L'Ambasciatore Celeste

di Ellery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Concilio Angelico ***
Capitolo 2: *** Highway to Hell ***
Capitolo 3: *** La Vergine di Calcutta ***
Capitolo 4: *** Un giro di presentazioni ***
Capitolo 5: *** La maschera ***
Capitolo 6: *** Il Demone Radio ***
Capitolo 7: *** Papaveri e papere ***
Capitolo 8: *** Welcome to the jungle ***
Capitolo 9: *** Il Kamasutra Tascabile ***
Capitolo 10: *** Betsaida ***
Capitolo 11: *** Aspettando Godot ***
Capitolo 12: *** Carmilla ***
Capitolo 13: *** Rendez-vous ***



Capitolo 1
*** Il Concilio Angelico ***


1. Il Concilio Angelico


Odiava quel posto. Puzzava terribilmente di disinfettante e zucchero filato, in un miscuglio di odori decisamente irritante per chiunque, tranne per il piccolo serafino che sedeva a capotavola. Emily li stava osservando con un’espressione tra il disgustato e lo spazientito; il nervosismo era tradito anche dalla velocità con cui picchiettava le corte dita sui braccioli della poltrona.
Adam si costrinse a reprimere un sogghigno, che sarebbe apparso sin troppo vistoso sulla maschera. Cercò di rilassare la schiena contro la seggiola, ma si ritrovò a sussultare quando una piuma dorata si incastrò in una fenditura lungo lo schienale.

«Cazzo» sibilò a denti stretti; l’esclamazione non sfuggì a Emily, che ne approfittò per rifilargli un’occhiataccia «Quanto pensa di metterci Sera? Stiamo aspettando da almeno mezz’ora!» esclamò, scoccando uno sguardo all’orologio a muro. La lancetta più corta era appena scivolata sul numero sei.

«è occupata. La tua bravata in tribunale le ha causato non pochi grattacapi negli ultimi giorni.»

«La mia... cosa?!» gonfiò le guance, abbandonandosi ad un sonoro sbuffare «Sai, se tu non avessi dato seguito alle idee idiote di quella stronzetta infernale, adesso non ci ritroveremmo questa colossale merda da gestire.»

«Stai dicendo che è colpa mia?»

«In buona parte!»

Vide Emily scattare in piedi, ma la sua altezza e il fisico minuto non erano sufficienti per renderla intimidatoria. Nonostante si sforzasse di apparire autoritaria almeno quanto la collega, la voce tremava per la frustrazione:
«Sterminate le anime umane ogni anno!»

«Sei mesi, attualmente...»

«Siete degli assassini senza scrupoli. Non conoscete la pietà, nemmeno per coloro che dimostrano un sincero pentimento!» lo sguardo della serafina volò da lui a Lute, che gli sedeva accanto impassibile, come consueto. Adam la conosceva sin troppo bene: sotto il casco da esorcista, sicuramente la donna stava dominando la noia ripassando mentalmente le sequenze degli ultimi allenamenti «Non dovreste nemmeno esistere, per quanto mi riguarda! Il Paradiso dovrebbe essere un luogo puro, incontaminato e sinonimo di bontà e virtù. La violenza dovrebbe essere bandita in ogni sua forma, e...»

«E... è grazie alle mie ragazze e alla violenza che tanto ripudi, se il tuo culetto angelico è seduto su quella sedia, lo sai? È  solo merito nostro, se quei peccatori merdosi non sono ancora riusciti a sfondare i cancelli. Perché li sterminiamo prima che possano anche solo pensare di bussare alle nostre porte» sbottò, senza nascondere il disappunto sulla maschera «Perché senza di noi, questo posto sarebbe già pieno di feccia infernale! Mi piacerebbe tanto vedervi, alle prese con quella marmaglia mentre demolisce i palazzi, imbratta i muri, saccheggia i negozi, e piscia lungo le graziose stradine dorate del Paradiso» congiunse le mani, come in una muta preghiera «Oh, vorrei davvero sapere cosa farebbe la cara Emily davanti a uno scempio del genere...» cinguettò, incurante del livore che adornava i tratti della giovane serafina.

«Non sono tutti così!»

«Beh, mi dispiace... ma fare una cernita non rientra tra i miei doveri! E l’ultima cosa che voglio, è che quella spazzatura di Hotel trovi un modo per redimere le anime dannate. Ci manca solo di assistere dei neo-eletti, che fino al giorno prima rimbalzavano tra un peccato e l’altro senza ritegno.»

«Potrei occuparmene io!»

«Si, come no... »

Osservò soddisfatto l’angelo lasciarsi cadere nuovamente in poltrona e incrociare le magre braccia, imbronciata.
Stupida stronzetta.
Allungò silenziosamente la mano sinistra verso Lute, che gli batté il cinque, senza commentare.

«Avete finito di comportarvi come dei bambini?»

La voce più profonda e autoritaria di Sera interruppe il breve attimo di silenzio, seguita dal tonfo della porta e dal ticchettio delle scarpe sul pavimento lucido. La serafina gettò ai due esorcisti soltanto una rapida occhiata, prima di raggiungere Emily e prendere posto accanto a lei. Lasciò cadere sul tavolo una pila di fogli.

«Purtroppo, ho delle notizie che non vi piaceranno» esordì, spaziando lo sguardo sugli astanti «Gli Angeli Superiori si sono riuniti in concilio e hanno decretato che, a seguito di quanto accaduto in tribunale, non possiamo più ignorare gli ultimi avvenimenti. L’Hazbin Hotel ha richiamato la loro attenzione, e il fatto che sia gestito nientemeno che dalla figlia di Lucifero li spinge a richiedere una indagine approfondita.»

«Indagine?!» Adam saltò sulla sedia a quelle parole, dimentico delle piume incastrate nel legno. Colse un bruciore alle ali, ma si sforzò di non badarci «Fanculo! Che significa “indagine”? Non c’è niente da analizzare o da scoprire, laggiù! Solo uno schifoso Bed and Breakfast da radere al suolo.» ringhiò, mentre Lute annuiva con veemenza.

«Beh, in Concilio Angelico non è dello stesso avviso» proseguì Sera «Ha disposto che venga condotta un’inchiesta sulle attività della struttura. Hanno designato un ambasciatore celeste da inviare all’Hazbin Hotel» la donna abbassò lo sguardo sui fogli, senza celare la preoccupazione nello sguardo, mentre si apprestava a leggere il comunicato «Il presente decreto, sottoscritto all’unanimità dai membri del Concilio Angelico, dispone l’immediata sospensione dello Sterminio, sino a data da destinarsi

«Che cazzo stai dicendo?!» Adam non riuscì a trattenersi, sbattendo il pugno sul tavolo.

«Avvalla la necessità di una indagine approfondita riguardante la struttura denominata “Hazbin Hotel” di proprietà di Charlotte Morningstar e delle attività ad essa legate

«Non possono annullare lo Sterminio!»

«A quanto pare, possono» canticchiò Emily, con un sorriso vittorioso.

Il Primo Uomo le regalò un dito medio.

«Fingerò di non aver visto» sbottò Sera, proseguendo nella lettura, la voce condita di un’apprensione che non riusciva più a celare «La serafina Emily viene promossa al ruolo di Ambasciatore Celeste, per tutta la durata dell’inchiesta

Emily saltò in piedi sulla poltrona, non potendo trattenere la gioia. Il Concilio l’aveva ritenuta idonea per una missione così delicata! Era indubbiamente un grande onore, e non vedeva l’ora di poter riabbracciare Charlie. Nonostante la conoscesse davvero poco, sentiva per lei un naturale trasporto, simbolo di un’amicizia pronta a sbocciare. Inoltre, avrebbe finalmente osservato l’Inferno con i propri occhi e saziato la curiosità che ruotava attorno a quel luogo così misterioso, che tanto la affascinava e intimoriva al tempo stesso.

«Contenta? Scommetto che non stai più nella pelle! Oh, che splendida idea scendere in quella cloaca puzzolente» Adam mimò un sorriso divertito, sfarfallando le ciglia inesistenti della maschera nera e gialla «Non vedi l’ora di rivedere Miss Stronzetta Morningstar. Sarà fantastico saltellare con lei per le vie lerce di Pentagram City, e comprare souvenir del cazzo... e ascoltare tutto il giorno quella musica merdosa che trasmettono laggiù.»

«Come fai a dire che la musica fa schifo, da quelle parti?»

«Perché tutti i musicisti buoni sono logicamente in Paradiso» si strinse nelle spalle, come se la cosa fosse ovvia «Dove altrimenti potrebbero essere?» domandò retorico, mentre Sera richiamava l’attenzione con un colpetto di tosse.

«Non divaghiamo, per favore» li ammonì, riprendendo a leggere «Il Concilio dispone inoltre che all’Ambasciatrice venga affiancato un accompagnatore, che possa garantirne la sicurezza in ogni frangente. Il nominativo designato è...»

Adam si irrigidì nuovamente.
Non io! pensò immediatamente Non io, non io, non io, non io, non...

«Il Capo Esorcista» concluse Sera.

«Fanculo, no!» Adam indietreggiò, spingendo la sedia con troppa foga e mandandola a gambe all’aria «No, no e no! Rifiuto l’incarico!»

«Non credo si possa rifiutare...»

«Dì a quegli stronzi bastardi che non intendo accettare in alcun modo.»

«Penso che chiamare “stronzi bastardi” gli angeli superiori non sia saggio» sibilò Sera, appoggiando la missiva sul tavolo «Inoltre, come ho detto, non è una richiesta. È un ordine diretto dalle alte sfere, Adam. Non c’è niente che io possa fare in merito.»

«Ma come no?! Tira una riga sul mio nome e scrivici quello di qualcun altro. Mandaci.. San Pietro, cazzo!»

«Stai scherzando, vero?»

«Ti sembro uno che scherza? Andiamo! Quel fringuello canterino non ha una minchia da fare tutto il giorno, se non stare a guardia dei cancelli. è letteralmente il fottuto portinaio del Paradiso! Possiamo anche rinunciare alla sua figura per un po’.»

«Non ha alcuna esperienza in materia... “infernale”» Sera mimò le virgolette piegando contemporaneamente indice e medio di entrambe le mani «Serve qualcuno che possa proteggere Emily. Non hai detto tu che l’Inferno è un posto corrotto e depravato? Non vorrai lasciarla andare laggiù senza una adeguata scorta, voglio sperare!»

«Io non sono un’adeguata scorta! Sono il fottuto Capo Esorcista e non un baby-sitter.»

«Morditi la lingua. è di Emily che stiamo parlando!»

Sera si stava chiaramente indisponendo, ma la cosa non gli interessava affatto. Iniziò a camminare su e giù nervosamente, frullando le ali come un uccellino in gabbia.
«Non c’è alcun bisogno che vada io. Una delle mie ragazze andrà benissimo» esclamò infine, voltandosi verso il luogotenente «Lute!»

«No!» Lute non riuscì a fermare quell’esclamazione. La maschera nera e bianca rifletteva un’espressione a dir poco terrorizzata: scendere all’Inferno con Emily non era sicuramente nella lista delle sue priorità o aspirazione. Dannazione, non si era arruolata per fare da balia ai cuccioli! Tuttavia, corresse frettolosamente il tiro «Volevo dire... Sì, signore?» recuperando in fretta la propria compostezza militare.

«Tu potresti...»

«Signore, con tutto il dovuto rispetto: devo ricordarle che non posso assolutamente abbandonare il Paradiso. Ricorda la... prozia Tiffany? Quella di cui le parlavo.»

«Non ricordo nessuna prozia...»

«Signore, andiamo! Possibile che non presta mai attenzione a quello che dico?» sbottò, montando un cipiglio offeso e incrociando le braccia al petto. Scrutò il volto di Adamo finché non vide il dubbio segnare i suoi lineamenti.

«Scusa, ecco... mi sarà sfuggito. Potresti ripetermi di questa tua... zia Tippete?»

«Tiffany!»

«E io che ho detto?» ora c’era anche un leggero rammarico nella voce. Perfetto!

Aveva consolidato quella tattica in passato, affinandola di volta in volta: bastava far credere ad Adam di essersi perso pezzi di un discorso mai avvenuto; di non aver prestato interesse o d’essere troppo distratto o ubriaco per dedicarle attenzione. Si sarebbe messo in discussione, e alla fine avrebbe ceduto pur di non darle un dispiacere. Lute aveva imparato a sfruttare quelle situazioni per volgerle facilmente in proprio favore.

«Beh, comunque... la prozia è molto malata. Le ho assicurato che sarei passata a trovarla tutti i giorni. Non posso mancare, capisce? Insomma, si tratta di una promessa a una persona molto fragile e anziana.»

Sera sollevò la destra, incerta:
«Mi rincresce per la tua parente, Lute... ammetto che non sapevo, però, che in Paradiso si potessero contrarre malat..»

Lute la fulminò con lo sguardo, tranciando immediatamente quel dire:
«Allergia alle nuvole» assicurò, scrollando le spalle «Ogni tanto la sua intolleranza peggiora. Ecco tutto.»

«Beh, capisco la situazione...» Adam si sfregò il mento pensieroso «Allora, mh... mi sapresti indicare qualche ragazza che potrebbe assumere il compito?»

«Sì, certamente!» Lute sospirò, sollevata. Pericolo scampato! «Bra è sicuramente tra le più idonee. Anche Sock se la cava molto bene con i ragazzini» gettò un’occhiata di circostanza a Emily, prima di proseguire «Underwear è competente e diplomatica, potrebbe essere la scelta giusta...»

Sera si intromise di nuovo, rivolgendosi al Primo Uomo:
«Scusa, ma a cosa pensavi mentre davi loro un nome?» chiese, ottenendo una scrollata di spalle disinteressata.

«Probabilmente stavo sfogliando il catalogo di qualche negozio di intimo...»

Sera si massaggiò la fronte:
«Non importa» sussurrò, prima di osservare nuovamente gli sterminatori «In ogni caso, non ci sono scappatoie. L’ordine, come ho detto, viene direttamente dal Concilio Angelico. Non possiamo considerare altri accompagnatori: devi andarci tu.» scorse Adam aprire la bocca per riprendere a protestare, e lo fermò con un gesto secco «Non discuterò oltre questa mozione. Così è deciso. Siete congedati.» concluse, indicando la porta ai due esorcisti.
 
 
***
 
 
Emily non stava nella pelle! Un viaggio all’Inferno. Oh, sarebbe stato sicuramente emozionante.
Dopo la riunione si era fiondata a casa. Aveva trangugiato frettolosamente una fetta di pane consacrato e marmellata di luce, prima di raggiungere la propria camera. Aveva sfilato, da sotto il letto, uno zainetto viola a fiorellini e una valigia in coordinato. Si era poi lanciata su armadi e cassetti.

Indubbiamente, all’Inferno la temperatura doveva essere più calda di quella del Paradiso. Molto più calda, supponeva: avrebbe avuto bisogno di abiti pratici, per il viaggio.
Mise da parte un paio di t-shirt e camicette di cotone; prese una felpa per sicurezza, e due dozzine di calzini e ricambi di biancheria. Un ombrellino portatile venne aggiunto al necessario, oltre al pigiama e alcuni vestiti dai colori pastello. Preparò scrupolosamente il beauty case: spazzolino, dentifricio, pettine, tagliaunghie; si chiese se all’Hazbin Hotel fornivano asciugamani ed accappatoi, oltre ai set di bagnoschiuma e shampoo. Nel dubbio, decise di inserirli nel bagaglio. Mise anche gli occhiali da sole e un cappellino di paglia con un grazioso fiocco rosa e bianco.

Si fermò davanti alla libreria, indecisa: indubbiamente aveva bisogno di una lettura leggera per prendere sonno la sera, ma... quale dei tanti volumi avrebbe dovuto scegliere? Meglio uno corto, maneggevole e poco ingombrante? Oppure un tomo da millequattrocentonovantaduepagine, intitolato “La Vergine di Calcutta”, romanzo rosa in vetta alle classifiche editoriali negli ultimi sei mesi? Emily osservò la copertina lilla, dove una donna dai magnetici occhi azzurri fissava innamorata un losco, ma affascinante figuro, la cui camicia nera sottolineava con eccessivo ardore i pettorali generosi.
Senza pensarci due volte, buttò il libro nello zainetto, assieme alla crema solare e alla lozione protettiva per le ali.

Infine, si rilassò sul letto, allungando la destra per aprire il cassetto del comodino. Ne cavò una penna dall’inchiostro glitterato e un diario, con un arcobaleno stampato sulla copertina.

Appoggiò il quaderno sulle ginocchia e iniziò a scrivere.
 
Caro Diario,
Sono così emozionata!
Il Concilio Angelico mi ha scelto come Ambasciatrice per un viaggio all’Inferno.
Non è eccitante? Non credevo fosse possibile, mai avrei pensato che avrebbero selezionato proprio me. Indubbiamente, Sera potrebbe essere una figura più idonea e preparata, ma credo che la mia piccola arringa in tribunale li abbia convinti.
Oh, sono così felice! Non vedo l’ora di rivedere Charlie e Vaggie e di conoscere il loro mondo. Sarà splendido, già lo so: incontrerò nuovi amici e potrò essere testimone della redenzione, attraverso le attività dell’Hotel.
Naturalmente, non sarò sola (purtroppo!! ç__ç): nientemeno che il Capo Esorcista mi terrà compagnia. Non posso dirmi contenta di questa scelta: avrei preferito venisse qualcun altro (chiunque altro!). Adam sa essere così… irritante! Scostante, maleducato,  sarcastico e ovviamente spietato. Non voglio che ne approfitti per seminare zizzania o minare la mia missione diplomatica! Gli impedirò di comportarsi da s♥♥♥nzo quale è. Ne va del buon nome del paradiso!
Ti terrò costantemente aggiornato, Caro Diario! Non vedo l’ora di poter descrivere le fantastiche avventure che mi attendono.
A presto,
Tua

Emily

 
 
Chiuse il quadernetto, soddisfatta. Tappò la penna e ripose il tutto in valigia.
Un attimo dopo, un leggero bussare riecheggiò nella stanza.

«Avanti!» esclamò, per nulla sorpresa di veder comparire Sera sulla soglia. La donna mostrava ancora preoccupazione sul volto stanco.

«Sera!» le sorrise, affrettando a scostare una poltroncina dalla scrivania «Accomodati» disse, battendo un paio di volte sul cuscino imbottito «Posso offrirti qualcosa? Ho dei biscotti proprio qui..» si voltò verso l’armadio, ma la donna la trattenne e la tirò velocemente a sé in un abbraccio.

«Sera? Tutto bene?» sussurrò, ricambiando quella stretta con un leggero impaccio.

«Sì, scusa» fu la risposta. Un attimo dopo, la allontanò con una carezza gentile «Sono solo… in pensiero, ecco. Per te. L’Inferno non è un posto raccomandabile, men che meno per una giovane serafina gentile e altruista.»

«Non preoccuparti. Sarò perfettamente al sicuro. So badare a me stessa!»

«Lo so. Non è di te di cui non ho fiducia. Pentagram City è una delle città peggiori di tutto il creato. Ha una pessima nomea, sostenuta dalla blasfemia e dalla corruzione dei suoi abitanti. Ho solo… paura che possa succederti qualcosa, Emily. Che qualcuno possa farti del male, ferirti o… peggio. Sei un angelo… gli angeli non sono ben visti laggiù.»

«Mi domando il perché…» soffiò Emily, ironica. Si pentì immediatamente di quell’uscita. Abbandonarsi a simili commenti non era da sé. Si coprì le labbra con entrambe le mani, vergognandosi di quelle parole «Mi dispiace» mormorò contrita, forzando un sorriso di scuse «Non preoccuparti, comunque. Non sarò sola, dopo tutto.» aggiunse, ma l’amarezza di quella constatazione non sfuggì all’altra.

«So che Adam non ti piace…»

«…Fatico a pensare che possa piacere a qualcuno, in realtà.»

«Ma ha molte qualità.»

«Non me ne viene a mente neppure mezza.»

«È la persona giusta, credimi. È capace nel suo… lavoro.»

«Combinerà un disastro, me lo sento» Emily scosse il capo, incerta «Come fanno a credere che spedirmi all’Inferno in compagnia del responsabile degli Stermini… sia una buona idea?»

Sera non rispose, abbassando lo sguardo. Non poteva ammetterlo, ma l’idea di inviare Adam al seguito di Emily era stata sua. Il Concilio l’aveva soltanto approvata, garantendole che avrebbe mantenuto il massimo riserbo sulla faccenda. Sera era convinta che Emily l’avrebbe odiata ancor di più, se avesse scoperto che era stata lei a piazzarglielo alle calcagna; non era neppure sicura che la giovane le avesse perdonato la recente scoperta delle epurazioni annuali.
Adam non sarebbe stato da meno: avere a che fare costantemente con lui era già sufficientemente complesso. Se fosse venuto a conoscenza di quella clausola, sicuramente non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Non che avesse alcun potere su di lei: Sera gli era indubbiamente superiore; ma Adam sapeva come rendersi odioso in molteplici modi e la fantasia certo non gli mancava. Ricordava ancora quando, a seguito di un’accanita discussione, il Primo Uomo aveva passato intere nottate a farle squillare il telefono a vuoto; o a suonarle il campanello di casa, solo per poi darsi alla fuga. Era come un adolescente, immaturo e capriccioso, intrappolato nel corpo di un uomo adulto. Tuttavia, ne era convinta, era la scelta giusta: non avrebbe affidato la tutela di Emily a nessun altro.

«Andrà bene» affermò, sforzandosi d’apparire convita e fiduciosa. Arruffò delicatamente le ciocche della più piccola «Ascoltami attentamente, ora: le vie di comunicazione con l’Inferno non sono efficaci. Una volta laggiù, non avrai modo di contattarmi direttamente. Potrai farlo soltanto recandoti all’Ambasciata Celeste. Charlie sa dove si trova, puoi fartela indicare. Chiamami per qualunque cosa, d’accordo? Darò disposizione affinché ci sia sempre qualcuno a sorvegliare quel canale.»

«Capito, sì!»

«Abbi cura di te, Emily.»

«Lo farò.­»

«Sono così fiera» Sera si alzò, schioccandole un bacio sulla fronte «Ora dovresti andare a riposare. Domani ti aspetta un viaggio importante.» sussurrò, alzandosi e scivolando verso la porta «Sogni d’oro, mia cara.»

Emily sollevò la destra, sventolandola in aria:
«Buonanotte, Sera.»

Salutò, prima di arrampicarsi sul letto e coricarsi; passò le tre ore seguenti a fissare il soffitto, troppo eccitata per riuscire a dormire.
 

***
 

Lute bussò due volte, scivolando oltre l’uscio senza aspettare risposta.
Abbracciò in un attimo la familiare stanza, individuando immediatamente la figura del suo comandante, accasciata su una sedia. Come prevedibile, si era scolato tre lattine di birra e stava attaccando la quarta. Un paio di bicchierini di vetro e una bottiglia di vetro ambrato, indicavano che la birra non era l’unico alcolico a cui aveva attinto.

«Signore…» attaccò, avvicinandosi alla sua figura.

«Vaffanculo.»

Quella risposta non la sorprese per nulla.

«Adam…»

«Vaffanculo di nuovo.»

«La vuoi smettere di comportarti come un fottuto idiota?»

«Ehi! Non parlarmi così, stronza! Sono comunque il tuo capo.»

«Non fuori dall’orario di lavoro.»

Lute scostò una seggiola, accomodandosi. Allungò la destra, infilando due dita sotto al mento di lui e premendo delicatamente, costringendolo a rialzare la testa dal tavolo. Fissò lo sguardo spento del Primo Uomo, privo della protezione che la maschera gli regalava in altre occasioni. Le piacevano quei momenti: quegli attimi in cui non erano semplicemente colleghi, o comandante e sottoposta. Erano attimi personali, intimi, condivisi soltanto tra loro: una comunione che andava ben oltre il semplice cameratismo. Era consapevole d’essere l’unica persona a cui Adam mostrava quei tratti: la fragilità tipica dell’essere umano, diametralmente opposta alla sfrontatezza e boria che lo rivestiva ogni volta che indossava i panni da Capo Esorcista. Rimaneva comunque uno stronzo maleducato… ma poteva gestirlo.

«Non ci voglio andare…» lo sentì biascicare, la voce impastata dalla stanchezza e dall’alcool.

«Sei ubriaco.»

«Non è vero.»

La testa ricadde sul tavolo con un tonfo. Lute fece appena in tempo a ritirare la mano, evitando che venisse schiacciata dalla fronte altrui.

«Senti, so come ti senti…» azzardò.

«Sto una merda.»

«Sì, a parte questo…»

«Oh, Lute! Sei così fortunata ad avere una…» lo vide risollevare il capo e aggrottare la fronte «Cugina malata come Timberland. Almeno non sei costretta a scendere in quel buco merdoso d’Inferno.»

La donna affilò un sorriso di circostanza: forse aveva esagerato con la storia della prozia. Avrebbe potuto offrirsi di accompagnarlo, se non si fosse spinta troppo in là con quella bugia. Non poteva fare marcia indietro ora, senza essere smascherata.

«Sono certa che tornerai presto, suvvia. Non perderti d’animo. Si tratterà solo di qualche giorno. Una settimana, magari… forse due.» disse, affondando le dita tra i suoi capelli in disordine; cercò di modellarli, di dare loro una forma composta, ma senza successo «Magari sarai indietro nell’arco di un paio di mesi» azzardò, decisa a non regalargli false speranze o pronostici ottimisti «Hai preparato la valigia?» chiese infine.

Non ottenne risposta. Adam si limitò ad indicarle il divano davanti al caminetto.

Lute si alzò, marciando in direzione del sofà, trovandovi solo un sacchetto in nuvola biodegradabile. Sciolse il nodo che legava i manici e spiò all’interno.
«Tutto qui?!» esclamò incredula.

«Mh-mh.»

«Hai messo solo lo spazzolino, un paio di boxer e di calzini! Questa roba non basta nemmeno per una giornata.»

«Le mutande le giro dentro-fuori. Anche le calze. Così viaggio leggero.»

«Questo non è…» si interruppe, gettando il sacchetto a terra «Sei un idiota! Se avevi bisogno di una mano, avresti potuto chiedermela.»

«D’accordo… allora me la dai?»

«Una mano?»

Ottenne in cambio un sorriso sornione:
«Secondo te..?»

«Deficiente!» Lute recuperò i boxer dalla borsa e glieli lanciò in testa «Guarda, ho capito! Continua a compiangerti e ad affogare il dispiacere nell’alcool. Alla valigia ci penso io.» ringhiò, marciando verso la porta della stanza altrui.

«Lu…te?»

Si fermò sulla soglia, lanciandogli uno sguardo torvo:
«Che vuoi?»

Adam le regalò un sorriso sghembo:
«Ti voglio bene.»
 
 


Angolino:
Buondì! è da parecchio, ormai, che non scrivo / pubblico ff con costanza. Ci ho provato più di una volta, ma senza grande successo.
Alla fine, dopo aver visto Hazbin Hotel, ho ceduto alla tentazione e ho ripreso a scrivere. Non so bene come evolverà questa storia: la trama, a grandi linee, la ho a mente, ma non posso fare previsioni. Spero solo che possa piacere l'idea e, soprattutto, che possa strapparvi qualche sorriso qui e là.
Come consueto, inserisco sempre uno spazio tra i periodi delle mie ff: semplicemente, trovo che la visualizzazione di efp sia troppo "compatta" nel testo e .. non so come inserire una interlinea. Sapete se c'è come opzione, da poter cliccare? (Ho cercato nel pannello, ma non la trovo). Per qualche ragione, inoltre, non mi accetta il tag "Un po' tutti" quando seleziono i personaggi per la storia. Ho dovuto ripiegare su "Altri", ma il senso è quello.
Per qualunque suggerimento / correzione, mandatemi un mp! Vi sarò molto grata per tutti i consigli e le dritte.
Grazie per aver letto!

E'ry 
 

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Capitolo 2
*** Highway to Hell ***


2. Highway to Hell

 
Lute si accomodò su una panchina, nei pressi del cancello dorato. Cavò il cellulare e controllò l’ora. Possibile che nessuno fosse puntale? Si erano dati appuntamento di buon mattino, le sette non erano ancora suonate; eppure era l’unica che si era presentata per tempo.
Aprì l’applicazione di messaggistica, e controllò le chat. Quella di Adam segnava l’ultimo accesso alle due di notte.

«Stupido coglione» ringhiò, digitando in fretta:
Dove sei?

Poco dopo, le tornò indietro una risposta:
Grazie del tuo messaggio. Al momento non siamo disponibili, ma risponderemo il prima possibile.
 
Non si era nemmeno preso la briga di cambiare il messaggio automatico.
Scorse frettolosamente la rubrica, avviando una chiamata. Portò il dispositivo all’orecchio destro, ascoltando il TUUUT-TUUUT ripetitivo. Suonava libero.

«Si può sapere dove cazzo sei?» sbottò nella cornetta, ma con sorpresa la replica giunse da dietro le sue spalle.

«Proprio qui, stronza.»

Lute si voltò, scrutando la figura del collega. Adam indossava una tunica pulita e la consueta maschera. La mancina stringeva il manico di un borsone arancione, mentre la destra reggeva un vassoietto, dove erano depositate due bicchieri di carta. Il familiare logo con l’angelo verde scuro e la scritta Saintbucks, l’odore di caffeina e due bustine di zucchero preannunciavano una frugale, ma necessaria colazione.

Il Primo Uomo lasciò cadere la valigia accanto alla panchina e si sedette, posando il vassoio tra sé e la sterminatrice. Recuperò uno dei bicchieri, dove un solerte commesso aveva scritto “Lu” con un pennarello azzurro.

«Caffè. Corto e amaro, come la vita.» esclamò, ben conscio dei gusti della donna. Attese che Lute lo prendesse e allontanasse il tappo usa e getta, prima di recuperare il proprio. Strappò coi denti le due bustine di zucchero e le versò nel contenitore, miscelando il tutto con una paletta di legno.

«Cosa hai preso?»

«Cappuccino.»

«Non credi di aver esagerato con lo zucchero?»

«No. Faccio il pieno di dolcezza finché posso.» mormorò con uno sbuffo, portando la tazza alle labbra e prendendo un sorso generoso. «Senti, Lute… pensi che..?» attaccò, ma venne ben presto interrotto da un ometto avvolto in abiti splendenti, sui toni dell’azzurro e del giallo. La chioma bionda contornava un viso imberbe, dai tratti quasi infantili. Un papillon rosso cingeva il colletto della tunica, stretta in vita da una cintura ove pendeva un mazzo di chiavi.

«Santo, santo! Osa-a-nnaaaa» canticchiava, con voce sommessa «Osanna, eh. Osanna, eh… Osannaaa a Cristo Signor!»

«Oh, ti prego! Ci mancava questo spostato!» Adam si affossò ancor di più sulla panchina, affrettandosi a trangugiare il cappuccino «Avrei dovuto prendere anche dei tovagliolini per imbottirmi le orecchie.»

L’uomo si avvicinò loro, tramutando il canto in un fischiettare altrettanto irritante. Si interruppe solo quando fu a meno di un paio di metri:
«Buongiorno, miei cari» cinguettò.

«Buongiorno un cazzo!» il Primo Uomo gli regalò una occhiata di sufficienza. Odiava San Pietro. Non capiva come avessero potuto lasciare la custodia del Paradiso ad una persona tanto inetta e insignificante. Si ricordava a stento il suo nome. «è già una giornata di merda, senza che tu l’allieti con la tua detestabile voce da chierichetto stitico!»

«Non… non ti piace la mia canzone?» San Pietro mostrava un’espressione contrita.

«Fosse solo quella, il problema…»

«Mi dispiace! Non… sapevo non rientrasse nei vostri gusti. Cambierò registro.»

«Ecco, bravo!»

«Avete qualche suggerimento?»

«Stare in silenzio, magari?» azzardò Lute, ma il tentativo cadde nel vuoto.

San Pietro non fece nemmeno finta d’averla sentita. Al contrario, prese a battere le mani a ritmo:
«Ti ringrazio mio Signore, non ho più paura
Perchèèèè.. con la mia mano, nella mano degli amici mieii
Cammino tra la gente della mia…»

«E tu questo lo chiami cantare? Che merda!» Adam balzò in piedi «Vuoi della musica? Va bene! Ti accontento, stronzo. Poi non ti lamentare!» schioccò le dita, evocando la chitarra dorata. Le note graffianti coprirono immediatamente la voce del povero Santo:
«Livin' easy
Lovin' free
Season ticket on a one-way ride…
»
 
Lute sbuffò, scolando il proprio caffè in silenzio. Non avrebbe dovuto lasciarsi coinvolgere, lo sapeva… ma era impossibile non lasciarsi andare davanti a quella canzone. Era nel repertorio preferito del superiore, e l’aveva ascoltata così tante volte. Prese a muovere la testa a ritmo, canticchiando a propria volta:
«Don't need reason
Don't need rhyme
Ain't nothin' that I'd rather do
»
 
Ricordava ancora la prima volta che l’avevano sentita: era stata durante una delle gite clandestine sulla Terra. Scappatelle di cui Sera non era assolutamente a conoscenza, all’epoca. Si erano imbucati ad un concerto di una band australiana. Avevano un nome strano quei ragazzi: qualcosa tipo “AvantiCristo/DopoCristo”… o una cosa del genere. Forse il nome non significava proprio quello, in effetti, ma non aveva importanza: la musica era indubbiamente spettacolare, e si erano innamorati subito dei loro pezzi. Inutile dire che quella canzone in particolare si era rivelata un successo, tanto in Terra quanto nei Cieli. Certo, Sera non si era mostrata entusiasta quando il Capo Esorcista si era messo a suonarla nei concerti del Paradiso. La reputava decisamente poco idonea al contesto. Per farla contenta e cessare le sue lamentele, Adam aveva bilanciato il repertorio con un secondo motivo, meno incisivo nel ritmo, ma dal titolo ben più consono: Stairway to Heaven. Dubitava che Sera si fosse mai presa la briga di cogliere il significato del brano, ma già che la parola “Heaven” compariva nel titolo, sembrava lasciarla soddisfatta.
 
«I'm on the highway to hell
On the highway to hell»
 
Indubbiamente, non poteva esserci canzone più adatta in quel momento. Inoltre, era perfetta per infastidire San Pietro. Il custode si era portato le mani alle orecchie, biascicando un:
«Blasfemia! Pura blasfemia!» a cui nessuno stava badando.

 
***
 

Quando Sera e Emily raggiunsero il punto d’incontro, San Pietro si era dovuto sorbire già buona parte dell’intero repertorio degli “AvantiCristo/DopoCristo”, e con lui tutto il quartiere circostante. Diverse finestre si erano spalancate, e gli abitanti – affacciati ai davanzali – agitavano minacciosamente i pugni in direzione dei cancelli:
«Basta, cazzo! Sono le sette di mattina.»
«Andate a lavorare!»
«Vogliamo dormire!»
E così via.

Adam, ovviamente, non stava badando a nient’altro che alla propria chitarra: continuava a strimpellare e a cantare, in piedi sulla panchina, lieto e consapevole d’essere un fastidio.
«Vaffanculo, stronzi! Non vedo perché io devo essere sveglio a quest’ora infame e voi no!»

«Adam!» ringhiò Sera, battendo due volte le mani. La chitarra dorata si dissolse immediatamente.

«Ehy! Stavo arrivando alla parte migliore.»

«Concerto finito. È ora di andare. Sei pronto?»

«Sono nato pronto!»

Logico. Si pizzicò nervosamente l’attaccatura del naso, mentre Emily la raggiungeva, trascinando il piccolo trolley e con già lo zainetto sulle spalle.

«Allora, prima che partiate, devo farvi alcune raccomandazioni» riprese Sera, spaziando lo sguardo ai viaggiatori «Non conosciamo le condizioni attuali dell’Inferno. Vi invito, dunque, a essere estremamente cauti. Come sapete, durante l’ultimo sterminio, sono riusciti ad abbattere uno dei nostri. Mantenete un basso profilo, state lontani dai guai» e il suo sguardo cadde inevitabilmente su Adam «E soprattutto… non create problemi. La vostra priorità è indagare sulle attività dell’Hotel: raccogliete dati, indizi, tutto quello che ritenete sia indispensabile, e riferitecelo. Come accennavo a Emily, le comunicazioni con Pentagram City non sono facili. I nostri dispositivi non funzionano laggiù, quindi per qualunque contatto dovrete recarvi all’Ambasciata Celeste. Domande?»

La mano del Primo Uomo scattò nell’aria:
«Posso riavere la mia chitarra?»

«No, ovviamente. Non hai l’altra?»

«Questa?» Adam schioccò nuovamente le dita e una chitarra dorata, con gli inserti neri, apparve dal nulla. Aveva una forma singolare, con i bordi così sottili e affilati da farla assomigliare quasi ad un’ascia «Si, ma … non ha la stessa acustica.»

«Non mi interessa. Porta quella e basta.»

Ignorò l’occhiata velenosa che l’Esorcista le lanciò. La serafina batté nuovamente le mani: due tonfi ravvicinati e uno più distante. Un portale circolare si aprì appena oltre i cancelli del Paradiso, lambito di lingue di fuoco argentato.
«Bene! Meglio vi avviate. Buona fortuna a entrambi.»

Strinse Emily in un abbraccio, prima di aiutarla a sollevare il trolley da terra e lanciarlo oltre il cerchio fiammeggiante. Dalle maniglie spuntarono due coppie di ali, che fecero planare dolcemente il bagaglio.
«Fai attenzione.» sussurrò nuovamente Sera, regalandole un’ultima carezza.

Emily le sorrise, incoraggiante:
«Andrà tutto bene, non temere.» disse, sventolando la destra nell’aria «Vi farò avere al più presto notizie!» promise, per poi scavalcare il bordo del portale e lasciarsi cadere nel cielo dell’Inferno.
 

***
 

Adam recuperò il proprio borsone, aspettando pazientemente il proprio turno.
«Ehi, stronza…» sogghignò verso Lute «Fai la brava in mia assenza. Vedi di non rammollirti.»

«Potrei dire lo stesso, signore.»

«Fanculo, Lute. Con amore.» e le regalò un dito medio, a cui il luogotenente rispose con una risatina e una scrollata di spalle.

Si avvicinò al portale, flettendo le gambe per prepararsi a scavalcarlo. Spiegò le ali, pronto a tuffarsi nel vuoto, ma qualcuno lo afferrò per le piume.

«Ehy, che cazzo..» si interruppe, quando scorse il viso di Sera terribilmente vicino.

«Non fare stupidate!» lo ammonì immediatamente.

«Quando mai fac…»

«Sono seria. La sicurezza di Emily è la tua priorità. Non dimenticarlo.»

«Non sono cretino, ho capito. Farò attenzione a Miss Valigia a Fiorellini e…»

Sentì un forte strattone alle penne.
«Non sono in vena di buffonate, Adam. Se le dovesse accadere qualcosa di spiacevole, ti riterrò responsabile.» la voce solitamente calma e melodiosa si trasformò in un basso ruggito «Se scopro che sei venuto meno al tuo dovere, ti strapperò personalmente le ali. Sono stata chiara?»

«Mh… Fanculo» un’altra stretta al piumaggio «Va bene, cazzo!»

«Eccellente. E… sei autorizzato a usare qualsiasi mezzo, per tenerla al sicuro. Hai carta bianca. Riporta indietro Emily sana e salva.»

La maschera gialla e nera mimò un ghigno soddisfatto:
«Sarà fatto.»

 
***
 

Angel Dust sgusciò fuori dal bagno. Aveva decisamente bevuto troppo la sera precedente e non aveva ancora smaltito la sbornia, che lo costringeva a correre al gabinetto a intervalli regolari. Chiuse la porta, gettando uno sguardo al pendolo lungo il corridoio. Le lancette segnavano le sette e mezza.

«Troppo presto…» sbuffò, stiracchiando le braccia. Si incamminò lungo il corridoio, per raggiungere nuovamente la propria stanza.

Passò davanti ad una finestra, scoccando un’occhiata oltre i vetri appannati. Pentagram City dormiva ancora, immersa in una quiete surreale. All’improvviso, qualcosa catturò la sua attenzione: due piccole sagome quadrate stavano precipitando dal cielo, verso il suolo. Cos’erano? Meteoriti, forse. Oppure… aguzzò meglio la vista:
«Valige!» esclamò incredulo, mentre i due bagagli spiegavano delle corte ali di tessuto e planavano dolcemente verso il suolo. Scosse il capo «Ho davvero esagerato con l’alcool ieri sera!»
 
 
***
 

Emily atterrò nello spiazzo antistante alla collinetta ove sorgeva l’hotel. Recuperò in fretta il trolley a fiori, e si voltò alla ricerca del proprio accompagnatore. Possibile ci stesse mettendo tanto? Non stava più nella pelle! Non vedeva l’ora di riabbracciare Charlie, di incontrare i suoi amici, di esplorare l’albergo e toccare con mano i progressi del programma di redenzione. Non poteva, tuttavia, incamminarsi senza Adam: Sera sarebbe andata su tutte le furie, se l’avesse sorpresa a lasciarlo volutamente indietro. Si costrinse ad aspettare, spostando l’attenzione all’ambiente circostante nella speranza di veder atterrare il compagno d’avventure il prima possibile. Scandì il tempo battendo nervosamente il piede a terra.

«Ma quanto ci mette?!» esclamò spazientita, poco prima che un brusco movimento sulla destra attirasse la sua attenzione.

«Cazzo, cominciamo bene!»

La voce era inequivocabile, così come il linguaggio scurrile.
Si voltò, scorgendo Adam alle prese con un robusto, quanto spoglio sicomoro. Il borsone arancione, nell’atterraggio, si era impigliato tra i rami più alti e l’Esorcista stava cercando di districare manici e passanti da quel groviglio rinsecchito.

«Porca puttana, posto di merda!» lo sentì ringhiare.

Emily inspirò a fondo e contò fino a dieci. Doveva mettere da parte le proprie remore, ed essere collaborativa e disponibile. Frullò le ali e si levò in volo, sino a raggiungere l’albero.
«Posso essere d’aiuto?» domandò, avvicinandosi all’altro angelo.

L’occhiata cupa che ricevette non la sorprese affatto.

«Hai già fatto abbastanza trascinandomi fin qui» sbottò Adam, schioccando le dita per evocare l’ascia dorata. O chitarra. O quello che era. Un’asciarra. La impugnò saldamente, mulinando colpi alla cieca per tranciare quanti più rami possibile. Tuttavia, più potava il sicomoro, più le sue propaggini ricrescevano, avvolgendosi come viticci attorno al borsone.

