco”


    “Sento odore di selvatico…dentro quel sacco ci sono dei mici?”


    “Non esattamente” disse Ranko aprendo il sacco con un gesto rapido, come un prestigiatore che tiri via una tovaglia da un tavolo, senza far cadere i piatti


    “Ma quelli…sono cani?!”


    “Esatto, i nemici naturali dei gatti. Ho immaginato, che, nonostante tutto, avessi bisogno…di un piccolo incentivo!”


    I cani, aperte le gabbie, sentendo l’odore di erba gatta, scambiarono Kisara per un felino, e cominciarono a rincorrerla


    “Ma…MAESTRA! Questo è un po’ troppo!”


    “Silenzio! E ricorda, sei un gatto! Non ti sto vedendo muovere nel modo giusto, mi sembra!”


    Imprecando, Kisara iniziò a correre a quattro zampe, cercando comunque di distanziare i cani, poi, vedendo che non ci riusciva, iniziò, sempre a quattro zampe, a saltare su muretti, tetti, lampioni, siepi, qualunque cosa pur di seminarli.


    Ok…dovrebbe andare. Cioè, spero di non aver esagerato…voglio dire, quello che ho fatto, non è la stessa cosa che mio padre ha fatto a me…vero? Kami, perdonatemi…


    Tre giorni dopo, Ranko si inoltrò in un boschetto cittadino.


    Fu là che la vide, accovacciata dietro un cespuglio, che spolpava un pesce.
    Sembrava fiammeggiante. Di sicuro, quello che Ranma percepiva era Ki del Dou.
    Nel vedere l'intrusa, Kisara si tenne stretta la lisca, come se volessero soffiargliela, e soffiò, con ferocia.
    Ranko deglutì. Si era davvero identificata in un gatto. Poco più in là, c'era solo la licantropia.


    Si abbassò in ginocchio e cominciò a fare: “mch, mch, mch…vieni, gattino bello…”


    (per non rimanere spaventato dall’atteggiamento di Kisara, Ranma aveva dovuto fare un allenamento speciale: si era messo davanti ad uno specchio con una foto di Kisara ed una di uno dei gatti di Miu, e le alzava a turno, dicendo: “questa è Kisara…e questo è un gatto” e dandosi uno schiaffo da solo ogni volta che, riflessa nello specchio, si vedeva fare una smorfia. Alla fine aveva una guancia rossa come un peperone, ma era convinto che non si sarebbe spaventato neanche se l’avesse sentita miagolare)


    “Vieni, qui, bel gattino…guarda cosa ho per te”…e tirò fuori due piattini, uno con del pesce arrosto ed un altro con del latte.


    Kisara balzò in avanti tutta felice e le si accovacciò sulle ginocchia, facendo le fusa.


    “Brava, micina. Prendi il tuo latte adesso”

    ◊◊◊◊◊

    Mentre assisteva ad uno dei duelli del Sabato tra gli Allievi (nello specifico, tra Renka e Kenichi), Ranma si ritrovò a pensare a come ormai considerasse il Ryozampaku la sua casa.


    La sua vita era stata sconvolta più di un anno prima, ed aveva perso tutto quello che aveva…era stata dura ricominciare da zero e dire addio a tutte le persone che conosceva (anche se ora ne aveva ritrovate alcune), ma ora gli sembrava di aver raggiunto un nuovo equilibrio.
    Aveva di nuovo persone importanti nella sua vita, viveva con sua madre, faceva quello che gli piaceva di più.
    Gli piaceva allenarsi lì, gli piaceva allenare Kisara (si stupì a pensare che non gli seccava neppure troppo trasformarsi in donna per farlo), gli piaceva frequentare Kenichi, Miu, Renka ed i ragazzi nello Shimpaku nel weekend, come persone normali…e gli piaceva quello che aveva con Miu, qualunque cosa fosse.


    Fu riscosso da quei pensieri da una parata particolarmente efficace di Kenichi.


    Il Primo Discepolo del Ryozampaku, si rese conto, aveva fatto passi da gigante da quando lo aveva visto la prima volta e da quando ci aveva combattuto contro.
    Si muoveva in modo più fluido, subiva molti meno colpi, ragionava di più sulle mosse da usare, le concatenava con efficacia e fondeva molto bene insieme le varie arti marziali.
    Si iniziava ad intravedere alla lontana l’elemento dell’ “arte” nelle arti marziali…uno stile personale, diciamo.


    Si sorprese a domandarsi se fosse stato anche merito suo, del modo nel quale gli aveva riorganizzato gli allenamenti.
    All’epoca già fare quello gli era sembrato un passo incredibile, non avrebbe immaginato, solo pochi mesi dopo, che avrebbe preso direttamente un’Allieva.


    Allenare qualcuno, si rese conto Ranma, aveva dei risvolti non banali, persino interessanti.
    Per chi fosse già capace di fare le cose, sia che ci fosse sempre riuscito e sia che avesse faticosamente imparato, spiegarle a qualcun altro non era affatto scontato.
    In alcuni casi, era possibile incontrare difficoltà nell’esporle perché le si davano per scontate od, all’opposto, immaginare che l’allievo avrebbe incontrato le stesse difficoltà che avevi avuto tu…e magari non era così, oppure ne trovava delle altre che non avresti mai immaginato.


    I Maestri sono imprevedibili di proposito, i Principianti sono imprevedibili per sbaglio*****


    Era un vecchio detto delle arti marziali che a volte gli ripeteva suo padre.


    Già, suo padre. Ranma si rese conto che il vecchio Genma…a volte gli mancava.


    Non era stato troppo triste che Nodoka l’avesse cacciato di casa, ma in fin dei conti si sentiva in colpa.
    Quando era avvenuto quel disastro con Akane e Ryoga, Ranma era sbottato ed aveva detto a tutti quanti ogni cosa che pensava di loro.
    Questo aveva avuto molte conseguenze un po' su tutti, ma l’essersi fatto sfuggire che Genma gli aveva tenuto nascosta l’esistenza di Nodoka per tanti anni aveva causato la rottura tra i suoi genitori.


    Il vecchio bastardo se lo merita, non c’è dubbio. Ho sofferto tanto il non avere una madre.


    Però…ora che alleno Kisara, mi trovo spesso a ragionare come farebbe lui.
    A rispettarlo di più, come praticante marziale, anche se non come uomo.
    A capire quanto profondamente mi abbia influenzato.
    Di sicuro…gran parte della mia forza è merito suo.


    Allenare Kisara, si rese conto Ranma, aveva anche delle altre conseguenze.


    Dovendo spiegare a qualcun altro delle cose che per lui erano ovvie lo obbligava a rifletterci sopra.
    E si rendeva conto di sapere un sacco di cose, anche se non sapeva di saperle.
    E nello spiegarle a qualcuno, le capiva meglio lui stesso.


    Avrebbe giurato di essere migliorato come praticante solo per aver fatto lavorare il cervello per allenare la ragazza.


    Inoltre, e questo ebbe conseguenze significative su molte altre persone, allenare direttamente qualcuno fece capire a Ranma una cosa.
    Far fare allenamento fisico, coi pesi od in altro modo ALL’INIZIO della lezione, come facevano al Ryozampaku, era un errore.
    Era piuttosto meglio allenare prima la flessibilità, un po’ di resistenza cardiovascolare e poi la tecnica per la maggior parte del tempo ed allenare la forza solo per ultima.
    In questo modo, il praticante non era stanco ed era più lucido quando allenava la tecnica, poi allenava la forza, concludendo sì l’allenamento sfinito, ma rafforzando gli stessi muscoli che aveva allenato per la tecnica, rendendola ancora più efficiente.


    Ranko fece perciò questa modifica nella routine di Kisara e, notandone l’efficacia, scelse di implementarla per sé.
    Propose ai Maestri del Ryozampaku di fare in questo modo per lui e questi, dopo aver riconosciuto che si trattava di un metodo più vantaggioso, fecero ben di più: adottarono tale soluzione per TUTTI i loro allievi. Kenichi, Miu, Renka, Ryoga, Mousse, Kuno e tutti i ragazzi dello Shimpaku si ritrovarono così ad essere leggermente influenzati da un’idea di Ranma, anche se allenati da altri.


    I Maestri subdoravano che Ranma stesse allenando qualcuno in segreto, ma, ancora una volta, rispettarono la sua privacy e non dissero nulla.
    Sembravano però molto soddisfatti.
    Una tale conseguenza imprevista aveva fatto evolvere, almeno un po’, il mondo delle arti marziali.


    Hayato l’aveva detto: A volte I Maestri imparano persino dai loro Allievi
    Chissà quante altre volte è già successo e chissà quante altre volte capiterà in futuro.

    ◊◊◊◊◊

    Qualche settimana dopo, finalmente, Kisara ci riuscì.


    Lei e Ranko spiccarono un balzo verso l’alto nello stesso momento ed iniziarono a sferrare una raffica di calci superveloci una contro l’altra.


    Entrambe colpivano l’una i piedi dell’altra, e nel farlo…rimanevano sospese in aria sul posto, girando anzi su sé stesse, attratte dal movimento di centrifuga, come un girotondo impazzito.


    Infine, dopo una dozzina di secondi, Kisara perse le forze, e si lasciò cadere, atterrando comunque in ginocchio a terra.


    “Io..io…CE L’HO FATTA! Ce l’ho fatta davvero! Sono rimasta sospesa per aria! Non è così, Maestra?”


    Ranko aveva in viso un’espressione del tutto nuova


    “Sì…sei stata brava, Kisara”

    ◊◊◊◊◊

    Più tardi, Kisara era così stanca per l’allenamento e spossata per le emozioni provate, che crollò mezza addormentata su uno dei muretti del campo d’allenamento.


    Ranko la vide, con un breve sorriso, le si avvicinò e la coprì con una coperta, ma mentre faceva questo, la Valkiria le si accoccolò sulle ginocchia con la testa, nel dormiveglia, e farfugliò qualcosa come “Mmmh…Maestra…grazie…di tutto…” e poi si mise a dormire con espressione beata.


    Ranma rimase un po’ imbarazzato per quella posizione, come fosse un genitore, od un fratello maggiore (beh, una sorella).
    Poi, però, sospirò e sorrise, rassegnato.


    Si ritrovò ad osservare con atteggiamento di cura il respiro lento e regolare della sua allieva nella luce arancione del tramonto.


    E’ questo che vuol dire…essere dei Maestri?
    Sarà questo che provano loro di solito al Ryozampaku con Kenichi, Miu, Renka…e con me?
    Questa…tenerezza? Questo…orgoglio?
    Beh…devo ammettere…che non è poi tanto male

    ◊◊◊◊◊

    << NOTTE FONDA; IN UN LUOGO SCONOSCIUTO >>

     

    Due figure appaiono nell’ombra. Una ha una voce maschile, l’altra femminile.


    M: L’operazione è andata bene, mi sembra


    F: Sì, anche se è stata più complessa e lunga del previsto


    M: Ma l’importante è che quelli del Katsujinken non sospettino nulla. Ora…abbiamo tutto quello che ci serve.


    F: Sì, infiltrarci nell’operazione di contrabbando di armi per far arrivare la nostra merce in Giappone…senza che nessuno se ne accorgesse, è stata un’ottima idea.
    Né le autorità governative né i membri del Ryozampaku potevano immaginare la verità. Diamine, gli stessi contrabbandieri non sanno di essere stati sfruttati da noi


    M: E’ valsa la pena assumere quei due per proteggere il carico. Da quando lo Yami si è diviso, ed i traditori hanno collaborato coi nostri nemici per fermare l’Eternal Sunset, non combattiamo più insieme, è vero…ma ci serviamo ancora degli stessi intermediari per trovare lavoro come mercenari. Influenzare la scelta di quei due come Guardiani è stato facile, e persino loro non sospettano nulla


    F: Ma alla fine il vecchio Sogetsu non ha partecipato allo scontro. Abbiamo rischiato che se ne accorgesse


    M: Per fortuna non è accaduto. Certo, le armi sono state sequestrate…casse comprese. Ed è proprio nei doppi fondi delle casse che abbiamo nascosto quelle particolari sostanze chimiche che ci servono per l’operazione. Ci è voluto del tempo per creare gli scomparti segreti nei quali nasconderle…le navi dall’Indonesia hanno dovuto lavorare notte e giorno per realizzare il tutto.


    Perciò era importante che le casse venissero fisicamente sbarcate, a qualunque costo, al punto da dare quel preciso incarico ai Guardiani…che i contrabbandieri siano stati arrestati è un dettaglio secondario. Per lo Yami non cambia nulla dover recuperare il contenuto dalla Yakuza o dai magazzini della polizia…abbiamo abbastanza gente sul nostro libro paga anche lì


    F: Abbiamo fatto bene ad inventare una doppia storia di copertura; una per la Guardia Costiera ed una da raccontare ai nostri complici, in caso li avessero beccati. Così nessuno sospetterà mai quale fosse il vero motivo di quella lunga sosta in alto mare


    Piuttosto, è un peccato che Noyamura si sia fatto beccare da quelli del Ryozampaku. I suoi talenti avrebbero potuto esserci ancora utili


    M: troveremo una soluzione diversa per quando dovremo ripartire con il prossimo carico, visto che non possiamo contare su di lui per preparare documenti falsi per l’imbarco. Certo, l’operazione potrebbe rallentare, ma non di molto


    F: Sì, e con l’esperienza accumulata, abbiamo un’idea molto precisa delle misure di sicurezza marittima giapponesi.
    Ora possiamo far entrare ed uscire cose e persone dal paese senza che nessuno se ne accorga


    M: Quindi l’ultima e più importante parte del piano può cominciare


    F: al tempo. I nostri scienziati non hanno ancora replicato la formula esatta, neppure con gli appunti che hai procurato loro. Potrebbero volerci dei mesi: non capita tutti i giorni di attraversare i confini tra scienza e magia


    M: Pazienza, nel frattempo continueremo la sorveglianza sugli obiettivi ed agiremo soltanto quando saremo pronti…e per maggior sicurezza, faremo entrare nel paese quelle persone soltanto all’ultimo momento


    F: Entrambe le opzioni presentano dei rischi: farli arrivare un po’ alla volta nel corso del tempo aumenta la possibilità che qualcuno se ne accorga…d’altro canto, farli arrivare tutti insieme rende assolutamente impossibile non lasciare tracce, ma darà anche meno tempo ai nostri avversari di preparare delle contromosse…riflettiamoci sopra.
    Il vero problema…riguarda la sorveglianza degli obiettivi…se qualcuna delle nostre spie venisse a sua volta notata da uno dei bersagli…o da qualcun altro…


    M: Temi…che LUI possa accorgersene?


    F: Lo sai, ha vissuto in entrambi i mondi, sa come ragioniamo…Potrebbe intuire il nostro scopo, ed ha passato molto tempo a metterci i bastoni fra le ruote. Per ora, non può farsi un’idea del nostro piano, però se LI contattasse, potrebbe metterci in difficoltà


    M: Non ce la faranno…agiremo tanto in fretta, che non si renderanno neanche conto di cosa li abbia colpiti


    F: Umph…tuttavia questa volta ci sono delle incognite…dei nuovi giocatori parteciperanno alla partita


    M: Sì, sembrano degli interessanti oggetti di studio…preferirei lasciarli crescere con la dovuta calma, per provare a servircene in futuro…ma se dovessero mettersi in mezzo…finiranno schiacciati!


    L’OPERAZIONE PIGMALIONE non deve incontrare ostacoli!

    ◊◊◊◊◊


     
    Nota dell'Autore:

    Da un lato mi sembrava necessario tornare qui, sugli allenamenti che Ranma fa fare alla sua allieva, perché mi pareva di trascurarla un po', dall'altro c'era bisogno di staccare dagli avvenimenti "intensi" degli ultimi tempi.


    Instaurare un rapporto con Kisara, farle da mentore, confrontarsi con la sua vita e provare a consigliarla, sono dei passaggi importanti della crescita di Ranma come persona.


    Le riflessioni che faccio alla fine sull'insegnamento derivano dalla mia esperienza personale come istruttore di Karate, tra parentesi ;)


    Questa poi è una fanfiction dove l'azione è molto importante, come avete visto, quindi il fatto che tutti si allenino e che si descriva un po' il come facciano non è secondario


    Gli amici di Ranma devono riuscire, non dico a raggiungerlo, ma a stare al passo con lui.
    Mi piaceva anche che Ranma diventasse sempre più amico degli Shimpaku, anche se non li faccio spesso agire direttamente


    Infine, le riflessioni sulla vita, sulla responsabilità e sulle scelte tra Ranko e Kisara sono universali: e non credo che vadano per forza in una direzione od in un'altra.


    Kisara si comporta in maniera un po' più docile con la sua terribile Maestra di quanto faccia abitualmente con tutti, ma volevo proprio che si affezionassero a vicenda, alla fine.


    Ho un pizzico citato la scena di Akane che riece a far calmare Ranma durante il Neko Ken, ma alla rovescia: solo che qui non ci sono sottotesti sentimentali


    Al tempo stesso, Ranma solleva qualche dubbio in Kenichi e si rende conto di usare metodi simili al vecchio Genma, a volte....nessuno è solo bianco o nero.


    Infine, andava ripresa la trama parallela: capisco che l'auto-spiegone da parte dei nemici sia abbastanza trito, ma occorreva lanciare qualche sasso nello stagno (e poi nascondere la mano subito) prima delle vere e proprie rivelazioni sui loro piani. Il nome del piano è però un indizio. Passerà parecchio prima che possiate scoprire se avete indovinato.


    Quanto a Ranma e Miu, è sempre stata mia intenzione (anche se correttamente notato nelle recensioni) mantenere una certa ambiguità di fondo sul loro rapporto: è sesso? E' Amore? E' passione? E' bisogno di stare con qualcuno che ti capisca? E' qualcosa di più di niente, ma meno di qualcosa?


    Non ho mai voluto che fosse al 100% romantico, ma sono il tipo di persone da divertirsi e basta?


    Il prossimo capitolo vedrà Ranma affrontare una prova molto importante per il suo futuro, e capire qualcosa su di sé.
    Aspettate e vedrete!


    Legenda

    *: più precisamente, nelle arti marziali giapponesi queste tre fasi sono chiamate Shu-Ha-Ri, dove Shu è la prima fase (significa “obbedire”), Ha è la seconda (“distacco”) e Ri è la terza (“Separazione”)


    Ougi**: Mossa Finale o Definitiva. E’ un termine che si usa spesso anche nei videogiochi


    ***: infatti, se vi ricordate, gliele ha dette, più o meno, Hayato nel capitolo 13


    Erba Gatta****: in italiano Gattaia o Gattaria, come scientifico Nepeta Cataria, pianta della famiglia delle Lamiacee, diffusa anche in Italia, contiene una sostanza che è analoga ai feromoni dei gatti (o dei felini in generale) che ha una funzione stimolante su di loro, spingendoli a strusciarsi, leccare e rotolarsi su di essa. Gli effetti neuroattivi di questa pianta sui gatti vengono spesso esagerati in molti manga


    *****: questo detto esiste realmente nelle arti marziali giapponesi


     

    Mini-Guida per il manga di Kenichi:

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 18
    *** Il Momento Culminante ***





    Passarono altre settimane, e poi venne il gran giorno.


    Quella domenica mattina, al Ryozampaku, si respirava un’aria carica di controllata tensione, ed al tempo stesso di gravitas, come se la solennità del momento, intuita ed accettata come indiscussa da tutti i presenti, si riflettesse nell’ambiente circostante.


    Quasi a mostrarsi benevolo, il tempo era magnifico per essere appena iniziato Marzo. Il cielo era sgombro, il vento accarezzava appena la pelle ed il sole scaldava qualche grado in più della media.


    Su una serie di cuscinetti, sotto il portico, stavano seduti, inginocchiati in posizione di seiza, tutta una serie di persone, alcune delle quali non abituate ad essere lì.
    L’esempio più eclatante era Nodoka Saotome, la madre di Ranma, con la katana nel fodero, sotto un braccio, ed una coperta leggera sulle spalle. Sorseggiava del tè.


    Anche Miu, Kenichi e Renka stavano nella stessa posizione, di fianco a lei, vestiti nei loro abiti di tutti i giorni.


    E di fianco a loro quelli, tra gli allievi, più vicini a Ranma: Ryoga, Mousse e Kuno.


    Per evitare eccessivo affollamento, all’Alleanza Shimpaku non era stato concesso di venire.
    Con una sola, significativa, eccezione.


    Kisara stava inginocchiata come tutti gli altri, leggermente imbarazzata e con l’aria di chi non è del tutto a proprio agio.


    Dal lato del muro, in piedi in mezzo al giardino, si stagliava l’Anziano, Hayato Furinji, più che mai solenne nel suo ruolo di capo del dojo.
    Alla sua sinistra, in piedi e disposti in una riga ordinata, i Maestri del Ryozampaku facevano bella mostra di sé, guardando i loro ospiti di fronte, a qualche metro di distanza.


    Finalmente, la persona che attendevano tutti uscì dall’edificio.
    Ranma Saotome attraversò lo spazio che lo separava dai Maestri con passi lunghi e ben distesi, ma al contempo calmi.
    Una determinazione feroce, eppure controllata, si leggeva nel suo sguardo.


    Passando vicino a Kisara, si fermò un momento.
    “Oh, quindi sei venuta. Non ne ero sicuro”


    “Tsk!-si schermì la ragazza, imbarazzata. E’ solo perché me lo ha chiesto LEI direttamente”.


    Kisara ripensò alla conversazione avuta qualche giorno prima con la sua Maestra
    << E comunque…non capisco il perché di tutto questo mistero-aveva detto la ragazza-Che voglia farmi assistere ad un momento così importante per Ranma, passi. Ma allora perché non viene di persona anche lei? Dopotutto, è di suo fratello gemello che stiamo parlando! E poi…dice che sarà presente vostra madre? Ma dice che io non devo parlarle come se conoscessi sua figlia, anzi, non devo nominarla per nulla? Perché? >>


    << Shht! Cosa te lo ho chiesto a fare, allora? Diciamo che…io e la mamma non andiamo molto d’accordo, in questo periodo. Come ti ho detto, sono una ribelle, ti basti sapere questo. Ma non ti preoccupare, noi…ci vogliamo molto bene lo stesso-aggiunse, abbassando lo sguardo per non far notare che era arrossita-E per il resto…come ti ho detto, sarà uno spettacolo utile per la tua istruzione. Ma stai pur certa…che in un modo o nell’altro, anche se non mi vedrai, assisterò a tutto quello che succederà laggiù >>


    “Sono contento-disse, sinceramente, Ranma, passando di fianco al maschiaccio-tieni bene gli occhi aperti. Sarà uno spettacolo da non perdere”


    “Tsk! Spero che ti facciano fuori-replicò la ragazza, con una delle frecciatine che erano la base dei suoi rapporti con Ranma ragazzo-anzi no, vedi di restare vivo, così un giorno potrai darmi la mia rivincita per quella volta”


    “Ma ora che tu sarai pronta per una rivincita-replicò il ragazzo col codino, voltando il viso in un sorriso di scherno-magari sarò diventato troppo vecchio io”


    Passando davanti a Kenichi e Miu, Ranma rivolse degli sguardi intensi ma sereni-Miu gli lampeggiò rapidamente uno sguardo al contempo preoccupato e di incoraggiamento-mentre, arrivato di fianco a sua madre, abbassò la testa in un inchino accennato.


    Passando di fianco a Kuno, Mousse e Ryoga, infine, gli sguardi contavano più delle parole, ma gli rivolsero comunque dei cenni di saluto, pugno contro pugno.


    Arrivato infine a qualche metro dall’Anziano, esattamente in mezzo tra gli ospiti seduti ed i Maestri in piedi-che sembravano singolarmente galvanizzati-Ranma si fermò, osservando il leader del dojo con determinazione, il petto in fuori, la brezza che gli scompigliava il ciuffo ed i pugni appena stretti.


    “Ranma Saotome-disse infine Hayato-negli ultimi sei mesi ti sei addestrato quasi ogni giorno al Ryozampaku con noi Maestri.
    Tutti abbiamo potuto osservare la tua crescita fisica, tecnica e marziale-e, se posso dirlo, anche caratteriale, anche se sospetto che essa dipenda più da fattori esterni-e dopo esserci confrontati, siamo tutti concordi.


    Le tue caratteristiche fisiche hanno raggiunto il livello Maestro!”


    Anche se tutti i presenti erano lì per quello, fu come se un lampo li avesse attraversati tutti.


    Ranma si limitò ad una smorfia di soddisfazione.


    “Tuttavia-riprese il nonno di Miu-questo non è sufficiente per essere considerati dei Maestri veri e propri.
    Anche se, in generale, i praticanti di alto livello non hanno bisogno di una certificazione-sono i loro pugni che parlano per loro-in considerazione dell’importanza del momento, abbiamo deciso di verificare il tuo effettivo livello tecnico e mentale con un Esame, superando il quale, noi ti riconosceremo come un Maestro a tutti gli effetti: sarai proclamato tale direttamente dagli Eroi del Ryozampaku!”


    Di nuovo, gli occhi di tutti parvero aprirsi di più.
    Saperlo e sentirlo dire erano due cose diverse.
    Alcune gocce di sudore scesero sui colli di Kenichi e Kisara.
    Il cuore di Miu batteva forte.
    Si sarebbe potuta sentir volare una zanzara, tale era il silenzio.


    “Dal momento, però, che tutti i tuoi istruttori sono di livello Gran Maestro, cioè quello ancora superiore, abbiamo stabilito che per il tuo esame ci andremo piano con te.
    Ed ora scegli, Ranma Saotome”


    Il giovane si voltò verso i Maestri, schierati in buon ordine, e li squadrò a lungo, uno per uno.
    Avevano tutti espressioni diverse.
    Da sinistra a destra, Akisame sembrava impassibile, Kensei rideva sotto i baffi, Sakaki aveva uno sguardo acceso, Shigure fingeva di non provare una gran curiosità, ed Apachai aveva un sorriso ebete e batteva le mani, eccitato come un bambino.


    “Contro chi di loro VUOI COMBATTERE?”


    Stavolta, un mezzo sussulto collettivo si levò dal portico, con gli ospiti.
    Per chi conoscesse (quindi non Nodoka) il livello dei Maestri del Ryozampaku, l’idea di combattere contro di loro sarebbe sembrato il sogno partorito da un ubriaco.


    Infine, Ranma abbassò lo sguardo, ad occhi chiusi, e parlò.


    “Beh, non voglio fare un torto a nessuno…e di sicuro, tutti loro, per ragioni diverse, suscitano il mio interesse.
    Ma…la persona contro cui voglio combattere…sei solo tu.
    Vieni avanti, Shio Sakaki!”


    Il karateka era raggiante.
    Tutti gli altri fecero uno sguardo un po’ deluso, come per dire “eh, beh, dopotutto era ovvio…” e si allontanarono, lentamente.


    “Miu-san…secondo te…Ranma ha scelto Sakaki perché vuole la rivincita per quella volta? Quando era appena arrivato qui e lui lo ha massacrato?” domandò Kenichi.


    Miu pareva rossa come un peperone, come se osservare quello spettacolo le facesse male.
    “Sì, conoscendolo, di sicuro è così-rispose, infine-E questo, nonostante…anzi proprio perché quei due abbiano nel frattempo sviluppato un bel rapporto. Credo…che per entrambi, questo, sia un momento scelto dal destino”.


    Rimasti solo Ranma e Sakaki al centro del giardino, Akisame, Shigure ed Apachai andarono a sedersi dietro agli ospiti, mentre Hayato e Kensei erano rimasti in piedi, in disparte.


    “Ranma-kun, come abbiamo detto, non combatteremmo comunque contro di te alla massima potenza-riprese Hayato-questo duello sarà un incontro amichevole, una specie di prova d'esame, possiamo dire.
    A livello Gran Maestro, è possibile controllare perfettamente il proprio livello combattivo e non lasciarsi trascinare nemmeno nel furore della battaglia.
    Questo vale anche per Sakaki, magrado lui adoperi il Ki del Dou.
    Sakaki, inizia a rilasciare il Ki e tu, Kensei, informa Ranma di quale percentuale della sua forza stia adoperando”


    Sakaki iniziò a gonfiare il proprio Ki, che pareva assumere un contorno colorato intorno a lui, facendo rizzare i capelli in testa a tutti i non Maestri (tranne Nodoka, che non lo percepiva affatto).


    “15…20…25%” iniziò a declamare lentamente Kensei


    “Ancora” disse Ranma, calmo.


    “35…40…45%...”


    “Continua”


    A Kenichi sfuggì un sussulto.


    “Accidenti! Ha già superato il livello di forza al quale l’ha mandato all’ospedale il secondo giorno!
    Ranma…vuole combattere contro il Maestro Sakaki ad una potenza persino maggiore di quella di allora?”


    “50…55…60%”


    “Va bene così”


    Stavolta furono i volti dei Maestri ad illuminarsi come uno solo. Erano fieri.


    “Caspita! Vuole…combattere contro Sakaki al 60%!” esclamò Renka.


    “Ma…senti un po’, Mousse-intervenne Ryoga, le tempie che sudavano freddo-ma tu non credi…che Ranma stia esagerando un po’?”


    Mousse abbassò il viso, sorridendo, lo sguardo in ombra.
    “Beh, è della sua pellaccia che parliamo, non della nostra. Se ha fatto questa scelta, avrà fatto le sue valutazioni.
    Ranma sa quello che fa…oppure no?” concluse, per provocarlo.


    “A-accidenti a te! Non cambi mai!”


    Kuno, invece, era assorto nello spettacolo, sinceramente curioso.
    Ranma Saotome, fammi vedere che cosa sai fare.


    Sakaki sembrava scoppiare di orgoglio che il suo Allievo lo volesse affrontare a quel livello, ed interruppe l’aumento del Ki esattamente come richiesto.


    Miu era ammirata. Un combattente Dou poteva dunque limitarsi di proposito con tanta precisione? Era di sicuro qualcosa che doveva imparare. Suo nonno le scoccò uno sguardo eloquente, come per dire: prendi nota.


    Al tempo stesso, la ragazza era davvero in ansia.
    Ranma-san, spero che tu sappia quello che fai


    A quel punto fu Ranma ad espandere il Ki, prima lentamente, poi con maggiore intensità, facendolo quasi esplodere fino a quando non ebbe raggiunto il massimo potere, e lui stesso non fu del tutto infuso di un’aura azzurrina, che gli balenava tutto intorno.


    “Sono…sono pressoché alla pari” osservò Renka, sbigottita.


    Subito dopo, però, il Ki di Ranma parve raffreddarsi: stava usando il potere del Sei.
    Si mise in una guardia delle arti marziali cinesi e proclamò: “Vieni pure quando vuoi”


    A Sakaki si illuminarono gli occhi. “Arrivo!”


    Parve sparire alla vista.


    La scena successiva fu Ranma che parava un colpo del Karateka, venendo però quasi sbalzato a mezz’aria.
    Un collettivo “OOH” si alzò dalla fila degli spettatori.


    “Ah, ragazzi, una cosa-si premurò Akisame-se non attivate il vostro Ki e non lo concentrate negli occhi, è altamente probabile che non riusciate a seguire lo scontro”


    Ed era proprio così.
    In breve tempo, i due combattenti stavano apparendo e scomparendo dal prato, lasciando come dei flash dei loro corpi che provavano ad attaccare l’un l’altro, senza successo. Ogni attacco pareva venire sempre parato.


    “Stra-straordinario!” fu costretta ad ammettere Kisara. Poi si voltò verso Kenichi e Miu.
    Eppure loro due non sembrano così sconvolti. Concentrati, forse. Stupiti che Ranma sia a quel livello. Ma non sconvolti dallo scontro in sé. A che razza di duelli hanno assistito nel corso delle loro avventure?


    Man mano che quella prima frase procedeva a quel modo, con rapidi attacchi e contrattacchi che non andavano a segno, però, i ragazzi cominciarono a commentare.
    “Wow…è straordinario che Ranma…non sia ancora stato colpito da Sakaki-sensei neanche una volta” fece Kenichi.


    “Il ritmo, però, sta…aumentando” osservò Shigure.


    Ed era così. Anziché balzare da un punto all’altro per eseguire singoli attacchi, i due contendenti stavano cominciando, lentamente, inesorabilmente, a restare fermi sul posto per scambiarsi vari colpi consecutivi.
    Ed a quel punto gli occhi dei ragazzi si stavano abituando abbastanza da vederli.


    Sakaki tirava una raffica di colpi. Pugni, perlopiù, ma spesso aggiungeva qualche gomitata, ginocchiata o calcio nella mischia.
    Ranma non cedeva terreno ed evitava tutti i colpi, provando a contrattaccare.


    “Avete notato?-domandò Kensei con un ghigno in volto-Ranma-kun sta deviando tutti i colpi di Sakaki…grazie al Kakei* che gli ho insegnato io”
    Ed infatti gli avambracci del ragazzo col codino ruotavano freneticamente, per intercettare e deflettere i colpi del karateka, anziché pararli (cosa che lo avrebbe lasciato pieno di lividi).


    “Però…Sakaki ha preso un bel ritmo…Ranma non riesce a contrattaccare” osservò Renka


    In quella, Ranma decise che ne aveva abbastanza e sparì alla vista.


    Ricomparve sul lato destro di Sakaki, anzi, comparvero…almeno tre o quattro di lui, uno di fianco all’altro.
    “Che cosa? Ranma ha già imparato ad usare le immagini residue? E per di più ad un tale livello!” esclamò Miu, molto stupita.


    “Uhm…non male” concesse Hayato.


    “Anche quello, tutto merito mio” confermò Kensei, pavoneggiandosi.


    Sakaki parve compiaciuto. Con un ghigno, iniziò a colpire i quattro Ranma a supervelocità.
    Fu come se facesse esplodere dei palloncini: man mano che Ranma si allontanava, le immagini sparivano.
    Però, continuando con l’attacco, il karateka rischiava di avvicinarsi troppo a quello vero.


    Mentre si allontanava, Ranma si ritrovò poi con la strada sbarrata da…sei immagini residue di Sakaki !


    Anche lui aveva preso a muoversi a supervelocità per confonderlo sulla sua effettiva posizione.


    “Tsk!” << Versione Modificata della Tecnica delle Castagne! >>


    Il giovane fece esplodere decine di colpi contro le immagini, che sparirono una dopo l’altra.


    In men che non si dica, il campo di battaglia fu letteralmente invaso da una dozzina di coppie di Ranma e Sakaki che combattevano, ciascuna coppia congelata in una posa diversa, con loro due intenti ad attaccare o difendersi da varie tecniche…e ciascuna di quelle illusioni rappresentava un momento appena passato, non quello attuale.


    Poi, così come si erano moltiplicate, le coppie di immagini scomparvero tutte insieme.
    Si udì uno schiocco nell’aria, e Ranma e Sakaki furono visti scivolare all’indietro sul prato, come se si fossero colpiti a vicenda, avessero parato e fossero stati sbalzati indietro.
    Entrambi avevano in volto l’espressione di chi si stia divertendo un mondo.


    “Accidenti! Devo ammettere che si tratta di uno scontro di alto livello” concesse Kuno


    “E non abbiamo visto ancora niente, immagino” rincarò Mousse.


    “Niente, male, Ranma…davvero niente male-concesse Sakaki-ma purtroppo per te, dovrai fare meglio di così”


    Ed in un attimo gli fu addosso, attaccandolo con una raffica di colpi.
    Ma, con sommo stupore di tutti, Ranma iniziò a deviarli od a schivarli tutti per un pelo, muovendosi con grande fluidità.
    Non venne colpito neanche una volta.


    “Intendi dire così?” gli domandò, sardonico, godendosi il suo stupore.


    “OOOH. Non ci riesco a credere. Va bene che Sakaki si sta limitando, ma Ranma…sta evitando TUTTI i suoi colpi!” esclamò Kenichi.


    “E’ davvero pazzesco” pensò Miu, sbigottita.


    “Uhm…non male, ma…questo non è sufficiente. E Ranma non può non saperlo” commentò Kensei.


    “Esatto-confermò Hayato-in questo non ha nessuna chance di contrattaccare. Ma credo che abbia un piano”


    Infatti il ragazzo col codino, dopo l’ultima schivata, fece una capriola all’indietro in aria, fingendo di voler colpire Sakaki con un calcio allo stesso tempo, ma in realtà guadagnando solo un po’ di spazio.


    E poi sparì alla vista.


    Kenichi, Miu, Renka e persino Ryoga, Mousse e Kuno non lo videro più.


    Poi però si sentì un << THUD! >> molto forte.


    Ranma era riapparso di fronte a Sakaki e gli aveva tirato un pugno nel fianco. Il Karateka sembrava aver accusato il colpo.


    “Oh, ma…”
    “cosa…?”
    “Ma che diamine…?”
    “E’ sparito?”


    “Ma…ma Ranma non dovrebbe essere così veloce! Volete farmi credere…che la sua rapidità…supera persino quella di Sakaki al 60%?” esclamò Ryoga.


    “Una trovata astuta-concesse Kensei-anche se non basterà”


    “In che senso?”


    “Quello che state vedendo è un trucco usato da Ranma…potremmo dire una sua nuova tecnica-spiegò Akisame-in pratica, quello che ha fatto è stato consumare una parte del suo Ki come se fosse carburante di un’auto, per ottenere un istantaneo aumento della velocità”


    “Davvero?”


    “Certo che sì. Dal momento che Sakaki ha accettato di combattere pressoché alla pari con lui, Ranma può sfruttare questo metodo per approfittare della stipulazione e prendersi un vantaggio…di per contro, se usa questa tattica troppo spesso, brucerà troppo in fretta tutto il suo Ki”


    Ranma non sembrava preoccupato di questo.


    Saettava intorno a Sakaki da ogni lato, mantenendo la distanza per poi, all’improvviso, sparire in una fiammata azzurrina e ricomparire contro il suo avversario, colpendolo.
    Il trucco gli era riuscito già quattro o cinque volte, attaccando sempre da un lato diverso.


    Sakaki sembrava disorientato.
    “Allora che ne dici, Shio?-lo canzonò-non è male, la mia nuova tecnica, eh?”


    << SPEED BURST!** >>


    Ranma scomparve di nuovo, ma stavolta…
    …andò a sbattere contro un muro.


    Un muro fatto di pugni, calci, ginocchiate ed avambracci, che saettavano in ogni direzione, a 360°.
    << JINSON JION REPPA***! >>



    Sakaki urlò il nome della tecnica e poi si fermò, smettendo di girare su sé stesso.
    Ranma venne sbalzato via, malconcio, ed atterrò al suolo, a cinque metri di distanza.


    Un “OOOH” si levò dal settore degli Allievi.


    Mentre il ragazzo col codino si rimetteva faticosamente in piedi, Sakaki lo rimproverò “E tu quella la chiami una tecnica? E’ un trucchetto da due soldi.
    Una tecnica è uno strumento studiato per affrontare una situazione specifica, ma adattabile alle circostanze.
    Questa sequenza, ad esempio, serve a combattere contro più avversari che attaccano da ogni lato, ma se non so da che parte attaccherai, è la stessa cosa.
    Devi riflettere di più sulle tue tattiche. Stavi bruciando un mucchio di Ki per niente”


    A Ranma, che si rialzò a fatica, bruciava un po’ il rimprovero: era come se Shio lo stesse continuando ad istruire persino durante il duello.


    “Uhm…in pratica, Sakaki ha attaccato a vuoto in ogni direzione, sapendo che Ranma gli sarebbe venuto addosso alla cieca, troppo veloce per evitare il contrattacco, come una macchina che procedendo a tutta velocità, finisca da sola contro un muro” analizzò Mousse.


    Sakaki rincarò la dose.


    “Guarda, ragazzo! QUESTA E’ UNA VERA TECNICA!”


    Spiccò un balzo, sembrò rimbalzare contro la casa, cambiò direzione in volo, ad angolo retto, proseguì dritto contro un albero, rimbalzò anche su quello, descrivendo così un triangolo nell’aria, si diede un’ultima spinta e sferrò un potente calcio volante contro un disorientato Ranma.


    << KUCHU SANKAKU TOBI! >>


    Il ragazzo col codino aveva incrociato le braccia per parare, ma fu comunque sbalzato indietro, finendo ancora a mordere la polvere.


    I ragazzi di Nerima erano sbigottiti.
    Era raro vedere Ranma venire strapazzato in quel modo.


    L’erede dei Saotome, però si rialzò ancora, passandosi un braccio davanti alla fronte per pulirsi dal sudore.
    Intanto il suo avversario si avvicinava a lui a grandi passi.


    “Sai, Sakaki…mi sembrava di averti detto…”
    Ranma si lanciò contro di lui con uno scatto inaspettato.
    “…di non chiamarmi RAGAZZO!”


    Eseguì un paio di piroette su sé stesso e sferrò due calci col tallone, uno in verticale, dal basso verso l’alto, e subito dopo uno in orizzontale, lasciando delle scie nell’aria a forma di croce, perché aveva colpito Sakaki entrambe le volte nello stesso punto, sul fianco destro.


    << DOUMAWASHI JUJI GERI >>


    “Che cosa?” esclamò Kensei


    “Ha colpito Sakaki con una delle SUE stesse tecniche!” strabuzzò gli occhi Akisame.


    Ranma sogghignò e poi spiccò un balzo verso l’alto, ad altezza viso del suo avversario, che era rimasto colto alla sprovvista per un brevissimo istante.


    “Se credi che solo le TUE tecniche siano buone, prova ad assaggiarle sulla tua pelle! Invece quest’aggiunta…è  un gentile omaggio da parte mia!”


    Ranma eseguì a mezz’aria un movimento impossibile, ruotò su sé stesso come se fosse appoggiato a terra e tirò un terzo calcio in giravolta a Sakaki, colpendolo col tallone dritto sullo zigomo, facendogli ruotare la testa di lato.


    Kenichi: “Incredibile!”


    Miu: “Ha colpito Sakaki in faccia”


    Renka: “Ma da quando Ranma era così forte?”


    Il ragazzo col codino atterrò con il volto di chi si era tolto una soddisfazione.


    “Sicuramente Ranma…aspettava questo momento dal primo giorno-rifletté Akisame-Da quando ha tirato una raffica di calci contro Sakaki e non lo ha colpito nemmeno una volta”


    “Sì, ci teneva di sicuro-confermò Kensei-comunque…avevo ragione a dire che quel ragazzo non è un praticante di arti marziali qualsiasi”


    “Ti riferisci…al suo stile di…combattimento…aereo?” domandò Shigure


    “No, ad un’altra cosa. Ranma Saotome è…un LADRO DI TECNICHE.
    Riesce ad imparare rapidamente qualsiasi mossa altrui e ad eseguirla alla perfezione.
    E noi abbiamo appena addestrato per sei mesi un tipo simile.
    Di sicuro, lui…punta, un giorno, a sconfiggerci tutti, uno ad uno.
    Magari usando, per farlo, le nostre stesse tecniche


    “Ma di sicuro-intervenne Hayato-non si limiterà a questo”


    Infatti Ranma aveva chiuso la distanza con Sakaki e caricato i pugni sui fianchi.
    << VERSIONE MODIFICATA DELLA TECNICA DELLE CASTAGNE! >>



    Una raffica di centinaia di pugni diluviò contro il karateka, che poté solo parare unendo le braccia davanti a viso e corpo, per neutralizzarne l’efficacia.


    “Ma quella…è la tecnica che ha usato contro di me? Ma sembra…diversa!” notò Kenichi.


    “Ti posso assicurare che quella è la vera Tecnica delle Castagne-confermò Mousse-fidati, ciascuno di noi l’ha subita più di una volta”


    Ryoga e Kuno annuirono all’unisono.


    All’improvviso, però, Sakaki contrattaccò.


    Calcolò il tempismo giusto, in mezzo a tutti quei colpi, per contrattaccare non una, ma due volte.


    La prima con un colpo di mano, di taglio, diretto agli occhi.
    La seconda con una ginocchiata diretta ai testicoli.


    In entrambi i casi erano delle finte.


    Ma Ranma, istintivamente, ritrasse le mani per coprire i suoi punti vitali.
    Di conseguenza, entrambe le sue braccia non attaccavano più.


    Sakaki allora allungò il braccio destro, mise le dita a forma di becco e colpì dall’alto in basso la mano destra di Ranma, abbassandogliela di forza, poi rialzò di scatto lo stesso braccio, colpendolo sotto al mento con il proprio polso.


    << COLPO AL MENTO DELLA GRU >>


    Ranma fu sbalzato da terra e le sue braccia non erano più in parata.


    Sakaki strinse i pugni a martello e lo colpì, contemporaneamente, ad entrambi i reni.


    Poi fece esplodere un calcio frontale verso l’alto che colpì Ranma tra petto e viso, sbalzandolo indietro di una decina di metri.


    << MOROTE SEIKEN HASAMIGERI >>


    Il silenzio calò tra gli spettatori.


    Certo, è ovvio-rifletté Renka-se fa sul serio, Sakaki è di un altro livello


    Che razza di scontro incredibile-fece Kisara, sbigottita-capisco perché la mia Maestra insistesse per farmelo vedere


    Però è strano-rifletté Miu, voltando lo sguardo verso Nodoka-la signora non è una praticante, eppure non l’ho sentita neppure sussultare, nel vedere suo figlio pestato a quel modo.
    E’ perché…sa cosa vuol dire che a volte gli uomini debbono combattere?
    E’ perché è la moglie di un maestro di arti marziali
    ?”


    Nodoka, infatti, osservava, impassibile ma concentratissima.


    Ranma si rialzò ancora una volta.
    Cominciava ad avere un po’ di lividi.


    “Hai capito la differenza tra conoscere delle tecniche e sapere quando usarle?” gli domandò Sakaki.


    “Tsk! Non c’è bisogno che tu me lo dica…non sono nato ieri!”


    Ranma si lanciò di nuovo all’attacco, ma a tutti parve avventato.
    Provò di nuovo ad usare una tecnica che aveva appreso da Sakaki contro di lui.


    Eseguì un triangolo per aria, come per il Kuchu Sankakutobi, rimbalzando sugli alberi, ma così spuntò alle spalle di Sakaki, da sopra, per colpirlo con una gomitata dall’alto in basso.


    << SANKAKU TOBI EMPI UCHI >>


    Sakaki aveva gli occhi in ombra, sembrava seccato.


    “Pensi davvero di potermi colpire DUE VOLTE con una mia tecnica?
    IDIOTA!”


    << FUDOU SAJINBAKU >>


    Il karateka rilasciò un pugno verso l’alto, in verticale, intercettando Ranma a mezz’aria e colpendolo duramente nello stomaco, facendolo attraversare da un’onda d’urto ed impedendogli di mettere a segno la tecnica, sbalzandolo al contempo verso l'alto di almeno tre metri.


    Ma non si fermò lì.
    Mentre il ragazzo con il codino precipitava a terra, tenendosi lo stomaco con le mani, Sakaki cercò di attaccarlo di nuovo prima che atterrasse.


    Spiccò un balzo per intercettare il ragazzo col codino a mezz’aria, caricando le braccia al fianco: avrebbe colpito con uno Yamatzuki, un doppio pugno frontale, uno al viso ed uno al plesso solare.


    Ranma, in discesa, lo vide e capì di dover agire in fretta: con uno sforzo sovrumano smise di tenersi lo stomaco e ritrasse le braccia all’indietro, raccogliendo il Ki.
    Poi le slanciò in avanti.


    << DOPPIO MOKO TAKABISHA! >>


    Due sfere di energia azzurra grandi come palloni da calcio erano apparse sulle mani di Ranma.


    Dai ragazzi del Ryozampaku si levò un’ondata di puro stupore.


    “Ma quella…è energia? Riesce a fare una cosa del genere? Prima d'ora l’avevo visto fare solo all’Anziano!”


    “Bof! A dire il vero, per noi non è nulla di speciale” commentò Ryoga


    “Davvero???”


    Sakaki dovette decidere in fretta.
    Avrebbe potuto colpire comunque, ma decise di divertirsi un po’.
    Rinunciò a colpire Ranma ed invece allargò le braccia, aprendo le mani.


    Intercettò esattamente le due sfere di energia di Ranma, bloccandole nelle sue grandi mani.
    Riusciva a toccarle come se fossero solide.


    Kisara credeva di essere finita in un film di fantascienza, ma anche tutti gli altri erano impressionati.


    I due uomini si contrastavano, le gambe piantate a terra.
    Quello dei due che avesse respinto l’altro di forza, l’avrebbe colpito con le sfere di energia.


    Invece, Ranma aumentò la quantità di energia emessa, come se i due colpi fossero le fiammate di propulsione di un razzo, ma così facendo, invece che respingere Sakaki, venne proiettato all’indietro lui.


    Fu come se avesse fatto un salto all’indietro di sette/otto metri, che concluse scivolando coi piedi sul prato.
    All'inizio poteva sembrare un errore, invece l’aveva fatto apposta per guadagnare spazio, allontanandosi dalla zona pericolosa.


    Sakaki aveva ancora in mano le sfere di energia, ma allargò le braccia e le fece volare via, una verso il cielo ed una contro il muro, ed entrambe esplosero.


    “Uhm…ben pensata. Immagino tu abbia voluto riguadagnare terreno e tempo per riprendere fiato”
    “Ma come te la caverai-riprese il karateka-contro questo?”


    E si mise in una guardia destra, come se fosse mancino, preparandosi ad avanzare e colpire con la sinistra.
    Rifulse di Ki rosso ed era evidente che avrebbe attraversato tutta la distanza tra loro in un unico affondo.


    “Come? Vuole già usare quella tecnica?” si preoccupò Kensei.


    “Uhm…Sakaki vuole cominciare presto con i carichi pesanti” osservò Akisame.


    Ma di sicuro-soppesò Hayato-lo fa per capire se Ranma sia in grado di reagire.
    Gli avversari di livello Maestro non scherzano di certo.
    Ranma deve pertanto dimostrare di essere pronto a tutto


    Ranma sembrava stranamente tranquillo, quasi zen.
    Sembrava aspettarsi quella mossa.


    Prese dei gran respiri, si mise in una guardia strana, ed il suo Ki divenne freddissimo.
    Intorno ad entrambi l’aria sembrava deformata.


    Poi Sakaki partì, facendo esplodere un pugno sinistro potentissimo.


    << DOTSUI SAJIN THRUST >>


    Il tempo parve congelarsi.
    Ranma era in piedi, con i piedi aperti a forma di “V”


    Un millesimo di secondo prima che Sakaki lo colpisse, ruotò su sé stesso.
    Fece una piroetta, come un ballerino, esponendo per un attimo la schiena.


    Concluse la rotazione intercettando dall’esterno il braccio esteso di Sakaki con il proprio braccio sinistro, piegato, mentre il pugno che era stato scagliato poteva colpire solo l’aria.


    Ma nell’intercettare l’avambraccio col proprio, accadde qualcosa.


    In quel momento, fu come se l’impatto fra i due bracci sinistri avesse fatto accelerare la rotazione di Ranma, anziché concluderla.


    Ed il ragazzo concluse il giro a 360° colpendo Sakaki in faccia col proprio pugno destro.


    All’inizio sembrò un colpo normale.
    Invece ci si rese conto che era potentissimo.


    Si sentì un’esplosione di Ki contrastanti, l’onda d’urto attraversò il viso del Karateka come una cannonata, facendogli ruotare a forza la testa verso destra.


    Rimasero fermi in quella posizione, Sakaki col pugno sinistro esteso, Ranma in piedi sull’esterno, con il pugno destro contro il suo zigomo.


    Per un lunghissimo istante, calò un silenzio tombale.
    Nessuno riusciva del tutto a comprendere quello che avevano visto.


    “Accidenti!-esclamò Kensei-Ranma ha davvero superato le nostre aspettative!”


    “Ha creato una nuova tecnica-spiegò Akisame, a sua volta sbalordito-una tecnica che sfrutta il Ki del Sei, specializzata nell’affrontare avversari del Dou”


    “In che senso, Maestro?” domandarono all’unisono Kenichi e Miu.


    “In pratica, quella rotazione serve ad evitare un colpo decisivo-anche se per eseguirla senza lasciarsi colpire, occorrono dei riflessi praticamente divini-ma poi, nell’intercettarlo, non lo si neutralizza e basta.


    Lo si sfrutta, invece, per rubare l’energia nemica, usandola per far accelerare la propria rotazione e servirsene così per imprimere sul nemico un contrattacco ancora più potente.
    In questo momento Sakaki…è stato colpito dall’energia combinata del colpo di Ranma PIU’ IL PROPRIO!”


    “Accidenti!”


    “Pensare che Ranma…si tormentava per riuscire ad inventare una tecnica segreta…ed alla fine, ne ha sviluppata una di livello così alto” concluse Kensei.


    Uhm…ben fatto, Ranma Saotome-rifletté Hayato-hai compreso a fondo il senso di essere un combattente Sei.


    Ryoga, madido di sudore, si ritrovò a pensare:
    "Ma quella…QUELLA TECNICA! Assomiglia alla mossa con la quale mi ha sconfitto, l’ultima volta, un anno e mezzo fa! Quando ero preda della modalità Ashura!
    Questo vorrebbe dire…che quella volta Ranma aveva GIA’, ISTINTIVAMENTE inventato una nuova tecnica…senza rendersene conto... Chissa? Se ne sarà ricordato, oppure l'ha reinventata da capo
    ...”


    Accidenti a te, Ranma Saotome-rifletté Mousse, all’apparenza impassibile-fin dove hai intenzione di arrivare?


    “Però-continuò Akisame-purtroppo per lui, Ranma non può battere Sakaki con questa nuova tecnica”


    “COSA?” domandarono tutti i ragazzi all’unisono.


    Per lunghi momenti, i due avversari erano rimasti congelati in quella posizione.
    Poi Sakaki parve riscuotersi e roteò a propria volta su sé stesso, per provare a colpire Ranma con una gomitata all’indietro.


    Ranma sentì il colpo sfiorargli i capelli e si gettò in avanti, in una serie di capriole, schivando per un pelo.
    Poi si rimise in piedi, in guardia.


    “Eheh…davvero niente male, Ranma-ammise Sakaki-devo ammettere che mi hai stordito per qualche secondo, anche se il convogliare tutte quelle energie ha impedito anche a te di muoverti e darmi il colpo di grazia.
    Una tecnica straordinaria, come tuo Maestro sono fiero di te.
    Come si chiama?”


    “HANGEKI SORA NO ZETTAI****”


    “Uhm…quel Ranma. Il nome della tecnica dice tutto” commentò Kensei


    “Cioè?” domandò Miu.


    “In pratica, questa tecnica è vuoto, perché è senza forma. Non ha un aspetto predefinito.
    Si può usare per contrastare qualunque attacco; o meglio qualunque colpo; usando qualunque tecnica di contrattacco, purché si sfrutti la rotazione.
    Ad esempio, anziché contrattaccare un pugno con un altro pugno, avrebbe potuto rispondere ad un calcio con una gomitata.
    Solo la rotazione rimane sempre la stessa, mentre il resto si adatta alle circostanze”.


    “Una tecnica…dotata della massima flessibilità?” si domandò Kenichi.


    “Uhm, capisco-disse Sakaki-Ora tutto ha senso, Ma lascia che ti dica una cosa
    Non avrai un’altra occasione”


    “Ma cosa intende dire? Se Ranma esegue di nuovo quella tecnica, lo batterà di sicuro!” esclamò Kuno, perplesso.


    “Non è esatto-intervenne Hayato-voi, ragazzi, dovete considerare tre elementi.
    Primo; che anche se sta limitando Forza e Velocità al 60%, la Resistenza di Sakaki ai colpi è sempre quella abituale.
    Quindi, anche se non dubito che persino a livello Maestro, non ci sia nessuno che possa resistere ad un contrattacco simile, contro un Gran Maestro come Sakaki ciò non basta per infliggergli un colpo decisivo”


    Ma allora-pensò Miu, scoraggiata-Ranma non ha nessuna speranza di vincere in generale? Non ne ha mai avuta fin dall'inizio?”

    “Secondo-proseguì invece Kensei-tale discorso vale anche per l’intelligenza di Sakaki e la sua esperienza in battaglia, entrambe incomparabilmente superiori a quella di Ranma.
    Contro di lui la stessa tecnica non funziona due volte.
    Avrà di sicuro già pensato ad una contromossa”.


    “Terzo, ed ultimo-concluse Akisame-se avete notato, quella tecnica funziona solo, anzi dovrei dire funziona meglio contro i colpi dati frontalmente e dritti, come la maggior parte dei pugni e calci del karate; ma non funziona altrettanto bene contro colpi laterali o curvi, perché si rischia di farsi contrattaccare a propria volta”


    Accidenti…uno scontro di tale livello che persino una tecnica come quella inventata da Ranma viene neutralizzata subito…rifletté Kenichi


    Ryoga sembrava nervoso.
    Non sopportava di vedere Ranma guardato dall’alto in basso, perché di riflesso lo erano anche tutti loro.


    Ed era vero.
    Sakaki passò all’attacco, senza paura.
    Ranma provò ad eseguire di nuovo la sua tecnica, ma presto si rese conto che…


    …non ci riusciva. Sakaki eseguiva un primo attacco, Ranma lo parava, ma prima che completasse il giro per il contrattacco, Sakaki gli tirava un secondo pugno con l'altro braccio.


    Dati i suoi riflessi difensivi, e consapevole della potenza avversaria, Ranma tendeva, istintivamente, a ritrarsi, interrompendo il contrattacco.


    Sapeva di stare giocando col fuoco e non poteva correre rischi.


    Dopo tre combinazioni di quel tipo, eseguite sempre su attacchi diversi, Ranma dovette rassegnarsi, con uno sguardo frustrato, al fatto che non avrebbe usato di nuovo la sua nuova Tecnica Speciale per il resto del combattimento.


    “Ooh, il Maestro Sakaki sta usando…il Meotoude-esclamò Kenichi-la metodologia del karate tradizionale con la quale si attacca e si difende sempre con entrambe le braccia in contemporanea.
    Pensare che…una tecnica così sofisticata…potesse essere neutralizzata in modo così semplice” rifletté.


    Sakaki aveva l’aria di chi si stia divertendo.


    “E’ un bello scontro, Ranma, te ne sono grato.
    Qui da noi, spesso, non si sa come combattere la noia.
    Ma non potrai resistere ancora a lungo”


    “Tsk! Io non ne sarei così sicuro, se fossi in te”


    “Tu credi? Prova questo!”


    Ranma si ritrovò sulla difensiva.
    Entrambi cominciavano ad essere un po’ provati, ma presto si rese conto che…istintivamente, evitava degli attacchi laterali di Sakaki…per poi ritrovarselo davanti?


    Non aveva senso.


    Incrociò le braccia per parare un colpo dato all’apparenza con un pugno, invece venne colpito con un calcio frontale allo stomaco e sbalzato via, finendo a terra.


    “Uhm…Sakaki si sta divertendo-commentò Kensei-sta facendo delle finte usando il Ki per far credere a Ranma di attaccare da un lato, mentre lo fa dal lato opposto”


    “Credo però che ci sia anche obbligato-intervenne Akisame-non hai notato? Ultimamente sta attaccando di più col braccio sinistro”


    “AH! Ma…certo! Ranma all’inizio dello scontro lo ha colpito più volte sul fianco destro, sia con il pugno dato con lo Speed Burst che con i due calci a croce.
    Quindi, forse…Shio fa fatica a colpire al massimo della potenza con il pugno da quel lato” realizzò Kensei


    “E questo spiegherebbe anche come Sakaki abbia usato il Dotsui Sajin Thrust con il braccio sinistro, pur non essendo mancino.
    E come Ranma se lo aspettasse già, preparandosi subito a contrattaccare proprio da quel lato” confermò Hayato.


    “Uh? Ma allora…?” rifletté Mousse.


    “Sto…intravedendo uno schema” iniziò a dire piano Kensei


    "E' possibile che...in realtà..." iniziò a soppesare Akisame.


    Sakaki voleva farla finita.


    Aveva notato che Ranma ritardava di proposito a rialzarsi, nascondendo il fatto che stesse accumulando Ki nelle mani.


    “Tsk! Non te lo lascio mica fare!”


    Non appena Ranma si fu rialzato, gli piombò addosso, colpendolo contemporaneamente con una ginocchiata allo sterno e con una doppia gomitata ai lati della testa
    << MOROTE EMPI TOBI HIZAGERI >>



    Per un attimo, l’intero pubblico sussultò.
    Persino Nodoka si lasciò sfuggire un gemito.


    Ranma sembrava essere stato colpito seriamente.
    Invece…


    …il suo corpo si dissolse nell’aria, come se non fosse mai esistito.
    Sakaki allargò le pupille


    Che cosa? La Tecnica della Sostituzione del Corpo?
    Ha scambiato sé stesso con una copia, lasciando il proprio Ki dentro ad un'Immagine Residua?


    Sentì sfrigolare l’aria dietro di sé. Voltò lo sguardo.


    Ranma aveva un sorriso sardonico mentre caricava una sfera di energia nelle proprie mani.
    “Bello fare le finte, vero, Sakaki? Ma è un gioco al quale si può giocare in due”


    Merda…


    Ranma slanciò le braccia in avanti, gridando:
    << MOKO TAKABISHA! >>


    La sfera di energia assunse la forma di una cupola ed investì il karateka in pieno.


    Il pubblico eruppe in esclamazioni di stupore.


    “Però…Ranma…l’ha colpito…in pieno” osservò Shigure, che commentava direttamente lo scontro per la prima volta.


    “APA! Ranma ha vinto! Andiamo a festeggiare! Tutti in sala da pranzo!” esclamò Apachai.


    “Ma…ma…CHE COS’E’ QUELLA ROBA?” gridò Kenichi, con gli occhi fuori dalle orbite.


    “Te l’ho detto, è una sua tecnica. So fare anch’io una cosa simile!-spiegò Ryoga-anzi, a dire il vero io ne conosco persino una versione più potente”.


    “COOSA? DAVVERO? Ma allora…”


    Allora…quando hai combattuto contro di me, Ranma, tu…ti sei trattenuto fino a tal punto?


    Sia Miu che Renka erano senza parole.


    “Ranma-san…è davvero incredibile” disse la bionda.


    Kisara era la più stranita di tutte. I suoi capelli sembravano aver preso una scossa elettrica.
    Un mondo completamente nuovo le si apriva dinanzi agli occhi.


    Solo Nodoka sembrava tranquilla e compassata.
    Certo, sollevata per lo scampato pericolo e persino orgogliosa.


    “UH…bravo ragazzo! E così ci riesce anche lui, eh? Anche se non è così potente come il mio Ryozan Blast” osservò Hayato, giulivo.


    “Lo dicevo che il ragazzo aveva mille risorse” gongolò Kensei, soddisfatto di aver avuto ragione.
    “Uhm…riesce addirittura ad usare l’energia interna in questo modo-rifletté Akisame-e ci riesce anche Ryoga, a quanto dice? Più interessante di quanto pensassi”


    Sakaki era abbrustolito come quelli che saltano per aria nei cartoni animati, ma si ergeva ancora in piedi.


    Ranma lasciò che si diradasse il fumo per accertarsene, poi si lanciò all’indietro, in guardia.
    Non si aspettava di stenderlo con quel colpo, ma l’averlo preso in pieno doveva averlo indebolito un bel po’.


    “Bella mossa…davvero-ammise Sakaki a denti stretti, l’espressione imbarazzata ed irosa al tempo stesso-e bella idea, ma adesso…


    …BASTA CON I GIOCHI!”


    Scattò in avanti e con un potente colpo dato col palmo della mano raggiunse Ranma al plesso solare, sbalzandolo indietro, scaraventandolo ancora una volta a terra.


    Poi Sakaki iniziò a saltare intorno, rimbalzando sugli alberi, per formare un triangolo, e poi calare addosso a Ranma con una gomitata che avrebbe dovuto raggiungerlo in testa.


    “Guarda! Questo è il vero SANKAKU TOBI EMPI UCHI”


    Ranma si rimise in piedi, una luce gli brillò nello sguardo.


    Ora


    Si piegò sulle ginocchia, raccogliendosi, poi balzò verso l’alto, come una molla.


    Mentre Sakaki calava la gomitata in verticale, dall’alto al basso, per un istante il tricipite gli restava scoperto.


    Ranma lo intercettò colpendolo al braccio con il palmo della mano e, respingendolo, lo sbalzò di nuovo verso l'alto


    Che cosa?


    << TENNO TAKUTO >>


    “Ooh, è la mia tecnica!” notò Kensei.


    Sakaki ricominciò a scendere a tutta velocità verso terra.


    Ranma era pronto ad attaccarlo dal basso, mentre lui si trovava a mezz’aria.


    Istintivamente, Sakaki si coprì il mento incrociando le braccia.
    Non lo preoccupava venire colpito al corpo.


    Ranma, invece, puntava proprio a quello.


    Caricò le braccia all’indietro, poi saettarono in avanti.
    Entrambe le braccia iniziarono a muoversi così veloci che non si vedevano più, sembravano due scie curve che attaccavano il tronco di Sakaki, su entrambi i fianchi.
    << SAKUGANKI DOJI >>*****


    Sakaki venne colpito ai lati del tronco ed accusò il colpo.


    Appena toccò con i piedi a terra, però, respinse via Ranma con un colpo dato col dorso del pugno, slanciando il braccio verso l’esterno.
    << KENGAN TEPPOU UCHI >>


    Il ragazzo col codino, preso in pieno, lo colpì a sua volta istantaneamente, di riflesso, con un calcio frontale all’addome, proprio mentre veniva sbalzato via.


    Rovinò a terra a cinque metri di distanza.


     La sequenza era stata incredibile.
    Per un lungo momento, nessuno parlò.


    “Ma…Ranma…ha usato anche quella tecnica contro di me, una volta!-esclamò Ryoga-è una variante della Tecnica delle Castagne, però, invece di tirare i colpi contro obiettivi diversi, concentra tutti i pugni in un unico punto, per aumentare il potere distruttivo!
    La differenza è che ora, a parte avergli dato un nome...lo ha fatto con entrambe le braccia!”


    Straordinario…riusciva solo a pensare Kenichi


    Miu era contrastata tra l’ammirazione e la preoccupazione per il ragazzo col codino.


    “Entrambi…hanno subito ormai parecchi colpi, eh” commentò Kensei, serio.


    “Sì, non possono scambiarsene molti altri. Sta per finire” confermò Akisame.


    “Certo che è raro, eh, Mousse?-parlò Kuno all’improvviso-Quante volte, Ranma…è già finito a terra? Cinque? Sei? E’ uno spettacolo raro da vedere”


    Ranma fece per rialzarsi, a fatica. Riuscì solo a mettersi seduto sul prato, le gambe distese.


    Sakaki era una specie di muro. Potevi anche colpirlo, ma poi ci rimbalzavi contro e finivi a terra tu.


    Il karateka aveva subito i colpi peggiori, finora, eppure lo stava conciando per le feste con attacchi ordinari.
    Anche al 60% rimaneva un muro.


    E proprio in quel momento, quel muro crollò.


    Sakaki fece un’espressione strana, poi si strinse l’addome con le braccia, si piegò in avanti, sputò un fiotto di sangue dalla bocca e crollò a terra, in ginocchio.


    Fu come se una scarica elettrica avesse attraversato tutti i presenti, Maestri compresi, stupiti quanto gli altri.


    “Ma che cosa…”


    “Eheh…alla fine, ha funzionato” ridacchiò Ranma, esausto.


    “Ma quella…ma quella…-incespicò Kensei, terrorizzato-quella mossa è la KYOUSA di mio fratello Sogetsu!”


    “COME?”


    “Non ci sono dubbi. Ne ha modificato l’esecuzione, per nmascherarla, ma non c’è dubbio.
    Sia la doppia Tecnica delle Castagne di prima che quel calcio apparentemente casuale…in realtà contenevano del Ki…e le onde d’urto che hanno attraversato il corpo di Sakaki in tre direzioni diverse si sono incrociate tra di loro…incrementando il potere distruttivo!”


    “Ma è assurdo!-esclamò Mousse, abbandonando la sua aria compassata-come fa Ranma a conoscere una mossa del genere?”


    “Per di più, così pericolosa-osservò Akisame-una mossa usata di solito per uccidere”


    L’Anziano aggrottò le sopracciglia.


    “Non…non capisco. Ma forse…Ah! E’ così, non è vero?”


    “Sì, è così-confermò Ranma, messosi a sedere, quasi senza fiato ed impossibilitato a rialzarsi-allo scontro al porto, Hermit ha provato ad eseguire quella tecnica su di me, ma ho evitato l’ultimo dei tre colpi e quindi sono rimasto vivo.
    Poi Sogetsu mi ha confermato che era molto pericolosa.


    Ho pensato che fosse una buona idea contro un avversario di Livello Gran Maestro…immaginavo che comunque non avrebbe subito danni letali.
    Ma siccome era possibile che uno di voi la riconoscesse, ne ho modificato l'esecuzione, nascondendo la mossa vera dentro ad attacchi diversi da quelli che si usano di solito per eseguirla”


    “Incredibile…” commentò il Maestro Cinese. “Ha compreso il modo corretto di imprimere il Ki e le onde d’urto nei colpi, e quindi è riuscito ad applicarla lo stesso usando mosse differenti”


    “Ranma…ha davvero raggiunto questo livello?” si domandò Miu.


    “E’ proprio come pensavo.
    Ranma…ha imparato ad usare la strategia in battaglia-dichiarò Akisame-In realtà, quasi tutte le mosse che abbiamo visto…facevano parte di un piano.
    Per manipolare Sakaki, spingendolo a scegliere di usare alcune mosse invece che altre, dando modo a Ranma di rispondere nel modo più efficace.


    Ad esempio, ha provato apposta ad usare il Sankaku Tobi Empi Uchi per provocare Sakaki, immaginando che glielo avrebbe restituito, prima o poi.
    E tutto questo serviva a preparare questa tecnica decisiva, che avrebbe potuto eseguire soltanto…se il suo avversario fosse stato sospeso a mezz'aria.
    L’intero scontro…è stato una fase di preparazione per arrivare a quest’unico momento!”


    “Ma…possibile?” esclamò Ryoga


    “Pa…pazzesco” disse Kenichi


    “Quindi, in pratica-fece Renka-per tutto il tempo, Sakaki…è stato vittima della strategia di Ranma…come invischiato in una ragnatela?”


    Kuno, Kisara e Miu erano senza parole.


    Mousse e Shigure sembravano pensierosi.


    Hayato era sempre più concentrato.


    Ranma Saotome…aveva ragione Kensei…non riesco a vedere i tuoi limiti…però, la tua mancanza di scrupoli mi preoccupa sempre di più.
    La moneta lanciata per aria…da che lato atterrerà?


    Ranma era ancora seduto nel prato, non riusciva a rialzarsi.


    Ma in quella, Sakaki si riscosse, come una belva feroce, ed esplose un ferocissimo pugno contro l’aria, gridando come un indemoniato.


    << MOTIONLESS SAND CLOUD BOMB! >>


    Un proiettile d’aria emanato dal suo pugno attraversò lo spazio come una cannonata.


    Ranma saltò un battito del cuore.


    Non seppe neanche lui come fece a gettarsi d’istinto sulla propria sinistra, evitando il colpo d’aria che lasciò un solco nel terreno e SBRICIOLO’ il muro di cinta.


    “RANMA!” Gridarono all’unisono Miu e Nodoka.


    Sakaki stava respirando pesantemente.
    Il suo corpo si sollevava su e giù.


    Ranma fissava il buco rotondo nel muro.
    E tremava.


    Era paralizzato dal terrore, non riusciva a muoversi razionalmente.


    Ed in quella Sakaki prese ad avanzare.


    Non riusciva a muovere le gambe, perciò afferrava il prato con le mani e si trascinava di peso in avanti, issandosi poco alla volta, inesorabile.


    Il suo volto era quello di una belva feroce, di un pazzo omicida, deformato dall’ira.


    “RANMAAAAAAAAAA”


    “AAAAH!”


    Ranma si mise istintivamente sulla difensiva, chiudendosi a riccio.


    Appena fu abbastanza vicino, Sakaki provò a colpirlo con due Shuto-uchi, o mani a coltello, una dal lato destro, una dal sinistro.


    Ranma ne parò uno col proprio braccio destro.
    Ma il braccio sinistro di Ranma era più debole del braccio destro di Sakaki.


    Il braccio del karateka si avvicinò di prepotenza, inesorabile…fino a quando non colpì.


    Pif!


    Il taglio della mano di Sakaki si appoggiò con delicatezza al collo di Ranma, come se stesse accarezzando un neonato.


    Ranma, ancora sconvolto, si voltò a guardare il suo Maestro. L’espressione da tigre feroce era scomparsa.


    Sakaki sorrideva come avrebbe fatto se da piccolo gli avessero regalato un lecca-lecca.


    “Eheh, mi dispiace, Ranma, ma…”


    “Lo scontro è finito!” proclamò Akisame, ergendosi in piedi.


    E’ UN PAREGGIO!” proclamò Hayato.


    “EEEEEH?”


    Ranma e Sakaki avevano gridato all’unisono.


    Poi il karateka se ne accorse.
    Ranma no.
    Non si rendeva neppure conto di averlo fatto.


    Era stato puro istinto.
    Mentre Sakaki lo attaccava, aveva sollevato una gamba.
    Ed ora il piede di Ranma puntava al collo di Sakaki.
    Si stavano minacciando a vicenda in un punto vitale.


    Sakaki fece un’espressione sorpresa, poi prese un grosso sospiro e scoppiò in una risata liberatoria.


    “Ahah, sembra proprio che questa volta non sia andata come pensavo, eh?”


    Si rialzò, un po’ a fatica, in piedi.


    “Complimenti, Ranma-gli disse, sinceramente-ora goditi il tuo momento”


    Il ragazzo col codino non ci aveva capito molto.
    Aveva le lacrime agli occhi e sembrava ancora da un’altra parte con la testa.
    Voltò lo sguardo verso il portico.


    Tutti, Maestri, Allievi, Nodoka e persino Kisara erano balzati in piedi e gli stavano correndo incontro, facendo un fracasso infernale.
    Sembravano al colmo della gioia, del sollievo, persino dell’ammirazione.


    Nella cacofonia non riusciva a sentire cosa dicessero.
    Si rialzò, o meglio, venne tirato a forza in piedi.


    Tutti quanti lo soffocarono di abbracci, di strette di mano, di promesse di duelli futuri, di pacche sulle spalle, di complimenti…ma Ranma non sentiva nulla di ciò che dicevano.
    Rumore di fondo.
    Come avesse nelle orecchie il fischio di chi ha appena udito un’esplosione.
    Come se fosse sott'acqua.


    Si divincolò da tutti loro, in cerca di aria.
    E si avviò, barcollante, verso il dojo.


    Le voci si spensero ed una serie di sguardi sbigottiti vennero scambiati tra i ragazzi.


    Akisame lanciò un’occhiata a Sakaki.
    “Pff…Sì, ci parlo io” dichiarò il karateka.


    “Ma, Sakaki-sensei, non siete ferito?” gli domandò Kenichi.


    “Non quanto credi-lo rassicurò Kensei-prima di venire colpito dalla Kyousa modificata di Ranma, Sakaki aveva già sollevato gli organi interni nella cassa toracica, usando la Naizouage, l’antica tecnica di respirazione del karate tradizionale…quindi, l’impatto di quella tecnica è stato molto meno severo del previsto. Ha colpito solo i muscoli, ma nessun organo vitale, perché non si trovavano più lì.”


    Sakaki trovò Ranma nel dojo che respirava pesantemente e sudava.


    “Ehi, va tutto bene?”
    Il ragazzo col codino si voltò.


    “Sì, è solo che…sono un po’ provato, ora sto meglio”


    PAURA. Avevo una fottuta paura e non riuscivo neanche a muovermi.
    Che vergogna.

    Sono disgustato di me stesso.


    Ma quale Erede della Scuola Saotome? Ma quale Maestro?

    Se penso che ho pareggiato per pura fortuna…non sento di meritarmelo


    “Ehi, vuoi spiegarmi che accidenti hai?”


    “E’ solo che io…non lo so, non pensavo che sarebbe successo in questo modo. Io…immaginavo questo come un grande risultato…uno per il quale ho lavorato e mi sono impegnato per tanto tempo…me lo figuravo come…qualcosa di diverso.
    Sarebbe stato più soddisfacente, più maestoso?
    O forse è solo perché…volevo davvero vincere, stavolta”.


    Sakaki aspettò un momento, poi voltò la testa da un lato ed emise un “Eh!” con un sospiro.


    “Ranma, sarò franco con te: da un lato la tua determinazione, la tua motivazione ed il tuo impegno sono ammirevoli; MA la tua ossessione per la vittoria a tutti i costi…è una cosa tossica.
    Non so se questo faccia parte degli insegnamenti di tuo padre-immagino di sì-e conseguente dalla vita che hai vissuto fino ad oggi, ma…una componente dell’essere maturi è anche saper riconoscere che esistono cose superiori a noi, e che non c’è niente di male in questo.
    Non devi tormentarti.
    Tu sei più forte di com’eri anche solo una settimana fa. Quello che non puoi fare oggi, lo saprai fare domani.
    Che fretta c’è? Perché essere ossessionati da quello che NON riesci a fare, anziché da quello che PUOI fare?
    In questo modo, non potrai mai nemmeno goderti le cose belle”.


    “Ad essere sincero, Sakaki-shishou, non aspettavo un discorso del genere proprio da lei.
    Certo che è fondamentale vincere sempre!
    In molti casi…vincere può fare la differenza tra la vita e la morte!”


    “E credi che io non lo sappia? Qui al Ryozampaku affrontiamo regolarmente i sicari del Pugno Che Uccide…e ti garantisco che non sono persone con le quali ti puoi permettere di usare i guanti bianchi…”


    Ranma ripensò con amarezza allo scontro con Safulan, alle Sorgenti Maledette.
    A quando stringeva Akane tra le sue braccia, pensando che fosse senza vita.
    Certo che vincere era fondamentale, dannazione


    “Al tempo stesso-riprese Sakaki-come sai, NON TUTTI gli scontri hanno in palio la vita.
    E quelli che per l’appunto non lo sono, non andrebbero affrontati con lo stesso spirito.
    Piuttosto come occasione di crescita”.


    “Di crescita?”


    “Certo. Scommetto che con tutta la tua esperienza nelle arti marziali, devi essere stato sconfitto diverse volte, non è così?
    Ed ora dimmi, Ranma, in tutta onestà…pensi che gli scontri dai quali hai imparato di più, quelli che ti hanno costretto a migliorarti e che ti hanno permesso di fare un salto di qualità, siano quelli che hai vinto o quelli che hai perso?”


    Ranma fu obbligato a riflettere.
    Picolet Chardin.
    Ryoga quando aveva imparato lo Shishi Hokodan.
    Herb, la prima volta.
    Ryu Kumon.
    E molti altri ancora.


    Sudava freddo ed abbassò lo sguardo, frustrato. “Tch!”


