Fra le braccia di un angelo

di Akane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Attesa ***
Capitolo 2: *** Risveglio ***
Capitolo 3: *** Nell'Utero ***
Capitolo 4: *** Luce e Tenebre ***
Capitolo 5: *** Il rifiuto ***
Capitolo 6: *** Il grido ***
Capitolo 7: *** Chiarirsi le idee ***
Capitolo 8: *** Riconciliazione ***
Capitolo 9: *** Addio ***



Capitolo 1
*** Attesa ***


TITOLO: fra le braccia di un angelo
AUTORE: Akane
SERIE: e dopo secoli… ritorna Angel Sanctuary
GENERE: dark, sentimentale, fantasy
TIPO: yaoi
RATING: per il momento non ne ho idea, quindi faccio un giallo/PG13. Se cambio avverto!
PARTI: 10 capitoli circa comprendendo prologo ed epilogo.
PERSONAGGI: Mikael, Raphael e Lucifero. Naturalmente la coppia sarà RaphyMika. Presente anche Setsuna.
AMBIENTAZIONE: dopo il manga.
DISCLAMAIRS: I personaggi non sono miei ma dell’autrice che ne detiene ogni diritto… sig!
NOTE: allora, dopo secoli mi rimetto a scrivere di questi. Era da un po’ che mi gironzolava quest’idea un po’ insana, alla fine ho deciso di farla grazie a mio fratello che parlandomi di un suo videogioco mi ha fatto venire l’ispirazione giusta per scrivere questo genere. Sono molto felice di rimettermi su questo manga che, per quanto sia incasinato ed incoerente su molti aspetti, è davvero bello se lo si vede per quello che è. Solo un manga. E poi ci sono dei personaggi che vale la pena sviluppare! Fra cui l’amore della mia vita Mikael…
Detto questo non aspettatevi tutto rose e fiori perché io sono sadica, specie se si tratta di Mikachan caro!
Devo anche avvisarvi che mi sono presa alcune licenze poetiche circa il concetto di angeli. Visto che io e la Kaori Yuki abbiamo un’infinita divergenza di opinioni e che le nostre visioni sono totalmente diverse, per non cambiare tutto che non avrebbe avuto senso ma riuscire a scrivere lo stesso senza farmi venire l’orticaria (un tempo ci riuscivo senza pensarci ma ora il problema è che ci penso!!!!) ho messo alcune piccolissime modifichine innocenti che riguardano gli angeli. I puristi del manga se ne accorgeranno subito, gli altri nemmeno la noteranno. Ma mi permette di scrivere meglio… chiedo perdono! Non faccio male a nessuno, non è un crimine e soprattutto non ho cambiato nulla di essenziale!
Detto ciò vi auguro buona lettura.
Baci Akane
DEDICHE: la dedico a tutti i fan di Mika, di Raphy o di Lucy…
RINGRAZIAMENTI: a chiunque leggerà e commenterà.

Fra Le Braccia Di Un Angelo


PROLOGO:
ATTESA

/ Because of you – Skunk Anansie /

Non era facile.
Non era per niente facile…
Aspettare cosa?
Un miracolo?
E da parte di chi, che ormai sopra di loro non c’era più nessuno di attivo?
L’unico in grado di curare era proprio colui che doveva essere guarito.
Chiuso nel Cold Sleep, un posto più simile ad una bara che ad un letto curativo rigenerante, stava Raphael ormai da molto tempo.
Troppo.
Senza reali e sostanziali miglioramenti.
Aspettarlo.
Gli aveva fatto promettere, in un certo modo, di aspettarlo per riprendere il loro ‘litigio’ e lui gli aveva anche detto che nonostante la sua impazienza si sarebbe sfogato sugli altri intanto, ma per uno che non era mai stato capace di attendere davvero nessuno, era chiedergli troppo.
Aveva passato una vita senza suo fratello cercando di cancellarlo dal suo cuore, convincendosi di odiarlo e basta, amandolo come non mai in realtà, e quando finalmente aveva avuto un chiarimento con lui e fatto una sorta di pace, per i loro canoni, l’altro essere che contava di più nell’universo per lui era caduto in coma senza nessuna garanzia di risveglio certo!
Non morto.
Non vivo.
Certo, gli angeli non potevano morire…
Al massimo la loro essenza corporea poteva esaurirsi diventando inutilizzabile, morta per gli umani, ma quella spirituale continuava ad esistere in eterno viaggiando di corpo in corpo, spostandosi senza spegnersi mai.
Il corpo di Raphael non era ‘morto’. Ma nemmeno ‘vivo’.
Era stato allora, giorno dopo giorno, che Mikael aveva cominciato a pensare.
Pensare come poche volte nella sua esistenza aveva fatto così seriamente.
E pensando si era ormai quasi convinto che il suo destino, se mai esistesse, era quello di rimanere solo a soffrire per l’abbandono altrui.
Non aveva riflettuto solo su questo.
Il piccolo ma grande angelo, durante tutte quelle ore isolato con un umore sempre più nero, si era cominciato a chiedere per quale razza di motivo dovesse stare lì davvero solo quando c’era di certo almeno una possibilità, per lui, di non esserlo.
Perché?
Raphael non si svegliava e per quel che ormai sembrava, non l’avrebbe nemmeno mai fatto.
Raphael l’aveva abbandonato, tradito per salvare una donna. Non aveva pensato a lui quando si era trovato nel momento critico. Aveva pensato ad un’altra sacrificandosi per lei, lasciandolo solo. Solo.
In realtà aveva cominciato ad elaborare la situazione sempre peggio, rendendosi conto che la verità era una.
Raphael aveva scelto Barbiel e non lui.
E questo era tutto ciò che rimaneva.
La certezza di essere stato messo da parte di nuovo da qualcuno che per lui contava molto, la probabilità sempre più concreta del suo non risveglio e il suo egoismo che gli aveva chiesto di aspettarlo!
Come poteva chiederglielo?
Sapeva bene che non era capace di farlo, che non aveva pazienza, che da solo senza chi voleva bene diventava matto nel senso più vero del termine, che non sapeva stare davvero solo poiché finiva per bruciare e divorarsi, che lì nel Paradiso non aveva altri per cui vivere e che non gli importava veramente di nessun’altro ad eccezione di suo fratello e di Raphael…
E comunque il tormento peggiore era rappresentato dalla sua convinzione che anche se quel maniaco sessuale si fosse svegliato davvero, non sarebbe stato per lui ma per colei che aveva salvato, colei per cui aveva praticamente dato la vita.
Forse, però, Mikael era rimasto semplicemente troppo tempo solo.
Aveva passato la sua vita a rincorrere chi amava vedendo solo le sue spalle, il suo tradimento e la sua indifferenza. Poi era arrivato un altro a salvarlo dalla follia del dolore, l’aveva salvato entrandogli dentro completamente, diventando l’unica ragione per cui tornava in Paradiso. Quando finalmente aveva ritrovato suo fratello che per lui probabilmente contava più di sé stesso, aveva perso colui che era stato la sua sola ragione di vita per molti anni.
Però la verità era che aveva vissuto sempre per metà, senza una parte di sé.
Ed ora continuava così.
Una metà ritrovata e l’altra lontana anni luce.
Solo che i ruoli si erano invertiti.
Per quanto sarebbe dovuto andare avanti in quel modo?
Ad aspettare i miracoli, che chi amava tornasse da lui, che gli facesse magari un cenno, che gli desse una ragione di vita.
Quanto?
E perché, poi?
L’aveva abbandonato, lasciato, tradito anche lui, in un certo senso.
La verità era stata solo questa.
Di volta in volta, da solo, sempre più circondato dalle sue tenebre personali che aveva creduto di aver sconfitto ma che in realtà facevano fortemente parte di lui a causa del suo gemello principe delle tenebre, si era convinto di queste cose sprofondando nel buio, perdendosi, non trovano più un motivo per star lì.
Spegnendo la sua stessa passione.
Esagerando come era sua natura fare per ogni cosa.
Lentamente non aveva più risposto alle chiamate di Uriel e Rasil per ristabilire il Cielo e proteggere il confine dai demoni, come era suo compito, lentamente aveva smesso di sfogare i suoi bassi istinti feroci e tormentati su quelle creature orripilanti che meritavano la morte.
Lentamente non era più andato da Raphael per vedere se apriva i suoi dannatissimi occhi, non era nemmeno più tornato dalla sua legione che aspettava solo i suoi ordini.
Lentamente non si era più trovato in giro.
E nella sua mente, tutto ciò che si era creato, era stata una risposta.
La risposta ad una chiamata che per lui era normale, che aveva sempre avuto vista l’altra sua metà.
La risposta all’amore per una creatura oscura che assurdamente non aveva mai smesso di cercare e che finalmente gli aveva parlato con dolcezza.
Lucifero.
Se lui era l’unico con cui avrebbe voluto stare ancora cancellando quei fasulli ricordi del loro passato e lì non c’era più niente e nessuno a trattenerlo se non una delusione e l’ennesimo abbandono da parte di chi amava, perché non andarci?
Ma forse tutto quello che Mikael cercava era solo un po’ di felicità.
Quella che dalla nascita gli era stata negata.

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Capitolo 2
*** Risveglio ***


Fra le braccia di un angelo

*Ecco qua un altro capitolo della fic. Il manga, ribadisco, l’ho letto mille volte ma un secolo fa, ora ho la memoria un po’ arrugginita ma penso di ricordarmi tutto piuttosto bene. Se ci sono alcune inesattezze passatemele per buone. Io detesto le inesattezze in ciò che conosco a menadito, ma davvero il tempo per rileggermi tutto quel casino non ce l’ho, dunque il risultato è questo. Ora abbiamo come protagonisti Raphael ed alla fine arriva anche Setsuna. Presenti anche Uriel e Sara che però non procedono il viaggio. Ebbene non mi pare sia rimasto altro da dire se non che ringrazio quelli che hanno già commentato e letto il prologo. Spero che vi piaccia anche questo. Nel prossimo avremo a che fare con Mikael e Lucifero! Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO I:
RISVEGLIO

