Lady Crow

di kiera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rinascita ***
Capitolo 2: *** Tin Tin ***
Capitolo 3: *** Gideon ***
Capitolo 4: *** L'agente e la piccola ***
Capitolo 5: *** Fan Boy ***



Capitolo 1
*** Rinascita ***


Mi sveglio di soprassalto in un posto stretto e angusto. Non so con quale forza, ma riesco ad uscire. Un corvo gracchia, ma stò già correndo verso la nostra casa e più mi avvicino e più i ricordi si fanno strada nella mia mente. I più sono legati alla notte del diavolo, si presentano ancora come frammenti e definirli spacca caranio non rende l'idea. Senza rendermene conto raggiungo la mia meta. Delle assi bloccano l'ingresso, le rompo senza troppi problemi ed entro, salgo fino all'appartamento più alto, un nastro della polizia blocca l'ingresso. Lo rompo ed entro, ed una volta entrata il ricordo si fa strada con tutta la violenza di cui è portatore.

La notte del diavolo, un giorno non proprio felice per la città, ma per me è la notte che precede il mio matrimonio. Si molti mi hanno detto che era dscutibile la scelta di sposarsi ad Halloween, ma sia io che Erik lo consideriamo perfetto. Stiamo parlando del più e del meno quando suona il campanello della porta. Vado subito ad aprire convinta che sia Sarah, un'adolescente a cui io e Erik ci siamo affezionati, ma aperta la porta vedo quattro uomini dall'aria pericolosa. Cerco di chiudere la porta ma riescono a spingermi via e ad entrare. Tengono in man la petizione che ho fatto. Uno di loro mi blocca portando una lama verso la mia gola e il mio braccio dietro la schiena, altri due bloccano Erik che stava venendo in mio soccorso. Quello che sembra essere il capo prende il paradiso perduto e inizia a parlare, ma io non sento nulla. Vengo trascinata sul letto, e capisco. Inizio ad urlare a divincolarmi, ma lui è più forte di me. Urlo il nome del mio compagno, costretto a guardare mentre il mio aguzzino decide di stuprarmi. Fa male, fa male e non posso fermarlo. Sento una lama fredda passarmi sulla pelle tagliandomi, poi la lama entra dentro di me. Il dolore viene superato solo dall'urlo disperato di Erik e solo con quell'urlo apro gli occhi e lo guardo. L'ultimo istante prima che i colpi di pistola lo raggiungano, il mio urlo viene sovrastato dalle loro risate. Viene gettato via dalla finestra come se fosse un giocattolo ormai inutile, chiedo a loro di uccidermi. Ma così non è, hanno altri piani. Vengo violentata e accoltellata per un tempo che sembra infinito, ma alla fine l'oblio arriva.

Sgrano gli occhi e mi accorgo che sono stesa sul pavimento. Corro verso la specchiera e strappo quel poco che resta della mia maglietta... e le vedo. Diverse cicatrici causate dalle pugnalate. Capisco. Non urlo, non piango queste cose sono andate perse quella notte. Sento solo rabbia, dolore. Rabbia per la morte insensata toccata al mio compagno e a me, per il futuro che ci è stato tolto per averci separato. Decido di mascherare la mia rabbia con un trucco da Pierrot. Finito il trucco, in un vecchio armadio trovo una maglietta nera a maniche lunghe la indosso, e in una busta quello che sarebbe dovuto essere il mio velo da sposa. Lo faccio a pezzi, una parte viene usata per raccogliere i miei capelli in una treccia quattro ciocche scappano all'acconciatura. Altre due strisce di velo per fasciarmi le mani e i polsi. Sorrido pensando a quante volte abbia aiutato Erik in questa operazione. Mi avvicino al rosone ormai distrutto, il corvo mi si appoggia sulla spalla. Un tuono presagisce l'inizio di un temporale e l'inizio della mia caccia.

