Il frutto più dolce

di MaryFangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Cassandra ***
Capitolo 2: *** 2. Incontro improvviso ***
Capitolo 3: *** 3. Invito ***
Capitolo 4: *** 4. Appuntamento ***
Capitolo 5: *** 5. Sfortuna ***
Capitolo 6: *** 6. Destino ***
Capitolo 7: *** 7. Ero io ***
Capitolo 8: *** 8. Dissonanza ***
Capitolo 9: *** 9. Incubi ***
Capitolo 10: *** 10. Consapevolezza ***
Capitolo 11: *** 11. Gelosia ***
Capitolo 12: *** 12. Più il frutto è proibito... ***
Capitolo 13: *** 13. ...più è dolce ***
Capitolo 14: *** 14. Va tutto bene ***
Capitolo 15: *** 15. Prova tu ***
Capitolo 16: *** 16. Limiti ***
Capitolo 17: *** 17. Cactus tra le rose ***
Capitolo 18: *** 18. Eccessiva curiosità ***
Capitolo 19: *** 19. Basta segreti ***
Capitolo 20: *** 20. Parole d'addio ***
Capitolo 21: *** 21. Futuro ***
Capitolo 22: *** 22. Massaggio ***
Capitolo 23: *** 23. Fulmine a ciel sereno ***
Capitolo 24: *** 24. Discordia ***
Capitolo 25: *** 25. Tentato omicidio ***
Capitolo 26: *** 26. Fuga dalla torre ***
Capitolo 27: *** 27. Addio, Encanto! ***
Capitolo 28: *** 28. Non è un addio, Encanto ***
Capitolo 29: *** 29. Serata in famiglia ***
Capitolo 30: *** 30. Special 1 - Tutto sulla prima volta ***
Capitolo 31: *** Special 2 - L'albero genealogico ***
Capitolo 32: *** Special 3 - Cambio? ***



Capitolo 1
*** 1. Cassandra ***


Questa è una storia tradotta in italiano dal russo in seguito a consenso dell'autore. Tutte le info subito qui sotto.
 
Titolo originale: Осторожней с даром!
Link storia originale: https://ficbook.net/readfic/11546542?fragment=part_content
Link autore: https://ficbook.net/authors/1666521
 
 
Avviso che le parti sessualmente esplicite verranno in questa sede censurate per via dell‘incesto. La versione integrale sarà però disponibile sui miei profili AO3 e FanfictionZone, a cui si può accedere dalla mia bio.
 
Relazione zio/nipote + grande differenza d’età. Se non ti piace, non proseguire!
 

 
Per la prima volta da tempo, nell'Encanto la giornata era soleggiata. Pepa era di ottimo umore e nulla sembrava poterlo rovinare. Tutta la famiglia era impegnata nelle faccende domestiche, mentre lei e Felix si godevano l'anniversario di matrimonio in uno dei loro ristoranti preferiti. Il resto della famiglia li avrebbe raggiunti presto, compreso Bruno, che aveva finalmente deciso di lasciare Casita.
 
Mirabel e Camilo non erano lontani. Avevano appena terminato le loro commissioni e si godevano un po' di meritato riposo, ma non durò a lungo: dopo aver chiacchierato tranquillamente per qualche minuto, iniziarono a battibeccare.
 
“Ridi?” sbuffò Camilo, “come puoi dubitare della potenza del mio dono? Posso imitare perfettamente chiunque in questa città!”
 
“Lo so, è questo il punto” sorrise la ragazza, “è troppo facile. Ma sai cosa dovresti provare? Diventare qualcuno che non hai mai visto! Non puoi assolutamente farlo”
 
Il ragazzo sussultò. Era un'idea che non aveva considerato, ma non poteva negare che sembrava interessante.
 
“Come posso diventare qualcuno che non ho mai visto?” si domandò Camilo, incrociando le braccia sul petto. Inizialmente la ragazza pensò che fosse una domanda retorica, ma Camilo sembrava davvero curioso di sapere cosa intendesse.
 
“Immagina qualcuno nella tua testa e cerca di incarnarlo” spiegò. Dopo aver riflettuto, Camilo chiuse gli occhi e cercò di creare un'immagine il più possibile dettagliata. Capelli scuri e ricci, viso tondo, sguardo profondo e furbo...con un movimento brusco oscillò la mano, sollevando il tessuto della ruana, e con difficoltà si tramutò nella ragazza che aveva immaginato. Il suo volto, tuttavia, era diverso da quello a cui aveva pensato.
 
“Non male” rise Mirabel, “ma non sei davvero cambiato, sembri una tua versione femminile più adulta!”
 
“Che sciocchezza” sorriso Camilo, mettendosi un braccio dietro la testa e assumendo una posa teatrale, “guarda come sono bello!”
 
Mirabel rise ancora più forte, al punto che fu sentita dallo zio, che si apprestava a recarsi in città. Sentendo la nipote che rideva, l'uomo sbirciò dietro l'angolo e il tempo rallentò improvvisamente: una bella sconosciuta stava sorridendo a sua nipote. Bruno sentì di colpo il cuore cadergli fino ai piedi e poi risalire, cercando di liberarsi. Il suo corpo cominciò a tremare e il calore gli salì alle guance. Solo un momento prima sarebbe stato pronto a parlare senza sosta, ora non riusciva a emettere nemmeno un suono.
 
“Bruno!” gridò Julieta, con addosso i suoi abiti migliori, e l'uomo sobbalzò per la sorpresa. “Eccoti qui. Vai da solo? Andiamo tutti insieme, altrimenti Pepa si arrabbierà”
 
Gli prese la mano e lo condusse in città, ignorando la sua leggera resistenza. Bruno guardò la sconosciuta fino all'ultimo momento e, quando lei non fu più visibile, sospirò pesantemente. Non immaginava che, qualche minuto dopo, la sconosciuta sarebbe diventata suo nipote.
 
“Se ti eserciti, puoi passare al livello successivo” lo incoraggiò Mirabel, ma il cugino si limitò a sorridere sornione. Poi tornarono alla loro routine.
 
.
 
Quando il sole sfiorava l'orizzonte con i suoi raggi, la famiglia stava rientrando, allegramente. C'era un senso di divertimento da parte delle donne che canticchiavano una canzone che un musicista di strada suonava poco distante.
 
“Divertita?” chiese Camilo, sorseggiando del succo e rilassandosi sull'amaca che lui e Luisa amavano. Il sorriso di Pepa si allargò.
 
“Oh, è stato meraviglioso! Divertente, delizioso, e così romantico!” la donna baciò l'amato marito per la centesima volta nel corso della serata, lasciandosi andare tra le sue braccia, poi aggiunse: “Ma Bruno sembrava agitato. Penso che dovrebbe uscire più spesso, altrimenti non si abituerà mai a stare fuori casa”
 
Camilo era leggermente curioso, ma evitò di chiedere altro e si allontanò, non volendo assistere ai genitori che tubavano davanti al suo naso.
 
Bruno, d'altro canto, non era proprio in sé. Non solo perché non sopportava i luoghi affollati, dove tutti lo guardavano e sussurravano tra loro. La donna che aveva visto quella mattina non gli usciva dalla mente. Il solo pensiero di lei gli faceva battere il cuore. Così rimase sulla porta di Casita, in attesa di Mirabel, senza riuscire a muoversi per l'eccitazione. Doveva assolutamente scoprire chi fosse quella bella sconosciuta.
 
Non aspettò a lungo. Lei rientrò qualche minuto dopo, con un cestino di prodotti freschi. Ad ogni passo, l'agitazione dell'uomo cresceva fino all'apice, lasciandolo sbalordito. La nipote, perplessa, gli andò accanto, scrutandolo. Si comportava sempre in modo strano, ma oggi era diverso. Molto più strano del solito.
 
“Zio Bruno, stai bene...?” chiese incerta, non aspettandosi che lui balzasse ed emettesse uno squittio.
 
“Mirabel, c-ciao! Bene? Certo che sto bene, cosa potrebbe essere successo, ah ah...volevo chiederti una cosa. Sai stamattina, stavo osservando...cioè, non osservando, ho solo intravisto! Sì. Non stavo spiando. Ma sai, quella donna...quella ragazza...”
 
“Ragazza?” Mirabel cercò di dare senso ai discorsi incomprensibili dello zio e, dopo averci riflettuto un po', capì cosa intendeva. Sollevata, espirò e sorrise.
 
“Stai parlando di Ca-”
 
“Cassandra!” esclamò improvvisamente Camilo, coprendo la bocca della cugina con la mano. Ignorando la sua espressione sconvolta, continuò: “è nuova, si è trasferita qui un paio di anni fa”
 
“Cassandra” disse Bruno a bassa voce, assaporando il nome. Era dolce, ma con un lieve calore. Si sposava perfettamente con il cognome Madrigal. Si sentì più fiducioso, anche se il cuore gli batteva più forte del mattino.
 
“Perché vuoi saperlo?” chiese il ragazzo, sorridendo ironicamente alla vista dello zio che arrossiva e gesticolava nervosamente con le mani.
 
“Per nessun motivo! E non...io non...oh, Dio...”
 
-Che ti succede, Brunito Madrigal?- si colpì la testa, poi si giustificò: “Ma lei è...così bella! Come un angelo! Chiunque perderebbe la testa. Devo assolutamente rivederla”
 
Ringraziando i nipoti, l'uomo entrò con camminata leggera, lasciando i due da soli. Camilo lo guardava in un modo nient'affatto rassicurante. Era lo stesso sguardo che rivolgeva alle vittime dei suoi scherzi.
 
Finalmente Mirabel gli allontanò la mano dalle proprie labbra.
 
“Che roba era? Vuoi trascinare anche lui nei tuoi scherzi?” fece indignata, notando l'espressione familiare.
 
“Perché no? Mi è venuta un'idea divertente” disse il ragazzo, unendo le sopracciglia, ma Mirabel non voleva saperne. Si limitò a sospirare e, avviandosi verso Casita, disse:
 
“Non esagerare. Sai che ne ha già passate abbastanza”
 
Camilo annuì. Naturalmente non aveva intenzione di ingannare suo zio, solo di fargli un piccolo scherzo.
 
“Cosa può fare uno scherzetto?”
 
Mirabel sorrise, non sapeva prevedere il futuro. E chi ne era in grado, non sapeva ancora cosa lo aspettava.
 

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Capitolo 2
*** 2. Incontro improvviso ***


Il giorno dopo Camilo pensò di prendersi una vacanza. Non aveva voglia di muovere un muscolo. L’unica cosa che poteva fare era salire sul tetto di una delle case dell’Encanto e sdraiarsi sotto il sole splendente, godendosi la serenità dell’intero luogo. Il ronzio delle voci proveniva dalle strade trafficate. A volte si sentivano i ragli degli asini e le grida delle galline, altre lo sferragliare degli zoccoli dei cavalli. Nulla poteva cambiare i suoi piani per la giornata, tranne quando il clamore sottostante sembrò diventare improvvisamente più silenzioso.
 
Per curiosità, Camilo alzò lo sguardo per vedere se stava succedendo qualcosa di interessante. E aveva ragione: vide un familiare uomo incappucciato di verde che camminava per le strade, con aria confusa e attirando l’attenzione di tutti. Camilo non poteva far finta di niente. Il ragazzo scese furtivamente, prendendo le sembianze di uno dei cittadini, e seguì lo zio. Era divertente.
 
Ciò che Camilo non si aspettava era che suo zio (lo stesso zio che aveva il terrore di uscire di casa) si avvicinasse a chiunque incontrasse per chiedere delle informazioni. Purtroppo da quella distanza era impossibile captare l’argomento della conversazione, e per cautela Camilo non si avvicinò. Ma non si arrese. Seguì con interesse, osservando ciascun interpellato che dapprima sussultava alla visione di ‘colui che non doveva essere nominato’, poi scrollava le spalle alla domanda dell’uomo, scuoteva la testa e si allontanava in fretta.
 
-Fantastico!- pensò Camilo, osservando quello che succedeva come se fosse l’ottava meraviglia del mondo. Cercando di identificare qualcuno tra la folla che non aveva ancora interrogato, Bruno era in mezzo alla strada e si guardava intorno. Era un’ottima occasione per scoprire cosa stava tramando.
 
“Ehilà, zio!” esclamò, apparendo da dietro, facendo sobbalzare Bruno che si portò la mano all’altezza del cuore. Rendendosi conto che era il suo irrequieto nipote, si calmò.
 
“Camilo, non c’è bisogno di apparire così alle spalle delle persone, mi hai spaventato a morte”
 
“Stai cercando qualcuno?” chiese il ragazzo, sapendo già la risposta; Bruno, infatti, arrossì.
 
“No! Stavo solo...facendo una passeggiata. Qui”
 
“Ma mi sembra che stessi cercando qualcuno con lo sguardo” il giovane scrutò lo zio, pretendendo una risposta, ma Bruno era testardo. Continuò a fingere di non capire dove il nipote volesse arrivare.
 
“No, è una tua idea...”
 
“Okay” Camilo si voltò e si avviò lentamente, “lo scoprirò da Dolores...”
 
“Aspetta!” Bruno colmò la distanza in un istante e afferrò la ruana di Camilo. Sapeva di certo che se la sua cara nipote avesse scoperto quello che stava accadendo, l’intera città l’avrebbe saputo ed era l’ultima cosa che voleva.
 
L’uomo guardò il nipote e, radunando il suo coraggio, ammise:
 
“Okay, sto cercando qualcuno...”
 
“Cassandra?” chiese il ragazzo, dilettandosi dell’espressione sconvolta di suo zio.
 
“Come...tu come...?”
 
“Ricordo che hai parlato di lei, ieri. Chi altro potresti cercare?”
 
“Sì, hai ragione” cedette Bruno, sospirando, “voglio vederla. Ma non la trovo da nessuna parte, ho chiesto a chiunque, ma nessuno sa dov’è. Come se non esistesse...”
 
Il sorriso di Camilo vacillò, ma non si fece scoraggiare. Posando una mano sulla spalla dell’altro, disse con fiducia: “Oh, non passa spesso di qui. Vedi, vive proprio ai limiti del villaggio, sicuramente sarà...lì” il ragazzo indicò un punto. Ma non si trattava di una direzione casuale. Proprio lì, poco lontano, dietro il boschetto di fitti alberi, c’era il suo posto segreto, verso il quale si dirigeva quando aveva voglia di silenzio e solitudine. E quella era l’occasione perfetta per sdoganarlo.
 
“Prosegui dritto e la vedrai” istruì Camilo prima di scappare, ignorando le parole di gratitudine. Non aveva tempo. Senza pensarci, si trasformò nella prima persone che vide e corse rapidamente tra la folla. Il sentiero che intraprese passava attraverso i tetti, i dirupi e un mucchio di cespugli spinosi e Camilo lo percorreva raramente. Ma era anche la via più breve. Il ragazzo, spinto dal desiderio di avventura, corse dritto, saltando ogni ostacolo.
 
Arrivò giusto in tempo per trasformarsi nella sua fantasia – cosa che ancora gli costava fatica -, accomodarsi in una posa elegante e fingere di non aver corso a perdifiato nella foresta.
 
Bruno, invece, proseguiva con più calma, anche se stava quasi correndo. Non riusciva a camminare più lentamente: il suo cuore lo spingeva ad avanzare verso la donna del suo cuore. Quando la vide da lontano, però, le sue gambe si immobilizzarono e non riuscì a fare un altro passo.
 
Gli sembrava che il suo viso stesse fumando. Non seppe per quanto tempo rimase in quella posizione a guardare Cassandra che ammirava il paesaggio, ma capì che fu un momento molto lungo. Tanto che Camilo si stancò di aspettare.
 
-Zio, perché sei così indeciso! Come faccio a farti uno scherzo se nemmeno ti avvicini!-
 
Bruno indietreggiò. Un sasso si mosse sotto il suo piede e Camilo finse di essere sorpreso dallo strano rumore.
 
Si voltò, tentando di apparire il più attraente possibile, di stabilire un contatto visivo e...niente. Vide la schiena dello zio che si ritirava rapidamente. Contrariamente alle sue aspettative, si mise a ridere.
 
-Non era quello che mi aspettavo, ma...è più divertente così!-

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Capitolo 3
*** 3. Invito ***


La mattina era iniziata con una temperatura mite, ma ora faceva freddo. Tutto perché Pepa non riusciva a staccare gli occhi dal fratello, che sembrava sulle spine. Non toccava cibo, sussultava per un nonnulla, era come se non fosse affatto lì, ma da qualche parte sulle nuvole.
 
“Bruno, va tutto bene?” chiese con cautela, e lui balzò di nuovo, fingendo immediatamente indifferenza.
 
“Sì, tutto bene...sono impegnato, sai. Va tutto bene”
 
Dopo quelle parole, fece ancora più freddo, ma non per colpa di Pepa. Era come se una grossa nuvola fosse sospesa sopra l’uomo e diventava sempre più nera.
 
“Io...ti porto uno spuntino” annunciò, allontanandosi frettolosamente, ma Bruno non le diede retta. C’era un uragano di sensazioni nei suoi pensieri che risucchiava tutto ciò che lo circondava, e non aveva smesso da quando lui, come un codardo, era scappato via dalla più bella donna del mondo. Si sentiva incredibilmente disgustato.
 
Camilo lo notò. Lo aveva osservato fin dalla sera prima, mentre suo zio lo guardava con aria strana, fissava il piatto, ma non toccava cibo.
 
-Mi domando cosa farebbe se lo scoprisse?- si chiese il ragazzo, ma respinse il pensiero. Non aveva ancora giocato abbastanza. Osservare i tormenti emotivi dello zio, tuttavia, non era divertente.
 
Un pizzico di senso di colpa quasi giunse al cuore del giovane, ma trovò una scappatoia.
 
-Non vuoi farlo soffrire, vero?- pensò Camilo, avvicinandosi alla sua vittima, -dato che non riesce a compiere il primo passo, devo spingerlo!-
 
“Zio!” esclamò il ragazzo, piazzando la mano sulla spalla dell’uomo. Bruno non sobbalzò, ma si spaventò comunque. Le sue labbra si strinsero e le sue sopracciglia si abbassarono.
 
“Camilo! Non spaventarmi così, ti ho detto” tentò di apparire minaccioso, ma sembrava più sul punto di piangere.
 
“D’accordo, d’accordo. Perché sei così nervoso? Dopo che ti ho visto ieri...”
 
“Sssh!” Bruno gli posò l’indice sulle labbra, impedendogli di finire. Il suo sguardo guizzò intorno.
 
Si chinò verso l’orecchio di Camilo, così assurdamente vicino che quasi lo toccò con le labbra e sussurrò, scaldandogli il collo:
 
“Dolores è nei paraggi”
 
Camilo sbuffò. Respinse piano lo zio, sfregandosi l’orecchio bollente. Una strana sensazione lo attraversò, ma la scrollò via subito, pensando al suo piano originale.
 
“Non preoccuparti, è impegnata con il suo ragazzo. Quando stanno insieme, non sente nessuno tranne lui”
 
Bruno annuì, comprendendo. Non aveva capito, prima, come fosse possibile, ma anche lui non prestava attenzione e ciò che aveva intorno quando ricordava...ricordava...
 
Prima che lo zio tornasse nel suo mondo, Camilo si mise all’opera.
 
“Sai, Cassandra ti ha visto, ieri” disse con invidiabile disinvoltura, come se il suo dono non fosse la recitazione, ma l’inganno.
 
-E tu chi saresti, piccolo mascalzone?- gli vennero improvvisamente in mente le parole dei genitori pronunciate in un momento della lontana infanzia. Erano vere ancora adesso.
 
“C-cosa? Davvero?” la stanchezza e la confusione di Bruno evaporarono all’istante non appena Camilo terminò la frase. Era esattamente la reazione che Camilo aspettava. Tutto stava andando come programmato.
 
“Sì, ha visto come sei scappato via da lei”
 
Camilo volle trasformarsi nella donna e dare prova della sua abilità, ma si trattenne e finse un’espressione triste.
 
“Era davvero dispiaciuta” disse e osservò soddisfatto le emozioni che si alternavano sul volto dello zio l’una dopo l’altra: gioia, malinconia, paura...infine, perplessità.
 
“Perché?” chiese l’uomo, non aspettandosi affatto la risposta che ricevette.
 
“Per questo motivo, no?” Camilo trattenne a malapena un ghigno malizioso, “aspettava che ti facessi vivo...e all’improvviso scappi. Ha pensato addirittura che non volessi saperne di lei”
 
“Che sciocchezza!” gridò Bruno, ma sorpreso dalla sua stessa voce, continuò con tono più basso. “Cioè...non è così”
 
“Se è vero, dovresti incontrarla” spiegò il nipote, osservandosi le unghie della mano, che avevano bisogno di una spuntatina. “Stasera, per esempio”
 
“Cosa?!” urlò di nuovo Bruno.
 
Un’altra dichiarazione simile del nipote avrebbe potuto costargli la voce. Dopo essersi un po’ calmato, continuò: “Ma Camilo, come posso farlo? Quando le sono vicino, mi tremano le gambe, il petto si stringe, le mani sudano e...”
 
“Non importa!” assicurò fermamente Camilo, stringendogli così forte le guance che Bruno sembrava un pesce boccheggiante, “se hai tanta paura, lascia fare a Hernando. Lui non ha paura di niente, vero?”
 
Camilo non poteva credere che stesse parlando di una fantasia delirante che Bruno aveva creato fingendo fosse reale, ma non aveva molta scelta. Non sarebbe stato un problema parlare brevemente con una delle personalità di Bruno. Almeno l’uomo avrebbe compiuto un passo verso Cassandra, ed era un grande progresso. L’uomo guardò il nipote come fosse il suo salvatore.
 
“Non devi fare altro che presentarti, organizzerò io l’incontro” lo rassicurò Camilo, “oggi alle 8 alla fontana. Te lo ricordi?”
 
“Grazie, Camilo!” balbettò Bruno, stringendo forte il nipote in un abbraccio e attaccandosi al suo collo. Solo in quel momento il ragazzo notò che suo zio era leggermente più basso di lui. Per qualche motivo lo trovò divertente. Forse anche adorabile. Una strana sensazione di calore lo riempì e Camilo cedette, abbracciando Bruno a sua volta. Era sempre più intrigato.
 

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Capitolo 4
*** 4. Appuntamento ***


Bruno aveva voglia di andarsene. Lo voleva davvero. Ma se fosse scappato di nuovo, Cassandra avrebbe potuto alterarsi ulteriormente. Quindi si costrinse a rimanere lì, accanto alla fontana, attendendo l’arrivo della donna del suo cuore.
 
-Calmati, Bruno!- si ripeté, avvertendo il panico che montava, -Camilo ha detto di aspettare qui, quindi aspetta e...-
 
“Eccoti!” gridò improvvisamente la donna, apparendo da dietro e Bruno quasi cadde nella fontana. Fortunatamente lei riuscì ad afferrarlo. I loro occhi si incontrarono e l’uomo sentì la propria anima lasciare il corpo. Era sera ormai, ma dovette socchiudere gli occhi per la luminosità che lei emanava.
 
“Scusa. Non volevo spaventarti” la donna indietreggiò di un paio di passi, scostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Bruno si affrettò a rispondere:
 
“No, no, no! Va tutto bene, mi hai solo...sorpreso!” si diede da fare per convincerla. Si dimenticò anche di aver avuto timore ad aprire bocca davanti a lei.
 
Anche Camilo era un po’ stupito, non aspettandosi quella reazione. Era convinto che avrebbe dovuto sforzarsi parecchio per far parlare lo zio, e ora non sapeva cosa dire. Non avendo programmato nulla, tese la mano con un sorriso dolce.
 
“Io sono Cassandra”
 
“B-Bruno...” mormorò l’uomo, offrendo timidamente il palmo. Era un po’ sudato per l’emozione, ma Cassandra non ci badò. Invece di ritirare la mano, strinse più forte e lo condusse poi nella foresta.
 
“Vieni, ti mostro una cosa”
 
-Non seguire gli sconosciuti- diceva Abuela a Bruno quando era piccolo, e ricordava ancora la sua ammonizione. Ma la dimenticò quando la donna gli prese la mano e lo trascinò. L’intera attenzione di Bruno si diresse alle loro mani unite. Non gli importava quello che succedeva intorno a lui, era incredulo che lei gli tenesse la mano.
 
Cassandra lo guidò a un posto che non conosceva, dove gli uccellini cinguettavano, una brezza tiepida gli soffiava tra i capelli e il suono di una piccola cascata quasi sovrastava le loro voci. Bruno osservò il paesaggio che si estendeva davanti a lui, come un’opera d’arte. Era davvero una splendida creazione della natura.
 
“Vengo spesso qui” disse Cassandra, “è pacifico e bellissimo...e nessuno ti ascolta!”
 
Bruno comprese. Lì sicuramente Dolores non poteva origliare. Era molto importante per lui. Da quando aveva scoperto che lei lo udiva da dietro le pareti, difficilmente riusciva a guardarla negli occhi. Ora, libero da preoccupazioni, l’uomo si sentiva ispirato.
 
“È meraviglioso!” gridò Bruno e i suoi occhi brillavano di felicità.
 
Qualcosa dentro Camilo scattò per quell’espressione febbricitante di gioia. Al punto che per un istante perse la presa sulla propria immagine e riuscì a riprendersi per un soffio.
 
“Sai, sei molto dolce, Bruno” disse, per alleggerire l’atmosfera e al contempo proseguire con il suo piano. Bruno gli lanciò un’occhiata confusa, non credendo alle proprie orecchie.
 
“S-sono...dolce?” chiese, reggendosi a malapena in piedi, ricevendo un tenero sorriso – anche se in realtà era astuto e malizioso-.
 
-Ti sto solo tenendo la mano e quasi svieni dall’imbarazzo! Sei incredibile, zio!- il ragazzo rise dentro di sé, mentre lo zio attendeva ingenuamente una conferma. Ottenne un lieve cenno. Il suo cuore si riempì di luce, non meno sfavillante di quella delle lanterne in una notte buia.
 
“Tu hai un posto dove puoi nasconderti da tutti?” chiese Cassandra. Anche se non avrebbe dovuto scoprirlo, la curiosità prese il sopravvento. Bruno esitò un momento, poi decise di parlare.
 
“Non più. Mi nascondevo dietro le mura, ma dopo la ricostruzione della casa...beh, mi sono trasferito di nuovo nella mia torre” Bruno si grattò il collo, “ma non mi piace. Quelle scale, il dirupo, le montagne di sabbia! Non può definirsi una stanza”
 
Camilo non se l’aspettava. Era raro vedere lo zio così emotivo, anche quando mostrava tutta la sua eccentricità. La serata si preannunciava più interessante del previsto.
 
La conversazione iniziò a navigare: parola dopo parola, argomento dopo argomento, minuto dopo minuto. Non ci fu un istante di silenzio. Mentre chiacchieravano, non si accorsero di cominciare a passeggiare lungo la cascata, salendo, scendendo dalla collina, avvolti dall’odore dell’erba fresca, e non si fermarono fin oltre il tramonto.
 
“Quindi il tuo dono è vedere il futuro?” chiese Cassandra, pur sapendo già la risposta.
 
“Sì, ma sai, porta guai” ammise Bruno, sfregandosi dietro la nuca, “il mio secondo dono è molto meglio!”
 
“Secondo dono?” si sorprese lei. Non conosceva un secondo dono.
 
“La recitazione!” spiegò Bruno e, notando la perplessità sul volto di lei, si tirò su il cappuccio. “Sono Hernando! E non ho paura di dire che c’è un’incredibile bellezza davanti a me!”
 
-Hernando. Certo...- Camilo alzò mentalmente gli occhi, rendendosi poi conto di quello che aveva detto lo zio. Sorrise maliziosamente, osservandolo mentre rimuoveva il cappuccio e nascondeva il volto terribilmente rosso dietro i capelli scuri.
 
“Scusa! A volte non riesco a controllarmi” mormorò Bruno, aspettandosi di essere deriso, ma Cassandra si avvicinò, prendendogli il viso tra le mani e sorridendo scherzosamente.
 
“Mostrami di più!”
 
.
 
Il sole era sparito da tempo e l’allegra coppia continuava a passare il tempo insieme. Passate le undici, era ora di congedarsi. Tornarono allo stesso punto in cui si erano incontrati, vicino alla fontana, e si salutarono. Bruno prese improvvisamente la mano della donna e disse, con un sorriso gentile:
 
“Sai, è stata una giornata meravigliosa. E volevo dirti che...che...”
 
Era proprio quello il momento in cui Camilo avrebbe dovuto svelarsi. Avrebbe dovuto prendere le proprie sembianze e sorprendere suo zio. Lui si sarebbe arrabbiato, poi avrebbe riso per essere stato ingannato dal nipote. Sarebbe stato fantastico. Solo che...
 
“Io ti amo!”
 
...non ci riuscì. Bruno strinse forte i palmi della donna e li avvicinò al proprio petto. Lo shock di Camilo era indescribile. Osservò lo zio, aspettandosi che continuasse, perché non sapeva come uscire da quella situazione. Naturalmente aveva capito che a suo zio piaceva Cassandra, ma l’amore...
 
-Amore, zio?! L’hai vista un paio di volte, ci hai parlato per poche ore e parli già di amore! Non la conosci nemmeno! Com’è possibile? Maledizione!-
 
“Da quando ti ho vista la prima volta” proseguì Bruno, “ho capito che non avrei mai incontrato una donna migliore. Accanto a te mi sento...impazzire!”
 
Camilo non sapeva cosa dire. Fissò suo zio, cercando di ricostruire il piano distrutto, una catena di azioni, ma fu inutile. Era completamente impreparato davanti a una circostanza del genere. Di colpo provò vergogna per quello che aveva fatto. Ricordò le parole di Mirabel. Si sentì un bastardo.
 
“E...e tu?” chiese Bruno, incapace di resistere al doloroso silenzio, mentre suo nipote girava a piena potenza tutti gli ingranaggi del suo cervello per spremere una qualche risposta.
 
“Penso che...prima dovremmo conoscerci meglio” disse Cassandra con un sorriso forzato, sperando di non offendere l’uomo. Ma contrariamente ai suoi timori, Bruno apparve solo più contento. I suoi occhi brillavano.
 
“Certamente! Allora...vediamoci anche domani!” sbottò, provocando inconsapevolmente un altro shock nel nipote. Camilo era sul punto di sbattere la testa contro il muro.
 
“Dimmi solo dove e ci sarò!” promise Bruno, senza accorgersi che la fronte della donna sudava freddo. Cassandra respirò profondamente.
 
-Calmati, Camilo. Ora rifiuterai e confesserai tutto. Metterai fine a questa pagliacciata...adesso!-
 
“O-ok...” disse Cassandra, osservando gli occhi felici e lucenti davanti ai quali risultava impossibile rifiutare. Camilo si schiaffeggiò mentalmente, sentendo crescere l’odio per le proprie azioni.
 
A quella risposta, Bruno sorrise più che poteva. Era passato così tanto tempo da quando si era sentito così felice. Quella donna era sicuramente un dono del destino.
 
“Allora ci vediamo domani, qui, alla stessa ora. A presto, Cassandra!” l’uomo l’abbracciò e dopo averla salutata, scomparve, del tutto ignaro della storia in cui si era cacciato. Ma non era colpa sua.
 
Il colpevole di ciò che stava accadendo, quando suo zio fu abbastanza lontano, riprese le proprie sembianze e avvertì un mal di testa. Camilo si strofinò la fronte, ripercorrendo tutto quello che era successo.
 
-Dove sono andato a infilarmi...- pensò, mentre dentro di sé lottava per ammettere tutto e scusarsi ma, alimentato da un calore sconosciuto, c’era anche il desiderio di tornare il giorno dopo per trascorrere un’altra piacevole serata con suo zio.

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Capitolo 5
*** 5. Sfortuna ***


Camilo era sul tetto della casa, perso nei propri pensieri. Era così concentrato che non si era accorto di aver finito con le sue faccende in anticipo, e ora aveva molto tempo libero. Era esattamente ciò che gli serviva per calmarsi un po’. Era da una settimana che trascorreva ogni serata con le sembianze di una donna, dilettandosi con lo zio molto innamorato. Ogni volta aveva un obiettivo ben preciso – rivelargli tutto, e ogni volta si ritrovava incapace di farlo.
 
I momenti con Bruno non gli dispiacevano. Aveva scoperto che era una persona molto divertente. Nei giorni trascorsi insieme, facevano molte cose: avevano nuotato ai piedi di una cascata, erano andati a cavallo, avevano mangiato qualsiasi cosa, e persino organizzato un piccolo spettacolo in strada per i passanti. Era stata la settimana più esilarante della sua vita.
 
Solo che, più procrastinava la confessione, più la sua anima diventava coscienziosa. Capiva che Bruno si innamorava di Cassandra sempre di più. Lo sentiva. L’uomo arrossiva spesso, lo toccava, mostrava interesse. Stava conducendo il nipote a una strada senza uscita. Se Camillo avesse parlato ora, avrebbe ferito molto lo zio, ma se fosse rimasto in silenzio...non sapeva neanche fino a che punto le cose avrebbero potuto mettersi male.
 
