La Guerra Santa di Quebello (/viewuser.php?uid=3024)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Besaid - Pensieri ***
Capitolo 2: *** Centra - Esilio ***
Capitolo 3: *** Boneville - Figlio ***
Capitolo 4: *** Guadosalam - Rimpianto ***
Capitolo 5: *** Midgar - Destini ***
Capitolo 6: *** Luka - Trame ***
Capitolo 7: *** Madain Sari - Sciamana ***
Capitolo 8: *** Dollet - Addio ***
Capitolo 9: *** Remiem - Battaglia (preludio) ***
Capitolo 10: *** Remiem - Battaglia (finale) ***
Capitolo 1 *** Besaid - Pensieri ***
"Passa, Vid! No, non così- NO!"
In tre anni Vidinu era diventato quel che si dice un autentico campione. Non
che riuscisse a tirare, calciare, o trattenere la palla, ma sapeva prendere un
passaggio, ed era più di quanto un qualsiasi altro bambino di tre anni fosse mai
riuscito a fare, in materia di Blitzball. Neanche Beclem, quando veniva a trovarli,
trovava da ridire sul figlio di "Quello smidollato di Wakka".
Ma a differenza di Wakka, Tidus non perdeva un attimo a compiacersi per la precocità
di Vidinu, anzi lo spronava, seppur col sorriso sulle labbra, con fare quasi
marziale. Yuna aveva detto che stava iniziando a somigliare a suo padre, Jecht
della Città dei Sogni, di cui lei aveva visto solo il lato migliore.
Stranamente, la cosa non lo aveva offeso.
Un Tidus di quasi venti anni aveva ormai problemi più seri del conflitto
adolescenziale con il padre. E persino più seri di crescere Vidinu, che oltre ad
essere figlio di Lulu e Wakka era diventato anche, un pò, figlio di Tidus e Yuna.
Il suo problema più serio, quando guardava la spiaggia tropicale di Besaid, era
quanto quella pace sarebbe durata. Era certo che lo stesso pensiero affannava anche
Yuna.
Yuna....
Di Yuna, Tidus ne era convinto, non si sarebbe stancato mai. Quando l'aveva
conosciuta si era immediatamente innamorato della sua diversità. Lei era qualcosa
di mai visto per l'Asso degli Zanarkand Abes, un idolo dello sport che già a
quindici anni riceveva quotidianamente proposte sessuali... lei era proprio come
l'aveva descritta, cinque anni prima, l'uomo che gli aveva fatto da padre al posto
del suo: "E' semplice, seria e non chiede aiuto a nessuno."
Sì, Auron aveva ragione. Ecco come Yuna affrontava il fatto di essere grande
invocatrice, destinata ad una grande battaglia che aveva portato via la vita al
padre di lei e che avrebbe preso anche la sua: era semplice e seria, e non chiedeva
il suo aiuto a nessuno. Fiera, orgogliosa e responsabile, come nè lui nè nessuno
della sua famiglia era stato, ma anche femminile, indifesa, e... bella.
E poi... era cambiata. La felicità di non doversi sacrificare gli aveva fatto un
grande effetto, nei due anni in cui non si erano visti... era diventata scalmanata,
romantica e ribelle, come se volesse urlare al mondo che lei era soltanto se stessa,
non la Grande Invocatrice Yuna figlia di Braska. Qualcosa di sorprendente... poi,
quando si era stancata, era tornata quella di prima, e si era ritrasferita a
Besaid con lui come se nulla fosse accaduto. Era tornata silenziosa, e aggraziata
del tutto inaspettatamente, qualche volta capitava addirittura di rivederla in
kimono.
Essendo stata popstar per qualche mese, aveva aperto una piccola scuola di canto
per bambini e Tidus aveva assistito ad una ulteriore metamorfosi: con i
bambini era decisa, ferma e autorevole, una vera leader.
E poi, il suo lato più nascosto, quando facevano l'amore. Una passionalità ed una
sensualità tali che Tidus, se non fosse stato trattenuto dal solito, patetico
orgoglio maschile, l'avrebbe in più occasioni pregata di smettere, di farlo
respirare perchè non ce la faceva più, e poi di ricominciare perchè era troppo
bello... e cosa più incredibile, lei rideva. Rideva! Mentre lo facevano, le
ammiratrici che Tidus aveva nella Città dei Sogni avevano una faccia terribilmente
seria, come se quello fosse, e forse lo era, il momento più significativo che
potessero concepire. Yuna, invece, rideva. Rideva come se fare l'amore equivalesse
a prendersi tutto il piacere che in altri momenti si negava.
Da ragazzo irresponsabile, sregolato, privo di guida qual era stato Tidus, non
aveva mai creduto nei rapporti duraturi. Era convinto che si sarebbe annoiato. Ora
il solo pensiero gli sembrava delirante.
E infatti il suo pensiero più opprimente non era affatto che si sarebbe presto
annoiato, anzi; era che il tempo per godersi tutto questo stava rapidamente
finendo. Tutti lo avvertivano.
Le visite di Beclem erano sempre interrotte bruscamente da dispacci urgenti
della Lega della Gioventù. E quando c'era, non si soffermava più a sgridare tutti
con aria autocompiaciuta: era mesto, preoccupato.
Wakka stava spesso immobile a guardare il mare della piccola Besaid, e Tidus avrebbe
giurato che controllava se il mare fosse ancora altrettanto azzurro, se le palme
fossero ancora verdi e forti. O almeno, avrebbe dovuto farlo: tutti sapevano che,
presto o tardi, le piante di Besaid avrebbero iniziato ad appassire.
Lulu era la cosa più incredibile. Quando Tidus l'aveva conosciuta, praticava magia
nera: era una donna che non avrebbe temuto di scendere fino all'inferno per ciò in
cui credeva, e qugli sguardi così severi trasformavano il suo corpo formoso
da oggetto del desiderio a statua rigida e minacciosa, che ispirava riverenza. E
non si faceva certo problemi a sfruttare quell'apparenza: sempre pronta a piantare
gli occhi in faccia a tutti e a dire la cosa più spiacevole, con il tono più
marziale... adesso, invece, Tidus vedeva in lei solo una madre preoccupata per il
futuro di suo figlio, che addirittura aveva paura di esternare le sue
preoccupazioni.
E Yuna... se c'era una cosa che non andava nel loro rapporto, era che Tidus si
era sentito spesso sminuito da quello che era lei, anche se lei non ne aveva la
benchè minima coscienza. Ma adesso, Tidus non riusciva ad immaginare quanta
tristezza lei nascondesse. La sua terra stava per rovinarsi e lei non poteva
farci nulla. Era stata una Invocatrice, una donna di fede e quindi una salvatrice;
ma non era una politica, non lo era mai stata. E adesso non poteva fare nulla.
L'unico uomo che sembrava poter fare qualcosa era stato rinchiuso nel sotteraneo
più oscuro di Bevelle, la città rossa, città più grande del continente e sede
del Partito politico-religioso di NeoYevon. Tutti sapevano cosa significava
essere rinchiusi laggiù: non morire, ma peggio, sparire. Tutti ne erano certi,
non avrebbero mai più sentito parlare dell'ex Pretore Baralai.
La fine di Auron era stata dolorosa, e comunque aveva segnato la fine di
un'era: l'ultimo del grande trio. L'Invocatore Braska, l'Asso Jecht e il Samurai
Auron non erano più di questo mondo. Ma Tidus rifletteva solo adesso su cosa
significava essere totalmente privi di una guida, anche precaria come quella di
Auron. Anzi, proprio riguardo alla politica Auron ne aveva sempre masticata più di
tutti loro, e avrebbe certamente avuto qualcosa da dire se l'unico uomo che poteva
fermare la guerra fosse stato destituito e rinchiuso. Probabilmente avrebbe avuto
un piano per liberarlo, ardito e sottile al contempo come spesso era stato il
samurai leggendario.
Ma Auron era morto, Tidus e Yuna erano ormai una coppia stabile di due ragazzi di
venti anni che ne avevano passate tante, e che adesso si occupavano di un bambino,
anche se non il loro bambino, per metà della giornata. E la guerra si avvicinava.
Una pallonata dritta sulla sua faccia, priva di qualunque forza, interruppe i suoi
pensieri. Sorrise radiosamente a Vidinu.
"Bravo, Vid! Questo è il tuo primo passaggio!"
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Capitolo 2 *** Centra - Esilio ***
Uno, due, tre.
Uno, due, tre.
Uno, due, tre.
Ormai era diventato quasi meccanico nell'agitare il gunblade. Se al posto dell'
aria ci fosse stato un qualsiasi avversario, sarebbe senza dubbio durato non più
di due secondi... vista da fuori, la sua rapidità era diventata sovrumana.
Uno, due, tre.
Ma non c'erano nemici nè spettatori. Solo una svettante orgia di statue brune e
scale ripide e bracieri multicolori, che si stagliava solitaria nel paesaggio
desolato di Centra.
Più che un continente, Centra era stato un paese delle fiabe. Quando era bambino,
la madre dell'orfanotrofio, Edea Kramer, gli aveva raccontato tutte le leggende
di quel paese ora carbonizzato e deserto, che aveva ospitato grandi e gloriosi
regni.
Gli aveva narrato della regina innamorata di un giovane e scanzonato ladro, e
dell'amore con cui si erano inseguiti per anni...
Uno, due, tre.
Della città dove gli uomini costruivano navi che volavano in cielo...
Uno, due, tre.
Del popolo delle paludi, padroni di tutte le arti culinarie più raffinate...
Uno, due, tre.
Del regno dove ammaestravano i draghi, per metà sempre avvolto dalla pioggia e
per metà sempre baciato dal sole...
Uno, due, tre.
Del monastero illuminato da migliaia e migliaia di candele, dove le anime volavano
lontano dal mondo...
Uno, due, tre.
Di una città nel deserto, che era il relitto di una nave proveniente da un altro
mondo...
Uno, due, tre.
Del villaggio da cui partirono gli sciamani, insegnando in giro per il mondo
l'arte dell'invocazione che lui stesso padroneggiava...
Uno, due, tre.
E...
Era impossibile ricordarsi tutte le fiabe e le leggende raccontate dalla madre.
Centra era la terra del mito. Prima che lui nascesse, molti venivano da ogni parte
del mondo a contemplare gli antichi castelli di Alexandria e Lindblum, Burmesia ed
Esto Gaza, Oilvert e Madain Sari, città mute e impassibili che ricordavano la
leggenda.
Poi la strega Adele aveva preso il controllo di Eshtar, il paese più avanzato
teconologicamente di tutto il continente centrale. Si diceva che avessero
riesumato una specie di monolite immenso chiamato "Pandora" con la quale, come
mera dimostrazione di forza, aveva fatto piovere i mostri della Luna su Centra,
distruggendo pressochè tutto tranne il Palazzo di Odin, dove stava lui in quel
momento.
Naturalmente Centra era gremita di turisti, come sempre. Le prime vittime
della Prima Guerra della Strega.
Improvvisamente gli venne da chiedersi se i suoi genitori non fossero proprio
tra quelle vittime: dopotutto, sapeva soltanto di essere rimasto orfano a causa
della guerra. I suoi genitori... erano un pensiero che lo riempiva sempre di
rabbia.
Uno, due, tre.
Uno, due, tre.
Uno, due, tre.
C'era qualcosa di gradevole nel dolore che gli dava l'acido lattico. Lui non aveva
mai voluto seguire alcuna regola, perchè dunque seguire le regole della salute
fisica? Certo, sarebbe potuto svenire da un momento all'altro e sarebbe rimasto
sperduto, indifeso e solo nel Palazzo di Odin, magari alla mercè del primo mostro
della Luna che capitava... ma anzi, non rendeva il tutto più eccitante? Era un
posto ideale per addestrarsi: non solo potreva stare completamente in solitudine, ma
l'addestramento poteva anche diventare pratica sul campo se qualche mostro
sbucava dal nulla.
Non era stupido. Sapeva da tempo che tutto ciò che la guerra faceva era
distruggere, e lo sapeva tanto di più stando in quel luogo, contemplando come la
guerra avesse distrutto il suo paese delle fiabe. Non è giusto distruggere persino
il paese delle fiabe, pensò.
Eppure, dalla guerra, anzi dall'idea di un combattimento, lui non riusciva a
separarsi, pur realizzando tutto questo. La violenza faceva parte di lui.
Uno, due, tre.
Uno, due, tre.
Uno, due-
"Quando la smetterai di fare queste pazzie?"
Riconosciuta la voce, non sapeva se provare più fastidio o più commozione.
Qualcuno aveva detto che lui era come era per farsi notare... forse era vero,
perchè poi, quando lo venivano a cercare con aria di rimprovero, si sentiva
confortato.
Si voltò per appurare che erano davvero loro. Come al solito, in una sgargiante
uniforme blu scuro, nera e argento che testimoniava che erano del Corpo di Pace
SeeD, diplomati all'accademia militare "Garden di Balamb". Lei bassina, con i
capelli grigi a caschetto e degli occhiali con una lente nera a nascondere
l'occhio che aveva perduto in missione, impettita e militaresca come al solito.
Lui alto, impostato e abbronzato, con un enorme collanone di sfere di vetro
verdi indossato sopra la divisa, a testimoniare la sua totale mancanza di
contegno.
"E voi due quando siete spuntati?"
"Un secolo fa, che ti credi? Eravamo preoccupati a morte, imbecille!"
disse Raijin salutandolo con un pugno su petto.
"SEI UN PERDIGIORNO!!!"
"Oh, dai Fujin, piantala! Che siete venuti a fare? Mi sto allenando!"
"Allenando? E per cosa? Senti, sei fortunato che il comandante ti abbia invitato a
tornare già una volta..."
"E NON CREDERE CHE L'ABBIA FATTO A CUOR LEGGERO!!!" sottolineò Fujin.
"...appunto" proseguì Raijin che si interrompeva sempre quando parlava lei "una
gran fortuna davvero..."
Lui nel frattempo riprese il suo cappotto bianco, che aveva lasciato appeso ad una
statua, e lo indossò: smettere di accalorarsi gli aveva fatto notare che c'era
freddo. Notò solo dopo che era madido e che il cappotto sarebbe stato
irrimediabilmente bagnato anch'esso. La senzazione di appiccicaticcio non lo
rendeva certo più amabile e disposto ad ascoltare.
"... a quanto pare, per la preside Trepe tu sei sempre stato un buon soldato; e
pare che tu sia stato... 'gentile' con Selphie Tilmitt... Zell Dincht ha detto
che lo picchiavi da piccolo ma alla fine si è convinto anche lui... Irvine
Kinneas ha ricordato che siete cresciuti insieme..." proseguiva Raijin.
"...massì, massì, ho capito, tutte le persone vicine a lui hanno fatto una
crociata a favore mio. L'avevo già intuito..."
"E TU TI SEI RIFIUTATO!!! IDIOTA! E SAI QUANTO L'UMORE DEL COMANDANTE ERA
PEGGIORATO DOPO QUELLA COSA!"
"Già, quella cosa..." l'espressione spaccona e maliziosa sulla sua faccia sparì
improvvisamente, lasciando spazio ad una specie di nostalgia "...avete saputo
niente di lei?"
"NEGATIVO!!!"
"Se non riesce a trovarla il comandante, come vuoi che ci riusciamo noi? E'
sparita, e basta. Ha lasciato quella specie di cane albino che aveva alla Tilmitt
ed è scomparsa nel nulla.
"Massì, quel dannato cane!" aveva rimesso sù la sua espressione cattiva
esattamente come una maschera, con la stessa velocità. "Non l'ho mai
sopportato..."
"Senti, non siamo venuti qui per parlare del passato. Sai che il comandante sta
sul groppo anche a noi, ma il suo è stato un gesto generoso... e il tuo
rifiuto è stato uno scandalo. Da un anno non si parla d'altro, al Garden. Ne
dicono di tutti i colori. Dicono che ti sei trasferito a-" ecco il lato comico
di Raijin. Lui lo adorava. Stava facendo un discorso serio e d'improvviso si
bloccava con la faccia di un bambino che non sa rispondere ad una interrogazione.
"Fujin, come si chiama quel villaggio sull'oceano, costruito attorno ad un
grande specchio?"
"HORIZON!?!" fece Seifer incredulo capendo a cosa si riferiva.
"Esatto, quello! Dicono che non sei tornato perchè sei diventato uno di quei
pescatori eremiti pacifisti..."
"Dicono davvero di tutto, allora!" rispose divertito.
"Altri hanno detto che sei andato a vivere nella capitale del Wu Tai- come si
chiamava? Bevelle, per seguire una vita religiosa... hanno detto che hai fatto il
buttafuori in un strip-bar della malavita a Midgard, hanno det-"
"No, aspetta. Questo è vero. L'ho fatto per tre mesi e mi hanno pagato fior di
soldoni. Infatti vivo di rendita. Non è male, no?"
Raijin aveva fatto una faccia allegra, dal che si evinceva che era d'accordo
con lui, ma non fece in tempo a dirlo perchè Fujin gli mollò un sonoro ceffone e
Raijin intuì che era meglio non parlare. Quando lui si voltò per guardarla,
con la guancia gonfia, aveva una espressione addolorata. Era una cosa rara. Ed
era una cosa rara che parlasse a voce bassa.
"Guarda come... ti sei ridotto..." si voltò. "Dopo un anno che non ci vedevamo,
speravo che fossi cambiato un pò."
Nè Fujin nè Raijin poterono vedere il brevissimo secondo in cui la maschera di
spavalderia si incrinava.
"Son fatto come son fatto!" disse stringendo le spalle e sorridendo.
"Stiamo perdendo il nostro tempo" continuò lei "dagli la lettera e basta. Che si
faccia vivo lui, quando vorrà."
"Ma Fujin..." il silenzio di lei zittì Raijin meglio di ogni altra cosa.
"Quale lettera? Non sarà un altro invito a tornare al Garden? Se è così-"
"No" interruppe Raijin "è qualcos'altro, nemmeno noi sappiamo cosa. E' una
comunicazione segretissima firmata dal Comandante in Capo Leonheart e la
Preside Trepe." gli pose un plico sbattendoglielo addosso, con la sua solita
irruenza, anche se adesso era meno scherzoso.
