La Lancia di Lugh di Beatrix Bonnie (/viewuser.php?uid=83290)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La nuova scuola ***
Capitolo 2: *** Viaggio in treno ***
Capitolo 3: *** Il Trinity college per giovani maghi e streghe ***
Capitolo 4: *** L'aquila e il drago ***
Capitolo 5: *** Le acque del lago ***
Capitolo 6: *** Una punta niente male ***
Capitolo 7: *** La stanza buia ***
Capitolo 8: *** Una croce a Natale ***
Capitolo 9: *** L'incantesimo sensore ***
Capitolo 10: *** La lancia di Lugh ***
Capitolo 11: *** Un trucchetto da illusionisti ***
Capitolo 12: *** Il potere della Lancia ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** La nuova scuola ***
CAPITOLO 1
La nuova scuola
A Edmund non piaceva il suo nome. Suonava di antico, di epoche passate e di ville settecentesche. Per non parlare del fatto che tutti lo prendevano in giro per come si chiamava. Purtroppo, però, l'unica persona con cui poteva lamentarsi per il suo nome era l'inserviente patriottica dell'orfanotrofio che, quando l'aveva trovato davanti alla porta, abbandonato da chissà chi, aveva deciso di chiamarlo come un famoso uomo politico irlandese: Edmund Burke.
Il ragazzino, infatti, non sapeva nemmeno chi fossero i suoi genitori, perché era stato lasciato davanti all'orfanotrofio quando aveva poche ora di vita. Era stato dato in affido ad una famiglia per qualche anno, ma la giovane coppia l'aveva riportato in comunità alla svelta, non appena il bambino aveva cominciato a spostare gli oggetti con il pensiero. Da quel momento si erano susseguiti una serie infinita di affidi temporanei, tutti terminati nel medesimo modo: Edmund veniva rispedito in orfanotrofio nel giro di una settimana. Il tutto, spesso, corredato da scene isteriche da parte dei genitori affidatari. Una coppia aveva addirittura chiamato un prete per sottoporre il bambino ad un esorcismo. Inutile dire che il prete in questione se l'era data a gambe non appena Edmund aveva cominciato a far volare per la stanza le ampolline contenente gli oli sacri.
Dopo quella serie infinita di spiacevoli episodi, tutti all'orfanotrofio avevano cominciato a credere fosse un po' squilibrato e per questo lo isolavano. Edmund aveva così sviluppato un certo amore per la solitudine: preferiva starsene da solo a leggere e a studiare piuttosto che giocare in cortile con i coetanei, tanto più che non aveva nessun amico. Non aveva mai ricevuto visite, né da possibili parenti, né da qualcuno che fosse venuto a reclamarlo. Edmund si era convinto di non essere un bambino normale, di non essere nato come tutti gli altri. C'era qualcosa che non andava in lui: sapeva spostare gli oggetti solo con il pensiero o tramutarli a suo piacere, poteva far accadere cose strane a chi lo prendeva in giro e sapeva parlare con i serpenti.
Erano poteri terribili e forse davvero un po' demoniaci.
Quella mattina se ne stava rannicchiato nell'angolo più buio del cortile con un libro sgualcito appoggiato sulle ginocchia. Aveva già letto tutto ciò che la misera biblioteca dell'orfanotrofio poteva mettergli a disposizione, così le inservienti gli avevano fatto la tessera della biblioteca comunale, in modo che potesse prendere in prestito i libri che voleva. Poteva sembrare un pensiero carino, ma in realtà lo scopo era quello di tenerlo buono in un angolo a leggere, senza che combinasse danni. Il volume che aveva preso riguardava la storia irlandese del XVIII secolo: voleva scoprire qualche informazione in più sul filosofo da cui aveva preso il nome.
“Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione.” lesse tra le citazioni di Burke. Gli sembrò che quella frase avesse un valore profetico: forse il suo omonimo voleva avvertirlo di qualcosa.
«Ehi, sfigatello!» strillò un ragazzino dai capelli rossi.
Edmund non alzò gli occhi dal libro, anche se sapeva benissimo che quell'insulto era rivolto a lui.
«Che stai leggendo?» chiese il rosso strappandogli il libro di mano.
«Ridammelo, è della biblioteca!» esclamò Edmund cercando di afferrare il volume rubato.
«Vieni a prendertelo!» sghignazzò quell'altro, scappando dalla sua portata.
Edmund si alzò da terra e tese la mano verso il suo avversario. «Dammi il libro, Shannon» ordinò con un tono di ferro.
«Che diav....» cominciò stupito il rosso. Il libro gli volò via dalle mani per atterrare con precisione tra le braccia di Edmund, mentre lui venne scaraventato all'indietro di qualche metro.
«Grazie» sussurrò Edmund con un mezzo sorriso, risedendosi nel suo cantuccio a leggere. Adorava fare quei giochetti contro chiunque lo prendesse di mira. Poteva ferirli, se voleva. Far loro del male...
«Edmund» lo richiamò proprio in quel momento un'inserviente dell'orfanotrofio. E poi pronunciò le parole più inaspettate: «C'è una visita per te.»
Edmund, incredulo, si alzò da terra e si diresse verso l'ufficio della direttrice. Si chiese chi potesse essere venuto a fargli visita, dato che da dodici anni nessuno si era mai fatto vivo. Quando arrivò all'ufficio, si bloccò sull'uscio. C'era un uomo nella stanza, il più buffo che avesse mai visto: era alto più o meno quanto lui, aveva un nasone enorme, due baffoni bianchi spioventi, un paio di occhialetti rotondi che celavano due penetranti occhi azzurri e un sorriso benevolo stampato sulle labbra. Ma il peggio era il modo in cui era vestito: indossava una tunica color antracite, un mantello turchese e sul capo aveva un assurdo cappello a punta.
La direttrice invitò Edmund a sedersi, ma lui rimase come impietrito sull'uscio della porta. La donna alzò le spalle e si limitò a presentargli il nuovo arrivato: «Questo è il professor Captatio ed è qui per offrirti un posto nella sua scuola.»
L'uomo sorrise gioviale. «Felice di conoscerti, Edmund.»
Il ragazzo squadrò prima la direttrice, poi il professore ed infine esclamò: «Non imbrogliatemi! Mi volete mandare in un istituto per pazzi!»
«Affatto, Edmund. La mia scuola è molto prestigiosa e abbiamo delle ammissioni selettive» rispose affabile l'omino, senza scomporsi per l'accusa del ragazzo.
«Ma io non ho partecipato a nessuna selezione» protestò Edmund, per nulla convinto da quella faccenda. Non aveva alcuna intenzione di farsi rinchiudere in un manicomio, tanto meno da un buffo ometto che sembrava uscito da un libro di fiabe per bambini.
Il professore sorrise. «Non ce n'è bisogno. Abbiamo già valutato le tue capacità e riteniamo che siano adatte al nostro tipo di scuola.»
Edmund si lasciò cadere sulla sedia a fianco dell'insegnante e lo guardò con sospetto. Lo stavano per caso prendendo in giro?
Il professor Captatio chiese alla direttrice di poter parlare con Edmund in privato e quella, anche se leggermente scocciata, li lasciò soli nel suo ufficio. L'uomo lo fissò per un attimo con i suoi penetranti occhi azzurri, resi piccolissimi dagli spessi occhiali che portava. «Tu sai di essere diverso dai tuoi compagni, vero?» gli chiese in tono serio.
Edmund non rispose subito. Eccome se sapeva di essere diverso, ma cosa poteva capirne quell'uomo?
«Io sono il preside del Trinity college per giovani maghi e streghe e ti sto offrendo un posto nella mia scuola.»
Edmund lo fisso come se fosse pazzo. “Giovani maghi e streghe?” Ma chi voleva prendere in giro?
Tuttavia il professore non si lasciò scoraggiare dalla sua espressione scettica: estrasse da una tasca interna del mantello un bastoncino di legno che agitò in aria in modo alquanto buffo. Edmund non ebbe tempo di ridere per quella messa in scena, che il righello appoggiato sulla scrivania divenne un furetto. Il ragazzino sgranò gli occhi per la sorpresa, mentre l'animaletto zampettava smarrito sui documenti della direttrice.
«Questa era una magia, Edmund. Se accetterai di studiare al Trinity, le imparerai anche tu.» Il professore sorrise della sua aria allibita.
«Io... sono un mago?» domandò il ragazzino in un sussurro. Aveva sempre saputo di non essere come tutti gli altri, ma... addirittura un mago?
«Certo. Non ti è mai capitato qualcosa di strano, che non sapevi spiegare?» chiese Captatio con un sorriso di incoraggiamento.
Edmund tentennò un attimo prima di rispondere, perché sapeva di essere di grado di compiere cose straordinarie e fuori dal comune, ma non era sicuro che fossero magie. «So fare molte cose che nessuno sa spiegare. Muovo le cose senza toccarle, faccio capitare brutte cose a chi mi dà fastidio...» rispose guardingo.
Per la prima volta l'espressione serena del professore si incrinò leggermente e un lampo di preoccupazione attraversò i suoi occhi azzurri. Studiò per qualche attimo il ragazzino, come se volesse soppesarlo. «Sei in grado di fare tutte queste cose a tuo piacimento?» gli domandò.
Edmund alzò una spalla in segno di innocenza, chiedendosi perché quell'uomo, che era venuto a rivelargli di essere un mago, si era stupito quando gli aveva confermato di saper compiere piccole magie.
L'ombra di inquietudine sparì dal volto di Captatio e i suoi occhi ritornarono gioviali. «Sai, di solito i ragazzini della tua età non riescono a governare consapevolmente i loro poteri» disse con un sorriso. Poi continuò, poggiandogli una mano sulla spalla: «Significa che diventerai un mago di grande talento.»
Edmund si fissò le mani pensieroso. Era la prima volta che qualcuno valutava positivamente le sue stranezze, dato che di solito veniva evitato da tutti proprio a causa di queste. Eppure era ancora scettico riguardo a quella storia: gli sembrava troppo assurdo che esistesse un mondo magico pronto ad accoglierlo, lui, l'orfanello senza nome e senza passato. E poi com'era possibile che non avesse scoperto nulla al riguardo, nel corso delle sue infinite letture?
Tuttavia il professor Captatio non gli diede tempo di esporre tutti i suoi dubbi perché estrasse dalla solita tasca nel mantello un foglio di pergamena ripiegato in quattro che gli consegnò. Edmund lo aprì perplesso. In alto troneggiava l'intestazione della scuola con uno stemma raffigurante una lettera T; sotto vi era un elenco di oggetti e libri di testo, i più strampalati che Edmund avesse mai letto.
«È l'elenco del materiale scolastico, con scritto sotto l'indirizzo dei negozi dove troverai il tutto. Si trovano a Dublino, ma se hai bisogno di aiuto ti accompagno io» gli spiegò il professore.
Edmund aveva ancora gli occhi fissi sul foglio: una bacchetta magica, un calderone, delle provette di vetro e tante altre cianfrusaglie del genere.
«Non ho soldi per comprare tutta questa roba» sentenziò Edmund, staccando finalmente gli occhi dalla pergamena.
Il professor Captatio allora gli consegnò un sacchetto di monete, dicendo che il college prevedeva una cassa per aiuto alle famiglie bisognose. «Ti dovrai accontentare di libri usati e divise di seconda mano, temo» disse nel affidargli il denaro.
Edmund osservò perplesso una grossa moneta d'oro su cui vi era incisa un'arpa celtica. «Non sono sterline irlandesi» commentò in tono piatto.
Captatio sorrise comprensivo e spiegò come funzionava il denaro nel mondo magico: c'erano le zecche, piccole monetine di bronzo, dieci delle quali facevano un doblone d'argento, che a sua volta per dieci faceva un eire d'oro. Edmund ringraziò il professore per i soldi e disse che non aveva bisogno di aiuto nelle spese. Captatio allora si alzò dalla sedia e gli stinse la mano. «Ti aspetterò al Trinity, Edmund. Le lezioni cominciano il primo di settembre.»
«Ma come arrivo al college?» chiese il ragazzino perplesso.
Il mago si batté il palmo della mano sulla fronte. «Oh, giusto, che sciocco! Quasi dimenticavo!» esclamò. Poi estrasse nuovamente la sua bacchetta magica e la agitò in aria. Tra le mani di Edmund si materializzò un biglietto del treno. «Partirai dalla stazione di Dublino. Alla banchina si accede tramite il ripostiglio delle scope dietro il binario 5» spiegò il professore nascondendo la bacchetta tra le pieghe del mantello.
Prima che Captatio sparisse oltre la soglia, Edmund lo richiamò con una domanda: «Signore? Esiste una biblioteca con libri... per maghi, ecco?»
«Ti piace leggere, eh? Ce n'è una molto grande in Nassau Street» rispose in tono affabile. «A presto, allora.»
«Grazie, signore» rispose Edmund rigirandosi l'eire tra le mani. «Signore?» mormorò ancora, prima che l'omino buffo sparisse dall'ufficio della direttrice. «So parlare con i serpenti» rivelò in tono guardingo, come se la cosa lo spaventasse e lo elettrizzasse insieme. «Loro mi trovano, mi sussurrano cose. È normale per un mago?»
Il professor Captatio fece balenare per un attimo sulle labbra un sorrisetto di circostanza. «È una dote... singolare» mormorò. «Ma di questo non ti devi preoccupare, per il momento.»
Edmund si limitò ad annuire a mo' di ringraziamento. Era ancora confuso dalle rivelazioni dell'omino quando rientrò in studio la direttrice. Il ragazzino si guardò intorno indeciso: in fin dei conti viveva in un orfanotrofio e non aveva grandi prospettive per il futuro, ma se tutta quella storia dei maghi e del Trinity fosse stata vera, forse allora avrebbe finalmente trovato il posto a cui apparteneva.
Carissimi,
sto cercando di dare una sistemata alle primissime storie del ciclo del Trinity, ormai scritte troppo tempo fa per essere accettabili. Lentamente, le rileggerò e correggerò, in modo da renderle più piacevoli alla lettura.
CON QUESTO, NE APPROFITTO PER SALUTARE TUTTI I NUOVI LETTORI CHE SI IMBARCHERANNO CON EDMUND E GLI ALTRI ALLA VOLTA DEL TRINITY!
A presto,
Beatrix Bonnie
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Capitolo 2 *** Viaggio in treno ***
CAPITOLO
2
Viaggio
in treno
Mairead
era eccitatissima dall'idea di cominciare la scuola. Solitamente i
ragazzini di dodici anni non sono impazienti per l'arrivo del nuovo
anno scolastico, ma Mairead avrebbe finalmente imparato a fare magie,
come suo padre. Infatti stava per frequentare il Trinity
College per
giovani
maghi
e streghe, la scuola
irlandese di magia. Aveva comprato tutto il necessario a Dublino
insieme al padre Reammon, a cominciare da una meravigliosa bacchetta
di ebano con una piuma di ippogrifo.
Il
padre la accompagnò a binario dove sarebbe partito il treno per il
Trinity, al quale si accedeva tramite un minuscolo ripostiglio delle
scope nella stazione Babbana di Dublino. Il padre la aiutò con il
grosso bagaglio e la gabbietta che conteneva il furetto Roddy.
Spostando in modo strategico la scopa e il moccio, si apriva un varco
nella parete, che conduceva al binario del Trinity.
Mairead
lo attraversò piena di entusiasmo e all'improvviso fu circondata da
una folla di studenti e genitori che si stavano salutando. Il treno
sbuffava piccole nuvolette di vapore, pronto a partire. «Papà,
siamo in ritardo!» strillò la ragazzina in preda al panico.
Possibile che suo padre non riuscisse mai ad arrivare in orario?
L'uomo
la aiutò a caricare i bagagli sul treno, poi le fece l'occhiolino e
le schioccò un bacio sulla fronte. «Mi raccomando, fai la brava.»
le disse, mentre gli occhi gli si inumidivano per la commozione. In
fin dei conti non si sarebbero visti fino alle vacanze di Natale e
lui si sarebbe sentito senza dubbio solo, in quella casa grande e
vuota tutta per lui.
Mairead
rispose con un sorrisetto furbo: «Ma io sono brava, papà.
Vedrai, diventerò una Raloi come te: non ti deluderò.»
Il
padre le diede un buffetto sulla guancia. «A qualsiasi casa tu venga
assegnata, sarò comunque fiero di te.» le disse prima di salutarla
definitivamente. Rimase fermo sulla banchina a guardare il treno,
fino a che non divenne un minuscolo puntino all'orizzonte.
Mairead
trascinò alla belle meglio il suo baule con la gabbia di Roddy per
il corridoio del treno, alla ricerca di un vagone vuoto. Ma come al
solito il ritardo di suo padre aveva fatto sì che tutti i posti
fossero già occupati. Si infilò disperata in uno scompartimento
dove c'era solamente un ragazzino moro immerso nella lettura di un
libro. «Posso?» domandò educatamente, ma quello si limitò ad
alzare gli occhi dal volume senza risponderle. Al che Mairead
cominciò una lunga lotta con il suo baule, nel tentativo di
posizionarlo sulla retina sopra i sedili.
Il
ragazzino fissò per qualche tempo i suoi inutili sforzi, poi le
chiese se le servisse una mano.
«Sarebbe
gradita!» sibilò Mairead cercando di non accecarsi con lo spigolo
di metallo del suo baule.
Il
ragazzino, invece di alzarsi per aiutarla, estrasse di tasca la
bacchetta magica. «Wingardium Leviosa.» disse mollemente,
con un lento gesto del polso. Il bagaglio si sollevò dalla presa
malferma di Mairead e si depositò fluttuando sulla retina metallica.
La
ragazza guardò sbigottita il suo salvatore. «Sai fare un
Incantesimo di Levitazione? Allora sei del secondo anno.» commentò
stupefatta, dato che credeva avesse la sua età.
«No,
devo cominciare il primo.» rispose il ragazzino, immergendosi
nuovamente nella lettura di quello che doveva essere il libro di
testo di Trasfigurazione.
