Fiabe politicamente corrette, ma soprattutto correttamente politicate

di Milly_Sunshine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'era una volta un'Autrice(C)... ***
Capitolo 2: *** Storia di una sarta con problemi di cateratta ***
Capitolo 3: *** Storia di un orco e di un cetriolo ***
Capitolo 4: *** Storia di una vecchia fiammiferaia ***
Capitolo 5: *** Storia di una principessa, un drago e un contadino povero ***
Capitolo 6: *** Storia di un piccione che diventò un viandante ***
Capitolo 7: *** Storia di un nobile decaduto, un'erede al trono e una cameriera dotata di mente pensante ***
Capitolo 8: *** La fine della voce fuori campo ***



Capitolo 1
*** C'era una volta un'Autrice(C)... ***


C'era una volta un'Autrice(C) di testi random, che spaziava da un genere all'altro e dalla prosa alla poesia, ma non aveva mai scritto una fiaba. Siccome non si accontentava di poco, le sarebbe piaciuto scrivere una raccolta di fiabe, o ancora meglio una raccolta di finte fiabe che prendessero in giro le fiabe.
«Non osare!» esclamò una voce, all'improvviso.
L'Autrice(C) si guardò intorno, ma senza vedere nessuno.
«Di grazia, chi ha parlato?» domandò. «Perché non dovrei scrivere una fiaba?»
«Non lo sai che le fiabe servono per ledere le menti fragili dei bambini?» rispose la voce, con tono accusatorio. «Pensi per caso che sia giusto raccontare alle bambine che devono aspirare a sposare il principe azzurro?»
L'Autrice(C) alzò le spalle, con indifferenza.
«In effetti perché sposare un principe azzurro, quando potrebbero sposare un ubriacone senza lavoro?»
«Non capisci. Sei parte del problema. Ti hanno messo in testa che dovevi sposarti per forza e tu hai abboccato.»
«Veramente ho trentacinque anni e non ho ancora portato a casa un fidanzato serio da far conoscere ai miei genitori» replicò l'Autrice(C). «In più non penso che le fiabe abbiano avuto un grosso peso sulla mia esistenza.»
«Okay, boomer.»
«Disse chi non sapeva dare risposte argomentate.»
«Suvvia, Autrice(C), devi ammetterlo, le fiabe rovinano le nuove generazioni» insisté la voce. «Penso sia innegabile.»
«In principio fu il rock and roll, poi vennero i videogiochi violenti... e niente, adesso il problema sono le fiabe» si appuntò l'Autrice(C). «A quanto i volontari della mensa dei poveri?»
La voce replicò: «Non puoi capire. Tutta la gente della tua età dovrebbe essere già morta di vecchiaia. E poi a trentacinque anni cosa ci fai ancora sui social?»
«Invece di avere un marito ricco e tre figli con cui vivere felice e contenta come nelle fiabe?» ribatté l'Autrice(C). «In effetti non saprei, devo avere fatto qualcosa di sbagliato nella vita. Comunque, vogliamo parlarne sul serio? Le fiabe hanno dei problemi, giusto?»
«No, le fiabe hanno un problema, uno solo» puntualizzò la voce, «Ed è quello del matrimonio tra la lavapiatti e il principe. Non pensi che le lavapiatti dovrebbero studiare, prendere una laurea, fare un master e poi trasferirsi all'estero?»
In effetti la trama della lavapiatti che, carica di titoli di studio, emigrava in un regno lontano in cui sarebbe stata un'immigrata che non sapeva la lingua e che di conseguenza avrebbe trovato lavoro come lavapiatti sarebbe stato un ottimo colpo di scena, ma le fiabe non erano fatte di colpi di scena.
«Ti piace il politicamente corretto?» declamò, rivolta alla voce. «Allora fai le cose come si deve e lascia perdere le fanciulle senza famiglia e prese dalla strada che decidono di loro spontanea volontà di sposarsi con un principe. Concentrati sulle cose che davvero non vanno: matrigne che seviziano figliastri, creature dedite al cannibalismo, morti ammazzati ogni tre secondi ma rating verde... e ciliegina sulla torta, sovrani assoluti che non ci pensano nemmeno di trasformare il loro regno in una monarchia costituzionale. Racchiudono su di sé tutti i poteri giuridici esercitandoli alla membro di cane e letteralmente possono condannare a morte gente a caso perché sì. Questo va bene?»
La voce impallidì, anche se era solo una voce e non aveva una figura che potesse impallidire. Poi, però, tornò in sé: «Dettagli. Questi particolari non condizionano le menti dei bambini, solo il matrimonio e solo se è tra una protagonista e un principe. Non faccio io le regole.»
«Infatti le faccio io» ribatté l'Autrice(C), «e mi sono rotta le scatole di cose tipo "c'era un re molto giusto, infatti pronunciava sentenze di morte per sfizio soltanto dal lunedì al venerdì dalle otto alle diciassette, con un ora di pausa pranzo in mezzo, restando chiuso per ponte se una festività cadeva di martedì". Sai cosa ti dico? Si cambia musica! Altro che fiabe politicamente corrette, qui servono fiabe correttamente politicate! Tu vai pure a scandalizzarti affermando che le crocerossine e i chierichetti stanno rovinando il mondo, qui ci penso io!»
Allora si mise all'opera e ne venne fuori questa raccolta.

