Tu sarai una vera lady

di Adelhait
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio ***
Capitolo 2: *** Giorno ***
Capitolo 3: *** Due fratelli ***
Capitolo 4: *** Primo incontro. ***
Capitolo 5: *** Questi non sono modi da vera lady. ***



Capitolo 1
*** Inizio ***


e Tu sarai una vera lady e

 

 

Inizio


 

Come si dice?

Dalle stelle alle stalle.

Beh, veramente è il contrario di ciò ch’è capitato a me.

Infatti, la mia storia ha inizio così, da una semplice, rozza, povera ragazza di un quartiere periferico di un’immensa metropoli, che incontra un ragazzo dell’alta società.

Ora vi chiederete, questa è la classica storia di Cenerentola…beh, un po’ lo è, anche se al contrario di lei io sono una ragazza molto testarda, e sottolineo molto.

Ma sono anche piuttosto orgogliosa.

Sapete a quel tempo la mia vita scorreva così, tra giornate di duro lavoro, bollette da pagare, affitti arretrati, infatti, il padrone di casa ha sempre preteso la mia testa…e la fame.

Lo so che quest’ultima parola stoni, specialmente se si abita in un paese industrializzato ma, ahimè, io ho sofferto per molto tempo la fame.

Alcune volte ero costretta a chiedere un po’ di riso alla mia vicina, perché i soldi non bastavano mai…soldi, maledetti soldi.

Però, anche se loro erano carenti io ero felice lo stesso, perché nel quartiere dove abitavo mi sentivo bene, la gente anche s’era povera in canna sapeva sorridere alla vita.

Sì, io lo dico sempre bisogna sorridere, anche se il mondo sta per crollarci addosso.

Ma ora bando alle ciance e via con il racconto.

***

È l’alba di un nuovo dì, fa ancora freddo, io mi rotolo nel letto con il mio vecchio piumone blu, quando quella maledetta sveglia trilla come un’ossessa come a dirmi.

Su pelandrona è ora di alzarsi devi andare a lavorare.

Allungo una mano verso il comodino sbilenco e l’afferrò con rabbia, ottimo sono già nervosa a prima mattina.

L’avvicino al mio viso assonnato, dove solo l’occhio destro si apre, l’altro non vuole proprio aprirsi.

Sbuffo.

-Che rottura, vorrei dormire ancora un pochettino. Ma quando arriva la domenica?-.

Che bella domanda…facendo bene i calcoli oggi è mercoledì, quindi mancano ancora altri tre giorni di lavoro.

Di duro e snervante lavoro.

Sospiro rassegnata, tolgo il piumone da sopra la mia testa e mi metto a sedere, mi stiracchio e sbadiglio piuttosto rumorosamente.

Mi gratto la pancia e mi guardo un po’ in giro, osservo la mia stanza…allora di fronte a me c’è il vecchio armadio laccato bianco.

Bianco? Un tempo lo era…ora lasciamo perdere.

Ha un’anta scassata, infatti, bisogna fare attenzione, quando si apre perché rischi di rimanere schiacciato sotto il suo peso.

Poi mi soffermo sulla scrivania e libreria incorporata, dove vi sono una quantità di libri famosissimi…scherzo.

Ma manga e riviste si possono catalogare come libri? No, credo proprio di no.

Poi osservo la mia vecchia poltrona di tessuto rosso, ormai sbiadito che amo alla follia, dove capeggia un bellissimo cuscino di raso rosa, rammentato in più parti, colpa del mio vecchio gatto Patù.

Lo so che ha un nome stupido, ma che volete farci non ho molta fantasia con i nomi.

Ora passiamo alle pareti, sono bianche con qualche poster…ho detto qualche?

Diciamo una ventina, ma sono poster mimetici, cioè nascondono le numerose chiazze di muffa.

Metto i miei piedi nudi a terra e con molta dolcezza esclamo.

-Porca pupazzola che freddo!-.

