Otto Piccoli Auror

di dirkfelpy89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Chi Ben Comincia... ***
Capitolo 3: *** Arrivo Sull'Isola ***
Capitolo 4: *** La Voce ***
Capitolo 5: *** Delitto e Castigo ***
Capitolo 6: *** Fine dei Giochi ***
Capitolo 7: *** Sette Piccoli Maghi ***
Capitolo 8: *** Uno di Noi ***
Capitolo 9: *** Un Pomeriggio di Ordinaria Follia ***
Capitolo 10: *** Buono da Morire ***
Capitolo 11: *** A Building Panic ***
Capitolo 12: *** Caduta nel Buio ***
Capitolo 13: *** Un Tragico Risveglio ***
Capitolo 14: *** Un Piano ***
Capitolo 15: *** La Prova ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 



“Claire, tra una mezz'oretta arriveranno i ragazzi dell'Accademia. Cancella tutti gli altri impegni o rimandali almeno nel primo pomeriggio.”
“Certo, signor Potter, sarà fatto.”

Quando Harry James Potter entrò nel suo ufficio da comandante Auror, quella mattina del 5 Maggio 2017, lo fece con in testa tante cose tra loro diverse, pensieri che lo turbavano da almeno tre giorni.
E come spesso accadeva quando la sua mente iniziava a vorticare, attaccata senza sosta da paure e ansie, decise di ricorrere, come prima medicina, alle numerose foto che aveva posizionato, nel corso degli anni, sulla scrivania di mogano all'altro capo dell’ufficio. Puntò lo sguardo sulla foto del suo matrimonio, dei battesimi di James, Albus e Lily, cercando al contempo di stabilizzare il respiro.

Stava invecchiando e, conseguentemente, perdendo i colpi, si ritrovò a pensare, chiudendo gli occhi e sospirando profondamente.
Dentro… fuori…
Dentro… fuori…
Meglio.
Un tempo non sarebbe stato così negativo e ansioso, avrebbe preso di petto l’incontro di quella mattina e riso di quelle sue paure inconsce.

Perché, insomma, quell'incontro con i sette giovani allievi all'ultimo anno dell'Accademia Auror sarebbe stato giusto una mera formalità.
Ma dopo tutto quello che era successo nelle settimane precedenti, per la prima volta nella sua carriera lavorativa Harry si chiese che cosa mai avesse sbagliato.
Se fosse ancora in grado di ricoprire quel prestigioso incarico da comandante Auror.

/ / / / / / /

Jack estrasse una sigaretta dalla tasca della divisa e l’accese, dopo un rapido controllo dei paraggi, con un rapido tocco della bacchetta.
Sapeva benissimo che era vietato fumare all'interno dei locali del ministero, ma le regole per lui non avevano mai rappresentato un ostacolo insormontabile.
Tutti i suoi amici erano rimasti sorpresi quando aveva annunciato, durante la cerimonia dei M.A.G.O., che avrebbe intrapreso la carriera da Auror. Lui, così allergico alle regole!

“Se continui così finirai male, ragazzo," era stata la continua predica della preside McGranitt. “Continua con le tue malefatte e ti guadagnerai un bel biglietto per Azkaban!”
“Onestamente è un’esperienza che vorrei evitare, professoressa!”
“E allora, l'unica soluzione che hai è iscriverti all'Accademia, c'è sempre bisogno di un Auror che sa come rompere le regole e che riesca a immedesimarsi con un malvivente!!”
E quella vecchia aveva avuto ragione, tutti i suoi compagni erano decisamente troppo inadatti a quel compito ma lui, lui sì che si sarebbe mosso bene, e con naturalezza, nei vicoli più torbidi di Notturn Alley!

“Sogno o son desto! Jack Grimm in anticipo a un appuntamento!”
Per poco il ragazzo non inghiottì la sigaretta. Tossendo, si voltò e vide una figura a lui ben nota: Frank Live, uno dei compagni di Accademia.
“Fanculo,” borbottò, gettando il mozzicone spento per terra. L'altro, ridacchiando, si avvicinò con un sorrisetto beffardo.
“Sono arrivato prima perché ho accompagnato mia sorella, è il suo primo giorno di lavoro al Dipartimento Trasporti Magici,” spiegò Jack, pulendo la cenere dalla divisa.
“Oh, il lavoro dei sogni proprio…”
“Bah, che vuoi che ti dica,” sbottò Grimm. “E tu, che scusa hai per essere in estremo anticipo?”
Il sorriso sparì quasi all'istante dal volto bianco di Frank.

“Mi sveglio sempre a quest'ora, ormai dormo pochissimo la notte…”
I due ragazzi si osservarono per qualche secondo e fu come se un lampo di comprensione colpisse Jack.
“E chi cazzo ci riesce più,” sbottò, accendendosi un'altra sigaretta.

/ / / / / / /

Alec Ivy addentò la ciambella alla crema con avidità, buttandola giù quasi senza masticare. La mensa del Ministero della Magia era già gremita, nonostante fossero appena le sette del mattino, da una folla in disperato bisogno di caffè e di un’abbondante colazione.
La cucina di Madame Whiskins non era propriamente la migliore ma rappresentava l'unica alternativa decente ai bar Babbani della zona.

Alec sedeva da solo, in un tavolino a una delle estremità della grande sala unta. Odiava la folla, quegli sguardi che lo scrutavano e lo giudicavano senza alcuna remora o rimorso.
Meglio non dare nell’occhio, specie la mattina presto quando ancora la tanto agognata caffeina non era entrata pienamente in circolo.
“Ah, sapevo che ti avrei trovato qui!”
Il ragazzo si voltò e vide l'inconfondibile testone del compagno di corso, Marcus Sidekick.
Basso, tarchiato, a Hogwarts era stato un ottimo Battitore e per diversi mesi aveva avuto numerose difficoltà a scegliere quale carriera seguire, una volta terminata la scuola. Quidditch o Auror?
Alla fine, dopo settimane di dubbi, prevalse la seconda.

“Mangi qualcosa?” Chiese Alec, pulendosi il mento da uno schizzo di crema.
“Nah, lo sai che la mattina non mangio quasi mai,” rispose Marcus, prendendo posto davanti al compagno.
“Per la barba di Merlino, non mangi quasi nulla eppure guarda che fisico che hai messo su,” sbottò Alec, facendo fatica a non nascondere una certa nota di invidia nella voce.

Marcus sorrise, il compagno terminò di consumare la sua colazione e il silenzio cadde ben presto su quel tavolino appartato.
Che cosa mai puoi raccontare a un vecchio amico, quando hai finito tutte le cose da dire?

/ / / / / / /

Sillus Hardy avanzava a rapide falcate nell'atrio del Ministero, una pila di fogli di pergamena tra le braccia.
Harry Potter aveva convocato lui e i suoi compagni per una sorpresa ma il ragazzo di natura era sempre stato una persona diffidente.
Se il comandante Auror ti convoca per una sorpresa inaspettata, meglio portarti dietro i tuoi appunti.

Era quasi arrivato alle grate d'oro che portavano agli ascensori quando un gruppo di maghi e streghe gli tagliò la strada, facendo cadere a terra il ragazzo e la sua pila ordinata.
“Ehi… ma che modi!” Sbottò, recuperando gli occhiali e rialzandosi da terra.
“Accio fogli!”
Con suo sommo stupore, Sillus vide i tanti fogli di pergamena, sparsi per terra, raggrupparsi nuovamente in una pila ordinata a mezz'aria.
Rose Greenwood apparve in quel momento dietro le spalle del ragazzo, la bacchetta in mano.
“Sei stata tu? Gra… grazie!” Esclamò Sillus, riprendendo possesso dei suoi appunti. L'altra sorrise.
“Non so che cosa prenda alle persone quando entrano in questo atrio, ma è come se non si accorgessero dell'esistenza degli altri,” esclamò, scuotendo la testa e i lunghi capelli rossi.
“Già…”
“Senti, io…”

"Muovetevi, piccioncini.”
Dalla folla di dipendenti del Ministero si staccò un'altra figura con la divisa da allieva Auror che venne loro incontro.
Corti capelli neri, trucco pesante, immancabile espressione schifata. Louise Gillan.
“Ehi,” la salutò Sillus ma l'altra sembrò non notarlo.
“Siamo in ritardo, muoviamoci.”

/ / / / / / /

“Signor Potter, gli allievi sono arrivati.”
“Bene, che entrino pure.”

Harry mise da parte una lunga e noiosa relazione, incrociò le dita delle mani e osservò con attenzione i sette giovani allievi Auror entrare, in religioso silenzio, nell'ufficio, prendendo posizione su due divanetti posizionati davanti alla scrivania.

C'era una certa atmosfera carica di elettricità nell'aria, la poteva percepire con estrema facilità.
Tensione, nervosismo e attesa.
“Bene, è un piacere rivedervi,” esordì, sorridendo. “Vi starete chiedendo il perché di questa convocazione.”
Alcuni annuirono, altri rimasero immobili a osservarlo.
“Come saprete, i vostri esami finali sono vicini, manca poco meno di un mese.”
Con la coda dell'occhio, vide Sillus e Rose tremare leggermente e non poté non sorridere.
“Ora, da una decina di anni a questa parte è consuetudine che gli allievi dell'ultimo anno trascorrino una settimana sull'isola di Marlott Island, di proprietà del Ministero, per un ripasso generale di tutto ciò che avete affrontato durante questi ultimi anni.”
“Una settimana su un'isola?” Chiese Jack Grimm.
“Sì, ma non sarà una vacanza di piacere. Durante questa settimana affronterete prove scritte, orali e pratiche e sarà un ottimo modo per rivedere i vostri punti forti e deboli. L'isola è inoltre praticamente priva di attrazioni, isolata dal mondo magico, e perciò rappresenterà un ottimo modo per prepararvi con calma, e senza troppe distrazioni, in vista dei temibili esami finali.”

Un mormorio eccitato si levò dal gruppetto.
“Perciò adesso tornerete casa,” aggiunse Harry, “preparerete una valigia con tutto il necessario per stare fuori di casa una settimana, un abito da sera è richiesto, e vi ritroverete domani mattina, alle nove esatte, a Yewshalt.”
“È sulla costa del Devon, giusto?” Chiese Sillus.
“Sì, là vi aspetterà il vostro supervisore per questa settimana,” spiegò Harry, “prenderete una barca che vi porterà direttamente a Marlott Island, non ci si può materializzare sull'isola. Rimarrete là per una settimana, alla fine della quale l'imbarcazione vi verrà a riprendere. Tutto chiaro?”
“Chi sarà il nostro supervisore?” Chiese Frank.
“Ronald Weasley.”

L'uomo lo disse con naturalezza, come se fosse un'informazione tutto sommato semplice da fornire al gruppo. Eppure non lo era e infatti la temperatura nella stanza parve scendere di alcuni gradi all'improvviso, senza preavviso.
Vide Alec e Marcus scambiarsi un'occhiata in tralice, Frank divenne se possibile ancor più bianco ma, a parte questo, il gruppo di allievi non reagì in alcun modo tangibile a quell'informazione.
Ma quel silenzio era difficile da gestire e affrontare, troppo pieno di cose non dette e che tutti non erano forse pronti ad affrontare, e Harry sentì, forte come non mai, l’impulso di dire una cosa, qualsiasi cosa, pur di spezzarlo.

“Andate a prepararvi, ritrovo domani alle tre di pomeriggio alla piazza principale di Yewshalt,” ordinò e e fu come se quel gelo si spezzasse di netto. “Buon lavoro a Marlott Island!”
Il gruppo si alzò in ordine, senza aggiungere nient'altro e, dopo aver rivolto a loro superiore un veloce saluto militare, girarono sui tacchi e uscirono in silenzio dall'ufficio di Harry.

Qualche minuto più tardi, la stessa porta che il gruppo di allievi aveva chiuso si riaprì e fece il suo ingresso Ron Weasley.
Zoppicava leggermente e il suo sguardo, normalmente sempre gioviale e sorridente, appariva teso e pensieroso.

“Hai… hai parlato con i ragazzi?" chiese, prendendo posto davanti alla scrivania dell'amico.
“Sì,” rispose Harry, annuendo.
“E…”
“E domani partirete per Marlott Island.”
Ron si mosse sulla sedia, a disagio.
“Non credo che sia un'idea giusta, dopo tutto quello che è successo…”
Harry posò la piuma d'aquila, con la quale stava correggendo alcune carte, e pose i suoi penetranti occhi verdi sull'amico.
“Ron, non affiderei questo gruppo a nessun altro, l'hai già fatto altre volte, sai che…”
“Già, ma le altre volte nessuno dei miei allievi Auror era…”

I due rimasero in silenzio, fissandosi a vicenda.
“Non so neanche se voglio continuare con questa carriera," riprese Ron, “dopo tutto quello che è successo, quello che ho fatto…”
“Non è stata colpa tua,” lo interruppe Harry, “Arnold, insomma, c'è stata un'indagine e sai che…”
“... che se fossi stato un altro Auror sarei già stato licenziato.”

Potter sospirò, mise da parte le scartoffie presenti sulla superficie della scrivania e si concentrò unicamente sull'amico di sempre.
“Ron, sei il migliore amico e collaboratore che io potrei mai desiderare. Insieme abbiamo fatto moltissime cose, rivoluzionato questo lavoro, quello che è successo, insomma, non sei stato tu, non sei tu il colpevole.”
L'amico rimase in silenzio, distogliendo lo sguardo.
“Ti chiedo di provarci. Per il dipartimento e soprattutto per te e i ragazzi. Sei appena tornato dal servizio attivo, passa questa settimana con loro, non potrà che aiutarvi a superare questo momento.”
“Mi odiano.” sussurrò l’amico.
“No, sono solo confusi e spaventati. Trascorrete la settimana a Marlott Island insieme, sudate insieme, lavorate di comune accordo,” propose Harry. “Ti chiedo solo questo, provaci. Poi, se vedrai che le cose non cambiano, accetterò le tue dimissioni. Ma non prima di aver fatto questo tentativo.”

Questa volta Ron rimase in silenzio più a lungo ma, alla fine, tornò a volgere il suo sguardo verso l'amico e annuì.
“Una settimana insieme su un'isola praticamente deserta. Sarà un miracolo se arriveremo vivi senza lanciarci delle maledizioni addosso,” borbottò.
Harry sorrise, si alzò in piedi e andò a sedersi accanto al cognato.
“Vedrai, una volta tornato a Londra, riprenderai a lavorare con più serenità.”

Infine Ron annuì, si rialzò e dopo un rapido abbraccio con l’amico, uscì dall’ufficio, apparentemente rinfrancato.
“Sì… ti farà bene questa settimana,” sussurrò Harry, tornato solo, nel suo ufficio.
Peccato che, come dimostrarono gli eventi, Harry Potter si sbagliò di grosso.

/ / / / / / /

Allora questa storia l'ho pubblicata anni fa in maniera grezza e che ormai non rispecchia minimamente il mio modo di scrivere. Nel corso degli anni l'ho modificata, ampliata e adattata allo scrittore amatoriale che sono adesso.
E quindi eccoci qui con una storia giallo/thriller basata in parte sul film “Nella Mente del Serial Killer” basata sul libro di Agatha Christie, penso forse il mio giallo preferito “Dieci Piccoli Indiani” ma potete leggere questa storia benissimo anche se non avete né visto il film né letto il libro.

Che cos’è successo a Ron e al gruppo di amici allievi Auror? Lo scoprirete passo dopo passo, sarà una storia ricca di personaggi originali, che spero vi possano piacere, e di mistero, che spero possa tenervi incollati alle pagine web di questo racconto.
Per tutti questi motivi mi farebbe piacere se mi faceste sapere che cosa ne pensate, vi do appuntamento al prossimo capitolo dove le cose iniziano a farsi sul serio!

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Capitolo 2
*** Chi Ben Comincia... ***


Capitolo 1, Chi Ben Comincia…

 



I “Tre Manici di Scopa” era quasi vuoto, ben pochi avventori erano presenti nel grande stanzone illuminato, eccezion fatta per un gruppetto di cinque ragazzi, seduti a uno degli angoli del pub. Alec, Frank, Marcus, Jack e la sorella Margaret stavano bevendo del whisky incendiario, le teste chine sui bicchieri.
“Cazzo, ci pensate?” esclamò Jack, alzando il calice. "L'ultimo whisky che berremo prima di questa settimana del cazzo.”
“Come? Il prode Jack Grimm non cercherà di fare entrare di straforo dell’alcool su Marlott Island?” Chiese Frank, bevendo a sua volta.
“Ci proverò, ovvio. Ma potrei fallire… tanto meglio gustarsi questo bicchierozzo! Una settimana senza bere…”
“Andrai sull’isola per studiare… non per ubriacarti!” Esclamò Margaret, scuotendo la testa.
“Dai, lasciaci un po’ di respiro,” Marcus si inserì nella conversazione. “Sappiamo già tutto quello che ci chiederanno all’esame, per noi questa settimana su Marlott Island serve a ben poco.”
“Io di sicuro non ho bisogno di questa settimana rinchiuso su un’isola,” concordò Alec, “e per di più con la sola compagnia del signor Weasley."

A quelle parole, un gelo innaturale calò sul gruppo di studenti.
“Sarà lui ad accompagnarvi?” Chiese la ragazza.
“Ci scommetto che è stata un’idea di Potter,” rispose Frank, cupo.
“Sì, tanto chi lo tocca, è il miglior amico del salvatore del Mondo magico!” esclamò Jack, furioso. “Se non avesse…”
“Dai, parliamo di altro,” propose Marcus, notando come l’atmosfera fosse improvvisamente cambiata, rabbuiatasi.
La discussione passò al Quidditch, al Ministero ma ormai l’atmosfera era rovinata. A mezzanotte pagarono e si diedero appuntamento per la mattina successiva.

/ / / / / / /

Sillus osservò attentamente la valigia che stava preparando con ordine maniacale.
Uno scomparto per le divise, uno per i vestiti civili e un altro dedito ai lunghi manuali che sicuramente avrebbero ripassato sull’isola.
Era nervoso, un sentimento che non riusciva bene a controllare e per questo motivo lo inquietava ancor di più. Una settimana con i suoi compagni solo su un’isola, il signor Weasley presente. Cercò rifugio nell'ordine e nella pulizia ma il suo cervello non riusciva a non pensare a ciò che avrebbe affrontato nel corso di quella settimana.
I demoni che inevitabilmente sarebbero tornati a galla.

Aveva lottato tanto per superarli e ancora sentiva di non esserci riuscito a pieno, Marlott Island avrebbe potuto riaprire quelle ferite che faticavano così tanto a rimarginarsi?

Sillus…
Udendo quella voce, il ragazzo seguì alla lettera le istruzioni dei Medimaghi.
Si tappò le orecchie con le mani e ripensò intensamente al primo paragrafo del terzo volume di “Guida Avanzata alle Fatture Oscure”.
Ci volle del tempo ma finalmente quella voce andò via.

Sospirando, il ragazzo si rialzò da terra e prese, dal comodino vicino al letto, un set di cinque provette con un denso liquido rosso all'interno. Sperava di no, ma era evidente che ne avrebbe avuto bisogno.

/ / / / / / /

Rose osservò con ammirazione il lungo vestito da strega che stava indossando.
Era di sua madre, ovviamente, lei non aveva mai avuto molto tempo per le occasioni sociali più mondane.
É difficile quando hai la testa china sui libri per la maggior parte del tempo.

“Ma stai benissimo!”
“Mi sento ridicola…"
Elizabeth entrò nella stanza della figlia e la osservò con ammirazione.
“Guarda come ti fascia bene il seno, come si posa sui tuoi fianchi, come evidenzia il punto linea perfetto, semplicemente adorabile!”
“Se lo dici tu…” borbottò Rose, arrossendo.
“Sei bellissima, devi solo avere più fiducia in te stessa e vedrai che quel Sillus cadrà ai tuoi piedi!” Esclamò la donna, civettuola.
Rose arrossì ancora di più, se possibile.
“Vattene…” brontolò.
“D'accordo, ho evidentemente toccato un tasto dolente!”

Elizabeth finalmente lasciò la figlia da sola, con enorme sollievo di quest'ultima.
Adorava sua madre ma non riusciva a non detestarla quando si immischiava nella sua vita privata, come se la figlia non fosse grande abbastanza per gestirla da sola!
Sbuffando, Rose tornò a guardarsi nello specchio, una mano sul fianco.
Effettivamente non stava poi così male...
Scuotendo la testa, si tolse l'abito e si affrettò a riporlo nella valigia.

/ / / / / / /

Louise si accese l'ennesima sigaretta e osservò la valigia ancora mezza vuota.
L'unico obiettivo che gli era rimasto nella vita era prendere quel pezzo di carta che l'avrebbe resa Auror a tutti gli effetti e poi andare avanti per la sua strada, finalmente libera.

La porta della sua camera si aprì di schianto e una donna di mezza età, enorme, più larga che lunga, fece il suo ingresso nella stanza.
“Dove cazzo vai con quella valigia?” Chiese, sputacchiando.
La ragazza chiuse gli occhi, contando mentalmente fino a dieci per non estrarre la bacchetta e uccidere sua zia.
“Rispondimi, troia! Te ne vai finalmente fuori dalle balle?”
“Domani parto con gli altri allievi, staremo fuori città per una settimana ad allenarci in vista degli esami,” Louise infine rispose.
“E chi cazzo la farà la spesa?” Barrì la donna.

“Ci dovrai pensare tu d’ora in avanti, visto che, non appena avrò terminato l'accademia, me ne andrò da questa topaia del cazzo,” sibilò la ragazza, voltandosi per affrontare l'odiosa zia.
Abitava in casa sua da ormai sei anni eppure le due non erano mai riuscite ad andare d’accordo. Non avrebbe certo tentato di farlo quella sera.

L'altra fece per ribattere e per tutta risposta Louise estrasse la bacchetta da una delle tasche dei pantaloni.
Recependo il messaggio, la donna si affrettò, dopo aver lanciato un'ultima occhiata assassina alla nipote, a lasciare la stanza.
Tanto meglio, pensò la ragazza, iniziare quella settimana con un omicidio non l’avrebbe aiutata certo negli studi!

/ / / / / / /

Ron sedeva in silenzio al tavolo della cucina. Erano solo le sei di mattina, non era mai stato un tipo così mattutino ma da qualche mese a quella parte le cose erano decisamente cambiate nella sua vita.
Osservò la ciotola davanti a lui sul tavolo, ormai vuota, solo qualche rimasuglio di biscotti sbriciolati e inzuppati rimanevano a testimoniare quella che era stata la sua triste colazione.
Si sentiva esattamente come loro: a pezzettini e molle.

“Ehi, sei già sveglio?”
Hermione entrò nella stanza cogliendo di sorpresa il marito.
La donna pose un delicato bacio sulle labbra dell'uomo e poi si sedette di fronte a lui, lo sguardo teso e preoccupato.
“Non essere così in ansia, vedrai che tutto andrà bene,” sussurrò, dopo qualche secondo di penoso silenzio.
“Io non sono agitato,” borbottò Ron. “Tu piuttosto…”
“Ti sei rigirato nel letto quasi tutta la notte. Ormai ti conosco troppo bene, so che la prospettiva di questa settimana solo con i ragazzi ti mette ansia, penso che sia perfettamente naturale!”

“No, credimi, Hermione, non c'è niente di naturale nel vedere quei ragazzi dopo quello che è successo,” rispose Ron, abbassando la testa. “Non così presto.”
“Harry è convinto che questa settimana possa aiutarti, penso che tu debba fare un tentativo, non credi?" Propose la donna, cercando di apparire fiduciosa e ragionevole.
L'uomo alzò le spalle.
“Ci proverò, glielo devo, ma se le cose non andranno bene la prima cosa che farò sarà dimettermi dal corpo Auror,” dichiarò. “So che George ha bisogno di una mano in negozio, potrei sempre riciclarmi come commesso dai Tiri Vispi Weasley.”

A quelle parole, Hermione si alzò, si avvicinò al marito e l'abbracciò forte. Dopo qualche secondo anche l'uomo contraccambiò quella stretta, facendo fatica a non crollare come già altre volte durante quelle settimane.
“Promettimi che farai il massimo,” sussurrò la donna, ancora stretta al marito.
“Prometto che ci proverò.”

/ / / / / / /

L'abitazione dell'uomo era vuota, spenta e allo stesso tempo a soqquadro e senza un apparente ordine logico.
Proprio come il padrone di casa, una copia carbone che non riusciva a non inquietare l'ospite, ogni volta che vi si recava in visita.
Quella sarebbe stata l'ultima e, per Merlino, in un certo senso rappresentava una benedizione.

Il padrone di casa avanzò, leggermente claudicante. Un tempo era considerato come uno dei maghi più affascinanti ma la perdita della moglie prima, e del figlio poi, lo avevano rapidamente distrutto sia fisicamente che psicologicamente.
Aveva perso numerosi capelli e chili, puzzava di sudore e di alcool rancido. Se non fosse stato per il suo piano, a quel punto l'avrebbe già fatto finita, di questo il nuovo arrivato era sicuro.

“È tutto pronto?” Chiese.
“Sì, c'è voluto più del previsto ma ho tutto,” borbottò il padrone di casa, dando all'ospite uno zaino pieno fin quasi all'orlo.
“C'è il disco?”
“Sì, ho inserito anche la planimetria della casa e dell'isola, alcune pozioni interessanti, sono riuscito anche a prendere i progetti di quei marchingegni che dovrai modificare,” l'uomo rispose, pronto. L'ospite aprì lo zaino e lo controllò velocemente.
Apparentemente soddisfatto, lo richiuse e se lo mise in spalla.

“Manca la bacchetta,” notò.
Il padrone di casa arrossì lievemente e balbettò: “Sì, non sono riuscito a…”
“Mi presterai la tua.”
L'uomo scosse la testa.
“Ma sei matto? Così gli Auror arriveranno subito a me!”
L'altro rise ma la sua ilarità non raggiunse gli occhi che rimasero freddi e penetranti.
“I patti erano chiari, ci prendiamo la nostra vendetta e poi del resto non ci importa niente,” sbottò, la sua risata che ancora echeggiava, macabra, nella piccola stanza.
“Sì ma… non voglio passare il resto della mia vita da Azkaban,” borbottò l'anziano, torcendosi le mani.
“Se la farai finita, eviterai questo spiacevole inconveniente…”
“Non credo di averne il coraggio, sai.”

