Afterlife of the Blue

di Europa91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


Note introduttive: come ogni anno scelgo gennaio e come sempre finisco con il terminare per il rotto della cuffia (e scrivere l’ennesima long) XD L’idea base di questo AU è nata mesi fa, durante la notte di Halloween grazie alla mia piccola assistente che insisteva tanto perché le raccontassi una “storia sui vampiri” (che ovviamente si è evoluta andando a trasformarsi in qualcosa di più ampio, sfuggendo al mio controllo). 

Molto in breve: in questo racconto Gojo, Zenin e Kamo sono clan di vampiri ai quali si aggiungono le figure degli stregoni, come Itadori o Geto. Celati al resto del mondo, vampiri e stregoni spesso si trovano con il dover collaborare per sconfiggere le maledizioni. All’interno di questa allegra cornice si inserisce la nostra storia che a dispetto delle premesse, ruota principalmente intorno al complicato e profondo rapporto tra Gojo e Megumi. La narrazione segue diverse linee temporali, abbiamo il nostro “presente” al quale vengono affiancati i ricordi di “inverni passati” che spiegano l’evoluzione dei personaggi e le loro scelte.

Mi sarebbe piaciuto condensare il tutto in un’unica one shot ma data la lunghezza ho preferito spezzarla in più capitoli (e ringrazio fanwriter.it che mi ha dato il permesso di farlo XD). 

Domande, critiche e commenti sono sempre ben accetti. Mi trovate anche su IG come Europa91_

Vi auguro una Buona lettura e Buon 2024!! 








 

In the depths of eternity that left behind

Our blue still lives

Our blue is still clear

No prayer or word could ever reach you

No matter how close they could get to you

 

Ao no Sumika








 

-Molti inverni prima-



 

“Sei felice Satoru?”

Di fronte a quelle parole il principe del Clan Gojo abbassò il capo.

“Non me lo chiedere. Non puoi. Non ora” 

Ne hai perso ogni diritto, avrebbe voluto aggiungere ma lo fece solo nella propria mente.

“Dimmi che lo sei e me ne andrò, sparirò per sempre dalla tua vita” 

“Anche se te lo dicessi sappiamo entrambi che non lo faresti”

“Devi solo mettermi alla prova, Satoru”

Finalmente si guardarono negli occhi. Il rosso scarlatto del sangue incontrò un blu talmente limpido da non poter esistere in natura. Quella non era altro che l’ennesima prova di quanto fossero diversi. 

Il possessore di quelle iridi, il vampiro dai capelli candidi come la neve, avrebbe potuto rispondere, anche se rivelare ciò che realmente gli passava per la mente sarebbe risultato inutile tanto quanto pericoloso. Non erano fatti per stare insieme, quella era la verità. 

E Ryomen Sukuna avrebbe dovuto accettarla. 


***

 

-Tokyo - Presente


Megumi non avrebbe mai pensato di trascorrere in quel modo la notte del proprio compleanno. Il giovane vampiro aveva abbandonato le strade affollate di Shinjuku e si era diretto verso una piccola altura da dove era possibile osservare le stelle. Era un’abitudine consolidata che conservava fin dall’infanzia e che in qualche modo lo aveva sempre rassicurato. La luna era avvolta da una coltre di nubi ma nonostante questo intorno al satellite si potevano scorgere diverse costellazioni. Megumi affondò il volto nella propria sciarpa mentre il ricordo di un passato che mai come allora gli appariva tanto distante, prese ad attraversargli la mente.

“A questo mondo non esiste nulla di simile alla nostra specie. Qualcosa di eterno,  immutabile, anche le stelle non sembrano voler condividere questo nostro triste destino” con poche parole suo padre aveva paragonato l’esistenza dei vampiri a quella degli astri, rimarcando per l’ennesima volta quanto odiasse il concetto stesso di eternità o cosa rappresentasse. 

Megumi si era limitato ad osservarlo in silenzio mentre cercava di scorgere nello sguardo del vampiro più forte delle risposte alle molteplici domande che gli affollavano la mente. 

Gojo Satoru sapeva essere un vero mistero ma nonostante questo, era stato il genitore migliore che potesse desiderare. Lo aveva cresciuto da solo, a dispetto del volere e delle regole del proprio Clan. Megumi non era al corrente di tutta la storia ma solo dei dettagli fondamentali. 

Ad esempio di come lui fosse frutto di un matrimonio combinato. 

Un bel giorno, due delle più grandi famiglie di vampiri presenti in Giappone si erano riunite e avevano stabilito che l’erede del Clan Gojo avrebbe sposato uno Zenin. Era tutta una questione politica anche se conoscendo la personalità volubile di suo padre, Megumi dubitava che avesse accolto quella notizia facendo i salti di gioia. 

In una fredda mattina d'inverno i suoi genitori si erano sposati, ed esattamente un anno dopo, in quella stessa stagione, Satoru aveva dato alla luce il loro primo primogenito. Toji Zenin, questo era il nome del suo altro genitore, era morto poco dopo, in circostanze misteriose.

“Se mai volessi saperne di più su tuo padre ti basterà chiedere” gli aveva sussurrato Satoru in più di un’occasione con uno sguardo nostalgico, perso in ricordi di una stagione lontana che quasi non ricordava di aver vissuto. 

Di fronte a quelle parole Megumi si era trovato a rispondere con la solita apatia, accompagnando il tutto con una scrollata di spalle. Non gli interessava, in fondo non conservava alcuna memoria di Toji. Per lui era solo un estraneo, così come quel Clan che per diversi anni aveva cercato di ottenere la sua custodia esclusiva.

Satoru aveva combattuto con ogni mezzo per impedirlo e alla fine l’aveva spuntata. In fondo non si poteva negare nulla al vampiro più forte.

“Odio quei vecchiacci” era una delle sue frasi preferite, come la cantilena con il quale lo annoiava ogni volta che faceva ritorno dalla sede del Consiglio.

“Un giorno o l’altro potrei davvero arrivare a farli fuori” Megumi lo ascoltava in silenzio non  perdendosi nessuna delle parole che abbandonavano le labbra del genitore.

“La società dei vampiri così come quella degli stregoni ha bisogno della presenza degli anziani” si limitò a fargli notare. Per l’occasione, Satoru aveva indossato il proprio sorriso migliore prima di ribattere con la solita arroganza,

“Verrà il giorno in cui anche tu ti troverai in disaccordo con qualche decisione del Consiglio”

A quel pensiero Megumi si portò inconsciamente una mano sul ventre in un movimento che negli ultimi giorni aveva iniziato a diventare automatico e al tempo stesso rassicurante. Si abbandonò all’ennesimo sospiro sperando nell’arrivo di Itadori, anche se mancavano ancora parecchi minuti all’orario che avevano stabilito per il loro incontro. Una lieve brezza gli solleticò la pelle facendolo rabbrividire. Il vampiro si trovò a sorridere. 

Non era abituato a provare sensazioni così umane. Aveva rinunciato alla propria eternità per Yuji, per poter vivere al suo fianco e non ne era pentito. Avrebbe preso quella decisione altre mille volte se si fosse reso necessario.

Il suo unico rimpianto era quello di non averne parlato prima con suo padre ma Megumi era certo di poter contare sul suo supporto incondizionato. In fondo era da Gojo Satoru che aveva ereditato la propria natura ribelle. Megumi si era stancato di seguire quelle regole che avevano finito col condizionare gran parte della sua esistenza. 

Si era innamorato di uno stregone. Non lo aveva previsto ma era successo. La scoperta della gravidanza aveva solo accelerato le cose ma la natura o la forza di quel sentimento che lo legava a Yuji non era mutata. Dopo il terrore e la sorpresa iniziali era subentrata la gioia. Pura, semplice e incontenibile. 

Megumi avrebbe desiderato poter condividere tutto questo anche con Satoru ma non era stato possibile. Alcuni eventi avevano contribuito ad anticipare la loro fuga a quella notte, quella del proprio compleanno.

Aveva lasciato una lettera a suo padre in cui spiegava le ragioni dietro al proprio gesto e lo informava della gravidanza. Anche se probabilmente il principe dei Gojo ne era già a conoscenza. Gli era sempre risultato impossibile nascondergli qualcosa.

Megumi sperava che in qualche modo Satoru avrebbe capito. Erano più simili di quanto gli piacesse ammettere e non passava giorno senza che ne ricevesse una qualche conferma. Nell’ultimo periodo aveva scoperto molto riguardo al passato del leader del Clan Gojo. Su quella figura che a Megumi era sempre parsa impossibile da raggiungere o superare. Soprattutto per lui.

Tornò ad osservare la luna che nel frattempo era tornata a brillare.

Megumi non aveva mai temuto le tenebre, così come l’oscurità, sarebbe stato ridicolo per un vampiro, ancora di più per un principe. Le sue labbra si piegarono leggermente al ricordo di quel titolo che in fondo sentiva come non gli fosse mai appartenuto. Non era suo padre e non lo sarebbe mai stato.

Aveva preso la propria decisione. 

Si scostò alcune ciocche ribelli dagli occhi. L’aria era pungente e probabilmente entro qualche ora avrebbe nevicato. 

Se volevano fuggire dovevano farlo subito.

Tornò a contemplare la volta celeste beandosi di quella quiete, anche se non era altro che la classica calma prima della tempesta. 

Qualsiasi dubbio o tentennamento sparì non appena Yuji entrò nel suo campo visivo. Al contrario di lui lo stregone appariva radioso e per nulla preoccupato delle conseguenze delle proprie azioni.

Aveva incontrato Itadori per puro caso durante una missione nella prefettura di Miyagi. Megumi aveva perso di vista suo padre mentre entrambi erano alla ricerca di una maledizione da esorcizzare. In realtà quello era il compito degli stregoni ma vista la carenza di personale, capitava spesso che le alte sfere richiedessero il loro intervento come supporto, soprattutto per le questioni di natura più urgente o pericolosa.

La razza stessa dei vampiri era nata in seguito a diversi incroci tra umani e maledizioni. Erano il risultato di un esperimento, avvenuto durante il periodo Heian, un’epoca ricordata per essere stata il momento di massimo splendore della stregoneria e dello sviluppo delle arti occulte. Le tre famiglie più importanti e abili negli esorcismi avevano affinato le proprie tecniche finendo con il diventare immortali. I vampiri erano più forti e resistenti degli stregoni, il loro sangue possedeva capacità uniche che unite alle loro tecniche segrete li rendeva avversari temibili. Erano molto diversi dall’immaginario comune, ad esempio non si nutrivano di esseri umani, anche se per diverso tempo qualche esponente della frangia più radicale aveva praticato quella pratica disgustosa, ora abolita.

Gojo Satoru aveva rappresentato un’eccezione sin dall’inizio. La sua nascita aveva finito per alterare lo stato del mondo o così gli era stato detto. 

