Si inchineranno anche le pietre

di aelfgifu
(/viewuser.php?uid=432825)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Il regalo ***
Capitolo 3: *** La dedica ***
Capitolo 4: *** Fine serata ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


Premessa

A parte Karl-Heinz Schneider (il primo amore che non si scorda mai), ci sono due personaggi di Captain Tsubasa che personalmente adoro. Uno è Hikaru Matsuyama, il nordico che chiacchiera poco, fa molti fatti, non ha peli sulla lingua, non si fa mettere sotto da nessuno, conosce il valore del lavoro - pardon, del gioco - di squadra e ama profondamente la sua Yoshiko: come sappiamo, tutti lo stimano, da Tsubasa all’insospettabile Hyuga allo staff tecnico al completo. L’altro è Taro Misaki, il ragazzo cresciuto con un grande dolore dentro ma che possiede tanta grazia e gentilezza da piegare il cuore anche dei più duri tra amici e avversari (nel manga è l’unico a cui il maestro Takahashi concede il privilegio di  chiamare Kojiro Hyuga per nome, il che mi pare che dica tutto). Di Matsuyama ho già scritto; con questa fic vorrei rendere omaggio a Taro che, essendo un appassionato lettore, è anche interlocutore privilegiato della mia Julia. Perché, come sempre, “un libro è l’ascia per rompere il mare ghiacciato dentro di noi”.  

P.S.: su EFP ci sono storie meravigliose con Taro protagonista, leggetele! 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il regalo ***


 
1. Il regalo
 
Che cosa gli era passato per la testa quel pomeriggio, mentre attraversava la Geschwister-Scholl-Platz? Forse il pensiero dell’imminente convocazione della nazionale in vista delle amichevoli invernali o il luogo in cui si trovava, fatto sta che entrò in una libreria, comprò la traduzione inglese del Ritratto estivo di ragazzo svedese e chiese alla commessa di fargli una confezione regalo, per “un amico”. E in quello spirito, il libro fu l’ultima cosa che infilò in valigia.
 
*** 
 
All’arrivo al Centro Tecnico Federale trovò il solito allegro pollaio; Ishizaki come sempre era al centro dell’attenzione e stava facendo sbellicare tutti dalle risate raccontando non so quale fatto buffo. A Genzo il chiasso e le situazioni confuse non erano mai piaciute, ma una volta che aveva manifestato una certa contrarietà per l’atmosfera caotica e goliardica che si creava tutte le volte che la nazionale si riuniva, Tsubasa gli aveva fatto notare, pacatamente: “Per te forse suonerà strano perché sei andato subito via e hai condiviso poco con noi, ma noialtri siamo tutti vecchi compagni di scuola: in molti casi lo siamo letteralmente, abbiamo condiviso anni di scuola insieme, ma lo siamo anche nel senso che, tranne un paio di eccezioni, ci siamo conosciuti tutti nel campionato scolastico, ci conosciamo da quando avevamo dodici, tredici, quindici anni: siamo vecchi amici. E quando incontri i vecchi amici, non ti piace far casino con loro?” 
Genzo aveva pensato a Karl e Hermann e aveva dovuto ammettere con sé stesso che Tsubasa aveva ragione.  
I suoi colleghi arrivati dall’Europa, rispetto a quelli che si erano fatti un’ora o due di treno o di aereo, si riconoscevano: tutti con l’aria più o meno stanca, a parte Tsubasa che come al solito aveva energia da vendere e rideva e scherzava con tutti. Ma dove la trova tutta quell’energia, benedett’uomo?
“Be’!” esordì, accomodandosi pesantemente su uno dei divani della hall. 
“Ben ritrovato, Wakabayashi” Hikaru Matsuyama, seduto all’altra estremità del divano, lo salutò con un cenno della mano. “Fatto buon viaggio?” 
“Ma sì, diciamo di sì”. 
Genzo si guardò intorno. Hyuga sonnecchiava spaparanzato sulla poltrona di fronte, Misaki si era appollaiato sul suo trolley e ogni tanto sbadigliava. “E voi?” 
“Non me lo ricordare” mormorò Hyuga con voce cavernosa, senza aprire gli occhi “a Caselle c’era uno sciopero del personale di terra, sono partito con otto ore di ritardo. Sarei dovuto arrivare a Tokyo ieri sera”. 
“Matsuyama e io ci siamo incontrati a Doha e abbiamo fatto mezzo viaggio insieme” rispose Taro “meno male!” 
“Lui non voleva disturbare la hostess chiedendole di poterci sedere vicini” sghignazzò Hikaru. “Accidenti, Misaki, sei tu quello che piace alle donne, una strizzata d’occhio, un sorriso, e nel giro di mezzo secondo ti avrebbero cambiato posto tra inchini e risolini. Invece ho dovuto fare tutto io”. 
“Ma te la sei cavata, no?” si interpose la voce sonnacchiosa di Hyuga. 
“Che domande!” si inalberò Matsuyama. “È ovvio!” 
“E allora!” commentò Hyuga. 
“E allora sessanta minuti” lasciò cadere Genzo. Gli altri due lo fissarono basiti, perfino Kojiro spalancò tanto d’occhi. 
“Scusate, il jet lag mi fa straparlare” si scusò il portiere. Guardò in direzione di Tsubasa: “Ma come fa a non essere a pezzi?” 
“Il capitano ha risorse sovraumane” rise Hikaru.
“Beato lui!” A me mi potrebbero spalmare sul pane come crema di salmone!
 
