Shadows shelter

di NicoRobin95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un dolce risveglio ***
Capitolo 2: *** From the beginning ***
Capitolo 3: *** Make me a bride ***
Capitolo 4: *** Goodmorning! ***
Capitolo 5: *** Odinson ***
Capitolo 6: *** A weird saturday ***
Capitolo 7: *** Pregnancy new ***
Capitolo 8: *** A special party ***
Capitolo 9: *** The royal pregnancy ***
Capitolo 10: *** Sleepless night ***
Capitolo 11: *** Lightnings and thunder ***
Capitolo 12: *** King Laufey ***
Capitolo 13: *** A very bad situation ***
Capitolo 14: *** a light of hope ***
Capitolo 15: *** A bad new ***
Capitolo 16: *** A precious friendship ***
Capitolo 17: *** broken ***
Capitolo 18: *** is she really a witch? ***
Capitolo 19: *** Love is love ***
Capitolo 20: *** Tuva and the story ***
Capitolo 21: *** Love and Anger ***
Capitolo 22: *** Tearsfall ***
Capitolo 23: *** The act ***
Capitolo 24: *** Bleeding remembers ***
Capitolo 25: *** Loptr ***
Capitolo 26: *** Coming back ***



Capitolo 1
*** Un dolce risveglio ***


Mi svegliai lentamente. Come potevo essere ancora viva? Non era possibile, visto l'ultimo mio ricordo, chissà dov'ero, cosa mi avevano fatto. Forse sarebbe stato meglio se fossi morta. E se mi avessero... No non volevo nemmeno pensarci. Anche se sinceramente non mi sembrava proprio di essere in un covo, la stanza era molto bella da quel poco che potevo vedere e il letto molto raffinato, di valore e spazioso. Dov'ero e chi c'era, avrei tranquillamente finto ancora di dormire se non fosse stato per il mio bisogno urgente di andare in bagno. Come sono finita qui? È una storia lunga se avete tempo, la voglio raccontare anche a voi... Iniziamo da principio.

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Capitolo 2
*** From the beginning ***


Avevo solo 20 anni a quel tempo, grazie alla borsa di studio ero stata in grado di andare all'università, ma la quota non era sufficiente per pagare anche un alloggio cosa che mi costringeva a fare due lavori: la lavapiatti, cameriera, griglista (un po' di tutto insomma) in un ristorante durante le sere feriali e lavoravo come commessa in un fast food nei weekend. Tra lo studio e il lavoro avevo a malapena il tempo di prendermi cura della mia persona, non di fino, ovviamente, il minimo indispensabile per rimanere umana, ceretta dall'estetista una volta al mese, del trucco leggero per il lavoro e una volta ogni sei mesi una spuntata ai capelli dalla parrucchiera, anche se, dopo che l'ultima volta aveva esagerato tagliando ben cinque centimetri invece di due come avevo chiesto, non ci ero più andata e me li spuntavo io quando potevo.
Nonostante tutto, ero riuscita a mantenere in piedi ben due rapporti stabili, l'unica gioia che in quel momento della mia vita potevo vantare. Avevo due migliori amici, una era Eleonora la mia compagna di banco dalle medie che mi aveva seguito nella stessa università; il secondo era Chris il mio migliore amico, conosciuto alle superiori solo tre anni più tardi di Eleonora e per cui da quattro anni ero completamente cotta per quanto provassi a nasconderlo.
A parte questa valvola di sfogo e affetti non c'era nient'altro per me.
Dalla mia famiglia, se così si poteva chiamare, ero fuggita ed era stato l'unico modo per sopravvivere anche se posso dire con certezza che mi portavo ancora i segni addosso, le cicatrici ancora calde di tutto il dolore che mi aveva causato. Ecco perché avevo studiato così tanto, mi ero impegnata e avevo lavorato sodo per entrare in quell'università prestigiosa si, ma soprattutto lontano da casa.
Ed ecco perché preferivo fare due lavori ed arrivare a casa stremata pur di vivere lì, lontano da loro.
Questo era anche uno dei motivi per cui era stato facile trovare lavoro nei weekend e nei festivi, quando la maggior parte dei ragazzi tornano a casa dai familiari, fanno il cambio degli armadi, vengono ricoperti di feste e regali. A me quei giorni non servivano, non mi erano utili e quindi potevo benissimo lavorare. Certo non potevo pensare che sarebbe stato nel peggiore weekend della mia vita che una sorpresa dopo l'altra sarebbe arrivata travolgendomi. Ma anche qui sarà meglio procedere per gradi.
A proposito mi sono accorta ora di non essermi presentata, il mio nome é Alexandra, per gli amici Alex. Tutto intero mi fa uno strano effetto, sentirmi chiamare con il mio nome completo mi da l'impressione di essere sgridata.
Alexandra Samantha Ramirez, la mia famiglia ha lontane origini latine anche se in me non si sono ben palesate come spesso mi viene ricordato.
 
Ma andiamo con ordine...

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Capitolo 3
*** Make me a bride ***


Quello era un giorno speciale ad Asgard, anche se speciale era un eufemismo; era un evento unico in realtà e se fosse possibile trovare un aggettivo ancora più raro di "unico" lo si sarebbe reputato estremamente appropriato per quell'evento.
Un dio viveva in media 5000 anni per cui, per quanto giovane potesse essere un re,  non era mai capitato che qualcuno avesse il trono prima di averne compiuti almeno 1000.
Di solito quando succedeva era in concomitanza con la morte del vecchio re, oggi però tutte queste regole erano state infrante.

Bor aveva poco più di tremila anni, ma non aveva intenzione di morire sul trono per cui nel giorno in cui ebbe il suo primo erede: Odino, aveva deciso che lo avrebbe addestrato ad essere un buon re, un eccellente combattente e un valoroso guerriero in modo da lasciare a lui il trono appena sarebbe stato pronto.
Quel giorno era arrivato ed ecco che proprio ora Odino Borson all'età di solo 700 anni stava diventando re di Asgard, padre degli dei, con l'onore di essere incoronato da suo padre che abdicava in suo favore.

La festa durò ben due settimane, gli Asgardiani furono tutti invitati, dai più ricchi aiu più poveri, vennero ospitati a palazzo ci si scambió doni, cibi raffinati, vini pregiati e ci si lasció a balli e canti allegri e di giubilio.

Ma se un nuovo re era motivo di festa per il paese, rappresentava anche un'opportunità di attacco per i nemici. I più grandi nemici di Asgard erano a sempre gli Jotun: giganti di ghiaccio.
Laufey giovane re da poco insediato, cresciuto dal padre con odio verso Asgard aspettava da molto di poter attaccare e quale momento era più propizio se non quello dove la nazione è in festa e c'è un nuovo re che deve ancora integrarsi con il popolo? 
Non si sarebbe fatto sfuggire questa irripetibile occasione, presto avrebbe attaccato il paese degli déi. 

Al penultimo giorno di festa ci fu un altro piacevole annuncio: Odino si sarebbe presto sposato con Frigga, la sua prima ed unica amata e quindi presto il popolo avrebbe avuto anche una regina. Senza aver ancora finito di gioire per la recentissima incoronazione di un nuovo re il popolo ebbe già un secondo motivo per festeggiare: il matrimonio reale a cui tutto il popolo era invitato. Sembrava proprio un bellissimo periodo per Asgard. 

La celebrazione ci fu un mese dopo circa, la regina era a dir poco stupenda con il vestito da sposa tipico asgardiano, con completo di mantello, velo e corona. I suoi capelli biondi erano raccolti in una bellissima acconciatura a boccoli. 
I suoi occhi grigi e profondi erano emozionati e felici, anche questo era a dir poco raro, una regina e un re che si sposassero per amore non era qualcosa da tutti i giorni, nel loro caso però era proprio così e il loro sogno stava finalmente per essere coronato. 

Si sposarono con una festa a dir poco regale,  si svolse dalla mattina fino a notte fonda e i due alla fine della festa quando gli ultimi falò si consumavano, gli ultimi calici di vino si svuotavano e gli asgardiani facevano ritorno alle loro dimore salutarono il popolo prendendosi per mano e raggiungendo la camera reale. 

Quando la luna era alta in cielo, e la terza ora della notte era ormai inoltrata si unirono finalmente nel loro amore, come marito e moglie. 

La luna di miele fu dolce e breve, ma subito dopo Odino dovette tornare ai suoi doveri. La nazione era vulnerabile, girava voce di un possibile attacco ed essendo un eccellente combattente, oltre che il re,  Odino dovette stare in prima linea per la difesa della nazione. Per lunghi mesi fu un susseguirsi di battaglie, i popoli circostanti da sempre ostili ad Asgard avevano fatto tutti il medesimo ragionamento di Laufey: nuovo re, nuova guida, popolo ed esercito impreparati. Certo nessuno poteva sapere che in questo caso anche questa regola sarebbe venuta meno in quanto Odino, grazie a suo padre, già dalla giovanissima età era  stato inserito nell'esercito, nel consiglio reale e fatto conoscere al popolo. Con la crescita progredì a anche la sua responsabilità; più diventava grande più il padre si faceva da parte per fare posto a lui e far abituare i sudditi a lui e viceversa in modo graduale; questa saggia nonché astuta scelta aveva appunto portato all'immediata accettazione del nuovo sovrano, infatti in tutti i campi: militare, politico, amministrativo, giuridico era già conosciuto e si sapeva già cosa Odino volesse, cosa si aspettasse e come avrebbe amministrato il tutto, appunto perché negli anni aveva avuto il tempo di farsi conoscere. 
Nell'ambito dell'esercito, Odino ne era a capo da molto tempo prima di diventare re ed era uno dei più abili combattenti quindi salendo al trono non ci fu quella 'falla', quel periodo di smarrimento in quanto la situazione era già ben avviata da tempo. 
Questo gli altri popoli non potevano saperlo, infatti, lo impararono a loro spese, Odino era una furia, per tutti quei mesi non perse una battaglia e inflisse ad uno ad uno pesanti sconfitte, la voce della sua forza e abilità si sparse e molti popoli spaventati dall'esito degli sventurati predecessori rinunciarono alla battaglia. 
Se le battaglie avevano esito positivo e il popolo si sentiva al sicuro e tranquillo a motivo dell'abile re e altrettanto prestante esercito, Frigga, la novella sposa, piangeva ed era consumata dall'ansia terrorizzata dall'idea che il marito potesse rimanere ferito o addirittura ucciso in battaglia. Quando lo aveva sposato sapeva che come re anche questo era tra i suoi doveri, cioé proteggere il paese, ma non si aspettava che fosse così immediato e costante il suo impegno nell'esercito, nove mesi di matrimonio e nove mesi di battaglie. 
La sua salute emotiva si ripercosse presto su quella fisica, non mangiava, non dormiva era magra, pallida e i suoi occhi arrossati dal pianto costantemente. Odino si accorse presto del dolore dell'amata e fu così che una sera, tornato vittorioso da una delle sue guerre,  per festeggiare organizzò una cena speciale e privata con sua moglie per sapere cosa la affliggesse così tanto... 

Dopo essersi ben preparato la raggiunse nella grande stanza da pranzo rischiarata dalle candele e con un tavolo in ebano apparecchiato con le più svariate portate. 

Salutó la sua novella sposa con un bacio molto dolce. 

"È la mia più grande gioia vederti Frigga, quando torno a casa non desidero altro." 

"Sei qui mio re. Finalmente! Ti prego non mi lasciare mai." 

Odino la guardò: i suoi occhi grigi un tempo luminosi erano spenti, vuoti e segnati da profonde occhiaie, il seno e le curve sinuose stavano sparendo. Indossava lo stesso vestito che aveva scelto per la luna di miele, quel giorno la fasciava dolcemente e metteva in mostra il suo corpo invitante, ora invece era largo a causa del precoce dimagrimento. Preoccupato osservò la sua amata. 

"Mia diletta cos'hai? Sei pallida, smunta, sei ossuta. Cosa ti turba." 
Disse spostandole la sedia per farla accomodare e sedendosi accanto a lei. 

"Come potrebbe essere diversamente. L'ansia mi sta consumando, ogni giorno in pensiero per te, ogni notte a pregare perché torni a casa vivo. Sei consapevole che ogni volta che tu vai in battaglia io rischio la vedovanza o che tu possa tornare a casa ferito gravemente? Sono nove mesi che siamo sposati e sarai stato con me si è no due settimane, sei sempre in guerra in prima fila. "

" Mia regina, non hai scoperto certo ora che questi sono i doveri di un re. Cosa dovrei fare? Devo guidare il mio esercito. "

" Si ma non credevo certo che avresti passato la vita in guerra, possibile che su nove mesi hai avuto nove mesi di lotte? "

" È normale che capiti quando c'é il ricambio al trono. Cosa ti aspettavi che le nazioni nemiche mi portassero doni e mi augurassero lunga vita?. "

" No, ma nemmeno di vivere con il costante terrore della tua morte, ascolta Odino io ti amo ma, non ho intenzione di soffrire ancora in questo modo quindi ti prego, promettimi che ti dedicherai meno alle battaglie, se no potrei non sopravvivere. "

" Frigga, mia dea, anche io ti amo. Questi sono stati mesi difficili, come é naturale che sia,gli attacchi smorzeranno presto. Anche perché la mia fama di vincitore sta correndo più veloce del vento e molti popoli hanno già rinunciato a combattere, battendo in ritirata. "

" Beh a me non interessa, ora sei sposato e non puoi fare il grande eroe, in più non hai nemmeno un erede. Hai mai pensato che se fossi morto in questi mesi non solo avresti lasciato vedova tua moglie, ma saresti anche morto senza una stirpe? "

" Frigga tesoro, non esagerare, non sarebbe potuto succedere... "

" Si! Invece si! " urló Frigga alzandosi. 
" Quello che più mi spaventa é che nemmeno te ne rendi conto. Non sei immortale invecchi, ti ferisci, ti ammali proprio come gli umani. "

" 5000 anni più o meno." Rispose Odino con leggerezza. 

" Non scherzare, io ti ho detto cosa mi angoscia ora se mi ami davvero mi ascolterai altrimenti, fa come vuoi e mi vedrai soffrire e deperire sempre di più."

Odino l'abbracció teneramente:" Sai che l'ultima cosa che voglio é farti soffrire. Farei di tutto per te, anche se credo che tu veda le cose amplificate, ma se servirà a farti stare bene ti accontenteró. Però quello che mi chiedi necessità di una soluzione è io da solo non la so trovare. Ne discuteresti a cena con me? "

" Prometti che starai più a casa?"

"Te lo prometto, se potessi lo farei sul padre degli déi." sorrise e anche lei lo seguì. Visibilmente più rilassata Frigga seguì il marito a tavola e finalmente dopo molti giorni trovò la voglia di mangiare qualcosa.

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Capitolo 4
*** Goodmorning! ***


La sveglia suonó in modo deciso, a me ne serviva una molto potente perché svegliarmi é sempre stato un trauma per me.
We Will rock you dei Queen, iniziò a suonare ad un volume più o meno normale per poi continuare in un crescendo di volume, impostazione volutamente scelta da me per non rimanere addormentata. Spensi la sveglia, le 8:00, per me non esistevano giorni di ferie e weekend in cui poter dormire. Cioè in realtà si, dormivo nei weekend, ma le sere e spesso è volentieri anche i pranzi erano occupati da sfiancanti turni al fast food. L'unica cosa che veramente mi era comoda era il pasto o la colazione personale che potevo fare sul lavoro, infatti a noi dipendenti era concesso di mangiare. Di sicuro non era di aiuto alla mia linea, ma sicuramente lo era per il palato e per le finanze.
 
Oggi, un sabato come molti altri, ero in turno solo per il pranzo e la sera ero libera. Per qualsiasi altro ragazzo nella mia situazione sarebbe stato un giorno per cui gioire o fare festa, ma non per me che invece non vedevo in quella serata libera nulla di buono.
 
Mi buttai sotto la doccia, l'acqua appena tiepida mi risveglió dolcemente. Non ho mai usato l'acqua calda per lavarmi, d'estate ( che per me andava da aprile a settembre) stagione che io odio, che durava sempre troppo ed arrivava sempre troppo presto facevo la doccia con l'acqua rigorosamente fredda; con l'arrivo dell'autunno e dell'inverno riuscivo a farla tiepida, non ricordo di aver mai usato l'acqua calda in nessuna occasione.
 
Avevo sempre sofferto enormemente il caldo, io sopra i 20 gradi iniziavo a sudare cosa che mi creava non poco disagio e scherno da parte di altri.
Con gli scherni, gli insulti e cattiverie ci ero cresciuta, fin da piccola a scuola e... Non solo a scuola.
 
 
Mi avvolsi in un asciugamano e dopo essermi fatta una coda con i capelli "sporchi" mi butta addosso un jeans e una maglietta bianca leggera. Mi trascinati letteralmente verso la cucina, stavo per aprire il frigorifero per prendermi un bicchiere di succo quando la porta si aprì.
 
"Sorpresa creatura della notte. Fatto seratona anche ieri? Non dirmelo maratona di Star Wars o sfida a Crash Bandicoot?"
 
"Molto divertente Eleonora, ora non posso starti dietro ho dieci minuti per fare colazione e devo fiondarmi a lavoro."
 
"Che bel modo di accogliere la tua amica che ti ha portato ciambelle e caffè Starbucks."
 
"Grazie del pensiero, sono ancora addormentata e non ho mangiato quindi sono intrattabile. Non ho molto tempo però grazie mille."
 
Mentre la ringraziavo, Eleonora aveva già preso dei tovaglioli dalla credenza e li aveva messi sul tavolo.
 
"Ecco qua un Caramel macchiato e un donut al doppio cioccolato per te." disse allungandomi il pacchettino.
 
"Grazie Ele." 
 
"Allora che di fa sta sera?" sapevo che la domanda odiosa non si sarebbe fatta attendere.
 
"Tornerò da lavoro stanca. Credo che mi faccio una doccia e ordino una pizza."
 
"Sai che alla fine mangerai tutto tranne la pizza vero. Hai già programmato di dare fondo alle peggiori schifezze che hai in casa."
 
"Morirò giovane, fatti miei!" dissi ridendo.
 
"Dai, andiamo Alex io vengo qua ti porto caffè e ciambelle e tu non vuoi neanche uscire una sera con me."
 
"Se ti do indietro la ciambella che ho mangiato posso stare a casa?"
 
"Alex!"
 
"Ok sto scherzando ma, non mi va di uscire."
 
"Alex non é possibile che tutte le volte sia la stessa storia."
 
"Sai benissimo che io non sono una gran girovaga né una creatura notturna."
 
"Non ti ho detto che dobbiamo andare a drogarci o ubriacarci. E' una festa: birra gratis, si parla un po' e ottimo cibo."
 
"Ah bene quindi é una festa, peggio ancora."
 
"Senti Alex ti do un consiglio, allenta un po' le redini ok? Non puoi rinchiudersi per sempre in questo buco, hai 20 anni, abbiamo 20 anni è adesso che dobbiamo divertirci."
 
"Senti ora devo andare." dissi mettendo in bocca l'ultimo pezzo di ciambella.
 
"Ma aspetta, non mi hai risposto e... Il caffè?"
 
"Lo bevo per strada."
 
"Alex?"
 
" Che c'è?"
 
"Ti prego non mi dare buca."
 
"Ne riparliamo quando esco da lavoro ok? Più tardi ti chiamo. Chiudi tu casa quando finisci."
 
"Va bene Alex, e non rimangiarti la parola."
 
"Quale parola? Io non ho promesso nulla." dissi mentre salivo in macchina.
 
Mi recai a lavoro destreggiandomi tra traffico e semafori.
 
Timbrai appena in tempo e dopo aver indossato il grembiule mi fiondai in cassa.
 
"Ramirez sei in ritardo!"
 
"No capo sono giusta, è adesso la mezza."
 
"Giusta vuol dire in ritardo."
 
"Ok scusa capo."
 
"In griglia e friggitrice. Mi raccomando gli hamburger cotti a puntino e non voglio vedere né cotolette, né patatine bruciate."
 
"Certo capo! Ma ancora in griglia é già la terza volta."
 
"Cosa ti ho già detto sul contestare?"
 
"Ma avevi promesso che sarei stata un cassa."
 
"Lo so, ma Desirée oggi ha un nuovo taglio e un nuovo rossetto, è irresistibile, tu invece, hai la guancia sporca di cioccolato, i capelli sporchi e non voglio che i clienti abbiano paura che tu possa mangiarli."
 
"Molto divertente! Peso comunque sempre meno di te sai."
 
"Non vuol dire niente e poi come ti permetti? Ora forza a lavoro! via!"
 
Inizia a friggere e grigliare, ma quel fumo, quel calore per me era insopportabile, iniziai a sudare, quella era la mia condanna.
 
Intanto in cassa la reginetta del fast food se la prendeva comoda, civettando con i clienti e senza dover sforzarsi minimamente.
Cercai di non pensarci e concentrarmi sul mio lavoro.

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Capitolo 5
*** Odinson ***


"Odino il giorno in cui ho accettato di sposarti conoscevo bene i miei doveri di moglie del re, ma non mi avevi mai parlato di battaglie così frequenti. Io sto male, ho paura che torni a casa ferito, o che tu possa non tornare affatto."
 