Restarono in silenzio mentre lui scartava la lettera e la leggeva.
La sua faccia si fece stranita, poi decisamente sconvolta.
"E'... è uno scherzo?"
"Cos'è?" chiese Raijin.
"Come... come possono... loro non possono darmi ordini!"
"Sì che possono" spiegò Fujin "c'è un cavillo legale. Anche se non sei diplomato,
risulti ancora registrato come cadetto del Garden. Quindi sia la Preside che
il Comandante in Capo possono darti ordini e tu devi eseguirli per legge, oppure i tuoi rappresentanti legali
devono risarcire il Garden."
"Rappresentanti legali... genitori? Io non ne ho! E poi
sono maggiorenne..."
"Allora TU devi risarcire il Garden"
"Sembra... proprio opera di Quistis Trepe. Sempre brava a giocare con le regole."
"Insomma, cos'è??"
"Sono ordini per una missione" fece lui "nomi dei partecipanti... Seifer Almasy...
e Squall Leonheart..."
"COSA?!?" dissero all'unisono Fujin e Raijin.
"Si tratta... si tratta di un omicidio... il bersaglio è sesso femminile... età
sconosciuta... origini sconosciute... locazione: continente di Centra...?...
cognome: Carol... nome: Eiko... convocazione entro due settimane."
D'improvviso, tutte le considerazioni su quanto la guerra fosse sbagliata e,
parallelamente, su quanto lui non potesse farne a meno e per risultato su quanto
era sbagliato lui si sciolsero come neve al Sole.
Vedere un plico con la parola "missione" e il suo nome, Seifer Almasy, dopo tanto
tempo, lo emozionava.
E d'altra parte il nome del suo compagno, e il fatto che quella non era una
missione di guerra, ma lo sporco assassinio di una donna sola...
Ci avrebbe messo un pò a rimettere la sua maschera.
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Capitolo 3 *** Boneville - Figlio ***
La contraddizione è in assoluto il fenomeno più affascinante che l'uomo possa
osservare.
Per quanto avesse contemplato più volte la megalopoli di Midgar dall'alto, con
le sue luci frenetiche e sfreccianti, non ci aveva mai visto niente che gli desse
l'impressione di essere vivo e vitale: non gli sembrava altro che una enorme
catacombe ad alta tecnologia.
Viceversa quel posto che ora contemplava, benchè si trattasse di una intera città
costruita intelaiando ossa di enormi animali difficilmente identificabili, gli
sembrava che traspirasse vitalità da tutti i pori: le carrucole che trascinavano
su e giù antichi manufatti, e studiosi che si precipitavano da un lato all'altro
con in mano bloc-notes e pennelli impolverati, e le equipe curve a ripulire
forme indecifrabili che sbucavano dal terreno...
Forse, si chiese, era dovuta al fatto che gli abitanti di Boneville erano una
razza non propriamente "umana"?
No... c'era una differenza fondamentale tra gli Al Bhed che avevano sempre
vissuto a Boneville e quelli che avevano vissuto all'estero per secoli ed erano
poi tornati, per sfuggire alle persecuzioni di NeoYevon, il partito più
potente del Wu Tai...
I primi avevano un atteggiamento ed un aspetto sereno, anzi anche un pò
strafottente, e allegro mentre tiravano fuori ogni sorta di reperto dalla terra.
I secondi stavano ai primi come un vecchio stressato sta ad un ragazzo
giocherellone: erano seri, addirittura tristi, e sempre guardinghi. La maggior
parte di loro non scendeva dagli "automastini" le immense cavalcature meccaniche
con cui erano fuggiti dal Wu Tai, come se fossero sempre convinti di dover
ripartire all'istante per fuggire ancora.
L'amore per l'archeologia, gli affari e le macchine, oltre ai capelli biondi
ingovernabili e gli occhi verdi a spirale, erano gli unici tratti che ricordavano
il comune retaggio di "nativi" e "rimpatriati". Si chiese se questi ultimi si
sarebbero mai sentiti nuovamente in patria.
Se non altro, nessuno di loro sembrava avere pregiudizi e quindi nessuno di loro
sembrava aver fatto particolarmente caso a lui, la qual cosa era una novità
assoluta.
Non che la sua figura fosse molto comune. Un bambino dallo sguardo spento, con una
maglietta e dei jeans nerissimi e sformati, come se i vestiti gli fossero stati
semplicemente gettati addosso per coprirlo, quei suoi capelli argentei e
fluenti ormai lunghi fino allla base del collo, e due magnetici smeraldi che non
si sarebbero mai definiti occhi umani.
"Dove stai andando? Non bighellonare in giro!"
Non volle voltarsi a vedere chi lo aveva chiamato. Quel viaggio gli aveva
insegnato meglio di qualunque esperienza il disprezzo per gli scienziati, e in
particolare per quei due.
O almeno per quel che in loro due vedeva: presuntuosi e arroganti che rivoltavano il
mondo come un guanto senza alcuna consapevolezza nè rispetto, tentando di
svelare misteri che loro stessi avevano creato.
Aveva capito da tempo che lui stesso era uno di quei misteri. Aveva capito che
uno dei due doveva essere il suo padre biologico e che entrambi dovevano
avergli fatto qualcosa che neanche loro capivano bene. Se quel viaggio non gli
avesse dato la possibilità di vedere il mondo, avrebbe dovuto guardarlo per ciò
che era: era come il percorso che il topolino percorre mentre gli scienziati
scrutano le sue reazioni. Lui non era che una cavia.
Era stato così al Grande Tempio.
"Tocca quella parete." aveva detto uno.
"Coraggio" aveva fatto l'altro, più rassicurante.
Lui aveva obbedito. Era una parete stranissima, fatta come di oro grezzo,
pepite che non avevano mai conosciuto la mano dell'uomo eppure formavano un
muro robusto. I bassorilievi invece erano precisi, fittissimi, nitidi e
coloratissimi come neanche il più raffinato artista avrebbe saputo farli,
specie su quel muro irregolare. E gli occhi degli uomini rappresentati erano
verdi, come i suoi.
"Cosa senti?" aveva chiesto il primo, trepidante.
"Niente." aveva risposto sinceramente lui. O meglio, avrebbe potuto rispondere
che sentiva grande meraviglia nel vedere un posto tanto splendido, ma era certo
che nessuno dei due avrebbe apprezzato quella considerazione.
Anzi, era quasi certo che ci fosse qualcosa di sbagliato nel semplice fatto
che lui PROVASSE quelle emozioni. Era, in fin dei conti, un bambino che deludeva
i genitori adottivi.
E infatti quei due sembrava che a stento si fossero trattenuti dal bestemmiare
quando avevano sentito il suo "Niente".
Dalla parte opposta del continente, due giorni dopo essere arrivati a Boneville, e
tre giorni prima di ritornarci,
avevano visto un'altra meraviglia. La "Capitale Dimenticata": una città congelata
che sembrava un enorme fondale marino, con case che erano conchiglie esotiche e
alberi che erano alti coralli rossi. Lui ne era rimasto incantato per appena due
secondi, prima che gli venisse chiesto...
"Senti qualcosa?"
"Nulla." aveva risposto lui afflitto da un terribile senso di incapacità.
L'altro si prese le mani nei capelli, mentre il primo lo guardò con il palese
pensiero che stesse mentendo.
Li odiava entrambi per come lo facevano sentire. Anzi, odiava di più Henry che
Gabriel. Avrebbe anche potuto accettare l'idea che Gabriel fosse suo padre. Non
faceva che chiedersi cosa invece ne pensavano loro, dal momento che le loro
comunicazioni con lui si risolvevano in una o due parole al giorno.
Sebbene sembrasse del tutto concentrato su quello che stava facendo, Henry Hojo
non aveva mai perso di vista suo figlio. Quel figlio che neanche sapeva di
essere figlio suo, e che lo disprezzava.
Non lo biasimava, comunque. Lui era un essere spregevole e mostruoso, che trattava
tutti alla stregua di un suo strumento. Aveva sfruttato tutti.
Il presidente ShinRa, promettendogli nuovi guadagni. Ma quello era il meno.
Il suo migliore amico e collega, illudendolo con una visione idealizzata di ciò
che stavano facendo.
Sua moglie, che era diventata una delle sue innumerevoli cavie per amore di lui.
Quel povero agente della ShinRa, Valentine, innamorato di sua moglie: Hojo aveva
usato il suo amore per controllare lui, e quindi essere libero dai controlli della
compagnia.
E suo figlio, per finire. Meritava l'odio di chiunque.
Aveva immolato tutto e tutti sull'altare della pura e semplice curiosità. Per il
suo incessante desiderio di conoscere sacrificava tutto quello che aveva. Ma lui
sarebbe sempre stato così: più contemplava la sua natura, più non trovava il
modo di cambiarla, di cambiarne le conseguenze, e più diventava sempre più
uguale a se stesso.
Mentre il suo collega discuteva con il giovane Al Bhed, imprenditore del settore
trasporti, su come tornare rapidamente a Midgar, il professor Gabriel Gast
rifletteva su che terribile accumulo di errori clamorosi fosse la sua
vita.
Aveva passato la prima parte della sua vita a sognare quali meravigliosi
benefici la scienza avrebbe portato all'umanità, e la seconda parte a scoprire
quanto ciò poteva essere falso.
Tutto quello che la scienza aveva fatto per lui era trasformare il suo miglior
amico e allievo di un tempo in un essere disumano.
Era iniziato quando avevano saputo del ritrovamento di un essere ibernato
nella roccia, che pensavano essere un "Ancestrale", il popolo superiore che,
viaggiando per numerosi pianeti, vi aveva diffuso la civiltà. L'idea era stata
di Henry Hojo, che da allievo diventava suo maestro, poi suo padrone: creare
artificialmente un Ancestrale, un essere dalle conoscenze illuminanti e dalle
possibilità infinite.
"Il Messia di questo millennio, un Dio creato dalla scienza degli uomini!" aveva
detto Henry.
Iniettare le cellule dell'essere in altri esseri viventi era talmente privo di
qualsivoglia effetto che Henry alla fine se le iniettò lui stesso, del tutto
convinto che non sarebbe accaduto nulla. Infatti così fu.
Henry e lui cominciarono presto a pensare che le cellule di un Ancestrale
fossero del tutto inutili se non si disponeva della conoscenza e del potere per
fruirne. Per questo avevano bisogno della ShinRa Electric Power Company, che fino a
prima avevano disprezzato: loro ne conoscevano il segreto.
Erano tra i pochi scienziati a sapere che l'energia Mako, sfruttata dai reattori
ShinRa, non
era altro che il flusso di Anime del pianeta, compresso e trasformato in energia.
Era in pratica un flusso concentrato di potere e conoscenza accumulati per anni
dal pianeta.
Il trattamento su soggetti animali di esposizione alla Mako era stato uno
spettacolo agghiacciante anche per Henry: non solo le cellule dell'Ancestrale
non reagivano, ma le bestie venivano come "carbonizzate a freddo" una vista
che avrebbe occupato gli incubi di Gast per molte notti a venire.
Allora, per la prima volta, capì quanto Henry fosse cambiato: ipotizzò che
per vedere gli effetti reali dell'esperimento cavie animali erano inutili; solo
gli esseri umani erano idonei. La compagnia avrebbe certo fornito i mezzi per
farlo, come infatti fecero.
Dopo che si furono traformati a tutti gli effetti in torturatori, più che
scienziati, Henry superò se stesso. La sua nuova tesi era che soggetti
nati e cresciuti come esseri umani non avrebbero mai tollerato il cambiamento; le
cavie dovevano essere bambini in gestazione. Anzi, suo figlio in gestazione.
Il risultato era quel bambino freddo e apatico che metteva i brividi a chiunque lo
vedesse. Solo la compagnia ne era entusiasta: aveva capacità combattive
impossibili per qualunque essere umano, un talento naturale per la magia e dei
limitati poteri ESP. Era il soldato perfetto.
Ma le illimitate conoscenze e possibilità degli Ancestrali non si erano viste. In
un ultimo tentativo che non aveva nulla di scientifico, Henry aveva proposto di
scarrozare suo figlio in giro per il mondo, nei luoghi sacri agli Ancestrali.
Niente di più inutile.
Quasi come quando erano ancora amici, Gast gli aveva sottoposto una sua teoria con
grande piacere, una teoria del tutto nuova, la cui sostanza era che l'essere
ritrovato non fosse assolutamente un Ancestrale, ma qualcosa di totalmente
diverso.
Henry Hojo non aveva controbattuto, lo aveva soltanto guardato con qualcosa di
misto tra offesa, rabbia, e ossessione. E lì Gast aveva capito due cose. Se
l'esperimento era del tutto inutile lui, Hojo e suo figlio lo erano altrettanto,
e nessuno dei tre era disposto ad accettarlo. e in secondo luogo, ormai Hojo era
il suo padrone, poteva zittirlo semplicemente guardandolo.
Adesso quei tre fallimenti di Dio stavano per tornare a Midgar, la grande
megalopoli controllata dalla ShinRa, senza la più pallida idea di cosa fare della
loro esistenza.
Come un orologio perfettamente caricato, la disperazione di tutti e tre
raggiunse il culmine contemporaneamente, in quel momento a Boneville mentre
facevano cose del tutto diverse e mentre il cellulare di Gast squillava.
Hojo si girò e guardò il suo collega e amico di un tempo tenere una non breve
conversazione con il presidente ShinRa. Distinse pochissime parole.
"Guerra-Lampo?"
"Siamo scienziati, non generali!"
"Non è mai stato il nostro scopo-"
"E' un bambino, non una macchina da guerra."
"Besaid? Dove sarebbe?"
"Ho... ho capito... riferirò."
Il telefono fu chiuso. Dal punto di vista della compagnia, Gabriel Gast era
stato fino a quel punto il referente privilegiato, il leader insomma.
Questo era appena cambiato, con quella telefonata.
"Hojo" da molto tempo non si chiamavano più per nome.
"Professore?" lo spronò lui.
Gast lanciò uno sguardo al ragazzo, che li ascoltava in silenzio.
"Io me ne chiamo fuori."
"Co- Cosa?!?"
"Non voglio neanche tornare a Midgar. Non farò quello che ora ci stanno
chiedendo. Tornaci da solo. Decidi tu. Non voglio più sapere nulla, su niente."
"Che... che stai dicendo? Cosa ci hanno chiesto?"
Gabriel Gast guardò Hojo, e quella sarebbe stata la penultima volta che si
vedevano. Alla successiva, Hojo sarebbe stato accompagnato da un plotone
d'esecuzione.
Poi, compassionevole e paterno, per l'ultima volta nella sua
vita guardò Sephiroth, che ancora taceva.
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Capitolo 4 *** Guadosalam - Rimpianto ***
Radici.
Era quello il problema di Guadosalam, le fottute radici, pensò Tidus.
Una intera, dannata città fatta di radici, che prendevano ogni forma e colore:
diventavano calde lanterne, insegne sgargianti, elaborati cancelli, ma
restavano radici, e a Tidus dava un terribile senso di oppressione.
Persino i Guado, che saltellavano da una radice all'altra con le loro braccia
lunghe e artigliate avevano dei capelli che sembravano stramaledetti fasci
di radici colorate.
Se l'avesse vista in una cartolina avrebbe adorato Guadosalam, la città nel
baratro tra il mondo dei vivi e quello dei morti; ma starci dentro, e sentirsi
come schiacciato da quelle maledettissime radici lo metteva di pessimo umore.
Lui non credeva nelle radici, non aveva radici. Tutto ciò che aveva era il
costante cambiamento.
Yuna era del tutto diversa. A lei le radici non facevano tutta quella impressione,
non gli davano quel senso di immobilità. O forse era l'immobilità stessa a non
turbarla.
Per Yuna esistevano cose che non cambiavano mai. Come la donna di fede che era
stata, aveva imparato a pensarlo sin da piccola. Perciò lei non aveva mai
modificato il tono di voce reverenziale e calmo che ora utilizzava con Tromell
Guado.
Era rimasto lo stesso di quando si erano conosciuti, lei come figlia di Braska,
che Tromell ammirava, lui come cerimoniere di Jyscal Guado, che Yuna
ammirava, ed era rimasto lo stesso quando Tidus aveva conosciuto
Yuna e poi Tromell e i due erano entrambi fedeli servitori di Yevon, e quando
Tromell era diventato cerimoniere di Seymour Guado, il peggior nemico che Yuna
aveva avuto, e quando Tromell aveva contemplato il suicidio dopo la fine
di Seymour, e infine dopo che Tromell era stato nominato nuovo leader dei Guado
malgrado l'età ed erano stati alleati nel fermare la guerra tra i Guado e i
Ronso, i rudi uomini-bestia delle montagne.
Non aveva mai smesso di usargli quel rispetto formale, nonostante tutto.
E anche allora glielo usava, mentre lui parlava col suo strano tono malinconico,
e Tidus trangugiava le ricche pietanze Guado a base di frutta, accompagnato da
Wakka e dagli sguardi di disapprovazione di Lulu.
Quest'ultima ogni tanto guardava da tutt'altra parte, e Tidus era certo che
volgesse lo sguardo alla ormai lontana Besaid, come a cercare di vedere il figlio
che aveva lasciato in custodia agli amici del villaggio. Era come se due Lulu,
la vecchia, guardiana acida e ferma, e la nuova, madre preoccupata e silenziosa,
si alternassero a momenti.
La grande porta del salone si aprì ed entrò la padrona di casa a fare dei
brevissimi onori. Era bionda e vestita di varie sfumature di rosso, rosa e viola
con fiocchi, cuori, rose e quant'altro potesse addobbare il suo corpo con
indecente sfarzo completato da un profumo zuccheroso e penetrante. E dire che
con un pò di buongusto sarebbe stata davvero bella.