Mairead
lo fissò per qualche istante affascinata: aveva i capelli neri e
lisci, perfettamente pettinati, gli occhi azzurri e la carnagione
pallida. Indossava uno sgualcito completo scuro con camicia bianca e
cravatta rossa, che aveva l'aria di non essere della sua misura.
Infine
decise di presentarsi: «Piacere di conoscerti, io sono Mairead
Boenisolius.»
Il
morettino sollevò di nuovo lo sguardo per una frazione di secondo,
poi tornò alla lettura. «Edmund Burke.»
rispose dopo un attimo. Edmund si aspettava che la ragazzina ridesse
del suo nome, ma quella non ebbe alcuna reazione.
Mairead
rimase in silenzio per pochi minuti, poi, stressata da quell'apatia,
cominciò a chiacchierare. «Sai, mio padre era un Raloi quando
frequentava il Trinity. Anche io spero di finire nella sua stessa
casa, perché sarebbe un'infamia se fossi una Llapac. O ancora peggio
una Nagard. Tu in che casa speri di finire?»
«Una
qualsiasi, purché non sia la tua.» rispose sgarbato Edmund, senza
alzare gli occhi dal volume: stava leggendo e non aveva nessunissima
voglia di chiacchierare. In fin dei conti aveva passato tutta la sua
infanzia da solo, con i libri come unici compagni di viaggio.
Tuttavia la sua mancanza di gentilezza non scoraggiò la ragazzina,
che ricominciò a parlare come nulla fosse.
Dopo
qualche minuto di quello sproloquio, Edmund scattò: «La potresti
piantare? Sto leggendo!» Dopo quella uscita Mairead rimase zitta con
le braccia incrociate al petto, mentre il suo furetto Roddy la
fissava con occhi languidi, desideroso di uscire dalla gabbietta.
Il
viaggio sembrava durare un'eternità: Edmund leggeva
ininterrottamente e l'unico rumore che produceva era quello delle
pagine che venivano voltate, un po' troppo spesso tra l'altro per
riuscire ad essere lette attentamente. Mairead, che passava il tempo
guardando fuori dal finestrino la campagna irlandese scorreva sotto i
suoi occhi, era convinta che il ragazzino non le leggesse davvero,
perché nessuno poteva assimilare informazioni tanto velocemente.
La
tediosa giornata di pioggerella, fu interrotta da un'inaspettata
irruzione nel loro scompartimento. Un ragazzetto pallido con i
capelli biondi tagliati a caschetto rotolò letteralmente sul
pavimento, seguito da una grossa valigia che qualcuno gli lanciò
addosso.
«Sei
un perdente! Una vergogna per un Eireannach!» urlò una voce
rabbiosa, probabilmente appartenente alla stessa persona che aveva
tirato il baule.
Il
biondino si alzò da terra e cercò di risistemarsi i vestiti. «Colpa
mia se ho difeso un ragazzino che stavate schiantando?» rispose
pieno di risentimento per come era stato trattato.
Un
grosso tizio con l'aria minacciosa si avvicinò allo scompartimento
ringhiando. «Schianteremo anche te, sudicio inglesofilo, se
difenderai un altro schifoso sasanachfuil!»
Edmund
sembrava essere arrivato al limite della sopportazione. Si alzò
esasperato estraendo la bacchetta dai pantaloni. «Ma dico! Stavo
leggendo io!» si lamentò, poi spinse via con un incantesimo il
tizio grosso e chiuse la porta dello scompartimento, sigillandola con
un'altra magia. Infine si risedette come nulla fosse e riprese la
lettura dove l'aveva lasciata.
Mairead
invece salutò il nuovo arrivato, presentando se stessa e anche
quell'antipatico di Edmund. «Piacere, io sono Laughlin Maleficium.»
rispose il ragazzino biondo sistemando il suo baule sulla retina
senza difficoltà.
«Maleficium?»
gli fece eco Mairead.
Il
ragazzino la guardò con aria rassegnata, come se sapesse dove
andasse a parare quel discorso. «Sì, sì, mio padre è Eoin
Maleficium, il direttore del Corriere del Mago.» confermò
ancora prima che Mairead potesse chiederglielo. La ragazzina lo
guardò con ammirazione.
«Caspita
che bello! A me piacerebbe tanto fare la giornalista.» esclamò
piena di entusiasmo.
Laughlin
sorrise divertito. «Quando saremo più grandi ti raccomanderò a mio
padre.»
Mairead
era troppo curiosa, per fare finta di non essere interessata alla
scenata che si era svolta pochi minuti prima. Per fortuna non ebbe
bisogno di fare domande, perché Laughlin cominciò di sua spontanea
volontà a raccontare cosa fosse successo. «Ero in scompartimento
con quei tizi, no? E sembravano anche simpatici; stavamo
chiacchierando, quando entra 'sto mocciosetto di un sasanachfuil che
sta cercando non so cosa che ha perso. Quei tizi là volevano
schiantarlo, solo perché era di origini inglesi e io l'ho difeso.
Mica sapevo che era britannico. Comunque sta di fatto che ai miei
amici non è piaciuta la parte dell'eroe che ho interpretato, così
mi hanno scaraventato fuori dalla loro cabina.» raccontò.
Mairead
non commentò, perché sapeva bene cosa significava: l'amor di patria
e l'orgoglio irlandese avevano portato nel corso dei secoli ad odiare
tutto ciò che fosse inglese, proprio perché l'Irlanda era rimasta
per lungo tempo sotto il dominio britannico. Nella comunità magica
questo odio era ancor più esasperato, se possibile, e aveva portato
alla creazione di vocaboli dispregiativi verso chi aveva origini
inglesi, come la parola sasanachfuil che in irlandese significava
“sangue inglese”.
Per
fortuna Laughlin aveva già cambiato argomento e aveva
cominciato a parlare delle case. Anche lui era al primo anno e
sperava di finire nei Nagard. La ragazzina lo guardò allibita. «Ma
lo sai che dalla casa dei Nagard sono usciti più maghi e streghe
oscuri che da qualunque altra?» domandò stupita.
Laughlin
ridacchiò divertito e rispose: «Ascolta, la mia famiglia è nei
Nagard da secoli e io adoro quella casa! Vengono scelte le persone
ambiziose, intelligenti e sicure di sé.»
«Hai
dimenticato anche malvagie, crudeli e perfide! Io sarò una Raloi,
dove vanno quelli coraggiosi, intraprendenti e nobili di cuore.»
rispose Mairead con un sorriso compiaciuto.
Laughlin
sghignazzò divertito dalle parole della ragazzina. «A me basta non
finire tra quegli smidollati dei Llapac.» concluse in tono d'intesa.
Era
luogo comune che gli studenti che non avevano le caratteristiche per
nessuna delle due case più rinomate, finissero nella terza, quella
dei Llapac, che dunque veniva popolata da quelli più scarsi. Erano
stati fatti numerosi tentativi di riabilitazione, ma ormai gli
allievi erano radicati in questo pregiudizio.
Laughlin
propose alla ragazzina una partita a scacchi magici, con la sua
scacchiera preferita. Mentre Laughlin sistemava i pezzi al posto
giusto, Edmund sbirciò verso i due compagni da sopra la copertina
rigida del libro. Mairead aveva imparato a giocare da suo padre, ma
non era sufficientemente paziente per un gioco così lento e
riflessivo. Laughlin invece era abbastanza bravo e soprattutto i
pezzi gli obbedivano ciecamente. Nel giro di un quarto d'ora era
pericolosamente vicino a fare scacco matto.
Edmund
nel frattempo aveva finito di leggere il libro, ma era rimasto
nascosto dietro la copertina ad osservare la partita. Aveva
trattenuto a stento un urlo quando il pedone della ragazzina era
stato mangiato dalla torre, che lo aveva ridotto in briciole. Ora la
osservava mentre decideva la mossa successiva succhiandosi nervosa il
codino dei capelli. Spostò indecisa una torre di qualche casella, ma
nonostante i suoi sforzi, poche mosse dopo Laughlin aveva vinto la
partita. «Ti prego, cambiamo gioco.» piagnucolò sconsolata mentre
i pezzi si ricomponevano, pronti per una nuova sfida.
Laughlin
allora estrasse dalla borsa una scatola di Gelatine Tutti i Gusti +1
e qualche Cioccorana da offrire alla sua nuova amica. Mairead ne
scartò una e osservò la figurina che aveva trovato. «Evvai, il
druido Lunchann!» esclamò soddisfatta, visto che era uno dei più
rari.
«Che
fortuna sfacciata.» commentò Laughlin, che invece aveva trovato per
l'ennesima volta mago Merlino. Edmund mise il libro nella valigia
sgualcita che si era portato via dall'orfanotrofio e restò per tutto
il resto del viaggio seduto in silenzio a guardare fuori dal
finestrino.
Il
treno cominciò a costeggiare le scogliere, segno che non doveva
mancare molto alla loro destinazione. Così Mairead andò in bagno
per indossare la divisa della scuola, che per il momento era grigia,
poi si sarebbe colorata a seconda della casa a cui sarebbe stata
assegnata: rosso per i Nagard, verde per i Raloi e blu per i Llapac.
Quando rientrò nello scompartimento, anche Laughlin e Edmund si
erano cambiati e attendevano eccitati che il treno arrivasse alla
stazione.
EDIT:
Continua l'opera di risistemazione...
aggiungo
qui sotto un piccolo specchietto per la pronuncia dei nomi irlandesi:
Ailionora
............ Alanora
Ailis.....................
Alice
Aöife...................
Eva
Bearach...............
Barock
Brion....................
Brian
Cael......................
Kale
Daire....................
Dora
Daireen................Doreen
Elan.....................
Ellen
Eoin
.................... Owen
Finan...................
Feenawn
Laughlin
............. Locklin
Liadan.................
Leedan
Mairead
.............. Mayreed
Nioclas................
Niklas
Oengus.................
Angus
Reamonn
............ Raymun
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Capitolo 3 *** Il Trinity college per giovani maghi e streghe ***
CAPITOLO
3
Il
Trinity college per giovani maghi e streghe
Arrivarono
verso sera alla stazione di Doolin, una piccola cittadina di maghi
sulle scogliere di Moher, le più belle scogliere dell'oceano
Atlantico. Da lì, delle carrozze li avrebbero portati verso il
Trinity. Il castello sorgeva su un'isoletta al centro di un lago
marino e il suo territorio era così esteso che comprendeva il lago e
le foreste vicine, fino alle scogliere di Moher che si gettavano a
picco sull'oceano. Mairead e Laughlin si aiutarono a vicenda a
trasportare i bagagli lungo i corridoi e, una volta scesi dal treno,
si raggrupparono con gli altri ragazzini di prima ad aspettare la
vicepreside. Gli alunni più grandi salirono sulle carrozze per
raggiungere il castello, mentre i ragazzetti spauriti del primo anno
si lanciavano occhiate sospettose a vicenda.
Improvvisamente,
qualcuno alle spalle di Laughlin rise di gusto, come se fosse
accaduto qualcosa di divertente. Mairead si voltò di scatto: aveva
riconosciuto quel tono di voce. E infatti eccola lì, difronte a lei,
una ragazza dai lunghi capelli corvini e con il volto pallido
attraversato da un'aria di superiorità: Ailionora
Diablaiocht.
Il
signor Diablaiocht lavorava al Ministero della Magia come capo del
Dipartimento Affari Esteri e per questo aveva molti rapporti con
Reammon che, lavorando nel settore della ricerca magico-storica, era
spesso obbligato a recarsi fuori dall'Irlanda. Per questo Mairead
conosceva Ailionora, ma, anche se si erano viste solo poche volte, la
riteneva profondamente antipatica. Era un sentimento a pelle, e
soprattutto doveva essere reciproco. «Ma guarda chi si vede! Quella
fallita di Boenisolius» commentò divertita Ailionora. «Dovrebbero
impedire a quelli come te di studiare al nostro fianco» le sussurrò
poi in un orecchio. Mairead la afferrò per il bavero della divisa,
ma fu interrotta da qualcuno che richiamò l'attenzione dei ragazzi.
La
professoressa O'Connel, vicepreside del Trinity arrivò tutta
impettita in un abito rosso cupo, i capelli corvini raccolti in un
nodo dietro la testa. Mairead lasciò andare la ragazza senza una
parola. Si scambiarono uno sguardo infuocato, poi sul volto di
Ailionora ricomparve quel sorrisetto spavaldo mischiato all'aria di
superiorità che le era tipico. «Ti terrò d'occhio.» le disse in un
sussurro.
La
professoressa O'Connel era una donna bella e altera, ma anche
molto rigida con gli studenti e le sue parole erano ritenute legge.
Occupava la cattedra di incantesimi ed era anche la direttrice della
casa dei Nagard (per questo vestiva sempre e rigorosamente di rosso).
Si
avvicinò agli studenti e richiamò la loro attenzione per un breve
discorso. «Mentre gli altri allievi raggiungono il castello, io ne
approfitto per darvi qualche informazione sulla vita del Trinity.
Innanzitutto dovete sapere che il College ha una storia rinomata e ha
avuto come studenti tanti grandissimi maghi e streghe. Per questo
dovete comportarvi in modo consono all'ambiente e in linea con le sue
regole se non volete essere rispediti a casa seduta stante».
Lanciò
ai poveri ragazzini uno sguardo così severo, che nessuno avrebbe mai
dubitato delle sue minacce. «All'ingresso della Sala Mor è stato
disegnato un cerchio; io sarò davanti al tavolo dei professori e vi
chiamerò per nome. Voi passerete nel cerchio e attenderete che venga
proclamata la vostra nuova casa di appartenenza e che la vostra
divisa si colori. Quindi andrete a sedervi al tavolo della rispettiva
casa. Le case saranno la vostra famiglia: frequenterete le lezioni
con i vostri compagni, dormirete nei locali destinati alla vostra
casa e condividerete la sala comune. Per tutto il tempo che resterete
al Trinity, i trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra
casa, mentre ogni violazione delle regole o punizione glie ne farà
perdere. Alla fine dell'anno la casa che avrà totalizzato più punti
riceverà in premio l'Arpa Celtica, un grande onore per tutti gli
studenti».
Detto
questo, li fece salire quattro per carrozza; ognuna era trainata da
un magnifico cavallo dal mantello bruno. Insieme a Mairead, Edmund e
Laughlin salì un ragazzino paciotto con l'aria sperduta. «Ehi, io
so chi sei!» strillò Laughlin osservando meglio il nuovo arrivato.
Il
ragazzino lo guardò con aria allibita, come se la cosa lo
spaventasse.
«Sei
quello che i tizi volevano schiantare sul treno!»
Sentendosi
chiamato in causa, il ragazzino non poté negare e si limitò a
muovere la testa su e giù.
Passarono
in silenzio il resto del viaggio. Il castello del Trinity cominciò a
stagliarsi all'orizzonte dopo qualche minuto che erano in carrozza.
La nebbia che lo avvolgeva rendeva il paesaggio surreale e magico,
qualcosa di meraviglioso che esiste solo nel mondo dei sogni. Il lago
nero come la notte rifletteva le mille luci che illuminavano le
finestre e le feritoie, come un grosso specchio.
La
carrozza arrivò al ponte che collegava l'isola alla riva e cominciò
la traversata. In lontananza, sulla sinistra, Mairead sapeva che la
terra cadeva spiovente sull'oceano, creando il paesaggio più
suggestivo di tutta l'Irlanda.
Quando
le carrozze si fermarono, tutti gli studenti del primo anno scesero e
seguirono la professoressa O'Connel verso il portone del castello. La
sala d'ingresso era enorme, con un soffitto molto alto; le pietre
delle pareti erano grandissime, come se il castello fosse stato
costruito da giganti. Ad illuminare la sale c'erano delle fiaccole e
dei bracieri che riflettevano ombre sinistre sulle pareti. Il tutto
gli dava un aspetto medioevale, come quei castelli delle fiabe e
delle leggende.
La
professoressa li fece attendere davanti alle porte della Sala Mor,
mentre lei entrò attraversando l'immenso salone, diretta verso il
lungo tavolo degli insegnanti che si trovava sul fondo. Disposte
verticalmente si trovavano le tavolate delle case: al centro, a
giudicare dalle divise blu, doveva esserci quella dei Llapac, alla
destra quella dei Raloi e alla sinistra quella rossa dei Nagard.
La
professoressa si posizionò davanti al tavolo degli insegnanti e
chiamò il primo studente: «Alabacor Henry».
Il
ragazzino che era salito in carrozza con Mairead e gli altri, avanzò
timidamente verso il cerchio. Restò immobile per qualche tempo,
mentre tutta la sala era in attesa. Poi, dal perimetro del cerchio si
levò una fiammata di colore azzurro che nascose completamente il
ragazzetto e una voce gridò: «LLAPAC!»
Le
fiamme si spensero e un Henry vestito di blu si sedette felice al
tavolo dei Llapac dai quali era giunto un fragoroso applauso.
Mairead
aspettò con il cuore in gola il suo turno, sicura che sarebbe
arrivato presto visto che venivano chiamati in ordine alfabetico.
Sergey Balosky, un ragazzino smilzo con i capelli talmente biondi da
sembrare bianchi, fu assegnato ai Nagard, così come Finan Best, un
tipetto non tanto alto che si dava le arie da piccolo lord.
«Boenisolius
Mairead» chiamò la professoressa O'Connel.
La
ragazzina avanzò titubante ed entrò nel cerchio.
«Bene»
disse una voce dentro la sua testa. «Qui non ci sono dubbi: coraggio
da vendere, intraprendenza e lealtà. RALOI!» L'ultima parola fu
gridata a tutta la sala, mentre l'oramai familiare vampata azzurrina
circondava Mairead. La sua divisa si colorò di verde sotto i suoi
occhi. Quando le fiamme si ritirarono, la ragazza si diresse verso il
tavolo dei Raloi con un sorriso a trentadue denti. Subito dopo sentì
la professoressa chiamare Helvia Bowe, una ragazzina paffutella che
divenne una Llapac. Brion Brennan, invece, fu assegnato ai Raloi e si
andò a sedere al fianco di Mairead.