«Sai, non credo che funzionerà» suggerì la serafina.

«Tu dici? Cazzo, Emily… sei davvero d’aiuto! Non me n’ero affatto accorto.»

«Forse dovresti provare con un po’ di gentilezza.»

«è una fottuta pianta!»

«Sai, magari…» la fanciulla si avvicinò, prendendo un ramo a coppa tra le mani «Con delle parole dolci e una canzone adatta… Charlie canta spesso, sembra che funzioni bene da queste parti.» sussurrò, accarezzando cautamente la corteccia «Per fare un tavolo…» attaccò una melodia leggera «Ci vuole il legno…»

«Ottima idea ricordare a Mister Albero che lo aspetta un luminoso futuro da comodino!»

«Per fare il legno, ci vuole l’albero

«Bravissima! Vedo già uno spiraglio di salvezza per la povera valigia.»

«Per fare l’albero, ci vuole il seme…»

«Ero ironico, Emily. Quella merda sta stritolando ancor di più il borsone.»

«Per fare il seme, ci vuole il frutto. Per fare il frutto ci vuole un fiore.» la canzone continuò a fluire morbida, delicata, riempiendo la quiete del mattino «Ci vuole un fiore, ci vuole un fiore, per fare…»
«Mi sono definitivamente frantumato i coglioni. Stai indietro!»

Emily si sentì strattonare. Ruzzolò nell’aria per qualche metro, e troppo tardi realizzò ciò che stava per accadere.
«No!» esclamò, tendendo la destra in una supplica disperata «Non farlo!»

Adam non la stava minimamente considerando: lo vide convogliare il potere angelico sulla punta dell’indice e dirigere un fascio luminoso contro il sicomoro, segandolo letteralmente in due metà perfette. L’albero cadde al suolo, rilasciando la valigia, che rotolò a terra con un tonfo.

«Finalmente, cazzo!» Adam atterrò con un balzello e recuperò la propria sacca, caricandola su una spalla.

«Guarda che hai fatto!» Emily cadde in ginocchio accanto ai resti della vecchia pianta «Non era necessario!»

«Oh, finiscila.»

«Non… non…»

All’improvviso, dai resti del tronco, sciamarono una miriade di conigli rossi e neri, non più lunghi di una spanna. Turbinarono nell’aria, sfruttando le lunghe orecchie come fossero le pale di un’elica. Quelle buffe creature danzarono in cerchio attorno al sicomoro caduto, emettendo striduli squittii di dolore e sgomento. Versarono lacrime acide sul terreno, lasciando piccoli crateri fumanti ovunque le gocce cadessero.
Poco dopo, come erano apparsi, i conigli volarono via, scomparendo ben presto all’orizzonte.

Emily congiunse le mani al petto, contrita davanti a quel misero spettacolo.
«Hanno… hanno perso la loro casa.» singhiozzò, prima di rivolgersi al compagno «Hai visto che cosa hai fatto?! Sei… sei…»

«Incredibilmente sexy? Lo so, grazie.»

«Spregevole!»

«Piantala di scassare le palle! Era solo un vecchio albero cadente, infestato da roditori infernali. Mi rifiuto di sentirmi in colpa perché quattro ratti hanno perso il monolocale in cui vivevano.»

«Erano conigli…»

Adam liquidò le sue proteste con un gesto seccato:
«Abbiamo già perso abbastanza tempo. Prima arriviamo a questo merdoso hotel e meglio sarà» sentenziò, prendendo ad inerpicarsi lungo la salita che conduceva all’edificio.

A Emily non rimase altro da fare che seguirlo.
 

***
 

Valentino si strinse nella vestaglia bordata di pelliccia, e uscì sul balcone. Accese una sigaretta e la incastrò nel bocchino di avorio. Si appoggiò alla balaustra del balcone, osservando il profilo della città. Pentagram si stava lentamente risvegliando: lungo le vie, gli ultimi nottambuli barcollavano alla ricerca del loro alloggio, mentre i negozianti alzavano le saracinesche delle loro attività. Spostò lo sguardo verso ovest, oltrepassando rapidamente Cannibal Town e spaziando fino agli uffici di Carmilla Carmine, raggiungendo l’Hazbin Hotel. Aguzzò la vista quando scorse un lampo di luce scaturire alla base della collina.

«Wow, cazzo!» esclamò, aggiustando gli occhiali a forma di cuore «Fuochi d’artificio alle sette e mezza di mattina? Quegli stronzi devono essere completamente fuori di testa.» commentò, prima di fare un rapido dietro front e oltrepassare la porta a vetri, per tornare ai propri alloggi.
 

***
 

Emily osservò la porta d’ingresso del Hazbin Hotel, indecisa. L’adesivo appiccicato il battente di legno la intimoriva: era un semplice cerchio rosso, con una barra del medesimo colore. Un chiaro segno di divieto, dentro cui qualcuno aveva disegnato le sagome del Capo Esorcista e del suo luogotenente. Una scritta in stampatello avvertiva: “Io non posso entrare.”

«E adesso?» domandò, voltandosi verso il suo accompagnatore.

«Che stronzate! Non sarà certo uno stupido cartello a fermarmi.» Adam allungò la destra e premette ripetutamente il citofono. Uno trillo, poi un secondo.
Attese qualche attimo e suonò di nuovo.
 
 
***
 

Cherri Bomb non era una persona mattiniera, ma sfortunatamente la sua camera era esattamente sopra alla reception dell’hotel. Troppo vicina perché potesse ignorare il ripetuto trillare del campanello.

«Arrivo, arrivo!» esclamò, buttando velocemente una felpa sulle spalle e infilando le morbide ciabatte di pelo rosa. Stropicciò ripetutamente l’unico occhio e nascose in fretta un paio di sbadigli. Scese le scale, dirigendosi svelta verso la porta d’ingresso, da cui continuava a provenire l’irritante scampanellio del campanello «Ho capito, basta rompere i coglioni!» ringhiò.

Allungò la destra e abbassò la maniglia, dopo aver fatto scattare la chiave nella toppa di un paio di giri. Aprì il battente e si ritrovò ad osservare una scena surreale: una giovane serafina rimproverava inutilmente il Comandante degli Esorcisti, che non la smetteva di giocare con il citofono.

«Devo essere ancora ubriaca da ieri sera…» commentò, chiudendo la porta e tornando sui propri passi.

Sì, non c’era altra spiegazione: era impossibile che due angeli bussassero all’albergo, men che meno alle sette di mattina. Non era ancora il giorno dello Sterminio, quindi… che diamine ci facevano lì?
Non aveva alcun senso. Indubbiamente, si trattava di un’allucinazione indotta dall’alcool trangugiato la notte scorsa. Allora… perché il campanello non smetteva di squillare?

Cherri fece un rapido dietro front e tornò all’ingresso, spalancandolo.
«Ah-ah!» esclamò, convinta di non trovare più nulla oltre la soglia. Invece… i due angeli erano ancora lì. Entrambi le stavano sorridendo: la fanciulla con gentilezza e simpatia; il Capo Esorcista con il solito terrificante ghigno giallastro.

«Buongiorno! Sono…» la serafina si fece avanti, mimando un veloce inchino, subito interrotta dal suo collega.

«Fanculo, stronza! Era ora che aprissi.»

Cherri richiuse immediatamente la porta e poi la spalancò di nuovo.
Gli angeli non si erano volatilizzati, come aveva intimamente sperato.

«Ciao, sono Em…»
«Possiamo entrare o no?»

Porta chiusa. Porta aperta.

«…ily. Sono un’ambasciatrice cele…»
«Oh, ma sei cretina o cosa?!»

Porta chiusa. Porta aperta.

«…ste e sono qui per incontrare Ch…»
«Come portinaia fai decisamente cagare.»

Porta chiusa. Porta aperta.

«…arlie Morningstar. Sono stata mand…»
«Mi sto rompendo il cazzo.»

Porta…

Cherri tentò di chiudere, ma questa volta un’ala dorata si contrappose, spingendo indietro il battente. La ciclope indietreggiò rapidamente, mentre la figura del Capo Esorcista scivolava oltre l’ingresso. Incespicò e cadde a terra. Sollevò entrambi i pugni, pronta a combattere se necessario.

«Ti prego, non avere paura!» di nuovo la voce gentile della serafina «Non vogliamo farti alcun male, noi…»

Ma Cherri non la stava ascoltando. Scosse il capo, gettò un’occhiata verso le scale e gridò con quanto fiato aveva in corpo:
«CHARLIE!»
 
 

Angolino:
Eccomi di ritorno, un po' prima del previsto, ma ho approfittato del weekend per scrivere un po' e sistemare il secondo capitolo.
Alcune precisazioni: la storia è chiaramente ambientata dopo la scena di Charlie e Vaggie in tribunale, durante la quale Adam dice "we'll see you in one month".. quindi immagino la ff inserita in quel mese. Non ho ancora deciso bene come andrà, ma credo che darò per assodato che Charlie e Vaggie abbiano recentemente scoperto come uccidere gli angeli. Altro appunto: il nome degli AC/DC non deriva certo da "Anti Cristo / Dopo Cristo", come invece pensano Adam e Lute; tuttavia, mi sembrava un gioco di parole adatto agli abitanti del paradiso, e quindi l'ho inserito. 
Riguardo a Highway to Hell, ho trovato due "versioni" del testo: la prima dice "Living easy, lovin' free"; la seconda "Living easy, living free". Non so quale sia la corretta, ma ho inserito la prima (e, ovviamente, se non conoscete Highway to Hell, dovete assolutamente recuperarla *_*)
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui. Per qualunque suggerimento / correzione, scrivetemi liberamente.
*Regala coniglietti infernali, ormai rimasti senza casa*

E'ry

 

 
 

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Capitolo 3
*** La Vergine di Calcutta ***


3. La Vergine di Calcutta


Charlie era letteralmente caduta dal letto, sentendo quel grido terrorizzato provenire dal piano di sotto. Vaggie l’aveva preceduta, balzando immediatamente fuori dalle coperte e scattando lungo il corridoio principale. La Principessa aveva impiegato qualche attimo di più a reagire: infilate le pantofole gialle a forma di papera (ovvio regalo del padre), si era precipitata nell’androne dell’hotel. Quando lo raggiunse, si ritrovò ad osservare una scena surreale.

Niffty correva avanti e indietro, ridendo come una pazza; Sir Pentious stava facendo scudo col proprio corpo a Cherri Bomb, la quale tentava inutilmente di togliersi dai piedi l’aspirante pretendente. Husk e Angel Dust, in disparte, piazzavano scommesse clandestine, rilanciando continuamente la somma.

«Io dico che lo tira giù in quaranta secondi» stava dicendo Angel, mentre Husk dondolava il capo con aria esperta:
«Ha già fatto cinque tentativi, tutti a vuoto. Ci vorranno almeno tre minuti.»

Alastor… beh, non si vedeva da nessuna parte; probabilmente le disavventure mattutine non erano abbastanza interessanti per lui.

Nel mentre, Vaggie aveva recuperato la sua vecchia lancia e la stava ripetutamente scagliando verso il soffitto, come una giavellottista… non particolarmente esperta, visto che mancava in continuazione l’obiettivo. Quest’ultimo, facilmente identificabile dalla maschera nera e le vesti da Esorcista, se ne stava pigramente appollaiato sul lampadario, deliziato dal caos generale.

Infine, una giovane serafina stava inutilmente tentando di placare gli animi, nonostante fosse chiaramente sull’orlo di una crisi di nervi.

«Si può sapere che sta succedendo qui?» esclamò Charlie, superando con un salto gli ultimi gradini. Nessuno le badò «Insomma, che accade?!» riattaccò, ma quando si vide ignorata per la terza volta, lasciò sfogo alla propria frustrazione «Che cazzo state facendo, tutti quanti?!­» urlò, mentre un’aura rossastra circondava la sua figura.

«Oh, ma guarda chi si rivede. La principessa Morningstronz in persona.»

La voce pungente proveniva dal lampadario e Charlie si costrinse a rialzare lo sguardo:
«Che diamine ci fai qui?!»

Adam le rivolse un sogghigno distratto:
«Vorrei tanto spiegartelo, zuccherino. Ma prima dovresti richiamare all’ordine la tua fidanzatina Vagina.»

«Mi chiamo Vaggie!»

«Diminutivo di Vagina, appunto.» La lancia volò nuovamente nell’aria, ma il Primo Uomo si limitò a deviarla con un colpo d’ala «Cazzo, dovresti fare attenzione con quel giocattolino. Mi hai quasi… quasi… quasi… quasi… quasi… molto quasi… ferito.» sghignazzò, sporgendosi un poco dal lampadario «Ti sei rammollita quaggiù tra i peccatori. Una volta non avresti mancato il bersaglio.»

«Posso sempre riprovare!» Vaggie si precipitò a raccogliere l’arma, suscitando nel suo avversario altre risate.

«È il quindicesimo tentativo che fai, dolcezza. O forse il sedicesimo? Mh, non fa niente.» Adam la osservò con un sorriso sghembo stampato in faccia «Uh, a proposito! Come procedono le cose tra voi due? Il vostro rapporto va sempre a gonfie vele, nonostante tu le abbia tenuto nascosto che sei un fottuto angelo?» domandò, indicando la principessa.

«Sei un maledetto stronzo!»

«E tu fai schifo!»

«Va bene, ora basta!» Charlie si fece avanti, occupando il centro della scena. Volse l’attenzione alla propria compagna «Mettila via, per favore.» accennando alla lancia, che Vaggie fece prontamente svanire. «Niffty, smettila di correre. Sir Pentious, basta proteggere Cherri: non è necessario e non credo nemmeno che lei lo voglia, visto che è andata a sedersi sul divano circa un quarto d’ora fa… e tu stai difendendo un appendiabiti.» spostò l’attenzione, finendo su Husk e Angel «Voi! Il tempo delle scommesse è finito. Quanto a te…» sollevò un dito e lo puntò direttamente al soffitto «Vedi di piantarla!»

Il Capo Esorcista mimò con la mancina il becco di un’anatra, facendole il verso:
«Vedi di piantarla, gne gne gne. Altrimenti? Lo dirai a papà?»

Charlie decise di ignorarlo, rivolgendo la propria attenzione all’ultimo ospite:
«Emily!» esclamò. Sentì la rabbia scemare all’improvviso, sostituita da una improvvisa felicità. Corse ad abbracciarla «Sono così contenta di rivederti! Non credevo, non…» si interruppe, regalando all’altra un’occhiata incerta «Cosa ci fai qui? Non sei…» All’improvviso un pensiero orribile si formò nella sua mente: Emily era caduta? Forse, dopo la faccenda del tribunale, gli altri angeli l’avevano esiliata, ritenendola una pericolosa ribelle! Pregò silenziosamente che non fosse così. Non avrebbe mai potuto perdonarselo, e la colpa era soltanto sua: era stata lei a costringerla ad esporsi, a scegliere un partito. Emily aveva sfidato le convinzioni e le regole del Paradiso per supportarla ed ora… era stata bandita?

Come se le avesse letto nel pensiero, l’angelo la rassicurò con un sorriso:
«Oh, no! Non sono caduta. Vedi? Ho ancora tutte le mie ali» disse, sventolandole come per dare conferma. Un attimo dopo, abbassò la voce e indicò il soffitto, dove il Primo Uomo stava dondolando sul lampadario, nemmeno fosse un’altalena per canarini «E poi, se non hanno ancora cacciato lui…»

«In effetti…» Charlie riportò l’attenzione all’amica «Allora, cosa ti porta da queste parti?»

«Sono stata nominata Ambasciatore Celeste.»

«Wow… sembra, beh… una carica importante!»

«Lo è!» Emily non riuscì a nascondere l’entusiasmo «La tua arringa in tribunale li ha spiazzati. Il Concilio Angelico è incuriosito dalle attività dell’Hotel e mi ha inviato affinché possa documentarle. Ti rendi conto di cosa significa questo?» sorrise e allargò le braccia, esultante «Ce l’hai fatta, Charlie! Se dimostreremo che il tuo progetto è valido ed è possibile redimere un’anima, allora il Paradiso non potrà più fingere. Sera e tutti gli altri… saranno costretti ad ascoltarti, ad ammettere che avevano torto.» afferrò entrambe le mani della principessa, in uno slancio di gioia «Lo Sterminio è sospeso fino al mio ritorno, ma se la mia indagine avrà successo… sono certa che verrà definitivamente abolito!» concluse.

«Tutto questo è… fantastico! Mettiamoci immediatamente all’opera. Per prima cosa, ti assegnerò una stanza… poi faremo un giro dell’hotel e ti farò conoscere i ragazzi» indicò gli altri presenti «Potrai prendere parte alle attività di redenzione, naturalmente. Anzi, ogni tuo consiglio sarà ben accetto per migliorare il programma.» Charlie non riuscì a trattenersi dall’abbracciarla nuovamente «Sono così felice che tu sia qui!» esclamò, mentre Emily ricambiava la stretta.

«Anche io, amica mia.»

 
***
 

Charlie spinse una porta al primo piano e fece cenno ad Emily di accomodarsi.
«Ecco, questa sarà la tua stanza.» annunciò.

La serafina si guardò attorno, incuriosita.
La camera era semplice, ma finemente arredata: un letto singolo era posizionato sotto l’unica finestra, adornata da tendine bianche e lilla. La trapunta, del medesimo colore, appariva soffice ed emanava un profumo floreale. I mobili erano tutti in legno chiaro: un armadio sulla sinistra, un comodino e una piccola scrivani sul lato opposto erano quanto l’ambiente offriva, oltre ad un morbido tappeto circolare dai colori più vivaci. Lungo le pareti erano disposti quadri e mensole, dove gli ospiti potevano comodamente appoggiare i loro effetti.

«Ti piace?» domandò Charlie, ricevendo un ampio sorriso.

«La adoro!»

Emily si liberò frettolosamente dello zainetto, mentre un esausto Sir Pentious arrancava sino alla soglia della stanza.

«Chiedo scusa…» disse educatamente il serpente, trascinando il trolley dell’angelo «La valigia è davvero… pesante» si lagnò, tentando di ricomporre la propria giacca sgualcita e il cappello, che pendeva scomposto verso destra «Non è per farmi gli affari tuoi, Miss Emily, anzi. È un onore per me aiutarti con i bagagli…»

«Oh!» gli occhi di Emily brillarono di gioia «Che peccatore così ben educato!»

«Sì, Pentious crede molto nel programma di redenzione e si applica con dedizione» fu la conferma della principessa.

«Grazie, mia cara, per le tue dolci parole.» riprese il rettile «Tuttavia… mi domando perché la valigia di Miss Emily sia così pesante. Sapete, sono sempre stato molto orgoglioso della forza delle mie spire! Eppure… confesso di aver faticato non poco nello spingerla su per le scale.»

«Eh, deve essere il libro!» Emily si fiondò sul bagaglio, aprendolo e cavando un volume spesso quattro dita, dalla scintillante copertina viola. “La Vergine di Calcutta” emerse dalle pile di calzini e magliette, in tutto il suo splendore.

La serafina lo alzò al cielo, nemmeno fosse un testo sacro, ricevendo un:
«Cazzo, cazzo, cazzo! Lo stai leggendo anche tu?!» da una Charlie sin troppo entusiasta.

«Sì! È di grande tendenza in Paradiso» confermò Emily «Non sapevo lo avessero pubblicato anche qui.»

«Oh, no. Non abbiamo un canale editoriale cosi indirizzato ai romanzi rosa. L’inferno predilige altri generi: thriller, horror, letteratura pornografica…»

«Come hai fatto ad averlo, allora?»

«Me lo ha portato papà l’ultima volta che è stato in Paradiso. Sai… Il custode dei cancelli, un tale Pietro, lo ha preso in simpatia. Ogni tanto gli passa qualcosa di sforo, in cambio di caramelle frizzanti e papere giocattolo.»

Emily rimase sorpresa: San Pietro, un ometto così educato e a modo, contrabbandava generi paradisiaci con Lucifero e collezionava anatroccoli di gomma. Si lasciò sfuggire una risata:
«Tutto questo è davvero magnifico!»

«Sì, ma mantieni il segreto. A papà spiacerebbe perdere il suo maggior acquirente di paperelle.»

Incrociò i due indici sulle labbra:
«Bocca cucita, promesso!» sussurrò, prima di afferrare il volume. Passò delicatamente il palmo sulla copertina, accarezzandola «Allora… a che punto sei arrivata? Hai già visto quando Aarav invita Chandani al ballo?»

Vide Charlie cavare di tasca un fazzoletto e sventolarlo con forza vicino al viso:
«Ah, non parlarmi di quella scena, ti prego! Era così romantica!»

«E stuzzicante…» sussurrò la serafina, con fare complice «Quando lei inciampa e gli finisce addosso… e seppellisce la faccia nei suoi pettorali prorompenti!»

«Uh! E quando la suocera schiaffeggia Chandani, che rotea fino al davanzale della finestra?»

«Aspetta, quale? Quando sta per cadere dalle scale?»

«No! Lei si impiglia nella tenda e per poco non rimane strozzata. Per fortuna Aarav riesce a salvarla in tempo.»

«Ah, che suspence! Hai letto quando il facchino dell’albergo tenta di rapirla chiudendola in una valigia?»

«Sì, e per sbaglio finisce sulla navetta aeroportuale.»

«Grazie al cielo, Aarav la recupera appena prima del check-in!» Emily sospirò, congiungendo le mani in grembo «Ah, quanto vorrei avere un Aarav al mio fianco.» sospirò, sognante «A proposito… lo sta leggendo anche Vaggie?»

«No, figurati! Pensa che sia un romanzetto smielato e noioso.»

«Che cosa?! Non ci posso credere. “La Vergine di Calcutta” è un capolavoro, una pietra miliare della letteratura.»

«Sono d’accordo, ma…Vaggie preferisce i gialli e i manuali di combattimento.» Charlie rifletté qualche attimo «Forse potrebbe piacere a Angel Dust e a Cherri. Potrei consigliarglielo, non appena lo avrò finito.»

Un piccolo colpo di tosse riecheggiò nella stanza. Sir Pentious era ancora lì, fermo sulla soglia, e aveva assistito all’intero delirio da fangirl delle due ragazze.

«Scusatemi, potrei…» iniziò il serpente, imbarazzato «Ecco, mi domandavo se… Signorina Charlie, potresti prestarmi il libro, una volta che lo avrai terminato? Sai, vorrei… ecco… prendere spunto dal signor Aarav per capire come essere un fidanzato migliore. Per… Cherri, sì.»

«Awwww… che cosa tenera.» Emily si sciolse in un sospiro sognante. Anticipò la principessa Morningstar, afferrando la propria copia e tendendola prontamente a Pentious «Ecco qui! Prendi pure il mio libro. Me ne farò spedire un’altra copia non appena andrò all’Ambasciata Celeste.»

Gli occhi del rettile si riempirono di lacrime.
«Oh, Miss Emily! Non so come ringraziarti per questo dono. Lo conserverò con cura e attenzione, lo giuro sul mio onore.»  esclamò, stringendo il volume e sgusciando via in fretta.

La serafina gli regalò un cenno, prima di tornare a Charlie:
«Sono impressionata. Stai facendo un ottimo lavoro con quel peccatore!»

«Lo pensi davvero?»

«Ma certo! Sono sicura che Sera non avrebbe niente da obiettare se dovesse essere ammesso in Paradiso.»

«A proposito!» Charlie si accomodò sul bordo del letto «Come vanno le cose lassù? Racconta!» disse, sorridendo affabile «Sono curiosa.»

 
***
 

«E questa è la tua stanza» sbottò Vaggie, dopo aver salito due rampe di scale, fino al sottotetto. Suo malgrado, si era presa la briga di accompagnare Adam all’alloggio pur di risparmiare alla compagna uno spiacevole tête-à-tête con l’Esorcista. Aprì la porta con un calcio, facendosi da parte.

Adam scivolò oltre l’uscio, ritrovandosi a sbattere le corna della maschera contro il basso soffitto.
«Mi prendi per il culo?» sbottò, torvo «È una stracazzo di soffitta.»

«È quanto di meglio abbiamo.»

«Vuoi farmi credere che questo merdoso hotel è al completo? Ma fammi il piacere!» le rivolse uno sguardo di sufficienza.

«Riformulo: è quanto ti meriti.»

«Voglio una stanza vera» prese ad aggirarsi per il locale, con una smorfia disgustata «Questo lucernario cosa dovrebbe essere? Una finestra? È incrostato e pieno di ragnatele» tentò di forzare l’imposta con entrambe le mani, senza successo «Pure bloccata.» sussurrò, continuando l’ispezione «Ah, mancano l’armadio, il comodino, per non parlare del frigobar e… oh, Vagina!»

«Vaggie!»

«Non so se lo hai notato, ma… manca pure il fottutissimo letto!»

Si vide indicare un cumulo di fieno coperto da un lenzuolo bucherellato. Allargò le braccia, incredulo.
«Quello è un pagliericcio muffo…»

«Ripeto: è quanto ti meriti.»

«Voglio cambiare stanza.»

«No.»

«Va bene, se non vuoi aiutarmi… me ne cercherò un’altra da solo.»

Adam balzò verso l’ingresso, ma Vaggie fu rapida. Evocò la lancia, puntandola dritta al cuore del Primo Uomo, che non si scompose, né sembrò in alcun modo sorpreso.

«Mettila via, fiorellino. Finirai per farti male.» canticchiò, allungando la mancina per posare indice e medio alla base della lama e spingerla di lato, per aprirsi un passaggio. Un attimo dopo, l’arma tornò in posizione, a punzecchiargli il petto «Oh, insomma! Ti vuoi togliere dalle palle, una buona volta?»

«Un altro passo e ti infilzo da parte a parte!» fu la risposta della giovane.

«E allora?»

«Proprio tu dovresti riconoscere un’arma angelica, quando ne vedi una.»

«E allora?»

«Sappiamo che le ferite da armi angeliche non possono rigenerarsi. Sono il vostro punto debole. L’unica cosa che può davvero uccidervi.»

«Oh, sei informata sui fatti.» questa volta la maschera tradì un sincero stupore «Chi te lo ha detto?»

 Vaggie non rispose, limitandosi a stringere la presa sull’asta e a minacciarlo nuovamente:
«Rimarrai qui.»

Adam si sfregò ripetutamente il mento, quasi pensieroso. Un attimo dopo, l’espressione sfrontata e il sogghigno giallo comparirono nuovamente:
«Mh… no» concluse, sporgendosi in avanti e abbassando il tono di voce, rendendolo strisciante e indubbiamente sarcastico «Immaginiamo che la tua lancia mi trafigga proprio ora. Cosa credi succederebbe? Ti faccio un riassunto, se non ci arrivi da sola.» il silenzio della giovane gli regalò la giusta spinta per continuare «Emily dovrebbe immediatamente fare rapporto all’Ambasciata Celeste. Una cosa del genere, te l’assicuro, farebbe incazzare tanto, tanto, tanto gli Angeli Superiori. L’accordo sulla sospensione dello Sterminio salterebbe, e Sera manderebbe il mio esercito a farvi il culo. Lute sicuramente raderebbe al suolo questo hotel di merda, mentre le altre ragazze si divertirebbero a bruciare mezza Pentagram City. E tutto questo, in cambio del mio cuore.» inclinò il capo e si concesse una breve risata «Sono sicuro che Charlie approverebbe!»

Si raddrizzò non appena la lancia scomparve. Allargò un ghigno compiaciuto, prima di domandare:
«Allora, Vagito! Che ne dici di mostrarmi un’altra stanza?»
 

***
 

Adam si guardò attorno, non particolarmente soddisfatto: la nuova camera era piuttosto angusta e arredata con uno stile decisamente minimale. C’era solo un letto addossato al muro, sotto una larga finestra. Un modesto scrittoio in mogano e un armadio, le cui ante cigolavano sinistramente. Accanto alla porta, c’era un tavolino su cui era posata una malmessa pianta grassa.

«Mh…»

«Che c’è? Non ti va bene nemmeno questa?» chiese Vaggie, indicando un punto alla propria destra «La stanza di Emily è giusto accanto, quindi… ho pensato fosse perfetta per il tuo ruolo improvvisato da guardia del corpo.»

«Beh, se non ne avete di migliori...»

La giovane alzò l’unico occhio al cielo, sbuffando. Indubbiamente, il Primo Uomo era il peggior cliente di sempre. Non che ne avessero avuti molti, fino ad ora: era sicura, però, che nessuno sarebbe mai riuscito a rendersi tanto odioso, nemmeno in futuro.

«Ti dovrai accontentare, temo…»

«Va bene, va bene!» Adam alzò le mani in un gesto di resa, avvicinandosi al letto. Si piegò sulle ginocchia, accucciandosi davanti al materasso e sollevando un lembo della trapunta e delle lenzuola «Manca il topper!» sentenziò, con uno sguardo di disapprovazione.

«Il…cosa?»

«Il topper, cazzo! Non sai cos’è?»

«Non ho mai…»

«Certo, perché siete dei trogloditi e vivete nella merda!»

«Ehy! Fino a poco fa ero un angelo anche io… e non ricordo di aver mai sentito parlare di questo fantomatico topper.»

«Perché eri una cavernicola già prima di abitare qui!» Adam mimò uno spessore di circa quattro centimetri, tra indice e pollice «È un sottile cuscinetto che si appoggia sopra il materasso. Serve per migliorare la qualità del riposo. Le mie ali ne giovano parecchio, sai? Ho delle piume morbidissime, da quando lo utilizzo regolarmente.»

«Beh, non credo esista niente del genere qui all’Inferno.»

«Ovviamente, siete spazzatura!» concluse, abbandonando il letto e spostandosi verso lo scrittoio. Passò un polpastrello sul bordo di legno, ritraendolo e osservando i granelli adagiati sul suo guanto «Terrificante. Da quanto tempo non fate le pulizie?»

«Veramente Niffty, la nostra governante… spolvera tutti i giorni.»

«Chi, quello sgorbio assatanato con un occhio solo? Beh, comunque… alla camera do un quattro, ma solo perché mi sento generoso.» concluse, passando infine al tavolino. Ne saggiò la stabilità pesandosi sopra e poi allungò la destra per afferrare la piantina grassa «Carino questo cactus! Opppss…» esclamò, aprendo il pugno. Il vasetto cadde e si frantumò a terra «Che sbadato!»

Vaggie era livida: il Capo Esorcista si stava comportando da idiota, come sempre; inoltre, ben consapevole della propria intoccabile posizione, stava facendo di tutto per farle saltare i nervi. In ogni suo atteggiamento, si leggeva una chiara sfida. Era come se la stesse provocando ripetutamente: “Avanti, Vaggie… punzecchiami ancora con la tua lancia, se ne hai il coraggio.”
Inspirò a fondo, costringendosi a ritrovare la calma. Charlie non avrebbe voluto un assassinio, men che meno se rischiava di compromettere la missione di Emily e i già delicati rapporti con il Paradiso. Affondò le unghie nei palmi, tentando di distrarsi dai pensieri omicidi.

«A che gioco stai giocando?» sibilò, amareggiata.

«Sto sperimentando i servizi dell’hotel, non è ovvio?» Adam indicò i cocci del vaso, mescolati al terriccio sparso per terra «Questo è il “Test del cliente maleducato”. Vediamo se siete dei bravi albergatori. Mi aspetto che questo… piccolo incidente sia risolto in dieci minuti.»

«Ce ne metterò al massimo cinque, coglione!»

«Bene» il Primo Uomo si rimboccò una manica e fece finta di guardare un invisibile orologio da polso «Considera partito il cronometro!»
 

***


Vaggie si accasciò su una sedia in cucina, allungando le gambe e reclinando il capo per fissare il soffitto.

«Lo odio.» sentenziò, mentre Charlie le elargiva una generosa tazza di caffelatte e un paio di frittelle appena sfornate.

Emily si era messa ai fornelli, fischiettando un motivetto allegro. Inutile dire che era una cuoca provetta: miscelava gli ingredienti con perizia, mostrando l’esperienza di un grande pasticcere. Aveva personalmente montato la panna, e l’aveva usata per decorare i dolci, con l’aggiunta di un abbondante cucchiaio di marmellata e frutti di bosco.

La serafina spolverò l’ultimo vassoio con dello zucchero a velo, prima di appoggiarlo al centro del tavolo:
«Ecco qui, spero siano di vostro gradimento!» cinguettò, mentre Charlie si affrettava ad addentare una frittella ancora tiepida.

«Sono spettacolari, Emily!»

«Beh, grazie! Piacciono anche a te, Vaggie?»

La giovane annuì, finendo velocemente il boccone, prima di sentenziare:
«Spaziali!» si concesse un secondo morso «Una botta di dolce ci voleva, dopo questo risveglio turbolento. A proposito, Emily… come fai a sopportarlo?»

«Adam?» l’angelo si strinse nelle spalle «In realtà, non so risponderti. Lo faccio e basta. Tu come ci riuscivi, quando lavoravi con lui?»

«Bella domanda. È una delle cose che ho rimosso con successo, per fortuna.» Vaggie dondolò la testa, pesandosi all’indietro sulla seggiola «Probabilmente, era più simpatico all’epoca. O ero io a essere più stronza.»

Un improvviso crepitio si diffuse nella cucina, tranciando di netto quei discorsi. Emily si sporse, incuriosita dalla figura appena apparsa sulla soglia: un uomo alto e snello, con i capelli rossi e lunghe orecchie coperte di pelo. Un paio di piccole corna da cervo spuntavano sulla sommità del cranio. Sul volto affilato manteneva stampato un ampio sorriso giallastro, poco sincero e altrettanto poco raccomandabile.

Tuttavia, l’aspetto rigido del nuovo arrivato non la intimorì affatto. Raccolse velocemente una frittella, depositandola in un tovagliolo. Si avvicinò al demone, tendendogli il dolce:
«Ciao, benvenuto! Sono Emily, piacere.»

Gli occhi scarlatti indagarono la sua figura per qualche secondo, tradendo una leggera incredulità.

«Buongiorno Emily» la voce era metallica, graffiante. Sembrava appartenere più ad una vecchia radio, che ad una creatura vivente «Il mio nome è Alastor. Sono il co-gestore dell’Hazbin Hotel. Sei tu che hai causato tutto quel trambusto, poco fa?»

Emily abbassò lo sguardo, contrita.
«Mi… mi dispiace.» sussurrò, ma l’altro non parve darle troppo peso.

«Non preoccuparti, non ti stavo rimproverando. Ero solo… interessato alla tua presenza qui. Non si vede tutti i giorni un angelo all’Inferno.»

«Oh, giusto!» Charlie si intromise, scostando un paio di sedie dal tavolo «Credo sia meglio ti aggiorni, Alastor. Accomodati.» disse, prima di rivolgersi alla compagna «Sai, penso dovremo indire una riunione con tutti gli altri. Ti andrebbe di radunarli al bar di Husk? Vi raggiungerò con Emily e Alastor, non appena avrò finito di fare il punto della situazione.»

Vaggie recuperò un’altra frittella dal vassoio:
«Bene, questa la mangerò strada facendo.» aggiunse, fermandosi sulla soglia «Quando dici “tutti”, intendi… tutti-tutti?»

«Sì.»

«Compreso..?»

«Temo di sì.»

Vaggie indietreggiò rapidamente fino al tavolo e si sporse a prendere un secondo dolce.
«Per un’impresa simile… ci vogliono almeno due frittelle!»

 
Angolino: 
Buonasera! Sto approfittando delle pause tra lavoro e studio per aggiornare la storia. Scrivo sul momento e, malgrado abbia una idea di trama in mente, non so esattamente dove andranno a parare i prossimi capitoli. Una cosa è certa: torneranno i congilietti infernali. 
Vi ringrazio tantissimo per aver letto fin qui, e grazie di cuore per tutti i suggerimenti che mi avete lasciato, nelle recensioni e via mp. Sono sempre apprezzatissimi, davvero!
A presto!
*Regala frittelle*

E'ry

 

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Capitolo 4
*** Un giro di presentazioni ***


4. Un giro di presentazioni


Il bar di Husk era un semplice bancone, con alcuni sgabelli imbottiti e una lunga fila di bottiglie riposte su una scansia. Il demone, già in postazione, stava versando alcuni shottini di Gin Toxic, uno strano miscuglio di alcool e spezie. Una ricetta super-segreta, che si diceva essere stata tramandata nella famiglia di Husk dai tempi della sua bis-bis-bis nonna. L’etichetta, rigorosamente scritta a mano, recava l’inquietante slogan “Se non uccide, ti fortifica!”. Malgrado l’ora del mattino, Angel Dust e Cherri si erano già scolati almeno un paio di bicchierini a testa e indugiavano sul terzo. A Niffty era stata regalata una lattina di cola, per placare la sua insistenza.

Charlie si mise le mani nei capelli quando la vide, correndo a strapparla dalle mani della cameriera:
«No! Ragazzi, andiamo!» sbottò, rivolgendosi agli altri «Chi ha avuto la brillante idea di elargire a Niffty della caffeina?!»

Sir Pentious si rannicchiò dietro al divano, con aria chiaramente colpevole.

Vaggie si era appoggiata allo stipite della porta d’ingresso, le braccia incrociate e un’espressione scettica sul volto; la lancia angelica troneggiava alle sue spalle, pronta all’uso. A tratti, il suo unico occhio guizzava al soffitto, dove l’ultimo ospite aveva ben pensato di accomodarsi su una delle travi portanti.

Il Capo Esorcista stava pizzicando pigramente le corde di una chitarra dalla forma alquanto singolare: sembrava più un’ascia, che uno strumento musicale…

Charlie indicò il sofà ad Alastor e Emily, che la accompagnavano. Attese che tutti prendessero posto.

«Bene, ci siamo tutti.» esordì, interrotta da un giro di Do, non richiesto. Sollevò il capo «Ti dispiace?!» ringhiò, ottenendo in cambio un dito medio.

«Cazzo vuoi? Dovresti ringraziarmi. Sto creando l’atmosfera giusta per la tua merdosa riunione.»

«Fanculo, Adam. Se non vuoi ascoltarmi, puoi anche andartene.»

«Vorrei tanto, ma finché Emily rimane, temo dovrai sopportarmi.»

La principessa si costrinse a contare fino a dieci, ripetendo mentalmente: sono calma, sono calma, sono calma. Lo posso gestire, lo posso gestire.

«Allora!» riprese, forzando un sorriso gentile «Come ormai saprete, abbiamo due new entry; vengono da… una realtà completamente diversa, ma sono qui per conoscerci e dobbiamo fare del nostro meglio perché possano ambientarsi e vivere al massimo le esperienze della struttura.»
 
«I want to break free
I want to break free
I want to break free from your lies
»
 
«La vuoi piantare, per favore?» allargò le braccia, incredula «Se non ti interessa, te lo ripeto, puoi uscire.»
 
«Oh, how I want to be free, baby»
 
«Va bene…» Charlie alzò la voce, sforzandosi di sovrastare la musica «Ignoriamo il Primo Pirla e andiamo avanti. Dunque, lasciate che vi introduca Emily. Oltre ad essere una mia cara amica, è stata recentemente investita del ruolo di Ambasciatore Celeste. Il Paradiso l’ha inviata qui per monitorare le attività dell’Hazbin Hotel. Sapete cosa significa questo?»

Sir Pentious sollevò la mancina:
«Che ci porterà con lei in Paradiso?»

La chitarra elettrica emise un suono graffiante, volutamente stonato, accompagnato da un canticchiare sarcastico:
«Risposta sbagliata.»

«Adam, basta! Mi lasci fare il mio lavoro?» Charlie scosse nuovamente il capo e tornò ai presenti «All’incirca, comunque… forse non ascenderemo al Regno dei Cieli, ma se le dimostreremo che la redenzione è possibile, attraverso la buona volontà e l’impegno costante, allora potrebbero… non dico ammetterci tutti in Paradiso, ma magari sospendere definitivamente gli Stermini, tanto per iniziare. E poi… chissà! Forse, finalmente riusciremo ad avere un po’ di considerazione delle alte sfere.»

«Beh, come progetto sembra interessante» mormorò Husk, afferrando uno straccio e prendendo a lucidare alcuni bicchieri poggiati sul bancone «Ma non funzionerà» concluse, disilluso come sempre.

Angel non era dello stesso avviso:
«Perché non dovrebbe? Non partire prevenuto!»

«Non c’è posto per quelli come noi, tra le nuvole.»

«Parla per te, disfattista!»

«Non si è mai sentito di un demone che riesce a riscattarsi»

«C’è sempre una prima volta!» Angel spostò l’attenzione su Emily, rivolgendole uno sguardo speranzoso «Giuso?»

La serafina annuì, sforzandosi di apparire convincente:
«Giusto! In realtà… non sappiamo ancora come si possa ascendere, né se sia effettivamente possibile, ma… anche questo è parte del mio incarico. Sono qui per scoprirlo e posso assicurarvi che farò tutto ciò che è in mio potere per far sì che accada!» aggiunse decisa, battendo il pugno destro sul palmo della mancina.

«Molto bene! Per iniziare, propongo un giro di presentazioni. Inizio io.» esclamò Charlie, riprendendo parola «Mi chiamo Charlie Morningstar, e sono la proprietaria di questo hotel. Credo molto nelle sue potenzialità e voglio che questo luogo diventi sinonimo di solidarietà e appartenenza. Chiunque qui potrà sentirsi come a casa, tra amici. Voglio impegnarmi a fondo nel mio progetto: concedere una seconda possibilità alle anime dannate e aiutarle a guadagnarsi una eternità migliore.» aggiunse, indirizzando l’attenzione alla compagna «Inoltre, sono felicemente impegnata con Vaggie, che amo più d’ogni altra cosa e rende speciale ogni singolo giorno. Ora tocca a te, Vaggie!»

«D’accordo…» la giovane si staccò riluttante dallo stipite e si avvicinò al centro della stanza «Ciao, amh.. sono Vaggie. Come sapete, un tempo lavoravo per quell’idiota lassù» e sollevò l’indice al soffitto.

Prontamente, la voce dello Sterminatore si fece sentire:
«Oh, stai dando dell’idiota al Capo Supremo? È letteralmente una bestemmia questa, sai?»

«Parlavo di te, veramente!»

«Appunto.»

Vaggie gli rifilò un gestaccio, proseguendo:
«Grazie a Charlie, ho avuto la mia possibilità di riscatto. Non mi sono mai sentita giudicata, né in difetto con lei. Si è sempre presa cura di me. Non posso che supportarla nella sua missione: sì, forse questo progetto si rivelerà un’utopia, ma… se vuole provarci fino in fondo, io sarò al suo fianco.» concluse, guardando gli astanti «Passo parola a Sir Pentious.»

