Ritrovarsi Al Quarto Atto

di Elgas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Ninfee Scarlatte ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Rivelazioni in Quattro Accordi ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: Intervallo ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV: Tramonti nelle Ombre ***



Capitolo 1
*** Capitolo I: Ninfee Scarlatte ***


Prima di iniziare consiglio la lettura sia della Biografia di Hwei sia della storia ufficiale
Pitture Incorniciate nella Penombra



Capitolo I: Ninfee Scarlatte



Hwei non aveva mai sognato la fama e il ritrovarsi Jayce Talis sull’uscio
della sua umile dimora non rientrava in questa linea di pensiero.
Ancora non si capacitava di come un pezzo grosso del Consiglio di Piltover,
inventore della tecnologia Hextech, si fosse scomodato fino a Ionia pur di
incontrarlo. Dall’altro lato ricordava come le corde avessero vibrato, mostrando
quanto sincero e premuroso fosse l’uomo; un insieme di sfumature calde, egli
aveva parlato col cuore in mano. Mai avrebbe creduto Hwei che un suo dipinto
fosse giunto nella più moderna città di Runeterra, ad acquistarlo anni prima un
ricco mecenate, finanziere del Giorno del Progresso, così colpito da lasciar nel
testamento una commissione per una seconda opera. Commosso, nel desiderio
di confortare la famiglia, Hwei aveva radunato i pochi averi diretto verso un
nuovo orizzonte.
“Seguire la luce, rincuorare animi affranti”
Con quel pensiero gli ultimi, intensi tratti si depositarono sulla tela.
Respirò a fondo, posò la spatola e ammirò l’ultima creazione.
Una riproduzione fedele, perfetta di una porzione del giardino, fiori e piante di
mille colori provenienti da ogni angolo del continente, protetti dal vetro di una
serra riccamente decorato; oltre essa i palazzi di Piltover svettavano simili a
rumorosi monoliti.
Una riproduzione sublime. Sterile. Probabilmente non era ciò desiderato dal
defunto, ma Hwei non aveva potuto frenare l’impeto controllato della vedova…
“Aspettava solo la morte del marito, così da avere il patrimonio tutto per sé.”
…né evitare la superficialità della figlia maggiore, il cui interesse verso di lui
era maturato ora dopo ora, tanto da incollarla a uno sgabello lì accanto.
“Ho stuzzicato uno strano appetito. Il fascino esotico di cui potersi vantare.”
«Stupendo! Incredibile siate riuscito a finirlo in un solo pomeriggio!», la voce
stridula, una stretta attorno al braccio per fargli sentire il seno prosperoso.
La fissò senza reagire, fingendo gentilezza.
«E mi dica a Ionia ci sono artisti bravi quanto lei?!»
“Un tempo sì…”
«Beh, Ionia è rinomata per le sue arti. Tutti devono coltivarla, chi più chi meno.»
Una riproduzione sterile, banale…
La donna disse qualcos'altro, parole sorde alle orecchie di Hwei.

-Sterile, banale…-

Per un’istante lo rivede… di fronte a un suo quadro, l’estate a invadere le sale
del Tempio, uno spettro a sussurrar parole velenose quanto necessarie, vere.

-Sei meglio di questo. Mostrati. Dipingi per me Hwei. Solo per me.-

Scosse la testa liberandosi da quel tocco sgradito, il respiro mozzato, i colori
scomposti sulla tavolozza.
«Ehi! Ma che le prende?!»
«Mi scusi. L-la ringrazio per i complimenti ma ora dovrei prepararmi, il
Consigliere Talis passerà a prendermi fra poco.»
Lei se ne andò stizzita, sconfitta da un muro improvviso.
Nel silenzio Hwei rigettò quel pizzico d’oscurità, rammentando il reale motivo
che l’aveva condotto a Piltover. Nelle iridi cangianti si dipinse un rosa pallido,
riflesso dei fiori di loto cristallizzati nello stagno.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

«Sei stato fenomenale Hwei! Il dipinto era meraviglioso!»
Quelle parole valevano molto di più rispetto alle monete tintinnanti nella borsa
o degli scarni complimenti delle committenti. Jayce le aveva salutate con affetto,
il Cuore troppo buono per fiutarne la malizia.
“Un Cuore ferito molte volte. Come me.”
Scacciando il pensiero aggiunse;
«La ringrazio. A essere sincero… lei mi sembra tutto tranne un appassionato di
arte.»
Non era mai stato bravo a conversare, ma il Consigliere non era il tipo da
fermarsi davanti a un interlocutore taciturno o frasi non proprio corrette.
«In effetti non se so molto, ma vedi… a una persona a me cara piace tanto
dipingere. Riesce a creare immagini bellissime, da togliere il fiato.»
Hwei avrebbe voluto saperne di più, ma la nota malinconica gli suggerì di
lasciar perdere.
«Ah! Questioni personali a parte, riproporre la mostra d’arte secondo
molti era anacronistico, visti i tempi. Persino parte del Consiglio era restio a
confermare quest’edizione, ma alla fine eccoci! Sommersi di visitatori, nobili,
mercanti e soprattutto ambasciatori. Spero di imbastire i negoziati il prima
possibile.»
Hwei indugiò sulla risposta. La sua visione di pace e giustizia si fermava a
problemi piccoli e banali se paragonati al discorso di Jayce.
Si tese, complice la folla più intensa in quelle strade ben pulite e illuminate.
La parte più altolocata di Piltover si stava preparando all'ennesima serata di
svago fra ristoranti, balli e teatri. Non erano rari anche i chiostri lungo i viali
alberati, dove si poteva respirare un'atmosfera più semplice. Jayce si fermò in
uno di questi, salutato anche qui dal proprietario e parte della clientela. Ordinò
frittelle ripiene di formaggio e crema di zucca accompagnate da tisane cacao e
e cannella. Hwei lo ringraziò prendendo posto a un tavolino defilato dal flusso
principale. Dopo un attimo di silenzio decise di virare il discorso a un argomento
più famigliare.
«Volevo ringraziarla ancora per avermi permesso di partecipare, nonostante la
mostra sia iniziata da due settimane.»
«Mi pareva ingiusto non farlo, i talenti vanno coltivati. Sai anch'io ho dovuto
faticare affinché le mie invenzioni venissero notate. E in meno di dieci anni ho
rivoluzionato il Mondo. Ah… scusa, a volte mi faccio prendere dall’entusiasmo.
Tornando a noi, mi dispiace solo di essere riuscito a recuperare pochi spazi nella
sezione Artisti Emergenti.»
Hwei addettò timidamente la frittella, il tepore del ripieno gli scaldò la gola.
«Va bene così, non deve scusarsi. E ha ragione… bisogna spingersi oltre i propri
limiti.»

-Eppure, eccoti chiuso in una gabbia.-


“L’ennesima.”
«Ci ho riflettuto bene… domani verrò alla serata di gala.»
Lo sguardo dell’uomo s’illuminò.
«Non sembravi convinto invece…! Dai, sono contento!»
Ma a Hwei quell’entusiasmo non arrivò. Posò la frittella, ignorando il cameriere
venuto a servire tisane e zuccheriera, scavò nella borsa recuperando il dépliant
della mostra. A contornare il numero delle pagine, un loto finemente decorato.
A pagina quattro l'annuncio dell’opera Quattro Ninfee Scarlatte.
“Lui è qui…”
«Anch’io sono felice. »
Sorrise a Jayce e ancora li sentì, mescolarsi incessanti; morte, vita, bene, male.
Fiumi di colori a incidere l’anima. A cosa volgere?
Presto ogni domanda avrebbe avuto risposta.
Presto avrebbe trovato la pace, nella luce o nell’ombra.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Il tempo a dividerlo dall’evento, lo passò chiuso nella camera d’hotel. Aveva
scelto la struttura più spartana della zona, per quanto fosse comunque troppo
per i suoi standard. Uniche note positive la posizione isolata dalle via principali
e la musica a diffondersi dalla sala thè al piano terra.
Non fece nulla se non schizzare in maniera compulsiva lasciando andare ogni
pensiero, il Cuore libero da ogni pressione o dubbio. Era accaduto innumerevoli
volte, ogni volta a un passo da lui, quando tutto infine si era rivelato un buco
nell’acqua. Non ora però, non questa volta. Un sentiero fin troppo chiaro, palese,
lontano da Ionia… un sentiero verso l’ultimo atto.
Quattro Ninfee Scarlatte…
Le ore passavano e Hwei percepiva il colore del sangue sommergerlo,
annientando ogni reazione. La sensazione non gli era estranea, in tre anni ci aveva
fatto l’abitudine, tre anni di completa solitudine, ad esclusione delle cacce ai criminali
e al conforto portato alle vittime con l’arte. In tre anni molto era cambiato nel Mondo,
cambiamenti passati in sordina agli occhi di Hwei; persino la calamità scaturita dalle
Isole Ombra l’aveva colta solo nel mutare della natura, in cieli scuri grondanti di dolore,
negli echi strazianti del mare.
In quella strana apnea, riemerse, ordinò una cena veloce in camera, finito di
mangiare iniziò a prepararsi. Come abito una tunica dal disegno famigliare,
simile a quello indossato tutti i giorni ma dalle tinte violacee, come gli altri
sarebbe bastata la preziosa seta di Ionia a farlo spiccare, specie a un evento
del genere. Uscì, attento a prendere la borsa contenente il tesoro più prezioso.
Un pennello in grado di tramutarsi in un'arma, dove disastro, serenità e
tormento trovavano l’armonia. Veloce percorse strade affollate, frizzanti della
vita notturna, isolò la mente fin quando suoni più quieti lo avvolsero e gli occhi
poterono vagare nell’elegante atrio, fra le sinuose scale dove camerieri, inservienti
e personale di sicurezza si avvicendavano per far sì che tutto procedesse al meglio.
La sala principale si aprì come uno scrigno. Uno sfavillante gioco di luci dove
lampade Hextech volteggiavano ora ferme, ora a riunirsi in ampi cerchi
illuminando di un verde caldo pannelli e piattaforme sospesi, ricolmi di ogni
opera d’arte possibile, nonostante i quadri facessero da padrone.
Eppure, Hwei fu cieco a tali meraviglie, ne ricercava una soltanto, ma non
doveva essere frettoloso. Fra la massa di invitati individuò Jayce, fu impossibile
non notarlo complice l’altezza non indifferente e l’elaborato smoking bianco. Lo
ritrovò vicino a uno dei tavoli principali, colmi di ogni prelibatezza possibile, in
mano un piatto di stuzzichini e un bicchiere di spumante.
«Hwei! Eccoti finalmente! Ti sei perso il mio discorso d'apertura, peccato.»
«Mi perdoni, ho avuto un contrattempo.»
«Tranquillo. Almeno ti saresti rilassato al tavolo riservato. Hai fame?»
«No… credo mangerò qualcosa più tardi.»
«Ah! Come vedi il cibo non manca mai. Approfittiamone, vorrei presentarti il
Curatore della mostra. È impaziente di conoscere il nuovo talento di Ionia.»
Hwei lo seguì senza ulteriori preamboli, concentrarsi su poche persone lo
aiutava a placare l’ansia derivante da luoghi così affollati.
Il Curatore si dimostrò affabile, un sorriso stampato in faccia, felice del successo
dell’evento e degli investimenti a lungo termine che ne sarebbero derivati.
Spesso si complimentava con lui per la delicatezza delle tele esposte, ma nelle
frasi premurose c'era solo il denaro. Questo vedevano gli occhi di Hwei, una
facciata abilmente celata. In ogni caso non aveva importanza, non ora.
«Il merito va anche a voi. Grazie a eventi simili tutti ne vengono arricchiti,
anche gli artisti. A proposito, sarei lieto di poter ammirare le Ninfee Scarlatte.
Una delle opere di punta della mostra.»
L’uomo fu lieto di accompagnarlo inchinandosi più volte mentre Jayce si
congedò per occuparsi della marea di ospiti importanti. Hwei venne guidato
ai piani superiori. L’edificio si articolava su otto livelli, ma già al secondo piano
la folla iniziava a diradarsi e al terzo rimanevano poche persone in cerca di
tranquillità, intente a fumare e osservare distrattamente le opere.
«Più tardi ci sarà un ballo se vuole unirsi», disse il Curatore a un certo punto.
«Grazie, ma la danza non è il mio forte.»
«Pensavo a Ionia si insegnasse ogni tipo di arte!», replicò solo per allungare
l’inutile discussione.
«Dipende molto dalla regione e dal tipo di monastero.»
«Capisco. Anche lei fa parte di un monastero? Un pittore bravo come lei e
semisconosciuto… almeno finora!»
Veleno. Lo sentì penetrare come la fredda punta di una freccia.
«Un tempo… un tempo sì.»
Cieco a un dolore troppo profondo, il Curatore si limitò ad aggiungere un
commento vuoto, poi con un ampio gesto della mano concluse;
«La lascio ammirare la tela, se vuole può trovarmi di sotto. Nel caso non ci
incontrassimo più stasera… è stato un piacere conoscerla Signor Lukai.»
Bastò una porzione di colore a ipnotizzarlo mentre lentamente, passo dopo
passo, il dipinto prendeva forma. Eccolo infine… davanti a un sogno, o a un
incubo? Avvertì la Mente scoppiare, il Cuore ferito, il dolore emergere mentre
le iridi si dipingevano di un rosso ammaliante, mortale.
Quattro Ninfee Scarlatte.
Rosse come il sangue, dipinte col sangue, pennellate selvagge, violente, tripudio
di morte e vita. Proprio come allora, come le fiamme, i corpi mutilati, loti
mortali. Ogni dettaglio, ogni tratto era inconfondibile. Lo rivede; nella calda
estate a Koyehn, a dipingere immerso nel tramonto; lo rivide sorridere,
accarezzargli il collo, il respiro sulle labbra. L’odio arrivò vorace, avrebbe
voluto distruggere tutto Hwei, eppure…
«È un bel quadro vero?»
Una voce lo riportò indietro strappandolo dal buio interiore. Hwei sprofondò
nella vergogna, si voltò sperando l'espressione non lo tradisse.
Un uomo all'incirca della sua età sedeva sopra la balaustra poco distante; la
pelle scura e la fattura degli abiti a sottolinearne l’originale shurimana.
Un viso proporzionato e aguzzo incastonato in una barba curata, unità a capelli
fluenti come seta; l’ampia tunica bianca esaltata nelle pieghe e nelle sottili
decorazioni dorate, celava solo in parte il fisico tonico e asciutto, i muscoli delle
braccia accentuati da bracciali d’ottone impreziositi da lapislazzuli e agata rossa.
Una bellezza esotica dal profumo di melograno, un soggetto perfetto per un
quadro. Ma quel pensiero, così puro e pacifico, si annacquò all’istante. Hwei
lo notò, notò come egli stava scrutando le Ninfee. Dettaglio reso più palese
quando l’uomo si portò al suo fianco.
Nostalgia, ecco cosa emanavano gli occhi marroni, la musica calma nel Cuore.
Nostalgia, ammirazione… amore?
Quanto aveva desiderato provarli Hwei se solo…
“Se solo non mi avessi tradito.”
«Ah… non sono neanche quattro Ninfee.»
Dolce ironia in un sorriso appena accennato.
Fu come una pugnalata, una lucente pugnalata.
«Come ha detto scusi?»
«Il fiore più in alto. Se guardi bene alcuni petali sono più spessi. Fra le ninfee è
nascosto un giglio.»
Distrutto, Hwei non disse nulla, la gola improvvisamente secca. Come poteva
essergli sfuggito un dettaglio del genere? Hwei… che più di altri ne aveva
compreso l'arte? L’arte di colui che più di tutti l’aveva capito, l’uomo con cui
aveva condiviso tutto, a cui aveva aperto il Cuore. L’odio l’aveva accennato a tal
punto? Come poteva uno sconosciuto averne colto l’essenza? Possibile che…?
«Ambasciatore! Eccovi finalmente!»
Questa volta fu Jayce a salvarlo dall’abisso. Il Consigliere li raggiunse salutando
l’altro con una stretta di mano. Hwei li osservò chiudendosi in un guscio di
silenzio.
«Avete conosciuto Hwei, mi fa piacere!»
«Si, abbiamo avuto modo di parlare un pochino», disse l’uomo con sincera
cordialità.
Jayce si scostò un poco, lasciando spazio ad altre due persone.
«Lasciatemi concludere le presentazioni. Caitlyn, Violet… Akshan
l’ambasciatore di Shurima, direttamente dalla Capitale. Akshan…
Caitlyn Kiramman, capo sceriffo e Viol-»
«Chiamami pure Vi.»
«E Vi…sua vice. Lui invece è Hwei Lukai, l’artista di cui vi ho accennato.»
Hwei le notò appena; Caitlyn, una donna alta e snella dai lunghi capelli
blu scuro, in perfetto contrasto con Vi, leggermente più bassa, dal fisico più
muscoloso e i corti capelli viola modellati in un ambito ciuffo. Brevi frasi di
circostanza sennò che Caitlyn partì alla carica senza giri di parole.
«Jayce… sicuro che lui possa rimanere?», chiese indicandolo con un cenno.
«Hwei si è dimostrato affidabile, inoltre gli ho già spiegato alcuni dettagli.»
«Fantastico. Non ti smentisci mai, eh Jacye?», sbuffò Vi fingendo contrarietà.
«Lo so, lo so. Oh… sempre non sia un problema per l’ambasciatore.»
«Assolutamente… e chissà non possa fornirci un punto di vista diverso.»
Una pausa impercettibile, lo sguardo a posarsi su di lui, poi Akshan tornò a
rivolgersi a tutti i presenti.
«Shurima si sta modernizzando. Dopo la Mietitura, sono stati molti i Signori
della Guerra a fuggire in esilio o a unirsi sotto l’egida dell’imperatore Azir.
Presto la schiavitù sarà solo un ricordo. Ora più che mai occorre stringere le
giuste alleanze, avviare commerci proficui. Oltre a mettere… un freno a vicini
più invasivi.»
«Tranquillo belloccio… qui puoi parlare chiaro», inveì bonaria Vi.
Nei secondi che seguirono Akshan e non solo, volse rapide occhiate tutt'attorno.
Doveva apparire una normale conversazione, ma ora si stata entrando in una
parte quanto mai cruciale e riservata. Infine, l’Ambasciatore continuò;
«Due anni fa l’attentato al Consiglio rischiò di spezzare gli equilibri fra le Città
Gemelle e non solo. Mel Medarda subì gravi ferite e da allora è in coma. Le mie
condoglianze Consigliere Talis. Solo grazie alla vostra determinazione si è potuto
evitare il peggio. Ma le nazioni più grandi non sono state a guardare e alla nave
di Ambessa Medarda, madre di Mel, altre tre giunsero di lì a poco, a bordo una
donna ben più pericolosa.»
Hwei provò a ricordare l'arrivo a Piltover, ma giungendo da Ionia dalla costa
orientale non aveva notato nulla. Le imponenti navi noxiane non passavano
certo inosservate, era probabile avessero transito nel mare interno ormeggiando
infine sulla riva opposta.
Quel pensiero così analitico venne spezzato. Turbamento e apprensione tinsero
il Cuore di Jayce, un’intensa sfumatura grigia e viola.

