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di AskMeToStay22
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4. ***
Capitolo 6: *** 5. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Non ho mai avuto le idee chiare sul mio futuro. Mi sono rassegnata a prendere ogni giorno così come viene, perché ho capito che fare progetti è solo tempo sprecato. Niente va come previsto se il destino ha in serbo per te un futuro imponderabile. E questa lezione l'ho imparata da poco. La mia vita ha cambiato direzione prima ancora che la decidessi, facendomi ritrovare totalmente impreparata all'uragano che improvvisamente mi ha travolto. Non ho avuto vie di scampo, ho combattuto contro qualcosa più grande di me, sottovalutando il pericolo con il quale sono stata costretta a convivere in cambio della mia libertà. Non ho scelto io di vivere questa vita, eppure ho dovuto accettarla. Forse la meritavo, o forse il destino ha voluto darmi dei segnali. Forse molte cose sarebbero dovute andare diversamente, ma è toccato a me pagarne le conseguenze. Non so dove mi troverei in questo momento se mi fosse mancato il coraggio. Non so cosa sarei stata, cosa avrei fatto di me. Non ho alcuna certezza, eccetto una. Hayden, in un modo o nell'altro, avrebbe stravolto la mia vita.

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Capitolo 2
*** 1. ***


1.

Tiro un sospiro di sollievo quando l'agente immobiliare rilascia le chiavi dell'appartamento. Ho temuto il peggio non appena ha evidenziato la mia precaria situazione finanziaria ma, fortunatamente, ho da sempre il grande dono della persuasione. Come pagherò questa abitazione sarà un mio problema, e lui avrà tutto il diritto di cacciarmi se dovessi mancare anche una sola rata. Non ho la più pallida idea di dove io stia prendendo tutto questo autocontrollo, nessuna delle persone a cui ho lasciato il mio curriculum mi ha richiamata e senza lavoro sarò fuori di qui già il mese prossimo. Non posso permetterlo.

<< Bene, per adesso è tutto Miss De Martino, ci aggiorniamo il mese prossimo >>, mi rivolge un sorriso cordiale, che non riesco a ricambiare in tempo prima che chiuda la porta alle sue spalle. Trasalisco non appena mi rendo conto di come mi abbia chiamata, dovrò abituarmici. Mi chiedo se io stia facendo la cosa giusta, o meglio, so già che tutto questo mi si ritorcerà contro alla prima occasione, ma non ho altra scelta. Riuscirò a cavarmela, in qualche modo.

Ora che ho un tetto sopra la testa sono molto più tranquilla, non avrei resistito un giorno in più in quell'auto scomoda e stretta. Sono stata fin troppo fortunata ad aver trovato questo posto in una sola settimana, al punto da farmi credere di avere la sorte dalla mia parte. E questo accade rarissime volte.

L'ambiente è piccolo, forse troppo, ma per quello che costa ne vale la pena, dopotutto qui ci devo solo dormire.

Emetto un gemito di soddisfazione non appena mi lascio andare sul piccolo divano nero, che reputo fin troppo duro e freddo. Impiego qualche secondo per capire come si accenda il televisore e quando finalmente ci riesco mi sento subito sollevata nel sentire qualcosa che mi faccia compagnia. Sono stata in silenzio, da sola, per troppo tempo. E la quiete non ha mai fatto parte della mia vita così come adesso ma date le circostanze mi chiedo se mi tocca preferire questa tranquillità inusuale al trambusto dei mesi precedenti. E non ho alcun dubbio su quale delle due opzioni ricada la mia preferenza.

Mi appassiono stranamente a un documentario di tartarughe marine e nonostante io non sia una fan del mondo acquatico mi sale una certa malinconia nel sentire che sono in via di estinzione. Non mi va di dover raccontare ai miei figli di aver vissuto in contemporanea all'ultima specie di tartaruga e di non aver potuto far niente per evitarne la scomparsa. Tuttavia rabbrividisco non appena la telecamera decide di fare un primo piano ad una di esse, da farmi quasi pentire di aver acceso il televisore. Non importa quante case, città e identità cambierò, avrò sempre una repulsione verso qualsiasi essere marino. Mi rendo conto di stare per addormentarmi quando comincio a sentire la parola 'tartaruga' in lontananza, e mi conosco abbastanza da sapere che sognerò il mio nuovo appartamento in versione acquario gigante, pieno di pesci esistenti e inesistenti che minacciano di assalirmi. Un tempo era questo il mio incubo peggiore, poi la mia graduatoria è cambiata e ora vede al primo posto un sogno ancora più brutto, che poi tanto sogno non è. Oramai perfino dormire è diventato pesante per me. E il mio cellulare sembra saperlo, visto che squilla improvvisamente destandomi dal dormiveglia e riportandomi alla dura realtà delle tartarughe. Mi acciglio notando l'insistenza del possessore del numero sconosciuto che mi appare sullo schermo, costringendomi a rispondere nonostante io abbia la voce impastata dal sonno.

'Si?!' - riesco a dire, dopo aver accettato la telefonata. Il mio interlocutore tossisce elegantemente, facendomi intuire di star avendo a che fare con una donna.

'Salve, parlo con De Martino Margot?' - esordisce, e sto quasi per risponderle di no, ma per fortuna mi fermo in tempo. Respiro a fondo, e confermo. Sono sicura che tutto questo mi costerà un bel po' di brutte figure.

'La chiamo per conto del Cryster, a cui ha rilasciato il suo curriculum nei giorni scorsi.' - continua, facendomi balzare in piedi come un canguro. Non ho la più pallida idea di cosa sia il Cryster, ho consegnato i miei documenti a tutto il paese ed è impossibile ricordare ogni singolo posto, ma la tecnologia verrà in mio aiuto. In fin di conti non mi importa molto, accetterò qualsiasi cosa mi proporranno di fare. La invito a proseguire con troppo entusiasmo, devo controllarmi se non voglio essere licenziata ancora prima di essere assunta.

'Abbiamo visionato tutti i documenti e l'ho chiamata per informarla che attualmente lei non ha le caratteristiche adatte e l'esperienza che cerchiamo per essere assunta, mi dispiace.' - dice tutto d'un fiato, spegnendo la mia speranza. Come non detto. Ho sempre odiato questo genere di spiegazioni, non sono altro che un modo più educato per sminuire le mie capacità. Mi risiedo disordinatamente sul divano, mi tocca darle una risposta.

'A questo punto avrei preferito continuare a dormire...'- penso a voce alta. Sarebbe stato meglio sognare un branco di squali nel mio soggiorno piuttosto che ricevere questa telefonata. La donna incespica goffamente con le parole, e vorrei dirle che attualmente nemmeno lei sembra possedere le caratteristiche adatte per conversare con me, ma non voglio sembrare arrogante.

'Non sapevo stesse dormendo.'- replica giustamente.

'Sicuramente! La ringrazio comunque, buona serata!'- la congedo, giocandomi ogni possibilità di essere richiamata. Non credo che questa mancanza di caparbietà mi farà avere presto un lavoro, ma sono ancora troppo scossa dalle tartarughe marine per poter essere polemica. Sbuffo sconfitta mentre mi pento di non aver insistito, forse dopo aver persuaso l'agente immobiliare sarei riuscita a conquistare anche questa donna.

Credo sia il caso che io cambi anche modo di fare, dopo aver cambiato identità.

 

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Capitolo 3
*** 2. ***


2.

