Rayearth - revolution - seconda fase di Sephirah (/viewuser.php?uid=24052)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 1 *** Capitolo primo ***
Cap1
In molti hanno
tramandato e distorto la
storia di quell’incredibile evento, ma in questi miei ultimi
giorni io conservo
la memoria di ciò che vidi con occhi più giovani:
il cielo si squarciò, e
sanguinò di una forte luce che tutti ci accecò, e
gridò tutto il dolore del
nostro mondo.
Irus – libro della rivoluzione vol.1
CAPITOLO PRIMO: LA GRANDE
LUCE
NEL CIELO E LA CADUTA
LIBERA
Nella vita
ci
sono solo due cose che non si fanno mai attendere abbastanza: una
è la morte,
l’altra la sveglia.
Ed era
proprio
la sveglia che Umi Ryuzaki stava maledicendo dalle spire contorte del
suo
letto. Ma quella, impietosa, continuava ad urlare dall’alto
del comodino, e
alla fine la ragazza dovette arrendersi: si alzò a sedere e
spense l’aggeggio
infernale.
Dopo anni
di
scuola era diventata una routine automatica. Si cambiò, si
lavò e si infilò la
divisa senza praticamente accorgersene, con l’espressione
inebetita di chi è
costretto a svegliarsi troppo presto. E per qualche astruso motivo era
di
nuovo, come sempre, maledettamente in ritardo. Scese al piano di sotto,
in
cucina, e prese al volo la sua colazione dal piatto, un piccolo toast
che non
avrebbe finito, e fece un gesto con la mano salutando i genitori con
poco
entusiasmo.
La madre
si
alzò dalla sua postazione a capotavola.
“Non
ti siedi
nemmeno, scusa?”
Umi scosse
la
testa.
“Perché?
Sei
di fretta” chiese il padre, scostando il giornale dal viso.
La ragazza
si
tolse il toast dalla bocca, e parlò masticando.
“Sì,
ho la gita”
“E
dove
andate?”
Umi
ingoiò il
boccone. “Tokyo Tower”
Clef si
soffermò su ogni singolo centimetro della sua stanza, con
cura e attenzione,
salutando quel luogo così poco importante che era stato casa.
Probabilmente
non l’avrebbe rivista per molto tempo, abbastanza da
dimenticarla. La guardò
ancora una volta, seduto sul letto, vestito con abiti inconsueti. Con
lo
sguardo cercò anche il piccolo fagotto di vestiti, poggiato
malamente su una
sedia, abiti più sfarzosi che a lui non piacevano e che era
solito portare in
un tempo molto lontano. Ora indossava pantaloni di pelle consunta e una
camicia
spiegazzata, e aveva dei rinforzi metallici sulle ginocchia e le
spalle.
Sorrise amaramente. Non era più tempo di abiti da cerimonia.
Ora lo aspettava
una guerra.
La
principessa
aveva detto alla foresta degli spiriti.
Ma prima,
un’ultima cosa.
Umi andava
a
scuola in macchina, perché era più comodo e
veloce. In molti lo facevano, tra
gli alunni della sua scuola. La ragazza scese barcollando dalla vettura
e si
diresse, sempre con passo malfermo, verso il cancello
d’entrata. Poi si
districò per i corridoi per arrivare alla sua classe, si
sedette al banco dopo
aver pazientemente salutato i compagni di classe, e attese
pazientemente che il
professore cominciasse a fare l’appello. Che noia.
Dopodiché, in un raschiare
di sedie, si alzarono per dirigersi verso il pulmino delle gite.
Clef si
accostò alla piccola lapide, a gambe incrociate. Erano
passati solo due anni,
ma le lettere incise sulla pietra erano già sbiadite. Il
ragazzo cambiò i fiori
davanti al monumento. Piccoli fiori bianchi, appena colti.
Rimase
lì
immobile, ad ascoltare il silenzio che si porta dietro la morte nei
cimiteri,
leggendo e rileggendo quelle lettere sbiadite così
importanti.
Io non
l’ho
mai fatto.
Non ha
senso.
Avevo
giurato
di non farlo mai.
Parlare
con i
morti è una cosa stupida.
“Mi
manchi”
E anche
cambiare quei fiori era una cosa stupida.
Clef
intrecciò
le dita in grembo e prese a fissarsi le mani. Un vento freddo e leggero
prese
ad accarezzargli i capelli.
“Ormai
guardare questa tomba è diventato normale, ma a pensarci
bene è strano. Io sono
qui, e anche tu sei qui. Ci separa un metro di terra. Siamo
vicinissimi. Ma
io…”
Sospirò.
“…Non
posso
raggiungerti. Qualunque cosa io possa dire o fare, ovunque io vada per
cercarti, io non posso”
Si
passò una
mano sugli occhi, poi la fece scivolare tra i capelli.
“Devo
fare una
cosa, e mi prenderà molto tempo. Quindi per un po’
non potrò portarti i fiori.
Ma appena torno vengo qui”
C’erano
solo
il vento, l’erba, la tomba ed il silenzio. In quanti istanti
quel silenzio lo
aveva accompagnato.
“E
se non
torno, forse sarà meglio, forse potremo raggiungerci. Anche
se io non credo a
queste idiozie”
La
guardò
un’ultima volta, poi si alzò, andandosene. Non si
voltò.
Parlare
con i
morti è una cosa stupida.
“Nessuno
nega
che dall’ultimo piano della Tokyo Tower ci sia una bella
vista, ma
chissenefrega!”
Umi si
girò
verso la sua compagna, facendo sussultare la lunga chioma corvina, e
riprese a
lamentarsi.
“Ci
sono tante
altre cose molto più interessanti che potevamo andare a
vedere, invece di star
qui. Uffa!”
L’altra
ragazza annuì distrattamente, poi si sollevò
sulla punta dei piedi per
sbirciare la coda della fila.
“Che
succede?”
domandò Umi.
“Non
lo so.
Crdo che una ragazzina delle elementari sia andata a sbattere contro
una delle
nostre compagne e l’abbia fatta cadere”
“Fa
vedere”
In
quell’istante, così breve, Umi incrociò
gli occhi di un viso sconosciuto, una
ragazza dalla chioma rosso fuoco, e anche altri occhi ignoti, smeraldi,
intrecciò. L’istante più breve.
E poi solo
la
luce che inondava furente l’aria, in un rombo di tuono, e dal
suono indistinto
si levo la chiamata, ultimo appello disperato.
Vi
prego…
Ci fu una
grande luce nel cielo, che dilaniò le tenebre del
crepuscolo. Come segnale era
piuttosto evidente, pensò Clef arricciando il naso.
Se ne
sarebbero accorti anche loro, accidenti.
Devo
sbrigarmi.
Precipitare
nel vuoto è una sensazione davvero sgradevole, come se il
cuore e lo stomaco
risalissero in gola, e Umi gridò senza un briciolo di
contegno tutto il suo
terrore quando si accorse di star cadendo dal cielo. Anche urlare con
il vento
in faccia è spiacevole, con l’aria che ti gonfia
le guance, ma ancor peggio è
schiantarsi sulla schiena possente e piumata di un qualche animale.
Prima di
risollevare il viso dall’ammasso di piume candide la ragazza
tirò giù qualche
santo, ma il vento di portò via le sue bestemmie.
Erano
salvi,
tutti e tre, li aveva sentiti chiaramente cadere sulla schiena del
grifone.
Avrebbe voluto voltarsi per controllare meglio, ma adesso non poteva.
C’era
qualcuno, e si stava avvicinando. Doveva nasconderli.
Nonostante
fosse molto occupata a tenersi ancorata alle piume Umi
riuscì a notare altre
tre persone assieme a lei. Due le stavano accanto,
sembravano nelle sue stesse condizioni, la
terza invece stava seduta composta in groppa all’animale,
come se lo
cavalcasse.
Ad un
tratto
la bestia sussultò sotto di lei e si lanciò in
picchiata. E di nuovo, Umi prese
ad urlare senza ritegno.
A lungo i fiori
non ci furono più, su
quella tomba silente. Ma io sono certo che lei gli fosse accanto,
sempre,
tormentandolo per la loro colpa. Chi mai lo avrebbe liberato?
-Sarus,
frammento-
Umi cadde
di
sedere, dopo essere scivolata dalla groppa dell’animale.
Anche le altre ragazze
si precipitarono a terra, terrorizzate. Come biasimarle, in fondo?
La ragazza
si
rialzò e si sistemò la gonna, dopo aver tirato
qualche altro accidente alla
bestia che aveva di fronte. Poi la guardò meglio, e la voce
le morì in gola.
“E
tu che
diavolo sei..?”
Una delle
ragazze che le erano accanto, quella bionda, le rispose un
po’ scombussolata,
inforcando gli occhiali sul naso.
“Si
direbbe…
un grifone”
“Ah-ah…
e il
fatto che i grifoni non esistano suppongo sia per te un…
dettaglio
trascurabile, no?”
“Beh…”
la
ragazza barcollò, malferma sulle gambe. “Non credo
che sia questa la cosa più
importante di cui preoccuparci adesso”
Umi
risollevò
lo sguardo verso l’animale, e vide che sulla sua groppa
c’era ancora movimento.
Clef
smontò
dallo spirito animale, dopo essersi assicurato che i Cavalieri fossero
scesi
sani e salvi. Si risistemò i vestiti addosso e
provò a riavviarsi i capelli,
che il vento gli aveva chiuso a tendina sugli occhi. Con la vista
finalmente
libera, osservò per la prima volta i cavalieri.
Era
rimasta
colpita già dal curioso colore di capelli della persona che
aveva di fonte, ma
quando riuscì a scorgere i suoi occhi di un azzurro
impossibile rimase senza
fiato.
Sembrava
avere
più o meno la sua stessa età, con i lineamenti
gentili ed aggraziati, forse
anche u po’ femminili. Umi si dimenticò per un
attimo della situazione in cui
si trovava e lo scandagliò per bene, mentre lui osservava
loro.
Era basso,
un
metro e settanta circa, ma sembrava avere un bel corpicino sotto vestiti insoliti che
indossava. Aveva le
labbra sottili, l’espressione un po’ corrucciata.
Ma i suoi occhi erano
incredibili. Lui arricciò il naso, in un espressione un
po’ buffa. Sembrava
deluso.
Non poteva
certo dire di essersi aspettato tre omoni più larghi che
lunghi, con i
pettorali gonfi e sudati; non si era aspettato niente, in
verità. Ma tre
ragazzine in gonnella, più che Cavalieri sembravano una
presa in giro. Arricciò
il naso.
“Siete
sicure
di essere proprio voi tre ad aver ricevuto la convocazione?”
Nessuna
delle
ragazze gli rispose, si limitarono a scambiarsi sguardi interrogativi.
“Non
c’era
nessun altro con voi?”
Scossero
la
testa tutte e tre”
Clef si
passò una
mano fra i capelli, un po’ spaesato, mentre anche loro tre lo
fissavano
altrettanto smarrite.
“ehm…scusa?”
esordì poi quella con i capelli rossi. “Tu sai
cos’è successo? Sai dove ci
troviamo?”
“In
effetti”
si intromise la bionda “Questo posto non sembra affatto
essere Tokyo”
“Sarà
mica
crollata la torre?” aggiunse la terza.
“No,
ci siamo
solo noi tre…”
“E
come
abbiamo fatto ad arrivare qui?”
“Non
ne ho
idea, che ne so io!”
“Ma
è
impossibile! Eravamo sulla Tokyo Tower!”
“Non
possiamo
esserci spostate così tanto…”
Le voci
delle ragazze
si accavallarono, e parvero non curarsi più di lui,
così Clef ne approfittò per
esibirsi in un’espressione disperata.
Sono
proprio
loro, accidenti.
“Ma
che cavolo
pretende da me Emraude?”
Le ragazze
continuavano a bisticciare tra di loro, così lui
tentò di richiamare la loro
attenzione.
“Scusate
se
interrompo, ma si dà il caso che io possa darvi delle
spiegazioni”
Le tre si
voltarono, e cadde un silenzio improvviso.
“Il
mio nome è
Clef, e ho ricevuto l’incarico di farvi da guida. Voi siete
state convocate
dalla Principessa Emeraude per diventare i leggendari Cavalieri Magici
che
salveranno questo mondo”
Una delle
tre
ragazze, quella con i capelli neri, fece una risatina nervosa.
“Tralasciando
il particolare che devi essere fatto come una pigna, che intendi con
–mondo-?
Dove siamo?”
“Un
mondo
parallelo al vostro” rispose Clef con un sorriso tiratissimo.
Non aveva capito
cosa gli avesse detto quella, ma suonava come un’offesa.
“Questo
è
Sephiro”
E giunsero i tre
campioni, da un mondo
lontano, e la guida designata venne loro incontro, e ancora una volta
il
destino di Sephiro fu inevitabile.
Irus – libro della Rivoluzione vol.1
__________________________________________-
Ciao a tutti, sono
tornata! Vi ho fatto aspettare tanto, scusatemi, ma la mia fantasia si
era rinchiusa di nuovo nel ripostiglio delle scope e non voleva uscire
(odio quando lo fa...). Che bello, è cominciata la seconda
fase! Devo dire che sono un po' impanicata, perché ce l'ho
meno chiara in mente della prima... ma non importa, adottero il metodo
del -vediamo che viene fuori-! L'importante è che non manchi
mai il vostro sostegno. Il rating è giallo per un
linguagiò un po' sboccato da parte di Umi, che
diventerà leggermente OOC, credo... diventerà il
mio alter ego ^^. Spero di riuscire ad indagare più a fondo
la psicologia dei personaggi e tappare qualche buco delle Clamp, se ne
trovo (che fatica, nella prima fase! @_@). Spero di rivedere tutte le
vecchie lettrici e magari anche qualche new entry ^^ un saluto da Seph!
p.s.: chi l'avrebbe mai detto che mi sarei affezionata a quello
str!@#§ di Sarus? eheh...
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo Secondo ***
capitolo secondo
CAPITOLO SECONDO:
CAVALIERI MAGICI, IL
VIDEOGIOCO
Umi si
passò
pensierosa una mano sul mento.
“E’
piuttosto
assurda come storia” concluse infine.
“Mi
rendo
conto che possa essere difficile da credere, ma è la
verità” disse Clef.
“Io
ho una
domanda” si intromise la ragazza bionda. “Hai detto
che per tornare a casa
dobbiamo salvare Sephiro, ma che dobbiamo fare esattamente?”
Clef
appoggiò
la schiena contro un albero, incrociando le braccia sul petto.
“Dovrete
risvegliare i tre Mashin dormienti”
“I
che?”
“Si
tratta di
tre entità magiche dall’enorme potenza, hanno una
natura profondamente diversa
dalla nostra”
“E
come
facciamo?” chiese ancora la ragazza riccioluta.
Clef
sorrise.
“Ogni cosa a suo tempo, di questo mi occuperò io.
Sono qui apposta”
“Ma
io non ho
capito… qual è il problema qui?”
domandò Umi, con la faccia storta da una
smorfia, come se stesse tentando di risolvere un complicato sistema di
equazioni differenziali.
“Ti
ho appena
detto che la principessa non è più in grado di
pregare” rispose il ragazzo
inarcando un sopracciglio.
“Ho
capito, ma
perché non può?”
Ecco. Ora
arriva la parte difficile.
Lo hai
promesso. Lo devi fare. È la cosa giusta. L’unica
cosa che puoi fare.
Ma non ci
riuscì. Esitò abbastanza a lungo
perché le ragazze se ne accorgessero.
“Ehi,
hai
sentito?” chiese Umi, sporgendosi verso di lui.
Avanti,
dillo.
Dì la tua bugia.
La tua
promessa.
Decidi il
destino di altri.
Ormai non
si
può più tornare indietro.
“Ehi,
tutto
bene?”
“La
principessa non può più pregare perché
è stata imprigionata”
Le tre
ragazze
si scambiarono uno sguardo interrogativo.
“Dal
Gran
Sacerdote Zagart, uno dei suoi sottoposti. Un uomo molto potente.
È lui che le
sta impedendo di pregare per Sephiro”
Scese il
silenzio.
“Sembra
un
videogame” disse poi Umi. “Bisogna far evolvere il
proprio personaggio,
sbloccare nuove armi ed oggetti e infine sconfiggere il boss finale e
liberare
la principessa per riportare la pace.
“Sembra
the
-Legend of Zelda-. Vi ricordate quel videogioco?” disse la
ragazza bionda,
mentre quella con i capelli rossi sembrava un po’ smarrita,
come se non avesse
bene idea di cosa stessero parlano le altre due.
Clef si
passò
una mano sugli occhi, sconsolato.
Sarà
un lavoro
molto difficile.
Una folata
di
vento più brusca delle altre, gelida mentre gli strisciava
sul collo.
Alcione.
“Dobbiamo
spostarci. Ci hanno già rintracciati”
“Chi?”
domandò
la ragazza dai capelli rossi.
“I
seguaci di
Zagart. Presto, salite sul grifone. Ce ne andiamo di qui”
Le ragazze
erano confuse, ma la nota di paura nella voce di Clef le fece obbedire
immediatamente. Salirono di nuovo su quell’animale mentre il
ragazzo si metteva
al “posto di guida”.
Il grifone
si
librò in volo con pochi, possenti colpi d’ala. Lo
spirito sfrecciava nel cielo
limpido di Sephiro a gran velocità, ma Alcione, dietro di
loro, era più rapida.
Troppo. Clef poteva chiaramente sentirla avvcinarsi. Lo scontro sarebbe
stato
inevitabile.
Le tre
ragazze
sulla schiena del grifone cercavano di reggersi alla meno peggio, ma
non era
facile, soprattutto per Umi, che aveva il viso inondato dai capelli. Di
nuovo
la povera fanciulla diede mostra delle sue capacità
linguistiche con una catena
d’imprecazioni molto originali.
Il vento
era
fortissimo, gli urlava nelle orecchie. Per questo Clef non
sentì il sibilo che
annunciava le lame di ghiaccio. Il grifone scartò appena in
tempo e riuscì ad
evitarle di un soffio.
Umi fu
quasi
sbalzata via nel mezzo bel di una volgarità, e la
salvò solo la sua stretta
feroce.
“State
tutte
bene?” sentì la vce di Clef portata via dal vento.
La ragazza cercò di tirarsi
su, e con la bocca piena di piume di grifone gli rispose:
“Per
miracolo!
Ti ha mai detto nessuno che guidi malissimo?! Pirata della
strada!”
Alcione
era
poco sopra di loro, ad una decina di metri di distanza. Le ragazze
erano troppo
impegnate a sorreggersi per accorgersi della presenza della donna.
Si
avvicinava
troppo rapida. Il ragazzo fece un’analisi veloce della
situazione. La foresta
del silenzio era ancora troppo distante, e di una picchiata fra gli
alberi non
se ne parlava, aveva un carico troppo prezioso. Fece un calcolo della
distanza
che lo separava da Alcione, poi, con uno sbuffo esasperato,
tirò le piume sul
collo dello spirito animale.
Il grifone
spalancò le ali e si fermò di colpo. Umi e le
altre due ragazze ulano a squarciagola
quando la forza d’inerzia le trascinò sul collo
dell’animale, praticamente
travolgendo Clef, che riuscì a stento a sostenere tutti e
quattro allargando le
braccia per tenerle.
“Ma
cosa cazzo
fai?!” gli urlò Umi dalla sua improbabile
posizione sottosopra, piegata in due
e con le gambe per aria.
Clef non
le
rispose. Alcione li superò in un istante, in groppa a quello
che sembrava un
unicorno dagli zoccoli lambiti da fiamme azzurre. Gli i parò
davanti,
sorridendo.
“Ciao,
Clef”
gli disse. “Vai già via? Ma io sono appena
arrivata?”
“Levati,
Alcione, non voglio mettermi contro di te”
“E
perché?” chiese
lei, inclinando la testa da un lato.
“Perché
sappiamo entrambi come finirebbe uno scontro tra noi due”
Il sorriso
sul
volto della donna scomparve di colpo.
“Sì,
hai
ragione. Contro di te non ho speranze. Ma chissà se i
Cavalieri sono
altrettanto abili?”
Clef
sbuffò.
“Sapevo che avresti tentato qualcosa del genere. È
proprio degno di te. A
proposito…” sorrise. “mi domando
perché ti abbia ripreso tra le sue file,
schifosa traditrice”
“Fai
silenzio”
rispose la donna, con una smorfia di disgusto sul volto tanto bello.
“Ricordati
che
questo è soprattutto colpa tua”
“Silenzio!”
Forse
provocarla non era una mossa intelligente, ma questa soddisfazione
doveva
prendersela.
“Sono
contento
che anche tu faccia parte degli invitati a questa bella
festa” le disse. “Così
che tu possa guardare bene i risultati delle tue azioni”
Alcione
non lo
lasciò parlare un istante di più:
sollevò il suo bastone in cielo e la gemma
incastonata sull’estremità brillò di
una luce livida.
“ASTRA!”
Le lame di
ghiaccio si scagliarono contro il grifone più rapide e
violente di prima. Clef
si lanciò in picchiata per schivarle, poi con un colpo di
talloni fece
risollevare la bestia per colpire la donna con il corpo
dell’animale. Alcione
scartò appena in tempo per evitare il contrattacco.
La
priorità
assoluta di Clef era proteggere quelle tre ragazze : acrobazie in aria
e duelli
magici le avrebbero messe in pericolo. Quindi via. Di corsa.
Il grifone
scattò in avanti e raccolse le ali al corpo, prendendo
velocità. Sentì le
ragazze dietro di sé urlare terrorizzate. Il ragazzo si
abbassò sul collo
dell’animale e
Alcione si lanciò
all’inseguimento.
Arrivarono
a
sorvolare una foresta, appena sopra le fronde degli alberi. Lo spirito
animale
di Clef era più rapido del cavallo di Alcione, ma doveva
fare movimenti più
misurati, ed era rallentato da un carico tre volte superiore, mentre la
donna
descriveva traiettorie ardite nel tentativo di colpire un punto vitale.
All’ennesima scarica di lame di ghiaccio il ragazzo riprese quota per schivare
l’attacco, anche
se tutte quelle manovre evasive avevano più che altro lo
scopo di distrarre
la maga dalla vera meta del
Monaco Guida: nella foresta del silenzio non li avrebbe seguiti.
Ma anche
Alcione aveva una propria strategia: le lame di ghiaccio fendevano
l’aria come
frecce e sibilavano una contro l’altra, urlavano e
stridevano. Clef le sentiva
arrivare, le localizzava, si scansava. Dopo così tanti
attacchi fragorosi, lo
aveva abituato a riconoscere un rumore molto forte. Il fruscio di una
singola
lama non lo avrebbe riconosciuto in tempo.
Così
quell’unica, silenziosissima scheggia di ghiaccio trafisse
l’ala del grifone,
che perse il proprio assetto e sussultò. E Umi, senza
nemmeno rendersene conto,
fu sbalzata in aria, nel vuoto ruggente.
La vide
appena, con la coda dell’occhio: precipitava. Stava cadendo.
Dopo nemmeno
mezz’ora lei stava cadendo. Girò la testa per
guardare, e incrociò i suoi occhi
spalancati dal terrore, mentre si rendeva conto che non poteva fare
più nulla,
che quel vuoto l’avrebbe inghiottita. Quegli occhi sembravano
di vetro.
Spronò
il
grifone e lo fece voltare bruscamente.
Forse non
ci
sarebbe riuscito. Forse la sua missione era destinata a concludersi
ancor prima
di cominciare. Probabilmente non aveva nessuna possibilità
di salvarla. Ma mai
senza lottare fino all’ultimo.
L’aria
la
inondò in tutta la sua potenza, e feroce la
frustò mentre i suoi lunghi capelli
neri le coprivano il viso. Il terrore la prese alla gola e le
impedì di urlare,
soffocò ogni gemito. Cadere.
Cadere.
Morire.
Con una
facilità impressionante.
Come ho
potuto
credere di preservare e proteggere una cosa tanto fragile? Tutta la mia
vita,
le cose che ho detto o che ho fatto, le persone che ho conosciuto.
Tutto era
così fragile. Delicato.
Non sono
mai
andata ad un concerto.
Cazzo.
Nemmeno
una
volta.
Lo
strattone
al braccio quasi le lussò la spalla.
Fu
sbalzata
via e strappata da quell’aria e da quel vuoto che si stavano
chiudendo su di
lei. Qualcosa la teneva. Si aggrappò convulsamente a quella
mano gelata che le
stringeva il polso con fermezza. Sentì dei sibili attorno a
sé, e qualcosa
balenò nell’aria, ma non riuscì a
distinguere le lame di ghiaccio che Alcione
stava lanciando loro contro. E mentre il respiro tornava, risvegliato
da quello
strattone, Umi guardò in alto, e vide che a tenerla sospesa
tra il cielo ed il
vuoto era quel ragazzo di nome Clef, pericolosamente sporto verso la
voragine
nel tentativo di sorreggerla, mentre cavalcava quell’immenso
animale. Lui
guardava giù, per assicurarsi che lei stesse bene, e lei
ricambiò lo sguardo,
mentre una nuova espressione scansava il terrore di poco prima. Gli
sorrise,
mentre lo afferrava con entrambe le mani. Lui sembrava terrorizzato, e
rimase
spiazzato da quel sorrise. Poi però, un po’
impacciato, lo ricambiò, con uno
sguardo esasperato.
Le altre
due
ragazze gli si erano accodate, e ora gli stavano dando una mano a
tirare su la
compagna. Clef tirò per riportarla in groppa al grifone, ma
era faticoso.
Alcione, dall’alto, non si lasciò sfuggire
l’occasione: il Monaco guida era
distratto, se lo avesse colpito sarebbe morto.
“ASTRA!”
Morto.
Un amico
ed un
compagno. Una persona con cui aveva riso ed era stata felice. Che
l’aveva ascoltata,
di cui lei si era fidata.
Morto.
Sei sicura
di
volerlo fare proprio tu?
Quell’istante
di esitazione probabilmente salvò la vita di Clef, che
riuscì a scansarsi. La
lama non lo centro, ma riuscì a scavargli un profondo solco
nella spalla. Il
ragazzo lanciò un urlo di dolore e perse
l’equilibrio: venne trascinato giù dal
peso della ragazza. Per fortuna le altre due furono abbastanza pronte
da
afferrarlo e tenerlo su, mentre lui riusciva, con un ultimo strattone,
a tirare
a sé la povera sventurata, che gli si aggrappò
convulsamente. Clef spronò il
grifone per farlo andare più veloce, poi disse a lei di
passare dietro.
Ma Umi non
poteva. Guardare in faccia la morte e poi incrociare quegli iridi
azzurri come
il ghiaccio, non aveva nessuna intenzione di allontanarsi da lui. Gli
andò alle
spalle, facendo passare la gamba dall’altra parte del collo
dell’animale, e lo
abbracciò lungo la vita. Lo sentì parlare seccato.
“Ti
ho detto
di passare dietro, così mi sei
d’impiccio!”
Umi scosse
la
testa e premette la guancia contro la sua schiena. Lo sentì
esitare e poi
rilassarsi, e così lei si ricordò di piangere, e
le lacrime le inondarono gli
occhi.
Alcione si
rimproverò mille volte della propria debolezza. Lo aveva
mancato. Un’occasione
simile, e lei l’aveva persa! Per dello stupido
sentimentalismo! Imperdonabile.
E ormai l’aveva anche staccata di parecchio. Cercò
di recuperare la distanza
persa, ma il grifone di Clef sembrava in preda ad una corsa febbrile.
Lo vide
raccogliere le ali ed abbassarsi leggermente, puntando verso il suolo
ricoperto
d’alberi.
E allora
capì.
Che idiota
che
era stata, a non pensarci prima! La Foresta
del Silenzio era il luogo più ovvio dove nascondere
quei Cavalieri incapaci di difendersi. Tra quelle fronde buie
l’uso della magia
era interdetto, e nessuna formula aveva effetto, così che ci
si potesse
scontrare solo corpo a corpo. E lei, lo sapeva benissimo, non aveva
nessuna
speranza in uno scontro fisico.
Si
lanciò in
picchiata, sempre più veloce, in una caduta sempre
più vertiginosa, ma la Foresta
del Silenzio ormai
era vicina, e non lo avrebbe raggiunto in tempo. Gridò di
delusione, un sibilo
tra i denti stretti.
Non
potevano
fermarsi per l’atterraggio. Alcione li avrebbe raggiunti in
meno di un secondo,
se si fossero fermati. Doveva andare giù con tutto il peso
della picchiata. Non
c’erano altri modi. Almeno, non gliene venivano in mente di
migliori. Abbassò
la testa e si distese contro il collo del grifone. Sentì la
ragazza dietro di
lui stringersi ai suoi fianchi ancora più forte. Si
girò per parlare vicino
all’orecchio, cercando di sovrastare il vento.
“Tieniti
stretta, non lasciare la presa per nessun motivo, intesi?”
La
sentì
annuire contro la sua schiena, così si rivolse alle altre
due.
“Tenetevi
forte!”
Quella con
i
capelli rossi sollevò appena la testa.
“E
secondo te
che abbiamo fatto fino adesso?!”
Le fronde
degli alberi giunsero in pochi istanti ad accarezzare il ventre
dell’animale.
Clef fece un respiro profondo e mise una mano sul dorso di quelle di
lei,
strette intorno a lui.
Poi,
giù.
I rami
degli
alberi li travolsero, frustandoli sul viso e sul corpo. Immediatamente la Foresta
del Silenzio fece
il suo dovere, e il grifone si dissolse come se fosse fatto di polvere
perlescente, lasciandoli in balia della caduta libera. Clef
subì tutti i colpi
a denti stretti, uno al petto e due all’addome, poi altri sul
viso e sulle
braccia, mentre i rami lo graffiavano. La presa della ragazza si
sciolse, e la
sentì gridare di terrore ancora una volta. E poi
l’impatto col suolo, aspro e
dissestato. Sentì la spalla ferita da Alcione colpire una
radice e raschiarci
contro, facendolo urlare di dolore mentre l’inerzia lo
trascinava. Poi rallentò
e si fermò. E scese il silenzio.
Tutte le battaglie
furono aspre, in
questa guerra che trabocca sangue, ma mai ce ne furono di
più violente di
quelle combattute tra amici.
Irus – libro della rivoluzione vol.1
Ciao
a tutti,
eccomi di ritorno! Non so se questa storia vi sta piacendo, io non mi
sento molto
realizzata veramente. Anche se questa parte è un
po’ ostica, soprattutto il
primo capitolo, perché riscrivere quello che hanno
già detto le Clamp è noioso,
ma l’inizio è quello e quello deve restare!