Seguita dai suoi due fedelissimi, un grassone che sembrava un bambino gigante e
uno smilzo dall'aria truce che si muovevano proprio come se facessero parte del
suo stesso corpo, Madame LeBlanc si avvicinò a Yuna e gli disse qualche
scherzosa frase di saluto, tutto sommato abbastanza affettuosa, e gli diede
garanzia che nessuno li avrebbe ascoltati o interrotti, cosa che in effetti stava
facendo lei stessa.
A Tidus piaceva LeBlanc per molte ragioni. Per prima, anche lei come lui
cercava il suo opposto nell'amore: era innamorata persa del rude e idealista
leader della Lega della Gioventù, Nooj. Secondo, era divertente pensare che
fosse amica di Yuna, una così. Infine, una umana così eccessiva e spigliata a
Guadosalam faceva a Tromell Guado l'effetto che un nipote birbante fa ad un nonno
buono: la sua presenza gli faceva storcere la faccia in modo veramente
comico.
Era quindi comprensibile che lei ci rimanesse molto male quando lui non solo
non gli fece festa, ma neanche alzò la faccia dal piatto.
Qualcuno con più sottigliezza e tatto avrebbe potuto spiegargli che Tidus e Wakka
FINGEVANO di mangiare spensieratamente quando in realtà avevano un perlomeno
urgente bisogno di ascoltare Tromell e poi tornare a Besaid a godersi quel che
restava della loro pace.
L'incontro iniziò pochi secondi dopo il pasto, ma in realtà Tidus aveva già
capito tutto semplicemente dal sapore delle pietanze. Si era accorto che mancava
quel sapore, come di menta leggermente piccante, unico in tutto il pianeta di
Spira, che caratterizzava ogni pietanza dolce o salata del Wu Tai, da Besaid al
Gagazet e che tutti i popoli del Wu Tai eccetto gli Hypello, gli uomini rana del
fiume, gustavano quotidianamente.
Gli Hypello... ecco, quello era un bel pensiero da avere sul momento. Quegli
esseri quieti, pacifici e servizievoli, oltre che decisamente buffi, che
erano gli Hypello.
Non avrebbe mai creduto che a soli venti anni si sarebbe ridotto come un
vecchietto, ad arrovellarsi il cervello e a sforzarsi di avere solo pensieri
sereni e sdolcinati.
Eppure Yuna non era così, quando l'aveva conosciuta, benchè sapesse di dover
morire.
Ma forse veder morire la bellezza intorno a sè fa un effetto ancora peggiore.
"Lady Yuna, voi non dovreste più occuparvi di politica, in verità. Avete fatto
molto per il Wu Tai... avete distrutto Sin prima che diventasse un tormento
per l'intera Spira. Avete dato molto. Non affannatevi più. Godetevi la vostra
felicità, e concludete questa inattesa visita con un lieto ritorno al vostro
nido."
Sin... un altro bel pensiero. Il pensiero del mostro che loro, proprio loro,
avevano distrutto cinque anni prima... no, avevano fatto di meglio. Avevano
svelato cosa era realmente Sin... e senza sacrificare la vita di nessuno... un
vero successo, una gloria del passato, pensò Tidus. Un altro pensiero da vecchio.
Eppure, da un pò di tempo aveva iniziato a vederla in modo diverso. Vedeva in Sin
qualcos'altro oltre al mostro che aveva spento centinaia di vite nel Wu Tai per
ben mille anni, isolando quel continente dal resto di Spira. C'era qualcosa in
Sin che non riusciva a mettere a fuoco...
"Io voglio sapere, mio buon Tromell. Solo questo chiedo." educata e gentile,
come sempre, era stata la sua Yuna.
Lei, Tidus, Wakka e Lulu aspettavano la risposta di Tromell.
"Ebbene... sì. Abbiamo fallito, mia signora. L'incanto dei Guado non ha deviato
il corso degli eventi, più di quanto un sasso non devierebbe un fiume. Infine,
è accaduto il peggio. Macalania non esiste più."
Era seguito un silenzio veramente tombale, in cui Tidus aveva potuto contemplare
tutti i significati del nome "Macalania".
Era il nome di quella foresta di ghiaccio azzurro che sorgeva su un limpido
lago dove si rifletteva un cielo sempre stellato.
Era ciò che Tidus e Yuna avevano intorno quando si baciarono la prima volta.
Era la meta preferita delle loro vacanze private.
Era il luogo dove più volte avevano fatto l'amore.
E qui era seguito un altro pensiero che fece sentire Tidus non troppo vecchio, ma
anzi troppo bambino: quanto avrebbe resistito la loro relazione dopo il
periodo di astinenza che era iniziato con questa crisi?
Si era fatto schifo per averlo solo pensato. In lui era rimasto qualcosa dello
stupido e superficiale asso del blitzball della Città dei Sogni, allora. In fondo,
che gioia poteva ricavare dal fare l'amore, anzi fare sesso, in quel momento?
In sincerità, Yuna non sarebbe mai riuscita a pensare veramente, esclusivamente a
lui se questa storia non finiva.
E da quello che aveva detto Tromell, era evidente che non sarebbe finita.
Perchè Macalania era la foresta dove crescevano i cedri blu, per finire.
E nel Wu Tai non mettevano le foglie di quella pianta su tutto ciò che mangiavano
per il
sapore, che comunque non era male. Ma perchè preveniva buona parte delle
malattie che senza la scienza medica non potevano essere curate.
Non costruivano ogni singola barca e ogni singolo mobile con il legno di cedro
blu perchè era pregiato. Ma perchè era in assoluto la cosa più facile da trovare
e da lavorare nel Wu Tai.
E fin qui, niente di catastrofico.
Il vero problema era...
"Come reagirà NeoYevon a tutto questo, gentile Tromell, mi chiedo?" e faceva bene
a chiederselo, pensò il suo fidanzato.
Tromell Guado restò in silenzio per ancora un bel pò di tempo.
"La seconda persecuzione agli Al Bhed e la destituzione di Baralai hanno
fatto sì che NeoYevon rovinasse come una torre edificata sul fango,
Lady Yuna, mia signora. Ma la Lega della Gioventù ormai controlla il Wu Tai, e
sapete bene che quegli uomini hanno in corpo un demone per ciascuno."
"Allora... intendono aggredire una nazione che non ci attacca?"
"Di questo non crucciamoci, mia signora. Il foglio di carta con la nostra
dichiarazione di guerra sarà l'unica nostra offesa ad arrivare al continente
orientale. Poi, glielo garantisco, sorgerà la notte da Midgar e arriverà a
divorare il Wu Tai. E allora non mi resterà che combattere il buio per la mia
gente, con questo stanco relitto di carne ed ossa. Ma al mio impegno, non
mancherò!"
Ecco, aveva detto tutto. Finalmente qualcuno l'aveva detto apertamente: ci
sarebbe stata una guerra, e si sarebbe combattuta sul suolo del Wu Tai.
"E Nooj non farà nulla per fermare i suoi uomini?" chiese di scatto Tidus senza
rispettare alcuna formalità "A che cavolo serve avere amici importanti se non
puoi fargli fare i tuoi comodi? Andiamo da Nooj e cerchiamo di persuaderlo,
dico bene? Che sarà mai?"
"E' un'idea..." aveva detto Wakka.
Wakka aveva un qualche bisogno di aderire
alle idee di qualcuno, lo aveva sempre ammesso. Yevon, la squadra di blitzball,
suo fratello minore, finchè era stato vivo, e poi suo figlio, erano stati tutti
ottime scuse per decidere una sola volta per tutte come comportarsi, senza
necessità di riesaminare sue idee per lunghissimi periodi.
Ma la guerra, anzi il solo pensiero di
questa, aveva cambiato anche lui. Certo, non era diventato un tipo propositivo,
ma la sua "mansuetudine" da grosso chocobo pascolante lo aveva abbandonato. Tidus
aveva colto bene il feroce sarcasmo con cui, in quel momento, Wakka
smontava il suo ottimismo. E Wakka non era, di suo, persona sarcastica. Semmai,
era evidente che la faccenda gli metteva voglia di rompere qualche muso, forse
anche quello di Tidus, per alleviare lo sconforto; perchè
il suo secondo difetto era di aver sempre bisogno di
prendersela con qualcuno.
"Madain Sari" aveva detto allora Yuna, che era rimasta sovrappensiero per
qualche secondo.
"Yu... Yuna... perchè?" aveva detto Wakka allibito, riprendendo la sua
espressione da fratello preoccuopato, dimenticandosi totalmente della
sua personale stizza.
Ma Lulu aveva solo chiuso gli occhi per un secondo, come se avesse sempre saputo
che Yuna l'avrebbe detto.
"Non vedo molto altro da fare. E voi mi conoscete, sapete che non cambierò idea."
Tidus riconosceva il tono della discussione, pur non avendo una idea neanche vaga
di cosa Madain Sari potesse essere. L'autorità gentile di Yuna, che però non
ammetteva repliche. Loro due che si zittivano. Il tono che lei aveva sempre,
quando voleva aiutare qualcuno.
Ma c'era anche qualcos'altro, che Tidus si era abituato a percepire in lei solo
dopo molto tempo.
Convinto come era che Yuna fosse una persona incredibilmente migliore di lui,
passava gran parte del suo tempo a cercare di capire ogni cosa di lei, e finiva
per capirla meglio di quanto lei capisse se stessa.
Il rimpianto si era aggiunto alla voce di lei. Qualunque cosa Yuna avesse in
mente adesso, nella sua voce c'era anche il senso di colpa per essere stata in
disparte nel tempo che aveva lasciato passare.
Tidus avrebbe dovuto saperlo... che lei, più di chiunque, non aveva sopportato di
essere separata da sua cugina Rikku.
Perchè? Perchè Rikku, magari, era quello che le restava di sua madre, una Al Bhed
anche lei?
Perchè Rikku, come lei, sopportava qualsiasi cosa e anzi, non solo nascondeva la
tristezza, ma addirittura simulanva un entusiasmo che coinvolgeva tutti?
Per i piccoli gesti di premura che la ragazzina aveva, quando abbracciava Yuna
inaspettatamente?
Perchè aveva subito perdonato Wakka, anzi non l'aveva mai odiato, per tutti gli
insulti che lui, finchè era stato yevonita, aveva sputato su lei e la sua razza?
O per il semplice fatto che fosse veramente buffa?
Come sempre accade, Tidus aveva iniziato a pensare a che fantastica persona fosse
Rikku solo quando, due anni prima, aveva capito che non l'avrebbe rivista più.
Ma solo adesso, sentendo la nota di rimprovero verso se stessa che aveva Yuna,
capiva che invece lei aveva sentito da subito quella mancanza, profondissima
malgrado non vedesse Rikku più che una o due volte al mese.
Yuna non era una politica.
Ma altresì non sarebbe mai riuscita, nella sua vita, a ignorare quello che
succedeva agli altri.
Tidus ne era ormai sicuro.
E non gli piaceva affatto.
"Mi arrogherò l'onore di aiutarvi, nei limiti dei miei scarsi mezzi, mia
signora."
"Tutto ciò che posso desiderare, grazioso Tromell, è di
aver dalla mia la vostra sapienza e la vostra rettitudine."
Era incredibile con quanta sincerità Yuna pronunciava quel tipo di frasi, pensò
Tidus. Poi fu distratto da una cosa.
Lo sguardo, colmo di rassegnazione, che passava tra Lulu e Wakka.
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Capitolo 5 *** Midgar - Destini ***
"Alexandria in vista, signore. Stiamo per lasciare il territorio di Centra,
signore."
Senza ricevere risposta, l'ufficiale di volo pensò bene di togliersi di torno.
Per quanto già prima della nascita di Squall Leonheart il castello di Alexandria
non fosse nient'altro che una meta turistica, e per quanto adesso fosse circondato
dai crateri causati dalla pioggia di mostri, e interamente inclinato su un
versante, lui non potè non apprezzarne la maestà.
Benchè non puntasse più il cielo, la gigantesca spada d'argento che ornava le
sue mura dava ancora l'impressione di trovarsi di fronte ad un qualcosa di
regale e onorabile.
Dal balcone del Garden di Balamb in movimento, quattro persone scrutavano
l'orizzonte, quattro persone che avevano significato, tutti, molto per quella
accademia.
Quistis Trepe odiava "quello stronzo", epiteto che ormai valeva nel
suo cervello quanto il suo nome vero.
Se prima di conoscere Rinoa lui era stato un ragazzo difficile, da quando lei era
sparita lui era diventato qualcosa che era arduo definire "ragazzo".
Lei era la Preside dell'Accademia, ma era lui e sempre lui a fare il bello e il
cattivo tempo. Anzi, solo il cattivo.
Non faceva che "suggerire" decreti scolastici che facevano assomigliare il
Garden sempre più ad una dittatura il cui unico obiettivo era torturare chi ci
stava dentro. Persino la rigida Fujin impallidiva nel sentire la "Lista dei
Provvedimenti Necessari" stilata da lui.
O meglio, sarebbe impallidita, se fosse stata ancora nel consiglio di
amministrazione; ma "quello stronzo" aveva fatto in modo che, con
l'eccezione di Quistis, il consiglio fosse composto solo di ragazzini che lo
adoravano e che non avevano bisogno neanche di un suo ordine per assecondarlo.
Sembrava che semplicemente non tollerasse che qualcuno nel Garden potesse essere
creativo, o indisciplinato, o semplicemente felice.
Ma Quistis Trepe odiava soprattutto se stessa per non riuscire mai a negargli ciò
che voleva.
Sapeva che una come lei, sempre tesa a mostrarsi più forte di quel che era, sempre
con la testa a badare i fratellini prima, allo studio poi, alla carriera adesso,
non era fatta per le grandi storie d'amore.
E proprio per questo, lo sapeva per certo, non avrebbe mai smesso di amare
"quello stronzo": era semplicemente troppo debole per assumersi un
rischio maggiore, per cambiare.
Questo gli aveva dato una seconda certezza: se Rinoa fosse uscita dalla vita di
lui, per qualsiasi ragione, lui avrebbe cercato di sfogarsi- sì, "sfogarsi" era
la parola giusta- con il corpo di lei, e lei non avrebbe saputo rifiutarsi.
La realtà era stata ben diversa, e peggiore.
Sì, lui si sfogava con lei... ma non nel letto. Questo almeno gli avrebbe
conferito la dubbia dignità di essere sessualmente attraente per lui.
Invece era diventata la fedele partner di "quello stronzo" per la
nuova attività che lui sostituiva al tempo che prima passava con Rinoa.
Ossia allenarsi nella scherma dalle sei del mattino fino alle sei di sera.
La notte la passava perlopiù sveglio a elaborare una nuova "Lista dei
Provvedimenti Necessari".
Una volta lei aveva provato a non andare agli allenamenti. Era un modo come un
altro per scoprire se lui aveva bisogno di lei almeno in quello.
Si era allenato da solo.
Quello stronzo!
*********************************************************
Grazie al dolore alla gamba, Squall Leonheart ripensava all'ultimo allenamento
avuto con Quistis, prima di partire dalla missione da cui era appena tornato.
Lui usava il suo gunblade argentato, lei la sua arma preferita, una spada
color piombo che per forma ricordava una colonna vertebrale. Niente di nuovo,
Squall conduceva il duello, ma Quistis lo infastidiva con la sua difesa
monotona ma precisa.
Poi era successa una cosa nuova: lei aveva fatto scattare l'arma e le "vertebre"
si erano divise, unite da un filo elastico. Quella che era diventata una frusta
schioccò nell'aria e Squall si ritrovò con una coscia lacerata.
"Scusa, è difficile controllarla. Scusami."
Lui aveva annuito. Ma non era stupido. Quistis non era tipo da lasciarsi
trasportare da una battaglia di allenamento, usando un'arma diversa da quella
prevista e ferendo l'avversario con una mossa irregolare.
Mentre usciva zoppicando dalla serra e si dirigeva in infermeria, ebbe come
l'impressione che, se ci fossero stati altri allenamenti, ci sarebbero stati
altri incidenti.
Dunque, alla fine, anche lei lo aveva abbandonato, pensò. O forse l'aveva
allontanata lui. Non cambiava poi tanto.
Era meglio così, dopotutto.
Avrebbe dovuto capire che, ormai, era più forte da solo.
E adesso lo era, solo: perche Quistis era l'ultima che gli era rimasta.
In questo senso, la visita dell'ex preside, Cid Kramer, gli dava fastidio.
*********************************************************
Cid vantava una discendenza di cinquecento anni con Cid Fabool, Gran Duca di
Lindblum, una delle città principali di Centra. La sua dinastia era da tempo
maestra nella costruzione di navi volanti.
Eccetto lui nessuno avrebbe detto che quei gusci traslucidi, azzurro
dalla forma fungina a Balamb, rosso e simile ad un elmo a Galbadia, Argentato e
simile ad un osso a Trabia erano in realtà palazzi volanti costruiti secoli prima
a Lindblum.
Ma lui non aveva usato questa sua conoscenza per il suo guadagno personale. Il
progetto SeeD era stato un progetto suo e di sua moglie, Edea Kramer, la donna
che teneva l'orfanotrofio dove erano cresciuti Squall Leonheart e Seifer Almasy.
Edea era anche una strega, un essere prescelto da Hyne, il loro dio severo e
terribile, per essere una via di mezzo tra un eone e un essere umano. Una
umana capace di utilizzare la magia a suo piacimento, distinguibile per gli
occhi dorati.
Il progetto era semplice: creare delle accademie dove addestrare una elitè
militare e culturale la cui funzione sarebbe stata, nel futuro, di impedire
tragedie come quella accaduta al continente di Centra in cui Cid aveva le sue
radici.
I SeeD del Garden, ovvero i semi del giardino, che avrebbero fatto fiorire la
pace.
I coniugi Kramer credevano che fosse un sogno impossibile, fin quando girando il
mondo non erano arrivati a Shumiville.
Gli shumi erano una strana razza, simili nell'aspetto ad una statua di cera
scioltasi col calore. Quando morivano si reincarnavano continuamente, fino a
diventare semplici bestie. Per questo non credevano nella morte e trascorrevano
una vita pacifica che gli assicurasse una buona reincarnazione, dedicandosi a
cose come artigianato, agricoltura e meditazione.