Anche Bruno, nel frattempo, era assorto nei suoi pensieri. Era in strada e aiutava a distribuire le magiche pietanze di Julieta. Le sue sorelle lo osservavano con curiosità da tutto il giorno. Il fratellino, che un tempo aveva paura di uscire, ora salutava tutti con un sorriso e con alcuni scambiava anche qualche parola. Nessuno lo evitava più. Le donne, stuzzicate, si avvicinarono a lui.
 
“Ultimamente sei molto allegro, fratellino” disse Pepa fissando Bruno. Lui sorrise, quasi oscurando il sole.
 
“Perché non dovrei? È tutto così bello!”
 
“Davvero?” intervenne Julieta, “a proposito, ho notato che esci, la sera...”
 
Bruno era sul punto di giustificarsi, ma Dolores, che andava a incontrare Mariano, disse:
 
“Ha degli appuntamenti”
 
Gli occhi dei tre gemelli si spalancarono. Bruno si sentì a disagio. A volte aveva l’impressione che Dolores potesse sentire anche i suoi pensieri. Un brivido gli corse lungo la schiena un attimo prima che le sorelle lo afferrassero per le spalle:
 
“Con chi?!” esclamarono contemporaneamente, sorridendo. Bruno riuscì a malapena a indietreggiare. Le sue guance arrossirono.
 
“Ehi, ehi, calma. Non posso ancora dirlo ma...è molto bella!” sospirò Bruno, ricordando le fossette sulle guance di Cassandra, i suoi rigogliosi capelli ricci e il nasino all’insù. Ogni volta che rideva, lui aveva voglia di volare. Julieta e Pepa sospirarono languidamente, guardando il fratello con orgoglio. Pepa si mise a saltellare, pizzicando le guance dell’uomo. Una piccola nuvola si formò improvvisamente sulla sua testa.
 
“Ah, il mio fratellino ha finalmente trovato una ragazza!” disse, “mi ero rassegnata all’idea che rimanessi da solo fino alla vecchiaia”
 
“Ti andrebbe di portarla a casa...magari per cena?” si unì Julieta. Entrambe desideravano ardentemente conoscere la persona che aveva attirato l’attenzione del fratello. Ma Bruno fece per scappare, divincolandosi dal loro stretto abbraccio.
 
“N-no!” balbettò, agitando le mani, “forse più avanti...non sono ancora pronto!”
 
“Dimmelo subito quando lo sarai!” continuò Pepa, impaziente, “dovrò essere di ottimo umore, il cielo sarà limpido!”
 
“E io preparerò una cena perfetta!” aggiunse Julieta, “chiederò sia a Isa che a Mirabel di decorare la casa magnificamente”
 
“Ehi! Guarda, qualcuno ha bisogno di te!” gridò Bruno, indicando un punto, poi ne approfittò per scomparire. Era da tempo che non correva così velocemente.
 
-Ho paura anche solo di toccarla- pensò tristemente, -figuriamoci un invito a cena...-
 
Pensando a come risolvere il problema, notò un familiare chignon scuro tra la folla. Sperava solo che tutto andasse come doveva andare.
 
.
 
Dolores era euforica. Mariano le aveva regalato uno splendido braccialetto, che ora indossava sul polso sinistro. Aveva voglia di saltare tra le nuvole, ma il fruscio all’angolo non le permise di distrarsi.
 
“Ti sento, zio Bruno” disse calma, osservando l’uomo imbarazzato che timidamente appariva.
 
“C-ciao, Dolores. Io volevo...beh...” Bruno cercò di riordinare i pensieri ed esternarli in modo che la nipote chiacchierona non parlasse con nessuno. Dolores osservò con attenzione il volto dell’uomo che cambiava fino a quando non parlò: “ho bisogno di un consiglio”
 
“Consiglio?” Dolores guardò lo zio, sorpresa. Sapeva che non si sentiva a suo agio, con lei, quindi l’ultima cosa che immaginava era che lui le chiedesse un consiglio.
 
“Sì, un consiglio. Vedi, sono...sono innamorato di qualcuno...”
 
“Cassandra?” lo interruppe lei e Bruno annuì.
 
-Forse non è un male che lo sappia. Almeno non devo dirlo ad alta voce-
 
“Ma...non riesco bene a decidermi...”
 
“Non continuare, ho capito” assicurò Dolores, sorridendo. “Liberati dei dubbi e datti una mossa!”
 
“Ah, è così semplice?” si indignò Bruno, ma la nipote era fiduciosa.
 
“Sì!” rispose fermamente, aggiungendo, “oh, ricordo quando Mariano si è deciso...al secondo appuntamento. Non ha perso tempo”
 
“Non pensi che si allontanerà da me?” l’uomo non avrebbe potuto sopportare un simile esito. Stava male solo a pensarci.
 
“Certo che no!” affermò Dolores, “sicuramente le piaci, altrimenti perché uscirebbe con te tutti i giorni? Sono certa che aspetta il tuo primo passo. Coraggio, zio. E non preoccuparti, non lo dirò nessuno...per ora”
 
Bruno capì di aver preso la decisione giusta nel chiedere consiglio alla nipote. Il suo cuore ardeva di determinazione. Si fece in avanti per abbracciarla, ma lei si scansò, squittendo piano.
 
“Scusa, non mi piacciono gli abbracci” mormorò con un sorriso mortificato, ma Bruno non si turbò.
 
“Grazie, Lola, cosa farei senza di te!” esclamò Bruno, andandosi a preparare per il successivo incontro.
 
-Ma chi sarà questa donna?- pensò Dolores, seguendo lo zio con sguardo curioso.
 
.
 
La serata passò rapidamente. Il tempo, che inizialmente sembrava eterno, ora volava con la velocità di una cometa. Bruno e Cassandra erano sul tetto di una delle case, osservando la luna piena sull’Encanto, insieme a milioni di stelle luminose. Quasi non c’era spazio tra loro. Così, quando Camilo si voltò, involontariamente toccò la coscia dello zio con il ginocchio.
 
Si sentiva ancora in colpa, ma il tranquillo momento di felicità che stava trascorrendo con lo zio faceva effetto. I cattivi pensieri si allontanavano.
 
“Sei un po’ in anticipo oggi” disse Cassandra, provocando in Bruno una risatina nervosa. Infilò la mano dietro la nuca, tra i capelli ondulati, e Camilo notò che i suoi occhi verdi sembravano brillare alla luce della luna.
 
“Sì, mi mancavi. E...volevo fare una cosa speciale oggi” confessò Bruno.
 
“Cosa?”
 
Bruno raccolse tutto il coraggio che gli era rimasto e respirò profondamente.
 
-Forse non devo dirgli la verità?- pensò Camilo.
 
Un secondo dopo, fu coinvolto in un bacio. Il suo cuore smise per un istante di battere. Camilo sentì il calore delle labbra dell’uomo per pochi istanti prima che Bruno si staccasse, ma fu sufficiente per frantumare tutte le sue preoccupazioni come vetro sottile.
 
“Cassandra?” Bruno percepì che qualcosa non andava. Il volto di lei non era felice. Nemmeno confuso o sorpreso o triste. Era vuoto. Assente davanti ai suoi occhi e lo gettò nel panico.
 
D’un tratto, si mise a piovere. Camilo si alzò e per poco non cadde sulle tegole scivolose.
 
“Attenta!” Bruno gli afferrò il braccio. Un tuono rimbombò. Camilo strappò la mano dalla presa dell’uomo e scappò giù dal cornicione. Il cuore gli batteva freneticamente. Non si rese conto di passare dal camminare al correre. La paura cresceva in lui.
 
-No, no, no, no, no!- gridò dentro di sé. -Avrei dovuto dirti tutto, avrei dovuto confessare da tempo...è tutto un enorme errore!-
 
La pioggia diventò un acquazzone. Bruno era fradicio, incapace di muoversi, ripensando alla donna che era corsa via da parecchio. Il suo volto era stampato davanti ai suoi occhi. Le lacrime riempirono impietosamente i suoi occhi e rotolarono giù, fondendosi con le gocce della pioggia. Bruno Madrigal aveva deciso di mettere alla prova il suo destino. E, come al solito, si era verificata un’altra disgrazia.

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Capitolo 6
*** 6. Destino ***


L’oscurità coprì il viso di Camilo come un velo. I suoi occhi erano chiusi e le labbra sembravano bruciare. Sentì qualcuno mordergli le labbra, succhiarle, accarezzarle con cura. La leggera barba gli pizzicava le guance, ma al ragazzo piaceva. Non riusciva a capire chi osasse farlo: il volto dello sconosciuto pareva sfocato.
 
-È così bello...- pensò Camilo, aprendo le labbra, permettendo all’altro di entrare con la lingua. Le mani dell’uomo scivolarono sotto la sua ruana, gli accarezzarono la schiena calda, sollevandogli gradualmente l’indumento. Camilo si sentì smarrire sotto le dita della figura ignota.
 
“Ti amo” sentì all’improvviso una voce familiare vicino all’orecchio. Camilo aprì gli occhi. L’immagine non era più annebbiata: suo zio lo guardava con occhi inebriati, ardenti di eccitazione. Prima che il ragazzo potesse reagire, Bruno premette le labbra contro le sue, proprio come la sera precedente.
 
Camilo si svegliò. Saltò in piedi, stringendosi il cuore che batteva selvaggiamente. Il sudore freddo gli copriva il viso e da come ansimava si poteva pensare che non avesse dormito, ma appena finito di correre una maratona.
 
Quando tornò in sé, si rese conto che era un sogno. Il sollievo lo riempì, ma rimaneva uno sgradevole retrogusto di paura. Non si era nemmeno accorto di essersi addormentato. E non ricordava neanche di quando era salito sul tetto di Casita. Tutti i suoi pensieri erano occupati da quanto accaduto il giorno prima. Non aveva dormito tutta la notte, vagando per la stanza e cercando di placare il suo cuore infuriato.
 
Udì la voce di sua madre al piano di sotto. Camilo si distrasse e abbassò lo sguardo. Preoccupati, Pepa e il marito erano accanto a Bruno, che piantava dei chiodi contro il muro. C’era una nuvola sopra la testa della donna.
 
“Fratello, stai...bene?” gli chiese nel modo più gentile possibile. Bruno reagì con un po’ di ritardo.
 
“Eh? Ah...sì, non preoccuparti. Va tutto bene”
 
Si girò verso la sorella, che notò gli occhi rossi e gonfi e le borse che occupavano gran parte del suo viso. Le ciglia sembravano leggermente umide, ma non voleva disturbare sua sorella per una sciocchezza del genere. Bruno forzò un sorriso. Non sapeva che così faceva preoccupare Pepa ancora di più. Quando lei si rivolse a Felix, la nuvola divenne più nera.
 
“Te l’ho detto, non mi sono preoccupata per niente ieri!” sussurrò nervosamente, “guarda cos’è successo! Povero fratello mio...lascia che ci pensi io a questa tipa!”
 
Tuoni e fulmini partivano dalle nuvole e dagli occhi della donna in collera. Felix, sebbene abituato agli sbalzi, era ancora un po’ timoroso che scatenasse una tempesta. Con cautela passò il braccio intorno alla vita di Pepa, accarezzandole le spalle tese.
 
“Calmati, amore, non sappiamo cos’è successo...”
 
“Cosa c’è da sapere? Avresti dovuto vedere com’è tornato a casa ieri! In confronto, adesso è di buon umore!”
 
Il ricordo di Bruno singhiozzante sulla soglia la scuoteva ancora. Aveva rischiato anche lei di piangere, e per quanto sia lei che Julieta avessero cercato di fargli accennare a quello che era successo, l’uomo era rimasto in silenzio. Le sorelle non avevano dubbi, la colpa era della sua innamorata segreta.
 
Anche Camilo se lo ricordava. Si era nascosto all’ultimo piano, non sopportando la preoccupazione nel sapere dello zio sotto la pioggia. Un sentimento di rimorso gli aveva tormentato la mente e si era ritirato nella sua stanza, incapace di rimanere fino alla fine. Il suono dei singhiozzi era ancora chiaro nelle sue orecchie e lacerava la sua coscienza in brandelli.
 
“Andiamo a rilassarci un po’, ha bisogno di stare da solo” disse Felix portando via la moglie e, nonostante le sue resistenze, si adoperò per calmarla. Quando scomparvero, Bruno smise di lavorare. Il martello rimase sospeso nella sua mano. Camilo osservò da vicino e notò le lacrime scorrere lungo il viso dello zio, nascosto dai capelli arruffati. I singhiozzi erano udibili.
 
Camilo non poteva sopportarlo. Scese e si avvicinò a Bruno.
 
“Sei un po’...agitato, oggi” iniziò goffamente, non sapendo dove guardare. L’uomo non si spaventò. Non sobbalzò, come sapesse che il nipote sarebbe apparso. Il cuore di Camilo ricominciò a martellare vedendo il suo volto. I ricordi divamparono in una nuova e più forte ondata. Tuttavia si contenne, non avendo il potere di tornare indietro nel tempo per andarsene.
 
“È la tua immaginazione” mormorò Bruno, cercando di asciugare silenziosamente le lacrime, ma Camilo se n’era già accorto.
 
“Sei così perché Cassandra è scappata?” chiese il ragazzo, conoscendo la risposta, attirando l’attenzione dell’altro. Bruno lo guardò stupito.
 
“Tu come...”
 
“Mi ha detto tutto ieri” senza pensarci, Camilo continuò a mentire spudoratamente, sperando che il flusso di bugie lo riportasse alla routine e alla normalità. Bruno dubitava di voler davvero sapere, ma non poté comunque fare a meno di chiedere.
 
“C-cosa...cos’ha detto?”
 
“Lei...è confusa!” inventò Camilo, cercando di non farsi scoprire, ma a causa dei recenti disordini, la sua immaginazione si era gradualmente prosciugata, “ha detto che per ora vuole stare da sola”
 
“Ma...non mi odia, vero?”
 
“No, cosa dici! Solo che...” sospirò il ragazzo, raccogliendo il coraggio. Da giorni si era stancato di quel ‘gioco’ e non voleva più continuare. “Sai, non dovresti soffrire così tanto per questo motivo. Forse lei non è il tuo destino. Può capitare. Ma la tua famiglia è sempre con te, non devi essere triste, zio Bruno. Guarda!”
 
In un secondo prese le sembianze dello zio e con le dita allungò le labbra in un ampio sorriso, stringendo gli occhi. Bruno trovò la propria faccia così buffa che la tristezza svanì. Solo per un momento.
 
“Okay, okay” l’uomo diede una piccola pacca sulla testa soffice del nipote. “Grazie, Camilo. Sai, in realtà me la ricordi molto”
 
Da tempo Bruno aveva notato la sorprendente somiglianza. Lo stesso modo di parlare, le stesse abitudini, lo stesso odore...a volte pensava addirittura che se Cassandra fosse stata un ragazzo, sarebbe stato impossibile distinguerla da quel teppista.
 
Camilo sobbalzò prima che il collegamento potesse raggiungere suo zio. Ridacchiò nervosamente, lisciandosi i vestiti e indietreggiò, quasi inciampando nei propri piedi.
 
“Ah, ah, cosa ti viene in mente. Beh, io ho...da fare. Ci vediamo più tardi!”
 
Camilo scappò via subito, seguito dallo sguardo perplesso dello zio. Bruno rimase di nuovo solo, ma non aveva più voglia di piangere. Gli sforzi del nipote avevano dato frutto.
 
-Non è il mio destino- ripeté tristemente le parole di Camilo. Poi aprì gli occhi, affascinato dalla propria idea. -Non il mio destino...il mio destino! Cavoli, perché non ci ho pensato prima!-
 
Dandosi uno schiaffetto per essere stato così ottuso, Bruno mollò tutto per andare a prepararsi a fare qualcosa che non aveva più fatto dal suo incontro con Mirabel.

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Capitolo 7
*** 7. Ero io ***


Il pomeriggio riempì Camilo di frenesia. Da quando era corso via da suo zio, non lo aveva più visto per il resto della giornata. Il ragazzo, in fermento, perquisì la casa, camminò per le strade, salì persino la torre di Bruno – senza lasciarsi scoraggiare da tutti i gradini – ma non trovò traccia dell’uomo. Sembrava essere scomparso.
 
-Non c’è da stupirsi- si disse il ragazzo, -si metterà nei guai!-
 
“Dove ti sei cacciato?!” gridò Camilo, incapace di sopportare oltre la tensione, avvertendo poi un debole squittio dietro l’angolo. Dopo un istante di silenzio, si voltò, bloccando la strada alla sorella, già pronta a dileguarsi. I suoi occhi saettavano da una parte all’altra e le mani tremavano nervosamente. Camilo la conosceva abbastanza da capire che stava nascondendo qualcosa. Ed era ovvio che si trattasse di una cosa molto importante.
 
“Forza!” esclamò, “Dimmi dov’è!”
 
“Io...non lo so...” Dolores tremava come se stesse gelando. Anche i denti battevano.
 
“Sorella...” Camilo la guardò intensamente negli occhi, divorando la povera ragazza finché non esplose.
 
“È nel suo luogo segreto!” sbottò lei, coprendosi subito la bocca con le mani. Camilo la guardò con sorpresa.
 
“Cosa?”
 
“Mi vergognavo per averlo spinto a fare il primo passo” ammise, “sono andata da lui, ma c’eri tu mentre gli dicevi che Cassandra non era il suo destino. Si è precipitato a prendere della sabbia per vedere il futuro. E ha chiesto di non dire niente a nessuno!”
 
Camilo non sapeva cosa lo sconvolgesse di più: la decisione improvvisa dello zio, l’aver contribuito a quella scelta o che anche sua sorella fosse coinvolta in tutta la storia. Gli faceva male la testa per l’incredibile numero di pensieri che l’attraversavano. Dolores tentò di calmarlo, ma il ragazzo si mosse rapidamente.
 
“A più tardi!” esclamò correndo via e lei decise che era meglio continuare a tacere. Per ora, forse.
 
.
 
Bruno era un po’ nervoso. Non gli piaceva affrettare ciò che riguardava il futuro, ma ora era impaziente di conoscere il suo destino. Il cerchio di sabbia era pronto. Mordendosi il labbro, l’uomo accese un fiammifero e illuminò le candele. La tempesta di sabbia cominciò a sollevarsi, creando una cupola protettiva intorno a lui. Solo all’ultimo secondo un agitato Camilo volò nel piccolo varco rimasto aperta e la cupola si chiuse su di loro, dipingendo un’immagine in alto.
 
“Zio! Fermati!” gridò il ragazzo, tirando Bruno. La sorpresa quasi portò Bruno a sprecare i suoi sforzi, ma riuscì a mantenere l’equilibrio. L’immagine continuava a emergere e lui la scrutò attentamente.
 
“Camilo, cosa ci fai qui?” chiese con stupore e lieve irritazione. Ma invece di rispondere, Camilo tentò un’altra mossa per mettere termine alla visione. Spense tutte le candele, ma non funzionò. Afferrò dunque la ruana dello zio.
 
“Smettila subito!” gridò con tono esigente, impallidendo. Bruno non capiva perché il nipote si comportasse in modo così strano.
 
“Sei stato tu a parlare del destino, no? Ora posso avere una risposta certa!” la voce di Bruno era piena di speranza e determinazione. Non sapeva cosa l’avrebbe aspettato. La sua mente aveva rimosso che la maggior parte delle sue visioni erano infelici.
 
“Fidati di me, fermati! Ti prego!” continuò Camilo, con occhi perfino umidi dalla disperazione, ma Bruno non poteva fermarsi. Di colpo si illuminò indicando l’immagine.
 
“Guarda, è...è lei!” la sua voce era più gioiosa che mai. Quasi pianse per la felicità. Era nella sua visione! La sua innamorata era nella sua visione!
 
Entrambi la videro abbracciare Bruno. Si sporgeva verso le sue labbra...lo baciava e...
“Guarda, siamo insieme! Siamo insieme, e lei...lei...”
 
...lei si trasformò in Camilo.
 
Bruno tacque. Scrutò ancora, cercando di capire se ci fosse un errore, ma l’immagine era già fissata tra le sue mani, su una tavoletta verde. Bruno la guardò, non credendo ai propri occhi. Come per magia, l’immagine si modificava e Cassandra che lo baciava veniva sostituita da Camilo. Ancora Cassandra e Camilo...Cassandra...Camilo...
 
Anche il ragazzo vide. L’anima lasciò il suo corpo.
 
Lo zio si girò verso di lui, fissandolo con aria perplessa. Non capiva cosa stesse succedendo. Non voleva accettare quello che stava accadendo. Bruno si mise a ridere.
 
“M-ma dev’esserci un e-errore” mormorò balbettando e recuperò altra sabbia, spargendola in cerchio con mani tremanti. “Ora...riprovo...”
 
“Non c’è nessun errore” lo fermò Camilo. Poi cedette, “Cassandra...se n’è andata”
 
“N-non capisco...”
 
Bruno guardò Camilo, in attesa di una spiegazione. Tremava per l’incomprensione. Gli sembrava che tutto scorresse intorno a lui, che non ne capiva il perché. Perché...?
 
La risposta gli apparve davanti agli occhi con il fragore di un tuono. Camilo mutò le sue sembianze e diventò la donna con cui Bruno aveva trascorso tante serate insieme. Quella di cui si era innamorato a prima vista. Quella che aveva baciato...
 
La barriera di incredulità si infranse e il rompicapo nella sua testa prese forma.
 
 
“Ragazza? Stai parlando di Ca-”
 
“Mi ha detto tutto ieri”
 
“Sai, in realtà me la ricordi molto”
 
“Ah, ah, cosa ti viene in mente”
 
“Forse lei non è il tuo destino”
 
 
“In tutti questi giorni...ero io”
 
Camilo abbassò gli occhi. Ammetterlo era molto difficile, ma era solo l’inizio. Si aspettava la reazione. Si aspettava che suo zio gli urlasse contro, si arrabbiasse e si sfogasse. Ma non accadde nulla. Udì improvvisamente il rumore di vetri rotti. Le dita di Bruno, che stringevano la visione, si erano allentate e la tavoletta era caduta, rompendosi in cocci. Camilo si fece avanti, tendendo la mano a Bruno.
 
“Zio, io...”
 
“Non ti avvicinare” disse Bruno con voce calma, terribilmente calma, allontanando il palmo del ragazzo. Nessuna emozione era visibile sul suo volto, come non fosse una persona, ma una bambola che parlava. Bruno si voltò e si allontanò lentamente. Camilo avrebbe voluto seguirlo, ma le parole dell’uomo gli risuonarono in testa.
 
Camilo si inginocchiò, raccogliendo i frammenti verdi con mani tremanti. Uno di essi gli ferì il palmo, lasciandogli un profondo taglio.
 
-Avrei preferito che mi picchiassi- pensò e, senza sapere perché, si mise a piangere.

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Capitolo 8
*** 8. Dissonanza ***


Camilo non riusciva a stare fermo. Le borse sotto i suoi occhi crescevano sempre più velocemente. Quel giorno non era ancora andato in camera sua, limitandosi ad aspettare che lo zio uscisse. Voleva parlargli, scusarsi di nuovo, spiegare tutto.
 
Quando finalmente Bruno si fece vedere, gli passò accanto rapidamente, come se Camilo fosse invisibile. Il ragazzo non si arrese. Osservò lo zio che aiutava Felix. Pepa non staccava gli occhi da Bruno: per il terzo giorno consecutivo, una nuvola appariva sulla sua testa non appena vedeva il fratello.
 
Ma non appena Camilo fu in vista, l’uomo lasciò tutto e disse che sarebbe andato ad aiutare Mirabel in città.
Camilo strinse le labbra. Lo seguì di nascosto, trasformandosi in uno dei bambini. Ma Bruno procedette velocemente e sparì tra la folla, come sapendo di essere osservato.
 
Era l’ultima goccia. Camilo rientrò a casa. Sapeva perché Bruno lo evitava così tenacemente, ma non capiva perché lo facesse sentire così male e ferito. Invece di permettere allo zio di sbollire, come un posseduto bramava un incontro con lui. Riflettendo sulla natura dei propri sentimenti, si sedette al secondo piano, lasciando penzolare le gambe, e di tanto in tanto colpiva la ringhiera con la testa.
 
“Cos’è successo? Non sembri tu” risuonò d’un tratto la voce di Mirabel. Camilo non sapeva se fosse appena tornata, se non fosse mai uscita, ma sapeva che non aveva incontrato Bruno. Altrimenti, in quel momento non sarebbe stata lì, ma insieme a Bruno per capire il motivo della sua indignazione.
 
“Di cosa parli?” ribatté lui indifferente. Mirabel aveva capito che qualcosa non andava da giorni, ed era evidente nel giovane davanti a lei. Un ragazzo che faceva sempre ridere chiunque, aveva ora bisogno di qualcuno che facesse ridere lui.
 
“Beh, sai, ho notato...” si sedette accanto a lui, mettendosi nella stessa posizione, “che non ti trasformi più. Sei abbastanza tranquillo”
 
“Ho solo deciso di riposarmi”
 
“Capisco quando nascondi qualcosa” la ragazza gli posò una mano sulla spalla e sorrise dolcemente, “perché non mi dici cosa succede?”
 
“Mirabel, non essere fastidiosa” sospirò Camilo. Mirabel sbarrò gli occhi: nessuno l’aveva mai definita fastidiosa e non si aspettava di sentire una cosa del genere da suo cugino.
 
“Mi dispiace” si riprese Camilo, “non posso davvero dirlo, adesso. Non sono pronto”
 
Mirabel tolse la mano dalla sua spalla e sospirò pesantemente.
 
“Capisco, ma...è più facile affrontare i problemi insieme”
 
“Non in questo caso” ribatté Camilo e si alzò, dirigendosi verso la sua porta, “devo occuparmene da solo”
 
“Va bene, va bene...” acconsentì Mirabel, ma esclamò: “andrà tutto bene, Camilo!”
 
“Grazie, Mira” le disse, rivolgendole infine un sorriso leggero ma caloroso. Il sole era già tramontato dietro le alte colline.
 
.
 
Camilo non riusciva a dormire. Si voltò in continuazione, finché non si alzò. I pensieri continuavano a turbinare nella sua testa, guidati da ansia e tristezza. Sentì sua madre e sua zia che salutavano Bruno e ne ricavò una magra consolazione: almeno l’uomo stava bene.
Nell’oscurità, i suoi occhi colsero una fioca luce verde. Si avvicinò per dare un’occhiata e sospirò.
 
-Come potrei dimenticarmene?- si rimproverò, imprecando, recuperando i frammenti della visione dai pantaloni che aveva gettato di lato, disponendoli sul tavolo. Pezzo per pezzo, ricompose l’immagine e, quando fu quasi pronta, si fermò. Rimase con l’ultimo coccio in mano. Il ragazzo guardò la figura incompleta e lentamente cominciò a comprendere.
 
-Questo...è il futuro? Perché lo bacio, nel futuro?- rigirandosi quel pensiero nella testa, Camilo divenne ancora più confuso. Un colpo alla porta lo interruppe. Coprì la tavoletta con la ruana e corse ad aprire, imponendosi di apparire calmo. Ma non appena girò la maniglia, la sua maschera disinvolta si incrinò. Con occhi spalancati, guardò Bruno.
 
“Zio...”
 
“Ssh!” l’uomo chiuse la bocca del nipote prima che potesse aggiungere altro e sussurrò: “Dormono tutti”
 
Dopo essersi assicurato che Camilo non emettesse alcun suono inutile, raccolse i suoi pensieri, respirò profondamente e chiese:
 
“Posso...passare la notte con te?”

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Capitolo 9
*** 9. Incubi ***


La stanza di Camilo era speciale quanto lo era lui: vi erano disposte figure scolpite nel legno, come in un museo, e solo una piccola area con un tavolo, un letto e un armadio facevano capire che era una camera da letto. Mentre Bruno avanzava, si sentiva fuori posto. Accanto al nipote sul suo letto, illuminato dalla fioca luce di una lampada, il disagio non faceva che aumentare.
 
-È stata un’idea stupida- pensò e fece per alzarsi e tornare alla sua torre, ma Camilo si rivolse a lui.
 
“Perché sei venuto qui?” chiese. Non sapeva che suo zio temeva quella domanda.
 
“Non fraintendermi, solo che...ho gli incubi e...di solito non mi rivolgo a nessuno, ma l’ultimo è stato davvero spaventoso” la voce di Bruno era molto bassa e leggermente rauca. L’uomo si sentiva strano nel raccontarlo a suo nipote e non a...Cassandra.
 
Dalla sera precedente, non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che Cassandra fosse Camilo. Non appena vedeva suo nipote, un turbinio di ricordi gli riempiva la testa, ma distorti dalla realtà. Eccolo ad accarezzare la mano del nipote, eccolo mentre gli dichiarava il suo amore, eccolo mentre lo baciava...Bruno era disgustato di se stesso. Soprattutto perché si sentiva ancora attratto da Cassandra...da suo nipote.
 
Eppure, continuava ad avvicinarsi a lui, spinto dalle emozioni, cercando di convincersi che fosse ancora la persona che poteva ascoltarlo e sostenerlo. E su quel punto non si sbagliava.
 
“Cosa...succedeva, nel tuo incubo?” chiese Cailo, scrutando i confusi occhi verdi. Bruno ingoiò la saliva. Camilo gli era troppo vicino. Tanto che poteva sentire il suo respiro su di sé. Lo stomaco di Bruno si contorse. Voleva scappare da lì, da se stesso, dai propri pensieri, ma continuò a fingere che andasse tutto bene.
 
“Tutti mi voltavano le spalle e mi cacciavano dall’Encanto. Vagavo solo per la foresta, finché...”
 
Bruno tacque. Tralasciò molti dettagli importanti. Ad esempio, che lo cacciavano perché avevano scoperto la verità su Cassandra. E non disse neanche che si suicidava, incapace di sopportare l’odio della sua famiglia e di se stesso.
 
Improvvisamente Camilo si fece avanti e strinse lo zio al petto. Bruno dimenticò come respirare. Il suo cuore smise di battere.
 
“Ssh, non accadrà” gli assicurò il ragazzo, affondando con la mano tra i suoi riccioli arruffati, “nessuno oserà farti male. Saremo sempre al tuo fianco”
 
-Non hai idea di cosa stiamo parlando- si disse l’uomo, accettando l’abbraccio. Forse il mattino dopo si sarebbe rimproverato, ma ora ne aveva semplicemente bisogno, come una boccata d’aria. Il silenzio tornò nella stanza. Era il turno di Bruno di fare domande.
 
“Camilo. Perché hai finto...di essere lei?”
 
“Non lo so neanche più” rispose onestamente. “All’inizio volevo farti uno scherzo, ma eri così felice che non riuscivo a confessare”
 
“Anche quando ti ho detto che ti amavo? E...”
 
“Anche quando mi hai baciato” concluse Camilo, “temevo che, se l’avessi scoperto, mi avresti odiato per sempre”
 
“Come potrei odiarti?” si indignò Bruno, guardandolo negli occhi. “Certo, hai fatto una cosa brutta, ma si vede che sei dispiaciuto. È sufficiente per me”
 
Non si accorse di come il silenzio calò.
 
Entrambi si guardarono, senza osare dire una parola, ma affondando nelle pupille dilatate dell’altro, sprofondando. Pensieri indicibili riempivano le loro teste, e nessuno dei due osava ammetterli neanche a se stesso.
 
Non potendo sopportare oltre, Camilo sussurrò:
 
“Zio, la tua visione...”
 
“Non pensarci” lo interruppe Bruno, voltandosi rapidamente e spingendosi verso il bordo del letto, “ci dev’essere qualche errore. Sai, le mie visioni...sono stupide e imprecise. Meglio se dormiamo”
 
“Va bene...” disse Camilo, cercando di ignorare quello che provava. La distanza tra loro sembrava un abisso, anche se li separava la lunghezza di un braccio. Il ragazzo sospriò pesantemente. Entrambi finsero di dormire, ma non chiusero gli occhi fino a ben oltre la mezzanotte.
 
Il mattino giunse rapidamente. Tutti i Madrigal erano in piedi da tempo, tranne due uomini e Mirabel era stata incaricata di buttarli giù dal letto.
 
Zia Pepa le aveva chiesto di svegliare il cugino in modo che non si lamentasse di aver saltato la colazione.
 
-Sicuramente dovrò farlo spesso- sorrise Mirabel, aprendo con cautela la porta della stanza di Camilo. Sul letto giaceva un grosso fardello, avvolto completamente dalla coperta. Senza perdere tempo, la ragazza avanzò.
 
“Camilo, è ora di alzarsi! Ti perderai di nuovo la colazione. A proposito, hai visto zio Bruno? Nemmeno lui è uscito...”
 
La ragazza tacque quando rimosse la coperta. Le cadde la mascella e sbarrò gli occhi, che divennero più grandi dei suoi occhiali. Era abituarsi ad aspettarsi gli scherzi del cugino, ma decisamente non di vederlo dormire pacificamente tra le braccia di suo zio. Le loro gambe erano intrecciate e le mani strette intorno alla vita di Camilo, sfiorando la parte esposta del ventre.
 