>_< Vabbé, non parliamo delle
divergenze artistiche tra me, mestessa ed io. Allora…
KILKENNY:
Ciao! Sono molto contenta di vedere subito una new entry
nell’allegra
combriccola, inoltre ho letto alcune tue recensioni e sono molto felice
che tu
abbia letto la mia storia. Fammi sapere come procede, ok? ^_-
SOFONISBA:
non
preoccuparti se non hai tempo per recensire l’importante
è che tu lo faccia ^_-
adddoro le tue recensioni, incrementano il mio egocentrismo ^^
Sì, questa
storia avrà toni più fantozziani,
l’altra era diventata un po’ un mattone…
e
sì, Clef è irresistibile, e siccome è
il mio esatto modello di uomo, credo che
morirò zitella T_T sighsob… speriamo che Umi sia
più fortunata di me, magari
precipitassi anch’io dal Colosseo e venissi trasportata a
Sephiro! Zob!
BELLISLADY:
Come sempre è un piacere rivederti tra le recensitici (???)
per rispondere alla
tua domanda, non sono sicura di inserire innova, non ci avevo nemmeno
pensato
in effetti ^^, ma magari riesco a farcelo stare, farò un
tentativo! A
proposito, buona fortuna per la tesi di laurea!!
Un saluto
a
tutti e grazie per aver letto e/o recensito. Ciaoooooo…! By
Seph
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo Terzo ***
Capitolo terzo
CAPITOLO
TERZO: CURIOSO INIZIO DI UNA LEGGENDA
Umi
cercò le
proprie gambe nella confusione che aveva in testa, senza riuscire a
trovarle,
così rimase sdraiata a terra ancora per un po’,
aspettando che quel dolore
sordo alla schiena diminuisse e la lasciasse respirare di nuovo. Sapeva
di
avere gli occhi aperti, ma sopra di lei vedeva solo un vortice di
indistinte
macchie di colore. Provò a sbattere le palpebre per mettere
a fuoco. I suoni le
giunsero ovattati e distanti, come se provenissero da dietro molti
vetri.
Accanto a lei c’era qualcun altro, ma non poteva girare la
testa per guardare.
Quel dolore era insopportabile.
Una
ventata
calda sul viso.
Provò
di nuovo
ad aprire gli occhi. C’era un’immagine sfuocata,
qualcosa che la fissava.
Un’altra
ventata calda, dal disgustoso odore dolciastro delle cose andate a
male. Umi
arricciò il naso, mentre la testa le mandava una fitta
così forte da soffocare
ogni imprecazione.
Un’altra
disgustosa ventata calda sul viso. Le scompigliò la frangia,
una ciocca di
capelli sul suo viso si spostò appena, carezzandole la
guancia. L’immagine
divenne più nitida. Qualunque cosa fosse, era grande, e
marrone, e aveva
l’alito pesante.
Umi
sbatté di
nuovo le palpebre, e la confusione si dipanò, permettendole
di vedere.
Chino
sopra di
lei c’era qualcosa che ansimava pesantemente, con un solo,
grande occhio in
mezzo ad una testa enorme e sformata, dilaniata da una fessura
verticale e
pericolosamente dentata. La creatura, qualunque cosa fosse, le
passò un dito
bitorzoluto fra i capelli, spostandoglieli dal viso.
Qualche
secondo di esitazione, che le sarebbe stato fatale se non
l’avesse salvata la
pessima mira della cosa che aveva sopra: il pugno serrato della
creatura colpì
il suolo ad un paio di centimetri dalla testa di Umi. La ragazza,
pervasa da un
fiotto d’adrenalina, si avvinghiò al terreno con
le mani, e in un istante fu di
nuovo in piedi, lanciata in una fuga sfrenata, mentre urlava a
squarciagola.
Hikaru,
poco
distante da lì, venne svegliata di soprassalto dal grido
dell’altra ragazza.
Lei fu più rapida ad analizzare la situazione, le
bastò vedere che un mostro
stava inseguendo la sua compagna: si rimise immediatamente in piedi e,
senza
riflettere molto, si lanciò contro quella cosa che aveva
preso a correre dietro
Umi. Non che contasse di fare molto contro quell’affare alto
più di due metri ,
ma Hikaru gli saltò comunque addosso, affondando le unghie
nella carne molle
del mostro. Quello lanciò un grido agghiacciante,
più di sorpresa che di
dolore, e tentò di scrollarsi la ragazza dalla schiena. Umi,
dal canto suo, in
un impeto di egoismo, colse l’occasione e continuò
la sua corsa, fino a sparire
tra gli alberi. Il mostro afferrò Hikaru per i vestiti,
strappandosela di dosso
e scagliandola a terra, ma la ragazza riuscì a rimettersi in
piedi in un
istante e corse dietro alla compagna. Purtroppo riuscì a
fare solo un paio di
metri, prima di caracollare di nuovo a faccia avanti, inciampando sul
braccio
di un’inerme Fu. Rialzandosi da terra per
l’ennesima volta, con i palmi delle
mani ormai sanguinanti, si caricò in spalla la compagna
ancora svenuta, di cui
prima non si era accorta. Così, incespicando sotto il peso
di un altro corpo,
riprese a correre dietro Umi, verso il punto in cui era sparita, mentre
un
altro pugno, accompagnato da un ringhio sordo, si abbatteva ad un
soffio dietro
di lei.
Sentiva
caldo.
Un calore diffuso lungo tutta la spalla destra, che si stava lentamente
spostando lungo la schiena. Un calore spiacevole. Gli girava la testa.
Aprì
appena gli occhi, con cautela, ma si sollevò solo una
palpebra: dall’altra
colava un denso rivolo di sangue. Si guardò intorno, con la
vista appannata e
confusa, e si accorse che c’era qualcosa che non andava. Solo
dopo alcuni
secondi realizzo di essere a testa in giù, con la schiena
poggiata lungo il
tronco di un albero, la testa immersa nell’erba alta e le
gambe praticamente
dietro le orecchie, in una posizione assurda. Clef mandò un
rantolo sommesso,
poi cercò di districarsi dalla scomoda posa, ma il corpo non
rispondeva a
dovere. Quando tentò di muovere le braccia, la spalla gli
mandò una fitta
acuta, e solo allora si ricordò che Alcione lo aveva ferito.
E quel caldo umido
e sgradevole divenne chiaramente una pozza di sangue in cui versava. Il
suo
sangue. Sentì montare la rabbia, ma sentiva troppo dolore
persino per quella.
Comunque si ripromise che gliel’avrebbe fatta pagare.
Gli girava
la
testa, probabilmente per la copiosa perdita di sangue. Lo riscossero le
grida
delle ragazze, in lontananza, e un ringhio che sembrava di un animale.
Avvertì
una fitta di panico allo stomaco, e si rialzò in piedi,
gemendo di dolore. Si
resse al tronco dell’albero e perse solo un istante a
contemplare la scia di
sangue che aveva lasciato per terra, trascinato dalla forza della
caduta. Anche
una gamba non sembrava del tutto sana, ma non importava,
perché aveva promesso
ad Emeraude che le avrebbe aiutate, e protette, e questo aveva la
precedenza su
ogni altra cosa.
Si mise a
correre, zoppicando malamente, nella direzione delle urla. Riconobbe
immediatamente la voce di Umi, la ragazza con i capelli neri, mentre
quel
ringhio si faceva sempre più forte.
All’improvviso
si rese conto di aver fatto una cosa stupida: la Foresta
del Silenzio li
aveva protetti da Alcione, ma lui non sarebbe stato in grado di
proteggerle
servendosi solo delle sue scarse abilità fisiche. Invece le
aveva portate in un
nido di mostri, e ora doveva anche farcele uscire. Che idiota che era
stato.
Niente magia, niente armi, lì dentro erano praticamente
già morti.
Umi aveva
guadagnato parecchio terreno, abbastanza da sentire di avere almeno una
possibilità, ma le gambe cominciavano a cedere, il cuore a
battere troppo
forte, e non sarebbe riuscita a correre ancora per molto. Ma quel
mostro,
qualunque cosa fosse, era ancora lì, e non sembrava voler
demordere. Hikaru, la
ragazza dai capelli rossi, era poco dietro di lei, e portava in spalla
anche
Fu, che sembrava priva di conoscenza. Era in difficoltà,
stava visibilmente
rallentando. Umi si girò a guardare di nuovo: Hikaru ormai
si stava fermando, e
cercava con gli occhi una via di fuga. Ma non ce n’erano. La
foresta era troppo
fitta, non si vedeva nulla, nel buio tra le fronde. Umi si
lasciò sfuggire un
gemito, quando l’altra ragazza cadde in ginocchio sotto il
peso della terza
compagna.
Non lo
fare,
non è importante.
Hai troppe
cose da perdere.
Ma se la
lasciassi lì, se non tornassi indietro per aiutarla, per
fare ciò che io credo
giusto, perderei una cosa che per me è più
importante di tutto il resto.
Non voglio
perdere la mia stima per me stessa. Bisogna. Bisogna fare
ciò che è giusto.
Il panico
le
fece salire di nuovo le lacrime agli occhi, ma non lasciò
che l’accecassero. Si
riscosse, sentendo accorrere una furente determinazione a sostenerla:
puntò i
piedi, si girò di scatto, e tornò indietro,
chiamando il nome della ragazza,
dicendole di alzarsi.
Hikaru
sollevò
appena il viso, rosso e sudato per la fatica. Umi
l’afferrò per un braccio e la
costrinse ad alzarsi, ringhiando tra i denti stretti, mentre un rantolo
sordo e
divertito segnalava che il mostro si stava avvicinando, e che tutta
quella
distanza che Umi aveva guadagnato, la sua piccola speranza su un
milione, era
appena scemata. La ragazza si caricò a forza Fu sulle spalle
e sentì subito le
ginocchia diventare cedevoli, ma riprese comunque a correre. Sapeva che
non ci
sarebbero riuscite, che quella cosa le avrebbe prese ma, che diavolo,
Umi non
aveva intenzione di facilitargli il lavoro.
Ripresero
a
correre, nonostante fossero entrambe senza fiato. Fu era pesante, molto
più di
quanto Umi si fosse aspettata, e tenere un’andatura veloce
era praticamente
impossibile. Strinse le palpebre per lo sforzo, e le lacrime
trasformarono
tutto in una massa di colori confusi.
Poi lo
sentì,
lontano e sommesso. Il suono frusciante dell’acqua che corre
nel letto di un
fiume. Sgranò gli occhi. A destra. Doveva solo arrivarci, e
forse sarebbero
state salve.
Scartò,
trascinandosi dietro anche Hikaru, e la speranza le mise in corpo
l’energia
sufficiente ad arrivare fin lì, fin dove, forse, sarebbe
stata salva.
Un’idea
un po’
strana, non sapeva nemmeno se avrebbe funzionato, ma valeva la pena di
provare.
Un lampo
nero,
alla sua sinistra, e poi qualcosa la colpì alla tempia. Umi
cadde, ruzzolò a
terra, finì distesa sulla schiena. Aprì gli occhi
appena in tempo per evitare
un lungo becco rosso, lungo e affusolato, che colpì dove
fino ad un istante
prima c’era il collo della ragazza. Hikaru non ci
pensò due volte, a differenza
dell’altra ragazza: si scagliò contro la nuova,
strana creatura, per toglierla
di dosso alla compagna, ma il mostro spiegò le ali e si
ritrasse appena in
tempo. Umi si rialzò, dolorante. Un altro rantolo al suo
fianco le disse che Fu
si era finalmente svegliata. La ragazza si tirò su in piedi
ed osservò il nuovo
nemico.
Un
uccello, si
sarebbe detto. Nero e con le piume sfilacciare. Aveva una sola zampa, e
le
osservava malignamente da una lunga fila di occhi.
Fu si
rialzò
in piedi, con le gambe che le tremavano.
“Che…”
domandò. “…Cosa succede?”
In quel
momento venne colpita alla schiena da un pugno del mostro monocolo, che
le
aveva raggiunte. Fu cadde, mentre le costole mandavano un dolore
lancinante da
sotto i vestiti, che si stavano riempiendo di sangue.
Hikaru la
sorresse, mentre anche lei lottava contro le lacrime di terrore.
Era la
loro
ultima possibilità.
Dopo
essersi
resa conto di questo, Umi fu risoluta nei suoi gesti.
Strattonò Fu per un
braccio ed urlò ad Hikaru di seguirla. La rossa
s’infilò sotto l’altro braccio
di Fu, per sorreggerla meglio, e ripresero a correre. Mancava poco.
Forse potevano
farcela.
Il mostro
monocolo si esibì in quella che forse era una risata, forse
un urlo di
delusione. L’uccello, invece, si librò in volo
sbattendo le ali logore. Riprese
la caccia.
Ma ormai
erano
lì. Ormai mancava davvero poco.
La vista
prese
a vorticare pericolosamente. Suo malgrado, Clef dovette fermarsi ed
appoggiarsi
ad un tronco. Aveva la nausea, non riusciva ad orientarsi, e tutto
fluttuava
intorno a lui in una girandola di colori.
Lo aveva
promesso.
Lo doveva
fare.
Era il suo
ultimo dovere, l’unica cosa che lo teneva lontano dal sudario
in cui lo aveva
rinchiuso il fantasma di Adele.
Si
concentrò e
sollevò lo sguardo. Mise a fuoco l’immagine,
appena in tempo per vedere i
Cavalieri Magici raggiungere l’ampio corso d’acqua
che attraversava la Foresta del Silenzio,
appena in tempo per accorgersi delle due creature che le inseguivano,
un
istante prima che Hikaru, Umi e Fu si tuffassero.
L’acqua
era
gelida, come un ventaglio di aghi conficcati nel corpo con
brutalità. Faceva
troppo freddo per aver paura, e l’aria, quel poco
d’aria che le era rimasto,
fuggì dai polmoni in un istante. Tenne stretta la mano di
Hikaru, la tirò a sé,
le impedì di risalire. Forse li avevano staccati abbastanza.
Forse non le
avevano viste saltare. C’era la possibilità che
riuscissero a salvarsi. Doveva
solo aspettare abbastanza, mentre il
petto diventava di fuoco e bruciava come una ferita, perché
stava soffocando.
Le due
creature si guardarono attorno, ma non videro nessuno lungo la sponda
del
placido fiume. Non c’era nemmeno molta corrente ad
incresparne l’ampia superficie,
e nemmeno un soffio di vento. Il ciclope rantolò, deluso,
poi afferrò la
concorrenza per la coda e la sbatté a terra.
L’uccello non riuscì a reagire e
il gigante lo centrò in pieno con un suo pugno nodoso,
uccidendolo in
disgustoso zampillo di sangue. Guardando il suo operato il mostro
ridacchiò, un
suono lungo e lugubre. Poi il suo sguardo si soffermò su
un’increspatura nel
fiume. Della schiuma bianca vicino la riva.
Allungò
il
collo taurino per osservare meglio.
Clef lo
centrò
magistralmente, spezzando lo spesso bastone di cui si era armato
proprio
sull’occhio del mostro. Un lancio perfetto, nonostante il
sangue che gli
scendeva sull’occhio. La creatura urlò di dolore,
gridò così forte che la terra
parve tremare. Poi Clef gli passò davanti, velocissimo, e
afferrò i pezzi della
sua arma improvvisata prima che toccassero terra. La gamba gli
lanciò un’ultima
fitta, mentre fletteva le ginocchia per caricare il salto. Poi si
sollevò a più
di un metro da terra e, non senza una certa soddisfazione,
infilò il bastone
seghettato nell’occhio del mostro, giù, fino in
fondo.
Quello
urlò
per l’ultima volta, e tentò disperatamente di
difendersi in qualche modo. Il
suo braccio nodoso attraversò l’aria in un lampo
e, nonostante seguisse una
traiettoria prevedibile, trovò Clef sospeso a pochi
centimetri da terra. Un
istante prima di ritornare a terra dal salto il ragazzo fu colpito in
pieno
ventre e sbalzato lontano. Cadde nella gelida acqua del fiume, che gli
tolse il
fiato. Annaspò con le braccia per tornare in superficie, e
riemerse appena in
tempo per vedere il mostro crollare a terra con un lamento patetico.
Clef si
lasciò sfuggire un grido di gioia poi, ignorando il dolore
lancinante allo
stomaco, nuotò di nuovo fino a riva. Alla fine
stramazzò lungo la sponda del
fiume e riprese fiato.
Con la
testa,
impigrita dal dolore alla spalla, cercò di scrutare la
superficie: stava
aspettando che le tre ragazze riemergessero da quell’acqua
gelida. Attese
alcuni secondi, ma niente.
Ad un
tratto
sentì il panico contorcergli le viscere. Non tornavano su.
Ma non c’era
corrente. Non potevano essere state trascinate via. Non poteva essere
arrivato
troppo tardi. Non poteva essere. Lo aveva promesso.
Si
tirò su con
un ringhio di dolore, mentre dentro di lui montava una paura cieca. E
proprio
in quell’istante la testa riccioluta di Fu infranse la
superficie dell’acqua in
mille spruzzi cristallini. Clef si congelò nella sua
posizione a metà tra in
piedi e seduto. La ragazza annaspò, e tirò fuori
dall’acqua anche Hikaru ed
Umi, entrambe semicoscienti.
“Che…
fai?!”
Urlò lei dall’acqua. “Hai
intenzione… di aiutarmi… o no?!”
Clef si
riscosse e si precipitò ad aiutarla, tuffandosi di nuovo. Si
caricò Hikaru
sulle spalle e diede una mano a Fu per sostenere Umi, che lo
guardò un istante
solo, e poi perse del tutto coscienza.
Si
trascinarono a riva, e lì stramazzarono tutti e quattro.
Clef azzardò a
parlare, ma non aveva abbastanza fiato.
“non
dovremmo…
ass… assicurarci… che stiano…
bene?”
“Ooh..”
gli
rispose Fui con un rantolo. “Tra cinque minuti”
Clef rise,
e
dopo qualche second0o la sua risata contagiò anche Fu.
“Ma
che cavolo
era quello?”
“Un…
mostro”
rispose lui, ancora boccheggiante.
“Eh,
beh,
grazie tante”
“Se
lo sai già
che vuoi da me?”
“Esistono
mostri qui a Sephiro?”
“Lo
hai appena
visto” disse Clef, ancora sorridente. Poi la sua espressione
si incupì. “Ma
prima non era così”
“Cioè”
Lui fece
un
gesto con la mano nell’aria.
“Te
lo spiego
dopo. Controlliamo che stiano bene”
Prima la
scosse con dolcezza, poi provò a chiamarla. Alla fine si
scambiò un’occhiata
con Fu, e quella si strinse nelle spalle. Così Clef
tirò un ceffone alla povera
Umi, che si svegliò di soprassalto.
“Finalmente!”
sorrise lui.
“Ahio!”
Hikaru si
tirò
su a sedere. Le girava ancora la testa, ma riuscì lo stesso
a sorridere,
graziosa.
“Stavamo
per
affogare, sai?” le disse.
Umi si
guardò
intorno un po’ spiazzata. Poi notò il corpo inerme
del mostro che giaceva a
terra, e capì che ce l’avevano fatta. La sua
piccola speranza.
Le
sfuggì una
risata.
“Strappata
dalle grinfie della morte per ben due volte in un solo giorno, e
nell’arco di
una decina di minuti! Non è da tutti…”
“E’
un bel
record, non c’è che dire” le rispose
Clef con un sorriso sghembo. “Ma vedi di
non farci troppo l’abitudine”
“Guarda
che è
tutta colpa tua”
“Mia?
E che ho
fatto?”
“Sei
arrivato
troppo tardi, stavamo affogando! Dove diavolo eri finito?!”
Il ragazzo
le
indicò lo sgarro sulla spalla, poi la gamba, il rivolo di
sangue che scendeva
dalla fronte e che macchiava di cremisi i capelli d’argento.
Ma mentre
faceva quel gesto, Umi scorse suoi
occhi. Non li aveva osservati come meritavano. Se lo ripeté
un’altra volta,
senza riuscire a trovare nemmeno un sinonimo.
Incredibili.
Non per il
taglio, non per il colore. Almeno, non solo. Era
l’espressione. Lontani,
guardavano qualcosa che non si poteva vedere, e gentili, cordiali. Uno
sguardo
che, improvvisamente, divenne familiare.
“Beh?”
chiese
Clef, un po’ imbarazzato dallo sguardo che lei gli aveva
rivolto. Umi distolse
gli occhi dai suoi, con fatica.
“Lascia
stare.
Sono stanca, mi devo riposare un attimo”
Lui
annuì. “Va
bene. Non ce la faccio più nemmeno io. Ma non possiamo
rimanere qui per molto
tempo. Quelli non erano gli unici mostri che popolano questa foresta.
Sono
stato uno stupido a portarvi qui”
Fu
raccolse le
ginocchia al petto.
“Ma
cos’erano
quelli?”
Clef
incrociò
gli sguardi curiosi dei tre futuri Cavalieri. Si sedette, e prese
fiato, per
raccontare. Spiegò loro quale fosse la forza più
potente a Sephiro, e che la Colonna la manifestava
attraverso le sue preghiere, che portavano la pace su Sephiro. Loro
annuirono.
Lo sapevano già, lo aveva già spiegato.
“Ma
anche le
paure possono influenzare Sephiro” continuò lui,
accompagnandosi con un gesto
dell’indice. “E così si formano questi
mostri. Ce ne sono di più deboli e di
più potenti, ma la cosa fondamentale è che
nascono dalle persone”
“Le
cose che
pensiamo si possono manifestare corporalmente?”
domandò Hikaru. Umi rimase in
silenzio, improvvisamente intimorita da quegli occhi.
“Beh,
non è
proprio così facile” Rispose Clef. “Non
capita spesso, i mostri sono rari”
“Ma
quelli
erano due, e hai appena detto che ne troveremo altri”
osservò Fu.
“Sì,
perché
qui siamo nella Foresta del Silenzio. Questo luigo ha una
proprietà
particolare” Indicò le fronde degli alberi.
“Non è possibile nessuna
manifestazione fisica della forza di volontà. Ergo, niente
magia, e anche
niente Colonna. Qui i mostri proliferano, perché Emeraude
per questo luogo non
può pregare”
Le ragazze
annuirono.
“Sembra
ancora
un sogno un po’ strano” disse
Hikaru,
ridendo.
Clef
sospirò.
“Magari fosse. E invece no”
5
giugno 2008,
tanti auguri a meeeee!!! Oggi è il mio compleanno, quindi
commentate numerosi
^^
Bene, e
ora
prendiamoci questo angolino per rispondere ai gentilissimi commentatori:
KILLKENNI:
ciao! Sono molto felice di vedere che continui a seguire la ff! Ma non
dare
troppo per scontata la Umi/Clef,
ho un po’ di progettini per loro due ^_^ ghgh…
BELLISLADY:
sono felicissima, come al solito, di vederti tra i commentatori!
Alcione e Clef
si incontreranno parecchie volte, il loro rapporto mi piace molto e lei
è un
personaggio che adoro. Tutto merito tuo, se non sbaglio, che mi hai
ricordato
di inserirla quando invece me ne ero dimenticata! ^^ A proposiro,
sì, il
salvataggio è un po’ cavalleresco, ma con loro due
non date per scontato
niente!
SOFONISBA:
Immancabile anche la tua recensione, ovviamente, me molto felice! Sono
contenta
che ti piacciano le citazioni, ogni volta mi ci scervello un
po’, eheh… Già, il
rapporto tra Umi e Clef parte decisamente in quinta, e che lei sia
cotta si è
capito (e beh, chi non si cuocerebbe come un uovo alla coque, per uno
così?)
ma chissà
Clef… (risata malefica)
Un saluto
a
tutti quelli che leggono e non recensiscono ^^ e in particolare alla
signorina
del concorso di scrittura creativa! Incredibile! Non abbiamo vinto, ma
ci siamo
scoperte! Haha! Com’è piccolo il mondo! Chi
l’avrebbe detto che leggeva le
storie di una certa Sephirah? Un saluto!
E di nuovo
buon compleanno a me!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo Quarto ***
Capitolo Quarto
CAPITOLO
QUARTO: PERE BLU
“Mi
fanno male
i piedi” si lagnò Umi.
“Anche
a me”
fu la risposta vagamente sarcastica di Clef.
“Per
quanto
dovremo continuare a camminare?”
“Siamo
quasi
arrivati ormai”
Erano in
marcia da almeno un paio d’ore, ed erano riusciti a non fare
altri spiacevoli
incontri. Avevano medicato le ferite alla meno peggio, anche se nessuno
di loro
sembrava versare in condizioni molto gravi, a parte Clef, che aveva
perso molto
sangue, anche se la benda aveva bloccato l’emorragia.
Umi aveva
la spalla
stirata ed un labbro spaccato, oltre a diversi lividi; Hikaru aveva una
lunga
abrasione sulla schiena e Fu un paio di contusioni, ma tutto sommato
erano
stati fortunati.
La ragazza
bionda sollevò lo sguardo ad osservare la luce del sole che
filtrava tra i rami
in nastri sottili, più inclinati e rossicci, mentre le ombre
si allungavano.
“Che
ore
sono?” domandò.
“Ore?”
Clef
voltò appena il capo per guardarla negli occhi verdi
smeraldo. “Intendi il
sistema sessagesimale?”
Fu si
strinse
nelle spalle. “Suppongo di sì”
“Qui
a Sephiro
misuriamo il tempo in un altro modo” la voce di Clef era
rotta dal respiro
pesante del ragazzo. Piccole gocce di sudore gli imperlavano il viso.
“Il
sistema di cui parli viene utilizzato su Ootozam. Comunque, se ti fidi
del giudizio
di un profano, dovrebbero essere circa le sei”
“Di
mattina?”
chiese Umi.
Clef
inarcò un
sopracciglio. “Di pomeriggio”
“Ma
quando
eravamo sulla Tokyo Tower era mattina presto!”
“Questo
vuol
dire che il tempo qui probabilmente non corrisponde al
nostro” concluse Fu.
“L’ennesima
prova che quello che dice Clef corrisponde a
verità” disse Umi, sconsolata.
Anche Clef
rivolse il proprio sguardo ai raggi del sole. Stava già
facendo buio. Dovevano
sbrigarsi ad uscire da quel nido di mostri, ma sentiva la stanchezza
aggrapparsi alle sue gambe, rendendole cedevoli.
“Forse
dovremmo fermarci” la sua voce uscì più
rauca di quanto si aspettasse.
Hikaru si
guardò intorno: nient’altro che alberi.
“E dove?”
“Qui”
disse
Clef, indicando le radici che infestavano il terreno.
“Per
terra?”
domandò allarmata la ragazza.
“Hai
un’idea
migliore?” disse lui, irritato.
“Io
ce l’ho,
sì!” si intromise Umi. “Un bel letto
caldo ed il servizio in camera!”
Il ragazzo
la
ignorò. “Faremo i turni di guardia. Se una di voi
vede qualcosa mi svegli”
era stanco. Le gambe non reggevano. “Comincio
io. Buona notte”
Umi ringhiò,
infuriata, ma non venendole in
mente nessuna alternativa realistica, sbuffò e si
accasciò contro un albero.
Esasperate,
anche le altre due si sedettero per terra, e le si accostarono. Clef si
guardò
intorno, circospetto, ma non sembrava esserci nessuno oltre a loro.
Così tirò
fuori la camicia sporca di sangue rappreso dai pantaloni e si
sistemò
nell’incavo di una radice. Il sangue dalla ferita sulla
spalla ancora colava lungo
la stoffa, in un rivolo sottile.
“Dormiamo
già?” chiese Hikaru. “Io ho
fame!”
Le ragazze
si
scambiarono un’occhiata, annuendo, poi si rivolsero di nuovo
a Clef.
“Tu
sapresti
riconoscere le piante commestibili?”
Aveva
sentito
la domanda. Solo, non riusciva a rispondere, perché
d’improvviso il suo corpo
si era fatto pesante. Gi formicolavano le dita, e intorno a lui la luce
si
faceva sempre più scura, mentre il dolore pulsante delle
ferite si confondeva.
“Ehi?”
lo
chiamò Umi. Ma lui non la sentì, Era buio. La
ragazza cercò il suo sguardo, ma
Clef stava fissando un punto nel vuoto. Solo allora lei notò
che la macchia
rossa sulla stoffa si stava lentamente espandendo.
“Ehi!”
Gli
andò
vicino, cercò di scuoterlo, ma lui continuava a non
rispondere.
“Aiutatemi!”
urlò alle altre due ragazze, che erano rimaste pietrificate.
Quelle si
riscossero e si alzarono.
Quando
Clef
riaprì gli occhi era ancora buio intorno a lui. Era disteso
sulla schiena, e
quel buio era diverso, il buio della notte, ferito dalle lamine
d’argento della
luna.
Riusciva a
muoversi appena, gli doleva ogni centimetro del suo corpo. Gli girava
ancora la
testa, e gemette per il dolore.
Sopra di
lui
comparve il viso di Hikaru, pericolosamente vicino, che controllava le
sue
condizioni.
“Bentornato”
Clef si
alzò a
sedere e si guardò intorno, smarrito. Dopo aver riordinato
la confusione che
aveva in testa si rese conto d’essere svenuto per la perdita
di sangue. Si
portò istintivamente la mano alla spalla, e
sfiorò con le dita una fasciatura
improvvisata. Poi si accorse che alla sua camicia mancava un pezzo di
manica, e
allora guardò Hikaru di sbieco. La ragazza si strinse nelle
spalle.
“Abbiamo
pensato che fosse sconveniente rovinare i vestiti a delle
signorine”
Il ragazzo
si
lasciò sfuggire un sorriso.
“Dove
sono le
altre due?” domandò.
“Cercano
da
mangiare”
A quelle
parole negli occhi si Clef lampeggiò il panico.
“Cosa? Da sole?!”
Hikaru si
strinse ancora nelle spalle. “Gliel’ho detto, che
non era una buona idea, ma
Umi ha insistito. Quella ragazza ha la testa dura” aggiunse
sorridendo.
“Spera
per lei
che sia così” ringhiò Clef.
“Perché appena torna gliela spacco”
“Comunque
non
si sono allontanate molto. Se succedesse qualcosa probabilmente ce ne
accorgeremmo”
Clef
annuì
mesto, ancora poco convinto, e si rimise giù. In ogni caso
non era nelle
condizioni di andare a cercarle.
Guardò
i raggi
della luna. Doveva essere sera tarda. Era rimasto incosciente a lungo.
Hikaru lo
squadrò con sospetto.
“Come
ti
senti?”
Clef
sfiorò di
nuovo la stoffa ruvida della fasciatura, e notò che le bende
non erano umide di
sangue. “Meglio, fa meno male”
La ragazza
si
sporse per controllare. “Sì, sembri meno
pallido”
“E
voi come
state?” domandò lui.
“Stanche”
disse Hikaru sorridendo. “Ma bene”
“Siamo
stati
fortunati. Poteva andare molto peggio”
In quel
momento Umi sollevò lo sguardo dalla frutta che teneva
stretta in precario
equilibrio tra le braccia esili. Li vide, appena accostati, e
sentì u
sentimento strano farsi largo tra gli altri, risalire la gola e
raschiarle
sulla lingua, come fosse acido. Così parlò con
voce troppo acuta.
“Ehi,
piccioncini! Abbiamo trovato tantissima roba da mangiare!”
