Shannimal

di candidalametta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** pre- ***
Capitolo 2: *** disturbo borderline della personalità ***
Capitolo 3: *** 1 ***
Capitolo 4: *** 2 ***
Capitolo 5: *** 3 ***
Capitolo 6: *** 4 ***
Capitolo 7: *** 5 ***
Capitolo 8: *** 6 ***
Capitolo 9: *** 7 ***
Capitolo 10: *** 8 ***
Capitolo 11: *** 9 ***
Capitolo 12: *** 10 ***
Capitolo 13: *** 11 ***
Capitolo 14: *** 12 ***
Capitolo 15: *** 13 ***
Capitolo 16: *** 14 ***
Capitolo 17: *** 15 ***
Capitolo 18: *** 16 ***
Capitolo 19: *** 17 ***
Capitolo 20: *** 18 ***
Capitolo 21: *** 19 ***



Capitolo 1
*** pre- ***


Una premessa è d’obbligo, per eliminare dubbi e fare chiarezza.
Questa ff nasce dai miei studi di psicologia e le sue patologie più disarmanti.
Quello che vi presenterò è un caso immaginario. Molto infatti è un’esagerazione del problema ma sapete, dopo mesi rinchiusi in una stanza a studiare le patologie di una mente traumatizzata il limite del reale si perde per strada.
Sono costretta chiedere scusa in anticipo. Perché amo infinitamente i 30stm e non gli sarò mai abbastanza grata per quello che hanno fatto per me. Di come mi abbiano “spinta verso l’alto” anche quando il mondo crollava inghiottito da mille bellissime bugie che accettavo senza guardare oltre.
Ma il mio sangue preme, perché la fantasia è un tratto di me stessa che non posso reprimere. Viviamo in simbiosi, io, le mie storie e la musica, cercando fin quando sia possibile di supportarci.
Tutto ciò che leggerete in questa ff è un assurdo frutto della mia immaginazione. Nulla, né i reali soggetti, i membri dei 30stm, né i luoghi o le situazioni base (d’altronde molto comuni o documentate dalla band stessa) hanno contribuito a ciò che ho scritto. Le situazioni e i fatti sono puramente slegati ai tempi e ai soggetti che sono stati rielaborati in una idea che mi accompagnava da troppo tempo e che volevo esprimere.
Ho scelto Shannon e Jared Leto come personaggi solo perché come ogni buon regista che sceglie i suoi attori essi rispondevano ai requisiti perfetti per interpretare le parti interpretabili.
Probabilmente sarebbe andata bene qualsiasi coppia di fratelli famosi appartenenti ad una rock band. Ma è difficile staccarsi dal proprio gruppo preferito. Quindi chiedo ancora scusa per chiunque possa trovare offensivo ciò che descriverò nell’idea che i reali soggetti a cui ho preso in prestito i nomi non rispecchiano in nulla la ff.
Questa ff, o meglio, parte di essa, ha partecipato al contest organizzato da princes of the univers per cui ha vinto un banner come miglior incompleta… non credo di aver mai ringraziato abbastanza le organizzatrici del contest… grazie ragazze!
Un’altra persona ha letto parte della ff in costruzione e anche a lei vanno i miei ringraziamenti per l’incoraggiamento anche se forse ho deluso le sue aspettative … nemo for mars … sappi che in un modo o nell’altro hai contribuito anche tu ;)

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Capitolo 2
*** disturbo borderline della personalità ***


Il disturbo borderline di personalità è una entità diagnostica molto controversa. Talvolta non viene neanche riconosciuto come un disturbo specifico, ma come una classificazione in cui inserire tutti quei casi non meglio diagnosticabili in altro modo… Si tratta di persone che trascorrono parte della loro vita cosciente o non in uno stato di estrema confusione ed i cui rapporti sono destinati a fallire o risultano emotivamente distruttivi per gli altri. Questi soggetti, infatti, sperimentano emozioni devastanti e le manifestano in modo eclatante, drammatizzano ed esagerano molti aspetti della loro vita o i loro sentimenti, proiettano le loro inadempienze sugli altri, sembrano vittime degli altri quando ne sono spesso i carnefici. Il disturbo borderline è stato spesso associato a eventi traumatici subiti nell'infanzia, quali abusi sessuali o fisici, ma non è detto che ciò sia sempre vero. L'aspetto più evidente e preoccupante del disturbo borderline è che presenta sintomi potenzialmente dannosi per il soggetto e si associa a scoppi improvvisi di rabbia intensa o difficoltà a controllarsi (per es., frequenti accessi di ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici). ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress. In alcuni rari casi la patologia borderline si manifesta solo nello stato di incoscienza del soggetto (es durante la fase r.e.m.\ sonnambulismo)

Psicopatlogie e malattie mentali

Voglio dedicare questa ff ad una delle tante persone che non sanno nulla della mia vocazione per la scrittura. Dedico questa ff ad una mia collega, che con immenso amore si è sempre occupata di sua sorella minore, affetta dalla patologia borderline , aiutandola e sostenendola nelle sue capacità, che solo l’amore tra sorelle\fratelli sa dare. A Stefania a sua sorella. Con affetto.

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Capitolo 3
*** 1 ***


1



“ti prego, ti prego!” dagli occhi blu sgorgarono tante lacrime da inzuppare la camicia dopo essere rotolate giù dal volto sottile. La risata profonda non s’interruppe nemmeno quando un altro pugno colpì il ventre dell'altro, “ti prego non farmi del male, torna in te!”.
“Tu mi hai fatto del male! Tu hai reso la mia vita un inferno, quindi sta zitto, mentre faccio quello che voglio di della tua” altri colpi sordi delle nocche che affondano nella carne coperta appena da una stoffa leggera, “ti prego non farlo”, un'altra risata bassa sul corpo ormai a terra contorto dal dolore, “ è troppo tardi, sarebbe stato meglio se avessi continuato a nasconderti”.


“Tomoooo!” il batterista iniziò a scuotere il grosso fagotto di coperte nella cuccetta all'altezza del suo viso. Era innaturale che il croato si ostinasse a dormire avvolto in quel nodo di tessuti diversi visto il caldo tropicale che regnava costantemente nel tourbus. “Tomooooo! Svegliaaaa sono le duuuuuuuue!”. La massa informe non si degnò di rispondere ma dalle coltri uscì una mano per mostrare il dito più lungo a chi stava inutilmente cercando di svegliarlo.
“avanti dormiglione non puoi rimanere lì a poltrire tutto il santo giorno!” urlò Shannon alla massa di lana e plaid vicino al rigonfiamento che sembrava essere la testa del chitarrista.
Una violenta frenata determinò il risveglio del croato.
Shannon per controbilanciare il colpo afferrò il materasso trascinandolo con sé in una spettacolare caduta verso la moquette rossa.
Le risate isteriche del batterista furono presto coperte dalle urla selvagge di Tomo che ancora incastrato nelle coperte cercava di aggredirlo. “E POI TI CHIEDI PERCHÉ TI CHIAMINO SHANNIMAL!!!”.
Shannon in lacrime batteva i pugni per terra mentre l'altro si lasciava andare nei peggiori insulti di sua conoscenza. “sei un danno ambulante! Un pericolo per la salute pubblica! Un inutile, immenso, ammasso di ...”. Jared con la camicia chiusa solo da un bottone sul petto e i jeans neri sui piedi nudi si sporse un attimo dalla porta del bagno con lo spazzolino pieno di dentifricio ancora in bocca, richiamato dalle urla del chitarrista.
“ tuo fratello avrebbe potuto uccidermi!! Digli qualcosa!” lo intimò Tomo ad un passo da una crisi isterica.
Il cantante alzò le spalle in segno di confusione e sgranò gli occhioni azzurri sperando di rabbonirlo; ma lo sguardo del chitarrista si fece ancora più assassino, mentre il cantante tornava a nascondersi velocemente nello spazio angusto del bagno chiudendo la porta prima che il tonfo molle di un cuscino gli segnalasse le intenzioni vendicative di Tomo.
Sputò la pasta bianca mista saliva e si guardò nel piccolo specchio del bagno continuamente ondeggiante, abbottonando la parte inferiore della camicia stropicciata ignorando i segni violetti appena accennati sugli addominali.
Piegandosi verso il basso una fitta al fianco lo fece barcollare ancora di più dei movimenti del bus, incurante si sfiorò l'addome e tornò dai ragazzi.

Matt in piedi sopra uno dei bassi tavolinetti saldamente ancorati alla moquette rossa illustrava il programma della giornata mentre Tomo e Shannon continuavano imperturbabili a rotolare sulla moquette facendo di tutto pur di non sottomettersi l’uno all’altro. Impresa non facile perché se Shannon era pur sempre un uomo corpulento anche Tomo non era facilmente intrappolabile.
Se a tutto questo si sommava che Matt per restare in equilibrio sul piano era costretto a dei movimenti da surfista la scena che si mostrava agli occhi del cantate era sicuramente stravagante. Jared si portò la mano al viso confuso chiedendosi cosa lo aveva convinto a portare quella banda di strampalati musicisti in giro per l'America.
“e poi ovviamente ci sarà l'ultima intervista della giornata, cui sarebbe gradita un minimo di partecipazione da parte tua Shanny”. Il batterista alzò il capo nonostante cercasse di tenere fermo Tomislav con il peso del busto “ma io partecipo alle interviste Matt!” gridò risentito oltre gli sbuffi impotenti del croato. “il fatto è che difficilmente distinguiamo i grugniti dalle frasi di senso compiuto … sempre che tu riesca a formularle … e ti prego, non qualcosa che ti permetta di esibire quei dannatissimi tatuaggi!”. Con una mossa inaspettata Tomo riuscì a sciogliersi dalla presa di Shannon e salire cavalcioni su di lui lasciandolo con il ventre a terra e le braccia distese. Si fermò un attimo sorridente a guardare il suo avambraccio, “non è colpa mia se quando vedono i glyphics vogliono sapere tutta la storia!”, sorrise prima di sedersi a gambe incrociate e bloccare il collo di Tomo nella piega del braccio gonfio.
“ti chiediamo solo qualche parola sulla musica e non solo sui tuoi muscoli fratello” disse Jay chinandosi per constatare quanto il colorito di un Tomo quasi soffocato fosse in tinta con la sua camicia viola, “facciamo così, per ogni frase su di te ne voglio una sugli ultimi spettacoli ci stai?” Shannon si alzò per stringergli la mano lasciando Tomo libero di respirare, “affare fatto!”.

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Capitolo 4
*** 2 ***


2



Lo studio non era mai stato così pieno. Shannon sulla soglia attese per essere l’ultimo a entrare e occupare il posto più lontano dall’intervistatore, evitando accuratamente di essere inquadrato dalle telecamere. Jared come sempre pretese di sedersi al centro per meglio bilanciare l’attenzione anche sugli altri. Matt era rimasto in piedi un attimo prima di sedersi disinvolto sul bracciolo accanto a Tomo. In tre sul divanetto erano costretti a stringersi più del dovuto, le braccia del batterista stese sul bordo della spalliera sfioravano la schiena di Jared e arrivavano a una spalla di Tomo.

“allora gentile pubblico; sono qui in compagnia dei 30 seconds to mars per parlare del loro ultimo video, From yesterday, girato in uno dei posti più belli ed affascinanti del pianeta, allora ragazzi perché non mi raccontate qualcosa della vostra ultima impresa?”. Jared cercò con lo sguardo la telecamera più vicina e sorrise ammaliatore, “beh è stata un’esperienza a dir poco fantastica, io e i ragazzi abbiamo lavorato molto per conciliare le nostre esigenze artistiche con quello che è il messaggio che stiamo cercato di lanciare …”.

Tomo spazientito cominciò a muoversi sul divanetto costringendo il frontman a poggiare i gomiti sulle ginocchia mentre continuava la solita tiritera di venti minuti su quanto fosse importante la cultura, i personaggi, la storia, il solito ‘bla bla bla’ che intorpidiva la band intera e probabilmente anche il pubblico.
Oltre la schiena di Jared il chitarrista lanciò un’occhiata a Shannon la cui mente vagava già da parecchi minuti.
“che tatuaggi particolari che esibisce il nostro batterista, magari ci concederebbe qualche spiegazione in merito” azzardò il presentatore notando l’aria distratta di quest’ultimo. Il braccio muscoloso era ancora steso sullo schienale mostrandosi in tutta la sua lunghezza appena coperto da una maglietta a maniche corte. Il batterista sorrise al fratello corrucciato spostando l’avambraccio inquadrato dalle telecamere e mettendosi a spiegare appassionato ogni simbolo. Gli occhi seri di Jared e quelli divertiti di Tomo aspettarono qualche secondo oltre le consuete battute prima che il chitarrista gli desse un lieve colpo al braccio.
Lo sguardo cangiante di Shannon si fece più scuro mentre aggiungeva di mala voglia “trovo sia molto più interessante comunicarvi di quanto sia importante per noi continuare questa tournee, è emozionante suonare con un pubblico così affezionato”.

L’espressione immusonita del batterista fece sorridere anche il presentatore che intuì una qualche costrizione nel prolungare il discorso. “che ne dite di raccontarci qualche episodio interessante durante le riprese video?” chiese aspettandosi che il cantante riprendesse la parola, ma inaspettatamente fu Tomo a esigere attenzione.
“voi non avete idea di che inferno sia stato quel viaggio! Innanzitutto la scelta della location. Una settimana di Jared piagnucoloso in mezzo ai piedi che balbettava “Cina,Cina,Cina,Cina” a qualsiasi ora del giorno e della notte. Chiamava persino alle quattro del mattino per continuare a chiedermi quando ci saremo decisi a partire!” cominciò Tomo guardando in cantante in cagnesco.
“finalmente ci trasciniamo fino a li e lui che fa? Sparisce!”, un attimo d’indecisione pervase la sala.
“esatto signori miei il nostro cantante si da alla fuga! E sapete perché? Perché doveva andare PERSONALMENTE a cercare le comparse! Perché secondo la sua contorta mente geniale dovevano avere un’aria AUTOCTONA!” l’espressione del chitarrista si fece disgustata “Ci ha mollato in albergo per quattro giorni! Senza interprete! Senza una spiegazione!” La voce di Tomo si stava scaldando insieme alle guance normalmente pallide. “Poi ricompare e qual è la prima cosa che fa? Ci trascina A PIEDI per tutto il mercato occidentale per respirare’ l’aria del luogo.. morale della favola? A Matt è venuto un attacco allergico mentre annusava il cartoccio che Jared aveva comprato cercando di farlo mangiare a Shannon!”.
Si girò per controllare il frontman, che, imperterrito, sembrava stesse cercando qualcosa sul soffitto con aria vaga, “ricordi Jay?”. Il cantante finse di essere particolarmente concentrato nello studio di un riflettore mentre rievocava la scena.


Flashback
Cina, la band al completo davanti ad una bancarella, a servirli una vecchietta dall’aria malefica.
Jared porse un involucro caldo al fratello “avanti Shannon assaggia!”, il batterista per nulla convinto annusò le palline marroni in un pezzo di giornale arrotolato, “non so Jay mi ricordano delle caccole, Matt tu che ne pensi?” chiese avvicinando la pietanza alla faccia dell’amico. “Shan toglimi questa cosa di davanti... eeee…”, un forte starnuto interruppe la frase, “che schifo Mattie!” scoppiò Tomo disgustato mentre da cibo non meglio identificato diventava un concentrato dei germi del biondo. “hey” cercò di discolparsi il bassista ma Jared infilzò uno dei ‘bocconcini’ in uno stecchino lasciandolo sospeso davanti al viso del fratello, “avanti Shanny fai aaah!”, “Jay butta via quella roba, non pretenderai davvero che la mangi!”, gli occhi blu divennero imploranti, “ma è solo per sapere di che cosa sanno!”.
Shannon guardò schifato il grumo marrone, “se ci tieni tanto perché non lo mangi tu?”. “io?” Jared spalancò ancora di più gli occhi assumendo un’aria indignata, “potrebbe essere carne! Non vorrai certo che il tuo fratellino si avveleni!”.
La voce di Tomo tossicchio discreta, “ragazzi non mi sembra che Matt stia bene” sussurrò mentre il bassista non cessava di starnutire, entrambi vennero volutamente ignorati dai fratelli.
“Jay te l’ho già detto, la carne non è velenosa! E poi potrebbe essere un insetto!” aggiunse cercando avvalorare l’ipotesi.
“anche gli insetti sono carne!” affermò serio ignorando di calcare l’ovvietà, “emm, ragazzi... ” la voce di Shannon coprì quella del croato, “ti ho detto che non lo mangio!”, “ho capito hai paura!”.
Gli occhi di Jared si strinsero nell’insinuazione, “hai paura che un bocconcino possa rovinare il tuo stomachino delicato! O povero piccolo Shanny con il pancino sensibile... ”, il fratello non gli diede il tempo di finire la frase e ingoiò sano il boccone.

“... per non parlare del suo desiderio di megalomania finalmente soddisfatto! Avete presente quando sulla scalinata improvvisamente si gira verso le truppe allineate con il braccio teso? Matt diglielo tu quante volte ha fatto quell’assurda scena!? È stato frustrante da morire!” il bassista in un angolo sorrise a capo chino. “che fai non dici nulla? Vuoi che parli di quando ti abbiamo visto correre urlante per le mura di cinta con dieci samurai alle costole perché ti era venuta voglia di giocare con le spade sacre?”. Shannon scoppiò a ridere nel suo angolo e Tomo si girò verso di lui con uno scatto veloce, “e non provare a dire il contrario! Ti ricordo che sei stato TU a incitarlo a prenderle dicendogli che era ‘materiale scenografico’ mentre approfittavi della confusione per rubare i fuochi d’artificio della scena finale per farli esplodere di notte sotto il balcone di Jay! Hai svegliato mezzo quartiere! ricordo ancora le urla isteriche del padrone dell’albergo e di te che per non farti scoprire sei finito nello stagno con le carpe!”
Mentre il pubblico rideva a crepapelle e Shannon ormai irrecuperabile scivolava giù dal divanetto scosso dalle risa. Il conduttore si passò il taglio della mano sul collo richiedendo disperatamente la pubblicità.


“tu mi hai abbandonato!” la voce risuonò così vicina alla sua bocca che per un attimo gli sembrò di aver pronunciato lui stesso quelle parole; e non sarebbe stato un errore in fondo.
Ma l’altro non poteva capire, ignorava di aver sbagliato persona, tempo, luogo …
“Mi hai mollato come l'ultimo dei problemi, ti sei dimenticato di me, hai voluto vivere la tua vita dopo avermi privato della mia, ti sembra giusto?” l'eco delle parole era impresso nel suo cervello, sentiva chiaramente ogni insulto come ogni calcio che gli arrivava inesorabilmente alle ginocchia.
Lo alzò per il bavero del pigiama, “ma ora ti ho trovato” disse agli occhi blu impauriti e lucidi per il dolore, “non sono io, ti prego calmati”, l'altro sghignazzò di una sadica felicità, “certo che sei tu, ti ho cercato per così tanto tempo … ma ora, ora me la pagherai”.



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Shanna;
No tesoro non è grave.
Tra le magliette che metto ogni giorno c’è n’è una con scritto, “da vicino nessuno è normale”, ergo, siamo tutti un po’ pazzi. mi fa piacere che tu consideri i “miei 30” umani, è quello che cerco di fare anche se ovviamente ‘loro’, quelli veri, vivono in un mondo di cui non conosco nemmeno le regole. Vado ad immaginazione, per quello che riguarda ambienti&co ma per i soggetti … ecco, quelli sono particolarmente reali perché vivono in me con assoluta indipendenza, sono entrati con ‘the kill’ la prima canzone che abbia ascoltato e sono cresciuti con me, facendosi scoprire, poco a poco.
Io e i miei personaggi abbiamo sempre un rapporto molto stretto, perché incarnano i miei fantasmi e prendono connotazioni del tutto originali. È difficile vivere con una tale folla in testa, ma alla fine trovo siano la parte migliore di me, anche se a volte, sono brutti sporchi e cattivi.
Il mio nickname è un azzardo che moltissimi, anche i più vicini non hanno del tutto, se tu ce l’hai fatta sono io che devo inchinarmi togliendomi il cappello.
Io adoro te e tutta la melassa che trasudi, persone come te servono a controbilanciare la mia esistenza.
Un bacio, per il seguito a martedì!


Miss Leto; was it a dream? È davvero complicato quello che mi chiedi … mmm … non c’è la domanda di scorta? ;P grazie per l’incoraggiamento, mi farebbe piacere continuassi a dirmi quello che ne pensi ;)

Nicole;
studio … ci provo! È il mio sogno, oltre la scrittura e l’arte. Comunque per la cronaca si, sono una studentessa di psicologia. Probabilmente questo influenza i miei personaggi da sempre ma direi che questa ff ha un’impronta molto marcata dei miei studi e della mia povera mente deleritta. Cercherò di fare del mio meglio. Spero nel tuo sostegno ;)
per il pestaggio ci saranno tempo e luogo non temere ;)
un bacio

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Capitolo 5
*** 3 ***


3




Un’altra giornata in giro per una città ai loro servigi per 48 ore. Intervista al giornale locale per il concerto del giorno dopo nonostante i biglietti fossero esauriti da settimane. Il solito tour per i monumenti senza mai scendere dalla limousine dai vetri scuri, Shannon e Matt che si tiravano le noccioline e cercavano di convincere Tomo ad aprire la bottiglia di champagne mentre Jared con il naso incollato al finestrino prendeva nota di tutto. Divorava con gli occhi ciò che lo poteva affascinare, una statua, la macchia di colore di una strada affollata, la luce soffusa del tramonto sul laghetto artificiale.
“Jay ma che ti sei fatto li?” Matt interruppe una gara con il batterista a chi sbucciava più velocemente un pugno di noccioline per indicare un livido sul fianco rimasto scoperto per essersi sporto troppo verso il finestrino. Jared si coprì tranquillamente il livido con la camicia, “emm..credo di dover stare più attento alle mie scalate sul palco” sorrise sinceramente e il bassista scoppiò in una risata. “secondo me è il momento di smetterla con queste bambinate Jay, prima o poi cadrai dalle impalcature!”, il cantante rise di rimando ignorando l’espressione sbigottita di Tomo, “quando succederà allora si che mi farò male sul serio!”. Continuarono a ridere colpendosi reciprocamente con delle patatine mentre ora era Tomo a restare silenzioso mentre la città quasi buia scorreva oltre il vetro.


I ragazzi nel camerino backstage cercavano di darsi contegno, ogni movimento carico di energia repressa alterava gli animi. “Matt ti prego chiudi quella boccaccia e concentrati maledizione”, il biondo si girò verso il chitarrista con uno sguardo che non prometteva nulla di buono, “non rompere croato”. Tomo respirando forte si avvicinò pesantemente al bassista pronto a dirgliene quattro rispetto al suo modo di prepararsi al concerto, ripassando ad alta voce ogni scala. “basta voi due, Tomo va ad aprire la porta”, gli occhi scuri dardeggiarono un attimo sul cantante ma poi, disturbato dai colpi battuti contro la porta sottile si sbrigò ad abbassare la maniglia antipanico permettendo ad una bella ragazza di stagliarsi sulla soglia. I capelli lunghi e biondi arrivavano oltre le spalle minute incorniciando un viso giovane, non più di venticinque anni, “si?” chiese il chitarrista con un sorriso incantato dimenticando il proprio umore davanti alla visione di perfetta femminilità che indugiava davanti a lui.
“cercavo il signor Leto, Shannon Leto”, il batterista si alzò immediatamente dal basso tavolinetto al centro della saletta e si avvicinò alla porta con un sorriso compiaciuto sul volto, scostò un imbronciato Tomo dietro la porta, “sono io, prego accomodati, in cosa posso esserti utile?” chiese con tono accorato.
Gli occhi scuri della giovane si posarono dolcemente sul viso di Shannon senza muovere un muscolo verso l’interno, sembrava aver dimenticato quello che aveva in mente perché fissò con sguardo adorante e dispiaciuto l’uomo davanti a lei. “allora? Dimmi pure, sono a tua completa disposizione!” aggiunse con enfasi cercando di farla parlare, la ragazza chinò il capo mormorando con la voce rotta dall’emozione, “non ti ricordi di me Shanny?”.
Il batterista si guardò intorno cercando sostegno negli altri ma tre paia di occhi stupiti lo fissarono in risposta. “emm, in verità no, mi dispiace, magari se mi ricordi dove ci siamo incontrati … sei una fan per caso?”, la bionda senza alzare lo sguardo assentì con il capo, “ci siamo conosciuti quattro anni fa, era un concerto come questo, la promozione del primo album, eravate ancora sconosciuti al grande pubblico per questo passavate molto tempo con i fan, non due parlammo molto, dicesti di trovarmi interessante … finimmo la serata insieme … in albergo … in camera tua”.
Il viso di Shannon si colorò di uno sgradevole rossastro cominciando dalle orecchie. Tentò di schiarirsi la voce palesemente imbarazzato, “speravo di potermi fidare, che mi avresti richiamato ma …” , la ragazza non gli diede il tempo di finire la frase, “sono mortificato, non ric ...”.
Alzò gli occhi pieni di lacrime per fissare il viso attonito di Shannon, “credevo tu fossi diverso, per questo pensavo che tenerlo fosse la cosa migliore, perché un giorno avrei potuto rincontrarti e tu ti saresti ricordato di me … e noi avremmo potuto …” si interruppe un attimo guardando altre lo stipite della porta verso il corridoio, “Mary , vieni qui” una bambina piccola con i capelli chiari e gli occhi cangianti castani e verdi insieme avanzò decisa dall’angolo oltre la porta con lo sguardo fisso su Shannon.
Indicò con il piccolo dito l’uomo di fronte a se, “papà?” chiese curiosa.

Shannon cadde con un fracasso infernale sul pavimento del camerino.

