Rayearth - revolution - seconda fase

di Sephirah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


Cap1 In molti hanno tramandato e distorto la storia di quell’incredibile evento, ma in questi miei ultimi giorni io conservo la memoria di ciò che vidi con occhi più giovani: il cielo si squarciò, e sanguinò di una forte luce che tutti ci accecò, e gridò tutto il dolore del nostro mondo.
 
                                                                  Irus – libro della rivoluzione vol.1
 
 
CAPITOLO PRIMO: LA GRANDE LUCE NEL CIELO E LA CADUTA LIBERA
 
Nella vita ci sono solo due cose che non si fanno mai attendere abbastanza: una è la morte, l’altra la sveglia.
Ed era proprio la sveglia che Umi Ryuzaki stava maledicendo dalle spire contorte del suo letto. Ma quella, impietosa, continuava ad urlare dall’alto del comodino, e alla fine la ragazza dovette arrendersi: si alzò a sedere e spense l’aggeggio infernale.
Dopo anni di scuola era diventata una routine automatica. Si cambiò, si lavò e si infilò la divisa senza praticamente accorgersene, con l’espressione inebetita di chi è costretto a svegliarsi troppo presto. E per qualche astruso motivo era di nuovo, come sempre, maledettamente in ritardo. Scese al piano di sotto, in cucina, e prese al volo la sua colazione dal piatto, un piccolo toast che non avrebbe finito, e fece un gesto con la mano salutando i genitori con poco entusiasmo.
La madre si alzò dalla sua postazione a capotavola.
“Non ti siedi nemmeno, scusa?”
Umi scosse la testa.
“Perché? Sei di fretta” chiese il padre, scostando il giornale dal viso.
La ragazza si tolse il toast dalla bocca, e parlò masticando.
“Sì, ho la gita”
“E dove andate?”
Umi ingoiò il boccone. “Tokyo Tower”
 
Clef si soffermò su ogni singolo centimetro della sua stanza, con cura e attenzione, salutando quel luogo così poco importante che era stato casa.
Probabilmente non l’avrebbe rivista per molto tempo, abbastanza da dimenticarla. La guardò ancora una volta, seduto sul letto, vestito con abiti inconsueti. Con lo sguardo cercò anche il piccolo fagotto di vestiti, poggiato malamente su una sedia, abiti più sfarzosi che a lui non piacevano e che era solito portare in un tempo molto lontano. Ora indossava pantaloni di pelle consunta e una camicia spiegazzata, e aveva dei rinforzi metallici sulle ginocchia e le spalle. Sorrise amaramente. Non era più tempo di abiti da cerimonia. Ora lo aspettava una guerra.
La principessa aveva detto alla foresta degli spiriti.
Ma prima, un’ultima cosa.
 
Umi andava a scuola in macchina, perché era più comodo e veloce. In molti lo facevano, tra gli alunni della sua scuola. La ragazza scese barcollando dalla vettura e si diresse, sempre con passo malfermo, verso il cancello d’entrata. Poi si districò per i corridoi per arrivare alla sua classe, si sedette al banco dopo aver pazientemente salutato i compagni di classe, e attese pazientemente che il professore cominciasse a fare l’appello. Che noia. Dopodiché, in un raschiare di sedie, si alzarono per dirigersi verso il pulmino delle gite.
 
Clef si accostò alla piccola lapide, a gambe incrociate. Erano passati solo due anni, ma le lettere incise sulla pietra erano già sbiadite. Il ragazzo cambiò i fiori davanti al monumento. Piccoli fiori bianchi, appena colti.
Rimase lì immobile, ad ascoltare il silenzio che si porta dietro la morte nei cimiteri, leggendo e rileggendo quelle lettere sbiadite così importanti.
Io non l’ho mai fatto.
Non ha senso.
Avevo giurato di non farlo mai.
Parlare con i morti è una cosa stupida.
“Mi manchi”
E anche cambiare quei fiori era una cosa stupida.
Clef intrecciò le dita in grembo e prese a fissarsi le mani. Un vento freddo e leggero prese ad accarezzargli i capelli.
“Ormai guardare questa tomba è diventato normale, ma a pensarci bene è strano. Io sono qui, e anche tu sei qui. Ci separa un metro di terra. Siamo vicinissimi. Ma io…”
Sospirò.
“…Non posso raggiungerti. Qualunque cosa io possa dire o fare, ovunque io vada per cercarti, io non posso”
Si passò una mano sugli occhi, poi la fece scivolare tra i capelli.
“Devo fare una cosa, e mi prenderà molto tempo. Quindi per un po’ non potrò portarti i fiori. Ma appena torno vengo qui”
C’erano solo il vento, l’erba, la tomba ed il silenzio. In quanti istanti quel silenzio lo aveva accompagnato.
“E se non torno, forse sarà meglio, forse potremo raggiungerci. Anche se io non credo a queste idiozie”
La guardò un’ultima volta, poi si alzò, andandosene. Non si voltò.
Parlare con i morti è una cosa stupida.
 
“Nessuno nega che dall’ultimo piano della Tokyo Tower ci sia una bella vista, ma chissenefrega!”
Umi si girò verso la sua compagna, facendo sussultare la lunga chioma corvina, e riprese a lamentarsi.
“Ci sono tante altre cose molto più interessanti che potevamo andare a vedere, invece di star qui. Uffa!”
L’altra ragazza annuì distrattamente, poi si sollevò sulla punta dei piedi per sbirciare la coda della fila.
“Che succede?” domandò Umi.
“Non lo so. Crdo che una ragazzina delle elementari sia andata a sbattere contro una delle nostre compagne e l’abbia fatta cadere”
“Fa vedere”
In quell’istante, così breve, Umi incrociò gli occhi di un viso sconosciuto, una ragazza dalla chioma rosso fuoco, e anche altri occhi ignoti, smeraldi, intrecciò. L’istante più breve.
E poi solo la luce che inondava furente l’aria, in un rombo di tuono, e dal suono indistinto si levo la chiamata, ultimo appello disperato.
Vi prego…
 
Ci fu una grande luce nel cielo, che dilaniò le tenebre del crepuscolo. Come segnale era piuttosto evidente, pensò Clef arricciando il naso.
Se ne sarebbero accorti anche loro, accidenti.
Devo sbrigarmi.
 
Precipitare nel vuoto è una sensazione davvero sgradevole, come se il cuore e lo stomaco risalissero in gola, e Umi gridò senza un briciolo di contegno tutto il suo terrore quando si accorse di star cadendo dal cielo. Anche urlare con il vento in faccia è spiacevole, con l’aria che ti gonfia le guance, ma ancor peggio è schiantarsi sulla schiena possente e piumata di un qualche animale. Prima di risollevare il viso dall’ammasso di piume candide la ragazza tirò giù qualche santo, ma il vento di portò via le sue bestemmie.
 
Erano salvi, tutti e tre, li aveva sentiti chiaramente cadere sulla schiena del grifone. Avrebbe voluto voltarsi per controllare meglio, ma adesso non poteva. C’era qualcuno, e si stava avvicinando. Doveva nasconderli.
 
Nonostante fosse molto occupata a tenersi ancorata alle piume Umi riuscì a notare altre tre persone assieme a lei. Due le stavano accanto,  sembravano nelle sue stesse condizioni, la terza invece stava seduta composta in groppa all’animale, come se lo cavalcasse.
Ad un tratto la bestia sussultò sotto di lei e si lanciò in picchiata. E di nuovo, Umi prese ad urlare senza ritegno.
 
A lungo i fiori non ci furono più, su quella tomba silente. Ma io sono certo che lei gli fosse accanto, sempre, tormentandolo per la loro colpa. Chi mai lo avrebbe liberato?
 
                                                                     -Sarus, frammento-
 
Umi cadde di sedere, dopo essere scivolata dalla groppa dell’animale. Anche le altre ragazze si precipitarono a terra, terrorizzate. Come biasimarle, in fondo?
La ragazza si rialzò e si sistemò la gonna, dopo aver tirato qualche altro accidente alla bestia che aveva di fronte. Poi la guardò meglio, e la voce le morì in gola.
“E tu che diavolo sei..?”
Una delle ragazze che le erano accanto, quella bionda, le rispose un po’ scombussolata, inforcando gli occhiali sul naso.
“Si direbbe… un grifone”
“Ah-ah… e il fatto che i grifoni non esistano suppongo sia per te un… dettaglio trascurabile, no?”
“Beh…” la ragazza barcollò, malferma sulle gambe. “Non credo che sia questa la cosa più importante di cui preoccuparci adesso”
Umi risollevò lo sguardo verso l’animale, e vide che sulla sua groppa c’era ancora movimento.
 
Clef smontò dallo spirito animale, dopo essersi assicurato che i Cavalieri fossero scesi sani e salvi. Si risistemò i vestiti addosso e provò a riavviarsi i capelli, che il vento gli aveva chiuso a tendina sugli occhi. Con la vista finalmente libera, osservò per la prima volta i cavalieri.
 
Era rimasta colpita già dal curioso colore di capelli della persona che aveva di fonte, ma quando riuscì a scorgere i suoi occhi di un azzurro impossibile rimase senza fiato.
Sembrava avere più o meno la sua stessa età, con i lineamenti gentili ed aggraziati, forse anche u po’ femminili. Umi si dimenticò per un attimo della situazione in cui si trovava e lo scandagliò per bene, mentre lui osservava loro.
Era basso, un metro e settanta circa, ma sembrava avere un bel corpicino sotto  vestiti insoliti che indossava. Aveva le labbra sottili, l’espressione un po’ corrucciata. Ma i suoi occhi erano incredibili. Lui arricciò il naso, in un espressione un po’ buffa. Sembrava deluso.
 
Non poteva certo dire di essersi aspettato tre omoni più larghi che lunghi, con i pettorali gonfi e sudati; non si era aspettato niente, in verità. Ma tre ragazzine in gonnella, più che Cavalieri sembravano una presa in giro. Arricciò il naso.
“Siete sicure di essere proprio voi tre ad aver ricevuto la convocazione?”
Nessuna delle ragazze gli rispose, si limitarono a scambiarsi sguardi interrogativi.
“Non c’era nessun altro con voi?”
Scossero la testa tutte e tre”
Clef si passò una mano fra i capelli, un po’ spaesato, mentre anche loro tre lo fissavano altrettanto smarrite.
“ehm…scusa?” esordì poi quella con i capelli rossi. “Tu sai cos’è successo? Sai dove ci troviamo?”
“In effetti” si intromise la bionda “Questo posto non sembra affatto essere Tokyo”
“Sarà mica crollata la torre?” aggiunse la terza.
“No, ci siamo solo noi tre…”
“E come abbiamo fatto ad arrivare qui?”
“Non ne ho idea, che ne so io!”
“Ma è impossibile! Eravamo sulla Tokyo Tower!”
“Non possiamo esserci spostate così tanto…”
Le voci delle ragazze si accavallarono, e parvero non curarsi più di lui, così Clef ne approfittò per esibirsi in un’espressione disperata.
Sono proprio loro, accidenti.
“Ma che cavolo pretende da me Emraude?”
Le ragazze continuavano a bisticciare tra di loro, così lui tentò di richiamare la loro attenzione.
“Scusate se interrompo, ma si dà il caso che io possa darvi delle spiegazioni”
Le tre si voltarono, e cadde un silenzio improvviso.
“Il mio nome è Clef, e ho ricevuto l’incarico di farvi da guida. Voi siete state convocate dalla Principessa Emeraude per diventare i leggendari Cavalieri Magici che salveranno questo mondo”
Una delle tre ragazze, quella con i capelli neri, fece una risatina nervosa.
“Tralasciando il particolare che devi essere fatto come una pigna, che intendi con –mondo-? Dove siamo?”
“Un mondo parallelo al vostro” rispose Clef con un sorriso tiratissimo. Non aveva capito cosa gli avesse detto quella, ma suonava come un’offesa.
“Questo è Sephiro”
 
E giunsero i tre campioni, da un mondo lontano, e la guida designata venne loro incontro, e ancora una volta il destino di Sephiro fu inevitabile.
                                                     Irus – libro della Rivoluzione vol.1







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Ciao a tutti, sono tornata! Vi ho fatto aspettare tanto, scusatemi, ma la mia fantasia si era rinchiusa di nuovo nel ripostiglio delle scope e non voleva uscire (odio quando lo fa...). Che bello, è cominciata la seconda fase! Devo dire che sono un po' impanicata, perché ce l'ho meno chiara in mente della prima... ma non importa, adottero il metodo del -vediamo che viene fuori-! L'importante è che non manchi mai il vostro sostegno. Il rating è giallo per un linguagiò un po' sboccato da parte di Umi, che diventerà leggermente OOC, credo... diventerà il mio alter ego ^^. Spero di riuscire ad indagare più a fondo la psicologia dei personaggi e tappare qualche buco delle Clamp, se ne trovo (che fatica, nella prima fase! @_@). Spero di rivedere tutte le vecchie lettrici e magari anche qualche new entry ^^ un saluto da Seph!
p.s.: chi l'avrebbe mai detto che mi sarei affezionata a quello str!@#§ di Sarus? eheh...

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


capitolo secondo CAPITOLO SECONDO: CAVALIERI MAGICI, IL VIDEOGIOCO
 
Umi si passò pensierosa una mano sul mento.
“E’ piuttosto assurda come storia” concluse infine.
“Mi rendo conto che possa essere difficile da credere, ma è la verità” disse Clef.
“Io ho una domanda” si intromise la ragazza bionda. “Hai detto che per tornare a casa dobbiamo salvare Sephiro, ma che dobbiamo fare esattamente?”
Clef appoggiò la schiena contro un albero, incrociando le braccia sul petto.
“Dovrete risvegliare i tre Mashin dormienti”
“I che?”
“Si tratta di tre entità magiche dall’enorme potenza, hanno una natura profondamente diversa dalla nostra”
“E come facciamo?” chiese ancora la ragazza riccioluta.
Clef sorrise. “Ogni cosa a suo tempo, di questo mi occuperò io. Sono qui apposta”
“Ma io non ho capito… qual è il problema qui?” domandò Umi, con la faccia storta da una smorfia, come se stesse tentando di risolvere un complicato sistema di equazioni differenziali.
“Ti ho appena detto che la principessa non è più in grado di pregare” rispose il ragazzo inarcando un sopracciglio.
“Ho capito, ma perché non può?”
Ecco. Ora arriva la parte difficile.
Lo hai promesso. Lo devi fare. È la cosa giusta. L’unica cosa che puoi fare.
Ma non ci riuscì. Esitò abbastanza a lungo perché le ragazze se ne accorgessero.
“Ehi, hai sentito?” chiese Umi, sporgendosi verso di lui.
Avanti, dillo. Dì la tua bugia.
La tua promessa.
Decidi il destino di altri.
Ormai non si può più tornare indietro.
“Ehi, tutto bene?”
“La principessa non può più pregare perché è stata imprigionata”
Le tre ragazze si scambiarono uno sguardo interrogativo.
“Dal Gran Sacerdote Zagart, uno dei suoi sottoposti. Un uomo molto potente. È lui che le sta impedendo di pregare per Sephiro”
Scese il silenzio.
“Sembra un videogame” disse poi Umi. “Bisogna far evolvere il proprio personaggio, sbloccare nuove armi ed oggetti e infine sconfiggere il boss finale e liberare la principessa per riportare la pace.
“Sembra the -Legend of Zelda-. Vi ricordate quel videogioco?” disse la ragazza bionda, mentre quella con i capelli rossi sembrava un po’ smarrita, come se non avesse bene idea di cosa stessero parlano le altre due.
Clef si passò una mano sugli occhi, sconsolato.
Sarà un lavoro molto difficile.
Una folata di vento più brusca delle altre, gelida mentre gli strisciava sul collo.
Alcione.
“Dobbiamo spostarci. Ci hanno già rintracciati”
“Chi?” domandò la ragazza dai capelli rossi.
“I seguaci di Zagart. Presto, salite sul grifone. Ce ne andiamo di qui”
Le ragazze erano confuse, ma la nota di paura nella voce di Clef le fece obbedire immediatamente. Salirono di nuovo su quell’animale mentre il ragazzo si metteva al “posto di guida”.
Il grifone si librò in volo con pochi, possenti colpi d’ala. Lo spirito sfrecciava nel cielo limpido di Sephiro a gran velocità, ma Alcione, dietro di loro, era più rapida. Troppo. Clef poteva chiaramente sentirla avvcinarsi. Lo scontro sarebbe stato inevitabile.
Le tre ragazze sulla schiena del grifone cercavano di reggersi alla meno peggio, ma non era facile, soprattutto per Umi, che aveva il viso inondato dai capelli. Di nuovo la povera fanciulla diede mostra delle sue capacità linguistiche con una catena d’imprecazioni molto originali.
Il vento era fortissimo, gli urlava nelle orecchie. Per questo Clef non sentì il sibilo che annunciava le lame di ghiaccio. Il grifone scartò appena in tempo e riuscì ad evitarle di un soffio.
Umi fu quasi sbalzata via nel mezzo bel di una volgarità, e la salvò solo la sua stretta feroce.
“State tutte bene?” sentì la vce di Clef portata via dal vento. La ragazza cercò di tirarsi su, e con la bocca piena di piume di grifone gli rispose:
“Per miracolo! Ti ha mai detto nessuno che guidi malissimo?! Pirata della strada!”
Alcione era poco sopra di loro, ad una decina di metri di distanza. Le ragazze erano troppo impegnate a sorreggersi per accorgersi della presenza della donna.
Si avvicinava troppo rapida. Il ragazzo fece un’analisi veloce della situazione. La foresta del silenzio era ancora troppo distante, e di una picchiata fra gli alberi non se ne parlava, aveva un carico troppo prezioso. Fece un calcolo della distanza che lo separava da Alcione, poi, con uno sbuffo esasperato, tirò le piume sul collo dello spirito animale.
Il grifone spalancò le ali e si fermò di colpo. Umi e le altre due ragazze ulano a squarciagola quando la forza d’inerzia le trascinò sul collo dell’animale, praticamente travolgendo Clef, che riuscì a stento a sostenere tutti e quattro allargando le braccia per tenerle.
“Ma cosa cazzo fai?!” gli urlò Umi dalla sua improbabile posizione sottosopra, piegata in due e con le gambe per aria.
Clef non le rispose. Alcione li superò in un istante, in groppa a quello che sembrava un unicorno dagli zoccoli lambiti da fiamme azzurre. Gli i parò davanti, sorridendo.
“Ciao, Clef” gli disse. “Vai già via? Ma io sono appena arrivata?”
“Levati, Alcione, non voglio mettermi contro di te”
“E perché?” chiese lei, inclinando la testa da un lato.
“Perché sappiamo entrambi come finirebbe uno scontro tra noi due”
Il sorriso sul volto della donna scomparve di colpo.
“Sì, hai ragione. Contro di te non ho speranze. Ma chissà se i Cavalieri sono altrettanto abili?”
Clef sbuffò. “Sapevo che avresti tentato qualcosa del genere. È proprio degno di te. A proposito…” sorrise. “mi domando perché ti abbia ripreso tra le sue file, schifosa traditrice”
“Fai silenzio” rispose la donna, con una smorfia di disgusto sul volto tanto bello.
“Ricordati che questo è soprattutto colpa tua”
“Silenzio!”
Forse provocarla non era una mossa intelligente, ma questa soddisfazione doveva prendersela.
“Sono contento che anche tu faccia parte degli invitati a questa bella festa” le disse. “Così che tu possa guardare bene i risultati delle tue azioni”
Alcione non lo lasciò parlare un istante di più: sollevò il suo bastone in cielo e la gemma incastonata sull’estremità brillò di una luce livida.
“ASTRA!”
Le lame di ghiaccio si scagliarono contro il grifone più rapide e violente di prima. Clef si lanciò in picchiata per schivarle, poi con un colpo di talloni fece risollevare la bestia per colpire la donna con il corpo dell’animale. Alcione scartò appena in tempo per evitare il contrattacco.
La priorità assoluta di Clef era proteggere quelle tre ragazze : acrobazie in aria e duelli magici le avrebbero messe in pericolo. Quindi via. Di corsa.
Il grifone scattò in avanti e raccolse le ali al corpo, prendendo velocità. Sentì le ragazze dietro di sé urlare terrorizzate. Il ragazzo si abbassò sul collo dell’animale  e Alcione si lanciò all’inseguimento.
Arrivarono a sorvolare una foresta, appena sopra le fronde degli alberi. Lo spirito animale di Clef era più rapido del cavallo di Alcione, ma doveva fare movimenti più misurati, ed era rallentato da un carico tre volte superiore, mentre la donna descriveva traiettorie ardite nel tentativo di colpire un punto vitale. All’ennesima scarica di lame di ghiaccio il ragazzo  riprese quota per schivare l’attacco, anche se tutte quelle manovre evasive avevano più che altro lo scopo  di distrarre la maga dalla vera meta del Monaco Guida: nella foresta del silenzio non li avrebbe seguiti.
Ma anche Alcione aveva una propria strategia: le lame di ghiaccio fendevano l’aria come frecce e sibilavano una contro l’altra, urlavano e stridevano. Clef le sentiva arrivare, le localizzava, si scansava. Dopo così tanti attacchi fragorosi, lo aveva abituato a riconoscere un rumore molto forte. Il fruscio di una singola lama non lo avrebbe riconosciuto in tempo.
Così quell’unica, silenziosissima scheggia di ghiaccio trafisse l’ala del grifone, che perse il proprio assetto e sussultò. E Umi, senza nemmeno rendersene conto, fu sbalzata in aria, nel vuoto ruggente.
 
La vide appena, con la coda dell’occhio: precipitava. Stava cadendo. Dopo nemmeno mezz’ora lei stava cadendo. Girò la testa per guardare, e incrociò i suoi occhi spalancati dal terrore, mentre si rendeva conto che non poteva fare più nulla, che quel vuoto l’avrebbe inghiottita. Quegli occhi sembravano di vetro.
Spronò il grifone e lo fece voltare bruscamente.
Forse non ci sarebbe riuscito. Forse la sua missione era destinata a concludersi ancor prima di cominciare. Probabilmente non aveva nessuna possibilità di salvarla. Ma mai senza lottare fino all’ultimo.
 
L’aria la inondò in tutta la sua potenza, e feroce la frustò mentre i suoi lunghi capelli neri le coprivano il viso. Il terrore la prese alla gola e le impedì di urlare, soffocò ogni gemito. Cadere.
Cadere.
Morire.
Con una facilità impressionante.
Come ho potuto credere di preservare e proteggere una cosa tanto fragile? Tutta la mia vita, le cose che ho detto o che ho fatto, le persone che ho conosciuto. Tutto era così fragile. Delicato.
Non sono mai andata ad un concerto.
Cazzo.
Nemmeno una volta.
Lo strattone al braccio quasi le lussò la spalla.
Fu sbalzata via e strappata da quell’aria e da quel vuoto che si stavano chiudendo su di lei. Qualcosa la teneva. Si aggrappò convulsamente a quella mano gelata che le stringeva il polso con fermezza. Sentì dei sibili attorno a sé, e qualcosa balenò nell’aria, ma non riuscì a distinguere le lame di ghiaccio che Alcione stava lanciando loro contro. E mentre il respiro tornava, risvegliato da quello strattone, Umi guardò in alto, e vide che a tenerla sospesa tra il cielo ed il vuoto era quel ragazzo di nome Clef, pericolosamente sporto verso la voragine nel tentativo di sorreggerla, mentre cavalcava quell’immenso animale. Lui guardava giù, per assicurarsi che lei stesse bene, e lei ricambiò lo sguardo, mentre una nuova espressione scansava il terrore di poco prima. Gli sorrise, mentre lo afferrava con entrambe le mani. Lui sembrava terrorizzato, e rimase spiazzato da quel sorrise. Poi però, un po’ impacciato, lo ricambiò, con uno sguardo esasperato.
 
Le altre due ragazze gli si erano accodate, e ora gli stavano dando una mano a tirare su la compagna. Clef tirò per riportarla in groppa al grifone, ma era faticoso. Alcione, dall’alto, non si lasciò sfuggire l’occasione: il Monaco guida era distratto, se lo avesse colpito sarebbe morto.
“ASTRA!”
Morto.
Un amico ed un compagno. Una persona con cui aveva riso ed era stata felice. Che l’aveva ascoltata, di cui lei si era fidata.
Morto.
Sei sicura di volerlo fare proprio tu?
Quell’istante di esitazione probabilmente salvò la vita di Clef, che riuscì a scansarsi. La lama non lo centro, ma riuscì a scavargli un profondo solco nella spalla. Il ragazzo lanciò un urlo di dolore e perse l’equilibrio: venne trascinato giù dal peso della ragazza. Per fortuna le altre due furono abbastanza pronte da afferrarlo e tenerlo su, mentre lui riusciva, con un ultimo strattone, a tirare a sé la povera sventurata, che gli si aggrappò convulsamente. Clef spronò il grifone per farlo andare più veloce, poi disse a lei di passare dietro.
Ma Umi non poteva. Guardare in faccia la morte e poi incrociare quegli iridi azzurri come il ghiaccio, non aveva nessuna intenzione di allontanarsi da lui. Gli andò alle spalle, facendo passare la gamba dall’altra parte del collo dell’animale, e lo abbracciò lungo la vita. Lo sentì parlare seccato.
“Ti ho detto di passare dietro, così mi sei d’impiccio!”
Umi scosse la testa e premette la guancia contro la sua schiena. Lo sentì esitare e poi rilassarsi, e così lei si ricordò di piangere, e le lacrime le inondarono gli occhi.
 
Alcione si rimproverò mille volte della propria debolezza. Lo aveva mancato. Un’occasione simile, e lei l’aveva persa! Per dello stupido sentimentalismo! Imperdonabile. E ormai l’aveva anche staccata di parecchio. Cercò di recuperare la distanza persa, ma il grifone di Clef sembrava in preda ad una corsa febbrile. Lo vide raccogliere le ali ed abbassarsi leggermente, puntando verso il suolo ricoperto d’alberi.
E allora capì.
Che idiota che era stata, a non pensarci prima! La Foresta del Silenzio era il luogo più ovvio dove nascondere quei Cavalieri incapaci di difendersi. Tra quelle fronde buie l’uso della magia era interdetto, e nessuna formula aveva effetto, così che ci si potesse scontrare solo corpo a corpo. E lei, lo sapeva benissimo, non aveva nessuna speranza in uno scontro fisico.
Si lanciò in picchiata, sempre più veloce, in una caduta sempre più vertiginosa, ma la Foresta del Silenzio ormai era vicina, e non lo avrebbe raggiunto in tempo. Gridò di delusione, un sibilo tra i denti stretti.
 
Non potevano fermarsi per l’atterraggio. Alcione li avrebbe raggiunti in meno di un secondo, se si fossero fermati. Doveva andare giù con tutto il peso della picchiata. Non c’erano altri modi. Almeno, non gliene venivano in mente di migliori. Abbassò la testa e si distese contro il collo del grifone. Sentì la ragazza dietro di lui stringersi ai suoi fianchi ancora più forte. Si girò per parlare vicino all’orecchio, cercando di sovrastare il vento.
“Tieniti stretta, non lasciare la presa per nessun motivo, intesi?”
La sentì annuire contro la sua schiena, così si rivolse alle altre due.
“Tenetevi forte!”
Quella con i capelli rossi sollevò appena la testa.
“E secondo te che abbiamo fatto fino adesso?!”
Le fronde degli alberi giunsero in pochi istanti ad accarezzare il ventre dell’animale. Clef fece un respiro profondo e mise una mano sul dorso di quelle di lei, strette intorno a lui.
Poi, giù.
 
I rami degli alberi li travolsero, frustandoli sul viso e sul corpo. Immediatamente la Foresta del Silenzio fece il suo dovere, e il grifone si dissolse come se fosse fatto di polvere perlescente, lasciandoli in balia della caduta libera. Clef subì tutti i colpi a denti stretti, uno al petto e due all’addome, poi altri sul viso e sulle braccia, mentre i rami lo graffiavano. La presa della ragazza si sciolse, e la sentì gridare di terrore ancora una volta. E poi l’impatto col suolo, aspro e dissestato. Sentì la spalla ferita da Alcione colpire una radice e raschiarci contro, facendolo urlare di dolore mentre l’inerzia lo trascinava. Poi rallentò e si fermò. E scese il silenzio.
 
Tutte le battaglie furono aspre, in questa guerra che trabocca sangue, ma mai ce ne furono di più violente di quelle combattute tra amici.
                                                       Irus – libro della rivoluzione vol.1
 
 
 
Ciao a tutti, eccomi di ritorno! Non so se questa storia vi sta piacendo, io non mi sento molto realizzata veramente. Anche se questa parte è un po’ ostica, soprattutto il primo capitolo, perché riscrivere quello che hanno già detto le Clamp è noioso, ma l’inizio è quello e quello deve restare! >_< Vabbé, non parliamo delle divergenze artistiche tra me, mestessa ed io. Allora…
 
KILKENNY: Ciao! Sono molto contenta di vedere subito una new entry nell’allegra combriccola, inoltre ho letto alcune tue recensioni e sono molto felice che tu abbia letto la mia storia. Fammi sapere come procede, ok? ^_-
 
SOFONISBA: non preoccuparti se non hai tempo per recensire l’importante è che tu lo faccia ^_- adddoro le tue recensioni, incrementano il mio egocentrismo ^^ Sì, questa storia avrà toni più fantozziani, l’altra era diventata un po’ un mattone… e sì, Clef è irresistibile, e siccome è il mio esatto modello di uomo, credo che morirò zitella T_T sighsob… speriamo che Umi sia più fortunata di me, magari precipitassi anch’io dal Colosseo e venissi trasportata a Sephiro! Zob!
 