Guardo il mio riflesso allo specchio mentre Sophie, la ragazza dai capelli rossi che parla ininterrottamente da ore, mi sistema le ultime ciocche davanti al viso. Ho creduto di svenire quando al posto della mia solita chioma bionda ho visto un ammasso scuro, e lei deve essersene accorta dato che mi ha rassicurata dicendomi che sto molto meglio così. Se solo sapesse la ragione per cui lo sto facendo non avrebbe motivo di mentire. Non mi interessa essere bella, ma irriconoscibile.
In soli dieci minuti mi ha raccontato tutta la sua vita: ha ventotto anni come me, è cresciuta lontano da qui e i suoi genitori sono rimasti nel paese d'origine. Attualmente vive da sola, ma dice di passare più tempo a casa del suo fidanzato piuttosto che a casa sua. L'ho ascoltata per educazione, ma durante tutta la conversazione non ho fatto altro che pensare che io non le ho affatto chiesto niente.

<< Ho finito >>, mi sorride attraverso lo specchio, togliendomi poi la mantella dalle spalle. La ringrazio cautamente mentre cerco distrattamente i contanti nello zaino, e vado in panico non appena mi accorgo di aver speso quasi tutto ciò che avevo in soli due giorni, facendo solamente la spesa, pagando l'affitto e cambiando identità. Ho assolutamente bisogno di un lavoro, o dovrò necessariamente ricorrere alle carte di credito e rischiare di essere nuovamente trovata, cosa che Lui mi ha proibito di fare. Gli ho promesso che me la sarei cavata da sola, e so che se facessi un passo falso rischierei di buttare tutto all'aria.

<< Non cercate dipendenti, vero? >>, domando a quella che credo sia la proprietaria del salone. Non sono una parrucchiera e non capisco un bel niente di capelli, ma ora come ora potrei imparare perfino a fare l'idraulico.

<< No, ma so che in centro in molte strutture cercano personale >>, replica prevedibilmente. Nemmeno so quale sia il centro di questo paese.

<< Ho già lasciato il mio curriculum in giro, ma nessuno ha richiamato. E ho una certa fretta... >>, confesso, dimenticando di star parlando con una sconosciuta. Se non fossi così disperata me ne starei sulle mie come sono solita fare. La donna scrolla le spalle con aria dispiaciuta, è chiaro che non sa come aiutarmi. Le porgo l'ultima banconota che mi è rimasta e tiro un sospiro di sollievo quando scopro che mi spetta anche il resto.

<< Il mio ragazzo cercava gente tempo fa, potrei chiedere a lui >>, si intromette la ragazza che mi ha fatto diventare castana, accendendo le mie speranze. Forse ascoltare la sua biografia non è stato tempo perso.

<< Potresti chiederglielo adesso? >>, domando frettolosamente, risultando quasi scortese. Consiglierò questo salone a tutti solo per la pazienza che hanno. Ma la rossa scuote la testa, facendomi ricredere su tutto.

<< Lavora fino a tarda notte e a quest'ora credo che stia ancora dormendo. Ma puoi andare al ristorante personalmente, riaprono nel pomeriggio >>, mi informa, svelandomi di cosa si tratta. Sono così presa da questa storia che non mi importa nemmeno sapere quale impiego mi spetta, mi andrà bene qualsiasi cosa. Segno sul cellulare l'indirizzo e il nome del locale, per poi ringraziare infinitamente tutti per la disponibilità. Ho davvero scelto il posto giusto in cui cambiare colore di capelli. Mi ricordo di prendere le tre buste della spesa prima di andarmene goffamente, e ora che ci penso avrei bisogno anche di un'altra auto. La mia è ormai nelle sue mani, e mi ha categoricamente proibito di usarla pur cambiando targa. Tutto ciò che riguardava la mia vecchia vita è stato fatto sparire dalla circolazione, in modo che io non possa incorrere in frivoli errori che comprometterebbero la mia incolumità. Abbiamo e stiamo ancora rischiando troppo per poterci permettere stupide leggerezze.

Quando rientro nel mio appartamento ho le braccia a pezzi. Ho ereditato da mia madre l'arte della spesa selvaggia in modo che non manchi mai niente in casa, ma ho sottovalutato il fatto che ormai io sia rimasta sola e soprattutto senza un soldo. A volte mi chiedo se valga la pena vivere in questo modo o se sarebbe stato meglio farla finita sin dal principio. Dovrò vivere con la costante paura di essere trovata e mentire per il resto della mia vita a chiunque, perfino a chi amerò. Ma ormai ci sono dentro, ed è tardi per arrendermi.

L'incessante scroscio della pioggia sul tetto mi desta dal vortice dei pensieri, portandomi a chiedere il motivo per cui ogni volta che decido di fare qualcosa ai capelli il meteo sembra saperlo. In questo posto piove sempre a dirotto, sono qui da pochi giorni e non ho ancora visto il sole. Fortunatamente non sono metereopatica, altrimenti avrei potuto solamente sbattere la testa contro il muro.
Sbuffo sconfortata quando guardo l'orologio: è già ora di pranzo, e mi ero ripromessa di disfare le valigie e mettere tutto in ordine al più presto.
Impiego più del dovuto per sistemare la spesa, devo ancora prendere confidenza con i vari mobili e cassetti e questa mansarda è così piena di armadi a muro che sicuramente dimenticherò il posto di ogni singola cosa.
Decido di svuotare lo zaino più pieno di cianfrusaglie inutili, che mi ostino a conservare per ricordarmi che posso avere una vita normale fatta di fotografie, quadri e lettere, molte lettere. La mia preferita rimane quella che mi spedì la mia migliore amica quando avevamo entrambe otto anni dopo uno dei miei tanti trasferimenti. Non esistevano le videochiamate, i cellulari erano un mondo sconosciuto per noi bambini. Avevamo un foglio e una penna, stickers e mille colori. Sorrido mentre leggo dei nostri progetti: si parlava di giocare a nascondino, andare al mare e trovare i sassi dalle forme più strane, guardare i cartoni animati e dormire in tenda in pieno agosto. Ovviamente non ci siamo mai più viste. Spero che lei se la stia passando meglio di me.
Ripongo la lettera in un cassetto che difficilmente riaprirò, ho un nodo in gola ma fingo di ignorarlo. Faccio lo stesso anche con il resto dei fogli, tra cui biglietti di auguri dei miei genitori, frasi sdolcinate di quando avevo una vita sentimentale e molto altro. Ma è quando dispiego uno tra gli ultimi fogli che mi si gela il sangue nelle vene.
Una calligrafia disordinata, un'iniziale puntata e quelle parole che da mesi echeggiano continuamente nella mia testa.

Scappa pure, J. Nasconditi, evitami, fingi che io non esista. È quando ti scorderai di me che io ti ricorderò cosa sono in grado di fare.

Non so ancora il perché io non abbia bruciato questo foglio prima, o il perché non lo faccia ora che sono una persona nuova, diversa. Eppure qualcosa mi dice che in ogni luogo e circostanza, lui riuscirà sempre a trovarmi.

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Capitolo 4
*** 3. ***


3.

Ho il fiatone non appena mi fermo di fronte al ristorante. Trovarlo non è stato molto difficile, ma il mio senso dell'orientamento è così precario da riuscire a perdermi perfino in strade diritte. Fortunatamente ho la tecnologia dalla mia parte.