/ New divide – Linkin Park/
Sei completamente immerso nel buio più completo e non senti nulla, non vedi nulla, non provi nulla.
Non capisci dove sei, né se sei ancora qualcosa... non c'è ragione in quei momenti, ti pare di pensare ma in realtà non lo fai. Vaghi.
Vaghi senza metà, senza accorgertene, senza desideri.
Poi però qualcosa scatta nell'eterno nulla immutato.
Dopo un tempo indefinito passato a galleggiare senza coscienza e volontà senti qualcosa di diverso.
È solo allora che ti rendi conto che invece qualcosa lo percepivi, anche se non ti sembrava.
È come se la tua anima si ridestasse.
È un qualcosa portato da un'improvvisa mancanza che ti fa dire: 'ma allora ero... '.
Quando ti svegli dentro allora cominci a pensare, a cercare di capire dove sei, cosa sei, cosa sia successo. E pensando ti rendi conto che qualcosa manca.
Qualcosa è andato via.
Qualcosa di importante che prima nell'incoscienza ti stava accanto ora è svanito. Era qualcosa che ti faceva viaggiare tranquillo senza pensieri, parole, sensazioni... che ti permetteva di essere nulla senza preoccupazioni, senza l'ansia di svegliarsi per vedere cosa è successo.
Ora però non c'è più vicino a te e cominci a sentire che qualcosa non va, che una parte di te è scappata, che se non riapri i tuoi occhi e riprendi possesso di te stesso, le cose possono peggiorare.
Per quell'indefinito qualcosa (o qualcuno) che non c'è più a vegliarti, decidi di svegliarti e tornare alla vita.
Fu così che dopo molto tempo di alcun miglioramento, Raphael aprì gli occhi.
I suoi occhi azzurri inizialmente videro un mondo attraverso un vetro spesso e lo videro annebbiato. Gli ci volle un po' per mettere tutto a fuoco, ma alla fine ci riuscì e quando cominciò a sentire i propri respiri ed i battiti stessi, insieme alle forze che lente tornavano, aumentò la sgradevole sensazione che l'aveva fatto risvegliare.
Per un po' rimase fermo senza muoversi, lasciando al proprio corpo il tempo di riprendersi e alla propria mente quello di riattivarsi, poi finalmente mosse i muscoli atrofizzati che sentì praticamente come se li usasse per la prima volta.
Notando la fatica che ancora faceva ed immaginando di essere stato in Cold Sleep per più tempo di quanto non avesse percepito, decise di rigenerarsi con dell'energia circolare e facendola scorrere dalla testa lungo la spina dorsale e poi per tutte le gambe fino ai piedi, riprendendo lo stesso percorso inverso, si fece avvolgere da un'aura azzurra che gli ridiede anche colore.
Fu allora che il vetro si aprì, sentendo la vita nel corpo che proteggeva.
Rimase lì per un po', poi quando si sentì davvero bene si alzò piano per impedire alla propria testa di girare, allora utilizzando la sua capacità di lievitare grazie al vento che lo componeva, arrivò senza fatica alla porta in metallo che si aprì alla sua vicinanza.
Non c'era nessuno nei paraggi e gli parve strano, quindi proseguì per il resto del proprio edificio che ricordava rimasto tale e quale a come l'aveva lasciato.
Proseguendo alla ricerca di qualcuno in quel deserto che era l'ambulatorio, la sensazione che qualcosa non andava era sempre più forte, il primo pensiero che ebbe fu questo.
Qualcosa non va davvero... cosa è successo durante la mia assenza? Le cose non possono essere cambiate così tanto... che il Salvatore non ce l'abbia fatta e che siano tutti svaniti?”
Per quel che ne sapeva lui poteva anche essere stato così.
Si chiese anche quanto tempo fosse passato dalla propria chiusura nel Cold Sleep.
Arrivato all'ingresso si passò una mano fra i lunghi capelli biondi che ricaddero all'indietro e un po' intorno al bel viso sensuale di natura, quindi con un lieve gesto della mano si trovò in un lampo con dei vestiti più adatti rispetto al camice con cui si era messo a 'dormire'.
Solita camicia di un tessuto leggero e pregiato, blu, con dei pantaloni bianchi che ricadevano lisci sulle sue gambe.
Quindi continuando a lievitare aprì la porta che lo divideva dall'esterno.
Quando uscì il sole lo colpì in viso riscaldandolo subito.
Era una bella giornata ed in apparenza non sembrava esserci nulla che non andasse.
Il mondo del Paradiso non era stato distrutto e la gente continuava la propria vita regolare. Solo i suoi angeli sembravano spariti nel nulla.
La sua legione.
Persino Barbiel.
Con una nota di preoccupazione nel viso cercò con la mente l'aura di Mikael ma con suo profondo stupore non la sentì.
Sgranò gli occhi mentre un flash lo colpiva... che gli fosse successo qualcosa durante la guerra con il Salvatore?
Lui e Uriel erano andati da Dio per capire che cosa stesse succedendo e accompagnare Setsuna...
Lui stesso doveva raggiungerli ma per salvare Barbiel non ce l'aveva fatta.
E se fosse stato annullato?
Gli angeli non potevano morire né dissolversi ma potevano succedere loro lo stesso un sacco di cose terribili paragonabili alla morte per gli umani...
Non sentendolo ancora si decise a schiudere le ali dalla schiena e volare verso quella che sentiva essere l'aura più potente nel Paradiso, al momento, colui che probabilmente comandava, qualunque cosa fosse successo durante la sua assenza.
Non poteva essere... se lo ripeteva realizzando che quell'aura era simile alla propria fino a che non mise a fuoco Uriel.
Uriel era vivo.
Ma Mikael dov'era?
E Barbiel?
E i suoi angeli?
Quando finalmente giunse veloce nella struttura principale del Cielo si sentì fissato da un centinaio d'occhi pieni di sorpresa, tutti gli angeli che lavoravano lì dentro e l'avevano riconosciuto.
I sussurri di stupore iniziarono subito dopo mentre si distinguevano le frasi: - Quello è l'arcangelo Raphael! - - Ma non era in coma? - - Si è risvegliato! - - Com'è possibile, dopo tutto questo tempo? - - Pensavamo che ormai non tornasse più... - - Questo è un segno... -
Si... e che cavolo di segno sarebbe? Che mi sono svegliato!”
Ma più di quello non ci fece caso, quindi rivolgendosi ad uno di loro, facendo sparire le ali dentro di sé, chiese:
- Ehi, chi è che comanda qui, ora? -
- Già... non sa nulla di quello che è successo durante la sua assenza... - Sentì una voce alle sue spalle che bisbigliava con un altro al suo fianco. Raphael fece finta di nulla, quindi impaziente attese la risposta timorosa mentre l'angelo di piccola taglia lo guardava con tanto d'occhi:
- L'arcangelo Uriel col sommo consigliere Rasiel. - Quando indicò le scale che portavano al piano più alto, Raphael non attese oltre e si diresse a passo sostenuto verso di esse.
Uriel comanda? Quello che si era rintanato pieno di sensi di colpa che non voleva avere niente a che fare con il Cielo? E Rasiel sommo consigliere? Ma Mikael dove diavolo è!? “
Le cose erano cambiate più di quello che lui pensava...
Arrivato davanti alla porta dietro la quale gli avevano indicato esserci Uriel, non bussò nemmeno, entrò subito e quando l'alto arcangelo dalla pelle scura alzò lo sguardo da ciò che guardava con preoccupazione, l'espressione si accigliò mostrando un profondo stupore. Fu come se per un istante il tempo fosse stato sospeso e nessuno fu in grado di parlare e pensare.
Passò qualche minuto, in realtà solo pochi secondi, quindi il bellissimo arcangelo biondo chiuse la porta dietro di sé sbattendola e mosse ampi passi verso di lui, poi finalmente chiese brusco e sbrigativo, con una forte necessità di sapere:
- Che diavolo è successo qua? Dov'è Mikael? E la mia legione? -
Uriel si voltò del tutto allontanandosi dalla finestra e andandogli incontro. L'istinto fu quello di toccarlo per vedere se era vero oppure un'apparizione, ma si fermò quando gli arrivò davanti, quindi ignorando le sue domande parlò come se riflettesse da solo:
- Ma allora era vero quello che avevo sentito... un'arcangelo era tornato... non capivo quale dei tre fosse... speravo in Mikael... - A queste parole simili a lame di ferro piantate nel corpo, Raphael non si trattenne più e sperando di aver capito male lo prese per le braccia e scuotendolo con forza chiese con un tono sempre più alto ed i battiti che gli tornavano irregolari.
- COSA E' SUCCESSO A MIKAEL? DOV'E'? VUOI PARLARE, DANNAZIONE? -
Fu qua che finalmente il moro dai lunghissimi capelli raccolti in una coda molto bassa, si decise a rispondere con un tono grave nella voce, sapendo di dovergli raccontare ogni cosa.
Non cercò di scrollarsi.
Era difficile dirgli ciò che doveva, ma prese un respiro e cercando di reggere il suo sguardo impaziente che lo penetrava affilato, parlò esitando come non gli capitava da tempo. Si capiva che era difficile anche per lui raccontarlo:
- Purtroppo le cose sono cambiate molto da quando sei andato in coma. Anche se il Salvatore è riuscito a salvare il Cielo e svelare i segreti celati riguardo Dio e Adam Kadamon, ci sono state numerose perdite da parte sia del Paradiso che dell’Inferno, così i demoni si sono ritirati condotti da Lucifero e noi angeli rimasti abbiamo potuto riprendere in mano il Cielo riformandolo completamente. – Raphael lo mollò e Uriel si girò distogliendo gli occhi neri da quelli azzurri e limpidi del compagno. Prese un altro respiro e continuò a spiegare più nei dettagli cosa fosse successo quando lui si era chiuso nel Cold Sleep, poi arrivando alla parte più dura strinse i pugni e con voce tremante continuò cercando di essere forte. La testa bassa, voltato dall’altra parte: - Per Mikael era dura, Raphael… ed io ero troppo occupato col Paradiso per vedere di lui. Non avevo nemmeno il sostegno di qualche altro grande angelo. Eravamo io, Rasiel e pochi altri… tu eri addormentato e Alexiel si sveglierà solo quando la sua anima sarà di nuovo libera, proprio come Djibril. Contavo molto su Mikael ma Mikael contava troppo sul tuo risveglio che non è arrivato. –
- Come non è arrivato? Cosa sono, ora? – L’interruppe impaziente quasi quanto lo era di solito il rosso. Uriel tese i muscoli ma non si mosse, alzò appena la voce e premendo sulle parole lo disse:
- Non ti sei svegliato in tempo. In tempo per impedirgli di sparire. – Si sospese, quindi si girò e vedendo Raphael chiaramente senza fiato con gli occhi sgranati ed orripilati per i mille significati di quella frase, quindi riprese ancor più grave e penetrante, quasi accusatorio in un certo senso: - E’ così, Raphael. Mikael non ce l’ha fatta ad aspettarti e probabilmente gli è successo la stessa cosa di quando è stato abbandonato da suo fratello. Fatto sta che ora è sparito. Non si trova più in Paradiso e non c’è verso di trovarlo. E onestamente non posso spendere altre forze per andare a cercarlo… dovrei andarci io stesso ma qua c’è troppo da fare che non so da dove cominciare. – Prima che l’altro potesse cominciare proseguì precedendolo, spiegando ulteriormente cosa la scomparsa dell’arcangelo delle Potestà comportasse: - Mikael era l’incaricato della difesa contro i demoni, ma senza di lui la sua legione non intende collaborare. Ci accusa della sua scomparsa e si stanno rivoltando. Stiamo facendo fatica a trattenerli ma onestamente non penso di riuscirci per molto. Quando si ribelleranno sarà la fine per noi, perché sono gli unici in grado di tenere testa ai demoni e noi non siamo abbastanza per arginarli. Barbiel è a capo provvisorio della tua legione ed è giù a quel che rimane del confine ormai quasi completamente preso dai demoni. Insieme ai miei angeli stanno cercando di fare una barriera per la prima città che sta per crollare. Ormai alcuni demoni sono anche riusciti ad infiltrarsi nei livelli superiori… stiamo facendo di tutto per stanarli ma non è facile… la situazione non è critica ma davvero peggio, Raphael. –
Allora il moro si avvicinò di nuovo al biondo, lo prese lui per le spalle, questa volta, e quasi con disperazione, di chi era sull’orlo del crollo, chiese in una specie di supplica:
- Ti prego, Raphael… tu sei l’unico che lo può ritrovare… riportalo qua. Con voi due al mio fianco ristabiliremo una volta per tutte il nostro Paradiso che ci ha lasciato in eredità il Padre. Lui ha detto che tornerà, non possiamo accoglierlo in questo stato! Se la legione di Mikael si rivolta contro di noi è davvero la fine… i demoni si uniranno a loro per farci crollare e sarà solo l’inferno. Nel senso più vero del termine! - Che Uriel amasse i discorsi lunghi e i rimproveri era una cosa ben collaudata, anche se da quando era sparito dopo la prima grande guerra era diventato silenzioso, ora il suo livello di preoccupazione era tale che Raphael lo percepì come sincero e ne rimase disarmato.
Sentire quelle sue parole così forti era come un’accusa indiretta, per lui.
Come se gli avesse detto che il Cielo stava crollando di nuovo perché lui aveva preferito salvare Barbiel e mettersi in Cold Sleep piuttosto che aiutarli e sostenerli. Sostenere Mikael.
Colui che aveva promesso di affiancare ed aiutare sempre, di non lasciare mai solo.
Rimase a pensare e ripensare a questo.
Che se non fosse stato per lui, Mikael non se ne sarebbe andato e la situazione sarebbe splendente.
Il confine sarebbe ben difeso dai suoi angeli e non ci sarebbe nessuna rivolta interna alle porte.
Se avesse pensato di più a lui come aveva promesso…
Eppure perdere Barbiel… permettere che si disperdesse in chissà quale altro corpo… si era sentito in colpa, comunque lei le era sempre rimasta accanto, l’aveva sostenuto e fatto come da madre… abbandonarla non gli era sembrato giusto.
Lasciarla andare sarebbe stato come vederla morire e non aveva potuto permetterlo, solo che in condizioni normali non gli sarebbe successo nulla, lì, però, era già provato di suo.
Non aveva retto.
Adesso però doveva pensare a Mikael.
Mikael che non c’era e che, ne era certo, si sentiva perso nella follia da qualche altra parte, troppo lontano da lui.
Rimase a lungo a pensare e ripensare divorato dai sensi di colpa, poi Uriel lo chiamò come ridestandolo, allora riconnesse le idee e divenne il pratico arcangelo che era sempre stato, quindi disse freddo e sostenuto:
- Ci sono due posti in cui Mikael potrebbe andare: l’Hassiah o l’Inferno. Il Paradiso era il posto che odiava di più. Non c’è mai stato niente a trattenerlo qui tranne, naturalmente, io. Pensando che non tornassi più, perché quel grande idiota non sa aspettare, divorato dal suo dolore e dalla follia che lo invade quando si sente tradito da chi ama, deve essere andato in un altro dei due posti che gli piacciono. L’Hassiah, e probabilmente proprio dal Salvatore visto l’amicizia che li legava, è il primo posto che andrò a controllare. –
Sentendo i suoi ragionamenti stranamente ad alta voce, Uriel si tranquillizzò capendo d’aver fatto bene a chiedergli aiuto.
Quando aveva sentito che uno dei tre arcangeli spariti era tornato, aveva certamente sperato fosse il capo delle Potestà, ma sentendo che era lui un senso di speranza gli si era acceso ugualmente.
Se c’era qualcuno che poteva risolvere la questione di Mikael, quel solito piantagrane, era proprio lui. Raphael, il capo delle Virtù.
Al breve cenno di sorriso che fece vedendolo determinato e così in sintonia con il loro compagno scomparso, il bellissimo arcangelo del vento scoccò un occhiata significativa, una che sembrava proprio dire che ci avrebbe pensato lui, quindi scacciando i sensi di colpa e le riflessioni troppo profonde per lui, si girò e proprio come l’aria che lo componeva, se ne andò svelto, elegante e sostenuto.
Rimasto solo, l’arcangelo della terra, rimase a guardare la porta dietro cui egli era scomparso e sospirò stanco con l’unica speranza che ce la facesse davvero.


Casa di Setsuna e Sara, ora marito e moglie, era in un quartiere tranquillo in un paesino di periferia di Tokyo, appena avevano potuto, avevano preferito dileguarsi con la speranza di poter vivere in pace, o almeno cercare.
La loro vita era stata difficile anche dopo i fatti che si erano svolti nell’Aldilà, ma niente di paragonabile e dopo il loro ritorno erano stati in grado di superare tutto riuscendo a costruirsi una vita felice e piena di amore.
Niente figli a causa dei legami di sangue, ma l’uno per l’altro erano sempre bastati.
Dalle vicende del Cielo erano passati diversi anni ed ora erano adulti, un uomo ed una donna ben formati, maturi e cresciuti. Eppure sempre con quell’aria giovanile che impediva a chiunque di dar loro un età specifica.
Come se non avessero tempo…
Quando quella mattina si erano svegliati, non avrebbero mai pensato di ritrovarsi davanti alla porta nientemeno che un arcangelo.
Fu Setsuna ad aprire per primo pronto per uscire ed andare a lavoro.
Appena lo vide in un primo momento lo stupore lo invase ma vi rimase per poco. Evidentemente aveva sempre aspettato qualcuna di quelle visite inaspettate. Anzi, si era detto, era stato anche tardi rispetto alle sue aspettative!
Sapendo che ormai la sua giornata di lavoro sarebbe saltata, buttò lo zaino che si portava dietro e incrociando le mani dietro la nuca dai capelli corti e castani, disse a gran voce:
- Sara, abbiamo visite! –
Quando anche la donna spuntò e lo vide si illuminò tutta salutandolo con un gran sorriso aperto che sprizzava gioia da tutti i pori.
Ritrovarsi come visitatore un arcangelo non poteva certo essere una cosa da tutti giorni e a loro non era capitato mai nonostante il passato vissuto, anche se avevano sempre sperato di rivedere qualcuno di loro oltre a Cry. Eppure dalla loro reazione sembrava fossero abituati, come se se lo fossero aspettato davvero.
Bè, in cuor loro avevano sempre saputo, e sperato, che li avrebbero rivisti.
Anche se a onor del vero avevano sempre pensato di rivedere Mikael, per primo.
Non Raphael.

Quando il biondo e bellissimo essere alato ebbe spiegato più o meno dettagliatamente tutto l’accaduto, i due che intanto si erano accomodati intorno al tavolo del soggiorno con tre tazze fumanti di thè, nessuna delle quali era stata toccata visti gli argomenti delicati che avevano loro sospeso il fiato, non avevano potuto trattenere questa volta un espressione di totale stupore.
Era stato poi Setsuna a parlare per primo, con una vena preoccupata e ansiosa nella voce, di chi nonostante avrebbe potuto anche immaginarlo non aveva comunque mai pensato di sentirsi dire cose simili. Non dopo quel che aveva fatto per loro.
- E ora è sparito? –
- Esatto. In Paradiso non è e se mi dici che non c’è nemmeno qua, dove speravo di trovarlo, c’è solo un posto che mi viene in mente. –
Fu qua che Setsuna dimostrò di conoscere davvero molto Mikael:
- Da suo fratello. – Un affermazione più che una domanda. Come se lui invece sarebbe andato direttamente là a cercarlo.
Questa sua approfondita conoscenza del rosso era presto spiegata: quando Setsuna era andato in Cielo aveva passato molto tempo, volente o nolente, con l’arcangelo del fuoco e nonostante i primi scontri deleteri poi avevano cominciato a scoprirsi più in simbiosi di quel che non fossero disposti a credere e conoscendosi meglio si erano aiutati a vicenda diventando addirittura amici.
Se c’era un altro oltre a Raphael che aveva capito quasi subito Mikael, era stato proprio Setsuna e viceversa se c’era stato uno che Mikael aveva miracolosamente ascoltato e sostenuto, era stato proprio Setsuna!
Questi aveva capito molto di lui in poco tempo ed erano riusciti ad entrarsi dentro.
Per questo l’ormai umano era stato convinto di ritrovarsi proprio lui per primo davanti. Invece era stato colui col quale aveva legato di meno per via della gelosia che portava a causa di Sara.
Era stata lampante la mira che per un momento quel maniaco aveva avuto per lei, ma non era stato nulla di davvero serio.
Raphael a quel punto si alzò, quindi senza chinarsi per ringraziare del tempo che avevano trascorso con lui, fece per andarsene con la mente completamente rivolta all’amico da ritrovare. Era rimasto per puro scrupolo ma dalle loro reazioni aveva capito che non nascondevano nulla. E poi se Mikael era sulla Terra l’avrebbe sentito subito. Invece di lui non c’era proprio traccia.
- Aspetta… andrai laggiù? – Chiese allora Sara alzandosi a sua volta, l’ansia nella voce. Lei, al contrario di Setsuna, aveva avuto modo di capire meglio lui avendoci passato insieme più tempo.
Si poteva dire che lo considerava un amico che alla fine l’aveva aiutata molto.
Cosa invece pensasse Raphael era certamente difficile dirlo anche perché al momento aveva in testa solo l’angelo rosso.
Il biondo si fermò e si voltò, quindi l’accarezzò lieve con lo sguardo costatando che ora, da donna matura, era addirittura più deliziosa di quando era solo una ragazzina. Eppure si sorprese a sentire i propri ormoni tranquilli. Nessuna reazione. Non come ne aveva un tempo quando insoddisfatto cercava e cercava senza sapere di preciso cosa.
Ora era come se sapesse esattamente cosa cercare.
E l’avrebbe trovato.
A costo di andare all’inferno.
- Si. – disse solo risoluto con uno sguardo fermo che la penetrò.
- E’ pericoloso, anche se sei un arcangelo. Vai nel territorio nemico, non è una cosa da trascurare! – Cominciò a preoccuparsi. A questo Raphael alzò un sopracciglio scettico, quindi ironico e divertito rispose:
- Non sono esattamente uno sprovveduto, tranquilla… - Sara però non arrossì e non demorse. Sapeva cosa diceva, quindi insistette testarda:
- Lo so che non lo sei ma se non sai come muoverti puoi essere anche Dio in persona che non arriverai a destinazione! – E non perché non fosse abbastanza forte, ma perché comunque quelli non erano solo semplici demoni. A parte il fatto che erano molti, c’erano anche alcuni elementi davvero da non prendere sotto piede, elementi che non permettevano al primo venuto, specie se angelo, di arrivare al proprio capo, Lucifero. Lei lo sapeva ma lui avrebbe dovuto saperlo ancor di più, eppure il fatto che non se ne curasse la turbava. Significava che il desiderio di trovare Mikael era così forte da renderlo altamente incosciente.
Andava a morire.
- E cosa suggerisci? –
Chiese ancora con ironia, pensando che nessuno di loro due, ora umani, potesse essergli utile.
Ma ancora una volta lei lo stupì come ricordava aveva fatto spesso in passato. E risoluta rispose:
- Ti serve un aggancio sicuro che ti permetta di arrivare da Lucifero. – E lo disse come se sapesse anche esattamente chi.
A questo guardò con sguardo significativo il marito e fratello che, capendo al volo a cosa pensava e a chi si riferisse, si alzò anche lui e cominciò a prepararsi come per partire per l’ennesimo viaggio:
- Ho capito. In effetti hai ragione… lei è l’unica che può aiutarci ad arrivare a destinazione incolumi. Ormai è la principessa della Geenna e si è rafforzata ulteriormente rispetto a quando è venuta su… - Fece riferendosi al Paradiso. Raphael provò un moto di stizza nel sentirli parlare come se lui dovesse sapere a chi diavolo si riferissero, ma non arrivandoci disse infastidito con le mani ai fianchi:
- Si può sapere che diavolo state dicendo? –
Fu allora che Setsuna si fermò e guardandolo con ovvietà rispose semplicistico, come al suo solito:
- Cry, no? È mia amica e principessa della Geenna, se vengo a chiederglielo io farà passare persino un arcangelo! E ha contatti con un certo braccio destro della persona che ti interessa incontrare. – La sincerità e serietà al tempo stesso che lesse nei suoi occhi lo calmò. Sembrava avere il potere si semplificare qualunque cosa, anche la situazione più complicata.
Capì come mai era stato in grado di conquistare, in un certo senso, tutto l’Aldilà!
Rimase brevemente ad osservare entrambi che si baciavano come avessero deciso tutto da soli, quindi invece che seccarsi e rispondere male, sospirò capendo che con loro il Cielo non aveva potuto trovare altro che la pace.
Non era venuto lì a chiedere aiuto eppure glielo stavano dando senza domandarsi se lo volesse, questo perché avevano capito subito quanto invece ne avesse bisogno.
Non li avrebbe mai ringraziati, ma il non rispondergli male fu il suo modo per farlo.
- Oh, sei in grado di farmi andare laggiù senza morire di nuovo, vero? – Chiese Setsuna allora ricordandosi del piccolo particolare che ora era vivo e che l’altra volta per andare nel loro mondo aveva fatto un gran bel casino!
Raphael si fermò anche dal riflettere, quindi lo fissò stordito e pensando se non fosse il più matto di tutti, si riprese rivalutandolo in via definitiva. Anche se non gli era mai andato troppo a genio, doveva ammettere che era a posto e che sapeva il fatto suo.
Avrebbe addirittura potuto piacergli!
Assunse tuttavia subito la sua aria sorniona e superiore, quindi incrociando le braccia al petto fece con sufficienza:
- Per chi mi prendi? Io posso far tutto! –
- Lo vedremo! – Rispose solo l’altro con un ghignetto sadico e divertito che ricordava incredibilmente quelli di Mikael.
Si.
Setsuna poteva andare.
- Andiamo, allora! Non ho altro tempo da perdere! Il Cielo potrebbe cadere per l’ennesima volta da un momento all’altro! –
Con questa frase ad effetto e catastrofica ma in pieno suo stile, afferrò Setsuna per un braccio, lanciò uno sguardo che ammiccò in segno di saluto a Sara e svanirono insieme in una forte folata di vento e un flash luminoso che accecò la donna rimasta nuovamente sola.
Sola ma sicura di rivedere suo marito presto.