Mi alzo, anche se un po’ barcollo, mi dirigo verso lo specchio posto accanto alla porta e dico.

-Buongiorno Rin!-.

Mi osservo ben bene, e noto che come sempre i miei capelli neri sono arruffati.

Ma che volete farci nel sonno sono un piccolo terremoto, infatti, alcune volte mi ritrovo a dormire a terra perché sono cascata giù dal letto.

Povero Patù, quante volte l’ho schiacciato.

Ma ora devo sbrigarmi, infatti, dico.

-Devo andare al mercato se no, quell’orco del capo mi lincia viva-.

Apro la porta e veloce mi dirigo verso il bagno, spero che ci sia l’acqua calda come detesto fare la doccia fredda.

Però non vi ho detto una cosa, io sono un’orfana di diciotto anni, non ho nessuno che badi a me.

Ma dopotutto non mi è mai importato molto, anche se viviamo in una società guidata da esseri sovrannaturali.

Youkai.

 

 

_________________

Eccomi ad iniziare una nuova fanfiction nata dalla mia mente malata e contorta XD.

Cosa ve ne pare?

So che l’inizio e misero, ma presto faranno la loro entrata anche gli altri personaggi. Un grosso bacio a chi leggerà e a chi recensirà ^^.

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Capitolo 2
*** Giorno ***


Giorno

 

 

-Mamma che freddo-.

Esclamai, mentre uscivo di casa…beh, uscire alle sei e mezza del mattino alla fine dell’inverno è logico avvertire freddo.

Mi strofinai le braccia ben bene, anche se avevo indosso una vecchia giacca a vento marrone un po’ rovinata, riuscivo lo stesso a sentirlo.

Chiusi la porta con la chiave e la misi nel mio zainetto nero.

-Ora a lavoro…uffa, che freddo-.

Intanto avvertivo il mio povero pancino brontolare.

Brontolare?

Veramente mi stava mandando un sacco di maledizioni, perché la sottoscritta non l’aveva riempito abbastanza...ora vi starete chiedendo il perché, giusto?

Ebbene, non avendo mai e dico mai un becco di un quattrino in tasca, non ho cenato e neanche fatto colazione.

-Mammina mia che fame-.

Sussurravo, mentre ponevo una mano sul ventre a massaggiarlo.

-Su, su non fare così…aspetta un altro po’, quando arriviamo al mercato rubo una bella mela e una banana così ti faccio tacere…così non rompi più le scatole-.

Camminavo tra le vie ancora deserte, di tanto intanto incontravo i corrieri che scaricavano i quotidiani alle edicole, ed io furba mi avvicinavo e facendo delle moine da gatta morta riuscivo ad avere un giornale gratis.

Che brava bimba che sono.

Camminavo con il mio bel quotidiano sotto braccio, quando passai di fronte la vetrina di un negozio di alta moda.

Mi fermai ad osservarla con occhi sognanti.

-Versace, Armani…che abiti meravigliosi, come vorrei essere ricca-.

Mi trovai a fantasticare, quando il rumore di un camion del trasporto del pane mi fece sobbalzare facendomi destare dal mio meraviglioso sogno.

-Su Cenerentola al lavoro se no, l’orco cattivo ci sbrana-.

Mi misi a correre a più non posso, ero davvero in ritardo e quell’essere era davvero odioso verso i ritardatari.

Presi una bella scorciatoia tra i vicoli puzzolenti, dannati spazzini, ma perché non pulite lì!

Povero il mio nasino alla francese…sì, alla francese mi viene da ridere di fronte a questa bizzarra affermazione.

Sto per arrivare, intanto salto un paio di bidoni dell’immondizia facendo sobbalzare qualche cane randagio ch’era intento a fare colazione, beato lui.

Ma credo che lo spavento che gli ho fatto prendere non sia stato di suo gradimento, infatti, mi ha inseguito come un ossesso per tutto il tragitto abbaiando a più non posso.