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Capitolo 2
*** Storia di una sarta con problemi di cateratta ***


STORIA DI UNA SARTA CON PROBLEMI DI CATERATTA

C'era una volta, tantissimo tempo fa, in un piccolo borgo di campagna, una giovane sarta a cui tutti volevano bene perché era molto bella e gentile. Tutti i giovani contadini del paese avrebbero tanto voluto sposarla, ma la giovane sarta rispondeva "girlpower! non mungerò le vostre mucche ogni mattina all'alba" e, invece che pensare a un proprio ipotetico matrimonio, si occupava di cucire abiti da sposa per tutte le giovani ragazze del luogo.
La voce si lamentò con l'Autrice(C): «Torniamo sempre al matrimonio e abbiamo appena appurato che il matrimonio è una cosa sbagliatissima. Perché non poteva cucire altri tipi di abito? Non so, indumenti da sera con cui le ragazze del posto andavano a vedere l'Opera?»
«Perché viveva in un borgo di campagna tra gente povera» replicò l'Autrice(C), «Che non andava a vedere l'Opera e non indossava abiti da sera. Comunque non preoccuparti, lo scopo della giovane sarta era potere un giorno ampliare la propria bottega e cucire altri tipi di abito.»
La voce rimase in silenzio, ascoltando narrare del trasferimento della giovane sarta in una vicina cittadina, dove il benessere economico non mancava e dove finalmente poté dedicarsi alla propria passione: la realizzazione sia di abiti da sera su misura per le ricche donne del posto, sia di completi maschili. Un giorno, quando la sarta non era più tanto giovane, ma iniziava ad avere già qualche capello bianco, si presentò nel suo elegante atelier un uomo di mezza età, il quale le commissionò uno smoking da indossare in occasione della cresima delle sue due figlie, due gemelle di nome Gaia e Allegra.
La sarta rimase molto ammaliata da quell'uomo, ma convinta che ormai fosse già sposato decise di togliersi dalla testa ogni possibile fantasia. Un giorno, tuttavia, mentre si trovava al lavatoio insieme a diverse donne piuttosto pettegole, venne a scoprire che la consorte di quell'uomo era deceduta molti anni prima, proprio dando alla luce le due graziose bambine.
Giunto il giorno della consegna dello smoking, la sarta si fece coraggio e chiese al cliente se volesse uscire con lei. Il cliente accettò. Era il titolare di una piccola falegnameria, non viveva nel lusso, ma al contempo non gli mancava il denaro per vivere serenamente. I due si innamorarono ben presto e si sposarono. Gaia e Allegra erano le damigelle d'onore ed erano felicissime di potere avere finalmente una madre. Per diversi anni la famiglia fu molto felice, ma poi scoppiò una brutta epidemia di colera, ci fu una lunga carestia, la città venne devastata dalla guerra e furono costretti a rifugiarsi di nuovo nel borgo di campagna.
Molti antichi spasimanti della sarta avevano perso il loro bestiame e vivevano di stenti, mentre grazie al denaro messo da parte nel corso degli anni la sarta e il falegname riuscirono a condurre una vita modesta ma comunque accettabile. Un terribile giorno, tuttavia, il falegname si ammalò. Sapendo che le tasse di successione erano molto elevate, decise di premunirsi intestando la piccola casa che aveva comprato alle due figlie, facendosi promettere che si sarebbero occupate della matrigna se un giorno non avesse più potuto lavorare nella sartoria che aveva rimesso in piedi investendovi tutto il proprio patrimonio.
Il falegname morì serenamente una notte d'inverno e da allora la sarta in suo onore indossò sempre abiti neri cuciti da lei stessa e nascose la sua crocchia di capelli ormai bianchi sotto una veletta. Continuò a lavorare come sarta finché la sua vista non iniziò a calare grandualmente. Erano tempi molto lontani, in cui gli interventi per rimuovere la cateratta ancora non esistevano e la sua vista offuscata le impedì di continuare a lavorare. Gli ultimi lavori che fece furono gli abiti da sposa di Gaia e Allegra, che sposarono i figli di un contadino del posto, lentamente tornato a vivere con dignità dopo la carestia.
Tutto andò bene finché un terribile giorno qualcuno iniziò a bussare con violenza alla porta dell'ex sarta, ormai ritirata e senza una pensione perché previdenza sociale what.
«Voce fuori campo, non hai niente da dire?» chiese l'Autrice(C).
La voce si rigirava i pollici, del tutto indifferente alla sorte della povera donna, la quale aprendo la porta si ritrovò davanti un postino che le portava una raccomandata: Gaia e Allegra le avevano dato lo sfratto e le intimavano di lasciare la loro casa nel giro di una settimana, perché l'avevano già venduta e non avevano intenzione di darle un centesimo. La ringraziavano tuttavia per essere sempre stata una madre molto gentile con loro, ma per quanto le riguardava non c'era alcun legame di sangue tra di loro, la promessa fatta al padre non valeva più tanto non poteva controllare il loro operato, quindi poteva anche andare a vivere sotto un ponte.
La sarta accettò rassegnata la propria sorte e iniziò una nuova vita come mendicante. Vagò di paese in paese mentre la sua vista si faceva sempre più labile e, per quanto continuasse a comportarsi gentilmente con tutti, adesso che non era più giovane e bella nessuno se la filava più neanche di striscio. Questo, almeno, finché non incontrò un vecchio vedovo infelice, che aveva tanto bisogno di compagnia. Anch'egli aveva problemi di cateratta e la sua vista ormai era pessima. Fu questo dettaglio a unirli e a farli innamorare. I due si sposarono, con la voce fuori campo che non aveva più nulla da dire perché ormai la vecchia sarta non era più giovane e non era più suo interesse valorizzarne l'indipendenza, e spesero felicemente i loro pochi anni insieme. L'uomo morì qualche anno dopo, infatti, lasciandole in eredità la propria casa e il proprio denaro, che non era tanto, ma le permise di sopperire all'assenza di una pensione per tutto il resto dei suoi giorni. Anzi, non spese nemmeno tutto quello che aveva e, ormai in punto di morte, decise di compiere un'ultima buona azione: fece testamento lasciando i suoi averi a Gaia e Allegra, le figliastre che l'avevano abbandonata, insieme a una straziante lettera di addio.

