Fra le braccia di un angelo di Akane (/viewuser.php?uid=27)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Attesa ***
Capitolo 2: *** Risveglio ***
Capitolo 3: *** Nell'Utero ***
Capitolo 4: *** Luce e Tenebre ***
Capitolo 5: *** Il rifiuto ***
Capitolo 6: *** Il grido ***
Capitolo 7: *** Chiarirsi le idee ***
Capitolo 8: *** Riconciliazione ***
Capitolo 9: *** Addio ***
Capitolo 1 *** Attesa ***
TITOLO:
fra le braccia di un angelo
AUTORE:
Akane
SERIE:
e dopo secoli… ritorna Angel Sanctuary
GENERE:
dark, sentimentale, fantasy
TIPO:
yaoi
RATING:
per il momento non ne ho idea, quindi faccio un giallo/PG13. Se
cambio avverto!
PARTI:
10 capitoli circa comprendendo prologo ed epilogo.
PERSONAGGI:
Mikael, Raphael e Lucifero. Naturalmente la coppia sarà
RaphyMika. Presente anche Setsuna.
AMBIENTAZIONE:
dopo il manga.
DISCLAMAIRS:
I personaggi non sono miei ma dell’autrice che ne detiene
ogni
diritto… sig!
NOTE:
allora, dopo secoli mi rimetto a scrivere di questi. Era da un
po’
che mi gironzolava quest’idea un po’ insana, alla
fine ho deciso
di farla grazie a mio fratello che parlandomi di un suo videogioco mi
ha fatto venire l’ispirazione giusta per scrivere questo
genere.
Sono molto felice di rimettermi su questo manga che, per quanto sia
incasinato ed incoerente su molti aspetti, è davvero bello
se
lo si vede per quello che è. Solo un manga. E poi ci sono
dei
personaggi che vale la pena sviluppare! Fra cui l’amore della
mia
vita Mikael…
Detto
questo non aspettatevi tutto rose e fiori perché io sono
sadica, specie se si tratta di Mikachan caro!
Devo
anche avvisarvi che mi sono presa alcune licenze poetiche circa il
concetto di angeli. Visto che io e la Kaori Yuki abbiamo
un’infinita
divergenza di opinioni e che le nostre visioni sono totalmente
diverse, per non cambiare tutto che non avrebbe avuto senso ma
riuscire a scrivere lo stesso senza farmi venire l’orticaria
(un
tempo ci riuscivo senza pensarci ma ora il problema è che ci
penso!!!!) ho messo alcune piccolissime modifichine innocenti che
riguardano gli angeli. I puristi del manga se ne accorgeranno subito,
gli altri nemmeno la noteranno. Ma mi permette di scrivere
meglio…
chiedo perdono! Non faccio male a nessuno, non è un crimine
e
soprattutto non ho cambiato nulla di essenziale!
Detto
ciò vi auguro buona lettura.
Baci
Akane
DEDICHE:
la dedico a tutti i fan di Mika, di Raphy o di Lucy…
RINGRAZIAMENTI:
a chiunque leggerà e commenterà.
Fra
Le Braccia Di Un Angelo
PROLOGO:
ATTESA
/
Because
of you – Skunk
Anansie /
Non
era facile.
Non
era per niente facile…
Aspettare
cosa?
Un
miracolo?
E
da parte di chi, che ormai sopra di loro non c’era
più
nessuno di attivo?
L’unico
in grado di curare era proprio colui che doveva essere guarito.
Chiuso
nel Cold Sleep, un posto più simile ad una bara che ad un
letto curativo rigenerante, stava Raphael ormai da molto tempo.
Troppo.
Senza
reali e sostanziali miglioramenti.
Aspettarlo.
Gli
aveva fatto promettere, in un certo modo, di aspettarlo per
riprendere il loro ‘litigio’ e lui gli aveva anche
detto che
nonostante la sua impazienza si sarebbe sfogato sugli altri intanto,
ma per uno che non era mai stato capace di attendere davvero nessuno,
era chiedergli troppo.
Aveva
passato una vita senza suo fratello cercando di cancellarlo dal suo
cuore, convincendosi di odiarlo e basta, amandolo come non mai in
realtà, e quando finalmente aveva avuto un chiarimento con
lui
e fatto una sorta di pace, per i loro canoni, l’altro essere
che
contava di più nell’universo per lui era caduto in
coma
senza nessuna garanzia di risveglio certo!
Non
morto.
Non
vivo.
Certo,
gli angeli non potevano morire…
Al
massimo la loro essenza corporea poteva esaurirsi diventando
inutilizzabile, morta per gli umani, ma quella spirituale continuava
ad esistere in eterno viaggiando di corpo in corpo, spostandosi senza
spegnersi mai.
Il
corpo di Raphael non era ‘morto’. Ma nemmeno
‘vivo’.
Era
stato allora, giorno dopo giorno, che Mikael aveva cominciato a
pensare.
Pensare
come poche volte nella sua esistenza aveva fatto così
seriamente.
E
pensando si era ormai quasi convinto che il suo destino, se mai
esistesse, era quello di rimanere solo a soffrire per
l’abbandono
altrui.
Non
aveva riflettuto solo su questo.
Il
piccolo ma grande angelo, durante tutte quelle ore isolato con un
umore sempre più nero, si era cominciato a chiedere per
quale
razza di motivo dovesse stare lì davvero solo quando
c’era
di certo almeno una possibilità, per lui, di non esserlo.
Perché?
Raphael
non si svegliava e per quel che ormai sembrava, non l’avrebbe
nemmeno mai fatto.
Raphael
l’aveva abbandonato, tradito per salvare una donna. Non aveva
pensato a lui quando si era trovato nel momento critico. Aveva
pensato ad un’altra sacrificandosi per lei, lasciandolo solo.
Solo.
In
realtà aveva cominciato ad elaborare la situazione sempre
peggio, rendendosi conto che la verità era una.
Raphael
aveva scelto Barbiel e non lui.
E
questo era tutto ciò che rimaneva.
La
certezza di essere stato messo da parte di nuovo da qualcuno che per
lui contava molto, la probabilità sempre più
concreta
del suo non risveglio e il suo egoismo che gli aveva chiesto di
aspettarlo!
Come
poteva chiederglielo?
Sapeva
bene che non era capace di farlo, che non aveva pazienza, che da solo
senza chi voleva bene diventava matto nel senso più vero del
termine, che non sapeva stare davvero solo poiché finiva per
bruciare e divorarsi, che lì nel Paradiso non aveva altri
per
cui vivere e che non gli importava veramente di nessun’altro
ad
eccezione di suo fratello e di Raphael…
E
comunque il tormento peggiore era rappresentato dalla sua convinzione
che anche se quel maniaco sessuale si fosse svegliato davvero, non
sarebbe stato per lui ma per colei che aveva salvato, colei per cui
aveva praticamente dato la vita.
Forse,
però, Mikael era rimasto semplicemente troppo tempo solo.
Aveva
passato la sua vita a rincorrere chi amava vedendo solo le sue
spalle, il suo tradimento e la sua indifferenza. Poi era arrivato un
altro a salvarlo dalla follia del dolore, l’aveva salvato
entrandogli dentro completamente, diventando l’unica ragione
per
cui tornava in Paradiso. Quando finalmente aveva ritrovato suo
fratello che per lui probabilmente contava più di
sé
stesso, aveva perso colui che era stato la sua sola ragione di vita
per molti anni.
Però
la verità era che aveva vissuto sempre per metà,
senza
una parte di sé.
Ed
ora continuava così.
Una
metà ritrovata e l’altra lontana anni luce.
Solo
che i ruoli si erano invertiti.
Per
quanto sarebbe dovuto andare avanti in quel modo?
Ad
aspettare i miracoli, che chi amava tornasse da lui, che gli facesse
magari un cenno, che gli desse una ragione di vita.
Quanto?
E
perché, poi?
L’aveva
abbandonato, lasciato, tradito anche lui, in un certo senso.
La
verità era stata solo questa.
Di
volta in volta, da solo, sempre più circondato dalle sue
tenebre personali che aveva creduto di aver sconfitto ma che in
realtà facevano fortemente parte di lui a causa del suo
gemello principe delle tenebre, si era convinto di queste cose
sprofondando nel buio, perdendosi, non trovano più un motivo
per star lì.
Spegnendo
la sua stessa passione.
Esagerando
come era sua natura fare per ogni cosa.
Lentamente
non aveva più risposto alle chiamate di Uriel e Rasil per
ristabilire il Cielo e proteggere il confine dai demoni, come era suo
compito, lentamente aveva smesso di sfogare i suoi bassi istinti
feroci e tormentati su quelle creature orripilanti che meritavano la
morte.
Lentamente
non era più andato da Raphael per vedere se apriva i suoi
dannatissimi occhi, non era nemmeno più tornato dalla sua
legione che aspettava solo i suoi ordini.
Lentamente
non si era più trovato in giro.
E
nella sua mente, tutto ciò che si era creato, era stata una
risposta.
La
risposta ad una chiamata che per lui era normale, che aveva sempre
avuto vista l’altra sua metà.
La
risposta all’amore per una creatura oscura che assurdamente
non
aveva mai smesso di cercare e che finalmente gli aveva parlato con
dolcezza.
Lucifero.
Se
lui era l’unico con cui avrebbe voluto stare ancora
cancellando
quei fasulli ricordi del loro passato e lì non
c’era più
niente e nessuno a trattenerlo se non una delusione e
l’ennesimo
abbandono da parte di chi amava, perché non andarci?
Ma
forse tutto quello che Mikael cercava era solo un po’ di
felicità.
Quella
che dalla nascita gli era stata negata.
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Capitolo 2 *** Risveglio ***
Fra
le braccia di un angelo
*Ecco
qua un altro capitolo della fic. Il manga, ribadisco, l’ho
letto
mille volte ma un secolo fa, ora ho la memoria un po’
arrugginita
ma penso di ricordarmi tutto piuttosto bene. Se ci sono alcune
inesattezze passatemele per buone. Io detesto le inesattezze in
ciò
che conosco a menadito, ma davvero il tempo per rileggermi tutto quel
casino non ce l’ho, dunque il risultato è questo.
Ora
abbiamo come protagonisti Raphael ed alla fine arriva anche Setsuna.
Presenti anche Uriel e Sara che però non procedono il
viaggio.
Ebbene non mi pare sia rimasto altro da dire se non che ringrazio
quelli che hanno già commentato e letto il prologo. Spero
che
vi piaccia anche questo. Nel prossimo avremo a che fare con Mikael e
Lucifero! Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
I:
RISVEGLIO
/
New divide – Linkin Park/
Sei
completamente immerso nel buio più completo e non senti
nulla,
non vedi nulla, non provi nulla.
Non
capisci dove sei, né se sei ancora qualcosa... non
c'è
ragione in quei momenti, ti pare di pensare ma in realtà non
lo fai. Vaghi.
Vaghi
senza metà, senza accorgertene, senza desideri.
Poi
però qualcosa scatta nell'eterno nulla immutato.
Dopo
un tempo indefinito passato a galleggiare senza coscienza e
volontà
senti qualcosa di diverso.
È
solo allora che ti rendi conto che invece qualcosa lo percepivi,
anche se non ti sembrava.
È
come se la tua anima si ridestasse.
È
un qualcosa portato da un'improvvisa mancanza che ti fa dire: 'ma
allora ero... '.
Quando
ti svegli dentro allora cominci a pensare, a cercare di capire dove
sei, cosa sei, cosa sia successo. E pensando ti rendi conto che
qualcosa manca.
Qualcosa
è andato via.
Qualcosa
di importante che prima nell'incoscienza ti stava accanto ora
è
svanito. Era qualcosa che ti faceva viaggiare tranquillo senza
pensieri, parole, sensazioni... che ti permetteva di essere nulla
senza preoccupazioni, senza l'ansia di svegliarsi per vedere cosa
è
successo.
Ora
però non c'è più vicino a te e cominci
a sentire
che qualcosa non va, che una parte di te è scappata, che se
non riapri i tuoi occhi e riprendi possesso di te stesso, le cose
possono peggiorare.
Per
quell'indefinito qualcosa (o qualcuno) che non c'è
più
a vegliarti, decidi di svegliarti e tornare alla vita.
Fu
così che dopo molto tempo di alcun miglioramento, Raphael
aprì
gli occhi.
I
suoi occhi azzurri inizialmente videro un mondo attraverso un vetro
spesso e lo videro annebbiato. Gli ci volle un po' per mettere tutto
a fuoco, ma alla fine ci riuscì e quando cominciò
a
sentire i propri respiri ed i battiti stessi, insieme alle forze che
lente tornavano, aumentò la sgradevole sensazione che
l'aveva
fatto risvegliare.
Per
un po' rimase fermo senza muoversi, lasciando al proprio corpo il
tempo di riprendersi e alla propria mente quello di riattivarsi, poi
finalmente mosse i muscoli atrofizzati che sentì
praticamente
come se li usasse per la prima volta.
Notando
la fatica che ancora faceva ed immaginando di essere stato in Cold
Sleep per più tempo di quanto non avesse percepito, decise
di
rigenerarsi con dell'energia circolare e facendola scorrere dalla
testa lungo la spina dorsale e poi per tutte le gambe fino ai piedi,
riprendendo lo stesso percorso inverso, si fece avvolgere da un'aura
azzurra che gli ridiede anche colore.
Fu
allora che il vetro si aprì, sentendo la vita nel corpo che
proteggeva.
Rimase
lì per un po', poi quando si sentì davvero bene
si alzò
piano per impedire alla propria testa di girare, allora utilizzando
la sua capacità di lievitare grazie al vento che lo
componeva,
arrivò senza fatica alla porta in metallo che si
aprì
alla sua vicinanza.
Non
c'era nessuno nei paraggi e gli parve strano, quindi
proseguì
per il resto del proprio edificio che ricordava rimasto tale e quale
a come l'aveva lasciato.
Proseguendo
alla ricerca di qualcuno in quel deserto che era l'ambulatorio, la
sensazione che qualcosa non andava era sempre più forte, il
primo pensiero che ebbe fu questo.
“Qualcosa
non va davvero... cosa è successo durante la mia assenza? Le
cose non possono essere cambiate così tanto... che il
Salvatore non ce l'abbia fatta e che siano tutti svaniti?”
Per
quel che ne sapeva lui poteva anche essere stato così.
Si
chiese anche quanto tempo fosse passato dalla propria chiusura nel
Cold Sleep.
Arrivato
all'ingresso si passò una mano fra i lunghi capelli biondi
che
ricaddero all'indietro e un po' intorno al bel viso sensuale di
natura, quindi con un lieve gesto della mano si trovò in un
lampo con dei vestiti più adatti rispetto al camice con cui
si
era messo a 'dormire'.
Solita
camicia di un tessuto leggero e pregiato, blu, con dei pantaloni
bianchi che ricadevano lisci sulle sue gambe.
Quindi
continuando a lievitare aprì la porta che lo divideva
dall'esterno.
Quando
uscì il sole lo colpì in viso riscaldandolo
subito.
Era
una bella giornata ed in apparenza non sembrava esserci nulla che non
andasse.
Il
mondo del Paradiso non era stato distrutto e la gente continuava la
propria vita regolare. Solo i suoi angeli sembravano spariti nel
nulla.
La
sua legione.
Persino
Barbiel.
Con
una nota di preoccupazione nel viso cercò con la mente
l'aura
di Mikael ma con suo profondo stupore non la sentì.
Sgranò
gli occhi mentre un flash lo colpiva... che gli fosse successo
qualcosa durante la guerra con il Salvatore?
Lui
e Uriel erano andati da Dio per capire che cosa stesse succedendo e
accompagnare Setsuna...
Lui
stesso doveva raggiungerli ma per salvare Barbiel non ce l'aveva
fatta.
E
se fosse stato annullato?
Gli
angeli non potevano morire né dissolversi ma potevano
succedere loro lo stesso un sacco di cose terribili paragonabili alla
morte per gli umani...
Non
sentendolo ancora si decise a schiudere le ali dalla schiena e volare
verso quella che sentiva essere l'aura più potente nel
Paradiso, al momento, colui che probabilmente comandava, qualunque
cosa fosse successo durante la sua assenza.
Non
poteva essere... se lo ripeteva realizzando che quell'aura era simile
alla propria fino a che non mise a fuoco Uriel.
Uriel
era vivo.
Ma
Mikael dov'era?
E
Barbiel?
E
i suoi angeli?
Quando
finalmente giunse veloce nella struttura principale del Cielo si
sentì fissato da un centinaio d'occhi pieni di sorpresa,
tutti
gli angeli che lavoravano lì dentro e l'avevano
riconosciuto.
I
sussurri di stupore iniziarono subito dopo mentre si distinguevano le
frasi: - Quello è l'arcangelo Raphael! - - Ma non era in
coma?
- - Si è risvegliato! - - Com'è possibile, dopo
tutto
questo tempo? - - Pensavamo che ormai non tornasse più... -
-
Questo è un segno... -
“Si...
e che cavolo di segno sarebbe? Che mi sono svegliato!”
Ma
più di quello non ci fece caso, quindi rivolgendosi ad uno
di
loro, facendo sparire le ali dentro di sé, chiese:
-
Ehi, chi è che comanda qui, ora? -
-
Già... non sa nulla di quello che è successo
durante la
sua assenza... - Sentì una voce alle sue spalle che
bisbigliava con un altro al suo fianco. Raphael fece finta di nulla,
quindi impaziente attese la risposta timorosa mentre l'angelo di
piccola taglia lo guardava con tanto d'occhi:
-
L'arcangelo Uriel col sommo consigliere Rasiel. - Quando
indicò
le scale che portavano al piano più alto, Raphael non attese
oltre e si diresse a passo sostenuto verso di esse.
“Uriel
comanda? Quello che si era rintanato pieno di sensi di colpa che non
voleva avere niente a che fare con il Cielo? E Rasiel sommo
consigliere? Ma Mikael dove diavolo è!? “
Le
cose erano cambiate più di quello che lui pensava...
Arrivato
davanti alla porta dietro la quale gli avevano indicato esserci
Uriel, non bussò nemmeno, entrò subito e quando
l'alto
arcangelo dalla pelle scura alzò lo sguardo da
ciò che
guardava con preoccupazione, l'espressione si accigliò
mostrando un profondo stupore. Fu come se per un istante il tempo
fosse stato sospeso e nessuno fu in grado di parlare e pensare.