Però devo ringraziarlo mi ha fatto arrivare appena in tempo al lavoro, anche se il mio pantalone mi è strappato alla caviglia.

Poveri jeans neri stinti…beh, pazienza.

-Rin finalmente sei arrivata!-.

Mi giro e vedo che a gridare è il mio compagno di lavoro Kohaku, un ragazzo di diciannove anni con capelli castani legati in un codino, occhi del medesimo colore e qualche lentiggine sul naso.

Infatti, questa caratteristica lo rende molto bambino.

Sorrido, mentre lui si avvicina e mi dà la sua solita pacca sulla schiena, facendomi quasi piegare…dovrebbe anche capire che sono una donna e che non sono un uomo robusto, quindi mi posso far male, ma credo che il suo cervello sia rimasto molto indietro.

-Brava Rin…allora dimmi come hai fatto ad arrivare in tempo?-.

Mi dice, mentre continua a darmi pacche sulla schiena, se non la smette prendo una cassetta di melanzane violette e gliela tiro in testa.

-Ho fatto la gara con un bel cagnone…ecco come…-.

Dico, mentre il cretino continua la sua opera.

-Umh, ma che brava la nostra Rin-.

Mi dice ridendo, io ormai al limite della sopportazione mi scosto e gli dico.

-Certo che sono brava, ma se continui così tra un po’ mi ritroverò la spina dorsale sul d’avanti…pezzo di scemo-.

-Oh, ti ho fatto male?-.

Mi dice, mentre sul suo si dipinge un sorriso da ebete, io sospiro rassegnata e non gli rispondo perché se no lo mandavo a quel paese, ed essere volgare a prima mattina non mi sembrava bello.

Sospirando mi dirigo verso il capannone dove ripongo la mia giacca nel mio armadietto sgangherato, prendo il mio bel grembiule, bello?

È più bello un sacco dell’immondizia, comunque dicevo…prendo il mio grembiule verde smeraldo, con qualche macchia di pomodoro, e me lo infilo sopra il maglioncino di lana nera pesante.

Prendo il piccolo cortellino che mi serve per tagliare le verdure, come i broccoli neri, e lo infilo nella tasca, richiudo lo sportellino e sono pronta a cominciare la giornata.

Un altro giorno nel massacrante, maleodorante mondo del lavoro, ma non immagino che oggi incontrerò qualcuno di molto importante.

 

***

Il sole è appena sorto illuminando la stanza di un giovane uomo, anzi no, di un giovane youkai.

Si alza dal letto infastidito dai suoi raggi, prende la sua vestaglia e si dirige nel suo bagno personale a fare una bella doccia, anche oggi si dirigerà al club.

Un luogo dove trascorre quasi metà della sua giornata.

Entra nel bagno, si sveste, apre l’acqua facendo cadere su di sé un caldo getto d’acqua che veloce fa aderire sulla sua pelle chiara i suoi lunghi capelli d’argento.

Cosa avrebbe fatto oggi per spezzare la monotonia della sua longeva vita?

Non lo sapeva, ma presto lo avrebbe scoperto.

Sì, conoscerà un nuovo gioco dove capirà la cosa più importante…i sentimenti…

 

 

 

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Rieccomi ad aggiornare, sono davvero felice che la mia nuova fanfiction si è piaciuta ^^.

So che il nuovo capitolo è di nuovo corto, ma non temete i prossimi saranno più lunghi.

Ringrazio di cuore Callistas – Ary22 – Intery – Mikamey – Monik – Maryku – Isy_264.

Ringrazio anche chi solo legge.

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Capitolo 3
*** Due fratelli ***


Due fratelli.

 

 

 

Era sceso al piano di sotto a consumare la sua colazione.

Entrò nel grande salone, ben illuminato dal sole mattutino.

Il suo sguardo ambrato si posò sull’immensa tavola con la tovaglia di lino bianco, dove svettava al centro un meraviglioso vaso di cristallo ricolmo di fiori freschissimi appena colti.