«Si, grazie… ecco, io…» il serpente si rassettò giacca e cappello, come se volesse regalare un’immagine migliore di sé «Sono molto grato a Charlie per l’opportunità che mi sta dando. Come sapete, in passato ho cercato di ostacolarla, minando i suoi buoni propositi. Tuttavia, mi ha accolto come un fratello e mi ha fatto comprendere gli errori commessi. Sto sperimentando un nuovo cammino, all’insegna della gentilezza e della riconciliazione.»

«Molto bene, grazie!» Charlie mimò un leggero applauso «Cherri! Qualcosa che vuoi condividere?»

«Io sono qui perché l’alcool è buono e la compagnia non è male. Angel?»

L’attore annuì:
«Concordo. Inoltre, la mia vita fuori di qui fa schifo. Almeno all’hotel ho la possibilità di essere me stesso, senza dover fingere. È il tuo turno, Husk!»

«Io… non ho grandi aspettative, ma apprezzo il lavoro dietro al bancone. Mi reputo un barista abbastanza capace: sono bravo ad ascoltare, dispenso consigli gratuitamente, anche se non richiesti. Potrei essere una buona spalla su cui piangere.» concluse, tornando a spolverare i bicchieri.

«Niffty ama trafiggere gli scarafaggi!» esclamò la domestica, mimando delle pugnalate nell’aria «E i cattivi ragazzi!» aggiunse, sollevando l’unico occhio al soffitto «Quello lassù è un cattivo ragazzo?»

«Sì, ma per ora è nostro ospite.» la principessa corresse il tiro «Amh… Alastor?»

«Oh, ma Emily mi conosce già.» rispose l’Overlord, senza cancellare il sorriso giallastro «Comunque, mi chiamo Alastor e sono il co-gestore dell’Hazbin Hotel. Desidero aiutare Charlie in questa sua impresa perché credo in lei… e trovo questo progetto estremamente divertente.»

«Divertente?» ripeté incerta la giovane titolare.

L’altro rettificò prontamente:
«Anzi, stimolante. Ecco, la parola giusta è questa.»

«Perché parli come se avessi ingoiato un amplificatore rotto?» la domanda provenne ovviamente dal lampadario.

«Perché sono il demone della radio.»

«Che stronzata.»

Lo sguardo rosso di Alastor si ridusse ad una fessura, ma quello fu l’unico mutamento nella sua espressione. Il sorriso rimase inalterato. La destra si serrò maggiormente sull’asta del microfono.
«Non utilizzare quel tono con me.»

«Altrimenti?»

«Non credo tu voglia vedermi perdere le staffe.»

«Invece è proprio quel che desidero. Sono curioso: quando ti arrabbi diventi… cosa? Una sorta di jukebox ambulante?»

«Ti trovo estremamente irritante e maleducato.»

«Benvenuto nel club!» esclamò Charlie, richiamando a sé l’attenzione «Ora tocca a Emily. Avanti, non essere timida.»

La serafina, che sino ad ora era rimasta in silenzio, fece un passo avanti:
«Ciao a tutti, beh… sono Emily. Charlie vi ha già illustrato la mia missione, quindi… parlerò di qualcosa di più personale: amo il lilla, è il mio colore preferito. Adoro leggere romanzi d’amore, cantare e cucinare. Desidero che la mia indagine quaggiù abbia successo. Sono sicura che Charlie riuscirà nei suoi intenti e desidero darle tutto l’appoggio possibile» concluse con un sorriso.

«Grazie, Emily» la principessa sollevò lo sguardo «Adam?»

«Cosa?»

«Tocca a te. Dovresti, beh… presentarti agli altri.»

«Sei seria?» l’Esorcista scoppiò in una risata secca «Immagino tutti sappiano chi sono.»

«Potresti comunque fare uno sforzo, ecco…»

«Va bene»

Charlie non nascose lo stupore, quando sentì quella risposta. L’aveva davvero convinto così in fretta? Si sarebbe aspettata una resistenza più tenace: capricci a non finire, lamentele, insulti. Invece… Adam aveva smesso di pizzicare la chitarra, facendola scomparire con uno schiocco di dita. Si era persino accomodato meglio sulla trave, sporgendosi per osservare meglio i presenti in sala.

«Mi chiamo Adam, ma per voi sono il fottuto Primo Cazzo. Tutti quanti discendete da questo corpo fantastico. Amo la musica rock e sterminare i peccatori. Vi odio e non credo minimamente che il progetto di Morningstronz possa decollare: è solo una inutile perdita di tempo. L’inferno è per sempre, l’ho detto e non cambierò certo idea.» concluse, rivolgendo un ghigno storto a Charlie «Come sono andato? Alla grande come al solito, immagino.» e le rivolse un dito medio, incurante della lancia di Vaggie che tornava a saettare ripetutamente nell’aria.

Tuttavia, fu Emily a farsi avanti questa volta: sbatté le ali, librandosi in aria sino a raggiungere l’altro angelo.

«Si può sapere che c’è che non va in te? Stanno cercando di essere gentili. Ci hanno accolto e tu sputi in faccia alla loro ospitalità.»

«Non ho domandato io di essere spedito quaggiù. Sono qui solo grazie a te e alle tue idee di merda.»

«Se l’argomento di conversazione non ti interessa, non sei obbligato a partecipare o ascoltare.»

«La tua amichetta mi ha chiesto di farlo, ti ricordo.»

«Avresti semplicemente potuto declinare educatamente l’offerta… oppure andartene in camera, a strimpellare per i cavoli tuoi.»

«Punto primo: io suono, non strimpello! Secondo: ho promesso a Sera che ti avrei tenuto d’occhio. È quello che sto facendo.»

Emily chiuse i pugni, irritata.
«Come ti pare, ma non intralciare il mio compito!» concluse, tornando a planare verso terra «Scusate» disse una volta atterrata, recuperando in un attimo il buon umore «Allora, adesso che si fa?»

Husk aveva già afferrato il telecomando e acceso il televisore, poggiato su un mobiletto traballante «Di solito, a quest’ora guardiamo il notiziario e ci aggiorniamo su quanto faccia schifo Pentagram City.» esclamò, mentre Emily si metteva a sedere sul sofà, tra Alastor e Niffty.

Lo schermo si illuminò di verde acido e una coppia di presentatori imbellettati comparve subito dopo la sigla d’apertura.

«Buongiorno affezionati telespettatori!» esordì la donna, ravvivando il caschetto biondo «Iniziamo il nostro servizio con una notizia sconcertante: questa mattina, poco dopo le sette, il secolare Sicomoro Ambulante è stato tranciato di netto da un’esplosione di luce non meglio identificata.» una pausa ad effetto, condita da un sorriso smielato «Come sapete, l’albero – sacro alla popolazione di Conigli Mannari che lo abitava -  si era stanziato sei mesi orsono nei pressi dell’Hazbin Hotel, ai piedi della collina dove sorge la struttura. La dinamica del suo abbattimento non è chiara: diversi testimoni affermano di aver scorto un fascio luminoso scaturire dal nulla e incenerire buona parte della pianta. I Conigli Mannari, rimasti fortunatamente incolumi, hanno però iniziato a sciamare per tutta Pentagram, diffondendo il loro lamento straziante» sullo schermo apparvero i resti di rami e corteccia, riversi al suolo, mentre una nuvola di conigli volanti si librava sopra le strade principali «Molti cittadini sono rimasti feriti da queste acute grida, riportando lesioni ai padiglioni auricolari e ai timpani. Attualmente, i Conigli Mannari hanno superato Cannibal Town e si stanno dirigendo verso il distretto sud: raccomandiamo la popolazione di munirsi di tappi per le orecchie e rimanere in casa. Gli esperti assicurano che la colonia migrerà il più rapidamente possibile verso i boschi oltre la periferia, alla ricerca di un nuovo Albero Sacro dove prendere dimora. Nell’arco di qualche giorno, quindi, la piaga dovrebbe definitivamente abbandonare il territorio urbano.» un altro stacco, per aumentare la suspence «Ricordiamo che il morso dei Conigli Mannari è contagioso: può provocare febbre alta, vomito, tremori e allucinazioni. Per nessun motivo dovete cercare di avvicinarli: se vi imbattete in una di queste creature, chiamate il numero in sovraimpressione per comunicare con gli specialisti del settore.»

Il servizio si concluse, e la giornalista passò all’argomento successivo:
«Rubrica sportiva: la squadra di basket Pentagram Bulls ha sconfitto i rivali, in un’emozionante partita…»

Nessuno, però, stava più ascoltando. Cherri aveva abbandonato il proprio sgabello per dirigersi alla finestra più vicina, scostando frettolosamente le tende.
«Ha ragione. Il Sicomoro non c’è più.» sussurrò, attonita.

Naturalmente, non avevano bisogno di quella conferma, né di indagare a fondo per scovare il colpevole. Otto paia di occhi corsero istintivamente al soffitto.

«Che c’è?» gracchiò il Primo Uomo, sfoggiando un’espressione innocente «Chi dice che sia stato io, scusate?»

«Chi altro c’era, questa mattina fuori dall’hotel?» sbottò Charlie.

«Mh… Emily?»

«Stai… cercando di darmi la colpa?!» esclamò la serafina, ma la principessa la difese prontamente.

«Sappiamo entrambi che non avrebbe mai fatto una cosa del genere.»

«Beh, non sono stato io. Magari è esploso da solo.»

«Sì, un albero secolare decide di suicidarsi con una lama di luce, guarda caso… nel momento esatto in cui tu metti piede all’Inferno.»

«È stato un incidente, va bene? Quell’affare aveva sequestrato la mia valigia!»

«Quindi hai pensato che segarlo a metà con uno scoppio di potere angelico fosse una buona idea?»

«Mh… si.»

«Il Sicomoro era sensibile alla musica, sai? Se tu mi avessi avvisato, avrei potuto aiutarti.»

A quelle parole, Emily scoppiò in singhiozzi. Nascose il viso tra le mani, tremando:
«È tutta colpa mia! Oh, Charlie… mi dispiace così tanto» tirò su col naso «Ho provato a cantare, ma… non sembrava che all’albero piacesse. E… poi, è successo tutto così in fretta. Non sono riuscita a fermarlo. Non…»

Charlie la strinse prontamente in un abbraccio:
«No, Emily! Tu non c’entri! Sei buona, e gentile. Sono certa che il Sicomoro ti avrebbe ascoltato, se ne avesse avuta la possibilità» le accarezzò i capelli, cercando di calmarla, prima di rivolgersi a Adam «Hai visto che cosa hai fatto?»

«Ehy! Le vostre turbe adolescenziali non mi riguardano. Non scaricare su di me.»

«Provi davvero così tanto piacere nel veder soffrire gli altri? Anche se non si tratta di uno dei peccatori che tanto disprezzi, ma di… Emily?»

Per la prima volta, Charlie notò qualcosa incrinarsi nell’espressione spavalda dell’Esorcista. Il ghigno sulla maschera si spense, sostituito da qualcosa di completamente diverso: dispiacere e rimpianto. Fu solo un istante, però: un attimo dopo, l’arroganza tornò sul volto altrui.
«Fanculo! Me ne vado!»

Adam balzò dalla trave, spiegando le ali dorate per infilare in volo la porta e scomparire rapidamente verso le scale.

«Era ora, cazzo!» esclamò Angel, sbattendo l’ennesimo bicchierino vuoto sul banco «Posso sparargli, la prossima volta?»

«Potrei costruire un cannone apposta per l’occasione!» aggiunse Pentious.

«O infilzarlo con la lancia?» propose Vaggie.

Cherri annuì:
«Quattro bombe sotto al cuscino?»

«Mia cara socia, sarei ben lieto di strappargli l’anima e trasmettere le sue urla su tutti i canali radio dell’Inferno. Immagino riscuoterebbe un discreto successo.» si fece avanti Alastor, mentre Niffty accoltellava l’aria con uno spillo «Pugnala! Pugnala!»

«No, no… calma! Apprezzo le vostre offerte, ma…» sentì Emily tremare ancor di più nel suo abbraccio «La violenza non risolverà nulla, anzi. Dimostrerà soltanto che aveva ragione lui, che dall’Inferno non c’è via di scampo e nessuno è degno di redenzione. Non gli permetterò di mandare all’aria il mio progetto o la missione di Emily» Charlie sospinse l’amica verso la cucina «Cherri, Vaggie… fatele compagnia. Ci sono dei biscotti nella credenza.»

Vaggie le si parò davanti, anticipando le sue intenzioni:
«Tu dove vai?» chiese, senza celare una sfumatura preoccupata.

«A parlare con Adam.»

«Non da sola! Ti accompagno.»

«Meglio di no, credimi. Vorrei tu venissi, ma è evidente che ti detesta… Odia più te di tutti gli altri. Non desidero si scagli di nuovo contro di te. Sarà già abbastanza difficile così.»

«Se osa anche solo sfiorarti con una piuma, giuro che…»

Charlie le posò un bacio su una guancia:
«Non preoccuparti, non accadrà. Abbi cura di Emily, ti prego. È parecchio scossa.»

Vaggie le rivolse un sorriso morbido:
«Non temere. Per il tuo ritorno sarà di nuovo allegra, spensierata e piena di biscotti fino all’orlo.»

 
Angolino:
Buonasera, eccomi di ritorno con il capitolo serale. Sto procedendo abbastanza spedita, al momento. Immagino che prima o poi dovrò rallentare il ritmo, ma finché reggo... cerco di pubblicare ravvicinato. Forse ho anche un po' "voglia" di arrivare nel cuore della trama, che sto cercando di delineare nella mia testa. Ho diverse idee, alcune delle quali temo potrebbero minare un po' la vena comica della ff, ma che sicuramente porterebbero avanti l'idea che mi son fatta per lo sviluppo della storia. Vedrò come incastrare il tutto, in base alla piega che prenderanno i fatti.
Il breve spaccato musicale di Adam è tratto da "I want to break free" , Queen. (per fortuna, ho gusti musicali simili ai suoi e questo mi facilita nella scelta delle canzoni da inserire *^*)
Al solito, ringrazio moltissimo per le recensioni e i consigli, sempre apprezzatissimi! 
*Regala Gin-Toxic*

E'ry
 
 

 

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Capitolo 5
*** La maschera ***


5. La maschera


Charlie bussò alla soglia della stanza numero tredici per la quarta volta.
«Lo so che sei lì dentro!» sbottò a voce alta, prima di saggiare delicatamente la maniglia, che cedette al tocco. La porta ruotò sui cardini senza difficoltà. Beh, almeno non si era barricato dentro, rendendole impossibile qualunque accesso.

«Adam?» azzardò «Ti avviso, sto per entrare.» disse, oltrepassando l’uscio e gettando una rapida occhiata all’ambiente circostante. Sembrava tutto in ordine: un borsone arancio era abbandonato ai piedi del letto, ancora intonso. Il resto non era stato toccato. La finestra, tuttavia, era spalancata e la brezza del mattino agitava le corte tende bianche.

«Oh, no!» Charlie corse al davanzale, sporgendosi «No, no, no!» esclamò, il terrore che le stringeva il petto in una morsa.

Come aveva potuto credere che assegnargli una camera fenestrata fosse una buona idea? Quell’idiota aveva semplicemente aperto i vetri ed era volato chissà dove. Si rendeva almeno conto delle conseguenze di un gesto simile? Probabilmente no, ma… vedere un angelo scorrazzare libero per l’Inferno non era certo la normalità. Specie perché non era neppure un angelo qualunque: chiunque avrebbe potuto riconoscerlo, per la maschera e le vesti appariscenti. Non ci avrebbero messo molto a individuare il Capo Esorcista e la notizia si sarebbe diffusa con una rapidità incredibile, suscitando il panico generale. Come se non avessero già abbastanza grattacapi con la fuga dei Conigli Mannari!

«Perché devi rendermi la vita così complicata?!» ringhiò, alzando i pugni al cielo «Che ho fatto di male per meritarmi questo?»

«A parte essere figlia di quei due bastardi che mi hanno rovinato l’esistenza?» una figura umana si sporse dalla grondaia, rifilandole una smorfia «Niente.»

Charlie portò la mancina a schermare gli occhi, proteggendoli dalla luce del giorno. Guardò verso l’alto, incerta:
«Che ci fai sul tetto?»

«Cerco di rimanere per i fatti miei.»

«Aspettami! Ti raggiungo.»

«Cosa del “rimanere per i fatti miei” non ti è chiaro, Morningstronz?»

Charlie non stava più ascoltando. Uscì in fretta e corse su per le scale, in direzione del sottotetto.
 

***

 
«Uffa, è bloccato!»

Adam ridacchiò, divertito dalla principessa alle prese con il lucernario difettoso.
«Avresti dovuto tenerlo oliato. Chi si occupa della manutenzione in questo cesso di struttura?» domandò, accovacciandosi sulle tegole «Spero non la cameriera ciclope.»

La osservò battere i pugni sul vetro e portò la destra all’orecchio:
«Come? Non ti capisco.»

In realtà la sentiva benissimo: Charlie stava imprecando sulla contro la finestrella e gli stava chiedendo ripetutamente un aiuto.

«Non vedo cosa potrei fare. Sono chiuso fuori. Non c’è la maniglia da questa parte.» si picchiettò il mento, pensieroso, prima di evocare la propria arma «Mh, a mali estremi… Stai indietro, mocciosetta.» esclamò, contando mentalmente fino a tre prima colpire ripetutamente il vetro, che andò in mille pezzi «Ecco fatto, problema risolto.»

«Possibile che devi rompere qualunque cosa ti capiti a tiro?» il viso di Charlie si affacciò attraverso l’apertura.

«Non farmi pentire di averti dato una chance.» si sporse oltre la cornice della finestra, afferrando la mano che Charlie stava tendendo, e sollevandola senza sforzo. La depositò sulle tegole «Allora… che vuoi? Credevo d’averti detto che volevo restare da solo.»

La giovane rassettò la giacca e i pantaloni, cancellando con le dita qualche piega di troppo:
«Lo so, ma… non mi sembrava giusto.»

«Concedermi un po’ di privacy?» Ne seguì un silenzio imbarazzato; Charlie lo stava spiando con la coda dell’occhio, mal celando la curiosità «Che c’è? Che hai da fissarmi in continuazione?»

«Nulla, solo… è la prima volta che ti vedo senza maschera.»

«Oh…» Adam aveva depositato il casco poco più in là, incastrandolo tra due tegole divelte perché non rotolasse lungo l’inclinazione del tetto «Sorpresa?»

La principessa annuì. Era evidentemente stupita: non era sicura di cosa si aspettasse, ma certo non avrebbe mai scommesso che sotto il casco da esorcista si celasse un volto giovane e… decisamente umano. I tratti morbidi erano incorniciati da ciocche castane indisciplinate e da una leggera barba sul mento. Gli occhi riprendevano le sfumature dorate delle ali e le labbra sottili erano atteggiate in una smorfia irriverente.

«Un po’, lo confesso.»

«Che ti aspettavi? Che avessi le orecchie da pipistrello e i denti da castoro?»

«No, non… non lo so. Ti credevo meno umano, ecco.»

«Che cazzata! Sono il fottuto Primo Uomo. Se non sono umano io…» scosse il capo, recuperando la chitarra e sistemandosela in grembo. Pizzicò pigramente le corde, diffondendo qualche bassa nota.

«Perché porti la maschera, allora? Ho sempre pensato fosse parte integrante del tuo aspetto o servisse a celare qualcosa. In realtà, hai una fisionomia… normale, ecco. Quasi gradevole.»

«Non serve a nascondermi agli altri. Non del tutto…»

«A chi, allora?»

«Me stesso.» raccolse la confusione sul volto della principessa «Mi aiuta a scindere ciò che sono. Posso essere il Capo Esorcista senza che Adam ne risenta; e viceversa. Mi dona un potere che altrimenti non avrei: mi rende il mostro che vi terrorizza tanto; avreste altrettanta paura di me, se guidassi le epurazioni senza quel travestimento? Io non credo. Se i peccatori conoscessero la mia faccia, saprebbero che sotto le vesti da Sterminatore c’è… soltanto un uomo, con tutte le sue fragilità. Non che io ne abbia!» si pavoneggiò «Ma cercherebbero comunque un punto debole e questo darebbe loro speranza. La speranza non è materia per l’Inferno, principessa.»

«Perché no?»

«Guardati attorno. Credi davvero che il Paradiso possa essere guadagnato così facilmente? Con qualche pacca sulla spalla e sporadiche buone azioni? Cazzate. Se nessuno è mai asceso, è perché la redenzione non è possibile. Non è stata prevista: ognuno ha avuto la propria occasione in vita. C’è chi ha saputo coglierla e chi l’ha sprecata. Quindi dimmi: perché questi ultimi dovrebbero avere una chance ulteriore?» si concesse una pausa, studiando il volto della sua interlocutrice. Charlie sembrava affascinata da quelle parole: curiosamente non appariva desiderosa di controbattere. Mimava solo dei piccoli cenni, come ad incoraggiarlo nel discorso «Ad esempio, facciamo finta che io sia un serial killer.»

«In effetti…»

«Non parlo degli Stermini! È per farti capire il mio punto di vista.» liquidò, picchiettando le dita sul bordo della chitarra e interrompendo la bassa melodia «In vita, uccido… facciamo… una ventina di persone, tra cui anche la tua famiglia. A un certo punto, muoio e mi ritrovo all’inferno. Decido che l’eterna dannazione non fa per me: il posto fa schifo, le pene sono troppo dure da sopportare, la mia bellissima faccia si è trasformata in un ammasso di corna e peli. Mi sento infelice, e allora che faccio? Mi iscrivo a uno stupido programma di redenzione, gestito dalla ancor più stupida figlia di Lucifero. Mi comporto bene, come uno studente modello; frequento le attività di quel buco di Hotel, imparo tante belle cose sull’altruismo, l’amicizia, il perdono. Mi pento di quello che ho fatto in vita, dispenso bontà a caso… e poi? Puff! All’improvviso vengo ammesso in Paradiso. Come ti sentiresti al vedermi lì?»

«Io…» Charlie sembrava combattuta: forse stava iniziando a capire il suo ragionamento? «Però ti sei comunque pentito, giusto? Non è ciò che conta davvero? Hai provato rimorso per i tuoi peccati e hai chiesto scusa.»

«Non hai risposto alla mia domanda.»

La principessa abbassò il capo:
«Mi sentirei… male. Tradita, e lo troverei ingiusto.»

«Esatto. Vedi che quando ti applichi ci arrivi?»

«Il tuo è un esempio limite. Ci sono tante altre persone che…»

Adam sollevò una mano, interrompendola:
«No, non ci sono eccezioni alla regola. Se sei finito all’Inferno, è perché hai fatto quel cazzo che volevi, fregandotene della morale. Sapevi di essere nel peccato e hai perseverato; non ti sei pentito per tempo, quindi… perché ora dovresti avere una seconda possibilità? E tutte quelle persone che, pur avendo sbagliato, hanno capito e hanno rimediato in vita? Loro sono gli stronzi che hanno solo perso tempo, quando avrebbero potuto farla franca, tanto... la piccola Charlie Morningstar avrebbe comunque trovato un modo di salvarli dalle fiamme purificatrici.» scivolò all’indietro, appoggiando la schiena alle tegole. Incrociò le gambe all’altezza delle caviglie e fissò il cielo rossastro sopra la città «L’inferno è per sempre, te lo ripeto… e a ragion veduta.»

«Posso farti una domanda personale?»

«Vorrei risponderti di no, ma temo che la farai comunque.»

«Come sei finito in Paradiso?»

«Che ne so. Non devi chiederlo a me.­»

«Beh, avrai fatto delle ipotesi. Perché, sai… senza offesa, ma non ti comporti esattamente come un’anima immacolata.»

«Un attimo prima ero vivo e quello dopo ero morto. Mi sono ritrovato lì ed essendo il Primo Uomo, credo mi abbiano semplicemente concesso lo status di angelo.» si rabbuiò per un istante «O forse serviva qualcuno che facesse il lavoro sporco.»

«Perché hai accettato di occuparti degli Stermini?»

Adam sollevò tre dita in sequenza:
«Primo, perché qualcuno doveva pur farlo. Inoltre mi annoiavo, e le epurazioni annuali promettevano d’essere un buon passatempo. Terzo…» sogghignò, fissando nuovamente la volta scarlatta «Per prendermi una piccola rivincita verso quella merdina secca di tuo padre.» si tirò a sedere di scatto, scrollando le ali per ridare volume alle piume «Quello stronzetto mi ha portato via tutto, quindi… non ci vedo nulla di male nel ricambiare il favore. Per inciso, come sovrano è pessimo: quale re abbandonerebbe i sudditi al massacro?» Charlie gli parve punta sul viso, quindi decise di continuare «Ha patteggiato la salvezza soltanto per i nati all’Inferno, ma tutti gli altri? Non gli sono mai realmente importati.»

«Non è vero! Papà è tornato, ha promesso di aiutarmi con l’Hotel. Può aver sbagliato in passato, ma sta cercando di rimediare.»

«Mette una pezza sugli anni di assenteismo genitoriale? Encomiabile.» si lasciò sfuggire una risata sarcastica, spiandola sottecchi «Non importa ciò che farà, la colpa di tutto questo è sua.» e spaziò con la mancina sul profilo di Pentragram City «Abbiamo entrambi le mani coperte di sangue, ma almeno le mie non sono sporche di quello della mia gente.»

«E che mi dici di Emily?»

Le rivolse nuovamente attenzione, perplesso:
«Che c’entra Emily?»

«È affranta per come l’hai trattata. Pensi davvero di avere la coscienza a posto?»

«Non condivido i suoi obiettivi, né i tuoi ovviamente… visto che sono sovrapponibili. La vostra piazzata in tribunale, oltre ad essere totalmente fuori luogo, ha risvegliato l’interesse degli Angeli Superiori. Vecchi bacucchi, che pensano di sapere come gira il mondo soltanto perché esistono da sempre. Se ne stanno sulla loro soffice nuvoletta a farsi i cazzi loro; ogni tanto, si ricordano che esistiamo e si impicciano negli affari nostri. La faccenda dell’Hotel li ha incuriositi e hanno pensato bene di spedire quaggiù Emily come ambasciatrice. È stato un errore: non riuscirà a riscattare proprio nessuno! Andrà tutto in malora, il suo già fragile amor proprio subirà un’altra battuta d’arresto. Si convincerà d’essere una buona a nulla e tornerà piangendo tra le braccia di Sera» si strinse nelle spalle «E questo per aver dato corda alla tua utopia di merda.»

«Però… potrebbe non fallire.»

«Fallirà.»

«Ti sbagli.»

«Lo dici perché credi davvero nelle sue capacità o perché il successo di Emily equivarrebbe al tuo?»

La vide stringere le ginocchia al petto e circondarle con le braccia.
«Entrambe le cose.» fu la risposta laconica «Ci tieni a lei.»

«Che razza di domanda è?»

«Non era una domanda» Charlie gli rivolse un sorriso aperto, sincero «Perché la intralci, se le vuoi bene?»

«Odio l’Inferno. Voglio solo concludere questa stronzata nel minor tempo possibile e tornare in Paradiso.»

«Ora chi è quello che glissa le risposte?»

Le rifilò un gestaccio, ma questo non fu sufficiente a fermare la parlantina della principessa:
«Ascolta, ho capito: detesti stare quaggiù, ma ostacolare la missione di Emily non ti aiuterà. Più ci metterà a raccogliere i dati, più tempo sarai costretto a passare qui. Non mi sembra una mossa molto furba, per uno che vuole rientrare a casa.»

«Mh…» Era un buon punto, accidenti! Non voleva darla vinta così facilmente alla mocciosa di Lucifero, ma… in fondo, aveva ragione. Rallentare il lavoro di Emily avrebbe avuto, come unica conseguenza, un soggiorno prolungato a Pentagram City «D’accordo» cedette, infine «Cercherò di lasciarle spazio…»

«Grazie.» Charlie si alzò, spazzolando il retro dei pantaloni per togliere i residui di polvere «Dopo pranzo iniziamo qualche esercizio sulla fiducia nel prossimo. Vuoi partecipare?»

«No. Credo rimarrò qui a suonare, se non ti dispiace. O anche se ti dispiace…»

«Va bene.» la giovane non insistette e si avvicinò al lucernario spaccato. Fletté le gambe, pronta a balzare nel pertugio, quando un’esclamazione irriverente la costrinse nuovamente a voltarsi.

«Morningstronz!» Il Primo Uomo aveva indossato nuovamente il casco e la stava osservando con aria di sfida «Non lo faccio per te, né per la tua banda di peccatori o perché ho cambiato idea su questa cagata della redenzione. Lo faccio solo perché voglio tornare a casa al più presto.»

Charlie annuì. Non c’era alcun bisogno di combattere ulteriormente l’orgoglio dell’angelo: sarebbe stata una battaglia persa, che avrebbe vanificato i recenti progressi.
«Assolutamente. Lo fai per te stesso.»

«Esatto.»

«Sai, sei migliore senza maschera.»

Adam le rivolse un sorriso cinico:
«Ecco perché la indosso.»
 

***
 

Emily bussò un paio di volte alla stanza attigua alla sua.

«Vieni, scassapalle!» esclamò una voce ovattata dall’interno.

Scosse il capo, spalancando la porta con un calcetto e richiudendola con un colpo d’anca. Tra le mani reggeva un vassoio con un bicchiere d’acqua e una ciotola di zuppa ancora calda.

«Oh, sei tu…» Adam si sollevò a sedere sul letto, evidentemente stupito dalla sua comparsa.

«Mi hai dato della scassapalle…»

«Credevo fosse Morningstronz. Inoltre, beh… tutti, in questo fottuto hotel, sono degli scassapalle. È un insulto che si sposa in qualsiasi situazione.»

«Non ti ho visto né a pranzo, né a cena.» disse, avvicinandosi al tavolino per appoggiarvi il vassoio «Ho pensato avessi fame.»

«Mh, forse…» il Primo Uomo non fece cenno di muoversi, anzi… si lasciò cadere nuovamente sul materasso, accomodando meglio il cuscino e intrecciando le dita in grembo.

«Se non ti va, lo porto via.»

In realtà, gli andava eccome, e lo stomaco si sbrigò a confermarlo con un brontolio distinto. Tuttavia, continuò ostinatamente a fissare il soffitto per un minuto abbondante, prima di replicare:
«No, lascialo.»

«C’è qualcosa che vuoi dirmi?»

Scosse il capo. In realtà, c’erano diverse cose di cui avrebbe discusso con lei, ma non trovava il coraggio, né la voglia di affrontarle. La chiacchierata con Charlie e il pomeriggio passato in solitudine avevano scoperto alcuni nervi, che non intendeva punzecchiare ulteriormente.

«Allora me ne vado…»

Colse un movimento con la coda dell’occhio, quando Emily si apprestò a varcare nuovamente l’uscio. Si concesse un sospiro profondo, costringendosi a guardarla. L’espressione della serafina era fredda, distaccata, in netto contrasto con i sorrisi solari e spensierati che era solita dispensare. L’immagine si sovrappose al volto della principessa, intenta a ripetergli: “Sei sicuro di avere la coscienza a posto?”.
Ovviamente non l’aveva, ma… dannazione, era il Primo Uomo, il Capo Esorcista, uno degli angeli più temuti del fottutissimo Paradiso. Per nessuna ragione si sarebbe lasciato impietosire! Non si sarebbe piegato alle smorfiette crucciate di una ragazzina. O sì?

«Aspetta…» quella parola gli sfuggì dalle labbra prima che il suo cervello potesse frenarla. Vide Emily tornare sui suoi passi «Che c’è che non va?»

Pessimo inizio, se ne rese immediatamente conto: scorse le piccole mani serrarsi a pugno e tremare, mentre gli occhi si velavano e le guance si gonfiavano come pronte a sfogare tutta la rabbia e la frustrazione.

«E me lo chiedi pure?!»

«D’accordo.» sbuffò, buttando le gambe giù dal letto e rialzandosi con un colpo di reni. Passò le dita tra i capelli, cercando inutilmente di addomesticarli «Sì, c’è qualcosa che voglio dirti» si accostò al tavolo e gettò un’occhiata alla zuppa. Non aveva un aspetto particolarmente invitante: delle foglioline rinsecchite galleggiavano su una brodaglia arancione, con dei cubetti bianchicci di…«è patata, questa?»

«Non ne sono sicura» quel tentativo, ovviamente, non fu sufficiente a deviare l’attenzione dell’ospite «Non approfittarne per cambiare discorso.»

Adam allargò le braccia, lasciandole ricadere arrendevole lungo i fianchi:
«Che vuoi sentirti rispondere, Emily? Che mi dispiace per averti trattato male questa mattina? Va bene! Mi dispiace.»

«Non sembri uno particolarmente pentito.»

«Ti sbagli…»

«E allora perché non chiedi scusa come si deve?»

Aprì la bocca, rimase a fissarla qualche attimo e poi richiuse ermeticamente le labbra. Lasciò il silenzio sprofondare nella stanza. Abbassò lo sguardo, nuovamente al piatto di minestra.

«Capisco…» l’ombra di Emily scivolò nel suo campo visivo. Sentì due dita picchiettargli sotto il mento, obbligandolo a rialzare il capo e a fissare gli occhi altrui: contrariamente a quanto si aspettava, non vi lesse delusione o malinconia; soltanto compassione frammista a un leggero divertimento «Ah, l’orgoglio… che brutta malattia.»

«Io…»

«Non importa. Ti tolgo dall’imbarazzo in un attimo: sei perdonato. Dopo tutto, l’Hotel nasce appositamente per riscattarsi, no? Sarebbe ipocrita se non fossi indulgente proprio con te.»

«Non sono un peccatore.»

Emily lo ignorò:
«Sai, vorrei … avere un po’ di supporto. Non ti sto chiedendo di sposare la filosofia dell’Hazbin o di credere incondizionatamente nella salvezza delle anime perdute. So che non lo faresti comunque. Solo, per favore… sii un po’ meno ruvido con Charlie e gli altri; e non giudicare sempre il mio operato. Abbi solo… un briciolo di fiducia in quello che faccio. Tengo molto a questa missione, indipendentemente dal suo successo o meno. È ovvio che vorrei una buona riuscita, ma non sono un’illusa come credi. Sono consapevole che la redenzione potrebbe non essere possibile, ma devo comunque dimostrarlo.»

«D’accordo. Farò del mio meglio per non starti tra i piedi.»

«Non è quello che ho detto. Anzi… mi piacerebbe se domani ti unissi alle attività mattutine.»

«Che cosa?» sgranò gli occhi, scosse ripetutamente la testa «Ora non ti allargare! Ho detto che non avrei interferito, non che volessi partecipare.­»

«Oh, andiamo! Non puoi davvero capire il funzionamento dell’hotel, se non provi ad immedesimarti al meglio.»

«Non me ne frega un cazzo, non intendo sprecare così il mio tempo!»

«Hai di meglio da fare?»

«No, ma…»

Emily batté le mani soddisfatta:
«è deciso, allora verrai con me!»

«No!» scattò, ritrovandosi a fissare nuovamente la serafina: gli occhi chiari tradivano fiducia, le labbra erano piegate in un sorriso e le mani erano congiunte al petto, in una muta preghiera. Adam sbuffò, stringendosi nelle spalle «Fanculo, va bene!»

«Si! Ti piacerà, vedrai! Oggi abbiamo fatto degli esercizi sull’affidarsi agli altri. A turno siamo saliti su un palco e abbiamo parlato delle nostre esperienze. Poi abbiamo scelto un compagno con cui danzare a occhi bendati. Io sono capitata con Alastor. Posso assicurarti che è un gran ballerino, un vero signore e…»

Alzò una mano, cercando di interrompere quel flusso di parole entusiaste:
«Quale è il programma di domani?»

«Charlie non ce l’ha ancora detto. Sarà una sorpresa!­»

Il Primo Uomo si massaggiò le tempie:
«Non vedo l’ora, Emily…» biascicò, con aria sconfitta «Non vedo l’ora…»

 
Angolino:
Buonasera! Ieri non sono riuscita a pubblicare, né a rispondere alle recensioni e agli mp, quindi perdonatemi per il ritardo. 
Rimedio oggi e ne approfitto per ringraziare tantissimo Coso96 e Kunoichi per le recensioni, sempre gentilissime e apprezzatissime. Grazie davvero del supporto *_*
Tornando alla storia, questo capitolo è stato parecchio impegnativo: l'ho riscritto tre volte, perchè non mi soddisfaceva per nulla ç_ç Adam è stato complicato da gestire, soprattutto perchè avevo necessità di approfondire il suo confronto con Charlie e generare alcuni piccoli imput per il proseguire della storia.  Ci sono aspetti del suo carattere (come di molti altri personaggi), che giustamente la serie non approfondisce. Quindi, sono andata un po' a sentimento. 
Grazie per aver letto fin qui!
*distribuisce zuppe con patate sospette*

E'ry
 

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Capitolo 6
*** Il Demone Radio ***


6. Il Demone Radio


Quella era una delle cose più stupide che mai avesse affrontato. E, considerati gli anni che aveva sulle spalle, di idiozie ne aveva fatte parecchie in vita sua.
Charlie gli stava sorridendo, agitando una boccia di vetro con all’interno alcuni foglietti di carta ripiegati.

«Avanti, prendine uno…»

Adam alzò gli occhi al cielo e la maschera mimò un’espressione visibilmente scocciata:
«Che stronzata» esclamò, ricevendo da Emily una gomitata nel costato «Ahi! Lo sai che è un punto sensibile, quello…» si lagnò, introducendo la mancina nel contenitore e pescando un bigliettino. Lo spiegò e lesse ad alta voce il contenuto.
«Emme.»

«Molto bene, ora devi scegliere una persona del cerchio e rivolgergli un complimento che inizi con quella lettera.» spiegò la principessa.

Si guardò attorno, scrutando gli astanti. Alla sua destra sedeva una pornostar; poco oltre, una ciclope con manie da bombarola e un gatto antropomorfo svogliato. La cameriera psicopatica si era fortunatamente chiusa in cucina assieme a Vaggie, a cui era stata lasciata la supervisione del pasticcio di patate in cottura. Il lombrico travestito da cobra era l’unico realmente attento e partecipe, mentre il demone radio lucidava l’asta del proprio microfono.

Proprio in sua direzione, puntò l’indice:
«Merda.» esclamò, sghignazzando. L’espressione di Alastor si irrigidì immediatamente, e la serafina lo picchiò di nuovo nel fianco.

«La vuoi smettere?»

«Sei tu che hai voluto che partecipassi a tutti i costi.»

«Potresti almeno sforzarti di essere collaborativo, visto quanto mi hai promesso ieri sera. O devo dedurre fossero parole vuote, le tue?»

Sbuffò, arrendevole:
«Va bene, va bene.» spostò l’attenzione da Emily a Charlie, che attendeva ancora speranzosa, tornando infine su Alastor «Un complimento con la emme…» ripeté, fingendo di rifletterci «Mentecatto!» il sorriso dell’Overlord si congelò «No, scusa… umh… Minchione. Ops, un’altra parolaccia. Proviamo con Miserabile. Oppure Menagramo.»

«Non sei divertente.» gli rispose il demone radio.

«Scusa, sai… mi è capitata una lettera difficile.»

«No, è che non vuoi applicarti!» Emily gli strappò dalle mani il foglietto, appallottolandolo «Davvero, Adam. Ho apprezzato il tentativo, ma è evidente che non intendi integrarti. Non importa. Sei libero di andare.»

«Ma…»

«Sei libero di andare!» ripeté Emily, indicandogli perentoriamente la porta.

Sgranò gli occhi, incredulo: quella marmocchia osava dargli ordini davanti a un ammasso di feccia infernale? Spiò gli astanti: Husk osservava il soffitto, fingendo di estraniarsi dalla conversazione. Angel Dust rideva sotto i baffi, mentre il ghigno di Alastor aveva assunto una sfumatura vittoriosa. Pentious tesseva lodi a Cherri, che guardava video di dubbia morale sul telefonino. Charlie era chiaramente in imbarazzo.

Abbassò la voce, digrignando i denti aguzzi:
«Non darmi ordini.» sibilò, ma l’espressione severa della serafina non cambiò.

«Ne ho tutto il diritto. Non sei esattamente ai vertici della gerarchia angelica. Ora vattene.»

«Non puoi cacciarmi via! Sono libero di stare qui quanto mi pare e piace.»

«Bene, allora ci sposteremo noi.» Emily gli voltò le spalle, fluttuando verso Charlie «Possiamo andare altrove? Proporrei di continuare le attività al bar di Husk.»

«Ne sei sicura..?» domandò la principessa.

«Assolutamente. Dubito che qualcuno voglia trattenersi oltre in sua compagnia; io per prima.»

Adam sentì la rabbia colmargli il petto. Si raddrizzò, gonfiando le piume e avanzando verso la collega:
«Cazzo! Sei tu che mi hai costretto a venire qui… e ora ti stupisci se non partecipo? Hai insistito perché presenziassi e ti ho accontentato.»

«Speravo ti comportassi in modo civile, sai? Come ieri sera. Ma evidentemente sbagliavo.»

Emily gli rivolse uno sguardo asciutto, privo di emozioni. Era quasi peggio di quanto accaduto il giorno precedente: almeno lì aveva espresso delle sensazioni, che era riuscito a decifrare e a cui aveva posto rimedio… ma l’indifferenza era più complessa: era un travestimento ingannevole, che nascondeva di tutto. Non riusciva a gestirla: poteva sopportare una Emily infelice, arrabbiata, infantile, ma… inespressiva? Si adattava così poco quella facciata all’entusiasmo che la contraddistingueva.

«Pff… fanculo!» sibilò, facendo un rapido dietro front. Tornò a sedersi a terra, stringendo le ginocchia al petto «Non occorre andiate altrove. Non interferirò. Fate come se non ci fossi.» concluse, avvolgendo le ali attorno alle spalle, in un bozzolo dorato.

Charlie volse ai due uno sguardo perplesso, soffermandosi infine sulla serafina, da cui ricevette un cenno d’assenso.

«Bene, allora… possiamo continuare.» annunciò poco dopo «Ora vorrei che tutti voi pensaste ad un momento della vostra vita… post o ante mortem, in cui avete fatto qualcosa per gli altri. Non occorre che sia qualcosa di importante o eroico, basta anche un piccolo gesto. Qualcosa che vi faccia dire: accidenti, mi sono davvero comportato bene in quel frangente! Cominciamo da… Husk!»

«Io?» il mezzo gatto ciondolò il capo «Non mi viene a mente nulla.»