Passò
qualche minuto, in realtà solo pochi secondi, quindi il
bellissimo arcangelo biondo chiuse la porta dietro di sé
sbattendola e mosse ampi passi verso di lui, poi finalmente chiese
brusco e sbrigativo, con una forte necessità di sapere:
-
Che diavolo è successo qua? Dov'è Mikael? E la
mia
legione? -
Uriel
si voltò del tutto allontanandosi dalla finestra e
andandogli
incontro. L'istinto fu quello di toccarlo per vedere se era vero
oppure un'apparizione, ma si fermò quando gli
arrivò
davanti, quindi ignorando le sue domande parlò come se
riflettesse da solo:
-
Ma allora era vero quello che avevo sentito... un'arcangelo era
tornato... non capivo quale dei tre fosse... speravo in Mikael... - A
queste parole simili a lame di ferro piantate nel corpo, Raphael non
si trattenne più e sperando di aver capito male lo prese per
le braccia e scuotendolo con forza chiese con un tono sempre
più
alto ed i battiti che gli tornavano irregolari.
-
COSA E' SUCCESSO A MIKAEL? DOV'E'? VUOI PARLARE, DANNAZIONE? -
Fu
qua che finalmente il moro dai lunghissimi capelli raccolti in una
coda molto bassa, si decise a rispondere con un tono grave nella
voce, sapendo di dovergli raccontare ogni cosa.
Non
cercò di scrollarsi.
Era
difficile dirgli ciò che doveva, ma prese un respiro e
cercando di reggere il suo sguardo impaziente che lo penetrava
affilato, parlò esitando come non gli capitava da tempo. Si
capiva che era difficile anche per lui raccontarlo:
-
Purtroppo le cose sono cambiate molto da quando sei andato in coma.
Anche se il Salvatore è riuscito a salvare il Cielo e
svelare
i segreti celati riguardo Dio e Adam Kadamon, ci sono state numerose
perdite da parte sia del Paradiso che dell’Inferno,
così i
demoni si sono ritirati condotti da Lucifero e noi angeli rimasti
abbiamo potuto riprendere in mano il Cielo riformandolo
completamente. – Raphael lo mollò e Uriel si
girò
distogliendo gli occhi neri da quelli azzurri e limpidi del compagno.
Prese un altro respiro e continuò a spiegare più
nei
dettagli cosa fosse successo quando lui si era chiuso nel Cold Sleep,
poi arrivando alla parte più dura strinse i pugni e con voce
tremante continuò cercando di essere forte. La testa bassa,
voltato dall’altra parte: - Per Mikael era dura,
Raphael… ed io
ero troppo occupato col Paradiso per vedere di lui. Non avevo nemmeno
il sostegno di qualche altro grande angelo. Eravamo io, Rasiel e
pochi altri… tu eri addormentato e Alexiel si
sveglierà solo
quando la sua anima sarà di nuovo libera, proprio come
Djibril. Contavo molto su Mikael ma Mikael contava troppo sul tuo
risveglio che non è arrivato. –
-
Come non è arrivato? Cosa sono, ora? –
L’interruppe
impaziente quasi quanto lo era di solito il rosso. Uriel tese i
muscoli ma non si mosse, alzò appena la voce e premendo
sulle
parole lo disse:
-
Non ti sei svegliato in tempo. In tempo per impedirgli di sparire.
–
Si sospese, quindi si girò e vedendo Raphael chiaramente
senza
fiato con gli occhi sgranati ed orripilati per i mille significati di
quella frase, quindi riprese ancor più grave e penetrante,
quasi accusatorio in un certo senso: - E’ così,
Raphael.
Mikael non ce l’ha fatta ad aspettarti e probabilmente gli
è
successo la stessa cosa di quando è stato abbandonato da suo
fratello. Fatto sta che ora è sparito. Non si trova
più
in Paradiso e non c’è verso di trovarlo. E
onestamente non
posso spendere altre forze per andare a cercarlo… dovrei
andarci io
stesso ma qua c’è troppo da fare che non so da
dove
cominciare. – Prima che l’altro potesse cominciare
proseguì
precedendolo, spiegando ulteriormente cosa la scomparsa
dell’arcangelo delle Potestà comportasse: - Mikael
era
l’incaricato della difesa contro i demoni, ma senza di lui la
sua
legione non intende collaborare. Ci accusa della sua scomparsa e si
stanno rivoltando. Stiamo facendo fatica a trattenerli ma onestamente
non penso di riuscirci per molto. Quando si ribelleranno
sarà
la fine per noi, perché sono gli unici in grado di tenere
testa ai demoni e noi non siamo abbastanza per arginarli. Barbiel
è
a capo provvisorio della tua legione ed è giù a
quel
che rimane del confine ormai quasi completamente preso dai demoni.
Insieme ai miei angeli stanno cercando di fare una barriera per la
prima città che sta per crollare. Ormai alcuni demoni sono
anche riusciti ad infiltrarsi nei livelli superiori… stiamo
facendo
di tutto per stanarli ma non è facile… la
situazione non è
critica ma davvero peggio, Raphael. –
Allora
il moro si avvicinò di nuovo al biondo, lo prese lui per le
spalle, questa volta, e quasi con disperazione, di chi era
sull’orlo
del crollo, chiese in una specie di supplica:
-
Ti prego, Raphael… tu sei l’unico che lo
può ritrovare…
riportalo qua. Con voi due al mio fianco ristabiliremo una volta per
tutte il nostro Paradiso che ci ha lasciato in eredità il
Padre. Lui ha detto che tornerà, non possiamo accoglierlo in
questo stato! Se la legione di Mikael si rivolta contro di noi
è
davvero la fine… i demoni si uniranno a loro per farci
crollare e
sarà solo l’inferno. Nel senso più vero
del termine!
- Che Uriel amasse i discorsi lunghi e i rimproveri era una cosa ben
collaudata, anche se da quando era sparito dopo la prima grande
guerra era diventato silenzioso, ora il suo livello di preoccupazione
era tale che Raphael lo percepì come sincero e ne rimase
disarmato.
Sentire
quelle sue parole così forti era come un’accusa
indiretta,
per lui.
Come
se gli avesse detto che il Cielo stava crollando di nuovo
perché
lui aveva preferito salvare Barbiel e mettersi in Cold Sleep
piuttosto che aiutarli e sostenerli. Sostenere Mikael.
Colui
che aveva promesso di affiancare ed aiutare sempre, di non lasciare
mai solo.
Rimase
a pensare e ripensare a questo.
Che
se non fosse stato per lui, Mikael non se ne sarebbe andato e la
situazione sarebbe splendente.
Il
confine sarebbe ben difeso dai suoi angeli e non ci sarebbe nessuna
rivolta interna alle porte.
Se
avesse pensato di più a lui come aveva promesso…
Eppure
perdere Barbiel… permettere che si disperdesse in
chissà
quale altro corpo… si era sentito in colpa, comunque lei le
era
sempre rimasta accanto, l’aveva sostenuto e fatto come da
madre…
abbandonarla non gli era sembrato giusto.
Lasciarla
andare sarebbe stato come vederla morire e non aveva potuto
permetterlo, solo che in condizioni normali non gli sarebbe successo
nulla, lì, però, era già provato di
suo.
Non
aveva retto.
Adesso
però doveva pensare a Mikael.
Mikael
che non c’era e che, ne era certo, si sentiva perso nella
follia da
qualche altra parte, troppo lontano da lui.
Rimase
a lungo a pensare e ripensare divorato dai sensi di colpa, poi Uriel
lo chiamò come ridestandolo, allora riconnesse le idee e
divenne il pratico arcangelo che era sempre stato, quindi disse
freddo e sostenuto:
-
Ci sono due posti in cui Mikael potrebbe andare: l’Hassiah o
l’Inferno. Il Paradiso era il posto che odiava di
più. Non
c’è mai stato niente a trattenerlo qui tranne,
naturalmente,
io. Pensando che non tornassi più, perché quel
grande
idiota non sa aspettare, divorato dal suo dolore e dalla follia che
lo invade quando si sente tradito da chi ama, deve essere andato in
un altro dei due posti che gli piacciono. L’Hassiah, e
probabilmente proprio dal Salvatore visto l’amicizia che li
legava,
è il primo posto che andrò a controllare.
–
Sentendo
i suoi ragionamenti stranamente ad alta voce, Uriel si
tranquillizzò
capendo d’aver fatto bene a chiedergli aiuto.
Quando
aveva sentito che uno dei tre arcangeli spariti era tornato, aveva
certamente sperato fosse il capo delle Potestà, ma sentendo
che era lui un senso di speranza gli si era acceso ugualmente.
Se
c’era qualcuno che poteva risolvere la questione di Mikael,
quel
solito piantagrane, era proprio lui. Raphael, il capo delle
Virtù.
Al
breve cenno di sorriso che fece vedendolo determinato e così
in sintonia con il loro compagno scomparso, il bellissimo arcangelo
del vento scoccò un occhiata significativa, una che sembrava
proprio dire che ci avrebbe pensato lui, quindi scacciando i sensi di
colpa e le riflessioni troppo profonde per lui, si girò e
proprio come l’aria che lo componeva, se ne andò
svelto,
elegante e sostenuto.
Rimasto
solo, l’arcangelo della terra, rimase a guardare la porta
dietro
cui egli era scomparso e sospirò stanco con
l’unica speranza
che ce la facesse davvero.
Casa
di Setsuna e Sara, ora marito e moglie, era in un quartiere
tranquillo in un paesino di periferia di Tokyo, appena avevano
potuto, avevano preferito dileguarsi con la speranza di poter vivere
in pace, o almeno cercare.
La
loro vita era stata difficile anche dopo i fatti che si erano svolti
nell’Aldilà, ma niente di paragonabile e dopo il
loro
ritorno erano stati in grado di superare tutto riuscendo a costruirsi
una vita felice e piena di amore.
Niente
figli a causa dei legami di sangue, ma l’uno per
l’altro erano
sempre bastati.
Dalle
vicende del Cielo erano passati diversi anni ed ora erano adulti, un
uomo ed una donna ben formati, maturi e cresciuti. Eppure sempre con
quell’aria giovanile che impediva a chiunque di dar loro un
età
specifica.
Come
se non avessero tempo…
Quando
quella mattina si erano svegliati, non avrebbero mai pensato di
ritrovarsi davanti alla porta nientemeno che un arcangelo.
Fu
Setsuna ad aprire per primo pronto per uscire ed andare a lavoro.
Appena
lo vide in un primo momento lo stupore lo invase ma vi rimase per
poco. Evidentemente aveva sempre aspettato qualcuna di quelle visite
inaspettate. Anzi, si era detto, era stato anche tardi rispetto alle
sue aspettative!
Sapendo
che ormai la sua giornata di lavoro sarebbe saltata, buttò
lo
zaino che si portava dietro e incrociando le mani dietro la nuca dai
capelli corti e castani, disse a gran voce:
-
Sara, abbiamo visite! –
Quando
anche la donna spuntò e lo vide si illuminò tutta
salutandolo con un gran sorriso aperto che sprizzava gioia da tutti i
pori.
Ritrovarsi
come visitatore un arcangelo non poteva certo essere una cosa da
tutti giorni e a loro non era capitato mai nonostante il passato
vissuto, anche se avevano sempre sperato di rivedere qualcuno di loro
oltre a Cry. Eppure dalla loro reazione sembrava fossero abituati,
come se se lo fossero aspettato davvero.
Bè,
in cuor loro avevano sempre saputo, e sperato, che li avrebbero
rivisti.
Anche
se a onor del vero avevano sempre pensato di rivedere Mikael, per
primo.
Non
Raphael.
Quando
il biondo e bellissimo essere alato ebbe spiegato più o meno
dettagliatamente tutto l’accaduto, i due che intanto si erano
accomodati intorno al tavolo del soggiorno con tre tazze fumanti di
thè, nessuna delle quali era stata toccata visti gli
argomenti
delicati che avevano loro sospeso il fiato, non avevano potuto
trattenere questa volta un espressione di totale stupore.
Era
stato poi Setsuna a parlare per primo, con una vena preoccupata e
ansiosa nella voce, di chi nonostante avrebbe potuto anche
immaginarlo non aveva comunque mai pensato di sentirsi dire cose
simili. Non dopo quel che aveva fatto per loro.
-
E ora è sparito? –
-
Esatto. In Paradiso non è e se mi dici che non
c’è
nemmeno qua, dove speravo di trovarlo, c’è solo un
posto che
mi viene in mente. –
Fu
qua che Setsuna dimostrò di conoscere davvero molto Mikael:
-
Da suo fratello. – Un affermazione più che una
domanda. Come
se lui invece sarebbe andato direttamente là a cercarlo.
Questa
sua approfondita conoscenza del rosso era presto spiegata: quando
Setsuna era andato in Cielo aveva passato molto tempo, volente o
nolente, con l’arcangelo del fuoco e nonostante i primi
scontri
deleteri poi avevano cominciato a scoprirsi più in simbiosi
di
quel che non fossero disposti a credere e conoscendosi meglio si
erano aiutati a vicenda diventando addirittura amici.
Se
c’era un altro oltre a Raphael che aveva capito quasi subito
Mikael, era stato proprio Setsuna e viceversa se c’era stato
uno
che Mikael aveva miracolosamente ascoltato e sostenuto, era stato
proprio Setsuna!
Questi
aveva capito molto di lui in poco tempo ed erano riusciti ad entrarsi
dentro.
Per
questo l’ormai umano era stato convinto di ritrovarsi proprio
lui
per primo davanti. Invece era stato colui col quale aveva legato di
meno per via della gelosia che portava a causa di Sara.
Era
stata lampante la mira che per un momento quel maniaco aveva avuto
per lei, ma non era stato nulla di davvero serio.
Raphael
a quel punto si alzò, quindi senza chinarsi per ringraziare
del tempo che avevano trascorso con lui, fece per andarsene con la
mente completamente rivolta all’amico da ritrovare. Era
rimasto per
puro scrupolo ma dalle loro reazioni aveva capito che non
nascondevano nulla. E poi se Mikael era sulla Terra l’avrebbe
sentito subito. Invece di lui non c’era proprio traccia.
-
Aspetta… andrai laggiù? – Chiese allora
Sara alzandosi a
sua volta, l’ansia nella voce. Lei, al contrario di Setsuna,
aveva
avuto modo di capire meglio lui avendoci passato insieme più
tempo.
Si
poteva dire che lo considerava un amico che alla fine l’aveva
aiutata molto.
Cosa
invece pensasse Raphael era certamente difficile dirlo anche
perché
al momento aveva in testa solo l’angelo rosso.
Il
biondo si fermò e si voltò, quindi
l’accarezzò
lieve con lo sguardo costatando che ora, da donna matura, era
addirittura più deliziosa di quando era solo una ragazzina.
Eppure si sorprese a sentire i propri ormoni tranquilli. Nessuna
reazione. Non come ne aveva un tempo quando insoddisfatto cercava e
cercava senza sapere di preciso cosa.
Ora
era come se sapesse esattamente cosa cercare.
E
l’avrebbe trovato.
A
costo di andare all’inferno.
-
Si. – disse solo risoluto con uno sguardo fermo che la
penetrò.
-
E’ pericoloso, anche se sei un arcangelo. Vai nel territorio
nemico, non è una cosa da trascurare! –
Cominciò a
preoccuparsi. A questo Raphael alzò un sopracciglio
scettico,
quindi ironico e divertito rispose:
-
Non sono esattamente uno sprovveduto, tranquilla… - Sara
però
non arrossì e non demorse. Sapeva cosa diceva, quindi
insistette testarda:
-
Lo so che non lo sei ma se non sai come muoverti puoi essere anche
Dio in persona che non arriverai a destinazione! – E non
perché
non fosse abbastanza forte, ma perché comunque quelli non
erano solo semplici demoni. A parte il fatto che erano molti,
c’erano
anche alcuni elementi davvero da non prendere sotto piede, elementi
che non permettevano al primo venuto, specie se angelo, di arrivare
al proprio capo, Lucifero. Lei lo sapeva ma lui avrebbe dovuto
saperlo ancor di più, eppure il fatto che non se ne curasse
la
turbava. Significava che il desiderio di trovare Mikael era
così
forte da renderlo altamente incosciente.
Andava
a morire.
-
E cosa suggerisci? –
Chiese
ancora con ironia, pensando che nessuno di loro due, ora umani,
potesse essergli utile.
Ma
ancora una volta lei lo stupì come ricordava aveva fatto
spesso in passato. E risoluta rispose:
-
Ti serve un aggancio sicuro che ti permetta di arrivare da Lucifero.
– E lo disse come se sapesse anche esattamente chi.
A
questo guardò con sguardo significativo il marito e fratello
che, capendo al volo a cosa pensava e a chi si riferisse, si
alzò
anche lui e cominciò a prepararsi come per partire per
l’ennesimo viaggio:
-
Ho capito. In effetti hai ragione… lei è
l’unica che può
aiutarci ad arrivare a destinazione incolumi. Ormai è la
principessa della Geenna e si è rafforzata ulteriormente
rispetto a quando è venuta su… - Fece riferendosi
al
Paradiso. Raphael provò un moto di stizza nel sentirli
parlare
come se lui dovesse sapere a chi diavolo si riferissero, ma non
arrivandoci disse infastidito con le mani ai fianchi:
-
Si può sapere che diavolo state dicendo? –
Fu
allora che Setsuna si fermò e guardandolo con
ovvietà
rispose semplicistico, come al suo solito:
-
Cry, no? È mia amica e principessa della Geenna, se vengo a
chiederglielo io farà passare persino un arcangelo! E ha
contatti con un certo braccio destro della persona che ti interessa
incontrare. – La sincerità e serietà al
tempo stesso
che lesse nei suoi occhi lo calmò. Sembrava avere il potere
si
semplificare qualunque cosa, anche la situazione più
complicata.
Capì
come mai era stato in grado di conquistare, in un certo senso, tutto
l’Aldilà!
Rimase
brevemente ad osservare entrambi che si baciavano come avessero
deciso tutto da soli, quindi invece che seccarsi e rispondere male,
sospirò capendo che con loro il Cielo non aveva potuto
trovare
altro che la pace.
Non
era venuto lì a chiedere aiuto eppure glielo stavano dando
senza domandarsi se lo volesse, questo perché avevano capito
subito quanto invece ne avesse bisogno.
Non
li avrebbe mai ringraziati, ma il non rispondergli male fu il suo
modo per farlo.