La tavola è ricolma di ogni ben di Dio ed è apparecchiata per due, sa bene chi è l’altro commensale, infatti, sul suo bel viso si dipinge una smorfia di disgusto.

-Inuyasha-.

Sussurra, mentre lentamente si avvicina, quando sentì il buongiorno da parte della servitù.

-Buon Giorno Signor Sesshoumaru-.

Dicono in coro due cameriere e il maggiordomo, mentre accennano un regale inchino.

Lui fece un cenno con il capo in segno di saluto e si accomodò dove subito gli fu servita la colazione, ma mentre stava per bere un sorso di caffè ecco che arriva un altro ragazzo con i suoi stessi capelli d’argento leggermente arruffati dove spiccano due buffe orecchie canine, indice della sua natura ibrida, hanyou, ed occhi d’orati, vestito sportivo.

-Buon Giorno Fratello-.

Disse, mentre si sedeva di fronte a lui.

-Giorno-.

Sbuffò l’altro, mentre riprese a bere il suo caffè, ma poi fece un segno al suo maggiordomo di porgli il suo solito giornale, che veloce gli da.

-Vedo che anche oggi siamo di buon umore-.

Sogghigna Inuyasha, mentre comincia a gustarsi un’ottima omelette ai frutti di bosco.

-Che programma c’è per oggi?-.

Domanda, ma ciò che ottiene è sempre la solita risposta.

-Si va al club, come tutti i giorni del resto…ma vedo che anche ieri sei rincasato tardi-.

Puntualizzò Sesshoumaru, mentre girava una pagina del suo giornale.

-Denoto che sei diventato una mammina che si preoccupa del suo piccolo che non è rincasato a casa presto. Non è che sotto, sotto ti sto a cuore-.

Ironizzò l’hanyou, mentre sorseggiava il suo caffè, attende fiducioso una risposta del fratello che arriva puntuale.

-Certo ch’ero preoccupato-.

Disse calmo e piatto, facendo quasi strozzare Inuyasha con il caffè che rimase allibito di fronte a quella risposta.

-Davvero?-.

-Certo ch’ero preoccupato. Ero in ansia per una delle mie macchine…sai benissimo che tengo molto a loro, per quanto riguarda alla tua persona…beh, ci tengo a ben poco, se non tornavi era meglio-.

-Lo immaginavo…ci sarebbe stato un vero cataclisma se tu provavi un sentimento verso il tuo caro e dolce fratellino-.

-Fratellastro-.

Puntualizzò lo youkai che aveva riposto il suo giornale sul vassoio d’argento.

Si alzò e disse, mentre si dirigeva verso la porta.

-Allora vieni?-.

-Sì…sì…vengo, ma fammi finire-.

Disse Inuyasha, mentre si infilava l’ultimo pezzo della sua omelette in bocca, rischiando di strozzarsi, ma per fortuna un buon bicchiere di succo d’arancia sistemò il tutto.

Intanto Sesshoumaru lo guardò di sottecchi trovandosi a pensare.

Per quale motivo ho deciso di prenderti a casa mia? Per via di quella stupida promessa suppongo…

Scosse il capo e si incamminò verso il garage dove si trovava una delle sue tantissime macchine, seguito a ruota da Inuyasha.

Cosa mi aspetta oggi? Spero qualcosa d’importante che spezzi la monotonia di questa mia longeva vita.

 

***

Bene ho caricato due belle cassette di pomodori, anche belli maturi visto che uno dolcemente mi è cascato sul grembiule, e tre di lattuga sul piccolo furgone che deve andare a quel club di riccastri.

Beh, vorrei tanto andarci giusto per vedere la gente che lo frequenta, ma sono sicura che sono esseri che hanno la puzza sotto il naso ed io ho un dolce profumino di porri, e di sicuro mi etichetteranno come piccola maialina.

Ma ora basta!

Devo concentrarmi sul mio lavoro se no, Mister "se non ti sbrighi ti dimezzo lo stipendio" mi rimprovererà di nuovo, ma non finisco di formulare questo pensiero che come per magia lui appare.