    “E’ così, non è vero? Ed allora perché devi essere ossessionato dal vincere sempre?
    Perché ti fa sentire così male perdere, quando non c'è nulla in palio?
    Non pensi a come si sentano tutti i tuoi avversari quando li sconfiggi? Esattamente nello stesso modo.
    Ed allora qual è la differenza?”


    “La differenza…la differenza è che-Ranma sembrava estremamente combattuto-è che a me sembra che io non sappia fare altro nella vita!
    Che non abbia nient’altro che questo!
    Che il SIGNIFICATO della mia vita dipenda dal fatto di essere il migliore in quello che faccio!
    Perché ho soltanto questo!”


    Avendolo buttato fuori, il ragazzo prese a fare dei grossi respiri.


    Sakaki lo guardava, severo, ma comprensivo al tempo stesso.


    “Tu non ci credi per davvero.
    Rifletti bene.
    Se pensi davvero alla tua vita…alle relazioni che hai intessuto…alle esperienze che hai avuto…puoi davvero affermare…di non avere nient’altro che le arti marziali?”


    A Ranma parve di ripercorrere con un flash tutta la sua esistenza.


    Le persone di Nerima, Akane, certo, ma anche sua madre e suo padre, nonostante tutto, e poi Ukyo, Kasumi, Ryoga, Mousse, ma in fondo anche Shampoo e Cologne, e poi ora Renka, Kisara, i Maestri del Ryozampaku, Kenichi e…Miu.


    Rialzò lo sguardo dopo un lunghissimo momento, con le lacrime agli occhi.


    “No! Non potrei proprio dire una cosa del genere!”


    Sakaki accennò un sorriso.


    “Ora capisco quali fossero i tuoi dubbi quando sei arrivato qui.
    Dopo che la tua vita è crollata, ti sono rimaste solo le arti marziali…che sono ciò che hai fatto per tutta la vita, in ogni caso.
    Quindi, da un lato ti sei aggrappato ad esse come un'ancora, dall’altro lato hai finito per odiarle, perché erano diventate un’ossessione e sei stato in dubbio se continuare a praticarle o smettere…ma nessuna di queste opzioni era quella giusta.


    Le arti marziali SONO al centro della tua vita, ma non sono l’UNICA cosa che c’è in essa.
    Piuttosto possiamo dire che anche i legami che hai intessuto con le persone…hanno le arti marziali come punto in comune.
    Le arti marziali sono ciò che vi ha fatto avvicinare”.


    Ranma sembrò sollevato, e pieno di rinnovato benessere.


    “Grazie, Sakaki-shishou. E’ così.
    Forse io…sono sempre stato troppo influenzato da ciò che mi veniva detto.
    E devo ancora…trovare il modo di ragionare con la mia testa.
    Pensavo già di farlo, ma…sono sempre influenzato dal passato, senza neanche rendermene conto.
    E poi…le arti marziali sono anche un utile strumento…per proteggere le persone alle quali tengo”


    “E’ così. Ed ora sbrighiamoci, non vorrai far aspettare tutti ai tuoi festeggiamenti”


    “E’ solo che-ricominciò Ranma, pentendosene subito dopo-non lo so…mi sembra di non essermelo davvero meritato.
    Ricevere…una promozione dopo un pareggio. Per giunta, io so che, in realtà…”


    “Ranma-cominciò Sakaki un po’ deluso-ti assicuro che nessuno al mondo può PROMUOVERE qualcun altro al livello Maestro.
    Diciamo che lo scontro ci ha permesso di VERIFICARE senza alcun dubbio che tu sei effettivamente già arrivato a quel livello.


    Inoltre, la condizione per la promozione era che tu ti DIMOSTRASSI ALL’ALTEZZA a livello tecnico, del grado di Maestro, non che tu vincessi, cosa effettivamente improbabile, visto che io sono abituato a subire ben altri colpi, di solito. E sei comunque riuscito ad infliggermi gravi danni.
    Se avesse affrontato qualcuno che era PER DAVVERO a livello Maestro, avresti vinto di sicuro.
    Ti assicuro che quel pareggio, in qualunque modo sia arrivato, è un risultato estremamente onorevole, per il quale molti altri farebbero salti di gioia fino al soffitto.
    Certo, capisco che la cosa possa darti meno soddisfazione rispetto ad una vittoria, ma…”


    Il karateka si fermò. Iniziò a riflettere su una cosa, cambiando espressione.


    Il ragazzo lo guardò, domandandosi dove volesse andare a parare.


    “No, è solo che…-ora era Sakaki ad essere indeciso su cosa dire-ti ho mai parlato di come…sono diventato Gran Maestro?”


    “Uh? No, no di certo”.


    “Beh, è stato una dozzina d’anni fa…”


    E Sakaki prese a raccontare di quando lui ed il suo eterno rivale, Akira Hongo si erano sfidati ripetutamente in continui duelli per stabilire chi fosse il karateka migliore, osservati e giudicati dal loro amico, Tsuzuki Hajime.


    “Ed alla fine dei dieci giorni, eravamo pari, con 125 vittorie ciascuno”


    “WOW. Sono senza parole”


    Il giovane si rese conto anche del secondo significato del racconto: persino uno come Sakaki, in duelli amichevoli ma seri contro un avversario di pari livello, non aveva potuto accumulare un vantaggio decisivo ed era stato sconfitto tutte quelle volte.


    “E…poi cosa successe?” lo sguardo del Maestro non faceva presagire niente di buono.


    “Venimmo tutti convocati in un vecchio castello, io Hongo ed Hajime…”


    E Sakaki finì di raccontare come lo Yami, composto dai membri di Un’Ombra, Nove Pugni, cioè i combattenti a mani nude più forti del pianeta, tra i seguaci del Pugno che Uccide, avessero convocato i tre karateka più forti per farli combattere tra loro sino alla morte per decidere chi potesse conquistarsi il privilegio di entrare nei loro ranghi, se lo volesse.


    “Ma…è mostruoso!”


    “La parte peggiore deve ancora venire. Sia Hajime che Hongo erano D’ACCORDO con questo metodo di votazione.
    Hajime aveva gravi problemi di salute ed avrebbe avuto poco da vivere, se avesse continuato a combattere.
    Ma quello era il suo sogno e preferiva una vita breve ma gloriosa ad una lunga, ma-ai suoi occhi-priva di significato. Hongo accettò i suoi sentimenti, combatterono tra di loro e lo uccise”


    Ranma non aveva parole.
    Cos’avrebbe fatto lui se avesse assistito ad una scena del genere?


    “Inutile dire che ero FURIOSO.
    Combattei contro Hongo un’ultima volta, al massimo della forza…no, non è esatto, perché proprio in quel momento…rifiutai la loro logica e decisi che per tutta la vita sarei stato un membro del Pugno Che Salva…e non combattei con l’intento di uccidere”


    “Ma Hongo sì”


    “Certo, e ci colpimmo a vicenda con le nostre tecniche segrete. E’ così che mi sono fatto questa cicatrice, ed anche lui ne ha una in viso che gli ho fatto io.


    Per farla breve, mi lasciò per morto, ed inoltre il castello aveva preso fuoco e crollò.
    Lui se ne andò coi suoi nuovi compagni di Un’Ombra, Nove Pugni, ed io…rimasi lì sotto.
    Ma sopravvissi”


    Ranma aveva i brividi.


    “Naturalmente, quando lo seppe, la cosa non deve avergli fatto piacere.
    Aveva combattuto per uccidere, che per lui significa combattere al massimo della potenza, ed io no, che per lui significa che mi stessi trattenendo…già vincere in quelle condizioni non sarebbe stato soddisfacente, figuriamoci scoprire di non essere neanche riuscito ad ammazzarmi”


    Quella logica contorta faceva venire il mal di testa.


    “Quindi, ecco la storia. Dal momento che siamo stati valutati abbastanza forti da entrare nello Yami, entrambi siamo stati riconosciuti di livello Gran Maestro…io con una sconfitta, lui con una vittoria piena di ombre e di rimpianti".


    Ranma si rese conto del messaggio: voleva essere come Sakaki, o come Hongo?


    "Per cui, tu, che sei stato riconosciuto come Maestro con un pareggio, non hai IL DIRITTO di lamentarti delle circostanze, lo capisci?
    Devi pensare che ci sono persone alle quali è andata peggio di te…ma ciascuno fa il proprio percorso nella vita e deve accettare quello che gli viene dato in sorte, traendone il meglio come insegnamento per il futuro”


    Non c’era più nulla da dire.
    Sakaki si voltò e si avviò verso l’uscita.


    Ma fu fermato da un grido improvviso, un atto spontaneo, istintivo.
    “Maestro Sakaki!”
    Il karateka si fermò e voltò lo sguardo.


    Ranma, commosso, fece un profondo inchino.


    “Grazie davvero di tutto!”


    Il karateka sorrise di sbieco e fece un piccolo sbuffo, mentre riprendeva a camminare.
    “Tsk! E’ raro vederti comportare in modo così rispettoso. Cominci quasi ad assomigliare a Kenichi”

     
    ◊◊◊◊◊

    Nota dell'Autore:


    E' stato un capitolo impegnativo.


    Spero che le descrizioni dei singoli momenti dello scontro siano chiare; a dire il vero pensavo di fare dei disegni e caricare delle immagini, ma mi occorrerebbe molto più tempo di quanto ne abbia. 


    Ci sono un mucchio di tecniche prese dal manga di Kenichi, che potete trovare sulla Wiki di Kenichi, ed un paio di quelle nuove di Ranma le ho inventate io.


    Ranma che viene proclamato Maestro è un momento importante, al quale tende tutta la fanfiction. Dal momento che adoro Sakaki, e che avevo fatto sì che lui e Ranma sviluppassero un bel rapporto, poteva essere solo lui.


    Inoltre il karateka ha vissuto delle esperienze gravi, quindi mi è venuta voglia di far sì che facesse qualcosa d'altro per il giovane Saotome, curandolo dalla sua malsana ossessione per la vittoria...che in effetti potrebbe essere causata dall'essere sempre vissuto solo per combattere.


    E poi era importante che Ranma volesse avere Kisara testimone del suo momento: è un segno della crescita del loro rapporto.
    Il prossimo capitolo vedrà la prosecuzione di questo, con i festeggiamenti...durante i quali capiteranno un po' di altre cose importanti.


    E poi la rete inizierà a stringersi intorno ai nostri eroi, anche se riceveranno un avvertimento importante...ma potranno davvero contare gli uni sugli altri?


    Ci sono ancora un paio di-necessari-capitoli di passaggio (che conterranno però un sacco di cose gustose, tra cui altri begli scontri, tra cui uno che vi piacerà ed uno forse no) e poi entreremo nel vivo della saga finale.


    E ci saranno momenti difficili da digerire, ve lo anticipo.


    Legenda

    Kakei*: un metodo delle arti marziali cinesi per deflettere i colpi facendo ruotare gli avambracci


    SPEED BURST**: letteralmente, “esplosione di velocità


    JINSON JION REPPA***: da questo momento in avanti, le tecniche di Sakaki che vedrete in maiuscolo, sono le stesse del manga di Kenichi, quindi non metterò la traduzione in italiano una per una, se volete vedere delle immagini e la traduzione, potete cercare sulla Wiki in inglese di Kenichi: History’s Strongest Disciple Wiki


    HANGEKI SORA NO ZETTAI****: Letteralmente, se non ho tradotto male, “Contrattacco del Vuoto Assoluto


    SAKUGANKI DOJI *****: “Martelli Pneumatici Simultanei”


     

     
    Mini-Guida per il manga di Kenichi:

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici

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    Capitolo 19
    *** Il Sole Splende, le Nubi si Addensano ***


    Ritornati nella sala principale del Ryozampaku, Ranma e Sakaki vennero accolti da uno scoppio di entusiasmo da parte di tutti i presenti, che si erano preoccupati per la loro assenza di una decina di minuti. Il salone era addobbato a festa, con striscioni, festoni, tavoli pieni di patatine, pop corn e bibite di ogni genere.


    Per lo stupore di tutti, che erano abituati a vederlo abbastanza distaccato, Ranma andò dritto da sua madre, come per scusarsi dell’assenza di poco prima.
    La signora Nodoka non esternò affetto in pubblico, ma gli strinse le braccia tra le sue mani, lo guardò, comprensiva, come per dirgli di non scusarsi e poi, con un sorriso dolce e carico di orgoglio, gli disse soltanto: “Ben fatto, figlio mio. Hai reso onore ai tuoi antenati. Sei il degno Successore della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate Saotome”.​


    Ranma era arrossito ed accennò un inchino “Grazie, okaa-san*”​


    A quel punto, tutti gli altri, uno per uno, andarono a congratularsi con Ranma.​


    Kenichi gli strinse la mano con calore e sincero supporto.
    Miu venne da lui a fargli i complimenti, lanciandogli uno sguardo che solo loro due avrebbero potuto capire: L’aveva fatta preoccupare di brutto, ma era orgogliosa di lui.
    Renka non si fece pregare, mettendogli una mano su una spalla ed esternandogli quanto fosse stato in gamba.
    Sia Kenichi che Miu si trovarono a guardarla male.​


    Poi venne la volta dei suoi vecchi rivali. Ryoga, Mousse e Kuno, praticamente tutti insieme, gli si fecero sotto.
    “Beh, Ranma, devo ammettere che hai superato le mie aspettative. Di nuovo-ammise Ryoga, aggiungendoci un occhiolino-sei davvero l’unico uomo di cui voglia essere il rivale”
    “Uno spettacolo magnifico-declamò Kuno-un esempio clamoroso dei risultati dell’impegno e della tenacia”
    “Potrei trovare molte parole brillanti per sminuire il tuo risultato-iniziò Mousse, con aria intellettuale, tenendo le braccia infilate nelle maniche-ma la verità è che non voglio farlo-cambiò poi tono, sorridendo-sei stato davvero incredibile, Ranma Saotome. Goditi questo momento perché hai fatto qualcosa di straordinario”​


    “Io…non so cosa dire. Grazie a tutti”
    “Al tempo stesso-riprese Mousse-non credere di poter continuare a lungo ad essere l’unico tra di noi a potersi fregiare del titolo di Maestro…ti raggiungeremo in men che non si dica”
    “Oh, non ne dubito-disse Ranma, ricambiando lo sguardo di sfida-a dire il vero…ci conto
    Per un lungo momento rimasero tutti e quattro a guardarsi, con complicità.​


    Sia Miu che Kenichi, da prospettive diverse, compresero delle cose sui rapporti tra gli uomini.
    Si spingono di continuo a migliorarsi a vicenda-rifletté Kenichi-è per questo che sono così forti. Io sono sempre stato un po’ tagliato fuori dai miei amici, allenandomi qui. Però…anche i ragazzi dell’Alleanza Shimpaku provano i miei stessi ideali. Dovrei allenarmi più spesso insieme a loro


    Maschi…-soppesò invece Miu-per quanto io non sia una ragazza come tutte le altre, molti loro modi di fare mi rimangono misteriosi…però, qualcosina sto iniziando a capirla


    Mentre Ranma veniva poi conteso dai Maestri, che gli facevano tutta una serie di elaborati complimenti, c’era però una persona che non sapeva come comportarsi.
    Era Kisara.​


    “Cento yen per i tuoi pensieri, signorina” La ragazza per poco non fece un salto.
    Era Nodoka.
    Kisara Nanjo cominciò, imbarazzatissima, a non sapere come districarsi.​


    “Oh…bu-buongiorno signora, come va? Io…mi chiamo Kisara Nanjo, molto piacere”
    “Nodoka Saotome, piacere mio. Allora…posso chiederti in che rapporti sei con Ranma? Sei l’unica persona che non abbia mai visto qui. Ti alleni anche tu al Ryozampaku?”
    “Ehm…io, veramente…non proprio. Come dire…sono un’amica di Miu e Kenichi, e pratico anch’io le arti marziali, ma non qui…diciamo che…beh…io e Ranma abbiamo delle conoscenze in comune, ecco, tutto qui. E…e sono stata abbastanza fortunata da essere invitata a questo evento, eheh.” Sprizzava gocce di imbarazzo da tutti i pori.
    “Mmmh…capisco. Beh, non si trattava di un’occasione formale, ma, se posso permettermi, una signorina della tua età non dovrebbe andare in giro con dei pantaloncini così corti…dai retta a me, agli uomini è meglio lasciarle immaginare, certe cose…”​


    Ranma si voltò quasi per caso mentre i Maestri lo trattenevano, e con la coda dell’occhio vide l’allarme rosso. Sua madre e Kisara che parlavano.
    Erano le uniche due persone che non avrebbero dovuto incontrarsi, in un modo o nell’altro. Per giunta, la Nanjo non era brava a reggere la tensione.
    Si divincolò con una scusa e le raggiunse.​


    Mentre la signora la stordiva di chiacchiere, Kisara era perplessa.
    Eppure sembra così…gentile. Un po’ di vecchio stampo, certo, ma pare una persona deliziosa. Non capisco perché lei e Ranko non vadano d’accordo. Avrei così tanta voglia di…


    “Ehi, mamma! Scusa se vi interrompo, ma credo che Miu mi abbia detto di chiederti se puoi spiegarle la ricetta dei tuoi famosi Taiyaki** fatti in casa”
    Poi si girò verso la bionda, che li aveva adocchiati e le fece, col labiale: REGGIMI IL GIOCO.
    L’erede dei Furinji annuì, divertita.
    Era l’unica ad immaginare il motivo.​
    “Oh, ma certo. Parlo sempre volentieri con lei. Con permesso”​


    Ranma prese Kisara per un braccio e la portò fuori, sul portico.
    Si stava già domandando se non fosse passato dalla padella nella brace-sua madre sospettava che tra lui e Miu ci fosse qualcosa, dunque sarebbe stato meglio tenere separate anche loro-quando venne interrotto da una domanda.​


    “Ma PERCHE’?”
    “Uh?”
    “Oh, scusa. Mi rendo conto di non averti ancora neppure fatto i complimenti. Io…devo ammettere che quello che hai fatto è stato fenomenale. Non avevo mai visto una cosa del genere. Davvero eccezionale” dichiarò la ragazza, abbassando lo sguardo, timida.​


    “Beh, grazie. In effetti è stata dura. Se non mi fossi allenato al Ryozampaku ogni giorno in questi sei mesi, non ce l’avrei mai fatta.
    Comunque, Kisara, posso farti un’osservazione?”
    “Uh?”
    “Lo sai che il tono tutto compito e rispettoso non ti si addice proprio? Si capisce subito che ti viene male. Tu sei un maschiaccio sfrontato e sei fiera di esserlo. Non è necessario che tu vada contro alla tua natura. Mi imbarazza quasi sentire che ti sforzi con me”​


    “Ma…CHE RAZZA DI BASTARDO! Ed io che stavo cercando di essere gentile!-sbraitò la ragazza, sbigottita.
    Poi però si calmò, si sistemò il basco in testa ed aggiunse-comunque…devo ringraziarti. Non mi capita spesso di venire incoraggiata.
    Diciamo che le maniere educate non sono il mio forte, ma ultimamente, allenandomi con tua sorella, mi sono abituata ad essere più sommessa.
    Ho troppa paura che se dico una parola di troppo, smetterà di allenarmi”​


    “Eheh, lo capisco, ma non credo che basterà così poco. Se non ti ha cacciata dopo tutto questo tempo, vuol dire che è soddisfatta di te come allieva”
    “Da-davvero? Te lo ha detto lei?”
    Kisara aveva ricevuto dei complimenti da Ranko, e, contro ogni previsione, avevano finito persino con l’aprirsi l’una con l’altra, ma l’idea che avesse parlato bene di lei con qualcuno la riempiva di gioia.
    “Beh, non esplicitamente. Ma diciamo che si capisce” concluse il ragazzo col codino, sornione.
    Kisara sembrò un attimo delusa, ma poi sorrise lo stesso.​


    Per un attimo, si ricordò che nelle loro confidenze, Ranko le aveva accennato che il fratello non si era mai ripreso da una brutta rottura sentimentale.
    Per un attimo ebbe l’impulso di esprimergli solidarietà, ma si fermò.
    Per un attimo, avrebbe voluto dirgli che capiva i suoi crucci-che loro due erano simili, che entrambi si erano trovati a dover decidere se assumersi responsabilità imposte loro da altri, ma si fermò anche lì.​


    Erano confidenze che le erano state fatte-dalla sua gemella, certo-ma avrebbe potuto sentirsi imbarazzato o seccato nel sapere che i fatti suoi erano stati spiattellati in giro.
    Allora il nocciolo della questione le tornò in mente.​


    “Ma quindi…PERCHE’?” domandò, malinconica.
    “Perché Ranko non è qui? E’ il momento di trionfo di suo fratello gemello, al quale è molto legata, dovrebbe essere a festeggiare con noi! E’ perché c’è vostra madre? Davvero non va d’accordo con lei? Come mai? Sembra una persona deliziosa, forse un po’ bigotta, d’accordo, ma io credo che…”​


    “Kisara-la interruppe Ranma, con un sorriso comprensivo, ma un po’ triste. Odiava continuare a mentirle-ti assicuro che…Ranko ha visto tutto. Nascosta da qualche parte, non so dove, ma ha visto. Come se fosse qui con me.
    E poi…riguardo a nostra madre…ti garantisco che adora Ranko. Certo, forse all’inizio avrebbe preferito avere un figlio maschio, ma…dal primo momento che l’ha vista, l’ha adorata. E’ sempre molto contenta di potersela portare in giro a fare shopping od altre cose da donne…per quanto Ranko non le dia grande soddisfazione in questo senso. E’ un maschiaccio come te, lo sai.
    Forse…è per questo che alla fine ti ha tenuta come allieva. Capisce cosa voglia dire non sentirsi del tutto a proprio agio nel proprio corpo, o con le aspettative che gli altri hanno per te…quindi è contenta di poterti aiutare”​


    Ranma non sapeva bene neppure lui da dove gli fossero uscite quelle parole. Forse in un certo senso, per la prima volta, capiva le aspettative con le quali aveva dovuto confrontarsi un altro maschiaccio di sua conoscenza…mentre sapeva perfettamente cosa volesse dire non sentirsi a proprio agio col proprio corpo.
    Kisara arrossì ed i suoi occhi sembrarono perdersi, lontani. Provò per la sua Maestra una riconoscenza, un affetto, persino superiori a prima. Desiderò più che mai che fosse lì.​


    “Eh, è proprio per questo che non è qui-riprese Ranma, come leggendole nel pensiero-la verità è che Ranko è troppo schiva, è timida, non ama le smancerie. Ma quanto a noi, dovremmo rientrare e partecipare ai festeggiamenti. Se rimaniamo qui troppo a lungo, mia madre comincerà a farsi idee strane su noi due”​


    “C-come? Ma figuriamoci!”​

    ◊◊◊◊◊

    Dopo il primo momento di festeggiamenti informali, Ranma e Sakaki vennero portati nell’infermeria, dove Kensei ed Akisame si presero cura di loro, esaminandoli con la massima attenzione. Si erano scambiati colpi terribili e bisognava accertarsi non avessero lesioni interne. Kensei interrogò Ranma, in particolare, su quanto avesse compreso della tecnica Kyousa di Sogetsu, per accertarsi che Sakaki non avesse traumi troppo severi, ma quest’ultimo sembrava tranquillissimo.
    Quando ebbero finito-ed i due contendenti avevano ciascuno una buona metà del corpo fasciata-si avviarono verso il dojo.​


    All’interno della palestra, infatti, stavano seduti su dei cuscinetti tutti i presenti-gli ospiti a sinistra ed i Maestri a destra, con Hayato al centro-e Ranma andò ad inginocchiarsi di fronte a lui.
    Notò che aveva un fagotto accanto a sé, ed Akisame era in piedi al suo fianco.​


    “Ranma Saotome-iniziò a declamare con la sua voce profonda ma potente-il risultato dello scontro e più ancora il modo con il quale lo hai condotto, non lasciano dubbi. Tu hai raggiunto il grado di MAESTRO! Complimenti vivissimi”​


    Tutti i presenti batterono le mani.
    Ranma si inchinò.
    Gli batteva forte il cuore.​


    Tornato su, prese coraggio e disse “Devo ringraziare ogni singola persona in questa stanza per il risultato che ho ottenuto. Ho lavorato duramente per esso, e di certo non è un punto d’arrivo, ma di partenza.
    D’altro canto, di recente, una persona molto saggia, mi ha fatto capire che sono troppo ossessionato dai risultati, quindi…penso che per un po’, anziché pensare subito alla prossima destinazione…mi godrò il viaggio”​


    Sakaki emise uno sbuffo. Lo imbarazzavano i complimenti, anche se indiretti.​


    “Molto appropriato-confermò Hayato-se posso farti solo un’osservazione, Ranma, sono un po’ preoccupato dalla facilità con la quale adoperi tecniche segrete che non comprendi bene. Mi riferisco ovviamente alla Kyousa di Ma Sogetsu. In questo caso è andata bene perché si trattava di Sakaki, ma contro un avversario normale, rischi di ucciderlo anche senza volerlo. Calibra sempre la tua forza in base agli obiettivi ed alla situazione. Non usarne mai troppa né troppo poca.
    E’ questa capacità di discernimento che distingue un vero Maestro da un praticante qualsiasi”.​


    “Sì, Anziano, lo prometto” disse Ranma, un po’ imbarazzato, chinando la testa.​


    “Ed ora, passiamo a qualcosa di più piacevole-aggiunse il vecchio, sciogliendosi un po’-cioè ai tuoi regali di promozione, come possiamo chiamarli”
    “Come? Dei regali?”
    “Sì-disse l’Anziano, sorridendo sotto i baffi-in previsione di un esito positivo, sono stati preparati degli ammenicoli…nulla di frivolo, sono tutte cose che ti torneranno utili, prima o poi…e voglio farti sapere che tutti i membri del Ryozampaku hanno contribuito”​


    Ranma era davvero stupito.
    Dei regali? Tutti i membri del Ryozampaku?
    Non se lo aspettava proprio.​


    Hayato tirò via il panno e rivelò degli oggetti. Un paio di bracciali di metallo, molto lucidi. Degli abiti di foggia cinese simili ai suoi, compresi di un paio di scarpe. Una cintura di cuoio, con a fianco una scatola scura. Un’altra specie di cintura di cuoio, molto più lunga, con quattro piccoli pugnali da lancio infilati dentro. Un’altra scatola, trasparente, con…una fiala con del liquido blu e degli aghi medicinali? Poi, una specie di kit di pronto soccorso in miniatura, un Tanto*** dentro ad un fodero riccamente decorato, una piccola bussola, una barretta energetica, una specie di cannocchiale estensibile in miniatura, una misteriosa fialetta con un liquido verde, un paio di oggetti ovali non ben identificati e…la cosa più strana di tutte: un lungo rocchetto di filo metallico con una pallina di piombo ad un’estremità.​


    “Lascia che ti spieghi-fece Hayato, notando lo sguardo del giovane-anzi, prima di tutto cominciamo col dire che alcuni regali provengono da una singola persona, altri sono frutto della collaborazione di più persone ed altri ancora hanno contribuito a più di un regalo, ma tutti quanti l’hanno fatto col cuore.
    Allora, la prima cosa sono questi bracciali di metallo. All’apparenza sono dei normali bracciali, tuttavia…ecco, prova ad indossarli”​


    Ranma ubbidì.
    “Ed ora prova a battere i polsi insieme, a croce”
    Ranma lo guardò strano “Questo mi ricorda qualcosa…” tuttavia lo fece​


    Istantaneamente, i bracciali si dispiegarono, trasformandosi, come oggetti magici di un film, in una coppia di Tekkou**** che gli coprivano dorso della mano e gli avambracci. Il metallo non assomigliava a niente di conosciuto, era leggero ma lucido e sembrava molto resistente.​


    “Ma…che cosa?”
    “Notevole, non è vero?-ridacchiò Akisame, con orgoglio-devo ammettere che io, Shigure e Mousse abbiamo dovuto unire le nostre competenze e lavorare un bel po’ per riuscirci.
    Devi sapere che quei Tekkou sono stati forgiati da Shigure in persona e sono realizzati con la stessa invincibile lega con la quale è realizzata la sua Katana, od i Tekkou di Kenichi e dell’Anziano: non c’è materiale al mondo che possa spezzarli”​


    “D’ora in…avanti…ti capiterà di affrontare…avversari armati…molto forti” spiegò Shigure, col suo abituale tono lento e spettrale.​


    “Umpf! Ma ovviamente portarseli sempre dietro sarebbe scomodo-si schermì Mousse, un po’ imbarazzato dal doversi mostrare generoso-quindi abbiamo sviluppato quel sistema a scomparsa che ti permette di averli sempre con te, indossandoli come fossero normali bracciali ai polsi, ma di utilizzarli solo quando servono”​


    “Io…non so che cosa dire, è un regalo incredibile”​


    “Ma non è l’unico-precisò Hayato-anche se potrebbe essere il più utile, non disprezzare tutti gli altri.
    La logica sottesa a questi doni è che un Maestro deve sempre essere preparato in ogni situazione…dunque, deve avere un equipaggiamento adeguato.
    E’ stato Mousse a farcelo capire. Pare che lui, in quanto Esperto di Armi Nascoste, si porti sempre dietro un mucchio di roba utile, quindi ci ha dato l’idea generale…e ci ha aiutato a svilupparla.
    Poi ognuno ha contribuito con un diverso pezzo del puzzle, per così dire”​


    Ranma si voltò verso il cinese.
    Era in buoni rapporti con lui, ma non si aspettava tanto.
    Mousse si schermì, voltando lo sguardo.​


    Ranma batté di nuovo i Tekkou tra di loro, e ritornarono due normali bracciali.​


    “Ora tocca al mio!” squittì Renka, avvicinandosi.
    Era l’abito di foggia cinese pressoché identico al suo.
    Ad un più attento esame, però, nella fodera interna erano cucite diverse tasche nascoste (un po’ come dovevano essere gli abiti di Mousse).​


    “La nostra Renka è una maga con ago e filo” disse Kensei con orgoglio.
    “Ah! Ma…capisco che non sembri granché-si schermì la ragazza-però, in questo modo, puoi portarti sempre dietro tutto il resto…e poi, c’è una piccola sorpresa-aggiunse, a bassa voce, per farsi sentire solo da lui-ho usato due diversi tipi di filo, ed uno di essi si illumina alla luce della luna…rivelando un disegno nascosto sull’abito. L’ho fatto per…ringraziarti di avermi aiutata ad avvicinarmi a tu sai chi”​


    “Oh…grazie. E quanto a quello...non c’è di che”​


    “Inoltre, le scarpe hanno suole di gomma-precisò Akisame-sono anti-scivolo e soprattutto isolanti, in caso tu ti trovi su una superficie dove si trasmetta dell’elettricità”​


    “Passiamo al mio regalo!” fece, impaziente, Sakaki.
    Era la cintura da mettere in vita.
    Nella scatolina nera c’erano vari piccoli attrezzi da scasso, che si potevano nascondere perfettamente nella cintura.
    C’era anche un piccolo dispositivo elettronico.
    “Quegli attrezzi ti possono permettere di entrare di nascosto in qualunque posto che non abbia misure di sicurezza troppo sofisticate, come ti ho insegnato a fare-spiegò-mentre quel dispositivo è una ricetrasmittente settata sulla frequenza del computer di Akisame al Ryozampaku…con essa puoi comunicare con noi da qualunque parte del mondo”
    “Molto utile”​


    “Passiamo…al mio!” esclamò Shigure, quasi accelerando il ritmo di parola.
    La cintura più lunga era da allacciare alla prima sul davanti e da far passare sopra una spalla, attaccandosi di nuovo dietro: i quattro coltelli da lancio rimanevano perciò sulla schiena, dentro a piccole guaine di cuoio, e si potevano estrarre allungando una mano dentro al colletto del camiciotto, per poi lanciarli in un unico movimento fluido.
    “A volte…dovrai combattere…anche a distanza…” concluse la Maestra delle Armi.
    “Ti ringrazio, Shigure”​


    “Ed ora il mio!” esclamò Kensei. Si stavano tutti infervorando per non rimanere indietro.
    "Questi aghi medicinali da agopuntura hanno una doppia funzione: si possono utilizzare per far rilassare o stabilizzare le condizioni di una persona, se si sa dove infilzarli…ed un giorno di questi ti insegnerò come fare, ma il bello è…che se li intingi nel liquido di quest’altra fiala…possono essere usati anche per paralizzare i movimenti di un individuo comune per parecchie ore. Utile per togliere di torno dei nemici scarsi, in perfetto silenzio e senza fare loro del male”
    “Notevole: sia medicina che combattimento in un unico set”​


    “Il mio dono è il pugnale, come si sarà capito dall’eleganza del fodero-fece Kuno, altezzoso, fingendo di guardare da un’altra parte-anche se combatti principalmente a mani nude, può essere utile, a volte, avere un’arma a portata di mano”
    “Io…immagino di sì. Ti ringrazio”. Ranma notò che il fodero aveva dei piccoli ganci che permettevano, ad esempio, di appendere il pugnale di traverso dietro alla cintura.​


    “E…queste cose? Di che si tratta? Non mi è chiara la logica” domandò poi guardando alcuni degli oggetti restanti.​


    “La bussola è da parte mia-mormorò Ryoga, arrossendo-non si sa mai quando possa servire”
    Ranma girò di scatto la testa, ma poi non disse niente.
    Ryoga regala una bussola a me? Qualcosa non torna…oh, beh, immagino che nessuno più di lui possa considerarlo un oggetto prezioso, in un certo senso…


    “Il mini-cannocchiale, invece, è da parte mia-lo informò Hayato-per quanto piccolo e dunque portatile, è molto potente. Aggiungendo o togliendo le lenti a seconda della necessità, si può regolare la distanza. La portata massima è 500 m”
    “Interessante. Grazie, Anziano”​


    “APA! E la barretta energetica è il regalo di Apachai!-esclamò quest’ultimo-in caso che ti venga fame mentre sei in missione…”
    “Uhm…ok?”
    “In realtà-spiegò Akisame-si tratta di un cibo a lunghissima conservazione ed alto contenuto proteico e calorico, usato dall’esercito. Quella barretta può sfamare un uomo adulto per due giorni e si conserva fino ad un massimo di sei mesi”​


    “Il kit di pronto soccorso, invece, è da parte mia-esclamò Miu, tutta contenta-mi rendo conto che sia piccolo, ma ci ho comunque messo dei cerotti, pomata, un disinfettante, ago e filo per suturare le ferite ed una pastiglia di adrenalina per rimanere svegli”
    “Oh…grazie”. A Ranma non sfuggì il significato sotteso alla premura della ragazza, che lo aveva accudito nei rari casi nei quali ne aveva avuto bisogno.
    Ci teneva che non si cacciasse troppo nei guai.​


    “Umpf! Ed io ci ho aggiunto quelle tre siringhe-precisò Mousse-contengono antidoti contro i più comuni veleni usati dagli assassini professionisti. Non ti aspetterai mica che tutti i tuoi avversari combattano pulito”
    “Ehm…in effetti, non ci avevo mai pensato. E’ un regalo utilissimo, sono colpito”
    “Non esserlo. Sono mie anche le bombette fumogene. A volte bisogna agire nell’ombra”​


    “E quindi questa fialetta con del liquido verde…è il regalo di Kenichi? Di che si tratta?”
    “A dire il vero, non ha voluto dircelo-precisò Akisame-ma Kenichi l’ha realizzata facendo degli esperimenti con delle sostanze chimiche che ha ricavato da alcune piante rare…un risultato dei suoi studi di botanica…una specie di repellente per animali pericolosi, ha detto che tu avresti capito”
    Ranma si girò di scatto verso Kenichi, cercando di non far emergere il suo sbigottimento.
    Gli aveva regalato un repellente per gatti?
    Il ragazzo sembrò schermirsi e gli fece uno sguardo complice.
    Wow, sapevo che fosse un bravo ragazzo, ma…l’avevo comunque giudicato male. Ero convinto che fosse felice della mia fobìa, per vedermi scendere dal piedistallo…invece vuole sinceramente aiutarmi
    Gli rivolse un lungo sguardo di sorpresa e sincera riconoscenza.​


    “Ed infine…che cosa sarebbe QUESTA ROBA?”
    “Mi sembra…ovvio. E’ il…regalo di…Tochoumaru” fece Shigure, come se il suo allievo fosse scemo per l’averlo anche solo chiesto.
    “Tochoumaru? Il tuo…topolino da compagnia ha voluto farmi un regalo separatamente da te?”


    “Certo. Perché…no?” replicò la donna come se il topo fosse un membro del Ryozampaku a tutti gli effetti.
    Il topolino sbucò fuori dal nulla, appoggiato alla spalla di Shigure, e parve protestare per la sfiducia.
    Ranma evitò di insistere.
    “Ma…di che si tratta?”
    Akisame prese la parola. “Il filo è fatto di un metallo estremamente resistente ma flessibile, mentre la pallina è di un materiale estremamente denso, anche se leggero. Il suo uso è quello di venire lanciato come un rampino per avvolgersi intorno a degli oggetti, permettendoti poi di arrampicarti, calarti dall’alto o di lanciarti come se fosse una liana. Può essere utile per superare ostacoli come un crepaccio o cose simili. Inoltre, se dovessi usarlo per portare in salvo qualcuno, sappi che il filo si può srotolare sino a 30 m, e consente il trasporto di 200 kg, ossia un paio di adulti medi giapponesi, oltre a te”


    La testa di Ranma parve esplodere, mentre si immaginava, come in uun fumetto,  Tochoumaru al quale veniva quest’idea mentre giocava alla guerra con gli altri animaletti, poi si precipitava dalla sua padrona per spiegarle il tutto facendo dei disegnini su dei fogli; lei che riusciva chissà come a capirlo e poi a spiegare tutto ad Akisame, che lo realizzava.
    “Beh, che dire…non me lo aspettavo, ma…è un regalo molto utile”
    Il topolino attraversò la stanza con solennità per andare a stringergli la mano (o meglio, un dito, con la zampina), vestito da generale dell’esercito e facendogli il saluto militare.


    Ora che aveva finito, Ranma si alzò in piedi ed iniziò ad indossare tutti i regali (Hayato lo coprì quando vide che si stava spogliando senza pensare alla presenza delle ragazze, cosa che causò delle proteste imbarazzate da parte loro ed un paio di commenti irritati da parte dei ragazzi) e quando ebbe finito, era rivestito nell’abito di Renka ed equipaggiato con tutte le altre cose che gli avevano donato.


    Nel realizzare questo, fu colto da un moto in pieno petto.
    Era…calore. Era…affetto. Era…riconoscenza.


    Più ancora, era…commozione.
    Non era abituato ad essere trattato bene dal prossimo.
    Ma ora, davanti a lui, c’erano quelle persone.
    Aveva addosso le prove tangibili del loro affetto.


    In quella stanza, tutte quelle persone gli volevano bene.


    Fece un profondo inchino (parecchio profondo, per non far vedere che era commosso).
    “Grazie davvero a tutti!”

    ◊◊◊◊◊

    I festeggiamenti proseguirono fino a tarda sera e fu deciso che tutti avrebbero dormito lì al Ryozampaku, persino Kisara che avvisò i suoi per telefono che rimaneva da un’amica.
    Sia il pranzo che la cena vennero preparati da Miu, Nodoka, Renka e Kensei (quest’ultimo faceva degli apprezzamenti alla signora Saotome, e buona parte del ruolo di Renka consistette nel tenerlo lontano da lei) e furono dei veri banchetti, composti da una grande varietà di cibi squisiti ed annaffiati da vino, birra e saké.


    I convitti vennero resi allegri da un mucchio di storie di imprese passate, o soltanto di aneddoti buffi, che riguardassero la vita privata di ciascuno, il loro passato insieme, od anche solo gli allenamenti che avevano condiviso negli ultimi mesi.


    Si passava perciò da racconti di scontri feroci, momenti imbarazzanti, viaggi avventurosi, o dettagli riguardo all’allenamento delle arti marziali, ad eventi più intimi, come i primi passi di Renka raccontati con orgoglio da suo padre, le piccole manìe di ciascuno, il fatto che Shigure parlasse nel sonno, terrorizzando Sakaki, o come la donna avesse trovato ed addestrato Tochoumaru. Ryoga parlava di quello che aveva visto nei suoi viaggi. Kuno declamava antiche poesie. Hayato raccontava storie della sua gioventù. Ranma raccontava avventure che aveva vissuto con gli altri. Miu parlava di quando aveva girato il mondo con suo nonno. Renka faceva ridere tutti con aneddoti sui clienti del suo ristorante.


    Soprattutto allegria, convivialità, risate.


    Nodoka approfittò di una pausa per rivolgersi al figlio, mettendogli una mano sulla spalla.
    “Sai Ranma…sono contenta. Dopo tutto quello che è successo lo scorso anno…temevo che non avresti più trovato delle persone con le quali stare insieme in questo modo. Ero un po’ preoccupata per te, temevo che ti chiudessi al mondo. Sono davvero felice che tu sia venuto al Ryozampaku”
    Ranma rimase per un istante senza parlare, poi voltò lo sguardo, uno per uno, su tutti i presenti.
    E su di lei. “Sì. Lo penso anch’io” ammise.


    Più tardi, Ranma andò a cercare Mousse e lo ringraziò di nuovo.
    Voleva anche scusarsi.
    “Per che cosa?” gli domandò il cinese con uno sguardo obliquo.
    “Per aver dubitato di te-confessò il ragazzo col codino-il fatto che mi avessi fatto seguire per trovare questo posto, il fatto che tu andassi regolarmente all’Arena Clandestina a combattere quegli incontri feroci per soldi…diciamo che pensavo potessi essere invischiato in qualche brutto giro. Invece, mi rendo conto…che sei davvero cambiato. Maturato. Sei una brava persona, Mousse e ci tengo a farti sapere che mi fido di te”.
    Il giovane sembrò sinceramente stupito e per una volta, non fece la posa sostenuta. “Io…grazie, Ranma. Per me, questo significa più di quanto pensi” e si ritirò nella sua stanza.

    ◊◊◊◊◊

    Quella sera, prima di andare a dormire, approfittarono tutti delle terme.
    Come aveva scoperto suo malgrado Ryoga, nelle varie miglia quadrate di terreno recintato da mura che costituivano il Ryozampaku, oltre agli edifici principali, esisteva una grande e fitta foresta, al cui centro c’era una sorgente termale naturale.


    Abitualmente, erano le ragazze ad adoperarla, ragione per la quale Shigure aveva preparato numerose trappole per impedire a Kensei di andare a spiarle (non che la cosa lo dissuadesse dal provarci comunque).
    In quell’occasione venne deciso che prima ci sarebbero andati i Maestri maschi, tutti insieme, poi gli allievi maschi, ed infine tutte le donne, compresa Nodoka.


    In questo modo, ci sarebbe sempre stato qualcuno a controllare Kensei.
    Od almeno, questo era il piano iniziale…perché poi, in pratica, tra Ranma che era andato a dormire presto per tutti gli strapazzi della giornata, Sakaki che si era ubriacato, Ryoga che si era perso tra la cucina e la lavanderia, Hayato che approfittava dell’assenza di Miu per cercare la combinazione della cassaforte, Akisame che componeva poesie, Apachai che rubava gelato dal frigo e Mousse che si era ritirato in camera a leggere, nessuno notò con esattezza dove fossero finiti Kensei e Kuno…


    Attraversando la foresta con un panno stretto intorno alla testa, il piccolo cinese disse: “Mi raccomando, allievo. Questa missione richiede discrezione, concentrazione e determinazione”
    “Sì, Shishou” fece il giovane, agghindato nello stesso modo.
    “La posta in gioco è molto alta-proseguì il Maestro-non abbiamo mai avuto un bottino così ricco e potrebbe non ricapitare mai più” precisò, tirando fuori una macchina fotografica digitale ultramoderna ad alta risoluzione che doveva essere costata una fortuna.


    Infatti Shigure, Miu, Renka, Kisara e Nodoka stavano tutte immerse nell’acqua: erano davvero uno spettacolo.
    Si rilassavano senza un pensiero al mondo, anche se Kisara era un po’ gelosa delle forme abbondanti delle sue compagne di relax, mentre Renka non poté che notare, perplessa, come sia Shigure che la signora Saotome tenessero le rispettive katane appoggiate in spalla…


    E poi si sentì un CLICK!
    Shigure aprì un occhio, guardando verso destra.
    Arrivano.


    Poi uscì lentamente dall’acqua, sguainando la spada.
    “Non…fate caso…a me…continuate a…godervi il…bagno”


    “Oh, no, Maestro!-mugolò Kuno-temo di aver inciampato su qualcosa.
    No…così vicini alla meta…che destino crudele…gli déi non hanno dunque pietà?


    Shigure comparve dietro di loro, con un asciugamano intorno al corpo, la lunga katana sguainata e gli occhi che brillavano di luciferino piacere omicida.
    “Stai…corrompendo il mio…allievo, eh, Kensei? Questa è…la volta buona che…ti ammazzo!”


    Dalle terme, le altre donne iniziarono a sentire rumori ed urla varie, non ben identificate. Aguzzando le orecchie, si sarebbero potuti riconoscere dei “CHIEDO PERDONO; MAESTRO!” e dei “VAI ALMENO TU; MIO GIOVANE ALLIEVO! SALVATI ED IMPRIMITI QUELLA VISTA PARADISIACA NEGLI OCCHI!
    ANZI; NO; SACRIFICATI E LASCIA CHE LO FACCIA IO!”


    ed ancora alcuni “PENTITI…DEI TUOI…PECCATI!”

    ◊◊◊◊◊

    Quando Miu e Kisara tornarono nell’edificio principale, quasi tutti erano ormai andati a dormire.
    Soltanto in giardino si sentivano rumori ed urla, perché Shigure inseguiva Kensei per tutto il perimetro per affettarlo, mentre Kuno stava steso come un panno lavato sopra il ramo di un albero, dopo aver preso un sacco di botte.


    Renka e Nodoka erano rimaste in acqua, da un lato perché non erano per nulla turbate, dall’altro perché erano le meno abituate alle terme e volevano godersele un altro po’.


    Dopo aver salutato Kisara, facendola accomodare in una delle camere libere, Miu iniziò ad avviarsi verso la propria.
    Poi, invece, come colta da un impulso improvviso, in punta di piedi, andò nell’ala degli uomini, fece tre battiti piano ed uno forte ad una certa porta, poi tornò di corsa nella sua stanza.


    Mezzo minuto dopo, una figura aprì pianissimo quello stesso uscio, sbucò fuori con la testa, per controllare che non ci fosse nessuno ed uscì furtivamente, richiudendo la porta, facendo in modo che sembrasse chiusa dall’interno, ma che potesse comunque aprirsi.


    Un paio di minuti dopo, quella stessa figura bussò quattro volte-due piano e due forte-ad una certa porta di una stanza dell’ala femminile.
    La porta si aprì, giusto un filo.
    Ranma vide Miu Furinji in tutto il suo splendore, con i capelli ancora bagnati ed il corpo voluttuoso coperto solo dall’asciugamano legato intorno al corpo.


    “N-non mi aspettavo che facessi il segnale proprio stasera” le disse dopo una breve pausa, dovuta alla mascella che gli stava cadendo fino a terra.
    Miu ostentò un po’ di nonchalance, provando a flirtare, una cosa che stava ancora imparando a fare e che non le riusciva benissimo.


    “Beh, sai, all’inizio non pensavo di…poi però, mi sono resa conto che non hai ancora scartato il tuo regalo…il tuo altro regalo…d’altro canto, se pensi di essere troppo stanco…”


    Non poté finire la frase. Ranma si lanciò letteralmente dentro la stanza.

    ◊◊◊◊◊

    Kenichi stava tornando in stanza, lamentandosi ancora un po’ di quanta birra il Maestro Sakaki lo avesse praticamente obbligato a bere-si sentiva un po’ brillo, una cosa nuova per lui-e del fracasso che Shigure faceva con Kensei in giardino: sembrava decisa a fargliela pagare una volta per tutte.


    “Shigure-san, proprio stasera…avrei davvero bisogno di dormire.
    Diamine, quel bicchiere d’acqua non mi ha assolutamente fatto passare la sbronza, forse dovrei tornare ancora indietro e farmi un caffè, ma poi non dormirei del tutto…oh, e quello che cos’è?”


    Raccolse dal corridoio un oggetto luccicante.
    “Questo è il fermacapelli di Miu-san…quando deve averlo perso? Uhm…non vorrei disturbarla a quest’ora…potrebbe pensare che mi stia facendo delle strane idee…ma d’altronde dovrebbe essere andata a letto da pochi minuti…proverò a passare”


    Kenichi si recò all’ala femminile e fece una scoperta terribile.
    La porta della camera di Miu-che come tutte le camere, dopo la ristrutturazione di sei mesi prima, era insonorizzata-era rimasta socchiusa, come se qualcuno non si fosse curato di chiuderla.
    Per qualche ragione gli venne un brivido lungo la schiena.
    Un presentimento.


    Si avvicinò piano piano.


    E poi sentì.


    E poi vide.


    E poi non capì più nulla e si ritrovò a vagare per il corridoio, come in trance.

    ◊◊◊◊◊

    Renka aveva accompagnato la signora Nodoka alla camera riservata a lei-che stava su un corridoio ad angolo retto rispetto a quello con le camere sua e di Miu, una di fianco all’altra; e stava tornando alla sua, ancora avvolta come tutte nell’asciugamano, con i vestiti sottobraccio.


    Ma nel suo corridoio vide l’ultima cosa che si sarebbe aspettata di vedere.
    Kenichi era lì, in piedi, appoggiato ad un muro, con l’aria di chi è finito sotto un tram.


    “Kenichi-san! Cosa succede? Ti senti male?” e gli si avvicinò, stringendogli le braccia con le mani.
    Il ragazzo era sicuramente brillo, ma non poteva essere solo quello a sconvolgergli il viso.
    I suoi occhi erano cerchiati da occhiaie profonde, balbettava in modo incoerente ed aveva uno sguardo spento, come se osservasse qualcosa a galassie di distanza da loro e non vedesse quello che aveva davanti a sé.
    Ciondolava la testa avanti e indietro.


    “Kenichi! Cosa succede? Ci sono qui io! Sono Renka! Dimmi che cos’hai?”
    “Uhm? Renka-san? Tu…sei qui? E’ reale o…sto sognando?”
    “No, Kenichi, sono qui per davvero, sono qui per te. Ma dimmi che succede, mi sto preoccupando”


    Kenichi sembrò riscuotersi un po’, ma allo stesso tempo parve più confuso di prima.


    E poi successe.


    Nessuno avrebbe saputo dire come fosse cominciato.
    Renka era vicino a Kenichi, preoccupata, piena di calore per lui.
    I loro visi erano vicini.
    E lei era bellissima.


    I volti dei due giovani si ritrovarono allacciati in un lunghissimo bacio.
    Renka all’inizio sembrò stupita, provò a dire qualcosa, poi si lasciò andare.
    Kenichi si mosse in automatico, la strinse tra le braccia.
    E finirono nella sua stanza.

    ◊◊◊◊◊

    Con tutto il marasma che proveniva dal giardino, nessuno notò che Mousse era uscito e faceva una passeggiata nel fresco della notte, a qualche centinaio di metri dal Ryozampaku.


    Le parole di Ranma gli risuonavano in testa
    << Mi fido di te >>


    Ranma Saotome…ingenuo fino all’ultimo, eh? Meglio così, in fondo


    Due figure comparvero all’improvviso dietro di lui, rimanendo nell’ombra.
    Erano inginocchiate.


    “Laobàn***** siamo qui per fare rapporto, prego
    “Proprio così, prego


    Mousse dava loro le spalle e guardava nel vuoto, le braccia infilate nei suoi manicotti.


    “Ditemi pure. Come va la sorveglianza dei nostri obiettivi? Novità particolari?”


    “Nessuna, prego. Sembra che tutto proceda come al solito, prego


    “Uhm…capisco. Secondo voi, sospettano qualcosa? Si sono accorti di voi?”


    “Non credo, prego. Noi siamo state attente.
    Ma non è possibile escluderlo del tutto, prego.
    Stiamo pur sempre parlando di persone fuori dal comune, prego”.


    “Uhm…vero anche questo. Va bene, allora tornate ai vostri compiti abituali ed avvertitemi solo in caso di novità. Potete congedarvi”


    “Certo, Laobàn, prego
    “Come desidera, Laobàn, prego


    E con uno-SWIIISSSHH-entrambe le ombre scomparvero nella notte.


    Mousse rimase a rimirare l’orizzonte, pensieroso.
    Bisogna agire a breve…prima che si accorgano di qualcosa…colpire forte e duro, senza che abbiano la possibilità di reagire…

    ◊◊◊◊◊

     
    Erano passate altre settimane al Ryozampaku.


    Le vacanze di primavera (6*) avevano permesso a Kenichi, Miu e Renka, ma anche ai loro amici dell’Alleanza Shimpaku di rilassarsi un po’, anche se loro, Thor, Nijima e le Valkyrie avrebbero dovuto, subito al rientro, sostenere gli esami finali per completare il liceo (gli altri loro amici, più grandi, si erano invece già diplomati).


    Questo li faceva preoccupare solo il giusto-Miu aveva degli ottimi voti, ma era sicura che non sarebbe andata all’università perché questo avrebbe voluto dire spendere molti soldi; mentre Kenichi avrebbe provato l’ingresso in un’università pubblica per studiare letteratura-tuttavia non potevano neanche trascurare del tutto lo studio.


    Se non altro questo permise loro di conoscere un po’ meglio gli amici di Ranma.


    Kenichi, Miu e Renka, infatti, modificarono la loro routine, addestrandosi, durante le vacanze, al mattino e studiando il pomeriggio.
    In questo modo ebbero l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con Ryoga, Mousse e Kuno.


    In altre circostanze, Kenichi sarebbe rimasto impressionato dalla sicurezza in sé di quest’ultimo ed avrebbe probabilmente preso appunti, ma questo non era più il caso.


    Quanto a Ryoga, lo conosceva già un po’ e dovette confermare la propria impressione che, superficialmente, si assomigliavano: timidi, sognatori ed introversi.
    Al tempo stesso, le differenze erano importanti quanto le somiglianze.


    Entrambi inoltre, stavano evolvendo…diventando qualcosa di più, o di diverso da quanto fossero mai stati.
    Ryoga aveva lasciato andare tutto il rancore e l’indecisione che aveva provato per anni, mentre Kenichi stava superando la maggior parte delle sue insicurezze.


    Quanto di ciò fosse dovuto al fatto che si incontrava regolarmente, nottetempo, con Renka, questo neanche lui l’avrebbe saputo dire.


    Da quando quella storia era cominciata, tutto sembrava una specie di sogno ad occhi aperti.


    Non parlavano di quello che succedeva (anche se lei gli stava ancora più appiccicata di prima, durante gli allenamenti), né lui aveva confrontato Ranma e Miu su quanto aveva scoperto: semplicemente, tutti quanti andavano avanti con le loro vite come se niente fosse, comportandosi gli uni con gli altri come avevano sempre fatto.


    Kenichi non sapeva esattamente cosa provasse per Renka-era confuso, e stava seguendo la corrente-ma si rese conto di essere stato molto stupido a non rendersi conto dei suoi sentimenti per tutto quel tempo.


    La figlia di Kensei era gentile-almeno a volte-simpatica e straordinariamente affascinante.
    A pensarci bene, doveva essere stato davvero ottuso per non rendersene conto prima.


    Al tempo stesso, non si sarebbe mai capacitato che Miu potesse andare con un altro uomo.


    Tra di loro c’era una sorta di tacita promessa-almeno era così, vero? Non doveva averlo pensato solo lui-ed avevano condiviso insieme momenti che valgono dieci vite.


    La sua mente ed il suo cuore si rifiutavano talmente di credere a ciò che aveva visto, che per autodifesa fu come se avesse cessato di pensarci di colpo.


    Il Discepolo Più Forte della Storia era l’unica persona in tutto il Ryozampaku a sapere di entrambe le tresche-per una specie di miracolo, nessuno dei Maestri aveva scoperto le due coppie di giovani-e dal momento in cui era finito a letto con Renka, era come se qualcosa in lui fosse cambiato.
    Come se si liberato di quell’aura di ingenuo idealista che aveva sempre avuto, come se avesse in cuor suo deciso che a volte il mondo è ingiusto, ma se riesci comunque a cavartela, allora va bene così. I sogni sono belli, ma ad un certo punto, bisogna svegliarsi.


    Renka, invece, aveva sviluppato un buon rapporto anche con Mousse-li accomunava essere due persone calcolatrici che cercano sempre di analizzare ogni aspetto dei problemi, ma per il resto erano diversissimi-e soprattutto era contenta di poter parlare in cinese con qualcuno, dopo tanto tempo.
    Spesso i due conversavano fittissimo-scatenando delle occhiatacce da parte di Kenichi-e nessuno sapeva di che cosa.


    In realtà, Mousse era interessatissimo a tutto quello che Renka sapeva e faceva per contrastare le Triadi a Chinatown-la ragazza, infatti, riceveva ancora regolarmente dei rapporti dagli altri praticanti di arti marziali che lavoravano al ristorante di suo zio Hakubi-e lei non trovava nulla di strano a dargli alcune informazioni, dal momento che tutti al Ryozampaku-ed in particolare Ranma, che lo conosceva da più tempo di tutti-si fidavano di lui.


    Quanto a Ranma, infine, dopo i festeggiamenti per la sua promozione, si era riposato per una settimana, senza allenarsi.
    Per lui era un po’ strano, ma doveva riprendersi dalle ferite, e soprattutto aveva capito di potersi prendere una pausa, una volta ogni tanto.


    Il vero problema, semmai, era stato trovare una scusa con Kisara.
    Ranma non poteva diventare Ranko ed andare ad allenarla con metà del corpo fasciato come una mummia, perciò le aveva dato la settimana libera-preparando degli esercizi da farle fare in autonomia, se proprio voleva-e scrivendole una lettera nella quale le diceva che voleva prendersi cura di suo fratello, quindi non sarebbe stata disponibile.
    Il ragazzo col codino non sapeva come la ragazza l’avesse presa, ma sperava non troppo male.


    Come per tutti gli altri, detestava mentirle.
    Ma, a differenza che con Miu, rivelare la verità a Kisara le avrebbe spezzato il cuore-ci teneva troppo che la sua Maestra fosse una femmina-quindi non avrebbe saputo cosa fare.
    Prima o poi avrebbe dovuto trovare una soluzione…


    Già, prima o poi.


    Il pensiero lo colpì.


    Per quanto tempo aveva intenzione di restare al Ryozampaku ad allenarsi?


    Per quanto tempo avrebbe allenato Kisara, conducendo una doppia vita?


    Lui aveva pagato in anticipo per allenarsi al Ryozampaku per un anno, che sarebbe scaduto di lì a qualche mese; mentre Kisara avrebbe dovuto sospendere gli allenamenti pomeridiani non appena fosse entrata all’università, perché non avrebbe più avuto tempo.


    Le lezioni che le dava gli avevano fatto guadagnare un po’ e metteva da parte quanto più poteva, quindi il denaro per il momento non era un problema.


    Ma cos’avrebbe fatto, dopo?
    Si sarebbe allenato là per sempre?
    E per quanto tempo lui e Miu avrebbero continuato a…


    MIAOOOU!


    Ranma, terrorizzato, spiccò un balzo fino alla cima della catasta di legno che Apachai aveva accumulato per l’inverno.


    “Ah! Eccoti qui, briccone! Vieni dalla mamma!”
    Renka raccolse il micio grigio con un occhio solo che era scappato dal loro piccolo rifugio per randagetti, dalla parte opposta del cortile.


    “Uh? Cosa ci fai lì sopra, Ranma-san?” gli domandò poi, rivolgendo uno sguardo innocente verso l’alto.
    “Eh? Uhm? No, nulla, nulla di particolare…ehm, da qui sopra si sente una brezza così piacevole…e si vede un bel panorama…prima ho visto una nuvola che sembrava un cervo…è anche passato un deltaplano”


    “Davvero? Peccato, me lo sono persa. Oh, visto che non hai nulla da fare, ti va di venire di là con noi? C’è anche Kisara. Stiamo dando il latte ai mici”.
    “Uhm, sì, forse, magari più tardi…”
    “Va bene, fai come vuoi! A dopo!”


    La ragazza corse via con un tale sorrisone in volto che Ranma non poté fare a meno di domandarsi cosa le fosse successo di bello.
    Ultimamente era sempre al settimo cielo.
    Oh, beh, di qualunque cosa si tratti, meglio così. Sono contento per lei, dopotutto.

    ◊◊◊◊◊

    Kenichi aveva approfittato di uno dei propri momenti di pausa, e del fatto che Ranma stesse chiacchierando con Ryoga, per avvicinarsi di soppiatto al maestro Ma e parlargli schermandosi la bocca con la mano.


    “Psst! Maestro Ma Kensei. Devo parlarle in privato”
    “Ragazzo mio, cos’è tutto questo mistero?-gli domandò il Maestro del Kung Fu-devi comprare delle altre immagini, ehm, artistiche?
    Sono contento, era da un bel po’ che non ti facevi vivo. Mi stavo quasi preoccupando per te, come se fossi troppo impegnato ad allenarti per coltivare del sano interesse per l’altra metà del cielo…”


    A Kenichi venne da deglutire.
    Se solo avesse saputo…


    “Ehm, no, è una questione che riguarda l’allenamento-riprese con un po’ di imbarazzo-però non voglio che la sentano gli altri. Maestro Ma, io…vorrei chiederle se lei sia per caso in grado di insegnarmi…una certa determinata tecnica che ho visto fare a Ranma!”

     

    ◊◊◊◊◊

     

    Un Martedì mattina i ragazzi di Nerima stavano facendo una pausa dagli allenamenti e si erano ritrovati, quasi spontaneamente, tutti in cerchio.


    Ryoga buttò giù una lunga sorsata d’acqua da una bottiglia.
    “Accidenti, ci voleva proprio-commentò-Apachai cerca di sfiancarmi, ogni volta”
    “Però funziona-osservò Ranma-sei diventato molto più fluido nel muoverti”


    “Ma non ancora quanto te, è questo che volevi dire Ranma?
    Forse presto sarà ora di verificare il nostro livello con un duello…come ai vecchi tempi”


    “Hai intenzione di provare a battermi per dimostrare di aver raggiunto il livello Maestro? Per me va bene…” fece il ragazzo col codino con uno sguardo sornione.


    “L’unico che rivendicherà il titolo di Maestro battendo Ranma Saotome sono io, Kuno Tatewaki-dichiarò con solennità il kendoka-lo devo soprattutto per l’onore della mia Maestra, la dolce Shigure-sama. Dimostrerò che i suoi metodi sono i migliori”


    “Sei davvero senza speranza-commentò Mousse-a parte il fatto che tu sei quello che ha meno possibilità di tutti di battere Ranma, non hai pensato che anche lui ed io ci alleniamo con Shigure? Cosa vorresti dimostrare? La bontà del suo allenamento si dimostrerebbe anche se ti battesse lui…o se ti battessi io…o se LO battessi io…non ti sembra?”


    Kuno sembrò preso in contropiede e si mise a contare su una mano, ripetendo le varie opzioni “Dunque, se io lo batto, ma se lui mi batte…”


    “Tsk! Che razza di idiota!” commentò Ryoga con sprezzante superiorità.


    “Parla quello che si è perso dentro la sua tenda da campo” gli ricordò Mousse.
    “Ehi! Era buio! Si era rotta la lampada! E comunque è successo una volta sola!”


    “AHAHAHAH!”


    Tre volti si girarono all’unisono a guardare Ranma che rideva a squarciagola.


    “Scusatemi ragazzi-fece, asciugandosi con un dito una lacrima dal ridere-ma siete troppo comici”
    Poi, nel notare i loro sguardi, precisò


    “In realtà…mi fa piacere vederci interagire così. Come ai bei vecchi tempi.
    Per un attimo, mi è sembrato…di essere ancora a Nerima. Anzi…è ancora meglio di allora, in verità. Non siamo sempre andati così d'accordo”


    Il ragazzo abbassò lo sguardo con un sorriso amaro ed anche gli altri tre si ritrovarono immersi nei ricordi.


    “Beh! In fondo non ha senso piangere sul latte versato, non credete?” si riscosse Mousse.
    “No, di certo-confermò Ryoga-ma i ricordi sono ciò che permette ad un uomo di andare avanti…sono le cose che hanno dato un senso alla sua vita”
    “Le stagioni cambiano, la vita muta…gli ideali restano” fece Kuno, poetico.


    “Gli ideali e…qualcosa di più. Come l’amicizia” concluse Ranma.

    ◊◊◊◊◊

    Hayato stava giocando a shogi con Akisame.
    Sakaki, di fianco a loro, beveva oziosamente una birra.


    “Allora, Akisame, sembra che il Ryozampaku abbia appena fatto un salto di qualità, eh? Abbiamo un nuovo Maestro…e sia Miu che Kenichi sono decisamente nel novero degli Esperti, ormai…” il vecchio gongolava soddisfatto.


    “E non solo-si intromise Sakaki-ho l’impressione che anche gli amici di Ranma, cioè Ryoga e quel Mousse, siano piuttosto vicini a raggiungere il suo stesso livello”


    “E’ perché si allenano in modo più specifico-precisò Akisame-Ranma ha scelto di allenarsi cinque giorni a settimana con cinque Maestri diversi.
    Un bel vantaggio-qualcosa di molto simile a quanto fa Kenichi, del resto-ma nello stesso tempo, disperde la sua competenza ed il suo tempo su cinque arti marziali differenti. Per quanto ci siano poche sovrapposizioni tra di esse ed anche l’allenamento fisico sia diverso, è abbastanza normale che questo ne rallenti un po’ l’evoluzione complessiva.
    Invece, Mousse e Ryoga, sebbene in modo completamente diverso l’uno dall’altro-Ryoga infatti si allena sempre con Apachai mentre Mousse divide i suoi tre giorni tra Shigure, Kensei e me, per giunta nel mio caso imparando nozioni non direttamente legate alle arti marziali-sono più concentrati nell’allenare soltanto le pratiche che sono loro strettamente congeniali.
    In questo modo, il loro sviluppo risulta più rapido.
    Quanto a Mousse, ho anche il sospetto che nei suoi giorni liberi si alleni ancora in autonomia, magari integrando tra di loro le cose che impara al Ryozampaku e sperimentando nuovi modi di adoperare le armi nascoste”.


    “Intendi dire…che Ranma, per assurdo, è in svantaggio rispetto a loro? Che sono come dei cavalli che iniziano una corsa dietro al favorito, ma poi rimontano?” domandò il karateka, dubbioso.


    “Dico che Ranma potrebbe comunque mantenere un vantaggio, perché ci è arrivato prima-ipotizzò Akisame-ma che non è necessariamente detto.
    Comunque secondo me il vero discorso è un altro.
    Ranma ha SCELTO di imparare tante arti marziali diverse.
    Diamine, il nome della sua scuola è Arti Marziali Indiscriminate.
    Il concetto sottostante è che più cose differenti si imparano, meglio si è attrezzati per affrontare una grande varietà di situazioni.
    E questo vale anche nel confronto con i suoi rivali.
    Se affrontassero Ranma dieci volte ciascuno, sia Ryoga che Mousse potrebbero vincere alcune volte-la mia stima attuale è che perderebbero 7 volte a 3, ma è una situazione in rapida evoluzione, presto potrebbero migliorare ancora-ma questo non vorrebbe necessariamente dire che siano davvero alla pari.
    Chiunque può vincere o perdere contro chiunque, in teoria.
    Ma il vantaggio di conoscere molte tecniche diverse è che Ranma potrebbe affrontare e magari battere una grande varietà di altri nemici, contro i quali Ryoga e Mousse sarebbero invece impotenti”


    “Capisco. Un po’ come fare sasso, carta e forbice” concluse Sakaki, con un ultimo sorso.


    “All’incirca è così-confermò Hayato, ancora concentrato sulla partita-e dimmi, Akisame, invece come si colloca quel Kuno in questo schema? Ha raggiunto un livello simile al loro?”


    “Da quello che dice Shigure, no, non ancora, anche se pure lui è avvantaggiato dal praticare una singola arte marziale.
    Inoltre, partiva già un po’ più indietro. Possiamo dire che sia nel livello Esperto, ma inferiore agli altri due…all’incirca al livello raggiunto da Miu…almeno credo, non abbiamo seguito il suo allenamento, negli ultimi mesi, ma soltanto visto i suoi duelli insieme e contro a Renka e Kenichi…”


    Il sottinteso era che fossero un po’ seccati che l’Anziano avesse tenuto nascosti gli allenamenti della nipote.
    Hayato ridacchiò un po’, soddisfatto.
    Ma poi smise.


    “Scacco matto!” Esclamò Akisame.


    Sakaki si aprì un’altra birra e rifletté
    Inoltre, il vecchio non fa il misterioso soltanto su Miu…non abbiamo idea di quali tecniche abbia insegnato a Kenichi e neppure a Ranma, ora che ci penso…questo mi fa venire in mente un’altra cosa…


    “Kensei è convinto che Ranma abbia delle altre risorse che non ci ha ancora mostrato-annunciò-se così fosse, non oso immaginare dove potrebbe arrivare un giorno…”


    Hayato si accigliò “Purché decida di seguire la giusta strada, questo non mi preoccupa”


    “Ancora con questa storia? Basta, Anziano, io sto bene. Non provo mica rancore perché Ranma ha usato quella tecnica su di me. E lo conosco meglio di chiunque di voi, il suo cuore è dalla parte giusta”


    “Questa è anche la mia opinione, Anziano-confermò Akisame-perdipiù, sappiamo quale fosse la ragione dei suoi turbamenti: tutto quello che gli è successo a Nerima, la sua ragazza, eccetera. Ma ha persino perdonato Ryoga e sembra aver del tutto superato la cosa.
    Ha sviluppato un rapporto splendido coi ragazzi e persino con i membri dell'Alleanza Shimpaku.
    Non credo ci sia motivo di preoccuparsi. Non crederà mica che ci nasconda qualcosa?”


    “Mmmh…forse” borbottò l’anziano Maestro.


    Eppure qualcosa mi turba…una specie di sensazione…oppure sono i miei stessi sensi di colpa? In questo stesso dojo ho addestrato due persone che si sono volte al male, in passato…una era quell’uomo, e l’altra il mio stesso figlio.
    Ranma potrebbe diventare il terzo?
    Perché non riesco completamente a fidarmi di lui? Un presentimento?

    ◊◊◊◊◊

    Ranma Saotome starnutì, mentre camminava per la strada, le mani infilate in tasca.
    Un raffreddore fuori stagione? Oppure qualcuno sta sparlando di me?


    Man mano che avanzava nel quartiere periferico, però, ebbe una strana sensazione.
    Si sentiva osservato.


    Si voltò, ma non vide nessuno.
    Proseguì, accelerando il passo, poi si fermò.
    Era come se un’ombra gli stesse appiccicata.


    Evitò di darlo a vedere, ma continuò passeggiare, più lentamente e chiuse gli occhi, espandendo il Sesto Senso e concentrandosi al massimo…
    …poi spiccò un improvviso balzo verso l’alto, sui tetti.


    Si voltò in ogni direzione. Ancora nessuno.
    Eppure era convinto…era come se l’ombra fosse stata lì fino ad un attimo prima e si facesse beffe di lui.


    Era un po’ seccato. La cosa non gli lasciava una buona sensazione.
    Saltò giù e ricominciò a camminare normalmente.


    Poi, a metà strada verso casa, ricominciò a correre ed infine si gettò di colpo sulla sinistra, in un vicolo.


    Stava per voltarsi per affrontare il suo inseguitore, ma prima che potesse farlo, fu afferrato per il colletto e sollevato di peso, come un bambino.
    Sentì come un risucchio nell’aria, venendo trascinato verso l’alto e la cosa successiva che gli capitò fu di sbattere il sedere per terra.


    Si voltò e vide un individuo materializzarsi dal nulla. Quando i Maestri del Ryozampaku si muovevano, erano così veloci che gli pareva usassero il teletrasporto.
    Con costui no. Sembrava qualcosa di ancora diverso.


    Gli sembrava che fosse sbucato da uno squarcio nel suo campo visivo stesso, ma non pareva essersi mosso.
    Era l’aria intorno a lui che si torceva.
    Il suo cervello ci mise un attimo a capire.


    E’ così veloce che i miei occhi non solo non ne distinguono i movimenti, ma non percepiscono neppure che si stia muovendo…è come se fosse stato disegnato qui in mezzo allo sfondo da un pittore…lo vedo come se fosse del tutto fermo…


    “Scusa per le maniere brusche-disse l’individuo-ma dovevo accertarmi che non ci stessero seguendo. Qui potremo parlare indisturbati”


    Si trovavano su una specie di tettoia che dava su una corte interna di un condominio.
    Tutt’intorno a loro si alzavano alte pareti su tre lati ed una rete sul quarto.


    L’uomo era alto almeno un metro e novanta per-stimò Ranma-non meno di cento chili di puri muscoli.
    Ciò nonostante vestiva con cura ed eleganza-il che non sembrava appropriato per pedinare qualcuno e mettersi a saltare sui tetti-ed era-bisognava ammettere-straordinariamente bello.
    Aveva folti capelli mossi e biondi e gli occhi chiari, che lo scrutavano con uno sguardo freddo.


    “Ma tu…chi diavolo sei?” domandò Ranma, intuendo di avere a che fare con un individuo fuori dal comune.


    A sorpresa, l’uomo fece un breve inchino “Mi chiamo Saiga Furinji, molto piacere di conoscerti. Credo che negli ultimi mesi tu abbia conosciuto la mia famiglia, Ranma Saotome della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate”


    Ranma restò per un attimo a bocca aperta.
    “Voi siete…Saiga Furinji? QUEL Saiga?”


    “Il solo e l’unico, per servirti.
    Immagino tu abbia molte domande da farmi, ma in effetti, se ti ho portato qui è proprio perché ho intenzione-no, è più corretto dire che ho la necessità-di parlare con te, Ranma Saotome. Ed il motivo è semplice: al Ryozampaku, tu, i tuoi amici, mia figlia, Kenichi e l’Alleanza Shimpaku…siete tutti in pericolo”

    ◊◊◊◊◊

    Ranma si mise bene a sedere e Saiga fece altrettanto, incrociando le braccia per non comunicare di non essere una minaccia.


    “Quindi-prese a dire Ranma-quanto mi avevano detto su di voi era sottostimato-sapete chi sono, che cosa ho fatto al Ryozampaku…e vi muovete più rapidamente di chiunque altro abbia mai visto, eccetto forse vostro padre”.


    “Da un lato non dovrebbe stupirti-rispose Saiga-come sai bene, ho passato un mese di vacanza con mia figlia, e se non erro sei proprio tu che hai previsto dei giorni liberi tra i suoi allenamenti nei quali può vedermi.
    A tal proposito devo ringraziarti-Ranma fece solo un cenno di inchino con la testa-quindi è normale che mi abbia parlato di te.
    A dire il vero, ero curioso di conoscerti. Di vedere che tipo d’uomo fosse la persona che sta portando tanti cambiamenti in un posto come il Ryozampaku.
    E credimi, so quanto sia un luogo refrattario ai cambiamenti”


    “Ma non si tratta solo di una chiacchierata di piacere.
    Avete detto che siamo in pericolo e mi avete portato qui dicendo che potrebbero seguirci. Di che si tratta?”


    “Ci arriveremo, non temere. Voglio prima capire qualcosa di più su di te”


    In pratica, è venuto a parlarmi in privato, ma non si fida del tutto di me


    “Quindi vi comportate in modo così sospetto, ma poi VOI per primo non vi fidate dell’interlocutore? Non mi sembra molto corretto” lo provocò.


    Stranamente, il biondo si mise a ridere.
    “AHAH! Sei davvero impertinente come dicono. Però hai ragione, è una bella pretesa da parte mia.
    Facciamo così. Ti confermerò qualunque cosa tu voglia sapere su di me”


    Ranma rimase in silenzio, esitante. Sapeva di rischiare grosso dicendo la cosa sbagliata.


    “E’ vero che…la madre di Miu era una ninja di un clan chiamato…Kuremisago…e che…un altro membro di quel clan, chiamato Senzui…l’ha uccisa, dico bene?”


    Solo gli occhi dell’uomo lampeggiarono un momento.


    “E’ così. Immagino non ti abbiano detto tutta la storia, ma hai indovinato le parti mancanti.
    Quello che non sai, però, è che per oltre quindici anni, il mondo intero ha creduto che IO fossi il colpevole di tale delitto. La mia stessa figlia, scoperta la sorte di sua madre, lo credeva”


    Ranma deglutì.
    “E’ terribile. Ma…voi non avete potuto raccontare la verità, perché…”


    “Perché per tutto quel tempo, sono stato a capo del reparto Senz’Armi dello Yami, Un’Ombra, Nove Pugni.
    Io ero l’Ombra”


    Ranma fece tanto d’occhi.
    Tremava leggermente e sudava freddo.


    Tutte quelle storie del terrore raccontate a mezza voce sullo Yami…e poi era il padre di Miu a starne a capo? Peggio che in un brutto telefilm.


    “Questo non te lo avevano detto, immagino. Si capisce dalla tua reazione. Ti avranno al massimo detto che per un periodo sono stato una persona che viveva nelle ombre. In effetti è corretto”


    “Però…mi hanno anche detto che di recente siete tornato dalla parte giusta”


    “E’ più esatto dire che io e mio padre abbiamo concezioni filosofiche diverse.
    Per molto tempo, non sapevo chi fosse l’assassino di mia moglie, ma lo stavo cercando.
    Le Arti Marziali sono state originariamente create per distruggere l’avversario nel modo più efficiente possibile.
    Molti praticanti di alto livello seguono questa convinzione.
    All’Inizio, Un’Ombra, Nove Pugni avrebbe dovuto essere un’alleanza puramente difensiva.
    Una sorta di tregua per evitare che i Gran Maestri del Pugno Che Uccide si scontrassero fra loro…ed al tempo stesso, ciò ha permesso la creazione dello Yomi, l’istituto col quale venivano addestrati insieme i loro Allievi”


    Come Rachel Stanley-pensò Ranma-Se lei era la più sana del gruppo, chissà tutti gli altri.
    In effetti già Kokin ed Hermit non scherzavano mica


    “Poi, invece-riprese Saiga-mi sono reso conto che alcuni membri stavano cospirando per far sì che lo Yami acquisisse sempre più potere ed influenza…fino ad orientare la politica delle nazioni e persino scatenare guerre per permettere alle arti marziali di prosperare”.


    “Ma…è atroce!”


    “Sì, ed anche dopo la sconfitta dello Yami e la morte di Senzui, e la mia…redenzione, se vogliamo chiamarla così, lo Yami non è del tutto dòmo.
    Certo, il loro numero è diminuito parecchio: la maggior parte dei vecchi membri dei Nove Pugni ha disertato ed ora operano tutti in maniera indipendente.
    Però loro sono comunque più numerosi di noi.
    Esiste infatti un’equivalente di Un’Ombra, Nove Pugni anche nel reparto armato dello Yami: sono chiamati le Otto Lucenti Lame Esecutrici, e sono altrettanto pericolosi”


    Un sacco di informazioni vorticavano nel cervello a Ranma.


