Kidnapped Cinderella (Cenerentola Rapita)

di KissMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Kidnapped Cinderella


1.

Chiusi la cerniera della sacca che conteneva i miei pochi stracci, tutto quello che mi era rimasto dopo sei anni di reclusione. Il mio sguardo automaticamente andò a quella piccola finestrella, posta a pochi centimetri dal soffitto che solitamente fissavo per ore, come se il mio sguardo potesse sciogliere quelle robuste sbarre di metallo. Le mie labbra si incurvarono in un leggero sorriso che però assomigliava più ad una smorfia, tanto era il tempo che non lo facevo. Di lì a poco avrei riacquistato la libertà e quella finestra , che rappresentava il mio unico sguardo sul mondo esterno, sarebbe stata un lontano ricordo. Mi passai una mano sul viso e il palmo grattò contro una barba incolta, nonostante tutto faticavo ad essere felice...sì avevo la libertà, ma cosa avrei fatto? Dove sarei andato? Non avevo nessuno la fuori ad aspettarmi. Un rumore metallico alle mie spalle mi riscosse da questi pensieri, mi voltai di scatto instintivamente guardingo, era un atteggiamento che in sei anni avevo imparato ad assumere in quel posto. Mi rilassai subito vedendo il secondino che, seppur con riluttanza, veniva ad aprirmi la porta della cella, per l'ultima volta...
-Muoviti Rivera! Non ho tutto il tempo da sprecare con un rifiuto come te-
Mi disse in modo brusco e scocciato. Senza repliche mi caricai la sacca in spalla e con lo sguardo dritto e fiero, come si addice ad un uomo libero, oltrepassai la soglia della cella compiendo il primo passo da scarcerato. La guardia mi guidò lungo un corridoio spoglio e maltenuto che troppe volte ho percorso; conduceva all'uscita, ma anche all'area recintata con filo spinato ed elettrico, adibita a cortile per l'ora d'aria. Prima di poter uscire definitivamente il secondino mi appioppò un pesante plico contenente svariati documenti, classica pratica per tutti gli scarcerati, dopodichè mi aprì il portone e quasi credetti di sentirmi male...erano anni ormai che non vedevo uno spazio aperto tanto vasto. Feci un cenno di saluto con la testa alla guardia e mi affrettai ad uscire benchè non sapessi dove mi avrebbero guidato i miei passi.
-Nicholas Rivera?-
Una voce burbera richiamò la mia attenzione, per un attimo temetti che la mia liberazione fosse solo un bellissimo sogno e che qualcuno mi stava richiamando alla realtà, ma appena mi voltai vidi un uomo oltre la recinzione che mi fissava con aria seria e austera
-Sei tu Nicholas Rivera?-
Chiese nuovamente quell'uomo. L'avevo già visto qualche volta, era molto rispettato tra i carcerati, ma fortunatamente non avevo mai avuto niente a che fare con lui...fino ad allora.
Annuii in direzione dell'uomo e cautamente mi avvicinai alla recinzione che ci separava
-Sì sono io. Che vuole da me?-
Gli chiesi con aria altrettanto austera nonostante mi intimorisse un po'. L'uomo rimase un lungo istante a fissarmi come se stesse valutando qualcosa e solo dopo si decise a parlare
-Tuo padre era un mio carissimo amico, ma mi deve ancora un grosso favore-
spiegò con la voce roca per il troppo fumo e l'aria greve di chi porta un grosso peso sulle spalle. Incrociai le braccia al petto e scossi la testa riluttante
-Mi dispiace, ma mio padre è morto e io non voglio immischiarmi più nei suoi affari. Sei anni qui dentro mi sono bastati-
