L.L.

di Mue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Ed eccoci alla quarta e penultima storia dedicata alla coppia Luna/Rolf e al Pigiama Party di Fanworld. Questa volta a tema “commedia” corredato di caramello e zucchero a velo e con la consueta pucciosa betatura di whateverhappened.
Premunitevi di spazzolini da denti e servitevi!
Buona lettura!
Disclaimer: I personaggi e gli elementi creati da J.K. Rowling presenti in questa fanfiction sono suoi e solamente suoi, il resto della storia è tutto una mia invenzione. Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
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Capitolo I




Avonfield, 20 giugno


I signori Peakes sarebbero lieti di avervi come ospiti il 28 giugno, in occasione della festa di compleanno del signor Peakes. Attendiamo una vostra risposta.
Cordiali saluti,
Mr. e Mrs. Peakes

P.S. Rolf, caro, io e tuo zio vogliamo fare le nostre congratulazioni di persona a te e Luna.


Rolf storse il naso leggendo le ultime due righe, aggiunte di persona da sua zia in fondo al biglietto preconfezionato.
«Che cosa c’è? Hai trovato un Mirfo Acqueo nel tè?” chiese Luna, entrando in quel momento dalla porta della cucina e vedendo la sua espressione.
Rolf, sebbene abituato alle assurdità della moglie, gettò comunque un’occhiata inquieta nella tazza sul tavolo. «No, peggio» rispose dopo aver costatato che il suo tè non era abitato da strane creature. «E’ arrivato l’invito di mia zia.»
Luna si sedette impacciata di fronte a lui, ostacolata nei movimenti dal ventre rigonfio. «Davvero? Un invito per cosa?»
Rolf sbuffò. Possibile che dopo due anni di fidanzamento e altri due da sposati Luna chiedesse ancora che invito fosse quello che arrivava tutti i venti giugno da sua zia?
«C’è il solito comitato del pettegolezzo della zona che si raduna a casa dei miei zii, come tutti gli anni» rispose seccamente.
«Oh, vuoi dire che è il compleanno di tuo zio?»
«Quella è, come sempre, la scusa ufficiale.»
«Bene, sono sempre felice di vederli. Sono tanto simpatici e gentili, soprattutto tua zia.»
Rolf non disse niente.
Un tempo, forse, non ci avrebbe pensato due volte a elencare a Luna tutti i terribili difetti della zia Peakes. Ora, però, c’era qualcosa che lo frenava dalle consuete manifestazioni del suo carattere polemico. Qualcosa come una sensazione calda, piacevole e delicata che lo scioglieva tutte le volte che guardava Luna e la sua pancia che di mese in mese andava crescendo sempre di più.
Sì, sua moglie era incinta; e Rolf non avrebbe potuto essere più fiero.
E, a dirla tutta, non avrebbe potuto essere nemmeno più paranoico.
«Sei sicura di voler andare?» domandò a Luna, serio. «E se ti affaticassi troppo? Ci sarà tanta gente e un sacco di rumore, e magari è meglio che ti riposi…»
«Sciocchezze! Sto benissimo, e andare da loro mi metterà allegria.»
«Ma se ti agitassi troppo? Magari non fa bene al bambino. Dovresti chiedere al Medimago se…»
«No, non è necessario» lo rassicurò gentilmente Luna.
«E se fosse proprio il giorno in cui deve nascere? Come facciamo a…»
«Mancano ancora quasi due mesi.»
«Ma la pancia è molto grande… forse è cresciuto più in fretta, o magari è precoce…»
«Non credo; però forse può essere affetto di Colossosi…» ipotizzò Luna, facendosi pensierosa.
«Cosa?!» scattò Rolf, atterrito.
«Oh, sì, è una malattia che viene attaccata dai Blemmifiri e che fa crescere il bambino a dismisura. Forse l’ha contratta l’ultima volta che sono andata con papà a cercarne qualcuno; sai, penso che ne avessimo quasi scovato un esemplare, però…»
Rolf rinunciò ad ascoltare il resto, tirando un sospiro di sollievo. Se c’era una sola cosa che non poteva allarmarlo per la gravidanza di Luna, erano le trovate bislacche di lei e suo padre sulle creature inesistenti.
«Cosa c’è scritto dietro il biglietto?» chiese a un tratto Luna, ridestando la sua attenzione.
Rolf rigirò il biglietto che aveva tra le mani e vide che la zia aveva aggiunto un P.P.S. sul lato posteriore, dato che su quello anteriore non ci stava più nulla.