“Madre di Dio...” disse Mirabel.

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Capitolo 10
*** 10. Consapevolezza ***


“Camilo, idiota!”
 
Mirabel vagava per la stanza, estremamente preoccupata per i due che alla fine si erano svegliati. La mattina era stata fin troppo dinamica per zio e nipote. Erano abbastanza storditi: si erano svegliati ritrovandosi abbracciati a causa di un urlo femminile arrabbiato che chiedeva spiegazioni e tutti i dettagli. Incapaci di giustificarsi, avevano rivelato la verità sulla settimana precedente.
 
“Te l’avevo detto che non sarebbe finita bene” Mirabel si rivolse al cugino, “che cos’hai combinato con il tuo scherzo...hai visto cos’hai fatto con zia Pepa? E mia madre? E Bruno?! Ho voglia di darti uno schiaffo!”
 
“N-non serve ricorrere alla violenza” intervenne lo zio, fermando la furia della nipote. Non aveva mai visto Mirabel così arrabbiata. “Va tutto bene adesso, abbiamo parlato, ci siamo chiariti. Perché tanto clamore?”
 
Mirabel sospirò stancamente. Forse per quei due era tutto risolto, ma gli altri ancora non conoscevano la reale situazione. Ci sarebbe voluto qualche giorno prima che il clima tornasse sereno. La ragazza trattenne il fiume di parole che intendeva buttare fuori.
 
“Ok. Ma perché avete dormito insieme?”
 
Entrambi sussultarono, cosa che Mirabel, fortunatamente, non notò. Bruno sentì le guance arrossarsi e abbassò gli occhi a terra.
 
“B-beh, il fatto è...”
 
“Non aveva voglia di salire tutte quelle scale” disse Camilo, con espressione molto sicura, al punto che la cugina non considerò che il ragazzo potesse mentire di nuovo. Inoltre lei stessa aveva salito quelle scale e poteva capire suo zio!
 
“D’accordo. Ma basta con i trucchi sporchi!” avvertì la ragazza, mostrando al cugino un dito minaccioso, “Non potremmo sopportare un altro shock. Muovetevi, la colazione è quasi pronto”
 
E se ne andò, sbattendosi la porta alle spalle. Zio e nipote rimasero di nuovo soli.
 
“Ti chiedo ancora scusa per aver finto di essere Cassandra” ripeté Camilo, senza timore, ma con un pizzico di rammarico. Sentiva l’odore di polvere e biscotti che di solito circondava suo zio. La tensione della sera prima si era attenuata. Bruno diede un colpetto sulla testa del nipote, con un sorriso forzato.
 
“Va bene. Mi spiace di averti baciato così all’improvviso quella sera. Dev’essere stato scioccante!”
 
Nonostante la malinconia che provava, rise. Si aspettava che Camilo si unisse nella risata, invece rimase in silenzio. Le sue labbra non si mossero.
 
Il ragazzo ricordava quella sera. Ricordava la sensazione delle labbra dell’uomo sulle proprie. Ricordava la predizione di suo zio...lo aveva sconvolto, inizialmente. Di colpo, ora pensò che riprovarci non sarebbe stato poi così male. I suoi pensieri lo condussero ad un vicolo cieco.
 
“Camilo?” Bruno non sopportava quel silenzio e diede una pacca sulla spalla del ragazzo. Questi scosse il capo, scacciando la consapevolezza appena arrivata. Guardò Bruno. Non era affatto diverso: eccentrico, ingenuo e sciatto come sempre. Allora perché il sentimento dentro di lui continuava a bruciare?
 
Camilo decise di fare un test. Prese le sembianze di Cassandra, facendo sbarrare gli occhi di suo zio e sporgendo le labbra.
 
“Ecco. Puoi baciarmi adesso...prendila come una consolazone. Considera questa come l’ultima volta che vedrai Cassandra”
 
Bruno deglutì.
 
-Non capisci quello che dici. Cosa stai facendo?- pensò l’uomo, osservando l’immagine della donna che amava. Con orrore, si rese conto che non riusciva a resisterle. Era incapace di resistere all’attrazione per suo nipote.
 
“Camilo, torna te stesso” chiese l’uomo. La sua voce tremava.
 
“Ma...”
 
“Torna te stesso, forza” insistette Bruno e il ragazzo si arrese, buttando l’idea fallita. Tuttavia, un attimo dopo le labbra dello zio gli sfiorarono la fronte. Era un tocco leggero e gentile come una piuma, ma per Camilo sembrò una scottatura.
 
Bruno scompigliò i capelli del giovane e si alzò dal letto.
 
“Non ho bisogno di vederla. Lei è te. Quindi fingiamo di esserci soltanto divertiti in quei giorni come amici, non è successo niente. Dimentichiamo tutto e basta. D’accordo? Ci vediamo a colazione”
 
Finito di parlare, se ne andò lasciando il nipote solo con i suoi sentimenti furiosi.
 
“Dimenticare...?” Camilo sussurrò quella parola amara. La cacofonia dei pensieri finalmente si allineò e d’un tratto gli venne in mente il motivo per cui si sentiva così strano. Perché il suo cuore batteva più forte accanto a Bruno, perché aveva voglia di ripetere il bacio, perché l’assenza di suo zio gli faceva così male?
 
Dopo aver realizzato, capì di essersi cacciato in molti più guai di quanto avesse preventivato.
 
“Io...non voglio dimenticare nulla” sussurrò, senza rendersi conto che solo un filo sottile gli impedeva di cadere nel baratro.
 

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Capitolo 11
*** 11. Gelosia ***


Camilo era indignato. Per il terzo giorno nascondeva dentro di sé un intero vagone di pensieri inespressi e non poteva condividerli con nessuno.
 
“Passami la spilletta, per favore” chiese Bruno, che a malapena arrivava allo spazio sopra la porta. Tra le sue mani c’era un nastro con motivi arancioni.
 
Erano all’ingresso principale di Casita. Perché di colpo lo zio doveva decorare la casa? Camilo non lo sapeva. Era concentrato sul palmo teso verso di lui.
 
Il ragazzo decise di dare un segnale più ovvio: quando passò la spilla, accarezzò deliberatamente e a lungo il palmo caldo dell’uomo. Anche un cieco avrebbe notato una sfumatura intima nella sua azione. Ma Bruno no. Non mosse un muscolo, come se fosse normale. Come se...avesse davvero dimenticato tutto quello che era successo tra loro.
 
Quell’atteggiamento era la ragione dell’insoddisfazione di Camilo. Suo zio era troppo calmo! Da quando aveva realizzato i propri sentimenti, il ragazzo non lasciava mai l’uomo, gli si era attaccato come un francobollo, quasi lo seguiva in bagno, ma niente. Nessuna reazione! Apparentemente l’intera famiglia era più imbarazzata dal comportamento di Camilo che dal ‘colpevole’. Rimuovendo quel pensiero, Camilo digrignò i denti.
 
-Eri tu a volere che tornasse tutto come prima!- si rimproverò, -bene, l’hai ottenuto! Contento?-
 
Dopo aver terminato con la decorazione, l’uomo si allontanò velocemente dentro casa, lasciando il nipote a rimuginare.
 
Impotente, Camilo scivolò a terra, stendendo le braccia lungo i fianchi. Bruno lo influenzava troppo: dapprima ne aveva avuto paura, poi ansia, ora ne era totalmente innamorato.
 
Il sole splendeva nel cielo per la prima volta dopo una settimana piovosa. Era Camilo che ancora avvertiva una nuvola di pioggia su di sé.
 
“Ehi, perché sei sdraiato?” chiese Isabela sbucando dal nulla, in bilico su di lui, “noi ci diamo da fare con i preparativi della festa e tu perdi tempo”
 
Indossava il suo abito preferito, quello che la faceva apparire come se fosse caduta nell’arcobaleno. Camilo ricordò di quanto fosse stata felice di ricavare quel vestito. Da quando aveva buttato via la sua ‘perfezione’, non passava un giorno senza un nuovo outfit, più luminoso, più folle, che rifletteva il ricco mondo della sua immaginazione.
 
“Festa?” chiese Camilo, cogliendo su di sé uno sguardo di rimprovero.
 
“Per il fidanzamento di Lola e Mariano. Lui le ha fatto la proposta ieri, e per tutta la sera abbiamo sentito ‘Mariano qui’, ‘Mariano lì’...non posso credere che tu lo abbia dimenticato. E che non ti sia accorto di nulla”
 
Camilo davvero non se n’era accorto. Realizzò una cosa ovvia, ma dolorosa: negli ultimi giorni era stato così coinvolto dal pensiero di bruno che tutto intorno a lui aveva semplicemente cessato di esistere.
 
“Comunque” disse la ragazza, ritirandosi in casa, “non dimenticare di venire subito quando inizia. Altrimenti non troverai nulla da mangiare!”
 
Una lieve risata penetrò nella cupola in cui il ragazzo era stato rintanato per giorni. Trovò uno sbocco nelle parole della cugina. Avrebbe dovuto rilassarsi per una giornata, proprio come un tempo, divertendosi e non pensare a nulla.
 
Con quella convinzione entrò in casa, chiedendosi come avrebbe intrattenuto la gente alla festa.
 
.
 
Le stelle luminose brillavano sopra la casa e all’interno era pieno di piante esotiche. Le pareti erano dipinte di vari disegni e Casina non smetteva di muovere gioiosamente le porte. Sembrava che l’intera città fosse lì dentro.
 
In mezzo alla folla, c’era Camilo. Per la prima volta da tempo, si sentiva com’era stato in precedenza: un ragazzo spensierato e allegro. Ingannò una dozzina di persone con le sue trasformazioni e rubò tutto quello che poteva dalla tavola, senza perdersi un solo piatto.
 
La pace illuminava la sua anima. Ma, più intensa è la luce, più nera è la sua ombra. Camilo non capì come accadde. In realtà, non pensava nemmeno che suo zio avrebbe voluto partecipare a un evento così affollato.
 
Pertanto, notandolo al tavolo, il ragazzo sentì tutta la spensieratezza evaporarsi in un istante. La sensazione di ansia si intensificò quando notò una donna avvicinarsi, dotata di una bellezza che andava oltre i suoi anni.
 
Prese uno dei piattini, toccando accidentalmente quello di Bruno.
 
“Oh, scusa!” balbettarono lei e Bruno all’unisono.
 
Rendendosi conto di chi aveva incontrato, la donna sgranò gli occhi. Un brivido percorse Camilo, che osservava da lontano. Voleva avvicinarsi e sentire di cosa parlavano, ma fu paziente.
 
“Tu sei Bruno Madrigal?” chiese, mentre un sorriso civettuolo si allargava lentamente sul suo volto.
 
“Ah...sì”
 
“Ho sentito parlare molto di te” disse e Camilo non dovette capire cosa si stavano dicendo. Vide lo scintillio negli occhi astuti della donna. Lui stesso di recente aveva osservato Bruno con quello stesso sguardo.
 
“D-davvero?” l’uomo provò un leggero imbarazzo e un per niente leggero panico. Di solito, dopo quelle parole, gli venivano lanciate accuse per visioni sfortunate. Anche per quelle completamente ridicole.
 
‘A causa tua mi sono rotto il braccio!’
 
‘La mia ragazza mi ha lasciato per colpa tua!’
 
‘Per colpa tua il mio pesce è morto!’
 
Bruno però non si aspettava affatto che la sconosciuta si avvicinasse, occupando il suo spazio personale come un gatto attirato dal latte.
 
“Nella realtà sei molto più bello che nei racconti” disse vezzosamente, sistemandosi una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio. Si avvicinò così tanto che lui indietreggiò, appoggiandosi al tavolo. La donna si sporse impercettibilmente in avanti, cercando di attirare l’attenzione sulla profonda scollatura.
 
“Oh, uhm...g-grazie...”
 
Bruno non sapeva come reagire. Nessuno prima di allora aveva mostrato un tale interesse per lui. Avrebbe dovuto essere felice, perché qualcuno gli prestava attenzione e, miracolo, non era per via del suo maledetto dono. Ma non si sentiva soddisfatto. Era anzi pieno di disagio.
 
Camilo aveva resistito troppo a lungo e non sarebbe rimasto a guardare oltre. Era pieno di velenosa gelosia, che lo condusse a farsi avanti e quasi a correre verso il tavolo.
 
“Mi scusi, signora, ma ho urgentemente bisogno dell’aiuto di mio zio” sbottò, sottolineando il termine ‘signora’, evidentemente offendendo la donna. Ignorando la sua espressione insoddisfatta, il ragazzo afferrò la mano di suo zio, trascinandolo via.
 
“Camilo...?”
 
Bruno era interdetto. Provò ancora una volta la sensazione di essere coinvolto in uno spettacolo di cui non sapeva nulla. Camilo non rispose. Stringendo più forte la sua mano, portò suo zio al piano superiore.

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Capitolo 12
*** 12. Più il frutto è proibito... ***


La folla festante nascose il ragazzo che trascinava lo zio su per le scale. Al secondo piano non c’era nessuno: Casita consentiva l’accesso solo ai membri della famiglia, ma faceva rotolare giù gli altri come su uno scivolo.
 
“Camilo, cosa succede?” chiese Bruno allarmato di fronte allo strano comportamento del nipote e alla sua espressione arrabbiata, “Camilo, mi senti? Camilo!”
 
Ripeté il suo nome diverse volte, ma non ricevette alcuna risposta. Il ragazzo lo condusse per le scale e spinse l’uomo contro la porta della sua stanza, premendo le labbra contro le sue.
 
Dire che Bruno era sotto shock sarebbe stato come definire un tornado una lieve manifestazione di maltempo. L’uomo era così sconvolto che non sapeva come muoversi. Camilo non perse tempo: approfittò della sua confusione dell’uomo ed entrò con la lingua. La mano corse sotto la ruana, fino ai bottoni della camicia. Solo quando Bruno sentì le dita sui vestiti tornò in sé.
 
“Camilo, smettila!”
 
Senza controllare la forza, spinse il nipote. Il ragazzo inciampò e scivolò giù per le scale. Il cuore di Bruno fu trafitto dalla paura rendendosi conto di ciò che aveva fatto. L’uomo pregò qualsiasi essere affinché il nipote stese bene. Fortunatamente i gradini non erano molti, ma Camilo sentì dolore alla coscia e il bruciore della pelle lacerata sui gomiti. Riuscì ad alzarsi.
 
“Stai bene?” il tono di Bruno divenne preoccupato e fortificato, “s-scusami, non volevo...”
 
Prima di poter finire, il giovane lo afferrò all’altezza del petto. Per un secondo, l’uomo si sentì spaventato. Non pensava che il nipote avesse tanta forza. I sentimenti in lui si mescolarono in un grosso grumo, che scorreva sempre più in basso.
 
“Io ti amo!” gridò Camilo. C’era un gran frastuono al piano di sotto. Per sentire cosa stavano dicendo, una persona avrebbe dovuto stare almeno a un paio di metri da loro. Ma a Camilo non importava se c’era qualcuno in ascolto. Il risentimento e la rabbia lo avevano del tutto spiazzato quando si era reso conto di essere a terra, spintonato dallo zio.
 
“Cosa...?” Bruno lo guardò come se fosse pazzo. I suoi occhi iniziarono a tremare per le interminabili trascorse nella sola compagnia dell’ansia. L’uomo pensò che doveva trattarsi della sua immaginazione. C’era troppo rumore, la sua mente correva selvaggia, era...
 
“Io ti amo!” ripeté Camilo ancora più forte, scandendo ogni lettera. Bruno sentì un nodo crescergli in gola. Il nipote lo guardò in attesa di una reazione, ma l’uomo non sapeva cosa fare. Distolse lo sguardo, cercando di liberarsi dalla tenace presa.
 
“Camilo, è meglio se torniamo giù...”
 
Bruno fu nuovamente zittito da un bacio. Questa volta non osò spingere il ragazzo: dietro di lui c’era solo una bassa ringhiera a proteggerlo dalla caduta. Bruno resistette mentre le labbra del ragazzo lo mettevano alla prova. Sperava solo che non durasse a lungo. Camilo si allontanò velocemente. Non aveva voluto che accadesse. Affatto. Ma la gelosia e il risentimento erano così saldamente radicati in lui e si rese conto che non poteva tornare indietro da quello che aveva fatto. Bruno sospirò pesantemente.
 
“Camilo, non sai cosa stai facendo...” disse con cautela. La presa di Camilo si allentò.
 
“Lo so” insistette Camilo, “capisco quello che dico e quello che sento”
 
“No, non capisci!” gridò di colpo Bruno, non potendo tollerare oltre. Fuggì dalle mani di suo nipote, ma non poté più frenare la lingua. “Ho cinquant’anni, Camilo, e tu non ne hai nemmeno diciotto!” sbottò senza trattenersi, “e siamo due uomini! E sono tuo zio, Camilo! Condividiamo lo stesso sangue! Anche se fosse vero che mi ami, non staremo mai insieme! Togliti dalla testa queste sciocchezze!”
 
Ogni parola dello zio rimbombò nella testa del ragazzo. Lo sapeva. Tutto ciò che Bruno diceva era chiaro nella sua testa, ma nonostante ciò Camilo era pronto a scavalcare tutto. Ma...suo zio non era così. Non avrebbe mai osato fare una cosa del genere, avrebbe avuto troppa paura delle conseguenze. Non provava sentimenti del genere per suo nipote, che all’improvviso lo trascinava in un luogo appartato e lo baciava.
 
Il suo cuore si serrò all’inverosimile, non volendo più aprirsi, provocando al suo proprietario una fitta di dolore bruciante. I suoi occhi si riempirono di lacrime.
 
Vedendolo, Bruno si pentì di aver urlato così bruscamente, ma era troppo tardi.
 
“Camilo...scusa, io non intendevo...” allungò la mano, ma Camilo lo respinse e gli impedì di toccarlo.
 
“Va bene. Ho capito” disse freddamente, allontanandosi subito. Bruno avrebbe voluto seguirlo per calmarlo, ma...non poteva. Avrebbe solo peggiorato e confuso ulteriormente le cose. Aveva già detto abbastanza.
 
Si colpì sulla fronte con il palmo della mano. Si udirono dei passi all’angolo, come se qualcuno avesse fretta di andarsene, ma Bruno non vi diede peso.
 
-Sei un idiota...- si disse, tornando poi di sotto.
 
Passarono almeno tre ore prima che la gente cominciasse ad andarsene, ma il resto della festa non parve così allegro per Bruno. La sua aria era così cupa che nessuno osò avvicinarlo, nemmeno la donna che poco prima aveva dato prova delle sue doti con invidiabile sicurezza. Quando non rimase più nessuno, anche Bruno si congedò.
 
La temperatura era mite. Gli uccelli notturni rumoreggiavano tra gli alberi, la brezza agitava le foglie. Mai l’uomo avrebbe pensato che da un momento all’altro si sarebbe scatenata una terribile tempesta.
 
Una furiosa Pepa volò fuori casa a l’uragano intorno a lei divenne sempre più forte.
 
“Cos’è successo? Perché sei così...”
 
“Camilo è scomparso!” gridò lei, con aria isterica e Bruno si pentì di non aver inseguito prima quel piccolo teppista.

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Capitolo 13
*** 13. ...più è dolce ***


“Come è potuto sparire?” chiese Bruno allarmato, riportando Pepa in casa.
 
“Non lo so” balbettò la sorella con voce tremante, “se ne sono andati tutti, noi lo abbiamo chiamato in continuazione, ma non si è fatto vedere e ancora non c’è! E se gli fosse successo qualcosa di brutto?!”
 
L’uragano si intensificava. Un altro po’ e gli alberi avrebbero cominciato a sradicarsi e a librarsi in aria. La donna voleva comunque uscire di casa a cercare, ma se il ragazzo fosse riapparso, non ci sarebbe stato nessuno.
 
Su ordine di Antonio gli animali perlustrarono ogni angolo della città, scambiandosi tutte le informazioni disponibili. Luisa e Mirabel girarono per il paese, esaminando ogni centimetro e chiedendo ai passanti, agitati per l’improvvisa tempesta, se avessero visto il ragazzo. Dolores era attenta a ciascun suono della città e oltre. Erano tutti immersi nelle ricerche.
 
“Calmati, tesoro, se sei così nervosa, potrebbe davvero succedere qualcosa di brutto” Felix tentò di placare la moglie, ma al contrario gettò benzina sul fuoco.
 
“Come posso calmarmi se manca mio figlio!” gridò forte Pepa, mettendosi le mani tra i capelli arruffati, “e se l’uragano lo portasse via davvero? Se si fosse fatto male o fosse caduto? No, non ce la faccio! Bruno, bada alla casa!”
 
Dopo aver lanciato l’ordine al fratello, la donna afferrò il marito e corse in strada per cercare Camilo. Bruno rimase solo con i suoi pensieri...e con qualcuno che emerse silenziosamente dall’angolo.
 
“Zio” lo chiamò Dolores in un mezzo sussurro, spaventando Bruno, che evitò di urlare per un soffio. Il suo viso era estremamente preoccupato.
 
“Che succede, Lola?”
 
“Ho provato a sentire Camilo, ma per colpa della tempesta mi arriva solo il vento”
 
“Hai fatto quello che potevi” rispose Bruno, capendo che lei stava riportando una ricerca infruttuosa, ma Dolores continuò.
 
“In realtà...non dirlo a nessuno, ma Camilo è scappato”
 
“Cosa?!” gridò Bruno scioccato e Dolores squittì, premendosi i palmi sulle orecchie. Un dolore acuto per un istante le trafisse i timpani.
 
“L’ho visto uscire dalla sua stanza, mormorava qualcosa riguardo a una fuga” ammise lei, “poi ha usato la porta sul retro. Ma c’era così tanto rumore che non sono riuscita a capire dove andasse. E ora, a causa della tempesta, non sento più nulla. Voi ultimamente vi siete avvicinati molto, magari conosci il posto in cui potrebbe essere andato. Cercalo, per favore. Rimarrò io qui”
 
“Grazie, Lola” Bruno fece per abbracciare la nipote, ma lei balzò di lato. Preso dall’emozione, l’uomo aveva dimenticato che non le piacevano gli abbracci. Quando si preparò a uscire, lei lo chiamò:
 
“Zio Bruno! Prima di andare da lui...pensa bene a quello che gli dirai”
 
Bruno annuì, senza approfondire troppo il significato delle sue parole e corse fuori. Dolores sospirò. Quando era salita al secondo piano per una sciocchezza di cui si era già dimenticata, non aveva affatto voluto assistere alla scena che si era ritrovata davanti ai suoi occhi. Ora era costretta a fare ricorso a tutte le sue forze per mantenere un segreto che nessuno avrebbe dovuto conoscere. Un urlo di nervosismo echeggiò nella casa vuota.
 
.
 
Bruno correva su un cavallo sequestrato a qualche passante attraverso le terribili condizioni atmosferiche: grandine, acquazzone, neve...visse in prima persona tutta l’emozione travolgente di sua sorella.
 
Sperava solo che il nipote non fosse andato troppo lontano. Ed ebbe ragione. Saltò in una radura in mezzo alla foresta, dove aveva trascorso momenti felici con Cassandra, e vide Camilo che seppelliva con zelo qualcosa. Poi si raddrizzò, notando suo zio, e corse via. Bruno non se lo sarebbe fatto sfuggire un’altra volta. Dopo aver accelerato, l’uomo balzò giù dallo stallone, afferrando il ragazzo per la ruana. Entrambi caddero a terra, sporcandosi di fango.
 
“Che diavolo stai facendo?!” gridò Bruno senza spostarsi, incombendo sul ragazzo. Camilo si sollevò.
 
“Come mi hai trovato?” chiese sbalordito, venendo ignorato. Bruno si mise in piedi, continuando:
 
“Dove avresti intenzione di scappare? Sei impazzito?!”
 
“Sarà meglio per tutti!” anche Camilo iniziò a urlare. Erano entrambi stanchi di sopportare il flusso dei sentimenti che si riversava ora in un’ondata potente.
 
“Non sarà meglio per nessuno se sparisci all’improvviso! Hai idea di quanto tutti siano preoccupati?!”
 
Camilo sapeva quali sarebbero state le conseguenze della sua fuga. Ma perché suo zio non capiva cosa sarebbe successo, se fosse rimasto?
 
“Cosa pensi che dovrei fare?!” sbottò Camilo, sorprendendo Bruno, “Non ci hai pensato? Io voglio stare con te, ti amo! Se pensi che sparirà tutto nel giro di un paio di giorni, ti sbagli. E se mi odi al punto da spingermi giù per le scale, è meglio che me ne vada!”
 
Quando finì, Camilo faticava a respirare. Aveva sbraitato tutti i pensieri che lo stavano tormentando. Bruno rimase in silenzio. Il suo sguardo divenne assente. Il ragazzo non aspetto, si voltò per andarsene. Ma una mano gli afferrò il polso.
 
“Odiarti?” udì la voce rauca dello zio. Camilo si voltò e notò le labbra dell’uomo che tremavano, “pensi che non provi niente, Camilo?”
 
Camilo rimase zitto. Osservò le sopracciglia di suo zio corrugarsi e le lacrime cominciavano lentamente a scendere dai suoi occhi. La mano di Bruno si strinse sul suo polso. Parlò di nuovo ad alta voce, ma non sembrava arrabbiato, quanto pieno di stanchezza e dolore.
 
“Pensi che abbia dimenticato tutto? Sai quanto tempo mi ci è voluto per superare l’idea che tu fossi Cassandra? Che la persona di cui mi ero innamorato eri tu? Sai, Camilo, quanto è difficile fingere indifferenza quando mi stai vicino tutti i giorni, cercando di attirare la mia attenzione, toccandomi in modo ambiguo ad ogni occasione...sai quanto è difficile trattenersi, quanto è difficile non odiarsi, perché continui ad amare una persona che non dovresti? E continua a spingerti su questa strada sbagliata...”
 
Ad ogni parola, la voce di Bruno si spegneva, diventava sempre più rauca fino ad essere appena udibile. Le lacrime gli rigavano il viso. Camilo si calmò. Era dispiaciuto. Se avesse saputo che suo zio stava soffrendo così tanto...
 
“Non è sbagliata” sussurrò, abbracciando forte Bruno, “è solo molto contorta. Non sentirti in colpa, non odiare te stesso. Non hai scelto chi amare. Nessuno di noi lo ha scelto”
 
Il ragazzo lo guardò negli occhi, stanchi e arrossati, ma saturi di calore e ingenua brillantezza. Si era comportato da idiota, pensando di dimenticarsene una volta scappato via.
 
“Sì, forse non è una bella situazione, ma...ti amo lo stesso. Resterò, dimmi solo che lo vuoi. Dimmi che anche tu mi ami”
 
Tutt’intorno divenne improvvisamente tranquillo. La tempesta cessò di esistere per i due, presi l’uno dall’altro. Bruno deglutì. Sentiva il calore dei palmi sulle guance. Lo sguardo pieno di speranza negli occhi castani lo divorò completamente.
 
“Camilo, se te lo dico e noi...” Bruno fece una pausa, non osando dire ciò che aveva in mente, “se qualcuno lo scopre, non si potrà tornare indietro...”
 
“Non dobbiamo tornare indietro” rispose Camilo con fiducia, “per quanto sia difficile, io non tornerò indietro. Anche se non è l’ideale...non mi interessa. Se stiamo insieme, sopravviverò a qualsiasi cosa”
 
Le sue parole diedero un po’ di fiducia anche a Bruno. Abituato a scappare in caso di pericolo, per la prima volta sentiva il desiderio di rischiare. La pioggia cancellò la parte di terreno che Camilo aveva scavato. Dal fango emersero dei frammenti che brillavano di un verde dolorosamente familiare. Bruno rise.
 
“Sono uno stupido, vero?” disse, “con mio nipote...”
 
“Non importa” sostenne Camilo, “lo sono anch’io. Con mio zio...”
 
I frammenti nel terreno si misero a tremare con vigore. Dopo molto tempo, due cuori erano pieni di pace e i loro proprietari si unirono in un bacio, come due parti di una foto strappata.

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Capitolo 14
*** 14. Va tutto bene ***


La tempesta si era notevolmente calmata quando Bruno e Camilo tornarono a casa. Entrambi però erano fradici e sporchi. L’Encanto era improvvisamente e stranamente silenzioso. Bruno notò come le spalle del ragazzo tremavano. L’ultima cosa di cui aveva bisogno Camilo per completare la giornata era ammalarsi, per quanto sarebbe comunque guarito a breve con qualche dolcetto caldo. Bruno si tolse la ruana e la porse al nipote.
 
“Tieni, indossala”
 
“Tu non hai freddo?”
 
“Ti prego, ho vissuto per dieci anni dietro muri freddi. Ho dimenticato da tempo cosa sia il freddo”
 
Dopo essersi assicurato che suo zio stesse bene, Camilo si gettò addosso la sua ruana. Era più pesante e calda della sua. E, bonus, era satura del profumo di Bruno. Il ragazzo non poté fare a meno di respirare profondamente, premendosi il tessuto sul viso.
 
“E-ehi, è sporca...” l’uomo arrossì. Il nipote ne fu divertito. Volendo cambiare rapidamente discorso, Bruno ricordò una cosa importante. “Quando ti chiederanno dove sei stato, dirai che sei caduto in una buca. Se scoprono che hai tentato di scappare, la cucina di Julieta potrebbe non essere di aiuto”
 
“Va bene” Camilo sorrise ampiamente. Per la prima volta dopo molto tempo, suo zio gli mostrava l’attenzione che sognava da quando aveva realizzato i propri sentimenti. Gli sembrava ancora irreale che l’avesse accettato.
 
“A proposito, non ti ho ancora chiesto...” mormorò Bruno, grattandosi il collo, “perché hai seppellito la mia visione?”
 
“Volevo che quello che è successo in quella radura rimanesse lì” ammise Camilo. Aveva pensato di inventarsi qualcosa, ma decise ora di non nascondere alcun dettaglio. Giurò che non avrebbe taciuto né mentito. “Chi immaginava che fosse magica” sorrise.
 
“Magica?”
 
“Beh, sì. Non appena sono arrivato lì, sei apparso tu” sorrise di nuovo, premendosi la ruana verde sul viso. Bruno avrebbe potuto dire molte cose se non fosse stato troppo imbarazzato. Avendo in mente il nuovo ‘status’ speciale della loro relazione, non capiva bene come avrebbe dovuto reagire a un simile comportamento.
 
A salvarlo dalla conversazione fu Pepa, che giunse subito e strinse il figlio in un forte abbraccio. La nuvola sulla sua testa si schiarì e l’uragano finalmente si placò. La calma regnò.
 
“Camilo! Tesoro, come stai?”
 
“Va tutto bene, Bruno mi ha aiutato” il ragazzo colpì gentilmente la spalla della madre per aiutarla a disfarsi dell’ansia. Gli altri familiari giunsero in seguito.
 
“Cielo, quanto siete sporchi” disse Julieta, ficcando i suoi biscotti nelle bocche dei nuovi arrivati, “vi siete fatti male? Mangiate!”
 
Dopo essere riusciti a masticare tutto, i due avvertirono le energie tornare nei loro corpi. La schiena di Bruno non doleva più per la fuga a cavallo e le ferite di Camilo guarirono, lasciandogli una piacevole sensazione di leggerezza.
 
Raccontarono quindi la storia fittizia della buca alla quale, fortunatamente, tutti credettero.
 
“Beh, ci hai fatto preoccupare” sospirò Pepa, “come hai fatto a finire lì?”
 
“Beh, uh...non mi sono accorto e sono caduto” Camilo rise nervosamente, grattandosi il collo, “stai tranquilla. La cosa importante è che adesso va tutto bene”
 
Pepa si accigliò. Il gesto di suo figlio le sembrava familiare. Solo ora, una volta frenate le sue emozioni, si accorse che Camio indossava una ruana verde macchiata. Notando la confusione della sorella, Bruno si affrettò a spiegare prima che lei pensasse a qualcosa di sbagliato.
 
“Aveva freddo per via della pioggia. Siamo bagnati fradici”
 
“Oh, va bene” rispose Pepa, per nulla sospettosa, e si rivolse al figlio, pizzicandogli la guancia. “Vai a lavarti e riposati. Devi essere stato molto stressato”
 
-Io o tu?- pensò Camilo con un pizzico di ironia, ma non osò dirlo ad alta voce. Annuì e, guardando Bruno, corse dentro casa.
 
“Grazie!” disse la donna, “Cosa farei senza di te!”
 
Lo strinse forte e Bruno sentì gli occhi uscirgli dalle orbite.
 
“Ehi, ehi, piano!” riuscì a liberarsi. Dopo aver ascoltato molte parole di gratitudine, l’uomo e il resto della famiglia si diressero in causa. Dolores apparve dal nulla.
 
“Zio” afferrò Bruno per la manica, fermandolo. Lui non era sorpreso. Le lanciò uno sguardo interrogativo, aspettando di sapere cosa volesse.
 