asserii con decisione. Era proprio per colpa di mio padre che avevo passato sei interminabili anni in prigione. Avevo appena compiuto diciotto anni quando mi trascinarono qui dentro con l'assurda accusa di truffa aggravata ed io nemmeno sapevo il motivo. Ci pensò proprio mio padre a spiegarmi tutto, durante un'occasionale visita...a quanto pare per pararsi i fondelli aveva deciso di denunciare il suo unico figlio, conscio che l'età sarebbe servita da attenuante per una riduzione della pena. Fu l'ultima volta che gli parlai, qualche mese dopo morì sotto una scarica di proiettili...pazienza un problema in meno.
-Ti prego Nicholas lasciati alle spalle il rancore verso tuo padre e abbi almeno la pazienza di ascoltarmi. Potrai decidere solo dopo se accettare o rifiutare la mia offerta. Ti racconterò la mia storia, il motivo che mi spinge è il più semplice: la vendetta. E ciò che desidero è che ascolti la mia storia fino in fondo.-
Sembrava sincero ed era evidente che soffriva per qualcosa, ma avevo anche imparato a mie spese che, fidarsi dei criminali, non porta mai a nulla di buono. Indeciso sul da farsi gli feci cenno di continuare, l'avrei pazientemente ascoltato per poi rifiutare.
-Bene, crecherò di essere il più dettagliato possibile e conciso allo stesso tempo. Vedi io vengo da Buenos Aires, sono ormai dieci anni che sono rinchiuso qui dentro. In Argentina avevo una vita meravigliosa, una bella casa, un lavoro redditizio, una moglie splendida e due figli che erano la mia gioia più grande. Fabio e Antonella, si chiamavano, uno l'opposto dell'altra. Il maggiore era molto calmo e riflessivo, sempre pronto ad aiutare, la più piccola invece era un vulcano di energia e allegria...si sentiva la regina del mondo. Io ero il direttore di una multinazionale ormai caduta in rovina, e proprio per il mio lavoro entravo in contatto con molti uomini d'affari. Qui comincia il dramma della famiglia Lamas Bernardi e il mio lungo calvario. Ebbi l'incredibile sfortuna di entrare in contatto con un uomo potentissimo di nome Alan Taylor. Taylor era un magnate statunitense che voleva espandere le sue proprietà anche nell'America Latina e come obiettivo aveva localizzato la mia multinazionale. Io e i miei soci, tra cui tuo padre, decidemmo di organizzare una truffa ai danni del magnate in modo da poterci tenere la multinazionale e in più guadagnare altro denaro. Purtroppo però questa mossa non andò a buon fine e Taylor se la prese direttamente con me e la mia famiglia. Ti risparmio i dettagli perchè sarebbe troppo doloroso per me raccontarli, ma ti basti sapere che uccise a sangue freddo il mio figlio più grande, mentre la bambina è scomparsa nel nulla senza lasciare un minimo frammento di traccia. Nessuno sa dire se sia ancora viva oppure no. Ma Taylor non si è fermato a questo scempio, è riuscito a procurare prove fasulle per far ricadere la colpa su di me in modo da uscirne con le mani pulite. E perciò eccomi qui in un carcere spagnolo a migliai di Kilometri dalla mia povera moglie e con la netta convinzione che la mia piccola Antonella sia ancora viva da qualche parte in questo lurido mondo.-
Rimasi allibito da quel racconto sconcertante, ma non dissi nulla aspettai che avanzasse la sua proposta visto che ancora non avevo capito dove voleva andare a parare. Notai che il suo sguardo si perdeva oltre il mio volto, come s efossi trasparente, era immerso in chissà quale ricordo. La sua mano scivolò in una tasca della divisa da carcerato e ne estrasse una fotografia consunta e ingiallita dal sole e dal tempo...me la tese oltre la rete, con cautela la presi attento a non toccare la rete metallica. Osservai il viso di una bambina splendida con lunghi boccoli scuri, occhi vispi e furbi, il viso tenero ed innocente che veniva però tradito da un sorrisino tipico di una malefatta. Era la bambina più bella che avessi mai visto.
