World War D, parte I: Avvisaglie

di Bankotsu90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** John Garrison ***
Capitolo 3: *** Oscar Hammel ***
Capitolo 4: *** Pietro Marangon ***
Capitolo 5: *** Michele Cattani ***
Capitolo 6: *** Salvatore lo Foco ***
Capitolo 7: *** Hunt Stockwell ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La chiamano in vari modi: la crisi, l’età oscura, l’armagheddon, ma anche con nomi più trendy, come guerra mondiale dei demoni o prima guerra dei demoni. A me personalmente non piace quest’ultima etichetta, perché presuppone un’inevitabile seconda guerra dei demoni. Per me sarà sempre la guerra dei demoni, l’evento che ci ha condotto sull’orlo dell’estinzione.
 
Questo documento sul maggiore conflitto nella storia dell’umanità deve la sua origine a uno scontro molto più piccolo e molto più piccolo tra me (Anthony Richardson, Tony per gli amici) e il presidente della commissione per il dopoguerra delle Nazioni Unite. La versione del documento era a tutti gli effetti il faticoso frutto di un impegno appassionato. Il mio indennizzo di trasferta, il mio livello di accesso alla sicurezza, il gran numero di traduttori che avevo a disposizione, testimoniavano tutto il rispetto e il valore attribuiti al mio lavoro in questo progetto. Inutile dire, quindi, che per me fu uno shock scoprire che quasi metà di quel lavoro era stata cancellata dalla stesura finale del rapporto.
 
Era tutto troppo intimo.
 
Mi disse il presidente durante una delle nostre tante accese discussioni.
 
Troppe opinioni, troppi sentimenti. Il rapporto non tratta solo di questo. Abbiamo bisogno solo di fatti e cifre, sgombri da qualsiasi sentimento.
 
Naturalmente, quella donna aveva ragione.
 
Il rapporto ufficiale fu un rapporto di dati freddi e precisi, una obiettiva ricostruzione delle operazioni che avrebbe permesso alle generazioni future di studiare gli eventi di quell'apocalittico decennio senza farsi influenzare dal fattore umano. Ma non è il fattore umano a legarci così profondamente al nostro passato? Le generazioni future troveranno più interessanti le tavole cronologiche e le statistiche sulle perdite o i racconti personali di individui così simili a loro? Escludendo il fattore umano, non rischiamo quel tipo di distacco personale dalla storia che potrebbe portarci, Dio ce ne scampi, a riviverla? E infine, non è forse il fattore umano l’unica differenza tra noi e quel nemico al quale facciamo riferimento parlando di demoni? Presentai queste argomentazioni, forse con meno professionalità di quanto avrei dovuto, al mio capo, che dopo la mia ultima esclamazione:
 
Non possiamo far morire queste storie!
 
Mi rispose subito con:
 
Allora non farlo. Scrivi un libro. Hai ancora tutti i tuoi appunti e la libertà legale di usarli. Chi ti impedisce di tenere in vita queste storie nelle pagine del tuo (imprecazione censurata) libro?
 
Qualche critico avrà senza dubbio da ridire su di un libro di memorie così a ridosso della fine della guerra.  Dopotutto sono passati solo 12 anni dalla dichiarazione del “giorno della vittoria” in America, e appena un decennio dalla dichiarazione del “giorno della vittoria” in Unione Sovietica, che molti considerano la fine ufficiale della guerra. Come possiamo avere, quindi, una prospettiva storica quando, con le parole di un collega dell’ONU “La pace non ha ancora avuto il tempo di farci dimenticare la guerra”? L’obiezione è fondata e necessita una risposta.
 
 Per questa generazione, di chi ha combattuto e sofferto per offrirci questo nuovo decennio (e si spera millennio) di pace, il tempo è tanto un nemico quanto un alleato. Certo, gli anni a venire permetteranno, col senno di poi, frutto di una maggiore saggezza e di ricordi visti alla luce di un mondo maturato. Ma molte di queste memorie potrebbero non esistere più, intrappolate in corpi e spiriti troppo debilitati o malati per assistere al raccolto dei frutti della loro vittoria. Non è un gran segreto che l’aspettativa di vita mondiale sia appena un’ombra di ciò che era prima della guerra. Malnutrizione, inquinamento, la ricomparsa di malattie un tempo debellate: questa è la realtà attuale persino negli Stati Uniti, nonostante l’economia in ripresa e il sistema sanitario pubblico. semplicemente non ci sono abbastanza risorse per provvedere a tutte le vittime fisiche e psicologiche della guerra. È a causa di questo nemico, il tempo, che ho rinunciato al lusso di un giudizio retrospettivo e ho pubblicato questi resoconti dei sopravvissuti. Forse, tra qualche decennio, qualcuno si assumerà il compito di raccogliere i ricordi di sopravvissuti più vecchi e più saggi.

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Capitolo 2
*** John Garrison ***


Hyde Park, Londra, Regno Unito
 
John Garrison, ex direttore del SIS (Secret Intelligence Service) è un uomo sulla settantina, con corti capelli grigi, baffi dello stesso colore e occhi neri; indossa un completo elegante scuro, e, seduto su una panchina, fuma una pipa. Quando mi vede mi rivolge un sorriso cordiale e mi invita a sedermi accanto a lui.
 
Ancora oggi molti ci rinfacciano di non essere stati in grado di sventare la minaccia…
 
Scuote il capo.
 
E come accidenti avremmo potuto? Non siamo né onniscienti né onnipotenti! Ma la gente comune dà per scontato che noi sappiamo sempre tutto, che possiamo tutto.
 
Io lo fisso con curiosità.
 
Per noi intende i servizi segreti?
 
Lui annuisce.
 
I film di spionaggio, i romanzi, rappresentano i servizi d’intelligence come  qualcosa di potente, occulto, che ha orecchie e occhi in ogni angolo del globo… In ogni città, ogni strada, ogni vicolo.
 
Sospira.
 
Ma le risorse, il numero degli agenti a disposizione non è illimitato, e non è possibile sorvegliare ogni parte del mondo continuamente. Rimangono sempre zone d’ombra, in cui governi, terroristi e criminali sono liberi di architettare e portare a termine i loro piani, che si tratti di invasioni o attentati: l’invasione delle Falkland nell’82, l’attentato a Giovanni Paolo II, la guerra del Kippur… Potrei continuare. E in ogni caso c’è chi punta il dito contro noi spie, accusandoci di incapacità o di complicità.
 
Complicità?
 
Yes… Cose tipo: Kennedy è stato assassinato dalla CIA, Pearl Harbor fu deliberatamente permesso dal governo statunitense per avere un pretesto per scendere in guerra, ecc. In questo caso c’è chi parla di satanisti infiltrati, nelle istituzioni che avrebbero favorito l’attacco dell’83. Sono delle assurdità, ma degli allocchi che ci credono non mancano mai.
 
Beh, di sicuro ci fu negligenza… L’intelligence ignorò i primi segnali d’allarme.
 
Lui mi guarda infastidito.
 
Giovanotto, di quali segnali parlate?
 
Tanto per cominciare i sanguinosi omicidi che si verificarono a partire dall'autunno dell’82.
 
Garrison sbuffa, seccato.
 
Non era compito del SIS… Noi ci occupavamo di individuare e eliminare ogni minaccia alla sicurezza nazionale, che fosse esterna o interna, tipo spie o terroristi. Certo, ne avevo letto ogni tanto su sui giornali (The Sun, Daily Mirror, The Guardian) e avevo visto qualche servizio sul notiziario della BBC… ma non ci avevo dato peso… Anche perché la cronaca nera mi interessava poco.
 
Poi però arrivò la cosiddetta Monsters Plague…
 
Garrison stavolta fa una faccia imbronciata, come se dei brutti ricordi gli attraversassero la mente.
 