Il principe del Clan Gojo era una leggenda vivente che nessun vampiro o stregone avrebbe mai potuto eguagliare. Megumi era sempre vissuto nella sua ombra anche se Satoru gli aveva ripetuto fino alla nausea di come lui fosse il solo a poterlo superare.

Preferì tornare con la mente al ricordo del suo primo incontro con Yuji, quando quello sciocco ragazzino lo aveva salvato dall’attacco di una maledizione, irrompendo da una finestra. 

Lui, principe dei Clan Gojo e Zenin era stato aiutato da un comune essere umano. Bastò questo a colpirlo, quel tocco di follia insita nel carattere di Yuji che avrebbe finito con l’amare.

Quella notte nulla era andato come previsto, oltre a Itadori, anche Ryomen Sukuna, il famigerato Re delle Maledizioni aveva fatto la propria comparsa sulla scena. Era tutto parte di un piano, ben architettato per farli uscire allo scoperto, ma a quel tempo non potevano saperlo.

Megumi aveva udito diverse storie sul conto di quel demone, considerato da molti il solo in grado di rivaleggiare contro suo padre. Era difficile credere che qualcuno potesse manipolarlo. Anche Ryomen Sukuna però aveva un punto debole.

Nel corso dei secoli la sua figura si era fusa con la leggenda che l’accompagnava ed era difficile se non impossibile discernere la realtà dalla fantasia. 

Quando si trovò ad una spanna dal Re delle Maledizioni l’unica cosa che Megumi percepì fu l’enorme quantità di energia malefica, simile ma in qualche modo diversa da quella posseduta dal genitore.

“Tranquillo, sono il più forte”

Era stato allora che suo padre era intervenuto, salvando lui e Itadori da quel mostro. Gli aveva rivolto solo quelle poche parole, in risposta al suo sguardo sorpreso e spaventato prima di iniziare a combattere contro quella calamità.

“Chi è quel tizio?” la stupidità di Yuji aveva sempre avuto un che di affascinante. 

“Mio padre, Gojo Satoru” l’espressione assunta dallo stregone in quel momento fu impagabile.

Quel Gojo Satoru?” Megumi non riuscì ad evitare di sorridere,

“Ne conosci forse altri?”

“No, è che non sapevo avesse un figlio” a distanza di secoli quelle parole conservavano ancora il potere di ferirlo.

Era stata un’idea del Clan Zenin quella di adottare formalmente Megumi e crescerlo al sicuro, lontano da qualsiasi minaccia che il nome dei Gojo avrebbe portato sulla sua testa. Il vampiro ricordava di essere rimasto per un centinaio di anni con loro poi, un bel giorno, Satoru era tornato per reclamare il figlio e lo aveva trascinato via con sé. 

“Sei davvero identico a lui” erano state le prime parole che gli aveva rivolto con un tono di voce a metà strada tra la sorpresa e il disgusto. Ancora oggi Megumi non avrebbe saputo interpretare quel comportamento così come definire il rapporto tra i propri genitori.

“Lascia fare a me, dovrai mettercela tutta, diventerai forte tanto da raggiungermi”

Era incredibile quanti secoli fossero trascorsi da allora, ma per un vampiro il tempo rappresentava sia un prezioso alleato che una condanna.

“A cosa stai pensando?” Yuji era accanto a lui e gli sorrideva. Erano su quell’altura, abbracciati e con lo sguardo rivolto verso le stelle “Ci hai forse ripensato? Vuoi rimandare la nostra fuga?” domandò con una punta di incertezza.

Il vampiro scosse la testa,

“Mi sono solo ricordato del nostro primo incontro e riflettevo su mio padre” Itadori annuì comprensivo, appoggiando una mano sulla sua spalla

“So che avresti voluto parlargli”

“Gli ho scritto un biglietto, capirà” lo ha sempre fatto

“Voi vampiri siete incredibili”

“Itadori” lo ammonì stancamente,

“Siamo tornati ai cognomi? So che non vuoi sentire questo discorso ma sei il degno figlio di tuo padre, quando la smetterai di sminuirti e inizierai a credere di più in te stesso e nelle tue capacità? Sei sempre stato così affidabile”

Questa era una delle cose che più amava di Yuji, il suo essere schietto e senza troppi peli sulla lingua. 

Era stato cresciuto da suo nonno ed era stato grazie a quegli insegnamenti se era diventato uno stregone. Dopo la sua morte, Itadori aveva deciso di combattere le maledizioni e per uno strano scherzo del destino la sua strada si era incrociata con quella di Megumi.

“Yuta-san è molto più potente di me” si era limitato a rispondere abbassando lo sguardo e provocando l’ennesimo sbuffo da parte del compagno,

“Capirai, anche lui fa parte del Clan Gojo ma tu sei l’unico figlio del vampiro più forte e questo lo pensa anche Sukuna”

Fu in quel momento che Yuji capì di aver parlato troppo. Gli bastò osservare il volto di Megumi, il suo sguardo assente e quelle labbra perfette contratte in una smorfia. In fondo era uno dei motivi per i quali stavano fuggendo, per permettere al vampiro di continuare la gravidanza e dare alla luce il loro bambino. 

Solo i vampiri appartenenti ad una delle tre grandi famiglie avevano la capacità di riprodursi, ma anche in quel caso dovevano sottostare a regole ben precise. Avere un figlio da un comune essere umano sarebbe stato impossibile ma il discorso cambiava se il partner era uno stregone. Prima di Itadori e Megumi vi erano stati solo un paio di casi documentati di gravidanze simili andate a buon fine. 

“Scusa, non volevo” riuscì a mormorare Itadori cercando di indovinare lo stato d’animo nel quale versava il compagno. Vi erano delle volte in cui gli risultava difficile interpretare i comportamenti assunti dal principe vampiro. Megumi era sempre stato un tipo misterioso, a tratti sfuggente ma nell’ultimo periodo questo suo lato introverso aveva preso il sopravvento. 

“Non importa Yuji, è la verità. Stiamo scappando da Sukuna, lo stiamo facendo per nostro figlio, perché sia al sicuro” 

Itadori lo aveva abbracciato, cercando di trasmettergli attraverso quel gesto tutto il proprio sostegno. Sapeva quanto quella decisione fosse stata sofferta. Megumi era molto orgoglioso e non era stato facile convincerlo. Se aveva accettato di fuggire lo aveva fatto pensando al futuro del loro bambino.

“Vorrei che mio padre fosse qui” si lasciò scappare in un sussurro. L’abbraccio di Yuji si fece più stretto. 

Scappare era la soluzione migliore alla quale avevano pensato. Ryomen Sukuna era imprevedibile. Non vi era modo di sapere dove o quando avrebbe colpito. Sembrava ossessionato dal giovane principe anche se entrambi non ne conoscevano il motivo.

Megumi si strinse contro al petto dello stregone, abbandonandosi all’ennesimo sospiro stanco di quella giornata. Chiuse gli occhi, ricordando come da bambino fosse solito raggiungere il letto di suo padre per addormentarsi in quel modo tra le sue braccia, cullato dal ritmo cadenzato e regolare del suo respiro. Megumi non aveva mai temuto le tenebre così come l’oscurità, sarebbe stato ridicolo per un vampiro, ancora di più per un principe. Scosse la testa, cercando nuovamente lo sguardo di Yuji.

“Se vogliamo andare dobbiamo farlo subito. Appena Satoru troverà la mia lettera si metterà sulle nostre tracce” Itadori annuì.

“Hai freddo?” Megumi piegò le labbra in un accenno di sorriso, 

“É colpa di tuo figlio” il compagno gli sorrise cogliendo l’ironia nascosta in quell’affermazione,

“Ecco cosa succede a fidarsi di uno stregone”

“Sei l’unico sul quale io abbia mai fatto affidamento" Yuji rimase sorpreso da quella confessione. Conosceva abbastanza bene il compagno da sapere come non fosse tipo da frasi sdolcinate o gesti plateali. Da quando avevano scoperto del bambino però Megumi aveva iniziato a sciogliersi e manifestare i propri sentimenti.

“Ora non fare quella faccia da idiota” anche se la maggior parte del tempo tornava ad essere il solito se stesso,

“Scusa è che non me lo aspettavo”

“Ho rinunciato alla mia eternità per te, cosa pensi che voglia dire?”

“Hai ragione, perdonami” mormorò prima di baciarlo.

Il concetto di eternità era molto importante nella società dei vampiri. 

Da quanto Itadori aveva compreso, quando questi trovavano un compagno giuravano di essergli fedeli per il resto della propria vita, che nel loro caso equivaleva ad un lasso di tempo praticamente infinito. Lo stregone aveva sempre pensato fosse un concetto bellissimo e molto romantico. Grazie a Megumi, Yuji aveva scoperto molte cose sui vampiri. Erano simili agli esseri umani, più di quanto si sarebbe aspettato. Non erano creature prive di sentimenti o emozioni come gli era stato insegnato o come venivano dipinti dai senza poteri.

Anche Megumi aveva appreso qualcosa sugli stregoni. Itadori non era debole, aveva scelto quella vita mosso da un ideale. Yuji aveva deciso di utilizzare le proprie capacità per salvare delle vite, cercando nel frattempo di trovare un senso alla propria. 

“Sei un ragazzo forte, aiuta gli altri” erano state le ultime parole che suo nonno gli aveva rivolto, con le quali lo aveva obbligato a vivere e lottare. Megumi si era trovato spesso a dover ringraziare quell’uomo, in fondo era stato solo grazie a lui se le loro strade avevano finito con l’incrociarsi.

Il bacio fu troppo breve e quando le labbra di Yuji abbandonarono le sue il vampiro sospirò deluso, appoggiando la fronte contro la sua spalla. Dovevano sbrigarsi, anche se Megumi preferì lasciarsi cullare ancora per qualche secondo da quel calore. Solo con Itadori aveva provato un simile senso di pace.

Un nuovo pensiero si fece largo nella sua mente, chissà se anche Satoru avesse mai sperimentato quel sentimento. C’erano così tante cose che Megumi avrebbe voluto domandargli, soprattutto riguardo alla sua di gravidanza. Non riusciva davvero ad immaginarsi Satoru Gojo alle prese con un neonato o anche solo in atteggiamenti amorevoli con il proprio compagno.

Dopo la morte di Toji vi erano state diverse proposte di matrimonio, tutte prontamente rigettate dal principe dei Gojo. Megumi ricordava le sue smorfie contrariate mentre rifiutava ogni richiesta.

“Non mi interessa e poi ho già un erede” erano le risposte con le quali Satoru liquidava la questione e che facevano impallidire il povero Nanami, suo segretario personale e amico. 