Il silenzio cadde e l'ospite e il padrone di casa si osservarono intensamente per qualche secondo, il viso del primo una maschera di rabbia e indignazione, quello del secondo bianco e tremante.
Alla fine l'ospite abbassò le spalle, sospirando.
“In realtà, mi sono posto le stesse domande. Sembra tutto facile, sulla carta, ma quando mi troverò là, avrò il coraggio di farlo?” sussurrò.
“Ecco, infatti, è la stessa cosa che…”
“Perciò tu sarai la mia cavia. Stupeficium!”

L'attacco dell'ospite arrivò così veloce che il padrone di casa non se ne accorse nemmeno.
Volò fino a cozzare contro il divano e a ribaltarvici sopra.
L'ospite raccolse la bacchetta dell'anziano, sentendola forte e pronta nella sua mano. Ora era di sua proprietà.

Osservò il vecchio tentare di rialzarsi da terra con risultati vani.
“Sei stato d'aiuto, senza di te non ce l'avrei mai fatta, ma è il tempo di rispettare i patti. Avada Kedavra!” Esclamò.

Il bagliore verde invase la piccola stanza, qualche istante dopo l'anziano giaceva per terra, morto.
Era la prima volta che usava la Maledizione che Uccide. L'aveva studiata, ovviamente, ma non aveva mai capito il senso di potere che l'Avada Kedavra lascia in chi lo lancia.
Potere assoluto. Ineluttabile.
L'ospite sospirò, poi mise la sua bacchetta, e quella del vecchio, nella tasca dei pantaloni e si affrettò a lasciare la scena.

Quel vecchio ormai viveva come un recluso, ci avrebbero messo dei giorni per insospettirsi della sua assenza.
Ma per allora il suo piano sarebbe già stato in moto ed impossibile da fermare.

/ / / / / / /

Ultimo capitolo di introduzione alla vicenda, utile per fare la conoscenza di tutti i personaggi protagonisti e anche di un assassino che anche lui appunto avrà la sua grandissima importanza.
Ma che cos'è successo tra Ron e gli allievi Auror? Questo lo scoprirete nei prossimi capitoli.
E chi è questo assassino? Questo lo scoprirete alla fine della storia.

Nel frattempo vi ringrazio per l'attenzione.

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Capitolo 3
*** Arrivo Sull'Isola ***


Capitolo 2, Arrivo Sull’Isola

 



Alle tre esatte del pomeriggio, sette figure incappucciate si materializzarono in una piccola via attigua alla piazza principale di Yewshalt.
Quella misura di precauzione si era resa necessaria, dato che nel villaggio abitavano esclusivamente ignari Babbani, e iniziare la settimana con un'infrazione allo Statuto di Segretezza non era certo una priorità dei giovani allievi.

Dopo essersi brevemente salutati a vicenda, i nuovi arrivati, trascinandosi dietro pesanti valigie, uscirono dalla via laterale ed entrarono nella piccola, e unica, piazza di quel paesino sulla costa del Devon.
Quello spiazzo non si rivelò poi molto dissimile dal poco che erano riusciti a vedere di Yewshalt: piccolo, un po' malandato, spazzato dal vento e abbastanza insignificante.
C'era solo una persona presente, un uomo piuttosto alto con capelli rossi e un grosso baule ai suoi piedi. Ronald Weasley salutò i sette con aria tesa, avanzando zoppicando leggermente.
“Buongiorno, siete in perfetto orario!” esclamò, un sorriso stiracchiato sul volto ancora giovanile.
“Sì, qui qualcuno sa fare il suo lavoro,” borbottò Jack, a tono basso ma perfettamente udibile.
Di nuovo cadde il silenzio.
Ron fece per ribattere ma evidentemente, dopo una breve lotta interiore, decise di non raccogliere quella palese provocazione e si limitò a raccogliere, con difficoltà, le sue cose e dichiarare: "di qua, vi faccio strada, seguitemi!”

Il gruppo avanzò, avvolto in un tetro silenzio, per le stradine strette e acciottolate fino a quando raggiunsero, dopo una decina di minuti di penso cammino, il piccolo porto della città che dava direttamente sul mare e sulla loro destinazione.
Il porto era composto da una decina di moli, per lo più occupati da piccoli pescherecci e da gommoni, niente di troppo eccitante anche in questo caso. Un uomo dalla folta barba riccia si fece avanti, parlando nello strascicato accento di quella parte d'Inghilterra.

“Siete il gruppo per Marlott Island, no?” Chiese.
“Sì,” esclamò Ron, posando la sua valigia per terra.
“Bill Sheffield, vi accompagno là,” brontolò l'altro, facendo strada al gruppo.
“Bill è l'unico mago che vive qui,” spiegò Weasley al gruppo, “proprio per questo è la guida adatta, ah, da qui potete vederla, guardate.”

L'uomo indicò l'orizzonte e proprio in quel momento un raggio di luce illuminò una minuscola isola.

“È piuttosto lontana dalla terraferma,” notò Sillus, facendo fatica a celare il suo timore.
“È il posto perfetto. Il Ministero ne venne in possesso quando Marlott, il proprietario, morì una decina di anni fa. Non aveva nessuna erede e lo lasciò al Dipartimento Auror,” spiegò Ron, mentre la loro guida iniziò a caricare i bagagli del gruppo su una lancia a motore. “Da allora viene usata per la vostra settimana di allenamenti ma non solo. Se il Ministero ha bisogno di interrogare, o di trattenere, un criminale particolarmente violento, oppure deve tenere qualche meeting importante, questa è la scelta migliore.”
“E perché?” Chiese Rose.
“Perché intorno all'isola ci sono tutta una serie di protezioni molto simili a quelle che sono imposte su Hogwarts. Non ci si può materializzare, volare, usare una Passaporta; l'unico mezzo con il quale è possibile arrivare e partire da Marlott Island è attraverso questa lancia.”
“Che e non appare mica tanto sicura…" fece notare Alec.
“La vecchia Betsy non ha mai lasciato affogare nessuno,” brontolò Bill che nel frattempo aveva terminato le operazioni di carico. “Muovetevi che non ho mica tutto il giorno da perdere con voi!”

/ / / / / / /

La lancia partì qualche minuto più tardi con tutti i nove occupanti più rispettivi carichi.
Bill guidò sapientemente l'imbarcazione fuori dal porto e poi, quasi sicuramente sospinta anche dalla magia, la vecchia Betsy partì a tutta velocità verso la minuscola isola che potevano a stento riconoscere su l'orizzonte.

Ne aveva portate di persone su quell'isola il vecchio Bill, ma forse, per la prima volta nella sua lunga vita, quel gruppo di giovani Auror lo sorprese.
C'era qualcosa di strano in quegli otto, come una sopita tensione che non vedesse l'ora di potersi esprimere appieno.
Il primo a sembrare a disagio pareva Ronald Weasley.
Aveva partecipato altre volte a questo genere di esercitazioni, ma mai gli era apparso così smunto e preoccupato; anche gli altri giovani sembravano in apprensione e non certo per la settimana che li attendeva o per il viaggio un po’ movimentato.
No, c'era qualcosa di strano in quel gruppo e prima se ne sarebbe liberato, prima si sarebbe sentito tranquillo.

Nel frattempo l’attenzione del vecchio lupo di mare venne attratta da un ragazzo che si era sporto per vomitare.
“Sarebbe possibile diminuire la velocità di questo dannato affare?” Bofonchiò Alec, tra un conato di vomito e l’altro.
“Prima arriviamo sull’isola e prima ti passerà il mal di mare,” fece notare, ragionevolmente, Rose.
“Rosie ha ragione,” esclamò Jack, dando una vigorosa pacca sulle spalle di Alec. “Prima arriviamo, prima ci rilassiamo e ci facciamo una bevutina...”

Rose accigliò le sopracciglia.
“Rilassarci? Ti vorrei ricordare che siamo qui per ben altri motivi!”
“Non ti preoccupare, Rose!” intervenne Frank. “Jack sta solo scherzando. Sa benissimo perché siamo qui” concluse, lanciando un’occhiata di rimprovero al compagno che nel frattempo stava canzonando Sillus, anche lui alle prese con il mare agitato.
“Lo spero bene!” esclamò Rose.
Corvonero, prefetto, caposcuola, studentessa modello, se c’era una cosa che non sopportava erano le persone come Jack. Simpatiche, certo, ma tremendamente irresponsabili.
E che la chiamavano Rosie.

Nel frattempo l'isola si stava facendo sempre più vicina. Arrivati a quasi metà del viaggio, Bill diminuì drasticamente la velocità della barca e Ron si alzò in piedi, estraendo la bacchetta e compiendo con quella degli strani movimenti nell’aria, sussurrando allo stesso tempo arcane parole.
Dopo qualche secondo, l'uomo si sedette e la loro guida ridiede velocità.
“Ho aperto temporaneamente la barriera che protegge l'isola, giusto il tempo per farci entrare e per poter permettere alla nostra guida di tornare con tutta calma,” spiegò Ronald.
“È ammirevole come cerchi in ogni modo di fare conversazione con noi,” sussurrò Jack, chinandosi verso Frank, seduto di fronte a lui.
“È uno sforzo vano, per quanto mi riguarda,” borbottò l'altro, allacciandosi il colletto per ripararsi dal vento.

Cinque minuti più tardi, la barca attraccò a un piccolo molo scavato nella pietra.
Una volta scesi, Alec, Frank e Marcus presero le valigie, distibuendole al gruppo mentre la loro guida, dopo un cenno del capo, si affrettò a ripartire.
“Che strano tipo," borbottò Alec, “scuotendo la testa.
“Tutti i lupi di mare sono… particolari, siano essi Babbani o Maghi,” rispose Marcus, iniziando a risalire una lunga scalinata intagliata nella roccia.

Marlott Island aveva una vaga forma a triangolo ed era poco più grande di un comune isolotto.
La parte sud si appiattiva in una piccola spiaggia mentre quella est e ovest risalivano su due alte scogliere nelle quali erano state posizionate rispettivamente un grande campo di allenamenti per prove pratiche e l'unico bosco presente sull'isola.
Al centro esatto di Marlott Island si trovava la casa che avrebbe ospitato il gruppo per la settimana di prove, un edificio pitturato di bianco, né più né meno come il resto dell’isola: piuttosto insignificante. Non era maestosa, o bella, sembrava semplicemente una qualsiasi casa presente nei sobborghi rurali di quella parte sonnacchiosa del Devon.
E del resto sull'isola, a parte il piccolo bosco presente sulla punta ovest, il campo da allenamento e la casa non si poteva trovare nient'altro degno di nota.

Dopo una lunga scarpinata, gli otto arrivarono direttamente sulla parte anteriore dell'abitazione e si affrettarono ad entrarvi per sfuggire dalla calura opprimente e potersi finalmente riposare.
Una volta entrati finalmente in casa, gli Auror si stupirono di fronte al buon gusto dimostrato da chiunque avesse arredato quella casa.
Il salone d’ingresso era vasto, decorato con quadri antichi, mobili di legno pregiato, pavimento in marmo e un grande candelabro di cristallo. A destra e sinistra si trovavano due grandi porte e davanti a loro un'imponente scalinata, anch'essa in marmo, che conduceva ai due piani superiori.

Ron estrasse di tasca un foglio di pergamena e sorrise di fronte alla reazione degli allievi.
"Quando il Ministero organizza dei meeting con le altre potenze straniere è necessario mostrare loro tutto il nostro buon gusto," dichiarò.
"Comunque, prima di tutto vi sistemeremo nelle vostre camere. La camera numero uno va al numero uno del registro e così via. Poi vi preparerete per la cena, sarà l'unica occasione mondana sull'isola quindi vestitevi di conseguenza. Stasera non avrà infatti luogo nessun allenamento, potrete rilassarvi un po’.”

/ / / / / / /

Jack si accese una sigaretta, l'asciugamano ancora grondante acqua intorno alla vita.
Quell’isola era strana, pensò, mettendosi a sedere sul letto della sua stanza e tirando a sé la valigia.
Un’atmosfera di tensione che non riusciva ad abbandonarlo. Meglio berci sopra e provare ad affrontare la settimana con l’aiuto dell’alcool.
Rovistò nel suo bagaglio a lungo, prima con calma e poi con foga eppure, con sua somma sorpresa, non trovò la bottiglia di whisky incendiario che aveva appositamente selezionato per quella settimana. Strano, era convinto che se la fosse portata dietro…
Forse era stata Margaret… o forse stava impazzendo.

Alec era sotto la doccia, l’acqua calda che aiutava a rilassare i muscoli, decisamente in tensione dopo lo scomodo viaggio in barca.
Quel Bill sembrava decisamente felice di lasciare Marlott Island e non poteva non capirlo.
Quell'isola lo inquietava.
Sbuffò.
Si sarebbe vestito di tutto punto, la cena, un caffè… e poi?

Louise si stava asciugando i corti capelli con la bacchetta che emetteva getti di caldo vapore. Non aveva grandi aspettative per quella settimana e fino a quel punto le cose erano andate più o meno come si aspettava.
Trovava tutti i suoi compagni decisamente noiosi e a malapena sopportabili, solo per un miracolo non li aveva affatturati tutti nei tre anni di Accademia. L’unica eccezione era stata Arnold…
Non era il caso di farlo su quell’isola, quando mancava così poco alla fine del suo incubo.
Sospirando, prese la bacchetta e gli sbuffi di vapore si interruppero all’istante.
Quella settimana sarebbe stata un’incubo.

Anche Rose era intenta ad asciugarsi i lunghi capelli rossi.
Il viaggio non era stato certamente piacevole ma ora era sull’isola e non vedeva l’ora di iniziare le esercitazioni!
Ma prima, quella serata elegante.
La ragazza sorrise, suo malgrado, osservando il vestito appeso all’armadio e le scarpe con il tacco alto posizionate di fronte al letto.
Quella serata sarebbe stata una piacevole novità.

Marcus appoggiò delicatamente la sua scopa alla parete. Era il suo talismano personale, ovunque lui andasse, la sua fidata scopa lo seguiva.
Ancora dopo tre anni non poteva non chiedersi se avesse compiuto la scelta giusta, preferendo l’accademia Auror alla carriera professionista a Quidditch.
Sorridendo, si spostò per ammirarsi allo specchio.
Alto, muscoloso e con penetranti occhi capaci di far sciogliere la roccia più solida. Quest’ultima qualità però quella settimana certo non avrebbe sfruttato.
Rose era carina ma non il suo tipo, Louise… era Louise.
Meglio prepararsi e affrontare quella serata con qualche drink nello stomaco.

Sillus si mise a sedere al piccolo tavolo accanto al letto. Tirò fuori un manualetto e iniziò a consultarlo, nervoso.
Odiava le occasioni mondane, specie se non se l'aspettava.
Erano su quell’isola per studiare e prepararsi agli esami o per cenare vestiti di tutto punto?
Tra l’altro andava ben poco d’accordo con gli altri; prima si sarebbe diplomato, prima avrebbe potuto fare le cose per bene.
Non avrebbe certo rimpianto nessuno di quel gruppo.
A parte Rose, ovviamente…

Ron terminò di allacciarsi la cravatta con uno sbuffo. Non era bravo in quelle cose, nonostante ci avesse sempre provato.
Con la coda dell’occhio guardò il calendario: non mancava molto alla fine di Hogwarts. La sua Rose stava frequentando il primo anno.
Sospirò, guardando un’ultima volta la sua immagine al riflesso.
Maledetta nostalgia.

Frank osservò la sua camera. Era bella, piuttosto grande e dava direttamente sul mare. Non vedeva l’ora di cominciare quella settimana anche se quel posto era piuttosto strano. Poi, mentre era intento a vestirsi, notò, appesa sopra il caminetto, un filastrocca incorniciata.

”Otto piccoli maghi a scuola dovettero andar,
uno, ahimè, fu rimandato, e solo sette ne restar.
Sette piccoli maghi una passeggiata vollero far,
uno però rimase indietro, e solo sei ne restar.
Sei piccoli maghi andarono a mangiar,
uno fece indigestione, e solo cinque ne restar.
Cinque piccoli maghi fino a notte alta vegliar,
uno cadde addormentato, solo quattro ne restar.
Quattro piccoli maghi legna andarono a spaccar,
un di loro s’infranse in mezzo, solo tre ne restar.
Tre piccoli maghi un dì si vollero sfidar,
uno perse la bacchetta, e solo due ne restar.
Due piccoli maghi salparon verso l’alto mar,
uno un granchio se lo prese, e solo uno ne restò.
Solo il piccolo mago ad una scogliera si recò,
nel mare si gettò, e nessuno ne restò.”

Frank aggrottò le sopracciglia. Quel posto era davvero inquietante.

/ / / / / / /

Alle otto, gli Auror si presentarono in sala da pranzo, tutti vestiti elegantemente. Sul tavolo della cucina trovarono tutta una serie di vassoi carichi di ogni ben di Dio accanto a un biglietto con lo stemma del Ministero.

“Per la prima cena. Tutte le pietanze sono state magicamente congelate, usate l’incantesimo Incendio prima di consumarle.”

“Direi che sia il caso di darci da fare,” propose Ron, sorridendo.
“Io vado a preparare i cocktail,” rispose Jack, seguito subito da Frank e Marcus. Gli altri rimasero per aiutare il signor Weasley e in breve una decina di vassoi ricolmi di pietanze dal profumo celestiale vennero servite nella grande sala da pranzo.

La cena si rivelò magnifica, le pietanze buonissime, il vino elfico forte al punto giusto. Il gruppo, dapprima silenzioso, iniziò lentamente a scaldarsi e sciogliersi.
Jack raccontò una battuta, seguito a ruota da Frank. Tutti risero e fu come se una maledizione venisse rotta.
Ron, a capotavola, non poté non tirare un sospiro di sollievo.

La cena proseguì in questo nuovo clima, apparentemente più disteso.
Rose chiese alcune domande sull'esame per Auror, Ronald raccontò qualche vecchio aneddoto mentre Marcus iniziò una lunga discussione con gli altri ragazzi sul Quidditch.
Giunti al dolce, Sillus improvvisamente notò: “Ehi, guardate il centrotavola! Sono otto statuette! Hanno anche delle piccole bacchette magiche…”
“Otto piccoli maghi!” esclamò Frank. “Proprio come la filastrocca appesa in camera mia…”
“C’è anche nella mia,” disse Ron. “La scrisse Marlott, il vecchio proprietario dell’isola.”
“Divertente!” borbottò Marcus.
“Che cosa stupida,” sibilò Louise.

Terminata la cena nell’ilarità generale, i ragazzi andarono nel grande salotto, mentre Frank e Rose rimasero in cucina a preparare i caffè.
“Come va? Era buona la cena,” chiese Frank, sorridendo. “Nonostante sia stata preparata giorni fa…”
“Sì,” rispose la ragazza. “Pensavo che, insomma…”
“Anch’io,” ammise Frank. “Per il momento le cose non stanno andando male, pensavo peggio. Almeno per stasera, sembriamo proprio un gruppo di comuni allievi Auror!”
“Già…”
“Cerchiamo di mantenere la finzione il più a lungo possibile,” sussurrò il ragazzo, versando il caffè nelle otto tazzine.

Nel frattempo gli altri sei ospiti presero posto nel grande salotto. Due divani, una grossa poltrona posizionati di fronte al camino, alle spalle una vetrata che dava direttamente sul mare e sulla costa a malapena visibile.

“Niente male questo posto,” esclamò Alec, sbadigliando.
“Il Ministero ci sa fare con il cibo, amico mio,” rispose Marcus, asciugandosi le labbra con un fazzoletto.
Ron sorrise, prendendo posto sulla poltrona.
Il suo sguardo cadde quasi immediatamente su un disco, adagiato sopra il tavolino alla sua destra. C’era un biglietto sopra.
“Di chi è quel disco?” chiese Sillus, curioso.
“Non lo so,” rispose Ron, prendendo il foglio di pergamena, anche questa con il simbolo del Ministero sopra, e lesse, ad alta voce.

“Questo disco contiene istruzioni di primaria importanza. Deve essere tassativamente ascoltato durante la prima sera.”

“Un disco da ascoltare? Carino,” dichiarò Frank, il quale, insieme a Rose, proprio in quel momento fece il suo ingresso nella stanza.
“Già… anche se non ne sapevo niente,” mormorò Ron, accigliato.
“Beviamo i caffé e poi lo ascoltiamo?” propose Rose.
Tutti annuirono e per qualche istante nel salotto non si udì altro rumore che il vento che soffiava contro i vetri e il tintinnio delle ceramiche. Era ovvio, però, che l’atmosfera rilassata di qualche minuto prima fosse solo un ricordo.
Quel misterioso disco rischiava di far crollare quella farsa?
“Alec… vai a metterlo sul grammofono, per favore,” chiese Ron, non appena tutti ebbero terminato di bere.
Il ragazzo si alzò, prese il disco e andò a metterlo sul vecchio grammofono appoggiato su uno dei tanti tavolini.

Ci fu un istante di silenzio, poi la Voce risuonò per la casa.
E l’incubo ebbe inizio.

/ / / / / / /

Eheh, eccoci qui, i nostri sono arrivati sull’isola. Spero vi sia piaciuta la descrizione della casa e dell’isola, setting per l’avventura.
Nel prossimo capitolo vedremo la risposta a uno dei primi interrogativi che vi ho lanciato e la storia vera e propria avrà inizio.

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Capitolo 4
*** La Voce ***


Capitolo 3, La Voce

 



”Salve a tutti, gentili e graditissimi ospiti. Benvenuti a Marlott Island.”
La Voce riecheggiò per la stanza, fredda e acuta. Gli otto si guardarono, accigliati.

“Mi dispiace interrompere questa gradevole serata con il mio intervento ma, d’altra parte, penso sia necessario abbattere questa facciata di inutile cortesia e rivelare il vero motivo della vostra presenza su Marlott Island.”
“Il vero motivo?” borbottò Alec, mettendosi a sedere.
Vi aspettavate di partecipare a una settimana di prove fisiche e teoriche per prepararvi all’esame finale, e rinsaldare così i rapporti sfilacciati di questo gruppo? Poveri sciocchi, la realtà è ben diversa. Voi vi trovate qui per tutt’altra ragione: non dovrete affrontare le prove per l’esame Auror ma anzi la vostra coscienza!”
E la Voce rise, folle. Tutti si osservarono, sempre in attento silenzio, non riuscendo a capire dove quella registrazione andasse a parare.

”Esatto, la coscienza! Perché voi siete riuniti qui oggi per essere processati, e puniti, per le vostre colpe.
Una in particolare, lo sapete molto bene, riguardante… Arnold Magentha!”


La Voce tacque ed i presenti si guardarono di sfuggita.
Rose e Frank erano sconvolti, Marcus, Alec e Sillus scrutavano la stanza allibiti. Ron stringeva i pugni, le nocche bianche, perfino Jack aveva abbandonato il suo solito sorriso.
Louise fu l’unica a rimanere impassibile ma un leggero tremolio delle mani tradiva la sua agitazione.
Alec fece per alzarsi e spegnere il grammofono quando la Voce riprese a parlare.

“Era l’argomento che mancava, l’elefante nella stanza che, sospetto, nessuno di voi avrà ancora menzionato. Perché le cose tra voi fanno già male, nominare il povero Arnold rischia di rovinare questo falso equilibrio che si è venuta a creare.
É bello e facile dimenticare… ma tremendamente ingiusto. Sì, so che sono stati Dolohov e Nott a lanciare gli anatemi che hanno posto fine alla vita di Arnold, ma voi non siete esenti da colpe.
Vero signor Weasley?”

Ron sobbalzò.
” Coinvolgere degli allievi non ancora diplomati nella caccia di due Mangiamorte in fuga. Se non l’avesse fatto, Arnold sarebbe vivo.
E voi, ragazzi. Tutti così spavaldi, ridevate in faccia alla morte… tutti pronti ad abbandonare un amico. Se non l’aveste fatto, Arnold sarebbe vivo.
Ma non è così, lui è morto e il mondo forse avrà dimenticato, ma io no.
E siete qui riuniti per pagare le vostre colpe.
Imputati, di fronte a questo grammofono, cosa avete da dire in vostra difesa?”


La Voce cessò di parlare e le sue parole vennero sostituite da un motivetto allegro. Nessuno dei presenti si mosse o parlò, tutti, all’apparenza, troppo increduli dopo quella serie di accuse.
Louise fu la prima a riprendersi.
“Spegnete quel maledetto affare,” borbottò.
Alec uscì dalla sua fantasticheria, si alzò e spense il grammofono. Prese il disco in mano e lesse una piccola etichetta adesiva.
“Il Canto del Cigno. Ma che scherzo di cattivo giusto è?” Sbraitò.
“Si può sapere che cosa significa tutto questo?” sibilò Frank, osservando Ron. L’uomo sembrava sul punto di svenire: aveva perso quasi tutto il poco colorito sul volto e sedeva storto, invecchiato di diversi anni all’improvviso.

Accortosi delle sette paia di occhi puntati su di lui, l’Auror si alzò, mormorò: “Accio manuale!” Dopo qualche secondo, nella stanza volò un grande plico dall’aria ufficiale che atterrò, con grazia, tra le braccia aperte dell’uomo.
"Ora sapremo... io non riesco... deve esserci una..." Ron balbettò, mettendosi a sedere e iniziando a leggere il manuale con gli sguardi di tutti gli altri sette puntati addosso.
“Non ci credo, queste accuse così false…” borbottò Marcus.
Si ricordava benissimo, ogni dettaglio di quella maledetta sera di due mesi prima. Ma del resto, nessuno in quella stanza sarebbe mai riuscito a dimenticare.

/ / / / / / /

Quella sera di due mesi prima, gli otto allievi Auror si trovavano, come di consueto, nel quartier generale. Non si tratta di una pratica particolarmente strana, capita ancora oggi spesso che gli allievi Auror dell’ultimo anno di accademia trascorrano del tempo insieme a quelli già diplomati, per capire meglio il loro futuro lavoro quotidiano.
Allora stavano chiacchierando con Dawlish quando, intorno alle nove di sera, un messaggio urgente distrusse la pace di quella serata e la tranquillità delle loro vite.

“Mangiamorte Dolohov e Nott avvistati a Eaveneyes. Richiesto intervento Auror urgente.”

