Tutti sulla stessa barca

di sandrinakiss92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Mi chiamo Luna, ho 27 anni e vengo dalla terra. Sono l'ultima Natblida, una “Sanguenero”. Ero destinata a guidare un esercito di terrestri, i Trikru, dopo la morte del comandante ma, sapete cosa successe? mi rifiutai, scappando così al mio destino. Non volevo essere a capo di una nazione, non credevo nemmeno potessi essere capace di guidarne una, a dire il vero. Così, mi ritrovo a capo del popolo della barca, i Flourkru, di tutte quelle persone che vogliono salvarsi, stanche di combattere, con la sola voglia di sopravvivere. Mi definireste una codarda? E perchè mai? Soltanto per aver scelto la via della salvezza? Per aver portato al sicuro centinaia di uomini, donne e bambini? Questa gente mi ama e mi rispetta. La cosa è reciproca, tengo a loro e farò di tutto per proteggerla. A causa del colore del mio sangue, sono stata cresciuta come un assassina. In passato, i custodi della fiamma hanno saputo sfruttare la mia rabbia insegnandomi che era nobiltà. Per anni ho trovato gioia nella morte e nel dolore, così uccisi mio fratello, anch'esso un sangue nero. Come tali eravamo stati inviati a Polis per essere addestrati nell'arte del combattimento e del comando. Dunque fui la prescelta. Le giornate passate tra la mia gente fanno di me una persona migliore. Mi sento grata di insegnar loro a rispettarsi, a prendersi cura del prossimo. Nel mio popolo regna l'amore, quello che non ho mai ricevuto, nemmeno da bambina. I miei genitori sono morti alla mia nascita, lasciandomi alle cure di mio fratello. Ha fatto così tanto per me ed io l'ho tradito. In cielo non c’erano molte nuvole e l’aria di quella sera era piacevole, quel tanto che bastava a smuoverti le chiocche dei capelli. Intorno al fuoco si stavano scaldando delle portate e a turno persone raccontavano storie. Anche se sono il loro comandante non mi va di sentirmi superiore, non lo sono, soltanto il loro punto di riferimento. Una bambina dall'aspetto grazioso, dagli occhi di un colore simile al mare azzurrino e dei capelli di un biondo cenere mi stringeva la mano. Mi faceva pensare che quella bambina potevo essere io, circondata dell'affetto di chi se ne prendeva cura. D'un tratto qualcuno mi distolse dai pensieri. Dei soldati della nostra gente avevano con se qualcosa, o forse qualcuno. Era buio pesto e l'unica fonte di luce era la fiamma del focolare. “Luna, l'abbiamo trovata sulla riva mentre eravamo di vedetta, chiede di parlare con te." Feci loro cenno di avvicinarla in modo da poterla vedere bene in faccia. Una donna dai capelli biondi era legata ed imbavagliata. Sembrava ferita, aveva un taglio sulla fronte. Portava una divisa che la differenziava da tutti noi, un completo bianco. Potevo pensare che appartenesse ad un altro popolo. Potevo scorgere della rabbia sul suo volto. Beh, potevo biasimarla, chiunque si trovasse nella sua stessa situazione lo sarebbe stato. "Il bavaglio!" ordinai di lasciarla parlare se avesse voluto. A nessuno dovrebbe essere negato il diritto di parola. "Cosa ti porta quì? Sei sola?" "sei Luna, giusto?" chiese affannosamente "chi vuole saperlo?" “ Sono Sara Lance della lega degli assassini ma vengo in pace. E si, sono sola." "dimostralo!" "come?" Quella donna non mi ispirava per niente fiducia, ma cercai di cambiar discorso. "Cos'é che vuoi?" “vorrei poter parlare in privato con te" "e come faccio ad essere sicura che tu non voglia uccidermi?" "pensa un po’, ricciolina, i tuoi uomini mi hanno disarmata" disse con ovvietà, alzando gli occhi al cielo. "le mani possono essere un arma "non slegarmele allora!" Mi stava sfidando. Ordinai, dunque, alle guardie di portarla al capanno e di lasciarci sole. La guardai per un istante negli occhi. Presi il coltello, le avvicinai e con un colpo la liberai dalla stretta