BELLISLADY: Come sempre è un piacere rivederti tra le recensitici (???) per rispondere alla tua domanda, non sono sicura di inserire innova, non ci avevo nemmeno pensato in effetti ^^, ma magari riesco a farcelo stare, farò un tentativo! A proposito, buona fortuna per la tesi di laurea!!
 
Un saluto a tutti e grazie per aver letto e/o recensito. Ciaoooooo…! By Seph
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Capitolo terzo CAPITOLO TERZO: CURIOSO INIZIO DI UNA LEGGENDA
 
Umi cercò le proprie gambe nella confusione che aveva in testa, senza riuscire a trovarle, così rimase sdraiata a terra ancora per un po’, aspettando che quel dolore sordo alla schiena diminuisse e la lasciasse respirare di nuovo. Sapeva di avere gli occhi aperti, ma sopra di lei vedeva solo un vortice di indistinte macchie di colore. Provò a sbattere le palpebre per mettere a fuoco. I suoni le giunsero ovattati e distanti, come se provenissero da dietro molti vetri. Accanto a lei c’era qualcun altro, ma non poteva girare la testa per guardare. Quel dolore era insopportabile.
Una ventata calda sul viso.
Provò di nuovo ad aprire gli occhi. C’era un’immagine sfuocata, qualcosa che la fissava.
Un’altra ventata calda, dal disgustoso odore dolciastro delle cose andate a male. Umi arricciò il naso, mentre la testa le mandava una fitta così forte da soffocare ogni imprecazione.
Un’altra disgustosa ventata calda sul viso. Le scompigliò la frangia, una ciocca di capelli sul suo viso si spostò appena, carezzandole la guancia. L’immagine divenne più nitida. Qualunque cosa fosse, era grande, e marrone, e aveva l’alito pesante.
Umi sbatté di nuovo le palpebre, e la confusione si dipanò, permettendole di vedere.
Chino sopra di lei c’era qualcosa che ansimava pesantemente, con un solo, grande occhio in mezzo ad una testa enorme e sformata, dilaniata da una fessura verticale e pericolosamente dentata. La creatura, qualunque cosa fosse, le passò un dito bitorzoluto fra i capelli, spostandoglieli dal viso.
Qualche secondo di esitazione, che le sarebbe stato fatale se non l’avesse salvata la pessima mira della cosa che aveva sopra: il pugno serrato della creatura colpì il suolo ad un paio di centimetri dalla testa di Umi. La ragazza, pervasa da un fiotto d’adrenalina, si avvinghiò al terreno con le mani, e in un istante fu di nuovo in piedi, lanciata in una fuga sfrenata, mentre urlava a squarciagola.
Hikaru, poco distante da lì, venne svegliata di soprassalto dal grido dell’altra ragazza. Lei fu più rapida ad analizzare la situazione, le bastò vedere che un mostro stava inseguendo la sua compagna: si rimise immediatamente in piedi e, senza riflettere molto, si lanciò contro quella cosa che aveva preso a correre dietro Umi. Non che contasse di fare molto contro quell’affare alto più di due metri , ma Hikaru gli saltò comunque addosso, affondando le unghie nella carne molle del mostro. Quello lanciò un grido agghiacciante, più di sorpresa che di dolore, e tentò di scrollarsi la ragazza dalla schiena. Umi, dal canto suo, in un impeto di egoismo, colse l’occasione e continuò la sua corsa, fino a sparire tra gli alberi. Il mostro afferrò Hikaru per i vestiti, strappandosela di dosso e scagliandola a terra, ma la ragazza riuscì a rimettersi in piedi in un istante e corse dietro alla compagna. Purtroppo riuscì a fare solo un paio di metri, prima di caracollare di nuovo a faccia avanti, inciampando sul braccio di un’inerme Fu. Rialzandosi da terra per l’ennesima volta, con i palmi delle mani ormai sanguinanti, si caricò in spalla la compagna ancora svenuta, di cui prima non si era accorta. Così, incespicando sotto il peso di un altro corpo, riprese a correre dietro Umi, verso il punto in cui era sparita, mentre un altro pugno, accompagnato da un ringhio sordo, si abbatteva ad un soffio dietro di lei.
 
Sentiva caldo. Un calore diffuso lungo tutta la spalla destra, che si stava lentamente spostando lungo la schiena. Un calore spiacevole. Gli girava la testa. Aprì appena gli occhi, con cautela, ma si sollevò solo una palpebra: dall’altra colava un denso rivolo di sangue. Si guardò intorno, con la vista appannata e confusa, e si accorse che c’era qualcosa che non andava. Solo dopo alcuni secondi realizzo di essere a testa in giù, con la schiena poggiata lungo il tronco di un albero, la testa immersa nell’erba alta e le gambe praticamente dietro le orecchie, in una posizione assurda. Clef mandò un rantolo sommesso, poi cercò di districarsi dalla scomoda posa, ma il corpo non rispondeva a dovere. Quando tentò di muovere le braccia, la spalla gli mandò una fitta acuta, e solo allora si ricordò che Alcione lo aveva ferito. E quel caldo umido e sgradevole divenne chiaramente una pozza di sangue in cui versava. Il suo sangue. Sentì montare la rabbia, ma sentiva troppo dolore persino per quella. Comunque si ripromise che gliel’avrebbe fatta pagare.
Gli girava la testa, probabilmente per la copiosa perdita di sangue. Lo riscossero le grida delle ragazze, in lontananza, e un ringhio che sembrava di un animale. Avvertì una fitta di panico allo stomaco, e si rialzò in piedi, gemendo di dolore. Si resse al tronco dell’albero e perse solo un istante a contemplare la scia di sangue che aveva lasciato per terra, trascinato dalla forza della caduta. Anche una gamba non sembrava del tutto sana, ma non importava, perché aveva promesso ad Emeraude che le avrebbe aiutate, e protette, e questo aveva la precedenza su ogni altra cosa.
Si mise a correre, zoppicando malamente, nella direzione delle urla. Riconobbe immediatamente la voce di Umi, la ragazza con i capelli neri, mentre quel ringhio si faceva sempre più forte.
All’improvviso si rese conto di aver fatto una cosa stupida: la Foresta del Silenzio li aveva protetti da Alcione, ma lui non sarebbe stato in grado di proteggerle servendosi solo delle sue scarse abilità fisiche. Invece le aveva portate in un nido di mostri, e ora doveva anche farcele uscire. Che idiota che era stato. Niente magia, niente armi, lì dentro erano praticamente già morti.
 
Umi aveva guadagnato parecchio terreno, abbastanza da sentire di avere almeno una possibilità, ma le gambe cominciavano a cedere, il cuore a battere troppo forte, e non sarebbe riuscita a correre ancora per molto. Ma quel mostro, qualunque cosa fosse, era ancora lì, e non sembrava voler demordere. Hikaru, la ragazza dai capelli rossi, era poco dietro di lei, e portava in spalla anche Fu, che sembrava priva di conoscenza. Era in difficoltà, stava visibilmente rallentando. Umi si girò a guardare di nuovo: Hikaru ormai si stava fermando, e cercava con gli occhi una via di fuga. Ma non ce n’erano. La foresta era troppo fitta, non si vedeva nulla, nel buio tra le fronde. Umi si lasciò sfuggire un gemito, quando l’altra ragazza cadde in ginocchio sotto il peso della terza compagna.
Non lo fare, non è importante.
Hai troppe cose da perdere.
Ma se la lasciassi lì, se non tornassi indietro per aiutarla, per fare ciò che io credo giusto, perderei una cosa che per me è più importante di tutto il resto.
Non voglio perdere la mia stima per me stessa. Bisogna. Bisogna fare ciò che è giusto.
Il panico le fece salire di nuovo le lacrime agli occhi, ma non lasciò che l’accecassero. Si riscosse, sentendo accorrere una furente determinazione a sostenerla: puntò i piedi, si girò di scatto, e tornò indietro, chiamando il nome della ragazza, dicendole di alzarsi.
Hikaru sollevò appena il viso, rosso e sudato per la fatica. Umi l’afferrò per un braccio e la costrinse ad alzarsi, ringhiando tra i denti stretti, mentre un rantolo sordo e divertito segnalava che il mostro si stava avvicinando, e che tutta quella distanza che Umi aveva guadagnato, la sua piccola speranza su un milione, era appena scemata. La ragazza si caricò a forza Fu sulle spalle e sentì subito le ginocchia diventare cedevoli, ma riprese comunque a correre. Sapeva che non ci sarebbero riuscite, che quella cosa le avrebbe prese ma, che diavolo, Umi non aveva intenzione di facilitargli il lavoro.
Ripresero a correre, nonostante fossero entrambe senza fiato. Fu era pesante, molto più di quanto Umi si fosse aspettata, e tenere un’andatura veloce era praticamente impossibile. Strinse le palpebre per lo sforzo, e le lacrime trasformarono tutto in una massa di colori confusi.
Poi lo sentì, lontano e sommesso. Il suono frusciante dell’acqua che corre nel letto di un fiume. Sgranò gli occhi. A destra. Doveva solo arrivarci, e forse sarebbero state salve.
Scartò, trascinandosi dietro anche Hikaru, e la speranza le mise in corpo l’energia sufficiente ad arrivare fin lì, fin dove, forse, sarebbe stata salva.
Un’idea un po’ strana, non sapeva nemmeno se avrebbe funzionato, ma valeva la pena di provare.
Un lampo nero, alla sua sinistra, e poi qualcosa la colpì alla tempia. Umi cadde, ruzzolò a terra, finì distesa sulla schiena. Aprì gli occhi appena in tempo per evitare un lungo becco rosso, lungo e affusolato, che colpì dove fino ad un istante prima c’era il collo della ragazza. Hikaru non ci pensò due volte, a differenza dell’altra ragazza: si scagliò contro la nuova, strana creatura, per toglierla di dosso alla compagna, ma il mostro spiegò le ali e si ritrasse appena in tempo. Umi si rialzò, dolorante. Un altro rantolo al suo fianco le disse che Fu si era finalmente svegliata. La ragazza si tirò su in piedi ed osservò il nuovo nemico.
Un uccello, si sarebbe detto. Nero e con le piume sfilacciare. Aveva una sola zampa, e le osservava malignamente da una lunga fila di occhi.
Fu si rialzò in piedi, con le gambe che le tremavano.
“Che…” domandò. “…Cosa succede?”
In quel momento venne colpita alla schiena da un pugno del mostro monocolo, che le aveva raggiunte. Fu cadde, mentre le costole mandavano un dolore lancinante da sotto i vestiti, che si stavano riempiendo di sangue.
Hikaru la sorresse, mentre anche lei lottava contro le lacrime di terrore.
Era la loro ultima possibilità.
Dopo essersi resa conto di questo, Umi fu risoluta nei suoi gesti. Strattonò Fu per un braccio ed urlò ad Hikaru di seguirla. La rossa s’infilò sotto l’altro braccio di Fu, per sorreggerla meglio, e ripresero a correre. Mancava poco. Forse potevano farcela.
Il mostro monocolo si esibì in quella che forse era una risata, forse un urlo di delusione. L’uccello, invece, si librò in volo sbattendo le ali logore. Riprese la caccia.
Ma ormai erano lì. Ormai mancava davvero poco.
 
La vista prese a vorticare pericolosamente. Suo malgrado, Clef dovette fermarsi ed appoggiarsi ad un tronco. Aveva la nausea, non riusciva ad orientarsi, e tutto fluttuava intorno a lui in una girandola di colori.
Lo aveva promesso.
Lo doveva fare.
Era il suo ultimo dovere, l’unica cosa che lo teneva lontano dal sudario in cui lo aveva rinchiuso il fantasma di Adele.
Si concentrò e sollevò lo sguardo. Mise a fuoco l’immagine, appena in tempo per vedere i Cavalieri Magici raggiungere l’ampio corso d’acqua che attraversava la Foresta del Silenzio, appena in tempo per accorgersi delle due creature che le inseguivano, un istante prima che Hikaru, Umi e Fu si tuffassero.
 
L’acqua era gelida, come un ventaglio di aghi conficcati nel corpo con brutalità. Faceva troppo freddo per aver paura, e l’aria, quel poco d’aria che le era rimasto, fuggì dai polmoni in un istante. Tenne stretta la mano di Hikaru, la tirò a sé, le impedì di risalire. Forse li avevano staccati abbastanza. Forse non le avevano viste saltare. C’era la possibilità che riuscissero a salvarsi.  Doveva solo aspettare abbastanza, mentre il petto diventava di fuoco e bruciava come una ferita, perché stava soffocando.
 
Le due creature si guardarono attorno, ma non videro nessuno lungo la sponda del placido fiume. Non c’era nemmeno molta corrente ad incresparne l’ampia superficie, e nemmeno un soffio di vento. Il ciclope rantolò, deluso, poi afferrò la concorrenza per la coda e la sbatté a terra. L’uccello non riuscì a reagire e il gigante lo centrò in pieno con un suo pugno nodoso, uccidendolo in disgustoso zampillo di sangue. Guardando il suo operato il mostro ridacchiò, un suono lungo e lugubre. Poi il suo sguardo si soffermò su un’increspatura nel fiume. Della schiuma bianca vicino la riva.
Allungò il collo taurino per osservare meglio.
Clef lo centrò magistralmente, spezzando lo spesso bastone di cui si era armato proprio sull’occhio del mostro. Un lancio perfetto, nonostante il sangue che gli scendeva sull’occhio. La creatura urlò di dolore, gridò così forte che la terra parve tremare. Poi Clef gli passò davanti, velocissimo, e afferrò i pezzi della sua arma improvvisata prima che toccassero terra. La gamba gli lanciò un’ultima fitta, mentre fletteva le ginocchia per caricare il salto. Poi si sollevò a più di un metro da terra e, non senza una certa soddisfazione, infilò il bastone seghettato nell’occhio del mostro, giù, fino in fondo.
Quello urlò per l’ultima volta, e tentò disperatamente di difendersi in qualche modo. Il suo braccio nodoso attraversò l’aria in un lampo e, nonostante seguisse una traiettoria prevedibile, trovò Clef sospeso a pochi centimetri da terra. Un istante prima di ritornare a terra dal salto il ragazzo fu colpito in pieno ventre e sbalzato lontano. Cadde nella gelida acqua del fiume, che gli tolse il fiato. Annaspò con le braccia per tornare in superficie, e riemerse appena in tempo per vedere il mostro crollare a terra con un lamento patetico. Clef si lasciò sfuggire un grido di gioia poi, ignorando il dolore lancinante allo stomaco, nuotò di nuovo fino a riva. Alla fine stramazzò lungo la sponda del fiume e riprese fiato.
Con la testa, impigrita dal dolore alla spalla, cercò di scrutare la superficie: stava aspettando che le tre ragazze riemergessero da quell’acqua gelida. Attese alcuni secondi, ma niente.
Ad un tratto sentì il panico contorcergli le viscere. Non tornavano su. Ma non c’era corrente. Non potevano essere state trascinate via. Non poteva essere arrivato troppo tardi. Non poteva essere. Lo aveva promesso.
Si tirò su con un ringhio di dolore, mentre dentro di lui montava una paura cieca. E proprio in quell’istante la testa riccioluta di Fu infranse la superficie dell’acqua in mille spruzzi cristallini. Clef si congelò nella sua posizione a metà tra in piedi e seduto. La ragazza annaspò, e tirò fuori dall’acqua anche Hikaru ed Umi, entrambe semicoscienti.
“Che… fai?!” Urlò lei dall’acqua. “Hai intenzione… di aiutarmi… o no?!”
Clef si riscosse e si precipitò ad aiutarla, tuffandosi di nuovo. Si caricò Hikaru sulle spalle e diede una mano a Fu per sostenere Umi, che lo guardò un istante solo, e poi perse del tutto coscienza.
Si trascinarono a riva, e lì stramazzarono tutti e quattro. Clef azzardò a parlare, ma non aveva abbastanza fiato.
“non dovremmo… ass… assicurarci… che stiano… bene?”
“Ooh..” gli rispose Fui con un rantolo. “Tra cinque minuti”
Clef rise, e dopo qualche second0o la sua risata contagiò anche Fu.
“Ma che cavolo era quello?”
“Un… mostro” rispose lui, ancora boccheggiante.
“Eh, beh, grazie tante”
“Se lo sai già che vuoi da me?”
“Esistono mostri qui a Sephiro?”
“Lo hai appena visto” disse Clef, ancora sorridente. Poi la sua espressione si incupì. “Ma prima non era così”
“Cioè”
Lui fece un gesto con la mano nell’aria.
“Te lo spiego dopo. Controlliamo che stiano bene”
 
Prima la scosse con dolcezza, poi provò a chiamarla. Alla fine si scambiò un’occhiata con Fu, e quella si strinse nelle spalle. Così Clef tirò un ceffone alla povera Umi, che si svegliò di soprassalto.
“Finalmente!” sorrise lui.
“Ahio!”
Hikaru si tirò su a sedere. Le girava ancora la testa, ma riuscì lo stesso a sorridere, graziosa.
“Stavamo per affogare, sai?” le disse.
Umi si guardò intorno un po’ spiazzata. Poi notò il corpo inerme del mostro che giaceva a terra, e capì che ce l’avevano fatta. La sua piccola speranza.
Le sfuggì una risata.
“Strappata dalle grinfie della morte per ben due volte in un solo giorno, e nell’arco di una decina di minuti! Non è da tutti…”
“E’ un bel record, non c’è che dire” le rispose Clef con un sorriso sghembo. “Ma vedi di non farci troppo l’abitudine”
“Guarda che è tutta colpa tua”
“Mia? E che ho fatto?”
“Sei arrivato troppo tardi, stavamo affogando! Dove diavolo eri finito?!”
Il ragazzo le indicò lo sgarro sulla spalla, poi la gamba, il rivolo di sangue che scendeva dalla fronte e che macchiava di cremisi i capelli d’argento.
Ma mentre faceva quel gesto, Umi scorse  suoi occhi. Non li aveva osservati come meritavano. Se lo ripeté un’altra volta, senza riuscire a trovare nemmeno un sinonimo.
Incredibili.
Non per il taglio, non per il colore. Almeno, non solo. Era l’espressione. Lontani, guardavano qualcosa che non si poteva vedere, e gentili, cordiali. Uno sguardo che, improvvisamente, divenne familiare.
“Beh?” chiese Clef, un po’ imbarazzato dallo sguardo che lei gli aveva rivolto. Umi distolse gli occhi dai suoi, con fatica.
“Lascia stare. Sono stanca, mi devo riposare un attimo”
Lui annuì. “Va bene. Non ce la faccio più nemmeno io. Ma non possiamo rimanere qui per molto tempo. Quelli non erano gli unici mostri che popolano questa foresta. Sono stato uno stupido a portarvi qui”
Fu raccolse le ginocchia al petto.
“Ma cos’erano quelli?”
Clef incrociò gli sguardi curiosi dei tre futuri Cavalieri. Si sedette, e prese fiato, per raccontare. Spiegò loro quale fosse la forza più potente a Sephiro, e che la Colonna la manifestava attraverso le sue preghiere, che portavano la pace su Sephiro. Loro annuirono. Lo sapevano già, lo aveva già spiegato.
“Ma anche le paure possono influenzare Sephiro” continuò lui, accompagnandosi con un gesto dell’indice. “E così si formano questi mostri. Ce ne sono di più deboli e di più potenti, ma la cosa fondamentale è che nascono dalle persone”
“Le cose che pensiamo si possono manifestare corporalmente?” domandò Hikaru. Umi rimase in silenzio, improvvisamente intimorita da quegli occhi.
“Beh, non è proprio così facile” Rispose Clef. “Non capita spesso, i mostri sono rari”
“Ma quelli erano due, e hai appena detto che ne troveremo altri” osservò Fu.
“Sì, perché qui siamo nella Foresta del Silenzio. Questo luigo ha una proprietà particolare” Indicò le fronde degli alberi. “Non è possibile nessuna manifestazione fisica della forza di volontà. Ergo, niente magia, e anche niente Colonna. Qui i mostri proliferano, perché Emeraude per questo luogo non può pregare”
Le ragazze annuirono.
“Sembra ancora un sogno un po’ strano”  disse Hikaru, ridendo.
Clef sospirò. “Magari fosse. E invece no”
 
 
 
 
 
5 giugno 2008, tanti auguri a meeeee!!! Oggi è il mio compleanno, quindi commentate numerosi ^^
Bene, e ora prendiamoci questo angolino per rispondere ai gentilissimi commentatori:
KILLKENNI: ciao! Sono molto felice di vedere che continui a seguire la ff! Ma non dare troppo per scontata la Umi/Clef, ho un po’ di progettini per loro due ^_^ ghgh…
BELLISLADY: sono felicissima, come al solito, di vederti tra i commentatori! Alcione e Clef si incontreranno parecchie volte, il loro rapporto mi piace molto e lei è un personaggio che adoro. Tutto merito tuo, se non sbaglio, che mi hai ricordato di inserirla quando invece me ne ero dimenticata! ^^ A proposiro, sì, il salvataggio è un po’ cavalleresco, ma con loro due non date per scontato niente!
SOFONISBA: Immancabile anche la tua recensione, ovviamente, me molto felice! Sono contenta che ti piacciano le citazioni, ogni volta mi ci scervello un po’, eheh… Già, il rapporto tra Umi e Clef parte decisamente in quinta, e che lei sia cotta si è capito (e beh, chi non si cuocerebbe come un uovo alla coque, per uno così?) ma  chissà Clef… (risata malefica)
 
Un saluto a tutti quelli che leggono e non recensiscono ^^ e in particolare alla signorina del concorso di scrittura creativa! Incredibile! Non abbiamo vinto, ma ci siamo scoperte! Haha! Com’è piccolo il mondo! Chi l’avrebbe detto che leggeva le storie di una certa Sephirah? Un saluto!
 
E di nuovo buon compleanno a me!!!

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Capitolo Quarto CAPITOLO QUARTO: PERE BLU
 
“Mi fanno male i piedi” si lagnò Umi.
“Anche a me” fu la risposta vagamente sarcastica di Clef.
“Per quanto dovremo continuare a camminare?”
“Siamo quasi arrivati ormai”
Erano in marcia da almeno un paio d’ore, ed erano riusciti a non fare altri spiacevoli incontri. Avevano medicato le ferite alla meno peggio, anche se nessuno di loro sembrava versare in condizioni molto gravi, a parte Clef, che aveva perso molto sangue, anche se la benda aveva bloccato l’emorragia.
Umi aveva la spalla stirata ed un labbro spaccato, oltre a diversi lividi; Hikaru aveva una lunga abrasione sulla schiena e Fu un paio di contusioni, ma tutto sommato erano stati fortunati.
La ragazza bionda sollevò lo sguardo ad osservare la luce del sole che filtrava tra i rami in nastri sottili, più inclinati e rossicci, mentre le ombre si allungavano.
“Che ore sono?” domandò.
“Ore?” Clef voltò appena il capo per guardarla negli occhi verdi smeraldo. “Intendi il sistema sessagesimale?”
Fu si strinse nelle spalle. “Suppongo di sì”
“Qui a Sephiro misuriamo il tempo in un altro modo” la voce di Clef era rotta dal respiro pesante del ragazzo. Piccole gocce di sudore gli imperlavano il viso. “Il sistema di cui parli viene utilizzato su Ootozam. Comunque, se ti fidi del giudizio di un profano, dovrebbero essere circa le sei”
“Di mattina?” chiese Umi.
Clef inarcò un sopracciglio. “Di pomeriggio”
“Ma quando eravamo sulla Tokyo Tower era mattina presto!”
“Questo vuol dire che il tempo qui probabilmente non corrisponde al nostro” concluse Fu.
“L’ennesima prova che quello che dice Clef corrisponde a verità” disse Umi, sconsolata.
Anche Clef rivolse il proprio sguardo ai raggi del sole. Stava già facendo buio. Dovevano sbrigarsi ad uscire da quel nido di mostri, ma sentiva la stanchezza aggrapparsi alle sue gambe, rendendole cedevoli.
“Forse dovremmo fermarci” la sua voce uscì più rauca di quanto si aspettasse.
Hikaru si guardò intorno: nient’altro che alberi. “E dove?”
“Qui” disse Clef, indicando le radici che infestavano il terreno.
“Per terra?” domandò allarmata la ragazza.
“Hai un’idea migliore?” disse lui, irritato.
“Io ce l’ho, sì!” si intromise Umi. “Un bel letto caldo ed il servizio in camera!”
Il ragazzo la ignorò. “Faremo i turni di guardia. Se una di voi vede qualcosa mi svegli”  era stanco. Le gambe non reggevano. “Comincio io. Buona notte”
 Umi ringhiò, infuriata, ma non venendole in mente nessuna alternativa realistica, sbuffò e si accasciò contro un albero.
Esasperate, anche le altre due si sedettero per terra, e le si accostarono. Clef si guardò intorno, circospetto, ma non sembrava esserci nessuno oltre a loro. Così tirò fuori la camicia sporca di sangue rappreso dai pantaloni e si sistemò nell’incavo di una radice. Il sangue dalla ferita sulla spalla ancora colava lungo la stoffa, in un rivolo sottile.
“Dormiamo già?” chiese Hikaru. “Io ho fame!”
Le ragazze si scambiarono un’occhiata, annuendo, poi si rivolsero di nuovo a Clef.
“Tu sapresti riconoscere le piante commestibili?”
Aveva sentito la domanda. Solo, non riusciva a rispondere, perché d’improvviso il suo corpo si era fatto pesante. Gi formicolavano le dita, e intorno a lui la luce si faceva sempre più scura, mentre il dolore pulsante delle ferite si confondeva.
“Ehi?” lo chiamò Umi. Ma lui non la sentì, Era buio. La ragazza cercò il suo sguardo, ma Clef stava fissando un punto nel vuoto. Solo allora lei notò che la macchia rossa sulla stoffa si stava lentamente espandendo.
“Ehi!”
Gli andò vicino, cercò di scuoterlo, ma lui continuava a non rispondere.
“Aiutatemi!” urlò alle altre due ragazze, che erano rimaste pietrificate. Quelle si riscossero e si alzarono.
 
