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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Capitolo 1: Malinconica nostalgia *** Capitolo 2: *** Capitolo 2: Per sempre amici *** Capitolo 3: *** Capitolo 3: Formule magiche *** Capitolo 4: *** Capitolo 4: Nuovi incontri *** Capitolo 5: *** Capitolo 5: Invadenza *** Capitolo 6: *** Capitolo 6: Confessioni e sospetti *** Capitolo 7: *** Capitolo 7: Ritorno a casa *** Capitolo 8: *** Capitolo 8: Natale insolito *** Capitolo 9: *** Capitolo 9: Chiarimenti incerti *** Capitolo 10: *** Capitolo 10: Delusione *** Capitolo 11: *** Capitolo 11: San Valentino *** Capitolo 12: *** Capitolo 12: Sorpresa! *** Capitolo 13: *** Capitolo 13: Cinque tenerissime ore *** Capitolo 14: *** Capitolo 14: Nuovo frugoletto in arrivo *** Capitolo 15: *** Capitolo 15: Dannato Keisuke *** Capitolo 16: *** Capitolo 16: Il gioco delle ripicche *** Capitolo 17: *** Capitolo 17: Nuvole pensierose *** Capitolo 18: *** Capitolo 18: Meno sette *** Capitolo 19: *** Capitolo 19: Canto di petali *** Capitolo 20: *** Capitolo 20: La fioritura dei ciliegi *** Capitolo 21: *** Capitolo 21: No other secrets *** Capitolo 22: *** Capitolo 22: Sotto le ali protettive... ***
Miki poggiò il robottino componi-numeri sulla scrivania,
portò la cornetta all’orecchio e attese.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
“Che sia a lezione?”ipotizzò Miki.
Quattro squilli.
“Click…” il viso di Miki sì illuminò per qualche secondo.
“Ciao, Will e Yuu sono assenti in questo momento. Se volete
potete lasciare un messaggio dopo il segnale acustico.”
“Oh, no! Uffa, ancora la segreteria!!”si lamentò la ragazza.
”Peccato, ci tenevo così tanto a sentirlo…Yuu, ma dove sei finito?” Decise
comunque di lasciargli un messaggio, magari avrebbe richiamato più tardi.
“Yuu, sono io…quando torni chiamami, ho tante cose da dirti!
Prima di tutte, che per il tuo prossimo compleanno ti regalerò un
telefonino!”scherzò Miki. E riattaccò.
Si sentiva un po’ triste e delusa. Sperava così tanto di
trovarlo al campus; era così ansiosa di dirgli che era riuscita a superare
l’esame di ammissione alla facoltà di design d’interni…non quella di Tokyo…ma
quella di Londra!! Ne andava molto fiera, anche perché aveva praticamente
trascorso gli ultimi tre mesi chiusa in biblioteca a studiare inglese…o almeno,
cercava di capirci qualcosa, di inglese! Fortunatamente l’aiuto di Yuu fu molto
propizio, lui era sicuramente più pratico e informato in materia! E così, a
poco a poco, aveva imparato forme verbali, vocaboli, espressioni di cortesia e
quant’altro era necessario di sapere nelle varie circostanze che le si
sarebbero presentate. Senza il suo aiuto, probabilmente si sarebbe giocata
l’intera estate!
Ripensando a quei momenti trascorsi così serenamente e
spensieratamente con il suo Yuu, Miki si sentì un nodo in gola…Dio, quanto gli
mancava!! Erano così lontani l’uno dall’altra…lui avrebbe continuato a studiare
in America ancora per molto tempo, si era iscritto ad una prestigiosa
università statunitense per studiare architettura, la sua grande passione.
”Yuu…chissà se ti piace il nuovo ambiente…” Miki sorrise; sapeva che nel giro
di pochi anni il suo fidanzato avrebbe visto realizzato il suo sogno…e lei non
voleva altro se non la sua felicità.
Miki gettò un’occhiata alle due valigie poggiate sul
pavimento, una delle quali aperta per metà; era piuttosto stanca, in fondo era
tornata da Londra solo un’ora prima. Si alzò dalla scrivania e si buttò a peso
morto sul letto. “Yaaaaaawn…I’m
so tired!!! Non ho proprio voglia di disfare le valigie adesso…ci
penserò più tardi…” Chiuse gli occhi.
Dopo cinque minuti il telefono squillò; Miki sobbalzò e
corse a rispondere. Un’ondata di entusiasmo la avvolse. “Oddio, questo è lui,
ne sono sicura!! Arrivooo!!”
Afferrò la cornetta del ricevitore con entrambe le mani, ma
a causa dell’impeto del momento le scivolò e cadde sul pavimento.
“Aaah, la solita sbadata!! Vabbè, non fa niente! Pronto??”
“…Miki?! Tutto bene? Cos’era quel rumore??”
Gli occhi della ragazza smisero di brillare, sul suo volto i
segni della delusione.
“Ah, Ginta, sei tu…no, niente, mi è caduta la cornetta per
terra…sai come sono fatta, no? Meno male che non si è rotta.”
“Che ti succede? Cos’è questa voce malinconica e svogliata?”
le chiese il ragazzo.
“N-no, niente, sono solo…un po’ stanca, tutto qui.” Cercava
di assumere un tono di voce il più naturale possibile. Ma si sa, non era mai
stata brava a mentire. “Sono tornata da Londra solo qualche ora fa, mi stavo
riposando sul letto…Dodici ore di volo sono piuttosto pesanti!”
“Già, il tuo esame di ammissione! Dovrai raccontarci com’è
andata! Volevo giusto chiederti se stasera ti andava di andare a mangiare una
pizza tutti insieme…sempre che tu non sia tanto stanca da non poterti nemmeno
alzare dal letto!”disse Ginta.
“Ehi, credi di avere a che fare con una pappamolle?! Certo
che vengo! Sono così felice di potervi rivedere! Ora torno a fare quello che
stavo facendo prima che un rompiscatole mi disturbasse… Vergognati!”scherzò
Miki. Si sentiva più allegra; l’invito di Ginta le aveva decisamente tirato su
il morale.Dal canto suo, Ginta era
contento di essere riuscito a farla ridere.“Ehm…hai ragione, ti chiedo scusa!
Allora ci vediamo più tardi! Ciao, Miki, riposati!”
“Ciao, Ginta…e grazie!” e riabbassò il ricevitore.
“Mi farà bene distrarmi…e poi è tanto che non passiamo una
serata tutti insieme! Certo, se ci fosse anche lui…” Miki si rabbuiò per
qualche istante, poi scosse la testa. “Basta, Miki, basta! Ricordati che Yuu
non è andato in America per divertirsi! E se fosse qui con te, non vorrebbe
vederti così abbattuta!”si disse. Si sentiva rinfrancata dalle sue stesse
parole.
“Certo però che sono stanca per davvero…” guardò il soffice
piumone colorato del letto con desiderio. “Ma sì, non c’è niente di male se mi
faccio un pisolino prima di uscire…così almeno se ne andranno alcune di queste
brutte occhiaie!”
Miki agguantò la sveglia, la puntò sull’ora che aveva
stabilito come più adatta per cominciare a prepararsi e la poggiò sul comodino,
per essere sicura di sentirla quando avrebbe suonato. Dopodichè si accomodò sul
letto (“Non è mai stato così morbido…”), appoggiò la testa sul cuscino e dopo
pochi secondi scivolò in un sonno profondo…
Miki e Yu siedono vicini, l’uno accanto all’altra, su quella
famosa panchina del parco. Si guardano intensamente negli occhi, lui le prende
le mani con delicatezza, le stringe con le sue, i loro visi stanno per
sfiorarsi e…
DRIIIIIIIIIIIIIN!!!
“Aaaaaaaaaaaaah!! Che è?! Che succede?!” Miki si svegliò di
soprassalto al suono assordante della sveglia. Procedendo a tastoni sul
comodino, premette un pulsante e la suoneria cessò all’istante.
“Yaaaawn…Cavolo, stavo sognando Yu…questa maledetta sveglia doveva suonare
proprio sul più bello?!” Stiracchiandosi, Miki si ripropose di comprarne
un’altra che suonasse qualche melodia più soave…almeno, il risveglio sarebbe
stato più piacevole!
“Ehi, non ricordavo di averla puntata così tardi…sta a
vedere che se non mi do una mossa arrivo tardi all’appuntamento…che figura ci
farei…oh bè, tanto ci sono abituati!”
Miki si alzò e si diresse verso l’armadio; aprì le due ante
e si mise ad osservare quello che vi era contenuto. “Vediamo un po’…stasera fa
piuttosto caldo, quindi potrei mettermi questa!” disse, prendendo una stampella
a cui era appesa una gonna color crema. “…Ma non ho la maglietta adatta! Uff…”
e la gettò sul letto. “Allora questa!” disse tirando fuori un’altra gonna, ma
stavolta a pieghe e color rosa perlato. “Naaa, troppo elegante! Vado fuori con
gli amici, mica a un ricevimento!” e via anche questa sul letto.
Mezz’ora dopo l’armadio era mezzo vuoto e sul letto si era
formata una pila di vestiti piuttosto notevole. “Uffa! Possibile che non ci sia
niente che mi soddisfi, stasera?! Oddio, guarda com’è tardi! Mi faranno a
fettine!”
Alla fine optò per la prima gonna che aveva trovato, quella
color crema; riguardo alla maglietta…fece un piccolo prelievo dall’armadio di
sua madre, in fondo cosa c’era di male???
Si passò un velo di fard color pesca sulle guance, raccolse
i lunghi capelli castani in due codine sbarazzine e finalmente era pronta per
uscire.
“Miki, finalmente sei pronta! Ero stanco di aspettarti!”
“Micheal?? Ma…”Miki era leggermente confusa.
“Vengo anch’io
stasera, Ginta non te l’ha detto?”
“Ah! No,
dev’essergli sfuggito! Bè, allora meglio così! Possiamo fare la strada
insieme!” Miki era contenta, più erano e più si sarebbero divertiti!
“Ciao a tutti! Noi usciamo!!” i due amici salutarono i
genitori.
“Ciao, ragazzi, non fate troppo tardi! Miki, ma quella non è
la mia m…”
“…Non so di cosa tu stia parlando!! Ciaociaociaociaociao!!”
Miki si affrettò ad uscire dalla porta di casa.
“Quando torneremo ti ucciderà…questa è una delle magliette
preferite di mamma Rumi!” disse Micheal scendendo le scale del vialetto.
“Oh, sai quant’è che non la mette? È peggio di una bambina,
te lo giuro!” rise Miki.
Chiaccherando animatamente lungo la strada, Miki e Micheal
arrivarono al luogo dell’appuntamento con circa dieci minuti di ritardo(!).
“Eccoli, finalmente! Di chi è la colpa, stavolta?” C’erano
davvero tutti: Ginta, Arimi, Meiko,Tsutomu, Yayoi, Suzu, Kei.
“Non si sa chi di
voi due sia il più ritardatario! Eravamo stanchi di aspettare!”
“Avete ragione…scusate, è colpa mia! Sono stata mezz’ora
davanti all’armadio!”disse Miki.
“Miki, che bello rivederti!” la sua migliore amica Meiko
corse ad abbracciarla. “Aspettavo una tua telefonata, oggi pomeriggio…sarei
voluta venire all’aeroporto, ma non ho proprio fatto in tempo!” “Hai ragione,
solo che ero così stanca che mi sono addormentata!”
Una parola balenò nella mente della ragazza.
“Telefonare?…oh, no! Ho dimenticato di attivare la segreteria telefonica! Se
chiamasse Yu non mi troverebbe a casa!” Miki era nel panico, pensò addirittura
di fare una corsa a casa e tornare.
“Tranquilla, Miki, ci ho pensato io!!!” intervenne Micheal.
“COSA?! DAVVERO?! UAH, MICHEAL, SEI UN TESORO!!!” Miki per
poco gli si gettò al collo. Ora sì che era tranquilla, anche troppo!
“Eh, sì…modestamente…sono troppo forte! Micheal Grant for president!!” scherzò
il ragazzo.
Tutti risero. Dopodichè si sedettero al loro tavolo.
Miki notò con piacere che Suzu si era seduta vicino a Kei.
Li aveva sempre considerati una bella coppia. “Ehi, voi due…a quando le nozze?”
“Guarda che mica
stiamo insieme!”esclamò Kei. “Èlei che
mi si è appiccicata addosso!!”
Suzu lo guardò
divertita. “Kei, non raccontare bugie!! E poi non stare sempre a lamentarti!”
Kei arrossì. “Ma cosa…oh, basta, ci rinuncio! Rimarrai
sempre una bambina rompiscatole!”
Suzu si staccò dal braccio di Kei e gli voltò le spalle,
indispettita. “Tsk! Antipatico!”
Miki rise.
“Allora, Miki…dicci…com’è andata a Londra?” chiese Arimi.
“Già, e l’esame d’ammissione?” aggiunse Yayoi.
Miki sorrise
furbescamente. “Londra è una città davvero pittoresca…è stupenda! Sono così
contenta di potermi trasferire laggiù…per frequentare la mia futura
università!!!” Stava quasi per alzarsi e urlare dalla gioia.
“Uaaah!! Ma allora l’hai superato!!!”
“Sapevo che ce
l’avresti fatta!”
“Sei grande, Miki!”
“E’ una notizia
fantastica!!”
Tutti si
congratularono con lei. E lei era così contenta di aver avuto l’appoggio dei
suoi amici. “Devo però ammettere che erano delle domande piuttosto
complicate…ci ho messo un po’ a decifrarle tutte, considerando che non ero
nemmeno molto pratica della lingua!”
“Già…è tutto merito degli insegnamenti di Yu…Ops…” Tsutomu
si tappò la bocca con una mano. Aveva toccato un tasto molto delicato. Al nome
di Yuu gli occhi di Miki si velarono leggermente.
Ginta diede un pugno in testa al cugino.”Rokutanda, sei
sempre il solito idiota!!!” gli “sussurrò” all’orecchio.
“Moan…mi dispiace!”
Meiko, notando lo sguardo malinconico dell’amica, cercò di
cambiare discorso.
“E quando pensi di partire, più o meno?”
“Oh, credo fra poco più di una settimana…ho già affittato
una stanza nel dormitorio dell’università…è così carina!”disse Miki il più
allegramente possibile. “Probabilmente la dividerò con un’altra
inquilina…speriamo che almeno sia simpatica!”
“Ma se tu ti trasferirai a Londra…questo vuol dire che non
ci vedremo per molti mesi…”notò Arimi con disappunto.
“Già, purtroppo è così…ma non preoccupatevi, tornerò a
trovarvi ogni volta che avrò un po’ di tempo libero! Su, non fate quelle
facce…dispiace tanto anche a me…” Miki cercava di calmarli, ma in realtà quella
che era più dispiaciuta per la separazione era proprio lei…i suoi più cari
amici erano sempre stati i suoi punti di riferimento; il pensiero che non li
avrebbe rivisti fino al Natale aveva il potere di gettarla nello sconforto e
nella tristezza.
“Come faremo senza di te?? Non avrò più nessuno da battere a
tennis!”si lamentò Ginta, cercando di buttarla sullo scherzo.
“Per il tennis non ci sono problemi…anche quando sarò là ho
intenzione di iscrivermi al circolo dell’università, sempre che ci sia…e quando
ci rincontreremo sul campo ti batterò ad occhi chiusi!”
Arimi irruppe nel discorso: “Comunque, secondo me non
abbiamo da preoccuparci…siamo amici e amici resteremo, anche se ci troveremo a
mille miglia di distanza!!”
“Ben detto, Arimi! Ne sono convinta anch’io!”esclamò Yayoi.
Meiko sorrise; lei sarebbe andata a vivere ad Hiroshima con Nacchan, e sapeva
che anche nel suo caso i suoi amici non l’avrebbero abbandonata. E fu proprio
lei a parlare, poco dopo…”Brindiamo alla nostra amicizia! Cin cin!” “Cin cin!!”
I bicchieri dei ragazzi si scontrarono tra loro, provocando un vivace
tintinnio.
La serata trascorse serenamente e in allegria; tutti si
divertirono, nessuno escluso.
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Verso mezzanotte i ragazzi si salutarono.
“Ciao, Miki, verremo a salutarti all’aeroporto!!”
“Ciao, ragazzi, grazie! Vi aspetterò!”
Miki e Micheal si incamminarono verso casa; ‘Yu avrà
chiamato? Ho così voglia di sentire la sua voce…’pensava Miki.
Micheal doveva
averlo intuito, perché le disse: ”Stai pensando a lui, eeh??” Le strizzò
l’occhio; Miki arrossì leggermente. “Ehm…no, che dici?? Non è vero!…bè,
oddio…forse…un pochino…e dai, smettila!!” Micheal aveva cominciato a darle
delle piccole gomitate sul fianco.
“Giuro che se stasera non ha chiamato prendo il primo aereo
per New York, vado al campus e gli do un cazzotto sul muso!!”
“Eh, eh!! Non ti azzardare, altrimenti sarai tu quello che
si prenderà un cazzotto!!” Miki rideva. La sua ansia si era un po’ acquietata.
“Ok, farò il
bravo…!”
Arrivati a casa, Miki infilò la chiave nella serratura e la
girò lentamente, cercando di fare il meno rumore possibile: probabilmente i
suoi genitori stavano già dormendo. Entrata, corse al telefono per vedere se
nella segreteria ci fosse qualche messaggio, ma la spia rossa era spenta.
“Oh, no…non mi ha
richiamato…ma Yu…dove ti sei cacciato?” Miki sentì spegnersi quel barlume di
speranza che le si era acceso nel cuore. Diede la buonanotte a Micheal e corse
in camera sua; si mise seduta sul pavimento con la schiena appoggiata alla
porta chiusa.
“Yu…cosa stai
facendo in questo momento? Possibile che tu non abbia sentito il messaggio che
ti ho lasciato in segreteria? Sto male…voglio parlarti…” stava quasi per
piangere. D’istinto prese in mano la cornetta del telefono e compose il numero
del campus.
“Ancora la
segreteria…cavolo…”
Miki passò una notte tormentata, piena di sogni… Continuava
a rigirarsi nel letto. Il giorno dopo avrebbe fatto un altro tentativo…di una
cosa era sicura: sarebbe riuscita a parlare con Yu prima della sua partenza per
Londra.
Era già passata una settimana da quel giorno. Miki si
sentiva molto eccitata: il giorno successivo sarebbe partita per Londra. Era
così impaziente che aveva cominciato a scegliere la roba da portarsi due giorni
prima. E Yuu non aveva ancora chiamato…e lei non era nemmeno riuscita a
trovarlo al campus…Non erano mai stati senza parlarsi per così tanto tempo…Miki
ce l’aveva quasi con lui. Ma allora non gliene importava niente di lei?!
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Erano le sei del pomeriggio. Il sole stava tramontando,
dalla finestra della camera filtrava una calda luce di un arancio intenso. Sul
letto una valigia aperta, pronta a contenere magliette, scarpe, felpe…
Miki stava prendendo qualcosa dall’armadio, poi sbuffò.
“Uff…sono così stanca…sono tre giorni che non mi fermo un attimo…sembro una
trottola! E comprati questo, e portati quello…come se non bastasse ci si
mettono anche quei pazzi dei miei genitori…E mandaci qualche regalino, e
portaci dei dolcetti…credono che vada a divertirmi?! Hm, questa maglietta
potrebbe tornarmi utile!” disse, piegandola e infilandola nella valigia. Ormai
era piena fino all’orlo; Miki la chiuse e, anche se con non poca fatica, fece
scattare il lucchetto. In quel momento entrarono (senza bussare) mamma Rumi e
mamma Chiyako.
“Miki, hai già fatto le valigie? Potevamo darti una mano!”
disse mamma Chiyako.
Miki, inorridendo all’idea, esclamò: “M-ma no, non ne avevo
bisogno…”
Ma prima che riuscisse a terminare la frase, mamma Rumi
aveva già aperto la valigia.
“Miki, ma…hai intenzione di portarti COSI’ poca roba?!” Miki
cadde a gambe all’aria.
“Guarda che in Inghilterra il clima non è caldo come qui da
noi. E inoltre è molto variabile. Hai bisogno di più felpe e pigiami di lana!”
Così dicendo aprì i cassetti del comò e vi frugò dentro.
“Però qui ormai non entra più niente…” notò mamma Chiyako.
“Ti presto il mio borsone, ti sarà comodo anche quando vorrai fare qualche
giretto fuori città!”
Miki ormai si era rassegnata; non cambiavano proprio mai! “E
va bene…farò come dite voi!”
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Mezz’ora dopo anche il borsone era pronto. Miki si affacciò
alla finestra appoggiandosi sul davanzale; aveva bisogno di aria fresca. Le due
mamme, invece, erano ancora piene di energia.
“Visto? Ci voleva la nostra consulenza!”
“Non era il caso. E poi non dovete fare tanti
sforzi…aspettate dei bambini!” si lamentò Miki.
Voleva rimanere da sola per un po’. “Potete uscire, per
favore? Dovrei fare una…ehm…telefonata.”
Buttò lì la prima scusa che le venne in mente.
“Oh…certo, tesoro! Ti lasciamo sola! Abbiamo capito chi vuoi
chiamare…!” disse mamma Rumi, strizzando l’occhio.
“Tranquilla, sloggiamo subito! Ti chiamiamo quando è pronta
la cena! Salutacelo!!” ed uscirono dalla stanza ridacchiando.
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“Tsk…impiccione!” pensò Miki. Però ci avevano quasi
azzeccato…gli mancava un sacco, aveva una voglia matta di chiamarlo, ma aveva
deciso che doveva essere lui quello che avrebbe dovuto prendere in mano la
cornetta prima della sua partenza. “Vediamo un po’ se il signorino inrovabile
si degnerà di salutarmi prima di domani…”
DRIIIN…DRIIIN…
“Ehi, che sia lui?” Miki corse a rispondere. “P-pronto?”
“Ciao, Miki! È tutto pronto per domattina?”
“Oh, ciao, Meiko…sì, sto a buon punto…devo solo riordinare i
libri nello zaino.”
“Cos’hai? Perché così afflitta?” Meiko la conosceva troppo
bene, capiva subito quando nell’amica c’era qualcosa che non andava.
“Bè…il fatto è che credevo fosse Yuu…”
“Come, non ti ha ancora chiamato?!” Meiko era stupita.
“No…comincio a temere di non riuscire a sentirlo prima di
domani…”
“Ma allora perché non provi a richiamarlo tu?”
“Perché tanto ci ho già provato un sacco di volte e non mi
ha mai richiamato!” Miki si stava spazientendo; stava sfogando tutta la rabbia
e lo stress accumulato in quei giorni. “Possibile che non trovi il tempo per
darmi un colpo di telefono?! Eppure non ci vuole uno sforzo molto grande, non
pensi?”
“Sì, hai ragione…però adesso calmati! Comunque secondo me
non è il caso di preoccuparsi così tanto…Yuu non è quel genere di ragazzo a cui
non importa niente dei sentimenti altrui…se ancora non ti ha chiamato
probabilmente avrà avuto i suoi buoni motivi! Dagli un po’ di fiducia!” Il tono
di voce di Meiko era dolce e rassicurante. Anche in questo caso riuscì a
sbollire l’umore nero di Miki.
“Ti ringrazio, Meiko…non so come farei senza di te!! Ma come
fai a dare sempre questi consigli?”
“Il fatto è che ti conosco troppo bene, Miki! Ora ti lascio,
immagino che stasera tu voglia andare a letto presto!”
“In effetti hai ragione, questo pomeriggio non ho fatto
altro che preparare i bagagli! Sembra che stia per traslocare!”
“In un certo senso è così! Ci vediamo domattina
all’aeroporto! Ciao ciao!”
“Bye bye Meiko!”
Poggiò il telefono sulla scrivania e rimase a fissarlo per
alcuni secondi. Le tornò in mente quella volta in cui Arimi le aveva suggerito
una formula magica per far sì che Yuu la chiamasse.
“Aspetta…com’era? Shikikawa Kami
…credo…eh eh! Poco dopo Yuu mi chiamò per davvero! Che strana coincidenza…”
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E proprio in quel momento…
DRIIIN…
“Oh…cosa…pronto?”
“Miki!”
“Yuu!!”
Il cuore di Miki si gonfiò di gioia al suono della sua voce.
“Ti prego, scusa se non mi sono fatto sentire prima! Mi
trovavo nella casa al mare di Brian, a Long Island, e purtroppo il telefono era
guasto. Siamo appena tornati al campus e…ma stai piangendo?”
Era così: calde lacrime bagnavano il viso di Miki, ancora
radioso per quella sorpresa quasi inaspettata.
“Scusa…sniff…è che avevo paura di…di non riuscire a parlarti
prima della mia partenza…”
“Oh, Miki, mi dispiace così tanto, sono uno stupido…” Yuu
era sinceramente pentito. “Aspetta un attimo…la tua partenza?! Ma allora questo
vuol dire che…”
“Sì, andrò a Londra!! Ho superato l’esame di ammissione!!”
“Ma è fantastico! Congratulazioni, piccola mia! Sapevo che
ce l’avresti fatta!”
“Grazie…ma devo ammettere che il merito è tutto tuo…se non
mi avessi aiutata quest’estate oggi sarei ancora qui in Giappone!”
“Non dire sciocchezze…sei tu quella che ha sostenuto
l’esame, mica io! E quando partirai?”
“Domattina, verso le otto e mezza…uffa, mi aspetta una
levataccia!”
Continuarono a chiacchierare per circa mezz’ora, parlando
delle rispettive università, delle lezioni e desiderando di essere insieme,
l’uno vicino all’altra.
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Quando si salutarono Miki si sentì decisamente più allegra e
positiva; finalmente era riuscita a parlare con Yuu! Si sentiva al settimo
cielo, aveva già dimenticato tutti quei cattivi pensieri che le avevano
attraversato la mente per l’intera settimana.
“MIKIIII!!! Vieni, è pronto!”
Dopo cena Miki filò immediatamente sotto le coperte, per
essere sicura di svegliarsi in tempo; ma non si addormentò subito: rimase per
un bel po’ a fantasticare su come sarebbe stata la sua nuova vita, se avrebbe
sentito la mancanza della sua famiglia e dei suoi amici, come si sarebbe
trovata nel nuovo appartamento, se Yuu sarebbe mai venuto a trovarla…
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“Miki!! Ancora non ti sei alzata?! Sbrigati! Vuoi perdere
l’aereo?!”
Miki, con la voce ancora impastata di sonno: “Mmh…ma che ore
sono…COSA?! LE OTTO?! L’aereo parte fra trenta minuti!!” E corri per tutta
casa…
“Cavolo, dov’è la borsa? Oddio, l’ho persa!!”
“Insomma, Miki! Vuoi darti una mossa?!”
Miki ormai era nel panico. “Arrivo, papà! Sto cercando la
borsa!”
“Ma che dici? L’ho già caricata! Dai, ora andiamo!”
“Ah…davvero? Meglio così!”
Quando Jin mise in moto l’auto Miki si voltò indietro per
un’ultima occhiata alla sua villetta e al resto della famiglia, che era ancora impegnata a sventolare le mani al suo indirizzo, e la seguì con lo sguardo fino a che non
scomparve dietro il primo angolo che ebbero svoltato.
“Ciao ciao…ci rivedremo a dicembre!” mormorò tra sè con un velo di nostalgia che l'accompagnò durante tutto l'intero percorso.
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Arrivati all’aeroporto, non molto distante da casa, Jin e la figlia si precipitarono fuori dall'abitacolo, spalancando il portellone posteriore e trascinando a terra la grande quantità di valigie che vi erano contenute cercando di
impiegarvi il minor tempo possibile.
Scaricarono i bagagli ed entrarono per effettuare il
check-in; nella sala d’attesa Miki trovò, con sua grande gioia, tutti i suoi
amici, con l’unica differenza che stavolta era venuto anche Satoshi.
“Ragazzi! Ci siete tutti!”
“Miki!! Allora ci siamo…” disse Ginta.
“Già! Sono così nervosa…ma non vedo l’ora di arrivare!!” Il
corpo di Miki era attraversato da scariche di pura adrenalina.
“Mi raccomando…fai buon viaggio!” disse Meiko.
“E chiamaci quando arrivi! Devi raccontarci tutto!” aggiunse
Kei.
Miki era commossa, il suo labbro tremava leggermente. “Ma
certo, non preoccupatevi! Vi chiamerò ogni giorno, se mi sarà possibile!”
Dopodichè si strinse in un forte abbraccio con tutti loro.
“Il volo Tokyo-Heathrow è pronto a partire. Prego recarsi al
portello.” Miki sussultò. Era ora.
“Devo andare…ciao a tutti!” prese i bagagli e si incamminò
verso la sua uscita.
“Ciao Miki, in bocca al lupo! Fai buon viaggio!” Tutti loro
agitarono la mano in aria, e restarono lì finchè non videro quell’aereo
sfrecciare in alto nel cielo lasciando dietro di sé una lunga scia argentata.
“Attenzione, signori passeggeri. L’aereo sta per atterrare
all’aeroporto di Heathrow. Allacciare le cinture di sicurezza.” Finalmente
cominciava a intravedersi la costa atlantica.
L’aereo planò fino a toccare la pedana d’atterraggio, poi
rallentò progressivamente fino a fermarsi del tutto.
Miki lasciò il suo sedile, sbadigliò e si stiracchiò; non ne
poteva più di stare seduta… Dopodichè si accodò con gli altri passeggeri che
scendevano dall’aereo. Una volta arrivata in fondo alle scalette, attraversò i
portelli, recuperò i bagagli e si diresse verso la stazione dei taxi.
Erano circa le otto di sera, il sole era già tramontato da
qualche minuto. Miki, dal finestrino del taxi, rimase a godersi il paesaggio
con gli occhi sgranati. “Wow…l’Inghilterra di notte è ancora più affascinante!
Guarda quante luci…com’è romantico!”
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Dopo una mezz’oretta il taxi si fermò davanti al campus
dell’università, alla periferia di Londra.
Miki scese dall’abitacolo, scaricò le valigie, pagò il
conducente e si incamminò verso il dormitorio.
Entrò dalla porta principale e la prima cosa che si trovò
davanti fu un salottino di ritrovo gremito di studenti che cominciarono a
fissarla incuriositi; Miki arrossì violentemente e rimase lì impalata, senza
aprire bocca. ‘Cavolo…com’è imbarazzante! Cosa ci faccio qui? Che figura!! Dai,
Miki, dì qualcosa!’ Ma prima che potesse venirle in mente qualunque cosa, una
ragazza dall’aria simpatica, con lunghi capelli biondi e ricci le si avvicinò e
le disse: “Hello! I’m Hailey!
Are you a new student?”
Miki, se possibile,
divenne ancora più rossa. “Ehm…y-yes,
I’m a new student...my name is Miki.” La ragazza sorrise, le prese la
mano ed esclamò: “Nice to meet you! Your name is very nice!” “Oh...thank you!” Miki le sorrise a sua
volta; ora si sentiva più a suo agio. Anche gli altri ragazzi distolsero lo
sguardo, avevano capito che ormai sarebbe diventata un’abitudine vederla
gironzolare da quelle parti.
Miki disse alla sua nuova amica che doveva andare a ritirare
le chiavi della sua stanza (o almeno farfugliò qualcosa di simile); Hailey si
offrì di accompagnarla.
Notando il numero
della camera impresso sulle chiavi di Miki, Hailey disse gioiosa: “Oh…but…we’re
in the same room!!” Miki non era molto sicura di aver capito cosa avesse detto,
ma poi ne ebbe la conferma, perché la ragazza le mostrò la sua chiave, identica
a quella che aveva in mano lei. Anche Miki era contenta di dividere la sua
stanza con Hailey, dava l’impressione di essere così simpatica! E poi era
l’unica persona che conosceva, fino a quel momento.
Si recarono al piano superiore; individuata la stanza, Miki
infilò la chiave nella toppa ed entrò. A prima vista le parve molto carina ed
accogliente; esaminò bene l’ambiente: un salottino con un piccolo divano e una
poltrona, a destra una stanzetta adibita a cucina, a sinistra un’altra porta
attraverso la quale si accedeva alle camere da letto e vicino ad essa un’ultima
porta chiusa che, ipotizzò Miki, doveva essere il bagno.
“Do you
like it?” le chiese Hailey.
“I LOVE
it!!” le rispose Miki, con gli occhi che brillavano. “It’s really nice!”
Hailey sorrise, poi la portò a vedere la camera da letto.
Non era molto grande, ma ospitava alla perfezione due letti, adiacenti alle
pareti, una scrivania al centro, sotto una ampia finestra, e una piccola
libreria.
“Da oggi questa sarà la mia nuova casa…e mi piace da
morire!!” Era così felice di trovarsi lì…avrebbe cominciato una vita tutta
diversa da quella che aveva lasciato in Giappone. Involontariamente, le vennero
in mente Meiko, Ginta, Arimi…come avrebbe voluto condividere con loro quel
momento così magico! E poi pensò a Yuu…chissà, forse anche lui aveva provato
una sensazione simile, quando arrivò a New York per la prima volta…
Hailey la risvegliò dal suo sogno ad occhi aperti
ricordandole che aveva lasciato le sue valigie di sotto. Miki corse al piano
inferiore e le trasportò fino in camera.
Era troppo stanca per disfarle…in quel momento l’unica cosa
che voleva veramente era dormire per quattordici ore di fila. Tirò fuori solo
il pigiama e lo spazzolino da denti; diede la buonanotte ad Hailey, che sarebbe
rimasta in piedi ancora per un po’, e si ficcò sotto le lenzuola.
“Ooh, come sono ruvide…” ma non ci fece caso più di tanto;
crollò come un sasso.
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La mattina dopo Miki si svegliò di buon’ora; i tiepidi raggi
dell’ultimo sole estivo filtravano indisturbati dalla finestra, illuminando la
stanza. Uno di essi colpì in pieno viso Hailey, che stava ancora dormendo
nell’altro letto; fece una smorfia e si girò verso il muro.
Miki si alzò e si avvicinò alla finestra. ‘Aah, che giornata
incantevole! Perfetta per cominciare la mia nuova vita in questa città!’ Ormai
era del tutto sveglia; si vestì in fretta e uscì dalla stanza. Aveva intenzione
di visitare l’università per farsi un’idea generale del nuovo ambiente. Prima,
però…
“…dov’è il
telefono?? Devo chiamare subito Yuu! Voglio dirgli tutto! E poi credo che
cercherò la mensa, ho una fame…ieri sera non ho neanche cenato!”
Però non aveva idea di dove dirigersi per trovare un
telefono…gironzolò per un po’ finchè non trovò la segreteria del campus.
“Che stupida…avrei dovuto pensarci prima!” La signorina
dietro il gabbiotto le indicò il percorso che cercava e inoltre le diede anche
il programma delle lezioni, con tutti gli orari e l’elenco dei corsi.
“Lei è davvero molto
gentile!” le disse allegramente. E corse a telefonare a Yuu. Inutile dire che
faccia fece quando notò quel cartello appeso all’apparecchio che riportava,
scritto a grandi lettere rosse, la parola “GUASTO”.
Miki, amaramente, commentò: “La fortuna è dalla mia parte,
ultimamente…grr, che rabbia!!” si portò le mani nei capelli. Poi sospirò e girò
su se stessa per tornare indietro. Stava camminando ad occhi bassi, quando…
SBAM!! Miki fece qualche passo indietro, poi cadde per terra fra una miriade di
libri.
“Ahiii, che botta!
Ma cosa…” Miki aguzzò la vista e vide davanti a sé un altro ragazzo, anch’egli
a terra, che si stava massaggiando la testa. Realizzò quello che aveva
combinato e si affrettò a raccogliere i libri che gli aveva fatto cadere di
mano.
“Oh! I’m
very sorry!!!”
Tirando su un grosso volume notò l’etichetta che vi era
incollata sopra, che riportava il nome ‘Keisuke Midato’. Miki alzò lo sguardo e
chiese: “Scusa, ma…sei per caso giapponese?”
Il ragazzo, capelli
castani pettinati a caschetto, carnagione rosea e lineamenti ancora infantili,
sgranò i grandi occhi di un azzurro acquoso e le rispose: “S-sì, esatto…anche
tu??”
“Già, è così!
Piacere, mi chiamo Miki Koishikawa!”.
Keisuke sembrava
molto impacciato e arrossì violentemente quando Miki gli strinse la mano
sudaticcia.
“P…piacere, Keisuke Midato”. Squadrò Miki da capo a piedi,
arrossì nuovamente, poi balbettò: “Quando sei arrivata? Non ti ho mai vista
qui.”
“Sono arrivata
giusto ieri sera…volevo fare una telefonata, ma…” e indicò il cartello.
“Chi dovevi chiamare?” gli chiese ansioso il ragazzo.
Miki, tra sé e sé
storse il naso: impiccione! Non voleva prendersi troppe confidenze con quel
tipo. “Oh, niente…i miei genitori… Bè, senti, ora devo salutarti, voglio
continuare il mio giro turistico! Ciao, ci si vede!” e si allontanò affrettando
il passo. Keisuke, prendendo la direzione opposta, si girò a darle un’ultima
occhiata, sorrise e pensò: “Cavolo, è davvero carina…”
Miki proseguì dritta fino in fondo al corridoio, girò
l’angolo e si appoggiò con la schiena al muro.
“Che coincidenza…non mi aspettavo di incontrare un
giapponese qui! Chissà da dove viene…non gliel’ho chiesto! Vabbè, la prossima
volta…”
Riprendendo il tragitto figurò nella mente il viso di
Keisuke. ‘Uhm…sembra ancora un bambinone…fa quasi tenerezza! Come Yuu!’ La sua
immagine si sovrappose a quella di Keisuke; Miki ridacchiò; “Per stavolta ti è
andata bene…ma appena ripareranno il telefono ti chiamerò tre volte al giorno!”
Raggiunse la sua stanza, dove trovò Hailey in piedi,
indaffarata a preparare uova al tegamino.
Dopo colazione decisero di raggiungere il centro della città
per comprare libri, quaderni e tutto quello che sarebbe rimasto utile per le
lezioni.
Quella sera Miki si mise a sfogliare i suoi nuovi libri di
testo…tutti in inglese!!
“Oddio…aiuto!! Le cose sono due…o mi porto sempre dietro un
vocabolario, oppure stanotte resterò in piedi a rincitrullirmi con nuovi
termini da imparare…!”
Scelse la prima opzione…Meno male che si era portata dietro
un vocabolario d’inglese…non molto grande, ma pur sempre utile.
Hailey le si avvicinò e con un sorriso incoraggiante
mormorò: “È meglio se andiamo a dormire… domattina dovremo alzarci presto!!”
Miki le sorrise a sua volta. “Sì, hai ragione…e poi sono
stanca…”
In realtà Miki era sicura che quella notte non avrebbe
dormito granchè…era troppo emozionata per l’inizio delle lezioni! ‘Wow!’
pensava. ‘Nuovi professori, nuovi compagni e…nuova lingua…pazienza, ci farò
l’abitudine prima o poi…’
Effettivamente Miki chiuse gli occhi sì e no un paio d’ore,
ma la mattina dopo era comunque fresca come una rosa.
Si alzò con mezz’ora di anticipo e si diresse in cucina per
preparare la colazione. Hailey la raggiunse poco dopo, già vestita e con lo
zaino in spalla. “Let’s go!”
Durante il tragitto dal dormitorio all’università a Miki
tremavano leggermente le gambe; era così nervosa…
‘Non devo fare figuracce…non devo fare figuracce…non devo
fare figuracce…’ continuava a ripetersi mentalmente.
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Finalmente arrivarono alla loro aula, già assalita da
centinaia di studenti; le due ragazze si accodarono e dopo pochi attimi
entrarono. Miki sgranò gli occhi, molto impressionata: era una stanza enorme,
di forma cilindrica, con grandi vetrate che percorrevano le pareti di contorno;
ai due lati di una lunga scalinata che portava all’ampia lavagna posizionata al
centro dell’aula vi erano centinaia di sedili disposti l’uno accanto all’altro,
in semicerchio.
“Accidenti…proprio come me l’ero immaginata!!” Miki non
poteva fare a meno di sorridere…anzi, avrebbe avuto voglia di mettersi a
ridere. Quanto le piaceva quel posto!!
Miki e Hailey si misero sedute nei primi due sedili liberi
che trovarono, in terza fila; c’era talmente tanta gente che i posti più in
fondo erano tutti occupati. Miki stava tirando fuori il libro di testo e il
quaderno, quando qualcuno gli bussò da dietro sulla spalla; Miki si girò e si
ritrovò davanti agli occhi niente di meno che…Keisuke.
“Ma guarda chi si veeeede!!” Keisuke sembrava molto felice
di vederla.
Miki gli rimandò un sorriso piuttosto tirato. “Ehm…ciao,
Keisuke.”
Keisuke partì in
quarta. “Anche tu qui? Che coincidenza!! Ci siamo visti ieri e già ci rivediamo
oggi!!”
Miki aveva voglia di dargli un pugno sul naso…almeno sarebbe
stato zitto e non avrebbe sparato cavolate del genere. “Eh già…Curioso, eh?”
La ragazza cercava
di dargli meno corda possibile, ma lui non si arrendeva.
“Hai visto quanti studenti, Miki? Sarei dovuto venire
prima…Questo era l’unico posto libero che ho trovato!”
Miki sospirò e
pensò: ‘Fra tutti i posti liberi che c’erano proprio davanti a lui dovevo
mettermi?!’ Si rigirò verso la lavagna, seccata. Non credeva che Keisuke fosse
così…invadente. Era così impacciato durante il loro primo incontro…Hailey aveva
assistito a tutta la scena, incuriosita ma nello stesso tempo divertita.
In quel momento entrò il professore di informatica, un uomo
sulla quarantina con capelli brizzolati e di corporatura piuttosto robusta.
Dopo le dovute presentazioni e l’introduzione del programma di studi che
avrebbe voluto seguire(Miki ci mise un po’ a capire), il professore afferrò il
gesso e cominciò a scrivere alla lavagna l’elenco delle componenti di un
computer. Mentre tutti ricopiavano sui loro blocchi, Keisuke si sporse in
avanti fino ad arrivare all’altezza dell’orecchio di Miki; sorrise e le
sussurrò: “Comunque…ho trovato il sedile con la migliore vista dell’aula!”
A quelle parole, Miki arrossì violentemente.
“Ma che…smettila!”
In quel momento il professore li richiamò entrambi perché
chiudessero la bocca. Qualcuno nelle file dietro ridacchiò silenziosamente,
soffocando gli sbuffi con le mani. Keisuke si riaccomodò sul suo sedile
appoggiandosi sullo schienale, mente Miki avrebbe voluto seppellirsi; era
imbarazzatissima per l’accaduto. ‘CHEFIGURACHEFIGURACHEFIGURA!!!’ Ormai era più
rossa di un gambero.
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Durante tutta la mattinata Miki e Hailey si recarono, in
tutto, in cinque aule. Ogni volta che entrava per una nuova lezione, Miki
sperava che non le accadessero altri eventi “spiacevoli”. Verso le una e mezza
le lezioni furono interrotte per il pranzo. Mentre camminavano verso la mensa,
le due ragazze commentarono la lezione appena conclusa, ma soprattutto la
piccola disavventura di Miki. “Bel modo di cominciare l’anno! Mi sono già fatta
una reputazione!”
Hailey le diede una
pacca sulla spalla. “Non ti preoccupare! Entro un paio di giorni tutti avranno
già dimenticato l’accaduto! E poi c’è chi ha fatto di peggio!”
Miki si sentì leggermente rincuorata. “Se penso che è tutta
colpa di quel bamboccio…tu lo conoscevi?”
“No, ma ne ho sentito parlare…ha la media migliore del suo
liceo.” Miki rimase sorpresa; non aveva di certo l’aria di un secchione!
“Davvero? E quale
liceo frequentava?”
Hailey ci riflettè
per qualche secondo. “Mi sembra di aver letto che frequentava un famoso liceo
di Tokyo…un liceo privato, ma ora non mi ricordo il nome…”
Miki strabuzzò gli
occhi. Aveva un terribile presentimento. “Ehi…non sarà per caso…il liceo
Toryo?!”
Il viso di Hailey si illuminò. “Sì! È proprio quello!!
Ma…come fai a saperlo?!”
Miki avrebbe voluto
trovarsi da un’altra parte. “…Era…il mio liceo…”
“Cosa? Davvero??”
Miki ci pensò…in
cinque anni di scuola, possibile che non l‘avesse mai visto? Le sembrava una
cosa stranissima, eppure era sicurissima di non ricordarsi Keisuke passeggiare
per i corridoi del liceo Toryo.
“Strano…boh! Forse
mi è semplicemente sfuggito…”
Spinsero la porta
d’ingresso alla mensa, afferrarono un vassoio e si accodarono agli altri
studenti; preso il pranzo, si misero sedute ad un tavolo già occupato da altri
due ragazzi. Miki stava per addentare il suo panino imbottito, quando una voce
la sorprese alle spalle.
“Ciao Miki!!! Buon appetito, eh??”
Miki sobbalzò. “Ah, Keisuke…mi hai fatto prendere un colpo,
lo sai?” lo ammonì con aria di rimprovero.
Keisuke fece un musetto triste. “Mi dispiace, non era mia
intenzione…volevo semplicemente salutarti…”
Nonostante la brutta
sorpresa, a quelle parole Miki fu mossa da un impeto di tenerezza. “Scusa se ti
ho aggredito in quel modo…è solo che mi hai colto alla sprovvista!”
Keisuke la guardò
raggiante. “Allora sono perdonato! Evviva! Non avrei voluto che tu mi tenessi
il muso!”
Miki abbassò gli
occhi verso il suo piatto; ‘Perché mi parla come se ci conoscessimo da anni?
Per me è un perfetto estraneo!!’
Keisuke guardò lo
spazio vicino a Miki. “Ehi, Miki, posso sedermi qui? Vedo che c’è un posto
libero…”
Miki squadrò la sedia libera accanto a lei con orrore.
“Veramente…”
Hailey si intromise
nella conversazione. “Ma certo!! Siediti pure qui con noi!”
In tutta risposta ricevette uno sguardo inceneritore da
parte di Miki.
“Uaaah, grazie
mille!! A proposito, io mi chiamo Keisuke! Nice to meet you!” E porse la mano a Hailey.
“Nice to
meet you! Io sono Hailey!” Afferrò la mano che il ragazzo aveva steso e
la strinse con calore. Dopodichè Keisuke poggiò il suo vassoio accanto a quello
di Miki e si sedette.
“Allora, Miki…com’è
andata la giornata? Io ho frequentato altre lezioni…peccato che non ci siamo
più incrociati!!”
‘Mamma mia…portatelo
via da qui!!’ Quanto avrebbe voluto gridarlo a tutti per essere tratta in
salvo.
“Ehm…è andato tutto bene, grazie. Sì, peccato che non ci
siamo visti…potevamo tenere una scenetta comica come quella di stamattina.”
“Eh eh!! Già! È
stato forte, eh? Farci riprendere subito il primo giorno di università!”
… ‘Parla per te…’ Miki sospirò rassegnata; sperava che
almeno riuscisse a cogliere l’ironia delle sue parole! Decise di non dirgli che
avevano frequentato lo stesso liceo: sai che discorsi avrebbe tenuto! Miki
rabbrividì alla sola idea.
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Per tutta la durata della pausa pranzo Keisuke non le lasciò
un minuto d’aria: la bombardò di domande (alle quali la ragazza rispondeva
passivamente e senza scendere nei particolari), di informazioni su di sé, di
quello che pensava dell’università. La povera Miki aveva un mal di testa
tremendo, smise perfino di mangiare accusando un leggero mal di pancia. Non
vedeva l’ora di andarsene da lì. Fortunatamente venne salvata da Hailey, che
dovette andare in bagno. Miki afferrò l’attimo offrendosi di accompagnarla.
“Ciao, Miki! Ci si vede
in giro!”
“Sì…ciao, Keisuke.”
Nel bagno Hailey espresse il proprio commento su Keisuke.
“Carinoo?? Ma cosa ti salta in mente?? Ma l’hai guardato
bene??” Miki era scandalizzata dall’affermazione dell’amica.
“Bè…non sarà una
gran bellezza, ma è molto dolce e mi fa tanta tenerezza!”
“Forse fa tenerezza,
ma è troppo invadente! Non hai visto che non mi ha lasciata in pace un
attimo??”
Hailey la guardò piuttosto sorpresa. “Con me invece è stato
molto discreto e molto poco invadente! Andiamo, Miki…non l’hai ancora capito?!
Gli piaci e sta cercando di attirare la tua attenzione!” Miki si allarmò non
poco e arrossì rapidamente. “Ma…ma che dici?! Come ti viene in mente una cosa
del genere? È impossibile! Con me è così rompiscatole semplicemente perché sono
giapponese come lui!”
“Sì, sì…però, non ti
facevo così ingenua, Miki!”
“Smettila, dai…”
Non era possibile
che Keisuke fosse innamorata di lei, era inconcepibile!! Ripensandoci, però,
Keisuke non sapeva che lei era già impegnata.
“Occavolo! E…e se
fosse vero?? Meglio chiarire subito la situazione…”
Si annotò
mentalmente di parlargli di Yuu alla prima occasione. “Dopo almeno mi lascerà
in pace…spero… Cavolo, non potevo sceglirmi un modo peggiore per cominciare
l’università!! Che situazione imbarazzante!!!”
Capitolo 6 *** Capitolo 6: Confessioni e sospetti ***
Capitolo 6
Capitolo 6: Confessioni e sospetti
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“Devo parlargli di Yuu alla prima occasione…così almeno mi
lascerà in pace!” Miki era decisa a farlo appena avrebbe incontrato Keisuke.
Anche se, a dire il vero, sapeva già che dopo si sarebbe sentita un verme…gli
avrebbe stroncato una speranza.
‘Ma in fondo’,
pensò, ‘non ho la certezza assoluta che io gli piaccia, questa è un’idea di
Hailey…Aah, che confusione!!’ Miki smise di scervellarsi. ‘Ho altro a cui
pensare…chissà se hanno riparato il telefono pubblico…sono due settimane che
non lo sento!’ La ragazza corse a controllare; arrivata nel corridoio, si
accorse di un enorme buco nel muro, lo spazio riservato al telefono a gettoni.
“Cosa? Dov’è finito?!” Miki non capiva perché lo avessero
portato via. Decise di chiedere informazioni in segreteria. La giovane
inserviente bionda nascosta dietro un gabbiotto di vetro le spiegò che era
fuori uso.
“Ah…e quanto tempo
dobbiamo aspettare prima che lo riparino e lo riportino qui?”
La donna ci riflettè
qualche secondo. “Mmh…probabilmente non ce lo riporteranno prima di un
mese…attualmente, purtroppo, la scuola non può permettersi un’altra cabina
telefonica, per il prossimo anno dovremo fare affidamento su quella in
riparazione.”
Miki rimase di stucco. “Un…un mese?! Così tanto?!” Si
allontanò a malincuore dalla segreteria. Si sentiva davvero demoralizzata.
“Un mese…come faccio
a non sentire Yuu per un mese intero?! Mi sento come se fossi stata isolata dal
resto del mondo…anche a casa si staranno preoccupando…” Miki pensò che l’unica
possibilità che aveva era quella di comprare un telefono fisso da tenere in
camera; ma dove andava a pescarli i soldi? Il suo budget era decisamente
ridotto!
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Quando Miki arrivò in camera Hailey non c’era: probabilmente
era già andata a mensa. Decise di raggiungerla: aveva una fame da lupi, a
pranzo non aveva mangiato quasi niente. E poi voleva parlare con la compagna di
stanza riguardo al telefono. Scese le scale del dormitorio, entrò nella
caffetteria e si accodò con gli altri studenti che aspettavano la loro razione
giornaliera di cibo. Mentre scorreva con il suo vassoio, Miki aguzzò lo sguardo
all’intorno per vedere se riusciva a scorgere Hailey.
“Eccola lì!”
La ragazza era
seduta in un tavolo vicino alla finestra, in compagnia di altri due ragazzi e
di…Keisuke. Quando lo vide, Miki sospirò esasperata. “E lui che ci fa lì?! Che
scocciatore!!”
Con svogliatezza,
raggiunse il tavolo.
“Ciao, Miki!” la salutò uno dei ragazzi seduti vicino ad
Hailey.
“Ciao, James! Come va? Ciao, Ashley!”
disse, rivolta alla ragazza castana con le lentiggini accanto a James. Si erano
conosciuti una settimana prima durante un seminario, ma erano diventati subito
buoni amici.
“Ehi, Miki, non mi
saluti?”
“Ciao, Keisuke.” Miki si mise a sedere a capotavola, con
Keisuke da una parte ed Hailey dall’altra. Il paffuto ragazzo era pronto ad
aprire bocca, ma Miki fu più svelta di lui e cominciò a parlottare con Hailey.
Espresse subito il suo disappunto.
“Che ci fa Keisuke
seduto al nostro tavolo?”
“Non lo so…è venuto
qui da solo e si è preso una sedia…non ho avuto il coraggio di cacciarlo via.”
Miki decise di
lasciar perdere quell’argomento e di passare subito a quello che le premeva di
più. “Che ne dici, Hailey? Non sarebbe meglio avere un telefono tutto per noi?”
Hailey pareva interessata all’opportunità.
“Mi piacerebbe
molto, così potrò sentire i miei genitori più spesso! Però non ho molti soldi
da parte, come facciamo?”
“Eh, già…neanch’io
ho molti soldi…” In quel momento Keisuke entrò nella conversazione.
“Posso aiutarvi io!
Sono un parente del proprietario del negozio di telefonia qui vicino! Vedrete
che lo convincerò a farvi uno sconto!”
Miki lo guardò
speranzosa. “Dici davvero??”
Il ragazzo gli
rimandò un sorriso di incoraggiamento. “Ma certo!!”
Miki era raggiante. “Uaah!! Grazie mille!!!” Che bello, era
così felice!
“Ma…” intervenne
Keisuke, “…in cambio, voglio che a scegliere il telefono ci andiamo solo io e
te!”
Miki lo guardò
scioccata. “COSA?!” Alzò gli occhi al cielo; perché non poteva venire anche
Hailey? L’idea non la entusiasmava affatto, ma se questo era l’unico modo per
avere il telefono… “Hmmf…evvabbene!” Inutile descrivere la faccia del ragazzo.
“Perfetto!! Allora
ti passo a prendere domani pomeriggio, dopo le lezioni!”
Miki chiuse gli occhi, rassegnata. ‘Lo sapevo che c’era
l’inganno…’
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Il giorno dopo Miki indossò un paio di jeans, un maglione di
lana e aspettò che Keisuke venisse a prenderla. Non la fece aspettare più di
tanto; prese il portafoglio e insieme uscirono dal dormitorio dell’università.
Miki si restrinse nel cappotto; ormai era novembre, e l’aria si era fatta più
pungente.
I due giunsero nel centro di Londra in pochi minuti; mentre
camminavano verso il negozio, Keisuke cominciò a fare domande a Miki.
“Da quale parte del Giappone vieni?”
“Da Tokyo.”
“Davvero?! Anch’io! Ma che scuola frequentavi?”
Miki temeva questa
domanda. “Ehm…il liceo Toryo…”
Keisuke sgranò gli occhi acquosi. “Coosa?! Il liceo Toryo?!
Ma…anch’io!!”
Miki si finse
sorpresa. “Ah sì? Allora com’è che non ti ho mai visto in giro?”
“Bè, io ero un topo da biblioteca…stavo sempre sui libri!
Infatti non ero iscritto a nessun club, non mi interessava fare sport…La tua faccia,
invece, mi sembra familiare…non giocavi nel club di tennis?”
“Ehm…sì, infatti. Ma
negli ultimi mesi avevo smesso per dedicarmi agli esami.”
Nel frattempo erano arrivati al negozio di telefonia.
Keisuke salutò amichevolmente il commesso, mentre Miki si mise ad osservare i
telefoni contenuti all’interno di una grande teca di vetro.
“Che belli…però che prezzi!” Keisuke la raggiunse alle
spalle. “Ehi, Miki…hai scelto?” “Veramente no…sono tutti così costosi…”
“Tranquilla…scegli
quello che ti piace di più…se non ti bastano i soldi, li aggiungerò io per
arrivare alla cifra!”
Miki lo guardò un
po’ storto. “Ma dai…non voglio che me lo compri tu…”
“Guarda che non è un
problema!”