“Ora
bisogna
solo vedere quali di questi frutti sono commestibili” disse
Fu, dietro di lei.
Poggiarono
la
frutta a terra e Clef si chinò a controllare. Fece una
smorfia.
“Non
sono
troppo sicuro di poter aiutare, ma farò un
tentativo…” e mentre faceva scorrere
lo sguardo sul cibo, Umi rifletté su quell’acido
che le aveva bruciato la gola.
Non esageriamo
adesso. Cioè, è bellino,
ma non mi ricordo nemmeno come si chiama…
Poi lo
guardò
di nuovo, i capelli del colore della neve, la pelle chiara e liscia, e
gli
occhi più incredibili che avesse mai visto. Sembrava un
principe uscito da un
cartone della Disney, con una punta neogotica.
Però
non ci sarebbe niente… cioè, se
per ipotesi… niente di male. No? No! Non è la
situazione adatta, sperduta in un
posto che non ho mai visto, lontana da casa… sì,
la testa dice una cosa e le
gambe ne fanno un’altra, belle convinzioni rigide che
ho…
E infatti
le
sue gambe la stavano conducendo a forza al fianco di lui che,
imperterrito,
continuava a studiare la frutta. Quando gli si sedette vicina finse
spudoratamente di essere anche lei interessata al raccolto, mentre in
realtà
non riusciva a impedirsi di cercare quegli occhi dietro le ciocche di
capelli
nivei. Si sporse, per cercare meglio, e gli sfiorò la spalla
con la sua. In
quel momento la stupidità del suo comportamento le
lampeggiò davanti in tutta
la sua evidenza, e uno sgradevole senso d’umiliazione si fece
largo nella sua
mente, strisciando viscido.
Si
scostò
immediatamente da lui, come se avesse ricevuto una scossa elettrica , e
si
alzò. Clef, con in mano un frutto simile ad una pera, ma di
un inquietante
colore blu, si girò a guardarla, mentre la ragazza si
allontanava tra gli
alberi.
“Dove
vai?” le
chiese.
“Torno
subito”
Quando
sentì
di essere abbastanza lontana si sedette a terra e raccolse le ginocchia
al
petto.
Stupida! Mille
volte stupida! Ma che ti
viene in mente? Sola in un posto sconosciuto, lontana da casa e dalle
persone
care, e tu non trovi niente di più intelligente che fare gli
occhi dolci a uno
che non hai visto mai! Stupida!
Se lo
ripeté
mille volte, e mille latre ancora.
Le veniva
da
piangere, e l’idea di trovarsi su un mondo diverso, in una
situazione assurda,
cominciò a diventare reale, ma era troppo orgogliosa per
lasciar passare le
lacrime. Sollevò il viso e guardò in alto. Tra i
rai si intravedevano spicchi
di cielo stellato. Frugando con lo sguardo per contare quei piccoli
aghi
luminosi, pensò a casa.
Era una
follia. Una storia assurda. Quello che aveva detto Clef non poteva in
alcun
modo essere vero.
Forse Clef
le
stava ingannando. Forse aveva mentito.
O forse,
era
davvero un altro mondo, lontano da casa e da ogni cosa conosciuta.
Così
Umi non
poté fare a meno di provare una gran paura, nonostante tutto
il suo orgoglio.
Non
piangerò.
Non piangerò per nessuna ragione al mondo.
Ma le
lacrime
bruciavano già da un po’ dietro le ciglia.
In quel
momento le fronde alle sue spalle si mossero e comparve Hikaru,
scapigliata e
con gli abiti stracciati dalla loro disavventura. Sorrideva gentile e
le
porgeva la mano.
“Siamo
tutte
piuttosto scosse per quello che è successo. Anche io faccio
fatica a credere
che sia vero, che non ci sia un’altra spiegazione
più logica” tese ancora di
più la mano, per incitare Umi ad afferrarla.
“Purtroppo per ora non possiamo
fare altro che fidarci di lui e fare quello che dice. E lui dice che
dobbiamo
rimanere tutti vicini, perché qui è
pericoloso”
Umi
sollevò lo
sguardo al cielo con falsa disinvoltura, per ricacciare indietro le
lacrime.
“Quindi
perché
non torni con noi? Stare qui da sola non è sicuro, e
comunque non ti farebbe
sentire meglio. E poi, Clef dice che le pere blu si possono
mangiare”
“Perché
proprio il frutto più inquietante?”
domandò Fu.
“Perché
è
l’unico che non bisogna cuocere, tra quelli che avete
portato” rispose Clef.
“E
perché non
possiamo cuocere?” domandò Umi, che si era persa
parte del discorso.
Clef
sollevò
appena. Lo sguardo ed inarcò di nuovo il sopracciglio.
“Sai accendere un
fuoco?”
“Eh?
No, ma…”
“Nemmeno
io.
Per questo mangiamo il frutto più inquietante”
Il ragazzo
si
rigirò la pera blu tra le dita, studiando divertito
l’espressione dei
Cavalieri. Nessuna di loro osava dare il primo morso. Clef
provò a
rassicurarle.
“Lo
davano
alla mensa del castello. Non è male”
“Che
sta per:
è commestibile ma fa schifo” completò
Umi.
Clef
sorrise.
“A
me,
personalmente, non piace, ma questo c’è”
Così,
dopo
essersi scambiate l’ennesima occhiata di rassegnazione
Hikaru, Umi e Fu
addentarono simultaneamente la pera blu.
Era amara,
probabilmente un po’ acerba, e molto succosa. Umi storse il
naso, come se
stesse ingoiando a forza una medicina cattiva. Clef scoppiò
a ridere, guardando
la sua espressione. Una risata che in breve contagiò tutto
il gruppo.
“Fa
davvero
schifo” disse Fu, abbandonando il suo linguaggio aulico.
“Mangiate
questa roba a palazzo?” rincarò Hikaru.
“E’ disgustosa!”
Umi non
disse
nulla. Si limitò a ridere con loro, sentendo paura e
solitudine abbandonarla
lentamente. In fondo anche le ragazze accanto a lei provavano lo stesso
senso
di smarrimento e la stessa paura. E così, almeno, non era
sola. Un pensiero
egoista, che però le permetteva di ridere. E poi
incrociò di nuovo, per caso,
quegli occhi che sembravano lamine di ghiaccio. Clef si accorse del suo
sguardo
e lo ricambiò con un sorriso.
Ma sì.
Umi
guardò
quella persona che era diventata familiare all’improvviso.
Se per ipotesi,
per ipotesi remota… non
ci sarebbe niente di male.
Così
lei
ricambiò a sua volta il sorriso, con una punta di malizia.
_______________________________________________________________
mi sono fatta aspettare per questo capitolo eh? Perdono... Come vi sembra che stia procedendo? Forse ora la storia decolla... vediamo! E se Clef sembra finto, Umi è molto umana, non trovate? Insomma fatemi sapere bene che ve ne pare... Un saluto a tutti e grazie mille! (sofonisba, vedi che ci capiamo? Presto, lanciamoci dal colosseo! haha!)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo Quinto ***
Capitolo Quinto
Prima di tutto, un
eroe ha bisogno del
coraggio. Dopodiché necessita di un buon armaiolo che dia la
giusta forma a
quel coraggio.
Ferus - frammento
CAPITOLO QUINTO:
L'ARMAIOLO E LA MEZZA VERITA'
Non sei
stato
attento. Non hai considerato tutte le possibilità. Se solo
fossi stato più
attento.
Quando
avrai
scelto dovrai subire le conseguenze delle tue azioni.
Non
è giusto
decidere della vita degli altri.
Dovrai
rispondere di tutto questo.
Però
lo so, ne
sono sicuro. Io non sto sbagliando.
E anche
fosse,
ormai è tardi.
Le cose
importanti, tutte quante, si sono dimostrate troppo fragili per poter
essere
protette. E la mia promessa era sciocca.
Quella non
l’ho mantenuta.
Quella era
fragile.
Questa no.
In questa
sarò
inamovibile.
Clef
aprì gli
occhi lentamente, mentre riprendeva coscienza di sé. La
foresta era circondata
di luce, e c’era silenzio. Fu, accanto a lui, si
stropicciò gli occhi
arrossati. Evidentemente era il suo turno di fare la guardia.
“E’
mattina
presto” gli disse. “Puoi dormire ancora se
vuoi”
Clef si
passò
una mano tra i capelli per riavviarli. Umi ed Hikaru dormivano spalla a
spalla
contro un tronco, entrambe con la bocca spalancata ed un filo di bava
che
correva lungo il mento. Hikaru russava sommessamente.
Fu
seguì lo
sguardo del ragazzo e si fece sfuggire una risata.
“Non
abbiamo
l’aria da Cavalieri Magici, non trovi?”
“Affatto”
sbuffò lui. “Per questo sono tanto
preoccupato”
Umi
riprese
conoscenza per solo pochi istanti, quel tanto che bastava per capire
che era
ancora troppo presto per partire, e che tutti stavano dormendo, e che
nessuno
stava facendo il turno di guardia. Per qualche ragione la ragazza si
sforzò di
sorridere, ma la sonnolenza le fece arcuare solo di poco gli angoli
della
bocca, troppo poco perché fosse un sorriso. Mentre la vista
tornava ad
appannarsi e Umi sentiva le membra tornare pesanti, il suo sguardo si
posò su
Clef, un istante solo.
Eh no. Non era un
sogno. Sono su
Sephiro.
E
così, per
lei, quell’idea divenne concreta e reale come
l’aria che, pesantemente, stava
respirando.
Poi, di
nuovo
buio.
Clef, dal
canto suo, continuava a sognare di Adele e di decisioni sbagliate.
Alcione
piegò
il capo, intimorita da quello sguardo severo.
“Mi
hai
deluso”
La voce di
Zagart risuonò tra le pareti di pietra scura e
sovrastò lo scrosciare delle
cascate. Le altre ombre, disposte in circolo, rimanevano in silenzio.
Il Gran
Sacerdote sollevò una mano, facendole cenno di rialzarsi.
“Non
deludermi
anche stavolta”
Alcione
chinò
il capo.
“No,
mio
signore”
“Forza,
ragazze” le incitò Hikaru.
“Sveglia!”
Umi si
profuse
in uno sbadiglio indecente. “Sta zitta. Ho sonno”
Clef le
diede
un colpetto sulla schiena per farla avanzare, e il cuore della ragazza
fece una
piroetta.
“Avanti,
in
marcia” disse il ragazzo. “Sarà una
bella camminata”
“Nel
senso
lunga?” sospirò Fu.
Clef le
rispose con un sorriso. “Temo di sì”
Mossero i
primi passi. Clef, davanti a loro, avanzava spostando il groviglio di
foglie
della foresta, ma mise una mano in fallo e un ramo gli
ripiombò sul naso. Un
dolore lancinante.
Umi, da
dietro, fece una voce canzonatoria.
“Ehi,
ranger
dei boschi, serve una mano lì davanti? Non abbiamo fatto
nemmeno cento metri”
“Taci”
mugolò
il ragazzo stringendosi il naso con una mano e spostando la fronda
incriminata
con l’altra.
E gli
alberi
sparirono, all’improvviso. Avevano messo piede in una radura,
circolare, molto
vasta. La
Foresta
del Silenzio le correva tutto intorno, buia, mentre l’erba
fresca dello spiazzo
era inondata dai raggi del sole. Al centro, sorgeva una piccola
costruzione
bianca e tondeggiante.
“Dove
siamo?”
domandò Hikaru, confusa.
Clef si
girò,
con un imbarazzato sorriso di scuse.
“Siamo
arrivati”
Il
silenzio
che seguì fu così teso che lo si poteva avvertire
vibrare nell’aria. Quando Umi
parlò, la sua voce era incrinata.
“Ma
non avevi
detto… che era ancora lontano?”
“Evidentemente
mi sono sbagliato…”
“…e
quindi…
noi abbiamo… dormito tra le radici di un albero e mangiato
frutti blu… pur
avendo una CASA praticamente dietro
l’angolo…?”
“…A
quanto
pare, sì…”
Silenzio.
“Ok”
disse
Umi. “Sono calma. Io non mi arrabbierò. Io non mi
arrabbierò perché altrimenti
mi verranno le rughe, quindi io non mi arrabbierò”
“Che
dobbiamo
fare?” domandò Hikaru, in attesa davanti alla
porta della casa tondeggiante.
“Bussa”
le
rispose Clef, mentre armeggiava con la fasciatura alla spalla, che si
era
allentata.
La ragazza
obbedì. Umi e Fu, dietro di lei, si accostarono
l’una all’altra, intimorite.
Clef aveva parlato di un armaiolo, uno che forgia le spade a forza di
martellarle su un’incudine. Dopo gli avvenimenti del giorno
prima era difficile
farsene un’immagine pacifica, si aspettavano di veder
comparire sulla soglia un
uomo grasso e sudato. Così rimasero spiazzate dalla voce
femminile che rispose
a distanza di qualche sala.
“Un…
un
momento!”
Anche
Hikaru
non si era aspettata una voce di donna, e rimase col pugno sospeso
davanti la
porta chiusa. Fece per guardare Clef di sottecchi, come per fargli una
domanda
silenziosa, ma lui aveva problemi con le bende, che non riusciva a
riannodare.
Dall’altra
parte della porta si sentì un frastuono, un rumore di cocci
infranti, e la voce
di donna imprecare un paio di volte. Clef sbuffò, una risata
smorzata dal lembo
di stoffa che teneva tra i denti per fare il nodo.
“Arrivo
subito!” urlò ancora la donna.
Dopo pochi
secondi si udì un rumore di passi, poi il chiavistello
scivolò via.
La porta
si
aprì solo di uno spiraglio. Umi si sporse per guardare ed
incrociò degli occhi
azzurri incredibili, un iride così profondo da sembrare un
lago ghiacciato.
Identici, se non per il trucco, a quelli di Clef.
“Chi
è?”
domandò la donna nascosta dietro lo spiraglio.
Hikaru si
schiarì la voce. “Il mio nome è
Hika…”
Clef la
interruppe. “Sono io, Plesea”
La porta
si
spalancò e la ragazza si lanciò sul Monaco Guida
gettandogli le braccia al
collo e stringendolo in un abbraccio troppo forte.
“Cos’è
che ti
fa pensare…” disse Clef ansimando.
“…che non mi servano più le
costole?”
Ma Plesea
non
allentò la presa. Così il ragazzo
ricambiò l’abbraccio, e poi lo sciolse con
delicatezza.
Lei gli
rivolse un sorriso radioso. “mi sei mancato. Ero in
pensiero”
Lui
annuì, e
fece un cenno con la testa verso le tre ragazze, che aspettavano
imbarazzate.
Ma lei
parve
non capire. Dopo averle squadrate un attimo, tornò a
guardare lui.
“Amiche
tue?”
Clef si
passò
una mano sul viso, sconsolato. “Sono i Cavalieri Magici,
idiota”
Si era
aspettato di vederla rabbuiarsi, invece il suo volto si tinse di
sorpresa.
Plesea strabuzzò gli occhi.
“Chi?
Queste
tre? Ma avranno la mia età!”
“Ce
l’hanno”
rispose il ragazzo. “Ma sono loro”
Così
la
ragazza tornò a guardare Hikaru, Umi e Fu, e finalmente
divenne scura in viso.
Ma fu solo per un istante.
“Oh
beh,
allora piacere di conoscervi! Il mio nome è Plesea, e sono
il mastro armaiolo
di Sephiro, peraltro incaricata di forgiare le vostre armi, armi che
potrete
usare solo voi e che vi accompagneranno nelle battaglie per il
compimento della
leggenda. Vi va una tazza di té?”
Bere e
mangiare, finalmente. Sembravano due cose lontane e sbiadite,
appartenenti ad
un passato distante. Anche se in effetti il suo ultimo pasto decente
(pera blu
non annoverata) risaliva al toast della colazione di appena un giorno
prima. Così,
nonostante non mangiasse da un tempo relativamente breve, Umi si
cacciò in
bocca tutto quello che riuscì a farci entrare, senza un
minimo di ritegno.
Plesea sorrise.
“Clef,
hai per
caso affamato queste povere ragazze?”
Lui, per
tutta
risposta, imitò Umi.
L’armaiolo
scosse
la testa con una risata, poi si alzò, allontanandosi. Clef
la seguì appena con
lo sguardo.
“Dove
vai?”
biascicò con la bocca piena.
“A
prendervi
dei vestiti puliti, e a prepararvi un bagno. Credo che ne abbiate
bisogno”
Hikaru,
Umi e
Fu avevano una concezione di bagno molto diversa da quella di Plesea,
ma si
sottoposero comunque al suo trattamento di bellezza, immergendosi in
una vasca
d’acqua gelata dove galleggiavano petali di rosa.
All’inizio c’era stato un po’
di imbarazzo, ma con una come Plesea a tirarle i capelli con la
spazzola Umi
ben presto alla propria nudità non ci fece nemmeno
più caso, troppo intenta a
tenersi le ciocche con le mani per impedire alla donna di staccargliele
dalla
testa. L’armaiolo non esitò un solo istante
davanti alle grida di dolore della
ragazza. Hikaru e Fu, che attendevano il loro turno, ridevano della
sorte
dell’amica.
Quando la
lunga tortura fu terminata Plesea diede loro tre tuniche stropicciate.
Umi le
guardò con sospetto.
“So
che a
caval donato non si guarda in bocca, ma andiamo a salvare il mondo con
una
camicia da notte di pizzo sbiadito?”
Plesea
rise.
“No,
queste le
indosserete solo fino a quando non vi sarete asciugate del tutto. Non
posso
lasciarvi andare in giro per casa nude, no?”
Poi la
ragazza
prese un piccolo astuccio e ne estrasse alcuni rotoli di bende e una
boccetta
di disinfettante.
“Ora
fatemi
vedere”
Hikaru,
Umi e
Fu porsero docili gli arti feriti, in modo che Plesea potesse
medicarle, la
donna cominciò da HIkaru. Umi e Fu si fecero indietro per
lasciarle spazio.
“Come
gli è
venuto in mente a quell’idiota di non portarsi nemmeno
un’arma nella Foresta
del Silenzio?” bofonchiò l’armaiolo,
mentre si rendeva conto che le ferite
erano leggere ma che tuttavia avrebbero impiegato tempo per guarire.
“Voglio
dire, lo so che gli capita di trovarsi spesso in situazioni pericolose,
ma pure
lui se la va a cercare…”
“A
proposito”
domandò Fu. “Non bisognerà medicare
anche lui? Era ferito più gravemente di
noi”
Plesea
scosse
la testa. “Clef può farlo benissimo da
sé, non gli servo io. E poi lui
preferisce che mi occupi prima di voi”
“Devo
ancora
abituarmici, a questa storia dei Cavalieri Magici” disse
Hikaru, ridendo.
L’armaiolo
rispose qualcosa, ma Umi non ascoltò. Quelle chiacchiere per
lei erano noiose,
perché Fu l’aveva distratta. Le aveva ricordato di
Clef e ora quel pensiero
invadente le ronzava in testa e non la lasciava in pace. Plesea lo
aveva
abbracciato con foga, segno di una certa intimità.
Umi si
passò
una mano sul mento.
Plesea era
bella, e nonostante Clef avesse detto che avevano all’incirca
la stessa età lei
sembrava più adulta. Bionda, ovviamente, e con gli occhi
azzurri. Alta.
In che
rapporti erano, quei due? E come poteva fare lei a tastare il terreno
senza
dare nell’occhio? Magari glielo poteva chiedere prendendola
larga, magari dirlo
con una battuta, oppure fare un riferimento a loro due come coppia e
poi, se
negano, dire che lo aveva dato per scontato… beh, se poi non
negano, quello è
un guaio, Plesea non era una concorrenza facile da battere.
Umi rimase
per
un po’ ad arrovellarsi, poi venne il suo turno di medicare le
ferite e cercò di
distrarsi, ma niente, quel pensiero molesto non andava via. Un ragazzo
così
diventa presto un chiodo fisso. Così lo fece quasi per
bisogno fisico, la
discussione doveva vertere su di lui, aveva bisogno di sentir parlare
di lui.
“Ma
adesso
Clef dov’è?”
Lo chiese
con
noncuranza, ma si rese subito conto di essere sempre lei a domandare
del
ragazzo. Serviva una scusa per giustificarsi.
“Così
evito di
farmi vedere mezza nuda e fargli venire un infarto” aggiunse
con un sorriso.
Girare la frase come se fosse una battuta era una buona mossa. Almeno,
sperava.
Plesea
fece
spallucce. “Boh. Prima andava a lavarsi anche lui, in effetti
puzzava di
sangue. Si sarà medicato le ferite, ma sicuramente ha finito
da un pezzo. Veramente
non saprei. Sembrava un po’ svanito. Distratto. Forse
è stanco”
Poi la
ragazza
si passò una mano dietro al collo. “Anzi, sai che
ti dico? Se lo conosco bene,
e puoi contarci che nessuno lo conosce meglio di me, quello
dorme”
Il viso di
Umi
si contrasse.
E
perché tu lo conosci così bene,
biondona super-gnocca? Così però non
vale…
C’è
silenzio.
Un silenzio pesante, che mi preme sulle orecchie e ronza. Eppure prima
quest’assenza di rumore non c’era.
Tutt’altro. C’era frastuono. C’era la mia
voce che gridava. Gridava forte. Più forte che potevo, fino
a farmi male. Fino
a sentire il sapore del sangue in gola. E io gridavo, ma tu non
c’eri. Non
c’eri nonostante avessi promesso che ci saresti stato,
nonostante avessi
promesso che sarebbe bastato chiamarti per farti arrivare. Non
c’eri. Nel
momento in cui più avevo bisogno di te non ci sei stato. E
ora sono io a non
esserci più. Da nessuna parte. Da nessuna parte, se non nel
tuo cuore
tormentato, che non ho intenzione di liberare. Hai fatto una promessa
che non
hai mantenuto. Insieme, per sempre. Che sia per te, come per lui,
nell’eterno
ricordo la giusta penitenza.
Quando
Clef si
svegliò aveva il fiato corto e stava stringendo
convulsamente il lenzuolo tra
le dita. Dopo aver realizzato di trovarsi nella stanza di Plesea
cercò di
calmarsi e si tirò su a sedere. Si accorse di essere
più nudo che vestito, con
i capelli ancora bagnati. Si passò una mano sul viso.
Perché
la
vedeva? Perché continuava a sognarla? Cosa aveva a che fare
la faccenda di
Emeraude con il fantasma di Adele?
In quel
momento Plesea fece irruzione nella camera.
“Ah,
ecco
dov’eri? Che cavolo ci fai in camera mia?”
“Mi
ero
addormentato… è successo qualcosa?”
“Altroché”
rispose lei con un sorriso. “ho appena finito di creare tre
opere d’arte”
Clef
inarcò un
sopracciglio. “Ah sì? Perché non mi
sento tranquillo?”
“Vieni
a
vedere, che ti rifai gli occhi”
Umi si era
ripromessa di rimanere assolutamente impassibile, una statua di
ghiaccio,
nemmeno un battito di ciglia. Invece quando Clef entrò e si
bloccò sulla
soglia, cambiando espressione per lo stupore, non poté
impedirsi di avvampare,
così chinò il capo in modo che i capelli le
nascondessero un po’ il viso.
Plesea le
aveva truccate, pettinate e vestite, dando loro degli abiti che le
andavano
stretti. Hikaru portava dei pantaloncini corti, dei sandali e una
camicia a
mezze maniche piuttosto aderente; Fu una gonna alle ginocchia e una
maglietta
ricamata con disegni eleganti; e infine Umi indossava dei pantaloni
lunghi che
le stavano un po’ stretti e una camicia bianca troppo larga
sul seno, e a
questo Plesea aveva rimediato obbligandola ad indossare un gilet molto
risicato.
Clef
rimase
imbambolato per alcuni secondi sulla soglia della porta, poi si decise
a darsi
un contegno e sfoderò un sorriso dei suoi, così
sincero che anche le altre due
ragazze arrossirono leggermente (ma niente in confronto a Umi, che era
ai
limiti dell’umanamente possibile). Plesea
ridacchiò soddisfatta.
“Te
lo avevo
detto che erano belle”
Umi
sollevò
appena lo sguardo.
Clef aveva
ancora i capelli gocciolanti, le ciocche gli ricadevano sugli occhi e
lui di
tanto in tanto se le riavviava con la mano. Doveva essersi vestito di
fretta,
perché la camicia sembrava al rovescio. Gli cadeva morbida
addosso, bagnata
dell’umido dei capelli gocciolanti. Parlava con Plesea, le
sorrideva. Che
rabbia.
“Oggi
riposatevi” disse la donna. “Per quanto riguarda le
armi che forgerò per voi,
ne parliamo domani, con calma”
Non poteva
restare con le mani in mano. Uno così mica ricapita
facilmente, bisogna
tenerselo stretto. Il tempismo nella vita è tutto.
Sacrosanta
verità.
Proprio in
quell’istante, Plesea afferrò con decisione le
spalle del ragazzo e se lo
avvicinò, accostando il suo viso a quello di lui. Lo sguardo
della donna si
fece intenso.
“E
poi, più
tardi vieni in camera mia. C’è una cosa di cui
vorrei discutere in privato. Io
e te da soli”
Curiosa
sensazione, quando il sangue prende a fluire al contrario. Le era
già capitato
diverse volte: compiti in classe a sorpresa, interrogazioni per cui non
era
preparata, sport estremi, grandi altezze e forti velocità.
Ma mai con questa
violenza. A quanto pare, la gelosia sa essere tossica.
Clef
annuì a
Plesea, e Umi si ritrasse.
Uffa. Uffa! Ma
giuro che non finisce
così!
“Dormono?”
“A
quanto
pare…”
Plesea
fece
cenno a Clef di sedersi sul letto accanto a lei. Lui obbedì.
“Incredibile
che siano loro i Cavalieri Magici” esordì la
ragazza.
“Già.
Non ti
nascondo che sono un po’ preoccupato”
“Sì?”
“Beh,
sono…”
Clef sviò lo sguardo. “…giovani. Molto.
Un po’ troppo”
“Anche
tu sei
giovane, ma ce la fai lo stesso, no?”
“E’
diverso”
“Non
si è mai
troppo giovani quando bisogna combattere. In fondo, quello che devono
fare è
solo questo”
“Non
mi
riferivo alle loro capacità fisiche. Se sono state convocate
vuol dire che in
potenza hanno tutti i requisiti per diventare Cavalieri e portare a
termine il
compito”
“E
allora?”
Clef non
rispose, perché pensò di trovare meno parole
inutili nel silenzio. Ma Plesea
non capiva, o almeno faceva finta di non capire. Ma non era piacevole
parlarne
con lei. Ci sono persone di cui si teme il giudizio.
La ragazza
si
accorse che ci stavano girando intorno. Decise che non voleva
rincorrerlo con
le parole. Questi giochi con lui non li avrebbe fatti. Almeno a lui
doveva
poter parlare chiaramente.
“Non
hai detto
loro la verità, vero?”
Clef si
irrigidì, intrecciò le dita e strinse con forza,
per impedirsi di provare
emozioni troppo violente.
“Non
tutta”
“Cosa
sanno?”
la voce di Plesea era fredda, sembrava lontana.
“Quello
che ho
ritenuto essere sufficiente”
“E
cioè?”
“Sanno
che
dovranno affrontare Zagart, e che per svolgere davvero il loro compito
dovranno
svegliare i Mashin”
Nessuno
dei
due aggiunse altro, per un po’. Faceva freddo.
“Sanno
perché
dovranno affrontare Zagart?”
Clef non
rispose. Non ci riuscì. Sentiva il cuore essersi fatto
pesante come piombo.
“Non
lo
sanno?”
Ancora
nessuna
risposta.
Plesea
chiuse
gli occhi.
“Ti
prego. Non
rendere tutto più complicato”
“Ho
solo
cercato di rendere le cose meno brutali, per facilitare il lavoro a
tutti”
“Che
cosa hai
detto a quelle ragazze?”
Clef
cercò con
tutte le sue forze di rimanere composto, ma fu come se lo attraversasse
una
scossa elettrica e allora dovette passarsi una mano tra i capelli,
coprirsi il
viso. Provava vergogna, temeva la reazione di Plesea. Lei non avrebbe
capito.
“Ho
detto che
Zagart ha imprigionato Emeraude impedendole di pregare e che loro sono
incaricate di liberarla”
Faceva
freddo
per essere una notte della stagione calda, e tirava vento. La finestra
alle
loro spalle era chiusa male ed entrava uno spiffero gelido.
“Loro
tre
sono… convinte di dover liberare
Emeraude…?”
“In
un certo
senso, non mi sono nemmeno allontanato troppo dalla
realtà”
“Perché
non
hai…”
“…detto
la
verità? Se sapessero davvero quello che devono fare, il
motivo per cui sono
qui, non acconsentirebbero. Non capirebbero. Ma loro tre sono
essenziali”
La
finestra
sbatté.
“Io
non…io mi
rendo conto delle tue motivazioni… ma non posso…
non riesco…a tollerare”
“Lo
so. Ma non
devi dire nulla alle ragazze. Rovineresti tutto”
“Tutto
cosa,
Clef?! Tutto cosa?! Non c’è più niente
da proteggere, niente da rovinare! E’
andato tutto in rovina! È finito tutto nel peggiore dei
modi! Non dovevamo
arrivare a questo! Come siamo arrivati a questo?!”
“Non
gridare.
Ci sentiranno” si stupì di come la sua voce fosse
d’improvviso glaciale.
“io
pensavo…
pensavo…” Plesea era saltata in piedi, non
riuscì a trattenere le lacrime.
“Pensavo che almeno tu avessi conservato la tua
moralità, il tuo senso della
giustizia! Finché si tratta di noi, delle conseguenze delle
nostre azioni è un
conto… ma non puoi coinvolgere loro così! Non in
questo modo!”
“E
come altro
dovrei fare? Chiedere loro cortesemente
di massacrare la principessa?”
Plesea
scattò
in avanti, lo afferrò per le spalle e lo costrinse ad
alzarsi. Lo fece con
violenza. Voleva fargli male.
“Non…
scherzare. Non…essere controllato. Perché quello
che stai facendo… anche con
tutti i buoni motivi che puoi avere… è sbagliato,
ed è orribile. E tu lo avrai
sempre sulla coscienza. Puoi sopportare una responsabilità
così grande?”
Clef la
allontanò con uno spintone. “Stai zitta. Lasciami
in pace”
Il ragazzo
fece per uscire dalla stanza, ma appena aprì la porta Plesea
lo colpì. Con
violenza. Per fargli male. Male davvero. Se lui avesse sofferto il
più
possibile allora sarebbe stato tutto più giusto.
Umi non
riusciva a dormire, così si alzò dal letto e
cercò di ricordarsi la strada per
la cucina. Non era bello frugare nella dispensa di chi la stava
ospitano con
tanta gentilezza, ma la fame è la fame, soprattutto di
notte. Sarebbe bastato
anche un bicchiere di latte, sempre che ce ne fosse di latte a Sephiro.