"Angelo mio, dimentichi che sono diventato re di Asgard anche in virtù della mia forza, é molto difficile che io trovi un nemico più forte di me o anche solo che mi eguagli. Quindi le tue preoccupazioni sono esagerate, fino ad ora infatti, ho solo riportato vittorie. "
 
" Questo non significa nulla, una battaglia non é fatta solo di combattimenti leali o a corpo a corpo. Puoi essere ferito o ucciso in molti modi. Da un soldato sleale che ti colpisce alle spalle, con qualche strategia, possono tenderti un' imboscata o essere ucciso anche durante il viaggio. Io non posso più sopportare questo dolore e questa angoscia. Non lo accetto! "
 
Odino guardò sua moglie con sguardo pieno di affetto:
 
" Non condivido in pieno le tue paura. Ma ti accontenteró mia regina, perché ti amo e sei la cosa più preziosa per me. Non avrebbe senso lottare per difendere i tesori del regno o conquistarne altri mentre il mio tesoro più prezioso deperisce e soffre. L'esercito é solido, i soldati abili, molto comandanti sono fidati, possono difendere il regno anche senza di me. Io rimarró a palazzo a meno che non ci sia una situazione tale da mettere in pericolo la vita dell'intero regno. Ora voglio dedicarmi al mio dovere primario: avere un erede. "
 
" Grazie mio sovrano sapevo che mi avresti capito." Frigga abbracciò il consorte riconoscente.
 
" Ora però tu devi pensare a riprenderti! Non puoi portare nel tuo grembo una vita essendo così debilitata. Devi prima pensare a tornare in salute e in forza, solo allora penseremo ad avere un figlio. "
 
" Sapendoti al sicuro amore mio, avendoti qua con me, mi riprenderò molto presto. "
 
Finalmente i due coniugi reali si sedettero tranquilli a gustare quella magnifica cena, dopo mesi di stomaco chiuso a Frigga finalmente tornò l'appetito e per quanto forse fu solo un'impressione di Odino, dopo aver mangiato la moglie sembrava aver riacquistato un po' di colore.
 
Il tempo passò e come previsto il marito vicino a lei e l'assenza di preoccupazione e ansia furono la cura a tutti i mali della dea, dopo solo due settimane anche gli effetti che il dolore emotivo aveva proiettato sul fisico cominciavano a svanire, le occhiaie erano praticamente sparite, il suo solito colorito sano, ambrato e vitale era completamente tornato. La forma fisica era ancora in via di guarigione, ma i vestiti per quanto stessero ancora un po' morbidi non erano più larghi come quella sera in cui Odino si preoccupó vedendola.
 
Dopo un mese, durante la quale Odino di comune accordo con Frigga per fare in modo che si riprendesse, non si era ancora unito a sua moglie, decisero di festeggiare il primo mese insieme, senza doversi separare a causa di una battaglia. Forse perchè entrambi euforici, per via del vino dolce e sicuramente a causa del ritrovato desiderio della moglie, certo sintomo di benessere, i due si concessero una notte indimenticabile di amore e passione come da molto tempo non accadeva.
Il temporale fuori dalle finestre sicuramente favorì la voglia di amore dei due regnanti. 
 
"Sei felice mia regina?"
 
"Si marito mio. È stato magico, non mi sorprenderei se dopo questa notte nostro figlio fosse concepito."
 
"In effetti, vedendo come sono andate le cose non c'é motivo di non sperarlo."
 
"Lo sai mio re, spero tanto che sia un maschietto e non solo per il regno, l'ho sempre desiderato. Che sia forte e valoroso come te."
 
"E bello come sua madre." disse Odino accarezzando il viso completamente perso per lei.
 
"C'è il temporale! L'ho sempre amato, senti i tuoni come sono potenti? Spero lo sia anche mio figlio." 
 
"Lo sarà mia regina!" 
 
Si addormentarono una tra le braccia dell'altro ignari che proprio durante il loro sonno piacevole una vita stava già prendendo forma nel ventre di Frigga.
 
 
Da quella notte di passione passarono due mesi, Frigga ormai era tornata più bella di prima, guardandola ora non sembrava possibile che avesse passato quel periodo così ingrato. Le sue forme erano tornate completamente, la pelle era luminosa e raggiante ancora più di prima, i suoi occhi brillavano e i suoi capelli sembravano ancora più folti.
 
La regina degli Asi, si avvicinò al balcone dell'alto palazzo godendosi il panomarama asgardiano e accarezzando dolcemente il suo ventre. Ormai ne era quasi certa, aveva un fiuto spiccato, una grande sensibilità agli odori, gli occhi luminosi, un grande appetito, voglie strane e il ciclo mestruale non si presentava. Non ne era sicura al cento, ma c'erano alte probabilità che l'erede di Odino fosse nel suo grembo.
 
Cosa avrebbe fatto ora? Era la dea delle nascite, della fertilità, dell' amore e delle partorienti, ma ora che era lei a dover partorire aveva così tanti dubbi e insicurezze. In fondo era una dea molto giovane e inesperta, ma era pur sempre una dea. Avrebbe potuto verificare da sola il suo stato, ma Odino avrebbe potuto offendersi sapendo di non essere stato incluso in quel momento di attesa e felicità nello scoprire la gravidanza. D'altro canto avrebbe potuto parlargliene e avrebbero potuto fare la verifica insieme, ma se poi non fosse stato vero, gli avrebbe procurato una delusione.
 
Fu proprio in quel momento che tra i lunghi corridoi passò una dea molto anziana, che aveva visto nascere e crescere Freya e aveva il potere di guardare nell'anima delle persone. Valeska! Sembrava così fragile e inerme con quel suo bastone nodoso che usava per camminare, i suoi vestiti neri e lunghi che la facevano sembrare ancora più bassa, nonostante fosse in carne sembrava piuttosto piccola e fragile, nessuno avrebbe pensato guardando il suo corpo, che avesse in sé la saggezza, la forza e la conoscenza che in realtà possedeva.
 
"Mia regina!" salutò Freya con un discreto inchino.
 
"Dottoressa Valeska é sempre un piacere vederti!"
 
"Freya, mia sovrana è sempre un onore vederti. Vedo molti pensieri e preoccupazioni in te. Non sono necessari mia sovrana sarò io ad alleggerirti di questo peso."
 
"Io non... Cosa?"
 
"Pensi di portare in grembo un figlio di Odino, ma non sai se dirglielo una volta certa o se accertarne insieme a lui vero?"
 
"Si signora, proprio così."
 
"Non sarebbe dipeso da te però se qualcuno con esperienza, senza che tu abbia chiesto niente, ti rivelasse qualcosa vero?"
 
"Esatto." sorrise Freya iniziando a capire le intenzioni di quella vecchietta tremenda e briosa.
 
"Che tu mia sovrana possa sapere,
che in grembo porti una vita nuova,
di stirpe regale e di grande potere,
che avrà sete di gloria e forza impetuosa. 
Sarà travolgente come un temporale, 
con i capelli d'oro, sano e di bell'aspetto, 
assai difficile da domare, 
come primogenito avrai un maschietto. 
Un arma a doppio taglio si rivelerà, 
per ironia sarà la sua croce, 
la forza che possedere, 
la sua debolezza più precoce. 
Sarà come un fulmine,  che pur se stupisce
in un attimo di folgore passa e va, 
si consuma la sua forza e presto sparisce, 
poco dopo il tuono che per sempre se ne va. 
Nonostante tutto, nulla è ancora scritto 
e se il suo carattere saprà forgiare, 
diventerà imbattibile se camminerà diritto, 
e mai nessuno lo potrà sbaragliare."
 
Freya guardò Valeska negli occhi, non poteva contenere tutta quell'emozione, un maschietto, un figlio del re, primogenito di Odino, sano, bello e molto forte, nato per il trono. 
 
" Mi tiri sempre fuori dai guai." disse con gli occhi lucidi guardando l'anziana indovina. 
 
"È il mio compito ed é un onore e continueró a farlo fino al mio ultimo respiro." 
 
"Grazie di cuore, mia signora. Come potrò ripagarti." disse Freya prendendole le mani riconoscente. 
 
"Darti la notizia di un figlio era uno dei miei più grandi desideri da quando sei nata. Mi prendo cura di te da allora, era molto tempo che aspettavo questo momento. Si può dire che in un certo senso è come se il mio lavoro fosse finito e potrei andarmene in pace. "
 
" O no, non dirlo nemmeno per scherzo, ti voglio con me ancora molto, molto, molto tempo. "
 
" Non è adesso il momento di parlare di questo. Su, mia sovrana vai dare al te la notizia e poi se vorrai raccontarmi tutto io sono qui. "
 
" Perché non vieni anche tu con me? "
 
" Sei sicura che non vuoi essere sola con lui quando gli darai la notizia?" 
 
" Mi hai risolto un bel grattacapo credo che il minimo sia poterti godere la sua reazione dal vivo. E poi mi sentirò più tranquilla se al mio fianco ci sarai tu. "
 
" Non credi s'insospettirà vedendomi con te. Capirebbe subito le tue intenzioni mia regina, e capirebbe che é qualcosa d'importante. "
 
" Non per forza, in fondo mi trovo spesso in tua compagnia. Per rendere tutto più credibile prenderemo insieme il tè nella sala da pranzo reale, so che lui sarà lì tra poco e sembrerà un incontro casuale. Che ne dici Valeska? "
 
" Io appoggio tutte le tue decisioni mia regina, a patto che non nuociano a te, quindi che sia come dici tu. "

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Capitolo 6
*** A weird saturday ***


"Ciao pupa! Che bello quando trovo te in cassa. Perché non mettono sempre te, invece del direttore?" chiese un ragazzo a Desireè.

"Ogni tanto hanno bisogno di me anche dietro, sono brava quanto bella e quando ci sono i turni pesanti beh, il dovere mi chiama." Rispose lei con la sua vocina smielata che la rendeva ancora più odiosa. 

"Ma una principessa come te non dovrebbe friggere o sporcarsi le mani, dovresti stare sempre qui."

"Quando si é abili oltre che carini si é molto richiesti, io vengo quando mi ci mettono."

"Protesteró con il direttore per questo. Senti tesoro mi fai un cheeseburger, patata al cartoccio con bacon, panna acida e formaggio e degli stuzzichini di pollo al pepe. Da bere una soda media."

"Perfetto. Desideri altro?"

"Si. Tu, sulla lista non ci sei?"

"Dai smettila!" civettó lei.

"Sono 5,50§".

"Eccoti 8§ tieni il resto, anche se vorrei darti molto di più."

Ora capivo perché il direttore voleva che ci fosse lei in cassa, più mance dalla clientela maschile.

Certo non importava che io conoscessi tre lingue, mi fossi diplomata con il massimo e stessi finendo l'università, lei era senza diploma, non capiva nulla se non trucco, scarpe e vestiti, ma lei era più bella... la storia della mia vita.

"Alexandra? Svegliati! L'ordine del ragazzo. Non ha tutta la giornata." urlò Desireè stizzita. 

"Me l'hai appena mandato, dammi il tempo di farlo." 

"E cerca di non mangiartelo.". Disse il ragazzo guardandomi ridacchiando seguito da lei. 

"No tranquillo, spero che tu possa strozzarti." pensai. 

Quella era la mia vita ormai, non abbastanza bella, mai immanicata o protetta da qualcuno, ma in fondo come potevo pretenderlo se nemmeno chi avrebbe dovuto mi aveva mai protetto?

Finalmente anche quel turno estenuante finì, un sacco di ordini arrivarono sbagliati per colpa di Desirée che non sapeva nemmeno digitare i tasti giusti, ovviamente però la colpa fu mia, anche se lo schermo dimostrava chiaramente che erano gli ordini presi dalla cassa ad essere sbagliati. Ma come poteva sgridare una topa del genere e difendere me? 

Timbrai e dopo aver bevuto un po' d'acqua mi sedetti nello spogliatoio cercando di tirare insieme le idee. Controvoglia mi cambiai e guidai fino a casa. Mangiai un boccone preso dal fast food, avevo davvero fame. Dopo ogni turno mi sarei mangiata di tutto, avevo sempre una voragine allo stomaco. Mi fionda sotto la doccia, mi rilassava a e coccolava sempre molto. Lavai i capelli con il mio shampoo preferito e insaponai il corpo con un bagnoschiuma appena scoperto che però mi piaceva molto. 
Appena uscii dalla doccia, mi avvolsi nell'asciugamano, mi asciugai e dopo aver avvolto i capelli in una specie di turbante per asciugarli, mi spalmati la crema idratante su tutto il corpo, indossai una comoda tuta e pettinai i capelli. 
Pensai a quante volte durante la doccia e l'asciugatura dei capelli avevo tristemente pensato a mille domande e cose che non mi spiegavo, del tipo: perché non piaccio a nessuno? Perché anche la mia famiglia non mi sopporta? 
Perché preferiscono mio fratello? Perché sono io la più brutta? Perché mi ha fatto del male? Perché non glielo hanno impedito? Perché lo hanno protetto anche quando se ne sono accorti? 

Cercai di scacciare quei pensieri finì di asciugarmi i capelli che avevo lasciato ricci, perché la piega liscia era ormai un'utopia. 
Dopo aver ritirato il phon e sistemato il bagno mi sdraiai sul divano e feci un pisolino, pisolino per modo di dire, ero capace di dormire per ore o di svegliarmi il giorno dopo. 

Mentre dormivo profondamente il campanello suonó. 
Non avevo intenzione di aprire, non c'ero per nessuno, la porta comunque si spalancó: "Non rispondi al telefono e non apri la porta. Immaginavo che avresti fatto così, ma non voglio scuse, ora ti cambi e vieni con noi." Disse Eleonora vestita, truccata, pettinata di tutto punto e pronta per la serata.
Anche Chris era impeccabile, come sempre del resto, con camicia bianca aperta, t-shirt blu scollata e jeans attillati. I capelli castani alzati con il gel e la catetina argento con il suo nome. 

"Non possiamo restare a casa e ordinare qualcosa?" Chiesi io con aria di supplica. 

"No assolutamente. Non se ne parla, non mi sono messa in tiro e preparata per tre ore per stare a casa a mangiare cinese da asporto. Ora tu ti vesti e vieni con noi." 

"Andate voi ragazzi, io sono KO." 

"Se non vieni di tua spontanea volontà ti trasciniamo con la forza. Ti do 15 minuti per prepararti." 

"Ti rovinerai il tuo outfit impeccabile se mi porterai fuori di peso." 

"Ti prego Alex, non mi diverto senza di te." Disse Chris, inutile dire che le sue parole mi convinsero. 

"Ok. Ma non facciamo tardi." 

"Oh così ti voglio!" Esclamò Eleonora: "Andiamo a prepararci, ti aiuto io." 

"Intanto serviti pure da bere Chris." Dissi: "Apri pure il frigo e se vuoi fatti uno spuntino." 

"Certo grazie." 

Con l'aiuto di Eleonora scelsi una bella maglietta nera in pizzo e un jeans nero abbinato. Gli stivali erano borchiati e lucidi, sempre neri ovviamente. Mi diedi un po' di trucco un leggero smoky-eye nero e argento, fondotinta e fard e un bel rossetto color prugna sulle labbra. Il mio animo tormentato si rifletteva sui miei vestiti che da sempre avevano uno stile gotico e dark. 

"Bene siamo pronti! Possiamo andare!" Disse Eleonora spingendomi verso la porta. 

"Aspetta prendo la borsa e la giacca di pelle." 

Uscii controvoglia, avviandomi con loro verso l' ascensore, speravo che quella serata finisse al più presto...

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Capitolo 7
*** Pregnancy new ***


La bella regina camminava verso la stanza del re, accompagnata dalla sua anziana consigliera, nonostante per rispetto della veneranda età cercasse di rispettare il suo passo lento freme a per l'eccitazione di dare al suo amato la stupenda notizia.
Finalmente la porta d'ebano minuziosamente intagliato a mano si palesó davanti alle due donne.

"Ti prego Asbjørn devo vedere il re urgentemente." disse la regi a Freya alla guardia alla porta.

"Certo mia regina."

La guardia bussò e dopo aver avuto il permesso di entrare annunciò al re l'arrivo della sua consorte.
Odino fu ben contento di riceverla, nonostante tutto fu sorpreso di vedere l'anziana donna in sua compagnia, aveva come la sensazione che non fosse lì solo per una visita di cortesia.
Valeska salutò il re con un rispettoso inchino e  lui fu ben contento di vederla nonostante il suo presentimento insistente.

"Mio re, ascoltami, tu lo sai quanto ti amo. Non farei mai nulla senza prima consultati, ma sai che Valeska è un abile medico nonché indovina e quando mi ha visto mi ha comunicato qualcosa di importante sul nostro futuro."

"E cosa sarebbe? Qualcosa di spiacevole? "

" No tutt'altro mio re. Valeska lo annunceresti tu? "

" Mio sovrano, la regina ha nel grembo un tuo erede. Sarà un maschietto sano, di bell'aspetto, molto forte e dai capelli d'oro. "

Odino scoppiò di gioia abbracciando sua moglie e ringraziando l'anziana donna, ancora incredulo di ciò che aveva appena udito.

" Tu no avevi alcun sospetto mia cara? "

" Si, avevo alcuni sintomi ma, non ne ero sicura e non volevo darti una delusione, del resto non volevo nemmeno accertarmene senza di te. Insomma, Valeska mi ha salvato da questa difficile decisione. Ed è un maschietto proprio come desideravo. Avremmo un maschietto mio sovrano. Il tuo primogenito. "

" Già, dobbiamo annunciarlo al popolo, organizzare una festa e far diffondere la notizia per l'intero regno. "

" Mio sovrano, con tutto il rispetto, secondo la mia umile opinione è ancora tutto troppo prematuro. Un mese di gravidanza non è nulla, la nostra regina ha bisogno di riservatezza e riposo sono i mesi più delicati i primi. Ti consiglio di nasconderlo fino a quando sarà possibile, quando la pancia della regina sarà evidente allora potrete proclamato, ma in quanto alla festa mio sovrano ti suggerirei di organizzarla a un mese dalla nascita, in modo che anche la regina possa riprendersi. In più ricorda, non solo il tuo popolo e i tuoi fedeli sudditi sapranno la notizia, ma arriverà anche ai tuoi nemici, non vorrai mettere in pericolo la tua sovrana e il tuo erede. "

" Valeska, sei una donna saggia e intelligente, non mi pentirò mai di averti dato il permesso di assistere la mia consorte come una figlia. Seguirò i tuoi consigli.
Quello che ti chiedo ora è che sia tu, che le sue ancelle siate ancora più attente del solito, i suoi pasti dovranno essere nutrienti, le sue cure ancora più minuziose e la sua comodità ancora più grande, esagerata se possibile. Inoltre voglio che si inizi a preparare una stanza per mio figlio in modo che quando sarà possibile abbia tutto il necessario che sia all'altezza di un principe. "

" Non è ancora nato e vuoi portarmelo già via Odino? Dormirà con me finché non sarà svezzato."

"Ma certo mio splendore, sto solo lavorando d' anticipo, in fondo mio figlio mi succederà e da quando verrà al mondo dovrà essere preparato a questo."

"Ricorda che è sempre e comunque un bambino e non voglio che sia troppo vessato."

"Non è nemmeno nato e già litighiamo per lui, una cosa per volta, adesso godiamoci questo giorno memorabile. Ti annuncio che fino al suo svezzamento non parteciperò più nemmeno a una battaglia. Voglio essere sicuro di crescerlo e prenderlo tra le braccia."

"Come sono felice, una buona notizia dietro l'altra sto scoppiando di felicità anche se d'ora in poi dovrò stare attenta alle forte emozioni."

"Dobbiamo pensare a come chiamarlo. Lo faremo insieme."

"Abbiamo ancora 8 mesi di tempo mio re."

"Ora ti sembrano tanti, ma vedrai che voleranno."

"Lo spero, lo spero tanto Odino."

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Capitolo 8
*** A special party ***


Come al solito alla festa mi sentivo un pesce fuori d'acqua, nonostante fosse una festa considerata "tranquilla" non faceva proprio per me. Fidanzati che cercavano qualsiasi angolo per pomiciare, single che tentavano disperatamente di rimorchiare ogni cosa che respirasse, chi decideva di affogare i dispiaceri nell'alcool, musica alta, luci psichedeliche, non vedevo l'ora di andarmene a casa.
 
Eleonora e Chris invece, sembravano perfettamente a loro agio, ballavano al centro della pista con l'approvazione dei presenti, soprattutto Eleonora che muovendosi sensualmente attirava su di lei le più svariate attenzioni. 
 
Cercai di avvicinarmi a lei che brilla mi disse:
"Oh finalmente, hai deciso anche tu di buttarti nella mischia e smettere di fare il palo?"
 
"No. Io me ne vado a casa, ho mal di testa."
 
"No. Ma che fai? Non hai la macchina."
 
"Prendo un taxi. Non ne posso più te lo avevo detto che sarebbe stato meglio per tutti se fossi rimasta a casa."
 
"Cosa? Ma sono solo le 11 non te ne puoi andare."
 
"Si invece, sono rimasta anche troppo. Queste luci stroboscopiche, questa musica assordante, la birra che hai voluto bevessi a tutti i costi mi hanno fatto venire il mal di testa, in più domani lavoro e non ha senso che io rimanga, non mi diverto io e rovino la festa a voi. "
 
" Non è possibile. Per forza che non ti diverti, non ci provi nemmeno. "
 
" Beh perché io non ci trovo nulla di divertente a sculettare in mezzo a una pista, bere e farmi assordare dalla musica, mentre queste luci mi accecano e intorno a me c'è una pseudo orgia."
 
"Oh scusa, sorella non sapevo che per te questo fosse un luogo di peccato. Perdonami, vai pure a casa o domani tarderai a messa. Sei impossibile, tutto quello che cerco di fare per farti divertire riesci a sabotarlo."
 
"Ascolta io esco in giardino, mi scoppia la testa, chiamo un taxi e tolgo il disturbo."
 