Alla fine Miki si lasciò convincere e scelse uno spiritoso
telefono color turchese, ma piuttosto costoso; dovette pagare solo un terzo del
costo totale, perché Keisuke insistette per mettere più di metà della cifra. La
ragazza uscì dal negozio soddisfatta, ma si sentiva un po’ in colpa.
“Grazie…ti ridarò tutto quello che hai speso non appena i
miei genitori mi riforniranno!”
Keisuke scosse la
testa. “Lascia stare…è stato un piacere regalartelo! D’altro canto, non si
incontra tutti i giorni una ragazza carina e intelligente come te!” Miki
arrossì, ma non aprì bocca.
‘Ci siamo… questo è
il momento migliore per dirgli di Yuu…ma come fare per non essere troppo
brusca?’
Keisuke si mise a
fissarla. Miki stava attenta a non guardarlo dritto negli occhi.
“Sto davvero bene con te, Miki…”
A quelle parole Miki
arrossì ancora di più. ‘Oh, mamma…devo fare qualcosa prima che ci resti troppo
male!’ Continuando a tenere gli occhi bassi, prese la busta del negozio con
entrambe le mani e osservò la confezione che vi era dentro.
“Ehm…ehe…quando stasera chiamerò Yuu si chiederà dove ho
preso i soldi per comprare il mio nuovo telefono…sono sempre al verde…”
Keisuke la squadrò incuriosito. “Yuu? Chi è Yuu?” Miki si
sentiva già male. “Ehm…è…il mio ragazzo. Si chiama Yuu Matsura.” Come previsto,
si sentiva un verme.
Keisuke si azzittì per qualche secondo, con una faccia che
non faceva trasparire alcuna emozione. “Keisuke…”
Improvvisamente il
ragazzo alzò la testa. “Yuu Matsura…Dimmi…è quel ragazzo biondo che veniva
spesso in biblioteca?”
“Sì, è lui…”
Keisuke fece una
faccia incredula. “Matsura? Quel galletto? Non me lo sarei mai aspettato che tu
stessi con uno come lui!”
Miki si innervosì.
“Non è un galletto! Si vede benissimo che non lo conosci abbastanza! Yuu è
tutto meno che un playboy!”
Keisuke le sorrise.
“Ah sì, eh? Allora dimmi cos’ha lui che io non ho!”
La ragazza non sapeva cosa dire. “Che razza di domanda è
questa?! Non posso paragonarti a lui! Io…”
Il ragazzo la interruppe. “Te la dico io una differenza…lui
è in Giappone, mentre io…sono qui vicino a te! Lascialo perdere! Non ti
conviene!”
Miki ora era veramente arrabbiata. “Ma come…come ti
permetti?! Ma tu che ne sai di me e Yuu?! E poi tu non mi piaci affatto, ci
siamo conosciuti solo un mese e mezzo fa ma non ti conosco nemmeno!!”
“E va bene…non dico
altro! In fondo dovevo immaginarlo che tu fossi già impegnata…”
Keisuke, però, non
aveva intenzione di arrendersi così facilmente.
‘Imparerai a conoscermi molto presto…e poi ti renderai conto
dell’occasione che hai a portata di mano!’
In quel momento arrivò l’autobus. Miki salì e Keisuke dopo
di lei. Per tutto il viaggio nessuno dei due aprì bocca. Miki stava sbollendo
la rabbia che aveva accumulato poco prima. ‘Quello stupido! Ma chi si crede di
essere?! E io che avevo paura di spezzargli il cuore…Mi ha quasi aggredito! Yuu
non è un galletto…e poi lui che ne sa? Non ci ha mai avuto niente a che fare!!’
Miki fu molto contenta quando l’autobus si fermò davanti al
campus. Keisuke la accompagnò fino alla porta della sua camera.
“Allora ciao…ci si vede in giro!” gli disse la ragazza il
più allegramente possibile.
“Sì, d’accordo…sono stato davero bene oggi, Miki!”
“Sì, anch’io…ora scusa ma devo fare una
telefonata…ehm…intercontinentale.”
“Oh…va bene, ti lascio sola. Magari potremmo uscire di nuovo
insieme, un giorno di questi…”
“Certo, ma solo come buoni amici, sei d’accordo?”
“Io…”
Keisuke non ebbe il
tempo di rispondere che Miki buttò là un frettoloso ‘Ciao’ e chiuse la porta.
Tirò fuori l’apparecchio dalla confezione chiusa e lo
attaccò alla presa dietro la scrivania.
“Bè, fa il suo effetto, non c’è che dire! Ora però bisogna
vedere se funziona…”
Agguantò per l’ennesima volta il robottino componi-numeri e
lo avvicinò alla cornetta.
“Wow! Squilla! Almeno questo…Dai, rispondi…”
CLICK!
“Pronto?”
“Yuu?”
“Miki!”
Sì, ce l’aveva fatta!! Finalmente, dopo quasi un mese
intero, Miki riusciva a parlare con Yuu.
“Yuu! Mi sei mancato sai? La cabina telefonica della mia
scuola è guasta e non ho potuto più chiamarti! Ma ora ho risolto il
problema…Tadan! Ho comprato un telefono fisso! Ora possiamo chiamarci quando
vogliamo!!”
“Ehi, ehi! Quanto impeto! Lascia parlare anche me!” scherzò
Yuu. “Allora, come va la tua vita da londinese?”
“Bene, mi diverto molto! E anche le lezioni sono
interessanti, ma ho qualche problema con l’inglese…”
“Imparerai presto…anch’io ci ho messo molto!”
“E a te come va la vita?”
“Ho un sacco di lavoro da fare…oltre allo studio, mi sono
trovato un lavoro part-time in un bar di Manhattan e sono stanco morto…la paga
è da fame, ma devo pur arrotondare in qualche modo…”
“Per ora pensa a studiare, prima finisci l’università e
prima torni in Giappone!! E poi i soldi ce li daranno i nostri genitori quando
torneremo a casa per Natale, no?”
“Ehm…sì, però…è sempre meglio tenere…qualcosa da parte.”
Miki sentiva Yuu molto esitante. Strano… Nel frattempo,
però, a Miki era sorto un dubbio atroce.
“Yuu…tornerai a casa per Natale, vero?”
Breve pausa.
“Ehm…credo di sì…sempre che i miei studi lo permettano…alla
fine dell’anno avrò un sacco di esami molto importanti da sostenere e voglio
prepararmi alla perfezione.”
Miki non sapeva cosa dire. “Ma almeno a Natale puoi lasciare
gli studi da parte! Finirai col rincitrullirti se non stacchi!”
“Bè, forse…Scusa, ma ora devo lasciarti, le mie lezioni
stanno per cominciare.”
“Ah, ok…allora ti lascio il mio numero, così puoi chiamarmi
anche tu.”
Dettò il numero a Yuu.
“Grazie, e…Miki?”
“Sì?”
“Ti amo…non vedo l’ora di rivederti…”
“Anch’io ti amo, Yuu…mi manchi tanto.”
Entrambi abbassarono il ricevitore.
Miki era contenta di aver risentito il suo Yuu, ma c’era
qualcosa nella sua voce che non la convinceva affatto. Sembrava così incerto,
esitante, insicuro…
“Ho come l’impressione che Yuu mi stia nascondendo
qualcosa…il tono della sua voce non mi piaceva…non vedo l’ora di potergli
parlare a quattr’occhi. Sembrava che cercasse in tutti i modi di chiudere la
nostra conversazione. Devo scoprire il motivo di tutta questa insicurezza nei
miei confronti!”
Dicembre non tardò ad arrivare, così come le luci, la neve,
gli addobbi dorati e argentati.
Perfino la scuola di Miki era stata addobbata a festa: sulle
pareti erano appesi festoni, ghirlande, fiocchi, lucine multicolori; nei
corridoi si potevano trovare abeti carichi di palline colorate o piccoli
presepi.
Miki era stupita dalla quantità di spirito natalizio e di
allegria che emanava l’università, sempre così fredda e spoglia. Anche lei ed
Hailey avevano in qualche modo contribuito, aiutando ad abbellire le ringhiere
di legno delle scale con tante ghirlande argentate.
“Che meraviglia! Si sente che sta arrivando il Natale anche
qui!” Miki si sentiva davvero sotto l’effetto di un’ondata di buonumore.
“Già! Io sono contenta anche perché tra pochi giorni potrò
tornare a casa per rivedere la mia famiglia!” intervenne Hailey, anch’ella
allegrissima.
“Anche io! Finalmente rivedrò il mio ragazzo e quei pazzi in
libertà che sarebbero i miei genitori!” sorrise Miki. Eh, sì…era un periodo
praticamente perfetto! Aveva giusto sentito Yuu la sera prima, che le aveva
quasi dato la certezza che sarebbe tornato a casa per Natale.
“Hailey, dopo le lezioni ti va di accompagnarmi in centro
per comprare gli ultimi regalini? I miei genitori ci rimarrebbero malissimo se
non gli portassi nemmeno un dolcetto!” chiese Miki all’amica.
“Certo! Vengo volentieri, anche perché anch’io devo fare le
ultime spesucce!”
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Così quel pomeriggio le due fecero una lunga passeggiata per
le vie innevate di Londra, gustando ogni minuto di quell’atmosfera così magica.
Miki spese la maggior parte del pomeriggio a cercare
qualcosa da regalare a Yuu, Ginta e Meiko. Sotto i consigli di Hailey, Miki
comprò un libro di Salinger a Meiko (“È il suo autore preferito, le piacerà!”),
un caldo maglione per Yuu e per Ginta un album di illustrazioni e didascalie
sul tennis.
“È in inglese, ma dovrà adattarsi!” ridacchiò Miki,
osservando l’album di Ginta.
Dopodichè passò in agenzia per ritirare il suo biglietto
aereo per il Giappone.
“Sei proprio impaziente di ripartire, eh?” la ammonì Hailey
mentre attendevano il loro turno.
“Puoi dirlo forte!! Anche i miei amici sono impazienti di
rivedermi!!”
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Quella sera, nella loro stanza, Miki stava sdraiata a pancia
sotto sul letto a rimirare i suoi acquisti.
“Ehe! Come sono brava!! Ho trovato l’ideale per tutti!!
Woooow!!!” Poi prese in mano il biglietto aereo e lo squadrò con occhi
sognanti.
“Domani mattina mi attendono tantissime ore di volo…non
posso pensarci! Sarà una tortura assurda! Comunque non importa…mi farò un
pisolino! Ammesso di riuscirci…”
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
Miki si alzò ed andò ad aprire.
“Keisuke?!”
“Ciao, Miki!”
Il ragazzo stava in piedi davanti alla porta aperta con
un’aria imbambolata e sperduta.
“Ma che ci fai qui a quest’ora?! Sai che ore sono, almeno?!”
“Sì, lo so…scusa se ti ho disturbato…”
“Dai, entra…”
“No, veramente ero passato solo per darti questo.”
Porse un pacchetto colorato a Miki. La ragazza lo prese in
mano un po’ titubante.
“Keisuke…non dovevi…”
“Perché no? In fondo siamo a Natale!”
“Ma io non ho niente per te…” Miki si sentiva a disagio, non
aveva minimamente pensato a comprare un regalo per lui.
“Non importa, non eri mica obbligata a comprarmi qualcosa!”
Keisuke le sorrise dolcemente.
Miki arrossì. ‘Che pensiero carino…’
Scartò il pacchetto facendo attenzione a non rovinare la
carta da regalo. Ne tirò fuori un paio di guanti di lana grossa bianchi e
azzurri.
“Oh! Un paio di guanti! Grazie mille, davvero! Non dovevi
disturbarti…”
“Ma io l’ho fatto volentieri, Miki! Come quando ti ho
regalato il telefono!”
“Appunto…perché continui a farmi dei regali?”
Keisuke la guardò un po’ sorpreso, poi abbassò gli occhi.
“Ehm…perché…hai detto che siamo amici, no? E gli amici si fanno i regali, di
tanto in tanto!”
“Bè, questo è vero, ma…” Miki non sapeva cosa dire. Scese un
silenzio imbarazzante.
“Ehm…quando parti?” chiese Keisuke.
“Domattina, alle otto e mezza. E tu?”
“…ANCH’IO!!!”
“COSA?!” Miki strabuzzò gli occhi. Insieme anche
sull’aereo?! Nooooo!!!
“Sì!! Allora ci vediamo all’aeroporto! Ciao!” e corse via
zompettando da un piede all’altro e fischiettando un motivetto natalizio.
Miki rimase impalata sulla porta con un’espressione
pietrificata.
“Con lui…sull’aereo…NO!!!”
Si infilò nel letto ancora sotto shock.
“Uff…addio pisolino!! Mi rimbambirà di chiacchiere!!
Bwahah!! Perché a me?!”
Chiuse gli occhi.
“Certo, però, che devo piacergli proprio tanto…mi ricopre di
attenzioni ogni volta che ci incontriamo, mi regala delle cose costose…eppure
gliel’ho già detto che per me è solo un amico e che per me non esiste nessun
altro oltre a Yuu!! Quant’è testardo…forse spera che io un giorno possa
cambiare idea…illuso…” Miki si sentiva in colpa perché Keisuke stava
“soffrendo” a causa sua.
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La mattina dopo Miki si alzò di buon’ora per arrivare in
tempo all’aeroporto. Mise gli ultimi indumenti in valigia e si chiuse la porta
alle spalle in compagnia di Hailey, che l’avrebbe accompagnata.
Prendendo la metropolitana non ci impiegarono molto tempo
per arrivare a destinazione.
Miki scaricò i suoi bagagli e si diresse immediatamente a
fare il check-in. Intanto Hailey aveva individuato Keisuke e attaccò bottone con
lui. Miki si unì alla conversazione, anche se malavoglia. Puntualmente, una
voce femminile annunciò il volo per il Giappone.
“È il nostro…dobbiamo andare!”
Miki abbracciò forte Hailey.
“Ci rivediamo a gennaio, d’accordo?”
“Certo! Ma ora vai, altrimenti rischi di perdere il volo!
Fate buon viaggio!”
Miki e Keisuke si imbarcarono insieme agli altri passeggeri;
con gran sollievo di Miki, non trovarono due posti l’uno accanto all’altro.
“Bè, io vado laggiù, ok?” disse Keisuke, indicando tre file
dietro a quella di Miki.
“Sì, ci vediamo all’atterraggio.”
In quel momento, invece, un uomo seduto dietro alla poltrona
di Miki si alzò e cedette il posto a Keisuke.
“Grr…ma quello non poteva farsi gli affaracci suoi?” si
lamentò Miki, appoggiando la guancia destra sul palmo della mano.
“Che fortuna, eh Miki?!” esclamò Keisuke sporgendosi in
avanti.
“Sì, come no…”
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Durante il viaggio Keisuke introdusse alcuni discorsi che
Miki non stava neanche a sentire; smise di parlare solo quando Miki gli intimò
di chiudere il becco, attirando così l’attenzione degli altri passeggeri.
“Terra, inghiottimi…”
Quando Miki si risvegliò dalla sua dormita, mancava solo
un’ora all’arrivo a Tokyo. Si girò verso il ragazzo dietro a lei, che stava
dormendo profondamente con la bocca mezza spalancata.
“Almeno posso godermi il panorama in perfetto silenzio.”
Miki si mise ad osservare le candide nuvole bianche fuori
dal finestrino con aria annoiata.
L’annuncio della hostess la fece trasalire.
“Attenzione, signori passeggeri. Stiamo per atterrare
all’aeroporto di Tokyo. Prego allacciare le cinture di sicurezza.”
“Finalmente!”
Anche Keisuke si era svegliato dalla catalessi. “Hmm? Siamo
arrivati?” chiese stropicciandosi gli occhi.
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L’aereo planò sulla pista di atterraggio fino a fermarsi.
Miki scese dalle scalette, seguito da Keisuke. Entrata nella sala d’attesa
dell’aeroporto, si mise a cercare con gli occhi i suoi genitori.
“Miki!”
Miki si girò, raggiante: la voce di mamma Rumi!
“Sono qui! Arriv…”
Miki venne travolta dagli abbracci e dai baci dei suoi
familiari prima che potesse fare un passo.
“Miki! Tesoro! Sei tornataaa!! Come sono felice!!”
“Mi sei mancata tantissimoooo!! Bwahaaaaa!!”
“Miki!! Ma quanto sei cresciuta!! Avevo tanta voglia di
rivederti!!”
La povera Miki si sentiva soffocare e si sentiva in
imbarazzo perché si rendeva conto che stavano attirando l’attenzione…non poco!
“Basta…finitela!! Mi manca l’aria!”
Spalancò le braccia in fuori per allontanarli di qualche
passo.
“Uuff…siete sempre i soliti pazzi! Comunque anche voi mi
siete mancati! Non vi ho chiamato molto spesso perché non ne avevo il tempo!”
“Hai fatto bene così” intervenne papà Jin “Chissà che
bolletta mi sarebbe arrivata se tu avessi telefonato tutti i giorni…”
“Jin!! Che sgarbato!!” lo rimproverò mamma Chiyako.
Tutti risero fragorosamente. Anche Keisuke, che aveva
assistito a tutta la scena, non poteva fare a meno di ridere.
Mamma Rumi si accorse di lui.
“Ehi, Miki…chi è quel ragazzo dietro a noi? È un tuo amico?”
Miki si rivolse verso Keisuke come se si fosse appena
accorta della sua presenza.
“Ah, sì, scusate…vi presento Keisuke Midato!”
“Ciao, Keisuke!! Piacere!” Tutti gli strinsero le mani con
il sorriso sulle labbra.
“Piacere! Scusate, ma devo andare…i miei mi aspettano!”
“Certo, vai pure!! Ci vediamo!!” gli disse Miki
frettolosamente. Poi si allontanò con i suo genitori dritta verso l’uscita
dell’aeroporto.
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A casa fu accolta con grandi festeggiamenti. Al soffitto era
appeso un festone che riportava a lettere cubitali “BENTORNATA A CASA MIKI!” e
per terra erano sparse tante stelle filanti. La tavola era imbandita di
cibarie, i piatti preferiti di Miki.
“Eh, sì…si vede che sono tornata a casa!”
“Allora, Miki!! Raccontaci tutto di Londra e
dell’università!! A proposito, questi dolcetti inglesi sono squisiti!!”
“Più tardi…sono stanchissima!! Voglio solo riposarmi davanti
alla tv…Ehi…che pancioni!” fece notare Miki, indicando mamma Rumi e mamma
Chiyako.
“Bè…ormai siamo al quinto mese di gravidanza!” disse mamma
Chiyako.
“Eh già! Siete diventate delle ciccione!” scherzò Miki. “A
proposito…sapete già il sesso?”
Stavolta fu mamma Rumi a parlare.
“A dire il vero…preferiamo non saperlo ora!”
Miki strabuzzò gli occhi.
“Cosa? E perché?”
“Lo sapremo solo al momento della nascita…una sorpresa sarà
molto più emozionante!” intervenne papà Yoji.
“Siete tutti matti…io muoio dalla curiosità da tre mesi!
Ehi, ma…a proposito…”
Miki aveva la sensazione che mancasse qualcuno.
“…dov’è Yuu? Non è ancora arrivato?”
“Yuu?! Ma come…non te l’ha detto?” le chiese papà Yoji.
“Dirmi cosa?” Miki non capiva.
“Yuu non tornerà a casa per Natale. Resterà a New York!”
Miki ci mise qualche secondo a focalizzare quello che le
aveva appena detto mamma Chiyako.
‘Yuu non tornerà a casa per Natale…’
Non poteva crederci. Le aveva detto che sarebbe tornato!
“È…è uno scherzo, vero? Lui mi ha detto che sarebbe tornato
a casa!”
“Purtroppo no…ci ha chiamato ieri pomeriggio per avvertirci
che sarebbe rimasto a New York…si sta preparando per un esame molto
importante.”
Il mondo crollò addosso a Miki.
“Mi dispiace, tesoro…” papà Jin sembrava davvero dispiaciuto
per lei.
“Non ci credo…come ha potuto farmi questo?! COME HA
POTUTO?!”
Calde lacrime le sgorgarono involontariamente dagli occhi.
Si alzò dal divano e corse in camera sua.
“Miki! Aspetta!” Invani i tentativi dei genitori di
fermarla.
La ragazza sbattè la porta della sua stanza con rabbia e si
buttò a pesce sul letto. Affondò la faccia nel cuscino per soffocare i
singhiozzi.
“Yuu…perché mi hai fatto questo? Avevo così tanta voglia di
riabbracciarti…Perché?!”
Miki non sapeva più cosa pensare. Prima le dice che si
sarebbero rivisti in Giappone, poi le manda il bidone rimanendo negli States.
Non si era mai sentita così triste e abbandonata.
“Ma allora non gliene frega più niente di me…ma certo…ecco
perché al telefono era così strano… Che bastardo! Come ha potuto farmi
questo?!”
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Miki non scese in salotto per alcune ore e i genitori non se
la sentirono nemmeno di disturbarla. Continuò a piangere a dirotto fino ad
addormentarsi sprofondando la faccia nel morbido cuscino di piume.
La sua prima notte a casa fu tormentata da incubi, immagini
terribili e ombre sconosciute; si svegliò varie volte con un salto, madida di
sudore, e ogni volta si sentiva le guance bagnate di lacrime.
Un debole raggio di sole invernale filtrò indisturbato
attraverso i vetri appannati della finestra, infrangendosi sul pavimento della
stanza.
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Lentamente, Miki sollevò le palpebre rivelando i suoi occhi
color ebano, ancora gonfi e rossi a causa di tutte le lacrime versate la sera
prima.
Si sentiva la testa pesante; le servì qualche secondo per
fare chiarezza nella sua mente.
“Yu non tornerà a casa per Natale.”
Al pensiero, dai suoi occhi non sgorgarono altre lacrime, ma
rimase immobile sotto le coperte mantenendo la posizione assunta la sera prima,
quando finalmente era riuscita a cedere al sonno, troppo stanca per continuare
a disperarsi.
Non aveva la minima intenzione di controllare che ore
fossero, tanto meno di alzarsi e scendere al piano di sotto. Sarebbe rimasta
nell’isolamento della sua camera fino a che qualcuno non l’avrebbe obbligata
con la forza a lasciare il letto.
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Improvvisamente qualcuno bussò alla porta; senza aspettare
una risposta dall’interno, mamma Rumi fece capolino nella stanza.
Miki continuò a fissare un punto indistinto del soffitto.
Non scorgendo alcun segno di risposta, mamma Rumi entrò
nella camera.
“Dai, scendi giù, è pronto il pranzo!” sussurrò, scuotendola
per una spalla.
“Non ho fame” ribattè la ragazza inespressivamente, la voce
impastata.
“Ma ieri sera non hai neanche cenato! Se fossi in te, mi
sentirei una voragine al posto dello stomaco! Su, sbrigati! È la vigilia di
Natale!” esclamò mamma Rumi, scostando le tende e facendo entrare luce nella
stanza.
Riluttante, Miki si sgrullò le coperte di dosso e poggiò i
piedi a terra, rabbrividendo al contatto con il pavimento.
“Ti aspettiamo giù!” Mamma Rumi si chiuse la porta alle
spalle.
Miki si stiracchiò e si alzò dal letto, dirigendosi verso lo
specchio.
Una rapida occhiata le suggerì di farsi una bella doccia
prima di vestirsi.
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Lo scroscio dell’acqua calda ebbe poteri benefici per Miki,
che riuscì leggermente a riprendersi e a rilassarsi. Ora tutto quello che
provava non era tristezza e risentimento, ma rabbia e frustrazione verso Yu.
“Come ha potuto! Come ha potuto…prima mi promette che verrà
per Natale e poi cambia idea all’ultimo minuto! Ah, ma quando chiamerà al
telefono mi sentirà! Si azzardasse a farmi gli auguri!!”
Ruotò le manopole del rubinetto e il getto d’acqua cessò
istantaneamente.
Procedendo a tastoni sulle mattonelle, staccò l’accappatoio
dal gancio alla parete e vi si avvolse, sentendosi più determinata e
vendicativa che mai.
“Dovrà darmi delle spiegazioni convincenti, stavolta…”
Dopo essersi asciugata, vestita ed essersi applicata un velo
di correttore sotto gli occhi per mascherare le occhiaie, Miki scese di sotto.
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“Buongiorno, Miki!” la salutarono allegramente i genitori.
“Buongiorno…” mormorò Miki sedendosi a tavola.
Nessuno di loro aveva intenzione di parlare del fatto della
sera prima per non dare altre preoccupazioni a Miki, perciò cercarono di
deviare le conversazioni su altri argomenti, che però erano piuttosto stupidi e
inutili. Alla fine il pranzo venne consumato in perfetto silenzio.
Improvvisamente l’armonia fu interrotta da papà Yoji.
“Ehm…Miki, perché oggi non trascorri la giornata con i tuoi
amici? Credo che sarebbero molto felici di rivederti!”
Miki sobbalzò a quella proposta: in effetti aveva una gran
voglia di rivederli, forse l’avrebbero aiutata a tirarsi su di morale.
“Sì…credo che li chiamerò subito dopo pranzo…grazie del
consiglio.”
“Figurati! Ah ah, sono troppo in gamba!!”
“Ma smettila!!” lo ammonì papà Jin, guardandolo di sbieco.
Tutti si lasciarono andare in una grossa risata.
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Dopo aver lasciato la sala da pranzo, Miki agguantò la
cornetta del telefono e compose il numero di Ginta, pensando quanto fosse bello
comporre i numeri senza aggiungervi strani prefissi davanti.
“Pronto?”
“Ciao Ginta!!”
“Miki! Sei veramente tu?!” Ginta stava quasi urlando sulla
cornetta.
“Ehi, vuoi farmi diventare sorda?! Comunque eccomi qui! Sono
tornata ieri sera, scusa se non ti avevo ancora chiamato!” Miki era davvero
felice di sentire la voce del suo migliore amico.
“Non ti preoccupare! Allora, che mi racconti di bello? Anzi,
aspetta! Vediamoci da qualche parte oggi pomeriggio, così parliamo a
quattr’occhi!” si affrettò ad aggiungere il ragazzo.
“Sì, infatti ti ho chiamato proprio per questo! Poi naturalmente
volevo telefonare anche agli altri! Che ne dici di darci appuntamento qui
davanti casa mia?”
“Perfetto! Ci vediamo verso le cinque! A dopo, tennista!” la
salutò Ginta.
“A dopo, tennista!” lo salutò a sua volta Miki.
Dopo un rapido giro di telefonate a tutti i suoi amici,
ansiosi di rivederla, Miki ripose la rubrica, rendendosi conto che mancava una
persona.
“È inutile che chiami anche Meiko…ora abita ad Hiroshima con
Nacchan, dubito che verrà qui per Natale.”
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“MIKIIII!!!!! SEI QUIIII!!!!” Ginta per poco non le si
aggrappò al collo.
“BENTORNATA!!” l’abbracciò Arimi.
“Siamo così contenti di rivederti!! Quanto tempo che non ci
vediamo!” Erano venuti all’appuntamento anche Yayoi e Tsutomu.
Miki li abbracciò uno per uno, poi li invitò ad accomodarsi
in casa.
Seduti comodamente sul divano, Miki fu assalita da domande
di tutti i tipi.
“Che tipi di lezioni fai?”
“Londra è così bella come dicono?”
“È duro l’approccio con la lingua inglese?”
“I ragazzi del college sono carini?” Neanche Suzu riuscì a
tenere a freno la lingua.
Miki passò direttamente al racconto dei tre mesi appena
trascorsi nella sua ormai ‘seconda patria’, aggiungendo anche qualche piccolo
dettaglio in più per impressionarli.
“Wow, dev’essere stata un’esperienza davvero eccitante!
Quanto vorrei studiare all’estero anch’io…” disse Arimi, lo sguardo sognante.
“Non ci provare!” scherzò Ginta. “E poi non sai che le
università migliori sono in Giappone?”
“Scherzavo!” lo tranquillizzò Arimi.
Miki rise fragorosamente, esagerando nell’impeto. Stava
facendo tutti gli sforzi possibili per apparire allegra di fronte a loro, per
non lasciar trasparire il peso della realtà che le gravava nel cuore, un peso
che sentiva quasi insostenibile da sorreggere.
Sperava con tutta l’anima che nessuno le rivolgesse la
domanda che avrebbe potuto mandare all’aria tutto il suo lavoro di resistenza,
la domanda che le premeva di più…
“…a proposito, quando torna Yu?” chiese Suzu. “Ho una voglia
matta di rivederlo!”
Miki vacillò; poi, dopo un grande sospiro, riferì con voce
cupa:
“Yu…resterà in America anche per Natale…non torna a casa.”
Silenzio di tomba.
“COSA?!” sbottò Ginta.
“Ma…perché? N-non è festa anche in America? Insomma…è
Natale!” notò Arimi.
“Evidentemente…bè…” Miki si sentiva sul punto di
un’ebollizione.
Gli amici, intanto, si stavano lanciando sguardi preoccupati
e indicavano con un lieve cenno della testa la ragazza, che si era piegata in
due appoggiando la fronte sulle ginocchia.
“Non sapete quanto sono arrabbiata con lui, in questo
momento…” ringhiò Miki, riportandosi bruscamente in posizione eretta. “Prima mi
dice che torna a casa e poi mi lascia sola come un CANE!!” Finalmente aveva
trovato il modo di sfogarsi.
“Hai ragione! Hai assolutamente ragione! Quel bastardo di
Matsura… Ah, se l’avessi sotto tiro…gli tirerei il collo!” continuò Ginta,
facendo scrocchiare le nocche delle mani.
“Non c’è bisogno, Ginta. Se provasse a chiamarmi… ci penserò
io a farmi dare delle spiegazioni per il suo comportamento.” lo rassicurò la
ragazza.
“Ben detto! Non ha il diritto di farti soffrire così!”
confermò Arimi, osservando Miki; in effetti l’amica era sì arrabbiata, ma nei
suoi occhi era celata anche tanta tristezza.
Arimi voleva trovare un modo per distrarre Miki da quei
pensieri negativi e farle riacquistare il sorriso; ci pensò su per qualche
minuto, finchè una lampadina non le si accese nella testa.
“Ehi, ragazzi! Perché non ce ne andiamo al Wonder Dog?”
propose.
“Il parco dei divertimenti, dici? Sì, dai!! Avevo tanta
voglia di farmi un giro sulle montagne russe!!” esclamò Tsutomu, euforico.
“Chi ha detto che vieni anche tu??” gli chiese Ginta.
“Cattivoooo!! Io vengo lo stesso, chiaro??”
“Siamo alle solite…ma perché non capisci mai quando sto
scherzando?” sghignazzò Ginta davanti alla sua reazione.
“Tu, Miki, sei d’accordo?” chiese Yayoi.
“Ma sì, dai…ho bisogno di divertirmi un po’…”
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Quel freddo pomeriggio di fine dicembre fu uno dei più
divertenti che Miki avesse mai trascorso negli ultimi anni. Avevano girato
praticamente tutte le attrazioni più spericolate che il parco metteva a
disposizione per chi avesse voluto provare l’ebbrezza di sentirsi un brivido
lungo la schiena.
Il gruppo di amici aveva fatto tutto il possibile per
distrarre Miki da qualsiasi pensiero negativo le frullasse in testa e, a
giudicare dal sorriso che si apriva sulle guance fredde e arrossate della
ragazza ogni volta che le veniva proposto qualcosa di nuovo, avevano raggiunto
l’obiettivo. Anche per questo, Miki era riconoscente verso di loro.
…E soprattutto verso papà Yoji, che aveva avuto una pensata
niente male.
Il tempo volò via in fretta, così come nel momento in cui
scese la sera. Dopo essersi riscaldati con una cioccolata calda in uno dei bar
più conosciuti della città, Miki e gli altri si diedero appuntamento per il
giorno seguente, per farsi gli auguri e scambiarsi i rispettivi regali.
Miki si infilò le mani nelle tasche del cappotto e si avviò
tranquillamente verso la sua villetta, mantenendo il sorriso sulle labbra
mentre gustava gli allegri momenti appena trascorsi.
Arimi aveva avuto un’idea geniale: cosa c’è di meglio di tre
giri della morte a bordo di una specie di treno per liberarsi la mente da
pensieri spiacevoli? Anche le mille luci delle vetrine allestite e il viavai di
gente carica di pacchi e pacchetti ansiosa di festeggiare la vigilia di Natale
riusciva a far star bene la ragazza.
Sì, si sentiva proprio bene…
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“…BUON NATALE A TUTTI!!!” Papà Jin stappò lo spumante e
cominciò a versarlo nei calici.
“Cavolo, già mezzanotte?! Come passa in fretta il tempo…”
Mamma Chiyako scrutò il suo orologio.
“Buon Natale!! Auguri a tutti!!” Miki levò in alto il suo
bicchiere, seguita a ruota dai suoi genitori.
“Auguri a tutti!! Ah ah!!” Mamma Rumi aveva tirato fuori dal
fondo dell’armadio un vecchio cappello di Babbo Natale e se lo era messo in
testa.
“Mamma…sei ridicola…”
“Guastafeste! Dai, ragazzi, via col trenino!!” Mamma Rumi
corse ad accendere lo stereo.
“Ah ah, ora sì che comincia il divertimento!!!” Papà Yoji
poggiò le mani sulle spalle di mamma Rumi, che a sua volta si attaccò alle
spalle di Miki.
“E-ehi! Non ho nessuna intenzione di fare il trenino,
tantomeno di stare davanti!!” si lamentò Miki.
“Ah, Miki…ricordati che devi anche agitare le braccia in
fuori mentre cammini!!” ricordò papà Jin, mentre si infilava sulla testa un
paio di corna finte.
“Mio Dio…ogni Natale è la stessa storia…Aiuto!” non poteva
fare a meno di pensare Miki, procedendo in tondo per il salotto, mentre i
quattro individui dietro a lei cantavano a squarciagola sulle note di “Jingle
bells, jingle bells, jingle all the way…”
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La mattina dopo Miki si svegliò di buon’ora, nonostante
l’ora in cui era andata a letto la sera prima.
Ma se c’era una cosa che amava fare, sin da quando era
bambina, era alzarsi prima degli altri per andare a controllare che Babbo
Natale avesse lasciato qualcosa sotto l’albero anche per lei.
Si infilò la vestaglia e scese le scale in punta di piedi,
cercando di attutire gli inevitabili scricchiolii dei gradini spostando il peso
sulle mani appoggiate al corrimano.
Con sua grande sorpresa, i suoi genitori erano già in piedi,
le mamme intente a sfaccendare sui fornelli, i papà seduti a terra a pochi
centimetri dall’albero addobbato.
“Ma che ci fate già in piedi…Oddio, i regali!!!” Miki corse
ad inginocchiarsi davanti alla miriade di pacchetti colorati che le si
presentavano allo sguardo.
“Bè, sai…non è giusto che solo tu puoi alzarti prima per
controllare che i regali ci siano tutti!” disse mamma Chiyako.
“Dai, scartiamo?” propose papà Jin.
“Papà, sembri più impaziente di quando io ero piccola!” fece
notare Miki.
Papà Jin le fece la linguaccia.
“All’assalto!!”
Ben presto il pavimento fu ricoperto di nastri, carta da
regalo e bigliettini colorati.
Miki aveva già scartato un maglione di lana lavorato ai
ferri, un cofanetto che conteneva un kit di cosmetici completo, un CD del suo
gruppo preferito e…
“…Miki, non dimenticare questo!” Mamma Rumi le porse un
ultimo pacco.
Miki lo prese in mano e lo osservò da ogni angolazione,
facendo ipotesi su cosa potesse essere. Aveva l’aspetto di una scatola di forma
rettangolare, maneggevole e non molto voluminosa.
“Non ho idea di cosa sia…” Miki tolse il nastro dorato che
lo abbelliva. “…Un frullatore a pile?” Passò alla carta. “Un altro libro di
storia contemporanea?” Tolse metà dell’involucro. “Una risma di fogli? Un… …un
CELLULARE?!”
La ragazza, sbalordita, si portò agli occhi la scatola che
riportava l’immagine di un telefonino sulla parte superiore.
“Buon Natale, Miki!”
Incapace di trattenersi, Miki si buttò a braccia aperte
addosso ai suoi genitori, abbracciandoli forte forte.
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Quel pomeriggio arrivarono tutti li amici di Miki, che li
salutò calorosamente con un “Auguri!” e li fece accomodare in salotto. Ma solo
dopo che Ginta le ebbe detto che avevano una sorpresa per lei.
“Ah, sì? E che cos’è, sentiamo?” chiese Miki, scettica.
“Ih, ih…ora vedrai!” Ginta fece un cenno al muro dietro alle
sue spalle.
Da dietro l’angolo emerse una figura che per Miki era
impossibile non riconoscere. Con un nodo alla gola, le corse incontro.
“Meiko! Ma cosa ci fai qui?!” Le due amiche si strinsero in
un forte abbraccio. Quanto tempo erano rimaste senza vedersi!
“Permesso speciale da Hiroshima! Buon Natale, Miki!” le
sorrise Meiko.
Miki e gli altri entrarono in casa, dove poterono scambiarsi
i regali a vicenda.
Ginta era rimasto piacevolmente sorpreso dal libro sul
tennis che gli aveva comprato Miki, ma per poco gli venne un colpo quando vide
in che lingua era scritto.
“Bè…ehm…grazie lo stesso, Miki!” buttò lì Ginta.
“Ci sei rimasto come un broccolo! Dopo un mese di questo
sarai sulla buona strada per diventare poliglotta…!” rispose Miki di rimando.
Tutti sghignazzarono.
Mentre Meiko stava raccontando di come fosse cambiata la sua
vita ora che era sposata e viveva in un’altra città, il telefono squillò.
Miki si girò di scatto.
Ginta e Arimi la guardarono in silenzio, seri in volto.
Avevano idea di chi avrebbe potuto essere.
“Vado io…” Miki si alzò dal divano e alzò la cornetta dopo
una leggera esitazione.
“Pronto?” La sua voce era inespressiva.
“Miki…”
All’altro capo del telefono quella stessa voce che l’aveva
spinta a tornare a casa, che l’aveva illusa una volta in Giappone, che non
aveva più sentito dopo una promessa fasulla. Era Yu.
“…ciao…” Yu venne travolto dalle parole di rimando della sua
ragazza.
“Hai anche il coraggio di chiamarmi dopo quello che hai
fatto?! CON CHE CORAGGIO puoi fare una cosa del genere?!” Miki era infuriata.
“No, aspetta…” Yu non trovava le parole.
“No, adesso tu ascolti me! Hai idea di come sia rimasta
quando ho saputo che non saresti più venuto a casa per Natale?! Mi hai fatto
sentire un cane bastonato! TU MI HAI PRESO IN GIRO! Perché illudermi così?! Sei
talmente impegnato che non hai nemmeno un po’ di tempo da dedicarmi?!”
“No, posso spiegarti, ti prego…”
“È troppo tardi, caro mio…ora sono io che non voglio
sentirti parlare…e credimi, mi dispiace, ma proprio non ce la faccio…Ci
vediamo!”
“No! Miki, asp…” Yu non fece in tempo a finire la frase che
Miki aveva già messo giù la cornetta, interrompendo la conversazione.
Tornò a sedersi sul divano, sotto lo sguardo sbigottito dei
suoi amici.
“Miki…” Meiko le si avvicinò.
“È tutto a posto, Meiko…davvero, sto bene…” Miki si sentiva
male dopo quella sfuriata, ma allo stesso momento svuotata da ogni rancore.
Il resto del pomeriggio trascorse per la maggior parte del
tempo in silenzio; nessuno sapeva cosa dire.
Quando fuori era già calata la sera, Ginta si alzò in piedi.
“Bè…è ora di andare…a casa mi stanno aspettando, vogliono
che almeno a Natale io stia a casa.”
“Sì, anche per me è ora di andare.” Arimi si alzò a sua
volta.
“Ciao, ragazzi, e grazie per essere venuti.” Miki li salutò
cupamente, accompagnandoli alla porta
Si chiuse l’uscio alle spalle e tornò a sedersi vicino a
Meiko.
“Meiko…ti andrebbe di restare qui, stanotte? Abbiamo tante
cose da raccontarci!”
Meiko annuì; sapeva che Miki aveva bisogno di qualcuno che
l’ascoltasse e le stesse accanto in quel momento.
wwww
Quella sera, dopo essersi infilate il pigiama, le due
ragazze scesero in cucina per prepararsi una tazza di tè caldo prima di andare
a dormire.
In cucina era rimasta solo mamma Chiyako.
“Buonanotte, ragazze. Ah, Miki, per favore controlla se ci
sono messaggi nella segreteria telefonica. Io sono così stanca…”
“D’accordo. Buonanotte!” disse Miki.
La ragazza si alzò dalla sedia e si diresse verso il
telefono.
“La spia rossa lampeggia…” Nella segreteria c’era ancora un
messaggio che, a quanto pare, nessuno aveva ancora ascoltato.
Miki premette il pulsante d’ascolto. La voce che ne uscì la
fece sobbalzare.
“Oh, e comunque…Buon Natale, Miki.”
E finalmente la ragazza si sciolse in un pianto amaro e
liberatorio, abbandonandosi tra le braccia di Meiko, che le era rimasta vicina
anche dopo aver abbandonato la tazza di tè, ancora fumante, sul tavolo della
cucina.
Meiko si svegliò con la schiena indolenzita; quel divano
doveva avere qualche molla fuori posto.
Voltò il capo verso la sua sinistra, dove vide, placidamente
addormentata, la testa poggiata sul bracciolo, la sua migliore amica Miki.
Ricordò lo sfogo di quest’ultima durante la notte, il suo viso rigato da tante
lacrime. E lei le era rimasta vicino ascoltando pazientemente tutto il racconto
dei suoi crucci.
Non voleva svegliarla, invece poco più tardi Miki aprì gli
occhi e si tirò su a sedere.
“Buongiorno, Meiko!”
“Buongiorno, Miki”
Troppo allegra, per i suoi gusti…
“Dormito bene?”
“Bè, insomma…”
“Ti capisco…questo divano è di una scomodità unica! Non sai
quante volte ho detto a papà di comprarne un altro…”
Meiko era stupita dal sorriso radioso che portava l’amica,
dopo aver trascorso una notte, come dire, quasi d’inferno.
“Miki, tu…stai bene?” Meiko titubò prima di chiederglielo.
Miki la guardò serenamente.
“Certo…La tua compagnia mi è stata molto d’aiuto, in un
momento così…Stamattina mi sento molto, ma molto meglio! Grazie davvero tanto,
Meiko!”
Meiko, rassicurata ma ancora non del tutto convinta, sorrise
a sua volta.
“Non è il caso che mi ringrazi, che ci sto a fare qui,
altrimenti?! Comunque sono contenta che oggi tu ti senta meglio!”
“Già…” Miki abbassò gli occhi leggermente. “Sai, ci ho
riflettuto molto…Forse ieri pomeriggio non avrei dovuto fargli quella sfuriata
per telefono…Ma puoi capirmi, ero talmente arrabbiata…”
Meiko le lanciò uno sguardo eloquente, come per dire ‘Sei
ancora corrucciata, vero?’
Miki capì al volo il significato del messaggio, e si
affrettò a rispondere. “Bè, sì…indubbiamente non sono ancora del tutto
sbollita, ma durante questi ultimi giorni di vacanza cercherò di rilassarmi e
di non pensare a Yu.”
“Sì, credo che sia la cosa più giusta da fare. Non
stressarti troppo con questa storia, d’accordo?”
Miki le sorrise nuovamente, riconoscente. “Lui indubbiamente
mi ha ferita, ma forse anche io l’ho ferito…Non ho neanche voluto stare a sentire
quello che aveva da dirmi, l’hai visto anche tu…Credi che sia stata troppo
precipitosa?”
“Perché non metti da parte l’orgoglio e lo chiami per
chiarirvi una volta per tutte?”
“No, non me la sento…in fondo, è colpa sua se adesso sto
così…io…io non so se mi fido ancora di lui, ecco…” Era davvero questo quello
che pensava? Quasi non credeva alle parole che aveva pronunciato con la sua
stessa bocca.
“Miki, andiamo…Ti ha già dimostrato che il suo amore verso
di te è sincero, me l’hai detto tu stessa quando ti eri persa a New York!”
“Sì, questo è vero…” Miki non potè fare a meno di
ripercorrere con la mente quella serata newyorkese tanto bella e allo stesso
tempo tanto terribile: gli inseguitori, l’aiuto da parte dei due bambini,
l’arrivo DA EROE di Yu, l’abbraccio tra i due, ricco di significato e di amore
reciproco. (Per chi non lo sapesse, è l’episodio n. 75, mai andato in onda in
Italia perché censurato. NdA)
Ma ora si sentiva insicura…non voleva soffrire di nuovo.
“E allora cosa aspetti a prendere in mano la cornetta?” la
incoraggiò Meiko.
Miki volse lo sguardo al telefono cordless poggiato sul
mobiletto vicino all’ingresso. Doveva proprio farlo?
“Potrei anche fare ciò che mi dici, ma sinceramente
preferirei aspettare qualche altro giorno. Chiamarlo ora sarebbe troppo
imbarazzante, non trovi?” A dire il vero non era decisamente ciò che avrebbe
voluto fare, ma volle ugualmente rassicurare la sua amica.
“Come vuoi tu…” Meiko si rassegnò alla sua decisione.
“E poi, come mi hai detto tu, magari a quest’ora o sta
dormendo o sta studiando per i suoi esami. In fondo l’università non è una
passeggiata, avrà avuto i suoi buoni motivi…”
Stranamente, non era del tutto convinta di ciò che stava
dicendo.
“Sì, molto probabilmente è così. Deciderai tu quando sarà il
momento di chiamarlo.”
“Comunque basta parlare di me…Ora è il momento di parlare di
TE” Miki sfoderò un’espressione sbarazzina.
“Di me? In che senso, scusa?” le chiese Meiko, curiosa.
“Ma sì, dai! Ieri ci hai raccontato solo della cerimonia, ma
IO voglio sapere qualche dettagliuccio in più sulla tua vita al fianco del tuo
CARO prof Namura!!”
“EEEH?! Miki, ma COSA DICI? E soprattutto cosa intendi dire
con ‘qualche dettagliuccio in più?” Non voleva darlo a vedere, ma Meiko sbarrò
gli occhi e arrossì furiosamente.
“Bè, per esempiooo…” Divertita dalla sua esagerata reazione
di panico, Miki si poggiò un dito sulla guancia, pensando. “…Ecco!! Chi ha
scelto la trapunta per il letto?!”
Meiko cadde a gambe all’aria.
“La trapunta?! M-ma che…”
“Ah, no!! Voglio sapere se hai mai bruciato la cena!! E dai,
questo non puoi risparmiarmelo…”
Meiko la squadrò da capo a piedi, incredula. Poi le sue
guance si colorirono di un rosa acceso.
“Bè…sì, una volta è successo…”
“Racconta…tipregotiprego!! Mi aiuterà a riprendermi
completamente dall’abbacchiamento di ieri sera!! Vuoi negare la richiesta di
una povera amica?”
“E va bene…Ehm…allora…Bè, era il giorno in cui Nacchan
riuscì finalmente ad essere accettato come professore di inglese ed istruttore
di tennis nel liceo Toriyama, uno dei più celebri di Hiroshima…capirai,
ammettono solo i più qualificati e lui ha dovuto faticare tantissimo per
entrarvi, poverino…così decisi che quella sera, quando sarebbe tornato a casa
stanco e spossato, gli avrei fatto trovare una…ehm…cenetta speciale…”
Miki sghignazzò, col risultato che le gote di Meiko
divennero di un tenue colore bordeaux.
“Sì…e così corsi al supermercato per comprare tutto
l’occorrente per la serata, mi ero già figurata il menù…Girando tra i vari
reparti, l’occhio mi cadde su uno splendido esemplare di cappone(“Pollo, eh?
Uhm…non male per una cenetta a lume di candela!!” esclamò Miki.); essendo anche
ad un buon prezzo, non resistetti all’impulso e lo comprai. Una volta a casa,
lo infornai e nell’attesa accesi la tv del salotto.”
“Tanto bene, capitai su una di quelle trasmissioni
strappalacrime che ti tengono matematicamente e indubbiamente incollata davanti
allo schermo con gli occhi lucidi e grandi quanto una patata. Non so per quanto
tempo rimasi lì impalata, fatto sta che quando sentii la chiave girare nella
toppa del portone mi alzai per accogliere il prof. Ancora troppo commossa dal
racconto di una povera ragazza che cercava disperatamente il suo ex ragazzo,
notai di sfuggita che appena mise piede nell’ingresso storse il naso e tossicchiò
lievemente. Dopodichè mi chiese a bassa voce: ‘Meiko, ma…cos’è questo strano
odore?’ …Smettila di ridere!”
La risata di Miki andava aumentando con il racconto della
peripezia della sposina novella; alla fine si stava quasi rotolando dalle
risate.
Meiko continuò cercando di ignorarla, ma sorridendo tra sé e
sé. “Bè, non feci in tempo a correre in cucina che un’ondata di acre fumo nero
mi arrivò in piena faccia, facendomi tossire e lacrimare gli occhi ancora di
più. Con una mano davanti a bocca e naso, mi avventura in cucina…non ti dico!
Quasi non ci si vedeva tanto era annebbiato! Aprii il più velocemente possibile
il portello del forno e, con mio sommo orrore, vidi il mio bellissimo pollo
arrosto con contorno di patate e rosmarino ridotto a un pezzo di carbone in
fiamme…Tirai fuori la teglia e la posai sul lavandino proprio nel momento in
cui entrò Nacchan…e fu allora che, con voce pigolante, mormorai: ‘Ehm…temo di
aver bruciato la cena…’ ”
Miki e Meiko scoppiarono all’unisono in una fragorosa
risata.
“Ah ah!! Scusa se te le dico, ma che figuraccia!! E poi
com’è andata?” chiese Miki, avida di sapere come era finita la vicenda.
“Bè, alla fine Nacchan mi ha detto che non importava, che
poteva capitare a tutti, allora dopo aver spalancato tutte le finestre di casa
mi caricò in macchina e mi portò a cena fuori! E credimi, tutti e due evitammo
accuratamente di ordinare un piatto di carne!!”
“Ah ah!! Me lo immaginavo…finale troppo prevedibile!!”
“Come il racconto, del resto! Allora…soddisfatta?” Meiko le
sorrise malignamente, sempre ridendo.
“Senti un po’…avevi proprio intenzione di tenermela
nascosta, questa?” le chiese Miki, gli occhi che brillavano.
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Come aveva stabilito, Miki trascorse i restanti giorni di
vacanza all’insegna del riposo e dello svago. Adorava passeggiare lungo le vie
del centro con la sua solita combriccola, così come le piaceva da pazzi
ritrovarsi con loro a giocare a carte o per una tombolata tra una fetta di
dolce e l’altra.
Quando finalmente arrivò l’ultimo dell’anno, Miki, Meiko e
gli altri passarono una piacevole serata in cima alla collina della città, dove
si teneva la grande fiera di fine anno, appunto.
Le ragazze si dedicarono accuratamente al loro aspetto
indossando i loro kimono più belli e acconciandosi i capelli in pettinature
elaborate e sbarazzine.
“Wow, ragazze!! Siete bellissime! Non credevo!!” Suzu non si
trattenne dal fare i complimenti quando Miki, Meiko ed Arimi, tutte e tre
perfettamente truccate e agghindate, arrivarono al luogo dell’appuntamento.
I ragazzi in particolare rimasero ammirati da tanto
splendore; Ginta riuscì a beccarsi un’occhiata inceneritrice da parte di Arimi,
che almeno l’ultimo dell’anno voleva tenerselo tutto per sé.
Tra risate, passeggiate in mezzo ad una miriade di gente e
visite alle varie bancarelle e attrazioni, la mezzanotte arrivò rapidamente.
“Ragazzi, mancano solo tre minuti a mezzanotte!!!” esclamò
Ginta, agitato.
“Davvero?! Corri!! Non voglio perdermi lo spettacolo dei
fuochi d’artificio!!” Miki si mise a correre freneticamente verso la piazzetta
principale, già piena di gente in attesa del conto alla rovescia.
“Aspetta!! Non correre!! Aah!!” Suzu le si era attaccata
alle costole, ma non riusciva a scansare le persone che le cozzavano addosso.
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“Meno tre…due…uno…Buon anno!!”
Un allegro fragore si sollevò dall’intera piazzetta: c’era
chi urlava, chi brindava a modo suo, chi saltellava sul posto, chi gettava
stelle filanti al cielo.
“Buon anno a tutti!! Oooh, guardate!”
Meiko aveva notato per prima l’enorme fuoco multicolore che
era esploso sopra la sua testa, in mezzo a una miriade di stelle luminose.
“Wow, che bellooooo!!” Miki stava guardando lo spettacolo
pirotecnico con gli occhi sgranati che riflettevano tutti quei bellissimi
colori.
“Ti entusiasmi per un nonnulla, Miki…” disse Arimi con tono
esasperato, sollevando il capo verso il cielo. Pochi secondi dopo si sentì
picchiettare lievemente sulla spalla. Si voltò e si ritrovò davanti agli occhi
la faccia buffa di Ginta.
“Bacino?” gli chiese allegramente.
Arimi notò che con il braccio che aveva alzato sopra le loro
teste teneva un ramoscello di vischio.
“Vischio? Ma Natale è passato da una settimana!”
“E allora? Chi bacia a Capodanno bacia tutto l’anno!”
Arimi alzò gli occhi al cielo e con una risatina gli schioccò
un rapido bacio sulle labbra.
Dopo aver assistito a quella scenetta, Meiko si avvicinò di
sottecchi a Miki, anch’ella impegnata a guardare i suoi due amici, e le
sussurrò in un orecchio:
“Chi fa pace a Capodanno fa pace tutto l’anno…”
Miki sobbalzò e si girò verso di lei. Aveva capito dove
voleva andare a parare. Le lanciò un rapido sguardo d’intesa e si allontanò di
qualche metro dal gruppo, mentre contemporaneamente si frugava in tasca. Si
fermò in un angolino dietro una bancarella, dove i suoni e il frastuono della
festa risultavano più ovattati.
‘Bè, tanto non ho niente da perdere…se non lo faccio
adesso…’ Tirò fuori il suo nuovo cellulare e il solito robottino
componi-numeri, che Meiko le aveva consigliato di portare.
Sospirando profondamente, lo avvicinò al telefono; dopo una
breve esitazione, premette il pulsante.
Sentì il familiare suono dei tasti che venivano digitati e
si mise in attesa, pensando a un milione di cose che avrebbe potuto dirgli, ma
nello stesso tempo facendosela sotto dalla paura.
‘Appena tira su gli riaggancio sulla faccia…Brutta codarda
che non sono altro…’
La chiamata venne accettata quando meno se lo sarebbe
aspettata, ancora immersa nei suoi pensieri.
“Pronto?”
“Ehm…Ciao, Will, sono Miki.”
“Miki! Come stai?”
“Bene, credo…Buon anno, Will!”
“Buon anno anche a te! Aspetta, vado a cercare Yu…era uscito
un momento a prendere una boccata d’aria…”
“No, io…” esplose Miki.
“Sì?” Will riprese in mano la cornetta, incuriosito dal suo
gesto.
Miki non potè fare a meno di darsi mentalmente della
stupida.
“N-no, niente, scusa…allora aspetto.”
Miki capì che Will aveva abbandonato la cornetta per
mettersi alla ricerca di Yu; in quei pochi secondi che le rimanevano prima di
risentire la voce del suo ragazzo, cercò di tranquillizzarsi, ma senza un
risultato soddisfacente: il suo cuore batteva ancora all’impazzata, pieno di
ansia.
‘Non credevo che questo momento sarebbe arrivato…Ma che gli
dico? Oltretutto non l’ho ancora del tutto perdonato…’
“Pronto?”
“Ops…” La mente di Miki era completamente vuota.
“Miki, sei tu?”
“Ehm…Buon anno…” Il suono uscì piano dalle sue labbra.
“Buon anno anche a te…Ehm, ascolta…” cominciò Yu, ma lei lo
interruppe prima che potesse dire qualsiasi cosa.
“No, ascolta tu…Vedi, io…” disse in tono autoritario Miki,
scandendo le parole.
‘Cavolo, com’è difficile…’
“…io volevo…chiederti scusa.”