Si risvegliò poco dopo grazie all’acqua di una bottiglietta che Matt faceva cadere sulla sua testa, con una manata si tolse il liquido trasparente dagli occhi prima di controllare stupito la situazione nella stanza. Tomo inginocchiato sulla moquette giocava con la bambina mostrando e nascondendo delle caramelle con un trucchetto di magia appreso chissà dove, mentre il fratello rideva con la ragazza in un altro angolo della sala.
Shannon cercò di sedersi dove si era lasciato cadere, il suo sguardo confuso si posò sulla bambina che vedendolo riprendersi si andò a nascondere dietro le gambe dei Tomo.
Il batterista si rimise faticosamente in piedi guardandosi attorno spaurito, poi guardò il fratello e Jared scoppiò in una fragorosa risata. Matt accanto a lui gli batté la spalla sorridente, “Shanny non sai che faccia che hai fatto! Mano male che abbiamo ripreso tutto, momenti del genere non hanno prezzo!”. Tomo prese la piccola sulle spalle portandola a cavalluccio contento di farla divertire, “allora la nostra piccola Echelon ha qualcosa da dire al suo PAPÀ ?” la bambina rise felice mentre Jared gli accarezzava la testa di sfuggita.
“fratellino, vuoi che ti presenti la nostra migliore attrice nella schiera delle Echelon?” chiese il cantante con uno dei suoi sorrisi più grandi. “era uno scherzo?” chiese Shannon ancora tremante, “ovvio Shannimal, chi vuoi che sia così fessa da venirti a cercare dopo una notte con te? Scappano tutte a gambe levate non ti sei abituato all’idea?”. Shannon spiazzato ricadde a terra, “mi avete fatto spaventare così per niente? Ma io, IO VI …!!!!” si alzò velocemente e cominciò a rincorrere Matt, l’unico senza uno scudo femminile, “aspetta che ti prenda! Ti faccio vedere come ti concio, e appena vanno via loro due …”. La piccola Mary si avvinghiò al collo del chitarrista guardando male Shannon che rincorreva senza speranza il biondo intorno al tavolo, “no, tu non fare la bua a Tomo!”.
Shannon correva ancora a perdifiato mentre Jared cercava di farsi sentire oltre il casino del fratello ancora nascosto dietro la ragazza, “e dai Shanny come fai! Era solo uno scherzetto…”, il batterista senza smettere di correre si girò per lanciare uno sguardo assassino al fratello. “e secondo te ...” le parole furono interrotte dalla porta aperta con violenza sul viso di Shannon. “ragazzi tra due minuti sul palco!!!” urlò un tecnico coprendo i gemiti di dolore del batterista.
Matt uscì trafelato senza dargli il tempo di afferrarlo, Tomo saltellò felice con la bambina che cantava sulle spalle mentre Jared regalava un elegante baciamano alla ragazza salutandola oltre la soglia, “grazie per la collaborazione Jane”, “grazie a te per la possibilità di esibirmi davanti ad un pubblico Jared”, “di nulla, spero che tu e la tua cuginetta possiate godervi un magnifico spettacolo”. La ragazza sorrise speranzosa verso Shannon ancora a terra, “se tuo fratello riuscirà ad alzarsi ne sono sicura”.
Si misero in fila dietro le quinte, un altro minuto e sarebbero saliti sul palco, il batterista si avvicinò all’orecchio del fratello. “ti odio!” mormorò, “ma no! solo perché aggiungo pepe alla tua vita!”, “credo che il mio battito cardiaco sia andato a farsi fottere” disse Shannon mogio, le urla del pubblico divennero più forti, “cerca di recuperarlo sul palco” suggerì serio Jared.


Il buio della camera era impenetrabile, e faceva pensare ad uno spazio molto più ampio che all'angusto sgabuzzino in cui aveva chiesto di dormire. Forse avrebbe trovato altrettanto confortevoli le cuccette degli altri ma c'era un motivo preciso per cui aveva chiesto uno spazio separato. E non era sicuramente per avere una zona riservata ‘come ogni primadonna che si rispetti’ come ridevano di lui i ragazzi.
Si stese nella cuccetta cercano di pensare alle dita che ancora sentivano le corde vibrare sotto di loro, le urla di gioia degli Echelon sotto il palco, il brivido di ogni canzone. Scelse di non pensare che almeno per quella notte nulla gli avrebbe rovinato il sonno. Si costrinse a dormire, almeno per qualche ora.



Shanna;
Sono mortificata dal farti stare male, ma purtroppo la storia è quella che è… Spero che lo ‘scherzetto’ al povero Shanny ti abbia almeno fatto sorridere, io mentre scrivevo la scena mi sono immaginata tutte le care fanwritter che lo hanno accasato con marmocchi di vario genere (ebbene si anche tu fai parte del gruppo ormai), e se il cielo lo punirà mai con un moccioso … beh, venirlo a sapere così non è escluso


Nicole;
Cara Nicole,Io sono sconvolta… o troppa gente ci ha visto giusto o io non riesco a creare un minimo di suspance neanche a pagarla… e qui scopriamo che come scrittrice faccio pena… bon, me ne farò una ragione, ormai la storia e pronta e voi ve la dovete sorbire volenti o nolenti! ;P
cercavo proprio questo, il contrasto tra la vita ‘normale’ dei 30 (che immagino spassosa) e … ‘la parte in corsivo’ mettiamola così ;p spero di divertirti ancora, almeno fin quando sarà possibile

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Capitolo 6
*** 4 ***


4

L’ultima intervista della giornata, mentre la band entrava stancamente dello studio radiofonico Jared ringraziò mentalmente Emma che almeno l’ultimo sforzo fosse lontano dalle telecamere. Era un giorno intero che correvano da uno studio all’altro; del concerto del giorno prima era rimasta solo una sorda stanchezza mentre l’euforia doveva essere rimasta intrappolata nei letti sfatti. Il bassista cercò di sorridere alla giovane donna indossando le enormi cuffie poggiate al lato del tavolo mentre gli altri membri lo osservavano da lontano.
Quella delle interviste singole era una simpatica scocciatura che qualche stazione radio si ostinava ancora a fare.
Prima intervista (di solito con il musicista meno acclamato) stacco musicale con il singolo di successo di un nuovo gruppo )comunemente odiato dalla band in studio), altra micro-intervista e così via fino al cantante il quale parlava a lungo sulle note della sua ultima hit.
Assolutamente snervante per chiunque.
“dunque signor Wachter..”, “Matt prego..” l’intervistatrice fece intravedere i denti candidi tra le grosse labbra scure, “Matt..” assaporò la parola prima di staccare finalmente gli occhi dal viso del bassista e tornare ai suoi appunti. Il biondo ne approfittò per rilassare il volto in una smorfia stanca. “dunque, ecco a voi il bassista dei 30 seconds to mars per la nostra intervista flash” sorrise ancora di più ma adesso il suo tono non aveva nulla di rassicurante. Matt si girò un attimo per cercare conforto nel resto del gruppo che sorrideva, ora divertito realmente; la donna se ne accorse e corrugò la fronte, “solo qualche domanda sui suoi compagni di lavoro …”.
Il biondo ghignò e si protese al microfono che pendeva al centro del tavolo “cominci pure..” sussurrò affascinante all’intervistatrice già completamente conquistata.

Nel compenso l’intervista non fu male e neanche così breve, le domande passavano dal “qual è la più grande difficoltà organizzativa di un tour come il vostro” con sofferente risposta “trovare i cibi macrobiotici di Jared, visto che ormai pretende anche le confezioni in carta di riso riciclata prodotta in Albania per dare lavoro ai mutilati reduci di guerra, però-non-troppo-scura-perché-fa-impressione” a : “qual è il sopranome peggiore che avete dato ad un membro della band” con sghignazzata generale ed eco da parte di Jared e Shannon nell’ombra, “TOMISLOVE!” Un urletto isterico del croato che si avvicinò lemme al banchetto di vetro e plastica rosa.
“signor Milicevic ...” uno sconfitto chitarrista biascicò un poco apprezzabile “Tomo per favore” mentre lo studio ridacchiava ancora.
Alcune domande di carattere generale e un terribile “com’è la convivenza nel tourbus?”, “piacevole come una guerra in trincea”, l’intervistatrice lo osservò preoccupata, “come mai?”, Tomo smise di guardarla negli occhi per controllare la trasparenza del tavolo, “provate a dividerlo voi uno spazio di cinque metri quadri con un bassista maniaco dell’ordine, un batterista che tenta di colpire tutto..”si prese una pausa “TUTTO, con quelle dannatissime bacchette e un cantante che pretende i suoi privatissimi spazi per poi fiondarsi in qualsiasi angolo in cui la sua presenza fisica sia assolutamente inadeguata e improponibile”.
Jared in un angolo provò ad intenerirlo con la sua espressione da bambino mortificato mentre la donna gli faceva cenno di avvicinarsi.

L’espressione piagnucolosa scemò in modo visibile; di solito sarebbe toccato a Shannon intervenire. “avanti Jared non farti pregare” biascicò Tomo andandosi a nascondere nell’angolino buio di un divanetto vicino la porta. Il cantante prese fiato e si accomodò sull’alto sgabello.
“allora Jared..” la donna non si pose neanche il problema del lei, dal suo sguardo si intuiva che l’intervista era solo una copertura per dei pensieri più che intuibili. Il cantante sospirò pesantemente mentre rispondeva fugacemente alle domande incalzanti su presunti flirt e fantasie comuni, i suoi occhi cercavano insistentemente il fratello troppo occupato a parlare con Tomo che pungolava Matt per prestargli attenzione. “e cosa mi dice di suo fratello?” “emm… cosa?” il frontman ritornò pesantemente sulla terra, “ma si” insistette l’intervistatrice, “suo fratello, com’è lavorare con lui, se ci sono divergenze artistiche”, Jared rabbrividì.
Quelle parole era già orribili nella bocca del frontman di qualsiasi band che si rispetti, dette da un giornalista erano quanto meno terrificanti.
La donna lo guardò pensierosa, “le solite cose insomma! Se vi rubate le fan, se vi dividete l’ultimo panino, se di notte vi svegliate per farvi i dispetti come quando eravate piccoli!” continuò esasperata l’intervistatrice. Il cantante cercò di balbettare qualcosa di plausibile ma la mano della donna si era già tesa verso il batterista per richiamarlo verso il palchetto.
Shannon si sedette pesantemente sul piccolo sgabello appena lasciato vuoto dal fratello che si allontanò guardandolo tristemente oltre le spalle mentre tornava nell’angolo in ombra accanto agli altri. “dunque dunque..” sospirò la donna sorridendo ampiamente, “Shannon” gli lanciò un’occhiata penetrante, “posso darti del tu vero?”. Il batterista sorrise scrocchiando le mani in un gesto rilassato, “ovvio ...”
L‘intervistatrice si sporse un po’ verso il microfono, “tuo fratello era un po’ riottoso nel parlare di voi, quindi, chi meglio di te può spiegarci cosa significa essere il fratello-cofondatore-batterista di Jared Leto?”.
Gli occhi azzurri dell’altro Leto si sgranarono diventando immediatamente lucidi ma nessuno sembrò accorgersene. “in realtà è un compito difficile” disse concentrato Shannon, “insomma già averlo come fratello è una rogna, bisogna sempre stare attenti che non si rompa l’osso del collo scalando qualche impalcatura o che non si perda il ‘suo spettacolo’ quando comincia a parlare con gli Echelon fuori dal locale perdendo la cognizione del tempo …”, il batterista sorrise tra se, “come cantante non è male... tranne quando in pieno concerto fa quegli strani gorgheggi misti ad urla selvagge che ...” si voltò verso i tecnici in sala, “se provate a farli voi vi assicuro che non hanno nulla di umano”.
Scoppiò una bassa risata in sala “ma è vero!” protestò verso Matt che si nascondeva il volto tra le mani. “comunque non è poi così terribile come sto dicendo io … è molto peggio” l’intervistatrice rise, “quindi non è migliorato con l’età?”.
“da quando eravamo bambini intende?”

Shannon chiuse gli occhi per un paio di secondi perdendosi in chissà quale pensiero, rabbrividì visibilmente prima di riaprire gli occhi lucidi, come allucinato, la donna lo guardò incuriosita.

Il batterista scosse la testa e riprese come se non fosse accaduto nulla, “ no, non è cambiato per nulla, prima era un nano con gli occhi enormi, pieno di idee folli che faceva realizzare al primo mal capitato che riusciva ad intenerire con quell’espressione da cucciolo ed ora ... beh diciamo che ci riesce anche da solo perché ormai ha i mezzi, ma si diverte comunque a rendere assurda la vita di chiunque passi troppo tempo con lui”.
L’intervistatrice sorrise di rimando “e con questo chiudiamo l’intervista ai 30 seconds to mars, grazie della disponibilità ragazzi..e ora il nuovo singolo..”


NICOLE!
Che bello faccio lo stesso effetto dell’aria di montagna! Basta che le caprette non mi facciano ciao posso dormire tranquilla ;) povero Shannon, quando ho pensato a questo scherzo la sua espressione terrorizzata mia ha divertito tantissimo, non potevo privarvene anche se è questa intervista ad avermi dato le migliori soddisfazioni. Spero di avervi dato un’immagine decente perché nella mia mente era parecchio dettagliata … ebbene si sono inquietante anche se sono convinta che parte del mistero per te non sia proprio oscuro. Ti aspetto alla prossima!
SHANNA!
Esattamente carissima. Siamo i due piatti della bilancia e questo mi da un minimo di sicurezza nel continuare. Uff, questa roba mi ucciderà lo sento, anche se è tutto pronto postare ogni capitolo per me è una faticaccia immensa. Tu mi capisci, questo è stato uno dei parti più travagliati della mia esistenza e per fortuna ho una storiella allegra e divertente con cui consolarmi. Cmq, il piccolo Tim della mia testa mi ricorda che lui ha già i suoi problemi con me che lo tratto da schifo e il resto delle scrittrici che lo caccia delle situazioni più disperate QUINDI un marmocchio sarebbe proprio da evitare. Che fa lo accontentiamo? ;P
NEMO!
non sai quanto mi mancavi! lo sapevo che tra un Sebastian e un Leto di troppo mi avresti trovatA ;p ebbene si, ho deciso che era inutile lasciare a marcire questa storia nel limbo del mio pc... tanto valeva darsi da fare e completarla... o almeno provarci! confido in te per suggerimenti tu che sei avanti di un paio di cap ;)

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Capitolo 7
*** 5 ***


artemide82;benvenuta a bordo ;) a come ho detto a Nicole TOMISLOVE un giorno avrà il suo perché ;P guarda che adesso mi aspetto altri tuoi commenti eh? Ahahah ciauuu
shanna_b ;18? O dio tuo non sarai davvero a questi livelli??? Io in cantiere ne ho ¾ che già mi riempiono i sogni di ‘se e di ma’. Ahaaaaaaaaaaa dottore ho un problema! ;) tranquilla Shanna cara, avrai tutte le soddisfazioni che ti servono per questa storia. Non tralascerò il dettaglio ;p
Blue_moon; lo giuro sul personaggio migliore che sono riuscita a inventare, TOMISLOVE avrà una storia tutta sua il cui cercherò di buttare quella caterba si senso dell’umorismo che scrivendo non viene mai bene. Non sai quanto invidio la gente che riesce a farmi ridere mentre leggo, io mi sento un’impacciata bambinesca burlona ogni volta che ci provo. Però ci provo ;p

ho preferito rispondere ora per non fermarvi a riflettere nei prossimi commenti ;)


5


Jared coccolava la sua chitarra tra le braccia. Sfiorava appena le corde con una mano mentre con l’altra prendeva gli accordi. Poche note si perdevano nel silenzio della piccola stanza, gli bastavano queste, per continuare a pensare, per prepararsi ad un sogno. Mormorava sottovoce le parole di una vecchia canzone che non ascoltava più dai tempi del liceo.
Non la ricordava così dolce.
Si spostò ancora di più al centro del letto, era una comodità rara, un letto matrimoniale dopo settimane di brandine traballanti. Persino l’odore del tourbus ormai era così in concomitanza con i suoi spostamenti che si chiese perché l’odore dei fiori in un angolo coprisse quello del deodorante di Tomo misto alle scarpe terribilmente asfissianti di Matt e Shannon cui era abituato. Sorrise tra se ad gli occhi chiusi mentre accennava leggermente ad una melodia calda e avvolgente.
Un clic assolutamente fuori luogo gli fece spalancare gli occhi e il flash riuscì a catturare per un attimo le iridi sgranate prima che rimanessero abbagliate.
Una risata profonda ferì il suono rilassato di pochi secondi prima.
“Shannon non hai proprio di meglio da fare?” brontolò Jared stropicciandosi occhi con i pugni chiusi, “perché no fratellino? Sei assolutamente adorabile” rispose conciliante Shannon scattando un'altra foto. Gli occhi azzurri si riabituano alla luce permettendogli di guardarlo imbronciato. Il batterista scoppiò in una risata ancora più forte avvicinandosi al fratello, “ ma guardalo che tenero il nostro cantante, l’uomo fatto e finito seduto nel lettone con il pigiamino come un bambino piccolo!”. Jared sorrise assecondandolo, “almeno se qualcuno dovesse venirmi a trovare nel mezzo della notte mi troverebbe in ottimo stato e non come appena scappato ad un assedio”. Shannon finse di guardarsi allo specchio vicino a lui tirandosi una manica della maglietta extralarge vecchia e scolorita del loro primo tour che portava sopra i pantaloncini neri, la sua tenuta da notte per eccellenza. “almeno si vede subito quello che le aspetta” suggerì placidamente, “aspetta a chi? Shannon non crederai davvero che qualche ragazza si arrampicherà fino alla tua camera in piena notte!”, il sopracciglio del batterista si alzò pericolosamente, “cosa vorresti insinuare Jay?”. Senza preavviso si buttò sul fratello cercando di strapazzarlo un po’, ma Jared, pronto, si mise a correre intorno al letto per non farsi prendere. Dopo dieci minuti di corsa il batterista si buttò sul piumone con il fiato corto, “ok ci rinuncio! Basta, mi servono le forze per il concerto di domani non per prendere il mio fratellino scemo”. Jared rise sedendosi sul materasso mentre il Shannon si avviava alla porta, sulla soglia si fermò a pensare un attimo e tornò indietro. Jared sentì la mano callosa posarsi sulla spalla e un’improvvisa tensione gli contrasse i muscoli del collo ma il batterista sembrò non accorgersene, si chinò sulla testa del fratello e posò un impercettibile bacio sui suoi capelli, “buona notte”.

Jared sorrise di come Shannon riuscisse ancora a farlo sentire il fratello minore, l’indifeso piccolo Jay che la madre gli affidava con tanta naturalezza. Posò la chitarra su una delle poltroncine negli angoli della grande stanza e tornò ad accucciarsi sotto le coperte. La stanchezza di girare per ore tra uno studio televisivo e uno radiofonico per tutta la giornata incominciò a farsi sentire; chiuse gli occhi dolcemente senza accorgersi di stare sprofondare nel sonno. Si svegliò nel cuore della notte confuso; dal buio, dall’assenza di movimento della stanza, della grandezza del letto.
Il suo sguardo fu catturato da un’unica striscia di luce data dalla spia luminosa del caricatore attaccata alla presa e si chiese stupidamente perché la moquette del tourbus fosse così chiara invece del solito rosso vermiglio.
Ci mise quasi un minuto a connettere, a capire perché le dita non gli facessero male dallo sfregamento delle corde, perché la gola non gli bruciasse dall’aver cantato a squarciagola. E la risposta arrivò, inesorabile e terribile come il rumore dei passi che già si avvicinavano lungo il corridoio.
Quella sera non c’era stato il concerto, solo interviste, troppe interviste …

Sentì un respiro pesante oltre la porta nonostante il letto fosse ben lontano nell’ampia stanza. La maniglia bloccata dalla serratura chiusa scattare inutilmente sempre più veloce, avrebbe potuto rompersi da un secondo all’altro. Si alzò in piedi silenziosamente, avanzando lentamente fino allo spiraglio di luce sotto la porta dato dalle spie basse nel corridoio altrimenti buio, l’ombra era sempre più inquieta.
Sentirono reciprocamente l’uno la presenza dell’altro.
“aprimi” chiese la voce oltre la porta con un’inclinazione gentile nel tono profondamente minaccioso. Jared attese qualche secondo ancora prima che la mano dell’altro provasse nuovamente a fare scattare nervosamente la serratura, “allora?” incalzò impaziente dall’altra parte aumentando un po’ il volume della voce. Jared si affrettò ad aprire mentre la porta veniva spalancata con violenza e lui fosse sbalzato sulla moquette qualche metro più in la. La porta fu richiusa a chiave accuratamente, “sorpresa!” esclamò la figura massiccia avanzando lentamente “indovina chi è venuto a trovarti stasera?”. Il viso sottile era privo di ogni espressione, solo gli occhi si ostinavano a rimanere chiusi, stretti contro la tristezza di dover vedere ancora quel volto.
Quanto avrebbe voluto che avesse una maschera, che fosse abbastanza buio da non fargli scorgere i suoi tratti. Ma era impossibile, Jared sapeva bene chi lo stava picchiando in quel momento, di chi erano le mani che con forza lo costringevano a chinarsi mormorando qualcosa che l’altro non voleva sentire. Un colpo violento arrivò alla tempia. Accecato dal dolore Jared arretrò aggrappandosi al basso bordo di un comodino dietro di se per tenersi in equilibrio, “ti prego” mormorò con il sangue che gli riempiva lentamente la bocca, “sta zitto!” urlò l’altro mentre il braccio prendeva la rincorsa per uno schiaffo. Ma il cantante si accasciò inerme, mentre la lampada dietro di lui veniva spazzato a terra dal colpo, schiantandosi a terra con fragore tra le schegge che penetravano nella carne di entrambi. Un urlo di dolore riempì la camera.
“bastardo! Maledetto bastardo!”.

La porta della camera tremò, un insieme di pugni decisi sul legno attirò la loro attenzione, “Jay che succede la dentro?! Aprimi!”. La voce di isterica dalla paura arrivò dritta all’interno della camera buia, “è tutto a posto Tomo, torna a letto”, “Jared apri immediatamente questa cazzo di porta!” la voce del chitarrista non ammetteva commenti respirò rumorosamente per raccogliere tutto il fiato a disposizione,“Jared!” urlò incontenibile dietro la porta.
L’altro lo guardò sorpreso per un attimo “Jared?” mormorò.
“apri questa dannatissima porta o la sfondo! Lo giuro!” il cantante non metteva in dubbio che lo avrebbe fatto e trascinandosi arrivò sulla soglia. Aprì quel tanto che permettesse alla sua voce di uscire “grazie Tomo ma va tutto bene..” un raggio di luce scoprì la fronte sanguinante e l’occhio contuso, “Jared, mio Dio! Cosa ti hanno fatto!”. Il moro entrò prepotentemente nella camera e fece scattare l’interruttore accanto la porta, “che cosa succede qui dentro!?” la luce accecò gli occhi di Jared ormai abituati al buio e quelli dell’altro ancora in fondo alla stanza.



Vi autorizzo a darmi della sadica.

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Capitolo 8
*** 6 ***


6


“Shannon che ci fai tu qui?”
Il batterista si guardò per un attimo confuso le mani sporche di sangue, poi strizzando gli occhi fisso il fratello, “Tomo io … Jay, ma che cosa?..”. Jared cercò di sorridere oltre il rivolo rosso che scendeva dalle labbra, “è tutto a posto Shanny”, “no che non lo è!” cercò di ribattere Tomo chino su di lui, “Jared cosa è successo!”, “dopo Tomo, ora Shannon deve andare in camera sua, così gli manderò qualcuno per fasciargli la gamba”, il batterista si fissò i pantaloncini macchiati e gli schizzi lungo il polpaccio nudo, incredulo del suo stesso sangue “avanti Shannon vai in camera tua” ripeté dolcemente Jared.
Il fratello con il capo chino e lo sguardo vuoto si avvicinò ai due e senza guardarli, “ma io …”, scosse il capo e incredulo uscì dalla porta tirandosela dietro le spalle. “Jared ma che cosa? ...”, “solo un attimo Tomo, si? È la reception? Buona sera, scusate l’ora tarda ma mio fratello nella stanza 556..si è quella accanto alla mia…era da me per uno stupido scherzo” cerco di ridere sornione, “si mi capisca anche lei, certi fratelli non si arrendono neanche superate certe età” ridacchiò ancora falsamente, “già, è stato un vero disastro, purtroppo per non rovinare lo scherzo ha camminato nel buio e…si la lampada sul comodino si è rotta e lui ha finito per tagliarsi….no nulla di grave, ma potrebbe mandare su qualcuno a medicarlo? Si? Grazie mille … è già in camera sua, no io non ho bisogno di nulla … preferirei dormire, potreste pensarci domani mattina? Si… grazie ancora buona notte”.
Mise giù il telefono d’avorio e si alzò barcollando verso la valigia sventrata ai piedi del letto. “puoi sederti Tomo, se ci tieni tanto a sapere tutto tanto vale che ti metti comodo” disse il cantante estraendo una busta di plastica nera dal disordine degli abiti.