Quando Clef riaprì gli occhi era ancora buio intorno a lui. Era disteso sulla schiena, e quel buio era diverso, il buio della notte, ferito dalle lamine d’argento della luna.
Riusciva a muoversi appena, gli doleva ogni centimetro del suo corpo. Gli girava ancora la testa, e gemette per il dolore.
Sopra di lui comparve il viso di Hikaru, pericolosamente vicino, che controllava le sue condizioni.
“Bentornato”
Clef si alzò a sedere e si guardò intorno, smarrito. Dopo aver riordinato la confusione che aveva in testa si rese conto d’essere svenuto per la perdita di sangue. Si portò istintivamente la mano alla spalla, e sfiorò con le dita una fasciatura improvvisata. Poi si accorse che alla sua camicia mancava un pezzo di manica, e allora guardò Hikaru di sbieco. La ragazza si strinse nelle spalle.
“Abbiamo pensato che fosse sconveniente rovinare i vestiti a delle signorine”
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso.
“Dove sono le altre due?” domandò.
“Cercano da mangiare”
A quelle parole negli occhi si Clef lampeggiò il panico. “Cosa? Da sole?!”
Hikaru si strinse ancora nelle spalle. “Gliel’ho detto, che non era una buona idea, ma Umi ha insistito. Quella ragazza ha la testa dura” aggiunse sorridendo.
“Spera per lei che sia così” ringhiò Clef. “Perché appena torna gliela spacco”
“Comunque non si sono allontanate molto. Se succedesse qualcosa probabilmente ce ne accorgeremmo”
Clef annuì mesto, ancora poco convinto, e si rimise giù. In ogni caso non era nelle condizioni di andare a cercarle.
Guardò i raggi della luna. Doveva essere sera tarda. Era rimasto incosciente a lungo.
Hikaru lo squadrò con sospetto.
“Come ti senti?”
Clef sfiorò di nuovo la stoffa ruvida della fasciatura, e notò che le bende non erano umide di sangue. “Meglio, fa meno male”
La ragazza si sporse per controllare. “Sì, sembri meno pallido”
“E voi come state?” domandò lui.
“Stanche” disse Hikaru sorridendo. “Ma bene”
“Siamo stati fortunati. Poteva andare molto peggio”
In quel momento Umi sollevò lo sguardo dalla frutta che teneva stretta in precario equilibrio tra le braccia esili. Li vide, appena accostati, e sentì u sentimento strano farsi largo tra gli altri, risalire la gola e raschiarle sulla lingua, come fosse acido. Così parlò con voce troppo acuta.
“Ehi, piccioncini! Abbiamo trovato tantissima roba da mangiare!”
“Ora bisogna solo vedere quali di questi frutti sono commestibili” disse Fu, dietro di lei.
Poggiarono la frutta a terra e Clef si chinò a controllare. Fece una smorfia.
“Non sono troppo sicuro di poter aiutare, ma farò un tentativo…” e mentre faceva scorrere lo sguardo sul cibo, Umi rifletté su quell’acido che le aveva bruciato la gola.
Non esageriamo adesso. Cioè, è bellino, ma non mi ricordo nemmeno come si chiama…
Poi lo guardò di nuovo, i capelli del colore della neve, la pelle chiara e liscia, e gli occhi più incredibili che avesse mai visto. Sembrava un principe uscito da un cartone della Disney, con una punta neogotica.
Però non ci sarebbe niente… cioè, se per ipotesi… niente di male. No? No! Non è la situazione adatta, sperduta in un posto che non ho mai visto, lontana da casa… sì, la testa dice una cosa e le gambe ne fanno un’altra, belle convinzioni rigide che ho…
E infatti le sue gambe la stavano conducendo a forza al fianco di lui che, imperterrito, continuava a studiare la frutta. Quando gli si sedette vicina finse spudoratamente di essere anche lei interessata al raccolto, mentre in realtà non riusciva a impedirsi di cercare quegli occhi dietro le ciocche di capelli nivei. Si sporse, per cercare meglio, e gli sfiorò la spalla con la sua. In quel momento la stupidità del suo comportamento le lampeggiò davanti in tutta la sua evidenza, e uno sgradevole senso d’umiliazione si fece largo nella sua mente, strisciando viscido.
Si scostò immediatamente da lui, come se avesse ricevuto una scossa elettrica , e si alzò. Clef, con in mano un frutto simile ad una pera, ma di un inquietante colore blu, si girò a guardarla, mentre la ragazza si allontanava tra gli alberi.
“Dove vai?” le chiese.
“Torno subito”
 
Quando sentì di essere abbastanza lontana si sedette a terra e raccolse le ginocchia al petto.
Stupida! Mille volte stupida! Ma che ti viene in mente? Sola in un posto sconosciuto, lontana da casa e dalle persone care, e tu non trovi niente di più intelligente che fare gli occhi dolci a uno che non hai visto mai! Stupida!
Se lo ripeté mille volte, e mille latre ancora.
Le veniva da piangere, e l’idea di trovarsi su un mondo diverso, in una situazione assurda, cominciò a diventare reale, ma era troppo orgogliosa per lasciar passare le lacrime. Sollevò il viso e guardò in alto. Tra i rai si intravedevano spicchi di cielo stellato. Frugando con lo sguardo per contare quei piccoli aghi luminosi, pensò a casa.
Era una follia. Una storia assurda. Quello che aveva detto Clef non poteva in alcun modo essere vero.
Forse Clef le stava ingannando. Forse aveva mentito.
O forse, era davvero un altro mondo, lontano da casa e da ogni cosa conosciuta.
Così Umi non poté fare a meno di provare una gran paura, nonostante tutto il suo orgoglio.
Non piangerò. Non piangerò per nessuna ragione al mondo.
Ma le lacrime bruciavano già da un po’ dietro le ciglia.
In quel momento le fronde alle sue spalle si mossero e comparve Hikaru, scapigliata e con gli abiti stracciati dalla loro disavventura. Sorrideva gentile e le porgeva la mano.
“Siamo tutte piuttosto scosse per quello che è successo. Anche io faccio fatica a credere che sia vero, che non ci sia un’altra spiegazione più logica” tese ancora di più la mano, per incitare Umi ad afferrarla. “Purtroppo per ora non possiamo fare altro che fidarci di lui e fare quello che dice. E lui dice che dobbiamo rimanere tutti vicini, perché qui è pericoloso”
Umi sollevò lo sguardo al cielo con falsa disinvoltura, per ricacciare indietro le lacrime.
“Quindi perché non torni con noi? Stare qui da sola non è sicuro, e comunque non ti farebbe sentire meglio. E poi, Clef dice che le pere blu si possono mangiare”
 
“Perché proprio il frutto più inquietante?” domandò Fu.
“Perché è l’unico che non bisogna cuocere, tra quelli che avete portato” rispose Clef.
“E perché non possiamo cuocere?” domandò Umi, che si era persa parte del discorso.
Clef sollevò appena. Lo sguardo ed inarcò di nuovo il sopracciglio. “Sai accendere un fuoco?”
“Eh? No, ma…”
“Nemmeno io. Per questo mangiamo il frutto più inquietante”
Il ragazzo si rigirò la pera blu tra le dita, studiando divertito l’espressione dei Cavalieri. Nessuna di loro osava dare il primo morso. Clef provò a rassicurarle.
“Lo davano alla mensa del castello. Non è male”
“Che sta per: è commestibile ma fa schifo” completò Umi.
Clef sorrise.
“A me, personalmente, non piace, ma questo c’è”
Così, dopo essersi scambiate l’ennesima occhiata di rassegnazione Hikaru, Umi e Fu addentarono simultaneamente la pera blu.
 
Era amara, probabilmente un po’ acerba, e molto succosa. Umi storse il naso, come se stesse ingoiando a forza una medicina cattiva. Clef scoppiò a ridere, guardando la sua espressione. Una risata che in breve contagiò tutto il gruppo.
“Fa davvero schifo” disse Fu, abbandonando il suo linguaggio aulico.
“Mangiate questa roba a palazzo?” rincarò Hikaru. “E’ disgustosa!”
Umi non disse nulla. Si limitò a ridere con loro, sentendo paura e solitudine abbandonarla lentamente. In fondo anche le ragazze accanto a lei provavano lo stesso senso di smarrimento e la stessa paura. E così, almeno, non era sola. Un pensiero egoista, che però le permetteva di ridere. E poi incrociò di nuovo, per caso, quegli occhi che sembravano lamine di ghiaccio. Clef si accorse del suo sguardo e lo ricambiò con un sorriso.
Ma sì.
Umi guardò quella persona che era diventata familiare all’improvviso.
Se per ipotesi, per ipotesi remota… non ci sarebbe niente di male.
Così lei ricambiò a sua volta il sorriso, con una punta di malizia.
_______________________________________________________________
mi sono fatta aspettare per questo capitolo eh? Perdono... Come vi sembra che stia procedendo? Forse ora la storia decolla... vediamo! E se Clef sembra finto, Umi è molto umana, non trovate? Insomma fatemi sapere bene che ve ne pare... Un saluto a tutti e grazie mille! (sofonisba, vedi che ci capiamo? Presto, lanciamoci dal colosseo! haha!)

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Capitolo Quinto Prima di tutto, un eroe ha bisogno del coraggio. Dopodiché necessita di un buon armaiolo che dia la giusta forma a quel coraggio.
                                                                               Ferus - frammento
 
CAPITOLO QUINTO: L'ARMAIOLO E LA MEZZA VERITA'
 
Non sei stato attento. Non hai considerato tutte le possibilità. Se solo fossi stato più attento.
Quando avrai scelto dovrai subire le conseguenze delle tue azioni.
Non è giusto decidere della vita degli altri.
Dovrai rispondere di tutto questo.
Però lo so, ne sono sicuro. Io non sto sbagliando.
E anche fosse, ormai è tardi.
Le cose importanti, tutte quante, si sono dimostrate troppo fragili per poter essere protette. E la mia promessa era sciocca.
Quella non l’ho mantenuta.
Quella era fragile.
Questa no.
In questa sarò inamovibile.
Clef aprì gli occhi lentamente, mentre riprendeva coscienza di sé. La foresta era circondata di luce, e c’era silenzio. Fu, accanto a lui, si stropicciò gli occhi arrossati. Evidentemente era il suo turno di fare la guardia.
“E’ mattina presto” gli disse. “Puoi dormire ancora se vuoi”
Clef si passò una mano tra i capelli per riavviarli. Umi ed Hikaru dormivano spalla a spalla contro un tronco, entrambe con la bocca spalancata ed un filo di bava che correva lungo il mento. Hikaru russava sommessamente.
Fu seguì lo sguardo del ragazzo e si fece sfuggire una risata.
“Non abbiamo l’aria da Cavalieri Magici, non trovi?”
“Affatto” sbuffò lui. “Per questo sono tanto preoccupato”
 
Umi riprese conoscenza per solo pochi istanti, quel tanto che bastava per capire che era ancora troppo presto per partire, e che tutti stavano dormendo, e che nessuno stava facendo il turno di guardia. Per qualche ragione la ragazza si sforzò di sorridere, ma la sonnolenza le fece arcuare solo di poco gli angoli della bocca, troppo poco perché fosse un sorriso. Mentre la vista tornava ad appannarsi e Umi sentiva le membra tornare pesanti, il suo sguardo si posò su Clef, un istante solo.
Eh no. Non era un sogno. Sono su Sephiro.
E così, per lei, quell’idea divenne concreta e reale come l’aria che, pesantemente, stava respirando.
Poi, di nuovo buio.
Clef, dal canto suo, continuava a sognare di Adele e di decisioni sbagliate.
 
Alcione piegò il capo, intimorita da quello sguardo severo.
“Mi hai deluso”
La voce di Zagart risuonò tra le pareti di pietra scura e sovrastò lo scrosciare delle cascate. Le altre ombre, disposte in circolo, rimanevano in silenzio.
Il Gran Sacerdote sollevò una mano, facendole cenno di rialzarsi.
“Non deludermi anche stavolta”
Alcione chinò il capo.
“No, mio signore”
 
“Forza, ragazze” le incitò Hikaru. “Sveglia!”
Umi si profuse in uno sbadiglio indecente. “Sta zitta. Ho sonno”
Clef le diede un colpetto sulla schiena per farla avanzare, e il cuore della ragazza fece una piroetta.
“Avanti, in marcia” disse il ragazzo. “Sarà una bella camminata”
“Nel senso lunga?” sospirò Fu.
Clef le rispose con un sorriso. “Temo di sì”
Mossero i primi passi. Clef, davanti a loro, avanzava spostando il groviglio di foglie della foresta, ma mise una mano in fallo e un ramo gli ripiombò sul naso. Un dolore lancinante.
Umi, da dietro, fece una voce canzonatoria.
“Ehi, ranger dei boschi, serve una mano lì davanti? Non abbiamo fatto nemmeno cento metri”
“Taci” mugolò il ragazzo stringendosi il naso con una mano e spostando la fronda incriminata con l’altra.
E gli alberi sparirono, all’improvviso. Avevano messo piede in una radura, circolare, molto vasta. La Foresta del Silenzio le correva tutto intorno, buia, mentre l’erba fresca dello spiazzo era inondata dai raggi del sole. Al centro, sorgeva una piccola costruzione bianca e tondeggiante.
“Dove siamo?” domandò Hikaru, confusa.
Clef si girò, con un imbarazzato sorriso di scuse.
“Siamo arrivati”
Il silenzio che seguì fu così teso che lo si poteva avvertire vibrare nell’aria. Quando Umi parlò, la sua voce era incrinata.
“Ma non avevi detto… che era ancora lontano?”
“Evidentemente mi sono sbagliato…”
“…e quindi… noi abbiamo… dormito tra le radici di un albero e mangiato frutti blu… pur avendo una CASA praticamente dietro l’angolo…?”
“…A quanto pare, sì…”
Silenzio.
“Ok” disse Umi. “Sono calma. Io non mi arrabbierò. Io non mi arrabbierò perché altrimenti mi verranno le rughe, quindi io non mi arrabbierò”
 
“Che dobbiamo fare?” domandò Hikaru, in attesa davanti alla porta della casa tondeggiante.
“Bussa” le rispose Clef, mentre armeggiava con la fasciatura alla spalla, che si era allentata.
La ragazza obbedì. Umi e Fu, dietro di lei, si accostarono l’una all’altra, intimorite. Clef aveva parlato di un armaiolo, uno che forgia le spade a forza di martellarle su un’incudine. Dopo gli avvenimenti del giorno prima era difficile farsene un’immagine pacifica, si aspettavano di veder comparire sulla soglia un uomo grasso e sudato. Così rimasero spiazzate dalla voce femminile che rispose a distanza di qualche sala.
“Un… un momento!”
Anche Hikaru non si era aspettata una voce di donna, e rimase col pugno sospeso davanti la porta chiusa. Fece per guardare Clef di sottecchi, come per fargli una domanda silenziosa, ma lui aveva problemi con le bende, che non riusciva a riannodare.
Dall’altra parte della porta si sentì un frastuono, un rumore di cocci infranti, e la voce di donna imprecare un paio di volte. Clef sbuffò, una risata smorzata dal lembo di stoffa che teneva tra i denti per fare il nodo.
“Arrivo subito!” urlò ancora la donna.
Dopo pochi secondi si udì un rumore di passi, poi il chiavistello scivolò via.
La porta si aprì solo di uno spiraglio. Umi si sporse per guardare ed incrociò degli occhi azzurri incredibili, un iride così profondo da sembrare un lago ghiacciato. Identici, se non per il trucco, a quelli di Clef.
“Chi è?” domandò la donna nascosta dietro lo spiraglio.
Hikaru si schiarì la voce. “Il mio nome è Hika…”
Clef la interruppe. “Sono io, Plesea”
La porta si spalancò e la ragazza si lanciò sul Monaco Guida gettandogli le braccia al collo e stringendolo in un abbraccio troppo forte.
“Cos’è che ti fa pensare…” disse Clef ansimando. “…che non mi servano più le costole?”
Ma Plesea non allentò la presa. Così il ragazzo ricambiò l’abbraccio, e poi lo sciolse con delicatezza.
Lei gli rivolse un sorriso radioso. “mi sei mancato. Ero in pensiero”
Lui annuì, e fece un cenno con la testa verso le tre ragazze, che aspettavano imbarazzate.
Ma lei parve non capire. Dopo averle squadrate un attimo, tornò a guardare lui.
“Amiche tue?”
Clef si passò una mano sul viso, sconsolato. “Sono i Cavalieri Magici, idiota”
Si era aspettato di vederla rabbuiarsi, invece il suo volto si tinse di sorpresa. Plesea strabuzzò gli occhi.
“Chi? Queste tre? Ma avranno la mia età!”
“Ce l’hanno” rispose il ragazzo. “Ma sono loro”
Così la ragazza tornò a guardare Hikaru, Umi e Fu, e finalmente divenne scura in viso. Ma fu solo per un istante.
“Oh beh, allora piacere di conoscervi! Il mio nome è Plesea, e sono il mastro armaiolo di Sephiro, peraltro incaricata di forgiare le vostre armi, armi che potrete usare solo voi e che vi accompagneranno nelle battaglie per il compimento della leggenda. Vi va una tazza di té?”
 
Bere e mangiare, finalmente. Sembravano due cose lontane e sbiadite, appartenenti ad un passato distante. Anche se in effetti il suo ultimo pasto decente (pera blu non annoverata) risaliva al toast della colazione di appena un giorno prima. Così, nonostante non mangiasse da un tempo relativamente breve, Umi si cacciò in bocca tutto quello che riuscì a farci entrare, senza un minimo di ritegno. Plesea sorrise.
“Clef, hai per caso affamato queste povere ragazze?”
Lui, per tutta risposta, imitò Umi.
L’armaiolo scosse la testa con una risata, poi si alzò, allontanandosi. Clef la seguì appena con lo sguardo.
“Dove vai?” biascicò con la bocca piena.
“A prendervi dei vestiti puliti, e a prepararvi un bagno. Credo che ne abbiate bisogno”
 
Hikaru, Umi e Fu avevano una concezione di bagno molto diversa da quella di Plesea, ma si sottoposero comunque al suo trattamento di bellezza, immergendosi in una vasca d’acqua gelata dove galleggiavano petali di rosa. All’inizio c’era stato un po’ di imbarazzo, ma con una come Plesea a tirarle i capelli con la spazzola Umi ben presto alla propria nudità non ci fece nemmeno più caso, troppo intenta a tenersi le ciocche con le mani per impedire alla donna di staccargliele dalla testa. L’armaiolo non esitò un solo istante davanti alle grida di dolore della ragazza. Hikaru e Fu, che attendevano il loro turno, ridevano della sorte dell’amica.
Quando la lunga tortura fu terminata Plesea diede loro tre tuniche stropicciate. Umi le guardò con sospetto.
“So che a caval donato non si guarda in bocca, ma andiamo a salvare il mondo con una camicia da notte di pizzo sbiadito?”
Plesea rise.
“No, queste le indosserete solo fino a quando non vi sarete asciugate del tutto. Non posso lasciarvi andare in giro per casa nude, no?”
Poi la ragazza prese un piccolo astuccio e ne estrasse alcuni rotoli di bende e una boccetta di disinfettante.
“Ora fatemi vedere”
Hikaru, Umi e Fu porsero docili gli arti feriti, in modo che Plesea potesse medicarle, la donna cominciò da HIkaru. Umi e Fu si fecero indietro per lasciarle spazio.
“Come gli è venuto in mente a quell’idiota di non portarsi nemmeno un’arma nella Foresta del Silenzio?” bofonchiò l’armaiolo, mentre si rendeva conto che le ferite erano leggere ma che tuttavia avrebbero impiegato tempo per guarire. “Voglio dire, lo so che gli capita di trovarsi spesso in situazioni pericolose, ma pure lui se la va a cercare…”
“A proposito” domandò Fu. “Non bisognerà medicare anche lui? Era ferito più gravemente di noi”
Plesea scosse la testa. “Clef può farlo benissimo da sé, non gli servo io. E poi lui preferisce che mi occupi prima di voi”
“Devo ancora abituarmici, a questa storia dei Cavalieri Magici” disse Hikaru, ridendo.
L’armaiolo rispose qualcosa, ma Umi non ascoltò. Quelle chiacchiere per lei erano noiose, perché Fu l’aveva distratta. Le aveva ricordato di Clef e ora quel pensiero invadente le ronzava in testa e non la lasciava in pace. Plesea lo aveva abbracciato con foga, segno di una certa intimità.
Umi si passò una mano sul mento.
Plesea era bella, e nonostante Clef avesse detto che avevano all’incirca la stessa età lei sembrava più adulta. Bionda, ovviamente, e con gli occhi azzurri. Alta.
In che rapporti erano, quei due? E come poteva fare lei a tastare il terreno senza dare nell’occhio? Magari glielo poteva chiedere prendendola larga, magari dirlo con una battuta, oppure fare un riferimento a loro due come coppia e poi, se negano, dire che lo aveva dato per scontato… beh, se poi non negano, quello è un guaio, Plesea non era una concorrenza facile da battere.
Umi rimase per un po’ ad arrovellarsi, poi venne il suo turno di medicare le ferite e cercò di distrarsi, ma niente, quel pensiero molesto non andava via. Un ragazzo così diventa presto un chiodo fisso. Così lo fece quasi per bisogno fisico, la discussione doveva vertere su di lui, aveva bisogno di sentir parlare di lui.
“Ma adesso Clef dov’è?”
Lo chiese con noncuranza, ma si rese subito conto di essere sempre lei a domandare del ragazzo. Serviva una scusa per giustificarsi.
“Così evito di farmi vedere mezza nuda e fargli venire un infarto” aggiunse con un sorriso. Girare la frase come se fosse una battuta era una buona mossa. Almeno, sperava.
Plesea fece spallucce. “Boh. Prima andava a lavarsi anche lui, in effetti puzzava di sangue. Si sarà medicato le ferite, ma sicuramente ha finito da un pezzo. Veramente non saprei. Sembrava un po’ svanito. Distratto. Forse è stanco”
Poi la ragazza si passò una mano dietro al collo. “Anzi, sai che ti dico? Se lo conosco bene, e puoi contarci che nessuno lo conosce meglio di me, quello dorme”
Il viso di Umi si contrasse.
E perché tu lo conosci così bene, biondona super-gnocca? Così però non vale…
 
C’è silenzio. Un silenzio pesante, che mi preme sulle orecchie e ronza. Eppure prima quest’assenza di rumore non c’era. Tutt’altro. C’era frastuono. C’era la mia voce che gridava. Gridava forte. Più forte che potevo, fino a farmi male. Fino a sentire il sapore del sangue in gola. E io gridavo, ma tu non c’eri. Non c’eri nonostante avessi promesso che ci saresti stato, nonostante avessi promesso che sarebbe bastato chiamarti per farti arrivare. Non c’eri. Nel momento in cui più avevo bisogno di te non ci sei stato. E ora sono io a non esserci più. Da nessuna parte. Da nessuna parte, se non nel tuo cuore tormentato, che non ho intenzione di liberare. Hai fatto una promessa che non hai mantenuto. Insieme, per sempre. Che sia per te, come per lui, nell’eterno ricordo la giusta penitenza.
Quando Clef si svegliò aveva il fiato corto e stava stringendo convulsamente il lenzuolo tra le dita. Dopo aver realizzato di trovarsi nella stanza di Plesea cercò di calmarsi e si tirò su a sedere. Si accorse di essere più nudo che vestito, con i capelli ancora bagnati. Si passò una mano sul viso.
Perché la vedeva? Perché continuava a sognarla? Cosa aveva a che fare la faccenda di Emeraude con il fantasma di Adele?
In quel momento Plesea fece irruzione nella camera.
“Ah, ecco dov’eri? Che cavolo ci fai in camera mia?”
“Mi ero addormentato… è successo qualcosa?”
“Altroché” rispose lei con un sorriso. “ho appena finito di creare tre opere d’arte”
Clef inarcò un sopracciglio. “Ah sì? Perché non mi sento tranquillo?”
“Vieni a vedere, che ti rifai gli occhi”
 
Umi si era ripromessa di rimanere assolutamente impassibile, una statua di ghiaccio, nemmeno un battito di ciglia. Invece quando Clef entrò e si bloccò sulla soglia, cambiando espressione per lo stupore, non poté impedirsi di avvampare, così chinò il capo in modo che i capelli le nascondessero un po’ il viso.
Plesea le aveva truccate, pettinate e vestite, dando loro degli abiti che le andavano stretti. Hikaru portava dei pantaloncini corti, dei sandali e una camicia a mezze maniche piuttosto aderente; Fu una gonna alle ginocchia e una maglietta ricamata con disegni eleganti; e infine Umi indossava dei pantaloni lunghi che le stavano un po’ stretti e una camicia bianca troppo larga sul seno, e a questo Plesea aveva rimediato obbligandola ad indossare un gilet molto risicato.
Clef rimase imbambolato per alcuni secondi sulla soglia della porta, poi si decise a darsi un contegno e sfoderò un sorriso dei suoi, così sincero che anche le altre due ragazze arrossirono leggermente (ma niente in confronto a Umi, che era ai limiti dell’umanamente possibile). Plesea ridacchiò soddisfatta.
“Te lo avevo detto che erano belle”
Umi sollevò appena lo sguardo.
Clef aveva ancora i capelli gocciolanti, le ciocche gli ricadevano sugli occhi e lui di tanto in tanto se le riavviava con la mano. Doveva essersi vestito di fretta, perché la camicia sembrava al rovescio. Gli cadeva morbida addosso, bagnata dell’umido dei capelli gocciolanti. Parlava con Plesea, le sorrideva. Che rabbia.
“Oggi riposatevi” disse la donna. “Per quanto riguarda le armi che forgerò per voi, ne parliamo domani, con calma”
Non poteva restare con le mani in mano. Uno così mica ricapita facilmente, bisogna tenerselo stretto. Il tempismo nella vita è tutto.
Sacrosanta verità.
Proprio in quell’istante, Plesea afferrò con decisione le spalle del ragazzo e se lo avvicinò, accostando il suo viso a quello di lui. Lo sguardo della donna si fece intenso.
“E poi, più tardi vieni in camera mia. C’è una cosa di cui vorrei discutere in privato. Io e te da soli”
Curiosa sensazione, quando il sangue prende a fluire al contrario. Le era già capitato diverse volte: compiti in classe a sorpresa, interrogazioni per cui non era preparata, sport estremi, grandi altezze e forti velocità. Ma mai con questa violenza. A quanto pare, la gelosia sa essere tossica.
Clef annuì a Plesea, e Umi si ritrasse.
Uffa. Uffa! Ma giuro che non finisce così!
 
“Dormono?”
“A quanto pare…”
Plesea fece cenno a Clef di sedersi sul letto accanto a lei. Lui obbedì.
“Incredibile che siano loro i Cavalieri Magici” esordì la ragazza.
“Già. Non ti nascondo che sono un po’ preoccupato”
“Sì?”
“Beh, sono…” Clef sviò lo sguardo. “…giovani. Molto. Un po’ troppo”
“Anche tu sei giovane, ma ce la fai lo stesso, no?”
“E’ diverso”
“Non si è mai troppo giovani quando bisogna combattere. In fondo, quello che devono fare è solo questo”
“Non mi riferivo alle loro capacità fisiche. Se sono state convocate vuol dire che in potenza hanno tutti i requisiti per diventare Cavalieri e portare a termine il compito”
“E allora?”
Clef non rispose, perché pensò di trovare meno parole inutili nel silenzio. Ma Plesea non capiva, o almeno faceva finta di non capire. Ma non era piacevole parlarne con lei. Ci sono persone di cui si teme il giudizio.
La ragazza si accorse che ci stavano girando intorno. Decise che non voleva rincorrerlo con le parole. Questi giochi con lui non li avrebbe fatti. Almeno a lui doveva poter parlare chiaramente.
“Non hai detto loro la verità, vero?”
Clef si irrigidì, intrecciò le dita e strinse con forza, per impedirsi di provare emozioni troppo violente.
“Non tutta”
“Cosa sanno?” la voce di Plesea era fredda, sembrava lontana.
“Quello che ho ritenuto essere sufficiente”
“E cioè?”
“Sanno che dovranno affrontare Zagart, e che per svolgere davvero il loro compito dovranno svegliare i Mashin”
Nessuno dei due aggiunse altro, per un po’. Faceva freddo.
“Sanno perché dovranno affrontare Zagart?”
Clef non rispose. Non ci riuscì. Sentiva il cuore essersi fatto pesante come piombo.
“Non lo sanno?”
Ancora nessuna risposta.
Plesea chiuse gli occhi.
“Ti prego. Non rendere tutto più complicato”
“Ho solo cercato di rendere le cose meno brutali, per facilitare il lavoro a tutti”
“Che cosa hai detto a quelle ragazze?”
Clef cercò con tutte le sue forze di rimanere composto, ma fu come se lo attraversasse una scossa elettrica e allora dovette passarsi una mano tra i capelli, coprirsi il viso. Provava vergogna, temeva la reazione di Plesea. Lei non avrebbe capito.
“Ho detto che Zagart ha imprigionato Emeraude impedendole di pregare e che loro sono incaricate di liberarla”
Faceva freddo per essere una notte della stagione calda, e tirava vento. La finestra alle loro spalle era chiusa male ed entrava uno spiffero gelido.
“Loro tre sono… convinte di dover liberare Emeraude…?”
“In un certo senso, non mi sono nemmeno allontanato troppo dalla realtà”
“Perché non hai…”
“…detto la verità? Se sapessero davvero quello che devono fare, il motivo per cui sono qui, non acconsentirebbero. Non capirebbero. Ma loro tre sono essenziali”
La finestra sbatté.
“Io non…io mi rendo conto delle tue motivazioni… ma non posso… non riesco…a tollerare”
“Lo so. Ma non devi dire nulla alle ragazze. Rovineresti tutto”
“Tutto cosa, Clef?! Tutto cosa?! Non c’è più niente da proteggere, niente da rovinare! E’ andato tutto in rovina! È finito tutto nel peggiore dei modi! Non dovevamo arrivare a questo! Come siamo arrivati a questo?!”
“Non gridare. Ci sentiranno” si stupì di come la sua voce fosse d’improvviso glaciale.
“io pensavo… pensavo…” Plesea era saltata in piedi, non riuscì a trattenere le lacrime. “Pensavo che almeno tu avessi conservato la tua moralità, il tuo senso della giustizia! Finché si tratta di noi, delle conseguenze delle nostre azioni è un conto… ma non puoi coinvolgere loro così! Non in questo modo!”
“E come altro dovrei fare? Chiedere loro cortesemente di massacrare la principessa?”
Plesea scattò in avanti, lo afferrò per le spalle e lo costrinse ad alzarsi. Lo fece con violenza. Voleva fargli male.
“Non… scherzare. Non…essere controllato. Perché quello che stai facendo… anche con tutti i buoni motivi che puoi avere… è sbagliato, ed è orribile. E tu lo avrai sempre sulla coscienza. Puoi sopportare una responsabilità così grande?”
Clef la allontanò con uno spintone. “Stai zitta. Lasciami in pace”
Il ragazzo fece per uscire dalla stanza, ma appena aprì la porta Plesea lo colpì. Con violenza. Per fargli male. Male davvero. Se lui avesse sofferto il più possibile allora sarebbe stato tutto più giusto.
 