    “E quindi ora voi…la ragione per cui non siete al Ryozampaku è…”


    “…che cerco di tenerli d’occhio per accertarmi che non facciano qualcos’altro di grosso, sì.
    Passo molto del mio tempo a spiarli, badando di non venire scoperto a mia volta”


    “E…siete venuto qui per dirmi che siamo in pericolo.
    Tutti loro…Miu, Kenichi, gli altri nuovi Allievi, i miei amici…sono un bersaglio di quella gente?
    Di che si tratta? Devi dirmelo!” concluse, quasi con un ringhio.


    Saiga Furinji lo osservò per un lunghissimo istante.


    -decise-E’ sincero
    No, non è soltanto, sincero. Molto di più. E’ preoccupato.
    Questi sono gli occhi di chi ha perso tutto ciò che aveva una volta, ed ora non vuole perderlo di nuovo.

    Una situazione con la quale posso empatizzare…


    Saiga chiuse gli occhi ed emise un profondo sospiro.


    “Ascoltami Ranma, la tua preoccupazione ti fa onore.
    Ma c’è un motivo se non sono andato direttamente al Ryozampaku a raccontare ciò che ho scoperto.
    Uno dei pericoli che temo…non deriva dall’esterno.
    Ma dall’interno. Credo che fra i nuovi allievi, forse persino tra i tuoi amici…ci sia un traditore”


    “Non è possibile!”


    “Non posso dire di averne la certezza assoluta, ma è molto probabile.
    Una conversazione telefonica che ho intercettato-brevemente, purtroppo, perché poi è caduta la linea-diceva proprio così:
    << Agiremo presto. Uno dei loro allievi li dividerà, è inevitabile che accada. A breve, scatenerà il caos al loro interno, e noi potremo approfittarne. La forza del Ryozampaku, la loro tanto vantata unità…crollerà per sempre >>


    Ecco perché ho voluto prima parlare con te e giudicare il tuo carattere. Ti ho scelto perché Miu si fida di te, ed io a mia volta mi fido del giudizio di mia figlia.


    Ma tu, Ranma, saresti pronto a fare questo?
    A condannare uno di loro…per il bene di tutti gli altri?


    E se non lo farai…sei pronto a rischiare di perderli tutti?”


    Ranma rimase esterrefatto per diversi minuti.


    Non sapeva cosa dire.
    Nella sua mente, valutava tutte le possibilità.
    Alla fine abbassò la testa, chiuse gli occhi e strinse i pugni.


    “Io…non lo so! Non so cosa fare!
    Una situazione che mi capita fin troppo spesso, in realtà.
    Ogni volta…che credo di sapere quale direzione far prendere alla mia vita, arriva qualcosa che manda tutto a rotoli! Non è giusto!”


    Poi si calmò.
    Rifletté a lungo su tutti loro.


    Ryoga, Mousse e Kuno.
    Sulle esperienze di vita, belle e brutte, che avevano vissuto insieme.
    Su tutte le volte nelle quali si erano coperti le spalle a vicenda, nonostante tutto.
    E sull’ultimo periodo, nel quale si erano allenati tutti insieme al Ryozampaku.


    In verità era del tutto ovvio cosa dovesse rispondere.


    Rialzò lo sguardo e fissò Saiga dritto negli occhi, con determinazione feroce.
    “Saiga Furinji. Io non credo ad una parola di quello che hai detto.
    Sì, forse il messaggio diceva davvero così…ma il significato si presta ad interpretazioni.
    So cosa sottintendi: che siccome io li conosco meglio di chiunque altro, potrei indicarti chi di loro, tra Ryoga, Mousse e Kuno penso possa essere il traditore.
    Ma non posso farlo, perché non credo che ci sia nessun traditore.
    Io sono passato attraverso il fuoco con ciascuno di loro…e non crederò mai che possano fare una cosa del genere!”


    Saiga Furinji parve stupito sinceramente, né in positivo, né in negativo.
    Non era la risposta che si sarebbe aspettato.


    “Sei sicuro, Ranma? In questo modo, potresti mettere in pericolo tutti gli altri”


    Ranma sollevò un braccio, stringendo il pugno.
    “Se una cosa del genere dovesse accadere…no, qualunque cosa dovesse accadere…io combatterò per proteggere gli allievi del Ryozampaku a costo della mia vita!
    Lo giuro!
    E se davvero uno di loro dovesse fare del male agli altri…lo farei fuori con le mie mani”


    Saiga si arrese.
    Quel ragazzo era degno di fiducia.
    Da un lato, gli ricordava un po’ Kenichi, ma per molti versi era diverso.


    “Dici davvero? Pensavo fossi un seguace del Pugno Che Salva”


    “Non sono un seguace di niente, in realtà, anche se…non ho mai ucciso e preferirei non doverlo mai fare.
    A dire il vero non comprendo tutte questa ossessione per le filosofie, i codici…mi sembrano solo dei modi per limitare sé stessi, mentre per esprimere il proprio pieno potenziale bisogna essere liberi”


    Saiga lo squadrò di nuovo.
    Comprese bene come al Ryozampaku dovessero essere interessati a quel giovane.


    Poi ebbe un’altra intuizione brillante.


    Mio padre, Hayato Furinji. Non può non aver indovinato il turbamento, i dubbi di questo giovane…probabilmente gli ha permesso di allenarsi da loro, non nonostante, ma proprio perché non si fida del tutto di lui.


    Teme che possa finire sulla strada sbagliata.


    E vuole invece orientarlo sulla retta via. Farlo diventare come sé o come Kenichi, invece che come quell’altro uomo


    …Uhmpf! Però, padre, a volte puoi sbagliarti anche tu.


    Scommetto che hai fatto il tuo solito discorso della moneta che viene lanciata in aria e può atterrare testa o croce…


    …eppure dovresti saperlo, padre mio.
    Proprio perché hai avuto un figlio indegno come il sottoscritto…


    …Dovresti saperlo che a volte la moneta può anche atterrare rimanendo in piedi

     

    ◊◊◊◊◊


    Nota dell'Autore:

    Questo capitolo si riallaccia direttamente al precedente, perché volevo far succedere un po' di cose durante i festeggiamenti...ed immagino che non vi siano piaciute tutte


    Kenichi non riuscirebbe mai a pensare ad un'altra donna a parte Miu...solo qualcosa che lo sconvolga profondamente potrebbe fargli fare una cosa del genere


    Al tempo stesso, lui e Renka si stavano avvicinando da vari capitoli, se ci avete fatto caso


    Ora, non è che la fanfiction debba per forza avere due coppie non canon...però questo mischiare le carte permetteva di far avverare cose altrimenti impossibili nella serie originale...e costringere magari tutti a confrontarsi in seguito


    Riguardo alla promozione a Maestro di Ranma ed ai regali ricevuti, sono tutti pistole di Checkov...cioé cose che non sono state messe lì per caso. Prima o poi serviranno, non è nemmeno uno spoiler


    Mi sono divertito a fargli battere a croce i bracciali per trasformarli, come se fosse Wonder Woman...per fortuna che il codinato non ha notato il riferimento


    Volevo anche che la situazione si stabilizzasse ed arrivasse ad uno status quo abbastanza idilliaco...prima di sconvolgere tutto, come annuncia il buon Saiga Furinji


    Tra parentesi, a differenza di Ranma, noi invece abbiamo visto cosa stia facendo Mousse...e chi indovina chi siano le sue spie, vince una citazione nell'ultimo capitolo!


    La minaccia della quale parlerà all'inizio del prossimo capitolo è strettamente collegata a quello che è successo nel capitolo 14, poi meglio inquadrato nel capitolo 17.

    Infine, Saiga fa una riflessione: forse Ranma non è destinato a smarrire la via come teme Hayato, ma nemmeno può essere uguale a Kenichi. Forse Ranma è più simile allo stesso Saiga. Non segue una via precisa.

    Detto questo, HO AGGIUNTO PARECCHIE IMMAGINI nei capitoli precedenti, quindi chi non associasse facce e nomi dei personaggi, può dare una rinfrescata.
    Non ho proprio finito, ma sono a buon punto


    Alla prossima!


     

    Legenda

    *Okaa-san: “madre”, detto in forma di rispetto


    **Taiyaki: tipici dolcetti tradizionali, fatti di pasta (spesso a forma di pesce), con ripieno di marmellata


    ***Tanto: il pugnale da samurai


    ****Tekkou: I Guanti d’Arme che usano Kenichi ed Hayato, composti da varie lamelle di metallo che coprono dorso della mano e tutto l’avambraccio


    *****Laobàn: in cinese, vuol dire “capo”


    (6*): nel sistema scolastico giapponese, l’anno inizia ad Aprile e finisce a fine Marzo. Gli studenti hanno 40 giorni di vacanza in Agosto (ad anno scolastico iniziato), 20 in inverno (tra il 20 Dicembre ed il 10 Gennaio) ed altri 10 in Marzo, subito prima degli esami finali e del diploma.


     

    Mini-Guida per il manga di Kenichi:

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici

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    Capitolo 20
    *** Ascesa e Caduta ***




    Nelle settimane successive, Ranma pensò spesso a quanto gli aveva detto Saiga.
    Era turbato, anche se lo nascondeva bene.
    Non poteva fare a meno di pensare che, se davvero erano tutti in pericolo, si stava assumendo una grossa responsabilità.
    Stavano tutti correndo un grave rischio.


    Fiducia.


    Sincerità.


    Responsabilità.


    Tutto ruota sempre intorno a questi tre elementi od alla loro mancanza, eh?


    Saiga gli aveva anche detto un altro paio di cose di capitale importanza.


    << Non ho scoperto ancora nulla di preciso, ma sappi che tu ed i tuoi amici siete costantemente sorvegliati.
    Ci deve essere una ragione per questo, quindi fate attenzione.

    E’ molto importante che tu racconti a Sakaki ed a tutti gli altri che il carico di armi che avete fermato qualche mese fa era una copertura: in realtà, nascoste sulla nave c’erano un certo quantitativo di sostanze chimiche sconosciute provenienti dal Sud Est Asiatico, che attualmente stanno venendo lavorate in un centro di ricerca di massima sicurezza appena fuori dal Kanto*.
    Cercherò di infiltrarmi, ma non sarà facile.

    Infine, e questa è la cosa più importante di tutte, devi dire a mio padre che i membri delle Otto Lucenti Lame Esecutrici hanno intenzione di recarsi in Giappone nel prossimo futuro. Non so ancora quando accadrà, ma lo faranno.
    Hanno sviluppato dei metodi per arrivare ovunque senza lasciare tracce, quindi le autorità potrebbero non esserne informate.
    Sarebbe bene che Shigure preparasse dei Tekkou anche per tutti gli altri
    … >>


    Ranma non avrebbe mai scordato l’espressione dei Maestri quando li aveva convocati una mattina, mentre i ragazzi erano a scuola, per raccontare loro dell’incontro avuto con il figlio dell’Anziano.
    Erano tutti sconvolti dalla sorpresa, e non capitava spesso.


    “Comunque, è proprio tipico di Saiga-commentò Akisame-servirsi di Ranma per farci avere un messaggio del genere senza recarsi direttamente qui, e dunque senza far sapere ai nostri nemici di averci avvisati”.


    “Già, ma avvisati DI CHE COSA?-imprecò Sakaki, strizzando la lattina di birra che aveva in mano, fino a farla esplodere-non sappiamo nulla di preciso, e potremmo dover affrontare le Otto Lucenti Lame Esecutrici.
    Dannazione…se penso che ce l’hanno fatta sotto il naso…lo SAPEVO che era troppo strano che assumessero due come Agaard e Sogetsu solo per sorvegliare un carico…per giunta con l’ordine di ritirarsi non appena fosse stato scaricato sul territorio giapponese. Il vero obiettivo era un altro! Hanno sfruttato quei contrabbandieri a loro insaputa!”


    “Il che ci fa capire quanto sia importante quest’operazione-rifletté Kensei-se hanno adoperato un piano talmente elaborato.
    Tu non hai nulla da rimproverarti, Sakaki-kun, quell’operazione di contrabbando era estremamente complessa e l’avete sgominata in modo impeccabile.
    Chi avrebbe potuto immaginare…”


    “Comunque-iniziò Hayato, facendo calare il silenzio-una preparazione del genere, non può essere stata sviluppata da chiunque. Riesco ad indovinare la presenza di una mente superiore dietro a tutto questo. Riconosco quasi il modus operandi…”


    “Già, lo penso anch’io-confermò Akisame-ora che ci penso, c’è un altro dettaglio significativo: la nave del contrabbando si chiamava NEREUS.
    Ora, Nereo era una mitica divinità marina dell’antica Grecia, in grado, come anche il più famoso Proteo, di cambiare forma. Una metafora del fatto che il vero obiettivo non fossero le armi ma le sostanze chimiche. Una specie di beffa, messa sotto il nostro naso. Quasi una firma dell’esecutore…qualcuno appassionato di tutto ciò che è antico…”


    Ranma era stato successivamente congedato, dicendogli di non preoccuparsi, perché i Maestri avrebbero provveduto ad istituire dei turni di sorveglianza per i ragazzi, mentre Shigure avrebbe lavorato, nei limiti del possibile, per preparare delle protezioni che permettessero loro di affrontare avversari armati con tranquillità.


    Il ragazzo col codino si sentì un pochino in colpa di non aver rivelato l’altra parte del messaggio, ma su questo Saiga si era fidato del suo giudizio e l’aveva lasciato libero di operare come preferiva.


    Tuttavia, anche ad una più attenta analisi, non riteneva davvero plausibile che uno tra Kuno, Ryoga e Mousse fosse un traditore al servizio dello Yami.
    Era convinto che su questo, persino l’ineffabile Saiga Furinji si fosse sbagliato.


    Per sicurezza, provò comunque a pedinare con discrezione i suoi amici un paio di volte ciascuno, non appena se ne andavano dagli allenamenti, ma la cosa non portò a nulla.


    Kenichi, Miu e Renka erano stati tenuti all’oscuro su ordine di Hayato, per non distrarli dai loro imminenti esami. Sarebbero stati avvisati a tempo debito.


    Di nuovo, Ranma ci rimase male a tener loro nascosta una cosa simile, ma in effetti era vero: farli vivere nell’ansia senza avere idea di che forma potesse avere la minaccia, non avrebbe avuto senso. Sarebbero stati soltanto stressati e poco lucidi, quando questa fosse arrivata davvero, se avessero passato settimane o mesi a dare la caccia ai fantasmi.

    ◊◊◊◊◊

    I ragazzi si diplomarono senza patemi e tutti molto bene, alla fine di Marzo**.


    Per festeggiare l’occasione, vennero tenute due grandi feste: una al Ryozampaku, alla quale parteciparono anche Ryoga, Mousse, Kuno e Nodoka (che ormai si era affezionata a Kenichi e Miu) ed un’altra con i membri dell’Alleanza Shimpaku, che iniziò nella loro sede-Ranma era contento di ritornarci in circostanze pacifiche-e proseguì in vari locali che frequentavano nelle loro uscite del fine settimana.


    Infatti anche Thor, Nijima e le otto Valkyrie si erano diplomati con successo e naturalmente tutti i loro amici avevano partecipato ai festeggiamenti.


    In quell’occasione, Ranma si sentì dire da Miu che gli era sembrato teso-infatti non poteva fare a meno di controllare che nessuno saltasse loro addosso, ora che sapeva-ma poi si rilassò: era improbabile che lo Yami tentasse qualcosa nel bel mezzo della movida di Tokyo.


    I festeggiamenti riservarono anche delle sorprese: dopo MESI di frequentazione, Ukita e Freya uscirono allo scoperto come coppia, ricevendo il plauso di tutti, che in genere commentavano cose come “ERA ORA!” o “come state bene insieme”.
    Ranma notò che lei era arrossita, ma serena, mentre Ukita-a proposito, era sempre stato grosso, ma da quando si allenava con Koetsuji al Ryozampaku sembrava più muscoloso, più definito ed al tempo stesso più agile-appariva impacciato ma sereno, come se fosse la prima cosa nella vita della quale fosse davvero sicuro.
    Kisara si complimentò con entrambi senza imbarazzi.


    Ma nessuna sorpresa fu grande come la persona che accompagnò Takeda. Il pugile si era presentato con la sua nuova fiamma: nientemeno che Rachel Stanley!
    Dopo un momento di iniziale sconvolgimento, ed un rischio di attacco in 19 contro 2, gli animi si calmarono, con Takeda che provò a spiegare, imbarazzatissimo, che dopo tutte le volte che Rachel aveva combattuto con loro dalla parte giusta e che aveva lasciato lo Yomi, aveva pensato che le avrebbero dato almeno una possibilità.
    All’inizio la cosa sembrò lasciare perplessi molti di loro, ma in men che non si dica stavano tutti facendo festa insieme come vecchi amici.


    Rachel appariva leggermente diversa, ma non troppo: amava sempre stare al centro dell’attenzione e non mancò di provocare gli sguardi dei maschi grazie alle sue forme prorompenti a malapena contenute nel suo completo da cowgirl con gilé e minigonna di pelle marrone a frange. Non contenta, sfoggiava stivali texani e cappello da cowboy, quasi per evidenziare al massimo la sua nazione d’origine.


    Quando si incrociò con Renka, sua grande rivale, ci furono fredde cortesie, ma a metà della serata la bionda non mancò di sconvolgere tutti i presenti dando a Takeda un lungo bacio infuocato, noncurante degli sguardi di tutti.
    Infine, l’allieva di Diego Carlo sembrava avere uno sguardo sornione dopo aver guardato prima Ranma e Miu e poi Kenichi e Renka. Il perché di questo, il ragazzo col codino non avrebbe saputo dirlo.


    Infine, ad un certo punto, Kisara scelse di dare a tutti un’altra ragione per festeggiare annunciando in anteprima di avere passato il test d’ingresso per l’Università di Tokyo, facoltà di Economia e Commercio. L’annuncio scatenò un’ondata di festeggiamenti e di urla e portò ad un ulteriore giro di bevute (cominciavano ad essere tante).
    Ranma si complimentò caldamente con la ragazza, la quale ne fu stupita ma molto commossa e le promise di raccontarlo a “Ranko”, in caso Kisara lo desiderasse, o di lasciarlo fare direttamente a lei, a seconda delle preferenze.


    La serata si concluse con un concerto improvvisato nel loro bar preferito, con Kisara a cantare, Siegfrid alla chitarra, Tsuji al basso e Thor alla batteria.


    Nel marasma che ne seguì, Ranma si ritrovò trascinato via dalla folla da Miu per una sessione di limone spintissimo lontano da occhi indiscreti, ma non poté fare a meno di preoccuparsi lo stesso.
    E fu in quel momento, prima di affondare nel viso di lei, che si rese conto che era da un pezzo che non vedeva Kenichi e Renka…

    ◊◊◊◊◊

    Aprile correva via veloce.
    Ranma continuava ad allenarsi al Ryozampaku di mattina e ad allenare Kisara come Ranko il pomeriggio, però quest’ultima aveva iniziato le lezioni all’Università, perciò potevano allenarsi solo due o tre volte la settimana.


    Di per contro, Ryoga, Mousse e Kuno avevano conosciuto molto meglio Kenichi, Miu e Renka perché ora si allenavano tutti insieme al mattino.


    Come previsto, Miu e Renka non intendevano andare all’università-per meglio dire, Renka aveva qualche progetto, ma aveva detto di volersi prima prendere un anno sabbatico per decidere-mentre Kenichi si era pre-iscritto a Lettere Moderne all’Università Pubblica di Tokyo, ma sarebbero passati mesi prima che potesse sostenere l’esame di ammissione***.


    Gli allenamenti mattutini erano ancora più piacevoli ora che li svolgevano tutti insieme, anche se, naturalmente, il maggior tempo libero e la vicinanza causavano un ancora più accentuato agonismo tra i vari allievi.


    Era interessante notare come ora i vari ragazzi avevano la possibilità di confrontarsi tra di loro e persino di fare dei leggeri incontri di sparring gli uni contro gli altri.
    Ranma poté notare per la prima volta i reali progressi di tutti i suoi amici, vecchi e nuovi.
    Dal momento che di norma o si stava allenando lui o stava allenando Kisara, il livello che avevano raggiunto non gli era infatti noto.


    Doveva ammettere che erano tutti migliorati in modo prodigioso.


    Ryoga era diventato molto più rapido, meno legnoso nei movimenti, per quanto non ancora esattamente fluido e ragionava di più nello scegliere le tecniche da adoperare, invece che affidarsi solo alla forza bruta.
    Allo stesso tempo, però, si allenava con Apachai, quindi adoperava ancor più spesso di prima le micidiali ginocchiate e gomitate tipiche della Muay Thai ed i calci dati colpendo con lo stinco della gamba, anziché col piede.
    Stava lentamente imparando a controllare il suo Ki del Dou per potenziarsi senza perdere al controllo, ma al tempo stesso per non doversi deprimere ogni volta, in combattimento, per richiamare le energie.


    Mousse sembrava aver finalmente scelto di non adoperare un’infinità di armi diverse, ma tutte male, per concentrarsi invece su una selezione ben precisa di strumenti adatti ad ogni situazione: un bastone lungo ripiegabile, una spada lunga, due sciabole, un paio di coltelli larghi e corti, una mezza dozzina di pugnali da lancio, una ventina di dardi da tiro, una corda con attaccato un peso ed un’altra con attaccato un rampino.
    Aveva così raggiunto un livello di padronanza molto maggiore nell’utilizzare ciascuna di queste armi (e Ranma, era convinto che oltre alle armi nascondesse un mucchio di altri oggetti utili, proprio come i regali che erano stati fatti a lui) ed al tempo stesso non aveva trascurato l’allenamento fisico ed il combattimento a mani nude.
    Di norma, era persino leggermente più veloce di Ranma, ma meno forte; si muoveva in modo molto fluido ed era il più bravo nel tirare i calci.
    Il cinese aveva anche un ottimo controllo del Ki del Sei.
    Nel complesso Mousse, ragionò Ranma, sarebbe persino potuto essere l’avversario più ostico per lui, a maggior ragione se avesse scelto di adoperare il suo prodigioso cervello per sviluppare delle strategie complesse.


    Quanto a Kuno, sembrava diventato in grado di imprimere nella spada il massimo livello di velocità e potenza del quale era capace e si era addestrato a contrastare vari stili di combattimento e tipi di avversari che usavano armi differenti (in varie occasioni si era anche allenato con le Valkyrie all’Alleanza Shimpaku).
    Inoltre, aveva perfezionato la capacità di lanciare lame di vento per combattere anche a distanza ed era riuscito ad evocare il suo Ki del Dou per potenziarsi anche senza bisogno di rompersi un melone in testa.
    Nel complesso, era sempre meno forte degli altri due, ma era comunque molto cresciuto.


    Anche gli allievi del Ryozampaku erano migliorati in modo enorme.
    Ranma ne poteva avere una vaga idea perché assisteva ai loro incontri di allenamento settimanali e perché li affrontava in 2 contro 1 una volta al mese, ma era incredibile notare con quanta rapidità ciascuno di loro progredisse.


    Certo, erano comunque tutti ad enorme distanza da lui o dai suoi amici, ma dovevano avere, stimò, tutti raggiunto il livello Esperto.
    Nel notare come Kenichi fosse migliorato nel combinare tra di loro le varie arti marziali che imparava, Ranma provò un moto d’orgoglio nel petto simile a quelli che provava quando allenava Kisara: era stato lui ad impostare i suoi allenamenti per quello scopo ed ora ne vedeva i frutti.
    Nel complesso, Kenichi sembrava molto più bravo anche a livello difensivo e quindi era plausibile pensare che avrebbe subito meno danni in combattimento e Ranma notò che le sue combinazioni sembravano cominciare ad avere logica precisa…senza dubbio, il giovane stava sviluppando il suo stile personale.


    Caratteristica che non faceva difetto a Miu: la praticante bionda amava, ancor più del ragazzo col codino, le mosse strane, imprevedibili ed acrobatiche del clan Furinji e le stava sviluppando in un’arte marziale pressoché nuova e senza difetti che travolgeva il nemico come un turbine, attaccandolo da ogni parte, senza tuttavia mai esporsi troppo.


    Renka, invece, forse anche in virtù del suo essere una praticante Sei, combatteva in modo più calcolato, per evitare di commettere errori di avventatezza, come le era capitato in passato. Aveva, comunque, una personalità prorompente, ma nel combattere, non la faceva più di tanto emergere: avendo a disposizione il vastissimo arsenale di tecniche del Kung Fu cinese ed ancor di più le super mosse sviluppate nella famiglia Ma, la ragazza preferiva attirare l’avversario in trappola, lasciandogli credere di essere in vantaggio, deflettendo i suoi attacchi e conducendolo al contempo in trappola passo dopo passo, esattamente dove voleva lei, per indebolirlo con attacchi mirati agli arti, ai punti vitali od al plesso solare e quindi finirlo con qualcuna delle sue mosse segrete.


    Sono tutti completamente diversi-si ritrovò a pensare il ragazzo codino-ciascuno persegue la propria via che non assomiglia a quella degli altri, eppure tutti mirano alla medesima vetta, e tutte le vie sono ugualmente efficaci. E’ questo il bello delle arti marziali


    Vederli combattere gli uni contro gli altri era uno spettacolo. Oltretutto, quegli scontri erano necessari a farli crescere ulteriormente, perché soltanto confrontandosi con stili ed individui differenti si poteva aggiustare le proprie capacità perché fossero efficaci contro il maggior numero di avversari possibili.


    Ranma si trovò ad osservare una strana sessione di allenamento, con Kenichi contro Kuno, Renka a confronto con Mousse e Miu che affrontava Ryoga.


    Per tanto tempo quei due mondi, Nerima ed il Ryozampaku erano stati separati, ed ora si stavano incontrando.


    Era stato Hayato a proporre che facessero quello sparring leggero, usando il Sasso-Carta-Forbice per decidere i turni: nei giorni successivi avrebbero comunque provato tutte le altre possibili combinazioni.


    Kenichi sembrava molto concentrato, indossava i suoi Tekkou ed aveva chiesto a Kuno di utilizzare la spada vera, non il bokken di legno: questo per meglio affrontare le sue paure nel confrontarsi con avversari armati. Tatewaki era rimasto impressionato dal coraggio del ragazzo e ne aveva rispettato il desiderio.


    Mousse aveva l’aria del professore anche mentre faceva sparring con Renka: mentre lei cercava di attaccarlo in tutti i modi possibili, lui ne defletteva tutti i colpi e si spostava scivolando all’indietro con una certa grazia, per giunta correggendone ogni errore come se fosse stato un compito di matematica.
    Tale comportamento sarebbe risultato odioso a chiunque, ma Renka non sembrava badarvi, rimanendo impassibile ed anzi implementando i suggerimenti in tempo reale, risultando così sempre efficace: immersa nelle arti marziali fin da bambina, non perdeva occasione per imparare da un praticante di livello Esperto Avanzato.


    Lo scontro forse meno ben assortito era quello tra Miu e Ryoga: entrambi erano combattenti Dou e quest’ultimo doveva abituarsi all’idea di combattere contro una ragazza.
    Lei stava usando il suo Ki per potenziarsi e lui no e dovette riconoscere che quella ragazza combatteva in un modo ancora più imprevedibile di Ranma: questo però gli permise di concentrarsi sullo sviluppo della difesa e della capacità di seguire i movimenti dell’avversario, visto che lui era comunque di un livello superiore.


    Entrambi, però, percepivano qualcosa, durante il combattimento: un certo disagio, come se loro due non avessero chimica, da un lato, e dall’altro come se lei provasse una punta di diffidenza nei suoi confronti per i suoi trascorsi con Ranma, che non gli aveva del tutto perdonato, malgrado l’avesse fatto lui.
    Inoltre, pareva quello che accadeva intorno a lei la distraesse, turbasse o comunque influenzasse un po’.


    Siamo combattenti Dou-rifletté Ryoga-usiamo le nostre emozioni per potenziarci, ma questo vuol dire…che quando usiamo il Ki siamo più ricettivi rispetto ai sentimenti ed alle emozioni di chi ci sta intorno? Cos’è che sente questa ragazza, ora? Vediamo…


    Il ragazzo con la bandana espanse il Ki e come gli avevano insegnato a fare, cercò di percepire cosa accadeva, mentre continuava a difendersi da Miu.
    Le voci ed i rumori del prato gli apparivano direttamente nella testa, ovattati, come se fosse sott’acqua.


    E’ preoccupata per Kenichi, perché Kuno usa una spada vera…ma è lo stesso Kenichi che gli chiede di attaccare seriamente, lo sento gridare << ANCORA! >>.
    Strano, il ragazzo mi sembra avere un atteggiamento diverso dal solito, sembra più serio, quasi…corrucciato?
    No, è determinato come se volesse allenarsi per far del male a qualcuno. Che strano…


    E poi…Renka e Mousse si allenano a meraviglia, hanno una bella intesa. Qualcuno direbbe che sono una bella coppia.
    In effetti non avevo notato quanto quella ragazza assomigliasse a Shampoo, ma non ha l’atteggiamento da stronza che l’Amazzone teneva sempre…eppure Mousse non sembra essersi fatto strane idee su di lei…però Kenichi ha comunque notato la loro intesa?
    E’ arrabbiato anche per questo? E’…geloso di lei? Non mi è chiaro…


    …e Miu…se n’è accorta a sua volta ed è…gelosa della gelosia di Kenichi? Non ha senso.
    Se n’è resa conto perché anche lei sta usando il Ki del Dou? Eppure…non è solo questo.


    Sia lei che Kenichi sono turbati…come se si sentissero in colpa. Come se, dal momento in cui hanno realizzato di essere gelosi…si sentissero in difetto per qualcos’altro che stanno facendo, che non permette loro di esprimere apertamente i loro sentimenti. Ma cosa…


    Il calcio di Miu gli arrivò dritto davanti alla faccia. Se l’era perso.


    Ma Ryoga Hibiki bloccò la suola della sua scarpa a mezz’aria con la propria mano. Ci era comunque andata vicino.


    “Woah! Se devi allenarti con me, fallo seriamente-lo rimproverò la bionda. In effetti era strano sentirla rivolgersi a qualcuno con severità-se sei nel mondo dei sogni mentre combatti, finirò col colpirti. Ma se sarà più facile del normale, non sarà stato comunque un buon allenamento per me”


    “Ragazzina, non è così facile colpire Ryoga Hibiki. Ti assicuro che al mio livello, posso permettermi di fare sparring con voi ragazzi ed anche percepire quello che mi accade intorno”


    “Beh, preferirei che non lo facessi. Concentrati sul combattimento”


    Ryoga parve immusonito. Non si fidava di lui, questo era certo. Ma voleva comunque aiutarla.


    “In realtà, mi sei sembrata tu quella distratta. Forse è stato un effetto collaterale dell’usare il Ki del Dou, ma…preoccuparti degli altri non farà bene al tuo allenamento.
    Oppure dovresti prima risolvere le tue questioni in sospeso”.


    Miu parve contrariata. Abbassò le braccia e sospirò, frustrata.


    “Non sono più dell’umore giusto. Mi sembra chiaro che quest’allenamento sia tempo sprecato. Magari andrà meglio domani” e prese a camminare verso l’edificio principale.


    Badò con attenzione a non rivolgere a Ranma un singolo sguardo, per evitare sospetti e lui fece lo stesso.
    Però, da sopra la botte sulla quale stava appollaiato, il ragazzo col codino aveva assistito a tutto e si domandava quale fosse il problema.


    A dire il vero, era già abbastanza mogio per non aver partecipato.
    Hayato aveva specificamente chiesto che lui restasse fuori, perché gli altri sei praticanti non si conoscevano affatto ed era più utile che si scontrassero tra di loro.
    Ma ora si era liberato un posto.


    Saltò giù dalla botte, oziosamente, e rivolse a Ryoga uno sguardo neutro.
    Poi iniziò a sgranchirsi le spalle ed il collo.


    “Che ne dici, Ryoga? Ti va di fare quattro salti io e te, come ai vecchi tempi?”


    Il ragazzo con la bandana ne fu un po’ stupito, ma poi la cosa lo rincuorò.
    Non aveva più combattuto con Ranma dal giorno nel quale le loro vite erano state rovinate, con la rivelazione del suo segreto ad Akane.
    E quel giorno era stata l’unica volta in vita loro che avevano combattuto con rabbia, con l’intenzione di farsi realmente del male.


    Anche se avevano fatto pace, era un bel segnale che Ranma volesse fare uno sparring amichevole con lui.
    Era segno che si fidava di nuovo.
    Al tempo stesso, entrambi sembravano giù di morale ed una bella lotta avrebbe sicuramente giovato loro.


    Mentre i due si confrontavano ed iniziavano, blandamente, a gonfiare il Ki, gli altri due scontri di allenamento erano giunti ad un momento critico.
    Kenichi aveva bloccato la katana di Kuno con un perfetto Shinken Shirahadori****, ma adesso stava venendo spinto verso il basso dalla pressione della forza del suo avversario e non riusciva a mantenere la presa. Sembrava frustrato, come se non volesse fare brutta figura di fronte ai presenti.


    Renka, invece, era stata completamente bloccata in una presa da Mousse, che le stringeva-piano si intende-il collo con un avambraccio, tenendola girata di spalle, con la testa contro il suo petto, mentre le bloccava il polso dell’altro braccio con la mano: la ragazza cercava di dimenarsi ma era tutto inutile, ed il suo avversario le diceva di arrendersi.


    Ma tutto giunse a conclusione quando iniziarono a sentire quei due Ki gonfiarsi.
    Mousse e Kuno volsero lo sguardo verso destra ed i loro occhi si fecero distanti, persi nei ricordi.
    Poi lasciarono andare i loro avversari in contemporanea ed iniziarono ad allontanarsi dal prato, per andare sul portico.


    “Ehi! Dove vai, Kuno? Guarda che non avevo mica ancora perso!” protestò Kenichi
    “Già! Mousse! Cosa fai? Lo scontro non era affatto finito!” fece Renka con veemenza.
    “Oh, sì che lo erano. Entrambi” affermò Kuno.
    “Ed in ogni caso non vi conviene restare lì-fece Mousse-altrimenti rimarrete coinvolti.
    Fidatevi, parlo per esperienza. Quello che sta per cominciare non è uno scontro come tutti gli altri”


    I due ragazzi volsero lo sguardo stupiti ai due giovani uomini che gonfiavano il proprio Ki a livelli stellari mentre si confrontavano a pochi metri di distanza da loro, come se tutto fosse stato deciso dal destino.
    Kenichi e Renka optarono per andare anche loro sotto il portico.


    Quando sembrarono pronti, entrambi i ragazzi sollevarono i pugni in guardia.


    Scattarono in avanti nello stesso momento, come ad un segnale convenuto.


    Ranma attaccò per primo. Una serie di pugni leggeri, dati per testare le reazioni avversarie.
    Ryoga riuscì ad evitarli con movimenti della testa. Era migliorato.


    Poi fu lui a tirare qualche pugno, con lo stesso obiettivo, ma Ranma non ebbe difficoltà a schivarli a sua volta.
    Ma erano finte, per preparare una ginocchiata destra al corpo.
    Ranma scartò di lato per evitarla, portandosi sul fianco sinistro di Ryoga.


    Gli afferrò dall’esterno il polso sinistro con la mano sinistra per tenerlo fermo e poi tirò un colpo alla tempia col dorso del pugno destro.
    Ryoga abbassò la testa lasciandolo scorrere sopra e poi, con un unico, fluido movimento, fece una capriola in avanti, in salto, provando al contempo a colpire Ranma col tallone al viso.


    Il ragazzo scartò all’indietro, lasciando andare il braccio dell’avversario, che atterrò in piedi e, per evitare di essere attaccato alle spalle, lanciò un calcio laterale all’indietro, alla cieca.


    Ranma, invece, scattò in avanti, per attaccare il suo viso esposto con una gomitata.


    Cosa? Si muove come se pattinasse


    Ryoga bloccò l’avambraccio nemico con le mani, ma ne venne respinto all’indietro.
    Approfitto però dello slancio per lasciarsi cadere di schiena, ancora avvinghiato al braccio di Ranma ed eseguì una capriola all’indietro, facendo ruotare i loro corpi come una ruota, e ritrovandosi a rovescio, con Ranma steso a terra e lui a cavalcioni sopra.


    Da lì, Ryoga fece grandinare verso il basso una serie di pugni rapidi e potenti diretti al viso, ma Ranma, in qualche modo, riusciva comunque a schivarli per un soffio, muovendo la testa a destra ed a sinistra a supervelocità, facendogli perforare soltanto il suolo.


    Kenichi: “Che cosa?”
    Renka: “Ranma sta schivando da quella posizione?”
    Mousse: “E questo è ancora niente”


    Ranma, infatti, richiamò le gambe con un colpo di reni e poi fece esplodere un doppio calcio all’addome di Ryoga, mandandolo a volare per aria.


    Da lì, con un’acrobazia, il ragazzo col codino si rimise in piedi e spiccò un balzo verso l’alto, per attaccare l’avversario sospeso a mezz’aria.


    Kenichi: “Il combattimento aereo è una specialità di Ranma…è in vantaggio!”
    Tch! Cosa dovrei fare, un giorno, per riuscire a batterlo?


    In effetti Ranma arrivò rapidamente ad una decina di metri di altezza, rifilando una scarica di pugni nello stomaco di Ryoga, che parve accusare.
    Però il ragazzo con la bandana si riprese subito ed eseguì una mezza giravolta, colpendolo al fianco con un calcio rotante destro, usando lo stinco e facendolo schizzare verso uno dei tronchi degli alberi del giardino.
    Renka: “Come? Ryoga ha potuto contrattaccare da quella posizione?”


    Anche lui iniziò a cadere, ma sfruttando il contraccolpo del suo stesso calcio, andò a sbattere contro un altro albero e da lì si diede la spinta coi piedi per saltare di nuovo in avanti verso Ranma, che aveva appena fatto lo stesso.


    Si colpirono a mezz’aria, ed ancora il rinculo li spinse indietro, ciascuno verso un albero diverso, non gli stessi di prima e ripeterono l’operazione.
    In breve, due figure, troppo rapide per essere viste, saettavano da un albero all’altro, balzando per aria, incrociandosi a mezza distanza e lasciando delle onde d’urto nei punti nei quali si scontravano.
    Poi, dopo una mezza dozzina di quei colpi, l’energia elastica si esaurì, ed entrambi si lasciarono cadere a terra, atterrando in guardia, in piedi su una gamba sola.


    Respiravano appena un po’ più pesante.
    I ragazzi erano esterrefatti.


    Poi, come ad un segnale, i due contendenti scattarono di nuovo, correndo lateralmente lungo il prato ed al contempo scambiandosi raffiche di pugni e parando quelli dell’avversario.
    Arrivati a poca distanza dal muro di cinta, si fermarono e Ryoga si piegò in avanti a sorpresa, accettando di prendere un pugno in piena fronte per guadagnare spazio e tirare un montante al corpo di Ranma, che gli spezzò il fiato e lo fece quasi piegare in due.


    Approfittando di questo, il ragazzo con la bandana tirò un calcio al fianco sinistro di Ranma, ma colpì solo l’aria quando questi spiccò un balzo in aria e gli tirò a propria volta un calcio destro al volto.
    Si sentì un impatto, e parve che Ryoga fosse stato colpito, invece aveva parato con l’avambraccio.


    Da lì, Ryoga afferrò con entrambe le mani la gamba estesa di Ranma e facendo una mezza piroetta, lo scaraventò a terra, facendolo impattare di schiena.
    Kenichi: “Ryoga è in vantaggio?”


    Il ragazzo con la bandana spiccò un balzo verso Ranma, a terra, per colpirlo con un calcio ad ascia, ma questi rotolò lateralmente, evitandolo, poi, benché fosse schiena a terra, gli tirò lui un paio di calci da quella posizione, uno allo stomaco, facendolo piegare in due, poi uno al mento, dal basso all’alto, sbalzandolo indietro.


    A quel punto Ranma balzò in piedi e gli sferrò un pugno destro al viso, che però, a sorpresa, Ryoga schivò di pochissimo, approfittando poi della posizione estesa in avanti dell’avversario per colpirlo con una ginocchiata allo stomaco.


    Cercò poi di finirlo con una gomitata dall’alto in basso mentre era piegato in due, ma Ranma fece una piroetta su sé stesso, con le gambe piegate, schivando di pochissimo il colpo, voltandosi, dandogli per un attimo la schiena, e ritrovandosi in posizione per dargli lui, al termine della giravolta, una gomitata nel fianco.


    Ryoga accusò, ma poi ruotò su sé stesso a propria volta per colpire Ranma di slancio con l’avambraccio sinistro. Il ragazzo col codino, per schivare, fece un paio di capriole all’indietro, prima di rimettersi in guardia.


    Entrambi avevano un po’ di fiatone e si guardavano sorridendo.


    “Sono pressoché alla pari” osservò Kuno.
    “Sì, ma presto uno dei due guadagnerà un vantaggio” replicò Mousse.


    Si lanciarono l’uno contro l’altro e Ranma colpì Ryoga con un pugno destro al viso.
    Questi però, di contraccolpo gli diede un calcio basso con la gamba destra alla sua gamba sinistra.


    Ranma, nell’incassarlo, assecondò il movimento, lasciandosi cadere verso sinistra, ma allo stesso tempo col braccio ancora esteso afferrò il bavero di Ryoga, per trascinarlo a terra con sé mentre cadeva, e con uno scarto, lo proiettò al suolo.


    Il ragazzo con la bandana si ritrovò in una situazione opposta a prima, ad essere schiena a terra, con Ranma a cavalcioni.
    Però a differenza sua, il ragazzo col codino non sbagliò, tempestandolo di pugni al viso.


    Ryoga, malgrado la situazione, sorrise.
    Fece uno scatto di reni e si sollevò in piedi, stringendo Ranma tra le braccia intorno alla vita e dietro alla schiena, sollevandolo di peso.
    E strinse. Si sentì un sinistro CRACK!


    A Ranma sfuggirono dei gemiti, ma dopo pochi secondi ebbe la presenza di spirito di colpire la testa dell’avversario, da entrambi i lati, coi palmi delle mani, sulle orecchie, scioccandolo per un momento e facendogli mollare la presa.


    Cascato a terra, Ranma volle guadagnare distanza, quindi colpì Ryoga con un colpo di palmo allo stomaco con la sinistra, ma venne colpito simultaneamente con un pugno sinistro al viso.


    Entrambi vennero spinti all’indietro, le suole che scivolavano sul prato.
    Per un attimo, si dovettero riprendere.
    Sembravano ambedue un po’ provati.


    Poi scattarono di nuovo in avanti.
    Si scambiarono molti colpi a vicenda, parandoli tutti.


    Poi Ranma tirò un calcio alto con la gamba sinistra che Ryoga intercettò con la propria spalla, impedendogli di arrivare al volto.
    Da lì, curvò per colpire Ranma con una gomitata sinistra, che il ragazzo col codino intercettò afferrando l’avambraccio del rivale con le mani.


    Nel farlo, però, venne spinto indietro, e poiché stava ancora su una gamba sola per il calcio sferrato, si diede uno slancio e fece una capriola all’indietro in aria, colpendo Ryoga al viso con un calcio dato con la gamba che prima era d’appoggio a terra.


    Una volta atterrato, Ranma piombò in avanti verso Ryoga per approfittare del suo stordimento afferrandogli le gambe in una presa di lotta, per farlo cadere a terra, ma Ryoga si lasciò cadere in avanti, schiacciandolo sotto il peso del suo corpo, gli cinse la vita con le braccia e poi lo sollevò di peso, caricandoselo sulle spalle e preparandosi ad eseguire una powerbomb (5*) sul malcapitato.


    Questi, però, intuendo il pericolo, gli cinse la testa con le gambe e piroettò all’indietro, facendolo cadere a terra con una perfetta hurracanrana (6*).


    Da lì provò ad eseguire una presa di soffocamento con le gambe, ma Ryoga si liberò di pura forza e provò a mettergli in leva la gamba.
    Ranma se la vide brutta, ma approfittò di una distrazione di una frazione di secondo per afferrare a propria volta la gamba del rivale a mettergliela in leva a propria volta.


    Kenichi: “A-accidenti! Entrambi potrebbero slogare il ginocchio dell’avversario!”
    Mousse: “Sì, ma prima che accadrà, di certo…”


    Entrambi i contendenti dettero un calcio in spinta, col tallone, con la gamba libera, al viso dell’avversario, ed entrambi, per parare, lasciarono la presa ed incrociarono le braccia davanti al viso, intercettando il colpo con gli avambracci.
    Entrambi, per la potenza dei colpi, vennero respinti indietro, strisciando sul prato.


    Per l’ennesima volta si rialzarono e si lanciarono all’attacco.
    Renka: “Ormai non si stanno più divertendo. Sono irritati. Hanno fretta di concludere”.


    Un nuovo, rapidissimo scambio di colpi avvenne tra le loro braccia.
    Stavolta fu Ryoga ad interrompere lo scambio tirando un calcio destro alle costole.


    Ranma lo parò, ma dovette usare entrambi gli avambracci.
    Il contraccolpo gli fece molto male agli arti.


    Ryoga sogghignò.
    Tirò un gancio sinistro al viso di Ranma, ma questi si abbassò e lasciò che il pugno gli passasse sopra.
    Poi esplose in un destro formidabile allo sterno di Ryoga, abbassandosi ed imprimendo tutta la spinta del corpo nel colpo.


    Il ragazzo con la bandana fu stordito per un momento, poi si riebbe e tirò un altro gancio sinistro, stavolta basso, al fianco destro di Ranma.


    Questi accusò il colpo, ma in risposta gli sferrò una gomitata sinistra in giravolta al viso, sulla tempia.


    E poi un montante al mento col destro.


    Ryoga venne sbalzato indietro, in aria, descrivendo una parabola mentre un fiotto di sangue gli usciva dalla bocca ed infine piombò a terra.


    Tuttavia, dopo alcuni secondi si rialzò in piedi, barcollando, respirando pesante e pulendosi il sangue dalla bocca con la manica del vestito.
    Osservava sogghignando il rivale che teneva le braccia stese a peso morto lungo il corpo, irrigidite per l’impatto col calcio.


    “Non…non avrai pensato-anf!-che fosse così facile, vero Ranma? E poi…anf! Non vedo molto bene quelle braccia…”


    Anche se, a dire il vero…non vedo bene un bel niente…di Ranma, ne vedo due o tre…


    Ranma sogghignava a sua volta.
    “Oh, non l’ho mai creduto, Ryoga…anf…piuttosto, preoccupati della tua gamba destra…”


    La mia gamba destra? Ma cosa?
    Ryoga provò a fare un passo in avanti e scoprì di trascinarsela dietro, non riusciva più a muoverla, era rigida come uno stoccafisso.


    Guardando bene, notò che aveva una mezza dozzina di segni su di essa, come se qualcuno avesse usato le nocche per colpirgli dei punti di pressione, rendendola inutilizzabile.
    Eeh? Ma quando l’ha fatto? Non vorrai dirmi che…è stato subito dopo aver parato?


    “Eeee, direi che per oggi può bastare così”


    Era stato il Maestro Akisame, che si era intromesso in mezzo tra i due, talmente veloce che sembrava avesse usato il teletrasporto, sollevando una nuvoletta di polvere nel punto dove era apparso.


    ◊◊◊◊◊

    “Accidenti, certo che voi due siete davvero avventati-commentò poi mentre lui e Kensei li curavano in infermeria-non vi sembra di aver un po’ esagerato per un semplice allenamento?”

    “Ma non direi, Koetsuji-shishou-fece Ranma-per noi, questa è ordinaria amministrazione”


    “E’ vero-confermò Ryoga-poco più che un modo per augurarsi buona giornata”


    “Ohoho, che ragazzacci pieni di energie-commentò Kensei-dev’essere bello essere giovani ed impertinenti”


    Apachai, commentando invece il duello contro Ranma, notò che Ryoga era migliorato, era più veloce e schivava meglio, oltre a ragionare sulle combinazioni, ma al tempo stesso usava di più la Muay Thai, non aveva perso l’abitudine di colpire duro ed accettava di subire colpi pur di infliggerne al nemico.


    Mousse, Kuno, Kenichi, Renka e tutti gli altri Maestri li osservavano in silenzio.


    Mousse in particolare sembrava soddisfatto di quanto aveva visto.


    Kenichi aveva notato con attenzione come Ranma avesse combattuto in modo diverso dal solito ed anche in modo diverso dallo scontro con Sakaki: invece che combattere con tecnica e strategia, aveva rischiato, accettando il confronto con Ryoga sul piano della rissa brutale, dove per giunta gli era inferiore.
    Probabilmente voleva solo divertirsi un po’ e verificare il livello raggiunto dal suo avversario.


    Giusto. Ranma combatte per il piacere di farlo.
    E’ contento che ci siano qui i suoi vecchi rivali perché sa che riescono a stargli dietro.
    Anzi, VUOLE che ci riescano. Altrimenti…non avrebbe più nessuno con cui giocare, per così dire.


    E quando combatte, inizia sempre con una fase di studio…specie quando si sente in vantaggio e non vuole chiuderla troppo presto…nel prossimo scontro con Miu contro di lui…dovremo approfittare di questo!


    Quando i due dottori ebbero finito, Ranma e Ryoga restarono da soli in infermeria.
    “Beh, Ryoga, devo dire…niente male davvero. Stai correggendo i tuoi difetti ed al contempo esaltando i tuoi punti di forza”.
    “Grazie Ranma. Anche tu confermi il livello che hai raggiunto. Mi hai colpito un po’ più spesso di quanto abbia fatto io, e senza dover ricorrere a tecniche speciali”
    “Era un incontro di allenamento, dopotutto. Visto che i ragazzi non potevano più…”


    “Già, a questo proposito. Voglio darti un avvertimento. Credo che le cose tra loro…non vadano bene.”
    “Uh? Che intendi dire? Ho notato anche in passato un po’ di bisticci, ma…”
    “Non si tratta di questo. Io…l’ho percepito. Sia Kenichi che Miu erano…turbati”


    “Ma…da che cosa?”
    “Questo non saprei dirlo. Però entrambi hanno qualcosa che non li fa sentire a proprio agio. E ciò ne influenza il comportamento e persino gli allenamenti”.
    Ranma ripensò al comportamento più corrucciato e votato al sacrificio di Kenichi con Kuno ed all’insolita severità di Miu con Ryoga.
    “Sì, forse hai ragione. Ti ringrazio dell’avvertimento, li terrò d’occhio”

    ◊◊◊◊◊

    Invece Ranma non riuscì ad avere una vera risposta da Miu, la quale fu evasiva e sostenne semplicemente che il suo strano comportamento era dovuto solo all’essere irritata con Ryoga per l’allenamento.
    Era da quando Renka stava al Ryozampaku che Ranma notava tracce di gelosia-anche se, da quando erano iniziati i loro incontri notturni, quelle tracce si erano parecchio diradate-quindi non indagò oltre.
    Al massimo si poteva trattare di uno strascico del passato. Di conseguenza preferì non svegliare il can che dorme.


    Che Miu ci stia ripensando? Su noi due?
    A dire il vero, è da un po’ che non vedo Renka stare appiccicata a Kenichi…al tempo stesso, quei due sono entrambi più rilassati, quasi soddisfatti, ultimamente.


    Lui, però, a volte sembra corrucciato, come se rimuginasse su qualcosa…e gli ho visto lanciarmi degli sguardi strani, ultimamente.
    Ostili, persino. Forse si sta preoccupando di non potermi provare a battere, da quando sono stato proclamato Maestro?
    Eppure al momento sembrava felice per me…qualcosa gli avrà fatto cambiare idea?

    ◊◊◊◊◊

    Nei giorni successivi avvennero gli incontri di allenamento con le altre combinazioni rimanenti: prima Ryoga (malgrado le medicazioni) contro Kenichi, Mousse contro Miu e Kuno contro Renka; poi Mousse contro Kenichi, Miu contro Kuno e Renka contro Ryoga.
    In tutti i casi, gli allievi del Ryozampaku poterono mostrare i loro progressi ai compagni più grandi, senza però essere in grado di sopraffarli.
    Kenichi, dopo l’allenamento con Ryoga, si fermò a parlare con lui in privato per qualche minuto.

    ◊◊◊◊◊

    Passata un’altra settimana, giunse la domenica fatale del duello di allenamento tra Ranma da una parte e Kenichi e Miu dall’altra.


    I precedenti scontri avevano avuto esiti vari e mai davvero decisivi, in quanto i Maestri li avevano concepiti soprattutto come occasioni di allenamento, per tutte le parti coinvolte.
    Era dall’ultima settimana di Novembre, il giorno successivo allo scontro sulla nave “Nereus” che l’Anziano aveva stabilito quegli allenamenti per gli allievi.
    Quella volta, prima che il mese finisse, c’era stato soltanto tempo per lo scontro tra Miu e Renka con Ranma.


    Dalla settimana successiva, per tre settimane si susseguivano, ogni Sabato pomeriggio, i duelli tra allievi: Kenichi contro Miu, Kenichi contro Renka e Miu contro Renka.
    La quarta settimana, lo scontro 2 vs 1.


    Perciò a fine Aprile era ben la sesta volta che avvenivano gli scontri in modalità handicap.


    In Novembre Ranma si era sbarazzato abbastanza agevolmente di Miu e Renka, le quali, per quanto forti individualmente, non avevano alcun tipo di lavoro di squadra.
    Quello era stato probabilmente anche uno dei momenti più bassi del rapporto tra le due.
    L’intesa era migliorata in Febbraio, ma non in modo così significativo. Istintivamente, riuscivano a mettere in difficoltà l’avversario costringendolo a reagire d’istinto agli attacchi eseguiti con i loro stili così diversi, ma non realmente coordinandosi.


    Già in Dicembre, invece, Kenichi e Renka avevano un’intesa migliore che nei primi giorni del loro allenamento, grazie anche al suggerimento che Ranma aveva dato a Renka di utilizzare il trucco di Kokin ed Hermit, gli impulsi di Ki del Sei, per coordinarsi tra di loro.
    Tale collaborazione era migliorata ulteriormente in Marzo, quando i due combattenti Sei, divenuti anche ottimi partner (e persino amanti, da qualche settimana), erano riusciti praticamente a tenere Ranma in stallo, tanto quanto ci erano riusciti i due discepoli del Satsujinken, senza però, ovviamente, potergli infliggere colpi tali da batterlo.


    Invece, Kenichi e Miu, che già a fine Gennaio sembravano essere tornati al loro rapporto abituale, avevano dovuto lavorare un po’ per ritrovare lo smalto di un tempo anche a livello combattivo.
    La causa di ciò stava nel fatto che non si erano più allenati insieme per lungo tempo, a causa dei nuovi programmi, e per quanto sulla nave, solo due mesi prima, la loro intesa si fosse rivelata formidabile, coordinarsi per affrontare un singolo avversario forte, anziché molti più deboli, presentava difficoltà non banali, che però sembravano superabili e pareva evidente che la volta successiva avrebbero fatto ancor meglio.


    Lo scontro di Aprile dei due Discepoli del Ryozampaku con Ranma avrebbe dunque svelato il reale livello della loro evoluzione.


    Quanto ai duelli individuali, nei cinque mesi nei quali si erano svolti, Miu aveva battuto Renka 3 volte a 2 e Kenichi 4 volte ad 1, mentre Renka contro Kenichi aveva ottenuto un risultato salomonico di 2 vittorie, 2 sconfitte ed un pareggio.


    Da un lato era indubbio che Kenichi non se la sentisse di rischiare di ferire le ragazze, dall’altro stava sviluppando la consapevolezza che tale ideale rischiava di ostacolare non solo la propria evoluzione, ma anche la loro; ragion per cui stava diventando più determinato e cominciava a mettercela tutta.
    Il numero delle sconfitte dipendeva principalmente dalla differenza di esperienza e dalla minor volontà di fare sul serio. A Kenichi riusciva difficile colpire le ragazze, anche andandoci piano.
    Il dato significativo era che l’unica vittoria contro Miu era stata conseguita da Kenichi in Aprile: il Discepolo, in quella circostanza, era sembrato motivato in modo particolare…

    ◊◊◊◊◊

    Come nelle altre occasioni importanti, tutti i Maestri, più Renka, Mousse, Kuno e Ryoga stavano seduti sui cuscini sotto il portico.
    Ranma, Miu e Kenichi stavano invece al centro del prato, concentratissimi.
    Fu Hayato, come al solito, a dare inizio alle danze.
    “Iniziate!”


    Ma non si saltarono addosso subito.
    Kenichi e Miu iniziarono lentamente a camminare in tondo intorno a Ranma, con la guardia alzata, distanti qualche metro l’uno dall’altra.
    Il ragazzo col codino doveva a sua volta guardarsi da entrambi, e li seguiva spostandosi lentamente.


    Bravi…persino io sono indeciso se prendere l’iniziativa o meno, perché potrebbe essere una trappola…ma credo che aspetterò facciano la prima mossa, giusto per curiosità


    Ed infatti la prima mossa non tardò ad arrivare.
    Miu fintò un attacco verso l’alto e Kenichi uno verso il basso, poi, simultaneamente, si scambiarono di posizione.


    Fu Miu a scagliare con le sue lunghe gambe un calcio a spazzata verso quelle di Ranma, mentre il suo compagno spiccava il volo per attaccare il ragazzo con una ginocchiata volante al viso.


    Ranma intercettò d’istinto il ginocchio di Kenichi a mezz’aria con entrambe le mani, ma in questo modo tenne sospeso l’avversario per aria e questi lo iniziò a bersagliare di pugni alla testa esposta.
    Contemporaneamente, Miu mutò posizione, scivolò alle spalle di Ranma, che aveva la visuale oscurata, gli colpì il retro delle ginocchia con un calcio e poi iniziò a tempestarlo di pugni ai reni.


    I pugni si muovevano a supervelocità, però non erano ancora giunti a bersaglio.
    Ranma dovette agire in fretta.
    Abbassando di slancio le braccia, spostò Kenichi verso terra di peso, evitando che lo colpisse al viso, ma lasciò esposta la propria testa, avendo le braccia occupate.


    Ed in realtà Miu puntava a quello.
    Invece che colpirlo coi pugni, gli afferrò il tronco con le mani e fece un salto mortale, portandosi a testa in giù sopra di lui e bersagliandolo, dall’alto verso il basso, con ginocchiate al viso esposto.


    “Ooh, bella tattica, nipotina mia…” commentò Hayato, lisciandosi la barba.
    “Accidenti! Avevano pianificato fino a questo punto? Kenichi non era l’attaccante, ma l’esca!-si stupì Ryoga-in pratica, era una doppia finta!”


    Ma un attimo prima che le ginocchiate raggiungessero la testa di Ranma, questi ebbe un sussulto, fece uno scarto verso l’alto e lanciò Kenichi a peso morto verso il cielo, così che fu lui ad intercettare il colpo di Miu con il busto, facendogli da scudo umano.


    “Accidenti! Ranma-san è stato spietato!” commentò Renka.
    “Era l’unica cosa che potesse fare in quella situazione-liquidò la cosa Sakaki-ha agito d’istinto”
    “Beh, in un certo senso è una testimonianza del lavoro di squadra di Kenichi e Miu-osservò Akisame-l’hanno messo in difficoltà”


    Miu rimase sconvolta dell’incidente ed atterrò in piedi mentre Kenichi rovinava al suolo.
    Ranma aveva fatto uno scarto all’indietro, per riguadagnare distanza.


    “Kenichi! Come stai?! Mi dispiace! Io…”
    “Ahia, che male…LO SO! Lasciami stare, sto bene…” aggiunse il ragazzo tenendosi il fianco e rimettendosi faticosamente in piedi senza però accettare la mano tesa della ragazza.
    Quel dettaglio fece alzare un sopracciglio un po’ a tutti.


    “Ehi, Kenichi! Tutto a posto? Scusami, ma non ho avuto scelta” si informò Ranma.
    “Ci vuole ben altro!-Commentò il Discepolo Più Forte della Storia-comunque sono contento che tu ammetta già di essere in difficoltà, perché abbiamo appena cominciato”
    “Ohoh, stai finalmente tirando fuori le zanne anche tu. E’ una cosa rara…”
    “NON NE HAI IDEA!”



    “Kenichi, ce la fai?”
    “Non ti preoccupare, Miu, proseguiamo con lo schema n°2”
    “S-sì” confermò la ragazza, un po’ dubbiosa.


    Kenichi e Miu si lanciarono all’attacco.
    Stavolta, invece che da direzioni opposte, erano fianco a fianco.
    Inoltre, Ranma si rese conto, eseguivano esattamente le stesse mosse!


    Pugno destro, poi calcio frontale sinistro, poi pugno sinistro, poi ginocchiata destra.
    Esattamente le stesse!
    Ma così era molto più difficile pararle!


    E nel farlo, Ranma rimaneva per forza esposto all’attacco successivo!
    Per giunta, iniziarono a mettere di proposito un piccolo scarto temporale: prima uno dei due attaccava più lentamente e l’altro più rapidamente, poi il contrario!


    Così, Ranma, che si aspettava ormai gli attacchi simultanei, non riusciva a pararli perfettamente, ed alcuni colpi superavano la sua guardia, costringendolo ad arretrare.
    Bell’idea! Ma adesso tocca a me! E’ inutile stare sulla difensiva!


    << VERSIONE MODIFICATA DELLA TECNICA DELLE CASTAGNE! >>


    Ma nel caricare, come faceva sempre, i pugni al fianco prima di far esplodere la tecnica, Ranma annunciò la sua intenzione.


    Kenichi e Miu sembravano aspettarsi quella reazione, perciò fecero in tempo a lanciarsi a terra, Kenichi alla propria sinistra (la destra di Ranma) e Miu alla propria destra (viceversa) lasciando che i pugni dell’avversario colpissero il vuoto dove si trovavano poco prima.


    Come? L’hanno schivata? Ma come facevano a…?
    Eheh, Ranma…cosa credi? Ci siamo preparati, questa volta” pensò Kenichi


    [UNA SETTIMANA PRIMA.
    “Ryoga, io…devo chiederti un favore. Tu hai affrontato spesso Ranma. Avresti, per caso…qualche dritta da darmi?”]


    Ryoga ha detto che spesso Ranma usa la Tecnica delle Castagne quando è in difficoltà e che inoltre si riconosce quando sta per farlo da come carica i pugni. E’ proprio così


    Fulminei, Kenichi e Miu cambiarono posizione e, da pancia a terra che avevano, si girarono sulla schiena e si fiondarono sulle gambe di Ranma, intrappolandole con le proprie, a forbice: Kenichi bloccò la destra e Miu la sinistra.


    Ranma, stando in piedi, non poteva muoversi, né raggiungerli con le braccia mentre stavano praticamente seduti a terra.
    “APA! Che bella idea hanno avuto!”
    “Sì, bisogna dire che stanno mostrando un ottimo lavoro di squadra” confermò Kensei.


    Miu e Kenichi passarono al punto successivo che era colpire Ranma ai fianchi, uno ciascuno, con dei pugni dal basso all’alto.
    Ancora una volta, il ragazzo col codino si ritrovò spaesato, ma venne salvato dai suoi riflessi.


    Si abbassò di colpo, piegando le ginocchia quanto possibile (anche se non poteva muovere le gambe) e si coprì i fianchi con le braccia piegate, così che i pugni dei due ragazzi, invece che al tronco sotto le costole, lo colpirono sugli avambracci.
    “Non male-ammise Mousse-ma è sempre sulla difensiva”


    Ranma capì che non poteva lasciare loro l’iniziativa, allargò le braccia verso i suoi avversari ed aprì le mani.
    Non arrivava abbastanza vicino a sfiorare i loro visi, perché vedendolo avevano scartato all’indietro, mantenendo però salda la loro presa sulle sue gambe.
    Ma nei palmi di Ranma cominciarono a roteare due sfere di energia azzurrina che fecero sudare freddo i due ragazzi.


    “Come? Non vorrà colpirli in viso con la versione inferiore del Moko Takabisha!” esclamò Ryoga.


    Miu e Kenichi, interdetti per un secondo, sciolsero la presa e si lanciarono via, con delle capriole all’indietro.
    Ranma, di nuovo con le gambe libere, si abbassò verso terra e colpì il suolo con le due sfere di energia.


    Piccole esplosioni di terra andarono addosso ai ragazzi e sollevarono una nuvola di polvere che coprì il campo di battaglia.
    Tutti e tre erano oscurati alla vista del pubblico.


    Sakaki sogghignava come un lupo.
    “Ovviamente non voleva colpirli…ha usato quella tecnica come diversivo, come ha fatto con me: per liberarsi dalla presa e per rendere loro più difficile il lavoro”
    “Miu e Kenichi puntavano ad influenzare le reazioni di Ranma per farlo finire dove volevano loro-spiegò Akisame-ma è un gioco al quale si può giocare in due”
    “Ora, Ranma…vuole…approfittare…della mancanza di…visuale?” domandò Shigure.


    Infatti, la nuvoletta di polvere non si era ancora posata, ma gli spettatori sapevano che i contendenti si trovavano lì dentro.
    Ranma si muoveva al buio come un gatto ed era un incubo non sapere da dove avrebbe attaccato.


    “Accidenti! Non vedo niente!” protestò Kenichi.
    Intanto, intorno a loro, si udivano degli swiish, che testimoniavano come Ranma cambiasse posizione rapidamente, per non farsi individuare.
    “Concentrati, Kenichi! Usa gli altri sensi e non la vista”


    Ranma iniziava però a fare delle finte per non farsi individuare.
    Miu si mise a quattro zampe ed iniziò a ruotare su sé stessa, tirando calci in ogni direzione, applicando le mosse di Silat: anche se fosse stata attaccata, l’avversario sarebbe rimasto coinvolto nel contrattacco.


    Così fu Kenichi a venire colpito da Ranma con un calcio alla schiena e sbalzato a terra, fuori dalla nuvoletta di polvere, che presto si dissolse.


    Ranma e Miu si fronteggiarono.
    “Siamo rimasti noi due” le disse, in tono di sfida il ragazzo col codino.
    “Tsk! Se pensi che sia rimasta quella di otto mesi fa…od anche solo di tre mesi fa…TI SBAGLI DI GROSSO!”



    E scattò all’attacco.
    Quei due erano identici.
    Non importava quale rapporto avessero, quando si trattava di combattere, tutto veniva messo da parte. Contava solo il loro orgoglio di praticanti.
    Ma a Miu risultava facile: non voleva per davvero essere sottovalutata.


    Una raffica di colpi rapidi, potenti, ma molto ragionati si abbatté su Ranma, che li parò tutti, ma dovette impegnarsi per farlo.
    Calci alti, pugni, ginocchiate, colpi di avambraccio, dati con il giusto tempismo per non lasciargli tregua ed evitare contrattacchi.


    “Sei migliorata…te lo concedo” commentò con una smorfia soddisfatta.
    “E non hai ancora visto niente”


    Ranma notò che Miu stava aumentando il ritmo come se si stesse potenziando col Ki, durante il combattimento.
    Ha imparato a fare una cosa simile?


    “Ma cosa succederebbe se io passassi al contrattacco?”
    Miu gli sferrò un calcio alto che Ranma parò con l’avambraccio nello stesso momento in cui la colpiva-per non farle troppo male-col palmo della mano destra allo stomaco.
    Ma si accorse che la ragazza l’aveva simultaneamente colpito col gomito sinistro al braccio che aveva usato per attaccare: si aspettava quella mossa e voleva danneggiargli il braccio destro.
    Solo che l’onda d’urto dell’impatto del palmo la sbalzò via comunque.


    Ranma si massaggiò un po’ l’avambraccio.
    “Buona idea, ma non basterà”
    “Farò tutto quello che è necessario per vincere-dichiarò lei, competitiva, rialzandosi in piedi-anche sfidarti sul tuo stesso terreno”
    E spiccò un balzo verso di lui.
    Ranma fece altrettanto, ed in breve entrambi esplosero in una raffica di calci volanti l’uno contro l’altra, restando sospesi per aria.


    “Ooh, Miu riesce a tenergli testa combattendo in aria!” si stupì Renka.
    “Certo, è naturale-dichiarò Hayato-anche lo stile Furinji e le tecniche dei Kuremisago comprendono molte manovre aeree”
    Piuttosto, mia nipote non può comunque vincere così, ma credo che lo sappia. Deve trattarsi di una strategia…


    Infatti Kenichi, di cattivo umore, si rimise in piedi e si preparò, piegando le gambe come una molla, per poi slanciarsi in un calcio verso l’alto.
    << KOROI NUKI! >>


    Che Cosa? Era una trappola anche questa?
    Miu gli fece una linguaccia, impertinente.


    Si era ricordata del suo avvertimento di mesi prima, che combattendo a mezz’aria ci si espone a contrattacchi dal basso.
    Per evitare Kenichi, che gli stava volando addosso come un missile, Ranma fece una cosa semplicissima: smise di attaccare Miu.
    In questo modo, la magia della forza centrifuga che gli permetteva di stare sospeso in aria finché attaccava, si esaurì, ed egli cadde a terra a peso morto, mentre Kenichi oltrepassava di slancio il punto dove si era trovato fino ad un attimo prima.


    Tutti e tre atterrarono al suolo in piedi.
    I due ragazzi erano determinati, e cominciarono a corrergli contro.


    Ad un certo punto, Miu si sovrappose a Kenichi, coprendolo alla visuale di Ranma, poi fece un salto a mezz’aria e piegò le gambe, tenendo i piedi uniti: Kenichi sollevò la gamba ed appoggiò il suo piede ai suoi, poi sferrò una sorta di calcio laterale, proiettandola in avanti come un razzo.


    Miu aveva le braccia incrociate davanti al viso e centrò Ranma in pieno stomaco (oltre ad essere stato colto impreparato dalla strategia e dall’accelerazione, istintivamente non voleva colpirla in viso e lei, che lo sapeva, ne approfittò), facendolo piegare in due.


    Ma il ragazzo col codino immaginava che la strategia non si esaurisse lì.
    Afferrò Miu con le braccia e la gettò a terra, alla sua sinistra, per evitare che gli coprisse la visuale.
    E fece bene, perché Kenichi stava avanzando col pugno esteso, girando tutto il corpo nel tirare un pugno.
    << MUBYOSHI! >>


    Ranma si voltò di lato con una mezza piroetta e vide il suo pugno scorrergli di fianco ed oltrepassarlo senza danni, come al rallentatore, facendogli solo uno sbrego nel camiciotto.
    Ci è mancato poco…


    “Mi spiace Kenichi, ma finisce qui”
    Nell’avanzare senza trovare resistenza, il Discepolo era infatti slanciato in avanti e non poteva evitare attacchi dalla propria destra, dove si trovava Ranma, il quale, mentre gli passava di fianco, alzò l’avambraccio destro per colpirlo al volto.


    “NO!”
    Miu, rialzatasi, alle spalle di Ranma, tirò un calcio alto al suo braccio destro, spostandolo più un alto del volto di Kenichi, che esaurì lo slancio oltrepassandolo senza danni.


    Poi Miu colpì Ranma con una gomitata sinistra, alla nuca.
    Kenichi intuì la possibilità, si acquattò a terra e tirò un calcio all’indietro, col tallone, colpendo Ranma allo stomaco.


    Il ragazzo col codino era perciò piegato in avanti e Miu fece un salto con capriola, afferrandogli la testa tra le mani e, nell’atterrare, lo proiettò, obbligandolo a fare una capriola in avanti a sua volta e schiantandolo a terra di schiena.


    Kenichi, a quattro zampe, gli tirò un altro calcio che Ranma parò, non potendosi però rialzare, per farlo, mentre Miu spiccava ancora una volta il volo per atterrargli sopra, in giravolta, come una trottola.
    << FURINJI KOUHOU YOKU >>


    Ma quando ebbe finito di girare su sé stessa, come una ballerina, sotto i suoi talloni c’era solo la voragine che aveva scavato a terra, Ranma era sparito.
    Non lo aveva preso.


    Stava invece in piedi a cinque metri da loro, le mani sui fianchi ed un ghigno soddisfatto.
    Stava battendo le mani.


    “Sono fiero di voi-dichiarò-ma quelli sono gli ultimi colpi che riuscirete ad infliggermi oggi. E’ una promessa”
    “Kenichi…”
    “Sì”


    Ed entrambi fecero esplodere i loro Ki al massimo della potenza, iniziando a rifulgere, Miu di fiamme arancioni, Kenichi di una luce azzurrina, mentre i suoi occhi sembravano scrutare lontano, nello spazio…stava usando il Ryusui Seikuken.


    Sono davvero in gamba-pensò Ryoga-anche se Ranma si sta divertendo ad osservare la loro crescita, è indubbio che abbiano un ottimo lavoro di squadra.
    Forse ho sbagliato del tutto valutazione. Se non andassero d’accordo, non potrebbero collaborare così bene


    I due ragazzi si scagliarono addosso a Ranma, Miu dalla sua sinistra e Kenichi dalla sua destra ed iniziarono a tempestarlo di colpi.
    Il ragazzo col codino doveva usare entrambe le braccia e le gambe per parare simultaneamente, come gli aveva insegnato l’Anziano, e muoversi in modo impercettibile per continuare ad averli entrambi di fronte ed evitare che uno dei due gli finisse alle spalle.


    Ranma riesce a contrastarli entrambi mentre vanno al massimo della potenza-osservò Mousse-del resto, la forza di uno che ha affrontato Sakaki al 60% non poteva essere tutta qui


    Ma la situazione non era così semplice.
    Il Ryusui Seikuken aveva un’altra caratteristica: in quello stato, l’utilizzatore poteva guardare l’avversario negli occhi e sincronizzarsi col suo respiro per prevederne le mosse.
    Ma questo aveva come effetto collaterale quello di fare qualcosa di molto simile a leggergli nella mente.
    Ed a Kenichi non piacque quello che vide nella mente di Ranma.


    Stava pensando che la forza di Miu lo eccitava un po’.


    Il ragazzo col codino, ignaro della violazione della sua privacy, aveva iniziato a potenziarsi col Ki, lentamente ma costantemente, per tenere il passo con i suoi avversari.
    E sembrava provarci gusto.
    Miu era giusto un pochino più potente.
    Ma Kenichi aveva una difesa migliore.


    Inesorabilmente, costrinsero l’avversario a stare sulla difensiva mentre si spostavano, fino a quando Miu non fu di nuovo alle sue spalle e Kenichi di fronte.
    “Certo, la loro strategia è chiara-dichiarò Renka-hanno capito che Kenichi è più bravo nel difendere e Miu è più forte nell’attaccare ed inoltre Ranma lo sa.
    Quindi, prima l’hanno sorpreso facendo l’opposto di quanto si aspettasse, cioè usando Miu come diversivo per permettere a Kenichi di colpire.
    Ed ora che sono al massimo della potenza sono tornati alla tattica base: sarà Kenichi a tenerlo impegnato mentre Miu prova a stenderlo al massimo della potenza.
    Attaccare alle spalle sembra una strategia semplice, ma funziona, specie contro un Maestro: anche se Ranma può difendersi dai punti ciechi col Sesto Senso, Kenichi ne prevede le mosse col Ryusui Seikuken e può orientare i suoi attacchi per tenerlo impegnato e Miu può attaccarlo proprio nei punti rimasti giocoforza scoperti.
    Ce la possono fare!”


    “In effetti, è un piano eccellente” ammise Mousse
    Avevo sbagliato a calcolare il loro livello?


    “Sì, i nostri Allievi sono molto bravi, però…” iniziò Hayato.


    “Però, se fosse così facile-finì Akisame-avremmo sbagliato a proclamare Ranma Maestro”


    Il ragazzo col codino osservava Kenichi, che gli teneva gli occhi fissi nei suoi con un sorriso beffardo.


    Stava facendo una fatica del diavolo a parare tutti i colpi, ma si stava divertendo un mondo.
    Però non rinunciava a provocare gli avversari, che era la sua specialità.


    “Umpf, Kenichi, non sapevo che il Ryusui Seikuken permettesse di leggere nella mente degli avversari”
    “Ed invece ora vedrai che questo sarà il particolare che ti porterà alla sconfitta”
    “Uhm…no, non è vero, ho mentito. Lo sapevo eccome”


    “Eeh?”
    “Ed è per questo motivo che è una tecnica tanto difficile da imparare, almeno per me.
    Forse tu che sei per natura più empatico ci riesci meglio”.


    “Che cosa…non vorrai dire che…”
    L’Anziano l’ha insegnata solo a me. E’ una prova della sua fiducia. Non l’ha insegnata neppure a suo figlio Saiga.


    Miu si preparò, iniziando a saltare per aria per tirare un triplo calcio in giravolta contro Ranma: uno alle gambe, uno alla schiena, uno alla nuca.


    Tutti gli eventi successivi avvennero in una frazione di secondo.


    Non può averti insegnato questa tecnica.
    Lei e’ mia.
    Tu…non puoi portarmela via!


    “Uhm…Ranma sta eseguendo una delle sue tattiche più pericolose. L’attacco psicologico” notò Kensei.


    “E su…Kenichi, questo…è…particolarmente…efficace” concluse Shigure.


    “Sai, Kenichi, ti regalo un consiglio-disse Ranma, sardonico-è un proverbio: Lo stratega affoga nella sua stessa strategia.
    Bravi voi ad influenzare le mie mosse, ma…non avete pensato che se lo fate…anch’io capisco cosa volete fare?”


    COSA?


    “Ad esempio, se mi obblighi a parare alto è per farmi mantenere il busto eretto…Miu sta per attaccarmi alla nuca, non è così? A volte, bisogna…”


    Mentre Miu sferrava il calcio in giravolta alla nuca, Ranma fece una mossa che non era da lui: si abbassò in avanti di slancio, colpendo Kenichi con una testata al volto e facendo sì che il tallone della ragazza ferisse solo l’aria dove si trovava poco prima.


    “…improvvisare!” concluse il ragazzo col codino.


    “Che cosa? Sembra…il genere di cosa che farei io!” esclamò Ryoga.


    In contemporanea, Ranma allungò una gamba all’indietro, alla cieca, e tirò un calcio a Miu, che si trovava sospesa a mezz’aria, colpendola in pieno nello stomaco e facendola volare in una parabola di una decina di metri, rovinando pesantemente a terra. La ragazza accusò il colpo.


    “Uhm…il ragazzo contro di me ha imparato ad usare la strategia-osservò Sakaki-e contro di loro, che la usano a propria volta, sta affinando invece l’arte dell’improvvisazione, che è il concetto opposto”


    “Entrambi sono infatti strumenti utili ad un buon guerriero” confermò Hayato.


    Kenichi era sconvolto, aveva del sangue sulla fronte ed era scosso dai danni subiti da Miu.


