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di Rosmary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le parole vuote ***
Capitolo 2: *** I segreti del mondo ***
Capitolo 3: *** Apparenze ***
Capitolo 4: *** Torniamo ***
Capitolo 5: *** Schemi ***
Capitolo 6: *** Se non era il suo passato ***
Capitolo 7: *** Spina ***



Capitolo 1
*** Le parole vuote ***


I personaggi presenti nelle storie di questa raccolta, salvo i miei OC, sono proprietà di J.K. Rowling; i racconti sono stati scritti senza alcuno scopo di lucro.

 

le parole vuote

 

Sei una Meadowes.”
Sì.”

Moira aveva undici anni e nessuna esperienza del mondo, quando un susseguirsi di voci le instillarono il dubbio di non avere neanche esperienza di se stessa.

Sei una Meadowes.”
Quindi?”

Moira aveva quattordici anni e credeva che a reggere il mondo fossero forze contrapposte, si chiedeva allora se vivere equivalesse a un cumulo di scelte da compiere.
 

Sei una Meadowes.”
È solo una parola.”

Moira aveva diciassette anni e cercava di sottrarsi alle categorie imposte, ai l’uno o l’altro divisori – le guerre non finiscono mai pensava, restano nelle parole, quelle che pretendono di dirti chi sei.


 




 
Note dell’autrice: Clic come il clic dello scatto di una fotografia, perché questa raccolta nasce con l’idea di catturare immagini dei personaggi di Paradiso perduto, che mi mancano e da cui spero di riuscire a tornare quanto prima aggiornando la long. Questo primo scatto partecipa alla mia challenge Di turni, prompt e gruppi di lettura con il pacchetto: Tematica: schierarsi o non schierarsi (è una traccia molto vaga, vi lascio libera interpretazione) | Prompt stilistico: introspezione in terza persona | Lunghezza del racconto: da 90 a 100 parole.
Per chi non conoscesse la storia madre, specifico che Moira è una mia OC.
Grazie a chiunque abbia dedicato tempo a questa lettura, spero sia piaciuta. ❤

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Capitolo 2
*** I segreti del mondo ***


i segreti del mondo

 

Amanda aveva trascorso i primi dieci anni di vita osservando i suoi genitori, certa che nelle loro parole e nei loro gesti fossero nascosti tutti i segreti del mondo. A volte le succedeva di osservare altri genitori e le sembrava avessero qualcosa di diverso, ma non riuscendo a capire cosa potesse essere li dimenticava, perché erano volti estranei e a lei non importavano.
 
Sei felice di partire per Hogwarts?”
Tantissimo, mamma! Dov’è papà?”
Ora arriva, non preoccuparti.”
 
Amanda aveva sempre creduto alle rassicurazioni di sua madre e non si era mai preoccupata dei ritardi e delle assenze del padre. A volte le succedeva di imbronciarsi e in quei momenti le sembrava di essere preda di una strana tristezza stizzita, ma non riuscendo a capire bene quell’emozione la accantonava, forse era tra quei segreti del mondo che ancora ignorava.
 
Sei felice di essere a casa di papà?”
Perché hai una casa diversa dalla mia?”
Non cambierà niente, non preoccuparti.”
 
Amanda aveva diciassette anni e aveva capito da un pezzo che la sua famiglia non era cambiata nel corso del tempo: Oliver aveva sempre abitato altrove, anche prima del trasloco fisico, e Abigail aveva sempre vissuto affidandosi unicamente a se stessa, anche prima della separazione su carta. Tuttavia conoscere quel segreto del mondo le aveva incrinato qualcosa dentro e quel qualcosa sembrava urlarle che non esistesse nulla di eterno eccetto la solitudine.
 
Il San Mungo non è un bel posto, potrai vederlo quando tornerà a casa.”
Tuo padre ha ragione, sono sicura che anche lui non vuole che lo veda lì.”
Ci andrò, voglio esserci. Non sforzatevi di capire, non potete.”
 
Amanda aveva vissuto momenti di intensa rabbia, ma aveva imparato a riconoscerli e accoglierli per lasciarli scivolare via – non voleva trattenere il rancore, l’aveva visto fare a sua madre per nascondere delusioni e mancanze, né voleva fingere di essere indifferente, l’aveva visto fare a suo padre per nascondere colpe e lontananza.
Voleva essere qualcosa di diverso da loro, che non avrebbero potuto capire, qualcosa che sperava essere migliore.
 