«Burke
Edmund».
Il
ragazzino entrò nel cerchio senza troppe esitazioni. «Intelligenza,
molta intelligenza e ottime capacità magiche» pronunciò la voce
con aria soddisfatta. «Voglia di mettersi in gioco e provare le
proprie qualità, oltre a tanto coraggio e desiderio di conoscere. È
una scelta difficile, ma direi RALOI!» La divisa di Edmund si colorò
di verde, mentre dal tavolo alla destra scoppiò un applauso
fragoroso. Edmund andò a sedersi lontano da tutti, lanciando sguardi
torvi ai suoi compagni.
Le
divise sia di Dedalus Consolatus che di Liadan D'Arcy diventarono blu
e i due ragazzini si unirono sorridenti al tavolo dei Llapac. Quando
Ailionora fu chiamata, non fece nemmeno a tempo ad entrare nel
cerchio che già la voce aveva urlato la sua casa: Nagard. Peig
Kenneth fu la seconda ragazza assegnata ai Raloi.
Laughlin
attese il suo turno abbastanza rilassato perché sapeva quasi per
certo che sarebbe finito nei Nagard, come tutta la sua famiglia.
Quando la professoressa pronunciò il suo nome, entrò nel cerchio
con passo sicuro.
«Siamo
una personcina decisa e sicura di sé, non è vero?» commentò una
voce nella sua testa. «C'è anche molto coraggio e ambizione. Direi
che i Nagard ti porteranno sulla via della grandezza. NAGARD!»
Laughlin venne circondato dalle fiamme, mentre la sua divisa si
colorava di rosso. Mairead rimase leggermente delusa, quando seppe
che il suo amico sarebbe finito nell'altra casa, quella rivale, per
di più.
Iulius
McEwan, un ragazzo dall'aria gentile e simpatica divenne un Raloi,
mentre Moira O'Callagan si unì ai Llapac. Nioclas O'Driscoll, un
biondino dalla carnagione pallida, fu assegnato ai Nagard, mentre
Ailis O'Gara fu la terza ragazza dei Raloi. Leida O'Hara invece
divenne una Nagard, con grande soddisfazione di Ailionora. Anneus
Secula, un tipetto dall'aria vispa, vide la sua divisa colorarsi di
verde e andò a sedersi al fianco di Brion, mentre Cael Trimble si
unì ai Llapac.
Lo
smistamento terminò quando l'ultima studentessa, Cristin Wollace, fu
assegnata ai Nagard. La professoressa O'Connel, allora, andò a
sedersi la tavolo degli insegnanti, mentre il mago al centro si alzò
in piedi. La sala cadde nel silenzio più assoluto. L'uomo che si era
alzato indossava un cappello a punta, ma nonostante quello, era la
persona più bassa che Mairead avesse mai visto: doveva essere più o
meno un metro e cinquanta. Aveva due enormi baffoni bianchi che gli
nascondevano completamente la bocca, tuttavia si poteva intuire che
stava sorridendo per lo scintillio dei suoi occhi azzurri. Anche il
naso aveva delle dimensioni spropositate, per un omino così
minuscolo. Nonostante il suo aspetto bizzarro, tutti gli studenti lo
guardavano con ammirazione e pendevano dalle sue labbra.
Il
professor Captatio, preside del Trinity, era pronto a fare il suo
discorso. «Benvenuti ai nuovi allievi del Trinity College, ben
ritrovati a tutti gli altri. Un nuovo anno scolastico sta per
iniziare: spero che tutti voi darete il massimo per coltivare la
vostra intelligenza e le vostre capacità. E ora, senza ulteriori
indugi, diamo inizio al banchetto!»
Non
appena il preside si risedette, uno stormo di Lepricani in livrea da
camerieri fece irruzione nella Sala Mor, ciascuno reggendo un vassoio
colmo di prelibatezze.
Mairead
passò la cena osservando i suoi nuovi compagni e ascoltando le loro
conversazioni. Ogni tanto lanciava qualche sguardo a Laughlin,
all'altro capo della sala, che le rispondeva con un sorriso
smagliante.
Alla
fine del banchetto, il preside si alzò nuovamente da tavola, anche
se la differenza di altezza era minima. «Miei cari studenti e
studentesse, ora che siamo tutti pieni di ottimo cibo, gradirei
scambiare due parole con voi. Ricordo a tutti che non è possibile
allontanarsi dai territori del castello senza la presenza di un
insegnante e che qualsiasi assenza immotivata alle lezioni è da
considerarsi passibile di punizione. Inoltre voglio informarvi che da
quest'anno l'ala nord del quarto piano rimarrà inagibile fino a data
da destinarsi. Mi auguro che sappiate quanto valga la conoscenza e
che prenderete sul serio i vostri studi.
«Abbiamo
anche una nuova presenza qui al tavolo insegnanti: lasciate che vi
presenti la signorina Trust, che è responsabile del Quidditch e
delle lezioni di volo!»
Una
donna dallo sguardo d'acciaio fece un breve cenno con la testa e un
debole applauso attraversò la sala. Il professor Captatio fu quello
che batté le mani più forte, come se fosse felicissimo della nuova
insegnante. «E ora tutti a nanna, forza!» esclamò entusiasta.
Un
ragazzo moro si alzò da tavola e disse di essere un console, cioè
uno studente con il compito di assistere gli insegnati nei compiti
di sorveglianza. Disse anche che esisteva un dictator per casa,
un'altra carica studentesca di grande rilievo perché faceva in tutto
e per tutto le veci dei professori. Il ragazzo moro aveva ora il
compito di accompagnare gli studenti del primo anno verso il
dormitorio dei Raloi. Mairead cercò di tenere il passo con gli
altri, tentando nel frattempo di memorizzare la strada. Dalla sala
d'ingresso erano passati per un'ampia scalinata, per poi raggiungere
un enorme salone dal soffitto altissimo, da dove si potevano
raggiungere tutti i quattro piani principali del castello. Il console
condusse i ragazzi in un'altra ala del Trinity dove si trovavano gli
alloggi della loro casa. Una porta dipinta di verde, con un'aquila
disegnata, era l'ingresso della sala comune. «La parola d'ordine è
lupus in fabula» annunciò a tutti gli studenti e come la
disse, la porta si spalancò sotto i loro occhi.
La
sala comune era un ampio salone con due caminetti, poltroncine,
divani e tavolini. Tutta la tappezzeria era rigorosamente verde e
l'animale dominante era l'aquila. Due scalinate a chiocciola
portavano nei dormitori maschili a destra e quelli femminili a
sinistra. Mairead si diresse verso quello femminile: al piano terra
c'era la stanza delle studentesse di prima, man mano si saliva, c'era
un anno per piano.
Mairead
entrò nella stanza rotonda che per mesi avrebbe rappresentato la sua
casa. C'erano tre letti a baldacchino con rispettivi comodini, vicino
ai quali stavano i bauli delle ragazze. Al centro si trovava un
grosso braciere, mentre l'unico mobilio erano delle cassapanche di
legno intagliato ai piedi dei letti. Le sue due compagne di stanza,
erano già arrivate e stavano svuotando i loro bagagli.
«Ciao.
Io sono Mairead» le salutò la ragazza, avvicinandosi al suo letto.
Quella dai capelli rossicci disse di chiamarsi Ailis O'Gara, mentre
l'altra Peig Kenneth. Sembravano molto affiatate e in un certo senso
Mairead si sentì esclusa; aveva come l'impressione che non sarebbero
mai state nulla più che semplici amiche e compagne di stanza. Quando
ebbe finito di disfare il baule, era talmente stanca per tutte le
emozioni che aveva vissuto quella giornata, che crollò sul letto e
si addormentò immediatamente.
EDIT:
continua la sistemazione dei capitoli...
visto
che ci sono, inserisco anche qualche immagine: QUI lo stemma del
Trinity College (con la lettera T e il Triskell, un importante
simbolo celtico che rappresenta i tre elementi); QUI, invece, il
cosiddetto Trinity College tour, ovvero una serie di immagini che
rappresentano i vari ambienti della scuola (sono più che altro
schizzi, ma vi danno un'idea di come mi immagino il castello!).
Un
saluto a tutti,
Beatrix
B.
|
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Capitolo 4 *** L'aquila e il drago ***
CAPITOLO
4
L'aquila
e il drago
La
mattina successiva, Mairead si svegliò di buon ora a
causa della luce del sole che filtrava attraverso le tende di velluto
appese alle finestre. Indossò con calma la divisa scolastica
verde e scese in sala comune mente le sue compagne di stanza si
stavano svegliando. Tra le due scale a chiocciola c'era una
rientranza con una finestra dall'ampio davanzale. Mairead restò
ad osservarla per qualche tempo, sicura che quello sarebbe diventato
il suo angolino preferito. Infine, quando altri studenti cominciarono
a scendere dalle scale e a riversarsi in sala comune, decise di
recarsi verso la Sala Mor per fare colazione.
C'erano
ancora pochi ragazzi seduti ai tavoli delle tre case perché le
lezioni sarebbero iniziate solo fra un'ora. Mairead conosceva già
il suo orario scolastico, dato che la sera prima aveva trovato sul
letto un foglio con la tabella oraria. Quella mattina tutti gli
studenti del primo anno avevano come prima lezione Incantesimi con la
professoressa O'Connel.
Mairead
fece colazione con calma, poi si diresse verso l'aula al terzo piano
dove si sarebbe tenuta la lezione. In poco tempo tutti gli studenti
si raggrupparono davanti alla porta, in attesa che si aprisse. La
professoressa arrivò perfettamente in orario e si fece spazio
tra gli alunni per entrare in classe. «Seduti, svelti»
ordinò con tono imperioso, mentre lei andava a posizionarsi
dietro la cattedra. Mairead si sedette in un banco vuoto in seconda
fila.
«Posso?»
domandò Laughlin, avvicinandosi al posto di fianco al suo.
«Siamo
delle due case rivali» osservò Mairead con una punta di
amarezza nella voce.
Laughlin
la guardò un attimo perplesso, poi alzò le spalle con
disinteresse. «E chi se ne importa» disse sedendosi al
banco. Mairead sorrise, contenta che Laughlin avesse deciso di
restare suo amico.
«Gli
incantesimi non sono solo il fondamento del sapere magico»
cominciò a dire la professoressa. «Sono
vivi, sentono il potere della vostra bacchetta, il vostro stato
d'animo quando li evocate. È per questo che nessuno riuscirà
mai a fare un buon incantesimo se non sarà assolutamente
predisposto per evocarlo. Dovete studiare costantemente, esercitarvi
di continuo, ma soprattutto dovete VOLER imparare ed essere consci
della fatica che vi costerà diventare dei buoni maghi».
La
professoressa O'Connel girovagava tra i banchi con aria severa. Passò
tutta la lezione elencando le proprietà degli incantesimi, la
loro utilità e il duro studio che ci stava dietro. Se il suo
obiettivo era quello di spaventare i ragazzi, ci era riuscita
benissimo: tutti uscirono dall'aula un'ora dopo convinti che
incantesimi fosse la materia più difficile da studiare al
Trinity.
L'aula
dove si svolgeva la lezione successiva, Pozioni, era molto ampia e
luminosa, grazie agli immensi finestroni che si aprivano sulle
pareti, lasciando entrare fiotti di luce. Il professor Uisce era un
druido celta e come tale indossava una lunga veste di lino grezzo,
una corda a cingergli i fianchi e un'infinità di amuleti al
collo. Mairead e Laughlin si sedettero in fondo all'aula, dietro due
giganteschi calderoni che odoravano di una qualche sostanza strana.
Anche
il professor Uisce passò la lezione a spiegare la meravigliosa
arte delle pozioni. «Vedete, qui non si tratta solo di
studiare: è tutta questione di intuito e per essere un bravo
pozionista bisogna averlo nel sangue, perché lo studio vi può
portare solo fino ad un certo punto. Ai livelli più avanzati
non basterà più seguire le istruzioni del libro. Ci
vuole una notevole predisposizione».
Nonostante
tutte le avvertenze dei professori, Mairead era assolutamente
affascinata da quelle materie: sognava di andare al Trinity da sempre
e qualsiasi cosa le avrebbero insegnato, dal suo punto di vista, si
sarebbe rivelata magnifica.
L'ultima
lezione della mattinata era Irlandese e Latino, insegnata dal
professor Saiminiu. Mairead lo aveva notato la sera prima al
banchetto perché era completamente vestito di nero e se ne
stava schivo e per conto proprio. L'aula si trovava al primo piano,
ma non entrava molta luce perché si le finestre erano rivolte
a ovest. Gli studenti entrarono titubanti, anche se il professore non
era ancora arrivato.
Laughlin
trascinò Mairead verso due banchi sul fondo. «Questa
deve essere la materia più noiosa del mondo» commentò
con costernazione.
Il
professor Saiminiu entrò in aula con qualche minuto di
ritardo. Aveva uno sguardo torvo, l'espressione crucciata resa ancora
più cupa dalla montatura spessa degli occhiali rettangolari
che portava. Si posizionò dietro la cattedra e fissò i
nuovi studenti. «Questo non è un corso per fannulloni»
sentenziò. Aveva una voce roca e profonda e scandiva le parole
con lentezza, come per assicurarsi che tutti potessero capirlo. «Non
ci sarà un inutile svolazzare di bacchette durante le mie
lezioni. Quello che vi dovrò insegnare va ben oltre ciò
che imparerete con gli altri professori. Io vi posso aprire la mente
ad infinite prospettive, perché se saprete padroneggiare bene
il latino e l'irlandese, le porte del mondo della magia vi saranno
aperte dinnanzi e potrete creare nuovi incantesimi, capire il
significato e il senso profondo di quelli già esistenti. La
PAROLA vi darà il potere di piegare la magia al vostro
volere!»
Gli
occhi di Edmund, seduto in prima fila, scintillarono per la brama.
«Ma
per ottenere tutto ciò, avrete davanti anni di impegno e
studio intenso. Altrimenti accontentatevi di raggiungere la
sufficienza per essere promossi. A voi la scelta» concluse il
professore.
Edmund
non aveva nemmeno bisogno di scegliere: prima di tutto aveva già
letto molti libri sia in latino che in irlandese, quindi conosceva
discretamente entrambe le lingue; in secondo luogo aveva accettato di
studiare al Trinity esclusivamente per accrescere le proprie
conoscenze. Quella stava per rivelarsi la materia più
interessante del mondo.
Il
professor Saiminiu passò il resto della lezione a spiegare il
programma che avrebbero svolto durante l'anno. Quando finalmente
suonò la campanella, tutti gli studenti si riversarono fuori
dall'aula per recarsi nella Sala Mor a pranzare.
Mairead
e Laughlin lasciarono la classe per ultimi, ma una voce beffarda
richiamò la loro attenzione. «Feccia traditore del tuo
sangue. Un Nagard non dovrebbe abbassarsi a tanto».
I
due ragazzi si voltarono, riconoscendo il timbro di Ailionora.
«Che
vuoi?» rispose scocciata Mairead, sicura che la ragazza non
avrebbe portato altro che noie.
Ailionora
non la degnò nemmeno di uno sguardo e si avvicinò a
Laughlin fino a fissarlo dritto negli occhi. «Dovresti
vergognarti di frequentare certa gentaglia, Maleficium» gli
disse con un filo di voce.
«Non
è affare tuo chi frequento, Diablaiocht.» rispose
Laughlin sostenendo lo sguardo.
Ailionora
rise, una risata sarcastica e senza allegria. Lanciò
un'occhiata veloce a Mairead poi aggiunse: «Sporchi il buon
nome dei Nagard, stando con una lurida sassanachfuil».
Fu
solo allora che Laughlin distolse gli occhi da Ailionora per fissare
Mairead. «Sassanachfuil?» le fece eco stupito. Mairead si
fissò i piedi a disagio.
«Oh,
non te lo aveva detto?» sogghignò soddisfatta Ailionora
prima di andarsene.
Laughlin
rimase immobile in mezzo al corridoio senza dire una parola. Non
sapeva se era più scioccato dalla notizia o arrabbiato dal
fatto che l'amica non gliela avesse detta.
Finalmente
Mairead si decise a raccontare: «Mia madre, Mary Weasley, era
inglese. Frequentò la scuola di magia e stregoneria di
Hogwarts; poi conobbe mio padre e
si innamorarono, così lei si trasferì in Irlanda».
Improvvisamente
Mairead ritrovò la determinazione: non voleva vergognarsi
delle sue origini, né era disposta ad accettare che qualcuno
la disprezzasse perché nelle sue vene scorreva sangue per la
metà inglese. Fissò negli occhi il suo amico, poi
continuò: «È morta per questo. È stata
uccisa dall'EIF quando avevo solo cinque anni».
L'EIF,
i Combattenti Irlandesi per l'Indipendenza, quel gruppo segreto di
maghi xenofobi che da quando era stata raggiunta l'autonomia in
Irlanda volevano purificare il sangue celta da qualsiasi
interferenza, specialmente quella inglese. Commettevano da anni
omicidi e delitti efferati in modo totalmente indisturbato perché
nessuno conosceva con esattezza quali maghi o streghe ne facessero
parte. Così, anche se era chiaro che dietro certi crimini ci
fosse l'EIF, gli esecutori non venivano mai puniti.
«Mi
dispiace per tua madre» sussurrò Laughlin con un mezzo
sorriso.
Mairead
si contorse le mani con nervosismo. «Ti dispiace perché
era inglese?» chiese la ragazza, temendo che Laughlin non
volesse più essere suo amico, ora che aveva scoperto la sua
origine britannica.
«No,
mi dispiace che sia stata uccisa» rispose, abbracciando
Mairead. «Non mi interessa se era inglese. Non saranno quelle
idiozie sul sangue puro a fermare la nostra amicizia» aggiunse
poi, sciogliendosi dall'abbraccio. Il sorriso che nacque sulle sue
labbra era spontaneo e Mairead si convinse che nonostante tutte le
differenze che vi erano tra loro, niente poteva impedirgli di
diventare grandi amici.