L’aveva detto. Aveva messo da parte l’orgoglio, come voleva
Meiko. Le sembrò che il grosso peso che si sentiva all’altezza del petto si
fosse alleggerito notevolmente.
“Miki, io…”
“Lo so che forse sei talmente impegnato da non poter lasciar
perdere i libri nemmeno per un secondo, ma vorrei che tu sapessi che ci sono
rimasta molto male.”
Yu si sentì addosso un terribile senso di colpa. “Sì,
hai…hai ragione in tutto…e in effetti è vero che in questi ultimi tempi ho una
caterba di esami.”
“Lo immaginavo. Ma almeno potevi dirmi la verità invece di
fare promesse fasulle. Se già lo sapevi fin dall’inizio che lo studio ti
avrebbe tenuto impegnato, avresti potuto dirlo subito!”
“Ma io non potevo prevederlo! Gli appelli per i vari esami
escono in bacheca quando meno te lo aspetti, davvero! L’ultimo è uscito la
vigilia di Natale!”
“Capisco…” La ragazza aveva qualche brutto presentimento.
“E poi, anche se avessi voluto –e credimi, ci tenevo molto
…” riprese Yu, con voce più incerta. “…non avevo i soldi per pagarmi il
biglietto aereo…Sai che per queste cose voglio provvedere da solo senza
coinvolgere i nostri genitori…”
“Ma per un’occasione del genere i nostri genitori ti
avrebbero aiutato volentieri! Sanno che stai studiando all’estero, non
sarebbero stati così insensibili!” esclamò Miki di rimando.
“Sì, lo so, ma te l’ho già detto, per i miei svaghi voglio
pensare a tutto io. Ma ormai è inutile pensarci, no? Comunque” continuò Yu più
lentamente “mi dispiace di averti dato questa delusione…ti giuro, tutto quello
che non voglio è farti soffrire a causa mia…”
“Sì, lo so…E io mi scuso di nuovo per la mia crisi di nervi
di Natale” ripetè Miki.
“Non fa niente, me la meritavo…Allora…come va la vita?”
Allora per lui era pace fatta…Miki, invece, era ancora
piuttosto in dubbio.
“Oh, bene…sai, le solite cose…Tranne che per Natale mi hanno
regalato un cellulare…!”
“Davvero?! Non è giusto, lo voglio anch’io!”
“Sei stato cattivo, devi aspettare ancora un po’…Ascolta, Yu…”
“Dimmi…”
“…Credi che durante il prossimo periodo di vacanza potremmo
vederci?”
Un secondo di silenzio. “Lo spero tanto…è un sacco che non
vedo il tuo bel visino…Comunque cercherò di lavorare più spesso al negozio e di
mettere da parte qualcosa. Naturalmente, se non influirà troppo con i miei
studi.”
“Già…fai tutto il possibile, d’accordo? Ora devo proprio
andare, gli altri mi stanno aspettando… Allora ci sentiamo presto…”
“Sì, ok…A presto, piccola!”
“Ciao ciao…!”
“Ciao…Ah, ancora auguri, salutami gli altri e per te un
bacio speciale portafortuna per l’anno venturo…!”
“Grazie, anche a te!”
Miki si staccò il ricevitore dall’orecchio e premette il
pulsante di fine chiamata. Fece un altro grande sospiro socchiudendo gli occhi.
Fatto.
Finalmente aveva fatto quello che temeva. Fu come se fosse
appena scampata ad un’interrogazione particolarmente difficile.
Con un’espressione turbata dipinta sul volto, infilò il
cellulare in tasca e raggiunse il suo gruppo. Meiko la notò e si affrettò a
correrle incontro.
“Allora?”
“Allora che?”
“Ma come che! Avete fatto la pace?”
“Più o meno…”
“Bè, almeno avete parlato, no? Sei stata via almeno cinque
minuti!” Meiko era bramosa di sapere quello che si erano detti, invece Miki
preferiva non parlarne.
“Sì, ci siamo chiariti.”
“Oh, meno male! Di questo sono contenta. Ma ora fammi un
sorriso, dai! E stai tranquilla, hai fatto la cosa giusta!”
“Se lo dici tu…dai, torniamo dagli altri!”
E con un sorriso che si potrebbe definire finto, Miki si
affiancò a Meiko e tornò a far parte della festa.
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Il giorno dopo Miki si recò al secondo appuntamento con i
suoi amici, stavolta al tempio della città. Era tradizione che, il primo giorno
dell’anno, vi ci si recasse per esprimere un desiderio di buon auspicio.
Miki congiunse i palmi delle mani chiudendo gli occhi
insieme agli altri ed espresse il suo desiderio, sperando con tutta se stessa
che potesse avverarsi.
Una volta conclusosi il rituale, Kei gli si avvicinò mentre
camminavano verso una bancarella e le chiese, curioso:
“Qual è stato il tuo desiderio?”
La ragazza lo squadrò come se fosse diventato matto.
“Figurati se te lo vengo a dire! Così almeno non si avvererà
mai!”
“E dai…cosa ti costa?”
Prima che Miki potesse rispondergli nuovamente di no, Suzu
agguantò il braccio di Kei e lo trascinò via verso la bancarella dell’oracolo.
wwwwwwwwwwwwwwwwwwww
“Allora, Miki, riguardati e chiamaci quando sarai arrivata,
d’accordo?”
“Sì, non preoccupatevi, andrà tutto bene!”
Miki salutò per la seconda volta i suoi genitori
all’aeroporto. Gli ultimi giorni di vacanza erano trascorsi velocemente, e per
lei era già l’ora di tornare in Inghilterra.
Agguantò i suoi bagagli e si avviò all’uscita del suo volo,
elettrizzata all’idea di rivedere Hailey, i professori e, purtroppo, anche
Keisuke. Anzi, era rimasta sorpresa dal fatto di non averlo incontrato nemmeno
una volta da quando erano tornati a Tokyo prima di Natale.
“Bè, in fondo è stato meglio così…un problema in meno” si
disse tra sé e sé mentre l’hostess avvertiva i passeggeri di allacciarsi le cinture.
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Il volo proseguì tranquillamente fino all’arrivo ad
Heathrow; Miki scese allegramente dalla scaletta e prese il taxi che l’avrebbe
riportata al college.
Quando intravide l’esteso edificio principale, si sentì
elettrizzata come se fosse stata la prima volta che veniva lì. Poggiò i piedi a
terra, chiuse la portiera del taxi e con passo svelto entrò nel suo caro
vecchio dormitorio. Nel salottino trovò, impegnata a giocare a biliardo con
altri ragazzi, anche Hailey, che appena la vide le corse incontro e le gettò le
braccia attorno al collo.
“Mikiiiiiii!! Mi sei mancata tantooooo!!!”
“Anche tu, Hailey!” esclamò, abbracciandola a sua volta.
Dopo aver salutato anche gli altri suoi compagni, Miki salì
le scale che portavano alla camera da letto; si chiuse la porta alle spalle e
si sedette sul suo letto, esausta ma allo stesso tempo felice di essere di
nuovo in quel meraviglioso posto.
Dopo una rapida doccia, decise di scendere al piano
inferiore per godersi un po’ della calorosità dei suoi amici. Hailey la
persuase ad imparare a giocare a biliardo, così Miki prese in mano una stecca e
provò goffamente qualche tiro. Poco più tardi la porta d’ingresso si spalancò
nuovamente e stavolta entrò un folto gruppo di ragazzi tra cui si trovava anche
Keisuke, con i suoi soliti capelli a caschetto color ebano e il viso rotondo
leggermente più pienotto. Vide Miki ed Hailey e si avvicinò per salutarle
“Ciao ragazze! Passato buone feste?”
“Ciao Keisuke! Più o meno tutto bene…” gli disse Miki.
“Tutto bene anch’io!” disse Hailey.
“Già…peccato che siano già finite, eh? Non mi avrebbe fatto
male un altro po’ di riposo!”
“Per me è stato decisamente meglio tornare qui, invece…”
intervenne cupa Miki.
“Perché?” le chiese il ragazzo, incuriosito.
“Se non altro, lo studio mi aiuta a pensare ad altro.”
“Capisco…”
Miki fu sollevata dal fatto che Keisuke non avesse voluto
approfondire ulteriormente.
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Dopo un rapido spuntino in sostituzione della cena, Miki e
Hailey decisero di andare a dormire subito, dato che il giorno dopo sarebbe
ricominciato il solito tran tran quotidiano dell’università.
Sotto le coperte fredde, Miki gettò un’occhiata al telefono
fisso che Keisuke le aveva regalato qualche mese prima.
“Se non altro oggi è stato meno rompiscatole del solito…”
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal rumore delle fronde
che si agitavano al di fuori della sua finestra.
L’inizio di nuovo delle lezioni, il giorno dopo il suo
rientro a Londra, fu piuttosto traumatico per Miki: non era più abituata a
quelle levatacce. Tutto sommato, però, non le dispiaceva tornare al solito tran
tran, e finalmente aveva qualcosa in più da fare invece di poltrire
continuamente sul letto.
E inoltre rivide tutti i suoi amici stranieri…compreso
Keisuke, che sembrava essersi dato una calmata dopo le vacanze di Natale.
Almeno, non la rimbambiva più con le sue chiacchiere e non cercava di starle
sempre appiccicato come una ventosa.
Durante il pomeriggio, dopo una dura mattina di studio, Miki
e Hailey uscirono fuori dall’edificio per farsi una passeggiata all’aria aperta
intorno al giardino del campus; si misero sedute su delle panchine e
assaporarono l’aria gelida che schiaffeggiava loro le guance, mangiando a
piccoli morsi un panino che avevano preso al chiosco riservato agli studenti.
“Hai visto come è diventato carino Keisuke?” chiese Hailey a
bruciapelo, girandosi verso Miki.
“A me invece sembra più paffuto di prima…”
“Ma dai! L’hai visto bene? Sembra che in questi venti giorni
di vacanza sia diventato ancora più maturo! E non mi riferisco solo
all’atteggiamento…” disse Hailey.
Miki si girò verso l’amica, una strana lucina negli occhi.
“Non è che ti piace, eh?” le chiese furbetta, dandole di
gomito.
Hailey arrossì e sventolò una mano. “Ma che dici?! Sei
matta?! Ho solo detto che è carino, tutto qui!” rispose allarmata.
“Bè…questo non indica che almeno un pochino ti piace?”
La guance di Hailey cominciavano a tendere al bordeaux. “Oh,
basta Miki! Ho già detto di no! E poi già lo sappiamo chi piace a lui…”
aggiunse la riccia, dando di gomito a Miki a sua volta.
Stavolta fu il turno di Miki ad arrossire. “Oh…Ma questo
cosa c’entra? Comunque lo sai che lui…ecco…non mi piace.”
“Sì, so che sei già fidanzata…A proposito, come avete
passato il tempo che avete avuto a disposizione, tu e il tuo boyfriend?”
“Oh, veramente non ci siamo visti per niente…purtroppo Yu ha
avuto tanto da fare all’università, così…” le spiegò la moretta con un
sorrisetto riluttante.
“Mi dispiace…Chissà come ti sarai sentita…”
“Diciamo che ho passato momenti migliori…Comunque è…acqua
passata, ecco.”
“Sicura?” C’era qualcosa nel tono di Miki che non convinceva
del tutto Hailey.
“Sicura. Abbiamo fatto pace la sera di Capodanno.”
“Capisco…Meno male…” Hailey non insistette dal saperne di
più, anche se era molto curiosa di approfondire ulteriormente la faccenda.
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Quando ormai non si sentivano più le dita delle mani dal
freddo, le due ragazze decisero di rientrare nel loro dormitorio. Qui rimasero
al pianterreno a giocare a biliardo; Miki fu letteralmente trascinata da Hailey
per fare coppia contro i loro amici James e Ashley, anche se lei di certo non
ne fremeva dalla voglia.
Dopo una sua steccata particolarmente malriuscita, dalla
porta d’ingresso entrò Keisuke con i suoi amici del dormitorio maschile. Salutò
James e, appena la vide, andò incontro a Miki.
“Ciao Miki! Come stai?”
“Tutto bene, grazie!”
“Che palle, eh? La lezione di stamattina, intendo…”
“Eh sì, io avevo talmente tanta voglia che mi usciva anche
dalle orecchie!”
Keisuke rise, divertito. Miki rise a sua volta.
I due stettero zitti per qualche minuto, poi Keisuke propose
alla ragazza di andarsi a sedere sulle poltrone accanto al fuoco, per fare due
chiacchiere. Miki acconsentì, dato che si era stancata di giocare, e sprofondò
in una delle comode poltrone foderate di rosso.
“Allora, come hai passato le feste?” chiese a Keisuke, non
appena anche quest’ultimo si mise seduto sulla poltrona accanto alla sua.
“Non c’è male…Ho passato il Natale con la mia famiglia,
invece per l’ultimo dell’anno me ne sono andato fuori città con i miei amici. E
tu cos’hai fatto di bello?”
“Sì, anch’io più o meno ho fatto le tue stesse cose, solo
che per l’ultimo dell’anno sono andata alla fiera…Hai capito di quale sto
parlando, no?”
“Sì, ci andavo tutti gli anni, ma poi mi ha stufato e ho lasciato
perdere. Bè, almeno tu e Matsura vi siete divertiti insieme, no?”
“Matsura?! Ma come, per te Yu non era ‘il galletto’?” chiese
Miki, con un sorrisetto.
“No, non lo chiamerò più in quel modo…per stare con una come
te non può assolutamente essere un galletto…!” Miki roteò gli occhi
all’indietro, compiaciuta.
“Allora?” Keisuke la incoraggiò a raccontargli di come era
stata in compagnia di Yu.
“Bè, a dire il vero Yu non è tornato a casa, è rimasto a New
York per continuare a studiare.”
“COSA?!” Keisuke scattò in piedi, facendo trasalire Miki e
alcuni ragazzi lì vicino.
“Ehi, ma che ti prende?!” esclamò allarmata Miki,
spalancando gli occhi.
“Ma è matto?!” rispose Keisuke, aggressivo. “Lasciare da
sola la propria ragazza durante il Natale?! Ma cosa diavolo aveva di così
importante da fare per rimanere a New York?!”
“Si da il caso” cominciò Miki, alzandosi dal giaciglio a sua
volta e lanciando al ragazzo uno sguardo di sfida “che Yu si trova a New York
per studiare…Evidentemente avrà dovuto sostenere qualche esame
importante, come è possibile che non ti venga in mente?! Eppure anche tu sei
uno studente universitario!”
“M-ma tu non ti sei arrabbiata? Insomma…” Keisuke si fermò
per permettere a Miki di rispondere.
“Certo che mi sono arrabbiata! Ma l’ho perdonato la sera di
Capodanno…”
“Così a cuor leggero? Io l’avrei mollato subito, se fossi
stato in te! Ti ha fregato ben bene, sai?” Keisuke si rimise seduto lentamente
sulla poltrona, le mani tremanti. Miki, invece, volse lo sguardo al fuoco
scoppiettante.
“No, io…cioè, noi…ci siamo promessi fedeltà reciproca. Anche
se in quel momento ero incavolata da pazzi, ho preferito metterci una pietra
sopra. In fondo la sua scusa – se poi lo era veramente, era credibile.”
“Io continuo a ritenere che tu sia stata troppo indulgente,
con lui…comunque rispetto i tuoi sentimenti…e ti credo.”
Miki lo scrutò con la coda dell’occhio. In effetti Keisuke
non aveva tutti i torti…Anche se aveva deciso di dimenticare l’accaduto ora,
con le sue accuse verso la presunta infedeltà di Yu, la malinconia e la
sensazione di essere stata presa in giro tornavano come un fiume in piena a
colmare il suo animo, già abbastanza indebolitosi dopo gli ultimi eventi.
Rivolse nuovamente
gli occhi alla fiamma del camino, distratta dai suoi pensieri; la voce di
Keisuke la fece trasalire. “Comunque, mi auguro che voi due possiate
reincontrarvi molto presto. Chissà che non ti venga a trovare proprio qui.”
Dopodichè si alzò, si sistemò le pieghe del maglione e si
allontanò, lasciando Miki più pensierosa che mai.
“YU?!” Miki sobbalzò sul letto: erano settimane che non si
sentivano. “Mi stavo giusto chiedendo che fine avessi fatto! Insomma…Sono
passate due settimane dall’ultima volta che ci siamo parlati!”
“Sì, lo so…Scusa, ma sono stato molto impegnato! Al lavoro
mi hanno fatto fare gli straordinari…Cioè, sono io che ho voluto farli, a dire
il vero…”
“Davvero? Io non troverei il tempo per studiare, se avessi
il tuo ritmo…”
“Eh eh! Già, è un’ammazzata…! Comunque mi sembra che anche
tu sia abbastanza impegnata: neanche tu ti sei fatta più sentire, neanche un
messaggio in segreteria…”
“Bè, indubbiamente anche io ho avuto il mio da fare,
ultimamente…Tanti esami di tutti i tipi…Giusto adesso stavo per mettermi a
dormire…” Miki fissò avidamente il pigiama di pile adagiato sul materasso che
la aspettava con trepidazione.
“Oh, scusa…Con questo fuso orario ancora non ci capisco
niente! Qui invece c’è un sole splendente! Non sembra neanche febbraio!”
“Beati voi…”
“Comunque, nonostante le belle giornate, il carico di lavoro
è sempre terribile e faticoso, non invidiarmi più di tanto…”
“Non fare la vittima, dai…A proposito…” Miki si fermò,
esitante e pensierosa.
“Sì?” la incoraggiò Yu.
“Hai ragione, ormai siamo alle soglie di febbraio…”
“…”
“Vorrei tanto rivederti…ti rendi conto che sono almeno sei
mesi che fremo per ritrovarmi davanti al viso i tuoi occhi color nocciola?
Voglio abbracciarti forte forte come non faccio da un sacco di tempo!”
“Anche io, piccola…Vorrei averti qui con me, in questo
momento…” disse Yu in tono molto dolce.
“Ecco, appunto…Allora perché non approfittare del periodo
più tenero dell’anno, quello che tutti gli innamorati aspettano con ansia e
trepidazione?” disse la ragazza, sognante ed emozionata.
Yu capì al volo. “San Valentino…”
“Già, proprio San Valentino! Tutto quello che desidero è di
trascorrerlo assieme a te…”
“Anche io…”
“Allora” cominciò Miki, entusiasta e decisa “perché non mi
raggiungi qui a Londra?”
Yu strinse più saldamente la cornetta del telefono. Deglutì.
“A…a Londra?”
“Sì, a Londra! Stai tranquillo che renderò il tuo soggiorno
temporaneo una vera favola!” esclamò Miki.
“Io…non so…”
“E dai! Qual è il problema? Non sei felice di rivedermi?”
“Ma certo che sono felice di poterti rivedere…! No, pensavo
a quanto poteva venire a costare il viaggio e tutte le altre cose…Sai, il
vitto, l’alloggio…”
“Oh, ma di questo non ti devi preoccupare: dovrai provvedere
solo al viaggio in aereo, per il resto ci penserà la mia università a fornirti
un posto dove stare! Lo fa sempre, quando arrivano degli ospiti stranieri…” lo
informò Miki.
“Ecco, appunto: non dimenticare che un biglietto
dall’America all’Europa non costa poco…Insomma, stiamo parlando della
traversata di mezzo globo! Non è come da casa nostra…” disse Yu, con voce quasi
preoccupata.
“Sì, ma ora che hai un lavoro avrai messo da parte
qualcosina, no? Fai anche gli straordinari…Se li sommi a quello che ti hanno
dato i nostri genitori viene fuori un bel gruzzoletto, credo…Perché non provi a
fare due conti?”
“Miki” riprese Yu, leggermente spazientito “io non posso
fare come mi pare, non posso prendere e partire per il Regno Unito così, a cuor
leggero…Devo mantenere a me stesso, ora che sto così lontano da casa, non posso
sperperare tutti i miei risparmi per una sorvolata dell’Oceano Atlantico che
sicuramente mi verrà a costare un capitale! Mi capisci?”
“Ma…” Miki si sentiva tradita nel cuore. “Ma perché, scusa?!
Insomma, Yu! Quando pensi che potremo rivederci? Io non ce la faccio più, questa
lontananza mi sta struggendo!”
“Miki, non fare la bambina, non è questo il punto!” esclamò
Yu. “Lo sai che anche tu mi manchi, ma è possibile che non pensi che in questo
momento investire tutti i miei soldi per un biglietto di andata e uno di
ritorno è una follia per uno studente straniero come me?! Fai presto a parlare,
tu…tu non ti sei offerta nemmeno di venire qui in America, per stare
insieme…Hai ripiegato subito sulla mia esclusiva disponibilità!”
“Yu!” esclamò Miki scandalizzata. “ Io non ho un lavoro
part-time come te, se dici che non puoi permetterteli tu –cosa che mi sembra
quasi improbabile, come potrei permettermelo io?!” chiese, furiosa.
“Appunto! Quindi credo che dovremo aspettare ancora un altro
po’, per vederci…” disse Yu.
Miki spalancò gli occhi. “C…cosa?”
“Sì, credo che a questo punto, siccome tutti e due abbiamo
problemi economici dello stesso tipo, dovremo aspettare le vacanze estive prima
di poter stare un po’ insieme.”
“Le vacanze estive?! V-vuoi dire che per tutti e tre gli
anni di università potremo vederci solo una volta all’anno?!” Miki era
sull’orlo delle lacrime, anche la sua voce era soffocata.
“No, non ho detto questo…magari se attendiamo qualche altro
mese e pazientiamo, l’anno prossimo potrei permettermi anche il viaggio per
Londra. Ma per il momento, purtroppo, la situazione è questa. Credimi, mi
dispiace davvero tanto, piccola mia…”
Miki non sapeva cosa dire: da un lato pensava che Yu non
avesse tutti i torti, in fondo il suo ragionamento era sensato e
comprensibile…ma dall’altro non poteva fare a meno di essere arrabbiata con
lui, si sentiva messa da parte. Rimase zitta.
Yu poteva sentire il suo respiro affannoso, per cui cercò di
consolarla. “Comunque…possiamo sempre sentirci per telefono, non ti pare?
Prometto che cercherò di chiamarti tutti i giorni…”
“Lascia perdere…chissà quanto ti verrebbe a costare in
bollette, no?” disse Miki, sarcastica.
“Oh…bè, no…comunque non me ne importa niente, voglio
rimediare per tutte le sofferenze che ti ho dato in questi ultimi mesi…Non sai
quanto mi dispiace per quello che è successo a Natale… …ti prego, dimmi
qualcosa, mi fai sentire ancora più in colpa…”
“…Ormai è acqua passata, è inutile che continui a pensare al
Natale…E poi abbiamo fatto pace, non te lo ricordi?” disse Miki con voce strascinata.
“Sì, è vero…e ne sono felice, non avrei sopportato un
momento di più che tu mi tenessi il muso…Allora ci…ci sentiamo domani…”
“Sì, va bene…”
“Buonanotte, mio dolce amore…dormi bene…”
“Ci proverò…”
“Ciao, ci sentiamo domani…”
“Sì. Ciao.”
Yu rimase con la cornetta incollata all’orecchio destro,
mentre dall’apparecchio proveniva solo il segnale ritmico di linea libera.
Il giorno dopo Miki si alzò e si vestì lentamente e più
svogliata che mai. Si mise lo zaino in spalla e scese a lezione in compagnia di
Hailey, che aveva avuto la premura di non chiederle niente e di lasciarla in
pace, intuendo che doveva esserci qualcosa che coinvolgesse il suo ragazzo.
Durante tutta la mattinata Miki si limitò ad ascoltare
passivamente le spiegazioni dei professori, scarabocchiando su tutta la pagina
del blocco aperta sotto i suoi occhi le lettere M.Y., senza pensare.
Una volta arrivata l’ora del pranzo, Miki e la sua amica
riccia si recarono alla mensa e si sedettero in un tavolo vuoto, posizionato in
un angolino appartato. Hailey le concesse almeno questo, sapeva che voleva
restare tranquilla.
“Scusa se oggi sono così noiosa, Hailey, ma non è davvero
giornata…”
“Non ti preoccupare, so quanto sei simpatica!” le disse
Hailey con un gran sorriso incoraggiante.
In quel momento Miki notò Keisuke entrare nella caffetteria,
intento a cercare con lo sguardo il tavolo su cui erano seduti i suoi amici. La
ragazza sventolò una mano per farsi notare e lui la raggiunse e si mise seduto
vicino a lei, lievemente sorpreso.
I tre cominciarono a chiacchierare fino a quando la pausa
pranzo finì e dovettero alzarsi per recarsi nuovamente a lezione. Prima che si
separassero, diretti in due aule diverse, Miki si avvicinò titubante a Keisuke
e, leggermente esitante e senza rifletterci più di tanto, chiese in un
sussurro:
Noticine: Ciao a tutti!!
Finalmente ho completato il nuovo capitolo dopo quasi due mesi!! Me lo dicono
in tanti che sono lenta…! J Mi lasciate un commentino? Sigh sigh…nello scorso chap non ne ho
avuto nemmeno uno…Sigh sigh!! L Vi ringrazio, al prossimo capitolo!! Ciao ciao!!
“C…come hai detto, Miki?” Keisuke spalancò gli occhi dalla
sorpresa; se era certo di aver capito bene, la ragazza gli aveva appena chiesto
che cosa avrebbe fatto per San Valentino.
Miki abbassò gli occhi e arrossì; poi ripetè: “Che…che cosa
fai per San Valentino? Sai, in caso potremmo farci un giro insieme…”
Keisuke arrossì a sua volta, colto di sorpresa. Si sentiva
come se stesse sognando: la ragazza per cui provava una morbosa attrazione, e
per di più già ufficialmente impegnata, chiedeva a uno come lui di
uscire insieme proprio durante la giornata dedicata agli innamorati?
“Miki...tu…stai scherzando, vero?”
“Perché dovrei? Io non scherzo mai su queste cose…” rispose
Miki, continuando ad esaminare la crepa di una mattonella.
“Ma dai…lo so che trascorrerai la giornata con Matsura, chi
vuoi prendere in giro?”
Miki si decise a tirare su la testa e a posare gli occhi sui
suoi acquosi. “Non te lo ricordi, forse? Yu è a New York, io qui a Londra…Ti
aspetti che lui venga qui solo per un giorno?” Il nodo che le permaneva nella
gola si accentuò leggermente, ma lei si sforzò di non farci caso.
“Ma…perché no, scusa? Immagino che tu gli abbia detto che
l’università mette a disposizione i dormitori liberi per gli ospiti, no? E
comunque ci sarebbero sempre gli alberghi, gli ostelli eccetera…” disse
Keisuke.
Miki portò le mani dietro la schiena e cominciò a dondolarsi
avanti e indietro facendo perno sui talloni. “Sì, gliel’ho detto ieri sera, ci siamo
sentiti al telefono…ma so già che non verrà.”
“Davvero? Come fai a saperlo?”
“Come sarebbe a dire? Me l’ha detto lui! Ha detto che non se
la sente di spendere tutto il denaro che ha accumulato in questi ultimi mesi,
che per una volta possiamo anche non passare la giornata insieme: ci
accontenteremo di telefonarci quasi tutti i giorni.”
“…” Keisuke non sapeva cosa dire.
“E-ehm…Allora? Che ne dici?” chiese Miki, un tantino tesa.
Dopo qualche secondo di pausa, Keisuke fece un gran sospiro
e disse in un sussurro: “O-ok.”
“Perfetto!! Grazie, Keisuke! Vedrai che trascorreremo una
bellissima giornata!!”
Ma subito dopo si pentì delle sue ultime parole: a pensarci,
forse potevano essere considerate ambigue, per quella situazione. Approfittando
del silenzio che era sceso tra di loro, si affrettò a chiudere il discorso.
“…da amici, ovviamente!”
Keisuke la guardò con gli occhi scintillanti e le sorrise.
“Certamente, da amici!!”
“Solo per non passare il tempo in solitudine e senza fare
niente! Sarei uscita con Hailey, ma lei ha già un appuntamento…con uno del
terzo anno, uno che si monta troppo la testa, secondo i miei gusti…Bè, allora
ci vediamo in giro!” Miki sventolò una mano, girò sui tacchi e si allontanò
diretta nella sua camera.
Keisuke la salutò a sua volta, ma dubitò che l’avesse
sentito: dalle sue labbra era uscito solo un impercettibile sibilo. Era ancora
provato dagli ultimi fatti: era la prima volta che una ragazza gli chiedeva di
uscire, e anche per questo era terribilmente preoccupato; tutti i suoi precedenti
incontri galanti(che si potevano contare sulle dita di una mano) non si erano
mai conclusi in maniera molto positiva. Tutt’altro, era sempre stato scaricato
in malo modo, contribuendo ad accrescere il suo senso di frustrazione e
imbarazzo nei confronti dell’altro sesso.
Stavolta, però, decise che si sarebbe preparato alla
perfezione per quello che sarebbe successo, non avrebbe fatto la figura
dell’idiota.
Si sarebbe preso la sua rivincita.
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“Hailey, lascia che te lo dica…Non credo che quello là sia
tanto adatto a te.”
Miki indicò un aitante ragazzo dai capelli corvini che stava
scendendo le scale del secondo piano; a giudicare dai duri tratti del suo viso,
avrebbe dovuto avere almeno ventidue anni.
“Invece è così simpatico e affascinante, e allo stesso tempo
così possente e coraggioso…Avresti dovuto vederlo quando mi ha difeso da quei
ragazzacci del secondo anno…Ha dato loro una bella lezione!” ribattè Hailey con
voce sognante.
“Appunto! È solo un gradasso prepotente che ama fare a
botte, come può piacerti uno così?”
Miki si azzittì di colpo quando incrociò lo sguardo
contraddittorio dell’amica: aveva un non so che di ardente e vendicativo.
“Oh bè, se dici che ti piace…”
“Oh, sì! Non posso credere che uno come lui mi abbia
invitato ad uscire per San Valentino…è così dolce! Non vedo l’ora che sia
domani!!”
“Già…sarà l’occasione per rimpinzarci di cioccolata, non
trovi?”
“Ma che dici!!…Ehm, ok…forse…un pochino…Comunque non sarà
questa l’occupazione principale della giornata!” disse Hailey allegra e
impaziente.
Miki arrossì imbarazzata. “Hailey! Cerca di non fare
sciocchezze, intesi?”
“Tranquilla, un bacetto e niente di più!” La riccia si
poggiò i palmi delle mani sulle guance in fiamme, sghignazzando.
“Tu sì che hai le idee chiare…” notò Miki, passandosi un
dito sul mento.
“E tu che farai domani? Se non sbaglio mi hai detto che Yu
non verrà a trovarti qui a Londra…” le chiese Hailey una volta calmatasi.
“Io? Bè, sì, in effetti è così…” mormorò Miki con un’alzata
di spalle “Infatti ho chiesto a Keisuke se gli andava di uscire insieme e
lui…ha accettato.”
“Keisuke?” chiese Hailey, sorpresa. “Ma come, lui non ti è
mai piaciuto!”
“Sì, ma almeno non trascorrerò la giornata chiusa in camera
senza fare niente, non ti pare?”
“Assolutamente!!” esclamò Hailey facendo sobbalzare Miki.
“Non posso pensare che la mia carissima compagna di stanza non possa godere
dell’atmosfera romantica che…”
Miki la interruppe mentre aveva ancora la bocca aperta. “Ehi, ehi! Calma! Usciamo come
amici, niente di più! La conosci la situazione, no?”
“Certo che la conosco! Me ne hai parlato così tante
volte…Dico solo che sono contenta che tu abbia la possibilità di divertirti e
di svagarti nonostante Yu non sia qui con te! A proposito, ti ha già chiamato,
oggi?”
“Sì, mi ha chiamato stamattina presto. Praticamente mi ha
svegliata lui!” disse Miki con una leggera smorfia. “Dice che va tutto bene,
che ha tanto da studiare, che gli manco…insomma, le solite cose. Capita, quando
due persone si sentono ogni santissimo giorno…” aggiunse, stavolta con tono
esasperato.
“Poverino, vuole solo farsi perdonare…che tenerone! Ehi, dai
” disse Hailey dando delle lievi pacche sulla schiena di Miki. “sono sicura che
ti divertirai. E non preoccuparti, Keisuke sa che sei ufficialmente impegnata
con un altro ragazzo.”
Miki le sorrise dolcemente. “Sì, lo so, e ho già messo le
cose in chiaro con lui. L’ho avvertito subito, ovviamente! Sì, mi divertirò!”
“Così si fa!” Hailey le restituì un gran sorriso. “Ma ora
dimmi…non è che potresti prestarmi quella tua magliettina nera scollata con il
cuore di paillettes? Starebbe benissimo con la mia minigonna di jeans!”
Miki si avvolse nell’accappatoio e uscì dal bagno accaldata
e profumata. Hailey, che si stava infilando i collant su per la gamba sinistra,
saltellò verso di lei sul piede libero.
“Ancora non ti sei vestita?! Dai, ha appena chiamato
Keisuke! Dice che sarà qui alle sette in punto, e sai che ore sono adesso?! Hai
solo tre quarti d’ora per prepararti!!” esclamò, chiaramente nel panico.
“Non ti agitare” disse Miki serenamente frizionandosi i
capelli con un asciugamano di spugna. “Non lo sai che con la fretta non si va
tanto lontani? Se quando Keisuke arriverà non sarò ancora pronta, vuol dire che
aspetterà qualche minuto. E sistemati quel riccio ribelle!” aggiunse,
attorcigliandoselo attorno all’indice destro e portandoglielo dietro
l’orecchio.
La ragazza si avvicinò all’armadio, da dove tirò fuori un
maglione di lana a collo alto a righe rosa e viola e una gonnellina a pieghe
nera: aveva già stabilito quale sarebbe stato il suo abbigliamento il giorno
prima. Una volta datosi un colpo di capelli con il phon, cominciò a pettinare
le ciocche una ad una, per allisciarle il meglio possibile.
“Smettila per un secondo di compiacerti e dimmi…come sto?”
le chiese Hailey facendo capolino dal bagno
Miki si voltò ad ammirare l’effetto, che non era davvero
niente male: Hailey aveva optato per la gonna a pieghe di jeans, la maglietta
nera che le aveva prestato Miki le fasciava armoniosamente i fianchi e la
piccola pancia; ai piedi calzava un paio di stivali bianchi spianati e
arricciati lungo i polpacci.
“You’re
really, really nice!!” disse Miki con un gran sorriso.
“Dici
davvero?! Oh, thank you very much!” esclamò Hailey battendo le mani.
“Solo che…non credi di esserti truccata un po’ troppo
pesantemente? Guarda che ai ragazzi non piace il fondotinta spalmato a dosi di
imbianchino…” le fece notare Miki.
“Ho cercato di darmi una regolata, ma siccome ogni volta me
ne mettevo troppo da una parte, allora ho dovuto uniformare aggiungendone
ancora di più!” spiegò Hailey.
“Mah…in fondo copre tutte le imperfezioni…” mormorò Miki
mentre si legava i capelli in due codine basse dietro la nuca. “Comunque la
prossima volta ti aiuto io…”
In quella si sentirono dei colpi alla porta. Hailey scattò
in piedi e corse allo spioncino.
“Aaah!! È lui, è lui!!” gridò Hailey emettendo dei gridolini
isterici.
“Allora vai! E chiudi la porta!” le disse Miki guardandola
di sottecchi. “E buona fortuna!”
“Grazie, anche a te! E appena torni mi devi raccontare
tutto!” Hailey agguantò rapidamente la borsetta e il cappotto e uscì dalla
stanza. Miki la sentì distintamente salutare il suo cavaliere con molta enfasi:
“Hello, my dear!! Let’s go!”
Sospirando, riprese a passarsi il dito sporco di ombretto di
un luminoso color bronzo sulla palpebra chiusa. Non avrebbe voluto ammetterlo,
ma era un tantino agitata: l’unico ragazzo con cui era solita uscire e che non
fosse Yu era Ginta, il suo migliore amico. Quello, più che altro, era un
appuntamento “galante”. Chissà che cosa avrebbe detto Yu…
Scosse violentemente la testa. ‘Ma dai, Miki! In fondo
passerete una giornata divertente e spensierata! Non stare a pensare a quello
che potrebbe dire Yu, non è mai stato troppo geloso e mi ha sempre lasciato i
miei spazi! E poi mi ha telefonato e mi ha tenuta attaccata alla cornetta per
mezz’ora per farmi gli auguri…per fortuna…’ Miki distolse la mente da quei
pensieri e tornò a concentrarsi sul suo labbro inferiore.
Qualche minuto dopo qualcuno bussò alla porta della camera.
Miki si infilò gli stivali di pelle nera a tacco alto, si sistemò la gonna e
andò ad aprire.
La prima cosa che vide davanti a sé fu un enorme mazzo di
rose rosse, dal quale fece capolino il suo accompagnatore.
“Keisuke! Ma…non avresti dovuto!” esclamò Miki mentre il
ragazzo gliele porgeva in un gesto galante.
“Buon San Valentino, Miki!” disse lui il più allegramente
possibile.
“Ti ringrazio…Ehi, non ci posso credere, porti la cravatta!”
Miki indicò il suo petto ridendo.
“Bè, perché non cambiare un po’ per una giornata come
questa? Ma mi sento molto goffo, a dir la verità! Tu invece sei più bella del
solito!” disse Keisuke squadrandola da capo a piedi.
Miki arrossì compiaciuta. “Grazie…anche tu stai molto bene.”
Notò che l’odore del suo dopobarba sovrastava quello dei fiori che teneva
ancora fra le braccia, ma preferì non dirglielo: ne sembrava così fiero…
Il centro di Londra appariva più bella e romantica del
solito, quasi fosse stata abbellita apposta per far trascorrere una giornata
indimenticabile per tutte le coppie di innamorati, che siano giovani o che
abbiano già una certa età: le vetrine dei negozi presentavano una gran quantità
di cuori rossi di ogni misura, teneri puttini armati di archi e frecce
dondolavano sopra gli usci, le pasticcerie offrivano una vasta gamma di
confezioni di cioccolatini, caramelle e biscotti a forma di cuore; le
esposizioni delle gioiellerie erano più invitanti che mai.
Miki era estasiata dall’atmosfera che vagava nell’aria, si
sentiva così rilassata. Keisuke, invece, non poteva fare a meno di contrarre il
viso in una smorfia.
“Guarda che bella quella vetrina! Ti va di andarle a dare
un’occhiata?” chiese Miki.
Il ragazzo non riuscì a negare davanti alla sua espressione
così gioiosa e felice; a malincuore, acconsentì e si avvicinarono
all’espositore di un grande magazzino che vendeva un po’ di tutto, dai capi di
abbigliamento agli articoli di cartoleria.
“Uaah, che carino questo carrillon!” Miki lo indicò
poggiando un dito sul vetro. “Chissà che bel suono fa…” Lo fissò teneramente:
aveva sempre avuto un debole per quel genere di cose.
“Se vuoi te lo regalo” le disse Keisuke.
A quella proposta, nel cuore di Miki si ridestò un ricordo
che credeva aver rimosso: quando ancora andava al liceo, un giorno si ritrovò
per caso a passeggiare mano nella mano con Yu, nonostante non stessero –ancora
– insieme; durante la loro passeggiata, i due si erano fermati in un negozio
che vendeva un carrillon simile a quello che aveva sotto gli occhi. Le era
piaciuto così tanto che Yu glielo comprò. Da quel momento quel semplice oggetto
da arredamento divenne un piccolo tesoro per Miki, da custodire gelosamente da
mani indiscrete e indegne. Tuttavia qualche mese prima lo aveva nascosto alla
vista, compresa la sua, lasciandolo in un angolino del cassetto da cui ancora
non l’aveva ritirato fuori.
“Ehi…allora? Guarda che mi fa piacere comprarti qualcosa.”
Keisuke la riportò alla realtà.
“Ma no, lascia stare.” Non voleva ricevere in dono lo stesso
oggetto che aveva ricevuto dal ragazzo che amava. Lo sentiva quasi come un
tradimento verso quel ricordo.
“Ma dai, mica è un disturbo! Sono o non sono il tuo accomp…”
“Uffa, ho detto di lasciar perdere!” urlò Miki.
Keisuke fece un passo indietro, spaventato dalla sua
improvvisa e inspiegabile reazione e abbassò lo sguardo mortificato.
“Scusa…”
Miki si portò una mano alla bocca sentendosi terribilmente
in colpa. Gli posò la mano su una spalla.
“No, sono io che devo chiederti scusa…non volevo reagire in
questo modo, perdonami…è solo che…bè…i carrillon hanno un potente effetto su di
me. Rappresentano…qualcosa di molto importante…” tentò di spiegare Miki,
balbettando.
“C’entra qualcosa Matsura, vero?” chiese Keisuke.
“Bè, a dirla tutta sì…” mormorò piano Miki.
“Lo immaginavo…Non credevo che dessi così tanta importanza
agli oggetti, Miki” disse Keisuke un po’ imbronciato.
“Se hanno un legame speciale con una persona è del tutto
normale che io mi affezioni alle mie cose. Comunque te l’ho detto, tu non hai
colpe, non potevi saperlo.”
“Sì, però mi sembra una cosa esagerata non voler ricevere un
oggetto simile a quello che ti ha fatto il tuo ragazzo solo perché ti ricorda
lui. Insomma, tu dipendi troppo da Matsura, Miki.”
Miki aggrottò la fronte. “Ma…Ma non è vero! Sei davvero un
insensibile, sai?” In seguito si fermò e chiese nuovamente scusa per il suo
nuovo scatto. “Solo che…Bè, non ti offendere, ma speravo che avrei potuto
passare la giornata con lui, visto che ci vediamo così di rado…”
“Non devi scusarti” disse dolcemente Keisuke, portandole una
mano sotto il mento per guardarla negli occhi. “Ho capito. È normale voler
stare con colui che si ama, ma a volte bisogna anche cambiare un po’ la rotta,
non ti pare? Eh, è evidente che non ho esperienze amorose alle spalle…” Miki
sorrise, ma non rispose. La sua osservazione l’aveva lasciata un po’ spiazzata.
“Allora, ti va di proseguire?” le chiese allegramente
battendosi le mani sul giubbotto. Lei annuì e insieme si diressero verso il
piccolo parco che si trovava a pochi metri di distanza. Prima di mettervi
piede, però, Keisuke si arrestò di colpo.
“Aspetta qui, ho dimenticato di fare una cosa.” E corse via,
lasciando Miki sola e perplessa. Nell’attesa si sedette su di una panchina
all’angolo del prato e cominciò a giocherellare con le cinghie della borsa.
Il ragazzo riapparve dall’oscurità qualche minuto dopo;
nella mano destra reggeva un pacchetto rigonfio, ma Miki non l’aveva ancora
notato.
“Eccomi! Scusa se ti ho fatto aspettare!”
“Non fa niente, non ti preoccupare. Ti va di riposarci per
qualche secondo su quella panchina laggiù?” chiese la moretta.
“Sì, buona idea.”
La panchina su cui si erano seduti si trovava esattamente
sotto un lampione dalla luce calda e leggermente offuscata; nei giacigli
intorno a loro vi erano tante altre giovani coppie impegnate a scambiarsi
effusioni e altre innumerevoli sdolcinatezze. Miki arrossì violentemente a
quella vista: si sentiva terribilmente in imbarazzo, ora avrebbe voluto
trovarsi da un’altra parte.
O almeno, con un’altra persona…
In effetti, quel luogo era un tantino ambiguo. Sperò
vivamente che Keisuke non le giocasse qualche tiro mancino.
“Brr…che freddo, eh?” Keisuke strinse le spalle.
“Già…chissà che non nevichi…”
“Ma che dici! con questo cielo…”
Miki sollevò lo sguardo e spalancò gli occhi appena incontrò
quel meraviglioso manto scuro cosparso da tanti piccoli puntini luminosi. Era
così tremendamente bello e ispiratore…Ne era talmente rapita che le venne da
piangere, senza un preciso motivo.
“Che spettacolo, eh?” disse Keisuke.
“Puoi dirlo forte…”
‘Incredibile…è incredibile come ogni cosa mi ricordi Yu…La
panchina, le stelle…’
Scosse nuovamente la testa.
“Ehi, che ti prende?”
“Niente, una folata di vento. Piuttosto” Miki cercò di
cambiare discorso sperando che le lacrime che minacciavano di liberarsi sulle
gote si asciugassero spontaneamente. “…perché prima te ne sei andato così
all’improvviso?”
Il ragazzo sorrise furbescamente. “Oh bè, ero andato a
prendere una cosa…”
“Davvero? Che cosa?”
In un istante Keisuke le mise sotto il naso un pacchetto
colorato ornato da un nastro rosso.
“…Questo!”
“Keisuke!” Miki gli rivolse un’occhiata sbalordita. “Ma…ti
ho già detto che non volevo niente!”
“Non è possibile che nel giorno di San Valentino la mia
ragazza preferita se ne torni a casa a mani vuote! Forza, aprilo!” Glielo
spinse ancora di più sotto il naso.
Miki, titubante, lo prese in mano. “G…grazie mille,
Keisuke…” Tolse il nastrino e l’involucro: un portagioie a forma di cuore e
decorato da un grande fiore di stoffa bianca.
“Ma che carino! Ti ringrazio davvero tanto, Keisuke!” Si
sporse in avanti e gli diede un bacio sulla guancia. Il ragazzo si sfiorò il
punto con una mano, imbarazzato ma allo stesso tempo compiaciuto.
“Ehi, Keisuke, ho un’idea! Guarda qui…” Miki tirò fuori
dalla tasca il nuovo cellulare. “I miei genitori mi hanno regalato questo per
Natale. Hanno voluto fare le cose davvero bene! Oltre alle solite funzioni, ha
anche la macchina fotografica incorporata! Vieni qua, ci facciamo una foto come
ricordo della nostra passeggiata!”
Keisuke si accoccolò accanto a Miki, che aveva teso il
telefono davanti a sé per cercare la giusta angolatura, e le passò un braccio
intorno alle spalle.
“Sei pronto? Uno…due…”
Miki sentì due forze ai lati del viso che la strattonarono
verso la sua sinistra; prima che potesse rendersi conto di cosa stesse
succedendo, si ritrovò incollata alle labbra di Keisuke.
>CLICK…<
La ragazza si staccò velocemente dal viso del ragazzo, che
abbassò le mani con cui le teneva il viso. Lei lo fissò profondamente indignata
e gli sferrò uno schiaffo dove poco prima lo aveva baciato.
“Che…che cosa ti salta in mente? Cosa avevi intenzione di
fare?” urlò infuriata.
Keisuke si passò la mano sulla guancia arrossata. “Ahio…”
“Credevi che bastasse farmi un regalo per farmi dimenticare
Yu?! Io amo solo lui, capito?! SOLO LUI!!” Miki scoppiò a piangere e si nascose
il viso tra le mani.
“Miki, io…” Keisuke cercò di trovare delle parole di scusa.
“Perdonami, io…non so davvero cosa mi sia preso…”
“Lascia perdere, lascia perdere…” Miki respinse in braccio
che Keisuke le porgeva e liberò un nuovo fiotto di lacrime.
“Credimi, non so davvero perché ho…”
Miki però non voleva sentire altro: girò sui tacchi e corse
via senza una meta precisa, lasciando Keisuke in piedi davanti alla panchina
del misfatto, incapace di fermarla e metterla al corrente dei profondi
sentimenti che provava per lei.
Noticine: Eccomi qui! Stavolta, per fortuna, ci ho messo meno
tempo dell’ultima volta per aggiornare! Vorrei ringraziare di cuore tutti
coloro che mi hanno recensito fino ad ora, sono davvero contenta! Un
ringraziamento particolare a Cris, che mi ha lasciato una recensione accurata e
dettagliata che mi ha fatto davvero un grande piacere: dalle tue parole mi dai
l’impressione di essere uno che se ne intende, quindi è davvero piacevole
sentirsi dire che ho un buon metodo di scrittura! Grazie mille! Piccola
noticina anche per Jacqueline…Wow! Sono lusingata dalle tue parole! La mia
storia ti fa davvero provare le stesse sensazioni dell’anime? Ne sono
felice!!^///^ Anche io ho penato per vedere quei fatidici ultiumi episodi
censurati, considera che li ho dovuti vedere in lingua originale con i
sottotitoli in inglese! Però alla fine sì che sono rimasta soddisfatta…Sono
stati bellissimi!! Comunque un grazie di cuore anche a tutti gli altri
recensori e a chi continua a leggere la mia ficcy! Mi raccomando, continuate a commentare,
per me è molto importante conoscere le opinioni dei lettori, anche per sapere
se c’è qualcosa da cambiare o migliorare!! RECENSIONCINA, grazie grazie!!^^ Per
il momento vi saluto e al prossimo capitolo!! Un bacio!!
Miki procedette spedita lungo le strade illuminate di
Londra, senza sapere esattamente dove stesse andando. Non le importava. L’unica
cosa che le premeva era cancellare quel dannato senso di colpa che le bruciava
dentro facendola stare malissimo.
Keisuke l’aveva appena baciata…baciata! Non si
sarebbe mai aspettata un gesto così spinto da parte sua, eppure aveva anche
messo le cose in chiaro!
“Usciamo insieme, ma da semplici amici…”
Sì, col cavolo! Possibile che proprio non riuscisse a
reprimere, o almeno tenere a freno i suoi impulsi?!
La ragazza si strofinò la bocca con il dorso della mano,
come per pulire eventuali tracce traditrici. Si sentiva sporca, offesa,
umiliata…Non sapeva esattamente perché provasse questi sentimenti, le erano
suscitati spontanei…E soprattutto non poteva fare a meno di pensare a Yu. Le
sembrava di sentire il suo fiato dietro al collo, come se per una pura
casualità avesse assistito alla scena avvenuta poco prima, nonostante non fosse
stata lei a fare il primo passo. Tuttavia non poteva farci niente, quel macigno
che le si era insinuato nello stomaco, che lei chiamava “tradimento”, non
accennava a diminuire…Lei non amava Keisuke, ma quel bacio…Quel bacio rubato era
bastato a farla cadere a pezzi. Le sue labbra erano sempre state un’esclusiva
di Yu, nessuno aveva il diritto di violarle, oltre a lui.
Non sapeva esattamente il motivo per cui considerava il tiro
basso di Keisuke un gesto di infedeltà nei riguardi del suo ragazzo, in fondo
non era stata lei a prendere l’iniziativa: neanche lo desiderava!
“Yu…scusami, ti prego…”
La nostalgia verso di lui si acutì e Miki liberò un nuovo
fiotto di lacrime dagli occhi ancora umidi, nascondendo il viso dietro i palmi
delle mani.
“Dannato Keisuke…”
Già, dannato Keisuke…Non ci poteva credere, lui che era così
timido, impacciato…un vero disastro. Aveva scelto di uscire insieme a lui
proprio perché era convinta che non avrebbe avuto il coraggio di compiere
azioni avventate e impulsive…Cioè, sapeva che aveva un debole per lei –e non
perdeva occasione per dimostrarlo, ma…
“Possibile…possibile?”
Miki riflettè brevemente su di lui. Cosa gli avrebbe detto,
quando lo avrebbe rivisto? In quel momento aveva una gran voglia di rifilargli
un’altra serie di schiaffi, ma pensandoci bene non se la sentiva di
rimproverarlo o di ricorrere alle mani…In fondo, lui teneva a lei. Quasi le
faceva pena.
Decisamente, però, non era il momento di pensare a questo.
Quello che la preoccupava di più era Yu. Sarebbe riuscita a rimanere
impassibile e a fare finta di niente, una volta che lui l’avrebbe richiamata al
telefono? Tutti conoscevano la sua debolezza: la sua espressione –e di
conseguenza anche il suo timbro di voce ne avrebbe risentito – valeva più di
mille parole, si riusciva a intuire subito cosa le passava per la testa. Sapeva
già che avrebbe dovuto sforzarsi e utilizzare tutta la sua buona volontà per
nascondere il suo imbarazzo. Ma come si faceva a fare finta di niente quando il
rimorso ti invadeva le viscere?
Miki attese un quarto d’ora abbondante sotto la pensilina
della fermata dell’autobus, stringendosi nelle spalle per ripararsi dal freddo.
Non se l’era sentita di tornare al parco, preferiva provvedere da sola per il
ritorno al college, senza coinvolgere Keisuke. Era ancora arrabbiata con lui.
“Tsk…che si arrangi…”
Finalmente uno dei caratteristici autobus a due piani
londinesi si fermò lungo il bordo del marciapiede, spalancando le porte con un
fischio sommesso. Miki e altre persone salirono lentamente e ognuno si mise
seduto in un posto libero.
La ragazza poggiò il viso sul palmo della mano, guardando
fuori dal finestrino alla sua destra; l’afflusso di gente per le strade si era
nettamente incrementato rispetto a poche ore prima: pizzerie, ristoranti, pub,
discoteche erano a disposizione per tutte quelle coppiette che desideravano
passare una serata all’insegna dell’amore e del divertimento. Come doveva
essere bello lanciarsi in un ballo scatenato fra le braccia del proprio amato…
Non ci aveva mai pensato. Avrebbe dovuto essere così
romantico…stimolante e passionale; l’ideale per lasciarsi andare alle
sensazioni. Nonostante non amasse in modo particolare le discoteche, avrebbe
tanto desiderato trascinarci Yu, una volta. Miki si vide comparire davanti agli
occhi l’immagine di loro due, vincolati in un serrato abbraccio, che si
divincolavano scatenati sotto un vorticare di luci colorate a ritmo di una
forte musica spaccatimpani.
Subito dopo arrossì: ma cosa le era venuto in mente?! Si
vergognò dei suoi pensieri: decisamente non era da Yu muoversi con così tanto
impeto davanti ad altra gente…
“Oh, Miki, basta pensare a lui! Non ti rendi conto che così
facendo è solo peggio per te?! Vuoi far aumentare i crucci?!” si disse
mentalmente, scuotendo violentemente la testa.
Cercò di distrarsi; si guardò attorno sperando di trovare
spunti per far sfociare il suo interesse in altri campi. E poi incrociò gli
occhi grandi e innocenti di un bimbo, che stava giocando tranquillamente nel
passeggino tenuto saldamente dalla sua mamma. La scrutò curioso per qualche
secondo, per poi tornare a concentrarsi sul suo sonaglio.
Miki sorrise intenerita, continuando a fissarlo di nascosto.
“Ehi, che stupida!” Si battè una mano sulla fronte facendo
sobbalzare i suoi vicini. “Ormai manca pochissimo allo scadere dei nove mesi!
Chissà come stanno le mie due mamme…Il mese prossimo devo assolutamente tornare
in Giappone, non vedo l’ora di vedere i miei due fratellini!”
Miki si perse nelle fantasie di come avrebbero potuto essere
i due bambini, a chi avrebbero somigliato di più, di che sesso avrebbero potuto
essere…Improvvisamente si sentì stranamente molto, molto eccitata; certo, anche
nei mesi precedenti era impaziente per la loro nascita, ma ora che solo un mese
la separava dal grande evento…Non poteva fare a meno di sentirsi così
elettrizzata.
Il campanello di annuncio fermata la ridestò dal suo sogno
ad occhi aperti; si alzò velocemente e uscì dai portelloni aperti, proprio due
secondi prima che si richiudessero e l’autobus ripartisse con andamento
oscillante. Miki si rimise la borsa in spalla ed entrò nel dormitorio
femminile, semi deserto: era abbastanza presto, i suoi amici dovevano essere
usciti in città per festeggiare. Sbuffando, percorse le scale per il piano di
sopra e si fermò davanti alla porta della sua camera, armeggiando con una mano
all’interno della borsa.
“Ma dove cavolo ho messo le chiavi…Non trovo mai quello che
mi serve…”
Prima che potesse concludere la sua ricerca, la maniglia
dell’uscio si abbassò e si spalancò.
“Ciao, Miki.”
“Ma che…Hailey!” esclamò la moretta di fronte all’amica. “Ma
che ci fai qui?! Non dovresti essere a cena fuori con quello del terzo anno?”
“E tu che ci fai qui? Dovresti essere in giro con
Keisuke, o sbaglio?” disse Hailey con voce lugubre.
Miki la osservò: era ovvio che le era successo qualcosa.
“Che ne dici se ne parliamo davanti a una tazza di
cioccolata calda? Ne ho davvero bisogno per alleviare le mie pene!” propose
Miki.