Ma Cid ed Edea avevano conosciuto uno shumi diverso, di nome Norg.
A Norg interessavano i soldi e gli affari tanto quanto ad un Al Bhed, gli uomini
del continente nord che poi si erano sparsi in giro per il mondo.
Lui aveva proposto una grande idea: per finanziare le missioni di pace, i SeeD
avrebbero incassato denaro proprio dalle nazioni che tutelavano.
Ben presto però, si era posto il problema tra chi vedeva il Garden come un
esercito mercenario e chi credeva nel suo obiettivo originale: c'era stata una
faida durante la seconda guerra della strega che si era conclusa con
l'annientamento fisico di Norg. Era stato Squall Leonheart a finirlo.
Adesso, Cid Kramer malediceva il giorno in cui aveva rotto con Norg.
La pecora nera degli shumi era un angelo comparato al presidente della
ShinRa Electric Power Company.
Come lui, aveva espresso il desiderio di combattere per la pace e contro ogni
strega avanzando come motivazione una sua discendenza dalla gente di Centra.
Il Garden, sull'orlo della bancarotta, aveva accettato il suo aiuto.
Era iniziato praticamente subito.
Non fu difficile: certo, il Comandante Leonheart era l'eroe della Seconda Guerra
della Strega, ma gli elementi per diffamarlo non mancavano.
Iniziamo con le sue compagnie: Quistis Trepe... era forse diventata Preside perchè
raccomandata da lui? Zell Dincht, un SeeD vorace e indisciplinato che ignorava
cosa fossero le buone maniere... Selphie Tilmitt di Trabia, una ragazzina
maniaco-depressiva... Irvine Kinneas di Galbadia, un cecchino con circa tredici
amonimenti per offese alla decenza e comportamenti discinti che aveva fatto
sospendere almeno altrettante ragazze per bene... Ellione Loire, una ragazza che dietro alla dolcezza e al temperamento mite
nascondeva poteri ESP incontrollati, un rischio per la società... tutti suoi
amici sin dall'infanzia...
No? Tutti eroi? Poco male, parliamo di suo padre, Laguna Loire: prima disertore
nell'esercito di Galbadia, poi giornalista freelance, abbandona suo figlio per
cercare di Ellione Loire, sua figlia adottiva, arriva nell'Impero Tecnologico di
Eshtar e con un colpo di stato ne diventa presidente... e neanche recupera il figlio.
Si potrebbe definire un
personaggio dubbio, no?
Niente da fare? Parliamo del fatto che suo padre aveva una relazione con la
madre della futura fidanzata del comandante... e se fosse sua sorella? Non si
tratterebbe di incesto?
Ma no, Rinoa Heartilly è figlia del generale Caraway di Galbadia... già,
parliamo di lei! Una ragazzina viziata che per ribellarsi al padre si imbarca
nella Rivoluzione di Timber, città occupata da Galbadia, a fianco di una
banda di nullatenenti... che se non altro rispetto a lei hanno il merito di
aver avuto i genitori massacrati dalle truppe di
occupazione. Una rampolla viziata che stava
solo giocando alla guerra...
E così via.
Non bastò il tempo per risalire alle voci e collegarle alla ShinRa EPC, che...
BUM! Arrivò natale per l'egregio presidente ShinRa. Una foto di Rinoa Heartilly
dove i suoi occhi erano visibilmente dorati.
Il Comandante in Capo dell'esercito che combatte la strega è... il fidanzato
di una strega stessa! E non solo "Il Cavaliere della Strega", l'uomo da lei scelto e costretto da un incantesimo ad amarla per tutta la vita, ma proprio
un fidanzato, cosciente e consenziente...
Ora bisogna dire che Rinoa, l'angelo che aveva sciolto un pò della freddezza di
Squall, colei che aveva rotto la sua corazza, il suo unico amore... viziata lo
era davvero.
O forse voleva solo ciò che gli spettava: un amore privato, e non la pressione
sociale, non il disprezzo, non la paura... era proprio ciò che aveva, nel corso
della storia, fatto impazzire tutte le streghe. Specie considerando che lei
aveva il potere per distruggere tutti coloro che semplicemente la guardavano male,
e doveva trattenere quel potere dentro di sè...
Insomma, se ne era andata. Punto e basta. Non una lettera. Non un biglietto.
Anzi, uno a Selphie Tilmitt: "Ti affido Angelo" cioè il suo cane. E addio.
Mentre il Garden volava sopra Eshtar, Cid Kramer si chiedeva cosa ancora si poteva
fare perchè il Garden non diventasse una specie di Milizia di proprietà della
ShinRa. E considerava come tutte quelle variabili avevano contibuito a distruggere
la sua opera: Squall, Rinoa, Norg, la ShiRa... ogni pezzo si incastrava nel puzzle
del suo sfacelo.
Anche Seifer Almasy.
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Quest'ultimo, benchè l'avessero portato sul balcone per prendere un pò di fresco,
non faceva che svenire e rinvenire. Pur cercando come sempre il vento in faccia
che adorava, il dolore si faceva troppo forte e mancava di nuovo.
Vedeva le rovine di Alexandria, poi buio, il paesaggio di Centra cosparso di
crateri e buio, il mare e buio, la distesa di scheletri di creature marine,
ammantata di bianco, che era il Gran Lago Salato, buio, il paesaggio di vetro e
plastica multicolori che era Eshtar, buio, i volti degli altri tre che lo
guardavano...
Più che apprensivi, sembravano invidiosi di Seifer che se non altro non aveva
legami di nessun tipo con il Garden: quel nuovo fallimento era meno
disastroso per lui che per tutti gli altri.
Tutti si ostinavano a vederlo più semplice di quel che era lui in realtà.
Del resto tutti pensavano a Squall come ad una negazione di lui, e viceversa...
loro due come la negazione l'uno dell'altro.
Dove Seifer era aggressivo, ribelle e spavaldo, Squall era sfuggente, compassato e
freddo.
Seifer aveva ingaggiato decine di duelli per dimostrare la sua abilità, mentre
tutti erano convinti di quella di Squall che dal canto suo evitava il più
possibile le sfide.
Squall aveva passato l'esame ed era diventato presto Comandante in Capo dei SeeD,
mentre Seifer era stato bocciato e poi aveva tradito il Garden.
Seifer aveva sempre sognato di essere il Cavaliere della Strega, mentre
Squall lo era diventato senza volere.
Seifer sognava di conquistare il mondo e renderlo migliore servendo la
strega; invece divenne un carnefice. Squall combatteva
per ragioni egoistiche: prima per soldi, poi per amore; eppure lui era
diventato un eroe.
La strega di Seifer, Artemisia, era stata perseguitata dagli uomini fino a
impazzire, imparando a odiare ed essere odiata senza alcun altro sentimento;
aveva viaggiato attraverso il tempo ed era giunta per distruggerli; aveva
infine sfruttato Seifer e i suoi sogni.
La strega di Squall, Rinoa, non aveva conosciuto la persecuzione umana, perchè
Squall l'aveva da subito amata, protetta e circondata di amici. Lei, sensibile e
idealista, non solo non aveva giocato con le paure di Squall ma lo aveva
aiutato ad abbaterle, facendolo diventare una persona migliore. Lei amava
Squall.
Anche in questo erano opposti: Seifer aveva perso l'amore di Rinoa, Squall se
l'era meritato.
Per finire, Squall aveva vinto e lui aveva perso.
Questo era quello che tutti vedevano. Questo era, in effetti, tutto quello che
lui aveva fatto...
Ma non era tutto ciò che lui ERA.
Lui non aveva scelto di essere un orfano di guerra... non aveva scelto di finire
nell'orfanotrofio di Edea Kramer, che poi l'aveva spedito al Garden con gli
altri... anche questo non l'aveva scelto... non aveva scelto tutte le stupide
regole del Garden, non aveva scelto i suoi voti...
Fin qui, nulla di strano: la maggior parte delle persone si sente impotente di
fronte alla vita, anche se magari non se ne rende conto.
Ma lui aveva letto decine di libri... ascoltato decine di leggende... aveva
imparato a credere nei sogni, negli uomini che affrontavano la vita a viso aperto
e con la spada in mano... con le loro scelte.
E aveva fatto la scelta sbagliata, certo, ma era stata una SUA scelta...
nessuno, nessuno aveva capito che era proprio questo ciò di cui aveva bisogno:
scegliere per conto suo, anche a costo di fare un disastro.
E nessuno -fino a pochi mesi fa, nemmeno lui- aveva capito un'altra cosa:
che lui era consapevole di ciò che perdeva... Rinoa, il Garden, la stima del suo
rivale, la possibilità di vivere senza essere braccati, senza violenza...
Lui sapeva che avrebbe perso tutte queste cose... eppure le amava. Aveva
continuato ad amarle, nonostante tutto...
Non gli era andata giù la sparizione di Rinoa, nè quello che Squall aveva dovuto sopportare in quegli anni,
e non gli andava giù il destino a
cui lui e Squall Leonheart avevano condannato il Garden e tutti i SeeD,
fallendo quella semplice missione.
Se non altro, adesso avevano perso entrambi.
Riaprì gli occhi... quanto tempo era passato?
Il cielo si era fatto plumbeo, il paesaggio desolato, l'aria inquinata...
Sotto di loro c'era una enorme città costruita a mezz'aria e sorretta da
grandi pilastri, con otto reattori che ardevano di luce verde ed uno svettante
edificio metallico al centro, come il ragno che aveva intessuto qualla
mostruosità che aveva, comunque, un fascino corrotto.
"Midgar" disse semplicemente Quistis. Tutto il resto era sottinteso.
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Capitolo 6 *** Luka - Trame ***
"Non credevo che anche tu andassi in vacanza."
"Eccoti smentito" aveva risposto, laconico, Henry Hojo.
"Davvero?"
"Non dire eresie. Ho scelto questa città perchè è affollata... dopo lo scalpore,
non era prudente incontrarsi in un posto facilmente individuabile..."
In effetti, l'abbigliamento formale di Henry Hojo, inzuppato di sudore, non
dava l'impressione di uno che stesse lì a divertirsi; così come la divisa
verde e rossa di Heidegger, con i suoi gradi militari sovraimpressi.
Sephiroth cercava di concentrarsi su ciò che c'era fuori dal balcone, più che su
ciò che c'era dentro, che lo disgustava. Così si perse gran parte del
discorso tra i due.
La città di Luka era insieme a Bevelle la più grande del Wu Tai, ed era totalmente
dedicata allo svago. Pareva che anche gli architetti si fossero divertiti a
costruirla: la pietra pomice bianca di cui si componevano gli edifici era
scalpellata secondo le forme più strane e improbabili, seguendo linee morbide e
aerodinamiche. Sembrava di guardare una cassa di giocattoli bianchi rovesciata
sulla costa.
Mentre la brezza lo accarezzava in viso, riuscì per un breve quanto felice
momento a non pensare alle due persone dietro di lui.
Se qualcuno gli avesse chiesto cho odiava di più di Henry Hojo, Sephiroth
avrebbe fatto il nome di Horace Heidegger.
E non sarebbe stata una mossa saggia.
Quell'uomo, ex generale galbadiano giudicato criminale di guerra (ma la condanna
non l'aveva avuta perchè il processo durò troppo e il reato fu prescritto)
era diventato ministro della difesa delle Grasslands, che comprendevano le due
città più grandi del continente nord ovvero Midgar e Junon, oltre alla citttadina
minore di Kalm, per diretto desiderio del presidente ShinRa.
Era come dire che era intoccabile, indistruttibile. Come del resto Pilgrim Palmer
(ministro delle ricerche scientifiche), Robert Reeve (ministro di economia e
sviluppo sociale), Sarabel Scarlet (amministratrice della sezione armamenti della
ShinRa): per tutti loro, al presidente ShinRa era bastato fare una telefonata a
chi di dovere.
Perchè il presidente era un gradino sotto dio.
Il suo impero era sorto e si era innalzato nel giro di tre anni.
Tre anni prima, un ragazzino Al Bhed, malato terminale, aveva pubblicato le sue
ricerche riguardanti l'energia che l'ecosistema del pianeta utilizza per
rigenerarsi, una energia che lui battezzò Mako, esaminata da lui, per la prima
volta, allo stato puro.
Il ragazzino era morto poco dopo, e non aveva potuto vedere le conseguenze della
sua ricerca.
Il partito politico-religioso più grande del Wu Tai, NeoYevon, aveva giudicato il
libro una eresia e aveva iniziato una selvaggia persecuzione di tutti gli Al Bhed
che avrebbe fatto impallidire le persecuzioni precedenti; il pretore Baralai, che
rappresentava l'ala moderata, era stato destituito e imprigionato.
Nel continente orientale, un gruppo dei migliori scienziati aveva iniziato a
lavorare ossessivamente per sviluppare quella che in apparenza era una idea folle:
sfruttare l'energia Mako come fonte di alimentazione elettrica.
Era nata in pochi mesi la società ShinRa, che portava quel nome in onore del
piccolo scienziato Al Bhed, e alla sua guida era stato posto quel losco e, fino
ad allora, semisconosiuto figuro.
Il carbone di Corel e il petrolio di Trabia erano stati economicamente spazzati
via dal boom dell'energia Mako.
Ma estrarre l'energia Mako comportava grandi squilibri ambientali... e il Wu Tai
era stato il primo paese a risentirne. Drasticamente.
A Sephiroth non importava se quella guerra fosse giusta o sbagliata. Gli
importava però che tutti gli uomini che lavoravano per la ShinRa facevano schifo,
e lui doveva averci spesso a che fare.
"L'accordo è fatto" spiegava Heidegger "i SeeD, il Garden, questa roba non esiste
più. Adesso sono l'esercito privato della ShinRa, la MILIZIA, suddivisa in tre
classi e posta al servizio del Partito Democratico di Domino Mayor"
"E Mayor è al servizio della ShinRa... tutti servono tutti" continuò Hojo.
"Tutti servono NOI" ribattè l'altro.
"Non capisco cosa c'entrano le mie ricerche con tutto questo." il suo entusiasmo
per gli argomenti militari era inversamente proporzionale a quello di Heidegger.
"E' semplice. Intendiamo portare la sua creatura in una Accademia Militare
ShinRa-"
"Intende dire un Garden?"
"Non esiste più niente che abbia quel nome, Henry. Adesso sono le accademie
militari ShinRa, i luoghi dove la MILIZIA viene addestrata. Quelli reputati non
idonei verranno utilizzati come soldati semplici... ormai avrai capito che
ne avremo molto bisogno e-"
"Come siete riusciti a cancellare una istituzione come il Garden?" chiese Hojo
dimostrando ancora una volta di non essere affatto coinvolto dalle parole di
Heidegger.
"Un accordo con il Comandante in Capo..." spiegò lui con un tono che significava
che non ci dovevano essere altre domande "...il presidente ha voluto correre
questo rischio... l'accordo era di liberare il Garden da tutti i suoi debiti
in cambio di un certo servizio che, te lo garantisco, il presidente avrebbe
accettato molto volentieri. Ma i SeeD hanno fallito... e quindi il Garden è
stato 'mangiato'... posso continuare ora?"
"Um, bè, sì" fece Hojo distrattamente.
"Non intendiamo soltanto fare di lui un guerriero eccelso, ma anche trasformare
i rimanenti SeeD- no, miliziani ShinRa, in sue ripetizioni... desideriamo che
tu ci spieghi il trattamento con cui hai ottenuto lui."
"In cambio avrò?"
Heidegger ebbe una specie di fremito di piacere nel pronunciare la risposta...
in effetti, non era una risposta che tutti gli uomini possono dare.
"Qualunque cosa tu voglia."
"C'è dell'altro?"
"Sì... chi è questo Beclem Bin Kilika che ha guidato la resistenza?""
"Fatti fare rapporto da lui direttamente" fece Hojo, troppo assorto per badare ad
altro che alle sue elucubrazioni.
"Ragazzo... Sephiroth" fece Heidegger tentando di simulare affetto, e
infastidendolo terribilmente.
"Hai ucciso qualcuno? Cioè, ovviamente sì... ma
hai affrontato direttamente un membro della Lega della Gioventù, di nome
Beclem bin Kilika durante la distruzione di Besaid?"
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"Cos'è questo che hai in testa?"
Da esperto guerriero quale era, Beclem si dedicava molto a conoscere il suo
nemico bene quanto se stesso.
Ma solo quando quell'essere assassino gli chiese, con l'ingenuità e l'innocenza
di un bambino, cos'era quell'elmo argentato a forma di muso di drago, che tutti
i soldati della Lega portavano, senza che la sua voce fosse minimamente
influenzata dalle circostanze, Beclem capì che in lui non c'era nulla da
capire, nulla da interpretare.
Come si dice? Il pazzo vince qualunque strategia.
Accadeva in un attimo. Gli occhi color smeraldo del ragazzino diventavano per un
solo istante come sfere di vetro attraverso cui si vedevano le fiamme, e...
Un altra capanna andava a fuoco. Oppure una persona. O un albero. Gli
attacchi erano scagliati a caso.
"Yuna Bin Bevelle. Dov'è Yuna Bin Bevelle?"
"Non... non lo saprai mai da noi..." Beclem cercò di colpirlo in fronte con
la spada, aspettando il momento in cui si concentrava per generare una fiammata.
Sephiroth bloccò la lama con una mano, dalla quale si irradiò una specie di
fosforescenza azzurra. In breve, la lama e anche il braccio di Beclem erano
ricoperti come di coralli di ghiaccio brillante.
Con una spintarella, Sephiroth lo fece cadere. Il braccio di Beclem andò in pezzi,
senza che lui si lasciasse sfuggire un gemito.
"Dove si trova Yuna Bin Bevelle?" disse ancora, poi si guardò intorno,
osservava la gente che fuggiva e urlava, disperata.
"Adesso esagererò." disse calmo. Il fuoco si spense improvvisamente, come per
magia. La gente guardava Besaid coperta di fumo nero.
"DOV'E' YUNA BIN BEVELLE?" urlò.
Una vocina tremante da ragazzino gli rispose.