«Siamo
una Raloi e un Nagard. L'aquila e il drago» esclamò
soddisfatta, mentre si recavano verso la Sala Mor. I due animali che
aveva citato erano rispettivamente il simbolo della casa dei Raloi e
di quella dei Nagard.
Laughlin
sorrise e annuì con convinzione. «Giusto, l'aquila e il
drago. E nessuno ci può fermare!»
Ailionora
sembrava scocciata dal fatto che i due ragazzi erano rimasti amici,
nonostante fossero di due case diverse e Mairead avesse origini
inglesi. La strana amicizia, tuttavia, non colpì solo
Ailionora, ma anche tanti altri ragazzi che guardavano stupiti
Mairead che si avvicinava al tavolo dei Nagard o Laughlin che
accompagnava l'amica fino alla sala comune dei Raloi. I due ragazzini
però non si curavano degli sguardi scioccati e delle parole
sussurrate a mezza voce quando passavano per i corridoi. Erano
l'aquila e il drago, i padroni del castello.
Le
lezioni si susseguirono per tutta la settimana, in un vortice di
impegni. Oltretutto gli allievi di prima dovevano seguire anche il
corso di volo insieme alla signorina Trust una volta ogni due giorni.
Era una donna molto severa, che non sopportava chiunque non seguisse
alla lettera le sue indicazioni. L'unica cosa che consolava Mairead
durante le lezioni di volo era il fatto che lei e Laughlin erano tra
i migliori.
Quando
finalmente arrivò il primo fine settimana, Mairead si recò
alla voliera per scrivere un gufo a suo padre, dove raccontò
con dovizia di particolari quello che le era successo. Descrisse
accuratamente le lezioni che aveva seguito e i vari docenti. Si
dilungò in modo particolare sul professor Ballerinus, che
presiedeva alla cattedra di Difesa contro le Arti Oscure ed era il
direttore della casa Raloi: era un uomo sulla cinquantina, di
costituzione abbastanza robusta, ma ciò che più contava
era il fatto che insegnasse la sua materia con vera passione. Poi
raccontò anche delle lezioni di Trasfigurazione, tenute dal
professor Cumhacht: era l'insegnate più severo e temuto del
Trinity, tanto che era arrivato a far piangere Henry Alabacor dopo
averlo messo in punizione tutto il pomeriggio semplicemente perché
il ragazzino gli aveva chiesto di andare in bagno, interrompendo la
lezione. Un Llapac spilungone del quarto anno sosteneva che Cumhacht
gli avesse assegnato un castigo di un mese perché l'aveva
beccato nell'ala proibita al quarto piano.
Le
settimane si susseguirono tranquille e i nuovi studenti impararono ad
ambientarsi nella scuola e a muoversi con sicurezza per gli intricati
corridoi del castello. Quando il tempo permetteva una tregua dalla
pioggia, Mairead e Laughlin facevano una passeggiata verso le
scogliere di Moher, per ammirare lo spettacolo della roccia che
calava a picco sull'oceano. Il loro nome in irlandese, Aillte an
Mhothair, significava “scogliere della rovina”, perché
la leggenda voleva che proprio da quelle rocce si era gettato in mare
il mago Mhothair, l'ultimo re che aveva governato l'Irlanda prima
della conquista inglese.
Una
sera di fine settembre, mentre gli studenti consumavano la cena
chiacchierando allegramente, un paio di ragazzi si avvicinarono agli
allievi di prima dei Raloi. Avevano un'aria complice di chi sta
progettando qualcosa. Dovevano essere dei Nagard a giudicare dalla
divisa rossa, ma non si poteva dire con precisione a che anno
fossero. Uno dei due aveva una zazzera di capelli rossi spettinati e
la faccia completamente coperta da efelidi. «Allora primini...»
li apostrofò sedendosi al tavolo tra Ailis e Peig. Le ragazze
gli lanciarono un'occhiataccia, ma non dissero nulla. «Ora che
vi siete ambientati al Trinity, è ora che sosteniate la prova
di iniziazione che abbiamo dovuto passare tutti».
I
ragazzi si guardarono tra di loro, un po' sorpresi e un po'
preoccupati da quella faccenda.
«Di
che si tratta?» domandò un certo Iulius McEwan, che
Mairead aveva già notato perché era sempre gentile e
carino con tutti.
L'altro
ragazzo, che era rimasto in piedi, mise una mano sulla spalla di Peig
e rispose: «Semplice: dovete tuffarvi nel lago mercoledì
a mezzanotte».
«Che
idiozia!» esclamò Burke, sollevando lo sguardo dal
piatto di spezzatino.
«È
una prova di coraggio, marmocchio» rispose il ragazzo con i
capelli rossi.
Burke
rise di gusto, come se qualcuno avesse fatto una battuta di spirito.
«È una prova per dimostrare quanto si è stupidi,
non coraggiosi».
«Solo
perché tu hai troppa paura».
«Paura?
No, ho troppo cervello per cose del genere. È una scemenza,
perché dovrei farla? Per dar prova a te e a quegli altri
idioti che non sono un fifone? Io non ho bisogno di dimostrare a
nessuno quello che valgo, tante grazie». Detto questo, si alzò
da tavola anche se aveva ancora il piatto pieno e si ritirò in
biblioteca.
«Ecco,
volete fare la sua figura? Essere marchiati a vita come dei codardi?»
commentò con malizia quello che era rimasto in piedi.
«Pensateci»
aggiunse il rosso. Poi si alzò e, come se nulla fosse, i due
se ne tornarono verso il loro tavolo.
Non
appena si furono allontanati, tutti i ragazzi di prima cominciarono a
bisbigliare preoccupati. «Credete che sia vero?» sussurrò
spaventato un piccoletto biondino che si chiamava Brion Brennan.
Iulius
alzò le spalle senza sapere cosa dire, ma Ailis si intromise:
«Secondo me ha ragione Burke: sembra tanto uno scherzo idiota.
Scommetto che l'hanno fatto solo a noi Raloi».
Peig
la guardò e annuì in segno di assenso. Mairead capì
che c'era un modo molto veloce per scoprire se si trattava di uno
scherzo: si alzò da tavola e si diresse verso Laughlin. A
giudicare dal vociferare concitato dei ragazzi di prima degli altri
tavoli, la prova di iniziazione era stata estesa a tutta la scuola.
Quando
la vide arrivare, Laughlin le fece posto sulla panca accanto a lui e
le lanciò uno sguardo per farle capire che aveva afferrato
l'argomento della discussione. «Sei qui per la prova vero?»
chiese sottovoce. Mairead annuì e gli chiese che ne pensava.
«Io dico che l'aquila e il drago non si tirano mai indietro
difronte alle sfide» rispose Laughlin, facendole l'occhiolino.
Mairead sorrise con aria complice, contenta di aver trovato un
compagno di avventure con il suo stesso spirito di intraprendenza.
Nei
due giorni che separavano gli alunni di prima dalla terribile
iniziazione, non vi fu altro argomento di cui parlare, tanto che il
professor Codail, che insegnava Storia della Magia, era stato sul
punto di mettere in punizione tutta la classe per il continuo
mormorio durante le sue lezioni. Moira O'Callaghan, una ragazza dei
Llapac piuttosto bruttina, con una chioma indomabile di capelli ricci
e un paio di occhiali spessi come fondi di bottiglia, disse che si
trattava di uno scherzo perché aveva chiesto a sua sorella,
che frequentava il quinto anno, e non esisteva nessuna iniziazione.
Tutti però malignarono che in realtà Moira aveva troppa
paura per sostenere la prova e si fosse inventata quella scusa.
Ailionora se ne andava in giro per i corridoi con aria di
superiorità, dicendo che lei non aveva nessuna paura a
tuffarsi nel lago e che si sarebbe fatta avanti per prima se fosse
stato necessario.
Edit:
continua (molto a rilento) l'opera di risistemazione dei dialoghi.
Nel
frattempo, vi lascio QUI l'immagine dei professori del Trinity.
B.B.
|
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Capitolo 5 *** Le acque del lago ***
CAPITOLO
5
Le
acque del lago
Quando
arrivò la fatidica sera, tutti gli studenti di prima
sgattaiolarono fuori dai loro letti a baldacchino per recarsi sulle
sponde del lago. I due Nagard che avevano presentato la prova di
iniziazione erano già sul posto, armati di macchina
fotografica.
«E
quella a che serve?» domandò sospettoso Laughlin.
Il
ragazzo rosso fece un sorrisetto beffardo. «Per immortalare i
momenti più belli».
«Allora,
chi va per primo?» domandò l'altro, scrutando una ad una
le faccette preoccupati dei primini. Tutti fecero un passo indietro,
perdendo improvvisamente ogni traccia di spavalderia.
«Vado
io» esclamò Mairead d'impulso. Non era affatto sicura di
volerlo fare però, se si fosse tuffata per prima, sicuramente
sarebbe stata ricordata come la più coraggiosa. Almeno si
sarebbe levata il pensiero dalla testa. Si avvicinò titubante
allo scoglio che sporgeva sul lago, tra gli sguardi ora preoccupati,
ora di ammirazione che le riservavano i suoi compagni.
«È
pericoloso, nel lago ci sono le alghe carnivore!» sussurrò
Henry Alabacor con uno sguardo di puro terrore quando Mairead gli
passò davanti.
«Quella
è solo una leggenda» rispose Ailis con l'aria di chi la
sa lunga.
Mairead
cercò di non pensarci. Arrivò sulla punta dello scoglio
e guardò le acque nere e profonde del lago. Aveva paura, ma
non doveva dimostrarlo. Prese un respiro profondo e si tuffò.
L'impatto
con la superficie del lago fu terribile. In meno di un secondo le
acque la avvinghiarono in una morsa di gelo, rallentando ogni suo
movimento. L'oscurità la avvolse totalmente e per un attimo le
sembrò di essere approdata in un nulla eterno. Nessun suono,
nessun movimento, nessuna luce. Non riusciva a percepire nemmeno il
suo stesso corpo, a causa del freddo che le intorpidiva le membra.
Poi
il bisogno di aria le lacerò i polmoni, le esplose nella
testa, la riscosse da quel tepore. Diede un colpo forte con le gambe
per ritornare in superficie. Vedeva lo scintillio della luna oltre la
patina d'acqua che la separava dall'aria tanto anelata.
Aprì
la bocca, ma non entrò ossigeno.
Acqua,
acqua dappertutto. Anche nella sua gola, nei polmoni.
Boccheggiò.
Gli occhi le bruciavano. Il suo corpo era un fuoco.
Qualcosa
la tirava verso il basso.
Scalciò,
ma di qualunque natura fosse la cosa che si era avvinghiata intorno
alla sua caviglia, non mollò la presa. La stava trascinando
verso un abisso senza fondo, un oceano di oscurità che le
annebbiava la mente. Annaspava, quel liquido freddo che le bruciava
la gola, gli occhi spalancati in una fissità mortale.
Era
la fine. I suoi muscoli, stremati dalla mancanza di ossigeno e dalla
vana lotta contro quella voragine d'acqua, smisero di obbedirle.
E
tutto divenne buio.
Edmund
vide Boenisolius che si buttava nel lago per prima, sfidando i suoi
compagni. Sciocca coraggiosa. pensò scuotendo la testa.
Era un'iniziazione assurda, oltre che pericolosa, e se gli altri
avessero avuto un minimo di sale in testa, si sarebbero rifiutati
come aveva fatto lui. Li guardava da lontano, in disparte, per vedere
quanti idioti avrebbero avuto il coraggio di buttarsi.
Suo
malgrado si ritrovò a fissare la superficie cristallina del
lago, in attesa di veder tornare a galla la ragazzina. I secondi
parvero dilatarsi. Doveva essere là sotto da un pezzo, perché
non tornava a galla?
Edmund
si avvicinò di un passo. Poi finalmente vide un braccio
sbucare dall'acqua: non l'avrebbe mai ammesso, ma si tranquillizzò
quando seppe che era tutto a posto. Ma, improvvisamente, il braccio
della ragazzina sparì sott'acqua, come se qualcosa l'avesse
trascinata verso il fondo.
Edmund
si spaventò.
Boenisolius
non riapparve. Le acque tranquille del lago erano smosse e agitate
nel punto in cui la ragazza era tornata a fondo.
Cominciò
a diffondersi il panico: qualcuno urlava, altri corsero in cerca di
aiuto, Maleficium strillò il nome dell'amica e cominciò
a correre verso la riva. Ma era troppo tardi. Era più di un
minuto che la ragazza non respirava e Maleficium non sarebbe mai
arrivato in tempo.
Edmund
sapeva cosa fare. Ma rimase immobile.
Non
aveva mai fatto nulla per aiutare qualcuno di sua spontanea volontà,
era sempre stato per conto suo. Non era il tipo che si preoccupava
per quello che succedeva agli altri. Eppure una strana sensazione
quella sera gli disse che era compito suo salvare quella ragazza.
“Perché
il male trionfi, è sufficiente che i buoni rinuncino
all'azione.”
Si
ricordò all'improvviso della frase del filosofo che portava il
suo stesso nome. Nessun altro sembrava in grado di tirarla fuori
dalle acque del lago: da lui dipendeva la sopravvivenza di Mairead.
Questo pensiero gli diede uno strano delirio di onnipotenza: poteva
decidere della vita di qualcun altro.
E
decise.
Aria.
Le
bruciava la gola, ma quella era finalmente aria. Tossì,
sputando tutta l'acqua che le aveva riempito i polmoni.
«Basta»
disse una voce. Qualcuno che era chino sopra di lei, si allontanò
leggermente.
«Si
è svegliata» sussurrò un altro.
Mairead
non ricordava più nulla dopo che l'oscurità delle acque
del lago l'aveva avvolta. Aprì gli occhi quel tanto che
bastava per permetterle di spiare quello che stava succedendo: c'era
la sagoma di un ragazzo che le contava i battiti del cuore, tenendo
fra le mani il suo polso. Non sembrava che fosse Laughlin. Il ragazzo
si voltò all'improvviso, come se avesse percepito lo sguardo
di lei.
Penetranti
occhi azzurri.
Edmund
Burke.
I
loro sguardi si incrociarono per un solo secondo, ma Mairead non
riuscì a leggere nessuna emozione negli occhi di Edmund.
Sembrava fosse impassibile. Poi, senza preavviso, il ragazzo le
lasciò andare il polso e si alzò da terra. Non
pronunciò nemmeno una parola. Semplicemente se ne andò
a gradi passi e sparì dalla vista di Mairead.
«Sei
sveglia!» esclamò la voce chiara e squillante di
Laughlin. «Grazie al cielo, credevo fossi morta!»
Mairead
si voltò verso l'amico e vide che il suo volto era straziato
dall'angoscia: doveva aver preso un bello spavento. La ragazza si
mise a sedere, ma la testa le girava tanto forte che si mise una mano
sulla fronte, nel tentativo di rimettere a posto le idee. Ebbe un
brivido di freddo a causa degli abiti inzuppati e dei capelli
bagnati.
Intorno
a lei stavano in apprensione tutti gli studenti che avevano assistito
al suo tuffo nel lago. «Ve l'avevo detto che era pericoloso!
Nel lago ci sono le alghe carnivore» esclamò Henry
Alabacor con la voce resa acuta dall'ansia.
«Mia
mamma le usa per fare un'ottima pastasciutta. Dice che sono un po'
difficili da prendere, però danno un sapore gustoso al sugo»
rispose un altro ragazzetto che indossava la divisa dei Llapac.
Mairead
lo guardò senza capire che stesse dicendo.
«Che
cosa, Dedalus?» chiese Henry, evidentemente anche lui sorpreso
da quell'uscita senza senso.
«Le
alghe carnivore. Di solito ti risucchiano verso il fondo del lago,
però se riesci a prenderle, sono davvero succulente»
rispose quello con un sorriso: a quanto pareva non aveva inteso la
gravità della situazione.
Mairead
e Laughlin si guardarono perplessi: quel Dedalus non doveva avere
tutte le rotelle a posto.
«CHE
STA SUCCEDENDO QUI?» urlò una voce all'improvviso. Non
ci volle molto perché gli studenti ne riconoscessero il
timbro: la professoressa O'Connel.
Ora
si trovavano tutti in grossi guai.
«Allora?»
disse l'insegnante in un tono che non ammetteva repliche.
Finalmente
Iulius si fece coraggio e raccontò la storia della prova di
iniziazione, di come i due Nagard avessero tirato a tutti un brutto
scherzo, visto che, appena le cose avevano cominciato a mettersi
male, i due erano scappati a gambe levate. Poi disse, sempre in tono
dimesso e con lo sguardo fisso a terra, che Mairead si era tuffata
nel lago e per poco non era affogata.
Il
volto della professoressa O'Connel si faceva ogni secondo più
adirato, man mano che Iulius procedeva con il racconto. «Siete
stati degli sciocchi creduloni, tutti quanti. Mi aspettavo un
maggiore senso di responsabilità e un briciolo di coscienza in
più in ciascuno di voi. Evidentemente mi sbagliavo. Saranno
presi dei seri provvedimenti» sentenziò la
vicedirettrice guardando i ragazzi in volto uno ad uno. «Ora
Maleficium, accompagna la signorina Boenisolius in infermeria. Tutti
gli altri nel proprio dormitorio, alla svelta».
Nessuno
se lo fece ripetere: in pochi secondi tutti si dileguarono verso la
propria sala comune, mentre Laughlin aiutò l'amica a
rialzarsi.
Strada
facendo le raccontò quello che era successo: l'avevano vista
che si agitava nelle acque del lago, come se qualcosa le impedisse di
risalire; allora lui aveva cercato di raggiungerla, quando qualcuno
alle sue spalle aveva urlato una formula magica, lei era fuoriuscita
dal lago come strappata dalle alghe che la tenevano prigioniera ed
era atterrata dolcemente sulla riva.
«È
stato Edmund a salvarmi con un incantesimo?» domandò
Mairead perplessa. Quel Burke se ne stava sempre per conto suo ed era
un tipo scorbutico e scontroso. Mairead dubitava che si sarebbe mai
scomodato per aiutare qualcuno.