Umi non riusciva a dormire, così si alzò dal letto e cercò di ricordarsi la strada per la cucina. Non era bello frugare nella dispensa di chi la stava ospitano con tanta gentilezza, ma la fame è la fame, soprattutto di notte. Sarebbe bastato anche un bicchiere di latte, sempre che ce ne fosse di latte a Sephiro.
Così li sentì che litigavano, anche se non riusciva a comprendere bene le loro parole, perché la porta della camera di Plesea era chiusa, ma non poté fare a meno di sentirsi felice. Tra i due litiganti il terzo gode, no?
Si avvicinò per sentire meglio. La discussione sembrava piuttosto accesa.
Poi, la porta si spalancò. Umi fece per ritrarsi, ma quando vide Clef cadere a terra rimase paralizzata.
“Con che diritto fai soffrire le persone?!” era Plesea, che urlava tra le lacrime. “Perché pensi di poter decidere delle loro vite?!”
Clef si rialzò in piedi, appoggiandosi al muro. Si pulì la guancia.
Plesea lo indicò, con furia febbricitante.
“Ricordati di quello che hai sofferto quando quell’uomo ti portò via Adele, ricordatelo e non dimenticarlo mai, perché se sei disposto a fare questo al tuo migliore amico, a fargli provare lo stesso tuo dolore privandolo della cosa che lui considera la più importante, allora…” lo guardò negli occhi ghiacciati, che la guardavano con timore e colpevolezza, e sentì le lacrime abbandonarla. “…allora tu non sei meglio dell’uomo che straziò la persona che amavi”
Clef sentì il suo corpo diventare freddo, pietrificarsi. Un pensiero sconvolgente, ma logico. Stava facendo la stessa cosa. Aveva intenzione di uccidere la persona che Zagart amava. Esattamente come quell’uomo aveva fatto a lui, e ad Adele.
Ma no. Non era così. Non era la stessa cosa.
“Quello che faccio…” disse. Aveva la bocca impastata. “…è necessario”
“Non è vero, e lo sai”
“Lei me l’ha… chiesto. Mi ha fatto promettere”
“Bugiardo!”
Clef si ricompose, anche se si sentiva morire. Si rivolse a lei a testa alta.
“Quando ho preso la mia decisione sapevo che gli altri non avrebbero capito, e che avrei dovuto sopportare parole come queste. Ma va bene. Va bene. Perché io so... che non sto sbagliando. Lo so. Ne sono certo”
Plesea scosse la testa.
“Invece sì, Clef. Stai facendo un errore. E te ne pentirai”
La ragazza si voltò, lasciandolo strisciare contro il muro, ma non si richiuse subito la porta alle spalle.
“Però io mi ricordo. Di quello che hai fatto per me, di come mi sei sempre stato affianco, e della promessa che ti ho fatto, tanti anni fa. Qualunque cosa tu faccia, io ti aiuterò. E a loro non dirò niente”
La porta si richiuse e la casa piombò nelle tenebre. Umi era paralizzata. Il suo cuore batteva così forte che temeva Clef lo sentisse. Ma lui non si muoveva.
La ragazza sentì montare una paura inspiegabile. Perché non si muoveva? Perché non faceva niente?
Nemmeno se ne rese conto, ma mosse un passo verso di lui.
Lo sguardo di Clef saettò verso di lei. Sembrava terrorizzato. Umi, che ormai era stata vista, gli si avvicinò e gli prese il viso tra le mani.
“Cos’hai sentito?” chiese lui. Gli tremava la voce.
“Non ho capito niente di quello che vi siete detti, quindi non preoccuparti. Stai bene?”
“Non devi dirlo a Hikaru e Fu”
“No, non glielo dico, ma adesso calmati”
“Cosa hai sentito?”
“niente! E adesso stai zitto e cerca di calmarti! Avanti, respira…”
Clef distolse lo sguardo, i suoi occhi si fecero lontani.
“Io non… non sono… come lui”
Umi si rese conto che, qualunque cosa significassero le parole di Plesea, lo avevano ferito.
“Lui mi ha portato via… la cosa più bella… e importante… e l’ha fatta soffrire…”
Quelle parole sconnesse, quella voce atona, sentirle così nel buio le fece accapponare la pelle. Voleva fare qualcosa per lui, ma le mani le sembravano essere diventate inutili.
“Io invece… sto solo…ponendo rimedio”
Non sapeva che fare, così lo abbracciò. Più forte che poteva. Rimasero a lungo così, in silenzio.
“Io non sono come lui”
Umi lo strinse ancora di più a sé, perché, tra le sue braccia, Clef stava tremando.
“Io non sto sbagliando”
 
Voglio ferirti. Ferirti davvero. Dove fa più male.
Così sarà tutto più giusto.
 
 
 
 
 
 
 
Pheeew… questo capitolo è lunghetto, l’ho scritto tutto d’un fiato. La scena di Clef e Plesea che litigano mi piace molto, e lei così cattiva, che lo ferisce in questo modo, beh, è molto OOC ma mi piace. Il mondo ha bisogno di donne più ca**ute ^^. E Umi mi piace come sta venendo, prova sentimenti molto infantili, ma li accetta come tali, non cerca di sopprimerli, è una che ama e odia con semplicità. Non ha ancora capito di essere innamorata seriamente di lui, ma diamole tempo… Clef, invece, come dice Kilkenny, è un po’ lento perché non guarda con attenzione. La parte iniziale del capitolo l’ho scritta con l’intento di divertirmi un po’ con le scene “rosa”, anche perché sennò, con la parte finale, diventava una tragedia greca! Ora passiamo a rispondere a voi gentilissimi commentatori (sembro la presentatrice di uno show televisivo di terz’ordine…)
Kilkenny: grazie per il bel voto ^^ Penso di non aver mai visto un nove in vita mia sulle mie pagelle, meno male che ci sei tu… T_T Mi fa piacere che tu capisca così bene il mio bambino (non è un modo molto sano di riferirsi al proprio personaggio… ma in fondo questo Clef è molto diverso da quello delle Clamp, posso considerarlo un po’ figlio mio…:P) Continua a seguirmi, mi raccomando!
Sofonisba: grazie per i tuoi bei complimenti… °///° (arross) e non  credere di recensire con grande ritardo, pure io non è che pubblico spesso… a proposito ma non continui più la tua ff? Io sono curiosa di vedere come va avanti…*_*
Benoth alias Nico: Ma perché c’hai sto nick così brutto? Benoth… pare un robottone panzone molto cattivo e non troppo profumato… (qvanto zono malvaccia, ja!) comunque grazie per le recensioni positive ^^ Anche se lei fai solo previa minaccia di morte… continua a leggere, che magari arrivi a questo capitolo entro giugno prossimo! (cioè più o meno quando te e Flavia mi darete il regalo…hahaha!)
 
E ricordate: l’importante non è leggere, ma recensire!
No! Un momento… non è questo il senso civico corretto delle cose…
Allora: l’importante non è recensire, ma leggere.
Anche se suona male e non si capisce il rinvio al famoso detto “non è importante vincere, ma partecipare”
Comunque, se recensite è meglio!
(e anche se vincete, in effetti, è meglio…)
 
Un saluto a tutti! (e non preoccupatevi per le mie divagazioni… quando arriva il momento di fare questo spazio la mia serietà, che già è poca di per sé stessa, và a farsi benedire…”


Per un po' non potrò aggiornare, parto alla volta delle fredde montagne (yeheeee!) Ma appena faccio rientro la prima cosa che faccio è appiccicarmi al computer e giuro che non mi scollo finché non finisc il sesto capitolo! Bye!

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


Capitolo Sesto CAPITOLO SESTO: LA RABBIA E LA SCONOSCIUTA

La
venuta dei Cavalieri e i dolosi eventi che furono ci hanno insegnato molto, ma forse più di tutto ci misero in guardia dalle nostre promesse, perché le dovremo mantenere; e quanto è alto il prezzo da pagare.

                                                                                   Sarus - frammento


Clef si svegliò di colpo con un sussulto. Si accorse di essere sdraiato sul divano del salone, in casa di Plesea, e che doveva essere mattina presto perché c’era poca luce. Si tirò su a sedere, riavviandosi i capelli. Gli faceva male la testa.
Sollevò lo sguardo: c’era stato un movimento nella penombra.
Umi era seduta al tavolo circolare lì di fianco, con il viso affondato tra le braccia.
Era rimasta con lui tutta la notte. Non aveva domandato nulla, né aveva provato a consolarlo. Ma era rimasta. Normalmente Clef non sarebbe riuscito a trattenere un sorriso, invece questa volta si limitò ad alzarsi, ad andarle vicino e circondarla con le braccia per svegliarla.
Umi si svegliò lentamente, e ci mise un po’ per realizzare. Poi si tirò su di scatto.
“Sei sveglio? Stai bene?”
Clef annuì, ma non aggiunse nulla.
La fece alzare dalla sedia e la condusse, praticamente a forza, davanti alla camera con il letto matrimoniale dove dormivano Hikaru e Fu, senza badare alle proteste della ragazza.
“Ma scusa, almeno non spingermi! Non è per niente educato!”
“Abbassa la voce. È ancora l’alba, ed è meglio che tu dorma in un letto, piuttosto che sul tavolo”
“Ma io non voglio!”
“Non te lo sto chiedendo. Sei stanca. Devi dormire”
Umi si imbronciò. “Ma tu stai bene? Voglio dire, sei…”
Clef alzò una mano. “Sì. Ma tu devi dimenticartene, e questa dovrà essere l’ultima volta che ne parliamo. A loro non dovrai dire nulla. Sono stato chiaro?”
La ragazza esitò, offesa. “Ah… sì, chiarissimo”
“bene. Ora vai a dormire”
Clef si allontanò e tornò nel salone. Umi rimase ferma davanti alla porta, furiosa e lesa nell’orgoglio.
“Ma… ma… ma io…”
Sentiva pizzicare gli occhi, e questo la fece arrabbiare ancora di più.
“…Ma brutto stronzo! L’ho pure consolato! L’ho pure ABBRACCIATO! CAZZO!”
Entrò nella stanza e richiuse la porta sbattendola. Fu si svegliò, le parlò con aria assonnata.
“Umi… ma che hai?”
“Zitta, dormi. Ora sono troppo incazzata”
Fu inarcò un sopracciglio. “Ah, ok”
E si rimise a dormire.
 
Era arrabbiato. Furioso. Gli tremavano le mani e non riusciva a farle smettere. Aveva cercato di contenersi, di non trattarla male, era stato il più educato possibile, ma non era bastato. Probabilmente adesso anche lei era arrabbiata. Ma era stata lei a sbagliare, a mettersi in mezzo. Prima di tutto non avrebbe dovuto assistere a quella lite, avrebbe dovuto restarsene in camera come le altre due, e poi non avrebbe dovuto assolutamente impicciarsi. Non erano affari suoi. Invece era rimasta lì, affianco a lui, come se la cosa fosse di sua competenza. E per questo adesso lui era arrabbiato.
Ma no. Non era questo. Stava sragionando a causa di una rabbia che non gli era usuale. Tornato nel salone si sedette di nuovo sul divano e cercò di calmarsi, di respirare regolarmente. Doveva tornare lucido, per pensare con chiarezza ed obiettività. La verità era che le parole di Plesea avevano colpito nel vivo, nell’unico punto dove avrebbe potuto insinuare il dubbio. E la cosa peggiore non era che a muovergli l’accusa più grave fosse stata proprio lei, ma che lui, per un istante, le aveva dato ragione.
Però lui ci aveva riflettuto troppo e troppo a lungo per lasciarsi dissuadere così facilmente. Le cose erano diverse da come aveva detto Plesea, molto diverse. Lui ne era sicuro, questa volta aveva davvero valutato attentamente, vagliato ogni possibilità. Sapeva che non stava sbagliando, non era mai stato tanto sicuro di aver ragione in vita sua. Eppure, per un istante, le aveva dato ragione, e tutte le sue difese, le sue giuste ragioni, erano crollate, tutte quante, solo perché erano state messe di fronte ad un nome di tanto tempo prima. Non era arrabbiato perché Umi aveva assistito alla lite, o perché avesse cercato di aiutarlo, ma piuttosto perché Plesea aveva strumentalizzato il nome di Adele per ferirlo, e che ci era anche riuscita. Umi aveva cercato solo di aiutarlo, e gli era rimasta vicino, desiderando forse di poter fare di più, innocentemente, e lui l’aveva trattata con cattiveria.
Si passò una mano tra i capelli. Sentiva il corpo diventare pesante. Non le avrebbe chiesto scusa, per niente al mondo. Non si sarebbe scoperto di più. Al massimo le avrebbe fatto capire che aveva apprezzato il suo aiuto.
Ma per quanto provasse, non era vero, non ci riusciva. Non aveva affatto apprezzato l’aiuto di quell’estranea, lo aveva solo irritato. Non sapeva dirsi perché, o forse lo sapeva benissimo, ma decise che quella era una consapevolezza da lasciare in profondità, esiliata in un angolo buio. Stava meglio senza sapere quali e quante fossero le sue debolezze, perché le avrebbe protette meglio.
 
Il mattino seguente Plesea fece fatica a svegliarsi. Rimase a lungo sdraiata sul letto, mentre dalla finestra filtrava una luce grigia che presagiva un cielo annuvolato. Sapeva quello che avrebbe dovuto fare, e che avrebbe fatto nonostante la vergogna  bruciante, ma non aveva voglia di alzarsi. Ma lo avrebbe fatto, e lo sapeva. Perché, anche lei, come Clef, aveva fatto una promessa. L’aveva fatta a lui, a lui che per lei c’era sempre stato. E allora non l’avrebbe infranta mai. Lo avrebbe aiutato, e avrebbe fornito le armi ai Cavalieri. Così si alzò. Controvoglia, con il corpo pesante, ma lo fece, perché a lui lo aveva promesso.
 
Umi si rigirò la tazza tra le mani, cercando di non dare a vedere quanto forse nervosa. Il liquido che ondeggiava all’interno doveva essere latte, ma Plesea non l’aveva presentato, e lei non aveva voglia di domandare.
Hikaru e Fu non sapevano cosa fosse accaduto la sera prima, ma avevano intuito che c’era tensione nell’aria, così rimanevano in silenzio e si scambiavano occhiate di sbieco. Umi era ancora arrabbiata, e in condizioni normali avrebbe preso da parte Clef e gliene avrebbe cantate di santa ragione. Ma non adesso. Adesso era disposta a dimenticare il modo indegno in cui l’aveva trattata. Sarebbe stata disposta a tutto pur di evitare i suoi occhi, che erano ben diversi da quelli di prima, erano furenti.
Plesea non parlava, Clef non aveva mangiato niente, le ragazze mangiavano ma non facevano domande, e la situazione si era fatta insostenibile. Alla fine la donna parlò, sforzandosi di sorridere.
“Bene. Oggi è il giorno di cominciare a lavorare sulle vostre armi, quelle che vi accompagneranno nella vostra impresa”
Hikaru sollevò il capo, lieta che la tensione si fosse allentata. Plesea continuò a parlare.
“Le vostre armi, le armi dei Cavalieri Magici, avranno proprietà particolari. Saranno in grado di potenziarsi nel tempo. Saranno solo per voi, perfette per voi, e non le potrà maneggiare nessun’altro”
Fu arricciò il naso.
“Non ho capito. Che vuol dire che si potenziano nel tempo?”
“Si tratta di armi evoluzionare, forgiate da un materiale unico chiamato Escudo. Esse cresceranno con voi, e muteranno quando la vostra forza di volontà si sarà intensificata”
“Muteranno?”
“Sì. Quando accadrà, capirete”
Detto questo, Plesea fece loro segno di alzarsi. Le ragazze obbedirono. Clef non le seguì.
La donna le condusse attraverso i corridoi della casa spaziosa, fino ad una stanza che sembrava un piccolo ripostiglio insignificante. Estrasse una piccola chiave dalla tasca e la girò nella toppa.
All’interno della stanza luccicavano alla tenue luce del mattino grigiastro innumerevoli armi ed armature, di ogni tipo, Umi non ne aveva mai viste tante in vita sua. Fu sollevò appena il capo.
“Quali sono le nostre?”
“Nessuna di queste”
Hikaru, Umi e Fu rimasero a lungo in silenzio, cercando di decifrare le parole di Plesea, ma senza riuscirci. Ad un certo punto Hikaru azzardò.
“E allora…?”
“Io sono un armaiolo. Forgerò le vostre armi, ma il materiale dovete procurarvelo voi”
 
Le ragazze digerirono al volo le istruzioni di Plesea, praticamente nemmeno obiettarono. Nell’arco di un paio di giorni gliene erano capitate talmente tante che potevano benissimo credere anche ad una sorgente eterna, qualunque cosa fosse. Plesea non era stata chiara su questo punto. Aveva detto di seguire Clef, e di fidarsi di lui. Così ora si ritrovavano tutte e tre davanti al ragazzo. Umi se ne accorse solo in quell’istante: Plesea aveva tra le mani un altro fodero, di pelle scura e con delle borchie per rinforzare le cuciture. Con lentezza misurata e precisione clinica la donna ne estrasse una spada corta dalla lama leggera, un’arma fatta per durare ai colpi e per sferrare un attacco veloce. Era piuttosto piccola e non era pesante, adatta ad un corpo esile. La esaminò con attenzione, come se cercasse difetti nel metallo. Poi la porse a Clef.
“E’ per te. Molto ben fatta. Pratica e bella. Per ora è il mio pezzo migliore, nel suo genere”
Clef osservò l’arma che gli veniva offerta. La impugnò, e si accorse che era davvero leggera, perfetta per le sue braccia non troppo allenate. Anche la lunghezza ridotta della lama era adatta a lui, che non avrebbe maneggiato con scioltezza uno spadone. Esaminò l’elsa. Era semplice, senza inutili decorazioni che avrebbero appesantito l’impugnatura, ma era di splendida manifattura, con solo il disegno di un’edera che si avvolgeva attorno al metallo per impedire alle dita di scivolare. E proprio alla base della lama era stato inciso con precisione magistrale un grifone rampante, con le ali spiegate nel vento. Suo malgrado, Clef sorrise.
“Grazie”
“Mi dispiace per quello che ho detto”
Lui la guardò dritta negli occhi, identici ai suoi.
“Non dirlo. Perché non è vero”
Plesea si ritrasse. Sapeva che non avrebbe accettato le sue scuse, che avrebbe dovuto implorarlo, che sarebbe stato umiliante. Ma per lui lo avrebbe fatto. Per lui era disposta a fare anche molto di più.
“Ti prego… perdonami. Io non…”
Ma con sua sorpresa Clef la zittì.
“Io non ho niente da perdonarti. Tu hai detto una cosa vera, mi hai messo in guardia. Hai detto quello che pensavi, e lo hai detto con tutta la crudeltà necessaria a farmelo sentire davvero, a farmi riflettere su quello che sto facendo. Non sei dispiaciuta, perché avevi ragione. Ma ho ragione anch’io. Per questo, non scusarti”
Plesea sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. Quella voce, quegli occhi così familiari, la persona, l’unica, che le era sempre rimasta accanto, e che per lei era stata tutto, ancora una volta era lì per lei. L’armaiolo annuì, senza trovare le parole, e gli porse il fodero della spada. Clef le afferrò la mano e la tirò a sé, baciandola sulla guancia, abbracciandola. Plesea sorrise.
Umi, mentre si rigirava il suo nuovo fioretto tra le dita, fingendo di esaminarlo con meraviglia, progettava di infilarlo nella schiena di uno dei due. Plesea era stata gentile con loro, aveva anche detto che potevano partire con indosso i vestiti che aveva prestato loro, dato che le divise erano ridotte a brandelli. Clef sembrava un bersaglio più appropriato.
 
Quando furono di nuovo nella Foresta del Silenzio il buio si richiuse su di loro come una campana di vetro. L’abbraccio tra Clef e Plesea sembrava aver posto fine a quella tensione innaturale, invece il ragazzo rimaneva gelido ed inavvicinabile. Umi però era troppo occupata dalla sua gelosia per rendersene bene conto. Poi, dopo pochi minuti che camminavano senza dire una parola, con le nuove armi legate al fianco, sentì che doveva parlare per forza, che aveva una necessità fisica di domandarlo.
“Ma, insomma… Plesea è proprio una persona gentile, non trovi?”
“Eh? Oh, sì” rispose Clef. Sembrava soprappensiero.
“E’ anche molto carina”
Il ragazzo si voltò appena. “Sì. Anche se forse non dovrei essere io a dirlo”
“Perché?”
“Rischierei di non essere obiettivo”
“Ah… sembrate affiatati”
Clef sorrise appena.
“Beh, ci vogliamo bene”
“Sì, ho visto… e da quanto state insieme?”
Clef si arrestò e si voltò a guardarla con occhi smarriti e la fronte aggrottata, come se stesse mettendo a fuoco un’idea.
“Che vuoi dire?”
“Quello che ho detto. Non è la tua ragazza?”
Il ragazzo rimase immobile, perplesso. Poi, quando si accorse che Umi non lo stava prendendo in giro le rispose indignato.
“No, non è la mia ragazza, tonta. È mia sorella”
Hikaru, Umi e Fu assunsero simultaneamente un’espressione di totale smarrimento. Lo avevano dato per scontato tutte e tre. Dopo la sconcertante rivelazione cadde il silenzio.
Poi, inaspettatamente, Umi sentì che doveva ridere, e la risata le venne come un fiotto di calore delicato, prima leggera, poi sguaiata e senza ritegno. Dopo pochi secondi anche le altre due ragazze furono contagiate. Alla fine, anche Clef sentì gli angoli della bocca incurvarsi. Aveva ancora addosso il fantasma di Adele che Plesea gli aveva scagliato contro, ma decise che questa volta, una volta soltanto, lo poteva cacciare via e ridere insieme alle sue compagne di viaggio della gaffe di Umi. E mentre anche lui si piegava sotto il peso delle risate i loro sguardi si incrociarono, e mentre lei gli sorrideva allargando troppo le labbra e assumendo un’espressione poco intelligente, lui poté finalmente sentirsi grato a quella sconosciuta per essergli stata accanto quando ne aveva avuto bisogno, che non lo aveva lasciato solo.

 
_________________________________________________________

Eccomi di ritorno, subito dopo le vacanze! Ve lo avevo promesso no? Grazie a tutti per i commenti, sempre apprezzatissimi.
A proposito, non ve lo ricordavate che Plesea e Clef erano fratelli nel mio AU, vero? ^_-
KILKENNY: hahaha! Beh il tuo voto mi ha resa felice per i prossimi vent’anni, grazie di cuore! Continua a seguire, mi raccomando!
BELLISLADY: grazie per i tuoi bei commenti, sei una lettrice davvero fedele (aria solenne) veramente per il finale ho in mente qualcos’altro, mi dispiace deluderti, ma spero che ti piacerà come la manderò avanti. Grazie ancora!
SOFONISBA: grazie per i comlimenti… e per citare Caldina: mi fai arrossire anche le chiappe! (che genio, quella donna…). Spero di leggere presto il seguito del tuo racconto, anche se mi rendo conto che non è facile trovare ritagli di tempo… continua a commentare, mi raccomando!!
 
Un saluto a tutti e buone vacanze!

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


Capitolo Settimo CAPITOLO SETTIMO: INASPETTATA VARIABILE DEL PIANO
 
La Foresta del silenzio era buia, e taceva. Non c’era vento a muovere le fronde scure e i loro passi risuonavano senza eco nell’ombra.
“Va bene che si chiama Foresta del Silenzio” esordì Umi, ascoltando la sua voce che sembrava troppo forte in quell’assurda assenza di suoni. “Ma non ti pare che sia un po’ eccessivo, Clef?”
Il ragazzo sembrava sovrappensiero e rispose con aria vaga.
“Eh? Ah, non saprei. Forse sì”
Silenzio.
“…e non dovremmo fare qualcosa?” lo incitò Umi. “Tipo qualche precauzione?”
“Del genere?”
“Ehi, sei tu che abiti a Sephiro! Ma che razza di Monaco Guida sei?”
Clef si puntellò un indice contro la tempia, assumendo un’aria esageratamente concentrata.
“Potrebbe esserci un mostro enorme ed orripilante nascosto qui intorno, qualcosa di inaspettato e terrificante e probabilmente anche bavoso che ci attende nell’ombra… che fare?” Poi sollevò l’indice, come se gli fosse tornato in mente qualcosa. “Ah! Ma non eravamo andati da un armaiolo proprio per questo? Avete le armi con voi?”
Umi sospirò, rassegnata all’ironia nera del ragazzo. “Al fianco”
Clef riassunse la sua aria scocciata. “Allora il massimo che ci potrà capitare è doverle impugnare”
“Non si sentono nemmeno gli uccellini” osservò Hikaru “Non si sente nulla”
Umi cercò con la mano, senza farsi vedere, l’elsa della spada che le pendeva dalla cintura.
“E meno male. Più silenzio c’è, meglio stiamo. Vuol dire che non c’è niente nelle immediate vicinanze che voglia mangiarci” rispose il Monaco Guida.
“Bleah, sei disgustoso” disse Fu con una smorfia. Poi, dopo una pausa aggiunse “Eri serio quando dicevi del mostro bavoso?”
“Serissimo. Non ne troverai uno che non goccioli melma verde da qualche orifizio”
“Ma che schifo!”
“Che vuoi da me?! Mica gliel’ho suggerito io! E comunque abbassate la voce, perché quei cosi fanno schifo pure a me e quindi vorrei evitare di fa-”
Uno schiocco secco, poi Clef sentì il mento urtare il suolo e il sangue inondargli la bocca. Solo più tardi si accorse del dolore lancinante alla gamba. Sentì una delle ragazze lanciare un grido e provò a rialzarsi, ma quando fu di nuovo in piedi vido solo di sfuggita il corpo di Hikaru cadere, trascinato giù. Allungò la mano nel tentativo di afferrarla, ma ci fu un altro schiocco e cadde a terra di nuovo, sentendo la spalla infuocarsi.
Umi rimase ad assistere, incapace di muoversi, cercando di capire cosa stesse accadendo, fin quando non sentì qualcosa di viscido e freddo sfiorarle la caviglia. Qualcosa di umido e gelatinoso.
Cacciò un grido stridulo, poi anche lei rovinò a terra, sbatté la testa e le esplose davanti un mare di lucine colorate.
Cercò con la mano la spada affondata nel fodero. La trovò, la estrasse e cominciò a menar colpi alla cieca.
In qualche modo, sferzando la lama a caso, riuscì a colpire il tentacolo verde e viscido che le si era avviluppato alla gamba. Quello si ritrasse sussultando come la coda mozzata di una lucertola. Umi si lasciò sfuggire un urlo di disgusto. Si rialzò in piedi velocemente, impugnando la sua nuova spada meglio che poteva, ma le tremavano le mani. In un istante i suoi occhi saettarono sulle due compagne e analizzarono la situazione. Fu aveva impugnato l’arco, ma qualcosa le aveva strappato la faretra di dosso con tale violenza che la freccia le era sfuggita dalle dita mentre cercava di incoccarla. Hikaru sembrava l’unica che avesse la situazione sotto controllo: impugnava con fermezza la grande spada che le aveva dato Plesea, e la brandiva con precisione contro quei tentacoli verdi e viscidi che sembravano spuntare dal terreno. Poi cercò anche Clef in quella confusione, appena in tempo per vederlo cadere, trascinato a terra dalla creatura.
 