Un omaccione alto più di me, rozzo e cafone…grazie a Ciccio è un Oni… comunque, si avvicina a me e a Kohaku che stiamo finendo di caricare il furgone, sul suo viso zannuto si dipinge il suo solito ghigno beffardo.

-Voi due oggi andrete al Club Sengoku-.

Io lo guardo un po’ stranita e gli domando.

-Perché? Non c’è Shippo il corriere?-.

Lui grugnisce e mi risponde.

-No! E’ malato, quindi andrete voi due-.

-Ma perché noi due scusa?-.

Gli domando, mentre continuo a caricare una cassa di mele golden, ho il viso rivolto verso il furgone e quindi non vedo il suo volto furente.

-Cosa Stupida!? Tu sei una mia dipendente, se io ti ordino di andare tu ci vai-.

-Ma dimmi perché noi due?-.

Continuo a domandargli, certo che sono brava a far infuriare la gente.

-Vuoi essere licenziata? Anzi no, volete essere licenziati?-.

Mi dice, mentre vedo il viso di Kohaku che cambia di tonalità…mannaggia alla mia lingua, perciò mi affretto a dirgli.

-No, no, andiamo…sai che stavo scherzando. Sono una mattacchiona-.

Ridacchio nervosa, mentre vedo il viso di quello scherzo della natura dove si dipinge un bel sorriso, bel?

Ma sono scema?

È brutto più della fame quello lì, vorrei vomitare per la cacchiata appena detta, ma mi do un po’ di contegno e sospiro.

-Brava, e ora sbrigatevi!-.

Ci urla, mentre se ne va lasciando me e Kohaku a finire di caricare.

Beh, dopotutto non è male almeno vedrò questo famoso club…chissà com’è la gente dentro.

Sono curiosa.

Finiamo di caricare e mi accomodo accanto a Kohaku che accende il motore…si parte verso il futuro…

 

 

 

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Rieccomi ad aggiornare, spero che questo nuovo capitolo vi piaccia ^^.

Ringrazio di cuore chi a recensito e a chi a solo letto, un mega kiss.

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Capitolo 4
*** Primo incontro. ***


Primo incontro.

 

 

 

Il furgoncino cammina veloce nelle strade, ormai abbiamo lasciato la zona povera, come la definisco io, ed ora ci troviamo nella zona dei riccastri, sempre come li chiamo io, piene di ville.

Magari potessi vivere in una di quelle immense case.

Sospiro, facendo appannare il vetro del finestrino.

-Rin, cos’hai?-.

Mi domanda leggermente preoccupato Kohaku, che intanto non smuove lo sguardo dalla strada.

-Niente-.

-Sicura? Sai che puoi parlare liberamente con me, siamo sì, o no amici?-.

-Sì, ma non ho nulla fidati-.

Mi accomodo ben, benino sul sedile, poggio i piedi sul cruscotto, cosa che fa storcere il naso al mio amico che sibila.

-Rin!-.

-Che c’è?-.

Gli domando con un tono di voce da falsa innocente.

-Che c’è? Togli i piedi da lì!-.

Mi ringhia, io però faccio la meno sfreghista e resto ferma lì, intanto di sottecchi lo guardo che sbuffa irritato…ah, come adoro farlo infuriare.

D’un tratto il mio pancino comincia a brontolare, più che brontolare ad urlare.

-Ops! Ho un leggero languorino-.

Dico imitando la voce di una snob, invece Kohaku ridacchia dicendomi.

-Alla faccia del languorino-.

Anch’io rido, ma poi per magia tiro fuori dalla tasca una bella banana matura... pancia mia fatti capanna.

I miei occhi l’hanno già divorata, mentre la salivazione della mia bocca aumenta in quantità esponenziale…Homer Simpsons tu non sei niente al mio confronto in fatto di bava.