Così
li sentì
che litigavano, anche se non riusciva a comprendere bene le loro
parole, perché
la porta della camera di Plesea era chiusa, ma non poté fare
a meno di sentirsi
felice. Tra i due litiganti il terzo gode, no?
Si
avvicinò
per sentire meglio. La discussione sembrava piuttosto accesa.
Poi, la
porta
si spalancò. Umi fece per ritrarsi, ma quando vide Clef
cadere a terra rimase
paralizzata.
“Con
che diritto
fai soffrire le persone?!” era Plesea, che urlava tra le
lacrime. “Perché pensi
di poter decidere delle loro vite?!”
Clef si
rialzò
in piedi, appoggiandosi al muro. Si pulì la guancia.
Plesea lo
indicò, con furia febbricitante.
“Ricordati
di
quello che hai sofferto quando quell’uomo ti portò
via Adele, ricordatelo e non
dimenticarlo mai, perché se sei disposto a fare questo al
tuo migliore amico, a
fargli provare lo stesso tuo dolore privandolo della cosa che lui
considera la
più importante, allora…” lo
guardò negli occhi ghiacciati, che la guardavano
con timore e colpevolezza, e sentì le lacrime abbandonarla.
“…allora tu non sei
meglio dell’uomo che straziò la persona che
amavi”
Clef
sentì il
suo corpo diventare freddo, pietrificarsi. Un pensiero sconvolgente, ma
logico.
Stava facendo la stessa cosa. Aveva intenzione di uccidere la persona
che
Zagart amava. Esattamente come quell’uomo aveva fatto a lui,
e ad Adele.
Ma no. Non
era
così. Non era la stessa cosa.
“Quello
che
faccio…” disse. Aveva la bocca impastata.
“…è necessario”
“Non
è vero, e
lo sai”
“Lei
me l’ha…
chiesto. Mi ha fatto promettere”
“Bugiardo!”
Clef si
ricompose, anche se si sentiva morire. Si rivolse a lei a testa alta.
“Quando
ho
preso la mia decisione sapevo che gli altri non avrebbero capito, e che
avrei
dovuto sopportare parole come queste. Ma va bene. Va bene.
Perché io so... che
non sto sbagliando. Lo so. Ne sono certo”
Plesea
scosse
la testa.
“Invece
sì,
Clef. Stai facendo un errore. E te ne pentirai”
La ragazza
si
voltò, lasciandolo strisciare contro il muro, ma non si
richiuse subito la
porta alle spalle.
“Però
io mi
ricordo. Di quello che hai fatto per me, di come mi sei sempre stato
affianco,
e della promessa che ti ho fatto, tanti anni fa. Qualunque cosa tu
faccia, io
ti aiuterò. E a loro non dirò niente”
La porta
si
richiuse e la casa piombò nelle tenebre. Umi era
paralizzata. Il suo cuore
batteva così forte che temeva Clef lo sentisse. Ma lui non
si muoveva.
La ragazza
sentì montare una paura inspiegabile. Perché non
si muoveva? Perché non faceva
niente?
Nemmeno se
ne
rese conto, ma mosse un passo verso di lui.
Lo sguardo
di
Clef saettò verso di lei. Sembrava terrorizzato. Umi, che
ormai era stata
vista, gli si avvicinò e gli prese il viso tra le mani.
“Cos’hai
sentito?” chiese lui. Gli tremava la voce.
“Non
ho capito
niente di quello che vi siete detti, quindi non preoccuparti. Stai
bene?”
“Non
devi
dirlo a Hikaru e Fu”
“No,
non
glielo dico, ma adesso calmati”
“Cosa
hai
sentito?”
“niente!
E
adesso stai zitto e cerca di calmarti! Avanti,
respira…”
Clef
distolse
lo sguardo, i suoi occhi si fecero lontani.
“Io
non… non
sono… come lui”
Umi si
rese
conto che, qualunque cosa significassero le parole di Plesea, lo
avevano
ferito.
“Lui
mi ha
portato via… la cosa più bella… e
importante… e l’ha fatta
soffrire…”
Quelle
parole
sconnesse, quella voce atona, sentirle così nel buio le fece
accapponare la
pelle. Voleva fare qualcosa per lui, ma le mani le sembravano essere
diventate
inutili.
“Io
invece…
sto solo…ponendo rimedio”
Non sapeva
che
fare, così lo abbracciò. Più forte che
poteva. Rimasero a lungo così, in
silenzio.
“Io
non sono
come lui”
Umi lo
strinse
ancora di più a sé, perché, tra le sue
braccia, Clef stava tremando.
“Io
non sto
sbagliando”
Voglio
ferirti. Ferirti davvero. Dove fa più male.
Così
sarà
tutto più giusto.
Pheeew…
questo
capitolo è lunghetto, l’ho scritto tutto
d’un fiato. La scena di Clef e Plesea
che litigano mi piace molto, e lei così cattiva, che lo
ferisce in questo modo,
beh, è molto OOC ma mi piace. Il mondo ha bisogno di donne
più ca**ute ^^. E
Umi mi piace come sta venendo, prova sentimenti molto infantili, ma li
accetta
come tali, non cerca di sopprimerli, è una che ama e odia
con semplicità. Non
ha ancora capito di essere innamorata seriamente di lui, ma diamole
tempo…
Clef, invece, come dice Kilkenny, è un po’ lento
perché non guarda con
attenzione. La parte iniziale del capitolo l’ho scritta con
l’intento di
divertirmi un po’ con le scene “rosa”,
anche perché sennò, con la parte finale,
diventava una tragedia greca! Ora passiamo a rispondere a voi
gentilissimi
commentatori (sembro la presentatrice di uno show televisivo di
terz’ordine…)
Kilkenny: grazie per il
bel voto ^^ Penso di
non aver mai visto un nove in vita mia sulle mie pagelle, meno male che
ci sei
tu… T_T Mi fa piacere che tu capisca così bene il
mio bambino (non è un modo
molto sano di riferirsi al proprio personaggio… ma in fondo
questo Clef è molto
diverso da quello delle Clamp, posso considerarlo un po’
figlio mio…:P)
Continua a seguirmi, mi raccomando!
Sofonisba: grazie per i
tuoi bei complimenti…
°///° (arross) e non
credere di
recensire con grande ritardo, pure io non è che pubblico
spesso… a proposito ma
non continui più la tua ff? Io sono curiosa di vedere come
va avanti…*_*
Benoth alias Nico:
Ma
perché c’hai sto nick così brutto?
Benoth… pare un robottone panzone molto cattivo e non troppo
profumato… (qvanto
zono malvaccia, ja!) comunque grazie per le recensioni positive ^^
Anche se lei
fai solo previa minaccia di morte… continua a leggere, che
magari arrivi a
questo capitolo entro giugno prossimo! (cioè più
o meno quando te e Flavia mi
darete il regalo…hahaha!)
E
ricordate:
l’importante non è leggere, ma recensire!
No! Un
momento… non è questo il senso civico corretto
delle cose…
Allora:
l’importante
non è recensire, ma leggere.
Anche se
suona
male e non si capisce il rinvio al famoso detto “non
è importante vincere, ma
partecipare”
Comunque,
se
recensite è meglio!
(e anche
se
vincete, in effetti, è meglio…)
Un saluto
a
tutti! (e non preoccupatevi per le mie divagazioni… quando
arriva il momento di
fare questo spazio la mia serietà, che già
è poca di per sé stessa, và a farsi
benedire…”
Per un po' non potrò aggiornare, parto alla volta delle
fredde montagne (yeheeee!) Ma appena faccio rientro la prima cosa che
faccio è appiccicarmi al computer e giuro che non mi scollo
finché non finisc il sesto capitolo! Bye!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo Sesto ***
Capitolo Sesto
CAPITOLO
SESTO: LA
RABBIA E
LA
SCONOSCIUTA
La venuta
dei Cavalieri e i dolosi eventi che furono ci hanno insegnato molto, ma
forse
più di tutto ci misero in guardia dalle nostre promesse,
perché le dovremo
mantenere; e quanto è alto il prezzo da pagare.
Sarus - frammento
Clef si svegliò di colpo con un sussulto. Si accorse di
essere sdraiato sul
divano del salone, in casa di Plesea, e che doveva essere mattina
presto perché
c’era poca luce. Si tirò su a sedere, riavviandosi
i capelli. Gli faceva male
la testa.
Sollevò lo sguardo: c’era stato un movimento nella
penombra.
Umi era seduta al tavolo circolare lì di fianco, con il viso
affondato tra le
braccia.
Era rimasta con lui tutta la notte. Non aveva domandato nulla,
né aveva provato
a consolarlo. Ma era rimasta. Normalmente Clef non sarebbe riuscito a
trattenere un sorriso, invece questa volta si limitò ad
alzarsi, ad andarle
vicino e circondarla con le braccia per svegliarla.
Umi si svegliò lentamente, e ci mise un po’ per
realizzare. Poi si tirò su di
scatto.
“Sei sveglio? Stai bene?”
Clef annuì, ma non aggiunse nulla.
La fece alzare dalla sedia e la condusse, praticamente a forza, davanti
alla
camera con il letto matrimoniale dove dormivano Hikaru e Fu, senza
badare alle
proteste della ragazza.
“Ma scusa, almeno non spingermi! Non è per niente
educato!”
“Abbassa la voce. È ancora l’alba, ed
è meglio che tu dorma in un letto,
piuttosto che sul tavolo”
“Ma io non voglio!”
“Non te lo sto chiedendo. Sei stanca. Devi dormire”
Umi si imbronciò. “Ma tu stai bene? Voglio dire,
sei…”
Clef alzò una mano. “Sì. Ma tu devi
dimenticartene, e questa dovrà essere
l’ultima volta che ne parliamo. A loro non dovrai dire nulla.
Sono stato
chiaro?”
La ragazza esitò, offesa. “Ah…
sì, chiarissimo”
“bene. Ora vai a dormire”
Clef si allontanò e tornò nel salone. Umi rimase
ferma davanti alla porta,
furiosa e lesa nell’orgoglio.
“Ma… ma… ma io…”
Sentiva pizzicare gli occhi, e questo la fece arrabbiare ancora di
più.
“…Ma brutto stronzo! L’ho pure
consolato! L’ho pure ABBRACCIATO! CAZZO!”
Entrò nella stanza e richiuse la porta sbattendola. Fu si
svegliò, le parlò con
aria assonnata.
“Umi… ma che hai?”
“Zitta, dormi. Ora sono troppo incazzata”
Fu inarcò un sopracciglio. “Ah, ok”
E si rimise a dormire.
Era arrabbiato. Furioso. Gli tremavano le mani e non riusciva a farle
smettere.
Aveva cercato di contenersi, di non trattarla male, era stato il
più educato
possibile, ma non era bastato. Probabilmente adesso anche lei era
arrabbiata.
Ma era stata lei a sbagliare, a mettersi in mezzo. Prima di tutto non
avrebbe
dovuto assistere a quella lite, avrebbe dovuto restarsene in camera
come le
altre due, e poi non avrebbe dovuto assolutamente impicciarsi. Non
erano affari
suoi. Invece era rimasta lì, affianco a lui, come se la cosa
fosse di sua
competenza. E per questo adesso lui era arrabbiato.
Ma no. Non era questo. Stava sragionando a causa di una rabbia che non
gli era
usuale. Tornato nel salone si sedette di nuovo sul divano e
cercò di calmarsi,
di respirare regolarmente. Doveva tornare lucido, per pensare con
chiarezza ed
obiettività. La verità era che le parole di
Plesea avevano colpito nel vivo,
nell’unico punto dove avrebbe potuto insinuare il dubbio. E
la cosa peggiore
non era che a muovergli l’accusa più grave fosse
stata proprio lei, ma che lui,
per un istante, le aveva dato ragione.
Però lui ci aveva riflettuto troppo e troppo a lungo per
lasciarsi dissuadere
così facilmente. Le cose erano diverse da come aveva detto
Plesea, molto
diverse. Lui ne era sicuro, questa volta aveva davvero valutato
attentamente,
vagliato ogni possibilità. Sapeva che non stava sbagliando,
non era mai stato
tanto sicuro di aver ragione in vita sua. Eppure, per un istante, le
aveva dato
ragione, e tutte le sue difese, le sue giuste ragioni, erano crollate,
tutte
quante, solo perché erano state messe di fronte ad un nome
di tanto tempo
prima. Non era arrabbiato perché Umi aveva assistito alla
lite, o perché avesse
cercato di aiutarlo, ma piuttosto perché Plesea aveva
strumentalizzato il nome
di Adele per ferirlo, e che ci era anche riuscita. Umi aveva cercato
solo di
aiutarlo, e gli era rimasta vicino, desiderando forse di poter fare di
più,
innocentemente, e lui l’aveva trattata con cattiveria.
Si passò una mano tra i capelli. Sentiva il corpo diventare
pesante. Non le
avrebbe chiesto scusa, per niente al mondo. Non si sarebbe scoperto di
più. Al
massimo le avrebbe fatto capire che aveva apprezzato il suo aiuto.
Ma per quanto provasse, non era vero, non ci riusciva. Non aveva
affatto
apprezzato l’aiuto di quell’estranea, lo aveva solo
irritato. Non sapeva dirsi
perché, o forse lo sapeva benissimo, ma decise che quella
era una
consapevolezza da lasciare in profondità, esiliata in un
angolo buio. Stava
meglio senza sapere quali e quante fossero le sue debolezze,
perché le avrebbe
protette meglio.
Il mattino seguente Plesea fece fatica a svegliarsi. Rimase a lungo
sdraiata
sul letto, mentre dalla finestra filtrava una luce grigia che presagiva
un
cielo annuvolato. Sapeva quello che avrebbe dovuto fare, e che avrebbe
fatto
nonostante la vergogna bruciante, ma non aveva voglia di
alzarsi. Ma lo
avrebbe fatto, e lo sapeva. Perché, anche lei, come Clef,
aveva fatto una
promessa. L’aveva fatta a lui, a lui che per lei
c’era sempre stato. E allora
non l’avrebbe infranta mai. Lo avrebbe aiutato, e avrebbe
fornito le armi ai
Cavalieri. Così si alzò. Controvoglia, con il
corpo pesante, ma lo fece, perché
a lui lo aveva promesso.
Umi si rigirò la tazza tra le mani, cercando di non dare a
vedere quanto forse
nervosa. Il liquido che ondeggiava all’interno doveva essere
latte, ma Plesea
non l’aveva presentato, e lei non aveva voglia di domandare.
Hikaru e Fu non sapevano cosa fosse accaduto la sera prima, ma avevano
intuito
che c’era tensione nell’aria, così
rimanevano in silenzio e si scambiavano
occhiate di sbieco. Umi era ancora arrabbiata, e in condizioni normali
avrebbe
preso da parte Clef e gliene avrebbe cantate di santa ragione. Ma non
adesso.
Adesso era disposta a dimenticare il modo indegno in cui
l’aveva trattata.
Sarebbe stata disposta a tutto pur di evitare i suoi occhi, che erano
ben
diversi da quelli di prima, erano furenti.
Plesea non parlava, Clef non aveva mangiato niente, le ragazze
mangiavano ma
non facevano domande, e la situazione si era fatta insostenibile. Alla
fine la
donna parlò, sforzandosi di sorridere.
“Bene. Oggi è il giorno di cominciare a lavorare
sulle vostre armi, quelle che
vi accompagneranno nella vostra impresa”
Hikaru sollevò il capo, lieta che la tensione si fosse
allentata. Plesea
continuò a parlare.
“Le vostre armi, le armi dei Cavalieri Magici, avranno
proprietà particolari.
Saranno in grado di potenziarsi nel tempo. Saranno solo per voi,
perfette per
voi, e non le potrà maneggiare
nessun’altro”
Fu arricciò il naso.
“Non ho capito. Che vuol dire che si potenziano nel
tempo?”
“Si tratta di armi evoluzionare, forgiate da un materiale
unico chiamato
Escudo. Esse cresceranno con voi, e muteranno quando la vostra forza di
volontà
si sarà intensificata”
“Muteranno?”
“Sì. Quando accadrà,
capirete”
Detto questo, Plesea fece loro segno di alzarsi. Le ragazze obbedirono.
Clef
non le seguì.
La donna le condusse attraverso i corridoi della casa spaziosa, fino ad
una
stanza che sembrava un piccolo ripostiglio insignificante. Estrasse una
piccola
chiave dalla tasca e la girò nella toppa.
All’interno della stanza luccicavano alla tenue luce del
mattino grigiastro
innumerevoli armi ed armature, di ogni tipo, Umi non ne aveva mai viste
tante
in vita sua. Fu sollevò appena il capo.
“Quali sono le nostre?”
“Nessuna di queste”
Hikaru, Umi e Fu rimasero a lungo in silenzio, cercando di decifrare le
parole
di Plesea, ma senza riuscirci. Ad un certo punto Hikaru
azzardò.
“E allora…?”
“Io sono un armaiolo. Forgerò le vostre armi, ma
il materiale dovete
procurarvelo voi”
Le ragazze digerirono al volo le istruzioni di Plesea, praticamente
nemmeno
obiettarono. Nell’arco di un paio di giorni gliene erano
capitate talmente
tante che potevano benissimo credere anche ad una sorgente eterna,
qualunque
cosa fosse. Plesea non era stata chiara su questo punto. Aveva detto di
seguire
Clef, e di fidarsi di lui. Così ora si ritrovavano tutte e
tre davanti al
ragazzo. Umi se ne accorse solo in quell’istante: Plesea
aveva tra le mani un
altro fodero, di pelle scura e con delle borchie per rinforzare le
cuciture.
Con lentezza misurata e precisione clinica la donna ne estrasse una
spada corta
dalla lama leggera, un’arma fatta per durare ai colpi e per
sferrare un attacco
veloce. Era piuttosto piccola e non era pesante, adatta ad un corpo
esile. La
esaminò con attenzione, come se cercasse difetti nel
metallo. Poi la porse a
Clef.
“E’ per te. Molto ben fatta. Pratica e bella. Per
ora è il mio pezzo migliore,
nel suo genere”
Clef osservò l’arma che gli veniva offerta. La
impugnò, e si accorse che era
davvero leggera, perfetta per le sue braccia non troppo allenate. Anche
la
lunghezza ridotta della lama era adatta a lui, che non avrebbe
maneggiato con
scioltezza uno spadone. Esaminò l’elsa. Era
semplice, senza inutili decorazioni
che avrebbero appesantito l’impugnatura, ma era di splendida
manifattura, con
solo il disegno di un’edera che si avvolgeva attorno al
metallo per impedire
alle dita di scivolare. E proprio alla base della lama era stato inciso
con
precisione magistrale un grifone rampante, con le ali spiegate nel
vento. Suo
malgrado, Clef sorrise.
“Grazie”
“Mi dispiace per quello che ho detto”
Lui la guardò dritta negli occhi, identici ai suoi.
“Non dirlo. Perché non è
vero”
Plesea si ritrasse. Sapeva che non avrebbe accettato le sue scuse, che
avrebbe
dovuto implorarlo, che sarebbe stato umiliante. Ma per lui lo avrebbe
fatto.
Per lui era disposta a fare anche molto di più.
“Ti prego… perdonami. Io
non…”
Ma con sua sorpresa Clef la zittì.
“Io non ho niente da perdonarti. Tu hai detto una cosa vera,
mi hai messo in
guardia. Hai detto quello che pensavi, e lo hai detto con tutta la
crudeltà
necessaria a farmelo sentire davvero, a farmi riflettere su quello che
sto
facendo. Non sei dispiaciuta, perché avevi ragione. Ma ho
ragione anch’io. Per
questo, non scusarti”
Plesea sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. Quella voce,
quegli occhi così
familiari, la persona, l’unica, che le era sempre rimasta
accanto, e che per
lei era stata tutto, ancora una volta era lì per lei.
L’armaiolo annuì, senza
trovare le parole, e gli porse il fodero della spada. Clef le
afferrò la mano e
la tirò a sé, baciandola sulla guancia,
abbracciandola. Plesea sorrise.
Umi, mentre si rigirava il suo nuovo fioretto tra le dita, fingendo di
esaminarlo con meraviglia, progettava di infilarlo nella schiena di uno
dei
due. Plesea era stata gentile con loro, aveva anche detto che potevano
partire
con indosso i vestiti che aveva prestato loro, dato che le divise erano
ridotte
a brandelli. Clef sembrava un bersaglio più appropriato.
Quando furono di nuovo nella Foresta del Silenzio il buio si richiuse
su di
loro come una campana di vetro. L’abbraccio tra Clef e Plesea
sembrava aver
posto fine a quella tensione innaturale, invece il ragazzo rimaneva
gelido ed
inavvicinabile. Umi però era troppo occupata dalla sua
gelosia per rendersene
bene conto. Poi, dopo pochi minuti che camminavano senza dire una
parola, con
le nuove armi legate al fianco, sentì che doveva parlare per
forza, che aveva
una necessità fisica di domandarlo.
“Ma, insomma… Plesea è proprio una
persona gentile, non trovi?”
“Eh? Oh, sì” rispose Clef. Sembrava
soprappensiero.
“E’ anche molto carina”
Il ragazzo si voltò appena. “Sì. Anche
se forse non dovrei essere io a dirlo”
“Perché?”
“Rischierei di non essere obiettivo”
“Ah… sembrate affiatati”
Clef sorrise appena.
“Beh, ci vogliamo bene”
“Sì, ho visto… e da quanto state
insieme?”
Clef si arrestò e si voltò a guardarla con occhi
smarriti e la fronte
aggrottata, come se stesse mettendo a fuoco un’idea.
“Che vuoi dire?”
“Quello che ho detto. Non è la tua
ragazza?”
Il ragazzo rimase immobile, perplesso. Poi, quando si accorse che Umi
non lo
stava prendendo in giro le rispose indignato.
“No, non è la mia ragazza, tonta. È mia
sorella”
Hikaru, Umi e Fu assunsero simultaneamente un’espressione di
totale
smarrimento. Lo avevano dato per scontato tutte e tre. Dopo la
sconcertante
rivelazione cadde il silenzio.
Poi, inaspettatamente, Umi sentì che doveva ridere, e la
risata le venne come
un fiotto di calore delicato, prima leggera, poi sguaiata e senza
ritegno. Dopo
pochi secondi anche le altre due ragazze furono contagiate. Alla fine,
anche
Clef sentì gli angoli della bocca incurvarsi. Aveva ancora
addosso il fantasma
di Adele che Plesea gli aveva scagliato contro, ma decise che questa
volta, una
volta soltanto, lo poteva cacciare via e ridere insieme alle sue
compagne di
viaggio della gaffe di Umi. E mentre anche lui si piegava sotto il peso
delle
risate i loro sguardi si incrociarono, e mentre lei gli sorrideva
allargando
troppo le labbra e assumendo un’espressione poco
intelligente, lui poté
finalmente sentirsi grato a quella sconosciuta per essergli stata
accanto
quando ne aveva avuto bisogno, che non lo aveva lasciato solo.
_________________________________________________________
Eccomi
di
ritorno, subito dopo le vacanze! Ve lo avevo promesso no? Grazie a
tutti per i
commenti, sempre apprezzatissimi.
A
proposito,
non ve lo ricordavate che Plesea e Clef erano fratelli nel mio AU,
vero? ^_-
KILKENNY:
hahaha! Beh il tuo voto mi ha resa felice per i prossimi
vent’anni, grazie di
cuore! Continua a seguire, mi raccomando!
BELLISLADY:
grazie per i tuoi bei commenti, sei una lettrice davvero fedele (aria
solenne)
veramente per il finale ho in mente qualcos’altro, mi
dispiace deluderti, ma
spero che ti piacerà come la manderò avanti.
Grazie ancora!
SOFONISBA:
grazie per i comlimenti… e per citare Caldina: mi fai
arrossire anche le
chiappe! (che genio, quella donna…). Spero di leggere presto
il seguito del tuo
racconto, anche se mi rendo conto che non è facile trovare
ritagli di tempo…
continua a commentare, mi raccomando!!
Un
saluto a
tutti e buone vacanze!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo Settimo ***
Capitolo Settimo
CAPITOLO SETTIMO:
INASPETTATA VARIABILE DEL PIANO
La Foresta
del silenzio era buia, e taceva. Non c’era vento a muovere le
fronde scure e i
loro passi risuonavano senza eco nell’ombra.
“Va
bene che si chiama Foresta del Silenzio” esordì
Umi, ascoltando la sua voce che
sembrava troppo forte in quell’assurda assenza di suoni.
“Ma non ti pare che
sia un po’ eccessivo, Clef?”
Il
ragazzo sembrava sovrappensiero e rispose con aria vaga.
“Eh?
Ah, non saprei. Forse sì”
Silenzio.
“…e
non dovremmo fare qualcosa?” lo incitò Umi.
“Tipo qualche precauzione?”
“Del
genere?”
“Ehi,
sei tu che abiti a Sephiro! Ma che razza di Monaco Guida sei?”
Clef
si puntellò un indice contro la tempia, assumendo
un’aria esageratamente
concentrata.
“Potrebbe
esserci un mostro enorme ed orripilante nascosto qui intorno, qualcosa
di
inaspettato e terrificante e probabilmente anche bavoso che ci attende
nell’ombra… che fare?” Poi
sollevò l’indice, come se gli fosse tornato in
mente
qualcosa. “Ah! Ma non eravamo andati da un armaiolo proprio
per questo? Avete
le armi con voi?”
Umi
sospirò, rassegnata all’ironia nera del ragazzo.
“Al fianco”
Clef
riassunse la sua aria scocciata. “Allora il massimo che ci
potrà capitare è
doverle impugnare”
“Non
si sentono nemmeno gli uccellini” osservò Hikaru
“Non si sente nulla”
Umi
cercò con la mano, senza farsi vedere, l’elsa
della spada che le pendeva dalla
cintura.
“E
meno male. Più silenzio c’è, meglio
stiamo. Vuol dire che non c’è niente nelle
immediate vicinanze che voglia mangiarci” rispose il Monaco
Guida.
“Bleah,
sei disgustoso” disse Fu con una smorfia. Poi, dopo una pausa
aggiunse “Eri
serio quando dicevi del mostro bavoso?”
“Serissimo.
Non ne troverai uno che non goccioli melma verde da qualche
orifizio”
“Ma
che schifo!”
“Che
vuoi da me?! Mica gliel’ho suggerito io! E comunque abbassate
la voce, perché
quei cosi fanno schifo pure a me e quindi vorrei evitare di
fa-”
Uno
schiocco secco, poi Clef sentì il mento urtare il suolo e il
sangue inondargli
la bocca. Solo più tardi si accorse del dolore lancinante
alla gamba. Sentì una
delle ragazze lanciare un grido e provò a rialzarsi, ma
quando fu di nuovo in
piedi vido solo di sfuggita il corpo di Hikaru cadere, trascinato
giù. Allungò
la mano nel tentativo di afferrarla, ma ci fu un altro schiocco e cadde
a terra
di nuovo, sentendo la spalla infuocarsi.
Umi
rimase ad assistere, incapace di muoversi, cercando di capire cosa
stesse
accadendo, fin quando non sentì qualcosa di viscido e freddo
sfiorarle la
caviglia. Qualcosa di umido e gelatinoso.
Cacciò
un grido stridulo, poi anche lei rovinò a terra,
sbatté la testa e le esplose
davanti un mare di lucine colorate.
Cercò
con la mano la spada affondata nel fodero. La trovò, la
estrasse e cominciò a
menar colpi alla cieca.
In
qualche modo, sferzando la lama a caso, riuscì a colpire il
tentacolo verde e
viscido che le si era avviluppato alla gamba. Quello si ritrasse
sussultando
come la coda mozzata di una lucertola. Umi si lasciò
sfuggire un urlo di
disgusto. Si rialzò in piedi velocemente, impugnando la sua
nuova spada meglio
che poteva, ma le tremavano le mani. In un istante i suoi occhi
saettarono
sulle due compagne e analizzarono la situazione. Fu aveva impugnato
l’arco, ma
qualcosa le aveva strappato la faretra di dosso con tale violenza che
la
freccia le era sfuggita dalle dita mentre cercava di incoccarla. Hikaru
sembrava l’unica che avesse la situazione sotto controllo:
impugnava con
fermezza la grande spada che le aveva dato Plesea, e la brandiva con
precisione
contro quei tentacoli verdi e viscidi che sembravano spuntare dal
terreno. Poi
cercò anche Clef in quella confusione, appena in tempo per
vederlo cadere,
trascinato a terra dalla creatura.
L’ennesimo
colpo alla testa ei colori parvero spegnersi un istante davanti a lui.
Per un secondo
tutti i rumori divennero lontani ed ovattati, come se la sua testa si
trovasse
sott’acqua. Sentiva un diffuso dolore sordo in tutto il
corpo. Provò a
riprendersi, e sentì il male concentrarsi sempre di
più in un unico punto,
acuto come uno spillo nella carne. Ad un tratto si rese conto che
qualcosa lo
teneva, e qualunque cosa fosse, gli stava stritolando la gamba. Si rese
conto
con estrema lentezza che doveva fare qualcosa. Cercò nella
confusione che
sentiva attorno sé l’elsa della spada, tastando il
vuoto a casaccio. Dopo alcuni,
interminabili istanti, riuscì a trovarla. La estrasse e
provò a brandirla, ma
la lama era pesante e lui stava perdendo conoscenza, così
l’elsa gli si
rovesciò nella mano e la spada cadde.
In
un istante la gamba prese fuoco, un dolore lancinante che pervase tutto
il suo
corpo, risvegliandolo. Clef urlò di dolore, si
tirò su e afferrò la cosa che lo
teneva a terra per la gamba a mani nude. Provò a liberarsi,
ma il tentacolo verdastro
lo teneva ben stretto. Clef vide la spada riversa accanto a lui,
l’afferro’ e
con un colpo secco recise la cosa avviluppata alla sua gamba.
Quella
si ritrasse, continuando a contorcersi zampillando sangue bluastro.
Immediatamente
il ragazzo si rimise in piedi, anche se malfermo. La spada,
sfuggendogli di
mano, aveva colpito con il taglio della lama la carne viva sulla sua
coscia, e
quel dolore così intenso lo aveva riscosso dal colpo alla
testa. Si guardò
intorno, in cerca delle tre ragazze. Hikaru e Fu stavano menando
fendenti
scoordinati ai viticci che spuntavano dal terreno, nel tentativo di
ricacciarli
indietro, Umi invece stava correndo verso di lui, con la spada
abbassata e sul
viso un’espressione di sollievo.
Ma
ci fu un altro schiocco e il volto della ragazza si tramutò
in una smorfia di
dolore mentre finiva di nuovo a terra. Clef rigirò la spada
nella mano e muovendo
un solo passo deciso la calò sulla creatura, tranciandola.
Umi si rimise in
piedi, scioccata e con un labbro sanguinante.
“Tutto
bene?” chiese il ragazzo.