Le due amiche uscirono dal dormitorio e si recarono
nell’accogliente e piccolo bar antistante l’edificio scolastico; ordinarono due
tazze di cioccolata con panna e, nell’attesa, Miki chiese a Hailey di
raccontarle il perché del suo ritorno improvviso.
“Odio ammetterlo, ma avevi ragione tu: Bob non era il tipo
adatto a me…” cominciò Hailey, più seria che mai. I suoi occhi lampeggiavano.
“Davvero? Ma perché? Cosa ti ha fatto…Bob?” chiese Miki
aguzzando le orecchie.
“L’ho chiamato Bob?!” esclamò Hailey, sbattendo le mani sul
tavolo. “No, scusa, volevo dire ROBERT! Sì, lui si chiama Robert! Non Bob, Robert!”
Miki si allontanò di qualche centimetro buttando la schiena
indietro, gli occhi strabuzzati. “D’accordo, d’accordo! Calma! Ok, cosa ti ha
fatto Robert?”
“Quel porco” riprese la riccia. “Voleva portarmi a letto!”
Miki, se possibile, spalancò ancora di più gli occhi,
scandalizzata. “COSA?!”
“Sì!” confermò Hailey. “E dire che sembrava un tipo a posto,
con la testa sulle spalle…”
“Bè, tanto a posto non direi…”
“Comunque, appena siamo arrivati in centro mi ha portato in
un ristorante…credimi, non ne avevo mai visto uno più lussuoso! C’era una
candela su ogni singolo tavolo, c’erano cinque tipi di posate, quattro tipi di
bicchieri e…”
“Continua!” la interruppe Miki.
“Ah, sì…Bè, durante la cena ha sfoderato una scatola
rossa…dentro c’era un fantastico braccialetto d’argento. Non volevo crederci,
mi è sembrato un gesto talmente dolce…L’ho subito indossato al polso e non
finivo mai di ringraziarlo…”
“Wow, che dongiovanni!” notò Miki, ironicamente.
“Dopo la cena siamo usciti a fare una passeggiata; mi ha
portato su per una collinetta con la macchina, dalla quale si poteva godere una
vista mozzafiato…praticamente tutta la città! A quel punto non ce l’ho
fatta più: sai, l’atmosfera romantica, il braccialetto…Insomma, l’ho baciato.”
Miki fece una smorfia; purtroppo le ricordava qualcosa.
“Oh…”
“Siamo rimasti un po’ lì così, a pomiciare...Comunque, anche
lì mi sono accorta che con le mani tentava in continuazione di scendere un po’
più in basso della schiena…troppo, secondo i miei gusti; in ogni caso, ho fatto
finta di niente.”
“Che pervertito…” commentò Miki.
“Dopo circa quindici minuti” riprese Hailey “mi ha…mi ha
infilato le mani sotto la maglietta e ha cominciato a smanettare con la cinghia
del reggiseno…io mi sono insospettita…insomma, a quel punto sono scattata
all’indietro, ho spalancato la portiera e sono scappata giù lungo il colle.”
“Hai fatto bene!” disse Miki, prendendo delicatamente in
mano la tazza di cioccolata calda che le porgeva la cameriera. “E lui non ti ha
inseguita?”
“Oh, certo che sì!” rispose Hailey girando il cucchiaino
nella sua. “Ma io mi sono sganciata il braccialetto e gliel’ho tirato con così
tanta forza che gli ho rotto il fanale destro! In quel momento credo che non
gli interessasse più acciuffarmi! Avresti dovuto sentire le sue lagne di fronte
ai cocci sparsi per terra!”
Miki scoppiò a ridere complimentandosi per il suo coraggio e
la sua scaltrezza, anche se in seguito si pentì di averlo fatto così
apertamente: nonostante le avesse raccontato tutto con il fuoco della vendetta
che ardeva negli occhi, sul suo viso era dipinta una chiara espressione di
delusione. Soffiò delicatamente sulla superficie della sua tazza e cominciò a
sorseggiare la bevanda.
“E…e tu? Che cosa ti è successo?” intervenne improvvisamente
Hailey, parlando piano.
Miki affondò un po’ troppo il naso nella tazza, sporcandolo
di panna. Quando riemerse, squadrò Hailey con sguardo intristito.
“Bè? Che c’è?” chiese Hailey incuriosita.
“Oh, scusami…” mormorò Miki pulendosi con un tovagliolino di
carta. “Niente, è solo che mi hai ricapultato alla realtà…Il tuo racconto era
riuscito miracolosamente a distrarmi un pochino da quello che è successo a me…”
“Dai, dimmi…” la esortò la riccia.
Miki esitò qualche secondo, indecisa su cosa fare; tuttavia,
ritenne che sfogarsi con qualcuno le avrebbe fatto bene.
“Ehm…allora…” cominciò, per poi improvvisamente fermarsi per
deglutire. “Appena Keisuke mi è venuto a prendere siamo andati subito in città,
dove abbiamo passeggiato guardando le vetrine e chiacchierando.”
“Scommetto che è tornato anche sul discorso di Yu, non è
vero?”
“Ottima intuizione, ma io l’ho messo immediatamente a
tacere, si stava spingendo un po’ troppo in là con le accuse alla nostra
relazione. Comunque” riprese Miki, “qualche minuto dopo ci siamo messi seduti
su una panchina di un parco che si trovava lì vicino. Lui ha estratto dalla
tasca un pacchetto regalo per me: un portagioie. Per ringraziarlo, gli ho
proposto di farci una foto insieme col mio cellulare: sai, per fargli capire
che dopotutto stavo trascorrendo una piacevole serata…E lui, senza preavviso mi
ha…mi ha baciata.”
“Ti ha baciata?!” esclamò Hailey, chiaramente scandalizzata.
“Abbassa la voce!” Miki le fece cenno di zittirsi aprendo le
mani. “Sì, mi ha baciata…Così io gli sono scoppiata a piangere davanti alla
faccia e sono scappata via urlando che…” deglutì di nuovo. “…che amavo solo
Yu…”
Miki interruppe il suo racconto e poggiò la fronte sulle
nocche delle mani, abbassando le palpebre. Hailey le prese delicatamente il
polso e la guardò allegra. “Ehi, dai! Non fare quella faccia!”
“Ma come faccio?!” esclamò Miki. “Non sai quanto mi sento in
colpa!”
“Oh, ma dai! È lui quello che si dovrebbe sentire in colpa!”
“Sì, però…” Di nuovo quella strana sensazione…perché si
sentiva la principale accusata?
“Senti, se vuoi ci vado io a parlare con Keisuke, così
almeno…” cominciò Hailey, ma Miki la interruppe di colpo.
“No, ci vado a parlare io! Tu non c’entri nulla, questa è
una faccenda che devo risolvere da sola! Ah, quanto vorrei dargli due
schiaffoni…”
“Oh, no, non farlo…” suggerì Hailey a voce bassa.
“Sì, lo so, anche se in fondo se lo meriterebbe…Mah, prima o
poi mi passerà la voglia…” sospirò Miki.
“E…e con il tuo boyfriend Yu cosa pensi di fare?” chiese la
bionda, titubante.
Miki provò una fitta in qualche punto imprecisato dello
stomaco. Deglutì per la terza volta. “Io…Non lo so…Come faccio a rivolgermi a
lui facendo finta che non sia successo niente?”
Hailey riflettè per qualche secondo, poi sorrise. “Bè, se
vuoi, posso far finta di essere te, quando rispondo al telefono!”
Miki sorrise a sua volta, ma amaramente, provocando un
piccolo sbuffo. “No, credo di no…Io non parlo inglese, quando sto al telefono
con lui…e tu non conosci il giapponese.”
“Ah, già! Me ne ero dimenticata! Ormai hai imparato a
padroneggiare la lingua inglese così bene…” si corresse Hailey.
“Comunque l’idea del rispondere al telefono è buona”
riflettè Miki. “Ascolta, Hailey, ti dispiacerebbe prendere tu le chiamate che
arriveranno nei prossimi giorni? Probabilmente dovrò far trascorrere un po’ di
tempo, prima che io sia pronta per parlare di nuovo con Yu…” Miki abbassò gli
occhi, dispiaciuta.
Hailey si battè il pugno chiuso sul petto e aggrottò le
sopracciglia. “Ma certo! Fidati di me!”
Miki le sorrise, riconoscente.
“Vogliamo tornare al dormitorio? Ormai il locale sta per
chiudere…” Hailey indicò la cameriera che stava mettendo dentro una piccola
cassaforte il registratore di cassa e faceva loro dei cenni sbrigativi con la
mano libera.
“S-sì, andiamo pure.” Miki si scostò dal tavolino e uscì dal
bar scandendo pesantemente ogni singolo passo.
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Il giorno seguente, Miki si svegliò di malavoglia, si vestì
in fretta e si recò all’università; non appena varcò la soglia dell’entrata,
incrociò Keisuke, che la stava aspettando con le braccia conserte, appoggiato
con la schiena sul muro che gli studenti utilizzavano come bacheca degli annunci.
Non sapeva se avrebbe voluto tornare indietro o procedere dritta e sicura per
affrontarlo faccia a faccia. Prima che potesse prendere una decisione
definitiva, però, il ragazzo le si avvicinò a pugni stretti.
“Ciao, Miki.”
Lei non rispose, ma Keisuke continuò a parlare.
“Ascolta, mi dispiace tanto per ieri…I-io non so davvero
cosa…cosa mi sia preso. Credimi, è stato un gesto…come dire…istintivo…”
balbettò, chiaramente mortificato.
Miki continuò a tenere la bocca chiusa, ma gli occhi
lanciavano scintille di puro disprezzo.
“Io non volevo farti soffrire, credimi…So che stai con quel
Matsura, ma ti prego…cerca di perdonarmi…per me è davvero importante…Non
sopporto che tu mi levi il saluto!”
Gli sembrò che l’espressione di Miki si fosse addolcita,
anche se in maniera quasi impercettibile. Ma non gli bastava.
“Miki…” le prese un braccio e glielo strinse fortemente, ma
lei se ne liberò con un deciso strattone.
“Senti” disse finalmente Miki. “Ammetto che sono ancora
arrabbiata con te, ma se continui a perseguitarmi il giorno in cui finalmente
riuscirò a perdonarti si allontanerà sempre di più. Perciò lasciami in pace,
hai capito?” disse con voce fredda.
Keisuke rimase come pietrificato. Annuì lievemente. “S-sì,
come vuoi…in fondo me lo merito…”
“Bene” disse Miki. “Ah, a proposito, sono venuta a
restituirti questo.” La ragazza si frugò in una tasca e tirò fuori il
portagioie che Keisuke le aveva regalato il giorno prima. “Mi dispiace, ma non
posso tenerlo.”
Il ragazzo lo respinse con una mano, deciso. “Oh, no, Miki,
voglio che tu lo tenga. So che non te ne potrebbe importare, ma a me sì. Quindi
ti prego, accettalo.”
Miki esitò, la mano destra che sorreggeva il piccolo oggetto
ancora porsa verso Keisuke. Dopo aver riflettuto per qualche secondo, lo
strinse e se lo rimise in tasca, facendolo cadere con un piccolo tonfo.
“A-allora…” mormorò Keisuke.
“Allora…” ripetè Miki. “Bè, ci vediamo, Keisuke.” Sventolò
una mano, girò sui tacchi e si diresse verso un’aula in fondo all’edificio, con
le lacrime agli occhi.
“Sì, ci vediamo…” Keisuke si mise le mani nelle tasche dei
pantaloni e si recò in un’aula posta all’altra estremità dell’edificio,
maledicendosi mentalmente per essere riuscito a rovinare tutto.
Come aveva previsto, nei giorni seguenti Yu non tardò a
telefonare a Miki la quale, ogni volta che gli squilli riempivano la cameretta,
era costretta a fare violenza su se stessa per non scattare in piedi e
precipitarsi a rispondere. Le mancava da matti la voce di Yu, ma sapeva già che
avrebbe cominciato a balbettare frasi incomprensibili, facendo discorsi
estremamente formali e, con tutta la probabilità, avrebbe permesso che due
grosse lacrime di pentimento le rigassero le guance. Per questo non si
azzardava a sollevare la cornetta per prima. Per fortuna, Hailey era sempre
disponibile per aiutarla, e quando all’altro capo c’era Yu, si inventava le
scuse più svariate, da quelle più banali a quelle più impensabili.
“Mi dispiace, è ancora a lezione, doveva chiedere
delucidazioni al professore sull’ultimo argomento…Se vuoi ti faccio richiamare
più tardi…”
“Oh ,accidenti, è uscita appena un minuto fa! Purtroppo non
mi ha detto dove aveva intenzione di andare, ho dimenticato di chiederglielo!”
“Sta facendo la doccia, anzi, è appena entrata! Non so
quanto le ci vorrà…Sai com’è lenta, no?”
Miki era riconoscente verso l’amica per il “servizio” che le
attuava, anche se spesso era stata tentata di urlarle di passarglielo.
Dopo cinque giorni in cui il giochetto era funzionato alla
perfezione, Miki cominciò a sentirsi più tranquilla. Anzi, addirittura sentiva
che il suo coraggio stava riacquistandosi a poco a poco, tanto che si ripropose
di sollevare la cornetta per prima una volta che il telefono avrebbe squillato
per l’ennesima volta.
E ciò accadde il giorno dopo, durante il pomeriggio: Miki e
Hailey stavano studiando gli appunti della mattinata, in silenzio, ognuna alla
propria scrivania, quando l’apparecchio trillò allegro. Miki tirò su la testa,
pronta a rispondere.
“Vado io!”
“Cosa? Ah…ok…” disse Hailey distrattamente,ancora
concentrata sui suoi fogli.
Miki si avvicinò velocemente al telefono e tese una mano
avanti; di colpo, però, si arrestò, troppo terrorizzata per prendere la
chiamata. No, ancora non ce la faceva.
“Hailey…”
“Hm?”
“Per favore, puoi rispondere?” chiese in un sussurro.
La riccia roteò gli occhi all’indietro, esasperata.
Sbuffando, sollevò il ricevitore.
“Uff…pronto? … Sì, è qui, un attimo…”
Hailey pose una mano davanti al microfono e chiamò Miki, che
già incominciava a preoccuparsi. Possibile che Yu volesse parlare con lei a
qualsiasi costo?
“Miki, è per te…è una certa Arimi…”
Miki tirò un sospiro di sollievo, sentendosi subito meglio.
“Arimi! Sì, passamela pure!” Miki prese in mano la cornetta
che Hailey le porgeva e la posò sull’orecchio con emozione: era un secolo che
non sentiva la voce dell’amica!
“Pronto, Arimi?”
“Miki! Finalmente! Allora, come stai?” chiese allegramente.
“Ma che bella sorpresa! Sto abbastanza bene, anche se lo
studio è duro! E a te come va la vita? E Ginta?”
“Oh, sì, stiamo benissimo! La facoltà di letteratura è
piuttosto dura, ma tiriamo avanti! In compenso nel tennis sono migliorata
moltissimo, ormai non vengo più considerata nemmeno una principiante!” disse
Arimi, con una nota di orgoglio che Miki captò subito.
“Ne sono felice! Quando tornerò dobbiamo assolutamente
disputare un incontro! Anche io sono piuttosto arrugginita, a dir la verità…”
“A proposito, quando verrai a trovarci? Sono tre mesi che
non ci vediamo, ormai!”
“Il mese prossimo…Ho intenzione di venire lì in Giappone,
così potrò assistere alla nascita dei miei due fratellini! Ah, non vedo l’ora!”
rispose Miki ridendo.
Arimi non aprì bocca per qualche secondo; la moretta si
insospettì di fronte al suo silenzio.
“Arimi…Va tutto bene?”
“Eh? Oh, sì sì, tranquilla…Ma…Hai detto ‘i tuoi
fratellini’?” chiese Arimi.
“Bè…certo! Te ne sei dimenticata?!”
“Ma…allora non ti hanno detto niente?”
Miki non capiva. “Hm? Che…che cosa? È successo qualcosa?”
chiese, stavolta più preoccupata.
“No, no, niente di che…è solo che…ehm…uno dei due…” balbettò
Arimi, facendo accrescere l’ansia di Miki.
“Uno dei due…che cosa?”
“Uno dei due…è già nato!”
La mente di Miki si vuotò per qualche minuto, non riusciva a
pensare più a niente. Spalancò la bocca, stupita e interdetta. Possibile che
Arimi avesse detto proprio che uno dei suoi due fratellini era già nato? Ma no,
non poteva essere vero, l’avrebbe saputo…
“Arimi, tu…stai scherzando, vero?” chiese, quasi ridendo.
“No, Miki, non sto scherzando…” rispose l’amica.
Ok, è ufficialmente la fine del mondo. Come è possibile?
Mancava più di un mese e soprattutto nessuno l’aveva avvertita!
“Ma quando è successo?”
“Giusto ieri, la bambina è nata prematura…”
“Pre…prematura?” Miki ebbe una fitta al cuore. “Ma sta
bene?”
“Sì, è un po’ più piccola del normale, ma non c’è pericolo!
E così hai una sorellina, Miki!” disse Arimi.
“Ma…ma perché nessuno mi ha detto niente?” chiese Miki; si
sentiva come messa da parte.
“Veramente Ginta ha telefonato a Yu qualche ora dopo la
nascita per informarlo della notizia…Vuoi dire che Yu non ti ha chiamato per
dirtelo?”
Sicuramente era la chiamata che aveva rifiutato il giorno
prima. “N-no…non mi ha telefonato.”
“Hmm…è davvero strano…Aveva assicurato a Ginta che l’avrebbe
fatto immediatamente…”
Miki ormai non ascoltava più Arimi: aveva la mente piena di
progetti e programmi.
“Arimi, scusa ma ora devo lasciarti…parto per il Giappone!”
“Cosa? Miki, aspet…” cominciò Arimi, ma Miki riattaccò prima
che potesse finire di parlare, troncando il discorso.
“Tutto bene?” chiese Hailey, allarmata dal tono di voce che
Miki aveva assunto durante la conversazione.
Miki non rispose subito: aveva già cominciato a radunare le
sue cose all’interno del grande borsone da viaggio che le aveva prestato mamma
Chiyako, prendendole a caso dall’armadio e gettandole dentro alla rinfusa.
“E-ehi, ma che stai facendo?” Hailey non capiva perché
stesse facendo i bagagli.
“È nata la mia sorellina, parto per Tokyo!” rispose Miki
frettolosamente, cercando di chiudere le cinghie della borsa , ormai troppo
piena perché avesse potuto entrarvi qualcos’altro.
La riccia strabuzzò gli occhi. “Che cosa? Ma…come farai con
lo studio, le lezioni…”
“Non lo so, in questo momento non mi interessa affatto!”
Esclamò Miki, mettendosi la borsa in spalla e avviandosi a passo svelto verso
la porta. “Ascolta, Hailey, fammi un favore: parlaci tu col professore, io non
ho tempo! Corro all’agenzia viaggi e prendo il primo aereo!”
“Aspetta, Miki! Così mi metti nei guai!” la supplicò Hailey.
“Stai tranquilla, al mio ritorno provvederò io per gli
eventuali danni! Ciao, Hailey, ci telefono quando arrivo!” La ragazza spalancò
la porta e si precipitò lungo le scale.
“Non ci credo…non ci credo…ho una sorellina! E tra poco più
di un’ora la vedrò con i miei occhi!”
Miki si sentiva più euforica che mai, mentre l’aereo su cui
si trovava cominciava la procedura di atterraggio. Fortunatamente l’agenzia
viaggi non aveva molti clienti in quel periodo, e non le fu difficile
procurarsi un biglietto di andata per la sua terra natale.
Era la prima volta che scappava via così, senza preavviso e
senza programma. Per questo si sentiva così fiera di sé, aveva deciso tutto nel
giro di cinque minuti: aveva cambiato come minimo quattro taxi per raggiungere
il più velocemente possibile l’aeroporto londinese; una volta controllata la
tabella degli orari, era schizzata a bordo dell’aereo che sarebbe partito prima
degli altri in attesa.
Destinazione: Giappone!
Per Miki quelle otto ore di volo furono le più lunghe della
sua vita, sembravano non passare mai. Fu un vero sollievo, per lei, udire da
lontano il caratteristico rumore dei portelloni sottostanti il veicolo
prepararsi in vista dell’atterraggio.
Una volta scesa insieme al resto dei passeggeri, più stanca
e affamata che mai, recuperò il suo bagaglio dal nastro trasportatore,
saltellando sul posto mentre aspettava con impazienza che arrivasse Ginta: gli
aveva telefonato dall’aeroporto di Heathrow, dettandogli gli orari di arrivo in
Giappone e pregandolo di venirla a prendere. L’amico, inizialmente, era rimasto
decisamente sorpreso, ma aveva accettato volentieri di passare a prendere la
sua amica moretta.
Miki si lasciò cadere su una poltrona della sala d’attesa,
pensando alle sue due mamme e alla bambina.
“A proposito…Arimi non mi ha detto quale delle mie due mamme
ha partorito per prima! Ah, non vedo l’ora di raggiungerle!”
La ragazza si lasciò andare alle sue fantasie, quando una
voce conosciuta la destò.
“Miki!”
Miki si voltò verso l’entrata dell’edificio.
“Ginta!”
Corse incontro al suo migliore amico e ad Arimi, sorridendo
con grande entusiasmo; Arimi la abbracciò forte.
“Finalmente sei qui! Ma cosa ti è venuto in mente di partire
così di corsa? Non avrai problemi in facoltà?” chiese Arimi.
“Ma no, non ti preoccupare! Oh, sono così contenta di
rivedervi, ragazzi!” esclamò Miki squadrandoli da capo a piedi.
“Anche noi, Miki! Ci sei mancata tanto! Ma ora che ne dici
di avviarci?” propose Ginta, facendo tintinnare le chiavi dell’automobile.
“Oh, sì! Andiamo, vi prego! Voglio vedere la frugoletta!”
disse Miki.
Il gruppo di amici uscì nell’aria primaverile di Tokyo e si
recarono alla macchina di Ginta, nuova di zecca.
“Vedessi com’è dolce! Chiyako ha fatto un ottimo lavoro!”
disse Arimi mentre saliva sul sedile anteriore, di fianco al suo fidanzato.
“Mamma Chiyako? Ah! Come sono contenta! Povera mamma…deve
aspettare ancora qualche altra settimana!”
Durante il tragitto, i tre chiacchierarono a lungo, così
felici di ritrovarsi di nuovo tutti insieme come ai vecchi tempi. Parlarono dei
rispettivi studi, delle facoltà, di tutto.
Non appena il veicolo si arrestò di fronte al cancello della
piccola villetta di Miki, quest’ultima spalancò la portiera e scese di corsa,
più emozionata che mai.
“Noi ripassiamo più tardi, d’accordo?” disse Ginta.
“Già, prima dobbiamo passare in facoltà per alcune
faccende!” aggiunse Arimi.
“Ma certo, ragazzi, e grazie per avermi accompagnata!” disse
Miki, gioiosa.
“Figurati! Ma ora corri dentro! Ciao ciao!”
L’automobile ripartì in fretta, schizzando in avanti. Miki
la seguì con la vista fino a che non voltò l’angolo.
Fece le scalette che precedevano l’ingresso alla casetta,
agitata; stranamente, si accorse che stava tremando. Non sapeva esattamente il
perché, ma decise di non farci caso. Premette il dito su campanello accanto
allo stipite e attese.
“Dio, alla fine sono qui…Wow!!”
Qualche secondo più tardi, finalmente, sentì dei passi
provenienti dall’interno, che si facevano sempre più udibili mano a mano che la
persona a cui appartenevano si avvicinava alla porta. miki vide la maniglia
abbassarsi scricchiolando e la porta si aprì.
Miki spalancò gli occhi dalla sorpresa: no, non poteva
essere. Non riusciva a credere a quello che stava vedendo, sicuramente era la
sua pura immaginazione.
Eppure quei tratti, quei suoi movimenti, sembravano
così…reali. Quando udì la sua voce, comprese la pura verità.
Noticine: Credo che questo sia il capitolo più lungo che abbia
scritto finora! Uff, che fatica! Comunque spero che vi piaccia! Vi prego vi
prego vi prego RECENSITE!! Grazie mille, un bacione a tutti e alla prossima!!
Capitolo 13 *** Capitolo 13: Cinque tenerissime ore ***
Capitolo 13:
Capitolo 13: Cinque tenerissime ore
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Miki cercò di scrutarlo di sottecchi: era più
alto e slanciato dell’ultima volta che l’aveva visto; e i tratti
del suo viso erano più maturi, più decisi…più da
adulto.
“Miki! Miki, sei veramente tu?”
La ragazza aguzzò le orecchie: anche la voce si era
modificata; aveva una tonalità più profonda, più calda,
rassicurante. Non l’aveva notato durante le conversazioni al telefono.
Non riusciva più a resistere; e dopotutto, non poteva
ignorarlo per tutta la durata della sua permanenza in Giappone. Sollevò
il viso e lo osservò come ipnotizzata; stava quasi per commuoversi: i
suoi occhi color nocciola da cucciolo, così dolci e innocenti, erano
rimasti sempre gli stessi.
Era più bello e splendente che mai.
“Eh sì…a meno che
i miei connotati non siano cambiati…sono proprio io.”
Le labbra del ragazzo si arricciarono in
un sorriso raggiante, i suoi occhi fissi su quelli di Miki lanciavano
scintille. Si gettò in avanti con molto impeto e strinse la ragazza in
un forte abbraccio.
Miki sgranò gli occhi dalla sorpresa: come faceva?! Sembrava si fosse separata da lui solo il
giorno prima. Stava accadendo tutto così in fretta…Il naso
premuto contro il suo petto, poteva sentire il suo profumo, sempre così
inebriante; era capace di mandarla ogni volta fuori di testa.
Improvvisamente, senza aspettarselo, cominciò a
sentirsi stranamente, tremendamente, irresistibilmente felice: le pareva di
essere stata ricapultata da una forza esterna sconosciuta nel passato, ai tempi
del liceo, durante il quale la relazione con Yu si andava lentamente
evolvendosi da timido bocciolo di rosa in attesa di
schiudersi ad uno splendido e profumato fiore variopinto…ovviamente con i
suoi alti e bassi. Chiuse gli occhi e anche lei lo strinse un poco, cullata da
quella sensazione che era inaspettatamente riaffiorata come un fiume in piena
nel suo cuore, che ora batteva forte forte.
Quando si separarono, Miki non
aveva più paura a guardarlo negli occhi; era come…tranquillizzata.
Era il suo Yu di sempre…
“Non ci posso credere…sei davvero qui!”
esclamò Yu con gioia.
Miki fece una piccola smorfia.
“Bè…sì, devo ammettere che è
stata una mossa piuttosto avventata, però…”
“Sei venuta per la bambina,
non è vero?” la precedette Yu. Sembrava le avesse letto nel pensiero.
Miki annuì con vigore, ricordandosi solo in quel
momento il perché del suo “viaggio” da un capo
all’altro del mondo.
“Ero
talmente impaziente di vederla…Però…”
aggiunse scoccando un’occhiata di rimprovero al ragazzo “sono stata
avvertita solo ieri…da Arimi…”
Yu alzò le spalle con aria innocente. “Ma io ti avevo chiamato, l’altro ieri!” disse
con aria colpevole. “Ma la tua compagna di stanza mi ha detto che non c’eri…”
Miki arrossì in una maniera quasi impercettibile.
“Sì, bè, sai…ho avuto sempre qualcosa da fare,
ultimamente…”
“Hmm…talmente impegnata da non
poter neanche dedicare qualche minuto alla cornetta del telefono?” chiese
Yu ironico. Stavolta il roseo colorito delle guance di Miki fu
più evidente: forse stava covando il sospetto –e a ragione
–che fosse stata lei a non voler avvicinarsi al ricevitore per quasi una
settimana?
Tuttavia Yu non insistette sull’argomento, ma
varò il discorso come se non fosse successo nulla.
“Allora…sei stanca?”
Miki sobbalzò; di colpo, inspiegabilmente, si
sentì addosso tutta la stanchezza accumulata
durante le ultime ore; strano che prima di allora non ci avesse fatto
minimamente caso.
“Bè, sì, un pochino…”
“Allora…forse…vorresti entrare in casa e
buttarti sul letto, non è vero?” chiese Yu chinando il busto verso
di lei e incrociando le braccia dietro la schiena.
“Ma che domande!”
esclamò Miki di rimando, fingendo indignazione. “Sarebbe proprio
quello che ci vuole dopo nove ore di viaggio e…EHI, MA…YU!!”
urlò Miki scandalizzata. Prima che potesse
portare a termine la frase, infatti, Yu l’aveva afferrata per la vita e
se l’era caricata sulla spalla, sbatacchiandola indietro e spettinandole
i capelli.
“Yu, insomma!! Mettimi
giù!!” lo ammonì lei con voce dura
picchiandolo sulla schiena con una scarica di pugni.
“Ehi, credevo che fossi stanca!” rispose Yu
rivolgendo il capo all’indietro. Si sistemò meglio il
“carico” con una piccola e decisa alzata di spalla (Miki
sbarrò gli occhi e lanciò un gridolino acuto) ed esplose in una sonora
risata argentina.
“Umph…aspetta solo che io rimetta i piedi per
terra e vedrai quello che ti faccio!!”
esclamò Miki incrociando le braccia e poggiandovi il mento, ormai
rassegnata.
“Suvvia…esausta come
sei, sicuramente saresti crollata non appena avresti messo un piede sul secondo
gradino delle scalette del pianerottolo!” disse Yu allegramente;
evidentemente si stava divertendo da matti a farla imbestialire. Tuttavia Miki
sorrise tra sé, lusingata. Nel frattempo avevano cominciato a percorrere
la scalinata che li avrebbe portati al secondo piano della
villetta, adibito alle camere da letto. Una volta arrivato
in prossimità della stanza di Miki, il ragazzo tese una mano e
spalancò la porta. Si avvicinò al letto e vi lasciò cadere
pesantemente la ragazza, che con un piccolo rimbalzo si ritrovò con la
testa sul cuscino.
“Meglio, vero?” chiese Yu ammiccando e sedendosi
sul bordo del materasso.
Miki sbuffò. “Sei davvero un
testone…” Socchiuse gli occhi e sorrise dolcemente in direzione del
ragazzo. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dirglielo a voce, ma il suo
sguardo brillava di un chiaro barlume di riconoscenza.
“Se è per questo tu
sei anche peggio di me! O forse vorrebbe negare
l’evidenza, my little miss?” disse Yu ridendo e poggiando il
braccio destro teso accanto al fianco di Miki, in modo di sovrastarla col suo
corpo. Miki era incapace di muovere un muscolo, le bastava
fissare in estasi quel meraviglioso miraggio, quello splendido angelo dallo
sguardo incredibilmente tenero, protettivo e coinvolgente. Solo in quel momento
si rese conto di quanto Yu le fosse mancato.
Yu avvicinò ulteriormente il viso a quello della
ragazza, in modo da trovarsi a pochi centimetri di distanza dalla punta del suo
naso. Abbassò le sopracciglia e rilassò le palpebre, che
nascosero in piccola parte le sue iridi color nocciola.
“Sbaglio…o quando sei arrivata non ti ho
salutato come si deve?” sussurrò il ragazzo con voce calda e
sensuale. Miki non rispose, solo si limitò ad annuire lentamente, senza
interrompere il contatto tra i loro sguardi; cominciò a respirare con
più affanno e arrossì, emozionata. Ancora pochi secondi e il suo
cuore sarebbe esploso, ne era più che certa.
Senza accorgersene, i suoi occhi si chiusero completamente,
oscurandole la vista. Ormai poteva percepire il caldo respiro di Yu sulla sua
pelle, che le provocava brividi di piacere lungo la schiena e le braccia. Il
suo istinto aveva già provveduto a suggerirle
la prossima mossa, era consapevole di quello che sarebbe accaduto di lì
a pochi secondi. Schiuse le labbra e attese il contatto con quelle del ragazzo,
che non tardarono a poggiarvisi dolcemente, come una leggera e delicata
farfalla che atterra con grazia su di un petalo di
tulipano.
Le labbra di Miki furono catturate come una ventosa da
quelle carnose di Yu, che si staccò da lei solo per poggiarle le mani
dietro la nuca, intrecciandole delicatamente. Incoraggiata dal suo movimento,
la ragazza tese le braccia avanti e le fece passare dietro la schiena del
ragazzo, tirandolo verso di sé con vigore. Yu sfilò le mani dai
suoi capelli e imitò Miki, sollevandola leggermente dal materasso e
stringendola contro il suo petto in un serrato abbraccio. Miki gli donò
un secondo bacio carico di passione, stavolta senza troppi indugi, felice come
non mai di aver ritrovato la sua unica ragione di vita. Come aveva fatto a
rimanere senza la sua aria per così tanto
tempo?
Il momento della separazione si fece sentire troppo presto
da entrambi. Con riluttanza, Yu abbandonò le labbra di Miki e
aprì gli occhi. La ragazza fece lo stesso, come se si fosse appena
destata da un sogno particolarmente bello; per qualche secondo si limitarono a fissare la propria immagine riflessa negli
occhi dell’altro, incrementando la vicinanza tra i loro corpi.
Yu avvicinò una mano alla guancia di Miki, che
scottava, e le carezzò la pelle morbida.
“…Ciao…” bisbigliò con un
piccolo sorriso.
Spiazzata e leggermente confusa, Miki aprì
completamente gli occhi e scoppiò in una fragorosa risata, gettando il
capo all’indietro e spalancando la bocca.
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Era ancora rossa in viso? Non lo sapeva. L’unica
cosa di cui era sicura era una piacevole calura diffusa in tutte le sue membra.
Il contrasto con la fresca federa del cuscino premuto contro il suo naso era
l’ideale. Stava lentamente ma progressivamente
riacquistando le forze perdute; era impaziente di correre all’ospedale,
ma Yu aveva ragione: prima di tutto aveva bisogno di relax.
Yu. Avrebbe desiderato che rimanesse con lei… Dopo averle augurato un “Buon riposo” era
sgattaiolato fuori dalla camera chiudendosi delicatamente la porta alle spalle
cercando di fare meno rumore possibile. Come era
gentile e premuroso, aveva sempre un sacco di premure verso di lei…
Miki girò su un fianco e incrociò le braccia
aggrottando le sopracciglia. Stava rivivendo con la mente gli ultimi mesi
trascorsi: solo qualche settimana prima ce l’aveva
a morte con Yu per la sua mancata presenza durante le vacanze di Natale e il
giorno di San Valentino, ora non riusciva a capacitarsi come avesse fatto a
stare senza di lui per così tanto tempo. In fondo, erano più di
sei mesi che non vedeva il suo viso, si era limitata al suono della sua voce.
E tutto per quello stupido di
Keisuke…! Era ormai qualche minuto che Miki ci stava riflettendo su:
perché considerare finita una relazione solo per colpa di un piccolo
bacio? Stava ingigantendo la faccenda in una maniera incredibilmente eccessiva!
Forse era lei la vera stupida…
“Bah…” sospirò. “In fondo un
anno e mezzo fa anche Yu è stato baciato a tradimento da
Suzu…” Miki fece una bruttissima smorfia di disapprovazione.
“…Ma è anche vero che lui è riuscito a placare le mie
scenate di gelosia dicendomi che Suzu aveva
semplicemente voluto togliersi un piccolo sfizio e che l’unica persona di
cui gli importava davvero ero…”
Miki lanciò una risatina acuta, afferrò il
cuscino con entrambe le mani e se lo strinse al petto,
arrossendo violentemente e scuotendo la testa. “Eh eh eh!! Il mio Yu!! Ah ah ah ah!!!”
Finalmente non avvertiva più quella sensazione di
disagio che l’aveva perseguitata per quasi una settimana. Per lei era
come se non fosse mai accaduto nulla, era quasi una specie di patteggiamento
per quello che aveva fatto Suzu in passato. I sensi di colpa si erano dissolti
come neve al sole. Era solo un piccolo sfizio che Keisuke aveva voluto levarsi!
E al diavolo tutto!
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Dopo una piccola ma attenta riflessione, Miki ritenne che
una doccia veloce fosse la cosa migliore da fare, invece di restare sdraiata
sul letto come un sacco di patate. Si alzò dal giaciglio stiracchiandosi
vigorosamente le giunture indolenzite e si chiuse la porta del bagno alle
spalle, fissando con desiderio la vasca vuota. Mentre si toglieva i vestiti
aprì il getto d’acqua bollente, che non appena lei si fu sfilata
gli ultimi indumenti aveva già concluso di
riempire il recipiente fino all’orlo. Contenta, si adagiò tra i
fumi del vapore e una candida distesa di schiuma bianca e poggiò la
testa sull’asciugamano che aveva poggiato sul bordo, chiudendo gli occhi;
stava proprio bene…Se avesse voluto avrebbe anche potuto addormentarsi.
Aprì le braccia e allungò di più il
collo, portando il mento in alto; stava per scivolare sott’acqua tanto
era il benessere che l’avvolgeva, quando sussultò a un improvviso rumore proveniente dal corridoio.
“Sarà Yu…Starà andando in camera
sua!” pensò Miki, calmandosi.
Non si era accorta che quello strano rumore cigolante
proveniva dalla maniglia della porta del bagno, che a poco a poco si stava
aprendo e lasciava intravedere una figura scura che cercava di scrutare
all’interno.
Miki aprì gli occhi incuriosita.
Le ci vollero pochi secondi per capire che Yu stava aprendo la porta del locale
dove lei era immersa in due litri d’acqua coperta solo da uno spesso
strato di schiuma…e per di più era completamente nuda! Quando la testa di Yu fece capolino da dietro l’uscio,
la ragazza andò nel panico più totale.
“Miki…sei qui? Volevo…”
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!! YU,
ESCI SUBITO DI QUI!!!” urlò Miki a squarciagola rannicchiando le
gambe al petto e coprendosi il seno incrociando freneticamente le braccia. Era
agitatissima e più rossa di un peperone.
“S-scusa! N-non credevo che…” balbettò Yu imbarazzatissimo coprendosi gli occhi con
una mano e arrossendo a sua volta. “M-me ne vado…”
“FUORI!!” Miki si
sporse dalla vasca e gli lanciò una ciabatta con tutte le sue forze, la
quale andò a colpire lo stipite della porta che Yu aveva appena richiuso
in fretta e furia.
Miki si riadagiò nell’acqua
calda, assumendo una bella tonalità di bordeaux. Sprofondò
sott’acqua fino alla punta del naso, aggrottando le sopracciglia.
“Oddio che vergogna che vergogna che vergogna che
vergogna!!! Mi…mi ha
visto…COSI’!!” si lagnò lei, coprendosi istintivamente
il petto con le mani.
Forse in altre circostanze non se ne sarebbe curata
più di tanto, ma il problema era che Yu non l’aveva
ancora mai vista…nuda da capo a piedi!!
“E adesso che gli
dicooooooooo??” mormorò Miki più imbarazzata di prima,
portandosi l’intera testa sotto l’acqua e provocando un continuo
affioramento di bollicine in superficie.
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“Ehm…”
Miki si era asciugata e vestita in tutta fretta,
agitatissima e preoccupata. Aveva preso dall’armadio una gonna bianca e
un maglione aderente a collo alto azzurro ed era sgattaiolata al piano
inferiore. Una volta arrivata in fondo alle scale, sentì un fruscio nel
salottino e raggiunse Yu, impegnato a sfogliare senza
prestare attenzione una rivista di architettura. Sembrava cercasse di
avvicinare la testa il più possibile al
pavimento.
Al richiamo di Miki Yu sussultò e si voltò a
guardarla, spalancando gli occhi.
“…Bè…io sono pronta…”
borbottò lei evitando di guardarlo.
“Ah…ok…” balbettò lui con
aria colpevole.
Si misero il soprabito senza interrompere quel religioso
silenzio: al momento nessuno dei due se la sentiva di dire qualcosa. Uscirono
dalla villetta e si diressero verso la stazione della metropolitana. A
metà strada Yu girò lentamente la testa
alla sua sinistra e mormorò: “A-hem…Comunque non ho visto
niente, c’era troppo vapore…”
Anche Miki si decise a guardarlo; si voltò e gli sorrise lievemente, con le gote ancora colorate.
“Ah…Bè, allora…Meglio così…”
“Eh già…” confermò Yu,
mantenendo per sé il desiderio che la scena potesse accadere di nuovo.
Una volta saliti a bordo del vagone
e superato l’imbarazzo iniziale i due cominciarono a chiacchierare.
“Senti un po’…” cominciò
Miki. “Non è un rimprovero, ma sinceramente vorrei sapere
perché hai deciso di spendere una parte dei tuoi soldi per venire qui a vedere la bambina e quando ti ho chiesto di venire a
Londra per San Valentino non ne hai voluto sapere di sperperarli…”
Yu l’ascoltò fino alla fine e fece spallucce.
“È un evento irripetibile, no?”
“Mh…” fece Miki, non del tutto soddisfatta
della risposta.
“E poi sono stati i miei
genitori ad insistere per pagarmi il viaggio” aggiunse dopo una breve
pausa. “Io non avrei voluto, ma conoscendomi…” disse
sorridendo.
“Ah, ecco…mi pareva…” mugugnò
Miki incrociando le braccia. A lei i suoi genitori non avevano mai pagato il
viaggio in aereo…
Una volta arrivati in
prossimità dell’ospedale, i due scesero ed entrarono nel grande
edificio silenzioso. Il naso di Miki venne
immediatamente pizzicato dal tipico odore del disinfettante, per il quale aveva
un debole da molto tempo.
Yu la guidò verso uno dei tre ascensori destinati ai
visitatori e premette il numero sei sul quadrante alla sua destra.
“Il reparto maternità è
lassù…” spiegò il ragazzo.
“Uh uh…”
annuì Miki, che a mano a mano che la lucina indicava i rispettivi piani
che li separavano dalla loro destinazione sentiva crescere dentro di sé
la tensione e l’eccitazione.
Quando i portelloni si aprirono, la
prima cosa che Miki vide fu un piccolo atrio dal quale si snodavano diversi
corridoi; non era mai stata in quell’ala dell’ospedale e, non
sapeva bene perché, le metteva quasi timore. Lei e Yu imboccarono
un lungo corridoio davanti a loro, delimitato da molte porte di color glicine,
ognuna contrassegnata da un numero. Arrivati al numero 51,
Yu si fermò e bussò lentamente, dopodichè aprì la
porta.
“Ciao a tutti!” salutò affacciandosi
all’interno. “Ho una sorpresa per voi!”
Prese Miki per le spalle e la spinse
dentro, sotto gli occhi sorpresi dei loro genitori.
“EEEEEEEH?? M…MIKI??”
esclamarono all’unisono scostando le sedie dal letto su cui era adagiata
mamma Chiyako.
“Ehm…ciao!” fece lei, un po’
imbarazzata: c’erano altre persone in quella camera, e aveva già attirato
troppo la loro attenzione.
“Ma quando sei
arrivata?” chiese mamma Rumi avvicinandosi di corsa (per quanto glielo
permetteva il pancione, che dall’ultima volta era cresciuto a dismisura)
e afferrandola per le braccia.
“Ehm…” cominciò Miki, quando venne interrotta da papà Jin.
“Suvvia, Rumi, che ti importa?
L’importante è che sia qui!” disse
allegramente abbracciandola e guidandola verso il letto di mamma Chiyako, che
aveva un aspetto splendido.
“Miki, che bella sorpresa!” disse in tono stanco
prendendole le mani.
“Già, ci sei mancata molto! Come stai, piccola?” intervenne papà Yoji.
“Ehi, ehi! Veramente sarei io a dovervi chiedere come
state!” rise Miki aprendo i palmi delle mani. “Grazie per avermi
donato una sorellina, Chiyako! Come è andato il
travaglio?” chiese con un dolce sorriso che esprimeva tanta tenerezza.
“È stata davvero in gamba! Vero, mamma?”
disse Yu posando una mano sulla spalla di Miki.
“Diciamo solo che alla fine ce
l’ho fatta!” rispose mamma Chiyako con gli occhi che
brillavano.
“Uff…come ti invidio…”
borbottò mamma Rumi poggiandosi le mani sull’enorme utero.
“Ma dov’è la
bambina?” chiese Miki emozionata.
“Al nido, naturalmente! Se ti
sbrighi forse riesci a vederla…Chiudono tra poco più di cinque
minuti!” disse papà Jin scrutando l’orologio.
“Uaah! Davvero? Corri, Yu, andiamo!!”
esclamò Miki balzando in piedi e afferrando Yu per una manica. Pochi
secondi dopo erano già spariti alla vista, correndo come pazzi sperando
di fare in tempo.
“Roba da matti…ma come ha fatto ad arrivare qui in così poco tempo? Non ci ha neanche avvertiti!” riflettè mamma Rumi a voce alta.
Il nido era molto pieno, a quanto pare
in tre giorni erano nati una quantità spaventosa di bambini. Molti
neopadri, parenti e semplici visitatori avevano il viso praticamente
spiaccicato contro la vetrata che permetteva loro di osservarli.
“Come faremo a trovarla? È impossibile! Guarda
quante culle ci sono!” esclamò Miki
cominciando a preoccuparsi.
“Credi che io non sappia dove sia? Io sono già stato qui due volte, non dimenticarlo!” la
rassicurò Yu prendendole la mano.
“Meno male, temevo per il peggio! Sai che fatica
controllare ogni targhetta?” disse Miki scrutando intenerita i neonati
grinzosi che riposavano beatamente nei lettini.
Yu portò Miki in una stanzetta interna entrando
piano. Davanti a loro vi erano diverse incubatrici, ognuna con il proprio
piccolo ospite attaccato a qualche tubicino che pendeva dall’alto. A Miki
si strinse il cuore, commossa, e sapeva bene perché: come le aveva detto Arimi, la sua sorellina era nata in anticipo, avrebbe
dovuto immaginare che era stata destinata all’incubatrice.
“Eccola qui!”
Yu avvertì Miki richiamandola e dandole un colpetto
con il braccio; Miki sollevò la testa.
Era sicura che i suoi occhi non avessero mai luccicato tanto
di gioia come in quel momento: dietro a quella piccola
vetrata trasparente, giaceva, profondamente addormentata, con quei pochi
ciuffetti di capelli rossicci sulla nuca, fasciata da un pannolino colorato, la
sua sorellina.
La sua bellissima, dolcissima, tanto attesa sorellina.
Si sporse un po’ più avanti in modo di poter
leggere la targhetta legato al suo polso destro, la
quale riportava a chiare lettere di colore nero: “Ayumi Koishikawa”.
Capitolo 14 *** Capitolo 14: Nuovo frugoletto in arrivo ***
Capitolo 14:
Capitolo 14: Nuovo frugoletto in arrivo
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“È ora di andare, Miki…” disse Yu con tatto, sperando di non
rompere quell’atmosfera di attenta contemplazione in cui Miki era avvolta.
Al richiamo, la ragazza sussultò: dal momento in cui i suoi
occhi avevano incrociato quel piccolo esserino inerte e indifeso nascosto da
quella insormontabile vetrata azzurra, aveva cercato di non interrompere mai
quel fragile contatto visivo.
“Oh, ti prego, ancora un minuto…” lo supplicò Miki.
“Non possiamo, è ora di chiusura” spiegò sottovoce Yu
accarezzandole dolcemente i capelli in atto consolatorio.
A malincuore, Miki distolse lo sguardo dal vetro
trasparente, non senza prima rivolgergli un’ultima occhiata prima che una
giovane infermiera in camice bianco le richiudesse la porta alle spalle.
“Domani torneremo, vero?” chiese Miki a Yu prendendogli un
braccio e stringendolo forte.
Yu sorrise divertito. “Se continui così sarai tu, domani, a
venire qui al posto di Ayumi!”
La ragazza sbuffò, lasciò la presa e incrociò le braccia al
petto, contrariata. “Allora, torniamo?”
“Ma certo!” la rassicurò il ragazzo strizzando un occhio.
“Uaah, che bellezza!!” esclamò Miki gettandogli le braccia
al collo. “È talmente carina…”
“Lo so…infatti ha preso tutto da me!” disse Yu mandando il
capo all’indietro fingendo di pavoneggiarsi.
“Hm…Veramente io non direi…” ribattè gelosa Miki.
“Non hai visto che è bionda come me?”
“Veramente quei pochi capelli che aveva in testa erano rossi…”
Impegnati ascherzare e a punzecchiarsi a vicenda, non si erano accorti che erano
arrivati di fronte alla porta numero 51, dove ad attenderli c’erano mamma Rumi
e i due papà.
“L’orario delle visite è finito” spiegò papà Jin. “Torneremo
a trovare Chiyako e la piccola domani pomeriggio, d’accordo ragazzi?”
“Certo…” mormorò Miki, un po’ dispiaciuta per non aver avuto
l’opportunità di salutare mamma Chiyako e rimarcarle gli auguri per quello
splendido lavoro.
“Allora direi di andarcene a casa, sono stanco morto…” disse
papà Yoji stiracchiandosi e sbadigliando sonoramente.
“Ho un’idea! Perché non andiamo a cena fuori? Ho voglia di
un bel piatto freddo cinese…!” propose mamma Rumi, ma Miki la aggredì con
ferocia.
“Nelle tue condizioni?! Non se ne parla! Vuoi che succeda
qualcosa di brutto?! Andiamo dritti dritti a casa!!” gridò a mo di rimprovero e
agitando freneticamente un dito.
Mamma Rumi si poggiò una mano sul pancione e indietreggiò di
qualche passo, scandalizzata. “O-ok, tesoro, scusami tanto…! Hai ragione…”
Miki girò sui tacchi e procedette a passo di marcia verso
l’ascensore, furibonda: sua madre era sempre la solita irresponsabile!
Yu si grattò una guancia con l’indice, perplesso, si mise le
mani nelle tasche del giubbotto e seguì l’andamento pigro dei suoi genitori con
indifferenza.
“Sai, Yu” disse ad un certo punto mamma Rumi avvicinandolo e
posandogli una mano sull’orecchio. “…La tua fidanzata spesso è molto più saggia
di loro due messi insieme…” mormorò sottovoce indicando Jin e Yoji.
“Come hai detto, cara?” chiesero all’unisono i due uomini.
“Ha detto che se vogliamo i piatti freddi cinesi li possiamo
ordinare a domicilio e farceli portare a casa!” si affrettò a rispondere Yu
sorridendo bonario.
“Ben detto!” esclamò papà Yoji.
“Allora, cosa aspettate? L’ascensore è già arrivato!” gridò
Miki sventolando una mano in aria e poggiando un piede sull’uscio aperto.
“Aaaah, devo ammettere che l’idea della cena a domicilio non
è stata niente male!” esclamò papà Jin soddisfatto battendosi una mano sulla
pancia piena.
“Già, puoi dirlo forte!” confermò papà Yoji giocando con uno
stuzzicadenti.
“Ditelo apertamente che non avevate voglia di cucinare…”
disse Yu distrattamente portandosi in bocca del riso.
Jin e Yoji arrossirono furiosamente e distolsero lo sguardo
l’uno dall’altro. “Figlio degenere!”
Miki rise divertita. Era contenta, le ultime ore trascorse
l’avevano messa di ottimo umore: l’incontro da mesi tanto bramato con il suo
Yu, la nascita della sua sorellina Ayumi…
Tutto era assolutamente perfetto.
“Bè, direi che possiamo andare un po’ in salotto, che ne
dite?” propose mamma Rumi che non vedeva l’ora di poggiare la schiena
indolenzita su qualcosa di morbido.
“Uaah, sì! E poi stasera c’è anche il mio programma
preferito!!” disse Miki battendo eccitatamente le mani.
“Bè, credo che te lo perderai…” disse papà Jin con gli occhi
che brillavano.
“C-che cosa vuoi dire, papà?” chiese Miki presa in
contropiede; non si aspettava una risposta del genere…
“…Chi credi che sparecchierà la tavola?”
“EEEEEEEEEH?!” esclamò Miki contrariata e irata. “Devo
sparecchiare la tavola?!”
“Bè, chi altri vuoi che lo faccia?” chiese mamma Rumi. “Non
hai detto che non dovevo fare sforzi?” aggiunse furbescamente indicandosi il
grembo rigonfio.
“Già, e noi siamo stati tutto il giorno su all’ospedale!
Sai, per sbrigare alcune faccende…” disse papà Yoji indicando se stesso e Jin
alla sua sinistra. “Povera Chiyako, non potevamo lasciarla da sola, no?”
“Ma io sono tornata solo oggi dall’Inghilterra!!” protestò
la ragazza indignata. “È stato un viaggio faticosissimo e lunghissimo!! Non
credete che io abbia il diritto di riposarmi?!”
I tre genitori si scrutarono l’uno con l’altro e, dopo
qualche secondo di imbarazzante silenzio, fecero spallucce.
Miki fece cadere le braccia lungo i fianchi, demoralizzata
al massimo. “Sigh…ho dei genitori tiranni…”
“Rassegnati, Miki!” intervenne Yu dandole dei colpetti sulla
schiena. “In fondo è ora che tu cominci a riprendere le tue abitudini e…”
“…e comunque Yu potrebbe darmi una mano, non vi sembra?!”
esclamò la ragazza scattando in aria per la splendida idea che le era appena
fiorita in testa.
“EH?!” esclamò Yu spiazzato, sbarrando gli occhi.
“Questa sì che è un’idea! Forza, figliolo, rimboccati le
maniche!” disse papà Yoji sferzando il pugno chiuso davanti al petto.
Yu deglutì e spalancò gli occhi, scioccato. “M-ma veramente
io…”
“Forza, Yu, vieni con me!!” esclamò Miki prendendolo a
braccetto e conducendolo verso il lavabo della cucina. Frugò velocemente nel
cassetto, ne estrasse un grembiule rosa confetto e glielo legò intorno al
collo.
“Sei carinissimo, caro!” disse mamma Rumi alzandosi
lentamente in piedi e afferrando le braccia che i due uomini le porgevano.
“Oooh, sono così staaaaaanca…” mormorò dirigendosi in salotto accompagnata dalle
risatine dei due aiutanti. Lasciando soli nella cucina i due ragazzi.
“Sarai soddisfatta, spero…” sibilò Yu incrociando le braccia
e scrutando torvo Miki.
“Ma dai, insieme faremo prima e ci divertiremo di più!”
esclamò Miki scostandosi i capelli sciolti dal collo e stringendovi con un nodo
un grembiule giallo canarino. “Allora io lavo e tu asciughi, d’accordo?”
“Uffa…” sbuffò Yu prendendo in mano uno strofinaccio
consunto.
Miki sorrise tra sé, fiera della sua bravata; avrebbe avuto
voglia di scoppiargli a ridere davanti alla faccia, ma riuscì a trattenersi
appena in tempo.
Si rimboccò le maniche e contemplò la pila di piatti sporchi
che la aspettava: era decisamente ben fornita…Evidentemente la gravidanza di
mamma Chiyako aveva inibito il senso dell’ordine e della pulizia nelle menti
dei due papà.
“C’è una cosa che volevo chiederti” disse improvvisamente Yu
infilandosi un paio di guanti di gomma.
Miki rimase chinata sul getto di acqua calda, ma il ragazzo
era sicuro che lo stesse ascoltando.
“Quanto tempo hai intenzione di rimanere qui?” le domandò
scrutando la sua nuca chinata.
Miki impiegò qualche secondo prima di rispondere. “Bè…A dire
il vero non lo so, non ci ho ancora pensato…Potrei aspettare il secondo parto,
ma in questo modo perderei alcune lezioni importanti…” disse pensierosa
spremendo un ricciolo di detersivo su una spugna.
“Io aspetterò il parto” disse Yu. “Prima di partire
dall’università ho chiesto informazioni alla responsabile e mi hanno dato il
permesso di assentarmi per qualche giorno dalle lezioni.”
“Davvero?” chiese Miki. Lei, al contrario del ragazzo, non
aveva minimamente pensato a quella possibilità, anche perché era partita
all’improvviso e non era neanche passata nella segreteria dell’università per
avvertirli.
“Perché non provi a informarti? Dai, così recuperiamo anche
il tempo perduto!” esclamò Yu afferrando con impeto il piatto gocciolante che
Miki gli porgeva.
“Hai ragione! È così tanto che vorrei stare un po’ da sola
con te…” mormorò Miki sognante prelevando una seconda ciotola sporca dalla pila
sul lavandino. “Chiederò a Hailey…”
“Chi è Hailey?”
“Una mia cara amica, oltre che mia coinquilina!” spiegò la
ragazza con un gran sorriso nostalgico. “È inglese, ma un giorno riuscirò a
fartela conoscere, e sono sicura che la troverai molto simpatica!”