Due Mangiamorte tra i più pericolosi ancora in libertà, l’occasione era troppo ghiotta. Il problema era che solo due Auror erano presenti: Dawlish e Weasley.
Per questo motivo gli otto allievi chiesero di partecipare all’azione.
“Nel Dipartimento ci diamo solo noi, non possiamo permettere che quei due scappino!” Arnold aveva esclamato, sostenuto da tutti i compagni.
Di fronte a quella richiesta, e alla mancanza di Auror sul posto, Weasley accettò l’offerta d’aiuto.

La squadra si mosse velocemente ma in maniera disorganizzata. I due Mangiamorte vennero trovati e ne scaturì uno scontro terribile: Dawlish venne ucciso e Weasley ferito gravemente.
E così gli allievi si trovarono per la prima volta sul campo, senza guida, di fronte a una sfida virtualmente impossibile e al di là delle loro forze. Non era un gioco, si trattava di vita e di morte ed erano impreparati.
Tutti volevano scappare, tutti tranne Arnold. Dovevano aspettare i rinforzi, così organizzò un attacco a sorpresa.
“Certo quei due non si aspettano che noi, pivelli, attaccheremo. Dobbiamo sfruttare questa loro debolezza.”
Arnold era il leader naturale di quel gruppo, il primo ad arrivare in accademia, l’ultimo a uscire, l’unico che fosse disponibile ad aiutare gli altri, fuori dall’orario accademico.
A dirimere le liti e a unire tutti i giovani allievi.
“Sarebbe stato un grande Auror,” disse Potter alla veglia funebre.

Gli otto allievi attaccarono ma con risultati purtroppo prevedibilmente pessimi: Rose venne schiantata durante la loro carica e i compagni crollarono, vittima della paura più bieca e naturale.
Si smaterializzarono, portando Rose con loro. Arnold però, in prima linea, come sempre, di fronte a tutti, si accorse troppo tardi della ritirata.
Perì sotto le maledizioni dei due Mangiamorte.

/ / / / / / /

“Maledizione, non c'è niente,” esclamò Ron, sbattendo il manuale per terra. “Nessun accenno a questa… a questa diavoleria!” indicò il disco del grammofono.
“Vuol dire che il Ministero della Magia ha organizzato tutto questo senza nemmeno avvertirla!” Strepitò Frank. “Di che pazzia si tratta?”
“Ma quelli del Ministero si sono improvvisamente fusi il cervello?” esclamò Alec, rosso in volto.
“Se sono stati loro a organizzare questa cazzata non voglio rimanere su Marlott Island un minuto di più!” aggiunse Marcus.
“Ma è ovvio che sono stati loro, chi altri avrebbe potuto?" Chiese Sillus.
“Forse, dopo tutto quello che è successo, hanno voluto metterci alla prova, inserendo questo disco disgustoso senza farcelo sapere prima,” aggiunse Rose, osservando il signor Weasley. “Del resto so che su Marlott Island si svolgeranno anche test attidudinali…”
“Questo non cancella il fatto che sia stata una scelta idiota e che non desidero rimanere oltre su quest'isola, al servizio di un Ministero che si diverte a giocare con i nostri passati!” Ribatté Frank.

Fecero tutti per alzarsi quando il signor Weasley finalmente uscì dallo stato catatonico nel quale era caduto.
“Rimanete ai vostri posti,” borbottò.
“Noi non vogliamo…”
“Non avete ancora capito che siamo rinchiusi qui dentro? Che la barca che ci ha portato fin qui tornerà solo la prossima settimana?” Chiese, rialzandosi leggermente sulla sedia.
“Ma lei può aprire questa barriera che ci separa dal mondo, in caso di emergenza,” obiettò Louise.
“Appunto, in caso di emergenza. Questa non mi sembra tale, sarebbe contro ogni regolamento aprire la barriera perché una prova del ministero, seppur orrenda e su questo concordo con voi, ha turbato troppo gli allievi Auror. La prima sera, figuriamoci.”
“Ma non importerà a nessuno se lei non segue le regole, lo ha ampiamente dimostrato un paio di mesi fa," ribatté Jack.
Se possibile, il signor Weasley sbiancò ancor di più.
“Quello che intendo dire è che ha ragione Rose. Per quanto non mi sarei mai aspettato questo genere di… cosa, soprattutto la prima notte arrivati qui, penso che sia giunta l'ora di affrontare la morte di Arnold e farlo come un gruppo.” Si alzò, prese un bicchiere di acqua e lo bevve.
“Non importa farlo stasera, siamo tutti troppo scossi, ma nel corso della settimana dovremmo, solo così ne usciremo come un gruppo unito, forte e sano. Sarà doloroso, senza dubbio, ma necessario. Non vi permetterò di abbandonare l'isola, non stasera, non senza averci prima provato.”

A quelle parole i sette allievi Auror si osservarono attentamente, sorpresi dalla reazione così volitiva di un uomo che per due mesi aveva fatto di tutto per nascondersi da loro.
Frank scosse la testa, si alzò e uscì dalla stanza senza aggiungere una parola, presto imitato da tutti gli altri, tranne Rose.
“Non passa giorno nel quale io non pensi a quello che ho…” sussurrò, incapace di terminare la frase.
“Vai a letto, Rose, riposati e lascia che il peso dei rimorsi ricada sulle mie spalle, dopo tutto questo tempo forse sono abbastanza larghe,” Ron la interruppe.

Osservò la ragazza uscire dal salotto con un sorriso storto sul volto che subito sparì, non appena rimase solo.
Harry… come aveva potuto pensare di ideare quel piano fuori di testa?
Sì, certo, forse la decisione giusta era quella di affrontare la situazione di peso, una terapia d'urto. Ma arrivare a questo…
Forse era stato qualcun altro a occuparsi di quel disco. Uno dei suoi alunni?
No, impossibile, e a quale scopo poi?
Nah, di mezzo c'era lo zampino del dipartimento Auror.

La lancetta dell'orologio scandì le ore undici. L'uomo sobbalzò, ma quanto tempo era rimasto su quella poltrona? Prese il manuale da terra e si alzò, dirigendosi con passo malfermo verso le scale.
Un silenzio di tomba pressava sui timpani dell'Auror mentre risaliva fino al primo piano. Non volava una mosca, tutte le porte erano chiuse ma, e su questo ci poteva scommettere, in pochi stavano dormendo.
Lui certo non ci sarebbe riuscito.



/ / / / / / /

Frank, appiattito dietro la porta chiusa della sua camera, sentì i passi del signor Weasley farsi più lontani, una porta chiudersi in lontananza e poi di nuovo silenzio.
Un silenzio inquietante, così come quel disco.
Aveva fatto un bel discorso il signor Weasley, accorato. Forse lo aveva preparato con cura prima, magari il responsabile di quel disco era proprio lui.
Il ragazzo tornò a sdraiarsi nel caldo delle coperte, il cervello che però continuava a lavorare, incapace di fermarsi e rilassarsi.
Lui quella voce l'aveva già sentita da qualche parte…

Jack non aveva pace. Estrasse tutto il contenuto del suo zaino e della sua valigia eppure non c'era, quella maledetta bottiglia non si trovava.
Quanto gli sarebbe piaciuto farsi un goccetto dopo quella serata senza senso…
L'alcool sull'isola non mancava ma era tutto di pessima qualità, si era abituata decisamente bene.
Margaret, sì era stata lei. Quando quella settimana sarebbe finita, gliene avrebbe dette quattro!

Alec osservava il mare farsi più mosso.
Suo nonno paterno era un marinaio Babbano, passava da lui tutte le estati e ormai sapeva riconoscere i segni di una tempesta in arrivo.
E rimanere su un'isola, circondata da mare in tempesta, era l'ultima esperienza che, in quel momento, avrebbe voluto provare nella sua vita.

Marcus osservò il suo manico di scopa e per un folle istante provò la tentazione di prenderlo e volare via da lì. Ma ovviamente non poteva, l’isola era completamente separata dal mondo esterno.
E così il signor Weasley voleva affrontare l'argomento Arnold. Parole gettate al vento.
Il suo discorso così accorato non aveva cancellato le sue responsabilità, poteva tentare di riavvicinarsi a loro in qualsiasi modo, ma lui non ci sarebbe cascato.

Louise caricò la sveglia e provò a mettersi a letto. La cosa strana di tutto quella situazione era che in realtà non poteva non essere d'accordo con la voce di quel disco.
Arnold aveva fin da subito esercitato una forte influenza sul gruppo, e su di lei. Non erano andati oltre qualche rapporto, consumato in segreto negli spogliatoi dell'Accademia, eppure in lui la ragazza vedeva un leader, l'unica persona decente in quel gruppo, ed ovviamente la prima a morire.
Che cosa volesse ottenere il dipartimento era un'altra faccenda che non riusciva a comprendere.
Si voltò e dopo qualche minuto si addormentò.

Sillus sedeva sul letto, le mani tra i capelli.
Maledizione, che cosa diavolo aveva in testa il dipartimento?
Sentiva ancora il cuore sbattere furiosamente nella cassa toracica, chiuse gli occhi e provò a controllare il respiro ma con ben pochi risultati.

Sillus.
Quella voce.
Sillus non fingerti così dispiaciuto, eri geloso di me. Tutti mi amavano mentre chi mai potrebbe volerti bene? Eri geloso, geloso marcio.

Il ragazzo si alzò, aprì la valigia e tirò fuori una delle cinque fialette che si era portato dietro.
La aprì e ne bevve il contenuto in un sorso.
Lentamente la voce sparì dalla sua testa.
Maledizione, era solo il primo giorno e già aveva consumato una fialetta. Da lì a una settimana sarebbe impazzito!

/ / / / / / /

E quindi ecco risolto uno dei primi misteri. Un loro compagno è morto e la Voce ha lanciato la sua accusa.
La cosa che adoro del romanzo originale è proprio la dimensione psicologica, il lento discendere nell'inferno e spero che in qualche modo sia riuscito a descrivere bene questo primo gradino di una scala che li porterà molto in basso.

Vi anticipo già che, nel prossimo capitolo, uno dei nostri piccoli maghi ci lascerà per sempre! Alla prossima :)

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Capitolo 5
*** Delitto e Castigo ***


Capitolo 4, Delitto e Castigo

 



Il corpo di Dawlish giaceva riverso per terra, il signor Weasley, poco distante, si teneva una gamba tra le mani, bianco in volto, sul punto di perdere i sensi.
Rose non aveva mai visto un cadavere eppure l'adrenalina di quel momento anestetizzò ogni possibile reazione umana.
Arnold era davanti a lei, la bacchetta in mano e lo sguardo deciso.
Anche se gli Auror erano fuori gioco, loro avevano comunque Magentha, la loro guida, colui che li avrebbe tirato, come sempre, fuori dai guai.
Poi avanzarono, un lampo di luce rossa e il buio.

La ragazza si svegliò di soprassalto, madida di sudore e con il cuore in gola.
Impiegò diversi minuti per calmarsi e rendersi conto del fatto che si trovava su Marlott Island. Il grammofono, il disco, quella voce. Arnold…
Il sole filtrava e illuminava già la stanza ma nonostante quel tempo idilliaco, la ragazza dovette impiegare un bel po' di forza di volontà per alzarsi.
Era riuscita ad addormentarsi alle due di notte per svegliarsi alle otto di mattina. Dopo una veloce pausa bagno si vestì, piuttosto alla rinfusa, e scese le scale per recarsi in cucina e non fu affatto sorpresa di trovare il gruppo già sveglio.

Frank era ai fornelli, indossando un buffo grembiule con delle paperelle sopra, mentre tutti gli altri erano già seduti al tavolo, chi stava per terminare il suo pasto, chi si limitava a bere del caffè.
“‘Giorno,” bofonchiò, mettendosi a sedere.
“Toast? Uova strapazzate?” Chiese Frank, chino suo fornelli.
“Un po’ di pane tostato con marmellata andrà benissimo, non ho molta fame…”
“Ci aspetta una giornata impegnativa, è fondamentale riempire lo stomaco," interloquì Jack, immergendo la forchetta in un cumulo di uova con bacon. Marcus lo squadrò con malcelato disgusto.

Si respirava una strana atmosfera al tavolo della colazione, tutti sembravano particolarmente cortesi con gli altri, molto più del solito.
Atmosfera che cambiò ulteriormente quando fece il suo ingresso Ronald Weasley, piuttosto affannato e in maniche di camicia.
“Avete fatto colazione, bene, vi servirà energia. Ho trascorso la mattinata a settare correttamente la vostra prima prova pratica, finite di fare colazione e ci troveremo, tra un'ora esatta, fuori dall'ingresso principale,” dichiarò.
“Che cosa ci aspetta, signor Weasley?” Chiese Rose ma l'uomo sorrise.
“Ah, è una sorpresa! Vado in camera mia a riposarmi, ci vediamo tra un'ora!”

“Che cosa sci aspetta, signor Uislei?”
Una volta che l'uomo si fu allontanato, Jack si alzò in piedi, facendo il verso alla compagna.
“Vai a quel paese, Jack!”
“Ohoh, la ragazza ha carattere!” Esclamò l’altro.
“Solo perché voi state portando avanti la vostra personale battaglia contro il signor Weasley, non vuol dire che per forza debba farlo anch'io. Io sono qui per studiare, per prepararmi all'esame, per diventare Auror, non so se vi trovate qui per la stessa ragione!” sbottò la ragazza, alzandosi a sua volta e uscendo il più velocemente possibile dalla cucina.

Frank sorrise, scuotendo la testa.
“L'hai fatta proprio incazzare!” esclamò.
“Bah, la verità è che è sempre stata una ragazza insopportabile,” sospirò Jack. “Tutta brava e perfettina, pronta a leccare il culo alla prima occasione utile.”
“Leccare il culo o no, dobbiamo prepararci,” si intromise Sillus, alzandosi in piedi.
“Io non prendo ordini da te, quattrocchi.”
Il ragazzo alzò le spalle e a sua volta uscì dalla cucina.
“Sai, la mancanza di alcool non ti sta facendo molto bene, amico” esclamò Marcus terminando di bere il suo caffè.
“Fanculo anche a te.”

/ / / / / / /

Rose si trovava da sola, nella sua camera. Aveva evocato una sedia in più, spostato il tavolino per trasformarlo in una comoda scrivania dove depositare i suoi manuali.
Anche se non era proprio dell'umore adatto per studiare.

Aveva sempre trovato difficile inserirsi nelle dinamiche di quel gruppo, tranne Sillus tutti gli altri possedevano dei caratteri notevolmente diversi dal suo.
Era Arnold a fare da collante, l'unico che riuscisse a tenere a bada le inevitabili liti e le prese in giro all'interno dell’Accademia Auror. Morto lui, i sette allievi rimasti apparirono ben presto come un insieme di individui, più che un gruppo compatto.
E non aiutava certo il fatto che se lei non fosse stata schiantata, Arnold non sarebbe morto.

La porta si aprì all'improvviso, Rose si voltò di scatto e vide entrare Sllus con in mano un mucchio di fogli di pergamena.
La ragazza evocò una sedia in più e il compagno si mise a sedere, sorridendo.
“Gli altri non sembrano avere intenzione di studiare,” esclamò, appoggiando i fogli sul tavolo.
“Non trovo affatto difficile immaginarlo,” sbottò Rose.
“Senti, io…”
“Non c'è bisogno di parlarne, non voglio rovinare ulteriormente la mia giornata, “ la ragazza lo interruppe. “Le parole di Jack Grimm non mi interessano, né la sua opinione della sottoscritta.”

Sillus la osservò. Non ci credeva, era evidente che stesse fingendo.

/ / / / / / /

Louise sedeva in una comoda poltrona sulla terrazza che dava direttamente sul mare. Le onde si stavano alzando ulteriormente, bianca schiuma schizzava nell'aria.

Annusò il salmastro, cullata dal rumore delle onde e dal sole caldo.
“Alec dice che domani pioverà. Bah.”
La ragazza si voltò e vide Marcus avanzare, visibilmente sudato, tenendo la bacchetta in mano e facendo levitare dietro di sé una pila di legna tagliata.
“Sei andato a tagliare la legna?” Chiese Louise, suo malgrado.
“Sì per il caminetto. La mattina dormo poco, non faccio quasi mai colazione e certo non ho intenzione di mettermi a studiare,” replicò il ragazzo. “Mantenermi in forza con un po' di sana attività fisica, invece, è una delle mie priorità, durante questa settimana.”

La ragazza alzò le spalle e tornò a concentrarsi sul mare.
“Solo perché Alec ha parenti Babbani non vuol dire che sia diventato improvvisamente un mago delle previsioni,” sbottò.
Alle sue spalle sentì Marcus ridere. Poi seguì un breve silenzio imbarazzato al termine del quale il ragazzo tornò dentro, portando dietro di sé la sua pila di legno.

Pace, silenzio.
L'isola era a suo modo un po’ inquietante eppure, allo stesso tempo, rilassante. Se non si trovasse lì per prepararsi all'esame da Auror, sarebbe rimasta volentieri su Marlott Island.

/ / / / / / /

Alec, Frank e Jack si erano ritirati nella sala dei giochi, un locale vicino alle scale dove era presente un tavolo da biliardo, degli scacchi, alcune scope e un set per il Quidditch.
Tutto il necessario per evitare che le ore di pausa tra un esercitazione e un'altra si tramutassero in momenti di noia e tristezza.

La partita stava volgendo al termine e Alec aveva in mano il colpo decisivo.
Dopo aver preso accuratamente la mira, colpì con precisione la palla gialla la quale rimbalzò contro una sponda finendo placidamente in una delle buche.
“Ecco qua, ho vinto!” Esclamò, raggiante.
“Non che ci volesse tanto, sei l'unico a saper giocare a biliardo,” rispose Frank, stizzito.
“Va bene, va bene, vorrà dire che stasera vi straccerò a scacchi!”

Frank appoggiò la stecca di biliardo contro una parete.
“Ne sei così sicuro? Perché non provi a stracciarmi a scacchi adesso?”
“Perché bisogna avere una certa dose di decenza nel saper vincere e, soprattutto, nel saper perdere,” replicò Alec.
Frank rivolse al compagno uno sguardo tutt'altro che amichevole, aprì la bocca, sicuramente per replicare, ma si fermò, girò sui tacchi e, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza.

“Ma sì, vattene,” borbottò Alec.
“E poi fa la morale a me,” aggiunse Jack che però, a sua volta, appoggiò la stecca alla parete.
“Che fai, non giochi più?”
“Senti gli altri non te lo vogliono dire perché hanno paura che ti offendi ma,” replicò Jack, “a noi questo triliardo non piace proprio.”
E detto questo, a sua volta uscì dalla stanza, lasciando Alec da solo.
“Biliardo… ignoranti…”

/ / / / / / /

Alle dieci in punto i sette allievi Auror si trovarono di fronte all'ingresso della Villa, ad aspettarli un Ronald Weasley apparentemente più raggiante, rispetto alla giornata precedente.
“Ci siete tutti? Bene, seguitemi, da questa parte,” l'uomo ordinò e il gruppo si allontanò dalla casa, apparentemente diretti verso il campo di allenamenti che i ragazzi avevano potuto notare, arrivando sull'isola.

Avanzarono, seguendo un viottolo che attraversava i prati da poco tagliati e spazzati costantemente da un vento gelido.
“Non si potrebbe utilizzare un incantesimo atmosferico per avere condizioni ottimali?“ chiese Sillus, tremando.
Ron rise.
“Nella vostra carriera dovrete affrontare ogni tipo di condizione, compiere gli allenamenti sotto questo vento gelido non potrà che farvi del bene e temprarvi nello spirito e nel corpo,” esclamò.
Adesso che aveva indossato i vestiti da Auror, il signor Weasley appariva decisamente diverso, energico e concentrato. Anche la zoppia alla gamba destra sembrava fargli meno male.

Dopo un quarto d'ora di penoso avanzare, il gruppo giunse in vista del campo che avrebbe ospitato i loro allenamenti.
Il Ministero aveva fatto un lavoro encomiabile, c'erano percorsi ad ostacoli, manichini magici e anche un paio di costruzioni.
Il signor Weasley fece mettere i ragazzi in semicerchio davanti a lui e, dopo una piccola pausa, prese la parola.

“Questo, signore e signori, sarà la zona cruciale di questa settimana. Il Ministero ci ha investito un bel po' di soldi, come potete vedere,“ sorrise, indicando il campo.
“D’ora in avanti ci ritroveremo alle dieci tutte le mattine per venire qui ad esercitarci per almeno tre ore. Poi pranzeremo e ci dedicheremo, nel pomeriggio, alla teoria fino alle sette di sera. È chiaro?”
Il gruppo annuì.
Adesso che si trovavano di fronte alle prove che avrebbero dovuto affrontare nel corso di quella settimana, l'attenzione di tutti era rivolta verso il signor Weasley.
Ci sarebbe stato spazio più avanti per tornare a provare dei risentimento nei suoi confronti.
“Come potete vedere, potremmo esercitarci sul fisico e sulla magia pratica, abbiamo costruito anche un paio di case finte per poterci esercitare negli scenari di combattimento urbani. Seguitemi.”

L'uomo aprì un cancello in ferro battuto, tenendolo per far passare tutti gli allievi, poi avanzò sicuro tra i campi di allenamento fino ad arrivare a una fila di sette manichini, più uno leggermente distanziato dagli altri.
Ogni marchingegno aveva in mano una bacchetta magica e parevano abbastanza minacciosi.
“Che cosa…”
“Sono, signor Ivy?” Chiese Ron, sorridendo, avvicinandosi verso il manichino distanziato dagli altri. “Vedete, quando abbiamo ideato questa settimana di allenamenti fin da subito si è presentato un problema piuttosto importante. Sapete dirmi quale?”
“Il tempo su questa cavolo di isola?” Sbottò Jack.
“Il budget per mantenere Marlott Island?” Chiese Rose.
Ma il loro istruttore scosse la testa.

“No, il problema è che su quest'isola ci dovremmo esercitare sugli incantesimi e sulle maledizioni. Ma non potevamo permettere che degli allievi si esercitassero tra di loro, sarebbe stato fin troppo pericoloso. Immaginatevi un allievo lanciare un Cruciatus oppure un Sectumsempra ad un collega! Semplicemente impossibile!”
“Peccato…”
“Ti ho sentito, Louise. No, per questo motivo ci siamo messi all'opera e abbiamo ideato questi speciali manichini,” spiegò l'uomo.
“Ci eserciteranno su questi marchingegni?” Chiese Frank.
“Non compiere il terribile errore di sottovalutarli, abbiamo impiegato mesi per ottimizzarli e tutti gli allievi che si sono esercitati su Marlott Island l'hanno trovati piuttosto difficili da gestire.”

Il signor Weasley estrasse la bacchetta magica e si posizionò davanti al suo manichino.
“Sono stati programmati per potervi lanciare qualsiasi incantesimo a nostra conoscenza. Oggi inizieremo dalle basi, ho impiegato un paio d'ore per settarli tutti correttamente ma ne varrà la pena.”
“E cosa dobbiamo fare?” Chiese Marcus.
“Per stamattina ho caricato piccole fatture e incantesimi di base come lo Stupeficium, l'Expelliarmus, il Levicorpus e tanti altri. Ognuno si posizionerà di fronte a uno di questi manichini, lo accenderà e si metterà in posizione di guardia perché, fidatevi, questi aggeggi posseggono una velocità che vi sorprenderà. Il manichino vi attaccherà e voi dovete essere pronti a difendervi. Andiamo avanti così per un paio d'ore, poi passerete l'ultima ora cercando di disarmarli.”

L'uomo si tirò su le maniche della divisa e puntò la bacchetta verso il manichino, la testa rivolta verso i giovani allievi.
“Per accenderli fate così. Succendo!”
L'incantesimo colpì lo strano marchingegno di fronte all'uomo ed ebbe evidentemente successo perché la macchina sprigionò delle scintille rosse dai lati della testa.
“Vedrete, adesso mi lancerà una semplice fattura ma non dovete abbassare la guardia perché…”
“Avada Kedavra.”

La voce metallica annunciò in maniera distinta e netta l'anatema.
Il signor Weasley, la bacchetta molle e lo sguardo sorridente rivolto ai ragazzi, fece appena in tempo a voltarsi e rendersi conto di che cosa stesse accadendo che cupe scintille verdi partirono dalla bacchetta di quel strano marchingegno colpendo l'uomo al petto.
La vita scomparve dagli occhi di Ron Weasley il quale, dopo un flebile lamento, cadde per terra mentre il manichino abbassava la bacchetta.



/ / / / / / /

Il silenzio cadde su Marlott Island.
Il vento era l'unico rumore che si potesse udire mentre i sette allievi osservavano la scena senza muovere un muscolo.

No.
Non era possibile.
C'era stato un errore.
Certo lo aveva colpito un’ Avada Kedavra, ma era pur sempre un manichino.
Non era possibile.
No.

Louise fu la prima a reagire, uscendo dai ranghi e avvicinandosi a rapide falcate verso il signor Weasley.
“Reinnerva!”
Esclamò, estraendo la bacchetta da una tasca della divisa e puntandola verso il petto dell'uomo.
Niente.
La ragazza si chinò, avvicinando la bacchetta.
“Reinnerva!” Urlò.

Dopo qualche secondo, Louise si alzò e si voltò verso gli altri.
“È morto.”

/ / / / / / /

Zan-zan-zan!
Ci sono voluti un po' di capitoli, e in effetti pensavo di introdurre questa morte prima ma mi sono dedicato a descrivere meglio il gruppo piuttosto che per farvi precipitare subito nel dramma.
Ve lo aspettavate? Ve lo aspettavate così?

È chiaro che qualcosa è successo e nel prossimo capitolo vedremo come reagiranno gli allievi auror a questa morte così improvvisa.
Nel frattempo, grazie mille per aver messo la storia nelle seguite, ringrazio chi ha lasciato una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate, sono piuttosto curiosando, lo ammetto! Alla prossima :>

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Capitolo 6
*** Fine dei Giochi ***


Capitolo 5, Fine dei Giochi

 



Alle parole di Louise, un nuovo silenzio cadde sull'isola; l'unica voce intenta a gridare e urlare era quella del vento.
No, la sola idea che il signor Weasley fosse… non aveva alcun senso.