“Porca
puttana, non sto bene no! Cosa cazzo è?!”
“Qualunque
cosa sia” si intromise Fu, che non avendo le frecce a
disposizione afferrò
l’arco e prese a brandirlo come fosse una mazza.
“Qualunque cosa sia si trova
sotto terra…!”
“Allora
non abbiamo speranze di sopraffarla, non possiamo colpirla!”
concluse Hikaru,
con il respiro rotto dalla fatica. “Io propongo di darsi alla
fuga!”
Clef
annuì e in un istante le ragazze abbassarono le armi e
cominciarono a correre.
In quel momento la terra attorno a loro sussultò e in un
istante fu dilaniata
da un profondo squarcio. Dal suolo emerse con un lamento sordo la testa
di una
creatura sotterranea, priva di occhi e con lunghi tentacoli al posto
delle
fauci, stretti attorno alla bocca a ventosa.
Completamente
paralizzati, sia Clef che le ragazze non riuscirono a fare altro che
fissare il
mostro, inorriditi.
La
creatura rimase altrettanto immobile, volgendo il capo al cielo,
continuando ad
emettere un lugubre gorgoglio.
Clef,
che si era avviluppato ai fianchi di Umi per lo spavento, cercava di
farsi
venire qualche buona idea, ma con scarso successo. La ragazza dal canto
suo era
troppo presa dall’impedirsi di pensare alle braccia che la
stringevano.
Hikaru
impugnò di nuovo la spada a dovere e la puntò
contro la creatura. Mosse un
passo appena.
La
bestia mostruosa si voltò di scatto vero di lei e le si
scagliò contrò di peso,
spalancando la bocca priva di denti.
Hikaru
gridò, lasciò cadere la spada e saltò
di lato, ma il mostro seguì il suo
movimento e colpì nel punto dove la ragazza era caduta a
terra. Per fortuna Fu
si era lanciata in avanti e aveva afferrato l’amica,
riuscendo a salvarla.
Clef
sciolse l’abbraccio con Umi e gridò alle ragazze
di scappare. La bestia si
rivolse contro di lui e colpì la terra immediatamente di
fronte a lui,
scagliando lui ed Umi qualche metro più in la. La ragazza sentì la mano
di Clef poggiarglisi sulla
spalla, nel tentativo di aiutarla in qualche modo. Lei cercò
di afferrarla, ma
quella le sfuggì tra le dita.
Clef
sentì il respiro bloccarsi in gola, mentre un altro dei
tentacoli gli si stringeva
attorno al torace, forte. Sentì le costole bruciare di
dolore. Provò ad urlare,
ma non ci riuscì.
Umi
gli si gettò addosso, cercando di liberarlo in qualche modo,
ma invano.
Estrasse la lama e mozzò il tentacolo, ma subito il mostro
le si gettò addosso
con un ruggito sordo. Umi, sentì le lacrime pizzicarle gli
occhi, e nel
disperato tentativo di salvarsi lanciò la spada contro la
bestia. Ma la lama la
mancò di parecchio ed andò a conficcarsi nella
corteccia di un albero.
Umi
sentì le braccia di Clef afferrarla per proteggerla
dall’impatto. Chiuse gli
occhi.
Ma
il rombo dello schianto provenne da molto più in
là, il suono di qualcosa che
si spaccava in uno schiocco secco.
Umi
provò a sbirciare da sotto le palpebre, e vide il mostro
fare a pezzi il tronco
di un albero abbattuto.
Clef
lasciò la presa attorno a lei, e dopo alcuni istanti di
silenzio le sussurrò
all’orecchio.
“Tu
sei un genio”
Umi
provò a replicare con un commento arrogante, ma le tremava
troppo la voce per
parlare.
Clef si alzò in
piedi e raccolse una pietra, poi
la scagliò lontano. Istantaneamente il mostro si
avviluppò su sé stesso per
voltarsi e colpì il punto esatto dove il sasso aveva colpito
il suolo, scavando
un buco nel terreno.
Era
ovvio, accidenti. Ci sarebbe dovuto arrivare prima.
Un
mostro che vive sottoterra è cieco, questo non aveva nemmeno
gli occhi. Era
davvero ovvio che stabilisse la posizione delle sue prede in base ai
suoni che
queste producevano. Il fioretto che Umi aveva tirato si era conficcato
in un
albero, aveva prodotto un suono sordo e vibrato nella corteccia. Il
mostro si
era voltato e aveva attaccato lì.
Bastava
rimanere fermi.
Hikaru
si rialzò in piedi dalla nuvola di polvere che la
circondava, e diede una mano
a Fu a rialzarsi, poi notò Clef che guardava il mostro
divorare il terreno. Lo
chiamò.
“Clef!
State bene?!”
Il
ragazzo si accorse di lei solo in quell’istante, e
provò in vano a farle cenno
di stare zitta. La creatura l’aveva già
localizzata.
Prima
che la bestia potesse colpire Hikaru Clef estrasse la spada e la
batté al
suolo, facendola vibrare del contraccolpo. Il mostro si
avvitò di nuovo su sé
stesso e puntò dritto verso di lui. Clef si voltò
verso Umi.
“Togliti
di mezzo!”
Poi
la creatura gli fu addosso. Lui cercò di evitarla e le fauci
lo mancarono di
poco, ma il corpo molle della bestia lo colpì in pieno,
scagliandolo a terra.
In
quell’istante anche Umi mise insieme i pezzi. Aveva visto
Clef dure ad Hikaru
di tacere, lo aveva visto tirare la pietra e far vibrare la spada.
Aveva
capito.
“Fu!
Cerca la faretra con le frecce! Sbrigati!”
L’ennesimo
attacco, verso di lei. Umi si buttò a terra e
riuscì ad evitare il colpo per un
soffio, si rimise in piedi e tentò la fuga. Immediatamente
la bestia le fu alle
costole.
“Sbrigati!”
Inciampò,
e nel tirarsi su raccolse un ramoscello da terra, scagliandolo di lato.
Lo
stratagemma ingannò la creatura per una frazione di secondo
soltanto, ma le
regalò alcuni metri di vantaggio. Poi si sbottonò
il gilet e lo lanciò in aria.
Quello fluttuò per alcuni secondi prima di essere divorato
dalla creatura
dietro di lei, dandole altro prezioso vantaggio. Poi Fu
gridò, da qualche parte
fra gli alberi.
“Trovata!”
Il
mostro provò a voltarsi contro la ragazza, ma Umi
gridò con quanto fiato aveva
in gola per riattirarla su di sé.
“Colpisci
gli alberi!”
“Cosa?!”
“Fai
come ti dico!”
Fu
eseguì, facendo cenno ad Hikaru di rimanere immobile. Con
precisione
millimetrica la ragazza scoccò la freccia e la fece volare
tra gli alberi della
foresta, colpendo lontano.
La
bestia si voltò verso l’albero colpito e ci si
diresse contro a gran velocità.
Umi inchiodò, rimanendo immobile, respirando appena
nonostante le bruciassero i
polmoni.
Fu
si portò un indice alle labbra, facendo segno ad Hikaru di
non fare rumore. Pur
non avendo visto i gesti degli altri due compagni alla fine anche lei
aveva
capito che il mostro era cieco. Come diavolo aveva fatto a non pensarci
prima?
Poi
la cinghia della faretra che si era rimessa sulle spalle si sciolse e
le frecce
caddero a terra con un gran fracasso.
Clef
si rimise in piedi barcollando, appena in tempo per vedere la creatura
rispuntare dagli alberi , sradicandoli, e scagliarsi contro Hikaru e
Fu,
completamente indifese.
Un
sibilo nell’aria, tra gli alberi bui, e poi il mostro
lanciò un grido
disperato, un mugolio di dolore, prese a contorcersi, poi
gridò ancora e in
fine stramazzò a terra. Continuò a sussultare per
alcuni secondi, poi rimase
immobile.
Hikaru
e Fu rimasero paralizzate dalla paura. Umi riemerse dagli alberi appena
in
tempo per assistere alla morte della creatura.
Clef
raccolse il sangue in bocca e cercò di rimanere in piedi,
barcollando. Provò a
dire alle ragazze di stare attente, ma era troppo stordito per ordinare
le
parole. Si
guardò intorno, ma non riuscì
a vedere niente perché le immagini gli vorticavano davanti
indistinte. Sentiva
qualcun altro oltre a loro muoversi nella foresta, ma non riusciva ad
individuarlo. Si accorse che Hikaru,
Umi
e Fu gli si stavano avvicinando, dopo essersi rese conto che il mostro
era
morto, correndo. Gli stavano dicendo qualcosa, sembravano sollevate, ma
non
riuscì a distinguere i suoni. Poi qualcosa sibilò
alla sua sinistra e
le ragazze gridarono.
Si
voltò, impugnando male la spada, e in qualche modo
riuscì a bloccare la lama
del nuovo avversario, ma il colpo era troppo
violento e l’elsa
gli si rigirò
in mano, sfuggendogli. La spada cadde in terra con un tonfo metallico e
la lama
avversaria vibrò gelida contro la gola di Clef.
Ma
il colpo si arrestò un istante prima di diventare letale,
non accadde nulla, e
il ragazzo aprì gli occhi, cercando di mettere a fuoco.
“Clef?”
Sgranò
gli occhi.
La
voce che lo aveva chiamato era giovane e calda, e decisamente familiare.
“Ferio?”
L’amico
scoppiò a ridere e abbassò l’arma.
“Che
bello rivederti, ero preoccupato! Ah, a proposito, scusa, non ti avevo
riconosciuto”
“Immaginavo”
ripose Clef, ancora scioccato, massaggiandosi il collo. Hikaru, Umi e
Fu, che
avevano impugnato le armi, si scambiarono un’occhiata
allibita. Fu si girò
verso Clef.
“Ma
voi due vi conoscete?”
Il
ragazzo annuì, ma non sembrava troppo contento di rivedere
l’amico.
Ferio
gli allungò una pacca sulla spalla, sempre ridendo, poi il
suo sguardo si posò
sulle tre ragazze.
“Sei
sempre il solito maleducato. Che fai, non mi presenti alle tue
amiche?”
Clef
esitò, non rispose. Fu intravide qualcosa nei suoi occhi che
sembrava paura. Ma
prima ch potesse fare nulla Hikaru, nella sua immensa
ingenuità, si avvicinò al
ragazzo col codino e gli strinse la mano.
“Io
sono Hikaru Shido” disse con un sorriso lungo tutta la faccia.
“Piacere
di fare la tua conoscenza, Hikaru. Il mio nome è
Ferio”
“E
loro sono Umi e Fu”
Clef
si passò una mano sul viso. Di che si preoccupava? Cercare
di evitare i
problemi sembrava essere uno sforzo sterile, tanto valeva lasciare che
precipitassero dal cielo e si abbattessero su di loro.
Ferio,
intanto, si era avvicinato a Umi e Fu con fare galante, ed aveva
baciato con
solennità il dorso delle loro mani. Umi sentì le
guance colorarsi, Fu invece
divenne viola.
Quel
gesto fece scattare qualcosa in Clef, che avvertì un senso
di possesso
premergli addosso.
“Ehi,
ehi, vietato provarci con le mie ragazze!”
Questa
volta toccò ad Umi diventare Viola. Ferio si girò
verso l’amico.
“Tutte
tue? Ehi, mica male, tappo…”
Clef
ebbe un tic all’occhio.
“…prego?”
“Non
è mica giusto, lasciamene almeno una! Di solito mi piacciono
le bionde, mi
intrigano anche le altre due…”
“Ma
sono discorsi da farsi?!”
“Ehi,
cos’hai contro le brune?” chiese Umi con gli occhi
ridotti a due fessure.
Ferio
scoppiò a ridere. E poi, sempre con un sorriso e lo sguardo
gentile, domandò.
“Sono
loro?”
Per
un attimo scese il silenzio, poi le ragazze compresero: si riferiva ai
Cavalieri Magici. Di nuovo
Hikaru fece
per rispondere, ma Clef l’anticipò.
“No”
Le
tre ragazze rimasero sorprese e si scambiarono occhiate interrogative.
Ferio
sollevò le sopracciglia.
“No?”
“No”
“Tre
persone armate accompagnate dal Monaco Guida non sono i
Cavalieri”
Clef
fece spallucce. “Ci siamo incrociati lungo la strada. E
siccome sono poco
pratiche mi sono offerto di accompagnarle”
“E
dove andate?”
“Alla
sorgente, ovvio”
“E
tu che ci vai a fare?”
Clef
ostentò un’aria irritata.
“E
perché uno va alla sorgente, secondo te? Per
l’Escudo, no?”
“E
perché vuoi un’arma evoluzionaria?”
Clef
distolse lo sguardo.
“Lo
sai”
“Da
solo?”
“Voglio
provare?”
“Riesci
ad accettare l’idea?”
Gli
occhi di Clef saettarono ancora su quelli di Ferio.
“Sì.
Io ho promesso”
Lo
sguardo del ragazzo era risoluto. Qualunque cosa significasse quella
frase,
Hikaru Umi e Fu compresero che su quello Clef non stava mentendo.
IL
discorso enigmatico si concluse con queste parole. Ferio rabbuiarsi
appena, ma
tornò subito sorridente, e si rivolse alle ragazze.
“E
voi perché volete l’Escudo?”
Clef
sentì il respiro bloccarsi a metà, Hikaru ed Umi
si scambiarono un’occhiata
impanicata.
Così
rispose Fu, risoluta e con l’aria di una che parla del tempo.
“Vogliamo
diventare guerrieri potenti e valorosi”
Clef
si batté una mano sulla fronte. Balla più idiota
non poteva dirla, ma il
sorriso di Ferio si fece ancora più largo.
Siccome
Ferio sembrava essersi bevuto la storia di Fu, il Monaco Guida
cercò di
rilassarsi, decisamente in vano.
“E
tu perché ti trovi nella Foresta del silenzio?”
domandò all’amico.
Ferio
si strinse nelle spalle. “Per passare il tempo”
“A
proposito” disse Clef indicando il verme cieco immobile a
terra. “Grazie per
prima”
“Dovere,
non sapevo nemmeno che fossi tu”
Hikaru
sgranò gli occhi.
“Cosa?!
Sei stato tu?!”
Umi
sbottò irritata. “Ma sei sempre così
lenta oppure siamo noi ad essere
fortunati?”
Ferio
scoppiò a ridere, annuendo.
“Ma
allora sei davvero forte!”
“Beh,
me la cavo…”
“Sei
stato anche più forte di Clef!”
“Ehi!
Traditrice!”
Fu
allora che le venne l’idea. Ebbe poco tempo per riflettere,
ma sembrava che
potesse funzionare.
“Senti,
perché non ci accompagni?”
Tutti si voltarono verso Fu,
specialmente
Clef, che muovendo le labbra le rivolse un muto ed arrabbiatissimo stai zitta. Ma la ragazza
continuò
imperterrita.
“Sembri
forte, davvero molto. Anche più forte di Clef. Noi andiamo
tutti nella stessa
direzione, e tu non hai una meta, e allora perché non ci
accompagni?
Ferio
rimase così sorpreso dalla richiesta della ragazza che per
un attimo non disse
nulla. Poi rispose.
“E
io che ci guadando?”
“Ah,
beh” disse Fu indicando il verme. “Di sicuro non ti
faremo annoiare”
Ferio
fece un grande sorriso, e si esibì in un inchino troppo
galante.
“E
sia. Sarà per me un immenso piacere”
Clef,
ormai rassegnato, si limitò a sospirare.
_______________________________________________________
Eccomi qui, dopo tanto tempo! Scusate, ma tra una cosa e l'altra non
sono riuscita a pubblicare... però mi faccio perdonare con
un capitolo più lungo del solito! Avete notato che
non ho inserito Mokona? Lì per lì io nemmeno ci
ho fatto caso, però penso che sia meglio così,
perché è troppo da fumetto e in una storia
scritta non ci sta bene... Ferio mi mancava, è un peronaggio
simpatico, anche se rimarrà piuttosto secondario. la sua
entrata in scena è un po' classica, ma fa il suo effetto.
Comunque mi invento dei mostri davvero brutti eh? ahaha! un verme
viscido, che schifo!
KILKENNY: un giorno scoprirò quale kenny vuoi uccidere ^^
Per quanto riguarda Cardina, beh non penso che ci metterò
l'inflessione romagnola, anche perché si tratta
più che altro di una cadenza del tono di voce, ma
sicuramente sarà bella sboccata, come nel fumetto (che
ridere quando nell'anime Umi la chiama mangiamortadella). E
sì, puoi massacrare Adele, anche a me sta antipatica. E poi
ha rotto. farla morire è stata una gioia. Ma lui
è così sensibile... *.* comunque l'umore migliora
sì, vero. Troviamogli una sostituta, a questa Adele!
SOFONISBA: non
preoccuparti se recensisci tardi, tanto la ff non scappa ^_- io ti
mando le email solo perché mi piace leggere i tuoi commenti
^^ come al solito grazie die complimenti, e grazie anche per quello che
dici su Clef. Ho sempre voluto creare un perronaggio comlesso e
realistico *.* quando ho letto il commento ho fatto una faccia tipo
urlo di Munch per la gioia! E Umi... beh lei è simpatica,
sì. ^^ quando ero bambina giocavo con due mie amiche a fare
i cavalieri magici (tempi felici) e io facevo Umi. e accipicchia se ci
somigliamo! Sono irascibile come lei (e sboccata T_T ), siamo entrambe
pigre, attaccate ai comfort,e pronte a mobilitarci solo quando
è strettamente necessario. insomma, ti sto raccontando la
storia della mia vita! ahaha! in breve Umi è un po' la mia
trasposizione letteraria, e quindi mi fa piacere sentirmi dire che
è riuscita bene ^^
A proposito, alcun nomi sono come nel fumetto, altri come nella serie
animata (Ferio, Cardina), a seconda di come mi suonassero meglio.
Detto questo, un saluto e alla prossima!
P.s.: se qualcuno conosce yu yu hakusho (yu degli spettri) io e una mia
amica stiamo scrivendo una storia a due mani, la mia prima ff, di quando
ero alle medie e le fanfiction nemmeno le conoscevo. Il link
è sul mio account, e se leggete mi raccomando recensite!
(anche se dite FA SCHIFO! siamo felici lo stesso)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo Ottavo
CAPITOLO
OTTAVO: IL GIOCO DEI DISPERATI
“Per
l’ultima volta, non fatemi venire lì, non ho
intenzione di separarvi di nuovo!”
“L’hai
voluto nella squadra?” rispose Clef, afferrando il
codino di Ferio. “Adesso ci sopporti!”
Fu
sbuffò, irritata. “Se avessi saputo che la vostra
amicizia si basava sulle zuffe, avrei evitato questo dolore a
tutti”
Ferio
rifilò uno spintone a Clef, allontanandolo e
mettendogli una mano sulla testa per tenerlo a distanza.
“Tappo”
“Ma
la smetti?!”
Hikaru
scoppiò a ridere, godendosi la scena, Fu invece
abbandonò le braccia lungo i fianchi.
“Basta,
non li sopporto più. I maschi sono tutti uguali
pure a Sephiro. Umi, parlaci tu”
“No,
io meglio di no. Io li picchierei più forte”
“Però
così non rischiano di attirare qualche mostro come quelli
di prima?” domandò Hikaru.
A queste
parole Clef e Ferio si scambiarono un’occhiata di
sbieco, poi sciolsero la presa. La Foresta
del Silenzio era già pericolosa così, meglio non
andarsela a cercare.
Una volta
che la zuffa fu sedata, Ferio sfregò la mano
sulla testa di Clef, sorridendo, scompigliandogli i capelli. Il Monaco
Guida
rispose con un altro sorriso a metà, poi rallentò
il passo e si accostò a Fu.
“A
proposito…” esordì lui, riavviandosi i
capelli che
Ferio gli aveva messo in disordine. “…Io e te
dobbiamo parlare”
“Ah
sì? E di cosa?”
“Di
quell’omino con i capelli lunghi che ci cammina
davanti e che tu hai voluto nel gruppo”
“Non
dovevo?”
“Queste
decisioni le prendo io”
“Ah
sì? E perché noi ci dovremmo fidare delle tue
scelte?”
“Perché
io sono piuttosto pratico del posto. Probabilmente
perché ci vivo”
“Non
intendevo in questo senso”
“E
allora? Ah… vuoi dire che…tu pensi che non vi
dovreste
fidare di me perché non conoscete le mie intenzione e quindi
io potrei, non lo
so, usarvi per i miei loschi scopi?”
Clef
gettò la testa indietro e scoppiò a ridere. Non
tanto
perché fosse divertente, ma perché era bizzarro
quanto la ragazza si fosse
avvicinata alla verità. Il pensiero di quanto stesse
approfittando di loro lo
sfiorò, ma lui lo respinse immediatamente.
“Hai
una mente sospettosa, eh Fu?” aggiunse, stupendosi
del suo tono fermo.
La ragazza
rise. “Ma sì, forse hai ragione”
“Conoscendomi
meglio imparerai che io ho sempre ragione.
Comunque ancora non mi hai risposto: perché hai voluto Ferio
nella squadra?”
“Perché
è più bravo di te a uccidere mostri
bavosi”
“No,
mettiamo in chiaro, lui non è più
bravo, è che lui non
si è fatto un volo di sei metri sfracellandosi contro un
albero, ecco. Sennò
col cavolo che è più bravo di me, gli
piacerebbe”
“Wow,
scusa” disse Fu sollevando le mani. “Non intendevo
ferire la tua virilità”
Clef
sollevò il naso in aria. “Sono molto
sensibile”
Intanto
Ferio si era accostato ad Umi e le aveva rivolto
un sorriso smagliante. La ragazza ricambiò il sorriso un
po’ impacciata, poi si
voltò verso Hikaru e di nascosto fece una smorfia
all’amica, dicendole in
pratica –ma questo che vuole-.
Hikaru si
morse il labbro per trattenere una risata.
Continuarono
a camminare a lungo nel buio della foresta,
mentre al di là delle fronde il sole cominciava a calare di
nuovo e allungava
le ombre.
“Basta,
non ce la faccio più” sentenziò Umi,
accasciandosi
contro la corteccia. “Questo posto è un
inferno”
Clef fece
per dire una battuta acida sulle scarse capacità
fisiche della ragazza, ma aveva il fiato corto e non ci
riuscì, e alla fine si
arrese appoggiandosi anche lui all’albero e tenendosi il
petto dolorante dalla
fatica.
“Io
insisto a dire che di solito non ci sono tutti questi
mostri” disse Ferio.
Clef
provò a controbattere, ma non riuscì nemmeno
stavolta
e allora si arrese miserabilmente.
“Quanti
ne avremo incontrati, una quindicina?” aggiunse
Hikaru, ansimante e con la fronte imperlata di sudore.
“E
beh, se questi due continuano a fare chiasso tirandosi
per i capelli come due adolescenti isteriche che si litigano il
ragazzo, certo
che incontriamo tanti mostri! Ecceccavolo!”
Tutti si
girarono verso Fu, che era paonazza, con gli
occhiali di traverso e i capelli per aria. Dopo un istante di silenzio
scoppiarono a ridere, tranne Clef che ancora non riusciva a riprendere
fiato.
“Beh?
Che c’è?!” chiese la ragazza, ancora
più arrabbiata.
“Ma
che fine ha fatto il tuo parlar forbito?” Domandò
Umi
tra le risate.
“Sai,
anche le ragazze con gli occhiali si arrabbiano se
hanno a che fare con due cretini del genere!”
Ferio le
si avvicinò e allungò le mani sul suo viso per
raddrizzarle gli occhiali.
“Ok,
ma non esagerare, che poi ti vengono le rughe”
Fu rimase
impietrita qualche istante, mentre nella testa
le sfrecciavano fiumi di insulti da urlare a squarciagola, ma non
gliene venne
nemmeno uno sulle labbra. Così alla fine si
limitò a sbuffare e a diventare
ancora più rossa di rabbia, si girò indignata e
si accostò ad Umi, con le
braccia conserte come una bambina offesa.
“Odio
i maschi”
“Anche
io” rispose Umi con un sorriso a metà.
Hikaru
scoppiò a ridere allegramente.
Ferio
alzò lo sguardo verso i rami degli alberi.
“Ormai
sta per fare buio. Credo che dovremmo fermarci”
“Forse
non ero stata chiara prima” rispose Umi. “Ma io non
avevo intenzione di fare un passo in più nemmeno
morta”
Le altre
due ragazze annuirono, e finalmente Clef riuscì a
trovare abbastanza fiato per parlare.
“Vai
a prendere qualcosa da mangiare”
“Chi,
io?” domandò Ferio.
“Bravo”
“E
perché io?”
“Perché
io ho una gamba maciullata”
“Eeeeh,
è un graffietto”
“Ferio…
vai”
“Uffa…”
“Vai”
“Ok.
Quando fai quella faccia non si discute”
Non appena
il ragazzo si fu allontanato Clef prese posto
di fianco alla ragazza bionda e le poggiò con discrezione
una mano sulla spalla
per richiamare la sua attenzione.
“Che
vuoi?” fece lei, ancora livida di rabbia.
“Così
la prossima volta impari a non darmi retta. È
odioso, no?”
“Quasi
quanto te, guarda”
“Quasi”
si intromise Umi con un sorriso a metà. Un po’ le
dava fastidio che il ragazzo non si fosse seduto accanto a lei, e in
condizioni
normali si sarebbe inondata la testa di domande stupide ed infantili
sulla
sfortuna che aveva e se gli piacesse oppure no, ma non aveva
più la forza
nemmeno per quello. Si limitò a guardarlo di traverso,
sporgendo un po’ il
labbro per la delusione, ma niente di più.
“Ma
quanto mancherà, più o meno?” chiese
Hikaru.
Clef
sciolse il laccio della camicia per farsi aria. Aveva
la pelle macchiata di terra e sangue rappreso. “Credo solo
qualche altra ora di
cammino, forse un paio. Domani mattina raggiungeremo la Sorgente
Eterna”
“E
poi lì che si farà?” domandò
ancora la ragazza rossa,
mentre cercava di sistemarsi anche lei i vestiti addosso e farsi un
po’ aria.
“Prenderemo
l’Escudo. Non hai sentito quello che diceva
Plesea, l’altro giorno?”
“Intendevo…
come facciamo a prenderlo? Com’è fatto? E
quanto ce n’è? Voglio dire, basterà per
tutti e quattro?”
“Tutti
e quattro chi, scusa?”
“Noi
tre ragazze e te, no?”
“No,
a me non serve…”
“Ma
a Ferio hai detto che…”
Clef la
zittì con un gesto della mano. Sembrava
spazientito.
“Sentite,
ho mentito. Su tutta la linea. Dovevo inventarmi
una scusa, quella dell’Escudo mi sembrava plausibile, ma a me
non serve un’arma
evoluzionaria. L’ho detto solo per ingannare Ferio. Non
chiedetemi perché,
visto che in ogni caso non vi risponderò. Solo, fidatevi.
L’ho fatto per
garantire la vostra incolumità. E anche voi fareste bene a
non parlare troppo
con lui, e a tenervi certi dettagli per voi”
“Va
bene…” rispose Hikaru, intimidita dal tono di Clef
eppure non troppo convinta dalle parole del ragazzo.
Probabilmente
lo aveva fatto davvero per il loro bene, si
disse, in fondo non aveva motivo di fare altrimenti. Come diceva Fu, se
avesse
voluto far loro del male lo avrebbe fatto prima. E in ogni caso avevano
solo
lui di cui potersi fidare, e non potevano fare altrimenti. Ma anche
Hikaru, con
tutta la sua ingenuità, sapeva che non bisognava affidarsi
ciecamente a
qualcuno senza conoscere le sue vere intenzioni. In fondo non sapevano
esattamente perché le stesse aiutando. Certo, doveva salvare
la sua
principessa, e questo sembrava un motivo non solo plausibile, ma anche
sufficiente, e tuttavia c’erano tante persona che avrebbero
potuto farlo al
posto suo o insieme a lui. E invece ad aiutarle c’era Clef, e
c’era solo lui, e
questo lasciava immaginare che il ragazzo avesse qualche altro motivo
personale
per stare lì con loro tra gli alberi scuri della Foresta del
Silenzio. Cercò i
suoi occhi nella penombra, ma riuscì a cogliere solo un
balenio di cristallo
tra le ciocche bianche, e quello sguardo imperscrutabile le fece capire
che
avrebbero fatto bene a non fidarsi di nessuno.
Ferio fece
ritorno con frutti dall’aspetto più appetitoso
di quelli dell’altra notte: alcuni erano piccoli e neri, dal
gusto aspro ma
inebriante, altri sembravano acini d’uva, ma molto
più grandi, e contenevano
nella loro sottilissima buccia viola semplicemente acqua, leggermente
zuccherata, ed erano in pratica borracce naturali. Umi, praticamente
estasiata,
passò una buona mezz’ora a bucherellarle con
l’unghia del mignolo per godersi
lo spruzzo d’acqua che volava nell’aria, con sommo
disappunto di Ferio e Clef
(che però non aveva la forza per opporre la necessaria
resistenza). Quando il
ragazzo non ne poté più di quello spreco e
osò fiatare lei si limitò ad
indirizzare il getto d’acqua dritto nell’occhio di
Clef.
Assieme
alla notte calò anche un freddo gelido e umido. E
nell’eterno silenzio della Foresta Fu se lo sentiva entrare
sotto la pelle e
morderle le ossa. Cercò riparo accanto ad Hikaru, ma il
calore del corpo della
ragazza non era sufficiente a scaldarla, e così
provò a nascondersi di più
sotto i vestiti, ma anche quello fu inutile. Alla fine decise che
l’unico modo
per scaldarsi era quello di muoversi. Si alzò decisa a
camminare un po’ introno
al loro improvvisato giaciglio senza allontanarsi troppo, ma prima che
potesse
muovere un solo passo una mano gelata quanto la sua pelle
l’afferrò per una
spalla.
Fu si
voltò preparandosi ad affrontare gli occhi
sospettosi di Clef, invece incrociò quelli curiosi di Ferio.
“Che
fai?”
La voce
del ragazzo rimbombò nel vuoto per qualche
secondo.
“Ho
freddo. Se rimango ferma congelo”
“Voi
tre non me la raccontate giusta” lo sguardo di Ferio
rimase impassibile. “Né voi né
Clef”
Fu rimase
paralizzata, l’aveva presa alla sprovvista.
“Credo
che lui mi abbia mentito, e che voi siate i
Cavalieri Magici. E ha mentito per evitare che io vi faccia del
male”
La ragazza
trasalì. Quelle parole confermavano che Ferio
aveva qualche motivo per diventare loro nemico.
Cercò
di liberarsi della presa del ragazzo, ma non ci
riuscì, e continuò a guardare pietrificata quegli
occhi dorati che le
balenavano davanti nell’ombra.
“Probabilmente”
continuò lui. “Voi non avete bene idea di
cosa stia succedendo, e non conoscete affatto le ragioni di Clef.