“Cosa, beh...” lei esitò, “cos’hai detto a Camilo?”
 
Bruno si stupì. Per un secondo avvertì un tuffo al cuore, pensando che Dolores sapesse tutto. Ma non poteva essere...fingendo calma, l’uomo sorrise alla nipote curiosa.
 
“Beh abbiamo parlato, discusso e ci siamo chiariti. Abbiamo fatto pace. Non preoccuparti, non ci saranno altri problemi”
 
“Lui sta...bene?” continuò la giovane. Era chiaro che fosse preoccupata. Come sorella maggiore, il benessere del fratellino contava molto per lei. E, Bruno non lo sapeva, ma per lei era importante anche sapere che non avessero fatto...nulla, insieme.
 
“Sì, va tutto bene. Stai tranquilla” le ultime forze di Bruno furono spese in quella falsa risposta e, senza aspettare la domanda successiva, procedette, sognando un flusso di acqua calda a lavargli il corpo e un letto morbido.
 
Era del tutto inconsapevole che la ragazza dietro di lui vacillava sempre di più, non volendo rivelare il piccolo segreto di cui aveva ben sentito parlare dai due mentre tornavano a casa.
 
.
 
La serata scese mentre Bruno finiva di fare il bagno. Dopo essersi lavato, gli sembrava di essere rinato. Doveva pur sempre salire migliaia di scalini, sudando ancora terribilmente. Ogni volta hce ci pensava, l’uomo avvertiva una forte pesantezza alle gambe. Senza dubbio, odiava la sua stanza.
 
Tuttavia, non si aspettava di essere fermato non appena compiuto un passo. Camilo gli stringeva la mano.
 
Bruno era sorpreso. Guardò il nipote, aspettando di sapere cosa volesse, ma l’altro rimase zitto. Solo quando Camilo fu convinto che ci fosse silenzio assoluto, mostrò allo zio il palmo sul quale era scritta una breve frase:
 
‘Dormi con me stanotte’.

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Capitolo 15
*** 15. Prova tu ***


‘Dormi con me stanotte’.
 
Bruno rilesse più volte la scritta. Guardò Camilo, poi la scritta. Ancora Camilo, ancora la scritta.
 
“Ma...”
 
“Niente ‘ma’” similò il ragazzo, tappando la bocca dello zio con un dito e trascinandolo in punta di piedi verso la sua stanza. Cercò di rimanere estremamente silenzioso, sapendo benissimo che sua sorella poteva ascoltare tutto. Non doveva fare altro che entrare in camera e chiudere bene la porta per essere fuori dalla sua portata.
 
Quel ragazzo era davvero insistente, da mattina a sera. Bruno non aveva mai sperimentato tanta testardaggine.
 
In pochi minuti si ritrovarono nel letto del ragazzo e frammenti della notte precedente balenarono nelle loro menti. In quel momento avevano dormito un sonno tranquillo, senza preoccupazioni, come un zio e un nipote normali. Ora nessuno dei due riusciva a chiudere gli occhi. Si fissarono, incapaci di dormire.
 
“Come ti senti?” Camilo decise di iniziare. La sua voce era così basso che Bruno, anche se erano naso contro naso, a malapena riusciva a sentirlo.
 
“Strano” ammise, “tu?”
 
“Idem...”
 
Altro silenzio. Bruno cominciava a pentirsi di essersi lasciato trascinare nella trappola senza opporre resistenza. Quando non c’era nulla tra loro, in precedenza si era sempre sentito più rilassato.
 
“Penso sia meglio se teniamo tutto nascosto, vero?” sospirò Camilo, ricevendo l’atteso cenno del capo. Era un po’ frustrante, ma il ragazzo capiva che non poteva andare diversamente. Rivelarsi avrebbe significato vivere nella consapevolezza di ricevere l’odio della loro famiglia. Avrebbero dovuto nascondere quella relazione fino alla tomba.
 
“Sembra che Dolores abbia cominciato a notare qualcosa” Bruno confessò le sue paure, strappando Camilo dalle sue riflessioni. Passò la mano tra i capelli ancora umidi dell’uomo.
 
“Non importa. Domani le parlerò e le chiederò di mantenere il silenzio. Mi darà ascolto” promise il ragazzo. Conosceva bene sua sorella, anche se lo avesse saputo, non l’avrebbe tradito. Aveva solo bisogno che le venisse ricordato che, grazie un tacito accordo, anche lui avrebbe mantenuto un suo fragile, piccolo segreto.
 
I problemi della giornata, da cui Camilo aveva tentato di scappare, si insinuarono di nuovo nella sua testa. Non volendoci pensare, nascose il viso nel collo caldo dello zio, stringendolo in un forte abbraccio. Il gradevole profumo dello shampoo gli riempì i polmoni.
 
“Ehi, cosa fai?” un brivido percorse la schiena di Bruno. Il suo cuore batteva un po’ più velocemente. Era insolito avere un contatto così audace e ravvicinato. Era ancora più insolito non opporre resistenza.
 
“Dato che dobbiamo nasconderci in pubblico, in privato voglio tutto ciò che è proibito” mormorò Camilo contro il suo collo, mordendo la pelle sottile e delicata, passandovi la lingua.
 
Bruno deglutì. Il suo corpo tremò leggermente e il calore gli affluì al viso. Le mani del giovane si infilarono sotto la maglietta, accarezzando la schiena calda.
 
“A-aspetta, Camilo” balbettò all’improvviso, “non pensi che sia, beh...troppo affrettato?”
 
“Non vuoi...?” il ragazzo guardò lo zio con occhi tristi, come faceva con sua madre quando era piccolo quando voleva altro dessert. E il trucco funzionava ancora. Il cuore di Bruno si sciolse alla vista del dolce viso che aveva davanti. Il calore si diffondeva sempre di più tra i loro corpi.
 
“Voglio...” ammise Bruno. Una lieve paura scorreva ancora nelle sue vene, ma l’uomo era comunque deciso a sperimentare ciò che aveva sognato e che si era categoricamente negato da quando aveva conosciuto Cassandra.
 
Camilo sorrise soddisfatto. Tirò il colletto del pigiama e mostrò allo zio il collo nudo.
 
“Prova tu” chiese. Bruno deglutì. Raccogliendo le forze, si avvicinò alla giovane pelle, toccando con le labbra...e di colpo si sentì maggiormente premuto.
 
“Dai, un po’ più di coraggio” sbuffò Camilo, mettendo suo zio in difficoltà con tanta impazienza. Il ragazzo sentì una leggera pressione sulla pelle. Bruno lo aveva morso, lasciandogli un segno viola. Il suo cuore batteva all’impazzata.
 
“Abbastanza coraggioso?” fece l’uomo, tornando sul suo collo, lasciando un altro segno. E un altro. E un altro.
 
Camilo era più delizioso di qualsiasi dolce. Voleva morderlo, leccarlo, aspirare l’aroma inebriante del suo corpo pulito. Costringendosi a fermarsi, Bruno guardò negli occhi il giovane imbarazzato e sussurrò con voce roca:
 
“Tanta fretta, Camilo? Beh, non lamentarti adesso se faccio...questo!”
 
Sollevandogli la maglietta, iniziò a solleticargli lo stomaco. Camilo balzò, ridendo istericamente.
 
“Ah ah ah ah! Ehi, no, ah ah, fermati! B-basta! Ok, scusa, ah ah, non ti metterò più fretta!”
 
“Bene” un sorriso compiaciuto apparve sul volto di Bruno. Si appoggiò al ragazzo senza fiato, mettendosi comodamente tra le sue gambe. Si rese conto dell’ambiguità della posizione, ma era troppo tardi: lo sguardo furbo di Camilo parlava da solo. Non appena l’uomo tentò di spostarsi, il ragazzo lo avvolse, impedendogli di alzarsi. I due si guardarono, quasi soffocando per il fuoco che infuriava nei loro corpi.
 
“Mi hai ingannato” Camilo sorrise maliziosamente, avvicinando suo zio, premendo le labbra sulle sue, dischiuse per la sorpresa. Il sapore già familiare inebriava la sua mente.
 
Bruno decise di prendere l’iniziativa. Spinse con cautela la lingua tra le labbra sottili e accarezzò lungo il palato, sui denti, sopra la lingua...il rumore del bacio riempì lo spazio, echeggiando silenziosamente.
 
Subito dopo, si rilassarono sul letto, contenti.
 
“Domani ti darò i miei vestiti” disse Camilo.
 
“Cosa?”
 
“La tua ruana è completamente strappata” spiegò, “per ora te ne darò una mia e rattopperò la tua. Per fortuna abbiamo all’incirca la stessa taglia”
 
“Non so, ci sono così abituato...” sospirò Bruno. Gli passarono in mente tutti gli anni vissuti. Non si era praticamente mai tolto quella ruana da quando aveva vent’anni.
 
“È okay, a volte devi lasciare che qualcosa di nuovo entri nella tua vita” sorrise il ragazzo. Bruno non aveva scelta che essere d’accordo. Camilo si girò di lato, premendosi contro il petto dell’uomo, inalandone il dolce profumo. Bruno non se ne accorse, poi il suo cuore si fermò per un istante quando sentì...contro la coscia...
 
“Camilo, tu...”
 
“Sì?” fece le fusa lui, con astuzia scintillante negli occhi. Prese la mano di Bruno, abbassandola fino al tessuto teso sull’inguine. Bruno ricordò in un attimo tutte le oscenità che conosceva e quasi esplose.
 
“C-Camilo, n-non oggi” balbettò, bruciando di imbarazzo. Una strana sensazione lo pervase, rendendosi poi conto che nemmeno i propri pantaloni erano poi così larghi.
 
“Perché?” chiese ingenuamente Camilo, nascondendo la voglia di giocare come un serpente tentatore, “solo un piccolo aiuto, eh? Così...”
 
Si spinse avanti, strofinandosi contro il suo palmo. Un gemito sommesso e rauco gli uscì dalla gola. Bruno fece del suo meglio per mantenere il controllo, ma quel ragazzo...si stava impegnando fin troppo per farlo impazzire.
 
Con mano tremante, Bruno accarezzò il tessuto dei pantaloni, avvertendo una leggera pulsazione. Camilo non rimase fermo e agì prontamente: senza alcun imbarazzo, infilò bruscamente la mano sotto la biancheria dell’uomo, palpando la carne calda.
 
Bruno rimase senza fiato. Il palmo del nipote era morbido e tiepido e con i suoi movimenti trasportava la sua coscienza oltre le nuvole.
 
Entrambi respiravano lentamente e involontariamente appoggiarono le fronti insieme, accelerando il ritmo. I movimenti divennero sincronizzati, cadenzati.
 
“Voglio...adesso...” sussurrò Camilo, sentendo l’apice avvicinarsi, ma Bruno si fermò e afferrò la sua mano. Le pupille coprivano quasi tutto lo spazio dei suoi occhi e le labbra tremavano furiosamente. Eppure si fermò.
 
“Se finiamo adesso, dovremo lavarci...” riuscì a sussurrare, cercando di riprendere fiato e calmare il cuore infuriato.
 
Camilo rabbrividì.
 
“Ma lo voglio davvero...” mormorò, a malapena sopportando il calore al basso ventre. Bruno lo baciò sulle labbra e lo strinse al petto, seppellendo il viso tra i suoi capelli ricci.
 
“La prossima volta lo faremo, te lo prometto. Sii solo un po’ paziente, mi sol...”
 
Il silenzio riempì la stanza. Camilo si premette contro il corpo dello zio, cercando di calmare il suo corpo che bruciava. Lentamente ci riuscì, nel suo cuore rimase solo la leggera dolcezza per la consapevolezza che ora poteva baciare Bruno, abbracciarlo, fare cose del genere ogni notte senza paura di essere respinto.
 
“Ti amo più dei buñuelos di zia Julieta” mormorò Camilo, chiudendo gli occhi.
 
Il suo amato scoppiò a ridere. Solo dopo aver sentito il pacifico ronfare del nipote, Bruno aggiunse un tranquillo e affettuoso: “Anch’io...”

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Capitolo 16
*** 16. Limiti ***


Erano passati quattro giorni e nove ore da quando i due avevano passato la notte insieme – se Camilo aveva contato correttamente. Il tempo volava ora che non c’erano più drammi né litigi, solo felice serenità...per Camilo. Bruno, anche se non troppo, era ancora preoccupato per Dolores. E da due sere aveva un problema in più.
 
In quel momento era tutto calmo. Il ragazzo non gli stava addosso, chiacchierando allegramente con Isabela mentre si infilava in bocca molte prelibatezze. Era buffo.
 
“Allora, Bruno, oggi avrò bisogno del tuo aiuto” disse Agustin, distraendolo dai suoi pensieri, “vedi...”
 
Mentre l’uomo imbastiva il discorso, Julieta intervenne, proseguendo con un sospiro stanco:
 
“Assicurati che non gli succeda nulla mentre taglia la legna. L’ultima volta è stato aggredito dalle api così tanto che pensavo che nessun piatto sarebbe stato d’aiuto”
 
“Ehi, non è andata così male, è stato solo un po’, beh, doloroso, ah ah”
 
Julieta lo guardò fiaccamente. A volte si chiedeva come avesse fatto a innamorarsi di un simile pasticcione. Dopo averci pensato, sorrise calorosamente.
 
“Anche io ho bisogno del tuo aiuto” aggiunse, “è volata via tutta la biancheria...”
 
Lanciò un’occhiata alla sorella, che fece finta di non sentire.
 
“In generale, ci servono rinforzi”
 
Bruno annuì. Sapeva in realtà che non avevano davvero bisogno di lei. Sapeva anche che Agustin avrebbe potuto farcela da solo. Da tempo aveva notato che, dal suo ritorno, nessuno aveva accennato al suo dono, cercando solo di tenerlo occupato con qualcosa per non farlo sentire superfluo. O forse perché non pensasse di tornare a occuparsi delle visioni. Bruno preferiva la prima opzione.
 
“Oh, ricordi quando da piccoli provavamo anche a stendere...” iniziò Julieta, sorridendo, raccontando una storia che Bruno non ascoltò. La sua attenzione si concentrò sul nuovo problema.
 
Camilo contrasse l’angolo delle labbra. Nessuno se ne accorse tranne suo zio, che lo guardò torvo. Uno zio che conosceva bene il nuovo hobby del nipote, dal quale era fin troppo dipendente.
 
Un piedino gli accarezzò improvvisamente il ginocchio. Bruno strinse la forchetta che aveva in mano, cercando di non tradirsi. Guardò Camilo: il suo viso era calmo, concentrato sul piatto, non sembrava affatto che stesse strofinando il piede contro la gamba di qualcuno, premendo sempre di più.
 
Bruno arrossì. Non sapeva come facesse quel ragazzo a trattenere la risata, anche solo un lieve sorriso. Quando tentò di riprendere a mangiare, ignorando il piede che vagava, Camilo sbuffò.
 
-Giochiamo per davvero, eh?- ridacchiò mentalmente, appoggiando il piede contro il cavallo dei pantaloni, premendo più forte. Bruno si strozzò, riuscendo a fatica a schiarirsi la gola.
 
“Bruno, va tutto bene?” si preoccupò Julieta, toccandogli la fronte con la mano. “Sei molto arrossato. Forse un po’ di febbre?” la donna afferrò un piatto e diede a Bruno la metà di ciò che conteneva. “Ecco, mangia ancora...”
 
Bruno voleva rispondere, ma...il piede sotto il tavolo cercava con insistenza di tirare l’elastico dei pantaloni. Balzò dal tavolo, attirando sguardi sorpresi.
 
“Sto bene! Ho solo bisogno d’aria” spiegò, uscendo il più velocemente possibile. Il cuore gli batteva all’impazzata e dietro avvertiva lo sguardo soddisfatto del nipote senza scrupoli.
 
-Camilo, per pietà, mi porterai nella tomba con queste buffonate!- si lamentò tra sé, ricevendo la tacita approvazione di Hernando e Jorge.
 
.
 
Mentre Bruno si allontanava, Agustin lo chiamò. Si trovavano non lontano da casa, al confine con una linea di alberi della foresta, impegnati a tagliare la legna da ardere. Più precisamente, solo Agustin tagliava la legna: con la fortuna che aveva, Bruno aveva paura di sollevare un’ascia. Si occupava invece di ammucchiare la legna in una piramide.
 
“Non è poi così importante che tu sappia tagliare la legna o no” disse l’uomo entusiasta, “se colpisci con l’angolazione giusta...ecco fatto!”
 
Diede un colpo così forte che la testa dell’ascia volò via, sfiorando pericolosamente la faccia di Bruno. Ebbe quasi un infarto e il suo viso impallidì.
 
“Oh. Non è andata bene” sorrise Agustin imbarazzato e il cognato improvvisamente pensò che i suoi fallimenti non fossero così tremendi come...quello.
 
“Bene, adesso sistemiamo tutto e proseguiamo...” disse con sicurezza e si voltò per ribadire il punto. Si rivelava più difficile del previsto.
 
“Aspetta, adesso...”
 
Bruno desiderava aiutarlo, ma la mano di qualcuno gli toccò il sedere. Non era difficile indovinare chi fosse. Camilo guardò lo zio con un sorriso compiaciuto. La mano accarezzò e massaggiò la natica sotto la ruana gialla.
 
“Camilo, smettila” ordinò Bruno cercando di usare un tono severo, ma sembrava un’implorazione, “se ci vede...”
 
“Ottimo, ho risolto!” gridò Agustin contento, tornando al tronco, “va bene, la prima frittella viene sempre con i grumi. La seconda sarà migliore...”
 
“Mi sei mancato” sussurrò in risposta Camilo all’amato e, baciandolo sulla guancia, tolse la mano. L’animo di Bruno si sentì subito più leggero.
 
“E uno!”
 
Finché il suono di una sculacciata molto forte non riempì lo spazio. Le guance dell’uomo arrossirono immediatamente. Quel ragazzo era davvero privo di vergogna!
 
“Cos’è stato?” Agustin si voltò, allarmato, ma non c’era già più traccia del nipote. Come se non fosse mai stato lì, a infastidire il povero Bruno e ad assestargli una gustosa pacca sul sedere...
 
Bruno non trovò niente di meglio che battere le mani, con un sorriso nervoso. Pregò che funzionasse.
 
“Wow, ce l’hai fatta!” balbettò al cognato, osservando ispirato il tronco spaccato.
 
“È vero...e senza neanche un graffio, wow!” il suo umore salì alle stelle. Soddisfatto, Agustin diede una pacca sulla spalla dell’uomo. “Ottimo supporto da parte tua, amico!”
 
Bruno forzò un sorriso. Non aveva energie per fare di più. Non sapeva quanto ancora avrebbe dovuto faticare per nascondere le bizzarrie del dispettoso ragazzo.
 
.
 
Quando Bruno e Agustin finirono, tornando a casa con un mucchio di legna da ardere, Bruno si sentiva in pace. Ora che aveva in programma di stare con le sue sorelle, Camilo non si sarebbe avvicinato.
 
Un problema si presentò comunque. Le due donne, curiose, lo interrogarono:
 
“Quindi quella ragazza non è tornata?” chiese Julieta. Le orecchie degli altri due si rizzarono.
 
“No, non l’ho più vista” mentì Bruno, già pentito di aver accettato di aiutarle. Pepa sbuffò, scontenta.
 
“Beh, meglio così” disse, appendendo un lenzuolo, “non l’avrei comunque accettata in famiglia dopo quello che ti ha fatto!”
 
“Vero” concordò Julieta, “non fraintendermi, sappiamo che te ne sei innamorato, ma questo atteggiamento...”
 
“È disgustoso!” finì Pepa, “terribilmente scortese! E crudele!”
 
Bruno ascoltò senza molto entusiasmo. Anche se stavano cercando di sostenerlo, continuavano a fare pressione sulle ferite guarite. Non le biasimava, ma non aveva nemmeno tanta voglia di starle a sentire.
 
“Divertente, vero?” disse un improvviso sussurro al suo orecchio. Bruno ebbe la pelle d’oca. Una mano giovane gli strinse la vita.
 
“Se sapessero di chi stanno parlando...” sorrise Camilo, seppellendo il viso nel collo dello zio. Fortunatamente, un ampio lenzuolo appeso li nascondeva.
 
“Ancora?” mormorò Bruno, indignato. “Camilo, questo è troppo...”
 
“Ssh” il ragazzo posò un dito sulle sue labbra, “un’ultima volta, okay?”
 
Bruno sospirò. Chiuse gli occhi, porgendo le labbra al nipote, e ricevette un caldo bacio. Una brezza leggera sventolava il bucato steso, i riccioli scuri del ragazzo e il cuore tremante dell’uomo.
 
“Finisci in fretta, mi annoio terribilmente” disse Camilo e scomparve prima che Bruno avesse il tempo di aprire bocca. Nello stesso istante Pepa tirò il lenzuolo. Lanciò un’occhiata sorpresa al fratello.
 
“Sei solo?”
 
“S-sì...chi altro dovrebbe esserci?”
 
La donna batté le palpebre e si massaggiò le tempie.
 
“Devo riposarmi. Ho immaginato te e Camilo...okay, non importa”
 
Bruno sospirò. Fu colmato dal sollievo rendendosi conto che non erano stati scoperti. E, allo stesso tempo, dalla paura che fosse quasi successo.
 
.
 
“Camilo!” esclamò Dolores al fratello sdraiato sul tetto. Con riluttanza, scese. Sapeva esattamente cosa voleva. Era evidente dalla sua faccia imbarazzata e arrabbiata. Inoltre alla ragazza non piaceva urlare senza motivo, a meno che non fosse sopraffatta dalle emozioni.
 
“Basta!” sibilò, “so tutto”
 
“Davvero?” sorrise, “l’altezza della montagna più grande dell’Encanto?”
 
“Non fare lo stupido!” si alterò lei, mentre il suo viso diventava più rosso, “sai cosa intendo. Sento tutto! Non ti disturba affatto? Sai cosa significa, contro la mia volontà, sentire chiaramente come stai addosso a zio Bruno in ogni occasione? Stamattina non sono riuscita a sedermi a tavola...”
 
La ragazza sospirò. Si calmò un po’ e si avvicinò, posando le mani sulle spalle del fratello e usando un tono più affettuoso.
 
“So che per te non è facile nasconderlo. E non puoi nemmeno immaginare quanto sia difficile per me. Quindi, sii più prudente, e almeno smettila di fare cose del genere in pubblico. Altrimenti qualcuno se ne accorgerà molto presto. Io ci sto provando per il tuo bene...so che sei innamorato, ma rispetta i limiti”
 
Camilo annuì. Abbracciò la ragazza, ringraziandola per il suo sforzo. Lei era troppo assorta nella conversazione per udire il fruscio di un ramo dietro l’angolo.
 
Mirabel era in uno stato di torpore, cercando di digerire l’informazione che aveva sentito per caso. Anche se aveva udito solo la fine del dialogo, i suoi pensieri erano già un caos.
 
-Camilo...innamorato? E Dolores lo nasconde?!- pur ripetendoselo più volte, Mirabel non riusciva a crederci. Fu presa da un’ondata di spaventosa curiosità.
 
-Chi è questa ragazza che perfino Dolores deve nascondere?!-
 
“Va bene, va bene” sorrise Camilo, “non accadrà più in pubblico”
 
E, indietreggiando di qualche passo, pensò con un ghigno sornione.
 
-Ma solo in pubblico, giusto?-

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Capitolo 17
*** 17. Cactus tra le rose ***


L’Encanto veniva gradualmente oscurato mentre il sole spariva nella sera. Anche la famiglia Madrigal si acquietò. Ciascuno aveva terminato i propri compiti e quasi tutti rientrarono a casa, preparandosi per la cena. Rimasero solo in due a godersi il sole che scendeva: Bruno e il suo instancabile nipote, che in qualche modo riuscì a trascinarlo in un angolo vicino e a regalargli molti baci.
 
“Camilo, cosa fai?” si lamentò Bruno, cercando di liberarsi dalle sue braccia. Aveva sempre più paura che potessero essere visti.
 
“Ti bacio” rispose il ragazzo con calma, continuando. Le sue labbra si spostavano dalla fronte, alle guance, al mento e al collo, senza perdersi un solo punto.
 
“Se qualcuno ci vede...”
 
“Non c’è nessuno qui a quest’ora, non preoccuparti” lo assicurò Camilo, “ti lascio andare subito dopo che mi hai pagato con, diciamo...cinque baci!”
 
Bruno guardò il ragazzo, chiedendosi chi lo avesse viziato tanto. Capì che, in effetti, la colpa era proprio la sua.
 
“Sei così insistente a volte” sospirò l’uomo e, dando un’altra occhiata intorno, porse le labbra.
 
“No” Camilo scosse il capo, osservando Bruno con sguardo sornione, “voglio che sia tu a baciarmi”
 
Bruno spalancò gli occhi. Non se lo aspettava. Era ormai abituato a essere baciato, ma il contrario...lo imbarazzava.
 
“Ti bacerò solo una volta” disse.
 
“Allora dovrà essere un bacio molto lungo” sorrise Camilo, allungando le labbra e chiudendo gli occhi.
 
Bruno respirò profondamente, raccogliendo tutto il suo coraggio, poi premette le labbra su quelle del giovane. Sentì subito una mano sulla nuca che lo premeva più vicino.
 
Camilo lo spinse contro il muro, infilando la gamba tra le sue cosce. Bruno si sentì smarrito. Un’incredibile nebbia gli avvolse la testa, portandolo a mettere da parte per un momento tutte le paure e ad approfondire il bacio. L’uomo portò le braccia intorno alla vita del ragazzo, godendosi il dolce sapore sulla lingua. Camilo si allontanò di colpo.
 
“Oh!” esclamò e suo zio si allarmò.
 
“C-cosa c’è? Ti ho morso per sbaglio?”
 
“No, c’è qualcosa che non va nella mia gamba...”
 
Camilo abbassò lo sguardo. C’era un piccolo cactus spuntato vicino alla sua gamba. Isabela era vicina a loro, con occhi sbarrati. La sua mascella cadde e dei fiori sbocciarono sulla sua testa.
 
“Punge...”
 
.
 
Quella sera innumerevoli insulti vennero lanciati contro i due. Avevano saltato la cena e ora erano seduti nella stanza di Camilo, ad ascoltare la furiosa Isabela.
 
“Voi...siete due idioti! Pervertiti!” gridò la ragazza, vagando da una parte all’altra, accompagnata da un’infinita apparizione di piante.
 
“Dovresti calmarti un po’” osò Camilo a un certo punto. Non era affatto preoccupato dalle parole della cugina, ma lo zio era così pallido e spaventato che non poteva rimanere in silenzio.
 
“Voi!” urlò lei, “dovreste pensare a dove vi siete cacciati e smetterla!”
 
Gli occhi della ragazza erano infuocati. Era arrabbiata. Furibonda.
 
“Isabela, ti stai intromettendo in affari che non ti riguardano...” continuò Camilo, ma lei non gli diede retta.
 
“Io?! In affari che non mi riguardano?! Osi dire che non mi riguardano?!” puntò il dito verso Bruno, che abbassò gli occhi per la vergogna. Tremava, non osando dire una parola. I pensieri aleggiavano nella sua testa, tormentando il suo cuore con una grandinata. Camilo si accigliò.
 
“Esattamente! Sono affari miei!”
 
“Non capisci cosa stai facendo! È disgustoso, Camilo! È sbagliato! Immorale! Squallido!”
 
“Lo so anche senza di te, Capitan Ovvio! Ma l’ho accettato e dovresti farlo anche tu!”
 
“Ragazzi, non c’è bisogno di litigare...” cercò di intervenire Bruno, ma due paia di occhi ardenti di rabbia si diressero su di lui.
 
“SILENZIO!” gridarono all’unisono in modo così rude e brusco che Bruno sobbalzò. Rendendosi conto di quello che aveva fatto, Camilo tornò in sé. La collera scomparve e si sedette tranquillamente. Nessuno lo aveva mai spinto a tanto. Il ragazzo posò la mano sulla schiena di Bruno, accarezzando in modo rassicurante il tessuto della ruana appena rammendata.
 
Isabela, osservando, si limitò a fare una smorfia, stringendo le labbra. Respirò profondamente diverse volte.
 
“Va bene...va bene...” ripeté tra sé, voltandosi verso l’uscita, poi avvertì freddamente: “ripeto: dateci un taglio. Avete tempo fino a domani sera, altrimenti...altrimenti non so cosa farò”
 
La porta si chiuse dietro la ragazza e tutti i fiori presenti appassirono all’istante. Bruno si mise a ridere, attirando l’attenzione del nipote, stupito.
 
“È finita...è finita!” ripeté, stringendosi i capelli, “è finita! Lo dirà a tutti, ci odieranno, ci cacceranno di casa e vagheremo per le strade finché...finché...”
 
“Calmati, andrà tutto bene” disse piano Camilo, cercando di togliere la mano di Bruno che si stava per strappare i capelli.
 
“Cosa andrà bene?” continuò l’uomo, con le lacrime agli occhi, “ti avevo detto di non farlo! Te l’avevo detto che ci avrebbero beccati...maledizione...”
 
“Silenzio, respira profondamente...” lo calmò Camilo, accarezzandogli la schiena, e Bruno automaticamente obbedì, “ora espira...respira...così”
Quando sembrò che l’uomo fosse tornato un po’ in sé, Camilo gli prese il viso tra le mani e lo guardò attentamente negli occhi che brillavano di speranza.
 
“Le parlerò e andrà tutto bene. Mi credi?”
 
“Ma...”
 
“Mi credi?” ripeté Camilo con maggiore insistenza. Bruno non poté fare a meno di annuire. Nonostante tutti i suoi dubbi, accettò. Forse si fidava più del ragazzo che di se stesso o forse semplicemente coglieva ogni occasione per sperare che tutto andasse bene. Non sapeva davvero quale fosse la realtà.
 
Dopo aver ricevuto la risposta positiva, Camilo si avvicinò al tavolino all’angolo e preparò velocemente una tazza di the verde, porgendola allo zio spaventato. La voce del ragazzo era estremamente pacata e automaticamente lo rilassò. Camilo sapeva quello che faceva. Era l’unico che riusciva a calmare sua madre quando era al culmine dell’ansia. Nemmeno suo padre ne era in grado.
 
“Ecco, bevi e calmati. Le parlerò domani”
 
Salì sul letto accanto allo zio, stendendosi felicemente sulle sue ginocchia. Bruno sorseggiò un po’ di the. Forse era davvero troppo nervoso e se Camilo diceva che sarebbe andato tutto bene...forse avrebbe dovuto crederci.
 
.
 
Fin dalla mattina presto, Camilo aveva cercato con insistenza di beccare sua cugina da sola. Tuttavia, quanto più premeva, tanto più Isabela lo evitava.
 
Non lo aveva guardato nemmeno a colazione, quando di solito non smettevano un secondo di chiacchierare, anche prendendosi in giro.
 
Non andò in giardino, sapendo che Camilo l’aspettava lì. Si girò completamente rispetto a lui una dozzina di volte, soltanto sentendo il suo nome, allontanandosi velocemente. Quando giunse la sera, Camilo era tesissimo, e ancora non scambiarono una parola.
 
Nel frattempo, Bruno non lasciò mai la sua torre, nella quale si era affrettato a rientrare con zelo al mattino. Camilo si chiedeva come si sentisse.
 
Pensandoci, il ragazzo svoltò l’angolo. Per la prima volta in quella giornata, trovò Isabela che non scappava. Lei, accovacciata, piantava i semi di un nuovo fiore carnivoro.
 
Camilo in precedenza non capiva perché lei lo facesse, potendo far crescere istantaneamente qualsiasi pianta esistente. Ora, tuttavia, era molto felice che la cugina fosse appassionata di un hobby così strano.
 
Camilo si sedette accanto a lei. La osservò mentre scavava nel terreno, sporcandosi le dita aggraziate. Prima non avrebbe osato contemplare l’idea di maneggiare così la terra, ma ora coltivare manualmente le piante esotiche era il suo passatempo preferito.
 
“Vai via” ringhiò Isabela, incapace di tollerare la sua presenza.
 
“No” rispose Camilo, allungando la mano verso il germoglio piantato, ma la ragazza lo schiaffeggiò sulla mano. Lui sbuffò. “Sembrano un po’ pigri” mormorò, ma non ricevette alcuna reazione.
 
“Sai, pensavo che tu fossi l’unica della famiglia in grado di capirmi” ammise, sospirando pesantemente. Finalmente attirò la sua attenzione.
 
“Capirti? Come posso capire?” si indignò Isabela, “ci sono così tante belle ragazze nell’Encanto...e anche ragazzi! Avresti potuto scegliere chiunque. Perché lui? Come posso capire?”
 
Innumerevoli cactus crebbero improvvisamente vicino a Camilo, racchiudendolo in un cerchio spinoso. Ma si rivelò un vantaggio per lui.
 