L'esterno del locale è così lussuoso da indurmi a dare una sistemata al mio aspetto e prima di entrare benedico la ragazza che stamattina ha rimesso a nuovo i capelli, senza di lei non sarei nemmeno qui. Spero di riuscire a colloquiare con qualcuno dato che, come al solito, sono in ritardissimo, cosa che mi viene confermata dalla sala completamente piena.
Maledizione, è già ora di cena!
Mi guardo attorno con aria spaesata, se non fossi così disperata sarei stata abbastanza rispettosa da andarmene subito e non disturbare nessuno, ma ho davvero bisogno di lavorare e non uscirò da qui finchè non avrò parlato con il proprietario.
I tavoli sembrano essere tutti occupati e dal via vai di camerieri deduco che questo locale funzioni alla grande.
Vengo accolta da una signorina gentile che mi chiede di seguirla davanti a un grosso tableau. Non ho il coraggio di dirle che non sono qui per mangiare e la sua professionalità nel cercarmi un posto libero mi fa venire voglia di scappare vergognandomi come una ladra.

<< Ha una prenotazione? >>, chiede improvvisamente, notando la mia aria sospetta. Incespico con le parole come una perfetta idiota, sto andando davvero alla grande. Brava Margot!

<< Non proprio... in realtà sono qui per un colloquio >>, dico velocemente, perdendo l'interesse della ragazza vestita da pinguino. Non capisco perchè i camerieri non siano liberi di vestirsi come vogliono.

<< Adesso? Non credo che sia il momento adatto... la cucina è un inferno! >>, mi informa, facendomi intuire che la persona che sto cercando si trovi proprio lì. Se non fossi la solita ritardataria forse avrei già un lavoro tra le mani e invece ho trascorso l'intero pomeriggio a sistemare casa al punto da perdere la cognizione del tempo. Quando tornerò a casa farò una bella ramanzina alle mie valigie.

<< Capisco... ti ringrazio ugualmente >>, sorrido cordialmente alla ragazza che ricambia, prima di girarmi le spalle e tornare frettolosamente tra i tavoli della sala. Peccato che io non sia una che si arrende così facilmente.
Cercando di passare inosservata mi intrufolo ugualmente, fingerò di sedermi a un tavolo di sconosciuti se sarà necessario. Non uscirò da qui se prima non avrò ricevuto le informazioni che cerco. Con la coda dell'occhio scorgo un paio di camerieri pinguini sparire dietro una porta saloon con le braccia totalmente impegnate a sorreggere piatti, e se due più due mi dà sempre quattro significa che la cucina sia proprio lì dentro. Con una mossa repentina percorro tutta la sala sperando che le mie movenze circensi non diano nell'occhio e approfitto dell'uscita di un grosso carrello colmo di dolci per sferrare la mossa finale. Trattengo le porte a due camerieri frettolosi che ringraziano cordialmente, se solo sapessero ciò che sto per fare mi investirebbero con tutte queste torte colorate, e invece prima che io me ne renda conto sono già in cucina.
Dire che qui dentro è un inferno è un eufemismo!
Di primo acchito conto già quindici persone intorno a me che svolgono le proprie mansioni animatamente, e chissà quante altre ce ne sono nel resto della sala. Dubito che abbiano bisogno di ulteriore personale.
La mia attenzione viene catturata dal fuoco che si innalza da una padella, è così alto da farmi indietreggiare. Cosa che non fa il cuoco, visto che continua a spadellare sapientemente col fuoco a due passi dal viso. Rimango imbambolata a fissare la scena, dimenticandomi il motivo per cui io sia qui. Mi rianimo solo quando vengo colta in flagrante dal piromane ai fornelli, che mi guarda con aria sospetta.

<< Tavolo 19, presto! >>, pronuncia, consegnandomi due piatti che afferro solo per non farli cadere.

<< Oh, io non >>, provo a spiegare, ma non me lo permette.

<< Presto! >>, tuona, fulminandomi con lo sguardo. Vorrei versargli entrambe le pietanze sulla sua testa, ma per rispetto del cibo non lo farò. Mi scappa una parolaccia prima di lasciare la cucina per servire il tavolo 19, non tenendo conto che in sala ci saranno più di cinquanta tavoli e non ho la più pallida idea di dove andare.
Fortunatamente incrocio un cameriere sommerso da piatti vuoti, che mi indica la direzione da prendere con un cenno del capo.
Rabbrividisco non appena mi accorgo che tra le mani ho delle pietanze di solo pesce, questa è per me una prova di resistenza.
Scorgo il numero che sto cercando su un piccolo tavolo di sole due persone, una tenerissima coppia di anziani. Li servo facendo attenzione a non rovesciare tutto sui loro abiti eleganti, venendo poi ringraziata da entrambi.
Assurdo, sono venuta qui per un colloquio e mi ritrovo a servire tavoli!
Torno in cucina con aria infastidita, questa volta non mi lascerò distrarre da dipendenti arroganti e scortesi.
Mi avvicino a una signora indaffarata a ripulire enormi padelle, quasi più grandi di lei. Ha un grembiule bianco totalmente bagnato, suppongo che asciughi le stoviglie con esso.

<< Mi scusi, saprebbe indicarmi il titolare? >>, le domando cordialmente cercando di darle il meno fastidio possibile.

<< È ai fornelli, cara >>, risponde senza mai staccare gli occhi dalla sua mansione. La ringrazio prima di voltarmi verso la postazione indicata, scorgendo un uomo piuttosto anziano impegnato a cucinare chissà cosa. Dubito che riuscirò a parlargli in questo momento, ma decido di chiedergli comunque di aspettarmi per fare due chiacchiere dopo la chiusura del locale. Mi avvicino cercando di creare meno scompiglio, cosa quasi impossibile visto il caos che è il regna qui dentro.

<< Scusi, potrei rubarle un secondo? >>, catturo così l'attenzione della mia vittima, sfoggiando il mio miglior sorriso. Il buon uomo fa a malapena in tempo a girarsi verso di me, prima di essere sovrastato dal suo collega, l'aiuto chef presumo, che ancora una volta con aria insolente mi mette a tacere.

<< Ti sembra questo il momento per rubare secondi? Guardati intorno, c'è il caos >>, urla, facendomi imbarazzare da morire. Ho tutti gli occhi puntati addosso, sono piuttosto sicura che presto mi sbatteranno fuori da qui.

<< Scusa, ma non stavo parlando con te! >>, lo fulmino con lo sguardo, ignorando le risatine alle mie spalle. Qualcuno qui dentro ha bisogno di imparare la buona educazione e io non mi tiro di certo indietro nel fare ramanzine, soprattutto non mi faccio trattare male da nessuno, figuriamoci da questo troglodita altezzoso che nemmeno mi conosce. Provvederò a segnare il suo nome nella lista delle persone da infastidire.
Malauguratamente l'uomo mi ignora, tornando a cucinare senza proferire parola.
Qui dentro sono tutti molto simpatici!

<< Posso avere una risposta? >>, mi spazientisco, alzando il tono di voce.
Il ragazzo indisponente torna a guardarmi, avvicinando pericolosamente il viso al mio.

<< No >>, si limita a dire, quasi sussurrando.

<< Tavolo 26, veloce >>, mi piazza in mano altri due piatti, cogliendomi di sorpresa. Guardo il titolare al suo fianco, se mi rifiuto di certo non mi assumerà mai.