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Capitolo 3
*** Nell'Utero ***


Fra Le Braccia Di Un Angelo

*Allora... ecco qua un altro capitolo di questa fic, vi avevo detto che avremmo visto che fine aveva fatto Mikael ed eccovi accontentati... mi sono fermata sul più bello, lo ammetto, ma cosa potrei fare nel prossimo? Vedere l'incontro dei due fratellini o controllare come procede il viaggio dell'accoppiata più improbabile di tutti i tempi, Raphael e Setsuna? Mah... ci peserò... intanto grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato la fic fino a qua, spero che continui a piacere. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO II:
NELL’UTERO

/A pain that I’m used to – Depeche mode/
Arrivare fino al castello nell’Utero dell’Inferno, non era stato difficile per lui.
In condizioni ottimali gli sarebbe sembrato di essere in vacanza, tipo una gita turistica estremamente divertente con molte tappe in diversi parchi divertimenti.
Più simile ad una meteora infuocata che ad altro, non aveva perso tempo negli strati superiori ed era andato dritto in quelli più bassi consapevole di dove fosse chi gli interessava.
Consapevole soprattutto del fatto che più andava in basso, più pericoloso era.
Specie per lui, un arcangelo tutto solo.
L’unica grande colpa delle creature degli inferi che si erano imbattute in lui sentendolo odorare di angelico, era stata quella di non conoscerlo in modo adeguato. La fama del feroce arcangelo rosso Mikael, il re delle fiamme, era nota ovunque nei Cieli, ma purtroppo non tutti conoscevano le sue sembianze nemmeno per sentito dire.
Questi ultimi erano probabilmente i più inetti o forse i più sfortunati.
Fatto fu che per capire quale fosse il percorso preso da Mikael, bastava vedere i cadaveri che si era lasciato alle spalle… una scia raccapricciante sanguinolenta di resti mostruosi.
L’aria in quell’area dell’Inferno era irrespirabile, tutta un'altra cosa rispetto al Paradiso, ma non era per questo che il rosso angelo si teneva le labbra e il naso coperti dalla stessa ampia stoffa nera che l’avvolgeva simile ad un mantello. Quando cambiava zona lo faceva sempre, si copriva molto lasciando scoperti di sé solo gli occhi. Nascondeva la sua spada nel proprio corpo, i capelli rossi e il drago tatuato sul viso e sul petto.
Certo quello non bastava a farlo passare inosservato… la sua aura potente superiore a quella di un angelo comune la notavano tutti e trovandosi niente meno che all’Inferno circondato da demoni e mostri che anelavano a carne come la sua, più questa apparteneva ad una creatura potente e pura, più la desideravano.
Disposti a qualunque cosa lo attaccavano accecati dalla fame che il suo odore stimolava.
Per un angelo più sprovveduto sarebbe stato un autentico suicidio, ma per lui che in alcuni momenti sembrava peggiore dei demoni stessi, era stata quasi una passeggiata.
Il suo pessimo umore, però, non gli aveva permesso di godersi quei fantastici passatempi che dai tempi del Salvatore non aveva più…
Il suo sguardo cupo fissò intensamente l’imponente e minacciosa ombra a qualche miglia da lui. Il castello del re degli inferi era ormai vicino.
Mikael non ci era mai stato laggiù e non aveva mai visto dove dimorasse suo fratello, però da arcangelo addetto alla guerra, si era preso la briga di sapere perfettamente quale fosse la struttura dell’Inferno qualora decidessero di andare a stanarlo.
Cosa che a lui non sarebbe dispiaciuto, quand’era ai suoi tempi migliori!
In realtà non aveva nulla di preciso in mente, non stava facendo quel viaggio con un pensiero fisso specifico se non quello di arrivare a suo fratello.
Prima di allora era stato convinto di essere nulla per lui, invece durante l’ultima grande guerra aveva scoperto che non era così, che Lucifero aveva dovuto fingere di essere indifferente per impedirgli di seguirlo, ma ora che era il vero principe della luce era diventato il suo nemico, ovvero una persona degna di nota.
Queste sue parole erano equivalse ad un ‘ti ho sempre voluto bene, in realtà, ed ho agito in quel modo per farmi odiare e per proteggerti perché non volevo che affondassi insieme a me, ma ora che sei diventato forte e sei cresciuto non posso più proteggerti e decidere io per te.’
Per Mikael questo era stato un ti voglio bene che l’aveva commosso e spinto a chiamarlo ‘fratello’ fra le lacrime. Il sorriso con cui l’aveva ricambiato era stata la conferma dei suoi sentimenti e si era sentito rinascere. Come se un enorme peso venisse spazzato via.
Aveva lentamente ripercorso tutti i momenti di quando erano piccoli, di quando Lucifero si era distaccato tanto da lui lasciandolo solo a credere di non essere nemmeno considerato, delle volte che aveva pensato si vergognasse di lui... e poi giungere all’unica verità estirpando quei momenti terribili di follia che l’aveva invaso quando era stato abbandonato e tradito… aveva finalmente capito cosa significava la parola pace.
Ma la sua pace era stata raggiunta solo con suo fratello.
Raphael gli aveva voltato le spalle, l’aveva tradito, in un certo senso.
E un'altra nuvola aveva oscurato la sua felicità momentanea.
Non era giunto davanti al castello di Lucifero con uno scopo particolare, aveva solo pensato che era ora di decidere da solo cosa voleva fare e con chi voleva stare.
Raphael aveva scelto Barbiel, non era sveglio e non c’era più per lui.
Lucifero c’era e non l’aveva mai odiato, gli aveva sempre voluto bene.
Ora era grande per scegliere da sé le proprie parti.
E non voleva stare con nessun Paradiso e con nessun Inferno, tanto meno con nessuna Terra.
Lui voleva solo stare con suo fratello, il suo gemello, l’altra sua parte, colui che aveva ritrovato dopo anni di silenzi e di finto odio. Niente di più.
Quando davanti al nero cancello che si stagliava alto innanzi a sé, egli si fermò, guardò il giardino al di là di esso e poi l’enorme struttura al centro.
Naturalmente per essere la dimora del re delle tenebre era in pieno stile gotico, proprio come se l’era immaginato.
Eppure si vedeva che era stato ricostruito da poco…
Alzò gli occhi verde chiaro, tutto ciò che si vedeva di lui, quindi senza troppe cerimonie pose la mano avvolta da un guanto nero senza dita sulla serratura, alzò la temperatura fino a scioglierla, quindi aprì il cancello.
Non era da lui essere così poco teatrale e casinista, normalmente avrebbe sfondato tutto gridando e facendo un baccano infernale!
Concentrandosi capì quante creature ci fossero lì dentro e dove, quindi senza perdere tempo si avviò deciso pronto ad abbattere qualunque ficcanaso si fosse frapposto sul suo cammino.
Era certo di dover fare un’altra strage, lì dentro di gente ragionevole non ce n’era nemmeno a cercarla col lanternino!
Ma forse si sbagliava… almeno una, magari, ci poteva stare…
L’odore che gli venne alle narici attraverso la stoffa superò di gran lunga il tanfo di quell’aria atroce a cui ormai era abituato, quindi senza dipingersi il suo solito ghigno sulle labbra rimase serio e concentrato, era strano vederlo così, faceva quasi impressione…
Di nuovo alzò la mano davanti a sé come se fosse pronto ad afferrare qualcosa non ancora visibile e senza nemmeno mettersi in posizione d’attacco o di difesa, attese.
- Arriva il cagnolino… - Mormorò fra sé e sé distinguendo il mostro disgustoso ed informe che gli veniva incontro. Un qualche animale demoniaco certamente potente, per essere a guardia del giardino…
Il ringhio fu tutto ciò che si poté distinguere dal verso strano che faceva.
La bava, però, gli fece capire che gradiva il proprio odore.
- Non sarò il tuo pasto… - Gli disse quindi con voce rauca fissandolo dritto negli occhi senza il minimo problema, non se ne schifò nemmeno e la creatura parve stupirsi di questo.
Si fermò un attimo davanti a lui, lo sovrastava in altezza ed in stazza in un modo impressionante, ma questo sembrava non turbare minimamente Mikael che, ancora col braccio teso in avanti e la mano aperta pronta ad afferrare, o lanciare, lo fissava come faceva con un morto.
- Avanti, non ho tempo da perdere… o vai a cuccia o la facciamo finita subito! - A queste parole si rese conto di essere disposto a risparmiarlo nel caso in cui non l’avesse attaccato. Cosa che aveva fatto con tutte le altre creature incontrate fino a quel momento (peccato che nessuno aveva capito come risparmiarsi la vita…). Un tempo avrebbe fatto fuoco e fiamme in qualunque caso, anche con quelli più pacifici…
Era proprio cambiato.
Si chiamava maturità?
Se lo chiese quasi sconvolto, ma non fece ugualmente una piega poiché il ‘cucciolotto’ fece la sua mossa e come tentò di mangiarselo, Mikael sferrò una sfera infuocata che uscì dal palmo della sua mano. Arrivò in un lampo dritta nelle fauci aperte del mostro che si fermò stranito rendendosi conto che qualcosa non andava. Si mise a tossire fumo e distratto il necessario non poté vedere la grande lama rossa prima che gli tagliò la testa di netto.
Con la sua grande spada scarlatta stretta in mano, l’angelo atterrò dall’altra parte mentre egli piombava giù privo di vita.
Il telo nero che l’avvolgeva ricadde addosso a lui continuando a coprirlo e prima di ogni cosa se lo sistemò di nuovo sul viso rimasto scoperto per un istante.
- Troppo facile. – Borbottò facendo sparire nuovamente la spada in corpo per non dare troppo nell’occhio.
Riprese ad avanzare con passo deciso verso il castello e finalmente raggiunto entrò.
Nell’immediato non trovò nessuno ad accoglierlo nonostante dentro ci fossero un numero non trascurato di demoni anche piuttosto forti, probabilmente i sette satana, suo malgrado alzando le spalle decise di seguire la traccia che sentiva di Lucifero, l’unica che gli interessava.
Non aveva idea di come fosse fatto quel posto, né di dove stessero i tranelli, convinto però che ce ne fossero.
Sarebbe stato più facile gridare a gran voce il nome di Lucifero aspettando che fosse lui a venire.
Ma saprà che sono qui, figurati se non lo sa… mi avrà sentito… perché non viene a vedere che voglio? Ha sempre questa maledetta mania di fare il prezioso!”
Pensò infastidito quello che pareva solo un ragazzo e che in realtà era decisamente più grande di quanto non apparisse.
Percorsi però diversi corridoi, si rese conto di star scorrendo sempre lo stesso perimetro.
Eccolo qua uno dei trucchi… prevedibile… basta abbattere qualche muro, da qualche parte si arriverà!”
Si disse allora alzando di nuovo la mano verso una porta alla sua destra.
Non ci pensava minimamente a bussare o a non farsi notare, non più ormai…
Con l’ennesima palla di fuoco distrusse la porta e parte della parete che la circondava. Quando il fumo si diradò entrò senza il minimo problema.
Chiederò di essere condotto da lui, faccio prima!”
Scorse svelto gli occhi nell’ampia stanza in cui era capitato e non dovette aspettare molto. Immediatamente una sfera oscura si liberò da un punto imprecisato e tentò di colpirlo, ovviamente la schivò con agilità e pronto a ricambiare aguzzò la vista cercandone la fonte.
- Chi diavolo sei tu? - La domanda venne da una figura a pochi metri da lui, era nella penombra ma quando parlò cominciò a muoversi facendosi vedere.
La sua pelle era molto pallida, i capelli lunghissimi e castano rossi legati in una coda bassa che si stava sciogliendo, vestito di nero con una maglia aderente che lasciava scoperta una striscia di addome, con pantaloni corti e lunghi stivali che arrivavano a metà coscia, simile a quelli che portava sempre lui.
Se si voleva cercare una corrispondenza fra costui ed una creatura del Paradiso, era proprio con Mikael.
Ad eccezione dell’altezza, naturalmente!
Questo demone era molto alto.
I suoi occhi altrettanto verde chiaro, si posarono in quelli simili suoi che lo fissavano cupi.
Fece una smorfia a sentire il suo odore e all’istante capì di chi si poteva trattare:
- Ma sei un angelo… e non uno di poco conto… sei uno dei pezzi grossi rimasti, vero? –
Eppure non lo riconobbe come il fratello del suo signore.
- E tu chi saresti? – Non che gli interessasse, ma era ormai certo di trovarsi davanti ad uno dei sette satana, voleva solo la conferma. Giusto per sapere quanta forza avrebbe sprecato per ucciderlo.
- Io sono Astaroth, uno dei sette satana. Rappresento l’ira se vuoi saperlo… - Non capì perché si sentì di dirlo, non era nel suo carattere esprimersi e spiegare così, anzi, ma lo fece e infastidito da sé stesso capì che qualcosa non andava.
In quella creatura c’era qualcosa di familiare…
Forse l’ho incontrato quando sono andato con Lucifero in Paradiso…”
In quell’occasione si erano appena incrociati ma non si erano né guardati né affrontati.
- Non mi dici il nome di chi sto per uccidere? – Gli chiese sentendo che qualcosa non andava e non per il fatto che un angelo molto forte fosse nell’Utero.
- Non ti interessa… voglio vedere Lucifero. Portami da lui! – Disse con arroganza tipica sua.
- Non funziona così quaggiù, piccoletto… - Le solite classiche parole da non dire. Per lo meno un tempo. Ora solo un lampo di minaccia attraversò i suoi occhi assottigliati e pericolosi.
- Te lo chiedo un ultima volta. Portami da lui. – Replicò basso ed incisivo. Non sperava davvero lo facesse. Gli era venuta un insana e familiare voglia di sfogare un po’ della sua rabbia.
Quello era il satana dell’ira, no?
Chi meglio di lui per calmarlo?
- Come hai fatto ad entrare senza farti sentire da Kyrsha? – Gli chiese ignorando la sua richiesta che non avrebbe mai accontentato. Si rese poi conto che oltre a lui c’erano altri sette livelli da superare prima di arrivare incolumi nell’Utero e poi lì al castello del signore delle tenebre…
E quel tipo sembrava intatto ed incolume.
Che sapesse teletrasportarsi direttamente dal Paradiso a lì?
Non era possibile. C’era una serie di impedimenti che non lo permetteva a nessuno.
Allora aveva affrontato tutte le bestie demoniache seminate per l’Inferno?
A parte il leggendario angelo organico Alexiel che giaceva ancora addormentata nel Paradiso, pochi potevano riuscirci.
Però la fama di un certo folle arcangelo rosso capo delle potestà, il responsabile delle guerre, quello che controllava il confine e massacrava tutti i demoni che tentavano di superarlo, era giunta fino a lui.
Che fosse quel tipo?
- Chi, Fufi? Certo che mi ha sentito, ma ci ho messo un attimo a metterlo a cuccia… senza testa! – Lì però gli venne fuori un ghignetto divertito nascosto dalla stoffa che ancora stava su metà del suo viso.
In fondo all’Inferno c’era più vita e divertimento di quanto non si fosse aspettato… forse il suo posto era davvero lì sotto, dopo tutto.
- Ma si può sapere chi sei? – Ma a questa domanda di Astaroth che ormai pensava di aver capito di chi si trattava, Mikael impaziente rispose con una sfera infuocata che fu schivata. A non riuscire ad evitare, però, fu il fascio di fuoco successivo che lo investì facendolo finire violentemente contro la parete che crepò tremando.
Nel giro di poco tutto il castello sarebbe venuto a vedere che stava succedendo.
- Se non vuoi dirmelo non fa nulla… ti ucciderò senza saperlo! –
Rispose allora attaccandolo a sua volta con un lampo oscuro che Mikael riuscì ad evitare saltando all’indietro come facesse un’acrobatica capriola. Questo gli fece sciogliere parzialmente il mantello intorno a sé e quando richiamò la sua grande spada rossa di fuoco dal proprio corpo, questa si materializzò nelle sue mani. Atterrando non era ancora del tutto libero ma non lasciò tempo, scattarono entrambi in avanti velocissimi. Astaroth lanciandogli continue sfere d’energia oscura, Mikael tagliandole e deviandole con la lama, veloce più che mai. Nella corsa che fecero per incontrarsi e scontrarsi il telo ormai era quasi del tutto scivolato via, rimaneva impigliato solo intorno alla testa. Astaroth l’osservava interessato ma con forza deleteria affrontò lui e la sua spada come ne avesse tante al posto delle affilate e lunghe unghie simili a lame.
Venendo poi ferito di striscio sul viso e successivamente sul petto, il demone afferrò quella stoffa nera che ancora lo copriva in viso e tirò.
Fu allora che lo riconobbe per i suoi capelli e quel tatuaggio che avevano fatto il giro dell’intero Aldilà.
Si fermò stupito non credendo di potersi trovare davvero davanti ad un vero arcangelo. Quando era salito su in Paradiso durante l’ultima grande guerra non aveva avuto il piacere di affrontarne nemmeno uno, ma ora che uno era lì nella sua stanza, si chiese esterrefatto e curioso come mai:
- Ma che ci fai tu qua? – Chiese. In risposta una sfera di fuoco gli bruciò il petto con l’unico risultato di ridurgli in cenere la maglia!
Prima che Mikael potesse affondare la lama come faceva di consueto per concludere i suoi combattimenti, un turbine di falene nere li avvolse entrambi facendoli finire entrambi dalla parte opposta dell’altro, a terra. Come una specie di folata di vento.
Sapeva che non poteva essere ma prima di ragionare razionalmente, il rosso si voltò di scatto credendo di vedere Raphael.
Ma non lo vide.
Al suo posto una specie di pagliaccio con la faccia tutta dipinta di bianco e la bocca e gli occhi neri. I capelli rossi spettinati intorno al viso ed un buffo cappello a cilindro in testa.
I suoi occhi scuri lo guardarono increduli ed interrogativi.
- Mikael, arcangelo rosso del fuoco, capo delle potestà nonché fratello gemello di sua maestà Lucifero… cosa ci fate voi quaggiù? –
Se c’era uno che avrebbe giurato di non vedere mai lì sotto, quello sarebbe stato senza dubbio lui.
Udendo le ultime parole, Astaroth credette di aver capito male e con espressione incredula si avvicinò a quello che avrebbe dovuto considerare collega e che invece non vedeva di buon occhio:
- Chi hai detto che è? – Sapeva che l’arcangelo del fuoco aveva i capelli rossi e un tatuaggio di drago blu sul viso, ma non che egli fosse il fratello, per di più gemello, del loro signore. Come poteva essere?
L’altro rispose con aria di scherno:
- Lui è il fratello del nostro re, come fai a non saperlo? – Sottolineò la sua mancanza ma l’altro non la colse per nulla, troppo stupito da ciò che aveva appena compreso. Quindi si voltò immediatamente verso l’angelo con un aria cupa in viso, e scrutandolo a fondo di nuovo disse marcando la sua incredulità:
- Ma dove ci somiglia a lui? Gemello, poi… - Poi guardò anche i suoi vestiti dark in pelle lucida, reti, borchie e catene, e alzando un sopracciglio scettico aggiunse: - ... bè, non è che come angelo è più credibile... sembra più un demone, in effetti! -
Ricevette uno sguardo fulminante da Mikael che si avvicinò impettito stringendo la sua spada, lo guardò in cagnesco ma non rispose, non era lì per fare conversazione, tanto meno per spiegare i misteri che si celavano intorno ai due principi della luce e delle tenebre.
- Tu non capisci proprio mai quando è ora di fermarsi, vero? – Disse Belial sempre come se lo stesse canzonando. Sembrava così poco serio, quel tale… l'arcangelo allora ringhiò:
- E tu chi diavolo sei? – A quella domanda il pagliaccio tornò a posare il suo sguardo inquietante e strano su di lui e un sorriso beffardo si sforzò di apparire nonostante il reale stato d’animo in subbuglio per la sua apparsa lì. Belial era tipo che non mostrava mai i suoi veri sentimenti e nemmeno lo stupore, sia pure per poco.
Con un breve inchino di sarcasmo si presentò togliendosi il cappello mentre Astaroth provava un insano istinto di farlo a pezzi:
- Io sono il Cappellaio Matto! – L’altro si sentì indispettito e nonostante la sua scarsa altezza si avvicinò ulteriormente a lui pronto a squartarlo, quindi serio più che mai, chiese:
- Se vuoi sapere che ci faccio qua dimmi chi diavolo sei davvero! –
Allora decise di accontentarlo, curioso di sapere come mai fosse lì.
- Io sono Belial, uno dei sette satana, umile servitore di sua maestà Lucifero. –
Eccolo, sapeva che lui era quello giusto.
- Portami da mio fratello. –
Mormorò Mikael tetro incupendosi repentinamente, come se il precedente scontro non fosse nemmeno avvenuto e nessuno l’avesse infastidito in modo particolare.
Improvvisamente non sembrava più contro di loro.
Il sorriso strano di quella specie di pagliaccio fu quanto di più indecifrabile, ma sentendolo dire enigmatico:
- Prego, mi segua. – non trovò altro da fare che seguirlo davvero, ma sempre con la spada in mano.
Astaroth li guardò andarsene perplesso, chiedendosi cosa sarebbe successo di lì in poi. Se aspettarsi una vittoria schiacciante dei demoni con l’unione di un arcangelo a loro, oppure la fine di tutto!
Nonostante avrebbe voluto saperlo, rendendosi conto che quel tipo aveva portato una ventata di novità in quella noia deprimente, non li seguì.
Mikael, invece, camminando dietro a Belial serio e col cuore che cominciava a battergli martellante come un matto, non sapeva se l’avrebbe davvero condotto da lui, né cosa gli passasse per la testa, ma tutto ciò che voleva era vedere Lucifero.
Solo quello.
Mi chiedo perché sia qua… “ Si domandava intanto il demone senza uno scopo specifico se non quello di accontentare l’angelo.
Del resto erano questioni di famiglia… nessuno poteva intromettersi.