Megumi non aveva mai creduto a quelle parole. Non era così ingenuo da pensare di essere nato dall’amore ma nemmeno il contrario. Per questo gli sarebbe piaciuto confrontarsi con Satoru, soprattutto riguardo alla gravidanza. Quando era nato, il principe dei Gojo era molto giovane, così come lo era Toji Zenin. Per la prima volta, Megumi avrebbe desiderato ascoltare quella storia, per poter condividere con Satoru tutti i dubbi e timori che sin dal giorno di quella scoperta, non la smettevano di assillare la sua mente.

Aveva iniziato ad accusare i primi sintomi intorno alla notte di Halloween quando per poco non era collassato nel bel mezzo di una missione. Itadori era rimasto al suo fianco, non se ne era andato nemmeno quando gli aveva mostrato un test di gravidanza positivo. Yuji aveva osservato per diversi minuti quell’oggetto incredulo.

“Ti amo” era stata la prima volta in cui glielo aveva detto, prima di coinvolgerlo in un caldo abbraccio.

La reazione di Megumi era stata diversa. Quando si era trovato a leggere quel risultato era scoppiato a piangere, per poi prendersi il volto con entrambe le mani, schiacciato dal peso di quella nuova responsabilità che gravava su di loro. 

Poteva vantare diversi secoli sulle spalle ma in quel momento il vampiro si era sentito perso, in balia di emozioni che mai avrebbe pensato di poter provare. Il bambino che portava in grembo aveva già iniziato ad influire sui suoi poteri, Megumi avvertiva stanchezza, fame e altre sensazioni così umane. Per questo avrebbe tanto voluto parlarne con Satoru, solo per orgoglio aveva continuato a rimandare quella conversazione.

Lui e Itadori si erano presi del tempo per riflettere ma nel loro mondo quello era un lusso che non potevano permettersi.

Come un fulmine a ciel sereno, Ryomen Sukuna era nuovamente apparso nelle loro vite. Il Re delle Maledizioni aveva più volte manifestato il proprio interesse verso Megumi, anche se il vampiro ne aveva sempre ignorato il motivo,

“Che spreco di talento”

Gli aveva sussurrato ad una spanna dal volto, mentre lo scrutava da capo a piedi. Il giovane principe aveva trattenuto inconsciamente il fiato di fronte a quel mostro che ormai non conservava nulla di umano.

Itadori era stato sconfitto. Erano bastate poche mosse per metterlo al tappeto. Sukuna si era avvicinato ulteriormente e Megumi per la prima volta aveva temuto per l’incolumità di suo figlio. Aveva cercato per settimane di ignorare quella vita che cresceva dentro di lui, come se il fingere che non esistesse potesse risolvere tutti i suoi problemi. Di fronte alla minaccia rappresentata dal Re delle Maledizioni però qualcosa in lui era scattato, portandolo a formulare quel tipo di pensieri e assumere una posizione di attacco.

“Sei molto più simile a Satoru di quello che pensavo” aveva concluso quel demone incrociando le braccia al petto e abbozzando un sorriso,

“Io non sono mio padre”

“Questo lo so benissimo, ma possiedi la sua stessa testardaggine. Dovresti pensare alla vita di tuo figlio prima di gettarti in battaglia” quelle parole lo gelarono sul posto. 

“Tra un pò sarà impossibile da nascondere non credi?” Aveva proseguito con arroganza, indicando il suo ventre. 

“Non sono affari che ti riguardano” fu l’unica cosa che il vampiro riuscì a ribattere con rabbia. 

“Oh davvero?”

“Allontanati da lui” Yuji aveva ripreso i sensi e si era frapposto fra i due in un vano quanto disperato tentativo di protezione.

“Sei proprio un moccioso irritante”

“Sukuna” lo incalzò lo stregone

“Oggi sono di ottimo umore dovreste approfittarne”

“Cosa vuoi da noi?”

“Nulla in particolare” aveva mormorato fissando Itadori ma se ne era andato poco prima che Gojo e i suoi li raggiungessero.

Satoru aveva ammonito il figlio con lo sguardo, attendendo di ricevere da lui o dal giovane stregone al suo fianco una qualche spiegazione per quanto avvenuto. Entrambi non avevano parlato. Megumi aveva insistito perché Itadori venisse medicato ma oltre a quello si era mantenuto a debita distanza dal genitore.

Allora non si sentiva ancora pronto a confrontarsi con Satoru, prima di domandare il suo aiuto avvertiva il bisogno di fare chiarezza riguardo ai propri sentimenti. Aveva deciso di tenere il bambino e già questo lo poneva di fronte a diverse soluzioni. Il suo compagno era uno stregone, dubitava di godere dell’appoggio del Consiglio così come di quello del proprio Clan. Probabilmente Satoru sarebbe stato l’unico a sostenerli, ma anche di fronte a quella debole certezza Megumi aveva preferito rimandare quella conversazione. 

Continuava piuttosto ad interrogarsi sull’intervento di Sukuna, così come sul significato delle sue parole,

“Credo che voglia il nostro bambino” aveva sussurrato cercando lo sguardo di Yuji. Lo stregone, dal proprio letto d’ospedale gli aveva rivolto un’espressione di pura sorpresa,

“Credevo fosse interessato a te”

“Forse in passato. Non lo so. Non sono più sicuro di nulla” si era preso il volto fra le mani, cedendo per qualche istante allo sconforto.

“Dovresti parlarne con tuo padre” Itadori come sempre era giunto in suo aiuto.

“Quando mi sentirò pronto lo farò”

Invece gli aveva scritto una lettera, come un codardo.

“Sei davvero sicuro di questa decisione Megumi? Possiamo ancora tornare indietro, chiedere a Gojo…” 

Il vampiro si limitò a scuotere il capo.

“Satoru è il più forte ma entrambi abbiamo visto di cosa è capace Sukuna. Non voglio che Gojo scateni una guerra a causa mia”

“Sei il suo unico figlio ed erede. Questo fa di nostro figlio suo nipote”

“Dove vuoi arrivare Yuji?”

“Sono solo preoccupato per te, anzi per voi”

Megumi chiuse gli occhi, lasciando cadere la conversazione. Si sentiva esausto.

Un paio di settimane dopo, durante i festeggiamenti per il compleanno di suo padre,  Ryomen Sukuna era tornato. Quel mostro non era tipo da fornire troppe spiegazioni, agiva senza preoccuparsi delle conseguenze. Era imprevedibile e per questo pericoloso.

Fuggire era diventata di colpo la loro unica opzione, anche se Megumi faticava a comprendere quali fossero le reali intenzioni che muovevano il Re delle Maledizioni. 

“Itadori dobbiamo sbrigarci” aveva sussurrato, sciogliendo l’abbraccio nel quale erano ancora stretti e afferrando la mano del compagno. La trovò calda, come sempre.

Yuji gli aveva sorriso.

“Si, andiamo”

Aveva iniziato a nevicare ma a entrambi non importava.


***

 

Qualche ora dopo - Residenza del Clan Gojo


Kento Nanami si era più volte interrogato su quale fosse il proprio ruolo in quella storia. Aveva deciso di rimanere al fianco di Satoru Gojo ed era uno dei pochi ai quali era stato concesso di vedere oltre quella facciata di assoluta perfezione. Nanami aveva raccolto Satoru in lacrime in seguito alla morte di Suguru Geto, lo aveva visto disperarsi per essere stato una delle cause della prematura scomparsa di Toji, ma anche sfidare gli stessi Zenin e le regole del proprio Clan per poter crescere Megumi. 

Lo stesso moccioso che quella notte aveva ben pensato di fuggire insieme al giovane stregone suo amante.

Tale padre, tale figlio. Non poteva esserci una definizione più calzante per descrivere il comportamento assunto dal giovane principe.

C’era stato un tempo in cui Nanami si era limitato ad osservare Satoru con distacco misto ad ammirazione. Allora l’erede del Clan Gojo gli sembrava perfetto e invincibile, nulla di più lontano dalla realtà. Come tutti Nanami era rimasto accecato da un incantesimo, da quella favola che i Gojo avevano tessuto e raccontato al resto del mondo. Satoru possedeva abilità innate, superiori a quelle di qualsiasi altro vampiro ma tutto quel potere non era servito a nulla. 

“Non esiste maledizione più contorta dell’amore” 

E per Gojo Satoru quella maledizione era rappresentata dall’eternità stessa.  

La prima volta in cui Nanami aveva visto Satoru in lacrime era stato al funerale di Toji Zenin. Il principe dei Gojo non era più vecchio di lui ma in quell’occasione dimostrava la metà dei suoi anni. Se ne stava immobile, in piedi accanto alla bara del proprio compagno mentre gli esponenti dei vari Clan sfilavano in una lenta processione davanti ai suoi occhi. Nanami era rimasto incantato dalla sua figura, trovandosi incapace di distogliere lo sguardo. Satoru sembrava un essere etereo proveniente da un’altra dimensione. Osservava i presenti ma senza vederli realmente, con due iridi dal colore impossibile da definire. 

Fu un pianto a riportare Nanami alla realtà e a scuoterlo dal torpore nel quale si era abbandonato. 

Notò solo in un secondo momento una delle donne Zenin farsi largo tra la folla. Non aveva detto molto, si era limitata tra mille inchini a porgere tra le braccia del giovane Satoru un neonato dai folti capelli neri. Nanami ne aveva sentito parlare. Quel piccolo era l’erede dei due Clan più potenti e rispettati dell’intero Giappone. Non credeva sarebbe stato presente alla cerimonia né che avrebbe avuto la fortuna di vederlo. 

Osservò a lungo padre e figlio. Satoru sembrava troppo giovane per essere un genitore, così come per sopportare quella cerimonia o affrontare il dolore derivato dalla prematura morte del compagno. La cosa che maggiormente colpì Nanami fu proprio quel suo atteggiamento composto, regale. Il principe dagli occhi di ghiaccio cercò con calma di tranquillizzare il bambino tra le proprie braccia per poi rinunciarvi e utilizzarlo come scusa per allontanarsi da quella confusione.

Nanami si ritrovò a seguirlo quasi senza rendersene conto.

“Stai cercando qualcosa?” Satoru lo aveva scoperto subito, inchiodandolo al muro con la forza di un solo sguardo. Aveva riposto il figlio nella propria culla ed era partito all’attacco.

“Volevo solo, ecco” Nanami avrebbe avuto così tante cose da dire ma improvvisamente si trovò a corto di parole,

“Nanami Kento, giusto?” il vampiro biondo non potè fare altro che annuire, 

“La tua famiglia lavora per la mia da diverse generazioni” fu l’unica spiegazione che ottenne, insieme ad un cenno ad accomodarsi sul piccolo sofà che troneggiava al centro della stanza.

“Esatto”

“Allora, perché mi hai seguito?” continuò il principe con fare divertito

“Ero preoccupato per voi” si lasciò scappare. Satoru sgranò gli occhi prima di scoppiare a ridere,

“Non serve. Sto bene”

“Con tutto il rispetto ma non di direbbe” il principe smise improvvisamente di sorridere,

“Nulla di ciò che faccio potrà mai restituirmi Toji” Nanami chinò il capo. Gojo Satoru aveva ragione. Fu in quel momento che notò riflesso dello sguardo del principe l’ombra di un’emozione.