-
Oh, sei in grado di farmi andare laggiù senza morire di
nuovo,
vero? – Chiese Setsuna allora ricordandosi del piccolo
particolare
che ora era vivo e che l’altra volta per andare nel loro
mondo
aveva fatto un gran bel casino!
Raphael
si fermò anche dal riflettere, quindi lo fissò
stordito
e pensando se non fosse il più matto di tutti, si riprese
rivalutandolo in via definitiva. Anche se non gli era mai andato
troppo a genio, doveva ammettere che era a posto e che sapeva il
fatto suo.
Avrebbe
addirittura potuto piacergli!
Assunse
tuttavia subito la sua aria sorniona e superiore, quindi incrociando
le braccia al petto fece con sufficienza:
-
Per chi mi prendi? Io posso far tutto! –
-
Lo vedremo! – Rispose solo l’altro con un ghignetto
sadico e
divertito che ricordava incredibilmente quelli di Mikael.
Si.
Setsuna
poteva andare.
-
Andiamo, allora! Non ho altro tempo da perdere! Il Cielo potrebbe
cadere per l’ennesima volta da un momento
all’altro! –
Con
questa frase ad effetto e catastrofica ma in pieno suo stile,
afferrò
Setsuna per un braccio, lanciò uno sguardo che
ammiccò
in segno di saluto a Sara e svanirono insieme in una forte folata di
vento e un flash luminoso che accecò la donna rimasta
nuovamente sola.
Sola
ma sicura di rivedere suo marito presto.
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Capitolo 3 *** Nell'Utero ***
Fra
Le Braccia Di Un Angelo
*Allora...
ecco qua un altro capitolo di questa fic, vi avevo detto che avremmo
visto che fine aveva fatto Mikael ed eccovi accontentati... mi sono
fermata sul più bello, lo ammetto, ma cosa potrei fare nel
prossimo? Vedere l'incontro dei due fratellini o controllare come
procede il viaggio dell'accoppiata più improbabile di tutti
i
tempi, Raphael e Setsuna? Mah... ci peserò... intanto grazie
a
tutti quelli che hanno letto e commentato la fic fino a qua, spero
che continui a piacere. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
II:
NELL’UTERO
/A
pain that I’m used to – Depeche mode/
Arrivare
fino al castello nell’Utero dell’Inferno, non era
stato difficile
per lui.
In
condizioni ottimali gli sarebbe sembrato di essere in vacanza, tipo
una gita turistica estremamente divertente con molte tappe in diversi
parchi divertimenti.
Più
simile ad una meteora infuocata che ad altro, non aveva perso tempo
negli strati superiori ed era andato dritto in quelli più
bassi consapevole di dove fosse chi gli interessava.
Consapevole
soprattutto del fatto che più andava in basso,
più
pericoloso era.
Specie
per lui, un arcangelo tutto solo.
L’unica
grande colpa delle creature degli inferi che si erano imbattute in
lui sentendolo odorare di angelico, era stata quella di non
conoscerlo in modo adeguato. La fama del feroce arcangelo rosso
Mikael, il re delle fiamme, era nota ovunque nei Cieli, ma purtroppo
non tutti conoscevano le sue sembianze nemmeno per sentito dire.
Questi
ultimi erano probabilmente i più inetti o forse i
più
sfortunati.
Fatto
fu che per capire quale fosse il percorso preso da Mikael, bastava
vedere i cadaveri che si era lasciato alle spalle… una scia
raccapricciante sanguinolenta di resti mostruosi.
L’aria
in quell’area dell’Inferno era irrespirabile, tutta
un'altra cosa
rispetto al Paradiso, ma non era per questo che il rosso angelo si
teneva le labbra e il naso coperti dalla stessa ampia stoffa nera che
l’avvolgeva simile ad un mantello. Quando cambiava zona lo
faceva
sempre, si copriva molto lasciando scoperti di sé solo gli
occhi. Nascondeva la sua spada nel proprio corpo, i capelli rossi e
il drago tatuato sul viso e sul petto.
Certo
quello non bastava a farlo passare inosservato… la sua aura
potente
superiore a quella di un angelo comune la notavano tutti e trovandosi
niente meno che all’Inferno circondato da demoni e mostri che
anelavano a carne come la sua, più questa apparteneva ad una
creatura potente e pura, più la desideravano.
Disposti
a qualunque cosa lo attaccavano accecati dalla fame che il suo odore
stimolava.
Per
un angelo più sprovveduto sarebbe stato un autentico
suicidio,
ma per lui che in alcuni momenti sembrava peggiore dei demoni stessi,
era stata quasi una passeggiata.
Il
suo pessimo umore, però, non gli aveva permesso di godersi
quei fantastici passatempi che dai tempi del Salvatore non aveva
più…
Il
suo sguardo cupo fissò intensamente l’imponente e
minacciosa
ombra a qualche miglia da lui. Il castello del re degli inferi era
ormai vicino.
Mikael
non ci era mai stato laggiù e non aveva mai visto dove
dimorasse suo fratello, però da arcangelo addetto alla
guerra,
si era preso la briga di sapere perfettamente quale fosse la
struttura dell’Inferno qualora decidessero di andare a
stanarlo.
Cosa
che a lui non sarebbe dispiaciuto, quand’era ai suoi tempi
migliori!
In
realtà non aveva nulla di preciso in mente, non stava
facendo
quel viaggio con un pensiero fisso specifico se non quello di
arrivare a suo fratello.
Prima
di allora era stato convinto di essere nulla per lui, invece durante
l’ultima grande guerra aveva scoperto che non era
così, che
Lucifero aveva dovuto fingere di essere indifferente per impedirgli
di seguirlo, ma ora che era il vero principe della luce era diventato
il suo nemico, ovvero una persona degna di nota.
Queste
sue parole erano equivalse ad un ‘ti ho sempre voluto bene,
in
realtà, ed ho agito in quel modo per farmi odiare e per
proteggerti perché non volevo che affondassi insieme a me,
ma
ora che sei diventato forte e sei cresciuto non posso più
proteggerti e decidere io per te.’
Per
Mikael questo era stato un ti voglio bene che l’aveva
commosso e
spinto a chiamarlo ‘fratello’ fra le lacrime. Il
sorriso con cui
l’aveva ricambiato era stata la conferma dei suoi sentimenti
e si
era sentito rinascere. Come se un enorme peso venisse spazzato via.
Aveva
lentamente ripercorso tutti i momenti di quando erano piccoli, di
quando Lucifero si era distaccato tanto da lui lasciandolo solo a
credere di non essere nemmeno considerato, delle volte che aveva
pensato si vergognasse di lui... e poi giungere all’unica
verità
estirpando quei momenti terribili di follia che l’aveva
invaso
quando era stato abbandonato e tradito… aveva finalmente
capito
cosa significava la parola pace.
Ma
la sua pace era stata raggiunta solo con suo fratello.
Raphael
gli aveva voltato le spalle, l’aveva tradito, in un certo
senso.
E
un'altra nuvola aveva oscurato la sua felicità momentanea.
Non
era giunto davanti al castello di Lucifero con uno scopo particolare,
aveva solo pensato che era ora di decidere da solo cosa voleva fare e
con chi voleva stare.
Raphael
aveva scelto Barbiel, non era sveglio e non c’era
più per
lui.
Lucifero
c’era e non l’aveva mai odiato, gli aveva sempre
voluto bene.
Ora
era grande per scegliere da sé le proprie parti.
E
non voleva stare con nessun Paradiso e con nessun Inferno, tanto meno
con nessuna Terra.
Lui
voleva solo stare con suo fratello, il suo gemello, l’altra
sua
parte, colui che aveva ritrovato dopo anni di silenzi e di finto
odio. Niente di più.
Quando
davanti al nero cancello che si stagliava alto innanzi a sé,
egli si fermò, guardò il giardino al di
là di
esso e poi l’enorme struttura al centro.
Naturalmente
per essere la dimora del re delle tenebre era in pieno stile gotico,
proprio come se l’era immaginato.
Eppure
si vedeva che era stato ricostruito da poco…
Alzò
gli occhi verde chiaro, tutto ciò che si vedeva di lui,
quindi
senza troppe cerimonie pose la mano avvolta da un guanto nero senza
dita sulla serratura, alzò la temperatura fino a
scioglierla,
quindi aprì il cancello.
Non
era da lui essere così poco teatrale e casinista,
normalmente
avrebbe sfondato tutto gridando e facendo un baccano infernale!
Concentrandosi
capì quante creature ci fossero lì dentro e dove,
quindi senza perdere tempo si avviò deciso pronto ad
abbattere
qualunque ficcanaso si fosse frapposto sul suo cammino.
Era
certo di dover fare un’altra strage, lì dentro di
gente
ragionevole non ce n’era nemmeno a cercarla col lanternino!
Ma
forse si sbagliava… almeno una, magari, ci poteva
stare…
L’odore
che gli venne alle narici attraverso la stoffa superò di
gran
lunga il tanfo di quell’aria atroce a cui ormai era abituato,
quindi senza dipingersi il suo solito ghigno sulle labbra rimase
serio e concentrato, era strano vederlo così, faceva quasi
impressione…
Di
nuovo alzò la mano davanti a sé come se fosse
pronto ad
afferrare qualcosa non ancora visibile e senza nemmeno mettersi in
posizione d’attacco o di difesa, attese.
-
Arriva il cagnolino… - Mormorò fra sé
e sé
distinguendo il mostro disgustoso ed informe che gli veniva incontro.
Un qualche animale demoniaco certamente potente, per essere a guardia
del giardino…
Il
ringhio fu tutto ciò che si poté distinguere dal
verso
strano che faceva.
La
bava, però, gli fece capire che gradiva il proprio odore.
-
Non sarò il tuo pasto… - Gli disse quindi con
voce rauca
fissandolo dritto negli occhi senza il minimo problema, non se ne
schifò nemmeno e la creatura parve stupirsi di questo.
Si
fermò un attimo davanti a lui, lo sovrastava in altezza ed
in
stazza in un modo impressionante, ma questo sembrava non turbare
minimamente Mikael che, ancora col braccio teso in avanti e la mano
aperta pronta ad afferrare, o lanciare, lo fissava come faceva con un
morto.
-
Avanti, non ho tempo da perdere… o vai a cuccia o la
facciamo
finita subito! - A queste parole si rese conto di essere disposto a
risparmiarlo nel caso in cui non l’avesse attaccato. Cosa che
aveva
fatto con tutte le altre creature incontrate fino a quel momento
(peccato che nessuno aveva capito come risparmiarsi la
vita…). Un
tempo avrebbe fatto fuoco e fiamme in qualunque caso, anche con
quelli più pacifici…
Era
proprio cambiato.
Si
chiamava maturità?
Se
lo chiese quasi sconvolto, ma non fece ugualmente una piega
poiché
il ‘cucciolotto’ fece la sua mossa e come
tentò di
mangiarselo, Mikael sferrò una sfera infuocata che
uscì
dal palmo della sua mano. Arrivò in un lampo dritta nelle
fauci aperte del mostro che si fermò stranito rendendosi
conto
che qualcosa non andava. Si mise a tossire fumo e distratto il
necessario non poté vedere la grande lama rossa prima che
gli
tagliò la testa di netto.
Con
la sua grande spada scarlatta stretta in mano, l’angelo
atterrò
dall’altra parte mentre egli piombava giù privo di
vita.
Il
telo nero che l’avvolgeva ricadde addosso a lui continuando a
coprirlo e prima di ogni cosa se lo sistemò di nuovo sul
viso
rimasto scoperto per un istante.
-
Troppo facile. – Borbottò facendo sparire
nuovamente la
spada in corpo per non dare troppo nell’occhio.
Riprese
ad avanzare con passo deciso verso il castello e finalmente raggiunto
entrò.
Nell’immediato
non trovò nessuno ad accoglierlo nonostante dentro ci
fossero
un numero non trascurato di demoni anche piuttosto forti,
probabilmente i sette satana, suo malgrado alzando le spalle decise
di seguire la traccia che sentiva di Lucifero, l’unica che
gli
interessava.
Non
aveva idea di come fosse fatto quel posto, né di dove
stessero
i tranelli, convinto però che ce ne fossero.
Sarebbe
stato più facile gridare a gran voce il nome di Lucifero
aspettando che fosse lui a venire.
“Ma
saprà che sono qui, figurati se non lo sa… mi
avrà
sentito… perché non viene a vedere che voglio? Ha
sempre
questa maledetta mania di fare il prezioso!”
Pensò
infastidito quello che pareva solo un ragazzo e che in
realtà
era decisamente più grande di quanto non apparisse.
Percorsi
però diversi corridoi, si rese conto di star scorrendo
sempre
lo stesso perimetro.
“Eccolo
qua uno dei trucchi… prevedibile… basta abbattere
qualche muro,
da qualche parte si arriverà!”
Si
disse allora alzando di nuovo la mano verso una porta alla sua
destra.
Non
ci pensava minimamente a bussare o a non farsi notare, non
più
ormai…
Con
l’ennesima palla di fuoco distrusse la porta e parte della
parete
che la circondava. Quando il fumo si diradò entrò
senza
il minimo problema.
“Chiederò
di essere condotto da lui, faccio prima!”
Scorse
svelto gli occhi nell’ampia stanza in cui era capitato e non
dovette aspettare molto. Immediatamente una sfera oscura si
liberò
da un punto imprecisato e tentò di colpirlo, ovviamente la
schivò con agilità e pronto a ricambiare
aguzzò
la vista cercandone la fonte.
-
Chi diavolo sei tu? - La domanda venne da una figura a pochi metri
da lui, era nella penombra ma quando parlò
cominciò a
muoversi facendosi vedere.
La
sua pelle era molto pallida, i capelli lunghissimi e castano rossi
legati in una coda bassa che si stava sciogliendo, vestito di nero
con una maglia aderente che lasciava scoperta una striscia di addome,
con pantaloni corti e lunghi stivali che arrivavano a metà
coscia, simile a quelli che portava sempre lui.
Se
si voleva cercare una corrispondenza fra costui ed una creatura del
Paradiso, era proprio con Mikael.
Ad
eccezione dell’altezza, naturalmente!
Questo
demone era molto alto.
I
suoi occhi altrettanto verde chiaro, si posarono in quelli simili
suoi che lo fissavano cupi.
Fece
una smorfia a sentire il suo odore e all’istante
capì di chi
si poteva trattare:
-
Ma sei un angelo… e non uno di poco conto… sei
uno dei pezzi
grossi rimasti, vero? –
Eppure
non lo riconobbe come il fratello del suo signore.
-
E tu chi saresti? – Non che gli interessasse, ma era ormai
certo di
trovarsi davanti ad uno dei sette satana, voleva solo la conferma.
Giusto per sapere quanta forza avrebbe sprecato per ucciderlo.
-
Io sono Astaroth, uno dei sette satana. Rappresento l’ira se
vuoi
saperlo… - Non capì perché si
sentì di dirlo,
non era nel suo carattere esprimersi e spiegare così, anzi,
ma
lo fece e infastidito da sé stesso capì che
qualcosa
non andava.
In
quella creatura c’era qualcosa di familiare…
“Forse
l’ho incontrato quando sono andato con Lucifero in
Paradiso…”
In
quell’occasione si erano appena incrociati ma non si erano
né
guardati né affrontati.
-
Non mi dici il nome di chi sto per uccidere? – Gli chiese
sentendo
che qualcosa non andava e non per il fatto che un angelo molto forte
fosse nell’Utero.
-
Non ti interessa… voglio vedere Lucifero. Portami da lui!
– Disse
con arroganza tipica sua.
-
Non funziona così quaggiù, piccoletto…
- Le solite
classiche parole da non dire. Per lo meno un tempo. Ora solo un lampo
di minaccia attraversò i suoi occhi assottigliati e
pericolosi.
-
Te lo chiedo un ultima volta. Portami da lui. –
Replicò
basso ed incisivo. Non sperava davvero lo facesse. Gli era venuta un
insana e familiare voglia di sfogare un po’ della sua rabbia.
Quello
era il satana dell’ira, no?
Chi
meglio di lui per calmarlo?
-
Come hai fatto ad entrare senza farti sentire da Kyrsha? –
Gli
chiese ignorando la sua richiesta che non avrebbe mai accontentato.
Si rese poi conto che oltre a lui c’erano altri sette livelli
da
superare prima di arrivare incolumi nell’Utero e poi
lì al
castello del signore delle tenebre…
E
quel tipo sembrava intatto ed incolume.
Che
sapesse teletrasportarsi direttamente dal Paradiso a lì?
Non
era possibile. C’era una serie di impedimenti che non lo
permetteva
a nessuno.
Allora
aveva affrontato tutte le bestie demoniache seminate per
l’Inferno?
A
parte il leggendario angelo organico Alexiel che giaceva ancora
addormentata nel Paradiso, pochi potevano riuscirci.
Però
la fama di un certo folle arcangelo rosso capo delle
potestà,
il responsabile delle guerre, quello che controllava il confine e
massacrava tutti i demoni che tentavano di superarlo, era giunta fino
a lui.
Che
fosse quel tipo?
-
Chi, Fufi? Certo che mi ha sentito, ma ci ho messo un attimo a
metterlo a cuccia… senza testa! – Lì
però gli venne
fuori un ghignetto divertito nascosto dalla stoffa che ancora stava
su metà del suo viso.
In
fondo all’Inferno c’era più vita e
divertimento di quanto
non si fosse aspettato… forse il suo posto era davvero
lì
sotto, dopo tutto.
-
Ma si può sapere chi sei? – Ma a questa domanda di
Astaroth
che ormai pensava di aver capito di chi si trattava, Mikael
impaziente rispose con una sfera infuocata che fu schivata. A non
riuscire ad evitare, però, fu il fascio di fuoco successivo
che lo investì facendolo finire violentemente contro la
parete
che crepò tremando.
Nel
giro di poco tutto il castello sarebbe venuto a vedere che stava
succedendo.
-
Se non vuoi dirmelo non fa nulla… ti ucciderò
senza saperlo!
–
Rispose
allora attaccandolo a sua volta con un lampo oscuro che Mikael
riuscì
ad evitare saltando all’indietro come facesse
un’acrobatica
capriola. Questo gli fece sciogliere parzialmente il mantello intorno
a sé e quando richiamò la sua grande spada rossa
di
fuoco dal proprio corpo, questa si materializzò nelle sue
mani. Atterrando non era ancora del tutto libero ma non
lasciò
tempo, scattarono entrambi in avanti velocissimi. Astaroth
lanciandogli continue sfere d’energia oscura, Mikael
tagliandole e
deviandole con la lama, veloce più che mai. Nella corsa che
fecero per incontrarsi e scontrarsi il telo ormai era quasi del tutto
scivolato via, rimaneva impigliato solo intorno alla testa. Astaroth
l’osservava interessato ma con forza deleteria
affrontò lui
e la sua spada come ne avesse tante al posto delle affilate e lunghe
unghie simili a lame.