-A una persona a me cara piace molto dipingere-

“Ecco a chi si riferiva… Mel Medarda.”

Akshan si sporse in avanti tagliando quella visione, quello stato con la verità,
nient'altro che la verità.
«A Piltover servono scambi commerciali e… una protezione nel caso Noxus
decida di giocare le sue carte.»
Hwei si fece avanti desideroso di aiutare Jayce, di portare conforto a un così
grave fardello. Scavò raccogliendo quanto di più prezioso aveva imparato.
«Per quel che vale la mia opinione», fievoli parole, in grado però di
canalizzazione ogni attenzione, «penso l'equilibrio sia doveroso in questi
casi…»

-No… l’equilibrio ti ha imprigionato, soffocato.-

«...va… applicato anche ad altre realtà, specie fuori da Ionia.»
Credeva che tutto si sarebbe perso nel vuoto, nell’indifferenza dovuta a uno
straniero. Una pacca sulla spalla e il sorriso di Jayce fu… Luce.
«Grazie Hwei. Mel avrebbe parlato allo stesso modo. Chiederò ancora udienza
all’Ambasciatrice Itrir. Nel frattempo, Akshan, possiamo definire l’accordo
concluso?»
L’altro sollevò le mani con fare gioviale.
«È sempre stata mia intenzione. Domani verrò a sottoscrivere tutti i documenti
del caso.»
L’atmosfera si rilassò e, come a far calare il sipario su una scena, una suadente
musica invase l’ambiente. Sporgendosi Hwei notò i tavoli spostati, ampie pedane
fluttuare a circa trenta centimetri dal pavimento, dove già alcuni invitati stavano
prendendo posto da soli o in coppia.
«Uff… anche se sono in servizio qualche stupido non perderà occasione di invitarmi»,
sbuffò Caitlyn decisamente irritata.
«Danzare non è il mio forte», ammise Akshan, «ma se vuole può usare me come
scappatoia Signorina Kiramman. Mi concederà un “ballo”? Ovviamente anche a
lei Signorina Violet.»
«Lei vuole troppo Ambasciatore», sentenziò il Capo Sceriffo.
«Dai pasticcino, sarà divertente.»
«Allora ballerò anche con Hwei!», aggiunse felice Akshan.
Estraneo allo scambio di battute e all’imbarazzo di Caitlyn, Hwei avvertì le
guance avvampare.
«V-Vi ringrazio Ambasciatore, ma preferisco rimanere ancora un po' qui.»
“ Devo continuare. Rincontrarlo. Finalmente rincontrarlo.”
Osservò il gruppo allontanarsi, Jayce ed Akshan salutarlo con più affetto.
Restò a guardarli fin quando non ebbero raggiunto il piano terra, mentre i
pensieri, i reali pensieri tornavano a intrecciarsi. Inevitabilmente lo sguardo
tornò sulle Quattro Ninfee Scarlatte, nel tacito significato nascosto dietro quei
fiori rossi. No… dietro tutta quella serie di eventi. Dopo un tempo indefinito il
Curatore tornò a palesarsi, come un corvo recante un messaggio.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Correva fra le strade di Piltover, il biglietto stretto fra le mani, il Cuore in gola,
tremante, sul punto di frantumarsi.

-Hwei dove vai?! Hwei!-

L’eco della voce di Jayce diventava via via più fievole, nulla in confronto alle
parole del Curatore così nette, precise.

-Un invito da parte del nostro artista più eccelso. Riservato a lei, al giovane pittore di
Ionia che si fosse fermato davanti alle Ninfee.-


Non prestò attenzione a nulla, né a quante persone scontrò, né ai più o meno
velati insulti. L’albergo più lussuoso della città svettava a pochi isolati dalla
mostra, inconfondibile nella luce dorata. Hwei continuò, indifferente ai vari
inservienti ad accoglierlo, alle loro parole gentili. Ogni emozione si era fermata,
pietrificata, in attesa di essere liberata. Quante volte aveva immaginato di trovarlo?
Di liberare quei dubbi, quel dolore indicibile? Perché aveva distrutto tutto? L’aveva
mai amato? oppure era stato tutto bugia? Solo un gioco per farlo soffrire? Per
gettarlo in due baratri senza fine?
Non c'era nulla nei suoi occhi, solo il vuoto dell'attesa, fin quando i numeri lucenti
della suite 444 non si palesarono e Hwei vide le dita tremanti a pochi centimetri
dal pomello.
"Manca un quattro… cos'altro potevo aspettarmi? Da Koyehn hai rubato quattro
delle tele più preziose, trucidato quattro maestri componendo sculture di carne,
bruciato i primi quattro piani. Sono morti tutti… tranne io. Tranne io. Adesso
eccoci qui… dopo quattro anni… a scrivere l’atto finale.”
Ma il Cuore tremò, soffocato da un pensiero così logico.
«Entra. Ti stavo aspettando, Hwei.»
La voce…la sua voce? L’aveva attesa, desiderata, odiata… in così tante
sfumature da non riuscire a ricordare. In un tuffo al Cuore spalancò la porta.
Una porta d’oscurità e oltre essa una luce ancora più oscura, abbagliante e
sensuale.
Lo vide e Jhin, voltandosi, gli sorrise.





Angolo Autrice:

E uscito da poco Hwei e il Fandom è impazzito male, quindi perché non unirmi? Ho già letto alcune fanfic su Ao3, ma come idea mi sembrava carino spostare l’ambientazione a Piltover e utilizzare un cast più variegato. Anche far vedere come Hwei reagisce ad altri personaggi.

Rispolverare i miei cassetti su Arcane è stato interessante; non so come mi sono ricordata che Mel dipingesse, ma non ricordavo bene che fra il primo e il secondo atto della serie passassero 5/6 anni, oltre alle varie età dei personaggi.

Dunque… quando è ambientata la storia, visto che Riot ci metterà ancora un po’ a creare un TimeLine chiara e ad aggiustare la Lore?

Alla fine della S1, ho immaginato che Mel non se non ne sia uscita benissimo (e chi non lo sarebbe dopo un razzo di Jinx in faccia?). Un anno prima nel Mondo è avvenuta la Mietitura (l’evento ufficiale de Le Sentinelle della Luce, e durante il quale è ambientata la mia FF Along the Death). Dall’attentato al Consiglio sono passati due anni, anche perché nel recente Teaser della S2 in uscita a Novembre 2024, Jinx è rimasta abbastanza invariata nell’aspetto.

Altro dettaglio; Jayce a un certo punto nomina l’ambasciatrice di Noxus Itrir, lei non è un personaggio ufficiale ma un mio OC. Arcane ha introdotto molti pg nuovi diventati poi ufficiali (come la serie stessa), quindi perché non fare la stessa cosa?

