evenings of foolish writing

di Sia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Se quella volta al KFC ***
Capitolo 2: *** chi parte e chi resta ***



Capitolo 1
*** Se quella volta al KFC ***


Avvertimenti: la storia nasce grazie alla Serata di scrittura Trash indetta sul Forum della Penna. Lo scopo di queste serate è scrivere storie brevi su quattro prompt estratti al momento in pochissimo tempo (mezz'ora a prompt).  È una sfida molto divertente e anche molto caotica. 


Se quella volta al KFC

1. "Hai un bidone dell'immondizia al posto del cuore!"

 

L’aria di settembre sferza il viso di Satoru. In Giappone, in piena città, non fa nemmeno freddo in quel periodo dell’anno; allora perché è come se la pelle delle sue guance si sia lacerata, rotta in mille pezzi? Forse perché Suguru gli sta dicendo addio. Satoru sta provando dolore ovunque, non riesce a mettere in moto i muscoli delle labbra e benché meno a emettere un suono. 

Geto ha le mani in tasca, il capo inclinato verso l’alto – il suo pomo d’Adamo è delineato, Gojo deve concentrarsi per non rimanerne incantato. 

“Suguru…” Riesce a dire, abbassando le dita. Aveva davvero intenzione di mandarlo all’altro mondo? “Lo sai che hai proprio un bidone al posto del cuore?” 

Geto alza un sopracciglio, colto di sorpresa. I pollici stringono il tessuto fino a che le punta delle dita non diventano più chiare. “Come scusa?” Un’espressione scazzata gli dipinge il volto. 

Gojo mima con le mani un cassonetto dell’immondizia. “Un bidone, ok? Al posto del tuo cuore.” Inizia a camminare e si ferma solo quando gli è davanti, quando il suo palmo può fermarsi sul petto di Geto. Il cuore batte, forte. Che abbia accelerato? 

Suguru guarda verso il basso – da quando non si toccavano così? “Io non…” Le mani di Gojo sul suo corpo gli provocano un brivido lungo la schiena. Pensa, avanti abbracciami, ma non lo dice. 

“Tu non?” Gojo inclina il capo per piazzargli l’orecchio davanti agli occhi. Al silenzio che riceve come risposta, sorride. Si sta specchiando nella vetrina del KFC: nel riflesso, dove i colori dei loro capelli e dei loro vestiti si mescola ai colori del tramonto, sono belli come sempre. Non ha ancora spostato la mano dal petto di Suguru: non vorrebbe mai farlo. “Credo che oggi passino a prendere l’umido, tu che raccolta saresti?” 

Geto si morde il labbro: è incredibile il potere che Gojo ha su di lui. E pensare che era venuto fin lì per dirgli addio. Scrolla i capelli, il ciuffo fa avanti e indietro davanti agli occhi. “Vetro.” Satoru l’ha sconfitto di nuovo. C’era da aspettarselo, dallo stregone più forte al mondo. 

“Quindi sei libero.” Stringe il palmo, la maglietta di Geto gli riempie la mano. “Ti va di mangiare qualcosa?” 

 

2. “I wish I was one of those people who thrives on the danger of leading a double life. You know, Bruce Wayne, Peter Parker... Hannah Montana.”
 

Il tavolo che hanno scelto è piccolo, stretto nell’angolo più lontano dalle casse. Geto si è preso una coca da bere, Gojo ha ordinato un panino al pollo e una porzione di patatine. La spinge verso Suguru con l’indice. “Mangia, avanti.” 

“Non ho fame.” 

Gojo prende un lungo respiro, alza gli occhi al cielo. Solo così Geto si accorge che non ha gli occhiali: come fa a stare lì? Quanti stimoli sta ricevendo? Serra la mascella, pensa che sia fastidioso il modo in cui Satoru lo ama. Vorrebbe spingersi in avanti, oscurargli la vista con le mani, stringergli il viso, baciargli la fro… 

Satoru deve essersi accorto a sua volta di quella realizzazione, perché sta sorridendo divertito. “Li ho lasciati al dormitorio, insieme a tutta la tua roba.” Insieme a me, torni?