"Perchè cerchi Yuna, signore?" chiese un bimbo robusto, dai capelli rossi.
Evidentemente non aveva capito che era proprio quel ragazzo l'origine
dell'incendio.
"Come ti chiami?" chiese l'altro, accarezzandogli la guancia con una espressione
di infinita tristezza.
Beclem strisciava verso di lui.
"Lascia... lascialo stare... lui è un bambino..." aveva notato una cosa strana.
Dal corpo del ragazzo si staccavano come delle gocce che fluttuavano nell'aria,
e diventavano via via sempre più grandi. Era come fiamma, nera, violacea e blu,
che però si manteneva in piccoli globi. L'aria, intorno, sembrava farsi più
luminosa e chiara.
"Vidinu" rispose il bambino.
Senza che neanche ci fosse il tempo di accorgersene, su Besaid fluttuavano un
numero di globi di energia di molto superiore al numero dei suoi abitanti.
"La cerco per farla felice" spiegò Sephiroth, ancora più cupo e malinconico.
Beclem era incerto se concentrarsi sui misteriosi globi o sul bambino.
"Come fai a farla felice, signore?"
I globi schizzarono verso il centro dell'isola.
"Liberandola..."
Una esplosione di luce bianca e nera cancellò l'isola di Besaid.
"...da questa vita d'inferno."
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Il fatto che Henry Hojo non avesse alcuna voglia di raccontare ad Heidegger
quanto era successo, anche se non l'aveva visto direttamente, gli diede la
conferma che neanche quello era bastato a renderlo soddisfatto di lui.
"Chi sono io? Perchè sono al mondo? Cosa c'è che non va in me?" avrebbe voluto
chiederlo, anzi urlarlo, e a squarciagola, in faccia a lui e a Gabriel Gast,
ovunque si trovasse.
Ma c'era, poi, una risposta a quella domanda? Ci doveva per forza essere un
senso in tutto questo? O forse doveva solo fare quello che gli dicevano e
sopravvivere?
"Il bersaglio è Yuna Bin Bevelle. Il bersaglio è Yuna Bin Bevelle. Il bersaglio è
Yuna Bin Bevelle" ripetè Heidegger più volte, come se parlasse con uno scemo
"hai fatto davvero un buon lavoro. Ma il tuo bersaglio è Yuna Bin Bevelle."
"Yuna Bin Bevelle" sillabò lui.
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Capitolo 7 *** Madain Sari - Sciamana ***
Due settimane prima della distruzione di Besaid e dell'accordo tra la ShinRa e
il Garden, quattro persone a cavallo di altrettanti chocobo percorrevano le
lande desolate e cosparse di crateri di Centra.
Yuna stava seduta sul grosso pennuto giallo con entrambe le gambe da un lato.
Osservandola, Tidus pensava come al solito a quanto fosse attraente. La grazia e
la compostezza di lei gli mettevano sempre voglia di farla cedere, di
trascinarla su un letto per scoprire l'altra faccia della medaglia, quel
preciso istante in cui Yuna era in tutto e per tutto simile a lui...
Si era preso l'abitudine di non fissarla a lungo: se lei non voleva più farlo,
non assecondarla era già difficile, e standola ad osservare diventava
impossibile.
Wakka teneva un braccio appoggiato al ginocchio, con la mano sotto il mento.
Sembrava che da un momento all'altro si sarebbe addormentato sul chocobo in
corsa.
Lulu... lei riusciva ad essere sexy qualunque cosa facesse. Il modo in cui stava
avvinghiata al collo dell'animale, mentre il suo corpo sobbalzava per la corsa,
faceva pensare a...
Tidus si era sentito così quando aveva lasciato la Città dei Sogni la prima
volta, ed era arrivato nel villaggio del Wu Tai noto come Besaid: cioè
fottutamente inadeguato. Perchè non riusciva ad essere serio, a pensare a cose
serie, qualunque cosa stesse accadendo?
Dopo fare l'amore con Yuna, i suoi pensieri più seri erano quanto fosse sexy Lulu o, proprio a sforzarsi, quanto
facesse schifo la mappa datagli da Tromell Guado.
E se provava a diventare serio, subito gli veniva la malinconia catastrofista di un vecchio settantenne rimbambito. Perchè non riusciva ad assomigliare di più a Yuna?
Non poteva certo immaginare che Yuna si chiedesse spesso perche non riusciva a somigliare di più a lui.
Eppure... cinque anni prima la pensava diversamente... pensava che erano gli
altri ad essere troppo seri, troppo passivi, e troppo riflessivi...
"Cos'è quello?" esordì Wakka interrompendo i suoi pensieri.
"Pare che siamo giunti a destinazione." rispose calma Yuna mentre il vento le
accarezzava i capelli.
La delusione di Tidus era a stento contenibile.
Le sagome gialle e brune che prendevano forma all'orizzonte erano quelle di un
banalissimo paesino in rovina costruito in riva al mare... certo, la peculiarità
che le case fossero scolpite nella pietra lo avrebbero reso più interessante, ma
era sciupata dalla banalità dell'architettura.
"Sì" fece Lulu di rimando, e a Tidus parve di cogliere una rinata fermezza in lei
"questa è la terra da cui gli Sciamani sono partiti, questa è la terra dove è
nata l'arte dell'invocazione..."
"...Madain Sari" concluse Tidus con noia evidente nel tono di voce.
Con un movimento tutt'altro che dolce, Lulu frenò la cavalcata e discese dal
chocobo.
"Che c'è, amore?" chiese, quasi preoccupato, Wakka.
Lulu si voltò verso di loro, e Tidus notò che gli occhi avevano preso il color
oro che avevano sempre quando richiamava la magia: i suoi occhi da Strega.
"Lo sento"
"Cosa, senti?" fece Tidus scettico mentre tutti smontavano dai chocobo.
"Dobbiamo proseguire cauti. Due profanatori si aggirano per il villaggio"
"Ah, sì? Sicura, eh?"
"Una Strega non sbaglia mai." concluse lei.
"Sssshhhh!" li interruppe Wakka "In questo continente le Streghe non sono ben
accette, tenetelo a mente!"
In effetti era una considerazione inutile. L'area intorno era palesemente
deserta.
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"Non ti pare di sentire... un flauto?"
Era vero. Come era vero che Squall era un tipo riflessivo nella vita tanto
quanto non si perdeva in fronzoli al momento dell'azione.
Sbottonò la sua giubba di pelle nera col collo di pelliccia bianca e si sistemò
i capelli ormai lunghi; estrasse il gunblade argentato e mandò una rapida
occhiata a Seifer.
Seifer aveva troppa fiducia in sè stesso per fare attenzione a certi piccoli
dettagli sul campo di battaglia, quali ad esempio fare silenzio: qualunque
casino combinasse, contava di sistemarlo con la forza bruta. Ecco perchè chiese a
voce alta...
"Credi sia lei?"
"Lei chi?" rispose una voce femminile serena e un pò scanzonata.
I due migliori guerrieri del continente centrale sobbalzarono come due bambini
terrorizzati prima di voltarsi e vederla.
Portava una salopette rosso sbiadito e una camicia stropicciata color
girasole. I capelli neri, disordinati, mandavano riflessi blu che incorniciavano
il volto di una eterna ragazzina. Al centro della fronte, inequivocabile, un
lungo corno dritto.
Come se nulla fosse riprese a suonare il suo lungo flauto, aspettando risposta.
"Sei... sei Eiko Carol, vero?" si decise infine Squall.
"Già" fece lei allegra "Che posso fare per voi?"
"Siamo venuti a prenderci la tua vita" fece Squall con tutta la convinzione che
poteva mettetrci nel dire quella frase ad una ragazzina.
"Ah" la faccia di lei sembrava per metà delusa, per l'altra annoiata. Si portò di
nuovo il flauto alla bocca, prima di aggiungere "tentate pure tutto quello che vi
pare." Non sembrava interessata al perchè dei loro intenti, e non disse
altro.
Dopo qualche secondo di comprensibile stupore, i due si misero in posizione. E
allora accadde una cosa incredibile.
Intorno a lei c'erano tre animali. Nè Squall nè Seifer li avevano visti apparire,
pareva che ci fossero sempre stati, eppure erano apparsi solo allora.
Arrampicato sulla sua spalla c'era una specie di ibrido tra un camaleonte e un
coniglio, color verdazzurro, con un diadema rosso in fronte...
Il secondo era una specie di uccello il cui corpo sembrava conposto di fiamme
d'oro che, sebbene fosse grande tre volte un uomo, stava beatamente poggiato su
una estremità del lungo flauto.
La bestia più strana era un enorme lupo bianco che riposava ai suoi piedi:
il suo corpo era ornato da numerosi
corni, traslucidi come vetro, che brillavano di una luce purpurea
diffusa come fossero immateriali.
"Eoni" notò Squall.
"Come... come ha fatto a evocarli con tanta spontaneità?"
"Non sarebbe una Sciamana, altrimenti."
Visto che non faceva nulla, si decisero a caricare...
Gli occhi dell'animaletto verdazzurro brillarono per un secondo, ed entrambi
sbatterono come addosso ad una parete invisibile; Squall cadde addirittura a
terra, con la fronte sanguinante...
Ma Seifer rimase in piedi, forzando la punta del suo gunblade nero contro l'aria,
premendo il grilletto a ripetizione come per spezzare la muraglia magica...
E ci riuscì.
Ma quando ebbe trafitto il corpo di Eiko Carol con la lama, negli occhi di lei
che lo fissavano lesse solo una specie di compassione divertita, come un
adulto che guarda gli sforzi di un neonato per camminare...
Nonostante questo, la repulsione per ciò che aveva fatto lo colse
immediatamente... si staccò rapido dal corpo di lei con l'aria mortificata di chi
ha inavveritamente urtato un passante.
"Scusa" stava quasi per dire, quando vide l'uccello di fuoco dorato curvarsi
sullo squarcio che le aveva aperto nello stomaco. La fiamma brillò solo per un
secondo più rossa e più intensa e, sparita la luce, era sparita anche la ferita.
"Sei... immortale?"
La barriera in compenso si rialzò altrettanto rapidamente e Seifer cadde a terra
più violentemente di Squall, prendendo l'impatto in pieno volto e rompendosi il
naso.
Senza fare una piega, continuò a suonare tranquilla, dando a loro tutto il tempo
per rialzarsi.
"Usiamo i nostri eoni"
"Sei scemo, Seifer? Non siamo invocatori... usare quella roba ci ha già
spappolato il cervello a sufficienza e-"
"O questo o perdiamo... io preferisco l'amnesia o la pazzia alla sconfitta...
e tu?"
Per tutta risposta, Squall iniziò l'evocazione per primo.
"ACCORRI, DIABLOS, ANNUNCIA LA NOTTE ETERNA!"
"SCAGLIATI, ODIN, SPADA INVINCIBILE!" fece eco Seifer.
Dal cielo piobò un demone nero, il cui corpo brillava però dall'interno
di color rosso sangue, seguito da un fitto manto di pipistrelli, e subito
dopo di lui un cavaliere d'argento su un destriero bianco, la cui una spada
fiammeggiava di diversi colori. Si avvicinavano al terreno a velocità
incredibile.
"Pre... prepa... rati... sarà un... bel botto..." disse Squall tenendosi la
fronte per il mal di testa; notò che Seifer non lo stava ascoltando granchè, e
per lo sforzo gli sanguinava un orecchio.
Gli eoni si avvicinavano senza che Eiko Carol desse alcun segno...
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Wakka dovette abbassare la testa di Tidus con la mano, perchè si era proprio
alzato in piedi oltre il muretto.
"Tidus, attento, ci stai?"
"Sono... sono..."
"Ne avevo sentito parlare" spiegò Lulu mentre non staccava gli occhi dalla
battaglia "c'è una accademia militare nel continente centrale dove un tempo
insegnavano a domare gli eoni con la forza e ad assimilarli nel proprio corpo"
"Nel proprio corpo?!?"
"Una profanazione" intervenne Yuna trattenendo lo sdegno "con gravissime
conseguenze sulla salute, per di più."
"Ma allora-"
Tidus non finì la frase perchè di due eoni erano arrivati a pochi metri da terra;
di nuovo, Wakka lo strattonò perchè non si alzasse.
Il lupo ai piedi di Eiko Carol si era alzato, e il suo corpo si era come suddiviso in
decine di lupi di nebbia, che formavano una tempesta; questa travolse i due
guerrieri e i loro eoni spazzandoli via, per sbatterli dio solo sapeva dove.
Anche se non la sentì, a Tidus parve di leggergli le labbra:
"Pivelli!"
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Il mare gli era arrivato in faccia come un blocco di cemento, cosa comprensibile
a quella velocità.
Con un ultimo sforzo, Seifer si aggrappò al corpo di Squall, che sembrava meno
malconcio di lui. Con un respiro improvviso e violento, questi rinvenne.
"Squall... se... se non mi reggi annego... eh eh eh"
"Che c'è da ridere?"
"Non... non ti biasimerei se... se tu mi lasciassi ad annegare..."
"Piantala" fece lui glaciale, prima di attivare la trasmittente che segnalava la
sua posizione al Garden.
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"Eiko Carol, del grande e generosp popolo degli Sciamani, è un onore per me conoscervi" esordì
Yuna andando verso di lei e inchinandosi, subito seguita da Wakka e Lulu e, in
ritardo, da Tidus.
"Mbè? tu chi sei? Vuoi farmi la pelle anche tu?"
"NO!" sbottò Yuna imbarazzatissima "cioè, ehm, no, io... non mi permetterei
mai..."
"Allora che vuoi?" Tidus ebbe l'impressione che i modi cerimoniosi di Yuna non
fossero indicati per l'occasione.
"Io... io... sono l'invocatrice Yuna Bin Bevelle e vengo da Besaid, nel Wu Tai..."
"AH! Tu sei quella che ha ammazzato Yu."
"Co-come, scusi?"
"Massì, ho capito, vieni con me... hai fatto bene a farlo fuori, era un impiastro"
alzandosi dalla roccia, si diresse verso una casupola in lontananza che sembrava
leggermente più integra.
Arrivarono tutti e quattro alla medesima conclusione, "l'impiastro" era Yu Yevon.
Yu Yevon era stato il più grande invocatore di Zanarkand, si diceva che avesse
ricevuto l'arte direttamente dagli Sciamani come Eiko Carol.
Durante la guerra combattuta tra Zanarkand e Bevelle, aveva capito che Zanarkand
sarebbe stata presto distrutta... allora...
Aveva invocato un eone e si era "addormentato" dentro di esso, creando intorno a
lui uno scudo con le anime dei morti: il mostro chiamato Sin era nato...
Sua figlia, la spietata Yunalesca, aveva sacrificato la sua vita e quella di suo marito, il
soldato patriota Zaon, poi trasformato in eone, per abbattere Sin: creato da suo
padre per salvare la sua città, era diventato il flagello di tutto il Wu Tai...
IL padre di Yuna, Braska, e suo padre, Jecht, erano morti così, sotto gli occhi del loro amico Auron...
Ma ogni qualvolta un eone distruggeva Sin, Yu Yevon ne prendeva il possesso e
si riaddormentava. Il Wu Tai, per mille anni, fu avvolto in questa spirale
di morti continue, sacrifici in nome del bene comune, e resurrezioni di Sin,
tutto benedetto come "volontà divina" dalla Chiesa di Yevon.
Anche Yuna era inizialmente destinata a morire in quel modo...
In più, Yu Yevon aveva chiesto a degli invocatori di creare con il loro potere
la Città dei Sogni, una copia di Zanarkand che esisteva solo nel piano onirico e
che non sarebbe mai andata distrutta come l'originale... che invece era sparita
con lo sparire di Yu Yevon, che gli donava la sua magia.... era proprio la
città da cui veniva Tidus, che era scampato alla non-esistenza solo per un
regalo d'addio degli eoni...
La storia di Yu Yevon arrivava dritta al cervello di Tidus
tutta insieme, come un cocktail indigesto,
tutte le volte che
lo sentiva nominare. Lo odiava con tutte le sue forze. Quel maledetto idiota
aveva causato più sofferenza di quanto fosse possibile concepire.
Eppure, da quando lo spettro della guerra aleggiava su di loro aveva rivisitato
il suo giudizio. Non volontariamente, era accaduto e basta. Doveva quasi
trattenersi dall'urlare in faccia a quella ragazzina di non insultare Yu Yevon.
Perchè, sì, capiva cosa vuol dire prendere coscienza del fatto che la propria
casa sarà presto invasa, la propria patria sarà rovinata, la persona amata
sarà-
Cosa?
Cosa poteva accadere a Yuna? Se solo ci pensava, comprendeva finalmente la scelta
di Yu Yevon... avrebbe preferito distruggere il mondo, che vedere distrutte
tutte le cose che amava in esso, e quella in modo particolare.
E così capiva anche che la guerra è un virus che ti avvelena il cuore
lentamente, e stava avvelenando anche lui. Tutti possiamo diventare Sin, un
giorno o l'altro.
Questo pensava mentre Eiko Carol, che aveva già preso in antipatia,
li guidava in un sottoscala di una casa di
roccia divelta, che conduceva ad un corridoio ben più ampio.
Yuna osservava le pareti, che dove la roccia si faceva più liscia recavano
graffiti fosforescenti raffiguranti, senza ombra di dubbio, degli eoni...
proprio quei graffiti erano l'unica cosa a diradare il buio.
"Ecco!" esclamò Eiko Carol soddisfatta, arrivati che furono ad uno spiazzo
più ampio. Legati con dei laccetti alle stalattitti pendevano, come piccoli
orecchini, piccoli globi di vetro rosso luminosi, che sembravano fatti d'acqua
all'interno.
"Sono... Sfere di Lunioli?" chiese Yuna.
"Voi chiamate Lunioli gli spiriti, se non sbaglio... quindi, sì. Noi Sciamani
le chiamiamo Lacrime degli Spiriti... nel continente est li chiamano Materia
Rossi... e così via. Prendili pure tutti."
"Per... per cosa?"
"Sarai venuta qui per ricominciare a invocare, giusto?"