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Capitolo 3
*** Storia di un orco e di un cetriolo ***


STORIA DI UN ORCO E DI UN CETRIOLO

C'era una volta un giovane orco, anzi no, siccome era un personaggio di fiaba senza nome era un giovane Orco(C), che amava passeggiare lungo le strade del villaggio. Siccome il villaggio era una località e non un essere animato, rimaneva villaggio e non diventava Villaggio(C). Sul perché nessuno avesse mai pensato di dare a quel paesello un nome permane un mistero. Dopotutto se erano senza nome anche gli orchi, i passanti e gli allevatori di pecore che conducevano i loro animali al pascolo, allora poteva esserlo anche il villaggio.
Un giorno passava di lì per caso una graziosa pastorella, una di quelle che l'Orco guardava sempre mentre si facevano il bagno nel fiume, osservando: «Non pensate male, sono solo colpito dal modo in cui nuota. Dopotutto è solo una povera pastorella del villaggio, eppure sembra una nuotatrice olimpica.»
Quel giorno, tuttavia, la giovane pastorella non stava pensando a nuotare nel fiume, innanzi tutto perché il fiume era fuori paese, ma soprattutto perché doveva occuparsi delle pecore. L'Orco la incontrò per caso, mentre passava nella piazza del mercato, con il mercato in corso e con tutte le pecore al seguito. Nonostante la sua enorme stazza, nessuno si accorse della sua presenza, non perché fossero particolarmente rintronati - non più della media del personaggio fiabesco, quantomeno - quanto piuttosto perché le esigenze di trama non lo prevedevano.
Così, del tutto indisturbato, la seguì di soppiatto mentre si recava a casa. La pastorella viveva in una piccola capanna e, lasciate le pecore intorno alla capanna stessa, si diresse all'interno e si mise ad affettare per pranzo alcuni cetrioli barattati al mercato con il latte delle sue pecore. L'Orco, che per esigenze di copione aveva sviluppato una vista a raggi X vedendo all'interno della capanna pur essendone fuori, andò in visibilio, vedendo che i cetrioli erano verdi esattamente come la sua pelle.
Per l'eccitazione, dimenticò che era poco elegante entrare in casa altrui a random, così si infilò nella modesta dimora della pastorella che, spalancando gli occhi, mormorò: «Stai lontano da me, altrimenti urlo e, se le pecore vengono a salvarmi, per te sono dolori!»
L'Orco rimase interdetto.
«Pensavo che le pecore avessero paura di me.»
«Sbagliato» ribatté la pastorella. «Le pecore sanno che ti nutri di carne umana, quindi non hanno alcun timore.»
«Le pecore si sbagliano: non hai idea di quanto sia difficile procurarsi della carne umana. È molto più facile rubare le uova nei pollai o raccogliere mele nei frutteti.»
«Quindi tu mangi alimenti come i nostri?»
«Più o meno.» L'Orco le fece gli occhi dolci. «Ho anche molte pulsioni umane. Ogni volta in cui ti vedo vorrei chiederti se vuoi venire a lett-...» Si interruppe, ricordandosi il contesto. «Se vuoi venire davanti al parroco del villaggio e unirti a me in matrimonio, vivendo felici e contenti per ogni giorno della nostra vita e avendo tanti figli mezzosangue che un giorno diventeranno i pastori più altolocati del villaggio. È sottinteso che faranno il tuo mestiere e non il mio, perché tu lavori e io non faccio un cazzo.»
La Voce fuori campo(C) intervenne come una furia: «Pervertito! La pastorella è minorenne!»
«Veramente no» obiettò la pastorella, «E se ti capita spesso di scambiare le persone per più giovani di quanto siano in realtà, ti posso dare l'indirizzo di mia nonna, sarebbe senza dubbio molto lieta di conoscerti.»
La Voce fuori campo(C) se ne andò con la coda tra le gambe, lamentandosi con l'Autrice(C) perché cambiava le carte in tavola senza un motivo ben preciso che non fosse quello di ingarbugliare la trama. L'Autrice(C) per vendetta fece rinsavire l'Orco.
«Devo tuttavia rendermi conto» proseguì, «Che vedere la vita solo come una continua ricerca della persona da sposare è limitativo. Inoltre una vita familiare comporterebbe obblighi che non posso sostenere, come quello di imparare un mestiere. Chi mai darebbe un lavoro a un Orco? In più gli orchi neonati pesano almeno dieci chili e una persona del tuo peso non sarebbe in grado di portare nel ventre una creatura così enorme. Probabilmente finiresti per morire di parto. Ritengo quindi migliore pensare a te come a una breve parentesi della mia vita. Credo che lascerò il villaggio oggi stesso per iniziare una nuova vita di eremita nei boschi. Vorrei tuttavia che mi concedessi la grazia di farmi assaggiare uno dei tuoi cetrioli, affinché possa scoprire un nuovo alimento.»
La pastorella lo ascoltò con le lacrime agli occhi. Gli offrì un cetriolo e lo salutò cordialmente quando andò via. Da quel giorno, anche se non si videro mai più, l'Orco ricordò sembre la bontà d'animo della graziosa pastorella, la quale finì qualche tempo più tardi per sposare un allevatore di anatre del posto, ma in fondo al cuore ebbe sembre un debole per quell'Orco gentile.

