Buio. Buio. Buio.
-Nirie! Nirie! Apri!-.
Diversi colpi percossero la porta.
-Nirie!-. Era la voce di
Jon, il capo maggiore delle reclute; ogni mattina, all’alba
bussava alle porte
di tutti gli uomini per assicurarsi che fossero svegli: davvero un uomo
meticoloso e dedito al dovere.
“non mi
vààà”, pensò
Erin, premendosi il cuscino sulle orecchie.
-Sto dormendo!-, urlò. Si
sentirono dei bisbigli. Erin, leggermente preoccupata, alzò
di poco il cuscino,
per capire che stava succedendo.
-Vai!-. Ci fu uno
schianto. La porta della stanza 233 schizzò fuori dai
cardini sotto l’unico
colpo di un enorme Ogre, alle spalle di Jon.
-Good morning!- Urlò
l’ogre, un bestione di due metri di carne verde e rancidume i
cui denti,
nell’improbabile sorriso, sembravano una scala ridotta di un
disastro nucleare.
-Già, buon giorno, Nirie.
Possiamo dire che la tua leva inizia proprio male-, disse Jon, mentre
con passo
cadenzato entrava nella stanza della ragazza, schiacciando i pezzetti
rimanenti
della povera porta.
-Ma che diavolo...-
bonfocchiò Erin. I capeli rossi, riprendevano malamente la
figura di una
fontana, che dalla testa gettava spruzzi rubino che non fosse stato per
la
gravità avrebbero toccato il soffitto (cosa neanche troppo
difficile, per
quanto era piccola la stanza).
-No, no. Non che diavolo,
ma Quale diavolo. E tieniti pronta
piccola, ce l’hai davanti. Ora
muoviti, ti voglio nella piazza tra cinque e dico cinque minuti. E ti
voglio
presentabile!- Più parlava, più la faccia del
capo maggiore diventava paonazza
da far paura, neanche dovesse scoppiare.
Erin
fece /si si/ con la testa. Meglio evitare
sangue e cervella di primo mattino.
-Bene. Norg, andiamo-.
Jon uscì dalla stanza, lasciando l’elfa con una
porta sbriciolata e la bella
vista panoramica dell’interno della caserma.
“benone”, pensò.
-Non shono molte le coshe
che nella vita ti danno una vera emoshione. A me lo da.. il mangiare,
capisci,
no’?-.
-Come no-, rispose Erin.
Era alla mensa, un enorme stanzone dove tutta la milizia di Kord,
capitale dei
cinque regni di Mos, andava a fare “la pappa”, come
la chiamava Jon (non si
capiva bene il perché). Una delle quattro pareti della
stanza era fatta totalmente
di vetro, e prestava lo spettacolo sublime nonché
annichilente del deserto
Daghèl, un deserto di rocce e sabbia, in continua tormenta.
Probabilmente i
grandi capi volevano che ai soldati rimanesse tutto il rancio sullo
stomaco.
Almeno a quasi tutti. Yolf, una recluta, era un bambinone formato
gigante,
abbastanza imponente da far pensare che prima della sua partenza, delle
mucche
della fattoria della madre di cui parlava sempre, se ne fosse mangiate
un paio.
-Potresti almeno
ingoiare, prima di parlare con una signora-, disse Kan,
un’altra recluta.
Kan era di quel tipo di
cattivi ragazzi che Erin disprezzava, perché senza una reale
consistenza. Tutto
fumo e niente arrosto. Anzi, invece di un arrosto ci trovi un
bell’orsacchiotto
di pezza. Patetico.
-Certo, come no-, disse
Yolf, ridendo.
-Ehi mi stai prendendo
per culo?- gli rispose Kan, brandendo il coltello con cui si stava
tagliando la
colazione.
-Ehi, coso, lo sai cosa è
che mi da una vera emozione?-, disse Erin rivolgendosi a Yolf.
- l’emozione più grande
ce l’ho quando...uccido-. Lo sguardo della ragazza
scivolò sul volto dei Kan e
un sorriso le fece fremere il labbro superiore.