P.P.S. Avete già deciso il nome? Io e tuo zio avremmo da suggerirne qualcuno.

Rolf strabuzzò gli occhi e rilesse il “qualcuno” sottolineato.
Bene, ci mancava solo questo, pensò tra sé, seccato.
Il ventotto giugno sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Buongiorno ^-^
Oggi il sole splende, le campane suonano e i piccioni si librano nell'aria sgraditi come sempre. Sono di ottimo umore, felice di rivedere tante e tanti di voi che continuano a seguire Luna e Rolf nelle loro amorevoli vicende *-*
Giusto per aggiungere le solite informazioni di servizio, vi avviso che questa storia è molto breve, di soli quattro capitoli, perciò gustateveli più che potete.
Buona lettura!
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Capitolo II



Casa Peakes, 28 giugno

«… Perché io e tuo zio pensavamo che potessi aver bisogno di aiuto con i nomi; sai, è sempre difficile trovarne uno, e anche se adesso per alcuni c’è il riprovevole metodo di scegliere a caso con quel Libro per Nomi Incidentali…»
«Zia…» cercò di interromperla Rolf pacatamente.
Erano nel salotto di Casa Peakes, assordati dalla voce trillante di Celestina Warbeck proveniente dalla vecchia radio all’angolo e circondati da ospiti che vagavano per la stanza, sgranocchiando noccioline e bevendo Burrobirra.
«Ovviamente puoi anche guardare le liste dei nomi più in voga in questo periodo, se vuoi essere alla moda» intervenne la signora Quince, la vicina di casa di sua zia, seduta di fronte a loro. «Sullo scorso numero del Settimanale delle Streghe c’era un articolo a questo proposito. Eustacia, cara, non ne avevi una copia?»
«Non è necessario, davvero…» cercò di dire Rolf, ma sua zia scattò in piedi.
«Ma certo che ce l’ho. Dove l’ho messa? Ah, eccola!» affermò trionfante, estraendola da un cesto pieno di riviste.
Rolf serrò la bocca, rassegnato a subire l’inevitabile.
«Dunque, i nomi… ecco, trovato» annunciò sua zia. «E’ un’intervista a una delle dipendenti del Reparto Anagrafe al Ministero della Magia.»
«Sì, è la cara e vecchia Brigitte. Era nel mio anno, quando andavo a Hogwarts, sapete?» intervenne la signora Wencel, seduta accanto a Rolf.
Nessuno le diede retta.
«Dunque» cominciò zia Peakes, scorrendo la pagina della rivista «qui dice che i nomi più alla moda per i maschi ultimamente sono Ogden…»
Cominciamo bene, pensò Rolf tra sé, sarcastico.
«… Virgil, Ulric…» proseguì sua zia.
L’orrore di Rolf crebbe.
«… Canis…»
«Canis?» ripetè sbigottito Rolf.
«Sì, il nome della costellazione» spiegò la signora Quince risaputa. «Sembra che ora vada molto di moda chiamare i figli con i nomi delle stelle.»
«Già, proprio così… e per finire Albus» concluse zia Peakes, alzando gli occhi dalla rivista con un sorriso.
Rolf non ebbe nemmeno la forza di ripeterlo, ma la sua espressione doveva mostrare chiaramente cosa pensava di quel nome.
«Suvvia, non fare quella faccia, Rolf. Era il nome di Silente, e da quando due mesi fa Harry Potter ha chiamato suo figlio così si è diffuso a macchia d’olio.»
«Già; anche il suo secondo nome, Severus, è diventato più popolare, ma non tanto quanto Albus» annuì la signora Wencel.
Rolf boccheggiò. «Ha chiamato suo figlio Albus Severus?» domandò debolmente.
«Sì. Non pensi che sia meraviglioso? Un grande gesto per un grande uomo qual è Harry Potter.»
Tutte le presenti confermarono con un cenno del capo, e Rolf ebbe la certezza che il fantomatico Harry Potter, salvatore del Mondo Magico, doveva essere uno svitato di prima categoria. Nessuna stranezza che a Hogwarts fosse amico di Luna. Poi gli venne in mente che lui stesso Luna l’aveva sposata, e si convinse che Harry Potter non fosse così pazzo, dopotutto.
«E poi ci sono anche i nomi femminili!» esclamò sua zia.
«Zia» si affrettò a interromperla Rolf. «Non voglio dare un nome alla moda a mio figlio. E nemmeno a mia figlia» aggiunse, mentre sua zia stava già per replicare con qualcosa.
«Come preferisci» assentì lei. «Allora vuoi seguire la tradizione e dargli un nome di un parente?»
Rolf stava già per rispondere un secco «No», ma le adorabili signore sedutegli intorno lo precedettero.
«Potresti usare il nome di tuo padre. Non ci sono molti Wolfgang in giro, oggigiorno» propose la signora Quince.
«Oppure il nome di tua madre, se è una femmina. Però ha quell’assurda pronuncia francese che renderebbe difficile la vita alla bimba» affermò la signora Peakes.
«Oh, avevi una madre francese, Rolf?» esclamò la signora Wencel. «Non ne sapevo niente.»
Rolf strinse i denti. «Sì. Si chiama Cléophée, ed è viva e vegeta.»
«Oh, allora è meglio di no. Potrebbe portare sfortuna» obiettò la signora Quince. «Alcuni dicono che fa anticipare la morte della persona più anziana chiamata con quel nome.»
Se fosse così, chiamerei Eustacia di primo e anche di secondo nome tutte le mie figlie, pensò Rolf cupamente.
«E se invece lo chiamasse con una caratteristica fisica? Mio figlio, quando nacque la mia nipotina, la chiamò Fiordaliso per i suoi occhi azzurri» affermò la signora Quince.
Rolf rabbrividì.
«E’ vero, lo ha fatto anche mia nipote. Ha chiamato sua figlia Scarlett.»
«Aveva gli occhi rossi?» chiese Rolf, sarcastico.
«Ma certo che no! Solo i capelli» replicò la signora Wencel, sconvolta.
Rolf sospirò. Ma chi glielo aveva fatto fare?
Lanciò un’occhiata invidiosa a Luna, che fin dal loro arrivo era stata fatta accomodare in un angolo tranquillo con zio Peakes, costretto a stare seduto a causa della gotta che lo affliggeva. Stavano chiacchierando amabilmente, probabilmente di cose tutt’altro che inerenti a nomi e secondi nomi.
«Comunque, Rolf, ora avrai almeno idea di come scegliere il nome, vero?» disse sua zia, incoraggiante.
Rolf si voltò a guardarla, serio. «Sì, un’idea sì. Come hai detto che si chiama quel libro? Per Nomi Incidentali, forse?»

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Oggi ho poco fiato e molti impegni, perciò mi limito a postare il nuovo capitolo e lanciarvi un saluto affettuoso *-*
Buona lettura!
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Capitolo III