***
 
Quella sera a cena fece in modo di capitare tra Tsubasa e Misaki, e di portare il discorso verso i massimi sistemi, anche se Tsubasa finiva col parlare sempre di calcio; ma lui lo aveva messo in conto e colse, come si suol dire, la palla al balzo. Prese a raccontare che in Europa si parlava di calcio nella musica e nella letteratura da molti decenni, gli era capitato di leggere cose splendide. C’era perfino un grande cantautore, tale Francesco De Gregori, che…
“È vero” confermò Misaki “una volta ho letto una bellissima poesia di un autore italiano” e incominciò a recitare: 
 
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non vedere l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce,
con parole e con la mano, a sollevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

La folla - unita ebbrezza- par trabocchi
nel campo: intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questi belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.

Presso la rete inviolata il portiere
- l’altro- è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.

La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa - egli dice - anch’io son parte.

 
“Wow” commentò Tsubasa. 
“Sai, Misaki” attaccò Genzo, con fare vago “visto che a te piace la letteratura e io per così dire casualmente conosco una scrittrice… che dicono sia molto brava… ho un suo libro che ti potrebbe interessare. Ne ha pubblicati diversi, ma lei scrive in tedesco, e questo è l’unico che finora sia stato tradotto in inglese. Ce l’ho su da me, se ti va poi te lo passo”. 
“Ma grazie!” Il viso di Taro si illuminò. “Mi ero ripromesso di comprare qualcosa di Gutenbrunner-san, non appena fosse stato disponibile in una lingua che conosco. È brava come si dice?” 
Genzo alzò le spalle. 
“Io non me ne intendo. Levin dice che è straordinaria. Schneider… Schneider non fa testo, perché è innamorato pazzo di lei”. 
“Di chi si parla?” Matsuyama si infilò nel discorso. 
“Di Julia Gutenbrunner”. 
“Ah! Gutenbrunner-san! L’ho conosciuta l’anno scorso a Parigi, era con gli Schneider”.
“Davvero?” domandò Taro. 
Genzo rise sotto i baffi perché per i suoi amici pronunciare quel cognome bavarese lungo come un treno e pieno di consonanti era una bella sfida. 
“Dicono che sia una specie di cervellone, vero, Wakabayashi?” incalzò Hikaru. 
Genzo alzò di nuovo le spalle. 
“Boh! Io ci capisco poco. È una brava ragazza”.
“E si occupa di letteratura” osservò Taro. 
“Be’, leggi il libro e dimmi come lo trovi…” 
“Fai pubblicità alla ragazza di Schneider, che personaggio” gli gridò Hyuga dall’altro lato della tavola. 
“Ne vuoi una copia pure tu?” rispose fulmineamente Wakabayashi. 
“Volentieri” rise Kojiro. 
“Allora te la compri. È in distribuzione anche in Italia. Formato paperback, non credo costi più di quindici euro in una libreria di Torino. Oppure la ordini online”. 
“Per la miseria, stai veramente facendo pubblicità” osservò Hyuga. 
“Il titolo è ‘Summer portrait of Swedish young man’, annotatelo” sogghignò Genzo. 
 