“È cominciato tutto esattamente dopo il nostro primo tour, quando ancora facevamo da spalla alle band più anziane, quel metal-rock con cui non avevamo nulla a che fare” esordì aprendo la zip con fruscio metallico e tirando fuori dall’astuccio uno specchietto e della garza, “a quei tempi non ci conoscevano in molti, eravamo delle nullità nel campo musicale, ci sentivamo ancora quattro ragazzini che suonano del garage dei genitori, io, Matt, Shannon e il chitarrista di turno, niente fan, ci ascoltavano distrattamente quanto la musica di fondo quando fai la fila alla cassa del supermercato”.
Sorrise tra se mentre da una bottiglietta faceva colare un liquido dal forte odore disinfettante sulla stoffa ancora in mano e controllava nel riflesso la parte più maltrattata. “ma poi un giorno probabilmente il pubblico migliorò perché cominciarono ad ascoltarci, anche se forse il mio ultimo film in uscita facilitò le cose”, sospirò soffocando una smorfia di dolore quando la garza umida cominciò a pulire una tempia, “non posso esserne sicuro ma il tempi erano relativamente brevi e credo che la cosa abbia per lo meno attirato qualche sguardo su di noi”.
Si guardò a lungo per costatare che il sangue avesse smesso di scorrere lungo le ferite prima di prendere un tubetto di pomata dal contenitore.
“il segnale d’allarme arrivò con le prime interviste, quelle appena scesi dal palco, ancora carichi di adrenalina, non avevamo abbastanza notorietà per altro, ma questo bastava per apportare un notevole cambiamento in mio fratello. A quei tempi dormivamo ancora tutti insieme durante gli spostamenti e io fui il primo ad accorgermene, sai anche tu che ho il sonno leggero”, Tomo annui silenziosamente mentre Jared svitava il piccolo tappo e spalmava un altro po’ di crema sul braccio. “mormorava nel sonno, i suoi incubi erano sempre più angoscianti, a volte urlava e io … non sapevo cosa fare” gli occhi chiari si chiusero un attimo mentre agitava la bomboletta di ghiaccio sintetico.
“la mattina era sempre peggio, pensai che non riuscisse a sopportare lo stress così andai da uno psicologo, volevo sapere cosa succedeva, se potevo aiutarlo”. Sospirò cercando di ignorare la pelle che rabbrividiva sotto il getto di un freddo chimico, “il terapeuta mi disse che le domande personali sul suo passato, sul nostro passato, lo tormentavano perché lui stesso non aveva delle risposte, che sarebbe stato meglio evitare le interviste fino alla fine della terapia, ma come potevo farlo Tomo?”, il cantante lo fissò per un attimo incredulo come se stesso. “finalmente avevamo attenzione, la stampa si stava occupando di noi, si parlava già di un contratto stabile con la casa discografica, era l’occasione che aspettavamo da tempo come mi ripeteva sempre Shannon, non potevamo fermarci ora, permetterci il lusso di sparire, di perdere il batterista o di rinunciare alla tournée, mancava così poco Tomo, sarebbe stato da pazzi mollare in quel momento”.
Sospirò indeciso frugando con gli occhi bassi dentro la borsa cercando qualcosa, perdendo tempo.
“così presi la mia decisine, un frontman serve anche a questo no? a prendere le decisioni per tutti e poi, quando suonava Shannon stava meglio, ma c’erano giorni in cui si facevano solo interviste e lo vedevo peggiorare, cadere nel mutismo, tormentato dai suoi incubi anche da sveglio”. Finalmente si decise per un altro tubetto, stavolta la pasta che ne uscì era gialla e densa. “parlai di nuovo al terapeuta e gli promisi che una volta finito il tour e iniziata una nuova incisione avrei portato io stesso Shannon alle sedute, ma che per ora doveva darmi del tempo, un palliativo, qualcosa che lo calmasse e lo rendesse lucido a vitale, che mi restituisse mio fratello insomma perché quello zombie non aveva nulla a che fare con lui”.
Perse qualche secondo per fare assorbire la pomata mentre i suoi occhi già lucidi facevano cadere lacrime dolorose sulle ferite ancora aperte.
“quando mi disse gli effetti collaterali io non li presi sul serio, una persona come Shannon non poteva dare sfogo alla sua brutalità nel sonno a causa di una stupida piccola pillola, ignorai gli avvertimenti e mi feci prescrivere tutto”.
Continuò a parlare tra le lacrime ignorando l’espressione dell’amico accanto a lui perché la possibilità di sfogarsi con qualcuno era più forte del giudizio che avrebbe potuto ricevere
. “ora non urlava più nel sonno, ma … si alzava … e mi trovava … sempre. Era convinto che fossi qualcuno che lo aveva ferito profondamente, distruggendolo e lasciando solo lo spettro di quello che era in realtà. Dopo poche occasioni scoprii che era mio padre l’uomo che picchiava tutte le notti, mi colpiva vedendo lui nel mio riflesso. Nel buio i suoi sogni si confondono, ma è più coraggioso dei suoi ricordi e da addormentato piuttosto che soffrire in silenzio affronta chi lo ferisce”.
“Pago con il mio corpo l’abbandono di nostro padre”.
Il croato si lasciò sfuggire un sospiro di desolazione e Jared alzò lo sguardo solo per un attimo prima di continuare ancora a capo chino.
“pensavo che fosse inutile fare qualsiasi cosa, mancava solo un mese prima del nostro rientro a casa e speravo che tutto si risolvesse in fretta. Poi, la fama ci investì come un treno in corsa e io non potei fare nulla per evitarlo, le settimane divennero mesi e i mesi … sentivo il tempo scorrere come quelle dannate pillole che mi pesavano come macigni mentre lo costringevo a prenderle … e quando tornammo a casa… lo psicologo mi disse che anche lavorando non sarebbe più stata possibile una catarsi completa perché ormai Shannon aveva trovato come sfogare la rabbia repressa e io sarei sempre stato la sua vittima nell’inconscio e per paura delle sue stesse fantasie che non arriva neanche a comprendere il senso di colpa lo avrebbe ridotto a quella larva che era”.
Senza guardare stavolta pescò dalla sacca un barattolino di pillole analgesiche, ne prese una tra il pollice e l’indice osservandola quasi incuriosito “provammo a sospendere la cura ma ricadde nella consueta ostilità, confuso apatico e scontroso, chiudendosi ad ogni domanda personale e piangendo di notte. Io non volevo questo, lo volevo felice, così ricominciai a dargli le pillole e lui tornò come prima”.
Jared inghiottì l’antidolorifico alzando la testa, “cominciai a notare altre cose, studiai la situazione insomma. Scoprii per esempio, che dopo i concerti dorme sereno e felice e al mattino da il meglio di se, mentre una giornata di più interviste lo fa diventare ancora più violento. Ho capito che per gli altri è assolutamente innocuo, lui vuole me e sa sempre come trovarmi. Agisce solo nel buio, la luce lo spaventa, lo hai visto anche tu, ho evitato finché ho potuto perché se lo scoprisse, se sapesse che davvero picchia qualcuno come negli incubi che non ricorda, sono sicuro che si farebbe del male, chiederebbe di essere rinchiuso ed io non voglio perderlo, è mio fratello Tomo non posso vivere senza di lui!”.
Il cantante si tirò le gambe al petto e cominciò a singhiozzare disperatamente. Tomislav gli si avvicinò, cercò di cingerlo con le braccia in un gesto che non gli era estraneo.
Lo strinse titubante ma il cantante lo scansò con quel poco di forza ancora in lui, “non merito il tuo affetto Tomo sono un mostro! Per la mia carriera ho distrutto l’anima di mio fratello, ho venduto il suo cervello per una vita che ho sempre sognato. Sono un fottuto egoista!”.
L’amico lo strinse deciso sentendo le lacrime calde inzuppargli la maglietta, avrebbe voluto dire qualcosa, consolarlo, ma sentiva le parole vuote ferme da qualche parte in gola, non riusciva a parlare.

Un bussare discreto interruppe il loro abbraccio, “chi è?” chiese Jared asciugandosi le lacrime con il palmo aperto. “fratellino?” sentì mormorare in risposta. Tomo s’irrigidì mentre il cantante sorrise leggermente, “entra Shanny”, la figura grande e impacciata di Shannon cercò di scivolare delicatamente dentro la stanza senza dare l’effetto sperato. Lo sguardo pentito gli faceva tenere il capo chino lanciando solo qualche occhiata preoccupata al fratello ancora a terra accanto a Tomo, il cantante ridacchiò nel vederlo così in imbarazzo.
“Shanny è tutto a posto, tu stai bene vero?” chiese apprensivo, il batterista annuì, “nulla di grave” continuò Jared con il suo sorriso più convincente. “davvero?” chiese stupito il batterista, “certo!” annui il fratello, “ora però sono stanco Shan voglio dormire, andate a letto tutti e due, ok Tomo?”. Il croato lo guardò sorpreso prima di leggere la determinazione in fondo agli occhi azzurri, si limitò ad alzarsi e andare via senza sfiorare il batterista.
“Jay è tutto ok?”, Jared si alzò faticosamente e gli poggiò il petto contro il suo in un abbraccio cauto, il suo mento arrivava alla tempia del fratello maggiore, “ti voglio bene Shannon”.
L’altro lo strinse delicatamente, “io … io volevo … ho sentito quei rumori e allora … Jared cosa ..?”. Jared si scostò di qualche centimetro per guardarlo negli occhi cangianti, “è stato solo un brutto sogno … è tutto a posto Shannon”, poi un sorriso stanco velò le iridi chiare, “buona notte” aggiunse dolcemente.
Si staccò dal fratello e raggiunse il letto scomposto, l’altro prese qualche secondo prima di avvicinarsi alla porta e spegnere la luce dall’interruttore vicino a essa.
“Jay... ”, “mmm... ” mormorò da sotto le coperte, “posso dormire con te?”, il cantante tremò nel buio, “va a letto Shannon”.

bluemoon:
Mannaggia! Mi sono persa una tua recensione solo perché ti ho sconvolto??? Per il prossimo voglio gli straordinari! Mumble mumble, il mio stile? È un casino! Questa storia ha un parto così travagliato che ho il terrore di aver perso qualcosa per strada ;P Spero continuerà a piacerti ;) una bacio!

Artemide:
non sai quanto mi abbia fatto piacere la tua recensione. So che è stupido ma mi sono venuti gli occhi lucidi. Si anche io ho problemi con la ‘malattia’ di Shannon. Mentre scrivevo ho sentito molto il dolore fisico di Jare e in questo cap ho cercato di dare uno sfogo anche al suo dolore interno. Una cosa che mi ha lasciato soddisfatta ma anche turbata. Non credo di aver mai scritto qualcosa di così ‘pesante’ eppure necessario, per me, per altri, per delle emozioni e dei sentimenti che dovevano trovare sfogo. Ti ringrazio dei complimenti, cerco di fare quello che posso e se riesco anche in minima parte a farti sentire quello che provano i miei personaggi posso dire che allora tutto questo ha ancora un minimo di senso ;) ti aspetto alla prossima, ciao!

Shanna:
Kiltiman-shannon shannon-kiltman kiltman-shannimal shannimal-shannon?????? Ahaaaaaa sto tipo di terapia non mi convince per nulla! Ordini del dottore, leggere attentamente il capitol, versare due lacrime (sono d’obbligo che credi!) e scrivere quello che te ne pare! (ovviamente ti ho riservato un appuntamento nel mio futuro studio appena dopo la laurea ;p)



Mi scuso per chi aspetta “lei o lui” ma non ho molto tempo a disposizione e con mio sommo raccapriccio neanche le idee del tutto chiare, o meglio, la storia c’è ma ora ho così paura di deludere qualcuno che voglio fare qualcosa di davvero interessante ;) abbiate pazienza! Nel frattempo continuerò a postare Shannimal. Un bacio affettuoso a tutti, spero in qualche commento ;)

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Capitolo 9
*** 7 ***


7


Il tempo del concerto sembrò incredibilmente breve, Tomislav cercava di trovare un perché in tutto il trambusto che lo attorniava. Inaspettatamente, in pieno assolo, capì che quella sera non voleva suonare. Per nulla. Un brivido lo percorse da capo a piedi come una scossa elettrica lasciandolo solo e rigido con lo stesso ritornello tra le corde della sua chitarra mentre Jared si preparava ad urlare “Buddha for Mary”. Il cantante si portò indietro nel palco, camminando lentamente fino al fratello impegnato a reggere il suggestivo sottofondo delle prime parole appena bisbigliate. Shannon buttava l’anima in quella canzone come in tutto, ma Tomo gli aveva visto gli occhi brillare di una luce inconsueta quando il fratello la cantava, sospettava che il batterista sapesse molto di più di quanto si potesse intuire su una delle primissime canzoni e sulla famosa Mary.
Jared si girò per fissarlo negli occhi mentre la batteria aumentava il suo grande battito per animare il respiro nei suoi stessi versi.


A silent song that's in your words
A different taste that's in your mind



Tomo vide l’espressione del cantante diventare incredibilmente supplichevole mentre il viso del fratello sembrava affondare nelle grosse spalle ed esistere solo per dare voce alla sua batteria. Il gusto segreto della sua mente, la canzone silenziosa delle parole non dette … Una frase sbagliata, l’unica richiesta che il fratello maggiore sembrava non capire.
Tomo scosse la testa.
Che non poteva capire.
Jared si allontanò accompagnato dallo scoppiare metallico dei piatti rivolgendosi direttamente al pubblico, guardando anche quello come se potesse intuire, rivolgendo domande senza risposta.


Tell me what’s the difference? Don’t they all just look the same inside?


La folla in delirio agitava le braccia in un movimento costante, mille voci chiamavano Mary.
Tomo vide Jared impossessarsi della loro energia, dimenticare tutto, abbandonare la chitarra ai piedi della batteria e prendere la rincorsa con il microfono in mano verso un angolo del palco, Matt quasi sorrideva con il basso tra le lunghe braccia.
Shannon, dimentico di qualsiasi cosa, era ancora chino sulla batteria, per lui l’esibizione era questo e nient’altro. La sua musica, il ritmo prepotente del tuo trono, il resto lo affidava ciecamente all’animale da palcoscenico che invece era Jared, il fratello che ora stava scalando l’impalcatura approfittando delle travi a vista. Lo vide salire felice, oltre i primi cinque metri e urlare da lassù come se per un lungo attimo fosse davvero immune a tutto, come se la folla ondeggiante richiamasse a se la parte di Mary che era lui stesso e gli chiedesse davvero di volare.



Mary was an acrobat But still she couldn’t seem to breathe Mary was becoming everything she didn’t want to be.


Jared incastrò le gambe tra le travi e aprì le braccia contro il bagliore rossastro delle luci insanguinandolo molto più del colore che tra poco gli avrebbe macchiato la camicia. Qualcuno nella folla urlò ma lui non fece cenno di aver sentito, mentre si sporgeva estasiato sulla folla porpora ondeggiante sotto di lui.



Mary was the type of girl
She always liked to fall apart



Jared come una fenice che brucia e rinasce dalle sue ceneri.
Jared ad un lieve passo da una morte certa.



Buddha for Mary, Here it comes


Tomo trattenne il fiato mentre il cantante si curvava sul pubblico che ormai cantava il ritornello al suo posto, sostenuto da Matt e Shannon che ancora non scemavano di un solo tono. Ripetendo un piccolo pezzo del loro infinito, i loro 30 secondi prima di arrivare su marte.


This is the life on mars


Jared sul precipizio, solo, con chissà quale pensiero in quella testa preziosa e fragile come il migliore dei marchingegni.


Buddha for Mary, Here it comes


Tomo lasciò cadere la chitarra ai suoi piedi, correndo sotto l’impalcatura con il nome dell’amico a fior di labbra, mentre in preda a chissà quale alchimia di musica e luci tutti sembravano indifferenti al pericolo incombente troppi metri più in alto.


This is the life on mars


Aggrappato alla sbarra più bassa della struttura Tomo restava come un ansioso Romeo pronto a prenderlo al volo se le sue peggiori supposizioni si fossero avverate. Un faretto colpì il cantante con un atro fiotto di luce rossa e Tomo lo vide sorridergli tristemente tra le ciocche scomposte che cadevano oltre il viso accaldato.


Buddha for Mary, Here it comes


E Tomo capì.

Jared cominciò a scendere velocemente, quasi lasciandosi cadere fino ad un metro prima del palco, per buttarsi con grazia sul chitarrista che lo prese al volo senza incertezze.
Pensando che Jared era davvero una fenice, che moriva ogni notte per tornare a cantare il giorno seguente, impegnandosi a volare mentre il suo corpo restava giù, abbattuto da colpi potenti. Nessuno poteva aiutarlo, era la sua battaglia, il mondo che non avrebbe abbandonato mai, perché non amava nessuno più del suo carnefice. Non c’era soluzione.



This is the life on mars


Matt glielo strappò dalle braccia portandoselo praticamente in spalla oltre le quinte, “cazzo Jared mi ha fatto quasi spaventare stasera! Ho la sensazione che dovresti pregare di più qualche tuo fottutissimo santo o ti romperai il collo un giorno di questi!”. Il cantante lo guardò raggiante con il viso accaldato mentre il braccio del fratello si abbatteva su di lui con troppa forza in una pacca di forzuta presenza, si girò a guardarlo per un lungo minuto “She said, -I don’t believe in god-”.





nemo from mars:
E lo so che è il tuo sogno lo svilupparsi di una Tomo\Jared! ;P in realtà per me è molto difficile definire il rapporto dei due in questa ff. Tomo ha un affetto sfrenato per Jj e non dubito che una mano migliore (non dico penna perché è tutto battuto al pc) avrebbe giocato con allegria su questo fatto. Ma … diciamo che sono riuscita a sperimentare questo particolare tipo di ‘amore’…. quello per cui manca solo il rapporto sessuale per avere un tipo di relazione che in realtà già esiste. A livello affettivo intendo. In più credo che l’esperienza di Jared (io Tomo lo dipingo sempre molto ingenuo) gli da quel vantaggio che serve per vivere questa relazione serenamente anche se il batterista potrebbe non riuscire mai a capirlo del tutto… ma sto dicendo troppo e sono sicura che ci sarà un capitolo che ti farà piacere anche se la conclusione non sarà quella che vuoi ;)

artemide:
Aver acquistato una così entusiasta recensitrice mi riempie di gioia, i complimenti fanno bene all’ego ma soprattutto alimentano la storia. E tu sai quanto possa alleggerire lo stress del parto di ogni capitolo. Si, la realtà è peggio di come appare e la reazione di Tomo… beh, è la reazione di un amico vero, di quelli che danno la vita per le persone a cui tengono e personalmente credo che Tomo, o almeno il mio Tomo sia fatto così. Nemmeno le esperienze più brutte della vita riescono a farlo desistere dall’affezionarsi alla gente, specialmente se sono esseri straordinari come Jay. Ho riflettuto molto sul comportamento del cantante e sono arrivata alla conclusione che nonostante sia molto ‘nobile’ da parte sua tacere e amare comunque il fratello ha un lato oscuro da fronteggiare. Quello che in molte ff viene descritto come “l’amore per l’arte”, io credo che Jared non potrebbe mai rinunciare ad essere l’animale da palcoscenico che è, anche sotto un peso evidentemente troppo gravoso come la malattia del fratello. Ma di questo ne parleremo in seguito… al prossimo cap allora! E…. GRAZIE!

shanna:
Shanna cara! La tua settimana pesante è la mia settimana pesante ;p qui siamo tutte più o meno sconfitte da i gravosi compiti che la vita ci impone… come se scrivere e sognare non fosse un lavoro a tempo pieno! io ce la metto tutta per dare la spiegazioni più semplici possibili riguardo la ‘malattia’, nonostante questo purtroppo la mia attuale formazione a volte mi distrae e mi trovo invischiata in psicopatologie (maledetta materia). Detto questo! Spero che il cap ti piaccia, a detta di nemo from mars è uno dei meglio riusciti e io… ne vado particolarmente orgogliosa ;p Un bacio mia futura paziente! ;)

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Capitolo 10
*** 8 ***


8

Il Golden Gate si estendeva in tutta la sua luminosa bellezza nelle prime luci dell’alba. Piccole increspature argentate si riflettevano senza paura fino alle chiome dei salici delicatamente protese verso le acque.
Uno scenario da favola contro il timido mattino di un autunno prematuro.
Tomo si trascinò pesantemente fuori dalla cuccetta per crollare sulla moquette rossa con un tonfo sordo, arrancò i primi passi inciampando come di consueto sulle scarpe di Matt soffocando uno sbadiglio misto a una imprecazione nella mano callosa.
Si poggiò pesantemente alla parete della piccola strettoia prima del vano di pochi metri quadri che fungeva da salotto-sala prove-cucina per gli interminabili spostamenti. Il piccolo rettangolo di metallo bianco del mini-bar lo attirò più della luce soffusa oltre i vetri a specchio, si chinò verso il frigo in miniatura e lo aprì; sconvolto alla vista che in così piccolo spazio Matt e Shannon riuscissero a fare entrare tante birre.
Tutte le birre.
Una cassetta di liquido ambrato sembrava fissarlo a sua volta mentre il solo e tristissimo cartone di latte di sua proprietà giaceva sul ripiano accanto, fuori dal fresco obbligatorio da chissà quante ore. Tomo lo afferrò senza sperarci troppo mentre una grumosa poltiglia fermentata atterrava nel suo bicchiere una volta uscito dal brik. Rassegnato butto il tutto nel sacco nero dell’immondizia prima di tornare a morire di fame nella cuccetta quando un rumore secco bloccò i suoi passi dall’unico palliativo alla nenia bassa che il suo stomaco vuoto cantava da troppi minuti.

Jared seduto a gambe incrociate sul divanetto vicino al finestrino osservava il paesaggio masticando lentamente il suo yogurt magro con quegli orribili cereali che si ostinava a chiamare “ salutari fibre naturali”. Le guance gonfie potevano strappare la risata se non fosse stato per lo sguardo innaturalmente serio, sembrava che il cibo in bocca perdesse importanza davanti ad un tale spettacolo. L’alba confusa sembrava indecisa tra i suoi colori più belli, il viola opaco delle piccole onde contro le barche ancora metalliche riflesse nello specchio naturale, le ombre bianche dei gabbiani sulla baia, le nuvole fumose, fin quando i primi insistenti raggi trovarono il loro appiglio migliore nell’aria dolce e l’oro di un nuovo giorno che avvolse con pennellate gentili ogni trave del maestoso ponte e il riflesso luminoso del metallo riscaldò la pelle candida del cantante regalandogli un sorriso nel breve attimo in cui la pozzanghera di luce sull’acquitrino diventava una colata del metallo più nobile. Il rosso più deciso del minuto dopo gli imporporò innaturalmente le guance mentre si girava verso il chitarrista “giorno Tomo”. Il moro finse di non aver passato gli ultimi minuti a controllare di quale stupefacente colore potevano diventare gli occhi di Jared nella luce del mattino e si trascinò stancamente fino al divanetto accanto a lui scuotendo la testa mentre crollava miseramente con gli occhi chiusi e il capo reclinato all’indietro.
“che fai sveglio a quest’ora Jay?” chiese coprendosi il viso con una mano mentre la luce diventava insistente, il cantante si strinse nelle spalle mandando giù un boccone, “non mi andava di perdermi la baia all’alba, è una delle cose più belle che esitano”. Tomo mugolò quello che era un cenno di approvazione prima di crollare in avanti con la testa contro il duro ripiano del tavolino vanti a lui. Jared sorrise diverto, “sei senza forze, povero Tomino … dovresti mangiare di prima mattina sai? Aiuta …” .
Un cucchiaino ricolmo di una sostanza bianca sgradevolmente gelatinosa e degli non identificabili pezzetti di quella che sembrava segatura gli si presentò davanti. Il chitarrista tirò indietro il busto disgustato, “suvvia Tomo, lo faccio per il tuo bene!” il cucchiaino proteso si avvicinò pericolosamente al suo viso prima che con gesto d’istintiva sopravvivenza il moro scivolasse indietro cadendo pesantemente sul pavimento del bus e trascinando con se anche il basso poggiato alla parete.

Un rumore indefinibile di strani suoni onomatopeici e una buona bestemmia fece intuire ai due che Matt aveva sentito l’urlo di dolore del suo strumento e stava correndo a controllare la salute del suo basso, ma, nello svegliarsi, aveva probabilmente dato un calcio a Shannon che dormiva nella cuccetta sotto la sua costringendo anche lui ad alzarsi per dirgliene quattro.
Tomo, ancora seduto sulla moquette osservò il bassista arrivare trafelato con un salto vicino a lui per prendere amorevolmente il suo basso tra le braccia e cullarlo protettivo mentre con lo sguardo lo freddava di insulti ancora addormentati in gola . Un pesantissimo Shannon, con gli occhi ancora semi chiusi, si trascinava con la sola volontà di afferrare il bassista per il collo, incapace quindi di capire dove i piedi scalzi intercettavano le scarpe da ginnastica di Matt portandolo ad una delle sue travolgenti cadute con annesse imprecazioni.

La band si osservò perplessa per più di trenta secondi.
Shannon guardò con gli occhi ridotti a due fessure il bassista.
“Matt perché continui a lasciare quelle canoe che usi come scarpe per tutto il bus?”,
quello spalancò gli occhi ignorandolo, guardando il cantante con il cucchiaino ancora proteso verso Tomo,
“Jay perché ti ostini a fare mangiare le tue porcherie alla gente normale?”
il frontman alzò lo sguardo al cielo sconvolto,
“Tomo perché hai sempre quella dannatissima espressione ogni volta che stai con il culo per terra?”
il lungo ciuffo si spostò sull’altra tempia mentre si girava verso il batterista
“Shannon perché ti svegli sempre nei momenti meno opportuni?”

Scoppiarono a ridere simultaneamente dai quattro angoli della microscopica stanza dandosi quell’assurdo buon giorno. Mentre il fiato diventava meno corto Tomo sorrise di meno pensando che l’ultima domanda era l’unica alla quale avrebbe voluto trovare una risposta.



Nemo;
È vero, Tomo poi è un pezzo di zucchero in questa ff. deve combattere continuamente contro il suo abituale rapporto con Shannon, perché in fondo non credo che capisca del tutto la sua posizione. O forse è solo l’affetto che ha per Jared che è così forte da renderlo intollerante a tutto quello che gli fa del male… vedremo dove mi porterà questa storia! Un bacio ;)

artemide;
la disperazione è un tratto predominante di tutta la ff. È disperato l’amore di Jared per uno Shannon che non può capire. È disperato l’affetto di Tomo che vorrebbe solo salvarli entrambi. È disperato lo sarà anche Shannon … ma poi finisce che anticipo troppo quindi su questo chiudo il becco. Quando dici che tutto quello che Jared desidera, con ogni fibra del suo corpo è esibirsi io mi sento meglio. Perché mi rendo conto che non è solo una mia impressione ma la realtà. Jared deve stare su un palco, perché li, sotto i riflettori, che da la parte migliore di se e tira fuori il meglio di noi, che apriamo i nostri cuori alla bellezza del mondo. È per questo che sono grata ai musicisti, gli attori, gli artisti. Sono loro che ci ricordano il motivo per cui è bello essere vivi. E tu mi riempi di orgoglio constatando che quello che cerco di trasmettere arriva perfettamente a voi. A te. Grazie infinite.

Shanna
Nica, da adesso in poi Tomo sarà molto più partecipe (come non esserlo d’altronde). Lo vedremo spesso cercare di salvare la situazione, mettere quello sguardo di obiettività affettiva che tutte vorremo. Ma è troppo complicato, doloroso e labile il confine che separa il giusto dallo sbagliato. Il sano dal malato. Io vorrei farli felici e contenti mentre ridono alla luce di una nuova alba. Lo vorrei davvero. Ma temo, come sempre, che li farò sanguinare, perché come ricorda il mio nickname io sono brava solo in questo. Ti adoro, un bacio.

Lady
wow a te! si la sindrome di personalità borderline esiste davvero e io che devo studiarla da vicino posso dire che è una delle cose più tristi che si possa vedere perchè oltre la crisi i pazienti affetti riescono ad essere di una lucidità impressionante e a volte di tenerezza disarmante. Jay Shan e Tomo sono davvero in una situazione orribile che alle spalle di tutti va avanti comq da tantissimo tempo. se tutto è riuscito ad avere una parvenza di normalità fin ora lo si deve solo all'affetto e alla bravura come attore di Jared. mentre Tomo... è quello messo peggio a mio parere, bloccato tra la voglia di aiutare e il terrore di sbagliare. non lo auguro a nessuno credimi, copme ingarbugliarsi in una storia così! giuro che non volevo!!! *.* grazie per il commento, spero continuerai a seguirmi!

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Capitolo 11
*** 9 ***


9

Tomislav continuava a camminare su e giù per il tratto di stanza libero ai piedi del letto.
Un’altra notte.
Un nuovo incubo.
Ma non per lui.
Certo negli due ultimi giorni era andato tutto bene, se si escludeva la sera in cui li aveva interrotti. Jared aveva pur sempre preso parecchie botte anche se il suo corpo ormai era un grosso trucco.
Come facesse a rendere tutto invisibile era un mistero per il croato, ma una cosa era certa, la sua bravura come attore era notevole considerando gli sforzi per non lamentarsi ogni volta che qualcuno sfiorava per caso le contusioni fresche. E poi c’era la sera prima, quella del concerto; trovandolo all’alba a osservare fuori dal finestrino aveva pensato per un attimo che stesse ancora più male, ma poi aveva ricordato le sue parole “dopo i concerti dorme sereno e felice e al mattino da il meglio di se, mentre una giornata di più interviste lo fa diventare ancora più violento”.
E non se l’era sentito di prendere il discorso guardandolo sereno mentre mangiava il suo orribile yogurt.
Ed ora, era l’ultima sera, l’indomani si sarebbero sciolti per tornare alle loro famiglie, un altro tour era arrivato al capolinea.

Si sedette angosciato sul bordo del materasso dove la trapunta color crema scendeva verso la moquette nera, rabbrividì. Nel cercare di agevolare più del solito la vita del cantante era diventato remissivo verso qualsiasi richiesta. Fosse anche di dormire nell’unico hotel dark della città dove nero, bianco e rosso erano gli unici colori consentiti.

Jared aveva sorriso felice alla vista delle camere, “ottimo sembrano fatte apposta per noi”, mentre il croato rimaneva con una delle innumerevoli valigie del cantante in mano. “Jay…”, “si?” bofonchiò Jared senza girarsi, intento a rovistare tra la sua roba, il chitarrista tossicchiò imbarazzato. Il frontman si voltò per guardarlo ancora chinato sulla borsa aperta “la camera accanto alla tua è quella di Shannon …”, gli occhi blu lo guardarono diffidenti mentre la voce si raffreddava, “e allora?” Tomo cominciò a far dondolare inquieto la borsa per le maniglie come un pendolo stanco, “sai potrei chiedergli di fare il cambio con me, così magari … non so … forse …” la voce del cantante divenne glaciale come il suo sguardo, “non c’è né bisogno Tomo, Shannon starà benissimo nella camera di fianco alla mia, non avremo bisogno di niente”.
Gli occhi caldi dell’amico lo fecero pentire della durezza nella sua voce e rituffandosi nella sua valigia cercò di concludere più dolcemente, “grazie comunque Tomo, ma non puoi fare nulla per aiutarmi”.