La sbuccio veloce e me la ficco in bocca, ne stacco un bel morso, le mie papille gustative sono in fermento.

Mastico lentamente, mentre con una mano mi tocco una guancia…ora so cosa vuol dire andare in estasi.

Socchiudo gli occhi gustandomi il dolce frutto, ma poi mi desto…certo che sono una vera cafona.

-Kohaku ne vuoi un morso?-.

Gliela offro, ma lui gentilmente declina il mio gesto, beh, credo che gli abbia fatto schifo era tutta sbavata…

-Meglio così, tanto non te la davo-.

Gli dico ficcandomi un altro bel pezzo in bocca.

-Grazie Rin, come sei dolce-.

Mi dice ironico lui, io rido e mastico contemporaneamente, cosa davvero difficile per una persona normale, ma per me no.

Purtroppo il frutto dolce e zuccheroso finisce, lasciandomi la bocca asciutta, ma per fortuna ecco una bottiglietta d’acqua.

L’apro e ne bevo quasi tutto il contenuto, finito ciò faccio il mio bel ruttino di gradimento, facendo ridere Kohaku.

-Digerita?-.

Mi domanda e io gli rispondo.

-Certo. Digerita e affondata-.

Ridiamo di gusto.

Intanto arriviamo a destinazione, di fronte a noi vi è un immenso cancello, io l’osservo, mentre Kohaku abbassa il finestrino, tira fuori il braccio e pigia il bottone del citofono avvertendo che siamo arrivati.

Ecco che si aprono le porte del mondo incantato e noi poveri e umili mortali entriamo.

Io volto il capo a destra e a sinistra, tanto da farmi venire un torcicollo.

-Oddio, qui è tutto meraviglioso!-.

Esclamo estasiata, mentre osservo le siepi che costeggiano la strada, intravedo i giardini, la gente snob ed infine il grande edificio bianco, con tende rosse e scritte dorate…non posso far altro che sospirare.

Osservo le macchine di lusso che sono parcheggiate nel gran piazzale che passiamo con il nostro furgoncino, ma una attira la mia attenzione.

-Wow, un cavallino rosso fiammante…Kohaku, frena, frena!-.

Obbligo il mio amico a fermarsi, giusto per vederla meglio, ma quello che vedo dopo mi lascia senza fiato…oddio esce fuori dall’abitacolo.

-Un angelo-.

Sussurro, mentre osservo il ragazzo dai lunghi capelli d’argento legati in una bassa coda, vestito con un lungo cappotto nero, porta un paio di occhiali scuri…peccato avrei voluto vedere il colore degli occhi di quell’essere meraviglioso.

-Rin! Ci sei?-.

D’un tratto la mia visuale viene interrotta dalla manaccia di Kohaku.

-Ma porca puzzola, togli quella manaccia!-.

Ringhio, lui veloce la toglie, ma purtroppo il bel fusto non c’era più…ho un istinto omicida, posso uccidere il mio amico?

Ditemi di sì, ve ne prego.

Ma forse è meglio lasciar perdere, scuoto il capo e mi riaccomodo sul sedile, mentre cerco di frenare la mia sete omicida…però non era niente male il bel fusto, chissà s’è fidanzato?

Di sicuro sì…lasciamo perdere è la migliore cosa, ora dobbiamo scaricare la merce.

Infatti, Kohaku è sceso ed ha già aperto il cofano del furgoncino, io sospiro e scendo e comincio ad aiutarlo, ma non immagino minimamente che due occhi color rubino mi osservano…saranno quegli occhi a cambiare la mia vita?

 

***

 

Per quel giorno aveva optato per la Ferrari rossa, cosa che fece sorridere l’hanyou che disse.

-La guido io!-.

Veloce si era messo alla portiera del posto di guida, ma una mano artigliata seguita da uno sguardo raggelante gli fecero cambiare idea.

-Cosa vorresti fare tu?-.

Aveva sibilato.

-Niente…niente…oggi, mi accomodo accanto a te e sto buono, buonino-.