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Capitolo 4
*** Storia di una vecchia fiammiferaia ***


STORIA DI UNA VECCHIA FIAMMIFERAIA

C'era una volta una Vecchia Senza Pensione(C) che cercava di vendere fiammiferi sul lato della strada, ma non ne vendeva una sola scatola perché doveva affrontare la concorrenza di giovani orfanelle che facevano compassione a coppie di mezza età desiderosi di adottare la prima trovatella che vedevano per strada. Purtroppo nessuno voleva adottare una nonna, nonostante la Vecchia Senza Pensione cercasse di convincere di essere meno dispendiosa di una bambinaia specializzata, si sarebbe accontentata infatti soltanto di un tetto sopra la testa.
Nessuno la prendeva in considerazione, così la vecchia decise di usare l'astuzia per non cadere definitivamente nel dimenticatoio. Una sera accese uno dei suoi fiammiferi per riscaldarsi e alzò la fiamma a fare da contrasto a un lampione sferico che stava dall'altra parte della strada.
La cosa non sfuggì a una Voce Fuori Campo(C) che passava dall'altra parte della strada, che osservò: «Siamo nei tempi antichi, non dovrebbero esserci i lampioni.»
«Veramente» obiettò la vecchia, «Non è specificato da nessuna parte in che epoca siamo. Quindi, in qualità di protagonista di questa fiaba, posso decidere le tempistiche e ho deciso di default che siamo in uno scenario post-apocalittico in cui le Vecchie Senza Pensione(C) cercano di vendere fiammiferi perché la maggior parte della popolazione, per non dare nell'occhio, ha deciso di vivere dentro delle capanne tipo quella della pastorella della storia precedente. Queste capanne sono molto confortevoli, ma per qualche ragione dentro di esse non funzionano né gli accendigas né i fornelli con accensione automatica. Sono comunque molto spaziose e in questo periodo gli affitti si sono notevolmente abbassati, quindi qualora tu stia pensando di trasferirti da queste parti potrei accompagnarti in visita ad alcune capanne sfitte.»
La Voce Fuori Campo(C) si allontanò contrariata, lamentandosi che era ridicolo che una vecchia fiammiferaia cercasse di diventare agente immobiliare invece di dedicarsi alle arti magiche come ogni personaggio da fiaba che si rispetti. La vecchia rientrò quindi in sé e riprese a contemplare il lampione alla luce del fiammifero, nonostante la cosa non avesse alcun senso logico.
Allora riprese a prevedere il futuro, come faceva sempre in gioventù, ricevendo magicamente previsioni azzeccate che confidava a viandanti e pellegrini di passaggio, dove per viandanti e pellegrini si intende fancazzisti che vivevano a scrocco altrui perché avevano la decenza di utilizzare termini alternativi per descrivere la propria condizione di nullafacenti. Anche la Vecchia, quando ancora non era vecchia ma già lo sembrava per esigenze di trama, era stata una nullafacente, ma poi il fato le aveva fatto scoprire i suoi poteri.
Aveva pronosticato catastrofi, numeri del lotto e combinazioni del Totocalcio tutte con la stessa facilità: «Gentile signor viandante, le suggerisco di fare attenzione, perché venerdì 13 alle 13.13 verrà spazzato via da un tornado mentre si reca a giocare al lotto. Però farà tredici al Totocalcio.»
«Tutto ciò è falso» rispose il Signor Viandante, «Manca appena un minuto a quella data e mi sto effettivamente recando a giocare al lotto, ma non credo nelle nullafacenti che prevedono il futuro immediato, sono sicuramente stipendiate dai poteri forti.»
«Faccia attenzione!» lo supplicò la vecchia, «Il tornado sta arrivando proprio dietro di lei, ce l'ha a ore tredici.»
Il Signor Viandante venne spazzato via dal tornado, inveendo contro i poteri forti che mentivano per fregare gli onesti lavoratori come lui.
Al ricordo di quel giorno lontano alla Vecchia Senza Pensione(C) scese una lacrima, ma scoppiò anche a ridere a ripensare al viandante che si definiva lavoratore. Quel pensiero, tuttavia, le ricordò che la vita è piena di cose belle, tipo che nelle fiabe chiunque non si presenti come fancazzista può sopravvivere tranquillamente senza lavorare. Quindi spense il fiammifero, si tolse la polvere dalle misere vesti e si mise in cammino. Gli acciacchi si sentivano, ma sapeva di potere camminare.
Così da Vecchia Senza Pensione divenne una viandante dedita alla spiritualità e al pellegrinaggio, che visitava luoghi remoti tenendo comizi contro i poteri forti, contro l'arrivo imminente di un tornado alle 13.13 e soprattutto contro i numeri del lotto. Attirò consensi e spesso venne invitata a pranzi e cene all'interno di capanne in cui i fornelli si accendevano soltanto tramite fiammiferi. Decise quindi di unire il business del fancazzismo a quello della vendita dei fiammiferi stessi, venendo anche pagata per partecipare a pranzi e cene. Divenne ben presto la donna più ricca del regno e, considerato che quello non era un regno fino a cinque minuti prima, riuscì anche ad autoproclamarsi regina. Così, senza pensione e senza voglia di lavorare visse felice e contenta come viandante, pellegrina e regina fino alla fine dei suoi giorni.
Ancora oggi, a distanza di anni, viandanti e pellegrini visitano la sua tomba, scroccando pranzi e cene e recando con sé fiammiferi, tenendo vivida nella memoria la storia di quell'astuta vecchia che non aveva bisogno della pensione.