"Alex..."
 
Uscii in giardino stordita da tutto quel caos, la musica e le luci arrivavano anche lì, ma erano molto meno intense.
 
Presi il mio telefono per chiamare un taxi ma all'improvviso sentii un colpetto sulla spalla. Mi girai: era Chris!
 
"Serve un passaggio?"
 
"Chris tu ti stai divertendo. Non lasciare la festa per me. Io prenderò un taxi tranquillo."
 
"No. Non ti lascio tornare a casa a quest'ora da sola e poi, anche io non ne posso più, ultimamente le feste mi stanno stufando. Forse sto invecchiando."
 
"A 20 anni? Mi sembra una spiegazione plausibile."
 
Insieme ridemmo.
 
"Chris ascolta davvero apprezzo che ti preoccupi per me, ma non è necessario, prenderò un taxi, tornerò a casa, farò una doccia rilassante, ordinerò qualcosa di unto e pieno di calorie, guarderò un film e poi dormirò."
 
"Beh devo cenare anche io, ero convinto che qua ci sarebbe stato cibo, ma vi avevo visto male, ti accompagno e mangiamo qualcosa."
 
"Voglio andare a casa..."
 
"Ma, infatti andiamo da te. Se non ti dispiace."
 
"Ok. Volentieri."
 
Dentro di me sentii una felicità che solo la sua presenza sapeva darmi, sarei rimasta da sola con lui, sicuramente questo per me era molto più da considerarsi "festa" di quello che avevo fatto fin'ora.
 
Entrammo in macchina e Chris accese la radio, radio si fa per dire, la chiavetta USB inserita nello stereo e scelse la numero quattro.
 
"No Chris, no ti prego ho già mal di testa."
 
"Ma è la nostra canzone, sai che è d'obbligo cantarla quando siamo in macchina io e te."
 
"No Chris. Ti prego!"
 
"Su dai tutti insieme: Turn around! Look at what you seeeeeee!"
 
La colonna sonora della storia infinita si diffondeva a tutto volume in macchina e per la strada, alla terza frase accontentai Chris e iniziai anche io a cantare altrimenti, non avrebbe smesso di darmi il tormento.
 
Il viaggio fu piacevole, anche quella musica era alta, ma non mi dava il mal di testa. 
 
Una volta arrivati a casa mia dissi a Chris: "Ti va di ordinare ordinare per telefono? Io intanto vado a cambiarmi." 
 
"Certo. Pizza o cinese?" 
 
"Tutto non si può? Ho una fame da lupo." 
 
"Ma dai Alex, sei sempre la stessa. Ok. Il solito?" 
 
"Si, tutto quello che vuoi o che ti capita, va bene tutto." 
 
Abbandonai per chiare circostanze l'idea del bagno rilassante, ma in fondo Chris era il mio miglior amico e nonostante ne fossi innamorata, non mi ero mai formalizzata davanti a lui, quindi dopo aver fatto una doccia veloce, mi struccai con una salvietta, indossati una tuta comoda e raccolsi i capelli. 
 
Raggiunsi Chris in cucina. 
 
"Ora ti riconosco, si sei tu. Nel bagno che cos'hai un macchinario che ti permette di cambiare aspetto?" 
 
"Spiritoso!" esclamai mentre prendevo tovaglioli e bicchieri per metterli a tavola. 
Mentre prendevo dal frigor delle bibite e dell'acqua fresca pensai al fatto che non mi ero lontanamente preoccupata di che fine avrebbe fatto Eleonora. 
Come se mi avesse letto nel pensiero Chris disse: "Eleonora voleva stare fino alla fine, dormirà da una sua amica che ha incontrato lì." 
 
Mentre versavo da bere per me è per lui osservai:
"Vorrei essere come lei. Quanto la invidio è così espansiva, sicura di sé, festaiola, estroversa ed entusiasta. Ha ragione quando dice che sono pesante, a volte mi chiedo come sia possibile che sia mia amica." 
 
"Anche lei ha molto da invidiarti a mio avviso." disse guardandomi. 
 
"Si certo. E cosa?" chiesi sedendomi sul divano accanto a lui. 
 
"Sei giudiziosa, equilibrata e razionale, pensi prima di fare le cose e sei responsabile. E senza offesa, molto meno disponibile." 
 
"Chris, che stai dicendo?" dissi dandogli seccata una botta sulla spalla: "Ricordati che stai parlando della nostra migliore amica." 
 
"Tua migliore amica!" mi corresse lui: "Io non avrei mai fatto amicizia con lei, sono amico per circostanza!" 
 
"Perché andate in classe insieme?" 
 
"No perché, sta vicino a te e quindi accetto di stare con lei." 
Iniziai ad arrossire, ne sono convinta, mi succedeva sempre ed era qualcosa che odiavo. 
Il campanello mi salvò dall' imbarazzo:
"Cibo finalmente!" 
 
Mi alzai di scatto e aprii la porta: il fattorino del delivery aveva con sé ogni ben di dio. 
 
"Una pizza con salame piccante e olive nere, una con acciughe e peperoni. E dal ristorante cinese: riso alla cantonese, spaghetti alla piastra con frutti di mare, involtini primavera, toast di gamberi, maiale in agrodolce e pollo con mandorle. In tutto sono 30 dollari. "
 
" Ah si prendo subito il portafogli. "
 
" No lascia faccio io." disse Cris allungando le banconote al ragazzo. 
 
" No Chris, ho preso i sacco di roba sei ospite da me."
 
"Ecco qua trenta più cinque di mancia per te." disse Chris al ragazzo ignorando i del tutto. 
 
"Grazie e buon appetito." salutò il ragazzo. 
 
Appoggiai le cose sul tavolo. 
 
"Dopo ti do la mia parte." 
 
"Non se ne parla." 
 
"Ma hai speso un capitale." 
 
"Fatti miei. Volevo offrire io e ti ho offerto, altrimenti mi offendo." 
 
"Non ho speranze vero?" 
 
"Direi di no." 
 
"Grazie allora ricambieró appena possibile." 
 
"Lo stai già facendo, siamo scappati da una squallida festa per divertirci insieme." 
 
"Capirai che divertimento, qua con me in tuta, struccata a rimpinzarci." 
 
"Non chiedo di meglio, a me piace stare con te. Non c'è posto dove vorrei essere adesso se non qui." 
 
"Grazie, vale anche per me. Ma ora mangiamo, sto morendo." dissi per sviare l' imbarazzo che stava per crescere di nuovo. 
 
Mi avventai sulla pizza che normalmente si raffredda a con più facilità a differenza del cibo cinese che grazie alle confezioni di alluminio rimaneva caldo a lungo. 
 
Afferrai una grossa fetta di pizza al salame e inizia a divorarla. 
 
"Dopo scabiamo una fetta. Voglio assaggiare la tua." dissi con la bocca piena.
 
"Certo. Sei disposta a tradire la tua amata diavola con olive nere?" 
 
"Per peperoni e acciughe si." 
 
Inavvertitamente un po' di olio della pizza mi cadde addosso e per cercare di rimediare al danno mi sporcai anche di sugo. 
 
"Nooo! Ma non è possibile, sono un disastro! Ho appena iniziato a mangiare." 
 
Chris rise divertito. 
 
"Non è divertente!" 
 
"Eddai vuol dire che stai mangiando di gusto! Può succedere!" 
 
"Facile dire così quando non sei tu quello che si sporca." 
 
Proprio in quel momento anche Chris si macchió la camicia immacolata con un peperone. 
 
"Oh no te l'ho mandata! Scusa Chris!" risi imbarazzata. 
 
"Ora siamo alla pari." disse lui ridendo. 
 
"No perché tu sei comunque perfetto e bellissimo." pensai.

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Capitolo 9
*** The royal pregnancy ***


Freya si accarezzó il prominente ventre che stava gradualmente crescendo, ogni tanto sentiva qualche movimento, qualche calcio e spesso e volentieri una fame e voglia di alcuni cibi a dir poco incontrollabile. Ormai era al quinto mese di gravidanza, il popolo ne era sicuramente a conoscenza, del resto come avrebbe potuto nasconderlo?
Si abbandonó sui molteplici cuscini su cui schiena e testa erano adagiate e si sistemó la coperta dorata accocolandosi. Nonostante fosse incinta, la sua figura era comunque elegante e proporzionata, la camicia da notte per quanto comoda era molto elegante e Odino ogni volta che la vedeva era divorato dal desiderio anche se, cercava di reprimerlo per amore di sua moglie che non sempre si sentiva al massimo.
In fondo, stava portando in grembo un suo erede. 

"Mia regina, mi sono permessa di portarti questo infuso alle erbe e miele sono sicura che ti farà bene e calmerá anche il piccolo principe." 

"Grazie Eyra, le tue premure mi sono di conforto. Certo sono felice dell'erede che porto in grembo ma, è anche molto faticoso e dato la sua forza straordinaria a volte dá dei calci non indifferenti." 

"Per me è un piacere mia dolce signora; non desidero altro che il tuo bene. A proposito, il re mi ha detto di comunicarti che vorrebbe mostrarti la camera reale che sta preparando per il principino, se lo desideri raggiungere sarò ben lieta di accompagnarti. " 

" Grazie Eyra, andró più tardi dopo aver riposato, ma tu non preoccuparti va pure, posso andare da sola. " 

" No mia regina perdonami, ma il re ha espressamente ordinato di non lasciarti mai incustodita, dalla tua incolumità e quella del suo erede dipende la mia vita." 

"Bene. Sempre il solito esoso! Va bene Eyra, non voglio che tu abbia problemi per causa mia. Ora riposeró, ti chiamerò per vedere la camera quando mi sarò svegliata." 

"Come desideri mia regina! Desideri altro?" 

"No va pure. Ti manderò a chiamare più tardi." dopo un breve inchino l'ancella si allontanò chiudendo le porte. Si rivolse alle guardie in tono di ammonizione: 

"Occhi aperti il re si è raccomandato di fare una guardia ferrea anche alle stanze della regina, è un periodo delicato e lei essendo incinta è particolarmente vulnerabile e soggetta ad attacchi ora che si sa che porta in grembo un erede del sovrano.  Non allontanatevi nemmeno per un attimo e se proprio non potete farne a meno datevi il cambio tra voi guardie designate personalmente, non fidatevi nemmeno di una guardia casuale. So che non è piacevole per voi sentire ammonizioni da me, ma il re di è raccomandato che ve le comunicassi. " 

"Certo. Non preoccuparti, la porta è sorvegliata da due di noi. Ormai giorno e notte." 

"Bene. Buon lavoro." 

In realtà da sempre le camere reali erano sorvegliante, ma da quando la regina era rimasta incinta il re aveva incrementato la sorveglianza. 

Eyra si diresse a passo svelto dal re per comunicare la decisione della regina di riposare prima di voler visitare la stanza preparata per il reale pargoletto. 
La regina doveva rimanere sola il meno possibile, nonostante la sua stanza fosse sorvegliata. Era il suo compito vegliarla anche quando dormiva, non solo lei ovviamente erano quattro le ancelle incaricate il che significava darsi il cambio, facendo turni di veglia anche di notte almeno fino a che il principe non sarebbe nato. Anche se conoscendo il re, dopo il parto sarebbe stato ancora più ansioso e quindi, se possibile, avrebbe intensificato ancora di più i loro turni di guardia. 

Subito dopo aver comunicato al sovrano la decisione della regina, Eyra ritornò da lei, si sedette su una sedia vicino al giaciglio reale sulla quale la regina era addormentata e leggendo un libro per tenersi sveglia iniziò il suo turno di guardia. Al primo lamento o bisogno della sua sovrana avrebbe dovuto accorrere e fare il possibile, e ovviamente anche se la camera era sorvegliata da valorose guardie, era suo dovere essere sempre all'erta. 

Da quando la notizia della gravidanza era stata resa ufficiale il popolo, il palazzo chiunque ad Asgard aveva iniziato a farsi delle domande sul futuro del bambino, ognuno si concentrava sull'aspetto a cui era più interessato. In quanto lusso sarebbe cresciuto? Già da bambino sarebbe stato educato come re? Avrebbe potuto avere un'infanzia normale? Da adulto avrebbe potuto scegliere chi amare o sarebbe stato assoggettato a un matrimonio combinato? Sarebbe diventato bello? Che carattere avrebbe avuto? Sarebbe stato un buon re? 
Eyra e tutte le altre ancelle si chiedevano chi alla nascita sarebbe stata nominata sua educatrice e balia anche se, già immaginavano un ipotetico nome. 

Quando la regina si svegliò si diresse accompagnata dalla sua fidata ancella nella stanza del prossimo nuovo arrivato. 

Era una stanza lussuosa, tutta dipinta color ocra e con rifiniture in oro; i mobili di pregiato legno di pino dal legno biondo, il letto era grandissimo, a baldacchino fatto con lo stesso legno dei mobili e con inserti dorati a forma di fulmini. 

Una vasca dorata placata in oro e pomposamente rifinita a mano era collocata nella parte destra dell'enorme camera e una porta sul muro in fondo portava poi ai bagni privati con sauna, piscine e tutti i confort possibili. 

"Che te ne pare mia adorata?" 
Chiese Odino soddisfatto. 

"Molto bello." rispose Freya con un sorriso appena abbozzata. 

"Tutto qui? Non mi sembri molto entusiasta mia regina." 

"No è bellissima tesoro, ma... Non credi che sia eccessiva? E soprattutto prematura? In fondo nostro figlio deve ancora nascere e passerà molto tempo prima che possa avere la sua stanza da solo e anche quando succederà sarà piccolo per avere tutto questo. Io voglio che non cresca nel lusso e l'esasperazione. " 

" È mio figlio, mio primogenito, principe e futuro erede al trono di Asgard, tutto dovrà essere degno di lui. " 

" Già ma non dimenticare che è anche un bambino... " 

" Lo so mia cara, ma non come tutti gli altri. Lui è il più importante. " 

" No. È qui che ti sbagli, io non voglio che lui cresca in modo diverso." 

"Ma lui non è diverso, è unico. Gli dovrà sempre essere riconosciuto." 

"Io voglio che cresca allegro, spensierato, come gli altri bambini." 

"Ma lui non lo è... Non è come gli altri bambini." alzò la voce il re irritato. 

Freya si toccò il ventre, contraendo il viso in una smorfia di dolore, nel suo stato anche una piccola agitazione poteva causare dolore. 

Odino la guardò con sguardo dispiaciuto quasi mortificato e si avvicinò a lei dicendo in tono dolce e più calmo possibile: "Non è ancora nato e già litighiamo per lui? Pensiamo una cosa per volta. Questo è il mio regalo per lui, che lo usi dopo o prima rimarrà qua, curata e pulita finché non la userà. Ora pensiamo a prepararci al suo arrivo. Manca davvero poco ormai." 

Odino mise una mano sul ventre della sua sposa e l'abbraccio da dietro felice di vederla serena e in salute. 

" Hai già pensato al nome che vogliamo dargli? " chiese il re. 

" Non lo so me ne piacciono tanti. Pensavo che forse sarà meglio scegliere al momento guidati dall'istinto perché più ci penso più aumentano di numero i nomi papabili." 

"Potremmo pensarci 'sta sera dopo cena? Che ne dici?" 

"Certo mio re. Mi raccomando tu pensa bene ad alcuni nomi che preferiresti più di altri." 

"Certo mia cara. Ora devo andare nella sala del trono, ho un' importante riunione con i miei soldati. Ci vediamo a cena, ti prego, riposa e non stancarti." 

"Sono almeno cinque mesi che non faccio altro ormai." disse Freya con tono scherzosamente rassegnato. 

"Bene allora sarai già abituata." replicò Odino ridendo. 

Eyra riaccompagnó la regina nelle due stanze in modo che potesse prepararsi per la cena, il re invece raggiunse la sala del trono.

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Capitolo 10
*** Sleepless night ***


"Vedi è questo che mi piace di te." disse Chris.
"Mangi di gusto, non ti fai problemi a mostrarti in tuta, struccata e riesci ad essere te stessa." 
 
Credo di essere diventata bordeaux in quel momento.
"Beh, a parte che non avrei alternative perché io non riesco a fare diversamente. Non riesco a mostrarmi diversa, non ho tutta questa forza di volontà." 
 
"Falsità vorrai dire." 
 
"Cosa intendi Chris?" 
 
"Che in fondo chi non mostra com'è veramente non è una persona sincera, quindi in realtà... Fingere di essere diversi è solo un'altra forma di dire bugie." 
 
"A volte lo si fa anche per paura Chris. O perché la vita ci cambia." 
 
"Ma con te sembra non sembra funzionare questo ragionamento." 
 
"Che intendi Chris?" 
 
"Alex! Sei così intelligente, a volte mi chiedo come fai a non capire...
Parliamoci chiaro. Prendi Eleonora, lei non farebbe mai come fai tu, vi frequento entrambe da anni e... Non mi ricordo di averla mai vista una volta" al naturale". È sempre truccata, anche quando sta male, non mangia quasi niente e in pubblico evita di mangiare, non l'ho mai vista una volta senza capelli laccati o abiti succinti, senza contare che nonostante, tutto questo i difetti comunque le si vedono. Tu non sei così... Sei genuina, alla mano semplice e per questo mi piaci così tanto. " 
 
In quel momento mi sembrò di svenire, con se tutto si fosse fermato... Io piacevo tanto a Chris? Da quando.
Non so come riuscii, ma ovviai il discorso:
" Questo non fa di lei una perso a falsa, è semplicemente una che cura di più il suo aspetto e non vedo nulla di male in questo, anzi dovrei migliorare e a volte la invidio. Eleonora è così controllata e posata io non sono come lei. Ma questo non credo faccia di lei una persona falsa. " 
 
" È allora perché io per te impazzisco e per lei no? "
Mi arresi, non potevo più fingere di non capire, sarebbe stato troppo anche per me.
Abbassai lo sguardo e poi cercando di non esplodere letteralmente dissi:
" Come hai detto scusa? "
" Che tu mi fai impazzire. E lei no! Nessun altro in verità, impazzisco solo per te. Sono anni che siamo amici, ma io... Io credo di essermi innamorato Alex." 
 
Non riuscii più a trattenermi diventai paonazza e le lacrime mi salirono agli occhi, non riuscivo a crederci, con un filo di voce chiesi:" Dici davvero? Davvero Chris? " 
 
" Non sono mai stato più sincero." 
 
"Beh, anche tu, anche tu mi fai impazzire." 
 
"Davvero? Grazie! Allora c'è solo una cosa da fare." 
 
"Cosa?" dissi io impacciata. 
 
Lui mi prese il viso tra le mani e mi baciò con decisione e delicatezza, era il mio primo bacio e lo stavo dando a lui, l'unico al mondo che avrei voluto baciare. 
 
"Questo." rispose lui staccandosi. 
 
"Beh ora non manca più." dissi io ancora incredula. 
 
Mi sembró impossibile, non poteva essere vero. Sedevo davanti a un tavolo pieno di avanzi di cibo da asporto, con indosso in una tuta macchiata di pizza, i capelli raccolti in un mollettone ed avevo dato il mio primo bacio al ragazzo di cui ero innamorata da parecchio. 
Ma lui era il mio migliore amico, cosa sarebbe successo ora? Non avevo mai gestito una situazione del genere. 
Eravamo entrambi imbarazzati; fu lui a rompere il ghiaccio:
"Scusami, forse non avrei... non avrei dovuto."
Io lo guardai con una sicurezza e con una sicurezza che non mi era mai appartenuta dissi:
"È stato fantastico. Non scusarti anzi, grazie, grazie di cuore..." 
 
"Tu mi piaci davvero tantissimo, tanto tanto Alex. Vorresti essere la mia ragazza?" 
 
"Cosa? Io... Cioè... Davvero?" 
 
"Non devi rispondermi subito, ma sappi che, se vorrai farmi felice io vorrei poterti amare." 
 
Io lo guardai, sempre più rossa e abbracciandolo tremando dalla felicità dissi:
"È ovvio! Certo che voglio essere la tua ragazza." 
 
"Davvero?" 
 
"Si, si, si!" risposi a Chris con gli occhi lucidi e urlando di felicità. 
 
Mi diede un altro bacio, più consapevole e rilassato, la fame mi era ormai passata, avevo altro a cui pensare, con tutte quelle emozioni nello stomaco. 
Ritirai gli avanzi in frigorifero, Chris mi aiutó a sparecchiare; ormai erano le due di notte. 
"Ora io vado, ti lascio riposare, sono le due e ti devi svegliarti domani." disse Chris accarezzandomi la spalla. 
"Si purtroppo devo svegliarmi presto, però finisco per pranzo quindi poi se ti va possiamo vederci." 
"Non vedo l'ora dolcezza. Non vedo l'ora di rivederti, già mi manchi." 
 
"Dai Chris, smettila! Mi fai arrossire così." 
 
"È la verità! E poi sei stupenda quando arrossisci." disse lui accarezzandomi i capelli. 
 
"Allora buona notte mio dolce cavaliere." 
 
"Dormi bene tu. Mia dolce donzella." 
 
Ci demmo un ultimo bacio di congedo sulla porta. Quella sera fu indescrivibile quello che provai, mi sentii felice dopo tanto tempo o forse addirittura per la prima volta. Mi sembrava tutto più bello, colorato, leggero. Ricordo solo che nonostante fossi KO, faticai a prendere sonno per la felicità ancora incredula per quanto fosse successo. 
 