<< Stronzo >>, sussurro allontanandomi. Non so ancora se lavorerò mai qui, in tal caso questo ragazzo se la vedrà brutta con me. Mi chiedo se gli altri subiscano la sua arroganza o se qualcuno riesca a dargli del filo da torcere come meriterebbe.
Obbedisco agli ordini solo per non partire con il piede sbagliato, probabilmente il cretino presunto cuoco non si è accorto che non faccio parte dello staff. Pretenderò le sue scuse a fine servizio.
Sorrido ai signori seduti al tavolo 26 che mi chiedono poi del sale. Annuisco spaesata. Dove diavolo è il sale?
Torno di corsa in cucina e comincio a frugare tra i vari scomparti, nei quali trovo solo pentole e padelle. Mi guardo attorno in cerca di aiuto, ma sono tutti così indaffarati da ignorare ogni mio tentativo di fermarli. Sono tentata dall'andare al tavolo e blaterare su quanto l'utilizzo inappropriato del sale possa creare danni al nostro organismo, quando scorgo Mr.Prepotenza guardarmi con la coda dell'occhio. Deve essersi reso conto di non avermi mai visto prima.
Mi fa un cenno col capo, chiedendomi implicitamente cosa io stia cercando.

<< Il sale >>, mi limito a dire quasi sussurrando.

<< Fuori, sulla credenza >>, replica spadellando qualcosa che di sicuro non mi piacerebbe. Torno nuovamente in sala, non mi ero assolutamente resa conto che ci fosse una credenza appena fuori la cucina. È piena di spezie, salse e condimenti che a malapena conosco. Prendo il sale e lo porto finalmente ai gentili signori che probabilmente hanno già finito di mangiare. Mi scuso gentilmente per poi andarmene a gambe levate prima che mi arrivi una ramanzina. Vengo però fermata da un ragazzo che mi chiede di ordinare, lamentando di aver aspettato già troppo. Comincia a elencare le pietanze non notando che non posseggo nè una penna nè un foglio, e la mia memoria è troppo compromessa per ricordare tutto.

<< Un attimo! >>, esclamo fingendo un sorriso. Questo posto mette a dura prova la mia pazienza. Estraggo il cellulare dalla tasca, scriverò qui la comanda. Devo trattenere il disgusto mentre mi ordinano tutto a base di pesce, dovrò procurarmi una mascherina se verrò assunta. Quando rientro in cucina noto una serie di comande attaccate a uno scaffale, cosa che io non posso fare avendola scritta sul cellulare e di certo non ho intenzione di copiare tutto su un foglio.

<< Ho qui l'ordinazione del tavolo 26, ve la dico a voce perché ero sprovvista di penna >>, mi rivolgo agli uomini ai fornelli, attirando la loro attenzione.

<< Non possiamo ricordare tutto, trascrivila e attaccala lì >>, replica qualcuno che non riesco a distinguere.

<< Non ci penso affatto, è già tanto che io mi sia fermata a prenderla, per cui o mi ascoltate o qualcuno rimarrà digiuno >>, minaccio acidamente, ne ho fin sopra i capelli di questo locale. Mi licenzierò ancora prima di essere assunta.
Comincio a leggere ad alta voce ignorando la loro richiesta, fin quando non mi accorgo della presenza di qualcuno troppo alto di fronte a me. Alzo lo sguardo cautamente, trovandomi davanti due occhi verdi accusatori.

<< Adesso tu prenderai un foglio e una penna e attaccherai questa comanda insieme alle altre >>, tuona il simpaticone dei fornelli, continuando a guardarmi male. Gli sorrido falsamente, scuotendo la testa. Io non scriverò proprio niente. Prendo il nastro adesivo dal bancone e comincio ad attaccare il cellulare accanto alle altre ordinazioni, sotto le risatine di tutti. Mi assicuro che sia ben stabile, sarebbe un bel problema se cadesse e si rompesse.

<< Ecco la tua comanda, chiamatemi quando avrete finito >>, sputo acidamente, per poi ritornare in sala. Passerò il resto della serata qui a sparecchiare i tavoli se sarà necessario. Dopo tutto questo caos non ho alcuna intenzione di ritornarmene a casa senza aver prima parlato con il titolare, e anche se stare qui dentro non è ciò a cui ambivo è comunque meglio di niente. Spero che perlomeno lo stipendio sia adeguato al lavoro che c'è da fare.
Mi intrattengo chiacchierando con i clienti, quasi tutti mi chiedono di fare i complimenti allo chef per la squisitezza delle pietanze, cosa che ovviamente non farò vista la faccia di bronzo dello chef, cuoco o aiuto cuoco che sia. Già lo immagino replicare ai complimenti con 'lo so che è tutto buono, non è necessario ricordarmelo', e a quel punto rischierei davvero di immergere la sua testa nell'olio bollente delle sue padelle.
Sorrido tra me e me quando un signore molto gentile mi lascia una mancia solo per avergli chiesto se gli servisse altro, di questo passo potrei trascorrere le serate tra i tavoli a fare domande senza che nessuno mi assuma e ritrovarmi ugualmente uno stipendio.
A fine serata sono esausta. Nonostante io non abbia la divisa come tutti i camerieri, i clienti hanno pensato bene di chiamare quasi sempre me per ogni esigenza. Se fossi una stronza mi farei pagare la giornata lavorativa, ma nessuno mi ha obbligata a rimanere qui. L'ho fatto solo per non perdere l'opportunità di parlare con il proprietario e spero che si sia accorto del mio impegno.
Quando rientro in cucina ritrovo la maggior parte dei camerieri seduti sul pavimento a mangiare quelli che sembrano essere avanzi. Sono tutti visibilmente a pezzi, sudati e trasandati. Devo correggermi: questo locale dovrebbe avere il doppio dei dipendenti visto l'afflusso di clienti. Il mio cellulare è ancora attaccato alla parete e tiro un sospiro di sollievo nel constatare che il tizio ai fornelli non lo abbia bruciato di proposito. Gli rivolgo una rapida occhiata: ha una bandana rossa arrotolata sulla fronte ricoperta da ricci disordinati, cosa che prima non aveva. Posso solo immaginare le temperature infernali che raggiungono queste postazioni. Nonostante ciò non riesco a provare compassione per quest'essere arrogante.

<< Ti sembra carino piombare in cucina così fresca e sistemata quando noi siamo in fin di vita? >>, me lo ritrovo alle spalle mentre cerco di riappropriarmi del cellulare. Lo guardo meglio, effettivamente ha un aspetto orribile.
Ma che faccia tosta!
Lo scorgo sorridere mentre mi porto i capelli dietro le orecchie, pronta per la mia sceneggiata da squilibrata che ho dovuto trattenere tutta la sera.

<< Ascoltami bene. È da quando ho messo piede in questa cucina che non fai altro che avercela con me, quindi adesso parlo io. Uno, io non lavoro in questo ristorante, non ancora, e tu hai continuato a darmi ordini come se fossi tua sorella, e se non ti ho mandato a fanculo è solo perchè stavate nella merda e volevo rendermi utile ma scordati che la prossima volta io obbedisca >>, dico tutto d'un fiato. La cucina cade in un silenzio tombale, perfino i lavapiatti smettono di fare rumore. Lui continua a mantenere il suo ghigno prepotente, facendo accrescere la mia irritazione.

<< Dunque dovrei ringraziarti per la tua generosità >>, replica poggiandosi al bancone con le braccia conserte.