*** 
 
Quando Wakabayashi gli porse il pacchetto, Taro sgranò tanto d’occhi: 
“Ma lo hai preso apposta per me?!?”
Il portiere si portò l’indice alle labbra: 
“Non c’è bisogno che lo sappia tutto il mondo, non trovi?” 
 
*** 
 
Quella sera, quando Hikaru uscì dal bagno della stanza che condividevano lui e Taro, trovò l’amico già sotto le coperte, il naso tra le pagine. 
“A-ha, Wakabayashi ti conosce bene” rise piano all’indirizzo di Taro. 
“Già” rispose lui, assente. Hikaru avrebbe voluto discutere con l’amico della prossima amichevole con la nazionale vietnamita, ma capì l’antifona: Misaki era profondamente concentrato nella lettura e finché non avesse finito di leggere non ci sarebbe stato verso di coinvolgerlo in qualcos’altro. Hikaru si mise a letto, sprimacciò il cuscino, si sistemò la coperta fin sopra le orecchie come piaceva a lui, spense l’abat-jour e mandò un messaggio a Yoshiko. 
“Misaki sta leggendo e non lo voglio disturbare, ti dispiace se messaggiamo? Oppure hai voglia di sentire la mia voce e preferisci che esca?” E corredò il WhatsApp con un fiorellino e un cuoricino. 
“No, no, messaggiamo pure, è tardi, rimani a letto” gli rispose subito Yoshiko. “Salutami Misaki”. 
“Ti saluta Fujisawa” disse Hikaru ad alta voce. 
“Grazie, risalutala” rispose la voce di Taro più assente che mai. 
“Be’, buonanotte”. 
“Notte”. 
“Misaki ti risaluta e ti augura la buona notte”. 
 
*** 
 
La mattina dopo, Taro scese a colazione con gli occhi brillanti. 
“Ha ragione Levin” annunciò a Genzo. 
“Ma davvero!” L’SGGK sollevò un sopracciglio, stupito.  
“Sicuro!” riprese Taro ridendo a gola spiegata, brandendo il libretto. “Chi ha scritto queste pagine è una creatura meravigliosa!” 
“Addirittura! E io che la incontro abbastanza spesso e non sono ancora stato fulminato dalla sua vista” commentò Genzo col suo solito cinismo. Si guardò intorno e vide che i compagni più vicini si erano come immobilizzati, perfino Tsubasa fissava il suo grande amico a bocca aperta. 
Quando finalmente sedettero a fare colazione, e Taro mangiava con una mano e con l’altra teneva fermo il libretto, che continuava a leggere con la massima attenzione, il capitano disse a bassa voce a Genzo: “E io che pensavo di conoscere bene Misaki”. 
“Misaki” sentenziò Genzo “è perfino meglio di come lo vedi, ed è tutto dire”. 
 
*** 
 
Note di Ælfgifu. 
 
1) La Geschwister-Scholl-Platz è la piazza dove si trova l'edificio principale della Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera. È intitolata ai fratelli Sophie e Hans Scholl, studenti dell'Università di Monaco e membri del gruppo di resistenza "Weiße Rose", uccisi dai nazisti nel febbraio1943. 
2) Ovviamente Genzo si riferisce alla canzone di Francesco De Gregori, “La leva calcistica della classe ‘68”: https://m.youtube.com/watch?v=JgU2M7tV-yE&pp=ygUkZGUgZ3JlZ29yaSBsYSBsZXZhIGNhbGNpc3RpY2EgZGVsIDY4
3) La poesia che Taro recita è la celebre “Goal” di Umberto Saba, l’ultima delle “Cinque poesie per il giuoco del calcio”, contenuta nel terzo volume del Canzoniere sabiano, “Parole”: https://il-catenaccio.it/bibliocalcio/cinque-poesie-per-il-gioco-del-calcio-di-umberto-saba.html (il Canzoniere di Saba è stato tradotto in giapponese dalla scrittrice Atsuko Suga).
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La dedica ***