Il chitarrista ricominciò a gironzolare per la stanza stracolma di strani oggetti, sollevando il telefono a forma di bara sul comodino pensando per un attimo di chiamare la stanza vicina anche solo per sentire la voce allegra di Jared che si beava della camera, per fargli lo stesso invito, per riproporgli la sua protezione,fare qualcosa per lui … qualsiasi cosa ….

Mise giù l’apparecchio e andò ad esplorare il bagno a fianco, accese la luce prima che un sospiro di rassegnazione gli uscisse involontariamente dalle labbra; era bianco ma con ritmici e consolidati dettagli neri, come il disegno damascato delle tende nella camera a fianco, chissà perché non c’era la doccia ma una enorme, rotonda vasca nera dall’aria gelida, confuso pensò che per darsi una lavata avrebbe dovuto farsi un bagno, o rischiava di allagare la suite. Prese a filarsi la maglia dei Nirvana dopo aver regolato il flusso dell’acqua calda, quando, poco opportunamente il telefono oltre la porta prese a squillare, andò a rispondere già a piedi nudi, “Tomo!”, “Jay?”, “Tomo aiuto soffoco!”.

Si accorse di essersi catapultato fuori dalla stanza solo quando si ritrovò a spalancare la porta del mini appartamento riservato a Jared.

“Jay!” urlò sconvolto trovando la stanza vuota, “Tomo aiuto!”, il bruno ci mise qualche secondo per capire che la voce proveniva dal bagno, si fiondò dentro senza pensare alla situazione estremamente pericolosa in cui poteva trovarsi, l’idea di Jared costretto con la testa sott’acqua gli premeva alle tempie come un grido.
Spalancò la porta lasciando che una muraglia di bollicine di sapone gli impedisse di vedere altro che uno scintillante ammasso di schiuma.
“Tomo aiutami!” urlò da qualche parte nella saponata la voce del cantante ora quasi isterica dalle risate trattenute.
Tomislav si prese un secondo per ricordarsi di quanto potesse essere assolutamente normale la sua vita se non avesse dovuto lavorare con un tizio del genere.
“una parola Jay, come faccio a trovarti qui in mezzo?”, “Tomo per favore!”, il chitarrista si accorse di essere quasi inglobato della schiuma ondeggiante nonostante non si fosse mosso oltre la soglia del bagno, “Jared, ma questa cosa cresce! Falla smettere!”, “e secondo te dove sta il problema?!? Non riesco a fermarlo! aiutami”, “prova a spegnere l’idromassaggio idiota!”, “hey non darmi dell’idiota! il bottone dell’idromassaggio? …” Tomo fu sicuro di sentire il rumore soffocato di Jared che si dava uno schiaffetto sulla fronte, “come ho fatto a non pensarci prima … Tomo stupido tonto! pensi che mi sia entrata la schiuma nel cervello o cosa? Non riesco a trovarlo quel maledetto pulsante ecco il problema!”. Tomo cercava di farsi largo a bracciate nel denso mare schiumoso, la visibilità ridotta a zero, “ho capito dammi un attimo” arrivò alla vasca urtandola con le ginocchia e iniziò a testare cautamente il bordo scivoloso alla ricerca del rilievo.
“Tomo” piagnucolò Jared a pochi centimetri la lui ma ancora invisibile nelle ombre dei fiocchi di sapone che continuavano a generarsi, “un attimo soltanto … ecco ci sono!” il rumore borbottante delle acque scosse si quietò.
“grazie mio salvatore!” due braccia strinsero il chitarrista dal nulla, che, con un grido, finì nella vasca stracolma, “Jared!”, “che c’è?”, Tomo poteva solo intuire il suo sorriso considerando che indovinava appena la sua sagoma tra le bolle. Ridacchiò, “non ero ancora pronto per fare il bagno”, Jared ritagliò una piccola nicchia nell’immensa coltre di bolle che li circondava, “tanto ti sei già insaponato”, Tomo provò a scostare altra schiuma riuscendo solo a tirarsene addosso ancora di più, “anche troppo direi” il cantante rise a crepapelle cercando di rimediare al danno.
Tomo l’osservò affascinato delimitare con precisione la massa ondeggiante fino a formare un piccolo igloo, persino le microscopiche bolle sembravano arrendersi sotto il suo tocco delicato.
Sembrava essere nato solo per questo, per mettere ordine tra la schiuma rilucente come i suoi occhi felici, con i capelli bagnati attaccati al viso magro, il sorriso di un bambino appena premiato.
Il suo sguardo s’incupì un poco, “Tomo ti ho già detto che quell’espressione ottusa che ti metti quando cadi non la voglio vedere”, il chitarrista soffiò sulla parete di sapone facendo un buco, il crepitio intenso delle bolle che scoppiavano si faceva più forte con lo sciogliersi della schiuma, “non lo faccio apposta”. Jared prese una manata di bolle e gliele mise in testa come un berrettino di lana vaporosa, “non dovresti avere un’aria troppo seria Tomino, ti imbruttisce, sei nato per essere allegro, non pensieroso”, l’altro scosse la testa inquieto, “non dire stupidaggini Jay”, “ma suuu!” continuò Jared impastandogli i capelli con la schiuma che scemava velocemente intorno a loro, “quello che ti serve è una botta di sana allegria nella tua vita, ti ci vuole un po’ di compagnia” disse sistemandogli l’ultimo ciuffo in modo che tenesse in precario equilibrio una lunga cresta sfrangiata, Tomo si guardò critico alla parete di specchi di fronte la vasca, “sto un sacco di tempo con voi” ruminò attaccando i capelli di Jared con le mani colme di schiuma, “mmm, mi riferivo ad un altro tipo di compagnia” rispose il cantante osservando le due strane corna plasmate da Tomo.
“ci sono gli echelon, ed Emma che non mi lascia un attimo quando sta con noi, va bene così”, Jared prese la cornetta della vasca per bagnare abbondantemente Tomo che chiuse le palpebre istintivamente, sciolse la schiuma su di lui, lasciando che i capelli gli scivolassero sul viso, gli spostò le ciocche davanti gli occhi con la punta delle dita, “sai cosa intendevo”.
Il bruno si scostò l’acqua dalle guance guardandolo intensamente, “non ne ho bisogno, anzi, a volte rimpiango la solitudine, questa non è una band in tour, è un caotico carrozzone di pazzi, c’è di tutto; dal clown a maciste, tu puoi fare persino fare l’acrobata, insomma c’è da che rimpiangere un po’ di sana tranquillità”.
Il cantante lo innaffiò con il getto fresco, “ma smettila” borbotto sorridendo, “ è vero! Insomma, voi mi riempie le giornate … tu …”, “io cosa?” chiese il cantante stupito bagnandolo ancora. “tu …” Tomo si rese improvvisamente conto che la schiuma intorno a loro si era quasi dissolta lasciando solo un vago strato sul pelo dell’acqua e anche quello stava per sciogliersi, Jared era entrato ovviamente nudo dentro la vasca e lui era ancora con i jeans fradici attaccati alle gambe.
Arrossì involontariamente al pensiero di loro due che faceva il bagno, in se, era molto più imbarazzante del fatto che stesse succedendo realmente … ma non sarebbe dovuto accadere … lui si stava per lavare nella sua stanza ma la preoccupazione per lui …

“cazzo Jared ho lasciato l’acqua aperta in camera mia! Si sarà allagato tutto!”, si alzò improvvisamente agitando le acque e mise velocemente un piedi fuori dalla vasca, “Tomo stai attento c’è il sapone …”, il chitarrista atterrò di schiena sul pavimento scivoloso sbattendo la testa quasi immediatamente, “per terra”.



nicole; Lieta di averti risollevato la giornata ;) . io non ho mai visto il golden gate, tranne da una foto una volta per caso, ma la mia autrice preferita, Isabel Allende abita proprio sopra la baia e ogni volta che ne accenna nei suoi libri io non posso che viaggiare di fantasia ;) e poi ammettiamolo, Jj illuminato dall’alba è favoloso (sbavo insieme a te per compagnia) grazie a te per starmi dietro Nicole! :***

ArtemideHo un sorriso a 569 denti XD . stavo tirando troppo la corda e avevo paura che ti saresti tagliata le vene insieme al povero Tomo, per questo ho pensato di allentare un po’ la tensione e se ti ho fatto ridere anche solo un po’.. mi sorprendo! L’inquietudine di fondo però devo lasciarla, altrimenti vi faccio perdere il nocciolo della questione. Contenta che ti piaccia! ;)

Shanna! Io ho avuto il problema delle cassette di birra in una vacanza un pò troppo alcolica! Fatto sta che la mattina la cosa più leggera con cui fare colazione era il succo di frutta dei cocktail visto che il latte me lo lasciavano fuori dal frigo per metterci le birre! ;p io un Jared all’alba lo vorrei davvero, non sai quanto mi sono immedesimata ne povero Tomino. Hai ragione quando dici il nostro croato ha tutto il peso della situazione e, purtroppo per lui la situazione non può che peggiorare! ;(. Guardiamo positivo, almeno i miei personaggi continuano a vivere… e questo non è poco!

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Capitolo 12
*** 10 ***


10



“tu dici che dovremo chiamare l’ambulanza?”, “naaa tra poco sarà come nuovo, vedi? Sta già riprendendo conoscenza”, Tomo si sorprese a sentire la voce di Jared un po’ troppo vicina alle sue labbra, “e se gli facessi la respirazione bocca a bocca?”, la risata fragorosa di Shannon rimbalzò sulle pareti del bagno, “fratellino, fosse caduto dentro la vasca ti direi di si, ma è scivolato sul pavimento e nonostante sia bagnato non credo che abbia acqua nei polmoni”. La voce di Matt si sovrappose a quella del batterista, “a meno che non stesse inventando qualche gioco strano sott’acqua voi due”, “stavamo solo facendo il bagno” urlò isterico il cantante, “ci credo” annuì sospettoso il batterista prima di scoppiare a ridere seguito dal biondo. “ma è vero! Appena Tomo si veglierà ve lo farò dire da lui!”, il chitarrista si sentì afferrare le spalle dalle mani di Jared, “Tomo? Tomino? Diglielo che stavamo facendo solo il bagno! Non mi credono!”. Tomo sbatté le palpebre confuso nella luce che gli bruciava gli occhi, il riflesso cangiante delle lampadine del bagno gli ricordavano il mare di bolle in cui era entrato.
La schiuma, il sapone, il freddo scivoloso del pavimento, la caduta.
“oh Dio” mormorò confuso.
“guarda Shannon si è ripreso!” il brillio dei capelli chiari di Matt si sovrappose alla sagoma scura del batterista, “allora hai la testa ancora più dura di quanto pensassi Tomislav, che botta che hai preso! ti abbiamo sentito persino nella camera di la, prima che Jared insaponato fino alle ossa ci venisse a chiamare”, “ero preoccupato” assentì il cantante. Tomo cercò di rimettersi seduto, lo avevano lasciato sul pavimento freddo troppo tempo, molti muscoli erano intorpiditi, “ho freddo” mormorò, la testa girava ancora un po’ ma non sembrava avere nausea e non vedeva il doppio degli oggetti, buon segno, fece un rapido controllo del suo corpo, sembrava ancora tutto intero, “Shan, dammi una mano”.
Il batterista si premurò di rimetterlo in piedi ma il dolore della botta alla schiena gli tirò i lineamenti del viso, “Tomo tu stai male, lo sapevo, vado a chiamare il medico”, Matt sparì dalla stanza prima ancora di poterlo fermare, “sto bene, sono solo indolenzito” cercò di scusarsi il chitarrista mentre ormai in braccio veniva portato nella camera fianco e disteso sul letto di Jared dalle braccia troppo forti di Shannon. “richiamate Matt o mi porterà l’intera guardia medica, sto bene, ho solo bisogno di stendermi” supplicò Tomo.
Jared pescò il cellulare dalla tasca del jeans appallottolati in fondo al letto e premette il tasto che le chiamate rapide, “Matt? Si Tomo è ancora vivo”, ridacchiò, “ci credo che le dottoresse vogliono seguirti, caro il mio biondino ma loro devono stare al loro posto per le vere emergenze, altrimenti che fanno? abbandonano l’ospedale?” la voce del frontman si fece imperiosa “Matt! Torna immediatamente qui, se gli farà male anche domani andremo noi da loro; e non corrompere i medici per seguirti fino a qui”, si prese un secondo, “e non provarci con le infermiere che le distrai!”.
Gettò il cellulare sul letto con aria noncurante, “allora Tomo come ti senti?”, “meglio”, mentì il chitarrista, “ottimo”, Jared finse di credergli, “Shannon fammi un favore spostiamolo nella sua camera così lo cambiamo”, suggerì mentre s’infilava distrattamente un piccolo contenitore di plastica arancione in tasca. Il batterista lo riprese delicatamente e attraversò il corridoio con attenzione infinita, “Shan non mi sono rotto niente, non è il caso di fare la filata per tutto l’albergo”, l’altro lo ignorò fino a quando non lo depose su altre coperte, si passò una mano sulla fronte, “cavolo Tomo dovresti metterti a dieta, pesi un accidente”, “è tutta altezza!” si giustificò, “e vestiti bagnati” aggiunse il cantante, “dai Shannon esci che lo aiuto a mettersi il pigiama”, “e perché tu puoi rimanere e io no?” chiese falsamente irritato il batterista; Jared si portò le mani ai fianchi in segno di sfida, “perché io non gli salterei addosso vedendolo nudo, contrariamente a te credo, quindi smamma pervertito”, Shannon se ne andò ridendo.
Appena si chiuse la porta Jared ripescò il flacone dal fondo della tasca della tuta e ne uscì un paio di pillole che porse al chitarrista, “prendile”, “non sto così male”, “non ora perché il colpo è caldo, ma se non le prendi stanotte ti sveglierai dolorante e domani starai troppo male per alzarti e poi non ho voglia di sprecare le mie vacanze cercando un altro membro per la band. Ora, per favore, prendi queste stupide pillole e non fare storie”, Tomo lo guardò stupito, “un altro membro per la band? Ma di che diavolo … ?” Jared continuò a fissarlo infastidito picchiettandosi un avambraccio con la punta delle dita, nervosamente.
“Jared …” Il cantante gli premette un dito su una vertebra di Tomo che sentì una sgradevole, fortissima scossa elettrica precorrerlo in verticale, “ahi!”. Jared scosse la testa, “ora le prendi queste maledette pillole?”, Tomo le mandò giù ad occhi chiusi mentre l’altro armeggiava con i suoi borsoni alla ricerca di qualcosa.
Il frontman sembrò rilassarsi appena le pasticche sparirono nella gola del moro, “sai Tomino? Mi hai fatto spaventare moltissimo, potevi romperti l’osso del collo poco fa”, il chitarrista cercò di mettersi a sedere per quello che riusciva a muovere senza farsi male, “ma non è successo nulla di grave”, Jared gli si avvicinò con i pantaloni di una tuta troppo grandi, li poggiò delicatamente sul letto prima di chinarsi su di lui sorridendo, “perché sei incredibilmente fortunato”, la mano di Jared gli si avvicinò alla chiusura dei jeans ancora fradici. “cosa stai facendo!” squittì il ferito, “ti aiuto che domande!”, le parole gli uscirono rosse di imbarazzo, “tranquillo faccio da solo”, “come vuoi”, si girò dall’altra parte incrociando le braccia sbuffante, “così va bene?” chiese sarcastico.
Tomo lavorò un po’ sul bottone d’acciaio che non voleva lasciare la fenditura fino a tirare giù la zip, “non ti sarei mica offeso Jay?”, il cantante si girò, “no, perché?”, Tomo arrossì ancora, “perché se non me li tiri giù tu i pantaloni posso restare così tutta la notte”, ridacchiò aiutandolo a cambiare i vestiti, “era piuttosto equivoca come frase questa, signor Milicevic”, “soltanto se viene considerata tale” ribatté l’altro, Jared sorrise aiutandolo a infilare la tuta finendo seduto accanto a lui nel grande letto.
“hai ragione, come sempre! Com’è saggio il mio migliore amico”, il cuore di Tomo accelerò convulsamente, non lo aveva mai definito in maniera così esplicita. “cosa c’è? Perché mi guardi così? Non sei neanche caduto di nuovo!”, Tomo si forzò di sorridere, “e che non mi avevi mai chiamato così”, “e questo cosa significa? lo sei anche se non te lo dico, che credi!”, il cantante si raggomitolò un attimo con la testa sul petto magro di Tomo, “il mio migliore amico” cantilenò con il bisbiglio di labbra immature che gli sfioravano la pelle; il cuore del chitarrista sembrò frenare bruscamente dopo un rettilineo a duecento all’ora, un groppo gli si fermò da qualche parte in gola mozzandogli il fiato, “cosa c’è?” chiese Jared senza alzarsi del tutto, con i capelli lisci ai confini del viso magro.
Era fantastico come le iridi cerule fossero bordate di un blu più intenso, erano occhi profondi, pronti a rivelare pezzi di anima e Tomo rabbrividì davanti alle spettacolari menzogne che raccontavano giornalmente per non fare soffrire nessuno.
Si sentì in colpa per un pensiero tanto duro nei confronti di Jared, “no … niente”, “Tomo, perché ti inganni?” il chitarrista trattenne il fiato, “io non …”, “tu sembri bravo a lasciare i discorsi a metà, è la seconda volta che succede in un paio d’ore”, “ma Jay …” . Al chitarrista venne da sbadigliare improvvisamente, senza controllo, “devo andare ora”, “Jay …” sbatté le palpebre velocemente per cacciare via uno strano languore persistente, “è tardi Tomino, devo tornare in camera, starano dormendo tutti ormai”, “Jared non andare”, sbadigliò di nuovo istintivamente, senza prevenire lo stimolo, “Jared, è pericoloso, oggi non abbiamo cantato”, “lo so” aggiunse con un filo di voce il cantante, “è per questo che tu devi dormire”, Tomo comprese con un attimo di lucidità nella nebbia confusa che gli fermava i pensieri, “mi hai drogato” Jared sorrise con una piega amare sulle labbra, “solo un po’, ora dormi Tomo, domani andrà meglio”, “no … io … devo …” la bocca impastata del bruno non riusciva più ad articolare le parole perse in un torpore pesante.
Jared gli si avvicinò per lasciargli un bacio sulla guancia tiepida, “nessuno più aiutarmi Tomo”.

“e così pensavi di farla franca” ghignò euforico, “come hai potuto pensarlo veramente? Dimmi sul serio come speravi che reagissi dopo tutto quello che mi hai fatto?” gli occhi blu rimasero ostinatamente chiusi, il respiro più leggero del solito. Le mani forti con i caratteristici calli dallo sfregamento contro il legno si stringevano sulla tuta nera scuotendo il corpo che, docile, si arrendeva ad ogni scossa, “sono qui per te … se tu capissi …”, l’altro ghignò malevolo ignorando le sue parole, “chiunque sarebbe stato più intelligente, non si sarebbe fatto sfuggire l’occasione di scappare … sei proprio un idiota” la mani scossero il corpo magro ancora brutalmente, “si vede che non ho preso da te”, e rise convulsamente mentre lo lasciava cadere sulla moquette andandosene lentamente.

Jared si alzò pensando che gli era andata maledettamente bene, si trascinò incespicando verso il bagno, l’odore delicato del bagnoschiuma impregnava l’aria, intrappolato tra le bolle c’era ancora il ricordo di poche ore prima.
Sorrise togliendosi la felpa, l’odore del sapone, l’acqua che ora usciva abbondante dal rubinetto mentre si lavava la faccia e toglieva con la crema il fondotinta spesso che gli copriva il viso. Il cazzotto ben assestato di due notti prima aveva ancora qualche strano residuo vicino all’occhio ma per fortuna non faceva male, si controllò l’addome contento che almeno per quel giorno non ci fossero segni rossi, solo qualche ombra giallastra su un fianco di un calcio che si assorbiva con lentezza; fece due calcoli, quattro mesi di pausa per la band intera, considerata le settimane in cui il fratello sostituiva un amico alla batteria in una band del nord Dakota poteva preparasi degnamente per quel servizio fotografico nei giorni corrispondenti; il contratto con la marca di Jeans prevedeva la parte superiore del corpo completamente scoperta e sapeva di non poter rischiare troppo con il correttore. Si voltò per guardarsi la schiena, un paio di graffi per le schegge della lampada che lo avevano ferito, poco male, poteva andare molto, molto peggio.


Nemo
: Tesoro, questo cap è per te ;) non l’ho scritto perché l’ho postato di fretta ma… era il mio modo per dimostrarti che volevo ‘davvero’ partecipare al tuo contest L. Si Jared nella vasca con le bolle è adorabile e non potevo metterci che Tomo (Shannon lo avrebbe affogato sul serio per l’imbarazzo e Matt si sarebbe messo a strillare come una donnetta ;p) . come dicevo a sopra per me in questo momento esprimono fisicamente la loro vicinanza, anche se si ritrovano a giocare come dei marmocchi. Temo che Jared sia preoccupato di quanto Tomo si senta ‘incastrato’ nella vicenda. Gli sta offendo un diversivo che qualsiasi uomo che dia ascolto alle sue parti basse non rifiuterebbe ma, noi sappiamo che Tomo è molto più di un uomo. È un amico, un fratello e, nella sua insana ingenuità un cavaliere senza macchia e senza paura, anche se questo lo metterà più nei guai di qualsiasi altra cosa! Grazie a te per esserci! ^^
; Artemide
; E tu mi lasci una recensione così??? Sono più curiosa io di sapere cosa pensi tu che di vedere dove andrà a parare sta storia! ;p
Shanna
; In realtà è venuto naturale. Credo che ormai nella mia testa il clima che doveva avere la scena era così formato che ha modificato tutto, dalle battute ai personaggi. E poi il questo momento io Jj e Tomo li vedo più come due bambini che giocano con le bolle che come due uomini fatti e finiti che fanno il bagno insieme. Volevo dare un tocco fisico alla loro vicinanza emotiva e… credo di esserci riuscita ( o almeno lo spero!)
Lady
; Chi recensisce è sempre perdonato! ;) si lo so mi sono tenuta sul leggero ma i miei musicisti preferiti avevano davvero bisogno di respirare un po’ prima di … ma che faccio do anticipazioni??? No no no non sia mai! XD ps; certo anche Tomo che ci pensa dopo al fatto che Jared è nudo… ma perché lo descrivo così tonto povero caro? ;)a prestissimo!

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Capitolo 13
*** 11 ***


11



Le ultime note del basso si persero nella sala incredibilmente silenziosa, il respiro trattenuto dell’eco sottile, simile ad un mormorio di consenso sulle ultime parole di Jared, “bury me, bury me”.
Lo strappo feroce dell’applauso che prese il posto del rullo di batteria.
La fine del primo concerto dopo un lungo riposo, solo qualche concerto nei locali di LA che li avevano visti nascere i 30 e che ora li accoglievano come il figliol prodigo, a braccia aperte senza forzarli .
“tank you guys!”il tentativo di sorridere da parte del cantante era spaventosamente incerto, il pubblico si permise di immaginare delle lacrime a far brillare gli occhi trasparenti circondati dalla matita scura. Pensavano alla sua felicità di suonare ancora dopo quattro mesi di riposo, lontano dal palco, tra gli echelon mormorii di approvazione per come Jared riuscisse a entrare in contatto con una canzone così particolarmente spietata con il protagonista.
Tomo sentì qualche voce pacata rispetto alle urla assordanti “è l’emozione”, scosse la testa inseguendo gli altri dietro le quinte.
Jared era già davanti a tutti, si trascinava stancamente al suo camerino, spompato dopo un concerto, il primo concerto e lui aveva finito per cantare tutte le sue canzoni più tristi, persino “a modern mith” con il solo accompagnamento di una acustica e Tomo al fianco.
Il chitarrista aveva il terrore che fosse distrutto, completamente a pezzi, intuizioni, Jared si era rifiutato di stare con chiunque per più di cinque minuti e mai da solo e Shannon non lo lasciava un attimo camminando a pochi passi da lui, gasatissimo spintonava Tim, il nuovo bassista arrivato dal nulla per sostituire Matt.
Il batterista sembrava essersi già affezionato mentre gli strofinava i capelli in una carezza rude, “e bravo il nostro Tim! Hai fatto una strage stasera!” lo apostrofò Shannon raggiante, il ragazzo rise di gusto “si in effetti sono stato proprio bravo”, “è anche modesto a quanto pare il signorino!”. Le risate dei due inseguirono le spalle di Jared per qualche secondo, “ma dai è vero sono stato fenomenale! Una bomba! Con il successo di stasera come potete ancora pensare che non sia nato per restare nella band? Altro che in prova sono …”.
La vanagloria del ragazzo si spense di colpo mentre Jared si girava rigido per scrutarlo con occhiata assassina, “tu sei un sostituto! Non potrai mai essere come lui chiaro? Non prenderai mai il posto di Matt! Mai!Sei solo una figura di rimpiazzo che non sarà mai bravo quanto chi meritava questo posto! Adesso ascoltami bene; meno chiacchiere e più professionalità ragazzino o ci metto un secondo a toglierti questa opportunità e rispedirti da dove sei venuto e, credimi, potresti rimpiangerlo per il resto dei tuoi giorni, quindi smettila di riempirti la bocca di stronzate davanti a me e risparmiati complimenti immeritati per qualche squallida oca sbronza. Ne dovrai fare di palchi prima di poter dire di saper fare qualcosa moccioso e non provare a rispondere perché qui chi comanda sono io, fattene una ragione”.
Tim lasciò che la frustrazione prendesse possesso dei suoi tratti ancora infantili e schiuse le labbra sconvolto. Shannon e Tomo gli avevano ripetuto di non fare molto caso ai suoi improvvisi sbalzi d’umore, ma non poteva immaginare tanto.
L’allegria dello scherzo era diventata impossibile da ristabilire.
Ogni scusa volava lontana dagli occhi di ghiaccio del cantante, il neo bassista non trovò altra soluzione che abbassare lo sguardo affranto mentre i passi di Jared improvvisamente più decisi si allontanavano dal gruppo.
Il batterista mise istintivamente un braccio sulle spalle di Tim nonostante l’altezza reclamasse qualche sforzo, “non prendertela amico, si è svegliato con la luna storta stamattina”. Tim mugolò un cenno d’assenso, “andiamo Timmy un gruppo di oche non ancora fradice di alcol sta aspettando la tua prima apparizione non vorremo mica deluderle!”, lo afferrò per il gomito trascinandoselo via mentre con lo sguardo supplicava Tomo, “andiamo a insanguinarci un po’” disse dopo che il croato ebbe scosso il capo in cenno d’assenso.