della corda ai polsi. "Ti ascolto" "Sono stata mandata dal Re del popolo di Azgeda, il mio è in alleanza con loro, Chiediamo altrettanto di stringere un alleanza con il popolo della barca" "e perchè mai?" "serve un comandante. Sappiamo che sei l'ultima Natblida, sei una terrestre!" Nessuno del mio popolo sapeva che lo fossi. Nessuno doveva saperlo, giacchè il popolo dei terrestri era considerato come quello che spargeva sangue. Una cattiva reputazione, non trovate? E io non ero più una sua assassina. Mi assicurai che nessuno avesse sentito quelle parole. Per fortuna eravamo sole. "Non appartengo più a quella gente, ormai." “A capo dei Trikru risiede una “Sanguerosso”, abbiamo bisogno di una Natblida per poter guidare una nazione e tu dovevi prendere parte all’ottavo novizio...” Come se non lo sapessi. “non posso abbandonare la mia gente...” “come vuoi.” Quindi? Se ne andava? Con un calcio inaspettato mi colpi dritta nel petto ed io la feci cascare a terra con un attacco. “se non vuoi darmi ascolto con le buone, non vedo altri modi” Con un salto tornò in piedi cercando di bloccarmi con le spalle al muro ed io cercavo di respingerla con quanta forza avevo. Con una mano riuscì a tirare dalla tasca una piccola capsula bianca dai bordi seghettati con sopra un incisione. No, aspettate, so di cosa si trattava. Era la fiamma del comandante. “Ascende superius” la fiamma cominciò ad allungare i suoi filamenti verso me. Non ve l’ho ancora raccontato ma, la fiamma funzionava soltanto con una sanguenero. ad un sangue rosso avrebbe provocato la morte. Avevo le mani bloccate dalla sua presa. “Una volta messoti questa, non avrai più scelta” Urlai e con tutta la forza che avevo la spinsi a terra. Ebbi il tempo di afferrare il mio pugnale dallo stivale e glielo puntai alla gola. “Ti avevo dato l’opportunità di scappare e tu non l’hai fatto!” E chissà perché, in fondo non voleva uccidermi, no? Con occhi assetati di sangue mi disse che non sarei mai stata capace di uccidere ancora, e infatti non l’avrei fatto ma lei mi stava provocando. “Chi? io? e perché non dovrei? Non ho avuto pietà nemmeno per mio fratello, pensi l’abbia per te? io sono l’oscurità” “ti sbagli, tutti meritano la luce. se verrai con me avrai un'altra occasione per mostrarti per quella che sei.” fece una pausa “o per quello che non sei, una vigliacca!" Quelle sue parole mi bloccarono. Mi arresi, gettai l’arma a terra e la obbligai ad andarsene. Mi avrebbe uccisa? ed io, avrei dimostrato di essere ancora una volta debole? “Vattene!” La ragazza, stupita dal mio comportamento rimase a terra, non si mosse. "Guardie!” I due uomini fecero irruzione nella tenda. "L'accompagnerete alla riva affinché possa far ritorno da dove è venuta, se opporrà resistenza, imbavagliatela e portatela al capanno. Vediamo se cambierá idea!” Le lanciai un ultima occhiata gelida e furiosamente lasciai il terreno. Sara Lance sarebbe diventata un mio  problema.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Al mattino seguente entrai nel capanno. Legata ad un palo di ferro c'era Sara. Le avevo portato dell'acqua. Mi avvicinai e le diedi da bere, sperando di avere ancora tutte le dita al proprio posto. "Per quanto ancora resisterai?" "perché non mi hai uccisa?" "perché tu non l'avresti fatto!" Tutto ciò che voleva é che io accettassi di diventare il prossimo comandante. "Non siamo più così diverse io e te". Le sue parole mi destabilizzarono. "Siamo cresciute con lo stesso desiderio di vendetta, te lo leggo in faccia. Ma io non sono più quella persona e forse nemmeno tu." "Ti sbagli. Non sono come te. Ieri avresti voluto uccidermi, ma tu avrebbe pesato portare un'altra morte sulla coscienza." Le dissi. E senza ribattere stavo per allontanarmi, lanciando la ciotola ai suoi piedi quando mi supplicò di ascoltarla, ancora una volta. Ma io, perché avrei dovuto