Venendo
poi ferito di striscio sul viso e successivamente sul petto, il
demone afferrò quella stoffa nera che ancora lo copriva in
viso e tirò.
Fu
allora che lo riconobbe per i suoi capelli e quel tatuaggio che
avevano fatto il giro dell’intero Aldilà.
Si
fermò stupito non credendo di potersi trovare davvero
davanti
ad un vero arcangelo. Quando era salito su in Paradiso durante
l’ultima grande guerra non aveva avuto il piacere di
affrontarne
nemmeno uno, ma ora che uno era lì nella sua stanza, si
chiese
esterrefatto e curioso come mai:
-
Ma che ci fai tu qua? – Chiese. In risposta una sfera di
fuoco gli
bruciò il petto con l’unico risultato di ridurgli
in cenere
la maglia!
Prima
che Mikael potesse affondare la lama come faceva di consueto per
concludere i suoi combattimenti, un turbine di falene nere li avvolse
entrambi facendoli finire entrambi dalla parte opposta
dell’altro,
a terra. Come una specie di folata di vento.
Sapeva
che non poteva essere ma prima di ragionare razionalmente, il rosso
si voltò di scatto credendo di vedere Raphael.
Ma
non lo vide.
Al
suo posto una specie di pagliaccio con la faccia tutta dipinta di
bianco e la bocca e gli occhi neri. I capelli rossi spettinati
intorno al viso ed un buffo cappello a cilindro in testa.
I
suoi occhi scuri lo guardarono increduli ed interrogativi.
-
Mikael, arcangelo rosso del fuoco, capo delle potestà
nonché
fratello gemello di sua maestà Lucifero… cosa ci
fate voi
quaggiù? –
Se
c’era uno che avrebbe giurato di non vedere mai lì
sotto,
quello sarebbe stato senza dubbio lui.
Udendo
le ultime parole, Astaroth credette di aver capito male e con
espressione incredula si avvicinò a quello che avrebbe
dovuto
considerare collega e che invece non vedeva di buon occhio:
-
Chi hai detto che è? – Sapeva che
l’arcangelo del fuoco
aveva i capelli rossi e un tatuaggio di drago blu sul viso, ma non
che egli fosse il fratello, per di più gemello, del loro
signore. Come poteva essere?
L’altro
rispose con aria di scherno:
-
Lui è il fratello del nostro re, come fai a non saperlo?
–
Sottolineò la sua mancanza ma l’altro non la colse
per
nulla, troppo stupito da ciò che aveva appena compreso.
Quindi
si voltò immediatamente verso l’angelo con un aria
cupa in
viso, e scrutandolo a fondo di nuovo disse marcando la sua
incredulità:
-
Ma dove ci somiglia a lui? Gemello, poi… - Poi
guardò anche
i suoi vestiti dark in pelle lucida, reti, borchie e catene, e
alzando un sopracciglio scettico aggiunse: - ... bè, non
è
che come angelo è più credibile... sembra
più un
demone, in effetti! -
Ricevette
uno sguardo fulminante da Mikael che si avvicinò impettito
stringendo la sua spada, lo guardò in cagnesco ma non
rispose,
non era lì per fare conversazione, tanto meno per spiegare i
misteri che si celavano intorno ai due principi della luce e delle
tenebre.
-
Tu non capisci proprio mai quando è ora di fermarsi, vero?
–
Disse Belial sempre come se lo stesse canzonando. Sembrava
così
poco serio, quel tale… l'arcangelo allora
ringhiò:
-
E tu chi diavolo sei? – A quella domanda il pagliaccio
tornò
a posare il suo sguardo inquietante e strano su di lui e un sorriso
beffardo si sforzò di apparire nonostante il reale stato
d’animo in subbuglio per la sua apparsa lì. Belial
era tipo
che non mostrava mai i suoi veri sentimenti e nemmeno lo stupore, sia
pure per poco.
Con
un breve inchino di sarcasmo si presentò togliendosi il
cappello mentre Astaroth provava un insano istinto di farlo a pezzi:
-
Io sono il Cappellaio Matto! – L’altro si
sentì
indispettito e nonostante la sua scarsa altezza si avvicinò
ulteriormente a lui pronto a squartarlo, quindi serio più
che
mai, chiese:
-
Se vuoi sapere che ci faccio qua dimmi chi diavolo sei davvero!
–
Allora
decise di accontentarlo, curioso di sapere come mai fosse
lì.
-
Io sono Belial, uno dei sette satana, umile servitore di sua
maestà
Lucifero. –
Eccolo,
sapeva che lui era quello giusto.
-
Portami da mio fratello. –
Mormorò
Mikael tetro incupendosi repentinamente, come se il precedente
scontro non fosse nemmeno avvenuto e nessuno l’avesse
infastidito
in modo particolare.
Improvvisamente
non sembrava più contro di loro.
Il
sorriso strano di quella specie di pagliaccio fu quanto di
più
indecifrabile, ma sentendolo dire enigmatico:
-
Prego, mi segua. – non trovò altro da fare che
seguirlo
davvero, ma sempre con la spada in mano.
Astaroth
li guardò andarsene perplesso, chiedendosi cosa sarebbe
successo di lì in poi. Se aspettarsi una vittoria
schiacciante
dei demoni con l’unione di un arcangelo a loro, oppure la
fine di
tutto!
Nonostante
avrebbe voluto saperlo, rendendosi conto che quel tipo aveva portato
una ventata di novità in quella noia deprimente, non li
seguì.
Mikael,
invece, camminando dietro a Belial serio e col cuore che cominciava a
battergli martellante come un matto, non sapeva se l’avrebbe
davvero condotto da lui, né cosa gli passasse per la testa,
ma
tutto ciò che voleva era vedere Lucifero.
Solo
quello.
“Mi
chiedo perché sia qua… “ Si
domandava intanto il
demone senza uno scopo specifico se non quello di accontentare
l’angelo.
Del
resto erano questioni di famiglia… nessuno poteva
intromettersi.
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Capitolo 4 *** Luce e Tenebre ***
Fra Le Braccia Di Un Angelo
*Ecco qua. Non vorrei
dirlo ora perché rovino la sorpresa ma devo visto la
particolarità della scena finale. Vi avverto, non
è per animucce delicate che detestano un pochino di sano,
innocente e dolcissimo… ehm… incesto…
E voglio anche dire che non ho idea di come finirà questa
fanfic, visto che avevo in mente una cosa e che poi si sta sviluppando
in tutt’altro modo. Questo non era affatto previsto.
Bè, vedremo. Comunque ho fatto del mio meglio per mantenere
tutti IC, è stato difficile ma ammetto che mi piace come
è venuto sto capitolo. La canzone che ho scelto non era
quella che pensavo di scegliere, ma poi ho sentito le parole e sono
rimasta folgorata. Il tutto nel complesso è molto dark ed
eretico, forse, ma ci sta bene per Angel Sanctuary! Auguro a tutti
buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO III:
LUCE E TENEBRE
“Parla più
piano e nessuno sentirà,
il nostro amore lo viviamo io e
te,
nessuno sa la
verità,
neppure il cielo che ci guarda
da lassù.
Insieme a te io
resterò,
amore mio, sempre
così.
Parla più piano e
vieni più vicino a me,
Voglio sentire gli occhi miei
dentro di te,
nessuno sa la
verità,
è un grande amore e
mai più grande esisterà.
Insieme a te io
resterò,
amore mio, sempre
così.
Parla più piano e
vieni più vicino a me,
Voglio sentire gli occhi miei
dentro di te,
nessuno sa la
verità,
è un grande amore e
mai più grande esisterà”
/Parla più piano
- Patrizio Buanne - Godfather Theme/
Quando
Mikael fermò i propri passi udì appena la voce
del proprio accompagnatore, o accompagnatrice che dir si
volesse, dirgli melliflua:
- Al di là
di questa porta si trova suo fratello. Vi lascio la vostra agognata
intimità. - In condizioni normali si sarebbe chiesto cosa
significava quell’ultima parte, ma lì non gliene
importò. Non l’aveva nemmeno registrato.
Nel giro di un istante
fu di nuovo solo davanti ad una porta nera con elaborati disegni in
rilievo in stile gotico. Il materiale non aveva nome, né
legno né metallo.
L’aria dentro
al castello era meno pesante ma lui quella differenza non
l’aveva notata. Aveva ancora difficoltà a
respirare e non era per colpa dell’ossigeno
all’Inferno.
Puntando i suoi occhi
verde chiaro sull’ostacolo che lo separava da suo fratello,
capì che quel materiale serviva ad esternare Lucifero dal
resto dell’universo in modo che nessuno lo sentisse al suo
interno e potesse stare in pace.
Se era lì
dentro significava che non voleva essere disturbato ma pur sapendolo
Belial, che non lo contrariava mai, aveva disobbedito portandolo
lì.
Capì che non
era un satana qualsiasi.
Fu un pensiero che ebbe
il tempo di un istante.
Inspirò
profondamente e tendendo tutti i suoi muscoli accentuati e forti, dopo
aver rimesso via la sua spada di fiamme all’interno del
proprio corpo e senza più il mantello a coprirlo,
bussò.
Non l’avrebbe
mai fatto in condizioni normali ma lì di normale non
c’era nulla, tanto meno sé stesso.
Dopo poco la porta si
aprì da sola silenziosa. L’uscio rivelò
la sua presenza alla figura dentro alla stanza.
La camera era in stile
gotico anch’essa, la prevalenza del colore era il nero e veli
scuri scendevano dal soffitto come fossero sospesi nel nulla. Della
corrente li fecero muovere rivelando fra la penombra illuminata da
candele poste un po’ ovunque, la presenza di qualcuno a lui
familiare.
Le fiammelle
tremolarono in varie direzioni poi come sentissero il padrone del loro
elemento divennero più intense dando a Mikael una visuale
migliore.
Vari oggetti strani
erano sparsi per la stanza ampia e nel letto a baldacchino dalle tende
in velluto nero, vi stava steso l’unico presente.
Una vestaglia in seta
color ebano lo copriva parzialmente lasciando scoperto il petto ed una
spalla dalla quale si intravedeva un tatuaggio tribale circolare. Un
altro sull’occhio semi chiuso, fra la frangia che gli
scendeva sulla fronte.
I capelli, una cascata
oscura, ricadevano lisci un po’ sul davanti incorniciando il
suo viso che pareva scolpito nel ghiaccio.
Il suo biancore era
quasi accecante in quel gioco di chiaro scuri affascinante.
Nessuna espressione,
solo i suoi occhi grigi che si aprirono posandosi sui suoi verdi.
Nemmeno quelli erano uguali.
Niente di
ciò che erano diceva che erano gemelli.
L’argento
delle iridi di quello che pareva il più grande non ebbe
alcun guizzo, lì per lì parve che nemmeno
riconoscesse l’ospite, però lo guardò a
lungo ed intensamente senza fare una piega.
Un arcangelo nella sua
dimora e lui sembrava del tutto indifferente alla cosa.
Mikael non se ne
turbò anche se un tempo avrebbe fatto fuoco e fiamme.
Se l’era
aspettato.
Lui era così
perché non aveva conosciuto per anni altro modo di essere
che quello ed anche prima di diventare il re oscuro, nessuno mai oltre
a Bal gli aveva mostrato gentilezza alcuna.
Proprio come era
successo a Mikael, in fondo.
Più simili
di quel che sarebbero mai stati disposti a credere.
Era strano essere
davanti all’arcangelo rosso del fuoco e non essere investiti
da un caos micidiale comprensivo di urla irascibili e colpi vari.
Lucifero parve
aspettare quella reazione ma non disse nulla quando non
arrivò.
Vedendo che anzi
rimaneva fermo sulla soglia si tirò a sedere sul letto e
posando i piedi a terra continuò a guardarlo, dopo breve
allungò un braccio invitandolo a venire davanti a lui.
Era diverso, Mikael.
L’aveva
percepito mentre aveva ascoltato la sua aura avvicinarsi in quei
giorni.
Il rosso vestito in
perfetto stile demoniaco che si amalgamava egregiamente con quella
razza, avanzò lento arrivando davanti a Lucifero.
Era così
sicuro che non era lì per attaccarlo come aveva sempre
minacciato di fare, che pareva quasi folle.
Ma nessuno spettatore a
quella scena.
Non fece nessuna
domanda ovvia, attese che l’altro parlasse e finalmente si
decise a pugni stretti, muscoli tesi e quasi tremante di tensione,
rabbia e tormento. Gli occhi bassi che non osavano più
guardare il fratello. Il viso cupo.
La sua voce era un
sussurro appena udibile.
- Tutti mi hanno
lasciato, tradito, voltato le spalle. Tutti. Io… -
Esitò ma proseguì con fatica: - …sono
solo… e non voglio più esserlo. - Sembrava che
ogni parola fosse un pugnale che a fatica estraeva dal proprio corpo. -
Non ce la faccio più. - Ed ognuna di esse sanguinava
copiosamente. - Odio il Paradiso e gli angeli. Lassù non
c’è nessuno per me. Solo una cosa ha senso
ora… solo uno conta… solo uno mi è
rimasto… - La voce spezzata, il fiato terminato
così come il proprio coraggio, gli occhi gli bruciavano, li
teneva bassi e la vergogna di dire quelle cose, di ammettere il suo
amore dopo un’esistenza intera passata a negarlo, gli faceva
salire quel nodo in gola. Un nodo che quasi lo uccideva. -
Io… io ti… - Poteva dirlo? Era giusto? Cosa
sarebbe successo? E se si era sbagliato, se aveva capito male quella
volta in Cielo?
Il peso nelle spalle,
il peso nel cuore, nell’anima… il peso crebbe fino
a schiacciarlo e cadendo in ginocchio davanti a lui si prese il viso
fra le mani per nascondere la propria vergogna innanzi alla debolezza
che mostrava. Per anni aveva lottato e cercato di sopprimerla, ed ora
usciva così, da sola, proprio davanti a Lucifero che gli
aveva sempre voltato le spalle. L’aveva fatto
perché non aveva voluto che lo seguisse
all’Inferno, perché non si dannasse,
perché gli voleva bene. Ma non lo aveva voluto con
sé.
Non ce la faceva
comunque. Qualunque cosa avrebbe detto l’altro, lui non
poteva andare avanti.
- Io ti amo. Non voglio
stare con altri che te. Tutto ciò che ha senso, per me ora,
è ricongiungermi a te. Perché ti ho sempre amato
e mi sono sforzato di odiarti, ma in realtà quello era solo
amore. - Gli tornarono alla mente le parole del Salvatore quando gli
aveva aperto gli occhi brutalmente dicendogli che amava Lucifero e non
lo odiava affatto.
Gli parve di star
sprofondando in un mare oscuro dove l’acqua si sostituiva
all’ossigeno e gli riempiva i polmoni.
Gli parve di impazzire,
di tornare al tempo in cui si distruggeva per il tradimento di suo
fratello. Allora era venuto Raphael a salvarlo, ma adesso non
c’era, non sarebbe mai venuto, sarebbe rimasto solo per
sempre.
Cosa gli rimaneva?
Chi?
Suo fratello non
l’aveva comunque voluto.
E senza nessuno per cui
combattere, perché continuare ad esistere?
Nel pieno di queste
domande e del suo senso di soffocamento, due mani si posarono sulle
proprie che coprivano il viso, gliele spostarono e si sostituirono ad
esse. Solo allora si rese conto delle proprie lacrime
d’angoscia che andavano raccolte dai palmi di Lucifero.
Si lasciò
fare senza ancora respirare, tremando, vergognandosi, soffocando, poi
sentì che il suo viso veniva alzato. Quando fu di nuovo
dritto gli parve che le sue dita l’accarezzassero e qualcosa
bevve le sue lacrime dalle guance bagnate.
Non aprì gli
occhi, lasciò che facesse.
Dopo poco
capì che erano le sue labbra fredde, sottili e ben disegnate
che seguivano il percorso delle sue piccole gocce salate fino al mento
tremante.
Non osava guardare.
Nella mente le immagini
del suo passato solitario si alternavano come lampi e
all’ennesima dolorosa voltata di spalle da parte di Raphael,
Mikael mormorò ancora smarrito:
- Hai scelto tu per me,
in passato, di farmi seguire la strada della luce e del Paradiso. Ma il
mio Paradiso e la mia luce sono dove sta la mia anima. E la mia anima
la divido con te. Permettimi di scegliere dove voglio stare. -
Dopo di questo le
labbra che stavano percorrendo leggeri le sue guance, giunsero a quelle
di Mikael e contro ogni più lontana e rosea aspettativa si
unirono in una risposta che non avrebbe mai udito con orecchio e
nemmeno visto con occhio ma solo sentito con la pelle.
Poteva star sognando,
poteva essere che un demone l’avesse ucciso e che questo
fosse il suo desiderio… ma l’idea che un demone
l’avesse ucciso apparve più assurda di Lucifero
che lo baciava, così come se si svegliasse si rese conto che
era reale e aggrappandosi con forza e disperazione alle braccia forti
dell’altro, rispose con impeto e passione rendendosi conto
che era da una vita che aveva desiderato solo quello.
Che il suo distruggersi
era sempre stato per lui, proprio come poi Raphael aveva scelto Barbiel
abbandonandolo.
Si erano salvati a
vicenda, si erano aiutati per non sprofondare ma ciò che
avevano fatto l’uno per l’altro non era stato altro
che rifugiarsi per scappare dalla realtà. Ad aiutarli
davvero erano stati il Salvatore e Sara.
E lui amava Lucifero
visto che per lui era anche disposto a morire.
Su quel bacio
inaspettato che permise la rinascita di due gemelli separati in fin dei
conti già dalla nascita, le loro anime tornarono insieme
unite.
Su quel momento
impossibile da credere, la porta della stanza si chiuse da
sé lasciandoli in mezzo ai veli neri e alle fiamme delle
candele che vorticavano come impazzite.
Su quel fatto
leggendario ed importante tutto il mondo
dell’Aldilà e la Terra stessa furono percorse da
una fortissima scossa di terremoto che lasciò segni
indelebili ovunque.