Tomo sfregò le nocche contro il legno chiaro del camerino con le lettere dorate fissate a formare la parola “star”.
Un rumore soffocato all’interno lo spinse a spingere la maniglia sotto le dita intorpidite, ne camerino solo le luci intorno allo specchio e il volto triste di Jared riflesso sulla superficie lucente.
“hey …” il tono basso del chitarrista non lo fece neanche voltare, solo i suoi occhi lo seguirono nel riflesso celato mentre si portava alle sue spalle. L’alta figura si stagliò come un’ombra nera dietro di lui, con il viso pallido fisso su se stesso, “ho fatto una scenata isterica da stella del cinema vero?” chiese con tono amaro. Tomo osservò il baluginio dorato delle lampade tonde intorno al suo riflesso pensando alle lettere sulla porta, “be’ per come ti trattano in questo posto direi che puoi permettertelo”, sorrisero nervosamente prima che dal volto scomparisse di nuovo ogni colore. “Tim non è un cattivo ragazzo” affermò Jared a capo basso, Tomo si limitò ad annuire senza commentare, “gli ho parlato, ho cercato di mettere le cose in chiaro, pretendo il massimo della professionalità, ma è così giovane … e Shannon lo tratta come uno di famiglia, gli si è affezionato subito, lo porta con se in giro, gli fa da spalla in un ambiente che non conosce ancora molto bene … ma io non posso guardarlo e pensare che…” la voce gli si ruppe in un singhiozzo mentre si strappava la maglia del concerto per cambiarsi prima del ballo di sangue, “che lui non è … non sarà mai …”.
“sei sconvolto Jared, lo sono anch’io, Matt era …”, “non voglio parlarne Tomo, non ora”, il chitarrista si permise di sciogliere una ciocca dei suoi capelli e incastrarla dietro l’orecchio mentre l’amico si infilava velocemente una camicia bianca poggiata sulla sedia vicina.
“credo che invece sia inevitabile Jay. Matt se n’è andato e tu ci hai tenuto nascosto tutto fino all’ultimo, non dovevi, è stato un colpo basso, e ora c’è Tim, che abbiamo dovuto scegliere senza te. Tu che, irraggiungibile, che hai chiamato quanto? Due volte? Solo per sentirlo suonare in videoconferenza, perché eri troppo preso dal tuo contratto da modello per occuparti di noi. Non sai cos’è stato sorbirmi i provini di un migliaio di bassisti, uno più folle dell’altro, non ci prendevano neanche sul serio perché, dove mai si è vita una band che cerca un nuovo membro senza il proprio frontman? Alcuni hanno abbandonato la sala appena si sono accorti che tu non saresti mai arrivato”.
Lo sguardo di Jared sfiorò di nuovo la durezza del ghiaccio, “non è stato per divertimento Tomo, non lo è stato per nulla. Ero terrorizzato che cosa credi? Ma che altro avrei dovuto fare? Ho un contratto con quelli e non avevo scuse per non accettare, sarebbe andato tutto liscio ma … Quello stronzo mi ha mollato per seguire la sua strada! Lui che era con noi praticamente da sempre! Un giorno si è svegliato e mi ha detto, quello che gli passava per la mente da anni ormai. Che io gli stavo nascondendo qualcosa sulla band, qualcosa di grosso e che se non parlavo una volta per tutte se ne andava con i ‘vattelapesca’ e ci mollava. Perché era stanco delle mie bugie, del mio farneticare su strani contrattempi, incidenti e quant’altro. Che non ero più sincero con lui da … Da non so quanto! E soprattutto …” si fermò per guardare crudelmente Tomo dallo specchio illuminato, “che era inutile continuare a sperare che fossi io a parlargliene, perché a quanto pare tu, ultimo arrivato, sapevi più segreti di lui che questo gruppo lo aveva fatto nascere”.
Tomo deglutì rumorosamente, “non può essersene andato per questo”, Jared chinò lo sguardo sulle sue mani intrecciate, “Matt non è mai stato un genio, ma una cosa non si può negargliela, aveva un sesto senso per le relazioni, riusciva a cogliere legami di ogni tipo anche se non ne capiva la natura”. Il cantante ridacchiò nervosamente, “aveva capito che tra me e te c’era ‘il’ segreto, quello che lui cercava pazientemente di scoprire da anni, non l’ha sopportato, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.
I secondi si dilatarono tra loro due, solo il respiro un po’ più forte di Tomislav alle spalle di Jared.
“e ora?”, il cantante si alzò per poi frugare nel cassetto del mobile alla ricerca di qualcosa, “ora niente Tomo, ci adatteremo alla situazione, torneremo a suonare, cantare e macchiarci di sangue”, si spruzzò abbondantemente il capo di un gocciolante liquido rosso prima di passargli il flacone, “e almeno questo non è il mio” bisbigliò.
L’altro gli prese la bottiglietta dalle mani ancora incredulo, “ma Jay … come possiamo fare finta di nulla …”, l’azzurro schietto dei suoi occhi gli accarezzo i tratti, nuovamente dolce dopo troppi mesi di lontananza forzata e silenzi vuoti. “Tomino la vita va sempre avanti, le persone ti fanno del male, i vecchi amici ti abbandonano e i tuoi colleghi di lavoro si fidanzano, a proposito”, la sua mano artificialmente insanguinata gli sfiorò una guancia lasciando una scia nitida sulla gota, “congratulazioni, spero ti tratti come meriti”. Tomo gli strinse le dita ancora contro la sua pelle, “è solo un’amica …” mormorò sorpreso, “ma hai scelto di portarla con te” ribatté dolcemente il cantante, “glielo avevo promesso”, Jared scosse il capo liberandosi dalla stretta, “e tu mantieni sempre le tue promesse Tomo, per questo mi fido di te”.
Tomo chiuse gli occhi al contatto delle dita sottili di Jared contro la sua guancia e li riaprì solo quando la porta si chiuse con uno scatto metallico, il frontman era andato alla festa dove una folla esaltata lo avrebbe divorato nel profondo, incurante del suo sguardo triste, eccessivamente rassegnato, come se tutto fosse irremovibile, impossibile da superare. Guardò lo specchio illuminato dalla raggiera di luci che illuminava il piccolo ripiano, sopra, buttata nella foga, restava la maglietta di Jared, e il simbolo di una fenice stropicciata che faticava a volare.
.

Shanna;.
ma che finale mieloso sarebbe senza mille tirbolazioni??? io ormai purtroppo sono totalmente remissiva con questa storia, fa solo quello che vuole lei!
mi sento di aver scritto qualcosa di penoso, non ha recensito nessuno... ma tenendo a mente un vecchio consiglio io scrivo anche per me stessa... e per i personaggi che non se ne vanno mai dalla mia testa. quindi... andiamo avanti.

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Capitolo 14
*** 12 ***


12



L.A. burns, but we am luckily well...

Tomo non ricordava nemmeno da quanto tempo era fermo nella stessa posizione. Disteso di schiena sulla moquette panna della sua stanza di prova, accuratamente insonorizzata, nella sua villetta nella periferia di Los Angeles. Il cellulare poggiato accanto alla testa, muto testimone dell’ultima chiamata fatta ad uno stanchissimo Jared, nella sua testa le sue ultime parole, contrite nel tono amareggiato di chi non vuole parlare, “no Tomo, stasera non suoniamo, fattene una ragione”, “allora usciamo” aveva proposto ad un affranto Jared, “non mi va, lasciami in pace, non pensarci troppo, non ne vale la pena …”, il fulcro dei loro problemi rimaneva in sordina, illuminato da un faro come monito perenne eppure innominato.
Come se solo parlarne nutrisse il sospetto di essere incontrollabile.
“Jared non posso stare qui a fare finta che…”, il cantante aveva sbuffato dall’altro capo del telefono, “si che puoi … dove sei?”, la domanda lo aveva preso alla sprovvista, “nella camera del suono ma non vedo come questo …”, “e allora suona qualcosa Tomo, suona fino a stancarti, suona fino a dimenticare chi sei, cosa stai facendo, le tue preoccupazioni, suona fino ad addormentarti …”. “e tu?” aveva chiesto il chitarrista con un filo di voce, “io farò altrettanto così sarà come stare insieme”, sorrisero entrambi mestamente, “non preoccuparti troppo Tomo” bisbigliò Jared prima di chiudere.

Tomo guardò l’orologio senza alzarsi da terra, non era poi così tardi.
Pensò alla posa di assoluta inettitudine in cui si trovava e aggrottò le sopracciglia irritato.
Non era poi così tardi.
Forse non era troppo tardi.
Si alzò di scatto e quasi corse giù dalle scale fiondandosi oltre la porta.
Sulla porta si accorse distrattamente che tutto il vicinato era in piedi con lo sguardo rivolto ad est, tutti a cercare di percepire una strana alba che era davvero troppo prematura. Guardò l’orologio al polso, le undici di sera, che diavolo ci faceva tutto il quartiere alzato a quell’ora?
Si avvicinò alla vecchia vicina, i capelli bianchi e l’aria sopraffatta di una strana preoccupazione, “signora Miller …”, l’anziana donna alzò lo sguardo e Tomo non ebbe dubbio della gravità di una situazione sconosciuta, “signora Miller, che cosa succede?”. La vicina si limitò a scuotere il capo mentre la nipote ventenne si avvicinava a grandi falcate lungo il prato un po’ rinsecchito che univa tutte le case. “come sarebbe a dire cosa succede Tomo? Ma dove sei stato nelle ultime sei ore per non saperlo?”, il chitarrista scosse la testa confuso, “io …”, la ragazza esasperata poggiò con delicatezza il braccio sulle spalle della nonna attirandola a se, “tu dovresti vivere un po’ meno su Marte e un po’ di più sulla Terra Milicevic” aggiunse sarcastica, “come fai a dormire tranquillo quando Los Angeles va a fuoco?”. Tomo fece un passo indietro sgranando gli occhi, puntò lo sguardo verso un’alba inesistente e il riverbero di un fuoco lo colpì in pieno, “stai tranquillo Tomo, ci sono due quartieri di distanza prima che bruci anche casa tua, con te dentro visto che non ti accorgi di nulla neanche se ti si chiama … ho provato a suonare ma non rispondevi mai, ho persino pensato ti fossi già dato alla fuga …”.
Non poteva sentirli, era nella stanza della musica, senza finestre, insonorizzata, isolato dal mondo che poco lontano bruciava; altre villette come la sua, la periferia di Los Angeles, il ritiro di molte star che preferivano vivere lontane del centro della città.
Villa Leto.
“Tomo!” continuò a correre con orrore mentre la nipote della vicina urlava il suo nome.

Correva veloce lungo le vie di periferia, le villette a schiera si somigliavano quasi tutte con i loro prati all’inglese vagamente giallastri per l’estate afosa e le piscine mezze piene. Tomo lasciava che le falcate si facessero sempre più ampie osservando solo l’asfalto sotto le suole che emanava un calore accumulato nelle lunghe ore giornaliere, incurante delle strade deserte.
Sollevò il viso e le luci rossastre dell’incendio gli bruciarono i lineamenti mentre i polmoni fiutavano il fumo poco lontano.
Molto vicino, quasi alle spalle della villetta dei Leto.
Percorse i pochi metri che mancavano al portone, oltre il giardino sul retro della casa i vigili del fuoco spegnavano le fiamme senza troppo entusiasmo, sicuri del fatto loro, tranquilli che il fumo spirasse verso la brughiera incolta, eppure, una nuvola compatta era sopra le case deserte. Solo qualche incauto proprietario rimaneva li vicino e villa Leto era deserta, dal garage mezzo aperto si notava la mancanza dell’auto di Shannon ma chi poteva assicurargli che Jared era scappato con lui?
Tomo si attaccò al campanello con forza, “fa che non ci sia, fa che non ci sia” ripeteva come un preghiera mentre il dito non si staccava dal pulsante.
Dalla griglia vicino il suo orecchio sentì lo scatto del citofono alzato, un tonfo e poi nulla. Come se chi lo avesse preso non riuscisse a tenerlo in mano e parlare. Come se qualcuno fosse svenuto in una delle camere deserte della villa abbandonata.
Tomo si aggrappò alle sbarre del cancello e con forza si issò oltre la recinzione, scavalcando le sbarre si accorse di stare facendo scattare l’allarme ma incurante si lasciò scivolare sul vialetto privato strappandosi la camicia e graffiando la pelle della schiena. Si gettò di peso contro la porta blindata urlando.

“Jared!”

Corse con il fumo ormai inevitabile che entrava a forza nei polmoni verso il retro della casa, correndo intorno alla perimetria alla ricerca di una possibile entrata. “Jared! Jared! JARED!”. L’allarme continuava a suonare in sordina, imperterrito, con un bip fastidioso che ricordava a Tomo di essere un intruso.
“Jared!” il chitarrista si ritrovò ancora davanti la porta blindata, prendendola a spallate, cercando i abbatterla in tutti modi, urlando straziato la sua pura più grande, chiedendosi perché quel dannato allarme non chiamasse la polizia, i vigili, qualcuno che lo aiutasse, che corresse in aiuto di Jared intrappolato dentro la sua stessa casa, intossicato, privo di sensi, mentre la sua vita veniva meno e la paura e il fumo annebbiavano i sensi e rendevano inutili gli sforzi.
“Tomo!”.
Un urlo, più forte del suo, e lo sbattere di chiavi contro il metallo del cancello, il correre veloce di piedi sulle pietre lisce del portico verso di lui e la mani di Shannon che diventavano di granito contro le sue spalle, strette in una morsa, cercando inutilmente di fermare la crisi isterica di Tomo.
“Tomo cosa stai facendo? Che cos’hai? Che ci fai qui?”, Tomo lo guardò sconvolto oltre il fumo che gli confondeva i pensieri, “vattene! Vattene è colpa tua! Tu lo ucciderai, tu gli farai del male! Vattene mostro! Io non te lo permetterò!”. Shannon scosse il corpo irrigidito cercando un po’ di lucidità nelle sue parole, “Tomo ma che stai dicendo? … Jared? Tomo, dove cazzo è Jared!?”, Shannon vide gli occhi dell’amico riempirsi di panico, “è dentro” mormoro funebre. Il batterista lasciò andare il corpo dell’amico privo di forze contro il selciato e aprì la porta sparendo nella cavernosa oscurità dell’interno dove l’allarme anti incendio bagnava tutto di acqua lanciando grida stridule.
Pochi secondi dopo Shannon riapparve sulla soglia con il corpo esamine del fratello tra le braccia, afferrò Tomo per il colletto della camicia logora e lo trascinò via dal vialetto, sul marciapiede dove degli infermieri li caricarono immediatamente su una ambulanza.
È mio dovere scusarmi per la prolungata assenza.
Sono stata obbligata da cause esterne ma ciò non toglie che avrei dovuto inventarmi qualcos’altro per farvi avere il resto della storia, soprattutto perché penso che alcune persone si siano lasciate… come dire, prendere dal racconto. Cosa che ovviamente mi riempie di gioia. La frase iniziale è tratta da una lettera che Jared ha mandato agli echelon per ringrazi ere dei premi ricevuti agli ema… serata indimenticabile per molte di noi … purtroppo in quel periodo buona parte della periferia e della campagna di L.A. andava a fuoco causa la torrida estate e qualche pazzo…
Ci tengo a ringraziare personalmente chi mi fa capire che continuare a scrivere ha un suo perché.
Artemide.
Sono una tremenda indecisa, ho il sacrosanto terrore che scrivere mi riesca male e perdermi nelle parole sia solo un brutto vizio. Non lo faccio per avere lodi, semmai una pacata rassicurazione. Detto questo. Hai ragione, Tomo dovrebbe ribellarsi per essere finito nel mondo rovesciato dei fratelli, ma è anche il loro migliore amico in un certo senso e non credo che Tomo sia una di quelle persone che si tira indietro in questi momenti… o pensa a se stesso… è molto autolesionista lo so… Voglio smentirti, e magari trovare un lieto fine, anche se sono la persona meno adatta per questo tipo di cose. Un bacio.
Lady;
grazie per essere qui e ricordarmi che riesco a fare sentire i legami. Mi fai felice. Si per ora ho giocato su altre tematiche e la sfuriata di Jared.. io non ho niente contro Timmy, lo trovo adorabile, ma in questo momento di grande depressione Jared non è esattamente molto lucido e avrebbe bisogno dei suoi legami più forti per andare avanti. Matt era uno di questi e senza di lui… si sente ancora più vulnerabile (e poi lo sapete che indirettamente io Tim lo strapazzo sempre… povero caro!)
Shanna:
sorellina di scrittura! Tu prendi per ufficiale l’uscita di Matt?ma guarda che io da quando leggo di te Shannon lo vedo solo con i tuoi occhi! (uno ad uno palla al centro;) lo so che i tuoi nuovi personaggi ti stanno prendendo, sono contenta per loro… e per me che potrò amarli! Grazie per restare con me ;) bacio

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Capitolo 15
*** 13 ***


13



La stanza bianca e verde.
Il bianco accecante della luce in fondo al tunnel e il verde bile della nausea.
Tomo pensava che due colori così evocativi potevano essere gli unici adatti all’ospedale.
Seduto sul bordo di un lettino aspettava che Jared, pallido, con i contorni del viso ancora scuri di fuliggine riprendesse conoscenza. Shannon accanto a lui era ancora più pallido del fratello, gli teneva la mano respirando appena, cercando nei tratti di Jared qualcosa che gli facesse sperare in un risveglio veloce. La paura nel suo sguardo era qualcosa che Tomo non gli aveva mai visto, se non quella volta, quando Jared si tuffò di testa dalle impalcature a bordo palco, o quella notte indimenticabile in cui aveva scoperto il loro segreto. Ma c’erano anche altre emozioni in quelle due volte; e lo sguardo di Shannon era stato anche divertito quando si era accorto che il fratello rischiava al massimo di farsi toccare un po’ troppo dai fan quando si era buttato tra la folla e un misto di confusione e sonno quando li aveva scoperti.
Ma almeno Jared era sveglio quando in piena notte lo aveva trovato con la faccia tumefatta e lividi profondi sulla pelle, parlava, tra un antidolorifico e il disinfettante, spiegava quello era successo, con quella voce tenue di una vergogna troppo grande da smaltire tutta insieme.
Era vivo, nonostante fosse orribilmente vulnerabile.
Non ora, non ora che i minuti si accavallavano diventando ore, giacendo spoglio e bianco su un letto d’ospedale, con il petto che si alzava con fatica, indotto dalla maschera che portava legata al volto con elastici gialli. Era insopportabile non poter sondare la sua vita negli occhi blu ancora chiusi, in un abbandono che sapeva troppo poco di sonno e troppo, davvero troppo, di morte.
Tomo si alzò lentamente prendendo posto accanto a Shannon, preoccupandosi per un attimo che stesse per svenire di quando era pallido, dai suoi occhi che non aveva mai visto così verdi.
Erano verdi davvero, come una risposta a tutte quelle volte in cui il chitarrista si era chiesto di che colore fossero realmente gli insondabili occhi di Shannon, il divertente, fraterno, Shan; che lo svegliava con troppa premura la mattina, che gli nascondeva la chitarra prima delle prove.
Quello che gli insegnava a non prendersi mai troppo sul serio, ricordandogli che ridere a volte è l’unica cosa da fare per non rovinarsi l’esistenza, per non pensare troppo, per rendere gli altri felici. E belli. Perché la bellezza di molte persone era nascosta dietro un sorriso, e Tomo lo sapeva bene, perché quando sorridevano simultaneamente i fratelli si ricongiungevano come specchi gemelli, riprendendo quei tratti familiarmente simili che il più delle volte si ignoravano.
Jared glielo diceva sempre che era più bello quando rideva …
“Jared …” mormorò il croato.
E Shannon lasciò che la mano del fratello scendesse inerte a ricongiungersi con il materasso sottile e duro del lettino, bianco su bianco, tranne le immancabili unghie screziate di nero di uno smalto rovinato.
“sai perché non è mai perfetto?” chiese Shannon più a se stesso che a Tomo al suo fianco, “diceva che lo smalto nero sfatto fa così punk … e lui desiderava esserlo, punk, un teppista … ma tu ce lo vedi come un teppista Tomo? Lui che in vita sua non ha mai rubato neanche un pacco di caramelle. Lui che non ha mai rotto qualcosa, se non per distrazione, con le sue mani delicate. L’ho sempre preso in giro dicendogli che ha le mani da donna, con le sue dita sottili e lo smalto mangiato dai lavori improbabili di una casa da mantenere a stento solo per noi”.
Shannon sospirò sfiorandogli le dita immobili, “mi ha fatto da madre da quando siamo andati a vivere da soli, mi ha sempre aiutato, in tutto. Si è preso cura di me quando stavo male, quando avevo la febbre alta, senza preoccuparsi del contagio anche se l’indomani aveva un provino per qualcosa e doveva essere in perfetta forma. Ha inventato per me piatti al limite delle sue capacità perché potessimo mangiare cose simili con ingredienti diversi, anche se poi mi criticava sempre accusandomi di essere carnivoro. Ha badato perché in casa avessi sempre i miei spazzi, perché la batteria è voluminosa e tengo fino all’ultimo dei gadget che ci regalano occupando ogni angolo, e anche se litigavamo fino all’ultimo centimetro disponibile sapevo che non mi avrebbe buttato niente. Mi ha sempre dato filo da torcere perché sono disordinato e i suoi rimproveri si sentivano fino in Alaska ma poi metteva le mie birre in frigo quando le lasciavo nel sacchetto della spesa sul tavolo, senza ricordarmi di metterle al fresco”. Il batterista allungò una mano per scostare una ciocca dalla fronte del fratello ma poi ci ripensò, trattenendo la mano ad un centimetro dal suo volto, “lui è tutto per me Tomo, è un fratello favoloso, un amico che non posso rischiare di perdere, è il padre che mi ha voluto facendomi dimenticare quello che mi ha abbandonato”. Tomo si accorse che ormai stava singhiozzando ma gli dava le spalle, irraggiungibile nel suo dolore, “anche se a volte lo vedo, riflesso nel suo sguardo, nei tratti del suo volto … Dannazione Tomo, non ha idea di quanto gli somigli, eppure lui è diverso, lui è mio fratello, io darei la vita per lui, eppure … eppure non sono mai stato in grado di proteggerlo!”
Il croato fece qualche passo e si avvicinò alla sua schiena, stringendolo in un abbraccio forte, con le spalle che aderivano al suo petto, entrambi chinati sul corpo esanime delle persona a cui tenevano di più al mondo.

“lui ti vuole bene come nessun altro Shannon, ti adora da sempre, qualsiasi cosa tu faccia a lui sembra la cosa più straordinaria che si potesse inventare, ti ama nonostante tutto”.
“nonostante tu sia il mostro che lo uccide ogni notte, nonostante nel riflesso di vostro padre tu veda sempre lui, lui che ti ama come nessun altro, che per te è costretto ad un incubo infinito ogni volta che chiudi gli occhi e nonostante questo non ti ha mai abbandonato, non si è mai allontanato, ti è sempre stato vicino, fino in fondo, in qualsiasi modo, a qualsiasi prezzo. Persino a prezzo del suo sangue, del suo onore, del suo dolore Shannon”

“ma io non riesco a dimostraglielo Tomo! Lo hai detto anche tu che gli faccio del male” esclamò disperato Shannon

“tu lo distruggi, uccidi la sua essenza e un giorno ucciderai anche lui”

“come tutti, più o meno indirettamente, Jay è un’anima sensibile, basta nulla per scalfirlo” Tomo si strinse le labbra tra i denti cercando di mantenere credibile la sua bugia.

“eppure è forte Tomo, nulla riesce ad abbatterlo veramente, sembra protetto dal ghiaccio antico dei suoi occhi, a volte … ho paura che la vita lo abbai indurito tanto da non fargli provare più nulla” “è una fenice Shannon e tu sei il fuoco che la divora dall’interno, senza via di fuga, perché è parte di lui”
“non dubitare del suo affetto Shannon, darebbe qualsiasi cosa per te”.

“non sarò mai il fratello che merita” mormorò sottovoce.
“non lo sarai mai Shannon”
“sei già più di quanto lui avesse mai osato sperare” disse Tomo con inflessione calma.

“vorrei solo che fosse al sicuro” Shannon si curvò a controllare il respiro di Jared.
“non potrà mai essere al sicuro con te, tu sei il suo più grande nemico”
“se tu gli starai accanto lui si sentirà protetto, e solo questo quello che conta” continuò Tomo stringendo gli occhi, fingendo di credere alle sue stesse parole.

“finché tu gli starai accanto è destinato a soffrire”.

Serrò la presa intorno alle spalle di Shannon cercando di non cadere alla tentazione dei suoi pensieri, rimanendo calmo nell’apparenza di una tranquillità che non sentiva.

Un’infermiera entrò controllando la cartellina bianca che stringeva in una mano, si avvicinò al letto mentre gli amici scioglievano l’abbraccio. “il signor Leto presumo” disse guardando Shannon con aria critica, il batterista annuì mestamente, “e lei non è il signor Milicevic?” osservò l’infermiera stavolta molto più dura nella voce. Tomo annuì di rimando mentre la donna si portava le mani ai fianchi in segno di sfida, “non dovrebbe essere a letto?”, “hem …”il chitarrista si ricordò del petto nudo bendato per i graffi piuttosto profondi alla schiena. “senta, le abbiamo dato la camera insieme al suo amico solo perché l’ospedale è pieno e lei è stato ‘insistente’, però se non si mette immediatamente a riposo giuro che la faccio spostare in un altro reparto”.
“ma tu guarda …” borbottò l’infermiera mentre controllava la schiena di Tomo, “un’intossicazione di primo grado e delle lesioni e se ne va tranquillamente in giro come se niente fosse”. Shannon trovò il coraggio di sorridere dell’imbarazzo di Tomo per qualche minuto mentre l’infermiera lo lasciava per controllare i valori di Jared.
“sembra a posto” rispose allo sguardo preoccupato di Shannon, “ma ci metterà comunque del tempo prima di riprendersi del tutto”, “ci saranno complicazioni?” chiese Tomo aggiustandosi le bende intorno al petto. L’infermiera si strinse nelle spalle, “chi può dirlo, forse potrebbe avere dei problemi alla trachea, ha inalato molto fumo …”, “potrebbe avere problemi a … parlare?” chiese Shannon terrorizzato, “ non lo sappiamo per certo …”. “come fate a non saperlo?! Dovete saperlo! Mio fratello ha bisogno della sua voce, è un cantante per dio! Cosa credete che succederà se non fosse più in grado di lavorare!”, Shannon stava decisamente urlando, incapace di trattenere la preoccupazione, “signor Leto, dubito che al momento sia possibile fare un prognosi certa delle corde vocali di suo fratello, e la smetta di urlare, le ricordo che siamo un ospedale …”, “ma voi siete dei medici! voi dovete sapere quello che ha!”.