«Sì,
e quando ha sentito che il tuo cuore non batteva più, mi ha
ordinato di soffiarti dentro l'aria attraverso la bocca, mentre lui
ti premeva ritmicamente il costato. Sinceramente, pensavo che ti
avrebbe spaccato la cassa toracica, ma alla fine ha funzionato»
rispose Laughlin.
Mairead
meditò sulle parole dell'amico: sebbene la sua famiglia fosse
magica, lei era cresciuta in mezzo ai Babbani e ne sapeva qualcosa di
tecniche di primo soccorso perché gliele avevano insegnate
alla scuola elementare; questo significava che anche Burke, se non
proprio Nato Babbano, almeno era cresciuto a contatto con questi.
Laughlin, invece, non sembrava avere la più pallida idea di
cosa fossero quelle tecniche mediche Babbane, però l'aveva
praticamente sbaciucchiata quando Burke glielo aveva ordinato.
«Tu
mi hai fatto la respirazione bocca a bocca? Bleah, che schifo!»
esclamò la ragazza, dando uno spintone amichevole a Laughlin.
Fu una pessima mossa, visto che era l'amico ad aiutarla a reggersi in
piedi: Mairead dovette appoggiarsi alla muro del corridoio per non
cadere a terra.
Laughlin
rise divertito. «Dovrei lasciarti lì, se non fosse che
ti sta per venire un'influenza con i fiocchi» disse, osservando
Mairead che respirava affannosamente con le spalle accostate alla
parete. «Su, andiamo. Non siamo lontani».
Così
dicendo le passò un braccio intorno alla vita per aiutarla a
camminare e insieme si diressero verso l'infermeria.
Edmund
si strinse nelle coperte e finse di dormire quando finalmente anche
gli altri compagni di stanza rientrarono dall'avventura.
«Accidenti,
cosa credi che ci faranno? Ci espelleranno tutti?» stava
dicendo uno, di cui non ricordava il nome.
«Ma
no, Brion. Mica possono espellere tutte le prime, ti pare?»
rispose un altro, che gli pareva si chiamasse Iulius. «Tu che
ne dici, Anneus?» continuò la stessa voce.
«Non
lo so. Spero solo che non sia una punizione troppo grave»
rispose il ragazzino interrogato, con un grande sbadiglio.
Edmund
si rigirò nel letto, troppo perso nei suoi pensieri per
riuscire ad addormentarsi. Quella notte, per la prima volta in vita
sua, aveva agito non pensando solamente a se stesso ma aiutando
qualcun altro. Era una sensazione strana. Aveva fatto del bene.
Riflettendoci sopra, sgranò gli occhi per la sorpresa. Aveva
sempre pensato che la solitudine fosse la sua unica amica, che nel
suo mondo non ci fosse altro posto che per se stesso. Ma forse non
doveva essere necessariamente così.
Qualcosa
si era spezzato in lui, quella notte.
Edit:
continua (molto a rilento) l'opera di risistemazione dei dialoghi.
B.B.
|
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Capitolo 6 *** Una punta niente male ***
CAPITOLO
6
Una
Punta niente male
Dopo
il fattaccio del lago, fu proibito a tutti gli studenti di prima di
uscire dal proprio dormitorio dopo le nove di sera. Questo
significava che Mairead e Laughlin non si sarebbero più potuti
vedere dopo cena. Ogni direttore fece ai propri allievi un discorso
sulla responsabilità e sull'affidabilità che dovevano
dimostrare, considerato che ora erano giovani maghi dodicenni e non
più dei bambini. I due Nagard che avevano progettato lo
scherzo, furono puniti con una sospensione a tempo indeterminato,
accompagnata da una lettera a casa ai genitori.
Con
l'inizio di ottobre e l'avvicinarsi dell'apertura del torneo di
Quidditch della scuola, tutto tornò alla normalità.
Anzi sembrava che vi fosse una sola cosa fondamentale per i Raloi in
quei giorni: trovare il nuovo Cacciatore per la squadra. Il capitano
O'Shalley era assolutamente disperato perché aveva già
fatto un giro di selezioni, ma nessuno degli aspiranti giocatori si
era dimostrato all'altezza del vecchio Cacciatore, Blaise, che aveva
finito il Trinity l'anno scorso.
Quella
mattina di ottobre, a colazione non si parlava d'altro. Due ragazzi
del terzo anno, seduti a tavola difronte a Mairead discutevano della
questione. «O'Shalley sta cercando una brava Punta, ma è
difficilissima da trovare» stava appunto dicendo uno.
«Dovrebbe
accontentarsi di un Cacciatore di Ala e mettere in Punta Connery»
rispose l'altro versandosi un po' di succo nel bicchiere.
«Punta,
in che senso?» domandò Mairead, intromettendosi nel
discorso.
I
due ragazzi prima si lanciarono uno sguardo stupito, poi fissarono
Mairead. «Non sai come si gioca a Quidditch irlandese?»
chiese quello che aveva versato il succo.
Mairead
scosse leggermente la testa in segno di diniego: con il padre abitava
in un paesino Babbano e quindi era stata costretta ad evitare
qualsiasi divertimento magico. Aveva giocato nella squadra locale di
rugby per qualche tempo, ma quello era uno sport esclusivamente
Babbano.
Il
ragazzo la fissò allibita, come se Mairead avesse sostenuto
che la magia non esisteva. Dopo un attimo di sconcerto, cominciò
a spiegare: «Innanzitutto differisce dal Quidditch classico
perché ci sono tre bolidi e non due. Poi i passaggi tra i
cacciatori possono essere fatti solo all'indietro e qualora si
violasse questa regola, si passa alla mischia».
«Come
nel rugby!» esclamò soddisfatta Mairead, ma a giudicare
dalle occhiate che si lanciarono i due ragazzi, non avevano la più
pallida idea di cosa stesse parlando. «Niente, vai avanti».
«Nella
mischia, la Pluffa viene posizionata a metà campo e i
Cacciatori delle due squadre, partendo dai propri anelli, devono
volare in formazione e cercare di arrivare alla Pluffa prima degli
altri. Ora, il Cacciatore di mezzo si chiama Punta: è l'unico
che può prendere la Pluffa e che può sciogliere la
mischia, cioè ordinare ai suoi compagni di disperdere la
formazione perché vede che gli avversari sono più
veloci. Ci vuole determinazione e sangue freddo per fare la Punta.
Tant'è vero che spesso le mischie finiscono con un bello
scontro tra le due squadre» continuò a spiegare il
ragazzo.
Il
compagno fece segno con i pugni, delle due squadre che si schiantano
una contro l'altra, poi aggiunse: «D'altronde la formazione
d'attacco a Testadifalco, quella in cui i Cacciatori si dispongono in
una formazione a freccia e volano insieme verso i pali, è
stata inventata da Darren O'Hare, il portiere dei Kestlers proprio
imitando la mischia del Quidditch irlandese».
L'altro
annuì in segno di approvazione, poi continuò: «Vedi,
la nostra Punta era Blaise, una delle migliori Punte che abbia mai
giocato nel Raloi. Era determinato e non si lasciava sfuggire nemmeno
una Pluffa, ma sapeva desistere al momento giusto. O'Shalley sta
cercando un'altra Punta per metter su la squadra migliore della
scuola, ma è dura. Abbiamo già degli ottimi giocatori,
comunque. La squadra Raloi è monopolio dei Connery, ormai».
«Chi
sono i Connery?» chiese Mairead incuriosita. Li aveva già
sentiti nominare e se non ricordava male era proprio un certo Nocolaj
Connery uno dei due Consoli della casa.
Il
ragazzo sorrise divertito. «Sono quattro fratelli che giocano
tutti a Quidditch. Beatrix è la Cercatrice» e accennò
con il capo ad una ragazzina dai capelli castani e mossi.
«Leonard
è il Portiere» aggiunse l'amico, indicando un giovane
riccio.
Mairead
se lo ricordava perché Peig l'aveva incoronato come il più
affascinante del college.
«Poi
ci sono i gemelli: Nicolaj, quello che è anche Console, è
il Cacciatore di Ala Aestra, mentre Lucius è il Battitore,
insieme a O'Shalley» continuò il primo.
«Infine
c'è Milo Hook, il Cacciatore di Ala Sinistra. Questa mattina
comunque, ci sono le seconde selezioni: speriamo che O'Shalley trovi
la giusta Punta» commentò l'altro una nota di amarezza
nella voce.
«Che
hai da fare stamattina?» domandò Mairead appena riuscì
a raggiungere Laughlin al tavolo dei Nagard.
Lui
alzò gli occhi dalla fetta di pane che stava imburrando e
rispose con un'alzata di spalle: «Niente, perché?»
Mairead
sorrise soddisfatta. «Ci sono le selezioni per la squadra di
Quidditch dei Raloi. Pensavo che potessimo andare a vedere!»
rispose con gli occhi sognanti: non aveva mai avuto l'occasione di
vedere un vero stadio da Quidditch.
«Fammi
finire colazione, poi andiamo» rispose Laughlin, spalmando una
quantità abbondante di marmellata ai mirtilli sulla sua fetta
imburrata. L'attesa si rivelò particolarmente lunga perché
la colazione di Laughlin era composta da una serie di riti infiniti:
prima di tutto metteva burro e marmellata su cinque fette di pane,
poi si versava il latte con due cucchiai e mezzo di zucchero,
prendeva un bicchiere di succo all'arancia e infine sgusciava due
uova sode. Solo allora incominciava a mangiare. Mairead cercò
di velocizzare il lento processo, soprattutto perché parecchi
Nagard cominciavano a lanciarle occhiatacce sospettose, ma Laughlin
non si fece smuovere.
Mezz'ora
dopo, finalmente conclusa la colazione, i due ragazzi si diressero
verso lo stadio di Quidditch che si trovava al di là del ponte
che collegava l'isola del castello con la riva del lago. Invisibile
ad occhi Babbani, l'immensa sagoma della costruzione si stagliava nel
cielo, al centro di una radura vicino alle scogliere. Il tempo era
nuvoloso, ma almeno la pioggia che aveva martellato il paese durante
gli ultimi giorni aveva dato un po' di tregua. Forse c'erano davvero
le condizioni giuste perché O'Shalley trovasse la sua Punta.
Mairead
e Laughlin non erano gli unici spettatori, tanta era l'attesa che
aveva creato quell'evento. Numerosi studenti curiosi, invogliati dal
tempo non piovoso e desiderosi di spendere qualche ora all'aperto il
sabato mattina, si erano dati appuntamento sulle gradinate dello
stadio. I due amici si posizionarono su una fila in mezzo, ansiosi di
assistere allo spettacolo. Finalmente entrò nello stadio il
capitano Bran O'Shalley, seguito dal resto della squadra. Mairead
individuò subito quali fossero i famosi fratelli Connery:
quattro bei ragazzi armati di scope, tutti con la divisa di Quidditch
dei Raloi.
Dopo
la squadra, entrarono i campo gli aspiranti giocatori, una ventina di
studenti con le scope in mano e le facce tese. O'Shalley ordinò
loro di mettersi in fila, cosicché tutti i ragazzi
cominciarono a spintonarsi per guadagnare il posto migliore. Poi il
capitano disse che l'unica prova che avrebbero dovuto sostenere,
sarebbe stata una mischia nel ruolo di Punta. Gli aspiranti giocatori
si guardarono intorno allarmati: tutti speravano che prima ci fosse
stata una prova di volo o comunque qualcosa di più semplice.
Invece quel pazzo di O'Shalley voleva fare subito una mischia!
A
sentire i bisbigli di protesta, il capitano strillò
esasperato: «Sto cercando una Punta, non un Cacciatore da
quattro soldi! Se non vi sta bene, potete anche andarvene!»
Detto
questo estrasse la bacchetta magica per posizionare la Pluffa a
mezz'aria, poi si portò dalla parte opposta del campo, con al
suo fianco Lucius, l'altro battitore, e Leonard Connery, il bel
ragazzo che giocava nel ruolo di portiere. Il primo candidato avanzò
intimorito e si mise a cavalcioni della sua Comet 107 per raggiungere
i due Cacciatori Nocolaj e Milo. Il primo tentativo fu un disastro:
l'aspirante Punta non aveva la più pallida idea di cosa fare
e, non solo non sapeva volare in formazione, ma quando vide che
O'Shalley era arrivato prima alla Pluffa se la svignò senza
dare ordini ai suoi Cacciatori di desistere. Anche i successivi
candidati si rivelarono incapaci, tanto che O'Shalley cominciava a
dubitare di avere qualche possibilità. Il pubblico al
contrario si divertiva da matti, specialmente i Nagard, poiché
tutti i giocatori erano dei veri imbranati.
Uno
particolarmente permaloso, dopo una performance disastrosa, scagliò
un incantesimo contro il pubblico che mancò per un pelo
Mairead.
«Ehi,
mi hai quasi colpito, accidenti!» strillò, alzandosi in
piedi di scatto, rivolta al Raloi.
«Tu
stavi prendendo gioco di me, come tutti gli altri!» rispose
questo, senza mostrare il minimo rimorso.
«Per
forza, sei penoso!»
«Perché,
tu sapresti fare di meglio?» urlò il ragazzo in tono di
sfida.
E
Mairead non rinunciava mai ad una sfida.
«Certamente»
rispose con spavalderia, nonostante non avesse mai giocato a
Quidditch in vita sua. Prima che Laughlin la potesse trattenere, si
era già diretta verso il campo.
Il
capitano O'Shalley, disperato, fece una picchiata da manuale per
raggiungere i litiganti. «Vi prego, non ho tempo per certe
cose, sto cercando di formare una squadra, io!» esclamò
visibilmente su di giri.
Mairead
non si fece intimorire, anzi strappò la Comet dalle mani
dell'incredulo ragazzo e rispose: «Sono una Raloi, ho tutto il
diritto di partecipare alle selezioni».
Detto
questo, salì a cavalcioni della scopa e raggiunse gli altri
due Cacciatori tra gli sguardi allibiti di tutti.
Era
raro che uno del primo anno avesse le qualità adatte per
entrare in una squadra, tanto meno una ragazzina minuta che
certamente non aveva il fisico adatto per diventare una buona Punta.
Connery e Hook si lanciarono uno sguardo divertito, poi il primo le
chiese: «Hai mai fatto la Punta?»
«No,
però so come si fa» rispose Mairead senza scomporsi
troppo.
«E
una mischia?»
«No».
Connery
guardò O'Shalley dall'altra parte del campo, convito che non
fosse il caso di far provare la ragazzina, ma il capitano non poteva
vederlo. «Ma sai almeno volare?» chiese preoccupato.
«Ci
ho provato un paio di volte».
Hook
sorrise divertito.
«Fantastico»
commentò invece Connery in tono piatto.
Al
fischio di O'Shalley, Mairead si lanciò in corsa verso la
Pluffa a cavalcioni della scopa. Alla sua destra e sinistra, Nicolaj
e Milo volavano in stretta formazione. Il capitano e gli altri
giocatori si avvicinavano sempre di più, ma Mairead non diede
nessun ordine. Connery continuava a lanciarle occhiate ansiose, man
mano che la corsa procedeva. «Desisti! Ci schianteremo, santo
folletto!» strillò ad un certo punto, ma Mairead era
troppo concentrata sulla Pluffa. Staccò la mano destra dal
manico di scopa e la allungò verso la palla di cuoio rossa.
Sapeva che O'Shalley era più vicino, ancora poco e l'avrebbe
afferrata. Mairead avrebbe dovuto desistere, altrimenti si sarebbero
schiantati contro la formazione avversaria, ma invece di dare
l'ordine, si lasciò scivolare dalla scopa, fino a ritrovarsi a
testa in giù, aggrappata solo con la mano sinistra e con le
gambe al manico di frassino della Comet. Afferrò la Pluffa da
sotto, soffiandola per un pelo a O'Shalley.
Appena
le sue dita sfiorarono il cuoio, Nocolaj e Milo sciolsero la
formazione, aprendosi di lato per permettere al capitano e agli altri
di passare in mezzo a loro. Mairead piegò la scopa in modo da
tornare diritta, poi lanciò la Pluffa dentro l'anello centrale
con un urlo di giubilo.
@Sydelle:
grazie di aver commentato tutti i capitoli, sei stata davvero carina!
Spero che ti sia piaciuto anche questo. A presto!
Edit:
continua l'opera di sistemazione... già che ci sono, QUI il
link dei quattro fratelli Connery!
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Capitolo 7 *** La stanza buia ***
CAPITOLO
7
La
stanza buia
Quella
sera, quando Mairead si sedette alla tavola dei Raloi, molti compagni
le si avvicinarono per farle i complimenti per essere entrata in
squadra. I due ragazzi del terzo anno che solo quella mattina le
avevano spiegato come si giocava a Quidditch irlandese, sembravano
letteralmente sorpresi e sconvolti. Beatrix, la Cercatrice, la fece
sedere al suo fianco e le raccontò un sacco di aneddoti
divertenti sulle partite di Quidditch più famose del Trinity.
Edmund
entrò in Sala Mor da solo, come al solito. Era stato anche lui
a vedere le selezioni della squadra di Quidditch quella mattina,
anche se se ne era stato in disparte per tutto il tempo. Nel
pomeriggio poi si era ritirato in biblioteca a leggere fino all'ora
di chiusura. Entrando in Sala, capì subito che il centro
dell'interesse generale doveva essere Mairead. Improvvisamente decise
che doveva farle i complimenti: l'aveva ammirata a cavallo della
scopa e qualcuno doveva dirle quanto era stata brava. Era un'idea
francamente stupida, visto che non si erano mai rivolti la parola in
quel mese di scuola, ma Edmund sentiva che doveva farlo, come
se uno strano impulso glielo ordinasse.
Si
avvicinò al tavolo e si sedette al suo fianco leggermente
impacciato: era la prima volta che non se ne stava a tavola per conto
proprio. La ragazzina lo guardò dapprima perplessa, poi gli
fece un mezzo sorriso e scivolò di lato sulla panca per fargli
posto.