2. La dedica
 
L’occasione arrivò con l’andata del turno di Champions League in cui s’incontravano, guarda un po’ la coincidenza, Bayern Monaco vs Paris St. Germain. 
“Wakabayashi-kun! Vorrei incontrare Julia Gutenbrunner” scrisse Misaki all’SGGK. 
“Ma pensa alla partita!” gli rispose il portiere. 
“Ci penso, alla partita”. Genzo s’informò col Kaiser:
“Che ne dici se dopo la partita andiamo a bere qualcosa insieme? Misaki si è innamorato di Julia e la vuole conoscere”. 
Karl si mise subito in allarme:
“Come sarebbe, Misaki si è innamorato di Julia e la vuole conoscere?” 
“Letterariamente, dico letterariamente! È un suo fan”. Guarda un po’ se ci si deve mettere anche Karl con la sua gelosia!
Schneider rifletté.
“Be’, a Julia farebbe senz’altro piacere. L’importante è che non si affatichi troppo e che non rientriamo troppo tardi”.
 
***
 
Taro pensò effettivamente alla partita e riuscì ad azzerare il momentaneo vantaggio dei bavaresi segnando il gol del pareggio all’ottantesimo minuto. 
“Hai visto? Ci ho pensato, alla partita” scherzò con Genzo mentre le squadre rientravano negli spogliatoi. 
“Ho visto sì. Potevi anche pensarci un po’ meno” Genzo era lievemente scocciato. Il pareggio dei francesi voleva dire che alParc des princes ci sarebbe stato da ricominciare tutto da capo. “Ci vediamo tra mezz’ora!”
E ora eccoli uno di fronte all’altra, dopo una partita di Champions League, la piccola donna tedesca e il bel calciatore asiatico. Misaki fissava la piccola donna con curiosità: non sapeva che fosse incinta, doveva essere di almeno sei mesi, la notizia non era trapelata perché protetta con cura o forse il fatto che Julia Gutenbrunner aspettasse un bambino da Schneider non era interessante per i media? In fin dei conti non si trattava di una modella o una cantante o un personaggio dello showbiz.
Ha qualcosa di particolare, Taro Misaki, pensava intanto Julia: non era come altri della Golden Generation che aveva conosciuto. Non distaccato e laconico come Genzo, che d’altronde ormai era più tedesco di un tedesco, ma neanche amichevole come Ōzora, schietto come Matsuyama o sempre sulla difensiva come Kojiro Hyuga. Un pochino più basso di Karl, snello, dall’incarnato chiaro, capelli di un bel castano dorato, una fronte limpida e un sorriso luminoso. Ed era circonfuso di un’aura di inesprimibile gentilezza. Qualcuno le aveva raccontato che Misaki in campo era estremamente corretto, non aveva mai preso un cartellino giallo in vita sua. 
“Gutenbrunner-sama” esordì Taro “sono davvero felice di incontrarla, perché vorrei che mi scrivesse una dedica” e tirò fuori un esemplare della traduzione inglese di Ritratto estivo. Julia fu colta, come avrebbero detto i suoi amici calciatori, in contropiede. Non perché non fosse attrezzata - aveva sempre due o tre penne nella borsa - ma perché non avrebbe saputo che cosa scrivere: “Mi mette in imbarazzo…”
Afferrò il libro, prese una penna, fissò per un momento Taro.  Che cosa sapeva di lui? Quello che leggeva sui giornali sportivi, sui blog di calcio; quello che sentiva dire da Karl, da Stefan, da Frank, da Genzo. E ora aveva la sua fronte chiara davanti a sé e rifletté: porta con sé un grande dolore e insieme al dolore porta tutta la grazia del mondo. E quel ragazzo così pieno di grazia la fece vergognare di sé stessa, della sua rabbia, dei suoi propositi di vendetta, della sua difficoltà a perdonare, del suo egoismo, del suo rimuginare continuo, del suo ritenersi in credito verso tutto il mondo creato. 
Chiese, tenendo la penna a mezz’aria: “Mi dà un po’ di tempo di pensarci?” 
“Certo!” 
“Eccone un altro che si è innamorato” commentò il portiere al suo solito. 
Karl gli diede una gomitata nelle costole: 
“Vuoi litigare?” 
“Io? No!” 
“E allora sei pregato di usare le parole con migliore cognizione di causa”. 
 