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Capitolo 5
*** Storia di una principessa, un drago e un contadino povero ***


STORIA DI UNA PRINCIPESSA, UN DRAGO E UN CONTADINO POVERO

C'era una volta una giovane Principessa in età da marito che, come tutte le principesse, non aveva un nome ben preciso, ma era semplicemente una Principessa(C). Anche la sua età non era ben precisa, ma eravamo nei tempi antichi, in cui non esistevano gli uffici anagrafe e i documenti di identità, ma soprattutto vigevano monarchie assolute, imperi e feudalesimo, pertanto non esistevano cittadini votanti e a nessuno importava con esattezza chi avesse e chi non avesse raggiunto la maggiore età.
Nonostante la giovane Principessa(C) fosse in età da marito, sentiva di non essere destinata solo a una vita matrimoniale da big money, ma voleva anche spassarsela come tutte le ragazze aristocratiche normali che potevano schiavizzare chiunque volessero essendo le figlie predilette di chi disponeva del diritto di decidere qualora i suddetti individui schiavizzati dovessero ancora avere la testa attaccata al collo oppure no.
La Principessa(C) era una ragazza molto viziata e amante della compagnia di forme di vita senzienti ma non parlanti. Il fatto che non pensasse troppo al marito e che amasse questo genere di compagnia avrebbero potuto farla circondare di gatti e restare zitella, ma da un lato i gatti erano troppo banali, dall'altro sposarsi ed essere la figlia del Sovrano assoluto del posto avrebbe significato potere schiavizzare anche il proprio marito ed era una prospettiva molto allettante. Prima, tuttavia, voleva un "animale" domestico più fescion rispetto ai gatti. O anche ai cani, ai conigli, ai pappagalli, ai pesci rossi, eccetera.
Dopo una lunga serie di piagnistei con il padre, lo convinse a organizzare una spedizione nella terra dei draghi sputafuoco. I più valorosi uomini del regno si diedero da fare per catturare un cucciolo di drago. Partirono in duemilaventiquattro, tornarono a casa ben in venticinque: fu un ottimo risultato e non fu nemmeno necessario perdere troppe vite umane.
Il cucciolo di drago crebbe e venne rinchiuso in una torre, tranne quando la Principessa(C) decideva di portarlo a spasso al guinzaglio. Inoltre, avendo corrotto una strega del posto minacciandola di farla decapitare, sul drago era stato fatto un incantesimo, non avrebbe potuto sputare fuoco qualora la Principessa(C) fosse stata nel raggio di cento metri da lui, né avrebbe potuto volare.
Fu proprio la vicinanza con il piccolo drago, che venne chiamato Drago(C) e divenne un grande drago, a spingerla a indire un concorso per trovare marito. Colui che fosse stato in grado di fare una passeggiata con il drago senza essere incenerito, avrebbe potuto sposarla. Nessuno si presentò, quindi tutti i giovani del regno, a poco a poco, vennero invitati gentilmente - sinonimo di "costretti per non essere privati della testa - a partecipare. In dieci giorni una quarantina di candidati riportarono ustioni di grado minore. Per punirli della loro incapacità, la Principessa(C) chiese cortesemente al padre di giustiziarli. Il padre non se lo fece ripetere due volte, dato che condannare a morte persone a random era al terzo posto nei suoi hobby preferiti, dopo gli scacchi e la briscola. Anzi, non vi era una preferenza ben precisa, negli ultimi anni trovava del tutto analogo l'intrattenimento dato dagli scacchi, dalle carte e dalle condanne a morte.
Il quarantunesimo candidato era un contadino povero che rispondeva al nome di Contadino Povero(C), che senza alcuna paura prese tra le mani in guinzaglio del Drago(C) e lo condusse a oltre cento metri di distanza dalla Principessa(C), la quale si aspettava di vederlo ustionato e poi successivamente giustiziato. Il Contadino Povero(C) tuttavia fece una carezza sulla testa del Drago(C) e gli sussurrò qualche parola.
Infine, di scatto, slacciò il guinzaglio del Drago(C), al quale saltò in sella - sella che era comparsa per esigenze di trama. Il Drago(C) spiegò le ali e portò in salvo il Contadino Povero(C), portandolo nella Terra dei Draghi, facendogli scoprire il loro strano stile di vita. Un eroe come lui fu immediatamente apprezzato perfino dalle alte cariche dello Stato dei Draghi, che gli diedero immediatamente un incarico come usciere in Parlamento. I Draghi, infatti, non vivevano nell'assolutismo, ma avevano istituzioni democratiche e libere elezioni. Ben presto il Contadino Povero(C) divenne un cittadino votante, si dedicò alla carriera politica e nel giro di qualche anno venne perfino eletto ministro. Non dimenticò mai la crudeltà della Principessa(C) e il modo squallido in cui suo padre esercitava il potere contro i popolani, i quali ebbero sempre un posto speciale nel cuore del Contadino Povero(C), che nei suoi discorsi alla Nazione dei Draghi spesso erano spesso dipinti come vittime di una situazione ormai fuori controllo.
Non poté cambiare il mondo, ma fu molto stimato nella Terra dei Draghi e la sua fama si propagò anche altrove. In tutti gli stati e i feudi limitrofi, molti sognatori speravano un giorno di potere liberarsi dei loro sovrani e feudatari e di vivere liberi come i draghi e il Contadino Povero(C).