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Capitolo 2
*** Tin Tin ***


La pioggia mi bagna, mentre corro sui tetti dei palazzi. Non ho mai avuto tanta energia e agilità, eppure questo non mi preoccupa mi rende euforica. Mentre sorrido il corvo mi mostra la mia prima preda. Il tizio dei coltelli. Scendo dal palazzo quanto più velocemente possibile e lo raggiungo, si stà accendendo la sigaretta.
Un uomo di colore, con indosso pantaloni di pelle, una giacca del medesimo materiale, maglietta e una guaina piena di coltelli. Il volatile nero va a disturbare la sua fumata, ed è allora che si accorge di me. Mi guarda e mi dice che Halloween è domani, la rabbia cresce. Non si ricorda ciò che ha fatto, ma una fitta alla testa mi blocca e dei flash si fanno strada. Vedo di nuovo il suo volto, vedo il suo ghigno soddisfatto. E sento la sua lama. Mi riprendo scossa da brividi ed è quel bastardo ad avvicinarsi dicendo che forse sa cosa potrebbe calmare i miei spasmi. Non rispondo. La mano destra cerca il suo collo e, sarà per l'effetto sorpresa lo trovo. Stringo e lo spingo contro un container, la mano sinistra sfila uno dei coltelli dalla guaina che porta al petto e lo pianto nel suo braccio destro. Le sue urla mi fanno solo che piacere. Prova a liberarsi dalla mia presa con il sinstro, ma il dolore lo rende più debole. Ovviamente il sinistro fa la fine del braccio destro. Altre urla, ulteriore soddisfazione.
Mi chiede cosa voglio, inclino il capo da un lato e sorridendo gli dico una cosa su cui non puoi mentire. Sfilo dalla guaina il terzo coltello e inizio a graffiarlo. Gli chiedo della notte di un'anno fa, di una giovane coppia, di uno stupro e dell'uomo. Un flash di quell'immagine passa velocemente, ma altrettanto velocemente la caccio via. E di una coppia di anelli, gli faccio presente che se oserà anche solo pensare di mentirmi, gli infilo la lama nell'addome. Bhè immagino sia chiaro cosa succede. Inizia a parlare, la sua sudicia vita gli stà a cuore. Eseguivano un ordine, ancora non realizza che io sono la vittima di quella notte. Dovevano solo spaventarci, così dice. La furia ritorna a farsi sentire, quando ripenso a ciò che ci è stato fatto. Sfilo il terzo pugnale e lo infilo nel petto. Dannazione, sebbene era questa la fine che immaginavo per lui, non mi ha dato ancora tutte le informazioni. Intanto l'omunculo stà chiedendo pietà, chiede di poter vivere. Gli pianto una delle tante lame ancora a mia disposizione sulla gola. Gli chiedo solo dove si trovano quegli anelli, niente promesse di pietà. Mi risponde, ottenuto parzialmente ciò che voglio riprendo il lavoro. Gli pianto tutti coltelli nel suo corpo, cercando di prolungare la sua agonia. Confermato il decesso lo lascio cadere a terra, prendendomi come souvenir il cappotto e un proiettile.
Strano per uno che non possiede armi, ma la cosa mi incuriosisce relativamente. Lego la cartuccia in una delle ciocche scappate dalla treccia. Mi avvio verso la mia nuova destinazione, il banco dei pegni di Gideon. Il corvo si appoggia di nuovo sulla mia spalla. La mia caccia è lungi dall'essere terminata.