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Capitolo 4
*** Luce e Tenebre ***


Fra Le Braccia Di Un Angelo

*Ecco qua. Non vorrei dirlo ora perché rovino la sorpresa ma devo visto la particolarità della scena finale. Vi avverto, non è per animucce delicate che detestano un pochino di sano, innocente e dolcissimo… ehm… incesto… E voglio anche dire che non ho idea di come finirà questa fanfic, visto che avevo in mente una cosa e che poi si sta sviluppando in tutt’altro modo. Questo non era affatto previsto. Bè, vedremo. Comunque ho fatto del mio meglio per mantenere tutti IC, è stato difficile ma ammetto che mi piace come è venuto sto capitolo. La canzone che ho scelto non era quella che pensavo di scegliere, ma poi ho sentito le parole e sono rimasta folgorata. Il tutto nel complesso è molto dark ed eretico, forse, ma ci sta bene per Angel Sanctuary! Auguro a tutti buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO III:
LUCE E TENEBRE

“Parla più piano e nessuno sentirà,
il nostro amore lo viviamo io e te,
nessuno sa la verità,
neppure il cielo che ci guarda da lassù.
Insieme a te io resterò,
amore mio, sempre così.
Parla più piano e vieni più vicino a me,
Voglio sentire gli occhi miei dentro di te,
nessuno sa la verità,
è un grande amore e mai più grande esisterà.
Insieme a te io resterò,
amore mio, sempre così.
Parla più piano e vieni più vicino a me,
Voglio sentire gli occhi miei dentro di te,
nessuno sa la verità,
è un grande amore e mai più grande esisterà”

/Parla più piano -  Patrizio Buanne - Godfather Theme/
Quando Mikael fermò i propri passi udì appena la voce del proprio accompagnatore, o  accompagnatrice che dir si volesse, dirgli melliflua:
- Al di là di questa porta si trova suo fratello. Vi lascio la vostra agognata intimità. - In condizioni normali si sarebbe chiesto cosa significava quell’ultima parte, ma lì non gliene importò. Non l’aveva nemmeno registrato.
Nel giro di un istante fu di nuovo solo davanti ad una porta nera con elaborati disegni in rilievo in stile gotico. Il materiale non aveva nome, né legno né metallo.
L’aria dentro al castello era meno pesante ma lui quella differenza non l’aveva notata. Aveva ancora difficoltà a respirare e non era per colpa dell’ossigeno all’Inferno.
Puntando i suoi occhi verde chiaro sull’ostacolo che lo separava da suo fratello, capì che quel materiale serviva ad esternare Lucifero dal resto dell’universo in modo che nessuno lo sentisse al suo interno e potesse stare in pace.
Se era lì dentro significava che non voleva essere disturbato ma pur sapendolo Belial, che non lo contrariava mai, aveva disobbedito portandolo lì.
Capì che non era un satana qualsiasi.
Fu un pensiero che ebbe il tempo di un istante.
Inspirò profondamente e tendendo tutti i suoi muscoli accentuati e forti, dopo aver rimesso via la sua spada di fiamme all’interno del proprio corpo e senza più il mantello a coprirlo, bussò.
Non l’avrebbe mai fatto in condizioni normali ma lì di normale non c’era nulla, tanto meno sé stesso.
Dopo poco la porta si aprì da sola silenziosa. L’uscio rivelò la sua presenza alla figura dentro alla stanza.
La camera era in stile gotico anch’essa, la prevalenza del colore era il nero e veli scuri scendevano dal soffitto come fossero sospesi nel nulla. Della corrente li fecero muovere rivelando fra la penombra illuminata da candele poste un po’ ovunque, la presenza di qualcuno a lui familiare.
Le fiammelle tremolarono in varie direzioni poi come sentissero il padrone del loro elemento divennero più intense dando a Mikael una visuale migliore.
Vari oggetti strani erano sparsi per la stanza ampia e nel letto a baldacchino dalle tende in velluto nero, vi stava steso l’unico presente.
Una vestaglia in seta color ebano lo copriva parzialmente lasciando scoperto il petto ed una spalla dalla quale si intravedeva un tatuaggio tribale circolare. Un altro sull’occhio semi chiuso, fra la frangia che gli scendeva sulla fronte.
I capelli, una cascata oscura, ricadevano lisci un po’ sul davanti incorniciando il suo viso che pareva scolpito nel ghiaccio.
Il suo biancore era quasi accecante in quel gioco di chiaro scuri affascinante.
Nessuna espressione, solo i suoi occhi grigi che si aprirono posandosi sui suoi verdi. Nemmeno quelli erano uguali.
Niente di ciò che erano diceva che erano gemelli.
L’argento delle iridi di quello che pareva il più grande non ebbe alcun guizzo, lì per lì parve che nemmeno riconoscesse l’ospite, però lo guardò a lungo ed intensamente senza fare una piega.
Un arcangelo nella sua dimora e lui sembrava del tutto indifferente alla cosa.
Mikael non se ne turbò anche se un tempo avrebbe fatto fuoco e fiamme.
Se l’era aspettato.
Lui era così perché non aveva conosciuto per anni altro modo di essere che quello ed anche prima di diventare il re oscuro, nessuno mai oltre a Bal gli aveva mostrato gentilezza alcuna.
Proprio come era successo a Mikael, in fondo.
Più simili di quel che sarebbero mai stati disposti a credere.
Era strano essere davanti all’arcangelo rosso del fuoco e non essere investiti da un caos micidiale comprensivo di urla irascibili e colpi vari.
Lucifero parve aspettare quella reazione ma non disse nulla quando non arrivò.
Vedendo che anzi rimaneva fermo sulla soglia si tirò a sedere sul letto e posando i piedi a terra continuò a guardarlo, dopo breve allungò un braccio invitandolo a venire davanti a lui.
Era diverso, Mikael.
L’aveva percepito mentre aveva ascoltato la sua aura avvicinarsi in quei giorni.
Il rosso vestito in perfetto stile demoniaco che si amalgamava egregiamente con quella razza, avanzò lento arrivando davanti a Lucifero.
Era così sicuro che non era lì per attaccarlo come aveva sempre minacciato di fare, che pareva quasi folle.
Ma nessuno spettatore a quella scena.
Non fece nessuna domanda ovvia, attese che l’altro parlasse e finalmente si decise a pugni stretti, muscoli tesi e quasi tremante di tensione, rabbia e tormento. Gli occhi bassi che non osavano più guardare il fratello. Il viso cupo.
La sua voce era un sussurro appena udibile.
- Tutti mi hanno lasciato, tradito, voltato le spalle. Tutti. Io… - Esitò ma proseguì con fatica: - …sono solo… e non voglio più esserlo. - Sembrava che ogni parola fosse un pugnale che a fatica estraeva dal proprio corpo. - Non ce la faccio più. - Ed ognuna di esse sanguinava copiosamente. - Odio il Paradiso e gli angeli. Lassù non c’è nessuno per me. Solo una cosa ha senso ora… solo uno conta… solo uno mi è rimasto… - La voce spezzata, il fiato terminato così come il proprio coraggio, gli occhi gli bruciavano, li teneva bassi e la vergogna di dire quelle cose, di ammettere il suo amore dopo un’esistenza intera passata a negarlo, gli faceva salire quel nodo in gola. Un nodo che quasi lo uccideva. - Io… io ti… - Poteva dirlo? Era giusto? Cosa sarebbe successo? E se si era sbagliato, se aveva capito male quella volta in Cielo?
Il peso nelle spalle, il peso nel cuore, nell’anima… il peso crebbe fino a schiacciarlo e cadendo in ginocchio davanti a lui si prese il viso fra le mani per nascondere la propria vergogna innanzi alla debolezza che mostrava. Per anni aveva lottato e cercato di sopprimerla, ed ora usciva così, da sola, proprio davanti a Lucifero che gli aveva sempre voltato le spalle. L’aveva fatto perché non aveva voluto che lo seguisse all’Inferno, perché non si dannasse, perché gli voleva bene. Ma non lo aveva voluto con sé.
Non ce la faceva comunque. Qualunque cosa avrebbe detto l’altro, lui non poteva andare avanti.
- Io ti amo. Non voglio stare con altri che te. Tutto ciò che ha senso, per me ora, è ricongiungermi a te. Perché ti ho sempre amato e mi sono sforzato di odiarti, ma in realtà quello era solo amore. - Gli tornarono alla mente le parole del Salvatore quando gli aveva aperto gli occhi brutalmente dicendogli che amava Lucifero e non lo odiava affatto.
Gli parve di star sprofondando in un mare oscuro dove l’acqua si sostituiva all’ossigeno e gli riempiva i polmoni.
Gli parve di impazzire, di tornare al tempo in cui si distruggeva per il tradimento di suo fratello. Allora era venuto Raphael a salvarlo, ma adesso non c’era, non sarebbe mai venuto, sarebbe rimasto solo per sempre.
Cosa gli rimaneva?
Chi?
Suo fratello non l’aveva comunque voluto.
E senza nessuno per cui combattere, perché continuare ad esistere?
Nel pieno di queste domande e del suo senso di soffocamento, due mani si posarono sulle proprie che coprivano il viso, gliele spostarono e si sostituirono ad esse. Solo allora si rese conto delle proprie lacrime d’angoscia che andavano raccolte dai palmi di Lucifero.
Si lasciò fare senza ancora respirare, tremando, vergognandosi, soffocando, poi sentì che il suo viso veniva alzato. Quando fu di nuovo dritto gli parve che le sue dita l’accarezzassero e qualcosa bevve le sue lacrime dalle guance bagnate.
Non aprì gli occhi, lasciò che facesse.
Dopo poco capì che erano le sue labbra fredde, sottili e ben disegnate che seguivano il percorso delle sue piccole gocce salate fino al mento tremante.
Non osava guardare.
Nella mente le immagini del suo passato solitario si alternavano come lampi e all’ennesima dolorosa voltata di spalle da parte di Raphael, Mikael mormorò ancora smarrito:
- Hai scelto tu per me, in passato, di farmi seguire la strada della luce e del Paradiso. Ma il mio Paradiso e la mia luce sono dove sta la mia anima. E la mia anima la divido con te. Permettimi di scegliere dove voglio stare. -
Dopo di questo le labbra che stavano percorrendo leggeri le sue guance, giunsero a quelle di Mikael e contro ogni più lontana e rosea aspettativa si unirono in una risposta che non avrebbe mai udito con orecchio e nemmeno visto con occhio ma solo sentito con la pelle.
Poteva star sognando, poteva essere che un demone l’avesse ucciso e che questo fosse il suo desiderio… ma l’idea che un demone l’avesse ucciso apparve più assurda di Lucifero che lo baciava, così come se si svegliasse si rese conto che era reale e aggrappandosi con forza e disperazione alle braccia forti dell’altro, rispose con impeto e passione rendendosi conto che era da una vita che aveva desiderato solo quello.
Che il suo distruggersi era sempre stato per lui, proprio come poi Raphael aveva scelto Barbiel abbandonandolo.
Si erano salvati a vicenda, si erano aiutati per non sprofondare ma ciò che avevano fatto l’uno per l’altro non era stato altro che rifugiarsi per scappare dalla realtà. Ad aiutarli davvero erano stati il Salvatore e Sara.
E lui amava Lucifero visto che per lui era anche disposto a morire.
Su quel bacio inaspettato che permise la rinascita di due gemelli separati in fin dei conti già dalla nascita, le loro anime tornarono insieme unite.
Su quel momento impossibile da credere, la porta della stanza si chiuse da sé lasciandoli in mezzo ai veli neri e alle fiamme delle candele che vorticavano come impazzite.
Su quel fatto leggendario ed importante tutto il mondo dell’Aldilà e la Terra stessa furono percorse da una fortissima scossa di terremoto che lasciò segni indelebili ovunque.
Ma quello era solo l’inizio.
Pochi sul momento capirono cosa significava, cosa era successo.
Pochi capirono che Luce e Tenebre si erano unite proprio come all’inizio dei tempi.
Ma presto tutti avrebbero visto l’equilibrio sgretolarsi sotto i loro piedi.