L’ennesimo colpo alla testa ei colori parvero spegnersi un istante davanti a lui. Per un secondo tutti i rumori divennero lontani ed ovattati, come se la sua testa si trovasse sott’acqua. Sentiva un diffuso dolore sordo in tutto il corpo. Provò a riprendersi, e sentì il male concentrarsi sempre di più in un unico punto, acuto come uno spillo nella carne. Ad un tratto si rese conto che qualcosa lo teneva, e qualunque cosa fosse, gli stava stritolando la gamba. Si rese conto con estrema lentezza che doveva fare qualcosa. Cercò nella confusione che sentiva attorno sé l’elsa della spada, tastando il vuoto a casaccio. Dopo alcuni, interminabili istanti, riuscì a trovarla. La estrasse e provò a brandirla, ma la lama era pesante e lui stava perdendo conoscenza, così l’elsa gli si rovesciò nella mano e la spada cadde.
In un istante la gamba prese fuoco, un dolore lancinante che pervase tutto il suo corpo, risvegliandolo. Clef urlò di dolore, si tirò su e afferrò la cosa che lo teneva a terra per la gamba a mani nude. Provò a liberarsi, ma il tentacolo verdastro lo teneva ben stretto. Clef vide la spada riversa accanto a lui, l’afferro’ e con un colpo secco recise la cosa avviluppata alla sua gamba.
Quella si ritrasse, continuando a contorcersi zampillando sangue bluastro.
Immediatamente il ragazzo si rimise in piedi, anche se malfermo. La spada, sfuggendogli di mano, aveva colpito con il taglio della lama la carne viva sulla sua coscia, e quel dolore così intenso lo aveva riscosso dal colpo alla testa. Si guardò intorno, in cerca delle tre ragazze. Hikaru e Fu stavano menando fendenti scoordinati ai viticci che spuntavano dal terreno, nel tentativo di ricacciarli indietro, Umi invece stava correndo verso di lui, con la spada abbassata e sul viso un’espressione di sollievo.
Ma ci fu un altro schiocco e il volto della ragazza si tramutò in una smorfia di dolore mentre finiva di nuovo a terra. Clef rigirò la spada nella mano e muovendo un solo passo deciso la calò sulla creatura, tranciandola. Umi si rimise in piedi, scioccata e con un labbro sanguinante.
“Tutto bene?” chiese il ragazzo.
“Porca puttana, non sto bene no! Cosa cazzo è?!”
“Qualunque cosa sia” si intromise Fu, che non avendo le frecce a disposizione afferrò l’arco e prese a brandirlo come fosse una mazza. “Qualunque cosa sia si trova sotto terra…!”
“Allora non abbiamo speranze di sopraffarla, non possiamo colpirla!” concluse Hikaru, con il respiro rotto dalla fatica. “Io propongo di darsi alla fuga!”
Clef annuì e in un istante le ragazze abbassarono le armi e cominciarono a correre. In quel momento la terra attorno a loro sussultò e in un istante fu dilaniata da un profondo squarcio. Dal suolo emerse con un lamento sordo la testa di una creatura sotterranea, priva di occhi e con lunghi tentacoli al posto delle fauci, stretti attorno alla bocca a ventosa.
Completamente paralizzati, sia Clef che le ragazze non riuscirono a fare altro che fissare il mostro, inorriditi.
La creatura rimase altrettanto immobile, volgendo il capo al cielo, continuando ad emettere un lugubre gorgoglio.
Clef, che si era avviluppato ai fianchi di Umi per lo spavento, cercava di farsi venire qualche buona idea, ma con scarso successo. La ragazza dal canto suo era troppo presa dall’impedirsi di pensare alle braccia che la stringevano.
Hikaru impugnò di nuovo la spada a dovere e la puntò contro la creatura. Mosse un passo appena.
La bestia mostruosa si voltò di scatto vero di lei e le si scagliò contrò di peso, spalancando la bocca priva di denti.
Hikaru gridò, lasciò cadere la spada e saltò di lato, ma il mostro seguì il suo movimento e colpì nel punto dove la ragazza era caduta a terra. Per fortuna Fu si era lanciata in avanti e aveva afferrato l’amica, riuscendo a salvarla.
Clef sciolse l’abbraccio con Umi e gridò alle ragazze di scappare. La bestia si rivolse contro di lui e colpì la terra immediatamente di fronte a lui, scagliando lui ed Umi qualche metro più in la. La ragazza  sentì la mano di Clef poggiarglisi sulla spalla, nel tentativo di aiutarla in qualche modo. Lei cercò di afferrarla, ma quella le sfuggì tra le dita.
Clef sentì il respiro bloccarsi in gola, mentre un altro dei tentacoli gli si stringeva attorno al torace, forte. Sentì le costole bruciare di dolore. Provò ad urlare, ma non ci riuscì.
Umi gli si gettò addosso, cercando di liberarlo in qualche modo, ma invano. Estrasse la lama e mozzò il tentacolo, ma subito il mostro le si gettò addosso con un ruggito sordo. Umi, sentì le lacrime pizzicarle gli occhi, e nel disperato tentativo di salvarsi lanciò la spada contro la bestia. Ma la lama la mancò di parecchio ed andò a conficcarsi nella corteccia di un albero.
Umi sentì le braccia di Clef afferrarla per proteggerla dall’impatto. Chiuse gli occhi.
Ma il rombo dello schianto provenne da molto più in là, il suono di qualcosa che si spaccava in uno schiocco secco.
Umi provò a sbirciare da sotto le palpebre, e vide il mostro fare a pezzi il tronco di un albero abbattuto.
Clef lasciò la presa attorno a lei, e dopo alcuni istanti di silenzio le sussurrò all’orecchio.
“Tu sei un genio”
Umi provò a replicare con un commento arrogante, ma le tremava troppo la voce per parlare.
Clef  si alzò in piedi e raccolse una pietra, poi la scagliò lontano. Istantaneamente il mostro si avviluppò su sé stesso per voltarsi e colpì il punto esatto dove il sasso aveva colpito il suolo, scavando un buco nel terreno.
Era ovvio, accidenti. Ci sarebbe dovuto arrivare prima.
Un mostro che vive sottoterra è cieco, questo non aveva nemmeno gli occhi. Era davvero ovvio che stabilisse la posizione delle sue prede in base ai suoni che queste producevano. Il fioretto che Umi aveva tirato si era conficcato in un albero, aveva prodotto un suono sordo e vibrato nella corteccia. Il mostro si era voltato e aveva attaccato lì.
Bastava rimanere fermi.
Hikaru si rialzò in piedi dalla nuvola di polvere che la circondava, e diede una mano a Fu a rialzarsi, poi notò Clef che guardava il mostro divorare il terreno. Lo chiamò.
“Clef! State bene?!”
Il ragazzo si accorse di lei solo in quell’istante, e provò in vano a farle cenno di stare zitta. La creatura l’aveva già localizzata.
Prima che la bestia potesse colpire Hikaru Clef estrasse la spada e la batté al suolo, facendola vibrare del contraccolpo. Il mostro si avvitò di nuovo su sé stesso e puntò dritto verso di lui. Clef si voltò verso Umi.
“Togliti di mezzo!”
Poi la creatura gli fu addosso. Lui cercò di evitarla e le fauci lo mancarono di poco, ma il corpo molle della bestia lo colpì in pieno, scagliandolo a terra.
In quell’istante anche Umi mise insieme i pezzi. Aveva visto Clef dure ad Hikaru di tacere, lo aveva visto tirare la pietra e far vibrare la spada. Aveva capito.
“Fu! Cerca la faretra con le frecce! Sbrigati!”
L’ennesimo attacco, verso di lei. Umi si buttò a terra e riuscì ad evitare il colpo per un soffio, si rimise in piedi e tentò la fuga. Immediatamente la bestia le fu alle costole.
“Sbrigati!”
Inciampò, e nel tirarsi su raccolse un ramoscello da terra, scagliandolo di lato. Lo stratagemma ingannò la creatura per una frazione di secondo soltanto, ma le regalò alcuni metri di vantaggio. Poi si sbottonò il gilet e lo lanciò in aria. Quello fluttuò per alcuni secondi prima di essere divorato dalla creatura dietro di lei, dandole altro prezioso vantaggio. Poi Fu gridò, da qualche parte fra gli alberi.
“Trovata!”
Il mostro provò a voltarsi contro la ragazza, ma Umi gridò con quanto fiato aveva in gola per riattirarla su di sé.
“Colpisci gli alberi!”
“Cosa?!”
“Fai come ti dico!”
Fu eseguì, facendo cenno ad Hikaru di rimanere immobile. Con precisione millimetrica la ragazza scoccò la freccia e la fece volare tra gli alberi della foresta, colpendo lontano.
La bestia si voltò verso l’albero colpito e ci si diresse contro a gran velocità. Umi inchiodò, rimanendo immobile, respirando appena nonostante le bruciassero i polmoni.
Fu si portò un indice alle labbra, facendo segno ad Hikaru di non fare rumore. Pur non avendo visto i gesti degli altri due compagni alla fine anche lei aveva capito che il mostro era cieco. Come diavolo aveva fatto a non pensarci prima?
Poi la cinghia della faretra che si era rimessa sulle spalle si sciolse e le frecce caddero a terra con un gran fracasso.
Clef si rimise in piedi barcollando, appena in tempo per vedere la creatura rispuntare dagli alberi , sradicandoli, e scagliarsi contro Hikaru e Fu, completamente indifese.
Un sibilo nell’aria, tra gli alberi bui, e poi il mostro lanciò un grido disperato, un mugolio di dolore, prese a contorcersi, poi gridò ancora e in fine stramazzò a terra. Continuò a sussultare per alcuni secondi, poi rimase immobile.
Hikaru e Fu rimasero paralizzate dalla paura. Umi riemerse dagli alberi appena in tempo per assistere alla morte della creatura.
Clef raccolse il sangue in bocca e cercò di rimanere in piedi, barcollando. Provò a dire alle ragazze di stare attente, ma era troppo stordito per ordinare le parole.  Si guardò intorno, ma non riuscì a vedere niente perché le immagini gli vorticavano davanti indistinte. Sentiva qualcun altro oltre a loro muoversi nella foresta, ma non riusciva ad individuarlo. Si accorse che  Hikaru, Umi e Fu gli si stavano avvicinando, dopo essersi rese conto che il mostro era morto, correndo. Gli stavano dicendo qualcosa, sembravano sollevate, ma non riuscì a distinguere i suoni. Poi qualcosa sibilò alla sua sinistra  e le ragazze gridarono.
Si voltò, impugnando male la spada, e in qualche modo riuscì a bloccare la lama del nuovo avversario, ma il colpo era troppo  violento e l’elsa  gli si rigirò in mano, sfuggendogli. La spada cadde in terra con un tonfo metallico e la lama avversaria vibrò gelida contro la gola di Clef.
Ma il colpo si arrestò un istante prima di diventare letale, non accadde nulla, e il ragazzo aprì gli occhi, cercando di mettere a fuoco.
“Clef?”
Sgranò gli occhi.
La voce che lo aveva chiamato era giovane e calda, e decisamente familiare.
“Ferio?”
L’amico scoppiò a ridere e abbassò l’arma.
“Che bello rivederti, ero preoccupato! Ah, a proposito, scusa, non ti avevo riconosciuto”
“Immaginavo” ripose Clef, ancora scioccato, massaggiandosi il collo. Hikaru, Umi e Fu, che avevano impugnato le armi, si scambiarono un’occhiata allibita. Fu si girò verso Clef.
“Ma voi due vi conoscete?”
Il ragazzo annuì, ma non sembrava troppo contento di rivedere l’amico.
Ferio gli allungò una pacca sulla spalla, sempre ridendo, poi il suo sguardo si posò sulle tre ragazze.
“Sei sempre il solito maleducato. Che fai, non mi presenti alle tue amiche?”
Clef esitò, non rispose. Fu intravide qualcosa nei suoi occhi che sembrava paura. Ma prima ch potesse fare nulla Hikaru, nella sua immensa ingenuità, si avvicinò al ragazzo col codino e gli strinse la mano.
“Io sono Hikaru Shido” disse con un sorriso lungo tutta la faccia.
“Piacere di fare la tua conoscenza, Hikaru. Il mio nome è Ferio”
“E loro sono Umi e Fu”
Clef si passò una mano sul viso. Di che si preoccupava? Cercare di evitare i problemi sembrava essere uno sforzo sterile, tanto valeva lasciare che precipitassero dal cielo e si abbattessero su di loro.
Ferio, intanto, si era avvicinato a Umi e Fu con fare galante, ed aveva baciato con solennità il dorso delle loro mani. Umi sentì le guance colorarsi, Fu invece divenne viola.
Quel gesto fece scattare qualcosa in Clef, che avvertì un senso di possesso premergli addosso.
“Ehi, ehi, vietato provarci con le mie ragazze!”
Questa volta toccò ad Umi diventare Viola. Ferio si girò verso l’amico.
“Tutte tue? Ehi, mica male, tappo…”
Clef ebbe un tic all’occhio. “…prego?”
“Non è mica giusto, lasciamene almeno una! Di solito mi piacciono le bionde, mi intrigano anche le altre due…”
“Ma sono discorsi da farsi?!”
“Ehi, cos’hai contro le brune?” chiese Umi con gli occhi ridotti a due fessure.
Ferio scoppiò a ridere. E poi, sempre con un sorriso e lo sguardo gentile, domandò.
“Sono loro?”
Per un attimo scese il silenzio, poi le ragazze compresero: si riferiva ai Cavalieri Magici. Di  nuovo Hikaru fece per rispondere, ma Clef l’anticipò.
“No”
Le tre ragazze rimasero sorprese e si scambiarono occhiate interrogative.
Ferio sollevò le sopracciglia.
“No?”
“No”
“Tre persone armate accompagnate dal Monaco Guida non sono i Cavalieri”
Clef fece spallucce. “Ci siamo incrociati lungo la strada. E siccome sono poco pratiche mi sono offerto di accompagnarle”
“E dove andate?”
“Alla sorgente, ovvio”
“E tu che ci vai a fare?”
Clef ostentò un’aria irritata.
“E perché uno va alla sorgente, secondo te? Per l’Escudo, no?”
“E perché vuoi un’arma evoluzionaria?”
Clef distolse lo sguardo.
“Lo sai”
“Da solo?”
“Voglio provare?”
“Riesci ad accettare l’idea?”
Gli occhi di Clef saettarono ancora su quelli di Ferio.
“Sì. Io ho promesso”
Lo sguardo del ragazzo era risoluto. Qualunque cosa significasse quella frase, Hikaru Umi e Fu compresero che su quello Clef non stava mentendo.
IL discorso enigmatico si concluse con queste parole. Ferio rabbuiarsi appena, ma tornò subito sorridente, e si rivolse alle ragazze.
“E voi perché volete l’Escudo?”
Clef sentì il respiro bloccarsi a metà, Hikaru ed Umi si scambiarono un’occhiata impanicata.
Così rispose Fu, risoluta e con l’aria di una che parla del tempo.
“Vogliamo diventare guerrieri potenti e valorosi”
Clef si batté una mano sulla fronte. Balla più idiota non poteva dirla, ma il sorriso di Ferio si fece ancora più largo.
Siccome Ferio sembrava essersi bevuto la storia di Fu, il Monaco Guida cercò di rilassarsi, decisamente in vano.
“E tu perché ti trovi nella Foresta del silenzio?” domandò all’amico.
Ferio si strinse nelle spalle. “Per passare il tempo”
“A proposito” disse Clef indicando il verme cieco immobile a terra. “Grazie per prima”
“Dovere, non sapevo nemmeno che fossi tu”
Hikaru sgranò gli occhi.
“Cosa?! Sei stato tu?!”
Umi sbottò irritata. “Ma sei sempre così lenta oppure siamo noi ad essere fortunati?”
Ferio scoppiò a ridere, annuendo.
“Ma allora sei davvero forte!”
“Beh, me la cavo…”
“Sei stato anche più forte di Clef!”
“Ehi! Traditrice!”
Fu allora che le venne l’idea. Ebbe poco tempo per riflettere, ma sembrava che potesse funzionare.
“Senti, perché non ci accompagni?”
 Tutti si voltarono verso Fu, specialmente Clef, che muovendo le labbra le rivolse un muto ed arrabbiatissimo stai zitta. Ma la ragazza continuò imperterrita.
“Sembri forte, davvero molto. Anche più forte di Clef. Noi andiamo tutti nella stessa direzione, e tu non hai una meta, e allora perché non ci accompagni?
Ferio rimase così sorpreso dalla richiesta della ragazza che per un attimo non disse nulla. Poi rispose.
“E io che ci guadando?”
“Ah, beh” disse Fu indicando il verme. “Di sicuro non ti faremo annoiare”
Ferio fece un grande sorriso, e si esibì in un inchino troppo galante.
“E sia. Sarà per me un immenso piacere”
Clef, ormai rassegnato, si limitò a sospirare.




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Eccomi qui, dopo tanto tempo! Scusate, ma tra una cosa e l'altra non sono riuscita a pubblicare... però mi faccio perdonare con un capitolo più lungo del solito!  Avete notato che non ho inserito Mokona? Lì per lì io nemmeno ci ho fatto caso, però penso che sia meglio così, perché è troppo da fumetto e in una storia scritta non ci sta bene... Ferio mi mancava, è un peronaggio simpatico, anche se rimarrà piuttosto secondario. la sua entrata in scena è un po' classica, ma fa il suo effetto. Comunque mi invento dei mostri davvero brutti eh? ahaha! un verme viscido, che schifo!

KILKENNY: un giorno scoprirò quale kenny vuoi uccidere ^^ Per quanto riguarda Cardina, beh non penso che ci metterò l'inflessione romagnola, anche perché si tratta più che altro di una cadenza del tono di voce, ma sicuramente sarà bella sboccata, come nel fumetto (che ridere quando nell'anime Umi la chiama mangiamortadella). E sì, puoi massacrare Adele, anche a me sta antipatica. E poi ha rotto. farla morire è stata una gioia. Ma lui è così sensibile... *.* comunque l'umore migliora sì, vero. Troviamogli una sostituta, a questa Adele!


SOFONISBA:  non preoccuparti se recensisci tardi, tanto la ff non scappa ^_- io ti mando le email solo perché mi piace leggere i tuoi commenti ^^ come al solito grazie die complimenti, e grazie anche per quello che dici su Clef. Ho sempre voluto creare un perronaggio comlesso e realistico *.* quando ho letto il commento ho fatto una faccia tipo urlo di Munch per la gioia! E Umi... beh lei è simpatica, sì. ^^ quando ero bambina giocavo con due mie amiche a fare i cavalieri magici (tempi felici) e io facevo Umi. e accipicchia se ci somigliamo! Sono irascibile come lei (e sboccata T_T ), siamo entrambe pigre, attaccate ai comfort,e pronte a mobilitarci solo quando è strettamente necessario. insomma, ti sto raccontando la storia della mia vita! ahaha! in breve Umi è un po' la mia trasposizione letteraria, e quindi mi fa piacere sentirmi dire che è riuscita bene ^^

A proposito, alcun nomi sono come nel fumetto, altri come nella serie animata (Ferio, Cardina), a seconda di come mi suonassero meglio.
Detto questo, un saluto e alla prossima!

P.s.: se qualcuno conosce yu yu hakusho (yu degli spettri) io e una mia amica stiamo scrivendo una storia a due mani, la mia prima ff, di quando ero alle medie e le fanfiction nemmeno le conoscevo. Il link è sul mio account, e se leggete mi raccomando recensite! (anche se dite FA SCHIFO! siamo felici lo stesso)

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Capitolo 8
*** Capitolo Ottavo ***


Capitolo Ottavo CAPITOLO OTTAVO: IL GIOCO DEI DISPERATI
 
“Per l’ultima volta, non fatemi venire lì, non ho intenzione di separarvi di nuovo!”
“L’hai voluto nella squadra?” rispose Clef, afferrando il codino di Ferio. “Adesso ci sopporti!”
Fu sbuffò, irritata. “Se avessi saputo che la vostra amicizia si basava sulle zuffe, avrei evitato questo dolore a tutti”
Ferio rifilò uno spintone a Clef, allontanandolo e mettendogli una mano sulla testa per tenerlo a distanza.
“Tappo”
“Ma la smetti?!”
Hikaru scoppiò a ridere, godendosi la scena, Fu invece abbandonò le braccia lungo i fianchi.
“Basta, non li sopporto più. I maschi sono tutti uguali pure a Sephiro. Umi, parlaci tu”
“No, io meglio di no. Io li picchierei più forte”
“Però così non rischiano di attirare qualche mostro come quelli di prima?” domandò Hikaru.
A queste parole Clef e Ferio si scambiarono un’occhiata di sbieco, poi sciolsero la presa. La Foresta del Silenzio era già pericolosa così, meglio non andarsela a cercare.
Una volta che la zuffa fu sedata, Ferio sfregò la mano sulla testa di Clef, sorridendo, scompigliandogli i capelli. Il Monaco Guida rispose con un altro sorriso a metà, poi rallentò il passo e si accostò a Fu.
“A proposito…” esordì lui, riavviandosi i capelli che Ferio gli aveva messo in disordine. “…Io e te dobbiamo parlare”
“Ah sì? E di cosa?”
“Di quell’omino con i capelli lunghi che ci cammina davanti e che tu hai voluto nel gruppo”
“Non dovevo?”
“Queste decisioni le prendo io”
“Ah sì? E perché noi ci dovremmo fidare delle tue scelte?”
“Perché io sono piuttosto pratico del posto. Probabilmente perché ci vivo”
“Non intendevo in questo senso”
“E allora? Ah… vuoi dire che…tu pensi che non vi dovreste fidare di me perché non conoscete le mie intenzione e quindi io potrei, non lo so, usarvi per i miei loschi scopi?”
Clef gettò la testa indietro e scoppiò a ridere. Non tanto perché fosse divertente, ma perché era bizzarro quanto la ragazza si fosse avvicinata alla verità. Il pensiero di quanto stesse approfittando di loro lo sfiorò, ma lui lo respinse immediatamente.
“Hai una mente sospettosa, eh Fu?” aggiunse, stupendosi del suo tono fermo.
La ragazza rise. “Ma sì, forse hai ragione”
“Conoscendomi meglio imparerai che io ho sempre ragione. Comunque ancora non mi hai risposto: perché hai voluto Ferio nella squadra?”
“Perché è più bravo di te a uccidere mostri bavosi”
“No, mettiamo in chiaro, lui non è più bravo, è che lui non si è fatto un volo di sei metri sfracellandosi contro un albero, ecco. Sennò col cavolo che è più bravo di me, gli piacerebbe”
“Wow, scusa” disse Fu sollevando le mani. “Non intendevo ferire la tua virilità”
Clef sollevò il naso in aria. “Sono molto sensibile”
Intanto Ferio si era accostato ad Umi e le aveva rivolto un sorriso smagliante. La ragazza ricambiò il sorriso un po’ impacciata, poi si voltò verso Hikaru e di nascosto fece una smorfia all’amica, dicendole in pratica –ma questo che vuole-.
Hikaru si morse il labbro per trattenere una risata.
Continuarono a camminare a lungo nel buio della foresta, mentre al di là delle fronde il sole cominciava a calare di nuovo e allungava le ombre.
 
“Basta, non ce la faccio più” sentenziò Umi, accasciandosi contro la corteccia. “Questo posto è un inferno”
Clef fece per dire una battuta acida sulle scarse capacità fisiche della ragazza, ma aveva il fiato corto e non ci riuscì, e alla fine si arrese appoggiandosi anche lui all’albero e tenendosi il petto dolorante dalla fatica.
“Io insisto a dire che di solito non ci sono tutti questi mostri” disse Ferio.
Clef provò a controbattere, ma non riuscì nemmeno stavolta e allora si arrese miserabilmente.
“Quanti ne avremo incontrati, una quindicina?” aggiunse Hikaru, ansimante e con la fronte imperlata di sudore.
“E beh, se questi due continuano a fare chiasso tirandosi per i capelli come due adolescenti isteriche che si litigano il ragazzo, certo che incontriamo tanti mostri! Ecceccavolo!”
Tutti si girarono verso Fu, che era paonazza, con gli occhiali di traverso e i capelli per aria. Dopo un istante di silenzio scoppiarono a ridere, tranne Clef che ancora non riusciva a riprendere fiato.
“Beh? Che c’è?!” chiese la ragazza, ancora più arrabbiata.
“Ma che fine ha fatto il tuo parlar forbito?” Domandò Umi tra le risate.
“Sai, anche le ragazze con gli occhiali si arrabbiano se hanno a che fare con due cretini del genere!”
Ferio le si avvicinò e allungò le mani sul suo viso per raddrizzarle gli occhiali.
“Ok, ma non esagerare, che poi ti vengono le rughe”
Fu rimase impietrita qualche istante, mentre nella testa le sfrecciavano fiumi di insulti da urlare a squarciagola, ma non gliene venne nemmeno uno sulle labbra. Così alla fine si limitò a sbuffare e a diventare ancora più rossa di rabbia, si girò indignata e si accostò ad Umi, con le braccia conserte come una bambina offesa.
“Odio i maschi”
“Anche io” rispose Umi con un sorriso a metà.
Hikaru scoppiò a ridere allegramente.
Ferio alzò lo sguardo verso i rami degli alberi.
“Ormai sta per fare buio. Credo che dovremmo fermarci”
“Forse non ero stata chiara prima” rispose Umi. “Ma io non avevo intenzione di fare un passo in più nemmeno morta”
Le altre due ragazze annuirono, e finalmente Clef riuscì a trovare abbastanza fiato per parlare.
“Vai a prendere qualcosa da mangiare”
“Chi, io?” domandò Ferio.
“Bravo”
“E perché io?”
“Perché io ho una gamba maciullata”
“Eeeeh, è un graffietto”
“Ferio… vai”
“Uffa…”
“Vai”
“Ok. Quando fai quella faccia non si discute”
Non appena il ragazzo si fu allontanato Clef prese posto di fianco alla ragazza bionda e le poggiò con discrezione una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione.
“Che vuoi?” fece lei, ancora livida di rabbia.
“Così la prossima volta impari a non darmi retta. È odioso, no?”
“Quasi quanto te, guarda”
“Quasi” si intromise Umi con un sorriso a metà. Un po’ le dava fastidio che il ragazzo non si fosse seduto accanto a lei, e in condizioni normali si sarebbe inondata la testa di domande stupide ed infantili sulla sfortuna che aveva e se gli piacesse oppure no, ma non aveva più la forza nemmeno per quello. Si limitò a guardarlo di traverso, sporgendo un po’ il labbro per la delusione, ma niente di più.
“Ma quanto mancherà, più o meno?” chiese Hikaru.
Clef sciolse il laccio della camicia per farsi aria. Aveva la pelle macchiata di terra e sangue rappreso. “Credo solo qualche altra ora di cammino, forse un paio. Domani mattina raggiungeremo la Sorgente Eterna
“E poi lì che si farà?” domandò ancora la ragazza rossa, mentre cercava di sistemarsi anche lei i vestiti addosso e farsi un po’ aria.
“Prenderemo l’Escudo. Non hai sentito quello che diceva Plesea, l’altro giorno?”
“Intendevo… come facciamo a prenderlo? Com’è fatto? E quanto ce n’è? Voglio dire, basterà per tutti e quattro?”
“Tutti e quattro chi, scusa?”
“Noi tre ragazze e te, no?”
“No, a me non serve…”
“Ma a Ferio hai detto che…”
Clef la zittì con un gesto della mano. Sembrava spazientito.
“Sentite, ho mentito. Su tutta la linea. Dovevo inventarmi una scusa, quella dell’Escudo mi sembrava plausibile, ma a me non serve un’arma evoluzionaria. L’ho detto solo per ingannare Ferio. Non chiedetemi perché, visto che in ogni caso non vi risponderò. Solo, fidatevi. L’ho fatto per garantire la vostra incolumità. E anche voi fareste bene a non parlare troppo con lui, e a tenervi certi dettagli per voi”
“Va bene…” rispose Hikaru, intimidita dal tono di Clef eppure non troppo convinta dalle parole del ragazzo.
Probabilmente lo aveva fatto davvero per il loro bene, si disse, in fondo non aveva motivo di fare altrimenti. Come diceva Fu, se avesse voluto far loro del male lo avrebbe fatto prima. E in ogni caso avevano solo lui di cui potersi fidare, e non potevano fare altrimenti. Ma anche Hikaru, con tutta la sua ingenuità, sapeva che non bisognava affidarsi ciecamente a qualcuno senza conoscere le sue vere intenzioni. In fondo non sapevano esattamente perché le stesse aiutando. Certo, doveva salvare la sua principessa, e questo sembrava un motivo non solo plausibile, ma anche sufficiente, e tuttavia c’erano tante persona che avrebbero potuto farlo al posto suo o insieme a lui. E invece ad aiutarle c’era Clef, e c’era solo lui, e questo lasciava immaginare che il ragazzo avesse qualche altro motivo personale per stare lì con loro tra gli alberi scuri della Foresta del Silenzio. Cercò i suoi occhi nella penombra, ma riuscì a cogliere solo un balenio di cristallo tra le ciocche bianche, e quello sguardo imperscrutabile le fece capire che avrebbero fatto bene a non fidarsi di nessuno.
 
Ferio fece ritorno con frutti dall’aspetto più appetitoso di quelli dell’altra notte: alcuni erano piccoli e neri, dal gusto aspro ma inebriante, altri sembravano acini d’uva, ma molto più grandi, e contenevano nella loro sottilissima buccia viola semplicemente acqua, leggermente zuccherata, ed erano in pratica borracce naturali. Umi, praticamente estasiata, passò una buona mezz’ora a bucherellarle con l’unghia del mignolo per godersi lo spruzzo d’acqua che volava nell’aria, con sommo disappunto di Ferio e Clef (che però non aveva la forza per opporre la necessaria resistenza). Quando il ragazzo non ne poté più di quello spreco e osò fiatare lei si limitò ad indirizzare il getto d’acqua dritto nell’occhio di Clef.
 
Assieme alla notte calò anche un freddo gelido e umido. E nell’eterno silenzio della Foresta Fu se lo sentiva entrare sotto la pelle e morderle le ossa. Cercò riparo accanto ad Hikaru, ma il calore del corpo della ragazza non era sufficiente a scaldarla, e così provò a nascondersi di più sotto i vestiti, ma anche quello fu inutile. Alla fine decise che l’unico modo per scaldarsi era quello di muoversi. Si alzò decisa a camminare un po’ introno al loro improvvisato giaciglio senza allontanarsi troppo, ma prima che potesse muovere un solo passo una mano gelata quanto la sua pelle l’afferrò per una spalla.
Fu si voltò preparandosi ad affrontare gli occhi sospettosi di Clef, invece incrociò quelli curiosi di Ferio.
“Che fai?”
La voce del ragazzo rimbombò nel vuoto per qualche secondo.
“Ho freddo. Se rimango ferma congelo”
“Voi tre non me la raccontate giusta” lo sguardo di Ferio rimase impassibile. “Né voi né Clef”
Fu rimase paralizzata, l’aveva presa alla sprovvista.
“Credo che lui mi abbia mentito, e che voi siate i Cavalieri Magici. E ha mentito per evitare che io vi faccia del male”
La ragazza trasalì. Quelle parole confermavano che Ferio aveva qualche motivo per diventare loro nemico.
Cercò di liberarsi della presa del ragazzo, ma non ci riuscì, e continuò a guardare pietrificata quegli occhi dorati che le balenavano davanti nell’ombra.
“Probabilmente” continuò lui. “Voi non avete bene idea di cosa stia succedendo, e non conoscete affatto le ragioni di Clef. Però a me in effetti basterebbe eliminare voi tre, o anche solo una di voi, e sarei riuscito nel mio proposito”
Continuò a fissarla, parlando in un sussurro sibilante.
“Le scelte che fanno le persone sono solo una questione di priorità. E ora tutto sta nel mio giudizio: se sia più importante la vita di una persona o l’innocenza di un’altra”
Fu provò a parlare, ma lui le montò sopra con le parole.
“Non preoccuparti, non farò del male a nessuno di voi. In fondo non è vostra la colpa delle nostre disgrazie, e non vi farò pagare al posto di altri. Inoltre non credo che riuscirei ad eliminarvi, con Clef che vi fa da protettore”
“Esatto. Adesso lasciala”
Gli occhi di cristallo di Clef erano apparsi dal nulla alle spalle di Ferio, e ora la sua spada solcava la gola dell’amico. Ferio obbedì all’istante, mantenendo la sua espressione.
“Non costringermi a fare quello che sto cercando di evitare” sibilò Clef. “Non diventare un mio nemico”
“Esiste la possibilità che io ti persuada?” domandò Ferio, gli occhi rivolti alle stelle.
“Temo di no”
“Allora io non ho null’altro da dire”
Le mani del ragazzo scivolarono via dalla spalla di Fu, con delicatezza, come se stesse carezzando un fiore delicato.
“Ci avresti mai creduto?” chiese Ferio al cielo. “Io, te, tutti gli altri. Avresti mai creduto che ci saremo ritrovati uno conto l’altro, che saremo stati disposti a tutto, anche a venderci a noi stessi, pur di non perdere l’unica battaglia che valga la pena di combattere? Pur di fuggire alla disperazione?”
Scorse mille aghi di luce di stelle tra le fronde, e senza cambiare espressione, senza un’incrinatura nella voce, cominciò a piangere.
“Io ho capito che non posso andare avanti in questo gioco, se ci sono queste regole. Mi arrendo, e mi limiterò a lasciare che siate tu e lui a decidere come finirà”
Clef si passò una mano sugli occhi. Ferio continuò, mentre le sue iridi si riempivano del riflesso delle mille stelle luminose.
“Davvero, non avrei mai pensato che saremo arrivati a tanto”
 
 
 
 
 
Salve a tutti e ben tornati, anche se probabilmente dovreste essere voi a dare il ben tornato a me, visto che è da parecchio che non mi faccio viva. Beh, in primis diciamo che non mi sentivo troppo ispirata, e poi quest’anno ho veramente tanti impegni, mai un giorno della settimana libero. Non riesco a trovare il tempo per guardare la tv, figurarsi per mettermi a scrivere. Comunque mi auguro che siate sempre numerosi a recensire, ma soprattutto a leggere ^^ grazie in anticipo a tutti, e poi naturalmente ai soliti ignoti che sono i miei “spettatori” regolari.
 