-Questa è la mia piccola Antonella, lì aveva cinque anni, due giorni dopo è sparita. Ora Nicholas, ti offro la possibilità di ripagare a tutti gli errori di tuo padre e miei, ovviamente vorrei poterlo fare io, ma come vedi sono impossibilitato. Trova la mia bambina, scopri se è viva o morta e aiutala a ritornare da sua madre e da me. So che non hai un posto dove andare, io ti posso offrire una casa per tutto il tempo che ti sarà necessario. Guarda sul retro della fotografia, lì c'è un numero di telefono, è di mia moglie si chiama Bianca. Lei saprà fornirti il denaro necessario per un biglietto aereo per Buenos Aires e ti stabilirai in quella che una volta era casa mia. Da lì comincia le tue ricerche, hai libero accesso a tutto ciò che riguarda la mia famiglia, scava, cerca, indaga, fai quello che ti pare, ma riportami la mia bambina-
Deglutii, mi stava chiedendo davvero la luna. Come potevo trovare una ragazzina che doveva avere si e no quindici anni, basandomi su una vecchia foto e nient'altro? In più non sapevo nemmeno se era ancora viva oppure no, se avessi voluto trovare un ago in un pagliaio sarebbe stata un'impresa più facile. Mi passai una mano sul viso, ero combattuto all'inverosimile...sentivo che mi stavo cacciando in brutto guaio eppure non riuscivo ad ignorare il dolore di quel padre, soprattutto se pensavo che stava pagando una colpa non sua, proprio come era successo a me. Staccai lo sguardo dalla fotografia che ormai mi aveva ipnotizzato e lo spostai sull'uomo di fronte a me
-Non le posso assicurare niente, ma non posso nemmeno ignorare a cuor leggero questa storia. Se è vero quello che mi ha raccontato lei si trova nella mia stessa situazione e credo che le darò una mano. Ma se inizia a diventar eun pericolo troppo rischioso per me mollerò tutto...le sia chiaro-
asserii con decisione, non volevo mettere a rischio me stesso per una persona che nemmeno conoscevo. Vidi subito una luce di speranza nello sguardo dell'uomo che annuì impercettibilmente. aprì bocca per aggiungere altro, ma in quell'istante venne raggiunto da un secondino che gli portava una sottile busta di carta. L'uomo e la guardia non si dissero nulla come se quella busta recapitata così all'improvviso fosse qualcosa di abituale. E così era come scoprii pochi istanti dopo
-C'è una parte della storia che ti ho tenuto nascosto Nicholas, ed è proprio questa busta. Ogni anno da quando sono qui, questo stesso giorno, mi viene recapitata una busta anonima che contiene sempre la stessa cosa-
Nel parlare aprì con cautela la busta bianca e versò il contenuto sul palmo della sua mano. Un sottile giglio pressato uscì dalla busta e si posò sulla mano del carcerato. La cosa era più criptica di quanto pensassi, osservai l'uomo incuriostio e con aria confusa ed interrogativa
-Nemmeno io so spiegarmelo, ma so per certo che proviene da Alan Taylor, è una crudele ricorrenza visto che oggi ricade il decimo anno dalla sparizione di mia figlia-
Deglutii, quell'Alan Taylor era anche peggio di come pensassi, giocava sul dolore altrui. Con un sospiro ripiegai la fotografia e la misi in tasca, sistemai la sacca in spalla e con un solo sguardo mi congedai dall'uomo lasciandolo ai suoi dolorosi ricordi. Gli voltai le spalle e mi allontanai, con passo pesante e strascicato, da quel luogo che per anni era stato il mio incubo. Solo di una cosa ero certo, avrei trovato quella ragazzina ovunque fosse nascosta fosse stata l'ultima cosa che avrei fatto.