Già… Così la chiamarono, almeno inizialmente, i media. Uomini, donne, bambini che, senza un motivo, si trasformavano in mostri e collassavano a terra morti, in varie città: Londra, Manchester, Belfast ecc. Ciò, unito ai recenti fatti di sangue, creò un clima di panico a livello nazionale. I cittadini, confusi e spaventati, si domandavano cosa stesse accadendo, e se quella… Piaga potesse colpire loro o i loro cari. Ogni giorno c’erano articoli o servizi riguardanti il fenomeno, conditi da ipotesi o interviste. E questo non fu certo utile a mantenere la calma tra la popolazione.
 
Fu allora che il SIS si mosse, iniziando a indagare?
 
Lui tira una boccata dalla sua pipa e annuisce di nuovo.
 
Yes… La Iron Lady di Downing Street mi contattò personalmente, intimandomi di usare ogni mezzo, legale o illegale, per scoprire cosa stava capitando. Voleva risposte soddisfacenti, e il prima possibile.
 
Faccio un fischio.
 
Miss Tatcher in persona…
 
Già… Me lo ricordo ancora oggi, era il marzo dell’83. Era tesa, nervosa.
 
Temeva per sé stessa? Di finire contagiata?
 
Garrison sposta lo sguardo verso destra, osservando alcuni bambini che giocano a calcio. Poi dice:
 
Anche per quello… Le elezioni generali si sarebbero svolte di lì a 3 mesi, e l’opposizione laburista la criticava pesantemente, accusandola di essere inadatta a gestire la crisi. Ma che avrebbe potuto fare di fronte a un fenomeno tanto improvviso quanto misterioso? Non era Madam Mim*, non aveva una bacchetta magica con cui risolvere i problemi.
 
Così iniziaste a indagare.
 
Sì. La prima cosa che appurammo è che il fenomeno non stava interessando solo la Gran Bretagna, ma anche varie, altre nazioni: Stati Uniti, Italia, Turchia e via dicendo. Così avviammo indagini congiunte con gli altri servizi segreti della NATO, o comunque di paesi amici: CIA, Mossad,  CSIS* ecc. Dal momento che ignoravamo l’esistenza dei demoni, l’ipotesi più plausibile era che le trasformazioni fossero causate da un virus, creato in laboratorio, che qualcuno aveva diffuso deliberatamente.
 
Chi?
 
La principale sospettata era l’Unione Sovietica, che in quel periodo aveva aumentato la presenza militare ai confini con l’alleanza atlantica, principalmente nella DDR, in Cecoslovacchia e in Bulgaria, e conduceva esercitazioni navali, aeree e terrestri, come se stesse preparando le sue forze armate a una offensiva in grande stile. Il mio collega della CIA, Hunt Stockwell, era convinto che entro quell'anno  sarebbe deflagrata la Terza Guerra Mondiale. Inoltre né l’URSS né i suoi satelliti  erano stati colpiti dal fenomeno, o almeno così volevano far credere.
 
Cosa intende dire?
 
Garrison incrocia le braccia.
 
Che la Monsters Plague era comparsa anche oltre cortina, ma i regimi comunisti insabbiarono le notizie, cosa non difficile dato che TV, radio e giornali erano controllati dallo stato. Il concetto di libertà d’informazione e di stampa non esistevano allora, all'est. Noi lo abbiamo scoperto solo dopo la coventrizzazione nucleare di Tsuringrad.
 
E le manovre militari?
 
Guarda caso, nutrivano i nostri stessi timori. Erano convinti che l’Occidente avesse diffuso un qualche virus con l’intento di destabilizzare il Patto di Varsavia, favorendo un successivo attacco. E non biasimo i capoccia del Cremlino per aver sospettato di noi per mesi.
 
Una coppia di fidanzati ci passa vicino. Quando sono lontani continuo l’intervista.
 
Quali erano le altre piste?
 
L’ex direttore del SIS le enumera sulle dita di una mano.
 
La Libia, o qualche gruppo terrorista: l’IRA**, l’OLP***, Settembre Nero, l’Armata Rossa Giapponese e via dicendo.
 
Quale era la vostra opinione in merito?
 
Garrison ci pensa su prima di rispondermi.
 
Escludevo la pista terroristica: i gruppi sopra citati erano abili a piazzare ordigni e autobombe, e a compiere dirottamenti, non a creare virus. Stesso discorso per la Libia. Rimaneva solo l’Unione Sovietica, ma avevo dubbi anche sulla sua colpevolezza… La piaga aveva colpito anche nazioni neutrali, come l’Austria, la Svizzera e l’Irlanda.
 
Alza lo sguardo al cielo,terso, dove vola alto un aereo di linea, diretto a nord.
 
C’erano anche altri indiziati… Qualcuno accusava l’Argentina, una vendetta per averle impedito di riconquistare le Malvinas, come le chiamavano a Buenos Aires. Poi… Beh, poi c’erano le teorie complottiste, storie che tiravano in ballo extraterrestri, cospirazioni e via discorrendo.  E in tutto questo noi del SIS brancolavamo nel buio. Io mi spremevo le meningi, e, ad un certo punto, il mio… Sesto senso mi fece venire un forte sospetto.
 
Quale?
 
Che le trasformazioni/morti e gli omicidi fossero in qualche modo correlati. Che avessero… Una causa comune. Così misi al lavoro i miei agenti, col compito di raccogliere più informazioni possibili usando ogni fonte possibile (quotidiani, notiziari, referti autoptici, contatti esteri ecc.)
 
E cosa scopriste?
 
Che la piaga e gli omicidi non erano gli unici avvenimenti bizzarri del periodo: in Giappone un treno carico di passeggeri era svanito nel nulla; nell'Antartide una base di ricerca norvegese era andata distrutta per cause ignote; in Francia i media parlavano della comparsa di una nuova Bestia del Gevaudan****; i nostri colleghi yankee ci rivelarono che un commando delle forze speciali statunitensi, in missione in Nicaragua, era stato quasi completamente distrutto da una misteriosa entità.
 
Abbassa lo sguardo e mi fissa con intensità.
 
Molte volte, durante la mia vita, ebbi paura: nel 1940, quando all'età di 7 anni vidi la mia patria flagellata dai bombardamenti della Luftwaffe (sono di Coventry, sa?); nel ’56, quando Kruscev minacciò di nuclearizzare Londra se noi britannici non avessimo sgombrato Suez; nel ’62, quando la crisi di Cuba sembrò sancire l’inizio di una nuova guerra globale; nel ’73, quando l’IRA fece esplodere alcune bombe nella capitale. Ma nulla mi inquietò più dei misteriosi eventi verificatisi circa un ventennio fa, preludio a un qualcosa di più spaventoso… Anzi, di apocalittico.


NDA

*Maga Magò

**Canadian Security Intelligence Service
 
***Irish Republican Army
 
****Organizzazione per la Liberazione della Palestina
 
*****Nome attribuito a un animale misterioso, mai identificato, che tra il 1764 e il ’67 attaccò e uccise 113 persone nelle campagne del Gevaudan, una regione della Francia centro-meridionale.

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Capitolo 3
*** Oscar Hammel ***


Berlino, Germania
 
 In un ristorante di Charlottenburg-Wilmersdorf, affacciato sulla Kurfürstendamm, incontro Oscar Hammel, un uomo di mezz'età con corti capelli castani scuri e occhi verdi; indossa un completo grigio e porta occhiali rettangolari. Mi accoglie  in modo cordiale, offrendomi un pranzo a base di zuppa di gamberi, pasticcio di patate e Baumkuchen* per dessert. Tra un boccone e l’altro lo intervisto.
 
All'epoca ero un maggiore del MAD**. Mi occupavo principalmente di controspionaggio: scovavo spie e simpatizzanti della DDR annidati tra le fila della Bundeswehr***,  a volte sventavo tentativi di sabotaggio alle installazioni militari NATO. Ciò non veniva mai pubblicizzato sui quotidiani, per non far salire la tensione tra i due blocchi.
 