“Non vedo l’ora!” disse Yu riponendo il piatto lustro e
immacolato nella credenza.
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Come previsto, Miki telefonò a Hailey la sera stessa –per
via del fuso orario –, la quale le diede immediatamente il via libera:
conosceva bene le procedure, sarebbe stata lei a compilarle la richiesta di
assenza da parte della ragazza. Miki non sapeva come ringraziarla, e solo a
malincuore abbandonò la cornetta interrompendo la conversazione, nonostante
avesse una grande voglia di scambiare quattro chiacchiere con l’amica: una
telefonata intercontinentale era piuttosto costosa.
“È tutto a posto” esclamò irrompendo nella camera di Yu con
entusiasmo. “Abbiamo due intere settimane di svago!!”
“Fantastico!” disse Yu raggiante. “Vedrai, ne approfitteremo
nel migliore dei modi!”
“Davvero? Hm…ecco! Perché domani sera non mi porti al
ristorante a festeggiare?” chiese Miki saltandogli sulle ginocchia.
“Non ho così tanti soldi da buttar via!” disse il ragazzo
con una risatina.
Miki si incupì di botto. “Ah, già…avevo dimenticato che non
puoi permetterti assolutamente di sperperare i tuoi preziosissimi risparmi!”
esclamò in tono acido.
“Ma no, io volevo dire che…” cominciò Yu, ma Miki lo
interruppe prima che potesse concludere la frase.
“Tzè! Chissà cosa ci dovrai fare, poi, di così importante…”
Detto questo si alzò, strinse i pugni e con passo di marcia
uscì dalla stanza profondamente indignata, sbattendo sonoramente la porta.
Yu rimase a bocca aperta per qualche secondo, spiazzato,
fissando ebete la porta di mogano scuro. Si lasciò cadere di peso sul
materasso, ripensando a ciò che la sua ragazza le aveva urlato poco prima.
‘Meglio così’, si ritrovò a pensare sorridendo furbescamente fra sé…
Erano già trascorsi tre giorni quando mamma Rumi annunciò a
tutta la famiglia la sua decisione di partorire in casa, che venne accolta con
diverse esclamazioni di sorpresa e di protesta.
“Ma perché, mamma?” chiese scandalizzata Miki, che a quanto
ricordava non aveva mai conosciuto nessuno che avesse partorito in casa.
“Oh, smettila di fare la guastafeste!” la rimproverò la
mamma. “È solo per cambiare un po’…all’ospedale hanno la brutta abitudine di
strapparti subito il bimbo dalle braccia non appena gli hai dato un’occhiata!
Invece IO voglio averlo sempre sotto lo sguardo!” concluse decisa.
“Sì, m-ma ormai è difficile trovare una brava ostetrica che
faccia il lavoro ‘a domicilio’! E inoltre all’ospedale sono sicuramente più
competenti!” ribattè Miki con impeto piegandosi in avanti e poggiando le mani
sul tavolo.
“Ma dai, questo non è affatto vero!” disse papà Yoji dando
una piccola pacca sulla spalla della ragazza. “Ultimamente questo lavoro ha
avuto una larga diffusione, non sarà complicato trovarne una in gamba!”
Papà Jin annuì bonario, d’accordo con la tesi dell’amico.
“Ma non è possibile!!” esclamò Miki contrariata e sul punto
dell’ebollizione. “È…è inammissibile!! Non è vero, Yu?” chiese al ragazzo
accanto a lei.
“A me sembra un’idea originale!” intervenne a sorpresa Yu,
che non si era ancora pronunciato ma si era limitato a osservare la discussione
seduto a braccia conserte. “Sarà emozionante!”
Miki sgranò gli occhi, tradita dalla sua ultima speranza.
Alla fine era sempre lei a fare la figura del bastian contrario…
“Hai una faccia tosta incredibile, Miki!” esclamò papà Jin.
“Non cambi mai, sei uno spirito rivoluzionario fin da quando eri una bambina!”
Miki non sapeva se prenderlo o no come un complimento,
perciò si morse la lingua ed evitò di ribattere.
Una settimana più tardi, lo squillante suono del campanello
irruppe nel salottino, facendo incrementate all’istante le assordanti urla che
si stavano diffondendo in tutta la villetta.
Miki, preoccupata e sollevata allo stesso tempo, si
precipitò giù per le scale e spalancò la porta.
“Finalmente…Anf…Salve, signora…”
La ragazza, i battiti cardiaci sempre più ritmici e
frequenti, era piacevolmente impressionata da quella sconosciuta figura che si
stagliava sulla soglia dell’ingresso: una aitante donna non più nel fiore della
giovinezza, alta e slanciata, con possenti e robuste braccia esperte; i lunghi
capelli castani striati d’argento erano raccolti dietro la nuca in una sommaria
e stretta crocchia, mentre quei pochi ciuffi che le ricadevano in ciocche
disordinate davanti agli occhi erano state fermate con delle forcine. Tra le
mani un grosso borsone nero di pelle che a prima vista sembrava molto pieno.
L’ostetrica.
“Allora, dov’è?” chiese la donna con la sua voce potente e
mascolina.
“Di là…Presto, venga!” esclamò Miki guidandola verso il
divanetto del salotto dove giaceva sdraiata sua madre, scossa da acute fitte
all’addome gonfio, affiancata da papà Jin e papà Yoji, che cercavano di porre
fine alle sue sofferenze sussurrandole parole di conforto all’orecchio.
L’ostetrica si avvicinò a Rumi e l’esaminò rapidamente con
un’occhiata.
“Sì, credo che ormai ci siamo…” disse una volta avuto il
resoconto.
Miki rimase impalata sull’uscio della stanza, indecisa su
cosa fare. Magari avrebbe potuto essere utile a qualcosa, tipo andare a
prendere qualche bacinella, un fazzoletto…Ma nello stesso tempo era spaventata
da quello che stava per accadere: sua madre stava per partorire, non era pronta
ad affrontare la situazione.
“Non temere, piccola, stiamo noi qui con la mamma” le
sussurrò papà Jin come se le avesse letto nel pensiero. “Tu vai pure di sopra,
ti chiameremo solo nei casi di estrema necessità!”
Miki annuì lentamente e salì le scale a passi pesanti,
sussultando ogni volta che udiva i lamenti rantolanti della mamma.
Entrò nella sua camera e si buttò sul letto cercando di
attutire le urla che laceravano il silenzio che regnava sovrano nella sua
piccola stanza.
Bè, alla fine stava succedendo veramente…avrebbero avuto un
secondo neonato dentro casa, il suo secondo fratellino…o sorellina,
ovviamente..
Improvvisamente venne sorpresa da una scarica di adrenalina:
non poteva più ignorare l’evento. Non poteva fare a meno di sentirsi in qualche
modo più grande…più adulta, in un certo senso. Sembrava trascorso così tanto
tempo da quando i suoi genitori, in occasione del matrimonio di Meiko, le
avevano annunciato di aspettare dei bambini…E ora, quelle bellissime notizie si
stavano rivelando al mondo.
Miki si ritrovò ad attendere con trepidanza la chiamata del
suoi genitori: era impaziente di rispecchiarsi negli occhi del nascituro come
quando aveva saputo di Ayumi. Non volle nemmeno trascorrere quei momenti di
tensione insieme alla compagnia di Yu, preferì goderseli nella completa
solitudine.
Finalmente, qualche minuto dopo il tramonto, il grido di
giubilo di suo padre portò un refolo di speranza nella villetta.
“È nato!! È natoooooooooooooooooooo!!”
Miki e Yu si precipitarono tempestivamente fuori dalle rispettive
camere, si scambiarono un’occhiata complice e scesero frettolosamente le scale.
“Mamma!!” esclamò la ragazza correndo incontro a Rumi,
stremata ma felice. Tra le mani reggeva un piccolo fagotto azzurro, dal quale
spuntava curiosa una testolina calva e raggrinzita.
“Vorrei presentarti il tuo nuovo fratellino, cara…” disse
debolmente mamma Rumi porgendolo lentamente alla figlia, la quale lo strinse
fra le braccia cercando di muoversi il più delicatamente possibile.
Una figurina dai pochi capelli arruffati di un curioso color
nocciola agitava freneticamente i pugnetti fermamente serrati, così come le sue
palpebre raggrinzite, che non lasciavano pervenire nessun segnale del colore
dei suoi occhi. Ma alla sorellona non importava, era ugualmente un dolcissimo
spettacolo.
“Ciao, Hiroshi!” lo salutò Miki allegramente. “Benvenuto
nella nostra pazza famiglia!”
“Hiroshi? Bel nome!” esclamò papà Yoji passando un braccio
intorno alle spalle della ragazza.
“Già! Ci ho pensato durante l’attesa! Se fosse stata femmina
probabilmente si sarebbe chiamata Minako…”
“Hai fatto bene! Noi non avevamo minimamente pensato al nome
che avrebbe potuto avere!” disse mamma Rumi con un sorriso allegro.
“Allora è deciso! Hiroshi Matsura!” approvò Yu con un gran
sorriso, chinandosi sulla faccina contratta del neonato.
“Oh, un momento così è da ricordare! Yu, per favore,
potresti andare a prendere la macchina fotografica?” chiese Miki cullando
lentamente il fratellino.
“Ma certo! Dov’è esattamente?”
“Dovrebbe trovarsi ancora nella mia valigia, ho dimenticato
di svuotarla completamente!”
Yu annuì e salì al piano di sopra facendo due gradini per
volta. Una volta entrato nella camera della ragazza, si inginocchiò davanti al
suo borsone e cominciò a frugare nelle tasche esterne.
“Ah! Eccola qui!” esclamò Yu una volta riconosciuta la
sagoma dell’oggetto con la mano. La estrasse delicatamente e si alzò in piedi.
Prima di tornare dagli altri, però, la sua attenzione fu attirata da una
piccola scatolina rossa che sembrava fosse stata infilata a forza nella tasca
adiacente a quella in cui lui aveva appena cercato. Si avvicinò titubante e la
tirò fuori, incuriosito: un portagioie a forma di cuore.
“Ma cosa…?”
Yu la aprì e ne scrutò l’interno: era vuota. Il coperchio
che teneva in mano, invece, riportava un’iscrizione in pennarello nero.
“Miki, sei la ragazza più speciale che io conosca. Non
c’è giornata che io trascorra senza che tu insorga nei miei pensieri, chissà se
anche per te sarà mai lo stesso…
Ti prego, non volermene a male…e sai cosa voglio dire…
Noticine: Eccomi di nuovo qua! Capitolo un po’ fiacco, vero? Ma
spero comunque che non vi abbia annoiato! Ancora grazie per le recensioni, mi
stimolano sempre di più a scrivere! Mi raccomando, continuate!! J
Per quanto riguarda gli
aggiornamenti più frequenti, purtroppo non è facile…la scuola impegna molto,
quest’anno è davvero dura! E inoltre ho ben altre tre ficcy da portare avanti e
che hanno bisogno di essere ampliate! Comunque cercherò di approfittare di ogni
momento libero per dedicarmi alla scrittura! Nel frattempo, fatemi sapere cosa
ne pensate, mi raccomando!! Se mi lasciate un commentino mi fate contenta!! J Dai che non vi costa
niente!!
Yu rimase a fissare a bocca aperta quella minuta,
zoppicante, sciancata calligrafia a lui totalmente sconosciuta.
Ma chi diavolo era Keisuke?
Sicuramente era un giapponese, ma tra le sue conoscenze
attuali non risultava nessuno che avesse avuto questo nome. Ma in che rapporti
era con Miki? Ma no, non poteva essere…Magari quel misterioso individuo aveva
infilato quel portagioie nella sua valigia per un semplice errore di
distrazione…Insomma, non avrebbe potuto essere destinato ad un’altra ragazza di
nome Miki, magari la sua fidanzata? Altrimenti perché…
Yu scosse la testa dandosi mentalmente dello stupido; ma per
favore, era impossibile che potesse essere così, figuriamoci…! E poi si capiva
benissimo che il messaggio era esplicitamente destinato a quella Miki,
era impensabile che la “Miki” della prima frase non fosse lei!
Yu si sentì montare la collera, ma cercò di non badarci,
anche se era maledettamente difficile; rilesse mentalmente il messaggio
cercando di decifrarlo e di farselo entrare in memoria.
“Non c’è giornata che tu insorga nei miei pensieri…”…Cosa?!
Perché i pensieri di quel ragazzo sembravano riflettere la proiezione dei suoi?
Anche per lui era esattamente la stessa cosa: non passava giornata che l’immagine
del viso sorridente di Miki non gli attraversasse la mente, lo destava
teneramente al risveglio e gli augurava la buonanotte quando spegneva la
lampada sul comodino. Insomma, Miki era ospite gradito solo ed esclusivamente
per lui ! Era un diritto suo e di nessun altro! Nessuno poteva
approfittarsi di quella dolce visione…Poteva significare solo una cosa.
Rimise il coperchio al suo posto, ficcò la scatolina nel
cestello e uscì lentamente dalla stanza a testa bassa, riflettendo
intensamente.
“Basta adesso, ho paura di fargli male…” sussurrò Miki
delicatamente porgendo con riluttanza il neonato tra le braccia della mamma.
“Ma dai, l’hai preso su talmente piano che sembrava
galleggiasse nell’aria!” esclamò papà Yoji facendo una piccola carezza sulla testolina
glabra del figlioletto.
“Ma dove si è cacciato Yu? È più di cinque minuti che l’ho
mandato a prendere la macchina fotografica!!” esclamò Miki sbuffando e
poggiando le mani sui fianchi scrutando irritata la rampa delle scale.
“Boh…sarà andato in bagno!” ipotizzò papà Jin facendo
spallucce.
Dopo qualche secondo, tuttavia, si udirono dei passi
provenienti dal piano superiore sempre più udibili, e finalmente Yu comparve in
cima alle scale, scandendo pesantemente ogni gradino. Sembrava sconvolto.
“Eccoti, finalmente!” lo accolse allegramente Miki
andandogli incontro. Yu fece un cenno di scusa con la mano e le porse la
macchina fotografica con leggera riluttanza.
“Grazie! Ehi, che faccia…Stai bene?” domandò la ragazza
preoccupata dal suo sguardo freddo e neutrale. Il ragazzo si limitò a fare
spallucce senza rispondere, e Miki lo prese come un “sì”.
Mentre Miki premeva ripetutamente il pulsante dell’obiettivo
puntato verso il fasciatoio dove giaceva Hiroshi, Yu la osservò di sottecchi.
Allora era per quello che ultimamente lasciava che fosse la
sua compagna di stanza a prendere tutte le telefonate?
Si era innamorata di un altro e non aveva il coraggio di
confessarglielo apertamente?
Eppure non aveva l’aria di sentirsi in colpa…Oppure era
molto brava a nascondere i suoi veri sentimenti. Non riusciva a capire, il suo
viso le era sembrato così felice quando le aveva aperto la porta qualche
settimana prima…
Basta, era inutile continuare a girare intorno ad
ipotesi…doveva chiarire la faccenda con lei e forse sarebbe stata in grado di
soddisfare le sue richieste.
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Finalmente, il giorno seguente, papà Jin, una volta
riattaccato la cornetta del telefono, annunciò a gran voce: “Buone notizie!
Ayumi è ormai in grado di sopravvivere senza alcuna apparecchiatura esterna e
può venire a stare qui a casa con noi!”
“Uaaaah, ma è fantastico!!” esclamò Miki facendo dondolare
Hiroshi con più impeto; il piccolo non gradì la variazione e protestò con un
piccolo pianto assordante.
“Che bello, magari sarà più facile con la collaborazione di
Chiyako!” disse mamma Rumi mentre sottraeva il bambino dalle braccia della
figlia maggiore.
“Passerò a prenderle tra un quarto d’ora” informò papà Jin.
“Mi accompagni, Yoji?” aggiunse rivolgendosi all’amico, che stava cercando di
avvitare la tettarella di un biberon.
“Un attimo, Jin! Ma perché non si sistema questo coso…?!”
sbraitò agitando nervosamente il recipiente in aria.
“È passato molto tempo dall’ultima volta che hai fatto una
cosa del genere, eh?” chiese mamma Rumi, maliziosa, facendo cenno a Miki di
sfilarglielo dalle mani.
“Ehm…Sì, credo che verrò…” annuì papà Yoji arrossendo
lievemente.
“Perché non portate con voi anche Yu?” propose mamma Rumi
adagiando Hiroshi nella culla. “Gli farà piacere accompagnare sua madre, e
potreste permettergli di fare un po’ di pratica…Se non sbaglio pochi mesi fa ha
cominciato le lezioni di guida…”
Miki sgranò gli occhi. “COSA?! Non lo sapevo! Non…non me
l’ha mai detto!!”
“Suvvia, cara, sappiamo cosa stai pensando!” esclamò la mamma.
“Ma non ti preoccupare…una volta presa la laurea avrai anche tu via libera per
prendere la patente!”
“No, non volevo dire quello…” mormorò Miki abbattuta.
“Comunque, ora che hai preso in considerazione questo argomento…Non è giusto!!”
esclamò stringendo i pugni e facendo spaventare Hiroshi, che ricominciò a
piangere. “Nemmeno Yu ha ancora finito l’università, perché lui può prendere
lezioni di guida fin da adesso?!”
“Perché evidentemente Yu è più responsabile di te e sa
organizzare meglio i suoi impegni” intervenne papà Jin con semplicità sfilando
con indifferenza le chiavi della macchina dal gancio alla parete. “Dai, vallo a
chiamare!”
La ragazza fece una smorfia e salì le scale del piano di
sopra.
Una volta arrivata davanti alla porta chiusa della camera di
Yu, bussò e attese una risposta, che non arrivò. Bussò di nuovo, stavolta con
più insistenza, ma non servì a niente; sembrava che la stanza fosse deserta.
“Yu? Ci sei?” provò a chiamare Miki, preoccupata.
Poiché il silenzio non accennava ad infrangersi, ma anzi si
intensificava a contrasto con la sua voce, afferrò la maniglia con forza e
spalancò la porta.
Come aveva immaginato, era vuota. Yu non c’era…
“Ma dove diavolo…?”
Miki non sapeva cosa pensare…non aveva visto Yu uscire, non
l’aveva neanche sentito…Cioè, sapeva che spesso proprio lei aveva la testa tra
le nuvole, sicuramente in quel caso era stata colpa della sua distrazione…
Si sedette sul letto e fissò in estasi le tendine
trasparenti scosse dolcemente dal primo venticello primaverile.
Yu era così: dolce, delicato e spumeggiante. Ma se solo le
finestre venivano chiuse e anche l’ultimo spiffero di corrente veniva dissolto,
il movimento svaniva e ogni cosa si arrestava, giaceva inerte e privo di
reazioni. Un po’ come il suo ragazzo…Perché non era venuto da lei a dirle che
sarebbe uscito, che sarebbe andato da qualche parte, per lasciarle un piccolo
saluto, quando fino a poche ore prima non aveva fatto altro che coccolarla?
“Diavolo, detesto quando fa così!! Accidenti a lui!”
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“Non c’è, non è nella sua camera” annunciò Miki
avvicinandosi al padre, che si stava infilando la giacca.
“Davvero? Mah, non mi pare di averlo visto uscire…”
bofonchiò papà Yoji sorpreso.
“Io sì” intervenne mamma Rumi sedendosi sul divano, stanca.
“È uscito subito dopo pranzo, ha detto che avrebbe fatto due passi…”
“Ah…ecco…” mormorò papà Yoji un po’ a disagio.
“Bè, allora noi andiamo” disse papà Jin aprendo la porta
d’ingresso e infilandosi le scarpe frettolosamente, affiancato da papà Yoji che
si accingeva ad imitarlo. Uscirono dandosi degli spintoni complici, salirono in
macchina e sfrecciarono via.
“Ma naturalmente tu sapevi che Yu era uscito, non è vero?”
chiese mamma Rumi alla figlia in tono confidenziale.
Miki rimase spiazzata per qualche secondo, poi annuì
incerta. “Sì…Sì, me l’ha detto…”
Preferì mentirle piuttosto che farle sorgere qualche
sospetto. O forse, l’intento era rivolto a se stessa…
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Quella sera, Miki era chiusa nella cameretta dei gemelli. Le
piaceva chiamarli così, i suoi fratellini erano nati a pochi giorni di distanza
l’una dall’altro e si assomigliavano talmente tanto che sembravano quasi figli
della stessa coppia. Ayumi, decisamente più in forma, e Hiroshi dormivano
placidamente nelle loro culle, digrignando le gengive e sferrando, ogni tanto,
qualche calcetto in aria. Ayumi si era portata un ditino in bocca e aveva
cominciato a tormentarlo, succhiandolo beata.
E Yu non era ancora tornato.
Miki si sedette su una vecchia sedia a dondolo che le mamme,
aveva notato, spesso utilizzavano quando i bambini erano particolarmente in
vena di rimanere svegli; in effetti, quell’ondeggiamento conciliava il sonno.
Guardò fuori dalla finestra, attraverso la quale si poteva ammirare un
magnifico cielo stellato. Se Yu fosse stato lì con lei, magari avrebbero potuto
goderselo insieme…
Ma finchè non riusciva a scavare nei pensieri di Yu non
poteva capire il perché del suo comportamento scostante. Forse si stava
sbagliando, ma le pareva che il suo ragazzo fosse…cambiato a partire da quella
mattina; durante la colazione aveva fatto di tutto per evitare di incrociare il
suo sguardo supplichevole, soprattutto aveva la tendenza di nascondersi dietro
le pagine fruscianti del giornale o dietro una fetta biscottata con la
marmellata. Miki non poteva fare a meno di pensare che il problema fosse
proprio lei…Ma aveva accuratamente analizzato le situazioni in cui si erano
ritrovati insieme, e non era riuscita a trovare uno straccio di prova che
avrebbe potuto giustificarlo; insomma, si era comportata sempre come la sua
ragazza preferita!
Che si fosse stancato di lei? No, era impensabile…Avevano
già superato una fase del genere, ed era impossibile dimenticarsi della sua
promessa di amore eterno. Del resto, conosceva bene la sua titubanza a legarsi
ad un’altra persona, lei era stata l’unica eccezione.
Ma allora che cosa gli stava succedendo?!
La ragazza voleva aiutarlo a riprendersi più di ogni altra
cosa, ma sapeva bene che Yu non si sarebbe mai aperto con lei, secondo lui la
cosa migliore era nascondere all’interno di sé i propri problemi, trattenersi
dal parlare fino allo stremo delle forze, fino a che non si sarebbero dissolti
da soli, senza alcun tipo di ausilio esterno.
Magari si era rifugiato a casa di Satoshi, chissà…Ma non le
importava, avrebbe atteso il suo rientro a casa senza interferire nelle sue
scelte.
Hiroshi emise un piccolo suono e Miki sussultò; si era
talmente persa nei suoi pensieri che stava quasi per assopirsi. Prima che il
dondolio della sedia potesse tenderle una trappola per il mondo di Morfeo, si
alzò e si stiracchiò saporitamente, sorridendo beata.
Lanciò una rapida occhiata ai due gemelli; sistemò la
copertina di Hiroshi, fece una piccola e delicata carezza sulla testolina di
Ayumi e uscì dalla stanza cercando di fare il meno rumore possibile.
Al piano di sotto i due papà si stavano arrangiando alla
meglio per preparare la cena, ma dall’odorino e dal fumo acre che fuoriusciva
dalle pentole adagiate sul fornello sicuramente non stava succedendo niente di
buono.
“Mi sa che stasera non si mangia” sentenziò Miki scrutando
torva una strana pappetta verde contenuta in una scodella e tappandosi il naso
disgustata.
“Miki ha ragione!” esclamò mamma Chiyako rivolgendo uno
sguardo complice a Rumi. “Io e Rumi ci siamo completamente riprese, ma loro non
hanno voluto sentire ragioni!”
“Già…Dicono che dobbiamo stare al riposo quanto più
possibile e accudirci esclusivamente dei bambini” sussurrò mamma Rumi seccata.
“…Ma credo che qui dentro gli unici due bambini siano quei due!” E indicò Jin e
Yoji che, nonostante stessero tossendo e sputacchiando a più non posso,
continuavano a ripetere: “Fidatevi di noi, è tutto sotto controllo!”
Miki rise, divertita. Era raro vedere suo padre impegnato a
sfaccendare ai fornelli. “Li aiuterei io, ma so che qui nessuno apprezza le mie
doti culinarie…”
“Bè, in effetti…” mormorò mamma Rumi sincera, ma leggermente
a disagio. Chiyako le lanciò un’occhiata di rimprovero e soffocò una risatina.
“Bè, una volta sei riuscita a preparare le uova strapazzate
con tonno senza incendiare la cucina” intervenne una nuova voce in lontananza.
Miki si voltò, spaventata e colta di sorpresa; tirò un
sospiro di sollievo quando vide la figura di Yu stagliata sulla porta di
ingresso, che si sfilava le scarpe da ginnastica con indifferenza e le buttava
accanto allo zerbino.
“Finalmente! Bentornato!” esclamò Miki avvicinandosi con un
gran sorriso.
“Ciao…” mormorò distrattamente Yu senza degnarla di uno
sguardo. Tirò dritto verso il salottino e andò ad abbracciare la madre, che non
vedeva da due giorni.
Qualcosa dentro Miki si infranse in mille pezzi, lasciandole
solo una profonda voragine. Yu l’aveva completamente ignorata…Una delle poche
volte da quando vivevano insieme…
L’aveva ignorata, proprio come avrebbe fatto con un semplice
soprammobile di granito…
Miki cercò di sorridere, stringendosi nelle spalle; forse
non era il caso di preoccuparsi così tanto, in fondo era più che normale che Yu
volesse, prima di tutto, salutare la madre, che non vedeva da diverse ore.
Ma sì, sicuramente era così. Non poteva mica essere gelosa
di Chiyako!
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Dopo una cena a dir poco carbonizzata(evidentemente i
peperoni ripieni erano un manicaretto troppo elaborato per i due poveri
apprendisti cuochi), Miki si alzò da tavola con lo stomaco ancora brontolante e
si diresse al piano di sopra, con la scusa di andare a controllare i due
gemelli, che da quel pomeriggio non si erano ancora svegliati, né avevano
protestato in qualche maniera.
“Tanto tra qualche minuto verremo anche noi per le poppate”
la avvertì mamma Chiyako cercando di farle risparmiare una fatica non
necessaria.
“Oh, ma per me è un piacere prendermi cura di loro!” esclamò
Miki con un gran sorriso intenerito.
“Sigh sigh…La mia bambina è diventata così saggia e
premurosa!” sbraitò papà Jin commosso mordendo il lembo di un tovagliolo.
Miki, come promesso, sarebbe passata a trovare i neonati, ma
in realtà il suo scopo primario era la speranza di incontrare Yu per poter
finalmente parlare con lui…O almeno farsi fornire delle spiegazioni in qualche modo,
senza aggressività e in perfetta calma…
Non era sceso per cena, accusando di non avere fame. Certo
non poteva biasimarlo, con quell’esperimento disastroso, ma in ogni caso
avrebbe potuto mangiarsi un frutto o una qualsiasi cosa di rimpiazzo, come aveva
fatto lei. Invece era sfrecciato in camera sua senza lasciare una spiegazione
esauriente. E Miki era terribilmente sospettosa.
Fortunatamente i bambini erano immersi in un sonno profondo
e indisturbato, così la sorellona potè dedicarsi al suo scopo senza alcuna
preoccupazione.
Per la seconda volta nell’arco di una giornata, si ritrovò
in piedi davanti alla porta chiusa della camera del suo ragazzo, piena di
dubbi.
E temeva che, per la seconda volta, non avrebbe ricevuto
alcuna risposta dall’interno.
Non poteva permetterlo, non quando Yu aveva bisogno del suo
affetto in quel momento più che mai. Afferrò la maniglia e spalancò la porta.
“Yu?!”
Yu, seduto alla sua scrivania chino su alcuni fogli,
sussultò spaventato.
“Miki! Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò poggiandosi
una mano sul petto.
“Scusa, non volevo…” mormorò Miki in tono di scusa,
sentendosi stranamente a disagio.
Calò un profondo silenzio rotto solo dal respiro ansimante e
scandalizzato della ragazza.
“Che cosa vuoi?” chiese ad un certo punto Yu, dandole le
spalle e tornando a concentrarsi sui suoi appunti. Il suo tono era duro,
freddo, distaccato.
Miki abbassò gli occhi e strinse i pugni, mordendosi un
labbro. Perché la trattava in quel modo, perché?! Cosa aveva fatto per farlo
arrabbiare in quel modo?!
Raccogliendo tutti quei piccoli frammenti di determinazione
che le erano rimasti, ricacciò indietro le lacrime e cercò di far sì che la
voce tremasse il meno possibile.
“È questo il problema” mormorò la ragazza evitando di
guardarlo. “Si può sapere perché ultimamente sei così nervoso? Non fai altro
che rispondermi male!!”
Yu non rispose, ma Miki era sicura che la stesse
silenziosamente ascoltando.
“Se hai qualche problema possiamo parlarne insieme!”
continuò Miki imperterrita, quasi lo stesse supplicando. “Se ho fatto qualcosa
di sbagliato sono disposta ad accettare le tue richieste…E per favore, quando
ti parlo guardami in faccia!!” esclamò infine, non riuscendo più a contenere
l’ira e la frustrazione.
Finalmente Yu si sporse leggermente indietro con le spalle,
poggiando interamente la schiena sulla parte superiore della sedia, e la
sbirciò con la coda dell’occhio, indispettito.
“Credo che tu sia in grado di arrivarci da sola…” mormorò
passandosi tranquillamente una mano sul collo.
Miki rimase interdetta, confusa; non aveva la benchè minima
idea di cosa stesse dicendo il suo ragazzo…certo che non sapeva cosa avesse!
“Credo di non capirti, scusa…” disse guardando la sua chioma
bionda.
“Ma certo, è ovvio che non capisci, non è vero?” sbottò Yu
voltandosi di scatto e puntandole gli occhi fiammeggianti addosso. Miki si
spaventò e fece un passo indietro.
“Cosa?! Ma…ma sei impazzito Yu?!” ribattè la ragazza ormai
vicina all’orlo del pianto. Basta, aveva urgente bisogno di spiegazioni!
Il ragazzo si alzò di scatto, sferrò un calcetto piuttosto
nervoso alla sedia e le si avvicinò a grandi falcate. “Andiamo, Miki, smettila
di fare la sceneggiata! Anzi, scendi di sotto e telefona a Keisuke, sicuramente
è un amante più bravo di me!”
Miki spalancò la bocca, inebetita, e fissò il ragazzo con
occhi stralunati. “Cos…? Keisuke..?”
“Possibile che dovunque tu vada tu non faccia altro che
rimorchiare dei balordi?!” esclamò Yu alzando gli occhi al cielo e lasciando
cadere le braccia lungo i fianchi. “Sei una cosa impossibile, Miki!”
La ragazza lasciò cadere due capricciose e ribelli lacrime
di rimorso. Come faceva Yu a sapere di Keisuke? Non ne aveva mai parlato con
lui…
Ma non capiva proprio cosa potesse comportare Keisuke in
quel discorso…Non aveva fatto assolutamente niente per meritarsi qualche colpa…
E poi capì: quella foto! Quella maledetta, stupida,
equivocabile foto!
“Yu, aspetta, ti stai sbagliando!” lo supplicò Miki cercando
di calmarlo. “Ti giuro, non è affatto come sembra!”
“Ah, no?” chiese Yu sarcastico incrociando le braccia.
“I-io e lui siamo amici, solo amici! Te lo posso assicurare!
Quello che hai visto non è stato niente di…è lui che…” balbettò Miki
afferrandolo per le spalle e scuotendolo, per quanto glielo permettesse il
tremolio che le pervadeva il corpo.
“Come no…” mormorò Yu con un velo di tristezza e delusione
nella voce. “Lascia perdere, è inutile cercare di trovare qualche scusa…”
“No, fermo, ti prego!!” lo supplicò Miki stringendo un lembo
della sua camicia, ma lui si divincolò con un gesto secco e uscì dalla stanza,
dirigendosi al piano di sotto.
Miki crollò sul pavimento in ginocchio, si coprì il viso con
entrambe le mani e cominciò a piangere disperata. Aveva rovinato tutto. Tutto.
Ma perché doveva succedere? Stava andando tutto così bene,
era riuscita a rimuovere il rimorso di aver baciato Keisuke solo una settimana
prima…E con Yu tutto andava a gonfie vele…
Dannata foto, dannato cellulare, dannato Keisuke.
La ragazza si sforzò di rimettersi in piedi, puntando le
braccia alle travi di legno su cui poggiava; una volta in grado di reggersi
sulle proprie gambe, uscì a sua volta dalla camera di Yu per dirigersi
lentamente nella sua. Avrebbe voluto correre dietro il suo ragazzo per avere la
possibilità di chiarire l’equivoco con lui, ma lo sbattere della porta
d’ingresso era fin troppo eloquente: Yu non la voleva tra i piedi, voleva
semplicemente rimanere da solo con se stesso e i suoi pensieri.
Spalancò la porta e si buttò pesantemente sul materasso,
soffocando un singhiozzo con il cuscino e bagnandolo di lacrime amare e
innamorate. Non sentiva un così tale malessere da non sapeva quanti mesi, e non
lo ricordava così insopportabile da sostenere.
Con un guizzo agguantò il cellulare che aveva adagiato sul
suo comodino, premette alcuni tasti ed aprì la sezione delle fotografie. Non le
fu difficile individuare quella che le interessava…
Eccola lì. Isolata dalle altre, la prima in cima allo
schermo. Miki diede l’ordine di ingrandirla, e appena fu in grado di
analizzarla non potè fare a meno di coprirsi gli occhi con la mano libera e
umida.
Sotto la calda luce gialla di un lampione, che li rendeva
entrambi estremamente distinguibili sul fondale, un ragazzo paffuto dagli occhi
chiusi e totalmente rilassati abbracciava e baciava una moretta dall’aria
terribilmente sorpresa e scandalizzata.
Era tutta colpa di quella piccola immagine se il suo
rapporto con Yu stava attraversando la sua ennesima crisi. In fondo, era più
che comprensibile che il ragazzo volesse sbirciare all’interno della memoria
del suo celulare; in un certo senso ne aveva il pieno diritto, dopotutto
apparteneva alla sua fidanzata…
Alla sua fidanzata…
Miki fece una smorfia e scaraventò il telefono in fondo al
letto, maledicendolo pesantemente. Voltò nuovamente il viso, facendolo
sprofondare nelle pieghe del cuscino, e liberò un nuovo fiotto di lacrime
cristalline, implorando mentalmente la vicinanza del suo ragazzo. Come avrebbe
voluto che lui fosse lì accanto a lei, come se non fosse successo assolutamente
niente…
Ma era mai possibile che l’incomprensione e gli equivoci
fossero gli ingredienti fondamentali e immancabili della loro miscela d’amore?!
Dannato Keisuke.
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Miki venne bruscamente destata da un lontano gemito
disperato e bisognoso di coccole. Evidentemente uno dei due bambini poteva
considerare sufficienti le ore di sonno appena accumulate.
La ragazza aveva ancora i nervi tesi e vigili come una corda
di violino, nonostante fosse riuscita ad assopirsi durante la nottata. Non
sapeva esattamente quando, ma era sicura di aver dormito, anche se aveva un
tremendo cerchio alla testa e un peso negli antri più profondi del suo cuore.
Volse un rapido sguardo alla finestra alla sua destra: dai
vetri chiusi filtrava il primo chiarore mattutino.
“Chissà se Yu è tornato…” si chiese mentalmente, portandosi
una mano sul petto dolorante. Le mancava da morire, e la sera prima non l’aveva
neanche sentito rientrare.
Era preoccupata, doveva assolutamente parlare con lui quella
mattina stessa.
Si divincolò dalle coperte che la avvolgevano e poggiò i
piedi a terra, quando una piccola figurina rossa sul comodino attirò la sua
attenzione. Eppure ricordava bene che la sera prima, lì, vi era solo il suo
cellulare, che ora giaceva inerte sul parquet lucido sotto il letto.
Una seconda occhiata più attenta la portò alla comprensione:
era il portagioie che le aveva regalato Keisuke il giorno di San Valentino.
Era convinta di averlo lasciato all’interno della valigia,
come mai si trovava lì?
Accanto al coperchietto socchiuso vi era un foglietto di
carta che Miki, inizialmente, non aveva notato. Lo prese, titubante e
preoccupata, e lo lesse lentamente. Riconobbe immediatamente la scrittura
fluida e armoniosa di Yu.
“Forse questo ti rinfrescherà la memoria…”
Miki sentì le lacrime bruciarle in gola; Yu era entrato di
soppiatto nella sua camera durante la notte…In un certo senso la fece sentire
sollevata, almeno non era stato in giro per l’intera nottata…
Sollevò la scatolina e l’aprì, ardendo di curiosità. Per
quanto si sforzasse, non riusciva proprio a capire gli intenti di Yu. Cos’è che
le avrebbe rinfrescato la memoria…
Analizzò ogni angolo del portagioie, ma era completamente
vuoto. Per maggior sicurezza, lanciò un’occhiata indifferente al coperchio che
reggeva in mano, ma non appena vi scorse alcune righe scarabocchiate, vi si
capultò ansiosa e curiosa, come calamitata da una forza sconosciuta impossibile
da contrastare.
Non aveva notato quel messaggio, le era completamente
sfuggito alla vista. Che idiota.
La verità venne a galla come una boa dispersa in mezzo al
mare.
Yu aveva trovato il portagioie mentre era impegnato nella
ricerca della sua macchina fotografica all’interno della valigia.
Erano bastate tre semplici frasi per distruggere, ancora una
volta, il loro piccolo mondo.
Dannato Keisuke.
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TO BE
CONTINUED…
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Noticine: Eccomiiii!! Accidenti, siamo già al quindicesimo
capitolo…Come vola il tempo!!
Non smetterò mai di ringraziare
coloro che continuano a seguirmi e a recensire, ogni volta mi riempite di
gioia!! Un grazie particolare a Luchia Nanami, Miki90, Nayma
e Miki18 (ehi ma dove sei finita? Dai, scrivi scrivi!^^ Sennò rimango
solo io!^^), ormai mie fedeli lettrici già da un po'!^^ Grazie carissime!!
E Cris…Bentornato!!
Accidenti, devo proprio dire che la tua ultima recensione mi ha fatto
addirittura arrossire!^///^ Quasi mi sembra incredibile che tu consideri il mio
stile di scrittura così…perfetto…Davvero, le tue parole mi hanno davvero
lusingata, non mi sarei mai aspettata tanto riconoscimento! Purtroppo sembra
che il mio prof di italiano non apprezzi granchè i miei lavori (quando fino
all’anno scorso, con un’altra professoressa, avevo 8!), per cui cerco sempre di
dare il meglio di me stessa attraverso queste pagine! Provare qualcos’altro
oltre le fanfiction? Hmm…è un grande salto! Attualmente forse non ne sarei
capace…e poi ho ancora sedici anni, sicuramente al primo errore mi scoraggerei
e lascerei tutto! purtroppo sono fatta così…insicura! Comunque non è escluso
che in futuro io possa tentare questa sfida! Grazie per la fiducia…E
naturalmente, spero che tornerai a farmi sentire le tue opinioni! Anche le
critiche, sono comunque utili!^^
Sigh…Temevo la stesura di questo
capitolo…Sigh sigh!! T_T E a voi come è sembrato? Mi raccomando, non
dimenticate di lasciarmi una recensioncina!
Capitolo 16 *** Capitolo 16: Il gioco delle ripicche ***
Capitolo 16:
Capitolo 16: Il gioco delle ripicche
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Il coperchio del portagioie era stato scaraventato sotto la
rete del materasso, dove non avrebbe più nuociuto a nessun altro. E, soprattutto, nessuno avrebbe avuto l’occasione di
ritrovarselo sotto gli occhi una seconda volta. Forse era
proprio questa la speranza di Miki…nessuno avrebbe più
avuto l’occasione di vederlo, e lei meno che mai. Ce
l’aveva a morte con quel piccolo oggetto cavo; se solo
l’avesse lasciato a Londra…Perché cavolo se l’era
portato dietro?! In effetti neanche lei se lo sapeva
spiegare. L’aveva infilato nella retina esterna della valigia
così, all’ultimo momento…
Forse l’aveva fatto perché racchiudeva in
sé quella particolare atmosfera che si poteva respirare solo nella sua
università, in qualche strano modo ve la ricollegava…Quel piccolo ma importante frammento di ricordi la aiutava a non
sentirne la nostalgia.
“Bè, ma allora perché non portarsi
dietro quella foto che abbiamo scattato io ed Hailey
insieme al parco quest’inverno?!” si chiese mentalmente Miki con
amarezza; teneva molto a quello scatto incorniciato, che da ormai molti mesi
troneggiava indisturbata sulla cassapanca del loro appartamentino.
E invece no! Si era dovuta
accontentare di quello stupido, inutile, peloso, dannato coso rosso che
le aveva regalato un ragazzo che lei detestava da
morire e che per di più lei continuava a considerare quasi un perfetto
estraneo!
Miki tornò a sdraiarsi sul letto, supina. Appena
avrebbe rivisto Keisuke gliene avrebbe dette quattro,
se non di più. Ma prima doveva riuscire a
parlare con Yu e a spiegargli a fondo la situazione. Si era resa conto che era stato vittima di un semplice malinteso, lei non si era
neanche accorta di quell’implicito messaggio che le aveva lasciato
Keisuke; come si era già ripetuta tante volte, era a conoscenza dei suoi
sentimenti verso di lei, ed era chiaro che cercasse in tutti i modi di fargli
dimenticare Yu…
“…ricorrendo a stupidi mezzucci come farmi un
regalo a settimana!!” esclamò la ragazza
furibonda. Afferrò la parte inferiore del cofanetto e la scagliò
contro la porta chiusa, provocando un tonfo che venne
prontamente attutito dalla pelliccetta bordeaux che lo foderava.
Ah, ma questo non sarebbe bastato per farsi
perdonare…Ah, no! Stavolta non avrebbe avuto pietà per lui, ormai
non c’entrava più niente; avrebbe dovuto
camminare in ginocchio sui ceci fino a che non avrebbe
imparato a non rovinare mai più la vita a qualche ragazza innocente!
Sul momento la stessa Miki si sorprese di quanto potesse
essere spietata in certi momenti, ma non le importava: aveva una valida
giustificazione per il suo comportamento…a volte, anche i più puri
d’animo devono sciogliere le catene dell’ira, se è per una
giusta causa.
Miki si rialzò, stralunata, e si stiracchiò
debolmente. Non aveva molte forze, al momento. Sistemò le pieghe del
copriletto con una carezza leggera ed uscì dalla camera diretta al piano
di sotto.
Prima, però, passò a trovare i due gemellini
nella loro cameretta; le culle erano vuote, sicuramente li avrebbe trovati in
procinto della poppata mattutina. Sfiorò un orsetto di pelouche posto
con la schiena appoggiata al muro e si fermò a contemplarlo: quando era
piccola era stato il suo compagno di giochi per tanto tempo, vi era molto
affezionata; un regalo della sua cara nonna paterna, che era scomparsa
appena due giorni dopo averglielo consegnato tra le manine paffute. Era il suo
preferito, ma non le comportava alcun peso condividerlo con i due fratellini.
Con un’ultima occhiata all’ambiente buio, si
chiuse la porta alle spalle e scese al pianterreno.
“Mamma?” chiamò Miki moderando il tono
della voce.
“Siamo qui, cara!” le rispose la madre pimpante.
La sua voce proveniva dalla cucina e la ragazza si affrettò a
raggiungerle. Come aveva giustamente previsto, sia mamma Rumi che mamma Chiyako si stavano sbottonando le camicette per
allattare i bambini.
“Scusate” bofonchiò Miki imbarazzata, e
girò sui tacchi per andarsene.
“Aspetta, Miki!” la richiamò mamma
Chiyako. “Rimani, ci potrai essere utile!”
Miki annuì, si mise seduta su uno sgabello posto
dietro al banco e vi puntellò con i gomiti, in
attesa.
“Ma dov’eri, ieri sera?
Hai cenato e poi sei sparita all’improvviso!” esclamò
curiosa mamma Rumi mentre le passava Hiroshi,
più sgambettante che mai.
“Ero stanca e avevo sonno” si scusò Miki
schivando un pugnetto del bambino.
“Di solito non ti perdi mai il tuo programma preferito
alla tv!” disse mamma Chiyako affibbiandole Ayumi.
“Oooeeeh!!” Miki
oscillò pericolosamente cercando di sorreggere entrambi i neonati tra le
braccia, anche se era davvero un’impresa ardua. “Ehm…Lo so,
ma sono crollata appena mi sono sdraiata sul letto…”
“Ah, ecco…” dissero all’unisono le
due donne fissandola. Miki le squadrò, perplessa.
“Ehm…ma non dovevate allattare Ayumi e
Hiroshi?”
“Ooooh, è vero! Che sbadate!”
esclamò mamma Rumi dopo un momento di esitazione,
dandosi una manata sulla fronte. La ragazza era turbata, ma fece finta di
niente.
“Ma mamma, quella è Ayumi!!”
esclamò Miki sfilandogliela dalle mani e restituendole il figlioletto
legittimo.
“Ah, già, è vero!”
bofonchiò distrattamente mamma Rumi carezzando la testolina di Hiroshi.
“Ma che vi prende,
oggi?” chiese la ragazza confusa.
“Oh, niente, sai…” disse mamma Chiyako
distrattamente scostando un lembo della camicia. “è il traffico di
questi giorni…Jin e Yoji iperprotettivi, le alzatacce durante la notte,
Yu che non ci può dare nemmeno una mano…”
Al nome di Yu Miki sussultò. “In…in che
senso?”
“Bè, sì! Ora che se n’è
andato naturalmente non può aiutarci! E…Ma dove corri?!” urlò mamma Chiyako dietro la ragazza, che
era schizzata al piano di sopra verso la camera del ragazzo. Se n’era
andato?! Ma cosa voleva dire?!
Spalancò la porta: la stanza era deserta,
completamente vuota. Corse all’armadio, trepidante: aveva un vago
sospetto e voleva accertarsene. Quando fece scorrere
una delle due ante verso destra, rivelando centinaia di stampelle e scaffali,
indietreggiò di qualche passo, scandalizzata: la maggior parte dei
maglioni e camicie che Miki era abituata a vedere appese alle grucce non
c’era più, qualcuno li aveva portati via.
Come era salita, Miki si
precipitò nuovamente in cucina dalle due mamme, che avevano appena
terminato di allattare i piccoli. Si avventò su di loro come una furia.
“Per favore, ditemi che Yu
non è partito per l’America! Ditemi che
è solo uscito a portare i vestiti in lavanderia! Ditemelo, per favore!!” gridò ansimando agitata.
Le due donne si spaventarono un po’ nel vedere il suo
viso così sconvolto. “Miki, calmati! Cosa…?”
“Allora, è partito o no?!”
continuò imperterrita la ragazza, non riuscendo a darsi pace in nessun
modo. Doveva sapere, quell’informazione era per lei di incredibile
importanza.
“Ma…ma certo, è partito stamattina
presto!” rispose mamma Rumi dopo qualche secondo di indecisione.
Temeva che la figlia avrebbe potuto reagire con uno scatto esagerato.
“L’aereo partiva alle sette e mezza, e comunque
lo aveva già in programma! Non ti ha chiamato?”
Miki si sentiva la mente annebbiata, confusa, persa nel
vuoto. Aveva gli occhi vacui e la vista non era ottimale, tutto assumeva un
curioso chiarore sfocato.
“Va bene, ho capito…” mormorò in un
fil di voce. “Forse non mi ha voluto svegliare…”
Mamma Chiyako annuì bonaria, ancora preoccupata per
il repentino mutamento delle condizioni della figliastra. “Cara, sei sicura
di sentirti bene? Sei così pallida…”
“Sì, sto bene…” rispose Miki quasi
si trovasse su un altro mondo. “Ho solo bisogno
d’aria…”
Le due mamme rimasero ammutolite, squadrandola con occhi
vacui e confusi.
“Credo che andrò a fare una
passeggiata…” continuò Miki lentamente. Strusciando i piedi
al pavimento si diresse verso l’ingresso, staccò la giacca di
cotone dall’appendiabiti, la indossò con mossa repentina e si
chiuse la porta alle spalle senza neanche salutare.
“Possibile che ci sia rimasta così male che Yu
non l’abbia salutata stamattina?” chiese Rumi a Chiyako,
pensierosa.
“Boh, forse…” mugugnò l’altra
giocherellando con le manine di Ayumi.
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Non aveva una meta precisa…solo non
sapeva dove dirigersi. Anzi, a dire la verità
non sapeva neanche cosa ci facesse lì fuori, in quella splendida
giornata di fine marzo che non aveva niente a che vedere con il suo morale, che
giaceva da qualche parte sotto la suola delle sue scarpe.
Si sentiva così svuotata…Incredibile…non
riusciva a credere che Yu l’avesse piantata in asso un’altra
volta. Di nuovo!
Odiava questo lato del suo carattere: ogni volta che
litigavano o bisticciavano per qualche cosa di futile, ecco che lui prendeva e
partiva senza dire niente a nessuno. Una volta le aveva detto
che lo aiutava a rinfrescarsi le idee…ma lei non ci aveva mai voluto
credere. Miki riteneva che la cosa migliore fosse chiarirsi faccia
a faccia, magari davanti a una bella bibita fresca, e non scappare dai
problemi come se non fossero importanti! E lui invece
non aveva nemmeno voluto ascoltare la sua versione dei fatti…!
Maledetto, stupido Yu…!
Ora come in quel momento la prima cosa che avrebbe fatto
sarebbe stata correre a farsi consolare da Meiko, ma
purtroppo lei si trovava a Hiroshima con Nacchan e lei di certo non poteva
farsi quattro ore di treno e disturbarla così di punto in bianco in
questo modo! Però aveva davvero bisogno
di compagnia…
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“Sì? Chi è?”
Una voce metallica fuoriuscì dal citofono accanto allo stipite del
portone e il viso di Miki si illuminò di gioia.
“Sono Miki! Posso entrare?”
Ci fu uno sfrigolio rumoroso e la serratura del cancelletto
scattò. Miki lo spalancò e si diresse verso il vialetto che
l’avrebbe condotta all’ingresso, dove
Arimi la aspettava a braccia aperte.
“Miki! Ma che bella
sorpresa!” la accolse l’amica andandole incontro.
“Ciao, Arimi!” la salutò Miki di rimando
prendendole le mani e schioccandole due bacetti sulle guance.
“Che ci fai qui?” le
chiese Arimi facendole strada sul pianerottolo interno della sua villetta.
“Passavo di qui e così ho voluto fare un salto…È un po’ che non ci
vediamo!” disse la ragazza cercando di apparire il più serena
possibile.
“Sei stata davvero molto gentile! Accomodati, anche
Ginta sarà felice di vederti!”
“Figurati se non era qui ad approfittarsi
dell’ospitalità degli altri!” rise Miki
scorgendolo in soggiorno, sdraiato su un fianco del divano intento a
fare un cruciverba.
Non appena vide l’amica tirò giù i piedi
dal sofà con molta foga e lasciò cadere la matita.
“Miki! Ciao!” esclamò con un gran
sorriso.
“Quante volte ti ho detto di non mettere i piedi sopra
al divano?!” lo rimproverò Arimi
poggiando le mani sui fianchi indispettita.
“Ehm…Scusami…” mormorò Ginta
imbarazzato passandosi una mano sul collo.
“Sei più disobbediente di un bambino!”
sospirò Arimi spolverando con il palmo della mano l’area
contaminata dalle scarpe da ginnastica infangate.
Miki si sedette su una poltroncina
lì vicino e poggiò le mani in grembo. Non sapeva se
sfogarsi con loro, sembrava si stessero godendo quel momento di tenerezza così tanto…
Sospirò piano, ma ciò non sfuggì
all’orecchio esperto di Ginta.
“Ehm…Dai, Arimi, smettila
di fare la mammina! C’è Miki!”
esclamò cercando di trattenerla per un braccio. Arimi non lo
ascoltò e continuò a rimanere china sulla fodera.
“Lascia perdere, sono sicura
che Miki non si formalizzerà!” brontolò la ragazza dandogli
un buffetto sul ginocchio.
Miki sorrise divertita. “No, infatti…”
“Visto?” disse Arimi a Ginta facendogli una
linguaccia.
Ginta scoppiò a ridere e la prese fra le braccia,
trascinandosela sul divano, sopra di sé.
“Smettila, carina!” mormorò a voce bassa
mangiandosela letteralmente con gli occhi.
Stavano per lasciarsi andar ad un’effusione
particolarmente romantica, quando Miki tossicchiò imbarazzata, sperando
di distoglierli dal fare sdolcinatezze in pubblico.
Quando i due se ne accorsero, si
staccarono immediatamente e presero le distanze.
“Eh eh…scusaci…!”
bofonchiò Arimi, rossa in viso, ma con una vispa espressione
compiaciuta.
“Com’è che siete così pimpanti,
oggi?” chiese Miki incuriosita. Ovviamente non aveva mai assistito alla
vita privata dei suoi due amici ma, per esperienza
personale, sapeva che tante coccole voleva dire “notizia bomba
all’orizzonte”.
Ginta e Arimi si guardarono negli occhi, complici, ed
entrambi si aprirono in un gran sorriso a trentadue
denti.
“Aaaaah, lo sapevo!” esclamò Miki
battendo le mani. “C’è qualcosa sotto, vero?”
“Bè…” Arimi fu la prima a parlare.
“Non è ancora una decisione definitiva, ma…” Si interruppe per riprendere fiato, era ovvio che era molto
emozionata.
“…Ma?” la
esortò Miki sempre più avida di sapere.
“…vogliamo andare a vivere insieme!”
concluse la ragazza in un sol fiato; le sue guance si tinsero immediatamente di
un bel bordeaux brillante e si nascose il viso tra le mani lasciando
intravedere gli occhi, che scintillavano di felicità.
Miki si sentì mancare l’aria; decisamente era davvero una notizia bomba.
“Ma…non è un po’ prestino?”
si azzardò a osservare, un po’ titubante.
“Sì, forse sì…” intervenne
Ginta. “Ma non vogliamo strafare, per ora ci
basta dividere un appartamentino in due, magari quelli messi a disposizione
dalla nostra università. E poi siamo talmente
affiatati che non ce la facciamo più a stare separati!” Ginta
pronunciò l’ultima frase quasi balbettando.
Miki annuì poco convinta. Stranamente non sapeva se
si sentisse felice per loro oppure disprezzasse la loro idea…Forse era
l’influenza del momento…
In ogni caso, si sforzò di mostrarsi entusiasta e si
congratulò con loro. “Sono felice per voi, ragazzi…”
“Grazie, Miki!” esclamò Arimi alzandosi e
abbracciandola stretta. “Oh, che sbadata! Ascolta,
posso offrirti qualcosa? C’è la gazzosa in
fresco…”
L’amica trasalì senza un motivo preciso e
diniegò con la testa.
“Oh, no, grazie, Arimi. Adesso è proprio ora
che vada, ho alcune commissioni da sbrigare.” mentì Miki scattando in piedi e afferrando la cinghia
della borsetta.
Arimi sgranò gli occhi stupita
e Ginta la imitò subito dopo. “Ma sei
appena arrivata, te ne vai già?”
“Sì, mi dispiace…Non ho molto tempo, e
stasera devo fare da babysitter ai due fratellini…” Incredibile
quanta faccia tosta avesse celato fino a quel
momento…
“Va bene, ho capito…” mormorò Arimi
un po’ delusa. “Peccato, avremmo potuto fare due
chiacchiere…”
“Non ti preoccupare, avremo del tempo per
questo!” la rassicurò la moretta dirigendosi verso la porta.
“E poi c’è Ginta, sicuramente vuole
rimanere solo con te!”
“Oh, capirai, ci siamo già rimasti stanotte per
tanto tempo…” mormorò Arimi con indifferenza. Miki la squadrò
scandalizzata e la ragazza si affrettò a mettersi una mano davanti alla
bocca, imbarazzatissima.
“Hm…Fate progressi!” esclamò
maliziosa pizzicandole un gomito. Arimi, se possibile, si avvicinò
ancora di più al punto di ebollizione e
scoppiò in una risatina acuta, prontamente soffocata dalla barriera che
formava con le sue mani.