Ma quello era solo
l’inizio.
Pochi sul momento
capirono cosa significava, cosa era successo.
Pochi capirono che Luce
e Tenebre si erano unite proprio come all’inizio dei tempi.
Ma presto tutti
avrebbero visto l’equilibrio sgretolarsi sotto i loro piedi.
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Capitolo 5 *** Il rifiuto ***
Fra Le Braccia Di Un Angelo
*Scusate
l’attesa, sono stata presa da un paio di altre nuove fic che
non sono riuscita a fare a meno di iniziare. Questo capitolo non era
previsto in questo modo ma è venuto fuori così,
una sorta di passaggio. Inoltre sono stupita di vedere che Belial sta
prendendo un ruolo decisamente particolare. Sono curiosa di vedere cosa
salta fuori. Questa fic si sta scrivendo praticamente da sola! Volevo
dire anche che mi riferisco a Belial parlando al maschile nonostante in
origine fosse una donna, perché ormai la sua
sessualità non è tendente né da una
parte né dall’altra, ma in italiano non
c’è il pronome per l’asessuato, dunque
ho scelto il maschile. Spero che sia di gradimento. Grazie a tutti
quelli che seguono e commentano. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO IV:
IL RIFIUTO
/ Slow life -
Grizzly Bear /
-
Sarà bello rivedere il senpai! - Disse allegramente Setsuna
fermo davanti al cancello enorme del castello di Lucifero.
- Chi? - Chiese
Raphael credendo di aver capito male mentre osservava
l’interno stranamente tranquillo del giardino.
- Il senpai
Kira! - Rispose con semplicità ed un certo entusiasmo
infantile nonostante l’aspetto adulto che ormai aveva.
- Non esiste
nessuno del genere, qua! - Fece freddamente con la sua solita aria di
superiorità, adocchiando in un angolo una grande figura
stesa immobile priva di vita (e di testa).
- Per lui il
senpai Kira è Lucifero. La sua anima è stata nel
corpo del suo amico, sulla Terra. - Spiegò per lui Cry. La
principessa, ormai regina, della Gehenna era cresciuta non poco, i suoi
capelli ora erano molto più lunghi ed un taglio femminile
incorniciava il suo bel viso cresciuto. Era diventata una bella donna
con delle curve certamente più generose di anni addietro.
- Ed
è contento di vederlo?! - Ribatté allora
incredulo l’arcangelo dell’aria pensando che
quell’umano fosse solo irrimediabilmente matto, come aveva
sempre sostenuto.
- Lui
è fatto così… non è
né angelo né demone… -
Continuò pratica Cry sorridente, le piaceva ancora molto
Setsuna ma si era rassegnata.
-
…ma idiota! - Concluse lui lugubre e sprezzante. Non
mascherava affatto la sua disapprovazione verso quell’ormai
uomo.
- Ehi, non fate
come se io non fossi qua! - Rimbeccò infatti questi
spazientito di sentire quei discorsi su di lui.
- Dai,
sbrighiamoci! - Fece allora Raphael sbuffando stufo di aspettare in
compagnia di esseri così inferiori a lui (a sua
detta…).
Grazie alla
presenza di Cry erano arrivati all’Utero indenni e con una
certa facilità. Se fossero stati soli avrebbero perso gran
parte del tempo a combattere contro demoni e mostri vari, come aveva
volentieri fatto Mikael prima di loro. Avevano notato un certo numero
sospetto di cadaveri lungo la strada, indice che stavano percorrendo il
tragitto giusto.
L’angelo
si era proibito con tutto sé stesso di pensare a cosa avesse
spinto Mikael fin là, come si sentisse e cosa avesse fatto
una volta nel castello. Aveva certamente combattuto con quante
più creature possibili, non ci era voluto un genio per
saperlo.
Attraversato il
giardino Cry provò a chiamare Belial col pensiero, non
avendo idea se questo metodo potesse funzionare.
Ricordava che
il satana le aveva detto di chiamarlo qualora avesse avuto bisogno ed
in qualunque posto lei si fosse trovata, lui sarebbe accorso.
Bè,
ora non era molto lontana!
- Quello
dev’essere un suo ricordo… - Sentenziò
Setsuna ridacchiando in direzione del ‘piccolo cane da
guardia’ ormai senza testa. Raphael non annuì ma
guardando serio il mostro appurò che era davvero
così.
Dopo breve
un’ombra dall’alto li oscurò spingendo
tutti e tre ad alzare le teste. Con poco stupore videro sospeso a pochi
metri da loro proprio colui che avevano sperato di incontrare prima di
inoltrarsi in quel castello maledetto. Era una specie di labirinto per
chi non lo conosceva, l’unica era entrare con uno di quelli
che l’abitava.
- Quale onore,
la regina della Gehenna in persona… con due insoliti ospiti!
- Solo in un secondo momento il Cappellaio Matto degnò
Setsuna e Raphael che con strane espressioni ricambiavano lo sguardo di
sufficienza.
- Ciao
Cappellaio! - Cry lo salutò sorridendo entusiasta. Dopo
tutto era sempre stata sua amica, in un modo un po’ strano e
singolare. Aveva sempre avuto la sensazione che se non fosse
perdutamente innamorato di Lucifero, Belial si sarebbe anche potuto
infatuare seriamente di lei.
- Qual buon
vento vi porta in questi bassi meandri, mia graziosa amica? -
La ragazza dai
grandi occhi di drago allargò le braccia indicando i suoi
due accompagnatori, poi spegnendo un po’ il suo sorriso
rispose quasi con malinconia:
- Credo tu lo
sappia… - La storia di Mikael che Setsuna si era preso la
briga di raccontare, le era parsa molto triste ed ingiusta. Due gemelli
separati, uno principe della luce ed uno delle tenebre. Come mai
avrebbe potuto finire bene, quella storia? Qualcuno sicuramente ci
avrebbe inevitabilmente rimesso ed in ogni caso non sarebbe stato
giusto.
- E’
qua Mikael? - Chiese spiccio Raphael che detestava star lì,
era quasi una sofferenza e la puzza di demone gli toglieva il fiato.
Belial
spostò i suoi occhi freddi e alteri in quelli tremendamente
simili dell’angelo. Un tempo compagni, il satana la causa del
passato degradante dell’angelo.
- Il fratello
di sua maestà? - Chiese di nuovo con sufficienza mostrando
disprezzo per quello che riteneva non avesse mai avuto il coraggio di
vivere come voleva. - Dovrei controllare… - Fece infine vago
e sornione.
Raphael perse
per un attimo la sua fredda pazienza e con un moto di stizza
sbottò:
- Avanti, certo
che lo sai! Portaci da lui! -
- E pensi che
se glielo chiedi così ti accontenta? - Disse ironico
Setsuna.
- Ti prego
Cappellaio, è importante che Raphael gli parli… -
Supplicò Cry avvicinandosi a Belial che intanto si era
posato a terra.
- Non
è che a me importi poi molto che quei due si
parlino… - Replicò infatti il Cappellaio con
semplicità, alzando le spalle. - Ma sono contento che lei
sia venuta a trovarmi… mi siete mancata, mia dolce
fanciulla! - Continuò lusinghiero carezzando languido il
volto liscio della ragazza attraversata da brividi di piacere. Aveva
sempre subito il suo fascino, in un modo o nell’altro, solo
che in passato l’amore per Setsuna aveva vinto sopra ogni
cosa. Ora era diverso.
- Mikael non
appartiene a questi luoghi, Raphael è venuto a riprenderlo e
riportarlo dove deve stare. - Tentò allora Setsuna cercando
di farlo ragionare. Non che fosse nel suo stile ma lì per
lì pensò che il tentativo valesse la pena.
Avevano sottovalutato lo scoglio Belial e lui non lo conosceva poi
molto bene.
Il pagliaccio
spostò lo sguardo mutandolo da gentile e lascivo a scostante
e di nuovo altero.
- Mi spiace
contraddirti, Salvatore, ma Mikael prima di essere
l’arcangelo del fuoco è il gemello di sua
maestà Lucifero e non è del Paradiso quanto lo
è dell’Inferno. Il suo posto è dove
egli decide che sia e lui ormai ha deciso. - Ascoltando quelle
enigmatiche ma spiacevolmente chiare parole, a tutti e tre venne subito
in mente come un doloroso flash quella strana scossa che aveva percorso
tutto l’aldilà quando erano in viaggio. Quando
l’avevano sentita si erano guardati con una strana sensazione
dentro ma non avevano trovato spiegazione.
- Cosa vuoi
dire? - Chiese con urgenza e non più distacco Raphael, il
cuore cominciò a martellargli in petto e una sgradevole
sensazione cominciò a divorarlo. L’aveva sentito
ma non era riuscito ad impedirlo.
Che fosse
davvero troppo tardi?
Belial allora
tornò a guardare l’angelo dai capelli biondi e
composti intorno al viso, gli occhi si indurirono e colmarono di
disprezzo, poi con una luce di gioia fu lieto di colpire e affondare
con crudeltà ben consapevole del dolore che gli stava
infliggendo.
- Mikael si
è unito di sua volontà a suo fratello Lucifero,
proprio come un tempo, prima che il Cielo li dividesse crudelmente. -
Belial non sarebbe mai stato davvero così contento di
condividere il suo Re con qualcun altro che riceveva in modo
così evidente le preferenze dello stesso, però
pur di far del male a quell’arcangelo così
insopportabile si trovò disposto anche ad accettare
l‘intruso.
Raphael si
sentì come colpire da dentro da una sfera di energia oscura
che si espande danneggiando ogni suo organo e tessuto.
Non
respirò e si trovò a fissare quello sguardo
truccato da pagliaccio mentre dava quella terribile notizia che non
poteva assolutamente essere vera.
- Tu menti! -
Sibilò senza fiato. Che Mikael fosse andato da Lucifero
l’aveva previsto, ma che si fosse unito a lui questo non
l’avrebbe mai potuto credere. Non sarebbe arrivato a quel
punto. No.
Oppure era solo
una sua stupida speranza?
- Mi
piacerebbe, in effetti, poiché condividere sua
maestà con un altro non è il massimo, ma mi
rincresce confermarti che è proprio così. Ormai
Mikael è dei nostri. - Rispose Belial continuando a girare
il dito nella piaga.
E lo sapeva che
era così, oh, se Raphael lo sapeva...
Aveva ragione,
non mentiva, lo sentiva limpido dentro di sé.
Mikael non era
mai stato così lontano da lui come ora.
Setsuna e Cry
raggelati come poche volte ricordavano di essere stati, fissarono i due
sbalorditi. Loro al contrario dell’angelo non si sarebbero
mai aspettati una cosa simile.
-
Ma… ma Cappellaio… - Iniziò
impulsivamente Cry aggrappandosi a lui, egli la guardò
nuovamente gentile: - … lui deve almeno
parlargli… ti prego, solo quello… falli solo
parlare… devono chiarirsi! - Presa dalla loro storia, si
sentiva empaticamente dalla loro parte nonostante avesse pensato che
separare i due gemelli sarebbe stato altrettanto crudele. Non poteva
proprio immaginare una soluzione buona per tutti, ma almeno un
chiarimento fra Mikael e Raphael era d’obbligo. Vedendola
sinceramente presa e dispiaciuta per quella triste situazione, Belial
si specchiò nei suoi grandi e meravigliosi occhi colmi di
sentimenti che lui avrebbe solo immaginato. Così vicino a
lei più che a chiunque altro, sospirò
circondandola con un braccio e appoggiando la guancia sulla sua fronte,
poi disse dolcemente:
- E va bene,
solo per fare un favore alla mia deliziosa e sentimentale amica vi
concederò udienza col fratello del Re. - Andando per logica
ora Mikael era diventato il Principe dell’Inferno, ma Belial
si sarebbe per sempre rifiutato di chiamarlo così. Amava
troppo il signore delle tenebre per condividerlo con anima viva.
Indecisi se
sentirsi più sollevati da questa sua decisione o meno, si
limitarono a seguirlo in un silenzio quasi mortale per la
gravità della situazione.
Improvvisamente
quello che era stato preso come un semplice viaggio di piacere, era
diventato qualcosa di pesante e soffocante per tutti.
Da quel momento
sarebbe dipeso davvero il futuro del Cielo.
Con
l’arcangelo del fuoco dalla parte dei diavoli, questi
avrebbero prevalso facilmente, specie se l’angelo delle
Potestà avrebbe richiamato a sé le sue truppe.
Lasciati in una
stanza ad aspettare il suo ritorno, Belial si recò in quella
che ora era la camera di Mikael, adiacente e direttamente collegata a
quella di Lucifero. Entrò dopo aver udito il suo permesso e
con un certo disprezzo interiore si sentì umiliato di essere
costretto a rispettare ed obbedire anche un essere simile, per lui non
sarebbe mai stato dei loro.
Una volta
dentro lanciò un breve sguardo alla stanza. Il letto ancora
integro, non un oggetto che indicasse la presenza di Mikael e
l’odore di Lucifero indicava che aveva ancora passato del
tempo con lui, sicuramente nella sua stanza.
Trovò
la bassa figura in piedi davanti all’alta finestra che dava
sull’oscuro mondo di tenebre.
Era vestito
solo dei pantaloni in pelle e degli scarponi slacciati.
Non era un gran
bello spettacolo, certo non paragonabile al Paradiso, ma guardava senza
vedere.
Pensava assorto
ad un qualcosa che Belial non intuì e non si
sforzò di arrivarci.
- Avete degli
ospiti. - si sforzò anche di apparire servizievole e
rispettoso ma la marcata gentilezza non sfuggì a Mikael che,
naturalmente, ricambiava il suo cordiale disprezzo. Tuttavia era
’a casa’ di suo fratello e quella specie di
farfalla era un suo viscido servitore.
Mikael
continuò a dargli le spalle.
- Chi? -
Chiedendolo credette di avere al di là della porta niente
altro che Setsuna. Di lui se lo sarebbe immaginato, ma nessuno altro.
- La regina
della Gehenna Cry, il Salvatore e l’arcangelo Raphael. -
Pronunciò l’ultimo nome con un’altra
nota di disprezzo evidente, ma Mikael non lo notò.
Il gelo lo
attanagliò e sgranando gli occhi rimase immobile a guardare
l’esterno mentre nella sua mente si sovrapponeva solo
l’immagine di quello che un tempo era stato convinto di
amare.
Colui che poi,
però, l’aveva lasciato portandosi con
sé ogni motivazione per stare in Paradiso. Fosse stato per
lui non si sarebbe mai mosso, sarebbe rimasto sempre così,
immobile, zitto, senza proferire parola.
- Li faccio
entrare? - Belial non aveva idea della reale pesantezza del suo
annuncio.
Non aveva
davvero idea ma lo capì subito sentendo quella specie di
pugno alla bocca dello stomaco, sensazione angosciante proveniente da
quell’angelo rosso improvvisamente sconvolto che viveva tutto
sempre con ogni energia possibile.
Provò
un moto di felicità nel saperlo così devastato
dalla sua notizia, quindi rimase ad aspettare curioso. Forse una
possibilità di togliersi di mezzo quel fastidioso rivale,
dopo tutto, poteva esserci.
- No. Non
voglio vedere Rapahel! -
Gli
costò dirlo ma non ci pensò nemmeno un attimo.
Parlò impulsivamente con la capacità di pensiero
annullata dall’emozione che la notizia del risveglio di
Raphael gli aveva provocato.
Lui se ne era
andato e quello si era svegliato… un motivo in
più per rimanergli lontano!
Quella la sua
prima testarda ed orgogliosa considerazione.
“Quel
maledetto… se ce l’ho davanti lo
ammazzo!” Pensò cominciando a montare
la rabbia dentro di sé. Più che rabbia dolore per
il tradimento che sentiva d’aver subito, qualcosa che uno
come lui non dovrebbe mai provare viste le reazioni esagerate che
tendeva sempre ad avere.
Belial
scivolò fuori dalla stanza contento di quel rifiuto,
contento del dolore che aveva portato a quell’essere e
contento di quello che avrebbe provocato ora nell’altro
ancora più spregevole.
Sapeva che non
era tutto lì, lo sentiva come sentiva anche la
possibilità di riuscire a far andare via il preferito di sua
maestà.
Quando
tornò nella camera in cui aveva lasciato i tre ospiti,
riferì con un sincero e bieco sorriso il rifiuto di Mikael e
mai parole poterono essere peggiori, per Raphael, ma anche per Setsuna
e Cry ancor impietriti da quello che stava accadendo.
Avevano preso
la situazione sottogamba, avevano semplicemente creduto che fosse uno
dei soliti litigi facilmente aggiustabili. Ma quello, forse, dopo
tutto, non era facilmente aggiustabile.
- Voglio
entrare lo stesso! - Lo shock di Raphael, tuttavia, lasciò
il posto ben presto ad una fredda e risoluta decisione di affrontarlo
in ogni caso, a costo di prenderlo a pugni.
Doveva come
minimo dirglielo in faccia che non voleva più vederlo e che
lo odiava.
Il coraggio ce
lo aveva, lo conosceva bene.
Se non voleva
vederlo era solo perché in realtà non lo odiava
davvero.
- Mi
affronterà, che lo voglia o no! - Aggiunse risoluto ed
arrabbiato.
“Non
male… potrebbe diventare abbastanza divertente.”
Pensò
invece Belial con un’espressione malignamente divertita.
|
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Capitolo 6 *** Il grido ***
*Questo
penso che sia tipo il terzultimo capitolo, non so di preciso, mi lascio
andare quando scrivo questa. Avevo pensato ad un altro tipo di scena ma
è venuta così. E di certo non avevo in programma
un confronto verbale fra Lucy e Raphy, ma mi sono accorta che oltre ad
essere logico ci stava proprio bene!
Ringrazio tutti
quelli che leggono e commentano questa fic. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO V:
IL GRIDO
/
A place for my head - Linkin Park /
Quando
la porta della sua stanza si spalancò, una ventata fresca e
profumata entrò creando contrasto con l’aria
pesante e calda.
Prima di
girarsi, Mikael sapeva già chi era arrivato e sebbene fosse
profondamente infuriato con lui, non riuscì a soffocare in
sé un moto di felicità nel saperlo di nuovo fra i
vivi.
Aveva dovuto
andarsene per farlo risvegliare.
Questo
dimostrava quanto per lui non era mai contato davvero.
A questa svelta
considerazione, il rosso si girò di scatto e con gli occhi
pericolosamente scarlatti, stringendo i pugni e tirando ogni muscolo
del proprio corpo, fece violenza su sé stesso per trattenere
ogni cosa in sé.