Come reagiste di fronte agli eventi misteriosi che stavano colpendo la vostra patria?
 
Se si riferisce agli omicidi non vi prestai molta attenzione. Quanto alla cosiddetta Monster plagen… Beh, ammetto che mi angosciò non poco. Era la seconda notizia più diffusa dai media. Sui notiziari della ZDF mandavano in onda immagini dei cadaveri mutati. Ciò che era capitato a loro poteva succedere anche a me.
 
Qual era la prima?
 
Le tensioni tra NATO e Patto di Varsavia, ovviamente. Tutto lasciava intendere che avremmo assistito allo scoppio della Terza Guerra Mondiale: 100.000 soldati sovietici schierati alle nostre frontiere (in Germania Est e Cecoslovacchia), i caccia sovietici che violavano il nostro spazio aereo, carri sovietici e americani che si fronteggiavano a Berlino, le dichiarazioni bellicose dell’ambasciatore sovietico all'ONU, Oleg Troyanovsky…. Di fronte a ciò il governo di Bonn mise in stato di allerta le forze armate, mentre in tutte le principali città si svolgevano esercitazioni in vista di eventuali raid aerei nemici, una cosa che non capitava da 40 anni. Ovunque regnava la paura, alimentata dalla nuova malattia (o ciò che credevamo fosse una malattia). Non vedevo simili scene dal lontano 1962, durante la crisi di Cuba.
 
Sbuffa, e si passa una mano fra i capelli.
 
Noi ci trovavamo in una brutta situazione… Praticamente eravamo in prima linea. Un bersaglio primario in caso di conflitto. Per scoprire di più sulle intenzioni di quei bastardi contattai una talpa, un colonnello della Stasi da tempo sul nostro libro-paga… Klaus Warwick. Il suo nome in codice era Primula Rossa, e ogni tanto mi passava informazioni utili.
 
Prendo appunti.
 
Scopriste qualcosa di utile?
 
Oscar si aggiusta gli occhiali, fissandomi in modo serio.
 
Scoprii che la malattia si era manifestata anche oltre cortina… DDR, Polonia, Ungheria, Unione Sovietica e via dicendo. Ciò significava che i miei sospetti erano infondati: dietro la monster plagen c’era qualcun altro. Forse la Cina, forse qualche industria bellica senza scrupoli intenzionata ad arricchirsi…
 
Cosa faceste, allora?
 
Informai i miei superiori. Ovviamente rimasero sbigottiti quanto me, dato che davano per scontato che il colpevole fosse l’URSS.
 
Colpo di tosse.
 
Questo comunque non cambiava la situazione… La tensione tra le due superpotenze restava alta, e la gente continuava a trasformarsi e a morire… Tranne quelli che diventavano Devilmen.
 
Si guarda intorno, osservando i clienti intenti a mangiare o a conversare, mentre i camerieri si aggirano fra i tavoli per raccogliere/servire le ordinazioni.
 
Poi… Poi arrivò quel giorno, il 25 aprile 1983…
 
Chiude per qualche secondo gli occhi, come se il rievocare quegli eventi fosse doloroso per lui.
 
Erano le 8:15 del mattino… All'epoca prestavo servizio in una base di Norimberga. Ero appena entrato nel bar della base, quando dal televisore mi arrivarono all'orecchio le parole bombardamento atomico. Subito mi si ghiacciò il sangue nelle vene. Una serie di pensieri mi attraversò la mente: Quei bastardi di Mosca hanno sferrato un attacco nucleare proditorio… Quale città avranno colpito? Londra? Bonn? Parigi? O magari Bruxelles, che ospita il quartier generale principale della NATO?
 
Un cameriere si avvicina e ci chiede se vogliamo qualcosa da bere. Oscar chiede della birra, io dell’acqua. L’uomo annuisce e si allontana. L’attuale direttore del MAD riprende a narrare.
 
“<Mi avvicinai al bancone, e chiesi al barista, in tono concitato (risuonò quasi come un ordine) di alzare il volume della TV. Lui obbedì, e allora potei udire meglio le parole del conduttore: il governo sovietico aveva sganciato una bomba all'idrogeno su Tsuringrad, una grande città posta in Siberia. Il centro abitato era stato totalmente raso al suolo. La motivazione era che essa era stata invasa da entità non umane, chiamate in russo Kataha, che in tedesco si traduce Dämonen, ovvero demoni.
 
Oscar si strofina nervosamente il viso con ambo le mani, assumendo un’aria sconvolta, come se gli eventi che narra fossero avvenuti una settimana fa, e non un ventennio fa.
 
Io ero… Scheisse, non so bene come descriverlo… Confuso, shockato. Se gli eventi precedenti mi avevano messo addosso un’ansia tremenda, questi mi gettarono nella totale paura. Demoni? Quei demoni? Quelli che popolano miti e leggende? Una parte di me si rifiutava di crederci e cercava una spiegazione alternativa: extraterrestri, armi biologiche create dal governo sovietico e sfuggite al controllo del suddetto. Poi ripensai alla monster plagen e iniziai a sospettare che i due eventi potevano essere collegati.
 
Il cameriere fa ritorno con due bottiglie, una di birra e l’altro d’acqua. Noi lo ringraziamo con un cenno, poi quando si è allontanato Oscar riempie un boccale e lo beve in un sorso. È palesemente agitato. Rievocare quegli eventi non è salutare al suo sistema nervoso… Ma l’intervista deve proseguire.
 
I vostri colleghi come reagirono?” Gli domando.
 
Lui mi fissa dritto negli occhi.
 
Erano sbigottiti quanto me… Se non di più. Ricordo ancora i loro commenti, carichi di stupore e timore. Uno in particolare, quello di un mio superiore, il colonnello Ried, mi rimase impresso. Disse: se hanno fatto ricorso a un’arma devastante come la bomba H  significa che le armi convenzionali hanno fallito.
 
Scuote il capo.
 
A quel punto la paura che provavo aumentò a dismisura… Quello che era accaduto a Tsuringrad poteva succedere altrove? Altre città sarebbero state nuclearizzate? Ero preoccupato soprattutto per Monaco di Baviera, la mia città natale, dove vivevano i miei genitori, e per Norimberga, dove vivevo con mia moglie. E fu allora che…
 
Si interrompe. Ora il suo viso ha assunto un biancore impressionante, e gli occhi sono colmi di terrore. Per qualche minuto rimane in silenzio.
 
Cosa accadde?” Gli chiedo, con la massima delicatezza possibile.
 
C’era una ragazza… Hilda Reitsch. Era impiegata presso l’archivio della base. Una splendida ragazza… Capelli neri lunghi fino alla schiena, occhi celesti. Ed era anche simpatica, gentile, educata. Io e lei avevamo stretto…
 
Pausa.
 
Un forte legame affettivo.” Conclude, mentre un flebile sorriso gli increspa le labbra.
 
Sono tentato di chiedergli se lui e quella Hilda fossero amanti, ma mi trattengo. Certe domande non sono mai bene accette, specie se l’intervistato, come ora, è soggetto a un forte stress emotivo.
 
Cosa le è capitato?
 
Subito il sorriso di lui svanisce, e torna all’espressione inorridita di prima.
 
C’era anche lei quel giorno, al bar, quando fu data la notizia di Tsuringrad. Era sconvolta, come tutti. Ad un certo punto…
 
Esita, distoglie lo sguardo da me.
 
Ad un certo punto si portò le mani ai capelli, gridando a squarciagola. Io la afferrai per le spalle, chiedendole cosa avesse. E fu allora che iniziò a mutare.
 
Altra pausa.
 
Avevo già visto i cadaveri dei contaminati, su giornali e notiziari (così li chiamava la stampa all'epoca, almeno fino a Tsuringrad). Ma mai avevo assistito in diretta a una trasformazione. E mi creda, fu agghiacciante… La sua pelle  si ricopri di scaglie, le unghie divennero artigli affilati… E dopo pochi istanti crollò al suolo, esanime, sotto i miei occhi e quelli dei nostri colleghi.
 