Quella notte per la prima volta mi sentii appagata, non ebbi brutti pensieri prima di dormire e sognai solo cose belle. 
E lo so cosa state pensando... Che sono stata una stupida a non invitarlo a restare a dormire, forse una ragazza audace lo avrebbe subito indirizzato verso il suo letto. Ma io non ero così, sono sempre stata all'antica e vi posso dire che non me ne pento e nemmeno me ne vergogno. 
Quella sera per me già quei baci erano stati un passo enorme, io non avevo mai baciato un ragazzo, pensai e ripensai alle sue soffici labbra sulle mie, mi sentii in paradiso solo al pensiero. 
Mi bastava così ve lo giuro!

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Capitolo 11
*** Lightnings and thunder ***


Freya si svegliò era mattina presto, ormai era quasi imminente la nascita del principe, avrebbe potuto venire al mondo in qualsiasi momento. 
 
Nonostante fosse tarda notte, faticava a dormire, un sacco di pensieri le riempivano il cuore e la testa. Sorseggió il suo infuso, scaldandosi le mani. 
 
"Mia regina dovresti riposare." disse la sua fidata anrcella con aria assonnata. 
 
"Non riesco a dormire. Ho troppi pensieri e il piccolo oggi scalcia più del solito." 
 
"Posso farti un massaggio rilassante?" 
 
"No grazie, credo che cercherò di chiudere gli occhi." disse Freya porgendo la tazza vuota alla ragazza accanto al suo letto. 
"Mi stai proprio facendo soffrire amore mio." disse accarezzandosi il pancione. 
"Non vedo l'ora di stringerti." 
 
La regina si adagió sul letto e dopo che l'ancella le ebbe sistemato il cuscino riuscì a prendere sonno anche se con fatica. 
 
Fu dopo ben tre ore che la regina fu costretta a svegliarsi, ovvero quando i crampi al ventre iniziarono ad essere così frequenti da non permetterle più di dormire. 
 
Si sedette sul letto e gemette delicatamente di dolore. 
 
"Eyra! Mi sa che ci siamo, ti prego chiama la levatrice." disse Freya sorridendo e con voce calma. 
 
"Come mia regina? Stai per partorire ora?" 
 
"Si, ma ti prego almeno tu rimani calma, creeró già abbastanza agitazione questa notte." 
 
"Farò il possibile mia regina, ma cerca di comprendermi non è facile. Sta nascendo il tuo erede, figlio del re e nostro principe. Ora vado ad avvisare le guardie che chiamino Valeska, la levatrice." 
 
La ragazza si precipitò fuori dalla camera reale e sollecitó le guardie a chiamare la levatrice per non lasciare sola la regina. 
 
In poco tempo fu tutto pronto, anche il re fu svegliato, nel palazzo c'era un grande fermento. 
 
Solo dopo mezz'ora la levatrice, il re, le fidate ancelle: tutti erano intorno alla regina che iniziava a urlare per il dolore. Nonostante la sera prima fosse completamente sereno, fuori c'era il temporale. La regina cercò di respirare piano, profondamente, nonostante il dolore. La levatrice l'assisteva con una grande calma, nonostante l'età avanzata era lucida e ferma e perfettamente in grado di gestire quella situazione di grande responsabilità. 
"Non ci posso credere, tra poco vedrò mio figlio, nostro figlio." 
 
La regina stringeva la mano del re e un altro urlo uscì strozzato dalla sua gola. 
 
"Mia regina, si vede la testa, abbi un po' di pazienza." 
 
La levatrice prese la testa tra le mani, aiutó la regina che spingeva con tutte le sue forze e dopo un ultimo urlo di dolore lancinante il bambino uscì e pianse. 
Nello stesso tempo un lampo squarció il cielo seguito da un tuono fragoroso. 
La regina era stremata, si sdraió sul cuscino. 
 
" È nato! Sta bene! Benvenuto al mondo futuro re di Asgard." disse la levatrice commossa, stringendolo a sé.
Il suo più grande desiderio di vedere il figlio della regina e assistere alla sua nascita era stato esaudito. 
Come da rito lo consegnò al re, visibilmente commosso nonostante lo volesse mascherare, era sicuramente molto strano vedere Odino, il terrore dei campi di battaglia, con le lacrime agli occhi. 
 
"Mio re, ora come da tradizione aspettiamo che tu gli dia il nome e poi penseremo a lavarlo." 
 
"Cosa ne dici mia regina? Hai già pensato a un nome? In fondo la fatica è stata tua, scegli il nome del tuo principe." 
 
"Sinceramente avevo deciso di darglielo al momento e quindi non ho idee chiare, però è nato abbastanza velocemente e durante un temporale. Quindi vorrei che il suo nome ricordasse la velocità del lampo e la potenza del tuono. Che ne dici di Thor, è cosi che fa il tuono quando rimbomba. " 
 
"Thor, si mi piace, quando crescerà sarà il dio del tuono e dei temporali." 
 
"Il nostro piccolo." 
 
"Mio re, perché me lo hanno portato via, volevo tenerlo fra le braccia per un po', vederlo, coccolarlo, darle il mio latte." 
 
"Mia regina, te lo riportaranno presto, doveva essere lavato e ben vestito." 
 
"Ti prego promettimi che mi sveglierai se quando torna starò dormendo." 
 
"Certo! Lo prometto!" 
 
Pur essendo stremata dal parto la regina riuscì a rimanere sveglia per la voglia di vedere suo figlio. 
 
Dopo quasi un' ora glielo portarono, era avvolto in una coperta di sera dorata.
Lo prese in braccio, era uguale identico al padre, non avrebbe potuto esserci alcun dubbio. 
 
Nonostante fosse appena nato aveva già i capelli biondi, dorati e si poteva già notare quanto fosse di corporatura massiccia. 
 
Lo guardó mentre lacrime di gioia le scendevano sul viso, finalmente aveva tra le braccia Thor, il figlio di Odino. 
 
Il taglio degli occhi, i capelli tutto era del padre in lui. Se da una parte ne fosse felice, dall'altra era un po' delusa, le sarebbe piaciuto che somigliasse a entrambe. Sicuramente ancora doveva crescere, sarebbe cambiato ancora centinaia di volte però, nel caso in cui la somiglianza sia già così marcata alla nascita, si sa che difficilmente svanisce o muta drasticamente. 
 
Gli diede un bacio sulla testolina bionda e dopo averlo preso tra le sue braccia si addormentò finalmente felice, serena e senza più quel peso enorme da portare nel ventre. 
Le sembró quasi impossibile di essere completamente libera. 
 
Il piccolo dormiva accanto a lei con i pugnetti chiusi, nei giorni seguenti avrebbe potuto anche capire il colore degli occhi, della pelle, ammirare le sue espressioni. 
Era sicura che doveva pur esserci qualcosa di suo in lui. Forse avrebbe dovuto cercarla meglio, ma di sicuro l'avrebbe trovata. 
 
E se il bambino fosse stato diverso? Più somigliante a lei? O magari a nessuno dei due? Il re ne sarebbe comunque stato ugualmente felice? 
Come lo avrebbe educato? E se il bambino crescendo non avrebbe soddisfatto i suoi piani e le sue aspettative? 
Freya capiva che era presto per pensarci, ma non poteva smettere di chiederselo.

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Capitolo 12
*** King Laufey ***


"E così il padre degli dei ha dato una festa per celebrare il nuovo fagottello di gioia. Che emozione! Peccato che di tutti i nove regni io sia stato l'unico re a non ricevere l'invito."
Disse Laufey guardando fuori dal suo palazzo di ghiaccio. 
 
Continuando a guardare fuori osservò gli schiavi in catena e obbligati ai lavori forzati, frustati e picchiati dai suoi sottoposti. 
 
" Non perdonerò mai questo affronto. " 
 
I suoi occhi rossi iniziarono a lampeggiare di rabbia. 
 
Il lungo mantello nero gli ricadeva lungo la schiena, si riaccomodó sul trono di ghiaccio che scintillava alla luce tenue dei lampadari alimentati a fuoco fatuo. 
 
La sua pelle blu e squamosa sembrava fondersi con il resto della stanza. 
 
"Odino la pagherà per questo affronto. La pagherà cara." si portó la mano al viso con sguardo meditabondo e pieno di vendetta. 
 
"Non verrá mai qui di spontanea volontà. Devo attirarlo con uno stratagemma e gli dichiareremo guerra." 
 
"Mio Signore, siamo inferiori numericamente l'unica cosa che è possibile fare è prenderlo di sorpresa." 
Disse Kratos il suo consigliere, che nonostante lo appoggiasse e si fisse sempre dimostrato fedele era spesso insultato e maltrattato dal suo padrone. 
 
" Non ti ho chiesto nessun tipo d'intervento miserabile e insolente che non sei altro. Non perdi mai occasione per ricordarmi che io sono inferiore a Odino. Ti diverte questo?" 
 
"No mio Signore assolutamente, pensavo solo al benessere del tuo popolo e tuo." 
rispose Kratos preoccupato e intimorito. 
 
"Gli manderò un invito, pacifico e cordiale, in più gli manderò dei regali per il pargoletto per dimostrare che non ho rancore o rabbia nei suoi confronti e sarà proprio allora che il mio piano inizierà ad attuarsi." 
 
"Sicuramente farai la cosa migliore mio Signore." 
 
"Non dubitarne mai Kratos. Manderò dei regali bellissimi, doni stupendi. Sono sicuro che sospetterá subito che siano pericolosi e quindi li farà provare ai suoi consiglieri e servitori quando vedrà che non c'è nulla di pericoloso abbasserà la guardia e anche se sospetterá ancora sarà diverso. Poi dopo un po' di tempo riceverà l'invito per festeggiare la nascita di mio figlio, l'erede al trono di Jotunheim. " 
 
" Ma, mio sovrano. Tu non hai figli. " 
 
" Ma pensa? Che sciocco non ci avevo pensato. Vuoi tacere stupido buono a nulla?" disse Laufey colpendolo sul viso
 
" Sei proprio stolto e insolente Kratos, a questo penserò subito a porre rimedio.  Avrei avuto un erede già da tempo se non fosse per la moglie che mi ritrovo. Come è potuto succedere? Avrei dovuto sposare una gigantessa di ghiaccio, ma per colpa di quello stupido patto fatto con le ninfee dei boschi millenni fa, mi ritrovo così; ero convinto che essendo debole e inutile morisse entro poco tempo, ma a quanto pare è più resistente di quanto credessi. " 
 
" Si mio sovrano. In fondo è una ninfa dei boschi, in particolare dei pini, sono alberi sempreverdi resistenti al freddo, quindi è possibile che resista a queste rigide temperature. " avanzó timidamente Kratos. 
 
" Potrebbe essere la prima cosa sensata che dici. Effettivamente, non avevo pensato a questo, è anche vero che da quando è arrivata è sempre stata negli alloggi, con tutte le comodità a riparo dal freddo, come potrei fare diversamente, non posso maltrattare una regina, mia moglie per giunta scatenerei tutte le ire dei nove mondi. Ero convinto sarebbe morta naturalmente per la temperatura. È così... Minuta, non sono nemmeno riuscito a unirmi a lei. Io ho già le mie cortigiani che mi allietano ogni notte. " 
 
" Si mio sovrano, e sei saggio in questa scelta, perché la regina è troppo minuta per portare in grembo un tuo erede, se dovesse rimanere incinta nessuno sa cosa accadrebbe. Non è mai successo che un gigante di ghiaccio si unisse a un'altra creatura che, per quanto divina, fosse di diversa razza e soprattutto dimensioni. Non sappiamo cosa potrebbe succede. " 
 
Il volto di Laufey si illuminò e i suoi occhi tutto a un tratto scintillarono di malvagità. Kratos si maledisse per aver parlato. 
 
" Già. Nessuno sa cosa succederá, perché nessuno ha mai provato. In fondo, cosa ho da perdere. Tanto, io le mie amate cortigiane che possono darmi degli eredi le ho comunque. Nessuno mi vieta di sperimentare cosa può nascere all'unione delle nostre due razze, potrebbe anche uscire un mostro di forza. In ogni caso, otterrò qualcosa, o mi libereró di quella libellula insignificante che morirà al parto, oppure avrò un figlio eccezionale. " 
 
" Mio sovrano, hai considerato che potrebbe sopravvivere e che potrebbe anche nascere un essere più debole. " 
 
" Taci Kratos! Non voglio nemmeno ascoltarti, fai chiamare la regina Farbauti, questa notte provvederò a deflorarla. " 
 
" Come desideri mio Signore. " disse Kratos quasi tremante, si inchinó e lasciò la stanza.

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Capitolo 13
*** A very bad situation ***


Kratos corse per il corridoio del palazzo, Hilde la sovrintendente del personale di corte lo vide arrivare affannato: 
 
" Hilde, Hilde!" 
 
"Nel nome del cielo! Si può sapere cosa è successo di tanto grave per farti correre in modo così rozzo e volgare." 
 
"Hilde, Hilde... " si fermò Kratos rischiando un collasso per la lunga corsa e agitazione.
"Il re... Il re... Siamo nei guai." 
 
"Kratos non ci capisco nulla così, mi fai solo venire un gran nervoso. Siediti per favore e bevi un po' d'acqua." 
 
Kratos sedette su una sedia e Hilde chiese a una schiava di versare un bicchiere d'acqua. La schiava lo porse inchinandosi. Kratos lo bevve e dopo un attimo iniziò a riprendere fiato. 
 
" Grazie, grazie Hilde. Siamo in guai grossi." 
 
"Perché?" 
 
"Il re... Ha chiesto che la regina sia condotta nelle sue stanze sta sera. Ha intenzione di... Deflorarla." 
 
"Oh accidenti e come faremo adesso! Proprio un grosso problema." disse lei con tono sarcastico e teatrale:
"E tutto questo trambusto per una sciocchezza simile, sono marito e moglie è normale che sia così, anzi è anche tardi no?" 
 
"Ma Hilde possibile che non capisci? Le regina è una ninfa, non una gigantessa, l'obiettivo del re è di ingravidarla per avere un erede ed attirare Odino con la trappola di un festeggiamento. Quello che però, trascura è che molto probabilmente la gravidanza non andrà a buon fine e ucciderà la regina e il nascituro, ammesso che la regina non muoia prima durante... Insomma il rapporto sessuale. Se dovesse capitare una cosa del genere non solo avremmo contro l'esercito delle ninfe dei boschi, cosa già tragica,ma non ingestibile, potremmo ritrovarci contro tutti i nove regni per vendetta. " 
 
" E per quale motivo? Il re che colpa può avere se la regina muore di parto? " chiese Hilde ancora restia a capire. 
 
" Colpa di non averlo impedito, di averlo permesso o addirittura di averlo fatto volontariamente. Si sa che l'unione di razze diverse é rischioso soprattutto se le dimensioni sono molto differenti; se si tratta di giganti di ghiaccio le complicanze sono particolarmente accentuate. 
Le dimensioni, il freddo, la diversa crescita del neonato... Non è mai successo fino ad oggi che un gigante di ghiaccio abbia fecondato una creatura femminile di diversa razza. C'è anche una specie di accordo che lo sconsiglia, scoraggia i giganti di ghiaccio maschi a fecondare creature femminili di altro genere, soprattutto se di dimensioni inferiori e tra quelle elencate ci sono anche le ninfe dei boschi. È vero che non è un vero e proprio divieto, ma se succedesse qualcosa, specialmente con l'odio che il re si è attirato per un sacco di altri motivi, ci ritroveremo contro tutti i regni. " 
 
" E quindi cosa vorresti fare? Non possiamo certo opporci. È inutile tutto questo baccano! Il re ordina? Noi eseguiamo, certamente non è più saggio trovarselo contro. " disse Hilde senza scomporsi, anche se Kratos sapeva benissimo che era spaventata quanto lui. 
 
" Quindi dovremmo lasciare che... " 
 
" È sua moglie. Cosa possiamo fare? Impedirgli di unirsi a lei? Kratos a volte mi chiedo se sei in grado di ragionare? " 
 
" Ma non capisci che avremo comunque problemi? Indipendentemente da quello che succederà?" 
 
"Si Kratos, ma mettersi contro il re è morte sicura, invece se eseguiamo i suoi ordini le cose potrebbero anche andare meglio. Quindi, mi pare che sia ovvio cosa sia più intelligente fare sia per noi che per il popolo." 
 
"Ma la regina, rischierà..." replicò Kratos. 
 
"Non dipende da noi. Non abbiamo scelto noi il suo destino... Ora basta, devo informarla o veramente il re se la prenderà con noi." Lo congedó frettolosamente Hilde. 
 
"Povera Anima. È come se fosse condannata a morte, una ninfa, così fragile, minuta non sopravviverà nemmeno a questa notte, figuriamoci a un parto. Ed è un vero peccato perché è estremamente bella e ha un cuore puro a differenza di molti di noi." 
Pensó Kratos dispiaciuto. 
 
 
Hilde camminó lungo l'esteso corridoio, poteva sentire solo il rumore dei suoi passi leggeri e il fruscio della sua veste blu. Si sistemó una ciocca bionda che le ricadeva sul viso e bussò alla porta delle camera reale. 
 
L'ancella personale della regina le aprì la porta. 
Fece un breve inchino. 
" Dame (signora in norvegese) Hilde cosa posso fare per te?" 
 
"Ho un messaggio per la regina Farbauti da parte del re." 
 
L'ancella rispose come da prassi: "Con permesso! Riferisco alla regina." 
 
Si avvicinò al giacilio su cui la regina era distesa e inchinandosi disse:
"Mia sovrana, dame Hilde ha un messaggio urgente per te da parte di sua maestà re Laufey." 
 
Il viso dolce della regina si fece cupo e preoccupato, conoscendo la natura dello sposo di sicuro non poteva essere nulla di buono. 
 
"Falla entrare Maja, grazie." 
 
Maja aprì la porta:
"Prego dame Hilde! La regina può riceverti." 
 
Hilde avanzó lentamente verso la regina e dopo aver fatto un rispettoso inchino disse, cercando di nascondere il dolore che provava per dover essere lei a dover sportare quell'annuncio mesto alla regina: 
 
"Mia regina, il re vuole che venga a dirti che sta sera ha intenzione di incontrarti nelle sue stanze e mi raccomanda di ricordarti la necessità di prepararti a dovere." 
 
La regina s'impietrì, il suo sguardo si fece vuoto, vacuo... 
 
Hilde, Maja, tutte le altre ancelle erano in enorme tensione.

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Capitolo 14
*** a light of hope ***


La regina Farbauti cercò di ricomporsi, nonostante carcasse di trattenersi I suoi occhi di ghiaccio diventarono lucidi.

" Vi prego di lasciarmi sola con dame Hilde e Maja, uscite."

Tutte le altre ancelle uscirono silenziosamente accompagnate dal fruscio delle loro vesti leggere.

"È successo ció che più temevo. Immaginavo che questo giorno fosse arrivato, ma in fondo al mio cuore speravo non arrivasse mai!"

"Mia regina, mi dispiace immensamente, odio il fatto di essere stata io la portatrice di questa notizia. Ma io non posso fare niente, lo sai altrimenti ti aiuterei." Disse Dame Hilde con un'aria sinceramente afflita, nonostante spesso fosse molto restia a mostrare i suoi sentimenti.

"Mia regina, è da quando sei qui che la sorte mi ha unito a te, sono solo una delle tue serve è vero, ma ti sono parecchio affezionata, sei l'unica persona di cui mi importi qualcosa che mi è rimasta. Non sopporto di vederti soffrire." Disse Maja piangendo e gettandosi ai suoi piedi.

"Mie fedeli amiche, voi siete state l'unico raggio di speranza da quando sono qui forzatamente. Non mi avete abbandonato e vi siete sempre intetessate sinceramente a me. È stato questo e il prendermi cura di voi che mi ha dato la forza di non lasciarmi andare, ma questo, mie care va oltre il mio e il vostro potere. Siete state meravigliosw ma, è giusto che io ora, vada incontro al mio destino, e purtroppo con me è stato crudele. Questa sera giaceró con un essere che non mi ama, prenderá la mia verginità e ben sapete quale sarà con alta probabilitá la fine che farò. È un gigante di ghiaccio e io una ninfa dei boschi in più, non credo proprio che sarà premuroso con me. Peró vi prego di non essere troppo abbattute perché grazie a questo mio sacrificio il mio popolo avrà la pace."

Inutile dire che quelle parole non rincuorarono minimamente le due ancelle fedeli, anzi se possibile le intristirono ancora di più.

"Mia regina non staró qui a piangere senza fare nulla mentre tu rischi esponenzialmente la vita. Dobbiamo fare qualcosa." disse Maja asciugandosi le lacrime. 

"Cosa posso fare Maja, non ho altra scelta."

"Forse non è tutto perduto!" Esclamó Hilde con aria di cospirazione.
"Mia regina non disperare, so che la tua sofferenza è multipla, non lo ami, dovrai concedergli la tua verginità, sai che lui non ti ama e temi per la tua vita. Ma forse a quest'ultimo problema c'è una soluzione."

"Cosa vuoi dire Dame Hilde?"
"In fondo al bosco delle stalattiti c'è un'anziana donna, una maestra di magia, non vive più nel regno da molto tempo, preferisce stare isolata nei boschi. Lei potrá occuparsi di questo problema. Sono sicura che potrebbe creare una mistura o unguento che potrebbe renderti forte e non farti morire mia regina."

"Non so se desidero vivere, vivere con il peso di questo orribile ricordo.
Forse è un bene che io muoia, come posso vivere con questo peso? E soprattutto a che scopo?"

"Mia regina tu devi vivere, per chi ti ama, per chi crede in te e per chi pensa che non è tutto perduto." Disse Hilde prendendole la mano.

"Se anche sopravvivessi a questa notte, potrei comunque rimanere incinta e morire di gravidanza. E poi se gli dessi un erede, che fine farebbe mio figlio o mia figlia, a che futuro sarebbe votato?"