«Fai uno sforzo, avanti…»

«Una volta ho impedito ad un tizio di bere la sua sedicesima birra. Credo d’averlo fatto perché non mi aveva ancora pagato le precedenti quindici, più che per preservare la sua salute.»

«Non importa, è comunque una buona azione. Angel Dust, tocca a te.»

Il demone ragno incrociò tutti e sei gli arti, pensieroso:
«Umh… Settimana scorsa ho iscritto Fat Nuggets ad un sito di incontri per maialini, perché non voglio che si senta solo quando non sono a casa; mi piacerebbe trovargli una compagna. Va bene?»

«Certo, è encomiabile il desiderio di aiutare il tuo animaletto a crearsi una famiglia. Mh… Pentious?»

«Ho aiutato Cherri a portare la spesa.»

«Splendido! Cherri?»

«Ho concesso a Pentious l’onore di portarmi la spesa.»

«Eccellente, ora…» Charlie si interruppe, quando scorse la mano di Emily sollevata «Si?»

«Posso proporre un esercizio?» domandò la serafina, ricevendo in cambio un cenno d’assenso entusiasta. Si affrettò a proseguire «Vorrei che condivideste con me un pensiero: cosa significa, per voi, la redenzione?»

Sulla platea calò un silenzio incerto. Quasi tutti distolsero l’attenzione, guardando chi il soffitto, chi il pavimento. Cherri finse di ricevere una chiamata, mentre Husk grugnì, insoddisfatto. Il demone radio manteneva il suo imperturbabile sorriso, ma chiaramente non intendeva prendere parte alla conversazione.
Charlie venne in soccorso agli amici:
«Credo sia… un argomento un po’ complesso, Emily. Sono ancora alle prime armi.» mormorò.

Tuttavia, Angel la interruppe con un cenno timido:
«Significa avere una seconda possibilità. Ho sprecato la prima… la mia vita è sempre stata caotica, senza regole, priva di una vera e propria guida. Sinceramente, mi sento come se stessi rischiando di buttare anche questa opportunità, e.. Potrebbe essere l’ultima chance che ho di riscattarmi. Non voglio gettarla via, come ho fatto in passato.»

Emily annuì, entusiasta.
«è un’ottima risposta. Grazie di averla condivisa con me» mimò un leggero inchino, mentre Niffty emergeva dalla cucina gridando a squarciagola:
«Pranzo pronto, pranzo pronto!»

«Fantastico!» Charlie batté due volte le mani «Tutti a tavola. Riprenderemo gli esercizi nel pomeriggio.» esclamò, sciogliendo il cerchio.

Attese che i presenti recuperassero i loro effetti e si dirigessero verso la sala da pranzo, prima di avvicinarsi all’unica figura ancora seduta a terra. Allungò la destra, cercando di scostare delicatamente le piume dorate. Adam ritrasse di scatto le ali, infastidito da quel contatto inaspettato.

«Tu non vieni a mangiare?» chiese gentilmente.

Si vide rifilare un bigliettino stropicciato, dove l’inchiostro nero segnava una unica lettera: M.

«Meticoloso, modesto, mozzafiato, maestoso.» sussurrò l’angelo, dondolando la testa «Non me ne sono venuti a mente altri.»

La principessa nascose il foglietto in tasca, piegando le ginocchia e accovacciandosi innanzi a lui.

«Perché ti comporti così? Ti vuoi davvero così male?»

Il Primo Uomo rialzò bruscamente il capo:
«Che intendi?»

«Questo Hotel non serve solo ai Peccatori per riscattarsi. È un posto sicuro per chiunque abbia bisogno…»

«Non ho bisogno!»

«… di amici, di una famiglia, o anche solo di qualcuno che possa ascoltare. Ti stai sabotando da solo.»

«Non cambierebbe nulla. Sono consapevole di stare sul cazzo a tutti.»

«Beh, non ti indorerò la pillola: a volte sei davvero… odioso.»

«Sono il Comandante degli Sterminatori, principessa. Devo esserlo.»

«Ieri, però, ho conosciuto una persona diversa. Qualcuno che non avrei mai creduto di trovare sotto a questa maschera.» allungò la destra, picchiettò due volte l’indice sulle lunghe corna e poi scese fino al bordo, cercando di agganciarlo per poter sollevare il copricapo. Adam, tuttavia, le scostò la mano.

«No, non è un buon momento per gesti intimi, Morningstronz!» la canzonò, con un ghigno storto «Ho solo bisogno di un panino, un bicchier d’acqua e di…» si alzò, stiracchiando braccia e gambe e prendendo la via della porta «e di musica. Buona musica.»
 

***
 

Il cielo si era annuvolato rapidamente e qualche goccia stava già cadendo.

«Posto di merda! Non posso nemmeno suonare in pace.» ringhiò Adam, sollevando un’ala per ripararsi il capo e tenere all’asciutto dal chitarra. Balzò verso il bordo del tetto, pronto a scivolare nuovamente verso la propria camera, quando una folata di vento improvviso fece sbattere violentemente i vetri che aveva lasciato aperto. La finestra si bloccò con un colpo secco. Si voltò verso il lucernario rotto, e con sommo disappunto notò che era già stato riparato: una pesante lastra metallica, fissata dall’interno, lo occludeva.

«Fantastico, ora sono pure chiuso fuori!» ringhiò, rassegnato.

L’idea di andare a bussare alla porta d’ingresso non lo allettava per nulla. Desiderava evitare il più a lungo possibile un ulteriore confronto con Emily, Charlie e la loro banda di peccatori. Frugò con lo sguardo le altre imposte, controllando se ve ne fosse qualcuna ancora aperta, attraverso cui poter scivolare all’interno. Le finestre, però, sembravano tutte accuratamente chiuse… tutte tranne una, sul versante sud di una torretta che sporgeva dal fianco dell’albergo. Una struttura alquanto singolare: appariva più come una estroflessione, che come parte del complesso stesso. Si reggeva su diversi tralicci metallici; sulla sommità, una antenna era protesa verso la città, accompagnata da una scritta lampeggiante: “On Air”.

L’angelo si lanciò dal tetto, volando fino alla torretta. Scavalcò rapidamente il davanzale, lasciandosi scivolare all’interno.
«Finalmente all’asciutto!» esclamò, concedendosi qualche attimo per strizzare le piume e la tunica. Una piccola pozza di acqua verdastra si accumulò ai suoi piedi «Speriamo non sia acida…» aggiunse, prima di guardarsi attorno.

L’interno del locale sembrava in disuso, per buona parte. Indubbiamente, era interdetto alla cameriera pazza, considerata la polvere accumulata su alcuni vecchi mobili e le assi scricchiolanti del pavimento. Sulla sinistra c’era un macabro appendiabiti, ricavato dalle corna di un cervo. Al centro, tuttavia, stanziava una enorme consolle radiofonica, con spessi cavi che si inerpicavano lungo le pareti, connessi probabilmente all’antenna sul tetto. Dirimpetto, una sedia girevole foderata in velluto rosso. Sia la consolle che la poltroncina, a differenza del resto, erano stati usati di recente: non c’era traccia di sporcizia, anzi… sembrava che qualcuno ne avesse parecchia cura. Le manopole e i tasti erano perfettamente lucidati.

«Guarda qui che gioiellino» esclamò, avvicinandosi alla postazione. Fece scorrere le dita su levette e bottoni, sino a trovarne uno siglato con “On”. Lo premette senza esitazione: la consolle emise un secco crepitio e si avviò. Picchiò un paio di volte su un bizzarro microfono, a forma di pentacolo.

«Prova, prova.»

La sua voce riecheggiò dagli altoparlanti esterni.

«Magnifico! Oh, cazzo! È una vera e propria stazione radio.» esclamò, tirando a sé la sedia e accomodandovisi. Sistemò meglio la chitarra in grembo «Allora, vediamo di divertirci un po’…» si schiarì la voce, assumendo poi un tono professionale «Buon pomeriggio, stronzetti infernali! È il vostro…amh…» serviva urgentemente un nome accattivante; di certo non poteva farsi riconoscere: Adam era fuori discussione, così come Capo Esorcista e Primo Uomo «Dickmaster che vi parla, il nuovo speaker di questa emittente di merda. Odio la radio, ma non ho niente di meglio da fare. Il tempo fa cagare, lo so … ma grazie al cielo – letteralmente – ci sono io ad allietare questa giornata uggiosa.»

Fece una pausa e controllò che la consolle fosse ancora in funzione: un’intermittenza rossa gli confermò che era ancora in onda.

«So che non siete abituati a questa musica, perché vi trastullate con Jazz, Rap e altri generi da sfigati… ma sono un po’ cazzi vostri. Questo brano si intitola Paradise City; tranquilli, è un posto che non vedrete mai, per cui… godetevi la canzone, perché è il massimo a cui potete aspirare.»

Pizzicò le corde della chitarra, impostando la melodia di fondo, prima di attaccare:
 
«Take me down
To the paradise city
Where the grass is green
And the girls are pretty
I want you please take me home
»
 
Mosse la testa a ritmo, avanti e indietro, prendendo a dondolare sulla seggiola. Adorava quella musica. Era decisa, graffiante, incisiva. Nulla a che vedere con quei generi di fighette appena citati.
 
«Take me down
To the paradise city
Where the grass is green
And the girls are pretty
I want you please take me home
»
 
 Ripeté, scattando in piedi e suonando con ancor maggiore impegno.
«Diamine, se è cazzuto ‘sto brano!» esclamò. Chiuse gli occhi, lasciandosi guidare dalla musica: lo rilassava così tanto. Gli consentiva di staccare il cervello, di immergersi esclusivamente nelle note e di lasciarsi andare completamente. In quei momenti non era né il Capo Esorcista, né il Primo Uomo, né Adam: era un’estensione della chitarra, come anzi ne fosse parte integrante. Era uno strumento che permetteva alla musica di fluire, di raggiungere il cuore e le menti degli ascoltatori. Era così immerso nella melodia da ignorare tutto ciò che lo circondava: la pioggia battente sui vetri, il ronzare della consolle, gli schiamazzi che si udivano in lontananza. Provenivano dal piano di sotto? No, forse da uno dei corridoi attigui. Non che gli importasse: era come essere tornati, per un solo istante, in Paradiso. Si immaginò durante uno dei suoi concerti: circondato dai membri della sua band, compreso quell’idiota del batterista, che si vociferava fosse uno dei migliori a letto. Stronzate! Nessuno poteva competere con lui: era il Primo Cazzo. Praticamente, l’inventore della scopata. Certo, le prime volte non era andata proprio alla grande… forse era per questo che Lilith l’aveva mollato sulla soglia dell’Eden?

Nah, assolutamente impossibile. Nessuna donna avrebbe mai potuto preferire l’uccello moscio di Lucifero. O si? Dopo tutto, era il capostipite dei demoni… magari poteva allungarselo a piacere. Anzi, senza dubbio! Era l’unica spiegazione: Lucifero barava sulle dimensioni delle sue parti intime, altrimenti non avrebbe avuto chance.
 
«Just a’ urchin livin’ under the street
I’m a hard case that’s tough to beat
I’m your charity case
So buy me somethin’ to eat
I’ll pay you at another time
Take it to the end of the line
»
 
Il vociare si faceva sempre più vicino, ma non ci fece caso. Continuò a suonare, lasciandosi coinvolgere completamente. Riaprì gli occhi, saltò in piedi sulla sedia e piantò un piede sulla consolle. Si piegò verso l’asta del microfono, così da avvicinare il più possibile le corde della chitarra. Si lanciò in un assolo improvvisato. Ah, se le sue fans lo avessero potuto sentire in quell’istante, sarebbero sicuramente impazzite. Come la volta in cui, in preda al delirio, avevano lanciato sul palco ogni genere di indumento. Un reggiseno piuttosto capiente gli si era addirittura impigliato tra le corna della maschera; Lute non ne era rimasta particolarmente entusiasta: sicuramente era gelosa della taglia sin troppo abbondante delle coppe.
 
«Ragz to richez or so they say
Ya gotta-keep pushin’
for the fortune and fame
You know it’s
It’s all a gamble
When it’s just a game
Ya treat it like a capital crime
Everybody’s doin’ their time
»
 
Chissà come se la stava cavando Lute, a proposito. Beh, non erano trascorse nemmeno quarantotto ore dalla partenza, quindi dubitava che la sottoposta avesse incontrato qualsivoglia difficoltà. Le sarebbe mancato? Lui provava già un po’ di nostalgia: era strano non averla accanto. Era abituato alla sua presenza sia nel quotidiano, che – e soprattutto – in missione. Se fosse stata lì, avrebbe sicuramente apprezzato la canzone… e preso a calci in culo quei fottuti peccatori, a cominciare da quel demone con gli occhi rossi e il perenne sorriso giallognolo. Scrollò le spalle, cercando di concentrarsi nuovamente sulla musica:

«Take me down
To the paradise city
…»
 
 
***
 

Velvette si affacciò al balcone della propria stanza, fissando l’Hazbin Hotel.

«Non ci posso credere!» esclamò, appoggiandosi alla balaustra «Hanno assunto un disc jokey professionista, finalmente!»
Rimase all’ascolto per qualche attimo, ciondolando la testa a ritmo, prima di fare un rapido dietro-front.
«Devo dirlo a Vox.»
 

***
 

Charlie aveva quasi sputato il caffè, quando aveva sentito la voce di Adam diffondersi nell’aria. Non era possibile che fosse così scemo. Aveva acconsentito a lasciargli spazio, d’accordo, ma questo non significava invadere le proprietà altrui. C’era un solo posto, all’Hazbin, capace di inviare trasmissioni simili, non soltanto alla struttura, ma all’intera città.
Spostò l’attenzione ai presenti: tutti, compresa Emily, avevano un’espressione sconcertata.

«Sono certa che c’è una spiegazione» azzardò, voltandosi immediatamente alla propria destra «Alastor…» 

Con orrore, si accorse che il demone radio era scomparso: si era sciolto in ombra, serpeggiando via.

«Cazzo, cazzo, cazzo!» Charlie si slanciò verso il vicino corridoio, sbraitando ordini frettolosi «Vaggie vieni! Husk, Angel barricate la porta. Nessuno di voi si muova di qui. Non uscite per nessun motivo.»

Emily cercò di seguirla, ma la fermò con un cenno imperioso:
«No! È troppo pericoloso. Non sai di cosa è capace Alastor. Resta al sicuro.»

«Adam è una mia responsabilità.»

A Vaggie sfuggì una risata nervosa:
«Curioso come sia tu a dover fare da balia a uno che… dovrebbe essere adulto. Tuttavia, concordo con Charlie. Rimani qui.» la giovane si affrettò «Sbrighiamoci, prima che lo uccida.»

Charlie corse su per le scale, macinando metri a grande velocità. Si aggrappò al corrimano per avere maggiore presa. Rischiò di inciampare più volte, ma mantenne l’equilibrio e si sforzò di proseguire. Percepiva i passi di Vaggie vicini, segno che la sua compagna la stava seguendo. Sentiva una stretta feroce allo stomaco e il recente pranzo – uno squisito pasticcio di patate accompagnato da una salsa piccante – dondolava lungo l’esofago. Avrebbe vomitato sicuramente, se non fosse stata spinta dall’adrenalina.

Era stata una sciocca: aveva concesso ad Adam un po’ di privacy e quell’idiota ne aveva approfittato per mettersi nei pasticci. Tuttavia, era disposta a concedergli un errore in buona fede: in fondo, non poteva sapere che la torretta era ad uso esclusivo di Alastor. Anche se… diamine, era chiaramente uno studio radiofonico. Non ci voleva certo un’intelligenza superiore per capirlo. Evidentemente, al Primo Uomo si erano dimenticati di fornire un cervello funzionante, quando lo avevano creato.
Piegò a destra, salendo l’ultima rampa.

«Sono stata un’ingenua a pensare che sarebbe stato lontano dai guai!» esclamò, gettando uno sguardo preoccupato a Vaggie «Ho voluto lasciargli un po’ di margine e lui…»

«… ne ha approfittato, come sempre.» concluse l’altra, affiancandola «Lo odio ogni minuto di più. Non sono neppure riuscita a bere il caffè in pace. Forse potremmo rallentare un attimo la corsa, che ne dici? Dopo tutto… che male c’è se Alastor lo strapazza un po’?»

«Potrebbe ammazzarlo.»

«Non riesco a dispiacermene…»

«Vaggie!»

«D’accordo, scusa…»

Le due ragazze infilarono il corridoio dell’ala est, e accelerarono quando scorsero la soglia della torretta. La porta era spalancata e dall’interno provenivano rumori decisamente inquietanti.
 

***
 

«Strapped in the chair
of the city’s gas chamber
Why I’m here I can’t quite remember…

Ehy! Che cazzo stai facendo?»
 

Adam balzò dalla seggiola, non appena una figura rossa e nera si condensò dalle ombre, strappando i cavi che connettevano la console all’antenna. Nonostante ciò, il crepitio nell’aria non si affievolì affatto, anzi… parve aumentare di intensità quando il demone radio gli parlò:
«Sei nella mia proprietà.»

«E allora? Stavo finendo la canzone! Riattacca, pezzo di merda.» indicò i fili elettrici abbandonati a terra.

«Credo tu non conosca davvero i principi base dell’educazione. Non importa.» Il ghigno giallo rimase inalterato sul volto cinereo «Sarà un piacere insegnarteli.»

«Mi stai minacciando?» Adam roteò la chitarra, impugnandola come fosse un’ascia e rivolse il filo all’avversario «Fatti sotto, stronzetto.»

Balzò indietro quando scorse dei tentacoli neri guizzare in sua direzione. Oscillò l’arma, segandoli a metà.

«Tutto qui quello che sai fare?» lo sfidò, mentre altre propaggini nere lo accerchiavano. Indietreggiò, mulinando l’ascia a destra e manca. Ringhiò quando un viticcio gli si attorcigliò attorno alle ali: ruotò il busto, e vibrò un colpo secco. Un istante dopo, un secondo tentacolo lo raggiunse, artigliandogli il polpaccio sinistro. Gridò quando spine nerastre si conficcarono nella carne. Calò nuovamente l’arma e si liberò in fretta. Balzò sul davanzale, incurante del sangue dorato che gli inzuppava la veste e del protestare della gamba.

«Bastardo!» esclamò, menando ancora un paio di fendenti per respingere l’assalto delle ombre. Scoccò un’occhiata al suo avversario. Il demone radio non si era mosso: si sosteneva all’asta del suo microfono, impettito come un aristocratico. Il ghigno, pregno di soddisfazione malcelata, adornava il suo volto. Quella sfrontatezza lo irritò ancora di più. Sollevò il medio:
«Codardo!» lo canzonò.

Vide qualcosa incrinarsi nell’espressione dell’avversario: un leggero strizzare degli occhi, come a rendere più minacciosa la sua figura.

«Oh, hai paura di me. Beh, ti capisco. Dopo tutto, sono un Esorcista… e sai benissimo cosa potrei farti, se volessi. Ecco perché preferisci combattere a distanza con…» tranciò una propaggine che si stava facendo strada verso i suoi piedi «i tuoi tentacolini da psicopatico.» concluse.

«Non parlarmi così, piccolo uomo.»

«Altrimenti?»

«Basta! Smettetela subito!»

Una voce spaventata e alcuni passi lo spinsero a indirizzare lo sguardo alla soglia della torretta. Charlie li aveva raggiunti, accompagnata da Vaggie che stringeva la lancia tra le mani. Vide la principessa avanzare, e le rivolse un sorriso innocente; sollevò la mancina, indicando prontamente il demone radio.

«Ha cominciato lu…»

Fu costretto a interrompersi. Colse un bruciore intenso al costato destro e si ritrovò sbilanciato all’indietro. L’ascia gli sfuggì di mano, mentre una nuova chiazza dorata macchiava la sua veste, là dove un viticcio nero aveva scavato la sua pelle. Tentò di recuperare l’equilibrio, ma scivolò lungo il bordo liscio del davanzale. Allungò le mani per aggrapparsi all’infisso, senza successo: con un grido strozzato, Adam precipitò nel vuoto.
 

***
 

«No!»

Charlie si coprì la bocca, attonita e impotente davanti a quella scena. Alastor aveva pugnalato l’ avversario con un tentacolo, per poi scagliarlo fuori dalla finestra.
Cadde in ginocchio, esausta. Tutti i suoi sforzi per l’Hotel si erano appena vanificati: il suo socio aveva appena ucciso un messo del Paradiso. Ogni tentativo di convincere Sera e il Concilio Angelico si era appena dissolto, come neve al sole. Nessuno sarebbe stato più disposto ad ascoltarla, o a concedere una seconda opportunità a chi davvero la meritava.

«Perché, Alastor?!» gridò, sconfortata.

«Perché no?» fu la risposta allegra del demone radio «Dubito che qualcuno sentirà la sua mancanza.»

Vaggie la strinse in un abbraccio.
«Charlie…»

«No! Ho lottato a lungo per arrivare fin qui. Credevo davvero in questo progetto e ora… hai rovinato tutto, Alastor!» singhiozzò, sconfortata «Non avresti dovuto. Non così… non lo meritava.»

«Mia cara» l’Overlord le si avvicinò, abbozzando un inchino «Mi dispiace per l’accaduto, ma sono certo che troveremo una soluzione assieme. Inoltre, permettimi di esprimere il mio modesto parere: lo meritava.»

«Che cosa…?»

«Non puoi salvare tutti, Charlie. Non avresti dovuto affezionarti a lui.»

«Che stai dicendo? Non mi ero aff…»

«Sarò franco con te: era evidente che stessi cercando un punto di contatto, probabilmente perché desideravi piacergli.»

Aprì la bocca per rispondere, ma le parole le morirono sulle labbra. Alastor aveva ragione, anche se forse aveva usato termini un po’ forti per descrivere la situazione: non si stava affezionando, ma indubbiamente stava cercando di creare un legame. Era riuscita a fare breccia, anche se per poco, nella corazza del Primo Uomo; gli aveva sollevato la maschera e aveva intravisto almeno una parte di ciò che nascondeva. Sapeva che oltre quell’atteggiamento orribile, si celava una persona diversa. Un qualcuno che la solitudine e l’abbandono avevano consumato, e che aveva bisogno d’aiuto tanto quanto un qualunque peccatore dell’Inferno. L’unica differenza, è che non era affatto disposto ad ammetterlo.

«Ti sbagli. Non desideravo piacergli. Volevo solo… che capisse; che desse una possibilità a Emily, all’hotel e a me. Desideravo fargli cambiare idea, dimostrargli che l’inferno non è per sempre e chiunque può riscattarsi.» sussurrò.

«Non crucciarti troppo per lui. Sarà presto dimenticato.»

«A proposito, sai chi altri si è dimenticato qualcosa?»

Alastor si voltò di scatto: una maschera gialla e nera sorrideva sfacciata, oltre la cornice della finestra spalancata.

«Tu, stronzo!» continuò Adam, guizzando nell’aria «Sono un fottuto angelo. Posso volare.» batté le ali un paio di volte, allontanandosi dalla torretta. Sollevò i pugni chiusi, con soltanto il dito medio alzato «Ti sto aspettando, idiota. Vieni a prendermi.»
 

***

 
Era veramente incazzato. Essere spinto giù da una finestra dal demone jukebox era già abbastanza umiliante, per tacere delle ferite che gli aveva inferto. Come osava quella feccia infernale ridurlo così? La tunica era strappata in più punti e il sangue colava dalla gamba e dal costato. Bastardo! Fanculo Charlie e i suoi buoni propositi. Fanculo anche la missione di Emily. Avrebbe definitivamente chiuso quella storia: avrebbe staccato la testa a quel coglione e l’avrebbe portata in dono a Lute. Indubbiamente, la collega avrebbe apprezzato: chissà, magari ne avrebbe ricavato un portapenne; o un grazioso cestino da pic-nic.

Spiegò le ali, recuperando stabilità. Piegò in una virata stretta e riprese a salire, deciso a tornare nella torretta. Si arrestò, accucciandosi nuovamente sul davanzale e osservò in silenzio la scena: Charlie singhiozzava, china sul pavimento, mentre Vaggie la stringeva in un abbraccio protettivo. Piangeva per lui? Difficile a credersi, ma glielo avrebbe chiesto alla prima occasione. In ogni caso, era tenero pensare che qualcuno, in quel fottuto Hotel, si preoccupasse per la sua persona.

«Non crucciarti troppo per lui. Sarà presto dimenticato.» stava dicendo quell’insopportabile peccatore.

Non riuscì a trattenersi oltre. Accese un ghigno pungente sul viso e si schiarì la voce con un colpetto di tosse:
«A proposito, sai chi altri si è dimenticato qualcosa? Tu stronzo!» gli rifilò un gestaccio e si allontanò dalla torretta, con un paio di colpi d’ala «Sono un fottuto angelo. Posso volare» oh, l’espressione sconcertata del suo avversario era così appagante «Ti sto aspettando, idiota. Vieni a prendermi.» lo sfidò. Non che ci fosse alcuna possibilità. A meno che non nascondesse un deltaplano sotto la giacca rossa, non c’era alcuna possibilità che Mister Radio lo raggiungesse.

Tuttavia, dovette ricredersi. Il corpo e la testa di Alastor iniziarono ad ingrandirsi, sempre di più. Gli arti si allungarono, divenendo zampe sottili, mentre dalla sommità del capo spuntarono un paio di corna da cervo. Un palco decisamente invidiabile, che marcava ancor di più i lineamenti spigolosi dell’Overlord. I denti gialli si inspessirono, ora simili a vere e proprie zanne; le iridi scarlatte vorticarono furiosamente, mentre dalla schiena sbocciavano altri tentacoli.

«Trucco vecchio!» esclamò Adam, ma il suo avversario non vi badò.

Alastor sgusciò fuori dalla finestra, arrampicandosi sul tetto della torretta.

«Per essere il Primo Uomo, sei davvero un idiota.» canticchiò il demone «Hai sprecato la tua unica possibilità di salvezza.»

Lanciò una nuova rete di viticci, ma Adam schivò facilmente: chiuse le ali, si lanciò in una breve picchiata. Virò, tentando di portarsi alle spalle del demone, ma altre propaggini nere gli sbarrarono il percorso.
«Fanculo!»­ sbottò, rilasciando il potere angelico. Una lama di luce fendette la coltre nerastra.

L'Overlord ritentò l’attacco, ma l’Esorcista era preparato. Lanciò dei corti raggi, tranciando le ombre.

«Ne vuoi ancora? Ti accontento!»

Altri flash ravvicinati segnarono il proseguire della battaglia.
 

***

 
Velvette si affacciò al balcone, trascinando anche Vox e Valentino con sé.

«Cazzo, hanno smesso di fare musica. Che peccato.» esclamò, sgranando gli occhi al vedere il profilo dell’hotel sormontato da quello che sembrava… un wendigo. La creatura aveva delle corna da cervo, lunghi arti, un corpo sinuoso e l’inconfondibile viso del demone radio.

Attorno alla testa, una figura indistinta guizzava qui e là, producendo degli insoliti bagliori.

«Ma che diamine...?»

Valentino sorseggiò la tisana al finocchio:
«Fuochi d’artificio! È da questa mattina che vanno avanti.»

Vox, però, non era dello stesso avviso:
«Che cazzo stai dicendo? Non è evidente?!» gracchiò il televisore ambulante «Quell’egocentrico di Alastor ha ingaggiato un fotografo per uno shooting! Che stronzo!» esclamò, battendo il pugno sulla ringhiera «Ne voglio uno anche io! Qualcuno chiami il mio manager, presto.»
 

***

 
Charlie si affacciò alla finestra.
«Basta, smettetela!»  gridò, frustrata.

Non sapeva più cosa sperare. Da un lato, vedere Adam quasi illeso le aveva tolto un peso dal cuore; si era sentita sollevata, quando l’aveva scorto scorrazzare abilmente in cielo. Era ancora vivo. Tuttavia, quell’idiota ne aveva approfittato per punzecchiare nuovamente Alastor, che aveva definitivamente perso le staffe. Il demone era mutato nella sua forma bestiale, arrampicandosi sul tetto e scagliandosi nuovamente contro l’angelo. Questi, per tutta risposta, sembrava quasi divertirsi: sparava fasci di luce a destra e a manca, senza preoccuparsi d’essere visto o riconosciuto. No, il suo unico obiettivo era chiaramente l’Overlord.

Lo scontro si stava facendo sempre più serrato. Alastor scagliava ripetutamente tentacoli contro l’avversario, mentre Adam ricorreva sempre più al potere angelico.

«Basta, vi prego!» urlò nuovamente Charlie, sporgendosi oltre il davanzale.

«Ho quasi finito, principessa!» Adam le sfrecciò innanzi, curvando stretto per potersi avvicinare il più possibile al wendigo. Schioccò le dita, e l’ascia si condensò tra le sue mani. Batté furiosamente le ali, accelerando il più possibile. Alastor allungò le ombre in sua direzione.

Merda, non ora! Pensò, ritraendo l’arma per colpire l’arto anteriore dell’avversario. Il filo affondò nella carne. Lo estrasse subito concentrandosi sul posteriore. Con due colpi, spezzò entrambe le gambe della creatura.

«Fanculo, sì!»­ esultò, mentre il demone radio perdeva la presa. Il corpo di Alastor si rimpicciolì vistosamente, tornando delle dimensioni normali: crollò sul tetto, ruzzolando lungo l’inclinazione delle tegole.
«Stron…zo» la voce rotta della radio riecheggiò nel pomeriggio «Verrai con… me».

Un ultimo tentacolo nero scaturì dalla schiena del demone, avvolgendosi attorno alle ali dorate. Adam si sentì strattonare verso il basso.

«Che fai? Lasciami, cazzo!» provò a divincolarsi, ma la propaggine si strinse ancor di più attorno alle piume «Cadremo entrambi così!»­ urlò, quando il demone radio superò il bordo della grondaia.

Alastor non lo stava ascoltando: precipitava nel nulla, semisvenuto, insensibile ad ogni richiamo. Charlie stava urlando, disperata e impotente, trattenuta da Vaggie che seguiva attonita la scena.

Piombare giù dal tetto due volte… non era decisamente nei piani per la giornata. Si disse Adam, osservando con crescente terrore il suolo in rapido avvicinamento. Cercò di sbattere le ali per riprendere quota, ma il tentacolo oscuro le legava saldamente. Fanculo! Ringhiò, un attimo prima che un potente scoppio di luce biancastra lo accecasse.

Strinse le palpebre, accogliendo con sollievo qualche attimo di buio completo, prima di riaprire gli occhi. Si ritrovò seduto nel prato riarso dell’hotel. Attorno a sé, una sfera dalle sfumature celesti. Indubbiamente, quell’affare aveva frenato tanto la sua caduta, quanto quella di Alastor. Spiò il demone alla propria destra, ancora svenuto e prigioniero della bolla.

Peccato. Non mi sarebbe dispiaciuto se si fosse spiaccicato al suolo, come un caco maturo! Si disse, concedendosi una leggera risata. Tentò di rimettersi in piedi, ma la gamba sinistra cedette immediatamente. Ruzzolò nuovamente a terra.

«Fanculo!» ringhiò, sollevando la tunica per valutare il danno. Il sangue sgorgava da molteplici ferite, non particolarmente profonde, ma indubbiamente fastidiose.

«è tutto qui quello che hai da dire?» una voce indispettita lo costrinse a rialzare lo sguardo. 

Emily lo stava osservando con disappunto, oltre la curvatura della bolla: teneva i pugni chiusi lungo i fianchi e batteva nervosamente un piede a terra.

«So che è difficile da credere» Adam sollevò entrambe le mani, in un cenno di resa «Ma non è colpa mia. Non del tutto.»

«Ne dubito.»

«Chiedi a Morningstronz, allora!»

«Sei fortunato, sta arrivando» Emily gli indicò la porta dell’hotel, da cui una Charlie trafelata era appena spuntata. Li raggiunse in un attimo, gettando le braccia attorno alle spalle della serafina.

«Emily! Grazie!» esordì la principessa, asciugandosi gli occhi con il dorso della mancina «Se non ci fossi stata tu non… non so cosa…»

«Potere angelico, mia cara!» Emily ricambiò la stretta «Felice di aver aiutato. Alastor…è incosciente, ma illeso. Viceversa, Adam è sin troppo presente, ma ferito. E c’è qualcosa che vuole dirti.»

Il Primo Uomo spostò l’attenzione tra le due ragazze, lasciandosi sfuggire un sospiro pesante:
«Posso andare in bagno?»

«Cosa?! Non è quello che devi chiedere a Charlie. Avanti!»

«Mh, d’accordo.» alzò gli occhi al cielo, contrariato «Puoi confermare a Emily che non è stata colpa mia?»

«Beh, per essere onesti, la colpa è tua.. ma solo in parte.» specificò la principessa, annuendo «Non potevi sapere che quello era lo studio privato di Alastor. Però potevi evitare di punzecchiarlo ulteriormente.»

«Mi ha lanciato fuori da una finestra.» puntualizzò Adam, prima di allargare un sorrisetto divertito «Oh, a proposito… eri preoccupata per me? È stato molto carino da parte tua, Morningstronz.» sghignazzò.

«Sì, beh… non farmene pentire.» concluse Charlie, rivolgendosi poi a Emily «Conviene portarli in infermeria.»

«Lascia fare a me!» la serafina schioccò le dita e le due bolle si sollevarono da terra, fluttuando verso le porte dell’hotel.

 
Angolino:
Buonasera! Ieri non sono riuscita a rispondere alle recensioni (sempre grazie infinitamente, vi adoro!), né ad aggiornare la storia.
Avevo iniziato la stesura del capitolo, contavo di finirlo, ma ha preso più tempo del previsto. 
Ho faticato un po' ad ingranare: volevo assolutamente inserire una scena sulle attività di rendenzione di Charlie, e poi portare avanti lo scontro tra Dickmaster e Wendigo. La loro battaglia ha richiesto più tempo del previsto. Spero di aver corretto tutto e aver sistemato le eventuali ripetizioni; sicuramente qualcosa mi sarà sfuggito ç_ç siate clementi.
Valentino, non so perché, mi sembra tipo da tisana drenante al finocchio. 
La canzone di Adam è "Paradise City" - Guns n' Roses (e si, la canzone tornerà tra uno o due capitoli. Nel mio schema mentale, l'avevo prevista nel prossimo, ma visto come si è risolto lo scontro, devo prima far aggiustare i personaggi XD). 
Se avete consigli, pareri, correzioni.. scrivetemi *_*
Grazie per aver letto fin qui!
*Dispensa caffé*

E'ry

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Capitolo 7
*** Papaveri e papere ***


7. Papaveri e papere
 

L’infermeria, se così la si poteva chiamare, non era altro che una camera con tre letti al centro e una vecchia scrivania. Lungo le pareti erano ospitati armadietti e mensole con farmaci e materiali di consumo. Una coppia di finestre garantiva l’illuminazione, oltre ad un malmesso lampadario, che pendeva storto dal soffitto.
Emily aveva spinto le bolle a fluttuare ai capi opposti della stanza, senza scioglierle. Si era frapposta tra le due, osservando gli occupanti con chiaro disappunto. Adam non la smetteva di lagnarsi, ovviamente: continuava a reclamare attenzioni. Alastor aveva da poco ripreso i sensi e si guardava attorno, confuso.

Gli accordò qualche minuto per riaversi, prima di attaccare:
«Spero vi rendiate conto di quanto siate stati fortunati… e stupidi.» mormorò, spostando l’attenzione ai due «Vi siete comportati in modo infantile, egoista e privo di qualsivoglia logica. Avete quasi rischiato di mandare a monte non soltanto il progetto di Charlie e la mia missione, ma anche le speranze sulla redenzione. Se riportassi l’accaduto, in Paradiso non ne sarebbero affatto contenti» puntò lo sguardo su Alastor «Dubito sarebbero disponibili a concedere seconde occasioni» l’espressione del demone non mutò: rimase impassibile, con i lineamenti contratti e il sorriso forzato sul volto. Non vi badò, volgendosi verso l’altro capo dell’infermeria «Quanto a te…» Adam si stava mordicchiando il labbro inferiore, tradendo nervosismo «Un’altra idea brillante come questa, e farò rapporto a Sera. Sono certa che provvederà a rivedere la tua posizione di Capo Esorcista, se glielo chiedessi. Quindi… se non vuoi diventare il prossimo collega di San Pietro, riga dritto d’ora in poi. Sono stata chiara con entrambi?»

Ricevette un cenno d’assenso dall’Overlord, mentre Adam non riuscì a trattenersi:
«Cazzo, no! Non mi puoi degradare allo status di portinaio! Questa volta non c’entro, la colpa di quel deficiente laggiù con le corna da…» lo scorse interrompersi e rivolgere ad Alastor un ghigno malvagio «Scusa, che animale saresti? Un bisonte? Oh… no, forse un bue. O un capriolo.»

«Basta!» Emily schioccò le dita e le bolle si dissolsero «Ci metto un istante a ricrearle, vi avverto» minacciò, facendo un passo indietro «Ora… avvicinatevi e stringetevi la mano, da buoni amici.»

«Miss, consentimi una rassicurazione: non vi è alcun bisogno di forzare gesti cordiali. Sei stata cristallina.» mormorò Alastor, con un mezzo inchino cordiale «Da parte mia, ho colto gli spunti del tuo discorso e assicuro che li metterò in pratica, a differenza di questo bifolco con le ali da tacchino.»

«Come mi hai chiamato, stronzo?» Adam fece un passo avanti, agitando il pugno.

«Sei sordo, oltre che scemo.»

«Vaffanculo!»

«Dopo di te, Piccolo Uomo. Sono certo che conosci la strada meglio di chiunque altro.»

«Smettetela subito!» Emily pestò i piedi, interrompendo la schermaglia «Un’altra parola e vi ricaccio nelle bolle.»

«Posso avere almeno un paio di garze o devo continuare a sanguinare sul pavimento?» Adam indicò la scia di gocce a terra «Sto sporcando da tutte le parti.»

«Prima stringetevi la mano.»

«Che coglioni.»

Adam si trascinò avanti di mezzo metro, tendendo svogliatamente la destra. Il demone radio gliel’afferrò con altrettanta pigrizia.

«Molto bene!» chiocciò la serafina, indicando i letti «Ora… sdraiatevi qui. Provvederò a darvi una controllata. Alastor, voglio solo sincerarmi tu non abbia una commozione cerebrale o qualcosa del genere. Mi sembri in buone condizioni, ma un accertamento in più non guasterà. Adam, solleva la tunica. Vediamo come ti sei ridotto.»

«Emily!» un vociare concitato provenne dal vicino corridoio.

La giovane fece appena in tempo ad affacciarsi sulla soglia, incrociando una Charlie decisamente trafelata:
«Cazzo, devi venire immediatamente!»

«Che succede?» domandò, avvicinandosi all’amica.

«Devi… Oh, come stanno, a proposito?»

«Hanno la testa dura, come vedi.»

«Bene, bene… Andiamo» Charlie la afferrò per un polso e la trascinò fuori dall’infermeria «C’è una persona che, beh… non mi aspettavo venisse, davvero. Non… ah-ah, è stata una sorpresa per tutti, anche per me» il tono della principessa virava dall’imbarazzato al preoccupato, tingendosi a tratti di impazienza e allegria «Sai, immaginavo che prima o poi sarebbe apparso qui, ma speravo… si, insomma… di poterlo preparare meglio. Gli ho già raccontato della tua missione e dell’aiuto che mi stai dando, ma.. beh, credo sia meglio tu lo conosca.»

«Va bene, certo» acconsentì la serafina «Volevo occuparmi prima di loro, ma… se è così urgente.» balbettò, gettando un’occhiata ai pazienti in attesa «A voi non dispiace se...?» e indicò il piano inferiore.

«Nessun problema, Miss…»

«Tranquilla. Finirò di dissanguarmi.»

Emily rivolse loro un sorriso di scuse:
«Tornerò presto!» promise «Fate i bravi. Non fatemi pentire d’avervi concesso un po’ di libertà.» aggiunse, sgattaiolando nel corridoio appresso a Charlie.
 

***


Adam attese che i passi delle ragazze si allontanassero, per rompere il silenzio:
«Prima che ti faccia strane idee, l’ho fatto solo per non avere altre rogne.»

«Almeno su una cosa siamo d’accordo.» ringhiò il demone radio.

«Per la cronaca, la prossima volta che ti viene in mente di precipitare da un tetto… ricordati che legare le ali all’unica persona che può salvarti non è una grande idea. Coglione.»

«Non lo avresti fatto comunque.»

«No, probabilmente no.»

Alastor scosse il capo, affatto turbato da quell’ammissione:
«Non ci saranno sempre Charlie e Emily a proteggerti. Presto o tardi si stancheranno di te e quando accadrà, guardati le spalle… perché te le starò masticando.»

Adam gli rivolse un dito medio.
 

***
 

Emily abbozzò un frettoloso inchino:
«è un piacere conoscerla.»

«Ehy, poche formalità con me! Gli amici di Charlie sono miei amici! Eccoti una paperella.»

Lucifer non era esattamente come se l’era immaginata: era… piuttosto basso di statura, e esile. Indossava un completo bianco, con un panciotto rosso a righe e un largo cappello. Assomigliava incredibilmente alla figlia: possedeva la stessa espressione gioviale e accomodante. Era difficile credere che quell’ometto fosse il primo angelo caduto, e il sovrano indiscusso dell’Inferno. Aveva sempre pensato a lui come un demone spaventoso, di proporzioni gigantesche, con ali da pipistrello e corna da toro; in realtà, aveva un aspetto decisamente affabile. Lo vide pesarsi su un bastone da passeggio, il cui pomello ricordava una mela.

«Dunque, Emily… Charlie mi ha parlato molto di te. Immagino ti abbiano creato dopo il mio esilio, il che spiegherebbe perché non ci siamo mai incrociati prima… comunque, com’è la vita in Paradiso? Tranquilla come al solito?»

Annuì frettolosamente:
«Sì, assolutamente. Sera tiene molto alla pace e all’ordine e…»

«Oh, Sera! Meticolosa come sempre, immagino. Salutamela, quando la vedi.»

«Ah, certo. Lei viene… voglio dire, vieni spesso a trovare Charlie?»

«Non quanto come vorrei!» Lucifer agitò svogliatamente la mancina «Ma sai com’è, il lavoro, gli impegni, eh… c’è sempre qualcosa da fare.»

«Immagino che gestire l’oltretomba non sia semplice.»