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Capitolo 5
*** Il rifiuto ***


Fra Le Braccia Di Un Angelo

*Scusate l’attesa, sono stata presa da un paio di altre nuove fic che non sono riuscita a fare a meno di iniziare. Questo capitolo non era previsto in questo modo ma è venuto fuori così, una sorta di passaggio. Inoltre sono stupita di vedere che Belial sta prendendo un ruolo decisamente particolare. Sono curiosa di vedere cosa salta fuori. Questa fic si sta scrivendo praticamente da sola! Volevo dire anche che mi riferisco a Belial parlando al maschile nonostante in origine fosse una donna, perché ormai la sua sessualità non è tendente né da una parte né dall’altra, ma in italiano non c’è il pronome per l’asessuato, dunque ho scelto il maschile. Spero che sia di gradimento. Grazie a tutti quelli che seguono e commentano. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO IV:
IL RIFIUTO

/  Slow life - Grizzly Bear  /
- Sarà bello rivedere il senpai! - Disse allegramente Setsuna fermo davanti al cancello enorme del castello di Lucifero.
- Chi? - Chiese Raphael credendo di aver capito male mentre osservava l’interno stranamente tranquillo del giardino.
- Il senpai Kira! - Rispose con semplicità ed un certo entusiasmo infantile nonostante l’aspetto adulto che ormai aveva.
- Non esiste nessuno del genere, qua! - Fece freddamente con la sua solita aria di superiorità, adocchiando in un angolo una grande figura stesa immobile priva di vita (e di testa).
- Per lui il senpai Kira è Lucifero. La sua anima è stata nel corpo del suo amico, sulla Terra. - Spiegò per lui Cry. La principessa, ormai regina, della Gehenna era cresciuta non poco, i suoi capelli ora erano molto più lunghi ed un taglio femminile incorniciava il suo bel viso cresciuto. Era diventata una bella donna con delle curve certamente più generose di anni addietro.
- Ed è contento di vederlo?! - Ribatté allora incredulo l’arcangelo dell’aria pensando che quell’umano fosse solo irrimediabilmente matto, come aveva sempre sostenuto.
- Lui è fatto così… non è né angelo né demone… - Continuò pratica Cry sorridente, le piaceva ancora molto Setsuna ma si era rassegnata.
- …ma idiota! - Concluse lui lugubre e sprezzante. Non mascherava affatto la sua disapprovazione verso quell’ormai uomo.
- Ehi, non fate come se io non fossi qua! - Rimbeccò infatti questi spazientito di sentire quei discorsi su di lui.
- Dai, sbrighiamoci! - Fece allora Raphael sbuffando stufo di aspettare in compagnia di esseri così inferiori a lui (a sua detta…).
Grazie alla presenza di Cry erano arrivati all’Utero indenni e con una certa facilità. Se fossero stati soli avrebbero perso gran parte del tempo a combattere contro demoni e mostri vari, come aveva volentieri fatto Mikael prima di loro. Avevano notato un certo numero sospetto di cadaveri lungo la strada, indice che stavano percorrendo il tragitto giusto.
L’angelo si era proibito con tutto sé stesso di pensare a cosa avesse spinto Mikael fin là, come si sentisse e cosa avesse fatto una volta nel castello. Aveva certamente combattuto con quante più creature possibili, non ci era voluto un genio per saperlo.
Attraversato il giardino Cry provò a chiamare Belial col pensiero, non avendo idea se questo metodo potesse funzionare.
Ricordava che il satana le aveva detto di chiamarlo qualora avesse avuto bisogno ed in qualunque posto lei si fosse trovata, lui sarebbe accorso.
Bè, ora non era molto lontana!
- Quello dev’essere un suo ricordo… - Sentenziò Setsuna ridacchiando in direzione del ‘piccolo cane da guardia’ ormai senza testa. Raphael non annuì ma guardando serio il mostro appurò che era davvero così.
Dopo breve un’ombra dall’alto li oscurò spingendo tutti e tre ad alzare le teste. Con poco stupore videro sospeso a pochi metri da loro proprio colui che avevano sperato di incontrare prima di inoltrarsi in quel castello maledetto. Era una specie di labirinto per chi non lo conosceva, l’unica era entrare con uno di quelli che l’abitava.
- Quale onore, la regina della Gehenna in persona… con due insoliti ospiti! - Solo in un secondo momento il Cappellaio Matto degnò Setsuna e Raphael che con strane espressioni ricambiavano lo sguardo di sufficienza.
- Ciao Cappellaio! - Cry lo salutò sorridendo entusiasta. Dopo tutto era sempre stata sua amica, in un modo un po’ strano e singolare. Aveva sempre avuto la sensazione che se non fosse perdutamente innamorato di Lucifero, Belial si sarebbe anche potuto infatuare seriamente di lei.
- Qual buon vento vi porta in questi bassi meandri, mia graziosa amica? -
La ragazza dai grandi occhi di drago allargò le braccia indicando i suoi due accompagnatori, poi spegnendo un po’ il suo sorriso rispose quasi con malinconia:
- Credo tu lo sappia… - La storia di Mikael che Setsuna si era preso la briga di raccontare, le era parsa molto triste ed ingiusta. Due gemelli separati, uno principe della luce ed uno delle tenebre. Come mai avrebbe potuto finire bene, quella storia? Qualcuno sicuramente ci avrebbe inevitabilmente rimesso ed in ogni caso non sarebbe stato giusto.
- E’ qua Mikael? - Chiese spiccio Raphael che detestava star lì, era quasi una sofferenza e la puzza di demone gli toglieva il fiato.
Belial spostò i suoi occhi freddi e alteri in quelli tremendamente simili dell’angelo. Un tempo compagni, il satana la causa del passato degradante dell’angelo.
- Il fratello di sua maestà? - Chiese di nuovo con sufficienza mostrando disprezzo per quello che riteneva non avesse mai avuto il coraggio di vivere come voleva. - Dovrei controllare… - Fece infine vago e sornione.
Raphael perse per un attimo la sua fredda pazienza e con un moto di stizza sbottò:
- Avanti, certo che lo sai! Portaci da lui! -
- E pensi che se glielo chiedi così ti accontenta? - Disse ironico Setsuna.
- Ti prego Cappellaio, è importante che Raphael gli parli… - Supplicò Cry avvicinandosi a Belial che intanto si era posato a terra.
- Non è che a me importi poi molto che quei due si parlino… - Replicò infatti il Cappellaio con semplicità, alzando le spalle. - Ma sono contento che lei sia venuta a trovarmi… mi siete mancata, mia dolce fanciulla! - Continuò lusinghiero carezzando languido il volto liscio della ragazza attraversata da brividi di piacere. Aveva sempre subito il suo fascino, in un modo o nell’altro, solo che in passato l’amore per Setsuna aveva vinto sopra ogni cosa. Ora era diverso.
- Mikael non appartiene a questi luoghi, Raphael è venuto a riprenderlo e riportarlo dove deve stare. - Tentò allora Setsuna cercando di farlo ragionare. Non che fosse nel suo stile ma lì per lì pensò che il tentativo valesse la pena. Avevano sottovalutato lo scoglio Belial e lui non lo conosceva poi molto bene.
Il pagliaccio spostò lo sguardo mutandolo da gentile e lascivo a scostante e di nuovo altero.
- Mi spiace contraddirti, Salvatore, ma Mikael prima di essere l’arcangelo del fuoco è il gemello di sua maestà Lucifero e non è del Paradiso quanto lo è dell’Inferno. Il suo posto è dove egli decide che sia e lui ormai ha deciso. - Ascoltando quelle enigmatiche ma spiacevolmente chiare parole, a tutti e tre venne subito in mente come un doloroso flash quella strana scossa che aveva percorso tutto l’aldilà quando erano in viaggio. Quando l’avevano sentita si erano guardati con una strana sensazione dentro ma non avevano trovato spiegazione.
- Cosa vuoi dire? - Chiese con urgenza e non più distacco Raphael, il cuore cominciò a martellargli in petto e una sgradevole sensazione cominciò a divorarlo. L’aveva sentito ma non era riuscito ad impedirlo.
Che fosse davvero troppo tardi?
Belial allora tornò a guardare l’angelo dai capelli biondi e composti intorno al viso, gli occhi si indurirono e colmarono di disprezzo, poi con una luce di gioia fu lieto di colpire e affondare con crudeltà ben consapevole del dolore che gli stava infliggendo.
- Mikael si è unito di sua volontà a suo fratello Lucifero, proprio come un tempo, prima che il Cielo li dividesse crudelmente. - Belial non sarebbe mai stato davvero così contento di condividere il suo Re con qualcun altro che riceveva in modo così evidente le preferenze dello stesso, però pur di far del male a quell’arcangelo così insopportabile si trovò disposto anche ad accettare l‘intruso.
Raphael si sentì come colpire da dentro da una sfera di energia oscura che si espande danneggiando ogni suo organo e tessuto.
Non respirò e si trovò a fissare quello sguardo truccato da pagliaccio mentre dava quella terribile notizia che non poteva assolutamente essere vera.
- Tu menti! - Sibilò senza fiato. Che Mikael fosse andato da Lucifero l’aveva previsto, ma che si fosse unito a lui questo non l’avrebbe mai potuto credere. Non sarebbe arrivato a quel punto. No.
Oppure era solo una sua stupida speranza?
- Mi piacerebbe, in effetti, poiché condividere sua maestà con un altro non è il massimo, ma mi rincresce confermarti che è proprio così. Ormai Mikael è dei nostri. - Rispose Belial continuando a girare il dito nella piaga.
E lo sapeva che era così, oh, se Raphael lo sapeva...
Aveva ragione, non mentiva, lo sentiva limpido dentro di sé.
Mikael non era mai stato così lontano da lui come ora.
Setsuna e Cry raggelati come poche volte ricordavano di essere stati, fissarono i due sbalorditi. Loro al contrario dell’angelo non si sarebbero mai aspettati una cosa simile.
- Ma… ma Cappellaio… - Iniziò impulsivamente Cry aggrappandosi a lui, egli la guardò nuovamente gentile: - … lui deve almeno parlargli… ti prego, solo quello… falli solo parlare… devono chiarirsi! - Presa dalla loro storia, si sentiva empaticamente dalla loro parte nonostante avesse pensato che separare i due gemelli sarebbe stato altrettanto crudele. Non poteva proprio immaginare una soluzione buona per tutti, ma almeno un chiarimento fra Mikael e Raphael era d’obbligo. Vedendola sinceramente presa e dispiaciuta per quella triste situazione, Belial si specchiò nei suoi grandi e meravigliosi occhi colmi di sentimenti che lui avrebbe solo immaginato. Così vicino a lei più che a chiunque altro, sospirò circondandola con un braccio e appoggiando la guancia sulla sua fronte, poi disse dolcemente:
- E va bene, solo per fare un favore alla mia deliziosa e sentimentale amica vi concederò udienza col fratello del Re. - Andando per logica ora Mikael era diventato il Principe dell’Inferno, ma Belial si sarebbe per sempre rifiutato di chiamarlo così. Amava troppo il signore delle tenebre per condividerlo con anima viva.
Indecisi se sentirsi più sollevati da questa sua decisione o meno, si limitarono a seguirlo in un silenzio quasi mortale per la gravità della situazione.
Improvvisamente quello che era stato preso come un semplice viaggio di piacere, era diventato qualcosa di pesante e soffocante per tutti.
Da quel momento sarebbe dipeso davvero il futuro del Cielo.
Con l’arcangelo del fuoco dalla parte dei diavoli, questi avrebbero prevalso facilmente, specie se l’angelo delle Potestà avrebbe richiamato a sé le sue truppe.

Lasciati in una stanza ad aspettare il suo ritorno, Belial si recò in quella che ora era la camera di Mikael, adiacente e direttamente collegata a quella di Lucifero. Entrò dopo aver udito il suo permesso e con un certo disprezzo interiore si sentì umiliato di essere costretto a rispettare ed obbedire anche un essere simile, per lui non sarebbe mai stato dei loro.
Una volta dentro lanciò un breve sguardo alla stanza. Il letto ancora integro, non un oggetto che indicasse la presenza di Mikael e l’odore di Lucifero indicava che aveva ancora passato del tempo con lui, sicuramente nella sua stanza.
Trovò la bassa figura in piedi davanti all’alta finestra che dava sull’oscuro mondo di tenebre.
Era vestito solo dei pantaloni in pelle e degli scarponi slacciati.
Non era un gran bello spettacolo, certo non paragonabile al Paradiso, ma guardava senza vedere.
Pensava assorto ad un qualcosa che Belial non intuì e non si sforzò di arrivarci.
- Avete degli ospiti. - si sforzò anche di apparire servizievole e rispettoso ma la marcata gentilezza non sfuggì a Mikael che, naturalmente, ricambiava il suo cordiale disprezzo. Tuttavia era ’a casa’ di suo fratello e quella specie di farfalla era un suo viscido servitore.
Mikael continuò a dargli le spalle.  
- Chi? - Chiedendolo credette di avere al di là della porta niente altro che Setsuna. Di lui se lo sarebbe immaginato, ma nessuno altro.
- La regina della Gehenna Cry, il Salvatore e l’arcangelo Raphael. - Pronunciò l’ultimo nome con un’altra nota di disprezzo evidente, ma Mikael non lo notò.
Il gelo lo attanagliò e sgranando gli occhi rimase immobile a guardare l’esterno mentre nella sua mente si sovrapponeva solo l’immagine di quello che un tempo era stato convinto di amare.
Colui che poi, però, l’aveva lasciato portandosi con sé ogni motivazione per stare in Paradiso. Fosse stato per lui non si sarebbe mai mosso, sarebbe rimasto sempre così, immobile, zitto, senza proferire parola.
- Li faccio entrare? - Belial non aveva idea della reale pesantezza del suo annuncio.
Non aveva davvero idea ma lo capì subito sentendo quella specie di pugno alla bocca dello stomaco, sensazione angosciante proveniente da quell’angelo rosso improvvisamente sconvolto che viveva tutto sempre con ogni energia possibile.
Provò un moto di felicità nel saperlo così devastato dalla sua notizia, quindi rimase ad aspettare curioso. Forse una possibilità di togliersi di mezzo quel fastidioso rivale, dopo tutto, poteva esserci.
- No. Non voglio vedere Rapahel! -
Gli costò dirlo ma non ci pensò nemmeno un attimo. Parlò impulsivamente con la capacità di pensiero annullata dall’emozione che la notizia del risveglio di Raphael gli aveva provocato.
Lui se ne era andato e quello si era svegliato… un motivo in più per rimanergli lontano!
Quella la sua prima testarda ed orgogliosa considerazione.
“Quel maledetto… se ce l’ho davanti lo ammazzo!” Pensò cominciando a montare la rabbia dentro di sé. Più che rabbia dolore per il tradimento che sentiva d’aver subito, qualcosa che uno come lui non dovrebbe mai provare viste le reazioni esagerate che tendeva sempre ad avere.
Belial scivolò fuori dalla stanza contento di quel rifiuto, contento del dolore che aveva portato a quell’essere e contento di quello che avrebbe provocato ora nell’altro ancora più spregevole.
Sapeva che non era tutto lì, lo sentiva come sentiva anche la possibilità di riuscire a far andare via il preferito di sua maestà.
Quando tornò nella camera in cui aveva lasciato i tre ospiti, riferì con un sincero e bieco sorriso il rifiuto di Mikael e mai parole poterono essere peggiori, per Raphael, ma anche per Setsuna e Cry ancor impietriti da quello che stava accadendo.
Avevano preso la situazione sottogamba, avevano semplicemente creduto che fosse uno dei soliti litigi facilmente aggiustabili. Ma quello, forse, dopo tutto, non era facilmente aggiustabile.
- Voglio entrare lo stesso! - Lo shock di Raphael, tuttavia, lasciò il posto ben presto ad una fredda e risoluta decisione di affrontarlo in ogni caso, a costo di prenderlo a pugni.
Doveva come minimo dirglielo in faccia che non voleva più vederlo e che lo odiava.
Il coraggio ce lo aveva, lo conosceva bene.
Se non voleva vederlo era solo perché in realtà non lo odiava davvero.
- Mi affronterà, che lo voglia o no! - Aggiunse risoluto ed arrabbiato.
“Non male… potrebbe diventare abbastanza divertente.”
Pensò invece Belial con un’espressione malignamente divertita.