farlo, dopo quello che mi aveva detto, che avrebbe cercato di fare? Ma poi ... "Aspetta, faró come vuoi. Me ne andrò affinché tu possa incolparti per aver lasciato piú di cinquecento persone, incapaci di seguire gli ordini di un comandante senza Fiamma che risiede sul trono che non ha meritato!" Dovevo ammetterlo, Sara Lance aveva la stoffa. Avrebbe avuto tutte le carte in regola per essere un ottimo comandante, eccetto il sangue nero. "Sono l'ultima Natblida", ripensai a quelle parole... "Che devo fare?", le chiesi senza pensare, con rassegnazione. "Sai cosa devi fare, tornare con me a Polis" ...la terra che lasciai. "E che ne sarà della mia gente?" "La tua gente sarà al sicuro" "e per quanto starò via?" "per tutto il tempo che occorrerá. Il mio popolo manderà degli uomini per metterli in salvo, hai la mia parola!". Fu quel mio gesto a far pensare a Sara di averle fatto sprecare solo fiato perché mi allontanai da lei. Però quello che feci subito dopo, di sicuro l'avrebbe lasciata interdetta. Così mi allontanai da lei, radunando tutta la mia gente intorno a me e così fece anche Sara Lance, che avevo ordinato di liberarla. "Popolo della barca, riunitevi! Ho un annuncio da farvi. Presto sarò via. É in atto una minaccia incombente, ma non temere, miei cari, lo faccio per sapervi in salvo." Di certo, se Sara non avesse tenuto fede alla sua promessa, poteva star certa che non mi sarei fermata fin quando la sua testa non sarebbe stata più attaccata al suo corpo. Mentre proseguivo verso Sara, le persone mi posarono le mani sulla spalla, offrendomi tutto il loro appoggio, la loro fiducia. Non potevo deluderli, non me lo sarei mai perdonata. Salimmo sulla barca, scortate da due uomini armati, gli stessi che la sera precedente avevano trovato Sara presso la riva del fiume. Per tutto il tragitto non facevamo altro che lanciarci occhiate. Una volta arrivate a terra, a Sara fu ridata la spada e i suoi pugnali e iniziammo ad incamminarci. Il viaggio sarebbe stato duro da affrontare, avrebbe richiesto ore di cammino, il che ci costrinse a fermarci per delle pause. Avvertivo il suo sguardo su di me. "Non abbiamo iniziato col piede giusto noi due", e così, mi tese la mano in segno di tregua. Era serie? Dopo tutto quello che era accaduto la scorsa notte? Ma gliela strinsi comunque, senza fiatare, limitandomi a fissarla in quei suoi occhi di ghiaccio. Però poi si venne a creare un silenzio imbarazzante, cosicché iniziai a chiederle qualcosa sul suo conto. "E così, sei della lega degli assassini? Come ci sei finita?" "É la stessa domanda che potrei fare a te: tu come ci sei finita tra i terrestri?" "Te l'avevo chiesto prima io, e comunque ci sono nata" "Beh, ti sei risposta da sola. Anche se non ci sono nata, mi hanno offerto una casa e un posto sicuro. Sarò sempre loro debitori". Correva il mese di novembre, l'aria di quella sera non era poi così gelida, ma, come si poteva supporre, a Star City, il vero inverno cadeva di rado. A bagnare la terra c'era soltanto una pioggia leggera. A quei tempi, il fidanzato di Sara, Oliver Quinn possedeva un'imbarcazione, la Quinn's Gambit, e tutti e due deciderò di fuggire dalla città che aveva dato loro i natali, nella speranza di trovare una nuova vita, stanchi com'erano delle insidie del loro amore travagliato. Caso volle che quella sera incombette una tempesta. Il mare iniziò a incresparsi e le onde minacciavano di alzarsi. Nonostante tutto però, Oliver cercò di rassicurare la ragazza, fin quando successe il peggio. La barca si capovolse e i due innamorati si lasciarono, questa volta, per sempre. Il giorno dopo, Sara, si ritrovò rinsavita su una spiaggia di pescatori quando, d'improvviso, un comandante dell'esercito di nome Ra's Al Ghul, che diceva di appartenere all'esercito della lega degli assassini, la portò in salvo, offrendole riparo e un pasto caldo. Fu