Avonfield, 16 agosto

Il momento era vicino, e Rolf era sempre più teso.
Mancavano solo quattro giorni. Quattro giorni.
A Casa Scamandro la tensione si faceva sempre più palpabile. La tensione di Rolf, ovviamente, perché Luna pareva invece l’incarnazione della beatitudine. Canticchiava tra sé, passava quasi tutto il giorno distesa sul divano a leggere o a passeggiare lentamente.
Ogni tanto Rolf la vedeva irrigidirsi per qualche fitta, e allora si faceva prendere dal panico.
«Andiamo in ospedale! E’ il momento!» cominciava a berciare, agitatissimo.
«Rolf…»
«No, non parlare. Stai ferma, rilassati e…»
«Rolf…»
«Vado a prendere la Polvere Volante immediatamente! Aspettami lì!»
«Rolf, è solo il bambino che si muove.»
«Ne sei sicura? E se non fosse così? E se…»
«Oh, Rolf, sei ridicolo!»
Luna non aveva mai dato del ridicolo a Rolf, ma da quando era incominciato l’ultimo mese di gravidanza non poteva far altro che trovare buffa tutta quella sua agitazione.
Suo marito aveva comprato tonnellate di Polvere Volante, nel terrore di non averne quando sarebbe arrivato il momento; non voleva usare la Smaterializzazione, nemmeno quella congiunta, perché temeva follemente che potesse succedere qualcosa a Luna o al bambino. Aveva anche ottenuto il permesso di una Passaporta diretta per l’ospedale San Mungo, che faceva tenere a Luna sempre vicina. Ogni mattina andava nelle scuderie, liberava i cavalli alati e dieci minuti dopo li richiudeva di nuovo nelle stalle per correre da sua moglie, temendo che potesse arrivare il momento mentre lui non era in casa. E, infine, fumava come un drago in calore, anche se mai in presenza di Luna; era persino riuscito a esaurire le scorte di tabacco Burley Alato della farmacia di Diagon Alley.
Luna onestamente cominciava a essere un po’ spazientita dal comportamento strano di Rolf, e i cavalli non erano da meno: non avevano mai visto il loro padrone così esagitato.
Quel pomeriggio aveva appena aperto le porte della scuderia, mentre già il suo pensiero andava a Luna.
Stava trafficando con i finimenti appesi a un gancio, la pipa in bocca di traverso e una densa nuvola di fumo azzurro che lo avvolgeva. Improvvisamente sentì qualcuno che gli batteva amichevolmente su una spalla.
«Luna, sto fumando, non venire…» scattò, voltandosi.
Non si trovò di fronte al viso dolce e chiaro di Luna, ma davanti a quello squadrato e ridente di un uomo. Un giovane biondo e piuttosto alto. Rawdon Greengrass, il suo migliore amico.
«Ciao, Rolf. Nervosetto, eh?»
Rolf si trattenne a stento dal tirargli un pugno dritto nella mascella. «Rawdon! Sei diventato ancora più cretino del solito?! Cosa fai qui?»
«Ehi, ma che accoglienza! Il tuo migliore amico viene a farti visita e lo tratti così?»
Rolf sbuffò, tornando ai finimenti. «Che cosa vuoi?»
«Te l’ho appena detto. Sono venuto a farti visita. Ti ho cercato in casa e Luna mi ha detto che eri qui.»
Rolf grugnì.
«Mi ha anche detto che non avete ancora deciso il nome. Non hai nessuna idea?»