«Emh, si, si.. certo, anche quello.» l’ometto si sfilò il cilindro e vi frugò all’interno. Sollevò trionfante un anatroccolo di gomma, di un acceso giallo canarino e con le ali adornate da fiocchetti rosa «E poi sto lavorando ad un nuovo prototipo: la Paperella di Capodanno!» l’entusiasmo nella voce crebbe «è programmata per gonfiarsi a dismisura esattamente alle ventitré e cinquantanove del trentuno dicembre. Canta il conto alla rovescia e infine... esplode in una miriade di coriandoli! Non è geniale? Perfetta per i cenoni.»

«Amh… si, io credo…» Emily cercò di mascherare l’imbarazzo dietro un sorriso incerto «…Sia un’ottima idea» abbozzò, infine. L’essere più potente degli Inferi collezionava paperelle. Se non l’avesse visto con i propri occhi, non ci avrebbe mai creduto.

«Hai qualche suggerimento per dei nuovi modelli? Per esempio, cosa piacerebbe in Paradiso? Chissà, magari… potrei esportarle su larga scala, se la tua missione avrà successo.» lo vide accarezzare ripetutamente il dorso del giocattolo «A San Pietro piacciono tanto, sai? Ogni tanto, gliene regalo qualcuna. Magari, con il tuo aiuto, potrei creare addirittura una linea personalizzata per lui. Sono certo l’adorerebbe.»

La giovane si sciolse in un sorriso morbido. Lucifer era premuroso, garbato, quasi… tenero. Nulla in lui corrispondeva ai racconti che aveva sentito. Stentava a credere fosse l’artefice di tante malefatte, compresa la dannazione dell’umanità.

«Beh, potresti fargliene una azzurra e gialla. Sono i suoi colori preferiti. Uh, e sarebbe perfetto se cantasse.»

«Splendido, me lo appunto!» l’uomo le rivolse un pollice in su, soddisfatto «Sai, Emily… sono davvero felice che tu sia qui! Significa che, nonostante tutto, gli angeli hanno infine deciso di ascoltare Charlie e concederle una possibilità. Non avrei mai pensato sarebbero scesi a compromessi, ma… diamine, devo ricredermi.» le girò attorno, ispezionandola con curiosità «Mi sembri davvero una brava persona, onesta e scrupolosa.» si batté la fronte, scoppiando in una risata «Ah, ma devi esserlo per forza! Vieni dal Paradiso, ecco… dovrebbero essere tutti come te, lassù. Anche se… so che non è così. Non importa, non divaghiamo. Allora…» una pausa e di nuovo un sorriso più aperto «Sono contento di sapere che affiancherai mia figlia nel suo progetto. Otterrete grandi risultati.» le posò una mano sulla spalla: la stretta era gentile, calda e familiare «Grazie per il tuo impegno.»

«Prego, ecco… per così poco!» biascicò Emily.

Lucifer le regalò un ultimo sorriso e si voltò verso la figlia:
«Tesoro? Va tutto bene? Stai camminando su e giù da almeno mezz’ora.»

La principessa si arrestò immediatamente, contraendo i lineamenti in una smorfia perplessa. Si schiarì la voce, cercando di cancellare le tracce di nervosismo, e annuì frettolosamente:
«Ma certo, papà! Va… alla grande.» pigolò, torcendosi nervosamente le dita «Non so proprio cosa non dovrebbe andare, ecco.»

«Mi sembri un po’…irrequieta, ecco. C’è qualcosa che ti preoccupa?»

«No, no! Davvero, ti ringrazio, ma sto…»

«Se qualcuno ha fatto del male a te o ai tuoi amici, sai che puoi parlarmene. Ci pensa papà ad aggiustare tutto.» Lucifer le si avvicinò, stringendola in un abbraccio «Suvvia, non chiuderti. Raccontami ciò che ti affligge.»

«Ma nulla, davvero… sono solo… Ah-ah. Ecco, mh…»

Vaggie si fece avanti, afferrandole una mano. Le accarezzò gentilmente il dorso con il pollice, disegnando sottili cerchi:
«Ci penso io» la rassicurò, volgendo poi l’attenzione a Lucifer «Emily non è l’unica new entry all’Hotel.»

«Oh, Vaggie! Non dovevi dirglielo!» piagnucolò Charlie, rialzando gli occhi sul genitore «Promettimi che non ti arrabbierai, papà.»

«Charlie, perché dovrei? Sai che ho fiducia in te. Se hai deciso di concedergli accoglienza, si vede che la merita. L’ho già detto: i tuoi amici, sono miei amici.»

«Questo non è un amico… non proprio, ecco.»

«Suvvia, quanto potrà mai essere terribile?» Lucifer marciò impaziente verso le scale «Sono curioso! Andiamo a conoscere questo nuovo ospite!»
 

***
 

«Che cazzo ci fai qui?»
Adam lanciò un’occhiata omicida all’ometto appena comparso sulla soglia dell’infermeria.

«Nel caso ti fosse sfuggito, questo è il mio regno. E, nello specifico, l’hotel dove risiedi attualmente è di proprietà di mia figlia.» vide Lucifer scuotere ripetutamente il capo «Sai, sono un po’ deluso. Dopo tutto questo tempo, credevo avremmo potuto metterci una pietra sopra.»

«L’unica pietra che vorrei sopra di te è quella tombale!­» Alastor gli regalò un sottile cenno d’assenso «Mi hai rovinato la vita, stronzo!»

«è successo millenni fa, suvvia.»

«Mi hai portato via Lilith, hai allontanato da me anche Eva! Hai pure il coraggio di presentarti qui, come se nulla fosse. Fottiti! Non intendo parlare con te.»

Tentò di girarsi su un fianco, ma una fitta al costato lo dissuase. Si limitò ad incrociare le braccia e a distogliere l’attenzione, evidentemente seccato. Come osava quell’infido nanetto fingere che niente fosse successo. Arrivare persino a chiedergli di soprassedere sul passato! Assolutamente, non avrebbe mai dimenticato. Quello stupido era il fautore della sua infelicità. I ricordi, benché lontani nel tempo, bruciavano ancora. Rammentava perfettamente il giorno in cui Lilith gli aveva voltato le spalle, allontanandosi dall’Eden mano nella mano con l’angelo caduto. L’aveva supplicata di ripensarci, di non lasciarlo, ma non era stato ascoltato. Lilith era, semplicemente, troppo ambiziosa per accontentarsi: l’Eden non poteva colmare i suoi desideri, e indubbiamente il Primo Uomo non era affatto sufficiente. Voleva di più: un potere che nel Paradiso Terrestre le era negato; un compagno che avrebbe potuto elevarla allo status di regina. E così se n’era andata, abbandonandolo.

Con Eva le cose erano andate un po’ meglio: non assomigliava affatto a Lilith. Era dolce, premurosa, affettuosa. Aveva imparato ad amarla, nonostante fosse così diversa dalla sua predecessora. La curiosità, tuttavia, era il suo peggior difetto: nonostante fosse docile all’apparenza, nascondeva un animo indiscreto. Le scoperte l’affascinavano. Spesso l’aveva sorpresa a sperimentare accorgimenti per rendere la loro vita ancora più confortevole.
Lucifer aveva scorto questo interesse e aveva ben pensato di corromperlo: Eva avrebbe potuto resistere a qualsiasi lusinga o promessa; ma alla conoscenza? A quella non avrebbe mai rinunciato. Le era stato offerto il frutto del peccato e lo aveva accettato. Ne avevano mangiato entrambi e quello aveva segnato la fine del Paradiso Terrestre.
Non gliene aveva mai fatto una colpa: se c’era un responsabile, quello era Lucifer. Aveva tentato la sua compagna per puro capriccio, per godere della loro cacciata e contaminare la purezza dell’umanità. Eva era stata imprudente, senza dubbio, ma era stata tratta in inganno.

I ricordi successivi erano meno nitidi: avevano dovuto ricostruire tutto da capo, piegandosi al duro lavoro e ai sacrifici. Erano riusciti a stabilirsi in una zona abbastanza fertile, a erigere un capanno e a coltivare i campi limitrofi. I figli nati dalla loro unione erano stati una benedizione: li aveva amati più della sua stessa vita. Ma poi… il peccato era tornato a insidiarli. Caino aveva ucciso Abele ed era stato condannato da Dio a vagare come ramingo per il resto dei suoi giorni. E… ai genitori cosa era rimasto? Un corpo da seppellire e il vuoto di due figli che mai sarebbero tornati.
Eva non aveva superato quel dolore; lo aveva riversato su di lui, accusandolo: di non essersi accorto di quanto tramava Caino, di non averlo difeso davanti a Dio, di non aver protetto Abele. Avevano litigato e Eva se n’era andata. Esattamente come Lilith, gli aveva voltato le spalle e non era più tornata.
Quel giorno aveva perso tutto: Dio non gli avrebbe concesso una terza compagna, non dopo la cacciata dal Paradiso. La solitudine, evidentemente, era il castigo che il Signore aveva scelto di infliggergli.
E ora… il responsabile di tutto, era a chiedergli di dimenticare?
Nemmeno per sogno!

Emerse da quei pensieri solo quando si accorse di un movimento alla propria sinistra, con la coda dell’occhio. Il demonio si era avvicinato al letto, proferendo:
«Senti, capisco tu non voglia avere a che fare con me, ma…»

«Allora vattene!»

Lucifer gli afferrò il polpaccio ferito, premendo l’altra mano sul costato. Adam sussultò quando sentì le unghie premergli nella carne. Tentò di divincolarsi, ma nonostante la corporatura esile e la bassa statura, la presa altrui era salda. Imprecò quando il calore diffuse lungo le ferite, accompagnato da un bruciore acuto.

«Che cazzo mi stai facendo?!» esclamò, spaventato.

Poco dopo, l’ometto indietreggiò e gli rivolse un sorriso sarcastico:
«Non occorre che mi ringrazi.»

Sollevò il bordo della tunica, fino a scoprire la gamba sinistra: dei tagli prodotti dai tentacoli d’ombra non era rimasto nulla; anche il costato era stato risanato: attraverso la stoffa macchiata, poteva chiaramente scorgere la pelle rimarginata.

«Emily mi ha raccontato della vostra scazzottata.» il re divideva l’attenzione tra lui e il demone radio «Ha detto che sei rimasto ferito e… ho pensato di poter dare una mano.»

«Non era necessario.» ringhiò, torcendo la bocca in un ghigno «Non ti devo niente.»

«Lo so. La gratitudine non è il tuo forte.»

«Vaffanculo.»

Lucifer lo ignorò, rivolgendosi all’altro paziente:
«Posso dare una controllata anche a te, se desideri.»

La voce metallica di Alastor riempì la stanza:
«Non occorre. Sono illeso.»

«Molto bene.» Lucifer indietreggiò fino alla porta «Con permesso, torno di sotto. Vi lascio riposare. Charlie vi attende per cena tra circa un’ora, se ve la sentite.»
 

***
 

Charlie e Emily accolsero con un sorriso il ritorno di Lucifer. Lo avevano atteso nel corridoio, pronte a intervenire se la situazione fosse degenerata. Tuttavia, sembrava che il sovrano se la fosse cavata egregiamente.

«Allora? Come è andata?» gli domandò la serafina.

«Benissimo! Ho il sospetto che mi detestino entrambi, ma… beh, cazzi loro.» si aggiustò il cappello, dopo aver ravvivato il ciuffo biondo «Ho applicato un po’ di magia curativa. Sono come nuovi e… ho ricordato di scendere tra un’oretta.»

Charlie batté le mani, soddisfatta:
«Fantastico, papà! Confesso che ho davvero voglia di una cena tra amici, finalmente.»
 

***

 
Adam fissò la porta con astio.
«Lo odio.» sussurrò, prima di inclinare il volto e inquadrare il demone radio «E odio anche te, ma… lui di più.»

Alastor annuì, senza smorzare il ghigno giallastro sul viso:
«Anche io.»
 

***
 

Charlie si rilassò contro la sedia: la cena era stata un successo! L’arrosto al miele era cotto a puntino e il misto di verdure al forno si era rivelato un abbinamento vincente. Come dolce, suo padre aveva preparato dei graziosi pancakes a forma di anatra, decorati con panna e gocce di cioccolato.
L’atmosfera era distesa: Angel Dust e Cherri avevano improvvisato una gara di bevute, malgrado Husk fosse contrario a fornire alcool gratuitamente. Sir Pentious ne aveva approfittato per declamare una poesia a Cherri, che ovviamente non lo aveva ascoltato. Vaggie si era concentrata sul cibo, mentre Emily aveva raccontato diversi aneddoti sul paradiso. Niffty aveva intrecciato zampe di scarafaggi morti, usandole come centrotavola. Alastor aveva riacquistato il suo aplomb aristocratico e Adam, curiosamente, non aveva insultato nessuno.

Era il momento di un brindisi. Charlie si alzò, afferrando il proprio calice e battendo delicatamente sul vetro con la punta del coltello; un lieve tintinnio si diffuse nella sala.
«Ragazzi, vorrei dire due parole.» esordì «Sono molto felice che tutti abbiate preso parte alla cena. L’arrosto era squisito e…»

DRRRIIIINNN

Il suono del citofono la interruppe. Aggrottò la fronte, incerta: chi poteva essere a quell’ora? Difficilmente ricevevano visitatori dopo il tramonto. Anzi, difficilmente ricevevano visitatori.

DRRRIIIINNN

Un secondo squillo riecheggiò.

«Vado io!» si offrì Angel, abbandonando la competizione e regalando a Cherri il primo posto.

Pochi istanti dopo, tornò accompagnato da tre sconosciuti. Possedevano sembianze antropomorfe, completate da qualche tratto animalesco. Il più alto portava lunghi capelli color carota, che incorniciavano un volto pallido, con un tartufo nero da cui spuntavano lunghe vibrisse; una coda da volpe ondeggiava oltre le sue spalle. Il secondo uomo era più basso di almeno una ventina di centimetri: ciocche nere erano intervallate da sprazzi argentei. Le orecchie ricordavano quelle di un mulo, così come i denti, decisamente da cavallo. Per finire, un giovane che a stento raggiungeva il metro e mezzo d’altezza: sulla schiena portava un guscio simile a quello di una lumaca; l’epidermide era ricoperta da un sottile strato di muco biancastro.

«Salve…» disse il demone volpe «Ci dispiace interrompere la vostra cena, ma… nel pomeriggio abbiamo sentito una trasmissione radio proveniente da questo hotel. La canzone, Paradise City, ecco… è nostra. L’abbiamo scritta noi. Volevamo chiedervi, chi la stava suonando?»

«Porca puttana!» Adam rovesciò la sedia nella fretta di alzarsi «Non è possibile! Voi siete… i Bows and Poppies?!»

«In persona, amico.» i tre mimarono un inchino cordiale «Eri tu in diretta, oggi pomeriggio?»

«Cazzo, si!»

«Beh, sei forte.» intervenne l’uomo-mollusco «Favoloso anche il tuo costume. Mi piace la maschera con le corna. Anche se… mi ricorda qualcosa…»

«Amh…»

«Ehy, Ron!» Lumaca si rivolse a Asino «Non era vestito così il tizio che ha assassinato Marvin durante l’ultimo Sterminio?»

«Esatto, Rufus.»

«Figo!» esclamò la limaccia.

Vaggie si sporse verso Charlie, sussurrandole all’orecchio:
«O sono scemi, o sono completamente fatti.»

Adam agitò appena le braccia, come a interrompere quello scambio di battute:
«Uh, frena! Che significa che Marvin è morto?»

«Non credo che la parola “morto” possa avere altri significati» si intromise nuovamente il demone volpe «Sono Kim, a proposito. Comunque, un tizio vestito come te… è piombato dall’alto e gli ha fracassato la testa con un’ascia dorata.»

L’angelo schioccò le dita e la chitarra si materializzò:
«Per caso… assomigliava a questa?»

«Sì. Oh, sai che sei proprio forte? Puoi insegnarlo anche a me il trucchetto per far comparire gli strumenti musicali? Si può fare anche con la pianola, secondo te?»

«Non lo so, ma …» Adam indietreggiò e si appoggiò al tavolo, frastornato.

Non riusciva a crederci. I Bows and Poppies erano tra i suoi gruppi preferiti. Che diamine ci facevano all’inferno? E soprattutto… come cazzo aveva fatto a uccidere il loro chitarrista senza neppure accorgersene?
Beh, come minimo gli sarà spuntata una proboscide da elefante e una coda da mandrillo, insomma. Sfido chiunque a riconoscerlo! Si giustificò. Era un miracolo, comunque, che quei tre non lo avessero ancora associato all’Esorcista responsabile di quell’assassinio. Probabilmente erano troppo ubriachi, drogati o semplicemente fuori di testa per accorgersene. Effettivamente, non sembravano molto sul pezzo: Rufus gli stava girando attorno, evidentemente incuriosito dalla tunica, strisciando a terra un lungo filo di bava. Ron schioccava le dita nel vuoto, forse cercando di richiamare una batteria. Kim studiava il filo dell’ascia, ripetendo «Figo! Davvero figo!»

«Aspettate, che diamine ci fate all’Inferno? Perché non siete in Paradiso, assieme alle altre rockband?» domandò, suscitando l’ilarità del trio.

«Che cazzo stai dicendo, amico? Ti sembra che una rockband possa mai meritare la salvezza? Ma va! Siamo tutti qui.»

«Tutti…?»

«I Fresh Green Cucumbers, gli U3.14, i Rolling Shells… Sulla Terra non abbiamo condotto una vita retta e senza peccati. Io avevo un debole per il gioco d’azzardo e l’alcool. Rufus ha fatto la fortuna dei narcotrafficanti messicani, considerando il quantitativo d’erba che si è fumato. Ron… beh, sai come si dice? Sesso, droga e Rock‘n’Roll. Sì, insomma… facevamo buona musica, ma quella non basta ad aprire le porte del Paradiso.»

«Come no?!»

«No.»

Merda! Era sempre stato convinto che i bravi musicisti entrassero obbligatoriamente nel Regno dei Cieli. Dopo tutto, cosa poteva esserci di più virtuoso?  Certo, avrebbe capito se all’Inferno ci fossero finiti cantanti Rap e Jazzisti. Ma… le rockband? Assolutamente, era una svista da correggere! Lo avrebbe fatto presente a Sera, alla prima occasione: i gruppi rock e metal dovevano ottenere un lasciapassare speciale per la redenzione. Ovviamente, questo non significava che chiunque potesse aspirare ai cancelli dorati! Dovrò scrivere una postilla, si disse, L’inferno è per sempre, tranne che per le rockband. Per loro, è transitorio.

«Comunque, amico…» Limaccia aveva ripreso parola «Siamo rimasti davvero colpiti dal tuo talento. Ci chiedevamo… ti andrebbe di unirti a noi?»

«…Io? Un membro dei Bows and Poppies

«Perché no? Ci serve un chitarrista, dopo che Marvin è stato massacrato. Hai tutte le carte in regola: suoni divinamente…»

«Ovvio!»

«…Hai un look da paura…»

«Letteralmente.»

«E quella chitarra spacca…»

«…i crani. Sì, lo so.»

«Abbiamo uno spettacolo domani sera: una festa, in un locale in centro. Potremmo usarla come banco di prova. Che ne dici?»

Emily sbiancò:
«Non mi sembra una buona idea!» 

Adam, ovviamente, non la stava ascoltando:
«Cazzo, sì!» esclamò, stringendo immediatamente la mano di Rufus «Affare fatto!»

 
Angolino:
Buonasera! Mi dispiace per il ritardo nella pubblicazione di questo capitolo. Contavo di farne almeno un paio questa settimana, ma con di mezzo il weekend pasquale, non so se riuscirò a postare come da programma. Probabilmente, rallenterò un pochino il ritmo rispetto alla settimana scorsa, perchè ho ripreso col lavoro e quindi gli orari mi consentono di scrivere solo la sera. In più, a breve (un paio di capitoli, stimati) dovrebbe iniziare la parte più corposa della trama, quindi ci metterò -credo- un po' di più a stilare i capitoli.
Detto questo, ringrazio sempre tantissimo Coso96 e Kunoichi per le recensioni e il supporto. Grazie davvero *_*
L'ultimo commento di Coso96, circa i poteri curativi, è stata la giusta spinta per la discesa in campo di Lucifer.
Ho deciso di lasciare il suo nome nella versione inglese (quindi senza O finale, avendo utilizzato lo stesso metro anche per altri personaggi). 
Passando al capitolo, i Bows and Poppies (letteralmente, Archi e Papaveri) sono i sostituti dei Guns and Roses, così come ho storpiato qui e là i nomi di altre band. I Red Hot Chilli Peppers sono diventati dei cetrioli verdi e gli U2 hanno un pi greco attaccato. Ho scelto di inventare i nomi delle band che Adam potrebbe incrociare all'inferno.. semplicemente perchè dietro molti gruppi / cantanti famosi, ci sono background pesanti. Non volendo mancare di rispetto o urtare la sensibilità altrui, ho preferito quindi optare per dei nomi rimaneggiati / inventati.
Grazie di tutto, come sempre!
*lancia pancakes a forma di paperella*

E'ry

 

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Capitolo 8
*** Welcome to the jungle ***


8. Welcome to the jungle


Charlie nascose il viso tra le mani, massaggiandosi le tempie. Possibile che non gliene andasse bene una? L’illusione di una pacifica cena si era trasformata nell’ennesimo problema da gestire. Aveva già bevuto quattro camomille e una tisana alla valeriana, eppure il sonno tardava ad arrivare. Seduta nel buio della stanza, ascoltava il respiro leggero di Vaggie, appallottolata sotto le coperte.

Allungò la sinistra, scostando delicatamente i capelli dal volto della compagna:
«Ti invidio» sussurrò, avvicinando le ginocchia al petto e stringendole attraverso il lenzuolo.

«E io ti sento…» fu la replica, a bassa voce.

«Non stai dormendo?»

«Non proprio. Sono sintonizzata sui tuoi sospiri patetici» Vaggie la punzecchiò, mettendosi a sedere a propria volta e regalandole un sorriso incoraggiante «Sai che con me puoi aprirti a qualsiasi ora del giorno e della notte, quindi… forza, sputa il rospo!»

«Oh, è solo che…» strinse i pugni, si sforzò di trattenere un grido frustrato e lo tramutò il uno sbuffo «Mi sto impegnando al massimo. Sto davvero cercando di far funzionare l’hotel e… proprio ora che il Paradiso mi concede una chance, mi spedisce anche un idiota che rischia di rovinare tutto.»

«Beh, a cena si è comportato… quasi decentemente.»

«Anche troppo, se posso essere onesta! Che bisogno c’era di accettare l’invito di quei tre musicisti da strapazzo? Non si rende conto di quanto sia pericoloso? Chiunque potrebbe riconoscerlo e…»

«Guarda il lato positivo: se gli fanno la pelle, non sarà più un nostro problema.» l’ironia della compagna le strappò una risatina.

«Vado a parlargli.» buttò le gambe fuori dal letto, ma una mano calda la trattenne e la riportò tra i cuscini.

«Non essere assurda. Sono le due di notte.»

«E allora..?»

«Non ti ascolta già normalmente e di certo non lo farà a quest’ora. Rimanda a domani mattina. Sarete entrambi più ragionevoli.»

Charlie rifletté qualche attimo: indubbiamente, quella follia del concerto andava fermata. Adam non ne sarebbe stato contento, ma che altro poteva fare? Le conseguenze avrebbero potuto rivelarsi catastrofiche, se l’avessero individuato. Tuttavia, il consiglio di Vaggie era ottimo: la soglia di attenzione dell’angelo era già notevolmente scarsa di giorno, figurarsi durante le ore notturne. Rinviare la discussione di qualche ora avrebbe giovato ad entrambi.

Si pizzicò l’attaccatura del naso:
«Hai ragione» cedette, infine «Sono esausta, mi credi? È come avere a che fare con un bambino.»

«Paragone calzante.» Vaggie le rimboccò le coperte, e le stampò un bacio sulla fronte «Cerca di riposare. Domani mattina… chiederemo a Lucifer di preparare una squisita e abbondante colazione! Dopo tutto, nessuno può dire di no ai pancakes di tuo padre.»
 
 
***
 
 
«Sei sicuro di non volere i pancakes?»

Adam sollevò gli occhi al cielo.
«Vattene via!» ringhiò, indirizzando il dito medio verso la porta chiusa.

Si era barricato in camera, per ripassare l’intero repertorio dei Bows and Poppies. Non si sarebbe fatto cogliere impreparato: era deciso a rendere quel concerto un vero successo… e magari convertire qualche peccatore al rock. Pizzicò le corde della chitarra, riattaccando poco dopo:
 
«Whoa, oh, oh
Sweet child o' mine»

 
Un altro colpo all’uscio:
«Devo parlarti, per favore… potresti aprire la porta?»
 
«Whoa, oh, oh
Sweet child o' mine»

 
«Sul serio, Adam! Non sei nemmeno sceso per colazione. Ho pensato di portarti dei pancakes e scambiare quattro chiacchiere con te.»
 
«Whoa, oh oh…
Non voglio i pancakes.
Whoa, oh, oh
Vai fuori dal cazzo…»
 
«Ti avverto, in quanto proprietaria dell’hotel, possiedo una copia delle chiavi di tutte le stanze. A te la scelta: puoi aprirmi di tua spontanea volontà, oppure farò da sola.»

«Che palle!» interruppe la canzone e adagiò con cura la chitarra al letto. Attraversò la stanza e schiuse il battente, rifilando alla principessa un cenno scocciato «Accomodati, se proprio devi. Si può sapere che vuoi?»

La scorse depositare un piatto di dolci sul tavolino malmesso e voltarsi a guardarlo; teneva le braccia al petto e il viso mostrava un cipiglio serio:
«Volevo discutere con te dello spettacolo di questa sera.»

«Uh, perché non lo hai detto subito? Non vedo l’ora!» sulla maschera si dipinse un sorriso genuino «Sto riprovando tutte le canzoni. Non mi hanno fatto avere la scaletta, ma... diamine... sono comunque preparato. Spaccano tutte! A parte... mh... queste quattro.» Adam le tese un foglio, dove aveva scribacchiato qualche titolo «Quelle sono una vera noia. Una rottura di coglioni unica: smielate, romantiche, patetiche… il genere di brani che piacerebbero a te e a quella sfigata di Vagina.»

«Vaggie.»

«Come ti pare.» annusò la fragranza che aleggiava ora nella stanza. Il suo stomaco borbottò «Mh, sembrano davvero invitanti» disse, avvicinandosi al tavolo e osservando i dolcetti, guarniti con frutta fresca e panna «Li hai preparati tu?»

«No, mio padre.»

«Che merda! Allora faranno cagare di sicuro.»

«Ehi! Papà è bravissimo quando si tratta di cucinare. Assaggiane uno. Questi, in particolare, erano i preferiti di mamma. A lei piacevano tantissimo le…»

«…fragole. Lo so.»

«Scusa.»

Adam non vi badò. Retrocedette fino al letto e riprese la chitarra tra le mani, giocando nuovamente con qualche nota:
«Allora, di cosa volevi parlarmi?»

«Credo che dovresti rinunciare al concerto.»

«Che cosa?!­» scattò in piedi, senza trattenersi «Assolutamente no! Fanculo, non avrò mai più un’occasione simile. Lo sai che cazzo vuol dire, poter debuttare con i Bows and Poppies?» la vide dondolare il capo «Ovviamente, Morningstronz. Il massimo della tua espressione artistica è suonare i citofoni.»

«Non hai pensato alle conseguenze di questo tuo… ennesimo gesto sconsiderato? Hai idea di cosa potrebbe accadere, se qualcuno ti riconoscesse? Getteresti l’Inferno nel panico, per tacere di quelli che cercherebbero di staccarti la testa e infilzarla su una picca, come trofeo. L’Hotel potrebbe subire pesanti ripercussioni e la missione di Emily sarebbe nuovamente a rischio. Mi dispiace, so quanto ci tieni, ma… non dovresti partecipare.»

«Oh, ma dai! Mi pensi così ingenuo? Prenderò le dovute precauzioni.»

«Mh… perdonami se sono scettica, ma come intendi fare?»

«Posso evitare la maschera; quasi nessuno conosce la mia faccia.»

«Per le ali? E l’aureola?»

«Mh…»

«Hai un cambio di vestiti, almeno?»

«Mh…»

«Hai davvero portato tutte tuniche?»

«Sì! Di due colori diversi, però: posso mettere quella blu…»

«Non è quella che usi durante gli Stermini?»

«Esatto.»

«Che idea del cazzo!» Charlie si massaggiò la fronte: non poteva essere davvero così scemo. Forse, si divertiva solo ad indispettirla, a lanciarsi a capofitto in idee cretine soltanto per causarle dei rodimenti di fegato.

«Senti, non ho altro con me. Se trovi qualcuno che abbia qualcosa da prestarmi, sarò ben lieto di indossarlo. Viceversa, beh… andrò così. Non intendo rinunciare a questa opportunità. Questa sera mi esibirò con i Bows and Poppies, che a te piaccia oppure no.» Adam si concesse una pausa, sfregandosi il mento, pensieroso «Anzi, ti darò un incentivo ulteriore: permettimi di partecipare al concerto, e io ti prometto che… cercherò di migliorare i rapporti con gli altri ospiti. E mi sforzerò di presenziare alle attività di redenzione, va bene? E… non sfracellarmi i coglioni, ti prego. Soltanto per questa sera…mh?» la maschera mimò un’espressione pietosa: occhi grandi e tondi, labbra storte in una smorfietta patetica.

«D’accordo!» Charlie si arrese, scrollando le spalle «Ma dovremo trovare un modo per renderti… meno evidentemente tu.»

«E io penso di avere parte della soluzione!» Angel Dust comparve sulla soglia ancora spalancata, battendo due volte il pungo sul legno «Uh, che profumo. Li mangi, quelli?» chiese, indicando i pancakes, prima di spiegare innanzi a sé una tunica nuova «L’abbiamo preparata per te. Sir Pentious e le sue uova sono stati un prezioso aiuto. Diciamo che… hanno cucito quasi tutto loro, ma in realtà l’idea è stata mia e di Cherri. Ti piace?»

Adam si sporse, osservando l’abito; ricalcava esattamente le fattezze di quella che indossava, ma i colori erano decisamente poco paradisiaci: il nero si fondeva a dei ricami scarlatti e dorati, lungo il bordo delle maniche, l’orlo e il colletto. Al centro del petto, la solita A stilizzata, mentre sulla schiena due lunghi tagli garantivano il passaggio per le ali. Il tessuto indubbiamente di buona fattura: leggero e resistente al tempo stesso.
Spostò lo sguardo, visibilmente confuso, dal capo al pornoattore:
«è… beh, i colori non sono tra i miei preferiti, ma… avete decisamente fatto un ottimo lavoro.» si complimentò, senza però cancellare il dubbio «Perché lo avete fatto?»

«Consideralo parte del nostro cammino di redenzione: aiutare un nemico in difficoltà.» il sospiro orgoglioso e commosso di Charlie spinse il demone a continuare «Inoltre, vogliamo venire al concerto. Puoi imbucarci di straforo al locale. Tu ci fai entrare con dei pass gratis e noi ti regaliamo la tunica. Che ne dici?»

«Assolutamente sì! Mh.. hai anche qualche consiglio per nascondere queste?» il Primo Uomo frullò le ali dorate «Charlie teme che possano riconoscermi»

«Certo. Un po’ di make up e… suppongo potremo aggiungere un cappuccio bello largo per l’aureola. Vieni con me, facciamo qualche prova.»

«Fantastico!» Adam abbandonò la chitarra sul letto e recuperò il piatto di pancakes «Anh-diahmo» bofonchiò a bocca piena, spicciandosi a seguire Angel lungo il corridoio.
 
 
***
 

«Allora, che te ne pare?»

Adam si guardò allo specchio. Angel lo aveva accompagnato in camera propria, facendolo accomodare davanti ad una postazione per make up davvero fornita. Il demone ragno aveva impiegato quasi tre ore per completare il trucco, ma l’effetto era sorprendente: il contouring aveva marcato maggiormente i tratti del viso, rendendoli ancora più squadrati. Passate generose di matita e di eyeliner sottolineavano gli occhi dorati, mentre le labbra erano rese più lucide da un lip gloss color carne. I capelli erano arruffati, come al solito, ma trattenuti da un gel glitterato. Angel ne aveva approfittato per nascondere tra le ciocche un cerchietto, a cui erano state applicate delle corna arcuate, simili a quelle di una capra. Aveva spennellato con dello smalto nero le sue unghie, sfruttando poi ombretti dello stesso tono per dipingere una ad una le piume dorate. Alla fine, le ali sembravano un misto di nero e beige, che ben celava la tonalità originale.
Alla tunica era stato aggiunto un largo cappuccio, sufficiente da coprire l’aureola. La bizzarra forma a punta era soltanto l’ennesimo tocco scenografico: nel buio del locale, nessuno vi avrebbe fatto troppo caso… o così speravano entrambi.

«Oh, Angel… un lavoro fantastico!» esclamò Charlie, che ovviamente aveva supervisionato i preparativi «Incredibile la somiglianza con Damiano dei Maneskin!­»­

«Si, beh…» l’attore ripose pennelli e trucchi nei relativi cassetti «Ammetto che sono piuttosto soddisfatto. Ora…» tornò a rivolgersi al Capo Esorcista «Un paio di raccomandazioni: il trucco non è permanente, quindi… evita di lavarti la faccia, sfregarti gli occhi o strofinare le ali da qualche parte. Niente movimenti bruschi che possano far cadere il cappuccio. E… ti servirà un nome d’arte. Hai già pensato a qualcosa?»

«Ovviamente!» un sorriso strafottente si allargò sul volto dell’angelo «Chiamatemi Dickmaster.»
 
 
***
 

Velvette non apprezzava particolarmente quel genere musicale, ma i Bows and Poppies stavano rapidamente scalando le vette di gradimento in tutti i social network di rilievo. Era impensabile, dunque, che non presenziasse ad uno dei loro concerti. Aveva acquistato un biglietto per la prima fila ed ora se ne stava appoggiata alla transenna che separava la platea dal palco.
Masticò pigramente una gomma, controllando le ultime notifiche sul telefono.

«Ehi, Veve! Come stai?»

Una voce acuta la spinse a risollevare lo sguardo: una sin troppo entusiasta demone-pecora si stava sbracciando in sua direzione. Come si chiamava, quell’ovina mentecatta? Bella, Belinda, Betsy, Be… Beeee, sarebbe andato benissimo. Montò un sorriso fasullo, concedendole un saluto:
«Bee! Quanto tempo. Come te la passi?»

«Oh, magnificamente. Non vedo l’ora che lo spettacolo inizi. Sono così eccitata.»

«Si, ah… anche io.»

«Davvero? Sai, non pensavo apprezzassi il rock.»

«Infatti non mi piace. Sono qui solo perché i Bows fanno tendenza e… beh, una influencer del mio calibro non può assolutamente non essere aggiornata su…» si interruppe, nel momento in cui posò lo sguardo su un singolare gruppo di ospiti appena arrivati. Angel Dust e la combriccola dell’Hotel: c’era il barista musone, la cameriera psicopatica, la ciclope e Sir Pentious «Evidentemente quella sanguisuga si è fatta nuovi amici.» ringhiò, sollevando lo smartphone per scattare un paio di foto. Le inviò prontamente nel gruppo “VVV”, dove i colleghi l’avrebbero prontamente notata.

«Ciao ragazzi» attaccò, portando il telefono alla bocca e avviando un messaggio vocale «Secondo voi, come ha fatto la piccola Morningstar a procurarsi i biglietti? Con quello che costano! Ho sborsato… beh, non vi dico quanto, per un posto in prima fila… e quegli stronzi sono a meno di dieci passi dalla sottoscritta.» schioccò le labbra, con disappunto «C’è anche la tua puttana, Val… hai visto?» concluse, prima di tornare in direzione di Bee «Li conosci?»

«Non direttamente» replicò la donna-pecora «Ma li ho notati corrompere uno dei buttafuori con delle strane banconote. Ne hanno inavvertitamente lasciata cadere una e… umh, l’ho raccolta.» Bee frugò nelle tasche del chiodo di pelle e ne estrasse un soldo bianco e azzurro, spiegazzato. Il numero cinquanta era stampato sui quattro angoli, mentre al centro si stagliava il disegno di un cancello dorato.

«Ma questi…» Velvette afferrò la banconota, rigirandosela tra le mani «Sono dollari del Paradiso» esclamò incredula, prima di restituirla alla conoscente «Chissà dove li prendono…» mormorò pensierosa, mentre sulla sala calva il silenzio.

Le luci si spensero, fatta eccezione per i faretti che puntavano direttamente sul palco.

Una nuvola di fumo biancastro inondò la scena, mentre una foce fuori campo annunciava:
«Signore e signori… ecco a voi, i Bows and Poppies
 

***
 

Charlie si accomodò sul divano, tra Vaggie ed Emily. Non riusciva a celare, in alcun modo, la preoccupazione: era rimasta all’Hotel, consapevole che la propria presenza avrebbe potuto generare più sospetti e curiosità, che essere d’aiuto. Meno attiravano l’attenzione, e meglio era per tutti. Inoltre, Emily non sarebbe passata inosservata: era stato già difficile truccare Adam a dovere; una Serafina era praticamente impossibile da nascondere. Lo stesso discorso era applicabile ad Alastor e Lucifer. Un Overlord e il Re degli Inferi non avrebbero mai potuto partecipare senza essere riconosciuti. Questo avrebbe complicato ancor di più la situazione.

«Non mi sento affatto tranquilla» esordì, afferrando la tazza di tè che Alastor le stava tendendo.

«Rilassati, mia cara» il Demone Radio le posò la destra sulla spalla «Che può succedere? Che qualcuno lo riconosca e gli faccia, finalmente, la pelle. Nulla di drammatico.»

«Beh, non direi.»

«Non temere. Sai che puoi contare su di me, in ogni frangente» la mano scivolò dalla spalla alla guancia, in una carezza affettuosa «Farò il possibile per rimediare a qualsiasi danno o guaio. Sono il tuo braccio destro, dopo tutto. Ti voglio così bene! Se avessi una figlia, la vorrei esattamente come te: determinata, coraggiosa, dolce e…»

«Oh, ti prego! Non ricominciamo!» Lucifer si alzò di scatto dalla poltroncina vicina «Meno confidenze con Charlie!»

«Quali confidenze?» ripeté Alastor, rivolgendo all’avversario un ghigno ferino «Sto solo rassicurando una amica: il mio supporto non verrà mai meno, a differenza di quello di qualche suo parente assenteista…»

«Che stai insinuando?»

«Io? Proprio nulla. Se ti senti chiamato in causa, non è un mio problema.» il Demone Radio arruffò i capelli biondi della principessa «Non è così, mia diletta? Non sono forse il migliore degli assistenti?»

Lucifer mosse due passi avanti, serrando i pugni lungo i fianchi, i lineamenti del viso contratti da una rabbia improvvisa:
«Stai attento, che…» attaccò «Stai attento, che…» schioccò le dita e tra le sue mani apparve un violino. Prese a suonare con foga la Primavera di Vivaldi.

 
***
 

Adam sbuffò. Quella musica era incredibilmente noiosa!

La scaletta del concerto comprendeva solo brani tediosi, smielati, dalle note basse e caute. Niente a che vedere con il rock duro, di cui i Bows and Poppies erano stati ambasciatori.
Mamma mia, che mortorio. Si disse, scoccando un’occhiata alla platea. Tre quarti del pubblico sonnecchiava appoggiato ai muri e alle colonne portanti del locale. Il rimanente guardava svogliatamente il cellulare. Persino la combriccola dell’Hazbin sembrava sul punto di addormentarsi. Angelo Dust sbadigliava vistosamente, Husk si stava pettinando le ali da un’abbondante mezz’ora. Sir Pentious offriva drink a destra e a manca, nella speranza di far colpo sulla ciclope, che però non si vedeva da nessuna parte: probabilmente si era appartata a pomiciare con qualche bellimbusto.

Le ultime note sfumarono e Kim si avvicinò al microfono:
«Grazie, adorato pubblico. Il prossimo pezzo è estratto dal nostro ultimo album: Suicidami Tutto

Di questo passo si suicideranno davvero pensò l’angelo, scuotendo il capo. No, non avrebbe retto un’altra canzone pallosa. Era il momento di riportare in auge i vecchi successi. Si avvicinò a Kim:
«Credo che i nostri ascoltatori ne abbiano pieni i coglioni di queste ninnananne. Non possiamo suonare qualcosa di più… rock, cazzo?»

«Scusa, amico, ma… non ce la sentiamo.»

«Perché?»

«Sai, dopo la decapitazione di Marvin, nulla è stato più lo stesso. Lo spirito del gruppo è venuto meno e non siamo sicuri di voler tornare al vecchio stile.»

«Ma che stai dicendo? Cazzo, siete i Bows and Poppies! Se non fate rock voi, allora chi…» si interruppe, incredulo. Quei tizi si erano completamente rammolliti. Non poteva contare su di loro, no… avrebbe dovuto improvvisare, se voleva rianimare la serata «Fanculo!» esordì, afferrando l’asta del microfono «Cambio di programma.» annunciò, accordando lo strumento per impostare una nuova melodia, più decisa e veloce «Il prossimo brano sarà Welcome to the Jungle!­» annunciò, gettando un’occhiata rapida al resto della band «E voi… statemi dietro!»

Affondò le dita nelle corde della chitarra, muovendole con attenzione per ricalcare la melodia originale, prima di attaccare:

«Welcome to the jungle, we got fun and games
We got everything you want, honey, we know the names
We are the people that you find, whatever you may need
If you got the money, honey, we got your disease»


Scorse i presenti risvegliarsi gradualmente e iniziare a muovere la testa a ritmo. Qualcuno batteva le mani, altri saltavano sul posto o si spingevano vicendevolmente.
Finalmente! Si disse, proseguendo:

««In the jungle, welcome to the jungle
Watch it bring you to your
Sha-na-na-na-na-na knees, knees
Oh, I wanna watch you bleed»


Con sorpresa, si accorse che anche il batterista e il tastierista si erano aggiunti, mentre Kim - a lato - invitava i presenti a battere le mani a ritmo.
Beh, a quanto pare l’anima dei Bows and Poppies sta resuscitando.
Si lasciò coinvolgere completamente dalla musica, chiudendo gli occhi e abbandonandosi al ritmo sfrenato. Si gettò in ginocchio, improvvisando un assolo, per poi rotolare a terra e strisciare la schiena contro il pavimento, senza smettere di cantare.
 