per lei una seconda opportunità di vivere presso quella gente purché si unisse a loro, diventando così un assassina. Una cerimonia, delle vesti pulite e l'arte del combattimento. Crebbe con l'idea che uccidere un nemico fosse cosa buona e giusta. Nonostante non fosse quello che voleva essere, non aveva altra scelta ormai e non diventarlo sarebbe stato un grosso errore. "E non hai mai pensato di fuggire? Per cercare un futuro migliore?" "Certo che no, non sono mica una codarda!" Quelle parole mi ribollirono il sangue nelle vene, ma, prima che potessi aprir bocca, mi mise a tacere. "Scusa, non intendevo dire questo!" E non le sarebbe convenuto, pensai. "É che io ci sono nata per questo", continuò. "Per combattere, intendo. Non vedo altre soluzioni per me." "L'hai detto tu, la luce esiste per tutti. Tutti possiamo cambiare il nostro destino" "ho detto che tutti meritano di essere salvati, ma io morirò da assassina, compiendo il mio dovere. Da chi dovrei essere salvata?" Ma non voleva continuare a intrattenere quella conversazione e lo capì. "Dobbiamo proseguire." Ma le presi il polso, fermandola. "Sara, non sono scappata al mio popolo per paura di combattere, ma per sfuggire da me stessa!" "Non si può lasciare il passato alle spalle. Tutto va affrontato, anche con la paura. E se le cose fossero andate bene?" "e se invece fossero andate male?" "ci avrai provato e sarai morta con onore." Continuammo a camminare, in silenzio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Una volta arrivate, una folla era riunita dinnanzi a noi. Tutti mi guardavano come fossi stata un fantasma. In effetti era proprio quello che ero diventata per loro. Polis, tutto ciò che era rimasto della cittá, le ceneri da cui sono nata. In realtá é sempre stata quella di sempre, quella terra in cui a regnare c'erano disordine e caos. Tutto era distrutto e sui visi delle persone che la abitavano vi si poteva leggere terrore, e carestia, per la guerra che aveva spazzato via il loro passato, il nostro. Tutto era grigio e l'aria era maleodorante di gas e di polveri sottili che facevano da sfondo all'intera Polis. Tutta la cittá era diventata un intera rovina. Ci facevamo strada fino alla torre principale. All'ingresso, una giovane donna dai capelli di un nero corvino, lisci e lunghi, che avrebbe potuto avere non piú di vent'anni, mi stava squadrando da capo a piedi. Portava una divisa, ma quello che la differenziava da tutti gli altri era una lunga stola rossa, e in fronte l'emblema di colui che guidava. Senza dubbio, si trattava del finto comandante dal sangue rosso. Risiedeva ora fiera sul trono. Si alzò di scatto e ci trovammo le armi delle sue guardie puntate contro, seppur a distanza. Sara alzò le mani in segno di resa e io la imitai. Tanta strada per essere fatta fuori adesso? No grazie. "Bloodreina", era così che la chiamavano, ci diede il permesso di parlare e le armi furono abbassate. La ringraziò, Sara. Che faccia tosta questa ragazza! "Sono Sara Lance della lega degli assassini", disse ad alta voce, gettando in terra tutte le armi che aveva con sé. "Ho quí con me il comandante del popolo della barca", si voltò a guardarmi come a volermi invitare a continuare il copione. "Sono Luna kom Flourkru", mi chinai. "E che ci fa qui Luna del popolo della barca?", chiese Bloodreina a Sara, con disprezzo. "Perché é una Sanguenero, e posso provarlo", rispose Sara, al posto mio. Con uno scatto improvviso afferrò il pugnale che un'istante prima aveva gettato ai suoi piedi, in segno di resa, e con un taglio netto mi tagliò il palmo della mano, procurandomi un dolore lancinante. Si sollevò un boato di stupore nell'intera sala. "Ma che fai? Sei impazzita?" Così mi prese la mano e me la strinse, facendo colare delle gocce del mio sangue sulla sua. Nero. Era Nero.

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