Però a me in
effetti basterebbe eliminare voi tre, o anche solo una di voi, e sarei
riuscito
nel mio proposito”
Continuò
a fissarla, parlando in un sussurro sibilante.
“Le
scelte che fanno le persone sono solo una questione di
priorità. E ora tutto sta nel mio giudizio: se sia
più importante la vita di
una persona o l’innocenza di un’altra”
Fu
provò a parlare, ma lui le montò sopra con le
parole.
“Non
preoccuparti, non farò del male a nessuno di voi. In
fondo non è vostra la colpa delle nostre disgrazie, e non vi
farò pagare al
posto di altri. Inoltre non credo che riuscirei ad eliminarvi, con Clef
che vi
fa da protettore”
“Esatto.
Adesso lasciala”
Gli occhi
di cristallo di Clef erano apparsi dal nulla
alle spalle di Ferio, e ora la sua spada solcava la gola
dell’amico. Ferio
obbedì all’istante, mantenendo la sua espressione.
“Non
costringermi a fare quello che sto cercando di
evitare” sibilò Clef. “Non diventare un
mio nemico”
“Esiste
la possibilità che io ti persuada?”
domandò Ferio,
gli occhi rivolti alle stelle.
“Temo
di no”
“Allora
io non ho null’altro da dire”
Le mani
del ragazzo scivolarono via dalla spalla di Fu,
con delicatezza, come se stesse carezzando un fiore delicato.
“Ci
avresti mai creduto?” chiese Ferio al cielo. “Io,
te,
tutti gli altri. Avresti mai creduto che ci saremo ritrovati uno conto
l’altro,
che saremo stati disposti a tutto, anche a venderci a noi stessi, pur
di non
perdere l’unica battaglia che valga la pena di combattere?
Pur di fuggire alla
disperazione?”
Scorse
mille aghi di luce di stelle tra le fronde, e senza
cambiare espressione, senza un’incrinatura nella voce,
cominciò a piangere.
“Io
ho capito che non posso andare avanti in questo gioco,
se ci sono queste regole. Mi arrendo, e mi limiterò a
lasciare che siate tu e
lui a decidere come finirà”
Clef si
passò una mano sugli occhi. Ferio continuò,
mentre
le sue iridi si riempivano del riflesso delle mille stelle luminose.
“Davvero,
non avrei mai pensato che saremo arrivati a
tanto”
Salve a
tutti e ben tornati, anche se probabilmente
dovreste essere voi a dare il ben tornato a me, visto che è
da parecchio che
non mi faccio viva. Beh, in primis diciamo che non mi sentivo troppo
ispirata,
e poi quest’anno ho veramente tanti impegni, mai un giorno
della settimana
libero. Non riesco a trovare il tempo per guardare la tv, figurarsi per
mettermi a scrivere. Comunque mi auguro che siate sempre numerosi a
recensire,
ma soprattutto a leggere ^^ grazie in anticipo a tutti, e poi
naturalmente ai
soliti ignoti che sono i miei “spettatori” regolari.
In questo
capitolo non mi sono filata quasi per niente
Clef ed Umi, ho lasciato spazio anche alle altre due ragazze
perché mi sembrava
che le stessi tralasciando un po’. Devo dire che il
personaggio di Hikaru mi
risulta un po’ ostico. Ho tagliato anche con grande
brutalità almeno una
quindicina di combattimenti con altri mostri bavosi, ma onestamente
appesantiscono il racconto.
E che dite
voi, come si risolverà il conflitto tra Ferio e
Clef? Uhm… staremo a veddere… (muhahaha!)
KILLKENNY:
sapevo che nel tuo nik c’era un qualche
significato recondito, ne ero sicura! Comunque grazie per aver
recensito, sei
sempre uno dei primi…!
BELLISLADY:
sempre gentilissima nelle tue recensioni, non
sai che piacere vedere che continui a seguirmi dopo tutto questo tempo
(come
sei fedele! *.*) per le love story, beh… lo sai, per Hikau e
Fu non ho le idee
troppo chiare, veramente! Ma fidatevi di me…
ISA1983:
Che bello rivedere anche te! Ricordo che avevi
recensito uno dei primi capitoli della prima fase! Non sai che onore
rivederti,
giuro. Grazie per i complimenti, e beh, che dire, continua a seguirmi!
E se da
adesso in poi riesci a trovare anche il tempo per recensire mi farai
ancora più
piacere così potrò ringraziarti in questo piccolo
spazietto ^^
Un saluto
a tutti! Ciao! By Seph.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo Nono ***
capitolo 9
CAPITOLO
NONO: BIDIMENSIONALE
Sephiro
è un mondo pervaso da mille segreti, ed è folle
colui che tenta svelarli tutti, poiché se questo mondo
è generato dalla volontà
dei suoi abitanti è allora profondo come le loro menti.
Ferus – Enciclopedia
Appena
Hikaru si
svegliò la prima cosa di cui prese coscienza fu che aveva
fame. Tanta Fame. Poi
si accorse di avere il naso gocciolante, e che quindi s’era
presa un
raffreddore. Infine si rese conto che Umi la stava chiamando.
“È
già
mattina?” chiese all’amica con la voce impastata.
“Da
un pezzo,
noi siamo già pronti”
“Non
facciamo
colazione?”
Umi
esitò
qualche istante, poi lanciò un’occhiata di
sottecchi al resto del gruppo.
“Non
mi
sembrano dell’umore adatto. Non ho idea di che diavolo gli
sia preso, ma hanno
delle facce da funerale che non ho nemmeno domandato
nulla…”
Hikaru si
tirò
su per guardare. In effetti i tre compagni erano silenziosi e avevano
un’aria
mesta mentre fissavano le armi sul corpo.
Fu stava
avendo qualche problema ad allacciare arco e faretra alla schiena,
così Ferio
le si avvicinò ed allungò una mano per aiutarla.
Fu sobbalzò, si ritrasse, poi
incrociò gli occhi del ragazzo: sembrava triste, disperato,
ma il suo viso
sorrideva.
Dopo aver
guardato a lungo quegli occhi dorati, quando lui si avvicinò
di nuovo lei si
lasciò aiutare, sempre senza smettere di guardarlo.
Clef
osservò
la scena a distanza. Finì di assicurare il fodero alla
cintura e si riavviò i
capelli.
“Forza,
muoviamoci, ormai manca poco”
Si misero
in
cammino, con sommo disappunto di Hikaru, che non era riuscita a fare
colazione.
Mentre
camminavano nessuno osò fiatare, tranne qualche misero
tentativo di Umi di
cominciare un discorso. Alla fine però anche lei si arrese.
Fu
squadrò
Clef per gran parte del tragitto, cercando un’ombra nel suo
sguardo, un segno
d’inquietudine, invece nulla: gli occhi del ragazzo
rimanevano freddi e si
limitavano solo a controllare Ferio, poco dietro di lui, di tanto in
tanto.
Fu avrebbe
voluto fermare, prenderlo per un braccio e dargli uno scossone,
chiedergli spiegazioni
su ciò che era accaduto l’altra notte, e
soprattutto perché facesse finta di
niente, perché non avesse comunicato alle altre due
l’accaduto, perché non
avesse allontanato quello che l’altra notte era sembrato
essere un nemico. Ma
non fece nulla. Preferì fidarsi della loro guida e rimanere
in silenzio.
Hikaru ed
Umi,
intanto, si lanciavano occhiate di sottecchi. Continuarono a camminare
per un
paio d’ore, e man mano che procedevano gli alberi si
diradavano, e l’erba
diventava più alta.
Ad un
tratto
la vegetazione sparì, e tutto fu inondato di luce. Umi si
coprì gli occhi con
la mano e attese di abituarsi. Due giorni di oscurità
avevano reso la luce una
cosa strana, e le ci volle un po’. Sentì il vento
sul viso, fresco e frizzante,
e respirò a fondo. Poi abbassò il braccio per
vedere.
“Siamo
arrivati” disse Clef.
Umi storse
il
naso. “Sicuro?”
“Sicuro…
ma
che domanda è? Non ti fidi?”
“Ma…
non c’è
niente”
La piccola
radura circolare brillava di luce smeralda, e il vento frusciava
sull’erba
creando onde simili a quelle del mare. A parte questo, era
completamente vuota.
“Scusa
se mi
impunto, Clef, ma… se questa è la Sorgente
Eterna, mi aspettavo come minimo,
non lo so, una sorgente?”
Clef la
osservò un istante, riavviandosi i capelli, poi
sfoderò un sorriso
provocatorio.
“Oh,
ma la
sorgente c’è”
Anche
Ferio si
lasciò sfuggire una risata, anche se un po’
forzata.
“Tu
sai di che
sta parlando, vero?” domandò Umi
all’altro ragazzo. “Perché sono quasi
sicura
che stia cercando di comunicarmi qualcosa, ma non riesco a capire
cosa”
Ma
nonostante
lo fissasse con sguardo assassino non ottenne risposta.
“Ehi,
scherzi
a parte” si intromise Fu. “Che storia
è?”
Clef fece
scorrere lo sguardo lungo la radura e si soffermò su una
piccola altura
rocciosa. La indicò alle ragazze.
“Le
cose
possono cambiare a seconda della prospettiva da cui vengono
vitste”
Umi
arricciò
il naso. “Sì, grazie per questa perla di saggezza,
maestro. Ora di grazia parla
come mangi”
“Arrampicatevi”
“Eh?”
“Fidati
di me”
Le ragazze
si
scambiarono un’occhiata preoccupata, poi sospirarono.
Hikaru fu
l’ultima ad iniziare la scalata e la prima a finirla. Una
volta giunta in cima
all’altura guardò giù.
Brillava
come
fosse fatta di minuscoli cristalli e disegnava un cerchio perfetto. La
Sorgente
Eterna era lì, sospesa a mezz’aria, dove prima
c’era il vuoto. Anche le altre
due osservavano a bocca aperta la scena. Poi Fu aggrottò la
fronte.
“E’
bidimensionale”
Hikaru si
voltò a guardare l’amica. “Eh?”
“Vuol
dire che
ha solo due dimensioni. Si estende per lunghezza e larghezza”
“Ma
non per
profondità” completò
Umi. “Ma non può
esistere un oggetto bidimensionale”
“Non
sulla
Terra” disse Fu. “Ma qui siamo a Sephiro,
chissà quali sono i limiti qui?”
“E’
così?”
chiese Hikaru a Clef.
Il ragazzo
annuì. “Sì, è quasi
esatto”
“Quasi?”
“La
Sorgente,
a dispetto del nome, è più una porta"
spiegò il ragazzo, giocherellando con una
ciocca di capelli. “Diciamo un portale. Se lo intendi come un
tunnel nello
spazio-tempo, non è esattamente un oggetto. Per questo
può esistere in due
dimensioni”
“Un
Wormhole”
concluse Fu.
“Un
che?”
chiese ancora Hikaru.
“Una
scorciatoia per passare da un luogo ad un altro, o addirittura ad un
tempo
diverso. È un po’ complicato da
spiegare…”
“E
adesso?”
Clef
sorrise e
mimò il gesto. “Adesso vi tuffate”
Questa
volta
convincere le ragazze era stato complicato, ma alla fine si erano
arrampicate
di nuovo sull’altura rocciosa,
si erano
prese per mano e avevano saltato gridando un paio di accidenti. La
sorgente le
inghiottì in un baleno di luce.
Dopo quel
lampo nella piccola radura rimasero solo Ferio e Clef. Passarono alcuni
secondi
di silenzio, e la foresta fu muta con loro.
“Allora”
esordì Clef, mettendosi a braccia conserte.
“Parliamone”
“Pensavo
che
avresti fatto come hanno fatto tutti” rispose Ferio.
“Sono
un tipo
originale. Come hanno fatto tutti?”
”Si sono nascosti e aspettano che il tempo ponga
rimedio”
Clef
scoppiò a
ridere in una risata decisamente amara. “Già. Che
bravi. Anche tu fai così?”
“Cosa
pretendi?”
Gli occhi
di
cristallo del Monaco Guida s’incendiarono. “Cosa pretendo? Pretendo che tutti quelli
che hanno
azzardato parlare di ideali ora si alzino in piedi e mettano mano al
loro
coraggio per fare la differenza, ecco cosa pretendo!”
“Ma
come
potrei?! Maledizione, Emeraude è mia sorella!”
“Soprattutto
perché è tua sorella! Dovresti esserci tu al
posto mio, vigliacco!”
“Non
tutti
hanno la tua stessa risolutezza! Forse tu puoi uccidere Zagart ed
Emeraude
senza paura di non riuscire più a dormire, ma io no!
E’ questo che succederà!
Ci ammazzeremo gli uni con gli altri! Come abbiamo potuto lasciare che
accadesse?!”
Clef
cercò di
rilassare i muscoli, la sua voce si fece più ferma.
“Hai
un bel
coraggio a fare una domanda simile. Noi c’eravamo. Forse
avremmo dovuto fare di
più. Non lo so. Non mi importa. Bisogna riparare al danno
fatto”
Ferio
scosse
la testa. “Non posso. E’ mia sorella. Non
posso”
Il Monaco
Guida si strinse nelle spalle. “Come vuoi, non intendo
provare a persuaderti.
Solo, non metterti sulla mia strada”
“Perché
lo
fai?”
Era una
domanda semplice, la più importante. Clef abbassò
lo sguardo. Una domanda così
importante che la risposta sembrava banale.
“Perché
è
giusto”
“E’
giusto che
Emeraude muoia?”
“E’
giusto che
lei abbia ciò che chiede”
“Sei
sicuro di
volerlo fare tu?” chiese Ferio.
“No,
per
niente. Non sono sicuro di nulla. Ma lo ha chiesto a me. Sono rimasto
solo io”
“Pensi
che io
te lo lascerò fare, senza intromettermi?”
Clef
rimase un
attimo in silenzio, riflettendo. “Credo di sì. Non
mi fermerai”
“Perché
lo
pensi?”
“Perché
so che
le vuoi bene”
Ferio
rise.
“Hai ragione.” Poi si riavviò i capelli.
“Ma soprattutto non lo farò perché
sono stanco di combattere i miei amici. Me ne voglio tirare fuori e
fare finta
di niente”
“Allora
non ti
devo considerare un nemico?”
Ferio
scosse
la testa, con un mezzo sorriso. “No. E poi non potrei. Sono
così diverse da
come mi sarei aspettato i Cavalieri…”
Clef
sbuffò.
“Davvero…”
“Sei
preoccupato?”
“Eccome.
Ma le
hai viste? Sembrano così delicate…”
“Però
hanno
tutte e tre un bel caratterino eh?”
“Speriamo”
Clef si risistemò la fondina addosso, poi si sedette
sull’erba a gambe
incrociate con uno sbuffo.
“A
proposito”
disse. “Hai notizie di Lantis?”
Ferio
scosse
la testa. “Nessuno sa più niente di lui da due
mesi”
“Hai
idea di
dove possa essere andato?”
Il ragazzo
col
codino fece spallucce. “Forse. Non saprei”
“Ootozam?”
“Mi
viene in
mente solo quello”
Clef
fissava
incantato l’erba ciondolare al vento. “Ha fatto la
sua scelta”
Il
frusciare
dell’erba musicava una melodia delicata, appena udibile in
tutto quel silenzio.
Ma c’era qualcosa di strano, un rumore che stonava. Un suono
leggero. Un
frullio d’ali.
“Lo
senti?”
chiese Ferio. Aveva irrigidito i muscoli e messo mano
all’elsa della spada,
legata dietro la schiena.
“Da
dove
viene?”
“Dalla
foresta?”
Clef
scosse la
testa. “No, le creatura della Foresta del Silenzio non si
avvicinano alla
radura della Sorgente”
“E
allora da
dove?”
L’erba
ebbe un
sussulto, una raffica di vento inondò la radura. Clef e
Ferio alzarono lo
sguardo.
Nel cielo
si
dimenava un’ombra scura, non molto grande, sbatteva le ali
con foga. Clef non
riusciva a vedere di più, la luce del sole gli feriva gli
occhi, accecandolo.
“Andiamo
via!”
disse Ferio.
“No,
non sono
ancora tornate” rispose Clef, mentre il vento gli agitava i
capelli sul viso.
“Non
abbiamo i
mezzi per affrontare un nemico con le ali, dobbiamo andare!”
il ragazzo
rimase immobile, non riusciva a decidersi. Sapeva di dover fuggire, ma
sapeva
anche che se si fosse allontanato avrebbe lasciato
le ragazze il balia di un nemico sconosciuto.
La
creatura si
avvicinava velocemente, così Ferio decise per entrambi:
afferrò l’amico per un
braccio ed ignorò le sue proteste, trascinandolo di nuovo
nel buio della
Foresta.
“Si
sono
nascosti”
“Ho
visto. Non
importa”
Alcione
spronò
la fiera volante perché andasse più in basso.
Quella emise un fischio ed
eseguì.
“Dovremmo
dividerli” disse la voce dietro di lei.
La donna
scosse la testa. “No. Abbiamo degli ordini da eseguire, e li
eseguiremo alla
lettera”
“Come
vuoi”
rispose l’altro.
“Va
bene
quest’altezza?”
“credo
di sì”
“Allora
fai
quello che devi fare”
Clef
estrasse
l’arma e se la rigirò tra le mani. Rimasero
immobili, nascosti nell’ombra delle
fronde. La radura era ancora ben visibile tra i rami, se fosse accaduto
qualcosa sarebbero stati in grado di intervenire.
“A
proposito”
bisbigliò Ferio. “Scusa per prima”
“Niente”
rispose Clef. “Hai fatto bene. Secondo te che
cos’è quell’affare?”
“non
lo so, ma
di sicuro è un guaio”
“Non
veniva
dalla Foresta, sono sicuro”
“Perché
si
sarà piazzato proprio lì?”
“Che
vuoi
dire?” domandò Clef, sempre senza staccare gli
occhi dalla radura.
“Che
è una
postazione particolare, no? Di solito questi mostri schifosi non
brillano
d’intelligenza, questo invece sembra aver scelto un punto
strategico…”
Clef
annuì.
“Hai ragione. Che diavolo vorrà?”
In quel
momento la radura si illuminò e li investì
un’ondata di calore e di puzza di
bruciato.
La
creatura
aveva lanciato una deflagrazione e gli alberi avevano preso fuoco in un
istante. Poi un tuono, e altre fiamme. E di nuovo, e ancora. Le
deflagrazioni colpivano punti differenti, a poca distanza gli uni dagli
altri. Il mostro stava incendiando tutta la
foresta, sistematicamente.
Clef e
Ferio
rimasero paralizzati, in attesa che una deflagrazione li travolgesse,
incapaci
di staccare gli occhi dalla piccola radura, circondata dalle fiamme.
Passarono
diversi secondi.
“Perché?”
sussurrò Ferio.
“Ti
pare il
momento per l’esistenzialismo?”
“Perché
colpisce la parte della foresta opposta a quella dove siamo noi? Ci ha
visto
fuggire, e non ci attacca?”
“Quel
coso ce
l’ha con noi di sicuro, non c’è nessun
altro qui”
Clef
rimase
immobile mentre la foresta bruciava e si illuminava di luce rossa. La
radura,
però, era illesa, e alle loro spalle c’era ancora
l’oscurità.
“Non
ci sta
attaccando” sussurrò. “Ci sta tagliando
le vie di fuga”
“Eh?”
“Sta
bruciando
la metà di foresta opposta. Vuole farci tornare
indietro”
Le fiamme
li
stavano circondando. Ormai la via di fuga era obbligata.
“E’
un
trappola” constatò Ferio. “Che
facciamo?”
“Sai
attraversare un muro di fiamme rimanendo illeso?”
“No”
“E
allora
cadiamo nella trappola”
C’era
fumo.
Dovevano andare via.
In quel
momento nella radura ci fu un sussulto, poi un lampo di luce candida.
Dopo meno
di un istante il bagliore sparì.
Umi
riaprì gli
occhi lentamente. Era confusa, disorientata. Non era più
nella Sorgente Eterna,
c’era troppo rumore attorno a lei. Troppa luce. E odore di
bruciato.
Voleva
muoversi, ma non riusciva a trovare le gambe, o le braccia. Non sentiva
il
suolo sotto i piedi. C’erano dei rumori fortissimi.
Sentì
qualcosa
afferrarle la vita e strattonarla, tirarla giù, e poi
sentì di nuovo il
pavimento, terra ed erba contro la guancia. C’era una voce
che urlava, che
cercava di sovrastare gli altri rombi assordanti. Qualcuno la
sollevò da terra,
la teneva in braccio, correva inciampando, mentre il mondo intorno
esplodeva.
Voleva
scuotersi, ma non ci riusciva. Sentiva una stanchezza pesante
precipitarle
addosso, aggrapparsi ai suoi polsi, alle sue caviglie, e renderla
pesante,
immobilizzandola. C’era puzza di bruciato, così
forte da star male.
E poi
odore di
erba, e terra.
Della
stoffa
le stava sfregando contro la guancia, era calda. Aveva un profumo
particolare,
indefinibile. Di cose lontane.
Spalancò
gli
occhi. Sopra di lei il viso di Clef era rosso dalla fatica, imperlato
da
piccole gocce di sudore. Stava correndo, ma era impacciato, inciampava.
Aveva
il fiato corto. Doveva chiamarlo. Dirgli che era sveglia, che stava
bene. Ma
aveva il corpo pesante, voleva solo dormire.
Doveva
dire
qualcosa. Chiamarlo.
“Tua
hai… un
buon odore”
Clef
abbassò
lo sguardo su di lei, e si fermò. Ferio gli urlò
di continuare a correre, ma il
ragazzo non si mosse.
“Stai
bene?”
lo disse in un sussurro, non aveva più fiato, non riusciva
più a correre.
Umi
annuì,
almeno ci provò.
“Puoi…”
Clef provò
a parlare, ma non ci riusciva. “Puoi camminare?”
Di nuovo
la
ragazza annuì. Non era vero, ma lui non era in grado di
continuare con lei in
braccio.
Clef la
mise
giù, afferrandola in modo che lei potesse appoggiarsi a lui
e le disse di
correre. Intorno a loro, la foresta bruciava.
Ovunque
c’era
la luce delle fiamme.
Ferio
teneva
Fu caricata sulle spalle, e stringeva la mano di Hikaru, che correva
malferma
sulle gambe. Anche
lei doveva aver ripreso conoscenza da poco. Clef la spinse a correre,
ma Umi faceva fatica a rendersi conto di cosa stesse succedendo.
Cercavano di tenere il passo, ma lei poteva sentire Clef incespicare e
chinarsi sotto il peso della fatica, fremere ai colpi di tosse per il
fumo soffocante.
Il fumo. E
la puzza di bruciato. La luce del fuoco.
La Foresta
bruciava. Ad un tratto questa consapevolezza la travolse. Il senso di
torpore
scomparve, e Umi avvertì una scarica elettrica nelle gambe.
Si scostò da Clef e
lo afferrò per il polso.
“Corri!
Devi
correre!” gli urlò.
Ma il
ragazzo
sentiva le gambe pesanti, e il cuore scoppiargli. Non riusciva
più ad andare
avanti.
Cadde a
terra
sulle ginocchia. Umi lo afferrò da sotto le braccia e
cercò disperatamente di
tirarlo su, lo costrinse a continuare a muoversi.
Chiamò aiuto, ma
non si sentì rispondere. Si voltò, e si accorse
che Ferio, Hikaru e Fu erano
spariti. Era rimasta indietro, e ora erano soli.
“Alzati!”
gridò a Clef, con la voce spezzata dal terrore.
Il ragazzo
non
rispose, tossì violentemente, e con la mano spinse contro la
gamba di lei. Le
stava dicendo di andare. Umi scoppiò a piangere.
“Non
essere
ridicolo! Avanti, muoviti!”
Lo
afferrò di
nuovo, provò a tirarlo su in piedi, ma ci fu un rombo, poi
tutto divenne rosso.
Una
deflagrazione si era abbattuta appena dietro di loro, e ora gli alberi
erano
divorati dalle fiamme, che si espandevano velocissime sulle altre
fronde. Uno
dei tronchi schioccò e cominciò ad inclinarsi.
Clef prese Umi per una spalla e
la strattono via, prima che l’albero le precipitasse addosso.
Uno dei rami,
però, lo colpì sulla schiena, schiacciandolo a
terra. Batté la testa e non si
mosse più.
Umi rimase
paralizzata dal terrore, incapace di fare altro se non fissare il
ragazzo a
terra, aspettando che si rialzasse, fino a che le lacrime non
l’accecarono.
Tossì.
Il fumo
aveva reso l’aria irrespirabile. Il tronco che era caduto
aveva spezzato un
altro albero, e le fiamme ne troncavano sempre di più. In
pochi, lunghissimi
secondi, il fuoco aveva distrutto tutto attorno a loro, e le sue punte
indemoniate lambivano il cielo.
Umi si
accucciò accanto a Clef, disperata, chiamandolo in un
sussurro tra le lacrime.
Ma lui non rispondeva.
Le fiamme
li
circondavano, e ormai la ragazza sentiva il calore del fuoco bruciarle
il corpo
e il viso.
Alzò
lo
sguardo verso il cielo.
Stava
già
scendendo la sera, nonostante non dovesse essere che pomeriggio
inoltrato. Non
c’erano nuvole, e già si vedevano alcune stelle.
Alcune lingue di foco si
allungavano verso quei minuscoli punti luminosi, come se cercassero di
afferrarli.
Sarebbe
morta.
Lontana da casa, e sola. Avrebbe provato dolore, le fiamme le avrebbero
bruciato i polmoni come carta.
Provò
un
terrore feroce, l’istinto di preservare la propria esistenza
a tutti i costi.
Ma
qualcos’altro accompagnò la paura e si
insediò velocemente in lei.
Non aveva
nessuna intenzione di morire in quel modo.
Tra quelle fiamme, con il sale delle
lacrime secche che le bruciava il viso, si sentì potente.
Una forza nuova, che
non aveva mai sentito prima, la pervadeva completamente, e continuava a
crescere, e quando dentro di lei non ci fu più posto per
quella nuova energia,
le zampillò dalle dita, da ogni singolo capello, dalle
ciglia degli occhi.
E
così venne
l’acqua. Un vortice di cristallo le si avviluppò
addosso, poi esplose, contro le
fiamme, le combatté alcuni istanti, infine le soppresse.
Rimasero
il
fumo, il cielo e la terra annerita.
E pioveva.
_________________________________
Bentornata a me! Chiedo perdono per non aver postato per tanto tempo,
ma sono oberata dagli impegni... tra scuola di disegno, scuola
quell'altra, i compiti di scuola quell'altra e le ripetizioni di
matematica e fisica... mamma mia!! XD Quindi cercate di capirmi....
però adesso proverò a recuperare e mi
metterò a scrivere anche in classe (noi bravi studenti...).
Un saluto a tutti, e commentate!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 10
CAPITOLO DECIMO: LA PROPOSTA DELL'AVVERSARIO
Clef
sentì un ago di gelo pungergli la guancia. Lo circondava un
suono leggero e il freddo gli scorreva addosso in piccoli rivoli
sottili, sulle labbra e tra i capelli. Aprì gli occhi: le
fiamme
erano sparite, e tutto era stato annerito dal fuoco. Non c'era
più frastuono, solo il rumore della pioggia.
Quando provò ad alzarsi in piedi sentì una fitta
lancinante al petto. Tossì per il dolore, e sentì
le
gambe che tremavano. In quel momento il suo sguardo appannato si
posò sul corpo esile di Umi. La ragazza stava inginocchiata,
con
le braccia abbandonate lungo i fianchi e la testa piegata da un lato,
con i capelli zuppi di pioggia che le coprivano il viso. Rimase
paralizzato a fissarla, inchiodato dal terrore di non vederla
respirare. Ma dopo un istante infinito le spalle della ragazza ebbero
un piccolo sussulto. Clef sospirò di sollievo, ed ignorando
il
dolore diffuso in tutto il corpo le andò vicino e
provò a
scuoterla. Lei gli cadde addosso come un peso morto, totalmente inerte.
Le scansò i capelli dal viso e le poggiò la mano
sulla
guancia per svegliarla.
"Mi senti?" la chiamò con la voce ridotta ad un sussurro.
"Avanti, dì qualcosa..."
La pioggia palpitò ancora qualche istante, poi
cessò, e rimase un silenzio opprimente.
"Qualsiasi cosa. Non c'è bisogno che tu dia una cosa
intelligente, va bene anche un'idiozia! Una battuta acida,
un'espressione volgare, mi accontento di poco io, però, ti
prego, dì qualcosa"
La mano di Umi afferrò la camicia fradicia di Clef.
"Non..." tossì. "...non ci sono più le mezze
stagioni..."
Clef scoppiò a ridere,e la sua risata suonò
cristallina nell'aria.
"Mi hai fatto prendere un colpo" le disse, ancora ridendo.
"A chi lo dici" rispose la ragazza. Sollevò l'altra mano per
sfiorargli una ciocca di capelli, e osservò una goccia
d'acqua
precipitare da quei fili argentati e scivolarle sulle dita.
"Stai bene?" le domandò il ragazzo mentre l'aiutava a
rialzarsi.
"Abbastanza, credo"
"Che è successo?"
Umi scosse la testa. "Non ne ho idea. Ho avuto paura. Ho creduto di
morire, penso. E poi ho sentito un'energia enorme dentro di me, che mi
usciva dalla punta delle dita... e ha cominciato a piovre"
Clef si portò i capelli indietro, passandosi una mano sugli
occhi per asciugarli.
Umi lo squadrò, mentre riprendeva l'equilibrio.
"E' tanto preoccupante?"
"...no, non proprio, ma..." Clef tossì forte, sentiva dolore
ovunque. "Credo... di dovermi sedere..."
Umi provò a dargli una mano, ma anche lei era debole ed
inciampò. Caddero insieme, sollevando uno sbuffo di polvere
e
cenere. Dopo un istante di sbigottimento scoppiarono a ridere, e le
risate dell'uno alimentavano le risate dell'altra, e si ritrovarono a
ridere più forte che potevano, con le lacrime agli occhi e
senza
un minimo di contegno, contro il cielo grigio di fumo sopra di loro.
Clef levò lo sguardo in alto. Attorno a loro la Foresta era
devastata, e ora che gli alberi erano caduti si vedeva il disco pallido
del sole, annebbiato dalla cenere che piroettava in aria trasportata
dal
calore.
"Io credo" disse il ragazzo. "Che ti abbia usato per la prima volta la
tua magia"
Umi inarcò un sopracciglio. "Mi prendi in giro?"
"No, figurati. Qui a Sephiro la maggior parte della popolazione
è in grado di farlo. A voi Cavalieri Magici, secondo la
leggenda, sono affidati gli elementi del fuoco, dell'aria e dell'acqua,
che a quanto pare è quello che controlli tu"
"Davvero?" disse Umi. "Forte!". Dopo tutto quello che le stava
accadendo non era difficile credere alla magia.