Perché resti anche quando ti tratto male?”
Sono tua amica, so che hai un carattere di merda.”
Ti sembrano cose da dire a un povero ragazzo ricoverato?”
 
Amanda rifletteva spesso sul suo segreto del mondo, su quella solitudine quale sola certezza possibile, e si chiedeva se non avesse interpretato male qualcosa, se magari, forse, niente andasse considerato eterno e persino la solitudine smettesse di esserlo quando strade affini e non in conflitto si incrociavano.
Tuttavia non sapeva quali sembianze avessero le strade affini, le immaginava però diverse da quelle in conflitto – con più sorrisi, più leggerezza, più complicità.
 
Li fai altri due tiri con me?”
Non sei stanco?”
No, e neanche tu.”
 





 
NdA: a questo secondo clic tengo particolarmente, sarà che Amanda per ragioni di trama è un personaggio ancora inesplorato nella long; ho di lei un’idea molto precisa, che non so quanto sia riuscita a far emergere qui.
In In equilibrio sul vuoto è già emerso che i genitori di Amanda sono separati, ma per chi non l’avesse letto/ricordasse aggiungo che la separazione avviene non appena Amanda parte per il primo anno a Hogwarts. Nel mio universo narrativo, Oliver non è mai riuscito a trovare un equilibrio tra famiglia e passione professionale.
Mentre svelo qui che la madre di Amanda si chiama Abigail Griffiths (è una mia OC) ed è la sorella minore di Wilda Griffiths, che secondo il Lexicon è stata una celebre cacciatrice delle Holyhead Harpies passata al Puddlemere che le avrebbe offerto un importante compenso. Nel mio headcanon, quindi, Abigail e Oliver si conoscono tramite Wilda al tempo dei Puddlemere. Non vi annoio con altri dettagli su Abigail, se troveranno spazio altrove emergeranno.
Inutile anche dirlo, forse, ma nei dialoghi dove Amanda interagisce con un coetaneo quel coetaneo è Louis. Nel caso sia qui qualcuno che non conosce la storia madre, preciso che Amanda Baston è una mia OC.
Come sempre, grazie del tempo che dedicate ai miei racconti, per me è preziosissimo. ❤
 

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Capitolo 3
*** Apparenze ***


apparenze

 

Dean MacFarland aveva diciassette anni e una routine precisa: lezioni allenamenti amici – non trasgrediva mai. Era solito aggirarsi per la scuola in compagnia, sempre gli stessi volti, salutare con sorrisi mesti e dosare le parole – avrebbe avuto le sembianze di un chiunque se non fosse stato per lo sguardo troppo attento: accadeva spesso che occhi estranei fuggissero da lui, come temendo un giudizio o un’analisi; ciò malgrado Dean non sembrava concedere altro che indifferenza. Eppure osservava, osservava ogni persona. A volte sottecchi altre apertamente. Capitava che distogliesse lo sguardo, a volte rosso altre pallido in viso – a quei momenti seguiva in genere il suo allontanarsi, ma era silenzioso e sorridente e discreto, capire cosa si agitasse in lui era impossibile.
Quel giorno era reduce da uno di quei momenti, il volto ancora impallidito; tuttavia non era solo, un suo amico gli era corso accanto.
“Torni in Sala Comune?”
“Studio meglio, lì.”
“Credi parlassero di te?”
“Non possono saperlo… credo.”
“In ogni caso sono dei coglioni.”
Dean aveva sorriso all’amico, ma poi aveva abbassato lo sguardo, forse per nascondergli un segreto forse per non inciampare nei propri piedi.
Era un giorno uguale a tanti altri.






 

 