“Non ci sei ancora arrivata?” il ragazzo sorrise tristemente, facendo scorrere le dita sugli aghi, “tra i fiori più belli che ci sono al mondo, ho scelto un cactus per me”
 
Il viso di Isabela si ammorbidì. Le sopracciglia aggrottate si sciolsero. Non avrebbe mai pensato di sentire una cosa del genere da Camilo, che non si era mai interessato all’amore né a discorsi così sentimentali.
 
“Anche se è tutt’altro che perfetto, per me è comunque bellissimo” continuò, “e anche se amarlo fa male, non importa. È quello giusto per me. Non ne troverò un altro simile”
 
Ci fu silenzio.
 
“Hai scelto una strada molto spinosa” disse Isabela con calma dopo una lunga pausa. “Non fraintendere. Non mi sarei agitata così tanto ieri, ma...sono preoccupata...se qualcuno lo scoprisse, tu...tu...”
 
Camilo guardò la cugina. Le lacrime scendevano dai suoi occhi, fino al mento e sul vestito sporco. Camilo si sentì a sua volta sul punto di piangere.
 
“Lo so. Ma...lo amo comunque”
 
Lei lo abbracciò forte, tirando su col naso. Non voleva pensare a ciò che il suo amato cufino avrebbe dovuto affrontare nel cammino verso la felicità. Automaticamente ripensò a se stesso, imprigionata in una gabbia invisibile dalla quale non poteva uscire. Poi Mirabel l’aveva aiutata. Ora toccava a lei aiutare qualcuno e scelse di farlo con Camilo.
 
“Non lo dirò a nessuno” promise, “ma...ho comunque bisogno di tempo. È difficile abituarsi a una cosa del genere. E per favore, non farti beccare così facilmente” Isabela si staccò, asciugando le lacrime, rivolgendo a Camilo un ghigno. Osservò attentamente il cugino.
 
“Sai cosa significa questo?” mormorò Isabela, illuminandosi, “ora posso sicuramente prenderti in giro!”
 
“Come?” il leggero shock del ragazzo lasciò posto a una risata imbarazzata: “No, non oserai!”
 
“Come fa il tuo ragazzo a sopportarti? Lo ami così tanto che non riesci a staccarti da lui? Mua mua mua!”
 
Isabela scimmiottò i baci di Camilo, ricevendo in faccia una manciata di fiori dal cugino.
 
“Ehi, smettila!” sorrise Camilo, imbarazzato.
 
“Perché? Mi vendico di tutte le tue battute!” disse Isabela, continuando con la sua esibizione, alla quale Camilo insistette impotente. Insieme alla ragazza che origliava da dietro l’angolo.
 
Aveva osservato suo cugino per tutto il giorno, cercando di capire chi fosse l’oggetto del suo affetto, e finalmente la fortuna l’aveva premiata. Mirabel aveva capito tutto. E la consapevolezza la sconvolse.
 
-Camilo è innamorato...di un ragazzo...- si ripeté, -dannazione...quindi è per questo che lui e Dolores lo nascondono?!-
L’Encanto veniva gradualmente oscurato mentre il sole spariva nella sera. Anche la famiglia Madrigal si acquietò. Ciascuno aveva terminato i propri compiti e quasi tutti rientrarono a casa, preparandosi per la cena. Rimasero solo in due a godersi il sole che scendeva: Bruno e il suo instancabile nipote, che in qualche modo riuscì a trascinarlo in un angolo vicino e a regalargli molti baci.
 
“Camilo, cosa fai?” si lamentò Bruno, cercando di liberarsi dalle sue braccia. Aveva sempre più paura che potessero essere visti.
 
“Ti bacio” rispose il ragazzo con calma, continuando. Le sue labbra si spostavano dalla fronte, alle guance, al mento e al collo, senza perdersi un solo punto.
 
“Se qualcuno ci vede...”
 
“Non c’è nessuno qui a quest’ora, non preoccuparti” lo assicurò Camilo, “ti lascio andare subito dopo che mi hai pagato con, diciamo...cinque baci!”
 
Bruno guardò il ragazzo, chiedendosi chi lo avesse viziato tanto. Capì che, in effetti, la colpa era proprio la sua.
 
“Sei così insistente a volte” sospirò l’uomo e, dando un’altra occhiata intorno, porse le labbra.
 
“No” Camilo scosse il capo, osservando Bruno con sguardo sornione, “voglio che sia tu a baciarmi”
 
Bruno spalancò gli occhi. Non se lo aspettava. Era ormai abituato a essere baciato, ma il contrario...lo imbarazzava.
 
“Ti bacerò solo una volta” disse.
 
“Allora dovrà essere un bacio molto lungo” sorrise Camilo, allungando le labbra e chiudendo gli occhi.
 
Bruno respirò profondamente, raccogliendo tutto il suo coraggio, poi premette le labbra su quelle del giovane. Sentì subito una mano sulla nuca che lo premeva più vicino.
 
Camilo lo spinse contro il muro, infilando la gamba tra le sue cosce. Bruno si sentì smarrito. Un’incredibile nebbia gli avvolse la testa, portandolo a mettere da parte per un momento tutte le paure e ad approfondire il bacio. L’uomo portò le braccia intorno alla vita del ragazzo, godendosi il dolce sapore sulla lingua. Camilo si allontanò di colpo.
 
“Oh!” esclamò e suo zio si allarmò.
 
“C-cosa c’è? Ti ho morso per sbaglio?”
 
“No, c’è qualcosa che non va nella mia gamba...”
 
Camilo abbassò lo sguardo. C’era un piccolo cactus spuntato vicino alla sua gamba. Isabela era vicina a loro, con occhi sbarrati. La sua mascella cadde e dei fiori sbocciarono sulla sua testa.
 
“Punge...”
 
.
 
Quella sera innumerevoli insulti vennero lanciati contro i due. Avevano saltato la cena e ora erano seduti nella stanza di Camilo, ad ascoltare la furiosa Isabela.
 
“Voi...siete due idioti! Pervertiti!” gridò la ragazza, vagando da una parte all’altra, accompagnata da un’infinita apparizione di piante.
 
“Dovresti calmarti un po’” osò Camilo a un certo punto. Non era affatto preoccupato dalle parole della cugina, ma lo zio era così pallido e spaventato che non poteva rimanere in silenzio.
 
“Voi!” urlò lei, “dovreste pensare a dove vi siete cacciati e smetterla!”
 
Gli occhi della ragazza erano infuocati. Era arrabbiata. Furibonda.
 
“Isabela, ti stai intromettendo in affari che non ti riguardano...” continuò Camilo, ma lei non gli diede retta.
 
“Io?! In affari che non mi riguardano?! Osi dire che non mi riguardano?!” puntò il dito verso Bruno, che abbassò gli occhi per la vergogna. Tremava, non osando dire una parola. I pensieri aleggiavano nella sua testa, tormentando il suo cuore con una grandinata. Camilo si accigliò.
 
“Esattamente! Sono affari miei!”
 
“Non capisci cosa stai facendo! È disgustoso, Camilo! È sbagliato! Immorale! Squallido!”
 
“Lo so anche senza di te, Capitan Ovvio! Ma l’ho accettato e dovresti farlo anche tu!”
 
“Ragazzi, non c’è bisogno di litigare...” cercò di intervenire Bruno, ma due paia di occhi ardenti di rabbia si diressero su di lui.
 
“SILENZIO!” gridarono all’unisono in modo così rude e brusco che Bruno sobbalzò. Rendendosi conto di quello che aveva fatto, Camilo tornò in sé. La collera scomparve e si sedette tranquillamente. Nessuno lo aveva mai spinto a tanto. Il ragazzo posò la mano sulla schiena di Bruno, accarezzando in modo rassicurante il tessuto della ruana appena rammendata.
 
Isabela, osservando, si limitò a fare una smorfia, stringendo le labbra. Respirò profondamente diverse volte.
 
“Va bene...va bene...” ripeté tra sé, voltandosi verso l’uscita, poi avvertì freddamente: “ripeto: dateci un taglio. Avete tempo fino a domani sera, altrimenti...altrimenti non so cosa farò”
 
La porta si chiuse dietro la ragazza e tutti i fiori presenti appassirono all’istante. Bruno si mise a ridere, attirando l’attenzione del nipote, stupito.
 
“È finita...è finita!” ripeté, stringendosi i capelli, “è finita! Lo dirà a tutti, ci odieranno, ci cacceranno di casa e vagheremo per le strade finché...finché...”
 
“Calmati, andrà tutto bene” disse piano Camilo, cercando di togliere la mano di Bruno che si stava per strappare i capelli.
 
“Cosa andrà bene?” continuò l’uomo, con le lacrime agli occhi, “ti avevo detto di non farlo! Te l’avevo detto che ci avrebbero beccati...maledizione...”
 
“Silenzio, respira profondamente...” lo calmò Camilo, accarezzandogli la schiena, e Bruno automaticamente obbedì, “ora espira...respira...così”
Quando sembrò che l’uomo fosse tornato un po’ in sé, Camilo gli prese il viso tra le mani e lo guardò attentamente negli occhi che brillavano di speranza.
 
“Le parlerò e andrà tutto bene. Mi credi?”
 
“Ma...”
 
“Mi credi?” ripeté Camilo con maggiore insistenza. Bruno non poté fare a meno di annuire. Nonostante tutti i suoi dubbi, accettò. Forse si fidava più del ragazzo che di se stesso o forse semplicemente coglieva ogni occasione per sperare che tutto andasse bene. Non sapeva davvero quale fosse la realtà.
 
Dopo aver ricevuto la risposta positiva, Camilo si avvicinò al tavolino all’angolo e preparò velocemente una tazza di the verde, porgendola allo zio spaventato. La voce del ragazzo era estremamente pacata e automaticamente lo rilassò. Camilo sapeva quello che faceva. Era l’unico che riusciva a calmare sua madre quando era al culmine dell’ansia. Nemmeno suo padre ne era in grado.
 
“Ecco, bevi e calmati. Le parlerò domani”
 
Salì sul letto accanto allo zio, stendendosi felicemente sulle sue ginocchia. Bruno sorseggiò un po’ di the. Forse era davvero troppo nervoso e se Camilo diceva che sarebbe andato tutto bene...forse avrebbe dovuto crederci.
 
.
 
Fin dalla mattina presto, Camilo aveva cercato con insistenza di beccare sua cugina da sola. Tuttavia, quanto più premeva, tanto più Isabela lo evitava.
 
Non lo aveva guardato nemmeno a colazione, quando di solito non smettevano un secondo di chiacchierare, anche prendendosi in giro.
 
Non andò in giardino, sapendo che Camilo l’aspettava lì. Si girò completamente rispetto a lui una dozzina di volte, soltanto sentendo il suo nome, allontanandosi velocemente. Quando giunse la sera, Camilo era tesissimo, e ancora non scambiarono una parola.
 
Nel frattempo, Bruno non lasciò mai la sua torre, nella quale si era affrettato a rientrare con zelo al mattino. Camilo si chiedeva come si sentisse.
 
Pensandoci, il ragazzo svoltò l’angolo. Per la prima volta in quella giornata, trovò Isabela che non scappava. Lei, accovacciata, piantava i semi di un nuovo fiore carnivoro.
 
Camilo in precedenza non capiva perché lei lo facesse, potendo far crescere istantaneamente qualsiasi pianta esistente. Ora, tuttavia, era molto felice che la cugina fosse appassionata di un hobby così strano.
 
Camilo si sedette accanto a lei. La osservò mentre scavava nel terreno, sporcandosi le dita aggraziate. Prima non avrebbe osato contemplare l’idea di maneggiare così la terra, ma ora coltivare manualmente le piante esotiche era il suo passatempo preferito.
 
“Vai via” ringhiò Isabela, incapace di tollerare la sua presenza.
 
“No” rispose Camilo, allungando la mano verso il germoglio piantato, ma la ragazza lo schiaffeggiò sulla mano. Lui sbuffò. “Sembrano un po’ pigri” mormorò, ma non ricevette alcuna reazione.
 
“Sai, pensavo che tu fossi l’unica della famiglia in grado di capirmi” ammise, sospirando pesantemente. Finalmente attirò la sua attenzione.
 
“Capirti? Come posso capire?” si indignò Isabela, “ci sono così tante belle ragazze nell’Encanto...e anche ragazzi! Avresti potuto scegliere chiunque. Perché lui? Come posso capire?”
 
Innumerevoli cactus crebbero improvvisamente vicino a Camilo, racchiudendolo in un cerchio spinoso. Ma si rivelò un vantaggio per lui.
 
“Non ci sei ancora arrivata?” il ragazzo sorrise tristemente, facendo scorrere le dita sugli aghi, “tra i fiori più belli che ci sono al mondo, ho scelto un cactus per me”
 
Il viso di Isabela si ammorbidì. Le sopracciglia aggrottate si sciolsero. Non avrebbe mai pensato di sentire una cosa del genere da Camilo, che non si era mai interessato all’amore né a discorsi così sentimentali.
 
“Anche se è tutt’altro che perfetto, per me è comunque bellissimo” continuò, “e anche se amarlo fa male, non importa. È quello giusto per me. Non ne troverò un altro simile”
 
Ci fu silenzio.
 
“Hai scelto una strada molto spinosa” disse Isabela con calma dopo una lunga pausa. “Non fraintendere. Non mi sarei agitata così tanto ieri, ma...sono preoccupata...se qualcuno lo scoprisse, tu...tu...”
 
Camilo guardò la cugina. Le lacrime scendevano dai suoi occhi, fino al mento e sul vestito sporco. Camilo si sentì a sua volta sul punto di piangere.
 
“Lo so. Ma...lo amo comunque”
 
Lei lo abbracciò forte, tirando su col naso. Non voleva pensare a ciò che il suo amato cufino avrebbe dovuto affrontare nel cammino verso la felicità. Automaticamente ripensò a se stesso, imprigionata in una gabbia invisibile dalla quale non poteva uscire. Poi Mirabel l’aveva aiutata. Ora toccava a lei aiutare qualcuno e scelse di farlo con Camilo.
 
“Non lo dirò a nessuno” promise, “ma...ho comunque bisogno di tempo. È difficile abituarsi a una cosa del genere. E per favore, non farti beccare così facilmente” Isabela si staccò, asciugando le lacrime, rivolgendo a Camilo un ghigno. Osservò attentamente il cugino.
 
“Sai cosa significa questo?” mormorò Isabela, illuminandosi, “ora posso sicuramente prenderti in giro!”
 
“Come?” il leggero shock del ragazzo lasciò posto a una risata imbarazzata: “No, non oserai!”
 
“Come fa il tuo ragazzo a sopportarti? Lo ami così tanto che non riesci a staccarti da lui? Mua mua mua!”
 
Isabela scimmiottò i baci di Camilo, ricevendo in faccia una manciata di fiori dal cugino.
 
“Ehi, smettila!” sorrise Camilo, imbarazzato.
 
“Perché? Mi vendico di tutte le tue battute!” disse Isabela, continuando con la sua esibizione, alla quale Camilo insistette impotente. Insieme alla ragazza che origliava da dietro l’angolo.
 
Aveva osservato suo cugino per tutto il giorno, cercando di capire chi fosse l’oggetto del suo affetto, e finalmente la fortuna l’aveva premiata. Mirabel aveva capito tutto. E la consapevolezza la sconvolse.
 
-Camilo è innamorato...di un ragazzo...- si ripeté, -dannazione...quindi è per questo che lui e Dolores lo nascondono?!-

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Capitolo 18
*** 18. Eccessiva curiosità ***


La mattinata cominciò con troppa calma secondo Bruno. Nonostante Isabela e Camilo gli avessero assicurato che non l’avrebbero detto a nessuno, l’agitazione non lo abbandonava per un secondo. Era addirittura tornato alle sue vecchie abitudini. Senza accorgersene aveva ricominciato a bussare sul legno e a gettarsi alle spalle sale e zucchero.
 
Dopo aver avuto molti giorni liberi, oggi Camilo stava lavorando. Stava aiutando diverse madri stanche a prendersi cura dei figli. Bruno era sempre sorpreso da come Camilo andava d’accordo con i bambini. Lui aveva ancora paura a muoversi in loro presenza.
 
Entrando nella cucina vuota, intendeva prepararsi una tazza di caffè, ma Casita allontanò la tazza. Di nuovo. E di nuovo.
 
“Casita, che stai facendo?”
 
Le ante delle finestre scricchiolarono dispiaciute. Bruno sospirò.
 
“Non sarà un problema. Sono tranquillo adesso”
 
“Zio!” urlò improvvisamente Mirabel apparendo da dietro, facendo sobbalzare Bruno. Portandosi la mano all’altezza del cuore, per poco non cadde. Ci vollero un paio di minuti prima che si riprendesse. Con pietà, Casita gli spinse un bicchiere d’acqua. Lui accettò.
 
“Mirabel, mi hai spaventato a morte” disse sedendosi al tavolo.
 
“Scusa, scusa” la ragazza si sedette di fronte a lui, lanciandogli un’intensa occhiata, continuando subito a chiacchierare: “a proposito, sai che sei il migliore zio del mondo e posso confidarti qualunque segreto? E anche tu puoi confidarmi qualunque segreto? Non è meraviglioso avere un rapporto di fiducia?”
 
“Cosa vuoi?” chiese Bruno, sorseggiando dal bicchiere. Conosceva quel sciocco approccio. Non era la prima volta che la ragazza cercava di estorcergli qualcosa.
 
“Di recente ho scoperto che a Camilo piace qualcuno...”
 
Bruno si strozzò, spaventando Mirabel.
 
“Zio!”
 
“C-chi?” fece Bruno, schiarendosi la gola e sperando con tutto il cuore di sentire quel nome. Non fu fortunato.
 
“Dimmelo tu!” chiese Mirabel. “So che ultimamente avete trascorso molto tempo insieme. Dovresti saperlo, non fare finta di niente! Lo sanno anche Isa e Dolores. Ho provato a farle confessare, ma sono rimaste mute come pesci e Dolores alla fine scappa sempre”
 
Bruno era un po’ sollevato che Mirabel non lo sapesse. Lei però si avvicinò, guardandolo intensamente e senza battere ciglio.
 
“So anche che è un ragazzo! Devi solo dirmi il suo nome”
 
“N-nome?” Bruno tremava, riuscendo a malapena a controllarsi. Il sudore freddo si era già impossessato del suo viso.
 
“Sì, come si chiama?!” insistette Mirabel.
 
“Bruno!” gridò Pepa da dietro l’angolo, attirando su di sé l’attenzione di entrambi. Una nuvola era presente sulla sua testa. “Mi serve il tuo aiuto!”
 
“A-arrivo!”
 
Approfittando della scappatoia, Bruno si divincolò dalla nipote e corse fuori. Mirabel lo osservò scomparire. Tuttavia, la fiamma della curiosità non fece che alimentarsi.
 
-Va bene...i Madrigal non si arrendono così facilmente!-
 
.
 
Mirabel era pronta ad arrendersi. Aveva osservato Camilo per tutto il giorno, da vicino e da lontano, ma non aveva visto nessuno accanto a lui. Non era successo assolutamente nulla.
 
Solo qualche volta lo aveva visto avvicinarsi allo zio Bruno, allungare la mano, per poi fermarsi e ritirarla con le labbra arricciate. Come se resistesse a qualcosa che desiderava terribilmente.
 
Nient’altro. La ragazza si accasciò. Si mise su una panchina, appoggiando il viso tra le mani, sospirando pesantemente di fronte al suo fammilemtno.
 
-È assurdo! Non esce affatto con lui?!- si indignò, -Come può non vedere la persona che ama per così tanto tempo?!-
 
“Mirabel” i pensieri della ragazza furono interrotti dalla voce di Pepa, che aveva in mano un cesto di biancheria pulita, “porta questo nella stanza di Camilo, per favore. Gli ho chiesto di prenderlo stamattina, ma a quanto pare non mi ha sentito!”
 
Una nuvola fluttuava nella sua testa e Mirabel si sentì ispirata. Accettò subito e, afferrando il cesto, si precipitò al secondo piano.
 
-Dev’esserci sicuramente qualcosa nella sua stanza!- si convinse con entusiasmo. La porta si aprì facilmente consentendole l’accesso e lei, dopo aver appoggiato il cesto, iniziò ad ispezionare ogni metro quadrato della stanza. Sfortunatamente, lo spazio era piuttosto vasto, quindi impiegò molto tempo e impegno.
 
Controllò tutto: l’armadio, il letto, il tavolo, ogni figura e parete, ma non trovò nulla. Le uniche cose che risaltavano nel quadro generale erano dei fili verdi e ritagli di stoffa sul tavolo.
 
-Forse non c’è nessun ragazzo?- si chiese Mirabel, infastidita, ed era sul punto di andarsene, ma osservando il letto, aggrottò la fronte. La ragazza rimosse dal cuscino un lungo capello nero, leggermente grigio all’estremità.
 
-Che diavolo...-
 
Prima che il puzzle si completasse nella sua testa, la maniglia della porta cominciò a muoversi. Il sangue le si gelò nelle vene. Senza rifletterci un secondo, Mirabel saltò dentro l’armadio. Ricordò che Camilo non apprezzava che qualcuno entrasse nella sua stanza senza di lui. Ricordava ancora meglio quanto si era irritato in seguito a quelle occasioni.
 
La porta si aprì. Cedendo alla furiosa curiosità, la ragazza aprì leggermente l’anta, osservando dalla fessura mentre entrava...e rimase senza fiato.
 
“Camilo, aspetta...” Bruno cercò con riluttanza di sottrarsi all’abbraccio di Camilo, che lo afferrò con una presa mortale, ricoprendogli il collo di baci avidi.
 
“Sono stanco di aspettare” si lamentò il ragazzo, “non ti ho toccato per tutto il giorno. Neanche una volta! Non merito una ricompensa?”
 
Chiuse la porta. Nessuno ora poteva impedire loro di godersi un momento insieme.
 
“E se ci fosse qualcuno qui?” chiese Bruno, in preda all’ansia, ma ricevette un bacio sulla fronte e una voce tranquilla e serena.
 
“Sei troppo nervoso, mi amor. Ogni ora bussi sul legno. Mi fa male guardarti. Dovresti rilassarti un po’. Questa è la mia stanza, chi potrebbe mai esserci se non noi...”
 
L’anta dell’armadio si aprì con uno scricchiolio assordante. Tre paia di occhi si guardarono con autentico sgomento.
 
“Mierda...”

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Capitolo 19
*** 19. Basta segreti ***


Quattro persone erano sedute in una stanza solitamente silenziosa. C’erano tappeti su tutto il pavimento, niente sbatteva o scricchiolaa e l’isolamento acustico era invidiabile. Ma non oggi.
 
La padrona della stanza urlava come una pazza, mentre gli altri non osavano muoversi. Gli occhi di Mirabel erano ancora sbarrati per lo shock.
 
“Mirabel lo sa! Isa lo sa! Forse lo sa anche qualcun altro!” gridò Dolores ignorando il dolore ronzante nelle orecchie.
 
“N-no, per ora è tutto...” risposta Bruno tranquillamente, non cogliendo il sarcasmo della nipote. Sospirò pesantemente e continuò:
 
“Avreste dovuto essere silenziosi e discreti. Allora perché già tre persone lo sanno?”
 
“Questa volta non è colpa mia!” disse Camilo, lanciando uno sguardo indignato a Mirabel, “Come potevo sapere che era nascosta nel mio armadio?”
 
“Come?” Dolores guardò sorpresa l’imbarazzata cugina. Mirabel rise nervosamente e disse:
 
“Ti avevo sentito dire che Camilo è innamorato di qualcuno, mi sono incuriosita e l’ho seguito. Ho scoperto che si trattava di un ragazzo, ma nessuno mi diceva chi. Avevo quasi rinunciato, ma zia Pepa mi ha chiesto di portare la biancheria a Camilo e ho pensato che fosse una buona occasione. Ho cercato nella sua stanza, ma ho sentito la maniglia girare e mi sono nascosta nell’armadio. Non pensavo che avrei visto...avrei visto...beh...”
 
La ragazza arrossì. Non sapeva cos’altro dire. Dolores si pizzicò la radice del naso. La testa le martellava per quelle svolte brusche riguardanti il piccolo segreto.
 
“Più ci si addentra nella foresta, più diventa fitta...” mormorò. Mirabel era imbarazzata. Inoltre, Camilo la stava fissando con uno sguardo così ardente che sembrava che a breve le avrebbe fatto un buco in testa.
 
“Non lo dirò a nessuno, davvero!” esclamò con sicurezza, ma Dolores si limitò a sospirare.
 
“Grazie, certo, ma che senso ha? Di questo passo lo scopriranno tutti...”
 
“Non esagerare” la interruppe Camilo. Lei lo guardò. Bruno era sulle spine e tremava ad ogni parola che veniva pronunciata. Sembrava il più nervoso. Anche se non era così. Provando pietà, Dolores scortò entrambi alla porta.
 
“Potete andare, io e Mirabel parleremo ancora un po’”
 
Camilo condusse fuori lo zio, cercando di calmarlo con parole dolci. Dolores chiuse la porta e, persa nei suoi pensieri, non notò la mancanza di un ‘clic’. Rimase una piccola fessura aperta.
 
“Come stai?” chiese a Mirabel, sedendosi accanto a lei. La cugina era visibilmente nervosa. La sorpresa non era ancora sbollita.
 
“Io...non so cosa dire” ammise. Molto raramente sperimentava una condizione in cui non aveva idea di cosa fare, ed era proprio quel momento.
 
“Capisco, anch’io all’inizio ho reagito così” disse Dolores. Mirabel si sentì un po’ confortata. Non era l’unica a provare disagio. Dolores sorrise incoraggiante.
 
“Va tutto bene, ti abituerai presto...spero”
 
“È solo che non riesco a capire” sbottò Mirabel, non nascondendo la sua rabbia. “Com’è successo? Quando? Perché? Come hai potuto accettarlo? Come hai potuto tenerlo segreto? Ho ancora un sacco di domande!”
 
“Tesoro, so che è strano, ma ci sono molte cose che non sai...” sospirò Dolores. Ripassò nella sua testa le sue stesse parole. Ancora e ancora. Improvvisamente il suo viso apparve felice.
 
“Ci sono molte cose che non sai! Ma ora sai che stanno insieme, quindi posso dirti tutto ora!” un ampio sorriso illuminò il suo volto, dopo essersi finalmente tolta il peso di quel segreto. “Basta segreti! Ascoltami!”
 
Prendendo Mirabel per mano, iniziò a raccontare tutti gli avvenimenti delle ultime settimane. Non si accorse che dietro la porta leggermente aperta c’era qualcuno che non avrebbe mai dovuto sapere ciò che stava accadendo.
 
.
 
Il giorno dopo Bruno si svegliò prima del solito. Riuscendo a liberarsi dall’abbraccio di Camilo, si recò in cucina. Molti stavano ancora dormendo, immersi nei loro sogni. Il sole stava sorgendo e un piacevole odore di spezie e arrosto riempiva già i corridoi. Julieta correva per la cucina, canticchiando. Quando vide il fratello sulla porta, si fermò.
 
“Vuoi aiutarmi?” gli chiese dolcemente, porgendogli un grosso cucchiaio dopo aver ricevuto un cenno. “Ecco, mescola gli spaghetti”
 
Il vapore dalle pentole si diffuse nella stanza già calda. Il sudore bagnò le fronti di entrambi.
 
“A proposito, è da tanto tempo che non parliamo” esordì Julieta. Il suo volto divenne molto serio. Bruno percepì che non era una buona cosa, ma cercò di mantenere un leggero ottimismo, fingendo di non accorgersi dell’atmosfera che lo circondava.
 
“C’è qualcosa che vorresti dirmi?” chiese la sorella con tono suggestivo. Bruno deglutì. Un brivido lo attraversò, sembrava che lei volesse insinuare...
 
-No, non può saperlo!- tentò di rassicurarsi, -Nessuno potrebbe averglielo detto...-
 
“Di cosa parli?” balbettò Bruno. Il cucchiaio nella sua mano tremò. Julieta concentrò lo sguardo minaccioso su di lui con maggiore intensità.
 
“Beh, per esempio...della tua relazione con Camilo” concluse bruscamente. “So tutto”
 
Il cucchiaio cadde nella pentola. Gli ci volle un attimo per realizzare ciò che aveva sentito.

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Capitolo 20
*** 20. Parole d'addio ***


Tutta la vita di Bruno gli balenò davanti agli occhi, comprese le ultime settimane, prima che riuscisse a parlare.
 
“Come...come fai...a s-saperlo?”
 
“Ho sentito Dolores e Mirabel che ne parlavano” ammise la donna. “Oh, quante cose ho scoperto sulla tua ‘fidanzata’, sul perché eri così triste, sulla tua ‘febbre’...”
 
Ogni parola colpì Bruno come una freccia. Diventò sempre più insensibile a pallido. Era il momento in cui i giorni di tranquillità giungevano al termine. Involontariamente gli salirono le lacrime agli occhi.
 
“Mi dispiace...” riuscì solo a sussurrare. Casita gli passò una sedia, notando che le sue gambe stavano quasi cedendo. Julieta sospirò. Si sedette accanto a lui, appoggiando i palmi sui suoi.
 
“Non ti sto incolpando” disse con calma, “e di certo non ti odio. Voglio solo riportarti sulla retta via”
 
La mano si spostò sulla spalla del fratello. La donna guardò i suoi occhi tristi e stanchi.
 
“Bruno, lo capisci, non è possibile...”
 
“Lo so” sospirò lui, stringendo la ruana tra le mani, “ma...lo amo. E dovresti vedere quanto mi ama lui. Abbiamo faticato per sistemare le cose. Non posso immaginare cosa succederebbe se gli dicessi...”
 
“Capisco che farà male” continuò Julieta. “Ma farebbe più male se tutta la famiglia ti voltasse le spalle. Bruno, sei già stato emarginato, sai cosa vuol dire. Non condannare Camilo alla stessa sorte. E se Pepa lo scopre, non ti darà tregua”
 
In cucina calò il silenzio. Bruno si ripeté in testa le parole della sorella, chiedendosi cosa fare, quale strada scegliere: tornare ad essere la pecora nera della famiglia o rinunciare al proprio cuore.
 
“Ma tu...ci accetteresti?” chiese l’uomo speranzoso. Lei sorride.
 
“Io ti voglio bene. E adoro Camilo. Naturalmente è una cosa sbagliata, ma...non vi sarei di intralcio. Anche se mi disgustasse, la tua felicità conta di più. E so che non gli faresti del male. Non faresti del male a una mosca”
 
Julieta diede una pacca sulla guancia del fratello, facendolo sorridere, poi sorrise maliziosamente.
 
“E poi, conoscendo Camilo, è stato lui a cominciare?” aggiunse, facendo ridere Bruno.
 
“Esatto” rispose. “L’ha fatto di punto in bianco, dovresti saperlo”
 
“Parla con lui. Non è un gioco. Potrebbe finire molto male...” il tono di Julieta tornò serio. Bruno ci rifletté. I dubbi che aveva accumulato per tutto il tempo della relazione proibita riemersero.
 
.
 
Quando l’uomo entrò nella stanza del nipote, si era appena svegliato. Bruno lo trovò così bello con i capelli arruffati e gli occhi assonnati, soprattutto quando Camilo sorrise vedendolo portare un vassoio con del cibo.
 
Bruno aveva preparato tutto lui stesso. Aveva chiesto a Julieta di inventare una scusa per lui e Camilo, sia per la colazione che per la giornata in generale. L’uomo sapeva già che sarebbe bastata una breve conversazione per impedire a entrambi di fare altro.
 
“C’è una vacanza oggi?” Camilo fece le fusa scherzosamente, mettendosi il vassoio in grembo. Bruno era divorato dalla sua coscienza, ma si comportò con calma.
 
“Volevo solo farti una cosa carina” mormorò.
 
“Mi sarebbe bastato trovarti accanto a me” continuò a flirtare spudoratamente.
 
“Mangia velocemente, altrimenti si raffredderà tutto”
 
“Prima voglio provare un’altra cose” sorrise il ragazzo, attirando a sé l’uomo e baciandolo dolcemente sulle labbra. Bruno avvertiva il desiderio di iniziare la conversazione e tuttavia rimase in silenzio. Camilo se ne accorse dopo poco. L’atmosfera giocosa venne spazzata via non appena notò la tensione sul suo volto.
 
“Qualcosa non va?” chiese e Bruno deglutì. Strinse la presa sulla ruana, raccogliendo la sua determinazione.
 
“Penso che dovremmo fermare tutto questo” iniziò. Il cuore di Camilo smise di battere per un secondo. Era sbalordito.
 
“Cosa...?”
 
“Dovremmo fermarci” ripeté Bruno con maggiore sicurezza. Il volto del nipote si incupì. Nella sua mente ancora assonnata, cercò di raggruppare i pezzi in un puzzle, ma nessuno sembrava combaciare.
 
Bruno si alzò, preparandosi ad andarsene subito, ma Camilo, anticipandolo, gli afferrò il polso, stringendo forte.
 
“Perché?” chiese bruscamente. “Chi ti ha costretto a dirlo?”
 
“N-non ha importanza...” Bruno cercò di liberarsi, ma la presa diventò più forte e dolorosa.
 