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Capitolo 3
*** Gideon ***


Arrivo al banco dei pegni, un buco lercio e lurido e a farne da padrone Gideon. Busso, un pò di educazione non guasta mai, vengo lasciata sull'uscio della porta coperta di insulti. Ovviamente la cosa non mi ferma, sfondo la porta con un pugno ed entro. Ammetto che il fattore rigenerante torna comodo in queste situazioni, le minaccie del proprietario non mi sfiorano. Gideon è la rappresentazione vivente del suo stesso negozio, un obeso stempiato e lercio con un unghia del mignolo lunga, così senza motivo apparente. La sua voce odiosa raggiunge finalmente il mio timpano e alla sua ennesima richiesta sul perchè avessi fatto irruzione nel suo negozio fa scattare in me una risposta, abbastanza creativa. Mi avvicino al bancone e mentre lui goffamente cerca di caricare il fucile, decido di prendere rapidamente un coltello dal bancone e piazzarlo nella sua mano destra. Gli tappo la bocca per non sentire le urla e gli levo il fucile, ormai carico, e glielo punto contro. Lo minaccio di morte se non risponde correttamente alle mie domande, l'ammasso di carne inizia a tremare e mentre tenta di sfilare il coltello annuisce alla mia richiesta. Gli chiedo di una coppia di anelli, portati da un suo ex cliente di nome Tin Tin. Osservo il negozio e mi chiedo quanti di quegli oggetti siano stati aquisiti legalmente. Finalmente il grassone risponde che gli anelli sono in una scatola la trovo e comincio la ricerca. Ogni anello che tocco mi mostra il dolore che è toccato ai precendeti proprietari stò perdendo le speranze quando  li trovo, mentre il ricordo si fa forte nella mia mente sento la voce provenire dal corvo che mi consiglia i non guardare. Purtroppo non sono così saggia da starlo ad ascoltare.

Stiamo sistemando casa, o meglio nel momento della pittura il che la dice lunga sui nostri progressi, ma siamo felici. Erik mi da una mano e cerca di esserci sempre nonostante le prove e la follia che stiamo mettendo su. Lo vedo però nervoso e mi guarda la mano sinistra spesso e volentieri, non indago sono troppo nervosa per preoccuparmi anche di come sono messe le mie mani. Prendo il respiro un paio di volte e gli dico che dobbiamo parlare, il suo sguardo impaurito mi fa subito correre ai ripari e corro a prendere la scatolina prima che le paranoie affollino la sua mente. Torno e lo trovo a fissarmi con una scatoletta in mano, io scoppio a ridere mentre mi avvicino e gli porgo la mia scatoletta. Decidiamo di aprire le scatole nello stesso momento e li vediamo, sono due anelli. Il mio è un anello d'oro sottile con due piccole esse incastrate. Quello che ho regalato a Erik è più semplice ma lo sguardo felice mi fa capire che è comunque apprezzato. Lo abbraccio e gli dico che è fregato e che staremo insieme per sempre, sorride mentre mi stringe a se e mi chiede se è solo per sempre. Gli rispondo come mi ha detto lui una volta per sempre e oltre.

Questo flash fa più male degli altri, la voce del corvo mi ricorda che mi aveva detto di non guardare. Questa volta non c'è tempo per le lacrime, mi alzo e osservo l'essere che finalmente riesce a togliersi il coltello dalla mano, gli chiedo delucidazioni su dove trovare il resto della banda e i loro nomi. Ottengo ciò che voglio, forse anche troppo perchè la mia rabbia esplode. Sfondo qualche vetrina e inizio a spargere la benzina in giro, carico il fucile con ogni anello rimasto nella scatola. Mentre mi avvio all'uscita prendo una chitarra, non la so suonare ma c'è qualcosa che mi ha spinto a prenderla, e solo dopo mi rivolgo a Gideon e gli dico che c'è puzza di benzina. Una volta uscita sparo il colpo e quel posto sudico costruito sul dolore altrui va alle fiamme. Vorrei che fosse morto anche il proprietario ma quell'ammasso di carne mi serve vivo. Nel mentre un poliziotto mi intima di alzare le mani.