NdA: questo terzo clic partecipa alla mia challenge Di turni, prompt e gruppi di lettura con il pacchetto: Tematica: ritratto di persona (anche in questo caso, vi lascio libera interpretazione: la “persona” non è detto debba coincidere con il narratore del racconto) | Prompt stilistico: narratore interno oppure narratore esterno (quindi no a narratori onniscienti) | Lunghezza del racconto: da 90 a 200 parole.
È stato un vero e proprio “esordio”, per me, questo, perché non credo di aver mai utilizzato il narratore esterno – non credo mi sia congeniale, in verità, vista l’impronta introspettiva che accompagna qualsiasi mio testo –, ma ero molto curiosa di testarne le potenzialità e spero che il risultato sia almeno accettabile. Mi intrigava l’idea di ritrarre un personaggio così come appare a chi lo osserva dall’esterno, senza la possibilità di capire cosa nascondano atteggiamenti e parole; se ho scelto Dean è sia perché avevo voglia di ritagliare un momento solo per lui, sia perché è un personaggio che ha paura di mostrare un lato di sé – chi ha letto la long, forse avrà colto tra le righe il riferimento alla sua omosessualità, chi non l’ha letta spero sia comunque riuscito a cogliere un non-detto che lo accompagna e che lo induce a essere guardingo e sotto pressione. L’amico con cui interagisce è Louis, il segreto che l’occhio esterno non coglie sono i sentimenti che Dean nutre per lui.
Anche Dean MacFarland è un mio OC, specifico nel caso siano qui persone che non conoscono la storia madre.
Non aggiungo altro, grazie di essere qui, spero che la lettura abbia meritato il tempo dedicatole.

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Capitolo 4
*** Torniamo ***


torniamo

 

Avevano sempre avuto screzi, alcuni banali altri meno, ma non avevano mai vissuto una rottura – e quella… quella sembrava irreparabile.
Lorcan guardava il fratello e una morsa allo stomaco gli suggeriva fosse un addio, che se anche un giorno si fossero rivisti sarebbero stati due estranei, perché s’erano traditi – in modi diversi, senza riuscire ad ammetterlo, ma l’avevano fatto: lui non ritrattando decisioni già prese, Lysander non assecondando quelle decisioni.
 
Mamma mi ha spiegato perché si litiga.”
Non mi importa, Lys.”
 
Avevano nove anni appena compiuti quando il primo, vero litigio della loro vita li aveva sorpresi – Lorcan si era arrabbiato così tanto per quei regali scartati senza di lui.
Lysander guardava il fratello e gli sembrava di rivivere quello stupido giorno di anni addietro, quando non era riuscito a capire Lorcan e a farsi capire da lui – sarebbe bastato così poco per strappare via i loro bronci, ma allora erano piccoli e non sapevano come fare.
 
Ma dobbiamo parlare, mamma dice che…”
Non voglio sentirti.”
 
Si litiga perché non si parla e se non si parla non ci si può capire – le parole che Luna aveva rivolto loro quando erano due bambini rimbombavano in entrambi; eppure questa volta avevano provato a parlare, spiegarsi, capirsi, ma ogni tentativo era tramutato in fallimento e ogni fallimento in frustrazione – era come se ci fosse un muro tra loro… altissimo.
Lorcan cercò e trovò lo sguardo di Lysander un ultimo istante, prima di vederlo sparire assieme ai genitori, e gli parve di scorgere un sorriso appena accennato.
 
Tempo (troppo) dopo
 
“Lys, non dovresti perdonarmi… tu…”
“Non voglio sentirti.”
“Ma ti ho…”
“Non mi importa, Lor.”
Parlarsi per capirsi, a loro era stato sufficiente riabbracciarsi – bastava sempre.
 
Adesso perché mi abbracci?”
Ti stringo, è diverso.”
Per farmi uno scherzo?”
Per fare pace, Lys.”
 
 




 
NdA: il quarto clic partecipa alla mia challenge Di turni, prompt e gruppi di lettura con il pacchetto: Tematica: legame indissolubile (a scelta se trattare amici, nemici, innamorati, amanti, familiari) | Prompt stilistico: inserire almeno un flashback oppure incipit in media res | Lunghezza del racconto: da 90 a 300 parole.
Chi ha letto la long può contestualizzare quanto accaduto tra i protagonisti, diversamente spero che la forza del loro legame emerga comunque con forza, in quei silenzi che li allontanano e nella presenza fisica, concreta e reale sufficiente a farli ritrovare – malgrado l’abbiano potuto credere, non esiste rottura insanabile.
Grazie a chiunque abbia letto. ❤
 

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Capitolo 5
*** Schemi ***


schemi

 

Allison aveva sempre avuto una mente ricettiva e sin da bambina tante parole avevano affollato il suo mondo. Aveva man mano imparato a categorizzarle per esprimere nella maniera più efficace possibile ciò che pensava e provava e desiderava, perché comunicare era importante e il tempo per farlo in genere era ridotto – ecco, tempo era una parola che rappresentava qualcosa di molto prezioso, che se sprecato non c’era modo di recuperare.
 