La storia sarà composta da tre Capitoli, fatemi sapere intanto cosa ne pensate <3

Un abbraccio a tutti e alla prossima

Elgas

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Capitolo 2
*** Capitolo II: Rivelazioni in Quattro Accordi ***


Capitolo II: Rivelazioni in Quattro Accordi



Hwei aveva immaginato molte cose, ogni parola, ogni gesto, ogni movimento; aveva
immaginato la propria rabbia, il proprio odio. Eppure, di fronte alla realtà, di fronte
a quel sorriso immutato, si ritrovò immobile, muto, in balia dei ricordi; un fiume in
piena che a malincuore ripercorse mentre speranza e disperazione scavavano lente
nell’Anima.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

«Dunque sei tu… l’artista tanto elogiato dai Maestri.»
Una voce estranea infranse il silenzio, rompendo la monotonia. Un terremoto, si chiese come
avesse fatto uno sconosciuto a entrare nello studio senza che se ne accorgesse, un uomo senza
colori. Che strano, pensò e poi… no, mi soffocherà come tutti. Inspiegabilmente un tepore lo
scaldò. Turbato, Hwei si girò. Un uomo, anonimo e sporcato di fascino, scrutava i dipinti,
negli occhi una sfumatura divertita e curiosa. Un uomo… diverso da qualsiasi altro.
A Hwei parve di arrossire, una calda confusione a navigare in lui, concentrandosi come un
tizzone al centro petto, un fuoco a illuminare anni di solitudine.
«Lukai Hwei. Giusto?»
«P-Piacere! Vi interessa acquistare qualche opera? Per sostenere l’operato del Tempio.»
L’altro non rispose subito, continuò a muoversi leggiadro tra le tele, come in una danza, quasi
sempre dandogli le spalle, il volto celato.
«O per arricchire le tasche dei Maestri a seconda dei punti di vista. No, in verità sono qui
come ospite. Desidero approfondire l’arte di questa regione di Ionia. Il tuo tratto è… peculiare
non c’è dubbio.»
«Ah! Io…!»
Un dolce colpo al Cuore. Poi l’eco dei Maestri distrusse ogni cosa, li vide scemare attorno
all’uomo come avvoltoi, eppure egli non ne venne scalfito.
«Khada Jhin! Ecco dove eravate! Non abbiamo finito di mostrarvi i giardini…! Hwei! Non
avrai importunato il nostro illustre ospite?»
Nei pensieri stridenti, confusi, la voce dell’uomo fu Luce.
«Scusate Signori. Mi stavo annoiando a sentirvi pavoneggiare. Qui… ho trovato qualcosa di
decisamente più interessante.»
Calcando le ultime sillabe Jhin lo guardò e Hwei si ritrovò riflesso in un colore indefinito.


I mesi passarono, la primavera lasciò il posto all’estate.
Parlava come mai aveva fatto Hwei, libero. Era strano pensarlo, poiché Koyehn non era una
prigione, ma le gabbie sapevano essere subdole, invisibili, fatte di voci e sguardi esercitati da
chi avrebbe dovuto guidarlo, sostenerlo.

—Il tuo potere è troppo pericoloso. Non usarlo mai più Hwei. Mai più. —

Con Jhin sentiva di poter risplendere alla luce del giorno. Di non dover rilegare tutto a
notti solitarie, isolate, strette oltre una porta segreta, la luna ad accompagnare le visioni del
Mondo, dell’umanità, di sé stesso.
Jhin era una persona incredibilmente colta, in grado di disquisire su qualsiasi argomento
senza mai imporre la sua visione. Spesso si limitava a rimanere in silenzio, a concedergli
spazio, e se dall’esterno la discussione appariva un lungo monologo, Hwei sentiva di averne
bisogno, così come dello sguardo di Jhin, di ogni vicinanza, di ogni istante passato insieme.
Così l’estate divenne più intensa, i colori vividi di una bellezza senza pari.
Così Khada Jhin si rivelò ai suoi occhi, come se una maschera avesse iniziato a sbriciolarsi, in
una sensualità mai volgare; nell’aspetto anonimo ecco una bellezza sottile, riservata solo a chi,
come lui, sapeva vedere oltre le apparenze. Da quand’era arrivato studiava ogni libro e quadro
custodito nel tempio, finora non aveva mai preso in mano un pennello, dilettandosi a
comporre poesie in Ci, una calligrafia elegante a riempire pregevoli pergamene. Quando
commentava un suo dipinto Hwei riusciva ad aggiungere un dettaglio; ecco il viso austero,
le labbra sottili, le dita smaltate di nero, le spalle ampie, la vita sottile, i capelli lisci lasciati
cadere in avanti lontano da sguardi indiscreti.
Una nuova felicità vibrava in lui e fu allora, in un giorno come tanti, che Jhin disse;
«Alla fine è tutto uguale. Sterile, banale.»
Lo disse di fronte a una sua tela e Hwei scoprì quanto profonda fosse la sua crudeltà.

Di che colore sono i miei occhi?
E i tuoi Jhin?


Quelle parole avevano messo radici con una violenza inaspettata, ma Hwei aveva scelto la via
del silenzio. In fondo Jhin era un ospite importante, persino i Maestri sembravo tendersi in
rispettosi e timorosi inchini. No… una scusa razionale, inutilmente razionale.
Un dubbio in grado di rivelare la verità, la falsa verità faticosamente costruita nel corso di
dieci anni.

—Un potere troppo pericoloso. Non usarlo mai più Hwei. Mai più. —

Il turbamento l’aveva condotto fin lì, al volgere della notte, non verso una tela vuota, ma verso
di lui. Alla soglia della stanza dove alloggiava, Hwei ritrovò la luce soffusa delle candele, il
profumo d’incenso, il tepore di un luogo quasi famigliare. Ma le tenebre gli impedivano di
assaporare la quiete, la bellezza di Jhin rinnovata in una tunica di seta mentre egli, disteso sul
futon, leggeva un rotolo di pergamena.
«Cosa volevi dire? Cosa volevi dire Jhin!?»
Vi era rabbia, una rabbia solo in parte inaspettata.
Eccolo in cerca di risposte, o per nascondersi?
«Semplicemente quel che ho detto. La tua tecnica è perfetta, la migliore che abbia mai visto,
questo te lo devo concedere. Non per niente sei il pittore più famoso di Koyehn. Eppure, io
non ti vedo, dove sei? Dove sei piccolo Hwei?»
Un Demone… Jhin sapeva essere un Demone.
«Cosa ne sai?! Cosa ne sai tu di me?!»
Una risata sottile, uno sbuffo impercettibile e Jhin fu lì, ne percepì il tepore, l’ombra a
oscurarne il campo visivo.
«Quindi sai anche arrabbiarti. Delizioso. E dimmi allora… cosa dovrei sapere?»
Li ho uccisi… e in un lampo il pensiero perse forma nella voce.
«Li ho quasi uccisi. I Maestri. Fu durante una dimostrazione… se l’avessi superata avrei
ereditato la guida del Tempio. Mi chiesero di ritrarre il mare… io mi lasciai andare, io non...
non ho idea di cosa scatenai.»
Nel silenzio desiderò respingerlo, eppure nella gola ormai secca Hwei poté solo accoglierlo,
solo udirne la voce sussurrare la verità, nient'altro che la verità.
«Come me. Tu sei come me. Riesci a vedere la realtà del Mondo, il Cuore delle persone. Lo
vedi ogni giorno, in ogni gioia, in ogni tormento. Ecco da cosa scaturisce il tuo potere Hwei,
la tua magnificenza.»
“È così… non c'è nient'altro, nient'altro che questo.”
Jhin l'aveva compreso a tal punto? Confuso e rincuorato, Hwei non seppe cosa rispondere,
né alla verità, né a una vicinanza via via più tesa. Qualcosa in fondo al Cuore li desiderava,
sognava di lasciarsi andare dimenticando ogni freno.
«Nasconderti… no, tu sei meglio di questo. Mostrati. Dipingi per me Hwei. Solo per me.»
«Cosa devo mostrati?»
«La verità.»
“Non c'è inganno nelle tue parole Jhin.”
Liberarsi… e Hwei capì di amarlo, di averlo amato fin dal primo istante.
«Domani sera. Nel mio studio.»
«Lo farai? Davvero?»
«Promesso.»
«Uhm… ci conto.»
Jhin non disse altro, seguì le onde dell'aria, i desideri vibranti sotto la pelle.
Hwei chiuse gli occhi e nel silenzio della notte accolse quel bacio, prezioso, proibito.

Di che colore sono i miei occhi?
E i tuoi Jhin?


-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

«Hwei… lascia sia io a porti una domanda. Cosa mi hai mostrato quella notte?»
Fra le poche parole di Jhin, solo arrivarono come un fulmine a ciel sereno.
Nero… nella tela dei ricordi Hwei vedeva solo il nero.
«Io… rammento solo le tue parole… domani partirò, farò sbocciare i loti. Uccidere i
Maestri… dare fuoco al Tempio. Non capisco…»
Quelle ultime precisazioni risuonano inutili. Jhin si avvicinò incurante dell’arma.
«Cosa c'era nel tuo dipinto?»
E Hwei ricordò; quella visione di morte e distruzione riemerse, di corpi straziati e
fiamme; intimo e proibito desiderio, eccolo assieme all’estasi di Jhin. Eppure, la Luce
ancora sopravviveva ed essa si tese per dar una logica al tutto, negare la realtà.
«Non-non c'era bisogno di arrivare a tanto! Viene con me… e ti avrei seguito… ti avrei
ovunque!»
«No.»
Solo allora Hwei si rese conto di avere ancora il pennello stretto fra le mani, i colori a
riempirne la punta pronti a colpire, un pallido, sbiadito riflesso di “giustizia”.
Negare la verità, punire le atrocità di Jhin.
No… non era questo. Rinnegare sé stesso, ancora e ancora...
“Di che colore sono i miei occhi?”
“E i tuoi Jhin?”

«Hwei… se non avessi distrutto Koyehn, tu ci saresti tornato prima o poi. Sì…
avresti ereditato il tempio in un modo o nell'altro, ma alla fine quell’equilibrio…
quella gabbia ti avrebbe fatto impazzire. Saresti stato tu il fautore di quell’epilogo.
Le tue mani, le tue bellissime mani sporche di sangue… no, non potevo permetterlo.
Realizzare il tuo desiderio, il tuo più intimo desiderio… solo io potevo riuscirci. Ma
tutto questo in fondo lo sapevi già.»
“Sì, è così…volevo solo… solo…”
E Hwei sentì l’arma cadere, un tonfo sordo, le dita di Jhin sfiorare il collo, la bocca,
dolcemente la bocca.
«Allora… adesso… mi hai mostrato il tuo Cuore. Così meraviglioso, eccitante.»
Liberarsi, ancora una volta…
Eccolo ancora a salvarlo Jhin, a svelar la verità, nient'altro che la verità. E finalmente
Hwei lo vide, velato di sfumature bianche e nere, colori a mischiarsi al grigio della
polvere, alle scintille della cenere. Ogni colore poteva esistere in lui, ogni colore era
verità.
Liberarsi… e l’amore sepolto da “giustizia” e “rettitudine” rifiorì.
«Cosa desideri, piccolo Hwei? »
“… solo ritrovarti… perdermi in te… perderci…”
“Non abbracciare né Luce né Oscurità. Semplicemente amarmi, amarci...”

«Ah… baciami Jhin…»
E Hwei lo sentì, quel bacio avvolgerlo, farsi più audace in pochi istanti.
Istanti e Jhin lo sollevò dolcemente, lo depose sull’ampia poltrona di velluto.
Intrappolato Hwei si tese mentre un tocco delicato lo liberava dai vestiti. Nella
nudità non provò né pudore né imbarazzo, gli occhi di Jhin, iridi cangianti come le
sue, lo scrutavano ammaliati, come rapiti da un’opera d’arte, anche lui aveva atteso
quel momento con la stessa forza. L’uomo si mosse lento e il piacere arrivò intenso
in egual modo; le labbra a torturare col collo, le dita a scivolare in basso, sempre più
in basso.
«Rilassati…»
Jhin lo soffiò, caldo contro la pelle iniziando a giocare col membro, l’altra mano
a sfiorare i genitali, le dita a stimolare l’apertura. Hwei allargò le gambe, i piedi
poggiati sopra i braccioli così da concedergli maggiore spazio. Ogni pensiero si
distrusse, sommerso dal piacere crescente.
«Ah, quanto sei bello Hwei, così… lasciati andare…»
In fondo era parte di quel desiderio recondito, proibito.
«Ah… scopami… ti prego…»
E Jhin, delicato, si fece largo in lui. Hwei non pensava che le dita potessero arrivare
così in fondo, eccitare la carne in quel modo. Si sorprese degli strani rumori prodotti
dal corpo, di quanto eretto e caldo stesse diventando il membro spinta dopo spinta.
Persino il tessuto della poltrona divenne umido. Hwei non comprese le proprie
parole, solo la voce di Jhin giunse cristallina, deliziata oltre l'immaginabile.
«Sei ben fornito… voglio succhiartelo… voglio succhiartelo per bene…»
Avrebbe voluto fermarlo, colto dall’imbarazzo, dal fatto che Jhin si spingesse a tanto.
Non gli sembrava il tipo ecco tutto. Un istante fugace, distrutto appena l’uomo si
chinò. Le labbra indugiarono sulla punta, la lingua scese fino in fondo avvolgendolo
ancora e ancora, il calore a unirsi alla saliva. Hwei gettò la testa all’indietro lasciando
che l’altro continuasse a dettare quel ritmo perfetto. Infine, Jhin risalì, la mano a
stringerlo, l’altra in mezzo ai genitali, le dita a penetrarlo. Hwei sentì il piacere
riversarsi in lui, ondate intense riempirgli la bocca, il seme a scendere dentro la gola,
a colare lungo il membro ancora turgido. Istanti e nel respiro mozzato, nel battito del
Cuore, poté solo osservarlo, assaporare un bacio sporco.
«Ti amo Hwei…»
Cullato da una leggerezza indescrivibile, sprofondò in un dolce sonno.
L’ultima cosa che vide furono iridi dorate e in esse le proprie.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