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Capitolo 4
*** L'agente e la piccola ***


Osservo l'uomo in divisa, un uomo di colore alto e di corporatura robusta, il viso mi sembra di averlo visto ma al momento non mi dice nulla di più. Mi ordina di fermarmi, gli chiedo se in realtà non doveva dirmi di alzare le mani, ma questa piccola gag non lo fa sorridere anzi mi dice che sparerà per uccidere. Nell'ironia del tutto gli dico che sono già morta e che quindi posso muovermi quanto voglio. Gli tremano le mani, non sparerebbe nemmo volendolo e poi l'ennesimo mal di testa non richiesto. Un piccolo flash io su una barella e lui che cerca di rassicurarmi, mi dice un nome che ora riafforia. Agente Albrecht, agente Darryl Albrecht.
L'uomo si chiede come posso conoscerlo un mezzo sorriso affiora sulle mie labbra e gli rispondo che ci siamo incontrati un anno fa e che cercò di consolarmi e darmi la forza di vivere. Vengo osservata come fosssi una creatura a lui estranea, mi porto la mano sul petto e con un leggero inchino mi presento come Shelly Webster. Con la sorpresa dipinta sul volto lui nega questa possibilità, e come dargli torto, mi dice che sono morta e che non può essere vero. Vorrebbe fare altre domande quando degli sciacalli vanno a depredare l'ex banco dei pegni, o almeno quello che ne rimane. Approfitto della distrazione dell'agente per scappare e per trovare la mia prossima vittima. Mentre corro il bossolo freddo tocca la mia pelle, una sorta di memento per quello che verrà. E poi la vedo. Sarah sul suo skate, la ragazza che io e Erik abbiamo accolto a casa nostra, figlia di una tossico dipendente e troppe volte abbandonata a se stessa.
Ci siamo incontrate per caso ma alla fine è divenuta una presenza fissa nella vita mia e di Erik, una sorta di sorellina a sorpresa. Stà per essere investita ma la prendo al volo evitanto che vada sprecata un'altra vita. Mi becco un paio di insulti, mi chiede se sono un fantasma. Ha solo intravisto il mio volto, continuo a darle le spalle mentre una serie di immagini mi feriscono il cranio. Noto come le immagini sono più vivide se tocco qualcuno o qualcosa. Mentre mi riprendo Sarah si lamenta della pioggia e di come questo non le consente di usare lo skate come vorrebbe, chiudo gli occhi e le dico che non può piovere per sempre. Si stò citando una frase della canzone del mio amato, fa male farlo ma è un dolore che accetto. Mi allontano di corsa, non sopporterei altri ricordi, finisco per nascondermi in un vicolo buio e li do sfogo al mio dolore. Do pugni contro il muro e arrivo a graffiarmi il dorso delle mani, scarico così una frazione del mio dolore.
E per la prima volta il corvo, mio spirito guida, mi lascia sfogare in solitudine. Il fattore rigenerante fa il suo lavoro, e ora mi dirigo al Pitt il locale dove vive Fanboy.