Conosceva bene quel tipo di dolore.

Dopo la morte di Haibara si era sentito perso. Il proprio compagno era rimasto ucciso in combattimento, qualche settimana prima che venisse celebrato il loro matrimonio. 

“Anche io ho perso qualcuno” iniziò con il raccontare. Era la prima volta che si trovava a parlarne, a dare voce a quella sofferenza che negli ultimi anni non lo aveva mai abbandonato. Satoru lo invitò a continuare, 

“Yu aveva scelto con cura ogni cosa, dagli invitati alla destinazione della luna di miele” si trovò ad ammettere abbozzando sorriso,

“E dove sareste andati?” fu la successiva domanda di Satoru. Pochi istanti prima il giovane principe si era alzato dal divano sul quale erano accomodati solo per prendere il figlio e appoggiarlo contro al proprio petto. Senza mostrare alcun segno di imbarazzo si era sbottonato la camicia e aveva iniziato ad allattarlo.

Nanami era sentito quasi in colpa per la propria presenza durante un momento così intimo e familiare. La spontaneità dell’atteggiamento di Gojo continuava a sorprenderlo così come il suo interessamento alla propria storia. Satoru era completamente diverso da come se lo era immaginato.

“Malaysia” confessò abbassando il capo.

Se chiudeva gli occhi, Nanami riusciva ad immaginarsi su quella spiaggia, baciato dal sole e con il compagno al proprio fianco. Era una fantasia alla quale non aveva ancora rinunciato e in cui era solito rifugiarsi quando la realtà si faceva difficile da sopportare.

“Io e Toji non abbiamo mai deciso nulla” iniziò a raccontare il principe con calma, prima di abbassare il capo per accarezzare quello del bambino che riposava sul proprio grembo “ricordo che il giorno del nostro matrimonio nevicava, esattamente come la mattina in cui è nato Megumi” Nanami si sforzò di sorridere,

“Non deve essere facile, rimanere solo con un bambino tanto piccolo da crescere” mormorò osservando entrambi. Gojo Satoru aveva l’aspetto di un adolescente, non dimostrava più di sedici anni, forse era quello a turbarlo maggiormente. Quella sua apparente vulnerabilità. 

Nanami avrebbe imparato col tempo di come Satoru fosse più di quello, la sua forza andava oltre l’avvenenza che lo contraddistingueva. Chiunque lo avesse sottovalutato ne aveva pagato il prezzo.

“Se sono qui, in piedi è solo grazie a mio figlio. Megumi mi dà la forza per andare avanti e affrontare il resto di questa eternità” Nanami non trovò nulla da obiettare, anche se non riusciva ad evitare di preoccuparsi per il giovane vampiro.

“Cosa ne pensa la vostra famiglia?” Satoru scosse il capo, sistemandosi meglio il bambino spostandone il peso da un braccio all’altro. 

“Gli Zenin insistono perché faccia parte del loro Clan” mormorò annoiato non riuscendo a  trattenere una smorfia di disappunto.

“Beh ma vostro figlio sarebbe comunque stato uno di loro” Nanami non riusciva a comprendere dove fosse il problema. Satoru tornò a sorridergli e lui si sentì in colpa ad aver pensato anche solo per un istante che fosse bellissimo.

“Toji odiava quella famiglia, tanto da aver preso il cognome di sua madre. Megumi Fushiguro, questo è il nome di mio figlio e non intendo cambiarlo per nessuna ragione al mondo” affermò con sicurezza e orgoglio.

Gojo Satoru era davvero incredibile. Nanami non aveva mai smesso di pensarlo. 

In quel momento il piccolo aveva preso a strillare catalizzando su di sé l'attenzione. Il vampiro biondo si era soffermato forse un secondo di troppo ad osservare quel bambino, cercando di scorgere sul suo volto paffuto un qualche dettaglio di Gojo.

“Non mi somiglia vero?” aveva esclamato Satoru, notando la sua espressione e intuendo i suoi pensieri,

“É ancora molto piccolo” si affrettò ad aggiungere imbarazzato, arrossendo lievemente.

“Megumi è sempre stato identico a Toji. L’ho pensato sin dal primo istante in cui l’hanno posato tra le mie braccia. Dopo tutta la fatica che ho fatto per metterlo al mondo mi sono ritrovato con una copia in miniatura di mio marito” Satoru sorrideva e Nanami non poté fare altro che rimanerne incantato. 

A distanza di tanti anni passati al suo fianco quel sentimento non era mutato né si era affievolito. Kento Nanami sapeva che Gojo non lo avrebbe mai ricambiato. Così come era consapevole di non poter competere con quell’essere che da secoli teneva in scacco il cuore del vampiro più forte. Si sarebbe accontentato di rimanergli vicino come un amico, confidente, servitore.

Fu proprio Nanami ad informare Satoru della fuga di Megumi oltre che consegnargli quella lettera che aveva trovato nelle sue stanze.

“Quel moccioso arrogante” fu l’unico commento che abbandonò le labbra principe, mentre gli strappava dalle mani quel pezzo di carta. Nanami non lo aveva mai visto tanto preoccupato.

“Ho già dato disposizioni. Un paio di squadre di ricerca sono sulle sue tracce. Lo troveremo entro l’alba” Satoru però non lo stava ascoltando impegnato com'era nella lettura. Ogni riga era l’equivalente di una stilettata al petto, anche se forse un pugnale non gli avrebbe recato tanto dolore.

Una volta che ebbe terminato, il vampiro scoppiò a ridere per poi passarsi una mano sul volto, finendo col coprisi entrambi gli occhi. Era già a conoscenza del contenuto di quel pezzo di carta, probabilmente aveva scoperto quella gravidanza ancora prima di Megumi grazie al potere racchiuso nel suo sesto occhio. Ciò che lo aveva ferito però era stato di non poter sentire quelle parole uscire dalle labbra del figlio.

Megumi aveva così poca considerazione di suo padre? O forse semplicemente non si fidava di lui.

“Più passa il tempo e più quel ragazzino mi somiglia” Nanami si astenne dal commentare. 

Lo aveva sempre pensato. Fisicamente Megumi poteva sembrare in tutto e per tutto uno Zenin ma nei suoi comportamenti vi era impressa tutta la testardaggine e arroganza dei Gojo. Nanami ripensò a come anche Satoru avesse compiuto un gesto simile in gioventù, scappando nel cuore della notte con uno stregone e gettando l’intero Clan nel caos. 

“Vado a cercarlo” concluse il principe, strappandolo da quelle memorie di un passato che entrambi per lungo tempo avevano provato a dimenticare.

“Ma mio signore” 

“Era un ordine Nanami. Devo trovare mio figlio” devo arrivare per primo.

 

***

 

Satoru Gojo non aveva sempre amato la neve. Aveva imparato a farlo nel corso degli anni. D’altronde era un elemento costante e presente nei propri ricordi più cari. Aveva fatto da cornice a molti suoi compleanni, da sfondo al proprio matrimonio così come alla nascita di Megumi. In quel momento però si stava trasformando in un ostacolo alla propria ricerca.

“Cosa ci fa il vampiro più forte tutto solo in mezzo ad una tormenta?” Satoru conosceva quella voce. Per secoli aveva provato a dimenticarsi di quel suono, come del suo proprietario. Nevicava anche il giorno del loro primo incontro, si trovò a pensare con una punta di nostalgia che tuttavia durò il tempo di un effimero istante.

“Non sono affari che ti riguardano” rispose con tono neutro, distaccato

“Mi preoccupo per te, Satoru” anche se non poteva vederlo bene, intuì il sorriso sulle labbra dell’altro.

“Nessuno ti ha mai chiesto di farlo”

“Sei il solito cocciuto”

“Senti da che pulpito”

“Tuo figlio è cresciuto” il vampiro non si mostrò particolarmente sorpreso da quel repentino cambio d’argomento. Megumi era una costante che da diversi secoli occupava le loro conversazioni,

“Devi restare il più lontano possibile da lui” il Re delle Maledizioni non smise di sorridere,

“Non è colpa mia se tuo figlio ha scelto proprio Itadori Yuji come compagno”

“Con questo cosa vorresti dire?” quella risposta lo aveva confuso,

“Nulla”

“Ryoma”

“Erano secoli che non usavi il mio vero nome” Gojo non se ne era reso conto, aveva commesso un errore, l’ultimo di una lunga serie.

"Quando smetterai di mentire a te stesso, Satoru?” proseguì Sukuna avvicinandosi nella penombra,

“Forse quando anche tu imparerai ad essere sincero e giocare finalmente a carte scoperte”

“Sono pur sempre il Re delle Maledizioni”

“E io il vampiro più forte” 

Erano solo dei titoli dietro ai quali nascondersi.

“Avremmo potuto essere felici Satoru” il principe non trovò la forza d negarlo,

“Basta rivangare il passato. Ciò che è stato è stato” si limitò a rispondere, 

“Non provi più nulla per me?” tornarono a guardarsi negli occhi, improvvisamente erano vicinissimi. 

“In questo momento sono solo preoccupato per mio figlio. Devo trovarlo” rispose il vampiro ad una spanna dal volto dell’altro

“Ecco perchè sei uscito nel bel mezzo di una tormenta”

“Sei sempre stato sagace”

“Satoru” proseguì afferrandogli il polso, a quel contatto entrambi si bloccarono.

“Hai ragione, non possiamo cambiare il passato ma abbiamo ancora il potere di scrivere il nostro futuro” il vampiro però non si lasciò incantare da quelle parole. Aveva già commesso fin troppi errori in quella storia, non serviva aggiungerne di nuovi,

Non era più il ragazzino di un tempo, anche se nutriva ancora dei sentimenti verso il Re delle Maledizioni non poteva permettersi di cedere.

“Come posso fidarmi ancora delle tue parole?” Di fronte a quella risposta, Ryomen Sukuna mollò la presa come ustionato.

“Hai ragione non puoi. Allora cosa ha combinato questa volta il tuo marmocchio? Mi sembri agitato come non ti vedevo da secoli”

“Non sono affari tuoi”

“So del bambino”

“Come?”

“Te l’ho detto, ho incontrato tuo figlio, vuoi che non mi sia accorto delle sue condizioni?”

“Devo trovarlo” si limitò a sussurrare sconfitto. Normalmente non si sarebbe abbassato a tanto ma quello era Ryomen Sukuna, era l’essere che meglio lo conosceva al mondo.

“Non ho nulla a che vedere con questa storia, Satoru” 

“Lo spero per il tuo bene”

“Ho giurato di non toccare tuo figlio, l’ho fatto il giorno stesso in cui ho saputo della sua esistenza” 

Era vero. Gojo se lo ricordava perfettamente. Quanti secoli erano trascorsi da allora e quante cose erano cambiate.