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Capitolo 6
*** Storia di un piccione che diventò un viandante ***


STORIA DI UN PICCIONE CHE DIVENTÒ UN VIANDANTE

C'era una volta a sesto ribassato sotto la quale stava appollaiato un piccione, convinto che essere un semplice piccione fosse una fregatura. Tutti i giorni vedeva viandanti e pellegrini passare e, come già appurato anche in una delle precedenti fiabe, aveva appurato che viandanti e pellegrini erano nullafacenti che vivevano a scrocco altrui senza avere mai lavorato in vita loro.
Attirato dalla loro quotidianità, perché viandanti e pellegrini non facevano nulla esattamente come il piccione, ma potevano sfidare la sorte cercando di sposare principesse e di evitare condanne a morte, il piccione ogni giorno borbottava: "è proprio ingiusto che agli umani sia tutto concesso, mentre a noi poveri piccioni nessuno ci prende in considerazione, nemmeno le vecchie che si dedicano alle arti magiche e che, per via della loro anziana età, non possono ambire al ruolo di protagoniste della fiaba, ma sono relegate semplicemente ad apparire come deus ex machina per esaudire i desideri dei protagonisti."
Una vecchia di passaggio esclamò: "Vecchia lo dici a tua nonna, non a me!" E di colpo trasformò il piccione in un viandante dalla natura umana. Dal momento che i piccioni non indossavano abiti, il Viandante Piccione si ritrovò completamente nudo e costretto a nascondersi dietro un cespuglio, dato che non poteva più rimanere appollaiato sotto la volta. Soltanto quando calò la notte si mise alla ricerca di qualche indumento, guardando in tutti i cortili se ci fossero panni stesi di cui impossessarsi prima di iniziare la nuova vita da viandante.
Siccome erano i tempi antichi e la gente si lavava di rado, si cambiava anche d'abito di rado e altrettanto di rado faceva il bucato. Il Viandante Piccione, quindi, rimediò soltanto una vecchia tunica sdrucita che prontamente si infilò, prima di mettersi in cammino.
Vagò diversi giorni fermandosi solo per vendere fiammiferi che aveva trovato per caso a lato della strada e, quando il denaro guadagnato si rivelò insufficiente, realizzò che il segreto del successo era tenere comizi contro i piccioni che facevano i propri bisogni sulle strade e contro i muri. Accumulò numerosi follower, nel senso che tanti altri viandanti e pellegrini si misero a seguirlo applaudendo e agitando i pon-pon, guadagnandosi quindi da vivere a loro volta senza neanche avere bisogno di tenere comizi.
Il nuovo business si rivelò redditizio, tanto che il Viandante Piccione attirò l'interesse della Principessa Illuminata. L'Erede al Trono, che di fatto regnava incontrastata in quanto il padre era un vecchio incartapecorito ormai incapace di tenere dietro agli affari del regno, era celebre in tutto il Paese per il suo spiccato senso della democrazia. Infatti aveva raggiunto standard mai visti prima: invece di pronunciare sentenze di morte a random otto ore al giorno dal lunedì al venerdì, aveva optato per turni di lavoro part-time, una settimana al mattino e una settimana al pomeriggio.
Nonostante il Viandante Piccione vestisse poveramente e avesse un'età imprecisata, la Principessa Illuminata si presentò al suo cospetto e gli tenne un illuminante discorso:
"Ehi, tu, viandante!"
"Ditemi, Signora."
"Innanzi tutto dovresti chiamarmi Altezza Reale, misero popolano. Sei fortunato che oggi ho già finito la mia giornata di lavoro, altrimenti ti avrei condannato a finire in salmì."
"Ditemi, Altezza Reale."
"Ci sposeremo domani mattina alle dieci in punto."
Il Viandante Piccione non si aspettava un simile plot-twist e, in realtà, non aveva alcuna intenzione di sposare la Principessa Illuminata, una zitella acida di almeno sessant'anni, che da un giorno all'altro si era decisa a prendere marito perché sì. O almeno, questo era quanto si raccontava di lei. I malpensanti sostenevano, parlando a bassa voce, che avesse già avuto cinque mariti e che fossero finiti tutti quanti sul patibolo. La ragione, in tal caso, era la stessa: perché sì.
Non aveva intenzione di sposarla, ma sapeva di non potersi sottrarre, quindi lasciò che la Principessa Illuminata lo conducesse a corte, dove gli furono fatti indossare abiti regali e, dopo essere stato opportunamente incatenato, venne condotto l'indomani all'altare, giusto in tempo per sentire il prete lamentarsi del fatto che avrebbe voluto andarsene in giro in bicicletta a indagare su dei delitti, piuttosto che celebrare il matrimonio tra la Principessa Illuminata e un povero viandante e pellegrino costretto a tale unione.
La Principessa Illuminata, tuttavia, non ammetteva repliche: entrata in chiesa con un sorriso malefico sulle labbra, si avvicinò e, quando schioccò le dita, diede inizio alla cerimonia. Era ormai arrivato il momento del fatidico "sì", quando il Viandante Piccione vide in un angolo della chiesa la vecchia che si dedicava alle arti magiche, la quale, nei suoi occhi, doveva vedere il suo pentimento per averle a suo tempo dato della vecchia. Decise quindi di concedergli la grazia e il Viandante Piccione tornò a divenire un grazioso pennuto.
Essendo dotato di ali, poté fuggire dalla chiesa e dalla Principessa Illuminata e, dopo un lungo viaggio, tornò sotto la sua volta a sesto ribassato, dove si appollaiò pensando che diventare umano per breve periodo fosse stata una grossa fregatura. Visse da piccione per il resto dei suoi giorni, mentre la Principessa Illuminata visse ancora per vent'anni facendo condannare a morte altri tre mariti.