Ammutolisce di nuovo, come se non avesse il coraggio di andare oltre. E io non me la sento di porgli altre domande. Trascorriamo il resto del pranzo in silenzio, poi, lasciato il ristorante  prendiamo strade diverse.
 
NDA
 
*Un dolce allo spiedo, di origini tedesche ma diffuso anche in Giappone.
 
** Militärischer AbschirmDienst.

***Le forze armate tedesche

 

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Capitolo 4
*** Pietro Marangon ***


Venezia, Italia
 
Incontro Pietro Marangon a piazza San Marco, davanti a ciò che resta della cattedrale. La parte superiore del campanile è distrutta, segno dell’attacco dei demoni di 20 anni prima. La giunta regionale, a guida democristiana e in carica da 8 anni, si è più volte ripromessa di ricostruirlo, ma ha dovuto dare priorità alle abitazioni private, alle infrastrutture ecc. Pietro è un anziano di 89 anni, ha radi capelli grigi e occhi celesti; per camminare deve servirsi di un bastone.
 
Di fronte a voi, mister, avete un uomo che ha vissuto la storia sulla propria pelle… E non parlo solo dell’attacco dei demoni. Arruolatomi volontario nel Regio Esercito, fui assegnato al 27° reggimento di fanteria del colonnello Antonio di Maggio, che partecipò alla guerra d’Etiopia sotto il comando di Rodolfo Graziani, fronte meridionale. Nel ’39 noi del 27° prendemmo parte all'occupazione dell’Albania e, dopo  il 28 ottobre 1940, fummo tra i primi a entrare in Grecia. Dopo l’8 settembre ’43 ci unimmo in qualità di cobelligeranti agli inglesi.
 
E dopo la guerra?
 
Feci ritorno nella natia Venezia, dove divenni proprietario di un bar. Da lì fino al 1983 trascorsi una esistenza serena… E anche un po’ noiosa.
 
Ridacchia.
 
Un uomo che ha trascorso anni della sua vita sui campi di battaglia non può adattarsi da un giorno all’altro a una vita pacifica.
 
Troviamo una panchina libera e ci sediamo.
 
Quale fu la vostra prima reazione all'ondata di eventi misteriosi che stavano colpendo l’Italia e l’intera Europa?
 
L’anziano assume un’aria pensosa.
 
Se parla degli omicidi non ci feci caso… E neanche i miei vicini. Sa, eravamo ancora euforici per la recente vittoria della nazionale ai mondiali di Spagna. Poi…
 
Emette un sospiro.
 
Poi, con l’arrivo della… Malattia dei mostri, le cose presero una piega sinistra. All'epoca avevo quasi 70 anni, e quando la piaga colpì la penisola venni assalito da un’angoscia tremenda. Ho assistito personalmente a un paio di trasformazioni, e avevo paura che il prossimo a venire infettato sarei stato io o uno dei miei famigliari. Inoltre, le tensioni all'est…
 
Scuote il capo.
 
Quotidiani e telegiornali non parlavano d’altro: articoli, servizi, interviste a scienziati/esperti che dicevano tutto e il contrario di tutto. Tutto ciò alimentava un clima di paura e incertezza, nessuno capiva cosa stesse effettivamente accadendo.
 
E per quanto riguardava i politici?
 
Pietro fa una faccia schifata, mentre osserva, in lontananza, uno stormo di piccioni impegnato a gironzolare in mezzo alla piazza.
 
Una manica di tromboni incompetenti… Bravi solo a chiacchiere, slogan e ad aizzare i cittadini gli uni contro gli altri, ma mai che risolvano davvero i problemi.
 
Comprendo, ma cosa dicevano riguardo l’epidemia?
 
Per il Pentapartito* c’era lo zampino dei Sovietici, o dei libici, o delle Brigate Rosse, che avevano diffuso qualche virus. Per i comunisti invece il virus era stato creato dagli americani in qualche laboratorio segreto, e poi accidentalmente diffuso. Ci furono dibattiti accesi sia al senato che alla camera. Ricordo ancora il discorso del segretario del PCI**, Natta, che accusava gli Stati Uniti di spingere il mondo verso la Terza Guerra Mondiale con le loro politiche aggressive e imperialiste (lo scudo spaziale, l’intervento a Grenada), e che l’URSS stava semplicemente reagendo alle manovre bellicose di Washington. Auspicava inoltre l’uscita dell’Italia dall'alleanza atlantica, sostenendo che la patria aveva già mandato al massacro giovani italiani in due guerre, e che sarebbe stato inaccettabile farlo di nuovo. Alla fine gridò: Fuori l’Italia dalla NATO, Yankee go home! A rendere il clima più teso, le polemiche più incandescenti, c'era il fatto che nel giugno di quell'anno ci sarebbero state le elezioni, e ogni partito mirava a superare/screditare l'altro.
 
Sputa per terra.
 
Era un lacchè del Cremlino… Non come il suo predecessore, Enrico Berlinguer. Purtroppo durante un comizio a Genova, nel febbraio dell’83,  è rimasto vittima del morbo (quello che credevamo fosse un morbo).
 
Due turiste asiatiche (non so se coreane, cinesi o giapponesi) ci passano accanto. Io le guardo incantato, poi torno a concentrarmi sull'intervista.
 
Quindi il vostro governo non adottò misure concrete?
 
L’allora presidente della repubblica, Sandro Pertini, mise le forze armate in stato di allerta. Il premier Fanfani***, in un discorso televisivo in diretta nazionale, invitò i cittadini a prepararsi al peggio. Noi non cercheremo la guerra, ma siamo pronti a combattere. Così disse.
 
Si gratta nervosamente il capo.
 
La situazione si fece sempre più tesa… In tutte le maggiori città si svolgevano esercitazioni in vista di bombardamenti aerei (o nucleari), i comunisti inscenarono un paio di manifestazioni contro la guerra (e la NATO). Nel mio bar i clienti non parlavano d’altro.
 
La vostra famiglia? Cosa diceva?
 
Era profondamente divisa… Secondo Giovanna, mia moglie, dovevamo restare a Venezia. Dopotutto a nord e ad est avevamo la Jugoslavia e l’Austria, stati neutrali, quindi non era affatto scontato che i sovietici mettessero piede nella penisola. sarebbero dovuti passare attraverso Germania Ovest e Francia; mio figlio Alberto, il primogenito, diceva che i sovietici avrebbero potuto invadere le suddette nazioni per affondare ne nord-est come un coltello nel burro, e che la soluzione migliore era fuggire verso sud, magari in Sicilia. Claudio, il secondogenito, diceva che, in caso di invasione sovietica, avremmo potuto trovare rifugio in Svizzera, stato neutrale per eccellenza che non subiva invasioni dai tempi di Napoleone. Poi… Poi a troncare quel dibattito arrivò la notizia della distruzione di Tsuringrad.
 
Fa una lunga pausa, prima di riprendere.
 
Quella mattina ero nel mio bar, intento a servire un paio di clienti. Con m’è c’erano mia moglie e Alberto, mentre Claudio era al lavoro in uno stabilimento FIAT. Improvvisamente sul televisore apparve una annunciatrice che dichiarò: Interrompiamo il programma (non mi ricordo quale) per darvi una edizione straordinaria del TG1. La prima cosa che pensai fu: è cominciata… Il mondo brucerà per la terza volta. Ovviamente io e gli altri rimanemmo esterrefatti quando sapemmo della distruzione della città. E la notizia sulle entità non umane, i demoni…
 
Chiude gli occhi per qualche istante.
 
Mi sembrava di essere finito in un film horror… Non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo, e avevo paura… Non ne provavo così tanta da 40 anni. Mio figlio domandò: e se anche Venezia venisse bombardata?
 
Sospira di nuovo.
 