“Chi?” ripeté Camilo con assertività. Sapeva benissimo che Bruno non avrebbe deciso di fare una cosa del genere da solo; era decisamente stato spinto a farlo. Era davvero triste che il suo amato si facesse convincere così facilmente dalle cose brutte.
 
Bruno sospirò. Il suo cuore era tormentato e la riluttanza di Camilo aggiungeva solo sale sulle ferite aperte.
 
“Camilo, ti amo, ma devi capire che in futuro le nostre azioni non porteranno a nulla di buono...”
 
Calò il silenzio. Ripensando alle parole dello zio, Camilo mise da parte la colazione e, senza perdere tempo, condusse l’uomo fuori dalla stanza.
 
“Andiamo” ordinò, ignorando i suoi tentativi di divincolarsi.
 
“Ehi, aspetta, dove andiamo?” balbettò Bruno, seriamente allarmato da quel comportamento. La risposta di Camilo fu diretta, precisa e spaventosa:
 
“Alla tua torre. Devi scoprire il futuro”.

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Capitolo 21
*** 21. Futuro ***


“Camilo...ah...fermati...aspetta!”
 
Bruno in qualche modo salì su per le scale. In quel momento odiò la sua stanza con tutta l’anima. Camilo continuava a stringere la presa e, senza fatica, proseguì sempre più in alto.
 
“Camilo!”
 
“Manca solo un po’, sii paziente” disse il ragazzo. La sua rabbia si era placata durante il tragitto e ora voleva solo convincere suo zio che sarebbe andato tutto bene.
 
“Ma io...ah” Bruno inciampò e quai cadde. Fortunatamente Camilo lo sostenne. Osservò lo zio, stanco, poi la distanza che rimaneva davanti a sé. Pensando a tutte le soluzioni possibili, voltò le spalle.
 
“Sali” disse. Bruno si stupì.
 
“Sei pazzo? Cadremo entrambi!”
 
“Non cadremo, Sali. O vuoi proseguire?”
 
Bruno arricciò le labbra. Dopo un po’, Camilo lo aveva sulle spalle e ascoltava le sue infinite lamentele. Ma il ragazzo non si irritò minimamente. La voce dell’uomo lo rassicurava e portava armonia nel suo cuore. In poco tempo furono in cima.
 
Al posto del dirupo ora c’era un ponte recentemente costruito. Anche se a prima vista non ispirava fiducia, poteva resistere a un passaggio. Senza fermarsi, Camilo portò Bruno nella sua vecchia dimora, adesso più o meno pulita, e si sedette per terra.
 
“Forza!”
 
Bruno era sbalordito. Era stata una mattina troppo movimentata per lui. Camilo lo osservava attentamente, Bruno appoggiò il capo sulle mani. Aveva visto il rituale di Bruno solo una volta, quando aveva cercato di fermarlo, e soltanto verso la fine. Quindi ora moriva di curiosità.
 
Tornato in sé, Bruno iniziò con riluttanza, spargendo un cerchio di sabbia, ad ammucchiare le foglie e a prepararsi mentalmente al peggio. Si sedette poi di fronte a Camilo e, gettandosi del sale alle spalle, accese un sottile bastoncino. Il fuoco si propagò rapidamente finché tutti i mucchietti non furono accesi.
 
“Prendimi le mani” disse Bruno. In realtà non era necessario, ma lo faceva sentire più sicuro. Le mani calde del nipote strinsero dolcemente le sue, sudate, e i suoi solidali occhi marroni ispiravano fiducia.
 
Bruno chiuse gli occhi. Camilò osservò attentamente il cerchio di sabbia trasformarsi in un turbine, una barriera impenetrabile. Il suo cuore tremò. Quando Brunò aprì gli occhi, sembravano due lanterne verdi. Il ragazzo non voleva staccare lo sguardo, ma lo zio improvvisamente alzò la testa, cercando l’immagine che emergeva.
 
“Guarda!” esclamò e Camilo ubbidì. “Siamo noi!”
 
Due figure infatti comparvero dalla sabbia, allontanandosi al galoppo a cavallo.
 
“Noi...stiamo scappando? È un inseguimento!”
 
Bruno era orripilato. Vide Julieta e Agustin seguirli, Felix che cercava di raggiungerli, Pepa che galoppava dietro di loro mentre sopra le teste infuriava un temporale spaventoso. Anche Camilo vide tutto. Gli cadde la mascella per la sorpresa.
 
“Stiamo correndo...attraverso un varco nella montagna. Saltiamo...da un dirupo?”
 
La visione cessò quando atterrarono. Sulla lastra era impressa l’immagine di due uomini, seduti a cavallo, che guardavano all’indietro il percorso che avevano intrapreso. Bruno non riusciva a vedere cosa sarebbe successo dopo. Si rese conto di quello che aveva vista e andò nel panico.
 
“Noi...scapperemo...” mormorò con voce tremante. “Scapperemo da casa, dalla famiglia...dall’Encanto...”
 
Anche Camilo era sorpreso. Era anche impressionato dal rituale dello zio, tuttavia il responso non lo sconvolgeva troppo. Aveva già pensato più di una volta a un esito del genere e la visione di Bruno non fece che confermare le sue paure, niente di più.
 
Avvicinandosi a lui, Camilo gli mise le mani sulle spalle e lo guardò negli occhi, dicendo con calma:
 
“Si avvererà”
 
Bruno si allarmò ancora di più. Si voltò bruscamente, stupito dal suo atteggiamento imperturbabile, e balbettò:
 
“Cosa, tu...tu...no, dobbiamo evitarlo...dobbiamo...dobbiamo...”
 
Camilo sentì il suo respiro vacillare per la paura, accelerando. Si avvicinò, lo abbracciò e lo baciò sull’orecchio, sussurrando:
 
“No. È una previsione, Bruno. Le tue visioni si avverano sempre, per quanto si provi a opporre resistenza”
 
Le parole di Camilo gli provocarono una strana sensazione. Bruno non poteva dire con certezza se fosse buona o cattiva. Era come se fosse stato tagliato con un coltello giocattolo. Il dolore in lui lo riempiva con calma invadente.
 
“Ma...ma io...”
 
Camilo sospirò. Accarezzò la testa di Bruno e si strinse di più al suo corpo tremante.
 
“Guarda la tua visione. Nemmeno lì ci abbandoniamo. Vuoi che ci lasciamo perché qualcuno non è contento? Guarda cos’abbiamo fatto per non sprecare i nostri sforzi. E per quanto altri abbiano provato ad evitare le tue previsioni, si sono comunque avverate. Vuoi abbreviare i tempi e procedere subito? Senza rimpianti né preoccupazioni”
 
Le parole di Camilo avevano una certa logica, ma Bruno non riusciva ad accettare il fatto di dover lasciare la famiglia in cui era tornato da poco. E per davvero.
 
“Devo pensarci” sussurrò, cercando di districare l’intrecciato groviglio di pensieri. Ma Camilo non poteva lasciarlo solo in quel momento. Non gli sembrava giusto.
 
“Devi riposare” sorrise e, prendendo la mano di Bruno, lo condusse fuori. “Vieni, ti aiuto a rilassarti”.

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Capitolo 22
*** 22. Massaggio ***


La stanza di Camilo, che era stata piena di discordia al mattino, ora traboccava di intimo piacere. Erano state accese diverse candele e disposti dei fiori profumati, da parte di Isabela. Ora Camilo era sul letto con il suo amato zio.
 
“Ti piace?” fece le fusa, lavorando con le mani.
 
“Oh, sì...più forte...” Bruno si inarcava sotto di lui ad ogni tocco, emettendo involontariamente un gemito. Poteva giurare che era il miglior massaggio della sua vita.
 
Camilo si spostò più in alto, fino alle spalle, massaggiando a fondo, trascinato dai gemiti di piacere.
 
“La tua schiena è molto tesa” miagolò scherzosamente, “com’è possibile che non si sia ancora spezzata?”
 
“Non distrarti...oh, sì...”
 
Bruno stava così bene che tutti i suoi problemi volarono via dalla sua testa. La sua attenzione era focalizzata sulla meravigliosa sensazione di relax. Era come sdraiato su una nuvola durante la calda estate, bevendo succo fresco da una cannuccia.
 
Tuttavia, la sua felicità fu destinata a finire non appena un caldo sussurro apparve accanto al suo orecchio.
 
“Stai emettendo gemiti molto interessanti...”
 
“O-oh, Camilo, calmati...” disse Bruno, “hai parlato solo di un massaggio...”
 
“Sì, ma sei così sexy...ho chiuso la porta a chiave. E ho anche controllato l’armadio...siamo soli”
 
Bruno avvertì una protuberanza premere sulla schiena. Scintille di eccitazione gli riempirono la testa. Si girò, guardando Camilo negli occhi. Bruciavano di desiderio.
 
“Tu vuoi...adesso?”
 
“Esatto” confermò il ragazzo, avvicinandosi alle sue labbra, “possiamo, ora? Avevi promesso...”
 
“Ok, ok” sorrise Bruno, scorrendo con le dita lungo la curva della sua schiena e attirando Camilo in un bacio. Si intrecciarono, guidati dalla libertà di fare ciò che volevano.
 
“Piccolo moccioso” ghignò Bruno, facendo appoggiare Camilo sulle sue cosce, strofinando l’inguine tramite la stoffa. I pantaloni stringevano sempre di più. Il ragazzo espirò tremante. La pelle d’oca lo attraversò come un turbine.
 
“Sei più sicuro del solito” osservò Camilo, “il mio massaggio ha avuto un così buon effetto?”
 
“Forse” sorrise Bruno maliziosamente, “o forse semplicemente ti voglio anch’io. Chi lo sa”
 
“Se è così, lasciami fare...”
 
Camilo abbassò bruscamente i pantaloni di Bruno e si morse il labbra. Le pupille si dilatarono. Si rese conto che era la prima volta che vedeva suo zio così nudo, così libero, così...sexy?
 
“Merda...” sussurrò il ragazzo, esaminando l’eccitazione dura.
 
“Ehi, non fissarlo così!” rise Bruno, coprendosi con le mani. “Sono timido”
 
“Non esserlo! Hai un uccello fantastico!” urlò Camilo entusiasta, sollevandosi per eliminare i pantaloni. “Guarda, mi spoglio anch’io”
 
“Merda, ah ah ah!” per qualche motivo Bruno si sentiva euforico nel vedere come il nipote cercava di rendere piacevole la loro prima volta. Non si accorse quasi di come il ragazzo, nudo, tornò a sedersi, afferrando le erezioni di entrambi e iniziando a muovere la mano.
 
“Dio...quante perversioni vivono nella tua testolina” brontolò Bruno, osservando i suoi sforzi. Il calore lo travolse. Dolci lampi di eccitazione piovvero nel basso ventre.
 
“Non dire che non ti piace” flirtò Camilo, “perché non ci credo”
 
“Non lo dirò” stette al gioco Bruno. Convinto, posò il palmo sopra la mano di Camilo, accelerando il ritmo. Camilo a malapena rimaneva cosciente a causa delle sensazioni sconvolgenti. Era abituato allo stress costante, ma non a un tale piacere.
 
Un pensiero sconcio gli balenò in testa ed era il momento migliore per realizzarlo. Camilo si fermò, tolse la mano e scivolò in basso, avvicinandosi al sesso di Bruno.
 
“Posso provare?” chiese con un sorriso imbarazzato. Bruno sobbalzò alla visione che si ritrovò davanti. Sembrò diventare ancora più duro.
 
“Non mi sono lavato...” sussurrò, vergognandosi.
 
“Non importa, basta solo un po’...” disse Camilo. La mente di Bruno si spezzò. Fece girare il ragazzo in modo da averlo sopra di sé e, con la poca lucidità rimasta, sussurrò:
 
“Allora facciamolo insieme”
 
Aprì la bocca. Camilo gemette forte per la sensazione acuta. Un tremito percorse il suo corpo e tutto cominciò a pulsare. Oh sì, era quello che voleva!
 
Non volendo rimanere indietro, il ragazzo imitò il gesto, cercando di fare la stessa cosa che faceva Bruno. Ma se ne dimenticò rapidamente, abbandonandosi ai sensi. Il ritmo diventava sempre più veloce.
“Ah...Camilo, piano...” mormorò Bruno all’insaziabile nipote. “Non resisterò a lungo...ah...”
 
Camilo lo avvertì. Si fermò, togliendosi dal suo viso e tornando tra le cosce dell’uomo. Nemmeno lui voleva terminare così in fretta. Aveva così tante fantasie per la testa da quando era iniziata la loro relazione, che fosse maledetto se non ne avesse realizzate almeno un paio.
 
Camilo iniziò a leccare l’interno delle cosce. Una sonora risata gli riempì le orecchie.
 
“Ehi, ehi! Ah ah, mi fai il solletico, cosa fai? Ah ah ah!” Bruno si dimenò tra le lenzuola spiegazzate, incapace di tollerare la sensazione. Anche Camilo rise. Una volta calmato, umettò ancora un po’ la sua pelle e unì le gambe dell’uomo, premendole strettamente.
 
“Farà male se lo inserisco, vero?” spiegò Camilo, appoggiandosi contro le cosce. “Allora facciamo così. Stringi più forte”
 
Bruno obbedì e nello stesso istante sentì qualcosa tra le gambe. Camilo cominciò a muoversi. Era un po’ difficile, ma la pressione intorno a sé era incredibile. Anche Bruno lo sentiva. Si aiutò con la mano, osservando come Camilo continuava a colpire. I gemiti si sparsero per la stanza finché Bruno non sentì avvicinarsi l’orgasmo.
 
“Camilo, io...sto...”
 
“Aspetta” il ragazzo capì, ma non era ancora pronto, “un altro po’...”
 
“Più veloce! Più veloce!” chiese Bruno. I loro pensieri erano sincronizzati, focalizzati sulla stessa cosa.
 
“Adesso!” ruggì Camilo. Entrambi terminarono sullo stomaco di Bruno. L’atmosfera poco prima rovente per il calore e il rumore della pelle contro pelle si riempì dal fiato corto dei due.
 
“È stato...figo” disse Camilo, crollando accanto a Bruno e accoccolandosi a lui, strofinando la guancia contro la sua barba.
 
“Vale la pena riprovare, giusto?” sorrise l’uomo, baciandolo sulla testa. “Mi ha alleviato tutta la tensione!”
 
“Allora facciamolo tutti i giorni” fece le fusa Camilo, ricevendo uno schiaffetto.
 
“Ehi, abbi pietà delle mie vecchie ossa!” ridacchiò Bruno. Sulle sue labbra apparve un sorriso soddisfatto. Forse a breve sarebbe tornato al suo solito stato di stress, ma al momento non avvertiva altro che leggerezza e una beata serenità.

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Capitolo 23
*** 23. Fulmine a ciel sereno ***


La mattina successiva iniziò con il rumore di piatti rotti. Julieta si era allarmata seriamente e, senza rendersene conto, ne aveva lasciato cadere uno a terra. Molti frammenti volarono in direzioni diverse. Sospirò.
 
Il giorno prima aveva chiesto a Bruno di rompere subito con Camilo per non creare problemi, ma non l’aveva ascoltata. Mentre si dirigeva in cucina, aveva udito la voce giocosa del nipote rivolta a suo fratello. Non era il tono di qualcuno che stava attraversando una rottura. L’ansia per loro crebbe nel suo cuore.
 
-Perché non capite dove vi porterà tutto questo?- chiese mentalmente, non aspettandosi affatto una risposta. Una mano si posò sulla sua spalla. La donna, spaventata, si voltò.
 
Suo marito, ugualmente sorpreso, guardò prima il piatto, poi la sua amata. Si accigliò.
 
“Tesoro, tutto bene? Vedo che sei preoccupata per qualcosa da un po’”
 
“Oh, Agustin” Julieta prese una scopa e cominciò ad ammucchiare i cocci. “Non posso dirlo adesso. È una cosa molto seria”
 
“Capisco, ma puoi condividerla con me” continuò l’uomo, avvicinandosi e abbracciandola da dietro, “manterrò segreto tutto ciò che dirai. Giuro”
 
Julieta attese un secondo. Ascoltò per capire se c’era qualcuno nelle vicinanze. Sicura che fossero soli, raccolse i pezzi del piatto, gettò tutto in un secchio e si sedette, invitando il marito a fare lo stesso.
 
“Okay, mi ascolti?” chiese a bassa voce, ricevendo un attento cenno del capo. “È per Bruno”
 
“Gli è successo qualcosa?” lui aggrottò la fronte. “È per quella donna?”
 
“No...sì...oh, è così confuso” Julieta agitò le mani. I suoi pensieri erano disordinati. Non sapeva come esporre al meglio le informazioni. Respirando profondamente, si fece più vicina e parlò ancora più piano. Agustin dovette tendere l’orecchio per cogliere le parole.
 
“Promettimi che manterrai il silenzio” chiese di nuovo. L’uomo si irrigidì. Era davvero raro che sua moglie fosse così preoccupata e seria. Significava che era successo qualcosa di veramente importante.
 
“Lo prometto” disse con sicurezza. “Dalla mia bocca non uscirà alcun suono a riguardo, a prescindere da chi lo chiederà”
 
“Va bene...”
 
Raccogliendo i pensieri, Julieta disse:
 
“Ho scoperto che l’interesse amoroso di Bruno era Camilo”
 
“Aspetta...cosa?” Agustin si accigliò più che mai. Sembrava uno scherzo. Per un momento si aspettò che lei si mettesse a ridere, ammettendo di aver scherzato. Ma il volto della donna non si rallegrò, anzi, si incupì ulteriormente. Fuori cominciò a piovigginare, ma nessuno vi badò.
 
Julieta attirò a sé il marito, continuando.
 
“Non è la cosa principale. Il problema maggiore è che lui e Bruno adesso sono...sono...amanti”
 
Agustin fissò sua moglie. Poi rise forte. Lei temette che qualcuno potesse sentirlo.
 
“È uno scherzo divertente” sorrise. “Ci ho quasi creduto. Sei molto convincente”
“Non sto scherzando!” lo zittì Julieta. “Mirabel e Isa lo sanno, e anche Dolores. Ora lo sappiamo anche io e te”
 
Agustin si sentiva cadere sempre di più sul duro cemento della consapevolezza. Gli si contorse lo stomaco e fuori dalla finestra la pioggia aumentò.
 
“È uno scherzo?” chiese speranzoso per l’ultima volta, ma lei sospirò pesantemente.
 
“Mi piacerebbe, ma...” Julieta arricciò le labbra. “Ho cercato di convincerlo a chiudere tutto. Ma...”
 
La donna fece una pausa, raccogliendo i pensieri, ma non disse altro. D’un tratto, alcune gocce le caddero sulla mano. Un fulmine balenò attraverso la cucina. I due si voltarono. Sulla soglia c’era Pepa, infuriata, che fissava entrambi con sguardo feroce.
 
“Ma cosa?” chiese. “Finisci”
 
Julieta ebbe i brividi. Mantenendo il volto calmo, Pepa era allo stesso tempo pronta a creare un tornado in qualsiasi momento.
 
“Pepa, io...” Julieta si precipitò da lei, ma un fulmine colpì vicino ai suoi piedi, impedendole di avvicinarsi. Agustin si mise davanti alla moglie spaventata, osservando la cognata che scatenava un uragano.
 
Dopo alcuni secondi di mortale silenzio, coperto solo dal maltempo in casa, Pepa dichiarò con calma e freddezza:
 
“Se tutto quello che ho sentito è vero...sarà molto dura per tutti voi”.
 
.
 
“No!” affermò Camilo, riuscendo a staccarsi dagli occhi imploranti dello zio. Ma l’uomo non intendeva arrendersi così facilmente e si aggrappò alla sua spalla.
 
“Per favore!”
 
“Non dormirò con i topi!” disse Camilo. Era stufo dello zio che occupava la maggior parte del letto quando dormiva per via della sua posizione: aveva l’abitudine di allargare braccia e gambe come una stella marina. Se lo spazio rimanente fosse stato per di più invaso dai topi, Camilo sarebbe andato a vivere nella torre di Bruno!
 
“Antonio dice che senza di me si sentono soli...” mormorò Bruno, stringendogli la mano. “Non è proprio possibile?”
 
Camilo sospirò. Gli occhi dell’uomo brillavano con tale amore e speranza che Camilo non resistette oltre. Sorrise.
 
“Solo qualche volta” disse, venendo subito stretto in un forte abbraccio.
 
“Grazie!”
 
“Preferirei un altro ringraziamento” rispose il ragazzo, sporgendo le labbra, ma Bruno lo spinse.
 
“Dobbiamo andare” disse, indicando con riluttanza verso la tavola. Camilo sospirò. Voleva finire il pranzo in fretta per poter tornare al suo hobby preferito: trascorrere del tempo con lo zio.
 
Ma i suoi piani furono sconvolti non appena si avvicinò al tavolo.
 
Un tuono rimbombò non appena i due apparvero. Mirabel e Dolores sedevano pallide e spine di cactus fiorivano sulla testa di Isa. Sguardi pieni di rabbia erano diretti su Camilo e Bruno. Appartenevano a Felix, Pepa, e Alma era eccessivamente cupa.
 
“Sedetevi” ordinò freddamente. “Dobbiamo parlare”.

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Capitolo 24
*** 24. Discordia ***


Sul tavolo della casa della famiglia Madrigal infuriava un temporale, inzuppando tutti fino alle ossa. Camilo e Bruno erano assenti. Julieta in qualche modo era riuscita a convincere Alma a rimandarli nelle loro stanze, fuori pericolo. Quando tornò il suo volto era teso e scuro.
 
“Come osi?!” urlò subito Pepa, precipitandosi verso la sorella, ma Felix l’afferrò in tempo. Un fulmine si scagliò contro un muro, provocando una crepa.
 
“Sarebbe meglio se per ora non rimanessero qui” disse Julieta, “e in generale...tra di loro”
 
Le parole non furono d’aiuto, facendo invece arrabbiare Pepa ancora di più. Tutti, tranne Alma, la guardarono timorosi. Pepa smise di divincolarsi, ma non di gridare:
 
“Come osi nascondere quel bastardo?! Non capisci cos’ha fatto a mio figlio? O sei dalla sua parte?!”
 
“Pepa, calmati” disse Abuela severamente, ma fu come gettare benzina sul fuoco.
 
“Come posso calmarmi?!” si rivolse Pepa a sua madre. Era pronta a urlare fino a perdere la voce, e anche oltre. Mai prima d’ora aveva provato una tale rabbia. Le vene pulsavano sulla sua fronte. Anche Felix, che negli anni di matrimonio aveva vista la sua amata nei più disparati stati d’animo, ora ne era spaventato.
 
“Dobbiamo decidere cosa fare, non urlare e basta!” continuò Alma. Sul volto di Pepa apparve un ghigno. I fulmini erano pronti a partire in tutte le direzioni.
 
“Oh, e cosa dovremmo fare? Te lo dico io! Camilo non uscirà dalla sua stanza per tutta la vita e io colpirò Bruno con un fulmine, lo ridurrò a un mucchio di cenere!”
 
“Pepa, vuoi ucciderlo?!” si indignò Julieta, ma la sorella non l’ascoltò.
 
“Ucciderlo non è abbastanza!” gridò, rivolgendosi poi a chi rimaneva in silenzio e a distanza. Erano tutti ridotti a fasci di nervi, prevedendo di essere vittime della sua rabbia. Pepa prestò loro attenzione. Dolores stringeva forte la mano di Isabela per ricevere rassicurazione. Isabela a sua volta abbracciava la cugina e la sorella, consentendo loro di osservare il volto arrabbiato della donna lateralmente.
 
“E voi?!” disse Pepa. “Sapevate tutto! Tutto! Perché non avete detto niente?”
 
“Beh, sembravano così felici...” rispose Dolores con voce tremante dopo un lungo silenzio, ma quando partì un fulmine singhiozzò e tacque, abbassando lo sguardo spaventato.
 
“E ci hanno chiesto di mantenere il silenzio” aggiunse Mirabel più sicura, uscendo allo scoperto. Aveva comunque paura. Gli occhiali erano un po’ appannati, ma immaginando come dovevano sentirsi suo zio e suo cugino, sentiva il bisogno di proteggerli.
 
“Dio, ah ah...Dio!” Pepa rise follemente e, tornando alla rabbia, urlò di più: “E se avessero ucciso qualcuno? Non avreste detto nulla?!”
 
“Non hanno ucciso nessuno! Si sono...si sono solo innamorati l’uno dell’altro!”
 
“Isa, stai zitta, non capisci quello che dici” Agustin cercò di far ragionare la figlia, ma lei lo ignorò, avvicinandosi alla donna.
 
“Tu ti sei innamorata di zio Felix!” disse la ragazza.
 
“Felix non è mio fratello!” ribatté Pepa. “Non è mio zio, né mio cugino! Non è mio parente, Isa!”
 
“E se lo fosse, smetteresti all’istante di amarlo?” sbottò Isabela. “Mi dispiace, ma nessuno è immune! Qualunque cosa tu decida, io scelgo di accettarli e supportarli!”
 
Si sedette al tavolo, incrociando le braccia sul petto. La sua espressione compiaciuta diceva chiaramente a tutti che era orgogliosa della sua scelta e niente l’avrebbe fatta tornare sulle sue parole. Julieta osservò la figlia con agitazione e tristezza.
 
“Isa...”
 
“Sei pazza!” gridò Pepa, appoggiando le mani sul tavolo. “Non puoi accettarlo!”
 
“Tu no” disse Mirabel, avvicinandosi e sedendosi accanto alla sorella. “Ma...li sosterrò anch’io”
 
“Mirabel!” si indignò Agustin, non aspettandoselo. Mirabel lo guardò accigliata e spiegò:
 
“Non voglio perdere mio cugino e mio zio. Non mi interessa chi amano, fanno parte della mia famiglia”
 
“Ma stai scherzando?!” tuonò Pepa. “C’è qualcun altro con la stessa idea?!”
 
Il silenzio, interrotto dall’acquazzone, riempì la stanza. La donna furibonda avvolse tutti con sguardo spaventoso. Alla fine Dolores si mosse e, sedendosi accanto a Isa, emise uno squittio. Pepa era sbalordita.
 
“Dolores!” urlò. “Tu?! Non provi pietà per tuo fratello?!”
 
“Non ne ho bisogno” rispose lei, tremando. Eppure era sicura delle sue parole. Isabela e Mirabel l’appoggiarono con uno sguardo di approvazione. “Sono felici insieme. Mi dispiace solo che tu lo abbia scoperto” concluse, aspettandosi di venire colpita, chiudendo gli occhi. Ma tutto divenne tranquillo.
 
Pepa era persa nei suoi pensieri. Tremava per le contraddizioni interne, per la giusta rabbia che sgorgava, per la consapevolezza che tutto ciò che stava accadendo non era un’invenzione della sua immaginazione malata. Strinse i denti.
 
“Non lo accetterò!” affermò. “È chiaro?! Li ucciderò entrambi non appena li vedrò!”
 
Corse via dalla cucina. L’ultimo lampo balenò verso il servizio di piatti, facendo cadere i fragili oggetti. Con il fragore dei piatti rotti si spezzò anche la tensione nella stanza. Bagnata e preoccupata, la famiglia Madrigal rimase immobile, cercando di capire cosa fare.
 
Alla fine, Abuela sospirò. Massaggiandosi le tempie, si mise dalla parte opposta del tavolo rispetto alle tre ragazze e dichiarò:
 
“Ebbene, poiché una parte di noi ha già deciso, contrariamente al buon senso, di sostenerli, chiedo a chi non è d’accordo di schierarsi dalla mia parte”
 
Senza esitare, Felix si mise accanto a lei, lanciando uno sguardo di disapprovazione alle nipoti e alla figlia. Dopo aver esitato, anche Luisa si aggiunse. Era sotto shock per quello che stava accadendo. Guardando entrambe le fazioni, Julieta non osava aggiungersi a nessuna delle due.
 
“Andiamo?” Agustin la trascinò verso Abuela, ma la donna oppose resistenza, sconcertandolo.
 
“Io...io...” l’ansia si impossessava del suo cuore. Aveva promesso a Bruno che li avrebbe accettati, ma andare contro sua madre, contro sua sorella...il panico imperversava in lei, al punto che si voltò e volò fuori dalla cucina senza dire una parola.
 
“Julieta!” gridò Alma, ma Agustin la fermò.
 
“Lasciamola in pace per un po’” chiese. “Deve riprendersi”
 
Lui si mise accanto a Felix. C’era un’esatta parità e ora solo le sorelle potevano decidere del destino di Camilo e Bruno.
 
.
 
-Non ce la faccio più!-
 
Camilo non riusciva a calmarsi. Da un’ora vagava per la stanza, senza sapere cosa fare. Era teso al limite e ogni piccola cosa, ogni rumore lo faceva impazzire.
 
Era disgustato e gli si rizzavano i capelli immaginando come si sentisse suo zio. Il ragazzo non si accorse nemmeno di avvicinarsi alla porta, sbattendo dolorosamente la fronte contro di essa, barcollando all’indietro. Si strofinò il punto colpito, guardando la maniglia.
 
Julieta gli aveva severamente ordinato di restare dov’era. Per non peggiorare la situazione, aveva deciso che sarebbe stata la cosa migliore, ma...Camilo strinse i denti fino a farsi male.
 
“Non ce la faccio più!” gridò e, prendendo le sembianze di suo zio, uscì dalla stanza. In punta di piedi si avvicinò alla torre, sperando di non essere beccato. Dalla cucina si udivano grida oltraggiate, che lui riuscì a ignorare.
 
Quasi arrivato alle scale, Camilo sorrise. Immaginò di abbracciare Bruno, di calmarlo, e lui stesso si sarebbe sentito calmo. Ma il pavimento alle sue spalle scricchiolò. Voltandosi bruscamente, Camilo vide una nuvola nera e una donna in piedi sotto di essa, che lo guardava come un animale affamato davanti alla sua preda.
 
“Salve, fratello”.

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Capitolo 25
*** 25. Tentato omicidio ***


Camilo era sbalordito. Il suo cuore si fermò vedendo la madre arrabbiata. Indietreggiò, ma prima che potesse pronunciare una parola, la donna gli corse incontro e, afferrandolo saldamente per il bavero, lo scaraventò dentro la stanza, chiudendo la porta a chiave. Camilo cadde per terra. Prima di potersi rialzare, venne colpito allo stomaco. Pepa gli diede il calcio più forte che poteva.
 
“Maricon! Sei uscito dalla torre per adescare mio figlio?!”
 
Camilo, superando il dolore alle costole, si alzò velocemente per evitare di essere colpito di nuovo. Si allontanò e gridò:
 
“Calmati e fammi uscire! Non sei in condizione di parlare!”
 
“Oh, davvero? Tu invece sei in grado di molestare mio figlio?!” urlò la donna, scagliando un fulmine contro il ragazzo, che lo schivò a malapena. Le sue mani tremavano e il sudore gli colava dalla fronte.
 
“Nessuno ha molestato nessuno!” Camilo cercò di spiegare, ma la donna non volle ascoltarlo.
 
“Balle! Camilo non farebbe mai una cosa del genere! So che sei stato tu a costringerlo, bastardo! Sei stato tu a insistere! Perché sei tornato, stavamo meglio senza di te!”
 
Camilo sentì il proprio cuore trafitto. Era contento di essere lui rinchiuso con sua madre e non suo zio. Il solo pensiero del dolore che avrebbe provato per le parole di sua sorella lo faceva scoppiare. Camilo osservò Pepa. Non aveva mai alzato la voce con lei, mai osato contraddirla, aveva sempre fatto di tutto per calmarla. Ora non poteva. Ora...non era se stesso, in realtà.
 
Accigliandosi, decise di dire tutto:
 
“Sai, ho una notizia per te! Sto con Camilo perché lo vuole lui!”
 
“Tu!” il tuono colpì di nuovo. I fulmini erano scatenati nella nuvola, incutendo timore, ma Camilo non vi diede peso. Anche lui aveva un uragano che infuriava nella sua testa.
 
“Sì, è stato lui a iniziare! Mi ha fatto innamorare di lui! E ha fatto del suo meglio per mantenere questa relazione! Non mi lascerà mai, qualunque cosa tu dica!”
 
“Stai mentendo!” Pepa, furiosa, gli diede uno spintone. “Tu, cabron! Non provare a ingannarmi! Non farebbe mai una cosa del genere!”
 
“Lo ha fatto!” Camilo mantenne la sua posizione con fermezza, sporgendo il petto in avanti. Pepa lo spinse ancora.
 
“Non lo farebbe!”
 
“Lo ha fatto!”
 
“No!” gridò lei ancora di più e, perdendo il controllo, gli lanciò addosso un fulmine. Il suo cuore si fermò. In un istante, Camilo perse le sembianze di suo zio, tornando in sé e cadendo a terra, senza fiato. Il suo corpo si contrasse caoticamente per la tensione che impazzava dentro di lui.
 
La nuvola minacciosa di Pepa divenne grigia e i fulmini scomparvero. Rimase solo una lenta pioggia.
 