In questo capitolo non mi sono filata quasi per niente Clef ed Umi, ho lasciato spazio anche alle altre due ragazze perché mi sembrava che le stessi tralasciando un po’. Devo dire che il personaggio di Hikaru mi risulta un po’ ostico. Ho tagliato anche con grande brutalità almeno una quindicina di combattimenti con altri mostri bavosi, ma onestamente appesantiscono il racconto.
E che dite voi, come si risolverà il conflitto tra Ferio e Clef? Uhm… staremo a veddere… (muhahaha!)
KILLKENNY: sapevo che nel tuo nik c’era un qualche significato recondito, ne ero sicura! Comunque grazie per aver recensito, sei sempre uno dei primi…!
BELLISLADY: sempre gentilissima nelle tue recensioni, non sai che piacere vedere che continui a seguirmi dopo tutto questo tempo (come sei fedele! *.*) per le love story, beh… lo sai, per Hikau e Fu non ho le idee troppo chiare, veramente! Ma fidatevi di me…
ISA1983: Che bello rivedere anche te! Ricordo che avevi recensito uno dei primi capitoli della prima fase! Non sai che onore rivederti, giuro. Grazie per i complimenti, e beh, che dire, continua a seguirmi! E se da adesso in poi riesci a trovare anche il tempo per recensire mi farai ancora più piacere così potrò ringraziarti in questo piccolo spazietto ^^
 
 
Un saluto a tutti! Ciao! By Seph.

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Capitolo 9
*** Capitolo Nono ***


capitolo 9 CAPITOLO NONO: BIDIMENSIONALE

Sephiro è un mondo pervaso da mille segreti, ed è folle colui che tenta svelarli tutti, poiché se questo mondo è generato dalla volontà dei suoi abitanti è allora profondo come le loro menti.

                                                       Ferus – Enciclopedia


Appena Hikaru si svegliò la prima cosa di cui prese coscienza fu che aveva fame. Tanta Fame. Poi si accorse di avere il naso gocciolante, e che quindi s’era presa un raffreddore. Infine si rese conto che Umi la stava chiamando.
“È già mattina?” chiese all’amica con la voce impastata.
“Da un pezzo, noi siamo già pronti”
“Non facciamo colazione?”
Umi esitò qualche istante, poi lanciò un’occhiata di sottecchi al resto del gruppo.
“Non mi sembrano dell’umore adatto. Non ho idea di che diavolo gli sia preso, ma hanno delle facce da funerale che non ho nemmeno domandato nulla…”
Hikaru si tirò su per guardare. In effetti i tre compagni erano silenziosi e avevano un’aria mesta mentre fissavano le armi sul corpo.
Fu stava avendo qualche problema ad allacciare arco e faretra alla schiena, così Ferio le si avvicinò ed allungò una mano per aiutarla. Fu sobbalzò, si ritrasse, poi incrociò gli occhi del ragazzo: sembrava triste, disperato, ma il suo viso sorrideva.
Dopo aver guardato a lungo quegli occhi dorati, quando lui si avvicinò di nuovo lei si lasciò aiutare, sempre senza smettere di guardarlo.
Clef osservò la scena a distanza. Finì di assicurare il fodero alla cintura e si riavviò i capelli.
“Forza, muoviamoci, ormai manca poco”
Si misero in cammino, con sommo disappunto di Hikaru, che non era riuscita a fare colazione.
Mentre camminavano nessuno osò fiatare, tranne qualche misero tentativo di Umi di cominciare un discorso. Alla fine però anche lei si arrese.
Fu squadrò Clef per gran parte del tragitto, cercando un’ombra nel suo sguardo, un segno d’inquietudine, invece nulla: gli occhi del ragazzo rimanevano freddi e si limitavano solo a controllare Ferio, poco dietro di lui, di tanto in tanto.
Fu avrebbe voluto fermare, prenderlo per un braccio e dargli uno scossone, chiedergli spiegazioni su ciò che era accaduto l’altra notte, e soprattutto perché facesse finta di niente, perché non avesse comunicato alle altre due l’accaduto, perché non avesse allontanato quello che l’altra notte era sembrato essere un nemico. Ma non fece nulla. Preferì fidarsi della loro guida e rimanere in silenzio.
Hikaru ed Umi, intanto, si lanciavano occhiate di sottecchi. Continuarono a camminare per un paio d’ore, e man mano che procedevano gli alberi si diradavano, e l’erba diventava più alta.
Ad un tratto la vegetazione sparì, e tutto fu inondato di luce. Umi si coprì gli occhi con la mano e attese di abituarsi. Due giorni di oscurità avevano reso la luce una cosa strana, e le ci volle un po’. Sentì il vento sul viso, fresco e frizzante, e respirò a fondo. Poi abbassò il braccio per vedere.
“Siamo arrivati” disse Clef.
Umi storse il naso. “Sicuro?”
“Sicuro… ma che domanda è? Non ti fidi?”
“Ma… non c’è niente”
La piccola radura circolare brillava di luce smeralda, e il vento frusciava sull’erba creando onde simili a quelle del mare. A parte questo, era completamente vuota.
“Scusa se mi impunto, Clef, ma… se questa è la Sorgente Eterna, mi aspettavo come minimo, non lo so, una sorgente?”
Clef la osservò un istante, riavviandosi i capelli, poi sfoderò un sorriso provocatorio.
“Oh, ma la sorgente c’è”
Anche Ferio si lasciò sfuggire una risata, anche se un po’ forzata.
“Tu sai di che sta parlando, vero?” domandò Umi all’altro ragazzo. “Perché sono quasi sicura che stia cercando di comunicarmi qualcosa, ma non riesco a capire cosa”
Ma nonostante lo fissasse con sguardo assassino non ottenne risposta.
“Ehi, scherzi a parte” si intromise Fu. “Che storia è?”
Clef fece scorrere lo sguardo lungo la radura e si soffermò su una piccola altura rocciosa. La indicò alle ragazze.
“Le cose possono cambiare a seconda della prospettiva da cui vengono vitste”
Umi arricciò il naso. “Sì, grazie per questa perla di saggezza, maestro. Ora di grazia parla come mangi”
“Arrampicatevi”
“Eh?”
“Fidati di me”
Le ragazze si scambiarono un’occhiata preoccupata, poi sospirarono.
Hikaru fu l’ultima ad iniziare la scalata e la prima a finirla. Una volta giunta in cima all’altura guardò giù.
Brillava come fosse fatta di minuscoli cristalli e disegnava un cerchio perfetto. La Sorgente Eterna era lì, sospesa a mezz’aria, dove prima c’era il vuoto. Anche le altre due osservavano a bocca aperta la scena. Poi Fu aggrottò la fronte.
“E’ bidimensionale”
Hikaru si voltò a guardare l’amica. “Eh?”
“Vuol dire che ha solo due dimensioni. Si estende per lunghezza e larghezza”
“Ma non per profondità”  completò Umi. “Ma non può esistere un oggetto bidimensionale”
“Non sulla Terra” disse Fu. “Ma qui siamo a Sephiro, chissà quali sono i limiti qui?”
“E’ così?” chiese Hikaru a Clef.
Il ragazzo annuì. “Sì, è quasi esatto”
“Quasi?”
“La Sorgente, a dispetto del nome, è più una porta" spiegò il ragazzo, giocherellando con una ciocca di capelli. “Diciamo un portale. Se lo intendi come un tunnel nello spazio-tempo, non è esattamente un oggetto. Per questo può esistere in due dimensioni”
“Un Wormhole” concluse Fu.
“Un che?” chiese ancora Hikaru.
“Una scorciatoia per passare da un luogo ad un altro, o addirittura ad un tempo diverso. È un po’ complicato da spiegare…”
“E adesso?”
Clef sorrise e mimò il gesto. “Adesso vi tuffate”

Questa volta convincere le ragazze era stato complicato, ma alla fine si erano arrampicate di nuovo sull’altura  rocciosa, si erano prese per mano e avevano saltato gridando un paio di accidenti. La sorgente le inghiottì in un baleno di luce.
Dopo quel lampo nella piccola radura rimasero solo Ferio e Clef. Passarono alcuni secondi di silenzio, e la foresta fu muta con loro.
“Allora” esordì Clef, mettendosi a braccia conserte. “Parliamone”
“Pensavo che avresti fatto come hanno fatto tutti” rispose Ferio.
“Sono un tipo originale. Come hanno fatto tutti?”
”Si sono nascosti e aspettano che il tempo ponga rimedio”

Clef scoppiò a ridere in una risata decisamente amara. “Già. Che bravi. Anche tu fai così?”
“Cosa pretendi?”
Gli occhi di cristallo del Monaco Guida s’incendiarono. “Cosa pretendo?  Pretendo che tutti quelli che hanno azzardato parlare di ideali ora si alzino in piedi e mettano mano al loro coraggio per fare la differenza, ecco cosa pretendo!”
“Ma come potrei?! Maledizione, Emeraude è mia sorella!”
“Soprattutto perché è tua sorella! Dovresti esserci tu al posto mio, vigliacco!”
“Non tutti hanno la tua stessa risolutezza! Forse tu puoi uccidere Zagart ed Emeraude senza paura di non riuscire più a dormire, ma io no! E’ questo che succederà! Ci ammazzeremo gli uni con gli altri! Come abbiamo potuto lasciare che accadesse?!”
Clef cercò di rilassare i muscoli, la sua voce si fece più ferma.
“Hai un bel coraggio a fare una domanda simile. Noi c’eravamo. Forse avremmo dovuto fare di più. Non lo so. Non mi importa. Bisogna riparare al danno fatto”
Ferio scosse la testa. “Non posso. E’ mia sorella. Non posso”
Il Monaco Guida si strinse nelle spalle. “Come vuoi, non intendo provare a persuaderti. Solo, non metterti sulla mia strada”
“Perché lo fai?”
Era una domanda semplice, la più importante. Clef abbassò lo sguardo. Una domanda così importante che la risposta sembrava banale.
“Perché è giusto”
“E’ giusto che Emeraude muoia?”
“E’ giusto che lei abbia ciò che chiede”
“Sei sicuro di volerlo fare tu?” chiese Ferio.
“No, per niente. Non sono sicuro di nulla. Ma lo ha chiesto a me. Sono rimasto solo io”
“Pensi che io te lo lascerò fare, senza intromettermi?”
Clef rimase un attimo in silenzio, riflettendo. “Credo di sì. Non mi fermerai”
“Perché lo pensi?”
“Perché so che le vuoi bene”
Ferio rise. “Hai ragione.” Poi si riavviò i capelli. “Ma soprattutto non lo farò perché sono stanco di combattere i miei amici. Me ne voglio tirare fuori e fare finta di niente”
“Allora non ti devo considerare un nemico?”
Ferio scosse la testa, con un mezzo sorriso. “No. E poi non potrei. Sono così diverse da come mi sarei aspettato i Cavalieri…”
Clef sbuffò. “Davvero…”
“Sei preoccupato?”
“Eccome. Ma le hai viste? Sembrano così delicate…”
“Però hanno tutte e tre un bel caratterino eh?”
“Speriamo”
Clef si risistemò la fondina addosso, poi si sedette sull’erba a gambe incrociate con uno sbuffo.

“A proposito” disse. “Hai notizie di Lantis?”
Ferio scosse la testa. “Nessuno sa più niente di lui da due mesi”
“Hai idea di dove possa essere andato?”
Il ragazzo col codino fece spallucce. “Forse. Non saprei”
“Ootozam?”
“Mi viene in mente solo quello”
Clef fissava incantato l’erba ciondolare al vento. “Ha fatto la sua scelta”
Il frusciare dell’erba musicava una melodia delicata, appena udibile in tutto quel silenzio. Ma c’era qualcosa di strano, un rumore che stonava. Un suono leggero. Un frullio d’ali.
“Lo senti?” chiese Ferio. Aveva irrigidito i muscoli e messo mano all’elsa della spada, legata dietro la schiena.
“Da dove viene?”
“Dalla foresta?”
Clef scosse la testa. “No, le creatura della Foresta del Silenzio non si avvicinano alla radura della Sorgente”
“E allora da dove?”
L’erba ebbe un sussulto, una raffica di vento inondò la radura. Clef e Ferio alzarono lo sguardo.
Nel cielo si dimenava un’ombra scura, non molto grande, sbatteva le ali con foga. Clef non riusciva a vedere di più, la luce del sole gli feriva gli occhi, accecandolo.
“Andiamo via!” disse Ferio.
“No, non sono ancora tornate” rispose Clef, mentre il vento gli agitava i capelli sul viso.
“Non abbiamo i mezzi per affrontare un nemico con le ali, dobbiamo andare!”
il ragazzo rimase immobile, non riusciva a decidersi. Sapeva di dover fuggire, ma sapeva anche che se si fosse allontanato avrebbe lasciato  le ragazze il balia di un nemico sconosciuto.
La creatura si avvicinava velocemente, così Ferio decise per entrambi: afferrò l’amico per un braccio ed ignorò le sue proteste, trascinandolo di nuovo nel buio della Foresta.

“Si sono nascosti”
“Ho visto. Non importa”
Alcione spronò la fiera volante perché andasse più in basso. Quella emise un fischio ed eseguì.
“Dovremmo dividerli” disse la voce dietro di lei.
La donna scosse la testa. “No. Abbiamo degli ordini da eseguire, e li eseguiremo alla lettera”
“Come vuoi” rispose l’altro.
“Va bene quest’altezza?”
“credo di sì”
“Allora fai quello che devi fare”

Clef estrasse l’arma e se la rigirò tra le mani. Rimasero immobili, nascosti nell’ombra delle fronde. La radura era ancora ben visibile tra i rami, se fosse accaduto qualcosa sarebbero stati in grado di intervenire.
“A proposito” bisbigliò Ferio. “Scusa per prima”
“Niente” rispose Clef. “Hai fatto bene. Secondo te che cos’è quell’affare?”
“non lo so, ma di sicuro è un guaio”
“Non veniva dalla Foresta, sono sicuro”
“Perché si sarà piazzato proprio lì?”
“Che vuoi dire?” domandò Clef, sempre senza staccare gli occhi dalla radura.
“Che è una postazione particolare, no? Di solito questi mostri schifosi non brillano d’intelligenza, questo invece sembra aver scelto un punto strategico…”
Clef annuì. “Hai ragione. Che diavolo vorrà?”
In quel momento la radura si illuminò e li investì un’ondata di calore e di puzza di bruciato.
La creatura aveva lanciato una deflagrazione e gli alberi avevano preso fuoco in un istante. Poi un tuono, e altre fiamme. E di nuovo, e ancora. Le deflagrazioni colpivano punti differenti, a poca distanza gli uni dagli altri. Il mostro stava incendiando tutta la foresta, sistematicamente.
Clef e Ferio rimasero paralizzati, in attesa che una deflagrazione li travolgesse, incapaci di staccare gli occhi dalla piccola radura, circondata dalle fiamme. Passarono diversi secondi.
“Perché?” sussurrò Ferio.
“Ti pare il momento per l’esistenzialismo?”
“Perché colpisce la parte della foresta opposta a quella dove siamo noi? Ci ha visto fuggire, e non ci attacca?”
“Quel coso ce l’ha con noi di sicuro, non c’è nessun altro qui”
Clef rimase immobile mentre la foresta bruciava e si illuminava di luce rossa. La radura, però, era illesa, e alle loro spalle c’era ancora l’oscurità.
“Non ci sta attaccando” sussurrò. “Ci sta tagliando le vie di fuga”
“Eh?”
“Sta bruciando la metà di foresta opposta. Vuole farci tornare indietro”
Le fiamme li stavano circondando. Ormai la via di fuga era obbligata.
“E’ un trappola” constatò Ferio. “Che facciamo?”
“Sai attraversare un muro di fiamme rimanendo illeso?”
“No”
“E allora cadiamo nella trappola”
C’era fumo. Dovevano andare via.
In quel momento nella radura ci fu un sussulto, poi un lampo di luce candida. Dopo meno di un istante il bagliore sparì.

Umi riaprì gli occhi lentamente. Era confusa, disorientata. Non era più nella Sorgente Eterna, c’era troppo rumore attorno a lei. Troppa luce. E odore di bruciato.
Voleva muoversi, ma non riusciva a trovare le gambe, o le braccia. Non sentiva il suolo sotto i piedi. C’erano dei rumori fortissimi.
Sentì qualcosa afferrarle la vita e strattonarla, tirarla giù, e poi sentì di nuovo il pavimento, terra ed erba contro la guancia. C’era una voce che urlava, che cercava di sovrastare gli altri rombi assordanti. Qualcuno la sollevò da terra, la teneva in braccio, correva inciampando, mentre il mondo intorno esplodeva.
Voleva scuotersi, ma non ci riusciva. Sentiva una stanchezza pesante precipitarle addosso, aggrapparsi ai suoi polsi, alle sue caviglie, e renderla pesante, immobilizzandola. C’era puzza di bruciato, così forte da star male.
E poi odore di erba, e terra.
Della stoffa le stava sfregando contro la guancia, era calda. Aveva un profumo particolare, indefinibile. Di cose lontane.
Spalancò gli occhi. Sopra di lei il viso di Clef era rosso dalla fatica, imperlato da piccole gocce di sudore. Stava correndo, ma era impacciato, inciampava. Aveva il fiato corto. Doveva chiamarlo. Dirgli che era sveglia, che stava bene. Ma aveva il corpo pesante, voleva solo dormire.
Doveva dire qualcosa. Chiamarlo.
“Tua hai… un buon odore”
Clef abbassò lo sguardo su di lei, e si fermò. Ferio gli urlò di continuare a correre, ma il ragazzo non si mosse.
“Stai bene?” lo disse in un sussurro, non aveva più fiato, non riusciva più a correre.
Umi annuì, almeno ci provò.
“Puoi…” Clef provò a parlare, ma non ci riusciva. “Puoi camminare?”
Di nuovo la ragazza annuì. Non era vero, ma lui non era in grado di continuare con lei in braccio.
Clef la mise giù, afferrandola in modo che lei potesse appoggiarsi a lui e le disse di correre. Intorno a loro, la foresta bruciava.
Ovunque c’era la luce delle fiamme.
Ferio teneva Fu caricata sulle spalle, e stringeva la mano di Hikaru, che correva malferma sulle gambe. Anche lei doveva aver ripreso conoscenza da poco. Clef la spinse a correre, ma Umi faceva fatica a rendersi conto di cosa stesse succedendo. Cercavano di tenere il passo, ma lei poteva sentire Clef incespicare e chinarsi sotto il peso della fatica, fremere ai colpi di tosse per il fumo soffocante.
Il fumo. E la puzza di bruciato. La luce del fuoco.
La Foresta bruciava. Ad un tratto questa consapevolezza la travolse. Il senso di torpore scomparve, e Umi avvertì una scarica elettrica nelle gambe. Si scostò da Clef e lo afferrò per il polso.
“Corri! Devi correre!” gli urlò.
Ma il ragazzo sentiva le gambe pesanti, e il cuore scoppiargli. Non riusciva più ad andare avanti.
Cadde a terra sulle ginocchia. Umi lo afferrò da sotto le braccia e cercò disperatamente di tirarlo su, lo costrinse a continuare a muoversi. Chiamò aiuto, ma non si sentì rispondere. Si voltò, e si accorse che Ferio, Hikaru e Fu erano spariti. Era rimasta indietro, e ora erano soli.
“Alzati!” gridò a Clef, con la voce spezzata dal terrore.
Il ragazzo non rispose, tossì violentemente, e con la mano spinse contro la gamba di lei. Le stava dicendo di andare. Umi scoppiò a piangere.
“Non essere ridicolo! Avanti, muoviti!”
Lo afferrò di nuovo, provò a tirarlo su in piedi, ma ci fu un rombo, poi tutto divenne rosso.
Una deflagrazione si era abbattuta appena dietro di loro, e ora gli alberi erano divorati dalle fiamme, che si espandevano velocissime sulle altre fronde. Uno dei tronchi schioccò e cominciò ad inclinarsi. Clef prese Umi per una spalla e la strattono via, prima che l’albero le precipitasse addosso. Uno dei rami, però, lo colpì sulla schiena, schiacciandolo a terra. Batté la testa e non si mosse più.
Umi rimase paralizzata dal terrore, incapace di fare altro se non fissare il ragazzo a terra, aspettando che si rialzasse, fino a che le lacrime non l’accecarono.
Tossì. Il fumo aveva reso l’aria irrespirabile. Il tronco che era caduto aveva spezzato un altro albero, e le fiamme ne troncavano sempre di più. In pochi, lunghissimi secondi, il fuoco aveva distrutto tutto attorno a loro, e le sue punte indemoniate lambivano il cielo.
Umi si accucciò accanto a Clef, disperata, chiamandolo in un sussurro tra le lacrime. Ma lui non rispondeva.
Le fiamme li circondavano, e ormai la ragazza sentiva il calore del fuoco bruciarle il corpo e il viso.
Alzò lo sguardo verso il cielo.
Stava già scendendo la sera, nonostante non dovesse essere che pomeriggio inoltrato. Non c’erano nuvole, e già si vedevano alcune stelle. Alcune lingue di foco si allungavano verso quei minuscoli punti luminosi, come se cercassero di afferrarli.
Sarebbe morta. Lontana da casa, e sola. Avrebbe provato dolore, le fiamme le avrebbero bruciato i polmoni come carta.
Provò un terrore feroce, l’istinto di preservare la propria esistenza a tutti i costi.
Ma qualcos’altro accompagnò la paura e si insediò velocemente in lei.

Non aveva nessuna intenzione di morire in quel modo.
Tra quelle fiamme, con il sale delle lacrime secche che le bruciava il viso, si sentì potente. Una forza nuova, che non aveva mai sentito prima, la pervadeva completamente, e continuava a crescere, e quando dentro di lei non ci fu più posto per quella nuova energia, le zampillò dalle dita, da ogni singolo capello, dalle ciglia degli occhi.

E così venne l’acqua. Un vortice di cristallo le si avviluppò addosso, poi esplose, contro le fiamme, le combatté alcuni istanti, infine le soppresse.
Rimasero il fumo, il cielo e la terra annerita.
E pioveva.

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Bentornata a me! Chiedo perdono per non aver postato per tanto tempo, ma sono oberata dagli impegni... tra scuola di disegno, scuola quell'altra, i compiti di scuola quell'altra e le ripetizioni di matematica e fisica... mamma mia!! XD Quindi cercate di capirmi.... però adesso proverò a recuperare e mi metterò a scrivere anche in classe (noi bravi studenti...). Un saluto a tutti, e commentate!

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Capitolo 10
*** Capitolo Decimo ***


Capitolo 10 CAPITOLO DECIMO: LA PROPOSTA DELL'AVVERSARIO

Clef sentì un ago di gelo pungergli la guancia. Lo circondava un suono leggero e il freddo gli scorreva addosso in piccoli rivoli sottili, sulle labbra e tra i capelli. Aprì gli occhi: le fiamme erano sparite, e tutto era stato annerito dal fuoco. Non c'era più frastuono, solo il rumore della pioggia.
Quando provò ad alzarsi in piedi sentì una fitta lancinante al petto. Tossì per il dolore, e sentì le gambe che tremavano. In quel momento il suo sguardo appannato si posò sul corpo esile di Umi. La ragazza stava inginocchiata, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e la testa piegata da un lato, con i capelli zuppi di pioggia che le coprivano il viso. Rimase paralizzato a fissarla, inchiodato dal terrore di non vederla respirare. Ma dopo un istante infinito le spalle della ragazza ebbero un piccolo sussulto. Clef sospirò di sollievo, ed ignorando il dolore diffuso in tutto il corpo le andò vicino e provò a scuoterla. Lei gli cadde addosso come un peso morto, totalmente inerte. Le scansò i capelli dal viso e le poggiò la mano sulla guancia per svegliarla.
"Mi senti?" la chiamò con la voce ridotta ad un sussurro.
"Avanti, dì qualcosa..."
La pioggia palpitò ancora qualche istante, poi cessò, e rimase un silenzio opprimente.
"Qualsiasi cosa. Non c'è bisogno che tu dia una cosa intelligente, va bene anche un'idiozia! Una battuta acida, un'espressione volgare, mi accontento di poco io, però, ti prego, dì qualcosa"
La mano di Umi afferrò la camicia fradicia di Clef.
"Non..." tossì. "...non ci sono più le mezze stagioni..."
Clef scoppiò a ridere,e la sua risata suonò cristallina nell'aria.
"Mi hai fatto prendere un colpo" le disse, ancora ridendo.
"A chi lo dici" rispose la ragazza. Sollevò l'altra mano per sfiorargli una ciocca di capelli, e osservò una goccia d'acqua precipitare da quei fili argentati e scivolarle sulle dita.
"Stai bene?" le domandò il ragazzo mentre l'aiutava a rialzarsi.
"Abbastanza, credo"
"Che è successo?"
Umi scosse la testa. "Non ne ho idea. Ho avuto paura. Ho creduto di morire, penso. E poi ho sentito un'energia enorme dentro di me, che mi usciva dalla punta delle dita... e ha cominciato a piovre"
Clef si portò i capelli indietro, passandosi una mano sugli occhi per asciugarli.
Umi lo squadrò, mentre riprendeva l'equilibrio.
"E' tanto preoccupante?"
"...no, non proprio, ma..." Clef tossì forte, sentiva dolore ovunque. "Credo... di dovermi sedere..."
Umi provò a dargli una mano, ma anche lei era debole ed inciampò. Caddero insieme, sollevando uno sbuffo di polvere e cenere. Dopo un istante di sbigottimento scoppiarono a ridere, e le risate dell'uno alimentavano le risate dell'altra, e si ritrovarono a ridere più forte che potevano, con le lacrime agli occhi e senza un minimo di contegno, contro il cielo grigio di fumo sopra di loro.