«No» fece Rolf seccamente. Con quella storia del nome lo stavano davvero facendo irritare.
Rawdon sogghignò e si prese la sedia accanto allo scaffale dei finimenti, accomodandosi. «Sai che anche Astoria aspetta un figlio?»
«Da Malfoy?»
«Be’, e da chi altri, se suo marito è lui?» ribatté Rawdon con una smorfia.
«E loro il nome l’hanno già deciso?» fece Rolf, scettico.
»Se è una femmina la chiameranno Lyra Narcissa» rispose lui in tono discorsivo.
«E se fosse un maschio?»
«Scorpius Hyperion.»
Rolf gli lanciò un’occhiataccia. «E che razza di nome è “Scorpius”?»
Rawdon scrollò le spalle. «Un nome come un altro. Tra i Black è tradizione chiamarsi con i nomi di costellazioni, e loro non vogliono abbandonare l’usanza, anche se Malfoy è Black solo da parte di madre.»
Rolf sbuffò. «Avrebbero potuto sceglierne uno migliore.»
«Non spetta a noi giudicarli. D’altro canto almeno loro l’hanno trovato. Tu brancoli ancora nel buio totale, a quanto sembra. E tuo figlio nascerà prima del loro.»
Rolf alzò gli occhi al cielo. «E che cosa vuoi che faccia? Tutti i suggerimenti che mi hanno dato finora sono stati… be’, a dir poco rivoltanti.»
«Per esempio?» chiese Rawdon, interessato.
«Tu chiameresti mai tuo figlio “Canis”?»
Rawdon inarcò un sopracciglio. «No, direi proprio di no.»
«E allora hai qualche consiglio più intelligente da darmi? O sei qui solo per darmi fastidio, come al solito?»
Rawdon sospirò, poi assunse un’espressione pensosa. «Sai, ho sempre pensato che un nome è un’etichetta che ti porti dietro.»
«Mi stai dicendo che non devo dare nessun nome a mio figlio per non etichettarlo?»
«Ti sto dicendo che se devi proprio scegliergli un’etichetta, devi sceglierne una grandiosa. Una che possa portare a testa alta.»
«E dove lo trovo un nome così?» sbottò Rolf, frustrato.
Rawdon gli sorrise. «Da qualche parte c’è. Basta che tu vada a cercarlo.» Si alzò e si spolverò il mantello. «Ora vado.»
«Di già?» fece Rolf, sorpreso. Di solito Rawdon si stancava di tormentarlo solo dopo un lungo lasso di tempo -e una lunga prova della pazienza di Rolf.- Era strano che se ne andasse così presto.
«Sì, è meglio. Tra l’altro, mi stavo dimenticando di due cose.»
«Che cosa?» fece Rolf, sempre più perplesso.
«Questo» disse lui, tirando fuori un grosso libro e lanciandoglielo. Rolf riuscì a prenderlo al volo solo perché aveva riflessi molto pronti.
«Che roba è?»
«Compendio di re e generali della storia» rispose l’amico. «Magari per un maschio qualcosa di decente puoi trovarlo, lì dentro.»
Rolf si rigirò tra le mani il tomo: era pesante, con la copertina spessa e rigida, e sembrava vecchio. «E la seconda cosa?»
«Ah, sì.» Rawdon sorrise. «Quando sono uscito da casa tua Luna ha detto di dirti che era il momento e che andava in ospedale da sola. Ha detto di raggiungerla quando avrai finito di prenderti cura dei cavalli.»
«DANNAZIONE!» esplose Rolf, lasciando cadere le briglie che teneva in mano e fiondandosi fuori dalla scuderia.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV
 