««Welcome to the jungle, we take it day by day
If you want it, you're gonna bleed, but that's the price you pay
And you're a very sexy girl who's very hard to please
You can taste the bright lights, but you won't get them for free»

 
Balzò in piedi, e prese a calci uno degli amplificatori, facendolo rotolare giù dal palco. Proseguì nell’assolo, piroettando su sé stesso e concludendo la canzone con uno stridere vivace dello strumento: le corde vibrarono sotto i polpastrelli e la chitarra emise un gemito acuto e prolungato.

«Yeah!» esclamò, osservando la platea attonita. I volti stupiti dei presenti lo lasciarono soddisfatto: indubbiamente, non avevano mai sentito una musica del genere. Poveri sfigati, costretti a sorbirsi Rap e Jazz per l’eternità. Si voltò verso i Bows and Poppies con un sorriso trionfante:
«Visto? Sono rimasti senza parole.»

Anche la band, tuttavia, era ammutolita. I visi tradivano incredulità. Ron si batté due volte l’indice sulle spalle:
«Le tue ali…» sussurrò «Si sono… scolorite.»

«Ops…» Adam le piegò immediatamente sotto le ascelle e abbassò lo sguardo. Effettivamente, l’ombretto che Angel aveva applicato con tanta cura, si era cancellato e l’oro era nuovamente emerso. Forse scivolare sulla schiena lungo tutto il palco non era stata una grande idea. «Merda…» si sussurrò, alzando automaticamente la mancina sulla testa e controllando che il cappuccio fosse a posto. Tuttavia, le dita incontrarono il bordo rigido dell’aureola. «Porca troia, sono fottuto …» sibilò.

Doveva rimediare e inventare una scusa qualsiasi, un pretesto che potesse salvare tanto la serata, quanto il suo culo. Peccato non gli venisse a mente nulla. Stropicciò un sorriso di circostanza verso la platea, che ancora lo scrutava in silenzio.

«Io…» biascicò, ma all’improvviso si sentì agguantare per un braccio e girare su sé stesso. Si ritrovò a fissare l’unico occhio di Cherri Bomb. La ciclope si sollevò sulle punte, buttandogli le braccia al collo e trascinandolo in un bacio appassionato: le labbra della peccatrice premettero con forza le sue per una manciata di secondi, prima di lasciarlo nuovamente libero.

Cherri afferrò il microfono, perché tutti sentissero:
«Bel costume, tesoro!» chiocciò, ammiccante «E baci da paura, cazzo.» sollevò un dito medio al cielo «Fanculo, Paradiso!»

La sala esplose. Fischi di apprezzamento, veri e propri ululati, applausi si levarono da ogni angolo. Un centinaio di medi si innalzarono, al grido di “Fanculo Paradiso!”

Adam imitò la folla, sollevando entrambe le mani chiuse a pugno:
«Fanculo, Paradiso!» ripeté con grinta.

Pregò che Dio non fosse all’ascolto.
 

***

 
Valentino scorse pigramente le foto che Velvette gli aveva appena girato: la sala gremita del locale, Angel Dust che ballava sfrenato, un paio di puttane che limonavano in un angolo e il nuovo chitarrista dei Bows and Poppies con tanto di aureola splendente e ali dorate.
Il demone falena sorrise:
«Figo il travestimento» esclamò, voltando lo schermo dello smartphone verso Vox «Che ne dici? Assolutamente scopabile, per quanto mi riguarda. Potrei assumerlo.»
 

***
 

«è stato un miracolo che Cherri abbia ribaltato la situazione a tuo favore!» Angel Dust si appoggiò allo stipite del bagno. Erano rientrati in Hotel da meno di mezz’ora, e si erano immediatamente rifugiati al piano superiore, scampando ad un duello musicale tra Lucifer e Alastor.

Il concerto era stato un vero successo: le richieste di bis e di autografi erano fioccate, mentre diversi capi di biancheria intima femminile erano volati sul palco poco prima della fine. A fatica, la combriccola dell’Hazbin era riuscita a trascinare Adam via dai fans in delirio e a riprendere la via di casa.

 «Smettila di lavarti i denti!» rimproverò il pornoattore.

«Mi ha baciato una peccatrice del cazzo! Permetti che abbia un po’… schifo?» vide l’angelo tendere la destra nel nulla «Hai del collutorio?»

«No, e vedi di piantarla.»

Adam sputò nel lavandino gli ultimi residui di dentifricio, prima di raccogliere l’acqua tra le mani. Si sciacquò il viso, sfregandosi le guance per rimuovere il contouring .
«Dovrò farmi una doccia.» sussurrò, mentre il demone ragno gli passava delle salviettine struccanti «Amh… possiamo non raccontare a nessuno della piccola… disavventura di oggi? Specialmente a Emily o a Charlie. Non credo che…»

«…apprezzerebbero? No di certo. Non temere, bocca cucita per quanto mi riguarda. Anche gli altri sono dello stesso avviso. Lo spettacolo è stato un trionfo, ma non occorre sottolineare il quasi-catastrofico incidente di percorso.» Angel oltrepassò l’uscio e recuperò un paio di asciugamani. Li appoggiò sul bordo di un mobiletto «Comunque… sei stato davvero forte, questa sera. Credevo mi sarei addormentato, dopo la quarta canzone… invece, sei riuscito a riscaldare l’atmosfera.»

«Grazie»

«E… nonostante tu sia un completo disastro sotto molti punti di vista, devo ammettere che sei stato meno detestabile del solito. Quindi, mi sento di avanzare una richiesta.»

Adam gli rifilò un ghigno sarcastico:
«Se stai per propormi di scopare, sei fuori strada.»

«Nah, niente del genere. Mi insegneresti a suonare la chitarra?»

«Cazzo, sì!» esclamò, entusiasta «Quando tornerò in Paradiso, i Bows and Poppies avranno sicuramente bisogno di un nuovo membro della band! Ti renderò il chitarrista più figo dell’Inferno!»
 
 
Angolino:
Eccomi di ritorno, dopo la breve vacanzina in montagna.
Finalmente, sono riuscita a finire il capitolo sul concerto. Non sono brava con i titoli, sigh... quindi ho ripreso quello della canzone, ovviamente dei Guns N' Roses.
Se tutto va come previsto, il prossimo capitolo dovrebbe essere quello di transizione verso il cuore della trama e spero di riuscire a scriverlo al più presto.
Grazie di cuore, come sempre, per le recensioni e i pareri, sempre super graditi *_*
*Primavera di Vivaldi a tutti*

E'ry

 

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Capitolo 9
*** Il Kamasutra Tascabile ***


9. Il Kamasutra Tascabile


Emily era davvero eccitata. Non vedeva l’ora di riferire a Sera i recentissimi progressi. Gli esercizi mattutini avevano prodotto interessanti risultati: Sir Pentious aveva annunciato – con grande orgoglio – di aver convertito un robot assassino in un perfetto aiutante domestico e lo aveva donato a Niffty. Poco importava, ovviamente, che la cameriera avesse pugnalato ripetutamente il marchingegno. Cherri aveva consolato il serpente, offrendosi di aiutarlo nelle riparazioni e… di installare bombe a mano per ogni evenienza. Husk gli aveva elargito un generoso bicchiere di Gin-Toxic, mentre Charlie aveva spazzato il pavimento, canticchiando allegramente.

Adam si era lanciato in un’appassionante lezione di chitarra per Angel Dust, curiosamente senza combinare guai, né insultare nessuno. Alastor e Lucifer avevano passato la mattinata a sfidarsi a scacchi: il Demone Radio aveva vinto tutte e quindici le partite, lasciando l’avversario palesemente insoddisfatto.

Dopo il breve pranzo, composto da un pasticcio di carne e un contorno di verdure saltate, si era preparata per uscire. Vaggie l’aveva aiutata ad indossare una cappa nera, abbastanza ampia da coprire le ali e l’aureola, fermandola sotto al mento con un fiocchetto di raso.
Anche Adam aveva infilato un mantello simile, rinunciando alla maschera per potersi calcare meglio in testa il cappuccio.

«Volete vi accompagni?» si era immediatamente proposta la principessa, ma entrambi avevano scosso il capo. Raggiungere l’Ambasciata non era poi così complesso: bastava proseguire lungo il viale principale, dirigendosi verso il campanile che svettava a pochi isolati dall’hotel. Non ci avrebbero comunque messo molto: contavano di rientrare in un’ora o poco più; un breve aggiornamento con Sera sarebbe stato sufficiente.
 

***
 

Emily si guardò attorno con curiosità, man mano che si addentrava tra le strade. Quel posto era incredibile! I negozi presentavano colori vivaci, insegne sgargianti e vetrine di… beh, dubbio gusto, tanto che più di una volta il Capo Esorcista si era affrettato a tapparle gli occhi e a trascinarla via.

«Che posto di depravati! ­» Adam si lamentò, passando innanzi all’ennesima bottega che vendeva articoli per il BDSM, al cui esterno una promoter in abiti succinti regalava ai passanti plug anali di vari colori «E… No, Emily! Non è una pigna. Non toccarlo.» esclamò, trascinandola via prima che potesse accettare il gadget.

«Era grazioso come fermacarte.»

«Non era nemmeno quello…»

«Allora, cosa…»

«Fidati, preferisci non saperlo!» l’angelo affrettò il passo, per superare uno strillone che vendeva riviste pornografiche ad un crocevia «Non vedo l’ora di arrivare all’ambas… Che diamine hai preso?»

«Me lo ha dato il ragazzo dei giornali.»

Scrutò con orrore l’Almanacco del Sesso, tra le mani della collega. Sera lo avrebbe sicuramente ucciso, se Emily si fosse presentata all’incontro sfoggiando articoli erotici raccattati qui e là. Si affrettò a strapparlo e a gettarlo nel primo bidone di spazzatura:
«Smettila di accettare qualsiasi cosa da estranei.»

«Perché? A me sembrano tutti molto gentili…»

«Sono dei maniaci.»

«Stanno solo cercando di promuovere le loro attività. Che c’è di male?» si vide allungare un volantino «Guarda: Corso di Bondage, tutti i martedì dalle 20.00.  Deve essere una specie di scuola serale, anche se non capisco perché il modello è legato a…»

«Porco cazzo, dai qua!» Adam agguantò il foglio e lo appallottolò, solo per scorgere la giovane raccogliere da terra un altro oggetto di controversa provenienza «Oddio, lascia stare quell’affare! Non è un gioco per cani.»

«è una banana che vibra.»

Frugò rapidamente il mantello, per raggiungere la tasca interna della tunica: fortuna che aveva preso delle salviettine multiuso prima di uscire. Aprì la confezione, sfilando un paio di fazzolettini profumati alla lavanda.
«Dammi le mani…» ordinò, passando poi con cura le pezzuole bagnate tra le dita della serafina «Non toccare più niente, d’accordo?»

«E come faccio?! È tutto così… elettrizzante!» Emily gli rivolse un sorriso entusiasta, allargando le braccia e piroettando su se stessa «In Paradiso non esiste niente del genere! Guardati attorno: insegne luminose che invitano al sesso, venditori ambulanti di droga, giornali peccaminosi, gelati al sangue e hot dog di pus. È fantastico!»

«è uno schifo!»

«Dici così… perché non sei avvezzo alle novità. Non essere prevenuto: fai come me… apri la mente e goditi ogni passo!»

«Apri anche qualcos’altro, tesoro!» canticchiò un gigolò, incrociandoli sul marciapiede.

Adam trattenne un paio di insulti. Osservò i dintorni, svogliatamente: un paio di bambini cannibali si masticavano le gambe a vicenda; un uomo, dietro una malmessa bancarella, vendeva a caro prezzo delle mele rosse: “Reclama qui il frutto proibito”, recitava il cartello appeso all’esposizione. Un ubriaco vomitava in un tombino, mentre una sedicente cartomante leggeva i tarocchi a una coppia di piccioni rabidi.
Poco oltre, una troupe televisiva girava un servizio:
«Siamo nei pressi di Vicolo Storto» annunciava la presentatrice, indicando una stradicciola alle proprie spalle «Dove ieri sono stati avvistati alcuni Conigli Mannari. Il numero non è ancora confermato, ma sembra si tratti di una dozzina di individui. Le creature, in evidente stato confusionale, hanno tentato di aggredire diversi passanti che, fortunatamente, sono riusciti a dare l’allarme per tempo.»

Bla, bla, bla.. che palle. Mi sembra di non arrivare mai. Forse non avrei dovuto mangiare tutta quella carne a mezzogiorno. Ho lo stomaco sottosopra… rifletté Adam, spiando il campanile dell’Ambasciata in lontananza Eppure non dovrebbe mancare moltissimo… una decina di minuti. Stimò, gonfiando le guance e sbuffando Almeno non devo sorbirmi Morningstronz e il suo buonismo del cazzo. Certo, se qualcuno la smettesse di raccattare sex-toys da terra, sarebbe quasi una passeggiata piacev…

Un urlo strozzato interruppe quei pensieri.
Si voltò di scatto: da Vicolo Storto era emerso un ometto basso, con la faccia da topo e la coda da leone. Il malintenzionato aveva afferrato Emily per un braccio, mentre con la destra brandiva un corto pugnale argentato, puntandolo alla gola della ragazza.

«Dammi il portafoglio, stronzetta!» ripeteva, sputacchiando a destra e a manca.

Emily si stava divincolando: il cappuccio le era caduto dal capo, rivelando i capelli bianchi, l’aureola e l’espressione… beh, più incuriosita che spaventata:
«Oh, accidenti! È come nella Vergine di Calcutta, che emozione!» la serafina sorrideva, accondiscendente «In realtà, non ho nulla con me! Vede, buon signore, non ho nemmeno un soldo. Se desidera, ho…» e da sotto la cappa nera spuntò l’ennesimo volantino «Un voucher per un ..mh… “Massaggio erotico da Grimilde, l’Estetista che fa Scintille”. Può interessare?»

Adam balzò avanti, allungando istintivamente la mancina per afferrare la lama e spingerla lontano dal volto della compagna. Sussultò cogliendo il filo affondare nel palmo. Ignorò il dolore e strinse maggiormente la presa, quando il peccatore oppose resistenza.

«Hai importunato le persone sbagliate, stronzo!» ringhiò, agguantando l’avversario per il collo e sollevandolo da terra senza alcuno sforzo. Il ratto emise un gemito soffocato, e scalciò nell’aria. Le zampette da roditore si aggrapparono al mantello nero, alla ricerca disperata di un appiglio.

«Adam, lascialo andare!» Emily gli sfiorò una spalla, quasi volesse rassicurarlo «Sto bene, non è successo niente. Sono sicura non avesse cattive intenzioni, solo… oh, forse deruba i passanti per sfamare i suoi figli… cuccioli… topolini. Insomma, qualunque cosa siano.»

«Ah-ngh» annaspò il rapinatore, poco prima di essere scaraventato a terra. Gli artigli si impigliarono nella cappa; il nodo con cui era assicurata si sciolse e il tessuto scivolò a terra, rivelando l’aureola e le d’ali dorate «An…geli…»

Un fascio di luce bianca investì il demone, polverizzandolo all’istante.

Adam si chinò, recuperando in fretta il mantello e gettandolo sulle spalle. Lo allacciò sotto al mento, calandosi poi il cappuccio nuovamente in capo. Raccolse il pugnale argentato, scrutandolo attentamente: il sangue dorato colava tanto dalla lama, quando dal proprio palmo. Il taglio non era profondo, ma bruciava come se fosse stato inflitto con un ferro rovente.

«Che cosa hai fatto?»

Sollevò il capo: Emily lo stava fissando, sconvolta.
Ignorò la sua domanda, limitandosi ad un cenno:
«Andiamo.» ordinò, nascondendo il coltello tra le vesti.

«Come hai potuto? Era… tu hai…»

«Non è sicuro qui» sentenziò, osservando la giovane: gli occhi erano gonfi di lacrime, e il labbro inferiore tremava di rabbia e d’apprensione. La vide abbassare le iridi alla sua mancina e si affrettò a nasconderla dietro la schiena «Non una parola con Sera. Chiaro?»

«Sei ferito. Di nuovo.»

«Non è niente.»

«Fammi vedere la mano, forse posso…»

«No.»

«Torniamo all’Hotel; hai bisogno di cure, e se non desideri che ti dia un’occhiata io, allora forse Lucifer…»

«No.» allungò il passo per tornare verso il viale principale «Ascoltami attentamente: Sera non deve sapere quanto appena accaduto. Se scoprisse che…» si mordicchiò il labbro inferiore, alla ricerca di un buon pretesto per convincerla a tenere la bocca chiusa «…un demone ti ha aggredita, sicuramente ti richiamerebbe in Paradiso. La missione andrebbe a rotoli, non potresti aiutare Morningstronz in questa follia dell’Hotel, né sperare in altre opportunità. E poi mi farebbe sicuramente il culo: non ho voglia di sopportare le sue crisi isteriche.» abbozzò un ghigno pungente «Se vuoi conservare il ruolo di Ambasciatore Celeste, mantieni il segreto.»

La vide annuire, in silenzio.
Ottimo.

«Non lo meritava, però…»

«Ti ha minacciata e assalita.»

«Era un bisognoso in difficoltà!»

«Questa è soltanto una tua congettura. Penso piuttosto fosse un ladro e un assassino. Non ti crucciare troppo per lui.»

«Ma…»

Sollevò la destra, come a interrompere altre proteste:
«Non parliamone più, d’accordo? Ha avuto quello che si meritava. Ora… te la senti di proseguire fino all’ambasciata? O preferisci rimandare il colloquio?»

«Andiamo.»

Annuì, riprendendo a calcare il viale principale. Rimase in silenzio per qualche minuto, controllando la serafina con la coda dell’occhio. Il volto di Emily tradiva emozioni contrastanti: era evidentemente preoccupata e scossa, ma si stava sforzando di recuperare la clama e la spensieratezza di sempre.

«Ho un’idea» esordì, infine «Sulla via del ritorno ci fermeremo a comprare una di quelle banane vibranti per… il gatto di Charlie» l’espressione della giovane si distese immediatamente e un sorriso genuino apparve sulle sue labbra «Però devi promettermi che ci giocherai solo con …qualunque nome abbia quella sottospecie di puzzola ciclope.»

«Sì! Keekee ne sarà entusiasta!»

«Bene… e non è che, per caso, hai un altro volantino sul Bondage?»

«No, ma ho Il Kamasutra Tascabile. Può servire?»

«Perfetto!»
 

***


Velvette balzò dal divano.
«Riavvolgi!» ordinò, indicando lo schermo piatto.

«Perché? Tra poco ricomincia la partita.»

«Fa come ti ho detto.»

Vox bloccò il fluire delle immagini e le riportò indietro di qualche secondo.

Una spigliata cronista stava indicando uno stretto vicolo:
«Le creature, in evidente stato confusionale, hanno tentato di aggredire diversi passanti che, fortunatamente, sono riusciti a dare l’allarme per tempo» gracchiava al microfono «Gli esperti non sanno spiegare il distacco di un gruppo così numeroso dal branco principale. È possibile che la causa sia legata alla perdita recente dell’albero a loro sacro.»

«Freeza e ingrandisci.»

Vox interruppe il video, mentre la ragazza si avvicinava al televisore, puntando l’indice sulle figure alle spalle della giornalista. Sullo sfondo, leggermente sgranate, si intravedevano due sagome singolari: quella più bassa mostrava dei lunghi capelli bianchi, mentre la maggiore delle inconfondibili ali dorate. Entrambi portavano delle aureole sul capo.

«è il chitarrista di ieri. Quello scopabile.» esclamò, mentre Valentino fischiava ammirato.

«Riesci a pensare a qualcosa che non sia il sesso per cinque minuti?»

«Non proprio.»

Velvette lo ignorò:
«Non vi sembra strano? Quel tizio mi puzza. Devo ammettere che come travestimento, per un banale concertino, mi sembrava già una forzatura. Però… indossarlo anche il giorno dopo, è chiaramente eccessivo. E la luce? Vedete questo fascio biancastro che lancia da una mano. Per tacere di questi cerchi sopra la testa. Cosa vi ricordano?»

«Mh… piatti da portata?» azzardò Vox

«Sex-toys!» la falena annuì con convinzione.

«No, razza di idioti! Sono aureole! E se ci pensate, tutto torna.» fissò sconcertata le espressioni perplesse degli altri due «Va bene, vi faccio un riassunto: qualche giorno fa, il Sicomoro Ambulante è stato abbattuto da raggi luminosi simili a questi.  Gli stessi fasci li rivediamo sopra il tetto dell’Hotel. Ricordi quando pensavi fosse un servizio fotografico, Vox? Beh, evidentemente non lo era. Ieri vado ad un noiosissimo spettacolo di musica rock… e scopro che la cricca dell’Hazbin ha corrotto un buttafuori per avere dei posti in prima fila. Come? Con mazzette di Dollari del Paradiso.» indicò nuovamente la tv «A metà concerto, al chitarrista si scioglie il trucco: spuntano aureola e ali identiche a queste! Immaginatevi lo stupore in sala: tutti attoniti, palesemente sconvolti. Una troia ciclope, che - guarda caso - sta assieme a quegli sfigati dell’Hotel, balza sul palco, si limona il chitarrista e salva la situazione.» picchiettò un’unghia laccata sullo schermo «Poco fa, il nostro uomo riappare: ali dorate, aureola, raggio di luce. In più, in compagnia di un altro come lui. Cosa vi viene in mente?»

«Mh…» Vox si sfregò il mento, prima di battersi un pugno su una coscia «Ma certo! Sta reclutando nuova gente per la band. Spero che non contatti quello stronzo di Alastor.»

«Ma no, cretino! Sono dei fottuti angeli.» Velvette marciò alla finestra più vicina, fissando con odio la sagoma dell’albergo che si stagliava in lontananza «La mocciosa di Lucifero nasconde degli angeli nel suo Hotel. Due… o di più? E come mai?» scosse il capo «Non lo so, ma dobbiamo scoprirlo.»

«Perché?» Valentino recuperò la tazza di tisana dal vicino tavolo e la portò alle labbra «Che ci importa se ospitano angeli, peccatori redenti o Dio in persona? A meno che non siano dei bravi pornodivi, a me cosa ne viene in tasca?»

«Non capite, zucche vuote? Se si sparge la voce che Morningstar fa affari col Paradiso, potrebbe essere la sua fine. Potremmo scacciare quella bamboccia e il suo famoso padre, oltre che il caro Demone Radio. Prenderemmo finalmente il controllo sulla città e…» la giovane sorrise avidamente «Vi immaginate possedere un potere come quello di un angelo? Se riuscissimo a mettere le mani su almeno uno di loro, diventeremmo inarrestabili.»

«Aspetta, Velvette!» Vox sollevò la mancina, chiedendo parola «Anche noi… facciamo affari col Paradiso, in un certo senso.»

«Sì, ma non lo sa nessuno. Il nostro contatto è segreto. Siamo prudenti: non potrebbero mai associarlo a noi, oltre al fatto che di lui ne sappiamo davvero pochissimo. L’avete mai visto in faccia? Diamine, non sappiamo nemmeno se sia un uomo o una donna. Se sia un angelo, un’anima salvata o qualche cariatide saltata fuori dalle Sacre Scritture. Potrebbe essere chiunque… ma non è ricollegabile a noi.»

«Oh. Hai ragione…»

«Anzi, sapete… credo che sia arrivato il momento di scomodarlo. Chiamiamo Betsaida.»
 

***

 
L’interno dell’Ambasciata Celeste era piuttosto sobrio. Si sviluppava con un ampio corridoio dove erano alloggiate diverse poltroncine azzurre. Lungo le pareti si aprivano mezza dozzina di porte, mentre le finestre erano del tutto assenti. In fondo, un bancone in legno chiaro, ove era posato un campanello dorato. Adam si avvicinò, premendo ripetutamente il pulsante, finché l’uscio alla propria sinistra non si schiuse. Fece cenno ad Emily di seguirlo, varcando la soglia per ritrovarsi in una stanza davvero minimale: vi era soltanto un tavolo e alcune sedie dallo schienale imbottito. La sala era speculare a quella dove aveva incontrato Charlie la prima volta, diversi mesi prima.
Si accasciò su una sedia, puntellando i piedi a terra per spingersi all’indietro e dondolarsi pigramente.

«Ma quanto ci mettono?» sbuffò.

Un attimo dopo, un crepitio si diffuse nell’aria e all’altro capo del tavolo apparvero due figure familiari: Sera gli rivolse un cenno educato, concentrando però l’attenzione sulla sua accompagnatrice. Non che gli importasse: l’atteggiamento distaccato della superiore non era affatto una sorpresa, a differenza della seconda persona che la affiancava.

«Lute!» esclamò, tradendo un sorriso morbido. Era indubbiamente felice di rivederla. Scrutò la Sterminatrice, con attenzione: il cipiglio marziale e impassibile, rendeva difficile cogliere il reale stato d’animo; tuttavia, aveva imparato a conoscerla abbastanza da poter carpire anche le piccole sfumature: gli occhi gialli scattavano continuamente in direzione della porta, come se temesse un’interruzione del meeting; le mani, allacciate formalmente dietro la schiena, tradivano un sottile nervosismo, e le labbra strette riflettevano stanchezza «Stai bene?» le chiese.

«Perfettamente, signore. Posso farle la stessa domanda?»

Ah, di nuovo quel tono reverenziale. Non era necessario, ma lei non riusciva ad evitarlo quando erano al lavoro o in pubblico. Lontani dalla sfera privata, le confidenze cadevano e venivano sostituite da una cordialità forzata.

«Beh, qui va… normalmente, direi.»

«Sicuro?»

Colse lo sguardo indagatore calare sulla sua mancina e si affrettò a nasconderla sotto al tavolo. Fortunatamente, Lute pareva l’unica ad essersi accorta del liquido dorato che macchiava il pianale; si sbrigò a pulirlo con un lembo della manica.
Annuì, azzittendosi non appena Emily prese posto accanto a lui.

«Sera, Lute! Che piacere!» esclamò la giovane con un sorriso «Ho così tante cose da raccontare, che non so davvero da dove cominciare.»

«Mia cara, sono lieta di vederti così entusiasta.» attaccò Sera «Come procede la tua missione?»

«Meravigliosamente! L’ospitalità di Charlie è encomiabile. Si impegna molto perché mi senta come a casa… non è proprio il Paradiso, d’accordo, ma… apprezzo davvero tanto i suoi sforzi. Gli ospiti dell’Hazbin, inoltre, sono persone squisite. Posso assicurarti che si stanno applicando – chi più, chi meno – per redimersi. Partecipano alle attività quotidiane, mettono in pratica i miei consigli, fanno del loro meglio anche all’esterno dell’Hotel. Con me sono tutti educati e gentili.»

«è un sollievo ricevere queste notizie. Vorresti fornirmi un breve resoconto su ciascuno di loro?»

«Naturalmente!» Emily batté le mani, entusiasta «Sto appuntando i tratti salienti sul mio diario. Ho una pagina per ciascuno di loro, ecco… comunque, partiamo da Angel Dust: sicuramente, è uno dei più meritevoli. È un attore di successo, da queste parti; non conosco bene i suoi trascorsi, ma sembra davvero determinato: desidera ardentemente una seconda possibilità.» la risatina nervosa di Adam passò inascoltata «Il secondo ospite, è Sir Pentious. Un tempo era un inventore senza scrupoli, ma da quando frequenta l’Hazbin è diventato un pezzo di pane. È innamorato di Cherri Bomb, anche se non credo lei l’abbia capito. Sono certa che, non appena lo comprenderà, si sposeranno e vivranno per sempre felici e contenti… magari con noi in Paradiso, ecco.» Sera emise un gridolino strozzato, ma Emily non vi badò «Niffty è la cameriera. È un po’ strana, ma non è cattiva. Ha uno strano senso della giustizia: detesta i “cattivi ragazzi”, e vorrebbe pugnalarli tutti. Immagino possa essere considerato un principio di redenzione, no? È… una specie di giustiziere che ama le faccende domestiche. Poi.. Husk è il barista: un tipo introverso, un po’ ruvido all’apparenza, ma sono convinta abbia un cuore d’oro. Alastor, invece, è uno dei signori più potenti dell’Inferno, ma nonostante ciò… supporta Charlie nel progetto. Inoltre è un galantuomo, un vero cavaliere. ­­ Nonostante qualche screzio iniziale con…» si bloccò, gettando un’occhiata fugace al Primo Uomo; lasciò immediatamente cadere il discorso «Charlie e Vaggie le conosciamo, sappiamo quanto siano rette e pure. Per finire, Lucifer è…»

«Aspetta! Lucifer è lì?­»

«Sì, è passato a trovare la figlia. Oh, Sera… non ci crederai, ma… cucina pancakes da paura!­»

«Capisco. Amh… potresti stare attenta, quando ti relazioni con lui? Sai, per i trascorsi che ha con il Paradiso, non è... ben visto, da queste parti.»

«Umh, sono convinta che il Concilio Angelico cambierebbe idea, se lo conoscesse. Sì, magari in passato può aver commesso degli sbagli, ma…» allargò le braccia e scrollò le spalle «Chi non ne fa, dopo tutto?»

«Gli angeli non fanno errori.» intervenne Lute prontamente.

«Non ne sono così convinta, in realtà…» Emily gettò un’occhiata al Capo Esorcista, che continuava a ciondolare sulla seggiola come un bambino annoiato. Indubbiamente, se avesse elencato la quantità di guai combinata dal suo accompagnatore, Lute avrebbe dovuto ricredersi. Ma… sarebbe servito a qualcosa? Probabilmente avrebbe solo fatto indispettire e preoccupare maggiormente Sera. Non era il caso di darle altri grattacapi. Inoltre, avrebbero potuto decidere di richiamare Adam e mandarle un nuovo assistente: per qualche ragione, la sola idea – che sino a qualche giorno avrebbe largamente sposato – la infastidiva. In fondo, non se la stavano cavando così male! C’erano stati alcuni alti e bassi, ma nulla di irrisolvibile. Inoltre non riusciva a togliersi di testa il modo in cui l’aveva protetta: altri avrebbero fatto lo stesso? Probabilmente sì, ma era indubbio che la reazione pronta dell’Esorcista davanti al pericolo aveva scongiurato un peggioramento della situazione. Certo... poi aveva polverizzato quel poveraccio, ma… in fondo, aveva soltanto svolto con sin troppo zelo – e una buona dose di sadismo – il proprio lavoro.

Se da un lato, Sera meritava di conoscere l’accaduto, dall’altro non voleva tradire la fiducia di Adam: le aveva consigliato di mantenere il segreto, e così avrebbe fatto. Si rilassò sulla seggiola e allontanò quei pensieri con un sorriso:
«Mi sento abbastanza ottimista, lo confesso. Indubbiamente, le prime impressioni sull’Hotel e sugli ospiti sono positive.» concluse, mentre Sera annuiva soddisfatta.

«Molto bene, Emily. Sono davvero orgogliosa del tuo operato e sono certa che porterai risultati interessanti con questa indagine. Adam, qualcosa da aggiungere?»

Il Primo Uomo scosse il capo:
«No, trovo che il resoconto di Emily sia stato assolutamente dettagliato. Sì, abbiamo avuto qualche difficoltà iniziale, come prevedibile… dopo tutto, i peccatori non sono inclini a fidarsi degli angeli. Tuttavia, la principessa Morningstar è una buona mediatrice e li ha rassicurati.» smise di ciondolare sulla sedia e tornò a sedere composto «Nonostante il mio scetticismo, devo ammettere che la missione di Emily potrebbe... non dico avere successo, ma sicuramente apportare riflessioni interessanti, di cui dovremo tenere conto in futuro.»

Sera sembrava visibilmente stupita: evidentemente non si aspettava un’analisi così oggettiva da lui.

«Ottimo, sembra che abbiate tutto sotto controllo. Se non c’è altro, dichiaro sciolta l’assemblea.»

Adam alzò prontamente la destra:
«Ho una richiesta! Potrei restare solo con Lute per… qualche attimo?»

«Perché?»

«Beh, ecco…» mimò imbarazzo nella voce, frugando sotto al mantello «Vorrei… condividere con lei una cosa… privata, diciamo.»

«Credo che non ci sia niente di segreto tra noi. Puoi parlare liberamente.»

«Amh, d’accordo, Sera… se la cosa non ti disturba, ecco…» lanciò sul tavolo un opuscolo rilegato. La copertina gialla ritraeva due amanti, nudi e in pose decisamente poco ortodosse.

«Adam!» Sera impallidì vistosamente quando lesse il titolo in rilievo: “Il Kamasutra Tascabile”.

«Che c’è?» l’Esorcista sfoderò un’espressione innocente «Hai detto tu che potevo parlare liberamente.»

«Sì, ma… non di questo!»

«Ho specificato che era una questione privata.»

«Credevo riguardasse il lavoro.» Sera si alzò, indicando la porta «Emily, esci! Attendi fuori.» ordinò.

La giovane serafina si affrettò ad obbedire.
«Aspettami nell’atrio!» si raccomandò Adam «Non ci metterò molto, promesso.» rifilando poi al superiore un cenno in saluto «Grazie, Sera. Buona giornata.»

La donna non gli rispose. Girò sui tacchi e si affrettò ad abbandonare la riunione.

 
***
 

Adam rimase in silenzio, tendendo l’orecchio per assicurarsi che Emily si fosse allontanata. Colse i passettini farsi più distanti e infine fermarsi.

«Bene.» disse, volgendo lo sguardo al proprio tenente

«Vuole parlare di sesso, signore?»

«Siamo soli, Lute. Smettila di usare quel tono deferente, per favore.»

«D’accordo. Riformulo la mia domanda: vuoi davvero scopare a distanza, usando un manuale peccaminoso come traccia?»

«Per quanto l’idea mi tenti… no.»

«Allora fammi vedere la mano.» Tese immediatamente la destra, con un sorriso sarcastico «L’altra.»

Adam appoggiò la mancina sul tavolo, il palmo rivolto all’insu: un taglio lo squarciava da parte a parte. Gocce dorate correvano lungo le naturali curvature, cadendo sul pianale sottostante.
«Un peccatore ha minacciato Emily con un coltello; ho afferrato la lama per allontanarla da lei. Normalmente, questa ferita non sarebbe un problema. Non è profonda, ma posso assicurarti che brucia come se avessi lava nelle vene.»

«Perché non ne hai parlato con Sera?»

Recuperò il coltello da sotto il mantello e lo gettò con disprezzo sul tavolo:
«Lo riconosci?»

«Acciaio angelico.» rispose Lute, la voce colma di indignazione «Mi stai dicendo che i demoni hanno accesso alle nostre stesse armi?»

«Precisamente. Ora… posso comprendere che quell’idiota di Vagina abbia conservato la sua lancia, ma… perché un coglione qualsiasi dovrebbe avere un pugnale simile? Dove lo ha preso? Chi glielo ha dato?» si concesse una pausa, pensieroso «Si è lasciata sfuggire un dettaglio importante, qualche giorno fa. Ha detto “Sono il vostro punto debole. L’unica cosa che può uccidervi”.»

La luogotenente strabuzzò gli occhi:
«Ne sei sicuro?»

«Sì, cazzo.»

«Non ne ero a conoscenza. È… una informazione affidabile?»

«Temo di si. Nemmeno io lo sapevo e… sinceramente, lo trovo patetico come espediente. Un maledetto cliché.» sospirò e scosse il capo «Ho chiesto a Vagina come lo sapesse, ma non mi ha risposto. Lì per lì, non mi è parso un grosso problema… semplicemente, credevo fosse l’unica a possedere un’arma angelica.»

La vide picchiare il pugno sul tavolo:
«Hanno ucciso una di noi, lo scorso Sterminio. È chiaro! Hanno usato le nostre armi per colpirci… questo significa che l'informazione è già stata divulgata, forse non solo a Vaggie.» il naso della donna si arricciò in una smorfia «Ci sono solo due possibilità: i peccatori hanno accesso all’acciaio angelico e sanno come lavorarlo… ma lo reputo poco probabile. Anche perché il pugnale, appena sotto l’elsa, reca il simbolo degli Esorcisti» indicò il punto dove il metallo era marchiato da una E corsiva, inscritta in un cerchio e sormontata da una croce «Indica un lotto di armi nuove. Quando l’abbiamo inserito? Non più tardi di un paio di mesi fa. Sicuramente dopo l’ultima epurazione infernale.» sussurrò concentrata «Dubito lo abbiano contraffatto, quindi non rimane che considerare la presenza di un traditore tra i nostri ranghi.» una pausa concentrata, come se seguisse il filo invisibile dei pensieri «è per questo che hai allontanato Sera? Non volevi che sapesse e…» Lute lo guardò, incerta «Non ti fidi di lei.»

«Ecco perché sei la migliore, Tette Pericolose.»

«Come intendi procedere?»

«Ti incarico delle indagini sul versante Paradiso. Hai carta bianca: fa ciò che ritieni necessario, ma sii discreta. Io cercherò di saperne di più sul frangente Inferno.»

«Prossimo aggiornamento?»

«Tra tre giorni, stesso orario» concluse, alzandosi. Riaccomodò la sedia sotto al tavolo e recuperò il pugnale. L’opuscolo sul Kamasutra rimase dov’era «Meglio avviarci, o rischiamo di insospettire Sera. Nel caso chiedesse…»

«Le risponderò che il mio Comandante è un vero pervertito e che merita la dannazione eterna.»

«Fanculo, stronza.» il Primo Uomo sventolò la destra «Abbi cura di te» salutò, scivolando verso la porta.

«Adam…»

Raggiunse la soglia e si voltò. L’ologramma era ancora lì e gli stava regalando un dito medio:
«Stai lontano dai guai.»

Ricambiò il gestaccio:
«Perché, Lute, quando mai ho fatto il contrario?»
 

 
Angolino: Buondì!
Ho approfittato del weekend per aggiornare la ff.
Ho passato l'ultima mezz'ora a piangere sul titolo XD Alla fine, ho optato per lo stesso titolo della brochure che raccatta Emily in giro...
Ammetto che non vedevo l'ora di tirare nuovamente in ballo Lute e di concedere ai Vees un po' più di spazio. Velvette si conferma, al momento, la mente del trio. 
Ero indecisa se introdurre il fantomatico Betsadia già in questo capitolo, ma credo gli dedicherò più attenzioni nel prossimo (che devo ancora pensarlo un attimo, come personaggio)
Grazie dei pareri, delle recensioni e di aver letto fin qui!
*regala gelati al sangue*

E'ry

 

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Capitolo 10
*** Betsaida ***


10. Betsaida



Le comunicazioni tra Paradiso e Inferno erano ridotte all’osso. Esistevano pochissimi canali, ovviamente illegali. Quasi nessuno ne era a conoscenza, ma Vox ne aveva scovato uno.
Erano passati quasi due anni da quando aveva captato un segnale solitario; curiosamente, non lo aveva lasciato cadere nel vuoto. La provenienza divina l’aveva interessato sin dal principio. Era riuscito a stabilire una frequenza sicura, che soltanto i Vees potevano utilizzare.

Così avevano conosciuto Betsaida. All’inizio, gli scambi erano confusi e di brevissima durata. Gradualmente, però, il rapporto si era rafforzato. Betsaida era… qualcuno. Non era chiaro se fosse o meno il suo vero nome, né se si trattasse di un uomo o di una donna. Sugli schermi compariva sempre un’immagine leggermente sfuocata o disturbata: si distinguevano i contorni di un ampio mantello nero, con un cappuccio tirato sul capo e una maschera lucida a coprire interamente il volto. La voce era metallica, completamente distorta, come prodotta da una sorta sintentizzatore: alcune volte mostrava un timbro profondo, altre era leggera e aggraziata. Avevano tentato più volte di indagarne l’identità, ma senza successo.

Betsaida non rispondeva mai alle loro chiamate. Era sempre lui a ricontattarli, attraverso un apposito terminale video che mostrava davvero poco dell’ambiente circostante: una fredda e buia stanza, interamente spoglia e illuminata soltanto da una coppia di candelabri a muro.

Anche questa volta, come da copione, Betsaida non rispose immediatamente, ma li ricontattò dopo circa ventiquattro ore.

L’avviso di chiamata risuonò nella testa di Vox, apparendo sul suo viso come una discreta icona in alto a sinistra, contraddistinta da una B fluorescente.
Il demone passò rapidamente il collegamento sul televisore del salotto, dove Velvette e Valentino si erano già accaparrati le poltrone migliori.

Lo schermo ebbe un guizzo:
«Spero abbiate un buon motivo per disturbarmi.» la voce di Betsaida era anonima, distaccata «Sono una persona impegnata, come ben sapete. Il mio ruolo non mi consente di assentarmi all’improvviso per rispondere a chiamate fuoriluogo.»

Simpatico, come sempre. Pensò Velvette, modellando un sorriso affabile:
«Non ti disturberemmo se non fosse importante.»

«Ne dubito.»

La giovane ondeggiò il capo, e i voluminosi codini frusciarono contro la spalliera di stoffa.
«è da parecchio che non ci sentiamo, in realtà. Da… poco dopo l’ultimo sterminio, se ben ricordo.»

«Le armi che vi ho inviato non erano di vostro gradimento?»

«Al contrario! Le ho trovate di qualità decisamente superiore alle precedenti. Gli Esorcisti hanno fatto un upgrade

«Forse. Non credo la cosa vi interessi.»

«Hai ragione…» canticchiò Velvette, allungando i piedi sul vicino pouf «Dopo tutto, non siamo noi a smuovere il grosso dei tuoi affari. Qui arriva solo una piccola parte di ciò che smerci. In compenso, Carmilla Carmine…»

«L’accordo con voi è diverso. Fornisco armi per i vostri sottoposti e ho marchiato la Vee Tower per renderla… poco appetibile agli Esorcisti. È soltanto per questo che i miei “colleghi”» la figura mimò un paio di virgolette con entrambe le mani «Non hanno vi hanno ancora buttato giù le porte a calci. Ho protetto la torre con un sigillo affinché gli Esorcisti non la trovassero un punto interessante da attaccare. Non sanno, ovviamente, il perché: lo vedono come un posto noioso, poco coinvolgente, privo di attrazione. Sono spinti a girare al largo, a trovare sfogo altrove. A uccidere qualcun altro al posto vostro o dei sottoposti di cui vi circondate. Certo… almeno quelli abbastanza lungimiranti da rimanere all’interno dell’edificio durante lo Sterminio.»

«E con Carmilla non hai stipulato nulla del genere?»

«No. Con lei mi occupo solamente del traffico di armi. Smuove volumi davvero interessanti e paga piuttosto bene.»

«Non le hai garantito protezione?»

«No.»

«Perché?»

«Ancora una volta, i miei affari con lei non vi riguardano.» Velvette lo vide sporgersi in avanti: la nera e lucida maschera occupò quasi l’intero schermo «Vi basti sapere che, per il momento, siete gli unici a cui ho concesso una sorta di “lasciapassare” per le epurazioni. Ora, mi avete chiamato solo per parlare del mio rapporto con Carmilla?»