Geto sbuffa divertito, giocherella con la cannuccia. “Non mi serve più.” I cubetti di ghiaccio fanno un rumore secco, attutito solo dal cartone del bicchiere. Gojo non risponde, sta contando i semini di sesamo sul panino. “In verità, mi piacerebbe avere indietro la felpa che mi hai rubato tre mesi fa.” 

“Puoi venirtela a prendere, se ci tieni tanto.” 

Geto sorride – è il primo sorriso genuino che fa da un po’. “Mi piacerebbe riuscire a vivere due vite.” Le pupille scure cercano i capelli bianchi dell’altro, “Ma non ci riesco, Satoru, non posso tornare indietro sapendo che…” 

“In che senso due vite?” Gojo appoggia il panino nella scatola, fa cadere le briciole dalle dita delle mani. “Sparisci per qualche tempo e pensi di essere Peter Parker?” 

Geto ride. Dio, che bel suono. “Mi sento più a mio agio nel ruolo del Goblin.” 

“Il verde non ti dona tanto, è meglio l’azzurro.” 

Suguru è innamorato di Gojo, profondamente. Per questo è convinto che al complimento le sue guance si siano tinte di una tenue sfumatura rosata. “Smettila.” Lo ammonisce, stringendo la presa sul bicchiere di coca. 

“Perché? Cosa pensi di fare se conti…” 

“Io ho fatto delle cose brutte.” Geto sta guardando in basso, prende un secondo per deglutire. E prima di cominciare a parlare ancora, si gode il silenzio che ha strappato dalla gola di Satoru – una piccola vittoria che è da un po’ che non metteva in tasca. “Per lo meno, ho fatto delle cose brutte per gli stregoni, ho ucciso delle…”

Gojo con uno slancio tira indietro la sedia e accavalla le gambe. “Quindi? Tutti facciamo degli errori.” Si passa la lingua sul lato delle labbra, si pulisce dalla maionese. “Io ho fatto degli errori, non credere che quei vecchi di merda non ne abbiano fatti.” 

“Non chiamarli vecchi di merda.” Geto lo ammonisce, così sembra che siano tornati al loro primo anno. 

“Perché? Cosa pensi di fare se lo facc…”

“Satoru.” 

Vecchi. Di. Merda.” 

 

3. "Solo in ospedale è legale tenere la gente in ostaggio"
 

“Stai fermo.” Il viso di Geto è a qualche centimetro di distanza da quello di Gojo. Come può dirgli di star fermo se con una piccola spinta potrebbe trovare di nuovo le sue labbra? Satoru mette il broncio. “Guarda che se collabori, finiamo prima.” 

“Volevo mangiare il mio panino.” È l’unico commento che riceve Suguru di risposta. A guardarlo così, Gojo sembra ancora un bambino. Li hanno appena sbattuti fuori dal KFC perché, a detta del manager, non ci si può picchiare nel ristorante. Gojo è uscito con una guancia arrossata, non ha nemmeno provato a difendersi dal pugno dell’altro. 

“Dovresti smetterla di fare i capricci.” 

“Dovresti smetterla di tenermi in ostaggio, mi stai trattando come se non mi fossi mai ferito prima.” Geto rimane immobile, il fazzoletto con cui gli stava pulendo il sangue a mezz’aria. Le parole di Toji, che gli dicono che Gojo è morto all’aria aperta, gli bloccano anche il cuore. Prende un respiro, ma non si allontana. 

Satoru è seduto con le gambe divaricate, Geto è piegato in quello spazio. “Scusa se sono preoccupato per te.” 

Bisogna che si trattenga, Gojo, per non dire che è stato lui a perforargli il volto con un cazzotto. “ Se sei tanto preoccupato per me, allora non sparire.” 

Come fa a dire delle cose tanto imbarazzanti? Suguru abbassa lo sguardo quando non riesce più a sostenere la potenza di quell’azzurro. “Perché devi sempre…” essere il protagonista. È difficile amare un narcisista. 