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Capitolo 5
*** Fan Boy ***


Il Pitt, un locale che definirlo un buco lercio è quasi un complimento. Non che la gente che lo frequenta sia di chissà che livello. Tossici, ladri questi rappresentano solo in minima parte la clientela e qui lavora anche la madre di Sarah che a fine turno sale in camera con Fanboy. Uso la scala antincendio per arrampicarmi sul palazzo per cacciare la mia preda.
Il corvo ancora una volta si dimostra un ottimo Virgilio e mi conduce alla mia preda. Sento che farfugliano qualcosa mentre si fanno, questa volta i flash back non si fanno vivi, no non c'è bisogno. Ricordo perfettamente la sua risata la puzza del suo alito e la sua saliva mentre si divertiva e prolungava la mia agonia. Il nero volatile prende l'iniziativa ed entra nella stanza, distraendo così la coppia e dando anche a me il tempo di entrare. Mi guardo intorno, quei pochi mobili di legno sono tarlati se non addirittura marci, le pareti hanno macchie di muffa e di altra natura che non starò qui ad analizzare,intanto la voce di Fanboy giunge al mio orecchio.
Mi chiede chi sono, il freddo del bossolo mi accarezza la guancia e mentre mi minaccia con la pistola mi avvicino e metto la mano sulla bocca dell'arma. Sorridendo gli dico di premere il griletto, in fondo con un colpo si leva il pensiero. Non se lo è fatto ripetere una seconda  volta. Il colpo attraversa la mia mano e il bruciore è qualcosa di infernale, ma mentre le urla di gioia del tossico si fanno forti, la mia risata inzia a prendere il sopravvento. Più io rido più lui smette e gli faccio vedere perchè. Il foro della mano si chiude dinnanzi a lui e nello stesso istante in cui realizza che non è un allucinazione inizia a chiedermi spaventato perchè non muoio.Inizio ad avvicinarmi e dopo un paio di patetici tentativi di spararmi e uccidermi, gli do una botta sul calcio della pistola. Il proiettile che era per me viene accolto dalla coscia della mia preda, che tra lamentele inutili alla fine sviene per il dolore.
Sospiro ora mi toccherà trascinarlo in bagno, bhè non che rischi qualche malattia se lo tocco ma lo schifo rimane. Però prima di occuparmi di lui c'è una piccola cosa che va sistemata, sfondo la porta del bagno e la vedo, rannicchiata in un angolo che tiene un rasoio per difendersi da me. La guardo e penso all'occasione che lei ha e che a me invece è stata negata, mi avvicino mentre lei agita l'arma. Non rappresenta una vera sfida e la prendo e le mostro il suo aspetto. Cerca in ogni modo di evitare il suo riflesso nello specchio, ma la costringo a guardare. Mentre le stringo il braccio pieno di buchi e cicatrici il veleno esce da lei, le dico che sua figlia la stà aspettando e che quel veleno non la salverà. Solo dopo la lascio andare, non la seguo, ma mi concedo un secondo per sperare che non sprechi quest'occasione.
Ma non ho tempo da perdere devo occuparmi di un affare molto personale ora, ritorno nella stanza e trascino la mia preda in bagno. Lo butto nella vasca da bagno e da li mi viene un'idea. In fondo ho torturato Tin Tin con i suoi coltelli, non che era voluto ma erano a portata di mano. Decido quindi di usare una poetica ed ironica legge del contrappasso. Prendo quindi le siringe e la droga e rientro in bagno. Apro il getto della doccia in modo da svegliare il tossico, ed inizia la vendetta. Infilo la prima siringa nel braccio, fortuna ne aveva preparate un pò quindi la mia ignoranza non rischia di rovinare il tutto. Gli chiedo dove posso trovare gli altri due della banda, li per li non risponde.
Ha un condice d'onore, ironico che un rifiuto umano sappia cosa sia, quindi opto per una richiesta più convincente. Gli pianto due siringe sul petto e prima di premere lo stantuffo osservo il suo viso. Nessun rimorso, non ancora. Spingo e le sue urla sono la mia soddisfazione, una soddisfazione che mi stà dando da un bel pò di tempo. Anche lui alla fine cede, e mi dice che non sa dove siano gli altri due, ma chiede pietà e che in fondo loro non facevano altro che eseguire gli ordini. In preda alla rabbia gli pianto un'altra siringa nel petto. Ora non so quanto sia la tolleranza ma so che questo giochino non durerà a lungo. Allora gli chiedo chi ha dato loro l'ordine di venire quella notte, chi li ha lasciati liberi di fare quello che hanno fatto.
Un solo nome Top Dollar e poi l'overdose arriva. Letale e forse troppo veloce per quello che mi riguarda. Finisco comunque di piantare le ultime due siringe e lo guardo. Quel subumano è morto, prendo un proiettile e lo lego alla seconda ciocca. Meno due, altri due ne restano. Come ho fatto per Tin Tin lascio un disegno stilizzato del corvo fatto con il sangue di Fan Boy. Contemplo l'opera, non è un Picasso ma rende chiaro il messaggio. Ora devo rivolgermi a qualcuno che mi possa delucidare su chi sia questo Top Dollar.

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