"Mia regina dobbiamo pensare a una cosa per volta. Adesso la cosa più importante è salvarti la vita. Dobbiamo raggiungere Raya al più presto."

"Sapete che io non posso uscire dal palazzo, sono sorvegliata soprattutto non mi è possibile avvivinarmi ai boschi."
Disse la regina.

"Andró io per te, mia sovrana. Io posso farlo e nessuno sospetterá di una serva che si reca nel bosco."
Disse Maja,la sua fidata ancella.

"Maja, non posso permetterlo, rischieresti la vita se scoprissero le tue vere intenzioni."

"Ci andró mia regina, lo farò per te, ti prego non impedirmelo, voglio che tu viva." Disse Maja.

"Va bene allora Maja ascoltami." Disse Hilde alla ragazza. "Ti diró dettagliatamente cosa devi fare, devi seguire tutto alla lettera, non puoi sbagliare."

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Capitolo 15
*** A bad new ***


In quei pochissimi giorni trascorsi come la sua fidanzata ero a dir poco sulle nuvole. Nulla sembrava più come prima, tutto più bello, più leggero, più facile.
 
Effettivamente poi, non è che qualcosa fosse cambiato, stesse cose, stesso lavoro, stessa casa, stessa universitá, solita routine quello che cambiava adesso era dentro di me.
 
Era come una sensazione di rinascita, di benessere, di appagamento. Non potevo ancora crederci, non era possibile che Chris mi avesse chiesto di stare con lui.
 
Essendo obbligata a lavorare spesso capitava che Chris ed Eleonora trascorressero il tempo insieme mentre io lavoravo e poi magari venivano a prendermi e tornavamo a casa tutti insieme, si cucinava qualcosa, di ordinava un delivery, una volta da me, una volta da Eleonora e una volta da Chris.
 
Quei giorni mi sembró di essere rinata, mi sentii bene, come se avessi una famiglia, ma non una famiglia biologica, una famiglia di cuore.
 
Chris era stupendo con me, dolce gentile, mi portava a fare delle passeggiate, a prendere il gelato, la mattina passaba sempre a prendermi a casa, trovavo la colazione pronta o un pensierino. Aveva persino le mie chiavi di casa.
 
Per due mesi filó tutto liscio, poi iniziarono ad arrivare i problemi, tutto inizió una mattina quando mi svegliai per andare al fast food a lavorare e al mio arrivo non trovai una bella sorpresa.
"Alexandra prima che inizi il turno ho bisogno di parlarti." Mi disse il mio capo.
 
Lo raggiunsi in ufficio. Di solito queste frasi mi mettevano una gran ansia, non sopportavo sentirmi dire: "Ti devo parlare!" e poi essere lasciata in attesa.
 
L'attesa per fortuna duró poco, anche se forse dovrei dire purtroppo.
 
"Alexandra, in questi mesi in cui hai lavorato qua ci siamo trovati bene, non abbiamo avuto grossi problemi e devo riconoscere che sai fare il tuo lavoro!" 
 
"Grazie capo!" Risposi. Immaginavo che il discorso sarebbe dovuto proseguire, di sicuro non mi aveva chiamato per delle mere lodi.
 
"Purtroppo ci sono stati dei tagli al personale e ho due contratti a chiamata, non posso più permettermi di mantenerli entrambi, per cui non posso più tenerti Alexandra mi dispiace."
 
Rimasi pietrificata, fu come una doccia gelida.
 
"Ma perché capo, cosa ho fatto che non va?"
 
"Nulla Alexandra, ma siete in due a essere a chiamata: tu e Desy e mi dispiace dirlo, ma lei porta più mance e più clienti con il suo... modo di fare."
 
Ebbi uno scatto d'ira...
 
"Ma se sono più le cose che rovescia e gli hamburger che fa bruciare che quelli che riesce a servire, se non sa nemmeno assemblare un panino e alla cassa sbaglia un sacco di scontrini."
 
"Mi dispiace Alexandra, ma lei attira molta più clientela e più mance. Non hai idea di quante gliene lascino. Credimi non è nulla contro di te è solo... una questione economica."
 
Sentivo le lacrime premere per uscire, le ricacciai indietro con una forza che non credevo di possedere.
 
"È per l'aspetto economico dunque? Si certo, o forse perché io non sono il tipo di ragazza considerata bella dalla società. Beh ti dirò una cosa, anche io sarei sempre perfetta se stessi sempre in cassa a fare la velina. Non è certo lei che sta alle friggitrici perché se no gli si sporcano i capelli, non è lei che ti pulisce le griglie perché le si rovinerebbero le unghie, e certo non può grigliare o stare al pass visto che per una piccola scottatura o la minima abrasione si metterebbe a strillare come una gallina e starebbe in mutua un mese. Abbi almeno il coraggio di dirlo, dimmi chiaramente che è per via di questo. Dimmelo!"
 
"Alexandra, mi dispiace capisco che tu non lo voglia accettare, ma non posso fare altrimenti, il tuo lavoro qui è finito. Ti pagherò tutto il dovuto, ma non posso più tenerti."
 
In quel momento le lacrime non fui più in grado di trattenerle. Uscirono copiose, era così che succedeva proprio come quando ero piccola e avevo sempre dovuto cavarmela da sola. Mi trattenevo, mi trattenevo, per poi scoppiare in lacrime quando avevo passato il limite.
 
"Ti prego capo, mi serve questo lavoro, non posso perderlo, devo pagare l'affitto, le bollette, la spesa... per favore, farò di tutto, se necessario ti laveró anche i bagni ma ti prego non mandarmi via, ti supplico!"
 
"Non posso fare altrimenti Alexandra, devo per forza fare così e non posso fare diversamente. Ti posso solo dire che se in futuro cambierà la situazione eventualmente mi rifarò sentire, adesso però la situazione è questa. Se posso darti un consiglio, anche per un tuo futuro, impara a curare un po' di più il tuo aspetto fisico ti aiuterà in tutto."
 
"Quindi oltre che lasciarmi senza lavoro mi stai anche dicendo che sono brutta. Cos'altro vuoi fare? Non ho intenzione di sprecare qua dentro un altro minuto, non mi farò insultare oltre. Fammi il bonifico e addio!"
 
"Alexandra non capisci!"
 
"Ho capito perfettamente invece, molto bene più di quanto volessi. Purtroppo funziona così, tu sei il capo e quindi anche se sei un trippone pelato hai sempre qualche sgualdrinella pronta a concederti favori. Io non rientro nella categoria e quindi ci ho rimesso."
 
"Ritira subito quello che hai detto ragazzina! Come ti permetti?"
 
"Ho lo stesso diritto che hai tu di giudicarmi per il mio aspetto fisico. Anche io come te ho detto la verità."
 
Mi tolsi il grembiule e lo sbattei sul tavolo. 
 
"Tienilo! Tieni la tua stupida divisa, fallo stringere di due o tre taglie per la prossima gallina che assumerai!"
 
 Mi voltai per andarmene. Lui urlò:
"Alexandra torna qui!" Ma io non mi girai e proseguii camminando.
 
Ero distrutta! Distrutta dal dolore!

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Capitolo 16
*** A precious friendship ***


Nella stanza regnava un grande silenzio, le ancelle si guardavano nervose e la regina era ormai impietrita da parecchi secondi. 
 
"Come sarebbe a dire che... Devo incontrarlo sta sera? Perché? Sono mesi che finge che io non esista, sono praticamente prigioniera qui e ora, ora perché mi chiama?" 
 
"Mia regina" disse Hilde provando a trattenere le lacrime: "Non mi sono state date spiegazioni purtroppo, io ho solo avuto il compito di riferirtelo. Se dovessi avere bisogno per qualsiasi cosa, quasiasi... Come sempre io sono a tua disposizione." 
 
Vedere Hilde una donna sempre controllata e distaccata, indole impostale dal suo ruolo, così sinceramente preoccupata e volenterosa di esserle accanto non fece altro che preoccuparla maggiormente. 
 
" Grazie Hilde, ora rimarró con le mie ancelle in modo da potermi preparare." disse la regina fingendo tranquillità. 
 
"Mia regina" la salutò con un inchino la sovraintendente uscendo dalla stanza senza mai darle le spalle in segno di riverenza. 
 
Quando la regina Farbauti rimase sola con la sua ancella di fiducia non potè far altro che lasciarsi andare al pianto. 
 
"Maja, non voglio andare da lui. Io non lo amo, lui non ama me; come potrei vivere con addosso questo dolore e questo peso. Inoltre, io sono ancora illibata e lui... Non è certo gentile e dolce. È un gigante di ghiaccio, molto più grande di me, potrei morire durante il rapporto e se anche sopravvivessi potrei rimanere incinta e morire tra i dolori del parto, se non addirittura prima. È vero che da quando sono qui non sto vivendo più, ma non voglio morire, speravo che un giorno le cose si sistemassero, che potessi tornare a casa e che avrebbe potuto amarmi qualcuno. Non mi ha mai voluto come moglie, non mi ha mai chiamato perché ora ha cambiato idea? "
 
Maja abbracciò la regina che ormai era sprofondata nella sua spalla piangendo. 
 
" Mia regina, non so cosa fare per aiutarti e per questo mi sento colpevole. Purtroppo a volte il nostro destino è crudele. Ma non farti prendere dallo sconforto, pensiamo a una cosa per volta, vedrai che alla fine tutto si aggiusterà. Dobbiamo solo trovare in modo per aiutarti a superare questa notte. Sono sicura che si può fare qualcosa, in fondo tu sei una ninfa, e sei molto forte, vedrai che ce la farai. "
 
 
" Maja non c'è speranza che possa farcela, lui è così grande rispetto a me e crudele, mi ha sempre odiato e se non fosse per la paura di una ripercussione politica, credo che mi avrebbe già ucciso e chi mi dice che questa non sia una mossa per farlo in modo indisturbato. " disse la regina singhiozzando. 
 
" Mia regina, ti prego calmati. " disse l'ancella offrendogli del nettare caldo in un calice d'oro. " Io non ho nessuno al mondo e nulla mi è più caro di te mia sovrana. Ti prego lasciami la possibilità di proteggerti. Mi recheró nel bosco a confine tra Jotunheim e il tuo regno, come ha detto dame Hilde.Lì vive una ninfa molto anziana che da tempo si è isolata dal mondo e si diletta con pozioni e infusi. Le deve un favore e di sicuro non mancheró di farglielo ripagare. Le chiederò qualcosa che ti renda forte, inscalfibile in modo che tu sia protetta questa notte e molte altre ancora, pur augurandoti che non ce ne siano, in più mi farò dare tutto ciò che conosce e possiede che possa giovarti. Vedrai mia regina, la vita un giorno tornerà a sorriderti, devi solo lottare affinché avvenga. Il re è odiato persino da chi gli è accanto, potrebbe morire, essere ucciso e tu potresti rifarti una vita. "
 
" Sei molto cara mia dolce Maja, ma non posso chiederti questo. Chiedile di liberarti, scappare e tornare al tuo paese, la mia vita è segnata, ma tu sei molto giovane e non sei ancora stata data in sposa puoi ancora avete una vita stupenda. "
 
" Mia regina, come ti dicevo io non ho nessuno, sono orfana di guerra, mi hanno catturato e messo ai lavori forzati, se sono ancora viva è solo perché sono ai tuoi servizi e se posso rendere felice qualcuno, voglio che sia proprio tu, l'unica persona a me cara ancora in vita. "
 
Farbauti accarezzó il viso dell'ancella:
" Maja sei un tesoro, ti prometto che non me ne scorderò nel caso in cui la fortuna mi arriderá di nuovo. "
 
" Mia sovrana, devo affrettarmi. Vado subito dalla ninfa e devo ritornare prima di sta sera. Prenderò un cesto con me e se mi chiederanno qualcosa dirò che vado a cogliere delle bacche che tu mi hai chiesto espressamente. Farò più in fretta possibile. " 
La ragazza si avvolse nello scialle e uscì dal palazzo cercando di non farsi notare da nessuno. 
 
Intanto la regina si guardó allo specchio...
 
I suoi occhi i ghiaccio erano ormai segnati dal pianto e dalla tristezza, era smunta e pallida da quando era arrivata a Jotunheim. Aveva sempre avuto un incarnato chiarissimo, ma sempre luminoso e radioso, ora no era di un pallido malsano. 
I suoi lunghi capelli corvini erano cresciuti molto e ricadevano come una cascata di acque ondulate e scure sul suo letto. 
 
Chissà quanto le rimaneva da vivere. Come avrebbe trascorso il tempo che le rimaneva e se sarebbe mai stata di nuovo felice.

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Capitolo 17
*** broken ***


I miei occhi si riempirono di lacrime, ma non potevo lasciarle fluire finché non sarei stata lontana. Non avrei dato a quel vigliacco la soddisfazione di vedermi piangere. Entrai in macchina e appena uscita dal parcheggio le lacrime iniziarono a sgorgare copiose come se fossero state lì per un'eternità.
 
Cercai di asciugarle ma, serviva solo a farne uscire di più. Non so come arrivai a casa, una volta sul pianerottolo cercai con gli occhi appannati dal pianto le chiavi, senza nemmeno riuscire a vedere le infilai nella toppa.
 
Chiusi la porta a chiave e dopo essermi gettata a faccia in giù sul divano continuai ad affogare nel mio dolore.
 
Le parole di quel farabutto continuavano a risuonarmi nella testa e a trafiggermi come coltelli.
 
Sapevo di non essere bella, magra, aitante, nè di avere nessun particolare talento, dalla nascita ero sempre stata messa da parte, persino da chi avrebbe dovuto proteggermi e amarmi più di qualsiasi altra cosa.
 
Ma era davvero giusto che solo perché non possedessi nulla di speciale dovessi essere sempre triste e dalla parte degli sconfitti?
 
Non potevo avere anche io diritto a un po' di felicità.
 
Piansi tutte le lacrime che non versavo da mesi, effettivamente da quando mi ero trasferita non avevo mai pianto, piansi fino a farmi venire il mal di testa. Quando finalmente sfinita smisi di piangere mi trascinai in bagno e mi fiondai sotto la doccia. L'odore di fritto, il sudore e la stanchezza sguisciarono via con l'acqua. E dopo essere uscita mi avvolsi in un morbido accappatoio. Gli occhi erano rossi, gonfi, se solo fossi stata più bella, più magra, avessi avuto più autocontrollo con il cibo e avessi mangiato più sano. Invece, ero un'inguaribile mangiona e per nulla amante dello sport.
 
Se solo fossi stata diversa, magari di una famiglia diversa, se non avessi avuto origini mediterranee, forse quei maledetti fianchi e quelle forme scomode non mi avrebbero tormentato così tanto.
 
Ad ogni modo ora avevo altro di cui preoccuparmi, se non avessi trovato un altro lavoro non avrei più potuto pagare l'affitto e avrei dovuto abbandonare gli studi, tornare a casa e... evitai di pensarci per non piangere di nuovo.
 
Ero sfinita, dopo essermi asciugata e aver indossato il pigiama mi pettinai i capelli e diedi una botta di phon, mi lavai i denti e non ebbi nemmeno la forza di cenare. Avevo lo stomaco chiuso, in subbuglio e un senso di nausea, come mi capitava quando ero preoccupata, triste o nervosa.
 
Una volta sotto le coperte crollai dal sonno, ero esausta, così esausta e amareggiata da non aver nemmeno più la forza di piangere.
 
Sarebbe stato certo tutto più semplice se avessi avuto una famiglia pronta ad accogliermi, anche se pure nel caso che questa opzione fosse stata eligibile mi sarebbe dispiaciuto interrompere gli studi e la scuola. Come avrei pagato l'affitto? Avevo la fortuna ,è vero, di avere la borsa di studio, anzi più che fortuna avevo sudato per ottenerla, ma ormai ero iscritta a quell'universitá, scelta di proposito da me lontana da casa. Quindi se avessi valutato una scuola più vicino a casa avrei perso la borsa di studio e non me la sarei potuta permettere. È vero, vivendo a casa avrei potuto lavorare per pagare la retta senza avere spese ulteriori, ma la scuola che avevo scelto mi piaceva molto e nessun altra offriva i corsi e le lezioni che avevo lì.
 
Forse non avrei dovuto arrendermi, forse avrei trovato qualcos'altro. Ma cosa? E quando?
 
Come ogni volta in cui mi addormentavo con qualche pensiero triste o angoscioso dormii male, feci sogni confusi, brutti e agitati. Mi svegliai in piena notte sudata e piangendo, urlando. Sempre il solito incubo: un essere alto, deforme, con gli occhi fosforescenti e la faccia orribile cercava di prendermi ripetendo frasi con una voce che mi terrorizzava: "Vieni qua piccolina, non ti farò del male... voglio solo giocare un po' con te, vedrai che sarà divertente."
 
Ero sola in casa, non potevo far altro che stringere il cuscino e affogare lí le mie urla di dolore e paura.
Aprii il cassetto del comodino e afferrai due pillole di valeriana, era una di quelle sere in cui avrei buttato giù il flacone se fossi stata sicura che non mi avrebbe ucciso.
Con un sorso d'acqua le buttai giù e poi mi diressi verso il bagno per sciacquarmi la faccia con acqua fredda. 
Se solo Chris fosse stato con me, non avrei dovuto disturbarlo nè tantomeno chiamarlo a quell'ora.
Non mi sarei mai perdonata se l'avessi svegliato quindi decisi solo di scrivergli un messaggio lo avrebbe visto l'indomani, ma almeno avrei avuto l'illusione di potermi aggrappare a qualcuno.
"Chris in questa notte insonne e piena di incubi non c'è nulla che vorrei al di fuori di stare tra le tue braccia. Ho sempre odiato il sole, ma mai come sta notte non vedo l'ora che sorga per poterti vedere, amore mio. Ti amo!'
 
Sospirai stendendomi sul letto, accendendo la tv per vedere se per qualche motivo poteva aiutarmi a distendere i nervi e distrarmi.
 
Inutile dire che mi sorpresi e quando sullo schermo del mio telefono apparvero le spunte blu al mio messaggio, mi prese un tonfo al cuore.

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Capitolo 18
*** is she really a witch? ***


Il cielo di Jotunheim era imbrattato da un sole pallido, era assurdo come in quella terra il sole non riuscisse a scaldare nulla.
Non esisteva nulla che emanasse calore o in grado di assorbirlo. Maja varcó la soglia del cancello nero e pesante del castello di ghiaccio e s' incamminó verso il bosco.
 
Era tanto che non usciva all'aperto; il bosco era pieno di neve e cristalli di ghiaccio decoravano i pini; era tutto molto addormentato e nonostante fosse sola e sapeva bene che intorno poteva benissimo incontrare pericoli e ostacoli, come crepacci, belve, briganti oppure un'improvvisa tormenta, il silenzio della neve e l'atmosfera ovattata che la circondava le dava un senso di pace e serenitá. Seguí perfettamente le istruzioni di Hilde e nonostante nel bosco fosse facile perdersi era così concentrata che le sembró anche troppo facile e quando scorse la casa della fattucchiera le sembró impossibile di essere già arrivata.
 
Si avvicinó alla porta di legno scuro e quando stava per bussare una voce calda e setosa disse:
 
"Entra pure. Non occorre bussare, sapevo già che saresti arrivata."
 
La voce non era per nulla simile a quella che si era immaginata, non sembrava la voce di una strega, ma di una bella fanciulla.
 
Maja varcó la porta curiosa:
 
"Permesso!" Entrando osservó l'arredamento, la casa all' esterno molto umile e quasi fatiscente non rendeva giustizia alla ricchezza interna.
Si scoprí delusa non trovando alambicchi, calderoni, pozioni, intrugli o strani ingredienti nei barattoli.
 
Un soggiorno ben curato e arredato con gusto, con mobili in mogano, divano e poltrone foderati in seta, profumo di pulito e un profumino delizioso di biscotti.
 
"Accomodati pure, il the è quasi pronto!"
 
Una giovane donna dai capelli castano rossicci e lunghi, gli occhi quasi arancioni e la pelle chiara apparve davanti a lei, indossava un pregiato mantello viola con cappuccio che incorniciava un viso di bell'aspetto. Si abbassó il cappuccio e tolse il mantello rivelando un vestito drappeggiato color ocra, quasi dorato.
Maja cercó di contenere il piú possibile lo stupore, ma a quanto pare non funzionó.
 
"Delusa?" Chiese la strega divertita.
 
"No, ma cosa? Perché me lo state chiedendo?"
 
"Io so tutto, ho molta esperienza, mille anni di vita saranno pur serviti a qualcosa."
 
"Ah quindi... usate i vostri ... poteri?"
 
La donna scoppió in una risata.
 
'Poteri? E quali? Incenerire con lo sguardo? Avere la corrente nelle mani? O fare apparire oggetti per creare illusioni? Io non ho poteri! Non sono un Dio e nemmeno un nano magico o un elfo. Sono piuttosto un'amante dell' alchimia e della chimica. Una persona esattamente come te che ha studiato molto ció che la affascina."
 
"Perdonatemi, io non volevo essere fraintesa solo che mi era stato detto che...'
 