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Capitolo 6
*** Il grido ***


*Questo penso che sia tipo il terzultimo capitolo, non so di preciso, mi lascio andare quando scrivo questa. Avevo pensato ad un altro tipo di scena ma è venuta così. E di certo non avevo in programma un confronto verbale fra Lucy e Raphy, ma mi sono accorta che oltre ad essere logico ci stava proprio bene!
Ringrazio tutti quelli che leggono e commentano questa fic. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO V:
IL GRIDO

/ A place for my head - Linkin Park /
Quando la porta della sua stanza si spalancò, una ventata fresca e profumata entrò creando contrasto con l’aria pesante e calda.
Prima di girarsi, Mikael sapeva già chi era arrivato e sebbene fosse profondamente infuriato con lui, non riuscì a soffocare in sé un moto di felicità nel saperlo di nuovo fra i vivi.
Aveva dovuto andarsene per farlo risvegliare.
Questo dimostrava quanto per lui non era mai contato davvero.
A questa svelta considerazione, il rosso si girò di scatto e con gli occhi pericolosamente scarlatti, stringendo i pugni e tirando ogni muscolo del proprio corpo, fece violenza su sé stesso per trattenere ogni cosa in sé.
La voglia impellente di saltargli addosso per abbracciarlo e quella di picchiarlo brutalmente, il bisogno di gridare e di piangere insieme, la felicità che lottava con la rabbia.
Parole su parole. Dalle positive alle negative.
Non sapeva da cosa cominciare, non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare.
Voleva fare troppo.
Voleva esplodere.
Voleva tutto e nel caos interiore che lo invase mentre vedeva la figura alta, bella e dannatamente sexy di Raphael avvicinarsi, quel suo far violenza su sé stesso per contenere qualcosa paragonabile a mille bombe atomiche, visti i suoi abituali modi di fare esagerati già nella normalità, lo devastò.
Il bell’arcangelo freddo come il vento gelido d’inverno, si fermò a due metri da lui, rimase dritto e fermo nella sua eleganza quasi letale e si mise a scrutarlo in silenzio come fosse un genitore superiore che biasimava il figlio in torto.
Era da molto che non si guardavano eppure per Raphael era stato come un lampo, il suo tempo passato sospeso in quel nulla dove solo il vento soffiava per rigenerarlo, gli aveva fatto perdere la cognizione di ogni cosa.
Tutto il contrario di Mikael che invece aveva passato troppo tempo da solo ad aspettarlo, in preda al vortice dei suoi pensieri che si susseguivano egoisti e crudeli.
Gli aveva fatto troppo male per passarci semplicemente sopra.
Per dimenticare e ricominciare come niente fosse.
E guardando i suoi occhi superbi e gelidi di quell’azzurro ghiaccio quasi trasparente, rivisse in un istante tutto quello che aveva passato prima della sua decisione di andare da Lucifero.
Infinite ore fermo ad aspettare il risveglio della persona che aveva capito di amare, la totale solitudine mentre la vita fuori riprendeva a scorrere, il Paradiso si ricostruiva, gli angeli ricominciavano dalla distruzione.
E lui là a sperare nel risveglio dell’unica ragione per rimanere là.
Una ragione che non era più con lui.
Che l’aveva abbandonato per scegliere un’altra. Non la voleva. Non l’aveva voluto. Si era sacrificato per una donna, non per lui.
E tutti quei pensieri, quelle consapevolezze insinuanti, si erano trasformate in realtà affilate come spade. Spade che l’avevano trafitto.
Raphael amava un’altra persona, una donna, non lui.
Aveva fatto la sua scelta da solo.
Perché aspettarlo?
Era stato tradito e abbandonato ancora.
Lui che aveva appena superato lo scoglio del tradimento di suo fratello, ora si trovava di nuovo davanti agli stessi terribili momenti, quelle sensazione struggenti, la follia che si riaffacciava.
Essere catapultato ai secoli indietro, quando Lucifero se ne era andato lasciandolo; rivivere la propria dannazione.
Tutto come allora, tranne che questa volta la causa di tanta sofferenza che giorno dopo giorno, lenta e strisciante, si era riaffacciata in lui, era stato Raphael.
Quando quel flash arrivò anche tutto quello che per un attimo aveva tentato di contenere prese il sopravvento tutto in una volta e, come una serie ravvicinata di bombe atomiche, esplose inarrestabile.
Non provò più a gestire quell’enormità interiore. Si lasciò trasportare come era nel suo carattere, preso totalmente dai propri sentimenti di una portata inimmaginabile.
E quando Raphael disse con freddo distacco pieno di rimprovero:
- Come minimo merito una spiegazione al tuo comportamento infantile! -
Mikael in un nano secondo si surriscaldò portando la temperatura del suo corpo e del suo sangue ad ebollizione, cominciando ad assumere le sfumature calde del fuoco stesso, la sua aura divenne del medesimo colore accesa mentre emetteva delle insolite e mai viste lingue di fuoco tutt’intorno a lui.
Fu così veloce quel cambiamento esteriore che l’altro nemmeno conoscendolo a fondo era riuscito a fare nulla.
I suoi occhi rosso scarlatto ridotti a due fessure demoniache, dopo di ché il suo urlo irruppe devastante e terribile.
Un urlo carico di tutti i sentimenti che provava da anni e che aveva sempre cercato di trattenere, di gestire, di vivere in un altro modo. Sentimenti e pensieri.
Visioni di abbandono e tradimenti.
Amori non corrisposti.
La mancanza di qualcuno che lo amasse.
La solitudine.
Tutti quelli che lui aveva amato avevano sempre scelto altri. Questo uscì insieme al suo grido da brivido che si udì in tutto il castello.
I vetri di ruppero in mille pezzi, le mura, i pavimenti ed i soffitti creparono cominciando a far cadere calcinacci.
E lui con quel suo solo urlo, senza dire una parola o prendere a pugni nessuno, trasmise in maniera completa ed esauriente il suo stato d’animo, ogni pensiero, ogni sentimento, ogni verità.
Raphael si raggelò svuotandosi di ogni ragione, intenzione e considerazione.
Non riuscì a muoversi, a respirare, a piangere, a fare la minima espressione o gesto.
Nulla.
“Dio… cosa gli ho fatto?”
Solo allora, senza che lui tirasse fuori mezza spiegazione, l’arcangelo del vento comprese ogni cosa e il senso di colpa spazzò via tutto quello della ragione che era convinto di possedere fino ad un istante prima.
Aprì la bocca per dire qualcosa ma nemmeno un suono vi uscì e guardando shockato l’angelo rosso infiammato davanti a sé, non una sola intenzione sensata gli si formò nella mente.
Quando Mikael smise di urlare facendo tremare tutto, tirò fuori le proprie ali grandi e bianche che spuntarono immediate dalla schiena, quindi senza aggiungere altro si voltò e volò via dalla finestra rotta.
Raphael rimasto solo fu trovato immobile in piedi a guardare la direzione in cui lui era sparito.
Setsuna e Cry corsero lì allarmati sfoderando una serie di domande a raffica che non furono nemmeno sentite, mentre Belial con un sorrisetto soddisfatto, vicino alla porta osservava quel che rimaneva della stanza ora a pezzi e distrutta solo con l’onda d’urto dei sentimenti devastanti del fratello di Lucifero.
“Degno sangue.”
Pensò con una certa ammirazione di fondo solo per il semplice fatto che aveva tirato fuori una tale furia devastante negativa.
Il suo piano non era andato poi tanto male. Dopo di quello magari quel tipo non si sarebbe più fatto vivo nemmeno lì…
- Bene… direi che dopo aver sistemato tutto il casino fatto dal vostro amichetto, potete anche andarvene. Non intendo essere ancora indulgente sulla presenza di un arcangelo qua. - Disse supponente e con sufficienza, senza nascondere quella soddisfazione evidente.
- E Mikael allora? - Ringhiò contro Setsuna esasperato da quel suo atteggiamento subdolo e per nulla chiaro… non si capiva cosa diavolo volesse quel satana travestito da pagliaccio!
- Lui ormai non è più un arcangelo… - La risposta fu del calibro di una spada che si conficcava nella carne.
Tutti e tre rimasero colpiti da quelle parole che sebbene in condizioni normali non sarebbero state calcolate, lì capirono perfettamente che potevano benissimo essere verità.
Non poteva essere che il dolore e l’odio di Mikael fossero talmente grandi da superare la sua purezza di creatura alata.
Lui era il capo delle Potestà, se con la sua legione si univa ai diavoli sarebbe stata la fine per il Paradiso.
Ma non era solo questo, non per Setsuna che non era per nulla interessato al destino dell’aldilà, né per Cry che era un demone lei stessa, né per Raphael che non si era mai seriamente interessato al suo mondo.
- Devi fare qualcosa, devi inseguirlo! Non puoi lasciarlo andare così! Potrebbe essere la fine! - Si, ma la fine di cosa?
Seppure le mani forti di Setsuna lo scuotevano con agitazione per farlo reagire, Raphael era come se non sentisse nulla, privo di volontà, ancora profondamente colpito da quell’urlo tremendo.
- RAPHAEL! SE LO AMI DEVI FARE QUALCOSA! - Urlò allora il giovane ormai uomo pronto anche a prenderlo a pugni se necessario. Cosa che non gli sarebbe dispiaciuta poi molto visti i loro trascorsi!
Queste parole infine lo penetrarono e come se si svegliasse, il biondo sempre composto si rivoltò contro Setsuna e scrollandoselo di dosso con apparente freddezza, gridò esasperato a sua volta:
- LO AMO E GUARDA COSA GLI HO FATTO! - Dopo quelle parole dette più a sé stesso, parole che fecero calare il silenzio di nuovo, proseguì ancora come fosse solo, come se si facesse quel famoso esame di coscienza che non aveva mai avuto il coraggio di fare: - L’ho… l’ho spinto ad unirsi ai demoni… a suo fratello, Lucifero… il mio amore l’ha divorato al punto da riempirlo di odio… non è un amore positivo, questo. È un amore che sporca e schiaccia. Quel suo grido è il risultato del nostro amore. A questo punto è meglio lasciarlo andare. È meglio che gli stia lontano. Io… l’ho solo rovinato… più di quanto fece Lucifero. -
E sullo sbigottimento generale per quella sua confessione sconvolgente ed inaspettata, sul suo smarrimento assoluto, si avvertì la presenza paurosamente simile a quella di Mikael, solo più oscura e gelida.
- Si parla del diavolo… - Mormorò con un ghigno ironico Setsuna voltandosi svelto verso la porta che dava direttamente sulla camera personale del Re delle Tenebre. Sebbene avrebbe dovuto sentirsi in soggezione come la stessa Cry e addirittura Raphael erano, lui era contento di rivederlo. Contento come avesse il suo senpai Kira davanti.
La figura alta, snella e ben modellata del freddo e algido Lucifero era immobile ad osservare la scena. I lunghi capelli neri gli incorniciavano il bellissimo viso sensuale ed oscuro, gli occhi grigi specchi di un vuoto in cui nessuno aveva mai trovato spazio per sé. Nessuno ad eccezione di suo fratello.
Ma questo non l’avrebbero mai saputo.
L’aria si raffreddò brutalmente nonostante si trovassero nell’Utero, tutti si fecero seri, Belial si inchinò e Setsuna quasi raggiante si avvicinò con nemmeno la minima paura in corpo.
Le mani ai fianchi, gli occhi puntati nei suoi.
Era identico a Sakuya ma sapeva che non era lui. Non c’era quella costante malizia nel suo sguardo, però lo percepiva lo stesso. Il suo senpai era lì dentro da qualche parte e per lui Lucifero sarebbe sempre stato il suo amico.
- Ehilà, è da molto che non ci vediamo… - Disse sfacciato come niente fosse.
Lucifero allora lo scrutò indecifrabile senza lasciar trasparire nulla, quindi dopo aver ammirato la sua crescita e percepito la sua forza insieme a quella addormentata di Alexiel, si decise a parlare mantenendo quella sua aria irraggiungibile e distante:
- Salve a te Setsuna. - Si guardò bene dal chiamarlo in uno degli altri modi che lo facevano imbestialire. Spesso era stato chiamato Alexiel o Salvatore, ma ora che la sua vita aveva ripreso a scorrere normale non intendeva accettare quei soprannomi non suoi.
Lucifero come leggesse in lui lo comprese e lo scambio dei loro occhi, vivi e vuoti, parlarono per loro.
- Vorrei parlare da solo con Raphael. -
Questo stupì ancora tutti i presenti, lo fissarono cercando di intuire le sue intenzioni. Il re dei diavoli ed un arcangelo che si parlano da soli non è certo una situazione normale!
Sebbene tutti ebbero una serie di dubbi sull’esito di quell’incontro, nessuno osò opporsi nel giro di un istante i due si trovarono da soli.
Raphael non si mosse dalla finestra rotta e poco dopo il moro lo raggiunse calpestando i vetri in pezzi ed i calcinacci. Gli si mise davanti a coprire la visuale dell’esterno, con quel chiarore flebile alle spalle che gli creava un alone suggestivo.
I due rimasero a guardarsi per un po’ ed in quegli attimi entrambi si resero conto che Raphael aveva ripreso il suo sangue freddo solo grazie alla presenza dell’antico nemico.
Per quel disprezzo che non aveva mai superato. Lucifero aveva fatto tanto male a Mikael e per questo non l’avrebbe mai perdonato.
Ma ora era sul suo stesso piano.
Gli aveva provocato lo stesso dolore.
Non aveva nessun diritto di rimproverargli nulla, lo sapeva, però non aveva nemmeno l’obbligo di ascoltarlo, tuttavia rimase serio davanti a lui curioso di sapere cosa dovesse dirgli.
Un confronto, il loro, che non era mai stato.
- Ho sempre dei buoni motivi per fare ciò che faccio e preferisco conoscerli solo io. - Introdusse Lucifero con calma gelida ed un velo di mistero costante.
- Motivi buoni per te. - Rispose con altrettanta freddezza e calma Raphael riprendendosi di attimo in attimo davanti alla persona che più di tutte non gli piacevano per ciò che aveva fatto a Mikael. Non si sarebbe però lasciato andare a scenate esagerate non da lui, per questo il loro si poteva considerare di certo un confronto interessante.
- Ciò che conta è ciò che voglio e per quello sono sempre disposto a sacrificare chiunque e qualunque cosa. - Continuò imperturbabile l’altro.
- Me ne ero accorto. - Questa volta sfoderò un velo di ironia che non riuscì a trattenere. Non diceva certo delle novità.
- Inoltre ciò che decido sia mio lo è irremovibilmente. -
- Anche questo era risaputo. - Appuntò il biondo sempre più ironico. Parlare con lui era motivo di forte ripresa nonostante lo shock precedente. Quell’opportunità non sarebbe mai più tornata, ne era certo.
- Mikael ora è mio. - Un’altra frase della portata di una lama affilata che affonda. L’angelo non fece ancora una piega ma dentro di sé un pericoloso nervoso cominciava a farsi di nuovo strada. Come osava parlare così uno che faceva del proprio gemello un oggetto di comodo?
- Non mi pare che tu la pensassi così quando l’hai tradito ed abbandonato, secoli fa. - Anche la sua frase sarebbe stata della portata di una spada se il destinatario sarebbe stato meno imperturbabile. Lucifero, invece, continuò con tranquillità lontanamente sorniona.
- Come ho già detto avevo i miei buoni motivi. -
- Ed ora cos’è cambiato? - Finalmente si decise di fargli una domanda, anche se quella che avrebbe voluto porgli davvero era un’altra. Una che sapeva non avrebbe comunque ottenuto risposta.
Lucifero continuò enigmatico senza muoversi, risultando ugualmente seducente anche in quel modo:
- Lui è cambiato. -
Il silenzio tornò ad appesantire un momento molto strano.
Per un attimo parvero due persone qualunque che parlavano di uno che interessava ad entrambi e non due nemici di razze diverse.
- Normalmente non permetto a nessuno di mia proprietà di scegliere da sé ma per lui faccio un eccezione. Così come ha deciso di venire da me, ora deciderà se rimanere o meno. Non farò nulla. Mikael è libero. -
Quelle parole risuonarono nella sua mente come echi in un’enorme stanza. Ad ogni riascolto trovava un nuovo significato e come se un puzzle complesso e mai completato si fosse concluso in ogni sua parte, Raphael rimase di stucco a comporre l’impossibile ed intricata immagine di Lucifero che, dopo un vago ammiccamento, o quel che sembrava esserlo, se ne andò lasciandolo solo davanti alla finestra.
Era rimasto di stucco davanti a quella specie di ammissione. Considerava Mikael diverso dagli altri, gli aveva dato dei privilegi non indifferenti per uno come lui. Non lo considerava un suo mezzo ma un essere a sé. Nessuno poteva vantarsi di lasciare quell’uomo senza nessuna conseguenza, ma l’arcangelo rosso poteva.
Così come era stato accolto dopo tutta la loro storia passata carica di rifiuti e  di spalle.
I due fratelli si erano finalmente riuniti, le cose fra loro erano andate a posto e qualunque motivo avesse avuto Lucifero per tradirlo a quel tempo, ora si erano chiariti e lui sapeva bene che stare con lui era sempre stato tutto ciò che il rosso aveva sempre desiderato più di ogni altra cosa.
Era davvero la cosa giusta cercare di farlo ragionare e convincere a tornare in Paradiso insieme?
Con che diritto?
Ora era davvero felice mentre quello che gli aveva fatto male era proprio lui.
Mai come ora Raphael si era trovato nell’incertezza più assoluta.