Oggi non possiamo, Ally.”
Perché?”
Non c’è tempo, io e papà siamo impegnati.”
 
Impegno era un’altra parola con cui aveva familiarizzato presto e che nella sua piramide delle parole ricopriva un ruolo privilegiato assieme a tempo.
I suoi genitori di impegni ne avevano sempre avuti tantissimi, le avevano spiegato di avere delle responsabilità lì dove lavoravano e che queste responsabilità li rendessero spesso molto impegnati.
Allison aveva allora immaginato quei tanti impegni nella sua testa, fantasticando su giornate affaccendate e piene e bellissime – dovevano essere così per forza, o la mamma e il papà avrebbero preferito restare con lei.
 
Oggi non posso giocare, Rose.”
Perché?”
Non c’è tempo, sono impegnata.”
 
Aveva iniziato a imitare le parole dei genitori e simularne gli impegni senza neanche rendersene conto, era il suo modo di giocare e sentirsi parte di qualcosa.
Era poi cresciuta e quel gioco era evoluto in un atteggiamento verso il mondo, in una corsa affannosa verso un futuro già deciso e definito – se non lo fosse stato, di tempo ne avrebbe sprecato tantissimo –, annunciato da un presente carico di impegni – senza, non avrebbe potuto costruire nulla che avesse significato.
 
Devi sapere cosa fare da grande.”
È così importante?”
È fondamentale, Rose.”
 
Allison aveva sempre avuto una mente ricettiva e più cresceva più capiva che le parole avessero un’infinità di sfumature e che negli schemi rigidi stessero strette, tuttavia era faticoso e lento e forse neanche produttivo tentare di abbattere quegli schemi – ormai aveva il suo futuro in tasca, ne era certa, non aveva senso metterlo in discussione.
A volte però si domandava che sapore avesse lasciare andare il tempo, accantonare gli impegni, vivere senza una mappa tra le mani – in quei momenti sentiva scorrerle dentro il dubbio di aver seguito una traiettoria tutta sbagliata, che un giorno l’avrebbe tradita.
 
Rose, cosa faccio se non ci riesco?”
Ci mangiamo un gelato?”
Tu lo mangi con me?”
Sì, resto con te.”
Allora va bene.”







 
 

NdA: il quinto clic è per la mia Allison Macmillan (anche lei è una mia OC). Chi conosce la long forse ricorderà che Allison segue molti corsi di studio, vuole diventare un’insegnante di Rune e sta già scrivendo il suo manuale – ecco, nel caso vi siate chiesti perché lei corra così tanto, spero che questa piccola istantanea abbia iniziato a dare risposte. Spero di avere modo, in futuro, di condividere ulteriori dettagli sulla sua famiglia, per ora rivelo che anche sua madre lavora al Ministero. Come vedete, l’unico personaggio oltre ai genitori presente è Rose. Rose e Allison (e questo forse è emerso altrove, forse no, non lo ricordo!) si sono conosciute da piccolissime, al nido messo a disposizione del Ministero per i suoi impiegati, e questo le ha portate a crescere insieme e a capirsi.
Non vi annoio oltre e ringrazio chiunque abbia letto, spero che la storia abbia meritato il tempo dedicato. ❤

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Capitolo 6
*** Se non era il suo passato ***


se non era il suo passato

 

Scorpius era nato in un tempo che gli adulti della sua vita faticavano a capire – o almeno lui così credeva. Da un lato i genitori a insegnargli l’importanza dell’integrazione e della modestia, dall’altro i nonni a impartirgli lezioni su gerarchie e genetica; gli era successo di pensare che in fondo quegli adulti parlassero la stessa lingua, ma conoscessero parole diverse.
Malfoy.
Scorpius l’aveva capito solo a Hogwarts, quando s’era dovuto confrontare con pari provenienti dalle più disparate famiglie, cosa volesse dire avere un cognome e non un altro – un passato e non un altro. Un passato che tuttavia non gli apparteneva, come non apparteneva a nessuno che frequentasse la scuola assieme a lui – eppure aveva peso, più di quanto avrebbe dovuto averne.
Scelta.
Era una parola che piaceva molto a tutti. Dopotutto, era stata una scelta compiuta anni addietro, quando lui neanche era nato, a determinare gli equilibri del presente che viveva: i suoi e quelli di chiunque lo circondasse – si chiedeva spesso perché questo dovesse condizionarlo, però, perché dovesse importare a lui di scelte compiute da altri in altri tempi.
 