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Capitolo 7
*** Storia di un nobile decaduto, un'erede al trono e una cameriera dotata di mente pensante ***


STORIA DI UN NOBILE DECADUTO, UN'EREDE AL TRONO E UNA CAMERIERA DOTATA DI MENTE PENSANTE

[Fiaba dedicata ad Alcor... leggendo capirai perché!]

C'era una volta un Regno Lontano nel quale viveva un Re anticonformista, il quale, diversamente dai sovrani confinanti, non si dedicava al condannare a morte la gente per sfizio, in quanto aveva hobby molto più di nicchia e di classe: trascorreva infatti le proprie giornate giocando a bridge, fumando la pipa o il sigaro, bevendo superalcolici e facendosi versare il tè. Non provava alcuna soddisfazione nel vedere poveri disgraziati che venivano scortati sul patibolo, mentre invece provava un'eccitazione incontrollabile nel convocare i suoi parenti fino al quinto grado per lamentarsi con loro che erano degli sconclusionati senza alcun interesse per gli affari che vivevano a scrocco chiedendogli soldi. I sovrani confinanti gli avevano spesso suggerito di fare giustiziare tutti quanti, ma il Re non avrebbe mai rinunciato, per alcun motivo al mondo, alla soddisfazione che provava nel minacciare tutti quanti di diseredarli, vedendoli sbiancare come cadaveri e implorarlo di restare sul suo libro paga, invece di costringerli a diventare dei viandanti che vivevano a scrocco della collettività.
Che cosa ci trovassero gli altri sovrani nel fare tagliare teste non gli era chiaro, non vi erano soddisfazioni migliori del convocare il notaio e di pronunciare affermazioni del tipo "diseredo tutti i miei parenti, eccetto la mia unica figlia Principessa Erede al Trono, la quale al momento della mia dipartita diventerà Regina e regnerà insieme al suo consorte". Consorte in questione divenne un Nobile Decaduto, il quale invece di fare lo scroccone aveva avuto la decenza di trovarsi un'occupazione ed era stato assunto come cocchiere dal Re in persona. In più condivideva con il Re lo stesso buon gusto in fatto di sigari dall'ottimo odore. In circostanze normali il Re non avrebbe permesso che la figlia adorata sposasse un uomo povero, ma siccome acconsentire alle nozze contribuiva a far indignare i parenti scrocconi, aveva accettato la loro unione.
Al termine della cerimonia ci furono grandi festeggiamenti al palazzo reale e una Vecchia Governante fu molto indaffarata a dare ordini a uno stuolo di cameriere ignoranti venute dalle campagne. Per fortuna la Vecchia Governante veniva a sua volta dalle campagne e, avendo maturato un'esperienza trentennale come allevatrice di capre, riusciva senza problemi a tenere a bada quel gregge dal quale spiccava un solo elemento valido, una Cameriera con Mente Pensante, la quale in passato era stata fidanzata con il cocchiere Nobile Decaduto, ma si era fatta gentilmente da parte quando questo si era innamorato della Principessa. La festa durò per settimane e, solo al termine di quelle settimane, accadde un evento increscioso: sorseggiando un tè, il Re cadde a terra morto stecchito. Siccome erano i tempi antichi e non esisteva ancora Scotland Yard, nessuno notò come costui mostrasse segni da avvelenamento da cianuro.
La Principessa divenne Regina, con il Nobile Decaduto che vantava il titolo di Re Consorte. I due non concepirono figli, quindi il Nobile Decaduto era il primo candidato alla successione dinastica, qualunque cosa ne pensassero i parenti scrocconi i quali erano stati mandati a un lungo ritiro spirituale nelle campagne dopo essere stati convinti a vivere a contatto con la natura. Arrivati nelle campagne, erano stati istruiti a coltivare la terra e a dedicarsi all'allevamento di mucche e galline se volevano avere uno stipendio di cui vivere.
Nonostante la Vecchia Governante fosse piuttosto contenta di sapere quei parassiti destinati all'avere finalmente un'occupazione, si rendeva conto che la Regina era seriamente affezionata a tutti quei vari cugini di terzo grado e li avrebbe mantenuti volentieri. C'era un velo di infelicità sul suo volto, ma la Cameriera con Mente Pensante divenne la sua confidente e ben presto la Regina si riprese anche se, origliando dietro le porte, la Vecchia Governante la sentì lamentarsi che non si sentiva amata dal marito. La Cameriera con Mente Pensante le suggerì di svolgere attività rilassanti, ma soprattutto di bere grandi quantitativi di camomilla. E fu proprio bevendo una camomilla che la Regina stramazzò al suolo morta stecchita come il padre solo qualche settimana più tardi senza che, ancora una volta, qualcuno osservasse alcunché sul palese avvelenamento da cianuro.
Il Nobile Decaduto si mostrò immediatamente disperato, arrivando addirittura a sostenere che non gli interessava succederle come Re e che non avrebbe più amato nessuna donna dopo la Regina. Tuttavia, dopo pochi mesi, si risposò con la Cameriera con Mente Pensante e i due vissero sempre felici e contenti. La Vecchia Governante, delusa da tutto ciò, decise di rassegnare le proprie dimissioni e di farsi trasferire nelle campagne, dove fu messa a capo della fattoria nella quale erano stati assunti tutti i parenti scrocconi del defunto Re. Visse ancora per molti anni, ma provò sempre una profonda delusione di fronte alla banalità delle logiche fiabesche, che non le avevano permesso di radunare tutti i sospettati in una stanza e di smerdare pubblicamente il Nobile Decaduto e la Cameriera con Mente Pensante accusandoli di avere sempre avuto una relazione segreta e di avere commesso ben due omicidi per impossessarsi del Trono.