La ragazza scosse nuovamente il capo:
«Non proprio, ma visto che l’argomento è sul tavolo, che ne dici di approfondirlo?» domandò, retorica «Non ci hai ancora detto cosa vuoi dai Vees. Carmilla compra le tue armi e anche noi lo facciamo, in un certo senso. Eppure, nonostante siamo acquirenti meno prestigiosi, la tutela che ci fornisci è esclusiva.»

«Perché mi tornerete utili presto o tardi, e quando accadrà… vi avrò necessariamente dalla mia parte.»

«Bene, ecco  una risposta onesta!» Velvette batté le mani, entusiasta «Veniamo al nocciolo dell’incontro, forse lo troverai interessante. Ho il fortissimo sospetto – per non dire la certezza – che la mocciosa di Lucifero nasconda degli angeli nel suo Hotel. Ho indovinato?»

Avrebbe pagato per vedere l’espressione di Betsaida sotto al casco nero. Era sicura d’averlo stupito con quell’informazione, ma quando il contatto tornò a parlare, la voce non tradiva alcuna emozione:
«Corretto. Come lo hai saputo?»

«Le telecamere di Vox li hanno ripresi durante una scaramuccia con un ladruncolo di strada. Ne ho visti due: una ragazza dai boccoli bianchi e un uomo, con i capelli castani e le ali dorate. Ce ne sono altri?»

«No. Soltanto loro.­»

«Sai perché sono ospiti della Morningstar?»

«La giovane è stata inviata per indagare sulle attività dell’Hotel. Lui le fa da guardia del corpo.»

«Il Paradiso si sta davvero interessando alla redenzione dei peccatori?» esclamò Velvette incredula, abbandonandosi ad una risata nervosa «Che idiozia! La piccola Charlie crede che all’Hazbin le anime possano essere riscattate, così da abbandonare l’Inferno e ascendere ai cancelli dorati. Quasi tutti pensano sia una pazza visionaria. E, invece… mi stai dicendo che al Paradiso importano queste stronzate?»

«Così parrebbe…»

«Puoi dirci i loro nomi?»

«Non ancora» Betsaida si alzò di scatto. Non appariva particolarmente alto o massiccio, ma le dimensioni potevano ingannare attraverso uno schermo «Il tempo a mia disposizione è scaduto. Vi ricontatterò a breve.»

«Aspetta!» Vox si intromise, balzando dal divano in cui era sprofondato «è possibile ottenere il potere di un angelo?»

Betsaida si immobilizzò:
«Che intendi?»

«Se riuscissimo a convincerli a lavorare per noi, potremmo diventare i sovrani indiscussi dell’Inferno. Ah, ma ci pensate?!» il demone si voltò verso i sui compagni «I Vees dominerebbero, Lucifer sarebbe costretto a battere in ritirata e Alastor… quello stronzo!... lo spedirei in esilio per almeno altri sette anni!» Vox fissò lo schermo, allargando un ghigno «E tu, Betsy…»

«Non chiamarmi così!»

«… tu potresti… boh. Fare carriera in Paradiso? Non so, magari otterresti qualche promozione utile o potresti allargare il giro dei tuoi affari quaggiù.»

Nonostante non potesse scorgere il suo viso, Vox era sicuro che Betsaida, sotto la maschera, stava sorridendo:
«Il posto di Capo Esorcista diventerebbe sicuramente vacante. Che prospettiva interessante!»

 
***
 

Lute passò in rassegna le truppe. Come ogni giorno, fece schierare gli Esorcisti al centro del campo d’addestramento e controllò scrupolosamente che ogni cosa fosse a posto: che non ci fossero assenti ingiustificati, che le armi fossero ben affilate, e le divise pulite e stirate.
Avanzò lungo le file schierate, le mani allacciate dietro la schiena e gli occhi chiari pronti a cogliere ogni dettaglio. Raggiunse il termine della prima colonna e risalì lungo la successiva, mimando dei piccoli cenni d’assenso.

«Molto bene» sentenziò, a ispezione conclusa «Inizieremo con dieci giri di corsa e poi un’ora di esercizi, al termine della quale desidero vi mettiate a coppie e ingaggiate un combattimento corpo a corpo. Avrete il pomeriggio libero. Ci sono domande?»

Una mano si sollevò prontamente.

La fissò stupita: difficilmente vi erano richieste di chiarimenti. Quell’intromissione la sorprese, ma dissimulò dietro un sorriso rigido:
«Sì, Bra?»

«Tenente, mi stavo soltanto chiedendo dove fosse il Comandante. È assente da ormai diversi giorni.»

Lute si irrigidì. Non era la prima volta che Adam saltava gli allenamenti, ma difficilmente per tanti giorni consecutivi. Non che vi partecipasse attivamente: solitamente, si sedeva all’ombra con un piatto di costine arrosto, bibite a non finire e l’immancabile chitarra. Si metteva a strimpellare in solitudine, ripassando vecchi brani o componendone di nuovi. Ogni tanto, appuntava qualcosa su dei fogli svolazzanti.

Naturalmente, nessuno aveva dato comunicazione al reggimento della mancanza prolungata del loro capitano. Anche perché si trattava di informazioni riservate; il dubbio era lecito, ma il luogotenente non riuscì a trattenere un’occhiataccia:
«La cosa non ti riguarda.»

«Chiedo scusa. Ero soltanto preoccupata.»

«Preoccupata per..?»

«Per Adam, signora. La sua assenza è davvero insolita. Ci domandavamo se fosse… tutto a posto, ecco.»

«Tu e chi altri?»

«Beh, credo di parlare a nome della collettività.» Bra spiò le consorelle, che annuirono vigorosamente.

Lute la squadrò in silenzio, qualche attimo: teneva la destra posata alla cintura, mentre sotto il braccio sinistro stringeva il casco. Le corna nere ricordavano quelle di un ariete, arricciate su loro stesse. I capelli erano raccolti in una crocchia ordinata. Non era particolarmente robusta, anzi… era forse la più bassa ed esile dell’intero squadrone, ma la sua agilità era impareggiabile. L’aveva vista maneggiare con facilità diverse armi, anche se dava il suo massimo con i pugnali.

«Bene…» Lute si umettò le labbra «Se questa è la vostra perplessità, sappiate solo che è impegnato in una missione per conto dell’Alto Serafino. Fino al suo ritorno, sono io il comandante in carica.»

Osservò la reazione: tra le file si levò un brusio concitato. Chiaramente erano curiose: le soldatesse si scambiavano occhiate incerte, bassi sussurri, gesti appena accennati. L’unica che non sembrava particolarmente sconvolta era proprio Bra, che si era limitata ad annuire in silenzio.

Lo sapeva già? Si chiese Lute No. È solo estremamente inquadrata: non ha mai lasciato trasparire emozioni, prima d’ora. Perché avrebbe dovuto farlo proprio adesso? È una delle più valide: disciplinata, calcolatrice, assolutamente implacabile. È una reazione congrua al suo carattere, per come lo conosciamo.

Lo sguardo scivolò verso la colonna successiva: Sock e Underwear stavano confabulando a bassa voce. Nella fila posteriore, Pearl si mordicchiava nervosamente il labbro inferiore, mentre Gold si stropicciava le mani. Sugar e Milkshake si stavano tirando vicendevolmente delle gomitate nei fianchi.

Scosse il capo. Non ne avrebbe cavato un ragno dal buco, in quel modo. Doveva spostare l’indagine su un altro piano: perlustrare gli ambienti comuni della caserma, tanto per cominciare. Passare in rassegna le rastrelliere delle armi, controllare i magazzini e, se necessario, arrivare a perquisire le stanze delle consorelle una ad una. Sarebbe venuta a capo di quel mistero a tutti i costi.

Pomeriggio, si sussurrò, le ragazze saranno di riposo e avrò tutto il tempo per condurre le mie indagini.

«Molto bene, signore!» esclamò, riprendendo a camminare «Vi aspettano dieci giri di corsa. Rompete le righe e datevi da fare!»

 
***

 
Adam sbatté il pugno sul tavolo, facendo tremolare i bicchieri che vi erano posati. Aveva chiesto a Charlie un incontro privato. Si era accertato che Emily si distraesse con Angel Dust e Sir Pentious, impegnandoli in esercizi di redenzione.
Vaggie aveva insistito per unirsi al meeting e così Lucifer e Alastor, purtroppo.
Non aveva alcuna voglia di avere a che fare con quei due, specie perché sembravano più interessati a contendersi la paternità di Charlie che ad accogliere le sue rimostranze.
Si erano accomodati attorno al tavolo in cucina.

«Mi state ascoltando, almeno?!» ringhiò, interrompendo l’ennesima scaramuccia tra il Demone Radio e il sovrano dell’inferno «Voglio delle risposte. Un mezzo ratto ha aggredito Emily mentre ci recavamo all’ambasciata. E, pensate un po’…» schiuse la mancina, mostrando il palmo. Il taglio aveva smesso di sanguinare, ma rimaneva comunque tinto di un alone dorato «Possedeva un’arma angelica di nuova produzione. Di un lotto che abbiamo coniato soltanto di recente, quindi è escluso che possa averla smarrita una delle mie ragazze durante l’ultimo Sterminio.» fletté le dita un paio di volte, sussultando al sentire un dolore acuto irradiare. Sbuffò, voltando l’attenzione a Lucifer. Per quanto non gli piacesse quell’idea, si costrinse ad ingoiare l’orgoglio: era da stupidi non approfittare del suo potere, e la ferita bruciava davvero troppo «Puoi guarirla?» chiese.

Vide Lucifer ciondolare il capo.

«No, spiacente. Se è stata inflitta con acciaio benedetto, non c’è nulla che possa fare. Dopo tutto, le vostre armi sono pensate per essere… come dire… definitive. Nemmeno le mie capacità possono contrastarle. In Paradiso, come vi curate?»

«Che intendi?»

«Beh, sarà capitata una ferita durante un allenamento.»

«Non usiamo quasi mai le armi vere. Le rare volte in cui è successo, non sono state riportate lesioni, da che ho memoria.» sussurrò, sfregandosi leggermente il mento «Mh, forse è accaduto un paio di volte, ora che ci penso. Abbiamo semplicemente lasciato che guarisse da solo.»

«Temo tu non abbia altra scelta, allora.» Lucifer si alzò e scivolò verso la soglia della cucina «Vado a prendere la cassetta di primo soccorso.»

Adam sbuffò e crollò nuovamente sulla seggiola.
«Torniamo a noi» ringhiò, spostando le iridi sulla principessa e sulla sua compagna «Perché avete accesso alle armi angeliche? Chi ve le fornisce?»

«Non è così semplice, ecco…» replicò timidamente Charlie.

«A me sembra semplicissimo. Chi è il contrabbandiere?»

«Non lo sappiamo.»

«Non prendermi per il culo!» Adam scattò nuovamente in piedi, sporgendosi sul tavolo «Sei o no la fottuta principessa di questo posto di merda? È impensabile che tu non sappia chi smercia armi sottobanco!»

«Te lo giuro!» la vide agitare nervosamente le mani nell’aria «Io… Noi…»

«Lasciala in pace, Adam!» Vaggie si parò davanti alla fidanzata.

«Vaffanculo, Vagina! Non sto parlando con te.»

«A quanto pare ora sì.»

«Oh, benissimo. Allora sputa il nome!» Scorse Charlie aggrapparsi al braccio della compagna e scuotere il capo, silenziosamente. Si lasciò sfuggire una risata amara «Sei una pessima bugiarda, Morningstronz. Vediamo se posso aiutarti a prendere una decisione: voglio sapere chi contrabbanda le armi, adesso! Altrimenti, torno all’Ambasciata e spiffero tutto a Sera. Credi che ne sarà felice? Che lascerà ancora Emily qui, sapendo il rischio che ha corso?»

«Non… non glielo hai detto?»

«No. Non eri tu che desideravi che Emily avesse una possibilità? Beh, la sto supportando, come vedi. Ma non abusare della mia pazienza. Non è infinita.» concluse, con un sorrisetto irritante. Non c’era alcun bisogno che i peccatori sapessero la verità: che aveva nascosto quei dettagli perché in Paradiso c’era un traditore, e non certo per salvaguardare quella stupida missione sulla redenzione. No, rientrare anzitempo avrebbe soltanto compromesso le indagini di Lute e le proprie. Avevano entrambi bisogno di tempo: meno Sera sapeva, meglio era al momento «Il nome.» ripeté, deciso.

«Forse posso esserti d’aiuto.» il Demone Radio si intromise, rivolgendogli il solito ghigno forzato «Se fai un accordo con me, magari.»

«Un..? Oh, no, cerbiattino del mio cuore.» lo canzonò, scrollando le spalle «Apprezzo l’interesse, ma posso cavarmela da solo.» tornò a squadrare le due ragazze, ancora strette l’una all’altra «Ti faccio un piccolo riassunto di cosa accadrà se non mi accontenti: rivelerò a Sera l’accaduto. La missione di Emily verrà revocata e saremo richiamati in Paradiso. Gli Stermini riprenderanno, ma sai… forse, anziché un intervallo di sei mesi, potrei ridurlo a tre… o a due. Sono certo me lo concederanno, visto la minaccia che l’Inferno rappresenta, ora più che mai.» tacque, affinché le informazioni sedimentassero nella mente degli ascoltatori «è questo che vuoi? Ti sto solo chiedendo un nome.»

«Mio padre non permetterà una cosa del genere!» biascicò Charlie, strappandogli un’altra risata sarcastica.

«Possiamo domandarglielo, non appena sarà di ritorno, ma… credimi, non c’è nulla che possa fare per evitarlo. Che vi piaccia o no, scoprirò comunque il contrabbandiere. Ovviamente, senza il vostro aiuto ci metterò molto di più, ma… poco male. Mi consolerò sterminandovi quattro volte all’anno. Allettante, vero?»

«Credevo fossi migliore di così…»

«E invece hai preso un granchio. Cazzi tuoi!» spinse indietro la sedia e si avviò verso l’uscita della cucina «Vado a parlare con Emily. Le dirò di fare i bagagli, perché partiremo al più presto.» sentenziò, appoggiando la destra allo stipite della porta.

Tre, due, uno… contò mentalmente, concedendosi un sorriso soddisfatto al sentire un:
«Aspetta!»

Si voltò di scatto, sostituendo l’espressione vittoriosa con una neutra e concentrata:
«Si?»

«Puoi… concedermi un paio di giorni? Cercherò di organizzare un incontro con…»

«Charlie!» Vaggie afferrò le mani della compagna, scuotendo il capo incredula «Non possiamo. Non accetterà mai di incontrarlo. E se anche fosse, potrebbe accadere di tutto.» l’indice si puntò verso il Primo Uomo «Non è affidabile. E lei… sai come è fatta! Basta poco perché si indispettisca. Potrebbe rivelarsi una mossa disastrosa.»

«Non abbiamo scelta, Vaggie.»

«Rifletti, ti prego!»

«La missione di Emily è la nostra unica possibilità per dimostrare al Paradiso che si sbaglia! Se perdiamo anche questa chance, allora non ci rimarrà nulla.»

Adam si schiarì la voce con un finto colpo di tosse:
«Non intrometterti, Vagasaurus!»

«Vaffanculo.»

La ignorò, volgendosi nuovamente alla principessa:
«Allora, Morningstronz?» incalzò.

«Dammi quarantotto ore.»

«Bene! Raggiungo tuo padre in infermeria. Ci sta mettendo un’eternità. Forse si è perso.» concluse, spiegando le ali e fluttuando oltre la soglia della cucina.

Charlie crollò nuovamente sulla sedia, prendendosi la testa tra le mani:
«Perché deve essere tutto così complicato?!­» sbottò, sconfortata.

Vaggie le massaggiò le spalle, confortandola silenziosamente.

Alastor, invece, si limitò a regalarle uno dei suoi sorrisi più curiosi:
«Un incontro con Carmilla? Che prospettiva interessante!­»

 
Angolino: 
Buonasera! Torno con un breve capitolo di aggiornamento, una connessione tra quanto successo in precedenza e quanto - spero - accadrà a breve. 
Ho provveduto a stilare una piccola time-line, così da abbinare capitolo/giorno e non perdere il filo. Considerando come giorno 1, quando Emily e Adam scendono all'Inferno, la scaletta corretta dovrebbe essere questa:

Capitolo 1: Il concilio angelico -> giorno -1
Capitoli dal 2 (Highway to hell) al 4 (la maschera) -> giorno 1
Capitoli dal 5 (il demone radio) al 7 (papaveri e papere) -> giorno 2
Capitolo 8 (welcome to the jungle) -> giorno 3
Capitolo 9 (il kamasutra tascabile) -> giorno 4
Capitolo 10 (Betsaida) -> giorno 5

Spero possa esser utile *_*
Al solito, grazie infinitamente per le recensioni, i pareri e le dritte, che mi hanno aiutato a correggere il tiro su un paio di cose importanti
Grazie come sempre <3

E'ry

 

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Capitolo 11
*** Aspettando Godot ***


11. Aspettando Godot


Lute scivolò lungo il corridoio della zona notte. Le Sterminatrici si erano allontanate quasi tutte, abbandonando la caserma per dedicarsi a un pomeriggio di shopping sfrenato, a passeggiate lungo le colline del Paradiso in compagnia di un buon gelato, o all’ultimo film appena uscito nelle sale. “Colazione da Massary” prometteva d’essere un capolavoro del cinema romantico: i maggiori esperti lo avevano definito sublime, incalzante e innovativo. Nonostante non fosse un’appassionata del genere, forse gli avrebbe dato una chance. Dopo tutto, le recensioni erano ottime, e in omaggio col biglietto regalavano anche un grazioso porta-popcorn. Magari lo avrebbe proposto ad Adam, al ritorno dalla missione. A conti fatti, nemmeno lui era tipo da film romantici, ma sicuramente avrebbe apprezzato il gadget in omaggio.

Tese l’orecchio, assicurandosi di essere sola: dalle camerate non proveniva alcun rumore, quindi si convinse ad entrare nella prima. Schiuse l’uscio, gettando uno sguardo rapido all’ambiente: sei letti a castello erano disposti lungo le pareti. Una finestra si affacciava sul cortile interno, mentre accanto all’ingresso vi erano una coppia di armadi e le rastrelliere delle armi. Decise di iniziare da queste l’ispezione.

Dunque, in questa stanza dormono: Milkshake, Sugar, Honey, Muffin, Waffle e Pie. Si sussurrò, contando tre lance, due martelli da guerra e una mazza chiodata. Le armi sembravano in ordine: ben affilate, linde e senza danni visibili.

Aprì i guardaroba: a delle grucce in metallo erano appese le divise, stirate e pulite. Tre, sei, nove… ci sono tutte.

Si mosse verso i letti, sollevando le lenzuola e i cuscini; ispezionò i materassi, ma senza trovare nulla di rilevante. Soltanto sul comodino di Honey, incontrò un biglietto che recitava:
Ci vediamo alle quindici davanti all’erboristeria. Non tardare. – H <3

Non rilevante, si disse, abbandonando il foglietto.

Scoperchiò i bauli personali, ma anche qui nulla di interessante: oltre agli abiti civili, vi erano libri, trucchi, blocchi per gli appunti, attrezzi ginnici. Sugar nascondeva lingerie piuttosto accattivante. Pie celava la gabbietta di un criceto sotto al letto, e Muffin un vecchio ricettario con alcuni appunti scritti a matita.
Lute sbuffò, scoraggiata: non vi era nulla di realmente compromettente, ma solo oggetti d’uso comune.

Abbandonò la camerata e passò alla successiva.
Qua dormono Crystal, Gold, Diamond, Pearl, Silver e Bronze.

Anche qui, nulla di anomalo: divise e armi erano in ordine e i bauli celavano ancora meno segreti dei precedenti. Scoprì che Crystal era una grande fan dell’Arcangelo Raffaele e aveva persino un poster autografato; Bronze possedeva una scorta infinita di caramelle gommose e Silver amava suonare il flauto dolce.

Niente. Ringhiò, scivolando verso il terzo uscio. Questa è la camera di Underwear, Sock, Bra, Top, Bikini e Pareo. Spero di incappare in qualcosa di interessante…

Rimase delusa: armi e divise, al solito, erano in perfetto stato.
Sock collezionava francobolli, e Top peluche di panda.
Sul comodino di Bra giaceva una papera di gomma, decorata sulla codina con un grazioso fiocchetto.
Bikini nascondeva, sotto al cuscino, un’agenda dalla copertina azzurra.

Lute lo afferrò, sfogliandolo immediatamente:
 
Caro Diario,
Oggi è il mio primo giorno da Esorcista. Sono così emozionata! Ho superato i test con un buon punteggio e, finalmente, sono pronta a lasciare l’accademia per unirmi all’Esercito. Il Comandante è un vero figo, uno che sa il fatto suo. Mi ha dato un nome stupendo: Bikini! È ispirato ad un atollo nell’Oceano Pacifico, sulla Terra.
Sono certa di piacergli: alle altre ha dato nomi… orrendi, stupidi, maschilisti… strambi: Sock, Underwear, Top… chissà a che diamine stava pensando, quando le ha viste. Invece, beh… quando mi ha notata, mi ha immediatamente battezzato Bikini.
Lo adoro.
 
Passò alla pagina successiva.
 
Caro Diario,
Il Comandante mi ha fatto i complimenti per l’allenamento svolto.
Mi è passato accanto durante la sessione di squat. Ha detto che ho “un culo da paura”. Non sono certa di ciò che intendesse, ma probabilmente riguarda gli Stermini. Tra pochi giorni andremo all’inferno e per me sarà la prima Epurazione.
Non vedo l’ora! Gli dimostrerò quanto sono figa e tosta.
 
Lute proseguì col trafiletto successivo
 
Caro Diario,
Oggi siamo scese all’Inferno. Ho ucciso trentasei peccatori.
Una buona media, considerato che era il mio battesimo.
Il Comandante si è congratulato con me e mi ha offerto una birra <3 <3
 
Le pagine seguenti erano tutte piuttosto simili: il nome di Adam era spesso circondato da vistosi cuori rossastri o evidenziato con colori fluorescenti. Qui e là vi erano anche dei piccoli adesivi glitterati. Scorse pigramente l’agenda, fermandosi soltanto quando vide comparire il proprio nome, accompagnato da un teschio e un paio di fulmini.
 
Caro Diario,
Lute è insopportabile! Ma chi si crede di essere? Solo perché nell’ultima Epurazione ha ucciso più di duecento dannati, non significa che possa atteggiarsi come se fosse la migliore di tutte. Lo ammetto, è brava, ma per essere luogotenente occorrono altre qualità! Non credo che possa essere la persona giusta per Adam [il nome era sottolineato in rosa]: al suo fianco, dovrebbe esserci una donna dolce e sensibile, che faccia risaltare le sue qualità. Una giovane dal nome musicale come… mh… un’isola nell’oceano, che ricordi la purezza dell’acqua e l’imprevedibilità delle onde. Non una che si chiama come un mandolino medioevale, dai!
 
Foglio seguente.
 
Caro Diario,
La odio! Lute crede d’essere migliore di tutte noi soltanto perché Adam [cuoricini sparsi] le ha concesso l’onore di diventare il suo braccio destro. Quella stronza si è già fatta qualche assurdo film mentale: probabilmente pensa che il Comandante le chiederà di sposarla. Ah-ah-ah, che ingenua!
Adam non la ama. Non la amerà mai. L’ha scelta solo perché ha il più alto numero di uccisioni all’attivo, ma… oltre a questo?
Lute, sei solo un numero! Scendi dal tuo piedistallo e apri gli occhi, cretina.
 
Fu tentata di lanciare il diario fuori dalla finestra, ma si obbligò a continuare.
 
Caro Diario,
Lo odio! Adam è un coglione [faccina triste, un cranio stilizzato e una spada che chiaramente trafiggeva il corpo del Primo Uomo].
Ha discusso con Lute (quella stronza, come osa ferirlo?!) e ho pensato di offrirgli una birra e un po’ di svago, per tirarlo su di morale. Ha accettato e siamo andati al pub.
Ha passato tutto il tempo a parlare di lei, ad autocommiserarsi e a frignare come un bambino dell’asilo.
“Lute di qua, Lute di là…” sembrava che non esistesse nessun altro.
Gli ho suggerito di lasciarla perdere, che potrebbe essere una persona tossica e che merita di meglio. Mi ha detto che non capisco niente, mi ha dato della stronza e ha ribadito (udite, udite!) che se hanno litigato, la colpa era sua e doveva andare a chiederle scusa.
Mi ha piantato al bancone, con la consumazione da pagare.
Coglione, deficiente, pezzo di merda!
Mi ero persino messa il completino di pizzo francese.
Fanculo, non mi meriti. Vado a darla al primo che passa!
 
Lute non ricordava bene quell’episodio; in fondo, i litigi con Adam non erano così infrequenti, ma non erano mai definitivi: si riappacificavano sempre, e non era una rarità che il Comandante tornasse da lei con la coda tra le gambe a cercare il perdono. Naturalmente, accadeva anche l’opposto: più d’una volta, aveva dovuto ricredersi e scusarsi per il proprio comportamento, per la testardaggine o per essersi abbandonata a commenti poco appropriati.
E, nonostante il diario contenesse un mucchio di stronzate, non riusciva a smettere di leggerlo: Bikini era chiaramente innamorata del suo superiore ed era gelosa di lei, senza alcun motivo. Forse avrebbe dovuto parlarle e spiegarle che tra sé e Adam non vi era altro che un solido rapporto di amicizia. Sì, avrebbe… oppure no. La sola idea che Bikini potesse provare qualcosa per Adam la irritò: il sangue le fluì al cervello, lo stomaco si strinse in una morsa e le mani si chiusero con forza sulla copertina azzurra. Dopo quello che aveva scritto di lei, quella piccola troia non meritava di conoscere la verità! Che credesse pure – erroneamente, siamo solo buoni amici - che con Adam ci fosse del tenero! Che si crogiolasse nella sua delusione amorosa. Finché uccideva demoni e svolgeva il suo lavoro, a Lute non importavano affatto i suoi pensieri o sentimenti.
Andò alla pagina seguente.
 
Caro Diario
Godofredo è così… così… caliente!
Abbiamo passato una notte stupenda.
Fanculo, Adam! Sarai anche il Primo Cazzo, ma non puoi competere con Godofredo, il Torero di Toledo!
 
Giorno successivo.
 
Caro Diario
Godofredo è una merda!
L’ho lasciato.
Mi sono consolata con Anselmo, il Pizzaiolo di Palermo!
 
Giorno successivo.
 
Caro Diario,
Fanculo Anselmo!
Evviva Makoto, il samurai di Kyoto!
 
 
Giorno successivo.
 
Caro Diario,
Sono davanti alla gelateria, aspettando Godot.
 
 
Da lì, la sfilza degli amanti proseguiva senza sosta. Lute ripose il diario sotto al cuscino.
Niente di interessante, neppure qui sospirò, avviandosi verso la stanza successiva.
 

***

 
Lute allungò il passo nel corridoio. Aveva impiegato più di metà pomeriggio per ispezionare le camerate, ma senza successo: non aveva trovato uno straccio di indizio; si era data ripetutamente della sciocca per aver perso tempo e non aver pensato a visionare immediatamente l’armeria.

Aveva fatto una piccola deviazione verso l’ufficio di Adam, di cui possedeva le chiavi e si occupava personalmente: al superiore, interessava davvero poco delle scartoffie burocratiche. Quando riceveva una comunicazione, si limitava ad accantonarla in un angolo della scrivania con un “ci penserò”; puntualmente, se ne dimenticava e finiva a ristagnare per mesi o finché Sera non iniziava ad inviare fastidiosi promemoria quotidiani. Per evitare seccature ulteriori, Lute si incaricava di stendere i rapporti, supervisionare i documenti e rispondere alle missive più urgenti. Ormai, lo considerava come parte del proprio lavoro.
Aveva, dunque, recuperato il faldone con l’elenco con i lotti degli ultimi armamenti ricevuti.

Raggiunta l’armeria, girò la chiave nella toppa e spinse il battente.
La stanza era completamente priva di arredamento, fatto salvo per le rastrelliere, dove le armi erano divise in base alla loro tipologia. Sul fondo, una seconda porta conduceva al magazzino.
Aprì la cartelletta e piegò a sinistra: la prima sezione era quella dedicata alle armi da lancio. Non erano particolarmente in uso tra gli Esorcisti, che indubbiamente preferivano il corpo a corpo… ma sicuramente avevano la loro utilità. Osservò gli archi e le balestre appesi: i numeri di serie combaciavano con quelli scritti sulla prima pagina.

A12345, A12346, A12347 prese ad elencare, controllando che tutti fossero forniti di faretre e dardi. A12348, A12349, A12354.

Si arrestò immediatamente, osservando il foglio: gli archi A12350 e A12351 risultavano assegnati a Margherita e Capricciosa, ma A12352 e A12353 avrebbero dovuto essere lì. Invece, non erano presenti.
Evidenziò i numeri di serie con un pennarello azzurro e si affrettò a proseguire nell’ispezione.
Nella sezione Balestre mancavano ben tre esemplari.
Passò alla fina successiva: erano assenti quattro mazze chiodate e cinque martelli da guerra; lo appuntò.

Asce, spade, lance e pugnali erano più difficili da controllare: essendo tra le armi più maneggevoli, erano anche le preferite degli Esorcisti. Molte ragazze le avevano scelte e, di conseguenza, le sequenze dei numeri di produzione si interrompevano con maggiore facilità. Non ne mancavano, comunque, così tanti: una trentina, in totale. Chiunque fosse il traditore, evidentemente non era riuscito a sviluppare un grosso giro d’affari. Sarebbe stato semplice arginarlo.

Si allontanò dalla sala principale, dirigendosi verso il magazzino.
All’interno, erano stipate numerose e voluminose casse, impilate le une sulle altre e contenenti sia i lotti passati, sia quelli appena forgiati; questi avevano inciso sulla lama il simbolo degli Sterminatori, un vezzo che Adam aveva fatto applicare a seguito dell’ultimo Sterminio. Combaciavano, dunque, con il pugnale che il Comandante le aveva mostrato.
Recuperò il foglio dal faldone e iniziò la propria indagine.

I numeri di serie, fortunatamente, erano tutti stampati sul fronte delle casse, in un vistoso inchiostro rosso. Asce: mancano ben tre casse, da cinquanta pezzi ciascuna! Si disse, sbalordita Una di archi, due di balestre. Sei di pugnali, sei di lance, cinque di spade…

L’elenco appariva ormai quasi interamente sottolineato in azzurro: i lotti scomparsi erano più di una trentina. Mancavano all’appello quasi duemila armi, tra vecchie e nuove.
Si passò una mano tra i capelli: come era possibile che non si fossero accorti di tale ammanco? In quanto tempo, il ladro aveva sottratto loro le armi? Tra quelle rubate e quelle che costantemente si smarrivano o venivano abbandonate durante gli Stermini, quante erano ora nelle mani dei peccatori?

Normalmente, lo avrebbe reputato un grosso problema: se i dannati utilizzavano l’acciaio angelico per uccidersi a vicenda durante risse da bar, rapine e inseguimenti… in realtà, le alleggerivano soltanto il lavoro. Ben diverso, però, era stato scoprire gli angeli vulnerabili alle loro stesse armi. Durante l’ultimo Sterminio, un peccatore era riuscito ad uccidere una di loro; la notizia si era diffusa, arrivando anche alle orecchie di quella sporca traditrice di Vaggie. In quanti ne erano a conoscenza?

Si pizzicò l’attaccatura del naso, cercando di scacciare il ricordo del recente colloquio: la ferita sul palmo di Adam, il sangue dorato che colava sul tavolo, il pugnale strappato dalle mani di un peccatore qualunque.

Merda, ringhiò a denti stretti, come è potuto succedere? Siamo davvero così sprovveduti? Non possiamo tenere segreto un deficit simile; Sera… scosse il capo. Adam le aveva chiesto di non coinvolgere l’Alto Serafino, ma trovava difficile credere che fosse implicata in tutto questo Non avrebbe mandato Emily all’Inferno, se ne fosse stata a conoscenza. Può essere subdola, calcolatrice, irremovibile nelle proprie convinzioni, ma… a Emily tiene sinceramente. Non l’avrebbe mai messa a rischio.

Non vedeva altra soluzione: doveva assolutamente riferire al Comandante le sue scoperte e decidere le contromisure da prendere.

Si voltò, pronta ad abbandonare il magazzino, quando un gemito sottile ruppe il silenzio.

Lute si bloccò immediatamente e tornò sui propri passi:
«Chi c’è?» esclamò ad alta voce, avanzando tra le casse. La destra scese a cercare l’impugnatura della spada, ma senza successo. Difficilmente girava armata: perché avrebbe dovuto, dopo tutto? Era il fottuto Paradiso, quello! «Chiunque tu sia, fatti avanti!»

Sentì una risatina nervosa e una coppia di passi che si spostava furtivamente verso il fondo della stanza.

«Non ho voglia di giocare a nascondino. Non complicarmi la vita.» sibilò, ma lo scalpiccio continuò imperterrito.

Bene, l’hai voluto tu. Spiegò le ali e balzò in cima alle casse. Colse un movimento alla propria destra e si tuffò in picchiata. Colpì con un calcio una persona minuta, che stava cercando di scavalcare una finestra aperta.

«Ah, perdindirindina!» pianse la figura, rannicchiandosi su sé stessa.

Lute si bloccò immediatamente: conosceva quella voce. Abbassò lo sguardo, sconvolta: ai suoi piedi giaceva un San Pietro… beh, decisamente poco santo. I capelli biondi erano arruffati e gli occhi chiari tradivano una sincera paura. Non indossava altro che un paio di boxer a cuoricini e dei calzini di spugna. Tra le braccia stringeva la propria tunica, arrotolata frettolosamente.
«Ma… che cazzo?!» esclamò, mentre una seconda figura irrompeva nel suo campo visivo.

Riconobbe immediatamente le ali bianche e nere, il casco da Esorcista con le corna da ariete, la bassa statura e il fisico asciutto. Oltre all’elmo, la donna indossava soltanto un completo intimo in pizzo nero.
«Bra!» Lute non riusciva a credere ai propri occhi: San Pietro e Bra stavano…
Dall’imbarazzo di entrambi, l’atteggiamento e la chiara assenza di vestiti, non era difficile intuire il motivo della loro visita al magazzino.

Scopa con il casco in testa? Capisco che San Pietro nudo non sia il massimo da vedere, ma… ironizzò, incrociando le braccia al petto Beh, almeno non stanno contrabbandando armi.

«Esigo una spiegazione!» ringhiò, mentre l’uomo si faceva avanti, schermando la compagna con il proprio corpo.

«No, ti prego… è stata una mia idea, io…»

«Non sto parlando con te.» Lute lo ignorò, rivolgendosi nuovamente alla Sterminatrice «Allora?»

«Mi… mi dispiace.»

«Come siete entrati?»

Bra sollevò la destra, indicandole la vicina finestra, a circa un metro e mezzo da terra.

Lute si avvicinò, notando senza difficoltà segni di scasso sull’imposta:
«L’avete forzata?»

«Non ora, no… è un danno vecchio, quello.»

«Vecchio… di quanto?»

Vide la donna chinare il capo e replicare in modo vago:
«Un po’…»

«Da quanto tempo vi frequentate, Bra?»

«Io… Mi dispiace così tanto!» l’angelo cadde in ginocchio «Lui non c’entra nulla, è stata una mia idea venire qui! Cercavamo un luogo tranquillo dove poter stare, io… non volevo si sapesse, le altre mi avrebbero preso in giro, se avessero scoperto di…»

«Le tue patetiche scuse non mi interessano. Da quanto tempo?»

«Trenta mesi…»

«Che… cazzo siete, in stagionatura come i formaggi?!» Lute allargò le braccia, accennando nuovamente alla finestra «L’hai scassinata tu?»

«Sì. Veniamo spesso qui, ecco…è un posto riservato, dove non passa mai nessuno. Ci permette di stare insieme, ecco…»

«L’ho capito, ma è un magazzino, non una casa di piacere!» sbottò, assottigliando lo sguardo «Non credere che non ci saranno conseguenze per questo.»

Bra nascose il viso tra le mani, mal celando i singhiozzi:
«Mi dispiace, mi dispiace!» ripeté, mentre San Pietro la copriva con un lembo della sua tunica «L’ho fatto solo perché...»

«Deciderò più tardi il tuo castigo. Non posso soprassedere su un atteggiamento così irresponsabile. Adam ne verrà informato e…» spostò l’attenzione sull’ometto biondo, che ancora cercava di proteggere la compagna «…Anche Sera. Questo è tutto. Ora sparite.»

Bra si arrampicò in fretta oltre il bordo della finestra e aiutò San Pietro a fare altrettanto.
Attraversarono rapidamente il cortile, mano nella mano e ancora in mutande.
 

***
 

Lute recuperò una fetta di torta agli agrumi e l’adagiò sul vassoietto, cercando un posto isolato dove accomodarsi. Non aveva alcuna voglia di condividere le riflessioni con le altre Sterminatrici. Desiderava cenare in solitudine e immergersi nei propri pensieri.
Il refettorio della caserma non era altro che una sala quadrata, ospitante tavoli sparsi qui e là e un bancone in legno dove la gentile anima salvata di Carmela, la Panettiera di Matera, serviva sempre porzioni abbondanti.
Si accaparrò un tavolino malmesso in un angolo, accomodandosi sullo sgabello scricchiolante. Accavallò le gambe e rilassò le ali, condendo la minestra con un abbondante cucchiaio d’olio.
Roteò il cucchiaio nella zuppa, attendendo si raffreddasse.

Spiò sottecchi la mensa: Bra sedeva tra le compagne, il capo chino e le guance ancora paonazze. Bikini le stava versando l’acqua, colmando il bicchiere fino all’orlo.

Mi ero quasi dimenticata di quella puttanella, si disse Lute. Gli eventi recenti avevano distolto la sua attenzione dal diario incriminato. E così mi detesti, mh? Pensi che sia una stronza arrivista? Bene… domani, Miss Atollo del Pacifico, ti farò pulire tutte le latrine. Con la lingua.
 
 
Angolino:
Buondì! Arrivo un pochino in ritardo nell'aggiornamento, ma settimana scorsa purtroppo ho avuto un po' di impegni tra studio e lavoro.
Sono settimane un po' impegnative, ma farò il possibile per aggiornare la ff regolarmente (o evitando di far passare troppo tempo, spero!)
Grazie, come sempre,  delle recensioni e dei consigli *__*

E'ry


 

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Capitolo 12
*** Carmilla ***


12. Carmilla

Contro ogni previsione, Carmilla aveva accettato, fissando l’incontro il pomeriggio successivo.
Avevano raggiunto la sua dimora con largo anticipo – più di mezz’ora – ma Charlie aveva insistito perché venisse annunciata immediatamente. Il maggiordomo – un piccolo demone con la faccia da armadillo – era sgusciato via, lasciando il gruppo sulla soglia. Dopo qualche minuto, il servitore tornò e li sospinse attraverso un ampio salone con una doppia scalinata, che saliva al piano superiore.
Li condusse verso una porta scorrevole, che si aprì automaticamente. La sala riunioni era quasi completamente spoglia, fatto salvo per un lungo tavolo in vetro accompagnato da altrettante sedute. Un quadro e qualche pianta in vaso completavano l’arredamento minimale.

«Prego, accomodatevi. Lady Carmilla sarà da voi tra poco.» promise, prima di allontanarsi.

Adam sciolse il nodo sotto al mento, liberandosi del mantello e sistemandolo sulla spalliera della propria seggiola. Ravvivò le ciocche castane, rammaricandosi di non aver potuto indossare la maschera: il cappuccio non era sufficientemente largo da coprirla adeguatamente.

«Che coglioni.» sentenziò, lasciandosi cadere sulla sedia.

«Non cominciamo, per favore!» lo rimbeccò Charlie, prendendo posto accanto a lui «Carmilla è una Overlord, una delle signore più potenti di tutto l’Inferno. Sii educato e non indispettirla, se vuoi davvero ottenere qualche informazione da lei. È già miracoloso che ci abbia ricevuto con così poco preavviso.»

«Perché? Non sei forse la principessa di questo cesso a cielo aperto? Dovrebbe sentirsi onorata della tua visita.»

«Beh, non…»

Mimò un cenno scocciato, interrompendola:
«Era necessario portare anche Vagina e Jukebox?»

«Sì. Vaggie ha avuto… un recente contatto con lei e penso potrà esserci d’aiuto. Alastor è a sua volta un Overlord, rispettato e temuto.»

«Tutte cose che tu non sei, Morningstronz» sogghignò, rivolgendo un’occhiata divertita al Demone Radio «Certo che per avere paura di te, bisogna davvero essere delle mezze seghe.»

Il sorriso di Alastor non si scompose:
«Possiamo riprendere la nostra discussione, se desideri… dal punto in cui, per tua fortuna, è stata interrotta.»

«Pff… Mi risulta che fossi tu in netto svantaggio, Cerbiattino.» Adam scrollò le spalle e si pesò all’indietro, spingendo la sedia sulle gambe posteriori. Iniziò un lento dondolio.

«Oh, per favore! Siediti…» Charlie si intromise nuovamente, ma il sibilo delle porte scorrevoli la interruppe.

Un’alta figura attraversò la soglia, in punta di piedi. Le scarpe da ballerina la slanciavano, perfettamente abbinate al completo nero e bianco che indossava. La donna teneva le braccia robuste accomodate dietro la schiena ed i capelli erano raccolti in un’acconciatura elaborata. Gli occhi rossi saettarono sui presenti, mentre le labbra carnose snocciolavano un «Composto!» piuttosto imperativo.

Il Primo Uomo lasciò ricadere la seggiola, con un tonfo. Appoggiò i gomiti al tavolo e intrecciò le dita tra loro.
«Carmilla, immagino.» bofonchiò, mentre Charlie gli allungava una gomitata.

«In persona» fu la risposta della Overlord «E tu non hai bisogno di presentazioni. La principessa mi ha spiegato ogni cosa. Non ti nascondo che la tua presenza qui non è affatto gradita, ma cercherò di comportarmi da buona padrona di casa.» la donna si distrasse un attimo soltanto, mimando un saluto verso Alastor e Vaggie, prima di tornare su di lui «Non ho molto tempo da dedicarvi, quindi… veniamo al dunque. Charlie mi ha raccontato della vostra missione quaggiù: dell’indagine disposta dal Paradiso nei confronti dell’Hotel, per cercare di capire se la redenzione sia o meno possibile. Non vedo come questo possa interessarmi, tuttavia. Non sono legata in alcun modo alle attività dell’Hazbin.»