La mano destra di Gojo, che prima era aggrappata alla seduta della panchina, solletica la pelle di Geto e lo costringe a guardare in alto. “Vuoi sentirmi dire che sono preoccupato per te?” Sorride, inclina il capo. “Sono preoccupato per te, Suguru e mi manchi.”

 

4. “I’m 23, I’m a celebrity and today. I’m gonna die” “Not one word of that is true”

 

Geto prende un respiro, poi si spinge in avanti con le piante del piede e lo bacia. Le labbra di Gojo contro le sue sono morbide, sanno ancora di sangue. La mano che tiene il fazzoletto cade sulla coscia sinistra di Satoru. 

Gojo socchiude la bocca, lascia che Suguru sia libero di tornare a casa e stringe le gambe fino a che le ginocchia non si scontrano con le braccia dell’altro. “Mi fai sentire una star, così” sussurra, lasciandogli un bacio a fior di labbra dopo che si sono separati per prender aria. “Sono uno dei due stregoni più forti al mondo e oggi, a causa tua, finirò per morire.” 

“Non è vero.” Il profumo di Gojo gli ha dato alla testa. “Come può morire lo stregone più forte del mondo?” 

Uno dei due.” Sanno entrambi che non è più vero, ma Geto accetta il silenzio. Ora l’aria di settembre si è fatta tiepida, il tramonto è sceso sulla città e sul cielo cominciano a comparire le prime stelle. “Se proprio non vuoi tornare all’istituto, promettimi che non mi dirai addio.” 

Suguru si gratta la mascella, viene in piedi perché la presa dell'altro diventa meno intensa. “Come se avessi scelta.” Gojo è più fastidioso degli umani.

Satoru lo imita, poi allarga le braccia. “Non pensi che mi meriti un premio?” In effetti, è la prima volta che Geto l’ha visto risolvere una situazione col dialogo. 

Sorride, gli stringe la vita e affonda il viso nell’incavo del collo. Profuma di pulito, profuma delle loro lenzuola, profuma delle loro risate. Profuma di un amore che pensava di aver perso e di non meritarsi – magari è vero che non lo merita, ma a Gojo non importa. Profuma di quanto era felice e non odiava gli uomini. Ed è un profumo che gli ricorda di non aver perso proprio tutto: c’è ancora della razionalità che lo tiene in piedi. “Scusa.” 

Gojo gli lascia un bacio sui capelli neri, passa le mani sulla schiena. 

“Ti va di ascoltarmi? Ho bisogno di spiegarti perché…” 

“Solo se mi prometti di mangiare qualcosa.” 

Suguru alza gli occhi al cielo, ma questo Satoru non lo può vedere perché non si sono ancora mossi di un millimetro. “Non puoi pensare sempre al cib…”

“Ti va del ramen? Ho sentito dire al KFC non si mangi molto bene.”

 



Salve.
Arrivati fin qui vi sarete resi conto che io ho preso i prompt e ci ho fatto un po' quello che mi pareva – ho cercato di rispettarli, ma sono finita per inventarmi qualcosina per mettere tutto insieme. (Ospedale? Io non ho letto ospedale!) 
Io vi ringrazio per essere arrivati alla fine di questo delireo: confesso che ho amato ogni attimo della serata di scrittura di ieri sera! Ho lasciato il link negli avvertimenti: una volta al mese circa potrete trovarla sul Forum della Penna! Vi aspettiamo. 
Un abbraccio, 
Sia 

 

 

 

 

 

 


 

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Capitolo 2
*** chi parte e chi resta ***


chi parte e chi resta

I. Ella aveva vissuto e amato. Infelicemente amato, certo: ma si può veramente amare ed essere felici? {T. Mann, "Giuseppe il Nutritore"}
 

Geto aveva vissuto e aveva amato. 

Prima felicemente – Gojo gli stringeva la mano, Gojo lo chiamava dall’altra parte della strada e gli diceva di muoversi, Gojo profumava di giglio, Gojo aveva le labbra sempre morbide e la bocca sempre dolce, Gojo lo amava a sua volta. 