Frank si fece avanti e, a sua volta, provò a utilizzare l'incantesimo sul corpo dell'uomo, ma anche in questo caso non sortì nessun effetto; il signor Weasley continuava a giacere per terra come una strana bambola di pezza inanimata.
“Ma la cosa non ha alcun senso…” esalò Marcus.
Silus indietreggiò, sul punto di svenire, mentre Rose soffocò un conato di vomito. Jack bestemmiò mentre Marcus ed Alec rimasero nel più completo silenzio.

“Si è beccato un’ Anatema che Uccide in pieno petto, direi che la sua morte abbia perfettamente senso,” sbottò Louise, rimettendosi in piedi.
“C’ero arrivato anche da solo, grazie tante,” replicò Frank. “Ma se davvero il signor Weasley è morto, lo ripeto, la cosa non ha alcun minimo senso.”
“Si sarà occupato di questi cazzo di manichini per lo meno una decina di volte nella sua vita,” sussurrò Alec. “Com’è possibile che ora…”

Il gruppo tornò a farsi silente, gli sguardi rivolti al corpo del loro istruttore.
“Io credo che non abbia alcun senso rimanere qui al freddo,” propose Rose. “Perché non portiamo dentro il signor Weasley?”
“Già, al caldo si riflette meglio,” esclamò Jack, annuendo.

Marcus e Alec estrassero le bacchette e fecero levitare il corpo dell'uomo, trasportandolo con estrema lentezza fino alla villa, seguiti a ruota dagli altri allievi.
Fu una strana processione, lenta e lugubre con solo il vento a fare da marcia funebre.
La situazione non migliorò, una volta rientrati all'interno della casa.
Se fosse stata una dimora vecchia, tenebrosa, con passaggi segreti e scricchiolii continui, per lo meno sarebbe stata una scena adatta a un giallo di bassa categoria, ma la villa era moderna, costruita neanche quindici anni prima, piena di luce, finestre e pavimenti di marmo, contribuendo ad aumentare la sensazione che quella lenta processione fosse ancor più terribilmente fuori luogo.

Deposero il corpo del signor Weasley nel letto della sua camera, lanciando su di lui un incantesimo congelante, in modo da evitare l'inizio di un qualsivoglia processo di decomposizione.
Poi lo ricoprirono con un lenzuolo, chiusero la porta a chiave e i sette allievi rimasti scesero nel salotto.

/ / / / / / /

La prima cosa che Rose fece, una volta che tutti presero posto nella stanza, fu quella di appellare il manuale, proprio come il loro istruttore aveva fatto la sera precedente.
Il plico di fogli di pergamena spuntò dal primo piano e volò, diligente, tra le braccia della ragazza la quale si sedette, lo aprì e iniziò a sfogliarlo con rabbia sempre maggiore.
Tutti gli altri si radunarono in semicerchio attorno a lei, gli occhi fissi sulla nuca della compagna.

“Niente!” sbottò infine la ragazza, richiudendo il manuale con un colpo secco e sbatacchiandolo con rabbia su uno dei tavolini del salotto. “Nessuna sorpresa, oggi dovevamo affrontare incantesimi dal secondo al terzo anno, non certo un'Avaria Kedavra!”
“E fin qui, lo sospettavamo un po' tutti,” si intromise Jack.
“E allora…”
“E allora perché il signor Weasley si trova al piano di sopra, sdraiato sul suo letto, ucciso da un incantesimo di un marchingegno che lui stesso ha inventato?” Esclamò Frank, dando un calcio alla sedia.
Nessuno rispose.

“Potrebbe essere stato un suicidio,” buttò lì Marcus.
Vedendo che nessuno ribatteva a quella sua proposta, il ragazzo prese coraggio.
“Ieri sera il ministero ci ha giocato un brutto tiro mancino, facendo crollare il muro di finzione che il signor Weasley stava forse cercando di creare. Pensava che fosse tutto ormai dietro le spalle, nessuno aveva osato accusarlo pubblicamente, quand'ecco che il ministero gli ricorda le sue colpe. Abbastanza per farlo andare fuori di testa e farla finita,” concluse.
“È una scemenza, Marcus,” sbottò Sillus.
“Se avesse voluto uccidersi, perché farlo così? Perché davanti a tutti noi e in un modo così complicato?” aggiunse Alec.
“Ma che ne so, forse non ha trovato un modo per suicidarsi, l'Avada Kedavra dopotutto è il modo migliore per farla finita, solo che, magari, non aveva il coraggio necessario per farlo da solo.”
“L'ho visto ieri sera, era provato ma certo non abbastanza per uccidersi e per di più in questo modo, davanti a tutti noi,” rispose Rose. “Avrebbe potuto farlo quando ha settato i manichini, questa mattina.”

Diverse teste annuirono, Marcus alzò le spalle e tornò a sedere.
“Forse un errore nel settare quelle diavolerie…” propose Jack.
“Mi sembra ancor più insensato,” sbottò Alec, che nel frattempo aveva ripreso in mano il manuale e lo stava leggendo attentamente. “Questi manichini sono stati inventati dal signor Weasley in persona.”
“Ma il disco di ieri sera può davvero aver fatto crollare il nostro istruttore,” ripropose Marcus. “Non si è ucciso, d’accordo, ma forse era distratto, ripensava a quelle parole, ad Arnold…”
“Può essere,” sbottò Frank ma nessuno in quella stanza pareva davvero convinto di quella possibilità.

Louise fece fatica a trattenere un sorriso storto.
“La nostra situazione ti fa ridere?” Chiese Frank, accigliatosi.
“Sì. Non posso non notare l’ironia e l’ipocrisia di tutto questo,” ammise la ragazza, alzandosi in piedi. “Per settimane abbiamo tutti desiderato la morte di Ronald Weasley, forse nei nostri sogni più reconditi abbiamo elaborato dei piani per ucciderlo e farla franca. E ora che davvero è morto, sembrate tutti decisamente troppo preoccupati per i miei gusti.”
“Io non ho mai desiderato…”
“Sì, Rose, tu sei la santarellina del gruppo,” l’altra la interruppe. “Non cancella il fatto che per tanti questo è un sogno che si realizza. Il signor Weasley finalmente è morto ed ha pagato per il suo errore.”
“Louise, stai decisamente esagerando,” esclamò Marcus, scuotendo la testa.
“Tu dici? Io non credo, tutti odiavamo il signor Weasley, io sono contenta che la sua vita sia terminata,” esclamò la ragazza. “Sono pazza forse? E sia. Questo mi rende una pazza in una stanza piena di ipocriti.”

Avanzò, tra lo stupore generale, fino a raggiungere, e aprire, la porta del salotto.
“Ma dove vai?” chiese Alec.
“A godermi le ultime ore di sole. La soluzione è di fronte a voi, ma siete troppo stupidi per capirla, prima che sia troppo tardi,” Louise rispose, prima di lasciare la stanza.

“Bah, una matta di meno,” esclamò Frank. “Che cosa si fa, ora?”
“Dobbiamo cercare di lasciare l’isola,” propose Jack.
“Già, non possiamo mica aspettare una settimana in compagnia di un morto…” rispose Sillus.
“Ma non possiamo scappare da quest’isola,” fece notare Rose. “L’ha detto il signor Weasley. C’è una barriera tutto intorno a Marlott Island. Non ci si può…”
“Materializzare, volare via. Sì, lo so. Ma è comunque un’isola, ci deve essere un modo per uscire da qui!” Esclamò Jack.
“Potreste provare,” propose Alec. “Jack, tu sei quello che pensa fuori dagli schemi, Sillus e Rose, voi i più intelligenti. Se non trovate una soluzione voi, nessuno ci riuscirà.”
“E voi che farete?” Chiese Sillus.
“C’è un manuale, qui, da leggerete accuratamente. Ce lo divideremo in tre parti e vedremo se riusciamo a trovare delle informazioni utili.”
Rose parve sospettosa ma di fronte all’insistenza di Jack e al sorriso di Sillus, decise di non porre ulteriori domande. Si alzò in piedi e seguì gli altri due.
“Il ritrovo sarà in sala da pranzo alle dodici!” esclamò Alec prima che il trio uscisse dalla stanza.

Rimasti da soli, Marcus e Frank si voltarono per osservare l’amico.
“Ma a che gioco stai giocando?” chiese Frank, aggrottando la fronte.
“Già… è chiaro che questo manuale non ci darà le risposte che vogliamo!” Esclamò Marcus.
Alec sorrise, alzandosi.
“Ho deciso di scremare un attimo il gruppo per poter valutare meglio, e con più calma, un'idea che mi è passata per la mente, quando abbiamo iniziato a parlare dell'impossibilità del suicidio, nella morte del signor Weasley,” disse. “Jack non è in grado di rimanere serio per più di dieci minuti, Sillus se la sta facendo sotto e Rose pare sul punto di una crisi di nervi. Voi mi sembrate essere gli unici in grado di potermi dire se sto impazzendo oppure no.”
Marcus e Frank si guardarono in tralice.
“Di che idea si tratta?” Chiese quest'ultimo.

“Seguitemi.”

I due ragazzi seguirono Alec fuori dal salotto, diretti verso la sala da pranzo.
“Vi ricordate il centrotavola con le otto statuine?” Chiese.
“Ma sì, gli otto piccoli maghi, come quella filastrocca appesa nelle nostre camere e in salotto,” annuì Frank.
“Perfetto. Contatele, ora.”
Marcus aggrottò la fronte.
“Sono… sette, sì, sono sette!” Esclamò.
“La statuina che manca… l'avete presa voi? Avete visto qualcuno entrare in questa sala, prima? Perché stamattina, ne sono sicuro, erano otto,” esalò il ragazzo.
“Alec, ma sei proprio sicuro che sia Rose a essere sul punto di una crisi di nervi?” Chiese Frank, sarcastico. “Stai facendo una scenata assurda per una cazzo di statuina mancante.”
“Sarei matto, eh? Bene, torniamo in salotto.”

Alec uscì dalla stanza a passo di carica, seguito dagli altri due, decisamente stupefatti. Tornati in salotto, Alec si avvicinò alla filastrocca appesa sopra il caminetto.
“Leggete la prima strofa e ditemi se sono pazzo!” Esclamò.
“Otto piccoli maghi a scuola dovettero andar, uno, ahimè, fu rimandato, e solo sette ne restar,” Marcus lesse, ad alta voce. E subito sbiancò.
Anche Frank aveva abbandonato la solita espressione sarcastica, si avvicinò al camino e a sua volta lesse la filastrocca.

“Otto piccoli maghi, proprio come le statuine nel centrotavola e gli occupanti dell’isola, compreso il signor Weasley. Uno muore in maniera simile alla filastrocca e una statuina manca. Ne rimangono sette, come nella filastrocca e come qui, su questa fottuta Marlott Island!” Esclamò Alec.
“Penso proprio che dal suicidio siamo passati a un caso di omicidio,” sussurrò Frank.

/ / / / / / /

I tre ragazzi si sedettero, osservandosi in faccia e raccogliendo le idee.
“Prima di tutto c'è un grosso problema a questa teoria,” esordì Frank. “Intorno a quest'isola è presente una barriera all'apparenza impenetrabile. Quei tre cercheranno di infrangerla, ma vi dico già che le speranze sono quasi nulle.”
“Ci ho pensato a lungo,” rispose Alec, “Ma tutti voi vi state dimenticando che Ronald Weasley ha aperto la barriera, prima di arrivare su quest'isola, per permetterci di passare e dare il tempo necessario alla nostra guida di tornare a casa.”
“Un quarto d'ora in tutto, forse,” calcolò Marcus.
“Abbastanza per entrare su quest’isola e farla franca. Io credo che l’assassino ci abbia seguito con un'altra imbarcazione, o forse con una scopa,” disse Alec.
“Questa persona si è presa la briga di fare ricerche sul nostro caso, sicuramente sarà stata a conoscenza dell'orario nel quale saremmo partiti con l’imbarcazione,” propose Frank, “ potrebbe anche aver utilizzato una Passaporta o essersi materializzato direttamente qui, calcolando lo stretto intervallo nel quale la barriera sarebbe stata aperta per farci passare.”
“Insomma, la barriera è stata aperta, questo ha inevitabilmente creato una possibilità a qualcuno di infiltrarsi qui.”

“Quindi questo maniaco è entrato sull'isola, si è sistemato e, mentre noi eravamo intenti a prepararci per la cena, si è infiltrato in casa e ha messo il disco sul divano,” propose Marcus.
“Si, ci scommetto,” annuì Frank. “Forse avrà usato una Orecchia Oblunga per spiarci, eravamo tutti troppo sconvolti per accorgercene.”
“E stamattina, non appena il signor Weasley ha terminato di sistemare i manichini, ha agito,” affermò Alec.
“Ma il nostro istruttore aveva impiegato più di un'ora per settarli tutti correttamente, e quei marchingegni li ha creati lui stesso,” obiettò Marcus. “Chiunque si sia infiltrato su quest’isola deve aver sistemato la trappola in molto meno tempo.”
“Non era necessario settare tutti i manichini per il nostro omicida, bastava farlo su quello leggermente staccato dagli altri, quello che normalmente l'istruttore usa,” fece notare Frank, “E non importava inserire tanti incantesimi, ne bastava solamente uno: l'Avada Kedavra.”
“E mentre noi eravamo tutti sconvolti, lui ne ha approfittato per togliere una statuetta e dare il via al suo gioco,” concluse Alec.

“Ma perché?” Chiese Marcus, dopo qualche istante di cupo silenzio. “Perché quel disco, Perché uccidere il signor Weasley?”
“È evidente che la morte di Arnold abbia fatto impazzire qualcuno al Ministero. É un’accusa forte ma solo uno che è all'interno dei giochi politici poteva organizzare tutto questo e farla franca,” rispose Alec, cupo.
“E in tutta onestà non credo che si fermerà a questa uccisione,” fece notare Frank. “L'evidente capriccio nel far coincidere la morte del nostro istruttore con quella di questa stupida filastrocca…”
“Su questo concordiamo,” rispose Alec. “C'è un pazzo omicida su quest'isola e non si fermerà fino a quando non ci avrà ucciso tutti, seguendo la filastrocca del signor Marlott.”

Un nuovo silenzio cadde nella stanza, rotto solo dal rumore del vento che faceva tintinnare le finestre del salotto.
“E quindi che si fa?” Chiese Marcus.
“Siamo bloccati su quest'isola per una settimana, il nostro omicida ha tutto il tempo di questo mondo per farci fuori,” rispose Alec. “Ma, e di questo sono sicuro, non sospetta del fatto che siamo già riusciti a comprendere le sue intenzioni.”
“Abbiamo l'effetto sorpreso dalla nostra,” aggiunse Frank.
“Si sarà nascosto come una talpa, con gli altri tre là fuori a fare confusione, per paura di essere visto. Noi tre, quelli più forti e capaci, batteremo l’isola palmo per palmo, troveremo il bastardo e gli faremo pentire di essere nato,” concluse Alec.
Marcus annuì.
“La prima cosa da fare, per toglierci ogni possibile dubbio,” propose Frank, “è usare il Prior Incantatio sulla bacchetta del signor Weasley. Ci dirà quali incantesimi ha caricato nel manichino, se non troveremo l'Avada Kedavra avremo la conferma assoluta che sia stato qualcun’altro.”
Gli altri due annuirono, si alzarono all'unisono e uscirono dal salotto.
La casa adesso appariva ancor meno piacevole, silenziosa e cupa com'era. Mentre salivano le scale, l'immaginazione dei tre galoppava, immaginando assassini nascosti dietro ogni porta e in ogni possibile anfratto..
Anche il primo piano non era meno cupo e inospitale.
Arrivati di fronte alla camera del signor Weasley, i tre allievi esitarono.
“Avevo messo la bacchetta nella tasca della divisa del signor Weasley,” Marcus gli informò, prima di aprire la porta.

La camera, per effetto dell'incantesimo lanciato dai ragazzi, nel tentativo di preservare il corpo, era gelida, decisamente all'opposto del resto del clima sull'isola.
Marcus, Alec e Frank si avvicinarono al letto dove riposavano le spoglie del loro istruttore, ancora coperto da un lenzuolo.
Esitarono ancora una volta, come se scoprire il corpo dell'uomo potesse in qualche modo scaturire un’antica e potente maledizione.
Infine Frank sbuffò.
“Oh, andiamo, tutto questo è ridicolo.”

Avanzò verso il letto, prese il lenzuolo e lo scostò.
Poi, cercando di osservare il corpo il meno possibile, cercò la bacchetta nelle tasche della divisa.
“Non la trovo…” borbottò.
Marcus alzò gli occhi al cielo e si avvicinò al corpo dall’altro lato del letto, puntando deciso verso la tasca nella quale, poco prima, aveva inserito la bacchetta.
Ma si ritrasse, subito dopo, osservando i compagni.
“Non c'è.”
“Cosa vuoi dire…”
“Che non c'è, avevo messo la bacchetta del signor Weasley nella tasca destra della divisa e niente, è volatilizzata!”
“Non è volatilizzata, l'ha presa il nostro amico, l’ospite inatteso,” ribatté Frank. "Mentre tutti noi eravamo in salotto, deve essere rientrato in casa e aver rubato la bacchetta.”
“E per farci cosa?” Chiese Marcus.
“Non ne ho idea, in ogni caso questo corrobora la mia idea. C'è qualcun altro su quest'isola e noi dobbiamo trovarlo, prima che si compia il secondo verso della filastrocca.”

/ / / / / / /

Dopo il colpo di scena del capitolo scorso questo serve per raffreddare un po’ la situazione e cercare di entrare nella testa dei ragazzi. A quanto pare c’è qualcuno sull’isola, questa perlomeno è l’idea dei tre allievi.
Ma sarà così? Troveranno qualcuno su Marlott Island?

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Capitolo 7
*** Sette Piccoli Maghi ***


Capitolo 6, Sette Piccoli Maghi

 



Il bastone stava luccicando. Rose e Jack lo osservarono per qualche istante.
“Se funziona, correrò subito al Ministero e darò l'allarme. Cercate solo di resistere fino ad allora,” dichiarò il ragazzo, afferrando il pezzo di legno e sparendo subito dopo.
Rose chiuse gli occhi, sperando con tutta se stessa che Jack riuscisse a scappare dalla barriera che circondava Marlott Island.
Un urlo di paura le diede la conferma che, purtroppo, anche quel tentativo era fallito.

Alzò la testa e con orrore vide Jack in caduta libera da più di dieci metri di altezza.
Dopo un primo istante di sbigottimento, la ragazza reagì: prese la bacchetta e gridò: “Arresto Momentum!”
Il compagno riuscì a fermarsi solo a pochi centimetri dal terreno.
“Cazzo, ti devo le mie scuse, Rose,” borbottò Jack, rialzandosi in piedi. “Me la sono fatta sotto, pensavo di…”
“Che cosa è successo?” Chiese Rose.
“Stava andando tutto bene quando, all'improvviso, la Passaporta ha smesso di funzionare e sono caduto. Devo aver impattato contro la barriera magica,” spiegò il ragazzo.

I due rimasero ad osservarsi per qualche secondo, abbattuti.

Avevano provato a lanciare diversi incantesimi e maledizioni, nel tentativo di rompere la barriera, ma era stato tutto inutile.
Appariva come impalpabile, eppure i loro corpi non riuscivano a trapassarla
“Ho visto che ci sono un paio di vecchie scope nella stanza dei giochi. Forse potremmo provare con quelle, magari non riusciremo a superare la barriera ma perlomeno eviteremo di romperci l'osso del collo, provandoci,” propose infine Jack.
“D'accordo,” Rose annuì, anche se, dentro di sé, dubitava che quell'ennesimo tentativo avrebbe avuto successo. “Le vado a recuperare io, così passerò dalla spiaggia e vedrò se Sillus ha avuto successo.”
Il compagno fece un gesto di assenso, si arrotolò le maniche della camicia e tornò a osservare la volta celeste con rabbia e disgusto.

/ / / / / / /

Alec, Frank e Marcus cercarono in lungo e in largo ma nella villa non c'era nessuno, a parte loro e il corpo del signor Weasley.
“Non che mi aspettassi qualcosa di diverso” esclamò Alec, bevendo un po' d'acqua.
Si erano radunati in cucina, cercando di riorganizzare le idee.
“Questa villa maledetta può offrire pochi nascondigli, non ci sono passaggi segreti o porte nascoste,” borbottò Frank.

Dopo essersi rifocillati e riposati, i tre si alzarono nuovamente in piedi.
“Non manca nemmeno un'ora a mezzogiorno,” esclamò Marcus. “Il nostro ospite si deve trovare per forza all'esterno.”
“Ed è per questo motivo che ho lasciato che quei tre si disperdessero,” affermò Alec, “faranno confusione, e sono sicuro che l'assassino tenterà in ogni modo di evitarli. Questo restringe il nostro campo di ricerca.”
“Ben fatto, ma ora muoviamoci,” propose Frank.
I tre uscirono dalla cucina e, dopo una breve capatina in sala da pranzo per controllare se le statuine fossero ancora sette, aprirono la porta e misero il piede fuori dalla villa.

Il vento si era fatto più persistente, grosse nubi nere avevano quasi completamente oscurato il Sole.
“Ve l'ho detto,” esclamò Alec. “Tempo un'ora e qui pioverà di brutto.”
“Bene, allora muoviamoci,” propose Frank. “Se vogliamo scandagliare l'isola nel più breve tempo possibile, ci converrà separarci.”
“E così faremo il gioco del nostro assassino!”
“Andiamo, Alec,” Marcus pose una mano sulla spalla dell'amico. “Abbiamo il fattore sorpresa dalla nostra, l’assassino sta cercando in ogni modo di evitare Sillus, Rose e Jack, non si aspetterà un attacco da parte nostra.”
“E da quest'isola non si può scappare,” aggiunse Frank. “Sperava di farci fuori tutti, ma adesso è il nostro momento di preparargli una bella sorpresa!”

Detto questo, scattò in direzione del campo di allenamento, Marcus si mosse verso la foresta e Alec prese la strada che portava alla spiaggia.

/ / / / / / /

Rose costeggiò l'isola, tenendo il mare alla sua sinistra e la villa sulla destra. Aveva bisogno di constatare se gli sforzi di Sillus avessero portato a qualche risultato tangibile e quella era la via più veloce, in linea d'aria.
Dopo qualche minuto, le alte scogliere scesero fino a portare la ragazza sulla piccola spiaggia dell'isola, una striscia lunga circa un chilometro, non più larga di una decina di metri, intervallata da decine di rocce di varie dimensioni.

Vide immediatamente Sillus di fronte a uno dei massi più grandi, intento a osservare quella che aveva l'aspetto di essere una zattera piuttosto improvvisata.
Si avvicinò e il compagno alzò la testa, sorridendo alla vista della ragazza.
“Ehi, Rose, che cosa ci fai da queste parti?”
“Volevo sincerarmi se i tuoi sforzi avessero portato a qualcosa perché i miei, e quelli di Jack, sono stati dei buchi nell'acqua,” spiegò la ragazza, avvicinandosi al compagno.
“Hai fatto un viaggio a vuoto allora. Ho provato a costruire questa specie di zattera ma, appena l'ho messa in mare, mi sono reso conto che le onde sono troppo alte, per poco non mi ribaltavano!” Disse Sillus, scuotendo il capo, sconsolato. “Forse un modo per far volare questa cosa sopra le onde ci può essere, ma non mi viene proprio in mente.”
“O forse dovresti rinforzarla un po'. Prova a chiedere a uno dei ragazzi, io non so proprio come aiutarti,” propose Rose.
Sillus sorrise.

“Stavo per farlo, ma quando sono tornato alla villa non ho trovato nessuno,” borbottò.“Venendo qui, invece, ho visto sia Alec che Frank. Stanno tramando qualcosa.”
“Non faccio fatica a crederlo. Alec si è voluto disfare di noi, il perché ancora non lo so, ma immagino che sarà l’argomento principale, durante la nostra prossima pausa pranzo,” rispose l'altra.
“Già. Non manca molto a mezzogiorno, proverò a fare qualche ultima modifica, il tempo non sta affatto migliorando.”
“Sì. E io andrò a prendere delle scope. La Passaporta ha fallito, Jack vuole riprovarci ma avendo più controllo, una volta che si trova a mezz'aria, e non rischiare, come prima, di spaccarsi l'osso del collo.”

Sillus annuì e poi tornò a chinarsi sulla zattera, mormorando tra sé e sé.
Rose si allontanò ma, una volta giunta dietro il primo masso, si fermò e, con la coda dell'occhio, rimase a osservare qualche secondo in più il compagno.
Loro due si erano sempre detestati cordialmente.
Entrambi rappresentavano i membri dell'Accademia più intelligenti, sin da subito si era instaurata una competizione tra di loro. La morte di Arnold l'aveva bruscamente interrotta ed entrambi concepirono come quella loro lotta fosse completamente inutile, una bazzecola di fronte alla tragedia che aveva colpito il gruppo.
Eliminata la competizione, tra di loro ebbe inizio un'inedita amicizia.
Rose scoprì un Sillus inedito: goffo, intelligente ma anche a suo modo simpatico e affettuoso.
In un gruppo di maschi che non facevano altro che portare avanti una silenziosa lotta per la leadership, lui era diverso e forse per questo motivo, nelle ultime settimane, la ragazza provava un qualcosa che non riusciva a descrivere quando si trovava insieme all'amico.

“Spero che tu ti renda conto che è tutto inutile.”
Rose sobbalzò, presa completamente alla sprovvista da quella voce. Si voltò e vide, appoggiata a una roccia, Louise, intenta a fumare una sigaretta.
“Louise… mi hai spaventato, non mi aspettavo che…”
“Ed ecco perché non passerai l'accademia. Un'Auror che, in una situazione come questa, si fa prendere completamente di sprovvista! Ma andiamo…”
Rose arrossì di vergogna e rabbia allo stesso tempo.
“Ah sì? E, sentiamo, che cosa sarebbe inutile?”
“I vostri sforzi,” si limitò a rispondere la ragazza, dando una boccata alla sigaretta e lasciando che il fumo si perdesse nel vento. “I tuoi e quelli degli altri.”
“Non capisco.”
Louise alzò gli occhi al cielo.
“Siete tutti così ottusi. Non ho seguito la discussione, ma immagino che tu, Sillus e forse Jack stiate cercando di trovare un modo per andarvene via da quest'isola.”
“Sì…”
“Confermo. I vostri sforzi sono completamente inutili,” esclamò la ragazza, gettando il mozzicone nel mare.