    “Tu…tu l’hai ferita!” ringhiò.
    “Cosa c’è, vuoi metterti a frignare, ora?-lo rimbeccò il suo avversario-Miu è anche amica mia, e le voglio bene…ma, a differenza tua, io la rispetto come guerriera…e so che le farebbe molto più male se ci andassi piano con lei perché è una ragazza…anche se nemmeno a me piace granché colpire le donne.
    Pensavo che ormai l’avessi capito”


    Ah sì? Tu le vorresti bene? Tu la rispetteresti più di me? La conosceresti meglio?
    Solo perché…solo perché…


    Il ragazzo rivedeva di continuo nella sua mente quella scena.


    “Kenichi sta perdendo la calma-osservò Akisame, alzando un sopracciglio-è una cosa insolita per lui, ed anche controproducente, in quanto combattente Sei”


    “RANMAAAAAA!”


    Il Discepolo Più Forte della Storia si scagliò all’attacco.
    I colpi erano dati con furia, ma minor precisione.
    Ranma li parò tutti, ma parve stupito della reazione del suo amico.


    “Woah, calmati, Kenichi! Non intendevo offenderti! Mantieni la calma, altrimenti il tuo Seikuken…”


    “NON VOGLIO CONSIGLI DA TE!”


    “D’accordo!”
    Ranma tirò un calcio frontale nello stomaco di Kenichi che gli spezzò il fiato e lo fece piagare in due dal dolore, tenendosi la pancia con entrambe le braccia.


    Spietato…” rifletté Renka, con una gocciolona che le scendeva sulla tempia.
    “Non ci si distrae in combattimento” sembrò leggerle nel pensiero Sakaki.


    Ma in quella, una furia selvaggia ricomparve dal lato opposto del prato.
    Miu spiccò un balzo rapidissimo e tirò a Ranma dei calci in volo, che il ragazzo col codino, voltantosi di scatto, parò con gli avambracci.


    Kenichi si riprese.
    “Kenichi, finiamo questa storia” dichiarò la ragazza.
    “S-sì” fece lui, rialzandosi.


    In breve, ricominciarono ad attaccarlo entrambi con raffiche di pugni e calci, ma Ranma, attingendo a sua volta al proprio Ki del Sei, parava tutti i colpi, voltandosi istantaneamente da una parte e dall’altra.


    C’era qualcosa che non andava.
    “Kenichi…non è concentrato-notò Kuno-è fin troppo intenzionato a vincere. Come contro di me, l’altro giorno…”
    Mousse aggrottò la fronte.


    Kenichi infatti si coordinava peggio di prima, perciò, di una combinazione di calci alti, tirati da Miu a Ranma e schivati rapidamente, un paio se li prese invece in faccia lui.


    “Kenichi!”
    “Sto bene!” e per ribadire il concetto, tirò un calcio basso di Thai per spazzare la gamba di Ranma.


    Questi la sollevò e fu Miu, dall’altra parte, a venire colpita alla gamba d’appoggio, rovinando a terra, dolorante.
    “Miu!”


    “Non è niente, concentrati!” e tirò da terra un calcio con l’altra gamba al fianco di Ranma, che lo evitò spiccando un balzo e tirando a sua volta un calcio in aria a Kenichi, che lo parò incrociando gli avambracci, ma venendo sbalzato indietro per la forza del colpo.


    C’è decisamente qualcosa che non va…da quando Kenichi e Miu sono coordinati così male? Eppure, fino a poco fa…anzi, praticamente da sempre…
    Hayato non era l’unico a domandarselo.


    Ranma atterrò in piedi, avendo guadagnato spazio.
    “Ragazzi, va tutto bene?”
    “NON TI IMPICCIARE!”


    Miu scartò rapidamente in avanti e puntò con entrambi i pugni ai reni di Ranma
    Sta andando tutto a rotoli, e non capisco perché, ma forse posso ancora…


    << FURINJI AWASE TSUBUTE! >>
    Ranma, d’istinto, mise le mani all’indietro per parare, bloccando le nocche di Miu nei propri palmi.
    Ma così aveva lasciato scoperto il busto.


    “KENICHI! ORA!”
    Il ragazzo si slanciò in avanti col suo pugno più potente, rifulgendo di Ki in tutto il corpo.
    << RYUSUI MUBYOSHI! >>


    Ranma ebbe una frazione di secondo per decidere.
    Abituato da sempre a schivare, e riconoscendo la tecnica come pericolosa, scartò di lato.
    Kenichi ancora una volta non lo colpì per un soffio.


    Ma colpì ciò che si trovava dietro di lui sino ad un attimo prima.


    Miu venne centrata in pieno dal Mubyoshi, il Ki del Sei le attraversò il corpo come una scarica elettrica.


    I suoi occhi divennero per un attimo bianchi.


    E crollò a terra immobile.

    ◊◊◊◊◊


     


     

    Nota dell'Autore:

    In questi ultimi capitoli sono cattivello. Ma non vi preoccupate: nei prossimi sarà anche PEGGIO. 


    Gli eventi degli ultimi tempi non potevano non aver lasciato degli strascichi. Kenichi è tormentato dalla gelosia, la sua mente non riesce a lavorare in modo razionale


    E' un capitolo con un sacco di legnate. Ranma vs Ryoga non era uno scontro previsto all'inizio, ma poi mi è venuta voglia di buttarcelo dentro.


    Invece non avevo più ripreso i risultati degli scontri programmati tra i vari allievi e tra gli allievi e Ranma, sarebbe venuto troppo lungo.
    Però qui era necessario avere un focus. La situazione è precipitata, per un banale incidente.


    Ed ora che cosa succederà?


    Legenda


    Kanto*: la regione in cui si trova Tokyo


    Marzo**: come spiegato anche nel capitolo precedente, l’anno scolastico in Giappone inizia in Aprile e finisce in Marzo. Kenichi, Miu e Renka frequentano l’ultimo anno delle superiori, quindi si sono appena diplomati


    ***: in caso ve lo stiate chiedendo, Kisara ha un anno più di Kenichi e Miu e come detto nel capitolo 17, stava studiando da mesi per passare l’esame di ingresso.
    Gli esami d’ingresso alle università giapponesi sono terribili e la maggior parte degli studenti deve ripeterli più volte.
    Quindi non c’è nulla di strano che lei inizi le lezioni quasi un anno dopo il diploma e nello stesso periodo Kenichi inizi a studiare per il suo esame


    Shinken Shirahadori****: per l’appunto, la tecnica con la quale si blocca una lama stringendola dai lati con i palmi delle mani, a “preghiera”. Viene usata spesso nel precedente manga della Takahashi, Lamù, da Ataru Moroboshi nelle sue baruffe con Shutaro Mendo


    Powerbomb (5*): mossa di pro wrestling


    Hurracanrana (6*): mossa di pro wrestling (lucha libre)



     

    Mini-Guida per il manga di Kenichi:

    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 21
    *** La Tragedia si Scatena ***





    Per un lunghissimo istante, nessuno parlò.


    Gli occhi di tutti rimasero vitrei, come se non potessero capacitarsi di quanto avevano appena visto.


    Fu come se su tutto il prato fosse calato un silenzio di tomba.


    Poi la consapevolezza della gravità della cosa, e che fosse accaduto veramente, attraversò in simultanea le menti di tutti, come una scossa elettrica.


    Maestri ed Allievi si lanciarono come un sol uomo, anche se a velocità diverse, verso il prato.


    Ranma e Kenichi erano paralizzati dall’orrore e, quest’ultimo, anche dal rimorso. Ci mise un po’ a realizzare cos’era davvero successo.


    Prima che potesse farlo, tutti quanti si erano messi in cerchio intorno a Miu, escludendoli. La cosa gli fece, se possibile, ancora più male.


    Ma fu Hayato, stranamente, a riportare la calma.
    “Spostatevi, SPOSTATEVI! Fatela respirare, dannazione!”
    Tutti obbedirono, mentre Kensei ed Akisame esaminavano amorevolmente la ragazza.


    L’attesa era insostenibile. Tutti guardavano verso il basso, il buio nei loro occhi.
    Ciascuno manifestava la preoccupazione a modo proprio.


    Kenichi era sconvolto e tremava di dolore, rimorso e rabbia.
    Aveva le lacrime agli occhi, che però non volevano scendere. Evitava accuratamente lo sguardo di tutti.


    Ranma, però, provava a sua volta una forma indefinibile di rimorso.
    Mi sono spostato senza considerare che ci fosse dietro Miu? Ero concentrato solo sul combattimento? Avrei fatto lo stesso, se dietro di me, al posto suo, ci fosse stata…?


    Naturalmente, la dinamica di quanto era accaduto era complicata.
    Non si può definire davvero che sia stata colpa di qualcuno-rifletté Renka, preoccupata per la sua amica, ma anche sofferente nel vedere la morte in viso a Kenichi-da un lato, Ranma si è spostato senza pensare a lei. Dall’altro, Miu avrebbe logicamente dovuto scansarsi a sua volta e non l’ha fatto. Da un altro punto di vista ancora, Kenichi non ha calcolato il giusto tempismo per attaccare, pur sapendo che Miu fosse lì dietro. In realtà…


    non è stata davvero colpa di nessuno-completò il pensiero, senza saperlo, Ryoga-ma di sicuro si sentiranno come se fosse colpa di tutti


    Dopo qualche minuto, Miu si era ripresa, era sveglia e riusciva a stare seduta.


    “Possiamo confermare che Miu-san sta bene-affermò Kensei-non ha subito danni interni e non avrà conseguenze permanenti. Fortunatamente il Ryusui Mubyoshi di Kenichi punta a trasmettere il Ki nel corpo del nemico, per disconnetterlo.
    Non ha effetti altrettanto gravi su una persona che non abbia intenti ostili e che quindi, non si opponga al ricevere il colpo.
    Nel momento stesso in cui è stata colpita, Miu si è rilassata completamente, quindi il Ki di Kenichi l’ha attraversata senza danni, come una scarica elettrica che si dissipi a terra.
    La ragazza sta bene. L’abbiamo medicata un po’ e l’ho sottoposta all’agopuntura. Ora deve solo riposare e bere una delle mie pozioni”


    “E naturalmente stare a riposo per un po’-aggiunse Akisame-e se posso aggiungere una cosa-disse poi, notando gli sguardi mogi di tutto il dojo-trovo che sia inutile che stiate con quelle facce da funerale, domandandovi se sia colpa di questo o di quello.
    E’ stato un incidente, lo abbiamo visto tutti, e queste cose in allenamento accadono, purtroppo. Nessuno punterà il dito contro nessuno.
    Piuttosto, ciascuno di voi dovrebbe riflettere su una cosa: quando combattete, dovete essere concentrati su quello che state facendo…altrimenti, in una situazione di pericolo reale, questo potrebbe avere conseguenze fatali…per i vostri compagni o per voi”


    Ranma non pareva ancora convinto, chiedendosi comunque come potesse scusarsi, ma accettò il discorso, in linea di massima, per quanto si sentisse contrito.
    Non aveva detto niente a Kenichi perché immaginava come si sentisse.
    Ora però, voltò lo sguardo verso di lui e vide che stava sciogliendo la tensione e che, crollato in ginocchio, stava piangendo a dirotto.
    Cosa avrebbe potuto dirgli che gli facesse più male di quanto ne provava già?


    Hayato era su un ginocchio a stringere la mano della sua nipotina.
    “Come stai, nipotina adorata?”


    “Sto…bene, nonno. Dico davvero” affermò la ragazza, più stupita per quanto era successo che realmente dolorante od arrabbiata.


    Poi voltò lo sguardo, con una strana calma, sui due uomini della sua vita. Uno aveva una faccia da funerale, l’altro singhiozzava.


    “Venite qui, voi due” disse, gentilmente.
    Entrambi, lentamente, obbedirono.


    Ranma provò a cominciare “Miu, io…”


    “Non dire niente, Ranma-san, non ce n’è bisogno.
    E tu, Kenichi-aggiunse poi, con calore-ti prego, non voglio vederti così.
    Io STO BENE; dico davvero, e non mi passa per l’anticamera del cervello di darti la colpa per questo incidente”


    “Però, io…” cominciò Ranma


    “Non è vero, avrei dovuto…” protestò Kenichi.


    “Ho detto di calmarvi! Lo capisco, siete sconvolti, ed è molto dolce, ma non voglio che vi tormentiate così.
    In fondo abbiamo sbagliato tutti, anzi, a ben vedere, è stato soprattutto un mio errore: dei tre, l’unica che non ha fatto quello che avrebbe dovuto, e cioè scansarsi in tempo, pur sapendo quello che sarebbe successo, sono stata io”


    I due ragazzi parvero giusto un po’ rabboniti.
    Gli sguardi di entrambi lampeggiarono però sul livido blu che aveva sullo stinco destro.


    Certo, è ovvio…non è riuscita a scansarsi per via del colpo che aveva preso prima…


    “Però una cosa voglio saperla, Kenichi-san” aggiunse, mettendo particolare calore sul “san” come per dire che non esigeva scuse, ma solo spiegazioni perché sinceramente preoccupata.


    Il Discepolo alzò lo sguardo, incrociando il suo per la prima volta.
    “Oggi…abbiamo cominciato molto bene…poi, però, ad un certo punto…il nostro lavoro di squadra è peggiorato di colpo…come se non fossimo più in sintonia.
    Io…vorrei capire perché


    Ryoga non poté fare a meno di pensare “Allora, in effetti, avevo ragione io…”


    E nel vedere lo sguardo di dolore di Kenichi, Miu si affrettò ad aggiungere “E non tanto per oggi…ma perché…sono preoccupata. Ci stiamo allenando per affrontare lo Yami. Insieme, come abbiamo sempre fatto.
    Ed un domani, dei difetti nella nostra intesa potrebbero costare la vita ad uno dei due.
    Quindi io…voglio capire cosa sia successo, senza giudicare. Ma solo per poter migliorare.
    Mi sembra che sia ormai da un po’ di tempo che sei freddo nei miei confronti, ma…non ne capisco la ragione


    Disse l’ultima parte con un mezzo brivido, come se in cuor suo, in realtà, temesse di conoscere già la risposta.
    A Ranma si aggrovigliò lo stomaco. Aveva un bruttissimo presentimento.


    Kenichi aveva gli occhi sbarrati, verso terra. Poi li chiuse.


    Sembrava molto combattuto.
    Sul suo volto si alternarono tutte le espressioni possibili ed immaginabili: sconcerto, indecisione, preoccupazione, paura, incredulità, dubbio, esitazione, rimorso, rancore.

    Nessuno capiva cosa lo turbasse così.


    Poi accadde una cosa stranissima: fu come se non riuscisse più a trattenersi, si mise una mano su una guancia e gettò la testa all’indietro, spinto da un impulso nervoso.


    Si mise a ridere.


    Tutti quanti rimasero forse ancora più sconvolti per questa sua reazione isterica che per l’incidente di prima.
    Lo guardarono come fosse pazzo ed erano attraversati da una sottile inquietudine.


    Miu stessa sgranò gli occhi, scioccata.


    Quando Kenichi ebbe finito, riabbassò la testa, guardandola fisso in viso, senza imbarazzo.
    Aveva lo sguardo di chi ha perso ogni speranza e non gli importa più di nulla.


    Tanto vale vuotare il sacco.


    “Da…da quand’è che non andiamo più d’accordo, Miu-SAN?” accentuò in modo sarcastico il “san”, come se fosse arrabbiato.
    Nessuno l’aveva mai sentito parlare così.


    “Da quand’è che sono freddo nei tuoi confronti?”


    “Oh, non lo so, vediamo…potrebbe essere…diciamo…”


    “…da quando hai cominciato A FARE SESSO CON RANMA!”


    La bomba venne sganciata.


    Fu come se le menti di tutte, simultaneamente, fossero entrate in un vuoto pneumatico.


    Undici sguardi si fecero sbarrati nelle espressioni più diverse.


    Era come se Kenichi avesse detto che gli alieni fossero sbarcati a Tokyo per fare shopping e bere del tè verde.


    Come se avesse detto che si trasformava in una pianta e leggeva i libri con le orecchie.


    Come se avesse detto che si poteva bere il sole.


    Ci volle un certo quantitativo di tempo perché ciascuno realizzasse IL SIGNIFICATO di quello che aveva detto.


    Poi, lentamente, iniziarono a reagire.


    Ranma sentì una fitta al cuore.
    Guardava Kenichi, sconvolto.


    No, no, no, no, no….
    E’ come l’altra volta. E’ come l’altra volta con Akane e Ryoga.
    Non sta succedendo davvero.
    Ti prego, ti prego. Non è possibile.

    Non di nuovo


    Miu fissava Kenichi sbarrata, come se avesse visto un fantasma.
    Era rossa in viso e si ritraeva da lui. Sudava, tremava e le batteva forte il cuore.


    “Ma…ma…non è…cioè…come…?”


    “Oh, non disturbarti a mentire-la informò Kenichi-so di cosa parlo. IO VI HO VISTI”


    Miu sembrò attraversata da una scossa.


    Ranma fu attraversato da mille pensieri rapidissimi “Ma non è possibile, le mura sono insonorizzate, e la porta era sempre chiusa, ogni dannata volta. Eccetto…eccetto…”


    “Quando?” chiese infine Miu con semplicità.


    “La sera dei festeggiamenti, quando Ranma è stato proclamato Maestro” finì Kenichi, gelido. “E’ da allora che lo so”.


    Miu e Ranma sembrarono sprofondare in un burrone nero.


    Ma nello stesso tempo, Renka venne attraversata da una scossa ed iniziò a tremare a sua volta, solo che nessuno se ne accorse.
    Solo Mousse voltò lo sguardo e la notò, preoccupato.
    Ma che cosa…?


    Miu abbassò lo sguardo, sconfitta, vergognandosi che il suo segreto fosse venuto alla luce in quel modo.


    Ranma si allontanò da Kenichi di un paio di passi, come se potesse rifuggire le conseguenze di ciò che era stato detto, o come se quel rancore in bocca a Kenichi lo sconvolgesse.


    Tutti quanti i Maestri stavano guardandoli, con le espressioni più varie.


    Non se lo aspettavano davvero.


    Quel Ranma-pensò Akisame-si lamentava sempre di come qui al Ryozampaku gli leggessimo praticamente nel pensiero…ed invece…è riuscito a mantenere un segreto del genere…di tutte le cose che avrei potuto immaginare…


    Anche gli amici di Ranma di Nerima erano sconvolti.
    Per loro l’idea che fosse andato a letto con una ragazza che non fosse Akane (con la quale, per quanto ne sapessero, non era mai stato) era inconcepibile.


    Anche se erano stati testimoni di un altro momento molto simile, quando i due si erano lasciati, nelle menti di tutti, loro due erano fatti l’uno per l’altra.
    Persino di più, forse, in quelle di coloro che avrebbero voluto disperatamente separarli.


    E per tanto tempo avevano accusato Ranma di essere un dongiovanni-sapendo di mentire-nella speranza che egli crollasse in ginocchio, chiedendo perdono.
    Eppure, ora che il suo atteggiamento dimostrava la verità delle parole di Kenichi, a tutti loro sembrava stranissimo pensare che il ragazzo col codino lo fosse davvero.


    Ranma è andato con un’altra ragazza?-si domandò Ryoga, sconvolto-in effetti, prima o poi doveva pur succedere…ma è comunque così strano, per chi lo conosca come noi


    Ma presto si udì un ribollire, come un vulcano che stia per esplodere.
    Tutti si voltarono.
    Era Hayato.


    L’Anziano stava stringendo i pugni, guardando verso terra, tremando di rabbia e ringonfiando il Ki con intenzioni omicide.
    Il terreno tutto attorno iniziava a tremare.


    Alzò verso Ranma due occhi iniettati di sangue.


    “RANMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!”



    “AAAAH!”


    Il ragazzo col codino fece un balzo all’indietro, attraversato da puro terrore.
    Simile a quando Sakaki gli aveva rivolto l’ultimo attacco, ma dieci volte più intenso. Cento volte di più.


    Era un terrore PRIMORDIALE.
    Il terrore delle forme di vita inferiori che sanno, a livello cellulare, di dover scappare da un predatore, se vogliono sopravvivere.


    Una sorta di flash attraversò le menti di tutti i Maestri.
    Si lanciarono in avanti, intercettando l’Anziano e stringendolo tra le braccia, da ogni parte, per bloccarne i movimenti.
    Hayato rimase fermo sul posto, ma, per quanto incredibile, sembrava in grado di spingerli in avanti e di avanzare, un millimetro alla volta.


    Ryoga, Mousse e Kuno non avevano mai visto niente del genere.


    “Accidenti! Tenetelo fermo!” ordinò Akisame
    “Tch! Ci mancava solo questa!” fece Sakaki.
    “APA! Non l’ho mai visto così arrabbiato!” confermò Apachai.
    “RANMAAAAAA! COS’HAI OSATO FARE ALLA MIA NIPOTINA? MALEDETTOOOOOOOO!”


    Ranma ebbe un momento di lucidità.
    Si trovò a lanciare uno sguardo verso Shigure.
    Questa, mentre teneva un braccio dell’Anziano con una catena, sembrò scoccargli uno sguardo, preoccupata e seccata, al tempo stesso.
    Però io te l’avevo detto…sembrava dire


    A Ranma venne un flash di una conversazione con la donna di alcuni mesi prima
    [“Comunque…ti avverto…se il tuo rapporto con lei…cambierà, tu avrai…di che…pentirtene”]*
    Quindi era a questo che si riferiva? Non parlava di Kenichi.
    Parlava della gelosia di Hayato che ha cresciuto la sua nipotina e non permette a nessuno di avvicinarla?

    CAZZO! E’ la situazione peggiore possibile


    “Dannazione, è incredibile! Quasi non ce la facciamo. Ragazzo, fossi in te, mi leverei di torno per un po’…” gli consigliò Sakaki.


    L’aura continuava a gonfiarsi e quella specie di gara di spinta si manteneva incredibilmente pari, mentre l’Anziano schiumava di rabbia.


    Nel marasma, si sentì distintamente una ragazza singhiozzare.


    Kenichi voltò lo sguardo.
    Era Renka.


    La ragazza alzò il bel viso rigato di lacrime dalle braccia nelle quali l’aveva nascosto e gli disse:
    “Kenichi…quindi tu…in realtà…sei ancora geloso di Miu? Eppure, hai fatto l’amore con me per la prima volta…proprio quella stessa sera!


    “CHE COSA?” Esclamò Kensei.


    Anche Ranma e gli altri volsero lo sguardo verso di lei, sbigottiti.
    Una rivelazione dietro l’altra.


    “Accidenti!-sbottò Sakaki-non bastava una rogna sola…”


    Kenichi si trovò a balbettare e farfugliare qualcosa di incomprensibile.
    Si rese conto per la prima volta di cos’aveva fatto.
    Aveva vissuto l’ultimo mese e mezzo come in trance.
    “Ma io…veramente…”


    La ragazza concluse, tra le lacrime
    “Ma allora, io…CHE COSA SONO STATA PER TE?”


    E con un ultimo scoppio di singhiozzi, corse via ed inforcò la porta del Ryozampaku, per uscire in strada.


    “No, Renka! Aspetta! Io…”
    “RENKA!”
    Kensei lasciò andare Hayato ed in tre balzi fu dietro a sua figlia.
    Come padre, non l’aveva mai vista così sconvolta.


    “NO! Kensei! FERMATI! Non ce la facciamo senza di te…” esclamò Akisame.
    “RANMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA”


    Ranma non sapeva cosa fare, era paralizzato.
    Volse lo sguardo, freneticamente, verso tutti, uno per uno.
    Ed incrociò quello di Miu, per la prima volta dal momento della rivelazione.
    La ragazza aveva guardato in viso suo nonno, deformato in una maschera di rabbia.
    E poi si voltò a guardare lui: la bionda aveva il terrore dipinto in volto.


    “RANMA! SCAPPA!”


    Fu come se avessero dato il via ad un cavallo in una corsa.
    Ranma si voltò indietro e corse.
    Corse come non aveva mai fatto in tutta la sua vita.
    Scavalcò di un sol balzo il muro di cinta e sparì.


    In quel momento, mentre le immagini di case, auto, lampioni e persone si confondevano, per la velocità, nel suo sguardo, egli non era più Ranma Saotome, Maestro della Scuola delle Arti Marziali Indiscriminate.
    Era soltanto una persona in fuga per la sua vita.


    “UOOOOOOOOOH!”
    Hayato si sbarazzò di prepotenza degli altri Maestri e partì.
    Fu come un treno supersonico.
    Si diresse, un’unica massa umana di muscoli e rabbia, verso il muro di cinta, sbriciolandolo come fosse di carta.
    Ed iniziò a saettare per le strade come un missile, girando completamente a casaccio, cercando la sua preda.


    “RANMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!”

    ◊◊◊◊◊

    Nel Ryozampaku era calato un silenzio di tomba.


    La polvere si era posata da alcuni minuti, ma nessuno sembrava sapere cosa fare, erano tutti troppo sconvolti.


    Poi fu Akisame, non ufficialmente ma da sempre il vice capo, a riscuotersi per primo.
    “Accidenti! Non abbiamo mai vissuto una crisi del genere! Dobbiamo fare qualcosa!”


    Si voltò, uno per uno, verso tutti
    “Voi, ragazzi! Ryoga, Mousse, Kuno. Prendete le vostre cose e tornate a casa.
    Qui non c’è più nulla che possiate fare, ve lo assicuro.
    Le lezioni, TUTTE le lezioni ed ogni altra attività sono sospese fino a nuovo ordine.
    Se possibile, avviseremo anche gli altri studenti, ma lo faremo da domani, appendendo un avviso al portone.
    Non abbiamo tempo di chiamarli tutti al telefono, non ora.
    Se avete dei consigli di qualunque tipo da darci riguardo Ranma, fatelo, altrimenti non cercate di raggiungerlo od aiutarlo: potrebbe andarne della vostra vita.
    Avete capito bene?”


    I tre giovani erano sconvolti e non sapevano cosa dire.
    Avrebbero voluto aiutare in qualche modo, ma si rendevano conto che la situazione era più grande di loro.
    Lentamente, mogi mogi, uno dopo l’altro, si allontanarono.


    “Sakaki!-continuò Akisame-Tu sei l’unico a sapere dove potrebbe essere andato Ranma…vive con sua madre, è esatto?
    Ma per fortuna l’Anziano non conosce l’indirizzo…e non siamo sicuri che Ranma sia tornato a casa, per non metterla in pericolo”


    “Esatto, ed inoltre, anche se lo avesse fatto, non so se sia prudente recarci lì ora, o potremmo essere proprio noi a condurre l’Anziano sulla loro pista…”


    “Giusto, ed è per questo che per ora non lo faremo.
    Né avviserò la signora per telefono: non voglio farla preoccupare inutilmente.
    Per ora, prendi la moto e gira i quartieri qui intorno, cercando di trovare Ranma, restando però a distanza e poi riferisci, per telefono”


    “Subito!”


    “Apachai, tu invece dovresti cercare di rintracciare Hayato, restando sempre a debita distanza.
    Chiedi pure l’aiuto dei tuoi amici cani, col loro olfatto, ma non correre rischi inutili”


    “APA! Lo farò”


    “Shigure”


    “Sì?”


    “E’ strano che Kensei non sia ancora tornato con Renka…veloce com’è, avrebbe dovuto raggiungerla subito e riportarla indietro…non vorrei…”


    “Pensi che…le sia successo...qualcosa?”


    Akisame volse lo sguardo verso il cielo.
    Saiga, amico mio…tu ci avevi avvertito…che lo Yami avrebbe tentato qualcosa e che siamo tutti sorvegliati…è possibile che…No, sarebbe la situazione peggiore possibile! Proprio adesso?
    E come avrebbero mai fatto ad immaginare che…?

    ◊◊◊◊◊

    [QUALCHE MINUTO PRIMA; IN UNA STRADA LATERALE.


    Renka stava correndo senza meta e piangendo a dirotto, le mani sugli occhi, alla cieca, come non faceva da quand’era bambina.
    Non le importava più di nulla.
    Si infilò in un vicolo.


    Ad un certo punto si riscosse.
    Aveva percepito qualcosa.
    Le sembrò che un’ombra gigantesca si ergesse alle sue spalle.


    “Ma beeeene! Che cos’abbiamo qui? Un cucciolo smarrito che è uscito dalla tana. Ooh, ma non si fa così…non ti hanno mai detto…”


    Renka si voltò ma era troppo tardi.
    O meglio, non avrebbe potuto reagire in ogni caso


    “…che se vai nel bosco puoi incontrare il lupo cattivo?”


    L’ombra la avvolse ed ella sparì.]

    ◊◊◊◊◊

    Miu e Kenichi stavano seduti in mezzo al prato, emotivamente annientati.


    Tutti se n’erano andati, lasciandoli soli.


    Solamente Akisame era rientrato per provare a contattare Ranma tramite la ricetrasmittente che Sakaki gli aveva dato.


    In realtà c’era un’altra persona che, approfittando del fatto di vivere in una tenda, nel giardino, non se n’era affatto andata.


    Ryoga stava ad occhi chiusi con la testa piegata verso il basso, le braccia incrociate, un piede appoggiato ad un albero.


    Kenichi era come svuotato.
    Stava ancora finendo di realizzare tutto quello che era successo.
    Non si capacitava di quante conseguenze terribili avessero avuto le sue parole.
    Non ne aveva mai avuto l’intenzione e non ne aveva idea.


    Miu si teneva i pugni sulle palpebre e non smetteva di piangere, in silenzio.


    Ryoga si staccò dall’albero e si avvicinò ai due ragazzi.
    “Kenichi…”


    “Lasciami stare, Ryoga, non è giornata”
    “Ed invece è proprio perché stai così male che hai bisogno di parlare con me.
    So cosa voglia dire, ci sono passato”.


    “Piantala Ryoga! Cosa vuoi saperne tu?”
    “Oh, io so esattamente che cosa significhi.
    Perché vedi, noi due siamo uguali.
    E tu conosci la storia, quindi sai che è vero.
    Ho amato una donna che invece voleva Ranma.
    E come sai, anche in quel caso, fu un segreto che non avrebbe dovuto venire rivelato a rovinare tutto.
    Sia per lui che per me.
    Come puoi vedere, la storia si è ripetuta”.


    “No…La nostra situazione…non è affatto la stessa. Conosco la vostra storia.
    Tu…non hai mai davvero avuto il cuore di quella ragazza, Akane, non è così?
    Quindi, non è come se…lui te l’avesse portata via, giusto?
    Invece, noi…prima che arrivasse qui Ranma…eravamo felici.
    Noi…io e Miu…avevamo qualcosa! E lui…ha rovinato tutto!
    E se penso…che all’inizio ero geloso di Ranma…e poi, invece…ho cambiato idea.
    Mi sono fidato. Siamo diventati amici.
    E lui, alle mie spalle…quanto sono stato stupido!
    Vorrei che Ranma non fosse mai arrivato al Ryozampaku!”


    Il ragazzo abbassò lo sguardo e ricominciò a singhiozzare un po’.


    Ryoga lo osservò a lungo e la sua compassione divenne qualcos’altro.


    “Davvero? Quindi me lo confermi: tu pensi di avercela con Miu per essere stata con Ranma, ma in realtà ce l’hai con lui per essere arrivato qui.
    Per aver preso quello che tu avresti voluto, ma non hai davvero provato ad ottenere.
    Non è così?”


    Kenichi sollevò lo sguardo, contrariato.
    Non capiva dove volesse andare a parare.
    Poi il ragazzo con la bandana riprese la parola.


    “Anche io ho passato un mucchio di tempo ad invidiare ed odiare Ranma.
    Speravo che sparisse, così ero convinto che senza di lui avrei di colpo ottenuto tutto ciò che volevo.
    Che senza di lui, Akane mi avrebbe cominciato ad amare come per magia.
    Ed invece non ho mai passato abbastanza tempo a migliorare me stesso, come avrei dovuto fare.
    Non le ho mai detto ciò che provavo veramente”.


    Ryoga abbassò lo sguardo e provò ancora una fitta al cuore, dopo tanto tempo.


    “Proprio lo stesso errore che hai fatto tu.
    Tu credi di avere dei diritti su Miu, e ti piace pensare che Ranma sia il cattivo della storia…lascia che te lo dica, non lo è.
    Credimi, ho passato anni a sperare che lo fosse…così sarebbe stato più facile odiarlo.
    Ma mi sono dovuto rassegnare al fatto che lui sia una brava persona”.


    Il giovane sollevò poi lo sguardo sul Primo Discepolo


    “Al contrario, tu non lo sei.
    Perché, se non sbaglio, Miu è una persona adulta, perfettamente in grado di fare le sue scelte.
    Lei e Ranma non hanno fatto assolutamente nulla di male.
    Tu, invece, hai illuso quella ragazza chiamata Renka, usandola come rimpiazzo di Miu.


    Ed ora, dal momento che non riesci a sopportare il peso del tuo fallimento, hai scaricato il tuo nervoso su Miu, facendo di conseguenza crollare come un castello di carte la nuova vita che Ranma si era costruito qui.


    Credimi, so di cosa parlo.
    La vita di quel ragazzo è già stata rovinata una volta.
    Da me.
    Ed ora tu, sei sceso esattamente al mio livello.
    Spero che ne sia soddisfatto”.


    E se ne andò.

    ◊◊◊◊◊

    Ranma correva, correva e correva.


    Non aveva nessuna intenzione di fermarsi.


    Il cuore gli batteva nel petto come se dovesse scoppiare.


    Ma era più facile che fermarsi a riflettere.


    Provava un vortice di emozioni diverse.


    Paura. Rabbia. Rimorso. Rimpianto. Amarezza.


    Doveva andarsene, doveva radunare tutto e…dannazione, aveva perso tutto.


    DI NUOVO.


    Tutto quello che aveva.


    Aveva sperato di potersi ricostruirsi una vita laggiù, al Ryozampaku, ed invece…non erano stati i residui della sua vecchia vita a rovinare tutto, ma la persona più insospettabile.


    Ed ora? Cosa doveva fare?


    Cosa fai, quando sei disperato e non sai a chi rivolgerti?
    Chi è che ci sarà sempre per te, qualunque cosa accada?

    ◊◊◊◊◊

    Mousse si era ritirato in un angolo del quartiere vicino.


    Due ombre comparvero all’improvviso sul muro di cinta dietro di lui, ma tacquero.


    “Le cose sono andate come previsto, ma persino più rapidamente di quanto ci aspettassimo” disse lui.


    “E quindi, Laobàn? Cosa dovremmo fare? Prego!”


    “Passatemi il radiotelefono. Devo avvertire quella persona


    “Quella persona? Ma è sicuro? Prego!”


    “E’ molto pericoloso! Prego!”


    “Già, ma è imperativo che io lo faccia.
    A quest’ora l’operazione sarà cominciata, quindi deve sapere tutto.
    Abbiamo un mucchio di cose da fare e troppo poco tempo”

     

    ◊◊◊◊◊

    Ikki Takeda salutò con un lungo bacio la sua ragazza, Rachel Stanley e si avviò a piedi verso casa propria.


    La vita, per una volta, stava andando bene, pensò.


    Persino Ukita e Kaname, insieme, stavano bene che era una meraviglia.
    Era stato un po’ strano fare la prima uscita a quattro, considerando che Kaname era la sua ex, che Ukita era il suo migliore amico, che lui era stato fidanzato con Kisara, cioè la migliore amica di Kaname e che Rachel era stata a lungo una nemica di tutti quanti.


    Eppure i loro rapporti non erano mai stati così sereni. Tutti sembravano essere esattamente al posto giusto.
    Erano usciti a mangiare il nabe, il piatto di carne simbolo dell’unione familiare.
    E per lui era questa l’Alleanza Shimpaku. Un'altra famiglia.


    Rachel, cioè l’ex membro dello Yomi di nome Castor, non condivideva pensieri altrettanto sereni mentre si allontanava in direzione opposta.
    Aveva avuto una sensazione che non le piaceva.


    Mentre si allontanava con Takeda, avrebbe giurato di essere seguita.
    Per una che aveva vissuto tanto a lungo nelle ombre come lei, era facile percepire cose che gli altri non avrebbero notato.


    Ed abituata ad un mondo di doppi, tripli giochi e pugnalate alla schiena (un mondo, si rese conto, molto più complicato di quello che stava sperimentando con Takeda, si trovò a pensare), preferì dare retta a quella sensazione.
    Meglio sbagliarsi una volta in più, che sottovalutare il pericolo una volta di troppo.


    Eppure era strano. Da quando si era separata dal suo ragazzo, quella sensazione l’aveva abbandonata.


    Possibile che…?


    Ebbe un sussulto.
    Tornò sui suoi passi, correndo alla propria massima velocità in direzione opposta.


    Quando voltò nella strada adiacente, Ikki non c’era più.
    Era svanito nell’aria.

    ◊◊◊◊◊

    Hayato Furinji, il cosiddetto Superuomo Invincibile, stava correndo come un forsennato per le strade di Tokyo.
    Nella sua mente, non c’era nessun pensiero, a parte uno: trovare Ranma e fargliela pagare.
    Era un combattente Sei, ma in quel momento, ogni compostezza era andata a farsi benedire.
    Voleva vendetta.
    Quel ragazzo. Che aveva accolto nel suo dojo. Che aveva addestrato. Che aveva portato tanti cambiamenti nella vita di tutti loro.
    Proprio lui.
    Non poteva aver…toccato Miu.
    La sua tenera nipotina. Gliel’avrebbe fatta pagare.


    Finalmente capiva perché non si fidasse di lui.
    Forse non era a rischio di sprofondare sulla strada sbagliata, ma questo era peggio.
    Cento volte peggio. Mille volte peggio.
    Immerso in questi pensieri, si rese conto di non aver affatto notato in quale direzione fosse fuggito Ranma.
    Non importava, si disse.
    Avrebbe continuato a girare Tokyo a velocità supersonica fin quando non l’avrebbe trovato.
    Poteva farlo, dopotutto.
    Era il Superuomo Invincibile.
    Ed aveva tutto il tempo del mondo…

    ◊◊◊◊◊
     

    Kenichi stava fisso al centro del prato, immobile come una statua.


    Quello che Ryoga gli aveva detto lo aveva scosso nel profondo.


    Non era abituato a quella sensazione.
    A sapere di avere combinato qualcosa di terribile, di aver fatto del male alle persone che amava…senza volerlo.


    Già, era davvero così? Non lo voleva? O non aveva riflettuto sulle possibili conseguenze?
    Era stato accecato dalla gelosia, dal rancore…dall’invidia? Si era sentito tradito?


    Era diventato un buon amico di Ranma, non si aspettava che questi gli portasse via Miu.


    Ma era davvero così?


    Ryoga, che era già passato attraverso la consapevolezza dei propri errori, gli aveva aperto gli occhi.
    Lui e Miu ne avevano passate di cotte e di crude insieme.
    E sapevano di provare qualcosa l’uno per l’altra.


    Ma non avevano mai davvero razionalizzato la cosa.
    Non ne avevano davvero parlato.
    Non si erano mai giurati eterno amore.


    E dunque…sbagliava? Nel ritenere che Miu fosse sua di diritto?
    Nel prendersela con lei? O con Ranma?


    Lei poteva fare ciò che voleva, giusto?
    Kenichi non aveva mai pensato a sé stesso come ad un uomo possessivo. Voleva negare la sua libertà di scelta?


    E Ranma…avrebbe dovuto rendersene conto? Del loro rapporto?
    E quindi starle lontano? In qualche modo, glielo doveva?
    O forse questo era solo un sottinteso, che poteva valere al Ryozampaku, ma non per lui?


    E quanto a Renka…Kenichi non riusciva a credere di averla fatta soffrire in questo modo.
    In effetti, non ne aveva l’intenzione.
    Da quando era cominciata la loro storia, qualcosa in lui era cambiato.


    Era come se si fosse chiuso a tutto il resto.
    Al passato, alla speranza, alla gioia.
    Cercava di autoconvincersi che ora questa fosse la sua nuova realtà. Che stava con Renka, che gli stava bene così.
    Che non aveva mai davvero capito i suoi sentimenti prima, ma che stavano bene insieme ora.


    Ed invece…aveva fatto anche di peggio.


    Perché non si può fare violenza alla propria natura.
    E non era davvero Renka che lui voleva.


    Tuttavia…come aveva potuto non considerarne i sentimenti?
    Come aveva potuto sbottare in quel modo, nel cortile, senza pensare a cosa avrebbe significato per lei?


    Ora si sentiva terribilmente in colpa.


    Per Renka, principalmente.


    Per Miu, che lui aveva svergognato di fronte a tutti e che certo non aveva visto il suo lato migliore.


    Per Ranma, che rischiava di essere triturato finemente dall’Anziano a causa della sua gelosia, più che per una colpa vera e propria.


    E per sé stesso, perché sapeva che non sarebbe mai più riuscito a guardare in faccia tutti gli altri come prima.


    Per Kenichi era una sensazione nuova.


    Si vergognava profondamente.
    Di solito lui era quello nel giusto.
    Era quello che difendeva gli altri, che li aiutava, che si sacrificava per loro.
    Non lo faceva per la gloria, o per venire celebrato. Gli veniva naturale.


    Però lo sapeva. Sapeva di essere quello buono.
    Non ci era abituato.
    Non si aspettava di poter…essere il cattivo della storia, per una volta.

    ◊◊◊◊◊

     

    Akisame riemerse dalla stanza, mogio.
    Ranma aveva il trasmettitore spento, come temeva, e non era stato nemmeno possibile avvisare Nijima per richiedere la collaborazione dell’Alleanza Shimpaku nelle ricerche. Problemi di linea, a quanto pare.


    Il Maestro Filosofo del Ju Jitsu si avvicinò al suo Primo Allievo, per farlo riscuotere.


    Mentre camminava in quella direzione, Miu aveva smesso di piangere e si era rimessa in piedi.
    Poi era entrata in casa ed era andata a prepararsi qualcosa da mangiare.


    La sua espressione era neutra e solenne.
    Era come se intuisse che doveva reagire, doveva fare qualcosa e che non sarebbe stata d’aiuto a nessuno né rimanendo lì a piangere, né restando a stomaco vuoto.


    Akisame la vide che gli passava di fianco di corsa e pensò “Uhm…è proprio la nipote del Superuomo Invincibile…si è già ripresa da un colpo simile.
    Meglio così. Dovrò consolare una persona sola


    Si accostò a Kenichi e gli disse:
    “Kenichi, capisco che sia stato un bruttissimo colpo, ma devi scuoterti.
    Guarda Miu, sta reagendo, eppure deve sentirsi male quanto te.


    Ascolta, in questo momento tu ti senti in colpa, ma la verità è che provare vergogna, colpa...è da esseri umani.
    TUTTI fanno degli errori, Kenichi, PERSINO tu.


    Forse sei sempre stato troppo abituato ad essere nel giusto, non hai neanche mai pensato che ti saresti potuto trovare in questa situazione.
    Eppure…gli esseri umani, a volte, per il solo fatto di vivere, capita che facciano del male agli altri. Anche senza volerlo. Forse, persino più spesso, senza volerlo.


    Il fatto che tu ti senta male, che non ne avessi l’intenzione, è la prova che il tuo cuore è buono.


    Ma ora devi contribuire a risolvere la situazione, perché i tuoi amici hanno bisogno di te, ancora una volta.
    E non li aiuterai rimanendo depresso”


    La cosa sembrò sortire qualche effetto nel ragazzo.
    Sembrò tornare a vedere la luce.


    Poi però tornarono i Maestri.


    Kensei rientrò dai cancelli del Ryozampaku con lo sguardo basso e mogio come nessuno lo aveva mai visto prima.


    Non era ancora arrivato a metà del prato che Shigure balzò dentro, scavalcando il muro di cinta, dalla parte opposta.
    L’omino alzò lo sguardo, speranzoso, ma la giovane donna dovette scuotere la testa, anche se detestava doverne deludere le aspettative.


    Akisame nel vederli soli e con quelle facce intuì i risultati delle loro ricerche ed ebbe conferma dei suoi peggiori timori.


    Non poté trattenersi dal fare un’esclamazione di sconforto.


    “Ascoltatemi tutti! La situazione è più grave di quanto pensiate!
    A parte quello che è successo con Ranma e l’Anziano…ho ragione di credere che Renka sia stata rapita!


    E se è stato fatto nei pochi secondi tra quando è uscita e quando Kensei ha provato a raggiungerla…può essere stato solo qualcuno di livello Gran Maestro!”


    A quella dichiarazione, sia Kenichi che Miu parvero riscuotersi come se avessero ricevuto una scarica elettrica.


    Renka è stata rapita…


    …da un Gran Maestro?


    “Ma…com’è possibile?-esclamò Kensei, disperato-per fare una cosa del genere…avrebbero dovuto tenerci sotto stretta sorveglianza…anzi, forse persino aspettarsi che succedesse una cosa come quella di oggi
    …no, non è possibile!” esclamò poi, mentre univa i puntini.


    Akisame scosse la testa, maledicendosi per non aver saputo prevedere il tutto.


    “E’ così, Kensei. Non ci sono più dubbi.
    C’entra di sicuro l’avvertimento che Saiga ci ha fatto pervenire un mese fa.
    Purtroppo, siamo stati ciechi”


    “Un avvertimento? Mio padre vi ha mandato un avvertimento? Da ben un mese? E non ci avevate detto niente?” esclamò Miu, stupita ed indignata.


    “Mi dispiace Miu, hai ogni ragione di arrabbiarti, ma non volevamo farvi preoccupare, in un momento molto importante, senza sapere nulla di sicuro.
    Saiga aveva assicurato che si stava occupando della cosa e che ci avrebbe fatto avere degli aggiornamenti appena possibile.
    Evidentemente, persino le sue previsioni si sono rivelate errate”.


    “Io…io non posso crederci!-gridò quasi la ragazza-è come quando mio nonno non mi aveva detto di mio padre e mia madre!


    E’ come quando VOI TUTTI non mi avete detto che Ranma si trasforma in ragazza!


    Sì, lo so, me l’ha detto lui in persona, è inutile che fingiate stupore!
    Com’è possibile che qui…io finisca sempre col sapere le cose per ultima?
    Che abbiate così poca considerazione per noi?
    Per me ancor meno che per gli altri…mi trattate tutti come se fossi una bambola di porcellana da proteggere.


    Ed anche mio nonno, che vuole massacrare Ranma per una cosa che IO ho fatto con lui…come se non fossi abbastanza grande da fare le mie scelte da sola!


    E poi, forse…se Renka-san avesse immaginato…che c’era un possibile pericolo…per quanto sconvolta fosse, non sarebbe uscita dal Ryozampaku da sola…ed a quest’ora lei…”


    Akisame abbassò lo sguardo.
    Era raro che non se la sentisse di rispondere.


    Fu invece Kenichi, a sorpresa, a prendere la parola, dopo aver dato un rapido sguardo in direzione della tenda di Ryoga.


    “Miu-san ha ragione.
    Persino tra di noi, al Ryozampaku…è venuta a mancare la fiducia. Anzi, peggio, è mancata la sincerità.


    Come quando le vite di Ranma e Ryoga sono state rovinate…a causa di un segreto prima tenuto nascosto a lungo, e poi rivelato al momento sbagliato.


    Esattamente la stessa cosa che è accaduta poco fa.
    Io ho rovinato la vita di Ranma, di nuovo, e quella di Renka…rivelando un segreto.
    Che però, forse, non avrebbe mai dovuto essere tale da principio.


    Forse, fin dall’inizio, avremmo dovuto essere tutti onesti. Allievi E Maestri.
    Tutti possiamo sbagliare, persino i migliori tra di noi.


    Non bisogna mai pensare di essere al di sopra di tale rischio. Si diventa compiacenti.
    Arroganti. 
    Così come voi Maestri…di certo pensavate di fare bene, ma avete sbagliato i calcoli”.


    Tutti i Maestri annuirono.


    “Possiamo soltanto fare tutto quello che è necessario per rimediare-affermò Akisame-ma la cosa più urgente è contattare Saiga.
    L’ultima volta che ci siamo visti mi ha rivelato una frequenza radio segreta da usare in caso di necessità.
    Vado subito a mettermi in contatto con lui tramite le mie apparecchiature”.


    I dieci minuti seguenti furono tra i più snervanti della vita di tutti quanti al Ryozampaku.


    Per di più, Kenichi e Miu tenevano entrambi lo sguardo basso, ed il ragazzo e Kensei evitavano di incrociarsi: comprensibilmente, il Maestro cinese era scosso per il dolore che Kenichi aveva causato a Renka, ma ogni discussione venne rimandata a dopo.


    Shigure passava il tempo giocando nervosamente a ping pong col suo topolino, Tochoumaru.


    Ad un certo punto, Kenichi sciolse le riserve ed andò da Kensei, inginocchiandosi con viso e braccia appoggiate a terra.
    “Kensei-shishou, io…volevo solo dirle che…”
    A sorpresa, il Maestro cinese gli mise una mano sulla spalla.


    Il ragazzo alzò lo sguardo. Il Maestro stava sorridendo.
    “Kenichi, ragazzo mio, devo dirti solo una cosa: non mi importa che tu e mia figlia ve la siate spassata, anzi per certi versi mi fa piacere, ma non ti perdonerò tanto facilmente per averle spezzato il cuore.
    Prega i tuoi Kami che torni sana e salva, perché se le dovesse succedere qualcosa…ti farò a pezzettini


    Disse questa cosa con lo stesso sorriso sul volto che aveva all’inizio.
    Kenichi sudò freddo in maniera peggiore che se lo avesse minacciato con tono irato.


    Infine, grazie agli déi, Akisame riemerse dalla stanza della tecnologia.


     “Ho contattato Saiga. Gli ho spiegato la situazione e lui mi ha detto di radunare tutte le forze disponibili per tenere un consiglio di guerra qui al Ryozampaku.
    Gli ho detto che alcuni erano impegnati, ma non ha voluto sentire ragioni.
    Sta venendo qui lui in persona per darci istruzioni.”


    Mio padre sta venendo qui di persona? Allora la situazione è davvero critica!


    “Kensei, te la senti di contattare al telefono Kuno? Dovremmo avere il numero di casa sua, chiedigli di tornare indietro. Io farò lo stesso con Mousse.
    Shigure, esci di qui e trova al più presto Apachai e Sakaki e dì loro di tornare, sia che abbiano sia che non abbiano avuto successo con le rispettive missioni”.


    “Va…bene”


    “Vi aiuterò anch’io” proclamò Ryoga, ma in quella venne raggiunto dalla catena rotante di Shigure che lo legò come un salame ad un albero.


    “Tu rimani…qui, giovane…disperso. Se venissi anche…tu, poi dovremmo…venire a recuperarti nell’…Hokkaido**.
    Aspetta che…siano arrivati…tutti”


    Il ragazzo con la bandana annuì.
    Avrebbe portato pazienza.


    Akisame si avvicinò alla Maestra delle Armi.
    “Inoltre, Shigure, avrei un compito da assegnare anche a Tochoumaru”

    ◊◊◊◊◊

    Ranma arrivò a casa di sua madre sul calare della sera.
    Nodoka non aveva mai visto suo figlio così sconvolto.
    Per giunta, quando gli chiedeva cosa fosse successo, dava solo risposte brevi ed evasive.


    Tutto il contrario del suo comportamento.
    Stava ribaltando freneticamente tutta la casa per cercare tutto quello che poteva essergli utile e riempiva più rapidamente che poteva il suo grande zaino da viaggio con vestiti, provviste, e quant’altro gli potesse essere utile.


    “Ma…Ranma caro…devi partire per un viaggio? Così all’improvviso? Cosa succede? Io pensavo che…”


    “Mi dispiace, madre, ma non posso spiegarti tutto ora.
    Sono di fretta, maledettamente di fretta.
    Ti basti sapere che è necessario che io parta, assolutamente necessario.
    E’ una questione di vita o di morte.
    Tornerò, ma ci vorrà del tempo.
    Non so esattamente quanto”


    “Ma…Ranma”.


    Ranma per qualche altro secondo continuò a riempire lo zaino alla rinfusa.


    Poi, lentamente, si fermò.


    Abbassò la testa, dandole le spalle e fremette.


    Cosa stava facendo? Stava mentendo a sua madre? Di nuovo?


    Non erano stati i segreti, per l’ennesima volta, a causare quella situazione?


    Ma come avrebbe potuto dirle la verità?
    Che era lo stesso Hayato che voleva ridurlo in poltiglia?


    E lui? Non si vergognava? A fuggire di fronte ad un nemico?
    Andarsene da casa propria come un ladro nella notte?


    Non un comportamento molto virile, vero?


    Prese un bel respiro e si calmò.
    Le doveva almeno una spiegazione.


    Ma era tutto così difficile.
    Le aspettative. Le maledette aspettative che sua madre aveva per lui.
    Era così difficile corrispondervi in pieno.


    “Mi dispiace madre-cominciò, parlando lentamente, dandole sempre le spalle-sono consapevole che non è così che vorreste vedermi.
    Devo ammettere che…ho paura.


    Un nemico terribile è sulle mie tracce, e non ho intenzione di coinvolgervi in questa storia.
    Per il bene di tutti, dovremo separarci per qualche tempo.
    Ma tornerò, ve lo prometto.
    Mi…mi dispiace di avervi delusa”.


    Nodoka rimase per un istante come scioccata.
    Poi però disse:
    “Ma Ranma, io…non sono delusa.
    Non credo affatto che avere paura sia un sintomo di debolezza”.


    Ranma si voltò di scatto e la fissò, troppo stupito per provare ancora vergogna.
    “Ma come…ma io credevo…?”


    Nodoka lo guardò, comprensiva e fece un sorriso amaro.


    “Oh, figlio mio.
    Solo ora capisco quanto male ti abbiano fatto gli insegnamenti di tuo padre.
    Ed anche…le mie aspettative, temo.


    Ranma, TUTTI provano paura.
    Chiunque abbia qualcosa che valga la pena di non perdere ne prova.
    Gli animali, gli esseri umani…forse persino gli déi.


    Credi che non abbia avuto paura quando ci siamo separati e tu eri piccolo? Di non rivedervi mai più?
    Eppure, l’ho fatto lo stesso.
    L’ho fatto perché avevo fede.
    Che da quel sacrificio sarebbe derivato un domani migliore.


    Se…allontanarti da questo problema è davvero la condotta più giusta…allora fallo, hai la mia benedizione. Ho fiducia in te”.


    Ranma si era calmato e la fissava a bocca aperta.
    Era la prima volta che sentiva sua madre parlare così.
    Poi la signora Saotome riprese.


    “Sono consapevole, non nonostante, ma proprio perché sono la moglie di un Maestro di arti marziali, che gettarsi incontro ad un pericolo che non puoi affrontare sia stupidità, anzi pazzia, non certo coraggio”.


    Fece una piccola pausa per lasciar assorbire bene il concetto e poi riprese.


    Ma…se invece esistesse, anche una sola possibilità che il tuo problema si possa risolvere, non dico combattendo, ma in qualche-qualunque-altro modo…io, in quanto tua madre, insisto perché tu lo affronti, Ranma.


    Non voglio che diventi il tipo di uomo che…scappa dalle sue responsabilità.


    Non devi assomigliare…a tuo padre.
    Non su quello, almeno”.


    Ranma riprese a respirare lentamente.
    Un sentimento nuovo gli stava crescendo in petto.
    Era…sollievo? Speranza? La sensazione di sentirsi compresi?


    “Ranma. Forse tu, hai sempre creduto che il coraggio volesse dire non provare paura.
    Questo è sbagliato.
    Il coraggio non è l’assenza di paura.
    Il coraggio è fare le cose nonostante la paura”.


    Tu-tump


    Ranma giurò che il battito del suo cuore si fosse sentito fino in strada.


    Nodoka gli rivolse un sorriso dolce.



    “Scegli che tipo di uomo vuoi essere, figlio mio.
    Ma sappi che, qualunque cosa deciderai di fare, tua madre sarà sempre fiera di te”.


    Ranma rimase in piedi davanti a lei per un momento che parve durare una vita.


    Poi si gettò in avanti e l’abbracciò forte.


    Nodoka ricambiò l’abbraccio.


     

    ◊◊◊◊◊

     

    Nota dell'Autore:

    Probabilmente non ve lo aspettavate. Nel caso, ho fatto bene il mio lavoro.
    Ho scelto di concludere con questo momento toccante perché mi sembrava di aver combinato abbastanza casini, per un capitolo solo, e bisognava tirarsi su di morale.
    Se posso mettere da parte la modestia, è un dialogo del quale vado molto fiero.
    Tra parentesi, spero di non essere OOC: vediamo sempre i lati peggiori di Nodoka, mi sembrava giusto cambiare, per una volta. E Ranma ha bisogno di essere influenzato da un punto di vista diverso.
    Tornando a bomba, la carne al fuoco è tanta.
    Ranma ha impiegato un sacco di tempo a ricostruirsi una nuova vita, ed ora tutto è di nuovo in pezzi.
    A causa della persona più insospettabile: Kenichi.
    Il quale a sua volta è sconvolto da ciò che è accaduto ed ha perso ogni sua certezza.
    Ora, non è sadismo. Adoro tutti questi personaggi.
    Ma il conflitto è motore di ogni storia (Takahashi docet), e non c'erano molti modi per mettere in contrasto questi personaggi.
    Quando ho iniziato a scrivere, mi ero fatto due domande:
    1) Ranma viene sempre accusato di essere un dongiovanni; e se per una volta l'accusa fosse reale?
    2) Kenichi è sempre buono, altruista, nel giusto: e se per una volta non lo fosse? (pur con una lista di scusanti alta quanto una montagna)
    Tra parentesi, Hayato che vuole ridurre in poltiglia chiunque si avvicini a Miu è invece la cosa più in character che si potesse immaginare.
    Chiaramente, la scomparsa della povera Renka (e quella successiva di Takeda) lascia spazio ad implicazioni ben più sinistre che un semplice litigio sentimentale...il Ryozampaku dovrà presto affrontare la minaccia più pericolosa mai vista!
    Tra parentesi, questo è il primo di tre capitoli densi di avvenimenti e punti di vista diversi, per sviscerare bene la situazione, in preparazione di quelli finali che saranno ricchi d'azione.
    Ed a proposito di punti di vista...a che gioco starà giocando Mousse?



    Legenda


    *: cioè nel capitolo 8 della storia


    **Hokkaido: la regione più a Nord del Giappone, perennemente fredda.


     
    Mini-Guida per il manga di Kenichi:


    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 22
    *** Uniti Resistiamo, Divisi Cadiamo ***





    Nella grande sala centrale del Ryozampaku si poteva vedere una scena alla quale non si assisteva spesso.


    Saiga Furinji, in tutto il suo splendore, ma con un’espressione corrucciata in volto, stava seduto in centro, in quello che di solito era il posto di suo padre.
    Tutti i Maestri e gli Allievi (tranne Ranma ed Hayato, ovviamente) stavano seduti in semicerchio intorno a lui.


    Mousse e Kuno erano tornati al Ryozampaku abbastanza rapidamente, anche se il motivo di quel contrordine pareva renderli perplessi.
    Loro due e Ryoga non avevano mai visto Saiga Furinji, né a dire il vero ne avevano mai sentito parlare, almeno ufficialmente.


    Kenichi si rese ora conto di essere un po’ a disagio di fronte a Saiga, un uomo che aveva sempre visto con gioia nelle altre rare occasioni nelle quali lo aveva incontrato.
    Guardò Sakaki, seccato per essere stato richiamato indietro ed Apachai, che si stringeva le ginocchia con le braccia ed era preoccupato di brutto.


    Miu, invece era calma, determinata.
    Guardava fisso suo padre, in attesa di istruzioni. Aveva intenzione di reagire. DOVEVA reagire. Sarebbe tornato tutto normale, questo era il destino. Oppure avrebbe COSTRETTO il destino a piegarsi al suo volere. Il sangue dei Furinji in quel momento scorreva in lei come fuoco liquido.
    Saiga notò lo sguardo di sua figlia e fece un sorriso, soddisfatto della sua crescita.


    Prese la parola: “Vi ringrazio di essere qui con poco preavviso e malgrado la situazione. Akisame mi ha informato di ogni dettaglio degli ultimi eventi.
    Per chi non mi conosce, mi presento: sono Saiga Furinji, figlio di Hayato, l’Anziano di questo dojo e sono il padre di Miu.
    Vi basti sapere che per un periodo ho camminato nelle Ombre…e che sto passando il resto della mia vita ad espiare…ed a sorvegliare quelle stesse Ombre, perché non riescano mai a soffocare la luce”


    Ryoga e Kuno lo guardarono stupiti. Mousse, un po’ meno.


    “Ora, venendo alle questioni più pressanti, il fatto che il mio vecchio sia impazzito e stia cercando di accoppare Ranma, che ho avuto modo di incontrare brevemente un mesetto fa, per essersela-eh-ehm!-spassata con mia figlia, è senza dubbio, un fatto grave, ma…”


    Miu non poté fare a meno di arrossire, ma pur di risolvere tutto, avrebbe sopportato.
    A dire il vero, tutti notarono come Saiga avesse invece un atteggiamento mentale molto più aperto sulla vicenda-come se non lo disturbasse molto il fatto in sé-e stesse trattando le gravi conseguenze come una carie da rimuovere. Rapidamente e con efficienza.


    “Non c’è tempo per questo!-sbottò Kensei, di norma calmo e composto-anch’io sono preoccupato per Ranma e non oso pensare ai danni che possa fare l’Anziano se si scatenasse per Tokyo…chiameranno le Forze di Difesa Nazionali, probabilmente…ma la vera emergenza è la scomparsa di mia figlia Renka!
    Chi potrebbe mai averla rapita? E perché? E per giunta, praticamente sotto il mio naso!”


    Dovette stringersi il petto, sofferente.
    Sua figlia Renka. La sua amatissima figlia.
    Per la maggior parte del tempo, Kensei era stato un padre scapestrato che aveva abbandonato la famiglia per evitare le responsabilità dell’organizzazione della quale faceva parte, ed inoltre essere libero di andare a caccia di donne e guardare pornografia, ma in quel momento niente di tutto questo aveva importanza.
    La sua figlia maggiore, la sua carissima Renka. Quella responsabile. Che viveva in Giappone da due anni e per la quale sapeva di non doversi mai preoccupare. Fino ad ora.


    “Sono qui per questo, Kensei, te lo assicuro-gli confermò Saiga-dopotutto, anch’io sono un padre e capisco benissimo i tuoi sentimenti”.


    Kenichi ripensò a quando Miu ERA stata rapita da Jenazad e Saiga era andato fin nel Tidat per salvarla, mascherandosi addirittura da mercenario, e mantenendo il segreto con tutti. Ed all’epoca non aveva neppure mai visto la propria figlia, cresciuta con Hayato.
    Se fosse accaduto oggi, che l’aveva conosciuta ed aveva recuperato un rapporto con lei…senza dubbio avrebbe smosso le montagne, pur di salvarla.


    “Ma il punto è-continuò il colosso biondo-che l’indagine che stavo svolgendo e della quale vi ho informati tramite Ranma il mese scorso ed il rapimento di Renka…sono senza dubbio fatti collegati”


    Moti di sorpresa si alzarono dovunque.
    Per Kenichi, Miu e gli Allievi fu una sorpresa anche lo scoprire che era stato Ranma a fare da tramite tra Saiga ed il Ryozampaku, ma non dissero nulla.


    Akisame ne prevenne le obiezioni.
    “Sì, è così. Saiga ha contattato Ranma e lo ha usato per farci arrivare un messaggio circa la sua indagine. Non abbiatene a male con lui, ve ne prego. E’ stato l’Anziano ad ordinargli il silenzio.”
    Miu e Kenichi parvero, a vari livelli, contrariati, ma stettero zitti.
    Per motivi differenti, sia Ranma che Hayato non erano le loro persone preferite, al momento.


    Sakaki intervenne: “Cioè il caso del contrabbando d’armi al porto che in realtà serviva a coprire l’importazione di quelle misteriose sostanze chimiche dall’Asia Sud Orientale? Cos’hai scoperto? Ti sei infiltrato nel centro di ricerche del quale ci dicevi?”


    “Sì e no. Mi sono infiltrato, ma non ho scoperto tutto. Con quelle sostanze chimiche stanno facendo degli esperimenti…vogliono realizzare una certa formula…o meglio, RICREARE una formula pre-esistente…per molto tempo non ci sono riusciti…e sulla natura di tale formula si possono solo fare delle ipotesi…anche se, visti i recenti sviluppi…non è da escludere che in realtà ci siano già riusciti, ed abbiano tenuto la notizia riservata…iniziando la produzione in massa, ma continuando nel contempo ad eseguire dei finti esperimenti per ingannare le spie…molto astuto, in effetti. Degno dello Yami.


    Però ho un’altra informazione che di certo vi interesserà: Le Otto Lucenti Lame Esecutrici sono GIA’ arrivate in Giappone, un paio di giorni fa…e forse non da sole”


    “Che cosa? Ma…credevamo che quando lo avrebbero fatto…ce ne saremmo accorti!” esclamò Akisame, sconvolto.


    “Anche io l’ho appena scoperto, altrimenti vi avrei avvisati prima. A quanto pare, hanno perfezionato i metodi per infiltrarsi in una nazione ostile senza essere scoperti.
    Ma non ci dovremmo preoccupare tanto del fatto che siano entrati in Giappone.
    Quanto del fatto che ne escano…perché quando lo faranno…non se ne andranno da soli!”

    ◊◊◊◊◊

    Ranma saltò in cima al muretto di cinta che delimitava il cortile del parco della villa dei genitori di Kisara.
    Era già calato il buio da poco più di un’ora.


    Nell’intravedere l’accampamento dove l’aveva allenata negli ultimi sei mesi, provò un’altra fitta al cuore.
    Animo, Ranma. Non fare il sentimentale. Non è che non la rivedrai mai più. Almeno spero.


    [POCO PRIMA.
    Scioltosi dall’abbraccio con sua madre, Ranma si asciugò una lacrima e rivolse a Nodoka un sorriso caldo. Poi le disse
    “Vi ringrazio, madre. Ora…so cosa devo fare. Ma…a dire il vero, non credo che la situazione cambierà in modo drastico: è comunque possibile che debba allontanarmi per qualche tempo.
    Cambierà però il modo in cui la affronterò.
    Per prima cosa, farò un tentativo di risolvere il tutto in maniera diplomatica.
    Per seconda…in ogni caso, non me ne andrò come un ladro, ma sistemerò prima tutte le faccende che ho in sospeso.
    Ci sono…persone che hanno dei rapporti con me. Che meritano di sapere cosa stia succedendo. Nel caso, non potrei semplicemente sparire senza avvisare nessuno”.


    “Bravo, figlio mio. Ricorda: un vero uomo può essere virile anche nella sconfitta più nera, ma un codardo rimane un codardo anche mentre lo portano in trionfo”]


    Era strano che, di tutte le persone, a Ranma fosse balzata in mente proprio Kisara.


    Sarebbe stato più sensato salutare Miu…o chiunque altro.
    Ma Kisara era la sua Allieva, con la quale aveva lentamente costruito un rapporto profondo, anche se la cosa ancora lo stupiva.
    Dunque non sarebbe stato giusto abbandonarla senza una spiegazione.


    Se avesse dovuto lasciare la città (o se la mediazione con Hayato fosse fallita e lui fosse finito in ospedale od all’altro mondo) la ragazza aveva comunque il diritto di sapere perché Ranko non ci fosse più.
    Meritava di sapere che la sua Maestra non l’aveva abbandonata.


    Di più: aveva deciso di raccontare a Kisara la verità, costi quel che costi.
    In fondo, erano stati i segreti a rovinarlo, ancora una volta (e dopo che si era ripromesso che non accadesse più, per giunta), quindi forse la maniera migliore di comportarsi era non averne più con nessuno.


    Kisara meritava di sapere che Ranma e Ranko erano la stessa persona.


    Certo, è probabile che la cosa non le avrebbe fatto piacere, e che l’avrebbe sconvolta.
    Ranma si era sinceramente affezionato alla sua allieva, ma nonostante questo…no, si disse, proprio per questo doveva essere sincero con lei, anche se in un primo momento sarebbe stato doloroso.


    In fondo, se fosse sparito o peggio, Kenichi e Miu gliel’avrebbero dovuto dire comunque…quindi era più giusto che lo sapesse direttamente dalle sue labbra.


    Prima di lasciare la casa di sua madre, aveva mangiato (lei gli aveva preparato i suoi piatti preferiti) e si era fatto una doccia.
    Si era poi rivestito con l’abito che gli aveva confezionato Renka ed aveva equipaggiato ogni singolo dono che gli avevano fatto i suoi amici dopo la sua promozione a Maestro.
    Tutti strumenti utili, per ogni evenienza.
    Con addosso quelle prove del loro affetto, si sentiva più forte e sicuro.


    Aveva preparato lo zaino con abiti, denaro e provviste e l’aveva lasciato nel cespuglio dove di solito nascondeva le brocche per trasformarsi, ripromettendosi di passare a prenderlo in ogni caso, sia che lo usasse per fuggire sia che tutto si sistemasse.
    Aveva avvisato Nodoka di ripassare in quello stesso cespuglio dopo due giorni, per controllare se lo zaino ci sarebbe stato ancora o meno.
    Se non l’avesse trovato, voleva dire che lui se n’era dovuto andare, ma che stava bene, perché aveva potuto passare a riprenderselo.


    Prima di andarsene, lui e Nodoka si erano salutati con affetto, ma rincuorati dall’idea che fosse un arrivederci e non un addio.


    Ora Ranma si stava avvicinando alla casa di Kisara: aveva con sé un secchio dell’acqua fredda e brocca dell’acqua calda per farle la dimostrazione.
    Erano circa le nove e mezzo di sera del 26 Aprile.


    Solo che…si rese conto che c’era qualcosa che non andava.
    Mentre percorreva con discrezione il grande parco, vide delle luci accendersi, nella grande casa.
    Poi delle ombre balenare davanti alle luci. In lontananza, udì dei rumori.
    Poi…delle grida?


    Lasciò cadere tutto e scattò in avanti, trafelato.
    Le luci si spensero di nuovo.
    La casa vi avvicinava, facendosi sempre più grande…ma troppo lentamente.


    Balzò dentro casa fracassando una finestra.
    Se si fosse sbagliato, avrebbe avuto delle belle spiegazioni da dare.
    Non scattò alcun allarme.
    Le stanze erano di nuovo buie, ma i corridoi erano freddi…una corrente d’aria.
    Si fiondò in quella direzione fino a raggiungere l’ingresso.


    La porta era spalancata. Sentì una macchina sgommare in lontananza.
    Due persone stavano stese a terra. Le soccorse rapidamente, preoccupato.
    Erano vivi, per fortuna, ma incoscienti. Riconobbe l’odore del cloroformio.
    Erano un uomo ed una donna a metà dei quaranta: senza dubbio i genitori di Kisara. Il padre, prima di svenire del tutto, bofonchiò: “Coff! Mia figlia…l’hanno…presa…”


    Non ci fu bisogno di altro.
    Accertatosi che non fossero in pericolo di vita, Ranma li adagiò al suolo e volò letteralmente fuori dalla porta, per inseguire l’auto che era appena partita.


    Non sarebbe stato difficile: con i rumori stridenti di frenata che faceva ad ogni curva, mentre sfrecciava a tutta velocità, anche un cieco avrebbe indovinato la direzione.
    Inoltre, seguire un’auto in corsa non era troppo difficile per lui.
    Per far prima, balzò sui tetti delle ville e cominciò a saltare da uno all’altro per proseguire in linea retta, guadagnando terreno perché l’auto era invece obbligata a svoltare.
    Poi, quando l’ebbe individuata, cominciò a correre a tutta birra per inseguirla.

    ◊◊◊◊◊

     

    “CHE COOOSA?” l’urlo di Sakaki sovrastò persino la cacofonia di voci che si era levata all’annuncio di Saiga.


    “Purtroppo è così. Lo Yami sta progettando di…rapire tutti gli Allievi di arti marziali più promettenti del Giappone, per portarli all’estero ed obbligarli a diventare i nuovi membri dello Yomi…la loro organizzazione giovanile”


    “Ma-ma è atroce!” esclamò Miu


    “Quei…quei maledetti” disse Kenichi, stringendo i pugni.


    “La…la mia Renka è nelle loro mani?” gemette Kensei


    “APA! Non glielo lasceremo fare!” promise Apachai, determinato.


    Persino Akisame sembrava trattenersi a stento, mentre Sakaki stringeva i pugni fino a fare sbiancare le nocche e Shigure sguainava mezza katana con una luce omicida negli occhi.


    Ryoga era sbigottito. I nemici del Ryozampaku erano davvero gente tanto meschina?


    Anche Kuno sembrava sorpreso, invece Mousse fece una smorfia strana, che non sfuggì a Saiga.


    “Purtroppo non c’è dubbio-riprese il colosso dai capelli biondi-d’altronde, dopo la faccenda dell’Eternal Sunset*, con la sconfitta subita dallo Yami, ma soprattutto la defezione, da voi causata, di ben SEI Maestri di Un’Ombra Nove Pugni e dei rispettivi Discepoli, più la morte di uno dei loro capi, Senzui, e la precedente defezione anche del sottoscritto, l’organizzazione ha subito un grosso scacco, numericamente parlando.


    Se vogliono proseguire le loro attività e non perdere influenza e prestigio nel mondo criminale…con i loro finanziatori, i clienti, i governi corrotti che li sostengono e tutto quanto…devono assolutamente rimpinguare le loro fila.


    Ma quello che voglio farvi capire è che la difficoltà non consiste tanto nel trovare nuovi Maestri…certo, non se ne trovano tutti i giorni…ma esistono altri, nel mondo criminale, che possano sostituire quelli che hanno disertato…anche se non sono altrettanto forti.


    No, la vera difficoltà consiste nel trovare degli Allievi promettenti.
    Non ce ne sono poi così tanti che abbiano il potenziale di crescere fino a diventare un giorno Maestri a loro volta…bisogna crescere la generazione successiva, se si vogliono tramandare le arti marziali!”


    “Come abbiamo sempre fatto noi” confermò Akisame


    “Esatto, e dal momento che gli Allievi di buon livello scarseggiano, e che è stata Un’Ombra, Nove Pugni a subire le maggiori perdite…sono soprattutto alla ricerca di Allievi di arti marziali a mani nude.
    Tuttavia, per lo stesso motivo, sono le Otto Lucenti Lame Esecutrici che hanno preso il sopravvento nello Yami, visto che sono attualmente in maggioranza.
    Per cui, da un lato, si stanno occupando loro dell’operazione…e dall’altro, credo che anche loro abbiano una…lista della spesa da fare, qui, per catturare giovani praticanti specializzati nell’usare le armi”.


    “Ecco perché ci sorvegliavano passo passo. E non solo noi, immagino…” disse Sakaki


    “Ma anche…” iniziò Miu


    “…l’Alleanza Shimpaku?” concluse Kenichi, sbigottito.


    “Sì, è praticamente certo-confermò Saiga-dopotutto, i vostri amici sono stati selezionati direttamente da Ogata Isshinsai dello Yami, sono persone che hanno grande talento nelle arti marziali…di sicuro sono tra i bersagli prescelti!”


    “Ma allora…dobbiamo impedire che li prendano, dobbiamo…”


    “Con calma-affermò Saiga-se andassimo semplicemente a prenderli per impedire che li rapiscano, sparpagliandoci in ogni direzione, potremmo semplicemente arrivare tardi e non li beccheremmo più.
    No, per fortuna io ho raccolto un’informazione preziosa: SO DOVE LI PORTERANNO.
    Visto che a quest’ora potrebbero averli già rapiti tutti, conviene andare direttamente a salvare tutti in un unico posto. Almeno saremo sicuri di non lasciare indietro nessuno”


    “Ed allora che cosa aspettiamo?” esclamò Kensei, alzandosi in piedi.


    “Giusto, andiamo!” disse Kenichi, balzando in piedi. Gli era del tutto passata l’apatia.


    “Tu e Miu non verrete” affermò Akisame con calma.


    “COOOSA?” esclamarono i ragazzi, all’unisono.


    “Avete sentito benissimo, e sapete anche voi il perché-ribatté Akisame-quella gente ha l’obiettivo di rapire Discepoli forti, e di sicuro farebbero i salti di gioia all’idea di prendersi anche la nipote del Superuomo Invincibile ed il Discepolo Più Forte della Storia. Sarebbe veramente da stupidi tuffarsi nella bocca del leone e far loro un regalo del genere.
    Capisco benissimo quanto per voi sia frustrante, ma anche questo è un modo di combattere. Dovrete sopportare e restare qui”.


    Kenichi e Miu fremevano di preoccupazione e di rabbia.


    “Tch…una cosa del genere doveva capitare proprio adesso…che l’Anziano…e Ranma…”


    “Oh, ma NON E’ stato un caso che sia accaduto proprio ora” disse Saiga, serafico.


    Di fronte alle proteste ed agli sguardi straniti di tutti, si spiegò meglio.


    “Lo scorso mese, ho contattato Ranma, per conoscerlo e per affidargli un messaggio per voi.
    Ma lui non ve l’ha riferito interamente.
    Io avevo intercettato una telefonata, ed ero convinto che…uno di loro tre fosse un traditore al servizio dello Yami!” ed indicò Mousse, Ryoga e Kuno.


    “Che Cosa?” protestò Ryoga, indignato.


    “Tatewaki Kuno non ha niente a che spartire con gentaglia che rapisce fanciulle come la dolce Renka!” esclamò il samurai.


    Mousse invece, aggrottò le sopracciglia, ma non disse nulla.


    “Lo so-confermò Saiga-ed ora ne sono convinto anch’io, altrimenti non sareste qui seduti comodamente ma appesi a testa in giù in una cantina per venire interrogati.
    Ranma, invece, non ha mai dubitato di voi.
    Infatti, non l’ha riferito nemmeno ai suoi Maestri”


    Nove paia d’occhi si fecero sbigottiti.


    Ranma-san ci ha tenuto nascosta una cosa del genere? Pensò Miu


    “Uhm…così facendo, ci ha fatto correre un bel rischio” soppesò Akisame.


    “Oh, avrei potuto non lasciarglielo fare, oppure avvisarvi comunque, in un altro modo-precisò Saiga-ma il ragazzo era davvero indignato per i miei sospetti, e convinto che i suoi amici non potessero c’entrare niente, quindi per lui dovevo aver interpretato male il messaggio. Ha blaterato qualcosa del tipo << Io e loro siamo passati insieme attraverso il fuoco…>>”


    Kuno, Ryoga e Mousse fecero delle espressioni sorprese nel sentire la fiducia che Ranma riponeva in loro.
    Non se lo aspettavano, fino a quel punto.
    Dannato Ranma. E adesso come facciamo a non farci coinvolgere?


    “Quindi-continuò Saiga-ho deciso di fidarmi del suo giudizio, visto che sia il mio istinto che quello di mia figlia indicavano che Ranma era a sua volta degno di fiducia.
    Anche se il parere di mia figlia…potrebbe essere stato di parte, il mio non lo era”
    Miu arrossì ancora a quella frecciatina.