Clef levò lo sguardo in alto. Attorno a loro la Foresta era devastata, e ora che gli alberi erano caduti si vedeva il disco pallido del sole, annebbiato dalla cenere che piroettava in aria trasportata dal calore.
"Io credo" disse il ragazzo. "Che ti abbia usato per la prima volta la tua magia"
Umi inarcò un sopracciglio. "Mi prendi in giro?"
"No, figurati. Qui a Sephiro la maggior parte della popolazione è in grado di farlo. A voi Cavalieri Magici, secondo la leggenda, sono affidati gli elementi del fuoco, dell'aria e dell'acqua, che a quanto pare è quello che controlli tu"
"Davvero?" disse Umi. "Forte!". Dopo tutto quello che le stava accadendo non era difficile credere alla magia.
"Probabilmente è qualcosa che hai sempre posseduto in potenza, ma che nel tuo mondo non si può manifestare. Comunque è strano"
"Cosa? Cioè, sì, è strano, ma..."
"Nella Foresta del Silenzio non si dovrebbero poter usare magie di nessun genere, tranne che nella radura della Sorgente Eterna"
"Oh, a proposito della Sorgente Eterna, certo che un paio di dritte potevi pure darcele!E' stata un'esperienza terrificante!"
"Io non sono mai entrato nella Sorgente, non so in cosa consista la prova per ottenere l'Escudo" ripose Clef stringendosi nelle spalle. "Comunque credo che il fuoco abbia consumato la foresta tanto da distruggere anche il suo incantesimo"
"Posso fare le magie... come nei cartoni animati! E' quello che ho sempre sognato!"
Clef sbuffò, rassegnato all'entusiasmo ebete della ragazza.
"Comunque sia, la cosa più importante adesso è raggiungere gli altri, e magari anche anticiparli"
"E come facciamo?" chiese Umi senza staccare gli occhi dalle proprie mani, come se fossero zuppe di misticismo.
"Spostati. Faccio un tentativo"
La ragazza lo guardò inclinando la testa, poi si fece da parte scavalcando gli alberi carbonizzati umidi di pioggia, e rimase in attesa, strizzandosi gli abiti.
Clef cominciò a sussurrare formule intricate in una lingua che Umi non conosceva e che sembrava traboccargli dalle labbra come argento liquido.
Sul terreno di fronte a lui presero a disegnarsi da sole delle forme luminose, chiudendosi in una figura geometria complessa tempestata di scritte, un cerchio magico. Umi fu accecata dal lampo di luce. Quando fu di nuovo in grado di vedere, dove prima c'era il vuoto ora stava eretto e composto il grifone dalle piume candide che le aveva salvate qualche giorno prima.
Clef fece una risata soddisfatta.
"Incredibile, ci sono riuscito davvero! Pensavo sarebbe scomparso in una nuvoletta di fumo o una cosa del genere..."
"Posso fare anche io una cosa così?" domandò Umi, osservando incantata la bestia mitologica.
Il ragazzo i strinse nelle spalle. "Non credo. La tua magia è di tipo diverso. La mia è più... accademica"
"Cioè?"
"Ho studiato a scuola. Ora sali"

Con i vestiti zuppi di pioggia faceva freddo già a terra, ma in volo si gelava. Umi stava avvinghiata a Clef e batteva i denti furiosamente. Il ragazzo invece stava ben dritto e non dava segni di particolare sofferenza, ma aveva le labbra viola e Umi lo sentiva tremare.
"Non hai freddo?" gli chiese, cercando di sovrastare il rumore del vento.
"Eh?Ah, sì, beh, provo a non pensarci troppo, devo rimanere concentrato sul volo... tu hai freddo?"
"Come mai in vita mia"
"Mi dispiace ma non ho niente con cui coprirti, credo che ti toccherà sopportare.." le rispose con un sorriso.
La Foresta del Silenzio sfrecciava sotto di loro, ancora in fiamme. Credi che gli altri se la caveranno?" chiese la ragazza.
"Ferio è piuttosto affidabile sotto questo punto di vista"
"Le proteggerà?"
"Certo" le rispose, ma in realtà non era troppo sicuro.
Volando andavano molto più veloce che a piedi, così, dopo poco più di un'ora intravidero la radura dove sorgeva la casa di Plesea. Clef aggrottò la fronte. Sembrava tutto tranquillo.
Spronò il grifone e lo fece atterrare.
"Tutto bene?" chiese a Umi mentre l'aiutava a scendere.
"Freddo. Tanto freddo. Plesea si sarà accorta che la foresta brucia?"
"Non credo. Da qui non si vede"
"Allora dobbiamo avvertirla e portarla via con noi"
Umi si avviò verso la porta di casa già col pugno alzato, pronta a bussare, ma Clef la fermò a metà strada.
"Aspetta, non sono convinto"
"Perché?"
"Nella Foresta del Silenzio ci hanno teso una trappola, era evidente, e ci hanno costretto a tornare qui. Dobbiamo stare attenti"
"E quindi?"
"E quindi busso io"
"Sempre così guardingo" sibilò una voce alle sue spalle.
Clef si voltò ed estrasse la spada. Non c'era nessuno. Umi si nascose dietro di lui, impugnando il fioretto con poca convinzione.
"Avanti" disse Clef. "Fatti vedere, Alcione"
La donna comparve a a pochi metri da loro, svestendosi di un velo di pece nera che l'aveva resa invisibile.
"Ciao" disse con oce melliflua. "Ti trovo bene"
"Vuoi scherzare? Sono un disastro, ho tutti i capelli in disordine" rispose Clef . "Sei qui per darmi problemi?"
Lei sorrise. "Temo di sì"
"Ti ha mandato di nuovo Zagart?" Continuò il ragazzo. Con la mano fece un gesto appena percettibile, colpendo Umi sulla gamba. La ragazza sobbalzò.
Alcione annuì lentamente., muovendo alcuni passi in avanti.
"E mi ha chiesto" rispose la donna. "Di farti una proposta"
Clef colpì di nuovo Umi con più urgenza. "Che c'è?!"
"Vai via" sibilò lui. "Mettiti a correre, io la trattengo"
"No!" protestò la ragazza.
"Invece sì! Prendi Plesea e scappa!"
Umi sentì la paura nella voce del ragazzo, e così annuì.
Alcione tese una mano, come un invito.
"Vieni con noi. Unisciti alla nostra causa"
Clef rimase paralizzato. "Cosa?"
"Eravamo amici. Una volta eravamo compagni. Non è quello il tuo posto"
"E' vero. Dovrebbe essere il vostro"
"Non sei stanco? Non ci saranno più guerre"
Clef ebbe un'istante di esitazione. Ciò che gli era più amaro era trovarsi contro chi era suo amico.
Per un attimo accarezzò l'idea di accettare, ma fu solo per un attimo.
Aveva fatto una promessa.
"Non si può più tornare indietro"
Spinse Umi e la ragazza si lanciò in una corsa furiosa. Clef fece scivolare un piede di lato, allargando le gambe. Alcione rimase immobile a guardarla fuggire, con un sorriso sulle labbra dipinte di rosso ed un balenio negli occhi.
Clef aggrottò la fronte. Era strano. L'obiettivo di Alcione dovevano essere i Cavalieri, non lui. Invece la donna rimaneva immobile.
Comunque, non importava.
Li separavano poco meno di una decina di metri, non le avrebbe dato il tempo di fare nulla.
Alcione lasciò scivolare una gamba dietro all’altra e allargò le bracca, sempre con quel sorriso sulle labbra dipinte di rosso sangue. Clef scattò in avanti.
 
Umi scartò di lato, incespicando nei propri passi, passando dietro la casa di Plesea con la speranza di non essere stata vista, ma non aveva tempo per girarsi a controllare. C’era una porta nascosta da alcuni fiori poco curati. Si aggrappò alla maniglia con il cuore in gola e provò ad aprire, ma sembrava chiusa a chiave. Cominciò a colpire la porta e a chiamare il nome di Plesea, tempestò di pugni il legno massiccio.
Ci fu un boato dall’altra parte della casa, dove aveva lasciato Clef da solo. Umi gridò ancora il nome dell’armaiolo, disperata. La porta finalmente si aprì e comparve Plesea, pallida e con i capelli scompigliati.
“Umi! Che succede?”
La ragazza non rispose, l’afferrò per un braccio e la trascinò via.
“Corri!” le disse ansimando. “Corri più veloce che puoi!”
Plesea non se lo fece ripetere due volte. Un altro boato e il cielo si illumino di una sinistra luce livida. Umi era provata, ormai non ce la faceva più. Il cuore le scoppiava. Non avrebbe resistito a lungo. Dovevano nascondersi.
 
Clef cadde a terra e batté la testa. Sentì un fiotto di sangue in bocca. Vide Alcione chinarsi su di lui e scoppiare a ridere.
“Sai la cosa divertente?” gli chiese.
Clef tossì. “Illuminami…”
“Che questa volta ti ho fregato. Non puoi fare più niente”
Il ragazzo tossì ancora. Gli si annebbiava la vista.
“Ah… sì…? E cosa ti dà… tanta sicurezza?”
“Sai, in realtà non ci contavo troppo, ma tu ti sei comportato proprio secondo i piani”
“…piani…?”
Alcione sorrise con odio furente.
“Hai fatto un errore. Hai dato qualcosa per scontato”
Il ragazzo si tastò il fianco, e sentì il sangue caldo bagnargli le dita. Alcione continuò a parlare senza distogliere lo sguardo dagli occhi di lui che, lentamente, cominciavano a vagare nel buio.
“Hai dato per scontato che io fossi sola”
 
La terra sussultò. Umi inchiodò e cadde, trascinando Plesea a terra con sé.
“Cos’è stato?!” chiese l’armaiolo, spaventata a morte. Il suolo palpitò di nuovo, e si spaccò. Le due ragazze scattarono in piedi ed arretrarono.
Dalla fenditura nel terreno uscì uno stridio acuto, e poi un gorgoglio profondo. Umi e Plesea impallidirono alzando lo sguardo.
Somigliava ad un enorme lombrico, ma aveva due piccole braccia ai lati del corpo, con quattro dita sottili. Non aveva testa, né occhi né altro, solo una bocca troppo grande, rotonda e con mezza dozzina di file di denti. E naturalmente, sbavava.
“Che… che diavolo è?” domandò Umi, in un misto di terrore e disgusto.
“Non ne ho idea…”
“Dici che è amichevole?”
Plesea si girò a guardarla, alzando un sopracciglio. “Lo sai che hai la stessa fastidiosissima ironia di Clef?”
“E lo sai che tu riesci ad alzare un sopracciglio solo come fa lui? È pazzesco”
 
Il lombrico gridò di nuovo, e colpì il terreno. Si tirò fuori dalla fessura e prese a strisciare verso di loro.
Umi e Plesea si voltarono e ripresero a correre veloci come il vento. La creatura dietro di loro le inseguiva, e in breve le avrebbe raggiunte. Continuava a colpire il terreno con il corpo, e quei sussulti le facevano incespicare. Gridava come un bambino indemoniato.
Plesea afferrò Umi per i vestiti e la trascinò verso la porta sul retro della sua casa.
“Dove vai?!”
“Vieni dentro!”
Si richiusero la porta alle spalle immediatamente.
“Corri!” Le disse Plesea. “E nasconditi!”
Umi provò a fuggire, ma la casa le era estranea, e non riusciva a trovare un nascondiglio. La porta fu scossa da un colpo tremendo e si frantumò immediatamente. Umi cadde a terra battendo la testa contro uno spigolo del muro. Il lombrico gigantesco era ad un soffio da lei, si dimenava furiosamente, la sua bocca dentata le vorticava confusamente davanti, e continuava a fischiarle d’odio contro la faccia. Ma non la raggiungeva. Era a pochi centimetri da lei ma non la colpiva. La ragazza si azzardò a sbirciare tra le dita dell mani con cui si stava riparando il viso. La creatura era rimasta incastrata nella porta.
Umi fece fatica a respirare di nuovo, ma quando si riprese scoppiò a ridere. Aveva una  fortuna così sfacciata che era quasi comica.
Alla fine il verme gigantesco si calmò, grugnì e poi si ritrasse, distruggendo completamente quel poco che rimaneva della porta, e rimase lì immobile, a fare la guardia per non lasciarle uscire.
Umi provò a rimettersi in piedi, ma le tremavano le gambe dallo spavento, e non riusciva a vedere nulla perché i capelli le avevano inondato la faccia. In quel momento riapparve Plesea, tutta affannata e con una spada che le tremava tra le mani. Si guardò intorno, confusa.
"Dov'è l'affare?"
Umi indicò la porta abbattuta. "Fuori. Non possiamo uscire"
"Proviamo dalla porta d'ingresso. Dove sono gli altri?"
"Nella foresta ci siamo separati da Hikaru, Fu e Ferio"
"Ferio?" esclamò Plesea mentre la conduceva per il lungo corridoio della casa.
"Poi ti spiego"
"E Clef?"
"E' fuori, a bloccare quella donna con i capelli lunghi..."

Ci fu un altro boato, e la casa fu inondata di luce livida. Si sentì la voce di Alcione, attutita dai muri, che lanciava un grido. Poi la porta principale sbatté. Le due ragazze rimasero impietrite dalla paura, e Clef passò davanti a loro correndo a rotta di collo, poi inchiodò e tornò indietro, sudato, sporco e pieno di sangue.
"Tutto bene?" chiese con un filo di voce. Plesea annuì, mentre Umi si limitava a fissare il sangue sul viso del ragazzo che gli circondava gli occhi azzurri e gli colava dai capelli.
Clef rispose al suo sguardo con un mezzo sorriso, assolutamente inappropriato all'immagine lugubre del suo viso imbrattato.  "Tranquilla, non è mio"
Il ragazzo prese per mano la sorella, e Plesea afferrò la manica di Umi.
"Credo di essere riuscito a rallentarla, Usciamo dal retro"
Plesea lo strattonò per fermarlo. "Impossibile: c'è un verme gigante che blocca la porta"
"Un cosa?"
Qualcosa colpì le finestre, distruggendo i vetri. Si buttarono a terra, cercando di ripararsi, Umi sentì la mano squarciarsi ed urlò di dolore.
Una lunga lama di ghiaccio giaceva conficcata nel muro, ancora vibrante.
La porta d'ingresso esplose, venne completamente scardinata, e Alcione varcò la soglia distrutta, tenendosi il braccio scarnificato grondante sangue.
Umi scattò in piedi. "E meno male che l'hai rallentata"
"Oh, la prossima volta lo fai tu, va bene?" le rispose Clef mentre la spingeva verso il corridoio da cui venivano.
"Non di là!" gridò Plesea. "C'è il verme!"
"Non importa!"
"A me un po' importa!" rispose Umi.
Alcione lanciò di nuovo le sue lame di ghiaccio, che li mancarono di un soffio e sfondarono il muro.
Il lombrico gigante era ancora là, che li aspettava ringhiando. Clef estrasse la spada dal fodero.
"Non vorrai combatterci!" esclamò Plesea.
"Scherzi? Hai visto quanto sbava? Io non lo tocco" le rispose lui.
Il ragazzo afferrò la lama e prese la mira, poi la lanciò contro il mostro.
Il lombrico gridò e si ritrasse, con la spada conficcata nel corpo. Uscirono dalla casa a rotta di collo, mentre il mostro già si rialzava. Clef, prima di seguire le due ragazze, si avvicinò alla bestia e divelse la sua arma, stando ben attento a non sfiorare nulla di viscido e disgustoso.
Quando le raggiunse  gridò: "Via, di corsa verso la foresta!"
In quel momento la luce del sole fu oscurata. Umi rallentò per alzare lo sguardo verso il cielo.
La fiera alata che li aveva attaccati nella radura della Sorgente si stava precipitando in picchiata verso di loro, fischiando furente. Plesea afferrò Umi ed il fratello per i vestiti, cercando di tirarli indietro verso la casa, ma vide Alcione uscire dalla porta sul retro, piena di sangue. Non potevano tornare indietro.
Clef si rese conto che non potevano esitare un istante di più: spinse via le ragazze, buttandole a terra per proteggerle. In quel momento la fiera atterrò, affondando gli artigli a pochi metri da loro e facendo tremare il terreno.
"In piedi, in piedi!" le costrinse a rialzarsi e a correre ancora, ma ormai Alcione li aveva quasi raggiunti e già recitava l'incantesimo.
Clef tese la mano ed una scarica luminosa si abbatté sulla donna, che gridò di dolore, ma il rinculo della magia, eseguita in modo impacciato, lo fece cadere indietro per l'ennesima volta. La fiera spalancò le fauci e lanciò una deflagrazione. Clef riuscì a scansarsi appena in tempo, ma la terra sollevata dal colpo li travolse, ferendoli. Umi si chinò per ripararsi, e Clef non la vide, finendo per inciamparle addosso e cadere ancora. Questa volta la fiera prese la mira con cura.
Umi si rialzò per cercare di capire chi l'avesse urtata, con tutti i capelli sul viso che le impedivano di vedere bene, e così, senza nemmeno accorgersene, si ritrovò in piedi tra Clef e la deflagrazione. Quando si voltò indietro le fiamme l'avevano già raggiunta.
Di nuovo, senza che se ne rendesse veramente conto, quella forza dirompente esplose e le fuggì dal corpo, schiantandosi contro le fiamme della fiera, smorzandole in un rombo sordo.
La ragazza si accorse di aver disteso il braccio, e che ora rivoli d'acqua lo lambivano, rivoli che diventavano flutti e poi mulinelli azzurri e che si dirigevano verso la fiera vorticando come draghi furiosi. L'acqua travolse la creatura, con un rumore assordante, e poi inondò la terra. Quando la magia si smorzò la fiera rimase a terra, inerte. Umi cadde sulle ginocchia, completamente svuotata di ogni energia.

Alcione sentiva che le gambe non la reggevano più, ma non poteva assolutamente lasciare che fuggissero, non poteva tonare portando con sé la vergogna del fallimento, non lo avrebbe sopportato. Tese la mano di fronte a sé e cercò quel poco di forze che le rimanevano. Era lì, a terra, senza forze, a pochi metri da lei. Bastava uccidere quella ragazzina dai capelli lunghi, bastava uccidere uno solo dei tre Cavalieri perché la profezia non si avverasse. Bastava così poco per vedere quel viso illuminarsi di nuovo di gioia. Per quegli occhi, per quel sorriso, avrebbe fatto qualunque cosa, avrebbe venduto l'anima. Le lame d ghiaccio fischiarono nell'aria, affilate come pugnali e scintillanti come diamanti al sole.
Clef prese Umi per i capelli e la tirò a sé un istante prima che le lame di Alcione la trafiggessero. provò a rimetterla in piedi, ma lei pesava tra le sue braccia come un cadavere. Alcione scagliò un secondo attacco, e Clef non reagì in tempo.
Le lame li graffiarono, lacerarono i loro vestiti tra guizzi di sangue. Umi non si mosse, non gridò. Plesea corse loro incontro, ma Clef le urlò di non avvicinarsi. Una delle lame gli trafisse il braccio e rimase lì conficcata. Quando la raffica terminò il ragazzo impiegò tutta la sua forza di volontà per rimanere in piedi, con il corpo di Umi che premeva contro il suo e pesava come ghisa. Il sangue gli colava dai capelli, sugli occhi, lo accecava. Non riusciva a respirare dal dolore. Tra le gocce di sangue riuscì a vedere Alcione, in ginocchio a terra, ad una decina di metri da lui, con la mano ancora tesa e il vestito coperto di sangue.
Clef parlò ansimando: "Voglio sapere... perché lo stiamo facendo veramente"
La donna lo guardò, abbassò il braccio e sembrò sul punto di scoppiare a piangere.
"Non lo so"
"Allora basta"
Alcione scosse la testa. "Non posso. Ho cercato di trovare un altro modo, ma non ci sono riuscita. Scusami. Io non conosco altra strada che questa"
"Io non lo voglio fare"
"Nemmeno io, ma davvero credi che importi qualcosa?"
Clef chiuse gli occhi. Lo sapeva dall'inizio, forse anche da prima, che una guerra non si sarebbe potuta evitare.
"Tu sei veramente convinto" chiese Alcione, "di essere dalla parte del giusto?"
Il ragazzo non esitò. "Sì. Ci ho pensato a lungo. Emeraude è stanca, merita di riposare"
La donna sorrise. "Anche io sono stanca. Pensi che riuscirò a riposare?"
Clef la guardò qualche istante, fissandola intensamente.
"No. Credo che non troverai mai pace"
"Già. In fondo, che senso avrebbe la pace senza di lui?"
Il Monaco Guida sollevò Umi e la prese in braccio, girandosi verso la Foresta del Silenzio.
"Allora io vado, Alcione"
"Sì. Ma ti verrò a cercare, e ti troverò"
"E allora io ti aspetto"
Plesea raggiunse il fratello e cercò di sostenerlo, zoppicando appena per una ferita alla gamba. Poi scomparvero tra gli alberi scuri e fitti della foresta.
Alcione rimase immobile, in ginocchio, e non si accorse affatto di piangere. Rimase così a lungo, finché le lacrime non le si asciugarono sul viso lasciando solo sale secco.
Qualcuno la chiamò, alle sue spalle. La voce di un bambino.
"Non li possiamo inseguire nella Foresta. Perché li hai lasciati andare?"
Alcione non rispose.
"Dobbiamo tornare dal Gran Sacerdote a riferire" continuò il bambino.
"Vai avanti tu, Ascot" disse la donna. "Per ora io non posso tornare"
"Come vuoi" le ripose il bambino.
E Alcione rimase sola.


 ________________
Eccomi! Scusate se ci ho messo tanto... è che ogni tanto mi passa proprio la voglia XD è da tanto che scrivo questa storia ed è un po' pesante :P comunque giuro che non lascerò il lavoro a metà, la finirò!
allora...
quante facce nuove! Spero di non avervi scoraggiato con la lunga attesa!
Hikaru_angelic: sono molto contenta che ti piaccia la mia storia @.@ grazie.. e sono anche molto contenta che ti abbia preso tanto! Ogni tanto mi sembra di non essre affatto coinvolgente... Hikaru penso che la svilupperò un po' più in là, quindi abbi pazienza ^^
Sunshine: sì scrivo T_T
Isa1983: mi dispiace di averti fatto aspettare =_= prima ero più diligente, aggiornavo una volta a settimana...
Bellislady: anche a te chiedo perdono per l'assenza! (periodo finale di scuola... TUTTE SCUSE! no, giuro, è faticoso...) e il faccia a faccia con Zagart ci sarà sicuramente, ho già un bel programmino in proposito ^_-
Kilkenny: wow come fai ad essere sempre il primo a recensire? Grande XD grazie per il tuo votone @.@ avessi questi voti anche a matematica!! eheheheh...
umichan: sono molto contenta che tu ti sia unita a noi... mi raccomando continua a leggere ^^

DUNQUE!
ho una piccola sopresa... visto che sunshine è una persona molto impaziente non è riuscita a sopportare i miei tempi di pubblicazione per conoscere il finale, quindi... se né inventata uno lei! io lo pubblico qui, per amore dell'arte...

-cito testualmente quello che ha scritto lei su un foglietto nel mio moleskine-

Clef inventa il telegrafo, diventa ricco e famoso, si trasferisce a Saragozza e se ne frega di Emeraude cazzi e mazzi.

Umi apre un bordello.

Fu si siucida.

Hikaru diventa scientologista e si fidanza con Plesea.

Emeraude rimane chiusa in ascensore e muore di inedia poiché nessuno se la caga più di pezza.

Zagart ed Alcione scappano alle Maldive e vivono facendo grattachecche sulla spiaggia.

-fine-
U_U
Sunshine, ti stimo assai. (anche se scientology combatte l'omosessualità, oltre che all'alcolismo, la droga e il comunismo, quindi in realtà hikaru e Plesea non si possono fidanzare... diciamo che pomiciano in segreto)


 

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Capitolo 11
*** Capitolo Undicesimo ***


Capitolo undici CAPITOLO UNDICESIMO: TRADIMENTO E CONFESSIONE ALLA NOTTE

Hikaru affondò con violenza la lama per recidere l'ultima fronda che la separava dalla radura dove sorgeva la casa di Plesea, poi si pulì la fuliggine dal viso con un sorriso trionfante.
"Sapete, onestamente, non credevo che ce l'avremo fatta"
Fu e Ferio si scambiarono un abbraccio di esultanza, trovando la forza di ridere anche se erano rimasti senza fiato.
"Vedrete" disse il ragazzo, "Umi e Clef  stanno bene: stanno sicuramente tornando qui"
Le due ragazze si sorrisero, poi assieme si diressero verso la casa dell'armaiolo, ma dopo soli pochi passi si fermarono, pietrificate.
"La porta d'ingresso è stata distrutta!"
"E le finestre sono tutte rotte"
Ferio annusò l'aria. "C'è uno strano odore. Bruciato e terra smossa"
Hikaru si girò verso il ragazzo. "Credi che abbiano fatto del male a Plesea?"
"Non lo so, ma sicuramente erano qui per lei"
Alla ragazza tanto bastava per abbandonare ogni cautela ed entrare di corsa nell'abitazione. Fu cercò di fermarla e le andò dietro, ritrovandosi anche lei nell'ingresso buio che la scarsa luce del sole al tramonto non bastava ad illuminare. I muri erano anneriti e i vetri della porta ridotta in frantumi gemevano sotto i loro piedi. Ferio esytrasse la spada e si mise di fronte alle due ragazze, procedendo guardingo.
"State attente. Chiunque sia passato di qui potrebbe non essersene ancora andato"
Hikaru estrasse la sua spada a due mani, e Fu impugnò l'arco, cercando di incoccare una freccia nonostante il fremito delle mani. Il loro respiro pesante sembrava riemipre quel silenzio strano e diventare assordante.
Ad un tratto giunse loro un mormorio. Era un rumore soffocato, proveniva da qualche stanza più avanti. Poi un rumore di passi e di cocci rotti.
Ferio fece cenno alle ragazze di fermarsi e portò avanti la grande spada. Fu riuscì finalmente a tendere l'arco a dovere, con la freccia ben ferma tra le dita. I passi erano vicinissimi. Ferio sollevo la lama.
In quel momento apparve Plesea con una piccola spada in mano, alzata sopra la sua testa pronta ad affondare sugli aggressori. Hikaru lasciò cadere l'arma e le si lanciò addosso per abbracciarla. Plesea ricambiò l'abbraccio con un gesto meccanico, ancora sorpresa di vedere i compagni.
Anche Fu si avvicinò, ma si limitò ad un sorriso radioso, seppur molto stanco.
"Pensavamo che ti avessero fatto del male, siamo liete di vedere che avevamo torto"
"Ci hanno provato, veramente" rispose la ragazza. "Ma non ci sono riusciti. Come avete fatto a tornare?"
"Abbiamo corso dannatamente veloce" disse Ferio. Plesea gli lanciò un'occhiata strana, e rimase in silenzio per alcuni istanti, come se lo stesse esaminando attentamente.
"Piuttosto" continuò infine. "Siete feriti?"
Hikaru scosse la testa. "Non è niente di grave"
"Faremo meglio ad andarcene" si intromise Fu. "Adesso non abbiamo tempo di spiegarti, ma qui non siamo al sicuro. La Foresta è in fiamme, e..."
"Lo so, ma non siamo in condizione di spostarci"
"Lo sai già?" chiese Hikaru. Pensava che l'incendio fosse troppo distante per poterlo vedere da lì, ma forse il fumo poteva aver avvertito Plesea del pericolo.
L'armaiolo sciolse l'abbraccio con la ragazza e fece loro cenno di seguirla. Svoltò l'angolo e li condusse nella cucina.
Lì, stesa su un tappeto ingrigito dai detriti, giaceva Umi, con gli abiti sporchi e rovinati e le ginocchia macchiate di sangue, i capelli in disodine e qualche benda sulle braccia e sul collo.
Hikaru e Fu si lanciarono subito sull'amica, ma Plesea le fermò prima che potessero avvicinarsi alla ragazza.
"Deve riposare" disse. "E' stanca"
In quel momento Ferio si accorse di Clef, appoggiato ad uno dei mobili della cucina con un braccio attorno al torace, che guardava la scena con un sorriso storto e affaticato. I loro sguardi si incrociarono e il Monaco Guida cercò di tirar fuori un'espressione beffarda, che divenne una smorfia di dolore.
"Ci avete messo parecchio"