Io feci per rispondergli, ma in quel momento un grido dall'esterno attirò la mia attenzione. Io e mio figlio corremmo all'aperto, notando una coppia di turisti: lui era appena mutato in una creatura insettoide, ed era morto; lei, una bionda carina (credo fosse svedese) piangeva e gridava frasi nella sua lingua madre.
 
Nessuno cercò di aiutarla?
 
Lui scuote la testa.
 
I passanti presenti temevano di rimanere contagiati… E poi, che avrebbero potuto fare? L’unico in grado di fare miracoli è stato messo in croce 2 millenni fa.
 
Tossisce.
 
Io feci appena in tempo a realizzare l’accaduto che un aereo di linea della British Airways, decollato da Londra, precipitò, andando a sfracellarsi nel quartiere vicino… Il quartiere Castello. Ci furono numerose vittime, non ricordo quante.
 
Cosa era accaduto?
 
Si appoggia allo schienale della panchina.
 
Lo dissero al notiziario, basandosi sulla registrazione della scatola nera: alcuni passeggeri e membri dell’equipaggio (piloti compresi) erano mutati. Inoltre, stando alle ultime dichiarazioni concitate del comandante del volo, alcuni non erano morti e avevano iniziato a fare strage delle persone a bordo. Poi il velivolo, privo di controllo, si era schiantato al suolo.
 
Mi guarda con occhi impauriti.
 
E quello era solo il principio… Se ripenso a cosa capitò quell'estate… Oh, siór!
 
Inizia a tremare leggermente.
 
NDA
 
*Coalizione di partiti composta da DC (Democrazia Cristiana), PSI (Partito Socialista Italiano), PSDI (Partito Socialista Democratico Italiano), PRI (Partito Repubblicano Italiano) e PLI (Partito Liberale Italiano).
 
**Partito Comunista Italiano.
 
***Amintore Fanfani, più volte presidente del consiglio e del senato.

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Capitolo 5
*** Michele Cattani ***


Bologna
 
Incontro Michele Cattani sulla Piazza Maggiore, sui cui un tempo si affacciavano importanti edifici storici, come il palazzo dei notai, quello del podestà e la Basilica di San Petronio. Adesso buona parte di essi sono crollati o gravemente danneggiati. Devo ammettere che sono impressionato da questi edifici, innalzati centinaia di anni prima che i Padri Fondatori apponessero la loro firma alla dichiarazione d’indipendenza.  L’Italia è senza dubbio un paese ricco di storia, molto più del mio. Ma andiamo avanti: io e Michele, un uomo di mezz'età con corti capelli neri e occhi castani, ci sediamo a un tavolo in un bar all'aperto, dove ordiniamo due caffè e alcuni croissant. Qui comincia l’intervista.
 
All'epoca ero commissario capo di polizia a Palermo, in Sicilia. Un periodo buio, sa?
 
Prima ancora che arrivassero i demoni?
 
Lui annuisce.
 
Quegli erano gli anni della seconda guerra di mafia, dopo quella degli anni ’60. Le principali famiglie malavitose erano in lotta tra loro… Un conflitto segnato da omicidi, agguati, attentati e via dicendo.
 
Tossisce.
 
E ad andarci di mezzo c’erano pure poliziotti, giudici, avvocati, giornalisti… Colpevoli di aver ficcato il naso negli affari di questo o di quel clan.
 
Beve un sorso di caffè.
 
Mi creda… All'epoca la Sicilia era un inferno (non che adesso sia un paradiso). Qualcuno potrebbe accostarla al vostro Far West.”
 
Foste voi a condurre le indagini sugli omicidi misteriosi?
 
Lui ridacchia.
 
E chi vuole che le conducesse? Il primo caso anomalo che riscontrai mi condusse a un allevamento bovino, situato nella campagna attorno Palermo. Era il 20 ottobre dell’82.
 
Cosa accadde di preciso?
 
Tutto era iniziato qualche giorno prima, quando alcuni contadini, intenti nella raccolta delle olive, si erano imbattuti in Luigi Battistella, il figlio più piccolo dei proprietari del suddetto allevamento, che vagava senza meta. Avevano provato a chiedergli cosa ci facesse lì, ma il ragazzino non aveva risposto… Era come in stato di shock. Guido, uno degli agricoltori, si era recato all'allevamento, situato a breve distanza,  per controllare la situazione, e una volta lì aveva scoperto che tutti i componenti della famiglia Battistella (il padre Emiliano, la madre Rosa, la nonna Nina, i due figli maggiori, Antonella e Lorenzo) erano stati ammazzati. Inorridito, era tornato al suo oliveto e aveva informato gli altri della macabra scoperta.
 
Chiamarono la polizia?” Domando, dopo aver finito di mangiare un croissant.
 
Ovvio. Io mi recai sul luogo del delitto, a bordo della mia auto… Una FIAT 600 rossa. Un pezzo da museo già all'epoca. Tuttavia era un regalo di mio padre, fattomi dopo poco che conseguii la patente, e ci ero affezionato. Ma proseguiamo: i coniugi Battistella abitavano in una casa a due piani color panna. Il complesso, oltre alla casa, comprendeva: le stalle; un granaio; un capannone, dove erano parcheggiati un trattore e  l’auto di famiglia, una Fiat Argenta (oltre ad altre macchine e attrezzature agricole); un lotto di terra su cui pascolava il bestiame; alcuni campi coltivati (i Battistella erano agricoltori, oltre che allevatori). Sul posto era presente una squadra di agenti, intenti a presidiare l’area e a cercare indizi.
 
Beve un altro sorso di caffè.
 
Sulle prime pensai all'ennesima strage mafiosa. I Battistella erano gente onesta, ma basta poco per scatenare le ire di Cosa Nostra. Una volta un boss fece strangolare tre tizi perché, oltre a fare chiasso nel ristorante in cui stava pranzando, lo avevano insultato e minacciato con una pistola. Fu nell'estate del ’73.
 
Guarda verso la piazza, con un’aria inquieta.
 
Mi sbagliavo… E lo capii quasi subito.
 
Come?
 
Torna a guardarmi, con una espressione seria.
 
Mi diressi verso la casa, notando per prima cosa la porta d’ingresso, scardinata e gettata sul pavimento. Varcato l’ingresso mi ritrovai nel salotto, dove trovai i corpi di Antonella e Lorenzo…. Anzi, ciò che ne rimaneva.
 
Il suo volto assume un pallore cadaverico. Sembra sul punto di vomitare, come se il solo ripensare a quella macabra scena lo nauseasse.
 
Dei sicari di Cosa Nostra avrebbero usato armi da fuoco. In questo caso le vittime erano state sbranate.
 
Lo guardo con confusione.
 
Sbranati?
 
I cadaveri (o ciò che ne rimaneva)  erano orribilmente mutilati e divorati… Qua e là si notavano graffi e morsi (l’autopsia stabilì poi che alcuni organi mancavano). C’era molto sangue. Un paio dei miei avevano dato di stomaco a quella visione agghiacciante, e non li biasimo. In corridoio trovai Rosa, in cucina Nina… Entrambe straziate. Controllai anche le stanze da letto, le cui porte d’ingresso erano ridotte a pezzi. Non trovai nulla di rilevante. Mi spostai allora nelle stalle, e anche qui mi trovai davanti a una carneficina sanguinosa. Per primo notai Emiliano, ridotto a una carcassa sanguinolenta. Accanto a lui c’erano la sua lupara, scarica (segno che aveva sparato contro qualcuno o qualcosa) e il suo cane, Laika, col fianco squarciato.
 
Chiude gli occhi per un paio di secondi.
 
Al bestiame non era andato meglio… Tutti gli animali (adulti e vitelli) erano stati sbranati e divorati, e sul pavimento rimanevano sangue, ossa e altri resti.
 
Scuote il capo.
 