“Camilo...?” sussurrò, rifiutandosi di credere a ciò che vedeva. Ripresosi leggermente, il ragazzo le lanciò un’occhiata arrabbiata. Lei non aveva colpito lui, ma Bruno. E questo rendeva le cose ancora peggiori.
 
Pepa cadde in ginocchio. Le sue labbra socchiuse tremavano. Sembrava che avesse un fantasma davanti a sé. Per tutto il tempo aveva parlato con suo figlio. Non aveva dato un calcio a Bruno, non aveva riempito lui di maledizioni, non aveva colpito lui con un fulmine...aveva fatto tutto a suo figlio.
 
“Camilo...perché?” chiese Pepa sull’orlo delle lacrime. Camilo sospirò e, alzandosi con cautela, si avvicinò a sua madre.
 
“Perché lo amo. Non è chiaro?”
 
“Ma tutto...tutto quello che hai detto”
 
“È vero. Sono stato io a iniziare e a voler continuare” Camilo le posò una mano sulla spalla. La pioggia avvolgeva entrambi. Sul viso di Pepa iniziarono a scorrere le lacrime che stava trattenendo da ore.
 
“Perché...Camilo, perché lui?!” urlò, sprofondando nei singhiozzi. Camilo ebbe voglia di piangere a sua volta. Provava compassione per sua madre, ma non poteva fare nulla. L’abbracciò e disse con calma:
 
“Non so perché. So solo che lo amo e non lo lascerò mai”
 
Si separò e aggiunse, sicuro:
 
“Puoi fare quello che vuoi con me, ma non toccare lui. È già al limite. Anche lui ha avuto un destino difficile, mamma”
 
Calò il silenzio. Pepa, che aveva voluto sfogare il risentimento sul fratello, ora era attonita e non sapeva cosa fare. La sua mente era vuota. Solo il ronzio del vento diluiva quel silenzio tombale. Camilo non indugiò. Andò alla porta, la sbloccò e lo uscì, dandole un’ultima occhiata.
 
“Dovresti calmarti. E...non cercare di separarci. È meglio se lo accetti velocemente”
 
Se ne andò, lasciando la donna a pensare a tutto quello che era successo. Proseguì infine verso la torre.
 
.
 
Dolores bussò di nuovo alla porta di Camilo. Non aprì nessuno. In realtà era andata a controllare sia sua madre che zia Julieta, per assicurarsi che non ci fossero altri litigi o peggio. Ma, osservando la porta del fratello, aveva rinunciato, volendo controllare come stava lui.
 
Non ricevendo risposta, girò la maniglia. La porta era aperta e lei entrò nella stanza vuota.
 
“Camilo! Sei qui?” gridò, ma non ebbe nulla.
 
-Certo che no- sospirò stancamente, rendendosi conto che doveva essere sgattaiolato alla torre. Stava per andarsene, ma un bagliore verde proveniente dalla fessura di un armadietto attirò la sua attenzione. Dolores si accigliò. Sembrava che avesse trovato qualcosa che non avrebbe dovuto vedere.
 

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Capitolo 26
*** 26. Fuga dalla torre ***


In una stanza buia e umida, in cui c’erano solo un letto e un comodino, Bruno camminava avanti e indietro, incapace di stare fermo. Le pareti premevano sempre di più e con difficoltà riusciva a pensare normalmente. Si sforzava di farlo.
 
“Andrà tutto bene, bene...” mormorò come un mantra. “No, niente andrà bene! No, no, sarà...no, non sarà...!”
 
Tremava. Non sapeva nemmeno da quanto fosse lì, non c’erano orologi nella sua maledetta stanza. E il suo dono aveva a che fare col tempo...
 
In lontananza udì un fruscio sulla sabbia. Bruno si voltà. Vide suo nipote. Per un secondo l’uomo pensò che stesse impazzendo e che fosse solo uno scherzo della sua immaginazione, ma il ragazzo, dopo aver ripreso fiato, avendo corso su per le scale, parlò:
 
“Bruno, come stai?”
 
“C-Camilo?”
 
Bruno non poteva credere che fosse proprio lui. Il ragazzo si avvicinò e lo abbracciò forte e l’uomo sentì odore di bruciato. Ma non vi si soffermò.
 
“Esatto” sussurrò Camilo, inalando il profumo dei capelli scuri e indisciplinati. Solo ora si rendeva conto di quanto gli fosse mancato. Osservò meglio e gli sembrò che i capelli di suo zio si fossero ingrigiti ulteriormente durante la permanenza nella torre. Qualcosa dentro di lui si ruppe a quella constatazione.
 
“Come sei arrivato qui?” chiese Bruno, scostandolo. Sia il suo sguardo che la sua voce erano pieni di eccitazione. “Non puoi...”
 
“Non mi interessa!” sbuffò Camilo. “Mi mancavi. E non potevo lasciarti solo qui, no?”
 
“Camilo...” Bruno si accigliò. Non doveva dire nulla perché il nipote capisse tutto. L’ansia per essere uscito dalla sua stanza, la paura che la famiglia si arrabbiasse ancora di più, e preoccupazione per lui, che sicuramente sarebbe stato incolpato per quella disobbedienza.
 
“Non preoccuparti, andrà tutto bene” Camilo baciò la fronte aggrottata dello zio. La tensione di Bruno scese un po’, ma gli era comunque impossibile credergli.
 
“Come puoi dire una cosa del genere? Ci odiano tutti ora...” ribatté, ricevendo un sorriso affettuoso.
 
“Niente affatto. Lola, Mira e Isa ci supportano sicuramente, ne sono sicuro. E...ho appena parlato con mia madre”
 
Camilo non scese nei dettagli della conversazione. Se avesse raccontato tutto, Bruno si sarebbe sentito male. Anche solo a sentire parlare di Pepa, l’uomo risultò fortemente scosso.
 
“C-cos’ha detto? N-non ti ha fatto del male?”
 
“Non preoccuparti, sto bene” sorrise Camilo.
 
-Sento l’odore- pensò Bruno, ma non osò dire nulla. Un sorriso apparve sul volto del ragazzo, incuriosendo lo zio.
 
“Lei...ha promesso che ci penserà, su di noi” disse Camilo, stravolgendo la verità e facendola apparire una palese bugia. Ma Bruno gli credette. Sospirò di sollievo e il giovane gli prese il viso tra le mani.
 
“Dobbiamo solo aspettare che ci richiamino, non dovremo più preoccuparci” promise Camilo. Bruno rifletté sulle sue parole. Le pareti della stanza parvero diventare più luminose con la presenza del ragazzo, ma la sua mente era ancora inesorabilmente in gabbia.
 
“Allora...scendiamo dalla torre?” chiese Bruno. “Mi sembra che le mura si restringano. Non mi piacciono”
 
Camilo non osò rifiutare. Lo baciò sulle labbra e lo prese per mano, portandolo via. Non gli importava nemmeno l’idea che venissero banditi.
 
.
 
Pepa guardò Julieta. Julieta guardò Pepa. Entrambe erano pallide e tremanti e non osavano voltarsi. Sembrava che fossero dirette al giudizio universale.
 
Julieta fu la prima a muoversi e sua sorella la seguì con passo timido, guardandosi intorno. Isabela e Dolores erano scomparse. Solo Mirabel era rimasta nella fazione dei sostenitori. Lo sguardo di tutti si posò sulle nuove arrivate.
 
“Finalmente” mormorò Abuela con tono minaccioso. “Sai da quanto tempo stiamo aspettando? Spero che tu abbia deciso”
 
Julieta deglutì. Osservò la sorella, su cui non imperversava più un temporale, ma una debole pioggia. La donna mise una mano sulla sua spalla, per sostegno morale, ma si avvicinò a Mirabel. Abuela rimase a bocca aperta. Felix e Agustin la guardarono come se fosse pazza. Solo Pepa non era sorpresa. Sembrava...spaventata.
 
“Vorrei dire che sono contraria” disse Julieta, “ma non posso”
 
“Julieta, sei impazzita?” si indignò Alma. Le mani iniziarono a tremare e le venne un’emicrania.
 
“Voglio bene a entrambi” continuò lei, “non oso rovinare la loro felicità. Nonostante la situazione”
 
Tornò il silenzio. Tutti rifletterono sulle sue parole. Infine, Agustin parlò.
 
“Beh, quand’è così...non andrò contro mia figlia e mia moglie. Che marito e padre sarei?”
 
Sospirando, cambiò schieramento. Felix alzò gli occhi al cielo.
 
“Fratello, sei completamente pazzo?” chiese, più stupito che arrabbiato. Non provava davvero rabbia. Da quando aveva saputo della relazione tra suo figlio e suo cognato, era solo sconvolto.
 
“Mi dispiace” disse Agustin con un sorriso di scuse. Mirabel si sentiva più sicura con accanto i suoi genitori. Un debole raggio di luce si accese nel suo petto. Si rivolse alla sorella di fronte a lei.
 
“Luisa, sei sicura di non poterlo accettare?”
 
“Io...” la ragazza esitò. Avvertì su di sé lo sguardo opprimente della nonna, in netto contrasto con quello speranzoso della sorella. Dopo aver esitato, sospirò. Per quanto rispettasse sua nonna, Mirabel aveva fatto così tanto per la famiglia che era giunto il momento di ripagarla.
 
“Sosterrò la mia famiglia” disse, spostandosi. “Non fa molta differenza per me. Se mamma e papà riescono ad accettarlo, allora mi abituerò sicuramente anch’io”
 
Abuela sentiva che uno dopo l’altro, i membri della sua famiglia stavano tradendo i loro principi morali. Non poteva accettare che tutti fossero pronti ad allontanarsi dalla logica, dalla moralità, per beneficiare la sporca storia di suo nipote con suo figlio. Il mondo si era capovolto.
 
“Voi...voi siete tutti impazziti!” gridò, non sapendo più cosa fare, e guardò intensamente l’altra figlia: “Pepa, almeno tu sii ragionevole!”
 
Pepa rise nervosamente. La pioggia cadde più velocemente.
 
“Ragionevole...?” balbettò. “Ragionevole, ahah...non è più possibile in questa casa, con mio figlio...che sta con mio fratello...”
 
D’un tratto si mise a piangere, correndo da sua sorella. I suoi singhiozzi echeggiarono nella stanza. Felix si allarmò. Senza pensarci un secondo, si precipitò da sua moglie per supportarla.
 
“Scusa, mamma...perdonatemi, tutti...” sussurrò, piangendo tra le braccia del marito.
 
“Amore mio, ssh” disse Felix affettuosamente. “Non è una tragedia, non devi scusarti. Andrà tutto bene con loro. Almeno sono vivi e stanno bene”
 
“È vero” singhiozzò di nuovo, mentre il marito le asciugava le lacrime. “Se rimangono con noi, se non fanno niente di ancora peggiore...forse potrei accettarli”
 
Alma avvertì il dolore crescerle nella testa. Si sentiva più tradita che mai. Non c’era più nessuno dalla sua parte. Incapace di sopportarlo, sbottò:
 
“Siete tutti pazzi! Quei due stanno distruggendo la nostra famiglia da dentro, dannazione a loro! Li accetti?! Preferirei non vederli mai più che permettere che una cosa del genere accada in casa mia!”
 
Le parole uscirono senza che potesse fermarle. Ricominciò un’altra disussione che Bruno, accovacciato dietro il muro, non poteva più sentire.
 
-Preferirei non vederli mai più-
 
Le parole di sua madre gli risuonavano in mente. Camilo, che era stato intercettato da Isabela e Dolores, tornò in quel momento. Proprio durante la battuta di Alma. Sospirò, sedendosi accanto a suo zio e appoggiando la testa alla sua spalla.
 
“Lei...non ci accetterà, vero?” chiese tristemente Bruno. Camilo non poteva promettere nulla.
 
“Non basta che lo facciano gli altri?” domandò, ma Bruno scosse il capo.
 
“È mia madre...dove sarei senza il suo sostegno?”
 
Le lacrime comparvero nei suoi occhi ed erano sul punto di scendere. Il cuore di Camilo si spezzò a quella vista. Asciugò gli occhi di Bruno e sussurrò sorridendo:
 
“Beh...penso che questo sia il momento più opportuno per realizzare la tua profezia, no?”

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Capitolo 27
*** 27. Addio, Encanto! ***


Era passata solo mezz’ora dalla fine dell’incontro, ma tutto era pronto.
Dolores e Isabela non si vedevano da nessuna parte, mentre Mirabel rimase nelle vicinanze e aiutò a preparare per il viaggio.
Camilo era davanti: Bruno si rifiutava di condurre il cavallo dopo l’ultima volta in cui era finito accidentalmente nel fiume.
 
“Sei sicuro di volerlo?” chiese Mirabel, speranzosa.
 
“Certo” Camilo le sorrise. “Andrà tutto bene. Antonio, grazie per il cavallo”
 
“Nessun problema!” il ragazzino sorrise, solare, e diede istruzioni all’animale: “Vento, sii obbediente”
 
“Abbiate cura di voi” aggiunse Camilo ai due, strizzando l’occhio. Mirabel sorrise, ammiccando a sua volta.
 
“Sono ancora sorpreso che tu abbia accettato di aiutarci così facilmente” intervenne Bruno.
 
“Oh, beh...io...voglio la vostra felicità!” disse. “Certo che vi aiuto!”
 
“Okay, non possiamo più aspettare” Camilo strinse le redini. “Andiamo!”
 
Bruno gli cinse la vita con forza, non volendo volare giù. Il rumore degli zoccoli proseguì fino a che gradualmente scomparvero dal campo visivo di Mirabel. Solo allora, dopo un profondo respiro, decise di entrare in casa. Arrivò appena in tempo. Felix, agitato, uscì trafelato dalla torre di Bruno, così come Pepa dalla camera di suo figlio.
 
“Non li hai trovati?” chiese al marito, lui scosse la testa.
 
“Non c’è traccia”
 
“Dove sono andati?!” urlò la donna, incapace di contenere le sue emozioni. “Non c’è nessuno dei due!”
 
“Beh, io li ho appena visti” disse Mirabel con voce sommessa, cercando di apparire triste. Tutti l’ascoltarono attentamente.
 
“Hanno detto che, dato che non possono essere accettati, non vogliono più disturbare, per cui hanno deciso di lasciare l’Encanto per sempre”
 
“Sono...scappati?” chiese Abuela con voce tremante, incredula. Le tornò in mente una frase che lei stessa aveva pronunciato.
 
-Preferirei non vederli mai più.-
 
Una nuvola comparve sopra Pepa. Ma non era triste. La rabbia tornò a montare. Un temporale risuonò, consumando gradualmente il cielo limpido.
 
“Quei due...” sibilò, passando poi a un grido furioso. “Ho anche pensato di accettarli, andando contro me stessa, e non è abbastanza per loro?! Continuano a sfidarmi!”
 
Corse in cortile, afferrando il primo cavallo che vide e sellandolo.
 
“Felix, inseguiamoli! Ora!”
 
“Arrivo, arrivo” l’uomo in qualche modo riuscì a salire dietro. In realtà era abituato a stare davanti e condurre, ma sua moglie sembrava così feroce che l’idea di toglierle le redini era mortalmente pericolosa.
 
Anche Abuela non rimase lontana. Notò il piccolo Madrigal in un angolo e gli si avvicinò.
 
“Antonio, puoi chiamare altri cavalli?”
 
Il ragazzo annuì. Chiese informazioni al suo tucano, che volò subito alla ricerca.
 
“Sei sicura?” si allarmò Agustin, ricevendo uno sbuffo soddisfatto.
 
“Forse sono vecchia, ma ho abbastanza forza, non dubitare. Tu e Julieta occupatevi della casa”
 
In attesa del cavallo, si mise a correre dietro al figlio. Nella sua mente continuava a turbinare il dubbio su chi avesse ragione e torto.
 
.
 
Quando Pepa apparve in lontananza, i due avevano quasi attraversato tutta la città. Le nuvole del cielo avevano da tempo avvertito dell’avvicinarsi della donna. Bruno fu il primo a notarla e un brivido gli corse lungo la schiena. Un’aura di rabbia furiosa avvolgeva sua sorella.
 
“È dietro di noi!” gridò l’uomo. Camilo si voltò e mosse le redini, facendo accelerare il cavallo. Ma non servì a molto: Pepa era sempre più vicina.
 
“Camilo, sbrigati!”
 
Bruno avvertì il panico crescere. Più la donna si avvicinava, più era difficile credere che il loro piano non andasse storto. Le persone per strada osservavano con il fiato sospeso la corsa dei Madrigal.
 
Quando le vie della città sparirono alle loro spalle, una familiare spaccatura apparve davanti ai loro occhi. L’immagine della visione cominciava lentamente a realizzarsi nella realtà.
 
“Si sta avverando!” disse Bruno, con gioia mista ad ansia. Lui stesso non capiva se fosse contento oppure no. Il suo cuore batteva all’impazzata e gli suggeriva che non era ancora del tutto felice. La sorella galoppava dietro di loro, immersa in un temporale, e confermava la sua sensazione.
 
“Va tutto bene! Tieniti forte” ordinò Camilo, accelerando ancora di più. Bruno si aggrappò a lui come calamitato. Mancava poco.
 
“Fermatevi, idioti!” gridò Pepa, avendoli quasi raggiunti.
 
Bruno vide da vicino i suoi occhi ardere di una fiamma scarlatta. Involontariamente, strillò.
 
“Più veloce, più veloce!” farfugliò. Camilo osservò per un secondo sua madre e tirò le redini. La spaccatura era finalmente al limite. Non restava che prendere velocità.
 
Come leggendo nei pensieri del ragazzo, Vento corse più rapidamente. Facendo onore al suo nome, accelerò come una raffica impetuosa. Davanti a loro era visibile un dirupo.
 
“Presto salteremo!” gridò Camilo e Bruno si rese improvvisamente conto di non voler veramente scappare. Il suo cuore quasi si fermò. Più si avvicinavano, più Bruno voleva fermarsi.
 
“Pronto?!” fece Camilo. Bruno impallidì.
 
La donna alle loro spalle non poteva pensare che avrebbero davvero deciso di farlo e rallentò.
 
“No, aspetta, ho cambiato idea, aspetta!” gridò Bruno, ma era troppo tardi.
 
“Saltiamo!”
 
Vento usò tutte le forze che gli rimanevano per balzare dall’altro lato. Il salto fu lungo, penosamente lungo per Bruno, che tremava. Per un secondo gli sembrò di cadere, ma fortunatamente riuscirono ad atterrare sul bordo.
 
Parte del terreno crollò, quasi trascinandoli con sé. Esausti, caddero, riprendendosi lentamente. Anche il cavallo si accasciò.
 
Sull’altra sponda, Pepa e Felix, storditi, ebbero appena il tempo di frenare. Scesero dal cavallo, guardando di fronte a loro. La rabbia della donna svanì nel momento in cui si rese conto che non sarebbe riuscita a riportare a casa né suo figlio né suo fratello. Le lacrime riempirono i suoi occhi.
 
Camilo si alzò e aiutò lo zio a fare lo stesso. Osservarono il triste volto di Pepa. Non desideravano andarsene, ma ormai avevano preso la loro decisione.
 
“Vuoi almeno salutarli?” chiese Bruno, comprendendo il ragazzo. Questi si fece avanti e, accostando le mani alla bocca, gridò con forza:
 
“Mamma, papà, vi voglio tanto bene! Prendetevi cura della famiglia! E non siate tristi per me! Siate sempre felici! Andrà tutto bene!”
 
Pepa ascoltò le sue parole come se le stesse leggendo su una lapide. Non voleva perdere suo figlio, non voleva...
 
-Torna! Non devi andartene! Non ti ostacolerò, resta! Senza di te...sarà orribile qui senza di te!- urlò le parole nella sua testa, ma non riuscì a esprimerle ad alta voce. Un grosso nodo le si formò in gola.
 
La donna osservò impotente, sperando che i due cambiassero idea. Felix sentì il proprio cuore spezzarsi. Come la moglie, guardò suo figlio, e per la prima volta da molto tempo, il suo viso sempre allegro era affranto.
 
“Sorella!” pianse Bruno. “Dì a tutti che vi voglio bene! Mi dispiace che sia andata così! Per favore, non piangere! Mi occuperò di Camilo, staremo bene! Occupati di nostra madre e di nostra sorella! Mi mancherai tanto! Addio!”
 
Si asciugò gli occhi. Camilo gli prese la mano, scaldandolo con un dolce sorriso. Anche se con le lacrime agli occhi, Bruno si sentì finalmente libero dal rimorso.
 
“Andiamo?” chiese il ragazzo, ricevendo un leggero cenno del capo. Bruno si voltò, intenzionato a lasciare la sua casa per sempre...ma non poté muoversi. Si guardò i piedi.
 
Le gambe di entrambi erano bloccate da spessi steli.
 
“Andate lontano?” si udì una voce. Camilo, che la stava aspettando, sorrise.
 

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Capitolo 28
*** 28. Non è un addio, Encanto ***


Bruno cercò di voltarsi, sconvolto. Camilo attese con calma che la pianta scomparisse dai suoi piedi e tornasse nel terreno. Quando i due furono liberi, poterono girarsi. Le due giovani compiaciute si avvicinarono con aria solenne. Bruno rimase a bocca aperta.
 
“Quanto tempo” soffiò Camilo soddisfatto, vedendole.
 
“C-cosa ci fate qui? Come...?” Bruno non trovava le parole. Non capiva assolutamente cosa stava succedendo. Quella che doveva essere una fuga si era improvvisamente trasformata in un confuso circo.
 
“Beh, per cominciare, ho trovato questa” disse Dolores con aria orgogliosa, mostrando allo zio la sua previsione.
 
“E io ho costruito un ponte di piante sopra la scogliera per farci arricare qui” continuò Isa, gettando teatralmente i capelli indietro. Camilo continuò con un ghigno sornione:
 
“E io...”
 
.
 
Appena un’ora prima della fuga, mentre Camilo e lo zio erano da poco usciti dalla torre, due ragazze allarmate li fermarono subito. Bloccarono il loro accesso alle scale.
 
“Ehi, Camilo, possiamo parlarti un minuto?” chiese Dolores, afferrandolo per il braccio. Lui voleva rifiutare, ma gli sguardi delle due suggerivano una conversazione seria. Quindi sospirò.
 
“Tu vai per ora, torno presto” disse a Bruno, che annuì. Le ragazze portarono via Camilo e lo spinsero contro il muro.
 
“Cos’è questo?” sibilò Isabela, indicando la tavoletta di vetro nelle mani della cugina.
 
“Non vedi? È una profezia” sbuffò sarcastico Camilo, mettendo da parte la spiacevole consapevolezza che ancora una volta qualcuno avesse frugato nella sua stanza senza il suo consenso.
 
“Perché diavolo vuoi scappare se metà della famiglia è dalla tua parte?” si scaldò Isa. “Non ti ho protetto così ostinatamente solo perché tu te ne vada via così!”
 
“Non dipende più da me” rispose lui, “per me è sufficiente, ma Bruno ha bisogno di essere accettato da tutti. Non ce la fa altrimenti, capisci?”
 
Le ragazze sospirarono. Si fermarono a riflettere, chiedendosi cosa avrebbero potuto fare per prevenire agli errori del destino. Camilo fu il primo ad avere un’idea. I suoi occhi si illuminarono.
 
“In effetti...so come volgere questa previsione a nostro vantaggio” dichiarò, attirando su di sé gli sguardi interessati e perplessi. “Chiamiamo prima Antonio” aggiunse e le ragazze erano pronte a correre, ma una voce apparve subito.
 
“Non c’è bisogno, sono già qui” disse Antonio sorridendo e avvicinandosi. “I topi sono arrivati alla mia porta da tempo. Non sono ancora sceso. Fanno tutti rumore giù...”
 
Camilo si abbassò in ginocchio, mettendo una mano sulla sua spalla.
 
“Puoi chiedere agli animali dov’è presente una grande scogliera nelle vicinanze? Puoi farli guardare oltre l’Encanto?”
 
“Va bene” Antonio annuì e inviò alcuni suoi compagni alla ricerca, diffondendo la notizia nella foresta. Camilo sentiva che il suo piano aveva una possibilità.
 
“Cosa vuoi fare?” chiese Dolores, non capendo.
 
“Una finta fuga!” esclamò Camilo.
 
“Cosa?”
 
“Se gli altri non riescono a decidere se accettarci o cacciarci, possiamo aiutarli noi! Se non servirà, nient’altro potrà farlo”
 
“Non pensi che sia troppo rischioso?” fece Isabela. Era un piano folle e sicuramente non sarebbe funzionato: sicuramente qualcosa sarebbe andato storto. Addio caro cugino, addio amato zio!
 
“La mia vita è piena di rischi” sorrise, ricordando le difficoltà affrontate negli anni, “ma sono ancora vivo e vegeto”
 
“Per ora prendete un po’ di cibo e qualche altra cosa” disse, “e chiedete ad Antonio di trovare un cavallo veloce. Quando avrete notizie della scogliera, andate subito lì. Io avvertirò Mirabel del nostro piano tra un po’. Dovreste essere arrivate per allora. D’accordo?”
 
Le ragazze lanciarono a Camilo un altro sguardo perplesso. Lui avvertiva i loro dubbi, ma sorrise maggiormente.
 
“Fidatevi di me” aggiunse. Come potevano sua sorella e sua cugina rimanere indietro in un momento così importante? Stringendo i pugni, giurarono che avrebbero portato a termine il piano senza errori.
 
.
 
“Siamo arrivati appena prima di voi” si lamentò Dolores, “ancora un po’ e sareste riusciti a scappare”
 
“Non capisco...” Bruno si accigliò, rielaborando tutte le informazioni ricevute. “Perché vi siete dati tanto da fare? Non potevamo semplicemente parlarne?”
 
“E quanto sarebbe durata la conversazione?” ironizzò Camilo. “Inoltre, ora sai per certo che non vuoi scappare. Vero?”
 
Bruno strinse le labbra. Aveva ragione, naturalmente, ma non voleva ammetterlo.
 
Mentre ascoltava i retroscena della situazione, Isabela aveva ricostruito il ponte fino all’altra sponda. Abuela li raggiunse, attraversando il precipizio accompagnata dalla figlia, imbronciata.
 
Senza dire una parola, Pepa volò verso il fratello e il figlio e schiaffeggiò entrambi.
 
“Idioti!” gridò. “Mi è quasi venuto un infarto! Perché diavolo siete scappati? Se volete stare insieme, fatelo almeno a casa!”
 
Subito dopo li abbracciò, con un sospiro di sollievo. Le nuvole si erano diradate. Il cielo era di nuovo limpido e chiaro, come diverso tempo prima, quando nessuno sapeva della relazone segreta.
 
“Non osate farlo mai più” sussurrò la donna, abbandonandosi tra le braccia dei due.
 
“Mai più” risposero, avvertendo quasi fisicamente il peso del fardello cadere dai loro cuori.
 
Abuela proseguiva lentamente, lottando contro l’impulso di voltarsi e andarsene. Bruno se ne accorse. Titubante, si avvicinò. Camilo lo seguì, pronto in ogni momento a difendere, giustificare, prendersi la colpa. Ma la nonna non voleva lanciare altre accuse.
 
Mentre attraversava la città, diretta verso il burrone, osservando il figlio e il nipote dall’altra parte del dirupo che chiedevano a Pepa di prendersi cura della casa...durante tutto questo, aveva fermamente deciso cosa fare.
 
“Continuo a non approvare la vostra scelta” disse severamente. “Ma non voglio nemmeno rovinare la mia famiglia. Quindi...potete restare. E tenete presente che manterrete il segreto con il resto della città. Se anche solo un’anima esterna alla famiglia lo sapesse, io...”
 
Alma non fece in tempo a finire: Camilo le corse incontro, abbracciandola forte. Bruno lo imitò. Lei rimase sorpresa.
 
“Grazie, mamma...” sussurrò Bruno, quasi piangendo sulla sua spalla. Abuela rischiò di piangere a sua volta. Non sapeva se il motivo fosse legato al fatto che i suoi ragazzi sarebbero rimasti a casa o perché avrebbe dovuto sopportare la loro relazione in silenzio.
 
“Oh, siete entrambi così folli” mormorò, dando loro una pacca sulla testa, poi si allontanò.
 
“Bene, possiamo tornare a casa adesso?” chiese Isabela. “Non per lamentarmi, ma ho lo stomaco vuoto da ore”
 
“Anch’io” sostenne Dolores. Lentamente tutti rientrarono, ancora discutendo dell’accaduto, ma almeno il cielo era sereno e le parole che volavano alle orecchie non erano sature di veleno.
 
Bruno e Camilo rimasero indietro, guardando gli altri andarsene. Erano stati accettati. Erano stati accettati? Erano stati accettati! Quelle parole risuonavano con intonazioni diverse. Era come una fiaba.
 
“Andiamo?” sorrise Camilo, tendendo il palmo a Bruno che, senza dubbi né timori, fece intrecciare le loro dita. Mano nella mano, felici, seguirono la loro famiglia.

 

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Capitolo 29
*** 29. Serata in famiglia ***


La serata successiva fu speciale per la famiglia Madrigal. Non solo perché Mariano fu di nuovo a cena insieme a Dolores ma anche perché oggi, come in precedenza, mangiarono tranquillamente tutti insieme. Naturalmente ora avevano da mantenere un piccolo segreto. Un fatto familiare vietato al mondo esterno.
 
E i complici sedevano ora uno di fronte all’altro, scambiandosi sguardi sereni e giocosi. Era da due giorni che Camilo non smetteva di sorridere.
 
Pepa era divisa tra la gioia di vedere il suo bambino felice e l’amarezza di conoscere il motivo di tale gioia. Ma aveva promesso di non ostacolarli, quindi decise di ignorare abilmente la realtà.
 
“Camilo, passami il sale” disse Felix, alzando gli occhi al cielo con un lieve sorriso: suo figlio obbedì, senza staccare lo sguardo da Bruno. Anche Felix provava sentimenti contrastanti. Era pur sempre suo figlio insieme a suo cognato, ma...oh, anche lui un tempo non riusciva a distogliere gli occhi da sua moglie! Così bella, così vivace, come un raggio di sole...
 
Camilo ritentò il vecchio trucco, salendo con il piede sul ginocchio di Bruno. L’uomo si irrigidì. Il nipote sorrise, concentrandosi sul suo piatto e...ricevendo un colpo sulla gamba. Strinse le labbra, sobbalzando.
 
“Che succede, fratellino?” chiese Dolores sogghignando, “ti sei morso a lingua?”
 
Era soddisfatta. Non ci teneva a ripetere l’esperienza. Suo zio la guardò come ringraziandola per avergli salvato la vita e Camilo si accigliò, continuando a mangiare.
 
Mariano, che sapeva tutto da tempo, non riusciva ad assorbire che fosse vero. Chinandosi verso la sua sposa, sussurrò:
 
“Sono davvero...?”
 
“Davvero” rispose Pepa, riprendendo i suoi toni drammatici. “Ahimè, ho dovuto lasciare il mio povero ragazzo in mani non proprio affidabili!”
 
“Come sarebbe” si indignò Bruno. “Non sono affatto inaffidabili! Sono abili e forti. Non ho mai rotto nulla in vita mia...”
 
“Oltre a una dozzina di visioni” evidenziò Julieta.
 
“E un sacco di piatti” rincarò la sorella.
 
“E il mio vaso preferito” terminò Abuela.
 
“Va bene, va bene, ho capito!” mormorò Bruno, arrendendosi e aggrottando la fronte. “Dio...”
 
D’un tratto Pepa ricordò i tempi in cui, da bambini, si divertivano per le strade e suo fratello inciampava, sbucciandosi le ginocchia. Per un attimo le sembrò che nulla fosse cambiato: era sempre lui, lo stesso Bruno trasandato e ingenuo.
 
Cedendo al flusso di sentimenti, diede una piccola pacca sulla testa di Bruno. Lui si stupì. Era da tanto tempo che Pepa non gli arruffava i capelli. Quasi gli salirono le lacrime agli occhi e un anelito dolce e caloroso riempì il suo cuore.
 
L’uomo si alzò dal tavolo, dirigendosi verso l’uscita.
 
“Mi allontano un momento. Continuate senza di me”
 
Camilo lo fissò. Dopo aver aspettato un paio di minuti ed essersi infilato altre cibarie in bocca, si alzò con l’intenzione di andargli dietro.
 
“Vado anch’io”
 
“Fermati” ordinò Alma, guardando il nipote con sospetto, che subito fu schiacciato contro il tavolo da una sedia. “Dove stai andando?”
 
“Come, dove?” Camilo sorrise, riuscendo a liberarsi dalla presa di Casita. “Dal mio amore!”
 
Mirabel e Dolores quasi si strozzarono. Era difficile abituarsi a mantenere un segreto, ma scoprirono che abituarsi alla sua assenza era altrettanto complicato.
 
“Non ti vergogni di dirlo davanti a tutti?” sorrise Felix, scuotendo la testa.
 
“Sei diventato davvero sfacciato!” aggiunse Pepa, sbuffando sarcasticamente, ricevendo in risposta:
 
“De tal palo tal astilla*!”
 