Edmund
accennò un sorrisetto a mo' di ringraziamento. «Ho visto
la tua prova. Sei stata grande con quella scopa» disse in un
soffio.
Mairead
sgranò gli occhi sorpresa. Tra tutti, non si aspettava che
proprio Burke le facesse i complimenti, lui che da quando l'aveva
salvata dalle acque del lago, non le aveva più rivolto nemmeno
uno sguardo. «Grazie» rispose infine, tornando a fissare
lo stufato che aveva nel piatto, perché aveva come
l'impressione che l'altro fosse molto imbarazzato da quella
conversazione.
Era
incredibile quanto Edmund fosse timido e impacciato in una qualsiasi
relazione interpersonale. Aveva dimostrato di non essere così
cinico e freddo come voleva dare a vedere e in più Mairead era
in debito con lui, visto che le aveva salvato la vita. In un certo
senso questo li legava profondamente.
Mairead
lo guardò di sottecchi, mentre mangiava in silenzio il suo
stufato. Un'ispirazione la colse all'improvviso: «Domani io e
Laughlin facciamo una passeggiata fino alle scogliere. Vuoi venire?»
Edmund
alzò gli occhi dal piatto, sgomento. Nessuno lo aveva mai
invitato a fare qualcosa assieme, nemmeno tra i bambini
dell'orfanotrofio. Era una sensazione piacevole essere apprezzato e
considerato da qualcuno. Sorrise, il primo sorriso spontaneo che
avesse mai fatto in vita sua. «Verrei volentieri» rispose
in un sussurro.
Quello
fu l'inizio delle loro avventure.
Laughlin
al momento parve scocciato dalla presenza di Edmund perché,
nonostante avesse salvato Mairead, lo riteneva ancora un antipatico
saputello. Poi, pian piano, impararono a conoscersi e divennero amici
inseparabili. Edmund era timido e impacciato quando si trattava di
doversi relazionare con gli altri, ma una volta superata la prima
difficoltà, era un ragazzino pieno di entusiasmo e voglia di
conoscenza. Non si tirava mai indietro di fronte anche alle avventure
più strampalate, desideroso come non mai di dimostrare il suo
valore e di riscattarsi per il suo comportamento scontroso dei primi
mesi. Tempestava Laughlin di domande sul mondo magico, sulle
curiosità che gli venivano in mente, perfino sul Quidditch. E
poi era talmente bravo a scuola che quando i suoi amici si trovavano
indietro con i compiti, lui li aiutava sempre. Aveva scoperto che
prendersi cura di qualcuno lo faceva sentire utile e per lui, sempre
abituato a stare da solo, era una sensazione piacevole.
Le
lezioni continuavano come al solito: le più divertenti erano
quelle di Difesa contro le Arti Oscure, perché il professor
Ballerinus alternava momenti teorici con momenti pratici e i ragazzi
dovevano di volta in volta imparare nuovi incantesimi per difendersi
da creature maligne o da fratture avversarie. Le più odiate
restavano quelle di Trasfigurazione perché il professor
Cumhacht era veramente severo. L'unico che riusciva sempre ad
eseguire le magie che richiedeva l'insegnante era Edmund, ma tutti
gli altri avevano serie difficoltà anche per la complessità
dei compiti che venivano loro assegnati. Henry Alabacor, uno loro
compagno dei Llapac, era un vero e proprio disastro: non era mai
riuscito nemmeno a trasfigurare uno spillo in uno stuzzicadenti.
Mairead aveva anche l'impressione che il professore la odiasse,
perché ogni scusa era buona per riprenderla o metterla in
punizione e la tartassava più di chiunque altro. Invece le
lezioni di Erbologia, tenute dalla professoressa Blath, direttrice
della casa dei Llapac, erano un momento abbastanza distensivo perché
lavorare nelle serre permetteva ai ragazzi di chiacchierare
indisturbati mentre svolgevano le mansioni assegnate dall'insegnante.
Due sere a settimana, poi, avevano le lezioni di Astronomia con la
professoressa Dorcha.
Nel
frattempo Mairead aveva scritto al padre della sua ammissione nella
squadra di Quidditch e del fatto che aveva bisogno di un manico di
scopa. Agli allenamenti utilizzava una vecchia scopa in dotazione
della scuola, una Scopalinda Sette, ma per affrontare la prima
partita che avrebbe disputato a febbraio aveva proprio bisogno di un
nuovo manico. Così chiese al padre di anticiparle il regalo di
Natale e una mattina di novembre vide quattro gufi che portavano
verso il tavolo dei Raloi un pacchetto molto lungo destinato a lei.
Quando lo scartò, una meravigliosa Nimbus 1700 si librò
a mezz'aria davanti ai suoi occhi.
Il
capitano O'Shalley si avvicinò per osservare meglio il manico
di scopa della sua Punta. «Ottimo acquisto, Boenisolius. La
Nimbus è una buona scopa, abbastanza veloce ma
sufficientemente resistente per una Punta. Quest'anno è uscita
la versione 2000, se non sbaglio?» commentò rigirandosi
la Nimbus tra le mani.
«Si,
ma credo che costasse troppo per le tasche di mio papà»
rispose la ragazza con un ridolino, afferrando la scopa che O'Shalley
le porgeva.
«A
proposito... questa sera allenamenti» disse il capitano,
allontanandosi dal tavolo per recarsi alla prima lezione della
mattinata. Mairead corse verso il dormitorio dei Raloi per andare a
posare la scopa, poi raggiunse gli amici alla lezione di Pozioni.
Quella
sera, visto che avevano già finito compiti, Edmund e Laughlin
si recarono allo stadio di Quidditch per assistere agli allenamenti
di Mairead. Il capitano O'Shalley, come sempre, sbraitava ordini
dalla sua scopa, mentre i giocatori svolazzavano per il campo. La
squadra dei Raloi era effettivamente una delle migliori degli ultimi
anni, ma O'Shalley smaniava di vincere la Coppa del Campionato, come
l'anno precedente, e per questo prolungava gli allenamenti ben oltre
l'orario previsto. Quando finalmente fischiò il segnale di
fine, il cielo si era già scurito da un pezzo.
I
due ragazzi aspettarono che l'amica si cambiasse, poi il terzetto
raggiunse il castello, stingendosi nel mantello di lana per il
freddo. Il vecchio orologio della torre batté dieci colpi.
«Accidenti,
dovremmo essere nei nostri dormitori da un'ora» commentò
Mairead accigliata. Raggiunsero in fretta il salone centrale, dal
quale si accedeva ai vari piani attraverso la scalinata, dove si
sarebbero dovuti separare per raggiungere le rispettive sale comuni;
stavano per salutarsi, quando udirono qualcuno che fischiettava e si
avvicinava nella loro direzione.
«Il
custode Armandus!» esclamò Laughlin spaventato: se il
custode li avesse beccati a qell'ora fuori dal dormitorio, sarebbero
espulsi seduta stante.
Edmund
non si fece prendere dal panico. «Di qua, presto!»
esclamò e, afferrato il braccio di Laughlin, li trascinò
verso le scalinate, con l'obiettivo di nascondersi in qualche aula
vuota al primo piano.
Fu
una pessima mossa: il fischiettio si avvicinava sempre di più,
segno che Armandus stava salendo le scale come loro.
Mairead
sbirciò da dietro l'angolo, per controllare la posizione del
custode. «Sta venendo da questa parte!» sibilò in
preda al panico: non c'era tempo di nascondersi in un'aula senza
essere visti.
«Saliamo,
svelti!» ordinò Edmund, senza troppe esitazioni.
Cominciarono a correre a perdifiato lungo le scale, come se avessero
avuto alle calcagna un qualche mostro orribile a tre teste.
«L'abbiamo
seminato?» sbottò Laughlin con il fiato mozzo e la milza
che doleva.
Mairead
si guardò intorno per controllare che Armandus non fosse più
in vista. «Che piano sarebbe questo?» domandò
preoccupata, non riconoscendo il corridoio dove erano arrivati.
Edmund
si avvicinò alla finestra per guardare fuori. «Credo...
temo che sia l'ala nord del quarto piano» sentenziò,
osservando l'altezza dell'edificio.
«L'ala
proibita!» sussurrò Laughlin.
Di
male in peggio. Se prima erano semplicemente fuori dal dormitorio in
un orario vietato, ora si trovavano addirittura in un zona proibita
del castello.
«Defiliamocela!»
esclamò Laughlin, gli occhi castani spalancati per il terrore.
Edmund
e Mairead non se lo fecero ripetere due volte: si tuffarono
nuovamente verso le scale, ma si bloccarono di colpo.
«Che
succede?» domandò Laughlin, cercando di spiare oltre le
spalle dei suoi amici.
C'era
un uomo che stava salendo le scale.
«Via,
via, via! Torniamo indietro!» esclamò Mairead, spingendo
Laughlin di nuovo su per la rampa.
«Chi
era, chi era?» chiese il ragazzino spaventato. La faccia dei
suoi amici non prometteva nulla di buono.
«Il
professor Cumhacht» rispose Edmund in un sussurro.
«Che
facciamo adesso?» domandò Mairead in ansia. Armandus era
famoso tra gli studenti per essere un mago piuttosto burbero, ma
Cumhacht era la perfidia fatta a persona.
Edmund
si guardò in giro e diede l'unico ordine che gli pareva
sensato: «Nascondiamoci in un aula».
I
ragazzi si buttarono verso la porta più vicina, ma questa era
chiusa a chiave, e così tutte le altre che tentarono di
aprire.
«Siamo
spacciati!» mugugnò Mairead, con le mani in bocca.
«Fuori
le bacchette» ordinò Edmund ai suoi amici.
Mairead
e Laughlin lo guardarono perplessi: Edmund stava sorridendo, un
sorrisetto sicuro e beffardo.
«Alohomora»
sussurrò il ragazzo, con un rapido movimento della bacchetta.
«Prego» disse poi, aprendo una delle porte con aria
compiaciuta.
Si
fiondarono dentro tutti e tre, ma non appena misero piede nella
stanza buia, in un batter d'occhio si ritrovarono nuovamente
all'esterno.
«Ma
che diavolo...?» esclamò Mairead stupefatta.
I
tre amici tentarono di nuovo di entrare, ma ancora una volta
riapparirono sull'uscio.
I
passi del professor Cumhacht si facevano sempre più vicini.
Erano spacciati.
Edmund
riaprì la porta, ma l'episodio si ripeté uguale alle
due volte precedenti.
«E
voi tre che ci fate qui?» domandò una voce rabbiosa.
I
tre amici si voltarono lentamente, per trovarsi di fronte il
professor Cumhacht con la faccia alterata dall'ira. «Oh, siete
in guai grossi, molto grossi».
«Espulsi.
Sarete espulsi. All'istante» sentenziò Cumhacht,
battendo i pugni sulla scrivania del suo ufficio. I tre amici
rabbrividirono intimoriti. «È una vergogna. Sapevate di
essere fuori dai vostri dormitori dopo il coprifuoco? Di essere
nell'ala proibita del castello?» tuonò, avvicinandosi
minacciosamente a Mairead. «Allora?»
La
ragazzina annuì con il capo, troppo spaventata per parlare.
Cumhacht sembrava soddisfatto. «Il vostro comportamento
merita...»
«...una
punizione, nient'altro» completò un'altra voce. Tutti si
girarono immediatamente verso l'entrata: un omino con un enorme
cappello a punta aveva appena aperto la porta dell'ufficio. Il
preside Captatio.
«Credo
che potremmo farci spiegare dai ragazzi come mai si trovassero in
quella zona, prima di prendere decisioni così drastiche»
suggerì, facendo qualche passo verso la scrivania. «Vuoi
dirci tu cosa è successo, Edmund?» lo incoraggiò,
posandogli una mano sulla spalla.
Il
ragazzo annuì debolmente e poi raccontò degli
allenamenti di Quidditch finiti tardi, della fuga da Armandus e del
tentativo di sfuggire al professor Cumhacht.
«Visto
Oengus. Si tratta solo di un incidente, un piccolo malinteso»
disse il preside con aria compiaciuta, come se avesse appena risolto
un difficile rompicapo.
Tuttavia
Cumhacht non sembrava per nulla soddisfatto. «Io li ho trovati
di fronte ad una porta che era chiusa a chiave, armati di bacchette
magiche. Stavate evidentemente tentando di intrufolarvi!»
«Stavamo
solo cercando di non essere visti, ma un incantesimo ci ha impedito
di entrare nella stanza buia» rispose Edmund con un filo di
voce.
«Se
c'è un incantesimo per impedire ai ficcanaso come voi di
entrare, ci sarà un buon motivo, non credete?» rispose
Cumhacht indispettito; poi continuò: «Visto che il
Preside ritiene eccessiva l'espulsione, sarete messi in punizione per
un mese, tutte le sere. E cento punti in meno alle vostre case.
Chissà, magari quest'anno i Llapac riusciranno davvero a
vincere l'Arpa Celtica, grazie a voi».
Non
appena si sparse la notizia che i Nagard e i Raloi avevano perso
cento punti a causa di tre primini, per Mairead, Edmund e Laughlin
cominciò un periodo infernale. Dovunque andassero c'era
qualcuno che li additava, parlava alle loro spalle o lanciava
occhiatacce nella loro direzione. Ailionora era particolarmente
furiosa con Laughlin: non solo lo considerava uno schifoso traditore,
che faceva amicizia con dei Raloi, ma ora lo insultava anche per
aver fatto perdere alla squadra così tanti punti. Solo i
Llapac, che erano miracolosamente passati in testa in una sola notte,
li trattavano con riguardo. L'unica cosa che riuscì ad alzare
di poco il morale di Laughlin fu la vittoria della squadra di
Quidditch dei Nagard contro i Llapac nella prima partita della
stagione.
Edmund
era convinto che la stanza buia servisse a nascondere qualcosa,
perciò cominciò a passare tutto il suo tempo libero in
biblioteca, nella speranza di trovare qualche informazione che
potesse aiutarlo a scoprire il mistero.
«Come
fai ad essere sicuro che il Trinity protegge qualcosa?» domandò
Laughlin un giorno, durante una lezione di Storia della Magia
particolarmente noiosa.
Edmund
alzò gli occhi dal pesante volume che stava leggendo di
nascosto, tenendolo appoggiato sulle ginocchia. «Andiamo, avete
sentito Cumhacht: “Se c'è un incantesimo per impedire ai
ficcanaso come voi di entrare ci sarà un buon motivo.”
C'è qualcosa in quella stanza, qualcosa di pericoloso al quale
gli studenti non si devono avvicinare. Io voglio solo scoprire cos'è»
rispose in un sussurro, per non farsi sentire dal professore.
Mairead
lo guardò con apprensione. «Andiamo, Ed, abbiamo già
rischiato di essere espulsi una volta... se non fosse stato per
Captatio. Che ci interessa di cosa c'è nella stanza buia?»
Gli
occhi di Edmund brillarono per la bramosia. «La conoscenza è
potere!» esclamò, forse un po' troppo ad alta voce.
«Vogliamo
tenere una conferenza, là in fondo?» esclamò il
professor Codail, abbandonando la spiegazione sulle guerre celtiche
dell'età del bronzo. Appena riconobbe i ragazzi che stavano
parlando, commentò: «Credo che siano stati tolti
abbastanza punti alle vostre case, ma a quanto vedo non avete ancora
imparato la lezione».
I
tre amici non risposero alla provocazione, anzi, afferrarono
immediatamente la piuma d'oca, pronti a prendere appunti sulla
lezione. Non era il caso di far arrabbiare un altro professore, né
di far perdere altri punti alla propria casa. Ne avevano già
combinate a sufficienza per quei primi mesi di scuola.
Grazie
mille, Sydelle! Mi fai arrossire!
Visto che in
questo capitolo i Llapac hanno recuperato un sacco di punti? A me
piace soprattutto Dedalus e penso proprio che nei prossimi racconti
avrà un posto di rilievo: è troppo sballato! Grazie
anche di avermi rivelato la tua identità al quartir generale!
Non credo che avrò bisogno di dirti la mia, giusto?
A presto,
Beatrix
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi; qui ho anche
modificato alcune cose nell'organizzazione del castello, in base ad
una (fighissima!) dettagliata piantina del Trinity che ho disegnato.
|
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Capitolo 8 *** Una croce a Natale ***
CAPITOLO
8
Una
croce a Natale
Stavano
svolgendo il tema di Trasfigurazione nell'aula studio al secondo
piano, quando Laughlin sbottò: «Per la barba di Merlino,
non hanno niente di meglio da fare quelli là?»
Così
dicendo indicò con un cenno del capo un gruppo di Nagard del
secondo anno che gli lanciavano occhiatacce infuriate. «Non
sarà ancora per la storia dei punti? È passato quasi un
mese!»
«Non
la smetteranno mai» sospirò Mairead sconsolata, passando
per sbaglio il braccio sull'inchiostro fresco e sbavando la pergamena
del tema. «Accidenti...» esclamò, nel tentativo di
riparare al danno.
Laughlin
tornò a guardare il suo tema, che nonostante tutti i suoi
sforzi, non superava le venti righe. «Meno male che fra poco ci
sono le vacanze di Natale, così almeno torniamo a casa. Io
forse vado a festeggiare con i miei in Egitto».
«Che
bello, caspita! Io torno dal mio papà, ma restiamo a casa»
disse Mairead. «E tu, Ed? Che fai per le vacanze di Natale?»
Edmund
si rigirò la piuma tra le mani, spargendo macchioline di
inchiostro scuro sul tavolo. «Ehm, io resterò al
Trinity» rispose con un mezzo sorriso.
«Non
torni a casa a trovare i tuoi genitori?» domandò
Laughlin sorpreso.
Edmund
non rispose subito: non se la sentiva di dire ai suoi amici che
viveva in un orfanotrofio e non sapeva nulla del suo passato. Era una
cosa troppo intima che non poteva essere rivelata con leggerezza.