“Le menti più geniali del Ministero hanno creato un'isola capace di ospitare eventi politici di primaria importanza, oltre a rifugiati politici o prigionieri di altissima priorità. Non credo che un gruppo di ragazzini riuscirà a infrangere queste protezioni.”
“Ma dovremo pur provarci! Non possiamo rimanere una settimana qui, su Marlott Island, e comportarci come se niente fosse accaduto!” Esclamò Rose.
“Eppure è forse l'unica cosa giusta da fare. Non che gli sforzi degli altri tre cervelloni siano così giusti. Vedi, da come si comportano, secondo me hanno finalmente capito quello che io ho subito indovinato: la morte del signor Weasley non è stata un suicidio né tantomeno una morte accidentale,” spiegò Louise.
“Che cosa?”
“Non pretendo tu capisca. Ma vedi, loro sbagliano perché si cullano nella convinzione che ci sia qualcun altro, oltre noi sette, su quest'isola. Mentre venivo qui, sono riuscita a captare alcuni brandelli di conversazione tra quei tre. Stavo per ridergli in faccia.”
Rose rimase in silenzio per qualche secondo, cercando di cogliere le parole della compagna di accademia.
“Tu ritieni che sia stato un'omicidio?” Chiese, infine.
“Ovvio.”
“E Frank, Alec e Marcus credono che ci sia un infiltrato su quest'isola?”
“Già. Stupidi, è ovvio che non ci sia nessun altro qui.”
Solo allora la ragazza riuscì a comprendere in pieno le parole di Louise.

“No, non può essere. Non puoi essere così meschina da credere che uno di noi possa aver ucciso…”
“È la semplice logica, Rose. Se non è stato un suicidio, né tantomeno una morte accidentale, e se su quest'isola siamo solo noi sette, giocoforza uno di noi ha ucciso il signor Weasley e sono abbastanza convinta che non si fermerà qui.”
Rose indietreggiò.
“Ma come puoi dire queste cose con un tono di voce così calmo! Io…”
“Quest'isola ha fottuto il cervello di tutti noi, se avessimo analizzato questo caso in maniera professionale, saremmo già giunti alla giusta conclusione,” esclamò Louise. “Ma, d’altra parte, sapevo che prima o poi avremmo pagato per la nostra codardia, per l'inefficienza e la confusione che abbiamo dimostrato la notte in cui è morto Arnold.”
Si accese una nuova sigaretta.
“E per questo ti dico che i vostri sforzi sono inutili. L'assassino è uno di noi, ha avuto tutti gli anni dell'Accademia e, forse anche Hogwarts, per conoscerci, per capire i nostri punti di forza e quelli di debolezza. E questa persona, fino ad ora, si è comportata in maniera impeccabile, guardaci. Siamo tutti divisi, sparsi per Marlott Island. Uccidere uno di noi sarà un gioco da ragazzi.”

Questa era davvero troppo per Rose.
“Ma come puoi dire questo, come puoi rimanere così calma in una situazione del genere? Io ho intenzione di lottare, anche se la tua ipotesi dovesse dimostrarsi giusta, non lascerò che uno di noi mi uccida così facilmente!” Esclamò, sul punto di gridare.
“Ah, ma ti posso giurare che non ho alcuna intenzione di morire. Penso solo che sia stupido girare sull'isola, come una trottola impazzita, quando è ovvio che non ci sia nessun altro e che la barriera intorno non cederà così facilmente. Io preferisco rimanere qui, gustandomi questo mare, fumando qualche buona sigaretta, riflettendo sulla vita.”
Quella reazione sbigottì ulteriormente la compagna.
“Vieni con me, Louise, ti prego.”
“No, Rose. Non so se questi saranno i miei ultimi momenti ma certo preferisco passarli con l'unica persona di cui mi fidi: la sottoscritta.”

Le due ragazze rimasero a fissarsi, nel più completo e assoluto silenzio, per qualche secondo.
Poi, dopo un ultimo sguardo pieno di cose non dette, Rose si voltò e iniziò a risalire la spiaggia, verso la villa.
Louise sospirò.
Quella ragazza era così snervante, ma alla fine aveva capito e forse si sarebbe guardata alle spalle.
Dubitava fortemente di tutti i suoi compagni ma Rose era l'unica che non riusciva a vedere come una sanguinaria assassina. Ma, chissà, forse, proprio per quel motivo, era lei l'assassina.

Osservò il mare, terminando la sua ultima sigaretta.
Le nuvole nere avevano ormai completamente coperto il Sole, il vento che sferzava era carico di salmastro e pioggia.
Se fosse stata nei panni dell'assassino, lei sarebbe stata sicuramente la vittima numero due. Non perché fosse la più intelligente, o la più brava nei duelli, ma perché rappresentava l'incognita impazzita.
L’unica figura, all'interno dell'Accademia, a esserne rimasta fuori dai giochi e, proprio per tale motivo, l'unica che potesse analizzare in maniera razionale la loro situazione.
Ma valeva davvero la pena lottare per la sua vita?

I suoi genitori erano morti ormai anni prima, sarebbe morta lei stessa se avesse dovuto passare un giorno in più in compagnia della zia e Arnold, l'unica persona che avesse dato un senso al suo lavoro, non c'era più e il pensiero di dover collaborare con gli altri membri del gruppo la disgustava.
Che vita avrebbe difeso?
Quella di una reietta? Destinata a non avere un posto nel mondo?

Il rumore di un gong, magicamente amplificato, risuonò per tutta l'isola.
Era il segnale convenuto: “fermatevi, bambini, è il momento della pappa.”
Ma lei non si sarebbe mossa da lì.
Tornare all'interno di quella villa, in compagnia degli altri…Spiegare a quegli ottusi che stavano sprecando il loro tempo sarebbe stato insopportabile.

Anche il mare si stava alzando. Vide alcune onde abbattersi sulla zattera che quell'idiota di Sillus aveva lasciato troppo vicino all'acqua.
Un secondo gong le impedì di udire alcuni passi dietro di lei.

/ / / / / / /

Al terzo colpo di gong, finalmente i sei Auror tornarono all'interno della villa.
“Gli ho lanciato un'incantesimo affinché suonasse a mezzogiorno,” spiegò Marcus, orgoglioso. Tutti apparivano piuttosto malconci, sudati e apparentemente con il morale sotto i piedi.

“Laviamoci e poi prepariamo qualcosa da mangiare?” Propose Alec. Tutti annuirono e si diressero, senza aggiungere una parola, verso le rispettive camere.
Un quarto d'ora più tardi, tutti si ritrovarono, di comune accordo, nella sala da pranzo.
Rose e Frank decisero di mettersi ai fornelli, mentre gli altri si occuparono di sistemare la tavola.
A mezzogiorno e mezzo, sette abbondanti porzioni di pasta al formaggio vennero servite.
“Non è molto, ma ci ridarà un po’ di carica,” dichiarò Rose.
“Sì, e una volta che avremo finito di mangiare, sarà necessario tornare in salotto e analizzare attentamente questa mattinata,” annunciò Marcus.
“Anche perché tra poco pioverà e non potremo certo tornare fuori,” notò Alec.

Si misero a sedere e fecero per iniziare a mangiare quando Sillus esclamò: “manca Louise.”
Era vero, il suo posto a tavola, all'estremità destra, era ancora vuoto.
“Mi è sembrata piuttosto strana, sicuramente dovrà spiegarci alcune sue dichiarazioni,” dichiarò Rose. “Ma forse non ha sentito il gong…”
“Impossibile,” replicò Marcus.
“Forse non vuole mangiare con noi,” disse Jack.
“A ogni modo credo che dovremo invitarla a entrare,” propose Alec. “Abbiamo molto da discutere.”
Frank si alzò in piedi.
“Vado a chiamarla, anche se non credo che verrà.”
“Conoscendola ti manderà a quel paese,” Jack sogghignò. L'altro sorrise e poi uscì dalla porta principale.

Un silenzio carico d'attesa calò nella stanza.
“Che cosa ti ha detto Louise?” Chiese Sillus. “Con me non ha parlato.”
“Vi prego, mangiamo in tranquillità. Affronteremo in un secondo momento le dichiarazioni di Louise e le nostre scoperte,” propose Alec.
“Sì, io pensavo solo che…”
“Che muoio di fame. Se Frank non si sbriga giuro che…” Jack si zittì, tendendo le orecchie.
“Ah, è già di ritorno.”

In effetti, dopo qualche secondo, anche gli altri poterono sentire dei passi di corsa diretti verso la villa.
Poi, una porta che si apriva e dopo qualche ulteriore secondo, Frank apparve sulla soglia della sala da pranzo, trafelato, sudato e boccheggiante.
“Lo… Louise, Louise è…”
“Morta?” Contro la sua volontà, Rose terminò la frase.
Frank annuì.

/ / / / / / /

Ed ecco qui la seconda morte punto nell'aspettavate? Ve lo aspettavate così? Avete già dei sospetti in base a come si sono mossi i vari personaggi?
Ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le Seguite e le Ricordate, fatemi sapere che cosa ne pensate, sono sinceramente curioso! Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Uno di Noi ***


Capitolo 7, Uno di Noi

 



Le nuvole, le quali per tutta la mattina avevano minacciato pioggia, infine mantennero la loro tetra promessa.
Un temporale in piena regola si scatenò su Marlott Island, proprio mentre Frank e Marcus trasportavano dentro la villa il corpo senza vita di Louise.
Dopo una breve pausa, i due salirono piuttosto goffamente le scale, nel tentativo di non arrecare danno al cadavere, trasportarono poi Louise in camera sua, stendendola sul letto e ricoprendola con un lenzuolo.
Poi Frank lanciò l'identico Incantesimo Congelante sulla salma e, dopo un'ultima occhiata a quella che era stata una loro compagna di corso per tre anni, i due ragazzi uscirono e richiusero la porta a chiave.

“Direi che questo conferma la nostra teoria,” borbottò Marcus.
Frank annuì, piuttosto scosso.
Dopo un'ultima occhiata, i due ragazzi si diressero alle loro camere per asciugarsi dalla pioggia e cambiare i vestiti.
Dopo dieci minuti, si trovarono di nuovo sul pianerottolo, ora asciutti e vestiti con indumenti nuovi, e scesero insieme verso il salotto.
Quando entrarono vi trovarono un'atmosfera carica di tensione.
Alec sedeva sul lungo divano, osservando con intensità il caminetto, le rosse fiamme che si rispecchiavano nelle iridi del ragazzo.
Jack sedeva a suo fianco, la testa tra le mani, impossibile capire che cosa gli potesse passare per la testa.
Sillus aveva preso posto su una poltrona e pareva fosse sul punto di svenire mentre Rose si era posizionata di fronte a una delle finestre che davano direttamente sul mare, lo sguardo perso tra le bianche onde.

L'entrata dei due ragazzi risvegliò il gruppo dal torpore in cui erano evidentemente caduti, da quando avevano scoperto la morte di Louise.
“Si è scatenata una tempesta con i fiocchi, ci sono onde altissime al largo,” notò Rose, voltandosi e prendendo posto sull'altra poltrona mentre Frank e Marcus si posizionavano sul piccolo divano.
Adesso erano tutti disposti in una mezzaluna intorno al fuoco, punto nevralgico della stanza.

“Che cosa avete scoperto?” Chiese Alec.
Frank non rispose, limitandosi a fissare il fuoco. Marcus prese la parola.
“È stata uccisa da un Avada Kedavra,” disse. “Non ci sono segni di lotta o ferite sul suo corpo.”
“Frank, hai qualcosa da aggiungere?” Chiese Jack. Il ragazzo scosse la testa.
“Non sono mai andato particolarmente d'accordo con Louise,” disse infine, la voce rauca, “mi sono diretto verso la spiaggia perché l'avevo vista in precedenza e… non c'era nessuno, lei riversa per terra. Sembrava che dormisse…”
La voce di Frank si affievolì fino a spegnersi.

Alec osservò il compagno per qualche secondo poi si rialzò sul divano.
"Credo che sia il caso di fornirvi alcune spiegazioni,” esordì, lo sguardo rivolto verso Sillus, Rose e Jack.
“Un paio di ore fa il gruppo si è diviso e questo perché ho chiesto a Sillus e Rose di seguire Jack e aiutarlo nei suoi tentativi di superare la barriera che ci separa dal mondo esterno. Questo è accaduto per causa mia, avevo bisogno di analizzare una teoria che ho sviluppato nel corso di questa mattina, e per farlo era necessario un gruppo piccolo di gente pronta a correre rischi.”
“Di cosa stai parlando?” Chiese Jack.
“Alec ci ha proposto una sua versione dei fatti, una teoria nella quale il signor Weasley non è morto per colpa di un suicidio, o di un errore, ma per colpa di qualcun altro. Per Alec, il signor Weasley era stato assassinato,” spiegò Marcus.
“Abbiamo passato l'intera mattinata a cercare in lungo e in largo per Marlott Island," continuò Frank, distogliendo infine lo sguardo dal fuoco. “A cercare un ospite indesiderato… ma non abbiamo trovato nessuno.”
“Il signor Weasley assassinato… ma è una cosa che non ha nessun senso! Da chi e perché?” Chiese Sillus.
“Da chi non lo sappiamo, il perché può essere facilmente spiegato nella morte di Arnold, forse qualcuno al Ministero è impazzito. Il tutto è inoltre tecnicamente possibile perché la barriera è stata aperta diversi minuti dopo il nostro passaggio,” spiegò Alec.
“Anche per Louise il signor Weasley era stato assassinato," sussurrò Rose. “Solo che lei…”
“Fammi indovinare,” Frank la interruppe, “secondo il ragionamento della nostra compianta compagna, il nostro istruttore è stato assassinato da qualcuno all'interno di questo gruppo, non è così?”

Il silenzio cadde nel salotto. Rose chiuse gli occhi e annuì.
“Ma non ha senso, io non posso credere che…”
“Jack, la cosa è molto semplice. Louise aveva la bacchetta in tasca ed è morta per un’Avada Kedavra. Ergo, non può essere stato un suicidio; ma se non c'è nessun altro sull'isola questo vuol dire…”
“Che l'assassino è uno di noi," concluse Marcus.
“Ed esiste un metodo perfetto per capire se il nostro ragionamento è fallace oppure no," aggiunse Alec. "Seguitemi, per favore.”

Il ragazzo si alzò, imitato dai compagni, e senza aggiungere una parola, Alec e gli altri cinque allievi si diressero verso la sala da pranzo. La aprì e, una volta che furono tutti entrati dentro, Alec puntò l'indice verso il centrotavola.
"Quante statuine ci sono?” Chiese.
“Sono… sei!” Esclamò Sillus.
“Ieri sera erano otto, stamattina, dopo la morte del signor Weasley, sette e adesso sei. C'è un assassino tra noi, un assassino che cercherà di ucciderci tutti, seguendo quella stupida filastrocca che ognuno di noi ha appesa in camera da letto.”

A quelle parole, tutti gli Auror radunati intorno al tavolo estrassero le bacchette, puntandosele l'un l'altro in un istante.

/ / / / / / /

Tale era il fracasso provocato, all'esterno, da una burrasca in piena regola, tanto era il silenzio totaleggiante che pervadeva l’interno della villa.
I sei allievi rimasero immobili, puntandosi la bacchetta l'un l'altro, tutti pronti a scattare alla prima minaccia o gesto improvviso.

“Oh, andiamo, smettiamola di comportarci come dei bambini,” sbottò Frank, abbassando la bacchetta.
“Io non abbasso un bel niente,” esclamò Sillus.
“E cosa risolveremo rimanendo in questa posizione? Un bel niente.”
Dopo qualche istante, anche Alec abbassò la bacchetta.
“Frank ha ragione; l'unica cosa che possiamo fare ora è tornare in salotto e analizzare ciò che è accaduto durante la mattinata.”
“Ma se c'è un assassino tra noi cercherà in ogni modo di sviare i nostri ragionamenti!”
“E noi glielo impediremo,” borbottò Marcus, abbassando a sua volta la bacchetta, imitato da Jack e Rose. “Avremmo dovuto affrontare Marlott Island sin dall'inizio nel modo giusto, senza farci prendere dalle emozioni.”
Sillus rimase qualche altro secondo con la bacchetta alzata ma poi, lentamente e dopo un apparente sforzo interiore, l'abbassò.
“Ci sto.”
Non appena tutti ebbero rinfoderato le proprie bacchette, l'atmosfera si riscaldò immediatamente. Certo, tra di loro apparentemente si nascondeva un’assassino, ma avrebbero affrontato l’argomento insieme e forse trovato una soluzione.

Il gruppo tornò nel salotto dove ognuno di loro prese posizione sui divani e le poltrone, in attento silenzio.
Fu Frank il primo a parlare.
“Ok, facciamo come i nostri insegnanti ci hanno mostrato. Analizziamo analiticamente la situazione e cerchiamo di capire, se non chi è l'assassino, almeno se qualcuno di noi può avere un alibi che lo scagioni.”
“Partiamo dall'inizio, partiamo dal disco,” propose Rose.
“Immagino che sia stata una trovata del nostro assassino,” propose Jack.
“Sicuramente,” annuì Marcus. “Per organizzare questa strage il nostro deve avere un bel po' di conoscenze. Altrimenti non avrebbe potuto reperire le istruzioni per quei dannati manichini.”

In maniera quasi sincronica, le teste di tutti si voltarono verso Sillus.
“Ah sì, capisco. Adesso l'indiziato sono io perché mio padre è un pezzo grosso del ministero, eh?” Il ragazzo sbottò, incredulo.
“Anche il padre di Arnold era un pezzo grosso,” Frank esclamò.
“Cosa c'entra il padre di Arnold?" Chiese Alec, aspro.
Frank si alzò in piedi, avvicinandosi al fuoco.
“Se qualcuno di noi ha deciso di vendicare il nostro compagno, io credo che non dovremmo escludere il fatto che suo padre possa essere coinvolto. Ha forti motivazioni e le conoscenze adeguate.” “Tu lo conoscevi bene,” fece notare Alec. L'altro sorrise.
"Conosce tutti noi. Mi chiedo, la morte dell'unico figlio lo ha sconvolto abbastanza da organizzare questa strage? Probabile. Ma è altrettanto probabile che abbia accettato l'offerta di uno di noi; non avrebbe dovuto fare niente se non fornire informazioni e poter così vendicare Arnold senza muovere un dito."

“In ogni caso,” riprese dopo qualche secondo di silenzio, “troverete che nessuno di noi può essere escluso a priori in base alle nostre conoscenze o amicizie, né tantomeno in base al carattere.”
“Giusto. E questo ci porta alla prima sera,” affermò Jack.
“Mentre noi eravamo intenti a cambiarci, e prepararci per la cena, deve essere stato facile per il nostro assassino scendere e adagiare il disco sul divano,” sospirò Alec.
“E per quanto riguarda l'omicidio del signor Weasley…”
“Il nostro istruttore ha passato un paio di ore a settare correttamente tutti i manichini,” esclamò Marcus, “poi abbiamo avuto un'ora di pausa.”
“Ed è allora che l'assassino ha colpito,” propose Rose.
Tutti annuirono.

“Qualcuno di noi ha un alibi?” chiese Marcus.”Inizio a dire che io non ce l'ho, mi sono recato nella legnaia dove ho fatto a pezzi un po’ di legna per il fuoco. Tornando a casa, ho visto Louise sulla terrazza… ma ovviamente non può confermare.”
“Io e Rose abbiamo studiato insieme,” aggiunse Sillus.
“Sì, ma solo per una mezz'oretta,” ribatté Jack. “Ti ho visto quando sei salito di sopra.”
“E con questo? Non penserete mica che l'assassino abbia potuto preparare la trappola per il signor Weasley in così poco tempo!”
“In realtà sì,” sussurrò Alec. “Il signor Weasley ha dovuto preparare sette manichini, più il suo, e ha dovuto inserire diversi incantesimi in ognuno di quei maledetti marchingegni. Il nostro ha dovuto inserire solo l'Avada Kedavra. Scommetto che lo ha fatto nel manichino distaccato dagli altri, quello solitamente usato dall'istruttore."
“Dieci minuti per andare e tornare dalla villa al campo di addestramento, una decina di minuti per inserire l'Avada Kedavra nel manichino destinato al signor Weasley… tutto sommato una mezz'oretta potrebbe bastare,” aggiunse Frank. “Questo non fa di te un assassino, Sillus, ma semplicemente ci fa capire che sia tu che Rose, nella mezz'ora precedente al vostro incontro, avreste potuto preparare la trappola per il signor Weasley.”
“Ah sì? E voi tre, che cosa avete da dire?” Sbottò Sillus.

“Per quanto riguarda noi tre, è il caso inverso. Abbiamo passato la prima mezz'ora libera insieme," spiegò Alec, “poi Frank ha deciso di fare il coglione, se n'è andato, seguito poi da Jack. Io sono rimasta a giocare a biliardo ma ovviamente nessuno può testimoniare a mio favore.”
“Io sono rimasto in camera mia e poco dopo ho sentito anche Jack entrare nella sua. Ho fatto un pisolino e mi sono svegliato giusto in tempo per scendere giù,” aggiunse Frank, osservando di sottecchi il compagno.
Jack alzò le spalle.
“Anche io ho cercato di riposare ma, lo ammetto, con poco successo.”
“Insomma, ognuno di noi ha avuto una mezz'ora libera per agire,” concluse Rose.

“Passiamo adesso alla morte di Louise,” propose Alec. “Io, Frank e Alec siamo subito giunti alla conclusione che doveva esserci un assassino sull'isola, abbiamo perlustrato la casa e ci siamo resi conto che la bacchetta del signor Weasley è sparita.”
“Che cosa?” Esclamò Rose.
“Presumo che l'assassino abbia bisogno di una bacchetta aggiuntiva per agire indisturbato. Possiamo lanciare un Prior Incantatio sulle nostre bacchette ma sono pronto a scommettere che non troveremo l'Avada Kedavra che ha ucciso la nostra compagna,” rispose Frank.
“Niente bacchetta e nessun altro su quest'isola, abbiamo perlustrato praticamente ogni angolo,” aggiunse Marcus.
“Ma è qui che la cosa si fa purtroppo interessante, nessuno di noi ha un alibi perché ci siamo immediatamente divisi per perlustrare meglio, e soprattutto più velocemente, l'isola,” concluse Alec. “Anche se io avrei agito diversamente.”
Frank ignorò il commento finale del compagno e si rivolse a Rose. “E voi che cosa avete fatto?”

“Io e Jack abbiamo cercato di uscire da questa dannata isola con ogni metodo possibile. Ci siamo materializzati, abbiamo usato una passaporta, attaccato la barriera con ogni incantesimo a nostra conoscenza,” rispose Rose. “Ma noi due siamo rimasti sempre insieme, tranne quando sono tornata a casa per recuperare un manico di scopa.”
“Quanto sei stata via?” Chiese Marcus.
“Non più di una ventina di minuti. Prima sono passata dalla spiaggia e ho incontrato Sillus e Louise.”
“E cosa ti ha detto?” Chiese Frank.
Rose abbassò lo sguardo, puntandolo sul fuoco.
“Che e tra di noi c'era un assassino, che i nostri sforzi erano vani e che preferiva rimanere da sola, a fumare, piuttosto che cercare una via di fuga con noi.”
Si asciugò con rabbia una lacrima che minacciava di cadere dai suoi occhi.
“Se fossi rimasta con lei…”
“Probabilmente ti avrebbe cacciata a forza, sai come era fatta,” dichiarò Frank, dandole un'amichevole pacca sulla spalla.
“E tu Sillus? Sei rimasto tutta la mattina sulla spiaggia insieme a Louise?” Chiese Marcus, sospettoso.
“Io ho cercato di coinvolgerla, volevo provare a creare una specie di zattera ma le onde erano troppo alte, mi sono quasi ribaltato. Ho tentato di coinvolgere Louise ma lei, per tutta risposta, mi ha mandato a quel paese e si è allontanata.”
“E non l'hai più vista?”
“No, la spiaggia è abbastanza lunga e ci sono un sacco di massi e pietre. Non mi sono più avvicinato a Louise, non mi sembrava dell'umore adatto.”

Cadde nuovamente il silenzio nella stanza.
“Se capisco bene," dichiarò Frank, “io Marcus e Alec avremmo potuto, durante il nostro giro di perlustrazione, facilmente uccidere Louise. Jack avrebbe potuto attaccarla durante l'assenza di Rose, Rose prima di andare in casa e Sillus ha avuto l'intera mattinata disponibile per pianificare l'assassinio, data la prolungata vicinanza con la vittima.”
“Esatto," mormorò Jack.
“Non fa una piega,” aggiunse Marcus.

“Tra di noi c'è un omicida e nessuno ha un'alibi,” concluse Alec, alzandosi e uscendo dal salotto.

/ / / / / / /

Capitolo più discorsivo, meno di azione ma ugualmente importante. Era necessario spiegare le cose, analizzare la situazione e fare un punto. Cosa ne pensate? Fatemi sapere, alla prossima!

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Capitolo 9
*** Un Pomeriggio di Ordinaria Follia ***


Capitolo 8 , Un Pomeriggio di Ordinaria Follia

 



Dopo le parole di Alec, quasi all’unisono, gli altri presenti nel salotto seguirono il suo esempio e uscirono dalla stanza senza rivolgersi la parola, guardandosi di sottecchi.

Troppe le informazioni da recepire in così poco tempo, altrettante le emozioni che albergavano nei giovani allievi.
Fino al giorno precedente, credevano di essere tutti amici, certo in misura diversa, un gruppo segnato da una morte terribile, un lutto che aveva distrutto le fondamenta delle loro vite.
Nonostante ciò, rimaneva un gruppo di persone che aveva condiviso tre anni della loro esistenza.
E nonostante tutto ciò, sebbene paresse incredibile, tra di loro c'era un assassino intenzionato a sterminarli tutti.

La tempesta crebbe di intensità, costringendo gli allievi a rimanere al chiuso, prigionieri di una villa che adesso non appariva più calda e accogliente, bensì tetra e malvagia.



/ / / / / / /

Verso le tre di pomeriggio, Rose sentì l'impellente necessità di fare qualcosa, di tornare a usare la mente. Come tutti gli altri, o almeno così pensava, si era rifugiata in camera sua, cercando di trascorrere il resto della giornata come meglio poteva, ma, giunta a quel punto, sentì le pareti stringersi intorno a lei, come in una morsa fatale, e non poté resistere un altro minuto.
Con la bacchetta in pugno, uscì da camera sua e si avventurò per la villa, cercando di ritrovare la zona che più aveva attirato la sua curiosità.