La voglia
impellente di saltargli addosso per abbracciarlo e quella di picchiarlo
brutalmente, il bisogno di gridare e di piangere insieme, la
felicità che lottava con la rabbia.
Parole su
parole. Dalle positive alle negative.
Non sapeva da
cosa cominciare, non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare.
Voleva fare
troppo.
Voleva
esplodere.
Voleva tutto e
nel caos interiore che lo invase mentre vedeva la figura alta, bella e
dannatamente sexy di Raphael avvicinarsi, quel suo far violenza su
sé stesso per contenere qualcosa paragonabile a mille bombe
atomiche, visti i suoi abituali modi di fare esagerati già
nella normalità, lo devastò.
Il
bell’arcangelo freddo come il vento gelido
d’inverno, si fermò a due metri da lui, rimase
dritto e fermo nella sua eleganza quasi letale e si mise a scrutarlo in
silenzio come fosse un genitore superiore che biasimava il figlio in
torto.
Era da molto
che non si guardavano eppure per Raphael era stato come un lampo, il
suo tempo passato sospeso in quel nulla dove solo il vento soffiava per
rigenerarlo, gli aveva fatto perdere la cognizione di ogni cosa.
Tutto il
contrario di Mikael che invece aveva passato troppo tempo da solo ad
aspettarlo, in preda al vortice dei suoi pensieri che si susseguivano
egoisti e crudeli.
Gli aveva fatto
troppo male per passarci semplicemente sopra.
Per dimenticare
e ricominciare come niente fosse.
E guardando i
suoi occhi superbi e gelidi di quell’azzurro ghiaccio quasi
trasparente, rivisse in un istante tutto quello che aveva passato prima
della sua decisione di andare da Lucifero.
Infinite ore
fermo ad aspettare il risveglio della persona che aveva capito di
amare, la totale solitudine mentre la vita fuori riprendeva a scorrere,
il Paradiso si ricostruiva, gli angeli ricominciavano dalla
distruzione.
E lui
là a sperare nel risveglio dell’unica ragione per
rimanere là.
Una ragione che
non era più con lui.
Che
l’aveva abbandonato per scegliere un’altra. Non la
voleva. Non l’aveva voluto. Si era sacrificato per una donna,
non per lui.
E tutti quei
pensieri, quelle consapevolezze insinuanti, si erano trasformate in
realtà affilate come spade. Spade che l’avevano
trafitto.
Raphael amava
un’altra persona, una donna, non lui.
Aveva fatto la
sua scelta da solo.
Perché
aspettarlo?
Era stato
tradito e abbandonato ancora.
Lui che aveva
appena superato lo scoglio del tradimento di suo fratello, ora si
trovava di nuovo davanti agli stessi terribili momenti, quelle
sensazione struggenti, la follia che si riaffacciava.
Essere
catapultato ai secoli indietro, quando Lucifero se ne era andato
lasciandolo; rivivere la propria dannazione.
Tutto come
allora, tranne che questa volta la causa di tanta sofferenza che giorno
dopo giorno, lenta e strisciante, si era riaffacciata in lui, era stato
Raphael.
Quando quel
flash arrivò anche tutto quello che per un attimo aveva
tentato di contenere prese il sopravvento tutto in una volta e, come
una serie ravvicinata di bombe atomiche, esplose inarrestabile.
Non
provò più a gestire
quell’enormità interiore. Si lasciò
trasportare come era nel suo carattere, preso totalmente dai propri
sentimenti di una portata inimmaginabile.
E quando
Raphael disse con freddo distacco pieno di rimprovero:
- Come minimo
merito una spiegazione al tuo comportamento infantile! -
Mikael in un
nano secondo si surriscaldò portando la temperatura del suo
corpo e del suo sangue ad ebollizione, cominciando ad assumere le
sfumature calde del fuoco stesso, la sua aura divenne del medesimo
colore accesa mentre emetteva delle insolite e mai viste lingue di
fuoco tutt’intorno a lui.
Fu
così veloce quel cambiamento esteriore che l’altro
nemmeno conoscendolo a fondo era riuscito a fare nulla.
I suoi occhi
rosso scarlatto ridotti a due fessure demoniache, dopo di
ché il suo urlo irruppe devastante e terribile.
Un urlo carico
di tutti i sentimenti che provava da anni e che aveva sempre cercato di
trattenere, di gestire, di vivere in un altro modo. Sentimenti e
pensieri.
Visioni di
abbandono e tradimenti.
Amori non
corrisposti.
La mancanza di
qualcuno che lo amasse.
La solitudine.
Tutti quelli
che lui aveva amato avevano sempre scelto altri. Questo uscì
insieme al suo grido da brivido che si udì in tutto il
castello.
I vetri di
ruppero in mille pezzi, le mura, i pavimenti ed i soffitti creparono
cominciando a far cadere calcinacci.
E lui con quel
suo solo urlo, senza dire una parola o prendere a pugni nessuno,
trasmise in maniera completa ed esauriente il suo stato
d’animo, ogni pensiero, ogni sentimento, ogni
verità.
Raphael si
raggelò svuotandosi di ogni ragione, intenzione e
considerazione.
Non
riuscì a muoversi, a respirare, a piangere, a fare la minima
espressione o gesto.
Nulla.
“Dio…
cosa gli ho fatto?”
Solo allora,
senza che lui tirasse fuori mezza spiegazione, l’arcangelo
del vento comprese ogni cosa e il senso di colpa spazzò via
tutto quello della ragione che era convinto di possedere fino ad un
istante prima.
Aprì
la bocca per dire qualcosa ma nemmeno un suono vi uscì e
guardando shockato l’angelo rosso infiammato davanti a
sé, non una sola intenzione sensata gli si formò
nella mente.
Quando Mikael
smise di urlare facendo tremare tutto, tirò fuori le proprie
ali grandi e bianche che spuntarono immediate dalla schiena, quindi
senza aggiungere altro si voltò e volò via dalla
finestra rotta.
Raphael rimasto
solo fu trovato immobile in piedi a guardare la direzione in cui lui
era sparito.
Setsuna e Cry
corsero lì allarmati sfoderando una serie di domande a
raffica che non furono nemmeno sentite, mentre Belial con un sorrisetto
soddisfatto, vicino alla porta osservava quel che rimaneva della stanza
ora a pezzi e distrutta solo con l’onda d’urto dei
sentimenti devastanti del fratello di Lucifero.
“Degno
sangue.”
Pensò
con una certa ammirazione di fondo solo per il semplice fatto che aveva
tirato fuori una tale furia devastante negativa.
Il suo piano
non era andato poi tanto male. Dopo di quello magari quel tipo non si
sarebbe più fatto vivo nemmeno lì…
-
Bene… direi che dopo aver sistemato tutto il casino fatto
dal vostro amichetto, potete anche andarvene. Non intendo essere ancora
indulgente sulla presenza di un arcangelo qua. - Disse supponente e con
sufficienza, senza nascondere quella soddisfazione evidente.
- E Mikael
allora? - Ringhiò contro Setsuna esasperato da quel suo
atteggiamento subdolo e per nulla chiaro… non si capiva cosa
diavolo volesse quel satana travestito da pagliaccio!
- Lui ormai non
è più un arcangelo… - La risposta fu
del calibro di una spada che si conficcava nella carne.
Tutti e tre
rimasero colpiti da quelle parole che sebbene in condizioni normali non
sarebbero state calcolate, lì capirono perfettamente che
potevano benissimo essere verità.
Non poteva
essere che il dolore e l’odio di Mikael fossero talmente
grandi da superare la sua purezza di creatura alata.
Lui era il capo
delle Potestà, se con la sua legione si univa ai diavoli
sarebbe stata la fine per il Paradiso.
Ma non era solo
questo, non per Setsuna che non era per nulla interessato al destino
dell’aldilà, né per Cry che era un
demone lei stessa, né per Raphael che non si era mai
seriamente interessato al suo mondo.
- Devi fare
qualcosa, devi inseguirlo! Non puoi lasciarlo andare così!
Potrebbe essere la fine! - Si, ma la fine di cosa?
Seppure le mani
forti di Setsuna lo scuotevano con agitazione per farlo reagire,
Raphael era come se non sentisse nulla, privo di volontà,
ancora profondamente colpito da quell’urlo tremendo.
- RAPHAEL! SE
LO AMI DEVI FARE QUALCOSA! - Urlò allora il giovane ormai
uomo pronto anche a prenderlo a pugni se necessario. Cosa che non gli
sarebbe dispiaciuta poi molto visti i loro trascorsi!
Queste parole
infine lo penetrarono e come se si svegliasse, il biondo sempre
composto si rivoltò contro Setsuna e scrollandoselo di dosso
con apparente freddezza, gridò esasperato a sua volta:
- LO AMO E
GUARDA COSA GLI HO FATTO! - Dopo quelle parole dette più a
sé stesso, parole che fecero calare il silenzio di nuovo,
proseguì ancora come fosse solo, come se si facesse quel
famoso esame di coscienza che non aveva mai avuto il coraggio di fare:
- L’ho… l’ho spinto ad unirsi ai
demoni… a suo fratello, Lucifero… il mio amore
l’ha divorato al punto da riempirlo di odio… non
è un amore positivo, questo. È un amore che
sporca e schiaccia. Quel suo grido è il risultato del nostro
amore. A questo punto è meglio lasciarlo andare.
È meglio che gli stia lontano. Io… l’ho
solo rovinato… più di quanto fece Lucifero. -
E sullo
sbigottimento generale per quella sua confessione sconvolgente ed
inaspettata, sul suo smarrimento assoluto, si avvertì la
presenza paurosamente simile a quella di Mikael, solo più
oscura e gelida.
- Si parla del
diavolo… - Mormorò con un ghigno ironico Setsuna
voltandosi svelto verso la porta che dava direttamente sulla camera
personale del Re delle Tenebre. Sebbene avrebbe dovuto sentirsi in
soggezione come la stessa Cry e addirittura Raphael erano, lui era
contento di rivederlo. Contento come avesse il suo senpai Kira davanti.
La figura alta,
snella e ben modellata del freddo e algido Lucifero era immobile ad
osservare la scena. I lunghi capelli neri gli incorniciavano il
bellissimo viso sensuale ed oscuro, gli occhi grigi specchi di un vuoto
in cui nessuno aveva mai trovato spazio per sé. Nessuno ad
eccezione di suo fratello.
Ma questo non
l’avrebbero mai saputo.
L’aria
si raffreddò brutalmente nonostante si trovassero
nell’Utero, tutti si fecero seri, Belial si
inchinò e Setsuna quasi raggiante si avvicinò con
nemmeno la minima paura in corpo.
Le mani ai
fianchi, gli occhi puntati nei suoi.
Era identico a
Sakuya ma sapeva che non era lui. Non c’era quella costante
malizia nel suo sguardo, però lo percepiva lo stesso. Il suo
senpai era lì dentro da qualche parte e per lui Lucifero
sarebbe sempre stato il suo amico.
-
Ehilà, è da molto che non ci vediamo…
- Disse sfacciato come niente fosse.
Lucifero allora
lo scrutò indecifrabile senza lasciar trasparire nulla,
quindi dopo aver ammirato la sua crescita e percepito la sua forza
insieme a quella addormentata di Alexiel, si decise a parlare
mantenendo quella sua aria irraggiungibile e distante:
- Salve a te
Setsuna. - Si guardò bene dal chiamarlo in uno degli altri
modi che lo facevano imbestialire. Spesso era stato chiamato Alexiel o
Salvatore, ma ora che la sua vita aveva ripreso a scorrere normale non
intendeva accettare quei soprannomi non suoi.
Lucifero come
leggesse in lui lo comprese e lo scambio dei loro occhi, vivi e vuoti,
parlarono per loro.
- Vorrei
parlare da solo con Raphael. -
Questo
stupì ancora tutti i presenti, lo fissarono cercando di
intuire le sue intenzioni. Il re dei diavoli ed un arcangelo che si
parlano da soli non è certo una situazione normale!
Sebbene tutti
ebbero una serie di dubbi sull’esito di
quell’incontro, nessuno osò opporsi nel giro di un
istante i due si trovarono da soli.
Raphael non si
mosse dalla finestra rotta e poco dopo il moro lo raggiunse calpestando
i vetri in pezzi ed i calcinacci. Gli si mise davanti a coprire la
visuale dell’esterno, con quel chiarore flebile alle spalle
che gli creava un alone suggestivo.
I due rimasero
a guardarsi per un po’ ed in quegli attimi entrambi si resero
conto che Raphael aveva ripreso il suo sangue freddo solo grazie alla
presenza dell’antico nemico.
Per quel
disprezzo che non aveva mai superato. Lucifero aveva fatto tanto male a
Mikael e per questo non l’avrebbe mai perdonato.
Ma ora era sul
suo stesso piano.
Gli aveva
provocato lo stesso dolore.
Non aveva
nessun diritto di rimproverargli nulla, lo sapeva, però non
aveva nemmeno l’obbligo di ascoltarlo, tuttavia rimase serio
davanti a lui curioso di sapere cosa dovesse dirgli.
Un confronto,
il loro, che non era mai stato.
- Ho sempre dei
buoni motivi per fare ciò che faccio e preferisco conoscerli
solo io. - Introdusse Lucifero con calma gelida ed un velo di mistero
costante.
- Motivi buoni
per te. - Rispose con altrettanta freddezza e calma Raphael
riprendendosi di attimo in attimo davanti alla persona che
più di tutte non gli piacevano per ciò che aveva
fatto a Mikael. Non si sarebbe però lasciato andare a
scenate esagerate non da lui, per questo il loro si poteva considerare
di certo un confronto interessante.
-
Ciò che conta è ciò che voglio e per
quello sono sempre disposto a sacrificare chiunque e qualunque cosa. -
Continuò imperturbabile l’altro.
- Me ne ero
accorto. - Questa volta sfoderò un velo di ironia che non
riuscì a trattenere. Non diceva certo delle
novità.
- Inoltre
ciò che decido sia mio lo è irremovibilmente. -
- Anche questo
era risaputo. - Appuntò il biondo sempre più
ironico. Parlare con lui era motivo di forte ripresa nonostante lo
shock precedente. Quell’opportunità non sarebbe
mai più tornata, ne era certo.
- Mikael ora
è mio. - Un’altra frase della portata di una lama
affilata che affonda. L’angelo non fece ancora una piega ma
dentro di sé un pericoloso nervoso cominciava a farsi di
nuovo strada. Come osava parlare così uno che faceva del
proprio gemello un oggetto di comodo?
- Non mi pare
che tu la pensassi così quando l’hai tradito ed
abbandonato, secoli fa. - Anche la sua frase sarebbe stata della
portata di una spada se il destinatario sarebbe stato meno
imperturbabile. Lucifero, invece, continuò con
tranquillità lontanamente sorniona.
- Come ho
già detto avevo i miei buoni motivi. -
- Ed ora
cos’è cambiato? - Finalmente si decise di fargli
una domanda, anche se quella che avrebbe voluto porgli davvero era
un’altra. Una che sapeva non avrebbe comunque ottenuto
risposta.
Lucifero
continuò enigmatico senza muoversi, risultando ugualmente
seducente anche in quel modo:
- Lui
è cambiato. -
Il silenzio
tornò ad appesantire un momento molto strano.
Per un attimo
parvero due persone qualunque che parlavano di uno che interessava ad
entrambi e non due nemici di razze diverse.
- Normalmente
non permetto a nessuno di mia proprietà di scegliere da
sé ma per lui faccio un eccezione. Così come ha
deciso di venire da me, ora deciderà se rimanere o meno. Non
farò nulla. Mikael è libero. -
Quelle parole
risuonarono nella sua mente come echi in un’enorme stanza. Ad
ogni riascolto trovava un nuovo significato e come se un puzzle
complesso e mai completato si fosse concluso in ogni sua parte, Raphael
rimase di stucco a comporre l’impossibile ed intricata
immagine di Lucifero che, dopo un vago ammiccamento, o quel che
sembrava esserlo, se ne andò lasciandolo solo davanti alla
finestra.
Era rimasto di
stucco davanti a quella specie di ammissione. Considerava Mikael
diverso dagli altri, gli aveva dato dei privilegi non indifferenti per
uno come lui. Non lo considerava un suo mezzo ma un essere a
sé. Nessuno poteva vantarsi di lasciare quell’uomo
senza nessuna conseguenza, ma l’arcangelo rosso poteva.
Così
come era stato accolto dopo tutta la loro storia passata carica di
rifiuti e di spalle.
I due fratelli
si erano finalmente riuniti, le cose fra loro erano andate a posto e
qualunque motivo avesse avuto Lucifero per tradirlo a quel tempo, ora
si erano chiariti e lui sapeva bene che stare con lui era sempre stato
tutto ciò che il rosso aveva sempre desiderato
più di ogni altra cosa.
Era davvero la
cosa giusta cercare di farlo ragionare e convincere a tornare in
Paradiso insieme?
Con che
diritto?
Ora era davvero
felice mentre quello che gli aveva fatto male era proprio lui.
Mai come ora
Raphael si era trovato nell’incertezza più
assoluta.
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Capitolo 7 *** Chiarirsi le idee ***
*Ecco
il nuovo capitolo, stiamo avviandoci alla fine… direi che il
prossimo potrebbe essere l’ultimo o il penultimo, ma ci
sarà anche un epilogo naturalmente. Siamo alle ultime
battute e questo è uscito un po’ da solo, senza
che l’avessi pensato. Protagonisti Mikael e Setsuna! Grazie a
tutti quelli che leggono e commentano. Buona lettura. Baci Akane
influenzata…*
CAPITOLO VI:
CHIARIRSI LE
IDEE
/The
sniper at the gates of heaven - Black Angels/
La
lama affondava e affondava ancora, ripetutamente, senza mai fermarsi.
Veniva
estratta, il sangue nero e fetido schizzava ovunque, anche su di lui,
poi si girava per continuare ad infilzarla sugli altri che lo
circondavano come un esercito di zombie, più che di demoni,
ai suoi occhi solo mostri informi attirati dalla sua luce accecante e
dal suo profumo di fuoco.
Le ali ritirate
nella schiena avevano lasciato due strappi all’altezza delle
scapole, per il resto i suoi vestiti neri e gotici erano ancora interi
ma ricoperti della linfa scura che sgorgava dalle ferite che infliggeva
agli altri, la stessa che sporcava la sua pelle chiara, il suo viso, le
sue mani e le sue braccia.