«Loro sono... ehm... via» rispose in tono vago. Non gli
dava problemi la prospettiva di passare il Natale da solo. D'altronde
aveva passato tutte le festività della sua vita da solo, una
in più non avrebbe cambiato nulla. «Almeno avrò
la biblioteca tutta per me» scherzò in tono allegro, nel
tentativo di sviare l'attenzione dei suoi amici.
«Ancora
fissato con la stanza buia, eh?» chiese Laughlin, scuotendo la
testa in segno di disapprovazione.
Il
sorriso irriverente di Edmund fu più che esplicito.
I
giorni che mancavano alle vacanze di Natale passarono molto
lentamente. Finalmente una fredda mattina di dicembre, Mairead e
Laughlin trascinarono i loro bauli e la gabbia del furetto Roddy fino
al salone d'ingresso e attesero le carrozze che avrebbero portato gli
studenti alla stazione di Doolin. Quasi tutti i ragazzi sarebbero
tornati a casa per le vacanze, a giudicare dall'affollamento della
sala. Edmund venne a salutare i suoi amici con l'aria mesta. Quando
la professoressa O'Connel chiamò gli studenti del primo anno
che avrebbero lasciato il Trinity per fare l'appello, Mairead e
Laughlin salutarono Edmund con affetto, gli augurarono buon Natale e
si avvicinarono all'insegnante. Il ragazzino rimase sulla soglia del
castello a guardare sconsolato le carrozze che si allontanavano in
direzione di Doolin fino a quando non si sentì le dita
intorpidite per il freddo. Osservò tristemente il cielo. «Sta
per nevicare» sussurrò con un sospiro.
Laughlin
e Mairead si fiondarono in uno scompartimento vuoto non appena
riuscirono a salire sul treno. Una rada neve cominciò a cadere
dal cielo, imbiancando i verdi prati irlandesi.
Il
viaggio verso Dublino fu abbastanza piacevole: i due amici fecero
qualche partita a Sparaschiocco e chiacchierarono del campionato di
Quidditch. Quando finalmente il treno rallentò, i ragazzi si
prepararono a scendere e a riabbracciare le loro famiglie.
Dal
finestrino, Mairead vide sulla banchina un signore distinto che
fissava con aria accigliata un cipollone d’oro, a braccetto con
la moglie, una bella donna dall’aspetto elegante, che teneva
per mano un bimbetto biondino. Dietro questa famigliola, la ragazzina
riconobbe il padre che si sbracciava nel tentativo di salutarla.
Non
appena il treno si fermò definitivamente, tutti gli studenti
scesero trascinandosi dietro i loro bagagli. Mairead scoprì
che i signori che aveva osservato dal finestrino erano i genitori di
Laughlin e il bimbo era suo fratellino Bearach.
Laughlin
presentò l’amica alla sua famiglia con un sorriso
smagliante. Il signor Maleficium le stinse la mano come se fosse
stato presentato al sindaco della città. «Piacere di
conoscerti, Mairead» disse in tono pomposo. «Una
splendida ragazza come te tiene alto il valore dei Nagard».
Mairead
e Laughlin si lanciarono un’occhiata imbarazzata.
«Lei
è una Raloi, papà» disse Laughlin, con un velo di
impaccio.
«Oh»
esclamò il signor Maleficium, senza allentare la stretta di
mano. «Cosa alquanto insolita, la vostra amicizia. Ma,
d’altronde, sembri essere un’ottima ragazza, Mairead»
commentò dopo un attimo di silenzio, lasciando finalmente
andare la mano della giovane. «Lei deve essere il padre»
disse poi, stringendo la mano a Reammon. «Piacere, io sono Eoin
Maleficium».
«Reammon
Boenisolius. Il piacere è mio» rispose l’uomo,
ricambiando la stretta con un sorriso.
«Ah,
Boenisolius. Mi ricordo di lei al Trinity» commentò il
signor Maleficium ma, a giudicare dal sorrisetto di Reammon, lui non
doveva essere molto contento della cosa.
Laughlin
alzò gli occhi al cielo, imbarazzato dalla pomposità
del padre. «Be’, buon Natale Mairead» esclamò
nel tentativo di distogliere il signor Maleficium dalle presentazioni
ufficiali.
«Anche
a te, Laughlin. Ci vediamo fra quindici giorni» rispose la
ragazza, stringendo l’amico in un abbraccio. Poi prese il padre
per mano e insieme si avviarono verso l’uscita della stazione.
Era
strano, ma proprio ora che aveva imparato ad apprezzare l’amicizia,
essere nuovamente solo rendeva Edmund triste e apatico. Gli sembrava
di essere tornato indietro nel tempo, all'orfanotrofio, quando la
solitudine era la sua unica compagna di avventure. Gli mancava la
ristata di Mairead, i commenti sarcastici di Laughlin, la loro
allegria. Il castello si era svuotato per le vacanze di Natale: era
rimasto l’unico Raloi del primo anno e non dovevano esserci più
di una ventina di studenti tra tutte le case. La sua unica
consolazione era la possibilità di esplorare la biblioteca
indisturbato: oltre a svolgere i compiti delle vacanze, aveva anche
l’occasione di scoprire qualcosa sulla famigerata stanza buia.
Ormai era diventata il suo chiodo fisso: voleva capire cosa
nascondeva e perché, di qualunque cosa si trattasse, avrebbe
dovuto trovarsi a scuola. E poi era curioso di sapere il motivo di
tanta apprensione da parte di Cumhacht.
Doveva
esserci qualcosa di grosso sotto.
La
mattina di Natale Edmund si alzò presto. Si infilò le
ciabatte e la vestaglia e guardò con sorpresa i due pacchetti
appoggiati sul suo baule: non aveva mai ricevuto regali per Natale.
Afferrò il primo con entusiasmo. C’era un bigliettino di
auguri da parte di Laughlin: Edmund scartò il pacchetto e
trovò una scatola enorme di Cioccorane, con l’avvertimento,
scritto a mano da Laughlin sul coperchio, di non mangiarle tutte in
una giornata. Edmund ne scartò immediatamente una e se la
ficcò in bocca in un sol boccone. Osservò per un attimo
la figurina di mago Merlino che lo salutava da dentro la sua cornice,
poi mise da parte la scatola e prese l’altro pacchetto.
Riconobbe la grafia di Mairead non appena aprì il biglietto:
gli augurava buon Natale e sperava che il regalo gli piacesse. Edmund
strappò la carta con curiosità e trovò un
bellissimo volume rilegato in pelle con le lettere in oro. «Storia
del Trinity college» lesse in un sussurro, passando il dito
sulla scritta. Quello era senza dubbio il più bel Natale della
sua vita.
Quando
Edmund si recò verso la Sala Mor per fare colazione, il
castello era quasi irriconoscibile: in ogni angolo c’era un
albero di Natale, a tutte le finestre erano state appese delle
ghirlande e davanti alle porte cadeva una neve soffice e calda che
spariva non appena toccava il terreno. I Lepricani che servivano a
tavola erano stati costretti a vestirsi come buffi babbi natale, con
tutine rosse e cappellini a punta. Edmund passò la giornata
accoccolato davanti al fuoco della sala comune dei Raloi a leggere il
libro che gli aveva regalato Mairead.
Fu
quel grido improvviso che lo riscosse dalla lettura. Appoggiò
il libro sul tavolino davanti al fuoco e si avvicinò alla
finestra per capire cosa stesse succedendo. Sembrava che ci fosse uno
strano simbolo in cielo, una specie di croce celtica fatta di fili di
fumo verdognolo. Edmund si catapultò fuori dalla sala comune
dei Raloi e corse a perdifiato lungo le scale per andare ad osservare
quello strano fenomeno.
I
pochi studenti rimasti e tutti i professori del Trinity erano usciti
dal castello e osservavano con il naso rivolto al cielo lo strano
simbolo.
«È
la Croce Celtica dell'EIF» sussurrò qualcuno con l'aria
spaventata.
«Che
cosa?» chiese Henry Alabacor con voce tremante.
«La
Croce Celtica, il simbolo che i membri dell'EIF sparano in cielo nei
luoghi dove hanno compiuto un delitto. È la loro firma»
rispose un ragazzo dei Raloi.
«Avanti,
tornate immediatamente dentro» ordinò la voce imperiosa
della professoressa O'Connel.
A
malincuore tutti gli studenti rientrarono nel castello, sussurrando
mezze frasi spaventate.
“...nei
luoghi dove hanno compiuto un delitto...”
Quelle
parole rimbombarono nella testa di Edmund, come se volessero
rivelargli qualcosa. Poi d'un tratto vide il professor Cumhacht che
saliva di fretta le scale che portavano al quarto piano e capì:
la stanza buia! Un membro dell'EIF doveva essersi intrufolato nel
castello per rubare ciò che stava nascosto dentro la stanza
buia! Altrimenti quale altro delitto potrebbe essere stato compiuto
il giorno di Natale in una scuola?
Senza
nemmeno pensare al fatto che quella zona del castello era proibita,
Edmund corse all'impazzata verso l'ala nord al quarto piano. Si
bloccò a metà rampa quando sentì delle voci che
discutevano animatamente. Riconobbe il timbro del professor Cumhacht
che stava dicendo: «No, Preside, è tutto a posto».
Edmund
tirò un sospiro di sollievo: qualsiasi cosa fosse custodita
nel castello, era ancora al sicuro. Sbirciò sul pianerottolo e
vide le figure di Captatio e di Cumhacht che gli davano le spalle e
osservavano accigliati la famigerata porta proibita.
«Ho
ragione di pensare che l'EIF abbia progettato di rubarla, ma in
realtà non siano nemmeno riusciti ad entrare nell'area del
Trinity. Conosco ancora qualche vecchio trucco per tenere al sicuro
questa scuola» disse il Preside, con un tono di voce più
sollevato.
«Ma
allora la Croce Celtica?»
«Credo
che fosse un segnale di avvertimento, o magari chissà, un
gesto di frustrazione per non aver raggiunto l'obiettivo. Comunque
sia, è il caso di tenere gli occhi aperti. L'Incantesimo
Sensore Segreto di cui mi parlavi?» chiese Captatio, con un
leggero cenno del capo verso Cumhacht.
«Vedrò
di inserirlo al più presto» rispose il professore.
Edmund
capì che i due si sarebbero potuti voltare da un momento
all'altro e, considerando i suoi precedenti, non era il caso che si
facesse trovare lì. Così scese le scale il più
silenziosamente possibile e quando fu sicuro di non essere più
in pericolo, si mise a correre verso la sala comune dei Raloi.
Edmund
fu quasi sollevato dal ritorno di tutti gli altri studenti, al
termine delle vacanze di Natale. Ovviamente la notizia
dell'apparizione della Croce Celtica nel cielo sopra il castello era
stata divulgata dai quotidiani e quindi tutti ne erano a conoscenza.
La prima sera, durante la cena, gli studenti dei Raloi del primo e
del secondo anno si raggrupparono attorno ad Edmund per farsi
raccontare l'accaduto.
«Stavo
leggendo, quando ho sentito un grido e mi sono affacciato alla
finestra: c'era una sagoma di fumo verdastro nel cielo, allora sono
corso fuori per capire di cosa si trattasse. Eravamo tutti lì
con il naso per aria, spaventati da quel marchio terribile quando la
professoressa O'Connel ci ha ordinato di entrare» narrò
Edmund tra gli sguardi attoniti dei suoi compagni.
«Ma
non è tutto...» sussurrò poi rivolto a Mairead,
quando gli altri distolsero l'attenzione per commentare quello che
era successo. «Ho bisogno di parlarvi in privato».
Mairead
andò a chiamare Laughlin al tavolo dei Nagard e poi i tre si
rifugiarono in una aula vuota del primo piano. Edmund narrò
dell'incontro che aveva origliato tra Captatio e Cumhacht. «Qualsiasi
cosa sia nascosta nella stanza buia, deve essere qualcosa di
pericoloso» sentenziò poi alla fine del racconto.
«Captatio
crede che l'EIF progetti di rubarla?» domandò Mairead
preoccupata.
«Esattamente»
confermò Edmund. «E noi dobbiamo scoprire di cosa si
tratta».
Eccomi qui!
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo!
@
Sydelle: credo che fosse abbastanza semplice intuire la mia identità!
Eheh! Sei contenta per i Llapac allora? Non resteranno in testa per
sempre, però, mi dispiace deluderti! Edmund è il mio
personaggio preferito in assoluto... anche se non c'è una
grande analisi psicologica in questo racconto, però è
davvero un ragazzo profondo e si scoprirà molto sul suo conto
nei prossimi racconti (appena riuscirò a scriverli! XD). Sono
lusingata dal fatto che la mia scrittura ti rilassa! A presto!
@
quigon89: grazie mille del commento! Anche io trovo affascinante
vedere il mondo di HP fuori dalla realtà circoscritta di
Hogwarst. E vedrai che il professor Cumhacht acquisterà sempre
una maggior importanza, specie nel prossimo capitolo! A presto!
ps.
il tuo nome è un inno a Star Wars, vero? Adoro quella saga!
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B.
|
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Capitolo 9 *** L'incantesimo sensore ***
CAPITOLO
9
L'Incantesimo
Sensore
Fu
così che cominciarono le loro prime ricerche: quando avevano
un po' di tempo libero a disposizione si fiondavano i biblioteca, ma
il reale problema era che non sapevano esattamente cosa cercare.
Leggiucchiavano un po' qua e là, nella speranza di incappare
in qualche informazione utile, ma in realtà vagavano alle
cieca in un mare di conoscenza. Inoltre Mairead era tartassata da
O'Shalley con gli allenamenti e gli schemi tattici per l'imminente
avvicinarsi della prima partita dei Raloi. Tre sere a settimana la
squadra si ritrovava in campo a provare nuove strategie e ogni volta
finivano sempre più tardi. «Bran, io dovrei rientrare
nella sala comune prima delle nove» fece notare una volta
Mairead, dato che l'orologio della torre aveva battuto le dieci e la
squadra era ancora in campo.
«Non
sono affari miei! La partita di Quidditch è più
importante di uno stupido coprifuoco! Se vuoi essere in sala comune
alle nove, fatti regalare una Giratempo»
le aveva risposto il capitano, sempre con quel suo tono burbero.
La
mattina dopo, passare la prima ora di lezione a prendersi cura dei
fagioli luminescenti nel freddo pungente della serra fu una specie di
trauma. Mairead colse l'occasione per lamentarsi con i suoi amici
delle sfuriate del capitano O'Shalley.
«Potreste
smetterla di allenarvi, tanto la coppa la vinciamo noi quest'anno»
commentò Laughlin, alla fine del racconto, con una nota di
superiorità nella voce.
«Oh,
ma stai zitto, Nagard dei mie stivali!» rispose Mairead,
accigliata per il fagiolo che le era schizzato via dalle mani.
Alla
fine della lezione, i tre amici si avviarono infreddoliti e pieni di
calli alle dita verso l'aula di Trasfigurazione.
«Maleficium,
è vero?» domandò la voce sarcastica di Ailionora,
richiamandoli nel bel mezzo del corridoio. Il terzetto si fermò
di colpo e si voltò per fronteggiare Diablaiocht.
«È
vero, femminuccia?» chiese ancora la ragazzetta mora
avvicinandosi di un passo a Laughlin.
«Che
cosa?» rispose lui fissandola negli occhi.
Ailionora
sorrise beffarda. «Nioclas, che è in dormitorio con te,
mi ha detto che sei tu che suoni l'arpa celtica. È vero?»
«Sì,
e allora?» rispose Laughlin in tono di sfida.
Il
sorriso della ragazza si allargò e se possibile diventò
ancora più di scherno. Poi alzò una spalla come nulla
fosse. «Niente, volevo solo sapere. Non solo sei un traditore
del tuo sangue, sei pure una checca» ridacchiò
divertita, strappando delle risate a Leida O'Hara e Finan Best, i due
Nagard che avevano fatto gruppo con lei. Leida era una ragazzina dal
viso appuntito, con i capelli tagliati a caschetto e come la sua
migliore amica aveva sempre un'aria di superiorità stampata
sulla faccia. Finan invece era piuttosto piccoletto per la sua età,
ma ciò non gli impediva di comportarsi come un Lord.
Detto
questo il terzetto si allontanò per raggiungere l'aula di
Trasfigurazione. Laughlin sembrava parecchio dispiaciuto per le
parole taglienti di Ailionora.
«Me
l'ha regalata mio papà per Natale... sa che mi piace suonare»
sussurrò, come se dovesse scusarsi con loro.
«È
fantastico Laughlin. Mi piace un sacco il suono dell'arpa; un giorno
devi farmi sentire un pezzo» rispose Mairead con un grosso
sorriso di incoraggiamento per l'amico.
Il
ragazzino sorrise timidamente, contento di essere apprezzato.
«Dai,
su, suonatore folle. La lezione ci aspetta» aggiunse Edmund
passando il braccio intorno alle spalle di Laughlin e incamminandosi
verso l'aula.
L'ora
di Trasfigurazione fu particolarmente tremenda quel giorno: Cumhacht
sembrava furioso per qualcosa che gli studenti non riuscivano ad
afferrare, così assegnò loro una montagna di compiti e
mandò in punizione Dedalus Consolatus solo perché aveva
starnutito durante la lezione. Quando suonò la campanella gli
alunni di prima tirarono un sospiro di sollievo.
«Consolatus
fermati: dobbiamo decidere il tuo castigo. Boenisolius fermati anche
tu perché devo parlarti» disse il professore in tono
secco. Mairead fece cenno agli amici di proseguire per la lezione di
Irlandese e Latino, poi si avvicinò alla cattedra con aria
circospetta. Cumhacht ordinò a Dedalus di presentarsi al suo
ufficio quella sera alle otto, che gli avrebbe fatto pulire tutte le
aule del secondo piano. Poi aspettò che il ragazzino se ne
fosse andato e intimò a Mairead di sedersi sulla poltrona
dietro alla cattedra.
«Tu
credi che sia divertente, vero?» le chiese guardandola
dall'alto in basso.
«Che
cosa, signore?» domandò Mairead perplessa. Non sapeva
dove Cumhacht volesse andare a parare, ma di qualsiasi cosa si
trattasse, aveva come l'impressione che non sarebbe stato nulla di
buono.