Che schifo che un prima presupponga sempre un dopo, no

Per dieci anni ha continuato ad amare, infelicemente. Ha amato Gojo anche senza le loro dita intrecciate, anche quando dall’altra parte della strada c’era solo uno sconosciuto in silenzio, a ogni fiore che profumava di lui, a ogni caramella mandata giù. Ha amato Gojo da lontano, chissà se Gojo ha mai fatto lo stesso. 

Ed era un po’ colpa sua se adesso stava morendo dopo aver vissuto e amato infelicemente. 

“Non potevo più vivere così.” Anche a costo di perderti, Satoru.

Si può veramente amare ed essere felici? 

 

II. "Be with me always—take any form—drive me mad! only do not leave me in this abyss, where I cannot find you! Oh, God! it is unutterable! I can not live without my life! I can not live without my soul!" — Emily Brontë, “Wuthering Heights"
 

No.” Non credeva di aver abbastanza coraggio per dirlo: in un altro universo deve essere stato zitto; deve esistere una linea parallela in cui Satoru lo lascia andare, abbassa la mano e accetta una ferita che gli lacera l’anima. Ma non lì, non in mezzo a quella folla di volti che non delinea, non quel pomeriggio di settembre. “No.” 

Suguru ha smesso di camminare – è stato più semplice del previsto. “Cosa?” 

Deve trovare il coraggio di dire altro. Resta con me oggi, domani, dopodomani e per sempre. “No e basta.” Se ora te ne vai rendi pazzo anche me. Se ora te ne vai, io non ti ucciderò e accetterò silenziosamente di perderti e di non cercarti e tu deciderai di non farti trovare e ci sarà un abisso qui in mezzo, tra me e te. 

“No cosa?” 

Gojo guarda a terra, si morde la gengiva fino a che non gli fa un male cane. Resta, resta, resta. “Sarebbe insopportabile.” Una vita senza te, Suguru, non è una vita che posso vivere. 

“Sato…”

“Una vita senza te.” Fa sette passi, il mare placa il fuoco che brucia nella foresta. Incastra il pollice di lui tra l’indice e il medio della mano sinistra. “Non andare, resta qui.”

 

 
III. Siamo diventati pazzi per servire Dio. Tutti noi. — Dracula
 

Inventate dei per aggrapparvi a qualcosa. Cancellate disperazione, morte, tristezza, dolore con una preghiera. Nessuno ha mai detto a voi scimmie che c’è altro, che ci sono poteri molto più concreti.

Dicono che il silenzio e le bugie servano a non trasformarvi in pazzi, credo invece che sia il silenzio e la vostra stupida convinzione a rendervi tali.

Non sono gli dei che curano le malattie, ma i medici. E non sono gli dei a proteggervi dalle maledizioni e dalla brutta sorte, ma gli stregoni – Habinara, Nanami, io, Gojo, Utahime… troppo pochi per frenare la vostra pazzia.

Perdete così tante energie per onorare dei che non esistono, inventare feste per osannarli e ci lasciate morire. Uno dopo l’altro. Habinara, Nanami, io, Gojo, Utahime. 

Siamo pazzi anche noi: chi stiamo proteggendo? Deboli che servono il Nulla. Siamo tutti pazzi.

Mi spiace.

 


Tre prompt su quattro e mi sembra comunque un trionfo! Ieri era una giornata in cui mi sentivo fortemente satosugu, così eccomi qui a tornare dai bimbi e inaspettatamente da focalizzarmi sul Getino (kudos per lui). 
Ho trasformato una storia completa in una raccolta? Forse l'ho fatto, ma era per un bene superiore: sono talmente sotto il fandom di Jujutsu Kaisen che prevedo altri scleri notturni. Approfitto per ricordarvi che ogni mese sono attive le serate di scrittura sul Forum della Penna, vi aspettiamo! 

Vi ringrazio per essere arrivati fin qui, vi auguro una buona giornata!
Sia 

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