I raggi del sole lo accarezzarono quieti nella luce del mattino.
Hwei si svegliò godendosi ancora il sonno dolce e ristoratore, il tepore a inondare
gli occhi chiusi, il corpo nudo, stretto nel fresco abbraccio fra lenzuolo e materasso.
Jhin si era già alzato, ma la presenza permeava ancora l’aria simile agli ultimi echi di
incenso. Tanto bastava. Cullato, ristorato da ogni affanno, Hwei si issò sui gomiti
attirato da un nuovo profumo. Sul fondo del letto trovò un elegante vassoio, sopra
un tris di ravioli di vongole al vapore, un cocktail di gamberetti, accompagnati da un
sake di prugne.
«Si è ricordato che adoro il pesce.»
Una gioia genuina vivrò intensa come non mai. Il cibo si rivelò sublime, come
del resto, c'era da aspettarsi in un hotel di tale livello, i ravioli talmente morbidi
da sciogliersi in bocca, i gamberetti freschi e croccanti, il sakè dolce si concludeva
in una leggera nota aspra.
Deliziato nel corpo e nella mente, un risveglio perfetto… niente di meglio per
iniziare una nuova giornata. No, non si trattava solo di quello. Un capitolo era
stato chiuso, un altro era appena iniziato… come se soltanto adesso avesse iniziato a
vivere. Vivere insieme a Jhin… come sarebbero stati i giorni, i mesi, gli anni d’ora in
avanti? Al pensiero una nuova felicità lo scosse. Vederlo, voleva vederlo, dirgli ti
amo, ti amo anch'io. Finito di mangiare fece una capatina in bagno, il tempo di
sistemarsi e indossare una vestaglia in seta scura, uscì ma sulla soglia della camera
un suono lo bloccò. La risata di Jhin… non l’aveva mai udita così, dolce e spensierata.
Il Cuore si strinse in una morsa. Non era solo, una voce si unì protestando senza
troppa convinzione. La riconobbe all’istante. Tremante, confuso, aprì di soppiatto la
porta, quel tanto da permettergli di sbirciare nella sala. Da una parte sperò di essersi
sbagliato. Speranze distrutte appena vide l’Ambasciatore Akshan.



Angolo Autrice:

Ammetto che alcune dinamiche del flashback ricordano molto la storia ufficiale relativa a Hwei, ma giuro… giuro che, quando ho scritto il Capitolo non l’avevo ancora visionata. Possiamo dire che tutti abbiamo più o meno avuto le stesse vibes su Jhin e Hwei. Il fulcro centrale è lo stesso, Hwei non vuole uccidere Jhin, ma vuole risposte da lui.

Rispetto ad altre fanfic mi sono voluta mantenere più soft riguardo l’estrosità artistica del Virtuoso, se penso a lui ci accostato anche un lato più umano, mi piace pensare che quando si lascia andare alla sua arte lo faccia da solo. Le persone a cui tiene e i suoi nemici possono solo vederne il risultato finale ecco.

Fra l’altro Jhin è il Virtuoso e Hwei il Visionario… interessante accostamento non trovate?

Perché Akshan sul finale? Chi ha letto Along the Death sa… in ogni caso avete un buon motivo per recuperare anche quella storia. Sono otto capitoli non troppo lunghi, si leggono easy peasy.

Per quanto riguarda questo finale aspettatevi grandi cose e altri interessanti cameo.

Tanti auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti <3

Elgas

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Capitolo 3
*** Capitolo III: Intervallo ***