<< Mi prendi pure per il culo? >>, domando retorica, facendolo ridere. Decido di lasciarlo perdere e saltare il punto numero due, è già troppo tardi e devo ancora avere il mio colloquio. Quando mi volto sono tutti sbigottiti. Evidentemente mai nessuno ha avuto il coraggio di rendere pan per focaccia a questo sbruffone.
Mi avvicino finalmente al titolare di questo circo che è intento a sgranocchiare qualcosa che non distinguo. Forse non dovrei disturbarlo ma ho già aspettato troppo.

<< Chiedo scusa per la maleducazione, giuro che sarò breve >>, esordisco sotto il suo sguardo perplesso. Gli porgo la mano che lui stringe prontamente.

<< Mi chiamo Margot de Martino e sono qui perchè ho saputo che cercate personale. Non so bene per quale mansione ma le garantisco che sono capace di fare qualsiasi cosa, non ho il curriculum con me ma ho esperienze pregresse come segretaria, commessa, ho anche fatto parte di un'impresa di pulizie, non che c'entri molto con questo contesto ma imparo in fretta, davvero. Potrei cominciare anche domani, massima flessibilità sugli orari, niente ritardi, insomma mi faccia provare >>, lo supplico senza fiato. L'uomo che non si è ancora presentato rimane a bocca asciutta, sembra non sapere cosa rispondere. Forse l'ho colto di sorpresa, eppure credevo che la fidanzata lo avesse avvisato. Anche se ora che ci penso la ragazza che mi ha tinto i capelli è troppo giovane per essere la compagna di questo signore. Non sarà mica...

<< Cara, vorrei tanto aiutarti, credimi. Ma io sono l'aiuto cuoco, non il titolare >>, sussurra, facendomi morire di imbarazzo. Sento le mie guance avvampare mentre incespico con le parole alla ricerca di una frase di senso compiuto.

<< Sono mortificata, devo aver fatto confusione. Deduco che il titolare non sia qui, giusto? >>, chiedo cercando un posto in cui sotterrarmi. Ho trascorso tutta la serata in questo posto infernale inutilmente.

<< Certo che è qui, è alle tue spalle >>, replica il buon uomo, riaccendendo le mie speranze. Mi volto immediatamente, mi ci vuole qualche secondo prima di mettere a fuoco la persona appoggiata allo stipite della porta.
Oh no.

 

 

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Capitolo 5
*** 4. ***


4.

Socchiudo gli occhi in preda all'imbarazzo. Non riesco a credere di aver trascorso tutta la sera a fare l'indisponente contro la persona che stavo cercando, mi sono inconsapevolmente giocata la possibilità di essere assunta.
Mi avvicino lentamente a lui che continua a sorridermi sfacciatamente, avrà sicuramente ascoltato tutto.
E ora che diavolo dico?
Mi schiarisco la voce mentre cerco il coraggio di guardarlo in faccia, merito tutte le cose che mi dirà.

<< Non avevo capito che... >>, mi blocco, vergognandomi da morire. Guardo altrove non riuscendo a mantenere il contatto visivo, non so proprio come uscire da questa situazione .

<< Me ne sono accorto >>, replica, accendendo una sigaretta direttamente dalla bocca. Ora capisco la sua arroganza, è tipica dei titolari. Questo non significa che io non pretenda un trattamento rispettoso anche da lui.

<< Potevi anche dirmelo! Avrei sicuramente compreso meglio la situazione e mi sarei risparmiata molte uscite infelici >>, torno ad agitarmi come faccio sempre quando sono sotto pressione, incrociando le braccia al petto con aria infastidita.

<< Avrei potuto, ma mi sarei perso tutto il divertimento >>, continua, prendendosi gioco di me. Questo ragazzo sta mettendo alla prova la mia pazienza.

<< Deduco che io debba andarmene >>, quasi sussurro, mi maledirò per sempre per aver sprecato questa occasione. Gira la testa verso la porta per cacciare il fumo che ha in bocca, facendomi rendere conto di stare davanti un vicolo buio e silenzioso, suppongo l'uscita d'emergenza.

<< Oggi pomeriggio la mia fidanzata mi ha detto che una ragazza dai capelli appena tinti sarebbe venuta per un colloquio e appena ti ho vista ho pensato di stressarti subito, così da metterti alla prova senza troppe parole di circostanza e convenevoli >>, confessa, lasciandomi a bocca aperta. Dunque sapeva benissimo chi fossi!

<< Se mi avessi avvisata mi sarei messa all'opera piu serenamente e avrei lavorato sicuramente meglio! >>, controbatto a tono, peggiorando la situazione. Devo imparare a starmene zitta. Mi accorgo solo adesso di stargli dando del tu, poco professionale e rispettoso, ma questo titolare è così giovane che mi riesce difficile dargli del lei. Credo che abbia solo una manciata di anni più di me. Mi chiedo se questo locale sia solo opera sua.

<< Oh che sbadato, ti chiedo scusa per questa mia dimenticanza, la prossima volta farò più attenzione >>, mi prende in giro, mettendo in mostra le fossette sulle guance che gli spuntano ogni volta che sorride. Distolgo nuovamente lo sguardo dal suo, sbuffando. È davvero difficile riuscire a sostenerlo, e le sue iridi verdi peggiorano la situazione.

<< De Martino, giusto? >>, chiede improvvisamente, confermando implicitamente di aver ascoltato la mia presentazione di poco fa con chi credevo fosse il titolare.

<< Domani mattina alle dieci ti voglio qui. Julian? >>, urla, richiamando un ragazzo dall'altra parte della stanza.

<< Tu e Kim domani mattina farete formazione a questa ragazza, avvisala tu >>, continua, e quasi svengo dalla contentezza.

<< Abbigliamento consono, pantaloni neri e camicia bianca, capelli raccolti, se andrai bene provvederò a ordinare la divisa. Domani sera qui alle 18.30, per il momento sei in prova retribuita per una settimana. Domande? >>, pronuncia tutto così velocemente che fatico a stargli dietro. Scuoto la testa, non posso crederci di avercela fatta.

<< Grazie... >>, mi limito a dire quasi imbarazzata. Mi toccherà ringraziare anche la sua fidanzata. Getta la sigaretta nel posa cenere accanto la porta prima di pulirsi la mano sul grembiule che ha in vita, per poi porgermela gentilmente.

<< Hayden >>, pronuncia sorridendo. Ricambio il gesto, la mia mano è inspiegabilmente fredda. Forse non è così stronzo come sembra.

<< Margot >>, replico deglutendo a fatica. Ripete il mio nome a bassa voce, come per memorizzarlo.

<< Aspetta, non mi hai detto un nome inventato cosicchè io sbagli a chiamarti davanti a tutti solo per farmela pagare, vero? >>, torno a fare l'indisponente, facendolo ridere. Qualcosa mi dice che questa sera abbia fatto lo stronzo solo per esasperarmi, d'altronde ha trattato male solo me e nessun altro sembra avere brutti rapporti con lui.

<< No, anche perchè in orario di servizio dovrai chiamarmi chef >>, torna a fare il presuntuoso, e ritiro tutto quello che ho pensato.

Non mi resta che incrociare le dita per questa settimana.