"Tesoruccio non stare a giustificarti. So benissimo cosa ti hanno raccontato e anche cosa ti aspettavi. Credevi di trovare una casa sgangherata con ragnatele e pipistrelli e una vecchietta ricurva, anziana con la voce stridula persa in una stanza sudicia dove bollissero pentoloni e alambicchi? Una donna non può studiare, essere indipendente e solitaria senza essere definita una strega? Questo è uno dei motivi per cui ho scelto di allontanarmi dagli altri. Gli esseri viventi, di qualsiasi razza o mondo siano hanno delle idee distorte che vivono come vere e come se fossero le uniche possibili per giunta; e non cambiano idea nemmeno se messi davanti alla prova piú schiacciante. Pur di darsi ragione e non ammettere di aver sbagliato, inventano spiegazioni ancora più assurde e giudicano sempre... senza mai stancarsi. Quando non conoscono criticano e screditano; e piuttosto che ammettere la loro ignoranza nè parlano come se conoscessero senza in realtà dire una sola cosa esatta. Tutti! Senza distinzione alcuna, tranne gli animali. Quelli sono troppo intelligenti per farsi dei preconcetti e dei pregiudizi"
 
C'era disprezzo, amarezza nelle sue parole.
 
"Quindi nemmeno io vi piaccio?"
 
"Non molto per la veritá."
 
"Mi dispiace. Io non volevo... se fosse per me toglierei subito il disturbo, ma sono qui per qualcosa di estrema importanza..."
 
"Lo so, so già anche questo. Ma per quanto non ami nessuno sono comunque una persona educata. Quindi eccoti. Del the caldo e dei biscotti appena sfornati. Se te lo stai chiedendo no, non sono avvelenati! Ma se non ti fidi puoi rimanere infreddolita e a pancia vuota."
 
"No in realtà ,no, questo non l'ho pensato. Sono un po' ignorante anche io forse, ma non cosí tanto." Disse la ragazza sorridendo.
 
La strega rise di gusto:
 
"Non sei male cara, c'è qualcosa in te che mi porta a odiarti meno degli altri. Forse essendo molti anni, decenni che non vedo nessuno sono stata un po' troppo diretta con le mie opinioni e idee. Preferirei proseguire su un piano un po' piú educato... ma non amichevole sia chiaro. Tanto, sappiamo entrambe che non sei venuta per farti amare."
 
La ragazza replicó: "Beh in realtà forse ora no, ma c'è stato un tempo in cui farmi amare dagli altri era una cosa a cui tenevo molto. Ora no, sono davvero poche le persone di cui m'importa ed è forse per la più importante che sono qui."
 
"Cara, non usare troppi giri di parole, so benissimo perché sei qui, quindi bando alle ciance e veniamo subito al sodo. So benissimo che sei qui per la regina Farbauti. Tutti credono che la notizia sia custodita all'interno del palazzo ma in realtà ha già viaggiato fino ad arrivare fino a qui. Era logico se non addirittura ovvio che quel verme di Laufey avrebbe trovato un modo per sbarazzarsene e farsi consegnare il Tesseract."
 
Maja si dovette sforzare per non ingoiare il the di traverso.
 
"Cosa? Tesseract. E cosa sarebbe?"
 
"Oh Odino benedetto! Sei la personale ancella della regina e non sai perché lei sia costretta a Jotunheim?"
 
"No signora, io a differenza vostra non so tutto."
 
"Allora mettiti comoda è una storia lunga. Innanzitutto, mi sono dimenticata di dirti il mio nome, non facendolo spesso. Io sono Tuva."

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Capitolo 19
*** Love is love ***


Il telefono squilló. 
"CHRIS AMORE MIO"
apparve sullo schermo del telefono.
Risposi subito nonostante sapessi che la mia voce fosse da oltretomba per via del pianto e l'ora.
 
"Chris sei tu."
 
"Tesoro mi fai preoccupare. Cosa è successo?"
 
"Non volevo svegliarti. Ti ho scritto il messaggio pensando che l'avresti visto domattina. Non volevo interrompere il tuo sonno."
 
"Non lo hai fatto. Anche io ero sveglio... pensavo a te e a quanto ti avrei voluto qui."
 
"Chris è stata una giornata orribile. Ho perso il lavoro al fast food e non hai idea di quello che mi ha detto. Ha usato un sacco di scuse e giri di parole solo per dirmi che non mi ha tenuto per via del mio aspetto fisico. Quella sciacquetta di Daisy prende il doppio delle mance solo flirtando con chiunque in cassa io no, perché sono una grassona. Capisci?"
 
"Calmati Alex non dire assurdità, sei formosa non grassa, e a me piace tantissimo. Il motivo per cui non ti ha tenuto non è perché non sei bella o magra, semplicemente perché le serviva un'ochetta e tu non lo sei. Questo però dovrebbe farti felice, non buttarti giú."
 
"Mi avrebbe reso felice se la mia serietá venisse riconosciuta come qualità non come qualcosa che mi penalizza. Se si tratta di una qualità cosi bella perché lei ha ancora il posto e io no?"
 
"Perché il tuo capo è un emerito idiota. L' ho sempre pensato, ma quello che è successo ora lo conferma."
 
"Chris il problema è che io purtroppo, non posso permettermi di non lavorare capisci? La borsa di studio copre sicuramente le spese della retta, non l'appartamento però e tu sai benissimo che io... io non posso tornare a casa."
 
"Non ti arrendere così in fretta tesoro, troveremo qualcosa e magari anche di meglio. Tu sai quattro lingue, sei diplomata con ottimi voti, eri sprecata in quel fast food. Non è certo l'unico locale in zona. Tranquilla amore, troveremo una soluzione e poi, ora ci sono io."
 
"Oh Chris! Sei unico."
 
"Non è vero, ti amo solo un sacco. Ascolta domani non c è lezione presto, ce n'è una ma è di pomeriggio alle 15. Domani mattina ti porto la colazione ok?"
 
"Ma Chris ti ho già svegliato sta notte, non voglio che domani mattina la colazione ti vada di traverso per colpa dei miei drammi."
 
"Non discutere. Sei la mia ragazza e la tua felicità è la prioritá per me."
 
Quelle parole risuonarono nel mio cuore come una carezza, un bicchiere d'acqua fresca nel deserto, un po' d'ombra in una giornata torrida.
 
"Ti porterò la colazione, mi racconterai tutto e quando ti sarai sfogata per bene cercheremo insieme un lavoro. Ho anche qualche conoscente a cui potrebbe servire una mano."
 
"Chris io... non so davvero che dirti!"
 
"Il gusto del cornetto che preferisci domani? Anche se penso di saperlo già a meno che tu non abbia voglia di qualcosa di diverso."
 
"Davvero? E ammesso che sia quello di sempre, cosa prenderei?"
 
"Fagottino al triplo cioccolato e cappuccino con latte tiepido e senza schiuma."
 
"Wow Chris, speravo di coglierti in fallo, per sentirmi un po' meglio, a mi hai riconfermato che sei perfetto, ora mi sento ancora più una frana."
 
"Ma se sei stupenda frittellina!"
 
"Frittellina?"
 
"Si sei la mia frittellina al burro."
 
"Chris..." Mormorai sulle nuvole con un sorriso da ebete.
 
"Stai sorridendo vero?"
 
"Come lo sai?"
 
"Mi sembra di poterti vedere. E poi la voce lo lascia trasparire. Adesso dormi domani vengo sul tardi così ti riposi bene."
 
"Buonanotte mio principe azzurro."
 
"Buona notte frittellina!"
 
Della disperazione nera in cui ero prima della telefonata rimase poco, in realtà non proprio, c'era ancora, ma molto meno intensa. Chris aveva lenito il mio dolore, facendomi dimenticare di essere sfortunata, inutile almeno in una cosa avevo vinto anche io: l'amore. Era forse tra le più importanti e considerati i miei trascorsi, ció che più mi era mancato.
 
Sprofondai dal sonno finalmente un sonno profondo e ristoratore che duró fino all'arrivo di Chris.
 
Nonostante il modo tragico e doloroso in cui ero stata quella notte, Chris era riuscito a farmi riaddormentare quasi serena. Avevo dormito bene e profondamente, mi svegliò il citofono. Aprii direttamente il portone senza controllare chi fosse, sapevo che poteva solo essere Chris.
Girai la chiave nella serratura per aprire la porta e andai in bagno a sciacquarmi la faccia, non volevo che Chris mi vedesse senza che prima mi fossi controllata.
 
Sentii il campanello.
 
"Chris entra pure sono in bagno!"
 
"E se fossi stato un malintenzionato o un delinquente? Complimenti! Mi avresti spalancato le porte di casa tua."
 
"Si certo un malvivente a quest'ora. Due minuti e arrivo."
 
"Si ma sbrigati che si fredda tutto."
 
Mi avvicinai al lavandino, lavai la faccia con acqua fredda, era l'unico modo che avevo per svegliarmi. Avevo gli occhi un po' rossi per via del pianto fatto la notte prima; mi pettinai, se cosí si può dire, i capelli; i miei ricci rispecchiavano il mood della giornata: incasinata e impossibile da districare. Raccolsi i capelli a metà testa con una molletta e uscì dal bagno.
 
"Ehi raggio di sole." Mi disse Chris dandomi un abbraccio avvolgente.
 
Ci sedemmo per fare colazione, la prima che facevamo come coppia. Mi sfogai con Chris, gli parlai di tutto, aprii il mio cuore e per una volta dopo tanto tempo mi sentii leggera.
 
"È tutto chiaro tesoro, capisco che sia non sia stato piacevole, ma non è nulla di impossibile. Troverai qualcos'altro sicuramente e se così non fosse penseremo a qualcos'altro."
 
"Ohh Chris!" Sussurrai io prendendogli la mano.
 
"Non sei sola amore mio! Non più!"
Disse avvicinandosi con la sedia, mi abbracciò dandomi un bacio sulla tempia e mi accarezzò i capelli.
 
Dentro di me c'era un tornado di emozioni, felicità, serenità, tranquillità, soddisfazione; sensazioni belle tutte insieme che non provavo più da tempi remoti ormai.
 
Gli diedi un bacio dolce, ma lungo e passionale e lui ricambió nel modo più naturale del mondo.
 
"Sarò sempre con te frittellina!"
 
La mattinata passò tranquilla cercammo annunci di lavoro facendo una cernita dei più interessanti e ripassammo insieme alcuni argomenti studiati.
 
Il giorno dopo sarei andata di persona in tutti i posti relativi agli annunci e non avrei mollato finché non avessi trovato qualcosa.
 
Il pomeriggio arrivò in un baleno e senza nemmeno accorgermene ero alla lezione pomeridiana. Eleonora non era a lezione, dovevo assolutamente andarla a trovare, chissà cosa aveva e perché non si era presentata, né fatta viva.
A parte che conoscendola si era risparmiata una gran seccatura, la lezione era di mitologia norrena; Eleonora odiava mitologia invece, io l'avevo sempre amata.
 
Quel pomeriggio si analizzavano i vari dèi. del pantheon norreno; Odino, Thor, Frigga, Heimdall, le valchirie, i nani, i giganti, gli Asi, i Vani, gli Jotun. Un personaggio mi incuriosí particolarmente e fui molto attratta dalla sua figura: Loki. Mi era capitato di leggere qualcosa a riguardo, ma era la prima volta che entravo nell'argomento in maniera specifica, e per strane assonanze che non seppi decifrare sembrava un personaggio molto gradito anche al professore visto che gli dedicò il doppio delle parole e del tempo che dedicò agli altri dèi.
 
Ascoltavo assorta quello che diceva dimenticandomi di ciò che succedeva intorno a me.
 
La mitologia mi aveva sempre affascinato e preso e mi piaceva immensamente già dalla tenera età.

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Capitolo 20
*** Tuva and the story ***


"Ho sempre saputo che la regina fosse costretta qui, ma senza bene sapere il perché. So che il popolo la disprezza perché non è una Jotun e che il re non la ama. Soffre e piange ogni giorno, è nelle mani di un essere crudele che non la ama e non l'ha mai rispettata." Disse la ragazza bevendo il suo the infreddolita.
 
"Non ti sei mai informata a riguardo?"
chiese Tuva con aria interrogativa.
 
"È naturale che mi sia fatta parecchie domande, ma non posso parlarne con nessuno a palazzo. Non con tutti si può parlare di una cosa del genere e quelle poche volte che ho provato a chiedere a qualche persona fidata o alla regina stessa nessuno ne vuole parlare ed evitano tutti l'argomento."
 
"Immagino, nessuno vuole rischiare di essere ucciso o punito per tradimento parlando delle orribili azioni del re. Se vorrai saperlo e deciderai di credere alle mie parole io potrò narrarti la storia."
 
"Certo. Ve ne sarei grata eternamente."
 
"Ti consiglio di non parlarne se non vuoi avere brutte conseguenze, come ben hai potuto constatare a palazzo questi argomenti sono praticamente proibiti."
 
'Certo signora!"
 
"Bene... come ben sai il regno di Jotunheim non è mai stato visto di buon occhio dai nove regni, ma purtroppo è sempre stato anche uno dei più forti. Le ninfe dei boschi erano il regno più confinante. A livello di potenza, l'esercito di Jotunheim avrebbe potuto spazzare via quello delle ninfe come uno scherzo; gli Jotun non hanno mai fatto nulla per bontà eppure non erano mai insorti contro il regno delle ninfe dei boschi, questo perché avevano qualcosa che a loro interessava.
Il regno di Jotun è ghiacciato, impenetrabile ed é quindi impossibile coltivare qualcosa. Le ninfee dei boschi invece vivono in un territorio a dir poco rigoglioso e florido dove cresce ogni specie di cibo e lo stesso vale per la selvaggina e il bestiame.
Jotunheim necessitava delle loro risorse e così più di diecimila anni fa il padre del padre di Laufey strinse un patto di pace con le ninfe dei boschi. Secondo questo patto loro avrebbero pagato un tributo a Jotunheim con i prodotti della loro terra e Jotunheim non li avrebbe mai attaccati o minacciati di guerra. In caso di mancato tributo per circostanze di forza maggiore e non diretta ribellione, il re in carica avrebbe dovuto sposare una principessa delle ninfee dei boschi, non fidanzata, nè promessa in matrimonio. La principessa avrebbe dovuto rimanere a Jotunheim fino a quando il popolo non avrebbe pagato il suo debito, il tempo per farlo era sette anni altrimenti la principessa sarebbe stata proprietà di Jotunheim per sempre insegnando agli Jotun a coltivare e far crescere piante e sarebbe stata libera solo quando avrebbe trovato il modo di far crescere qualcosa in quella terra gelida e impenetrabile; cosa che fin'ora si è rivelata impossibile. 
Per millenni andò bene e questa clausola non fu mai considerata, ma con la crescita della popolazione Jotun e delle ninfee dei boschi la produzione di cibo non fu più sufficiente a soddisfare il bisogno di entrambi i popoli. 
Ecco perché solo cinque anni fa per la prima volta ci fu un matrimonio di circostanza e fu proprio questo tra Laufey e Farbauti. Le ninfe dei boschi non riuscirono a pagare il tributo o sarebbero morte di fame e la principessa, la seconda figlia dei regnanti si sacrificó. Il tempo sta passando e non mi pare che stia riuscendo a far crescere qualcosa; per questo è sempre così emaciata e debole, sta usando tutti i suoi poteri, ma invano; il suo popolo non sta riuscendo a ripagare il debito e temo che la sua tristezza sia legata allo sconforto di sapere che sarà per sempre prigioniera di Laufey e di un popolo che la disprezza; ma non è questa la parte peggiore..."
 
"Cosa c'è di peggio?" Chiese Maja ormai in lacrime.
 
"Laufey sta cercando un pretesto per liberarsene. Non può ucciderla alla luce del sole o si attirerebbe le ire dei nove regni, ma sono sicura che il suo desiderio 'improvviso' di un erede è solo un pretesto per unirsi a lei sperando che muoia, se non con l'atto di unione, con un'eventuale gravidanza. Se anche sopravvivesse alla notte con Laufey la regina quasi sicuramente rimarrebbe incinta, visto la nota fertilità dei giganti di ghiaccio, il parto la ucciderebbe e tra atroci sofferenze io però, non intendo permetterlo."
 
"Vi prego signora aiutatemi, per favore! La mia regina è l'unica persona a cui tengo che mi è rimasta. Vi prego, se ne avete il potere fate qualcosa, non per me, per lei, per voi stessa, per il bene di tutti."
Disse Maja con la voce rotta dal pianto.
 
"Per questo ti aspettavo e per questo tu sei qui! Ti aiuterò, seguimi! Ti darò qualcosa di preziosissimo, sappi che lo dovrai consegnare alla regina e a nessun altro. Finché non sarà nelle sue mani, avrai in pugno la salvezza del regno."
 
Quella frase non la sollevò, nè le diede gioia, onore semplicemente l'agitó, le provocò angoscia e non l' aiutò.
 
Seguí Tuva in una stanza con luci soffuse le diede un cestino coperto da un canovaccio, sotto c'erano bacche a volontà. Sotto uno spesso strato di bacche c'erano un alambicco color viola e un cubetto nero.
 
Maja la guardò con aria ammirata e interrogativa.
 
"Ora ti dirò cosa devi fare, ascoltami attentamente e segui tutto alla lettera è di estrema importanza."
 
"Certo signora. Sarò diligentissima."

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Capitolo 21
*** Love and Anger ***



Nota dell'autrice: le informazioni tecniche e mitologiche sono state reperite da wikipedia e altre pagine internet.


"Tra tutti gli dèi norreni si può dire che Loki, è il personaggio più complesso. Non si può definire in modo netto, infatti non può essere considerata nè una divinità completamente malvagia, né completamente buona. Si può dire che a tutti gli effetti esercita il ruolo di 'Trickster' ovvero sia di truffatore, non per nulla è definito il dio dell'inganno e delle malefatte."
 
"Scusi professor Gordy?" interruppe un alunno.
 
"Si signor Parkey?"
 
"Come si puó affermare che non sia una divinità malvagia dopo aver detto che è un ingannatore, il dio degli inganni e delle malefatte?"
 
"La sua figura in effetti, è spesso delineata come un personaggio intento ad architettare inganni e cospirazioni, ma spesso gli dèi si cavano d'impaccio grazie alla sua grande astuzia. Loki nella mitologia norrena è una figura centrale: risulta tra le divinità più note e citate, e la maggior parte dei miti non avrebbe sviluppo se non vi fosse il suo intervento, inoltre è grazie a Loki che gli dei ottengono tutti i loro strumenti più utili e preziosi.
Loki è una figura ambigua, una cuspide tra la società degli dei e quella delle altre entità mitiche, come i giganti ad esempio da cui discende sicuramente almeno in parte., ed è solo attraverso Loki che gli dei ottengono o riconquistano quelle cose di cui hanno bisogno. Gli scrittori cristiani hanno spesso identificato Loki con il male, omettendo invece la parte benevola delle sue caratteristiche.Comunque sia se Loki deve essere identificato con il male, esso rappresenta un male necessario, che serve a ristabilire l'equilibrio cosmico. Signorina Stoker?"
 
"Cosa significa Loki? Ha una traduzione o significato?"
 
"Ottima domanda, lo stavo proprio per dire. Si, l'etimo del suo nome viene legato al fuoco ed in particolare alla fiamma, un elemento ambivalente collegato sia alla civilizzazione, alla casa e alla forgia, sia alla distruzione. Anche questo lo rende ambiguo perché il fuoco può rappresentare salvezza, ma anche essere mortale. 
 
Loki è ambiguo inoltre proprio per il suo atteggiarsi: spesso si traveste e fa il buffone, viene accusato dagli altri Dei di comportarsi e di giacere come una donna, infatti è a conoscenza della magia, che comporta per i maschi inverecondia e comportamento effeminato, l' 'adopera per compiere mitiche metamorfosi. Il fatto che faccia del suo punto di forza la magia e l'astuzia, come tutte le divinità femminili, e non sia eccelso nella forza fisica e nella battaglia con le armi come tutti gli dei maschili crea nei suoi confronti molto scherno da parte degli altri asgardiani, in particolare da parte di Thor e Odino. 
Ad esempio, una volta Loki si trasformò in puledra finendo per rimanere gravido dopo aver avuto un rapporto sessuale con il cavallo Svaðilfœri poiché costretto dagli dei a rimediare ad un suo errore, generando quindi il divino cavallo ad otto zampe Sleipnir, il cavallo di Odino."
 
La classe scoppió in una risata generale, non poteva essere altrimenti.
 
"Quindi si può definire di sessualità dubbia professor Gordy?" 
 
"Ciò instilla un dubbio sulla sessualità di questa divinità ma in realtà è un segno del fatto che Loki è disposto a tutto pur di portare a compimento i suoi piani."
 
"Professore a livello fisico come è descritto?" chiese un alunna.
 
"Perché Cici, vuoi farci fantasie sopra?" esclamò un ragazzo.
 
"Devi imparare a digerire meglio i due di picche che prendi." Rispose l'amica della ragazza.
 
"Ok ora basta!" disse il professore divertito.
"Fisicamente ha un aspetto poco attraente direi se questo può servire a placare gli animi. Come dicevo prima è un gigante di ghiaccio, ma non si sa per quale motivo è molto minuto per gli standard della sua razza. La sua pelle è blu, squamosa e i suoi tessuti sono tre volti densi rispetto a quelli umani. Ha gli occhi rossi, lunghi capelli neri e come tutti i giganti di ghiaccio non sopporta le temperature elevate e ha un' inesauribile tolleranza al freddo."
 
La lezione continuó piacevole, amavo la mitologia, mi perdevo in quei racconti e cercavo di immaginare i luoghi, i personaggi, le situazioni tanto da perdermi.
 
Chissà che stupendi paesaggi ghiacciati si distendevano a Jotunheim il paese di Loki. Avevo sempre amato il freddo, la neve e il tempo brutto in generale, quindi non sarebbe stato tanto male.
 