«Infatti, non è per questo che sono qui. Morningstronz non te l’ha accennato? Riguarda un traffico di armi angeliche, di cui evidentemente devi sapere qualcosa.»

Un cenno d’assenso lo rassicurò: evidentemente Charlie aveva riferito il perché di quell’incontro tanto urgente, ma Carmilla sembrava decisa a prenderla alla larga. Forse sperava di distogliere l’attenzione e lasciare cadere la questione…

«Non intendo discutere con te dei miei affari.»

Adam arruffò un sorrisetto pungente.
«Invece lo farai. Durante l’ultimo sterminio, una delle mie ragazze è stata uccisa. Come? Lo ignoravo fino a pochi giorni fa, quando un fottuto ratto ha minacciato la mia collega con un pugnale benedetto» sollevò il palmo sinistro, coperto da una spessa fasciatura «Poi, all’improvviso, è diventato tutto molto chiaro. Tranne che per un punto: le armi angeliche… chi le fornisce? Chi le distribuisce?» ringhiò a denti stretti.

«Raccogliamo solo quelle che i tuoi soldati abbandonano.»

«Puttanate! Il pugnale apparteneva ad un lotto nuovo, coniato dopo l’ultimo Sterminio. Quindi… sei pregata di condividere ciò che sai in proposito.»

«Non ho nulla da dire.»

Schiaffò un pugno sul tavolo.
«Vaffanculo!» esclamò, scattando in piedi «Ne verrò a capo comunque, stronza. È ovvio che sei in questa merda fino al collo. Quindi, poiché mi sento clemente, ti concedo un’ultima possibilità. Voglio sapere tutto, cazzo! Oppure…»

«Oppure cosa…?» Carmilla lo stava sfidando: si era alzata anche lei, incrociando al petto le grosse mani pelose e assottigliando lo sguardo «Pensi di dettare legge a casa mia?!»

«Adam, per favore…» la supplica di Charlie passò inascoltata.

Condensò sulla punta dell’indice una scintilla di luce e la direzionò verso il muro alla propria destra. Il raggio tagliò i mattoni come fossero burro, incenerì una pianta d’appartamento e si schiantò contro la parete della sala opposta, frantumando un vecchio pendolo.

«Adam!» Charlie si era slanciata verso di lui, ma l’aveva evitata facilmente. La principessa era inciampata nelle grinze del tappeto ed era ruzzolata a terra. Vaggie aveva immediatamente estratto la lancia, mentre le corna del Demone Radio si stavano progressivamente ingrossando. Carmilla era visibilmente furibonda.

«Fuori!» la sentì sbottare.

«Nemmeno per sogno. Prima risolviamo la faccenda. Te lo chiedo di nuovo: parlami del traffico di armi.»

«Vattene.»

«Va bene, allora farò a pezzi questo posto» un’altra lama luminosa fendette l’aria e il vetro di una finestra «Finché non ti deciderai.»

Carmilla lo ignorò, rivolgendosi a Charlie:
«Lo voglio fuori di qui in meno di un minuto, principessa.»

«Sessanta.» una fioriera saltò in aria «Cinquantanove, cinquantotto…» un quadro esplose in mille pezzi, seguito da una sedia vuota «Cinquantasette…» Adam sorrise quando scorse Alastor iniziare a ingigantirsi, sfoderando nuovamente la sua forma più brutale «Ne vuoi anche tu? Ti accontento, sai?»

«Stai esagerando…»  sibilò l’Overlord, poco prima che Vaggie saltasse sul tavolo e si frapponesse tra loro.

«Basta, smettetela!»

All’improvviso, si udì nuovamente il fruscio della porta e due ragazze comparvero sull’uscio. Non assomigliavano a Carmilla e neppure erano simili tra loro; soltanto gli occhi rossi erano comuni; la ragazza sulla destra indossava un impermeabile bianco, ben intonato alla carnagione pallida e ai capelli biondi; l’altro, invece, vestiva un top nero e dei pantaloni corni; l’incarnato scuro contrastava elegantemente con la chioma riccia e color cenere.

«Madre!» esclamarono all’unisono «Abbiamo sentito dei tonfi e delle urla, che accade?»

«Madre?» Adam sorrise, abbassando immediatamente il braccio e arrestando il flusso di potere «Oh, che scoperta interessante!» canticchiò, scoccando uno sguardo ai tre abitanti dell’Hotel «Un’informazione decisamente cruciale, a questo punto… peccate non l’abbiate condivisa prima.» esclamò, scostando nuovamente la propria seggiola. Si pesò all’indietro, riprendendo a dondolare. I presenti lo fissarono, allibiti: Charlie appariva incredula, Vaggie mal celava un’espressione omicida, simile a quella di Alastor. Carmilla sembrava… preoccupata. Seguì il suo sguardo fino alle figlie, ancora ferme sulla soglia «Beh, che fate lì in piedi? Accomodatevi, suvvia.. non abbiamo ancora concluso la nostra riunione.»

«Ma sei scemo o cosa?!» Charlie lo afferrò per il bavero della tunica, scuotendolo con poca grazia «Io ti organizzo un incontro e tu… ti comporti così?! Non fare finta di nulla! Ha combinato un casino… guarda come hai ridotto la stanza.»

«Eh, non è colpa mia… se Carmilla avesse collaborato sin da subito.»

«Hai sprecato la tua unica possibilità di…»

«Al contrario! Sono sicuro che ora Lady Carmilla mi ascolterà con molta attenzione.» calcò l’ironia sul titolo, rivolgendosi alla Overlord «Non è vero? Hai delle figlie davvero graziose, sai?»

«Lasciale fuori da questa storia…» il demone ringhiò, ma prese nuovamente posto al tavolo.

«Lo farò, fino… al prossimo Sterminio. Poi… posso assicurarti che loro saranno le prime; e me ne occuperò personalmente.» studiò l’espressione della donna: era furente. Gli occhi stretti, i denti che mordevano il labbro inferiore, il tremolare delle guance e le mani chiuse a pugno… se avesse potuto, gli avrebbe strappato gli occhi a unghiate. Eppure c’era altro sul suo viso: una preoccupazione e un timore che non riusciva a celare, e che si erano palesati soltanto quando le giovani erano comparse. Non si sarebbe lasciato sfuggire quell’occasione perfetta «Tutti hanno un prezzo, e credo di poter indovinare il tuo. Quindi… che ne dici di un accordo?»

«Cosa vuoi?»

«La verità. Voglio sapere chi smercia le armi quaggiù, chi è il contatto in Paradiso, come funzionano le compravendite… voglio sapere che ha ucciso la mia subordinata. In cambio, concederò a te e alle tue fanciulle… l’immunità dai futuri Stermini. Nessuno vi torcerà un capello.»

La vide annuire lentamente:
«Giuramelo.»

«Hai la mia parola.» sollevò la destra e la posò sul cuore, per enfatizzare quella promessa «Ora tocca a te…»

«Carmilla, sei sicura di…» Vaggie tentò di intromettersi, ma la donna la bloccò con un cenno imperioso.

«Va bene…» sospirò, versandosi dell’acqua da una caraffa «Sono io la maggior trafficante d’armi di Pentagram City. Ho iniziato raccogliendo le armi che i soldati lasciavano a terra dopo ogni Sterminio. Per i primi tempi, si è trattato solo di questo: puro e semplice sciacallaggio. Naturalmente, non erano pezzi sufficienti ad armare un vero e proprio esercito, ma trovavo comunque acquirenti: per lo più, altri Overlord che desideravano rafforzare le guardie private; proprietari di locali in cerca di facili mezzi di difesa; assassini professionisti, balordi interessati alle risse da bar. Pochi acquirenti, ma abbastanza danarosi. La mia nomea è cresciuta in fretta: ho ricevuto ordini con frequenza sempre maggiore. Non sempre quanto recuperavo dagli Stermini era adeguato. Fortunatamente, ho ricevuto un contatto direttamente dal Paradiso.»

Adam si sporse in avanti, incuriosito:
«Quando? Chi?»

«Circa due anni fa.  Non l’ho mai visto in faccia… o vista. Non so dirti se sia un uomo o una donna. Indossa sempre un mantello nero e una maschera integrale, che gli copre il volto. La voce è metallica, distorta artificialmente. Si fa chiamare Betsaida.»

«Mai sentito.»

«Lui è il trafficante che cerchi. Mi fornisce anche lotti di nuova produzione.»

«Ti è mai capitato di incontrarlo personalmente?»

«Soltanto una volta, forse due. Generalmente, comunichiamo attraverso dei terminali video e solo se strettamente necessario. Non ho altri dettagli da fornirti, sono spiacente. Non mi sono mai interessata alla sua reale identità, dopo tutto… è solo una questione d’affari.»

Annuì, pizzicandosi il dorso del naso:
«Capisco. Ci sono altri rivenditori, oltre a te?»

«Qualcuno, ma sono pesci piccoli. Il grosso delle armi passa dalla mia attività. Non so dirti, comunque, se il pugnale che ha minacciato la tua amica sia stato acquistato da me o presso altri.»

«Che cosa mi sai dire dell’Esorcista ucciso?»

Vide Carmilla abbassare il capo e concedersi un attimo di silenzio. Soltanto lo sguardo rosso si rialzò su di lui, macchiato nuovamente di preoccupazione.
«Promettimi che quanto ti rivelerò non cambierà i termini del nostro accordo.»

«Dipende… forse potrei aggiungere qualche postilla.»

«Intendo preservare la parte che riguarda le mie figlie.»

«Quella rimarrà inalterata» confermò.

«Sono stata io. Ho ucciso io il tuo subordinato.»

 
***
 

Emily frullò le ali, accomodandosi sul divano accanto ad Angel Dust. Spinse in sua direzione un piatto con un paio di ciambelle glassate e dei cioccolatini.

«Non mi sembri molto in forma» mormorò, sporgendosi a studiare il volto del demone. Lo sguardo era sottolineato da profonde occhiaie e il ciuffo bianco era più spettinato del solito; emanava un odore di alcool e fumo, segno che probabilmente non aveva neppure avuto il tempo di farsi una doccia «Posso fare qualcosa per te?»

Lo vide scuotere la testa e stiracchiare le braccia:
«No, ho solo… avuto una lunga nottata. Valentino era piuttosto in forma…»

«Chi è Valentino?»

«Il mio capo. Un vero stronzo. Abbiamo dovuto girare venti volte la stessa scena, perché il risultato non lo soddisfaceva… In realtà, credo l’abbia fatto solo perché si diverte a tormentarmi.» il demone si accasciò contro i cuscini morbidi «Diamine, ho il culo a pezzi.»

«è molto impegnativo, il film a cui stai lavorando?»

«Abbastanza.»

«Di cosa parla?»

«Oh, beh… amh… di un giovane rampollo che viene rapito da una banda criminale. Per pagare il riscatto, decide di… mh… beh… farlo in natura. Capisci?»

«Un thriller! Che bello! Adoro i gialli.» Emily batté le mani, appoggiando il piattino sui cuscini «Sei un attore famoso, giusto? Posso avere un tuo autografo?»

«Ma certo! Sai… di solito, nessuno mi chiede mai un autografo.»

«Ah… e cosa ti domandano? Foto? Dediche?»

«No, più un…Meet and Dick.» Angel si concesse una risatina, poco prima di scorgere Husk in procinto di raggiungerli. Si stese sul divano, allungando le gambe oltre il bracciolo «Troppo tardi, mio caro. Tutti i posti sono occupati.» cinguettò «Dovrai sederti sulle mie ginocchia se…»

«Oh, Husk! Prendi pure il mio posto.» Emily si alzò prontamente con un sorriso, incurante dell’occhiata delusa di Angel «Vuoi una ciambella?»

Il barista scosse il capo:
«No, ti ringrazio… li cedo volentieri a Angel. Sembra abbia un disperato bisogno di zuccheri, quest’oggi…»

«E vuoi essere tu la mia zolletta?» l’attore allungò la destra, accarezzando il bordo delle ali di Husk, che indietreggiò prontamente.

«Sei ubriaco già a quest’ora?»

«Non farmi la paternale, ti prego. Piuttosto, hai qualcosa di forte?»

Husk si sporse per annusarlo:
«Negativo. Sei pieno fino all’orlo. Non ti serve altro alcool. Ti servirebbe un bagno, invece…»

«Uh, è una proposta? Vuoi approfittarne?» canticchiò Angel, poco prima di alzarsi dal divano e sgranchirsi gli arti «Va bene, ho capito. Vado a farmi una doccia, ma quando torno… mi versi da bere. Oh, sempre che tu… non intenda raggiungermi prima. L’invito è sempre valido.» sussurrò, ammiccando e allontanandosi dal salotto a passo svelto.
 
 
***
 
 
Adam stava ancora metabolizzando l’informazione: Carmilla era la responsabile di… tutto! Del contrabbando, ma anche dell’omicidio dell’Esorcista. In circostanze normali, le avrebbe fracassato il cranio con la propria ascia, ma… non poteva certo spingersi a tanto davanti a Charlie, Vaggie e a quell’idiota del Demone Radio. Avrebbe soltanto peggiorato la situazione, e inoltre aveva appena promesso a quella stronza e alle sue figliolette la più completa immunità. Si sarebbe rimangiato volentieri la parola data, ma… eliminare Carmilla in quel frangente non sarebbe servito; anzi, avrebbe soltanto perso un possibile punto di contatto con Betsaida. Si costrinse a sopire la rabbia: strinse i pugni, fino a far sbiancare le nocche; si morse il labbro inferiore e si obbligò a respirare a fondo.

«Perché?» ringhiò.

«Ha quasi ucciso le mie figlie.»

«Beh, stava facendo il suo dovere!» sbatté la destra sul tavolo, scattando nuovamente in piedi «Fanculo!»

«Si è trattato di semplice difesa.»

«E da quando voi peccatori avete il diritto di difendervi?» ironizzò, pizzicandosi l’attaccatura del naso e cercando recuperare la concentrazione «Come detto, aggiungerò una postilla al nostro accordo. Non cambierò nulla di quanto stipulato, anche se – credimi! – sono davvero tentato.» fissò Carmilla, sostenendone lo sguardo «D’ora in avanti, ogni attività legata al commercio illegale di armi benedette deve cessare. Non mi importa quante ne hai promesse, quante ne hai in magazzino o quelle in pronta consegna. L’attività è sospesa.»

«Ma… è l’unico mio profitto!»

«Non mi interessa. Trovati un altro lavoro. O contrabbanda tazzine di ceramica, quelle non fanno male a nessuno» ironizzò, dondolando il capo «Se Betsaida dovesse farsi vivo, contattaci immediatamente.»

«è tutto?»

Adam annuì:
«Se mi verrà in mente altro, te lo farò sapere e…» spostò l’attenzione dagli astanti al resto della stanza: i muri perforati, i vetri in frantumi, i cocci del vaso e del quadro sparsi sul pavimento… li indicò, con aria solenne «Per quello, beh… Manda pure il conto a Lucifer, paga lui.»

 
Angolino:
Buonasera!
Mi scuso per la lentezza nell'aggiornare,  ma il periodo è un po' pieno di impegni... però cerco sempre di trovare un angolino per scrivere; ci metto un po', ma pian piano vado avanti <3
Innanzi tutto, voglio ringraziarvi tantissimo... a voi che seguite e leggete questa storia, grazie di cuore! Lo ripeto spesso, ma vi sono davvero riconoscente per il supporto, i consigli, i piccoli gesti come mettere la storia tra le seguite / preferite.  Grazie <3
Tornando al capitolo... Carmilla è stata difficilissima da scrivere ç_ç e così anche Angel, ma volevo tantissimo avesse un suo momento con Husk *__*
Metterò sicuramente altre scene dedicate a loro, spero soltanto di riuscire a migliorare nella stesura di questi due personaggi, splendidi ma complessi. *_*

*Lancia ciambelle*

E'ry

 
 

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Capitolo 13
*** Rendez-vous ***


13. Rendez-vous

L’orologio della torre segnava le due e mezza precise. Era leggermente in anticipo, ma confidava che Lute non si sarebbe fatta attendere. Aveva convinto Emily a rimanere all’Hotel, affinché potesse supervisionare le attività di redenzione. Charlie gli aveva dato manforte, coinvolgendo la serafina nel programma del pomeriggio.
Quando Emily gli aveva chiesto dove fosse diretto, aveva agitato la destra con noncuranza: “Su di qui, giù di là” aveva abbozzato, aggiungendo un “Voglio sgranchirmi le gambe e curiosare in giro. Magari questo posto… non è poi così orribile come credo” aveva mentito.
La collega si era mostrata ovviamente entusiasta di questa sua apertura mentale nei confronti di Pentagram City. Si era bevuta quella bugia con facilità, augurandogli anzi una buona passeggiata.
Si era infilato il mantello, ben attento a celare ali e aureola e si era diretto a passo svelto verso l’Ambasciata.

Adam raggiunse il portone e schise il battente per scivolare all’interno. Il familiare odore asettico lo accolse; l’ambiente era invariato: l’ampio corridoio, le poltroncine azzurre, il bancone con il campanello. Si avvicinò e suonò. Una porta, alla propria sinistra, si aprì automaticamente e lui si affrettò a superarla.

Si ritrovò nella consueta sala riunioni. Scostò una seggiola e si accomodò, dopo aver abbassato il cappuccio.
Lute non si fece attendere; dopo pochi minuti, la sua figura comparve all’altra estremità del tavolo.

Le rivolse un sorriso:
«Ehilà, stronza!» esclamò, rifilandole un dito medio «Come te la passi?»

La donna non aveva un bell’aspetto: gli occhi erano sottolineati da occhiaie profonde, e i capelli arruffati incorniciavano un viso più stanco del solito. Le sue mani stringevano un foglio spiegazzato.
«Non ho buone notizie…»

«Probabilmente nemmeno io…» si strinse nelle spalle «Lavoro a parte, come stai?»

«Bene, insomma… un po’ sotto stress.»

«Ti manca il tuo capo?» inscenò un sogghigno orgoglioso.

«Ora non esagerare. Quando ci sono di mezzo diplomazia e burocrazia, non sei più utile di un fermacarte.» Lute ciondolò il capo e si sporse sul tavolo perché potesse osservare la pergamena su cui aveva appuntato alcune cifre «Sono i numeri delle armi scomparse dai nostri magazzini. Come vedi, si tratta di lotti sia vecchi che nuovi. Purtroppo, non ho scoperto molto altro: ho ispezionato personalmente le camerate delle ragazze, ma non ne ho cavato un ragno dal buco. Le ho osservate in questi giorni, ho studiato i loro comportamenti, e non è emerso niente di sospetto. Ho scovato soltanto il diario segreto di Bikini. Sapevi che aveva una cotta per te?»

«Davvero?»

«Diamine, sì! Non te ne eri accorto?»

Lute si concesse un sorriso al cogliere la sua espressione stupita. Solitamente, Adam era attento ai segnali che il genere femminile gli lanciava. Indubbiamente, era di bell’aspetto. Per essere il Primo Uomo, Dio aveva fatto un buon lavoro, almeno esteticamente. Caratterialmente, beh… era praticamente un prototipo: mai stato bambino, mai ricevuto un’istruzione o un’educazione di qualsivoglia genere. Era passato dall’essere il favorito di Dio, al vedersi cacciare dall’Eden in meno di ventiquattro ore… e tutto per colpa di una stupida mela. E di Lucifer. A causa di quest’ultimo, aveva perso entrambe le compagne: create perché potessero affiancarlo per la vita, gli avevano repentinamente voltato le spalle. E poi c’era stata quella brutta faccenda dei figli…
No, indubbiamente la vita terrestre di Adam non era stata idilliaca; alla fine, quando era morto, si era ritrovato trasportato in Paradiso. Perché? Non lo sapeva nemmeno lui: sospettava fosse semplicemente perché era il Primo Uomo. Tutto quello che aveva appreso, era avvenuto dopo la sua ascesa nel Regno dei Cieli: dall’imparare a leggere e scrivere, a far di conto, a combattere e maneggiare il potere angelico. Per tacere del volare: all’inizio, era così incapace aveva persino abbattuto il Sacro Pesco della Celestiale Saggezza, nel giardino di Sera. Ora ne rideva quando lo raccontava, ma all’epoca doveva aver passato un brutto quarto d’ora con l’Alto Serafino.

Nonostante tutto, nel corso dei secoli era riuscito a farsi strada in Paradiso; a ricavare una nicchia tutta per sé, dove coltivare i propri svaghi, il lavoro e… amicizie? Non poteva dire d’averlo mai visto in compagnia di qualcun altro. Certo, c’era la band, i concerti rock, le fans in delirio, le Esorciste e poi lei, Emily e Sera… ma c’era qualcuno che gli stesse veramente accanto? Non avrebbe saputo rispondere.

Eppure, era difficile che si lasciasse cogliere impreparato quando una ragazza mostrava interesse: cercava di agganciarla con qualche battuta sagace, di mostrarsi irriverente e spiritoso; tentava di raccogliere ogni spunto possibile di conversazione, di metterla a suo agio, di farla sentire desiderata e… anche fortunata, ovvio: insomma, era pur sempre il Cazzo Originale, no? In quante potevano vantarsi di aver sperimentato il primo uccello mai creato? Generalmente, questi incontri finivano quasi sempre con una scopata occasionale: soddisfacente per entrambe le parti, ma decisamente poco utile nella costruzione di un rapporto duraturo. Adam cercava sempre le ragazze con cui era stato, il giorno dopo: e nonostante quasi tutte fossero ben disponibili a infilarsi di nuovo tra le sue lenzuola, difficilmente poi rimanevano nella sua vita.

In ogni caso, non era mai andato a letto con una Sterminatrice: era una sorta di codice che si era autoimposto e che rispettava rigidamente; probabilmente, temeva che una relazione sul posto di lavoro potesse portare a un calo di rendimento generale. L’ultima cosa che voleva era trovarsi nei guai per essersi scopato una subalterna; Sera indubbiamente non l’avrebbe visto di buon occhio. E se avesse poi optato per sostituirlo?
Quindi, le speranze di Bikini erano comune vane: oltre a non aver capito un cazzo del legame che intercorreva tra la luogotenente e Adam, non sarebbe comunque riuscita ad avere un rapporto intimo con lui.

«Luuuuuteeee…»

Un canticchiare la strappò a quei pensieri, riportandola alla realtà.

Adam la stava fissando, incuriosito:
«Mentre eri su un altro pianeta, ho dato un’occhiata ai dati. Beh… Cazzo, abbiamo pestato una bella merda!»

«Lo so. A tal proposito, vorrei parlarne con Sera.» vide l’espressione di lui incrinarsi nel dubbio, ma continuò «Non possiamo tenerle nascosto un ammanco simile; se lo scoprisse da sola, potrebbe essere peggio.»

«E se fosse coinvolta?»

«Ho pensato anche a questo, ma se così fosse… non credo avrebbe mandato Emily all’Inferno, in barba alla volontà del Concilio Angelico. Tiene sinceramente a Emily, lo sai. Non farebbe nulla per metterla in pericolo. Inoltre, ha avvallato gli Stermini tanto quanto noi. Perché dovrebbe fornire armi ai peccatori?»

«Denaro?»

«Oh, ti prego! Caga soldi dal buco del culo, quella.»

Adam si massaggiò le tempie, riflettendo: la collega aveva ragione. L’idea di coinvolgere l’Alto Serafino non lo faceva impazzire di gioia, ma che alternative avevano? Sera, prima o poi, sarebbe venuta a conoscenza dell’accaduto. Avrebbe potuto scagliarsi contro di loro, accusandoli di aver taciuto o di essere addirittura complici di un crimine del genere? Come scenario era plausibile. Occorreva passarle l’informazione quanto prima.

«D’accordo» acconsentì, infine «Te ne occupi tu?»

«Le chiederò un confronto appena possibile.»

«Fantastico. Altre liete novelle?» chiese, sarcastico.

Vide l’amica annuire:
«Potremmo diventare zii a breve.»

«Cosa? Che cazzo stai dicendo?»

«Bra…»

«è incinta?!»

«No, spero di no. Voglio credere che prenda tutte le precauzioni, ma se così non fosse… beh, sei avvisato.»

«Oh, fanculo! Chi è il fortunato?»

«San Pietro.»

Adam sgranò gli occhi e quasi si strozzò con la saliva. Tossì, schiarendosi la voce:
«Cosa?! Quel cesso a pedali?!» esclamò, incredulo «Diamine, Lute… Bra è una gnocca fotonica, come fa a stare con quell’idiota dal cazzo moscio quanto una lumaca?»

«Li ho beccati in magazzino, mentre indagavo. Sono entrati da una finestra e si sono messi a …»

«Ti prego!» sollevò la destra, come a bloccare quella descrizione «Posso immaginare… non mi serve un resoconto approfondito.»

«Questo è tutto. Veniamo a te, hai notizie?»

Annuì, soddisfatto della domanda. Parlare delle recenti scoperte lo avrebbe sicuramente aiutato a distrarsi da quell’orribile visione: San Pietro, quell’esserino pallido e molliccio, si ripassava una delle sue ragazze migliori. L’amore era evidentemente cieco!

Prescriverò a tutte un controllo oculistico, non appena tornerò.

«Si, dunque… anche io non ho buone nuove. Ho intercettato la maggiore trafficante d’armi di Pentagram City. Carmilla Carmine… e sai quale è la cosa divertente? È stata questa stronza ad uccidere la nostra subalterna, lo scorso sterminio.»

«Cosa?!» colse Lute stringere nervosamente i pugni e scattare in piedi «L’hai ammazzata, vero? Quella puttana… come ha osato…»

«Calmati, Tette Pericolose. Capisco e condivido i tuoi sentimenti, ma purtroppo ho dovuto optare per un’altra via.» sospirò, appoggiando il viso nel palmo della destra «Ho barattato la sua immunità e quella delle figlie in cambio di informazioni. Non fare quella faccia schifata, Lute! Non avevo altra scelta. Credi non avrei preferito incenerire quelle tre stronzette? Ovviamente. Però, una scelta simile avrebbe avuto… ripercussioni non indifferenti: avrei dovuto vedermela con Morningstronz e Alastor il demone Jukebox…» sogghignò al notare l’espressione interrogativa di lei «Un totale coglione, ma abbastanza potente da crearmi rogne; e naturalmente la nostra cara Vagina. Per tacere di Emily e Sera, che non credo avrebbero gradito se avessi mandato a monte quest’indagine idiota. Comunque…» si strinse nelle spalle «Ho scoperto che Carmilla non è l’unica trafficante d’armi dell’Inferno, ma è la maggiore. Gli altri, a detta sua, sono pesci piccoli su cui non val la pena investire del tempo.

Inizialmente, raccattava solo le armi che smarrivamo o abbandonavamo durante gli Stermini. Poca roba, quindi… ma a quanto pare, da due anni a questa parte, ha un nuovo contatto. Dice di non averlo mai visto in viso, e la voce è tanto distorta e metallica essere completamente anonima. Non sa se sia un uomo o una donna, ma si fa chiamare Betsaida. è lui… o lei… insomma, il cazzo che è… comunque, è Betsaida a fornirle le armi. è il contrabbandiere che cerchiamo.

Questo è tutto ciò che so. Ho imposto a Carmilla l’assoluto divieto di smerciare ancora armi angeliche, e le ho detto di contattarmi, qualora Betsaida si rifacesse vivo.»

«La diplomazia non è il tuo forte, ma ammetto che questa volta mi hai stupito.» Lute gli rivolse un sorriso ammirato «Betsaida.. il nome non mi dice nulla, ma terrò occhi e orecchie ben aperte, nel caso dovesse spuntare da qualche parte» esclamò pensierosa, virando poi il discorso «Come va la tua ferita?»

Sollevò la sinistra, il palmo ancora fasciato.
«Meglio. Non si è ancora rimarginata, ma brucia decisamente meno ed ha smesso di sanguinare. A quanto pare, nemmeno Lucifer riesce a sanare queste.»

«Fai attenzione con lui. Non c’è da fidarsi.»

«Lo so, non preoccuparti. È solo… un povero idiota che stravede per la figlia.»

All’improvviso, si udì un tonfo ovattato provenire dall’esterno della stanza. Adam aggrottò la fronte, alzandosi di scatto. Si calcò nuovamente il cappuccio sul capo, nascondendo l’aureola.
«Incontro finito. Prossimo aggiornamento: tra tre giorni, stessa ora!» salutò frettolosamente, mentre Lute ricambiava il suo cenno e scompariva nel nulla.
 

***
 

Ernesto lo Svelto si staccò rapidamente dal battente e indietreggiò con un rapido salto. Essere un demone canguro aveva indubbiamente i propri vantaggi: si spinse con le possenti zampe, scattando a tre metri dalla porta e si accucciò prontamente su uno dei divanetti. Lasciò ciondolare la lunga coda oltre uno dei braccioli e finse di dormire.

Non dovette attendere molto: l’uscio si aprì con un sibilo e dei passi affrettati si mossero nel corridoio.

«Ronff… ronff…» mimò con le labbra, ma questa recita non scoraggiò l’estraneo.

Si sentì afferrare per una spalla e tirare bruscamente in piedi. Stropicciò le palpebre e stiracchiò le braccia, fingendo un lento risveglio. Lo sconosciuto lo scrollò malamente.

«Che cazzo ci fai qui?!» ringhiò una voce affilata.

Riaprì gli occhi, trovandosi a fissare uno sguardo dorato appena visibile da sotto un largo cappuccio nero. Il volto possedeva dei tratti sorprendentemente umani: carnagione chiara, capelli castani e una bocca priva di zanne. Anche la mano stretta attorno al suo braccio non possedeva artigli, né squame o pollici aggiuntivi.

«Io… io…» balbettò, sentendosi nuovamente strattonare. Congiunse i palmi, in una muta supplica «Non sapevo dove andare e… ho trovato aperto. Ero stanco, volevo soltanto dormire un po’.»
L’uomo lo gettò al suolo, con disprezzo. Ernesto rotolò per qualche metro, prima di schiantarsi contro una poltroncina.

Si rannicchiò, stringendo le ginocchia al petto:
«è casa tua? Non lo sapevo. Non era mia intenzione, io…»

«Che cazzo sei? Un ladro? Un assassino in cerca di un buon nascondiglio?» un calcio lo raggiunse al fianco «Rispondi, feccia! Perché sei qua?»

«Te l’ho detto, cercavo un posto tranquillo dove riposare. Non sapevo che… fosse di qualcuno.»

«Mi prendi per il culo? Vuoi farmi credere che non sai dove ti trovi?»

«è… la tua dimora? Oh, no.. un albergo? Un bordello?» un’altra pedata lo colpì negli stinchi, con quasi più enfasi della precedente «Non ho denaro! Non voglio rubare, sono solo un senzatetto… Ah, signore! Pietà, pietà!»

Vide la figura stendere la destra in sua direzione, il palmo ben aperto e le dita rigide.

«Hai dieci secondi per convincermi a non farti saltare le cervella.»

Ernesto si rammaricò di non essere stato abbastanza veloce nel fuggire, poco prima. Credeva che spacciarsi per un clochard fosse una buona idea, e che gli avrebbe permesso di scoprire a chi appartenevano le voci che aveva sentito provenire dalla stanza laterale. Ora, invece, non era più così sicuro d’aver preso la scelta giusta.
Si trascinò carponi, prostrando il viso a terra.

«Pietà, pietà.» ripeté, mentre il terrore lo assaliva.

«Nove…»

«Ah, perdono, mio buon signore…»

«Otto…»

«Ho una famiglia!» gridò disperato «Due figli a carico, la loro madre è morta durante l’ultima Epurazione. Non hanno altro che me.»

«Ah si? Hai appena detto di essere un senzatetto. Lasci che i tuoi bambini vivano sul marciapiede? Pff… che padre esemplare! Sette!»

«Sono con la nonna!»

«Ma… come? Fino a poco fa, hai detto che non avevano nessun altro al mondo. Beh, se sono con la nonna… sicuramente non sentiranno la tua mancanza. Sei.»

Ernesto tremò da capo a piedi. Per un attimo fu tentato di vuotare il sacco: i Vees lo avevano incaricato di piantonare l’Ambasciata Celeste e riferire qualsiasi movimento sospetto in quella zona. Forse, se avesse raccontato la verità, l’estraneo lo avrebbe lasciato andare. Oppure gli avrebbe fatto saltare le cervella in un attimo. Allungò la destra, afferrando un lembo del mantello nero e posandovi le labbra. L’uomo si ritrasse immediatamente.

«Che cazzo stai facendo?! Non sono il tuo santo protettore. Il tempo passa, ratto di fogna! Cinque.»

«Sono un canguro…»

«Quattro.»

«Ti prego, ascoltami!» scoppiò in singhiozzi «Ero una brava persona, in vita. Te lo giuro.»

«E come mai sei all’Inferno? Tre.»

«Ero un onesto lavoratore. Avevo una sposa che adoravo e due bambini bellissimi. Mia moglie morì di tisi e io annegai il dispiacere nell’alcool e nel gioco d’azzardo. Persi tutto ciò che avevo. Mi ritrovai sul marciapiede da un giorno con l’altro, insieme ai miei figli. Non sapevo che fare… ero disperato. I ragazzi erano piccoli, avevano tre e cinque anni. Soffrivano la fame e il freddo. Non ebbi altra scelta che rubare, per poterli proteggere e sfamare. Quando mi sorpresero, venni arrestato e loro finirono in orfanotrofio. Non li rividi mai più.

Uscii di prigione anni dopo, ma ero un uomo finito. Nessuno voleva avere a che fare con me. Ritornai a vivere in strada e a rubare. Un giorno, tentai di scippare un anziano. Il vecchio cadde, batté la nuca e morì. Fu un incidente!»

«Fu colpa tua! Due.»

«Lo so, lo so!» Ernesto si prese la testa tra le mani con rabbia «Non riuscii a sopportare il peso dell’omicidio e così mi gettai nel fiume.»

«Una gran bella collezione di peccati, non c’è che dire. Spaziamo dalla ludopatia, all’alcolismo, passando per l’abbandono, il furto, l’assassinio e il suicidio. Ti manca solo il “desiderare la donna d’altri” e poi hai fatto jackpot! Credo siamo arrivati all’Uno. Il tempo è decisamente scaduto.»

Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi e chinò il capo:
«Lo so. Mi dispiace. Merito di essere qui.» sussurrò, fissando il pavimento «Avrei voluto essere una persona migliore… un padre migliore. Avrei fatto qualsiasi cosa per i miei ragazzi! Non so neppure dove siano, ora: ovviamente non sono qui, né con una fantomatica nonna. Non so che fine abbiano fatto: avranno trovato una famiglia che li ha adottati? O saranno rimasti in orfanotrofio fino alla maggiore età? Saranno rimasti uniti, come fratelli? Oppure avranno litigato e preso le distanze l’uno dall’altro? Li ho cercati a lungo, sai? Sono felice di non averli trovati quaggiù. Forse, però… non sono a Pentagram City, ma altrove. Oppure sono in Paradiso. Io spero sia così… che siano tra i Vincitori, che abbiano dimenticato il loro sciagurato padre e possano finalmente essere felici.» tirò su col naso «Hai figli tu? Ne hai avuti, quando eri vivo? Indubbiamente… sarai stato un genitore più capace del sottoscritto.»

Una bella storiella, non c’è che dire. Dovrei davvero iscrivermi ad un corso di recitazione, perché come attore sarei fighissimo. Si sussurrò Ernesto Ah, che grande rammarico. Un talento come il mio… sprecato! Presto morirò. Quale grande artista perisce con me! Continuò, aspettando il colpo fatale, che però non giunse.

Sollevò lo sguardo, cercando il volto dell’estraneo. L’uomo appariva confuso: gli occhi dorati avevano assunto una sfumatura malinconica e le labbra erano storte in un sorriso amaro. La mano, ora stretta a pugno, era ricaduta inerte lungo il fianco.

Se ne esco vivo, devo chiedere un aumento! Pensò, prima di domandare:
«Signore?»

«Vattene!» la voce dello sconosciuto appariva vuota, apatica… come se avesse perso tutta la propria baldanza e strafottenza «Vai via.»

Ernesto non se lo fece ripetere due volte. Si rimise in piedi e in quattro balzi raggiunse la porta dell’Ambasciata. Scivolò all’esterno e richiuse il battente alle proprie spalle, appena in tempo per sentire l’uomo mormorare al nulla:
«Mi sto rammollendo. Questo posto ha una cattiva influenza su di me.»

 
***
 

Velvette non nascose la sorpresa quando Betsaida accettò la chiamata. Non era mai accaduto prima d’ora. Solitamente, era sempre lui a ricontattarli.
Vox aveva immediatamente passato il video sul largo teleschermo del salotto e si era accomodato sul divano, cedendo a lei la parola.

«Sono colpita! È la prima volta che rispondi per tempo.»

«Potrebbe anche essere l’ultima, ragazzina. Cosa vuoi?» gracchiò la solita e anonima maschera nera.

«Abbiamo degli aggiornamenti che forse potrebbero interessarti.» un cenno del capo altrui la spinse a proseguire «Dopo il nostro ultimo incontro, abbiamo pensato fosse opportuno prendere delle contromisure. Abbiamo sguinzagliato alcuni uomini di fiducia per la città: a turno, tengono d’occhio l’ingresso dell’Hotel, le vie principali di Pentagram e, naturalmente, l’Ambasciata Celeste. Inoltre, Vox ha telecamere sparse per quasi tutta la città. Non è stato difficile, quindi, individuare una figura ammantata e incappucciata uscire dall’Hazbin, questo pomeriggio. Gli informatori l’hanno seguita fino all’Ambasciata.»

«Bene… dunque? Avete solo fatto i compiti, da bravi scolaretti. Qualcosa d’altro?»

«Uno dei nostri si è infilato nell’Ambasciata e ha avuto… un incontro ravvicinato con uno degli angeli. O, almeno, supponiamo sia così. È tornato poco fa, visibilmente scosso, ma con un carico di notizie preziose: ha intravisto un volto umano, sotto il cappuccio. Capelli castani, occhi dorati, carnagione chiara. Ha riferito che l’uomo ha tentato di ucciderlo, ma si è impietosito davanti ad una storiellina strappalacrime.»

«Quell’idiota di Ernesto ha chiesto un aumento!» interruppe Valentino, accavallando le lunghe gambe «Gliel’ho corrisposto… in randellate!»

Betsaida agitò la destra, visibilmente seccato da quella interruzione.

Velvette si affrettò a continuare:
«Ernesto, appunto… è riuscito ad origliare parte della conversazione che si è tenuta in una stanza privata, tra l’angelo e una donna, di cui ha colto solo la voce. A quanto pare, li ha sentiti fare il tuo nome, quello di Carmilla e poi parlare di un prossimo incontro, alla stessa ora e tra tre giorni.»

«Questa… è una notizia interessante!» confermò la voce metallica, tradendo un’allegria perversa «Quindi, in qualche modo sono venuti a conoscenza del mio legame con la Carmine. Poco male; non sono preoccupato, anzi… forse potrei volgere questa cosa a mio favore. Veniamo a noi! Credo sia ora di mettervi al corrente delle identità degli angeli.»

I tre Vees si sporsero contemporaneamente in avanti, fissando lo schermo, come ipnotizzati. Betsaida congiunse le mani guantate sotto al mento.

«L’uomo dai capelli castani è Adam. Sì, quell’Adam. Il comandante degli Esorcisti. La giovane serafina che avete visto nello scorso video, si chiama Emily. È la protettrice della serenità, della gioia, della speranza e dell’indulgenza. Sono entrambi pezzi grossi, da queste parti, ma lei… è decisamente potente. Faccia da televisore!»

«Mi chiamo Vox.»

«Come ti pare. Volevi che gli angeli lavorassero per voi, giusto? Beh, non avrai occasione migliore di questa. Tra tre giorni, si recheranno nuovamente all’ambasciata. Farò in modo di raggiungervi per tempo. Prepareremo una trappola. Sarebbe ottimale se riuscissimo a sequestrarli entrambi, ma se così non fosse… ricordatevi che la ragazza è prioritaria. Ha più potere lei nell’unghia del suo mignolo che quell’altro imbecille con le ali da canarino. Il fatto che non lo sfoggi in pubblico, non significa che non possa essere sfruttato a dovere.» si concesse una pausa. I Vees pendevano dalle sue labbra «Io posso aiutarvi nella cattura, ma poi sarà compito vostro capire come spingerli o… obbligarli a collaborare. Tenete a mente questa cosa: con la leva giusta, Emily sarà relativamente semplice da piegare. È compassionevole, generosa e altruista. L’altro invece… è un perfetto idiota, ma penso possiate intuirlo: un pallone gonfiato, pieno di sé e orgoglioso. Non si lascerà domare facilmente; si spezzerà, piuttosto che sottomettersi.»

«Quindi…»

«Come ho detto, puntate a Emily. Adam può essere una buona merce di scambio, qualora fosse necessario. Se il Paradiso scoprirà che avete rapito due angeli, non resterà con le mani in mano. Potete scommettere il vostro maledetto culo che farà di tutto per riprenderseli.»

«Non è molto incoraggiante come prospettiva…»

«Volete il potere sull’Inferno o no?»

«Sì, certo! È solo che…»

«Stai tremando, signor Tubo Catodico?»

«Mi chiamo Vox! Non ho paura, anzi... non vedo l’ora! Finalmente potrò sbatterlo in culo a quello stronzo di Alastor!» la sola idea fece brillare lo schermo azzurro del demone «Dunque, nel mentre come ci muoviamo?»

«Studiate un piano d’azione per colpire l’Ambasciata Celeste mentre quei due sono dentro. Capite come bloccarli e tagliate ogni possibile via di fuga. Al resto penserò io.»

«Bene, e per quanto riguarda la tua venuta?»

«Arriverò per tempo, non preoccupatevi. Ora devo allontanarmi. Ci vediamo tra tre giorni.»

Lo schermo sfarfallò.
Betsaida scomparve dal monitor.

 
Angolino: Buonasera!
Un piccolo aggioramento di domenica pomeriggio, perché son chiusa in casa ad ascoltare un noiosissimo corso online...
Non sapevo bene come impegnare il tempo davanti al pc, quindi... mentre il relatore parlava, ne ho approfittato per scrivere *_*
Non vedevo l'ora di buttare giù questo confronto Lute-Adam / Vees-Betsaida. Adam da appuntamenti di tre giorni in tre giorni, ormai... come il mio dentista XD

Grazie, come sempre,  delle recensioni e dei consigli *__*

E'ry


 

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