I muscoli tesi
fino allo spasmo facevano mostra di sé su tutto il suo
corpo, le vene pulsavano in rilievo prove di una rabbia cieca, il viso
contratto in una smorfia d’ira, gli occhi ridotti a due
fessure rosso intenso, le iridi appuntite: nell’insieme
più un demonio che un arcangelo.
Come se non
bastasse aveva una forza incredibile che si scatenava mentre uccideva
quelle creature ripugnanti in pieno loro territorio. Le faceva a pezzi
con una tale facilità e furia da essere quasi irreale.
L’attaccavano
in continuazione ma lui senza mai fermarsi, stringendo la sua enorme
spada rossa, li faceva fuori uno ad uno ringhiando come una bestia
feroce ferita e furiosa.
All’ennesimo
affondo un’ombra più grande lo coprì
alle spalle e prima che potesse girarsi e vederla, un ghigno malefico
si formò sulle sue labbra.
Era arrivato
uno più forte… almeno non si sarebbe annoiato per
un paio di minuti.
Noia…
magari il motivo di tutto quell’uccidere fosse stata la noia,
si disse con amarezza, oscurandosi di nuovo mentre alzava gli occhi
accesi di un odio senza pari sulla creatura mostruosa, alta intorno ai
tre metri e larga forse il triplo.
Non si
soffermò nemmeno per identificarlo, quale che fosse la sua
natura non contava… sbavava, era color feci e puzzava da far
venire la nausea.
Solo per questo
meritava la morte, decise Mikael facendo roteare la spada nella mano,
mentre si apprestava ad attaccarlo senza nemmeno una pausa per prendere
fiato.
Digrignò
i denti e con un salto slanciato si trovò come a volare
sopra la sua testa.
Come una saetta
che attraversava il cielo prima di infrangersi a terra, rimase un
istante nel cielo sospendendo il tempo, il mostro alzò la
testa per cercare quel tipo così piccolo e quando lo
trovò fu tardi.
Il fulmine
arrivò giù con altrettanta velocità e
precisione, l’essere deforme poté solo vedere la
sua spada arrivargli contro, dopo di ché la sentì
conficcarsi fra gli occhi con potenza e decisione.
Lo
tagliò in due di netto.
Le due parti
caddero sul terreno mentre il sangue schizzò a fiumi
investendo chiunque nel raggio di poco.
Mikael fermo
ansimante, con la spada stretta nella mano, guardava sprezzante il suo
ultimo lavoro mentre le gocce nere fetide scendevano sul suo corpo
provocando l’unico rumore nel raggio di kilometri.
Il silenzio
l’accolse.
In poco aveva
fatto fuori tutte le creature demoniache di quel posto e cosparso della
loro linfa vitale e del loro tremendo odore, rimaneva solo in mezzo ad
un campo pieno di cadaveri informi fatti a pezzi.
Uno spettacolo
raccapricciante.
- Continua
così che diventi un perfetto Satana! - La voce allegra ed
ironica di Setsuna lo raggiunse un istante prima che atterrasse con un
balzo su una montagnetta di corpi morti. Rimase in equilibrio e quando
gli occhi ancora rossi di Mikael si posarono sui suoi castani e
ridenti, fu come se lento l’odio accecante che
l’aveva quasi fatto impazzire, scemasse placandosi
momentaneamente.
Anche quando
giravano insieme era così… quel tipo aveva lo
strano potere di calmare gli animi più infuocati, ma il suo
specialmente.
Inizialmente
era stato uno scontro tremendo, il loro, ma poi quando avevano iniziato
a conoscersi non poteva negare che erano diventati amici e questo
perché Setsuna l’aveva capito profondamente,
dicendogli esattamente quello che altri avrebbero dovuto dirgli prima.
Gli aveva fatto aprire gli occhi e guardare in faccia la
realtà. Una realtà che diceva quanto amasse
Lucifero.
- Fai schifo,
Mikael! - Asserì poi il giovane storcendo il naso davanti a
quella visione discutibile. L’arcangelo rosso si
guardò alzando le braccia, quindi piegò la testa
di lato lasciando libera un’espressione che sembrava dire
‘in effetti…’
Rimase comunque
in silenzio, il suo umore non era dei migliori e non aveva intenzione
di parlare dei suoi sentimenti, nemmeno con Setsuna!
- Hai fatto una
bella strage… non credo che i diavoli saranno contenti di
quel che stai combinando… se ti sei unito a loro non
dovresti andare contro la tua stessa razza. - A guardarlo sembrava non
avere nulla di preciso in mente, ma nella sua improvvisazione prendeva
sempre più forma un piano specifico… peccato che
Mikael non fosse così sveglio per captarlo, così
ci cascò in pieno e con un ringhio indispettito disse:
- Io non sono
uno di loro! -
- Ah no? Avevo
capito che ti eri unito a tuo fratello, quindi… - Setsuna
manteneva un’aria noncurante mentre con le mani dietro la
nuca osservava lo sterminio intorno a sé, sembrava tornato
indietro nel tempo, quando da ragazzo era venuto lì e senza
volerlo aveva aiutato tutti.
- Lucifero
è una cosa, le fecce che gli stanno dietro
un’altra! - Il rosso era sgarbato e dimostrava una forte
stizza. Non gli piaceva essere paragonato a quelle creature ripugnanti
che aveva sempre odiato.
- Ma se ti
unisci a lui devi prendere tutto il pacchetto! -
- Non sta
scritto da nessuna parte! Io faccio quello che voglio! -
Sbottò il più basso alterandosi mentre agitava la
lama come fosse uno stuzzicadenti!
- Come
tutti… -
- Che cazzo
vuoi, Setsuna? Cosa sei venuto a fare? - Chiese allora spazientito
avvicinandosi al ragazzo, salendo così su un altro cumulo di
corpi.
L’uomo
dai capelli castani si strinse nelle spalle sfoderando
un’espressione vaga:
- Capire da che
parte stai. -
- Come se te ne
importasse qualcosa… - Borbottò onesto.
- Cosa vuoi
dire? -
- Tu hai la tua
Sara, del resto te ne sbatti! Anzi, non so nemmeno perché
diavolo hai accompagnato Raphael fin qua! - Era insofferente verso
tutto ma in realtà ce l’aveva solo con
l’arcangelo dell’aria, non certo con lui. Setsuna
lo sapeva perfettamente e non si offese delle parole dirette ed
infelici che gli rivolgeva, erano da lui, in fondo. Se l’era
aspettato ed anzi, in un certo senso ci aveva sperato.
- E’
vero… ma quando moriremo torniamo qua. Cioè,
nell’aldilà… e pensandoci bene penso
proprio che finiremo dritti all’inferno, visto che siamo
fratello e sorella incestuosi! Voglio sapere cosa mi aspetta per quella
volta! - Mikael emise uno sbuffo somigliante ad un risolino di scherno
ma non aggiunse nulla. - Allora? - Continuò
testardo ma con un sorriso sereno sulle labbra.
- Cosa? -
- Chi sei? -
Domanda del secolo… in condizioni normali Mikael avrebbe
chiesto se lo prendeva in giro o magari avrebbe risposto nel modo
più ovvio possibile, ma lì per lì, con
tutto il caos che aveva dentro, non seppe proprio cosa dire.
Rimase in
proverbiale silenzio a pensarci, quindi guardò la propria
spada rossa ricoperta di sangue demoniaco che ancora gocciolava, si
guardò le mani dello stesso colore e nell’unico
spazio vuoto sulla sua lama, specchiò il proprio viso.
Macchiato di
sangue anche quello. Poteva sentire distintamente il proprio odore non
più angelico ma nauseante come quello dei corpi sparsi sotto
di lui, ma quella strage parlava altrettanto bene.
Se guardando
sé stesso gli veniva da dire ‘diavolo’,
guardando tutti quegli arti, quei busti e quelle teste mozzate gli
pareva proprio il contrario.
E
nell’insieme?
Alzò
gli occhi tornati normali, ovvero verde chiaro, quindi con sincero
smarrimento, quello che solo Setsuna riusciva ogni volta a tirargli
fuori insieme alla verità, disse:
- Nessuno.
Né diavolo né angelo. Non sono proprio nessuno. -
Setsuna rimase in silenzio, il suo viso ora serio lo fissava capendo
perfettamente il suo stato d’animo. Anche lui non si era mai
sentito né umano, né angelo, né
diavolo. Allora cos’era? Ma la sua risposta l’aveva
trovata in Sara. Era uno che l’amava e voleva vivere con lei
per sempre. Tutto lì.
- Dove vorresti
stare? - Chiese allora con delicatezza e comprensione, sapendo di
essere arrivato proprio laddove aveva voluto dall’inizio.
Mikael
continuò a guardarlo, non ce l’aveva
più con lui naturalmente. Non ce l’aveva mai avuta
e se proprio doveva dire le cose come stavano, fra tutti lui era
l’unico con cui avrebbe voluto fare quel discorso.
Con suo
fratello sarebbe stato difficile, se avesse scelto di nuovo il paradiso
non avrebbe avuto la forza di dirglielo, con Raphael, anche se ce
l’aveva a morte con lui, era lo stesso discorso.
- Né
qua né Lassù… non… non
voglio stare da nessuna parte. Non mi importa nulla del Paradiso o
dell’Inferno. Io sono venuto qua per Lucifero, i demoni mi
fanno vomitare e questo posto pure… però
è lo stesso verso gli angeli. Ci stavo perché
c’era Raphael, ma quando mi ha tradito e abbandonato ho solo
pensato che… - Si interruppe cercando le parole, parole che
non aveva mai espresso così sinceramente a terzi, parole che
doveva esternare e basta. Con sforzo, continuò: -
… che volevo stare con Lucifero. L’ho sempre amato
e quando ho saputo che il suo tradimento non era stato per odio o
indifferenza verso di me, bè… volevo stare con
chi amavo e mi ricambiava. - si vergognava a dire quelle cose ma era
più il dolore, quindi andò fino in fondo.
Con un peso in
meno, sentendosi stranamente più leggero,
conficcò la spada sotto di sé, quindi si
accucciò e nascondendosi il viso sporco con le mani
altrettanto sporche, mormorò confuso e sconfitto:
- Ma amo anche
Raphael e non so cosa fare… lo odio, mi ha fatto male, mi ha
tradito, ha scelto un’altra ma io… non ci posso
fare niente… - A quello alzò il viso levando gli
occhi arrossati ma smarriti, su quelli dispiaciuti di Setsuna: -
… lo amo lo stesso… tanto da fare tutto questo
per non impazzire di nuovo! -
La mano di
Setsuna si posò sulla sua testa, fra i capelli rossi
spettinati, quindi si chinò accanto a lui e avvicinando il
viso, poggiò la guancia contro la sua, si sporcò
ma non gliene importò, quindi mormorò con
dolcezza, chiudendo gli occhi:
- Sono due
amori diversi, quello che provi per tuo fratello e per Raphael. Ma
c’è una sola cosa sensata che tu puoi fare. E la
conosci già. Devi solo avere la forza di farla, arcangelo. -
Dicendo il suo
grado piuttosto che il suo nome, Mikael capì a cosa
alludeva.
Il perdono era
un atto grandissimo, prova di una purezza incredibile e di un amore
incontaminato.
-
L’hai già fatto con Lucifero, sono certo che lo
puoi fare anche con lui. -
Il perdono era
qualcosa che potevano dare solo gli angeli, quelli veri.
E lui aveva
dato, nonostante le apparenze, lungamente prova di esserlo. Forse uno
dei pochi.
Mikael lo
guardò da vicino.
Poteva davvero
perdonare ancora?
|
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Capitolo 8 *** Riconciliazione ***
Fra Le Braccia Di Un Angelo
*Inizialmente
volevo concludere tutto con questo capitolo, ma mi sono detta che era
giusto dare più importanza a questa scena e a quella che
verrà dopo mettendole una per capitolo. Non ho ragione?
Bè, siamo agli sgoccioli. Il prossimo sarà
l’ultimo, poi ci sarà un breve epilogo. Spero che
questo sia all’altezza del resto, non me lo immaginavo
così ma se è venuto in questo modo significa che
va bene! Grazie a tutti quelli che leggono, seguono e commentano. Buona
lettura. Baci Akane*
CAPITOLO VII:
RICONCILIAZIONE
/In
the arms of the angels - Sarah McLachlan/
Quell’aria
era così pesante.
Irrespirabile.
Lo era
perché si trovava nella parte più bassa
dell’Inferno ma non solo, il macigno che aveva
nell’animo gli opprimeva il petto impedendogli di trarre
respiri profondi e di sentirsi decentemente.
Raggiunto di
nuovo il castello delle tenebre, la casa di suo fratello Lucifero, si
fermò lasciando andare avanti Setsuna.
Il suo viso
estremamente serio e pensieroso non era più rabbioso come
prima, lo sfogo gli era servito o forse era stato il dialogo con
l’amico. Magari, però, era stata quella decisione
a cui era giunto alla fine.
Una decisione
sofferta ma che valeva la pena essere presa.
Cercava di
convincersene senza nemmeno esserlo davvero ma era vero quello che
aveva detto quell’impiccione… non era
lì il suo posto.
…ma
non era nemmeno il paradiso, in mezzo a tanti ipocriti…
Sospirò
passandosi nervoso le mani fra i capelli rossi che si scompigliarono
ulteriormente. Era ancora ricoperto di sangue nero demoniaco, puzzava
come quelle creature fetide che aveva massacrato e l’aspetto
nell’insieme non era per nulla invitante, eppure in lui
c’era qualcosa che lo rendeva diverso e tremendamente
intrigante.
Una luce nuova
che sorpassava l’odore e l’aspetto ripugnanti.
Pace interiore
per la sua scelta.
Guardò
la finestra che aveva rotto con l’urlo di prima, non era
ancora stato riparato e sembrava non ci fosse più nessuno,
non provò il minimo rimorso per quello ma non aveva la forza
di rientrare.
Entrare e
parlare a suo fratello.
Si sedette
stancamente a terra e appoggiandosi sulle mani, rimase a guardare la
dimora di Lucifero.
Cosa avrebbe
fatto?
Provò
ad immaginarselo e quando nell’aria irrespirabile
sentì una ventata fresca, capì che comunque la
risposta a tutte le sue domande era sempre stata nell‘aria.
Dopo tutto non
sarebbe mai stato capace di vivere in mezzo a quel fetore nauseante.
Non
spostò lo sguardo, lasciandolo puntato nel punto distrutto,
ma fece attenzione alla figura che gli si sedette accanto con
più eleganza e compostezza.
In fondo era
proprio ora di mettere la parola fine a quel casino, una volta per
tutte.
- In momenti
simili rimpiango di non avere il potere di Djibrille. -
Esordì così con la sua voce calma e controllata,
come nulla fosse. Mikael però capì al volo il
motivo di tale insolita uscita e, anch’egli come se lo
scoppio di poco prima non fosse mai avvenuto, rispose con uno dei suoi
grugni che non diceva un bel niente ma per loro invece era tutto.
- Non
rimarrò sporco… detesto questa puzza! - Aggiunse
poi il rosso.
- E’
confortevole saperlo. - Rispose con la sua perenne saccenza
l’arcangelo del vento.
“Eppure
anche se meno forte, non è proprio questo il suo odore
caratteristico che amo tanto in lui? Odore di demone per quanti ne
abbatte di continuo… “
Pensò
al volo Raphael soffermandosi nella stessa direzione fissata con
noncuranza dal rosso.
Aspettarono un
po’ prima di riprendere il discorso e parlare di
ciò che premeva ad entrambi. Mikael non aveva ancora
intenzione di dire quello che doveva, non era una cosa facile ma sopra
tutto non era da lui. Però sapeva che comunque gli toccava.
Ad ogni modo
poteva permettersi di attendere ancora, in fondo era Raphael quello che
avrebbe dovuto dirgli qualcosa per primo.
Era strano
stargli vicino come se non si fossero mai lasciati e non avessero
nemmeno mai litigato.
Strano ma
tremendamente bello dopo tutto, curativo.
Quella puzza
non si sentiva nemmeno più, grazie all’odore di
vento che aveva Raphael.
Gli occhi verdi
ancora fissi alla finestra spaccata.
-
Rimarrò qua con te, Mikael. - Era anche strano sentirlo
chiamare così.
Non se lo
spiegò, il rosso, ma sentì un moto di stizza per
quel nome… aveva sempre usato ‘Mikachan’
e nonostante glielo avesse sempre rimproverato, dopo tutto gli era
anche sempre piaciuto nonostante non l’avrebbe mai ammesso.
- No. - Disse
quindi deciso ma non duro. Quella vena di ira folle era solo un lontano
ricordo ma Raphael si sentì come se l’avesse
colpito come prima e forse peggio. Non l’aveva mai sentito
così definitivo.
Quello era un
Mikael diverso da come lo ricordava, cresciuto in maniera spropositata
come non avrebbe mai pensato.
Sapeva che
aveva fatto molti passi in avanti grazie a Setsuna, ma non
così tanti.
Quando era
arrivato in quella cima?
Improvvisamente,
guardando il suo profilo dritto e fiero, si sentì lontano,
indietro… ma non avrebbe mollato. Mai. Aveva già
sbagliato tanto, era ora di fare le cose giuste come andavano fatte.
-
Rimarrò qua comunque finché ci starai tu, anche
per l’eternità, se necessario. -
Anche la sua
risolutezza fu palpabile. Raphael non era un tipo abituato ad esitare,
ma davanti alla disperazione precedente di Mikael aveva vacillato. Si
era chiesto se non dovesse solo lasciarlo in pace, se non gli avesse
fatto altro che male.
Erano state le
parole di Lucifero a farlo riflettere, dopo la confusione provata e
l’incertezza in cui era stato, nonostante l’avesse
sempre biasimato per aver fatto soffrire il suo compagno, non aveva
potuto negare la sicurezza delle sue azioni.
Lucifero per i
suoi scopi era disposto a tutto, qualunque sacrificio, qualunque
prezzo.
Raphael non si
sentiva di avere niente di meno, non sarebbe stato da lui. Dunque cosa
voleva?
Si era fatto
questa domanda nell’assenza dell’arcangelo del
fuoco, deciso a trovare una risposta definitiva prima del suo ritorno
con Setsuna.
Cosa
voleva… poi la domanda di Belial gli aveva fatto trovare la
risposta.
‘Per
cosa sei venuto così in basso?’