Quando uscii dall'universitá era ormai quasi buio, già buio... era arrivato subito il buio, io ho sempre amato il buio, la notte, il fatto che il sole calasse prima, l'abbassarsi delle temperature, lo amavo. L'autunno era sempre stata la mia stagione preferita, era la stagione in cui tutto riavvolge il nastro, anche la natura. La giornata ideale per me era con pioggerella, un po' di nebbia e le foglie colorate sugli alberi, di meglio c'era solo la neve, ma purtroppo non si vedeva più molto spesso, soprattutto da quando mi ero trasferita 
Chris mi camminava accanto, mi prese per mano.
 
"Sta sera posso invitare a cena la mia ragazza?"
 
"Certo! Mi piacerebbe molto, vorrei solo passare a casa prima. Potremmo passare da Eleonora e chiederle se vuole unirsi a noi?"
Chris mi guardò con disappunto. "Veramente intendevo qualcosa di romantico, io e te senza avere sempre la barbie tra i piedi."
 
"Chris non parlare così è nostra amica."
 
"Tua amica!" Mi corresse Chris: "Non ti è ancora entrato in testa che la sopporto solo perché ti amo e voglio farti felice."
 
"Perché dici così? È una brava ragazza, mi vuole bene ed è la prima ad avermi mostrato accoglienza quando ero nuova."
 
"Ascoltami. Io voglio bene a entrambi e..."
 
"Ah 'voler bene' io credevo che mi amassi."
 
 " Infatti è così,ma non voglio che per via della relazione lei sia messa da parte ok? Non è nei miei principi di vita."
 
"Quindi mi stai dicendo che se staró con te, dovrò averla sempre tra i piedi?"
 
"No, ma neanche posso dimenticarmi di lei e fingere che non esista."
 
"Non sarebbe possibile in alcun modo visto che manca poco che andiate insieme anche in bagno. Che si trovi un fidanzato anche lei e che ci lasci in pace."
 
"Scusa Chris, ma quando mi hai chiesto di diventare la tua ragazza sapevi già che rapporto ci fosse con Eleonora. Per quale motivo ora tu d'un tratto decidi che non vada più bene?"
 
"Perché ero convinto che avendo una relazione con me piano piano ti saresti staccata da lei. Ma non è così invece, anzi, sembra quasi che tu lo faccia di proposito."
 
"Cosa intendi? Oh andiamo Alexandra non fingere di non capire. È cinque mesi che stiamo insieme e devo supplicarti per un bacio, faccio di tutto per dimostrarti che ti amo e in cambio non ho nulla. A volte sembra quasi che non ti piaccia."
 
"Non esagerare Chris. Adesso stai straparlando! Questa è la mia prima relazione, sei il primo ragazzo che ho baciato e ho bisogno dei miei tempi, voglio andare con calma."
 
"Fantastico, quindi quando pensi che potremmo fare qualcosa di più? Dici che quando prenderò la laurea mi farai accarezzare le tue gambe? O è ancora troppo presto?"
 
"Chris, cosa stai dicendo? Stiamo insieme solo da cinque mesi."
 
"Solo? E ti pare poco? Ci sono coppie che dopo due settimane dormono già insieme. E io in cinque mesi ti ho solo baciato e così poche volte che posso contarle sulle dita delle mani, forse su una."
 
"Non è vero ti saluto sempre con un bacio quando arrivo e quando vado."
 
"Ah e tu quelli li conti come baci? Dimmi per caso devo calcolare come tali anche quando ci scambiamo la bottiglia? O le posate o quando assaggi il cibo che ho morsicato?"
 
"Chris, la smetti? Non ti ho mai visto così aggressivo. Pensavo che tu la pensassi come me?"
 
"Io pensavo che tu mi amassi, pensa che idiota."
 
"Io ti amo Chris, ma vorrei solo che non mi facessi pressione. Io non ho mai avuto relazioni prima di te."
 
"Non fatico a crederlo."
 
Quella frase mi colpí come un forte pugno.
 
"Cosa intendi?"
 
"Con questo atteggiamento e queste pretese chi ti rimarrebbe accanto Alexandra?"
 
"Vuoi dire che tu non lo farai?"
 
"Dico che ci devo riflettere. Io faccio di tutto per te, ma tu... tu no."
 
"Se davvero mi ami Chris... e sei davvero disposto a fare tutto, aspetterai i miei tempi e rispetterai le mie posizioni."
 
"Sempre più importanti delle mie vero?"
 
"No Chris non è così." Dissi cercando di accarezzargli il viso.
 
Lui si scansó.
 
"Io me ne vado a casa, mi è passata la fame e ho da studiare. Buona serata Alexandra, sono sicura che Eleonora avrà tempo per te."
 
"Chris! No Chris aspetta..."
 
Vidi Chris allontanarsi con gli occhi velati di lacrime.

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Capitolo 22
*** Tearsfall ***


Chris di allontanò, lo seguii con gli occhi velati di lacrime mentre spariva in lontananza. Avrei voluto rincorrerlo, fermarlo, dirgli che lo amavo, di non andarsene, ma non riuscii. Un enorme peso, come un macigno che pesava sul mio cuore mi teneva ferma lí, inchiodata a terra e completamente incapace di muovere anche un solo passo verso il mio obiettivo. Si allontanava sempre di più, perché non trovavo la forza di raggiungerlo, eppure io lo amavo! Lo amavo? Certo che lo amavo, avevo provato così tante belle sensazioni, non le avrei provate se non lo avessi amato no? E poi ormai gli avevo dato il mio primo bacio, quindi doveva essere lui, lo era vero? Doveva esserlo, quello giusto, l'unico che poi avrei amato tutta la vita.
Era già una grandissima prova d'amore, il bacio, avevo aspettato 20 anni per darlo; non che avessi avuto tante occasioni in cui sarebbe potuto succedere, io non ero mai stata bella, attraente o popolare; ma anche se ne avessi avute tante avrei aspettato, quindi ha lo stesso valore no? Voleva di più, in fondo lui aveva fatto tanto per me, quella sera forse sperava che le cose andassero diversamente, ma io... Io non ero pronta, non potevo. Avrei mancato di rispetto a me stessa, a lui e ai miei principi, solo mio marito mi avrebbe avuto, ammesso che ne avessi mai avuto uno, una veduta per molti antiquata, ma a cui io avevo sempre creduto, aderito e mai pensato di cambiare.
Forse era troppo? Davvero troppo? Ma chi mi avrebbe amato avrebbe rispettato questo mio pensiero, già! Si? E se fossi stata io a essere troppo pretenziosa? E se Chris avesse avuto ragione? Cinque mesi? Per me erano pochi, per lui tanti... tanti? Pochi? Perché quelle differenze di vedute?
 
I pensieri mi affollavano la testa confusi, un vortice come quello di un uragano. Dubbi, domande, insicurezze, interrogativi; sicuramente in quel momento sarebbe stato molto utile avere un punto di riferimento, una persona matura, qualcuno con cui parlare e da stimare abbastanza per aver fiducia poi nelle sue risposte. Ma dove lo avrei trovato? Io non avevo nessuno; i miei genitori? Lasciamo stare! Parenti? Meglio perderli che trovarli; da molto piccola e prima di andare via avevo avuto sempre come riferimento i miei nonni paterni; loro erano gli unici che avrei avuto voglia di avere accanto. Ma non potevo chiamarli; li avrei messi nella condizione di sapere di un mio problema, di venirne a conoscenza e non doverlo dire ai miei genitori perché io così avrei voluto; li avrei quindi messi nella condizione di dover litigare con i miei genitori nel momento in cui avessero ascoltato la mia richiesta oppure deludere me per stare in pace con loro e i nonni non lo meritavano. Li chiamavo solo per sapere come stavano o scrivevo qualche lettera ma senza mai parlare dei miei problemi; solo cose irrilevanti o positive. Ero sicura che loro avessero capito che non mi ero più confidata con loro e per quanto dispiacesse a entrambi, non avevano mai accennato al discorso, forse proprio perché capivano quanto quella decisione li tutelasse.
 
Arrivai a casa, aprii la porta e decisi che quella sera avrei fatto come ai vecchi tempi, avrei affogato i miei pensieri negativi nello studio, il problema è che iniziavano ad essere troppi, i pensieri da soffocare intendo.
 
Mi immersi nello studio della mitologia, del personaggio di Loki che avevamo studiato quel pomeriggio... Mi stupii! Era impressionante come la mia testa era in grado di staccare, spegnere l'interruttore della realtà e trasportarmi proprio nella storia, al suo interno.
 
Lo immaginai, provai e nonostante fosse descritto con sembianze proprio attraenti mi piaceva, come personaggio dico, aveva il fascino del 'bello e dannato'; era sofferente, non in pace, sempre in bilico ed eternamente condannato ad essere ferito ed era assurdo come ogni aggettivo che lo descriveva si addicesse a me e a lui allo stesso tempo. In fondo non eravamo poi così diversi, nè così tanto lontani di vissuto. 
 
Non mi accorsi del tempo che passó, era ormai l'una di notte quando chiusi il libro e dopo una veloce doccia e aver messo il pigiama sprofondai nel sonno. Certo non potevo sapere che sarebbe stata l'ultima notte di sonno tranquillo per un bel po' di tempo. È assurdo come sia calma l'aura intorno a noi proprio prima di un immane disastro ed è inutile dirvi che si, parlo proprio di me, le cose sarebbero solo peggiorate da quella notte in poi.
 
La seconda mazzata arrivò la mattina dopo, appena sveglia, pronta a ripartire e a ricominciare una nuova giornata speranzosa solo a cinque minuti dal mio risveglio, mi ero appena lavata la faccia e il campanello suonó. Aprii ancora assonnata, cercai di non pensare a quale aspetto potessi avere, davanti alla porta il signor O' keefe il padrone di casa.
"Buongiorno signor O'keefe vuole accomodarsi. Stavo facendo colazione se vuole farmi compagnia."
 
"No Alexandra, sei sempre molto gentile, ma, non ho tempo sono venuto qui per una comunicazione importante. In realtà, stavo aspettando perché non volevo dirtelo."
 
"Signor O'keefe mi fa preoccupare. È successo qualcosa? È per qualcosa che ho fatto?"
 
"No Alexandra. Anzi, sei un'inquilina esemplare, pulita, puntuale nei pagamenti, discreta e silenziosa per questo credimi, quello che ti dirò è qualcosa che faccio non per volontá mia, ma perché non posso farne a meno."
 
"Di che si tratta?" Chiesi ormai in preda all'ansia.
 
"L'edificio che possiedo è stato valutato da un mio amico architetto con il supporto di un geometra; il palazzo è solido e sicuro, ma è necessario che faccia dei restauri perché nella posizione in cui è rovinerebbe il paesaggio se non fosse messo a nuovo. Siccome molto presto qua vicino apriranno boutique e atelier di ogni tipo in seguito al progetto comunale attuato; diventeremo presto quartiere luxury e di conseguenze cambieranno anche i prezzi degli appartamenti. Quindi dal mese prossimo sono costretto a raddoppiare gli affitti, è lo Stato che me lo impone, altrimenti non potrei sostenere le spese per tutti i cambiamenti che dovrò fare, assumere un portiere, i restauri, le migliorie. Mi rendo conto che è una cifra impegnativa, ma io non posso, nè voglio cacciarvi e per correttezza devo chiedere a tutti i miei affittuari se sono disposti a pagare la cifra attuale prima di recedere dal contratto."
 
"Ma... ma... ma..." belbettai: "Signor O'keefe, io non posso pagare una simile somma, ho bisogno di questo appartamento, ho bisogno di rimanere qui. La prego."
 
"Alexandra, per favore, non è facile per me, mi dispiace non posso fare altro. Siccome conosco la tua situazione a differenza degli altri ti darò un po' piú di tempo, un mese intero a partire da oggi e non la fine del mese come stabilito per gli altri."
 
Ero stordita, mi dovetti appoggiare al muro per non cadere e dentro mi sentii morire, dove avrei trovato una somma simile, era senza lavoro, ma pagando il precedente affitto se avessi trovato qualsiasi altra cosa sarebbe andata bene; questa nuova cifra non avrei potuto permettermela, in ogni caso.
 
Mi sentii come svuotare piano piano, era assurdo, tutto un incubo, un crescendo di ansia e paura. Era tutto così intenso da non poter più trattenere nemmeno le due grosse lacrime che ormai mi rigavano il volto; vidi il signor O'Kefee veramente dispiaciuto, quasi mortificato.
 
"Alexandra credimi, sono desolato e non lo dico per cortesia, questa notte ho perso il sonno per questa questione perché so che i miei inquilini sono brave persone e conosco la loro situazione e sapevo bene che sebbene questa notizia non sarebbe stata lieta per nessuno tanto meno lo sarebbe stata per te e per la famiglia del quarto piano perché siete le persone più economicamente deboli nel palazzo, con tutto il rispetto. Per te ho avuto ancora più male al cuore perché ho una figlia poco più piccola di te e un ragazzo della tua età, ma so benissimo che tu sei sola al mondo, sei orfana, come mi avevi detto e non hai nessuno che ti sostenga. Questo mi spezza il cuore e credimi ho cercato di trovare una soluzione, ma come potrei alzare l'affitto a tutti tranne te o addirittura tenerlo così a tutti senza andare in rovina? Non mi è possibile."
 
"Lo capisco signor O Keefe e non si preoccupi per me, in un modo o in un altro farò, grazie per essere venuto di persona. Capisco la sua situazione ma, non credo che troverò il modo per rimanere."
 
"Te lo auguro di cuore Alexandra, che tu possa restare oppure di poter trovare qualcosa di diverso."
 
"Grazie signor O'Keefe." Dissi ormai con un filo di voce: "Buona giornata."
 
Il padrone di casa ricambió con un cenno del capo e gli occhi bassi quasi come si vergognasse a guardarmi.
 
Non era possibile tutto questo? Davvero mi stava accadendo?
Era un incubo! E sia chiaro ne avevo vissuti anche di peggiori, non che non fossi abituata, eppure rimasi comunque stordita dalla notizia. Cosa avrei fatto? Che soluzione avrei trovato come mi sarei comportata in quella situazione? Sembrava che le lacrime che cadevano dal viso servissero a scandire le mie domande...

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Capitolo 23
*** The act ***


Farbauti guardó fuori dalla finestra il paesaggio ghiacciato; nulla in quel regno avrebbe mai avuto la speranza di sciogliersi, anche solo un po'; sicuramente non con quello spietato sovrano a capo.
La porta della sua stanza bussó e Maja la sua fedele ancella entró. Lo sguardo della regina s'illuminó per in attimo, ma non per sè stessa, era felice di vederla tornare sana e salva, ma questo non le sollevava certo il morale.
 
"Mia regina, ho qua tutto ciò che serve per salvarti la vita, sia da... da questa notte, sia per un'eventuale gravidanza. Mi raccomando mia regina abbi cura di te, devi seguire tutte le istruzioni che mi sono state date dalla guaritrice."
 
"So che hai rischiato la vita per me mia dolce fanciulla, ma, non sono sicura di volermene avvalere."
 
La ragazza fece cadere il cestino in terra.
 
"In che senso mia regina? Non c'è alternativa."
 
"Si che c'è." Replicó la regina.
 
"E quale sarebbe?"
 
"Lasciare che le cose vadano come devono andare."
 
"Cosa intendi con questo mia signora?"
 
"La mia vita è rovinata, la mia sorte è stata triste, perché forzarla? Se sta sera dovessi morire, il debito del mio popolo sarebbe ripagato, sarebbero liberi da Laufey, dagli Jotun, da tutto."
 
"No mia regina. Credi davvero che Laufey si fermerà, come se avesse un cuore, se anche tu venissi meno, non sia mai pretenderebbe comunque quello che gli spetta dal tuo popolo. Il tuo sacrificio sarebbe inutile e poi soffrirebbero tantissime persone."
 
"E se invece sopravvivessi, o peggio ancora, se aspettassi un suo erede? Questa creatura innocente sarebbe segnata, disprezzata da tutti perché figlio di Laufey, ma odiato dagli Jotun perché per metà mio sangue."
 
"Non sarà così mia regina, dovrai sopravvivere semplicemente e vedrai che andrà tutto bene. Appena si verrà a sapere dei rischi a cui sei stata esposta dovendo passare la notte con lui... vedrai, avrà contro tutti i nove regni."
 
"Si certo, aiuteranno il mio popolo come hanno fatto fin'ora? Pensi che nessuno sappia di questa situazione? Ti risulta che qualcuno abbia offerto aiuto per estinguere il debito del mio popolo o per sostenerlo?"
 
"Mia regina, tra il tuo popolo e gli Jotun c'è un tacito accordo, questo fa parte del patto e a meno che non venga spiegato apertamente nessuno può sapere che questa situazione sia così dolorosa per te."
 
"Ti prego Maja, vuoi dirmi che Odino è così sciocco? Vuoi dire che non lo immagina?"
 
"Senza nulla di ufficiale non può fare nulla, anche se immagina tutti i dolorosi risvolti. Ti prego lascia che ti aiuti."
 
"Cosa devo fare?" Rispose la regina più per accontentare l' ancella che per sé stessa.
 
"Ti spiegherò tutto. Mi raccomando devi eseguire attentamente le istruzioni che mi ha dato la curatrice. Non voglio perderti."
 
 
Quelle ore per la regina Farbauti furono interminabili. Non era di certo così che si era immaginata la prima notte d'amore. Provava terrore, tristezza, disgusto.
Il fatto che dovesse prepararsi come a un evento importante la irritava ancora di più. Quattro ancelle, compresa Maja lavorarono al suo aspetto per ore, ma lo fecero in silenzio con aria sommessa, quasi come se stessero preparando un corpo morto per la sepoltura. Maja era quella che più soffriva a doverla preparare, oltre che dall'espressione lo si vedeva dal fatto che ogni cosa facesse, dal pettinare i capelli, sistemare il vestito o appuntare l'acconciatura era accompagnato da tocchi e carezze affettuose. 
Era impossibile non notare quanto quella reale ninfa fosse bella; lo si poteva vedere da sempre, ma così preparata e agghindata era proprio palese. 
Il vestito blu scuro risaltava la pelle chiara quasi diafana e faceva brillare i suoi splendidi occhi color ghiaccio; nonostante fosse debole, emaciata e con il volto segnato dalle sue sofferenze era davvero bellissima e leggiadra come una libellula o una farfalla. Le due cose predominanti erano i capelli lunghi, spessi e ondulati color ebano e la sua pelle chiarissima che li contrastava.
 
La accompagnarono per il corridoio che per lei era come la strada verso il patibolo.
 
Le sue ancelle erano forse più preoccupate e terrorizzate di lei; lei sembrava impassibile, pronta ad affrontare il peggio a testa alta, senza mostrare fragilità o sofferenza anche se dentro di lei regnava la più nera disperazione.
 
La fatidica ora arrivó, la porta della stanza reale si aprí e lei dovette raccogliere tutte le sue forze per non piangere e urlare.
Laufey la guardó seduto sul letto, non c'era traccia di amore o di desiderio nei suoi occhi, non c'era traccia di dolcezza e Farbauti si sentí morire. Strinse nella mano destra il cubetto nero datole dalla curatrice, se anche Laufey l'avesse scoperta o le fosse sfuggito di mano sarebbe stata protetta perché erano ormai ore che lo stringeva, era l'unico antidoto a quello che avrebbe dovuto sopportare, anche se la sofferenza, no a quella non ci sarebbe stato rimedio.
 
Laufey la prese con forza senza dire una parola, non fu delicato, non ebbe riguardo, nè tantomeno cura. Il dolore, la paura, la disperazione e la sofferenza che provó quella notte non sarebbe possibile raccontarle perché troppo grandi e troppo sue, troppo personali; non fu più lei questo è certo; nemmeno si sarebbe mai potuto conoscere da cosa, chi o quali pensieri prese la forza per sopravvivere a quegli orribili istanti; l'unica cosa certa è che quel cubetto che qualche ora prima addirittura non voleva sapere di prendere in considerazione si era rivelato la sua salvezza; lo strinse tutto il tempo, ogni qualvolta sentiva dolore, fastidio o voglia di urlare.
Nonostante non si sentisse più in vita, quegli orribili minuti per quanto orribili passarono e lei era ancora viva, almeno fisicamente, sopravvissuta.
 
Rimase sul letto sdraiata con gli occhi rigati di lacrime, lo sguardo fisso, il cubetto stretto nelle mani, tanto che un po' del suo sangue caldo scorreva sul palmo della sua mano.
 
"Ah sei ancora viva!" Disse Laufey con disprezzo.
 
Lei non rispose, ma dentro di sè tremó, dunque non era previsto che fosse ancora viva dopo il rapporto.
 
"Si sa che i parassiti sono duri a morire per quanto insignificanti, nel tuo caso non è diverso. Ora vattene, la tua vista mi irrita."
Un' ancella la aiutò a ricomporsi, la regina era come pietrificata, non diceva una parola, non aveva espressione, completamente senza emozioni, come scioccata. La ragazza l'accompagnó fuori dalla stanza e poi insieme a Hilde che fu felice, ma anche incredula, di vederla ancora viva la condusse nella sua stanza.
 
Lí le sue fedeli ancelle l'aspettavano ansiose e preoccupate, appena la videro le corsero incontro, l'abbracciarono e vedendola in quello stato tirarono fuori con un pianto liberatorio tutto ció che avevano dentro.
 
Lei non parlava, il suo sguardo era fisso, senza emozioni, ma il volto era rigato di lacrime, la sottoveste era ancora slacciata e teneva il vestito stretto a sé. 
 