Capitolo III: Intervallo



Non riusciva a muovere un muscolo, il Cuore tremante, il corpo teso e fragile.
Avrebbe voluto irrompere nella sala, pretendere spiegazioni, eppure l’intenzione
rimase lì, intrappolata in un reticolo della Mente. La risata di Jhin risuonava ancora
nella testa annebbiando ogni pensiero. Rompere un momento prezioso, così intimo,
ecco cosa temeva Hwei, e per attimo si sorprese di sé stesso; non vi era gelosia verso
l'uomo conosciuto la sera prima, né verso l’amato che con disinvoltura si muoveva
attorno alla poltrona su cui era seduto l’Ambasciatore. Indugiò ancora Jhin per
bloccarne infine ogni via di fuga, le ginocchia sopra i braccioli, di reazione Akshan
s’irrigidì un poco, celando l’imbarazzo nelle mani che, forti, scorrevano sulle gambe
dell’altro.
Ti amo Hwei, l’aveva sentito vibrare nel Cuore, nel Cuore di Jhin. Ti amo, parole non
così distanti da Akshan.
«Fa strano pensarti in un ruolo così formale…» disse Jhin strofinandosi contro il collo.
«Beh, ho deciso di far dei cambiamenti tutto qui.»
«Davvero? Raccontami bene, sono curioso.»
«Ah… beh fu poco dopo la fine della Mietitura. Tornato al Tempio, non passò molto
che la solitudine iniziò a farsi sentire. Non rinnego il sapere delle Sentinelle ovvio,
ma il breve tempo fuori da Shurima fece nascere il desiderio di esplorare il mondo.
Mi diressi alla Capitale, il Disco Solare, la città rinata… uno spettacolo che merita di
essere visto. La fama però mi aveva preceduto, una fama ristretta. Un messo di corte
si presentò una sera mentre giravo in uno dei tanti bazar. All’Imperatore bastò un’
occhiata per aver conferma di chi fossi e di cosa avessi fatto. Mi offrì il ruolo di
Ambasciatore… in fondo si adattava bene al mio desiderio e al voler continuare ad
aiutare Shurima. Studiai un anno, ebbi la mia missione ad Ixtal.»
«Oh… anche lì devi aver ammirato l’impossibile.»
«Sì. Fu un successo e poi… qualche mese dopo giunse l’invito del Consigliere Talis.
In queste acque turbolente sapevo che ti avrei rincontrato e così è stato.»
Promesse… silenti promesse… ecco il sapore di quell’amore…
Come me…
Per un attimo Hwei si sentì trascinare indietro a contemplare l’Ambasciatore, gli
occhi dell’uomo a osservare le Ninfee.
«Uhm… ti sono mancato?»
Lo sussurrò caldo all’orecchio Jhin, mentre le dita, le stesse che l’avevano sfiorato
Hwei la sera prima, accarezzavano con forza il petto di Akshan.
«Non hai idea di quanto.»
Hwei deglutì. Mai avrebbe pensato di assistere a baci così intensi, di sentire il calore
di quei corpi su di sé, corpi danzanti, armoniosi in uno spazio ristretto, calore a
saturare l’aria di un desiderio a lungo trattenuto; né di eccitarsi in quel modo e così
in fretta; li vide liberarsi dai vestiti, quel poco da permettere di godere ancor di più
l'uno dell’altro. Era un intreccio di colori da togliere il fiato, le vesti viola di Jhin
opposte al bianco, la pelle olivastra a mischiarsi col tono più scuro di Akshan. Non
pensava che Jhin potesse muoversi in maniera così seducente, né che l’Ambasciatore
riuscisse a dominarlo in quel modo, le dita infilate in bocca, la mano libera a
stringere i membri con movimenti decisi. Dalla posizione Hwei non riusciva a
vedere bene, il suono era però inequivocabile. Concentrarsi poteva sentire il calore,
il sudore scivolare in ogni angolo. Guidato da quei suoni proibito s’immaginò in
mezzo a loro, sommerso da voci e carezze, ad accoglierli dentro di sé, ancora e
ancora. Si poggiò, schiena contro il muro, le gambe leggermente piegate, le dita a
muoversi fra le natiche, i genitali, attorno alla punta vogliosa di piacere. Guidato da
quella musica sensuale raggiunse l’apice, ondate calde a riversarsi copiose sul ventre
e il pavimento. Ancora col Cuore in gola e il respiro corto si ripulì, in tempo per dire
Jhin chiamarlo dolce e premuroso.
«Ti sei divertito Hwei? Dai entra pure.»
Sommerso dall’imbarazzo entrò, passi meccanici in istanti invisibili fin quando non
si ritrovò di fronte ai due uomini, perfettamente ripuliti dall’atto appena compiuto
(esclusi i fazzoletti presi dal contenitore sul tavolo e gettati nel contenitore affianco).
Jhin di nuovo in piedi prese a ronzargli attorno, ma fu ad Akshan che Hwei si
rivolse.
«Ambasciatore… posso spiegare!»
«Tranquillo… appena arrivato Jhin mi parlato di te.»
Lo disse con una serenità tale da annientare ogni reticenza. E Hwei riuscì a vederla,
una sfumatura calda come le sabbie del deserto. Non aveva barriere o pregiudizi
Akshan, gli bastava poco per far sentire le persone a loro agio. Lo disse con un
sorriso da togliere il fiato e in grado al tempo stesso di scaldare il Cuore.
Come ho fatto a non vederlo?!
«C-Capisco. Grazie Jhin», voltandosi lo trovò a porgergli gli abiti piegati e le scarpe.
«Akshan mi accennato al vostro incontro, proprio di fronte al mio quadro.»
«Si…», confermò mentre dando leggermente la schiena cominciava a vestirsi, a
quelle parole però una domanda sorse spontanea, «hai mosso i fili per riunirci.
Perché proprio ora? Perché qui?»
Jhin sorrise, muovendosi leggiadro come su un palcoscenico, le mani esaltate da
ampi gesti.
«Era tempo di farti uscire completamente dalla tua gabbia Hwei. Per Askan…
mantenere una promessa. Vi sono anche motivi più… pratici, ma non è questo il
momento per parlarne. Sbrigati… la compagnia ci ha raggiunto prima del previsto.»
«Compagnia?» ripeté messo in allarme.
«Le hai incrociate ieri. Lo sceriffo e la sua amata vice… e non solo… sono qui per
arrestare me. Devono averti seguito, ma tranquillo l’avevo messo in conto.»
Allora notò gli stivali metallici indossati da Jhin, l’alluce separato dalle altre quattro
dita modellato a forma d’artiglio. Con la stessa leggerezza di sempre Akshan si alzò
stiracchiandosi e prese la propria arma nascosta sotto il tavolino, una strana pistola
simile a un rampino considerando i tre grossi ganci in pietra traslucida.
«Immagino tu abbia già un piano di fuga.»
«La via d’uscita è fuori. Il mio contatto ci attende sotto il ponte sulla sponda di Zaun.
Non dovrebbe essere un problema per te trovarlo.»
«Assolutamente!
Poi il silenzio calò come un sipario violento. Lontano Hwei udì dei passi veloci
avvicinarsi di soppiatto nel corridoio. Lanciò un'occhiata a Jhin intento a scrutare
con fare annoiato sia lui che Akshan, infine sospirò.
«Uhm… dovrò trattenermi. In fondo sarebbe un peccato ferire delle donne così
promettenti. Hwei conto su di te», nel dirlo indossò il lungo guanto nero alla mano
destra, fra tutte le dita solo l'indice era coperto. Hwei notò la pistola portata al fianco,
eppure, nonostante tutto Jhin non la sfiorò nemmeno, la mano poggiate all’elsa di
due spade corte.
Conto su di te, si sentì rincuorato, una sensazione inaspettata data la situazione,
grazie a essa le parole sorsero, fiorirono come un giardino incantato.
«Si, non preoccuparti.»
I passi si bloccarono, ma la battaglia irruppe con una forza che mai si sarebbe
aspettato. La porta si ruppe in mille pezzi, schiacciata da una forza dirompente,
eppure ogni suono, rumore si ridusse a un fischio continuo. Frammenti di legno
saettarono in tutte le direzioni, dalla piccola nube di detriti emerse una massa di
metallo, circondata da iridescenti e sottili solchi luminosi, eppure Violet carico subito
un altro colpo, indifferente al peso non indifferente degli enormi guanti hextech.
Due passi e la donna superò il breve corridoio, fu allora che all’entrata apparve la
lunga canna di un fucile saldamente impugnato da Caitlyn, lo sceriffo rimasto sulla
soglia riusciva a mirare anche in uno spazio così ristretto, l’arma puntata verso Jhin.
In quell’istante Hwei si sentì sprofondare, ma fu allora che l’amato fece la sua mossa.
Uno schiocco di dita, un click metallico, una morsa di acciaio iridescenti seguita da
un tonfo violento. Violet imprecò trattenendo il dolore, il guanto serrato fra il
pavimento e un loto letale, provò a liberare la mano senza successo, il groviglio di
metallo già sporco di sangue, eppure mantenne i nervi saldi gridando qualcosa a
Caitlyn che subito riprese la mira. Fu allora, nell’istante di maggior pericolo che
Hwei trovò la forza. Fu come un’onda, un'immensa onda infrangersi sulla scogliera,
la stessa che aveva quasi ucciso i Maestri a Koyehn tanti anni prima, il potere, il vero
potere adesso era lì, pronto per essere plasmato, per proteggere. In un movimento
fluido il pennello s’ingrandì fino a raggiungere le dimensioni di un bastone, la punta
già pregna di colore disegnò una violenta pennellata come fosse su una tela, eppure
il colpo fu preciso, millimetrico; dalla punta un globo violaceo, al cui interno sottili
linee dorate disegnavano un occhio demoniaco, scattò in avanti, superò Violet
infettando il fucile dello sceriffo. L’arma divenne più pesante e Caitlyn dopo un
attimo di resistenza fu costretta a seguirne l'inevitabile discesa. Hwei sorrise fra sé,
felice che il tormento non avesse ferito nessuno, ma si fosse plasmato in uno scopo
più nobile. Il sollievo durò poco, la voce di Jhin lo richiamò, ma nel tono pacato
percepì una nota preoccupata.
«Usciamo da qui! In fretta Hwei!»
Veloce, Hwei mosse una pennellata in direzione del pavimento. Un torrente
cristallino prese forma sotto di loro, limpido come le sorgenti di Ionia intrise di
magia. Pattinando su esso, in un attimo tutti e tre si ritrovano a metà del balcone,
la ringhiera sempre più vicina. Attimi felici si tramutarono in angoscia. Hwei si
sentì sollevare, in tempo per stringersi alla schiena di Akshan, per vedere uno
scintillio metallico saettare sopra Jhin. Saltarono e mentre il vento accarezzava
violento il viso, Hwei la vide; una donna dal fascino artificiale, non gli venne in
mente altro modo per definirla, dati i lunghi cavi d’acciaio tesi che partivano da
due scomparti innestati nel bacino e le gambe simili a vere e proprie lame, lame
a cozzare contro le spade di Jhin.
Ansia, terrore… li senti vibrare come in Akshan, avrebbero voluto urlare il suo
nome, ma l’uomo ebbe la fermezza di riportarli all’ordine.
«Scappa Akshan! Va via!», urlò facendo perno sul peso dell’avversaria.
Invertì le posizioni in tempo per atterrare sul cavo di un palazzo, gli stivali a tenerlo
in equilibrio mentre iniziava a correre. Fra bagliori di scintille, la donna aveva già
ripreso a inseguirlo, accompagnata dal sibilo dei cavi magnetici. Poi tutto svanì.
Hwei trovò la forza di chiudere di occhi, Akshan lo strinse maggiormente a sé, il
rampino saettò agganciando un cornicione e poi altri a tracciare la via di fuga.
Non dissero nulla e nel silenzio l'angoscia si mischiò a una struggente attesa.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Colori e suoni, tutto era confuso. I contorni apparivano sfocati, avvolti da una nebbia
eterna, i suoni talmente ovattati da apparire una matassa indistinta riversa sul fondo
di una gola. I puliti, accoglienti, luminosi colori di Piltover avevano lasciato spazio a
sfumature fredde, malsane; verdi troppo scuri per appartenere a foglie, viola e blu a
intrecciarsi in un 'aria densa e chimica; fra strade nebulose e sagome di palazzi stretti
come termitai, le persone apparivano infettate da quel luogo, il luogo dove erano
nate, dove finivano per debiti, o lavori e affari non esattamente leciti, eppure nella
massa riusciva a scorgere speranza e bontà, come lucciole nelle notti estive. Da
quando si erano separati Hwei ricordava ben poco; la sagoma del ponte aveva fatto
capolino solo per pochi istanti per poi scomparire, dimenticata. Il contatto di Jhin
anche lì ricordava poco, persino ora, tra vicoli angusti e soffocanti, Hwei riusciva a
scorgerne solo la sagoma, alta più di Jayce, fredda e imponente. Hwei l'avrebbe già
perso di vista se non fosse stato per Akshan, ogni tanto si sentiva richiamare con
affetto, stringere per mano, solo allora l’Ambasciatore riacquistava nitidezza, solo
allora il Cuore si alleggeriva un poco. Un Cuore altrimenti sommerso dal terrore;
veder tornare Jhim ferito o peggio ancora. Hwei scosse la testa mentre la cappa di
Zaun lasciava spazio a un profumo insolito… salsedine, mare. L’orizzonte si dipinse
di un blu accogliente, per poi venir inghiottito da un buio improvviso, al che, quasi
per spirito di sopravvivenza, i contorni tornano a farsi nitidi rivelando un ampio
ambiente circolare, ricolmo di ampolle, tubi e strumenti alchemici di ogni tipo,
tavolette e cerchi magici, pile di libri e pergamene; il poco spazio lasciato libero
formava un corridoio a zig-zag, superato il quale una lieve depressione accoglieva
un enorme forgia dove mille ingranaggi si muovevano a ritmo serrato. Eppure,
nonostante il complesso fosse in funzione, non vi era rumore, l’aria era fresca e
nessuna scintilla osava superare la ringhiera divisoria. Magia concluse Hwei, lo
sguardo a perdersi su inaspettate meraviglie, compreso il soppalco oltre cui una
soffusa luce azzurra illuminava il soffitto.
«Hwei… siamo al sicuro ora», la voce di Akshan lo accolse dolcemente.
Lo ritrovò seduto su di uno sgabello, in mano reggeva una tazza di thè fumante, ma
subito la posò, prese la caraffa e versò altro tè in un bicchiere.
«Scusa, il padrone di casa non è avvezzo ad avere molti ospiti. Tieni.»
«Grazie. Dove… dove siamo?», chiese bevendo il primo sorso, un tepore di cioccolato
e zenzero a riscaldare la gola.
«Nel laboratorio di Viktor. Tranquillo, sono stupito quanto te, chi avrebbe pensato
che il contatto fosse niente meno che il Barone di Zaun.»
Lo disse con un misto di ammirazione e timore. Hwei ne comprese il perché quando,
come fosse stato annunciato, l’uomo fece capolino al limitare opposto del corridoio.
Vi era poco di umano in Viktor, al pari della donna misteriosa che aveva aggredito
Jhin; indossava un'armatura di metallo nero, talmente liscia da sembrar pelle;
partendo dal collo, ne avvolgeva il corpo alto e slanciato, i muscoli perfettamente
delineati, dove vene e arterie pulsavano luminose, il sangue stesso era di un
inebriante viola… no… la pelle stessa, i muscoli e le ossa avevano assunto una
composizione diversa, intrisa di una strana magia. Solo il volto coperto pareva
essersi in parte salvato dalla mutazione; una maschera di acciaio puro ad esclusione
dei segmenti lungo gli occhi il cui strano materiale sembrava l’unica parvenza di
umanità rimasta nel Barone. Egli si avvicinò, un accenno disinteressato nelle
movenze, le sfumature dell'Anima, del Cuore ridotte al minimo, intrappolate sotto il
“metallo”. Agli occhi di Hwei, Viktor si figurò come una tela vuota e incolore.
«Benvenuto anche a te Lukai Hwei. Perdona il disordine, ultimamente ho avuto
molto da fare. Avrei preferito accogliere meglio i compagni di Jhin.»
«Ah… vi ringrazio. Purtroppo, ci sono stati dei problemi. Akshan se ne avrà parlato
immagino.»
«Si. Mi è bastato il nome per capire le motivazioni dietro l’attacco. Camille Ferros.»
«Camille…», ripeté tremante Hwei sedendosi accanto ad Akshan.
«I fatti risalgono a un anno fa. Su mia richiesta Jhin rubò dei prototipi del Clan. Tutto
filò liscio… fino al teatro.»
«Cosa accadde?»
«Il Clan Ferros esiste dagli albori di Piltover, un Clan così potente da possedere una
milizia privata. Quella notte trenta uomini guidati da Camille stessa lo intercettarono
nella sala centrale. Solo tre ne uscirono vivi. Il preludio allo scontro fu un requiem di
pianoforte suonato da Jhin. Alla fine, riuscì a fuggire», un sorriso invisibile si dipinse
sul Barone, «fu un affronto troppo grande per l’Ombra d’Accaio. Ha approfittato del
suo ritorno per chiudere i conti una volta per tutte, doveva pesarle se si è abbassata a
collaborare con lo sceriffo.»
Hwei si sentì vacillare, il Cuore tremare, il Corpo scuotersi fin dalla fondamenta; le
immagini donate da Viktor non lo tranquillizzavano, ma qualcosa nel tono pacato e
distaccato fu in grado di trattenere la speranza.
«Dite se la caverà? Senza conseguenze insomma…»
«Non conosco gli ultimi aggiornamenti di Camille. In ogni caso Jhin ha sempre
portato a termine i suoi incarichi in un modo o nell’altro. Non sono il tipo da elargire