SPAZIO DELL'AUTRICE:


Ebbene sì eccomi con la mia prima ficcy sul Mondo di Patty che personalmente adoro. Riconosco che forse questo capitolo può risultare in parte noioso, ma mi è servito per introdurre la storia e spero di aver incuriosito chiunque l'abbia letto (o almeno qualcuno :P). Come potete vedere ho preso solamente i personaggi dalla serie, mentre la storia è totalmente inventata (Piccola ispirazione presa dal libro "Uomini che odiano le donne"). Premetto che sarà una sorta di Cenerentola moderna e in chiave un po' Thriller, boh vedrò cosa mi verrà in mente andando avanti. Recensite in tanti mi raccomando, accetto commenti positivi e negativi, basta che siano costruttivi (fa pure rima!!!). Un Beso
KissMe

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Capitolo 2
*** 2. ***


Kidnapped Cinderella


2.

Era ormai tarda sera quando terminai il mio frugale pasto, una semplice zuppa di legumi che però mi sembrava la più buona sulla faccia della terra. Colpa di quei miscugli indefiniti e grigiastri che mi toccava mangiare dietro le sbarre. Non alzai mai lo sguardo dal mio piatto per timore di incrociare gli sguardi accusatori di chi stava in quella squallida sala da pranzo di un Motel fuori città. Probabilmente nemmeno mi degnavano di uno sguardo, ma io sentivo comunque addosso il peso dei loro pensieri e di una colpa che, seppur non mia, avevo imparato a sopportare. Lasciai andare il cucchiaio nel piatto e, senza preoccuparmi di essere silenzioso, scostai la sedia e mi diressi verso la mia stanza. Nel chiudermi la porta alle spalle mi sentii più calmo e rilassato, troppo tempo chiuso da solo in una cella, mi faceva sentire la libertà come se fosse un'ulteriore costrizione. Sbuffai stancamente buttandomi di peso sul letto cigolante e dalla coperta consunta, erano ore ormai che mi arrovellavo la mente su quello che mi aveva raccontato quel carcerato e la testa era sul punto di scoppiarmi, ma non potevo fare a meno di pensarci. Tolsi la fotografia dalla tasca dei jeans e rimasi a fissarla a lungo come mi era già capitato diverse volte in quella giornata...l'avevo osservata talmente tanto da ricordare ogni singolo lineamento, ogni singolo ricciolo, ogni particolare del suo viso. Sospirai, sapevo già dal principio che sarebbe stata un'impresa impossibile, ma volevo mantenere la mia parola e fare almeno un tentativo, perciò voltai la fotografia per poter leggere il numero di telefono scritto chiaramente sul retro. Per quanto squallido fosse quel Motel, fortunatamente aveva un telefono o sarei dovuto uscire a cercarmi una cabina telefonica e mi sarebbe costato quasi quanto la camera. Afferrai la cornetta senza curarmi dell'orario, infondo a Buenos Aires doveva essere pomeriggio tardo. In fretta composi il numero e lasciai squillare diverse volte prima che una voce acuta e un po' starnazzante mi rispose
-Bianca?-
chiesi e in quel momento mi pentii di non aver pensato prima a cosa le avrei detto, daltronde per lei ero un emerito sconosciuto e avrebbe potuto prendere il tutto come uno scherzo di cattivo gusto. Come sospettavo la donna mi rispose un po' confusa
-Sì sono io...piuttosto chi è lei?-
-Non mi conosce, mi chiamo Nicholas Rivera e chiamo per conto di suo marito-
Dall'altro capo del telefono seguì un lungo silenzio che non ebbi il coraggio di interrompere, le lasciai metabolizzare la notizia con calma
-Che...che cosa vuole? -
Mi chiese la donna con evidente incertezza e preoccupazione nella voce. Inspirai profondamente cercando le parole più adatte per spiegarle la faccenda
-Non si allarmi, non c'è nulla di cui deve preoccuparsi, al contrario io la voglio aiutare-
Sentii che prese fiato per parlare, ma la interruppi immediatamente
-La prego di lasciarmi parlare poi potrà obbiettare tutto quello che le pare. Suo marito mi ha raccontato la triste vicenda della vostra famiglia e mi ha supplicato di ritrovare la bambina che vi è stata sottratta dieci anni fa. Non le assicuro che potrò riuscirci, ma farò tutto il possibile...ho solo bisogno che lei mi aiuti-
Quando nominai la figlia sentii un singhiozzo sommesso della donna segno che il dolore di quella perdita era ancora vivido in lei esattamente come nel marito
-Mia figlia è morta, così come suo fratello...mio marito è ormai un pazzo delirante e lei non dovrebbe dargli retta! Mi lasci in pace una volta per tutte-
Esclamò lei con la voce incrinata e assurdamente acuta tanto da indurmi a scostare la cornetta dall'orecchio. Mi passai una mano sul viso esasperato, avevo bisogno di un posto dove andare e dovevo convincere quella donna a tutti i costi