    Kenichi balzò in piedi, come avesse avuto un’intuizione.
    C’era…in effetti uno di loro del quale Ranma non si fidava, all’inizio…


    “Ma…in che cosa consisteva il messaggio? Perché, Saiga-dono, dice che il momento non è stato casuale? Perché pensava ci fossero dei traditori-e lo sguardo di Kenichi lampeggiò su uno dei tre, ricordandosi un particolare-che avrebbero contribuito all’operazione? Ed in ogni caso, loro erano tutti qui quando Renka è stata rapita…”


    “Perché il messaggio che ho intercettato diceva che uno degli Allievi avrebbe spezzato la concordia che c’è sempre stata al Ryozampaku, e che quello sarebbe stato il momento giusto per colpire.
    A quanto pare, Ranma-kun aveva ragione, in un certo senso.
    In effetti, ho interpretato male il messaggio.
    Davo per scontato che si parlasse di uno dei nuovi allievi, ma…”

    ◊◊◊◊◊

    Ranma non si era fermato un secondo, e non aveva mai perso di vista l’auto.


    Com’è possibile che qualcuno abbia rapito Kisara? Non ha alcun senso!
    Beh, non appena li avrò presi, li sbatacchierò per bene e farò loro sputare la verità!


    Ad un certo punto, però, nei pressi della periferia sud, fu la macchina stessa a fermarsi in una stradina laterale.
    Il ragazzo con il codino si acquattò sopra un palo della luce, preparandosi a colpire.


    Tuttavia, quello che vide fu piuttosto strano.
    Dall’auto uscì una lettiga con sopra una sorta di…bara di cristallo trasparente, dentro la quale c’era Kisara, narcotizzata, come confermato dal boccaglio respiratore che aveva infilato in bocca, collegato con un tubo ad una bombola.
    Mezza dozzina di uomini con corazze come le Forze Speciali, ma senza insegne, scesero giù.


    Stava quasi per saltare loro addosso, ma subito una camionetta più grossa e tutta nera accostò loro.
    Da essa scesero una dozzina di uomini dello stesso tipo, ed una seconda barella…con una bara di cristallo identica.
    Solo che l’altra Bella Addormentata era Renka!


    COSA? Ma come…com’è successo?
    L’ultima volta…l’ho vista fuggire dal portone a causa delle parole di Kenichi, ma…


    Gli uomini cominciarono a parlare tra di loro.
    “E’ andato tutto liscio?”
    “Come l’olio. E voi?”
    “Beh, non l’abbiamo catturata direttamente noi. E’ stato uno delle Lame.
    Però siamo stati incaricati di scortarla perché è merce preziosa: capirai, la figlia di Kensei Ma del Ryozampaku”
    “Davvero? E quello delle Lame l’ha prelevata da dentro il Ryozampaku?” domandò il primo, incredulo.
    “Ma no, idiota, è uscita fuori lei.
    Pare che gli Allievi avessero delle beghe sentimentali, cose del genere…che hanno causato anche dei litigi tra i Maestri.
    La ragazza è scappata fuori e la Lama l’ha presa prima che riuscissero a riportarla indietro, tutto qui”
    “Ma come ha fatto a sapere il momento giusto?”
    “Beh, li teneva già d’occhio…li abbiamo spiati per mesi e conoscevamo i loro piccoli, sporchi, segreti…sapevamo che prima o poi sarebbero scoppiati dei dissidi interni”


    Cosa? Ma allora…

    ◊◊◊◊◊

    Ranma e Kenichi, a chilometri di distanza, uno col pensiero, l’altro con le parole, espressero simultaneamente lo stesso concetto.


    “Ma allora…”


    Ranma: “Non c’era nessun traditore!”


    Kenichi: “Non c’era nessun traditore!”


    “O meglio, la persona che ha causato il caos tra di noi…del quale hanno approfittato…”


    Ranma: “IL TRADITORE SONO IO!”


    Kenichi: “IL TRADITORE SONO IO!”


    Entrambi si incolparono della faccenda, usando le stesse parole.

    ◊◊◊◊◊

     

    “E’ stata colpa mia!” si martoriò Kenichi “devo contribuire a salvarli! Sono i miei amici!”


    “Non ti dare colpe che non hai, bamboccio” lo fulminò con un’occhiata Sakaki “il fatto che non sappiate gestire emozioni e sentimenti è una cosa, ma il resto è stato tutta colpa dello Yami! A ben vedere, avrebbero rapito comunque tutti gli altri, senza che lo venissimo neanche mai a sapere!
    La sola persona ad esserci andata di mezzo che altrimenti sarebbe stata salva è Renka, probabilmente; e prometto a Kensei che quei bastardi la pagheranno per questo.
    Ma i vostri amici dell’Alleanza Shinpaku sarebbero stati rapiti sia che voi litigaste, sia che non avvenisse mai nulla di tutto ciò.
    Sì, probabilmente allo Yami speravano che avvenisse qualcosa del genere per impedirci di reagire; una sorta di ulteriore assicurazione; ma nel peggiore dei casi, ci saremmo comunque potuti risvegliare un bel mattino per scoprire che avevano rapito i vostri amici sotto il nostro naso, nottetempo, e per quell’ora, sarebbero già stati portati fuori dal paese.”


    Il Maestro cinese si alzò in piedi. “Hai ragione Sakaki, ma la cosa non mi consola. Andiamo, Ryozampaku, abbiamo già perso sin troppo tempo.


    E tu, Kenichi-si rivolse al suo Allievo con un sorriso-anche se sono arrabbiato con te per la tristezza di Renka, non ti incolpo certo del suo rapimento.
    Forse Sakaki ha ragione, o forse avevano intenzione di prenderla fin dall’inizio.
    Però, in quel caso, sarebbe potuto capitare in qualunque altro momento…mentre usciva con gli amici, od andava a fare la spesa…
    Ma nonostante tutto, io considero tutti i miei Allievi come miei figli, e poiché stasera ne ho già persa una, non voglio perderne altri.
    Tu e Miu resterete qui, il caso è chiuso”


    I due ragazzi ebbero dei moti di frustrazione, mentre tutti gli altri si alzavano per uscire.


    Akisame raccomandò loro di barricarsi nell’edificio principale attivando tutte le misure di sicurezza.


    Sia lui che Sakaki avrebbero tenuto nell’orecchio una delle ricetrasmittenti di sua creazione, quindi avrebbero potuto tenersi in contatto, in caso di necessità


    Saiga, invece, rivolse uno sguardo interrogativo ai tre allievi di Nerima.
    Il suo carisma riempiva la stanza.
    Ma i tre giovani, per nulla impressionati, risposero con sguardi altrettanto determinati.
    Avevano l’aria di chi non metteva in dubbio la propria partecipazione all’impresa.
    Erano tutti affezionati a Renka, anche se l’avevano conosciuta da poco, e soprattutto erano lusingati della fiducia che Ranma aveva riposto in loro.
    Anche se facevano parte del Ryozampaku solo da qualche mese, erano dei guerrieri e si sentivano in dovere di aiutare i loro Maestri in una simile, difficile, impresa.
    Inoltre, sia Ryoga che Kuno erano amici dei ragazzi dell’Alleanza Shimpaku.


    Uno alla volta, uscirono tutti.
    In silenzio, determinati, come chi andava in guerra, ma molto calmi: non era il loro primo rodeo.


    Saiga uscì per ultimo e rivolse uno sguardo comprensivo a sua figlia ed al Primo Allievo:
    “Ragazzi, capisco che per voi sia difficile…ma vi prometto che salveremo tutti. Approfittate di questo tempo per fare ordine nel vostro cuore e…-entrambi i ragazzi avrebbero giurato che sulle parole successive l’uomo stesse ammiccando-soprattutto, riflettete su quale sia il modo migliore con il quale possiate contribuire”.


    Quest’ultima frase sembrava nascondere dei significati ulteriori.
    Poi Miu e Kenichi rimasero da soli dentro il Ryozampaku.

    ◊◊◊◊◊

    Ranma capì che non avrebbe potuto intervenire per salvare le ragazze, senza mettere in allarme gli altri loro complici, della cui esistenza non dubitava.
    Se erano andate a prelevare loro…quasi certamente, tutti gli altri membri dell’Alleanza Shimpaku non erano al sicuro.
    Forse, a quell’ora, erano stati già presi tutti.
    Lì però non li vedeva.
    Se le avesse salvate subito, magari avrebbe perso per sempre l’opportunità di scoprire dove fossero tutti gli altri.
    Doveva seguirli.
    Scoprire dove intendessero portarli e poi intervenire.


    Se fosse stato troppo difficile per lui da solo, avrebbe contattato Sakaki con la ricetrasmittente che gli aveva regalato, ma preferiva non farlo subito.
    Non poteva essere certo che la comunicazione fosse sicura.
    Li seguì con discrezione da breve distanza.


    Non riusciva a credere che la situazione al Ryozampaku, la gelosia di Kenichi per la relazione tra lui e Miu e la stessa relazione di Kenichi con Renka (per tacere della reazione dell’Anziano) potessero essere state la causa di quel disastro.


    Lo Yami aveva previsto che avremmo finito col litigare ed hanno approfittato della situazione per mettere in atto il loro piano.
    Era di questo che parlava Saiga, anche se non aveva scoperto tutto.
    Sapevano che un Ryozampaku diviso non avrebbe potuto opporsi ad un piano del genere: il rapimento simultaneo di molte persone, in ogni parte di Tokyo.
    Ed è tutto accaduto a causa mia! Se non fossi mai arrivato al Ryozampaku…questo non sarebbe successo!
    Ma che razza di bell’eroe che sono! Ho causato io questa situazione!
    Salverò i rapiti e poi sparirò per sempre dalle loro vite! Staranno meglio senza di me!

    ◊◊◊◊◊

    Haruo Nijima si risvegliò di soprassalto.
    Kenichi sosteneva da tempo che il suo compagno di scuola avesse dei superpoteri “alieni”, una specie di sesto senso, per prevedere i guai ed analizzare le situazioni.
    Era stato proprio quel sesto senso a farlo svegliare.
    Eppure, intorno a lui non c’era nessuno.


    Il giovane era anche un ottimo informatico ed aveva installato in casa propria un computer molto sofisticato e sempre acceso, collegato con quelli dell’Alleanza Shimpaku e del Ryozampaku.
    Quando si alzò, la prima cosa che fece fu controllare il telefono.
    Non lo trovò.
    Sentì un brivido freddo dietro alla nuca.
    Allora andò a cercare il secondo telefono che teneva di scorta.
    Non trovò neppure quello.
    A questo punto era decisamente agitato.
    Si mise a cercare freneticamente nel luogo dove teneva il terzo telefono, e…lo trovò.
    Rassicurato, lo accese per provare a contattare i suoi sottoposti, ma non rispondeva nessuno.
    Peggio ancora, gli pareva che non ci fosse proprio linea.
    Andò pertanto verso il suo computer e ne sbloccò la password.
    Sullo schermo apparve una mappa di Tokyo con una ventina di lucine azzurre.
    Ciascuna di esse indicava la posizione di uno dei membri dell’Alleanza Shimpaku.
    Nijima aveva provveduto ad introdurre delle microspie in ciascuno dei loro cellulari, per essere in grado di seguirne gli spostamenti, in caso di necessità.


    Senza dirglielo, ma per il loro bene. Ovvio.


    Però le lucine cominciarono a sparire.
    Una dopo l’altra.
    Era come se i cellulari stessero venendo distrutti, uno per uno.
    Al giovane vennero i sudori freddi.
    Erano sotto attacco!
    Questo non va bene. Devo avvisare Akisame al Ryozampaku…


    Prima che potesse farlo, una mano lo prese alle spalle mettendogli un panno imbevuto di cloroformio sulla bocca.
    Lo stratega degli Shimpaku resistette solo un po’ e poi scivolò nel sonno.


    “E’ stato facile” dichiarò uno dei due uomini che stavano alle sue spalle.
    Erano vestiti come membri delle squadre antisommossa, tutti di nero con imbottiture protettive, ma senza insegne.


    “Sì, ma questo tizio è stato in gamba.
    Il terzo cellulare non eravamo riusciti a trovarlo, né a sbloccare la password del computer, in così poco tempo.
    Abbiamo dovuto lasciarci notare per farlo svegliare e farlo fare a lui.
    E guarda qui. Stava spiando i suoi stessi compagni.
    Che bastardo prudente. E’ quasi al livello dello Yami. Quasi…”


    Il suo compagno spezzò in due a mani nude il cellulare del ragazzo e cominciò a legarlo strettamente ed imbavagliarlo.
    “Ed ora cosa facciamo? Dobbiamo prelevare anche lui?”
    “No, non è necessario, non è sulla lista. I capi si sono però raccomandati di fare due cose-disse il primo sedendosi alla postazione e tirando fuori una chiavetta USB ed un dischetto ed infilando la prima in una delle prese-la prima è di copiare tutte le informazioni che ci sono qui dentro”.


    “E la seconda?” domandò l’altro, che aveva già finito di trasformare il Comandante Supremo degli Shimpaku in un insaccato da appendere al soffitto.
    “La seconda-dichiarò il tecnico, osservando le lucine azzurre sparire rapidamente, una dopo l’altra, dallo schermo, mentre la barra verde caricava rapidamente fino all’85%-è di cancellare tutte le informazioni che ci sono qui dentro dopo averle copiate”


    “Va bene. Vado a recuperare l’apparecchio che abbiamo piazzato per disturbare le comunicazioni telefoniche e segnalo ai nostri uomini all’esterno che è tutto in ordine”
    “D’accordo. Poi esci pure. Io ti raggiungo subito”.


    Presto la barra si riempì del tutto. Le informazioni erano state copiate correttamente.


    E’ anche possibile che abbia realizzato un backup delle informazioni tramite hard disk esterno, ma non abbiamo tempo di cercarlo.
    Non importa. Dal momento che ora sappiamo cosa abbia scoperto su di noi, nel giro di una settimana quelle informazioni non varranno più un fico secco.


    Ed il tecnico, in men che non si dica, sfilò la chiavetta per poi infilare il cd con il virus.
    Sullo schermo comparve un avviso di cancellazione dei dati, che anch’esso si si riempì rapidamente fino al 100%.
    Se il piano stava andando come programmato, e non c’era motivo per dubitarne, in quello stesso momento, qualche suo collega del reparto informatico dello Yami stava facendo la stessa cosa con l’altro computer che Nijima teneva alla sede centrale dell’Alleanza Shimpaku.


    Sfilato anche il cd dal computer, per non lasciare tracce, il tecnico si alzò, rivolgendo poi uno sguardo al patetico ometto che dormiva legato come un salame.


    E’ strano pensare che i capi avessero tanta premura di rendere innocuo questo tizio.
    A quanto pare ne temevano le capacità strategiche ed organizzative.
    La maggior parte dei nostri bersagli lavora per lui, per strano che possa sembrare.
    Comunque, domattina, al suo risveglio, avrà una brutta sorpresa.
    Non sarà più il Comandante Generale di un bel niente.
    Tutti i suoi sottoposti spariranno dal Giappone per non fare più ritorno.

    Sei stato comunque fortunato, ragazzo.
    Non capita a molti di attraversare la strada dello Yami ed uscirne tutti interi.


    Ed inforcò l’uscita.

    ◊◊◊◊◊

     

    I due giovani praticanti giravano per le stanze del Ryozampaku come tigri in gabbia.


    “E’ inutile che ti agiti tanto-gli disse Miu-hai sentito cos’hanno detto i Maestri, no?
    E ti ricordo che l’ultima volta che abbiamo disubbidito alle loro direttive, Shigure è stata catturata! **
    Ed anche stavolta, dobbiamo vedercela con le Otto Lame Esecutrici! Ma noi non possiamo farcela contro quella gente!”


    “Lo so!-replicò Kenichi, con frustrazione-è che non riesco a starmene qui senza far niente! Vorrei poter contribuire…in qualche modo…in qualunque modo!”


    Si calmò, e poi la guardò.
    Erano soli per la prima volta da una vita.
    E non avevano ancora parlato da quella mattina…


    “Senti, Miu, io…”


    “Kenichi, non ho voglia di parlarne, ora” tagliò corto la ragazza.


    “Certo. Io…capisco” disse, mogio.


    Si diedero le spalle e rimasero in silenzio per quella che parve un’eternità.
    Erano entrambi incupiti ma poi, invece, fu proprio la bionda a rompere il silenzio.


    “Però, volevo che tu sapessi-cominciò-che io non…che quello che è successo con Ranma non significa che…cioè, io…tu ora, di me penserai che…oh, sono così confusa!”


    Kenichi fece un sorriso amaro, ma al contempo era come sollevato.
    Era ancora la solita, vecchia Miu. Nonostante tutto.


    “Beh, a dire il vero, io devo ammettere che…ero arrabbiato prima, ed anche…geloso, e…sconvolto, in generale.
    Ho passato l’ultimo mese senza credere a quello che stava succedendo, come in un sogno ad occhi aperti.
    Ma in realtà ha ragione Ryoga.
    Anche io…ho fatto praticamente la stessa cosa.
    Quindi…ho sbagliato a prendermela con te.
    In realtà…non ho il diritto di…giudicarti.
    O di dirti…come vivere la tua vita.
    Ti ho considerata…una mia proprietà.
    Non avrei mai dovuto, e te ne chiedo scusa.
    Ero soltanto scioccato. E ferito.
    Ho commesso degli errori.
    Forse ne abbiamo…commessi entrambi” concluse, speranzoso.


    Miu si sforzò di esprimere il dubbio che le martellava il cuore da mesi.


    “Ma…sarà stato davvero un errore?” disse, pentendosene subito dopo.


    Lo sguardo di shock di Kenichi la spinse a specificare.


    “Voglio dire, forse…alla fine della fiera…tu e Renka…ed io e Ranma…magari, in realtà…siamo per davvero…” non riuscì a concludere la frase.


    Non ci credeva davvero neanche lei, ma non voleva liquidare quella possibilità.


    Per superare la cosa, doveva considerare l’eventualità, per improbabile che fosse.
    E se Kenichi fosse stato più felice con Renka?
    Era davvero giusto che la mollasse per inseguire lei?


    Lei, che si vergognava di quello che aveva fatto.
    Di come doveva essere apparsa agli occhi di Kenichi.
    Di come aveva infranto la loro tacita promessa.
    Lei che aveva ceduto alla passione con Ranma, ma che…non aveva avuto il coraggio di dirlo a nessuno, perché…forse, in fondo…non voleva che fosse davvero reale?
    Quanto piuttosto, un modo per fuggire dalla quotidianità? Per essere liberi, felici, senza responsabilità né vincoli, per una volta?
    Una specie di favola.
    Un intermezzo.


    Kenichi fece tanto d’occhi.
    Stette in silenzio un po’, si guardò nel cuore e poi disse:


    “Io…non avrei dovuto…illudere Renka.
    Ne sono pentito. Non l’ho fatto di proposito.
    Tutto è…accaduto senza quasi che me ne rendessi conto.
    Mi sono lasciato trascinare dagli eventi.
    Non mi ero mai reso conto di cosa provasse per me.
    E sotto molti aspetti, lei mi piace.
    In effetti, nell’ultimo mese, ho provato a convincermi che andasse bene così.
    Che questa avrebbe potuto essere la soluzione migliore.
    Ma stavo mentendo a me stesso, e l’incidente di stamattina ne è stato la prova.
    Io non credo di…provare per lei qualcosa di…simile a quello che…so di provare per te…
    perché, tu, invece…per Ranma…provi…?”


    “Io…no!
    Non lo so! Non credo! Non…fino a quel punto!”


    La ragazza dovette riordinare le idee.
    “Con Ranma…c’è un’intesa a vari livelli, lo ammetto.
    Ma non c’è…esattamente amore. Penso sia così anche per lui.
    Tutto è cominciato perché…indagavo sul suo segreto.
    Sul fatto che si trasforma in ragazza.
    Lui ha deciso di rivelarmelo spontaneamente.
    In quel periodo…ero in rotta con tutti voi perché avevo capito che mi mentivate”.
    Kenichi parve ferito da quella rivelazione.
    “Io…non volevo…insomma, era un suo segreto, non mio”.


    “Lo so! Lo capisco! Ma in quel momento ero arrabbiata.
    E, sentendo di potermi fidare di lui…mi sono lasciata andare.
    Ho fatto qualcosa che forse avrei voluto comunque fare, ma...che non avrei mai fatto, altrimenti”.


    Sospirò.
    “E’ stata…passione. Niente di più.
    Da un lato io…me ne vergognavo.
    Di aver ceduto…all’istinto.
    E forse uno dei motivi per tener tutto segreto, in fondo…
    era che non volevo…che TU; di tutte le persone, lo venissi a sapere…”


    Lanciò al ragazzo uno sguardo malinconico.


    Kenichi parve stupito.
    Rinfrancato, persino.


    “E poi anche perché, invece, SAPEVO come avrebbe reagito il nonno” aggiunse, amara.


    Già…


    Per un istante, pensarono entrambi la stessa cosa.
    “Però, Ranma…ora starà bene, vero?” abbozzò la bionda.


    “Oh, ma certo!
    E’ così in gamba…non si sarà lasciato prendere…credo.
    Spero.”


    Calò un silenzio preoccupato.
    Entrambi si immaginarono il peggio.


    Fu interrotto da un BIP; BIP; BIP che li fece accorrere nella sala computer di Akisame.
    Benedissero quel suono per aver interrotto l’imbarazzo.


    Kenichi sapeva più o meno come funzionasse il computer.
    Ci smanettò rapidamente sopra.
    “E’…un messaggio. Su una linea protetta. Viene…da Ryuto Asamiya!”


    “Ryuto-kun? Ma com’è possibile?”


    “Gli avevo lasciato dei dati per mettersi in contatto con noi in caso di necessità. Pare che voglia aggiornarci su una questione molto importante”


    Ryuto Asamiya, amico d’infanzia di Kenichi, ex capo del Ragnarok, ex membro dello Yomi ed ex allievo di Isshinsai Ogata dello Yami.
    Da mesi, ormai, aveva disertato ed era in fuga dai suoi vecchi capi, ma continuava a raccogliere informazioni utili a combattere il male, proprio come Saiga.


    “Ci avverte…di quello che sta succedendo!
    Pare…che lui e Saiga abbiano lavorato insieme al caso!
    Accidenti! Questo non ce lo aveva detto neanche Saiga! Forse…è proprio Ryuto-kun l’infiltrato nel centro ricerche?”


    “E che altro dice?”


    “Pare che…voglia farci avere al più presto un aggiornamento dell’ultimo minuto!
    Dice:
    ATTENZIONE. NON C’E’ UN SOLO MEZZO DI TRASPORTO PER I RAPITI.
    CE NE SONO DUE SEPARATI. ED IL SECONDO SI TROVA…”


    Entrambi i ragazzi fecero tanto d’occhi nel leggere tutto il messaggio con la località.


    “Stai dicendo che metà dei rapiti saranno portati fuori dal Giappone con un mezzo di trasporto e l’altra metà con un altro?-esclamò Miu-ma è terribile!
    Mio padre ed i Maestri sono andati tutti nel sito n° 1. Se esiste un sito n° 2…metà dei rapiti saranno comunque portati via, malgrado i loro sforzi!”


    “Già, a meno che…non interveniamo noi per impedirlo!”

    ◊◊◊◊◊

    Hayato volava letteralmente da una parte all’altra di Tokyo, senza dubbio spaventando i residenti e generando leggende metropolitane che sarebbero durate per gli anni a venire.
    Malgrado la sua vista acuta, non era riuscito ad individuare Ranma da nessuna parte.
    Quel verme si era come volatilizzato.
    A dire il vero, era contento di non averlo trovato subito, perché col passare delle ore, si era un po’ calmato.
    Certo, aveva comunque intenzione di ridurlo in poltiglia, ma ora, almeno, non gli avrebbe causato dei danni permanenti…probabilmente.


    Ad un certo punto, però il suo udito sopraffino sentì uno squittìo che conosceva bene.
    Si fermò sull’asta di una bandiera di un’ambasciata per attendere che il suo piccolo amico lo raggiungesse.
    Era Tochoumaru, il topolino-ninja di Shigure.



    Aveva stretta intorno al corpo una striscia di cuoio che teneva ferma, sulla schiena, un foglietto di carta arrotolato.


    “Probabilmente, è Akisame che mi implora di non far fuori Ranma…ma comunque, leggiamo cosa dice”


    Ma mentre carezzava il topolino con una mano e svolgeva il rotolo con l’altra, trasalì.
    Quelli che vedeva non erano caratteri giapponesi.
    Era un codice convenzionale che conoscevano solo due persone al mondo: una era lui, e l’altra…


    Quindi mio figlio Saiga ha chiesto ad Akisame di farmi avere questo messaggio.
    Può averglielo dettato solo lui.
    Dev’essere una cosa seria. Di certo riguarda l’avvertimento del mese scorso.
    Vediamo se mi ricordo come si traduce…


    Quando ebbe finito, gli schizzarono gli occhi fuori dalle orbite, inarcò la schiena e lanciò alla luna un grido di pura, primordiale, rabbia.


    Si racconta che gli abitanti di Tokyo tramandassero ai loro figli quella storia per molti decenni a venire: Lo Yokai Urlante.


    Però, così com’era venuto, se ne andò.
    Infilato il topolino in una manica dell’abito, schizzò a tutta velocità in direzione opposta a quella da dove era venuto.

    ◊◊◊◊◊

     

    Ranma si avvicinò ad una nave, al porto.


    C’erano decine di mezzi ed un centinaio almeno di uomini come quelli che aveva seguito.
    Iniziarono le operazioni di carico delle bare di cristallo su un’immensa imbarcazione che sembrava una nave da crociera riadattata.


    In ciascuna delle bare, riconobbe uno dei suoi amici dell’Alleanza Shimpaku: Takeda, Ukita, Freya, Siegfrid, Thor, oltre a Renka e Kisara.


    Ciascuno di loro era addormentato, attaccato al respiratore e ciascuno di loro portava appoggiati in petto i Tekkou che Shigure aveva preparato per loro, quasi un anno prima.
    Uno per uno i prigionieri vennero caricati a bordo.


    Ranma notò anche che in mezzo agli scagnozzi vestiti di nero in tenuta antisommossa ce n’erano anche degli altri più strani, che sembravano invece degli scienziati e che supervisionavano con grande attenzione il carico di bizzarri apparecchi scientifici.


    Dannazione! Ho perso l’attimo! Avrei fatto meglio a liberare subito quelle due, e poi avvisare il Ryozampaku con la ricetrasmittente che mi ha dato Sakaki!
    Non ce la farò mai da solo a liberare tutti quanti, in mezzo a tutta quella gente…per assurdo, sarebbe meno difficile infiltrarmi sulla nave.
    Oppure, dovrei contattare i Maestri adesso e sperare che arrivino in tempo, prima che la nave salpi?
    Ma…chi è quella persona? La sua aura…è persino maggiore di quella dei Maestri del Ryozampaku!


    Dalla scaletta scese infatti a supervisionare il tutto una donna molto alta.
    Giapponese, eppure più formosa di qualunque giapponese Ranma avesse mai visto.
    Sfoggiava un abito tradizionale da Ju Jitsu che nascondeva ben poco gli enormi seni.
    Aveva una cascata di capelli lunghi, lisci e brillanti che le ricadevano sciolti sulla schiena.
    Gli occhi erano ridotti a due fessure, e freddi.
    Anzi, non freddi. Proprio spenti.
    Come se non provasse nessuna emozione.



    Lei è…uno dei membri dello Yami? Un’Ombra, Nove Pugni?


    “Sbrigatevi, la nave deve salpare tra mezz’ora”


    La sua aura sembrava avere effetto sui mercenari in corazza.
    Ranma pregò che non lo percepisse da dietro la cassa che usava per nascondersi.


    All’improvviso, però, sentì un’altra aura venire dalla parte opposta.
    E gli sembrava…di conoscerla!


    Era una persona che credeva non avrebbe mai più rivisto.
    Camminava ciondolante, come se fosse la proprietaria del posto, agitando appena il lungo bastone nodoso che teneva in mano.
    Al suo passaggio, i mercenari non reggevano la pressione spirituale e svenivano sul colpo.
    L’abito a sbuffo verde, la fascia rossa, i lunghi capelli bianchi e la faccia da mummia rinsecchita.



    Cologne era entrata in scena.


    Cosa diavolo ci fa qui?


    La donna dello Yami, cioè Kushinada Mikumo, detta il Pugno Ammaliante o La Strega del JuJitsu, diede un ordine ai suoi uomini, guardando con curiosità e rispetto la nuova arrivata.


    “Scansatevi, voi, se non volete cadere come mosche.
    Raccogliete i vostri compagni, allontanatevi di là e proseguite il carico.
    Sembra che sia venuta a trovarci una persona interessante.
    Come avete saputo di noi? Ve l’ha detto un uccellino?”


    “No, un papero. Che tu ci creda o no”.


    “Viviamo in tempi davvero strani…è valsa la pena di vivere così a lungo”


    “Umpf! Dunque è così. Il vostro aspetto giovane e seducente è soltanto un inganno…molte primavere ha visto quel corpo…e credo di indovinare a chi appartenga.


    Molti anni fa…il tuo paese invase il mio…e tutti i praticanti di arti marziali più forti vennero contattati dai loro governi per partecipare al conflitto.
    Avevo sentito parlare…di una coppia di praticanti giapponesi che invece si opponevano al loro stesso governo.
    Lei era una praticante di JuJitsu coi capelli corti e lui una specie di selvaggio dai capelli chiari…”


    “Tch! Avete un grande intuito! Tuttavia, quella ragazza non esiste più.
    Era giovane, ingenua ed idealista. Il passare del tempo le ha fatto comprendere i suoi errori ed ora sa come dovrebbe realmente funzionare il mondo.
    Quello stesso scorrere del tempo che ha trasformato voi in una mummia raggrinzita” concluse con malizia.


    “O forse è vero piuttosto il contrario-replicò Cologne, seccata-queste mie rughe sono la prova dei miei anni, è vero…eppure, il tempo non è trascorso invano: le numerose esperienze che ho vissuto mi hanno regalato una grande saggezza.


    Invece, chi come te ha fatto ricorso alle arti oscure per ritardare l’invecchiamento…per vanità…chi cerca di ignorare il tempo che passa…o si illude di fermarlo, cancellandone le tracce esteriori-un’azione sciocca quanto chiedere alla Terra di smettere di girare intorno al Sole-di certo non ha appreso da esso alcun insegnamento utile.


    Che pena, vedere una persona anziana…che ragiona ancora come una giovane, con la stessa arroganza e mancanza di giudizio!
     E di sicuro, una persona del genere…non è qualcuno a cui affidare il futuro delle arti marziali!” dichiarò minacciosa, iniziando a gonfiare l’aura.


    “Dunque è per questo che siete qui? Per fermarci? Perché abbiamo diversi punti di vista?
    Eppure non sembrate uno di quegli sciocchi che si battono per la giustizia ed evitano di uccidere…” replicò la donna, aumentando l’aura a propria volta.


    “No, infatti. Seguo le tradizioni del mio villaggio che lo mantengono prospero e libero da tremila anni.
    E molte di esse sono severe e spietate.
    Tuttavia-aggiunse, facendo un cenno, impercettibile, nella direzione nella quale si era nascosto Ranma-si basano tutte sul principio, anzi, sulla necessità, di tramandare la conoscenza alle nuove generazioni.
    E dunque di preservare tale conoscenza…e coloro ai quali essa è destinata!


    Negli ultimi anni, poi…sono un po’ cambiata.
    Mi sono trovata spesso a fare il tifo anche per degli avversari, che però erano meritevoli…ad aiutarli, persino contro il mio interesse…e questo perché…io sono una Maestra in tutto e per tutto!
    Mi viene completamente spontaneo aiutare dei giovani di talento ad evolvere…a raggiungere il livello al quale sono destinati.


    Loro sono il futuro del nostro mondo.
    Un futuro che noi vecchi-che abbiamo custodito le arti marziali che a nostra volta ci sono state tramandate-dobbiamo preservare.
    Perciò, se dei giovani praticanti sono minacciati…come pulcini ai quali si impedisce di spiccare il volo…io interverrò!”


    “Tsk! Pensi davvero di fermarci da sola?” disse la donna, sarcastica.


    Kushinada aveva un’assoluta fiducia nelle proprie capacità.
    E ne aveva ben donde: sapeva infatti di essere ad un livello superiore a quello dei Maestri del Ryozampaku o di un’Ombra, Nove Pugni e delle Otto Lame Lucenti.
    Soltanto Saiga Furinji poteva starle alla pari.
    E soltanto Hayato ed Ouganosuke, il capo delle Lame, potevano dirsi nettamente superiori.


    Eppure dovette nascondere la propria sorpresa nel percepire che l’aura della vecchia fosse potente quanto la sua.


    Ranma iniziò, impercettibilmente, ad avanzare verso la nave, per salirci come clandestino, mentre Cologne teneva a bada quel mostro.
    In qualunque modo fosse stata coinvolta, doveva sfruttare l’opportunità che gli stava dando.


    “Non è necessario che vi fermi io!-replicò Cologne-Beninteso, farò quanto posso, ma poi è sufficiente che affidi alla nuova generazione il lavoro che può essere fatto da loro! In fondo, è necessario che imparino a cavarsela da soli, prima o poi!”


    Kushinada Mikumo si guardò intorno, nervosamente.
    “Non vorrai mica dire che…”


    “Tuttavia-aggiunse Cologne, prima di balzare all’attacco-c’è una cosa che io E SOLO IO posso fare: ed è impedire che tu, almeno tu, salga su quella nave e salpi con essa. Così gli altri ai quali affiderò il futuro…avranno almeno una possibilità in più”


    Mikumo capì. Il suo obiettivo era uno stallo. Bloccarla lì il più a lungo possibile.


    “Interessante…pensi di riuscirci, vecchia mummia?”


    “Mettimi alla prova, falsa-giovane baldracca!”


    Ed in un istante, le due donne balzarono una contro l’altra.


    Si sentì un’esplosione di Ki enorme.
    Chi ne avesse avuto la capacità, avrebbe intravisto centinaia di colpi scambiati a velocità supersonica.


    Ranma si tuffò dentro un oblò della nave e non vide più nulla.

    ◊◊◊◊◊

     


    Nota dell'Autore:


    E' un capitolo di transizione, come sarà per certi versi il prossimo, ma è anche molto importante: il rapimento, uno per uno, di tutti i ragazzi dell'Alleanza Shimpaku da parte dello Yami è la minaccia che il Ryozampaku deve affrontare.
    Ho pensato ad un tipo di obiettivo abbastanza logico per i cattivi, che dopo la conclusione del manga di Kenichi non sono certo domati, ma sono ridotti di numero. Ogata Isshinsai ha scelto personalmente tutti coloro che sono diventati Shimpaku, quindi la cosa fila.
    Ci sono anche alcuni punti cruciali: il confronto tra Kenichi e Miu, Ranma che decide di rivelare la verità a Kisara, ed il fatto che Ranma e Kenichi si accusino a vicenda di quanto sia successo. ho provato il più possibile a mescolare gli eventi privati con quelli avventurosi in modo coerente: cioé come gli uni influenzassero gli altri, per fare in modo che senza risolvere i primi, cioé sé stessi ed il modo in cui si rapporta agli altri, non si può essere del tutto efficaci nel compiere il proprio dovere. Il tema della sincerità continua ad emergere prepotente: trovo interessante che si possano avere due punti di vista opposti in proposito.
    Riguardo ai nostri cinesi preferiti, far apparire Cologne è stata sia una sorpresa, che un tocco di fanservice, che una necessità narrativa. Quanto alle sue parole, probabilmente avete capito tutto (decidere come dividere i capitoli a volte è un lavoraccio), ma nel prossimo capitolo sarà tutto chiaro comunque.
    Ho voluto dare spazio a Nijima: non posso dire di adorarlo, ma la sua presenza era calcolata, ed è plausibile che lo Yami volesse occuparsi di ciò che sa di loro.
    Comincia a delinearsi una situazione complessa, che il prossimo capitolo spiegherà nei dettagli: portate pazienza, perché poi si passerà all'azione, e ne vedremo delle belle!

     
    Legenda


    Eternal Sunset*: la saga finale di Kenichi, dai volumi 56 al 61


    ** cioè nel capitolo 542, volume 57 di Kenichi
     
     
    Mini-Guida per il manga di Kenichi:


    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici

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    Capitolo 23
    *** Complotti, Intrighi e Tradimenti ***



     

     
    Kenichi e Miu non si erano mai trovati di fronte ad una scena simile in tutte le loro avventure. 
    Quando avevano raggiunto con l’ultimo autobus la zona del porto indicata da Ryuto, ed erano scesi una fermata prima per proseguire a piedi e non dare nell’occhio, non avevano idea di cosa avrebbero incontrato.

     
    Un centinaio di scagnozzi impegnati a caricare varie casse di materiali misteriosi sulla nave ed inoltre le sette bare di cristallo contenenti i loro amici narcotizzati: i membri dell’Alleanza Shimpaku (Takeda, Ukita, Freiya, Thor, Siegfried, Kisara) più Renka, e già lì si erano resi conto di aver commesso un errore e di non poter fare nulla da soli.

     
    Ma quando poi dalla “POSEIDON” era uscita nientemeno che Kushinada Mikumo, uno dei più pericolosi membri di Un’Ombra Nove Pugni e si era messa prima a parlare con una misteriosa vecchietta rinsecchita che era giunta lì per qualche motivo strano, e successivamente aveva cominciato a combatterci contro, scatenando il più colossale scontro fra Ki contrapposti che avessero mai percepito, ai due ragazzi sembrò evidente che la situazione stesse sfuggendo di mano.

     
    “A-accidenti! Cosa dovremmo fare? Questo non era previsto!” fece Kenichi.

     
    Miu sembrava a sua volta impressionata nel notare il livello delle due combattenti ed era confusa dall’apparizione della vecchietta, ma si riscosse presto, cogliendo l’opportunità.

     
    “Approfittarne, ecco che cosa!-esclamò la bionda-neanch’io capisco bene cosa stia succedendo, ma è anche vero che questo è un diversivo come non se ne sono mai visti! Potremmo non avere mai più un’occasione del genere di sgusciare sotto il naso di una come Mikumo! Kenichi! Dobbiamo infiltrarci sulla nave!”

     
    “COSA? Dici sul serio? Ma…come pensi di fare?”

     
    “Così-e la ragazza si mise a forzare con un coltellino una delle casse appoggiate sul pontile-aiutami a rimuovere il coperchio: getteremo in mare il materiale, approfittando della confusione, poi entreremo qui dentro e la richiuderemo dall’interno. Saranno gli stessi scagnozzi dello Yami a portarci sulla nave senza saperlo”.

     
    “Vuoi salire sulla nave come clandestina? Miu! In questo modo, potremmo non riuscire più a scendere!”

     
    “Non voglio restare a bordo!-precisò la ragazza-ma salire sulla nave è l’unico modo per provare a liberare i nostri amici e poi fuggire prima che la nave salpi!”

     
    “Non mi piace-osservò Kenichi-so che sono stato io ad insistere per venire, ma…forse avevano ragione i Maestri. Rischiamo di farci catturare anche noi senza riuscire a fare nulla. Dovremmo contattarli con le ricetrasmittenti e far venire qui almeno uno di loro ad aiutarci”.

     
    “Temo che non farebbero mai in tempo ad arrivare, ormai-replicò Miu-questa potrebbe essere l’unica occasione che avremo.
    Oppure…non rivedremo i nostri amici mai più”.

     
    Quella consapevolezza fece calare il silenzio tra i due ragazzi.
    Kenichi lanciava sguardi ardenti in direzione della passerella d’imbarco.

     
    Gli scagnozzi, evitando accuratamente lo scontro gigantesco che stava avendo luogo sul piazzale, stavano imbarcando le bare di cristallo, una ad una.
    In quel momento portavano quella di Renka.
    Kenichi tornò a guardare Miu in viso.
    La ragazza era entrata con una gamba nella cassa aperta, lo fissava con sguardo sereno e gli tendeva la mano.

     
    “Ti fidi di me?”
    Passò un altro secondo.
    Kenichi accettò la mano tesa.

     

    ◊◊◊◊◊

     

    La truppa del Ryozampaku arrivò in quel momento al porto.

     
    Ad UN ALTRO porto, a dire il vero, lontano cinquanta chilometri.

     
    La nave sulla quale stavano venendo caricate casse e bare di cristallo, in questo caso, si chiamava “OCEANUS”.

     
    Come la “POSEIDON”, sulla quale, all’insaputa gli uni degli altri, si sono infiltrati Ranma, Kenichi e Miu, anche la “OCEANUS” è una vecchia nave da crociera riadattata completamente per uno scopo differente.

     
    In questo caso, però, si trova in una zona del porto destinata alle demolizioni di vecchie navi in disuso.
    Ovunque ci sono apparecchiature di dimensioni ciclopiche, grosse gru e magazzini giganteschi.
    Di notte, l’accesso ad una zona del genere dovrebbe essere proibito. Ed invece.

     
    Altre cento persone stanno eseguendo le operazioni di carico.

     
    Dal loro nascondiglio, Maestri ed Allievi possono però vedere che le bare di cristallo sono parecchio numerose.

     
    E’ possibile distinguere otto bare, con dentro le Valkyrie e le rispettive armi, ma poi ce ne sono molte altre, contenenti persone che non hanno mai visto:
    ci sono due belle ragazze vestite in kimono, con al fianco delle spade da samurai; una specie di samurai moderno, simile a Kuno, ma completamente calvo, anche lui con la sua katana, un ragazzo con i capelli lunghi e lisci ed accanto a lui un bastone a nove sezioni tipico del Kung Fu; un paio di ragazzi, dell’età di Miu e Kenichi e vagamente somiglianti a loro (anche se la ragazza è mora), vestiti con futuristiche tute tattiche e senza apparenti armi al seguito; un paio di ragazzi che sembrano troppo grandi di età, mascolini e muscolosi per le divise scolastiche che portano, uno con il viso coperto da un berretto ed una katana al fianco, l’altro con tre cicatrici su ciascuna guancia ed una lancia*.

     
    Da dietro l’angolo, i Maestri trattenevano quasi il respiro, ma al tempo stesso lanciavano sguardi poco convinti.

     
    “Tsk! Non mi piace-fece Sakaki-senti, Akisame, ma è una mia impressione, oppure…?”

     
    “No, non ti sbagli” rispose il Filosofo del JuJitsu.

     
    “Scusate, vorreste spiegare anche a me?” domandò Ryoga.

     
    “Da quanto possiamo vedere da qui, mancano parecchie delle persone che conosciamo-interloquì Mousse-e come se non bastasse, quelle che vediamo e le altre che non conosciamo hanno tutte una caratteristica in comune…”

     
    Usano le armi!-ringhiò Kensei-e non vedo né la mia Renka, né nessun altro che non le usi! Ehi, Saiga-gli disse poi-cosa sarebbe questa storia? Ci hai portati nel posto sbagliato? Tu lo sapevi che si stavano organizzando in questo modo? Oppure…”

     
    Ma Saiga osservava la scena impassibile e non disse niente.

     
    “Ma…ma…non è detto-riprese Ryoga, dubbioso-magari gli altri ragazzi dell’Alleanza Shimpaku non sono ancora stati trasportati fin qui. O magari sono riusciti a scappare. Oppure ancora, sono già stati caricati sulla nave. Non mi azzardo a sperare che non abbiano mai avuto intenzione di rapirli, ma…”

     
    “Ehi, scusate un momento-domandò Akisame-ma dove sarebbe Kuno?”

     
    “APA!-esclamò Apachai-è andato laggiù” indicò il gigante thailandese.

     
    Infatti Kuno aveva abbandonato il nascondiglio e stava camminando tranquillamente, a passo lento, nel bel mezzo del piazzale di scarico.
    Teneva una rosa rossa in una mano e pareva annusarla, e la katana nell’altra, dentro al fodero.

     
    Man mano che le teste degli scagnozzi si voltarono, chiedendosi cosa ci facesse lì quel tizio ben vestito col ciuffo, Tatewaki iniziò a declamare versi.

     
    Quanto è afosa questa giornata d'estate | sembra che perfino le nuvole vogliano riposarsi | in braccio al grande Budda” **

     
    Se fino a prima gli scagnozzi erano perplessi, ora pensavano di avere un’allucinazione.

     
    “Ma cosa dice? E’ scemo?”

     
    “Giornata d’estate? Ma se siamo in primavera! Alle dieci di sera!”

     
    “E comunque cosa ci fa questo tizio qui? Da solo?”

     
    I Maestri del Ryozampaku ed i suoi amici di Nerima non credevano ai loro occhi e si stavano sforzando di trattenersi, facendo delle facce contorte dallo stupore e dal nervoso.

     
    Questo valeva per Ryoga, Mousse, Sakaki, Akisame e Kensei.
    Invece Apachai, Shigure e Saiga sembravano impassibili.

     
    “Oh…se n’è…andato da solo” osservò Shigure, con nonchalance.
    “SHIGURE! Non potresti controllare meglio il tuo allievo?”
    “Scusate…”

     
    In quella, Kuno lanciò per terra la rosa che stava annusando e sollevò il fodero, puntandolo in tono accusatorio, a semicerchio, verso gli uomini che gli stavano intorno.

     
    “ASCOLTATE! Voi miserabili servitori del Male! Io vi comando di rilasciare immantinente le Deliziose Otto Valkyrie da voi rapite, insieme a tutte le altre persone da voi catturate e naturalmente la dolce Renka, figlia di Kensei Ma del Ryozampaku!
    Se non lo farete…incorrerete nella mia ira e subirete il castigo divino!
    Parola di Tatewaki Kuno, detto il TUONO BLU!”

     
    Ed in quella, nella notte serena, parve davvero che un tuono blu risuonasse alle sue spalle.

     
    “Che cos’ha detto?”

     
    “Il Ryozampaku? Sta con il Ryozampaku!”

     
    “Avanti, prendiamolo!”

     
    A questo punto, gli altri erano comprensibilmente irritati.
    Ryoga e Mousse si stavano mangiando le mani
     Ma com’è possibile…che quello scemo…faccia ancora queste idiozie dopo tutti questi anni?

     
    Un semicerchio di persone con i pugni alzati, una ventina, iniziò a stringersi intorno al samurai.
    “Fatevi sotto, gaglioffi!-esclamò sguainando la spada-io non vi temo, poiché non è il numero a garantire la vittoria, ma la purezza dei sentimenti, ed il mio cuore è puro!”
    “ADDOSSO!” esclamarono, saltandogli contro tutti insieme.

     
    Ma, in quella, due figure saettarono al suo fianco, una a destra ed una a sinistra.
    Gli attaccanti si ritrovarono sbalzati indietro, respinti come da un muro invisibile, finendo a sedere per terra senza capire il perché.
    Ryoga e Mousse si erano fiondati nella mischia e si erano collocati uno a destra ed uno a sinistra del samurai, mettendosi tutti schiena contro schiena per fronteggiare gli avversari.

     
    “Tsk! Ma è possibile che tu debba sempre combinare casini, brutto pezzo di idiota?” lo sgridò Mousse.

     
    “Non avevo bisogno del vostro aiuto-replicò serafico Tatewaki-questi pivelli posso batterli tutti anche da solo”

     
    “Ma finiscila!-lo rimbeccò Ryoga-ti avrebbero fatto a polpette! Ringrazia il cielo che abbiamo il cuore tenero!”

     
    In quella, i delinquenti tornarono all’attacco ed anche quelli più lontani, che stavano ancora lavorando, si accorsero dei nuovi intrusi e corsero a dare manforte.

     
    Un singolo lampo passò negli sguardi dei tre allievi del Ryozampaku.
    Mentre la marea umana cominciava a scagliarsi loro addosso, ciascuno sapeva esattamente cosa fare, come un meccanismo ben oliato.
    Ryoga iniziò a tirare pugni e calci su chi si avvicinava, Mousse estrasse una delle sue corde con un peso attaccato e la mosse come una frusta, sconvolgendo il ritmo degli attaccanti o facendoli cadere a terra e Kuno passò all’attacco, mulinando colpi ricurvi per coprire più spazio possibile e colpire vari avversari alla volta.

     
    In breve, si scatenò una vera e propria battaglia campale.
    Gli scagnozzi dello Yami si lanciavano ad ondate contro i tre avversari, accorgendosi troppo tardi di essere come falene attirate dal fuoco.
    Il ritmo dei loro attacchi continuò ad aumentare, mentre spontaneamente tre aure di Ki piuttosto grandi iniziavano a brillare sul posto e gli avversari venivano respinti indietro come palline di carta lanciate da una fionda.

     
    In quella, i Maestri del Ryozampaku si erano rassegnati ad aspettare la fine della scaramuccia, si erano calmati e stavano seduti a godersi lo spettacolo, mangiando patatine, pop corn, commentando la scena e-nel caso di Shigure ed Apachai-agitando bandierine e gridando “GO! GO!”

     
    Saiga sembrava moderatamente soddisfatto di quanto vedeva.

     
    Nel giro di un paio di minuti, anche l’ultimo scagnozzo era stato sbalzato via.
    I malcapitati delinquenti erano ammucchiati in quattro mucchi distinti di materiale umano, tutti privi di sensi.
    I tre ragazzi si erano giusto scaldati.

     
    “Umph! Ce l’abbiamo fatta! Non è stato difficile!” commentò Ryoga

     
    “Ovvio! Avevate me dalla vostra parte” riprese Kuno, convintissimo di quanto diceva

     
    “Finiscila! La prossima volta, lasceremo che ti facciano fuori! Anzi, prova a farci un altro scherzo del genere e ti faccio fuori IO!” esclamò Mousse, seccato.

     
    In quella, però, accaddero due cose.

     
    La prima fu che, come ad un segnale convenuto, SEI figure saettarono a velocità incredibile oltre il gruppetto di Nerima, prima avanti e poi indietro.
    La polvere non si era ancora posata che Ryoga, Mousse e Kuno poterono osservare come i Maestri e Saiga avessero recuperato tutte e sedici le bare e le avessero riportate lontano dalla nave, verso l’uscita del porto.

     
    Kensei ed Akisame stavano esaminando le condizioni delle persone al loro interno.

     
    “Uhm…stanno bene…ma sono stati tutti senza dubbio narcotizzati e mantenuti così…come in anestesia” osservò Kensei.

     
    “Sì, ed inoltre le bare sono robuste, fatte di un materiale particolare-analizzò Akisame-…di certo, ci sono misure di sicurezza se si provano a forzare dall’esterno, ma forse…”

     
    E la seconda cosa che accadde fu che, nel silenzio tombale che era sceso, si udirono delle mani applaudire.

     
    Nove paia d’occhi si voltarono verso la nave, osservando delle persone armate che ne uscivano fissandoli con piacere maligno negli occhi ferini…Le Otto Lame Esecutrici dello Yami!​


    ◊◊◊◊◊

    Ranma non era troppo soddisfatto della situazione.

     
    Era nella stiva, sì, ma era una stiva immensamente grande, con pile di casse alte quanto palazzi a più piani, e completamente buia.
    Procedette a tastoni, cercando di trovare l’uscita più vicina.
    Non osava far rumore, o sfondare le paratie a pugni, per paura di attirare l’equipaggio.
    La sua missione si basava sulla segretezza.
    Sperava solo di non impiegarci troppo tempo.​

    ◊◊◊◊◊

    Miu e Kenichi stavano parecchio scomodi.
    Erano incastrati l’uno sull’altra in un modo che sarebbe stato imbarazzante…se avessero avuto il tempo di preoccuparsene.

     
    Invece, quando dalla fessura della chiusura della cassa la luce che filtrava si oscurò, ad entrambi mancò un battito.
    “Ehi, ma questa cassa non è chiusa bene”

     
    “Accidenti, si sarà rovesciata per quel casino”

     
    “Aspetta, prendo la sparachiodi e la sistemo”.

     
    E fu così che vennero sigillati per bene, e tutto si fece buio.

     
    Vennero portati dentro con il resto.​

    ◊◊◊◊◊

    Kushinada Mikumo faticava a crederci, ma aveva trovato un’avversaria alla sua altezza, che riusciva a tenerle testa nonostante l’età.
    Non doveva avere perso un solo grammo di forza dai (lontani) tempi della sua gioventù.

     
    Al tempo stesso, non mancava di lanciare fugaci e preoccupate occhiate alla POSEIDON.

     
    Quando notò che le operazioni di carico erano pressoché completate, non esitò.

     
    “EHI; VOI! QUESTO E’ UN ORDINE! SALPATE LE ANCORE E PARTITE IMMEDIATAMENTE; ANCHE SENZA DI ME! LA MISSIONE HA LA PRIORITA’ ASSOLUTA”

     
    L’equipaggio ebbe un moto collettivo di stupore, poi iniziò ad affrettarsi ad eseguire i preparativi per la partenza, come formiche in un formicaio.
    Le due donne combattevano girando in tondo, per impedire ogni volta all’altra di avvicinarsi troppo alla nave.
    Quando si udì il TUUUUU-TUUUUU della partenza, Mikumo si permise di fare un ghigno soddisfatto.

     
    “Sembra che l’abbia spuntata io, alla fine. La nave è partita”.

     
    “Umph! Dici davvero? E chi ha stabilito che queste fossero le condizioni per la vittoria?-replicò Cologne-a me sembra di aver detto che sarei stata soddisfatta se avesse impedito a te e solo a te di salpare con quella nave. E tu sei ancora qui, mi sembra…”

     
    “Ma…non serve a nulla! Non c’è nessuno su quella nave che possa ostacolare i nostri piani!”

     
    “Tsk! Ne sei davvero sicura? Potresti davvero giurare che nessuno sia salito su quella nave mentre noi combattevamo?”

     
    “Nessuno di cui preoccuparmi, comunque-replicò la donna-chiunque sia sotto al livello Gran Maestro non è in grado affrontare ciò che c’è su quella nave. Ci vorrebbe un vero e proprio miracolo per salvare quei ragazzi”.

     
    “Uhm…e chi lo sa? Nella mia lunga vita ho assistito a tante cose strane…e non sarebbe la prima volta che qualcuno di inaspettato…riesce a compiere dei miracoli!”​

    ◊◊◊◊◊

    I membri delle Lame Esecutrici si stagliavano sul ponte della OCEANUS con dei ghigni sardonici in volto e degli sguardi da predatore.

     
    Due o tre di loro battevano le mani.

     
    “Ma guarda chi abbiamo qui-esordì uno di loro, con la testa scoperta ma il corpo coperto da un’armatura giapponese-nientemeno che il famoso Saiga Furinji. A cosa dobbiamo tanto onore?”

     
    L’uomo, con un codino ed una cicatrice su viso, era Rin Tachibana, Gran Maestro delle Armi ad Asta, nonché ex allievo del vecchio Kosaka, e pertanto si considerava “fratello in armi” di Shigure, malgrado avessero preso strade molto diverse.

     
    Saiga replicò “Non dovreste essere tanto lieti di vedermi, visto che l’ultima volta ho mandato all’aria i vostri piani”.

     
    “E’ così-rispose una donna tanto formosa quanto muscolosa, che portava in spalla un arco-però l’altra volta c’era anche vostro padre, il grande Hayato Furinji. Oggi mi sembra di non vederlo. Come mai? Ha forse altri impegni?”
    Era Mildred Lawrence, la Gran Maestra dell’Arco Lungo.

     
    “Tsk”! Che bastardi!” commentò Sakaki.

     
    “E’ vero, mio padre non è qui-ammise Saiga, impassibile-come del resto non vedo il vostro capo, Oganosuke Yogi delle Due Katane, forse l’unico uomo al mondo in grado di tenergli testa. Cos’è successo? Si è stancato della vostra compagnia?”

     
    “Tch!” Mildred ebbe un moto di stizza. “In realtà…”

     
    “Piantala!” la zittì un uomo col codino, curvo sulle spalle, che portava occhiali da sole “da come parla, è evidente che lo sa”.

     
    “Di cosa parli? Oh, forse del fatto che Oganosuke non fosse d’accordo con il vostro piano, pur lasciandovi fare.
    E che qualche giorno fa abbia ricevuto un’offerta di lavoro impossibile da rifiutare, ma che poteva svolgere solo lui: un miliardo*** di yen per eliminare un’armata di terroristi nell’Africa Equatoriale, permettendo ad un migliaio di profughi di rifugiarsi nella zona protetta dall’ONU.
    Compito che lo terrà impegnato ancora qualche giorno, temo…ed al termine, potrebbe scoprire che il conto sul quale ha ricevuto il pagamento è stato bloccato dalle autorità…”

     
    “Che cosa? Sei stato TU? Per toglierlo di mezzo?” strepitò la donna bionda.

     
    “E bravo il nostro Saiga” commentò Akisame.

     
    “Non smentisce la sua fama” confermò Kensei.

     
    “Volevo solo affrontare la sfida in condizioni di parità.
    Ed ora ditemi: Renka, la figlia del qui presente Ma Kensei, ed i rapiti dell’Alleanza Shimpaku…dove si trovano? Sono su quella nave, oppure…dall’altra parte?”

     
    “AHAH! Non sembri essere poi così infallibile-lo schernì una giovane donna-è così, infatti, gli altri ostaggi si trovano su una nave diversa da questa! A quest’ora saranno già salpati…e voi non riuscirete mai a ritrovarli!”

     
    A parlare era stata Raki Hoshinano: era vestita con un kimono tradizionale, dal quale spuntavano però le gambe nude.
    Aveva i capelli raccolti ed una Naginata appoggiata alla spalla.


    Alle sue parole, i membri di Ryozampaku ebbero un sussulto di sorpresa e sgomento.
    “Saiga! Tu lo sapevi?” lo accusò Kensei.


    “Diciamo che lo sospettavo, Kensei, ma non potevo esserne sicuro.
    Avevo ragione di credere che, a seconda del numero dei rapiti, le navi impiegate avrebbero potuto essere una oppure due.
    Tuttavia, neppure io ero in grado di prevedere quali e quanti sarebbero stati i rapiti, e dunque se si sarebbero serviti o meno della seconda nave.
    Sapevo, infine, che in ogni caso, la maggior parte dei nemici si sarebbe trovata qui, dunque avevo assoluta necessità di portare il Ryozampaku al completo”.


    “E ci hai tenuta nascosta un’informazione del genere?” sbottò Sakaki, incredulo.
    “Avresti almeno potuto prendere delle precauzioni!” fece Akisame.
    “A dire il vero, l’ho fatto. Ho mandato Tochoumaru con quel messaggio”
    “Che cosa? Intendi dire che…”​

    ◊◊◊◊◊

    La nave era già scomparsa all’orizzonte.


    Le due donne duellavano ormai per il puro gusto di prevalere l’una sull’altra, senza tuttavia riuscirci.


    Mentre questo avveniva, in lontananza si sentiva un rumore che pareva quello di un tornado.


    Kushinada Mikumo se ne avvide. Cercò di fare qualcosa.
    Ma Cologne glielo impedì.


    Hayato Furinji (con Tochoumaru in spalla) passò di fianco a loro come un treno in corsa.
    Mentre le sorpassava, però, non mancò di fare un cenno di ringraziamento all’anziana sconosciuta, facendo un gesto con la mano come se si togliesse un immaginario cappello, mentre le faceva l’occhiolino e sfoggiava uno scintillante sorriso a trentadue denti.


    Cologne arrossì e si sentì rimescolare. Mikumo sbuffò.


    Hayato continuò a correre come se niente fosse sulla superficie del mare, come se fosse solida.
    Inseguiva la scia, piuttosto evidente, lasciata dalla POSEIDON.



    Nel giro di qualche minuto, sarebbe scomparso all’orizzonte anche lui.
    “Aah, che uomo-sospirò la vecchia Amazzone-se solo avessi cinquant’anni di meno…”


    Mikumo lo osservava con la coda dell’occhio mentre si allontanava.
    Le cose stanno cominciando ad andare storte…per fortuna che a bordo ci sono quelle DUE persone…e nel peggiore dei casi…

    ◊◊◊◊◊

     

    Stavolta fu il turno delle Lucenti Lame Esecutrici di avere un grave moto di sorpresa.


    “Il Superuomo Invincibile è diretto all’altra nave?” esclamò Mildred.


    “Acc…questa non ci voleva proprio” ringhiò Tachibana.


    Il Ryozampaku, al contrario, era raggiante.
    “Quindi…Renka si salverà?” domandò Kuno.
    “E’ fantastico! Un colpo da maestro!” esultò Ryoga.
    “Eccezionale! Dunque hai salvato Ranma ed ostacolato i nostri avversari in un’unica mossa!” si congratulò Sakaki.


    Ma mentre Saiga si schermiva dai complimenti, i loro nemici non mollarono il colpo.
    “Siete proprio sicuri che basterà, mi chiedo?-intervenne Seitaro Raigo, il Gran Maestro della Kodachi (spada corta da samurai)-ormai avrete capito che questa nave era adibita al trasporto dei rapiti del reparto armato, mentre l’altra a quelli che combattono a mani nude.
    Perciò se ne occupano i membri rimanenti di Un’Ombra, Nove Pugni, e come sapete tra di loro c’è Kushinada Mikumo…lei può almeno trattenere il vecchio Furinji per lasciar salpare la nave”


    Fu una voce inaspettata a replicare a quell’affermazione.


    “Avreste ragione se ci fosse andato SOLO il vecchio Furinji, in effetti…ma le cose non stanno così”


    Era stato Mousse.
    Ora, TUTTI i presenti lo guardavano stupefatti.


    “Cosa intendi dire?” gli domandò Akisame.


    “Che a quest’ora, al molo dell’altra nave…come si chiama? Ah, sì, POSEIDON, è esatto? C’è anche un’altra persona a mettervi i bastoni fra le ruote…una vecchia Maestra della famiglia delle Amazzoni cinesi, alla quale ho chiesto io stesso di intervenire…facendo una rapida stima, la sua forza è intorno ai livelli del signor Saiga…”


    Stavolta lo stupore fu unanime.


    “Vorresti spiegarci come fai a saperla tanto lunga su questa storia, per cortesia?” gli domandò Sakaki.


    “Volentieri. Del resto, è il motivo per il quale mi trovo qui.
    Dovete sapere che alcuni mesi fa ho abbandonato il ristorante dove lavoravo…per dimenticare un amore impossibile.
    Ho cominciato a girare per le varie Chinatown delle città giapponesi, frequentando locali malfamati per capire se ci fossero lavori da mercenario a disposizione per qualcuno con le mie abilità.
    Sono entrato in contatto per la prima volta con alcuni membri dello Yami…e loro hanno cercato di reclutarmi!”


    A quella rivelazione, si fece il vuoto intorno a lui.


    Ma quindi, l’intercettazione…si riferiva a lui…?


    “Solo che non ho accettato-continuò il giovane cinese-ma ho mantenuto buoni rapporti con alcuni membri di basso rango per raccogliere informazioni…facendo così IL DOPPIO GIOCO”



    Stavolta nessuno riusciva a credere alle proprie orecchie.


    “Avevo sentito parlare vagamente del loro progetto…rapire importanti praticanti di arti marziali per servirsene…ed avevo notato le loro spie anche a Nerima…che monitoravano anche delle persone a me MOLTO care…e quindi ho deciso di mettere loro i bastoni fra le ruote”


    “Hai giocato una partita pericolosa” riconobbe Saiga.


    “E’ così. Ma in questo modo, sono stato in grado di reclutare delle spie-dalle mie parti, un mucchio di gente pratica arti marziali ed è disposta a fare qualunque lavoro per soldi-per tenere a loro volta sotto controllo i sorveglianti che spiavano i futuri bersagli.


    Ho iniziato a combattere incontri all’Arena Clandestina per procurarmi il denaro necessario.


    Ed infine, sono andato ad allenarmi proprio al Ryozampaku, la casa dei loro nemici.
    Immaginavo di aver bisogno di migliorare me stesso, in caso di necessità, e se persino il mio vecchio rivale Ranma Saotome c’era andato, allora era il posto che faceva per me”.


    Tutti gli altri erano senza parole.


    “Infine, quando Renka è sparita, ho capito che il loro piano era iniziato in anticipo ed ho avvisato la vecchia Cologne…solo che, a differenza di Saiga, non immaginavo che ci fossero DUE navi distinte…ne avevo scoperta solo una, e l'ho indirizzata a quella…infatti, credevo che ci saremmo ritrovati tutti nello stesso posto…ma a quanto pare, alla fine, è stato comunque meglio così”.


    Quando il suo racconto fu finito, stupore, entusiasmo e sollievo si impadronirono dei suoi alleati.


    Avevo ragione…questo ragazzo ha del potenziale-rifletté Akisame-di certo, all’inizio Ranma ha dubitato di lui, anche se poi ha cambiato idea…ed ha fatto bene a fidarsi…mentre Kenichi ha, correttamente, intuito che qualcosa non andasse nella riunione di poco fa…


    “Ben fatto, mio discepolo” si congratulò con lui.


    Ryoga era esterrefatto.
    Era abituato a vedere Mousse come un tizio che, sebbene avesse grandi doti, finiva sempre col rendersi ridicolo a causa della sua ossessione per Shampoo.
    Era come se, per la prima volta, lo vedesse per quello che era davvero.


    Anche le Lame Esecutrici erano esterrefatte.
    “Sai Raigo-iniziò Hoshinano-è un peccato che quel ragazzo sia nostro nemico…se si fosse davvero unito a noi, avrebbe fatto carriera”
    “Già-confermò l’uomo-ma, purtroppo per lui, morirà oggi”



    Ed è una fortuna che invece non sappiano del TERZO uomo dell'altra nave…possiamo ancora raddrizzare le cose…


    “Eheh, sapete, mi dispiace solo per una cosa-si schermì Sakaki-cioè che Ranma non sia qui per partecipare alla festa.
    Quando glielo racconteremo, non sopporterà di essersi perso una battaglia del genere”


    In quel momento, come a rispondere alle sue parole, ricevette una chiamata in entrata dalla ricetrasmittente che portava all’orecchio.


    “Qui Sakaki, passo”.


    “Qui Ranma, passo. Lieto di sentirti, Sakaki, anche se avrei preferito in altre circostanze”


    “RANMA?” esclamarono otto bocche contemporaneamente.


    “Ma cosa fanno ancora? Si mettono a chiacchierare tra di loro?” domandò Mildred sporgendosi dal bordo della nave.


    “Sì, comincio a sentirmi un po’ trascurato…” confermò Tachibana

    ◊◊◊◊◊

    Ranma stava cercando di forzare un portone di metallo che era l’unica via d’uscita dall’immensa stiva.


    “Proprio io. Ci siete tutti? Sarete contenti di sapere che Hayato non mi ha ancora fatto fuori. Meno contenti del resto che sto per raccontarvi…”


    Ed in breve li ragguagliò su tutto quello che era successo.


    “Come? Quindi anche Ranma è a bordo dell’altra nave?” si stupì Ryoga.


    “Questo è…quel che si dice un…colpo di…fortuna” dichiarò Shigure.


    “Certo, fino a quando non gli racconteremo che sta per salirci anche Hayato…la stessa persona dalla quale stava scappando stamattina…” rifletté Mousse.


    Akisame provvedette poi a spiegargli brevemente il senso di quanto aveva visto, cioè la presenza al molo di Cologne, ed il fatto che fossero tutti da un’altra parte per recuperare l’altra metà dei rapiti.


    “Roger, Koetsuji-shishou-confermò Ranma-comunque, ho quasi finito di scassinare la porta grazie agli arnesi da scasso di Sakaki. Tra poco potrò riprendere l’infiltrazione”


    “Ranma! Hai visto Renka? Come sta?” si informò Kensei.


    “Solo un paio di volte e da lontano. Era in quelle stesse bare di cristallo che avete descritto anche voi.
    Sembrava narcotizzata, come gli altri, ma per il resto penso che stesse bene”


    “Mi raccomando, ragazzo mio. Te la affido. Ho fiducia in te”


    “Certo, sensei.  Vi avviserò in caso di novità. Passo e chiudo”


    “Ranma, prima che tu spenga la comunicazione, ti do un ultimo consiglio” si raccomandò Sakaki.


    “E sarebbe, Sakaki-sensei?”


    “Vedi di non morire”

    ◊◊◊◊◊

    “Beh, ed anche questa è fatta. Ora, le nostre possibilità mi sembrano molto migliorate” fece Sakaki, ottimista.


    In quella, Saiga ricevette uno squillo su quello che pareva un orologio, ma in realtà era un futuristico mezzo di comunicazione.
    Lesse un messaggio che vi era arrivato e poi scosse la testa.


    “Potrebbe esserci un contrattempo. Ricordate quando vi ho detto che non potevo essere sicuro del numero dei rapiti?”


    “Sì, e dunque?”


    “Vi ho portati qui perché non lo conoscevo neppure alla riunione di due ore fa, ma nel frattempo la situazione è cambiata.
    Ho ricevuto un messaggio dalla mia spia al centro di ricerche dello Yami.
    Il posto, cioè, dove hanno utilizzato le sostanze chimiche che hanno portato qui con il contrabbando**** per sintetizzare un siero che somministreranno ai rapiti”


    “Cioè il primo indizio di tutta questa storia? E quindi?”


    “E quindi la mia spia-che, tra parentesi, è Ryuto Asamiya, l’ex leader del Ragnarok e membro dello Yomi, amico d’infanzia di Kenichi e Miu-mi ha appena informato di aver fatto arrestare dall’ispettore Honmaki gli scienziati rimasti laggiù”


    “Beh, è una buona notizia”


    “Sì, ma solo poco fa ha potuto controllare QUANTE dosi di quel siero misterioso fossero state preparate e di conseguenza QUANTI fossero esattamente i rapiti.
    Ed avendone così ricevuto conferma, senza ombra di dubbio, che lo Yami dovesse per forza impiegare due navi, per prima cosa…ha mandato un messaggio sul computer del Ryozampaku, per avvisarci”


    Calò un silenzio carico di tensione.


    “Ma-contemplò Akisame-se quel messaggio è arrivato quando noi eravamo già andati via…”


    “Di sicuro Kenichi e Miu l’hanno letto e si sono gettati nella mischia” concluse, sconsolato, Kensei.


    “CHE COSA?-esclamò Sakaki-quei due idioti! Un pericolo del genere! E poi, tra poco ci sarà l’Anziano su quella nave…ed ora…c’è anche Ranma!”


    E quei tre non saranno esattamente contenti di rivedersi, non è vero?” abbozzò Saiga

    ◊◊◊◊◊
     

    Qualche minuto dopo, anche Kenichi e Miu, che erano riusciti, non senza difficoltà, a sfondare la cassa dall’interno, dopo essersi lungamente aggirati per la stiva, grande quando un quartiere, e con pile di casse alte quanto palazzi di otto piani, arrivarono ad una via d’uscita: una porta aperta.


    Miu notò che era stata scassinata dall’interno, aggrottò le sopracciglia, ma non disse nulla.

    ◊◊◊◊◊

     

    “Ehi, voi! Avete intenzione di starvene ancora lì a lungo a parlare dei fatti vostri?” li strigliò Mildred, l’arciera, dal ponte della OCEANUS.


    I membri del Ryozampaku si riscossero dalle loro elucubrazioni e rivolsero ai nemici sguardi di fuoco.
    “TSK! E perché non dovremmo? Il coltello dalla parte del manico ce l’abbiamo noi, mi sembra! Abbiamo recuperato i ragazzi voi carogne avete rapito!
    Se li rivolete, venite a prenderli!
    Non chiediamo di meglio che di concedervi la rivincita per l’ultima volta…così, da domani, Big Lock ***** avrà un bel po’ di ospiti in più”.


    Akisame si voltò verso i discepoli e disse:
    “Naturalmente, il vostro compito sarà di stare lontani da questo scontro, e portare in salvo, il più lontano possibile, le persone prese in ostaggio.
    Penseremo poi a liberarli. Inoltre, chiamate le Forze di Difesa…presto qui farà molto caldo”.


    “Posso immaginare cosa stiate complottando-disse Seitaro Raigo-ma non vi conviene farlo”


    “Al contrario-riprese Hoshinano-sarete voi a riportarci direttamente quei prigionieri. Perché se non lo farete…”


    In quella il gigantesco essere coperto di armatura che rispondeva al nome di Marmaduke portò fuori altre tre bare di cristallo da sotto coperta.
    Poi le tenne sospese dalla fiancata della nave in modo che potessero vederle.


    L’uomo con i capelli lunghi e ricci, che rispondeva al nome di Edeltraft Von Schiller, mise di traverso il suo spadone, minacciando le vite dei prigionieri.


    “…uccideremo queste tre belle ragazze!-concluse Hoshinano-E sarebbe un vero peccato! Per noi, perché perderemmo dei prospetti interessanti…ma scommetto che ai vostri nuovi Discepoli dispiacerà ancora di più”


    Nove paia d’occhi del Ryozampaku fissarono i tre ostaggi, ma tre di loro erano letteralmente esterrefatti.


    Gli ostaggi erano Shampoo, Ukyo e Kodachi.

    ◊◊◊◊◊

    Ranma stava vagando nei corridoi della nave da crociera riadibita a trasporto merci da quella che gli pareva un’eternità.
    Si muoveva svelto ma circospetto, però non aveva ancora incontrato anima viva.


    Finalmente, udì delle voci dietro l’angolo.
    Un piccolo drappello di guardie, al massimo un paio.
    Quando svoltarono l’angolo, non c’era più nessuno.


    “Uff! Che noia, questi giri di ronda…che senso ha, dico io, ora che siamo salpati?”


    “Cosa ti lamenti a fare? Avresti preferito guadagnare soldi senza fare nulla? Accontentati di non correre nessun rischio”


    “Mah! Chissà perché tanto impegno per quei prigionieri, dico io…”


    Ranma, che si era appeso ed appiattito sul soffitto come Spiderman, si lasciò cadere a terra senza un suono appena i due lo ebbero oltrepassato.


    Indossavano corpetti antisommossa e caschi scuri.
    Si avvicinò alle loro spalle, prese le loro teste fra le mani e le fece sbattere insieme.
    Cascarono a terra, svenuti, senza un gemito.


    Avrò commesso un errore? Forse avrei dovuto interrogarli, come mi ha insegnato Sakaki.
    No, avevano l'aria di non sapere nulla…ma forse ho un’idea migliore…

    ◊◊◊◊◊

    Le facce dei tre dicevano tutto.


    “Shampoo…è proprio Shampoo”


    “Ukyo? Ma..ma come?”


    “Kodachi…è davvero mia sorella”


    I Maestri del Ryozampaku erano stupiti quanto loro, ma presto lo stupore lasciò il posto all’indignazione.
    Ed alla rabbia.
    “Hanno…hanno rapito delle persone importanti per i nostri allievi, per usarle come ostaggi?”
    “Quei maledetti bastardi!” ringhiò Sakaki.
    “APA! Ma le libereremo”


    Akisame e Shigure misero ciascuno una mano sulla spalla di Mousse.
    La Maestra delle Armi mise l’altra mano sulla spalla di Kuno.


    “E’…è lei?” domandò, con pudore, la donna.


    “Sì, è proprio lei-rispose Mousse, abbassando il viso-Se penso che ho cominciato a farmi coinvolgere proprio per IMPEDIRE che accadesse qualcosa del genere”.


    “Accidenti! Kodachi sarà pure una pazza, perversa, narcisista, egoista e ricattatrice-sciorinò Tatewaki-ma è pur sempre mia sorella! Un membro della riverita famiglia Kuno! Me la pagherete!”


    Apachai tentò, timidamente, di fare altrettanto, cioè di mettere una mano sulla spalla a Ryoga per consolarlo, ma lo trovò più perplesso che irritato.


    “Ma…scusate un po’…capisco loro…ma perché IO dovrei essere ricattato minacciando Ukyo, scusate?
    Lei per me non è altrettanto importante.
    Un’amica, d’accordo.
    Una persona accanto alla quale ho combattuto più volte, e va bene.
    Abbiamo conoscenze in comune, sicuro.
    Vi ridurrò comunque a pezzettini per questo? Certo che sì.
    Ma non è COSI’ importante come le altre per loro. Non capisco…il criterio della scelta”


    Anche se ringraziò mentalmente i Kami che non fosse toccato ad Akane o ad Akari. In quel caso, sarebbe impazzito.


    In quella, Raki Hoshinano saltò su: “MA COME? Secondo le nostre fonti d’informazione…senza ombra di dubbio, voi due…siete segretamente innamorati, non è così? Non possono esserci stati errori!”


    E si tuffò a sfogliare freneticamente un quaderno di “appunti” di color rosa, dalle pagine profumate e decorato con cuoricini.


    I suoi colleghi la guardavano, imbarazzati per lei.
    “E’ sempre la solita” scosse la testa Tachibana.
    Mildred sbuffò.
    Raigo abbassò la testa, con una vena che gli pulsava in fronte.
    Non si riusciva proprio mantenere il contegno richiesto dalla situazione.
    A sorpresa, Edeltraft la difese: “La nostra compagna è sensibile, romantica e poetica…è una dote positiva”


    “MA CHE ROMANTICA E POETICA; MA CHE SCHERZIAMO? PER CHI MI AVETE PRESO?” protestò Ryoga, con veemenza.


    La giovane donna chiuse il quaderno di scatto e gli urlò contro, perdendo l’abituale ritegno.
    Era arrossita e sprizzava sudore.
    “Non c’è possibilità di errore! Abbiamo raccolto informazioni, chiesto in giro nel quartiere: è così. Voi due siete innamorati! Fa’ l’uomo e CONFESSA!”


    “Ma che diavolo dici, ragazzina? Ryoga Hibiki non mente! Saprò bene di chi sarò innamorato o no, secondo te?”


    “RAGAZZINA? Per tua norma e regola, ho ventisei anni!”


    “Ed allora non comportarti come se ne avessi tredici e stessi leggendo il tuo shojo manga preferito!”


    Forse fu per troncare quella scena patetica, ma più probabilmente perché, in quanto padre, Saiga Furinji aveva visto rapire abbastanza ragazze per un giorno solo.


    Aggrottò la fronte, gli occhi si fecero due fessure.
    Si usì uno SWIIISHHH.
    Un attimo dopo, lui era di nuovo lì.


    Però aveva sottobraccio le tre bare con gli ostaggi.


    I membri delle Lame non credevano ai propri occhi.
    Un attimo prima le avevano sotto minaccia, un attimo dopo erano sparite, come per un gioco di prestigio.
    Si era mosso troppo velocemente per tutti loro.


    “Maledizione! Ci ha fregato!” esclamò Mildred.
    “TCH!” fremette Tachibana.
    “E’ pur sempre il figlio del Superuomo Invincibile” masticò amaro Raigo.
    “E va bene-proclamò Marmaduke, da sotto l’armatura-allora dovremo fare alla vecchia maniera”


    “Shampoo…rispondimi, come stai?” piagnucolò Mousse.
    “Ragazzo, starà bene, è come tutti gli altri-lo rassicurò Kensei-Non sappiamo come liberarli, ma una cosa alla volta. Ti prometto che faremo tutto il possibile”
    “Saiga Furinji, GRAZIE davvero” disse Mousse.
    “Il qui presente Kuno Tatewaki ti sarà eternamente debitore” confermò il samurai.
    “Suvvia, non è necessario. Tu, poi, Mousse, hai già fatto molto e sono io che dovrei ringraziarti”


    “Però ora bisognerà tenere al sicuro queste DICIANNOVE persone mentre combattiamo-osservò Akisame-non sarà un’impresa facile”.
    “Ci penso io” proclamò Mousse ed estratto un fischietto, ci soffiò dentro con forza.