***

Julian e Kim si rivelano essere entrambi miei coetanei. Nonostante la giovane età lavorano per Hayden già da dieci anni, quando ancora frequentavano le scuole. Dicono di trovarsi davvero bene qui nonostante il caos e la fatica.
Fortunatamente stamane non ho ritardato al nostro appuntamento di formazione, anzi, sono arrivata persino in anticipo. I due ragazzi mi hanno accolto con entusiasmo, mettendomi immediatamente a mio agio. Ho già imparato la disposizione dei tavoli e varie regole sul portamento e mi ci è voluto un po' per capire come camminare con le portate senza infilarci i pollici dentro.

<< La sala è sempre piena come ieri sera? >>, domando curiosa, dovrò sicuramente comprarmi un paio di scarpe comode in tal caso.

<< Quasi sempre. Il locale funziona alla grande! >>, replica Julian, rifinendo con le dita gli angoli di una tovaglia. Replico i suoi movimenti su un altro tavolo, voglio che sia tutto perfetto per stasera.

<< Hayden è uno chef assurdo, sa inventare ricette spaziali con soli tre ingredienti. È nato per cucinare e il successo del locale lo dimostra >>, continua Kim, intenta a sistemare i ciuffi ribelli che fuoriescono dalla sua treccia castana. Sarei davvero curiosa di assaggiare qualche sua specialità.

<< E lui è sempre così arrogante con i dipendenti? >>, chiedo storcendo il naso. Conoscendomi so che non riuscirei a sopportare la sua prevaricazione senza dire nulla.
I miei colleghi scoppiano a ridere, lasciandomi perplessa.

<< Arrogante? Hayden Sanders? >>, replica Julian, incredulo.

<< È tra le persone più umili e buone che io conosca >>, continua Kim, sbuffando una risata. Mi rifiuto di credere che io lo abbia irritato a tal punto da diventarlo solo con me.

<< Con me non si è comportato molto bene... >>, confesso, mordendomi l'interno della guancia. I due ridono di nuovo, facendomi sentire una cretina.

<< Se ti riferisci al suo comportamento durante il tuo primo servizio sappi che fa parte del suo piano per mettere alla prova i dipendenti, lo ha fatto con tutti noi >>, spiega Kim, alzando gli occhi al cielo.
Che stronzo!
Sebbene questo mi rincuori trovo che sia molto scorretto. Un giorno potrei anche vendicarmi.

<< E che mi dite di tutti gli altri? >>, incalzo curiosa, ho proprio voglia di sapere che aria tira qui dentro.

<< Ah vuoi spettegolare! >>, afferma Julian, prendendo poi tre sedie e mettendole in cerchio. Ridacchio mentre ci invita a sederci con aria di chi vuole parlare male di tutti, comincia già a starmi simpatico. Noto solo ora che porta una fede al dito e la cosa non mi sorprende visto il suo bell'aspetto. Kim si guarda attorno prima di cominciare a parlare, scordandosi che siamo soli.

<< Non c'è niente di rilevante da cui metterti in guardia, se non da lei, la pecora nera della cucina >>, il suo tono diventa tenebroso, mentre Julian canticchia a bassa voce la colonna sonora di "Profondo rosso".
Dove sono finita?

<< Lei può metterti i bastoni tra le ruote e farlo sembrare un incidente, è così astuta da fare dispetti e non farsi mai scoprire, perfino Hayden ha riposto in lei la sua fiducia ignorando tutte le cattive azioni che commette >>.

<< Signore e signori, il suo nome è Rosie >>, continuano a fare i deficienti, e mi rasserena constatare che quando avrò voglia di esserlo anche io avrò loro due dalla mia parte.

<< Cosa fa di così terribile? >>, indago, almeno mi farò trovare preparata se dovesse accadere qualcosa di analogo.
Julian fa scorrere una mano tra i suoi capelli biondi, gesto che trovo fin troppo sexy per non distrarmi dall'argomento. Distolgo lo sguardo dal suo come faccio sempre quando sono in imbarazzo, fortunatamente Kim mi salva da una situazione scomoda.

<< Qualsiasi cosa, Margot. Nasconde le comande per poi accusare gli altri di averle perse, ruba le mance destinate a qualcun altro, una volta gettò perfino il sale di nascosto in una pentola sul fuoco approfittando della distrazione di Hayden, che dovette cucinare di nuovo tutto da capo. E la cosa più tremenda è che mai nessuno riesce a colpevolizzarla fornendo prove concrete >>, spiega con incredulità. Non riesco a credere alle mie orecchie, non pensavo nemmeno che potessero ancora esistere persone simili.

<< Perchè lo fa? >>, continuo a chiedere, anche se credo che non esista una risposta a questa domanda. Infatti scrollano entrambi le spalle, lasciandomi col dubbio. Vorrà dire che lo scoprirò da sola.
La nostra comunella viene interrotta da un rumore di chiavi che ci fa balzare in piedi come se stessimo facendo cose illegali. Julian cambia immediatamente discorso, tornando a parlare di tovaglie e posate, facendomi ridacchiare.
La figura del cuoco arrogante non più arrogante sommerso da sacchetti della spesa compare dalla porta principale, per un attimo ho temuto che la famosa Rosie si fosse nascosta tutta la notte nel ristorante e avesse origliato la nostra conversazione.

<< Non voglio una mano, tranquilli >>, ironizza Hayden con tono affaticato.
Lo raggiungiamo rapidamente, aiutandolo con la spesa e seguendolo in cucina.

<< Devi preparare qualcosa? >>, domanda Julian, svuotando i sacchetti colmi di ogni cosa.

<< Ieri ho terminato le verdure in olio e ho dimenticato di dire a Scott di prepararle, quindi mi tocca farlo ora >>, spiega indaffarato. Estrae la verdura dai sacchetti per poi metterle in una ciotola colma d'acqua. Osservo il tutto con aria spaesata, vorrei collaborare ma non so da dove cominciare. Mi scocca un'occhiata divertita mentre si lega il grembiule alla vita, accennando quelle fossette che sto cominciando a odiare.

<< Come procede la formazione, de Martino? >>, mi desta dai pensieri e mi chiedo come faccia a ricordarsi il mio cognome dopo averlo sentito solo ieri.

<< Bene. Kim e Julian sono davvero molto bravi >>, ammetto, conquistandomi un occhiolino dal mio collega.

<< Abbiamo un sacco di prenotazioni per stasera, vi voglio ben riposati >>, continua, e comincia a salirmi l'ansia. Sono piuttosto sicura che inciamperò un'infinità di volte con le portate in mano, chissà quanti piatti si schianteranno al suolo a causa della mia sbadataggine.
La mia pancia brontola ricordandomi di aver saltato tutti i pasti da ieri a pranzo, e stare qui in mezzo a tutto questo cibo peggiora la situazione. Purtroppo non ho abbastanza soldi per permettermi un'altra spesa e spero che per stasera la cena sia inclusa nel servizio.

<< Hayden? >>, lo richiamo a bassa voce, approfittando della momentanea distrazione di Kim e Julian. Si avvicina cautamente con l'orecchio, capendo l'intimità della situazione.

<< Se la settimana di prova dovesse andare bene, la retribuzione è prevista a fine di essa o dovrò aspettare la prossima busta paga? >>, domando imbarazzata. Fortunatamente sembra essere comprensivo, niente battute o sorrisi derisori, anzi, la sua espressione si addolcisce addirittura. Spero di non fargli pena, ma ho davvero bisogno di soldi.

<< Come preferisci tu >>, sussurra, facendomi tirare un sospiro di sollievo. Forse è davvero buono come sostengono i miei colleghi. Gli sorrido debolmente e quasi non vedo l'ora che venga stasera.