Non proferiva parola, né mostró emozioni o emise qualche suono; sguardo fisso, lacrime che inumidivano il viso e completamente passiva, sembrava sotto choc come se non avesse più vita in sé.
Dopo quel pianto liberatorio, durante il quale nessuna di loro fu in grado di trattenersi dall'abbracciarla e dal soffrire con lei, le ancelle cercarono di ricomporsi e di accudirla. Riempirono una vasca di acqua tiepida, la aiutarono a spogliarsi, un' ancella dovette raccogliere tutte le sue forze per non piangere quando aiutando Farbauti a togliersi la sottoveste intravide macchie di sangue nella zona del basso ventre, chissà cosa aveva sofferto in quella stanza? Sempre in modo passivo e automatico seguí i movimenti delle ancelle che la lavarono minuziosamente come a voler toglierle di dosso ogni traccia di Laufey, la pettinarono, la asciugarono, la spalmarono di unguenti curativi e dopo averla vestita la fecero sdraiare sul letto. La sua espressione nel frattempo non era cambiata, non un suono, un cenno, un movimento, forse era ancora viva al lato pratico, ma era come morta di dolore, di sofferenza, di incredulitá.

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Capitolo 24
*** Bleeding remembers ***


Non fate mai l'errore di pensare che chi da sempre abbia avuto una vita difficile sia più preparato o più insensibile ai problemi e alle difficoltà, anzi forse lo è ancora di più perché si ritrova addosso la vecchia stanchezza, la vecchia paura, il vecchio dolore e in più quello nuovo. Non fate mai questo errore, vi assicuro che non è così. Altrimenti se fosse vero, se quest' equazione, questa formula, questo teorema fosse vero... se così fosse quella sera non avrei avuto quella disperazione addosso.
Ho fatto una vita sola, nonostante in apparenza e agli occhi degli altri avessi una bella famiglia numerosa; non ricordo un momento di protezione, serenità, sicurezza, ricordo dolore, sofferenza, paura, angoscia, senso di colpa, inadeguatezza e no non per stupide motivazioni, non per gelosia nei confronti di qualche cugino, fratello, sorella più bello,  più brillante o più intelligente, non che, anche questo, me lo sia fatto mancare, ma non era quello e nemmeno le prese in giro di compagni di scuola e coetanei sebbene da tutta la vita mi perseguitassero pesantemente; nemmeno quello, nè dei genitori rompiscatole e severi che non ti capiscono e sono apprensivi solo quando a loro è comodo, non che quello non facesse parte del suo passato, ma non era per nulla di quello.

Era il dolore di una bambina, poi una ragazzina, poi una ragazza e infine una giovane donna che scopre che nessuno, nemmeno chi aveva il compito di proteggerla era stato in grado di farlo. In tutti quegli anni nessuno di loro era stato abbastanza sveglio da capire quello che quel mostro le stesse facendo; per 14 anni ci dovette lottare da sola e non solo con il disagio, la vergogna, il senso di sporco che ti crea qualcuno che non dovrebbe toccarti, accarezzarti in un certo modo, ma anche con la convinzione che fosse lei a volerlo, fosse lei a cercarlo e la colpa fosse sua. 
Sapeva che era sbagliato e come avrebbe dovuto agire in quei casi, ma le mancava il coraggio, le mancava la sicurezza.
E se fosse stata lei a interpretare male quei gesti?
Se avessero pensato che lei in fondo lo desiderasse?
E se le avessero dato delle colpe per come era vestita o come si comportava?
E se, peggio ancora, non le avessero creduto e lui avesse saputo che lei ne aveva parlato e poi per rabbia o vendetta avesse fatto peggio?
Per anni portò dentro quel fardello, ma non bastó, quando una notte, dopo l'ennesimo attacco di panico ebbe finalmente la forza di parlarne e di liberarsi, fu felice perché i suoi le credettero e pensó ingenuamente di aver finito di soffrire e invece fu in quel momento che iniziò il peggio.
Lui negó tutto, dicendo di esserselo inventata per attirare l'attenzione, in quanto gelosa dj suo fratello più piccolo; in fondo, sostenevano lui e quella cretina di sua "zia", sorella della madre anche se  lei mai l'aveva considerata tale, che lei già da piccola era sempre stata bugiarda; si inventava un sacco di storie tipo di avere un unicorno, di mangiare cioccolato piovuto dalle nuvole di zucchero, di vedere un sacco di animali parlanti; e il resto della famiglia, i nonni materni più che altro preferirono credere a quei due obrobri, invece che a lei; perché altrimenti avrebbe significato che non era più possibile fare le tavolate tutti insieme, fare il teatro della famiglia perfetta davanti agli altri, e cosa peggiore, avrebbe significato che probabilmente quel figlio di buona donna avesse molestato anche sua cugina, la più grande, la preferita di sua nonna perché:"Uguale alla mia famiglia, non come te che non si sa da dove sei uscita."
"E poi scusa sei stupida! Perché hai aspettato tutti questi anni per dirlo, i tuoi te lo hanno sempre spiegato come ti dovevi comportare in questi casi, non come ai nostri tempi che non se ne parlava. Se fosse stato vero perché te ne esci solo ora?"
E quindi per un motivo o per l'altro toccó a lei portare quel fardello, quella colpa, nonostante la sua piccola, fragile età e il suo cuore ormai in briciole. 
I nonni paterni? Erano gli unici a darle amore, affetto e che avevano saputo il tutto da lei, motivo per cui era anche stata sgridata perché "Loro non c'entrano in tutto questo!" Eh certo! Se no poi come facevano a distruggerla del tutto se qualcuno ancora la sosteneva, ma erano troppo, troppo lontani per darle tutto ciò di cui aveva bisogno e non aveva avuto le possibilità di andare da loro a studiare, vivevano in un paesino piccolo, senza sbocchi di lavoro o studio.
Erano gli unici con cui aveva contatti, a cui spesso telefonava; ma non voleva caricarli con i suoi problemi specie di natura economica perché loro pur di aiutarla si sarebbero tolti il pane di bocca e lei non voleva.
Quella sera quindi chiamarli era un divieto morale per me. L'unica cosa che riuscii a fare, come avevo sempre fatto era infilarmi nelle orecchie il mio Mp3 e spararmi nel cuore le canzoni che per anni avevo accumulato per lavare via il dolore, lasciare che le lacrime fluissero senza trattenerle e stringere con forza il grande gatto di peluche con cui avevo sempre condiviso ogni dolore.
In quel momento la testa iniziò a girovagare, girovagare per il mondo, ero sicura che lá fuori qualcuno stava soffrendo come lei, forse di più addirittura; ma ero sicura che fossero molto più numerose le persone felici, serene, al sicuro e questo mi aveva sempre ucciso.
Se solo avessi avuto qualcuno a proteggermi, amarmi, curare le mie ferite. Ma c'era? Esisteva? Si trovava da qualche parte? E soprattutto, sarebbe stato disposto a farlo?

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Capitolo 25
*** Loptr ***


Passarono i giorni e a distanza da quasi due mesi dalla sera in cui Laufey aveva preso la sua innocenza la regina Farbauti era ancora completamente bloccata. Le sue ancelle fidate, premurose e sinceramente preoccupate per lei la accudivano in ogni modo possibile e immaginabile, vegliandola persino tutto il giorno e tutta la notte facendo turni a rotazione. Da quell'orribile notte si svegliava urlando nel sonno, piangendo istericamente e completamente sudata; viveva ormai praticamente a letto, mangiava pochissimo solo perché imboccata dalle sue ancelle, erano loro a lavarla, pettinarla, vestirla e farle fare un giro per prendere aria, non parlava, aveva lo sguardo fisso e vuoto. Gli occhi color ghiaccio una volta dolci ed espressivi ora erano solo vuoti e terrorizzati. Tutto proseguí in questo modo fino a quando il terzo mese, allo scadere del terzo mese esatto da quell' orribile avvenimento qualcosa la scosse, e come se l'avesse svegliata. Una sera un dolore lancinante al ventre la colpí, quasi da piegarla in due e non riuscire a stare sdraiata, nè in piedi, nulla, corse in bagno urlando di dolore e tenendosi la pancia e dopo aver urlato potentemente espulse dei pezzetti di ghiaccio e del sangue; le sue ancelle     preoccupate l'aiutarono a pulirsi e a ritornare sul letto. Fu proprio in quel momento che fu come svegliata dal torpore in cui era stata per tutto quel tempo. Scoppió in un pianto liberatorio, tirando fuori tutto ciò che aveva dentro, forse stava morendo, forse la sua sofferenza stava volgendo al termine, in fondo nessuna creatura esile come lei poteva pensare di sopravvivere al rapporto con uno Jotun, lei era già stata fortunata a non morire sul colpo, grazie all'aiuto di chi le aveva voluto così bene da rischiare la vita per salvare la sua con un antidoto.
Quando dopo solo mezz'ora Dame Hilde, chiamata dalle ancelle, la raggiunse nella stanza, subito le raccontò l'accaduto e dopo una breve visita la donna diede alla regina e alle sue ancelle una notizia che lasciò tutte basite:
"Sei incinta mia regina! Questo è uno dei sintomi che porta con sè la gravidanza di uno Jotun. Tra poco potresti sentire freddo, poi caldo, una gran fame e persino la tua pelle potrebbe cambiare colore. È arrivato il tempo di assumere il secondo antidoto; altrimenti questa gravidanza é molto probabile che si riveli fatale, per te, per il tuo feto."

La regina si accarezzò il ventre che non era nemmeno ingrossato, nessuno avrebbe pensato che fosse incinta, forse per via del suo fisico ormai sciupato e anche quei pochissimi pasti che faceva, striminziti per giunta, certo non aiutavano.

Da quel momento però prese la sua decisione: odiava Laufey, quello che le aveva fatto , la sua situazione, ma quella povera creatura non c'entrava nulla. Anche lui sarebbe venuto al mondo senza scegliere, come era senza scelta lei; con un padre crudele che non meritava; con il rischio di non ricevere amore e lei non poteva permetterlo.
Da quel momento riprese a vivere, riacquistó le forze, mangiava, si prendeva cura di sè. 
Quando Laufey seppe della gravidanza andò su tutte le furie, non si spiegava come fosse possibile che quella libellula insignificante fosse ancora viva; e adesso stava anche riuscendo a portare in grembo un suo erede. Come sarebbe nato? Sarebbe stata una vergogna se fosse stato debole, esile e minuto; d'altro canto però se fosse stato delle giuste dimensioni oltre ad essere un erede utile, un guerriero valido e un degno principe di Jotun sarebbe stato anche colui che lo avrebbe liberato da quella moglie che tanto odiava.

Solo il tempo avrebbe svelato come le cose sarebbero andate; lui aveva le sue cortigiane e la sua amata Hyrrokkin che avrebbe subito sposato dopo la morte di quell' insulsa ninfa.

Passarono i mesi e il tempo scorreva, tutte le sere come da raccomandazione di Tuva, Maja preparava alla regina l'antidoto che dopo averlo bevuto sedeva mezz'ora accanto al fuoco come le era stato raccomandato per permettere al miscuglio di fare effetto e non renderle le gravidanza fatale.
Il fuoco, nonostante anche Farbauti fosse una creatura dei boschi, amante del freddo il fuoco l'aveva sempre affascinata e attratta; era così potente, così utile e distruttivo. Poteva scaldare, proteggere, salvare, ma allo stesso tempo se non gestito poteva distruggere, uccidere, devastare.
Ogni qual volta si sedeva vicino al fuoco, la creatura in grembo scalciava e si muoveva, ecco perché quando al sesto mese a rune tirate conobbe il sesso del nascituro e scoprí di portare in pancia un maschietto decise che il suo nome sarebbe stato Loki, che significa appunto fuoco.
Se lo era immaginato tantissime volte, sperava tanto che non somigliasse al padre, ma piuttosto a lei, si rendeva conto peró di quanto la probabilità, che fosse predominante la caratteristica dello "Jotun", fosse alta.
Ogni giorno, le parlava, cantava per lui, le raccontava della sua casa, la sua infanzia, il suo popolo e il suo passato; non avrebbe permesso a quel mostro di Laufey di trasformare il suo bambino in una crudele macchina di morte.
Inizialmente sperava che il giorno del parto non arrivasse mai, poi man mano che il tempo passava, per quanto lo vivesse con ansia, lo aspettava con ansia.
In fondo come da tradizione una volta partorito anche il suo popolo e i suoi famigliari avrebbero potuto venire a Jutunheim a farle visita e forse lí ci sarebbe stata possibilità di fuga, di liberazione, doveva solo resistere, sopravvivere e farsi forza lei e il suo piccolo Loki.

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Capitolo 26
*** Coming back ***


Quella notte il sonno sopraggiunse per sfinimento, per stanchezza. A furia di piangere i miei occhi non ressero più e cedettero; solitamente tutte lo volte in cui mi addormentassi piangendo o pensando a qualcosa di poco piacevole il sonno era altrettanto agitato e caratterizzato da incubi, ma quella sera... quella sera no.
Non feci un sogno nè bello nè brutto; fu un sogno nebuloso, poco chiaro, poco nitido e che faticai a ricordare.
Sognai dei capelli scuri, dei pettorali scolpiti, un occhio di ghiaccio e una mano con un anello decorato.
La mattina quando aprii gli occhi non ero per nulla rasserenata, nè avevo voglia di alzarmi. Non ne avevo motivo, non avevo più un lavoro, nè il ragazzo, nè la casa.
Il mio campanello suonó e non so come e perché trovai la forza di andare a vedere chi era; dallo spioncino vidi il volto di Chris e mi prese un colpo.
Non risposi ma lui capí che ero in casa.
 
"Aprimi Alex, so che sei lí."
 
"Perché dovrei?"
 
"Devo parlarti!"
 
Aprii la porta, non avevo idea di che aspetto potessi avere, avevo pianto a lungo e non avevo ancora lavato la faccia; ma non mi importava, avevo altro a cui pensare.
 
"Vado un secondo in bagno, intanto che aspetti serviti un po' di caffè."
 
Mi lavai la faccia e nonostante tutto il mio viso era ancora fresco e riposato come quello di uno zombie, sistemai i capelli con una molletta e raggiunsi Chris in cucina. 
Presi i cereali e i biscotti.
 
"Vuoi un cappuccino?"
 
"No grazie basta il caffè." Disse Chris.
 
"Allora. Che dovevi dirmi?"
 
"Niente, sono solo passato a vedere come stai."
 
"Sono senza lavoro, non ho più un ragazzo visto che non ho intenzione di concedergli le mie grazie e sto per perdere anche la casa. Ma non c'è male grazie."
 
In realtà non avrei voluto dirgli della casa, ma come sempre la mia rabbia si tramutava spesso in parole che avrei voluto ricacciare in gola giá mentre stavo per dirle. Vidi Chris ferito dalle mie parole e anche se il senso di colpa mi stava assalendo cercai di rimanere impassibile bevendo il mio caffèlatte.
 
"Non sapevo dell'appartamento, mi dispiace molto."
 
"L'ho saputo ieri ma tranquillo, non è più un problema tuo." Dissi sorridendo sarcasticamente...altra coltellata ironica.
 
"Alex la smetti? Ero davvero in pensiero per te."
 
"Bene, ora hai visto che sono viva, puoi andare tranquillo a casa."
 
"La finisci di fare la scema? Sono venuto a parlarti seriamente."
 
"E di cosa?"
 
"Di come ti ho trattato l'altra sera."
 
"Beh, non sembravi molto preoccupato di come stavo rimanendo; sembravi molto sicuro di essere la parte lesa."
 
"Parte lesa? Dove siamo in tribunale?"
 
"No siamo a casa mia e parlo come voglio."
 
"Ascoltami, io voglio solo che ascolti quello che ho da dirti. Poi se vorrai me me andrò."
 
"Che altro è rimasto da dire?"
 
"Ti prego Alex ascoltami. In questo periodo con te io sono stato molto bene, io mi sono innamorato di te per come sei, per la tua originalità e per il tuo essere profonda e straordinariamente bella. Per nessuna ragazza ho mai avuto le attenzioni che ho per te; non fraintendere, non dico che io ti dia per ricevere, non è così, né sto dicendo che pretendo qualcosa, ma semplicemente..."
 
"Vorresti che venissi a letto con te. Mi spiace, ma non accadrà."
 
"No!" Esclamò Chris alzando la voce, picchiando una mano sul tavolo e alzandosi di scatto. "Non è questo che voglio, vorrei essere sicuro che tu mi amassi."
 I suoi occhi diventarono lucidi: "Io non parlo solo di quello, ma del tuo atteggiamento in generale, sembra che io vivessi la nostra relazione come ragazzi della nostra età e tu come una bambina di dieci anni che gioca ad avere il fidanzatino. Mi hai mai dato un bacio, mi hai mai detto qualcosa di provocante, sei mai venuto una sera a casa mia da sola da quando stiamo insieme, hai mai dormito una notte da me, semplicemente dormire intendo? Rispondi!"
 
"Beh, no. E allora? La nostra relazione è appena cominciata, si può sapere come mai hai tutta questa fretta? Non è una gara. Io ho i miei tempi, tu lo sapevi, io non ti ho mai nascosto la mia storia, il mio modo di essere, di pensare e di vivere. Non si può misurare l'amore che si prova per qualcuno in tempi, atti e gesti. Chi lo dice che se non si fanno certe cose prima di certe tempistiche non è amore e invece se si fanno si?"
 
"Non lo dice nessuno, lo penso io."
 
"Già, ma in questa relazione esisto anche io, sei stato mio amico, sai bene cosa ho passato, vissuto, subito, ero convinta che mi avresti capito, invece no. Non lo hai fatto a quanto pare..."
 
"E tu? Tu cerchi di capire me? Eh? Come mi sento, le mie necessità, i miei desideri? O pensi che debba essere solo io a capire te?"
 
"Forse quando abbiamo deciso di stare insieme avremmo dovuto pensarci bene e discutere prima di questo. Che altro devo dirti Chris?"
 
"Io ti ho aiutato, ti sono stato vicino e supportato e mi fa male non poterlo fare visto che so che le tue difficoltà sono aumentate, ma tu mi devi permettere di farlo. Dobbiamo venirci incontro. Io voglio questa relazione Alex, non riesco a stare senza di te, ti prego troviamo un compromesso." 
Mi disse prendendomi le mani tra le sue. I suoi occhi profondi mi penetravano, aveva uno sguardo intenso e un viso espressivissimo, si vedeva che ci teneva a me e io questo non lo potevo ignorare. Feci lo sbaglio che non avrei mai dovuto fare... cedetti!
 
"Come facciamo Chris?" Chiesi con un filo di voce e gli occhi lucidi.
 
"Parliamone seriamente e vediamo di venirci incontro."
 
"Come possiamo trovare una via di mezzo se siamo così distanti."
 
Chris mi guardó e senza dire niente mi accarezzò una guancia, maledetta quella mano così soffice, quello sguardo così dolce, quel viso così bello.
 
"La sera in cui abbiamo litigato, avevo preparato una sorpresa per te. Saremmo andati al ristorante e poi volevo parlarti di una cosa importante."
 
"Di che cosa si tratta Chris?"
 
"Volevo dirti che, visto che il mio appartamento è grande e c'è una stanza sempre vuota potresti venire a vivere da ne, così almeno il problema dell'affitto sarebbe risolto."
 
Rimasi sbigottita, mai e poi mai avrei immaginato che mi proponesse una cosa del genere. Davvero si sarebbe spinto fino a tanto per me?
 
"Chris ma, non è possibile scusa, non posso accettare e le bollette, l'affitto?"
 
"Per l'affitto non c'è problema, l'appartamento è dei miei e le bollette in due non consumeremo poi molto di più di quanto consumo da solo."
 
 
"Non potrei mai accettare senza darti come minimo una parte delle bollette."
 
"Mi spieghi perché devi essere così testarda e orgogliosa?"
 
"Non sono orgogliosa, ho semplicemente una dignità, non posso vivere sulle tue spalle Chris."
 
"Non sei sulle mie spalle, sei la mia ragazza. E io ti amo!"
 
Ad un tratto quelle parole mi entrarono dentro e mi scaldarono il cuore.
 
"Dici davvero?" Chiesi con gli occhi lucidi.
 
"Si. E non voglio che pensi che se verrai a vivere con me io ti faccia qualche tipo di pressione. Le camere sono divise e io aspetterò i tuoi tempi, qualunque essi siano."
 
"Chris ma... Dici davvero?"
 
"Si. Non sono mai stato più sincero, così nel frattempo contribuirai con il solo lavoro che ti è rimasto e avrai tempo per trovarne un altro se vorrai, per me potremmo anche stare me così. Se vorrai cercare un altro alloggio nel caso la tua situazione cambiasse sarai libera di farlo, io non ti manderò mai fuori però, potrai stare con me fino a quando vorrai."
 
In quel momento mi sciolsi completamente, lo abbracciai e cercai le sue labbra per dargli il bacio più appassionato che ci fossimo mai dati, solo il primo era stato così magico.
Quando mi staccai disse:
"Eccoti qua finalmente, ti ho ritrovato! Era un po' che ti aspettavo."
 
Poi proseguí: " Non devi darmi una risposta subito, pensaci pure, ma spero tanto di vederti arrivare da me con le valigie alla fine." Mi disse accarezzandomi i capelli.
 
"Grazie Chris, lo apprezzo molto, anche io ti amo e non pensare che il tenere fede ai miei valori sia un modo per negarti il mio amore. Semplicemente mi serve tempo, ma se davvero è come mi hai detto potrei valutare. Dammi qualche giorno per pensare."
 
"Prenditi il tempo che vuoi, ma non passerá minuto senza che io speri che tu mi dica si."
 
Fidarmi, credergli, aprirmi di nuovo fu l'errore che poco più tardi avrei pagato caro, molto caro.

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