“Shannon!” la voce di Tomo si affermò tra i due, “vieni, si è svegliato!”, il batterista quasi corse i due metri scarsi che lo separavano dal fratello, “Jay? Jay mi senti? Dimmi che mi senti ti prego!”. L’infermiera tolse con delicatezza la maschera dal viso del cantante lasciandolo libero di articolare qualche suono, “con tutto in casino che fai Shannimal…” sillabò Jared con un filo di voce, “sarebbe impossibile non sentirti anche volendo”. Shannon sorrise, mente il fratello apriva gli occhi visibilmente indebolito, “beh, se non altro il fumo nel tuo cervello è diventato più spesso, le tue battute stanno peggiorando”borbottò il batterista. Jared sorrise tirando appena le labbra secche, “ma guarda chi c’è, qui …” disse guardando Tomo con uno spiraglio di occhi azzurri, “ciao Jay, hai una pessima cera, dovremmo rimandare il servizio fotografico mi sa”, Jared cercò i suoi occhi, “anche le tue battute sono peggiorate Tomo, ma credo che il fumo sia innocente dopo tutto”. Jared cercò la mano di Shannon accanto alla sua, gli occhi di Shannon più verdi che mai, minacciavano di sciogliersi da un secondo all’altro in lacrime, “Shan, mi prenderesti un po’ d’acqua?”, il fratello rimase basito qualche secondo. La bottiglietta con due bicchieri che si trovava sul comodino a fianco del letto venne volutamente ignorata da entrambi, “si, certo …”, l’infermiera gli poggiò una mano sul braccio guardando gli occhi di Jared che, trasparenti come cristallo, “venga, la accompagno io”.
Shannon strinse un attimo la mano di Jared e si lasciò condurre fuori con le lacrime appena trattenute.
Il cantante parve stiracchiarsi un attimo ancora disteso, come a saggiare quanto fosse sensibile, “ti fa male qualcosa?” chiese Tomo preoccupato, “mi brucia la gola” mormorò stancamente. Il croato versò un dito del liquido trasparente nel bicchiere di carta, lo avvicinò alle labbra del cantante che parve troppo debole per fare qualcosa, gli poggiò la mano libera contro la nuca costringendolo ad alzare un po’ la testa e bere con facilità. Quando tornò sul cuscino la voce sembrava migliorata, “devo aggiungere la crocerossina nell’elenco dei tuoi ruoli migliori Tomo”.
Il chitarrista sorrise aggiustandogli il lenzuolo sul petto, “e quali sarebbero gli altri?”, Jared fece finta di pensare, “il principe azzurro per esempio”.
Tomislav rise di gusto, “ma piantala”, “beh è vero” ribatté Jared, e un minimo di colore gli tornò al volto e Tomo si disse che ci voleva altro che un incendio per abbattere quella forza della natura. “scusami, sei o no corso in mio soccorso come per la principessa rinchiusa nella torre più alta?”, “Jared, abiti in una villa di due piani, non esageriamo” sbuffò Tomo, “non è questo l’importante, mi hai salvato, sei arrivato in sella ….” rifletté un secondo “alle due nike bianche e hai rischiato la vita per me”, Tom si guardò confuso le scarpe una volta candide ora color fuliggine, “già, un perfetto cavaliere …”, “ci manca solo che tu affronti un drago per me e siamo a posto, mi chiedo come mai tu non mi abbai baciato per risvegliarmi dal mio sonno” aggiunse con aria innocente. “non siamo arrivati a questo punto Jay, e poi … tu non mi lascerai mai affrontare il drago, neanche quando non ci sei non riesco a farlo per paura che …” Jared si mosse inquieto sul letto, “cos’hai fatto Tomo?”, il croato si tormentò le mani innervosito, “io … io ero stordito dal fumo, non puoi capire la situazione, sono andato nel panico e …”, “cosa gli hai detto Tomo?” scandì Jared con convinzione, “io, non so, che … probabilmente che doveva smettere di farti male ma … non ha capito naturalmente io … io l’ho rassicurato Jared, anche se avrei voluto dirgli la verità, mi sono trattenuto. Lui … lui non sospetta nulla credimi …” finì il discorso desolato.
Con la stessa impotenza che gli tagliava le gambe e il fiato nel petto, i dolore per tutte quelle notti che non sapeva e non era intervenuto, quelle rare volte in cui non si sentiva bene e avevano dovuto posticipare qualche tappa e così facendo aveva regalato nuovi lividi a Jared. Anno dopo anno, mese dopo mese, notte dopo notte. Ore infinite da quando lui sapeva.
Jared allungò un braccio verso di lui e Tomo si lasciò trasportare accanto alla sponda del letto, le dita di Jared di intrecciarono alle sue, “Tomo” e l’amico sospirò più tranquillo, perché la sua voce risuonò chiara come se il fumo non la avesse mai intaccata. “Tomo ascoltami, se tu mi vuoi bene, se tu me ne vuoi davvero, non dovrai dire mai a Shannon quello che succede la notte. Anche se …” respirò profondamente, “anche se le cose una sera si dovessero mettere peggio e ….” Tomo diede segno di insofferenza mugolando qualcosa, “no Tomo, ascoltami ti dico, potrebbe succedere! Potrebbe essere una giornata troppo stressante, troppe interviste comprendi?” Tomo lasciò che il suo sguardo andasse al soffitto cercando disperatamente una fuga dalla probabilità.
“E lui … lui la notte potrebbe essere troppo stanco per arrendersi al sonno e … smettila di ignorarmi!”, in grido soffocato dalla tosse fece avvicinare Tomo al guanciale di modo da restare in balia degli occhi del cantante, “lui potrebbe picchiarmi più forte del previsto e io potrei farmi male sul serio! Perché lui non si accorge di cosa succede quando è così lo capisci? Lui non capisce quanto possa fare male, per lui è un incubo in cui non sono io quello che picchia, comprendi?! Per lui è tutto un sogno, che non ha conseguenze, che non ha ricordo. Lui. Non. Deve. Sapere. Te lo proibisco, qualsiasi sia la scusa che dovrai inventarti lui non deve capirlo, lo distruggerebbe, non tornerebbe mai più quello che è adesso e io lo amo troppo perché questo succeda.
Tomo devi promettermelo! Premettimi che …”, “non succederà mai più Jared”, ma la risposta giusta era uscita dalle labbra sbagliate e la sagoma di Shannon sulla porta aveva decisamente la consistenza di un incubo.


Visto che sono buona (anche se da quello che scrivo sembra solo che voglia farvi penare) posto prestissimo ;) contente??? Lo spero davvero. Oltre a ringraziare la mia adorabile Shanna che con affetto mi riempie di gioia ogni volta che commenta (davvero? Dome Tomo? Allora sono stata proprio brava) do un affettuoso saluto a Floriana333 che ha deciso di imbarcarsi insieme ai miei soliti pazzi in questa storiaccia (no ti prego non uccidermi i personaggi altrimenti poi con cosa vado avanti???? ;) A prestissimo!

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Capitolo 16
*** 14 ***


14

Shannon era entrato in clinica sveglio da 48 ore, occhiaie profonde e una borsa sdrucita piena di simboli logorati dagli spostamenti frenetici di una vita in tour. “voglio ricoverarmi” aveva detto ad occhi bassi alla reception.
La segretaria lo aveva guardato un lungo minuto per capire quanto fosse effettivamente distrutto l’uomo che le stava di fronte, con i gomiti poggiati al banco e il volto nascosto tra le mani e decise che era il caso di risparmiargli la lettura delle pratiche.
“nome?” chiese cortesemente
“Shannon Christopher Leto” sospirò cercando di ignorare il simbolo della sua famiglia che restava su di lui come un anatema, ricordandogli chi restava oltre le mura della villa.
“nato?”, “9 marzo 1970 ... a … Bossier City, in Luisiana” e i pensieri dentro lo pungolavano ricordandogli che solo un anno dopo la stessa città avrebbe visto nascere il fratello.
La donna quasi mormorò l’ultima domanda indispensabile, “richiesta per il ricovero?”, e la voce di Shannon si spezzò, inevitabilmente, insieme all’unica cosa che non avrebbe voluto fare, “ho … ho aggredito mio fratello” e la segretaria quasi mortificata gli allungò il modulo per una firma.

Era una clinica costosa, la migliore di tutta Los Angeles sicuramente, Shannon ne era sicuro perché la pubblicità era sobria e la villa imponente arrampicata sulle colline dall’altra parte della città rispetto a dove abitualmente passava le sue giornate.

Era stato condotto nella sala principale dove psicologi e psichiatri passavano il tempo libero tra una visita e l’altra e li, seduti intorno ad un tavolo a scambiarsi libri, c’erano almeno quattro persone di diverse età e nazionalità.
Almeno a prima vista.
Shannon si avvicinò al più anziano, un volto scarno coperto da una rada barbetta bianca e coronato da degli strani capelli nuvolosi, il dottore gli aveva sorriso mestamente stringendo appena i suoi occhi azzurri in una espressione di sincera curiosità. Il personale si allontanò discretamente tranne un’infermiera che allungò al medico il fascicolo appena inaugurato con la domanda di ricovero.
“lei sarà il mio dottore?” aveva chiesto con apprensione, l’uomo lo soppesò con lo sguardo cercando qualcosa negli occhi di Shannon, riuscendo solo a scontrarsi con una preoccupazione prega di stanchezza. “solo dopo che avrà dormito, Gladis, accompagna il signor Leto in camera sua e organizza un nostro incontro domani mattina” disse lo psichiatra all’infermiera li vicino stringendo la mano di Shannon in un saluto rassicurante.
Il batterista non gli lasciò la mano stringendola con timore, “dottore, io non posso dormire”, l’uomo lo osservò gravemente comprendendo l’ansia, “provvederemo noi a questo, si riposi signor Leto, vedrà che domattina andrà meglio”, “lo spero davvero” mormorò Shannon facendosi condurre via dall’infermiera.

La camera era confortevole, senza dubbio, pulita, accogliente.
Toni chiari alle pareti, tende per proteggersi dal sole a volte troppo forte di Los Angeles.
Respirò sollevato, nessuna sbarra alle finestre, la sua più grande paura al momento.
L’infermiera che lo aveva accompagnato gli porse un bicchierino di plastica pieno di un denso sciroppo. “lei è sicura che funzioni? Potrei avere il sonno … agitato”, la donna lo guardò comprensiva, “non si preoccupi, noi veglieremo perché lei non faccia del male agli altri o a se stesso”. Shannon deglutì lo sciroppo con il rimorso fresco nelle parole troppo vere dell’infermiera, “bene, molto bene”, si girò dall’altra parte per non mostrare gli occhi già lucidi dal dolore di troppe scoperte, donna lo lasciò solo nella stanza con il borsone logoro che stonava sulle sedie eleganti della stanza. Per un attimo Shannon avrebbe voluto spaccare tutto, ridurre in pezzetti non più grande di un fiammifero ogni cosa all’interno della stanza, invece respirò profondamente, si voltò per chiudere la porta, sicuro della mancanza di una chiave all’interno e si buttò sul letto, lasciando che le lacrime finalmente impregnassero il cuscino.
Cercando di annegare nel suo stesso dolore senza riuscirci, sentendolo come un mare troppo lontano. Perché non riusciva neanche a raggiungere il suo dolore? Era indegno anche di soffrire dopo tutto quello che aveva fatto? Non provare neanche un po’ del male che aveva sofferto suo fratello in chissà quanti anni.
“Jay …” mormorò con un nodo in gola che non avrebbe mai sciolto del tutto.
E ripensò a tutte quelle volte in cui Jared gli aveva evitato la visione del suo corpo con battute scherzose che nascondevano la paura di essere scoperto.
Gli vennero in mente piccole espressioni di dolore che il fratello attribuiva a crampi immaginari, ricordò la volontà suicida di gettarsi tra la folla, forse per dare scusa a qualche livido troppo evidente e a quanto erano davvero inopportune le sue sciarpe in molti giorni estivi con la scusa di riparare una gola sensibile, sensibile alla stretta delle sue dita.
Capì perché dormisse in una stanza da solo, lontano da tutti ma senza chiuderla a chiave, mai; e ricordò i dettagli di quella notte in cui si era svegliato nella camera d’albergo che era di Jared, ricordò il sangue sui suoi pantaloncini e la lampada fracassata sul pavimento, credeva di essere entrato per controllare Jared ma ora … ora non ne era più sicuro … e l’immagine di suo fratello in pigiama, sanguinante, eppure calmo arrivò come un pugno allo stomaco dal buio del suo cervello in cui era nascosto.
Ricordò tutte quelle volte in cui Jared non si lasciava abbracciare, e l’urlo che aveva mandato una volta, quando era arrivato di soppiatto, in cucina, mentre il fratello preparava la cena, per fargli uno scherzo, illudendosi che fosse un’espressione di sorpresa e non di terrore come gli era sembrata.
Come era in realtà.
Piangendo ricordò a se stesso come il corpo del fratello era un rigido fascio di muscoli quando i suoi occhioni azzurri gli strappavano una carezza e di come si scusasse poi della freddezza dimostrata abbracciandolo di slancio, con quell’affetto sconsiderato che provava per lui.
E gli occhi di Tomo, una volta caldi di affetto per lui che negli ultimi mesi erano diventati freddi e distanti, incapaci di una risposta che andasse oltre la cordialità e lui, stupidamente, aveva pensato che fosse ancora in collera con Matt, il suo distacco, l’incapacità di restare nella stessa stanza e la morbosa attenzione di non lasciarlo mai solo con Jared.
E Matt, di cui ricordava le ultime parole dette in un attimo di rabbia prima di sbattere la porta ed andare via, pensando di non essere visto, “non potrai tenermelo segreto per sempre Jay!”
Anche lui aveva capito, senza sapere …
Tomo che sapeva tutto e non aveva parlato, per amore di Jared che lo aveva supplicato di non raccontarglielo, perché avrebbe fatto quello che era effettivamente successo, scappare da lui, da suo fratello, per salvarlo da se stesso, per non fargli male un secondo di più. Povero Tomo, chissà che ansia in questi mesi, uno in più sulla lista delle persone che aveva ferito.
Anche se solo lui contava nella sua mente, quegli occhi azzurri che amava più di se stesso, la vita che mai e poi mai avrebbe voluto mettere in pericolo e che invece era stata maltrattata chissà quante notti.
Il sole scendeva dietro le finestre spesse, ma Shannon non se ne rese conto perché stava scivolando nel sonno, unica cosa tranquilla tra i suoi pensieri.
Unico rifugio.
Sbatté le palpebre un paio di volte e due lente lacrime lo accompagnarono nel mondo in cui era pericoloso per l’unica persona che amava davvero.



Floriana
non posso assicurati che a Jared non succederà più nulla, purtroppo lui è un po’ come me, incredibilmente autolesionista quando si tratta di non dare dolore agli altri. Testardo fino alla fine… potrei provare a rinchiuderlo in una stanza imbottita ma non credo che riuscirebbe a produrre molto la dentro :( in ogni caso farò del mio meglio lo giuro! Baci anche a te!
Artemide
ti prego dimmi che sei uscita da quella stanza, capisco che l’ospedale è la tua professione ma noi abbiamo bisogno di te anche fuori di li! … la scoperta di Shan è stata devastante e ho cercato di regalargli un capitolo per poter esprimere tutto il suo rammarico, spero di esserci riuscita. Un saluto affettuoso, a presto.
Shanna
si, anche io credo che sia il migliore, ci ho buttato una notte ma credo che ne sia valsa la pena perché mi sono sentita esattamente come Tomo mentre scrivevo, e se anche io mi perdo nelle emozioni dei miei personaggi significa che la cosa funziona. Io.. non ho parole per ringraziarti. Di tutto, davvero, un bacio
bluelilith
ad ogni autore fa piacere pensare, nello sconforto delle poche recensioni, che da qualche parte ci sia qualcuno che apprezza, ma non commenta perché … beh, ci sono un miliardo di perché e io da lettrice li conosco tutti. Nonostante questo non posso che sentirmi onorata per il tuo intervento, perché so che devo averti ‘scosso’ per portarti a scrivere. Grazie per i complimenti dello stile, è una cosa a cui tengo davvero tanto. Mi auguro che il resto delle storia continui a piacerti ;) buona lettura!

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Capitolo 17
*** 15 ***


15

Jared si alzò dal letto dell’ospedale con il colorito di un morto. Tra infermiere e medici nessuno sapeva più come trattenerlo ma il cantante aveva firmato tutti i permessi di rilascio e ormai doveva solo tornare a casa. Tomo non si era spostato dal suo fianco, inebetito dalla comparsa e successiva sparizione di Shannon, non aveva davvero potuto fare nulla se non restare con un Jared sempre più assente.
Uno accanto all’altro sul taxi sembravano lo specchio di un dolore condiviso.
Tomo borbottò il suo indirizzo di casa all’autista che si avviò lentamente con i profughi di una guerra interna sul sedile posteriore.
Arrivati alla villetta del chitarrista, Tomo scese velocemente per aprire lo sportello di Jared ancora fisso nelle sua catonicità da statua di cera; sembrava incapace di qualsiasi cosa. “Jared … siamo arrivati”, il cantante si girò intorno sorpreso, “voglio andare a casa” balbettò sottovoce, Tomo lo prese per mano riuscendo a farlo alzare dal sedile per raggiungere la soglia. Pescò una chiave dalla tasca dei jeans logori e aprì la porta conducendolo fino alla camera da letto al piano di sopra. Jared non dava segno di capire, gli occhi vitrei si spostavano appena sugli oggetti intorno a lui come se fossero privi di essenza.
Il suo mondo era diventato di ombra.
Tomo lo fece sedere sul letto inginocchiandosi ai suoi piedi, “Jared … ti prego, dimmi qualcosa”, gli occhi troppo chiari del cantante si riempirono di lacrime lucide, “voglio andare a casa” ripeté in trance. Si stese senza guardare Tomo, raggomitolandosi in posizione fetale, piangendo, annullandosi. “casa … Shan …”, Tomo spiazzato cercò di controllarsi sfiorandolo con una mano mentre Jared piangeva sempre più forte, singhiozzando, “Shan, voglio Shan!”.
L’amico si sedette sul bordo del letto accarezzandogli la fronte e i capelli scombinati, emanava ancora un vago odore di fumo.
“voglio Shan, il mio Shan”, tra le lacrime solo il dolore del fratello e l’impotenza di averlo perso, “Jared, vedrai che si sistemerà tutto, tornerà …”. Jared si girò dall’altra parte dandogli la schiena, in solitudine con il suo lutto dentro e il pianto inesorabile che diventava sonno.
Tomo lo lasciò così, raggomitolato e solo, coprendolo con un lembo della trapunta e pregando perché facesse almeno un bel sogno.


Scese in cucina per vedere se riusciva a rimediare un pacco dei biscotti, i preferiti di Jared, ne teneva sempre una scatola da qualche parte quando gli capitava in casa la mattina presto con i suoi accordi e le chiacchiere filosofiche. Ricordava quando una mattina lo aveva trovato accampato davanti la porta con il caffè nei bicchieri di carta e il muso lungo perché le sue nuove teorie musicali non aspettavano che Tomo si svegliasse del tutto. E il macello che aveva fatto quando non si era accorto che nella cucina del croato non c’erano i suoi biscotti preferiti e il sorriso quando per farlo stare zitto Tomo gli aveva promesso di farglieli immediatamente.
E il naso sporco di cioccolata di Jared mentre leccava il cucchiaio di legno.
Le risate, la complicità, mentre fuori spuntava il giorno.
Tomo sorrideva a quei pensieri sottili che cercavano di dargli ancora una attimo di pace prima che Jared si svegliasse nella consapevolezza che il fratello era perduto, forse per sempre.
Mentre spostava la zuccheriera da uno scaffale all’altro sentì in tonfo, e un altro, e un altro ancora.
Un mugolio soffocato e forse parole. Salì le scale di corsa fino alla sua camera da letto dove Jared in piedi con gli occhi chiusi sbatteva contro le pareti. Tomo impietrito non poteva che guardarlo sulla soglia mentre cozzava contro gli angoli dei mobili e piangendo barcollava nel buio del suo sonno, “ti prego lasciami … basta … ti prego”, gocce immobili gli bagnavano il volto.
L’incubo era tornato.


Il dottor Semi vide Shannon uscire dalla porta e si concesse di crollare finalmente sulla sua poltrona, lasciò che la schiena scivolasse quel tanto da sentirsi più comodo e si tolse gli occhiali poggiandoli sul tavolinetto accanto a lui. mugolò quello che doveva essere un suono di stanchezza massaggiandosi le tempie.
A volte, durante le sue terapie con giovani, ricchi e problematici pazienti, si chiedeva dove fosse finito l’amore a quei tempi. Se fosse normale per persone cresciute nella bambagia o di nuova estrazione sociale riuscire ad essere così indifferenti al mondo, vendicarsi in modo tanto crudele di vivere meglio di chiunque altro.
Se si potesse essere così egoisti e mal curati da inventare nevrosi ed avere tante di quelle dipendenze solo per sentirsi vivi.
Per un attimo sorrise alle impossibili e capricciose creature con cui aveva a che fare ogni giorno ma il sorriso gli morì sulle labbra al pensiero di quell’uomo, ancora tanto ragazzo in fondo, che era appena uscito dal suo studio e alla contrapposizione netta che lo differenziava da tutti.
Lui in quella clinica non era entrato per manie di protagonismo, odio, indifferenza, ma per amore.
Per troppo amore.
Si alzò con sforzo dall’enorme peso che gli pesava sulle spalle e si avvicinò alla scrivania dove, aperto, c’era il fascicolo Leto, sul foglio di accettazione in piccolo segnato con l’attenta calligrafia della segretaria c’era il numero da chiamare per un contatto esterno con il paziente, solitamente era un parente stretto ma il medico sospettò che il cellulare non fosse del fratello del paziente. E nemmeno della madre cui in quella seduta aveva accennato.
Lo compose sperando di ritrovare dall’altro capo della linea una persona ragionevole.
“pronto?” una voce dall’accento straniero gli rispose con riluttanza, “buongiorno, sono il dottor Semi, della clinica psichiatrica di Los Angeles”, il medico sentì un fruscio d’aria, probabilmente l’interlocutore si era spostato in un luogo più appartato, “è il dottore di Shannon?” chiese la voce ansiosa, ”ho preso in cura il signor Leto si, io …”, “sta bene vero?” la voce risultava apprensiva, timorosa di non trovare conferma, “provo a chiamare da ieri sera ma la vostra segretaria non fa altro che dirmi che non potete dare notizie sui pazienti … e io sto quasi impazzendo con …”.
Stavolta fu il medico a interrompere la voce concitata, “lei è con il fratello del mio paziente, con … Jared?”. Un sospiro di impazienza arrivò dall’altra parte, “si, sono con Jared, ma mi dica come sta Shannon, noi … non sappiamo cosa fare”. Il dottore cercò di prendere l’argomento con il massimo della calma, “il signor Leto sta bene, piuttosto il fratello, il suo amico, sta bene? In che condizioni ha passato la notte?”. Il medico sentì esitare la voce come per trovare le parole, “ha dormito, beh, doveva, lo hanno stordito di tranquillanti in ospedale, e quando lo hanno rilasciato in mattinata io … l’ho portato da me, sa, casa loro è ancora inagibile e poi io non volevo lasciarlo da solo. Solo che …. Io … ecco, non so esattamente cosa stia succedendo!”.
Il medico si prese un attimo per un lungo respiro comprendendo che dall’altra parte l’uomo stava facendo lo stesso, “come si chiama?”, “chi io? … Tomislav Milicevic … Tomo” , il dottore sorrise, ecco perché l’accento straniero, “ascolti Tomo, potrebbe lasciare qualcuno a tenere compagnia a Jared oggi pomeriggio?”, il croato si fermò a pensare per qualche secondo, “si, credo di si …”, e l’immagine della nipote della vicina di casa si stagliò nella sua mente, “bene, allora l’aspetto nel mio studio per le quattro, è meglio parlarne di presenza”.


“mi dica quello che ha fatto”.
“io … io mi ero allontanato, stava dormendo … si era agitato tanto che alla fine era crollato di nuovo, sembrava essersi sfogato abbastanza da riposare ancora e invece …” un improvviso silenzio si instaurò tra i due, il medico vide la lunga frangia corvina coprire gli occhi affaticati dell’uomo davanti a lui, “me lo dica per favore …”, “io … non ho capito cosa …”, il dottore cercò gli occhi del croato, tentando una via di contatto, ricostruendo le immagini ancora vivide nella mente di Tomo, “è entrato in camera, lui era ancora addormentato ma …?”, un flebile accenno di consenso da parte dell’altro, prima di esplodere, impaurito, “aveva un incubo! Lo stesso terribile incubo che ha ogni notte da anni ormai … i Shannon che lo picchia … e io non so più … lo giuro, non so più che cosa succede!”. Un sospiro di tristezza nella voce dell’amico, la perpetua angoscia di un incubo infinito, “qual è la verità? È davvero Shannon ad averlo picchiato in tutti questi anni o è Jared che … che si è inventato tutto? È lui il pazzo? Lo sono entrambi? Io … non so più cosa pensare!”. Il medico si impose il sangue freddo necessario per spiegare, anche se in minima parte quello che stava succedendo tra i fratelli, lo strano ingranaggio delle loro menti in piena lotta.
“mi ascolti Tomo. Jared e Shannon, essendo fratelli hanno sviluppato un senso di dipendenza e compensazione assoluta tra loro due, ciò che non riesce ad uno è fatto dall’altro. Sempre. La loro vicinanza … è così naturale per entrambi che non riescono a stare separati … lei sa cos’è successo stamattina Tomo, Jared stesso si è perso nei suoi incubi nella speranza che il fratello fosse tornato.
La paura di averlo perso definitivamente lo stava uccidendo così è ricorso a immagini oniriche per …”
“mi sta dicendo che Jared ha sognato che Shannon fosse tornato a picchiarlo pur di non ammettere che se n’era andato?”. Il medico sorrise, “esattamente, noto che è un tipo sveglio”, Tomo scosse la testa, “se lo fossi stato davvero sarei venuto prima da lei e avrei evitato tutto questo … ma io … non ho avuto il coraggio di dare un dolore a Jared, anche se sarebbe stata la cosa migliore … per entrambi”. Il dottore annuì, “per tutti si, ma un legame come quello tra Jared e Shannon non si può spezzare facilmente, o intromettersi con la forza, eppure lei ci è riuscito, sento che lei fa parte di questa …” , “famiglia?” chiese Tomo con un tono triste nella voce, “anche se piuttosto disfunzionale” aggiunse il medico.
Tomo suo malgrado rise, “si, direi che si possa definire così”. Tomo si asciugò lo sguardo con il dorso delle mani, “e ora cosa dovremmo fare dottore?”, il medico lo guardò in fondo agli occhi lucidi, “lavoreremo su entrambi, perché riescano ad equilibrare il loro rapporto, purtroppo o per fortuna anche lei ha il suo ruolo, importante come pochi, deve rimanere accanto a Jared in questo periodo … e anche a Shannon se lo vorrà, appena si sarà stabilizzato con la terapia …”.
“certo che lo voglio dottore” affermò Tomo con tono risoluto, “sono la mia famiglia”.




salve a tutti; nella speranza che come me siate sopravvissuti al natale e che capodanno vi lasci indenni volve fare solo una piccolo nota a tuesto pastrocchio di cap. suppongo sia la cosa più sconclusionata che abbia mai scritto, ma il tutto è venuto fuori da solo e io… non me la sono sentita di cancellare tutto dopo settimane di ispirazione zero.
ditto ciò, vi auguro un felice 2010 ;)
Floriana
è davvero ovvio, tutti amano Jare, c'è poco da fare!
Bluelilith
prego ;) mi piace rispondere ai commenti quando posso .. anche io spero che Shan riesca a perdonarsi ed andare avanti, a "spingersi verso l'alto" e superare questo dolore,, io gli starò vicina, come Tomo, Jared e tutte voi ;) a presto!
Artemide
Si, Shannon aveva bisogno di un cap tutto suo per poter esprimere tutto il dolore e il rimorso di un dolore appena scoperto, ma non credo che si accorga della leggera sfumatura di egoismo che ha preso tutto questo, come tutti ha visto solo la voglia di Jared di lasciargli una vita "normale" , come se tutto quello che avveniva la notte fosse solo un'altro dei suoi incubi dimenticati
Shanna
per avere un complimento da te non mi accorgo neanche delle dimenticate regole grammaticali ;) è vero anche noi facciamo del male alle persone che abbiamo intorno anche senza volerlo, accorgendoci solo dopo di quanto abbiamo ignorato per wessere felici, vivere tranquilli.. Shannon se ne sta accorgendo in modo doloroso e solo, con quella rabbia che si ha contro se stessi e non porta a nulla di produttivo, anche se questo cap è più che altro per Jared spero si capisca che il dolore è parallelo... un bacio!