fiducia, ma lui è una delle poche persone che posso definire degne in tal senso. Ora
come ora possiamo solo aspettare Lukai Hwei.»
Senza aggiungere altro l’uomo tornò alle proprie faccende. In bilico Hwei finì il tè
ormai tiepido. L’Ambasciatore non aggiunse altro, poggiando una mano sopra il suo
ginocchio. Hwei la strinse come un’ancora di salvezza, sorrise, grato del gesto e
insieme osservarono il Barone intento in qualche strano esperimento, unica
distrazione in un posto pieno di stranezze e testi complicati. A Viktor la cosa non
turbò, anzi pareva muoversi con un certo orgoglio fra le varie strumentazioni.
Tramite piccoli cerchi alchemici, un liquido passò fra varie ampolle e almanacchi,
quando finì il percorso aveva assunto una trasparenza perfetta, il Barone lo lasciò
riposare mentre con un piccolo mortaio macinava foglie e bacche rosse fino a
ottenere una pastella densa, a quel punto trasferì i due componenti in una piccola
pentola posta sopra un fornello e prese a mischiarli lentamente, regolando il fuoco e
aggiungendo polveri al momento giusto. Dopo un tempo indefinito, lo inserì in una
siringa, adesso il liquido era di una tonalità vermiglia, simile al sangue.
Immersi nel rituale, il tempo passò senza che se ne accorgessero, Hwei aveva frenato
ogni emozione, ma la tempesta tornò quando udì dei passi avvicinarsi dal fuori,
passi affrettati e in sottofondo un respiro corto e affannato. Jhin apparve oltre
l’ingresso, chiudendo con violenza la porta dietro di sé, come uno spettro fuggito
dalla purificazione. La vide piegato su stesso, pallido, i capelli sudati scendevano
confusi sulla fronte, aveva lasciato cadere una grossa e lunga valigia, la mano a
reggere la pistola poggiava al contempo sul braccio destro, dove un copioso rivolo
di sangue scendeva dalla spalla. Si tese Hwei, le dita tremanti verso di lui, Akshan
disse qualcosa ma fu il padrone di casa a farsi avanti, per nulla impressionato dalla
ferita. Sigillò la porta, un semplice giro di maniglia fece scattare un complesso
sistema di ingranaggi e blocchi; veloce lo fece sedere sopra uno dei tavoli posti nel
piccolo ingresso e posò la valigia accanto a lui. Jhin volse lo sguardo ai due amati,
sorrise senza aggiungere altro, ancora provato dalla lunga fuga. Hwei sentì il Cuore
alleggerirsi al pari di Akshan. Commosso osservò Viktor medicarlo, disinfettare il
taglio, estrarre frammenti di metallo, applicando infine una garza e una stretta
fasciatura.
«Accidenti… quella stronza non mi lasciava più andare…», disse Jhin nel mentre.
«Immagino… forse dovremo cambiare nascondiglio per il tuo equipaggiamento…»,
commentò laconico il Barone mentre siringa alla mano conficcava l’ago nel braccio.
Jhin tirò un sospiro di sollievo, il siero fece subito affetto, il colorito più vivo, i
muscoli rilassati.
«Sì, aggiornami appena trovi qualcosa. Ah… grazie mille Vik. Lo hai migliorato
dall'ultima volta?»
«Ci sono sempre margini di miglioramento», rispose senza mezzo termini posando
la siringa, «il tuo fucile ad esempio… la spalla comincia a risentire del contraccolpo
nonostante la protezione del caricatore. Ti ripeto, dovresti considerare seriamente la
mia offerta.»
Jhin ritrasse il capo in una leggera smorfia.
«Non intendo farti da cavia. Finché posso preferisco tenere i miei arti interi. Perché
non migliori Sussurro scusa?»
«Non sarebbe altrettanto divertente, ma bando alla ciance ora… dov’è quel che ti ho
richiesto?»
«Dentro la valigia.»
Viktor sollevò il coperchio, Hwei intravvedere la canna di un fucile da cecchino, gli
intagli del metallo elaborati nella più splendida fattura di Ionia, parti di un oggetto
più grande che non riuscì a identificare, poi Viktor chiuse tutto, in mano un
sacchetto, la luce del contenuto così intensa da superare le maglie del tessuto. Senza
aggiungere altro lo mise dentro un cassetto e chiuse a chiave. Hwei ne percepì il
Cuore perso nelle nebbie di ricordi lontani.
«Era esattamente dove avevi detto. Dentro il candelabro nella prima sala della
mostra», continuò Jhin a quel punto, «ricordati Hwei i migliori nascondigli sono
quelli più impensabili.»
«Uno dei pochi acumi rimasti a Jayce… come facevo ad esserne certo? Beh, anch'io
l’avrei nascosto lì.»
«Ah! Questa mi piace! Solo ti prego di star attento Vik, giocare con la magia non è
salutare in questi tempi.»
Il Barone scosse il capo infastidito.
«Non ho bisogno dei tuoi consigli in materia. Frasi del genere mi ricordano
Heimerdinger. Non sarei qui se non avessi “giocato” con la magia. Vi lascio qualche
minuto per prepararvi, poi vi scorterò fuori da Zaun. Se vi trovano faranno una
retata come ai vecchi tempi e nemmeno Jayce riuscirà a fermarla stavolta.»
Il tempo di radunare i pochi averi e i tre seguirono il Barone. Akshan prese la valigia
di Jhin mentre Hwei lo aiutò a sorreggersi. Una botola, l'oscurità intervallata da
cristalli verdi infusi di magia tracciava un corridoio appena oltre la piccola scala.
Mentre scendevano Hwei comprese quanto profondi dovessero essere i legami fra
Viktor e Consigliere Talis, così come le fratture a renderli l'opposto l'uno dell’altro.
Un pensiero passeggero, sostituto in fretta dal calore di Jhin.
«Sono felice che tu sia qui Hwei.»
«Anch’io… anch'io…»
Parole a sorgere dal Cuore in una felicità nuova e genuina.
Una luce a brillare nelle inaspettate tenebre del futuro.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Il Barone li aveva guidati attraverso passaggi segreti e labirintici, perfino per la già
intricata Zaun. Superati le condotte fognarie, i grossi tubi di scarico e odori
decisamente poco gradevoli, come lo scorrere di un velo magico arrivò il profumo
del mare, ecco aprirsi infine un’ampia grotta; a decorarla un molo arroccato sulla
nuda roccia e sull’acqua resa ancora più limpida dalla luce dei cristalli, una barca
finemente decorata di intarsi metallici, senza vele ma provvista di un poderoso
motore a poppa.
Una creazione di Viktor…
Salirono. L’imbarcazione era abbastanza ampia da farci stare comodamente quattro
persone. Viktor spiegò i semplici comandi della console posta davanti ai motori
parlando ancora con Jhin, mentre Akshan infilava la valigia sotto una delle assi e
prendeva posto sopra. Anche Hwei ascoltò, giusto per esser certo di riuscire a fronte
a ogni evenienza. Appoggiato sul parapetto, si perse infine a compilare la grotta
soffermandosi sui punti in ombra ove la luce non osava filtrare. Un movimento nel
buio, un’ombra dentro altre ombre, occhi rossi, occhi di una belva. No, doveva
essersi sbagliato, eppure un brivido freddo rimase a tormentarlo nonostante la
risolutezza, facendolo ricredere in fretta. Qualsiasi cosa si nascondesse lì, era una
strana fusione tra alchimia e magia della peggior specie, una bestia dentro cui si
mischiavano tristezza e abbandono.
«L’hai notato anche tu?», chiese Akshan portandosi accanto a lui, lo sguardo fisso
sullo stesso punto.
«Non credo voglia farci del male, altrimenti ci avrebbe già attaccato o messo in
guardia. Di solito gli animali fanno così…»
«Sempre che di un animale si tratti.»
«Non avete da temere. Vi scorrerà fino al mare, nel caso qualche pattuglia stia
ispezionando il canale», la voce, la presenza di Viktor invase lo spazio, solo allora
Hwei si rese conto di quanto fosse alto, più di Jhin e del Consigliere Talis.
Una nota amara costrinse il Barone a continuare il discorso.
«Una storia triste quella di Vander. Ormai è solo un lupo tormento da un passato che
non riesce a ricordare.»
«Vander? Era un uomo prima di…?», chiese Akshan con stupito dispiacere.
«Fu il mio Maestro a salvarlo, all’epoca non ero ancora così… influente da impedire
quel folle esperimento. Di certo… avrei apportato un altro tipo di modifiche. Ora
posso solo guidare Warwick per quanto possibile», poi, certo che il lupo si fosse
ritirato fra le ombre, cambiò argomento, «nella stiva troverete un po' di scorte, non è
molto ma potrete rifocillarvi stasera.»
«Grazie Vik», lo salutò Jhin con un cenno della mano.
«Jhin. È stato un piacere conoscere anche voi. Vi auguro buona fortuna, ne abbiamo
tutti bisogno in questi tempi turbolenti.»
Conclusi i saluti, la piccola imbarcazione partì, il Barone indugiò ancora per infine
sparire alla vista quando raggiunsero la prima curva. Jhin guidava in silenzio,
l’unico suono ad accompagnare lo scorrere della barca erano pesanti passi felpati, il
ringhio sottile di un lupo invisibile. Dopo poco l’odore del sale si fece intenso unito
all'eco delle onde, infine il mare apparve come il più bello dei quadri; la baia delle
città gemelle alle spalle, il tramonto a occidente, oltre le montagne che circondavano
Piltover, donava all’acqua scura gli ultimi baci del sole, spicchi di luce a incresparsi
sulla superficie. L’aria era tiepida, i leggeri fumi della Città del Progresso e quelli
infetti di Zaun erano già un ricordo. Hwei sorrise appoggiandosi alla spalla di
Akshan, e per un attimo si sentì lontano da tutto, dai pericoli e dalle ombre di
Runeterra. Circondato da amore e tanto bastava. Istanti fugaci; eccole le imponenti
navi Noxiane ormeggiate al porto di Piltover, persino da quella distanza le vele e gli
alberi maestri svettavano come picche insanguinate contro il cielo, simili a quelle che
anni prima avevano invaso Ionia, un periodo sfumato nella memoria di Hwei,
giacché era giovane e la guerra non era mai giunta nella regione del Tempio.
Osservandole notò delle differenze, una recava uno stemma simile a un rombo
d’argento mentre le restanti tre avevo le vele più scure e un simbolo fiammeggiante a
decorare la prua. Ebbe un brivido, più forte quando percepì lo stesso turbamento
negli altri.»
«Abbiamo compagnia… state attenti», sussurrò Jhin abbastanza forte da farsi sentire.
«Complimenti, siete più sensibili del previsto.»
A quella voce sconosciuta, il velo dell’invisibile si ruppe, frammenti di realtà a
dissolversi nel tramonto, rivelando a circa decina una piccola barca a vela noxiana.
Seduto al centro stava un uomo reso ancora più imponente dal giaccone scuro chiuso
da una doppia fila di bottoni, le braccia conserte e il viso celato dal cappuccio e una
maschera d’argento che lasciava scoperta la pelle scura di bocca e mento, contornato
da un lieve cenno di barba. A parlare però era stata la donna e fu lei a canalizzazione
l’attenzione di tutti. In piedi, una mano stretta a una corda, li osservava con
attenzione; il fisico alto e snello, le forme accennate ma piene contornate da una
muscolatura sottile e nervosa, eppure tutto in lei emanava autorità, rispetto, una
sensualità pericolosa; uno strano abito l'avvolgeva partendo dal collo, fasce di
metallo sovrapposte così morbide da sembrare seta, coprivano spalle, braccia,
continuando lungo fianchi e gambe, andando a formare lì dei pantaloni, un secondo
tessuto più chiaro copriva petto, ventre scendendo fino all'inguine, il tutto contornato
da bracciali e anelli di mille sfumature. Ma era il viso, di un'età indefinita, a colpire
più del resto; nella pelle diafana, i sottoli occhi rossi ardevano come un fuoco scuro,
la luce delle iridi simile al sangue, i capelli, raccolti in sottilissime e lunghe trecce,
erano bianchi alla radice sfumando lentamente nello stesso colore degli occhi. Più
d'ogni altra cosa, a impressionare Hwei fu la magia a pulsare in ogni fibra del corpo,
a corromperlo, in alcuni punti il metallo stesso si era sostituito a carne e ossa. Tutto
era fermo in lei, in quell’impenetrabile rete nulla si muoveva, vi era silenzio, un
terribile, maledetto silenzio.
«Ambasciatore Itrit… Simon…», fu Akshan a farsi avanti accompagnando le parole
da un inchino.
«Akshan… avevo appena ricevuto il Consigliere Talis, quando è scoppiato il
putiferio all’Hotel Pastis. Non mi aspettavo foste coinvolto a tal punto.»
«Questioni personali», tagliò corto Akshan.
«Immagino…», commentò la donna squadrando i presenti, Hwei rabbrividì anche se
la sensazione fu più simile a un ferro rovente premuto sulla gola, «in ogni caso non
intendo fermarvi. Il vostro coinvolgimento Ambasciatore non influirà sull’accordo
firmato, avete le spalle coperte e tutti a partire dal Consigliere fingeranno di non
avervi visto. Questioni più urgenti mi attendono, arrestare fuggitivi non rientra fra
queste. Del resto, Piltover e Zaun devono restare indipendenti, su questo convenite.»
«Ma sarà Noxus a occuparsi della loro protezione », si intromise Jhin con una punta
amara.
«È la direzione a cui auspico. Jayce Talis è un uomo intelligente, saprà prendere la
decisione più… conveniente.»
«Ah! Non mi aspettavo nulla di diverso da voi, Itrit Lansburg, Voce dell’Imperatore.
Vista la situazione, al momento è la soluzione migliore.»
«Oh… siete un uomo acuto quanto affascinante Khada Jhin. Si narra che molti
ufficiali noxiani morirono sotto i colpi del vostro fucile durante l’Invasione di Ionia.
È un onore conoscervi di persona.»
«L’onore è anche mio.»
«Bene signori… è stata una piacevole chiacchierata. Spero che il nostro prossimo
incontro, se mai ci sarà, avvenga in acque più calme. Ovunque andrete che la fortuna
vi assista, ne avrete bisogno.»
Così la barca prese il vento dirigendosi verso il porto, come un cucciolo che fa
ritorno alla tana. Hwei si tese, fu come tornare a respirare, come se l’aria fino a quel
momento fosse rimasta cristallizzata nel caldo. Itrit, una donna bellissima quanto
misteriosa e letale, Hwei non aveva mai percepito un simile potere, al confronto il
suo sembrava una piccolezza. Il pensiero andò a Jayce, augurandosi con tutto il
Cuore che riuscisse a tener testa a un individuo simile. No… non era solo questo.
Tutta Runeterra tremava, sinistri venti di guerra soffiavano in tutte le direzioni, solo
ora riusciva a percepirli, ma ora assieme a Jhin e Akshan persino quello scenario non
gli apparve così cupo. Mentre l’imbarcazione virava a sud, dove in lontananza si
intravedevano le fitte giungle di Ixtal, Jhin riprese a parlare lasciando da parte la
solita leggerezza.
«Le Città Gemelle hanno attirato l’attenzione su di sé. Per anni il Progresso di
Piltover e Zaun è stato conveniente, ora però tutti si sono ridestati, ricordando quali
fossero lo idee in materia. La magia a portata di tutti, professano Jayce e Viktor
eppure… questo concetto è inconcepibile per il resto del Mondo. Così ecco levarsi
sguardi di preoccupazione e odio. L’unico che potrebbe trarne vantaggio è Noxus,
dilaniato ancora da faide interne, complice la Casata Medarda e i tanti alleati, che
negli anni ha allungato i tentacoli su Piltover sfruttando Meg. L’unica con cui la
figlia di Ambessa manteneva rapporti epistolari era Itrit. L’Ambasciatrice è più
coinvolta di quanto sembri. In ogni caso Hwei, persino la nostra pacifica Ionia
guarda con disgusto Piltover e Zaun…»
«Sì… ma non credo possa intraprendere un’azione militare su larga scala…», fece
notare Hwei quasi con distacco.
«No, ma potremo aspettarci sabotaggi e assassini più avanti. Demacia non ne
parliamo…»
«Per loro dovrebbero essere rase al suolo», disse Akshan a malincuore.
«È solo questione di tempo prima che la Guerra scoppi. E anche chi non è coinvolto
direttamente verrà comunque trascinato dentro.»
«Una Guerra totale …», mormorò Hwei faticando a immaginare un simile scenario.
«Qualunque sia la direzione… altri pericoli ben più temibili si nascondono nell'ombra.
Sarà nostro compito abbatterli, ma ve ne parlerò domani con calma.»
«Sí… oggi è stata una giornata decisamente piena!»
Ancora una volta la leggerezza di Akshan spazzò via ogni affanno. Hwei sorrise,
sentendo il Cuore leggero, l’aria della sera accarezzargli il viso. Akshan diede il
cambio a Jhin e fu allora, seduto accanto a lui, che l'amato lasciò andare tutta la
stanchezza e la tensione accumulate. Lo vide sospirare, dolcemente poggiare il capo
sopra la sua spalla. In breve, si addormentò e dolcemente un pensiero sorse, una
consapevolezza più grande di qualunque altra.
Una volta dipinsi il mare, quello fu l'inizio della mia prigione.
Ora in questo mare, con te, con Akshan, so di essere libero.