Dopo alcuni minuti riuscì a ritrovare la via, aprì una porta a vetri e si ritrovò in quella che aveva tutta l'aria di essere una piccola biblioteca: tre pareti erano completamente ricoperte da scaffalature in legno pregiato, contenenti, ognuna di esse, decine e decine di volumi all'apparenza pregiati e antichi. Si trattava sicuramente della biblioteca personale del Signor Marlott.
Non c'era poi molto altro da vedere, contro l'unica parete libera il proprietario aveva addossato un'antica poltrona, all'apparenza molto comoda, un comodino con una piccola luce da lettura e sopra una finestra che dava direttamente sul mare. Rose sospirò di fronte a tutti quei libri che non aveva mai letto, ne prese uno dallo scaffale più vicino alla finestra e si mise a sedere, chiudendo la porta.
Se quelle sarebbero davvero state le ultime ore a sua disposizione, le avrebbe trascorse facendo quello che più le piaceva: leggere un bel libro e volare con la mente lontano da lì. In effetti si rivelò un opera piuttosto interessante: il resoconto di un viaggio, avvenuto alla fine dell’800, da parte di due esploratori, maghi inglesi, alla ricerca delle comunità magiche nel Sudafrica.
Il ritmo incalzante, lo stile ricercato ma comunque ben fluido, senza appesantimenti, le disavventure dei due in un'Africa ancora selvaggia; tutti ingredienti di un'opera che Rose divorò senza nemmeno accorgersene.
Non si trovava più a Marlott Island, in compagnia di un folle assassino, bensì in Africa al fianco di Joe e Barry!

“Rose!”
La ragazza si riscosse, aprendo gli occhi. Si trovava completamente al buio, il libro le era caduto dalle mani ed era finito in terra, tutto spiegazzato.
No, non era possibile, si era addormentata come una sciocca e, a giudicare dal buio che ormai invadeva la stanza, lo aveva fatto anche per un paio di ore!
Aveva reso se stessa estremamente vulnerabile, un errore da principiante!

Frank sorrise, entrando nella stanza e avvicinandosi agli scaffali.
“Mi spiace svegliarti ma avevo pensato anch'io di trovare rifugio in questa piccola biblioteca,” disse, esaminando i vari libri con lo sguardo.
Rose, quasi meccanicamente, si alzò per recuperare il libro che le era caduto. Si mosse nel modo più guardingo possibile, cercando di mantenere sempre il contatto visivo con il compagno. Ma era veramente un compagno, o forse un assassino spietato?
L'altro notò il suo comportamento perché il sorriso si allargò ed esclamò, vagamente ilare: “puoi stare tranquilla con me, se fossi l'assassino a quest'ora saresti già morta non mi sarei certo disturbato a svegliarti.”
“Questo non dimostra un bel nulla” replicò, “l'assassino segue quella stupida filastrocca, probabilmente il mio turno non è ancora giunto.”
“Se quello che capto nelle tue parole è una vaga accusa, posso dirti che stai sprecando il tuo tempo,” replicò Frank. “C’è un assassino in circolazione e tu, non solo ti rifugi in biblioteca, ma addirittura ti addormenti…”

Un nuovo silenzio cadde nella piccola stanza, i due ragazzi si osservarono a fondo, per qualche secondo, prima che Rose infine sbuffasse.
“Mi sono addormentata perché sono una sciocca, non perché sono un'assassina,” ammise, infine.
“E io ti credo, non sarei venuto qui altrimenti,” rispose Frank. “Anche se ancora mi domando come tu possa leggere tranquillamente quando tra di noi c'è un assassino.”
“Nei momenti di difficoltà leggo, è un'abitudine che ho da quando sono ragazzina,” spiegò Rose. "Leggere mi aiuta ad andarmene, perlomeno con la mente, in posti lontani. Mi aiuta a non pensare, a non ricordarmi del fatto che tra di noi c'è un compagno che ci vuole tutti morti.”
Frank annuì, avanzando lentamente.
“E invece io non riesco a non pensarci, è un tarlo che mi divora dentro,” sussurrò. “Sono rimasto in camera per cercare di analizzare il tutto da un punto di vista professionale, eppure non ci ho cavato un ragno dal buco. Solo qualche vago sospetto.”
“Chi?”

Frank esitò per un istante, uscì dalla stanza, per poi rientrarvi subito dopo.
“Per me è Alec,” sbottò.
“Alec?”
“Sì, è stato lui ad avere l’idea dell'omicidio. Tu non c'eri perché ci ha separati ma dovevi vedere come ne parlava, sembrava estremamente sicuro,” sussurrò. “E poi il fatto stesso che ci abbia divisi ha aiutato il nostro assassino a compiere il suo macabro dovere con più facilità. Se avesse riferito i suoi sospetti a tutti, ci sarebbe stata confusione, certo, ma ci saremmo mossi stando molto più attenti.”
Rose rimase in silenzio, soppesando le parole del compagno.
“Alec… non lo so, Frank, si è esposto molto. Secondo me l'assassino è qualcuno che è rimasto più nell'ombra.”
“Uno tipo Sillus? Si sa che molti secchioni hanno un tracollo emotivo prima dell'esame…”

A quell'ipotesi, Rose rise, lasciando l’altro basito.
“Sillus? Non è in grado di fare male a una mosca, dai!”
“E allora chi diavolo è secondo te?”
“Non lo so… io, Frank, io non lo so!”
Rose esclamò, sentendo la rabbia montare dentro di lei e faticando a non urlare. “Lo vuoi capire che non ho ancora avuto il modo, e né tantomeno la voglia, di elaborare qualche stupida e inutile teoria?”

Frank rimase in silenzio per qualche secondo, visibilmente sorpreso dalla reazione aggressiva della compagna.
“Scusa, non volevo urlare, io…”
“No, tranquilla Rose, capisco,” il ragazzo osservò il mare dalla finestra, visibilmente infastidito.
“Solo che mi aiuta affrontare la nostra situazione in maniera più distaccata. Mi serve a non impazzire, a non pensare che… che siamo tutti amici. O forse non tutti, visto che ci ritroviamo in questa situazione.”
Rose chinò la testa, osservando il libro che teneva tra le mani.
“Vado… chiudi la porta quando sarò uscito,” sussurrò l’altro, voltandosi verso la porta e aprendola.
“Se il nostro assassino vorrà uccidermi… c’è poco che io possa fare,” sbottò lei, irritata.
Frank sorrise.
“Solo… cerca di non rendergli le cose più facili.”
Detto questo, dopo un’ultimo saluto con il capo, lasciò la piccola biblioteca, richiudendosi la porta alle spalle.

Rose rimase ferma, immobile.
Stava impazzendo, per caso? Non si era mai sentita così… arrabbiata, prima. L’unica cosa che avrebbe davvero voluto fare era urlare, gridare fino a svuotarsi i pomoni.
Non ce la faceva più, quell’atmosfera così lugubre la stava soffocando!
Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, lasciandosi cullare dal vento e dal rumore del mare.
E, per ogni evenienza, decise di alzarsi e girare la chiave nella toppa.
Poteva…
Poteva davvero essere Alec… o Sillus?

/ / / / / / /

Alec, Jack e Marcus si erano trasferiti nella stanza dei giochi, dando vita a una serie di svogliate partite di Gobbiglie.
Raggiunta la quarta partita, anch'essa persa da Jack, il ragazzo si alzò, decisamente puzzolente a causa della puzzalinfa spruzzatagli addosso per essere giunto ultimo ogni volta.
“Vado a lavarmi, puzzo peggio di una Mimbulus Mimbletonia!”
“E sei anche decisamente più brutto,” ghignò Alec, ricevendo per tutta risposta un dito medio da parte del compagno.
Una volta che Jack fu fuori dalla stanza, il clima si fece nuovamente cupo. Marcus e Alec si alzarono per sgranchirsi le gambe, un’espressione particolarmente tesa sul volto del primo.

“Alec posso farti una domanda?” esordì Marcus, torcendosi le mani.
“Certo, spara,” annuì l’altro, incuriosito dall’atteggiamento dell’altro.
“Volevo un confronto sulla nostra situazione. Hai… dei sospetti?”
Alec si accese una sigaretta, aspirando il fumo, prima di rispondere: “perché me lo chiedi?”
“Insomma Alec… io ti rispetto, sei una persona onesta. Siamo amici, insomma ci conosciamo da tipo tre anni e non ti vedo come un assassino.”
L’altro sorrise, annuendo.
“Lo stesso vale per me. Non credo che, al momento, in questa stanza ci sia il nostro fantomatico assassino.”
A queste parole, Marcus si rilassò visibilmente.
“E chi credi che possa essere?” chiese.
Alec diede una boccata alla sua sigaretta, poi rispose, di getto: “Frank.”
A quelle parole, un sorriso comparve sul volto dell’altro ragazzo.
“Che c’è?”
“Sapevo avresti detto proprio il suo nome,” rispose Marcus. “Voi due proprio non vi sopportate…”
“Non è solo per questo motivo,” replicò Alec, gettando la sigaretta, infastidito. “Se non fosse stato per lui, avremmo cercato per l’isola noi tre insieme. Invece è stato lui a proporre di dividerci. Forse, se fossimo rimasti insieme, Louise si sarebbe salvata e noi tre saremmo fuori dai sospettati!”

L’altro rimase in silenzio, soppesando le parole dell’amico.
“Può essere. ma non so se ciò costituisca una prova…”
“Ovvio, ma è comunque l’unica pista che ho. E tu, che ne dici?”
Marcus abbassò la testa, stringendo i pugni.
“Ne so meno di te. Non mi piace Jack, ecco, se proprio lo vuoi sapere. É come se costantemente indossasse una maschera, non ho mai capito la sua vera personalità dietro la sua maschera da deficiente.”
Alec fece per rispondere ma il ritorno di Jack nella stanza, adesso pulito e profumato, lo interruppe.

La partita riprese e così fecero anche le elucubrazioni mentali dei due.

/ / / / / / /

Sillus si era rinchiuso in camera sua. Aveva afferrato un foglio di pergamena ed una piuma e per diverse ore era rimasto immbile, cercando di trovare una via d’uscita.
Doveva rimanere lucido, far funzionare il suo super cervello per riuscire a sopravvivere.
Forse… forse poteva chiudersi dentro a chiave. Scendere giù, prendere le provviste necessario e ‘fanculo tutti.

Poi improvvisamente sentì risuonare per la stanza una voce familiare.

”Sillus.”

Era Arnold. Ma no, si trattava di un errore, lui era morto.

”Sillus, sei stato tu. Tu mi odiavi. Tu eri invidioso di me.”

Sillus si coprì le orecchie con le mani e chiuse gli occhi.
“Tu non sei reale. Tu non sei reale.”

”Sillus. Sillus. Sillus. Sillus.”
“Basta ti prego”
”SillusSillusSillusSillusSillus”

“BASTA!!!”
Sillus si alzò in piedi e diede un calcio al tavolino che finì disteso per terra. Rimase in piedi, confuso e senza fiato.
Poi aprì il baule e bevve un’altra provetta, sedendo sul letto e rimanendo con gli occhi chiusi.
Cosa diavolo gli stava accadendo?

/ / / / / / /

Alle sette di sera, come di comune accordo, i sopravvissuti si ritrovarono in salotto.
“Il tempo non accenna a migliorare,” sbottò Jack, ravvivando le fiamme del camino.
“Io mangerò un boccone,” annunciò Frank.
“In questo momento non potrei ingoiare nemmeno una briciola,” sussurrò Sillus.
“Dobbiamo mangiare per rimanere in forza. Io vado in cucina.”

Il ragazzo non si sorprese quando, pochi minuti dopo, fu raggiunto da tutti gli altri.
“Paura che avveleni la cena?” ghignò.
“Sei piccoli maghi andarono a mangiar, uno fece indigestione, e solo cinque ne restar,” recitò Alec.
“Quindi, per te, io sono il responsabile della nostra situazione?” chiese Frank, accigliandosi.
“Potresti. Alec potrebbe, tutti noi potremmo, smettetela di bisticciare come degli idioti,” sbottò Sillus. Nessun’altro aprì bocca.
Consumarono una cena in pieda, nella cucina, mangiando cibo in scatola riscaldato.

Tornarono poi in salotto, seduti in semicerchio, l’unico rumore tangibile la tempesta che stava spazzando l’isola.
Rose prese il libro che aveva iniziato nel pomeriggio e proseguì la lettura, Sillus rimase seduto sulla poltrona di fronte al fuoco, quasi ipnotizzato dal guizzare delle fiamme.
Frank si era alzato, incapace di restare fermo, muovendosi continuamente tra le due grandi finestre, osservando il temporale e le onde che si abbattevano sulle scogliere.
Marcus, Jack e Alec provarono a portare avanti un’altra, svogliata, partita di Gobbiglie.
Jack perse ancora, poi anche loro tre rimasero in silenzio, assorti nei loro cupi pensieri.

Quando la pendola batté le ore dieci, i sopravvissuti si riscossero.
“Io vado a letto,” annunciò Rose, alzandosi.
“Chiudi bene la porta,” le ricordò Frank. La ragazza annuì e poi uscì dalla stanza senza aggiungere altro.
Quello strazio durò altri dieci minuti, poi anche i ragazzi, di comune accordo, decisero di andare a letto, uscendo dal salotto muovendosi quasi all’unisono.
Arrivati al primo piano, Frank borbottò:” lo stesso consiglio vale anche per voi. Chiudetevi a chiave.”
“Lo sappiamo, non siamo degli idioti,” replicò Alec.
“Spera solo che sia così.”

/ / / / / / /

Eccomi qui! Una delle cose che più adoro di “Dieci Piccoli Indiani” è questo clima di tensione persistente, questa discesa negli inferi lenta ma continua. Ed è quello che ho cercato di realizzare, in questo capitolo!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in caso fatemelo sapere :>

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Capitolo 10
*** Buono da Morire ***


Capitolo 9, Buono da Morire

 



Non appena si chiuse la porta alle spalle, Marcus impose sulla dura superficie di legno alcuni incantesimi di allarme, nel caso qualcuno avesse cercato di forzarla.
Poi si spogliò, rimanendo solo in mutande e canottiera, e, senza esitazione alcuna, fece tre serie da dieci flessioni ciascuna.
Era l’unica cosa che potesse fare se non voleva impazzire.
Patetico che la sua forza fisica non servisse a niente, su quell’isola, patetico che non avesse nemmeno un’idea.

La follia.
L’aveva annusata, nel corso della giornata, la casa ne era piena.
Si era infilata, di nascosto, durante il pomeriggio, pervadendo ogni angolo di quella fottuta villa, e presto si sarebbe impossessata di ognuno di loro.
Frank, seduto sul letto, i piedi che poggiavano a malapena sul tappeto, sorrise.
Si era sempre creduto al di sopra di queste piccole debolezze, certo che lui non sarebbe crollato.
Ma davanti a quel caminetto, durante il pomeriggio.
Aveva bussato, la follia.
Ma non aveva risposto. Per quanto a lungo ci sarebbe riuscito?

La tempesta continuava a infuriare su Marlott Island.
Ci aveva indovinato. ‘Fanculo.
Alec chiuse le pesanti tende della finestra, sibilando sotto il lamento del mare mosso.
Avrebbero sofferto le pene dell’inferno almeno per un’altra giornata, più un’altra, come minimo, per far calmare il mare.
C’era tutto il tempo per compiere una strage.

Rose si rigirava il libro tra le mani in maniera quasi spasmodica.
Non si sentiva per niente a suo agio in quella grande camera, molto meglio nella libreria al pianterreno.
Ebbe una mezza idea di alzarsi, prendere il libro e dirigersi verso le scale ma si bloccò.
Era una sciocca, avrebbe avuto tutto il tempo per legge, il giorno dopo, adesso doveva dormire.
Ma come poteva riuscirci?

Sillus osservava attentamente l'ultima fialetta dal liquido color rosso.
Il Guaritore gli aveva assicurato che ognuna di quelle avrebbe avuto effetto per circa ventiquattr'ore anche se, in situazioni di forte stress, la durata poteva diminuire drasticamente.
Quanti giorni erano trascorsi? Quanti ne mancavano?
Decisamente troppi per potere resistere con una sola, fottuta, fialetta.

Jack non aveva pace. Disfece la valigia per la ventesima volta eppure il pregiato whisky che si era portato dietro non si trovava. Sua sorella, era stata lei.
La mano destra iniziò a tremare incontrollata, il ragazzo provò a fermarla, trattenendola con quell'altra, ma i risultati furono trascurabili.
Si sdraiò sul letto, gli occhi chiusi, e finalmente crollò.
Pianse perché solo in quel momento si era reso conto di avere un forte problema di dipendenza dall'alcool, pianse perché non voleva morire, era troppo giovane e sarebbe cambiato!
Pianse perché, in quel momento, odiava sua sorella eppure, allo stesso tempo, avrebbe dato via tutto l'alcool del mondo per poterla rivedere.

/ / / / / / /

La mattina successiva nessuno dei sopravvissuti osò mettere il piede fuori dalle loro rispettive camere prima delle dieci.
Solo allora, infatti, la pioggia diminuì e qualche timido raggio di sole arrivò per rischiarare la villa e Marlott Island.
Attratti dalla luce come giganteschi girasoli, i sei piccoli maghi scesero in sala da pranzo già tutti vestiti.

“Sembra proprio che il peggio sia passato,” esclamò Marcus, sorridendo.
Alec aprì la porta-finestra che si affacciava sulla terrazza e scrutò il cielo, pieno di dubbi
“Guardate là,” esordì, indicando agli altri un ammasso di nubi nere all’orizzonte. “Temo che tra un paio di ore saremo nuovamente investiti da un fronte temporalesco. Forse sarà meno importante di quello che ci ha colpito ieri, ma comunque non è da sottovalutare.”
Frank imprecò.
“Dobbiamo cercare di utilizzare queste ore di sole nel miglior modo possibile,” propose Rose.
“E come?”
“Non lo so, ma credo che faremo meglio a tornarcene dentro. L’aria è ancora piuttosto fredda,” rispose Frank.

Tutti rientrano nella casa, radunandosi nella sala da pranzo.
“Chi vuole fare colazione?” chiese Frank.
Marcus, a quelle parole, fece un'espressione di disgusto mentre Rose sussurrò: “in questo momento non mangerei neanche un galletta di riso!”
“Oh andiamo, non dovreste fare così, una buona colazione è importante per mantenerci in forze!”
“È commovente il tuo interesse per la nostra colazione,” sogghignò Alec, “sembra proprio che sia una tua priorità farci mangiare.”
Frank si rabbuiò a quelle parole.
“Che cosa intendi dire?” Chiese.
Alec sorrise, ironico.

“Il prossimo di noi, lo si capisce dalla filastrocca, sarà ucciso mentre consumerà del cibo. Ironico che tu ti sia così incaponito nel farci mangiare.”
“Alec…” mormorò Jack.
“Ah, è così dunque?” Frank allontanò Jack con un cenno della mano.
“Beh… sì, non mi fido di te, non è una novità.”
“Non credo sia il caso di metterci a litigare,” sbottò Sillus, scuotendo il capo.
“Sì, hai ragione,” sbottò Alec, “non ne vale la pena,” concluse, mettendosi a sedere.
Frank fece per ribattere ma poi, evidentemente, cambiò idea perché si limitò a voltare le spalle e a dirigersi verso la cucina.
Nessuno lo imitò e il ragazzo si limitò a consumare una solitaria colazione mentre tutti gli altri si spostarono in salotto. Dopo aver sparecchiato, Frank uscì dalla sala da pranzo e rimase per qualche istante fermo, indeciso su dove andare. Forse tutti si erano radunati in salotto ma in quel momento non era pronto per una discussione, o per trascorrere la mattina come la sera precedente. Fermo, immobile, vittima dell'ansia.
Decise quindi di voltare a destra, in direzione della piccola biblioteca.

In effetti poteva capire il motivo per il quale Rose aveva deciso di rifugiarsi proprio lì, il giorno precedente. La biblioteca, benché di dimensioni contenute, emanava un'atmosfera accogliente e dava un senso di sicurezza e calore che altrove mancava completamente.
Fece per prendere un libro, e mettersi a sedere, quando la porta si aprì e ad entrare fu proprio la ragazza.
“Frank, potresti venire in salotto con tutti gli altri? Stiamo cercando di capire le nostre prossime mosse,” chiese.
Il ragazzo scosse la testa ma comunque accettò la richiesta della compagna e uscì, accompagnato da Rose. “Non ho la minima idea di cosa ci sia da discutere ulteriormente.” borbottò.
“Tra poco pioverà ma è necessario capire che cosa fare, elaborare una strategia per le prossime ore,” spiegò la ragazza.
“Sempre se ci arriveremo.”
Rose ignorò il caustico commento del compagno. Dopo qualche minuto, entrambi presero posizione nel salotto, dove gli altri erano già seduti attorno al fuoco.

Alec si schiarì la voce.
“Bene, ora che siamo tutti riuniti qui, possiamo capire che cosa fare e come cercare di resistere. Il tempo presto peggiorerà,” annunciò, “ma è probabile che la tempesta sarà meno violenta, o comunque di durata più breve rispetto a quella che ci ha tenuti rinchiusi qui dentro, ieri.”
“'Non c'è molto da fare se non cercare di sopravvivere.” borbottò Sillus. “Il nostro assassino avrà preso tutte le contromisure verso ogni nostro possibile sforzo.”
Marcus alzò gli occhi mentre Alec sbuffò.
“Dobbiamo provare, non vorrei mai passare un'altra giornata come quella di ieri,” esclamò Rose.
“Visto il peggiorare del tempo, temo, mia cara, che.sarà inevitabile,” dichiarò Frank. “Ma, in effetti, sono convinto che qualcosa si possa fare per avvertire gli abitanti della terraferma.”
“E cosa? Abbiamo provato praticamente di tutto,” esclamò Jack, alzandosi in piedi e iniziando a camminare nervosamente avanti e indietro per il salotto.
“No, non tutto. Non avete provato con i Patronus, l'unica cosa che siete riusciti a dimostrare è il fatto che non si può lasciare l'isola… ma forse loro ci riescono. Possiamo inoltre provare con i segnali di fuoco per attrarre la terraferma e sono sicuro che Alec conosca il codice morse, dato che suo nonno era un Babbano.”

A quelle parole, il silenzio cadde nuovamente nel salotto.
“Sì, ma al villaggio sono tutti Babbani e credo che l'isola sia schermata e protetta, in modo che i Babbani non la possano vedere,” sussurrò Sillus.
“E chi va a pescare lì vicino?” Chiese Jack, avvicinandosi al tavolo che ospitava gli alcolici con aria turbata.
“Ci sono numerosi incantesimi simili a quelli che proteggono Hogwarts,” rispose Rose, la quale aveva letto nuovamente il manuale e quindi era assolutamente preparata sull'argomento.
“Sì, tutte obiezioni sensate,” replicò Frank, muovendo la mano con un gesto di stizza. “Ma vi state dimenticando di una persona, forse l'unica in grado di poterci salvare.”
“Ma chi?” Sbottò Marcus.
“La nostra guida!” Esclamò Rose, improvvisamente.
Frank annuì.

“La nostra guida è probabilmente l'unico mago presente in questo momento nel villaggio. Forse non conoscerà il codice morse, ma se riuscissimo a far arrivare il patronus fino alla costa oppure ad attrarre la sua attenzione con segnali di fumo e altre diavolerie…”
“Penserebbe che si tratti di qualche esercitazione,” sbottò Alec.
“Il primo giorno sì, forse. Ma se tutti insieme, a turno per ventiquattro ore, riuscissimo a produrre segnali in continuazione, sono sicuro che a un certo punto si porrebbe qualche domanda!”
Marcus annuì e Rose esclamò: “è l'unica opzione!”
“Non ci credo!”

Tutti e cinque si voltarono in direzione di quella esclamazione così estasiata e terribilmente fuori luogo. Jack si trovava ancora davanti al tavolo degli alcolici e teneva in mano una bottiglia di whisky, trionfante.
“Sono un idiota, guardate, era proprio in fondo e non me ne ero reso conto!”
“Ma di che diavolo stai parlando?” Chiese Sillus, acido.
Jack stappò la bottiglia e versò un generoso quantitativo di liquido ambrato in un bicchiere.
Aveva un'espressione sul volto quasi maniacale.
“Tu non ne puoi sapere niente perché la tua vita non va al di là dei libri, ma questo, questo è il miglior whisky incendiario in circolazione!” Esclamò, sorridendo.
“E hai già intenzione di bere alle undici della mattina?” Chiese Marcus, stupefatto.
Per tutta risposta, l'altro alzò le spalle.

“È commuovente come tu ti interessi tanto della mia salute, ma dato che forse domani sarò già morto, penso di potermi concedere qualche vizio,” dichiarò, sorridendo.
Poi beve tutto d'un fiato. Forse troppo velocemente perché Jack iniziò a tossire violentemente.
“Il solito ubriacone…” borbottò Rose.
Ma evidentemente stava succedendo qualcosa di ben peggiore rispetto a un drink andato di traverso.
Jack diventò paonazzo, lasciò cadere il bicchiere e cadde per terra in preda alle convulsioni.

Alec e Marcus si chinarono su di lui ma già era troppo tardi.
Il corpo del ragazzo, dopo un ultimo spasmo, si immobilizzò.
Un silenzio carico di orrore e sgomento prese nuovamente il sopravvento nel salotto. I due ragazzi si alzarono in piedi, indietreggiando lentamente mentre Frank andò a recuperare il bicchiere di Jack, finito sotto un tavolino.

“È… è morto,” esalò Rose.
“Non potrei essermi matematicamente sicuro, ma scommetto che è stato usato del veleno di basilisco,” dichiarò Frank, annusando il bicchiere e porgendolo ad Alec.
Costui annuì.
“Un altro di noi che ha dimostrato la sua innocenza troppo tardi,” sbottò, osservando in tralice Marcus.
“Ed ecco l'indigestione del povero piccolo mago. Tutti noi eravamo così convinti che sarebbe stato avvelenato il mangiare…” sussurrò Sillus, pallido in volto.
“E invece è stato avvelenato il whisky,” Rose concluse la frase.