*** 
 
“Quello che ha scritto… è basato su fatti veri?” 
“Sì, il nucleo dei racconti nasce da fatti veri. Però chiamami Julia, per favore, altrimenti mi sembra di essere una vecchia zia”. 
“Ehm, grazie. E sono fatti capitati a te?” 
“Alcuni a me, alcuni a persone che conosco.  Un paio sono fatti di cronaca, li ho letti sul giornale. In certi casi ho messo insieme diverse storie”. 
Il dono…” 
“Sì?” 
“Anche tu sceglieresti di fare come la protagonista?” 
“Non lo so. Magari si avesse la possibilità di scegliere!”
“Hai mai avuto voglia di spaccare tutto?” 
“Sempre!”
“E…?” 
“E credo di aver imparato a usare la rabbia come combustibile. Tu?”
“Io provo una enorme nostalgia, continuamente, ma nostalgia di non so cosa”. 
“Oserei dire nostalgia di un paio di ali, che probabilmente avevi in una vita precedente…”
Glielo aveva detto apposta per farlo arrossire, e infatti lui arrossì. 
“Non volevo metterti in imbarazzo, scusa”. 
“Oh, no, non sono imbarazzato…” 
“Sei colpito”. 
“Per così dire…” 
“Hai capito quello che intendevo?” 
Lui annuì. 
“Sai già se è un maschietto o una femminuccia?” 
“È una bambina”. 
Dall’altra parte del tavolo, Karl e l’SGGK guardavano quei due che parlavano. Ogni tanto il portiere e il capitano del Bayern si scambiavano un’occhiata e buttavano giù un sorso di birra. 
“E che cavolo” sibilò a un certo punto il Kaiser. 
Genzo gli assestò un calcio da sotto il tavolo e mormorò tra i denti: 
“Stanno solo parlando del suo libro, accidenti, io e te non ci capiamo nulla. Pensa se Julia fosse una top model e la gente ci provasse continuamente con lei per portarsela a letto, non sarebbe peggio?” 
“Vuoi sapere una cosa? Per certi versi questo è peggio”.
“Ma sparati, Schneider”.
“Sparati tu”. 
“Che state dicendo?” Misaki alzò la testa verso di loro. 
“Niente!” esclamò Genzo. Karl ne approfittò per posare la mano sulla mano di Julia. 
“Ti senti bene? Non sei stanca?” chiese, con aria premurosa. 
“Prima ti ho sentito, sai” ridacchiò Julia stringendogli forte la mano. 
“Be’!”
“Vuoi dire che sei geloso, Karl-Heinz?” 
“Che domande!” Sì che sono geloso. Gelosissimo! 
Ad un certo punto Genzo si mise a ridere. Gli altri tre si voltarono a guardarlo, mentre lui rideva come un matto. 
“Ma che ti prende?” si accigliò Karl. 
“No… pensavo… ah ah ah” Genzo aveva le lacrime agli occhi “meno male che Levin non è con noi stasera… ah ah ah… sennò… chissà quanto ti saresti incazzato! Uah uah uah!”
Karl lo fissò per dieci secondi come se lo volesse ammazzare, poi scoppiò a ridere pure lui, contagiato dalle grasse risate del portiere. 
“Non ti preoccupare” disse Julia a Misaki, che sembrava non capire cosa stesse succedendo “sono due pazzi”. 
E gli spiegò tutto. 
Taro avrebbe voluto scusarsi cento volte con Karl, ma Julia lo fermò: 
“Lascia stare; la gelosia è la migliore punizione di sé stessa!“
Avvicinò a sé il libretto, che aveva posato sul tavolo, lo aprì alla prima pagina, prese una delle sue penne, ne appoggiò la punta sul foglio e scrisse: 
Al tuo passaggio si inchineranno anche le pietre - grazie, Julia
Quindi chiuse il libretto e lo restituì al proprietario.
Genzo, che ancora rideva, osservò con la coda dell’occhio come Misaki riapriva il libretto alla prima pagina, leggeva la dedica, arrossiva violentemente e richiudeva il libro a precipizio, senza parlare. 
 