    Dal nulla, parvero comparire due figure coperte da lunghi mantelli con cappucci.
    Poi li lanciarono via, rivelando due gemelle dai tratti cinesi, dalle gambe lunghe e snelle, i capelli raccolti, e gli sguardi furbi.

     
    “Eccoci qui, Laobàn. Prego”

     
    “Come comanda, Laobàn. Prego”

     

    ◊◊◊◊◊

    Kenichi e Miu stavano attraversando i lunghi corridoi senza incontrare nessuno.
    Ma la loro speranza venne soddisfatta sin troppo quando dal fondo del corridoio sentirono delle voci.


    Siccome si trovavano ad un incrocio, si gettarono uno a destra ed una a sinistra, prima che i nuovi arrivati svoltassero l’angolo, e si infilarono ciascuno in una delle porte delle vecchie cabine passeggeri.
    Dalle fessure videro sfilare davanti a loro sei persone: due guardie davanti, in centro due specie di scienziati con tute, camici e mascherine che spingevano uno strano carrello coperto da un telo, ma che trasportava-si presume-attrezzature scientifiche, ed altre due guardie a chiudere il corteo.
    E furono proprio costoro a fregarli.

     
    Non si accorsero di loro, ma nel notare le porte semichiuse, credettero che potessero sbattere, causando falsi allarmi.
    E quindi, per colmo di diligenza, le richiusero dall’esterno, prima di proseguire il giro di scorta.
    Kenichi e Miu si ritrovarono di nuovo rinchiusi. Stavolta, in due cabine distinte.

     

    ◊◊◊◊◊
     

     

    “E queste chi sarebbero? Anzi…come hanno fatto a stare nascoste finora? E come ti hanno chiamato?” domandò Ryoga, che aveva decisamente avuto troppe sorprese per una giornata sola.

     
    Laobàn in cinese vuol dire capo-spiegò Kensei-dunque, Mousse, queste sono le persone delle quali ci hai parlato? Le tue…”

     
    “Le mie spie, sì-confermò il giovane-le ho arruolate in un villaggio vicino al mio. Si chiamano Pink e Link. Come sapete, sono nato in una regione di Antichi Villaggi di Arti Marziali dove quasi tutti si addestrano a combattere, seguendo tradizioni antichissime. Molti poi nella vita fanno tutt’altro, ma altri vanno per il mondo facendosi impiegare come mercenari, guardie del corpo, assassini o…spie, appunto.


    Sono loro che hanno tenuto d’occhio gli emissari dello Yami per conto mio.


    Il loro villaggio è specializzato in medicine e veleni e queste due, anche se sembrano delle teste di rapa, sono dei veri geni nell’erboristeria.
    Hanno sviluppato un profumo, estratto di alcune piante, che rende impossibile individuare il loro Ki…od anche, banalmente, sentire il loro odore” 

     
    “Davvero notevole” 

     
    Mousse evitò di aggiungere che quasi tre anni prima avevano tentato di uccidere Shampoo ed il suo “fidanzato” a causa di una faida che risaleva a quando erano bambine; era stata messa già abbastanza carne al fuoco per confondere le idee di tutti a quel modo. 

     
    Mousse non c’era quella volta, e se l’avesse fatto le avrebbe eliminate, ma da quando erano state sconfitte, Cologne le aveva minacciate di triturarle se avessero ritentato qualcosa contro Shampoo, e lo stesso Mousse, nel corso dei mesi aveva ribadito più volte il concetto.


    Sembravano leali.
    Finché le si pagava, obbedivano agli ordini.
    Mousse si fidava abbastanza da dare quell'ordine, malgrado ci fosse anche Shampoo tra gli ostaggi. In ogni caso, non avrebbero tentato qualcosa proprio ora. La professionalità prima di tutto.
    E poi, se avessero voluto riprovare a vendicarsi, avrebbero scelto un momento in cui Shampoo fosse consapevole di venire sconfitta da loro. 

     
    “Pink! Link! Mettete al sicuro queste persone! Finché combattiamo, nessuno deve potersi avvicinare a loro!” 

     
    “Sì, Laobàn. Prego”
    “Lo consideri già fatto, Laobàn. Prego” 

     
    Le due strane ragazze si misero a frugare nei loro zaini, estraendo vari vasetti contenenti semi di piante sconosciute.
    Ben presto, li mescolarono, per poi spargerli in giro con l’aiuto di alcuni ventagli. 

     
    “Ecco fatto. Prego”
    “Sarebbe meglio spostarsi. Prego” 

     
    E persino ai membri del Ryozampaku capitò una vista che non avrebbero mai immaginato.
    Come nelle fiabe occidentali di fagioli e giganti, delle piante a crescita ultrarapida scardinarono l’asfalto del porto e si ersero verso il cielo. 

     
    Erano rovi giganteschi, come quelli della Bella Addormentata, che intrappolarono nelle loro spire le diciannove bare di cristallo contenenti gli sfortunati prigionieri. 

     
    Poi, sui lati dei rami, spuntarono dei fiori gialli che presto scoppiarono, ricoprendo l’orrore vegetale, alto quattro piani, di una polverina giallastra che sembrava poco raccomandabile, quasi certamente velenosa. 

     
    “Ma…che io sia dannato” esclamò Sakaki
    “Parola mia, l’antica Cina nasconde ancora molte sorprese” si stupì Kensei.
    “Scientificamente incredibile” confermò Akisame. 

     
    “Tsk! Non lasciatevi impressionare!-spronò i suoi Seitaro Raigo-distruggeremo quella Piccola Bottega degli Orrori quando avremo eliminato quelli del Ryozampaku! Chiamate anche le riserve e andiamo!”


    Come un sol uomo, i membri delle Lame balzarono giù dalla nave, lasciando soltanto scie del loro passaggio. 

     
    A questo punto, quelli del Ryozampaku iniziarono a disporsi a loro volta in ordine di battaglia. 

     
    Ma ci fu un’ultima sorpresa.
    Dalla nave saltarono fuori prima cinque ragazzi che dovevano essere degli Allievi: uno con una falce, uno con varie armi ad asta, uno con un’ascia, uno con una spada ed uno con una strana sciabola. 

     
    E poi due avversari di ben altro calibro:
    Kei Retsumin, la Calamità Umana
    Ed il Maestro del Bantou

     
    “Ragazzi, fate attenzione-si raccomandò Akisame-quei due sono di livello Maestro. E noi non vi potremo aiutare”
    “Non vi preoccupate, Shishou” affermò Ryoga
    “Ci pensiamo noi” confermò Mousse. 

     
    Sakaki, però, espresse col pensiero quello che tutti i suoi colleghi avevano notato.
    Mancano diversi allievi delle Lame…e poi, di loro, a parte Oganosuke…ne manca un altro…che potrebbe, per certi versi, essere il peggiore di tutti.
    Vuol dire...che si trovano da un'altra parte?
    Tch...Ragazzi, state attenti…
     

     

    ◊◊◊◊◊
     

     

    Una squadra di sei guardie stava monitorando i corridoi della POSEIDON.
    “Ma vi dico che non è possibile! Quei due si saranno fatti una pausa da qualche parte e si saranno ubriacati, ve lo dico io”


    “Può essere, ma vale comunque la pena di controllare”


    “Ma siete scemi tutti e due? Dei professionisti? In una missione del genere? Figuriamoci. Date retta a me, c’è qualcosa sotto”


    “Beh, finora io non vedo niente…”


    In quella, dal soffitto precipitarono giù varie cose.
    Pezzi del condotto di aerazione ed un ragazzo intorno ai vent’anni.


    “AHIA! Che botta. Accidenti, temo che non sia stata una grande idea. Usare il condotto di aerazione nei film sembra figo, ma...Mi sono allontanato ancora di più dalla zona dove si trova Miu, senza…”


    Ed in quel momento si voltò e li vide.
    “Ehm…salve, bella giornata, vero?”
    “ADDOSSO!”


    Cinque guardie gli furono addosso come un sol uomo.


    Ma Kenichi era molto migliorato e non è che potessero impensierirlo: al massimo, le protezioni ed i caschi avrebbero reso più difficoltoso stenderli.


    Stava agevolmente sbaragliando i primi quattro, che il quinto, vista la mala parata, estrasse dalla cintura un manganello estensibile, lo allungò e premendo un pulsante lo fece rifulgere di energia elettrica, preparandosi a colpire l’intruso alle spalle.
    Senonché sopra di lui saettò un pugnale da lancio che gli sbalzò l’arma di mano.


    “AHIA! Ma che diavolo…”
    Si voltò e vide il suo ultimo compagno, che non si era buttato nella mischia, con il braccio ancora esteso nell'atto di lanciare.
    “Ma che diamine fai? Vieni piuttosto a darmi una ma…”
    In quella, fu steso da una gomitata di Kenichi.


    Il ragazzo rimase perplesso nel notare come l’ultimo dei suoi avversari non sembrasse intenzionato ad attaccare, ma attraverso il casco, non ne poteva indovinarne le intenzioni.
    Si abbassò a raccogliere il pugnale da lancio e gli venne quasi un colpo, quando gli parve di riconoscerlo.
    Lo tirò allo sconosciuto, che lo afferrò al volo e se lo infilò nel colletto della corazza.


    Poi, lentamente, si sfilò il casco.
    Un codino familiare sbucò fuori, insieme a due occhi grigi che lo fissavano molto seccati.


    “RANMA? Ma tu…che ci fai qui? E cosa fai…con la loro divisa?”


    “Cosa credi che ci faccia, brutto stupido? Che stia qui a prendere il sole? Sono venuto a liberare gli ostaggi dell’Alleanza Shimpaku. Come…stai facendo tu, del resto, almeno immagino.
    Non mi dirai che sei venuto qui da solo?”


    “Come? Ah, quindi quello è…un travestimento per infiltrarti tra di loro?
    Come hai fatto a...sapere dei rapimenti?
    Io…sì, certo, sono qui per lo stesso motivo. Al Ryozampaku sono partiti tutti lasciandoci indietro, ma poi abbiamo ricevuto una soffiata e…sono venuto qui con Miu, anche se…poi ci siamo divisi.
    Comunque…sono contento di vedere che tu stia bene”


    “Cioè che l’Anziano non mi abbia fatto fuori? Beh, non certo grazie a te.
    Comunque sì, questo è un travestimento, mi pare ovvio.
    Se fossi stato uno di loro, quel pugnale te l’avrei ficcato nella schiena invece di usarlo per salvarti la vita…e dovendo girare su una nave grande come un quartiere di Tokyo con cento membri dell’equipaggio e chissà cos’altro, mi pareva il minimo adoperare un po’ di riservatezza…o forse il tuo geniale piano consisteva nel girare qui intorno con un cartello luminoso che dice IL RYOZAMPAKU E’ QUI?”


    E’ più sarcastico del solito. Ce l’ha con me per questa mattina. Beh, un po’ lo capisco…


    “Dicevi che anche Miu è qui, ma non sai dove sia ora? Fantastico, dovrò fare da balia ad entrambi…comunque sono lieto che andiate di nuovo d’accordo…se aveste parlato in modo normale questa mattina, magari non sarebbe scoppiato tutto quel casino…”


    “NON C’E’ TEMPO PER QUESTO! Ne parleremo quando saremo tornati a terra, dopo aver salvato i prigionieri! Tu…sai dove sono? Li hai visti?”


    “No, ed anche se fosse? Cosa faresti? Ti tufferesti a salvarli per la tua compulsione a fare l’eroe? Da solo? Senza un piano?
    Ed anche se non ti facessi ammazzare, cosa ti dice che Renka sarebbe felice di vederti? Sei tu che stamattina l’hai fatta piangere…”


    Scattò secco, improvviso.


    Un gancio destro perfetto, dato con rabbia, in salto.


    Ranma lo ricevette girando la testa verso destra.


    Kenichi ricominciò a respirare normalmente dopo qualche secondo.


    Quello che aveva sentito era troppo anche per lui.


    “Ma tu…ti sei LASCIATO COLPIRE? Perché?”


    “Umph! Immagino che avessi anche tu bisogno di sfogarti, dopotutto. E poi, così, mi sentirò meno in colpa per la seconda cosa che sto per dirti”


    “E sarebbe?” 

     
    Grazie per avermi rovinato la vita, stronzo” 

     
    Un montante destro penetrò nel ventre di Kenichi, facendolo piegare in due. 

     
    Il ragazzo sprofondò nel buio. 

     

    ◊◊◊◊◊
     

     
     

     

    Nota dell'Autore: 

     
    D'accordo, è un capitolo che si basa sui colpi di scena. 

     
    Era necessario spiegare le dinamiche in base alle quali Cologne era stata chiamata ad intervenire, e poi lo stesso Hayato, e scoprire tutti gli altarini di Mousse.
    Volevo proprio avere questo scambio tra il Ryozampaku ed i loro nuovi Allievi e le Lame, per spiegare i complotti e contro-complotti che sono stati messi in atto.
    Per giustificare questa complessa situazione: Miu, Kenichi, Ranma ed Hayato su una nave, contro dei nemici indefiniti (?), ed il resto del Ryozampaku, compresi gli amici di Ranma, dall'altro. 

     
    Situazione che porterà a tanti scontri in parallelo, tra cui alcuni ragazzi di Nerima contro dei Maestri.
    Cominciamo da Mousse, MVP del capitolo.
    Lo adoro, penso che sia sprecato a fare la figura del fesso e che invece, se avesse una motivazione forte, sarebbe pericoloso e calcolatore. La sua natura di persona "ambigua" che può esplorare il "lato oscuro" ritorna qui molto utile. 

     
    Ora, non so in quanti avessero creduto davvero che fosse un traditore...ma il sospetto andava sollevato.
    Pink e Link (che dicono sempre "Prego" alla fine di ogni frase) sono le sue misteriose spie. 
    Sono due personaggi che mi fanno sganasciare e mi sembravano adatte al ruolo. 

     
    Poi, far ricomparire le fanciulle di Nerima come ostaggi ha un duplice scopo (anche se non è il ruolo più onorevole): dare maggior peso emotivo allo scontro e dimostrare che lo Yami ha indagato per bene su chi siano i praticanti più forti del Giappone che val la pena rapire. 


    Allo stesso modo, ho voluto mettere qualche cameo (in nota) di personaggi di altri manga (alcuni poco conosciuti in Italia) che potessero essere le vittime designate dei rapimenti. 

     
    Ps: sì, mi sono divertito a scrivere la scena tra Ryoga ed Hoshinano dove quest'ultima si comporta da fangirl, un piccolo riferimento, senza malizia, ai molti fan di Ukyo/Ryoga, che però non è coppia canon
    Ranma che se la prende con Kenichi in questo modo rancoroso (e viceversa) è dura da digerire, immagino.
    Ma vi prometto che la parte angst della storia sta per finire.
    Del resto, è necessario che tutti chiariscano i loro problemi personali per poi lavorare per lo stesso obiettivo. 

     
    Con questo siamo andati in pari con i capitoli già scritti, ma ho già deciso come tutto si concluderà, e penso di poter mantenere questo ritmo di pubblicazione, o poco più (magari dieci giorni per capitolo anziché una settimana). 

     
    Tra pochissimo, avremo talmente tanti scontri, da non riuscire a seguirli tutti.
    E qualche altra sorpresa, ovviamente.
    ;) 

     
     

      
    Legenda 

     
    *Le altre persone rapite provengono da altri manga, e sono cioè: Aya e Maya Natsume di Inferno e Paradiso; Teruhiko Tenkoji e Kenji Kisaragi di Kotaro Makaritoru (manga comico-con arti marziali, inedito in italia); Eito Akashi ed Ayame Kido di Agente oo8! (Altro manga di Syun Matsuena, l’autore di Kenichi); ed infine nientemeno che Momotaro Tsurugi ed Omito Date di Sakigake! Otokojuku

     
    ** : è un Haiku del poeta Masaoka Shiki 

     
    ***: circa sei milioni di euro, al cambio attuale 

     
    ****: nel capitolo 14 della fic, poi spiegato meglio nei capitoli 17 e 19 

     
    *****: come già spiegato nel capitolo 14, è la prigione del mondo di Kenichi in grado di trattenere anche dei Gran Maestri

     
     

     
     

      
    Mini-Guida per il manga di Kenichi: 

     
    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou 

     
    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei. 

     
    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere 

     
    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici

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    Capitolo 24
    *** Su Una Nave In Mezzo All'Oceano ***






    Kenichi si risvegliò dopo un periodo imprecisato, senza sentire il dolore che si sarebbe aspettato di provare.


    L’ombra se ne andò dai suoi occhi e vide un soffitto. Con una luce accesa.


    Non capendo bene, sbatté le palpebre e si rese conto di una cosa bizzarra.
    Aveva una dozzina di aghi da agopuntura infilati in tutto il corpo.


    Un po’ agitato, si mise a sedere, rendendosi conto di essere stato sdraiato su un letto.


    Sempre più confuso, si voltò per notare di essere in una delle vecchie cabine passeggeri, con Ranma accovacciato di fianco alla porta, che sorvegliava il corridoio dal buco della serratura.


    “MA…che diamine…?”
    “Oh, ti sei svegliato. Meglio così-disse Ranma, voltando lo sguardo solo per un attimo-ti pregherei però di non metterti a strillare, sto cercando di tenerli d’occhio e non vorrei che ci scoprissero”


    “Aspetta, fammi fare mente locale…tu…ti sei infiltrato sulla nave…noi abbiamo litigato…tu mi hai colpito…e DOPO…mi hai messo a riposare in questa cabina, facendomi l’agopuntura? Per…curarmi? Questi…sono gli aghi che ti ha regalato Kensei, è esatto?”
    “Noto con piacere che sei sveglio come al solito”
    “Ma…non ha alcun senso. Perché colpirmi per poi curarmi?”
    “Ti ho colpito perché mi hai colpito prima tu, per cominciare.
    Ed anche perché ce l’avevo con te per questa mattina, mi sembra ovvio.
    Ti ho portato via perché non potevo lasciarti lì in mezzo al corridoio-tra parentesi, gli scagnozzi che hai steso sono in un’altra cabina, legati ed imbavagliati-e ti ho curato perché non potevi continuare a dormire, se devi contribuire a salvare i ragazzi dello Shimpaku”.


    A Kenichi girava un po’ la testa, eppure, per quanto contorto, il ragionamento aveva senso.


    Si ricordò di quanto aveva detto Ranma prima di colpirlo: che gli aveva rovinato la vita.


    In effetti, si era reso conto che il ragazzo, del quale conosceva la storia, si era rifatto una vita al Ryozampaku, come gli aveva detto più volte, ed ora, a causa del loro litigio, era dovuto fuggire, pensando di non poterci più tornare. Come gli aveva detto anche Ryoga.


    Stette a pensarci per un po’ e sospirò.
    “Ranma, io…”
    “Cosa c’è?”
    “Mi…dispiace. Davvero. Per tutto. Io non…non avrei mai voluto che l’Anziano ti desse la caccia. Non…non ho riflettuto su quello che facevo.
    Altrimenti, avrei pensato dieci volte, prima di parlare.
    Anche per non ferire i sentimenti di Renka.


    La verità è che, se è stata rapita…”


    Ranma: “E’ stata colpa mia”
    Kenichi: “E’ stata colpa mia”


    Ranma: “UH?”
    Kenichi: “UH?”


    Ranma: “Ma cosa dici, è stata colpa mia!”
    Kenichi: “Ma cosa dici, è stata colpa mia!”


    Ranma: “Tu non capisci, quando ho parlato con Saiga, mi ha detto di aver intercettato una comunicazione dello Yami”
    Kenichi: “Certo, lo ha detto anche a noi, poco fa, durante il consiglio di guerra”


    Ranma: “E mi ha detto che uno degli allievi…”


    Kenichi: “…avrebbe scatenato il caos…”


    Ranma: “…dividendo il Ryozampaku…”


    Kenichi: “…e loro ne avrebbero approfittato…”


    Si fissarono per un lungo istante, comprendendo i sentimenti dell’altro.
    E poi, sentendosi anche ridicoli, scoppiarono a ridere, amaramente.


    “Oh, Kami, e quindi ci siamo entrambi incolpati di questo?” disse Ranma


    “A quanto pare, sì-rispose Kenichi-anche se, in effetti, il Maestro Sakaki mi ha detto di non pensarci troppo, perché è evidente che lo stessero pianificando da molto e che lo avrebbero eseguito comunque.
    Al massimo, è colpa mia solo per Renka…AHIA!”


    Ranma gli aveva fatto un pizzicotto su una guancia.
    “Ma che diavolo fai?”
    “Pensi che abbia ancora senso rimpallarsi la colpa a vicenda?
    Non può essere colpa tua per IL RAPIMENTO.
    Sarà colpa tua se me ne sono dovuto andare dal Ryozampaku.
    Ed anche di averle spezzato il cuore, povera ragazza.
    Ma del rapimento, quello no. Ne è responsabile solo chi l’ha rapita”


    Kenichi rimase un attimo interdetto.
    E poi ripensò ad altre cose.
    Kensei all’inizio se l’era presa con lui per lo stesso motivo.
    Ma poi gli aveva detto di non gettarsi nella mischia in modo spericolato. Come aveva detto?


    Considero tutti i miei allievi come miei figli, ed oggi ne ho già persa una…


    A Kenichi venne il magone.
    Il suo Maestro aveva comunque trovato il tempo per preoccuparsi per loro, ed invece…


    “Pfff…sembra che oggi io non ne faccia una giusta. Mi avevano detto di non fare scelte avventate, ma io e Miu ci siamo comunque gettati nella mischia…”


    “Ed avete fatto male-rispose Ranma, severamente-non sappiamo con esattezza cosa ci sia su questa nave”


    Kenichi lo squadrò per un attimo.
    “Ranma, tu…ti stai comportando in maniera molto responsabile, sai? Sembri…più maturo. Ti è successo qualcosa, ultimamente? Che ti abbia fatto maturare?”


    Ranma ripensò a tutto il tempo passato con Kisara ed arrossì.
    “Niente in particolare. Comunque, confrontiamo quello che sappiamo”
    E così si aggiornarono su quanto era successo nelle ultime ore.

    ◊◊◊◊◊

    Dopo aver corso per ore, persino il Superuomo Invincibile, Hayato Furinji, era molto stanco.
    Ma finalmente giunse in vista della nave.
    Non c’era possibilità di sbagliarsi, malgrado il buio pesto.


    Spiccò un ultimo balzo e salì a bordo, causando uno scossone che fece tremare tutta la struttura, e al diavolo la riservatezza.
    “CHE…CHE FATICA!” urlò l’omone.
    Dovevano essere a varie miglia dalla costa, ormai prossimi alle acque internazionali.
    Il cielo era scuro e si stava rannuvolando.


    Dopo aver ripreso fiato, l’Anziano del Ryozampaku riordinò le idee.
    La nave era gigantesca, avrebbe impiegato ore a girarla tutta, almeno se avesse voluto usare della cautela.
    In quella, arrivarono due marinai, attirati dall’urto, e li stese senza tanti complimenti
    Umph! E allora NON userò della cautela. In fondo, penso di sapere chi ci sia dietro a tutto questo…
    Vediamo…devo trovare il posto più adatto…

    ◊◊◊◊◊

     

    “E comunque, dobbiamo uscire in fretta da qui-precisò Kenichi-Miu-san in questo momento è…”


    “Miu starà benissimo-liquidò la cosa Ranma-è molto in gamba, come sai bene anche tu”


    Kenichi avrebbe voluto protestare a tanta nonchalance.
    Come poteva non preoccuparsi?


    Però poi si rese conto di avere ancora una domanda sul gozzo.


    “Ranma, tu…la ami?”


    Il giovane col codino lo fissò imbarazzato ed anche stupito.
    “Ma…ma che razza di domande sono, da fare, adesso?”


    Kenichi riprese.
    “Beh, perché io…io sì. La amo dal primo momento che l’ho vista, credo”.
    Il suo interlocutore rimase in silenzio.
    “L’ho amata da quando l’ho vista stendere quei banditi, tre anni fa.
    La amo con la pioggia e la amo col sole.
    La amo quando combatte e la amo quando fa il bucato.
    La amo quando sorride e la amo quando è triste.
    Specialmente quando è triste, perché vorrei che non lo fosse mai”


    Rimase poi assorto, in un’espressione malinconica.


    Ranma soppesò quello che aveva sentito con attenzione. Poi prese la parola.


    “In vita mia ho provato ciò di cui parli.
    Ma non per Miu”


    Kenichi si riscosse, ma poi trovò la cosa normale.
    Parla di quella ragazza della quale ci ha parlato, eh?


    “Già, capisco. Allora forse puoi immaginare come mi sento…”


    Ranma ci rifletté un po’.
    Come si sarebbe sentito lui se Akane fosse andata con un altro uomo?
    Non riusciva nemmeno a prendere l’ipotesi in considerazione.
    Quando aveva creduto che Akane si fosse innamorata di Shinnosuke, anche lui stava sbarellando.
    Forse, se mai avesse dovuto vederli nell’intimità….sì, avrebbe potuto benissimo combinare lo stesso casino di Kenichi.
    Magari ci avrebbe messo anche meno tempo prima di sbottare.


    “Kenichi, io ti capisco, ma…”
    Il ragazzo alzò lo sguardo.


    “…Se davvero la ami in questo modo, perché non ti comporti di conseguenza?
    Voglio dire…MI DISPIACE di averti fatto soffrire, ma…non è che io sia finito a letto con lei perché volessi farti un dispetto, capisci? Non mi sembrava davvero che fra di voi…ci fosse qualcosa del genere.
    Sì, forse dell’attrazione, una cotta, una passione giovanile…ma non qualcosa di così profondo. Non…non lo avevo capito”


    “Io…non lo so. E’ complicato”


    “Già, a chi lo dici. A dire il vero, anche se ho detto così, anche io…beh, non posso dire di essere un esperto di questioni amorose.
    Tanto meno che in vita mia sia sempre riuscito ad…ammettere ed esprimere i miei sentimenti.
    Anzi, tutto il contrario. E' una cosa sulla quale in tutta onestà non posso davvero criticarti”


    Kenichi lo guardò e gli parve di vederlo per la prima volta.
    Di Ranma aveva sempre visto gli aspetti esteriori, più appariscenti e solo ora si rendeva conto…di come fosse una persona con le sue timidezze ed insicurezze.


    “Pff…io…temo di averti giudicato male. Capisco solo ora che tu sei come tutti noi, con i tuoi problemi ed i tuoi drammi.
    Fin dal primo giorno che sei arrivato al Ryozampaku, invece…sono riuscito a guardarti soltanto come una persona speciale, quella che avrei voluto, ma che non riuscivo del tutto ad essere.
    Quindi, temevo che succedesse una cosa del genere. Qualcosa tra te e Miu, voglio dire.
    Il fatto è che…siete così simili. Sembrate davvero…fatti l’uno per l’altra. E’ dura da ammettere, ma è così.
    E’ come se le MIE insicurezze suonassero un campanello d’allarme…come se, fin dall’inizio, quella vocina che mi diceva Kenichi, non ce la puoi fare, lei è troppo per te, avesse ricominciato a parlare.
    L’avevo sentita per un sacco di tempo, quella vocina, ma ultimamente ero riuscito a tacitarla”.


    Ranma rimase stupito per un po’.
    Finalmente, ci stava capendo qualcosa.


    “Bah! Sei davvero un idiota”


    “Come, scusa?”


    “Conosci Miu da tutto questo tempo ed ancora non hai capito com’è fatta?


    Lei NON VUOLE essere considerata speciale.


    NON VUOLE venire messa su un piedistallo.


    NON VUOLE essere considerata bisognosa di protezione.


    Lei vorrebbe semplicemente…essere come tutti gli altri.
    Venire giudicata per com’è, per il suo carattere, e non per tutto il resto”


    Il giovane Shirahama fece tanto d’occhi.


    “E quindi-riprese il ragazzo col codino-se tu non cominci a pensare…a CONVINCERTI…di  NON DOVER SALIRE al suo livello…di essere GIA’ al suo livello…di avere le stesse chance di chiunque altro…anzi, molte di più, per il legame che hai creato con lei negli anni…se non cominci a trattarla come VUOLE essere trattata…a farla sentire…normale…non avrai mai speranze”.


    Seguì un silenzio carico di riflessione.


    “Io e lei…non siamo simili soltanto perché siamo speciali, Kenichi. Lo siamo soprattutto perché sentiamo IL PESO di essere speciali.
    La pressione. Di venire costantemente giudicati dagli altri. E di non venire mai davvero compresi.
    E dunque, forse, avevamo soltanto bisogno di qualcuno con cui poter essere noi stessi, senza giudizi”


    “E non credo affatto che essere simili sia un fattore determinante-continuò-E’ vero, io e lei funzioneremmo bene anche in una vera relazione…ma alla lunga, non saremmo la scelta giusta l’uno per l’altra.
    La persona giusta, per qualcuno come noi, sarebbe qualcuno di diverso…di complementare…simile per alcuni versi, ma non per altri…qualcuno che non ti giudichi, che possa capirti, ma anche che ti dia qualcosa di diverso che tu non trovi in te stesso, e di cui senti il bisogno, capisci?”


    Proprio come…


    Anche Kenichi sembrava aver raggiunto una quadra.


    “Quindi…è sempre stato questo il problema? Dovrei essere più sicuro di me? Avvicinarmi a lei con fiducia?
    Darle quello di cui ha bisogno lei, e non quello che penso io?
    Smettere di aspettare di DIVENTARE l’uomo giusto per lei…e cominciare ad ESSERLO?”


    Ranma annuì.


    “In effetti, a pensarci ora-riprese Shirahama-tu…l’hai sempre trattata alla pari…”


    “Certo che sì. Tratto donne ed uomini allo stesso modo.  Con lei sono sempre stato imparziale, su un piano di parità e fiducia…


    Anzi, no, a dire il vero…ci sono stati degli alti e bassi nel nostro rapporto di fiducia… Miu…aveva notato “la ragazza coi capelli rossi” sulla nave, durante la missione, e credeva che le nascondessi qualcosa.
    All’inizio ho negato, ma poi ho scelto di essere sincero. Una cosa rara, in realtà.


    Fino a quel momento…sì, c’era dell’attrazione, ma nessuno dei due avrebbe pensato davvero di…ora che ci penso, quella è stata la molla…che ha fatto cominciare tutto.


    Ma credimi, mi dispiace che tu ti sia sentito tradito.
    Da lei e…da me, come amico.
    Non ne avevo l’intenzione. E’ successo e basta.


    E poi, mi dispiace per un’altra cosa.
    Quando si è resa conto che…tu ed i Maestri del Ryozampaku…conoscevate il mio segreto…la mia trasformazione…e gliel’avete tenuto nascosto…si è risentita con tutti voi.
    Ho provato a spiegarle che dovevate averlo fatto per rispetto nei miei confronti, ma…”


    “Già, certo, capisco. Non avrà concepito come potessi tenerle segreto qualcosa, dopo tutto questo tempo”.


    A questo punto fu Ranma a sussultare.
    Proprio come Akane con la trasformazione di Ryoga.
    Proprio come me con il segreto dell’acqua di Jusenkyo al matrimonio fallito.
    Quando la fiducia viene tradita…è difficile tornare indietro.


    “Sì, la sincerità, la fiducia…sono difficili da costruire e mantenere in un rapporto. Lo so fin troppo bene” concluse Ranma.


    “Ma ora, le cose sono persino peggiori di così-riprese Kenichi-non solo mi sono mostrato possessivo e geloso, ma ho fatto questo nonostante io stesso avessi una relazione con Renka.
    Che è la persona con la quale dovrei scusarmi più di tutti…”


    “A dire il vero, per come ti sei comportato il lei, non ti perdono neanche io”


    “LO SO! Ho fatto una cosa…orribile.
    Posso solo dire che…quando vi ho visti…la sera della tua promozione, ero…sconvolto.
    Ero in stato di shock, e Renka era lì…ed io…non mi ero mai reso conto prima dei suoi sentimenti per me…”


    “Che razza di idiota”


    “Già, e dopo…beh, ho provato a far finta di niente.
    A pensare…che forse dovevo accettare le scelte di Miu, ed il nuovo status quo: c’erano due nuove coppie al Ryozampaku, impreviste, ma andava bene così…
    Ho creduto che potesse funzionare con Renka, dico davvero.
    Non ho mai voluto davvero ingannarla
    Ma alla fine, in realtà, non potevo continuare…a cercare conforto tra le sue braccia…non potevo…ingannare il mio cuore”


    Già, il sesso è una cosa, l’amore è un’altra, eh?


    “Va bene!-si riscosse allora Ranma-forse è ancora possibile sistemare le cose.
    Ho imparato che alcune cose non si possono aggiustare, ma altre sì-guarda Ryoga, per esempio-e se vuoi avere la tua occasione di scusarti, dobbiamo per prima cosa…aspetta!”


    Aveva sentito dei passi nel corridoio.


    Precipitatosi allo spioncino, vide passare due degli scienziati.


    Non ebbe dubbi: estrasse gli aghi rimanenti, quelli che non aveva usato per curare Kenichi, li intinse nel liquido che gli aveva dato Kensei, poi uscì in perfetto silenzio.
    Lanciò i due aghi sulla prima vertebra del collo dei due scienziati.
    Questi rimasero paralizzati ed incapaci di parlare per qualche secondo.
    Mezzo minuto dopo, si trovavano nella stessa stanza di Kenichi.


    “Chi siete? Cosa volete da noi?”


    Ehi, bello, qui le domande le faccio io


    Ranma aveva sempre sognato di dirlo.


    “Cominciamo con qualcosa di semplice-iniziò Ranma scrocchiando le dita-voi sembrate degli scienziati, e lavorate per lo Yami.
    Sappiamo che questi ragazzi sono stati rapiti, ma perché? Dov’è diretta questa nave?”


    “Va’ all’inferno! Non ti diremo un bel niente!”


    Ranma lo centrò con un pugno al viso e lo mandò nel mondo dei sogni.


    “RANMA!”


    “Piantala, Kenichi, lascia fare a me. Questi sono i metodi di interrogatorio di Sakaki, e dovresti sapere che lui raramente si sbaglia”


    Già, dovevo immaginarlo…a furia di andare con lo zoppo…impari a zoppicare


    “Che…che cosa volete farmi?” supplicò, tremante, lo scienziato ancora incolume.


    “Oh, per ora, niente. Ma se non risponderai alle nostre domande…forse molto peggio. Che ne dici?”


    Il poveretto deglutì, poi annuì con la testa.
    “Questa nave è diretta in un’isoletta nel Pacifico del Sud. Non sappiamo nemmeno noi dove, per ragioni di sicurezza”


    “Va bene. Prossima domanda: PERCHE’ avete rapito i ragazzi?”


    “Beh, Ranma, ma questo lo sappiamo anche noi, è perché…”


    “Voglio comunque sentirmelo dire da lui!”


    “Noi non ne sappiamo molto, ma sembra che quei ragazzi abbiano grande talento per le arti marziali, sono stati scelti da Ogata-sama in persona.
    Lui…voleva riprenderseli. Farne i prossimi membri dello Yami”


    “Ma immagino che se per tutto questo tempo siano stati vostri nemici, non sarà facile farli collaborare…”


    “Beh, in realtà…”
    Kenichi ebbe un’intuizione.
    AH!


    “C’entrano per caso…quelle sostanze chimiche che sono state contrabbandate in Giappone qualche mese fa?
    Saiga-sama diceva che sono state usate in un centro di ricerca per preparare un siero…di che si tratta?”


    Lo scienziato sembrò colto in fallo. “Io…”
    “PARLA!”
    “SE parlo, tra poco sarò un uomo morto!”
    Ranma tirò un pugno giusto di fianco alla sua testa, lasciando l’impronta delle proprie nocche sulla lamiera d’acciaio.
    “MA SE NON parli, sarai morto ORA!”


    Il tizio deglutì ancora e poi disse:
    “E va bene! Il fatto è che…sapevamo che ci sarebbero stati dei problemi a farsi obbedire, e quindi…abbiamo ricevuto ordine di lavorare, per riprodurre una certa formula…in modo da creare un…siero dell’obbedienza”


    “UN SIERO DELL’OBBEDIENZA?” domandarono i due giovani, in coro.


    “Sì, una specie di preparato, o di droga, che, se assunto…neutralizza la volontà di chi lo assume…rendendolo estremamente suggestionabile agli ordini ricevuti dalle persone delle quali sente la voce.
    Dopo un po’ di tempo, l’assunzione continua rende gli effetti permanenti.
    Però, a quanto pare…occorreva cominciare a somministrarlo ai soggetti il più presto possibile.
    Ecco perché…abbiamo dovuto contrabbandare gli ingredienti in Giappone…sintetizzarlo qui…e poi trasportare le apparecchiature sulle navi…per cominciare ad iniettarlo in endovena ai rapiti, già durante il viaggio di ritorno”.


    “Un momento-fece Kenichi-io conosco una storia del genere.
    Hai detto RI-produrre la formula? Da dove…proveniva il modello?”


    “Non lo so per certo…si dice che Ogata-sama e Kushinada-dono l’abbiano trovata…frugando tra gli effetti personali di un Maestro d’arti marziali defunto…in Indonesia”


    Anche Ranma ora fece la connessione. Aveva già sentito quella storia.


    Stranamente, stavolta fu Kenichi a scattare.
    Mise le mani al bavero dell’uomo e gli fece sbattere la testa contro il muro.


    “NEL TIDAT? Tu vuoi dirmi…che state riproducendo la pozione di Silcardo Jenazad?* Davvero?”


    “AAH! Sì, forse era quello il nome! Io…non so altro! Solo che la formula era…complicata, ci abbiamo messo dei mesi a riprodurla. Più che scienza, sembrava…”


    “Magia” concluse per lui Ranma.


    “Kenichi, è quello che penso. Miu me ne ha parlato, è davvero…”


    “Sì, Ranma, è la stessa formula che hanno dato a lei l’anno scorso. Vogliono trasformare i nostri amici in macchine assassine, facendo loro il lavaggio del cervello…per renderli perfetti membri dello Yami!”

    ◊◊◊◊◊

    Miu stava correndo nei corridoi ormai da un po’. Non era troppo preoccupata per Kenichi, ma preferiva comunque ritrovarlo il più presto possibile.


    Da quando era uscita attraverso i condotti d’aerazione, aveva deciso di seguire a ritroso gli stessi che uscivano dalla stanza dove era stato rinchiuso Kenichi…senonché, arrivata ad un incrocio con un altro corridoio, notò una cosa strana.


    C’erano una scia di corpi svenuti appartenenti a delle guardie di sicurezza come quelle che aveva visto. All’incirca una decina.
    Erano stati tutti quanti colpiti con grande violenza, da qualcuno che voleva far loro del male. Però nessuno di loro presentava ferite mortali.


    Erano come briciole di pane che avrebbero potuto portarla in direzione del misterioso individuo.
    Se non li ha uccisi…potrebbe essere un membro del Pugno Che Salva? Quale dovrebbe essere la mia priorità, ora? Contattare questo nuovo alleato, oppure…?


    Ci rifletté brevemente, ma non ebbe dubbi: la priorità era ritrovare Kenichi

     

    ◊◊◊◊◊

    I due ragazzi avevano quasi concluso l’interrogatorio.


    “E tra quanto dovrebbe iniziare la somministrazione?”
    “All’incirca fra un’ora-un’ora e mezza i preparativi saranno completati…ma, anche se dovesse iniziare, ci vorranno comunque ventiquattr’ore consecutive prima che se ne possano vedere i primi effetti…e poi altre due o tre settimane prima che divengano permanenti”


    “Questo vuol dire che faremo in tempo a fermarli!” concluse Ranma
    “Sì, ed è un grosso sollievo-confermò Kenichi-già temevo che avremmo dovuto combattere contro i nostri stessi compagni, trasformati in zombie”


    “Siete…siete degli illusi” affermò il bandito, che aveva ripreso coraggio nel vederli rilassati e meno minacciosi. Si ricordò per chi lavorava, dopotutto. E loro erano solo due ragazzini, in fin dei conti.


    “Cosa intendi?”
    “Questa è un’operazione dello Yami! Chiunque ne attraversa la strada, finisce per morire! Non illudetevi! Potete lasciarmi vivere o farmi fuori, ma se Un’Ombra, Nove Pugni ha deciso così…state pur certi che l’Operazione Pigmalione verrà portata a compimento!”


    “Eeee…diciamo che può bastare così” stabilì Ranma, stendendolo con un pugno.


    “Ehi!-protestò Kenichi-avrebbe potuto dirci ancora qualcosa!”


    “Niente, di utile, comunque. Ci ha già spiegato la cosa più importante, no? Che strada fare per arrivare al laboratorio con i prigionieri”


    “Beh, ma non è mica sufficiente. Sarà sorvegliato, dovremo infiltrarci in qualche modo”


    “Io propongo di riprendere la mia idea di prima: usiamo le uniformi ed i caschi delle guardie che ho steso. L’ho visto fare in un film** e…a proposito, com’è che l’ha chiamata? Operazione Pigmalione? Che nome strano”


    “In realtà-prese a spiegare Kenichi in tono cattedratico-ha perfettamente senso. Secondo un antico mito greco, Pigmalione era un re con l’hobby della scultura, che modellò una statua di donna tanto perfetta da innamorarsene. Implorò gli déi di darle vita: fu esaudito e poté così sposarla. Il suo nome venne usato come titolo di una famosa commedia di George Bernard Shaw, nella quale un professore di dizione scommette di trasformare una povera ragazza in un perfetto membro dell’alta società, impartendole la giusta educazione. Da allora, per antonomasia, si usa l’espressione “fare da Pigmalione a qualcuno” per indicare chi renda qualcuno simile a sé, od a come vuole che una persona sia. Di conseguenza, si adatta perfettamente agli intenti dei nostri nemici e…”


    “Sì, sì, va bene, ho capito, non c’è bisogno di farmi tutta la lezioncina”.
    Accidenti a lui. Mi fa sentire ignorante. Ora capisco perché vuole iscriversi a Lettere…


    “Quindi, recuperiamo le divise dei tizi rinchiusi nella stanza a fianco e…”


    “KENICHI-SAN! DOVE SEI?”


    “Ma questa è la voce di…”
    “MIU!”
    Kenichi balzò fuori di scatto, al diavolo la prudenza.


    Lui e Miu si strinsero in un rapido abbraccio-che imbarazzò un po’ entrambi, visti gli avvenimenti della giornata-prima di spiegarsi.
    “Come hai fatto a trovarmi?”
    “Beh, ho notato che lì in alto il condotto di aerazione è sfondato, ma non ne vedevo i pezzi, quindi ho pensato…”


    In quella, Ranma era uscito dalla stanza. Non sapeva come sarebbe stato accolto, ma si limitò a guardarla, a qualche passo di distanza.


    “Sì, come stavo per spiegarti, è una coincidenza incredibile…” iniziò Kenichi


    La bionda rimase prima di tutto esterrefatta. Come avesse visto un fantasma. Poi però l’istinto ebbe il sopravvento.


    “RANMA!” la ragazza gli gettò le braccia al collo.
    Rimasero stretti in un lungo abbraccio.
    Kenichi avrebbe voluto protestare, ma si rese conto di come non fosse il momento giusto.


    “Temevo…temevo che il nonno ti avesse…”
    “Per fortuna no”


    “Ma-disse poi sciogliendosi dalla stretta-com’é possibile? Come hai fatto a finire qui?”
    “Ti racconterò tutto. A dire il vero, ho informato il Ryozampaku della mia presenza qui-disse, indicando con un dito la ricetrasmittente di Sakaki che portava nell’orecchio-e loro mi hanno avvisato della situazione, ma non mi hanno detto di voi. Immagino che in quel momento non lo sapessero ancora.
    Ho incontrato Kenichi per puro caso”


    “A dire il vero-ammise il ragazzo-si era infiltrato per bene ed ha rovinato la sua copertura per salvarmi la vita” precisò, ricordando il pugnale da lancio tirato allo scagnozzo.
    Ranma si stupì un po’ che lui gli facesse fare bella figura con Miu.


    La ragazza girò la testa dall’uno all’altro e poi disse: “D’accordo, mi racconterete tutto. Ma prima devo dirti DUE cose”


    “UH? Quali?”
    Miu gli tirò uno schiaffetto sulla guancia destra.


    “EHI! Per che cos’era?”
    “Non mi nascondere mai più nulla!”


    All’inizio il giovane parve non capire.
    “So che hai parlato con mio padre! Ce l’ha detto qualche ora fa! Ti ha usato per mandare un avvertimento al Ryozampaku, il mese scorso, ma non hai detto niente a noi!
    A me!
    Credevo che…avessimo deciso di smettere con i segreti. Almeno tra di noi”.


    Ranma fece tanto d’occhi, poi abbassò le palpebre e fece un sorriso amaro.


    “Parola. E…scusami. Era un ordine ben preciso…ma non mi ha fatto piacere obbedirvi”


    “Non ha importanza. I Maestri e le loro stupide regole! Non mi sembra che si siano dimostrati le persone più mature ed affidabili del mondo, ultimamente.
    Sarebbe ora di iniziare a ragionare con la nostra testa”.


    A Ranma venne un flash di ciò che Miu gli aveva detto sul tetto del dormitorio, qualche mese prima.
    << Io…penso che dovremmo fare meglio di così. Trovare un sistema diverso. Forse è il nostro compito in quanto futuri Maestri. >>
    Per un attimo ebbe una visione del futuro.
    Un Ryozampaku, diverso, migliore, con a capo le persone che gli stavano davanti.


    Annuì con un sorriso, ma aggiunse: “Da un lato ti capisco, ma dall’altro… ultimamente, non posso fare a meno di comprendere alcune delle loro preoccupazioni.
    Insomma, venire qui da soli…senza un piano…senza conoscere numero e livello dei nemici…di recente mi hanno detto che gettarsi su un pericolo che non si può affrontare è pazzia, non coraggio.
    Ed io…penso di essere d’accordo”.


    “Rimprovero ricevuto-fece la ragazza, arrossendo-ed apprezzo la premura, dico davvero.
    Ma ora che siamo qui, in tre, dovremmo poter fare qualcosa per i nostri amici”


    “Non dovevi chiedermi un’altra cosa?”


    “Ah, sì, giusto. Ma COME hai fatto a venire a sapere dei rapimenti, ed a trovare questo posto, scusa?
    Al Ryozampaku abbiamo dovuto sudare sette camicie per scoprirlo”


    Kenichi si sentì un cretino per non averglielo chiesto prima.
    “Ah, giusto-riprese Ranma-Beh, a dire il vero…io ero andato da Kisara. Per avvisarla che…forse sarei sparito per un po’ di tempo.
    Ed ho incrociato quei bastardi mentre la portavano via. Dopodiché li ho semplicemente seguiti fin qui”


    “Come? Sei andato da Kisara…come UOMO?”


    “Sì, io…volevo dirle la verità. Mi sembrava che lo meritasse, anche se questo avrebbe potuto farle male.
    Era ora di...farla finita con i segreti”


    Miu descrisse un OH! Silenzioso con la bocca.


    Kenichi stava facendo tanto d’occhi. “Aspetta, ma…di che state parlando?”


    “Uh? Beh, del fatto che…negli ultimi sei mesi…ho allenato Kisara…in forma femminile, sotto le mentite spoglie di Ranko, una mia fittizia sorella gemella” ammise Ranma.


    Il Primo Discepolo si sentì saltare per aria.
    “Ma…ma come, una cosa del genere? Miu, tu lo sapevi?”


    La ragazza fece un cenno di imbarazzo, tenendosi la crocchia con le mani e tirando fuori la lingua, come i bimbi. “Teheheh


    “Guarda, guarda…chi è che mantiene i segreti con la gente, adesso?” la canzonò Ranma.


    “Beh, ma non potevo rivelarglielo! Era un TUO segreto, dopotutto, non mio”


    Rimase per un istante in silenzio, dopo quella affermazione.


    Nell’aria, si agitava un: esattamente come quando Kenichi non ti ha detto della trasformazione di Ranma, o come quando Ranma non ti ha parlato di Saiga…


    La ragazza protestò in modo divertito a quel rimprovero implicito.
    “Oh, INSOMMA! E da quand’è che fate comunella, voi due? Stamattina vi volevate azzannare alla gola a causa mia, e adesso…”


    Kenichi (imbarazzato) “Beh, sai Miu, noi abbiamo avuto modo di parlare un po’, e…”


    Ranma (impassibile) “In effetti, ci siamo presi a pugni meno di mezz’ora fa…”


    Miu: “CHE COSA?”


    Kenichi: “Ranma! Ti sembrava il caso?”


    Ranma: “Beh, abbiamo detto niente segreti!
    E poi, cosa stiamo qui a chiacchierare dei fatti nostri? Abbiamo degli ostaggi da liberare o sbaglio?
    Soprattutto considerando che su questa nave ci dev’essere…”


    All’improvviso, in tutta la nave, risuonò una voce roboante, che gridava un nome


    OGATAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!

    ◊◊◊◊◊

    Hayato Furinji aveva trovato il punto più basso e centrale della nave.
    Un grande spazio, forse venti metri per trenta, che nei tempi in cui quella nave solcava i mari per le crociere, aveva dovuto essere una sala da ballo.
    Vi si accedeva dal ponte superiore, tramite una grande scala a chiocciola.


    Si era piazzata in centro alla sala, le gambe piegate, le mani sui fianchi ed aveva respirato a pieni polmoni prima di emettere tutta la sua potenza toracica in quell’urlo.



    “OGATAAAA! DOVE SEI FARABUTTO? VIENI FUORI E RISOLVIAMOLA DA UOMINI; SE NE HAI IL CORAGGIO!


    O SEI CAPACE SOLO DI RAPIRE RAGAZZINI INDIFESI; FACENDOTI SCUDO CON I TUOI SCAGNOZZI?


    NON CREDO CHE SAREBBE ORA DI CHIUDERE QUESTA STORIA; COSI’ COM’E’ COMINCIATA? SOLO IO E TE; UNO CONTRO UNO.


    VIENI FUORI; O; PER TUTTI I KAMI; GIURO CHE INIZIO A SMONTARE QUESTA BAGNAROLA PEZZO DOPO PEZZO E LA SBATTO IN FONDO ALL’OCEANO!”

    ◊◊◊◊◊

    In una parte imprecisata della nave, una figura incappucciata, che stava seduta a gambe incrociate e braccia conserte, aprì gli occhi di scatto.


    Isshinsai Ogata dello Yami, l’ex allievo del Ryozampaku che si era volto al male, sentiva il messaggio del suo vecchio Maestro forte e chiaro.


    Acutì i sensi e tese i muscoli, come un felino pronto a scattare.


    La potenza delle onde sonore si propagava, con vibrazioni, attraverso ogni angolo della nave.
    Forse gli unici a non averla sentita sono i prigionieri narcotizzati. Forse.


    Un terrorizzato capitano delle guardie con le tempie grigiastre si precipitò, tremante, nella sua cabina.
    “Signore! Ehm! Mi…mi rincresce di informarla che…”


    “Si calmi, capitano Japstein. Ho sentito. Crede che ci sia qualcuno in tutto il Mar del Giappone che possa non averlo sentito?
    E poi-aggiunse con un sorriso divertito, rivolgendo uno sguardo al terrorizzato sottoposto-non ho intenzione di rimproverarvi o punirvi…non ancora almeno.
    Non c’è forza al mondo che avrebbe potuto tenere quel vecchio fuori da questa nave. Abbiamo avuto sfortuna.
    E’ stata una questione di spionaggio ed informazioni, non di sicurezza. Anche i nostri avversari sono in gamba”.


     


    “S-sì, signore, ma…non avrà davvero intenzione di affrontarlo? Voglio dire, si tratta pur sempre del Superuomo Invincibile!”


    “Si rilassi, capitano. Intanto, DEVO affrontarlo, anche non volendo.
    Ha detto che se non lo faccio, affonderà la nave e può scommetterci la pelle che ne sarebbe capace”.


    “In secondo luogo, per mia fortuna ho un asso nella manica che potrebbe pareggiare le forze in campo.


    Piuttosto-disse, voltandosi, mentre era già alla porta-una cosa sulla quale ME LA PRENDERO’ con lei, se non provvederà subito, sono GLI ALTRI intrusi.
    Non possiamo correre il rischio che cerchino di liberare i prigionieri, mentre io affronto il vecchio.
    E non vorrà lasciare l’onore di liquidarli ai nostri…riveriti ospiti.
    Capisce, è una questione di…reputazione interna allo Yami.
    Anche di etichetta, in un certo senso. Devono occuparsene i padroni di casa, per così dire.”


    “Signorsì, signore. Provvederò subito, signore.
    Un paio di pattuglie sono già scomparse e sospetto le abbiano annientate.
    Non è il momento di usare i guanti: dividerò tutte le forze in due grosse divisioni.
    Una starà a guardia del reparto scientifico dove sono i prigionieri, e l’altra verrà mandato a dar la caccia agli intrusi, dividendosi in non più di tre grossi plotoni, per esplorare tutti i corridoi. Li schiacceremo con la forza dei numeri”


    “Semplice ma efficace. Provveda pure” ed inforcò l’uscita.


    ◊◊◊◊◊

    I tre giovani erano ancora terrorizzati, mentre l’eco delle parole di Hayato Furinji si disperdeva in lontananza e le barriere metalliche delle paratie smettevano di tremare.


    Miu: “Il nonno! Quello era decisamente il nonno! Dunque, le tracce di prima…”


    Kenichi: “L’Anziano…è su questa nave? Ma allora…”


    Ma entrambi si resero conto che il loro compagno doveva averla presa peggio.


    Si voltarono all’unisono. Ranma aveva gli occhi sbarrati e tremava leggermente, ma cercava di mantenere un certo contegno.


    D’istinto, i due ragazzi si scambiarono un breve sguardo e poi ciascuno gli prese una mano.
    Il ragazzo col codino respirava solo un po’ più forte del normale.


    “Tranquillo, Ranma, non è qui per te”
    “E comunque, non lasceremmo che faccia nulla senza prima esserci stato a sentire, stavolta”.


    Ranma si riscosse e ritrasse le mani, un po’ imbarazzato (ma meno, si rese conto, di quanto lo sarebbe stato un tempo, per la stessa cosa).


    “Tch! Lo so bene! E’ solo che mi ha colto di sorpresa! Cosa ci fa qui?”


    Kenichi: “Ma…in effetti, non lo sappiamo neanche noi. Evidentemente…”


    Miu: “…mio padre è riuscito ad avvisarlo in qualche modo. Ed è un bene che sia così.
    Da quel che sento, sulla nave c’è Isshinsai Ogata, uno dei più pericolosi membri dello Yami.
    E’ stato lui a reclutare i nostri amici, quando facevano parte del Ragnarok…dunque è logico che sia lui a volerseli riprendere.
    Noi non avremmo mai potuto affrontare un avversario simile, un Gran Maestro. Ma ora…ci penserà il nonno.
    E noi potremo approfittarne per liberare i nostri amici!” concluse, con un moto di ottimismo.


    “Calma!-intervenne Kenichi-uno scontro di quelle proporzioni metterà a rischio l’intera nave…potremmo restare coinvolti anche noi”


    “Ed io vorrei ricordarvi che su questa baracca ci sono un’infinità di guardie e chissà quali altri nemici” precisò Ranma.


    “Ora che ci penso…ho visto tracce del passaggio dell’Anziano poco fa-si ricordò la ragazza-forse, se faccio abbastanza in fretta…riuscirò ad avvisarlo!” e scattò via, molto veloce.


    “Miu, aspetta!”
    Ma la ragazza era già sparita dietro ad un angolo.


    Kenichi si voltò verso Ranma.
    “Quindi? Avrei dovuto lasciarla andare perché la accetto per quella che è, o avrei dovuto fermarla perché sta facendo una cosa troppo avventata?”


    Ranma rispose scuotendo la testa: “Vorrei davvero sapertelo dire. A volte penso che non riuscirò mai davvero a capire le donne”

    ◊◊◊◊◊

     
    Miu correva come una forsennata lungo il corridoio che aveva già percorso, con tutti i sensi all’erta.
    Poteva seguire la scia di scagnozzi svenuti per trovare suo nonno-ad ogni modo, dalla provenienza della voce, riusciva ad immaginare più o meno la zona-ma doveva fare in fretta.


    Una sirena iniziò a risuonare per tutti i corridoi.
    Poté comunque sentire arrivare un’altra pattuglia di guardie, e si appiattì su un muro, per lasciarle passare.


    “Siete sicuri che abbiano dato l’allarme generale? E’ assurdo”


    “Fidati, tra poco su questa nave si scatenerà l’inferno!”


    “Secondo gli ordini, noi dobbiamo andare a guardia dei prigionieri, mentre le divisioni A, E, K, F e J andranno a dar la caccia agli intrusi. Sbrighiamoci!”


    Dunque è così. Non male averlo saputo. Inoltre, vorrei seguirli per scoprire dove siano i prigionieri, ma sarà per dopo. Adesso c’è una cosa più urgente da fare


    Riprese a correre nella direzione dalla quale erano venuti e ben presto raggiunse la strada giusta.
    Quando la scia di guardie svenute finì, fece un po’ più fatica a capire dove andare, ma poi cercò di indovinare quali fossero gli accessi al ponte inferiore, e se la cavò bene.


    Devo fare in fretta. Altrimenti rischio di incontrare Ogata mentre viene qui.


    Arrivata infine ad un ultimo corridoio piuttosto largo, lo percorse fino in fondo, per arrivare ad un terrazzino che dava su un enorme spazio aperto, freddo come una palestra. Tramite una scala a chiocciola si poteva scendere in basso.
    Una figura con un manto marrone stava al centro della stanza, in posizione di attesa.


    “NONNO!”


    “MIU???”


    L’incontro fra nonno e nipote fu toccante, ma breve.


    “Ma, nipotina adorata, che cosa ci fai qui? Pensavo che…”


    “Prima di tutto, nonno, non prendertela con Kenichi. E’ stata una mia idea”
    Ed in breve, gli raccontò tutto quello che era successo.


    “Capisco. Maledizione, che razza di situazione. Da un lato, non mi piace che siate qui. Troppo pericoloso.
    Dall’altro, capitate a fagiolo: potrete approfittarne per…”


    “Aspetta, nonno, devo dirti un’altra cosa, e devi promettermi di stare calmo.
    Anche Ranma si trova su questa nave. Io e Kenichi lo abbiamo già incontrato”


    “COSA? RANMA? MA…”


    “NONNO! Ti ho detto di stare calmo!”


    L’espressione dell’ultima erede dei Furinji era inesorabile.
    Seccata, severa e fredda.
    Hayato si sorprese a pensare che la sua nipotina era cresciuta, se riusciva a fare uno sguardo simile.


    “E va bene. In ogni caso, questo non è il momento”


    “NON SARA’ MAI IL MOMENTO, voglio che questo sia ben chiaro.


    Non avrebbe MAI dovuto esserlo, neppure stamattina.
    Non tollero di essere trattata come una mocciosa. Sono una donna adulta e posso fare le mie scelte.
    Non sopporto che Ranma o…chiunque altro, in futuro, debba pagarne le conseguenze.
    Sono stata chiara?”


    Hayato sollevò un sopracciglio. Poi alzò le spalle e fece un grosso sospiro.


    “D’accordo, forse hai ragione tu. Ho un po’ esagerato, eh?”


    “UN PO’?? Scommetto che a Tokyo stanno ancora chiamando i pompieri per la tua gitarella di oggi”


    “MUAHAHAH, può darsi, è così.
    E’ solo che-riprese con tono più dolce-ti ho cresciuta da quand’eri piccola, bambina mia.
    Non riesco a tollerare l’idea che qualcuno ti porti via”


    La ragazza fece un sorriso dolce.
    “Sarò sempre la tua bambina, nonno. Anche dopo che mi sarò sposata”


    I due si abbracciarono.


    “E quindi Ranma cosa ci fa qui? Lo avevate ritrovato ed è venuto con voi, oppure…?”


    “No, non è così. Lui…per farla breve, negli ultimi mesi, ha fatto da Maestro a Kisara. Di pomeriggio, in segreto.
    Oggi la stava avvisando che temeva di dover lasciare la città-e qui gli fece un’altra occhiataccia-e così l’ha vista mentre la rapivano.
    Poi li ha seguiti fin qui.
    Ha avvisato il Ryozampaku con la ricetrasmittente di Sakaki, gli altri sanno che è qui…ma forse non sapevano di noi, almeno all’epoca”.


    E’ venuto a salvare un’amica a rischio della sua vita…


    “Lo stesso Ranma non era felice di vederci-aggiunse la ragazza-Dice che ci siamo esposti ad un pericolo troppo grande”.


    “Bravo ragazzo. Comincia a piacermi di nuovo.
    Molto bene. Sono sicuro che Saiga e gli altri faranno il loro dovere, all’altra nave.
    Ma come va con Kenichi? Tu e lui avete parlato? E lui e Ranma?
    Riusciranno a mettere da parte la gelosia, in un momento come questo?”


    La ragazza arrossì un po’.
    “Beh…vista la situazione, devo dire piuttosto bene.
    Kenichi ed io…abbiamo parlato, oggi.
    E lui nel frattempo dev’essersi chiarito anche con Ranma.
    Ci siamo separati per mezz’ora e si sono incontrati prima loro.
    Potremo lavorare insieme, questo è sicuro”.


    “Questo è quello che volevo sentire.
    Ascolta, Miu, non c’è molto tempo, Ogata sarà qui da un momento all’altro. Il nostro scontro causerà danni alla nave, ma cercherò di limitarli.
    Voi dovete liberare tutti e fuggire sulle scialuppe di salvataggio, senza aspettare me, vi raggiungerò poi.
    Ecco, tieni. Questo piccolo amico potrà esserti molto utile”


    “Tochoumaru!” esclamò la ragazza nel vedere il topolino spuntare fuori dalla sua manica.



    “OH, MA CHE QUADRETTO COMMOVENTE!”


    “Ogata! Che tu sia maledetto!”


    “Non ti preoccupare, Hayato Furinji.
    Isshinsai Ogata non si abbasserà ad alzare le mani su una ragazzina.
    Io ho il mio compito da svolgere e lei ha il suo…così come altri, su questa nave, avranno il compito di fermarla”


    “Vai, Miu!”


    La bionda si avviò a passo lento e titubante fino a quando fu alla stessa altezza del membro dello Yami.
    Poi, certa che non avrebbe fatto sporchi trucchi, gli rivolse un ultimo sguardo di disprezzo e corse via.


    “Uhm! Che sguardo! Crescono così in fretta, eh?
    Ma anche tu, Hayato, hai ripreso a respirare normalmente, ora che l’ho lasciata andare.
    Non mi dirai che persino il leggendario Superuomo Invincibile era preoccupato”


    “Da uno schifoso rapitore di ragazzini ci si può aspettare di tutto, Ogata”.


    “In questo senso, ti sbagli. Le persone che sono su questa nave…sono miei. Lo sono sempre stati.
    Me li sono soltanto ripresi, per condurli al loro glorioso destino.
    Certo, a quanto pare su questa nave sono saliti anche dei topi…ma basterà un gatto per dar loro la caccia”.


    “Uhmpf! Sempre che non arrivi un cane a scacciare il gatto”


    “Dici davvero? Eppure, persino quel cane mi sembra un po’ spompo.
    Beh, ma certo, attraversare tutte quelle miglia d’acqua, alla tua età…non devi essere proprio al massimo della forma, eh?
    Cosa succederebbe se il cane, invece che un gatto…”


    Il Ki di Ogata iniziò a gonfiarsi ed assunse una connotazione sinistra.
    Sbagliata, persino.


    “…incontrasse una pantera?”


    Dannazione a lui!


    Hayato iniziò a gonfiare l’aura a sua volta, mentre Ogata declamò:


    << SEIDOU GOUITSU! >>***


    ◊◊◊◊◊

    Ranma e Kenichi aspettavano Miu da quasi venti minuti ed erano un po’ irritati.


    “Dannazione, giuro che se non torna entro due minuti, andiamo a cercarla”


    “Lo capisco, ma se ci imbattessimo in Ogata non avremmo scampo! Anche in due, non possiamo farcela contro un Gran Maestro”


    “Però corre lo stesso rischio anche lei” gli ricordò Ranma.


    “Non farmici pensare”


    “DOVRESTE PREOCCUPARVI PER VOI STESSI; PIUTTOSTO”


    “Accidenti! Ci hanno scoperti”


    I due ragazzi si trovavano in un incrocio, crocevia di quattro ampi corridoi, vicino alla cabina dove avevano interrogato i prigionieri.


    Tre di quei lati erano bloccati da plotoni da dieci persone di guardie corazzate.
    Tutti loro avevano estratto dei manganelli estensibili.
    La quarta direzione era quella in cui era andata Miu.
    Bastò uno sguardo tra i due. Se fossero fuggiti di là, li avrebbero condotti dritti da lei.
    Avrebbero mantenuto la posizione.
    Si misero in guardia, schiena contro schiena.


    “Sei pronto Kenichi?”


    “Quando vuoi tu”


    Le guardie si gettarono all’assalto, di corsa.
    Un attimo prima che si scontrassero con loro, una furia bionda saettò dal corridoio in mezzo a loro.
    “MIU!” esclamarono all’unisono.


    Si scatenò ben presto una battaglia.
    Prima i tre giovani, schiena contro schiena, respingevano gli assalti dei delinquenti, ruotando su sé stessi, per affrontarli alternativamente.
    Un mulinello di manganellate, di parate, di pugni e calci si scatenò nel corridoio.


    Poi, rendendosi conto che sarebbero stati schiacciati dal numero, in quello spazio stretto, Ranma spiccò un balzo lontano dai suoi compagni per allontanare alcuni degli avversari, ed affrontò da solo quelli che si divisero per inseguirlo.
    Per qualche momento lo scontro proseguì così, poi a Kenichi seccò che Ranma si stesse sacrificando ed approfittò di un momento di pausa per lanciarsi verso di lui per aiutarlo.


    Si misero schiena contro schiena e continuarono ad occuparsi dei banditi, sgominandone molti: a turno, uno parava e l’altro contrattaccava.
    A questo punto, era Miu che rischiava di essere sopraffatta.
    Ranma spiccò un balzo verso di lei, di nuovo si misero schiena contro schiena e sbaragliarono gli avversari con impeccabile lavoro di squadra.


    Infine, fu Kenichi ad allontanarsi per attirare gli ultimi scagnozzi e toccò a Miu volare nell’aria per raggiungerlo, mettendosi-manco a dirlo-schiena contro schiena, per occuparsi di loro, stendendoli tutti fino all’ultimo.



    Quando la polvere si posò, trenta guardie con corazze, caschi e manganelli stavano stese per terra, svenute.


    I ragazzi ripresero a respirare normalmente dopo qualche decina di secondi, più per la tensione che per lo sforzo.
    Erano un po’ sudati, ma nessuno di loro era ferito.


    “Beh!-esclamò alla fine la bionda, soddisfatta-tanto di cappello all’addestramento del Ryozampaku per il lavoro di squadra e per affrontare molti avversari alla volta, specie se armati. E’ andata bene!”


    “Non pensavo che…avremmo cooperato così bene” ammise Ranma.


    E’ perché…abbiamo chiarito le cose nei nostri cuori? si domandò Kenichi, a mente.


    “Comunque sia-riprese Miu-abbiamo un’occasione unica. Andiamo a liberare i nostri compagni.
    Ho parlato con mio nonno, è tutto a posto.
    In questo momento, sta combattendo con Ogata.
    E Tochoumaru può aiutarci!” esclamò mentre le questi le appariva da sopra la spalla.


    “Un momento-intervenne Ranma-è vero che abbiamo appena dimostrato che l’unione fa la forza, ma non credete che i prigionieri saranno sorvegliati? Potrebbero usarli come ostaggi”


    “Ah, è vero!-esclamò Miu-ho sentito delle guardie dire che metà di loro sta sorvegliando il laboratorio”


    “Ed allora come possiamo fare? Continuiamo ad attaccare in forze, finché non li battiamo tutti?
    Sempre ci siano solo loro e non anche dei praticanti di alto livello” soppesò Kenichi.


    “Io ho un’idea-disse Ranma-riprenderemo il mio piano di prima, ma con una piccola modifica…ascoltatemi bene”


    Quando ebbe finito di esporlo, Miu e Kenichi scossero la testa, dubbiosi.


    “Mmh…non so…dividerci di nuovo…”


    “Sembra controproducente. Anche se riconosco che…”


    “Fidatevi. Funzionerà.
    Forse è la migliore chance che abbiamo-insistette Ranma-per TRE buone ragioni: PRIMO; perché non se lo aspettano; SECONDO; perché attaccando contemporaneamente dall’interno ed all’esterno avremo maggiori possibilità; e TERZO, perché è necessario fare un giro di ricognizione per depistare o battere eventuali altri avversari…e questo posso farlo solo io, perché sono di livello Maestro”.


    Vederlo così spavaldo li convinse.
    Però entrambi lo stuzzicarono un po’.


    Kenichi: “Adesso però non ti montare la testa…”


    Miu: “Stai dicendo che quel ruolo può ricoprirlo chiunque sia di livello abbastanza alto?”


    Ranma: “Certo, e se la prossima volta mi avrai superato, lo lascerò fare a te, promesso” replicò, malizioso.


    “Un’ultima cosa. Prendete questi”. Ranma tirò fuori da una tasca la speciale barretta energetica dell’esercito che gli aveva regalato Apachai (anche se, come quasi tutto, l’avevano preparata Akisame e Kensei), ne spezzò tre quadretti (su dieci) e ne diede due ai suoi compagni, mangiandosi il terzo.


    “Dovrebbe darci energia, ed inoltre non mangiamo da parecchie ore. Darò il resto ai ragazzi, una volta liberati”.


    “Hai anche il resto dei regali? Pronto soccorso e tutto?”


    “Certo che sì, crocerossina-fece il ragazzo, ironico-ed in effetti tutta quella roba penso che mi sarà molto utile”.


    Fece loro un cenno di saluto e si allontanò in una direzione, raccomandandosi “Ci vediamo al laboratorio tra mezz’ora al massimo”.


    “Tu pensi che possiamo farcela, Kenichi?” domandò la ragazza.


    “Mah! A dire la verità, lo credo per la prima volta da oggi pomeriggio”.

    ◊◊◊◊◊

    Il capitano Mallard stava nella cabina di pilotaggio con i responsabili della strumentazione e delle mappe. Mallard era un veterano di circa sessant’anni che aveva passato tutta la vita a navigare per trasportare carichi di ogni tipo, legali od illegali che fossero.
    Non era la prima volta che lavorava per lo Yami, ma sapeva che questo sarebbe stato l’incarico più pericoloso della sua vita.
    Sperava solo non fosse anche l’ultimo.


    Entrò l’uomo che il capitano aveva mandato a chiamare.
    Si chiamava Specks ed era una specie di stereotipo vivente del marinaio: basso, tarchiato, con maglia a maniche corte a strisce bianche e rosse, folta barba a spazzola ed uguali capelli, color sale e pepe, coperti da un berrettino. Un occhio era orbo, attraversato da un lungo taglio, e teneva sempre in bocca una pipa spenta.


    “Mi ha mandato a chiamare?”
    “Sì, Specks, per un motivo preciso. Tra poco, su questa nave, si comincerà a ballare”


    “Si riferisce al tifone tropicale in arrivo? La POSEIDON può sopportare ben altro”


    “Sono più preoccupato dal tifone INTERNO alla nave che da quello ESTERNO, Specks.
    Se il signor Ogata ed il nuovo intruso si scatenano, non solo potrebbero danneggiare la struttura…ma anche risvegliare alcune delle bestioline che stanno su questa nave…che potrebbero a loro volta danneggiare le preziose apparecchiature scientifiche dello Yami.
    Sapete, molte di esse sono collegate a cavi in gomma. Se ciò accadesse e l’esperimento fosse compromesso, i committenti se la prenderebbero con noi.
    So che è lei l’addetto per queste cose. Provveda”.


    Specks si avviò per un corridoio buio e malsano ed entrò dentro una porta blindata con grata, della quale lui solo aveva la chiave.


    Dentro si sentiva odore di selvatico, tutto era buio e si sentivano i brontolii sordi di creature non specificate, chiuse in gabbie ammassate l’una sull’altra.


    “Ehi, bestiacce! Sveglia! Tra poco ci sarà del lavoro per voi. Ma anche se ora mi detestate, tra poco mi ringrazierete”


    Trenta paia d’occhi si illuminarono nel buio.

    ◊◊◊◊◊

    Un paio di guardie ritardatarie raggiunsero lo schieramento che indicava l’inizio della linea di protezione al laboratorio con i prigionieri.


    Uno che aveva l’aria di un ufficiale si rivolse loro con asprezza: “Che ci fate qui? Non dovreste essere andati ad annientare gli intrusi? Dov’è il vostro ufficiale di comando?”


    “S-siamo scappati a malapena!-si giustificò uno di loro, quasi piagnucolando, da sotto il casco scuro-non pensavamo che gli intrusi fossero così forti.
    Quando abbiamo capito che non potevamo farcela, ci siamo nascosti e li abbiamo spiati per un po’ da lontano, per poi venire qui ad avvisarvi: ci sembrava più utile che farci sconfiggere e basta!”


    “Dannazione! E va bene! Quanti sono gli intrusi, e dove sono?”


    “Sono solo in tre!-disse l’altro, la voce un po’ soffocata-almeno credo, sono in tre quelli che abbiamo visto noi, ma potrebbero essercene altri”


    “Accidenti! Ed in tre hanno sconfitto TRENTA dei nostri?
    Persino gli allievi del Ryozampaku non si smentiscono.
    Dove sono ora? Pensate che sappiano dove sia il laboratorio? Potrebbero avervi seguito?”


    “No, non possono averci seguito, abbiamo controllato.
    Inoltre ho due buone notizie: hanno deciso di dividersi, da quel che abbiamo visto, per esplorare meglio tutta la nave, credo, quindi penso non sappiano ancora dove sia il laboratorio.
    Erano nel corridoio centrale, credo si siano dati appuntamento di nuovo lì non dovessero trovare niente.
    Quindi è ancora possibile beccarli uno per uno-saranno molto meno pericolosi-od, alla peggio, aspettarne il ritorno al punto d’incontro per tendere loro una trappola”


    “Non ho bisogno che me lo suggerisca tu-berciò il comandante-ehi, voi, squadre B, C e D: andate subito ad esplorare i corridoi per intercettare gli intrusi.
    Usate ENTRAMBI i bastoni, in modalità ELETTRIFICATA, e combattete PER UCCIDERE, mi raccomando.
    Ingaggiateli solo se siete contro uno solo di loro alla volta, chiaro? Muoversi!”


    Mentre le guardie obbedivano, i due superstiti attraversarono la muraglia umana delle guardie, mettendosi un po’ in fondo, più verso il laboratorio.
    I loro colleghi fecero dei commenti su che razza di vigliacchi fossero, se persino ora preferivano stare il più lontano possibile dal pericolo.
    Il Ryozampaku faceva così paura?


    All’improvviso, però un topolino scivolò in mezzo alle gambe di uno di loro e si guardò intorno.
    La sua presenza non era stata ancora notata.


    Solo che proprio in quella si udì uno SKAAAAAAANK! terrificante, e l’intera nave tremò.


    Le guardie parvero turbate, ma erano veri professionisti e mantennero il controllo.


    “Tsk! Questi sono gli effetti dello scontro del Superuomo Invincibile? Davvero incredibile!”


    “Non è affar vostro! Mantenete la posizione!”


    Da lontano, però, si sentì un rumore insistente, indefinito.
    Uno squittìo.


    In breve, CENTINAIA di topi da stiva invasero ogni angolo dei corridoi.


    “Dannazione! Come temevo! Le vecchie bagnarole ospitano un sacco di queste bestiacce, ed il rumore dei colpi le ha spaventate!”


    “Dovete IMPEDIRE ad ogni costo che questi topacci entrino nel laboratorio!
    Se rosicchiano i cavi dei macchinari, l’intera operazione andrà a monte!”


    In breve, le guardie rimaste si ritrovarono a combattere contro i topi impazziti, che squittivano, si arrampicavano su di loro, mordevano gambe e braccia, sciamavano ovunque.
    “Dannazione! Non è facile! Ci vorrebbero dei…”
    “Sì, per quello stanno già provvedendo!”


    Uno dei due vigliacchi volse lo sguardo di là.
    Com’è che starebbero provvedendo?

    ◊◊◊◊◊

    Ranma aveva fatto un largo giro a semicerchio (era incredibile quanto fosse grande la nave) per intercettare eventuali altre pattuglie, pregando che non incontrassero Miu e Kenichi prima di lui.
    Pregò anche che il suo piano funzionasse.
    Pregò infine che lo scontro di Hayato non facesse affondare la nave.


    Aveva già sentito tre SKAAANK! ed ogni volta tutto quanto aveva tremato.


    Venne visto da un gruppetto di sei guardie, che nel notarlo, frenarono di colpo, estrassero coppie di manganelli, uno per mano, e premendo un bottone, li elettrificarono, per poi circondarlo.


    “Tsk! Vi servirà ben altro che quei giocattoli”


    Ma mentre li affrontava, tra loro iniziarono a sciamare centinaia di topi, spaventati senza dubbio dai botti.
    E poi apparve qualcos’altro.


    Il marinaio Specks che teneva a guinzaglio qualcosa come TRENTA gatti famelici, felici come un bambino in un negozio di dolci.


    “Non tirate, bestiacce! Ce n’è per tutti!
    Ne mangerete fino a scoppiare, ma DOPO!
    Dobbiamo prima spingerli il più lontano possibile dal laboratorio, e solo allora…”


    “GATTIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!”


    Il povero Ranma era terrorizzato come raramente lo era stato in vita sua.


    Aveva steso rapidamente cinque scagnozzi, ma ignorò il sesto, si voltò verso i gatti ed iniziò a tremare e ad agitare il pugno.


    “N-non venite qui, bestiacce, altrimenti io…”


    D’improvviso, gli balenò un’idea nel cervello.
    Aveva tutti i doni di promozione. Dunque anche quello di Kenichi.


    Fulmineo, tirò fuori dal camiciotto la fialetta col liquido verde.
    Il repellente per gatti.


    Kenichi, che tu sia benedetto. Ti perdono per oggi. Beh, quasi.


    “Non muovetevi, bestie del demonio, altrimenti io…” ed alzò la fialetta per lanciarla tra sé ed i mici.


    “Che diavolo fai?” esclamò lo scagnozzo superstite, colpendolo al braccio col bastone elettrificato.


    L’effetto fu che la fialetta volò per aria…più lontano del previsto.


    “IDIOTA! Non sai cos’hai fatto!” esclamò Ranma, voltandosi di scatto e stendendolo con un colpo solo.