"Ebbene... ehm... sì. Come mai ne era a conoscenza?"
"La gente non cambia granchè nel corso dei secoli... bene bene, prendi pure tutte
quelle che vuoi."
Mentre Wakka e Lulu evidentemente insistevano a usare un rispettoso silenzio,
Tidus era decisamente scosso dall'assurdità della situazione. In tutto il resto di
Spira l'arte dell'invocazione era trattata con venerazione e rispetto, mentre
questa specie di eremita teenager ne parlava come se fosse andare a fare la
spesa. Era almeno il caso di chiedere spiegazioni!
"Queste belle biglie le lasciano gli eoni quando crepano?"
Yuna fece una faccia a dir poco sconcertata nel sentire il tono di Tidus, mentre
Eiko Carol non sembrò neanche notarlo.
"Gli eoni non crepano, pivello! Vanno e vengono da questo mondo
quando si stancano, tutto qui.
Quelle biglie sono come una versione tascabile di quelle camere dove voi
pregate gli eoni, si chiamano... si chiamano..."
"Na- Naos?" azzardò Yuna. Doveva essere penoso per lei sentir parlare così dell'
arte per la quale stava per sacrificare la vita, come suo padre prima di lei.
"Eccolo là, Naos si chiama! Come un Naos tascabile. Pensa all'eone, prega e
quello ti mette in contatto. Ma non esagerare altrimenti muori... se non sei
una Sciamana."
"Tutto qui? Finito?" fece Tidus che ormai era convinto di essere l'unico che
sapesse trattare con Eiko Carol.
"Già. Finito. Restate per cena?"
"Non c'è tipo... un pistolotto sul fare il buon uso delle invocazioni, eccetra?"
"Niente pistolotto. Tanto ne fate sempre un uso pessimo."
"Che c'è per cena?"
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Capitolo 8 *** Dollet - Addio ***
"Un biglietto per Dollet, Stazione Central Plaza"
"Subito signore, kupò!"
Moguri.
In tutta Spira, comprendente la federazione del continente centrale, il continente meridionale
di Centra, le Grasslands a nord e il piccolo
arcipelago noto come il Wu Tai a ovest, i moguri e gli hypello erano le creature che detenevano
il primato di ridicolaggine.
Ma mentre gli hypello avevano qualche sottile somiglianza con degli esseri umani, pur
nel loro sembiante di anfibi, i moguri davano a tutti gli effetti l'effetto degli animali
da compagnia.
Bianchi e viola, piccoli, col muso da gatto, le ali da pipistrello e le orecchie da coniglio,
non si potevano considerare una razza semiumana...
Eppure Squall aveva letto decine e decine di libri sulla superiorità morale e
culturale dei moguri. Aveva letto di esploratori che avevano visitato le loro grandi città
sotterranee e ne avevano ammirato la tecnologia avanzatissima, che gli permetteva addirittura
di ricreare una giungla nel sottosuolo o di allevare chocobo nelle grotte,
e mille altre cose mirabolanti. Come Comandante in
Capo del Corpo di Pace SeeD, aveva più volte sostenuto in pubblico i diritti e la dignità dei
moguri, e la legittimità del loro desiderio di vivere integrati agli umani.
Ma i moguri, intimamente, continuavano a sembrargli niente più che bestiole fastidiose e
petulanti.
Parlare con un moguri era una delle infinite cose che ricordava a Squall Leonheart quanto il
genere umano -no, anzi, lui in particolare- fosse spontaneamente infimo. Per quanto cercasse di
dissimularlo... no, c'era di più... per quanto in teoria lui rappresentasse esattamente
l'opposto, era razzista verso i moguri come chiunque altro.
Il moguri alzò la testolina e porse il biglietto a Squall.
"Parte fra venti minuti, kupò kupò."
"Grazie" fece lui in tono un pò sgarbato.
Un'altro modo di decrescere velocemente e masochisticamente la sua autostima era passeggiare
per Timber. Ecco perchè lo faceva ogni volta che ne aveva l'occasione.
Della Federazione, Timber era la quinta regione in ordine di grandezza (prima era Eshtar,
la regione tecnologica, seguita dall'arida Galbadia, le innevate alture Trabia, la regione
marittima Balamb, poi appunto la boscosa Timber e infine la scogliera di Dollet); l'area
abitata era un piccolo conguaglio di palazzi costruiti in un impeccabile stile liberty e
ornati con ingranaggi mobili, che simboleggiavano l'abilità nell'ingegneria ferroviaria.
Il colore ricorrente, nelle facciate ma anche nelle pavimentazioni, era l'azzurro.
Non era un caso.
Durante l'inizio della Seconda Guerra della Strega, il presidente Deling di Galbadia
aveva iniziato una sistematica invasione delle regioni vicine, a partire da Dollet e Timber.
In verità, le sue intenzioni di conquista erano già note da prima, quando aveva
ribattezzato Arc City, chiamata così in nome del suo arco spettacolare, in Deling City.
Deling City era una città gotica costantemente buia, a causa delle nubi che la ricoprivano;
proprio perchè era stata Galbadia l'unica nazione in grado di tenere militarmente a bada Eshtar
durante la Prima Guerra della Strega, i suoi svettanti palazzi erano adornati con delle bandiere
fosforescenti di tutte le nazioni del continente sin da allora. Questo stava prorpio a
simboleggiare l'unità e l'amicizia di quelle nazioni, di cui Galbadia voleva essere guardiana.
Ma dopo l'ascesa di Deling, quelle bandiere avevano preso un altro significato: tutte le
nazioni dovevano appartenere a Galbadia, come le loro insegne.
Dopo aver occupato Timber, Galbadia pretese che le bandiere azzurre non dovessero essere più
esibite se non nelle strade di Deling City. Da allora la predisposizione per l'azzurro
dei timberiani si era accentuata: ogni nuova costruzione veniva realizzata in azzurro, e tutti
badavano ad indossare almeno un indumento azzurro.
E dopo la sua liberazione quell'abitudine era rimasta.
Proprio quell'azzurro, tanto che entrava negli occhi, era per Squall la tortura peggiore.
Quando aveva incontrato lei la prima volta, e lo aveva invitato a ballare alla Cerimonia dei
Diplomi di Balamb, era poco più che una candida visione; ma quando l'aveva rivista aveva
avuto occasione di conoscerla davvero, e di notare che lei non si separava mai dalla sua
leggera giacca di cotone azzurro cielo...
L'azzurro di Timber, l'azzurro della libertà.
Lui le aveva rinfacciato di essere solo una ragazzina viziata, che solo perchè poteva
permetterselo giocava a fare la rivoluzionaria, molte volte, anche dopo le loro liti iniziali,
anche dopo il loro fidanzamento; e lei, di essere solo un mercenario che si dava le arie da
cinico uomo di mondo, tantissime volte.
Entrambe le cose erano, da un certo punto di vista, vere.
Ma era anche vero che lei aveva rinunciato ad una vita agiata e frivola per i suoi
ideali... era anche vero che lui si comportava così perchè non sapeva come esprimere la sua
solitudine...
Due faccie della medaglia, due opposti, due parti di un tutto: tutte le definizioni che
Squall sentiva sulla loro coppia gli sembravano di una banalità allucinante...
Fino a quando lei non se ne andò.
Adesso, senza di lei, lui era caduto sempre più in basso, fino a diventare la peggior versione
possibile di se stesso... quello che lei gli aveva rinfacciato fin dall'inizio...
Adesso, era un assassino prezzolato.
"Cosa stai facendo?"
"Tu che dici? Aspetto il treno."
"Intendo perchè stai facendo questo."
"Questo cosa?"
"Guardare questi palazzi in questo modo. Cos'è? Un modo per autopunirti?"
"Non ho idea di cosa tu voglia dire."
"Squall..."
"Dimmi."
"Sei felice, così?"
"Ma certo. Ho sempre sognato di fare questo. Dirigere un campo di concentramento dove
trasformiamo ragazzini in macchine da guerra al soldo di una compagnia multimiliardaria.
Non chiedo di meglio. E dire che per evitarlo... 'bastava'... che io uccidessi una
ragazzina. E il fatto che la ragazzina mi abbia massacrato di botte aggiunge un tocco
tragicomico allla faccenda. Perchè ho accettato di commettere un omicidio, se poi non sono
riuscito a salvare il Garden? Ma è ovvio, perchè così io sono felice! Veramente una domanda
intelligente... sono felice?"
La rabbia di lui si trasmetteva intorno, sebbene avesse parlato a voce bassa, come la tensione
prima di una battaglia.
"Hai finito?"
"Sì"
"Se la pensi così... perchè sei rimasto? Perchè sei rimasto, quando tutti i nostri amici se ne
sono andati?"
"E tu? Perchè l'hai fatto?"
"Perchè... perchè... loro sono tutti diplomati. Hanno queste possibilità, sia in termini
economici che psicologici. Ma dovevo pensare anche a coloro che ancora studiano al Garden...
non posso abbandonare i ragazzi così."
"Bella risposta, bella risposta davvero" fece lui sarcastico "ma non sembra farina del tuo
sacco. Chi te l'ha suggerita? Cid Kramer?"
"Già" ammise "ti diverte mortificarmi, vero? Perchè l'ho fatto, allora?"
Ma quando lui si voltò, non aveva più alcun sarcasmo in viso.
"Perchè tu... porti lo stesso peso che porto io. Vorremmo cambiare, ma non ci riusciamo.
Noi due siamo deboli allo stesso modo."
Era vero.
Lei non fece in tempo a rispondere.
Perchè lui la afferrò per le spalle e la baciò, con passione.
"Squall, cosa... cosa significa questo? Cosa significa questo, adesso?"
"Non significa un accidente."
Significava, lo sapevano entrambi, che stare con chiunque altro significava guardare
onestamente a ciò che erano loro. E non volevano farlo.
Non parlarono più, finchè lui non aggiunse "Arriva il mio treno".
Si poteva dire la qualsiasi sui decreti scolastici di Squall, ma la trovata che le autorità
del Garden non dovessero apparire in pubblico era davvero geniale: l'ex Comandante in Capo del
Garden, ora meglio noto come Comandante Istruttore della MILIZIA ShinRa, aveva appena baciato
in pubblico la ex Preside del Garden, ora meglio nota come Dirigente istruttrice della MILIZIA
ShinRa, e nessuno aveva fatto una piega.
Perchè se Squall aveva imparato una cosa dopo la storia di Rinoa, era il valore della privacy.
Mentre il treno scorreva sotto il mare, verso la scogliera di Dollet, Squall osservava
apatico i teleschermi pubblicitari montati sulla carrozza, come facevano tutti gli altri
passeggeri.
Su tutti i teleschermi apparve di colpo una immagine incredibile: una montagna su cui erano
state scolpite delle immani statue orientaleggianti intrecciate tra loro, circondate dalla
folla. Squall si alzò per vedere meglio, le riconobbe.
Era il Dachao, uno dei due monti sacri del Wu Tai; l'altro era il gelido Gagazet.
Ma mentre il Gagazet era consacrato agli invocatori, che lo avevano come tappa fissa per i
loro pellegrinaggi, , il Dachao era meta dei guerrieri che vi si recavano come buon
auspicio per le imminenti battaglie. Per questo, dalla comparsa di mostro Sin nel Wu Tai,
nessuno c'era andato più.
L'immagine mostrava ora Nooj Bin Kilika, leader della Lega della Gioventù e attualmente unica vera
guida politica del Wu Tai, che rendeva omaggio al Dachao.
Era la ciliegina sulla torta. Da mesi ormai tutte le televisioni controllate più o meno
direttamente dalla ShinRa trasmettevano di continuo servizi su quanto fosse disumano
il Partito NeoYevon, su quanto fossero violenti e scalmanati quei delinquenti della Lega,
su quanto nel Wu Tai si censurasse il progresso e l'utilizzo dell'energia Mako, e così via.
Ad un dibattito televisivo, Domino Mayor aveva detto "Cosa accadrà? Noi porteremo la libertà
e il progresso a loro, oppure loro la schiavitù e l'ignoranza a noi. Ecco cosa accadrà. Non
ci sono alternative." quando aveva guardato la telecamera, a Squall era sembrato che dallo
schermo stesse fissando proprio lui.
E adesso, gli sembrava che dallo schermo Nooj Bin Kilika stesse dichiarando guerra proprio a
lui.
La luce saettò dai finestrini del treno senza preavviso. Senza neanche prendere nota di cosa
accadeva intorno a lui, Squall si portò davanti alle portiere.
Uscito dalla stazione sotterranea, si trovò subito sotto i piedi i mosaici color
crema e terra bruciata che pavimentavano Dollet, e la grande fontana barocca color caffellatte.
La cercò a lungo con gli occhi, poi gli parve di vedere qualcosa... un cane albino che correva
verso una ragazza.
Seduta ai piedi della fontana, portava ora un vestito più pregiato, un pezzo unico che lasciava
scoperte le spalle ed una gamba e rifulgeva investito dai raggi riflessi dall'acqua della
fontana. Naturalmente in sfumature d'azzurro. I colpi di sole sui capelli neri erano adesso
più accentuati, malgrado i capelli fossero raccolti in una acconciatura più elaborata.
Abbassando gli occhiali da sole, fissò Squall con occhi dorati, che evidentemente ormai
restavano sempre di quel colore.
Camminando con calma, si sedette sul bordo della fontana accanto a lei.
"Sembri una ricca signora di Dollet, così."
"Sto bene?"
"Aha."
"Grazie."
"Selphie ha rischiato di impazzire quando il cane è scappato. Come ha fatto ad arrivare qui?
A nuoto?"
"Te l'avevo detto, che Angelo era speciale, no?"
"Già."
Entrambi odiavano quella conversazione. Sembravano due amici che non si vedono per qualche mese.
Ma andare dritti al punto era per entrambi un rischio troppo grosso. Che, come sempre, fu lei
a correre.
"Come mi hai trovata? Il tuo invito mi ha sorpreso, a dir poco."
"Dunque, vediamo, come ti ho trovato?" rispose lui con bruciante acidità "Direi... mobilitando
tutte le risorse che avevo e non pensando ad altro in questi diciotto mesi, ecco come. Ma grazie
per il tuo aiuto. Il biglietto che hai lasciato è stato veramente confortante. Avrebbero tutti
pensato che eri stata molto egoista con il tuo cane, ma il biglietto per Selphie, "Ti affido Angelo" ci ha rincuorato tutti."
"Smettila."
"Va bene."
"E' vero quello che ho sentito sul Garden?"
"E' vero."
"Perchè non ti sei dimesso?"
"Me lo chiedono ininterrottamente da un mese."
"Non è una risposta."
"Perchè sono un mercenario."
"La VERA risposta."
"Perchè da quando sono senza di te non riesco a decidere più nulla. Sono un burattino. Spero
di morire in questa guerra, o nella prossima. Non mi frega più di nulla."
"Perdonami."
"Perchè l'hai fatto?"
"Non l'hai capito da solo?"
"No."
"Perchè ti amavo, e stavo diventando lo strumento di qualcun altro per distruggere il
Garden, a cui avevi dedicato la tua vita."
"Il mio primo desiderio era di stare con te, e tu lo sapevi. E non tirare fuori la vecchia
storia che mi importava solo del lavoro, perchè-"
"Oh, via, Squall. Quelli erano solo litigi da innamorati..."
" ...'Solo'?"
"Quando volevo più tempo per me tiravo fuori questa storia. Non l'ho mai pensato davvero."
"Grande. Questo ci riporta alla domanda iniziale: perchè? Perchè non hai creduto nel mio amore?
Perchè non hai creduto che volessi stare con te, sopra ogni altra cosa?"
"Io lo credevo. E provavo la stessa cosa per te. Ma ho sacrificato il mio desiderio per-"
"Per cosa? Per il Garden? D'improvviso amavi i militari così tanto da porli prima di me?"
"No."
"Allora, Rinoa, perchè, per Hyne? Perchè l'hai fatto?"
"Perchè tu eri l'uomo che amavo. Con tutti i tuoi difetti e i tuoi pregi. Anche se non riuscivi
a fare a meno della violenza, sì è vero, non ho mai amato i militari, ma cercavi di porre
la tua forza a servizio degli altri, e facevi questo, il tuo lavoro, con passione
... eri freddo, è vero, e dicevo sempre che non mi piaceva, ma
mi faceva capire quanto tu avessi bisogno di me, per lasciarti andare... perchè eri un eroe e
non volevi esserlo... per quello che ho capito quando la magia della strega ti ha colpito, e
che tu hai capito quando sono rimasta sola nel vuoto siderale e tu ti sei lanciato a
riprendermi, che non volevamo un mondo dove non ci fossimo entrambi... tu eri tutto questo,
Squall, ed eri tutto ciò che volevo. Ma qualcuno voleva usare me... no, usare la mia
discendenza, qualcosa che nè tu nè io potevamo cambiare, per distruggere quello che eri...
per distruggerti. Ogni secondo in più passato con te era per me il paradiso, ma nel
frattempo stavi perdendo tutte le altre cose che avevi... e quando intorno a noi fosse rimasto
il vuoto, tu non saresti stato più il ragazzo che amavo.. e tu non avresti amato più me...
che sarei stata la tua carceriera e non più la tua salvatrice. E, perdonami, perdonami,
perdonami Squall, ma io volevo esserlo, volevo salvarti."
Piangeva.
"Bè... non mi hai salvato."
Senza voltarsi, si alzò e se ne andò verso l'ingresso della stazione.
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Capitolo 9 *** Remiem - Battaglia (preludio) ***
Più che una carezza, sembrava che lo afferrasse per i capelli, scuotendolo come un bambolotto.
"Adesso finalmente vedremo se vali quello che costi!" e ci aggiunse una orribile mistura di un
nitrito e una risata.
Sephiroth non riusciva a non pensare a quanto gli sarebbe piaciuto carbonizzare Horace
Heidegger.
E, del resto, sapeva bene di non poterlo fare...