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Capitolo 18
*** 16 ***



16

Shannon sbatté le palpebre un paio di volte per schiarire i contorni della stanza, i quadri delicati alle pareti, la libreria enorme, la scrivania al centro e le due poltroncine, in un angolo, separate dal baso tavolino, l’angolo delle confidenze. Pensò che mancasse solo una teiera e le tazzine di porcellana e sarebbe sembrato più il salotto di una vecchia riccona che lo studio medico di uno psichiatra. Sospirò pesantemente, sollevato dal fatto che almeno i pizzi sotto le foto ricordo gli fossero stati risparmiati, senza incertezze si accomodò sulla poltroncina di destra mentre il dottore si alzava dalla scrivania con un’espressione di serietà tranquilla che Shannon aveva subito apprezzato.


“buongiorno signor Leto”, Jared si accomodò nello studio vagamente disordinato dello psichiatra dove aveva chiesto aiuto per Shannon, per una volta era stato il medico a chiamarlo, “so che è una situazione difficile, ma suo fratello ha dato il mio nominativo alla clinica dove è attualmente ricoverato e …”. Gli occhi di Jared tradirono l’immensa tristezza perché il medico gli fece subito cenno di accomodarsi sul lettino e gli si sedette nella poltrona accanto, “capisco il suo dolore signor Leto, ma comprende che una situazione del genere esce sempre allo scoperto prima o poi, lei capirà che grazie ai suoi sforzi suo fratello ha goduto di anni molto felici ma … è tempo che si assuma le sue responsabilità”

“sono io il responsabile di tutta questa faccenda” mormorò Shannon appena meno teso di quando avevano cominciato la seduta, “signor Leto non sia così duro con se stesso, ricordi che è un meccanismo che lei non può controllare, non ha nulla a che fare con la persona sicuramente fantastica che lei è”.


“ è una persona fantastica dottore, lui riesce a capirmi davvero, è talmente geniale a volte! riconosce un mio stato d’animo a chilometri di distanza, sa sempre cosa dire e come smontare le situazioni più complicate che mi perseguitano, è il mio scudo contro il mondo dottore, anche quando mi fa uno scherzo ingenuo che mi ricorda quanto sia infinitamente bambino” disse Jared con gli occhi lucidi.

“è il mio fratellino dottore!” esclamò Shannon con convinzione “Nonostante i suoi anni per me è e resterà sempre un bambino con quelle stupide manie che mi illuminano la giornata, con quello sguardo felice quando insieme alle mie bistecche si accorge che gli ho portato il cioccolato. E mi perdona tutto dottore, qualsiasi cazzata combini lui ride dicendo che anzi potevo fare di peggio; anche se non ne faccio una giusta mi lascia sempre ampio margine, per quando sbaglierò di nuovo, perché sappiamo entrambi che accadrà, ma non per questo si abbatte”


“e non si abbatte mai dottore, è sempre così gioviale, felice, irresistibile, anche quando fa il burbero, quando mette su quell’espressione contrariata che non lo lascerà per tutto il giorno si può giurare che in realtà stia solo pensando a qualcosa di complicato”. Jared sorrise al pensiero “e non è detto che sia una cosa seria, anzi, è altamente probabile che sia uno scherzo. Lo adoro per questo, per il suo sano ottimismo e la voglia di fare battute anche nei momenti peggiori, so che mi batterà la mano sulla spalla e dirà che tutto andrà per il meglio, che c’è sempre una soluzione”.

“c’e sempre una soluzione al problema signor Leto, tutto sta nello scavare abbastanza a fondo” disse il medico guardando Shannon, “ma io non so neanche da che parte cominciare, io … non ho idea del perché mi comporti così!”esclamò il batterista, lo psichiatra unì le mani in grembo, “ho letto i resoconti del medico che ha consultato prima di me, lui mi ha suggerito qualcosa che riguarda suo padre … vorrebbe parlarmi di lui?”


Jared chiuse gli occhi, comodamente disteso sul lettino di pelle, “il mio vero padre intende? Non lo ricordo davvero, mamma non prese alcuna fotografia quando scappammo quella notte, il suo ultimo ricordo, che non posso essermi inventato perché è troppo doloroso, è quello in cui da uno schiaffo a mia madre. Ricordo che era di poco più alto di lei, si capiva bene perché anche mamma era in piedi, eretta in tutta la sua altezza. Non si piegava davanti a niente e a nessuno, avevano entrambi i capelli castani quasi chiari sotto la luce al neon, ma lui aveva gli occhi azzurri, proprio come i miei”

“esattamente come i suoi dottore, gli occhi di mio padre e gli occhi di Jared, identici fino all’ultimo dettaglio, crescendo mi sono accorto di quanto gli somigliasse fisicamente e nel riflesso di certe espressioni, soprattutto quando è emozionato o agitato. Allora prende il suo volto ed io ….” Shannon deglutì con pena “… io vorrei che fosse simile a me, che smettesse di somigliare a lui e tornare ad essere la mia copia distorta”


“non può continuare a vedere in suo fratello la sua copia, il suo doppio, siete due entità separate lo capisce? Non potete condividere tutto! Né il dolore né il piacere, siete due vite …”, “separate dottore?” chiese incredulo Jared, “come può anche solo pensare che io e Shannon potemmo vivere separati? Viviamo insieme da sempre e non per necessità, io non posso stare senza mio fratello, è la stessa aria che respiro che deve sapere di lui, altrimenti muoio”

“morirò lo capisce? Mi lascerò morire se non potessi più vedere mio fratello, eppure so che non posso stargli vicino, che sono … pericoloso … e solo io so quanto non voglio che questo accada, so che sarebbe meglio per noi separarci ma ... Non credo di poterlo accettare, no, senza mio fratello non credo che qualcosa avrebbe più senso” concluse Shannon, “non faccia così signor Leto, credo che una soluzione sia possibile, solo che … ci vorrà del tempo, lei capisce vero?”


“quanto tempo esattamente?” chiese Jared con il panico nella voce, “non lo so signor Leto, si parla di mesi …”, “mesi? Senza vedere mio fratello? Senza potergli parlare? Io … io …”

“signor Leto lei deve avere pazienza, le cure che proveremo ad attuare dipendono da tante cose, troppe per dare una scadenza, ha una mente molto complessa, ci vorrà il tempo che servirà per scandagliarla e trovare quello che cerchiamo”, “e nel frattempo cosa dovrei fare?” chiese sarcastico Shannon, “prendere medicine e parlare con lei?”


“esattamente” rispose calmo lo psichiatra, “e non si potrebbe …” azzardò Jared, “io credo che sarebbe meglio arrivare ad un punto di equilibrio prima di rischiare ancora signor Leto, d’altronde suo fratello è in buona mani”

“Jared ha sempre avuto una testa matta, ma non avrei mai creduto che dall’analista ci sarebbe finito per colpa mia” sembrò ridacchiare Shannon, “invece a quanto pare è successo, avete entrambi molte cose da affrontare prima di potervi ricongiungere”


“allora crede che ci rivedremo!” esclamò Jared esaltato

“gli vuole bene signor Leto?” chiese dolcemente lo psichiatra

“più di ogni altra cosa al mondo” assentirono i pazienti

“allora non vedo il perché non si debba tentare” fu la risposta per entrambi.

................

Floriana:
Si Tomo è incredibilmente dolce, la sua ‘famiglia disfunzionale’ è davvero importante per lui. Jared e Shannon in fondo sono davvero i suoi fratelli. Di avventura, di gioco, di musica. È vero Jay si lascia molto andare in questo capitolo, ma volevo che trasparisse tutto il suo dolore. Perché è davvero immenso e disperato.
Anche io spero in un lieto fine … davvero!

Artemide:
felicissima che sia riuscita nell’intento. Il cap non aveva altro scopo che misurare il disperato dolore di Jared, infinito e profondo tanto da farlo uscire di senno. Sapevo che tu mi avresti capita subito, questa storia per te sembra non avere segreti e in fondo non posso che compiacermene, significa che sei entrata nel cervello della ff (povera cara ma chi te l’ha fatto fare!). lo psichiatra è in realtà un mix di nonno Freud, e Semi, il mio psicologo preferito, lo amo davvero. È un alternativo nonostante sia serissimo sul suo lavoro.
È quello che durante una seduta ad una paziente che gli intimava “e se non fossi una sua paziente? Se lei non fosse il mio medico? Che cosa mi direbbe? Avanti, forza, sia sincero???” rispose con assoluta calma, “se non fosse una mia paziente, se fosse una semplice donna venuta qui a distruggermi i nervi la manderei a fanculo … ma siccome lei è il mio caso clinico e io sono il suo dottore la prego di mantenere la calma e tornare a lavorare su di lei”
*.*, io lo adoro ;)

Shanna
Più tempo passa più mi accorgo che questa è davvero la cosa migliore che abbia mai scritto. E questo mi fa entrare in paranoia sul miliardo di altre cose che vorrei scrivere. Detto ciò. Io cerco di metterci tutto in questa ff, sperimento anche stili di scrittura che di solito non tocco per paura di cadere rovinosamente (come questo cap con continui cambi di scena). Ma ormai mi sono lanciata, e vedere quanto poco manca alla fine mi deprime invece di liberarmi. Sto amando troppo ‘questo’ Jared così fragile in fondo e Tomo, incredibilmente vicino a me. forse non sono ancora pronta a lasciarli andare.

Bluelilith
E io che ho sempre paura di essere prolissa ;P invece a quanto pare riesco a farmi capire. Ne sono molto felice. Come ho già detto il dolore di Jared era il centro dello scorso cap, il fulcro della situazione, e questo Tomo che non si da per vinto. Che è forse l’unico a portare in se il ricordo di una ‘vera’ famiglia che vorrebbe adottare anche con i Leto. Gli vuole bene davvero, farebbe di tutto per loro. Anche io cerco disperatamente di essere ottimista, di cercare un lieto fine per tutti loro. Perché se lo meritano, perché li amo molto. E soprattutto, perché voglio che tiriate un sospiro di sollievo anche voi insieme a me

………………
So di stare parlando un pò troppo oggi ma ci tenevo davvero, davvero tanto a ringraziarvi, di essere qui, di continuare a leggere.. significa moltissimo per me e di questo vi sono davvero grata.

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Capitolo 19
*** 17 ***


17

Jared camminava a passi misurati sulla ghiaia del vialetto, lo stretto corridoio di ciottoli contornato da piccoli mattoni rossi e lambito dal prato verde. Cespugli di lillà dove danzavano mille piccole farfalle e un cielo terso di fine inverno che illudeva in una primavera fittizia i pazienti che passeggiavano distratti per i viali. Jared si accorse che nonostante fosse una struttura privata, curata nei dettagli, pronta a tutto per dissimulare i turbamenti che la abitavano interamente, tutto, dalle pietre levigate e finte all’altezza del prato perfettamente millimetrico era impregnato della vera essenza di quel posto.
Di una clinica per malattie mentali.

Shannon era seduto su una panchina, sotto un albero, i gomiti poggiati sulle ginocchia e il capo chino, non aveva mai visto suo fratello così vulnerabile.
“ciao”, Shannon alzò il capo e osservò il fratello per un lungo istante, poi, senza preavviso si alzò di scatto e lo abbracciò stretto. E dopo tanto tempo Jared non gli si irrigidì tra le braccia al primo tocco ma avvolse le braccia intorno la sua schiena, stringendolo con pari forza, forse. Shannon notò sotto le sue dita molti più muscoli e sorrise, stava meglio.
I fratelli non accennavano a staccarsi, persi in un abbraccio rimandato per troppo tempo. Ma entrambi volevano vedersi in volto e si sciolsero dolcemente tenendo ancora le mani sulle braccia l’uno dell’altro.
“mi dispiace” borbottò Shannon, “il medico mi aveva detto di andarci piano ma …”, Jared rise guardandolo negli occhi, “anche il mio mi aveva raccomandato nessun gesto brusco”, “avrei potuto spaventarti” confessò Shannon timido. Jared gli sorrise di rimando, “infatti sono terrorizzato”, e sentì la pressione delle dita sulle braccia allentarsi e condurlo sulla panchina accanto a lui, “siamo dei pessimi pazienti vero?” chiese con finto rammarico Jared, “terribili, mi chiedo come facciano a sopportare le nostre lagne” disse con sarcasmo Shannon, “le tue forse, i miei alti pensieri illuminano la vita di quel pover’uomo mica come il tuo … è stato già internato vero? Dopo aver passato tanto tempo con te …”.
Shannon si trattenne dal dargli uno spintone scherzoso per guardarlo negli occhi illuminati appena dalla luce fredda tra le foglie. Non ricordava di aver visto quell’espressione di felice apprensione sul volto di Jared dai tempi in cui loro madre era stata ricoverata per un controllo complicato e ne era uscita sana ma temprata.

Il batterista posò una mano sul ginocchio del fratello vicino a lui non riuscendo a guardarlo un secondo di più. “Jare … mi dispi …”, Jared gli poggiò risoluto una mano sulla bocca, imprigionando le parole del fratello, “non è mai stata colpa tua Shannon” . Il fratello annuì impercettibilmente e l’altro fece scivolare la mano dal suo volto in una carezza.
Riuscirono a guardarsi negli occhi e la lucidità di una lacrima rese il loro sguardo molto più simile del solito.
“Cristo Jay che siamo diventati sentimentali!”, sbottò Shannon guardando il cielo ad impedirsi di lasciarsi andare. Jared gli scombinò i capelli in un gesto affettuoso ridacchiando, “di la verità, ti sono mancato?”, Shannon finse di ringhiare con le dita sottili del fratello ancora tra i capelli, “quello che mi è mancato in 4 mesi qua dentro non puoi avermelo portato, a meno che tu non abbia una bambola gonfiabile chiusa nella borsa”. Risero entrambi, “decisamente no, che c’è fratellino, non sei riuscito a trovare un’infermiera decente qui dentro?”, il batterista sbuffò alzando le spalle, “sono tutte così ‘professionali’ ! Il massimo che si può ottenere da loro e che ti facciano da mamma!”.
Le risate si spensero mentre la parola aleggiava nell’aria ora molto più fredda.
Shannon prese il coraggio di parlare per primo, “le hai detto niente?”, Jared finse di ammirare il perfetto prato all’inglese davanti a lui, “che i suoi figli sono entrambi in terapia di cui uno auto recluso in un ospedale psichiatrico? No, gliel’ho risparmiato”. Shannon si irrigidì appena, “hai fatto bene, non ho potuto chiamarla, c’è un regolamento piuttosto rigido, le ho scritto qualche lettera però … non che le abbia detto molto in realtà. A quanto pare le uniche persone che possono farci visita sono scelte dal medico che segue il caso … il mio ha scelto Tomo. Ma penso che tu lo sappia”. Jared annuì in silenzio, lo sguardo altrove. “sai, Tomo mi è stato molto vicino in questo periodo, credo di aver recuperato un po’ con lui, anche se continua segretamente ad odiarmi forse …”, Jared si girò verso di lui con scatto stupito, “non guardarmi così, sai benissimo il perché ” . il cantante scosse il capo distraendosi nuovamente con le farfalle che ballavano felici tra i cespugli.
“ti vuole molto bene Jared” sussurrò Shannon.
Il fratello annuì appena torturandosi le mani, sul viso un’aria affranta che non prometteva nulla di buono, “è stato terribile quello che ha passato per colpa mia, l’ho costretto a portare un carico che non gli toccava, e lui non si è mai ribellato. Non sai quanto abbia fatto per me in questi mesi, mi ha curato, accudito, ascoltato”, sorrise amaramente, “sono andato a vivere da lui perché non riuscivo a badare a me stesso, e tutto senza chiedere nemmeno una volta un favore, uno spazio privato, mi ha adottato”. Shannon gli poggiò dolcemente una mano sulla spalla, “Tomo fa parte della famiglia”, Jared annuì, “vuole bene anche a te Shann”. Il batterista si strinse nelle spalle facendole cadere pesantemente, “probabile, ma tu sei sempre il suo preferito fratellino”. Jared lasciò scivolare un ciocca di capelli sul volto evitando di guardare qualcosa in particolare, “non credo di meritarmelo, ho preteso davvero molto da lui Shannon, si può dire che gli abbia incasinato di più la vita da quando gli ho detto la verità che da quando l’ho assunto come chitarrista”.
Shannon non allentò la presa sulla sua spalla, “quando lo abbiamo assunto non credevamo di acquistare molto più di un musicista. Tomo è un amico fedele, e forse molto più di quello. Sono felice che se anche io sono stato la casa dei tuoi mali almeno lui ti sia potuto rimanere accanto, è un debito che non salderò mai”. Jared sorrise amaramente, “è un debito che non può essere ripagato Shan …” , si spostò di un soffio dalla presa del fratello, “mi sta aspettando qui fuori”. Shannon lasciò cadere le dita dalla giacca di Jared, “allora torna da lui …”
Voltarono entrambi lo sguardo verso l’entrata, un discreto campanello ricordava loro che l’orario delle visite era terminato. Si alzarono confusi, mentre altri visitatori lasciavano i facoltosi pazienti alle loro attività, camminarono con passo misurato per qualche minuto. “Jay”, il cantante si girò a guardare il fratello, immobile al centro del prato, fermo a pochi passi da lui, “tra qualche mese mi dimetteranno”, Jared annuì osservandolo fisso, “sarò fuori ad aspettarti fratellone”.
Shannon gli fece un cenno con la mano e Jared si avviò solo verso l’uscita, girandosi un attimo prima di chiudersi il portone alle spalle, Shannon ancora fermo sul prato lo guardava allontanarsi.


Non so esattamente che cosa volessi esprimere con questo cap, forse solo che con impegno, tempo e persone adeguate si può risolvere tutto. Forse che la speranza di stare meglio deve essere l’ultima a morire. Forse è solo una rivincita del “mio” Shannon che riesce ad essere profondo e sentimentale senza voler rinunciare alla sua facciata un po’ ruvida che amiamo tanto. E che Jared sa che il debito con Tomo non è risolvibile neanche con una vita di dedizione. Forse è solo una scusa per una storia che non riesco a finire. Non perché non possa, ma perché non voglia.
Mi scuso per tutto questo a prescindere.
E passo ai ingrazia menti che sono sempre la parte migliore per me perché mi ricordano che posso farcela.

Artemide:
sono incredibilmente felice di "solleticare" la sua attenzione per questa storia. anche se credo che siano i personaggi stessi ad attirare attenzione, anche non volendo, anche rifiutandosi di farlo, come Jared all'inizio che nasconde il suo dolore in performance esplosive, il comicità impellente. ho scelto un taglio filmico per lo scorso cap perchè volevo rendere l'immagine dei fratelli come, "specchio distorto di un unico dolore", ho avuto i brividi mentre lo scrivevo perchè sapevo che erano le loro parole e non le mie a trasformarsi in realtà.
felice di interessarti ancora. una bacio

Shanna
perchè Jared e Shannon sono la stessa persona, indivisibili eppure unici, mail dolore condiviso è esattamente lo stesso. vissuto con completa determinazione, per vedere se alla fine si potrà sopravvivere e tornare insieme.
grazie di cuore per i complimenti

floriana
non ho ovviamente voglia di tediarti con analisi cliniche e terapia perchè non sarebbe giusto (e anche perchè mi tirereste qualcosa in faccia) preferisco lasciare alla vostra immaginazione che colloqui di questo tipo portino alla luce molte cose che fanno sentire meglio i fratelli e li aiutano a ritrovarsi.
è vero Shann è incredibilmente dolce quando si perla di Jared. perchè lo ama molto. davvero tantissimo.

per aspera ad astra

intanto complimenti per il nik, sono sicura che tu più di chiunque altro ti siainteressata al nostro Tomo ;)
sono sempre felice quando riesco a dare le immagini precise dei miei personaggi. il set è importante per me quanto i dialoghi o i sentimenti. anche se sono loro a vincere sopra tutto in fondo.
sono onorata dai complimenti e spero veramente che tu riesca a leggere il finale, eche sia di tuo gradimento quanto la storia. grazie infinite

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Capitolo 20
*** 18 ***


Un appunto piccolo piccolo prima del cap.
Questo capitolo si deve a due persone, una è Artemide, perché mentre cercavo disperatamente di aggiustare l’ultimo capitolo la sua vocina continuava a bisbigliare che Jared e Tomo dovevano affrontare le inquietudini del loro cuore. l’altro e Lycan (my boy friend, che ovviamente non ha la minima idea di cosa scrivo) che mi ha dato un pomeriggio di inquietudine necessario per trovare l’ispirazione.
Ultima parola poi chiudo.
La colonna sonora è search and destroy dei 30

18


Tomo era decisamente impaziente a bordo dell’auto, stringeva spasmodico il volante tra le mani cercando di controllarsi, regolando il proprio respiro al ritmo dei secondi digitali dell’orologio incastrato nel cruscotto, chiedendosi quanto tempo ci volesse ancora.
Immaginando ogni secondo perso da Jared: uno per chiudere il cancello alle sue spalle senza mostrare la voglia di andare via, allontanandosi da Shannon, mettendo la giusta distanza di sicurezza tra loro due.
Un’altro per stringere la mano al medico.
Trenta secondi per sorridere all’infermiera cercando di conquistarsi la simpatia per il fratello. Altro tempo per recuperare la borsa all’ingresso e ricordarsi il corridoio per uscire.
La somma di minuti interminabili.
La dita di Tomislav al volante tendevano a sbiancare ogni secondo di più nella presa ferrea.
Finalmente dei passi decisi sul selciato, lo scatto plastificato della maniglia nelle mani di Jared, il suo peso inesistente nell’oscillazione invisibile dell’abitacolo per il nuovo passeggero.
Appena il respiro caldo accanto al suo si sciolse un evidente sospiro Tomo mise in moto senza curarsi dello scatto in più dell’orologio ancora incastrato nei suoi occhi.
Adesso aveva tempo.

Guidò i primi minuti totalmente concentrato sull’asfalto, il dolce declivio dalla villa in collina alla città troppo colorata rifiutandosi di guardare Jared per paura che, quello che avrebbe potuto leggere nelle sue iridi chiare lo distraesse dal suo intento.
Portarlo via, a casa sua, dove sarebbe finalmente stato al sicuro.
Posteggiò con scatto fluido davanti la piccola villetta, le aiuole sotto le finestre avevano un’aria più sana ora che Jared si premurava di innaffiarle tutte le mattine. Alzò lo sguardo sul compagno di viaggio sentendosi più forte ora che la clinica era sparita dietro gli alti palazzi del centro.