Sei proprio suo figlio?”
Quanti altri Potter conosci?”
L’antipatia è un’eredità di famiglia?”
Parli proprio tu, Malfoy?”
 
Scorpius aveva sempre saputo che Albus rappresentasse tutto quel castello invisibile di lacci e catene che nutriva il livore dei suoi nonni e rendeva i suoi genitori perennemente guardinghi, eppure scoppiare a ridere al loro primo scambio di battute era stato così spontaneo da dover essere per forza giusto.
Scelta.
Era stata una scelta anche quella, in fondo, la prima della sua vita – forse era stata la prima anche per Albus – e non ne aveva mai dubitato; neanche nei momenti peggiori, quelli dove aveva sentito ribollire dentro di sé così tanta rabbia a causa di parole e occhiate incassate da aver desiderato di essere altrove o di avere un altro passato.
Malfoy.
Aveva imparato a conviverci, con quel cognome e con ciò che si trascinava dietro, ma aveva imparato anche a credere a sua madre, quando lo rassicurava dicendogli che presente e futuro fossero nelle sue mani, e a suo padre, quando gli diceva che lui non avrebbe mai dovuto preoccuparsi di imposizioni, perché non ne avrebbe mai avute.
Credeva anche ai suoi amici, che in lui non vedevano altri che Scorpius – e tra tutti credeva ad Albus, che su di sé portava un peso diverso ma pur sempre un peso, ogni volta che gli rimaneva accanto malgrado tutto.
 
Il giorno che mi rinfaccerai di essere un Malfoy, saprò che il mondo sta per finire.”
È un modo contorto per dirmi che sei felice che siamo amici?”
Ma perché ti parlo ancora?”
Perché mi stai sfruttando, come pensa tuo nonno!”
Coglione.”
Ti voglio bene anch’io.”
 



 
NdA: prima o poi, il clic di Scorpius sarebbe arrivato, dunque eccoci qui. Il suo momento più di altri contiene un’allusione a ciò che accade nella storia madre, è stato inevitabile per me inserirla.
Ho letto le recensioni agli scorsi capitoli e vi ringrazio infinitamente (mi scuso con chi non ha ancora ricevuto risposta, sapete che arrivo, anche se a passo di lumaca!).
Grazie a chiunque sia qui, spero vi abbia fatto piacere questo piccolo salto nel mondo interiore del mio Scorpius. ❤
 

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Capitolo 7
*** Spina ***


spina

 

Se chiude gli occhi gli sembra di sentire ancora quelle urla, e sulla pelle la sensazione di essersi spaccato in più punti.

Louis, aspettami.”
Muoviti, Jamie!”

I ricordi si sovrappongono senza che l’abbia voluto – passato antico e recente sbiadiscono l’uno nell’altro, e a James sembra di non riuscire ad afferrare né l’uno né l’altro, ma solo qualcosa di acuminato conficcato nel petto.

Quindi adesso non ci parliamo più?”
Non ci mancheremo, James, tranquillo.”

In lontananza sente il vociferare dei tanti, la scuola palpita di rabbia preoccupazione sgomento, e la sua spina sembra conficcarsi un po’ di più a ogni è grave e ha sofferto e morirà? captati – la memoria ripropone a oltranza immagini da cui vuole fuggire.

Louis, ritira la sfida.”
Paura per il tuo amico?”

Per entrambi.
Non gliel’ha detto, non gli ha detto tante cose – e quelle tante cose non dette sono evolute nel peso che ora lo comprime e che forse riuscirà a schiacciarlo del tutto.
Lo merita.
È quello che pensa quando la spina si radica dentro e insanguina tutto.

~

“Non pensare, James, dimentica tutto.”
“Non ci riesco, Lor… non ci riesco.”

 




 


NdA: la storia partecipa al gioco La penna fortunata indetta da Mari Lace, PescepallaSia, Shireith e time_wings sul forum Ferisce la penna ed è stata ispirata dal prompt “The price of a memory is the memory of the sorrow it brings.” [Mrs. Potter’s Lullaby, Counting Crows].
L’ambientazione temporale di questo piccolo clic è nei giorni immediatamente successivi al duello di maggio.
Grazie sempre per essere qui.

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