“Abbiamo già provato a ucciderci e sappiamo entrambi come non abbia funzionato. Sono disposto ad aiutarti, Satoru. La fuori c’è una minaccia peggiore del sottoscritto” le successive parole di Sukuna lo riportarono bruscamente alla realtà.

“Cosa vorresti dire?”

“Kenjaku è tornato”




 

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Capitolo 2
*** II ***


II.





 

In the season of blue that seemed to go on forever

Nothing obstructed the view of the four lined eyes

The asphalt ground was echoing the chorus of cicadas

It prevented me from hearing the silence of you

 

Ao no Sumika







 

Heian Kyo - qualche inverno prima



 

Gojo Satoru non amava la neve eppure più di una volta si era trovato con l’esserne paragonato. Il giovane vampiro si era interrogato spesso sui motivi nascosti dietro a quel parallelismo, anche se solo di recente aveva trovato una risposta che potesse soddisfarlo. 

Il bianco. Era quel colore ad accomunarli. Un simbolo di purezza, candore. Sorrise al pensiero di come quegli aggettivi non gli appartenessero e fossero diametralmente opposti dalla propria natura ribelle.

Era solo apparenza, un’illusione, così come lo era il loro mondo con tutte quelle regole. Prese un lungo respiro sistemandosi meglio una ciocca di capelli dietro ad un orecchio per poi incantarsi ad osservare il paesaggio al di fuori della stanza nella quale era stato confinato. 

Sembrava un dipinto, uno scenario onirico come quello descritto nelle favole che gli esseri umani erano soliti raccontarsi in quel particolare periodo dell’anno. Si era da poco trasferito nella capitale insieme al proprio Clan ma non aveva ancora ricevuto il permesso di uscire dalla propria abitazione.

Satoru era l’erede del Clan Gojo, l’ultimo di una nobile stirpe di vampiri che vantava di discendere proprio dal leggendario Michizane Sugawara, uno degli Originali. Sin dalla propria nascita Satoru aveva udito quella favola mescolata ai toni della leggenda ma non vi aveva dato molto peso. Lui era destinato a diventare il più forte, il migliore. Pochi vampiri possedevano delle capacità speciali e lui aveva ereditato entrambe le tecniche segrete del proprio Clan. Per questo motivo era stato cresciuto ed allevato con cura, come un essere prezioso da celare al resto del mondo. Satoru era il tesoro dei Gojo così come la loro più grande risorsa. Erano stati altri a decidere per lui e lo avevano fatto a poche settimane dalla sua nascita. 

Nella società segreta dei vampiri erano tre le famiglie che si dividevano lo scettro del potere: i Gojo, i Kamo e gli Zenin. Era proprio ad uno di questi che Satoru era stato promesso. La cerimonia si sarebbe svolta l’anno successivo, in inverno, il giorno dopo il suo centesimo compleanno, quando per la società sarebbe finalmente stato riconosciuto come adulto.

Tornò ad osservare con fare annoiato la danza dei fiocchi di neve, unico passatempo che ormai gli era concesso. Dal giorno in cui si erano trasferiti nella nuova capitale, Satoru trascorreva le proprie giornate in solitudine. Come un prigioniero, in attesa di ricevere la propria condanna.

Toji Zenin. Satoru conosceva solo il nome del vampiro che sarebbe diventato il compagno con il quale avrebbe dovuto affrontare il resto della propria eternità. L’erede dei Gojo non riusciva davvero ad immaginarselo, era un concetto talmente assurdo, così come l’idea del matrimonio. Nella sua mente ancora adolescenziale quel contratto non rappresentava altro che un passaggio da una gabbia dorata all’altra.

Satoru era destinato a diventare il più forte, per questo doveva avere al proprio fianco qualcuno di altrettanto potente. Suo padre era stato categorico al riguardo quando, un paio di settimane prima, lo aveva informato della cerimonia.

“Nemmeno io ho scelto tua madre ma siamo stati felici” aveva concluso il leader dei Gojo mentre il ragazzino dai capelli candidi come la neve gli rivolgeva l’ennesima occhiata carica di sfida,

“Dovrai anche partorire molti figli che diverranno eredi di entrambi i Clan” era stata quella parte a catturare tutta l’attenzione di Satoru.

“Figli?” fu tutto ciò che riuscì a sussurrare. Suo padre doveva essere impazzito. Non poteva esserci altra spiegazione. 

“Il primogenito maschio avrà come cognome Zenin ma mi è stato promesso che il secondo potrà essere un Gojo”

“Aspetta di cosa stiamo parlando?” 

“Di come dovrai svolgere il tuo dovere Satoru, entro un anno dal matrimonio gli Zenin si aspettano un erede” 

“Non pensi che forse dovrei prima conoscere Toji?” magari non mi piacerà nemmeno o io non piacerò a lui. 

Farci pure dei figli. Che idea folle, assurda.

Erano pensieri infantili, dell’adolescente che era, ma in fondo a quel tempo Satoru non aveva ancora provato sulla propria pelle cosa fosse amore. Non era che un concetto astratto di cui aveva letto su rotoli ingialliti di pergamena.

Suo padre era scoppiato a ridere, distogliendolo dalle proprie fantasie.

“Credi forse che a qualcuno importi?” quella fu la prima volta in cui sentì di odiarlo e capì di essere solo un oggetto. Lui era Satoru Gojo e come tale avrebbe dovuto comportarsi. Il Clan aveva già pianificato ogni cosa e lui non sembrava avere alcuna voce in capitolo sulla questione.

“E se non volesse avere dei figli da me?” era una difesa labile eppure, in quel momento, non era riuscito a dire altro. Si sentiva deluso, arrabbiato, come mai era stato.

“Che assurdità. Dovrebbe ritenersi fortunato solo per il fatto di essere stato scelto” Satoru si sentì mancare. Non era mai andato particolarmente d’accordo con suo padre ma essendo il capo famiglia era normale che non si curasse troppo dell’educazione dei propri figli. Satoru aveva sempre saputo a quale destino sarebbe andato incontro, vederselo sbattuto davanti agli occhi in quel modo però lo aveva sconvolto, turbato. 

“Quindi come intendete procedere, padre?” fu la successiva domanda che gli rivolse. Aveva bisogno di guadagnare tempo, pensare.

“Abbiamo organizzato un incontro che avverrà entro la fine di questo mese. Toji Zenin ha espresso il desiderio di vederti. A quanto pare non vede l’ora di conoscere di persona la propria futura moglie”

Mi sembra il minimo, pensò il giovane Satoru ma si guardò bene dal commentare. Era meglio non contraddire suo padre, non pubblicamente ma soprattutto mentre parlava come capo Clan.

Tornò nelle proprie stanze in silenzio, disturbato solo dalla presenza dei numerosi servitori alle proprie dipendenze. Erano quasi tutti vampiri appartenenti a famiglie minori che avevano lottato per poter servire il Clan Gojo. Agli occhi di Satoru però non erano altro che figure dai contorni sfuocati. Non serviva imparare i loro nomi o affezionarsi. 

Quello era un mondo spietato. Lo aveva capito il giorno della morte di sua madre. Lei era stata l’unica a mostrargli un minimo di affetto, di calore. Era stata uccisa da alcuni stregoni neri nell’ennesima lotta tra Clan. Assassinata nel cuore della notte. Satoru a quel tempo era solo un bambino, troppo piccolo per comprendere cosa stesse accadendo intorno a lui.

Non si era mai interessato a quei giochi di potere, solo con l’avvicinarsi dell’età adulta suo padre aveva iniziato la sua istruzione a futuro leader della famiglia. Anche l’essere venduto agli Zenin era una mossa politica, sarebbe servito per tenerli a bada, evitare che assumessero troppo potere o influenza.

L’equilibrio su cui poggiava la loro società era ancora precario, così come la situazione nella quale versava il Paese. Dopo gli sfarzi del periodo Heian, vampiri e stregoni avevano subito un drastico ridimensionamento e non solo a causa di guerre e lotte interne. La nascita di Satoru Gojo era stata accolta come una benedizione. Grazie alle proprie abilità era stato paragonato ad un messia in grado di risollevare le sorti della loro specie. 

All’inizio Satoru non se ne era reso conto. Era piacevole essere viziato e coccolato. Solo crescendo aveva dovuto fare i conti con il rovescio di quella medaglia. Quando si era visto privare della propria libertà e obbligato a seguire un sentiero il cui solco era già stato tracciato. Il matrimonio con Toji Zenin era solo l’ultima di una lunga serie di imposizioni. Satoru era l’unico figlio maschio del capo Clan e grazie ad un’incredibile combinazione di eventi il solo ad aver ereditato entrambe le tecniche segrete della propria famiglia.

Il giovane principe si diresse nelle proprie stanze amareggiato, ripensando al confronto appena avvenuto col padre. Sapeva di non potersi sottrarre a quel matrimonio, così come rifiutare apertamente l’erede degli Zenin. Si distese sul proprio tatami notando per la prima volta una crepa nel muro.

Si avvicinò incuriosito, studiandone ogni particolare. Era una piccola apertura che qualcuno aveva tentato di sigillare. Tuttavia bastarono un paio di accorgimenti perché rivelasse la sua vera funzione, un’uscita che gli avrebbe permesso di raggiungere l’esterno. Quell’abitazione era molto antica, per questo sul momento il giovane vampiro non si stupì troppo del ritrovamento di quella sorta di passaggio segreto. Per Satoru quella scoperta non aveva che un significato: libertà. Sarebbe potuto fuggire per qualche ora da quella gabbia. Respirare. Evadere dai propri doveri e dal nome di Satoru Gojo che da sempre aveva finito col definire ogni sua azione.

Nonostante l’impazienza e l’eccitazione che avevano seguito quel ritrovamento, Satoru decise che avrebbe atteso la notte successiva per assaporare quell’emozione sulla propria pelle. Ormai mancava poco all’alba e il giovane vampiro non voleva rischiare più del necessario. La conversazione avvenuta con suo padre si era protratta più del previsto e le sue parole non facevano altro che rimbalzargli nella mente.

Tra poco meno di un anno avrebbe sposato Toji Zenin, vissuto con lui e dato alla luce i suoi eredi. Era la prima volta che Satoru si trovava a riflettere sulla capacità unica della propria specie. Sin da bambino era stato preparato a quel ruolo anzi a quella possibilità. Una serva lo aveva definito un fiore prezioso che prima o poi qualcuno avrebbe colto. Allora Satoru non aveva posto troppa attenzione a quelle parole ma ora ne comprendeva pienamente il significato. Come avrebbe potuto diventare il vampiro più forte e allo stesso tempo formare una famiglia? Era un’assurdità. Quel matrimonio sarebbe servito solo a tappare le sue ali, impedirgli di sbocciare. Non erano solo gli Zenin che andavano controllati ma lo stesso Satoru. 