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Capitolo 7
*** Chiarirsi le idee ***


*Ecco il nuovo capitolo, stiamo avviandoci alla fine… direi che il prossimo potrebbe essere l’ultimo o il penultimo, ma ci sarà anche un epilogo naturalmente. Siamo alle ultime battute e questo è uscito un po’ da solo, senza che l’avessi pensato. Protagonisti Mikael e Setsuna! Grazie a tutti quelli che leggono e commentano. Buona lettura. Baci Akane influenzata…*

CAPITOLO VI:
CHIARIRSI LE IDEE

/The sniper at the gates of heaven - Black Angels/
La lama affondava e affondava ancora, ripetutamente, senza mai fermarsi.
Veniva estratta, il sangue nero e fetido schizzava ovunque, anche su di lui, poi si girava per continuare ad infilzarla sugli altri che lo circondavano come un esercito di zombie, più che di demoni, ai suoi occhi solo mostri informi attirati dalla sua luce accecante e dal suo profumo di fuoco.
Le ali ritirate nella schiena avevano lasciato due strappi all’altezza delle scapole, per il resto i suoi vestiti neri e gotici erano ancora interi ma ricoperti della linfa scura che sgorgava dalle ferite che infliggeva agli altri, la stessa che sporcava la sua pelle chiara, il suo viso, le sue mani e le sue braccia.
I muscoli tesi fino allo spasmo facevano mostra di sé su tutto il suo corpo, le vene pulsavano in rilievo prove di una rabbia cieca, il viso contratto in una smorfia d’ira, gli occhi ridotti a due fessure rosso intenso, le iridi appuntite: nell’insieme più un demonio che un arcangelo.
Come se non bastasse aveva una forza incredibile che si scatenava mentre uccideva quelle creature ripugnanti in pieno loro territorio. Le faceva a pezzi con una tale facilità e furia da essere quasi irreale.
L’attaccavano in continuazione ma lui senza mai fermarsi, stringendo la sua enorme spada rossa, li faceva fuori uno ad uno ringhiando come una bestia feroce ferita e furiosa.
All’ennesimo affondo un’ombra più grande lo coprì alle spalle e prima che potesse girarsi e vederla, un ghigno malefico si formò sulle sue labbra.
Era arrivato uno più forte… almeno non si sarebbe annoiato per un paio di minuti.
Noia… magari il motivo di tutto quell’uccidere fosse stata la noia, si disse con amarezza, oscurandosi di nuovo mentre alzava gli occhi accesi di un odio senza pari sulla creatura mostruosa, alta intorno ai tre metri e larga forse il triplo.
Non si soffermò nemmeno per identificarlo, quale che fosse la sua natura non contava… sbavava, era color feci e puzzava da far venire la nausea.
Solo per questo meritava la morte, decise Mikael facendo roteare la spada nella mano, mentre si apprestava ad attaccarlo senza nemmeno una pausa per prendere fiato.
Digrignò i denti e con un salto slanciato si trovò come a volare sopra la sua testa.
Come una saetta che attraversava il cielo prima di infrangersi a terra, rimase un istante nel cielo sospendendo il tempo, il mostro alzò la testa per cercare quel tipo così piccolo e quando lo trovò fu tardi.
Il fulmine arrivò giù con altrettanta velocità e precisione, l’essere deforme poté solo vedere la sua spada arrivargli contro, dopo di ché la sentì conficcarsi fra gli occhi con potenza e decisione.
Lo tagliò in due di netto.
Le due parti caddero sul terreno mentre il sangue schizzò a fiumi investendo chiunque nel raggio di poco.
Mikael fermo ansimante, con la spada stretta nella mano, guardava sprezzante il suo ultimo lavoro mentre le gocce nere fetide scendevano sul suo corpo provocando l’unico rumore nel raggio di kilometri.
Il silenzio l’accolse.
In poco aveva fatto fuori tutte le creature demoniache di quel posto e cosparso della loro linfa vitale e del loro tremendo odore, rimaneva solo in mezzo ad un campo pieno di cadaveri informi fatti a pezzi.
Uno spettacolo raccapricciante.
- Continua così che diventi un perfetto Satana! - La voce allegra ed ironica di Setsuna lo raggiunse un istante prima che atterrasse con un balzo su una montagnetta di corpi morti. Rimase in equilibrio e quando gli occhi ancora rossi di Mikael si posarono sui suoi castani e ridenti, fu come se lento l’odio accecante che l’aveva quasi fatto impazzire, scemasse placandosi momentaneamente.
Anche quando giravano insieme era così… quel tipo aveva lo strano potere di calmare gli animi più infuocati, ma il suo specialmente.
Inizialmente era stato uno scontro tremendo, il loro, ma poi quando avevano iniziato a conoscersi non poteva negare che erano diventati amici e questo perché Setsuna l’aveva capito profondamente, dicendogli esattamente quello che altri avrebbero dovuto dirgli prima. Gli aveva fatto aprire gli occhi e guardare in faccia la realtà. Una realtà che diceva quanto amasse Lucifero.
- Fai schifo, Mikael! - Asserì poi il giovane storcendo il naso davanti a quella visione discutibile. L’arcangelo rosso si guardò alzando le braccia, quindi piegò la testa di lato lasciando libera un’espressione che sembrava dire ‘in effetti…’
Rimase comunque in silenzio, il suo umore non era dei migliori e non aveva intenzione di parlare dei suoi sentimenti, nemmeno con Setsuna!
- Hai fatto una bella strage… non credo che i diavoli saranno contenti di quel che stai combinando… se ti sei unito a loro non dovresti andare contro la tua stessa razza. - A guardarlo sembrava non avere nulla di preciso in mente, ma nella sua improvvisazione prendeva sempre più forma un piano specifico… peccato che Mikael non fosse così sveglio per captarlo, così ci cascò in pieno e con un ringhio indispettito disse:
- Io non sono uno di loro! -
- Ah no? Avevo capito che ti eri unito a tuo fratello, quindi… - Setsuna manteneva un’aria noncurante mentre con le mani dietro la nuca osservava lo sterminio intorno a sé, sembrava tornato indietro nel tempo, quando da ragazzo era venuto lì e senza volerlo aveva aiutato tutti.
- Lucifero è una cosa, le fecce che gli stanno dietro un’altra! - Il rosso era sgarbato e dimostrava una forte stizza. Non gli piaceva essere paragonato a quelle creature ripugnanti che aveva sempre odiato.
- Ma se ti unisci a lui devi prendere tutto il pacchetto! -
- Non sta scritto da nessuna parte! Io faccio quello che voglio! - Sbottò il più basso alterandosi mentre agitava la lama come fosse uno stuzzicadenti!
- Come tutti… -
- Che cazzo vuoi, Setsuna? Cosa sei venuto a fare? - Chiese allora spazientito avvicinandosi al ragazzo, salendo così su un altro cumulo di corpi.
L’uomo dai capelli castani si strinse nelle spalle sfoderando un’espressione vaga:
- Capire da che parte stai. -
- Come se te ne importasse qualcosa… - Borbottò onesto.
- Cosa vuoi dire? -
- Tu hai la tua Sara, del resto te ne sbatti! Anzi, non so nemmeno perché diavolo hai accompagnato Raphael fin qua! - Era insofferente verso tutto ma in realtà ce l’aveva solo con l’arcangelo dell’aria, non certo con lui. Setsuna lo sapeva perfettamente e non si offese delle parole dirette ed infelici che gli rivolgeva, erano da lui, in fondo. Se l’era aspettato ed anzi, in un certo senso ci aveva sperato.
- E’ vero… ma quando moriremo torniamo qua. Cioè, nell’aldilà… e pensandoci bene penso proprio che finiremo dritti all’inferno, visto che siamo fratello e sorella incestuosi! Voglio sapere cosa mi aspetta per quella volta! - Mikael emise uno sbuffo somigliante ad un risolino di scherno ma non aggiunse nulla.  - Allora? - Continuò testardo ma con un sorriso sereno sulle labbra.
- Cosa? -
- Chi sei? - Domanda del secolo… in condizioni normali Mikael avrebbe chiesto se lo prendeva in giro o magari avrebbe risposto nel modo più ovvio possibile, ma lì per lì, con tutto il caos che aveva dentro, non seppe proprio cosa dire.
Rimase in proverbiale silenzio a pensarci, quindi guardò la propria spada rossa ricoperta di sangue demoniaco che ancora gocciolava, si guardò le mani dello stesso colore e nell’unico spazio vuoto sulla sua lama, specchiò il proprio viso.
Macchiato di sangue anche quello. Poteva sentire distintamente il proprio odore non più angelico ma nauseante come quello dei corpi sparsi sotto di lui, ma quella strage parlava altrettanto bene.
Se guardando sé stesso gli veniva da dire ‘diavolo’, guardando tutti quegli arti, quei busti e quelle teste mozzate gli pareva proprio il contrario.
E nell’insieme?
Alzò gli occhi tornati normali, ovvero verde chiaro, quindi con sincero smarrimento, quello che solo Setsuna riusciva ogni volta a tirargli fuori insieme alla verità, disse:
- Nessuno. Né diavolo né angelo. Non sono proprio nessuno. - Setsuna rimase in silenzio, il suo viso ora serio lo fissava capendo perfettamente il suo stato d’animo. Anche lui non si era mai sentito né umano, né angelo, né diavolo. Allora cos’era? Ma la sua risposta l’aveva trovata in Sara. Era uno che l’amava e voleva vivere con lei per sempre. Tutto lì.
- Dove vorresti stare? - Chiese allora con delicatezza e comprensione, sapendo di essere arrivato proprio laddove aveva voluto dall’inizio.
Mikael continuò a guardarlo, non ce l’aveva più con lui naturalmente. Non ce l’aveva mai avuta e se proprio doveva dire le cose come stavano, fra tutti lui era l’unico con cui avrebbe voluto fare quel discorso.
Con suo fratello sarebbe stato difficile, se avesse scelto di nuovo il paradiso non avrebbe avuto la forza di dirglielo, con Raphael, anche se ce l’aveva a morte con lui, era lo stesso discorso.
- Né qua né Lassù… non… non voglio stare da nessuna parte. Non mi importa nulla del Paradiso o dell’Inferno. Io sono venuto qua per Lucifero, i demoni mi fanno vomitare e questo posto pure… però è lo stesso verso gli angeli. Ci stavo perché c’era Raphael, ma quando mi ha tradito e abbandonato ho solo pensato che… - Si interruppe cercando le parole, parole che non aveva mai espresso così sinceramente a terzi, parole che doveva esternare e basta. Con sforzo, continuò: - … che volevo stare con Lucifero. L’ho sempre amato e quando ho saputo che il suo tradimento non era stato per odio o indifferenza verso di me, bè… volevo stare con chi amavo e mi ricambiava. - si vergognava a dire quelle cose ma era più il dolore, quindi andò fino in fondo.
Con un peso in meno, sentendosi stranamente più leggero, conficcò la spada sotto di sé, quindi si accucciò e nascondendosi il viso sporco con le mani altrettanto sporche, mormorò confuso e sconfitto:
- Ma amo anche Raphael e non so cosa fare… lo odio, mi ha fatto male, mi ha tradito, ha scelto un’altra ma io… non ci posso fare niente… - A quello alzò il viso levando gli occhi arrossati ma smarriti, su quelli dispiaciuti di Setsuna: - … lo amo lo stesso… tanto da fare tutto questo per non impazzire di nuovo! -
La mano di Setsuna si posò sulla sua testa, fra i capelli rossi spettinati, quindi si chinò accanto a lui e avvicinando il viso, poggiò la guancia contro la sua, si sporcò ma non gliene importò, quindi mormorò con dolcezza, chiudendo gli occhi:
- Sono due amori diversi, quello che provi per tuo fratello e per Raphael. Ma c’è una sola cosa sensata che tu puoi fare. E la conosci già. Devi solo avere la forza di farla, arcangelo. -
Dicendo il suo grado piuttosto che il suo nome, Mikael capì a cosa alludeva.
Il perdono era un atto grandissimo, prova di una purezza incredibile e di un amore incontaminato.
- L’hai già fatto con Lucifero, sono certo che lo puoi fare anche con lui. -
Il perdono era qualcosa che potevano dare solo gli angeli, quelli veri.
E lui aveva dato, nonostante le apparenze, lungamente prova di esserlo. Forse uno dei pochi.
Mikael lo guardò da vicino.
Poteva davvero perdonare ancora?

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Capitolo 8
*** Riconciliazione ***


Fra Le Braccia Di Un Angelo


*Inizialmente volevo concludere tutto con questo capitolo, ma mi sono detta che era giusto dare più importanza a questa scena e a quella che verrà dopo mettendole una per capitolo. Non ho ragione? Bè, siamo agli sgoccioli. Il prossimo sarà l’ultimo, poi ci sarà un breve epilogo. Spero che questo sia all’altezza del resto, non me lo immaginavo così ma se è venuto in questo modo significa che va bene! Grazie a tutti quelli che leggono, seguono e commentano. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO VII:
RICONCILIAZIONE

/In the arms of the angels - Sarah McLachlan/
Quell’aria era così pesante.
Irrespirabile.
Lo era perché si trovava nella parte più bassa dell’Inferno ma non solo, il macigno che aveva nell’animo gli opprimeva il petto impedendogli di trarre respiri profondi e di sentirsi decentemente.
Raggiunto di nuovo il castello delle tenebre, la casa di suo fratello Lucifero, si fermò lasciando andare avanti Setsuna.
Il suo viso estremamente serio e pensieroso non era più rabbioso come prima, lo sfogo gli era servito o forse era stato il dialogo con l’amico. Magari, però, era stata quella decisione a cui era giunto alla fine.
Una decisione sofferta ma che valeva la pena essere presa.
Cercava di convincersene senza nemmeno esserlo davvero ma era vero quello che aveva detto quell’impiccione… non era lì il suo posto.
…ma non era nemmeno il paradiso, in mezzo a tanti ipocriti…
Sospirò passandosi nervoso le mani fra i capelli rossi che si scompigliarono ulteriormente. Era ancora ricoperto di sangue nero demoniaco, puzzava come quelle creature fetide che aveva massacrato e l’aspetto nell’insieme non era per nulla invitante, eppure in lui c’era qualcosa che lo rendeva diverso e tremendamente intrigante.
Una luce nuova che sorpassava l’odore e l’aspetto ripugnanti.
Pace interiore per la sua scelta.
Guardò la finestra che aveva rotto con l’urlo di prima, non era ancora stato riparato e sembrava non ci fosse più nessuno, non provò il minimo rimorso per quello ma non aveva la forza di rientrare.
Entrare e parlare a suo fratello.
Si sedette stancamente a terra e appoggiandosi sulle mani, rimase a guardare la dimora di Lucifero.
Cosa avrebbe fatto?
Provò ad immaginarselo e quando nell’aria irrespirabile sentì una ventata fresca, capì che comunque la risposta a tutte le sue domande era sempre stata nell‘aria.
Dopo tutto non sarebbe mai stato capace di vivere in mezzo a quel fetore nauseante.
Non spostò lo sguardo, lasciandolo puntato nel punto distrutto, ma fece attenzione alla figura che gli si sedette accanto con più eleganza e compostezza.
In fondo era proprio ora di mettere la parola fine a quel casino, una volta per tutte.
- In momenti simili rimpiango di non avere il potere di Djibrille. - Esordì così con la sua voce calma e controllata, come nulla fosse. Mikael però capì al volo il motivo di tale insolita uscita e, anch’egli come se lo scoppio di poco prima non fosse mai avvenuto, rispose con uno dei suoi grugni che non diceva un bel niente ma per loro invece era tutto.
- Non rimarrò sporco… detesto questa puzza! - Aggiunse poi il rosso.
- E’ confortevole saperlo. - Rispose con la sua perenne saccenza l’arcangelo del vento.
“Eppure anche se meno forte, non è proprio questo il suo odore caratteristico che amo tanto in lui? Odore di demone per quanti ne abbatte di continuo… “
Pensò al volo Raphael soffermandosi nella stessa direzione fissata con noncuranza dal rosso.
Aspettarono un po’ prima di riprendere il discorso e parlare di ciò che premeva ad entrambi. Mikael non aveva ancora intenzione di dire quello che doveva, non era una cosa facile ma sopra tutto non era da lui. Però sapeva che comunque gli toccava.
Ad ogni modo poteva permettersi di attendere ancora, in fondo era Raphael quello che avrebbe dovuto dirgli qualcosa per primo.
Era strano stargli vicino come se non si fossero mai lasciati e non avessero nemmeno mai litigato.
Strano ma tremendamente bello dopo tutto, curativo.
Quella puzza non si sentiva nemmeno più, grazie all’odore di vento che aveva Raphael.
Gli occhi verdi ancora fissi alla finestra spaccata.
- Rimarrò qua con te, Mikael. - Era anche strano sentirlo chiamare così.
Non se lo spiegò, il rosso, ma sentì un moto di stizza per quel nome… aveva sempre usato ‘Mikachan’ e nonostante glielo avesse sempre rimproverato, dopo tutto gli era anche sempre piaciuto nonostante non l’avrebbe mai ammesso.
- No. - Disse quindi deciso ma non duro. Quella vena di ira folle era solo un lontano ricordo ma Raphael si sentì come se l’avesse colpito come prima e forse peggio. Non l’aveva mai sentito così definitivo.
Quello era un Mikael diverso da come lo ricordava, cresciuto in maniera spropositata come non avrebbe mai pensato.
Sapeva che aveva fatto molti passi in avanti grazie a Setsuna, ma non così tanti.
Quando era arrivato in quella cima?
Improvvisamente, guardando il suo profilo dritto e fiero, si sentì lontano, indietro… ma non avrebbe mollato. Mai. Aveva già sbagliato tanto, era ora di fare le cose giuste come andavano fatte.
- Rimarrò qua comunque finché ci starai tu, anche per l’eternità, se necessario. -
Anche la sua risolutezza fu palpabile. Raphael non era un tipo abituato ad esitare, ma davanti alla disperazione precedente di Mikael aveva vacillato. Si era chiesto se non dovesse solo lasciarlo in pace, se non gli avesse fatto altro che male.
Erano state le parole di Lucifero a farlo riflettere, dopo la confusione provata e l’incertezza in cui era stato, nonostante l’avesse sempre biasimato per aver fatto soffrire il suo compagno, non aveva potuto negare la sicurezza delle sue azioni.
Lucifero per i suoi scopi era disposto a tutto, qualunque sacrificio, qualunque prezzo.
Raphael non si sentiva di avere niente di meno, non sarebbe stato da lui. Dunque cosa voleva?
Si era fatto questa domanda nell’assenza dell’arcangelo del fuoco, deciso a trovare una risposta definitiva prima del suo ritorno con Setsuna.
Cosa voleva… poi la domanda di Belial gli aveva fatto trovare la risposta.
‘Per cosa sei venuto così in basso?’
Lui odiava dal profondo l’Inferno così come i demoni. Il fatto che ci fosse venuto lo stesso doveva togliergli ogni dubbio.
No, non avrebbe mollato più.
Raphael si spostò mettendosi davanti al rosso che finalmente posò i suoi occhi verdi dalla luce strana e serena, quindi riprese deciso:
- Mikael, io rimarrò qua con te. Non mi importa di nessun Paradiso o Inferno, di nessuna sorte. Non mi importa di niente, né se non mi parlerai, né se non vorrai più saperne di me. Voglio stare con te a qualunque costo, a qualunque sacrificio, anche se tu mi odierai per sempre. Non me ne andrò mai senza di te. - Ribadì il concetto fissandolo diretto coi suoi occhi azzurri, la risolutezza era sbalorditiva. Non se ne sarebbe davvero andato.
- Io ti amo. Amo te e forse dovevamo arrivare in questo posto rivoltante per farmelo ammettere. Ma per nessuno rimarrei all’Inferno, credimi! -
Queste ultime parole ebbero nell’altro il potere di scaldarlo più di quanto il suo stesso fuoco avesse mai fatto. Questo lo sconvolse ma fu talmente inebriante da lasciarlo stordito e inizialmente senza parole, immobile a fissarlo imbambolato.
Poi però lo comprese e come se tornasse in sé e sui suoi propositi, sospirando, lo prese per le spalle, quindi rimase a contemplarlo per un altro istante, riempiendosi di quei bei lineamenti che gli erano semplicemente mancati, quel suo viso d’angelo che spesso era stato il suo unico sostentamento, una ragione di vita, la luce nelle sue tenebre.
Quando l’aveva lasciato si era sentito di nuovo avvolto dal buio ed era di nuovo impazzito.
Ora era lì unicamente per lui, disposto a sacrificare sé stesso, ma questa volta per lui e basta.
Raphael aveva sbagliato, gliene aveva fatte patire tante, Mikael ’aveva odiato, si era disperato per lui… ed ora eccolo lì davanti a cercare di rimediare ai suoi errori.
Disposto a mollare tutto, a far andare l’Universo in malora, lasciar decadere ogni cosa e solo per stargli vicino. Disposto anche a ricevere unicamente il suo odio.
Era vero che dei suoi ‘ti amo’ non si fidava più di tanto, visto a quante li aveva detti, ma il rosso arcangelo si fidava dei fatti, gli unici a conquistarlo veramente.
E finalmente Raphael gliene stava dando.
- Non voglio che rimani qua, Raphael. - Disse con voce bassa e roca ma sicura e serena. Non era mai stato così, l’altro ne era certo e con stupore crescente tentò di ribattere, ammaliato da quel nuovo essere sempre più puro e adulto che aveva davanti.
Ecco cosa intendeva Lucifero con ‘è cambiato lui’.
Spostò le mani ai lati del suo viso e con fermezza proseguì:
- La verità è che qualunque cosa tu mi avessi detto ora, io avevo già deciso. -
- Ma… - tentò ancora di interromperlo ma Mikael lo sovrastò seppur con una calma che non aveva mai posseduto.
- Puoi farmi soffrire quanto vuoi ma tu sei venuto da me nel posto che detesti più di tutti ed io ti amo fino a rinnegare me stesso. Per due così c’è solo un posto… - Raphael sgranò gli occhi azzurri rendendoli lucidi di commozione, capendo cosa stava dicendo non riuscì a trattenere quell’immediato senso di smarrimento e gioia insieme. Lo stupore fu grande.
- Ti sei riconciliato con Lucifero, non voglio che vi separiate di nuovo. Possiamo stare qua, non importa di niente. - Lo prese a sua volta per il viso e appoggiò la fronte alla sua, era interiormente sfinito. I respiri sulla pelle. Come lo vedeva bene da lì e nonostante il sangue di demone incrostato e quell’odore terribile, era sempre lui. Il Mikael di cui si era lentamente innamorato, che per lui c’era sempre stato e che in modo singolare l’aveva tirato fuori dai suoi stati bassi e vergognosi. Il Mikael profondamente alto e puro, irraggiungibile ai suoi occhi.
Quello che nonostante tutto quello che subiva e combinava, continuava ad amare lo stesso, bruciando.
Vide i suoi occhi verde chiaro determinati e sereni fare un guizzo di felicità.
- Tu mi ami al punto da andare contro te stesso e annullarti, al punto da venire in questo schifo che odi. Io invece ti sto perdonando anche se mi hai fatto quasi diventare matto. - Sorrise con una specie di ghigno di scherno per loro stessi, quindi concluse: - L’amore e il perdono sono robe da angeli e quelli stanno in Paradiso. -
La risposta piacque più di quel che avesse immaginato, a Raphael, e colpito dalla sua saggezza improvvisa e da quella concreta crescita sorprendente, il biondo posò le labbra sulle sue in quello che fu il loro primo bacio.
Dolce, leggero, appena accennato. Una scoperta, un esperimento, un esplorazione.
I loro sapori diversi si scambiarono. Freschezza e calore.
Quando le mani scivolarono dietro in un abbraccio che sapeva di nuovo e rinascita, la luce si espanse in loro all’infinito provocando una sensazione simile a quando avevano sentito la voce del loro Creatore.
Stupiti si trovarono a versare incontrollate lacrime che purificarono ulteriormente i loro animi da ogni errore commesso fino a quel punto.
Perdono a amore… già… proprio qualcosa di puro, limpido e potente… decisamente cose da angeli, tutto sommato!
La rinascita fu rigenerazione profonda e partì tutto da quel bacio.
Che bene che si stava ora fra le braccia di un angelo…