/ / / / / / /

Capitoletto bello intenso e importante. Jack ci ha lasciati, sospettavate di lui? Sono curioso, fatemi in caso sapere. Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare sicuramente prima, alla prossima!

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Capitolo 11
*** A Building Panic ***


Capitolo 10, A Building Panic

 



Marcus ed Alec trasportarono in silenzio il corpo di Jack nella sua stanza. Come fosse uno strano segno del destino, e del tempo, nello stesso istante in cui ricoprirono il cadavere dell'amico con un lenzuolo, fuori la tempesta tornò a colpire Marlott Island.
“E pensare che, per te, lui era l'assassino,” sbottò Alec mentre scendevano le scale per tornare in salotto. L'altro non raccolse la provocazione.
Tornati in salotto, l'atmosfera si fece molto tesa.
Sillus Rose e Frank si osservavano di sottecchi ai tre angoli del salotto, il più vicino possibile al fuoco. L'ingresso di Alec e Marcus non contribuì a rallegrare l'ambiente.
“Dovremmo fare analisi più approfondite," dichiarò quest'ultimo, prendendo posizione di fronte al camino, “ma potrei scommettere che si tratta di un veleno potente, è morto all'istante.”
“Deve essere stato facile, per il responsabile di questa dannata carneficina, giocare con la psiche di Jack e la sua dipendenza,” borbottò Frank.
“Ma abbiamo cercato tutti gli effetti personali, non abbiamo trovato nessuna bottiglia,” dichiarò Rose.
“Forse era stata messa tra le altre bottiglie prima della perquisizione,” propose Sillus. “Dopo la morte di Louise.”
“Oppure, semplicemente, l'ha nascosta in giro per l'isola,” ribatté Frank. “Ci sono migliaia di posti dove celare una cosa così piccola come una bottiglia.”
“E adesso piove nuovamente, non possiamo portare avanti nuove perquisizioni,” esclamò Marcus.

Il silenzio cadde nuovamente nel salotto.
“Credo che sia il caso, ad ogni modo, di prendere delle precauzioni,” sussurrò infine Frank.
“Di che genere?” Chiese Rose.
“C'è un'infermeria nella villa, diverse pozioni che, prese singolarmente possono sembrare innocue, ma se combinate potrebbero diventare decisamente pericolose,” rispose il ragazzo. “Inoltre, lo devo ammettere, mi sono portato un paio di pozioni per calmare i nervi. Se anche voi avete portato delle medicine, sarebbe il caso di unirle e quindi metterle al sicuro.”
Anche Rose dichiarò di avere con sé un paio di pozioni del genere mentre Sillus fece riferimento alle fialette che assumeva in caso di stress.
“L'unica soluzione che mi sembra perseguibile sarebbe quella di mettere tutte le pozioni potenzialmente dannose in un baule e gettarle nel mare,” esclamò Alec.
“Io ho bisogno delle mie fialette, senza io non riesco a…”
“A fare cosa? Io sono l'esperto di pozioni di questo gruppo e quella contenuta nelle tue fialette potrebbe essere molto pericolosa, per chi non le assume regolarmente," sbottò l'altro.
“Alec, io non credo sia necessario,” sbottò Frank.
“Ah sì? Bene, dopo me me lo segno nella lista delle informazioni che non mi interessano minimamente!”
Sillus indietreggiò mentre l'altro ragazzo estrasse la bacchetta e la puntò verso di lui con aria folle.
“Alec, smettila,” esclamò Rose.
“Dai amico, stai esagerando,” sbottò Marcus.
Solo allora l'altro abbassò lentamente la bacchetta.
“D'accordo, puoi tenerti la tua stupida fialetta. Ma se qualcun altro tra di noi sarà avvelenato, saprò che sei stato tu e allora ti ucciderò,” Alec sibilò, prima di voltarsi e prendere a calci un tavolino.

L'infermeria era ben attrezzata con tutta una serie di pozioni già create e una dispensa da fare invidia a quella di Hogwarts.
Rose e Frank presero tutti gli ingredienti, più le pozioni non necessarie, gli infilarono in un sacco che a sua volta misero all'interno di un baule trovato in uno dei locali vuoti della villa. Poi sfidando le intemperie, si avventurarono sulla terrazza dove tutti e cinque insieme riuscirono a gettare il baule al di là della ringhiera, dritto nel mare.

/ / / / / / /

Una volta tornati all'interno, i cinque rimasero in silenzio, osservandosi. Un'altra statuetta era scomparsa dalla sala da pranzo, ma ormai quella notizia non riusciva più a sconvolgere i sopravvissuti.
“E ora che si fa?” Chiese Rose.
“Dobbiamo fare qualcosa, richiamare l'attenzione della terraferma!” Sussurrò Sillus.
“E come, genio?” Sbottò Marcus. “Sta piovendo, se non te ne sei reso conto!”
“Ma non possiamo neanche starcene rinchiusi qui dentro a non fare niente!”
“E perché no?” sibilò Frank, scuotendo il capo, bevendo una tazza di caffè.
Tutti l’osservarono.

“Il nostro assassino ci ha colpiti quando meno ce lo aspettavamo. Ma adesso la nostra concentrazione è ai massimi livelli,” spiegò il ragazzo, “se rimaniamo tutti uniti, insieme, nel salotto, fino a quando stasera non andremo a dormire, nessuno di noi morirà.”
“E l'unica cosa che, in questo momento, possiamo fare è rendere le cose difficili all'assassino e rimanere in vita più a lungo possibile,” intervenne Rose, annuendo alle parole del compagno. “Dobbiamo costringerlo a farlo agire di fretta, commettendo magari degli errori.”
Alec alzò le spalle mentre Marcus commentò: “sta bene.”
Sillus scosse la testa, fece per replicare, ma alla fine si costrinse a seguire i compagni in salotto.

Alec attizzò il fuoco e rimase per tutto il tempo con lo sguardo perso tra le fiamme che guizzavano allegre,uscendo dalle sue fantasticherie, ogni tanto, solo per raggiungere qualche ciocco di legno.
Rose prese posto sulla sua solita poltrona, estrasse il libro dalla borsa e riprese a leggerlo anche se nessuno dei suoi compagni la sentì mai girare pagina.
Frank camminava incessantemente avanti e indietro tra le due grandi finestre, lanciando ogni tanto una triste occhiata al mare in tempesta e alla pioggia che cadeva, incessante.
Marcus si sdraiò sul divano, nel vano tentativo di prendere sonno. Ovviamente non ci riuscì, troppa la tensione, si limitò perciò a osservare il soffitto e gli strani giochi di ombra dati, da una parte, dal fuoco e, dall'altra, dalla pioggia.
Sillus prese infine posto nell'ultima poltrona libera. Era quello nelle condizioni psicofisiche peggiori: sedeva scomposto, gli occhiali di traverso, sobbalzando a ogni minimo rumore.

Nessuno osava parlare, rompere quel silenzio che si era posato sovrano sulla casa, interrotto solo dallo scorrere delle lancette nel pesante orologio appeso sopra la porta.
Il gruppo era caduto in una specie di cupo torpore, forzati all'immobilità, date le condizioni atmosferiche, nessuno sembrava avesse la forza per reagire.
Ma, in realtà, tanto sembravano vuote le loro espressioni, tanto le loro menti continuavano incessantemente a funzionare e a elaborare teorie.

“Stiamo tutti impazzendo, forse anch'io. No, non sono così debole. Frank, devo solo guardarmi da Frank.”
“Ma perché nessuno capisce che non possiamo rimanere chiusi qui? Prima o poi ci dovremo separare, ognuno tornerà nelle sue stanze e allora l'assassino colpirà! Sciocchi, patetici idioti!”
“Il piano funzionerà, tutti uniti qui, sì. Alec, lui è il peggiore di tutti, me ne devo ricordare!”
“Sento che sto per impazzire. I minuti sembrano ore, le ore anni interi. Ma devo resistere, non posso mollare proprio ora.”
“In queste situazioni, fermarsi è solo che deleterio. Oh, se becco il responsabile lo uccido a mani nude, la bacchetta non servirà.”

/ / / / / / /

Verso le sei di sera, Frank scosse la testa e ruppe il silenzio.
“Vado a preparare da mangiare,” annunciò. “So che la sola idea ci disgusta, ma dobbiamo rimanere in forze.”
“Verrò anch'io,” propose Rose, chiudendo il libro di scatto.
I due fecero per allontanarsi quando Alec li bloccò.
“Credo che, per la sicurezza di noi tutti, sarebbe meglio se qualcun altro venisse con voi.”
Frank alzò un sopracciglio.
“Hai paura che uccida Rose? O che noi due, insieme, avveleniamo tutti i piatti?”
Estrasse la bacchetta e l'appoggiò su un tavolo.
“Ecco, così non posso nuocere a Rose e se io dovessi morire sarà chiaro il colpevole.”
L'altro rimase in silenzio, soppesando l'offerta, quindi volse il capo e tornò a osservare il fuoco nel camino.

Cucinare si rivelò ben presto un utile diversivo dopo la giornata estremamente tediosa e preoccupante.
Ai fornelli, finalmente Frank e Rose si dimenticarono della loro condizione, concentrandosi esclusivamente sul preparare da mangiare.
Il ragazzo prese le ultime uova ancora buone, preparando una serie di frittate con zucchine mentre la compagna si occupava di cucinare pasta con le stesse zucchine della frittata.

Nessuno dei due parlò, troppo concentrati nella preparazione. Tuttavia, mentre aspettavano che l'acqua bollisse, si scambiarono uno sguardo e interruppero quel silenzio.
“Sembra assurdo dover preoccuparci di preparare da mangiare, nella nostra condizione,” sussurrò Rose.
“Dobbiamo mantenerci in forze, la nostra mente forse già sta cedendo ma non possiamo permettere che lo stesso accada ai nostri corpi,” rispose Frank.
“Non lo so, mi pare che stiamo sprecando ore preziose.”
“Fino a questo momento il piano sta funzionando, però. Certamente, non possiamo rimanere rinchiusi in salotto per sempre, ma perlomeno fino a quando il tempo non migliorerà,” spiegò il ragazzo, poggiando una mano sulla spalla della compagna.
E a quel tocco caldo e, per quanto possibile, rassicurante, le difese di Rose crollarono.
“È solo che… è tutto così terribile, io non…”
Calde lacrime le rigarono il viso, senza che lei potesse controllarle.
Frank annuì, prendendole la mano e abbracciandola.
La ragazza rimase ancora più sorpresa da quell'inaspettato contatto.
“Dobbiamo solo aspettare che la pioggia diminuisca e poi, è una promessa, faremo tutto ciò che è in nostro potere per scappare via da questo incubo.”

Rose lentamente si calmò, asciugò le sue lacrime e si staccò dall'abbraccio del compagno.
“Tremo solo al pensiero di dover dormire un'altra notte in questa villa.”
“Se vuoi… possiamo dormire insieme in camera tua. Come amici, ovviamente, però almeno potremmo… se qualcuno dovesse…”
Frank era diventato rosso come un pomodoro e la ragazza dovette trattenersi dal ridere.
“Sì, capisco. Farebbe piacere anche a me avere una presenza amica accanto, stanotte.”
“Tutto bene qui?”
La voce di Marcus interruppe quel momento.
Il ragazzo era apparso sulla soglia della cucina, in mano aveva la bacchetta di Frank.
“Sì, certo, arriviamo!”

La cena fu consumata in un'atmosfera leggermente migliore. Il cibo caldo e il vino elfico contribuirono a riscaldare lievemente gli animi della comitiva.
Marcus fece addirittura una battuta sul tempo, ma nessuno reagì, anche se diversi sorrisi tirati spuntarono sui volti dei sopravvissuti.
Da quanto tempo non sorridevano.
Terminata la cena e fatti sparire i piatti sporchi (nessuno era dell'umore per lavare le stoviglie) il gruppo si ritirò ancora una volta in salotto.

Alec si avventurò al tavolo degli alcolici, prese una bottiglia di idromele ancora intatta, la aprì e ne bevve un piccolo sorso.
“È buono,” annunciò.
Poi, con un tocco della bacchetta, appellò altri quattro bicchieri che riempì della sostanza lievemente alcolica.
Con un altro colpo di bacchetta, li spedì verso gli altri.
“Probabilmente domani saremo tutti morti,” annunciò, “tanto vale farci un'ultima bevuta decente.”
Poi bevve, seguito a ruota da tutti gli altri.

Alex, Frank, Marcus, Rose e Sillus rimasero in silenzio per qualche minuto, beandosi di quella inedita pace alcolica.
Il mare mosso, la tempesta, l'assassino. Nulla gli faceva paura in quel momento, non vi era preoccupazione alcuna al mondo.
Poi l'orologio annunciò le dieci di sera e l'incantesimo si ruppe.
“Io vado a letto,” borbottò Marcus.
Ben presto venne imitato da tutti gli altri.

Salirono tutti come in una lenta processione fino al primo piano, cinque porte si aprirono, cinque serrature scattarono.
Cinque sopravvissuti che speravano di poter assistere a un altro tramonto.

/ / / / / / /

Ci avviciniamo alla fase calda, sono rimasti solo in cinque e, piccolo spoiler, questa sarà l'ultima notte che i nostri ospiti passeranno dormendo all'interno della villa; tutto si risolverà nella prossima giornata.
Che cosa succederà, come si risolverà la situazione? Non vi resta che continuare a leggere!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere che cosa ne pensate sono molto curioso!

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Capitolo 12
*** Caduta nel Buio ***


Capitolo 11, Caduta nel Buio

 



Rose osservava il mare in tempesta.
Dormire per lei rappresentava solo una chimera in quella situazione.
All'orizzonte, però, le nuvole parevano diradarsi. Forse davvero sarebbero riusciti a uscire da quella maledetta villa.
Certo, la loro situazione difficilmente sarebbe cambiata in meglio, ma poter uscire all'aria aperta, fare qualcosa che non fosse starsene seduta in salotto, avrebbe rappresentato sicuramente un miglioramento per la loro situazione.

Con quel pensiero lievemente incoraggiante nella mente, fece per spogliarsi e mettersi il comodo pigiama quando qualcuno bussò alla porta della sua camera.
D'improvviso si immobilizzò, la mano andò subito alla bacchetta che aveva appoggiato sul comodino.
Chi poteva mai essere?

“Rose… sono Frank!”
La ragazza si avvicinò alla porta chiusa, indecisa.
“Che cosa vuoi?”
Alla sua domanda seguì un breve silenzio.
“Ti ricordi… prima, in cucina… ti avevo proposto di stare insieme…” disse infine Frank, una nota d'imbarazzo nella voce.
Ma certo, si era dimenticata!

Arrossendo lievemente, Rose aprì la porta e vide il compagno in un pigiama blu notte, con in mano una bottiglia di idromele ancora chiusa e due bicchieri.
“Se non vuoi più…”
“No, io…”
Maledizione perché stava arrossendo? Erano amici, avevamo già dormito insieme nel corso di alcune missioni preparatorie!
Con la saliva misteriosamente azzerata, la ragazza fece un cenno col capo e si spostò dall'entrata per far entrare il compagno.

/ / / / / / /

Non appena la porta si richiuse, Alec tolse l'occhio della toppa della porta di camera sua.
Sorrise, amaramente, mentre posò la bacchetta sul comodino e iniziò a spogliarsi.

È così Frank e Rose avrebbero passato la notte insieme. Non se l’aspettava, se doveva essere sincero con se stesso.
A fare cosa, poi, poteva solo sospettarlo.
A dare sfogo alle ansie e alle tensioni represse?
A tramare qualcosa?
Non poteva saperlo e, scoprì, mettendosi a letto, non poteva importargliene di meno.
La tempesta sarebbe terminata da lì a qualche ora, iniziava così un nuovo capitolo della loro permanenza su Marlott Island e aveva tutta l’intenzione di affrontarlo riposato.

/ / / / / / /

Marcus anche quella sera portò avanti il suo solito allenamento.
In quell'avventura dove tutto stava andando oltre alla normalità, mantenere una sana e solida routine poteva rappresentare l'unico appiglio per mantenere una parvenza di sanità mentale.

Sentì una porta aprirsi, passi nel corridoio, un lieve bussare seguito da parole nel buio e un'altra porta che si apriva e chiudeva.
Qualcosa era cambiato, qualcuno aveva deciso di sfruttare quella notte non solo per dormire.

Dopo una trentina di flessioni e altrettanti addominali, Marcus si rilassò per alcuni minuti sotto un'abbondante getto di acqua calda nella doccia.
Senti i muscoli rilassarsi, la tensione sciogliersi.
La tempesta farsi meno forte.

Un briciolo di speranza che, con fatica, cercava di trovare spazio in un labirinto di cupo terrore.

/ / / / / / /

In effetti la tempesta lentamente diminuì di intensità e quando Sillus si risvegliò, completamente e di soprassalto, alle quattro di mattina, era quasi completamente cessata, sostituita da un vento che spazzava Marlott Island senza pietà.
Rabbrividì e si avvolse tra le lenzuola in una posizione fetale, cercando calore e protezione.
Un certo stimolo al basso ventre lo obbligò ad alzarsi con uno sbuffo e a dirigersi con una certa urgenza verso il bagno dal quale uscì solo qualche minuto più tardi.

Non aveva più sonno, ma comunque decise di sdraiarsi nel letto. Forse il vento avrebbe cullato il suo sogno.
Ma fu uno sbaglio.
Il vento, la pioggia, la tensione di quei giorni si mischiarono, producendo tutta una serie di rumori e suoni che contribuirono a inquietare nuovamente Sillus.

“È tutta fantasia, giochi della mente,” si disse.
Avrebbe potuto funzionare se non fosse stato per il fatto che, a un certo punto, udì distintamente lo scricchiolio del parquet del corridoio, accompagnato da rumori di passi.
Ma chi diavolo poteva camminare per i corridoi della villa alle quattro e mezzo?
Forse qualcuno che non riusciva a dormire… o qualcuno che non possedeva certo buone intenzioni.
Si mise a sedere sul letto, le orecchie puntate verso la porta.
Ancora una volta un rumore di passi e il parquet che scricchiolava. Rumore che questa volta si fermò proprio davanti alla sua camera!
Sillus prese la bacchetta e qualcuno bussò alla porta.

Il ragazzo rimase fermo, immobile cercando di non respirare nemmeno. Poteva essere una trappola, quasi certamente lo era, ma se avesse fatto finta di dormire, forse…

“Sillus, sono io.”
No, non poteva essere, no.
Ma aveva bevuto l'ultima fialetta solo cinque ore prima, non poteva aver già terminato il suo effetto!
“Sono io, Sillus, perché non mi apri? Dopo tutto questo tempo che non ci vediamo…”
“Tu sei morto e non sei reale,” borbottò il ragazzo ma la voce non terminò.
“Dopo che sono morto per causa vostra, puoi biasimarmi? Coraggio, apri questa porta e osserva e affronta il risultato delle tue malefatte!”

E poi, nuovamente bussò alla porta.
Questa volta era diverso, pareva così dannatamente reale.
“Sillus. Sillus. Apri la porta, Sillus. Sillus?”
Il ragazzo cadde per terra in ginocchio.
“Tu non sei reale, sei morto!”
“Oh, sono così reale che se non mi apri, sfondo la porta!”
Questa volta era decisamente diversa dalle altre.
Poteva essere una trappola, era uno sciocco, ma in quel momento voleva solo che finisse.
“Alohomora,” sussurrò e la porta si spalancò.

Chiuse gli occhi… ma non accadde nulla.
Lentamente li riaprì.
Niente, solo una porta spalancata nel buio.

A fatica si rialzò e, stringendo forte la bacchetta nella mano destra, madido di sudore, avanzò lentamente. Arrivato sulla soglia della camera, trattenne il fiato e uscì sul pianerottolo che dava sulle scale.
Niente, solo oscurità e il rumore del vento.
Maledicendosi per la sua stupidità, fece per rientrare quando sentì, nitido nella notte, un rumore provenire dal piano di sotto.
Con il fiato in gola, sussurrò: “Lumos” e si avvicinò alle scale, le orecchie tese, cercando di illuminare il piano di sotto.
Non vide nessuno.

Solo in quel momento si rese davvero conto della situazione nella quale si era cacciato.
Quello poteva essere un trucco dell'assassino per attirarlo fuori dalla sicurezza di camera sua.
Doveva voltarsi, e tornare di corsa a letto!
Ma non fece in tempo.

Qualcuno da dietro gli diede un'energica spinta e Sillus cadde rovinosamente per i venti di gradini in marmo.
Quando atterrò, solo l'adrenalina gli impedì di perdere i sensi.
Doveva muoversi, rimettersi in piedi e scappare, urlare. Ma scoprì di non poter muovere un muscolo.

Osservò la figura del suo assalitore scendere per le scale tranquillamente, fischiettando.
“No, io…”
“Sai, a lungo ho avuto il dubbio se ucciderti con un' Avada Kedavra oppure gettandoti giù dalle scale. Pare che alla fine dovrò unire le mie idee.”
La figura sorrise, estraendo la bacchetta.
No, non poteva finire così. Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa.
Peccato che gli arti e il cervello paressero non funzionare a dovere.

“Puoi trovare ad urlare quanto ti pare e piace, ho lanciato un Muffliato su tutte le porte,” sbottò l'aggressore.
“No, non uccidermi, io farò tutto…” ma le parole di supplica di Sillus vennero interrotte dalla fredda risata dell'altro.
“Nelle tue condizioni attuali non puoi fornirmi nessun aiuto e poi non lo accetterei mai. Dovresti ringraziarmi, sai, perché ti sto evitando inutili sofferenze.”
“Ma io…”
“Avada Kedavra.”

Il lampo di luce verde rischiarò per un breve istante la tromba delle scale.
Quando la luce scomparve, Sillus rimase sdraiato per terra, in una piccola pozza di sangue, palesemente senza vita.
L'assassino si limitò ad osservare il ragazzo per qualche secondo poi, scuotendo la testa si avventurò per le stanze della villa fino ad arrivare in cucina.
Là, prese una statuina, aprì la finestra e la gettò in giardino.

Infine, tornò sui suoi passi, scavalcò il corpo di Sillus, stando bene attento a non calpestarne il sangue, e si diresse verso la sua camera.
“Finite Incantatem," mormorò, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Sorrise.
Il piano era riuscito.

/ / / / / / /

Salve a tutti, No non sono sparito anche se ho avuto un periodo piuttosto impegnativo! Si torna con il botto però, capitolo breve necessario per i prossimi avvenimenti.
Da questo momento non ci sarà più nessun capitolo di intermezzo, l'azione si farà decisamente più vivace e spero che possiate seguire i prossimi capitoli insieme!

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Capitolo 13
*** Un Tragico Risveglio ***


Capitolo 12, Un Tragico Risveglio

 



Rose si trovava da sola, sulla scogliera, alla ricerca di un’impossibile via di fuga dall’incubo nel quale era caduta. Un Ippogrifo era apparso improvvisamente di fronte a lei, maestoso e nobile.
La sua via di fuga.

Con passi lenti e cauti, Rose si avvicinò all'ippogrifo, fissandolo negli occhi con determinazione. Poi, con un inchino rispettoso, attese ansiosa la reazione dell'animale, che dopo un istante di tensione la imitò.
Con il fiato in gola, l’Auror si avvicinò all'ippogrifo e montò sulla groppa con agilità e premette leggermente i talloni contro il ventre dell'ippogrifo, trasmettendo con il contatto la sua urgenza e il desiderio di fuggire da quell'isola maledetta. L'animale, con un rapido movimento delle ali, sembrò comprendere immediatamente e si preparò al decollo.
E con un poderoso battito d'ali, l'ippogrifo si lanciò in aria, Rose aggrappata con tutte le sue forze al collo della creatura, sentendo il vento sibilare nelle orecchie mentre superavano con agilità la barriera magica e si avventuravano tra le morbide nuvole.

“Rose!”
Qualcuno dall'isola la stava chiamando, ma lei ignorò quei lamenti, spalancò le braccia e urlò.
“Rose!”
Urlò più forte, era libera. Libera dall’incubo. Dalla morte. Tutto alle spalle.
“Rose, svegliati!”

La ragazza aprì di colpo gli occhi.
Impiegò qualche secondo per capire dove si trovasse. Marlott Island, la sua camera. Un pallido sole filtrava dalla finestra. Era stato solo un sogno.
Un bellissimo, beffardo gioco di Morfeo.
Qualcuno stava bussando sempre più forte alla porta.
“Chi è?” Chiese, la voce impastata dal sonno.
“Oh, c'è ne hai messo di tempo,” esclamò Alec.
“Frank è lì con te?” Chiese Marcus.
Frank?

In quel momento, Rose notò un movimento sul lato destro del letto.
Frank era appena emerso dalle lenzuola, il viso gonfio dal sonno.
“S… sì, è qui,” rispose, esitando e cercando di trattenere un'imbarazzante ondata di rossore.
“Sbrigatevi e uscite,” ordinò Marcus dopo qualche secondo di silenzio.
Con movimenti goffi e goffamente sincronizzati, i due allievi si alzarono dal letto e iniziarono a vestirsi, mentre nell'aria pesava un'imbarazzante tensione.
Rose sentiva una nebbia confusa avviluppare la sua mente.
Frank era arrivato con una bottiglia di idromele elfico, avevano bevuto, forse troppo. L'ultimo ricordo che serbava era lei che si gustava il liquido alcolico e il compagno intento a farla ridere con qualche stupida battuta.
Poi si era svegliata ed entrambi erano finiti a letto. Si erano limitati a dormire oppure…

Ma non c'era tempo per porsi ulteriori domande, Frank aveva aperto la porta e i volti di Alec e Marcus erano comparsi sulla soglia della camera.
I loro volti mostravano un'espressione strana, un misto di sospetto e accusa, appena celata. “Che cosa c'è?” Sbottò Frank.
“Venite,” si limitò a rispondere Marcus.
I due si allontanarono dalla stanza con passo frettoloso, seguiti pochi istanti dopo da Frank e Rose, con il cuore che batteva veloce nell'attesa di scoprire cosa stesse accadendo.
Non capivano proprio che cosa diavolo stesse accadendo. E poi dov'era Sillus?