(0) Non è stato ancora confermato se Jhin possieda a meno il braccio sinistro, visto che le fonti fra fumetti, skin e lore tendono a contrastare (Grazie Riot!). Nel dubbio io preferisco tenerli entrambi.





Angolo autrice;

Potremo definire questo capitolo un omaggio a molte cose; Viktor e alla prossima Season 2 di Arcane in primis (se avete visto l’ultimo teaser capirete di cosa sto parlando).

Qui Viktor è nella sua versione finale, la stessa che avete avuto modo di vedere anche nella mia OS Kaleidoscope; più alto di Jayce e messo pari a livello fisico. Per chi ha visto Arcane, ho messo molti rimandi a momenti chiave del personaggio; vari oggetti del laboratorio, la barca, il fatto che il covo si trovi vicino al mare eccetera (per i profani basta vedere qualche OVA sul tubo coi momenti salienti).

Non pensavo ma alla fine è stato bello poter inserire il mio caro OC, l'Ambasciatrice Itrit menzionata nel Capitolo 1, accompagnata da un altro personaggio di mia invenzione.

Tutto il discorso che avviene nell'ultima parte è per gli appassionati di LoL, ma per come si sono messe le cose in Arcane potrebbe essere uno scenario verosimile, con lo sviluppo di uno schema geopolitico più ampio.

Inoltre, lo scontro fra Camille e Jhin e quanto spiegato da Viktor si collega alla cinematic ufficiale Awaken. Diamo una timeline a quel momento!

Ps. Per capire meglio i retroscena fra Jhin e Akshan consiglio la lettura di Along the Death, non è obbligatoria se volete un quadro più completo e godere una bella lettura è lì.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV: Tramonti nelle Ombre ***


Capitolo IV: Tramonti nelle Ombre



Raramente Vi aveva assistito a una simile meticolosità, a una precisione così attenta
ed entusiasta. Certo non aveva mai ricevuto cure troppe qualificate; ricordava con
dolcezza Vander rattoppare lividi e ferite mentre Powder le stringeva il braccio
preoccupata; le cose erano migliorate un pochino accanto a Caitlyn, ma solo nella
posizione di vicesceriffo i medici storcevano meno il naso di fronte a una ragazza di
Zaun, uno scarto che a malapena avrebbe dovuto metter piede lì. Rinnegate… ecco
cosa l’accomuna a Caitlyn, lei che aveva percorso una strada diversa da ogni ragazza
d’alta società. D’altro canto, il fatto fosse stato proprio Simon, l’Alchimista al soldo
di Itrit, a presentarsi di tutto punto quella mattina era quanto mai curioso e sospetto.
L’uomo aveva insistito con garbo per riaprire la fasciatura, scacciare infermieri e il
caporeparto intimoriti forse più dalla mole che dalla voce, per infine cominciare a
esaminare i tagli ancora freschi. Come potesse un uomo così imponente, dalle mani
simili a quelle di un fabbro, essere così delicato rimaneva un mistero bello e buono.
Senza mai togliersi la maschera, Simon parlò lo stretto necessario, togliendo gli
ultimi, invisibili frammenti di metallo riponendoli all’interno di una fiala e
applicando uno speciale unguento, infine rinchiuse il tutto con garze e bende pulite.
«Non faccia sforzi. La mattina riapplichi il balsamo e cambi le medicazioni fin
quando le ferite non saranno guarite», spiegò, il tono profondo e pacato mentre
lasciava un vasetto sigillato sul comodino e riponeva gli strumenti in una piccola
valigetta.
«La ringrazio per essere passato. È stata l’Ambasciatrice a…?»
«Ci fermeremo qui a lungo… è giusto dare un aiuto dove consentito.»
Vi non era amante degli intrighi, ma per quanto la gentilezza dell’uomo fosse
genuina era ovvio ci fosse altro sotto, però… per Caitlyn poteva spingersi un
pochino oltre.
«Capisco… ma ci sono persone più meritevoli di ricevere le vostre cure.»
«Vi riferite a Mel Medarda?», interruppe l’uomo centrando il punto, le parole velate
di un triste sospiro, «lo so…vederla mi è ancora vietato. Ambessa è stata fin troppo
chiara con Itrit, sfortunatamente… i pregiudizi colpiscono tutti.»
«Capisco… mi dispiace.»
«Non ha fatto nulla di cui scusarsi. Cosa ne può? Bene… altri doveri mi attendono.
Le auguro buona giornata Signorina Violet.»
Vi salutò con un cenno silenzioso. Attese qualche minuto per poi sporgersi sul
cornicione della finestra lasciata aperta. Rivide l'ampia figura dell’Alchimista
spiccare fra la folla sotto sguardi ora incuriositi ora giudicanti.
«È proprio vero… certe cose non cambiano mai.»
Finì la colazione appena portata, fette biscottate accompagnate da marmellata di
more, yogurt e aranciata, l’infermiera prese tutto e stava per uscire quando Caitlyn
entrò di colpo facendole quasi cadere il vassoio per lo spavento.
«Cosa voleva quello lì?!», esclamò irritata, lo sguardo a saettare dalla mano medicata
all’oggetto estraneo individuato in un secondo.
«È stato gentile Caity… mi ha medicato la ferita», poi con uno sforzo provò ad
azzardare un'ipotesi, «anche se… potrei aver soddisfatto un suo interesse circa quel
fiore di metallo.»
Di riflesso un brivido percorse il braccio, quasi quelle punte fredde fossero ancora
conficcate nella carne, il guanto accartocciato su sé stesso e in esso magia a infettarlo,
diversa dall’Hextech.
«O il potere contenuto in esso…», aggiunse Caitlyn quasi le avesse letto nel pensiero,
dopo parve calmarsi, sedendosi accanto a lei con fare composto, «scusami… ci sono
stati molti problemi ultimamente. Sto interrogando persone influenti da cima a
fondo, ma nulla… Jhin ha le spalle più coperte di quando immaginassi. In tutto
questo il Clan Ferros mi accusa di “scarsa collaborazione”.»
Dolcemente Vi ricordò quei momenti, quando Caitlyn era riuscita a spingersi fino
al balcone dell’hotel e a sparare un colpo, un singolo colpo prima che Jhin sparisse
assieme a Camille oltre i tetti di Piltover, un singolo colpo, di striscio…
Ricordò il viso dell'uomo quando avevano fatto irruzione, i visi di Hwei e di
Akshan…
«Tu non manchi mai il bersaglio Pasticcino.»
E bastò quella semplice verità, quel pensiero a risuonare in entrambe, affinché il viso
dell’amata si addolcisse rivelando al contempo tutta la fatica di quegli ultimi giorni.
«L'amore è così per tutti. Uhm…grazie Vi.»
Sorrise e Vi sentì il Cuore gonfiarsi di leggerezza, un piccolo tesoro in tempi bui.
Forse, considerate le trame invisibili del Mondo, era un bene che quel singolare trio
fosse riuscito a fuggire.
«Tornando a Simon, Pasticcino… a parte i frammenti del fiore…»
«Credo volesse solo dimostrare la sua benevolenza… assieme all’influenza di Itrit»,
concluse socchiudendo gli occhi e quasi un oscuro presagio l’avesse colta aggiunse,
«spero che Jayce se la cavi.»
«Anch'io Caitlyn. Anch'io.»
E nel desiderio di cancellare quell’ombra, si sporse a baciarla.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

La suggestione doveva essere comune di fronte a Itrit Lansburg, ma per quanto
possibile Jayce l’aveva accantonata, come se il corpo si fosse impostato di guarire da
una malattia, complici le parole di Hwei, i ricordi assieme a Mel, in grado di
riaccendere la speranza là dove il futuro delle Città Gemelle sembrava ogni giorno
più fragile.

“Come siamo giunti a questo? Come siamo diventati il pretesto per una guerra? Non lo
capirò… non lo capirò mai…”


Un pensiero sfuggente, un lampo fugace davanti lei, la Voce dell'Imperatore. Le
tracce di suggestione avevano assunto in fretta una sfumatura diversa, più intensa e
pesante, ed essa navigò in lui facendogli abbassare il capo in un misto di imbarazzo
e tensione. Eppure, nulla poté quando Itrit uscì dal paravento, i fumi dalla vasca
intagliata nel pavimento ad accompagnarne la figura slanciata.
«Spero non sia un problema Consigliere.»
Lo disse ironica Itrit; il corpo sinuoso avvolto in un accappatoio di seta dorata,
intenta a pettinarsi, la chioma sciolta dalle treccine appariva ora in tutta la sua
lunghezza, piccole onde di fuoco a intrecciarsi in un disegno ipnotico.
«No… si figuri. Solo è curioso… è una consuetudine di voi noxiane accogliere gli
uomini in questo modo?» (0)

Lei rise, una risata sincera, la pelle albina lasciata scoperta, il viso, il collo, le
gambe, le iridi così simili al sangue… eppure anche quel contrasto inquietante
divenne normale, dolcemente normale.
«Uhm… dipende dall’uomo o dalla donna a seconda dei gusti. Senz'altro lei è una
persona meritevole.»
E il peso lo inebriò come una scossa alcolica. Un brivido e solo allora riuscì a
guardarla negli occhi.
«Meritevole?»
«Delle mie parole in primis. Anche se… Ambessa deve avergliene dette di cotte e di
crude.»
«Finora… ha usato epiteti poco decisamente gentili.»
«Ah! Immagino… la puttana di Corte! Quella donna non si smentisce mai. Ma prego
Talis, seguitemi.»
Così fece Jayce restando però a debita distanza. Abbandonata l’ampia sala
raggiunsero la balconata dove quattro guardie stavano vigili ai lati dalle scalinate
esterne. Al posto di Ambasciate o hotel di lusso, Itrit aveva scelto una piccola villa
diroccata in cima a una collina sul lato est di Piltover, passato un mese l’edificio
appariva già in perfetto stile noxiano; il marmo a sostituirsi al legno in forme rigide e
compatte tanto che la lontano, l’esterno illuminato da grandi bracieri magici, lo si
poteva scambiare per una fortezza. Una posizione ideale per osservare le navi
ormeggiate al porto, compresa quella di Ambessa.

“Ambessa…”

La madre di Meg aveva rivelato poco su Itrit, anche se l’odio reciproco sarebbe stato
visibile anche a cieco. Odio, al contrario di Mel, eppure in sei anni l’amata aveva
accennato poco a quell’amicizia, amicizia di cui Jayce ricordava piccoli frammenti,
lettere solo in parte svelate, l’immagine di lei china su uno scrittoio fino a tarda sera.
E bastò, bastò a cambiare ogni cosa, a far apparire Itrit più vicina, avvolta da un velo
di malinconia, del resto Ambessa non le aveva ancora permesso di vedere Mel…
stesa un letto circondata da tubi. Bastò affinché quelle parole apparissero d’un tratto
necessarie.
«Voi due siete molto legate. Io… se Mel fosse qui tutto sarebbe più semplice.» (1)
La voce bruciò in gola, mentre la donna lasciava scendere un piccolo silenzio, in esso
mille parole di cui Itrit ne scelse accuratamente poche.
«È così. Io e Mel siamo unite e al tempo stesso profondamente diverse… lei non è il
tipo di donna da concedersi così facilmente. Siamo lungimiranti ma abbiamo modi
diversi di applicare la diplomazia. La rivedo molto in voi, Consigliare.»
Lo disse senza guardarlo, intenta ad ammirare il cielo notturno mentre le dita
eleganti reggevano un bicchiere di vino scuro dal profumo forte e pungente.

“Sei anni sono tanti… però…”

«Vi sbagliate. Se fossi davvero come lei avrei previsto questa situazione. Se lo fossi
stato non… non avrei allontanato Viktor…»
«Sa… i legami nascono dai nostri desideri più nascosti. All’inizio siamo… molto
egoisti e istintivi. So che questi termini non sembrano accostarsi molto a Mel, ma
osservandovi da lontano… deve aver rivisto il suo desiderio. Dunque, mi chiedo…
cosa arde in voi Talis?»
Fu come un lampo, un’onda dal quale era impossibile fuggire.

“La magia… rivedere la magia… ricrearla…”

Nell’iniziale, genuino stupore Jayce capì, giunti a quel punto un passo avanti o
indietro non avrebbe fatto differenza. Una trappola? Era stata Itrit a tesserla con belle
parole, lasciando che il corpo emanasse un sottile desiderio? Oppure era stato lui a
finirci dentro, frenando ogni pensiero di coscienza?
«La magia…», sussurrò quasi le parole potessero frenare ogni gesto e al tempo stesso
avvicinarlo a Itrit, «Mel non mi ha raccontato come… come ne rimase affascinata.»

“Ah… quante cose non so di lei…”

Nel silenzio il pensiero si annebbiò, si perse in un eco lontano. Nel silenzio Itrit
raccolse ricordi dolci, Jayce li avvertì in un sospiro dolce e quieto.
«Fui io a mostrargliela. Era… eravamo bambine all’epoca. Quel giorno al Bastione
Immortale molte cose cambiarono. Ancora mi stupisco di come un granello di sabbia
possa fare tremare l'oceano.»
E senza accorgersene Jayce si portò al suo fianco, rispecchiandosi negli occhi
vermigli, pregustando le labbra macchiate di vino. Eccolo infine… un desiderio a
lungo imprigionato; quella bellezza, quel corpo magnetico l’avevano folgorato fin
dal primo istante, fin dal primo istante aveva desiderato farla sua. Ora sapeva, in lei
scorreva la magia, non era un'illusione, un ricordo perso nella fanciullezza, era reale,
era lì a pochi respiri.