"Probabilmente è qualcosa che hai sempre posseduto in
potenza,
ma che nel tuo mondo non si può manifestare. Comunque
è
strano"
"Cosa? Cioè, sì, è strano, ma..."
"Nella Foresta del Silenzio non si dovrebbero poter usare magie di
nessun genere, tranne che nella radura della Sorgente Eterna"
"Oh, a
proposito della Sorgente Eterna, certo che un paio
di dritte potevi pure darcele!E' stata un'esperienza terrificante!"
"Io non sono mai entrato nella Sorgente, non so in cosa consista la
prova per ottenere l'Escudo" ripose Clef stringendosi nelle spalle.
"Comunque credo che il fuoco abbia consumato la foresta tanto da
distruggere anche il suo incantesimo"
"Posso fare le magie... come nei cartoni animati! E' quello che ho
sempre sognato!"
Clef sbuffò, rassegnato all'entusiasmo ebete della ragazza.
"Comunque sia, la cosa più importante adesso è
raggiungere gli altri, e magari anche anticiparli"
"E come facciamo?" chiese Umi senza staccare gli occhi dalle proprie
mani, come se fossero zuppe di misticismo.
"Spostati. Faccio un tentativo"
La ragazza lo guardò inclinando la testa, poi si fece da
parte
scavalcando gli alberi carbonizzati umidi di pioggia, e rimase in
attesa, strizzandosi gli abiti.
Clef cominciò a sussurrare formule intricate in una lingua
che
Umi non conosceva e che sembrava traboccargli dalle labbra come argento
liquido.
Sul terreno di fronte a lui presero a disegnarsi da sole delle forme
luminose, chiudendosi in una figura geometria complessa tempestata di
scritte, un cerchio magico. Umi fu accecata dal lampo di luce. Quando
fu
di nuovo in grado di vedere, dove prima c'era il vuoto ora stava eretto
e composto il grifone dalle piume candide che le aveva salvate qualche
giorno prima.
Clef fece una risata soddisfatta.
"Incredibile, ci sono riuscito davvero! Pensavo sarebbe scomparso in
una nuvoletta di fumo o una cosa del genere..."
"Posso fare anche io una cosa così?" domandò Umi,
osservando incantata la bestia mitologica.
Il ragazzo i strinse nelle spalle. "Non credo. La tua magia
è di tipo diverso. La mia è più...
accademica"
"Cioè?"
"Ho studiato a scuola. Ora sali"
Con i vestiti zuppi di pioggia faceva freddo già a terra, ma
in
volo si gelava. Umi stava avvinghiata a Clef e batteva i denti
furiosamente. Il ragazzo invece stava ben dritto e non dava segni di
particolare sofferenza, ma aveva le labbra viola e Umi lo sentiva
tremare.
"Non hai freddo?" gli chiese, cercando di sovrastare il rumore del
vento.
"Eh?Ah, sì, beh, provo a non pensarci troppo, devo rimanere
concentrato sul volo... tu hai freddo?"
"Come mai in vita mia"
"Mi dispiace ma non ho niente con cui coprirti, credo che ti
toccherà sopportare.." le rispose con un sorriso.
La Foresta del Silenzio sfrecciava sotto di loro, ancora in fiamme.
Credi che gli altri se la caveranno?" chiese la ragazza.
"Ferio è piuttosto affidabile sotto questo punto di vista"
"Le proteggerà?"
"Certo" le rispose, ma in realtà non era troppo sicuro.
Volando andavano molto più veloce che a piedi,
così, dopo
poco più di un'ora intravidero la radura dove sorgeva la
casa di
Plesea. Clef aggrottò la fronte. Sembrava tutto tranquillo.
Spronò il grifone e lo fece atterrare.
"Tutto bene?" chiese a Umi mentre l'aiutava a scendere.
"Freddo. Tanto freddo. Plesea si sarà accorta che la foresta
brucia?"
"Non credo. Da qui non si vede"
"Allora dobbiamo avvertirla e portarla via con noi"
Umi si avviò verso la porta di casa già col pugno
alzato,
pronta a bussare, ma Clef la fermò a metà strada.
"Aspetta, non sono convinto"
"Perché?"
"Nella Foresta del Silenzio ci hanno teso una trappola, era evidente, e
ci hanno costretto a tornare qui. Dobbiamo stare attenti"
"E quindi?"
"E quindi busso io"
"Sempre così guardingo" sibilò una voce alle sue
spalle.
Clef si voltò ed estrasse la spada. Non c'era nessuno. Umi
si
nascose dietro di lui, impugnando il fioretto con poca convinzione.
"Avanti" disse Clef. "Fatti vedere, Alcione"
La donna comparve a a pochi metri da loro, svestendosi di un velo di
pece nera che l'aveva resa invisibile.
"Ciao" disse con oce melliflua. "Ti trovo bene"
"Vuoi scherzare? Sono un disastro, ho tutti i capelli in disordine"
rispose Clef . "Sei qui per darmi problemi?"
Lei sorrise. "Temo di sì"
"Ti ha mandato di nuovo Zagart?" Continuò il ragazzo. Con la
mano fece un gesto appena percettibile, colpendo Umi sulla gamba. La
ragazza sobbalzò.
Alcione annuì lentamente., muovendo alcuni passi in avanti.
"E mi ha chiesto" rispose la donna. "Di farti una proposta"
Clef colpì di nuovo Umi con più urgenza. "Che
c'è?!"
"Vai via" sibilò lui. "Mettiti a correre, io la trattengo"
"No!" protestò la ragazza.
"Invece sì! Prendi Plesea e scappa!"
Umi sentì la paura nella voce del ragazzo, e così
annuì.
Alcione tese una mano, come un invito.
"Vieni con noi. Unisciti alla nostra causa"
Clef rimase paralizzato. "Cosa?"
"Eravamo amici. Una volta eravamo compagni. Non è quello il
tuo posto"
"E' vero. Dovrebbe essere il vostro"
"Non sei stanco? Non ci saranno più guerre"
Clef ebbe un'istante di esitazione. Ciò che gli era
più amaro era trovarsi contro chi era suo amico.
Per un attimo accarezzò l'idea di accettare, ma fu solo per
un attimo.
Aveva fatto una promessa.
"Non si può più tornare indietro"
Spinse Umi e la ragazza si lanciò in una corsa furiosa. Clef
fece scivolare un piede di lato, allargando le gambe. Alcione rimase
immobile a guardarla fuggire, con un sorriso sulle labbra dipinte di
rosso ed un balenio negli occhi.
Clef aggrottò la fronte. Era strano. L'obiettivo di Alcione
dovevano essere i Cavalieri, non lui. Invece la donna rimaneva immobile.
Comunque, non importava.
Li separavano poco meno di una decina di metri, non le avrebbe dato il
tempo di fare nulla.
Alcione lasciò scivolare una gamba dietro
all’altra e
allargò le bracca, sempre con quel sorriso sulle labbra
dipinte
di rosso sangue. Clef scattò in avanti.
Umi scartò di lato, incespicando nei propri passi, passando
dietro la casa di Plesea con la speranza di non essere stata vista, ma
non aveva tempo per girarsi a controllare. C’era una porta
nascosta da alcuni fiori poco curati. Si aggrappò alla
maniglia
con il cuore in gola e provò ad aprire, ma sembrava chiusa a
chiave. Cominciò a colpire la porta e a chiamare il nome di
Plesea, tempestò di pugni il legno massiccio.
Ci fu un boato dall’altra parte della casa, dove aveva
lasciato
Clef da solo. Umi gridò ancora il nome
dell’armaiolo,
disperata. La porta finalmente si aprì e comparve Plesea,
pallida e con i capelli scompigliati.
“Umi! Che succede?”
La ragazza non rispose, l’afferrò per un braccio e
la trascinò via.
“Corri!” le disse ansimando. “Corri
più veloce che puoi!”
Plesea non se lo fece ripetere due volte. Un altro boato e il cielo si
illumino di una sinistra luce livida. Umi era provata, ormai non ce la
faceva più. Il cuore le scoppiava. Non avrebbe resistito a
lungo. Dovevano nascondersi.
Clef cadde a terra e batté la testa. Sentì un
fiotto di
sangue in bocca. Vide Alcione chinarsi su di lui e scoppiare a ridere.
“Sai la cosa divertente?” gli chiese.
Clef tossì. “Illuminami…”
“Che questa volta ti ho fregato. Non puoi fare più
niente”
Il ragazzo tossì ancora. Gli si annebbiava la vista.
“Ah… sì…? E cosa ti
dà… tanta sicurezza?”
“Sai, in realtà non ci contavo troppo, ma tu ti
sei comportato proprio secondo i piani”
“…piani…?”
Alcione sorrise con odio furente.
“Hai fatto un errore. Hai dato qualcosa per
scontato”
Il ragazzo si tastò il fianco, e sentì il sangue
caldo
bagnargli le dita. Alcione continuò a parlare senza
distogliere
lo sguardo dagli occhi di lui che, lentamente, cominciavano a vagare
nel buio.
“Hai dato per scontato che io fossi sola”
La terra sussultò. Umi inchiodò e cadde,
trascinando Plesea a terra con sé.
“Cos’è stato?!” chiese
l’armaiolo,
spaventata a morte. Il suolo palpitò di nuovo, e si
spaccò. Le due ragazze scattarono in piedi ed arretrarono.
Dalla fenditura nel terreno uscì uno stridio acuto, e poi un
gorgoglio profondo. Umi e Plesea impallidirono alzando lo sguardo.
Somigliava ad un enorme lombrico, ma aveva due piccole braccia ai lati
del corpo, con quattro dita sottili. Non aveva testa, né
occhi
né altro, solo una bocca troppo grande, rotonda e con mezza
dozzina di file di denti. E naturalmente, sbavava.
“Che… che diavolo è?”
domandò Umi, in un misto di terrore e disgusto.
“Non ne ho idea…”
“Dici che è amichevole?”
Plesea si girò a guardarla, alzando un sopracciglio.
“Lo
sai che hai la stessa fastidiosissima ironia di Clef?”
“E lo sai che tu riesci ad alzare un sopracciglio solo come
fa lui? È pazzesco”
Il lombrico gridò di nuovo, e colpì il terreno.
Si
tirò fuori dalla fessura e prese a strisciare verso di loro.
Umi e Plesea si voltarono e ripresero a correre veloci come il vento.
La
creatura dietro di loro le inseguiva, e in breve le avrebbe raggiunte.
Continuava a colpire il terreno con il corpo, e quei sussulti le
facevano incespicare. Gridava come un bambino indemoniato.
Plesea afferrò Umi per i vestiti e la trascinò
verso la porta sul retro della sua casa.
“Dove vai?!”
“Vieni dentro!”
Si richiusero la porta alle spalle immediatamente.
“Corri!” Le disse Plesea. “E
nasconditi!”
Umi provò a fuggire, ma la casa le era estranea, e non
riusciva
a trovare un nascondiglio. La porta fu scossa da un colpo tremendo e si
frantumò immediatamente. Umi cadde a terra battendo la
testa contro uno spigolo del muro. Il lombrico gigantesco era ad un
soffio da lei, si dimenava furiosamente, la sua bocca
dentata le vorticava confusamente davanti, e continuava a fischiarle
d’odio contro la faccia. Ma non la raggiungeva. Era a pochi
centimetri da lei ma non la colpiva. La ragazza si azzardò a
sbirciare tra le dita dell mani con cui si stava riparando il viso. La
creatura era rimasta incastrata nella porta.
Umi fece fatica a respirare di nuovo, ma quando si riprese
scoppiò a ridere. Aveva una fortuna
così
sfacciata che era quasi comica.
Alla fine il verme gigantesco si calmò, grugnì e
poi si
ritrasse, distruggendo completamente quel poco che rimaneva della
porta, e rimase lì immobile, a fare la guardia per non
lasciarle
uscire.
Umi provò a rimettersi in piedi, ma le tremavano le gambe
dallo
spavento, e non riusciva a vedere nulla perché i capelli le
avevano inondato la faccia. In quel momento riapparve Plesea, tutta
affannata e con una spada che le tremava tra le mani. Si
guardò
intorno, confusa.
"Dov'è l'affare?"
Umi indicò la porta abbattuta. "Fuori. Non possiamo uscire"
"Proviamo dalla porta d'ingresso. Dove sono gli altri?"
"Nella foresta ci siamo separati da Hikaru, Fu e Ferio"
"Ferio?" esclamò Plesea mentre la conduceva per il lungo
corridoio della casa.
"Poi ti spiego"
"E Clef?"
"E' fuori, a bloccare quella donna con i capelli lunghi..."
Ci fu un altro boato, e la casa fu inondata di luce livida. Si
sentì la voce di Alcione, attutita dai muri, che lanciava un
grido. Poi la porta principale sbatté. Le due ragazze
rimasero
impietrite dalla paura, e Clef passò davanti a loro correndo
a
rotta di collo, poi inchiodò e tornò indietro,
sudato,
sporco e pieno di sangue.
"Tutto bene?" chiese con un filo di voce. Plesea annuì,
mentre
Umi si limitava a fissare il sangue sul viso del ragazzo che gli
circondava gli occhi azzurri e gli colava dai capelli.
Clef rispose al suo sguardo con un mezzo sorriso, assolutamente
inappropriato all'immagine lugubre del suo viso imbrattato.
"Tranquilla, non è mio"
Il ragazzo prese per mano la sorella, e Plesea afferrò la
manica di Umi.
"Credo di essere riuscito a rallentarla, Usciamo dal retro"
Plesea lo strattonò per fermarlo. "Impossibile:
c'è un verme gigante che blocca la porta"
"Un cosa?"
Qualcosa colpì le finestre, distruggendo i vetri. Si
buttarono a
terra, cercando di ripararsi, Umi sentì la mano squarciarsi
ed
urlò di dolore.
Una lunga lama di ghiaccio giaceva conficcata nel muro, ancora vibrante.
La porta d'ingresso esplose, venne completamente scardinata, e Alcione
varcò la soglia distrutta, tenendosi il braccio scarnificato
grondante sangue.
Umi scattò in piedi. "E meno male che l'hai rallentata"
"Oh, la prossima volta lo fai tu, va bene?" le rispose Clef mentre la
spingeva verso il corridoio da cui venivano.
"Non di là!" gridò Plesea. "C'è il
verme!"
"Non importa!"
"A me un po' importa!" rispose Umi.
Alcione lanciò di nuovo le sue lame di ghiaccio, che li
mancarono di un soffio e sfondarono il muro.
Il lombrico gigante era ancora là, che li aspettava
ringhiando. Clef estrasse la spada dal fodero.
"Non vorrai combatterci!" esclamò Plesea.
"Scherzi? Hai visto quanto sbava? Io non lo tocco" le rispose lui.
Il ragazzo afferrò la lama e prese la mira, poi la
lanciò contro il mostro.
Il lombrico gridò e si ritrasse, con la spada conficcata nel
corpo. Uscirono dalla casa a rotta di collo, mentre il mostro
già si rialzava. Clef, prima di seguire le due ragazze, si
avvicinò alla bestia e divelse la sua arma, stando ben
attento a
non sfiorare nulla di viscido e disgustoso.
Quando le raggiunse gridò: "Via, di corsa verso la
foresta!"
In quel momento la luce del sole fu oscurata. Umi rallentò
per alzare lo sguardo verso il cielo.
La fiera alata che li aveva attaccati nella radura della Sorgente si
stava precipitando in picchiata verso di loro, fischiando furente.
Plesea afferrò Umi ed il fratello per i vestiti, cercando di
tirarli indietro verso la casa, ma vide Alcione uscire dalla porta sul
retro, piena di sangue. Non potevano tornare indietro.
Clef si rese conto che non potevano esitare un istante di
più:
spinse via le ragazze, buttandole a terra per proteggerle. In quel
momento la fiera atterrò, affondando gli artigli a pochi
metri da
loro e facendo tremare il terreno.
"In piedi, in piedi!" le costrinse a rialzarsi e a correre ancora, ma
ormai Alcione li aveva quasi raggiunti e già recitava
l'incantesimo.
Clef tese la mano ed una scarica luminosa si abbatté sulla
donna, che gridò di dolore, ma il rinculo della magia,
eseguita in modo impacciato, lo fece
cadere indietro per l'ennesima volta. La fiera spalancò le
fauci
e lanciò una deflagrazione. Clef riuscì a
scansarsi
appena in tempo, ma la terra sollevata dal colpo li travolse,
ferendoli. Umi si chinò per ripararsi, e Clef non la vide,
finendo per inciamparle addosso e cadere ancora. Questa volta la fiera
prese la mira con cura.
Umi si rialzò per cercare di capire chi l'avesse urtata, con
tutti i capelli sul viso che le impedivano di vedere bene, e
così, senza nemmeno accorgersene, si ritrovò in
piedi tra
Clef e la deflagrazione. Quando si voltò indietro le fiamme
l'avevano già raggiunta.
Di nuovo, senza che se ne rendesse veramente conto, quella forza
dirompente esplose e le fuggì dal corpo, schiantandosi
contro le
fiamme della fiera, smorzandole in un rombo sordo.
La ragazza si accorse di aver disteso il braccio, e che ora rivoli
d'acqua lo lambivano, rivoli che diventavano flutti e poi mulinelli
azzurri e che si dirigevano verso la fiera vorticando come draghi
furiosi. L'acqua travolse la creatura, con un rumore assordante, e poi
inondò la terra. Quando la magia si smorzò la
fiera rimase a terra, inerte. Umi cadde sulle ginocchia, completamente
svuotata di ogni energia.
Alcione sentiva che le gambe non la reggevano più, ma non
poteva
assolutamente lasciare che fuggissero, non poteva tonare portando con
sé la vergogna del fallimento, non lo avrebbe sopportato.
Tese
la mano di fronte a sé e cercò quel poco di forze
che le
rimanevano. Era lì, a terra, senza forze, a pochi metri da
lei.
Bastava uccidere quella ragazzina dai capelli lunghi, bastava uccidere
uno solo dei tre Cavalieri perché la profezia non si
avverasse.
Bastava così poco per vedere quel viso illuminarsi di nuovo
di
gioia. Per quegli occhi, per quel sorriso, avrebbe fatto qualunque
cosa, avrebbe venduto l'anima. Le lame d ghiaccio fischiarono
nell'aria, affilate come pugnali e scintillanti come diamanti al sole.
Clef prese Umi per i capelli e la tirò a sé un
istante
prima che le lame di Alcione la trafiggessero. provò a
rimetterla
in piedi, ma lei pesava tra le sue braccia come un cadavere. Alcione
scagliò un secondo attacco, e Clef non reagì in
tempo.
Le lame li graffiarono, lacerarono i loro vestiti tra guizzi di sangue.
Umi non si mosse, non gridò. Plesea corse loro incontro, ma
Clef
le urlò di non avvicinarsi. Una delle lame gli trafisse il
braccio e rimase lì conficcata. Quando la raffica
terminò il ragazzo impiegò tutta la sua forza di
volontà per rimanere in piedi, con il corpo di Umi che
premeva
contro il suo e pesava come ghisa. Il sangue gli colava dai capelli,
sugli occhi, lo accecava. Non riusciva a respirare dal dolore. Tra le
gocce di sangue riuscì a vedere Alcione, in ginocchio a
terra,
ad una decina di metri da lui, con la mano ancora tesa e il vestito
coperto di sangue.
Clef parlò ansimando: "Voglio sapere... perché lo
stiamo facendo veramente"
La donna lo guardò, abbassò il braccio e
sembrò sul punto di scoppiare a piangere.
"Non lo so"
"Allora basta"
Alcione scosse la testa. "Non posso. Ho cercato di trovare un altro
modo, ma non ci sono riuscita. Scusami. Io non conosco altra strada che
questa"
"Io non lo voglio fare"
"Nemmeno io, ma davvero credi che importi qualcosa?"
Clef chiuse gli occhi. Lo sapeva dall'inizio, forse anche da prima, che
una guerra non si sarebbe potuta evitare.
"Tu sei veramente convinto" chiese Alcione, "di essere dalla parte del
giusto?"
Il ragazzo non esitò. "Sì. Ci ho pensato a lungo.
Emeraude è stanca, merita di riposare"
La donna sorrise. "Anche io sono stanca. Pensi che riuscirò
a riposare?"
Clef la guardò qualche istante, fissandola intensamente.
"No. Credo che non troverai mai pace"
"Già. In fondo, che senso avrebbe la pace senza di lui?"
Il Monaco Guida sollevò Umi e la prese in braccio, girandosi
verso la Foresta del Silenzio.
"Allora io vado, Alcione"
"Sì. Ma ti verrò a cercare, e ti
troverò"
"E allora io ti aspetto"
Plesea raggiunse il fratello e cercò di sostenerlo,
zoppicando
appena per una ferita alla gamba. Poi scomparvero tra gli alberi scuri
e fitti della foresta.
Alcione rimase immobile, in ginocchio, e non si accorse affatto di
piangere. Rimase così a lungo, finché le lacrime
non le
si asciugarono sul viso lasciando solo sale secco.
Qualcuno la chiamò, alle sue spalle. La voce di un bambino.
"Non li possiamo inseguire nella Foresta. Perché li hai
lasciati andare?"
Alcione non rispose.
"Dobbiamo tornare dal Gran Sacerdote a riferire" continuò il
bambino.
"Vai avanti tu, Ascot" disse la donna. "Per ora io non posso tornare"
"Come vuoi" le ripose il bambino.
E Alcione rimase sola.
________________
Eccomi! Scusate se ci ho messo tanto... è che ogni tanto mi
passa proprio la voglia XD è da tanto che scrivo questa
storia
ed è un po' pesante :P comunque giuro che non
lascerò il
lavoro a metà, la finirò!
allora...
quante facce nuove! Spero di non avervi scoraggiato con la lunga attesa!
Hikaru_angelic:
sono molto
contenta che ti piaccia la mia storia @.@ grazie.. e sono anche molto
contenta che ti abbia preso tanto! Ogni tanto mi sembra di non essre
affatto coinvolgente... Hikaru penso che la svilupperò un
po'
più in là, quindi abbi pazienza ^^
Sunshine: sì
scrivo T_T
Isa1983: mi
dispiace di averti fatto aspettare =_= prima ero più
diligente, aggiornavo una volta a settimana...
Bellislady:
anche a te chiedo
perdono per l'assenza! (periodo finale di scuola... TUTTE SCUSE! no,
giuro, è faticoso...) e il faccia a faccia con Zagart ci
sarà sicuramente, ho già un bel programmino in
proposito
^_-
Kilkenny:
wow come fai ad
essere sempre il primo a recensire? Grande XD grazie per il tuo votone
@.@ avessi questi voti anche a matematica!! eheheheh...
umichan:
sono molto contenta che tu ti sia unita a noi... mi raccomando continua
a leggere ^^
DUNQUE!
ho una piccola sopresa...
visto che sunshine è una persona molto impaziente
non è riuscita a sopportare i miei tempi di pubblicazione
per
conoscere il finale, quindi... se né inventata uno lei! io
lo
pubblico qui, per amore dell'arte...
-cito testualmente quello che ha scritto lei su un foglietto nel mio
moleskine-
Clef inventa il telegrafo,
diventa ricco e famoso, si trasferisce a Saragozza e se ne
frega di Emeraude cazzi e mazzi.
Umi apre un bordello.
Fu si siucida.
Hikaru diventa scientologista
e si fidanza con Plesea.
Emeraude rimane chiusa in ascensore e muore di inedia poiché
nessuno se la caga più di pezza.
Zagart ed Alcione scappano alle Maldive e vivono facendo grattachecche sulla
spiaggia.
-fine-
U_U
Sunshine, ti stimo assai. (anche se scientology combatte
l'omosessualità, oltre che all'alcolismo, la droga e il comunismo, quindi
in realtà hikaru e Plesea non si possono fidanzare...
diciamo che pomiciano in segreto)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo undici
CAPITOLO
UNDICESIMO: TRADIMENTO E CONFESSIONE ALLA NOTTE
Hikaru
affondò con violenza la lama per recidere l'ultima fronda
che la separava dalla radura dove sorgeva la casa di Plesea, poi si
pulì la fuliggine dal viso con un sorriso trionfante.
"Sapete,
onestamente, non credevo che ce l'avremo fatta"
Fu e Ferio
si scambiarono un abbraccio di esultanza, trovando la forza di ridere
anche se erano rimasti senza fiato.
"Vedrete"
disse il ragazzo, "Umi e Clef stanno bene: stanno sicuramente
tornando qui"
Le due
ragazze si sorrisero, poi assieme si diressero verso la casa
dell'armaiolo, ma dopo soli pochi passi si fermarono, pietrificate.
"La porta
d'ingresso è stata distrutta!"
"E le
finestre sono tutte rotte"
Ferio
annusò l'aria. "C'è uno strano odore. Bruciato e
terra smossa"
Hikaru si
girò verso il ragazzo. "Credi che abbiano fatto del male a
Plesea?"
"Non lo so,
ma sicuramente erano qui per lei"
Alla ragazza
tanto bastava per abbandonare ogni cautela ed entrare di
corsa nell'abitazione. Fu cercò di fermarla e le
andò
dietro, ritrovandosi anche lei nell'ingresso buio che la scarsa luce
del sole al tramonto non bastava ad illuminare. I muri erano anneriti e
i vetri della porta ridotta in frantumi gemevano sotto i loro piedi.
Ferio esytrasse la spada e si mise di fronte alle due ragazze,
procedendo guardingo.
"State
attente. Chiunque sia passato di qui potrebbe non essersene ancora
andato"
Hikaru
estrasse la sua spada a due mani, e Fu impugnò l'arco,
cercando di incoccare una freccia nonostante il fremito delle mani. Il
loro respiro pesante sembrava riemipre quel silenzio strano e diventare
assordante.
Ad un tratto
giunse loro un mormorio. Era un rumore soffocato,
proveniva da qualche stanza più avanti. Poi un rumore di
passi e
di cocci rotti.
Ferio fece
cenno alle ragazze di fermarsi e portò avanti la
grande spada. Fu riuscì finalmente a tendere l'arco a
dovere,
con la freccia ben ferma tra le dita. I passi erano vicinissimi. Ferio
sollevo la lama.
In quel
momento apparve Plesea con una piccola spada in mano, alzata
sopra la sua testa pronta ad affondare sugli aggressori. Hikaru
lasciò cadere l'arma e le si lanciò addosso per
abbracciarla. Plesea ricambiò l'abbraccio con un gesto
meccanico, ancora sorpresa di vedere i compagni.
Anche Fu si
avvicinò, ma si limitò ad un sorriso radioso,
seppur molto stanco.
"Pensavamo
che ti avessero fatto del male, siamo liete di vedere che avevamo torto"
"Ci hanno
provato, veramente" rispose la ragazza. "Ma non ci sono riusciti. Come
avete fatto a tornare?"
"Abbiamo
corso dannatamente veloce" disse Ferio. Plesea gli
lanciò un'occhiata strana, e rimase in silenzio per alcuni
istanti, come se lo stesse esaminando attentamente.
"Piuttosto"
continuò infine. "Siete feriti?"
Hikaru
scosse la testa. "Non è niente di grave"
"Faremo
meglio ad andarcene" si intromise Fu. "Adesso non abbiamo tempo
di spiegarti, ma qui non siamo al sicuro. La Foresta è in
fiamme, e..."
"Lo so, ma
non siamo in condizione di spostarci"
"Lo sai
già?" chiese Hikaru. Pensava che l'incendio fosse troppo
distante per poterlo vedere da lì, ma forse il fumo poteva
aver
avvertito Plesea del pericolo.
L'armaiolo
sciolse l'abbraccio con la ragazza e fece loro cenno di seguirla.
Svoltò l'angolo e li condusse nella cucina.
Lì,
stesa su un tappeto ingrigito dai detriti, giaceva Umi, con
gli abiti sporchi e rovinati e le ginocchia macchiate di sangue, i
capelli in disodine e qualche benda sulle braccia e sul collo.
Hikaru e Fu
si lanciarono subito sull'amica, ma Plesea le fermò prima
che potessero avvicinarsi alla ragazza.
"Deve
riposare" disse. "E' stanca"
In quel
momento Ferio si accorse di Clef, appoggiato ad uno dei mobili
della cucina con un braccio attorno al torace, che guardava la scena
con un sorriso storto e affaticato. I loro sguardi si incrociarono e il
Monaco Guida cercò di tirar fuori un'espressione beffarda,
che
divenne una smorfia di dolore.
"Ci avete
messo parecchio"
Umi
aprì gli occhi, lentamente. Sentiva le palpebre pesanti come
se fossero di piombo, e quando li aprì continuò a
vedere
buio, così capì che doveva essere notte fonda.
C'era un
solo raggio di luna che passava da dietro il vetro
miracolosamente intatto di una finestra ornata con due tende leggere
che fluttuavano come fantasmi, e il raggio cadeva a terra sul pavimento
freddo e si rifletteva sui capelli d'argento di Clef. Umi
provò
ad osservare meglio. Il ragazzo stava seduto contro un mobile della
cucina, con una gamba stesa e l'altra piegata vicino al torace, e con
una mano premeva su una ferita ad un fianco che gli aveva inzuppato i
vestiti di sangue nero. La testa era piegata in avanti e la chioma
bianca gli nascondeva il viso. Nel silenzio, Umi poteva sentirlo
respirare piano.
La ragazza
distolse lo sguardo. Per qualche motivo sentiva che non era
giusto fissarlo mentre dormiva, e comunque la stanzchezza che provava
non le impediva di avvertire un profondo senso di colpa per pensare ai
ragazzi in una situazione del genere, persino dopo un combattimento
pazzesco. Nell'oscurità, Umi storse il naso. Aveva una fame
terribile, e se ne era accorta solo allora.
Provò
ad alzarsi con cautela, e si accorse che, nonostante il
suo corpo le sembrasse così pesante, riusciva a mantenere il
controllo. Guardandosi un attimo intorno si rese conto di essere nella
cucina di Plesea. Non ricordava di esserci arrivata. Per la
verità non ricordava granché. Anche Plesea
dormiva
accucciata in un angolo, tenendosi la testa con una mano, quindi
qualunque cosa fosse successa durante la sua incoscenza, dovevano
essersela cavata.
C'era un
cesto, su una mensola. Umi non riusciva a distinguere cosa ci
fosse dentro, ma cercò di avvicinarsi, stando attenta a non
svegliare i compagni.
Insomma, a
guardarla sotto una certa ottica non c'era niente di male a
provare una certa attrazione per un ragazzo del genere, ma non era
sicura che andasse bene preoccuparsi più di una cosa del
genere
che di come tornare a casa, o anche solo di come evitare di finire
ammazzata.
Afferrò
il contenuto del cesto. Era un oggetto tondo, vagamente
irregolare, ruvido e freddo. Tastandolo con le dita si accorse che
l'oggetto era munito di un picciolo, e ne dedusse allora che doveva
trattarsi di un frutto. Non ci pensò due volte, ormai il suo
stomaco agiva da sé. Lo morse e fu invasa da un succo acido
e
dal sapore fortissimo, aspro come un limone ma decisamente
più
amaro. Il primo istinto fu quello di sputare il boccone, ma si rese
conto che non sarebbe stato educato, a casa d'altri. Così
mandò giù, maledicendo il suo inutilissimo bon
ton.Una
volta finito di lacrimare si mise in cerca d'altro.