Marcus e Alec erano sulla tromba delle scale, sussurrando rapidamente tra loro e fissando qualcosa con intensità al piano di sotto.
Marcus esclamò con impazienza: “Si può sapere cosa diavolo…” “Vieni e guarda tu stesso!" Alec, visibilmente agitato, replicò, facendosi da parte per permettere ai due di osservare meglio la scena. Ai piedi della scalinata si trovava Sillus, palesemente morto, immobile e pallido, in una piccola puzza di sangue.
“Cazzo…” borbottò Frank mentre un qualcosa si spense nella mente della ragazza.

Sillus. Sillus morto. Sillus morto ai piedi delle scale.
No.
Non poteva essere vero…
Sentì la voce di Marcus come se arrivasse da chilometri di lontananza.
“Lo abbiamo trovato così mezz'ora fa, quando ci siamo svegliati. Da come si è rappreso il sangue, e dal rigor mortis, deve essere successo stamattina presto.”
“Ma come…”
“Qualcuno deve averlo spinto giù dalle scale, mi pare ovvio.”
Questo era Alec.
“Ma perché mai Sillus si trovava fuori da camera sua?” Chiese Frank.

Non sentì altro, non poteva sopportarlo.
Corse a gambe levate fino al bagno più vicino, il cuore che martellava nel petto e il respiro affannoso, si lasciò cadere sulla tazza e vomitò bile e lacrime.
Il signor Weasley, Louise, Jack erano già morti eppure le loro dipartite non le avevano provocato quella reazione così viscerale.
Erano compagni, professori; Sillus rappresentava un qualcosa di ben diverso.
Da avversari ad amici a… a niente, tutto era finito.
Non avrebbe mai più visto il suo viso gentile, i suoi modi impacciati, la sua voce rassicurante.
Si rannicchiò per terra, le gambe strette sul tetto in posizione fetale e pianse a lungo, senza ritegno alcuno.
Per Sillus e per se stessa.

/ / / / / / /

La ragazza lottò per recuperare il pieno controllo di se stessa, le mani ancora tremanti mentre si alzava con esitazione e usciva dal bagno, il cuore che batteva forte nel petto.

I suoi compagni erano ancora affaccendati intorno al corpo di Sillus.
"Non abbiamo rilevato alcuna impronta, ma siamo abbastanza sicuri che sia stato colpito anche da un'Avada Kedavra", spiegò Frank.
“Come mai non abbiamo sentito nulla? Nel silenzio della notte, una caduta del genere ci avrebbe sicuramente svegliati tutti,” chiese Rose.
“Avrà usato un qualche tipo di incantesimo per bloccare i rumori esterni. Forse un Muffliato sulle porte delle nostre camere,” propose Alec.
Marcus annuì, rimettendosi in piedi.
“Non c'è molto altro da fare. Dovremmo portarlo in camera.”
“Ci penseremo io e Frank,” esclamò Alec. “Voi cercate di ripulire questo macello.”

E così fecero. Con un misto di tristezza e riluttanza, i due ragazzi fecero delicatamente levitare il cadavere del loro compagno, diretti verso la camera di Sillus.
Marcus e Rose rimasero indietro, cercando di pulire come meglio potevano la macchia di sangue che bagnava il parquet.

La giovane allieva avrebbe voluto trovarsi ovunque, in qualunque posto, tranne che ai piedi delle scale a osservare quella chiazza vermiglia.
Sillus…
“Gratta e Netta.”
Marcus aveva puntato la sua bacchetta verso la macchia e un po' di sangue era immediatamente sparito.
“Se vuoi andare in camera tua e lasciare che io mi occupi di questo… ti capisco,” mormorò il ragazzo. “So quanto eravate legati.”
Rose rimase in silenzio, il petto stretto da un vuoto doloroso che le impediva persino di articolare una parola. La sensazione di perdita era così soffocante che ogni tentativo di esprimerla verbalmente sembrava inutile e privo di significato.
Ma l'altro sembrò capire benissimo il tormento interiore della compagna.

"Al di là delle apparenze, non eravamo un gruppo particolarmente unito. Lo abbiamo visto qui, alle prime difficoltà", sussurrò, chinando il capo. “Io stesso proprio non riuscivo a sopportare Sillus ma mai avrei voluto…” il ragazzo strinse forte entrambi i pugni, la rabbia deformata Il suo bel viso. “Giuro che se scopro chi è questo maledetto assassino non aspetterò certo un processo, no, giuro che lo faccio a pezzi con le mie mani.”

Rose fece per rispondere ma in quel preciso momento delle urla risuonarono per la villa, interrompendo bruscamente ogni pensiero e mandando un brivido lungo le loro schiene.

/ / / / / / /

(Cinque minuti prima)

"Finalmente è in pace," mormorò Alec, mentre delicatamente sistemava il lenzuolo sopra il volto insanguinato di Sillus. "Da quando Arnold è morto, credo che non abbia trascorso un giorno senza avere paura della sua stessa ombra."
“Se è la pace che cerchi, posso dartela subito anch'io, se vuoi,” sbottò Frank.
L'altro alzò lo sguardo dal cadavere e lo puntò su quello del compagno.
A dividerli, il letto.

“Ti ho sentito, ieri sera," disse infine Alec, con un sorriso beffardo e il tono canzonatorio.
“Hai sentito… cosa?”
“Tu che bussavi alla porta di Rose e lei che ti lasciava entrare.”
Il silenzio cade nella piccola stanza, Frank arrossì leggermente ma il suo sguardo non aveva niente di imbarazzato, anzi era decisamente furioso.
“E quindi?” Chiese.
"E quindi sono sorpreso. Non avrei mai creduto che uno come te avrebbe scelto Rose per la sua prima volta. Su quest'isola, poi," rispose Alec, con un sorriso beffardo che si allargava sul suo volto, mentre sollevava lievemente le sopracciglia in segno di ironia. "Anche se immagino che la tensione, e la possibilità concreta di morire, possano avere un attimo allentato i freni inibitori."

Frank strinse i pugni, serrando le mascelle.
“Uno come me? Cosa intendi dire?”
“Certo e te lo spiego subito. Non sbavavi forse dietro ad Arnold?” Chiese Alec, beffardo, agitando la mano con fare teatrale.
Quello era decisamente troppo. Frank estrasse la bacchetta, imitato subito dal compagno. E i due rimasero fermi, immobili, puntandosi le bacchette uno contro l'altro.
“Che cosa cazzo…”
“Osi negare la verità? Ci conosciamo da tempi di Hogwarts, ti conosco bene. Cos'è, ci hai riuniti tutti qui per vendicare il tuo amore perduto? Ieri sera hai cercato di coinvolgere Rosenel tuo piano da amante ferito?”
“Come osi, bastardo?” Urlò Frank. “Io forse ero l'unico a volere davvero bene ad Arnold. Tutti voi vi limitavate a splendere di luce riflessa! Ma tu eri invidioso, sì, tu non potevi sopportare di essere al secondo posto, non è così? Il grande Alec messo in disparte, che orrore!”
“Ma guardati, sembri proprio una vedova addolorata!”
“Io almeno provo qualcosa, un’emozione umana!”

"Cosa succede qui?" domandò Marcus con voce decisa, mentre entrava nella stanza seguito da Rose, entrambi con le bacchette pronte per ogni eventualità.
Un’atmosfera carica di elettricità sembrava pervadere la stessa aria.
Nessuno parlò e, dopo qualche secondo, la tensione lentamente si sciolse. Alec abbassò la bacchetta e, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza.
“Scusateci,” borbottò Frank, riponendo la bacchetta in tasca. “Abbiamo avuto solo uno… scambio di opinioni.”

/ / / / / / /

La tensione continua ad aumentare mentre il loro numero allo stesso tempo continua a diminuire.
Sono rimasti in quattro. Chi di loro è l'assassino?

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Capitolo 14
*** Un Piano ***


Capitolo 13, Un Piano

 



Quando Frank, Rose e Marcus scesero infine al piano inferiore, trovarono Alec in piedi, con aria estremamente scontrosa, di fronte alla finestra del salotto che dava direttamente sul mare.

“Ce ne avete messo di tempo,” sbottò quest'ultimo.
“Sì, scusa, ci siamo messi a complottare alle tue spalle,” esclamò Frank con un tono falsamente cospiratore.
Alec fece per replicare ma Rose lo interruppe, mettendosi a sedere, bianca in volto.
“Fatela finita voi due,” esclamò. Marcus annuì.
“Siete talmente concentrati su voi stessi che non vi siete resi conto che abbiamo davanti a noi una splendida notizia.”

Frank e Alec osservarono il compagno, non riuscendo a comprendere le sue parole così criptiche. Per tutta risposta, Marcus indicò il cielo al di là della finestra sporca di salmastro.
Sole.
Le nuvole sembravano essersi diradate in cielo mentre un pallido sole faceva capolino su Marlott Island.
“Ma certo, adesso cambia tutto!” Esclamò Rose, riprendendo un po' di colore in viso. “Possiamo uscire da questa villa demoniaca, darci da fare!” Alec porse le spalle alla finestra e osservò i compagni, la fronte aggrottata.
“Il mare è terribilmente mosso, e le probabilità che ci vedono dalla costa sono molto basse.”
“Provare ad attirare l'attenzione con i Patronus, messaggi morse e con il fuoco non potrà che aiutarci a rilassare i nervi,” obiettò Frank. “Gli ultimi giorni sono stati un incubo anche perché non avevamo nulla da fare. Adesso possiamo finalmente fare una bella colazione, raccogliere il necessario e lasciare per sempre questa villa.”

Questa proposta venne accolta da un fischio di approvazione di Marcus e un cenno del capo di Rose. Alec si limitò ad alzare le spalle.
“Solo, non illudetevi.”

/ / / / / / /

I quattro sopravvissuti si affrettarono a rientrare nelle loro camere, preparare le valigie e radunarle poi in salotto, dove le avrebbero raccolte più tardi.
Ne avevano abbastanza della Villa, della sua aura malvagia e asfissiante. Dei corpi senza vita che riposavano al piano di sopra.

“Dovremmo fare una colazione abbondante,” propose Frank. “Per darci la giusta energia.”
“E cosa facciamo con le valigie?” chiese Marcus. “D'accordo, non vogliamo più rimanere qui, e ne sarei felice, ma dove andremo, allora?”
“Potremmo trasferirci nel capanno della legna,” suggerì Alec. “Con qualche incantesimo possiamo far apparire dei sacchi a pelo. Sarà scomodo, ma almeno dormiremo tutti insieme.”
“E torneremo in villa solo per mangiare e… per i nostri bisogni,” concluse Rose.
I compagni annuirono.

“Bene, non perdiamo altro tempo. Mentre voi fate colazione, io andrò a spaccare un po' di legna,” propose Marcus. “Così, quando arriverete, il grosso sarà già fatto.”
“Non hai intenzione di mangiare nemmeno un boccone?” chiese Alec. “No, la mattina non mangio mai e poi tutta questa situazione mi ha fatto passare l'appetito. Tranquilli, mi troverete accanto alla capanna.”
Rose fece per replicare ma un tocco leggero di Frank la indusse a rimanere in silenzio.
“Fai attenzione,” disse quest'ultimo.
“Io sarò da solo… voi in tre. Dovrei essere io a dirvi di fare attenzione mentre non ci sono,” esclamò Marcus. “Fate in fretta, mangiate e poi ci troviamo accanto al capanno.”

E prima ancora che qualcuno potesse rispondere, il ragazzo aveva già lasciato la stanza.
I tre rimasti si guardarono, in silenzio, per qualche secondo prima di distogliere lo sguardo e affaccendarsi intorno alla colazione.

/ / / / / / /

La fiamma guizzava allegra sotto il pentolino del latte.
Rose tagliò qualche fetta di pane e si affrettò a farle tostare in una piccola padella.
Cucinare richiedeva gli stessi gesti meccanici. Ordine in un caos che non riusciva a controllare né tantomeno a capire.
Tolse il pane poco prima che si bruciasse e solo allora la sua attenzione venne attratta dalle voci dei suoi due compagni al di là della porta chiusa.
Istintivamente estrasse la bacchetta.

“La vuoi smettere di starmi tra i piedi?”
“Se tu la smettessi di comportarti in maniera così funerea. Cos'è, adesso che siamo vicini ad andarcene dall'isola, sei dispiaciuto?”
“Tu vaneggi.”
“Sarà.”
“Se sono triste e non faccio salti di gioia perché, nel caso te lo fossi dimenticato, questa mattina un nostro compagno è morto!”
“Ma se non te ne fregava un cazzo di Sillus!”

Rose scosse la testa e tornò a concentrarsi sulla colazione. Alec e Frank.
Soltanto uno come Arnold poteva riuscire a farli andare d'accordo.

La porta si aprì di colpo e la ragazza sobbalzò.
Frank era apparso sulla soglia, scuro in volto e piuttosto ansante.
“Hai bisogno di una mano? Prima prepariamo questa colazione e prima possiamo darci da fare.”
Il ragazzo si mise accanto a Rose, estrasse una vecchia macchina del caffè da uno degli stipetti del vecchio mobile, e l'accese con un colpo di bacchetta.
“Non riesco a capire perché tu e Alec non riusciate proprio a non andare d'accordo,” sussurrò la ragazza. L'altro ghignò.
“Io e Alec siamo stati compagni di Grifondoro e dal primo momento in cui ci siamo visti ci siamo stati quasi automaticamente sulle palle a vicenda. Non so neanche il perché, è una cosa che a volte scatta quasi senza motivo, a pelle,” spiegò Frank. “E più cercavamo di starci lontano, più il destino ci univa le strade. Finivamo inevitabilmente a competere per lo stesso posto in squadra, per la stessa ragazza.”
“Scommetto che a volte avrai corteggiato qualche poveretta solo per fargli un dispetto,” sussurrò Rose.
“Forse… Il fatto è che siamo cresciuti ma si comporta ancora come un bambino. Era invidioso di Arnold e il fatto che siamo…”

L'ingresso di Alec nella cucina interruppe il ragazzo.
“È pronta la colazione?” chiese, burbero, appoggiandosi con le spalle al muro vicino all’unico tavolo.
“Sei arrivato appena in tempo,” rispose Rose, versando il caffè in tre tazze e appoggiandole sul tavolo, insieme ad alcune fette di toast e una fetta di un dolce che avevano trovato in dispensa.

L'atmosfera all'interno della stanza era tesissima. Sebbene non volasse una mosca, le occhiate che Alec e Frank si lanciavano parlavano da sole, e non era certo un bel linguaggio.
Dopo aver divorato le fette di pane e il dolce, fu Rose a spezzare il silenzio.
“Direi di prendere le valigie e andare da Marcus.”
“Già. È passata più di un’ora, ormai dovrebbe aver… finito…” bofonchiò Frank.
Improvvisamente si sentiva stanco. Una fiacchezza impossibile da combattere.
Rose sbadigliò mentre Alec saltò in piedi.

“Cosa… io… non dobbiamo…”
Ma già Rose e Frank crollavano per terra, pesantemente addormentati.
Fece per alzarsi, lottando estremamente contro il sonno che insieme lo vinse e anche lui cadde a terra

/ / / / / / /

Eccomi qui, tornato con questo capitolo breve ma intenso. Che cos’è successo ai tre? Hanno bevuto del sonnifero? Messo da chi?
E al loro risveglio saranno ancora in quattro?

Lo scoprirete presto :>

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Capitolo 15
*** La Prova ***


Capitolo 14, La Prova

 



L’ascia calò, precisa, sul pezzo di legno che si spaccò in due metà perfette. Marcus, sbuffando, poggiò lo strumento e si chinò per afferrare i ceppi, lanciandoli in una grossa cesta già mezza piena.
Era faticoso, avrebbe sicuramente impiegato meno tempo se avesse usato la magia, ma sentiva che non era la cosa giusta,
Fin da giovane, aveva trovato rifugio nello sforzo fisico per distogliere la mente dalle situazioni più difficili. Quando i problemi si facevano apparentemente insormontabili, ecco che una buona sudata riusciva a calmarlo e a distrarlo.
Il mantra di suo padre era: “Quando sudi c’è solo il presente, niente passato e niente futuro.”

E quanto aveva sudato quando se n’era andato via di casa, cinque anni prima. Per lui, Babbano, la convivenza con la moglie, strega, era diventata ormai impossibile.
Sudore misto a lacrime.
Ma tanto, non faceva differenza; entrambe erano salate in bocca.

Marcus estrasse dalla tasca una sigaretta un po’ storta che accese con un tocco della bacchetta.
Lasciò che il fumo si infiltrasse nei suoi polmoni prima di espirarlo nell’aria. Fumo cullato dal vento.
Era a metà lavoro, ancora un’oretta e avrebbe finito.
Patronus, fumo, incantesimi.
Avrebbero provato di tutto. E la prima cosa che avrebbe fatto, da uomo libero, sarebbe stata quella di andare da suo padre, che non vedeva da mesi, e farsi una bella corsa insieme.
Lacrime e sudore.

/ / / / / / /

“Rose, svegliati.”
La ragazza si riscosse, intontita e dolorante.
Perché si trovava riversa per terra?

“Il caffè era drogato. Un sonnifero…”
La voce di Frank sembrava provenire da chilometri di distanza.
“Il caffè, il latte, i dolci, qualsiasi cosa. Cazzo.”
Questo era Alec.
Finalmente aprì gli occhi e trovò la forza, aiutata da Frank, di mettersi a sedere. Aveva male a una gamba e la testa le girava talmente che dovette chiudere gli occhi, cercando di recuperare l'equilibrio.
Quando li riaprì vide Alec tornare in cucina, lo sguardo cupo.
“Le valigie… sparite!” esclamò, le mani tra i capelli.
“Come sparite?”
“Sì, Frank, sparite. Non ci sono più.”
“Abbiamo tutti tenuto sotto controllo le bevande… io non capisco come…” sussurrò Rose, rialzandosi a fatica.
“Una mossa veloce, degna di un Cercatore,” sbottò Frank, occhieggiando Alec con sospetto malcelato.

Costui fece per replicare ma Rose bloccò sul nascere una nuova, infinita, discussione, indicando l’orologio.
“Sono passate due ore… abbiamo dormito così a lungo?”
Ma poi un nuovo pensiero attraversò la mente dei tre.
“Marcus!”
I tre si alzarono, diretti in maniera quasi automatica verso la sala da pranzo. Solo tre maghi.

Lo trovarono appena fuori il capanno della legna.
Il corpo giaceva riverso a terra, una profonda ferita sulla schiena rivelava il colpo mortale inflitto al quarto piccolo mago.
Alec si lasciò cadere in ginocchio accanto al cadavere dell’amico di sempre. Il dolore che provava andava al di là di ogni possibile parola.
Solo ora capiva mentre cercava di ripulire con la manica della giacca le lacrime che non la smettevano di cadere dagli occhi.
. Gli altri erano amici, compagni di corso, Marcus era diverso. Una vita a scuola, nella squadra di Quidditch e in Accademia.
Stesse amicizie, stesse ragazze.
Chissà come avrebbe reagito sua madre che da sola aveva dovuto crescere tre figli. E il padre, figura importante e traumatica nella vita di Marcus.
Per causa sua il ragazzo era dovuto crescere presto.
Forse quella ferita avrebbe potuto riunire la famiglia Sidekick. O distruggerla.

Trovarono una grossa ascia insanguinata appoggiata ad un albero vicino.
“L’assassino deve essere sbucato alle sue spalle e lo ha colpito con questa” osservò Frank, pensieroso, indicando l’accetta.
Rose si asciugò una lacrima. Non poteva dimenticare le parole, per certo verso profetiche, di quella mattina.
Così diversi, lei e Marcus. Eppure, a differenza di Jack, non si era mai preso gioco di lei.
Era un gigante buono e timido, dietro l’aria da Auror avvenente.

“E ora che si fa? Siamo senza valigie…”
“Dobbiamo continuare,” sbottò Alec, rialzandosi penosamente. “Non farlo sarebbe… un affronto.
Frank annuì e stava per dare una pacca sulla spalla del compagno, ma poi si fermò, tornando a fissare il corpo.
“Io e Rose lo portiamo dentro. Alec, continua a spaccare la legna e poi raggiungici alla scogliera sud. Noi inizieremo con i Patronus.”
L’altro scosse la testa.
"Vengo anch'io con voi.”
“E per quale motivo?” sbottò Frank, una nota di impazienza nella voce. “Tu sei il più forzuto, io il migliore con gli Incantesimi. Non abbiamo tempo da perdere, devi finire di spaccare la legna!”

Rose intervenne di nuovo, cercando di mediare. "Alec, per favore. Noi non possiamo fare questo senza di te."
Alec guardò l’ascia insanguinata, sentendo l'ira ribollire dentro di lui. Sapeva che avevano ragione ma non poteva non dubitare di Frank.
Con un profondo sospiro, cedette.
"Va bene, farò quel che devo. Ma sbrigatevi anche voi.”

Rose e Frank si guardarono, consapevoli del compromesso raggiunto. Con un semplice cenno del capo, Rose indicò il corpo di Marcus.
Con un incantesimo, lo fecero levitare in aria e lentamente iniziarono il doloroso tragitto verso la villa, lasciando Alec alle sue fatiche e ai suoi pensieri.

/ / / / / / /

Il corpo venne adagiato il più delicatamente possibile sul letto e subito ricoperto con un lenzuolo.
Frank e Rose si osservarono in silenzio per qualche secondo poi il ragazzo sussurrò.
“Mi pare evidente.”
“Cosa?” Chiese Rose, lisciando una piega del lenzuolo.
“È Alec.”

La ragazza indietreggiò di qualche passo, lo sguardo che andava da Frank al cadavere di Marcus.
“Tu… lo credi?”
“Mi sembra evidente. Siamo rimasti solo noi tre,” spiegò Frank, voltandosi verso Rose, con uno sguardo serio. "Tu e io abbiamo un alibi per ieri sera... lui no."
“Quale alibi?” Chiese Rose, interdetta.
“Non ti ricordi niente… di ieri sera?” Chiese l'altro, osservandola intensamente.
A Suo malgrado, la ragazza arrossì involontariamente, sentendosi come un faro nella penombra della stanza.
"Io... no. Mi ricordo che sei arrivato con una bottiglia di idromele. Abbiamo bevuto e poi… mi sono svegliata la mattina."

Frank sorrise, voltandosi e tornando a picchiettare sulla parete con le nocche della mano.
“Non mi sorprende, hai bevuto parecchio. E non trovo signorile entrare nei particolari, però,” sussurrò, “ti basti sapere che abbiamo passato la notte insieme.”
“E Alec era da solo…”
"Stamattina deve essere stato un gioco da ragazzi per lui," disse Frank, sarcastico, ricordando l'agilità di Alec nei vecchi tempi di Cercatore. "Mettere qualcosa nei nostri caffè..."
Rose sollevò lo sguardo, sentendo un brivido di dubbio scorrere lungo la schiena. "Ma non abbiamo prove, sono solo congetture," ribatté.
“Ed è proprio quello che sto cercando di trovare…” rispose il ragazzo.

L'altra fu sul punto di chiedere che cosa diavolo stesse facendo ma, proprio in quel momento, Frank saltò, esclamando: “lo sapevo!”
“Sapevi cosa?” Rose alzò un sopracciglio, spazientita.
L’altro si voltò, raggiante.
“Stamattina, mentre facevo le valigie, sono inciampato e ho battuto la schiena contro la parete. Ho sentito uno strano rumore sordo e per questo motivo ho afferrato la bacchetta ed esclamato Alohomora. E questo è quello che ho trovato.”
Il ragazzo estrasse quindi la bacchetta, la puntò verso un punto preciso della parete ricoperta di tasselli di legno e sussurrò: “Alohomora.”
Con un movimento lento e inquietante, un piccolo tassello si mosse in avanti.
“Ma che diavolo…”
Frank si avvicinò e strappò il tassello dalla parete con decisione, rivelando una piccola nicchia ricavata nella parete.

Rose si portò una mano alla bocca, sconvolta.
“Ma… come…”
“Questa nicchia c'era anche nella mia camera. Abbiamo girato l'isola in lungo e in largo, alla ricerca delle bacchette, eppure non le abbiamo mai trovate,” spiegò Frank.
“Abbiamo lanciato decine di incantesimi eppure queste nicchie non sono mai state scoperte!” Esclamò Rose, ancora stupefatta. “Forse… forse possiedono delle difese magiche particolari che rendono questi piccoli nascondigli non rintracciabili da nessun incantesimo. Magia avanzata…”
“È il nascondiglio perfetto dove inserire una bacchetta. Forza, sono convinto che nella camera di Alec troveremo la bacchetta perduta del signor Weasley!”

I due si presero per mano e corsero all'impazzata fuori dalla camera di Marcus, dirette a quella di Alec.
All'interno tutto era lindo e pulito, in perfetto ordine, con il sole che filtrava con fatica dalle finestre.
“Batti su tutta la parete, appena senti un rumore sordo, dimmelo,” ordinò Frank e i due si affrettarono a cercare la nicchia nascosta.
Ci vollero dieci minuti ma alla fine Frank urlò: “qui!”

Si trovava proprio accanto al letto. Il ragazzo si chinò e, puntando la bacchetta ancora una volta verso la parete, sussurrò: “Alohomora.”
Il tassello si spostò, Frank si affrettò a estrarlo e a passarlo alla compagna. Poi mise la mano all'interno della nicchia e la ritrasse subito dopo.
Strette nel pugno, aveva due bacchette.

Frank e Rose si scambiarono uno sguardo, sentendo un peso opprimente nello stomaco che li bloccava nel silenzio. Fu Rose la prima a riprendersi, il cuore che batteva forte e il respiro affannoso.
Estrasse a sua volta la bacchetta, la puntò verso quella che aveva visto centinaia di volte in mano al suo istruttore e mormorò: “Prior Incantatio.”
Immediatamente, uno sbuffo di fumo verde partì dalla punta.

Frank e Rose si osservarono ancora una volta.
“È lui. Alec” mormorò Frank. “Ecco la prova.”

/ / / / / / /

Ci avviciniamo lentamente all’epilogo, mancano infatti tre capitoli e poi, se volete, ho deciso di inserire anche un finale alternativo che avevo pensato anni fa mentre scrivevo questa storia.
L'avevo perso, ho ritrovato gli appunti qualche giorno fa e se volete lo posso inserire, sarebbe carino dare un finale alternativo magari vedere quali vi piace di più.

Nel frattempo, Marcus ci ha lasciati e Alec sembra essere l’assassino perché, nella sua camera, è stata ritrovata la bacchetta usata negli omicidi.
Come andrà a finire?

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