 

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Capitolo 6
*** 5. ***


5.

Vivo in questo appartamento da soli due giorni ed è già un casino. Ho impiegato qualche minuto abbondante per cercare le chiavi di casa che erano sepolte da una pila di libri che non ho avuto il tempo di sistemare, sfornando ripetutamente parolacce. Alle 18.30 dovrò stare al ristorante e solo ora mi sono resa conto di non possedere una camicia bianca.
Sono sempre la solita stralunata!
Indosso in fretta i miei pantaloni neri, sicuramente non avrò tempo per ritornare a casa dopo aver acquistato la camicia. Lego i capelli in una coda alta e dopo aver preso la borsa scappo letteralmente fuori casa. Mi faccio largo tra i passanti mentre cerco sul cellulare il negozio di abbigliamento più vicino, fortunatamente non dista molto dal ristorante. Cammino a testa bassa cercando di incrociare meno sguardi possibili, la mia psiche è così suggestionata al punto tale da essere quasi spaventata perfino ad uscire di casa. So che dovrei stare tranquilla, Lui mi ha garantito che è quasi impossibile che mi trovino ora che della mia vita precedente non è rimasto nulla, ma chi glielo spiega al mio cervello?
Ora che sono completamente sola devo ricominciare tutto da capo, instaurare rapporti, conoscere persone. Eppure da bambini non sembrava essere così difficile.
Ho l'affanno quando finalmente raggiungo il negozio di abbigliamento, non vedo l'ora di potermi permettere una nuova auto e limitare così le mie corse spastiche. Evito acidamente ogni commessa che cerca di avvicinarsi, non posso perdere tempo. Scorgo rapidamente il reparto dei capi basic dal quale prelevo la prima camicia bianca che mi capita davanti, senza fare troppa attenzione alla taglia e al modello. Mi dirigo nei camerini per indossarla, calza un po' larga ma non mi importa. Impreco mentre mi accorgo di aver sbagliato a coordinare i bottoni, costringendomi a ripartire da capo. Nascondo nella mia borsa la maglia che indossavo fino a poco fa e corro verso le casse che fortunatamente sono libere. Sorrido alla ragazza che aspetta che gli porga il mio acquisto, per poi indicarle il cartellino della camicia che non ho staccato appositamente per pagare e non rischiare di passare per una ladra. Mi becco un'occhiata torva mentre si protrae verso di me per scannerizzare il prezzo, ma d'altronde non c'è scritto da nessuna parte che non si possa lasciare il negozio indossando la merce appena acquistata. Esco nella stessa maniera in cui sono entrata, ossia correndo. Controllo maniacalmente l'orologio, mi verrà un infarto se non comincerò a organizzarmi per bene. Piombo nel ristorante col mio fare goffo e circense, attirando più attenzioni del dovuto.

<< Buonasera a tutti >>, esordisco col fiato corto, provocando le risate di qualche cretino che non riesco a distinguere. Sono già tutti in postazione, ordinatamente vestiti e pronti per cominciare il servizio. Sistemo la camicia stirandola con le mani, non mi abituerò mai a questo vestiario da pinguino. Scorgo Kim e Julian uno di fianco all'altro sussurrarsi qualcosa, per poi rivolgermi un occhiolino fugace.

<< Dritta con queste spalle >>, sbuca improvvisamente Hayden, raddrizzandomi la postura con le sue mani.
Cominciamo bene!
Gli rivolgo uno sguardo di scuse, dovrò lavorare sul mio portamento per essere all'altezza di questo locale. La cucina comincia già a diventare un via vai continuo nonostante le porte del ristorante non siano state ancora aperte. Posso solo lontanamente immaginare quanto si guadagni in una sola sera.
Mi do subito da fare imitando alcune mosse dei miei colleghi, seppure questa cucina sembri essere immacolata c'è ancora qualcosa da sistemare. Do una passata di spugna alla penisola sulla quale sono poggiate alcune vaschette di verdure in olio, presumo che siano quelle preparate stamattina da Hayden. Il profumino è davvero invitante, spero di poter assaggiare qualcosa prima o poi.

<< Se non ti senti ancora sicura puoi limitarti a prendere le comande stasera >>, sussurra ancora alle mie spalle, facendomi nuovamente sobbalzare. Spero che io non sembri ansiosa ai suoi occhi.

<< No, posso farcela >>, replico convinta, facendolo sorridere. Distolgo lo sguardo mentre si arrotola la bandana sulla fronte, pronto per mettersi ai fornelli.

<< Ragazzi, si apre >>, grida entusiasta per poi accendere vari macchinari di cui ignoro la funzione. Torno in sala per assicurarmi che sia tutto in ordine, seguita da Kim e Julian che sembrano voler fare lo stesso.

<< Capelli riccissimi, lunghi e biondi, è lei Rosie >>, sussurra il mio collega sgattaiolando alle mie spalle, ricordandomi di aver lasciato il discorso "Rosie" in sospeso. Mi guardo attorno alla ricerca della pecora nera del ristorante, trovandola dietro il carrello dei dolci. Dalle storie di Kim e Julian potrei presumere che abbia appena avvelenato il tiramisù. Fortunatamente i primi clienti cominciano ad arrivare prima che la mia mente elabori altre ipotesi di sabotaggio. Questa volta afferro una penna e un taccuino per non rischiare di dover nuovamente scrivere tutto sul cellulare e dopo aver preso un respiro profondo mi avvicino a uno dei tavoli occupati per prendere le ordinazioni. Cerco di seguire i consigli di Kim riguardo la manipolazione del cliente, ossia corromperli affinchè ordinino quasi tutti le stesse pietanze, puntando sempre sul piatto del giorno.

<< Lo chef questa sera propone un buonissimo risotto agli scampi profumato al limone >>, pronuncio trattenendo il disgusto al solo pensiero di dover servire quegli abitanti marini tutte le sere. Dovrò parlare con Hayden per convicerlo a proporre un menù innovativo privo di pesci e crostacei.

<< Non amo il limone >>, replica acidamente una signora, risultando più aspra del limone stesso. Mi sforzo di sorriderle, non posso alzarle il dito medio così presto.

<< Bene, allora lo chef vi propone un risotto agli scampi senza limone >>, continuo, provocando l'ilarità dell'intero tavolo.
Sfortunatamente fallisco miseramente, nessuna delle sei persone ordina il piatto del giorno, scegliendo pietanze complicate e tutte diverse tra loro. Torno in cucina borbottando, spero che Hayden non abbia niente da ridire.