Disse Inuyasha tremando leggermente.

Alcune volte mi fa davvero paura, ha un brutto carattere…sarà meglio assecondarlo, solo per oggi…

Si sedette al suo posto, accanato al fratello, che intanto si era infilato gli occhiali scuri

Incrociò le braccia dietro la nuca, socchiuse gli occhi.

-Parti, grande pilota-.

-Piantala sciocco!-.

Disse a denti stretti Sesshoumaru, non sopportava proprio la presenza del fratellastro, ma per via di una promessa doveva tenerselo accanto.

Sospirò e accese il motore, veloce uscì dal garage, dove vi erano parcheggiate altre macchine sportive ed eleganti.

Corse veloce, mentre Inuyasha rimaneva a guardare fuori dal finestrino il panorama delle ville faraoniche di quel quartiere, che gli sfrecciavano d’avanti gli occhi.

Sbuffò scocciato, intanto il guidatore lo guardò di sottecchi e ogni volta si poneva la stessa medesima domanda, ma dopotutto da, quando era venuto ad abitare in casa sua si sentiva meno solo.

Scosse leggermente il capo ed entrò nell’immenso cancello del club, percorse la strada che portava al parcheggio e sostò.

-Siamo arrivati. Scendi!-.

Disse senza mezzi termini Sesshoumaru, Inuyasha fece una smorfia e aprì lo sportello.

-Certo che sei davvero la gentilezza fatta a persona-.

Gli disse, mentre richiudeva la portiera.

-Tks!-.

Gli rispose lo youkai, mentre chiudeva la macchina, ma d’un tratto si sentì osservato, alzò lo sguardo e intravide nell’abitacolo di un furgoncino del trasporto frutta una ragazza che lo fissava.

-Ningen!-.

Sibilò a denti stretti, mentre si dirigeva alla grande scalinata che portava all’ingresso dell’edificio, intanto Inuyasha gli si era accostato sorridendo malefico.

-Certo che ami alla follia gli umani-.

-Piantala di scocciarmi!-.

-Su, dai stavo solo scherzando-.

Disse l’hanyou con faccia da finto innocente, sotto, sotto si divertiva come un matto a dar fastidio al suo adorato fratello maggiore.

Sesshoumaru sospirò e salì le scale, ma non poteva sospettare che la ningen che aveva intravisto avrebbe cambiato la sua vita…

 

 

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Rieccomi ad aggiornare, ora che ho un po’ di tempo lo faccio più volentieri ^^.

Ringrazio di cuore chi ha commentato lo scorso capitolo, ne sono davvero felice, ma anche chi l’ha messo tra i preferiti ^^.

Vi ringrazio di tutto cuore, un mega bacio e a presto.

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Capitolo 5
*** Questi non sono modi da vera lady. ***


Questi non sono modi da vera lady.

 

 

 

 

Sospiro profondamente, mentre scendo dal furgoncino.

Non ho mai amato scaricare le cassette piene di merce. E queste a mio parere sono strapiene.

Sbuffo, mentre ne tiro fuori una, quando un dipendente del club esce fuori dalle cucine.

-Finalmente-.

Sibila, mentre si avvicina.

-Alla buon’ora. Dove eravate finiti? Sapete che ore sono?-.

Dice, mentre con il dito indice della mano destra, picchietta sul vetro del suo orologio.

È un umano. E per l’appunto un aiuto cuoco, ma ha un modo di esporsi nei confronti della gente, come un vero dittatore.

Io lo guardo storto. Anzi no, lo fulmino con lo sguardo.

Ma come osa rivolgersi a me con quel tono?

Infatti, comincio ad alzarmi le maniche del maglione, mentre sento le mani prudermi. Lo voglio gonfiare di botte.

Ma purtroppo Kohaku interviene in aiuto del demente. Brutto stupido i cavoletti tuoi non te li fai mai?

-Ci perdoni, ma abbiamo trovato traffico e siamo arrivati con un po’ di ritardo-.