“Non scusarti…Ne avete
tutto il diritto, belli!! Ci vediamo, statemi
bene!” disse Miki uscendo infilandosi le scarpe e uscendo frettolosamente
dal portone.
“D’accordo…e salutami Yu!” le
urlò dietro l’amica prima di chiudersi la porta alle spalle. Miki
sussultò, colpita nel suo punto debole.
Sospirò rassegnata, sentendosi vagamente in colpa per
essersene andata senza una scusa che la soddisfacesse.
Ma insomma, sarebbe stato increscioso parlare loro dei problemi che aveva con Yu quando entrambi si sentivano al settimo cielo e al
culmine del loro amore; non sarebbe stata di certo lei a distruggere in una
sola parola quel bel momento che stavano vivendo. In fondo, decidere di andare
a vivere insieme non era stata una scelta facile…
Miki provò a immedesimarsi
nei panni di Arimi: in effetti, se Yu le avesse proposto di condividere un
appartamento da soli, lei non ci avrebbe pensato due volte prima di gettargli
le braccia al collo e ringraziarlo con una distesa di baci di riconoscimento, e
sicuramente l’idea che fosse ancora troppo presto non l’avrebbe
minimamente sfiorata…
Si sorprese quando capì di
essere invidiosa.
Guardò avanti, stordita: un deserto vialetto fiorito le si presentava alla vista; era il periodo della fioritura
e ogni albero e i cespugli risplendevano di incredibile bellezza.
“Che meraviglia!”
pensò Miki con gli occhi che brillavano. Imboccò la stradina e la percorse lentamente, persa nei suoi pensieri.
Sentiva addosso quel familiare
senso di vuoto e solitudine che dipendeva esclusivamente da Yu. Il profumo
inebriante dei fiori le stuzzicava il naso, ma ciò non bastava per
infonderle un po’ di quel calore che solo una persona sapeva donarle.
Ancora una volta aveva perso il suo principale punto di
riferimento; ma perché accadeva così frequentemente, in quel
periodo? Si sentiva quasi come se qualcuno si stesse prendendo gioco di lei.
Ma stavolta lei non avrebbe
sofferto o subito in silenzio…avrebbe preso in mano la situazione. Yu era
voluto tornare nella Grande Mela? Benissimo, nessun problema! Lei, dal canto
suo, sarebbe tornata nella città della Regina Elisabetta quella sera
stessa!
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La sirena ululò a lungo, seguita dal solito sbuffo di
fumo nero, che si andava a mescolare all’aria del tramonto striata di un
pallido rosa confetto. Facendosi largo tra la folla, Yu poggiò le
braccia sulla ringhiera umida di salsedine e cominciò a scrutare
l’orizzonte, ravviandosi distrattamente la chioma bionda.
Forse non avrebbe dovuto scappare
via così…Forse avrebbe dovuto ascoltare interamente la versione di
Miki, invece di scivolare lontano come faceva sempre quando era arrabbiato con
lei. Non riusciva proprio a farne a meno, era l’unico diversivo che gli
veniva in mente ogni volta che avrebbe voluto liberarsi di qualche problema
particolarmente insostenibile.
O forse, il problema era proprio
lui.
Chi gli assicurava che quel Keisuke non fosse un semplice
spasimante incredibilmente tenace? Non aveva motivo di dare così
tanto peso alla faccenda, aveva ingiustamente scaricato tutto lo stress
accumulato nell’ultimo periodo su di lei. E poi Miki lo amava come lui
amava lei, non avrebbe mai pensato di tradirlo con il primo galletto che le si presentava alla porta…Non era decisamente da
lei, anche se, doveva ammetterlo, era vero che il suo viso allegro attirava un
sacco di ragazzi…
In ogni caso, si sentiva terribilmente in colpa. Si era
comportato da immaturo, un bambino capriccioso e incontentabile. Accidenti!
Ma ormai era troppo tardi per rimpiangere la sua azione: tra
poco più di una mezz’ora il traghetto sarebbe salpato dal
porticciolo di Manhattan e sarebbe tornato a condurre la sua solita doppia vita
nella sua amata università di architettura; un
altro ambiente, altri amici, altro cibo, altre nostalgie.
Se solo Miki avesse saputo
perché nei mesi precedenti non si era fatto sentire per così
tanto tempo…Non aveva organizzato così bene la sua copertura,
aveva finito per trascurarla, se n’era accorto soprattutto dal tono che
la ragazza assumeva durante una delle loro rare conversazioni telefoniche. Ma cosa poteva farci se era costretto a lavorare in orari
assurdi per guadagnare quello che gli serviva? In fondo era inevitabile, se
voleva raggiungere il suo scopo…
Sospirò e arrossì quasi impercettibilmente.
Che idea stramba…Non sapeva nemmeno lui come avesse
potuto venirgli in mente. Eppure, nello stesso tempo, ne
andava fiero e ne era orgoglioso.
Presto sarebbe tornato da Miki per chiederle scusa, e alla
fine anche lei avrebbe capito e abbandonato tutti i dubbi che indiscutibilmente
nutriva verso di lui.
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“Almeno portati dietro il pranzo! Non hai mangiato
niente a colazione!” esclamò mamma
Chiyako porgendo un piccolo fagotto incartato a Miki, che lo rifiutò
tendendo una mano.
“No, grazie, sto bene così! E
poi rischio di sentirmi male durante il volo!” rispose la ragazza
prendendo in braccio Hiroshi.
“Hai preso tutto?” si informò
mamma Rumi indicando le due valigie ai suoi piedi. Erano molto gonfie e sembrava
stessero per esplodere da un momento all’altro.
“Sì, tranquille, è tutto a posto!”
le rassicurò Miki sorridendo bonaria.
“Certo che partire così
all’improvviso…prima Yu e adesso ti ci metti anche tu…”
sbuffò la madre incrociando le braccia al petto.
“Ho già perso troppe lezioni, è ora di
rimettersi in pari col programma” disse la moretta in tono stanco. In
parte era vero, non era il caso di sgobbare come un mulo per la fine
dell’anno, altrimenti si sarebbe trovata nei
guai!
“E va bene…Peccato però,
mancano solo poche settimane al tuo compleanno, avresti potuto
aspettare…” si lamentò mamma Chiyako dispiaciuta.
“Oh, ma c’è ancora tempo! Marzo non
è ancora a metà, e per Aprile c’è da
aspettare…”
“Bè, sì, ma…”
“Oh, andiamo, smettetela di preoccuparvi! Il momento
dei saluti arriva sempre, a un certo punto!”
“Noi non ci stavamo affatto
preoccupando!” intervenne mamma Rumi facendole la linguaccia.
“Saputella!”
“Madre snaturata…Occhio a non farti fregare,
ok?” si lagnò Miki rivolta ad Hiroshi,
che continuò a mordersi il pugnetto chiuso senza prestarle la minima
attenzione.
“Bè, salutatemi papà e Yoji,
d’accordo? È proprio ora che vada…”
Baciò il fratellino su una guancia e lo stesso fece con Ayumi,
dopodichè afferrò i manici delle valigie con entrambe le mani e
uscì fuori dal vialetto, dove un taxi la stava aspettando.
“Chiama quando arrivi!”
urlò mamma Chiyako sventolando una mano.
“Solo a carico vostro!!”
rispose Miki montando sul veicolo e partendo a razzo verso l’aeroporto.
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TO BE CONTINUED…
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Noticine: Oh Mio Dio…ho aspettato così
tanto che il sito venisse finalmente ripristinato…e qualche sera
fa, finalmente, ho avuto questa bellissima sorpresa!! Non vedevo l’ora!! E ora anche la pagina del login è uniforme con il
resto del layout…meno male!! BWAHAAAAAAAAA!!!^^ Efp è tornato con noiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!^^
Un continuo sbatacchiare di valigie e borsoni, adulti che
corrono a tutta birra portandosi dietro bambini in preda a violenti attacchi di
piagnistei, continui annunci sfrigolanti da parte di una vocina infantile e
tremendamente cortese che rimbombano sulla ampia cappa
rivestita di vetrate che lasciano filtrare all’interno il primo sole
pomeridiano.
Il solito, inconfondibile, ripetitivo traffico
dell’aeroporto.
Miki afferrò il manico del suo bagaglio e si
recò al gabbiotto informazioni; una volta fatto il biglietto, tra i
mille spintoni della gente che dietro di lei aspettava impazientemente il
proprio turno riuscì a sbucare proprio davanti alle tabelle degli orari
dei voli.
“Manca ancora un’ora prima che il mio aereo
parta” mormorò annoiata scorrendovi lentamente con gli occhi.
Sbuffò lievemente e poggiò la schiena al muro, incrociando le
braccia al petto. Dopo qualche attimo di attesa tirò su il viso e
intravide, all’altra estremità dell’edificio, il piccolo bar
dell’aeroporto.
“Bè, tanto non ho niente da fare…”
Si sistemò la maglietta e partì di gran carriera verso il locale.
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Con suo leggero disappunto constatò che era
già piuttosto gremito di persone, la maggior parte di esse
era riuscita ad occupare ogni tavolino disponibile; fortunatamente la moretta
individuò uno sgabello libero accanto al bancone così, prima che
qualcun altro potesse riuscire a sottrarglierlo, si affrettò a
raggiungerlo e vi si lasciò cadere sopra. Non era il massimo della
comodità…l’imbottitura era quasi del tutto fuoriuscita e la
pelle che rivestiva il cuscinetto presentava molti e diffusi strappi, ma non le
importava più di tanto. Richiamò l’attenzione del barista,
impegnato a mescolare alcuni liquori in uno shaker, e ordinò un
caffè macchiato. Mentre aspettava in silenzio tirò fuori dalla
borsa a tracolla un giornale che aveva rubato da casa di nascosto.
“Vogue”, la famosa rivista di moda e nuove tendenze…Miki si
chiese cosa se ne facessero le madri di notizie di quel tipo…
“Chissà come reagiranno quando scopriranno che
ho fregato dalla cameretta dei gemelli il loro unico svago!”
ridacchiò tra sé lasciandosi sfuggire un piccolo sbuffo. La
poggiò sul piano di legno appiccicoso e cominciò a sfogliarla
distrattamente poggiando il viso sul palmo della mano. Dopo pochi minuti le
venne consegnata la sua ordinazione e cominciò a soffiare sulla
superficie della bevanda che, dato il vapore che emetteva, era molto calda.
Portò la tazza sbeccata alle labbra, quando girando pagina scorse un
piccolo articolo che per poco non le fece andare di traverso il caffè
che aveva cominciato a sorseggiare: a lato del foglio troneggiava, in tutto il
suo timido splendore, una foto che ritraeva la sua amica Meiko. Accanto a lei
suo marito Nacchan, che con un braccio le cingeva affettuosamente le spalle,
sorrideva bonario in direzione della moglie. Miki spalancò gli occhi,
impressionata, e si affrettò a leggere la piccola didascalia riportata
in fondo all’immagine.
“Il giovane
talento in erba Meiko Akizuki, qui in compagnia del suo novello sposo, il
professor Shinichi Namura, in esclusiva per i nostri giornalisti presenta in
anteprima per i lettori il suo nuovo romanzo ‘Il canto dei petali’.
L’autrice ha dichiarato che l’ispirazione le è venuta grazie
ad un avvenimento molto particolare, al quale non ha voluto fare alcuna
allusione. A pagina 49 la sua completa…”
Miki distolse lo sguardo: quanto aveva appena letto le
bastava, eccome. Non aveva di certo bisogno di andare a leggere un’intervista
su di lei, la conosceva meglio di chiunque altro! Anche se purtroppo, doveva
ammetterlo, da quando aveva coronato il suo sogno di sposare Nacchan e si era
trasferita con lui a Hiroshima si stavano inevitabilmente allontanando sempre
di più l’una dall’altra, e questo le dispiaceva da morire.
Oltretutto, era dal mese di Dicembre che non si incontravano faccia a faccia; mai Miki si era resa conto come
in quel momento di quanto l’amica le mancasse. Era la prima a cui si
rivolgeva quando aveva qualche problema, e lei aveva sempre fatto lo stesso con
lei. Teneva alla loro bellissima amicizia in modo molto particolare…da
anni conservava un personale posto d’onore nel suo cuore.
“E così il suo repertorio personale si è
arricchito di un altro libro…” pensò Miki scrutando
orgogliosa il volto radioso di Meiko. Ricordava perfettamente il giorno in cui
annunciò timidamente al resto della classe di aver vinto il celebre
premio letterario Asahi…Lo stesso giorno in cui aveva scorto nei suoi
occhi la determinazione e la tenacia, la stessa spinta dell’amore che a
pochi giorni di distanza l’aveva condotta a Hiroshima, sperando di
potersi riconciliare finalmente con il “prof”.
Perdendosi nell’immenso oceano di ricordi, Miki non si
accorse che il suo caffè bollente ormai era diventato una brodaglia
scura, fredda e decisamente imbevibile. Ma del resto lo sapeva, ormai…i
giapponesi erano eccellenti nel preparare sushi, okonomiyaki, riso fritto, ma
guai a mettere loro in mano una moka! Le eccezioni erano veramente, veramente poche…
“Yu! Aaah, lui sì che fa un ottimo
caffè!” si ritrovò ad esclamare la ragazza inconsciamente.
Scossa dalle sue stesse parole, aggrottò le sopracciglia e si
schiaffeggiò la faccia per riprendere colore, ignorando le occhiatine
curiose di alcuni bambini che sembravano trovare il suo insolito comportamento
davvero divertente.
Ecco di nuovo quella strana sensazione di gelo nelle
ossa…Come se qualcuno le avesse sottratto un briciolo di parte vitale.
Sospirò pesantemente e irrigidì le braccia. “Devo smetterla
di sospirare e lamentarmi…per cosa, poi?”
Infilò una mano nella tasca del giubbotto di jeans e
ne estrasse il cellulare: viste le circostanze e il bisogno impellente di
distrarsi, compose automaticamente il numero dell’appartamentino di Meiko
e se lo portò all’orecchio, in attesa.
La risposta all’altro capo non tardò ad
arrivare, e Miki provò un impeto di commozione nell’ascoltare la
voce dell’amica dopo tanto tempo.
“Miki! Ma che piacere sentirti! Come stai?”
chiese Meiko al culmine della gioia.
“Diciamo che potrei stare meglio, ma si tira
avanti!” ribattè l’altra cercando di mostrarsi il più
allegra possibile. “E tu? E Nacchan? State tutti bene?”
“Mai stata meglio!” rispose la ragazza.
“Ti sento un po’ disturbata, sei al cellulare?”
“Sì, sono qui all’aeroporto…Infatti
non potrò chiacchierare per molto, il mio volo parte tra…”
controllò l’orologio. “…un quarto
d’ora…Giusto il tempo per risentirci!”
“Hai fatto bene, è un sacco di tempo che vorrei
venire a trovarti!” disse Meiko con un velo di nostalgia nella voce.
“Chissà, magari prendendo lo Shinkansen(*il treno superveloce.
NdA)…”
“Lascia stare, sarai impegnata col tuo nuovo romanzo,
immagino!” esclamò Miki accavallando le gambe proprio come se
stesse facendo conversazione nel salotto di casa sua. Stranamente in quel
momento l’atmosfera dell’aeroporto le sembrava così calda e
accogliente…
“Hai letto l’articolo, vero? Che
vergogna…tutte quelle domande che mi hanno fatto!” pigolò
Meiko piuttosto seccata. “Alcune erano anche imbarazzanti, sai?”
“Ma dai, ammettilo…Ami essere al centro
dell’attenzione!” la prese in giro Miki. Era contenta di sentirla
così pimpante…a dire il vero, più del solito.
“Non mi è mai piaciuto e di sicuro non
comincerò adesso!” ribattè l’altra scoppiando a
ridere.
“Sì, però ora me lo devi dire…”
mormorò la moretta in tono furbetto. Parlava a bassa voce, come se Meiko
fosse davvero accanto a lei e non a centinaia di chilometri di distanza.
Buffo…Quasi non se ne rendeva conto.
“Che cosa vuoi dire?” le chiese Meiko, non
capendo immediatamente.
“Ma è ovvio! Voglio sapere cosa è stato
a darti l’ispirazione!” concluse semplicemente Miki aprendosi in un
largo sorriso.
“Bè…così dicevano le
testate!” urlò Miki cercando di sovrastare il continuo brusio
assordante della folla vociante, che era improvvisamente aumentata; si premette
la mano libera sull’altro orecchio e si spostò in un angolino
appostato del bar.
“Oh, Miki, accidenti…” si lasciò
sfuggire Meiko a voce non troppo alta, ma bastò per farsi sentire da
Miki, che stava facendo una gran fatica per trovare un po’ di silenzio.
“Che c’è?” chiese la ragazza,
sorpresa da quella esclamazione di sconforto.
“…speravo di potertelo dire quando ci saremmo
incontrate, ma credo che i miei programmi subiranno qualche
modifica…!” rispose l’amica allegramente.
Miki rimase qualche secondo in silenzio, spiazzata. Stava
forse cercando di dire che le aveva tenuto nascosto qualcosa?
“Dimmi pure, allora…!” la
incoraggiò, ardendo di curiosità.
Un carrello carico di valigie e borsoni sferragliò a
pochi metri da lei, seguito da un boato di voci maschili: una comitiva di
studenti delle superiori freschi di esami.
“Io e Nacchan…avremo presto un bambino!”
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Niente cellulari accesi a bordo, questa era la regola…E
a Miki non era mai andata giù, a dirla tutta. Esattamente come quei
tocchi di cemento che la hostess osava indegnamente chiamare “torta di
ciliegie”…E dire che erano i suoi frutti preferiti. Scostò
con il dorso della mano il piattino che la conteneva, disgustata, e si mise a
fissare le nuvole al di fuori del finestrino. Come il suo corpo, anche i suoi
pensieri stavano vagando tra di esse, tuffandosi in una girandola di confusioni
e turbamenti.
Accidenti, quante novità…Stava succedendo tutto
così in fretta…
O forse era solo una sua impressione.
Lei e i suoi amici erano cresciuti, doveva ammetterlo; non
erano più quegli inesperti ragazzini del liceo. Scoccò
un’occhiata furente al gruppo di ragazzi che aveva intravisto durante la
conversazione con Meiko: fin dal momento in cui avevano poggiato un piede
all’interno dell’abitacolo non avevano smesso un secondo di
disturbare gli altri passeggeri con i loro continui scherzetti e le chiacchiere
niente affatto discrete. L’ultima cosa di cui aveva bisogno, insomma…
A parte questo, quasi non riusciva a credere che quasi tutti
i membri della sua comitiva di sempre stessero facendo di tutto per
incrementare il rapporto di coppia con il partner…La convivenza di Ginta
e Arimi, la gravidanza di Meiko…
E dire che proprio loro continuavano a ripetere che i primi
a sposarsi e a mettere su famiglia sarebbero stati lei e Yu…
Invece erano precipitati agli ultimi posti della classifica.
Troppo lontani, troppo divisi, troppo caparbi…
Troppo.
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Era davvero un sollievo poter rimanere al calduccio nel
proprio dormitorio quando fuori veniva giù un
diluvio di incredibile portata.
Anche se aveva comunque i suoi lati negativi…
La nuova fiamma di Hailey, un gorilla con i capelli
impomatati, un enorme naso a patata e i peli nelle orecchie, aveva deciso di
venire a trovare la “my dear little girlfriend” proprio nell’istante in
cui Miki si era sistemata alla scrivania e aveva cominciato a studiare gli
appunti dell’amica bionda. Quasi si era pentita di essere rimasta a casa
per così tanto tempo: i nuovi argomenti da
recuperare erano davvero tanti, saranno stati almeno tre quaderni!
…Peccato però che, se quei due si mettevano a
fare pucci pucci
davanti a lei, riuscire a studiare diventava un’impresa praticamente impossibile!
Come in quel caso, per l’appunto…
“Ma non avete altri posti dove potervi appartare?!” sbottò Miki dopo ben cinque minuti di
sopportazione. Si chiedeva ancora perché continuasse a dare loro una chance…Tanto finiva sempre allo stesso modo…
“…Oh, scusa, ti stavamo disturbando?” le
chiese Hailey staccandosi dal possente torace dell’uomo-gorilla e
guardando la moretta con occhioni innocenti. “Scusa, credevo che…Comunque fra cinque minuti Brian se ne andrà,
vedrai!”
“Ok, ho capito…” Miki raccolse
l’occorrente e uscì dalla sua stanza per recarsi in biblioteca.
Sapeva per esperienza che se Hailey diceva “cinque minuti”
equivaleva almeno ad un’altra
mezz’ora, se diceva “venti minuti” era circa un’ora e
un quarto, se poi diceva
“un’oretta”…bè…era veramente la fine!
La biblioteca si trovava dalla parte opposta
dell’edificio, per cui Miki dovette percorrere
parecchie rampe di scale; mentre saliva i gradini intermedi della penultima che
la separava dal locale tanto ambito, desiderò con tutto il suo cuore di
poter tornare indietro.
In cima alla scalinata Keisuke aveva appena poggiato un
braccio sullo scorrimano di legno e si apprestava a scendere, quando lo sguardo
glaciale che gli lanciò Miki dall’altra parte lo paralizzò sul posto.
“Ciao, Miki…” balbettò una volta fatti i primi, insicuri passi. Nel momento esatto
il cui le passò accanto e si trovarono a contatto spalla a spalla, la
ragazza distolse lo sguardo profondamente indignata e
proseguì dritta per la sua strada ignorandolo completamente.
Era ancora arrabbiata con lui, ovviamente, e inoltre non le andava affatto di incominciare un litigio proprio ora
e per di più nel bel mezzo della scalinata. Oltretutto la sua mente era
proiettata completamente verso la marea di appunti che
doveva recuperare, non poteva perdere tempo prezioso per quelle
sciocchezze…sarebbe stato comunque del tutto inutile.
Quando anche la sagoma di Keisuke non le fu più
visibile neanche con la coda dell’occhio, era sicura di
averla scampata. Improvvisamente una forte stretta
al polso sinistro, come una morsa, la fece sobbalzare spaventata; si
voltò di scatto e sgranò gli occhi: il ragazzo,
l’espressione infantile incredibilmente seria, l’aveva afferrata
con entrambe le mani.
“Lasciami” ordinò Miki secca.
“Aspetta un attimo, per favore…” rispose lui mesto. Non era un obbligo, ma una richiesta.
Miki rimase colpita dal suo autocontrollo, che di solito
manifestava così raramente. Spinta da un’ondata di coraggio
ammorbidì le braccia rigide e attese.
“Perché mi eviti
così?” le chiese Keisuke timidamente. “Speravo almeno in un
semplice ‘ciao’…”
“Credi davvero di meritartelo?!”
sbottò Miki sentendosi montare la collera.
“Dimmi almeno che cosa ho fatto!” ribattè
lui sbattendo nervosamente le palpebre.
Miki sospirò rassegnata e si aprì in un amaro
sorrisetto. “Allora, vediamo…Come dire…Diciamo
che hai incrinato ancora di più il mio tormentato rapporto con Matsura
e…no, direi che non c’è altro…!” ringhiò
stringendo i pugni cercando di trattenere l’ira crescente.
Keisuke spalancò gli occhi
perplesso. “Ma…cosa vuoi
dire?”
“Il messaggio sotto il coperchietto del portagioie non
ti dice niente?!”
Sembrò che una fulminata avesse preso in pieno il
ragazzo, che allentò improvvisamente la presa. “I-io non…non
credevo che Matsura lo avrebbe letto!”
“A quanto pare hai fatto male
i tuoi conti” mormorò Miki massaggiandosi il polso dolente con
indifferenza.
“Oh Dio…M-mi dispiace…”
balbettò Keisuke imbarazzato, ma la moretta lo interruppe con una mano.
“Risparmiami le tue scuse…Quand’è
che ti deciderai a renderti conto delle tue azioni?!”
lo rimproverò lei aspramente lasciandosi sfuggire una bruciante lacrima
di frustrazione che le disegnò violentemente una gota. Prima che
l’altro potesse aprire nuovamente bocca, lei si
era già voltata ed era tornata sui suoi passi, abbandonandolo
esattamente a metà della scalinata deserta.
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“Will, per caso ha chiamato qualcuno
mentre ero via?” chiese Yu al compagno di stanza chiudendosi la
porta alle spalle. Gettò lo zaino sul letto e incrociò le braccia
in attesa.
“Hmm…Sì, tua madre, voleva sapere come
stavi e se le avevi comprato i dolcetti al burro che
ti ha chiesto…” rispose l’altro distrattamente, ancora
concentrato sui suoi testi.
“Ah…e nessun altro?”
“No, non direi…perché, aspettavi qualche
telefonata?”
“No, no, figurati…” si affrettò a
rispondere il biondo. “Vado un secondo di sopra, torno
subito…” Yu imboccò la scala della
mansarda e vi salì lentamente. Gli piaceva quel posto, spesso vi si era rifugiato quando aveva bisogno di solitudine e silenzio.
Figuriamoci se Miki aveva chiamato…impossibile! E poi
non era mica colpa sua, anzi…era stato proprio lui a mettere in piedi tutta quella stupida scenata di gelosia! Quanto si
sentiva stupido…
Stupido e innamorato.
Tutta quella lontananza prolungata aveva scatenato in lui un
vero e proprio mostro di sfiducia, infedeltà e gelosia che gli faceva
rodere il fegato ogni volta che sentiva la voce della sua ragazza
all’altro capo del telefono. Stava davvero esagerando…Ma del resto,
anche i suoi amici americani continuavano a ripetere che lo vedevano ogni
giorno più sciupato e stressato.
Stupido, stupido, stupido.
Il richiamo di Will lo riscosse dolcemente dai suoi
pensieri, tuttavia uno strano brivido gli attraversò la schiena e le
braccia.
“Ah, Yu…Come va con Miki?”
“Uh? Tutto bene, per fortuna…”
mentì lui spudoratamente. Per fortuna risultare
convincente era una delle cose che gli riusciva meglio.
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No, era inutile…
Lo spazio a disposizione era molto ampio e capiente, il
silenzio talvolta interrotto dal rimbombo dei passi colmava a sufficienza ogni
più piccolo anfratto, la sedia era comodissima…
No, proprio non riusciva a concentrarsi.
Miki sbuffò e chiuse il libro con mossa repentina,
cercando di attutire l’impatto soffocandolo con entrambe le braccia. Per
lei provocare rumori in una biblioteca era la peggiore delle vergogne!
Cacciò i libri alla rinfusa nello zaino e uscì
dal locale frettolosamente; aveva la testa troppo carica di pensieri, era
questa la verità. Come poteva pretendere di farvi entrare a forza altre
nozioni? Come minimo sarebbe esplosa imbrattando le pareti e gli scaffali colmi
di libri di neuroni e dendriti raggrinziti!
Volse un rapido sguardo alla grande
finestra accanto al portone d’uscita: grosse gocce d’acqua piovana
si infrangevano violentemente al suolo, dando vita a vere e proprie paludi. Odiava la stagione delle piogge.
Peccato, avrebbe avuto davvero bisogno di un po’ d’aria
fresca…
Lo sguardo le cadde improvvisamente su alcuni ombrelli
ammucchiati disordinatamente vicino allo stipite e l’idea le
balenò alla mente. Era così semplice! Prese dalla borsa un
ombrellino pieghevole, che date le piccole dimensioni non mancava mai di
portare con sé, lo aprì con un semplice tiraggio e
spalancò il portone.
Il cortile era deserto, nessun altro studente
aveva avuto, come lei, la stessa idea bislacca; del resto, non era da
tutti uscire volontariamente
all’aria aperta e sotto la pioggia! Eppure, per quanto non potesse
sopportarlo, i delicati fruscii e i picchiettii che provocava
quel fenomeno riuscivano sempre a cullarla e a infonderle coraggio, dolce
coraggio.
Alzò gli occhi al cielo: un barlume di sole faceva
timidamente capolino da un grosso agglomerato di nuvoloni neri e carichi. Non
sapeva beneil
perché, ma in quel preciso istante Miki sentì attorno a sé
l’abbraccio della speranza, che non percepiva da ormai un lungo periodo
di tempo.
Sorrise intenerita e rimase a fissare quel bagliore che
ormai era diventato quasi accecante.
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Dall’altra parte del mondo quella stessa palla
infuocata stava lentamente scomparendo al di là delle
nuvole, candide nuvole rosa e arancioni che la nascondevano perfettamente alla
vista altrui.
Yu amava quello spettacolo, ogni sera si
recava sul tetto del dormitorio per poterselo godere in completo silenzio
e solitudine.
Inevitabilmente, i suoi pensieri volarono a Miki, la sua Miki. A
Londra, forse, era mattina, o il primo pomeriggio, non lo
sapeva con precisione…
Desiderava solo che quello stesso sole che l’aveva
tanto affascinato e fatto compagnia per così
tante volte riuscisse ad affascinare anche lei, rispecchiandosi radioso nei
suoi bellissimi occhi color nocciola che lui avrebbe tanto voluto avere
accanto.
“Semplicemente perché hai dei gusti orribili, Ginta!” brontolò
Arimi strappandogli di mano una boccia di vetro riempita con dello strano
liquido giallo. “Dovresti ringraziarmi, invece di brontolare in
continuazione!”
“Ma…i-il giallo
è uno dei suoi colori preferiti…” balbettò
contrariato Ginta infilando le mani nelle tasche, indispettito.
“Non lo metto in dubbio, ma se tu ti presentassi da lei
con questo coso, di sicuro te lo
tirerebbe in faccia!” esclamò Arimi spostandosi in un altro
reparto.
“…Anche se sono il suo
migliore amico?”
“Soprattutto
se sei il suo migliore amico!” La ragazza sollevò un pupazzetto a
forma di gattino da uno scaffale e lo esaminò da ogni angolazione
con aria annoiata.
“Forse dovremmo cambiare negozio…” disse
Ginta.
“Sì, hai ragione, qui non troveremo niente di adatto…” Arimi sbuffò e si diresse
verso l’uscita del negozio.
“E…e ora?” chiese
il ragazzo guardandosi intorno con aria spaesata.
Arimi incrociò le braccia al petto e chiuse gli
occhi, pensierosa; dopo qualche secondo di pesante silenzio sollevò la
testa con risolutezza e annunciò: “Oh, al diavolo, non mi viene in
mente niente! In questo periodo i negozi sono così scarsamente
forniti…”
“Già, hai ragione…” confermò
Ginta prendendola a braccetto e dandole alcune piccole pacche sulla nuca.
“Dai, non fa niente…Neanche io ho idee, se ti può
consolare…! Eh eh!!”
“…Mi stai forse compatendo?!”
sbottò la ragazza liberandosi dalla sua stretta e lanciandogli uno
sguardo glaciale. Ginta avvampò scandalizzato e scosse freneticamente la
testa. “M-ma no!! Cosa vai a pensare, sciocchina!!”
“Uhm…” mugugnò Arimi raddolcendosi
e offrendo nuovamente l’avambraccio. “Sarà meglio tornare a
casa…”
Ginta sorrise e annuì con la testa. “Abbiamo
ancora tempo prima che sia il giorno del compleanno di
Miki, possiamo tranquillamente aspettare per comprarle il regalo!” disse
in tono rassicurante cingendole le spalle con il braccio libero.
Arimi sbuffò, un po’ contrariata, ma
cercò di non mostrare il suo disappunto. “Mah, forse hai ragione…Ma lo sai come sono fatta, io ho bisogno di organizzare i miei
impegni!”
“Sei troppo precisina, piccola!”
esclamò Ginta avvicinando il viso a quello della ragazza e specchiandosi
nelle sue iridi color nocciola. “Fai come me, io non mi preoccupo così tanto!”
“Io mi preoccuperei di più se fossi una testa
calda come te!” ribattè la ragazza scoppiandogli a ridere in
faccia e dandogli un buffetto affettuoso sulla guancia.
Ginta borbottò qualche parola incomprensibile e
distolse lo sguardo. Arimi lo prese per mano e gli
regalò un gran sorriso pieno di radiosità. “Che ne dici di offrirmi una tazza di caffè, invece di
brontolare in continuazione?”
Eccolo, il suo punto debole…quel faccino sprizzante di
tenerezza a cui gli era praticamente impossibile
resistere…quando lo vedeva si tramutava in una specie di automa
sottomesso a qualunque tipo di ordine o richiesta che provenisse dalla sua
ragazza, l’unica che riuscisse veramente ad ammaliarlo in quella maniera
così dolce e innocua…
“…Certo che tu sai bene come ottenere quello che
vuoi, vero?” sbuffò divertito trascinandola verso un bar poco
distante.
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Hailey si scostò le coperte di dosso con riluttanza,
allungando un braccio per far cessare il suono assordante della sveglia
trillante allegra sul comodino e pericolosamente in bilico sul bordo. Si
scostò una ciocca di capelli ricci dalla fronte e si stiracchiò
strizzando le palpebre, colpita alla sprovvista da un tiepido raggio di sole
che faceva capolino dalla finestra, leggermente offuscato dal pulviscolo che
permaneva sui vetri trasparenti.
Come ogni santissima mattina, volse lo sguardo alla sua
destra, pronta a gridare a pieni polmoni il nome della sua coinquilina, che
difficilmente riusciva a destarsi unicamente con il suono della sveglia.
Già in procinto di emettere l’enorme quantità di fiato
accumulata, fu costretta ad arrestarsi quando un sussulto la
rese conscia della situazione: il letto di Miki era intatto, come se nessuno vi
avesse dormito dalla sera prima.
Perplessa, Hailey si alzò in piedi e si recò
nel piccolo cucinino striminzito: una caffettiera scrostata e diverse tazzine
da caffè erano malamente stipate nel lavandino,
traboccante d’acqua decisamente sporca e costellata da piccoli aggregati
di calcare persistente. Sbuffando, prese dalla credenza
sottostante un frullino, il barattolo del caffè e un cartone di latte,
che versò in un pentolino e mise a bollire sul fornelletto a gas.
Riflettendo mentalmente su quante tazzine da caffè fossero state messe a disposizione per il loro
appartamentino universitario, versò il caffè nel latte scaldato e
frullò il tutto generando un denso strato di schiuma soffice e leggera.
Si spostò nel salottino adiacente, dove ormai era
assolutamente sicura che avrebbe trovato ad aspettarla una persona in
particolare…
Infatti.
Miki, con diverse ciocche di capelli scuri sparse
disordinatamente sulla fronte, dormiva placidamente su una delle due
poltroncine, con il viso sostenuto da una mano poggiata sul gomito e
l’altro braccio posto sotto la copertina di un grosso libro di design
occidentale.
A quanto pare era rimasta sveglia a
studiare tutta la notte…
Hailey picchiettò delicatamente sulla sua spalla; con
un piccolo sussulto di spavento la ragazza spalancò gli occhi e si mise a sedere composta, lasciando cadere a terra con un tonfo il
testo universitario.
“Ah!” esclamò agitata; quando
incontrò lo sguardo esasperato dell’amica si rilassò.
“Oh, Hailey… Sei…sei tu…” mormorò stropicciandosi
gli occhi scavati da due profonde occhiaie.
“Sicura che non sei un vampiro? Di solito girano di notte…” disse la riccia porgendole un
bicchiere colmo di cappuccino caldo e fumante.
“I vampiri non hanno bisogno di sei tazze di
caffè, per rimanere svegli…” rispose Miki sorseggiando la
bevanda a piccole quantità.
“C’era un bisogno così urgente di
ripassare quella roba?”
“Scherzi?! È un miracolo che sia
riuscita a memorizzare le prime dieci pagine!” ribattè la
moretta sbadigliando sonoramente. “…è un buon traguardo,
no?”
“Se lo dici tu…”
commentò Hailey ironica. “Non credi che sia il caso di sospendere
questi…incontri notturni?”
“Non posso, Hailey…” disse Miki stremata e
con sguardo sofferente. “Questo esame è
troppo importante per me, devo riuscire a superarlo ad ogni costo, altrimenti
dovrò rimandare al prossimo anno e non potrò…”
“Sì, sì, me l’hai già
spiegato” la interruppe Hailey con una mano. “Però
non puoi continuare a perdere tutte queste ore di sonno, ti fa male alla salute
e alle tue capacità mentali!”
“Tranquilla, ore e ore di
tennis mi hanno fortificato mente e corpo!” rispose Miki allegra,
mostrando un braccio. “Anzi, mi sto già abituando al nuovo
ritmo!”
“Sì, ma ricorda che non bisogna trascurare
l’allenamento…” rispose Hailey, per niente convinta…
“Bè, così la prossima volta ci
penserò due volte prima di rimanere indietro col programma” disse
l’altra con uno sbuffo, raccogliendo il libro dalla moquette e
scrutandolo con occhi glaciali e carichi di svogliatezza. Finì di
svuotare il bicchiere e si passò una mano tra i capelli, fremente sotto
il tempestivo effetto dell’adrenalina.
“Però che
crudeltà…Proprio il giorno del tuo compleanno…” disse
Hailey con una nota di malinconia nella voce.
“Oh, non dirmelo” esclamò Miki seccata.
“Così non fai altro che ricordarmi che ho solo altri sette giorni
per riuscire a memorizzare tutto il libro!”
“La salute è la cosa più
importante” disse saggiamente la riccia rimboccandosi coraggiosamente le
maniche e attaccando a strofinare energicamente una tazzina sporca di rossetto.
“…Ma tanto è inutile che lo dica se
poi nessuno mi dà ascolto…”
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“Bentornato, Nacchan!” Meiko si asciugò
le mani umide su uno strofinaccio logoro e andò ad accogliere il marito
all’uscio di casa.
“Ciao, tesoro” rispose lui dandole un bacio
sulla guancia. “Come ti senti?” le chiese poi lasciandole una
piccola carezza affettuosa sulla pancia leggermente più gonfia..
“Stiamo bene” disse lei prendendo una stampella
dall’armadio a muro e appendendovi il soprabito di Nacchan. “La
cena è quasi pronta, puoi aspettare ancora qualche minuto?”
“Non c’è problema” disse lui
dolcemente; prese un quotidiano dal cestino di vimini accanto alla porta del
salottino e si accomodò in poltrona, spiegandolo e sgrullandolo con
delicatezza.
Meiko si recò nuovamente in cucina, dove una pentola
sul fornello la stava aspettando ribollendo furiosamente. Vi immerse
un cucchiaio di legno e cominciò a farvelo ruotare all’interno in
senso antiorario.
“Sai chi mi ha chiamato, oggi?” chiese al marito
alzando leggermente la voce per farsi sentire anche a distanza.
Nacchan rispose con un mugugno interrogativo e Meiko
continuò con il suo discorso, certa di aver ottenuto la sua attenzione.
“Arimi! Ha detto di volermi dire una cosa molto
importante…”
“Davvero? Che sorpresa!”
rispose il ragazzo sistemandosi gli occhiali da vista sul setto nasale.
“Sì, infatti” confermò Meiko
ruotando la manopola del gas. “Mi ha chiesto se saremmo stati disponibili
per un viaggetto in Inghilterra, la prossima settimana!”
Nacchan rivelò il suo viso perplesso abbassando le
pagine del giornale a livello delle cosce. “Eh? Un viaggetto in
Inghilterra? E…e perché?”
La ragazza ridacchiò intenerita. “Inizialmente
sono rimasta sconcertata anch’io, ma poi, pensandoci bene, mi sono resa
conto che la settimana prossima è il compleanno di Miki!”
“Oh, davvero?” rispose lui stupito.
“Non…non lo sapevo…”
“Sembra che stiano organizzando una specie di festa a
sorpresa per lei” riprese Meiko consultando il calendario appeso alla
parete vicino allo stipite della porta. “Credo che sia una buona idea, penso che le farebbe piacere…E poi
l’altro giorno, al telefono, l’ho sentita così
abbattuta…”
Nacchan ripose il giornale nella cesta e raggiunse la moglie
in cucina, prendendola per i fianchi. “E tu cosa
hai risposto?”
“Bè, che verremo anche noi, ovviamente!”
ribattè Meiko con un gran sorriso. “Abiteremo a
chilometri di distanza, ma è pur sempre la mia migliore amica!”
“Sei sicura, Meiko? Londra è molto distante, e
poi in aereo…” le chiese lui indicandole il ventre con aria
preoccupata.
“Non preoccuparti per questo, sono ancora
all’inizio e poi vedrai che andrà tutto bene” rispose lei
poggiando una mano fredda sulla sua.
“E va bene”
acconsentì Nacchan un po’ contrariato, sebbene il tono si fosse
raddolcito radicalmente. “Ma promettimi che non ti stancherai troppo.”
“Stai tranquillo” lo rassicurò Meiko
invitandolo a sedersi alla tavola già apparecchiata. “Cerca di non prendere troppi impegni, la partenza è
prevista fra cinque giorni!”
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La porta appariva così sfocata e mobile…Sembrava
quasi si fosse sdoppiata. Si portò una mano
alla fronte, asciugandosi dall’ennesimo attacco di sudore freddo che la
tormentava da quella mattina, da quando si era
risvegliata per la quinta volta in pochi giorni sul divanetto del suo
appartamento. Anche se non voleva assolutamente darlo
a vedere, il letto le mancava da morire. Con le sue lenzuola
fresche e avvolgenti nonostante la loro indubbia ruvidità, il piumino
trapuntato, un soffice cuscino di piume nel quale poter affondare
beatamente la testa, abbandonarla per farla fluttuare spensieratamente nel
mondo di Morfeo…
“Signorina, è sicura di sentirsi bene?”
Miki sussultò bruscamente al richiamo di un inserviente armato di
straccio e scopettone che le aveva bussato incerto su
una spalla.
“Oh…” farfugliò lei confusa e con
voce impastata, prima che si rendesse conto di essersi accasciata contro la
parete adibita agli annunci degli studenti, con una mano sotto il viso e le
ginocchia piegate. Vergognandosi da morire, si stropicciò freneticamente
gli occhi e fece un piccolo inchino di scuse. “Mi scusi, mi scusi tanto! Non mi ero accorta di essermi assopita in
piedi!”
“Io non ho visto niente”
rispose l’inserviente distogliendo scherzosamente lo sguardo; Miki lo
osservò curiosa: era un uomo alto e robusto, con lunghi capelli argentei
che gli scendevano sulle spalle e un principio di barba sotto il mento;
nonostante fosse piuttosto avanti con gli anni, il suo viso era relativamente
pulito, non eccessivamente solcato dalle rughe d’espressione.
Le venne spontaneo chiedersi come mai fosse costretto a fare
quel lavoro.
“Nottataccia?” le chiese a
bruciapelo senza neanche voltarsi, impegnato a strofinare energicamente una
mattonella incrostata.
“Eh?” rispose Miki colta di sorpresa.
“Oh…No, sono rimasta volutamente sveglia per poter studiare le
ultime cose che ho perso…” rispose in tono stanco e assonnato.
L’inserviente fece schioccare la
lingua esasperato. “Sarebbe stato meglio utilizzare quelle ore per
qualcosa di più produttivo, no?”
“Sì, ma…” cominciò Miki, ma
si arrestò quasi immediatamente: non era dell’umore adatto per
sostenere una discussione.
“Chissà, magari con un buon sonno nel tuo letto
avresti potuto sognare i tuoi amici, o il tuo
ragazzo…” riprese l’uomo con una risatina cavernosa.
“Oh…Bè, io…” balbettò
la moretta sentendosi un po’ in imbarazzo. “Non…non credo
proprio…” I suoi amici forse no, visto che li sentiva quasi ogni
giorno era un’ipotesi piuttosto irrealizzabile, ma il suo ragazzo…
Quello sì. Una possibilità maledettamente
plausibile.
Erano più di due settimane che non sentiva la sua
voce, due settimane in cui non aveva avuto neanche la possibilità di
poter chiarire con lui quello stupido equivoco, due settimane che sentiva la
sua mancanza, due settimane in cui avvertiva su di sé la sensazione di
essere stata messa da parte.
Due settimane di inferno, insomma.
E il solo pensare a un loro
incontro “virtuale” nel mondo dei sogni la faceva stare ancora
più male. Avrebbe avuto la possibilità di parlare con lui, poter
finalmente spiegare, ma tutto si sarebbe dissolto nel nulla non appena una
palpebra si sarebbe delicatamente sollevata, rivelando alle iridi spente la
realtà, quella vera, e non una semplice proiezione.
Una semplice proiezione…
Maledizione.
“Non affaticatevi troppo, voi ragazzi, fate male solo
a voi stessi” borbottò l’inserviente in tono pacato. “Lo studio non è tutto, non fatevi
prendere dalla foga.”
Miki aveva voglia di rispondergli che non aveva la
benchè minima intenzione di ridursi come lui, guadagnandosi da vivere
pulendo i pavimenti di un posto talmente irrorato di cultura, ma si trattenne
fino all’ultimo, mordendosi la lingua. “Ho un esame la settimana
prossima, e vorrei riuscire a superarlo con un buon voto…” mormorò
con determinazione.
L’uomo sbuffò. “Meglio non caricare
eccessivamente la mente di nozioni, alla fine rimane solo una gran confusione
che ti porterà sulla strada della bocciatura!”
“Ehm…” Miki non potò che dargli
ragione per quella osservazione così utile.
“Bè…cercherò di organizzarmi, nei prossimi
giorni…”
“Spero per te che ci riuscirai” rispose
l’inserviente raddolcito. “Meglio che ti sbrighi, le lezioni
staranno per cominciare…”
Miki lanciò un’occhiata all’orologio da
polso e sobbalzò. “Ha ragione! È proprio il caso che vada…”
“Sicura che non ti addormenterai in aula?”
“Se dovesse accadere, mi
fermerò le palpebre con un paio di pezzi di scotch!” rispose lei
con una risata allegra.
“Se lo dici tu…Ehi!” la richiamò l’uomo prima che oltrepassasse la soglia
dell’aula. “In bocca al lupo!”
La ragazza sferrò un braccio in aria ed
esclamò trionfante: “Crepi!!”
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“Sono contenta che alla fine anche tu ti sia deciso a
venire con noi, Tsutomu!” disse Yayoi al fidanzato.
“Certo!” rispose lui con una risata. “Quando mai mi ricapiterà l’occasione di vedere
il campo di Wimbledon?”
Ginta gli sferrò un pugno sulla nuca. “Brutto
idiota! Noi andiamo a festeggiare Miki e tu pensi al tennis?!
Sei veramente un egoista!!”
“Ahi!” si lamentò il cugino prendendosi
la testa tra le mani. “Insomma, intendevo dire dopo aver festeggiato Miki! Sei troppo suscettibile, Suo!!”
“Ha parlato il santo!” ribattè Ginta
lanciandogli un’occhiata di sfida.
“Grrr…Vuoi la guerra?!
Ti sfido a batterci sul campo stesso!!”
ringhiò Tsutomu rimboccandosi le maniche e aggrottando minaccioso le
sopracciglia.
“Se sei
così ansioso di mangiare la polvere ti accontenterò con grande piacere!!” ribattè Ginta con una
risatina sadica.
“Come ti permetti?!” Il
cugino fece un passo in avanti, ma Ginta rimase impassibile. Prima che la
provocazione potesse sfociare in una rissa, Yayoi si
sovrappose fra i due e li separò allargando le braccia.
“Piantatela, per favore! Ci stanno guardando tutti!”
“Lasciali perdere,
Yayoi” intervenne Arimi uscendo da un’agenzia viaggi lì
accanto e raggiungendoli sventolando un volantino pubblicitario. “Se
hanno così voglia di attirare su di lorol’attenzione, che facciano
pure!”
“Ehm…Scusa, Arimi!” risposero in coro i
due cugini arrossendo impacciati e passandosi una mano sulla nuca con una
risatina imbarazzata.
“Tutto a posto! Avevano ancora biglietti disponibili
per il 21, e anche in sconto!” esclamò Arimi contenta mostrando
loro il volantino che teneva in mano, su cui erano riportati gli orari dei voli
di quella compagnia e i costi dei biglietti. “L’Inghilterra
è nostra!”
“Perfetto!!” disse
Ginta con un gran sorriso impaziente. “Ora l’unica cosa che
possiamo augurarci è che l’università di Miki ci offra due
stanze in cui alloggiare…”
“Di questo non devi preoccuparti” rispose la sua
fidanzata. “Una volta Miki mi ha detto che una
stanza disponibile nel dormitorio si trova sempre!”
“Speriamo…” sbuffò Tsutomu.
“Non ho certo intenzione di dormire all’addiaccio!”
“Nessuno dormirà all’addiaccio,
Rokutanda!” sbottò Arimi seccata. “Ok, meglio muoverci, adesso…Ci
accompagnate a comprare il regalo per Miki? Ancora non siamo riusciti a trovare niente che ci soddisfi!” spiegò a
Yayoi.
“Ma certo!” rispose lei
con gentilezza. Arimi ripose con cura i biglietti aerei nella borsa a tracolla
e insieme si recarono alla fermata della metropolitana.
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Hailey sfogliò il calendario con aria preoccupata: in effetti mancavano solo sette giorni al compleanno di
Miki, era decisamente ora che si decidesse a cercare qualcosa di carino da
regalarle!
“Bè, potrei andarci oggi, tanto domani è
sabato e in più oggi non ho niente da fare…” riflettè
mentalmente facendo un rapido calcolo. Si
sistemò rapidamente la folta chioma ricciuta, afferrò il
soprabito e si chiuse la porta del dormitorio alle spalle.
Esaminando l’ambiente intorno a lei, si soffermò
di colpo non appena individuò un suo amico: Keisuke stava passeggiando
nel cortile dell’università, sotto le alte e ombrose fronde, con
un grosso libro sotto il braccio. Sembrava fosse solo, a quanto pareva non c’era
nessun altro con lui…
“Keisuke! Ehi, Keisuke!!”
lo richiamò la ragazza sventolando un braccio in aria. Il ragazzo, una
volta notatala, la raggiunse con passo frettoloso e la salutò
allegramente.
“Come stai, Hailey?” le chiese sorridendole
radioso.
“Piuttosto bene, grazie! Sei da solo?”
“Sì, volevo approfittare del tempo libero per
ripassare qualcosa per il prossimo esame” disse mostrando il volume.
“…ma pensandosi bene, non ne ho proprio
voglia!”
“Allora perché non mi accompagni a
Londra?” le chiese la bionda sorridendo complice. “Sto andando a comprare un regalo di compleanno per Miki, potresti
aiutarmi a scegliere qualcosa di carino!”
Keisuke abbassò gli occhi velati da malinconia.
“Non lo so…non me la cavo molto bene con i regali, quando si tratta
di lei…”
Hailey scosse la testa energicamente. “Lo sai che ti
dico? Questa è una scusa bella e buona per non fare
tutta quella strada verso la fermata della metropolitana!”
Il ragazzo sollevò la testa, turbato. “Cosa?! Questo…questo non è
affatto vero!”
“Sì, come no…” rispose lei fingendo
indifferenza. “Allora dimostramelo!”
“Hm…e va bene, verrò con te…”
concesse Keisuke lasciando cadere le spalle e sorridendo bonario. “Ma non mattiamoci troppo tempo, stasera ho alcune tesine da
preparare…”
“Prima ci muoviamo, meglio è!”
esclamò lei prendendolo a braccetto e conducendolo verso il grande cancello metallico di uscita. “…E poi non ti farà male muoverti un po’, topo da
biblioteca!”
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TO BE
CONTINUED…
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Noticine: Maaaaaaaaa ragazzuoli!!
Non avete idea di quanto mi siate mancati voi ed Efp in questi giorni di astinenza!!
Ssssssssssssssigh…Non vedevo proprio l’ora di poter
RIABBRACCIARE(…in senso lato!!^^)queste pagine!!
Anche se devo ammettere che il black out è arrivato proprio nel momento,
come dire…più adatto…Infatti in
queste due settimane di attesa sono stata IMPOSSIBILITATA a scrivere alla
tastiera per via di un piccolo intervento chirurgico al polso sinistro, ma ora
per fortuna è tutto passato e finalmente posso tornare al mio solito
ritmo!!^^ *Gioia!!* Comunque naturalmente ancora una miriade di ringraziamenti
a tutti coloro che recensiscono(tantissimi baciotti a Miki18, Miki90 e Luchia
Nanami!!^^)o chi semplicemente si sofferma a leggere!^^ Sigh
sigh…è già un anno che ho pubblicato questa ficcy, come
passa il tempo!! Spero che anche il nuovo capitolo vi sia
piaciuto, anche se è un pochino di transizione…ma
cercherò di rifarmi con i prossimi!!
Mi raccomando, continuate a
seguire, e tra pochissimo verrà finalmente
svelato il misterioso SIGNIFICATO DEL TITOLO!! …Anche
se credo che molti di voi l’abbiano già intuito!^///^
Hailey si avvicinò al calendario appeso alla parete con in mano un pennarello nero, dopo aver controllato che
non vi fosse nessuno nelle vicinanze. Una distesa di caselle numerate
attraversate da una decisa croce nera le si presentava
davanti agli occhi che, dopo un breve riepilogo, si soffermarono sulla data
odierna: venticinque marzo.
Lanciò uno sguardo alla casella in cui era
rappresentato il ventotto: solo tre quadrati a dividerle.
“Tre giorni alla data fatidica!”
sentenziò la ragazza sorridendo allegramente. Sfilò il tappo al
pennarello che teneva in mano e andò ad aggiungere un segno alla casella
interessata.
Quello era l’unico modo che conoscesse
per tenersi a mente le occasioni importanti; distratta com’era, sarebbe
stata perfettamente capace di dimenticarsi il compleanno della sua coinquilina!
Non se lo sarebbe mai perdonato…oltre che avrebbe
dovuto risentirne la sua stessa incolumità fisica!
Fortunatamente vi era un delizioso pacchetto regalo riposto
in un angolo del cassetto della sua scrivania che la aiutava a rinfrescarsi la
memoria!
E poi c’era Keisuke…Più volte le aveva
riconfermato che il giorno da festeggiare fosse
proprio il ventotto marzo, quando lei gli aveva confidato di temere che, forse,
Miki aveva sbagliato la pronuncia, quando gliel’aveva comunicato tempo
prima. Meno male che il ragazzo era giapponese come la sua amica e non facevano
alcuna fatica a capirsi…e poi il suo inglese era decisamente
migliore di quello di Miki!
“Twenty-eight…speriamo
che Keisuke sappia poggiare correttamente la lingua sul palato!”
Strani tipi, i giapponesi…
wwwwwwwwwwwwwwww
Un riflesso sbiadito da tempo, appannato. Qualche nuvola di
condensa sarebbe stata una buona soluzione per non rimanere così
disgustati di fronte a quello spettacolo.
Miki fissò la sua immagine allo specchio per
l’ennesima volta, ricacciando indietro un piccolo urlo di disappunto: lo
sguardo vacuo, assente, segnato da due profonde borse violacee poste proprio al di sotto delle palpebre inferiori; le guance pallide e
smunte; il volto malamente incorniciato da diverse ciocche di capelli stopposi
che andavano diradandosi in corrispondenza delle tempie.
Era da parecchio che non si faceva una buona dormita,
insomma.
Qualche pisolino occasionale, ma niente di più. La
prospettiva dell’esame imminente la spaventava e, di conseguenza, la
rendeva ansiosa e intrattabile; quante volte, negli ultimi giorni, aveva
sfogato la proprio frustrazione e il suo senso di
impotenza sulla sua povera coinquilina…! E lei, paziente,
che sopportava senza fiatare una sorta di trattamento brutale da parte sua,
mostrandosi distaccata e ben accetta a tutte quelle critiche e rimproveri.
Alla fine di tutta quella storia le avrebbe senz’altro offerto una cena in un ristorante di lusso.
Al diavolo il periodo di assenza!
Al diavolo tutto quanto! Non poteva di certo lasciarsi scoraggiare in quel modo
e incolparsi per aver avuto il desiderio di assistere alla nascita dei suoi
fratellini! In un modo o nell’altro, sentiva per loro quasi un sentimento
di riconoscenza: la avevano aiutato a distrarsi da tutti quei pensieri negativi
che in quel periodo la opprimevano con quella
gravosità così bruta…
Un rientro a casa non molto convenuto, ma
proficuo.
E poi, bè…c’era
stato quell’equivoco con Yu. Per il verso opposto, era stata quasi
contenta nel dover recuperare un programma così vasto in così
poco tempo: lo studio la distraeva molto dai cattivi pensieri e, piano piano,
si stava rendendo conto che gettarsi a capofitto tra i libri era anche un ottimo
sistema per far rimarginare con calma gli squarci di dolore all’interno
del petto.