La maggior parte delle creature di Spira non sa chi le ha messe al mondo, e perchè. Ma lui
sapeva che la ShinRa aveva il segreto della sua nascita... la sua diversità, il motivo per cui
era al mondo, il significato della sua forza...
"Finchè non avrò le mie risposte, non mi resta che servire loro."
Dall'ampia vetrata del Garden in movimento, osservava una immensa pianura erbosa come sezionata
da sottili ma profondissimi crepacci. Si avvicinò al vetro così da vedere meglio il paesaggio
e da essere un pò più lontano da Heidegger.
"La Piana della Bonaccia, così la chiamano nel Wu Tai, dove un tempo si erigeva il monastero
di Remiem... qui, gli invocatori attiravano il mostro Sin per sconfiggerlo e precipitarlo nel
letargo." spiegò la Dirigente Istruttrice Trepe.
"Che puttanata! A che cazzo poteva servire sacrificarsi se poi quel bestione ritornava sempre?
L'ho sempre detto che il Wu Tai è la terra dei coglioni!"
Evidentemente spiazzata dallo stile sboccato di Heidegger, la Dirigente tentò di spiegare.
"Aveva una grande importanza, per loro, poter dormire sonni tranquilli per almeno due o tre
anni, senza il terrore degli attacchi del mostro."
"Puah! Con l'energia Mako possiamo produrre armamenti sufficienti a distruggere quel Zin con un
colpo solo!"
"Sin, non Zin."
"Che importanza ha la storia di queste isole di merda, comunque? Presto le domineremo noi!
Quando conosceranno il nostro stile di vita butteranno nel cesso il loro passato!"
"In proposito... non è mio compito criticare le decisioni del Partito Democratico, però-"
"Però?"
"Perchè tanto sforzo per soggiogare il piccolo Wu Tai? Anche se non aderiscono all'uso della
Mako, non possono danneggiarci in alcun modo."
"Non è un problema economico, ma culturale. Vogliono dimostrare che non esistono alternative
all'energia Mako. Per questo non possono permettere che una intera nazione, anche piccola come
questa, sfugga al loro controllo."
Un minuto di stupefatto silenzio seguì le parole che Sephiroth aveva pronunciato
distrattamente.
"Ma allora parli, mostriciattolo, e il cervello ti funziona pure! E comunque..." Heidegger
si voltò verso Quistis Trepe "...le ricordo che è stato Nooj Bin Kilika a dichiararci
guerra per primo... perciò non abbiamo un cazzo da giustificare."
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Sei anni prima...
La statua di Mihen, fondatore dei Crociati contro Sin, si stagliava davanti a Nooj. Quando era
giovane, era entrato a far parte dei Crociati proprio per diventare come Mihen.
Da quando Sin gli aveva portato via un braccio e una gamba, sostituite con protesi, non
faceva che aspettare la sua morte.
"Ormai, con un corpo così... posso fare solo questo... combattere fino alla morte. Ormai sono una macchina da guerra
malridotta, che non dovrebbe neanche più funzionare."
Paine filmava la statua. Benchè fosse più giovane di tutti e tre, tutti e tre si sentivano
attratti da lei. Ma per rispetto l'uno verso l'altro, nessuno si faceva avanti.
Certo che Paine era un vero mistero... nessuno, vedendola nei suoi completi aderenti di pelle
nera, con quei capelli dal taglio ribelle e quel ciondolo d'acciaio a forma di teschio
spinato, avrebbe anche solo lontanamente immaginato qual'era il suo vero carattere...
Tranne loro, ovviamente... perchè con loro si mostrava per quello che era... silenziosa,
timida, premurosa con tutti e tre.
Gli occhi verdi a spirale di Gippal, tipici degli Al Bhed, gli apparirono davanti.
"Ehi, non starai ancora rimugunando su pensieri suicidi, vero?"
"Che ti frega?"
Gippal fece l'espressione furba che tirava fuori ogni volta che non voleva rispondere, e si
rimise a lavorare sulla nuva arma di sua invenzione, una specie di fucile con
un fascio di tubi da motore dove starebbe il calcio e una sega circolare in cima alla canna.
"La chiamerò 'motogun'... non è forte?"
"Cosa fa di preciso?" chiese Paine con implicita gentilezza, per fargli vedere che
interessava a qualcuno.
"Non so... devo ancora provarla..."
"La chiamerò 'vedi-come-ti-fotti-da-solo-con-armi-che-non-funzionano'."
"Cavolo, Nooj, metti un pò di entusiasmo nella tua vita! Non so chi è peggio tra te e l'altro!"
L'altro, cioè Baralai, eseguiva una specie di danza con il suo bastone al centro della Via
Mihen. Paine osservava incantata il bastone che volteggiando con lui, si allungava e
accorciava grazie ad un meccanismo particolare.
"Baralai!" chiamò Gippal, e lui interruppe l'esercizio.
"Come posso aiutarti?" fece l'altro, a bassa voce come sempre.
"E' o non è il più inutile e noioso turno di ronda della tua carriera di Crociato?"
"E' naturale che ci siano turni più tranquilli... ci saranno anche turni movimentati."
"Ma tu... non ti sbilanci proprio mai?"
Così era allora... Nooj, il più spericolato, era il leader, la fiamma che accendeva l'esplosivo...
Baralai, calmo e riflessivo, era la miccia, che decideva quanto tempo separava l'accensione
dall'esplosione... Gippal, imprevedibile e creativo, era l'esplosivo, e Paine, che si curava
di loro, l'involucro di quella squadra perfetta.
Poi erano passati sei anni...
Sin era stato distrutto da Yuna Bin Bevelle... Nooj era diventato il leader della Lega dell
Gioventù, Baralai il leader di NeoYevon, il gruppo rivale... anche dopo la pace, non si erano
parlati granchè... poi la destituzione e l'imprigionamento di Baralai, e adesso...
E adesso lui, Gippal e Paine stavano lì, alla testa di un migliaio di soldati della Lega,
mentre i templari di NeoYevon sbarravano la strada verso Bevelle, divisi solo da cento
metri di terra della Piana della Bonaccia...
"LO RIPETIAMO DI NUOVO!" urlò con decisione "LIBERATE BARALAI BIN LUKA ED EVITEREMO
SPARGIMENTI DI SANGUE! UNA GUERRA STA PER INIZIARE, E CI SERVE AIUTO ED UNITA'!"
Aveva davvero bisogno di lui per quella guerra? Probabilmente Baralai si sarebbe espresso contro di lui, a
favore della pace... non gli importava, in realtà. Non l'avrebbe lasciato a marcire nei
sotterranei di Bevelle.
"LE NOSTRE ORECCHIE NON SENTONO LE PAROLE DEGLI ERETICI!" gli urlò un templare di rimando.
Ma Nooj non fece in tempo a rispondere, perchè Paine lo scosse per la spalla.
"Che c'è?" chiese a bassa voce, voltandosi. Ma la risposta giunse da sola. Un'ampia ombra
andava coprendo la Piana.
Alzando gli occhi al cielo, Gippal vide qualcosa che, per un attimo, lo entusiasmò.
"Un... un palazzo volante?"
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"Com'è andata la tua visita a Dollet?"
"Taci"
"Hai davvero detto che sono la tua guardia del corpo? Sai, anche se è una messinscena, portare
questa divisa mi dà una certa emozione."
"Taci, ho detto."
"Comunque, ti sei davvero applicato a servire la ShinRa... che idea geniale, attaccare mentre
gli unici due eserciti del Wu Tai sono impegnati ad azzuffarsi tra loro... davvero bra-"
"SEIFER, CAZZO, TACI!"
Stranamente, Seifer sorrise con il suo solito sorriso spavaldo e cattivo, cosa che non
faceva più da quando aveva lasciato l'infermeria, anzi dall'esperienza di Madain Sari.
Come se avesse sentito esattamente ciò che voleva.
"Squall... andiamo, perchè partecipiamo a questa follia?"
"Fanculo! Vattene quando vuoi, come fanno tutti!"
"Sei tu che allontani gli altri, non dare loro la colpa."
"Fottiti" disse aprendo la porta oltre la quale li aspettavano Quistis Trepe, Horace Heidegger
e quel ragazzino inquietante.
"Siamo in volo sopra il territorio di Remiem" annunciò.
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Di ritorno a Guadosalam, avevano capito subito. Tutti.
Il canto funebre dei Guado, che intonavano emettendo un lamento a bocca chiusa, li aveva
accolti col suo significato inequivocabile. I Guado guardavano loro... quel canto era dedicato
a loro.
Tutti e quattro potevano vantare una certa esperienza personale con la morte.
I genitori di
Lulu e Wakka erano stati uccisi da Sin e così Chappu, fratello minore di lui e fidanzato di
lei...
La madre di Yuna era morta anch'essa per mano di Sin, e suo padre Braska si era
sacrificato per sconfiggerlo...
Quanto a Tidus, quando suo padre era sparito dalla Città dei Sogni sua madre aveva perso
voglia di vivere ed era morta presto... era questo il motivo principale per cui Tidus lo aveva
odiato, più che la sua tendenza all'alcolismo o il suo modo di fare brusco e spocchioso...
ma suo padre stesso, Jecht, era stato trasformato in nell'Eone Supremo di Braska, posseduto da
Yu Yevon e infine aveva ricevuto il colpo di grazia da Tidus stesso.
Sì, tutti loro conoscevano bene la morte.
Ecco perchè si sorpresero quando il pensiero di aver perso la loro casa, i loro amici, Vidinu,
sembrò così insopportabile da togliere la voglia di vivere.
"Ogni volta... ogni volta che smetto di pensare alla morte... ogni volta che la vita mi
sembra scontata, non faccio che perdere qualcosa... devo... devo essere più forte di così."
Il volto corrucciato di Yuna, che riceveva i riflessi rossi della collana di Sfere,
si stagliava contro il cielo sereno, scrutando da parte a parte la piana della bonaccia.
"Siete sicuri di volermi seguire? Intendo... tutti?"
"Siamo i tuoi guardiani, Yuna. Lo siamo qualunque cosa accada."
"Wakka... grazie. Lulu, tu...?"
"Non ho niente da aggiungere a quanto ha detto mio marito."
Quel genere di risposte era diventato l'unico che Lulu pronunciava dalla morte di suo figlio.
I suoi occhi color caffè nero, ancora circondati dal rosso del pianto, si tinsero del
colore dorato del potere della strega.
"Ti-"
"Non chiedermelo neanche. Ti amo. Ti seguirei ovunque."
"Ti amo anch'io."
Sorrise, malinconica.
"Allora... andiamo." |
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Capitolo 10 *** Remiem - Battaglia (finale) ***
"Per ciò in cui crediamo! Per la terra che amiamo! Per coloro che vogliamo proteggere!
ALL'ATTACCO!!!"
Squall Leonheart fu felice solo allora di avere dei sottoposti col cervello di una gallina.
Perchè, per lui, un discorso di quel genere era impronunciabile in qualsiasi circostanza, ma
per il suo luogotenente era assolutamente proponibile.
Sei dozzine di piccoli veivoli metallici, guidati da altrettanti SeeD... no, miliziani (si
sarebbe mai abituato a chiamarli così?) con le loro nuove divise blu marchiate ShinRa, si
precipitarono dalla balconata esterna del Garden sopra la Piana della Bonaccia.
Era ironico vedere che le divise verde scuro della Lega della Gioventù e quelle rosso
chiaro dei Templari di NeoYevon, prima rigidamente separate da cento metri di terra che le
trattenevano dallo scontro, ora si mischiavano e confondevano, fraternamente e confusamente, per
ricevere quell'attacco improvviso.
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"Furbi, furbi davvero. Siamo stati degli stupidi."
"Nooj! Muoviti! Ci ritiriamo a Bevelle!"
"Gippal, sei scemo? E' quello che vogliono! In città non potremo combattere liberamente!"
"Quindi?"
Nooj caricava la sua arma, quieto e immobile in mezzo alle legioni in fuga. Era una pistola che
sparava incantesimi sigillati... naturalmente, inventata da Gippal.
"Dimmi...."
"Cosa?"
"Ci sono incantesimi che bloccano le macchine?"
"Naturale!"
Gli passo un tamburo segnato da una striscia blu, e Nooj lo inserì nell'arma appena preparata.
"Che fai?"
"Non sparano. E' come la caccia dei rapaci... vogliono spingerci dove vogliono loro. Dobbiamo
reagire adesso o mai più."
Gippal guardò il campo. Era vero. I veivoli, simili a grossi sedili con artiglieria incorporata,
planavano sulla gente e si risollevavano, senza attaccare. Nooj interruppe le sue valutazioni
sparando un colpo ad un veivolo, che si ricopri di simboli magici color blu scuro, si fermò a
mezz'aria come fosse spento, e crollò di peso a terra, esplodendo.
Tutti si voltarono, a vedere il veivolo abbattuto da un uomo solo.
"FRATELLI MIEI, GENTE DEL WU TAI! IL NEMICO NON E' INVINCIBILE! COMBATTIAMO!"
Al grido di battaglia di Nooj la maggior parte dei soldati di entrambi gli schieramenti
interruppe la corsa e fece marcia indietro. I fucili spararono centinaia di colpi in aria.
Benchè i veivoli, come sapevano già da prima, fossero troppo robusti per venirne scalfiti,
quasi tutti i piloti venivano feriti e costretti ad atterrare, ritrovandosi nel corpo a corpo.
Nella storia del Wu Tai, Nooj Bin Kilika sarebbe stato l'unico uomo a guidare una
battaglia da morto. Infatti subito dopo il suo grido, un proiettile lo aveva raggiunto
spappolandogli il cuore.
Paine cercava di raggiungere lui e Gippal facendosi strada con la spada e la pistola, ma la
calca le sbarrò la strada.
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"Perchè cazzo sparano quei cazzoni dei suoi marmocchi?"
"Perchè quelli sparano a loro, immagino."
"Facciamo due conti, stronzo taciturno... si trattava di, UNO, beccarli mentre erano divisi,
DUE, confonderli e spingerli verso Bevelle, TRE, usare i civili di Bevelle come ostaggio per
metterli nel panico, e QUATTRO, i tuoi uomini sono delle merde incompetenti, ho capito tutto?"
"Le avevo detto che era una strategia stupida. Si dovrebbe considerare anzitutto il proprio
nemico quando si decide come procedere. Dopo secoli di sofferenza, la cultura del Wu Tai non è
individualista come la nostra. Non reagiscono come faremmo noi. Loro stanno anzitutto pensando a
proteggere i civili di Bevelle."
Heidegger gli si piantò di faccia prima di sbraitare "UNA STRATEGIA STUPIDA? COME OSI
PARLARE COSì? SENTI, BESTIA MITOLOGICA DAL CORPO DI UOMO E LA TESTA DI CAZZO TI SERVE UN
RIASSUNTO DELLA SITUAZIONE? TU SEI IL COMANDANTE DELLA MIA- MIA! LA MIA! LA MIA MILIZIA! SE CAGO
SUL CAMPO DI BATTAGLIA IL TUO COMPITO E' PULIRE, E' CHIARO??"
"Come il sole." ribattè placido Squall.
Seifer lo guardava con aria malignamente divertita, come se aspettasse il momento in cui Squall
l'avrebbe gettato giù dalla balconata. Quistis, invece, tratteneva a stento il disagio.
"ALLORA, PER DIO, PULISCI!"
"Avevo già in mente qualcosa." superando il Garden azzurro a gran velocità, due piccole ma
impressionanti aeronavi argentate piombarono sul campo di battaglia.
"Che... che cazzo sono???"
"Aeronavi modello 'SIERRA' costruite da un membro dell'eccelsa famiglia Cid in soli tre
modelli." spiegò Quistis, ma dal tono si capiva che lei stessa non capiva che ci facessero
lì...
....e soprattutto non capiva perchè Squall si impegnava DAVVERO a vincere quella guerra. Un
comandante che salva il suo superiore da decisioni avventate denuncia certamente una certa
partecipazione...
"Leonheart, da quando caghi denaro? Come le hai comprate?"
"Coi vostri soldi." ribattè lui con percettibile acidità "a cosa serve il nostro gemellaggio se
no?"
"Che cerchi di insinuare? Che tu ci sfrutti quanto noi sfruttiamo te?"
"Lo sta dicendo lei, non io."
"Il Garden è la mia puttana, Leonheart, senza obiezioni... e comunque? Che cazzo fanno quelle?
Non sembrano navi da guerra."
In effetti, le SIERRA volavano e si rialzavano proprio come facevano prima i veivoli,
seminando scompiglio, ma non sparavano.
"Non lo sono. Ma loro non lo sanno. Vedrà che faranno scena."
"E anche se fanno scena? I suoi mocciosi sono in netta inferiorità numerica."
"Non se ne preoccupi. Gli alleati terrorizzati... sono peggio dei nemici."
"Il Comandante è un vero genio."
Squall si girò verso Seifer. Aveva pronunciato la frase con apparente innocenza, ma il disgusto
verso di lui si leggeva chiaro nei suoi occhi... per di più, decise di rincarare la dose.
"Sono certo che Principessa sarebbe entusiasta di tanto zelo."
"Principessa?" chiese Heidegger senza interesse.
"E' una mia studentessa." disse Squall, guardando Seifer pieno di rabbia, ma senza che Heidegger
lo vedesse. Il messaggio in codice era chiaro... anche Quistis li guardava sconvolta, avendo
capito di cosa parlavano.
"Principessa" era uno dei soprannomi di Rinoa.
Dando le spalle a Seifer, Squall disse con distacco "Non sono sicuro poi che tutti sappiano
cosa piace e o non piace alle MIE" ricalcò bene la parola "studentesse... ci sarà un motivo se
il comandante sono IO."
Heidegger non notò neppure la tensione tra i due, perchè osservava una cosa nuova sul campo di
battaglia.
"Ehi... anche quello è opera tua?"
Un enorme ibrido tra un drago e un uccello, dal piumaggio che variava dal color sangue al crema,
al blu cobalto, imperversava sul campo, ghermiva miliziani ShinRa con precisione chirurgica
e li scagliava l'uno contro l'altro come proiettili.
"Quello...? N-no..."