Era esattamente ciò che Pepa aveva detto una volta a sua madre da giovane, quando non voleva lasciarla uscire con il suo futuro marito.
 
“Oh, tu!” Pepa si alzò con aria minacciosa, osservando il ragazzo che scappò. Suo malgrado, si mise a ridere. Non c’erano dubbi, era proprio figlio di sua madre.
 
“Non preoccuparti, amore mio” disse Felix, invitando la donna a sedersi, “lasciagli godere questa sensazione. Sono sicuro che è già successo parecchio tra loro...”
 
“Sì. Parecchio” Dolores sorrise allusiva, rigirandosi i ricordi nella mente.
 
.
 
Camilo non trovò Bruno subito. Salì al secondo piano e seguì i topi lungo il muro. Poi arrivò al tetto. Bruno era seduto nel suo punto preferito in compagnia dei suoi animaletti, a osservare il cielo stellato. La pace regnava.
 
“Cosa stai facendo?” chiese Camilo, sedendosi accanto a lui. Notò che, mentre si avvicinava silenziosamente all’uomo, questo non dava segno di alcun timore.
 
“Beh, guardo le stelle” sussurrò Bruno, come volesse nascondersi da qualcuno. I suoi occhi verde scuro riflettevano il cielo della notte. Camilo voleva dissolversi, in quegli occhi...
 
“Tutto qui?” chiese speranzoso, avendone ragione. Bruno sorrise impercettibilmente, nascondendo il volto felice dietro le ciocche ribelli.
 
“Beh, forse sto anche aspettando un giovane insolente...”
 
“Aspettando?”
 
Bruno annuì. Ci fu silenzio. Camilo si avvicinò ancora, accoccolandosi contro l’uomo, respirando profondamente. La brezza percorse la tenera pelle del collo, provocando a Bruno un brivido dietro la schiena.
 
“Ehi, che solletico!” ridacchiò.
 
“Hai un profumo delizioso...” sussurrò Camilo, rimanendo incollato. “Ora...non essere timido”
 
Cinse il suo collo con le braccia, baciandolo sul viso: gli occhi stanchi, la barba, le guance morbide, il naso...tutto ciò che gli capitava.
 
“Sei molto spudorato” sussurrò Bruno imbarazzato, cercando di staccarlo, ma Camilo non cedette.
 
“Esatto!” sorrise. “Mi hai fatto perdere ogni vergogna”
 
“Che sciocco, ah ah...”
 
L’uomo lo baciò. Un solo bacio. Ma lungo e sensuale, che comunicò tutto il calore e la tenerezza che provava per lui. Le farfalle svolazzavano nello stomaco di Camilo. Si strinse a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.
 
“Non posso credere che non dobbiamo più nasconderci” disse Bruno.
 
“Davvero?”
 
“Certo...ancora fatico a credere che stiamo insieme!”
 
Ci fu una pausa imbarazzante per un secondo. Camilo pensò subito a qualcosa con cui riempirla. Si raddrizzò, guardando Bruno negli occhi e ghignando.
 
“Vuoi tornare come prima?” miagolò, trasformandosi subito nella dolce fanciulla che aveva fatto girare la testa a Bruno. Cassandra fissò l’uomo e sollevò giocosamente le sopracciglia. Bruno non resistette oltre e scoppiò a ridere.
 
Quando si calmò, osservò la donna. Si accorse solo ora che era letteralmente suo nipote, solo in una rappresentazione più adulta e...con il seno. Si vergognò. Si era lasciato ingannare così facilmente!
 
“Vuoi un bacio dal tuo primo amore?” Camilo fece le fusa e chiuse gli occhi, sporgendosi per baciarlo. Suo zio posò un dito sulle sue labbra. Gli occhi verdi brillavano di una gioia inedita. Dando una carezza sulla sua testa, Bruno mormorò:
 
“Torna in te. È così che...ti amo di più”
 
Ritrovando Camilo davanti a sé, lo baciò teneramente.
 
 

*in Italiano ‘la mela non cade lontano dall’albero’, ‘tale padre tale figlio’, etc.


Aaaaallora, tecnicamente la storia finisce così. Ma ci sono 3 capitoli aggiuntivi, 'speciali', in cui aumenta un bel po' anche la temperatura, anche se di fatto non aggiungono molto alla trama...trattandosi di storia incest, su questo sito provvederò a rimuovere le parti più esplicite. Per leggere la versione integrale e senza filtri, vi invito sul mio profilo AO3 o Fanfiction Zone, i cui link sono disponibili nella mia bio. 

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Capitolo 30
*** 30. Special 1 - Tutto sulla prima volta ***


Il sole era più caldo che mai. Una leggera brezza muoveva le verdi foglie. Gli uccellini sui rami canticchiavano un’allegra melodia che penetrava nelle orecchie di un soddisfatto Camilo. Era appena rientrato a casa. I bambini a cui aveva fatto da babysitter lasciando ai genitori un giorno libero lo avevano stremato.

Tuttavia, Casita non era più tranquilla: Luisa spostava avanti e indietro una nuova recizione, per migliorare l’interno; Isa pregava la nonna di poter coltivare altre palme, o drosere, stanca del panorama monotono, e Felix...Felix guardava in modo strano suo figlio da un angolo. Sembrava che volesse avvicinarsi, ma senza osare. Camilo andò da lui.

“Desidera qualcosa, signore?” esordì con un sorriso, osservando suo padre che nascondeva l’agitazione dietro un’aria allegra. Per qualche ragione le sue guance si scurirono leggermente.

“Oh, Camilo! Che sorpresa...”

“Cosa volevi?” chiese il ragazzo senza perdere tempo in falsi convenevoli. Felix sospirò.

“Beh, stavo per chiederti una cosa...personale”

Camilo alzò un sopracciglio. L’uomo, guardandosi intorno e non scorgendo Dolores da nessuna parte, allontanò il figlio dagli altri, proseguendo a bassa voce:

“Come va il vostro...beh...rapporto?”

“Con Bruno?” concluse Camilo. “Va tutto bene. Come vedi, non passiamo un giorno senza vederci. È come se vivessimo nella stessa casa”

“Molto divertente” sbuffò Felix, cercando di rimanere serio – anche se pensava davvero che fosse divertente -. “E...intimamente?”

Camilo alzò entrambe le sopracciglia. Gli ingranaggi si misero in moto nella sua testa, unendo un quadro completo. Guardandolo, sospirò.

“Ti ha mandato mia madre?” chiese, immaginando la risposta.

“No, no, ero solo curioso e...” cercò di giustificarsi Felix, ma dallo sguardo del figlio, era chiaro che era inutile. Si arrese, accettando il verdetto di essere un attore scarso, e continuò: “Tua madre si preoccupa troppo per questa cosa. Ho provato a spiegarle che è una cosa normale alla tua età, ma non molla. Quindi...?”

Camilo sospirò. A volte dimenticava di aver ereditato il carattere dai suoi genitori, che non erano in alcun modo inferiori a lui in termini di curiosità e astuzia. Si mise a sussurrare.

“Non è successo niente” ammise, e quasi poté sentire il cuore di Felix alleggerirsi, “vorrei provarci, ma...non so come. Dopotutto, Bruno è un uomo”

“Lo so, lo so” sostenne Felix, “sarà molto più difficile che con una ragazza. Naturalmente io non ho esperienza, ma avevo un paio di amici...”

“Te ne hanno parlato?” chiese Camilo speranzoso, ricevendo uno sguardo indignato.

“Camilo, che razza di domande! Certo che sì, ho scoperto tutto!” Felix sorrise. “Un argomento così interessante non mi sarebbe sfuggito”

“Allora...lo dici anche a me?”

“Sicuro di essere pronto?” chiese l’uomo titubante, ricevendo un cenno fiducioso. Sospirò, si guardò intorno per controllare ancora se ci fosse qualcuno che ascoltava e cominciò: “Va bene, ascolta...”

.

Bruno rientrò a casa la sera, sul tardi. Dolores era insieme a lui, ad ammirare l’anello nuziale al proprio dito. Mancava poco al matrimonio con Mariano ed era fuori di sé dalla felicità. Lo zio condivideva la sua gioia. Dolores era sua nipote e desiderava il meglio per lei, compreso il vero amore.

A casa tutti si erano già ritirati nelle loro stanze dopo cena. Dolores fece lo stesso: dopo una lunga e rumorosa giornata, non desiderava che il silenzio. Lanciando uno sguardo d’intesa allo zio, si congedò.

Bruno si recò nella stanza di Camilo: subito dopo il conflitto, senza perdere tempo lui si era trasferito dal nipote, lontano da quelle diaboliche scale. Era stato disposto a vivere dietro le mura, pur di non dover continuare a salire e scendere. Ora aveva potuto scegliere una stanza accogliente con un letto morbido e la persona che amava al suo fianco. Bruno avvertiva fisicamente i miglioramenti della sua vita.

Ma oggi l’atmosfera era leggermente diversa: all’interno c’erano delle candele accese e si sentiva un dolce profumo. Bruno si avvicinò e udì lo scatto della serratura. Si voltò. Camilo, vestito con una camicia bianca semiaperta e i pantaloni che preferiva, lo guardò con un lieve sorriso.

“C-cosa succede?” Bruno si sentì nervoso, ma il ragazzo si avvicinò, premendosi contro la sua guancia ispida.

“Niente. Aspettavo proprio te”

Camilo inspirò il suo aroma. Lo zio non odorava più di polvere e sudore. Era come saturo di aria fresca e prodotti da forno. Le passeggiate quotidiane, divenute ormai il suo passatempo preferito, e il costante aiuto di Julieta avevano avuto un buon effetto su di lui. Del Bruno intimidito del passato e del tempo trascorso tra le mura rimanevano una leggera rigidità, un’occasionale balbuzie e l’apparizione rara di Hernando e Jorge.

Bruno si calmò. Ricambiò l’abbraccio di Camilo, stringendosi contro i suoi capelli. Sembrava ancora insolito che qualcuno lo aspettasse a casa. Qualcuno lo aspettava...un sorriso comparve sul suo volto.

“Andiamo?” disse Camilo e, senza aspettare una risposta, lo trascinò verso il letto. Per qualche motivo, Bruno si sentì di nuovo a disagio.

Bruno si aspettava di mettersi a letto e, come tutte le notti precedenti, di dormire uno di fronte all’altro. Non si aspettava affatto che Camilo lo facesse sedere e gli salisse in grembo. L’uomo rimase sbalordito. Un nodo si bloccò nella sua gola, impedendogli di parlare.

“Sorpreso?” chiese Camilo, sorridendo. In realtà, non era meno imbarazzato di suo zio, ma aveva pazientato fin troppo per ritirarsi in quel momento di eccitazione. Il ragazzo rimosse con cautela la ruana dell’uomo e si spostò sulla camicia, ma la mano di Bruno lo fermò.

“Vuoi...farlo?” chiese, bisognoso di ricevere conferma. Camilo annuì e inclinò la testa di lato.

“Posso?” chiese, come volesse il permesso per prendere un dessert. Bruno rifletté. Non che non volesse, ma...non si sentiva pronto. Sembrava tutto troppo inaspettato.

“Aspetta qui” chiese a Camilo, uscendo dalla stanza. Camilo attese un’eternità prima che tornasse. La metà delle candele si era spenta. Camilo quasi si addormentò, convinto che Bruno fosse scappato e che non sarebbe successo nulla. Ma finalmente la porta si socchiuse e l’uomo rientrò.

“Scusa l’attesa” disse piano. “Dovevo prepararmi un po’. Hai ancora voglia...?”

Ovviamente Camilo aveva voglia. Non avrebbe rifiutato nemmeno se avesse aspettato tutta una giornata. Il ragazzo spinse cautamente lo zio e risalì su di lui. Bruno profumava di shampoo. I riccioli ribelli ricadevano sul cuscino, la frangia incorniciava il suo viso segnato dal tempo. Camilo non resistette a baciargli il naso. E la guancia. E la fronte. E le labbra...

Il ragazzo prese a baciarlo come fosse il giocattolo preferito della sua infanzia. Bruno non oppose resistenza. Afferrò la sua camicia e se ne sbarazzò. Camilo quasi non si accorse di rimanere solo con i pantaloni.

“Vuoi che stia io sotto?” gli chiese, ma Bruno scosse il capo.

“La prossima volta” disse, “sono già ‘preparato’”

Usò le virgolette per l’ultima parola. Camilo annuì. Posizionandosi tra le sue gambe, respirò profondamente e iniziò a sbottonargli i pantaloni. La carne calda si stava già indurendo all’interno. Il ragazzo fece scorrere le dita lungo la coscia morbida. La pelle d’oca ricoprì l’epidermide dello zio. Le sue gambe tremarono. La sensibilità di Bruno era sorprendente.

-Non ti sei mai toccato una volta in dieci anni?- si domandò e abbassò completamente i pantaloni, lasciando l’uomo con l’intimo, che gradualmente si inumidì.

Camilo deglutì. L’eccitazione lo assalì, torcendogli lo stomaco e racchiudendosi in una palla calda di energia tra le gambe.

Abbassò i propri pantaloni, sistemandosi più comodamente contro l’inguine dell’altro, e spinse in avanti. A Bruno sfuggì un gemito sommesso. Camilo ripeté il gesto. Ad ogni movimento, flebili scintille comparivano nei suoi occhi.

Il ragazzo si avvicinò all’uomo e lo attirò in un bacio. Le lingue si intrecciarono, giocando tra loro, mentre entrambi si accendevano di più, pronti ad andare oltre. Camilo scorse lentamente con la mano, partendo dalle clavicole sporgenti e arrivando il pube. Eliminò le mutande, esponendo prima il pene di Bruno, poi il proprio.

Prese entrambi in una mano, facendo quello che aveva fatto l’ultima volta, e quella precedente...decisamente gli piaceva.

“Credo di essere pronto” sussurrò Bruno, staccandosi dalle sue labbra esigenti. Un sottile rivolo di saliva rimase tra loro. Camilo annuì. Infilò la mano nel cassetto del comodino e tirò fuori una bottiglietta.

“Cos’è?” chiese Bruno sorpreso, osservando Camilo versarsi il contenuto nel palmo.

“Olio d’oliva” rispose, “alcuni dicono che lubrifica bene”

Bruno non ebbe il tempo di chiedere chi esattamente l’avesse detto: Camilo gli allargò le gambe e iniziò a prepararlo. Bruno sussultò e Camilo si bloccò subito.

“Tutto bene?” chiese, guardandolo con preoccupazione, ma lui annuì, porgendo la mano al ragazzo che lui strinse, intrecciando le loro dita.

“Pensavo che sarebbe stato più difficile” ammise Camilo, ricevendo uno sbuffo compiaciuto.

“Te l’avevo detto che ero preparato” ripeté, sorridendo, spaventato dall’immagine che aveva in mente. Camilo sorrise. Con attenzione, proseguì. inserì un secondo dito. Bruno strinse più forte la sua mano. Con l’altra, ghermì il lenzuolo.

Il suo viso tremò e le dita serrarono mentre Camilo spingeva fino a un piccolo punto appena percettibile.

“R-rifallo” chiese Bruno, rapito dai brevi impulsi che le dita del ragazzo inviavano. Non aveva mai provato qualcosa di simile. La salivazione di Camilo si azzerò vedendo l’uomo preso dal piacere. Avvertì un formicolio.

“Posso, ora?” chiese, rimuovendo le dita, e Bruno si raddrizzò di colpo.

“Vorrei stare sopra” disse, spostando il ragazzo sotto di sé e arrampicandosi sui suoi fianchi. Il piano era molto semplice: in quella posizione era più facile controllare il proprio limite. Camilo fissò lo zio come fosse un demone, un succubo* apparso in un sogno proibito. Per un secondo, gli occhi di Bruno sembrarono brillare di un abbagliante verde.

L’uomo versò dell’altro olio sul palmo e si lubrificò, mettendosi più comodo. Camilo era proprio sotto di lui, doveva solo iniziare, abbassarsi con cautela...

Bruno deglutì. Allargò le natiche, accogliendolo piano. Si irrigidì. Continuò. Camilo gemette. La sua carne pulsava. Bruno lo sentiva.

Andò quasi fino in fondo. Si sentiva quasi del tutto riempito, anche se ci sarebbe stato un altro po’. Fortunatamente, suo nipote non vantava dimensioni enormi.

“Così” disse Camilo, porgendo le mani. Le loro dita si intrecciarono. Bruno guadagnò un po’ di fiducia. Si sollevò, sentendo il vuoto, e si riabbassò. Cominciò a muoversi. All’inizio lentamente, rabbrividendo, poi sempre più velocemente, e di più...

Gradualmente il fastidio sparì, lasciando una sensazione che lo incendiava. Dolci scosse lo colpivano.

Anche il ragazzo era euforico. Per quanto avesse immaginato la sensazione, per quanto avesse cercato di ricrearla con le mani, la realtà era molto più accecante, più piacevole, incredibilmente migliore.

La sua gola rilasciò gemiti. Aumentando il ritmo, mosse i fianchi verso l’alto. I palmi strettamente serrati erano sudati e caldi.

“...Non ci sei ancora?” chiese Bruno, quasi senza fiato, sentendosi quasi al limite. Camilo uscì all’improvviso e, facendolo girare, si gettò le gambe sulle proprie spalle.

“Ti aiuto” cercò di sorridere, nonostante il calore e i brividi, ed entrò di nuovo. Riprese con rinnovato vigore.

Nessuno dei due riusciva più a distinguere dove iniziava e dove finiva il piacere. Si limitarono a seguire le sensazioni impetuose, permettendosi di aprire la propria anima l’uno all’altro.

“C-Camilo...ah...non resisto più...” Bruno stava per aggiungere altro, ma un gemito sfuggì dopo una spinta decisa. Arricciò le dita dei piedi e venne. Notandolo, anche Camilo si sentì vicino.

Accelerò e, nel momento dell’apice, uscì, sfogandosi sul lenzuolo. Alcune gocce caddero sulle cosce arrossate. Camilo deglutì. La realizzazione non arrivò subito.

Lo avevano fatto...lo avevano fatto! Insieme! Ed era stato così bello...dannatamente bello!

Soddisfatto, si sdraiò accanto all’uomo.

“Come ti senti?” chiese sorridendo.

“Non so spiegarlo. Te lo dimostrerò la prossima volta” sbuffò Bruno, mentre si sentiva pulsare e la schiena cominciava a dolergli. Non aveva l’età per poterlo fare in continuazione senza conseguenze. Purtroppo, Camilo invece era proprio all’inizio di quell’età...

Il ragazzo sorrise. E, dopo aver innervosito lo zio con la promessa di farlo più spesso, si addormentò.



*succubo, o succuba: nelle leggende dell’antica Roma del Medioevo, era un demone che seduceva uomini o donne per avere rapporti sessuali e sottoporli alla sua volontà. 

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Capitolo 31
*** Special 2 - L'albero genealogico ***


Erano passati più di due mesi dalle nozze di Dolores. E, come sempre, le cose più interessanti accadevano di notte. Come ora, mentre Camilo entrava in punta di piedi nella sala da pranzo con una scatola di colori. Un sorriso sornione attraversava il suo volto.
 
Arrivato al muro, spacchettò tutto, bagnò il pennello e si mise a dipingere.
 
“Ehi, che stai facendo?” giunse all’improvviso una voce dall’oscurità.
 
Bruno si era svegliato avvertendo un brivido dietro la schiena che gli aveva fatto capire due cose importanti: uno, era a letto da solo e due, Camilo stava di nuovo tramando qualcosa. Guidato dalla sua premonizione, vide il giovane nella sala da pranzo con un pennello in mano. La luce fioca della stoppino della lampada aiutava a malapena a distinguere i contorni della sua sagoma.
 
Camilo si portò un dito sulle labbra e sussurrò: “Sto modificando l’albero”
 
“Cosa?” Bruno volle gridare, ma si trattenne e bisbigliò, avvicinandosi alla parete che stava per essere imbrattata. Camilo scrollò le spalle.
 
“Beh, visto che Mariano fa parte della famiglia e io e te stiamo insieme, non sarebbe giusto lasciare tutto così com’è ora, no?”
 
C’era logica nelle sue parole, ma il timore di Bruno per la reazione di sua madre, anche se non c’era nulla che potesse essere peggio che avere una relazione con suo nipote, rimaneva davvero notevole.
 
“C-cosa dirà tua nonna quando lo vedrà?” balbettò. Il pensiero lo faceva sentire a disagio. Camilo, però, non condivideva le sue paure.
 
“Lo scopriremo domani” rispose disinvolto, porgendo un pennello allo zio, “vuoi aiutarmi?”
 
Dopo un minuto di esitazione, Bruno annuì e afferrò l’oggetto, pronto per l’uso. Poi sobbalzò, inorridito. Una mano si era posata sulla sua spalla.
 
Dolores si coprì le orecchie al grido acuto. Mariano passò un braccio intorno alle sue spalle. Dopo essersi ripresa, lei sorrise:
 
“Anche noi vogliamo partecipare!”
 
Camilo strabuzzò gli occhi. Si guardò intorno, aspettandosi di vedere l’intera famiglia, ma c’erano solo loro quattro. Sospirò.
 
“Come ci hai beccati?” chiese Bruno.
 
“Sono uscita per bere e vi ho sentito. Quindi sono venuta per aiutarvi”
 
“E io l’ho seguita” concluse Mariano, guardando gli occhi della moglie con un sorriso gentile, poi il suo ventre. Entro qualche mese ci sarebbe stata una nuova aggiunta alla famiglia Madrigal.
 
“Forza, dipingiamo” ordinò la donna, mettendosi al lavoro. Camilo e Bruno non rimasero fermi. Casita spostò silenziosamente ma con soddisfazione le sedie e gli armadietti. Alla casa piaceva l’idea di un lieve cambiamento degli interni.
 
Quando il sole spuntò all’orizzonte, il lavoro era concluso. I quattro aspiranti artisti, contenti e macchiati di colore, osservavano con orgoglio il lavoro svolto.
 
“Allora, com’è?” chiese Dolores al marito, che sbuffò.
 
“Non mi somiglia affatto”
 
“Dai, è la copia esatta” rise lei. “Soprattutto i capelli!”
 
“Ehi, davvero sono così” chiese Mariano al cognato e a Bruno, ma loro si limitarono a sorridere, rivolgendosi l’uno all’altro.
 
“Tu cosa ne dici?” chiese Camilo. Bruno guardò di nuovo il risultato. Quando osservava quell’albero, in passato, si era sempre sentito solo. Era l’unico a non avere un proprio ramo: senza moglie, senza figli. Ora...in realtà non c’erano figli, ma almeno non aveva la stessa sensazione di solitudine. In quella foto stringeva le mani del suo amore. E così, non aveva importanza quanto fosse cresciuta quella parte dell’albero genealogico, o quante nuove persone fossero apparse, sarebbero rimasti fianco a fianco fino alla fine dei loro giorni.
 
Bruno si mise a piangere, sconvolgendo Camilo. Si affrettò subito ad asciugare le sue lacrime.
 
“Ehi, cosa fai? Non ti piace?”
 
“Scusa, ah ah, mi sono emozionato...” un sorriso gioioso decorava il volto dell’uomo che si sentiva la persona più felice al mondo.
 
La voce di Abuela si udì in lontananza. Appena sentirono i passi, i due raccolsero subito i colori e sparirono, nascondendosi al primo piano. Dolores sbuffò, ridendo.
 
“Accendiamo una candela per loro?” suggerì al marito.
 

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Capitolo 32
*** Special 3 - Cambio? ***


Le ultime forze abbandonarono il corpo di Bruno. Si accasciò sul letto, a braccia aperte, tirando un sospiro di sollievo. Camilo giaceva accanto a lui, meno esausto ma ugualmente soddisfatto. Era da tanto che non lo facevano.
 
In realtà Camilo avrebbe voluto farlo più spesso, ma lo zio parlava sempre del suo mucchio di lavoro, di dolori al corpo o salute cagionevole. Serate così ‘attive’ venivano organizzate raramente.
 
“Accidenti, è estenuante” si lamentò Bruno, stirando le braccia. Avvertiva un po’ di dolore, ma nel complesso era soddisfatto. Il suo attivo amante diventava ogni volta più abile nel dare piacere.
 
“Facciamolo ancora!” esclamò Camilo, come sempre, librandosi su Bruno, ma ricevendo il solito prolungato e infelice ‘Meh’.
 
“Camilo, come ancora?” si lagnò. “Sono a pezzi...non ti permetterò di farlo una seconda volta”
 
Di solito, a quelle parole Camilo rimaneva al suo posto. Non voleva costringere l’uomo a fare qualcosa che non voleva. Oggi, però, era un po’ diverso. Un sorriso sornione si dipinse sul suo viso. Bruno si accigliò.
 
“Pazienza” fece le fusa. “Questa volta...farò tutto io”
 
Bruno impiegò un istante a capire. Mentre il rompicapo si formava nella sua mente, Camilo ebbe il tempo di eccitarlo di nuovo, spremendosi dell’olio sul palmo. Qualcosa scattò nella testa di Bruno. Quando Camilo spostò le dita dietro di sé, mordendosi le labbra, realizzò.
 
“Ehi, che stai facendo?” l’uomo si allarmò, “Vuoi davvero...?”
 
“Certo” rispose l’altro sicuro. “Mi sono preparato. Posso?”
 
“Beh, non so...” Bruno si accigliò. Forse Camilo non lo vedeva, ma per Bruno c’era un’enorme differenza tra ricevere e dare. Quando era passivo, poteva controllare il tutto senza temere di farsi male. Poteva sopportarlo. Ma se avesse fatto del male al suo Camilo...
 
“Credimi, farò tutto per bene” miagolò Camilo, baciandolo sulle labbra e rivolgendogli uno sguardo entusiasta, con occhi scintillanti. “E mi ricordo che me l’avevi promesso, una volta”
 
Bruno sospirò. Accettò le regole del gioco e si mise sui gomiti, osservando lo svolgimento. L’eccitazione gareggiava con l’ansia e non era chiaro quale delle due avrebbe vinto.
 
“Camilo, stai attento” sussurrò Bruno con dolcezza, “non avere fretta, altrimenti ti farai male”
 
“Cosa potrei fare di male?” sbuffò il ragazzo, ma notando lo sguardo preoccupato dell’uomo, cedette e annuì. Il disagio era molto minore rispetto a quando si era preparato la prima volta, ma una strana sensazione lo riempì quando premette su un punto particolare.
 
“Pronto?” chiese dopo un po’, posizionandosi direttamente sull’uomo. Bruno deglutì.
 
“S-sono pronto, ma tu...”
 
“Certo che sono...” voleva dire ‘pronto’, ma non appena scese, rabbrividì. Camilo aveva visto il pene di Bruno parecchie volte e ci aveva giocato quanto voleva. Allora perché ora gli sembrava improvvisamente moltiplicato in grandezza?
 
“Non è troppo tardi per cambiare idea” lo avvertì Bruno, percependo la sua tensione, ma Camilo non voleva tirarsi indietro. Lo aveva atteso tanto, si era preparato a lungo...per cosa? Arrendersi? Il ragazzo strinse i denti.
 
“Va tutto bene” disse, più a se stesso, respirando profondamente e...non riuscendo a muoversi. Le gambe gli tremavano. Bruno sospirò. Si sollevò, sistemando meglio il nipote sui fianchi, gli baciò dolcemente la guancia. Poi il collo, il mento, il naso...
 
La sua mano si spostò dietro di lui, aiutandolo a rilassarsi. Camilo notò che le dita di Bruno erano molto più piacevoli delle proprie. L’eccitazione lo investì con una nuova ondata. Gemiti strozzati uscirono dalle sue labbra. Il suo corpo cominciò a lasciarsi andare nelle mani abili dell’uomo che aveva sperimentato su di sé tutti i piaceri che ora regalava al suo amante.
 
Camilo si sentiva galleggiare. Quasi non si accorse che le dita erano state sostituite. Tutta la sua attenzione era rivolta alla lingua calda che gli accarezzava il palato. Bruno si staccò e appoggiò la fronte sulla sua spalla, espirando. Gli sembrava che uscisse del vapore dalla sua bocca.
 
“Sei...molto stretto” sussurrò, in un misto tra lamento e ammirazione.
 
-Più che altro, lamento- pensò Camilo, abituato alla sua perenne indignazione.
 
Era stato lui, tuttavia, a insegnargli a dare voce ai suoi sentimenti.
 
Ogni volta che qualcuno diceva qualcosa di poco lusinghiero su di lui, Camilo era presente, pronto a dimostrare quanto Bruno fosse in realtà meraviglioso.
 
Se era ora di uno spuntino, Camilo si assicurava personalmente che non ci fosse traccia di cipolle o cavoli, che Bruno non poteva tollerare.
 
Se suo zio aveva i vestiti strappati, Camilo era pronto a sistemare tutto, non potendogli permettere di andare in giro con abiti smessi. Anche a costo di infliggersi tagli sulle dita...
 
Così, trascorrendo ogni giorno accanto al ragazzo che lo riempiva di vizi, Bruno aveva gradualmente preso l’abitudine di mangiare solo buon cibo, di rispondere agli insulti, e soprattutto di lamentarsi di dolore anche se erano a malapena percettibili.
 
Camilo sospirò. A volte aveva la sensazione di essere il più adulto nella loro relazione. Se non fosse stato per le continue lamentele sulla vecchiaia e sulla salute, si sarebbe perfino dimenticato della verità.
 
Bruno spostò le mani sui suoi fianchi, accaldato come fosse sotto il sole di luglio. Camilo sorrise. Si abbassò ulteriormente. Con sua stessa sorpresa, non provava più disagio.
 
Quando arrivò fino in fondo, la paura svanì da sola, permettendogli di iniziare a muoversi lentamente. Bruno lo aiutò sollevandosi leggermente, per non affaticare troppo le sue gambe. L’uomo avvertiva le pulsazioni nel corpo dell’altro. Lo stava facendo impazzire.
 
Camilo accelerò. Picchi di piacere gli attraversarono e vene, accendendo una febbre che lo stordì. Bruno spostò una mano sul suo sesso, regalandogli una doppia dose di beatitudine. Dopo un po’, Camilo si sentì sul punto di esplodere. Anche Bruno lo avvertiva.
 
“Camilo, fermati...” disse Bruno, respirando pesantemente, ma non fu ascoltato. Camilo, assorto nel suo piacere, aumentò il ritmo, sempre più frenetico.
 
“Un po’ di più...di più!” gridò Camilo, a un soffio dall’orgasmo.
 
-Piccolo succubo!- pensò Bruno, facendo del suo meglio per sollevare Camilo in alto, liberandosi dalla sua stretta prigionia. Un brivido di piacere riempì il suo corpo, annebbiandogli la mente per qualche secondo.
 
Camilo lo seguì poco dopo.
 
I loro sguardi si incontrarono. Camilo, rilassato, osservò Bruno, che era preoccupato per qualcosa. Quando l’euforia finalmente si attenuò, Camilo deglutì, rendendosi conto di quello che era successo.
 
“Ti sei sollevato troppo bruscamente?” chiese in apprensione, sperando di sbagliarsi. Ma Bruno annuì. Strinse le labbra, arrossendo.
 
Il ragazzo, stanco, scese con cautela dal letto, mentre lo zio rimase immobile e, coprendosi con quello che trovò, andò in cucina. Tornò poco dopo con dei biscotti.
 
Camilo si sedette davanti a Bruno, portando un biscotto alle sue labbra, e assicurandosi che lo zio si riprendesse, si lamentò:
 
“Perché sei così fragile? La nonna ha settant’anni e va tranquillamente a cavallo, solleva pesi e fa un sacco di altre cose, senza mai stirarsi nulla. Perché tu ti fai male o ti rompi qualcosa non appena ti giri o ti muovi nel modo sbagliato?”
 
“Tua nonna non ha vissuto per dieci anni dietro le pareti” sbuffò Bruno, finendo il suo boccone, “non ha dormito per dieci anni su una poltrona e non ha mangiato solo gli avanzi”
 
“Okay, okay, ho capito”
 
Camilo si accoccolò contro il suo petto, tirandolo giù. Bruno fu pervaso da una sensazione di leggerezza. Le delizie di Julieta, per fortuna, non deludevano mai.
 
“Ti amo comunque” mormorò Camilo. L’uomo sbuffò.
 
“Anche se rimanessi su una sedia per il resto della mia vita? Mi ameresti comunque?”
 
“Almeno non potresti andare da nessuna parte” ghignò Camilo, beccandosi uno schiaffetto. “Ma non succederà. Zia Julieta e tua madre ti farebbero tornare in forma in un baleno”
 
“E tu no?”
 
Camilo si mise comodo, stringendo Bruno, sentendosi cadere nel mondo dei sogni.
 
“Io ti terrei tra le mie braccia”.



Grazie a chiunque abbia letto e apprezzato questa fanfiction, in particolar modo a LadyK_1989 per aver lasciato una recensione ^^ non dimenticate che sono sempre molto apprezzate! A presto. 

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