Forse era
solo un modo per ridimensionare quanto le era accaduto negli
ultimi giorni. In fondo era stata catapultata in una dimensione
parallela, chi avrebbe potuto mai biasimarla se cercava un appoggio, un
segno di normalità? Non che Clef avesse nulla di normale,
cominciando dai capelli per finire con le magie e i grifoni,
però forse le permetteva di non pensare al guaio in cui era
finita.
Trovò
qualcos'altro. Al tocco sembrava pane. Ne staccò un
pezzo e se lo mise in bocca, ma con più cautela di prima.
Era
morbido e dolce, e sicuramente era la variante sephiriana del pane. Ne
prese ancora e si riavviò verso il suo posto sul tappeto, ma
appena fece per scavalcare la gamba tesa di Clef il ragazzo
si
animò e le sfiorò la caviglia con gentilezza, per
non
spaventarla. Umi, ancora persa nelle sue riflessioni,
arrossì di
colpo, ma era troppo buio perché lui potesse accorgersene.
"Fai dare un
morso... anche a me?" chiese il ragazzo con la voce impastata dal sonno.
Umi gli si
accucciò vicino e gli offrì un tozzo di pane.
"Come mai...
sei sveglia?"
"Avevo fame,
credo"
"Stai bene?"
"Mi sento
stanca e ho dolori dappertutto, ma sto abbastanza bene. Te come stai?"
"Potrei
stare meglio"
"Che
è successo?"
"Alcione non
è riuscita nei suoi malvagi propositi e noi abbiamo
deciso di passare la notte qui. Ah, e Ferio e le ragazze sono tornati"
"Cosa?!
Stanno bene?"
"Ssssh!
Sì che stanno bene, non urlare!"
"Dove sono?"
"Dormono
nella stanza a fianco. Non c'entravamo tutti qui in cucina"
Umi
sospirò. "Che sollievo. Ero preoccupata da morire"
"Finisci di
mangiare. Ti porto nella stanza di Plesea"
"Perché?"
"Lì
c'è il letto, dormirai più comoda"
"Ah.
Perché non mi ci hai messo prima?"
"Hai notato
lo squarcio che ho qui? Magari ero un po' stanco anch'io"
"Ah. Ok"
"Dai vieni"
Clef si
alzò lentamente, agrappandosi allo spigolo di un mobile,
poi le porse la mano sporca di sangue secco e terra. Umi la prese, e lo
seguì nel buio, camminando a tentoni mentre lui procedeva
spedito. Entrarono nella camera alla fine del corridoio e Clef la
lasciò andare.
"Tu non
vieni?" chiese Umi di impulso, rendendosi conto un istante dopo di aver
detto una cosa allucinante.
Clef si
accorse dell'ingenuità nella voce della ragazza e fece una
risata sottovoce. "Mi fai delle avances?"
"Scusa, non
intendevo quello, volevo dire se..."
"Non
importa. Se ti fa piacere resto un po'"
Umi divenne
scarlatta. Mentre lo faceva entrare si disse che si stava
rammolendo. Prima d'allora non era mai arrossita così tante
volte.
Clef non si
sdraiò. Appoggiò la schiena al muro in un
angolo e rimase lì, avvolgendo il torace con un braccio.
Umi si
sedette sul materasso, e all'improvviso si accorse di essere
davvero stanca. Si tolse le scarpe, le poggiò a terra con
delicatezza per non fare rumore. Clef, vicino a lei, rimaneva immobile.
Sentiva le
palpebre pesantissime, non riusciva a tenere gli occhi
aperti. Nonostante si sentisse imbarazzata si sdraiò sul
letto.
Clef
parlò con una voce bassa che non sembrava sua. "Non hai
paura?"
"Di che?"
"Di questo.
Di quello che ti sta succedendo. Hanno provato ad ucciderti, ci
proveranno ancora"
"Sì,
credo di sì. Credo di essere spaventata"
"Non si
direbbe"
"No? Io
pensavo di essere ridicola, invece... credo che sia
perché ci siete voi. Hikaru, Fu, credo che diventeremo
ottime
amiche. E poi ci sei anche tu, sei uno che ha l'aria... di sapere
quello che fa" Umi cominciava ad addormentarsi. "Credo che se fossi...
stata da sola... avrei avuto molta più paura, ma... se ci
siete
voi potrebbe persino diventare" sbadigliò "Divertente"
"Ti fidi di
me?" chiese Clef.
"Direi... di
sì"
Il ragazzo
rimase a fissare il buio con gli occhi di cristallo, in silenzio.
Emeraude
aveva chiesto di essere salvata. Meritava di avere ciò
che aveva chiesto. Lui aveva giurato a lei e a sé stesso che
avrebbe fatto qualunque cosa perché la sua principessa
potesse
trovare pace, finalmente. Era giusto che Emeraude fosse padrona del suo
destino, e che potesse scegliere almeno come morire e che pace
desiderare.
Ma quelle
tre ragazzine erano così allegre e piene di vita,
erano buone e gentili. Cosa avrebbero provato una volta scoperto il
vero significato della leggenda che le accompagnava? Avrebbero sofferto
nel commettere un omicidio? Lo avrebbero odiato per quello che le aveva
indotte a fare con l'inganno? E lei, così dolce, che gli
diceva
di fidarsi di lui. Fiducia mal riposta.
Questo non
poteva essere giusto in nessun modo.
Improvvisamente
tutte le ragioni che lo avevano spinto a schierarsi
contro Zagart crollarono come un castello di carte. Quella maledetta
storia non riguardava quelle ragazze venute dal cielo, non spettava a
loro risolvere questo male. Così non era giusto.
"Umi,
ascolta..." disse. Il battito impazzito del suo cuore gli
rimbombava nella testa. "Io non sono stato del tutto sincero con voi"
Umi rispose
con un verso assonnato.
"La
verità è che... che Zagart non ha affatto rapito
la
principessa. In realtà loro sono innamorati l'uno dell'altra
e
questo impedisce ad Emeraude di Pregare per Sephiro, così
lei ha
deciso di suicidarsi. Il compito dei Cavalieri Magici è
quello
di salvare la Colonna uccidendola, un incantesimo di autodistruzione.
Io ho giurato di aiutarla, ma non posso fare questo a voi. Pensavo di
farcela, invece no"
Nel buio
della stanza c'era solo silenzio.
"Umi?"
Gli rispose
solo il respiro pesante della ragazza, lento e regolare. Dormiva.
Clef rimase
impalato qualche istante, poi scoppiò a ridere,
crecando di trattenersi per non fare rumore. Non poteva crederci, aveva
appena tradito la sua Principessa e Umi dormiva! Non aveva sentito una
sola parola della sua confessione! Aveva infranto una promessa
importante in nome di ciò che riteneva giusto, e nessuno lo
aveva ascoltato. Continuò a ridere a bassa voce,
strofinandosi
gli occhi con una mano. Li sentiva pizzicare di lacrime. Aveva una gran
voglia di piangere, ma sapeva che non se lo sarebbe permesso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo dodici
CAPITOLO DODICESIMO: DA QUANDO
LEI NON PUO' PIU' PREGARE
"Come le sentite?" domandò Clef alle ragazze.
Hikaru si rigirò la nuova spada tra le mani, esaminando
accuratamente l'elsa.
"E' davvero bella"
"Molto meglio di quelle che avevamo preso in prestito l'altro giorno"
aggiunse Umi, che provava un paio di affondi.
"Io credo che dovrò abituarmi un po'..." disse Fu. "Non ho
mai usato una spada, ma la sento comoda"
"Grazie Plesea!" Hikaru si rivolse all'armaiolo. "Sono meravigliose,
sei stata incredibile!"
Plesea sorrise, asciugandosi il sudore dalla fronte.
"Solo una cosa" disse Umi. "Non ho capito: che vuol dire che sono armi
evoluzionarie?"
"Significa che cambieranno, muteranno forma" rispose Clef. "in accordo
con la vostra forza di volontà"
"Non ho capito" fece Umi arricciando il naso.
"Non importa, prima o poi lo vedrai da te" le disse il ragazzo. "Adesso
che avete le armi possiamo andare"
"Eh? di già?" chiese Fu. "Non potremmo riposare un po'?
Siamo stanche..."
"Stai scherzando? Non so se ci avete fatto caso, ma abbiamo una certa
fretta" le rispose Clef.
"Ma solo per un po'..."
"No! Dobbiamo andare, non abbiamo tempo!"
Fu ammutolì. Rimise a posto gli occhiali sul naso in un
gesto nervoso. "Va bene, va bene. Facciamo come dici tu"
"Certo che facciamo come dico io" rispose Clef. "Plesea, per favore,
hai qualcosa da mangiare che potremmo portarci dietro? Per sicurezza"
L'armaiolo annuì e condusse il fratello nella cucina.
Hikaru,
Umi e Fu rimasero da sole, a scambiarsi sguardi interrogativi.
"Che cavolo gli è preso?" disse Umi.
"Forse è nervoso perché hanno distrutto la casa e
attaccato la sorella" azzardò Fu sarcastica.
"Sì, ma... non lo so, di solito è piuttosto
tranquillo... non ti sembra che abbia esagerato?"
"Forse esagereresti anche tu se avessero minacciato una persona a te
cara" le rispose Hikaru.
"Oh ma io non conto" le rispose Umi. "io sono sempre irritabile"
"Sì, lo so"
"Nella foresta, nonostante stessimo per bruciare vivi o morire
soffocati o spiaccicati da un tronco incandescente non ha perso il
sangue freddo nemmeno un secondo. E' sempre stato controllatissimo.
Invece adesso è saltato come una trappola per topi per
niente.
Secondo me è strano"
"Secondo me ci pensi troppo" le disse ancora Hikaru. "Vedrai che tra un
po' gli passa"
"Sarà..."
"Non se ne parla" disse Clef, con un tono che non ammetteva repliche.
"Non puoi restare qui"
"Ma devo lavorare! Mi dici come faccio se non ho l'attrezzatura?"
Plesea lo guardava con le braccia incrociate sul petto. Era molto
innervosita.
"Non puoi rimanere" ribatté il ragazzo. "Zagart sa che ti
trovi qui, potrebbe provare a farti del male un'altra volta"
"E dove dovrei andare scusa?"
"Verresti con noi, fino a che non troviamo un posto sicuro dove
lasciarti"
"Eccerto, perché viaggiare con i Cavalieri Magici
è mille
volte più sicuro che restare qui, visto che il bersaglio
primario di Zagart sono proprio loro"
"Ma almeno ci sarei io per proteggerti"
"Oh, meno male che c'è lui, l'eroe che riesce a difendere
quattro fanciulle indifese da una schiera di maghi potenti senza
bruciacchiarsi nemmeno i vestiti"
"Loro non sono indifese. Sono i Cavalieri Magici"
"No" disse Plesea. Ora era proprio arrabbiata. "Loro saranno i
Cavalieri Magici. Per ora sono solo delle adolescenti tra cui una sola
sa fare un po' di magia"
Clef arricciò il naso e scoprì i denti. La
sorella si ritrasse appena.
"Tu farai" le disse il ragazzo. "Quello che dico io. Perché
io so quello
che bisogna fare. E dobbiamo farlo in fretta, quindi sappi che non
accetto discussioni"
Plesea rimase a bocca aperta, senza riuscire a dire nulla, sconvolta
dalla reazione del fratello. Dopo un paio di farfugliamenti si riprese.
"Ma-ma-ma... ma ti sei ammattito?!"
"No, affatto. O vieni così o giuro che ti trascino con la
forza. Non scherzo. Non ti lascio qui da sola"
"Oh cavolo!" sbuffò l'armaiolo. "Ti odio quando fai
così!
Va bene, vengo, ma guarda che questa non la passi liscia! Appena ti
passa questo raptus da maschio alfa dominatore vedi come te la faccio
passare io la voglia di rispondere così!"
Clef sbuffò, innervosito, e fece per lasciare la stanza, ma
incrociò Ferio sulla porta.
"Scusa, Clef" disse il ragazzo. "Volevo salutarti"
"Perché, dove vai?" chiese il Monaco Guida.
"Non posso venire con voi. Insomma... lo sai"
Clef lo fissò qualche istante, poi abbassò lo
sguardo e
l'espressione infuriata di poco prima scomparve. "Sì. Va
bene.
Mi dispiace"
"Non dispiacerti. E' giusto così"
"Mh"
Per qualche ragione Clef non riusciva a parlare. Gli era salito un
groppo in gola e gli impediva di dire molte cose importanti. Ferio,
però, sembrò capire.
"Vai via?" chiese Fu. Non aveva dimenticato quanto era accaduto nella
Foresta, e considerava Ferio anocra come un nemico insidioso, ma per
qualche ragione le dispiaceva che se ne andasse. Se ne
meravigliò.
"Eh? Noo!" disse Hikaru, con la sua voce da bambina.
"Mi dispiace, ma devo andare per forza"
"Sei sicuro?" chiese Umi. "Non ci farebbe male un po' di aiuto da parte
tua"
"Credimi" le rispose il ragazzo. "Non è proprio il caso. Ma
non
disperate" concluse ammicando. "Sono sicuro che ci incontraremo ancora"
Ferio e Clef si scambiarono uno sguardo indecifrabile, complesso. Da
una parte era un saluto, da un'altra una minaccia. In realtà
era
l'ennesima importante promessa da mantenere: in un modo o nell'altro
Emeraude non avrebbe dovuto soffrire più.
L'idea di attraversare ancora la Foresta del Silnezio turbava molto
Umi, che si era aspettata di dover camminare un altro paio di giorni
nel buio del bosco. Invece all'improvviso gli alberi si dileguarono,
dopo nemmeno un'ora di cammino, e la luce del sole la travolse, bianca
e tiepida.
"Siamo già usciti?"
"La mia casa sorge nella periferia della foresta" le rispose Plesea.
"Non ci vuole molto"
Umi si guardò intorno: sotto di loro scendeva una piccola
valle
che disegnava minuscole colline verdeggianti. Il vento portava un
profumo
di fiori delicato, ricordava l'odore dell'erica. In lontanaza si vedeva
una striscia di mare blu come la notte; più in basso
sorgevano
piccole cittadelle, raccolte come grappoli d'uva e con i tetti bassi
color terracotta. Umi rimase incantata dal panorama, dall'erba lucida
che si dondolava al vento e formava onde sui prati, dalle nuvole che si
spostavano in fretta e creavano forme vaporose.
"Guarda!" esclamò HIkaru. "E' bellissimo!"
Fu rise e prese Umi per la manica. "Hai visto il cielo? Non ho mai
visto tanto cielo in vita mia! In città non sembra
così
vasto, con tutti i palazzi..."
Plesea, dietro di loro, aveva ancora un'espressione contrariata per
essere stata trascinata a forza via dalla sua casa, ma si
lasciò
comunque scappare un sorriso di fronte all'entusiasmo delle ragazze.
"Sembrano contente" disse a Clef, senza voltarsi a guardarlo.
"Mh. Procediamo?"
Plesea storse il naso, cercando di ignorare il crescente impulso
omicida nei confronti del fratello.
Umi si girò verso di lui, e il vento le soffiò in
faccia i capelli. Lei rise, riavviandoseli.
"Tu sì che sai come ammazzare la poesia di un bel panorama!"
gli disse sorridendo. "Da che parte dobbiamo andare?"
Lui sollevò una mano e indicò l'orizzonte oltre
le colline.
"Verso il mare. Lì troveremo il tempio dove riposa il primo
Mashin"
Clef si incamminò a passo svelto e superò le
ragazze,
facendo loro segno di seguirlo. Le tre incrociarono lo sguardo
contrariato di Plesea, che per tutta risposta storse il naso e si
strinse nella spalle.
La piccola valle era molto silenziosa, e l'erba alta frusciava
delicatamente contro le loro gambe. Per un po' marciarono in silenzio,
ma il tempo sembrava scorrere molto lentamente, e le piccole
città rimanevano lontane. Le ragazze cominciavano ad
accusare
una certa stanchezza.
"Clef" chiamò Hikaru. "Non potermmo... dico per dire...
usare il tuo grifone?"
Il ragazzo non si voltò, continuò imperterrito
con il suo passo sostenuto. "No, non possiamo"
"Perché?" domandò Umi.
"Perché altrimenti attireremmo l'attenzione" disse Fu, con
l'aria di chi parla del tempo. "Zagart manderebbe certamente
qualcun'altro ad attaccarci. Giusto?"
"Giusto" rispose Clef, atono.
"Ma io sono stanca!" si lagnò Umi. "Abbiamo fatto la nostra
bella faticaccia, no? Non ci siamo riposate per niente, e siamo piene
di ferite..."
"Te l'ho detto, non abbiamo tempo da perdere" disse il Monaco Guida.
"Mi rendo conto che sia faticoso, ma dovete resistere. Non ci metteremo
molto a raggiungere il primo villaggio"
"Tu non sei stanco, Clef?" domandò Fu, aggiustandosi gli
occhiali sul naso. "In fondo, sei tu quello che ha riportato
più
ferite"
"Certo che sono stanco" rispose lui, sempre senza voltarsi. "Proprio
per questo dico che non dobbiamo attirare l'attenzione. L'ultima cosa
che vorrei ora sarebbe un altro scontro con uno degli uomini di Zagart"
"Ok, ho capito" disse Umi. "Toccherà farcela tutta a piedi"
Zagart fece un lungo, lento passo in avanti, e cominciò a
camminare per la stanza circolare con lo sguardo basso.
"E di Alcione cosa è stato?" domandò.
La voce trillante di Ascot gli rispose da sotto il profondo inchino.
"Ha deciso di non fare ritorno. Non fino a quando non avrà
portato a termine il suo incarico"
Il Gran Sacerdote corrugò la fronte. "Sciocca. Ha esagerato"
Si fermò, proprio al centro della stanza, con i piedi su una
lastra di vetro opalescente a forma circolare. Vi guardò
dentro,
come se vi potesse scorgere immense profondità.
"Per quale ragione il Monaco Guida è così fermo
nelle sue convinzioni, Ascot?"
Il bambino si alzò dal suo inchino con molta cautela, e
rispose
senza alzare lo sguardo. "Mi dispiace, signore. E' stata Alcione a
proporgli la vostra offerta di alleanza, non io. Non ho avuto modo di
ascoltare il loro dialogo"
"Capisco" mormorò Zagart, senza togliere gli occhi dal vetro
scuro. Rimase a contemplarlo ancora qualche istante. Ascot
aggrottò le sopracciglia, incuriosito.
"Signore?"
Zagart sbatté le palpebre un paio di volte, poi
alzò lo sguardo e riprese a camminare in circolo.
"E' spiacevole, invero" disse. "Ma questa faccenda va sbrigata in
fretta"
"Se mi permettete, signore" mormorò Ascot. "Le ragazze non
sembravano affatto... pericolose. Erano piuttosto indifese, in
realtà"
"Certo che lo sono. Sono immature. Non dispongono ancora del vero
potere di un Cavaliere Magico. Ma Clef..." Zagart strinse le palpebre,
e la sua espressione divenne indecifrabile. "Clef le
guiderà. E
le proteggerà. Fino a che avrà fiato in corpo. E
con la
sua protezione, quelle tre ragazze indifese possono diventare
pericolose. Lo diventeranno certamente"
"Non potremmo limitarci ad uccidere le ragazze?" domandò
ancora Ascot. "Il Monaco Guida sembra un avversario temibile"
"Lo è. Ma vedi, mio giovane compagno, per eliminare i
Cavalieri dovremo prima combattere Clef"
Sul giovane volto di Ascot comparve un sorriso a mezze labbra.
"E come contate di ucciderlo, signore?"
Zagart si fermò di nuovo, e il suo sguardo si perse ancora
nel
vuoto, divenne vacuo e appannato, come se stesse osservando qualcosa di
molto lontano.
"Non voglio ucciderlo. Non è necessario. Basta soltanto
allontanarlo da loro. Fare in modo che non possa essere lì a
proteggerle, quando andremo ad eliminarle"
Una voce femminile parlò da dietro una delle cascate che
circondavano la sala. L'acqua scrosciante ne nascondeva la figura.
"Quale sarà la prossima mossa, signore?" disse con voce
divertita.
"Non sappiamo quale strada Clef deciderà di intraprendere"
rispose Zagart. "Ci sono molte possibilità. Sappiamo solo
che
non può permettersi di perdere tempo, soprattutto ora che sa
di
essere un bersaglio. Le porterà al santuario più
vicino a
lui. Lo aspetteremo lì"
Il piccolo villaggio, a dispetto delle dimensioni, brulicava di vita.
Per le strade c'era un fiume di gente e più volte le ragazze
rischiarono di essere travolte. Ai lati della via decine di
mercanti
avevano allestito un piccolo banco dove esporre la merce, e nell'aria
c'era odore di pane appena sfornato.
"Ti prego, Clef" disse Hiakru "Ti prego dimmi che ci fermiamo a
riposare. Non ce la faccio più"
"Guarda che se dici ancora di no ti uccidiamo" aggiunse Umi. Ormai
erano arrivate allo stremo delle forze.
Clef si passò una mano nei capelli. "Va bene, va bene. Anche
io snon stanco"
"Meno male, vuol dire che sei umano" disse Fu ridendo.
Clef cercò con lo sguardo un posto dove alloggiare,
alzandosi sulla punta dei piedi per vedere meglio.
"Ok, forse ho visto una locanda. Ma non aspettatevi chissà
cosa"
Una volta superato il flusso di gente riuscirono ad entare in un
piccolo edificio dal tetto in legno con un cartello che, probabilmente,
recitava il nome della locanda, ma era scritto in caratteri
incomprensibili. Doveva essere un nome divertente, perché
quando lo lesse Plesea fece un piccolo sorriso.
Appena entrati furono accolti da una signora sui trent'anni dall'aria
vispa e i capelli raccolti. Anche all'interno della locanda era
piuttosto affollato, e si sentivano decine di voci accavallarsi da
dietro le altre porte. La donna si rivolse a Clef con un leggero
inchino del capo.
"Buonasera signori! Come posso esservi d'aiuto?"
"Quanto prendete per ospitare cinque persone per una notte?"
La donna li squadrò un istante. "Posso assegnarvi due camere
divise, se desiderate... sarebbero cinquanta Rì"
"No. Perché invece non ci affitta una camera soltanto, molto
spaziosa, in modo che ci si possa stare in cinque?"
Umi gli tirò una ciocca di capelli. "Oh, non vorrai mica
dormire in camera con noi?!"
Plesea, dietro di loro, fece una risata.
"Mi dispiace" rispose la oste. "Purtroppo non abbiamo camere
così grandi. Questa è solo una modesta locanda.
Però posso offrirle una camera con un letto molto grande e
un paio di poltrone molto comode. Che ne dice, signore?"
"E quanto verrebbe a costare?"
"Trentacinque Rì, normalmente, ma... facciamo trenta" disse
la
donna strizzando un occhio. "Perché la ragazza che le sta
tirando i capelli è simpatica"
Umi arrosì e si mise a ridere. Clef estrasse da una tasca un
borsellino e pagò, poi l'oste li condusse al piano di sopra.
"Posso chiedere come mai c'è tutta questa gente qui in
giro?" domandò Plesea, mentre salivano le scale.
"Presto detto. Qui intorno è affollato di mostri che
minacciano la nostra cittadella, così molti cacciatori si
sono radunati"
"Ci sono mostri anche fuori dalla foresta?" domandò Umi
sottovoce a Plesea.
"Sì, qualche volta. Di recente gli attacchi ai centri
abitati sono molto aumentati, sta diventando un problemia serio. Prima
non accadeva"
"Prima quando?" chiese ancora la ragazza.
"Quando Emeraude pregava ancora"
"Purtroppo di questi tempi Sephiro non è più il
luogo di
pace che fu" disse l'oste. "Ma noi si tira a campare! Prego, signore,
signorine, questa è la vostra stanza..."
La donna aprì una piccola porta in legno massiccio. Nella
camera
c'era un letto matrimoniale molto grande con un baldacchino un po'
impolverato e le coperte arruffate, e in un angolo giaceva un divano in
pelle con qualche cuscino spartano, affiancato da una poltroncina. Era
tutto in legno ed emanava lo stesso profumo che danno gli oggetti
antichi. Umi respirò a fondo quell'aria così
diversa da
quella che conosceva, ne era affascinata. Poi però le venne
in
mente una cosa.
"E il bagno?"
L'oste la squadrò un istante, come se avesse detto una cosa
strana. Poi le fece un gran sorriso.
"Temo di doverle dare un dispiacere, signorina... I bagni si trovano
tre edifici più avanti. Pur essendo questa una cittadina
molto
piccola le vasche comuni sono spaziose e ben pulite... molto pregevoli"
"Ah... grazie..." rispose la ragazza, cercando di mascherare la
profonda disperazione che provava all'idea di un enorme bagno comune.
La donna le fece un altro gran sorriso, poi si congedò con
un altro piccolo inchino e chiuse la porta.
Clef fece un lungo, basso sospiro, come se avesse trattenuto il fiato
tutto il tempo. Sembrava stanco. Non perse un secondo e si
andò
a sedere sulla poltroncina, che sarebbe stata il suo letto.
"Perché non andavano bene le due stanze divise? Saremmo
stati più comodi..." disse Fu.
Clef scosse la testa. "Cinquanta Rì sono tanti per dei
semplici
viaggiatori. Non voglio essere notato. Sborsare una somma del genere da
un sacchettino di cuoio fa girare tanta gente. Meglio di no. Meglio
così"
"Ok, come vuoi..." rispose la ragazza.
Hikaru si guardò un attimo intorno.
"E adesso che dobbiamo fare?"
Il Monaco Guida fece un mezzo sorriso, accompagnandosi con un gesto
della mano volutamente troppo regale. "Riposatevi. Domani si riparte in
mattinata"
Hikaru lanciò un grido di giubilio e si lanciò
sul letto
a capofitto, con le braccia spalancate come se lo volesse abbracciare.
Plesea sorrise all'entusiasmo della ragazza, e anche lei si
accomodò sul divano con un sospiro stanco.
Fu si girò verso Umi. "Che dici, andiamo a farci un bagno?
Sono piena di terra"
"Col cavolo. Sono stamca morta. E poi non mi ci trascinerete mai in un
cavolo di bagno pubblico comunale"
Clef rise, o almeno ci provò. Il risultato fu una specie di
sbuffo sommesso. "Temo che ti ci dovrai abituare... Nei piccoli
villaggi si usa così"
"E allora andiamo nelle grandi città no?"
"Dobbiamo rimanere..." cominciò lui, ma la ragazza lo
interruppe, con un'espressione disperata.
"Lo so, lo so, abbiamo capito. Non dobbiamo farci notare. Dicevo per
dire"
"Clef, ascolta..." disse Fu, mentre si adagiava sul bordo del letto.
Anche lei era molto provata. "Quello che ha detto la signora poco fa...
ma a Sephiro ci sono sempre tutti
questi mostri?"
Il ragazzo fece un altro sospiro. Era pallido.
"Non era così, fino a poco tempo fa. Ma da quando Emeraude
non
può più pregare per Sephiro sembrano essercene
tanti..."
"E attaccano la gente?"
"Uhm... ogni tanto... perché?"
"E non mandano nessuno ad aiutarli?"
"C'è... la milizia, credo... non mi occupo io di queste
cose...
cioé, sì, dovrei, ma adesso sono un po' occupato"
"Tutto bene? Hai l'affanno"
"Non è niente. Sono solo stanco"
"Abbiamo riportato tutti delle ferite, più o meno serie...
Non credi che dovremmo andare da un medico?"
Clef stava cercando di tenere gli occhi aperti. Plesea se ne accorse e
gli andò vicino.
"Ehi, stai bene?"
"Sì, non è niente... sono solo stanco..."
"Sei sicuro?"
Clef annuì, non troppo convinto. Poi rilassò di
nuovo la testa indietro.
Dopo un po' Hikaru si rialzò dal letto, con tutti i capelli
scompigliati.
"E i mostri possono essere ovunque quindi?"
Clef riaprì gli occhi di scatto, poi li socchiuse di nuovo.
"Sì. Dobbiamo stare attenti"
Plesea intervenne del discorso "Non preoccupatevi, se siete
sopravvissute alla Foresta del Silenzio non dovreste avere problemi"
"Ah beh" fece Umi sarcastica. "Allora di che mi preoccupo?"
L'armaiolo sorrise, poi si alzò con un sorriso stanco. "Non
so
voi, ma io vado a farmi un bagno,e magari a comprare qualcosa da
mangiare. Clef, mi presti qualche Rì?"
Il ragazzo non rispose. Aveva gli occhi chiusi e la testa gli cadeva su
una spalla. Dormiva.
"Oh beh" disse Plesea. "Chi tace acconsente"
Non capiva perchè, ma sentiva l'impulso nervoso di
continuare a
camminare. Come se così si sarebbe potuto allontanare da
tutto
quello che lo tormentava. Si passò una mano tra i lunghi
capelli
neri, imperlati di sudore.
Detestava non sapere cosa fare. Odiava non avere un preciso quadro di
insieme. Ma più di tutto odiava non riuscire a fare l'unica
cosa
che sapeva di dover fare.
Clef era l'unico ostacolo. Se lui fosse stato allontanato i Cavalieri
Magici non avrebbero avuto speranza.
Zagart lasciò vagare ancora lo sguardo nel vuoto. Era
stanco. Come se non riposasse da una vita intera.
Erano stati più che amici, erano stati compagni. Non poteva
fargli del male, non lo avrebbe fatto mai. Voleva solo allontanarlo
dalle tre ragazze indifese.
Chiuse gli occhi, sentendo un grande vuoto. Sapeva che non sarebbe
stato possibile.
Ma per lei, avrebbe fatto anche quello.
__________________________
Ehi salve a tutti! Non ho postato per tre mesi interi, sono una
malvagia! Mi seguirete ancora vero? T_T perdono ma mi sono dedicata ad
altri lavori (e poi ho oziato, oziato, oziato, oziato).
Grazie a tutti quelli che hanno commentato fino'ora e grazie in
anticipo a quelli che commenteranno...
Ovviamenre Clef è arrabbiato perché Umi si
è abbioccata mentre lui le parlava seriamente.. ci
è rimasto male, è un tipo sensibile!
(è anche un po' isterico)
e Zagart... gli voglio tanto bene! Lui e Alcione sono i miei "cattivi"
preferiti! (ascot mi sta sugli zebedei invece, ma perché
è ancora moccioso)
E beh... la sotria tra Umi e Clef è palesissima, e lei
è anche parecchio civetta.. il punto è che il
nostro eroe sembra un po' tardo... secondo me lui non si è
accorto di niente.
Comunque continuate a leggere e vedrete che ce la faremo!
Prometto di impegnarmi! Ciao!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=230547
|