Si sentì uno stupido per non averlo capito prima. I Gojo volevano imbrigliare il suo potere. Maledisse suo padre e la propria natura finendo con l’addormentarsi poco prima del sorgere del sole.

 

***

 

La giornata successiva fu una delle più lunghe della sua vita. Satoru non vedeva l’ora di fuggire nelle proprie stanze per provare quel passaggio. L’attesa fu estenuante. Fortunatamente non ebbe modo di incrociare suo padre e nessuno si azzardò a nominare il proprio fidanzamento o l’imminente incontro con Toji Zenin. Fu la sola nota positiva in quella giornata trascorsa nel medesimo torpore della precedente. Satoru era stanco di quell’apatia,  quel teatrino, persino degli inchini dei servitori erano arrivati ad irritarlo.

Quando raggiunse i suoi appartamenti si sentì per la prima volta libero di respirare ma ancora di più quando quel passaggio lo condusse all’esterno. 

Satoru avrebbe ricordato quella notte per tutta la propria vita, anzi per l’eternità. 

La neve si era quasi del tutto dissolta e l’oscurità aveva calato il proprio velo. Intorno a lui regnava un silenzio quasi irreale. Il giovane vampiro ispirò a pieni polmoni. Dopo qualche minuto di incertezza prese a correre tra la fitta boscaglia che circondava la propria abitazione. Era intenzionato a raggiungere il villaggio, incontrare degli esseri umani. 

Satoru indossava solo un semplice kimono turchese ma non avvertiva il freddo che contraddistingueva la stagione invernale. Come vampiro non provava questo tipo di sensazioni, la sua resistenza fisica era superiore a quella umana. Corse a perdifiato per diversi chilometri prima di scorgere le prime abitazioni. Si rimise i sandali, che nel frattempo si era levato, per poi prendere l’ennesimo lungo respiro.

Era emozionato. Non solo per aver infranto le regole del proprio Clan ma perchè finalmente avrebbe potuto conoscere qualcosa di più sul proprio mondo. Su quella realtà dalla quale era sempre stato allontanato.

Iniziò a passeggiare tra le vie deserte iniziando presto a spazientirsi. Quell’avventura si stava rivelando più noiosa del previsto. Fu allora che un fiocco di neve si posò sulla punta del suo naso, bagnandolo leggermente. 

Satoru alzò gli occhi al cielo. 

Aveva ripreso a nevicare e il villaggio sembrava nuovamente uscito da un dipinto. L'atmosfera che si respirava era magica, suggestiva. Rimase per qualche istante in quella posizione, incantato ad osservare la danza dei fiocchi di neve.

“Che stai facendo?” una voce lo riportò alla realtà. Si trattava di un ragazzino umano all’apparenza suo coetaneo. Superato lo stupore iniziale Satoru istintivamente gli sorrise.

“Sta nevicando” ammise come se non fosse ovvio,

“Questo lo vedo ma ti ho chiesto perchè te ne stai qui fuori, rischi di ammalarti” 

“O su quello non c’è pericolo” sussurrò il giovane principe facendo un paio di passi in avanti e mostrandosi meglio alla vista.

“Sei un vampiro” il sorriso sul volto di Satoru si fece più ampio, luminoso. Quel giovane umano non sembrava spaventato ma solo genuinamente sorpreso.

“Mi chiamo Satoru” esordì avvicinandosi e tendendogli la mano. 

Il ragazzo la fissò per diversi secondi prima di decidersi ad afferrarla,

“Ryoma”

Sorrisero entrambi. 

Quello fu l’inizio della loro eternità, una storia il cui capitolo finale non era ancora stato scritto.

 

***

 

Presente

 

Tokyo



 

“Hai intenzione di seguirmi ancora per molto?” 

Satoru Gojo stava iniziando a perdere la pazienza, apprendere del ritorno di Kenjaku era stato difficile da credere ma in fondo Ryomen Sukuna non aveva motivo di mentire, non sullo stregone nero che da millenni continuava quella sua personale caccia ai vampiri, attratto dalla loro apparente immortalità.

“Potresti semplicemente accettare il mio aiuto” proseguì il Re delle Maledizioni saltando da un tetto all’altro per tenere il passo del principe dei Gojo.

“Come puoi pretendere che ti creda?” Sukuna si fermò, colpito da quelle parole così come dall’occhiata gelida che il vampiro gli aveva rivolto. 

Era bellissimo, non avrebbe saputo descriverlo in altro modo. Lo aveva sempre pensato, sin da quella notte d’inverno di tanti secoli prima, quando per la prima volta i loro sguardi si erano incrociati. 

“Hai ragione ma voglio fermare quel folle tanto quanto te” le labbra di Satoru si contrassero in una smorfia, dubitava di ciascuna di quelle parole

“Sei stato tu ad informalo della gravidanza di Megumi?” lo accusò. Il Re delle Maledizioni non poté far altro che annuire.

Erano cambiate così tante cose nel corso dei secoli ma Satoru Gojo era sempre stato in grado di scorgere attraverso le sue bugie. Era come un libro aperto per il vampiro più forte.

“Mi sono alleato con lui. Ho commesso un errore” confessò.

“Hai messo in pericolo la vita di mio figlio” il vampiro era furioso, come non gli capitava da tempo,

“Non era nelle mie intenzioni”

“Vattene, sparisci dalla mia vista o potrei finire con l’arrabbiarmi. Non ho tempo o voglia di battermi con te” devo riprendermi mio figlio

“Sta usando Megumi come esca, sei tu il suo vero obiettivo" Satoru si stava stancando.

“Smettila Ryo” Sukuna però si era fatto più vicino, gli era arrivato alle spalle e prima che Gojo potesse accorgersene era finito con il coinvolgerlo in un bacio appassionato. 

Superati i primi istanti di confusione il vampiro iniziò a ribellarsi per poi fuggire dalla sua presa, mordendogli la lingua arrivando a farlo sanguinare.

“Non significa nulla” mormorò portandosi una mano sulle labbra. Poteva ancora avvertire il calore di quel contatto, in tanti secoli non era cambiato. Si odió per questo come per aver amato il sapore di quel sangue fin troppo familiare.

“Voglio davvero aiutarti Satoru, che tu ci creda o no anche io sono preoccupato per il tuo ragazzino”

Non era una menzogna, Sukuna sembrava sincero. Il principe dei Gojo però non poteva permettersi di abbassare la guardia. La situazione era fin troppo delicata.

“Quando Megumi è nato ero così giovane. Forse troppo. Ho commesso tanti errori..” si trovò ad ammettere un una punta di amarezza, fissando l’orizzonte. Non avrebbe retto lo sguardo di Sukuna, sebbene poteva avvertirlo su di se’

“Sei stato un ottimo padre”

“Mi ha scritto una lettera per confessarmi della gravidanza. Non ha avuto il coraggio di dirmelo guardandomi negli occhi” 

“Forse temeva la tua reazione”

“Non provare a difenderlo” il Re delle maledizioni scosse la testa, per poi avvicinarsi ulteriormente. Si scambiarono l’ennesima occhiata carica di sottintesi.  

“Ho amato quel tuo moccioso come se fosse mio ma questo lo hai sempre saputo Satoru. Ora vedi di ricomporti. Megumi e Itadori sono in pericolo, dobbiamo trovarli prima di Kenjaku”

“Perché vuoi aiutarmi?” il caduto gli sorrise,

“Davvero non lo sai? Eppure mi sembra di ripetertelo da quasi mille anni” il principe dei Gojo arrossì 

“Ryoma smettila di giocare”

“E tu di usare quel nome” lo sguardo di Satoru assunse un tono più triste, quasi nostalgico

“Sai, l’ho pensato poco fa. Nevicava anche la notte del nostro primo incontro” Sukuna gli sorrise, anche lui si era abbandonato a un ricordo simile, 

“Non faccio che pensare a te da quel giorno” confessò ad una spanna dalle sue labbra.

Il vampiro più forte chinó il capo, cercando di celarsi alla sua vista. Anche per lui era lo stesso. Era da quasi un millennio che quell’essere occupava ininterrottamente i suoi pensieri. Nonostante avesse amato Toji, quel sentimento che nutriva per Sukuna non si era mai affievolito, resistendo anche alla prova del tempo.

Ora però la sua preoccupazione era rivolta a Megumi e al bambino che portava in grembo. Erano loro ad avere la priorità.

“Guardami Satoru” quel tono di voce profondo lo fece sussultare. Allungò le braccia solo per tirarlo maggiormente verso di sé, stupendosi della propria intraprendenza.

“Devo trovare mio figlio, non ho tempo per questo” tentò di spiegare, sebbene i suoi gesti rivelassero il contrario. Sukuna annuì baciandogli la fronte. Il principe dei Gojo fu il primo ad rimanere sorpreso da quel contatto così intimo, familiare ma quella sensazione non durò che un istante. Il Re delle maledizioni lo prese per mano,

“Questa dannata tempesta avrà cancellato gran parte loro tracce ma possiamo sempre utilizzare l’energia maledetta” il vampiro si trovò ad annuire, incredulo

“Sono solo due mocciosi non possono essere andati troppo lontano” proseguì il demone, stringendo la presa

“Non sottovalutare Megumi”

Sukuna gli regalò l’ennesimo sorriso di scherno

“Sono sempre stato in grado di trovarti” 

Era vero. Ryomen Sukuna era sempre apparso nel momento del bisogno. Il demone immaginario rappresentava una costante nella vita di Satoru Gojo, sebbene fossero entrambi consapevoli di come la loro relazione non fosse mai stata destinata ad avere un futuro.

Il vampiro più forte chiuse istintivamente gli occhi mentre un fiocco di neve gli bagnó il viso. 


***

 

Heian Kyo - qualche inverno prima


Ogni notte Satoru fuggiva dalle proprie stanze dandosi appuntamento con il giovane essere umano chiamato Ryoma. Il ragazzino apparentemente suo coetaneo non era altro che uno dei numerosi orfani di guerra che abitavano il villaggio. Ryoma era affascinato dalla figura dei vampiri ma mai avrebbe mai pensato di imbattersi in uno di loro o di diventarne amico. Trascorrevano ore intere a parlare dei propri sogni, progetti e speranze verso il futuro. Satoru il più delle volte si limitava ad ascoltare, immaginando un'esistenza diversa da quella che altri avevano deciso per lui. L’entusiasmo così come le parole di Ryoma erano contagiosi tanto che si trovava ad agognare quegli istanti. Non vedeva l’ora di incontrare il giovane umano, chiacchierare con lui, ma quella breve parentesi di felicità si sarebbe presto dovuta scontrare con l’amara realtà.