Lui odiava dal
profondo l’Inferno così come i demoni. Il fatto
che ci fosse venuto lo stesso doveva togliergli ogni dubbio.
No, non avrebbe
mollato più.
Raphael si
spostò mettendosi davanti al rosso che finalmente
posò i suoi occhi verdi dalla luce strana e serena, quindi
riprese deciso:
- Mikael, io
rimarrò qua con te. Non mi importa di nessun Paradiso o
Inferno, di nessuna sorte. Non mi importa di niente, né se
non mi parlerai, né se non vorrai più saperne di
me. Voglio stare con te a qualunque costo, a qualunque sacrificio,
anche se tu mi odierai per sempre. Non me ne andrò mai senza
di te. - Ribadì il concetto fissandolo diretto coi suoi
occhi azzurri, la risolutezza era sbalorditiva. Non se ne sarebbe
davvero andato.
- Io ti amo.
Amo te e forse dovevamo arrivare in questo posto rivoltante per farmelo
ammettere. Ma per nessuno rimarrei all’Inferno, credimi! -
Queste ultime
parole ebbero nell’altro il potere di scaldarlo
più di quanto il suo stesso fuoco avesse mai fatto. Questo
lo sconvolse ma fu talmente inebriante da lasciarlo stordito e
inizialmente senza parole, immobile a fissarlo imbambolato.
Poi
però lo comprese e come se tornasse in sé e sui
suoi propositi, sospirando, lo prese per le spalle, quindi rimase a
contemplarlo per un altro istante, riempiendosi di quei bei lineamenti
che gli erano semplicemente mancati, quel suo viso d’angelo
che spesso era stato il suo unico sostentamento, una ragione di vita,
la luce nelle sue tenebre.
Quando
l’aveva lasciato si era sentito di nuovo avvolto dal buio ed
era di nuovo impazzito.
Ora era
lì unicamente per lui, disposto a sacrificare sé
stesso, ma questa volta per lui e basta.
Raphael aveva
sbagliato, gliene aveva fatte patire tante, Mikael ’aveva
odiato, si era disperato per lui… ed ora eccolo
lì davanti a cercare di rimediare ai suoi errori.
Disposto a
mollare tutto, a far andare l’Universo in malora, lasciar
decadere ogni cosa e solo per stargli vicino. Disposto anche a ricevere
unicamente il suo odio.
Era vero che
dei suoi ‘ti amo’ non si fidava più di
tanto, visto a quante li aveva detti, ma il rosso arcangelo si fidava
dei fatti, gli unici a conquistarlo veramente.
E finalmente
Raphael gliene stava dando.
- Non voglio
che rimani qua, Raphael. - Disse con voce bassa e roca ma sicura e
serena. Non era mai stato così, l’altro ne era
certo e con stupore crescente tentò di ribattere, ammaliato
da quel nuovo essere sempre più puro e adulto che aveva
davanti.
Ecco cosa
intendeva Lucifero con ‘è cambiato lui’.
Spostò
le mani ai lati del suo viso e con fermezza proseguì:
- La
verità è che qualunque cosa tu mi avessi detto
ora, io avevo già deciso. -
-
Ma… - tentò ancora di interromperlo ma Mikael lo
sovrastò seppur con una calma che non aveva mai posseduto.
- Puoi farmi
soffrire quanto vuoi ma tu sei venuto da me nel posto che detesti
più di tutti ed io ti amo fino a rinnegare me stesso. Per
due così c’è solo un posto…
- Raphael sgranò gli occhi azzurri rendendoli lucidi di
commozione, capendo cosa stava dicendo non riuscì a
trattenere quell’immediato senso di smarrimento e gioia
insieme. Lo stupore fu grande.
- Ti sei
riconciliato con Lucifero, non voglio che vi separiate di nuovo.
Possiamo stare qua, non importa di niente. - Lo prese a sua volta per
il viso e appoggiò la fronte alla sua, era interiormente
sfinito. I respiri sulla pelle. Come lo vedeva bene da lì e
nonostante il sangue di demone incrostato e quell’odore
terribile, era sempre lui. Il Mikael di cui si era lentamente
innamorato, che per lui c’era sempre stato e che in modo
singolare l’aveva tirato fuori dai suoi stati bassi e
vergognosi. Il Mikael profondamente alto e puro, irraggiungibile ai
suoi occhi.
Quello che
nonostante tutto quello che subiva e combinava, continuava ad amare lo
stesso, bruciando.
Vide i suoi
occhi verde chiaro determinati e sereni fare un guizzo di
felicità.
- Tu mi ami al
punto da andare contro te stesso e annullarti, al punto da venire in
questo schifo che odi. Io invece ti sto perdonando anche se mi hai
fatto quasi diventare matto. - Sorrise con una specie di ghigno di
scherno per loro stessi, quindi concluse: - L’amore e il
perdono sono robe da angeli e quelli stanno in Paradiso. -
La risposta
piacque più di quel che avesse immaginato, a Raphael, e
colpito dalla sua saggezza improvvisa e da quella concreta crescita
sorprendente, il biondo posò le labbra sulle sue in quello
che fu il loro primo bacio.
Dolce, leggero,
appena accennato. Una scoperta, un esperimento, un esplorazione.
I loro sapori
diversi si scambiarono. Freschezza e calore.
Quando le mani
scivolarono dietro in un abbraccio che sapeva di nuovo e rinascita, la
luce si espanse in loro all’infinito provocando una
sensazione simile a quando avevano sentito la voce del loro Creatore.
Stupiti si
trovarono a versare incontrollate lacrime che purificarono
ulteriormente i loro animi da ogni errore commesso fino a quel punto.
Perdono a
amore… già… proprio qualcosa di puro,
limpido e potente… decisamente cose da angeli, tutto sommato!
La rinascita fu
rigenerazione profonda e partì tutto da quel bacio.
Che bene che si
stava ora fra le braccia di un angelo…
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Capitolo 9 *** Addio ***
*Allora…
originariamente dovevo scrivere anche l’epilogo col loro arrivo in
cielo, ma ora non ne ho la minima intenzione, mi spiace, poiché Uriel
non mi è mai andato troppo giù, quindi mi ritengo più che soddisfatta a
farlo finire così. È anche molto Mikael e Lucifero centrico, nel senso
che Raphael è molto trascurato ma chi mi conosce lo sa, chi non mi
conosce lo impara ora: colui che io amo è Mikael… gli altri sono solo
un riflesso! Bè, spero che tutto sommato sia piaciuto abbastanza.
Questo Lucifero è la visione che ho io di lui, che non è detto sia
quella che anche altri ne hanno, ma per me lui è esattamente in questo
modo e a sua volta vede il fratello così come descrivo nel capitolo!
La canzone
iniziale mi ha messo in profonda crisi perché più ascoltavo i Pink
Floyd, più mi rendevo conto di quanto tutte le canzoni fossero perfette
per loro, poi ho trovato il testo di Sorrow, fotografia di Lucifero, e
l’ho messo all’inizio, la cui musica di partenza è terribilmente bella.
Siccome però ce n’era un’altra altrettanto meravigliosa e perfetta, ho
messo quel testo alla fine, in conclusione della fic.
Questo è
veramente tutto.
Grazie
veramente a chi ha seguito e commentato la fic.
A presto.
Buona ultima
lettura. Baci Akane*
CAPITOLO VIII:
ADDIO
“Il
dolce profumo di un grande dispiacere aleggia sopra la terra,
sbuffi
di fumo si sollevano e si confondono nel cielo cupo,
un
uomo sta disteso e sogna campi verdi e fiumi
ma
si sveglia il mattino senza alcun motivo per svegliarsi.
È
perseguitato dal ricordo di un paradiso perduto
nella
sua gioventù oppure in un sogno, non sa essere preciso,
è
incatenato per sempre ad un mondo perduto.
Non
è abbastanza, non è abbastanza.
Il
suo sangue si è ghiacciato, rappreso per la terrore,
le
sue ginocchia hanno tremato e ceduto nella notte,
la
sua mano si è indebolita al momento della verità,
il
suo passo ha vacillato.
Un
mondo, un'anima
il
tempo passa, il fiume scorre
E
lui parla al fiume dell’amore perduto e della fedeltà*
e
silenziose risposte che turbinano** inviti
scivolano
scure e turbate in un mare oleoso,
un
sinistro presagio di quello che deve accadere.
C’e’
un vento incessante che spazza questa notte
e
c'e' polvere nei miei occhi che acceca la vista
e
silenzio che parla molto più forte delle parole
di
promesse non mantenute.”
/Sorrow
- Pink Floyd/
Nell’esatto
momento in cui aveva visto Raphael, aveva subito saputo come sarebbe
andata e non aveva perso tempo a sperare che le sue previsioni non si
avverassero.
Non era nemmeno
questione di preveggenza, solo di conoscenza profonda dell’altra sua
metà.
Entrambi sin da
piccoli e poi anche quando si erano separati, avevano sempre sentito le
vicendevoli emozioni, avevano saputo ogni momento della loro esistenza
tutto ciò che il proprio gemello faceva.
Così Lucifero
aveva sentito il sentimento che Mikael provava per Raphael, vederlo nel
suo regno era stata una notevole sorpresa anche per lui, visto quanto
amava l’arcangelo dell’aria, ma quel breve momento di felicità l’aveva
assaporato potendo far finta che i tempi fossero tornati indietro,
quando tutto andava bene e loro due erano due fratelli uniti.
Erano stati
secoli prima e tutto sommato per poco tempo, ma era stato il periodo
più bello della sua vita.
Poi tutto si
era raffreddato in lui e la luce era riuscito a vederla solo in Mikael,
non più in sé stesso. La luce che tutti vedevano in lui, si era spenta
ed inesorabilmente, nonostante se ne fosse accorto, non era riuscito a
farci nulla. Aveva solo potuto assecondare il fato.
Era andato
avanti, aveva fatto le cose giuste - giuste dal suo punto di vista - ed
era arrivato sempre fino in fondo senza mai voltarsi indietro, senza
far capire a nessuno ciò che provava o le sue motivazioni.
Ce l’aveva
fatta ed ora era arrivato quello squarcio di cielo azzurro, quel pezzo
di sole ad illuminare le sue tenebre costanti.
Era stato il
regalo più bello per quello che si era auto inflitto, le sue scelte
dolorose alla fine gli avevano donato un motivo valido per andare
avanti e non lasciare che tutto andasse come voleva.
Una bella
ricompensa, che mai per il resto della sua esistenza avrebbe
dimenticato.
Rivederlo e
fingere di poter stare di nuovo dalla stessa parte, assaporare il suo
amore e non più quello sforzo di odio portato solo dalle sue ferite,
avere la luce dentro, bagnarsi con essa e col suo fuoco caldo, credere
di essere la sua ultima salvezza… una specie di Paradiso e per quel che
lo riguardava, ormai quello sarebbe stato il massimo che gli sarebbe
capitato.
Già lo sapeva…
Ora che il
Cielo era in mano a gente obiettivamente onesta, che quel falso Dio era
caduto e che tutto si stava ricostruendo nuovo e nella verità, le cose
sarebbero andate diversamente.
Il suo
obiettivo di allora era stato raggiunto, poteva dirlo, e riprendersi il
Paradiso non era più nei suoi piani.
Ci avrebbe
provato, ma ormai lui era caduto e non si riteneva più all’altezza di
Mikael.
Quella breve ma
intensa e meravigliosa parentesi era stata appagante e curativa, ma
sarebbe rimasta il suo ricordo nell’Inferno che si era costruito da
solo.
Perché
comunque, un inferno rimaneva sempre un inferno… ed il paradiso lo
meritava solamente gente come suo fratello.
Non voleva
chiedersi se ce ne fossero altri e nemmeno se l’ipocrisia sarebbe
finalmente stata abbattuta con quel nuovo sistema, non gli importava
poi molto.
Però sapere che
Mikael tornava laddove si meritava di stare, era un sollievo,
nonostante avrebbe dato l’anima, se l’avesse avuta, pur di poter stare
di nuovo con lui eternamente.
Ora che le cose
fra loro erano chiarite e che non c’erano più equivoci o falsi odi ed
indifferenze, potevano ricominciare.
Ma per arrivare
dove?
Lui ormai era
dannato…
- Lucifero… -
La voce di Mikael lo interruppe dalle sue riflessioni, quindi con calma
ed eleganza si voltò verso di lui. Era serio e sporco di sangue nero
demoniaco, in piedi sulla porta.
Per tutto il
tempo era rimasto chiuso lì dentro ad ascoltare lo stato d’animo del
fratello cambiare di continuo. Dalla rabbia e dolore ciechi, alla resa
e al perdono.
Perdono…
quell’ultimo sentimenti l’aveva quasi fatto impazzire.
Sentimento da
angeli che lui ormai aveva dimenticato… non sapeva più definirlo,
spiegarlo e concepirlo. Era qualcosa lontano da lui anni luce.
Ma era grande,
enorme, qualcosa di fantastico e commovente, dilaniante e alto.
Alto quanto mai
lui sarebbe potuto essere.
Lo comprese
provandolo dentro di sé attraverso Mikael.
Provare a
capire e concepire il perdono, era stato quanto di più impossibile e
folle.
Alla fine si
era arreso.
Quelle cose
erano davvero da angeli e quelli stavano in Paradiso…
Vide il suo
dispiacere e la malinconia lo penetrò facendogli capire quanto comunque
non volesse lasciarlo dopo averlo ritrovato.
La sua lotta
interiore era qualcosa di ineguagliabile, sarebbe rimasto per sempre lì
a percepire la sua battaglia fra le due parti, fra quei richiami
d’amore così diversi eppure entrambi forti.
Luce o tenebre?
Eppure lui
l’aveva sempre saputo…
Decise di
rendergli le cose più facili, quindi gli andò incontro e una volta
davanti, seppur sovrastandolo in altezza, si sentì molto più piccolo di
lui.
In
QUELL’arcangelo del fuoco, ora viveva solo il Principe della Luce.
Lo capì
guardando i suoi occhi verdi pieni di riflessi dorati.
Una quiete
interiore che non aveva mai avuto a causa del suo tormento.
Una meraviglia
senza precedenti. Si sarebbe perso, ma dopo un intenso scambio, mormorò
basso facendolo rabbrividire:
- Sei diventato
colui che dovevi diventare. Ora và e fa quello che devi, non fermare
mai più la tua luce. Brucia e purifica. Io da qua seguirò il mio
destino. -
Non sarebbe
servito dire che nel momento in cui erano stati creati, il loro fato
era già stato segnato. Che non sarebbero mai potuti vivere insieme.
Mikael ascoltò
con attenzione perdendosi nelle sue iridi profonde e grigie, non vide
più quel freddo specchio della sua anima.
L’istinto di
rimanere con lui l’ebbe ma sapeva che non sarebbe stato giusto.
Lui detestava
quel posto e i demoni stessi, non sarebbe mai potuto rimanere lì.
Avrebbe voluto
trovare qualcosa di abbastanza sentimentale o all’altezza da dire,
fargli capire quanto lo amasse comunque e che se tornava ‘su’ non era
per dimenticarlo. Solo perché nell’esistenza di ognuno c’erano delle
cose effettivamente giuste da fare, che solo quella persona poteva
fare.
Avrebbe voluto
lasciargli una prova maggiore del bene che gli voleva, ma non sapeva
quale potesse essere, cosa fare, cosa dire… rimase così ad osservarlo
senza sentirsi più inferiore, in difetto o sconfitto.
Non si era mai
sentito così davanti a Lucifero e sebbene fosse cosciente del divario
della loro forza, non gli importava.
Cercò qualcosa
all’altezza, ma non trovò nulla che non lo imbarazzasse o che non fosse
troppo difficile da dire.
Così si limitò
ad un’unica piccola sentita frase:
- Non
dimenticarmi. Io non lo farò. - E forse avrebbe voluto dire ‘non
smettere di amarmi, non odiarmi, non cancellarmi… ‘ ma quello fu
ugualmente perfetto.
Da lui.
Lucifero
abbozzò un breve sorriso e tirando i muscoli facciali per quel gesto,
gli parve di non aver mai avuto una sola espressione significativa
dalla nascita.
Come se così
facendo permettesse ad un leggero fascio di luce di entrare e
purificarlo per quanto possibile.
Ormai era
dannato, si disse, però quello sarebbe rimasto ugualmente per sempre
con sé e sarebbe stata la parte di Mikael, un regalo che non l’avrebbe
più abbandonato.
- Non lo farò.
- Rispose solo questo, senza aggiungere più nulla se non una lieve
carezza sul mento. Il suo calore si espanse per un attimo, così sfiorò
le labbra con le sue in un ultimo saluto che li scaldò e li fece
rabbrividire.
Dopo di quello
non si sarebbero più visti ed entrambi con questa consapevolezza si
guardarono intensamente un’ultima volta, quindi in perfetto silenzio
Mikael si girò e se ne andò.
Solo un attimo,
solo un istante, mentre percorreva quel tratto di corridoio da solo,
mentre ancora sentiva forte lo spirito del fratello dentro di sé,
mentre andava a posto ogni tassello del suo intricato puzzle che non
era mai riuscito a comporre dalla nascita, mentre ricordava i pochi
momenti in cui da piccoli erano stati felici insieme e poi
sopraggiungeva il dolore, la rabbia, la delusione, il tradimento, la
follia, l’odio e poi di nuovo l’amore… in quello, una sola lacrima gli
scese sulla guancia bruciandolo lungo la sua scia.
La sua scelta
valeva tutto quel dolore?
Arrivato a
Raphael che lo aspettava fuori insieme a Setsuna e Cry per ripartire,
se l’asciugò furtivo tornando a respirare, quindi ammise che
effettivamente per lui valeva la pena.
Fu lì che il
suo viso col drago blu tatuato, si illuminò in un sorriso che fece
scemare in un ghigno, quindi giunto all’arcangelo dell’aria gli tirò
amichevolmente un pugno sulla spalla per scaricare la propria tensione.
- Andiamo! -
Asserì poi con entusiasmo.
Ora poteva
dirlo: la sua nuova vita cominciava da lì.
“Ti
amo, fratello mio… mi mancherai splendente arcangelo rosso del fuoco,
Capo delle Potestà… grande Mikael…”
“E
non ho paura di morire, in qualsiasi momento,
non
mi importa. Perché dovrei avere paura della morte?
Non
vi sarebbe alcuna ragione, prima o poi si deve andare.”
“Non
ho mai detto di avere paura della morte”
/The
great gig in the sky - Pink Floyd/
FINE
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