No… Non poteva essere opera della mafia… Anzi, non poteva essere opera umana. Era come se un grosso branco di belve avesse imperversato nell'allevamento. Ma in Sicilia i lupi si erano estinti negli anni ’20, e altri predatori non ce n’erano. Nessun animale selvatico era scappato da zoo o circhi nella provincia. Inoltre…
 
Sospira.
 
Nessun animale feroce poteva scardinare/sbriciolare una porta. Al commissariato brancolavamo nel buio, e dovevamo occuparci di molti altri casi. Tuttavia non potevo lasciar perdere cosi.
 
Avete provato a interrogare l’unico superstite?
 
Sì, ma dato il suo stato catatonico non cavai un ragno dal buco.
 
Voi conoscevate le vittime?
 
Annuisce.
 
Sì… Gran brave persone. Ogni tanto mi invitavano a pranzo o a cena. Rosa era una bravissima cuoca, preparava certi manicaretti (tipo gli anelletti al forno)…
 
Sorride brevemente. Poi il suo viso si incupisce di nuovo.
 
A rendere il mistero più fitto c’era il fatto che questi sanguinosi delitti si stavano verificando un po’ in tutta Italia… Da Nord a Sud, tanto in città quanto in campagna. I media ne parlavano in continuazione. Poi… Poi arrivò la piaga dei mostri, e i riflettori si spostarono altrove.
 
Distoglie lo sguardo, fissandolo sui pochi, altri clienti presenti, intenti a mangiare o a chiacchierare.
 
Se già la guerra tra clan mafiosi e i delitti creavano un clima di terrore, questo… Fenomeno lo aggravò. I cittadini erano terrorizzati, volevano risposte dalle autorità… Risposte che non potevano dare. Il presidente della regione, Calogero Lo Giudice, assediato dalle opposizioni e dalla stampa, esercitava forti pressioni sulle forze dell’ordine affinché scoprissero la causa di questo fenomeno. A costo di trascurare altri dossier. Aggiungiamoci una probabile Terza Guerra Mondiale e si aveva un perfetto scenario da pre-apocalisse... Apocalisse che si sarebbe verificata di lì a poco.
 
Assume una espressione addolorata, gli occhi gli si fanno lucidi. Sembra sul punto di scoppiare in lacrime.
 
Avete perso qualcuno?” Gli domandò, d’impulso.
 
Mi fissa, per poi estrarre dalla tasca della giacca una foto, che poggia sul tavolo. La osservo: nella foto, scattata durante una festa (forse un compleanno, o a natale, o a capodanno), appare Michele, più giovane, in compagnia di una donna bionda con gli occhi verdi e di una ragazzina, anch'essa bionda ma con gli occhi castani. Tutti e tre fissano l’obiettivo sorridenti, e sono vestiti in modo elegante.
 
Tutti, non qualcuno!” Dichiara, con voce rotta dall'emozione.

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Capitolo 6
*** Salvatore lo Foco ***


Genova
 
Ammetto di sentirmi emozionato di trovarmi in questa città, luogo di nascita del celebre navigatore Cristoforo Colombo:  colui che, il 12 ottobre 1492 scoprì l’America, il Nuovo Mondo, aprendo la strada alla colonizzazione europea. Al centro di Piazza De Ferrari (una delle principali piazze del capoluogo ligure) sorge il monumento alle vittime dell’assalto dei demoni, avvenuto un ventennio fa. Un obelisco di granito nero alto 30 metri con sopra una scritta in lettere argentee:
 
Dedicato alle innumerevoli vite innocenti che furono stroncate dal brutale attacco dei demoni, avvenuto il 10 luglio 1983.
 
Per qualche minuto rimango ad osservarlo. Monumenti come questo sorgono in tutte le maggiori città italiane, per onorare la memoria delle migliaia di persone (sia civili che soldati, sia adulti che bambini) massacrate dalle orde demoniache nell’estate dell’83. È ai piedi di tale obelisco che incontro Salvatore lo Foco, ex capitano di vascello della guardia costiera, un tempo operante ad Agrigento (Sicilia). È un uomo sulla cinquantina, coi capelli  brizzolati e occhi azzurri come il cielo.
 
Dubito che tutti comprendano l’importanza strategica della penisola: situata al centro del Mediterraneo, e col traffico commerciale da e verso Suez che deve passare attraverso il Canale di Sicilia. La potenza che controlla l’Italia (e in particolare la Sicilia) può piazzarvi basi navali e aeree, controllando di fatto quello che gli antichi romani chiamavano Mare Nostrum.” Spiega.
 
Mi rivolge un sorrisetto ironico.
 
Ed è ciò che avete fatto voi yankee, dopo il 1945.
 
Qual era il vostro compito, all’epoca?
 
Il solito… Ricerca e soccorso, garantire la sicurezza della navigazione nel canale, cose così. Certo, a rendere il lavoro più arduo c’erano le tensioni dell’epoca…
 
Si riferisce alle tensioni tra NATO e Patto di Varsavia?
 
Scuote il capo.
 
Mi riferisco alla Libia… A quel pazzo di Gheddafi (non che l’attuale Repubblica Islamica sia migliore), con il suo odio verso l’America… E l’Italia. Sin dal 1980 il Mediterraneo, a causa sua, era diventato una polveriera. Incidenti vari si erano verificati, e noi della Guardia Costiera eravamo sempre in stato di allerta… Più del solito. Il rischio i uno scontro con i miei… Colleghi libici era sempre presente. All’inizio neanche mi accorsi dei delitti misteriosi, sa?
 
Lo guardo con stupore.
 
Ah, no?
 
Lui annuisce.
 
No… Sa, a furia di leggere di omicidi sulla Gazzetta del sud mi ero scocciato dei fatti di cronaca nera. Non mi interessavo dell’estero. La politica, con i suoi continui litigi e l’ipocrisia mi nauseava. Quanto alla probabile Terza Guerra Mondiale… Ero scettico. In passato c’era già stata la crisi di Cuba, nel ’62, e tutto si era risolto pacificamente. Mi interessavo solo del mio lavoro e dello sport (ero e sono un tifoso della Juventus): l’unico giornale che leggevo assiduamente era la gazzetta dello sport.
 
E la TV?
 
Seguivo assai poco i telegiornali… Guardavo qualche film, qualche sceneggiato, qualche programma ( 90° minuto, Linea Verde, Quark), le partite. Questo quando non ero in servizio.
 
Fa una pausa.
 
Tutto è cambiato dopo quel giorno, il 12 novembre 1982. A bordo  del mio pattugliatore, con altri 28 agenti, stavamo pattugliando il Canale, quando ricevemmo un segnale di SOS. Una volta individuata la posizione del segnale ci muovemmo in quella direzione, fino a imbatterci in una petroliera battente bandiera panamense, la Gladys: un titano lungo 243 metri e largo 34, al confronto la nostra imbarcazione era una misera scialuppa. Se ne stava ferma in mezzo al mare, e sul ponte non sembrava esserci anima viva.
 
Prende dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette Camel (statunitensi, non italiane), ne accende una e tira una boccata.
 
Per prima cosa tentammo di contattare via radio l’equipaggio. Non ottenemmo risposta. per qualche minuto osservai in silenzio la petroliera, poi decisi di salire a bordo, portando con me altri 14 agenti, armati di fucili d’assalto Beretta AR 70/90 (io brandivo una Beretta 92).
 
Lo guardo con perplessità.
 
Come mai un simile schieramento di forze?
 
Si stringe nelle spalle.
 
Un segnale di soccorso, una nave ferma in mezzo al mare, nessuna risposta ai nostri messaggi… Sembrava l’inizio di un film horror. Qualcosa di inquietante c’era in quella situazione.
 
Sbuffa.
 
Se i membri dell’equipaggio non rispondevano poteva significare solo due cose: o avevano abbandonato la nave o erano morti.  Nel primo caso, la domanda era: chi o cosa li aveva spinti alla fuga? Nel secondo: chi o cosa li ha uccisi? Ma dovetti scartare quasi subito la prima ipotesi.
 