“Rivederla… sentirla dentro di me… solo così tutto sarà perfetto…”

«Un granello nell'oceano…. ah… forse sono stato affrettato a temere Noxus.»
Sorrise Itrit, un sorriso leggero, in esso una sincerità soverchiante.
«Mel è stata brava a mettervi in guardia. La nostra terra è come un labirinto, non sai
se ne uscirai vivo.»
«Io… deve essere stata dura.»
«Ho sopportato di peggio, la magia comporta sacrifici e… no, riserviamo questi
discorsi a tempi più maturi. Dunque… posso considerare l’alleanza stipulata. Noxus
proteggerà le Città Gemelle fino a quando sarà necessario.»
«Forse occorre ancora la notte …», lo disse abbassandosi, quel poco da sentirne il
respiro sul collo, un attimo e il sorriso di Itrit assunse una sfumatura più calda, la
mano a sfiorargli la spalla.
«Finalmente hai gettato la maschera. Avevo proprio voglia di assaggiarti Jayce.»
Lentamente la mano scivolò in basso, Jayce dimenticò ogni cosa, sommerso da quel
piacere crescente, era come un sogno, un sogno proibito nel quale ogni risposta, ogni
luce sarebbe arrivata. Bastava solo immergersi nel buio. Un tuffo violento appena
Itrit lo trasse a sé, le labbra a posarsi sul collo, le dita ad accarezzarlo in mezzo alle
gambe.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Avevano lasciato la barca ormeggiata in una piccola ansa rocciosa, diviso le scorte
di Viktor, recuperate dal nascondiglio sotto un albero, così da farle durare di più.
La sera li aveva colti in cima a un crinale, circondati dalle giungle di Ixtal, le Città
Gemelle sullo sfondo, le luci pure e avvelenate a segnalare le ultime tracce di civiltà.
Si erano addormentati, alternando i turni di guardia, una notte quieta, le parole
ridotte al necessario, Hwei a coccolarsi una leggerezza nuova, nata dall'amore,
dalla certezza di non essere più solo, di essere sé stesso.
Nel nuovo giorno percorsero sentieri celati, difficili anche per i più intrepidi
esploratori piltoveriani, Jhin li guidava sicuro a cui di tanto in tanto si affiancava
Akshan. Non incontrano ostacoli, ad esclusione di una gola troppo ampia persino
per il rampino dell'Assolutore che li costrinse ad allungare il percorso per infine
ricongiungersi al sentiero: più s’inoltravano, più i pericoli sarebbero aumentati,
creature misteriose che pochi avevano avuto la fortuna o la sfortuna d’incontrare, un
popolo misterioso di cui solo Shurima aveva contatti, anche grazie alla missione
diplomatica di Akshan. Eppure disse Jhin non era Ixaocan la loro destinazione.
Il mistero alleggiò a lungo, fino a sera quando si accamparono per la notte.
Trovarono rifugio all'interno di una rientranza rocciosa, così da restare all’asciutto
in caso di pioggia, accesero un piccolo fuoco facendo infine bollire gli ingredienti
essiccati in una pentola; una zuppa di carne a cui Akshan aggiunse dei grossi
peperoncini striati di viola dopo averli raccolti lì vicino.
«Uno dei pochi frutti commestibili in questa zona, durante il mio soggiorno a
Ixaocan fu una delle prime cose che si premurarono di insegnarmi», disse mentre
spezzettava gli ultimi semi.
«Beh… sono stati premurosi.»
«Decisamente… qui devi temere il sibilo di frecce e dardi avvelenati.»
«A proposito di cose nuove. Jhin… è giunto il momento. Ci hai riunito seguendo un
desiderio e… per combattere chi esattamente?»
«Di certo non interi eserciti. Non è nel nostro stile», aggiunse l’Ambasciatrice mentre
lo sguardo all’amato.
Jhin attese un poco, continuò a girare la zuppa versandola infine dentro piccole
ciotole, le passò a entrambi distribuendo i cucchiai e una coppa di vino speziato
gentilmente offerto da Viktor (così recitava il biglietto legato alla bottiglia).
«I nostri nemici diventano più attivi nel caos. Questa futura guerra in parte è opera
loro, mosse abilmente celate nell’ombra. Nel caos che verrà agiranno indisturbati.
Itrit stessa non è estranea a certe minacce.»
«Ecco perché ci ha lasciato andare», concluse Akshan come a trovar conferma di un
pensiero.
«La sua lotta dura da tanto tempo per motivi di cui è meglio non parlare, neanche
alla luce del sole. Tornando a noi, sette e circoli occulti, adoratori del Vuoto. Ecco a
chi daremo la caccia.»
La frase scosse profondamente entrambi. Alla difficoltà nella ricerca in se, vi era una
pericolosità non indifferente, quando c'era di mezzo il Vuoto non si andava per il
sottile. Hwei cercò di nascondere il turbamento, aveva già affrontato criminali, una
piccola pietra su cui basare la propria sicurezza; Akshan celava una certa agitazione,
derivante dall’aver affrontato minacce decisamente più terribili. Fu il primo, infatti, a
rompere il silenzio.
«Non siamo parlando di bazzecole Jhin.»
«Per questo siamo qui. Ora più che mai confido nelle vostre capacità. Al di là della
salvezza del Mondo, io… come altri, non voglio perdere questo palcoscenico.»
«Altri?», chiese Hwei incuriosito.
«Potremmo definirlo un circolo di artisti. A breve incontreremo una di loro, la
Creatrice, così si fa chiamare. Ci darà informazioni sui nostri obiettivi. In ogni caso…
capisco non siano notizie facili da metabolizzare. Comprendo i vostri dubbi sono, vi
lascio un po’ di tempo per rifletterci.» (2)
Così Jhin si alzò andando a finire la cena in un angolo più appartato, lasciandoli con
groviglio di pensieri e con la speranza concreta di sciogliere quella matassa.

Accompagnato dalle stelle Hwei si diresse verso il piccolo torrente, il bagliore del
falò alle spalle. Seduto vicino alla riva attese, lentamente lo scorrere dell’acqua calmò
corpo e mente come tante volte a Koyehn attraverso il suono del gong o delle
solo la volontà di trovare la pace, il voler restare accanto a Jhin e sì, anche accanto ad
Akshan. L’affetto per l’Ambasciatrice era fiorito veloce, sincero come la prematura
fioritura di un ciliegio. Restare accanto a chi amava, combattere al loro fianco…
questo era un destino inaspettato, eppure in esso si sentì completo.

“In soli tre giorni la mia vita è cambiata”, pensò con dolcezza.

Nel pensiero Jhin lo raggiunse, lo strinse a sé avvolgendolo da dietro e ancora una
volta Hwei si sentì amato, sicuro come non mai, la stessa sicurezza che l'aveva colto
quando aveva protetto l’amato all'Hotel.
«Annientare culti malvagi… beh forse solo noi… solo noi che abbiamo assaporato
il buio, che viviamo nella luce e non teniamo le nostre tenebre… solo noi possiamo riuscirci.»
«Sì… è così Hwei.»
«Jhin io... grazie.»
«Ah… e di cosa?», sussurrò con la stessa dolcezza, la stessa sicurezza.
«Per aver creduto in me. Sempre.»
Era la verità e tanta fu la gioia nel sentir quelle parole traboccare nel Cuore, sorgente
di nuova vita.Jhin rispose in un dolce silenzio, abbracciandolo ancora, il petto contro
la schiena, il respiro sul collo come un dolce preludio.
«Ti amo Hwei… solo voi potete… far risplendere la mia Luce.»
Lo baciò, iniziò a leccargli il collo, a far crescere lento il desiderio, eppure un lampo
di lucidità a ricordò a Hwei che non erano soli.
«A-Aspetta…!»
«Vuoi unirti Akshan? Facciamo una cosina a tre?», chiese Jhin malizioso.
Intontito da quella punta di piacere, per Hwei la voce e i passi dell’altro furono una
doccia fredda nelle orecchie.
«Perché no? Ma dipende anche a te Hwei…»
Chiamato in causa rabbrividì, un brivido caldo a sollecitare la schiena e subito la
mente volo indietro, alla fantasia avuta nell'hotel quando aveva visto Jhin e Akshan
insieme.

“Essere fra loro due…”

Avrebbe voluto dire qualcosa, ma anche quel pensiero rimase intrappolato alla vista
di Akshan. Ogni parola morì e l’espressione doveva essere eloquente; con solo i
pantaloni addosso la bellezza esotica dell’uomo si rivelò in tutta la sua sensualità,
dire che Akshan fosse perfetto sarebbe stato un eufemismo, le proporzioni giuste,
ogni muscolo delineato senza esser esagerato, la pelle scura a stuzzicare gli appetiti
anche della persona più casta.
«Come siamo diretti…», sussurrò Jhin e Hwei ne immaginò il sorriso affamato.
Senza replicare Akshan si fece avanti, pericolosamente avanti, poteva sentirne il
respiro nell’incavo del collo e quasi istintivamente allargò le gambe accompagnato
da Jhin, così che l’Ambasciatore potesse incastrare il bacino sotto di lui, le mani ad
afferrargli i fianchi.
«Ah… siete così eccitati… allora, posso continuare Hwei?»
E Hwei non riuscì a trattenersi, si mosse quel tanto da sentir le labbra dell’altro
bruciare la pelle. Chiuse gli occhi muovendosi sinuoso tra i due amati. Lenti e dolci
furono baci, carezze nate da una frenetica passione, chiuse gli occhi immergendosi in
respiri, in dita così diverse per forma, per il calore che erano in grado di sprigionare.
Scesero liberando la pelle dai vestiti, lasciando solchi di piacere impressi come fuoco
rovente, scesero e Hwei si stupì di quanto ogni sua parte fosse eccitata. Si sentì
sollevare, quel tanto da permettere alle dita di Jhin di entrare, a quella di Akshan di
giocare col sesso. Non sentiva più i suoni, solo il proprio respiro, il Cuore battere
incontrollato tanto il piacere l’aveva inebriato, era come essere ubriachi. Jhin si mosse
piano, ma in breve dita lasciarono il posto a qualcos'altro. Hwei trattenne il fiato
rilassandosi mentre le punte si alternavo stuzzicando l’apertura, ora il resto turgido e
caldo in una matassa di suoni umidi.
«Ah… era questo che volevi…», sussurrò dolce l’Ambasciatore.
«Un po' per volta, un po' per volta Akshan.»
In un sussulto soffocato, artigliò la schiena di Akshan, il fianco di Jhin. Fu un invito
sufficiente. Hwei serrò gli occhi, immergendosi ancora di più in loro. Jhin era più
lento, dolce, arrivava più in profondità, Akshan arrivava leggermente più in basso,
penetrava con spinte più decise allargando di più lo spazio. Senza dimenticare le
mani, le dita sinuose di entrambi attorno al membro caldo, mentre le mani libere si
premuravano di tenerlo sollevato. Tutto si mischiò, come colori scomposti a riflettere
le onde del mare, infine… fu un’esplosione, nel Cuore, nella Mente, nella carne
invasa dal caldo seme di Jhin, di Akshan, ancora e ancora; scosse invasero anche lui,
intense e lunghe come non mai, tanto da permettere ad Akshan di chinarsi e
assaporare le ultime ondate di piacere.
«Ah… vieni sempre così tanto…», sussurrò Jhin premendo la testa dell’altro.
Col fiato mozzato Hwei gettò la testa indietro mentre invadeva la bocca dell’uomo,
ricolma del suo seme. Poi tutto finì, immerso in una leggerezza indescrivibile, e
quando i pensieri ricominciarono a correre altro non poteva pensare Hwei se non a
quel piacere nuovo, immenso, nato dall’amore. Eccolo dolcemente indossato nel
petto di Jhin, Akshan appoggiato contro di lui come una coperta.
«Scusa se non ti bacio subito Hwei, ma non è bello sentire il proprio sapore.»
«Davvero? Io non mi sono mai assaggiato… beh tranne quando mi sono…
ricongiunto con Jhin.»
«Oh… beh io lo trovo orribile! Quindi non azzardatevi…!»
«Va bene…», irruppe Jhin divertito, «allora facciamo che la prossima volta stai tu al
centro. Fidati Hwei… è uno spettacolo indimenticabile ammirare quella schiena tutta
sudata.»
«Ehi! Cosa sono queste iniziative?»
E insieme alla leggerezza giunse il divertimento, sincero e spontaneo.
«Certo che è buffo. Neanche dieci minuti fa parlavamo di salvare il Mondo e ora
eccoci qui…»
«Beh questo è bello della vita», disse Jhin poggiando la testa sulla sua spalla.
«Altrimenti sai che noia», concluse Akshan baciandolo sul collo.
Rise Hwei, a cui presto si unirono gli altri. Rise, finalmente sé stesso, amato nella
luce e nell’ombra; certo che nulla sarebbe cambiato, nemmeno sotto i venti della
guerra e di oscuri culti.

“Eccomi… sono qui.”





(0) Ambessa la madre di Meg accolse Jayce ben più disinvolta.

(1) In un ipotetico continuo della fine Season 1 e come accennato nel Capitolo 1, Mel
è in coma da quando il razzo di Jinx è esploso nella sala del Consiglio.

(2) La Creatrice (The Maker in originale) è un personaggio rivelato nel gioco di carta
Legends of Runeterra. Come altri sembra legata a Jhin. Da qui l'idea del circolo
artistico. Per maggior info sull’aspetto Link



Angolo Autrice:

E anche questa è storia è finita. Spero nel suo piccolo vi sia piaciuta. Di recente sto anche ridendo Arcane in attesa della seconda stagione e cavolo, non ricordavo fosse così bella e leggendo Berserk per la prima volta.

Per il resto vi avviso che;

Gli aggiornamenti su Efp saranno pochi, probabilmente qualche OS (Berserk e vedremo cosa mi ispira), in attesa molto più avanti di riprendere l’ultimo e definito atto del Crossover… questo perché:

-Trovate i racconti Originali e altro materiale GDR su Ko-fi (link nel profilo), potete sostenermi tramite donazioni e acquistando i PDF (1/3 Euro).

-Più avanti-avanti sarò anche su Ichi.io con un GDR a tema felino.

Stay Tuned!


Grazie a tutti per il sostegno <3

Elgas

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