<< Chef, tavolo 34, hanno ordinato sei primi piatti differenti, lascio correre o devo portare come assaggio un risotto agli scampi non profumato al limone, perchè alla signora acida non piace, per cercare di far cambiare idea a qualcuno? >>, domando tutto d'un fiato, esternando la mia evidente irritazione.
Hayden scoppia a ridere, ma in fondo so che si sta chiedendo cosa abbia fatto di male per avermi nel suo ristorante. Appendo la comanda insieme alle altre memorizzandola mentalmente nel caso a Rosie venisse la brillante idea di farla sparire.
Il gentile signore che ieri ho scambiato per il titolare mi porge due antipasti da portare al tavolo 21, è incredibile come in pochi minuti la cucina sia diventata già un inferno. Spero almeno di servire quanti più tavoli possibili per poter ricevere abbastanza mance da potermi permettere un'altra spesa.
Sorrido debolmente a Kim incrociandola per la sala, quasi invidio la disinvoltura con la quale sorregge le portate mentre vola da una parte all'altra. In confronto io sono un canguro spastico. Come previsto da Hayden il locale si riempie in poco tempo, a occhio e croce credo che ci sia il tutto esaurito. Mi stupisco della velocità con la quale riesco a servire le portate e prendere le comande, anche se per il momento mi accontento di portare solo due piatti per volta per evitare di fare disastri. Le mance viaggiano alla grande, potrei comprare una camicia bianca ogni giorno se continuano così. Non riesco a credere di aver avuto la fortuna di trovare questo posto senza nemmeno fare chissà quanta fatica, ogni tanto la sorte si ricorda di me.
Rubo una patatina fritta da un piatto lasciato a metà, facendo attenzione a non farmi vedere mentre lo riporto in cucina. Anche oggi ho mangiato troppo poco e se non mi organizzerò in fretta rischierò di dover rifare anche il guardaroba. Spero che a servizio finito ci sarà ancora qualcosa da sgranocchiare.
Mi sorprendo nel non trovare Hayden ai fornelli quando rientro in cucina, infatti noto l'aiuto cuoco in estrema difficoltà mentre si divide tra un'infinità di padelle. Spero che non gli sia successo nulla.

<< Posso aiutarla? >>, gli chiedo cordialmente nonostante sia consapevole di essere una pessima cuoca. L'anziano mi rivolge una rapida occhiata, continuando a spadellare a quattro mani.

<< Puoi chiamare Hayden? È fuori la porta d'emergenza, digli che è urgente! >>, replica con voce affaticata. Il suo viso è rosso come un peperone, eppure credo che abbia un'età pensionabile. Chissà perché si trovi ancora qui. Annuisco, prima di dirigermi velocemente fuori. La strada in cui sbuco è stretta e buia, piena di sacchi della spazzatura di vari colori. Mi guardo attorno attentamente, ma qui Hayden non c'è. Continuo a camminare fin quando non sento delle voci bisbigliare poco lontano, ho quasi il timore di interrompere qualcosa di importante. Mi fermo prima di svoltare l'angolo, riconosco la sua voce interloquire con quella di una donna. Non sarà corretto origliare, ma non ho intenzione di rischiare di trovarmi in una situazione imbarazzante.

"Possiamo parlarne a casa? Ho la sala piena". Lo sento dire piano, il tono della sua voce è calmo e supplichevole.

"Parlarne a casa? E quando, se non ci sei mai?". Replica la donna che al contrario di Hayden sembra essere irritata ed esasperata. Come diavolo me ne esco da questa situazione ora?

"Sophie, è lavoro, è il mio sogno, la mia vita! Tu sai quanti sacrifici ho fatto per arrivare fin qui, non puoi rinfacciarmi tutto!". Anche senza guardarli percepisco l'intensità dello sguardo di Hayden nel pronunciare queste parole. Intuisco dal nome pronunciato che stia discutendo con la sua fidanzata, colei che devo ringraziare per essere qui. Qualcosa mi dice che non debba essere semplice essere la ragazza di qualcuno che lavora tutto il giorno.

<< Sono giorni che non fanno altro che discutere >>, una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare. D'istinto mi porto una mano alla bocca per contenere lo spavento, ma mi spavento ancora di più quando noto una folta chioma bionda.
Rosie.
Ridacchia silenziosamente vedendo la mia reazione, lei non sa che la conosco già.

<< E tu che ne sai? >>, domando curiosa. A causa sua sto perdendo il resto della discussione tra i due fidanzati.

<< Li spio, così come stai facendo tu >>, replica divertita, e devo solo sperare che non vada a riferire tutto a Hayden. So già che alla prima occasione mi ricatterà.

<< È da mesi che aspetto che si lascino, eppure tornano sempre insieme >>, confessa amaramente, lasciandomi a bocca aperta.

<< Ti piace Hayden? >>, continuo, sentendomi una quindicenne.

<< Se mi piace? Mi fa impazzire! Trovamene una in questa cucina a cui non piaccia! >>, ammette, ed è assurdo che stiamo conversando di questo a due passi da lui.

<< Beh, me >>, rispondo senza pensare. Chissà quanto mi costerà questa risposta.

<< Solo perchè sei nuova, tra due settimane sarai già cotta a puntino! Sempre se sei single, chiaramente >>, si lascia scappare una risatina, mentre a me sprofonda lo stomaco. Se solo sapesse cosa nascondo.

<< Ad ogni modo non è molto carino origliare i loro discorsi in questa maniera >>, cambio volutamente discorso, cercando di sfuggire a questa situazione molto scomoda.

<< Hai ragione >>, concorda, sorprendendomi. << Forse sarà meglio origliare così >>, si nasconde dietro una colonna poco distante, attaccando l'orecchio alla parete per sentire meglio.
Non voglio crederci!
Trattengo una risata, per poi decidere di darmi una mossa e richiamare Hayden prima che la cucina bruci in sua assenza. Avanzo verso i due che continuano a discutere animatamente, per poi placarsi non appena mi vedono.

<< Scusatemi, non vorrei intromettermi, ma in cucina mi hanno chiesto di dirti di rientrare, è urgente >> mi rivolgo a Hayden, salutando con la mano la sua ragazza, nonchè mia parrucchiera.

<< Sì, arrivo >>, replica prima di sussurrare qualcosa alla fidanzata. Mi raggiunge stizzito e devo impegnarmi per non fissare Rosie e il suo nascondiglio segreto. Rischierei di farla scoprire. Rientriamo in cucina in un silenzio imbarazzante, scorgo sul suo volto un'espressione che non avevo ancora visto. Sembra turbato.

<< Porcatroia! >>, esclama quando torna ai fornelli. Le padelle sembrano esplodere e l'odore che emanano non promette niente di buono. Le scaraventa rumorosamente nei cestelli di lavaggio, aprendo poi il rubinetto per poter disincrostarle subito.

<< Scusami Hayden, non sono riuscito a gestire tutto >>, pronuncia l'uomo anziano al suo fianco, il suo viso è ancora più rosso di poco fa. Quasi mi piange il cuore vederlo così.

<< Non preoccuparti nonno, è colpa mia. Ora rifacciamo tutto >>, replica comprensivo, dandogli una pacca sulla spalla.
Nonno? Quest'uomo è il dipendente di suo nipote? Assurdo!
Con un'estrema velocità getta nella pattumiera tutto ciò che è sui fornelli, per poi rimpiazzarli nuovamente con le stesse pietanze. Mi rendo conto di essere rimasta come una pera cotta al centro della cucina, in dieci minuti sono successe troppe cose e ora ho perso il ritmo.

<< Posso aiutarvi? >>, domando ancora una volta, ricordandomi troppo tardi di non saperci fare in cucina. Hayden annuisce, facendomi pentire di averlo chiesto.

<< De Martino, per favore, prendi tutti i camerieri che ci sono qui dentro e toglietevi tutti dal cazzo! >>, urla improvvisamente, spaventandomi. Mi aspetto che scoppi a ridere da un momento all'altro e invece non lo fa, anzi. Intuisco che fa sul serio quando noto i miei colleghi uscire dalla cucina borbottando, loro lo conoscono sicuramente più di me. Decido di fare lo stesso seguendoli in sala, e comincio già a dubitare delle belle parole spese da Kim e Julian nei suoi riguardi. Forse questo ambiente non fa per me.

 

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