-Mi ascolti Bianca, capisco il suo dolore e capisco anche che ricordarle quello che è accaduto anni fa può sembrare crudele da parte mia, ma si fermi a pensare un attimo...nessuno ha mai visto effettivamente quella ragazzina morta e non credo che lei da madre voglia veramente lavarsene le mani se pensa che c'è una possibilità, seppure remota, che un giorno lei possa rivederla. Magari sono dieci lunghi anni che lei attende di ritornare dalla sua famiglia e ha solo bisogno che qualcuno la trovi...oppure, come dice lei, sarà morta davvero, ma se lei getta la spugna non saprà mai la verità-
Incrociai le dita pregando di aver smosso un po' la sua convinzione. Un altro silenzio seguì il mio discorso mentre probabilmente Bianca rifletteva sulle mie parole. Alla fine udii un sospiro rassegnato
-Che cosa vuole che faccia?-
chiese e io sentii un grosso nodo alla bocca dello stomaco sciogliersi improvvisamente
-Suo marito mi ha assicurato che lei poteva fornirmi il denaro necessario per un biglietto aereo da Barcellona a Buenos Aires e l'ospitalità nella sua casa per il tempo necessario alle mie ricerche-
-Nient'altro?-
Non saprei dire se quella domanda aveva una vena sarcastica oppure mi voleva chiedere effettivamente se necessitavo di altro. Feci mente locale e scossi la testa per poi rendermi conto che non poteva vedermi
-Solo questo-
asserii rigirandomi la fotografia tra le mani
-Bene. Le offrirò quello che mi ha chiesto e niente di più, ma non si aspetti che io partecipi a questo gioco delirante. Mi dica dove si trova e nel giro di qualche giorno le farò avere quello che le serve-
Era andata, da quel momento iniziava la mia odissea verso un qualcosa che non sapevo quanto sconvolgente e pericoloso sarebbe stato. Fornii alla donna tutti i dati necessari e ci congedammo con un secco arrivederci senza dilungarci troppo in chiacchiere. Riattaccai pesantemente la cornetta e mi sedetti sul bordo del letto, le mani tra i capelli e la testa china, iniziai a riflettere su cosa avrei fatto una volta arrivato a Buenos Aires, ma troppi pensieri mi si affollavano nella mente e mi rendevano confuso. Quella faccenda mi stava ossessionando, forse anche più del padre di Antonella, senza nemmeno accorgermene la stavo facendo diventare una questione personale...e pensare che all'inizio ero certo che avrei rifiutato. Sfregai di nuovo le mani sul viso e avvertii la barba pungere un po' troppo...era giunto il momento di rendermi anche esteriormente un uomo libero visto che così conciato potevo sembrare al massimo un latitante. Andai in bagno ed aprii l'acqua calda, non avrei saputo ricordare l'ultima volta che avevo fatto una doccia calda. Nel frattempo mi tolsi i jeans e la polo nera e un po' sformata che indossavo, lasciai cadere tutto a terra compresi i boxer e finalmente mi misi sotto il getto d'acqua bollente. Faceva freddo quella sera e le gocce d'acqua che scorrevano sul mio corpo mi tolsero dal torpore rinvigorendomi. Rimasi sotto il getto finchè terminai l'acqua calda e, riluttante, ma obbligato, uscii dalla doccia avvolgendomi, dalla vita in giù, in un asciugamano giallastro che un tempo doveva essere bianco. Lo specchio scheggiato era del tutto appannato e potevo solo vedere la mia sagoma confusa. Mi frizionai i capelli con un altro asciugamano schizzando qualche gocciolina attorno a me per poi togliere la condensa d'acqua dallo specchio passandoci sopra con una mano. Era la prima volta in quel giorno che vedevo il mio riflesso e mi feci paura da solo per quanto apparivo sconvolto, scavato e stanco. Ci misi meno di quello che credevo a farmi la barba, ma venne comunque molto accurata come solo io sapevo fare, già da ragazzino mi dicevano tutti che avevo le mani d'oro. Assonnato mi rimisi i boxer e una maglia grigia che usavo come pigiama per poi gettarmi sotto le coperte pronto a cadere tra le braccia di Morfeo in un sonno profondo e senza sogni come ero abituato a fare...ma mi sbagliavo.

SPAZIO DELL'AUTRICE:

Per la gioia dei miei lettori (esagerata!!!!) eccomi con un altro capitolo...sempre introduttivo...sempre noioso...ma comunque essenziale. Dal prossimo prometto che sarà meno monotono. Intanto ringrazio chi l'ha messa tra le preferite e le seguite e spero di non deludervi andando avanti. Un grazie di cuore a nami_pazza e Ilary_Divina che hanno positivamente recensito il mio primo capitolo...lo so anche a me è dispiaciuto far morire Fabio, ma volevo rendere più tragica la storia e poi era un personaggio "scomodo" cioè non sapevo come inserirlo nella storia non se mi spiego. Su Anto non vi svelo niente, ma credo che quando la farò entrare in scena la riconoscerete subito...mentre a Nicholas ci vorrà un po' più di tempo eh (Mica tanto sveglio ù.ù). Un Beso

KissMe

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