Umi aprì gli occhi, lentamente. Sentiva le palpebre pesanti come se fossero di piombo, e quando li aprì continuò a vedere buio, così capì che doveva essere notte fonda. C'era un solo raggio di luna che passava da dietro il  vetro miracolosamente intatto di una finestra ornata con due tende leggere che fluttuavano come fantasmi, e il raggio cadeva a terra sul pavimento freddo e si rifletteva sui capelli d'argento di Clef. Umi provò ad osservare meglio. Il ragazzo stava seduto contro un mobile della cucina, con una gamba stesa e l'altra piegata vicino al torace, e con una mano premeva su una ferita ad un fianco che gli aveva inzuppato i vestiti di sangue nero. La testa era piegata in avanti e la chioma bianca gli nascondeva il viso. Nel silenzio, Umi poteva sentirlo respirare piano.
La ragazza distolse lo sguardo. Per qualche motivo sentiva che non era giusto fissarlo mentre dormiva, e comunque la stanzchezza che provava non le impediva di avvertire un profondo senso di colpa per pensare ai ragazzi in una situazione del genere, persino dopo un combattimento pazzesco. Nell'oscurità, Umi storse il naso. Aveva una fame terribile, e se ne era accorta solo allora.
Provò ad alzarsi con cautela, e si accorse che, nonostante il suo corpo le sembrasse così pesante, riusciva a mantenere il controllo. Guardandosi un attimo intorno si rese conto di essere nella cucina di Plesea. Non ricordava di esserci arrivata. Per la verità non ricordava granché. Anche Plesea dormiva accucciata in un angolo, tenendosi la testa con una mano, quindi qualunque cosa fosse successa durante la sua incoscenza, dovevano essersela cavata.
C'era un cesto, su una mensola. Umi non riusciva a distinguere cosa ci fosse dentro, ma cercò di avvicinarsi, stando attenta a non svegliare i compagni.
Insomma, a guardarla sotto una certa ottica non c'era niente di male a provare una certa attrazione per un ragazzo del genere, ma non era sicura che andasse bene preoccuparsi più di una cosa del genere che di come tornare a casa, o anche solo di come evitare di finire ammazzata.
Afferrò il contenuto del cesto. Era un oggetto tondo, vagamente irregolare, ruvido e freddo. Tastandolo con le dita si accorse che l'oggetto era munito di un picciolo, e ne dedusse allora che doveva trattarsi di un frutto. Non ci pensò due volte, ormai il suo stomaco agiva da sé. Lo morse e fu invasa da un succo acido e dal sapore fortissimo, aspro come un limone ma decisamente più amaro. Il primo istinto fu quello di sputare il boccone, ma si rese conto che non sarebbe stato educato, a casa d'altri. Così mandò giù, maledicendo il suo inutilissimo bon ton.Una volta finito di lacrimare si mise in cerca d'altro.
Forse era solo un modo per ridimensionare quanto le era accaduto negli ultimi giorni. In fondo era stata catapultata in una dimensione parallela, chi avrebbe potuto mai biasimarla se cercava un appoggio, un segno di normalità? Non che Clef avesse nulla di normale, cominciando dai capelli per finire con le magie e i grifoni, però forse le permetteva di non pensare al guaio in cui era finita.
Trovò qualcos'altro. Al tocco sembrava pane. Ne staccò un pezzo e se lo mise in bocca, ma con più cautela di prima. Era morbido e dolce, e sicuramente era la variante sephiriana del pane. Ne prese ancora e si riavviò verso il suo posto sul tappeto, ma appena fece per scavalcare la gamba tesa di Clef  il ragazzo si animò e le sfiorò la caviglia con gentilezza, per non spaventarla. Umi, ancora persa nelle sue riflessioni, arrossì di colpo, ma era troppo buio perché lui potesse accorgersene.
"Fai dare un morso... anche a me?" chiese il ragazzo con la voce impastata dal sonno.
Umi gli si accucciò vicino e gli offrì un tozzo di pane.
"Come mai... sei sveglia?"
"Avevo fame, credo"
"Stai bene?"
"Mi sento stanca e ho dolori dappertutto, ma sto abbastanza bene. Te come stai?"
"Potrei stare meglio"
"Che è successo?"
"Alcione non è riuscita nei suoi malvagi propositi e noi abbiamo deciso di passare la notte qui. Ah, e Ferio e le ragazze sono tornati"
"Cosa?! Stanno bene?"
"Ssssh! Sì che stanno bene, non urlare!"
"Dove sono?"
"Dormono nella stanza a fianco. Non c'entravamo tutti qui in cucina"
Umi sospirò. "Che sollievo. Ero preoccupata da morire"
"Finisci di mangiare. Ti porto nella stanza di Plesea"
"Perché?"
"Lì c'è il letto, dormirai più comoda"
"Ah. Perché non mi ci hai messo prima?"
"Hai notato lo squarcio che ho qui? Magari ero un po' stanco anch'io"
"Ah. Ok"
"Dai vieni"
Clef si alzò lentamente, agrappandosi allo spigolo di un mobile, poi le porse la mano sporca di sangue secco e terra. Umi la prese, e lo seguì nel buio, camminando a tentoni mentre lui procedeva spedito. Entrarono nella camera alla fine del corridoio e Clef la lasciò andare.
"Tu non vieni?" chiese Umi di impulso, rendendosi conto un istante dopo di aver detto una cosa allucinante.
Clef si accorse dell'ingenuità nella voce della ragazza e fece una risata sottovoce. "Mi fai delle avances?"
"Scusa, non intendevo quello, volevo dire se..."
"Non importa. Se ti fa piacere resto un po'"
Umi divenne scarlatta. Mentre lo faceva entrare si disse che si stava rammolendo. Prima d'allora non era mai arrossita così tante volte.
Clef non si sdraiò. Appoggiò la schiena al muro in un angolo e rimase lì, avvolgendo il torace con un braccio.
Umi si sedette sul materasso, e all'improvviso si accorse di essere davvero stanca. Si tolse le scarpe, le poggiò a terra con delicatezza per non fare rumore. Clef, vicino a lei, rimaneva immobile.
Sentiva le palpebre pesantissime, non riusciva a tenere gli occhi aperti. Nonostante si sentisse imbarazzata si sdraiò sul letto.
Clef parlò con una voce bassa che non sembrava sua. "Non hai paura?"
"Di che?"
"Di questo. Di quello che ti sta succedendo. Hanno provato ad ucciderti, ci proveranno ancora"
"Sì, credo di sì. Credo di essere spaventata"
"Non si direbbe"
"No? Io pensavo di essere ridicola, invece... credo che sia perché ci siete voi. Hikaru, Fu, credo che diventeremo ottime amiche. E poi ci sei anche tu, sei uno che ha l'aria... di sapere quello che fa" Umi cominciava ad addormentarsi. "Credo che se fossi... stata da sola... avrei avuto molta più paura, ma... se ci siete voi potrebbe persino diventare" sbadigliò "Divertente"
"Ti fidi di me?" chiese Clef.
"Direi... di sì"
Il ragazzo rimase a fissare il buio con gli occhi di cristallo, in silenzio.
Emeraude aveva chiesto di essere salvata. Meritava di avere ciò che aveva chiesto. Lui aveva giurato a lei e a sé stesso che avrebbe fatto qualunque cosa perché la sua principessa potesse trovare pace, finalmente. Era giusto che Emeraude fosse padrona del suo destino, e che potesse scegliere almeno come morire e che pace desiderare.
Ma quelle tre ragazzine erano così allegre e piene di vita, erano buone e gentili. Cosa avrebbero provato una volta scoperto il vero significato della leggenda che le accompagnava? Avrebbero sofferto nel commettere un omicidio? Lo avrebbero odiato per quello che le aveva indotte a fare con l'inganno? E lei, così dolce, che gli diceva di fidarsi di lui. Fiducia mal riposta.
Questo non poteva essere giusto in nessun modo.
Improvvisamente tutte le ragioni che lo avevano spinto a schierarsi contro Zagart crollarono come un castello di carte. Quella maledetta storia non riguardava quelle ragazze venute dal cielo, non spettava a loro risolvere questo male. Così non era giusto.
"Umi, ascolta..." disse. Il battito impazzito del suo cuore gli rimbombava nella testa. "Io non sono stato del tutto sincero con voi"
Umi rispose con un verso assonnato.
"La verità è che... che Zagart non ha affatto rapito la principessa. In realtà loro sono innamorati l'uno dell'altra e questo impedisce ad Emeraude di Pregare per Sephiro, così lei ha deciso di suicidarsi. Il compito dei Cavalieri Magici è quello di salvare la Colonna uccidendola, un incantesimo di autodistruzione. Io ho giurato di aiutarla, ma non posso fare questo a voi. Pensavo di farcela, invece no"
Nel buio della stanza c'era solo silenzio.
"Umi?"
Gli rispose solo il respiro pesante della ragazza, lento e regolare. Dormiva.
Clef rimase impalato qualche istante, poi scoppiò a ridere, crecando di trattenersi per non fare rumore. Non poteva crederci, aveva appena tradito la sua Principessa e Umi dormiva! Non aveva sentito una sola parola della sua confessione! Aveva infranto una promessa importante in nome di ciò che riteneva giusto, e nessuno lo aveva ascoltato. Continuò a ridere a bassa voce, strofinandosi gli occhi con una mano. Li sentiva pizzicare di lacrime. Aveva una gran voglia di piangere, ma sapeva che non se lo sarebbe permesso.


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Capitolo 12
*** Capitolo Dodicesimo ***


Capitolo dodici CAPITOLO DODICESIMO: DA QUANDO LEI NON PUO' PIU' PREGARE

"Come le sentite?" domandò Clef alle ragazze.
Hikaru si rigirò la nuova spada tra le mani, esaminando accuratamente l'elsa.
"E' davvero bella"
"Molto meglio di quelle che avevamo preso in prestito l'altro giorno" aggiunse Umi, che provava un paio di affondi.
"Io credo che dovrò abituarmi un po'..." disse Fu. "Non ho mai usato una spada, ma la sento comoda"
"Grazie Plesea!" Hikaru si rivolse all'armaiolo. "Sono meravigliose, sei stata incredibile!"
Plesea sorrise, asciugandosi il sudore dalla fronte.
"Solo una cosa" disse Umi. "Non ho capito: che vuol dire che sono armi evoluzionarie?"
"Significa che cambieranno, muteranno forma" rispose Clef. "in accordo con la vostra forza di volontà"
"Non ho capito" fece Umi arricciando il naso.
"Non importa, prima o poi lo vedrai da te" le disse il ragazzo. "Adesso che avete le armi possiamo andare"
"Eh? di già?" chiese Fu. "Non potremmo riposare un po'? Siamo stanche..."
"Stai scherzando? Non so se ci avete fatto caso, ma abbiamo una certa fretta" le rispose Clef.
"Ma solo per un po'..."
"No! Dobbiamo andare, non abbiamo tempo!"
Fu ammutolì. Rimise a posto gli occhiali sul naso in un gesto nervoso. "Va bene, va bene. Facciamo come dici tu"
"Certo che facciamo come dico io" rispose Clef. "Plesea, per favore, hai qualcosa da mangiare che potremmo portarci dietro? Per sicurezza"
L'armaiolo annuì e condusse il fratello nella cucina. Hikaru, Umi e Fu rimasero da sole, a scambiarsi sguardi interrogativi.
"Che cavolo gli è preso?" disse Umi.
"Forse è nervoso perché hanno distrutto la casa e attaccato la sorella" azzardò Fu sarcastica.
"Sì, ma... non lo so, di solito è piuttosto tranquillo... non ti sembra che abbia esagerato?"
"Forse esagereresti anche tu se avessero minacciato una persona a te cara" le rispose Hikaru.
"Oh ma io non conto" le rispose Umi. "io sono sempre irritabile"
"Sì, lo so"
"Nella foresta, nonostante stessimo per bruciare vivi o morire soffocati o spiaccicati da un tronco incandescente non ha perso il sangue freddo nemmeno un secondo. E' sempre stato controllatissimo. Invece adesso è saltato come una trappola per topi per niente. Secondo me è strano"
"Secondo me ci pensi troppo" le disse ancora Hikaru. "Vedrai che tra un po' gli passa"
"Sarà..."


"Non se ne parla" disse Clef, con un tono che non ammetteva repliche. "Non puoi restare qui"
"Ma devo lavorare! Mi dici come faccio se non ho l'attrezzatura?"
Plesea lo guardava con le braccia incrociate sul petto. Era molto innervosita.
"Non puoi rimanere" ribatté il ragazzo. "Zagart sa che ti trovi qui, potrebbe provare a farti del male un'altra volta"
"E dove dovrei andare scusa?"
"Verresti con noi, fino a che non troviamo un posto sicuro dove lasciarti"
"Eccerto, perché viaggiare con i Cavalieri Magici è mille volte più sicuro che restare qui, visto che il bersaglio primario di Zagart sono proprio loro"
"Ma almeno ci sarei io per proteggerti"
"Oh, meno male che c'è lui, l'eroe che riesce a difendere quattro fanciulle indifese da una schiera di maghi potenti senza bruciacchiarsi nemmeno i vestiti"
"Loro non sono indifese. Sono i Cavalieri Magici"
"No" disse Plesea. Ora era proprio arrabbiata. "Loro saranno i Cavalieri Magici. Per ora sono solo delle adolescenti tra cui una sola sa fare un po' di magia"
Clef arricciò il naso e scoprì i denti. La sorella si ritrasse appena.
"Tu farai" le disse il ragazzo. "Quello che dico io. Perché io so quello che bisogna fare. E dobbiamo farlo in fretta, quindi sappi che non accetto discussioni"
Plesea rimase a bocca aperta, senza riuscire a dire nulla, sconvolta dalla reazione del fratello. Dopo un paio di farfugliamenti si riprese.
"Ma-ma-ma... ma ti sei ammattito?!"
"No, affatto. O vieni così o giuro che ti trascino con la forza. Non scherzo. Non ti lascio qui da sola"
"Oh cavolo!" sbuffò l'armaiolo. "Ti odio quando fai così! Va bene, vengo, ma guarda che questa non la passi liscia! Appena ti passa questo raptus da maschio alfa dominatore vedi come te la faccio passare io la voglia di rispondere così!"
Clef sbuffò, innervosito, e fece per lasciare la stanza, ma incrociò Ferio sulla porta.
"Scusa, Clef" disse il ragazzo. "Volevo salutarti"
"Perché, dove vai?" chiese il Monaco Guida.
"Non posso venire con voi. Insomma... lo sai"
Clef lo fissò qualche istante, poi abbassò lo sguardo e l'espressione infuriata di poco prima scomparve. "Sì. Va bene. Mi dispiace"
"Non dispiacerti. E' giusto così"
"Mh"
Per qualche ragione Clef non riusciva a parlare. Gli era salito un groppo in gola e gli impediva di dire molte cose importanti. Ferio, però, sembrò capire.
"Vai via?" chiese Fu. Non aveva dimenticato quanto era accaduto nella Foresta, e considerava Ferio anocra come un nemico insidioso, ma per qualche ragione le dispiaceva che se ne andasse. Se ne meravigliò.
"Eh? Noo!" disse Hikaru, con la sua voce da bambina.
"Mi dispiace, ma devo andare per forza"
"Sei sicuro?" chiese Umi. "Non ci farebbe male un po' di aiuto da parte tua"
"Credimi" le rispose il ragazzo. "Non è proprio il caso. Ma non disperate" concluse ammicando. "Sono sicuro che ci incontraremo ancora"
Ferio e Clef si scambiarono uno sguardo indecifrabile, complesso. Da una parte era un saluto, da un'altra una minaccia. In realtà era l'ennesima importante promessa da mantenere: in un modo o nell'altro Emeraude non avrebbe dovuto soffrire più.


L'idea di attraversare ancora la Foresta del Silnezio turbava molto Umi, che si era aspettata di dover camminare un altro paio di giorni nel buio del bosco. Invece all'improvviso gli alberi si dileguarono, dopo nemmeno un'ora di cammino, e la luce del sole la travolse, bianca e tiepida.
"Siamo già usciti?"
"La mia casa sorge nella periferia della foresta" le rispose Plesea. "Non ci vuole molto"
Umi si guardò intorno: sotto di loro scendeva una piccola valle che disegnava minuscole colline verdeggianti. Il vento portava un profumo di fiori delicato, ricordava l'odore dell'erica. In lontanaza si vedeva una striscia di mare blu come la notte; più in basso sorgevano piccole cittadelle, raccolte come grappoli d'uva e con i tetti bassi color terracotta. Umi rimase incantata dal panorama, dall'erba lucida che si dondolava al vento e formava onde sui prati, dalle nuvole che si spostavano in fretta e creavano forme vaporose.
"Guarda!" esclamò HIkaru. "E' bellissimo!"
Fu rise e prese Umi per la manica. "Hai visto il cielo? Non ho mai visto tanto cielo in vita mia! In città non sembra così vasto, con tutti i palazzi..."
Plesea, dietro di loro, aveva ancora un'espressione contrariata per essere stata trascinata a forza via dalla sua casa, ma si lasciò comunque scappare un sorriso di fronte all'entusiasmo delle ragazze.
"Sembrano contente" disse a Clef, senza voltarsi a guardarlo.
"Mh. Procediamo?"
Plesea storse il naso, cercando di ignorare il crescente impulso omicida nei confronti del fratello.
Umi si girò verso di lui, e il vento le soffiò in faccia i capelli. Lei rise, riavviandoseli.
"Tu sì che sai come ammazzare la poesia di un bel panorama!" gli disse sorridendo. "Da che parte dobbiamo andare?"
Lui sollevò una mano e indicò l'orizzonte oltre le colline.
"Verso il mare. Lì troveremo il tempio dove riposa il primo Mashin"
Clef si incamminò a passo svelto e superò le ragazze, facendo loro segno di seguirlo. Le tre incrociarono lo sguardo contrariato di Plesea, che per tutta risposta storse il naso e si strinse nella spalle.
La piccola valle era molto silenziosa, e l'erba alta frusciava delicatamente contro le loro gambe. Per un po' marciarono in silenzio, ma il tempo sembrava scorrere molto lentamente, e le piccole città rimanevano lontane. Le ragazze cominciavano ad accusare una certa stanchezza.
"Clef" chiamò Hikaru. "Non potermmo... dico per dire... usare il tuo grifone?"
Il ragazzo non si voltò, continuò imperterrito con il suo passo sostenuto. "No, non possiamo"
"Perché?" domandò Umi.
"Perché altrimenti attireremmo l'attenzione" disse Fu, con l'aria di chi parla del tempo. "Zagart manderebbe certamente qualcun'altro ad attaccarci. Giusto?"
"Giusto" rispose Clef, atono.
"Ma io sono stanca!" si lagnò Umi. "Abbiamo fatto la nostra bella faticaccia, no? Non ci siamo riposate per niente, e siamo piene di ferite..."
"Te l'ho detto, non abbiamo tempo da perdere" disse il Monaco Guida. "Mi rendo conto che sia faticoso, ma dovete resistere. Non ci metteremo molto a raggiungere il primo villaggio"
"Tu non sei stanco, Clef?" domandò Fu, aggiustandosi gli occhiali sul naso. "In fondo, sei tu quello che ha riportato più ferite"
"Certo che sono stanco" rispose lui, sempre senza voltarsi. "Proprio per questo dico che non dobbiamo attirare l'attenzione. L'ultima cosa che vorrei ora sarebbe un altro scontro con uno degli uomini di Zagart"
"Ok, ho capito" disse Umi. "Toccherà farcela tutta a piedi"

Zagart fece un lungo, lento passo in avanti, e cominciò a camminare per la stanza circolare con lo sguardo basso.
"E di Alcione cosa è stato?" domandò.
La voce trillante di Ascot gli rispose da sotto il profondo inchino.
"Ha deciso di non fare ritorno. Non fino a quando non avrà portato a termine il suo incarico"
Il Gran Sacerdote corrugò la fronte. "Sciocca. Ha esagerato"
Si fermò, proprio al centro della stanza, con i piedi su una lastra di vetro opalescente a forma circolare. Vi guardò dentro, come se vi potesse scorgere immense profondità.
"Per quale ragione il Monaco Guida è così fermo nelle sue convinzioni, Ascot?"
Il bambino si alzò dal suo inchino con molta cautela, e rispose senza alzare lo sguardo. "Mi dispiace, signore. E' stata Alcione a proporgli la vostra offerta di alleanza, non io. Non ho avuto modo di ascoltare il loro dialogo"
"Capisco" mormorò Zagart, senza togliere gli occhi dal vetro scuro. Rimase a contemplarlo ancora qualche istante. Ascot aggrottò le sopracciglia, incuriosito.
"Signore?"
Zagart sbatté le palpebre un paio di volte, poi alzò lo sguardo e riprese a camminare in circolo.
"E' spiacevole, invero" disse. "Ma questa faccenda va sbrigata in fretta"
"Se mi permettete, signore" mormorò Ascot. "Le ragazze non sembravano affatto... pericolose. Erano piuttosto indifese, in realtà"
"Certo che lo sono. Sono immature. Non dispongono ancora del vero potere di un Cavaliere Magico. Ma Clef..." Zagart strinse le palpebre, e la sua espressione divenne indecifrabile. "Clef le guiderà. E le proteggerà. Fino a che avrà fiato in corpo. E con la sua protezione, quelle tre ragazze indifese possono diventare pericolose. Lo diventeranno certamente"
"Non potremmo limitarci ad uccidere le ragazze?" domandò ancora Ascot. "Il Monaco Guida sembra un avversario temibile"
"Lo è. Ma vedi, mio giovane compagno, per eliminare i Cavalieri dovremo prima combattere Clef"
Sul giovane volto di Ascot comparve un sorriso a mezze labbra.
"E come contate di ucciderlo, signore?"
Zagart si fermò di nuovo, e il suo sguardo si perse ancora nel vuoto, divenne vacuo e appannato, come se stesse osservando qualcosa di molto lontano.
"Non voglio ucciderlo. Non è necessario. Basta soltanto allontanarlo da loro. Fare in modo che non possa essere lì a proteggerle, quando andremo ad eliminarle"
Una voce femminile parlò da dietro una delle cascate che circondavano la sala. L'acqua scrosciante ne nascondeva la figura.
"Quale sarà la prossima mossa, signore?" disse con voce divertita.
"Non sappiamo quale strada Clef deciderà di intraprendere" rispose Zagart. "Ci sono molte possibilità. Sappiamo solo che non può permettersi di perdere tempo, soprattutto ora che sa di essere un bersaglio. Le porterà al santuario più vicino a lui. Lo aspetteremo lì"

Il piccolo villaggio, a dispetto delle dimensioni, brulicava di vita. Per le strade c'era un fiume di gente e più volte le ragazze rischiarono di essere travolte.  Ai lati della via decine di mercanti avevano allestito un piccolo banco dove esporre la merce, e nell'aria c'era odore di pane appena sfornato.
"Ti prego, Clef" disse Hiakru "Ti prego dimmi che ci fermiamo a riposare. Non ce la faccio più"
"Guarda che se dici ancora di no ti uccidiamo" aggiunse Umi. Ormai erano arrivate allo stremo delle forze.
Clef si passò una mano nei capelli. "Va bene, va bene. Anche io snon stanco"
"Meno male, vuol dire che sei umano" disse Fu ridendo.
Clef cercò con lo sguardo un posto dove alloggiare, alzandosi sulla punta dei piedi per vedere meglio.
"Ok, forse ho visto una locanda. Ma non aspettatevi chissà cosa"
Una volta superato il flusso di gente riuscirono ad entare in un piccolo edificio dal tetto in legno con un cartello che, probabilmente, recitava il nome della locanda, ma era scritto in caratteri incomprensibili. Doveva essere un nome divertente, perché quando lo lesse Plesea fece un piccolo sorriso.
Appena entrati furono accolti da una signora sui trent'anni dall'aria vispa e i capelli raccolti. Anche all'interno della locanda era piuttosto affollato, e si sentivano decine di voci accavallarsi da dietro le altre porte. La donna si rivolse a Clef con un leggero inchino del capo.
"Buonasera signori! Come posso esservi d'aiuto?"
"Quanto prendete per ospitare cinque persone per una notte?"
La donna li squadrò un istante. "Posso assegnarvi due camere divise, se desiderate... sarebbero cinquanta Rì"
"No. Perché invece non ci affitta una camera soltanto, molto spaziosa, in modo che ci si possa stare in cinque?"
Umi gli tirò una ciocca di capelli. "Oh, non vorrai mica dormire in camera con noi?!"
Plesea, dietro di loro, fece una risata.
"Mi dispiace" rispose la oste. "Purtroppo non abbiamo camere così grandi. Questa è solo una modesta locanda. Però posso offrirle una camera con un letto molto grande e un paio di poltrone molto comode. Che ne dice, signore?"
"E quanto verrebbe a costare?"
"Trentacinque Rì, normalmente, ma... facciamo trenta" disse la donna strizzando un occhio. "Perché la ragazza che le sta tirando i capelli è simpatica"
Umi arrosì e si mise a ridere. Clef estrasse da una tasca un borsellino e pagò, poi l'oste li condusse al piano di sopra.
"Posso chiedere come mai c'è tutta questa gente qui in giro?" domandò Plesea, mentre salivano le scale.
"Presto detto. Qui intorno è affollato di mostri che minacciano la nostra cittadella, così molti cacciatori si sono radunati"
"Ci sono mostri anche fuori dalla foresta?" domandò Umi sottovoce a Plesea.
"Sì, qualche volta. Di recente gli attacchi ai centri abitati sono molto aumentati, sta diventando un problemia serio. Prima non accadeva"
"Prima quando?" chiese ancora la ragazza.
"Quando Emeraude pregava ancora"
"Purtroppo di questi tempi Sephiro non è più il luogo di pace che fu" disse l'oste. "Ma noi si tira a campare! Prego, signore, signorine, questa è la vostra stanza..."
La donna aprì una piccola porta in legno massiccio. Nella camera c'era un letto matrimoniale molto grande con un baldacchino un po' impolverato e le coperte arruffate, e in un angolo giaceva un divano in pelle con qualche cuscino spartano, affiancato da una poltroncina. Era tutto in legno ed emanava lo stesso profumo che danno gli oggetti antichi. Umi respirò a fondo quell'aria così diversa da quella che conosceva, ne era affascinata. Poi però le venne in mente una cosa.
"E il bagno?"
L'oste la squadrò un istante, come se avesse detto una cosa strana. Poi le fece un gran sorriso.
"Temo di doverle dare un dispiacere, signorina... I bagni si trovano tre edifici più avanti. Pur essendo questa una cittadina molto piccola le vasche comuni sono spaziose e ben pulite... molto pregevoli"
"Ah... grazie..." rispose la ragazza, cercando di mascherare la profonda disperazione che provava all'idea di un enorme bagno comune.
La donna le fece un altro gran sorriso, poi si congedò con un altro piccolo inchino e chiuse la porta.
Clef fece un lungo, basso sospiro, come se avesse trattenuto il fiato tutto il tempo. Sembrava stanco. Non perse un secondo e si andò a sedere sulla poltroncina, che sarebbe stata il suo letto.
"Perché non andavano bene le due stanze divise? Saremmo stati più comodi..." disse Fu.
Clef scosse la testa. "Cinquanta Rì sono tanti per dei semplici viaggiatori. Non voglio essere notato. Sborsare una somma del genere da un sacchettino di cuoio fa girare tanta gente. Meglio di no. Meglio così"
"Ok, come vuoi..." rispose la ragazza.
Hikaru si guardò un attimo intorno.
"E adesso che dobbiamo fare?"
Il Monaco Guida fece un mezzo sorriso, accompagnandosi con un gesto della mano volutamente troppo regale. "Riposatevi. Domani si riparte in mattinata"
Hikaru lanciò un grido di giubilio e si lanciò sul letto a capofitto, con le braccia spalancate come se lo volesse abbracciare.
Plesea sorrise all'entusiasmo della ragazza, e anche lei si accomodò sul divano con un sospiro stanco.
Fu si girò verso Umi. "Che dici, andiamo a farci un bagno? Sono piena di terra"
"Col cavolo. Sono stamca morta. E poi non mi ci trascinerete mai in un cavolo di bagno pubblico comunale"
Clef rise, o almeno ci provò. Il risultato fu una specie di sbuffo sommesso. "Temo che ti ci dovrai abituare... Nei piccoli villaggi si usa così"
"E allora andiamo nelle grandi città no?"
"Dobbiamo rimanere..." cominciò lui, ma la ragazza lo interruppe, con un'espressione disperata.
"Lo so, lo so, abbiamo capito. Non dobbiamo farci notare. Dicevo per dire"
"Clef, ascolta..." disse Fu, mentre si adagiava sul bordo del letto. Anche lei era molto provata. "Quello che ha detto la signora poco fa... ma a Sephiro ci sono sempre tutti questi mostri?"
Il ragazzo fece un altro sospiro. Era pallido.
"Non era così, fino a poco tempo fa. Ma da quando Emeraude non può più pregare per Sephiro sembrano essercene tanti..."
"E attaccano la gente?"
"Uhm... ogni tanto... perché?"
"E non mandano nessuno ad aiutarli?"
"C'è... la milizia, credo... non mi occupo io di queste cose... cioé, sì, dovrei, ma adesso sono un po' occupato"
"Tutto bene? Hai l'affanno"
"Non è niente. Sono solo stanco"
"Abbiamo riportato tutti delle ferite, più o meno serie... Non credi che dovremmo andare da un medico?"
Clef stava cercando di tenere gli occhi aperti. Plesea se ne accorse e gli andò vicino.
"Ehi, stai bene?"
"Sì, non è niente... sono solo stanco..."
"Sei sicuro?"
Clef annuì, non troppo convinto. Poi rilassò di nuovo la testa indietro.
Dopo un po' Hikaru si rialzò dal letto, con tutti i capelli scompigliati.
"E i mostri possono essere ovunque quindi?"
Clef riaprì gli occhi di scatto, poi li socchiuse di nuovo. "Sì. Dobbiamo stare attenti"
Plesea intervenne del discorso "Non preoccupatevi, se siete sopravvissute alla Foresta del Silenzio non dovreste avere problemi"
"Ah beh" fece Umi sarcastica. "Allora di che mi preoccupo?"
L'armaiolo sorrise, poi si alzò con un sorriso stanco. "Non so voi, ma io vado a farmi un bagno,e magari a comprare qualcosa da mangiare. Clef, mi presti qualche Rì?"
Il ragazzo non rispose. Aveva gli occhi chiusi e la testa gli cadeva su una spalla. Dormiva.
"Oh beh" disse Plesea. "Chi tace acconsente"

Non capiva perchè, ma sentiva l'impulso nervoso di continuare a camminare. Come se così si sarebbe potuto allontanare da tutto quello che lo tormentava. Si passò una mano tra i lunghi capelli neri, imperlati di sudore.
Detestava non sapere cosa fare. Odiava non avere un preciso quadro di insieme. Ma più di tutto odiava non riuscire a fare l'unica cosa che sapeva di dover fare.
Clef era l'unico ostacolo. Se lui fosse stato allontanato i Cavalieri Magici non avrebbero avuto speranza.
Zagart lasciò vagare ancora lo sguardo nel vuoto. Era stanco. Come se non riposasse da una vita intera.
Erano stati più che amici, erano stati compagni. Non poteva fargli del male, non lo avrebbe fatto mai. Voleva solo allontanarlo dalle tre ragazze indifese.
Chiuse gli occhi, sentendo un grande vuoto. Sapeva che non sarebbe stato possibile.
Ma per lei, avrebbe fatto anche quello.




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Ehi salve a tutti! Non ho postato per tre mesi interi, sono una malvagia! Mi seguirete ancora vero? T_T perdono ma mi sono dedicata ad altri lavori (e poi ho oziato, oziato, oziato, oziato).

Grazie a tutti quelli che hanno commentato fino'ora e grazie in anticipo a quelli che commenteranno...
Ovviamenre Clef è arrabbiato perché Umi si è abbioccata mentre lui le parlava seriamente.. ci è rimasto male, è un tipo sensibile! (è anche un po' isterico)
e Zagart... gli voglio tanto bene! Lui e Alcione sono i miei "cattivi" preferiti! (ascot mi sta sugli zebedei invece, ma perché è ancora moccioso)
E beh... la sotria tra Umi e Clef è palesissima, e lei è anche parecchio civetta.. il punto è che il nostro eroe sembra un po' tardo... secondo me lui non si è accorto di niente.
Comunque continuate a leggere e  vedrete che ce la faremo! Prometto di impegnarmi! Ciao!



 





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