“Tra una settimana dovrò incontrare il mio futuro marito” il principe del Clan Gojo glielo confessò tutto d’un fiato, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Erano seduti su di un tronco, intenti ad osservare le stelle. Gli era parso il momento migliore, Satoru sapeva che non avrebbe potuto nascondere ancora per molto la verità. 

“Marito?” Ryoma ci mise qualche secondo per comprendere il significato di quelle parole ed articolare una risposta. Aveva intuito di come quella notte Satoru fosse strano, a tratti sfuggente, ora finalmente ne aveva compreso il motivo. Quegli occhi dal colore impossibile incontrarono finalmente i suoi,

“Sono il principe del Clan Gojo, devo sposarmi e generare al più presto degli eredi” lo disse tutto d’un fiato come se stesse recitando un copione. Non vi era l’ombra di un sentimento in quelle parole. Nessuna emozione. Anche il suo sguardo appariva spento, privato della solita luce che lo caratterizzava.

Ryoma si grattò la testa confuso. 

“Cosa significa generare eredi?” era convinto che Satoru fosse un ragazzo, non poteva essersi sbagliato. Per un solo istante gli balenò per la mente l’idea di allungare una mano per tastargli il petto ma preferì evitare. Era assurdo.

Il vampiro si limitò a sorridegli, notando quella confusione e intuendo quali pensieri avessero preso a turbare il suo animo.

“É una delle caratteristiche della nostra specie. Per farla breve, posso avere dei bambini” spiegò con un’alzata di spalle, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Seguirono diversi istanti di silenzio in cui Ryoma processò il significato di quelle parole.

“Ma sei un maschio” fu tutto ciò che riuscì a dire. Satoru scoppiò a ridere non riuscendo a trattenersi. 

Adorava quell’innocenza. Non aveva mai incontrato nessuno come quel ragazzino. La sua compagnia lo faceva sentire così bene, così vivo.

“Si lo sono. Grazie per averlo notato” mormorò asciugandosi gli occhi con la manica del kimono. Non vi era nulla di malizioso in quel gesto ma Ryoma ne rimase comunque affascinato.

“E dovrai avere dei bambini” era quella parte ad averlo sconvolto tanto.

“Fa parte dei miei doveri” la calma di quella risposta lo turbò profondamente. Così come il tono utilizzato da Satoru.

“Scusa ma continuo a trovarlo assurdo” il principe non poté fare altro che annuire. Ryoma era un essere umano, le dinamiche della società dei vampiri dovevano apparire folli e incomprensibili ai suoi occhi.

“Quindi ti sposerai” fu tutto ciò che riuscì a sussurrare. L’erede dei Gojo abbassò nuovamente il capo, cercando di evitare quel confronto che per primo aveva cercato.

“Tra una settimana incontrerò per la prima volta il vampiro che mio padre ha scelto, colui che diverrà mio marito” dirlo ad alta voce serviva solo a rendere il tutto solo più reale ma non meno spaventoso.

“E come te lo immagini?” Satoru si trovò a sorridere di fronte alla curiosità di Ryoma o a quel entusiasmo. Ne era rimasto spiazzato. 

“Fino a questo momento ho evitato di pensarci ma mi rendo conto che non posso continuare ad evadere dalla realtà” Satoru non poteva fuggire dal proprio destino, era il primo ad esserne consapevole. Così come sapeva di non potere opporsi a suo padre o a una decisione del proprio Clan. 

All’epoca non era altro che un ragazzino succube del fato.

“Bè visto che è un vampiro sarà sicuramente bellissimo” Ryoma era come una ventata d’aria fresca. Grazie all’amico Satoru riusciva a dimenticarsi del proprio ruolo, dei propri doveri, anche se effimeri quelli erano attimi preziosi, dei quali avrebbe fatto tesoro.

“Ryoma?” lo ammonì stancamente non riuscendo ad impedirsi di sorridere.

“Ho semplicemente detto la verità. Lo preferiresti con i capelli chiari o scuri?” il principe tornò ad imbronciarsi.

“Non mi interessa”

“Andiamo Satoru non dirmi che non hai un tipo ideale” il vampiro incrociò le braccia al petto,

“Anche se avessi delle preferenze non potrei comunque esprimerle quindi a che serve perdere tempo con simili fantasie?” il futuro Re delle Maledizioni si imbronciò

“Come sei noioso”

“Sono solo realista”

“Parli come un vecchio”

“Ho quasi cento anni” Ryoma rimase a bocca aperta. Era al corrente della longevità dei vampiri ma aveva sempre pensato all’amico come proprio coetaneo.

“Non fare quella faccia sorpresa” 

“Scusa è che non me lo aspettavo” Satoru prese un lungo respiro prima di iniziare con lo spiegare,

“Quando raggiungiamo il secolo di vita per la società diventiamo adulti. Per questo motivo il mio matrimonio verrà celebrato solo dopo il mio compleanno”

“Quando sei nato?” il principe dei Gojo non smise per un istante di sorridere, di tutto quel discorso solo quel dettaglio pareva aver catturato l’attenzione di Ryoma. Una strana sensazione di tepore iniziò a scaldargli il petto. Gli ricordò gli abbracci di sua madre, il calore sprigionato dal suo corpo.

“Il 7 dicembre” mormorò completamente assorto in quelle fantasie

“Manca meno di un anno”

“Lo so”

Rimasero in silenzio per diversi minuti durante i quali si trovarono a dover fare i conti ciascuno con i propri pensieri.

Satoru non voleva rinunciare alla compagnia di Ryoma, a quelle parentesi spensierate che solo con la propria presenza il giovane essere umano gli regalava. Non erano altro che momenti effimeri, un battito di ciglia se paragonati all’eternità che lo attendeva, eppure lo facevano sentire bene, vivo. Mancava solo una settimana al suo incontro con Toji Zenin e per la prima volta uno strano pensiero attraversò la mente del principe dagli occhi di ghiaccio, desiderò che quel vampiro somigliasse a Ryoma. Gli sarebbe bastato.

Quasi senza accorgersene si trovò ad osservare il profilo dell’amico illuminato solo dalla fioca luce della luna. Avrebbe voluto che quella notte durasse per sempre. Con l’avvicinarsi dell’incontro con Toji suo padre avrebbe aumentato la sicurezza intorno alla propria abitazione. Fu allora che Satoru realizzò di come quella notte avrebbe potuto trasformarsi nell’ultima. Per un istante si sentì mancare.

“Ho forse qualcosa sulla faccia?” Satoru scosse il capo, arrossendo lievemente per essere stato scoperto, vergognandosi per quella reazione forse eccessiva.

“No scusa, stavo riflettendo” Ryoma non sembrò farci troppo caso anche se intuì di come qualcosa non andasse. Il vampiro aveva il vizio di abbassare il capo quando nascondeva qualcosa, oltre che sfoggiare un sorriso talmente luminoso da risultare falso. Ormai Ryoma aveva imparato a conoscere il proprio principe. 

“Non mi hai ancora rivelato come dovrebbe essere il tuo partner ideale” lo incalzò sperando di smascherarlo,

Mi basterebbe che somigliasse a te. Se fosse come Ryoma penso che mi andrebbe bene.

“Qualcuno con cui poter parlare e che mi accetti per ciò che sono. Che non tema il mio potere” fece una pausa “Ho ereditato entrambe le tecniche più potenti del mio Clan, sono destinato ad essere il più forte, non voglio essere solo una moglie” 

Ryoma non smise di sorridere,

“Non lo sarai. Chiunque ti sposi sarà fortunato” il cuore del vampiro accelerò di colpo, mancando diversi battiti.

“Non voglio, Ryoma” confessò per la prima volta ad alta voce “Non voglio sposare Toji Zenin”

Quella fu la prima volta in cui il futuro Re delle Maledizioni udì il nome del proprio rivale. 

Sin dal principio, dal primo istante in cui il suo sguardo aveva incrociato quello di Satoru Gojo qualcosa in lui era scattato.

In quella fatidica notte, Ryoma aveva intravisto una figura muoversi a passo sicuro nell’oscurità. Si era avvicinato titubante riconoscendo solo all’ultimo il profilo di un ragazzino, all’apparenza suo coetaneo. Satoru indossava un kimono leggero, troppo per quella stagione. Si era incantato ad osservare la neve, con la meraviglia di chi la scopriva per la prima volta. Furono due occhi dal colore impossibile, uno sguardo che racchiudeva dentro di sé i misteri dell’infinito a non lasciargli via di scampo. Il vampiro gli sorrise e quello fu l’inizio della loro maledizione. Una danza eterna che avrebbe collegato indissolubilmente i destini di entrambi.

Ryoma non aveva mai creduto nell’amore, lo riteneva uno spreco di tempo, spazzatura ma quello che lo investì fu il classico colpo di fulmine. 

Con il tempo avrebbe scoperto di come il principe dei Gojo non fosse solo bellissimo ma anche divertente, impertinente, sfacciato. Il sentimento che provava nei suoi confronti non aveva fatto altro che crescere, notte dopo notte. 

Ryoma aveva imparato a conoscere Satoru solo per scoprire di desiderarlo ancora di più.

Per questo motivo l’idea che il vampiro potesse sposarsi con qualcuno lo infastidiva. Non riusciva ad accettarlo. Sapeva come questo suo sentimento fosse ingiustificato. Ryoma non avrebbe mai potuto vantare un qualche diritto sul principe dei Gojo, si conoscevano a malapena. 

Cosa potevano mai significare queste notti se poste di fronte all’eternità?

Satoru vantava quasi un secolo di vita ma lui lo aveva appena scoperto. Non era adatto a camminare al fianco dei principe Gojo, non lo sarebbe mai stato. Ryoma non era che un fragile essere umano, un bambino non voluto, indesiderato. Una calamità naturale era stato definito da alcuni vecchi del villaggio quando lo avevano sorpreso a rubare del cibo. 

Non potevano essere più diversi. Un principe e un disgraziato. Anche se era solo una differenza a contare: Satoru era un vampiro.

Appartenevano a mondi, realtà differenti.

Quella notte però di fronte a Ryoma non vi era l’erede dei Gojo ma un ragazzino spaventato che desiderava fuggire dal futuro che gli era stato imposto. Diverse ipotesi attraversarono la sua mente, prima fra tutte quella di afferrare Satoru e fuggire insieme a lui. 

“Non farlo” il vampiro tornò ad ammonirlo con lo sguardo “non cercare delle soluzioni. Non ce ne sono. Sposerò Toji è mio destino”

“Ma Satoru”

“Per ora si tratta solo di un incontro, magari gli risulterò sgradevole e annullerà le nozze” Ryoma avrebbe voluto condividere quell’ottimismo.

Toji Zenin non avrebbe mai potuto rifiutare Satoru Gojo. Era bellissimo, possedeva un fascino magnetico, ammaliatore. Era l’unica certezza di cui al momento Ryoma disponeva. 

“A volte sei così ottuso” sbuffò cercando di celare in qualche modo il proprio malumore

"Perché mai?” perchè sei bellissimo e non te ne rendi conto. 