-oh beh-, disse Yolf,
ridendo,
-il mondo è bello perché
è vario!-, e si schiaffò in bocca un altro pezzo
di maiale, dicendo, tra una
masticata e l’altra /buono, buono/. “stupido
panzone”, penso kan, posando il
coltello.
-coshè, te ne fai?- disse
Yolf vedendolo alzarsi.
-già, guardandoti mi è
passata la fam...-. Ci fu uno squillo di tromba e le enormi imposte
della mensa
si spalancarono.
Ad aspettarli fuori,
c’erano Jon e il suo ogre.
-Forza, vermi della fazione
rossa, la pappa è finita! Tutti in riga, si comincia con il
lavoro vero!!-.
La piazza della caserma
era un ampio lastricato di cemento che correva in circolo per un raggio
di
quasi venticinque metri. Al centro di questa c’era una spece
di pulpito di
legno, sopra il quale un uomo in uniforme cremisi dall’aria
austera guardava un
manipolo di venti uomini.
-Uomini! Salutate il Generale
Barhes! Saluti!- url’ Jon da sotto il palco.
-saluti- ripetè l’ogre,
con la sua voce d’oltretomba.
Tutti gli uomini
portarono la mano destra sul capo, coprendosi la fronte.
-Uomini!- urlò l’uomo da
sopra il pulpito.
-Da oggi sarò il vostro
Capitano, (odio la parola Generale), e solo così vi
sarà concesso di chiamarmi;
vale per tutti. Non so se l’ho avete chiaro ma per i tardi
che magari hanno sbagliato
albergo darò credo una bella notizia: Siete nell’
esercito personale di Re
Dorian, sovrano del regno di Kord e di tutti i cinque regni di Mos.
Nessuno ha
un urrà?-. Lo sguardo dell’uomo viaggio per i
volti dei pochi spettatori di
quel singolare spettacolo.
-Già- disse, sputando di
lato.
-Ascoltate e sentitemi
bene perché questa sarà l’unica regola
che pretendo rispettiate, pena la vita.
Voi, voi tutti, siete solo cani per quelli per cui lavorate. Cani da
guardia
addestrati ad uccidere. Molti di voi in altre mani sarebbero
esattamente
questo, ma non con me. Chi vuol essere un cane, vada a riempire la
zuppa di Rukk
(che è il cuoco, per chi non lo sapesse). La vita di ogni
uomo voglio che vada
preservata e se c’è ance solo una
possibilità che uno di voi, qualsiasi di voi,
ne salvi un altro da un pericolo, lo deve fare. Guardatevi intorno,
tutti
quanti! Queste faccie, queste mura, per i più sfortunati di
voi saranno da oggi
in poi l’unica realtà. I più fortunati
moriranno prima-
“e il discorso della
sacralità della vita va al cesso”,
pensò Erin, nella folla.
-Ora sarete divisi in
squadre da cinque persone. Sarete assegnati
a diversi compiti, più o meno pericolosi.
Ricordate il vostro compito e
la vostra priorità: la vita del re!-
Gli uomini esplisero in
applausi ed ovazioni
-viva il reee, viva il
reee-
Erin si guardò intorno,
confusa. “Ma che diavolo... era un discorso senza senso e
questo è il
risultato? Si prospetta una vacanza monotona...”.
Furono rotte le righe ed
i soldati furono chiamati a turno da quattro uomini in divisa rossa.
-Nirie Erin?-, fu chimata
dal capo squadriglia di sinistra, il più giovane dei
quattro. Erano stati
chiamati anche Yolf e Kan, i ragazzi che aveva incotrato alla mensa. Si
avvicinò al gruppo, seguita da altri due: Una certa Nei
Karter, che prima che
fosse chiamata Erin credeva fosse un uomo, ed un certo Axam Qudd.
Erano
tutti di fronte al Capo squadriglia, in
attesa che compilasse non si capiva bene che carte.
-bene-, esordì.
-Da oggi sarete la
squadra 4, fazione rossa. Io sono il vostro responsabile,
nonché capo e potete
chiamarmi Tom. Se siete pronti, possiamo andare-.
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