Dice Kohaku ridacchiando nervosamente, mentre china il capo in segno di scuse. Io lo osservo e vorrei vomitare.

Com’è servile il mio amico.

Il demente (lo chiamerò così per pura simpatia) fa una smorfia di stizza e ci ordina di scaricare la merce subito, e di riporla nella cella frigorifera della cucina.

-Sbrigatevi, non posso sprecare tutto il giorno a guardare voi che scaricate due cassettine di verdura-.

Io assottiglio di più lo sguardo, e comincio a ringhiare peggio di cane idrofobo.

Lo odio.

Scendo dal furgone con in mano una cassa d’insalata iceberg, comincio a incamminarmi e mi avvicino a lui.

Sorrido maleficamente.

D’un tratto come per magia la cassa cade sul piede del povero demente che, comincia a ballare e a urlare dal dolore.

-Oh, mi scusi io non volevo farlo. Ma che razza di sbadata che sono-.

Mi metto la mano davanti la bocca in segno di scuse, e faccio la finta imbarazzata. Invece internamente rido a crepapelle.

Però devo ammettere che è un bravo ballerino di tarantella.

Intanto Kohaku sospira demoralizzato.

-Lo sapevo che sarebbe successo-.

Guardo il mio amico e gli sorrido. Devo ammettere che ora mi sento bene, così impara quel demente a trattarmi così.

Ben ti sta.

I minuti passano e noi scarichiamo tutta la merce, mentre il caro demente rimane in silenzio a guardarci. Non parla più, anzi si massaggia il piede dolorante, io invece continuo a sorridere soddisfatta.

Ripongo l’ultima cassetta e mi pulisco le mani sul grembiule.

-Bene noi abbiamo finito-.

Mi avvicino al mio amico e gli dico di prendere la fattura. Lui corre nel furgone e la va a prendere, mentre io guardo il caro ballerino.

-Fa ancora male?-.

Gli domando sorridendo malefica. Lo vedo guardarmi furioso.

-No-.

Sibila.

-Meno male-.

Sospiro, ma lo faccio per finta. Dopotutto non me frega poi tanto di lui.

-Rin la fattura-.

Kohaku mi porge la fattura, ma io lo fulmino con lo sguardo.

-Kohaku caro, la fattura non la devi dare a me, ma al cliente-.

Sibilo, mentre lui arrossisce e scusandosi di nuovo porge la fattura al cliente.

Alcune volte Kohaku si perde in un bicchiere d’acqua. Pazienza.

Il demente (come adoro questo termine) legge con perizia la nostra fattura, mentre noi attendiamo il tanto desiderato pagamento.

Dovete sapere che, se non torniamo al capannone con i dindini, il nostro caro e amabile (voglio vomitare) datore di lavoro ci spella vivi.

-Allora?-.

Domando impaziente, mentre incrocio le braccia la petto e batto a terra il piede in segno d’impazienza.

-Ah, già il pagamento-.

Afferma l’aiuto cuoco con superbia. Lo vedo mettere la mano in tasca e tirare fuori una piccola mazzetta di soldi. Lo invidio.

Ci paga. Ma mi pone i soldi toccandomi appena.

-Non preoccuparti non ho la scabbia-.

Lui mi guarda stranito, ma non sa cosa succederà ora.

Mi ficco un dito nel naso, comincio la mia spedizione e tiro fuori una caccoletta che, dolcemente poggio sulla mano del demente che rimane di sale.

-Questo è la sua mancia-.

Sorrido.

-Ah, mi raccomando di non spenderla tutta. Ci vediamo caro-.

Mi volto e mi dirigo verso il furgone ridendo come una pazza, seguita da un Kohaku ammutolito e allibito.

Ma non sospetto che uno sguardo dorato mi osserva curioso, e che mi avrebbe cambiato la vita.

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Oddio era un anno che non aggiornavo la fic, chiedo scusa e perdono ^^’.

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