Tornò a fissare il proprio riflesso con aria stanca,
passandosi un dito sotto l’occhio destro; quando lo ritirò, vide
che era rimasto sporcato da alcuni residui di matita nera. Chissà a
quando risaliva…Francamente, non se lo ricordava neanche lei quando fosse stata l’ultima volta che si era
passata un filo di trucco per apparire più presentabile.
Sbuffò pesantemente. “Una dormita non mi
farebbe male…”
Squadrò con avidità crescente la proiezione
del divanetto sul vetro trasparente; si voltò con decisione fino a
trovarsi di fronte la copia originale.
Vi si trascinò strusciando i piedi a terra e si
lasciò cadere a peso morto sul piccolo sofà, assaporando il
morbido contatto tra la sua pelle e il tessuto non propriamente liscio, ma comunque comodo.
Anche le sue vertebre lanciarono un immaginario appello di
riconoscenza: ultimamente Miki faceva molta fatica a
mantenere una corretta postura, complici la stanchezza e la grande mole di
libri che era costretta a trasportare sulle spalle.
La tipica sensazione di dolce calore che precede
il sonno la sorprese quasi immediatamente, avvolgendola come in un protettivo
abbraccio materno.
Un lontano mugugno riecheggiò nelle sue orecchie, ma lo
ignorò quasi completamente prorompendo in un piccolo mugugno
infastidito.
E poi il buio cedette il posto allo
spiraglio di luce.
wwwwwwwwwwwwwwwww
“Meno male che era già mezza addormentata,
altrimenti mi avrebbe subito chiesto dove stessi andando!” disse Hailey
sorridendo allegramente al ragazzo accanto a lei.
“Già, è stato davvero un colpo di
fortuna!” confermò Keisuke strizzando l’occhio.
La ragazza arrossì al gesto e si affrettò a
cambiare discorso. “Dove hai detto che ci stanno
aspettando i tuoi amici?”
“Mi hanno detto che, una
volta arrivati all’aeroporto, avrebbero preso il treno e ci avrebbero
aspettati alla stazione di King’s Cross.”
“Non è lontana da qui, possiamo andarci in
metropolitana.”
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Fortunatamente il tram sotterraneo, nonostante il tipico e
abitudinario ritardo dei mezzi pubblici, giunse a destinazione piuttosto
puntualmente. Hailey e Keisuke si affrettarono a scavalcare le porte scorrevoli
e salirono la scalinata che li avrebbe portati esattamente nel cortile
anteriore di King’s Cross.
Era orario di punta per lavoratori e viaggiatori, per cui la folla che si riversava per la strada era di
notevoli dimensioni.
“Accidenti, quanta gente!” esclamò la
ragazza con disappunto. “Come faremo a trovarli?”
“Speriamo che ci stiano aspettando da qualche
parte” disse Keisuke sollevandosi sulle punte dei piedi e poggiandosi una
mano sulla fronte per ripararsi dai tiepidi raggi di sole primaverile.
“Forse è meglio entrare den…”
cominciò Hailey, ma un grido lontano la fece zittire all’istante.
“Midato! Midato! Siamo qua!!”
Il diretto interessato voltò repentinamente lo
sguardo alla sua destra, dove inquadrò una minuta ragazza che sventolava
una mano nella sua direzione, affiancata da un piccolo gruppetto di suoi
coetanei. I due li raggiunsero e sorrisero al loro indirizzo.
“Ciao, Midato, quanto tempo che non ci vediamo!”
esordì la ragazza con un sorriso dolce.
“Akizuki! Sono contento di
vederti!” rispose Keisuke stringendo la mano di Meiko a sua volta.
“Oh, loro sono i miei amici Arimi, Yayoi, Tsutomu e
Ginta” disse lei indicandoli uno ad uno con un gesto fugace della mano e
soffermandosi sull’ultimo nominato. “Ginta Suo frequentava
il nostro stesso istituto, ti ricordi di lui?”
Keisuke lo squadrò da capo a piedi con un sorrisino
enigmatico, cosa che non fece affatto piacere a Ginta.
“Sicuramente ci saremo incrociati nei corridoi!”
esclamò il ragazzo, ancora poco convinto.
“Eh eh…sì,
forse…” bofonchiò l’altro con una risatina poco
credibile.
“E tu devi essere
Hailey!” disse Meiko sporgendosi verso di lei, che nel frattempo era
rimasta in disparte senza proferire alcuna parola. “Ho sentito tanto
parlare di te!” la salutò la giapponese con accento inglese non
proprio perfetto, ma comprensibile.
“Per me è la stessa cosa” rispose la
bionda sorridendo con calore.
“Ehi, ma lei non è il professor Namura?!” chiese Keisuke indicando l’uomo, che fino a
quel momento era rimasto in silenzio, dietro alla moglie.
“Sì, sono io” rispose lui porgendogli la
mano. “Ma oggi sono qui in vesti di marito di Meiko.”
“Oh…Davvero?!” Il
ragazzo sembrava veramente molto interessato a quella informazione e si accinse
a proseguire la conversazione ricercando qualche argomento, quando un colpo di
tosse poco veritiero da parte di Tsutomu lo spinse a voltarsi verso di lui.
“Oh, ma forse è meglio rimandare a dopo le
chiacchiere” disse Keisuke lanciando un’occhiata complice a
Nacchan, che annuì paziente.
Il giapponese si pose in testa al gruppetto, al fianco di
Hailey e Meiko, e lo guidò attraverso la scalinata della stazione metropolitana
da cui erano precedentemente usciti.
“Rokutanda” bisbigliò Ginta al cugino,
che camminava accanto a lui strusciando svogliatamente i piedi. “Se quel
colpo di tosse era un modo per richiamare
l’attenzione, guarda che non era per niente credibile…”
“E chi se ne importa!” rispose l’altro
alzando la voce di un tono, per poi tapparsi la bocca subito dopo
quando si rese conto di aver esagerato con l’enfasi.
“Comunque non ho ancora
capito come faccia Meiko a conoscere quel tipo” riprese Ginta, stavolta rivolto
ad Arimi. “Non mi piace, ha quell’aria da sotuttoio che non ho mai
sopportato!”
“A cosa stavi pensando quando
ce l’ha spiegato?” sospirò esasperata la ragazza alzando gli
occhi al cielo. “Al liceo frequentavano lo stesso club di letteratura,
non te lo ricordi più?!”
“Ah sì?” bofonchiò il fidanzato
scrollando le spalle. “Dev’essermi sfuggito…”
“Eppure eravate nello stesso
istituto! Come fai a non sapere queste cose?!”
lo rimproverò Arimi sferrandogli una manata gentile
sull’avambraccio scoperto.
“Non vedo perché avrei dovuto saperlo…per
fortuna, io ero nel club di tennis!” esclamò Ginta sollevando il
mento fieramente e prendendo a braccetto la ragazza, provocando una risatina
divertita da parte di lei.
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Sessanta pagine in mezza giornata. Stava decisamente
migliorando!
Le rimanevano solo i tre quarti dell’ultimo tomo per
considerare concluso il suo recupero. Ma, tutto sommato, era abbastanza fiduciosa, nonostante
mancasse solo un giorno alla fatidica prova: ormai si era abituata a seguire i
ritmi che i professori dell’università pretendevano dai loro
studenti; insomma, loro non sarebbero di certo stati disposti a ripetere un
argomento già trattato in precedenza! All’inizio era stato
piuttosto faticoso per Miki abbandonare i vecchi metodi di studio per adeguarsi
a quelli nuovi, abbandonarsi alle spalle tutto ciò che il liceo le aveva
insegnato riguardo all’organizzazione delle
materie e della distribuzione degli orari di studio durante la giornata; ma
poi, con il passare del tempo e l’aiuto dei suoi nuovi amici stranieri,
era riuscita, bene o male, ad andare avanti senza alcun problema particolare.
Oh, ma si stava divagando troppo. Era decisamente
ora che riprendesse in mano il suo libro e riprendesse a riempire la propria
testa con nuove nozioni che necessitavano di essere apprese, anche a costo di
una calo di interesse da parte sua.
Meno pigrizia,
più profitto, questo era il suo motto da due settimane a quella
parte.
Si ravviò distrattamente la chioma mogano e si
poggiò il tomo sulle ginocchia; prelevò da una folta risma un
foglio scarabocchiato, pieno di frecce e di diagrammi, e se lo pose sotto gli
occhi.
Meno pigrizia,
più profitto.
Gli occhi tendevano ad incrociarsi, in mezzo a quel turbine
di linee e scritture minuscole, ma si sforzava di seguirle attentamente e di
non divagarsi con le curiose spiegazzature che increspavano la superficie
cartacea.
Meno pigrizia,
più profitto.
Sollevò la testa al soffitto, con sguardo assente, e
cominciò a ripetere mentalmente ciò che aveva appena letto
cercando di infondersi anche solo un pizzico di forza di volontà che,
dato il ritmo così frenetico, l’aveva quasi abbandonata e necessitava di una ricarica.
Meno pigrizia,
più profitto.
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“Oh, insomma, mi sento peggio di un carcerato!!” Tsutomu sbattè violentemente le carte che
teneva in mano sul tavolino da gioco e scattò in piedi.
“Abbassa la voce, idiota!” esclamò Ginta
distogliendo lo sguardo dal suo mazzo e lanciando un’occhiataccia
fulminante al cugino. “Possibile che tu non abbia un minimo di senso
dell’attesa?!”
Tsutomu afferrò un cuscino dal divanetto e
cominciò a stropicciarlo con energia. “Non erano questi i patti!! Credevo che i prigionieri
come noi avessero anche diritto ad un’ora
d’aria, una volta tanto!!”
“Vorresti forse farti vedere da Miki?!”
sbottò il cugino lanciandogli un altro cuscino e colpendolo sulla testa.
Tsutomu mollò il cuscino che era impegnato a
stritolare e si avventò su quello che il ragazzo gli aveva appena
tirato, mordendolo. “Quante possibilità ci sono che mi veda qui al
campus?! Secondo me sono
molto ridotte, sai?”
“Ma senti tu che
impertinente!” Ginta si alzò e in poche falcate lo raggiunse.
“Avresti potuto pensarci prima di…”
“Tsutomu, capisco cosa provi” intervenne
gentilmente Yayoi prima che Ginta potesse concludere
la frase. “Però pensaci un attimo: siamo
rimasti chiusi dentro questo delizioso appartamento per due giorni consecutivi,
cosa cambia se lasci trascorrere un giorno di più? In fondo il
compleanno è domani…”
“Uffa, però!” protestò il fidanzato
incrociando le braccia al petto e mettendo su il muso.
“Insomma, lo sai che ti dico?!”
ringhiò Ginta prendendolo per la collottola e fissandolo con astio.
“Se hai tanta voglia di uscire…benissimo,
esci pure!”
“Ginta…” mormorò preoccupata Arimi,
ma si arrestò ad un cenno fugace del ragazzo.
“…Ma se poi ti farai beccare in giro da Miki non
metterai più piede in questo appartamento,
dormirai all’addiaccio come un barbone!” concluse agitando
violentemente le braccia e scuotendolo in ogni direzione.
“Benissimo! Ci vediamo più tardi!”
Tsutomu si liberò della presa del cugino con un
movimento rotatorio, si avviò verso il portone a grandi falcate e se lo
chiuse con un tonfo alle spalle.
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“Oh, accidenti, il tomo supplementare è rimasto
in biblioteca!” Miki si avvolse le spalle con una sciarpa di raso e
uscì in cortile. La biblioteca non era lontana, ci
sarebbe arrivata in pochi minuti. Quel libro era fondamentale, conteneva
informazioni aggiuntive che le sarebbero sicuramente tornate utili per il suo
ripasso.
Era a pochi metri dall’edificio
quando un fruscio la fece voltare.
Una sagoma scura stava attraversando la pineta circostante
con fare guardingo, ma non sapeva chi fosse;
probabilmente uno studente più grande che non conosceva. Sciocchezze.
Un raggio di sole squarciò la chioma di un albero,
andando ad infrangersi proprio su quella ignota
figura. E Miki rimase a bocca aperta.
Ma quello…Non, non poteva
essere…
Non poteva trovarsi lì…
Era impossibile!
“Ro…Rokutanda?!”
Il ragazzo illuminato dal raggio solare sussultò
violentemente e si precipitò dietro il tronco di un albero, sparendo
alla vista.
Miki rimase di stucco, incapace di formulare qualche
pensiero.
Decisa a non pensarci e a mantenere un comportamento
scettico, voltò la testa alla biblioteca e riprese a camminare,
vagamente turbata.
“Lo studio comincia a darti alla testa,
Miki…”
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Hailey si svegliò alla solita ora grazie al suono
della sveglia, ma non fu sorpresa di trovare la sua amica già in piedi e
vestita di tutto punto, immersa nel ripasso dell’ultimo minuto.
“Buongiorno, Hailey” la salutò
distrattamente; la sua voce lasciava trapelare il suo
nervosismo.
“Buon compleanno, Miki!” esclamò la
bionda abbracciandola da dietro le spalle e schioccandole un bacio sulla
guancia.
“Grazie mille, cara!” rispose la moretta
prendendole la mano e stringendola con calore.
Hailey la strinse a sua volta, ma la lasciò andare
quasi subito. “Bene, credo che tu voglia essere lasciata in pace, giusto?
Vado a preparare il caffellatte…”
“Oh, accidenti, Hailey!!”
sbottò Miki sbattendo il libro sul tavolo e scattando in piedi.
“Non ce la farò mai, non so niente!!”
“Sì, sì, come no! Con due settimane di
studio ora non sai niente, è ovvio!”
“Smettila di prendermi in giro, Hailey! Non so niente
di niente, non mi ricordo niente, ho un vuoto di memoria pazzesco!!” si disperò la ragazza prendendosi la testa
fra le mani.
“Stai calma, ok? Andrà tutto bene, hai studiato sodo per questo giorno e sbaraglierai
tutti!” la rassicurò la riccia agitando fiducioso un pugno in
aria.
“NOOOOOOOO!!!” Miki
battè i piedi a terra e prese a correre per tutto l’appartamento.
“Calmati!!” Hailey la
acciuffò prima che potesse chiudersi in camera e cercò di
incoraggiarla con un gran sorriso.
La ragazza dovette letteralmente trascinare Miki fino
all’aula dove avrebbe svolto l’esame, tanto era tesa e preoccupata.
Quando dovette separarsi dalla coinquilina, cercò di ignorare il suo
sguardo supplichevole al di là del vetro e le
augurò buona fortuna.
“L’ansia da esami può essere veramente
pericolosa…” sospirò la bionda allontanandosi
dall’aula, pregustando il momento in cui gli amici giapponesi avrebbero
abbellito la loro stanza per fare una sorpresa di compleanno coi
fiocchi.
Aveva lasciato appositamente la
porta aperta, senza chiuderla a chiave.
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Un enorme peso si era sganciato dal suo petto, infrangendosi
a terra in tanti piccoli pezzi.
Era leggera, sollevata, felice.
Libera.
Aveva chiuso la sessione di esami
con la soddisfazione nel cuore e la convinzione di averla svolta con un
entusiasmo al di sopra delle proprie capacità.
Era riuscita a ricordarsi quasi ogni cosa, e in quelle poche
volte in cui aveva avuto qualche vuoto di memoria, aveva comunque
tentato di buttare là qualche cosa comunque correlato
all’argomento; in ogni caso, era comunque felice per ciò che aveva
fatto.
Libera, finalmente libera!
Niente avrebbe potuto privarla del suo personale attimo di
paradiso, niente di niente!
Uscì dall’edificio insiprando a pieni polmoni
l’aria frizzante primaverile, stiracchiandosi con energia e sorridendo
alle nuvole passeggere che creavano indefinite ombre sulla superficie terrosa.
Quello era uno dei migliori regali di compleanno che avesse
mai ricevuto.
Era ansiosa di comunicare il risultato ad
Hailey, che le era stata vicina per tutta la settimana, incoraggiandola a non
mollare e donandole un perenne sostegno morale; e poi, senza di lei, quella
mattina probabilmente non si sarebbe nemmeno presentata per l’agitazione!
Tornò al proprio dormitorio trotterellando
allegramente; spalancò la porta dell’edificio e aprì gli
occhi: era vuoto. Probabilmente gli altri erano impegnati con le lezioni o,
magari, con qualche esame di fine semestre.
Fece per salire le scale, quando una macchia rosa pallido
adagiata in terra catturò la sua attenzione. Si chinò per
osservarla meglio e la raccolse da terra…
Un petalo.
Un fresco, delicato petalo rosa pallido di ciliegio.
“Ma…cosa ci fa
qui?” Non vi erano alberi di ciliegio in fiore nelle vicinanze,
chissà come aveva fatto ad arrivare fino a lì…
Lo accarezzò con due dita godendo al tatto con la sua
particolare patina vellutata; poco distante dalla sua villetta di Tokyo vi era
un viale di fiori di ciliegio, che spesso aveva attraversato in compagnia di
Yu.
Bei ricordi…Chissà come stavano, quei ciliegi…
La vista di un secondo petalo poco più avanti la fece trasalire; un altro? Ma
come…
Quello che vide un attimo dopo le
fece sgranare gli occhi dallo stupore: tanti petali, tantissimi, posti
l’uno dietro l’altro, che andavano formando una meravigliosa scia
adornata da ramoscelli e foglioline di un verde tenero.
Tutto ciò la invitava a proseguire. Voleva proseguire.
Con il cuore in gola, Miki si fece guidare dal percorso che
qualcuno aveva precisamente e magistralmente tracciato per tutte le scale che
l’avrebbero portata al piano superiore; camminò lentamente fino a quando il flusso non si arrestò, proprio di fronte
ad una porta. La ragazza sollevò lo sguardo e dovette portarsi una mano
alla guancia: era il suo appartamento.
Allora quella scia di petali era stata creata apposta per
lei? Solo per lei? Non riusciva a
capacitarsene, chi mai avrebbe potuto fare una cosa simile?
Solo una persona avrebbe potuto avere un’idea del
genere, ma in quel momento era lontana, a parecchi
chilometri di distanza…In un altro continente…
Impossibile.
…
“A meno che non…”
Non riusciva a togliersi quel presentimento dalla testa…Ma non poteva essere, non poteva!
Afferrò rapidamente la maniglia e
aprì lentamente la porta, facendo capolino nella sua stanza.
Subito il profumo dei fiori di ciliegio le solleticò piacevolmente il
naso, avvolgendola come in un dolce abbraccio e inebriandole i sensi.
Era…tutta un’illusione?
Le sue orecchie, il suo naso, i
suoi occhi, le stavano giocando qualche maligno tiro mancino?
I suoi sensi non l’avevano mai ingannata, ma sembrava
che quasi si rifiutassero di accettare le loro stesse percezioni…
“Sai, non è stato semplice disporre tutti quei
petali a terra…Ma sembra che alla fine sia
riuscito nel mio intento!”
Un sorriso. Un dolce sorriso che solo lui
sapeva donarle.
Il riverbero biondo della sua folta chioma costellata da
macchie rosate.
La sua voce passionale e sensuale, protettiva, che le faceva
accapponare la pelle ogni volta che la udiva.
Un paio di occhi velati da lacrime.
I suoi.
“Y…YU!!!”
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TO BE
CONTINUED…
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Noticine:
Ciriciao a tutti! Scusate il ritardo, ma proprio oggi ho finito di cimentarmi
nella seconda stesura di questo capitolo, che, non so perché, mi si era CANCELLATO!! Non vi dico la fatica che ci ho messo a
riscrivere tutto…anche perché la prima versione era praticamente finita!! ù___u
Comunque spero che vi sia piaciuto! Ringrazio ancora tutti coloro che recensiscono o semplicemente leggono, e spero che
la prossima volta riuscirò ad aggiornare prima…salvo qualche COLPO
DI CALORE del computer!! Grrrrrrrrrrrr…^^
Piccola anticipazione: nel
prossimo capitolo si svelerà finalmente il motivo per
cui la storia è intitolata “Secrets”!! …Anche
se penso che qualcuno di voi l’abbia già intuito!!^^
Un baciottolone dolcioso! E mi
raccomando, COMMENTATE!! ^_-
Capitolo 20 *** Capitolo 20: La fioritura dei ciliegi ***
Capitolo 20:
Capitolo 20: La
fioritura dei ciliegi
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La testa le girava, sovraccaricata da tante emozioni che si
erano impilate l’una sopra all’altra nell’arco di poche ore. Confusa, certo, e ancora stremata dall’ultima prova
sostenuta.
E ora, in quel momento, le sembrava
quasi di vivere in un’altra dimensione, avvertendo intorno alle sue
spalle esili una coltre calda e forte che si era impossessata della sua figura,
e che lei non aveva rifiutato, ma aveva accolto con la gioia improvvisamente
riaffiorata nel petto.
Poggiò la guancia arrossata sul torace di Yu in modo
da farla aderire maggiormente alla superficie, che seguiva un andamento ritmico
e regolare. Le sue mani, poste sui suoi fianchi,
stavano esplorando delicatamente le tante pieghe della maglietta; le piaceva da
morire plasmarla in quel modo…
Era passato tanto tempo dall’ultima volta che aveva
avuto la possibilità di farlo, e vedere finalmente realizzata la sua
ambizione parzialmente celata la appagava in una maniera veramente travolgente.
E il suo profumo…
Lo sentiva distintamente, non poteva
sbagliarsi. Fu felice nel constatare che la fragranza dei petali di ciliegio
non vi si fosse andata a mescolare, inibendone la sua genuinità
originale…Sarebbe stato un vero peccato.
Inspirò fortemente per evitare di perderne anche solo un frammento,
avvertendo di colpo un brivido lungo la schiena.
Dio, quanto le era mancato…
E ora era lì, abbracciata a
lui, come se non fosse accaduto niente.
Era con Yu.
Miki avvertì una leggera sensazione di fresco alla
fronte: il ragazzo le stava passando una mano tra i capelli e le aveva scostato alcune ciocche dagli occhi, spingendola a sollevare
il mento verso di lui. Quando incrociò il suo sguardo, le sue iridi
color cioccolato vennero prontamente incatenate dalle
sue nocciola e non avevano la minima intenzione di interrompere il collegamento
fra loro.
“Miki…” mormorò lui a fior di
labbra, ravviandole i capelli indietro.
Miki deglutì emozionata, portandogli una mano alla
gota e delineandone l’incurvatura con un dito.
“Yu…”
Yu le prese la testa fra le mani e
la fece nuovamente poggiare sul suo petto. “Scusami…”
Quella parola, sussurrata con quella
dolcezza, fu una vera e propria melodia per le orecchie della ragazza: quanto
tempo aveva atteso di ascoltare quelle poche sillabe…
“…è stata tutta colpa mia…”
continuò Yu baciandole la sommità del capo e abbassando le
palpebre.
Miki si sollevò in posizione eretta e gli
allacciò le braccia dietro al collo, lanciandogli uno sguardo che non
avrebbe potuto essere più eloquente. “Lascia
perdere, non pensiamoci più.”
Gli occhi di Yu si velarono di un vago alone di tristezza.
“Ero accecato dalla gelosia, non so cosa mi sia preso…”
cominciò impacciato, ma Miki fermò il flusso delle sue parole
posandogli un dito sulle labbra.
“Non c’è bisogno di dire niente, il fatto
che tu sia qui mi basta ed avanza.”lo rassicurò sorridendo affabile.
Yu sorrise a sua volta e le donò un leggero bacio a
fior di labbra. “Mi sei mancata tanto, Miki…”
“Anche tu…”
rispose lei. Mai il suo tono di voce era stato così sincero.
Entrambi, fissandosi l’un l’altro,
potevano confermare senza il bisogno di parlare che la lontananza era, senza
dubbio, la bestia più difficile da scacciare.
Yu studiò il riverbero dei suoi capelli per qualche
secondo. “…Sei più alta, rispetto
all’ultima volta…”
“…Cosa?” rispose
Miki interdetta, scrutandolo con uno strano cipiglio incuriosito.
“Bè, sì…Tre settimane fa non mi
arrivavi alla base del collo! Sei forse cresciuta?”
chiese il biondo picchiettandole sulla testa con il palmo della mano e
osservandola con sguardo indagatore.
Miki abbassò gli occhi e si esaminò da ogni angolazione girando leggermente su se stessa. “Mah,
non credo…Forse dipende dalle scarpe, non lo so…”
“Aaah, ora sì che è tutto chiaro!”
esclamò Yu lanciando una rapida occhiata al leggero rialzamento delle
sue suole. “Ti sei messa le scarpe col tacco…In
realtà sei rimasta la solita tappa!”
Miki gli scoccò uno sguardo dardeggiante e
inarcò le sopracciglia. “Ma…Brutto cafone
che non sei altro! Come sarebbe a dire ‘la solita tappa’?! Sei veramente un maleducato!”
“…E tu hai il solito
caratterino di sempre…!” sorrise dolcemente Yu raccogliendo da
terra alcuni petali e portandoli sotto il naso della ragazza.
Quest’ultima, dopo la sua reazione, sbattè le palpebre con perplessità.
“Buon compleanno, Miki…” sussurrò
soffiando delicatamente sui petali che teneva fra le mani a coppa e lasciando
che sfiorassero il volto chiaro della ragazza. Miki chiuse gli occhi, cullata
da quel tocco delicato e vellutato e dal piacevole profumo che le solleticava
amabilmente il naso.
Quella era la sorpresa di compleanno più bella che
avesse mai ricevuto.
“Grazie di cuore, Yu…” mormorò con
un tono che lasciava trapelare la sua emozione; si alzò sulle punte dei
piedi e gli scoccò un tenero bacio sulla fronte.
Yu la guardò raggiante e gli poggiò le mani
sulle spalle. “Bè…sembra che, comunque,
tu sia veramente cresciuta…Il
mese scorso non arrivavi neanche al mio naso nonostante ti alzassi sulle punte
dei piedi!”
“Meglio così, no?” rispose lei facendo la
linguaccia e strizzando un occhio a suo indirizzo. Si portò una mano tra
i capelli e districò da alcune ciocche una delle patine rosa.
“Devi aver speso un capitale, per procurarti tutti
questi petali di ciliegio!” disse portandogli quello che teneva fra le
dita davanti al viso.
“No…Anzi, credo di aver fatto un servizio alla
comunità di New York…” rispose lui
afferrandolo con cautela.
Miki aggrottò le sopracciglia, turbata. “Vuoi dire che…li hai colti tutti tu?!”
“Non colti, raccolti!”
precisò il ragazzo agitando un dito. “Vicino al mio campus
c’è un viale di ciliegi simile a quello che abbiamo a Tokyo, e
caso volle che il periodo che precede il tuo compleanno fosse quello corrispondente alla fioritura dei rami. Così
ho atteso pazientemente che cadessero uno per uno, io
ero lì sotto pronto ad afferrarli mano a mano!”
Il suo racconto aveva stralunato la ragazza: aveva fatto
tutta quella fatica per farle quella
sorpresa…per un banale compleanno, poi!
“Ah, mi sembrava strano che tu andassi a sperperare i
tuoi preziosissimi risparmi per comprare roba che puoi trovare benissimo gratis
nella natura!” lo prese in giro stirando il viso in un sorrisino
malizioso.
“Sai una cosa? Hai ragione tu!” ribattè
Yu con sicurezza, cosa che lasciò decisamente
spiazzata la moretta, che non si aspettava una risposta del genere.
“Che…che faccia tosta…”
sospirò facendo scivolare le braccia lungo i fianchi con aria
sconsolata.
La lucidità le venne
restituita nel momento in cui Yu fece schioccare le dita. “Allora, che ne
dici se adesso facciamo un po’ di pulizia? Non credo che la tua
coinquilina sarà molto entusiasta di questo sfacelo!”
Se fosse dipeso unicamente da Miki,
lei avrebbe lasciato tutto così com’era e si sarebbe preoccupata
di non toccare neanche un singolo petalo per non alterare la loro posizione
originale.
“Sì, forse è meglio…”
confermò invece con riluttanza: Yu aveva ragione, Hailey non
l’avrebbe mai perdonata, tanto era attaccata alla pulizia e
all’ordine.
“Facciamoci coraggio”
sospirò il biondo prendendo una busta di plastica poggiata sul divanetto
e spiegazzandola con cura. “Avremo parecchio lavoro da
sbrigare…”
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“Accidenti, che mal di schiena!” si
lamentò la moretta poggiando entrambe le mani sui fianchi con aria
dolorante. “Meno male che quelli erano gli ultimi!”
Yu sbuffò pesantemente, con uno scatto di reni
sollevò la busta piena di petali e la lasciò cadere sul
pianerottolo: avevano precedentemente aperto la porta
per lasciar passare un po’ di aria fresca.
“Sono a pezzi, senti come scrocchiano le mie
ginocchia!” Miki si sedette sulla poltroncina con una smorfia terribile.
“Non ti sei tenuta molto in allenamento in questi
giorni, eh?” disse Yu restituendo una smorfia, ma stavolta di scherno.
“Uffa, Yu! Tappati quella boccaccia!”
ruggì lei. “Ho avuto molto da fare per
recuperare le lezioni perse, non hai il diritto di rimproverarmi!”
“Sì, sì, va bene, mia piccola testa
calda” mormorò lui passandosi imbarazzato una mano sul collo.
“Allora…che ne dici di riacquistare un po’ di peso forma
andando a fare una passeggiata?”
Miki sorrise, molto allettata da quella proposta. “Perché no? Potrei portarti a fare un giro turistico
per Londra! Sbaglio o non l’hai mai visitata?”
“Sì, una volta, ma ero piccolo e non ricordo granchè. E poi, se ci sei tu con me sarà come se fosse la prima volta!”
esclamò Yu con enfasi.
La moretta si stiracchiò con vigore e scattò
in piedi rovesciando le mani sui fianchi. “Forza,
allora, andiamo a divertirci!”
Yu si alzò a sua volta con lentezza.
“Accidenti, che energia…Cos’è, ti basta fare il pieno
di parole per riprenderti?”
“Zitto, o ti lascio qui!” esclamò Miki
afferrando il suo scialle e trotterellando felice verso le scale del
dormitorio.
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“Credo che a quest’ora Miki avrà finito
l’esame, no?” ipotizzò Ginta aprendo la porta del suo
appartamento in affitto.
“Mah, penso di sì…Stando a quanto ci ha
detto Hailey, avrebbe dovuto finire circa mezz’ora fa.”confermò Arimi mollando fra le braccia del
fidanzato un enorme pacco di palloncini da gonfiare e striscioni di carta.
“Via libera, allora” disse Meiko caricando il
marito con alcune confezioni di piatti di carta, bicchieri di plastica e
tovaglioli colorati.
“…Qualcuno ha pagato la cauzione per la libera
uscita?” disse Tsutomu con sarcasmo, incrociando le braccia al petto.
“Zitto, idiota!” sbottò il cugino
scoccandogli una delle occhiatacce riservate esclusivamente a lui.
“Coraggio, allora, andiamo! Ci vorrà
un po’ per abbellire l’appartamento di Miki, meglio non fare troppo
tardi!” disse Yayoi scavalcando la soglia e procedendo di buona
lena verso le scale dell’edificio.
“Yayoi, aspettami!!”
esclamò Tsutomu giulivo trotterellando dietro la fidanzata con una buffa
e goffa espressione in viso.
“Meno male che c’è lei che lo tiene al
guinzaglio…” sospirò Ginta sollevato mentre
osservava la sagoma scura del cugino che si lanciava su quella della ragazza e
le faceva cadere a terra tutti i pacchetti che reggeva fra le braccia.
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“Perché non possiamo
prendere l’underground?” chiese Yu con disappunto poggiando la
schiena sul palo della fermata.
“Perché questa fermata è più
vicina e perché con l’overground
potrai godere del paesaggio inglese meglio che con
l’underground, che sta sottoterra!” rispose Miki dandogli un
buffetto sulla guancia.
“E va bene…ma al
ritorno pretendo
l’underground!” scherzò il biondo con occhi speranzosi e
colmi di entusiasmo. Amava visitare posti nuovi e studiare le strutture degli
edifici che si innalzavano in luoghi così
lontani dalla sua terra d’origine.
Il treno giunse presto alla stazione e i due ragazzi
salirono a bordo. In meno di un quarto d’ora erano già arrivati al
centro di Londra, che davanti agli occhi di Yu si presentava di una bellezza
quasi impressionante.
“Wow…” mormorò senza fiato restando
incantato a guardare la torre del Big Ben che, data
la sua statura, era visibile anche da quella distanza.
“Ti piace?” chiese Miki prendendolo a braccetto.
“È…fantastico…”
sussurrò sbattendo le palpebre, sentendosi sopraffare
dall’emozione.
“Dai, vieni, ti faccio fare il giro turistico
più eccitante della tua vita!”
Miki trascinò Yu per una buona parte della
città facendo alcune soste, tempo permettendo, presso i vari siti che
più necessitavano di essere ammirati, come il
Museo di Storia Naturale, le varie e famose università immerse nel verde,
il Museo della Cere di Madame Tusseaud…
E quante volte Yu aveva pregato
Miki di fermarsi per osservare i tanti autobus a due piani che passavano
indisturbati per le strade e le tradizionali cabine telefoniche rosse!
“Riesci a entusiasmarti
così facilmente, Yu…” sospirò la moretta rassegnata
quando il ragazzo la richiamò per la quinta volta di fronte a un taxi a
scacchi bianchi e neri e di un giallo accecante.
“Eh? Oh, scusa, è solo che non sono abituato a
questa cultura popolare!” rispose con un sorrisino
di scuse. “A proposito, c’è qualche altra università
nei paraggi? L’ultima che abbiamo incontrato aveva una struttura
così imponente! Chissà quale architetto
l’ha progettata…”
“Non lo so, ma adesso è l’ora del tea time!”
annunciò Miki nel momento in cui sentì il rintocco di una campana
in lontananza. “Sono le cinque, a quest’ora gli
inglesi fanno merenda!”
“Seguiamo la tradizione, sei d’accordo?”
chiese il ragazzo passandole un braccio dietro le spalle.
“…Oltretutto ho un certo languorino…Precisi, questi
inglesi!”
Miki si rese improvvisamente conto di avere un forte crampo
allo stomaco: in effetti, pensandoci bene, non aveva neanche mangiato qualcosa da quando era tornata a casa dopo l’esame; era a
digiuno dalla sera prima, non era riuscita nemmeno a finire la colazione, tanto
era il livello di agitazione.
“Sì, facciamo pure una
pausa…Sarai stanco, immagino…”
“Affatto!” la rimbeccò Yu indignato.
“Potrei camminare senza sosta per altre dieci ore, ma in questo momento ho proprio bisogno di mangiare qualcosa!”
“Hai ragione! Anche io ho una
fame da lupi!” esclamò la ragazza divertita.
I due entrarono in un piccolo bar molto accogliente
all’angolo della strada, dove ordinarono tè e pasticcini. Rimasero
a lungo seduti su quelle seggioline imbottite, alternando a momenti di
rifocillamento momenti di lunghe chiacchierate. Erano
felici di poter finalmente passare un po’ di tempo l’uno con
l’altra; durante le fitte conversazioni, tutti i dubbi e le incertezze vennero
a galla ed accantonati in una scatola consunta. Non sarebbero
mai più stati riesaminati, ormai erano casi chiusi.
Finalmente insieme, soli con il loro amore reciproco, che li
appagava e faceva toccare loro il cielo con un dito.
wwwwwwwwwwww
Arimi sistemò un fiocco che sporgeva dal soffitto e
si allontanò di qualche passo per esaminarlo meglio. “Hm…Non
male, credo che possa andare bene così. Tu che ne
dici, Ginta?”
Ginta, impegnato a districare i fili di una lanterna senza
poca difficoltà, fece un vago cenno di assenso
con la testa senza nemmeno voltarsi ad ammirare il lavoro della fidanzata.
“Sì, va bene così, Arimi”
confermò Meiko al posto del ragazzo. “Sbrighiamoci,
credo che ormai Miki sia a momenti!”
wwwwwwwwwwwwwwww
L’ultima tappa del tour fu
l’imponente palazzo sede della regina d’Inghilterra, Buckingham
Palace.
Yu rimase a bocca aperta quando
scorse le sue varie scanalature perfettamente illuminate da tante lampadine
ordinatamente disposte tutt’intorno ai cornicioni, le grandi vetrate,
l’immenso giardino che si estendeva per tutto il perimetro. Era impossibile
non rimanere affascinati dalla maestosità di quell’edificio.
“Accidenti…” commentò semplicemente
il biondo squadrandolo da capo a piedi con enorme interesse.
“Già, è davvero bellissimo!”
confermò Miki seguendo il suo sguardo.
“Non credevo che fosse
così…così…” Yu non trovava le parole per
descrivere l’impressione che aveva di quel luogo, ma
Miki capì ugualmente.
“Peccato che ormai l’ingresso al pubblico non
sia concesso” disse la moretta con un’alzata di spalle. “Se fossimo venuti prima, forse avremmo potuto fare una foto
con una delle guardie!”
“Non ci tengo, grazie” rispose Yu scoppiando a
ridere e contagiando presto anche lei.
“Ascolta, Yu, perché non andiamo a stare per un
po’ in mezzo al verde? Dopo aver inspirato tanti scarichi e smog ne abbiamo bisogno!” propose la ragazza con un sorriso
di incitamento. “Qui vicino c’è il
St. James Park, possiamo restare lì per qualche minuto.”
“Sì, perché no?” asserì Yu
con entusiasmo. “E poi non ci siamo ancora passati, e io voglio vedere
più cose possibili.”
Miki guidò Yu fino al parco di cui aveva appena
parlato: non ci volle molto per arrivare, era quasi dietro l’angolo.
“Magari restiamo vicino all’entrata, è
molto grande e non è il caso di allontanarsi troppo” ribadì Miki nel momento in cui oltrepassarono gli
alti cancelli di metallo.
Subito un’arietta frizzante accarezzò i loro
visi, donando loro una piacevole sensazione di sollievo e beatitudine. Era decisamente un’altra cosa, se paragonato al caos della
città.
I due camminarono mano nella mano
per qualche minuto, inspirando a pieni polmoni l’aria pura che il posto
offriva e lustrandosi gli occhi con le alte fronde sulle quali dei piccoli
scoiattoli stavano godendo del loro attimo di divertimento.
“Sediamoci qui” disse Miki ad un certo punto
indicando una collinetta erbosa leggermente più isolata rispetto al
resto del complesso. Si accovacciarono a terra e rimasero ad osservare il
paradiso circostante con sguardo assente: in realtà ognuno dei due stava
pensando all’altro, entrambi sapevano per
istinto che il fuoco che scoppiettava dentro i loro petti stava per essere
ravvivato da un ardore improvviso, che fino a quel momento era rimasto covato
sotto le ceneri.
Con una lentezza che non era affatto
da lui, quasi temendo di rompere quell’atmosfera in cui erano avvolti, Yu
scostò la mano destra dal manto erboso e la avvicinò a quella di
Miki, che giaceva a pochi centimetri di distanza. Al contatto
appena accennato, la ragazza si sentì percorsa da un brivido di piacere
lungo la schiena, che le fece accapponare la pelle come mai si sarebbe
aspettata. Incoraggiata dal movimento fluido delle sue dita, fece in
modo che si intrecciassero con le sue affusolate,
instaurando così quel primo contatto che entrambi bramavano più
di ogni altra cosa.
Si guardarono negli occhi, sfavillanti di gioia e di amore reciproco, rinsaldando la stretta e sorridendo con
desiderio crescente.
Come un alito di vento repentino, Yu poggiò veloce le
labbra su quelle di Miki, catturandole in un tenero bacio che non aveva bisogno
di richieste o permessi…Quello era il gesto più spontaneo che i due potessero compiere.
Tuttavia, al primo refolo di aria si staccarono quasi subito, non con poca riluttanza.
“Miki…”
“Yu…”
I nomi vennero pronunciati nello
stesso, medesimo momento…con conseguente scambio di sguardi perplessi!
“Scusa, prima tu…” mormorò Miki
stringendosi nelle spalle con aria turbata.
“Oh, no, parla prima tu!” disse Yu portando
avanti le mani con evidente imbarazzo.
“Non ci penso nemmeno! Sei stato tu a dire il mio nome
per primo, quindi a te il diritto!” insistette Miki dandogli una piccola spinta sul torace.
“Solo perché il tuo nome è più
lungo del mio!...E anche più difficile da
pronunciare…” ridacchiò Yu portandogli l’indice sulla
fronte e premendovi contro.
La ragazza aggrottò le sopracciglia.
“…Come sarebbe a dire? Il mio nome è bellissimo, e se vuoi
saperlo è anche più melodico del tuo!”
“Ah, è così che la pensi?”
ribattè il biondo rovesciando le mani sui fianchi e lanciandole
un’occhiata tra il complice e la sfida.
“Certo!” rispose lei decisa.
“…Vuoi la guerra?” Yu si sporse in avanti
fino a quando il suo naso non si trovò a pochi
centimetri dal suo.
Il viso di Miki si stirò in un sorriso furbo.
“…Guerra sia!”
E si lanciò con tutto il
peso fra le braccia di Yu, che la afferrò per le spalle e
cominciò a farle il solletico dappertutto, provocandole un isterico
attacco di risatine.
“No! Basta, ti prego!” cercava
di dimenarsi lei, ma il ragazzo era irremovibile. Sfilò le mani dalle
sue ascelle e passò a tormentarle il collo, spingendola a ritirarsi
nelle spalle e a ridere ancora più forte. Yu non resistette a lungo
senza reagire, e presto anche lui scoppiò in una sonora risata e
abbracciò la ragazza con più vigore, facendole poggiare il capo
sul suo petto. I due corpi, noncuranti delle posizioni che stavano assumendo,
rotolarono lungo il pendio della collinetta fino a quando
un tratto di erba più spianato non arrestò il loro corso; questo
non fece altro che incrementare gli sbuffi divertiti dei due innamorati, che si
avvinghiarono maggiormente l’uno all’altra e si dimenarono
felici…spensierati e felici.
Senza attendere che l’effetto dell’adrenalina cessasse nelle membra della ragazza, Yu calamitò i
suoi occhi in quelli di lei e, con un gran sorriso raggiante, avvicinò
le labbra al suo orecchio, fino a quando non fu sicuro di poter farsi udire da
lei.
“Sposiamoci, Miki.”
wwwwwwwwwwwwww
TO BE CONTINUED…
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Noticine: Ciao!! ^___^ Eccomi di nuovo, dopo –inutile dirlo,
l’ennesimo periodo di pigrizia mentale che non mi dà la forza di
sedermi davanti al computer! Boh…sarà l’estate, sarà questo
caldo insopportabile che ti squaglia i neuroni…Vi capitano mai quei
cosiddetti periodi di NOT ISPIRESCION?! ^___________^
Ecco, associateli a me e avrete la ricetta giusta! Uff…oggi, finalmente, ce l’ho fatta a terminare il nuovo capitolo!! Comunque, lo stimolo mi è venuto dalle vostre
dolcissime recensioni, e per questo mando un enorme baciottone a Miki18,Miki90, Pinacchia, LizDreamer e Silvia (a proposito, benvenutissima!!^____^ Grazie mille per le tue
belle e dolcissime parole, mi hai fatto arrossire!!^///^)! Grazie a tutte,
siete le mie tesore!!! *Ale lancia bacini bacetti
baciò da tutte le parti*
Allora, per quanto riguarda il
prossimo capitolo, vi annuncio fin da adesso che purtroppo non potrò
postarlo prima della metà di agosto,
perché fra pochi giorni parto per la Grecia e tornerò fra tre settimane…Sigh
sigh!! *Ale prende secchiello e paletta*Però non preoccupatevi, ho
intenzione di cominciare a lavorarci mentre sarò là, e spero che
per il mio ritorno sarà già pronto, così potrò
inserirlo il prima possibile! ^___- Col mio fido quadernino…*Ale
abbraccia quadernino*
Nel frattempo, spero che il
tanto atteso ritorno di Yu vi sia piaciuto, compresa la…proposta finale! ^______^…Aaaah…Oh,
naturalmente presto verrà a galla tutto quanto!! Oh, vi avevo accennato
al fatto che in questo capitolo sarebbe stato rivelato il significato del
titolo…purtroppo ho dovuto fermarmi prima che
potessi inserirlo! Sorry per il disguido!!^^”
*Ale fischietta con indifferenza*
A prestissimo, e buone vacanze a
tutti!! Divertitevi!! ^_________^
“Ehi…non mi sento più le chiappe!”
sibilò Tsutomu rivolto al cugino accanto a lui; questi, per dimostrare
il suo profondo senso di solidarietà verso di lui, gli mollò una
secca e fraterna manata sulla nuca.
“A volte mi chiedo se nel tuo vocabolario esista la
parola pazienza!” sbottò
Ginta mantenendo, tuttavia, un tono piuttosto basso.
Forse non aveva intenzione di rompere quella
atmosfera di attesa e di imminente sorpresa che si era consolidata
all’interno della stanza, forse per i pochi centimetri di spazio in cui
era costretto che gli rendevano impossibile una posizione non propriamente
comoda, o forse perché Arimi, rannicchiata contro il suo fianco, in un
disperato bisogno di sentirsi a proprio agio gli aveva conficcato il gomito
proprio in mezzo alle costole.
In ogni caso, la sua voce era chiaramente mozzata.
“Tsk…” borbottò l’altro
ragazzo massaggiandosi il punto appena colpito. “Ma
insomma, è da più di due ore che siamo ammassati qui sotto! Non
credete che avremmo potuto impiegarle in un
modo…come dire…più proficuo di questo?!” Chiuse
una mano a pugno e cominciò a picchiettare con le nocche sulla parete a
cui aveva poggiato la schiena.
“Oh, smettila di lamentarti, Rokutanda! Non risolverai di certo la situazione continuando a fare la parte
dell’antipatico!” lo rimproverò Arimi con un cipiglio
severo.
“Ma io…”
provò a protestare l’accusato per l’ennesima volta, esitando
leggermente.
“Arimi ha ragione, Tsutomu” intervenne Yayoi con
il suo solito tono dolce e controllato, mentre gli passava una mano tra i folti
capelli. “Vedrai, sono sicura che Miki rientrerà presto a casa.”
Tsutomu rimase interdetto per qualche secondo, indeciso sul
da farsi.
Dopo una breve attesa – sperando forse che in quel striminzito lasso di tempo le acque si calmassero,
voltò la testa verso l’alto e annusò l’aria,
contrariato.
“Va bene, ma…era proprio necessario spegnere la luce?” chiese,
stavolta con più pacatezza: era difficile
contraddire le due donne per cui avrebbe dato volentieri la propria vita…
“Bè…in fondo Miki non sospetta della
nostra presenza…Quando rientrerà a casa
è giusto che trovi tutto come aveva lasciato…” disse Meiko
poggiandosi una mano sul ventre; per lei, così prossima ed entusiasta
del suo quanto imminente ingresso in quell’ancora inesplorato mondo fatto
di bavaglini, culle ed omogeneizzati, quel gesto era diventato quasi
automatico, un vizio malizioso e celante impazienza.
“Questa è la voce della saggezza!”
boccheggiò fiero Ginta facendo un gran sorriso a Meiko.
“Certo, però, che Rokutanda non ha tutti i
torti…” mormorò Nacchan cercando, tuttavia, di non essere
troppo polemico: non era nel suo stile. E tuttavia, si ritrovò a pensare
non con poco rammarico, erano finiti quei giorni in cui poteva vantarsi di
essere un agile e snodato studente delle superiori…
Era da parecchio tempo che non riusciva a far combaciare le
sue ginocchia con la punta del suo naso. Era quella
un’impresa da considerarsi come un traguardo?
No, forse non vi era da andarne fieri.
Seguirono attimi di cupo silenzio, che tutti i presenti
impiegarono nel far fruttare – o alimentare, a seconda
dei casi - nella mente la speranza che Miki rientrasse in casa il
prima possibile. Erano ansiosi di festeggiarla, ma ancor di più erano
impazienti di sgranchirsi le gambe.
E finalmente, dopo l’ennesimo
volo di fantasia, dall’esterno della piccola porta di mogano provenne un
rumore soffocato.
“Ehi…avete sentito anche voi?” chiese
Arimi rizzandosi prontamente sulle ginocchia – le costole di Ginta
emisero un gemito di riconoscenza – e portandosi una mano a coppa
sull’orecchio.
Al suono frusciante al di là
dell’uscio si aggiunse una sottile vocina impegnata ad intonare
distrattamente un motivetto musicale.
“Ehi…potrebbe essere…”
sussurrò Meiko trepidante intrecciando le dita sotto il mento.
“Alla buon’ora!!”
esclamò Tsutomu allargando le braccia; la sua uscita fu accolta da una
mano che venne prontamente sigillata sulla sua bocca, togliendogli di colpo il
respiro.
“Stai zitto, idiota!! Vuoi
far insospettire Miki?!” lo ammonì il
cugino, minacciandolo premendo ancora di più il palmo sulla sua
mascella.
Un tintinnio metallico sentenziò l’entrata
della chiave nella toppa.
“Prepariamoci ad accoglierla, sta per entrare!”
squittì eccitata Yayoi sollevando appena un lembo della tovaglia per
ammirare la scena che l’amica avrebbe trovato al suo ingresso: le
poltrone erano preventivamente state spostate ai due lati della porta
d’ingresso per lasciare libero il passaggio, il piccolo tavolo su cui era
stato imbandito un piccolo rinfresco – sotto il quale loro stessi si
erano nascosti- incastrato in una nicchia della parete, decine di festoni
colorati pigramente pendenti dal soffitto, che si incontravano
e andavano intrecciandosi in complicati nodi assicurati al lampadario al centro
della stanza.
Tutto era assolutamente perfetto.
La chiave girò nella fessura, non senza poche
difficoltà: evidentemente la ruggine non risparmiava nemmeno il metallo
dei prestigiosi college inglesi.
Gli ospiti indesiderati si acquattarono alla meglio
l’uno contro l’altro, carponi, in modo da trovarsi in una posizione
conveniente per quando sarebbero usciti allo scoperto
e avrebbero sorpreso Miki con la loro presenza.
“Ora fate silenzio, e preparatevi a saltare fuori al
momento giusto! Al mio tre…”
bisbigliò Arimi voltandosi verso gli altri con un dito davanti alle
labbra.
“Hm…” tutti annuirono complici
e subito scese un profondo silenzio carico di adrenalina.
Lo strumento venne sfilato dalla
toppa provocando un discreto fracasso.
“Tre…” Nacchan impugnò ancora
più saldamente le stelle filanti che teneva in mano, mentre Ginta si
portò l’estremità della trombetta alla bocca.
Uno spiraglio di tenue quanto mai accecante luce gialla
divise a metà la stanza, infrangendosi sulla mobilia e illuminandola
gradualmente.
“Due…” Yayoi poggiò le mani a terra
preparandosi allo scatto e Meiko portò il peso in avanti, intralciata
dal pancione.
La mano si poggiò sulla parete accanto allo stipite
della porta, cercando tastoni l’interruttore della luce.
“Uno…” All’unisono i ragazzi
trattennero bruscamente il respiro, pronti a sgusciare fuori
dal perimetro del tavolo.
Un colpo secco, un fiotto di luce
riversato di getto nell’intero perimetro, diverse pupille improvvisamente
ristrettesi.
Era il segnale.
Subito, senza aspettare altro tempo, gli organizzatori della
festa scavalcarono la zona d’ombra per rizzarsi improvvisamente in piedi
– accompagnati da diversi giubili da parte delle loro giunture
indolenzite – e un boato di gioia esplose nella piccola stanzetta, mentre
una pioggia di coriandoli e stelle filanti planava dolcemente sul pavimento.
“BUON COMPLEANNO, MI…”
“OH, MY!!” La ragazza
che aveva assistito alla scena urlò terrorizzata e cadde a terra, colta
di sorpresa.
Sarebbe stata una reazione più che plausibile per
chiunque. Insomma, chi si aspetterebbe mai di ritrovarsi in casa, per di
più se questa si trova in un altro continente, i propri amici
lì radunati, accorsi solo per avere la possibilità di donare un
compleanno indimenticabile ad una loro amica, che stimavano e a cui volevano
bene?
Sì, una reazione giustificabile e accettabile, se la
ragazza in questione fosse stata la destinataria prescelta di tutte quelle
attenzioni così premurose.
Già…Se
fosse stata la destinataria.
Accasciata sulle mattonelle del pavimento, mano sul petto,
occhi spalancati, in preda a forti spasimi, al posto di colei che avrebbe
dovuto esserci, c’era Hailey.
I ragazzi, inutile a dirsi, rimasero di stucco; Ginta, bocca
spalancata e una manciata di coriandoli ancora stretta
in una mano immobile, ne era la prova più lampante.
“Ha…Hailey?!”
boccheggiò Arimi incredula.
“Oh my God, mi avete spaventato da morire!!” piagnucolò la povera ragazza cercando di
non ansimare.
“Ma…ma
come…” balbettò Meiko spalancando gli occhi dalla sorpresa.
Era incredibile…
“Credevo che ormai la festa fosse cominciata!”
esclamò Hailey facendo forza sulle braccia per tirarsi in piedi; le sue
gambe tremavano leggermente. “Non mi aspettavo che foste
ancora nascosti sotto il tavolo!”
Tsutomu sbuffò molto pesantemente, come a voler sottolineare quelle parole che, in un modo o
nell’altro, assecondavano i suoi pensieri.
La riccia, scrutando i visi sconvolti e delusi degli altri
ragazzi, sgranò gradualmente gli occhi, prendendo coscienza della
situazione che le si parava davanti. “Non ditemi…non
ditemi che Miki non è ancora arrivata!”
“Accidenti, dove può essere andata a
finire?” si chiese Meiko crucciata, più che a se stessa che al
resto del gruppo. “Credevo che il suo esame sarebbe finito più di
un’ora fa!”
“È quello che credevo anch’io!” ribattè
Hailey passandosi una mano tra i capelli. “Per questo mi sono sorpresa così tanto!”
Ginta lasciò cadere a terra i coriandoli e si
buttò a peso morto su una delle poltroncine. “Ma
allora cosa può esserle successo? Comincio a preoccuparmi
seriamente…”
“M-magari ha incontrato qualcuno per strada!”
ipotizzò Nacchan sorridendo; nonostante il suo tono allegro, nessuno
avrebbe mai dato retta a quella possibilità così remota.
“Tsk…ve lo dicevo, io!” intervenne
Tsutomu trionfante sfoderando un ghigno di ripicca. “Io lo sapevo fin
dall’inizio che sarebbe successa una cosa simile! E
ora, mentre noi ci preoccupiamo da pazzi, chissà la signorina come se la
sta spassando! Datemi retta, lei sta sicuramente
meglio di noi…è lampante! E la prossima volta scordatevi che io
venga di nuovo con…”
Un cuscino improvvisamente scagliato contro la sua mascella
pose fine alle sue lamentele, soffocandone gli ultimi
refoli. Ciò non impedì comunque alla
vittima di esprimere un ultimo, vendicativo grugnito di disapprovazione, sentendosi
soddisfatto come non mai.
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I suoi occhi risplendevano di luce propria.
O almeno, questo era quello che le sue
iridi percepivano.
Forse era l’effetto dello scintillio delle poche
quanto splendide stelle che si riflettevano al loro interno, o le scure ciocche
di capelli che, ondeggiando al primo venticello di fine marzo, le
incorniciavano sinuosamente la pelle candida dando vita
a un contrasto non indifferente…
O forse, semplicemente, tanta era l’emozione che era
riuscito a provocare in lei dall’innescare la prima e fondamentale
scintilla addetta a quella confusa girandola di sentimenti che si
sovrapponevano l’un l’altro senza sosta,
senza che nessuno di essi trionfasse vincitore sugli altri contendenti al
primato.
Stupore e gioia, incredulità e
contentezza, riluttanza e voglia di lasciarsi andare.
Possibile che l’amore potesse riassumersi in tutte
quelle sfaccettature?
Ogni singolo, piccolo dettaglio delle sue infinite sfumature
era così carico di fascino che sarebbe stato impossibile non rimanere
ammaliati dal suo fluido perlato…o quanto meno
sperare di ignorarlo.
Non aveva esitato a pronunciare quelle parole, credeva
ciecamente nella logica delle sue azioni e mai, soprattutto in quel
caso, avrebbe espresso alcun tipo di rimpianto per
ciò che aveva appena fatto.