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Dopo cinque anni, Tidus rivedeva l'eone Valefor. Aveva un che di rassicurante, forse perchè
ricordava loro Besaid. Per essere la prima volta che veniva usata contro esseri umani,
Valefor non sembrava volerci andare leggera.
Se l'apparizione delle navi volanti aveva gettato gli eserciti nel panico, rendendo la
situazione ingestibile, quella dell'eone ribaltò totalmente la situazione.
"GLI EONI! SONO TORNATI GLI EONI!"
Tidus lo sentì urlare diverse volte, con voci piene di speranza. Lui, Wakka e Lulu stavano
intorno a Yuna che immobile pregava, mentre la collana di globi rossi si era spezzata e
questi fluttuavano intorno al suo collo. Sembrava totalmente immersa nella meditazione.
Senza che avessero neanche il tempo di accorgersene, un miliziano saltò sulla roccia e li
guardò.
"Chi... chi?" decise che non era il tempo di starci troppo a pensare ed estrasse la spada.
"Questo è mio" fece Tidus. Estrasse l'arma che Wakka gli aveva regalato, che prima era
appartenuta al fratello di lui: una spada dalla lama fatta d'acqua.
"A tuo rischio" disse Lulu acida.
Malgrado la scherma del miliziano ShinRa fosse eccellente, diversamente da quella di Tidus che
non era nato spadaccino, non riusciva a prevedere i cambiamenti della lama che cambiava forma
di continuo, seguendo la creatività del suo padrone. Alla fine divenne un blocco cubico che
lo colpì in pieno volto atterrandolo.
"Tidus 1 stronzo 0... la partita è finita" disse spavaldo guardando il nemico privo di sensi.
"Non è finita" Tidus si voltò per vedere Lulu, che aveva parlato: i suoi occhi splendevano
d'oro "Hyne, per la tua eredità- ADE!"
Tidus guardò l'uomo rinvenire appena in tempo per vedere la sua anima strapparsi, come un velo
di luce violacea, dal suo corpo che si contorceva e urlava.
"Nessuna pietà per gli assassini di mio figlio" sibilò.
"Il prossimo lo uccido io" aggiunse Wakka con una voce che metteva i brividi.
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Un altro eone era comparso sul campo. Era una specie di samurai dall'ampio cappello, il cui
corpo era formato da elaborati decori di rame e oro, e coperto in gran parte da un mantello
multicolore. Correva in mezzo alla battaglia agitando la katana apparentemente a casaccio, ma
in realtà per ogni movimento un miliziano ShinRa cadeva a terra privo di vita.
"Stiamo perdendo, stiamo perdendo fottuta parodia di soldato, uomo a imitazione di un testicolo,
stiamo -cazzo- perdendo!"
"Ci dev'essere un invocatore là in mezzo, o più di uno." osservò Squall senza scomporsi.
"Cre- credevo che l'arte dell'invocazione fosse perduta... ne- neanche noi la pratichiamo
più..." disse Quistis incredula.
"Sai che cazzo me ne frega, biondona platinata del cazzo! Dove è -cazzo!- finito -cazzo!- quel
moccioso del cazzo... cazzo! Quel pollo colorato e quello sgorbio con la spada stanno decimando
la tua milizia, fa' qualcosa!"
"Adesso è la mia milizia, uhm? ...comunque... non mi resta che uccidere l'invocatore di
persona." Ciò detto, estrasse la gunblade dalla fodera elaborata della divisa.
"Bravo! Bravo! Sì, giusto, un'ottima idea!"
"Pessima idea, dico io."
Seifer aveva la gunblade puntata verso di lui.
"Cosa credi di fare?"
"Che cazzo...?!?"
"Una scelta"
"Come in passato, immagino."
"Che cazzo di un cazzo sta-"
"Il passato è passato... Squall, se intendi autopunirti perchè- per quello che è successo, fà
pure... ma se intendi farlo conducendo questa sporca guerra, sarò io personalmente a
farti a pezzi."
"Che nobiltà d'animo, che parole poetiche! O forse aspettavi solo la tua rivincita, vero
Seifer Almasy?"
"SEIFER ALMASY?!?"
"Cosa credi di fare? Sei ancora uno straccio per le ferite di Madain Sari. E sulla scherma ti
supererei anche se tu fossi in forma."
"Eh eh eh eh... la scherma, eh? SACRO E' IL NOME DI GILGAMESH, RE DELLE QUATTRO
LAME!"
"Non mi aspettavo di meno da te! VIBRA IL REQUIEM DELLE ANIME DORMIENTI, PER SIREN SUA
CANTRICE!"
"Seifer, Squall! Fermatevi, vi prego!"
"CHE STRACAZZO SUCCEDE!?!"
Come dal nulla, accanto a Seifer svolazzò un mantello scarlatto, adornato con monili d'ottone
massiccio; ammantava un uomo alto e robusto, dalla pelle color pietra, che reggeva quattro
scimitarre con altrettante braccia. Accanto a Squall, volteggiava una bellissima donna nuda
che suonava un'arpa; non aveva una chioma, ma due ampie ali piumate dei colori della
madreperla.
Entrambi erano immobili, e come in trance. A Squall gocciolava sangue dal naso, a Seifer da un
orecchio.
"Allora?"
"E'... è una scommessa pericolosa... Seifer colpirà Squall con quell'eone, e vincerà... ma
Squall conta di addormentare quell'eone prima con la melodia del suo... se dorme l'eone,
dorme anche chi la invocato... di un sonno che si spezza solo con la magia o la morte. Ora
aspettano che-"
"Ma che cazzo mi racconti? Voglio sapere se quello stronzo è Seifer Almasy, se lo è perchè è
qui, se è qui che cazzo sta succedendo! E' chiaro??"
Gli eoni aspettavano ancora a cominciare i rispettivi attacchi, e i loro padroni erano ancora
privi di cognizione.
"Sta... sta succedendo che... succede che..."
Capita spesso che una persona rifletta su stessa per un infinito periodo di tempo, senza
riuscire, neppure per un istante, a vedere una possibilità di cambiare...
Poi, basta un'occasione, e tutto è così chiaro...
Anche lei sguainò la spada, che si scompose in una frusta e vibrò in aria.
"Succede che il Garden si ribella, con o senza il consenso del Comandante. Succede che sei
morto, Horace Heidegger."
"Che ca-"
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"Papà?" disse Tidus.
Era proprio suo padre, o meglio l'eone creato da Braska con il sacrificio di lui. Un gigante
color terra bruciata con una barba e una chioma bianco candido, ornato da corni acuminati
che scendevano a spirale sul suo corpo. Scariche elettirche color fuoco o color turchese
scorrevano da un corno all'altro. Si era fatto strada macellando corpi e veivoli, e aveva
assestato un eccezionale affondo con gli artigli al Garden, che prendeva le distanze volando un
pò traballante.
Jecht si concentrava ora su un gruppo di miliziani sui veivoli, che lo infastidivano ronzandogli
intorno.
Tidus osservava Yuna. Il sudore che imperlava il suo volto era illuminato dalle sfere rosse,
che la faceva apparire come una maschera di sofferenza ingioiellata di rubini.
Si chiedeva sinceramente se fosse meglio continuare a guardarla soffrire o perdere la
battaglia.
Un secondo miliziano si decise a raggiungerli, proprio mentre lui si era distratto a guardarli.
Wakka lo intercettò con una pallonata in faccia che gli ruppe una mascella ma, non contento,
si avventò su di lui e, con sommo orrore di Tidus, lo strangolò con le sue mani. Il Wakka mite
e generoso, per quanto bigotto, del suo passato gli sembrava adesso incredibile che fosse
esistito davvero.
"Yuna, amore mio, in che incubo siamo capitati?" riuscì a stento a pensare.
Con un calcio, Wakka spinse il cadavere giù dalla roccia.
"VENITE PURE!" urlò.
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Paine aprì gli occhi a stento. Riconobbe il volto di colui che la teneva in braccio, nonstante
portasse una divisa e un elmetto da Templare.
"Ba... Baralai?"
"Salve, Paine."
"Eravamo... eravamo qui per..."
"Ho provveduto da solo. Sempre ad intromettervi, vedo. Comunque, vi ringrazio."
"Nooj e Gippal... li hai visti?"
"Sì."
"Sono... vivi? Stanno...bene?"
"Certamente" mentì lui "hanno la pelle dura, lo sai. E' tutto a posto."
"Ma-"
"E' tutto a posto."
"Baralai... sto... morendo?"
"Non dire stupidaggini." mentì di nuovo.
Forse, pensò per un secondo, è proprio il mio lavoro di pretore... imbastire menzogne, che si
vorrebbe tanto che fossero vere.
Ma Paine lo capiva troppo bene.
"Baralai..."
"Cosa?"
"Non... non era il caso di... di litigare per... questioni politiche... vero?"
"Non lo faremo più. Recupereremo il tempo perduto."
"Eh eh eh... certo... Baralai?"
"Sono qui."
"Ti spiacerebbe... vorresti... abbracciarmi?"
La abbracciò. Mantre il suo respiro si faceva sempre più lieve, Baralai osservava la Piana della
Bonaccia. Era sorprendente come quelli che statisticamente erano eserciti insignificanti
diventassero, all'occhio umano, distese di corpi quasi surreali, grottesche.
"Va tutto bene. Va tutto bene, Paine."
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Sephiroth camminava tranquillo su di una distesa di corpi, quando si posò davanti a lui un
volatile, il più grande e bello che avesse mai visto. Lo osservò solo per pochi secondi, come
per accertarsi della sua identità, poi si librò in aria con rapidità incredibile.
Sebbene lui l'avesse osservato con genuina curiosità di bambino, non ci mise molto a
identificarlo come minaccia.
Dal corpo del ragazzino si irradiava come una corrente di energia verde e nera, che strappava
le rocce dal suolo e le faceva vorticare intorno a lui, come per proteggerlo.
Tidus, Lulu e Wakka guardarono i diversi tentativi di Valefor di insinuarsi tra le rocce, tutti
vani. L'eone veniva schiantato a terra e si rialzava ostinatamente, sbattendo di nuovo in
picchiata contro le rocce in movimento.
Sembrava però che il ragazzino perdesse la pazienza...
"Mi hai stancato." disse e, allargando le braccia, le rocce schizzarono tutte verso direzioni
diverse diventando incandescenti; alcune volarono verso la battaglia, una fu schivata da Tidus
con un salto a ruota, un'altra lacerò un'ala di Valefor che cadde a terra piroettando e
poi si dissolse in una nebbiolina luminosa.
Avanzava serenamente verso di loro.
"Ra... ragazzi... attacchiamolo tutti insieme... col massimo della forza..."
Furono interrotti da un gruppo di miliziani ShinRa che sembravano intenti a dirigersi verso
Yuna.
"Che ci fa un ragazzino in un campo di battaglia?" detto da un guerriero di diciassette anni
suonava ridicolo.
"Ehi! Sei del Wu Tai, o della MILIZIA?"
"Come potrebbe essere della MILIZIA?"
"Ha importanza?" chiese Sephiroth un pò scocciato.
"Se sei del Wu Tai ti conviene levarti o ti facciamo fuori!" disse uno un pò più grasso degli
altri.
"Sarà un guardiano dell'invocatrice! Nel Wu Tai sono così spietati da far combattere anche i
bambini..." e qui Tidus dovette trattenersi per non intervenire ":.. fatti da parte moccioso!
Il nostro bersaglio è l'invocatore! I deboli non dovrebbero neanche stare su un campo di
battaglia!"
"Su questo..." disse, e sollevò in aria il pugno chiudendolo, come per stringere
qualcosa.
Da terra uscì qualcosa di simile a delle radici che avvolsero i corpi dei miliziani. Erano come
radici di pietra grigiastra, che crescevano in forma di alti pilastri ignorando la presenza dei
loro corpi che, anzi, diventavano parte della pietra anch'essi. Il tutto avveniva in una
manciata di secondi, senza che Tidus avesse neppure il tempo di metterlo bene a fuoco.
"...non discuto."
Più che magia, sembrava che quel ragazzo piegasse semplicemente la realtà ai suoi voleri.
Oltrepassando il macabro boschetto di pietra che aveva appena creato, arrivò a pochi passi da
loro.
"Chi... chi sei tu?" chiese Tidus, in verità un pò spaventato.
"E' proprio ciò che sto cercando di scoprire."
"ATTACCHIAMOLO!!! ADESSO!!! WAKKA; LA PALLA!" urlò l'altro di risposta. Corse verso l'
avversario e, grazie alla spada liquida che si allungava, eseguì una specie di salto con l'asta
che lo portò molti metri sopra di lui.
"Hyne, per tua concessione, infondo il potere di Firaga a queste mortali spoglie..."
Dei simboli magici incandescenti si disegnarono nell'aria che circondava Lulu.
"Arriva!" fece Wakka scagliando con un preciso movimento del braccio la palla in aria, a pochi
metri da Tidus.
I circoli magici volarono da Lulu al pallone, dove si impressero; quella che Tidus calciò
verso Sephiroth con una rovesciata a mezz'aria era a tutti gli effetti una meteora di fuoco.
Non gli sembrava neanche vero di aver causato lui una esplosione di quella portata.
"L'ha... l'ha schivato?" chiese Wakka.
"N-no... troppo imprevedibile..."
Tra le fiamme, avanzava del tutto illeso. Oltretutto sembrava che le fiamme si diradassero
quando passava lui per richiuderglisi dietro, come se non volessero toccarlo.
"L'ha incassato" disse Lulu con tono severo.
E rimasero immobili finchè lui non fu al centro fra loro tre.
"Domando scusa."
"Co-"
Prima che Tidus articolasse la domanda il corpo del moccioso aveva sprigionato un torrente di
folgori che li aveva sollevati in aria e li aveva fatti riatterrare fumanti, doloranti e
quasi paralizzati.
"Yu... Yuna..." maledisse la sua debolezza. Riusciva a stento a rimanere cosciente.
"A... aspetta..." balbettò Lulu "perchè non ci finisci?"
"Nessuno me l'ha ordinato. La vostra vita e la vostra morte mi sono indifferenti."
"E... e tu... fai tutto ciò che ti ordinano?"
"Esatto"
"Se... se ti ordinassero... di sterminare un villaggio... lo faresti, vero...vero?" la sua voce
era rotta da una nota di pianto "è così che la pensate... vero?"
Solo a quel punto Tidus cominciò a pensare che Lulu stava dando i numeri. Che voleva? Voleva
identificare ogni miliziano con quelli che probabilmente avevano distrutto Besaid? O voleva che
quel moccioso le desse il colpo di grazia? O voleva che-
"E' esattamente quanto ho fatto un mese e mezzo fa."
Con una precisa idea di ciò che significava Tidus, come anche gli altri due, capirono che la
rabbia sarebbe stata sufficiente, da sola, a farli alzare e combattere.
Capirono male.
Nella loro più totale impotenza, Sephiroth si avvicinò a Yuna, assorta nel trance, e le carezzò
una guancia.
"Ma... maldetto bastardo! Perchè fai tutto questo?" disse Tidus usando tutte le forze rimaste
per parlare.
"Te l'ho detto... devo scoprire chi sono."
"Allora vattene all'aldilà e chiedi, dannazione!"
"Non esiste l'aldilà... tutto ciò che possiamo fare è cercare un senso mentre siamo vivi."
rispose lui.
La sua carezza scese in basso, verso il collo.
"Tu l'hai trovato? Il senso della tua vita?" chiese a quel bellissimo volto.
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Quistis Trepe rinvenne, impiegò tre minuti, non meno, per capire cosa aveva davanti. Pavimento.
Garden. Un eone del Wu Tai aveva colpito il Garden e questo era precipitrato, incastrandosi per
fortuna in cima ad un crepaccio. Parte della balconata era crollata. Lei... che stava facendo?
Stava per uccidere a tradimento Horace Heidegger. Poi avrebbe convinto Squall e Seifer a...
Squall? Stava bene? Dov'era? Alzò la testa per vederlo... sì voleva vederlo...
Riconobbe subito il pezzo di metallo freddo contro la sua nuca.
"No" fece appena in tempo a dire prima che Heidegger facesse fuoco.
"La fortuna aiuta gli audaci, si direbbe!" e rise come era solito fare.
Squall guardava Seifer, costretto a faccia in giù da un pilone di pietra e metallo azzurro che
gli bloccava le gambe.
"Eh eh eh... la melodia mi ha ammaliato e... non ho schivato le pietre
alla fine hai vinto di nuovo tu."
Si chinò su di lui.
"Seifer... non avremmo fatto tutti questi errori nella vita, se avessimo imparato una cosa
semplice su di essa."
"Sarebbe?"
La gunblade di Squall lo trapassò dalla schiena al pavimento.
"Non cambia mai."
"Leonheart!!! Sei vivo? Ti ho appena tolto una bella spina nel fianco!"
Si girò verso Heidegger, e allora... vide.
"Che fine ha fatto quel cazzo di ribelle?"
"Quistis... perchè?"
"Che c'è? Te la scopavi? Ne troverai un'altra! Quella troia era in combutta con Seifer Almasy.
Ha detto che con o senza di te si sarebbe ripresa il Garden... se non c'era il botto, cazzo,
erano guai per me e per te!"
Per qualche strana ragione, il solo sospetto che le parole di Heidegger fossero vere lo rese
abbastanza furioso verso Quistis da non dubitarne affatto.
Guardò la Piana della Bonaccia. Gli eoni erano scomparsi. Le due aeronavi erano ridotte a
carcasse fumanti. Tanto i soldati del Wu Tai che i miliziani si ritiravano. I corpi non si
contavano.
"Ho... ho capito. Si porti nella zona blindata. Dirigo io la conclusione della campagna.
Per favore."
La possibilità di essere ucciso aveva reso Heidegger molto più docile, infatti obbedì.
Prima di prendere in mano il trasmettitore, Squall guardò Quistis un'ultima volta.
"Traditrice...."
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Per la prima volta pioveva sulla Piana della Bonaccia.
Sephiroth guardava la pioggia lavare via il sangue dalla sua mano.
La Guerra Santa era iniziata.
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