San Mungo, 17 agosto

Otto ore.
Erano otto ore che Luna era in quella camera.
Ed erano otto ore che Rolf, fuori, camminava avanti e indietro lungo il corridoio.
A mezzanotte e mezzo, sfinito, si costrinse infine a sedersi su una delle panche di legno e a darsi una calmata. Respirò a fondo e nel momento in cui si portò le mani al volto per strofinarselo, si accorse che in una aveva ancora il libro di Rawdon.
Lo fissò, assente. Passò i polpastrelli sulla copertina, avvertendo la pelle consunta sotto le dita e la pressione delle lettere dorate che formavano il titolo. Quel libro era antico, e doveva valere un mucchio di soldi. Eppure Rawdon non ci aveva pensato due volte a lanciarglielo, nella scuderia.
Era fatto così, Rawdon: con quel suo modo di fare sprezzante e giocoso. Lo aveva incontrato anni addietro, a Vienna, durante un convegno sul sangue misto di maghi e creature magiche. Rawdon era venuto a stringergli la mano e gli aveva chiesto, alludendo alle sue strane sopracciglia, se pure lui avesse sangue misto di qualche creatura.
Rolf, ovviamente, non l’aveva presa granché bene, ma Rawdon aveva continuato a trattarlo in modo tanto amichevole da convincere rapidamente tutti, Rolf compreso, che erano davvero amici.
Sospirò e aprì il libro alla prima pagina. E sorrise.
Lì, sotto il titolo, Rawdon aveva scritto frettolosamente una riga.