    La fialetta fece qualche giro ed atterrò un metro dietro a Specks, fracassandosi al suolo.


    Per un attimo i gatti parvero dubbiosi, poi sembrarono provare disgusto per l’odore che proveniva dal liquido verde e si lanciarono in una fuga all’impazzata in direzione opposta.


    Proprio in direzione di Ranma.


    “AAAAAAAH!”


    Il ragazzo venne letteralmente sepolto dai gatti in fuga, che però ben presto lo sorpassarono, trascinando di peso Specks che gridava “Ehi, dannati, fermatevi! Cosa vi è preso?” e facendogli colpire Ranma in fronte, mentre passava.


    Quando tutto fu finito, di Specks non c’era traccia, se non una scia di polvere, e sia Ranma, steso a terra, viso al soffitto, con gli occhi bianchi e sbarrati, che i sei scagnozzi da lui sconfitti erano ricoperti da capo a piedi di graffi degli artigli dei felini.


    Il ragazzo col codino restò incosciente per un paio di minuti buoni, poi si riscosse.


    Fece uno sbuffo, le sue pupille ripresero colore.


    Ed emise un suono.


    MIAAAAAAAAAAAUUUUUUUUU….

    ◊◊◊◊◊



     

     
    Nota dell'Autore:

    Capitolo lunghissimo, penso il più lungo finora.
    Tendo a dilungarmi io, e poi avevo bisogno di far succedere esattamente queste cose.


    Ranma e Kenichi dovevano far pace, anzi, di più, dovevano comprendersi l'un l'altro, e c'era un solo modo: con tante chiacchiere.
    L'elemento introspettivo e di crescita personale, la capacità di comprendere le ragioni dell'altro, di avere in senso lato un rapporto con l'Altro sono elementi fondamentali di crescita che volevo tutti i protagonisti avessero.
    Sto rileggendo i primi capitoli e sono contento di aver mantenuto una bella coerenza sulle motivazioni e le impressioni dei personaggi, in tutti questi mesi non era facile.


    Il tema della sincerità, della fiducia, era molto importante (in Ranma torna spesso) e se ci fate caso è ambiguo: è giusto dire sempre tutto? A volte sono scoppiati casini tenendo dei segreti, altre volte liberandoli.
    Così come a volte è giusto pensare con la propria testa, altre volte seguire i consigli di chi ti vuol bene.


    La crescita di Ranma è occuparsi degli altri, quella di Kenichi credere in sé stesso, quella di Miu liberarsi dall'ombra di suo nonno e prendere il coraggio delle prooprie scelte.


    C'era bisogno di passare all'azione e di concentrarci sui protagonisti, anche se poi vedremo anche gli scontri del Ryozampaku e dei ragazzi di Nerima.


    A volte penso di non saper poi granché tessere dei misteri: credo tutti coloro che abbiano letto Kenichi abbiano indovinato che qui c'era Ogata (ma avete indovinato il Terzo Uomo e gli altri ospiti?), mentre sulla pozione di Jenazad, i cui componenti sono stati contrabbandati nel capitolo 14, per la saga iniziata nel capitolo 12, credo di essere stato più bravo.


    Kenichi e gli altri imparano che devono accettare le libere scelte dei loro amici, mentre lo Yami vuole trasformare i loro amici in macchine assassine prive di volontà.


    Hayato ed Ogata faranno danni e lo vedrete.
    C'è un indizio sul prossimo capitolo: vediamo se lo cogliete


    Ranma che viene travolto dai gatti e si trasforma nella sua versione Neko Ken è stata una cosa che non ho resistito al fare: avrà implicazioni più complesse del previsto e si riallaccerà con un altro importante tema di crescita per Ranma, che abbiamo già toccato nei capitoli precedenti: vediamo se indovinate quale.
    Questo capitolo è uscito dopo pochi giorni, ma mi sembrava giusto pubblicarlo: si sciolgono i nodi e la storia va avanti. I prossimi devo scriverli, ma sono già nella mia testa. Alla prossima!



    Legenda


    Silcardo Jenazad*: il Gran Maestro del Pencak Silat che nel manga di Kenichi ha rapito -Miu per farla diventare la sua allieva, facendole il lavaggio del cervello, nei volumi 47-51; come raccontato anche nel capitolo 3 della fanfiction. A questa pozione si riferiva il dialogo tra Mikumo ed Ogata del capitolo 17, e l’avvertimento di Saiga del 19
    Un film**: indovinate a quale film si riferisce Ranma e scoprirete il suo stratagemma…


    SEIDOU GOUITSU***: la tecnica proibita sviluppata da Ogata, che l’ha insegnata prima a Ryuto Asamiya, il suo allievo, e poi a Kanou Sho e Kajima Satomi dello Yomi, per usarli come cavie da laboratorio. Consente di utilizzare sia il Ki del Sei che quello del Dou, cosa di norma impossibile, aumentando così la propria potenza in maniera esponenziale. Questo però espone l’utilizzatore a gravi rischi per la propria salute. Tuttavia, il Seidou Gouitsu permette ad un Gran Maestro di salire di parecchio di livello, e sul finale del manga di Kenichi si ipotizzava che Ogata potesse servirsene per, grossomodo, pareggiare il livello di Hayato



    Mini-Guida per il manga di Kenichi:


    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici
     

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    Capitolo 25
    *** Le Battaglie Parallele ***



     
    La zona del porto adibita a smantellamento delle vecchie navi si era trasformata in un campo di battaglia.​


    Per fortuna, non essendo giorno di lavoro ed essendo un’area molto isolata per questioni di sicurezza (oltre che per il fatto che lo Yami avesse noleggiato tutti i porti antistanti per tenere lontana la gente) non ci furono testimoni a quella che fu una delle battaglie più enormi viste in quell’epoca.​


    Mentre gli ostaggi salvati erano ancora bloccati nelle spire della gigantesca pianta evocata da Pink e Link, e le guardie erano tutte stese a terra svenute, i marinai della nave OCEANUS si guardarono bene dallo scendere a partecipare, mentre i membri presenti delle Lame Esecutrici si posizionavano nel grande spazio antistante per affrontare il Ryozampaku ed i loro alleati.​


    La suddivisione dei nemici risultò abbastanza naturale.
    Sakaki si posizionò contro Rin Tachibana, il Gran Maestro della Lancia.
    Akisame contro Edeltraft, il Gran Maestro dello Spadone.
    Ma Kensei contro Raki Hoshinano, la Gran Maestra della Naginata.
    Apachai contro Marmaduke, Gran Maestra dell’Ascia.
    Shigure contro Mildred, Gran Maestra dell’Arco Lungo.
    E Saiga Furinji fu lesto ad evitare a Seitaro Raigo (Gran Maestro della Kodachi, cioè la spada corta) di tentare scherzi, dichiarando:
    “Non così in fretta, Raigo. So che in un paio di occasioni sei riuscito a sfuggire persino a mio padre…quindi occuparsi di te è compito mio”.​



    Alcuni dei Discepoli dei Maestri presenti (e di qualcuno non presente, notarono tutti) iniziavano inoltre ad avvicinarsi con circospezione agli alleati del Ryozampaku provenienti da Nerima. Contro di loro si stagliavano inoltre due avversari di livello Maestro.


    Intuendo il rischio di una suddivisione ineguale delle forze, Shigure si rivolse ad uno dei suoi allievi, per evitare problemi senza però sminuirne l’orgoglio:
    “Kuno…il tuo compito è…di affrontare gli Allievi…loro combatteranno insieme…e solo tu, come un vero…samurai, puoi…affrontare uno scontro multiplo, come…sul campo di battaglia”
    “Tsk! Quello che volete, dolce Shigure. Ehi, voi! Non pensate neppure per un istante di avvicinarvi ai prigionieri o ad alcun altro. Affronterò tutti voi da solo”


    Poi Shigure si rivolse a Pink e Link, le sottoposte di Mousse: “Ehi, voi…ragazzine…il vostro solo compito è di evitare che quel Discepolo affronti il mio allievo…la Falce è un’arma…difficile da affrontare
    Fu così che Pink e Link saltarono una sulle spalle dell’altra, come un mecha che si assembla, estrassero quattro armi bizzarre e cominciarono a tenere impegnato il ragazzo che usava la falce.
    Gli altri quattro (il discepolo che usava il Bantou, cioè una grossa sciabola di origine africana; ed i discepoli che usavano Lancia, Spada ed Ascia) si posizionarono intorno a Kuno, che li squadrò con assoluta convinzione nelle proprie capacità.



    I due di livello Maestro andarono perciò, correttamente, e senza interferenze, contro i due calibri più grossi tra i praticanti di Nerima.


    Kei Retsumin, il sicario che usa il Kung Fu, si posizionò di fronte a Ryoga.



    Ed il Maestro del Bantou (il suo nome è sconosciuto) fu attirato da Mousse, l’unico altro praticante di alto livello che usasse le armi.



    Sakaki, sempre attento alla salute dei discepoli, rivolse un rapido cenno ad Akisame, prima che cominciassero le danze.
    “Ehi, Akisame! Riguardo a loro…sei sicuro che…?”
    “Hai ragione, Sakaki-kun-rispose il Filosofo del JuJitsu-in effetti, gli avversari di quei due sono di livello Maestro…e loro, non ci sono ancora arrivati. Ma, come dice l’Anziano, il combattimento non è una scienza esatta…possiamo soltanto avere fiducia in loro”


    Tsk! Piuttosto, non è neanche l’unica cosa che mi preoccupa-rifletté il karateka-non mi preoccupano solo quelli che vedo, ma soprattutto quelli che NON vedo qui…

    ◊◊◊◊◊

    La nave POSEIDON stava cominciando decisamente a diventare un posto poco raccomandabile.
    Non bastasse il tifone tropicale che si stava scatenando all’esterno-navigare in piena notte su una nave enorme ma pressoché vuota avrebbe garantito di ballare un bel po’-anche all’interno stavano avvenendo una serie di fatti preoccupanti.


    Il capitano Mallard, sempre prudente, aveva deciso di mandare alcuni dei suoi marinai-praticamente tutti tranne cinque, quelli che gli erano indispensabili in cabina di comando-a controllare che non ci fossero falle, malfunzionamenti od altro, per meglio resistere al tifone incombente, oltre che per verificare che i topi, spaventati dallo scontro di Ogata con Hayato Furinji, non avessero rosicchiato qualche cavo importante. Bisognava anche verificare che i portoni della sala caldaie e della sala macchine fossero sigillati per evitare sabotaggi da parte degli intrusi.


    La decina di marinai a questo dedicata stava percorrendo uno dei corridoi dell’enorme nave quando incontrò uno spettacolo terrificante.


    Una delle squadre di guardie mandate alla ricerca degli intrusi, composta, abitualmente, da sei persone, era stata sbaragliata, i corpi stesi a terra in disordine, in pose grottesche.
    Nessuno degli uomini pareva morto, ma tutti erano feriti in vario modo, svenuti, e le loro espressioni erano paralizzate in un terrore indicibile.
    I superstiziosi marinai, per quanto rotti ad ogni esperienza, e calmi malgrado i recenti fatti, non riuscirono però a spiegarsi quello che vedevano.


    Le sei guardie avevano le corazze squarciate ed il corpo ricoperto di…graffi?
    E graffi come quelli di una belva ricoprivano anche le pareti lì intorno ed il pavimento dove stavano stesi.
    “Ma…ma che cosa…?”


    Dal buio del corridoio di fronte a loro si sentì un:
    MIAAAAAAAAAOOOOOOOOUUUUUUUUU


    Due occhi brillarono nell’oscurità.


    Poi un giovane che camminava a quattro zampe, con espressione spiritata, emerse dal buio.
    E balzò verso di loro.

    ◊◊◊◊◊

    All’interno del laboratorio, i preparativi procedevano febbrili.
    C’erano una dozzina di scienziati-due di loro a quanto pare mancavano all’appello-quindi erano sotto organico e dovevano sbrigarsi.


    “Avanti, avanti!-gridò quello che si dava arie da capo-voglio vedere collegati quei cavi e quelle flebo prima che sia passata mezz’ora! Sapete com’è stretta la tabella di marcia! QUALUNQUE cosa accada su questa nave, i prigionieri riceveranno la loro prima dose del siero, come previsto. Voglio anche monitorare i loro parametri vitali durante la somministrazione, è la prima volta che tentiamo una cosa del genere…”


    Il laboratorio era una stanza pentagonale, con un corridoio in corrispondenza di ciascuno dei vertici, ed una singola squadra di guardie a bloccare ogni accesso.
    All’interno stavano le sette bare di cristallo con i rapiti dell’Alleanza Shimpaku: Takeda, Ukita, Freya, Siegfried, Thor, Kisara e Renka.


    In ciascuna delle bare era stato ricavato uno spazio che conteneva i Tekkou (avambracci di metallo) che Shigure aveva fatto per loro tempo fa e che erano stati rubati quando li avevano rapiti.
    C’erano anche fori per far passare i tubi che tramite delle mascherine li tenevano anestetizzati, e le flebo con siringhe nel braccio sinistro tramite il quale, di lì a poco, avrebbero ricevuto il siero che avrebbe fatto loro il lavaggio del cervello. Una serie di cavi più piccoli collegati a degli stent ne monitoravano i parametri vitali, visibili su un computer dietro di loro.


    A sinistra di ogni bara stava venendo collocata la bombola con il siero, a sinistra una postazione per gli scienziati.
    Essendo rimasti in pochi, quattro delle guardie erano state mandate all’interno per dare una mano: due di loro erano i vigliacchi che erano fuggiti dopo essere scampati agli intrusi del Ryozampaku. Dovevano essere davvero dei novellini, perché, pur non vedendone l’espressione sotto i caschi, da come indugiavano sui prigionieri sembrava che avessero degli scrupoli.


    “Voi quattro, ascoltate bene-riprese il capo-è essenziale che ci coordiniamo per iniettare il siero tutti in contemporanea. Quindi due di voi dovranno, uno per ciascun prigioniero, assistere uno di noi, seguendo le istruzioni. Inoltre…ehi, cosa ci fa quella bestiaccia? FERMATELO!”


    Sembrava che un topolino fosse riuscito a sfuggire allo sbarramento. Ed invece non era un topolino qualsiasi. Era Tochoumaru.


    Stava saettando dietro ciascuna postazione, staccando i cavi dei parametri vitali e facendo spegnere i monitor. Questo avrebbe rallentato di molto l’operazione.
    Le quattro guardie partirono per fermarlo, ma andarono tutte in direzioni diverse e si scontrarono tra di loro, finendo sedere a terra come nelle comiche di una volta.
    Il capo scienziato si mise una mano sul viso. Non ci poteva credere…

    ◊◊◊◊◊

    Kisara stava sognando. Per la precisione, stava facendo un incubo.


    E’ possibile sognare sotto anestesia? In teoria no…eppure, la praticante di Taekwondo non sapeva di essere sotto anestesia…forse era quello il trucco.
    O forse non era neppure un sogno. Più un ricordo.


    Si ricordò come tutto era cominciato.


    Era piccola. Avrà avuto otto o nove anni.


    Amava i gatti, già allora. Ed il suo preferito era il suo micetto, Noir.


    Stava passeggiando con Noir quando finì in un campo abbandonato.
    E vennero aggrediti da un cane randagio. Un molosso. Enorme, feroce, sbavante.
    Kisara era terrorizzata. Si appiattì contro una rete, aspettando il peggio.


    Noir si tuffò in mezzo tra lei ed il cagnaccio. Iniziò a soffiare, a rizzare il pelo per farsi più grosso e ad artigliare l’aria.
    E poi successe. Iniziò la zuffa.


    La piccola Kisara non poté fare altro che scappare.
    Noir non tornò più da lei.


    Ma oltre ad averle salvato la vita, le diede una lezione importante.
    E le fu d’ispirazione.


    Imparò che il fondamento di ogni cosa è il coraggio: fare le cose anche se non sai come andranno a finire.


    E capì che se non voleva più perdere nessuno, doveva diventare forte*

    ◊◊◊◊◊

    Hayato ed Ogata si stavano scambiando colpi terribili.
    Entrambi avevano espanso l’aura al massimo delle loro capacità attuali.


    Ogata stava usando la tecnica Seidou Gouitsu per usare contemporaneamente il potere del Dou e del Sei-cosa di norma impossibile-e riuscire, temporaneamente, a stare alla pari col suo formidabile avversario.


    “Sei sceso ancora più in basso, Ogata-commentò Hayato-fino a qualche mese fa consideravi il libero arbitrio il bene più importante; persino quando i tuoi stessi discepoli si ribellavano al tuo volere. Ora invece sei disposto a sfruttare un preparato demoniaco come la formula di Jenazad per fare il lavaggio del cervello a quei ragazzi e forzarli ad entrare nello Yami, rendendole vostre marionette!


    Già, ma di cosa mi stupisco? Anche la tecnica che stai usando per affrontarmi…è stata perfezionata facendola sviluppare a dei ragazzini…Ryuto, Kanou, Satomi…tutte cavie che hanno rischiato la pelle utilizzando un metodo proibito, permettendo a te di perfezionarla…e di affrontare me ora!”


    “Uhmpf! Ma questo prova che i metodi che presentano i maggiori rischi sono anche i più efficaci-replicò, sprezzante, il membro dello Yami-e pur di perfezionare le arti marziali e di portare avanti i miei ideali, sono pronto a tutto! Scenderò tanto in basso quanto sarà necessario! Perché io ho selezionato personalmente quei ragazzi, anni fa…e conosco il loro potenziale!”


    “Avete davvero intenzione di farne i nuovi membri dello Yami? Ci vorranno anni!”


    “Dai cinque ai dieci anni per farne dei Gran Maestri, secondo i miei calcoli-confermò Ogata-ma non è detto che con i metodi giusti non si possano accelerare i tempi!”


    “Mi fai vomitare!”


    “Eppure, tutto questo è stata colpa VOSTRA, Anziano. Vostra e del Ryozampaku. Ci avete forzato la mano”


    “Cosa intendi dire?”


    “Quando avete fermato il Tramonto Eterno ** e siete riusciti a spingere Agaard, Sogetsu, Rahman, Hongo, Gaidar e Carlo a disertare da noi, ci avete inferto un duro colpo. Per non parlare della morte di Senzui e della redenzione di Saiga. Ma soprattutto, avete rovesciato l’equilibrio di potere tra reparto ARMATO e DISARMATO dello Yami. Di Un’Ombra, Nove Pugni siamo rimasti solo io e Mikumo…e di là, c’erano ancora tutte ed Otto le Lame Esecutrici”.


    “Uhmpf! Scusa tanto se non vi abbiamo lasciato fare come vi pare!” replicò l’omone.


    “Sia come sia, qualcosa doveva cambiare, per evitare di sparire. Intanto, non volevamo venire assorbiti dal reparto armato.
    Penso abbiano contemplato la cosa-farci fuori e prendere il controllo assoluto-ma poi hanno ritenuto potessimo essergli più utili se ci fossimo rimessi in piedi”.


    “Per una questione di concorrenza?”


    “Esatto. Come sai, i membri del Pugno Che Uccide lavorano come mercenari per grosse organizzazioni criminali…a volte persino governi e potentati economici.
    Ma dopo aver fallito il Tramonto Eterno molti di loro non si fidavano più di noi…sia per una questione di reputazione-avevamo perso contro di voi, pur essendo più numerosi-che di ideali divergenti: la guerra mondiale non fa bene agli affari.
    Per di più i disertori di Un’Ombra Nove Pugni continuano a lavorare come mercenari indipendenti…in alcuni casi, facendo abbassare le tariffe”.


    “Sto per commuovermi per la vostra sorte” fece Hayato, sarcastico.


    “Ed allora sorse spontanea la domanda: come rimpinguare le nostre fila?-proseguì Ogata, senza farci caso-e lì mi è venuta l’idea. Potevamo contare su Ro Jinsei, l’amico di Sogetsu…anche lui usa il Kung Fu ed è un Gran Maestro…ma come trovarne altri? Poi ho ripensato al mio vecchio piano…avevamo già sotto mano tutti i praticanti che ci servivano”


    “Cioè i ragazzi che oggi fanno parte dell’Alleanza Shimpaku…gli amici di Miu e Kenichi”


    “Esattamente, che ho selezionato personalmente anni fa, per far parte del Ragnarok. IO SO PER CERTO che possono diventare dei Maestri. Immagina, Hayato…la formula di Jenazad darà loro il giusto…incentivo. Entro CINQUE anni io ne farò dei Gran Maestri ed allora…al posto di Un’Ombra, Nove Pugni, avremo


    I SETTE PUGNI DELL’OMBRA


    Arti Marziali Antiche: Ogata Isshinsai


    Ju Jitsu: Kushinada Mikumo


    Boxe: Ikki Takeda


    Kung Fu: Ro Jinsei


    Taekwondo: Kisara Nanjo


    Sumo: Chiaki Yuma (Thor)


    Bastone: Kaname Kugatachi (Freya)”.


    “Spaventoso! Immagino che in questo schema, Renka Ma dovrà sostituire Ro Jinsei…mentre avete scelto di includere il Bastone tra le Arti Marziali a Mani Nude perché le Lame non accettano nelle loro fila le armi non mortali, giusto? E poi…Kozo Ukita, che fa Judo, verrà addestrato da Mikumo, è esatto? Insieme alla sua allieva, Chikage, che già conosce. Ed allora tu…”


    “Sì-confermò-io mi prenderò come allievo Kugenin Hibiki (Siegfried): sono sempre stato affascinato dal suo stile basato sul contrattacco. Ho già altri allievi che portano all’estremo una sola caratteristica”


    “Però ci sono due navi…anche le Lame avevano degli obiettivi”


    “Certo, come puoi immaginare, per convincere le Lame ad aiutarci abbiamo dovuto permettere loro di fare un’altra…lista della spesa. Sembra che il vecchio Oganosuke non abbia allievi cui tramandare il suo stile con due spade…dubito qualcuno sopravviverà all’allenamento, perciò abbiamo trovato QUATTRO candidati, due uomini e due donne che usano la katana. Raigo vuole mettere insieme un piccolo team per operazioni stealth, quindi gli abbiamo procurato due giovani che fanno gli agenti segreti per il governo. Le Lame vogliono poi aggiungere un nuovo membro basato sulle Armi Cinesi…presto ci saranno NOVE Lame, anziché Otto…stanno facendo scouting per il Maestro…ma intanto hanno tre Allievi per tre armi diverse: un ragazzo per il Sansetsukon, una guerriera Amazzone per Sciabola e Chùi ed una praticante di Ginnastica Ritimica cui insegnare la Corda con Peso…infine, a Tachibana abbiamo procurato un forte utilizzatore di Lancia e per Hoshinano una chef di Okonomiyaki che usa una spatola gigante…dovrebbe adattarsi bene ad usare una grossa Naginata. A dire il vero, Hoshinano è soddisfatta della sua allieva, ma vuol comunque provare due approcci distinti. Tra parentesi, tre di queste persone sono…molto amiche dei vostri nuovi allievi, quelli di Nerima. Un posto interessante quel quartiere…”***


    “E dopo che avrai completato questo piano rivoltante…cos’hai intenzione di fare? Immagino sia solo l’inizio”


    “Oh, infatti dopo VERRA’ IL BELLO-continuò Ogata, infervorandosi-una volta che saranno tutti pronti, comincerà l’azione vera e propria.
    Inizieremo col dare la caccia a quei dannati traditori che sono usciti dai Nove Pugni…lavorano tutti isolati, quindi andremo a prenderli uno ad uno con i loro allievi, anche in superiorità numerica, sia dannato l’onore…e salderemo loro il conto!”


    “Tch!” fece Hayato, disgustato.


    “In questo modo, ci accerteremo che tutti i nostri clienti sappiano quanto siamo forti e che non scherziamo, e continuino a servirsi di noi, stabilendo il monopolio delle attività mondiali come mercenari. A questo punto…”


    “Verrete a cercare il Ryozampaku?”


    “E VI SCHIACCEREMO! Dovessimo attaccarvi in Sedici contro Sette, se sarà necessario”


    “Uhm…ed a quel punto, senza più ostacoli, riproverete di nuovo a realizzare un Tramonto Eterno…far scoppiare una guerra mondiale per far prosperare le arti marziali assassine e riportare il mondo indietro”


    “Vedo che hai indovinato”


    “Ma uno come te non si accontenta del secondo posto, vero Ogata? Immagino che, in tutti questi scontri…qualcuno delle Lame ci lascerà le penne, vero? E se non lo farà, lo aiuterete voi…così che il reparto a Mani Nude possa tornare ad avere il predominio sullo Yami, come ai tempi di Saiga e Senzui…ma con un altro drago a due teste al comando: Tu e Mikumo, dico bene?”


    “Tsk! Sei intuitivo come sempre, vecchio, non ti si può nascondere niente”


    “Dunque è questa la posta in palio delle battaglie di oggi! Nientemeno che il destino del mondo intero!
    Se riuscirete a portare via quei ragazzi, potremmo non ritrovarli mai più…ed il tuo piano avrà molte possibilità di riuscita…mentre, se doveste fallire…sarebbe la fine dell’alleanza tra reparto Armato ed a Mani Nude dello Yami…un colpo dal quale non vi riprendereste più…”


    “Tutto sommato è giusto così…a chi non piace puntare tutto alla roulette e vedere come va?” commentò Ogata, con un lampo folle nello sguardo.


    “A chi ha qualcosa da perdere-rispose Hayato-anzi, meglio, a chi tiene davvero a qualcosa”

    ◊◊◊◊◊

    [IN UNO SPAZIO IMPRECISATO SULLA POSEIDON, NEL BUIO PIU’ TOTALE]

    Prima Voce: “Certo che stanno facendo davvero dei bei botti, eh…il vecchio ed Ogata ci danno dentro”


    Seconda Voce: “Sì, è pressoché impossibile stabilire chi vincerà”


    Terza Voce: “Ma è anche vero che per noi…sarebbe meglio se vincesse Ogata-sama, no? Anche se, in effetti, siamo qui come osservatori…se vincesse lui, non avremmo mai l’occasione di entrare in azione, giusto? Tu che ne pensi?”


    Quarta Voce: “A me questi dettagli non interessano. Sono qui solo per eseguire gli ordini della mia Maestra. Se lei ritiene che allo Yami deriverà un vantaggio dal completamento della missione…tanto meglio. Se le cose andassero male…farò come mi è stato ordinato”.


    Prima Voce: “Ahah, credo di non averti mai sentita parlare tanto! Comunque, sei in errore…noi siamo qui come osservatori, è vero…ma è anche IMPLICITO, nel nostro compito, che SAREBBE MEGLIO se ai nostri colleghi le cose andassero storte…perché noi ne ricaveremmo un vantaggio”


    Terza Voce: “Shh! Sei matto? Qui con noi, c’è anche…”


    Prima Voce: “Oh, ma a lui non interessano gli intrighi e la politica, vero? Gli importa solo combattere contro avversari forti. Tutto il resto per lui non conta. Quindi, forse anche lui…preferirebbe avere un pretesto qualsiasi per scatenarsi…se non prova troppa nostalgia


    Quinta Voce: “Tsk!”


    Seconda Voce: “Piuttosto…dei due…mi preoccupa di più…l’ALTRO”


    Terza Voce: “Sì, in effetti, da come sta fremendo…diresti non riesca a contenere la sua sete di sangue…potrebbe anche ignorare gli ordini e scatenarsi da un momento all’altro…al minimo pretesto”


    [Da in fondo alla stanza si sente qualcuno respirare pesante…]

    ◊◊◊◊◊

    Ryoga probabilmente pensava che non gli fosse andata troppo male.
    Si sbagliava.
    Quel tizio cinese alto e muscoloso con i baffetti lisci e sottili non aveva solo l’aria rilassata e sicura perché fosse il classico arrogante pieno di sé. Aveva davvero tutte le carte in regola per giustificare il suo atteggiamento.



    Non appena furono a distanza giusta, Ryoga iniziò a tirare qualche colpo per saggiare le sue reazioni.
    Ed invece l’altro iniziò subito a colpire al massimo delle sue capacità.


    Gli rifilò una raffica di pugni velocissimi e molto potenti, che al giovane ricordarono parecchio la Tecnica delle Castagne di Ranma, solo che, se possibile, facevano ancora più male.
    Si ritrovò sbalzato a terra, qualche metro indietro.


    Apachai, il suo Maestro, mentre combatteva con il cavaliere in armatura che usava l’ascia, trovò il tempo per voltarsi verso di lui ed avvertirlo.
    “APA! Fa’ attenzione, Ryoga! Quel Maestro di Kung Fu è molto abile! Ed anche crudele! Lo chiamano la Calamità Umana, per quante persone ha ucciso! Apachai lo ha sconfitto lo scorso anno, ma per te può essere difficile! Ricordati le lezioni e difenditi!”


    Ryoga si rimise in piedi, con sguardo tetro “Ricevuto, Maestro”


    Kei Retsumin prese la parola: “Oh, che sorpresa. E dunque quel praticante di Thai è il tuo Maestro?”


    “E’ così. Il mio nome è Ryoga Hibiki e sono l’allievo di Apachai Hopachai del Ryozampaku”


    “Bene bene…sappi una cosa, Ryoga Hibiki…ho un conto in sospeso con il tuo Maestro…è l’unico uomo che sia mai riuscito a battermi, ed un giorno mi vendicherò…magari già oggi, se quella donna con l’ascia non lo fa fuori prima…ma per intanto…credo che gli procurerò un grosso dispiacere, ammazzando te!”


    E si lanciò all’attacco, rinnovando la raffica di pugni.
    Sembrava non saper fare altro, ma in effetti era molto efficace. Scagliava un numero incredibile di colpi, tutti ugualmente rapidi, verso ogni bersaglio possibile, e non si stancava mai. Inoltre, quel mitragliamento continuo non lasciava alcuno spazio per contrattaccare.


    Ryoga, però, non si era allenato quattro mesi e mezzo al Ryozampaku per nulla.
    Tsk! Ora ti faccio vedere io…non sono più quello di una volta…


    Il giovane iniziò a concentrarsi, tenendo una guardia stretta a coprire volto e sterno, e cominciò ad essere in grado di distinguere i colpi che arrivavano, mettendosi a schivarli uno dopo l’altro, parandone altri e spostandosi con i piedi per non essere sempre in traiettoria.


    In fondo, è andata sempre così…ho sempre affrontato Ranma, che si basa sulla velocità, mentre io sono più un combattente di potenza…ed Apachai ha passato mesi a correggere i miei difetti, per rendermi più rapido e fluido…e tu, bello mio, non vali quanto Ranma Saotome in ogni caso!


    Nel vederlo sgusciare con eleganza in mezzo ai suoi colpi, Kei Retsumin alzò un sopracciglio.
    “Oh…non male…ma cosa succederebbe se aumentassi un altro po’ la velocità?”


    E prese ad accelerare le raffiche, ricominciando a colpire il suo avversario sempre più spesso, fino a sbalzarlo via di nuovo.
    Stavolta Ryoga aveva accusato i colpi.



    “Da-dannazione…” imprecò mentre si rialzava da terra.
    E’ forte. Non è completo quanto Ranma, né raggiunge il livello dei Maestri del Ryozampaku, ma è specializzato nella velocità…ancora più di Ranma…è come se combattessi contro una versione di lui che usa solo la Tecnica delle Castagne…e va bene, cambiamo strategia


    Ryoga afferrò delle bandane dalla fronte e le lanciò come dei boomerang, dopo averle indurite con Ki.
    Molte di esse finirono davanti a Retsumin che le disintegrò rapidamente con dei colpi di mano, ma alcune avevano descritto un largo arco per andargli alle spalle.
    A sorpresa, però, l’omone, che non usava quasi calci per attaccare, sollevò una gamba dietro la schiena come una ballerina e le intercettò al volo, facendo una smorfia di disappunto.


    Ryoga però approfittò di quel momento per gettarsi in avanti.
    E va bene! Non combatterò né come il vecchio Ryoga, né come quello nuovo. Sarò un mix dei due


    << TECNICA DELL’ESPLOSIONE! >>


    Lo scoppio di rocce ed asfalto colpì in pieno Retsumin, lasciandolo anche sbigottito.


    Ryoga ne approfittò per lanciarsi nella sua guardia e rifilargli una gomitata di Thai in pieno stomaco, seguita da un’altra gomitata dal basso verso l’alto, dritta sul mento.


    Per un istante rimase fermo, come a contemplare la cosa.
    “D’accordo, ti avevo sottovalutato un pochino…ma adesso crepa!”


    E ricominciò una raffica ancora più rapida e potente di prima, respingendolo indietro.
    Ryoga iniziava ad accusare i colpi, ma era rincuorato dall’essere riuscito a colpirlo.


    Però non posso andare avanti così…incassare venti colpi per ogni due o tre che gli infliggo…diventerà una battaglia di logoramento…devo finirlo con meno colpi possibile


    Iniziò a tenersi a debita distanza, girandogli intorno lentamente, mentre espandeva l’aura.
    Retsumin non aveva nessuna fretta di passare all’attacco e sembrava molto soddisfatto di sé.
    “Che c’è, ragazzo? Abbiamo già finito i trucchi?” domandò con la sua faccia da schiaffi


    “No, a dire il vero…ho tenuto il meglio per ultimo!”


    Ryoga aumentò l’aura al massimo e mise le mani estese, davanti al torace
    << SHISHI HOKODAN! >>


    Il raggio di energia dorata schizzò verso Retsumin, ma questi ebbe la presenza di spirito di scansarsi di lato ed il raggio sbriciolò il lato di un capannone, disperdendosi poi nel cielo.


    “Che sorpresa! Sai usare i colpi diretti con l’energia interna!
    Ne avevo sentito parlare, ma non li avevo mai visti usare, tantomeno da qualcuno di così giovane…peccato per te che i miei riflessi siano migliori…devi scegliere, ragazzo, o stai fuori dalla mia portata, ma non mi colpirai mai, oppure ti avvicini e mi affronti corpo a corpo…ma sappiamo già come andrà a finire”


    Dannazione! Ha ragione lui! Oppure c’è una terza opzione…


    “ARRIVO!”


    Ryoga un attimo prima di ingaggiare coi pugni del nemico, si abbassò ed usò di nuovo la Tecnica dell’Esplosione.
    Lo scoppio stavolta non colse il sicario impreparato, che mosse le mani a supervelocità per polverizzare i detriti prima che lo raggiungessero.


    “Che noia! Non sai far altro?”


    Quasi in risposta, Ryoga iniziò a girargli intorno in tondo, continuando ad usare la Tecnica dell’Esplosione, sottolineando la cosa gridandone il nome ogni volta.
    Ogni volta Retsumin polverizzava i detriti, ma Ryoga insisteva, fino a quando tutto intorno al suo nemico non ci fu un vero e proprio cerchio di crateri scavati nella terra.
    I detriti polverizzati lo ricoprivano fino alle caviglie.


    “Beh, ed ora che c’è? Ti sei sfogato?”


    Ryoga respirava più pesante.
    “Sai, Retsumin, io ho usato spesso questa tecnica per viaggiare nel sottosuolo, e lascia che ti dica una cosa…non hai idea di quanto il terreno possa essere fragile”


    Come a rispondere alle sue parole, una ragnatela di crepe si allargò tra un cratere e l’altro, e la terra sprofondò. Retsumin si ritrovò mezzo sepolto dai detriti in una voragine profonda cinque metri buoni.


    Ma allora è a questo che mirava…


    Ryoga era trionfante e cominciò a gonfiare l’aura di nuovo.
    “Sai, bello mio, tu assomigli molto ad un mio rivale…anche lui si muove veloce…quindi mi sono dovuto adattare a trovare modi per colpirlo…e già che ci siamo, ora come ora…”
    Ryoga caricò la sfera dello Shishi Hokodan nelle mani e spiccò un balzo, trovandosi sospeso a mezz’aria sulla verticale del suo nemico, ancora semisepolto
    “…sarà un po’ difficile mancarti!”
    << SHISHI HOKODAN! >>


    L’energia a forma di campana colpì in pieno il praticante di Kung Fun, ricoprendo esattamente la voragine.


    Ryoga, un po’ sudato, riprendeva fiato lungo il bordo.
    “E’ stata dura, ma pensavo peggio”


    In quella, però, qualcosa si mosse tra i detriti, che parvero esplodere verso l’esterno.
    Retsumin non era ancora sconfitto. Era tutto bruciacchiato, aveva subito danni, ed era furioso.


    << HONSHIKEN; MASSIMA POTENZA! >>



    E prima che Ryoga potesse fare qualcosa, venne respinto per l’ennesima volta, dopo aver subito decine di dolorosi pugni in tutto il corpo.
    Rotolò per terra, tutto sporco ed insanguinato.
    Faceva un po’ fatica a rialzarsi.


    “Da-dannazione…”


    “Sei stato bravo, ragazzo, lo ammetto. Ma non mi chiamano la Calamità Umana per nulla. Ora accetta il tuo destino e facciamola finita”


    Accettare il mio destino, eh? Non l’ho mai fatto…non vedo perché dovrei cominciare ora…


    Mentre si rimetteva in piedi, lanciò un’occhiata ai campi di battaglia.
    Sakaki stava evitando i colpi di lancia di Tachibana, cercando l’occasione di contrattaccare.
    Apachai danzava intorno all’ascia di Marmaduke, tirando ginocchiate sul suo scudo.
    Persino Kuno, attivato il Ki del Dou, aveva iniziato a muoversi come una trottola in tutte le direzioni, dando un bel daffare ai quattro Discepoli delle lame che non riuscivano a capire come attaccarlo.


    Si stanno tutti impegnando, eh…allora non posso essere da meno…perché ho ancora degli obiettivi da raggiungere…e delle persone che voglio rivedere…e poi…


    Rivolse uno sguardo a Mousse, che combatteva con un colosso armato di sciabola


    …che io sia dannato se di noi quattro sarò quello che si arrenderà per primo


    Si rimise in piedi, in difficoltà ma con uno sguardo nuovo.
    Il suo Ki iniziò ancora a brillare, in modo differente da prima.


    La settimana prima Kensei aveva rimosso le limitazioni che gli aveva imposto quando era appena arrivato al Ryozampaku; in quei mesi aveva imparato a controllare il Ki abbastanza bene da non cadere in modalità Ashura, ed a raffinarlo abbastanza da imparare nuove tecniche.
    Ora era giunto il momento di combattere di nuovo alla massima potenza.


    “Kei Retsumin-declamò-sono contento che il mio primo avversario dopo l’allenamento col Ryozampaku sia stato tu.
    Mi hai permesso di capire dove voglio andare come praticante di arti marziali”


    “Oh, e dove vuoi andare? Forse all’inferno?”


    “No, quello che ho capito è che devo confrontarmi con i miei limiti per superarli.
    E’ giusto che io sviluppi i miei talenti naturali, ma senza focalizzarmi in modo ossessivo su una sola caratteristica.
    Bisogna essere completi e versatili, proprio come il mio rivale.
    Tu fai l’opposto: ti concentri solo sulla velocità e questa sarà la tua rovina.
    Ti batterò con la potenza…quella potenza che ho sempre sviluppato, ma che ultimamente ho trascurato…perché non sapevo controllarla a dovere.
    Fino ad ora”


    Il suo Ki continuò a crescere e sembrò assumere forma fisica intorno al suo corpo.


    “Sai-continuò-ho parlato con l’Anziano di recente. Mi ha detto che io e lui, anche se siamo molto diversi abbiamo una cosa in comune: usiamo uno stile da autodidatti.
    E questo ci permette di sviluppare mosse che ci siano congeniali.
    Mi ha dato una dritta su una nuova mossa da creare, simile ad una delle sue…ed ora la sperimenterò SU DI TE!”


    L’aura raggiunse la massima potenza. Il ki dorato di Ryoga si avvolse intorno al suo corpo come una sfera, quasi nascondendolo alla vista.
    Era come uno Shishi Hokodan, ma trattenuto in un punto, anziché scagliato in movimento.


    “Ma…ma che cosa…?” iniziò Kei, ben deciso a non lasciarlo avvicinare.


    Ma Ryoga si piegò sulle gambe e si lanciò in avanti con velocità inaspettata.
    << PALLA DA BOWLING DORATA! >>


    La sfera di energia con il ragazzo dentro respinse le braccia del sicario e lo colpì in pieno sul tronco, schiantandolo definitivamente e sbagliandolo indietro, ad una decina di metri di distanza.


    Ryoga, dissolto il proprio Ki, osservò soddisfatto l’avversario svenuto.
    “Ti ringrazio, Retsumin…avevo bisogno di provare questa sensazione…battere un avversario a livello Maestro!”

    ◊◊◊◊◊

    Mousse se la stava cavando contro il Maestro del Bantou, ma aveva il suo bel daffare.


    Non aiutava il fatto che il suo avversario fosse un bestione senza cervello, arrogante e vendicativo, ma perfettamente in grado di mantenere quanto prometteva: di norma il ragazzo cinese non reagiva alle provocazioni (a meno che non venissero da Ranma), ma quella sera era di cattivo umore.



    “Non sei male, ragazzo, te lo concedo…ma sei stato sfortunato ad incontrare proprio me. Se ci fossimo scontrati fra sei mesi…anzi, anche solo fra tre mesi…forse avresti avuto qualche possibilità…ma oggi come oggi, morirai senz’altro!”


    Mentre diceva questo, si scambiavano colpi a supervelocità, la sua enorme sciabola contro la coppia di sciabole cinesi di Mousse, liberando nell’aria una pioggia di scintille.


    “Tsk! Meno parole e più fatti! Non è con le chiacchiere che mi batterai…e non sei neppure tanto bravo nelle provocazioni…conosco un tizio che è molto migliore di te nel far spazientire il nemico…ed in ogni caso, non sei il primo che predice la mia morte…eppure, sono ancora qui!”


    “Forse però sarò l’ultimo!” e sferrò un affondo che trancio di netto un container, se non fosse che Mousse non si trovava più lì, ma in tre salti era schizzato sul tetto di un capannone, sulla propria destra.


    E’ veloce, glielo concedo…


    Mousse sembrò ritornare alle vecchie abitudini, lanciando dalle proprie maniche un gran numero di dardi ed una mezza dozzina di coltelli da lancio addosso al nemico.
    Questi non sembrò troppo impressionato, e manovrando il Bantou a grande velocità, intercettò tutte le armi prima che lo raggiungessero
    “Trucchetti! Mezzucci indegni di un guerriero!” ruggì.


    In quella, però, gli cascò fra i piedi una bomba fumogena, che si spezzò, diffondendo del gas paralizzante.
    “Come vuoi tu!-si sentì rispondere-l’importante è il risultato”


    “BASTA!” si spazientì l’omone, raggiungendo il tetto con un solo balzo.


    Mousse lo ingaggiò di nuovo con le sciabole.
    Lo scambio di colpi si fece ancora più serrato, più frenetico, mentre ogni colpo veniva parato e le lame si scontravano fra loro.


    “Se sei un vero guerriero, dovresti usare la tua forza personale, non i trucchi o le strategie” lo rimproverò il sicario.


    “Uhmpf! E chi lo dice? Ci sono diversi modi di combattere, caro il mio scimmione.
    C’è chi come te sa solo colpire al massimo della forza…e chi usa il cervello come me! E ti dirò un’altra cosa…”


    “E sarebbe?”


    “Per molti anni io sono stato un essere vile ed ignobile. Per me non contavano i mezzi, ma soltanto i risultati.
    Eppure, di solito non arrivavano neanche quelli. Avevo grandi talenti e non li coltivavo a dovere.
    Per farlo, avrei dovuto prima di tutto credere in me stesso.
    E poi…poi ho incontrato dei rivali. Dei degni rivali.
    Loro…credevano nella propria forza ed andavano avanti con coraggio, superando ogni ostacolo.
    Conoscerli…mi ha fatto cambiare, almeno un po’. Ho capito che forse anch’io avrei potuto essere così.
    Guadagnarmi il rispetto del prossimo. Giocare pulito ed essere un uomo migliore.
    Ed è con questo spirito che mi sono allenato con impegno al Ryozampaku. Però…”


    In quella, le loro lame erano rimaste incrociate, tutte e tre.
    Il suo avversario stava premendo, dall’alto verso il basso, con forza bestiale.


    Le sciabole di Mousse iniziarono a creparsi.
    E poi si spezzarono.


    Il Bantou calò con forza terribile e fracassò il tetto del capannone, ma ancora una volta, il praticante cinese saltò via un attimo prima.
    Balzò giù dal capannone, dopo averci lasciato giù una mina, che esplose, prendendo in pieno il suo avversario.


    Questi, ormai decisamente alterato, iniziò ad inseguirlo, ma Mousse continuava a lanciargli addosso piccole bombe, che esplodevano qua e là.


    Shigure voltò per un attimo lo sguardo, mentre combatteva con Mildred e disse: “Allievo! Non scordare…la tua compostezza…di combattente del Sei…ed anche…di non venir meno…al Pugno…Che Salva”


    “Sì, Maestra!” rispose Mousse, rispettosamente, mentre, con contrasto, finiva di lanciare le ultime bombe al colosso che lo inseguiva.
    Due o tre lo avevano colpito.


    Quando questi lo raggiunse, il cinese aveva estratto dagli abiti un bastone lungo, estensibile, ed iniziò ad usarlo per ingaggiare di nuovo in combattimento il nemico.


    Il Maestro del Bantou gli ringhiò, mentre le armi si incrociavano di nuovo: “E dunque…è così che fai affidamento sulla tua forza? E’ questo che insegna il Ryozampaku?”


    “Il Ryozampaku insegna a coltivare i propri talenti, quali essi siano-replicò Mousse, a muso duro-io ho avuto tre Maestri, laggiù: Ma Kensei, nelle arti marziali cinesi a mano nuda, Shigure Kosaka, per l’uso delle armi, ed Akisame Koetsuji, che mi ha istruito nelle tattiche, strategie e nelle competenze tecniche più varie.
    Grazie a loro…ho capito che entrambe le vie erano sbagliate. O meglio, che entrambe le vie sono giuste. Non devo seguire per forza una o l’altra.
    E’ giusto migliorare me stesso e diventare più forte ed abile.
    Al tempo stesso, la mia capacità di pianificare, il mio cervello, la varietà di strumenti che so usare…fanno parte dei miei talenti. Dunque, se necessario, non rinuncerò ad usarli!”


    In quella, anche il bastone venne spezzato in due, rimase con un moncone in ciascuna mano.


    “Né l’abilità né le tattiche possono farti vincere contro una forza schiacciante! Contro un avversario troppo superiore!” gridò l’uomo.



    Mousse ne schivò il contrattacco, si avvicinò a lui e lo colpì con entrambi i monconi ai lati della testa, a destra ed a sinistra.
    “Tu dici? Ora ti faccio vedere!”
    E poi saltò via di nuovo.


    “ORA MI HAI STANCATO!” ruggì il Maestro.


    Mentre lo inseguiva, si rese conto che Mousse aveva scagliato fuori, dai manicotti, una corda con rampino ed una corda con un peso, che iniziarono a percorrere degli archi intorno a lui.
    “RIDICOLO!” dichiarò, sprezzante, saltandoci in mezzo.


    Mousse fuggì a tutta velocità, svoltando l’angolo tra due capannoni.
    Il Maestro del Bantou, simile ad un toro infuriato, lo inseguì, travolgendo tutto quello che trovava sul suo cammino.


    Era un vicolo cieco.


    Mousse si voltò ed osservò con calma il suo avversario, spalle al muro, braccia infilate nelle maniche ed espressione serena.
    “STUPIDO! Ti sei messo in trappola da solo! Cerca almeno di morire con dignità”


    Ma proprio mentre sferrava quello che pensava sarebbe stato l’ultimo fendente orizzontale, diretto alla gola di Mousse, si rese conto…che non ci arrivava.
    Mousse era fuori portata, di dieci centimetri buoni.


    Il Maestro del Bantou si rese conto che era bloccato, non poteva avanzare oltre.
    Si guardò indietro e vide che una sua caviglia era stata avvinghiata con la corda con peso, e tale corda era tesa del tutto, girava intorno ad un lampione e spariva dietro l’angolo.


    “MA COSA…”


    “In caso tu te lo stia chiedendo, quella corda è legata all’altra corda con rampino, ed il rampino a sua volta è attaccato ad un container piuttosto pesante-spiegò Mousse con tutta la calma del mondo, come se si stesse prendendo un tè-ho calcolato quanto dovessi essere forte in base alla tua capacità di spezzare le mie armi ed ho scelto di conseguenza.
    Non mi hai messo in un angolo, ti ho attirato io qui”


    Il Maestro del Bantou lo guardava sbigottito.
    Provò ancora a colpirlo, ma fendeva solo l’aria.


    “MA…PERCHE’?”


    In risposta, Mousse fece un gesto fulmineo con la sinistra e dal suo manicotto saettarono una mezza dozzina di spilloni da agopuntura che perforarono il braccio destro del suo nemico-ancora esteso dopo l’ultimo fendente con il Bantou-in vari punti.


    Dopo aver tentato di resistere, il braccio smise di obbedirgli e calò lentamente in basso, disteso lungo il corpo.


    “Per danneggiarti-rispose semplicemente il cinese-ho notato che tu usi principalmente la destra, quindi se manovrerai il Bantou con la sinistra, avrai meno forza. E poi…”


    In quella, Mousse fece una piroetta e rifilò una scarica di calci sul mento al suo nemico.
    Mentre era ancora in posizione con una gamba sollevata e lo sguardo verso il basso, sguainò dai manicotti due grossi coltelli e li piantò in entrambe le cosce dell’avversario.
    Poi, per l’ennesima volta, saltò via.


    “MUAAAAAAH!”


    Mugghiando come un toro imbizzarrito, il Maestro del Bantou prese l’arma con la sinistra, provò a colpire il cinese con un fendente all’indietro, alla cieca (ma riuscì solo a tagliargli il vestito), poi si voltò e tranciò di netto la corda che lo teneva bloccato.
    Ormai il suo Ki del Dou era ampliato al massimo ed era incandescente.
    Si sarebbe potuto saziare solo con il sangue.


    Si sfilò senza tanti complimenti i coltelli dalle cosce, poi, come per dimostrare che la sua mobilità non ne aveva sofferto, spiccò un balzo incredibile e raggiunse Mousse sulla cima del capannone dove si era rifugiato, atterrando pesantemente e causando una ragnatela di crepe.


    Il suo sguardo era quello di una bestia feroce.
    “MALEDETTO! TI AMMAZZERO’ COME UN CANE”


    Mousse era impassibile. Estrasse dalla manica quello che sembrava il manico di una spada, schiacciò un bottone ed a scomparsa apparve una lunga lama dritta, di foggia cinese.


    “Beh, volevi uccidermi anche prima-lo canzonò-cosa vuoi fare adesso? Uccidermi DI PIU’?”


    “UOOOOH!”
    Il Maestro del Bantou espanse l’aura al massimo.


    Anche Mousse iniziò ad espandere rapidamente il suo Ki al massimo della potenza. Il suo Ki del Sei era colore azzurro chiaro e rimandava ad una sensazione di calma, come acque limpide di un lago. Il Ki rosso del suo avversario aveva il sapore del sangue.


    “Ti dirò un’ultima cosa-dichiarò il cinese, mettendo la lama di fronte al proprio viso, ad occhi chiusi-tutto quello che ho detto è vero.
    Sto lavorando duramente per migliorarmi.
    Al tempo stesso, so che ci sono molti avversari al mondo che non posso battere, per ora.
    Ma oggi è uno di quei giorni nei quali non posso proprio permettermi di perdere.
    Ed allora, visto che in pochi minuti non posso salire al tuo livello…
    …ho fatto scendere te al mio”.


    Il Maestro del Bantou si lanciò all’attacco, per sferrare una raffica di spadate assassine.


    “Ed ora, gioisci, perché ora assaggerai la mia massima potenza, frutto dei miei allenamenti al Ryozampaku” dichiarò Mousse.

    << SETTE COLPI DI SPADA DEL CIGNO BIANCO! >>

    Accadde tutto in un attimo.
    Un numero difficile da calcolare di colpi a supervelocità venne scambiato tra i due.


    Poi entrambi si fermarono.
    Le loro aure si dissolsero.


    Mousse chiuse gli occhi, ed estese il braccio destro in orizzontale, con la spada in mano.
    Il suo avversario rimase per un attimo come paralizzato.


    Sottili righe di sangue iniziarono a disegnarsi sul suo corpo.
    Poi, d’improvviso, spruzzi di sangue eruttarono dai profondi tagli che aveva subito.
    Quattro sul torace, uno sulla fronte, uno lungo il bicipite sinistro ed uno che attraversava entrambe le gambe.


    “AAAAAH!”
    L’omone sembrava non realizzare cosa fosse successo.
    Crollò in ginocchio.


    Sul suo magnifico Bantou iniziarono a delinearsi sette piccole crepe.
    Poi, come ad un comando prestabilito, la lama si spezzò in sette parti.


    “NO! LA MIA ARMA! MA COME…”


    Mousse fece un paio di passi in avanti, mettendosi sulla sua sinistra a guardare l’orizzonte.
    I due nemici fissavano l’orizzonte in direzioni opposte.


    “Sta’ tranquillo, nessuna di quelle ferite è mortale. Ho fatto un giuramento per allenarmi al Ryozampaku ed intendo rispettarlo. Comunque…”


    “Ma come…ma cosa…?”


    “…mi rendo conto che per te quello che sto per dire non abbia alcun senso-proseguì, molto freddo, il ragazzo cinese-ma almeno ad uno di voi dello Yami dovevo dirlo.
    Voi bastardi…non avreste MAI dovuto rapire Shampoo”


    E nel dir quello, sferrò un colpo alla nuca dell’uomo usando il manico della spada.


    Gli occhi si fecero bianchi, schiuma gli uscì dalla bocca e crollò a terra.


    Da qualche parte, nel campo di battaglia, Shigure ed Akisame sorrisero.

     

    ◊◊◊◊◊

    Attirati dalle urla dei marinai, anche l’ultima squadra da sei mandata contro gli intrusi si avvicina al luogo dello scontro…solo per pentirsene subito.


    Un giovane sta spiccando balzi molto lunghi, muovendosi a quattro zampe, inseguendo uno sfortunato marinaio che corre come se avesse il diavolo alle calcagna.
    Quella persona sta…miagolando, si comporta come se fosse un licantropo ed ha l’aria di divertirsi un mondo.


    “Ma che cosa…” ha appena il tempo di imprecare uno, che la bestia si accorge di loro e salta in mezzo a tutti e sei.

    MIAUMIAUMIAUMIAU

    Inizia ad agitare le mani come se fossero artigli, a supervelocità.
    I bastoni che i primi hanno estratto vengono ridotti istantaneamente in trucioli.


    Poi inizia a saltare addosso a ciascuno di loro e la rapidità con la quale muove gli artigli genera una pressione d’aria che scartavetra le corazze, i caschi, tutto.
    In breve, nel corridoio, si sentono solo altre urla.

    ◊◊◊◊◊

    Nel laboratorio tutto sembra finalmente pronto, i dodici scienziati e le due guardie si stanno posizionando, due a due, intorno alle sette bare di cristallo.
    Il capo scienziato spiega che hanno fatto e rifatto i calcoli, ma purtroppo l’unica apparecchiatura che potessero stivare su una nave aveva un unico compressore per tutte le siringhe, quindi la somministrazione deve avvenire in contemporanea: al tempo stesso, le differenze di statura, età, sesso e peso dei prigionieri fanno sì che ciascuno di loro debba ricevere la dose più lentamente o rapidamente.
    Gli scienziati sono pertanto lì per controllare dai monitor.


    Mentre inizia il conto alla rovescia, però…uno degli scienziati si accascia, come fulminato.


    Una delle guardie lo soccorre e nota uno spillone da agopuntura spuntargli dal collo.


    “Ma che cosa?” volta lo sguardo e vede un topolino con un’altra mezza dozzina di aghi sotto una zampina, tipo giavellottista.
    Lucine di sadismo gli brillano negli occhi.


    “E’ ancora il topo di prima? Ma non è possibile! Non è un animale qualsiasi! Prendetelo!”


    Ma mentre tutti corrono da una parte e dall’altra per prenderlo, Tochoumaru lancia altri degli spilloni che Kensei aveva regalato a Ranma, e comincia far cadere gli scienziati come birilli, uno dopo l’altro.


    “Non fatelo scappare! Chiudete le paratie esterne! La sicurezza può solo guadagnarci, in fondo!”
    Mentre sulle cinque zone d’accesso scendono delle pesanti saracinesche, però (lasciando chiuso all’esterno l’esercito di guardie) gli scienziati continuano a cadere uno ad uno.


    Le altre due guardie, i vigliacchi, si rivolgono uno sguardo rapido.
    Poi scattano all’improvviso.


    Quello leggermente più alto dei due tira un calcio nello stomaco ad uno dei suoi colleghi, mentre l’altro stende l’ultima guardia con una gomitata che gli sfonda il casco.


    Il capo scienziato si volta, sconvolto dall’ennesima sorpresa, e si rende conto solo in quel momento di aver commesso un grave errore, facendosi chiudere dentro.


    Miu e Kenichi si tolgono i pesanti caschi e ricominciano a respirare normalmente.


    “Uff! L’infiltrazione è riuscita!”
    “Sì, devo ammettere che il piano di Ranma ha funzionato bene. Anche se lui non c’è ancora, chissà cosa sarà successo”
    “Sarà stato trattenuto, ma l’importante è che, chiusi qui dentro, le guardie non possano raggiungerci. Penseremo al resto con calma”


    “Giusto. Ehi tu, bel tomo-disse Kenichi, rivolgendosi al capo scienziato, l’ultimo rimasto in piedi-non abbiamo intenzione di farti del male, ma in cambio tu…ci aiuterai a liberare i nostri amici mantenendoli in perfetta salute. E non fare scherzi, altrimenti…”


    Nel notare quella minaccia lasciata in sospeso, Miu ebbe un sussulto. Dopo tutto quel tempo, Kenichi stava incominciando ad assomigliare un po’ a Ranma.

    ◊◊◊◊◊

    Hayato ed Ogata continuavano a combattere e quest’ultimo cercava di provocare il suo vecchio Maestro.



    “MUAHAHAHAH! Hayato, vecchio mio, voi del Ryozampaku non vi rendete conto di non avere speranze! Non si tratta di una questione di forze, ma di tempo!
    Ogni minuto che passa e questa nave si allontana sempre di più dal Giappone e si avvicina sempre di più alla nostra base segreta.
    Non potete affrontare noi e fermarne l’avanzata allo stesso tempo. Voi non potete batterci in tempo…senza combattere per uccidere.
    D’altro canto, noi non siamo tenuti a farlo…abbiamo tutto l’interesse a tirarla in lungo il più possibile…ogni miglio marino che passa, ci avvicina sempre di più alla vittoria.
    Tra meno di un’ora i prigionieri avranno ricevuto il primo condizionamento…e magari saranno proprio loro a dare il colpo di grazia ai tuoi ragazzi.
    E se io ti trattengo per altre tre ore…probabilmente, persino il leggendario Superuomo Invincibile verrà sconfitto.
    Che pena. Alla fine, è questo…il limite del Pugno Che Salva?”


    L’Anziano lo squadrò per un attimo. Poi abbassò lo sguardo e sospirò.


    “Ah, Ogata, quanto ti ho insegnato male. Del resto, tu non eri il tipo da ascoltare.
    Sentimi bene: il Pugno Che Salva possiede un vantaggio che tu nemmeno immagini.
    Forse tu ritieni che non uccidere i nemici sia uno svantaggio: non lo è.
    E’ vero piuttosto il contrario: uccidere è una scorciatoia. Rende le cose più facili.
    Ecco perché, chi non lo fa…obbliga sé stesso a diventare più bravo…più creativo…a trovare delle soluzioni per una grande varietà di situazioni che altrimenti sarebbero impossibili.
    In pratica, avere una morale incoraggia la riflessione, Akisame direbbe che stimola il pensiero laterale”.


    “Ed in che modo la creatività ti permetterebbe di affrontare me e fermare questa nave al tempo stesso?”


    “Sono lieto che tu me l’abbia chiesto. Te lo mostro subito, con molto piacere”


    Isshinsai Ogata si rese conto di aver fatto una cazzata.


    Hayato Furinji gli afferrò i bicipiti con le sue enormi mani, bloccandogli le braccia ed il suo Ki iniziò ad assumere una forma strana, come di una sfera, che li avvolse entrambi, mentre a pieni polmoni declamava:


    << UNA DELLE 108 TECNICHE SEGRETE DI HAYATO FURINJI:
    TECNICA SPECIALE N° 54:
    PALLA DA FLIPPER INFERNALE! >>


    E poi iniziò a muoversi a destra e sinistra, trascinando il suo avversario di peso, per quanto cercasse di divincolarsi. Ad un certo punto, scattò di colpo.


    Vista dall’esterno, la scena doveva sembrare pressappoco questa.
    La lunga nave da crociera navigava fieramente in mezzo alla tempesta, in piena notte.


    Una sfera di Ki con due persone dentro iniziò a schizzare a zig zag a velocità folle da una parte all’altra della nave, attraversandola per tutta la lunghezza, fracassando tutto quello che incontrava sul suo cammino e perforandone le paratie come un groviera.

    ◊◊◊◊◊

    Ranma in versione gatto sta felicemente saltellando per i corridoi della nave, senza un pensiero al mondo.


    All’improvviso, qualcosa esplode alla sua sinistra. Da una paratìa squarciate spunta un tubo che spara una colonna d’acqua contro di lui.


    Viene preso in pieno, respinto di peso verso destra per una decina di metri e sbattuto contro la parete opposta.


    Trasformato in ragazza e ritornato mentalmente normale, riesce in qualche modo a liberarsi dalla pressione e si lascia scivolare a terra.


    “Ma che diavolo è successo? L’ultima cosa che ricordo…no, non ricordo niente.
    Accidenti, la nave sta subendo ancora più danni del previsto.
    Ma…in qualche parte della nave mi trovo? Ho un brutto presentimento.
    Qualunque cosa sia successa, è meglio che vada di corsa al laboratorio. Kenichi e Miu potrebbero aver bisogno di aiuto!”


    E si mise a correre a più non posso, cercando di rintracciare la strada giusta ed evitando le macerie.

    ◊◊◊◊◊

    Kenichi e Miu non stanno male, ma sono stati meglio.


    Il laboratorio-a metà strada fra il centro e la poppa-si trova giusto giusto sopra il locale caldaie-è necessario, perché il liquido non può raffreddarsi troppo-ma in questo momento, la cosa è l’ultimo dei problemi di tutti.


    La stanza sembra un campo di battaglia.
    Tutte le bare con i prigionieri, da poco aperte, sono state rovesciate, anche se i ragazzi stanno tutti bene e si stanno riprendendo, mugolando, dallo shock e dall’anestesia.
    Le apparecchiature scientifiche sono state fracassate e vetri esplosi sono finiti dappertutto.


    Le stesse paratie laterali e sottostanti sono accartocciate, divelte, alcune delle saracinesche sono impossibili del tutto da aprire, mentre altre sono squarciate, altre ancora sono aperte per metà.
    Dal pavimento spuntano parti del locale caldaie sottostante, sospinto attraverso la lamiera come dalla forza di un gigante.
    Due o tre tubi squarciati producono fontanelle di acqua calda che delimitano la zona qua e là.


    Dal soffitto pendono cavi spezzati dai quali ancora sprizzano scintille.
    Per terra, il siero verde che avrebbe dovuto venire iniettato in vena ai ragazzi si sta mescolando con l’acqua e la terra e sta calando nelle fenditure.
    Una nuvola di polvere ha avvolto tutto e sta iniziando pian piano a diradarsi.


    Fortuna che le trenta guardie che pattugliavano le cinque uscite siano tutte finite a terra per il contraccolpo e stiano avendo il loro bel daffare per rimettersi in piedi, prima di venire a controllare.


    Kenichi e Miu si rialzano a fatica. Sono miracolosamente incolumi.


    Non possono vedere gli altri scienziati svenuti, ma Tochoumaru indica loro cosa è accaduto al capo scienziato: un pilastro gli è caduto su una gamba e gliel’ha fracassata.
    I due giovani si prodigano nel dargli il primo soccorso, con grande sorpresa del criminale.


    Intorno a loro, i mugolìi indicano che i loro amici si stanno risvegliando.


    “Miu! Cosa facciamo? I ragazzi stanno rinvenendo…e tra poco le guardie saranno qui”


    “A dire il vero…non lo so proprio”

    ◊◊◊◊◊

    Il capitano Mallard ha ballato molte volte nella tempesta, ma quest’esperienza è nuova persino per lui.
    Appena si riprende, chiede ai suoi navigatori di controllare i danni.


    “Nessuna delle strumentazioni risponde”
    “La radio è fuori uso”
    “Il motore si è fermato”
    “Il gruppo elettrogeno di emergenza è attivo solo al 40%”
    “Nessun segnale dalla sala caldaie”


    Dopo un lungo momento, l’esperto capitano prende la parola.
    “Fate scattare l’allarme generale. Abbandoniamo la nave”


    “Ma signore! Ne è sicuro? Il signor Ogata…”


    “Il signor Ogata in questo momento è impegnato, ed il comandante sono ancora io.
    Ed io vi dico che una nave come questa con il motore fuori uso può andare alla deriva per giorni, senza affondare…se non si trovasse nel bel mezzo di un uragano, si intende.
    Non so voi, signori, ma io ho passato un sacco di tempo a navigare sopra il mare…e non ho nessuna intenzione di venire seppellito sotto di esso”.


    “Ma lo Yami…”


    “Lo Yami potrebbe ucciderci per aver abbandonato la missione, sì. Domani.
    SE scopriranno quello che è successo. Perciò io scelgo di vivere OGGI.
    Vivere un giorno in più è sempre meglio che vivere un giorno in meno.
    Finire con la gola squarciata è sempre meglio che congelare nell’oceano e farsi mangiare vivi dai pesci.
    E poi è possibile che nessuno su questa nave sopravviva per preoccuparsi di noi. La cosa non mi stupirebbe”


    “Lanceremo l’allarme generale. Ma credo che solo i nostri marinai obbediranno. Le guardie sono agli ordini diretti dello Yami”


    “La POSEIDON ha scialuppe di salvataggio ultramoderne, ciascuna con cibo ed acqua per settimane ed un segnalatore di posizione GPS.
    Sono abbastanza numerose da portare in salvo il triplo delle persone che si trovano adesso sulla nave.
    Se e quando decideranno di usarle, saranno ancora lì per loro”.

    ◊◊◊◊◊

    Hayato ed Ogata sono pressappoco ritornati al punto di partenza.
    Solo che intorno a loro c’è soltanto devastazione.


    “Accidenti! Mi sa che ho un po’ esagerato” ammette, sghignazzando, l’Anziano.


    “UN PO’? Meno male che tu sei venuto qui per salvare quei ragazzi-protestò Ogata-non oso immaginare cosa avresti fatto se avessi avuto l’obiettivo di ucciderli”


    “So per certo di non aver causato vittime durante il nostro ballo, Ogata.
    Quel che conta è che ora i motori della nave si fermeranno. Presto ci libereremo dei pesci piccoli, e poi…”


    “Mpf! Sembra che tu non abbia considerato un particolare, vecchio.
    E’ vero, il mio brillante piano prevede che il Reparto A Mani Nude si liberi dell’influenza del Reparto Armato…in futuro. Ma per adesso, sono ancora loro a dare le carte.
    Ed in quanto tali, si sono voluti accertare che tutto andasse secondo i piani…una sorta di assicurazione, diciamo”


    Hayato deglutì. Se l’aspettava.
    “Vuoi dire che su questa nave ci sono…?”


    “Esatto-confermò l’uomo-e sono certo che, nel caso in cui i prigionieri non possano più essere…di alcuna utilità per lo Yami…i loro ordini siano…di impedire che possano diventare un problema per il futuro”.

    ◊◊◊◊◊

    [IN UNO SPAZIO IMPRECISATO SULLA POSEIDON, NEL BUIO PIU’ TOTALE]

    Prima Voce: “Accidenti, che botta. Questa è opera del Superuomo Invincibile, ve lo dico io”


    Seconda Voce: “Ma…la nave…non vi sembra che stia rallentando?”


    Terza Voce: “Deve aver subito gravi danni. Mi sembra persino di sentire la sirena d’allarme. Questo vuol dire…?”


    Quarta Voce: “Che dobbiamo svolgere la nostra missione? FORSE. Sarebbe più opportuno, prima, fare un giro di ricognizione per verificare la situazione”.


    Prima Voce: “Ottimo. Avevo giusto voglia di sgranchirmi le gambe. Ehi, tu, grand’uomo, vieni con noi?”


    Quinta Voce: […]


    Prima Voce: “Uhmpf! Simpatico come al solito, eh? Ok, fa’ come ti pare…”


    Terza Voce: “EHI! Ma noi…è come dicevo prima! Abbiamo…un problema, un GROSSO problema!”


    Seconda Voce: “Vuoi dire che…LUI se n’è andato?”


    Terza Voce: “Sì…senza aspettarci”

    ◊◊◊◊◊

    Kenichi e Miu avevano finito di fasciare e steccare la gamba del capo scienziato.
    Avevano anche raccolto da sotto le macerie scienziati e guardie svenuti e li avevano messi lunghi distesi, in un angolo.
    Tochoumaru stava recuperando gli spilloni.


    Dal fondo, cominciavano ad arrivare delle richieste di “EHI? Tutto bene?” da parte delle guardie fuori, alle quali Kenichi provò a rispondere con un:
    “Sì, sì, tutto bene! Restate lì, mi raccomando, non entrate, l’intera struttura è…diciamo pericolante! Noi…ehm…provvederemo a far uscire scienziati e prigionieri, uno alla volta. Magari…allontanatevi per cercare degli estintori o qualcos’altro. Fate pure senza fretta, vi aspettiamo qui”


    I suoi amici cominciavano a riscuotersi dal torpore ed alcuni di loro si mettevano in ginocchio o seduti.
    Miu passava da uno all’altro cercando di far loro prendere aria.


    In quella, un’ombra sgusciò in mezzo a loro.


    Kenichi si voltò solo per vedere Miu in piedi, immobile, paralizzata dal terrore e tutta sudata.
    Lo stava percependo.


    “Ma beeeene, e così l’intera operazione è andata in malora, eh? Beh, c’era da aspettarselo, è stata condotta da quegli incapaci del Reparto a Mani Nude, dopotutto…”


    Shirahama non riusciva a credere ai propri occhi.
    Era come un incubo, un brutto incubo.


    Davanti a lui stava Mihail Stirbey, il Gran Maestro della Falce delle Otto Lucenti Lame Esecutrici.
    Lo chiamavano anche lo Shinigami.



    Anche l’ultima volta che l’avevano visto erano su una nave…con i suoi compagni, e Shigure era stata catturata****


    Eppure ora era lì, si aggirava oziosamente per il posto come se andasse al minimarket e passava lo sguardo da uno all’altro dei suoi amici, come se stesse decidendo quali pesche fossero mature al punto giusto.
    “Chissà se qualcuno di questi ragazzini sarebbe davvero potuto diventare un membro dello Yami? A quanto pare, la formula di Jenazad è stata tutta sprecata…non sarà possibile ricondizionarli, dopotutto…”


    In quella, si udì uno Swiish! e quattro figure comparvero all’improvviso sopra una balaustra, ad una decina di metri più in alto.
    Erano quattro allievi dello Yomi.


    Hyogo Ito e Yui Sayama, Discepoli di Raigo (usano la Kodachi, la Spada Corta)


    Una ragazza occidentale, bionda abbastanza formosa con un arco lungo (è la discepola di Mildred)


    Una ragazza giapponese, con due ciuffi frisé di capelli che le ricadono sugli occhiali e lo sguardo da segretaria annoiata. Indossa un kimono e tiene in mano una naginata, come Raki, della quale è discepola.



    Hyogo (La Prima Voce): “Tsk! Cosa vi dicevo? Siamo arrivati tardi”


    Yui (La Seconda Voce): “Quindi…dite che si prenderà lui tutto il divertimento?”


    L’Arciera (La Terza Voce): “Non è detto…sta guardandoli uno ad uno…come se volesse scegliere…”


    La "Segretaria" (La Quarta Voce): “Comunque, parlando di prede per noi…non scordatevi che giù lì ci sono il Primo Discepolo e la Nipote del Superuomo Invincibile…”


    Miu: “Altri nemici? Non ci voleva! Sono dello Yomi, forse sono stati mandati qui per controllare che tutto andasse bene…OH NO! Questo vuol dire…”


    Kenichi: Accidenti! Cosa dovremmo fare in una situazione simile?

    ◊◊◊◊◊

    Ranma stava correndo all’impazzata. Se lo sentiva che qualcosa non andava.
    Arrivò in vista del laboratorio, una saracinesca che un tempo era stata chiusa dall’alto al basso, ed ora era mezza squarciata sul lato destro, lasciandoci vedere dentro.


    Sei guardie si dovevano essere da poco rimesse in piedi e si appoggiavano alle mura come fossero ubriache.
    “Ehi, tu! Ragazzina! Che ci fai qui? Fermati immediatamente!”


    Ranma non aveva il tempo neanche di affrontarli. Iniziò a fare lo slalom tra di loro, come se giocasse a calcio, tanto veloce da lasciare delle immagini residue.
    “LARGO! LARGO! VADO DI FRETTA!”

    ◊◊◊◊◊

    Kisara incespicò con gli occhi nell’aprirli alla luce, che la feriva, per la prima volta dopo tante ore.
    Era…in una bara? Di cristallo, come la Bella Addormentata?
    Però aperta, poteva respirare. E stava guardando il soffitto.


    La bara in cui stava sdraiata era rovesciata in obliquo, verso il basso.
    Si rese conto di non riuscire a muovere le gambe, erano ancora anestetizzate.


    Sentì delle voci, urla, rumori strani.


    Poi su di lei si stagliò un’ombra che coprì la luce.
    Vide in viso quell’uomo e le parve di avere un incubo.
    La guardava come se fosse un pezzo di carne sul tagliere.
    E volesse mangiarla cruda.



    “Mmhhh…sì, vediamo…mi sembra che possa andare bene…il fatto che sia sveglia, che si renda conto di cosa accade…ma che non si possa muovere…il terrore che proverà nei suoi ultimi istanti…mi procurerà immensa gioia”


    “FERMO!” urlò Kenichi, ma in quella venne fermato lui.


    “Non ti muovere, Primo Discepolo!” gli gridarono dall’alto.


    Hyogo: “In quanto membri dello Yomi lasceremo che il nostro superiore scelga la sua preda…e poi combatteremo contro di voi come preferite”


    Un arco incoccato impedì a Miu e Kenichi di fare alcuna mossa.
    C’erano ben quattro frecce in quell’arco, e se si fossero spostati verso Kisara, non dubitavano che tutte e quattro le frecce avrebbero trovato la strada verso le gole di uno dei loro compagni più vicini.


    Miu: “KISARA-SAN! SPOSTATI DI LI’”


    Ma Kisara non riusciva ancora a muoversi, per quanto ci provasse.


    Miu? Kenichi? Lo Yomi? In che razza di guaio ci siamo cacciati questa volta?
    Dannazione, non riesco a muovermi…che pena…mi sono allenata così tanto con Ranko ed in una situazione come questa non posso fare niente…


    “KISARA!”


    La ragazza fu così stupita che riuscì a muovere il collo verso destra.


    Era Ranko. Era indiscutibilmente Ranko, i capelli rossi che si agitavano mentre si avvicinava verso di lei.


    Come? Quella che vedo è davvero Ranko?
    Ma che cosa ci fa qui?
    E’ venuta…per me?


    “MAESTRA!”


    Mihail: “Uh? Ci sono altri intrusi? Magari saranno più adatti a saziare la mia sete”


    In quella, una parete laterale crollò.
    Un centinaio di topi sciamarono dentro il laboratorio.


    Subito seguiti da una trentina di gatti famelici, che trascinavano ventre a terra il povero Specks, il quale ormai sembrava più morto che vivo.


    In breve, l’intera stanza risuonò di MIAAAO, MIEEEOUW, ed altri suoni, mentre gli ingordi felini banchettavano con i roditori che ormai non potevano più fuggire.


    Ranma si fermò di colpo, paralizzato.
    Iniziò a sudare freddo.


    Un muro di gatti si frapponeva fra lui e Kisara.
    C’erano altre persone lì intorno, ma la situazione non era chiara.


    Mihail rivolse uno sguardo obliquo alla nuova arrivata. Poi sbuffò.
    “Oh, beh. Non tutte le ciambelle riescono col buco-ed iniziò a sfoderare l’asta della sua gigantesca falce dai lacci che gliela tenevano agganciata al retro del lungo cappotto-vorrà dire che proseguirò col piano originale”.


    La falce venne sollevata con calcolata lentezza sopra la sua testa ed iniziò a brillare alla fioca luce.


    Kenichi: “TU…BASTARDO!”


    Miu: “RANMA! FA’ QUALCOSA!”


    Ranma era in uno stato emotivo come raramente gli era capitato nella vita.


    Maledizione. Maledizione. MALEDIZIONE!


    Non mi sono mai vergognato così tanto…della mia debolezza.


    Gli vennero dei flash.


    Lui che non riusciva a muoversi dal terrore, durante lo scontro con Sakaki.


    Lui che non sopportava la vista della furia di Hayato, quella stessa mattina, e fuggiva.


    Poi però gliene venne un altro.


    Quando aveva creduto che Akane fosse morta, sul Monte Hooh.


    Il dolore che aveva provato quella volta.
    Stava per provarlo di nuovo?


    E poi una voce gli risuonò nella testa.
    Una frase che aveva sentito poche ore prima.


    La voce di sua madre.

     


    Il coraggio non è l’assenza di paura…


    Iniziò a muovere il primo passo


    …il coraggio è fare le cose nonostante la paura

     
    E spiccò un balzo.


     
    Miu e Kenichi ebbero un sussulto


    RANMA HA SUPERATO LA SUA PAURA DEI GATTI?


     
    Hyogo: “Ehi, guardate, quella persona ha saltato”
    Yui: “Ma…farà in tempo?”


    Per Kisara il tempo iniziò a scorrere al rallentatore.
    Vedeva la sua Maestra correre verso di lei, allungando una mano e gridando a bocca aperta.
    Non distingueva le parole.


    Forse era perché la vedeva sfocata, attraverso uno spruzzo di acqua calda emesso da un tubo squarciato, a poca distanza, che stava giusto in mezzo a loro.
    Per un attimo il suo sguardo balenò di nuovo in alto.
    La figura funerea era pronta a calare la falce su di lei.


     
    Sentì una lacrima calda scenderle lungo il viso.


    Non farà mai in tempo-realizzò.
    Io…morirò qui?


    Però…dopotutto…non importa


    Ho avuto una bella vita


    I miei genitori mi hanno voluto bene


    Il mio gatto Noir mi ha insegnato l’essenza del coraggio


    Ho incontrato Freya-nee


    Poi Kenichi e Miu hanno cambiato la mia vita


    Ho passato un sacco di tempo con i miei amici


    E poi…proprio alla fine…la mia Maestra è venuta a salvarmi


    Non avrei davvero potuto…


    …chiedere di più


     
    Ranma sembrò urlare mentre saltava attraverso il getto d’acqua.