Per quale motivo?
 
La Gladys era intatta e, osservando col binocolo, notai che le scialuppe di salvataggio erano ancora al loro posto. E, quando salii a bordo con i miei uomini, ebbi la definitiva conferma che non erano fuggiti.
 
In che modo?
 
Mentre camminavamo lungo il ponte, notammo i cadaveri di alcuni marinai. Lì per lì sospettai fosse opera dei libici, o di qualche gruppo terrorista. Ma, osservando attentamente lo stato dei corpi, mi resi conto che non erano stati sparati o accoltellati. Qualcosa li aveva sbranati. Uno in particolare, aveva uno squarcio nel fianco da cui biancheggiavano le ossa. A un altro era stato strappato via un grosso lembo di spalla. Tutti erano mutilati, in qualche modo.
 
Cosa faceste allora?
 
Ordinai ai miei di dividerci, così da esplorare in minor tempo la nave. Lo so, fu imprudente, specie dopo lo scempio cui avevamo assistito, ma se avessimo perlustrato l’area zona per zona avremmo impiegato troppo tempo.
 
Tira un’altra boccata, emettendo dopo poco una nuvoletta di fumo.
 
Scortato da un paio di agenti, raggiunsi per prima la sala comunicazioni. Il segnale di SOS doveva essere stato lanciato da lì. La prima cosa che notai fu il cadavere decapitato del marconista… Giaceva a pancia in giù davanti alla radio di bordo, anzi a ciò che ne restava. Qualcuno l’aveva distrutta. Di fronte a quello scempio, pur mantenendo un’aria impassibile, provai un misto di orrore e preoccupazione. Chi aveva compiuto quella strage poteva essere ancora a bordo.
 
Che fine aveva fatto la testa del marconista?
 
Scomparsa. Col senno di poi era stata divorata. Comunque: io e i miei ci spostammo nella cabina del capitano. La porta era stata scardinata e giaceva al suolo.  In un piccolo scaffale erano ammucchiati dei libri, alcuni in inglese, altri in cinese. Su una parete era appesa una cartina dell’emisfero orientale, con delle X rosse che indicavano Singapore, Gibilterra e Riga.
 
E il capitano?
 
Chiude brevemente gli occhi, poi risponde:
 
Il poveraccio giaceva in un angolo… Il cadavere, come gli altri, era martoriato. Vicino a lui stava una pistola… Una SIG P210, di fabbricazione tedesca. Era scarica. Aveva tentato di difendersi, invano, dagli aggressori. Gli frugai nelle tasche, estraendo il portafoglio: esso conteneva alcune banconote (dollari di Singapore, come avrei scoperto dopo) e una foto che ritraeva il capitano con la moglie e la figlia in piedi vicino a un molo. Tutti e tre fissavano l’obiettivo sorridenti. Yong Xin si chiamava lui. Gli rivolsi una preghiera silenziosa (anche se, molto probabilmente, non era stato un cristiano), mi alzai in piedi. Stavo per dare l’ordine di tornare a bordo del pattugliatore per informare la capitaneria del ritrovamento, quando all’improvviso dall’esterno risuonarono delle grida seguite da delle raffiche di fucile d’assalto. Corsi alla finestra e guardai fuori, giusto in tempo per vedere una sagoma grigia correre sul ponte e tuffarsi in acqua. Dopo pochi istanti due miei agenti, con gli AR in pugno, corsero fino al parapetto e spararono un altro paio di raffiche, per poi abbassare i fucili. Io misi mano al mio walkie-talkie, domandando cosa fosse accaduto. Uno dei due, il guardiamarina Giovanni Ferrari mi rispose che, mentre perlustrava gli alloggi dell’equipaggio, si erano imbattuti in un mostro,  una specie di fusione tra Arnold… Arnold… Me n'imbelino, come accidenti si chiama quell’attore? Quello che appariva in Conan!
 
Intende Arnold Schwarzenegger?
 
Salvatore annuisce ancora.
 
Tra lui e uno squalo. Chiesi conferma all’altro guardiamarina, Carlo Ferrari, fratellastro del suddetto, e lui mi confermò l’avvistamento.
 
Scuote il capo.
 
Allora non lo sapevo, ma ero stato testimone dell’avvistamento di un demone… Un demone che si era fuso con uno squalo. Lui era il responsabile dell’uccisione dell’equipaggio della Prestige (una ventina di vittime)… Oppure loro. Non ne sono sicuro, ma è probabile che i demoni che assaltarono la petroliera fossero più di uno, e che quello incontrato dai miei uomini fosse un ritardatario.
 
Cosa faceste, dopo?
 
Feci ritorno sul pattugliatore coi miei, e informai via radio la capitaneria di porto della strage, omettendo però dell’avvistamento del mostro… Dopotutto, chi ci avrebbe creduto? Prove non ce n’erano. Se lo avessimo detto, ci avrebbero risposto che avevamo avuto delle allucinazioni, o che avevamo scambiato un comune umano per un mostro. Tuttalpiù avrebbero dichiarato che il colpevole era una specie animale sconosciuta, o mutata da radiazioni.
 
Si lisci nervosamente la fronte.
 
Balle… Non c’è specie animale al mondo in grado di fare ciò. E di radiazioni non ce n’erano in zona!
 
L’essere si manifestò di nuovo?
 
Scuote il capo in segno di diniego, e volge lo sguardo verso un punto indefinito della piazza.
 
Fortunatamente no… Tornammo in porto, illesi. Successivamente la notizia del massacro della Prestige passò quasi in sordina, al massimo gli dedicarono un articoletto nella sezione di cronaca nera e un breve servizio al notiziario.
 
Lo guardo con una certa sorpresa.
 
Come mai?
 
Gli occhi del mondo erano puntati altrove: la morte di Breznev, lo scontro aeronavale tra americani e libici avvenuto nel Golfo di Sirte, la seconda guerra di mafia in Sicilia, le tensioni tra est e ovest…
 
Fa spallucce.
 
“Così la vicenda finì nel dimenticatoio.”
 
E per quanto riguarda la piaga dei mostri?
 
Mi fissa con aria abbattuta.
 
Quella…
 
Sbuffa.
 
Ne avevo sentito parlare… Un po’ dai media, e un po’ dai miei colleghi. Tutti si chiedevano chi l’avesse diffusa: sovietici, libici, terroristi, mafiosi, qualche azienda farmaceutica senza scrupoli. Qualcuno diceva che era colpa delle radiazioni emesse dalle centrali nucleari…. Forse suggestionato da quel film… Incubo sulla città contaminata. Lo conosce?
 
Annuisco.
 
L’ho visto una volta…. Il titolo inglese era Nightmare City.
 
Dopo aver finito di fumare la sigaretta la butta al suolo.
 
La strage sulla petroliera mi aveva messo addosso un’angoscia tremenda… Specialmente quando uscivo in mare. Quella creatura era ancora là fuori? Ce n’erano altre? Forse un giorno avrebbero attaccato la mia imbarcazione e trucidato me e i miei?
 
Certo, noi saremmo stati armati. Ma se loro fossero stati resistenti alle pallottole? Il comandante della Prestige aveva vuotato addosso al suo aggressore un intero caricatore, ed era stato comunque trucidato. Se fossero stati vulnerabili, ma numericamente superiori? A volte mi immaginavo centinaia di quei mostri che, emersi dal mare, assaltavano il pattugliatore e divoravano i miei uomini uno ad uno, lasciandomi per ultimo.
 
Gli occhi gli si fanno lucidi.
 
In un certo senso si è avverato… Nell’estate dell’83. I demoni hanno massacrato la mia famiglia, i miei amici e colleghi.
 
Lo fisso con tristezza, mentre alcune lacrime gli rigano le guance.