Pagina 455, paragrafo 6. Il nome migliore. R.L.L.G.

Idiota, pensò divertito Rolf, andando a pagina 455 e al paragrafo sei. Aveva già una vaga idea di cosa aspettarsi.
E infatti lesse: Rawdon Hastur, Mago Guerriero del 1102, seguito dalla descrizione piuttosto scarna delle imprese, della casata e della data di morte.
Sorrise e richiuse il libro, sospirando. Appoggiò la testa allo schienale della sedia e sentì la tensione sciogliersi un po’.
Si appisolò.

*


Non era possibile.
Doveva aver sentito male. Sì, sicuramente era così. Non poteva essere.
«Scusi, credo di aver capito male…»
Il sorriso sul volto dell’infermiera si fece ancora più largo. «Ho detto che sono due, signore.»
Due. No, non poteva essere. Due. Non uno. Due!
«Ma ne è proprio certa?»
«Sì, signore. Due gemelli maschi. Bellissimi, somigliano moltissimo a sua moglie. Hanno gli occhi azzurri.»
Per un breve, folle istante Rolf riudì nella testa la voce della signora Quince.
«Mio figlio, quando nacque la mia nipotina, la chiamò Fiordaliso per i suoi occhi azzurri.»
Poi scoppiò a ridere.
Non era certo che ridesse per il pensiero di chiamare “Fiordaliso” uno dei suoi figli maschi, per la sorpresa o semplicemente perché, finalmente, era finita.
Finita? Ma che sto dicendo? E’ appena cominciata.
Sorrise, e l’infermiera davanti a lui pensò che quell’uomo alto dalle sopracciglia oblique avesse uno dei sorrisi più belli che avesse mai visto. Il sorriso di un uomo appena diventato padre.
«Sapete già come li chiamerete, signore?»
Rolf si fece serio di colpo. Ecco, questo era un gran bel problema. Ora non aveva solo un nome da scegliere. Ne aveva due.
Gettò un’occhiata indietro, al libro che gli aveva regalato Rawdon. Non l’aveva nemmeno sfogliato, dopo averlo richiuso quella notte.
«Ecco, io…» cominciò, poi ebbe un lampo.
Si voltò di nuovo verso il libro, lo prese in mano e aprì la prima pagina, alla riga scritta da Rawdon.
R.L.L.G.
Rawdon L.L. Greegrass.

Cercò di tornare indietro nella memoria, a un pomeriggio piovoso in cui lui e Rawdon erano chiusi nel soggiorno di casa sua dopo che il loro progetto di fare una gita in campagna era sfumato a causa del tempo.

«Che cosa sono quelle due “L” nel tuo nome, Rawdon?» gli aveva chiesto Rolf, vedendo le iniziali dell’amico incise sull’orologio da taschino con cui stava giocherellando.
«Il mio secondo e il mio terzo nome: Lorcan Lysander.»
Rolf aveva riso. «Ma che razza di nomi sono?»
Rawdon l’aveva guardato, serio. «Dei gran bei nomi. Lorcan era un re irlandese del passato, Lysander un generale greco.»
«E perché ti hanno dato quei due nomi? Non te ne bastava uno?»
«No. Mi servono per ricordare che se Rawdon non è abbastanza forte per qualcosa, lo sono Lorcan e Lysander.»

Rolf sorrise all’infermiera.
«Sì, lo so già.»

Fine


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Ed eccoci di nuovo alla fine di un'altra breve storia
Che dire? Sono felicissima di avervi avuto anche questa volta a seguire Luna e Rolf e spero di risentirvi alla prossima e, purtroppo, ultima loro vicenda.
Grazie di tutto, e, spero, arrivederci!

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