Se ripensava a tutte quelle volte in cui si era immaginato
quel momento, chiuso nel bagno del suo appartamento, con la voce insistente di
Will al di fuori dalla porta che lo pregava di uscire
da quella stanza o di Brian che lo accusava di essere in procinto di diventare
una femminuccia…
Quante volte si era soffermato davanti a quello specchio ad
osservare la propria sagoma, immerso in chissà quali astrusi pensieri
che perfino lui stentava a ricordare, mentre sceglieva le parole giuste da dire
nell’attimo in cui si sarebbe trovato faccia a faccia
con Miki…
E invece era stato tutto
così facile! Sorprendentemente, maledettamente, incredibilmente facile.
Quei due piccoli soffi avevano spirato dalla sua bocca senza
che nemmeno venissero prima elaborati dai suoi
neuroni.
Un semplice e banalissimo flatus
voci.
E un secondo dopo averli lasciati
liberi di perdersi nell’aria, era stato gratificato dalla visione di quei
due increduli occhi color nocciola che lui tanto amava e che lo facevano
sentire importante ogni volta che questi incrociavano i suoi, coccolando
le sue intere membra con un dolce tepore proveniente direttamente dal petto.
Per lui, in quell’attimo, Miki non le era mai
sembrata più bella.
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Aveva la benché minima idea
di quello che le aveva appena detto?
Si rendeva conto di ciò che le sue labbra si
erano fatte sfuggire?!
Riusciva a concepire quanto fosse
elevata la portata di quelle due semplici parole?
La sua mente era diventata il tetro scenario di una furiosa
lotta fra le due facce della sua coscienza: una delle due, la più
razionale, la spingeva a rimanere scettica di fronte alla proposta, troppo assurda
da accettare come vera; l’altra, invece, lungi dal demordere dall’impresa,
cercava disperatamente di imporre la propria influenza…riuscendoci appena.
Il risultato era pressoché equo, ma non poteva
continuare a vivere quegli interminabili minuti nel dubbio: no, non poteva
accettarlo, non era giusto.
Lei doveva avere delle certezze, solo in quel momento ne aveva avvertito la necessità impellente.
Quante volte, accoccolata sotto le coperte, si era persa in
fantasticherie che la vedevano scappare su un cavallo bianco abbracciata al suo
cavaliere, o tendere la mano al suo principe su uno sfondo di stelle e luna piena,
rimirando un fittizio anellino di plastica all’anulare sinistro…
E ora che stava vivendo tutto
ciò che aveva sempre sognato si sentiva…impreparata.
Se le sue orecchie l’avessero inconsciamente ingannata
non sapeva cosa avrebbe fatto.
O peggio, se il ragazzo di fronte a lei le
avesse raccontato una menzogna non gliel’avrebbe mai perdonato, mai.
“Yu…” mormorò quasi incerta, la
voce impastata. “Cosa…cosa hai detto?!”
Si accorse che le mani, che teneva
posate sulle gambe, erano scosse da diversi tremiti.
Realizzò di avere paura
della risposta che avrebbe ricevuto.
Avvertiva la tensione scenderle in forma di sudore freddo
lungo le tempie.
Il ragazzo tornò a posare i velati occhi nocciola in
quelli dell’altra e, socchiudendo appena le palpebre, fece la cosa
più naturale e spontanea che potesse fare:
sorrise.
Quel sorriso.
Quel sorriso che aveva il potere di infondere un assoluto
senso di pace e serenità, quel sorriso che impregnava ogni idea, ogni pensiero, ogni profumo di dolcezza, quel sorriso che
spazzava via ogni preoccupazione, avvertendole scivolare via dal petto.
Quel sorriso che non lasciava dubbi sulla veridicità
di una dichiarazione.
Quel sorriso che aveva miracolosamente abbattuto ogni parete
di difesa che intralciava il passaggio alla strada per la felicità.
E Miki non potè che imitare quel
gesto, accentuandolo di dieci, cento, mille volte.
Un sorriso radioso come non mai, mentre gettava le braccia
al collo di Yu e lo trascinava di nuovo fra l’erba, rotolandovi in mezzo
come due ragazzini.
Lo strinse forte, con tutte le sue forze, desiderando
ardentemente con tutto il cuore che il tempo si fermasse, concedendole
all’infinito un frammento di quel meraviglioso sentimento che
l’aveva travolta.
Non l’aveva mai sperimentato così intensamente;
era una sorta di crampo allo stomaco, qualcosa che le barricava il petto
all’interno di una morsa invisibile e indolore, catturandone ogni via di accesso e coinvolgendole nelle sue spire dentellate. Ed esse avidamente assaporavano il fluido emolliente che le
impregnava, inebriandosi di quel dolce ingrediente chiamato amore.
Yu, dapprima sorpreso dalla rapidità di quel gesto,
emise un piccolo sbuffo divertito e allacciò le mani dietro la schiena
della ragazza, stringendola a sé e affondando il naso fra i suoi capelli.
Miki, d’altro canto, strofinava la sua guancia contro quella del biondo come presa da scatti di follia,
balbettando fra una risata e l’altra: “Cosa stai dicendo,
sciocco…cosa ti è saltato in mente…Sei il solito
scemo…!”
Due piccole lacrime non tardarono ad affacciarsi dai suoi
occhi; all’eccesso di gioia era subentrata la commozione.
Stava succedendo proprio a lei, a lei! Ora lo sapeva, non aveva più esitazione, ma…era
così incredibile!
Yu continuava a baciarle la nuca, poi l’orecchio, poi
il collo, come tante piume leggere, incapace di trattenere le risate a sua
volta. D’un tratto, come risvegliatosi da un
sonno profondo, le afferrò i polsi e la fece raddrizzare sulle
ginocchia, in modo da trovarsela accovacciata di fronte a lui.
“Miki…” cominciò
dolcemente fissandola intensamente, l’emozione che scalpitava impaziente
nel suo petto. “Mi sei…mancata da morire.”
La moretta intrecciò le dita con le sue, ricambiando
lo sguardo. “Anche tu, tanto…Credevo che dopo la litigata ti fossi…”
Yu la interruppe posandole un dito sulle labbra. “No,
non mi riferisco agli ultimi fatti, ma…ecco…Sono stato veramente
uno sciocco a non farmi vivo per tutto quel tempo…” Miki
capì che alludeva all’anno passato.
“Sono sparito proprio nel momento in cui tu avevi più bisogno di
sostegno: il trasferimento, l’ingresso
all’università…Che scemo!” Scosse la testa con fare
complice.
La ragazza non capiva: come mai stava rinfacciando a se stesso quelle cose quando giusto un mese prima avevano
deciso di sorvolare su tutta quella faccenda?
“Yu, smettila, non devi incolparti così, ormai
è acqua passata, no?” Gli strizzò l’occhio
dimostrandogli di aver smaltito ogni ipotetica arrabbiatura contro di lui.
Il ragazzo sollevò nuovamente il capo. “No, non
è per questo…Vedi, l’unica cosa che voglio che tu sappia
è che…bè…ho avuto il mio ben daffare!”
Miki corrucciò la fronte. “Eh eh…sai, non credo che questa sia una giustificazione
molto accettabile!”
“…e i miei buoni
motivi!” concluse Yu con un sorriso furbetto lasciando l’altra
spiazzata. Quel ragazzo era incredibile, riusciva
a confonderle le idee in una maniera unica!
“Bè, sì, capisco…ma…”
La moretta si grattò la testa.
“Il fatto è che…ecco…”
bofonchiò il biondo, stavolta quasi imbarazzato. “sì,
sembra stupido a dirlo, ma…avevo bisogno di… risparmiare!”
“Cosa…cosa vuoi
dire?” chiese Miki sempre più curiosa, avvicinandosi di più
a lui. La stava veramente tenendo sulle spine: non riusciva proprio a capire
dove volesse andare a parare.
“Sì, ad un certo punto ero diventato
così ossessionato da quest’idea che ero arrivato al punto di
chiudere le conversazioni con l’esterno…Insomma, avevo messo il
telefono sotto chiave e lo utilizzavo solo nelle occasioni particolari!”
spiegò Yu con una risatina passandosi una mano tra i capelli.
Miki non potè fare a meno di annuire: ricordava fin
troppo bene l’ansia di quei giorni, non riusciva a contattare Yu in alcun
modo e si preoccupava da morire per la sua ripetuta astensione dalla linea
telefonica. “Capisco…e così hai preferito fare a meno della
voce della tua ragazza invece di dover pagare
un’esorbitante bolletta del gas, non è così?” chiese
con una smorfia cercando di stuzzicare il suo senso di colpa.
“Niente affatto…credo che invece ne sia valsa la
pena…” disse Yu tornando improvvisamente serio e sfoderando uno dei
suoi sorrisi più teneri. Anche Miki smise di
prenderlo in giro, arrossendo e tornando a fissarlo negli occhi.
“Vedi, se non avessi ricordo a questa
scorciatoia” cominciò il biondo accarezzandole
delicatamente una mano con il suo pollice, “avrei dovuto aspettare
ancora, chissà quanto, prima di poter raggiungere il mio scopo. Ma, man
mano che trascorrevano i giorni senza che la tua voce
sfiorasse anche solo per un attimo le mie orecchie, si rafforzava sempre
più in me la convinzione che mi era impossibile attendere anche solo un
mese di più.”
Miki sussultò, lusingata da quelle parole, ma allo
stesso tempo con l’inconscia sensazione di aver intuito qualcosa da
ciò che aveva appena detto il ragazzo. Arrossì ancora più
violentemente e rimase in attesa, preferendo chiudersi
in un religioso silenzio.
Yu trasse un lieve sospiro e con un cenno del capo della
moretta continuò: “E se non mi fossi completamente isolato da te,
non avrei mai potuto…” Si portò una mano alla tasca
posteriore dei pantaloni e fece come per estrarne qualcosa.
Gli occhi di Miki si spalancarono. Il cuore mancò un
battito.
“…prendere…”
Una piccola folata di vento smosse il nastro colorato che
avvolgeva il pacchetto di forma cubica perfettamente contenuto nella mano di
Yu.
Lo scompenso precedente venne
sostituito da un batticuore sempre più accelerato. Si portò le
mani al petto mentre il respiro le si faceva
più affannoso ogni secondo che passava.
“…questo.” Il ragazzo condusse la mano
fino a quando non si trovò di fronte il viso di
Miki, contratto dall’emozione. L’altra fissò il piccolo
oggetto con stupore ed incredulità crescenti, cominciando a
boccheggiare: gli attimi erano diventate ore, il vento fresco una impercettibile brezza.
Yu le sorrise incoraggiante,
tendendole il pacchetto notando la sua titubanza; in effetti, all’avance
del ragazzo Miki si era chiusa su se stessa a riccio, stringendo a sé le
braccia. Era tutto talmente incredibile, talmente magico, che aveva quasi paura di scoprire il contenuto di quella
scatolina che, in cuor suo, sapeva già cosa potesse essere.
Lentamente, molto lentamente, tese una mano in avanti e con
due dita afferrò il nastro arricciato, tirandolo e sciogliendo il nodo
che lo teneva legato. Yu pensò al resto, rimuovendo l’involucro
colorato e mostrando, finalmente, la fondamentale componente
della confezione: un piccolo cofanetto cubico rivestito di pelle scura.
Miki sentì gli occhi riempirsi di lacrime,
avvertendone la prima umidità al di sotto delle
ciglia.
“Miki…” mormorò il biondo
dolcemente portandosi goffamente in ginocchio; la mano libera si posò
sulla parte superiore dell’oggetto, pronta a sollevarlo. Era così
difficile trovare le parole esatte…
“Voglio stare con te, stanotte…per
sempre…per tutta la vita…”
Un timido scatto, un cigolio appena
udibile, un piccolo scintillio nella fredda notte primaverile.
L’emozione era troppa, ormai; la ragazza, con un
gemito soffocato, ebbe un sussulto quasi spaventoso, si portò le mani
davanti alla bocca, lasciando libere le lacrime di sgorgare copiosamente lungo
le sue gote.
Eccolo lì.
Piccolo diamante rischiarato dalle deboli luci dei lampioni.
Incastonato in un sottile anello di
platino elegantemente adagiato su un cuscinetto rosso carminio.
Ed era per lei.
Lo fissò in estasi chissà per quanto tempo,
tra le lacrime che non accennavano a fermarsi; i suoi occhi ne traboccavano,
stille lucenti fra le palpebre socchiuse.
Avrebbe voluto urlare, ridere, singhiozzare,premere le sue
labbra contro quelle di Yu e gettargli le braccia al collo fino a quando non si
sarebbero addormentati insieme dalla stanchezza…
La gioia l’aveva sormontata
fino al punto di paralizzarla.
Il ragazzo, felice e anch’egli commosso come non mai,
fece scorrere gli occhi lungo la figura di Miki; aveva un incontrollabile
desiderio di abbracciarla, coccolarla, farle testare sulla sua pelle il resto
dell’infinito amore che provava per lei.
Quell’anello ne era solo uno
dei tanti frammenti.
“Y…Yu…” riuscì a mormorare
Miki fra i tanti gemiti che la scuotevano. “I-io non…”
Yu la fece azzittire passandole una mano tra i capelli;
subito un’ondata di brividi percorse entrambi, accrescendo la loro sempre
più ardente brama di perdersi l’una nelle
braccia dell’altra, godere dei propri gemiti, restare insieme per un
tempo interminabile.
Con una risatina soffocata, la ragazza tolse a fatica la
mano sinistra dalla propria bocca, tendendola davanti a sé.
Arrossì istantaneamente, divertita da quel gesto che aveva sempre
sognato di fare con il ragazzo dei propri desideri.
Niente avrebbe potuto apparire
più chiaro agli occhi di Yu come quel tratto di pelle nudo che Miki gli
stava appositamente porgendo; con sguardo complice strinse la manina fra le
sue, mentre toglieva l’anello dalla scatolina. Con delicatezza, lo
infilò all’anulare di lei e lo spinse
fino alla sua estremità. Un momento che avrebbe rivissuto milioni di
volte…se solo ne avesse avuto la
possibilità…
Tornò a guardare la sua fidanzata, radioso e
leggermente rosso in viso. “Vuoi, Miki?”
Lei lo guardò raggiante, sorridendo fra le guance
bagnate, e sussurrò: “Sì…”
Suggello di una promessa che sarebbe durata in eterno,
monosillabo imbevuto di parole che sarebbe stato
difficile pronunciare tutte in una volta, la battuta di entrata di una nuova
vita priva di inganni, sospetti e infedeltà.
Semplicemente…Yu e Miki.
E quel “sì” si
tramutò in urla di giubilo, e le urla in risate, e le risate in
abbracci, coccole a non finire su quell’atollo di prato illuminato da un
lampione solitario. L’arcata stellata vegliava su di loro, le foglie
perse nel vento li nascondevano da sguardi indiscreti, il canto dolce di una
civetta trasformava in musica il loro pianto.
Come sono strani i casi della vita, a volte…tutti possediamo un angolo della nostra mente riservato agli astri
fanciulleschi, e in quello di Miki vi aveva fermentato, col tempo, lo scenario
ideale per la sua dichiarazione: una magnifica notte d’estate stellata
sormontante un meraviglioso parco adorno di fontane, piante e fiori variopinti
e una distesa di prato pressoché infinita.
Eppure, con quell’erba secca e umida di rugiada, le
imponenti e severe querce a fare da sfondo, una panchina sbeccata di fianco a
loro, quell’idea svanì dalla sua testa così come era venuta.
Non avrebbe potuto desiderare una situazione più
bella di quella.
wwwwwwwwwwwwwwwwwwwww
TO BE CONTINUED…
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wwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww
Noticine:
Ehm…*timid timid*Salve…*Ale schiva pomodoro* Er…quanto tempo che non mi faccio viva, non è
vero?? ^^; *Ale schiva scatola di pelati* Credo di aver battuto ogni record di permanenza nel mondo dei GHIRI!! Mi dispiace veramente
tantissimo di non aver potuto aggiornare prima, ma giusto in questo periodo il
mio computer ha deciso di ROMPERSI e lasciarmi a piedi *grrr,
vatti a fidare! ù___u *, così ne ho dovuto fare a meno per un
po’…Aggiungete la grande quantità
di compiti ed impegni all’interno della settimana e –purtroppo- la
scarsa ispirazione e avrete completato il quadro! ^^; Credetemi, non era
veramente mia intenzione farvi aspettare così tanto
per il nuovo capitolo, ma non ho potuto proprio fare nulla per anticipare la
pubblicazione! T__T Zob, perdonatemi, vi prego!!
Venendo al nuovo
capitolo…^_______^ Yeeeh, ce
l’ho fatta!! Finalmente la dichiarazione è arrivata
e…anche il perché ho scelto questo titolo(ma
scommetto che l’avevate già capito da circa cinque mesi!! ^///^)!
Ebbene sì…Yu ha dovuto risparmiare ADDIRITTURA SULLA BOLLETTA DEL
TELEFONO per poter comprare l’anello a Miki!!
O___O Che idea stupida, a pensarci adesso…Ma l’importante è
che sono riuscita ad arrivare fino a questo punto, che poi è stata
l’idea di base fondamentale per la stesura del racconto! ^^ Per
cui…sono contenta lo stesso, dopotutto!!
Spero che sia piaciuto anche a
voi, ci terrei tanto a sapere cosa ne avete pensato!!
*___* Per cui mi raccomando, non esitate a darmi le
vostre impressioni, per me è molto importante!! ^^ A proposito…se
ci sono alcuni punti incomprensibili, fatemelo sapere! Mi rendo conto di aver
usato un linguaggio particolarmente…contorto, credo che alcune frasi non
abbiano nemmeno senso!! O___O; Devo perfezionare il
mio stile “poetico”!! XD
Approfitto, inoltre, per
ringraziare tutte coloro che hanno recensito lo scorso
capitolo: miki18, LizDreamer,
luchiananami,
Cate89, pinacchia, miki90, Cardillina, Nayma,vane91!! Grazie, tesore, per il
sostegno, con i vostri commenti dolcissimi mi fate diventare sempre tutta rossa!! ^///^ Grazie, grazie davvero!!
^_________^ *sorrisone*
wwwwwwwwwwwwwwwwwwww
E dunque, baldi lettori…a
voi il giudizio!! E spero che il prossimo capitolo
arrivi…in tempi più accettabili di questo!!
XD Sia ben chiaro, comunque, che non ho assolutamente intenzione di abbandonare la ficcy,
per cui la pubblicazione prima o poi arriverà…ci sarà sicuramente!!
Baciottoni a tutti, e a presto!!!!!!!!!!
^_________________________^
Capitolo 22 *** Capitolo 22: Sotto le ali protettive... ***
Wecome To PageBreeze
Capitolo 22: Sotto le ali
protettive…
wwwwwwwwwwwwwwwwww
Sì, c’era quasi…
La preda era lì, stagliata con chiarezza davanti alle pupille
agonizzanti, immobile ed indifesa come un gattino spaurito.
Nessuno. Nessuno stava
guardando in quella direzione…
Perfetto!
Mai si era ritrovato in una situazione così favorevole.
Non avrebbe proprio potuto chiedere di meglio.
Strinse convulsamente i denti, ignorando i primi segnali di sudore freddo
che la sensibilità delle tempie stava cominciando a trasmettergli.
Flesse appena le dita, facendole crocchiare, sfiorando quasi
impercettibilmente il vellutato involucro esterno…
Se solo avesse allungato il braccio di qualche altro
centimetro…
Sì, ecco…ormai la missione stava per conclu…
“AH!!”
Un colpo secco al dorso della mano – seguito
immediatamente da un sonoro ciaf che riecheggiò
nella cameretta con un fragore che aveva dell’incredibile – lo costrinse a
ritirare istintivamente l’intero arto e barcollò urlando di
dolore.
“Ahia! Ma sei pazzo?!” sbraitò Tsutomu scoccando un’occhiata
fiammeggiante al responsabile dell’affronto.
“Prova solo a toccare quella
roba” sibilò minacciosamente Ginta in risposta, “e vedrai che quel braccio lo
ritroverai appeso fuori dalla finestra a far compagnia ad un paio di
salami!”
Il “cugino antipatico”(come altro avrebbero
potuto distinguerli, gli altri?)sbuffò stizzito e incrociò le braccia al petto
con un brusco movimento. “Hmf…te ne pentiresti, sai? Si dà il caso che sia questo il braccio che reggerà il trofeo
della vittoria quando abbatterò lo
smash che ti sconfiggerà una volta per tutte!”
Sghignazzò sadicamente e ridusse gli occhi a due fessure in attesa che l’altro
ribattesse.
Ah, ma stavolta aveva fatto centro, ne era sicuro!
Bè, in realtà non che ci volle poi molto al contrattacco…
“Hmm…questa frase…” mormorò Ginta in tono ingenuo fingendo di
concentrarsi per fare ordine nella propria mente, “…credo di averla sentita
almeno venti volte da qui a questa parte…o forse mi sbaglio?”
Lo avevano pure stancato, a dirla tutta…
Fino a quel momento, le ripetute sfide che Tsutomu gli aveva lanciato(e
ciò accedeva più o meno una volta al mese)ammontavano a nove vittorie per
Ginta…e una sconfitta, che gli aveva assicurato un mese intero di prese in giro
e dita cariche di superbia puntate verso di lui.
…Cosa ci poteva fare se aveva avuto un improvviso attacco di diarrea
proprio la mattina del giorno in cui era stata programmato il match?!
“Bè, io non mi arrendo mica così facilmente!” gracchiò Tsutomu piccato,
impermalositosi per ciò che il cugino gli aveva fatto notare.
Ginta sospirò facendo spallucce. “…e altrettante volte ho sentito
questa.”
“Oh, insomma, finiscila!” abbaiò infine l’altro
agitando furiosamente le braccia a mezz’aria e stirando il viso in una smorfia
orribile. “Dimmi solo perché non potrei prendere quella…quella cosa così
misera!”
E, tremando di rabbia, indicò l’oggetto dei suoi desideri che aveva
puntato poco prima.
Il cugino aggrottò la fronte e lo squadrò
con severità. “Ti ho già detto che tutto – ma proprio tutto – va lasciato
così com’è” rispose mantenendo, comunque, una certa pacatezza nella
voce.
Per Tsutomu, invece, ebbe lo stesso risuono di una sentenza inderogabile
da cui non avrebbe avuto alcuna via di scampo.
“Ma andiamo, Suo…” piagnucolò agognante, “…è
solo una tortina!” Scoccò uno sguardo di estrema rinuncia al pasticcino glassato alla
crema che troneggiava esattamente al centro di un enorme vassoio, circondato da
decine di suoi simili più piccoli e guarniti con colori
differenti.
“E che importanza ha?” ribattè
l’interpellato allungando il collo. “Li abbiamo comprati per Miki, non per
te!”
Tsutomu arricciò il naso, mentre una stella filante sfuggita alla prima
caduta collettiva planava dolcemente sopra la sua voluminosa chioma indaco.
“Anche i coriandoli e tutte queste altre stupide decorazioni erano per
la
Koishikawa, e hai visto che fine hanno fatto!”
Con occhi glaciali trafisse di netto Hailey,
che gli dava le spalle e, fortunatamente, non si accorse di nulla: ce l’aveva
con lei. Non tanto per aver rovinato la sorpresa così accuratamente organizzata
e preparata, ma perché, avendo permesso che effettivamente ciò accadesse, non
aveva fatto altro che ritardare di tante,
preziosissime ore il suo rientro in Giappone.
“Proprio per questo dobbiamo conservare
integro quanto più possiamo…” spiegò Ginta coscienzioso agitando un dito, “…a
cominciare dalle cibarie, che sono proibite.”
“Non ti facevo così responsabile, Ginta!” si complimentò Meiko sedendosi
dolcemente sul divanetto e sospirando. A quanto pareva, anche quella inguaribile
testa calda di Ginta Suo stava cominciando ad evaporare.
L’interpellato sghignazzò soddisfatto portandosi una mano dietro la nuca.
“Eh eh…visto? Quando voglio so come comportarmi!...Vero, Arimi?” aggiunse poi
voltando il viso inebetito in ogni direzione cercando con lo sguardo la
fidanzata.
E quando finalmente la individuò,immersa in una fitta conversazione con Yayoi e Nacchan al lato del
tavolo, il sangue gli si raggelò di netto nelle vene.
Le guance della ragazza, leggermente più paffute del normale,
molleggiavano tranquillamente in su e in giù mantenendo un armonioso ritmo
regolare.
Tra le mani, sollevate entrambe all’altezza del seno, un morbido panino
ripieno al prosciutto.
E tutte i grandi capisaldi di “bravo ragazzo responsabile” caddero
dall’impalcatura che la mente di Ginta aveva eretto per l’occasione come un
fragile castello di carte.
“A…Ari…”
Accidenti, la sua autostima stava lanciando grida di guerra…e lui se ne
stava lì rigido come un palo senza battere ciglio!
Doveva fare
qualcosa!
“A…Arimi!” esclamò infine scandalizzato, gli occhi sbarrati, avanzando
verso di lei a grandi falcate.
La ragazza, senza minimamente scomporsi, voltò tranquillamente il capo
verso la sua direzione. “Che cosa c’è?”
La solida fierezza del moro vacillò pericolosamente quando incrociò le
scintillanti iridi nocciola dell’altra.
“C-Come…come sarebbe a dire che
cosa c’è?!” farneticò agitato scrutando il panino masticato con occhi
dardeggianti. “Non avevamo f-forse detto di lasciare intatto il
rinfresco?!”
Si fermò di botto per riprendere fiato, ansimando nervosamente mentre tra
i presenti era calato uno strano silenzio.
D’altro canto, non c’era alcuno sguardo che non fosse puntato sul ragazzo
incollerito.
Arimi, senza dubbio la più perplessa, guardò il panino che teneva in
mano, poi guardò Ginta, poi di nuovo il panino.
“Ah…parli di questo?” mormorò con calma sventolando a mezz’aria l’oggetto
del misfatto. “…E cosa c’è di male?”
A quelle parole, il fidanzato spalancò ancora di più le orbite,
incredulo.
“C-Co…?”
“Ormai la sorpresa è rovinata, no?” spiegò la ragazza aprendo un braccio
in fuori come per ricordargli in che stato si trovasse l’appartamento dopo
l’entrata di Hailey. “A questo punto, anche se ci spazzoliamo tutto il buffet
che cosa cambia?”
Qualcuno annuì, qualcuno ridacchiò sotto i baffi, qualcuno sferrò
trionfante il pugno in aria.
Qualcun altro, invece, lasciò che il labbro inferiore gli scendesse
lentamente verso il basso.
Come avrebbe potuto reagire a quella sottospecie di affronto
psicologico?!
Arimi addentò il sandwich per la seconda volta e diede un colpetto
affettuoso sulla spalla di Ginta. “Mi dispiace di averti deluso…povero il mio
ragazzo!”
“M-Ma io…io…” balbettò lui, non sapendo cosa dire.
La sua autostima si ritirò definitivamente in un umido cantuccio
deserto.
Lo spettacolo era finito!
Il resto degli invitati, dopo un attimo di
esitazione, scrollò le braccia e, con un gran sorriso, cominciò ad affacciarsi
al bordo della tavola imbandita, prelevando consistenti assaggi chi da una
ciotola di patatine, chi da un vassoio di sakuramochi, chi da
una caraffa di succo di frutta.
Ginta rimase immobile sulla sua postazione, avvertendo su di sé il senso
di stupidità che quella scena gli stava offrendo su un piatto d’argento.
Improvvisamente, un enorme peso lo colse dietro la schiena e un forte cappio gli
circondò le spalle e il collo.
“Non
ti facevo così idiota, Ginta!” ululò Tsutomu imitando il
tono di Meiko, sogghignando vittorioso. “E ora…a te l’onore!”
Senza che potesse rinfacciare le proprie motivazioni per quell’affronto
così sciocco, il ragazzo avvertì i propri denti cozzare contro qualcosa di
morbido e cremoso; impatto eccezionalmente doloroso a causa della mano di suo
cugino, che aveva accompagnato il movimento verso la sua bocca e non si era
fermato nemmeno quando ormai ne era giunto in prossimità.
“E con questo siamo a metà della mia
rivincita!” esultò Tsutomu scuotendo la testa del moro in ogni direzione senza
conservargli alcun riguardo particolare – la parentela che li univa era un
conto, ma la rivalità ne era decisamente un altro. Gli sferrò un’ultima manata sulla nuca e
trotterellò allegramente verso l’angolo dei dolci al
cioccolato.
Ginta, improvvisamente tornato in sé(scuotere la testa del prossimo,
forse, poteva tornare vantaggioso per gli effetti che produceva), si massaggiò
energicamente il punto colpito con una mano, avvertendo la collera montare
sempre di più, e con l’altra si pulì il contorno delle labbra, su cui erano
rimasti diversi residui della roba che il cugino gli aveva spiaccicato
contro.
Le sue papille gustative fecero un guizzo.
Quell’aroma era talmente dolce e vellutata che avvertì l’impulso di
socchiudere gli occhi per un fugace attimo.
E decifrare le cause di quell’apoteosi dei sensi.
Crema…crema e glassa…
Glassa…
…Glassa?!
Come colpito da una folgorazione improvvisa, fece scattare gli occhi al
vassoio dei pasticcini da cui, pochi minuti prima, aveva dissuaso l’attenzione
di Tsutomu.
Si mise in bocca il dito con cui aveva raccolto la crema…e non potè fare
a meno di morderlo.
“…Maledetto…stupido…Rokutanda!”
Al posto dell’imponente pasticcino glassato, supremo generale a capo di
un esercito di suoi piccoli sottoposti a sua immagine e somiglianza, ora non vi
era altro che un incolmabile vuoto tappezzato di briciole.
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“Lo sai…questo è il terzo.”
“Hm?”
“Sì…” Miki carezzò affettuosamente con lo sguardo il piccolo cerchio
scintillante che le cingeva l’anulare. “Il primo me lo regalasti alla fiera
dell’ultimo dell’anno, il secondo come dono arretrato per il mio
compleanno…”
Sospirò appena: quello che aveva appena nominato aveva accompagnato uno
dei momenti più importanti, forse il più tormentato, della loro
relazione.
“…e ora questo” concluse sorridendo, sentendosi al culmine della
gioia.
Possibile…Possibile che ancora non riuscisse a concepire con chiarezza
quanto…quanto quel piccolo e quasi insignificante oggetto riuscisse a gonfiarle
il cuore ogni volta che le sue iridi incrociavano quella piccola
gemma?
Come poteva, quella stilla di luce, essere talmente capiente da poter
contenere in sé tutte quelle promesse, quegli interminabili attimi di tenera
contemplazione reciproca…
…tutte quelle piccole attenzioni che disegnano ineluttabilmente un
florido futuro contrassegnato dal marchio coniugale?
Un marchio ormai divenuto una certezza.
E non bisognava far altro che renderlo indelebile.
Una scarica di appagamento sorprese le schiene di entrambi i ragazzi
quando lui posò dolcemente lo sguardo su di lei.
“…Ti ricordi ancora di quel giocattolo?!” chiese Yu stupito riferendosi
al primo anello che la moretta aveva elencato.
Una nuova serie di immagini fluttuò allegra nei meandri della
memoria.
Uno striminzito cerchietto di metallo e un piccolo fiore colorato
intagliato nel legno, incastonato esattamente sul tratto centrale.
Semplice. Forse era proprio per questo che Miki ne era rimasta così
colpita.
“Ricordo” continuò sistemandosi accanto a Yu, “di averlo infilato qui” –
e indicò il dito medio della mano sinistra. “Non lo misi sull’anulare
perché…ehm…”
La ragazza si interruppe scemando gradualmente da un tono di voce
squillante a piccoli gemiti imbarazzati; ridacchiò tra sé e si portò le mani al
viso, infuocatosi di colpo senza nemmeno che se ne accorgesse.
“Hm?” Il biondo la scrutò perplesso. “…Perché…?”
Mosse una mano incitandola ad andare avanti col discorso che aveva
lasciato in sospeso.
Miki sorrise ingenuamente, avvertendo su di sé quelle candide carezze
puerili che l’avevano accompagnata fino a pochi anni prima.
Chissà se si era sentita così anche durante la prima volta che l’aveva
pensato…
“Bè…volevo conservarlo immacolato per quello di fidanzamento, tutto
qui!”
Yu spalancò appena gli occhi, sorpreso, e sbuffò quasi
impercettibilmente, portandosi una mano davanti alla bocca.
“Ehi, ragazzina…ma che razza di pensieri ti passavano per la
testa?!”
Le diede un buffetto sulla guancia, divertito e allo stesso tempo
profondamente intenerito da quel particolare rispetto che la sua fidanzata aveva
serbato per il ruolo che quel dito avrebbe giocato nel loro futuro.
“Oh, ma insomma!” ribattè l’altra ridendo. “Una ragazza non può essere
libera di fantasticare come le pare e piace?”
Chiuse gli occhi per un momento, assaporando la fresca arietta serale che
le scompigliava gentilmente i capelli.
Quella che stava vivendo non era una semplice chimera.
“Niente da dire” mormorò Yu in risposta alzando le mani come a
dimostrazione della sua neutralità. Sorrise e tornò a poggiare la schiena contro
il tronco dell’albero.
Un refolo di vento particolarmente gelido(si sa, marzo è
pazzerello)pizzicò pungente la pelle scoperta di Miki, che si irrigidì di colpo
e si strinse nelle spalle.
Il ragazzo, avvertendo i confusi cambi di posizione contro il suo fianco,
voltò il capo in direzione dell’epicentro del trambusto. Gli bastò un’occhiata
alle iridi lucide della moretta e al pallore che le stava portando via il
rossore dal viso per comprendere al volo quello che stava accadendo.
“Hai freddo?” le chiese con tono incuriosito sporgendosi sopra di
lei.
Le domande retoriche erano sempre il suo forte.
Miki si strofinò le mani l’una contro l’altra, cercando di raccogliere ed
accumulare quanto più calore possibile.
“Un…un po’…” mormorò a denti stretti tentando di non muovere un solo
muscolo. Più a lungo sarebbe rimasta immobile, prima si sarebbe resa insensibile
al freddo.
Yu annuì, facendo saettare gli occhi da una parte all’altra del
parchetto, le orecchie tese e la mente attenta, trattenendo il respiro come se
stesse cercando di captare qualche cosa di particolare nell’aria.
“In effetti si sta facendo più fresco…”
“A Londra è normale che a una cert’ora le temperature calino così
bruscamente…” soffiò l’altra arricciando il naso. Si voltò meccanicamente verso
il biondo, aspettando trepidante un suo cenno d’intesa…invece rimase a fissarlo,
perplessa.
Lo sorprese ad armeggiare di buona lena con i bottoni della sua giacca di
jeans.
“Ehi…che cosa stai facendo?” gli chiese titubante.
Aveva davvero intenzione di fare l’uomo temerario e
sfidare il clima primaverile rimanendo in maglietta di cotone?
Eppure…eppure quel piccolo tarlo che le
rodeva nella testa non riusciva a lasciarla in pace; aveva una sorta di intuizione, ma in
quel momento, forse troppo impegnata a difendersi dalle folate di vento
improvvise, non riusciva proprio a decifrarla.
Yu le scoccò un’occhiata eloquente e si aprì in un ghigno furbesco.
“…Secondo te?”
“Ehm…”
“…ti riscaldo un po’, no?” esclamò infine come se fosse stata la cosa più
ovvia del mondo.
Miki si lasciò sfuggire un sospiro tra le labbra bluastre mentre lo
osservava sfilare l’ultimo bottone dall’asola di stoffa.
“Ma così sarai tu ad avere freddo!” sbottò decisa poggiando le mani sul
petto del ragazzo per impedirgli, almeno, di sfilare le braccia dalle
maniche.
L’altro interruppe a metà il suo movimento finale, distratto dalla
reazione della moretta.
“Hm…” Volse gli occhi al cielo stellato e mosse appena le labbra
fingendosi profondamente concentrato sull’analisi di quell’obiezione che gli era
appena stata rivolta.
“Sai…” disse poi sollevando l’indice della mano sinistra, “…forse hai
ragione tu!”
“Ah…?”
Miki non seppe se congratularsi con se stessa e la propria risolutezza o
se scoccare un’occhiata fiammeggiante al fidanzato e pizzicargli il braccio per
la sua inguaribile sfacciataggine.
Si limitò ad abbassare violentemente la testa contro il proprio petto,
avvertendo improvvisamente una grandissima stanchezza dopo essere stata così ben
colta alla sprovvista.
Eppure avrebbe dovuto farci l’abitudine, dopo tutto quel tempo
che…
“…basterà fare così!” riprese invece Yu d’un tratto, e la moretta lo vide
strizzarle furbescamente l’occhio nel momento in cui alzò lo sguardo verso di
lui.
Con un gesto che aveva del naturale, il biondo si scostò dal busto la
metà destra del giubbotto, rivelandone l’imbottitura interna.
“Oh…” Miki capì al volo e non potè trattenere una risatina
divertita.
“Prego, signorina…si accomodi!” pronunciò Yu solenne fingendo pomposità.
Con un piccolo fremito emozionato, la ragazza fece forza sulle mani per
accorciare la poca distanza che la separava dal ragazzo e si accoccolò contro il
suo fianco.
Nel giro di pochi secondi un piacevole teporino la avvolse nelle sue
spire, mentre un energico braccio le cingeva affettuosamente le
spalle.
Un calduccio così dolce…
Sì…ormai avrebbe proprio dovuto farci l’abitudine, dopo tanto
tempo.
“Va meglio?” le chiese teneramente Yu sorridendo dolcemente.
Ricevendo in risposta un mugolio soddisfatto, il ragazzo potè considerare
riuscita la sua opera di buona fede.
“Non credevo che sapessi fare anche le fusa” ridacchiò lui toccandole la
punta del naso con la mano libera.
“Che sciocco” rispose lei ridendo, socchiudendo le palpebre.
Silenzio.
Carezze di primi petali e mormorii di foglie secche.
Un sospiro.
Miki alzò lievemente il mento verso l’alto.
Yu portò gli occhi in quelli dell’altra, anticipandola.
“Quanto tempo è passato dall’ultima volta che…ti ho offerto un posto
sotto la mia…ala protettiva?” le chiese piano senza distogliere lo sguardo da
lei.
La moretta sbuffò fingendosi indignata. “Ala protettiva…addirittura!”
“È il posto giusto per un micio come te”
rispose lui passandole la mano libera sulla piccola pancia liscia sovrastata
dalle molteplici pieghe del maglione. “Accidenti…queste sono davvero
fusa…!”
“…Mi piace stare acciambellata contro colui che si prende cura di me…”
mormorò lei tra le labbra semichiuse.
Yu sorrise radioso, addolcito dal tenue timbro di voce della
ragazza.
“…E a me piace coccolare colei a cui voglio bene.”
Se avesse potuto, Miki si sarebbe volentieri sciolta in calde lacrime di
felicità. La stessa felicità che le stringeva il cuore in un nastro che mai
sarebbe stato violato.
Il biondo aumentò la stretta intorno al collo esile di lei. “Se mai un
vero gatto dovesse prendere il tuo posto, non me ne accorgerei
nemmeno…”
Come poteva aver voglia di scherzare anche in un momento così carico di
romanticismo, coccole e risatine dolci? Non riusciva proprio a
spiegarselo.
Eppure, quello scambio di prese in giro faceva ormai parte della loro
quotidianità, un brandello di perfezione che rendeva tutto più naturale, anche
per quanto riguardava la loro intimità.
“Non preoccuparti” rispose lei strofinando il capo contro l’incavo della
sua spalla, “non mi muoverò da qui…”
La pietruzza montata nel piccolo cerchio platino si esibì in una gioiosa
danza di riverberi giallastri.
“…resterò al tuo fianco per sempre.”
Incredibile come anche un banale fanalino da giardino potesse dar vita a
quello sfavillare di colori dalle tonalità più ammalianti e sinuose.
Un frammento di assoluto silenzio.
Dolce degustazione di un sogno prossimo a tramutarsi in
realtà.
“Resterò al tuo fianco per
sempre.”
Non erano state solo le circostanze del momento a voler vedere quella
frase formulata.
Conteneva un’essenza tutta particolare, destinata ad estendersi per
chilometri in linea retta.
Era impossibile non sussultare di emozione ad ogni più piccolo tocco, una
distratta carezza, un paio di dita tra i capelli.
O, perlomeno, non quando ogni visione era
proiettata verso quella nuova dimensione, quella nuova vita che avrebbero,
di lì a poco, costruito insieme.
L’uno accanto all’altra.
Senza allontanarsi mai.
“Yu…” mormorò piano Miki, intontita dal calore che il corpo del ragazzo
continuava a far fluire attraverso le maglie del pullover.
“Hm?” L’interpellato accostò il mento alla sua fronte.
“Ogni anello ha sempre segnato qualcosa di nuovo, tra noi…giusto?” chiese
rimirando per l’ennesima volta il suo dito anulare sinistro.
Inutile. Ogni volta che i suoi occhi saettavano, anche accidentalmente,
verso quella piccola pietra cangiante…il suo cuore faceva un balzo.
Forse era per questo che non le pesava quella assidua
contemplazione.
“Hm hm…” mugolò Yu annuendo lievemente contro il suo viso accaldato. Fece
scorrere il capo verso il basso fino a quando la bocca non prese il posto prima
occupato dal mento.
Lei avvertì le gote avvamparle di colpo non appena il tocco di quelle
labbra morbide la raggiunse sulla pelle, ma continuò a parlare facendo finta di
nulla.
“Tante promesse di ritorni, a-attese, cambiamenti, rivoluzioni, speranze
da rimpolpare continuamente…” riprese lei chiudendo gli occhi. Ognuno di quegli
struggenti attimi, così frequenti nella sua vita di tutti i giorni, si
rivelavano alla sua mente in fugaci barlumi, come tanti fotogrammi di una
pellicola ormai consunta.
“Sì, sì…” confermò distrattamente l’altro, oramai totalmente coinvolto
nell’atto di costellare di piccoli baci la fronte della fidanzata, premendovi
contro le labbra a piccoli intervalli.
“…e una consistente dose di litigate e scenate di gelosia!” concluse
infine la moretta mentre sul suo viso si apriva uno strano ghigno di
rassegnazione.
Fu allora che il biondo si scostò dal suo passatempo per volgerle uno
sguardo perplesso.
“…Come?” le chiese, confuso.
Sapeva bene quali difficoltose complicazioni avevano ostacolato il
tranquillo cammino della loro relazione, ma…
Perché stava tirando fuori gli scheletri dall’armadio?
Aprì appena la bocca come per dire qualcosa, quando una risata di Miki lo
fece desistere dal suo intento, bloccandogli la mascella sospesa a
mezz’aria.
“Yu…” cominciò lei sistemandosi le pieghe
della gonna e volgendogli uno sguardo raggiante, “…vuoi che poniamo la parola fine, una volta per
tutte?”
Il ragazzo la scrutò ancora, turbato, tirandosi a sedere.
“Fine?”
E in che senso?
Miki sorrise ancora, più dolcemente che mai. Sollevò la mano destra
all’altezza del naso e ricercò una fonte di luce per permetterle di trapassare
il piccolo prisma scintillante.
“Ti prego, promettimi una sola cosa…”
Il groppo in gola andava intensificandosi, gli occhi cominciavano a
pizzicare.
Ma il sorriso non accennava a svanire.
“…smettiamola di fare i bambini capricciosi.”
Il riflesso delle proprie iridi castane in quel piccolo frammento di
cristallo fu l’espressione di una sincerità che mai Yu aveva avuto il modo di ammirare fino
a quel momento.
Si fece improvvisamente serio e strinse a sè le spalle della moretta con
entrambe le braccia, chinando lentamente il busto verso di lei.
Il primo segno di commozione fece appena capolino dalla base oculare.
“Basta con i rimpianti, le gelosie e i litigi insensati;
chiudiamo…chiudiamo questo capitolo fatto di sofferenze…ti…ti va?” Miki si voltò
di scatto verso il fidanzato, lo sguardo ormai offuscato dalle sue stesse
lacrime, fissandolo quasi implorante di fronte a quella tanto agognata
richiesta.
Il lume della pace eterna.
Il biondo abbandonò gradualmente il capo verso il basso, socchiudendo
leggermente le palpebre.
Miki si morse un labbro, palpitante.
Un gesto fugace. Una mano intrecciata a quella dell’altro. Una carezza
lieve e rassicurante che scacciava via ogni più piccola paura.
E due sorrisi che si rispecchiavano l’uno in quello
dell’altro.
“È ora di aprirne uno nuovo, Miki.”
Labbra in fremito.
Una risata trattenuta a malapena.
…Forse era quello, il primo assaggio di estasi.
“…Torniamo a casa?”
Miki strinse ancora più forte le dita intorno a quelle di Yu.
“…Sì.”
wwwwwwwwwwwwwwwwwww
“Rovinato…rovinato! Avete rovinato
tutto!”
Ginta si portò le mani tra i capelli mentre
scorreva con gli occhi i resti che gli amici avevano lasciato sulla tavola
apparecchiata, una vera e propria carneficina di briciole che, una volta, erano
state parte integrante delle più svariate vivande: tortine dolci, pasticcini
farciti, focacce salate e panini imbottiti.
Ora non vi era rimasto più nulla.
“Come avete potuto…come avete potuto mangiarvi tutto quello che avevamo
preparato?!” gemette il ragazzo aggrottando la fronte, gli occhi spalancati
dalla disperazione mista a rabbia.
Tsutomu, ancora impegnato a masticare a quattro ganasce l’ultima vittima
della sua rete, cercò di sorridere nonostante la bocca piena(il che non fu
quello che propriamente si chiama “un bello spettacolo”)e diede una pacca sulla
spalla del cugino con la mano libera.
“Oh, andiamo…ancora nervoso, eh?” sibilò divertito; la sua voce arrivava
ovattata e strascicata a causa del fastidioso – e tuttavia delizioso –
ingombro.
Ginta, la testa ancora bassa, sussultò. “L-Leva quella mano appiccicosa
dalla mia felpa!”
“E perché, scusa?!” rispose l’altro ingoiando il boccone tutto d’un
fiato.
“Ti prego, lasciami perdere…” sospirò il moro sconsolato, avvertendo il
proprio capo abbassarsi ancora di più in direzione del pavimento.
Arimi, che aveva assistito all’intera scena dal divanetto su cui si era
seduta insieme a Meiko e Hailey, si alzò in piedi e raggiunse a passi lenti il
fidanzato.
“Ginta…che ti prende?” gli chiese dolcemente posandogli una mano sul
braccio penzoloni.
L’interpellato le gettò uno sguardo di
sottecchi; eccola, la vera
responsabile che aveva dato il via a tutto quel
disastro…
Nel suo petto stava avanzando una furiosa battaglia contro il suo essere
uomo e la personificazione del legame che lo teneva unito a quella tenera
creatura così affascinante.
In fin dei conti, tuttavia…non fu poi così difficile decretare un
vincitore.
Ma come poteva…come poteva
dare la colpa a quel visino così adorabile?!
“Ni…Niente…” belò il ragazzo malinconico, socchiudendo gli
occhi.
Improvvisamente si sentì addosso una grande stanchezza.
La ragazza, dopo un attimo di esitazione, stette ad osservarlo a lungo
come per cercare di trarre qualche conclusione da quell’atteggiamento così
scoraggiato.
“Ehi…” mormorò infine sottovoce, avvicinando il viso a quello di Ginta.
“…ce l’hai ancora per quello che è successo poco fa?”
Qu…quel tono di voce!
Maledizione,
maledizione!
“B-Bè, io…” bofonchiò lui impacciato, evitando di incrociare il suo
sguardo.
Non poteva permettersi di fare la figura dello stupido di fronte a
lei!
Arimi lo fissò ancora con i suoi grandi occhi nocciola. “…Lo immaginavo!”
sorrise tirandogli un pizzicotto sulla guancia.
“Eh?!”
“Oh, andiamo, non dirmi che te la sei davvero presa!” riprese lei in tono
che aveva dell’indignato.
Per Ginta ebbe quasi l’effetto di una stilettata al cuore.
“M-Ma insomma, come altro avrei dovuto reagire, allora?!” sbottò piccato,
stringendo i pugni. “Ci tenevo così tanto a fare una bella sorpresa a Miki, e
invece…”
“Ehi, Suo…” Arimi gli scoccò un’occhiata glaciale. “Dimmi un po’,
invece…come mai hai deciso di darti da fare così alacremente per organizzare la
festa di compleanno di Miki?”
Ginta si sarebbe volentieri dileguato all’istante, se solo la ragazza non
lo stesse braccando sul posto con entrambe le braccia.
“E-Eh?!” balbettò imbarazzato.
Che…che cosa stava insinuando?
“Forse…mi stai nascondendo qualcosa?” proseguì Arimi sussurrando al suo
orecchio con un timbro di voce che Ginta non aveva mai trovato più
minaccioso.
“Co…cosa?!”
Fece appena in tempo ad incrociare gli occhi fiammeggianti della
fidanzata per cadere nel panico più totale nel giro di pochi secondi.
Spalancò gli occhi come illuminato da una rivelazione
sorprendente.
Accidenti, ma allora…
…sembrava davvero che tenesse
più a Miki che a lei?
“N-No, no, NO! Non intendevo affatto quello, d-davvero!” In preda
all’ansia e prigioniero di terribili fantasie in cui una adiratissima Arimi lo
abbandonava al suo destino in un contorto labirinto di spine, Ginta cominciò ad
agitare furiosamente le braccia all’intorno e a farneticare una serie di scuse
impossibili e frasi di smentita.
Oh cavolo, Arimi non lo stava nemmeno guardando…
Stava giocherellando con la cannuccia del suo bicchiere senza degnare di
un misero sguardo la sua patetica scenata.
“A…Arimi!” esclamò il
moro posandole con foga le mani sulle spalle e costringendola a girarsi.
“Cre-credimi, non l’ho fatto pe-per un motivo particolare, te lo
giuro!”
Silenzio.
Sudore freddo.
Mani tremanti.
E sul viso della ragazza si aprì l’espressione più ingenua che avesse mai
potuto concepire.
“Certo che no, stavo solo scherzando!”
Gli ululati di Ginta si interruppero di colpo.
Così come la sua incredibile riserva di energia nascosta,
dopotutto.
“Eh?!”
“Volevo solo vedere come avresti reagito alla provocazione” spiegò Arimi
con tranquillità portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Non
agitarti troppo.”
Una serie di lunghi fischi continui scandì lentamente la mente rivoltata
del ragazzo, impalato sul posto con un’espressione di pura cretineria dipinta in
volto.
“Comunque, non preoccuparti…” Arimi gli sorrise dolcemente e gli scostò
delicatamente la frangia dalla fronte. “Prima o poi Miki tornerà a casa, e non
potrà che essere felice di vederci…anche senza rinfresco.”
Ginta, nonostante non si fosse ancora ripreso dalla sventola precedente,
non potè fare altro che annuire.
“Coraggio, Ginta” disse l’altra stringendogli una mano tra le sue. “Vieni
di là a sederti insieme a…”
Un secco fragore metallico la sorprese prima che potesse interrompere il
discorso.
E subito, come un fulmine a ciel sereno, un silenzio carico di attesa
piombò nel piccolo appartamento.
“Ehi…” mormorò piano Yayoi. “Ma…”
Il rumore della chiave che si districava nella serratura della porta
continuò a rimbombare nelle orecchie degli ospiti.
Tesi in ascolto.
“N-Non sarà mica…” tremò Tsutomu lasciando andare il panino che reggeva
tra le mani.
Qualcosa gli diceva che sarebbe tornato nel
suo adorato Giappone molto, molto
presto!
Una mandata, due mandate, tre mandate.
La maniglia interna si piegò verso il basso.
“P…presto, nascondetevi tutti!” trillò Arimi agitata, allargando le
braccia e correndo da una parte all’altra della stanza per riportare l’ordine
delle cose.
Al suo minimo cenno, tutti gli organizzatori della farsa scattarono in
piedi come grilli e si sbrigarono ad infilarsi nel primo spazio nascosto che
avessero trovato; ormai non c’era più tempo per riprendere le postazioni
iniziali.
Il portone d’ingresso cominciò ad aprirsi.
I cardini che la sorreggevano stridettero inquietanti.
“Presto, qui sotto!” Tsutomu sollevò il
lembo della tovaglia per farvi passare Yayoi, tirando via una scatola di mochi che andò a
schiantarsi per terra, rovesciandosi sul pavimento e sotto il
divano.
Il tocco leggero del cartone non sfuggì all’udito dei due ragazzi al di
fuori della soglia.
“Ehi, che cos’è stato?” chiese Miki volgendosi verso Yu, dietro di lei,
mentre si affrettava a spalancare completamente la porta.
E la scena che si ritrovò davanti,
decisamente non era nella normalità.
Ginta e Arimi, avvinghiati l’uno contro l’altro in una presa quanto mai
ridicola, stavano avvolgendo una delle tende della finestra attorno ai loro
corpi.
Nacchan si era bloccato con un braccio a mezz’aria mentre stava aiutando
Meiko e il suo ingombrante pancione ad alzarsi dal divanetto su cui erano
rimasti seduti poco prima.
Al di sotto del tavolo ricoperto da un deposito di briciole colorate, il
posteriore di Tsutomu ondeggiava goffamente mentre cercava di coprirsi alla
meglio con il lembo della tovaglia bianca più a portata di mano.
Hailey, bocca spalancata per lo stupore, si era bloccata sulla soglia del
locale cucina, tra le mani un vassoio di cheese cake.
E un disordine assoluto regnava nell’intero ambiente.
“Eeeeh?!” Miki, sconvolta, allargò le gambe
e puntò un dito avanti a sé. “E…e voi…che
cosa ci fate qui?!”
“Già…” confermò Yu sporgendosi da dietro la schiena della ragazza per
ammirare la scena a sua volta.
Nelle vene degli ospiti inattesi, oramai,
nonostante le strane pose che avevano assunto, stava scorrendo puroghiaccio.
Un silenzio imbarazzante li coinvolgeva completamente nella
contemplazione della festeggiata.
Arimi fu la prima a mormorare qualcosa, sebbene il fiato le si fosse
mozzato all’improvviso.
Cosa diavolo ci facevano i suoi amici…nella sua casa?!
“Si può sapere da dove siete saltati fuori?!” insistette muovendo i primi
passi incerti, ardendo di curiosità.
I suoi amici…a Londra?
Un’occhiata collettiva.
“E-Ehm…bè…” sussurrò Meiko portandosi una mano sotto il mento,
estremamente divertita da quella situazione che si era andata a complicare fino
a quel modo. “Abbiamo solo fatto un salto…per venire ad augurarti buon
compleanno, Miki…”
wwwwwwwwwww
TO BE CONTINUED…
wwwwwwwwwwww
wwwwwwwwwwwwwwwwwww
Noticine:
*__*I-Io…
…Io vi adoro tutti…
Mi sarei messa
a piangere quando ho letto le recensioni dello scorso capitolo!! ç__çSiete sempre tutti così incoraggianti…e
io che invece continuo imperterrita a ritardare sempre di più la pubblicazione
del nuovo capitolo!! ^^;
Ma davvero il
mio ultimo aggiornamento risaliva a FEBBRAIO?! O__O Non me ne sono minimamente
resa conto!
Comunque, sono
finalmente riuscita a terminare il nuovo capitolo, che ahimè…mi dà tanto l’idea
di transizione, purtroppo! Non è che mi soddisfi molto, a dire il vero, il
quinto anno di liceo mi sta facendo deviare dal mio solito stile di scrittura…Vi
prego, abbiate pazienza! ^__^;
Spero comunque
che vi sia piaciuto…mi raccomando, fatemi sapere le vostre opinioni, sempre
importantissimi per me!
E davvero, non
so proprio come sdebitarmi per le meravigliose recensioni che mi avete lasciato
nel precedente capitolo…*me si commuove
ancora*
Grazie davvero
di cuore…grazie Cris, Miki18, Cardillina, Nayma, Kimi, Miki90, Pinacchia, Liz Dreamer, Lollyna…vi
adoro!!
Un baciotto
grandissimo e…al prossimo capitolo! Con tutto l’augurio che lo studio mi dia un
po’ di tregua…^^;
Alessandra!
wwwwwwwww
wwwwwwwwww
*Sakuramochi:
pasticcini dolci, al profumo di ciliegia