***
 
E con questo incontro tra due anime simili, accompagnato dalla gelosia del Kaiser e dalle uscite di Genzo, mi congedo dal 2023 e auguro a tutte e tutti un bellissimo anno nuovo. 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Fine serata ***


3. Fine serata
 
Sulla strada del ritorno erano rimasti singolarmente silenziosi. Lui guidava con le mani strette sul volante e lo sguardo puntato dritto davanti a sé. Julia sembrava essersi appisolata. 
“Vedi? Devi evitare di stancarti” disse all’improvviso Karl. 
“Non sono stanca, è solo tardi”. 
“Come vuoi tu”. 
Julia si raddrizzò sul sedile. “Ma che hai? È tutta la sera che sei strano”. 
“Ti pare? Tu fai ciccipucci con l’amichetto di Wakabayashi e io sto a guardare come un allocco?” 
Silenzio. 
Karl gettò un’occhiata di lato. 
“Ora sei ingiusto. Tu hai molta stima di Misaki” disse infine Julia. 
“Non mi piace la gente che cerca di entrare nelle tue grazie mentre ci sono anch’io”. 
“Oh, Karl! Non ci stava provando, parlavamo del libro…” 
Un’automobile li superò a tutta velocità suonando il clacson all’impazzata. Karl rispose con un urlo: “Vai a romperti le corna, testa di c***o!” 
“Ma” obiettò Julia quando tutto fu di nuovo calmo “non so se hai fatto caso che io non sono una bella donna, non corri il rischio che qualcuno mi salti addosso, eh, e specialmente nel tuo ambiente dove le belle donne circolano a carrettate. Anzi chissà quanta gente si sarà chiesta cosa ci fa Schneider in compagnia di… di questa…” esitò, poi si interruppe. “Non trovo la parola giusta”. 
Schneider stava zitto. Rimase zitto per cinque minuti buoni. Poi: 
“Arrivo a capire uno che ci prova” confessò “ma questo… è diverso”. 
Ancora silenzio. Ad un certo punto, Julia battè sull’avambraccio di Karl con la punta dell’indice, per richiamare la sua attenzione. 
“Guardami” disse, e indicò la sua pancia. 
Karl abbozzò un mezzo sorriso divertito. “Tu sei unica, piccoletta”. 
“Ovvio. Altrimenti non avrei mai potuto attrarre un megalomane monomaniaco come te!” 
 
*** 
 
Genzo intanto aveva riaccompagnato Misaki in albergo. 
“Sbaglio o Schneider era un tantino nervoso?” chiese Taro all’amico. 
“Un tantino? Era nervosissimo. È molto geloso”. 
“Geloso, lui?”
”Eh, sì”. 
“Suona strano… ma lo capisco”. 
“Davvero?” 
“Eh, sì”. 
Silenzio. 
“È anche strano che tu abbia pensato di regalarmi il libro di Gutenbrunner-sama, sai. Non sei un amante di queste cose”. 
“Boh. Quando ho conosciuto Julia ho pensato che avevate qualcosa in comune”. 
“Magari! Gutenbrunner-sama è una studiosa importante, sai?” 
“Boh. La cosa veramente importante è che Karl stia bene con lei”. 
“E sta bene con lei, Schneider?” Taro sogghignò. “A parte gli attacchi di gelosia?” 
Genzo riflettè per un momento. 
“Immagino di sì”. 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4071937