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Capitolo 9
*** Addio ***


*Allora… originariamente dovevo scrivere anche l’epilogo col loro arrivo in cielo, ma ora non ne ho la minima intenzione, mi spiace, poiché Uriel non mi è mai andato troppo giù, quindi mi ritengo più che soddisfatta a farlo finire così. È anche molto Mikael e Lucifero centrico, nel senso che Raphael è molto trascurato ma chi mi conosce lo sa, chi non mi conosce lo impara ora: colui che io amo è Mikael… gli altri sono solo un riflesso! Bè, spero che tutto sommato sia piaciuto abbastanza. Questo Lucifero è la visione che ho io di lui, che non è detto sia quella che anche altri ne hanno, ma per me lui è esattamente in questo modo e a sua volta vede il fratello così come descrivo nel capitolo!
La canzone iniziale mi ha messo in profonda crisi perché più ascoltavo i Pink Floyd, più mi rendevo conto di quanto tutte le canzoni fossero perfette per loro, poi ho trovato il testo di Sorrow, fotografia di Lucifero, e l’ho messo all’inizio, la cui musica di partenza è terribilmente bella. Siccome però ce n’era un’altra altrettanto meravigliosa e perfetta, ho messo quel testo alla fine, in conclusione della fic.
Questo è veramente tutto.
Grazie veramente a chi ha seguito e commentato la fic.
A presto.
Buona ultima lettura. Baci Akane*

CAPITOLO VIII:
ADDIO

“Il dolce profumo di un grande dispiacere aleggia sopra la terra,
sbuffi di fumo si sollevano e si confondono nel cielo cupo,
un uomo sta disteso e sogna campi verdi e fiumi
ma si sveglia il mattino senza alcun motivo per svegliarsi.
È perseguitato dal ricordo di un paradiso perduto
nella sua gioventù oppure in un sogno, non sa essere preciso,
è incatenato per sempre ad un mondo perduto.
Non è abbastanza, non è abbastanza.
Il suo sangue si è ghiacciato, rappreso per la terrore,
le sue ginocchia hanno tremato e ceduto nella notte,
la sua mano si è indebolita al momento della verità,
il suo passo ha vacillato.
Un mondo, un'anima
il tempo passa, il fiume scorre
E lui parla al fiume dell’amore perduto e della fedeltà*
e silenziose risposte che turbinano** inviti
scivolano scure e turbate in un mare oleoso,
un sinistro presagio di quello che deve accadere.
C’e’ un vento incessante che spazza questa notte
e c'e' polvere nei miei occhi che acceca la vista
e silenzio che parla molto più forte delle parole
di promesse non mantenute.”

/Sorrow - Pink Floyd/

Nell’esatto momento in cui aveva visto Raphael, aveva subito saputo come sarebbe andata e non aveva perso tempo a sperare che le sue previsioni non si avverassero.
Non era nemmeno questione di preveggenza, solo di conoscenza profonda dell’altra sua metà.
Entrambi sin da piccoli e poi anche quando si erano separati, avevano sempre sentito le vicendevoli emozioni, avevano saputo ogni momento della loro esistenza tutto ciò che il proprio gemello faceva.
Così Lucifero aveva sentito il sentimento che Mikael provava per Raphael, vederlo nel suo regno era stata una notevole sorpresa anche per lui, visto quanto amava l’arcangelo dell’aria, ma quel breve momento di felicità l’aveva assaporato potendo far finta che i tempi fossero tornati indietro, quando tutto andava bene e loro due erano due fratelli uniti.
Erano stati secoli prima e tutto sommato per poco tempo, ma era stato il periodo più bello della sua vita.
Poi tutto si era raffreddato in lui e la luce era riuscito a vederla solo in Mikael, non più in sé stesso. La luce che tutti vedevano in lui, si era spenta ed inesorabilmente, nonostante se ne fosse accorto, non era riuscito a farci nulla. Aveva solo potuto assecondare il fato.
Era andato avanti, aveva fatto le cose giuste - giuste dal suo punto di vista - ed era arrivato sempre fino in fondo senza mai voltarsi indietro, senza far capire a nessuno ciò che provava o le sue motivazioni.
Ce l’aveva fatta ed ora era arrivato quello squarcio di cielo azzurro, quel pezzo di sole ad illuminare le sue tenebre costanti.
Era stato il regalo più bello per quello che si era auto inflitto, le sue scelte dolorose alla fine gli avevano donato un motivo valido per andare avanti e non lasciare che tutto andasse come voleva.
Una bella ricompensa, che mai per il resto della sua esistenza avrebbe dimenticato.
Rivederlo e fingere di poter stare di nuovo dalla stessa parte, assaporare il suo amore e non più quello sforzo di odio portato solo dalle sue ferite, avere la luce dentro, bagnarsi con essa e col suo fuoco caldo, credere di essere la sua ultima salvezza… una specie di Paradiso e per quel che lo riguardava, ormai quello sarebbe stato il massimo che gli sarebbe capitato.
Già lo sapeva…
Ora che il Cielo era in mano a gente obiettivamente onesta, che quel falso Dio era caduto e che tutto si stava ricostruendo nuovo e nella verità, le cose sarebbero andate diversamente.
Il suo obiettivo di allora era stato raggiunto, poteva dirlo, e riprendersi il Paradiso non era più nei suoi piani.
Ci avrebbe provato, ma ormai lui era caduto e non si riteneva più all’altezza di Mikael.
Quella breve ma intensa e meravigliosa parentesi era stata appagante e curativa, ma sarebbe rimasta il suo ricordo nell’Inferno che si era costruito da solo.
Perché comunque, un inferno rimaneva sempre un inferno… ed il paradiso lo meritava solamente gente come suo fratello.
Non voleva chiedersi se ce ne fossero altri e nemmeno se l’ipocrisia sarebbe finalmente stata abbattuta con quel nuovo sistema, non gli importava poi molto.
Però sapere che Mikael tornava laddove si meritava di stare, era un sollievo, nonostante avrebbe dato l’anima, se l’avesse avuta, pur di poter stare di nuovo con lui eternamente.
Ora che le cose fra loro erano chiarite e che non c’erano più equivoci o falsi odi ed indifferenze, potevano ricominciare.
Ma per arrivare dove?
Lui ormai era dannato…
- Lucifero… - La voce di Mikael lo interruppe dalle sue riflessioni, quindi con calma ed eleganza si voltò verso di lui. Era serio e sporco di sangue nero demoniaco, in piedi sulla porta.
Per tutto il tempo era rimasto chiuso lì dentro ad ascoltare lo stato d’animo del fratello cambiare di continuo. Dalla rabbia e dolore ciechi, alla resa e al perdono.
Perdono… quell’ultimo sentimenti l’aveva quasi fatto impazzire.
Sentimento da angeli che lui ormai aveva dimenticato… non sapeva più definirlo, spiegarlo e concepirlo. Era qualcosa lontano da lui anni luce.
Ma era grande, enorme, qualcosa di fantastico e commovente, dilaniante e alto.
Alto quanto mai lui sarebbe potuto essere.
Lo comprese provandolo dentro di sé attraverso Mikael.
Provare a capire e concepire il perdono, era stato quanto di più impossibile e folle.
Alla fine si era arreso.
Quelle cose erano davvero da angeli e quelli stavano in Paradiso…
Vide il suo dispiacere e la malinconia lo penetrò facendogli capire quanto comunque non volesse lasciarlo dopo averlo ritrovato.
La sua lotta interiore era qualcosa di ineguagliabile, sarebbe rimasto per sempre lì a percepire la sua battaglia fra le due parti, fra quei richiami d’amore così diversi eppure entrambi forti.
Luce o tenebre?
Eppure lui l’aveva sempre saputo…
Decise di rendergli le cose più facili, quindi gli andò incontro e una volta davanti, seppur sovrastandolo in altezza, si sentì molto più piccolo di lui.
In QUELL’arcangelo del fuoco, ora viveva solo il Principe della Luce.
Lo capì guardando i suoi occhi verdi pieni di riflessi dorati.
Una quiete interiore che non aveva mai avuto a causa del suo tormento.
Una meraviglia senza precedenti. Si sarebbe perso, ma dopo un intenso scambio, mormorò basso facendolo rabbrividire:
- Sei diventato colui che dovevi diventare. Ora và e fa quello che devi, non fermare mai più la tua luce. Brucia e purifica. Io da qua seguirò il mio destino. -
Non sarebbe servito dire che nel momento in cui erano stati creati, il loro fato era già stato segnato. Che non sarebbero mai potuti vivere insieme.
Mikael ascoltò con attenzione perdendosi nelle sue iridi profonde e grigie, non vide più quel freddo specchio della sua anima.
L’istinto di rimanere con lui l’ebbe ma sapeva che non sarebbe stato giusto.
Lui detestava quel posto e i demoni stessi, non sarebbe mai potuto rimanere lì.
Avrebbe voluto trovare qualcosa di abbastanza sentimentale o all’altezza da dire, fargli capire quanto lo amasse comunque e che se tornava ‘su’ non era per dimenticarlo. Solo perché nell’esistenza di ognuno c’erano delle cose effettivamente giuste da fare, che solo quella persona poteva fare.
Avrebbe voluto lasciargli una prova maggiore del bene che gli voleva, ma non sapeva quale potesse essere, cosa fare, cosa dire… rimase così ad osservarlo senza sentirsi più inferiore, in difetto o sconfitto.
Non si era mai sentito così davanti a Lucifero e sebbene fosse cosciente del divario della loro forza, non gli importava.
Cercò qualcosa all’altezza, ma non trovò nulla che non lo imbarazzasse o che non fosse troppo difficile da dire.
Così si limitò ad un’unica piccola sentita frase:
- Non dimenticarmi. Io non lo farò. - E forse avrebbe voluto dire ‘non smettere di amarmi, non odiarmi, non cancellarmi… ‘ ma quello fu ugualmente perfetto.
Da lui.
Lucifero abbozzò un breve sorriso e tirando i muscoli facciali per quel gesto, gli parve di non aver mai avuto una sola espressione significativa dalla nascita.
Come se così facendo permettesse ad un leggero fascio di luce di entrare e purificarlo per quanto possibile.
Ormai era dannato, si disse, però quello sarebbe rimasto ugualmente per sempre con sé e sarebbe stata la parte di Mikael, un regalo che non l’avrebbe più abbandonato.
- Non lo farò. - Rispose solo questo, senza aggiungere più nulla se non una lieve carezza sul mento. Il suo calore si espanse per un attimo, così sfiorò le labbra con le sue in un ultimo saluto che li scaldò e li fece rabbrividire.
Dopo di quello non si sarebbero più visti ed entrambi con questa consapevolezza si guardarono intensamente un’ultima volta, quindi in perfetto silenzio Mikael si girò e se ne andò.
Solo un attimo, solo un istante, mentre percorreva quel tratto di corridoio da solo, mentre ancora sentiva forte lo spirito del fratello dentro di sé, mentre andava a posto ogni tassello del suo intricato puzzle che non era mai riuscito a comporre dalla nascita, mentre ricordava i pochi momenti in cui da piccoli erano stati felici insieme e poi sopraggiungeva il dolore, la rabbia, la delusione, il tradimento, la follia, l’odio e poi di nuovo l’amore… in quello, una sola lacrima gli scese sulla guancia bruciandolo lungo la sua scia.
La sua scelta valeva tutto quel dolore?
Arrivato a Raphael che lo aspettava fuori insieme a Setsuna e Cry per ripartire, se l’asciugò furtivo tornando a respirare, quindi ammise che effettivamente per lui valeva la pena.
Fu lì che il suo viso col drago blu tatuato, si illuminò in un sorriso che fece scemare in un ghigno, quindi giunto all’arcangelo dell’aria gli tirò amichevolmente un pugno sulla spalla per scaricare la propria tensione.
- Andiamo! - Asserì poi con entusiasmo.
Ora poteva dirlo: la sua nuova vita cominciava da lì.

“Ti amo, fratello mio… mi mancherai splendente arcangelo rosso del fuoco, Capo delle Potestà… grande Mikael…”


“E non ho paura di morire, in qualsiasi momento,
non mi importa. Perché dovrei avere paura della morte?
Non vi sarebbe alcuna ragione, prima o poi si deve andare.”
“Non ho mai detto di avere paura della morte”

/The great gig in the sky - Pink Floyd/


FINE

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