Il viso di Jared perfettamente immobile fissava il cielo chiaro attraverso il grande parabrezza del fuoristrada, la luce del mattino si rifletteva nelle gocce trasparenti in bilico sulle guance.
La bocca di Tomo si riempì di quel gusto amaro che aveva imparato ad associare all’impotenza, alla rabbia repressa, al rancore.
Prese la mano di Jared dalla gamba su cui era abbandonata e la strinse forte, alzandola all’altezza del suo cuore nuovamente sul punto scatenare battaglia del suo petto.
“Jay …”.
Il cantante si girò verso l’amico e lo guardò, indiscutibilmente dolce, tendendo la bocca in un sorriso bagnato dalle lacrime.
Con una goccia di pura incredulità nello sguardo.
E la rabbia di Tomo crebbe ancora.
“che cosa ti ha fatto?”.
Jared strinse gli occhi in un’espressione di dubbio e altre due lacrime sospese rotolarono lungo il suo profilo.
La mano di Tomo sulla sua si trasformò in una morsa non contenuta, “cosa ti ha detto Jare? L’avevo detto a quello stupido dottore che era troppo presto, che ti avrebbe ferito! Che cosa successo? Ti prego dimmelo!”.
Jared lo guardò sconvolto per una manciata di secondi, chiedendosi quanto fosse effettivamente preoccupato Tomo; perché il cioccolato dei suoi occhi fosse incredibilmente vicino al nero nel panico del dolore.
“Tomo sto bene … sono solo ….”, il chitarrista cercò di tirarlo a se in un abbraccio non riuscito, “non è colpa tua Jared …”.
Il cantante liberò la mano con uno scatto offeso, cercando nel volto di Tomo un briciolo di consapevolezza delle sue parole.
“Tomo non è successo niente, non mi ha detto nulla di sbagliato o preoccupate!”, si passò la mano appena liberata sulle guance raccogliendo le gocce sospese in scie umide sulla punta delle dita, “sono lacrime di gioia Tomo!”.
Il chitarrista abbassò lo sguardo, e Jared lo vide mordersi un labbro mentre si concentrava sulla tessitura del sedile sotto di lui, gli occhi determinati quando si concesse di alzare nuovamente gli occhi verso di lui.
“smettila di proteggerlo Jay”.
Il cantante sbuffò un’imprecazione furiosa spalancando la portiera e precipitandosi fuori dall’abitacolo.
Tomo si slacciò velocemente la cintura di sicurezza tentando di raggiungerlo mentre percorreva a grandi passi il vialetto d’ingresso, ma Jared si intrufolò dentro casa prima che riuscisse a tirargli una manica della sua camicia informe.
“Jared, ti prego parliamone!”, il cantante si girò con aria disgustata verso l’amico, in fondo a quegli occhi ceruli Tomo non aveva mai visto tanto sdegno. “non c’è nulla di cui discutere Tomo! Va tutto benissimo!”, strillò Jared patetico poggiandosi al muro con le braccia conserte e il viso duro. Nello specchio appeso accanto a lui Tomo vide la stessa immagine con il suo corpo, copie gemelle di un’identica battaglia.
E la trincea che diventava incredibilmente spessa ad ogni singolo respiro di distanza tra le loro parole.
“non sei la persona migliore per dirlo Jared, o andava tutto benissimo anche quando passavi le notti a farti picchiare da Shannon?” urlò Tomo con ironia caustica in bocca.
E il chitarrista chiuse immediatamente gli occhi, nell’inutile speranza di cancellare quello che aveva appena detto, pentendosi delle sue stesse parole, sentendo ogni impeto abbandonarlo e la forza svanire, sprecata in un colpo troppo forte senza un affondo in cui bilanciare. Quando li riaprì Jared non era più davanti a lui, dei rumori nella stanza accanto lo portarono a trascinarsi in quella direzione. Il cantante stava cacciando tutto quello di suo che riusciva trovare nelle sacche sgualcite con cui aveva portato un po’ delle sua vita in casa di Tomo.
“Jay …”. Jared di schiena alla porta alzò una mano in aria mentre recuperava delle magliette da un cassetto, facendogli cenno di fermarsi, “non importa Tomo, ho capito, ti ho trascinato dentro questa storia e non avrei dovuto. Lo sapevo anche prima ma sono stato un debole e ho ceduto. Ma ora basta, capisco quando pretendo troppo da qualcuno, quindi io me ne vado …”.
Tomo sentì nuova rabbia crescergli dentro, scaraventò la sacca verso l’angolo della stanza più lontano da Jared e si preparò ad affrontarlo con nuova forza. “Jared non puoi andartene!”, il cantante non si curò di guardarlo mentre recuperava una felpa da sotto il letto, “si invece, non hai il potere di fermarmi Tomo, non hai il dovere di badare a me! so perfettamente cavarmela da solo!”. Provò a scavalcare il letto per raggiungere la sacca lanciata via di mal grazia ma il croato lo placcò sopra il materasso. “togliti Tomo!non hai il diritto di trattenermi qui! Lasciami!” il peso di Tomo non era indifferente sotto il corpo magro di Jared che si sforzava inutilmente di spostarlo per poter andar via. “no! non ti permetterò di cappare! È ora che tu affronti le conseguenze dei tuoi gesti Jared! Non puoi continuare ad ignorare le cose, a nasconderle, a camuffarle! Stai facendo la stessa cosa che hai fatto a Shannon! Invece di fargli affrontare le sue paure lo hai drogato offrendoti come punch ball per farlo stare buono per anni!”
Jared continuava a divincolarsi sotto la sua stretta.
“e ora stai facendo la stessa cosa! Hai chiesto il mio aiuto e ora vuoi scappare perché ho intenzione di farlo, di darti una mano Jay, di affrontare la realtà, di darti le conseguenze del mio volerti bene!”.
Il cantante sotto le sue braccia chiuse gli occhi strattonandolo, cercando ancora una via di fuga dal suo abbraccio.
“sei dannatamente provenuto Tomo, come puoi chiedermi di ascoltarti se neanche tu riesci più a vedere la realtà per quello che è? Ammettilo! Ormai consideri Shannon come l’orco cattivo delle favole e da lui ti aspetti solo che mi voglia ferire. Come posso fidarmi di te? Come posso accettare il tuo affetto sapendo che odi mio fratello?”.
Tomo allargò le braccia guardando Jared dall’alto in basso con una prospettiva di attacco e protezione che non poteva trattenere, gli occhi dell’amico infinitamente blu nell’ombra del suo corpo sopra il suo.
“come posso permetterti di fargli questo Tomo?” bisbigliò Jared guardandolo implorante.
Il croato scivolò via dal suo corpo sedendosi sul bordo del letto, incastrando le dita tra i propri capelli sciolti in un moto di confusione.
“non puoi proteggermi da lui Tomo”, anche Jared si era alzato dal letto sedendosi accanto a lui con le gambe incrociate sulle lenzuola stropicciate, “perché non puoi proteggermi da me stesso, e anche se ti proponi di aiutarmi non potrai fare nulla che non voglia fare da solo”. Le dita di Tomo si impigliavano tra le ciocche scomposte, “non sopporto di essere così impotente” bisbigliò sopraffatto, Jared gli prese i polsi liberandogli la testa da una morsa in più, “lo so Tomo, ma tu … hai già fatto moltissimo per me … e per Shannon … ora hai bisogno di un po’ di tempo per te stesso” gli occhi di Tomo si immersero in quelli di Jared cercando di strappare un po’ della calma del cantante e portarsela dentro, insieme a tutti i sogni di famiglie felici che gli ossessionavano la testa come unico obiettivo per un futuro accettabile. “e anche io ho bisogno di tempo, devo riprendere in mano la mia vita, non posso restare più qui dentro a farmi coccolare da te”, Jared gli sorrise stringendogli la mano, “devo riprendere a vivere Tomo … tra non molto Shannon tornerà e voglio offrigli una bella vita, qualcosa di meraviglioso, per tutti noi”.

Tomo si ritrovò a lottare contro un grosso nodo alla gola mentre le parole di Jared prendevano la forma della stanza in cui lo aveva ospitato. Ricordandogli che la vita che gli aveva offerto negli ultimi 4 mesi non era la sua, quella di Jared Leto, artista eclettico su scala mondiale, e neanche di Jj, il piccolo di casa di una stravagante famiglia nella vecchia Bosser city. Solo la vita di un amico invalido, costantemente sotto controllo, lontano da ogni sforzo, perennemente incastrato in attività piacevoli, rubato alle ore di terapia in cui scopriva se stesso per affogarlo in un mare di affetto incondizionato. Un mondo surreale in cui tutto era dolce e perfetto. In cui non esistevano fratelli violenti divorati dai loro stessi incubi, nutrendolo di musica e dolci, rinchiudendolo in un torpore rosato in cui il mondo esterno prendeva contorni troppo sfocati per essere considerato vero.
Negandogli le sue stesse colpe.
Negando se stesso.
Nell’assurda illusione che sacrificandogli la sua stessa vita, il suo tempo, sarebbe riuscito a nasconderlo in un pianeta in cui il male non esisteva.
Tomo si accorse di averlo costretto in una campana di vetro da cui aveva una dannata paura di farlo uscire. Tirò su con il naso guardandolo tristemente, “vuoi andare via subito” e Jared gli sorrise sfiorandogli una guancia in una carezza, “devi ancora insegnarmi come si fanno i miei biscotti preferiti”.

floriana
è vero sono dolcissimi i fratelli Leto ritrovati ;) la straordinaria forza del loro rapporto è la molla che ha retto tutta la storia ;)
(grazie per continuare a commentare ;)

Shanna.
Speri? E se si avverasse? Se davvero dopo tante tribolazioni la famiglia tornasse integra? Credo che un finale felice sarebbe uno shock per tutti voi, abituati alle mie storie inconcludenti dove non esistono vincitori e eterno amore.
Ma che ne devo fare di me!!! -.-

Per_Aspera_Ad_Astra
Quindi devo scrivere l’esatto contrario di ciò che desideri per azzeccare il finale? ;P scherzo ovviamente ;)
Credo che chiunque di noi abbia una frase che ci aiuta nei momenti difficili, trattandosi dei 30 noi ci avvaliamo anche delle loro canzoni. è questo più di molto altro a renderci Echelon secondo me.
Gongolo dei tuoi complimenti e di ciliegina in ciliegina ci avviciniamo al finale, che come dicevo prima si sta rivelando una delle cose meno precise che abbia mai scritto… speriamo bene!

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Capitolo 21
*** 19 ***


19

Tomo guidava la sua wolswaghen con distratta disinvoltura, lanciando occhiate insistenti al posto del passeggero.
“Tomo, il ‘guido e ti guardo’ era una specialità del biondissimo fesso di fast end furios, non mi dirai che vuoi emularlo!”.
Il croato si lasciò scappare una risata troppo simile ad un latrato, “volevo solo controllare come stavi!”.
Shannon si allentò la cintura di sicurezza sul petto, “come vuoi che stia? Come uno che viaggia sulla macchina di un amico diretto verso un luogo sconosciuto”.
Tomo ridacchiò tornando a scrutare la strada, “ non è poi così sconosciuto” si lasciò scappare senza aggiungere altro e Shannon si lasciò cadere sulla spalliera del sedile osservando Los Angeles alla luce perfetta di metà pomeriggio di un giorno di Marzo.
Quel giorno di Marzo, il 9.
Ironia della sorte, qualcuno aveva deciso che poteva essere dimesso dalla clinica in tempo per il suo compleanno e Jared non si era fatto sfuggire l’occasione per preparargli una festa a sorpresa. Sapeva che tutti gli invitati lo credevano partito in Europa, a cercare qualche nuovo musicista nella sua nuova veste di talent scout.
Chi avesse mai suggerito a Jared di proporre una simile balla Shannon preferiva non saperlo, lui che cercava nuovi talenti era fattibile quanto vederlo suonare il clarinetto.
In ogni caso il dolce fratellino non si era fatto vivo quel pomeriggio lasciando a Tomo l’ingrato compito di prelevarlo e trascinarlo per il centro della città senza chiedergli il permesso.
Ma Shannon era dell’umore giusto per fare qualsiasi cosa, si sentiva in pace con se stesso e la soddisfazione era palese.
Aveva visto il volto dei suoi incubi, e anche se questi non sarebbero mai spariti del tutto avrebbe saputo controllarli.
E mai più sarebbe stato un pericolo per gli altri.
Si stiracchiò intorpidito nell’abitacolo lanciando un’occhiata al sorriso indelebile di Tomo.
“santo cielo Tomislav, sembra che ti abbiano appena dato il premio nobel per la musica! Si può sapere perché sei così felice?”, il croato preferì scuotere il capo, con i capelli un po’ troppo lunghi che gli cadevano sul viso. “vedrai …”.
Shannon si decise a stare zitto e buono nell’angolo dell’abitacolo.
Forse non sarebbe stato poi così terribile assecondare la pazzia del fratello per i festeggiamenti del suo compleanno. Sorrise all’idea di tutti quelli che Jared gli aveva organizzato nella loro vita insieme.
Come per il suo trentacinquesimo compleanno, quando aveva affittato una discoteca intera per permettergli di fare il dj per una notte.
O quella festa assurda, qualche anno prima, che era finita con la sua torta alla crema palmata su metà degli invitati, e mentre Paris Hilton, con i capelli scuri di cioccolato, urlava isterica che tra lei e Jared era finita i fratelli si dilungavano in una battaglia di schizzi con le bottiglie di champagne.
Belle feste, in cui gli anni finivano trascinati via dalle risate e spezzavano quella corsa verso l’adultità che i Leto avevano sempre mal sopportato.
Persino Costance, sua madre, aveva problemi a dichiarare la sua età con allegria e distacco.
Doveva esserci qualcosa di geneticamente sbagliato, una perenne sindrome di Peter Pan ereditaria.
Tomo con un mezzo sorriso sulle labbra posteggiò accanto a quella che Shannon, scendendo dall’auto, riconobbe come la migliore galleria per esposizioni di tutta L.A. aggrottò le sopracciglia confuso, “Tomo, sei sicuro che ….” Il croato non gli diede modo di discutere sospingendolo, non senza fatica, verso l’entrata. “ne parlerai con Jared una volta dentro, ora datti una mossa festeggiato!”.
Si lasciò trascinare fino all’ascensore mentre Tomo sceglieva il piano, abbastanza confuso da non poter fare nulla, tranne passarsi una mano distratta tra i capelli come a ravvivarli sotto lo sguardo divertito dell’altro.
Il pigolio tenue dell’ascensore gli intimò l’arrivo e prendendo un’immensa boccata d’aria si preparò ad affrontare l’incontenibile fantasia del fratello.

La sala era enorme, bianca e luminosa, calda e compatta, la luce filtrava dai grandi lucernari senza ferire, le fotografie ingrandite di uno dei suoi fotografi preferiti appese alle pareti e l’autore degli scatti esattamente davanti a lui.
Al batterista mancò il respiro mentre sorrideva ebete di rimando, “buon compleanno Shannon”, il festeggiato sbatté le palpebre entusiasta mentre usciva dall’ascensore, Tomo sembrava essersi dissolto nel nulla.
L’uomo gli allungò la mano in un saluto mentre lo faceva uscire dall’ascensore, avvicinandolo alla gigantografia alla sua destra, sorridendogli affabile, “allora, che cosa ne pensi di questa foto?”.

Shannon non sapeva quanto tempo avessero passato insieme a commentare gli scatti, a discutere di infiniti dettagli e scambiarsi aneddoti, ne quando gli amici si fossero materializzati intorno a loro salutando il festeggiato con naturale semplicità, seguendoli nel tour o accodandosi a parlare con altri invitati. Sapeva solo che mancava una sola foto nella sala ormai gremita di gente sorridente, una musica di discreto sottofondo non copriva il brusio delle persone. Era tutto perfettamente incastrato senza che Shannon sentisse il panico dell’improbabile scivolargli addosso.
Andava tutto bene.
“questa non l’ho scattata io, ma credo che tu la conosca benissimo” sorrise il fotografo, Shannon si sporse a controllare e un sorriso gli tirò un angolo delle labbra. Era una sua foto, il classico autoscatto con il braccio teso, fatta quando Jared e lui avevano iniziato a suonare, due adolescenti strani con insane passioni. Sullo sfondo un po’ in ombra la sua prima batteria e il manico della chitarra del fratello. Gli scatoloni di un garage ormai dall’altra parte del paese.
Shannon si ritrovò a scacciare una lacrima prima che due braccia lo stringessero inaspettatamente e Jared al suo fianco gli sussurrasse, “buon compleanno fratellone”.
Sua madre, lo abbracciava con smania senza lasciargli lo spazio per respirare mentre il resto degli invitati li guardava sorridendo.
Era davvero tutto perfetto.
Le ore passavano, e c’era complicità nelle persone, giochi di sguardi che Shannon mise troppo tempo ad interpretare, qualche alcolico che girava nonostante il riserbo di Jared, e troppe persone che in un modo o nell’altro stavano aspettando.

“allora Shan, com’è andato il tuo viaggio in Europa?”.

Jared si materializzò in un perfetto turbinio al centro del capannello formato dagli amici, “meravigliosamente bene, vero fratellone?”, Shannon si limitò ad annuire.
“avanti, raccontaci i dettagli, con tutto il tempo che hai passato li non dirmi che non hai nulla da raccontarci!” sbottò un amico prima di lasciarsi andare in una risata, e Shannon vide Jared stringere i denti dietro il suo abbagliante sorriso.
“sapete com’è, la piccante Spagna, la piovosa Inghilterra, non credo che sia poi così interessante, e poi Shan deve mantenere il segreto professionale, era li per lavoro in fondo!” e fece l’occhiolino a due ragazze vicine che presero a ridacchiare. “oh, a voi sembrerà normale, ma per noi che non ci siamo mai state l’Europa ha un fascino così esotico!” esclamò la biondina lasciando la spalla dell’amica, “ti prego Shannon raccontaci qualcosa!”.
Jared rinunciò a prendere la parola e guardò eloquente il fratello cercando in lui un brandello dell’attore che era stato in gioventù, “ecco … io …” il gruppo di amici lo fissava sorridente, aspettandosi qualcosa che non era mai avvenuto, “dunque, la pizza in Italia è davvero buonissima, e … nessuna birra è buona come quella tedesca, insomma … direi …”, “… che ti sei rimpinzato come un animale Shannon, ma cos’era, una gita di lavoro o un tour gastronomico?” e le risate di un vecchio amico surriscaldarono l’ambiente, Jared cercava il suo superbo controllo della situazione evitando di guardare qualcuno in particolare, masticando rabbia mentre tutti trovavano divertente la battuta.

“suvvia ragazzi, stiamo parlando di Shannon, credete davvero che ci racconterà qualcosa del suo viaggio che non sia la cucina, così a cuor leggero? Per certi argomenti serve il copyright, e per altri … insomma c’è sua madre in sala!” e gli invitati scoppiarono nuovamente a ridere mentre la rabbia del cantante scemava e Shannon respirava meglio.
Tomo con aria annoiata e la battuta sulle labbra era ancora poggiato indolentemente alla parte, “che ne dite di mettere un po’ di musica? Non ho mai visto una festa senza”, e facendo un cenno al dj dall’altra parte della stanza disperse gli invitati verso la pista.

I fratelli Leto gli si avvicinarono riconoscenti, “grazie Tomo” bisbigliò Jared gettandogli le braccia al collo, e il croato lo lasciò appeso a lui qualche secondo mentre gli accarezzava leggermente la nuca chiara, “dovere”, i suoi occhi incontrarono lo sguardo imbarazzato di Shannon a pochi passi da loro e Tomo non poté trattenere un sorriso.
Come facesse a sembrare così innocente con quello sguardo infantile sarebbe rimasto per sempre un mistero.
Jared sciolse la sua presa alle sue spalle tornando con i piedi per terra, una ragazza stretta in un abito troppo corto passò di corsa portandosi via il più giovane dei fratelli lasciando Tomo e Shannon a guardare la folla ondeggiante alla musica un po’ più alta, alcuni gruppi si lasciavano andare alla conversazione e videro Costance ridere con il fotografo di chissà quale storia.
Tomo sorrise, “sembra piuttosto riuscita come festa”, Shannon si limitò ad annuire approfittando della distrazione del croato per lasciarsi andare anche lui in un abbraccio, stringendo forte il torace magro, lasciando l’altro confuso e stupito. “grazie Tomo”, e il chitarrista sorrise, constatando ancora una volta quanto i fratelli fossero uguali nonostante tutto, “buon compleanno Shan”.


E la serata si era conclusa come sempre, con scene spettacolari perché Shannon si rifiutava di fare un discorso serio davanti la torta e una battaglia immotivata di chi gli avesse fatto il regalo più bello.
Assolutamente inutile , visto che, come sempre, aveva vinto Costance.
Ci sono cose che una madre non può non sapere, persino se si tratta di un figlio quasi quarantenne; e poi avere Jared come spia informatrice tornava sempre comodo.
Così adesso la copia autografata del primo album dei ‘the cure’ era al sicuro nella sua borsetta, ultimo luogo al riparo dagli schizzi di panna di Jared.
Perché suo figlio si ostinasse a fare casino per ogni compleanno del fratello non lo sapeva davvero, pur di evitare di rispondere alle domande degli amici sul viaggio di Shannon, Jared si era trasformato nella peste che era a quattro anni.
Le sarebbe piaciuto sapere qualcosa di quei mesi di assenza e silenzio.
L’unica cosa certa era che Shannon non era andato in Europa, i francobolli delle sue lettere avevano il timbro di L.A. e lei non era ancora così vecchia da non accorgersene. Ma ci sarebbe stato tempo per metterli sotto torchio e farli confessare, per ora erano entrambi troppo stanchi per fare qualsiasi cosa se non farsi accompagnare a casa da un Tomo evidentemente stanco.
L’unico in grado di portarli nella villetta alla periferia dalle città, senza combinare danni.
Lei avrebbe dormito come sempre nella camera di Shannon, la più piccola delle due, lasciando che i fratelli si tirassero calci nell’enorme letto del figlio più piccolo.
Guardò i figli salire le scale con aria barcollante di sonno e stanchezza e si rivolte a Tomo, ancora in piedi nell’ingresso, “vuoi un caffè caro? Non vorrei che ti venisse un colpo di sonno tornando a casa …”.
Il croato sorrise davanti a tanta gentilezza, constatando di essere distrutto, d’altronde difficilmente si rientrava sani dopo una festa dei Leto, eppure ci erano andati leggeri, anche per rispetto alla madre che comunque li aveva incitati a divertirsi.
Sorridente e affabile con tutti gli amici di vecchia data dei figli e persino qualche intima amica capitata li per un abbraccio dell’ultimo minuto.
“si grazie” riuscì a mormorare, ma la donna era già in cucina a riempire la macchinetta di polvere scura. Si sedette su uno sgabello guardando l’anziana signora muoversi con destrezza nella piccola cucina, sapeva esattamente quello che stava facendo, con energia modulata, proprio come doveva aver cresciuto i suoi figli. Polso fermo e tanto amore.
Tomo sorrise, gli ricordava la sua di madre che non vedeva da diversi mesi e si sentì in colpa.
“so che ultimamente la vita dei miei figli è stata un po’più … complicata del normale Tomislav” esordì versando il caffè nella tazza si Shannon e porgendogliela, Tomo si riscosse dalle sue fantasie ringraziandola con un cenno del capo, “e so anche che senza di te non avrebbero superato questo brutto momento, l’ho capito dalle telefonate di Jared e le lettere di Shan … no, non ti sto chiedendo di raccontarmi cosa è successo” continuò intuendo l’espressione preoccupata del ragazzo, “me lo racconteranno loro quando sarà il momento, mi fido dei miei figli … e anche di te” il chitarrista si limitò a bere imbarazzato, “volevo solo ringraziarti Tomislav” bisbigliò Costance prendendo la sua tazza.
Tomo sospirò abbandonando il suo caffè, “mi hanno ringraziato troppe volte stasera per meriti che forse non ho nemmeno” si lasciò scappare in un sospiro.
La donna lo imitò lasciando la tazza sulla penisola e prendendo Tomo per mano, lo trascinò al piano di sopra fino alla camera di Jared e aprì lentamente la porta fino a creare uno spiraglio di luce.
Il lettone al centro della camera attraversato da un raggio di luce del corridoio permetteva di scorgere le sagome raccolte dei fratelli. Si riusciva persino a intravedere l’espressione corrucciata tipica del sonno di Shannon e Tomo si limitò a sorridere guardando i fratelli addormentati.
Stremati dalla serata, eppure vicini.
Una mano di Jared stringeva la maglia consunta di Shannon in una presa ferra, quasi timoroso che qualcuno glielo portasse via.
Che scappasse nuovamente in preda ai suoi incubi.
E Tomo si ritrovò a promettere a se stesso che avrebbe fatto di tutto pur di farli restare insieme, per sempre.
“ti ringrazio per volergli così bene Tomislav, niente di più, niente di meno”, gli sussurrò Costance vicino a lui, prima di chiudere la porta perchè i sogni dei figli non si disperdessero nella notte.


Jared gli strinse il polso cerchiato da un bracciale un’ultima volta prima che bussasse a quella porta. Le solite camere d’albergo dove riposare dopo un concerto. Una storia sempre uguale.
“mi hai capito? Appena si addormenta devi andartene, subito!”.
La groupie lo guardò incollerita, “possibile che non possa nemmeno rilassarmi? Insomma per una volta che ha scelto me …”, “credimi, lo dico per il tuo bene” gli sussurrò il cantante senza lasciarla.
La ragazza si mosse verso di lui con incedere ondeggiante, dimenticando la stizza di pochi secondi prima, sorridendo con gli occhi visibilmente truccati, “magari sei solo geloso”, il viso del cantante si gelò in una maschera di compassione e disgusto, “no, ma ti conviene darmi retta, anche perché in caso contrario ti verrò a prendere io”.
I capelli scuri di lei scesero davanti agli occhi inclinando il viso, spostandoli con dita leggere in una mossa sensuale, “vuoi forse spiarci? Non ti credevo un depravato Leto …”, finì la frase passandosi la lingua sul rossetto provocante.
Jared sospirò paziente, “tu fai solo quello che ti dico e i miei gusti sessuali saranno l’ultimo dei tuoi problemi stanotte … oh, un’altra cosa … non chiamarlo mai baby, lo detesta”. La ragazza gli sorrise amabilmente e il cantante le lasciò il polso, fece per salutarlo ma non gliene diede il tempo, infilandosi subito nella camera vicina chiudendo silenziosamente la porta lucida dietro di lui.
Si strinse nelle spalle delusa e bussò alla camera a fianco a quella dove era appena entrato il frontman, con dolcezza, aspettandosi di trovarla aperta. “avanti” invitò una voce nella stanza e la ragazza sospirando felice, armata del suo miglior sorriso entrò nella stanza semi buia.
Un paio di bacchette sul mobile vicino la porta, una vecchia canon nella custodia aperta e un batterista nudo già steso sul letto.
Sorrise facendo scendere la zip del vestito per lasciarsi ammirare appena sfiorata dall’intimo di pizzo.
L’uomo eccitato ringhiò.
“buona sera Shannimal”.



FINE




Benvenuti alla fine.
Chi di voi è sopravvissuto a tutto questo ha tutto il mio incondizionato affetto, stima e una settimana gratuita al mio analista (non vi curo direttamente io per evitarvi altri problemi)
Mi mancano due parole prima di dire definitivamente addio a questa storia malata e sperare che riusciate a dimenticarla.
Inizio con le scuse.
Mi scuso per il lungo periodo di attesa prima di questo assurdo finale.
Mi scuso sopratutto per l’assurdo finale, of course.
Mi scuso per non aver tenuto fede alle vostre aspettative
E mi scuso anche con i poveri personaggi, quelle miniature di Jared Shannon e Tomo che ora siedono sul bordo del computer con aria minacciosa del ‘cosa abbiamo dovuto sopportare’
Ma questa è un’altra storia.

Ma soprattutto ringrazio.
Ringrazio quelle meravigliose persone che si sono prese la briga di leggere questo pastrocchio.
Per non dire di aggiungerlo ai preferiti e alle seguite.
- ablasy
- artemide82
- bluelilith
- July28
- Miss_Fefy
- shanna_b
- Shigure 90
- _Sophy__xX
- anna_freud
- Blue_moon
- luxu2
- Nemo from Mars

Per non parlare delle anime sante (e completamente ammattite, credetemi) che hanno avuto il fegato di commentare.
Nemo from Mars
shanna_b
artemide82
bluelilith
per_aspera_ad_astra
luxu2
floriana333
Lady echelon
Blue_moon

Ringrazio tutti.
Davvero.
Perché questa storia è stato un parto difficile, una gestazione lunga che ha dato vita ad un racconto strano di cui neanche io riesco a parlare.
Ma è parte di me, vi ho messo brandelli di anima in ogni parola.
E l’affetto per chi si è preso la briga di leggere non sarà mai abbastanza.
Come sempre per commenti critiche spiegazioni e quant’altro basta contattarmi o lasciarmi una recensione. E io farò del mio meglio per essere esauriente.
Detto questo, con la speranza che non siano le ultime rispondo alle recensioni del cap scorso
A prestissimo.

Floriana333 ; si, Tomo cercava solo di dimostrare il suo affetto per Jared, anche se lo stava rinchiudendo in casa di biscotti.. una cosa un po’ sconveniente in realtà! Ma a quanto pare il suo prendersi cura di una persona comprende anche questo. Grazie come sempre ;)
Luxu2; benvenuta tra i pazzi! ;P sono felicissima che la storia ti piaccia, anche se ho paura della maratona che hai fatto per finirla presto, sei ancora tutta intera vero cara? ;) ho scritto questa storia proprio perché volevo qualcosa di diverso, e si, la profondità dei personaggi era proprio quello a cui puntavo ;) fammi sapere cosa ne pensi di tutto il resto! Ciao!!!!
Per_aspera_ad_astra; spero di non aver fatto marcire le ciliegie aspettando tanto, semplicemente non trovavo l’ispirazione per finire la storia. Credimi è stato un infermo! C’è stato un momento in cui ho detto “ora li uccido tutti” sperando di risolvere il problema. solo che io odio lo splatter -.- spero che il finale non sia stato troppo deludente! Fammi sapere!
Artemide; ad una mia amica dico sempre che può fare quello che vuole, correre fino a ruzzolare e farsi male, io non la fermerò mai, l’unica cosa che potrò fare, se me lo permetterà, sarà stare in attesa con kit del pronto soccorso, pronta a fasciargli le ferite. Credo che questa sia una cosa che ne Jared ne Tomo abbiano mai capito. Il loro Amore è così profondo e intenso da diventare soffocante, eppure non si può biasimarli, perché è una degli aspetti di questo sentimento. Grazie infinite per avermi seguito fino a qui, e anche della precedente ispirazione … anzi, me ne servirebbe ancora un po’! ;P
Shanna: amica mia, puoi prenderti tutto il tempo del mondo per commentare lo sai… basta che poi mi dici cosa ne pensi! ;p

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