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Capitolo 8
*** La fine della voce fuori campo ***


C'era una volta un'Autrice(C) convinta che ci fosse ancora qualcosa da fare, magari scrivere una fiaba in cui criticare l'abitudine al cannibalismo, ma era un po' disgustata dallo scrivere scene in cui qualcuno si nutriva di esseri umani, magari vivi. La Voce fuori Campo fece irruzione, dopo averle letto nella mente: "Komehhhh ti permettihhhh di ignorare una simile questione? Non lo sai che è dovere degli autori e delle autrici scrivere saggi su tutto quello che di brutto succede nel mondo, o meglio ancora farci dei video e caricarli su TikTok, in modo che noi persone superiori della Generazione Z possiamo ritrovarci con il compitino già fatto e non avere alcun bisogno di studiare o di leggere libri per informarci? Chi non parla è komplicehhhh e tu sei una cannibale!"
L'Autrice(C) borbottò: "Certo, noi autori e autrici abbiamo il dovere morale di parlare di tematiche serie da cui potremmo anche essere disturbati, mentre poi voi affermate cose tipo 'se seguo il vostro profilo Tumblr, vi vieto tassativamente di pubblicare foto di patate al forno con il prezzemolo, perché sono triggerata dalle patate al forno con il prezzemolo, chiunque pubblichi foto di patate e di prezzemolo, ma soprattutto consumi questi alimenti, è un kriminalehhhh e provvederò a rimuoverlo dai followed, a bloccarlo, a segnalarlo, a denunciarlo alla polizia postale e a farlo estradare in un paese in cui sia in vigore la pena di morte."
L'Autrice(C) si prese la testa tra le mani: "Oh, no, una Voce fuori campo che vuole decapitare gente, neanche fosse il re di turno!"
"Come osi contraddirmi?" replicò la Voce fuori campo. "Oltre all'accusa di cannibalismo, ti denuncerò come estremista di destra, estremista di sinistra, estremista di centro ed estremista apolitica."
"Sorry what?" obiettò l'Autrice(C), affascinata soprattutto dal concetto 'estremista di centro', ma poi tornò alla realtà. "Senti, voce fuori campo, siamo nei tempi antichi, non esistono schieramenti politici, ma solo sovrani assoluti e nobili da mantenere; un po' come se fossero appartenenti a schieramenti politici del ventunesimo secolo, ma con la variante che non possiamo percularli e fare meme su di loro, altrimenti finiamo decapitati. Ti è tutto chiaro?"
"Mi è chiaro che sei cannibale e che hai ucciso per sfizio draghi e piccioni."
"Veramente ho solo commissionato l'omicidio di Lord Pennington per esigenze di trama, quando ho scritto 'Il mistero della pipa'."
"E sei pure tabagista!"
"Veramente no, ho scritto di gente che fuma per esigenze di trama, ma non ho mai fumato sigarette, né sigari né tantomeno la pipa."
La Voce fuori Campo aggiunse un'accusa: "Istigazione al fumo. E soprattutto istigazione all'avvelenamento da arsenico."
L'Autrice(C) puntualizzò: "A Lord Pennington è stata sfondata la testa con un pezzo di legno."
"Che bella cosa!" osservò la Voce fuori Campo. "Credevo avesse fatto una fine terribile, morendo dopo essere stato esposto alla visione di patate prezzemolate."
"Cos'avranno mai fatto di male queste patate prezzemolate?"
"Come osi anche solo menzionarle?! Tutto ciò è agghiacciante."
L'Autrice(C) iniziava a non poterne più di una Voce fuori campo che sembrava una tumbrina(1) teledipendente americana che di lì a poco avrebbe affermato che Beyoncé era la persona più importante e potente al mondo e che avrebbe dovuto far decapitare tutti per sfizio, quindi propose una mediazione.
"Ti piace non fare un cazzo, vero?"
"Esatto, da cosa l'hai capito?"
"Ti svelo un segreto: finché fai la Voce fuori Campo e affermi cose a caso senza avere un'idea di quello che stai dicendo, tutti ti considereranno una grandissima rompipalle. Tuttavia puoi continuare tranquillamente a non fare un cazzo, basta che, invece di rompere i coglioni 24/7, ti reinventi come viandante e pellegrina."
E con quelle parole ecco che l'Autrice(C) decise di far partire la Voce fuori campo per un lungo pellegrinaggio, durante il quale visse per lunghi anni a scrocco altrui. Siccome nonostante le accuse infamanti nei propri confronti era anche un'anima gentile, decise di non fare decapitare la Voce fuori Campo alla fine della sua avventura e, ormai lontana la fonte di disturbo, mise fine alla breve raccolta di fiabe, perché dopo otto mesi era anche ora.

*** FINE ***





(1): utente di Tumblr, generalmente femmina e adolescente, che presa da buoni principi utilizza il proprio blog per trasmettere concetti positivi. Tuttavia, essendo generalmente ignorante come una capra, spesso non ha la più pallida idea di quello che sta affermando (o in alternativa è convinta di avere fatto tantissimo per una certa causa, quando magari ha scritto solo un post per elemosinare consensi e talvolta a imporre ai suoi follower di metterle like) e, quando riceve commenti argomentati e anche per nulla offensivi, generalmente sbraita iniziando ad accusare gli interlocutori delle peggiori cose nel tentativo di screditarli e/o di aizzare i suoi follower a bullizzare i suddetti interlocutori.

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