     
    La falce calò.


     
    Si sentirono delle grida, tutt’intorno.


     
    Un attimo dopo, Ranma, in versione maschio, scivolava con le suole, per frenare il suo slancio, dalla parte opposta.
    Era girato verso Mihail.
    Aveva Kisara in braccio, come una sposa, ed una riga di sangue gli attraversava una guancia.
    La ragazza lo fissava sbigottita, non realizzando cosa fosse appena successo.


     
    Mihail era ancora piegato in avanti, la falce piantata nella bara di cristallo, dove un attimo prima stava la sua preda.
    Sembrava seccato, poi volse giusto lo sguardo alla propria destra e fece un “Oh?” di interesse.

     
    Miu e Kenichi: “CE L’HA FATTA!”


    Hyogo: “Woah! Niente male davvero!”
    Yui: “Quella velocità…è almeno di livello Maestro…”
    Arciera: “Sentite, ma è una mia impressione o fino a poco fa…”

     
    Ranma si fermò e fissò l’uomo con la falce con uno sguardo omicida.
    Si eresse dritto in piedi, sempre tenendo Kisara in braccio e ruggì:


    “EHI, TU, BASTARDO!
    QUESTA RAGAZZA E’ LA MIA ALLIEVA!
    SE PROVI A SFIORARLA ANCHE SOLO CON UN DITO…
    SEI UN UOMO MORTO!”

     

    ◊◊◊◊◊

    Nota dell’Autore


    Uff, altro capitolo infinito. Spero non sia troppo pesante leggerli e che si riesca a seguire il tutto. Ho aggiunto immagini, note e spiegazioni apposta.


    Ok, ho barato: la scena finale è ripresa sputata da quando Ranma e Akane stanno combattendo sui pattini con Azusa Shiratori e Mikado Sanzenin. Però mi piaceva e sembrava plausibile, anche se il legame non è romantico.


    C’è un sacco di carne al fuoco. Ranma che supera la paura per i gatti mi pareva un bel momento di crescita. Fateci caso, la PAURA è stato il suo nemico più pericoloso, finora, come dice spesso. La sua crescita è caratteriale, più che fisica. Questo detto, affrontare un avversario pericoloso è un momento di passaggio necessario.


    La presenza di altri membri delle Lame e discepoli sulla nave era stata ventilata: Mihail era la Terza Persona (dopo Mikumo ed Ogata) di cui parlavano i cattivi, il loro asso nella manica.
    E’ forse il membro delle Lame che si vedeva più spesso, ed il più perverso. Ce lo vedo a far fuori gli ostaggi in caso non servano più.


    Oltre ai ragazzi dello Yomi c’era una QUINTA persona ad attendere nel buio, e nel prossimo capitolo scopriremo chi fosse.


    Miu e Kenichi che si erano infiltrati fingendosi guardie è una palese citazione a Star Wars…così si spiega perché quelle due guardie “vigliacche” fossero così imbranate da rovinare tutto…il topolino che compare per primo nel capitolo scorso è proprio Tochoumaru.


    Mousse & Ryoga meritavano dello spazio e di sconfiggere dei nemici forti, ciascuno tirando le somme del loro percorso recente. Entrambi concludono che cambiare va bene, ma non del tutto: saranno un mix di vecchio e nuovo. Mousse in particolare mostra qui la sua crescita ed è un momento importante.


    I prossimi capitoli saranno puramente di botte, e tutti ambientati sulla nave, ma i personaggi avranno le loro brave riflessioni da fare, oltre a combattere.
    Nel frattempo, come ci si aspettava, la nave è in brutte condizioni…


     
    Legenda


    *Quest’evento del passato di Kisara viene dritto dritto dal manga di Kenichi


    **Il Tramonto Eterno è il nome del piano dello Yami nella saga finale del manga di Kenichi: volevano scatenare la guerra mondiale per far sì che il mondo regredisse in uno stato in cui le arti marziali fossero di nuovo importanti


    ***I prigionieri indicati due capitoli fa: Momotaro (Otokojuku), Tenkoji (Kotaro), Aya & Maya Natsume (Inferno & Paradiso) usano la katana; Date (Otokojuku) usa la lancia; Kisaragi (Kotaro) usa il bastone a nove sezioni; Eito & Ayame (Agente 008) sono due spie che usano lame corte; e poi Kodachi viene considerata adatta ad imparare il bastone con peso del Kung Fu, mentre Shampoo usa da sempre Chùi e varie Sciabole; la spatola di Ukyo ricorda invece il Bisento (una grossa Naginata)


    ****Anche lì, nel manga di Kenichi, volume 57

      
    Mini-Guida per il manga di Kenichi:


    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici

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    Capitolo 26
    *** Gli Scontri Decisivi ***





    Gli Scontri Decisivi



     
    Nella stanza dopo quella dichiarazione calò un silenzio di sbigottimento.


    Ma mai come quello che era dipinto sul volto di Kisara, che fissava ad occhi sbarrati il suo salvatore che ancora la teneva in braccio. Gocce di sudore le colavano sul viso, era arrossita e balbettava qualcosa.


    Lo sguardo di Ranma valeva come mille parole.


    Mihail Stirbey fece uno sbuffo divertito.
    “Parole grosse, ragazzo. Vediamo se saprai farvi seguire i fatti. Dopotutto, mi stavo annoiando e tu hai l’aria di potermi far divertire più di queste mezze cartucce. Dunque accetterò la tua sfida”. E si mise in posizione di attesa, con la falce in mano.


    Ranma, senza fretta, si voltò, vide Kenichi e Miu, poi squadrò rapidamente la stanza, notando i ragazzi dell’Alleanza Shimpaku che si stavano riprendendo ed i quattro Discepoli dello Yomi sulla balaustra, pronti a scattare.


    “Kenichi! Miu! State bene?”


    “Sì, noi stiamo bene, Ranma! Ed anche i ragazzi, credo”


    “Solo, non possiamo muoverci di qui”


    Tutti quanti gli ostaggi avevano grossomodo ripreso conoscenza.
    Takeda: “Ma…dove ci troviamo?”
    Freya: “L’ultima cosa che ricordo è che…”
    Siegfried: “Noi siamo…in pericolo?”
    Miu: “Ragazzi! Siete stati rapiti dallo Yami, ci troviamo su una nave!”
    Ukita: “Cosa? Su una nave?”
    Thor: “Siamo in un bel guaio”
    Kenichi: “Esatto, ma noi tre siamo venuti a salvarvi. Sulla nave c’è anche l’Anziano. Solo che…questi nemici ci impediscono di muoverci”
    Renka: “Già…li vedo…i Discepoli delle Lame”



    “Aspettate un momento-disse Ranma, poi volse lo sguardo verso Kisara-come stai, tutto bene?”
    La ragazza non capiva nulla. Il cuore le batteva all’impazzata.
    “Ma…Ranma, ma tu…Ranko…lei…ma come…?”


    “In questo momento non ho il tempo di spiegarti, mi dispiace-ammise, guardandola negli occhi-posso solo dirti una cosa: credimi, non ho mai avuto intenzione di ingannarti. Ranko, la tua Maestra…non esiste, Kisara. Sono io, sono sempre stato io”.


    “Cosa? Che intendi dire? Ma se…?”
    “Kisara, dimmi la verità: dopo tutto questo tempo…pensi davvero che faccia della differenza? Essere un uomo od una donna?”


    Gli occhi di Kisara rimasero sbarrati.
    Ranma la posò piano a terra.
    “Fammi vedere: qualcosa di rotto?”
    “Uh? No, io…non credo. Penso che l’anestesia non sia ancora passata del tutto”


    In quella sbucò fuori Tochoumaru con gli spilloni da agopuntura che Kensei aveva regalato a Ranma e che questi gli aveva affidato per aiutare Kenichi e Miu.
    “Tochoumaru! Piccolo amico mio. Non sai quanto sia contento di rivederti. Allora, facciamo così…”


    In breve, Ranma posizionò gli aghi sulle gambe di Kisara come gli aveva insegnato Kensei. Poi, dopo qualche secondo, li sfilò e procedette a frizionarle gambe e braccia con massaggi esperti, eseguiti ad ipervelocità.
    Kisara era stupita. Aveva già visto fare una cosa simile da Ranko. La circolazione riprese e poté muoversi di nuovo.
    “Straordinario-commentò alzandosi in piedi-è come se non fossi mai stata anestetizzata”


    “Prendi anche questo e mangialo, ti ridarà le energie-disse Ranma porgendole un quadretto della speciale barretta energetica del Ryozampaku; poi ne spezzò i quadretti rimanenti e li lanciò in mano agli ex ostaggi-mangiatelo tutti! Vi farà bene!”


    I ragazzi obbedirono ed in effetti le forze parvero ritornare loro in modo miracoloso.
    Poi Miu ebbe un’intuizione “Ragazzi! Quando vi hanno rapiti, hanno preso i vostri Tekkou. Sono vicino alle capsule dove eravate voi. Sarebbe meglio che ve li metteste”


    Mentre i confusi ex ostaggi provvedevano, i Discepoli dello Yomi cominciavano a perdere la pazienza.
    Arciera: “Tsk! Dovremmo lasciare che facciano come gli pare? Ne ho ancora quattro sotto tiro, se serve…”
    Hyogo: “Ma Kenichi Shirahama e Furinji Miu ne intercetterebbero almeno due”
    Yui: “Già, e poi quel ragazzo nuovo di livello Maestro interverrebbe”
    Discepola Naginata: “Sembra che il signor Stirbey voglia lasciargli campo libero, per poi affrontarlo in duello. Dovremo intervenire dopo che se ne saranno andati”
    Arciera: “Ma a quel punto saremo in inferiorità numerica”
    Hyogo: “State pronti al mio segnale; faremo così…”


    Kenichi vedeva migliorare le loro chance, ma non era ancora tranquillo.
    “Ragazzi! La situazione è difficile, ma ora abbiamo una possibilità di uscirne. Però…sarà solo se combatteremo insieme, come abbiamo sempre fatto. Dobbiamo essere pronti a tutto. Ricordatevi i vostri allenamenti. Ricordatevi perché combattiamo”


    “Bel discorso-commentò Ranma, voltandosi verso Kisara per l’ultima volta-ascolta, Kisara, ora devo andare. Non so come andrà a finire questa storia, ma so di lasciarti in buone mani. Anzi, so che LI sto lasciando in buone mani, perché conosco la tua forza e mi fido di te. Sono certo che saprai guidarli alla vittoria


    La ragazza lo guardava esterrefatta: “Ranma, ma tu…”


    Il ragazzo con il codino lanciò degli sguardi di intesa a Miu e Kenichi, che annuirono in silenzio. Ciascuno avrebbe fatto la propria parte.


    Poi, finalmente, l’erede della Scuola Saotome si voltò verso Mihail.
    “Te la sei presa comoda-commentò l’assassino-la mia lama stava per arrugginirsi”
    “Avremo tutto il tempo che vuoi, ma non qui. Andiamo in un posto più adatto”

    << TECNICA FINALE SEGRETA DELLA SCUOLA SAOTOME:
    FUGA A GAMBE LEVATE! >>

    Ed in men che non si dica, schizzò via attraverso la saracinesca sfondata. Tutti quanti avevano gli occhi fuori dalle orbite.


    Tutti tranne Kisara.
    “Ooooh, è la stessa tecnica di quella volta! Allora…è davvero Ranko!”*
    Thor: “Come? Quella roba sarebbe UNA TECNICA?”


    Mihail era annoiato.
    “Oh, va beh, suppongo che per questa volta cascherò in questa trappola-poi però, si voltò verso i Discepoli dello Yomi e disse loro-ehi, ragazzi, cercate di occuparvi degli ex ostaggi mentre io do la caccia alla mia preda. Ma sarà bene che facciate presto; perché se saranno ancora vivi quando io avrò finito col piatto principale-e qui diede un’eloquente leccata alla lama della sua falce, dove era sporca del sangue di Ranma-allora li userò come dessert”


    E poi sparì a sua volta nel corridoio.
    Tutti quanti, alleati e nemici, sudavano freddo


    ◊◊◊◊◊

    Ma fu solo un attimo: come un sol uomo, i quattro Discepoli dello Yomi scattarono all’attacco.


    Avevano modificato la loro tattica: intuendo che Kenichi e Miu fossero i più pericolosi, cercarono di impedir loro di nuocere.
    L’arciera scagliò le sue quattro frecce, ma riuscì a lanciarne due in una direzione e due in tutt’altra.
    Le prime due erano su Kenichi, che per pararle non poté intervenire per salvare gli altri.
    Hyogo Ito balzò addosso a Miu con la propria lama e la ragazza dovette incrociare i propri Tekkou per pararne l’attacco.
    “Cosa? State attaccando me e Kenichi singolarmente? Ma allora…”


    In quella, il gruppo composto da Kisara, Freya, Takeda, Ukita, Siegfried e Thor-che si erano grossomodo avvicinati l’un l’altro-venne attaccato contemporaneamente dalla ragazza della Naginata, che descrisse un ampio movimento a forma di “Z” per colpirli tutti insieme.
    I ragazzi fecero a malapena in tempo ad alzare i propri Tekkou per parare.



    Ma mancavano ancora le ultime due frecce scagliate dall’arciera. Freya ebbe la presenza di spirito di sentirle sibilare e si voltò di scatto, proteggendo sia Takeda che Ukita, che altrimenti sarebbero stati colpiti alla nuca. La ragazza protesse così i suoi amori, vecchi e nuovi.


    “Ma…ne manca una”
    Kenichi ebbe un’intuizione: solo una persona non aveva dei Tekkou.
    Yui calò dall’alto con la propria Kodachi sulla testa di Renka, che si trovava un po’ staccata dal gruppo.


    Un attimo dopo, Kenichi le piombò davanti, incrociando le braccia ed intercettando il colpo con i propri Tekkou.



    “Kenichi!”
    “Tutto bene…Renka-san?”
    Hyogo: “Ehi…non è da te…è riuscito a muoversi senza che intervenissi”
    L’arciera commentò a malincuore: “E’ stato…davvero veloce”


    Yui: “Tsk! L’attacco a sorpresa è fallito. E se non fosse stato per il Primo Discepolo…saremmo riusciti ad eliminare almeno la figlia di Kensei Ma…che di certo è uno degli avversari più pericolosi qui”
    Kisara ebbe un’intuizione.
    Ma certo! I loro veri obiettivi sono sempre stati quei tre: Miu, Kenichi e Renka. Li considerano gli unici in grado di contrastarli davvero.
    Tch…questo vuol dire…che ci sottovalutano?


    “Io…grazie, Kenichi-san” fece Renka ancora scioccata.


    “Renka-san-prese a dire Kenichi, con lo sguardo fisso sull’assassina di fronte a lui-io…ho una montagna di scuse da farti. E penso che non basterà un mese. Però…per poterci riuscire…dobbiamo prima uscire da questa brutta situazione e tornare tutti insieme al Ryozampaku. Potrai farmi quello che vuoi, pestarmi, insultarmi, ne hai tutte le

    ragioni…ma DOPO. Ora dobbiamo concentrarci sul combattere per sopravvivere”
    “Certo, lo so” fece la ragazza, rimettendosi dritta, con lo sguardo determinato.


    “Voglio però dirti solo una cosa-riprese Shirahama-forse tu…pensi che io ti consideri da meno di Miu-san. Che ai miei occhi lei valga di più. Non è così.
    E’ vero che…non posso cambiare quello che provo, ma…penso di essermi comportato, in un certo senso, nello stesso modo con entrambe. Ho commesso lo stesso identico errore.
    Io…fin dall’inizio ho pensato che voi…foste al di fuori della mia portata. Non certo che non foste degne di me, ma che IO non fossi degno di voi. E’ questo che ha fatto iniziare tutto. E’ per questo che non ho agito in base ai miei sentimenti per Miu-san…ed è per lo stesso motivo che per così tanto tempo non mi sono reso conto dei tuoi sentimenti per me. Che…non concepivo neanche di poterti piacere. Ho commesso altri errori, in seguito, ma tutto è derivato da questo peccato originario. Non è che tu non fossi abbastanza per me…sono io che ho sempre pensato di non essere abbastanza per te.”


    Renka era rimasta abbastanza scioccata da quella confessione, ma poi abbassò lo sguardo e fece un sorriso amaro.
    “Scemo…”


    “EHI; VOGLIAMO FINIRLA QUI? Che cos’è, una battaglia od una telenovela?” sbottò la praticante di Kodachi di fronte a lui.
    Hyogo Ito, ancora bloccato in uno stallo con Miu, scoppiò a ridere.
    “AHAHAH; è davvero raro vedere Yui perdere le staffe, di solito è un vero pezzo di ghiaccio. Certo che il Primo Discepolo del Ryozampaku…è davvero un bel tipo”


    Il gruppetto degli Shimpaku in quel momento si riscosse.
    Ukita: “Ma…cosa ci facciamo qui? Dovremmo andare ad aiutarli”
    Thor: “E’ vero, la ragazza di fronte a noi è solo una”
    Siegfried: “Dimenticate l’arciera…ci sta tenendo sotto tiro da quando è fallito l’attacco a sorpresa, con SEI frecce stavolta”
    Takeda: “Beh, una per ciascuno…non odio le nostre possibilità”
    Freya (che aveva recuperato il proprio bastone) “Sta’ calmo, Takeda. Analizziamo la situazione con metodo. Per ora siamo in vantaggio”


    Kisara, però, stava ribollendo.
    Pensano tutti che siamo dei mocciosi…gliela faccio vedere io.


    Ma in quella, un’ombra si stagliò su una balaustra ancora più in alto di quella dove si trovava l’arciera. Si sentì un -pop-quello di una gomma da masticare che scoppia.
    Takeda: “Ma quello…è BERSERKER!”


    Era proprio lui. Shogo Kitsukawa, detto Berserker, l’ex Secondo Pugno del Ragnarok ed attuale allievo di Ogata. Era lui l’ultimo dei guardiani mandati a controllare l’operazione. Osservava la situazione dall’alto, con espressione a metà fra l’annoiato ed il disprezzo.



    Hyogo: “Ooh, finalmente si è degnato di farsi vivo”
    Kenichi: “Come? Proprio lui? Non ci voleva!”
    Il giovane balzò giù ed atterrò senza problemi. Con le mani in tasca e continuando a fare palloncini col chewing gum, si avvicinò sicuro a Kenichi.
    “Yo, Shirahama. Questo non è il tuo posto. Concludiamo lo scontro che abbiamo iniziato qualche mese fa”**


    Kenichi: “Ma…ma io…”
    Ma in quella, furono i ragazzi dello Shimpaku ad incitarlo.
    Takeda: “Kenichi! Vai, non ti preoccupare per noi. Ce la caveremo anche da soli”
    Ukita: “Certo! Non dimenticare che ci siamo allenati duramente per questo”
    Il Primo Discepolo fu un po’ stupito, ma poi si rese conto della prospettiva.

    Giusto, io non devo combattere al posto loro…ma insieme a loro…


    Yui si allontanò da lui e Kenichi, rivolto un ultimo sguardo a Miu e Kenichi, seguì Berserker che iniziò a balzare da una balaustra all’altra. In breve, sparirono entrambi dentro un corridoio al piano superiore.


    Thor: “Bene, ora possiamo occuparci di tutti gli altri”
    In quella, le saracinesche sfondate esplosero, devastate dall’esplosivo al plastico.
    Da ciascuno dei cinque corridoi di accesso arrivò un drappello di sei guardie.
    “Guardate, capitano Japstein! I prigionieri si sono liberati! E stanno affrontando gli allievi delle Lame!”
    “Molto bene! Interverremo anche noi”
    Ukita: “Dannazione; la situazione si fa difficile”


    Kisara: “Andateci voi. Affrontateli”
    “Come?”
    “HO DETTO: AFFRONTATELI. Io rimango qui. E…affronterò questa stronzetta con l’aria da bibliotecaria che ha l’aria di considerarci degli insetti”
    La discepola della Naginata rimase del tutto impassibile alla provocazione: era perfettamente d’accordo con lei riguardo agli “insetti”.


    “Ma…sei sicura? Affrontare un Discepolo delle Lame uno contro uno è…”
    “…impossibile? E’ questo che intendevi dire, Ukita?-replicò la ragazza-sai, negli ultimi mesi mi sono allenata con una persona molto in gamba, e sono diventata più forte. Ma soprattutto…ho imparato che non conta ciò che è possibile e ciò che è impossibile, ma soltanto quello che decidi di fare qui ed ora!”



    Freya era arrossita.
    Kisara…sei cresciuta


    Takeda sembrava comprenderla.
    Anche lei non sopporta che siano solo gli altri a mettersi in mostra, eh? Beh, per stavolta…rispetterò la tua determinazione, Kisara.


    In breve, ciascuno dei membri dello Shimpaku andò verso uno dei corridoi di accesso, dove ognuno di loro avrebbe affrontato SEI guardie, tutte equipaggiate con corazze, caschi e doppi bastoni elettrificati.



    Kisara seguì la Discepola della Naginata che le fece un cenno, per poi andare ad infilarsi in un corridoio del piano superiore, in cerca di un posto più adatto.


    Nel laboratorio distrutto rimasero Miu e Renka, che si erano lentamente avvicinate, camminando all’indietro, finendo schiena contro schiena.
    I discepoli della Kodachi, Hyogo e Yui, giravano loro intorno, descrivendo ampi cerchi. La Discepola dell’Arco le osservava dalla balaustra, con due frecce incoccate.
    Miu fece un commento: “Tch! E così…comincia il gran finale, eh?”


    ◊◊◊◊◊


    Ranma stava correndo all’impazzata nel corridoio e non si può dire che fosse spavaldo come quando aveva salutato i ragazzi.


    Merda.
    Merda.
    MERDA!


    In che razza di guaio mi sono cacciato?


    Questo tizio è un Gran Maestro. E’ allo stesso livello dei membri del Ryozampaku.


    Per quanto io sia cresciuto, sono diventato Maestro solo un mese e mezzo fa…lui è di un intero livello sopra di me…per di più, è del Pugno Che Uccide ed usa un’arma, per giunta con una portata molto lunga…


    Devo allontanarlo il più possibile dai ragazzi, e poi…beh, farò come al solito. Mi inventerò qualcosa


    Dietro di lui il sinistro individuo stava a pochi metri di distanza nonostante all’apparenza camminasse, teneva le mani in tasca e la falce sottobraccio. Canticchiava.


    RaGaZzInOooooo….


    PeRcHé ScApPi?


    NoN VuOi GiOcArE cOn MeEeeeee?


    Ma proprio in quel momento, il corridoio in mezzo a loro due esplose.


    Letteralmente, mille lamiere divelte volarono ovunque.
    Ranma si tuffò in avanti, in capriola, senza capire.
    Mihail, invece, frenò e si ritrasse all’indietro.


    Hayato Furinji ed Isshinsai Ogata, avvinghiati l’uno all’altro, con una massa enorme di Ki incandescente intorno a loro, rotolarono uno sull’altro, raggiunsero la parete opposta e distrussero anche quella di slancio. Sparirono come erano apparsi.


    Ranma aveva gli occhi sbarrati, incredulo.


    Che…che razza di scontro assurdo…
    …se mi avessero preso in pieno, sarei carne trita…giuro che non mi lamenterò più della sfortuna


    Mentre la polvere si posava, Mihail sembrava contrariato. Ranma impiegò un momento a capire il motivo.


    L’assassino aveva uno squarcio orizzontale di trenta centimetri lungo il fianco destro. Buttava un bel po’ di sangue, ed era un miracolo che le viscere non uscissero fuori. Si era trovato troppo vicino al luogo dell’incidente.


    Ranma notò anche che si era voltato verso sinistra, al momento dell’impatto, ecco perché era stato ferito a destra: aveva cercato di proteggere la sua falce, perché non venisse danneggiata. Osservò solo allora che giusto sull’attacco della lama, era stata riforgiata per riattaccarla, e che il manico, sebbene di legno pregiato, sembrava di qualità inferiore: probabilmente non era quello originale.
    Quell’arma è già stata danneggiata in passato e temeva che si rompesse di nuovo?


    Mihail rivolse al ragazzo col codino uno sguardo di disprezzo.
    “Che c’è, ragazzino, pensi che per questo piccolo incidente potrai avere una possibilità?
    Non ti illudere. Sono perfettamente in grado di combattere anche così”


    Ed in men che non si dica, tirò fuori ago e filo da una tasca interna della giacca-Ranma poté così vedere che aveva una maglia d’acciaio protettiva sotto il cappotto; era stato ferito appena sotto, ad altezza cintura-e si…ricucì la ferita da solo, muovendo la mano ad ipervelocità, in pochi secondi e senza anestesia. Poi gettò via l’ago insanguinato.


    Ranma era impressionato, ma non gli sfuggì che l’avversario era più pallido e con il respiro un po’ pesante.
    “Eccomi qui, come nuovo-dichiarò l’assassino-possiamo cominciare quando vuoi, se non preferisci continuare a scappare”.


    Ranma soppesò la cosa. Non odiava più le sue possibilità.
    Kami, devo ringraziarvi…decisamente non mi lamenterò più della sfortuna…ora ho almeno una chance…


    Non riesco esattamente a valutare di quanto sia sceso il suo livello…se il mese scorso, Sakaki era al 60% lui con questa ferita, a quanto sarà? 75% 70%...mi sarebbe potuta andare peggio…comunque, per prima cosa…


    “Oh, Giusto. Sono imperdonabile-fece l’assassino-nei duelli bisogna prima presentarsi-e fece un inchino sarcastico-sono Mihail Stirbey, Gran Maestro della Falce delle Otto Lucenti Lame Esecutrici dello Yami.


    “Tsk! Ed io sono
    RANMA SAOTOME, del…”


    Si bloccò. Stava per dire, come sempre “Della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate Saotome”, ma si rese conto che sarebbe stato un errore.


    Questo tizio non aveva idea di chi lui fosse. Però era un dannato macellaio. E se non lo avesse sconfitto? Sarebbe venuto a cercarlo? Avrebbe chiesto informazioni sulla sua scuola? A Nerima?


    Sua madre sarebbe stata in pericolo?


    “Ranma Saotome-ripeté-DEL RYOZAMPAKU!”


    Mihail sogghignò, intuendo la sua esitazione.
    “Molto bene, Ranma Saotome del Ryozampaku-lo canzonò-vogliamo cominciare?”


    “Subito-dichiarò Ranma, solenne-ma prima, per etichetta, devo specificare una cosa”
    “Cioè?”
    “Questo sarà uno scontro con in palio la vita e la morte. Di conseguenza…NON CI SONO TECNICHE PROIBITE!”


    E detto questo, si mise in una posa strana. Una tecnica che aveva giurato di non usare mai più.



    A Mihail il ragazzo sembrava un fantasma.
    “Attaccami pure come ti pare, Mihail Stirbey!”


    ◊◊◊◊◊

    Kenichi seguì Berserker finché il ragazzo non si fu fermato. Si accorse che erano in una zona strana della nave, uno spazio ampio ma che puzzava di chiuso, una specie di…magazzino? Con mucchi di…erano tappeti? Reminescenze di quando quella nave era stata piena di gioia, feste, balli. Un ricordo triste di un destino diverso.


    “Possiamo cominciare” disse semplicemente il suo avversario.


    “Un momento-dichiarò Kenichi, esitante-prima dovrei chiederti una cosa. Berserker, tu…perché segui Isshinsai Ogata? Non riesco a capirne la logica. Qualche mese fa ti eri schierato con noi durante il Tramonto Eterno. E mi par di capire il tuo Maestro non ti abbia punito. Però ti stavano sulle scatole i metodi del reparto armato Ora, questa missione prevedeva di rapire i tuoi ex compagni del Ragnarok e farne nuovi membri dello Yami. La cosa…ti stava bene o meno? Ed ora che…i Discepoli delle Lame vogliono eliminarli, perché non potranno più essere dei sottoposti, tu…stai dalla loro parte? Perché? Loro…sono vostri rivali, oltre che alleati, non è vero? Speravano in un esito del genere, perché vogliono che il reparto armato rimanga predominante su quello a mani nude. Tu…non dovresti opporti a questo risultato? Anche per il tuo Maestro?”


    Berserker sembrò stranito per un momento, perdendo la sua abituale aria impassibile, poi, senza preavviso, scattò all’attacco. Esplose in un calcio laterale diretto al viso di Kenichi, che sfiorò a malapena i pesanti anfibi del nemico scartando all’indietro.


    “EHI!”


    Berserker continuò, ruotando su sé stesso e continuando a mulinare calci alti, prima con una gamba e poi con l’altra, obbligando il Primo Discepolo ad indietreggiare.


    “Ma…ma che fai?”
    “Ma sei stupido?-gli domandò il biondo-fare domande su cose complicate prima di un combattimento!
    Ma cosa vuoi che me ne importi di tutto questo! Io voglio fare una cosa e solo una…combattere contro avversari sempre più forti!
    E da quando ho scoperto che sei sulla nave…il mio obiettivo sei stato solo tu, Shirahama!”


    “Da-dannazione!”
    Già, è ovvio…lui non è il tipo da farsi discorsi profondi…


    “Gioisci!-riprese il biondo-perché finalmente potremo riprendere lo scontro che era stato interrotto quella volta!**
    Solo che adesso…non ci saranno interferenze! Non ci sarà tregua! Uno di noi due dovrà uscire vincitore e l’altro sconfitto…possibilmente morto!”


    “Accidenti a te! La solita logica perversa dello Yami!”


    Kenichi decise di passare alla controffensiva. Dopo aver bloccato l’ultimo calcio, ne approfittò per interrompere lo slancio dell’avversario e poi si lanciò in avanti per colpirlo con una serie di tecniche a corta distanza.


    Berserker si rese conto del pericolo e si mise rapidamente sulla difensiva, usando i gomiti, che ruotava a destra ed a sinistra, per parare o deviare tutti i colpi appena in tempo, ma sembrava in ansia.


    “Woah! Sei migliorato, Shirahama! Però…”
    In quella, fece esplodere un calcio frontale contro il suo avversario, ma il suo slancio fu frenato. Scioccato, si accorse che Kenichi aveva sollevato una gamba ed aveva bloccato il calcio col ginocchio. Inoltre era piantato sulla posizione e non si lasciava respingere di forza.


    Berserker era esterrefatto.
    E’ davvero…forte. Come si sarà allenato?


    Kenichi gli rivolse uno sguardo sornione. Poi entrambi fecero forza ed il risultato fu che vennero entrambi respinti indietro di cinque metri rispetto a quel punto.
    Berserker guardava il Primo Discepolo con rinnovato rispetto.


    “Devo dire…che non mi aspettavo che fossi cresciuto tanto, Shirahama. Sei saldamente a livello Esperto, direi…”


    “E questo è ancora niente-replicò il giovane-mi sono allenato duramente in questi mesi. Ho affrontato avversari nuovi, sperimentato il combattimento in modalità di gruppo ed il mio allenamento è stato rivoluzionato. Ormai, per essere franco…il mio obiettivo da raggiungere è un’altra persona. E se voglio sperare di raggiungerla…non posso restare qui a perdere tempo con avversari del tuo livello!”


    Berserker alzò un sopracciglio. Non conosceva bene Shirahama, ma era raro sentirlo parlare così.
    “Uhm…e dunque…sembra che persino tu abbia imparato a tirar fuori le zanne, eh…”


    “Oh, non ne hai idea! Sono venuto qui per salvare i miei amici! Ed in questo momento, anche loro stanno combattendo per la loro vita! Ed io non posso aiutarli! Quello che volevate fare…è abominevole, Berserker. Pensavo che almeno alcuni di voi…fossero onorevoli, nonostante tutto. Ma mi sbagliavo”.


    Prese un bel respiro e poi continuò:
    “Oggi è stata una brutta, bruttissima giornata. E continua a peggiorare. Io sono un combattente Sei, ma…penso che per una volta, giusto una…visto che mi stai intralciando, Berserker…mi sfogherò su di te”.


    “AHAHAH! Bravo! E’ così che dev’essere! Una battaglia può solo essere uno scontro tra nemici mortali!” e gli corse incontro.


    “NO! Non è così! Io sono e sarò un membro del Pugno Che Salva! Però…potrei pestarti abbastanza da farti rimpiangere di non essere morto!”


    ◊◊◊◊◊


    Miu e Renka avevano il loro bel daffare.



    Oltre a non essere affatto coordinate nel combattere in coppia (come i duelli al Ryozampaku contro Ranma dei mesi precedenti avevano ampiamente dimostrato), dovevano affrontare avversari armati, perfettamente sincronizzati tra loro ed esperti di tattiche di gruppo, in TRE contro DUE, ed uno di loro le bersagliava con attacchi a distanza.
    Per colmo di difficoltà, Miu che era l’unica che indossava dei Tekkou, doveva costantemente coprire Renka per intercettare gli attacchi con armi che la praticante cinese poteva schivare, ma non parare.


    Questo, ovviamente, peggiorava di molto la situazione perché si ritrovavano in posizioni scomode, pestandosi i piedi a vicenda, il che rendeva impossibile contrattaccare.


    “Miu! Non continuare a coprirmi! Posso farcela da sola!”


    “Mi dispiace Renka! Ma stiamo affrontando i Discepoli delle Lame, e tu non hai modo di difenderti senza…UGH!”


    In quella, approfittando del bisticcio, Hyogo e Yui, perfettamente coordinati, avevano attaccato le ragazze, che poterono sì scansarsi all’ultimo, ma ne guadagnarono comunque dei tagli superficiali: Renka sulla coscia destra e Miu sulla spalla sinistra.


    “Non ci si distrae in combattimento” le canzonò Hyogo.


    Già-rifletté Miu-e scommetto che tra poco…
    Si udì uno swiiish! Nell’aria.


    La bionda si voltò di colpo, spiccò un balzo in aria ed incrociò le braccia per intercettare coi suoi guanti d’arme le due frecce che la Discepola dell’Arco aveva scagliato loro, approfittando del momento di sbandamento. Le frecce rimbalzarono via.


    Renka rimase a bocca aperta. Doveva ammettere, dolorosamente, che Miu aveva ragione. Era necessario che la proteggesse.
    Tsk! Sono davvero…così inutile…è ancora come…qualche mese fa? E’ per questo che…


    La bionda osservò lo scoramento sul viso della compagna e ne intuì la ragione. Poi si guardò intorno.


    I Discepoli della Kodachi stavano girando loro intorno come jene in caccia, con dei sorrisetti sicuri in volto. Yui si permise anche di rimproverare l’Arciera.
    “Ehi Annabeth! Aggiusta la mira! Non è da te sbagliare così”
    “Tsk! Come se fosse facile!-replicò la ragazza stizzita-vi ricordo che devo anche cercare di non colpire voi! O magari preferisci che non vi faccia questa premura?”
    “Beh, in fin dei conti-iniziò Hyogo-noi tutti siamo sempre pronti a morire!” e si lanciò all’attacco.


    Lui e la sua compagna iniziarono a girare rapidamente in tondo intorno alle loro due prede, attaccandole di continuo: le due ragazze non poterono far altro che ruotare su sé stesse, cercando di difendersi come meglio potevano.


    Eppure, fu proprio in quel vortice, nel quale, apparentemente, distinguere alleati e nemici era impossibile, che Annabeth ritrovò sicurezza.
    I suoi occhi subirono una strana mutazione, e due pupille apparvero in ciascun occhio.



    Prese accuratamente la mira, poi…
    Swiish!


    Due frecce scoccarono, saettarono in mezzo al turbine e fecero altre due ferite, di striscio, sia a Miu (pancia e gamba) che a Renka (schiena e braccio).


    Miu: Cosa? Riesce a colpirci anche qui in mezzo? E’ davvero abile! E’ praticamente migliorata in una situazione più sfavorevole


    Renka: Il loro vero piano non è ammazzarci con le Kodachi…loro sono il diversivo…per permettere a quell’arciera di eliminarci…od anche solo causarci qualche ferita grave…magari trapassarci una gamba, od il ventre…per poi lasciare che gli altri finiscano il lavoro…


    Annabeth: “Tch! La prossima volta aggiusterò un altro po’ il tiro”


    Le due ragazze continuavano a difendersi, ma era un’impresa disperata. Oltretutto, difendendosi una addosso all’altra, si muovevano poco ed erano un bersaglio facile.


    Poi Miu ebbe un’intuizione.
    “Renka! Ascoltami! Dobbiamo fare…come Ranma ha fatto con Ukita alla sede dell’Alleanza Shimpaku…e poi, di nuovo, stamattina…con Kenichi contro lui e me!”***


    Renka rimase per un attimo interdetta, poi scoccò un Oh! Ed aggiunse:
    “Pffff…d’accordo, proviamoci!”


    “Qualunque cosa vogliate fare non funzionerà!”
    Stavolta i due Discepoli di Spada Corta le attaccarono con degli affondi frontali, obbligandole a sacrificare le braccia per parare o morire. Di sicuro le frecce avrebbero seguito subito dopo.


    Per un attimo, le due ragazze si piegarono sui loro assalitori e sembrarono essere state colpite.


    ORA!


    Due frecce sibilarono nell’aria.
    Accadde in un attimo.


    Miu e Renka si erano piegate in avanti per afferrare le braccia dei loro assalitori, bloccandoli sul posto e fermando le lame a pochi centimetri dai propri stomaci.
    Poi approfittarono della presa salda che avevano per strattonare con forza gli avversari, sfruttando il loro stesso slancio in avanti, e scambiare posto con loro.


    Hyogo e Yui non se l’aspettavano e si ritrovarono tirati al centro, a sbattere le schiene l’uno contro l’altra.


    E le due frecce che viaggiavano nell’aria colpirono loro.


    Hyogo fu colpito di striscio alla schiena e Yui ad una spalla.


    Tutti e tre i Discepoli dello Yomi erano esterrefatti.
    “Ma che cosa…?”
    Annabeth: “Ma come hanno fatto?”


    Miu e Renka se la ridevano, e per una volta sembravano rivolgersi uno sguardo d’intesa.
    Annabeth: “Voi due…fino a poco fa non avevate nessuna coordinazione. Come diamine…?”


    Miu: “E’ stato semplice. Non potevamo contrastare il vostro perfetto lavoro di squadra ed i molti anni di lavoro in team dei discepoli della Kodachi con facilità.
    Però giusto stamattina abbiamo imparato che gli strateghi affogano nella loro stessa strategia e che l’improvvisazione è una dote necessaria ai guerrieri. Quindi è bastato ricordarci di questa tattica che abbiamo visto fare a Ranma, per replicarla noi. Un ingranaggio, per quanto perfetto, si può fermare se ci si inserisce anche solo un granello di sabbia. Non basta la strategia, bisogna adattarsi alle varie situazioni”


    “Ed in quello-aggiunse Renka-siamo certamente superiori a voi”


    Hyogo: “Adesso non vi montate la testa! Siamo comunque in vantaggio noi!”


    E ben presto i due Discepoli della Kodachi continuarono ad attaccare le due ragazze, solo che stavolta erano all’opposto: Hyogo contro Renka e Yui contro Miu; inoltre adesso erano le due ragazze a stare sull’esterno, ed i loro avversari all’interno, quindi potevano evitarne i colpi muovendosi molto di più, saltellando tra le macerie del laboratorio e tenendosi a distanza con facilità dalle loro corte armi.


    Renka aveva recuperato abbastanza buonumore da canzonare il suo avversario: “Che succede? La tua arma è troppo corta per raggiungermi? Non ti preoccupare, sono cose che possono succedere quando si è emozionati…almeno, mi dicono”


    Intanto, dalla balaustra in alto, Annabeth ringhiò: “Non mi prendete per il culo!” e cominciò a correre lungo il passaggio per cambiare posizione, più avanti, per poi bersagliare con parecchie frecce sia la bionda che la cinese, ai lati opposti dello spazio.


    Le frecce saettavano veloci, precise, e non sembravano avere l’intento di colpire-una volta accortesi, le due ragazze si bloccarono sul posto per poi spostarsi per evitarle-quanto proprio quello di obbligarle, se volevano schivare, a spostarsi lungo un percorso prestabilito, facendole ritornare verso il centro dallo spazio.


    Hyogo e Yui si scambiarono uno sguardo rapido.
    Eseguirono di scatto degli attacchi ampi, che le ragazze, distratte, schivarono con facilità.
    Ed in questo modo i loro avversari si riposizionarono di nuovo all’esterno, con loro al centro, di nuovo Hyogo contro Miu e Yui contro Renka.


    Ora era il turno dello Yomi di gongolare.
    Annabeth: “Questo vi insegnerà ad avere più rispetto del mio arco, stronzette”
    “Cosa dicevate del nostro lavoro di squadra?” fece Hyogo, strafottente.


    Yui scelse di aggiungere il sale sulla ferita: “Alla fine, voi…siete due donne che sono rivali in amore…che amano lo stesso uomo e che hanno passato gli ultimi mesi a litigare. NON ESISTE PROPRIO che il vostro lavoro di squadra…sia migliore del nostro”.


    Renka sembrò fremere di rabbia e frustrazione.


    Miu si rabbuiò. Poi però disse:
    “Renka-san…”


    “Lo so, Miu-rispose quella, depressa-mi spiace di non poterti essere più utile di così. Sembra che alla fine, io…non sia in grado di starti alla pari, dopotutto”


    “No, non era quello che intendevo dire-continuò la ragazza-anzi, tutto il contrario. In realtà, sono io che volevo scusarmi con te. Negli ultimi mesi, al Ryozampaku…sei TU quella che è stata più brava a seguire le istruzioni e ad imparare a combattere in coppia con qualcuno. Io, invece…mi sono concentrata sul mio sviluppo individuale ed ho trascurato questo aspetto. Come prova anche il disastro di stamattina. La verità è che…anche se è frustrante da ammettere…il TUO lavoro di squadra con Kenichi, negli ultimi duelli contro Ranma…è stato una meraviglia. Io…sono stata davvero gelosa della vostra intesa” ammise.


    Renka aveva gli occhi spalancati.
    Miu, tu…in un momento come questo…mi stai rincuorando?


    Yui: “EHI! Dove credete di essere? Prima era una telenovela, ora cos’è, un reality show?”


    Hyogo: “Tempo di morire, Ryozampaku!”


    Ma i rapidi colpi di punta sincronizzati dei due Discepoli della Kodachi non incontrarono la carne. Incontrarono l’acciaio. Tutti e due.


    Yui: “COSA?”
    Renka aveva parato il colpo con un Tekko che aveva infilato nel braccio destro.
    Miu aveva fatto lo stesso, solo che le era rimasto solo il Tekko nel braccio sinistro.


    Hyogo: “Ma come?”
    Miu fece una linguaccia al nemico, con sorriso strafottente, come faceva a volte: “Siete sorpresi? Gliel’ho passato poco fa, dietro la schiena. In effetti è scomodo combattere proteggendo qualcuno”


    Renka: “Fortuna che io e te, Miu…non abbiamo solo gli stessi gusti in fatto di uomini, ma anche la stessa taglia. Il tuo Tekko mi va alla perfezione, chiederò a Shigure di farmene un paio tutti per me”.


    Poi, facendo forza, respinsero indietro i loro nemici ed usarono gli avambracci d’acciaio per respingere le inevitabili frecce che stavano già arrivando contro di loro.


    Subito Hyogo e Yui tornarono alla carica e presto lo scontro si accese di intensità, trasformandosi in una tempesta di lampi d’acciaio, mentre le corte spade attaccavano e cozzavano contro gli strumenti difensivi, in uno scambio di colpi e parate ad altissima velocità.


    Annabeth: Sono veloci…così veloci…ora che riescono a difendersi, ed hanno compreso gli schemi d’attacco di quei due…combattono molto meglio di prima. Non ho aperture per…


    All’improvviso, Hyogo e Yui tentarono uno schema diverso. Il ragazzo eseguì un fendente orizzontale da sinistra a destra, in alto, e la ragazza uno da destra e sinistra, in basso: così, se Miu si fosse abbassata, il colpo avrebbe tagliato la testa di Renka, e se questa avesse invece saltato, l’altro avrebbe tranciato di netto le gambe di Miu.


    Tra le due ragazze lampeggiò uno sguardo.
    Invece che reagire in modo naturale, Renka si voltò di scatto e parò il colpo di Hyogo col proprio Tekko, mentre Miu si abbassò in direzione opposta ed intercettò, in basso, quello di Yui.


    I due giovani assassini non credevano ai loro occhi.
    Gli sguardi delle due ragazze erano severi, mentre Renka si appoggiava alla schiena di Miu e si dava lo slancio per tirare a Hyogo un calcio nello stomaco, mentre la bionda appoggiava una mano a terra e ne tirava uno identico a Yui. I due Discepoli vennero sbalzati indietro e finirono a terra.


    Annabeth: “I-impossibile!” e lanciò due frecce diverse, facendole roteare a spirale, per renderne imprevedibile la traiettoria ed aumentarne il potere di penetrazione.


    Miu e Renka le rivolsero un rapido sguardo.
    Fecero una piroetta su sé stesse, guardandosi un momento negli occhi, e ciascuna allungò il braccio, intercettando e deviando la freccia rivolta all’altra.


    Nel guardarsi negli occhi, si sorrisero un momento. Ora era stata Renka a passare qualcosa in mano a Miu.


    Una nuova piroetta in direzione opposta permise ad entrambe di estendere il braccio libero, scagliando quello che tenevano in mano.


    Annabeth si vide arrivare contro due delle sue stesse frecce, di quelle che aveva lanciato prima, per farle spostare: Renka ne aveva raccolte un paio.


    L’Arciera si abbassò per evitare la freccia diretta alla sua testa, ma l’altra mirava giusto più in basso, e colpì la corda del suo arco, spezzandola. Si accorse anche, con orrore, di aver finito le frecce nella faretra. Tutte quelle che aveva lanciato erano sparpagliate per terra, al piano di sotto.


    Hyogo e Yui si rialzarono, doloranti, e fissarono le loro nemiche, raggianti, con rinnovato rispetto, ma ancor più con il dubbio dipinto in viso.


    Hyogo: “Ma voi…come avete fatto?”
    Yui: “Appunto…secondo le informazioni…voi due dovreste essere rivali…come potete combattere così bene insieme? Chi crede in sciocchezze come l’Amore…è sempre in svantaggio rispetto a chi si dedica solo alla missione…ed un caso come il vostro…vi dovreste odiare”


    Renka le rivolse uno sguardo scocciato: “Giovane assassina, non parlare dell’Amore. Non capisci proprio niente di esso. Mi fai pena”


    Miu: “A parte il fatto che…in una situazione del genere, non esiste che né io né Renka potessimo pensare ai nostri problemi personali…ma è proprio sbagliata la prospettiva. Voi pensate…che se siamo rivali in amore, allora…non possiamo capirci…ma in realtà è l’esatto opposto…invece è proprio perché siamo entrambe donne innamorate…entrambe sofferenti…entrambe preoccupate…che noi due…possiamo comprenderci profondamente l’una con l’altra!”


    ◊◊◊◊◊


    Kisara aveva seguito la ragazza con la Naginata fino ad un corridoio più vasto degli altri che si apriva, senza porte, su delle ampie stanze vuote a più piani che dovevano essere state delle cabine di lusso. Avendo raggiunto quel posto, la giovane in kimono ed occhiali si voltò verso di lei, con sguardo assente.



    “Vuoi combattere qui? Per me un posto vale l’altro” domandò la Valkyria.


    “Al contrario, l’ho scelto con cura-fece la Discepola dello Yomi-questo è uno degli spazi più ampi della nave, senza percorrere troppa strada od avvicinarsi allo scontro del Superuomo Invincibile. Dovrebbe essere abbastanza ampio da permetterLE di saltare in giro per schivare i miei attacchi, invece che restare bloccata nei corridoi più stretti al piano di sotto”.


    “Tu…stai cercando di mettermi meno in difficoltà? Perché?” domandò Kisara, dubbiosa.


    “Oh, non mi fraintenda-fece quella, sistemandoci gli occhiali col palmo della mano-non sono una di quelle persone che…si divertono a combattere, o che…desiderano prolungare in lungo i loro scontri. Per me combattere dovrebbe essere un atto da compiere con rapidità, eleganza ed efficienza, come tagliare un bonsai o sistemare i fiori nell’Ikebana.
    Se potrò sconfiggerla in meno colpi possibile-od anche in un sol colpo (ed il suo sguardo impassibile si colorò dell’ombra di un sorriso, come se non considerasse l’eventualità tanto improbabile)-stia pur certa che lo farò.
    E’ solo che-riprese dopo una breve pausa, per far passare il concetto-non vorrei poi sentire lamentele del tipo che l’ho attirata di proposito in un posto dove non riusciva a muoversi agevolmente per guadagnarmi un vantaggio. Visto che deve comunque morire, cerchi almeno di farlo con dignità”.


    Finì così. Parlò con tono monocolore ed inespressivo, come se stesse parlando di andare a prendere il latte al minimarket.


    Kisara non credeva alle sue orecchie.
    La stava provocando di proposito? Od era davvero così stronza?


    In effetti, la guardava come se la considerasse ancor meno di uno zero. Un sassolino da spostare, per evitare di rovinare un’accurata cerimonia.


    Arrossendo di nervoso, la ragazza ribatté:
    “TU! Brutta…stronzetta, con i capelli a tendina! Tu sei…esattamente il tipo di persona che mi piace di meno! Fintamente cortese, arrogante, supponente, con quell’ingiustificata aria di superiorità e quella falsa cortesia!
    Guarda che per me dove ci battiamo è indifferente! Posso batterti quando e dove mi pare! Se vuoi, possiamo anche tornare nel corridoio di prima, così ti faccio vedere!”


    La ragazza dello Yomi fremette al commento. Per quanto si mostrasse posata ed indifferente, la infastidiva l’insulto sui suoi capelli, ai quali sembrava tenere molto. Cercò di mantenere quel contegno aristocratico anche nel rispondere.


    “Che…che spreco di premure! Perle ai porci, come dicono gli occidentali. D’altro canto, non potevo aspettarmi nient’altro. Si vede subito che siamo persone di livello ben diverso!”


    “CRETINA! Ti dai tante arie, eppure dovresti saperlo che anche un’arma come la Naginata non viene manovrata bene in spazi stretti. Hai davvero intenzione di farmi credere che anche tu non combatterai più agevolmente qui?”


    Per tutta risposta, la giovane assassina si mise a roteare l’arma intorno a sé in varie direzioni, avvicinando od allontanando asta e lama ogni volta, per mostrare come fosse in grado di reagire sia ad attacchi da distanza che ravvicinati.


    Kisara batté le mani. “Brava! Nel distretto di Shinjuku potresti mettere un piattino per terra ed ora di sera, tireresti su una fortuna come saltimbanco”


    La ragazza in kimono sembrò sbigottita, poi impugnò l’arma a due mani, con una vena che pulsava in fronte.
    “A quanto pare con una persona dotata di così poca classe, è impossibile ragionare. Cominciamo”


    “Uhmpf! Alla buon’ora” fece Kisara, la quale fece a sorpresa un piccolo inchino. Poi tornò su, squadrando l’avversaria con serietà.
    “Io mi chiamo Kisara Nanjo, praticante di Taekwondo e di…altre arti marziali. Faccio parte dell’Alleanza Shimpaku”.


    L’altra la squadrò interrogativa. “E…?”


    Kisara si mise a sfotterla, ridendo in modo volutamente esagerato.
    “AHAHAH! CRETINA! TI dai tante arie di signorina di alta classe e poi non sai nemmeno una cosa del genere? E’ l’etichetta dei duelli! Prima ci si presenta sempre al proprio avversario. Non mi dirai che alo Yami non te l’hanno insegnato? Oh, mi meraviglio…”


    L’altra sembrò decisamente seccata. “Non ha alcun senso dire il proprio nome a chi sta per morire”


    Kisara allargò le braccia. “OH, beh, non c’è niente da fare, allora. Dopotutto, io, anche se non lo sembro, sono DAVVERO una signorina di buona famiglia…anche se di norma non sopporto l’etichetta e le smancerie. Sembra invece che tu, dopotutto…sia solo una finta aristocratica che vuole darsi delle arie. Una plebea che si è rivestita di sete preziose, sporche di sangue…ma che non riuscirà mai a levarsi di dosso il puzzo con cui è cresciuta. Ho indovinato?”


    La squadrò con aria sorniona.
    La ragazza distolse lo sguardo, imbarazzata e poi disse.
    “Kimiko. Kimiko…Ropponji”.


    “Molto bene, Kimiko Ropponji. Ora possiamo incominciare” disse Kisara, sorridendo.


    “Però sappi una cosa, Nanjo Kisara. Quello che hai detto prima…hai indovinato. Io non sono nata ricca. Anche se non ho certo aderito allo Yami per diventarlo.
    No, più che la ricchezza in sé, a me interessa…la bellezza. La classe. L’eleganza.
    Tutte quelle cose raffinate che in effetti si possono comprare con i soldi.
    Ma, come tutti i miei compagni allo Yomi, non considero ci sia nulla al mondo più elegante…di un combattimento.


    VISTO CHE VIVI DA CAFONA; CERCA ALMENO DI MORIRE CON CLASSE, NANJO KISARA!”


    E le saltò addosso, arma in pugno.
    “AHAH! Ora sì che ci intendiamo, Ropponji Kimiko!”


     
    ◊◊◊◊◊



     
    Mihail Stirbey non aveva mai visto una cosa del genere, e sì che aveva un bel po’ di esperienza. Anzi, per la precisione, non vide proprio nulla.


     
    Un attimo prima il suo avversario era in piedi in quella posa strana.
    Un attimo dopo non c’era più.


     
    Era come se si fosse dissolto nell’aria, come confuso coi colori dello sfondo.


    Non riusciva a percepirlo con nessuno dei cinque sensi, e non ne sentiva il ki.


    Nervoso, provò a muovere la falce in varie direzioni, eppure non lo intercettò.
    Iniziò però a sentire dei lievi rumori, degli sbuffi d’aria, come se ne tradissero la presenza.


    Gli parve di sentire una mezza dozzina di swiish intorno a lui, in direzioni diverse: a destra, sinistra, avanti ed indietro, e si mosse in ciascuna di quelle direzioni, inseguendo quel fantasma con la sua lama, ma tagliando solo l’aria.


    “DOVE DIAVOLO SEI FINITO? SMETTILA DI NASCONDERTI! DOVE SEI?”


    “Qui”.


    Ranma rifilò a Mihail una scarica impressionante di colpi di punta con la mano a coltello,  una mitragliata di colpi rapidissimi dritti nella schiena.


    << HAKU DATO SHIN SO! >>****



    Mihail fu schiantato a terra a pancia in giù, ma stringeva ancora in mano la falce.


    Ranma sparì di nuovo e poi riapparve nel punto dove si trovava all’inizio, con aria soddisfatta. Teneva in mano qualcosa, facendoselo rigirare.


    Mihail si rialzò un po’ a fatica, tenendosi sul manico come un bastone.
    “Be…bella tecnica. Che cos’era, se posso chiedere?”


    “Oh, si chiama UMISEN KEN. Una tecnica proibita del mio stile, tramandata nella mia famiglia. Molto utile per le missioni stealth”.


    “Ca…capisco. Riesci a neutralizzare la tua presenza perfettamente. E’ una mossa Sei, esatto?  Ma…”


    Mihail sussultò. Si rese conto solo in quel momento di una cosa.
    Iniziò a guardarsi il busto con frenesia. Non credeva ai suoi occhi.


    Poi guardò Ranma, con stupore misto ad odio.
    Il giovane stava fischiettando mentre faceva roteare sul dito come un pizzaiolo un quadrato di venti centimetri di lato, di maglia d’acciaio.
    La SUA maglia d’acciaio. La protezione che teneva sotto i vestiti.


    “Ma…quando?”


    “Oh, poco fa. Mentre ti agitavi, senza riuscire a trovarmi. Ti ho tirato via uno per uno tutti i pezzi della tua protezione speciale. Fortuna che erano montati insieme in questo modo. E’ stato più facile.
    Ho immaginato di non poter neanche iniziare ad affrontarti finché l’avessi avuta addosso”.


    Potrei…aver sottovalutato questo ragazzo.


    “E…dove sono ora?”


    “Nello stesso posto dove finirà questo” e Ranma lanciò il pezzo fuori da un oblò e dritto in mare.


    “NO! Cos’hai fatto! Quella protezione…era stata forgiata dal leggendario fabbro dello Yami in persona, realizzata con il Segreto del Vero Acciaio! Hai idea di quanto fosse raro? Di quanto valesse?”


    “Peccato. Allora è destino che io non diventi ricco. Ma ora passiamo a cose più serie”.


    Ranma tornò nella stessa posa di prima.


    Ha intenzione…di ripetere il giochetto fino a quando non mi avrà battuto, eh?


    << UMISEN KEN >>


    Il ragazzo col codino sparì di nuovo.
    Stavolta però Mihail era preparato.


    Iniziò a far ruotare la falce dal lungo manico intorno a sé in varie direzioni, come una majorette, ma a super velocità. Chi l’avesse guardato, avrebbe pensato che intorno a varie parti del suo corpo stessero spuntando inquietanti lame di falce da ogni parte, ma erano solo immagini residue prodotte dalla velocità.


    << DANSUL ZEULUI MORTII >>*****


    Si sentì un “AH!”, si percepì uno schizzo di sangue.


    Ranma riapparve ancora di fronte a lui, guardandosi l’avambraccio. Era un taglio superficiale, ma era stato preso.


    Mihail se la rideva.
    “Cosa c’è, il tuo piccolo trucco non funziona più? Sai, è davvero una bella tecnica…peccato che, anche se non percepisco la tua presenza, e tu ti muova a supervelocità, resto comunque più veloce di te…quindi, se non so dove mi attaccherai, non resta che difendermi attaccando…in ogni direzione…è come se la mia falce fosse ovunque intorno a me in ogni momento…se ti avvicini senza pensare, ti farai male da solo…come se ti stessi andando a schiantare contro un muro da solo in macchina”.


    E’ riuscito a trovare una contromossa per l’Umisen Ken. Ed in così poco tempo…è questo il livello di esperienza di un Gran Maestro…anche se indebolito, resta un avversario formidabile…beh, mi accontenterò di averlo colpito ed avergli levato la corazza.


    Ranma si eresse bene in piedi, chiuse gli occhi e fece un respiro.
    Quando li riaprì, batté insieme i bracciali che portava ai polsi, ed il metallo di questi li trasformò in un paio di Tekko che gli coprivano dorso della mano ed avambracci. Il giovane alzò le mani in guardia ed il suo corpo brillava di Ki del Sei.


    “Va bene, Mihail. Allora combatteremo alla vecchia maniera. Vieni avanti come preferisci”


    ◊◊◊◊◊



     
    Per Kenichi era raro essere costantemente all’attacco.
    Eppure quella sera aveva fretta di finirla presto e tornare dai suoi amici.
    Inoltre Berserker era un avversario che non avrebbe proprio voluto incontrare in quel frangente, quindi non si risparmiò nell’affrontarlo.


    In quei mesi al Ryozampaku era migliorato parecchio e, si rese conto, provava soddisfazione nello stupire il suo nemico, facendogli notare quanto fosse cresciuto.


    Questo non è Ranma, o Ryoga, e nemmeno Miu. E’ un avversario che posso battere. E giuro che lo farò e tornerò dagli altri.


    Berserker, dal canto suo, era stupito ed ammirato dal livello del suo avversario.
    Mentre subiva diversi colpi e si impegnava per schivarne e pararne altri, muovendosi all’indietro, prese a commentare:


    “Woah! Shirahama! E’ raro vederti così determinato nel combattere! Me ne compiaccio! Allo stesso tempo…sei migliorato. Io non ne capisco molto, ma…prima tiravi un sacco di tecniche a casaccio, come se dovesse far vedere quali avevi imparato. Ora, invece…sono molto più ragionate”


    Ed era vero. In quei mesi nei quali si era allenato ogni giorno con un singolo Maestro, Kenichi aveva compreso in profondità l’essenza di ciascuna arte marziale, ed approfondito tecniche avanzate di ciascuno stile.


    Ora, iniziava da distanza con pugni o calci di karate, la chiudeva con ginocchiate o gomitate di Muay Thai, si avvicinava ancora con colpi di palmi di Kung Fu ed infine tentava di afferrare l’avversario per proiettarlo con il Ju Jitsu. Ogni cambio di arte marziale aveva una sua logica.


    Poi, però, da ogni distanza, poteva anche cambiare tecniche, per evitare reazioni: sfuggito l’avversario alla proiezione, gli bloccava il piede con il suo, come nel Kung Fu, poi alzava verso il suo viso un colpo di avambraccio, di Karate, poi parava un contrattacco con l’altro braccio, sempre con una parata di Karate, quindi richiudeva le mani già in posizione dietro la nuca dell’avversario in un clinch, per poi rifilargli ancora ginocchiate di Muay Thai.


    Ogni tecnica fluiva nell’altra, nasceva dalla precedente ed era la madre della successiva. Una sequenza di attacco continua, dalle variabili infinite, fluida ed adattabile, oltre che in grado di non lasciare spazio per il contrattacco e di non esporsi a rischi.


    Questo era il nuovo Kenichi dopo OTTO MESI di allenamento secondo le modifiche proposte da Ranma. Non più qualcuno che usava le arti marziali senza pensare, ma che le comprendeva a fondo e ne sfruttava le possibilità di incrocio l’una con l’altra.


    Sì, ce la posso fare. Nonostante il suo talento, lui…


    Ma proprio in quel momento, Berserker sembrò ridere come un pazzo.


    Afferrò a sua volta la nuca di Kenichi con le mani, mentre ancora riceveva ginocchiate nello sterno, poi spiccò un salto in avanti, in capriola, finendogli alle spalle, con le braccia strette intorno al suo collo, indeciso se stringere per soffocarlo o spezzarglielo.


    Percependo al tatto che Kenichi si sarebbe difeso in entrambi i casi, optò per la terza opzione: allungò le braccia in avanti, sollevando di peso Kenichi e lanciandolo ad otto metri di distanza, facendolo finire dritto contro un cumulo di tappeti.


    Mentre si riprendeva, ancora confuso, il Primo Discepolo vide Berserker, con lo sguardo da pazzo, spiccare un balzo per atterrargli addosso con una ginocchiata in caduta: si scansò appena in tempo e quello atterrò dove si trovava un attimo prima (ma non si spezzò la gamba per via dei tappeti).


    Da lì, Berserker si lasciò cadere addosso a Kenichi, colpendolo con una spallata, poi si girò, dandogli le spalle, e gli tirò una testata, ma all’indietro, con la nuca, poi concluse il movimento facendo una capriola all’indietro, atterrando a pancia, in giù, tirando una raffica di calci con la punta, dall’alto verso il basso.


    Kenichi li parò a fatica con gli avambracci, ma Berserker, con un colpo di reni, cambiò posizione, e gli rifilò una doppia spinta con entrambi i piedi nello stomaco, facendolo volare a svariati metri di distanza ed atterrare pesantemente.


    Mentre si rialzava, Kenichi sentì Berserker ridere.


    “E’ proprio come pensavo, Shirahama. Tu sei migliorato molto…e questo sarà la tua rovina! Contro CHIUNQUE altro degli allievi dello Yomi…al tuo livello attuale, avresti vinto facilmente. Ma contro di me…è un’arma a doppio taglio”


    “Cosa? Intendi dire…che è perché…tu non usi un’arte marziale…ma combatti d’istinto?”


    Era proprio così. Shogo Kitsukawa era noto per essere una sorta di prodigio del combattimento.
    Si era sempre rifiutato di imparare mosse codificate di qualche arte marziale, preferendo affidarsi ai suoi istinti. Pugni calci, ginocchiate, gomitate, prese, lanci, qualunque cosa: tutto inventato da autodidatta. Erano sempre le stesse cose, ma non assomigliavano a niente.
    E poi il suo istinto sopraffino nel creare al momento mosse nuove, nell’usare il suo corpo in modo inaspettato.


    Contro un praticante esperto, era come leggere una lettera che cambiava improvvisamente lingua, per poi cambiarla di nuovo, per poi iniziare a mischiare lingue diverse nella stessa frase, per poi passare ad una nuova che assomigliava quella iniziale ma non lo era, per poi vedere uno scarabocchio di un bambino, poi il codice Morse, poi i segnali marittimi con le bandiere. Una confusione totale.


    Persino Isshinsai Ogata, il suo Maestro, aveva ritenuto di non dovergli tarpare le ali insegnandogli un’arte specifica, ma permettendogli di sviluppare il proprio stile personale, che rimanesse fluido ed imprevedibile. Si limitava ad addestrarlo per fargli aumentare forza, resistenza, velocità, riflessi, flessibilità e coordinazione; poi lo faceva combattere contro avversari sempre diversi, anche più alla volta, e null’altro. Berserker era un unicum nel panorama marziale.


    “Esatto-confermò il muscoloso ragazzo biondo-contro un normale praticante di un solo stile, il passare rapidamente da uno all’altro per sfruttare i loro punti di forza e cancellarne i punti deboli, sarebbe una tattica vincente. Ma non lo è con me. Il mio stile personale fluido ed istintivo è Kryptonite per le tue arti marziali.
    Aggiungo una cosa, Shirahama, e te lo dico per sfregio: quando eri meno bravo di così (anche se battevi comunque regolarmente tutti i miei compagni dello Yomi) tu avresti avuto…PIU’ possibilità di battermi di ora. Perché anche tu, nell’eseguire le mosse che imparavi in modo meno logico…eri in qualche modo imprevedibile.


    Ma ora…anche se non pratico arti marziali, dopo aver subito un po’ delle tue tecniche, riesco a prevedere fin troppo facilmente quale sarà la tua prossima mossa. Sarà la cosa logica da fare in quella situazione. E viceversa, sei ancor MENO in grado di reagire alle mie improvvisazioni di prima…non rientrano nei tuoi schemi mentali, per così dire”.


    Cosa? Intende dire che l’allenamento pensato di Ranma…mi ha reso migliore in generale…ma potrebbe costarmi la sconfitta contro di lui?


    Berserker si lanciò in avanti, fintò una testata al corpo, invece tirò un gancio destro, Kenichi lo schivò, l’avversario fece una piroetta e gli tirò una gomitata sinistra all’indietro, schivata anch’essa, poi concluse il movimento come per dargli un calcio con la sinistra…


    Ma è troppo vicino!


    Infatti non gli tirò un calcio, lo colpì con la propria coscia sul fianco, facendolo cadere a terra in modo disordinato e rotolare sul pavimento. Persino subire le tecniche per minimizzare il danno era difficile quando non ti aspettavi di venire colpito in un certo punto del corpo.


    Kenichi guardò il suo avversario, innervosito.


    Berserker commentò, trionfante: “Che pena…dopotutto…è questo il limite delle arti marziali?”
    “UH?”


    “Ma sì, mi hai sentito…in fondo, tutti quei Gran Maestri che si danno tante arie…Yami o Ryozampaku, fa lo stesso per me…perché usano questo stile o quell’altro stile, e sono tutti tronfi nel pensare che il proprio sia il migliore…mi fanno vomitare!”


    E sottolineò il concetto attaccando Kenichi a terra, ma il giovane rotolò via e si rimise in piedi.
    “Ciascuno è fiero della propria arte marziale, e del percorso fatto in essa-li giustificò Kenichi-anche se è vero che nessuna può essere di per sé considerata la migliore”


    “NESSUNA LO E’, SONO TUTTE UGUALMENTE INUTILI!”


    Kenichi schivò degli altri colpi e domandò: “Ma che diavolo intendi dire?”


    “Non lo capisci? Guarda me per esempio: non uso arti marziali codificate, eppure sono in grado di battere chiunque. Qualunque stile, qualunque tradizione portata avanti da centinaia o migliaia di anni…davanti a me, diventa inefficace!”


    Alzò una ginocchiata che Kenichi evitò, ma poi estese la gamba in un calcio, spingendolo indietro.


    “Mosse? Tecniche? Stili? Sono tutte parole vuote. Alla fine, sono solo metodi diversi di muovere il proprio corpo…strumenti pensati per uccidere la gente, né più né meno…sì, forse per chi è senza talento può essere utile affidarsi ad una conoscenza esistente…ma chi ha talento come me non ne ha bisogno! Posso inventare al momento qualunque mossa mi serva!”


    Spiccò un balzo ed iniziò a ruotare come una trottola, colpendo Kenichi con una testata nello stomaco e sbalzandolo ancora a terra.


    “Guardami, Kenichi! Tutte le tue preziose arti marziali, che ti hanno insegnato i tuoi adorati Maestri…tutti i loro insegnamenti sono inutili contro di me!
    Probabilmente, le mosse che si tramandano con zelo da decenni…sono meno efficaci di qualcosa che ho inventato settimana scorsa! O che sto per inventare nel prossimo minuto!
    E’ anche probabile che le arti marziali, nell’antichità, siano state inventate da gente come me! E poi tutti gli esseri inferiori si sono affidati alla loro forza, ricopiandola”


    “Intendi dire…che le arti marziali sono solo strumenti…che i deboli usano per difendersi dai forti…che invece non ne hanno bisogno?”


    “E’ proprio così”


    “In questo caso, però…le arti marziali sono…uno strumento morale


    “NO! Sono solo uno strumento! Puoi farci quello che vuoi! Se noti, anche lo Yami fa lo stesso! Uccide la gente!
    E loro sono più vicini alla vera essenza delle arti marziali, perché è per questo che sono state create: PER AIUTARTI AD UCCIDERE MEGLIO I TUOI NEMICI”


    Kenichi sembrò sconvolto da quella semplice rivelazione.


    “Eppure-continuò Berserk, infervorato-se sei comunque in grado di uccidere i tuoi nemici…a CHI importa con QUALE tecnica lo uccidi? Conta solo il risultato, no? LE ARTI MARZIALI SONO INSIGNIFICANTI!”


    Kenichi sembrò subire uno shock serio. Non aveva mai considerato quel punto di vista.


    Per tutta la vita era stato debole, poi, negli ultimi tre anni, si era affidato alle arti marziali, per riuscire a seguire i suoi ideali...si era fidato delle arti marziali ed esse non lo avevano mai deluso, eppure…


    Un momento. Cos’è che mi aveva detto Ranma, mesi fa? E Kajima Satomi, prima ancora?


    Le figure del suo compagno di allenamento e del suo vecchio nemico si sovrapposero nella sua testa, mentre le loro voci recitavano:


    Tu non ami davvero le arti marziali…le usi solo come strumento.


    Era così. Quando lui e Ranma avevano litigato, il ragazzo col codino lo aveva accusato di non capire le arti marziali.
    Di usarle senza ragionare. Di affidarsi ad esse come ti rivolgeresti ad un bancomat per avere soldi. Di non apprezzarle davvero.


    Ed allora…questo cosa faceva di lui? Di recente aveva imparato ad apprezzare le arti marziali, a comprenderle meglio, eppure…aveva ancora ragione Berserker? Anche ora, le usava e basta? Come uno strumento?


    Ed in tal caso…era proprio così? Se sono SOLO uno strumento…uno vale l’altro? Tutti i suoi rinomati Stili…valevano quanto l’improvvisazione di Berserker? Erano solo violenza, per quanto organizzata?


    NO


    I volti dei suoi Maestri gli balenarono nella mente, uno dopo l’altro.


    Poi ricordi dei duri allenamenti al Ryozampaku.


    Miu che gli sorrideva. Miu che sconfiggeva i banditi, il giorno che l’aveva conosciuta.


    Renka al quartiere cinese.


    Tutti i suoi amici dell’Alleanza Shimpaku.


    Anche i suoi nemici, i ragazzi dello Yomi.


    Il legame che ho con tutti loro…è stato forgiato dalle arti marziali?


    E poi, un’intuizione.


    Legami.


    Tradizioni.


    Quindi passaggio di consegne tra Maestri ed Allievi.


    Quindi anche i suoi Maestri erano stati una volta Allievi.


    Ed i loro Maestri. I Maestri dei loro Maestri. E così via.


    E Kenichi capì.
    Quella riconoscenza che provava verso i suoi Maestri…era mal posta.


    Almeno in parte.
     Essi sentivano di non essere che parte di una discendenza. Di un lignaggio.


    Kenichi non era stato addestrato dai suoi Maestri.


    Era stato addestrato da tutti coloro che per secoli avevano inventato le arti marziali, le avevano perfezionate, e le avevano tramandate.
    Aggiungendo qualcosa, togliendo qualcos’altro, cambiando qualcosa ancora.


    Il fatto che un movimento si facesse in un modo invece che in un altro.
    Le differenze tra Karate e Muay Thai. Tra Judo e Ju Jitsu. Tra Kung Fu e Silat. Non erano prive di significato.


    Ogni differente scoperta che era stata fatta dall’umanità.


    Ogni cosa che poteva essere utile.


    Che forse, solo forse, in qualche situazione, in futuro, avrebbe potuto essere utile a qualcuno se eseguita in un certo modo invece che in un altro.


    L’impegno. La dedizione. L’orgoglio.


    La volontà di onorare tutti quegli sforzi.


    Mantenendo la forma, l’aspetto dell’Arte come ci è stata mostrata.


    Ogni movimento.


    Ogni stilla di sudore.


    Ogni angolazione del corpo.


    In realtà sono delle parole.
    Un dialogo.


    Con persone morte da centinaia o migliaia di anni che ci hanno voluto tramandare il loro sapere.


    Hanno voluto farci questo dono.


    Senza poter prevedere se sarebbe stato utile o no. Senza poterlo immaginare.


    Solo avendo fede.


    Ogni singolo risultato del suo allenamento.


    Ogni vittoria, ogni sconfitta, ogni lacrima.


    Non gliel’hanno dato i suoi Maestri.


    Non ha imparato le arti marziali da loro.


    Sono stati gli altri.


    Volti che non avrebbe mai visto. Voci che non avrebbe mai sentito.


    Sono stati loro.


    Sospinto da migliaia di invisibili mani, egli, Kenichi Shirahama…era stato innalzato fin lì.


    Un senso di riconoscenza che non aveva mai immaginato gli invase il petto.


    Vide cadere qualcosa di bagnato sui suoi Tekko.
    Erano lacrime. Kenichi si era commosso.


    Forse ora toccava a lui.


    Trovare qualcosa da tramandare alla generazione successiva.


    Berserker lo squadrò incuriosito.
    Lo aveva lasciato a contemplare per qualche secondo, ma non si immaginava quel risultato.
    “Uh? Che ti prende, ora?”


    Senza nessuna vergogna, Kenichi alzò lo sguardo verso di lui.
    “Shogo Kitsukawa…Berserker. Lascia che ti dica una cosa.
    Io…ti compatisco. Perché tu…e solo tu…non hai capito nulla delle arti marziali.
    Ciascuno di loro, anche dei Discepoli dello Yomi…è più felice di te.


    Perché essi posseggono un legame.
    Con i loro Maestri e con le tradizioni del passato che li hanno generati. Usano le mosse che qualcuno volle insegnare loro perché fossero utili…è questa la differenza.
    Chiunque può esercitare della violenza…ma non tutti possono essere parte di qualcosa di più grande di loro.


    Usare una tecnica invece che un’altra, uno stile invece che un altro…è simbolo di un legame…le opere dei Maestri del passato si riverberano nel presente…così come le nostre risplenderanno nel futuro.


    Le Arti Marziali sono…una storia d’amore che si tramanda nei secoli”.


    Osservò il nemico, con disprezzo, eppure con pietà.


    “Io ti compatisco, Berserker. Perché nessuno…si ricorderà mai di te.


    Eppure, non posso perdonare il fatto che tu sputi su questo nostro legame.


    Tu, che non capisci nemmeno questo…


    SEI L’UNICA PERSONA CONTRO CUI NON VOGLIO PERDERE!”


    ◊◊◊◊◊


     
    Legenda


    *: capitolo 11 della Fanfiction


    **: cioè nel manga di Kenichi, volume 53-54


    ***: cioè capitoli 9 e 20 della fanfiction


    ****: letteralmente: “Vero Colpo del Serpente Bianco”


    *****: in rumeno: “Danza del Dio della Morte”



    Nota dell’Autore


     
    Capitoli sempre più lunghi ed impegnativi, ma mi danno soddisfazione. Spero piaccia a voi leggerli, specialmente che riusciate a seguirli.


    Questo ed i prossimi saranno capitoli di duelli, dove userò ancora il “montaggio alternato” tra uno scontro e l’altro, per ragioni che poi vedrete.


    Kisara aveva bisogno di un po’ di spazio, di mostrare la sua crescita, quindi di affrontare qualcuno di forte. Però per ora ne ho mostrato ancora il carattere sfrontato, a confronto con qualcuno di opposto a lei. Soprattutto, però, doveva scoprire la verità su Ranma, riceverne la fiducia e liberarsi dei suoi preconcetti su uomini e donne. Chi meglio di Ranma poteva far questo per lei?


    Kenichi invece doveva risolvere il tarlo che Ranma gli ha insinuato nel lontano capitolo 5: pratica arti marziali per convenienza, o le ama davvero? Non è una differenza da poco. Confrontandosi con Berserker riesce a capire anche questo. La riflessione è tutta farina del mio sacco e spero che vi piaccia, che pratichiate o meno arti marziali e che vi piaccia o  meno vederle in film/serie/fumetti/videogiochi.


    Miu e Renka, infine, avevano bisogno di superare la loro rivalità, che prosegue dal manga, anche se blandamente, e che qui ho portato più avanti. Trovo positivo che le donne collaborino fra loro anziché scannarsi e che l’empatia diventi un punto di forza.


    Quello che ho cercato di fare è stato usare gli scontri per far avanzare la crescita personale ed emotiva dei personaggi, penso di esserci riuscito.


    Quanto a Ranma (ho trovato esilarante che Kisara lo riconoscesse vedendogli usare la Fuga a Gambe Levate) ha il suo bel daffare, d’altronde essere il protagonista comporta onòri ed òneri. Al tempo stesso, mi pareva giusto che il nemico fosse un po’ indebolito, era troppo presto per fargli affrontare un Gran Maestro al 100%. La maggior parte del loro scontro sarà nel capitolo successivo.



     
    Mini-Guida per il manga di Kenichi:


    Dou: il modo di combattere sfruttando le proprie emozioni e facendo esplodere il Ki all’esterno. Sakaki, Apachai, Miu, Ryoga, Kuno e Kisara usano il Dou


    Sei: il modo di combattere sfruttando la calma interiore e la capacità analitica e controllando le emozioni, per trattenere il Ki. Hayato, Akisame, Kensei, Shigure, Kenichi, Ranma e Mousse usano il Sei.


    Katsujinken: o Pugno Che Salva, è la filosofia seguita al Ryozampaku, per la quale le arti marziali si usano per il bene, per salvare il prossimo e non per uccidere


    Satsujinken: o Pugno Che Uccide, è la filosofia seguita dall’Organizzazione Yami, per la quale le arti marziali si usano per egoismo, profitto personale ed uccidere i nemici.

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