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Capitolo 7
*** Hunt Stockwell ***


Marsiglia, Francia
 
La grande città portuale, la più grande della Francia meridionale, è il principale porto francese sul Mediterraneo. Ospita inoltre vari monumenti e luoghi di interesse, tra cui la cattedrale cittadina (da poco ricostruita) e il Jardin des Vestiges, dove giacciono i resti dell’antico porto, fondato dai Greci nel VI secolo a.C. Ed è qui che incontro Hunt Stockwell, ex direttore della CIA (Central Intelligence Agency), un uomo sulla settantina con corti capelli grigi e occhi  azzurri, che indossa giacca e pantaloni blu, camicia bianca e cravatta rossa. Ci sediamo su una panchina vicina.
 
Ho ricoperto la carica di direttore per circa 6 anni, dal 1981 all’87. Ho gestito per l’amministrazione Reagan la fase finale dell’operazione Condor in Sud America. E, quando comparve la Monsters Plague, mi attivai con i miei colleghi delle varie agenzie d’intelligence NATO per indagare su di essa.
 
Quali furono le vostre prime impressioni sul fenomeno?
 
Sulle prime pensai a un virus diffuso dall’Unione Sovietica, o da Cuba, o dalla Libia. Poi sospettai un nuovo tipo di droga, importato dalla Colombia. Non potevo certo immaginare l’esistenza dei demoni, giusto?
 
Io annuisco.
 
E così io e i miei colleghi brancolavamo nel buio. In mano avevamo solo una strana epidemia e una serie di eventi misteriosi in giro per il mondo: una spedizione alpinistica sull’Himalaya svanita nel nulla, un treno carico di passeggeri scomparso in Giappone, una stazione scientifica norvegese distrutta nell’Antartide.
 
E l’incidente nel Nicaragua?
 
Stockwell mi scocca una occhiataccia.
 
“Vedo che avete parlato con uno dei miei colleghi, giovanotto. In altri tempi il solo sapere questa informazione vi sarebbe costato caro.
 
Assume un’aria più distesa.
 
Ma ora posso dirvelo tranquillamente: tutto era iniziato nel gennaio 1983; una fonte attendibile ci aveva informato che il Nicaragua intendeva infiltrare, nel territorio del vicino Honduras, gruppi armati comunisti, supportati da consiglieri militari sovietici.
 
Per dare vita a una insurrezione armata?
 
L’ex direttore sorride e annuisce.
 
Esatto. Mosca aveva tutto l’interesse a instaurare nuovi regimi comunisti nell’area, come aveva fatto a Cuba, nel Nicaragua e a Grenada. Noi non potevamo certo permetterlo. Così inviammo dei commandos di forze speciali, col compito di annientare le milizie prima che varcassero il confine.
 
Emette un sospiro.
 
Della missione erano al corrente solo il presidente, il direttore della CIA (ovvero il sottoscritto) e il maggior generale Homer Philips. Tutto filò liscio, i miliziani e i sovietici furono intercettati e uccisi, fino all’ultimo. Solo in un caso uno dei commandos subì pesanti perdite. Era guidato dal maggiore Alan Schaefer, un veterano del Vietnam (non che gli altri fossero novellini). Fu l’unico superstite. Ci disse che la sua squadra aveva facilmente annientato la formazione nemica, ma, successivamente, mentre si dirigevano al punto d’incontro dove un elicottero li avrebbe prelevati, una entità misteriosa li aveva presi di mira.
 
Che tipo di entità?
 
Alta più di due metri, pelle da rettile, artigli affilati, capacità mimetiche… Tipo quelle dei camaleonti. Questo essere aveva braccato la squadra di Schaefer, decimandone i componenti. Solo il comandante della squadra era sopravvissuto, riuscendo anche a uccidere il mostro. Il rapporto sulla vicenda giunse sulla mia scrivania qualche settimana dopo, ma lì per lì non ci diedi peso. Pensai a un caso di PTSD*, o ad allucinazioni.
 
Non inviaste una squadra a controllare?
 
Fa spallucce.
 
Trovare un cadavere in mezzo alla giungla era come tentare di scovare il proverbiale ago in un pagliaio… E magari era diventato cibo per animali. Inoltre avevo altre gatte da pelare… Le tensioni oltre Atlantico, la lotta al  narcotraffico proveniente dalla Colombia, il sostegno alla guerriglia afghana e altre operazioni. Solo quando ebbe inizio la Monster Plague ripensai a quell’episodio. Non sapevo dei demoni, e sospettai che la creatura nella giungla fosse qualche arma biologica creata dai sovietici. Ero convito anche che fossero stati loro a diffondere il morbo, così da indebolire e destabilizzare l’Occidente, e favorire la successiva invasione dell’Europa Occidentale.
 
Sospira, poi incrocia le braccia.
 
Ero completamente fuori strada. Non potevo immaginare che la piaga avesse colpito anche il blocco sovietico, vista la censura totale adottata dai paesi comunisti. Né che i veri colpevoli fossero mostri appartenenti a una specie antica, primordiale. Me ne resi conto solo dopo la distruzione di Tsuringrad, e la rivelazione sulle NHE**… E ancora di più quando esse comparvero sui cieli della mia patria.
 
Come reagiste alla notizia su Tsuringrad?
 
Inizialmente rimasi shockato… Poi allo shock si sostituì l’angoscia. Mille domande affollavano la mia mente: cosa erano le entità che avevano invaso Tsuringrad? Ciò che era accaduto lì poteva succedere anche alla mia patria? A volte mi immaginavo città come New York, Miami, Seattle, Dallas e altre città prima invase dai mostri e poi distrutte da esplosioni atomiche. Una visione agghiacciante, che mi toglieva il sonno. E non ero certo l’unico a immaginarmelo… La notizia aveva suscitato sgomento e paura da costa a costa, 1000 ipotesi ricorrevano tra i cittadini su quanto avvenuto in Unione Sovietica. Alcuni parlavano di attacco alieno, altri di  epidemia zombi causata da un virus creato da scienziati sovietici in un laboratorio segreto e poi sfuggito al controllo dei creatori. Tante ipotesi, nessuna certezza. Ovviamente non mancavano i complottisti, che puntavano il dito contro noi della CIA come responsabili di quanto accaduto. In pochi collegavano i fatti di Tsuringrad con la pandemia misteriosa e anche lì fioccavano le teorie del complotto: il morbo era stato diffuso dagli alieni; il morbo era un virus creato dal governo e sfuggito al suo controllo ecc. In varie città apparvero gruppi di fanatici religiosi, i quali andavano dicendo che il giorno del giudizio era alle porte. E intanto la piaga continuava a mietere vittime, anche celebri: la celebre attrice Meryl Streep, mutata orribilmente e morta mentre ritirava l’Oscar di migliore attrice; il governatore del Texas Mark White; alcuni  giocatori dei New York Yankees e dei Boston Red Sox mutati durante una partita, e via dicendo.
 
Scuote il capo.
 
I cittadini avevano paura e chiedevano risposte… Ma nessun poteva darle: non il governo, non il CDC***, neanche noi della CIA. Così iniziarono a fioccare teorie di ogni tipo: un virus diffuso dai comunisti (Cuba, Unione Sovietica, Cina o altri), o da terroristi palestinesi, dagli alieni, o magari creato dal governo e poi sfuggito al controllo; altri puntavano il dito contro le centrali nucleari, ma non c’erano stati incidenti e fuoriuscite dai tempi di Three Mile Island, nel ’79; infine, alcuni parlarono di una malattia importata da immigrati latino-americani… Che poi il fenomeno stesse colpendo il mondo intero era un dettaglio che quei razzisti ottusi fingevano di non sapere.
 
Assume un’aria angosciata, come se stesse rivivendo quei momenti.
 
Quando tutti si resero conto della realtà l’apocalisse era già cominciata.
 
 
NDT
 
* Post Traumatic Stress Disorder, stress post-traumatico.
 
**Non Human Entities, entità non umane.
 
*** Centers for Disease Control, centro controllo malattie.

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