Era quell’atteggiamento a farlo arrabbiare.

“Lascia perdere” non aveva voglia di litigare. Non quella notte.

“Sai se somigliasse a te mi andrebbe bene” confessò Satoru prima di compiere un salto e rimettersi in piedi. Erano l’uno davanti all’altro. Non vi era alcun nascondiglio, nessuna possibile via di fuga. 

Seguirono alcuni istanti di assoluto silenzio.

“Come scusa?” Ryoma fu certo esserselo immaginato, stordito da quella vicinanza e da quello sguardo così sincero,

“Se Toji ti somigliasse anche solo un poco ne sarei felice” ripetè con maggior sicurezza il vampiro afferrandolo per una mano.

Alle sue orecchie quelle parole risultarono come la più bella delle dichiarazioni.

“Satoru…” ma l’altro lo zittì

“Sei il migliore amico che potessi desiderare” 

Quella fu solo la prima ma non l’ultima volta in cui Satoru Gojo gli spezzò il cuore. 

 

***

 

Una settimana dopo


In una fredda mattina del mese di marzo, Toji Zenin si presentò al luogo dell’incontro puntuale, indossando il proprio completo migliore. La primavera sembrava ancora così lontana mentre l’ultima neve si scioglieva sotto ai suoi piedi. Da quando era stato informato del proprio imminente matrimonio lo Zenin aveva iniziato col manifestare il desiderio di conoscere la propria futura consorte. Di norma questo privilegio non gli sarebbe stato concesso ma quell'accordo, come Toji avrebbe scoperto in seguito, era di vitale importanza per il futuro del proprio Clan. Per questo motivo gli anziani avevano acconsentito, accogliendo ogni richiesta e assecondandolo in ogni capriccio.

Mentre raggiungeva Heian Kyo, il vampiro non aveva fatto altro che ripensare al giorno in cui aveva appreso dell'identità della propria futura sposa, Satoru Gojo. Solo meditare su quel nome lo innervosiva.

Satoru. Il bambino la cui nascita era stata accolta come l’avvento di un messia. Toji rammentava perfettamente lo scalpore che aveva seguito quella notizia. La comparsa di un vampiro che aveva ereditato entrambe le tecniche segrete del Clan Gojo, un essere destinato a brillare, diventare il più forte e perché no, regnare sul loro mondo.

Per questo non comprendeva la necessità di quel matrimonio. Toji non sarebbe mai riuscito a piegare un simile individuo. Se davvero Satoru Gojo disponeva di un tale potere non si sarebbe mai accontentato di uno come lui. Uno scarto, uno Zenin trattato come un reietto dal suo stesso Clan.

Contrariamente al futuro marito, Toji non possedeva energia malefica, ne era sprovvisto. La sua nascita era stata un sinonimo di sventura e motivo di vergogna per una delle famiglie più potenti della nazione. Eppure era stato proposto come consorte per il giovane Gojo. 

Una decisione fin troppo sospetta.

“A che gioco state giocando?” Aveva risposto con rabbia, quando suo zio, l’attuale capo Clan lo aveva informato di quel provvedimento. Toji non avrebbe mai accettato senza prima ricevere una qualche spiegazione. Così si era diretto a passo di marcia negli appartamenti del capo Clan, anelando delle risposte.

“Devi semplicemente sposare quel ragazzino” le parole del vecchio Zenin continuavano a non avere alcun senso. 

“Dicono che sia bellissimo, vedrai che non sarà questo grande sacrificio ingravidarlo” a parlare era stato Naoya, suo cugino, uno degli individui che Toji più odiava al mondo. Si era intromesso nella conversazione attirato probabilmente dalle sue urla. 

Naoya non gli era mai piaciuto, era un individuo falso, infido come un serpente. Toji si ricordò di come da bambini avesse provato a schernirlo per la propria debolezza, in quell’occasione gli erano bastate poche mosse per metterlo a tacere e da allora il biondino si era sempre mantenuto a debita distanza, riconoscendo in qualche modo la loro disparità di forze.

“Ingravidarlo?” riuscì a sussurrare Toji non riuscendo a celare la propria sorpresa mentre il biondo gli si avvicinò divertito, appoggiando una mano sulla sua spalla.

“Rifletti, Satoru è destinato a diventare il più forte, non credi che a lungo andare un simile individuo potrebbe rappresentare una minaccia per lo status quo? Dobbiamo evitare che il Clan Gojo alzi troppo la cresta e per farlo tu ora ne sposerai l’erede. Obbligherai il loro bel principino a sfornare figli uno dopo l’altro” concluse scoppiando in una fragorosa risata.

Toji ci mise qualche secondo per realizzare le implicazioni di quel folle piano.

“Cosa dovrei fare scusa?” Se non ricordava male quel moccioso doveva essere molto più giovane di lui.

“Obbedire agli ordini del Clan, Toji” suo zio aveva parlato con un tono che non ammetteva repliche “dimostrami la tua utilità” aggiunse guardandolo negli occhi.

“Zio siete sempre stato fin troppo indulgente con Toji, non è altro che un prodotto difettoso”

“Naoya” lo rimproverò stancamente con un cenno della mano. 

Il biondino arretrò di un paio di passi, tornando a rivolgersi al cugino,

“Anche io mi sposerò questa primavera, vedremo chi di noi per primo riuscirà a generare un erede” concluse divertito per poi abbandonare la stanza.

“Ti prego di perdonare Naoya ha sempre avuto un pessimo temperamento” Toji non potè fare altro che annuire

“Quello che vorrei sapere zio è perchè fra tutti avete scelto proprio me” 

Perchè non uno come Naoya? Era questo interrogativo che continuava a balenare nella sua mente ed insospettirlo.

“Non è ovvio? Tu sei sacrificabile. Al momento tuo cugino resta il miglior candidato per prendere il mio posto ma la successione potrebbe sempre cambiare di fronte alla nascita di nuovi eredi. I Gojo mi hanno promesso che il tuo primogenito sarà uno Zenin. Tuo figlio un giorno potrebbe guidare il nostro Clan” la labbra di Toji si contrassero,

“Questo dovrebbe indurmi ad accettare?”

“Non fare il bambino. Tu odi Naoya dimmi che non ne godresti nel vederlo privato di questo ruolo che anela da tutta una vita”

“Non credevo che i miei conti in sospeso con Naoya vi interessassero tanto, zio”

“Ciò che mi preme è il futuro di questo Clan. Alla mia morte voglio essere certo di poterlo lasciare in buone mani. Non mi fido dei Gojo. Sono arroganti e sarà proprio questa presunzione il seme della loro rovina. Dicono che quel moccioso, Satoru, non sia solo un avversario temibile ma anche un fiore di rara bellezza, chi lo sa, magari potrebbe anche piacerti” Toji strinse i pugni. L’espressione comparsa sul volto di suo zio aveva assunto una sfumatura maliziosa così come il suo tono di voce. Cercò di fare il possibile per trattenersi. 

“Dimostrami di valere qualcosa Toji. Di non essere un totale fallimento” Erano parole che il giovane vampiro conosceva a memoria. Gli erano state ripetute ogni giorno, per centinaia di anni. Prima dai suoi genitori e poi dal resto della famiglia. Essere uno Zenin significava perfezione e chi non la raggiungeva veniva degradato o peggio trattato come spazzatura. Se Toji era scampato ad un simile destino era solo perché suo padre era il fratello minore dell’attuale capo Clan. Era quel legame ad averlo tutelato fino a quel giorno. 

Toji non poteva fuggire dalla realtà. Non aveva chiesto lui di essere uno Zenin e a dirla tutta odiava la propria famiglia. Avevano una mentalità chiusa e antiquata, che presto o tardi li avrebbe portati alla rovina. Se i Gojo peccavano di superbia gli Zenin non erano da meno, accecati dalla propria vanagloria. Era sempre stato così fin da quando aveva memoria.

I vampiri si differenziavano dai normali stregoni per forza e longevità ma erano ancora lontani dall’immortalità, anche loro potevano essere feriti o uccisi e spesso a macchiarsi di tali colpe erano coloro che più gli erano vicini. I genitori di Toji erano morti in quel modo, durante l’ennesima faida familiare a cui lui era scampato solo per il fatto di non possedere alcuna energia malefica. Era uno scarto inutile tanto da venir ripudiato persino dalla morte stessa.

Suo zio lo aveva accolto nella propria dimora, gli aveva dato cibo e fornito un’istruzione. Era l’ennesima illusione alla quale Toji aveva creduto. Il capo Clan non aveva esitato ad utilizzarlo per i propri scopi. Prima di rendersene conto si era trasformato in una pedina nell’infinita partita contro i Gojo, l’asso nelle manica per annichilire la loro arma migliore. 

Toji avrebbe accettato di prendere parte a quella farsa ponendo però le proprie condizioni. Non si sarebbe piegato facilmente, difendendo per quanto possibile la propria autonomia.

Primo fra tutti desiderava avere un incontro con Satoru, con quel moccioso dagli occhi di ghiaccio che da come gli era stato descritto sembrava una sorta di divinità, troppo etereo e perfetto per essere vero. Non poteva esistere una creatura simile, un essere in grado di ammaliare e distruggere ogni cosa con un battito di ciglia.

Avrebbe deciso in quell’occasione se quel matrimonio ne valesse la pena. Se veramente Satoru meritasse tutta quell’attenzione. Era curioso di conoscerlo, parlarci, vedere con i propri occhi quel bellissimo mostro.

Con questi ed altri pensieri Toji si era allontanato dal proprio entourage, utilizzando la scusa di una passeggiata. Mancavano solo pochi minuti a quell’incontro. Stava camminando per la fitta boscaglia quando un rumore catturò la propria attenzione, i suoi sensi da vampiro scattarono immediatamente. 

Fu allora che un paio di iridi dal colore impossibile si specchiarono nelle proprie. 

A Toji mancò il respiro. Nessuno prima di allora era mai riuscito a intercettare la propria presenza, non quando si avvicinava di spalle. 

Quel ragazzino però lo aveva appena fatto. 

Ogni altro pensiero razionale venne subito sostituito da altro. Due dannati occhi fin troppo azzurri e limpidi per poter esistere in natura.

“Gojo-sama dove eravate finito dovete rientrare, vostro marito sarà qui fra poco” un servitore era corso verso il ragazzino, coprendolo con un ventaglio. Non sembrava averlo notato preso com'era dal proprio signore.

Toji rimase immobile per diversi minuti.

Quello era sicuramente Satoru Gojo. 

Scoppiò a ridere prima di passarsi una mano sul volto. Improvvisamente la prospettiva di sposarsi non gli sembrò tanto male, così come l’idea di dividere la propria eternità con quel moccioso. 

Satoru Gojo.

Era bastato un singolo sguardo per incatenare i loro destini. 

 

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