«Cercare
di entrare nella stanza proibita al quarto piano!» sbraitò
Cumhacht, appoggiando le mani sui braccioli della sedia e sovrastando
la povera ragazzina con aria rabbiosa. «So che sei tu, insieme
ai tuoi amichetti. Vi sembra un giochetto divertente riuscire a
rubare l'arma che vi è nascosta, vero? Sei sempre in giro per
il castello di sera a causa degli allenamenti di Quidditch, ma da
Natale ho messo degli Incantesimi Sensori Segreti che mi avvertono
tutte le volte che qualcuno apre quella porta».
Mairead
sgranò gli occhi spaventata. «Noi non siamo più
andati in quell'ala del castello, signore» replicò in un
sussurro, senza smettere di fissare il professore.
Cumhacht
digrignò i denti con rabbia. «È che non ho modo
di dimostrarlo, ma se vi becco di nuovo davanti a quella porta, giuro
che questa volta nemmeno il Presidente della Magia in persona potrà
salvarvi dall'espulsione».
«La
scelta del tempo dell'infinitiva non dipende dal tempo della
principale, ma solo dal rapporto cronologico...»
«Mi
scusi signore, il professor Cumhacht mi ha trattenuto» esclamò
Mairead con il fiato corto per la corsa che aveva fatto verso l'aula
di Irlandese e Latino. Saiminiu la guardò con aria leggermente
scocciata, poi le fece un cenno con il capo per indicarle di sedersi
in fretta. Mairead prese posto al fianco di Edmund mentre
l'insegnante riprendeva la spiegazione delle subordinate infinitive.
I due amici guardarono la ragazza con una espressione interrogativa
dipinta sul volto. «Dopo vi devo parlare» sussurrò
Mairead sistemando il libro di latino sul banco.
Quando
finalmente finì la lezione, Mairead aspettò che tutti
gli altri fossero usciti, poi raccontò quello che le aveva
detto Cumhacht.
«E
lui è convinto che siamo noi a voler entrare?» esclamò
Laughlin in un impeto di rabbia. «Ma che brutto...» e
apostrofò l'insegnante con una serie di epiteti che
scandalizzarono perfino Mairead.
«Non
è questo il punto. Il vero problema è che Captatio
aveva ragione: qualcuno sta cercando di rubare quello che è
nascosto nella stanza buia, ma non ha bisogno di penetrare nel
castello. Vi è già dentro» sussurrò Edmund
fissando i suoi amici come se da quello dipendesse la loro stessa
sopravvivenza.
Ma
Mairead sorrise d'improvviso, ricordandosi che Cumhacht si era
lasciato sfuggire un'informazione di troppo. «Si tratta di
un'arma. Vi è nascosta un'arma nella stanza buia» disse
in tono cospiratore.
Anche
Edmund sorrise a quelle parole. «Un'arma, eh? La faccenda si fa
interessante, davvero interessante».
Mairead,
in realtà, non ci trovava tutto questo interesse nello
scoprire cosa ci fosse nella stanza buia, anche perché in quei
giorni la sua mente era occupata da ben altro: sabato prossimo
avrebbe disputato la sua prima partita di Quidditch. I compagni
cercavano tutti di rassicurarla, ma una strana sensazione si
impadronì di Mairead, come se avesse mangiato un drago che ora
si contorceva nel suo stomaco. La sera prima della partita, O'Shalley
le consigliò di andare a letto presto, ma la ragazza non
riuscì comunque a dormire molto. Prima fece fatica ad
addormentarsi, poi sognò che al posto della Pluffa dovevano
utilizzare un grosso riccio che a metà partita si trasformò
nella testa di Cumhacht che strillava di volerla espellere.
La
mattina successiva si alzò più stanca di quando era
andata a coricarsi, con due occhiaie scure e lo stomaco chiuso in una
morsa. Per fortuna il cielo era limpido, sebbene la giornata fosse
molto fredda. A colazione Edmund, che per l'occasione aveva una lunga
sciarpa di lana verde e una bandierina con disegnata un'aquila, cercò
invano di convincerla a mangiare qualcosa. Finalmente O'Shalley
ordinò alla squadra di armarsi di scope e recarsi agli
spogliatoi, così Mairead poté svignarsela dalla Sala
Mor e corse nel dormitorio a prendere la sua Nimbus 1700, per poi
raggiungere gli altri al campo da Quidditch.
Quando
tutti furono pronti con la divisa verde scintillante, il capitano
spiegò le ultime tattiche e fece un piccolo discorso
d'incoraggiamento. Poi i giocatori si prepararono ad entrare in
campo. «Sei agitata, Mairead?» chiese Beatrix con un
sorriso.
La
ragazza annuì, prendendo la sua Nimus e preparandosi a
cavalcarla. «È normale sai, lo ero anche io alla mia
prima partita. Ma poi il vento che ti ronza nelle orecchie, i capelli
che volano dappertutto e l'adrenalina del gioco ti fanno dimenticare
tutto il resto, vedrai» le disse Beatrix nel tentativo di
rincuorarla.
«Ok,
squadra, diamoci una mossa!» esclamò O'Shalley salendo a
cavalcioni della sua scopa.
Tutti
i giocatori lo imitarono e con una spinta secca si alzarono in volo.
«Ed
ecco la squadra dei Raloi!» disse la voce del professor
Ballerinus, che era l'addetto alla telecronaca. «Il capitano
O'Shalley, seguito da Connery, Connery, Connery, ancora Connery, Hook
e Boenisolius, la nuova Punta» esclamò il professore,
presentando i giocatori man mano che sfilavano in campo.
C'era
tutta la scuola ad assistere alla partita, come si poteva distinguere
dal mare scarlatto dei Nagard, quello verde dei Raloi, ognuno dietro
i propri anelli, e quello blu dei Llapac.
«E
questi sono invece i Nagard: il capitano Finnegan, con Nott, Xandom,
McFly, O'Dareen, Patterson e O'Malley!»
La
signorina Trust, che avrebbe arbitrato la partita, si avvicinò
alla cassetta di legno che conteneva le palle e ordinò ai
capitani di stringersi la mano. O'Shalley e Finnegan eseguirono
l'ordine, ma più che altro si stritolarono le mani a vicenda.
Infine Trust diede inizio alla partita con un fischio prolungato,
proprio mentre i tre Bolidi schizzarono via dalla cassa e la Pluffa
fu lanciata verso l'alto.
Beatrix
aveva ragione, in meno di un secondo Mairead si dimenticò di
tutte le sue paure. Non appena sentì il fischio d'inizio, si
tuffò a prendere la Pluffa, riuscendo per pochissimo a
soffiarla a Finnegan.
«Ottima
presa di Boenisolius. Raloi comincia la partita in possesso di
palla».
Mairead
si voltò indietro per controllare la situazione, poi lanciò
la Pluffa a Milo Hook che sfrecciò in direzione degli anelli
avversari.
«Bolide!»
strillò Nicolaj e la ragazza si scansò appena in tempo
per evitare la palla che le era stata indirizzata contro dal
battitore avversario. Ma mentre Mairead virò per evitare il
colpo, non riuscì ad afferrare il lancio di Milo.
«Hook
passa la Pluffa a Boenisolius, ma... no, attenzione, la Pluffa viene
intercettata da Patterson. Un magnifico colpo di bolide da parte di
O'Shalley. Patterson perde la Pluffa, subito recuperata da Connery».
Nicolaj
fece una presa da manuale e si diresse senza esitazione verso gli
anelli. Evitò un colpo di bolide, virò all'improvviso
per non schiantarsi contro Finnegan e infine tirò.
«Connery
segna! Dieci a zero per i Raloi» annunciò soddisfatto il
professor Ballerinus, segnando i punti con la bacchetta sul tabellone
dorato che si trovava proprio sopra di lui.
Ora
la Pluffa era nelle mani di Finnegan, che si stava dirigendo verso
Leonard per segnare. Mairead si appiattì sulla sua Nimbus per
raggiungere l'avversario e intercettò il tiro di Finnegan. Era
troppo vicina ai pali per avere un compagno alle sue spalle a cui
passare la palla, così decise di lanciarla Leonard. Lui la
prese, lasciò a Mairead il tempo di dirigersi verso il centro
campo, poi gliela tirò nuovamente.
«Scambi
di Pluffa tra il portiere e Boenisolius. Passaggio a Hook, Connery,
di nuovo Hook. E segna! Venti a zero per i Raloi».
Ma
i Nagard non si lasciarono sopraffare e subito dopo segnarono tre
goal, riportando la partita in loro vantaggio.
Ora
Nicolaj sfrecciava verso gli anelli avversari, con alle sue spalle
Milo e Mairead. Si voltò per passare la Pluffa a Milo, ma un
Bolide lanciatogli contro da McFlay lo centrò dritto in pancia
e per il colpo Nicolaj lasciò cadere la palla.
Finnegan
si buttò in picchiata per recuperarla, con Mairead alle
calcagna. La ragazza si appiattì sul manico di scopa. “Dai,
dai! Più veloce!” pensò mentre raggiungeva
l'avversario. Erano pari. Ora Mairead era in testa. La ragazza
allungò il braccio, afferrò la Pluffa e scartò a
destra, per tagliare la strada a Finnegan che, colto alla sprovvista
da quel gesto suicida di Mairead, non riuscì a frenare in
tempo e andò a sbattere con il naso contro la coda della
Nimbus 1700. La scopa di Mairead ebbe un forte contraccolpo, ma lei
riuscì a tenersi ben salda al manico.
«Che
testa a testa emozionante! Ahi, Finnegan deve aver preso una bella
botta! Ora Boenisolius in possesso di palla sta risalendo verso i
pali. Ma che cosa fa?»
Mairead
non aveva provato a tirare, ma stava volando per prendere gli anelli
da dietro. Sapeva di non poter segnare punti lanciando la Pluffa da
dietro gli anelli, ma con Nocolaj aveva provato una nuova tecnica.
Mairead gli lanciò la palla scarlatta dal fondo del campo
mentre lui era davanti agli anelli, pronto in posizione di tiro. Il
portiere, disorientata dalla mossa di Mairead, non si accorse di
Nocolaj, che riuscì a segnare il terzo goal.
Erano
trenta pari.
Dopo
quel tiro, Leonard diede spettacolo con un paio di parate
particolarmente complesse e Milo segnò di nuovo. Quaranta a
trenta.
Poi
O'Malley fece un passaggio in avanti e Trust fischiò una
mischia.
«Ora
verrà messa alla prova la giovane Punta dei Raloi. Sarà
una mischia difficile per lei, Finnegan sa il fatto suo»
commentò il professore, mentre gli occhi di tutti si puntavano
su Mairead.
«Pronta?»
le chiese Nicolaj mentre la Pluffa veniva posizionata a metà
campo.
Mairead
fece un sorriso tirato. Finnegan, ancora con il volto sporco di
sangue, era determinato a non desistere: era furioso con Mairead per
lo scherzo di prima.
Al
fischio di Trust, le due formazioni iniziarono la loro corsa. Mairead
aveva la mente sgombra: pensava solo a raggiungere la Pluffa prima di
Finnegan. Le squadre volavano più o meno alla stessa velocità.
Erano
a pochi metri l'una dall'altra. Si sarebbero schiantati.
«Desisti,
Blake!» strillò la Patterson, cacciatrice dei Nagard.
«Ora!»
urlò Mairead. Simultaneamente i tre Raloi si lasciarono
scivolare lungo la scopa per ritrovarsi a testa in giù. Con la
stessa mossa con cui Mairead si era guadagnata il ruolo di Punta,
riuscì a soffiare la Pluffa a Finnegan.
Si
avvitò su se stessa per ritornare diritta e tirò verso
l'anello più basso.
«Yeeee!»
esultò la ragazza per il suo primo goal.
Ma
proprio in quel momento, un bolide sbucato dal nulla la colpì
in pieno sterno, facendole perdere l'equilibrio tanto che per poco
non finì disarcionata dalla scopa. Il fiato le si mozzò
per il colpo ricevuto e per un attimo non riuscì a muoversi.
«Ci
penso io!» esclamò Lucius, spedendo il bolide contro
O'Malley e facendogli perdere la Pluffa. Ma in quel momento
l'attenzione di tutti fu rapita dai due cercatori che evidentemente
avevano avvistato il boccino.
«Vai
Beatrix!» strillò Mairead in preda all'euforia. Lucius
tirò un altro bolide contro Nott, il cercatore avversario, nel
tentativo di avvantaggiare la sorella.
E
poi... Beatrix sollevò il pugno in segno di vittoria: nella
mano stringeva il Boccino d'Oro.
«Connery
prende il Boccino! Centonovanta a trenta. I Raloi vincono la
partita!»
Eccomi qui!
Spero che vi abbia emozionato la telecronaca della partita!
@Sydelle:
grazie ancora dei commenti! Sono contenta che la storia ti
intrighi... spero di mantenere vivo il tuo interesse per la stanza
buia! XD
@ quigon89:
vedrai il terzetto in azione contro l'EIF molto presto... un gruppo
di xenofobi armati è sempre pericoloso quando è in
gioco il destino del mondo magico! Ehehe! La stanza buia è la
chiave...
ps. anche io
adoro Star Wars, ma il mio personaggio preferito resta Obi-wan
Kenobi!
A presto!
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B.
|
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Capitolo 10 *** La lancia di Lugh ***
Capitolo
10
La
lancia di Lugh
L'euforia
di Mairead per aver vinto la sua prima partita di Quidditch durò
per un'intera settimana. Edmund e Laughlin avevano scommesso cinque
dobloni ognuno sulla propria casa vincente e così Laughlin,
oltre ad essere arrabbiato per aver perso la partita, aveva anche
dovuto pagare il suo debito con Edmund. Il professor Ballerinus, come
direttore della casa dei Raloi si complimentò con Mairead per
la sua performance e perfino il capitano O'Shalley sembrava non aver
nulla da rimproverare alla squadra. Nemmeno le occhiatacce che le
riservava il professor Cumhacht tutte le volte che la incontrava
poterono scalfire l'ottimo umore di Mairead.
Nel
frattempo i tre amici continuavano le ricerche in biblioteca, senza
grandi risultati. Pur sapendo che si trattava di un'arma, non avevano
informazioni a sufficienza.
Lentamente,
il freddo invernale lasciò posto ad una timida primavera, che
portò con sé lunghissimi giorni di pioggia. Le lezioni
di Erbologia divennero le più odiate perché nelle serre
si era formato uno strato di fanghiglia perenne e quando i ragazzi
tornavano al castello era come se avessero nuotato in una piscina di
fango. La signorina Trust sembrava che fosse allergica al mal tempo
(cosa alquanto strana, visto che era abituata a fare sport all'aria
aperta) perché di giorno in giorno era sempre più
stanca, con gli occhi arrossati e il volto incavato. L'unico che non
si arrendeva nemmeno difronte alla pioggia era O'Shalley, che in
vista della partita contro i Llapac, non rinunciava mai agli
allenamenti.
«Ma
Bran, manca ancora un mese!» aveva protestato una sera Lucius
Connery, dato che erano tornati dal campo fradici come pulcini.
«Appunto!»
aveva sbraitato O'Shalley. «Abbiamo solo altri otto
allenamenti prima della partita!»
E
con quelle parole aveva ritenuto chiusa la questione.
Con
la primavera arrivarono anche le vacanze di Pasqua, che però
si rivelarono meno rilassanti di quanto sperassero gli studenti, sia
perché i professori li caricarono di compiti, sia perché
il brutto tempo non permetteva nemmeno di uscire dal castello.
Una
piovosa sera di aprile, Mairead, Laughlin e Edmuind si diedero
appuntamento in biblioteca per continuare le ricerche.
«Che
noia questo tempo... fa quasi più freddo che a Natale»
commentò Mairead guardando fuori dalla finestra del corridoio
con un sospiro.
«Che
hai detto?» esclamò Edmund fermandosi d'improvviso.
Mairead
si voltò a guardarlo come se fosse ammattito. «Che fa
freddo quasi più che a Natale» ripeté la ragazza,
senza capire cosa volesse dire l'amico.
Edmund
si batté una mano sulla testa, come se avesse improvvisamente
ricordato qualcosa. «Natale! Ma certo, come ho fatto a non
pensarci!» esclamò con euforia. Detto questo si voltò
e tornò di corsa verso il dormitorio.
Mairead
rimase scioccata, immobile in mezzo al corridoio a fissare il punto
dove si era bloccato Edmund. Poi visto che l'amico non tornava, si
avviò sconsolata verso la biblioteca.
«Oh
finalmente! Dove vi eravate cacciati.... ehi, ma Edmund?»
chiese allibito Laughlin, vedendola entrare da sola.
«Ah,
boh... quel ragazzo non lo capisco a volte» rispose Mairead in
tono annoiato, prendendo un libro rosso dallo scaffale, intitolato
“Tradizioni irlandesi”. Si sedette sul pavimento di legno
della biblioteca e cominciò a leggere qualche pagina a caso
con l'aria sconsolata.
Edmund
arrivò in biblioteca tutto trafelato pochi minuti dopo,
appoggiando sul tavolo un pesante volume rilegato in pelle. Aveva uno
sguardo soddisfatto che incuriosì gli amici. «Io so cosa
è custodito nella la stanza buia del quarto piano»
annunciò teatrale, aprendo il libro nel punto dove aveva messo
un segno.
Mairead
e Laughlin gli si avvicinarono incuriositi.
«State
a sentire: “I
Thuatha De Danann: questa stirpe di esseri divini, i mitici abitanti
dell’Irlanda prima dei Celti, faceva risalire la sua origine
alla dea-antenata Danu. Essi portarono in Irlanda quattro potenti
talismani, chiamati i Doni: la pietra di Fal, che parlava quando
veniva toccata dal re giusto; la lancia di Lugh, che garantiva la
vittoria; la spada di Nuadu, cui nessuno sfuggiva; e il calderone di
Daghda, da cui nessuno si staccava insoddisfatto”».
Mairead
lanciò a Laughlin un'occhiata stupefatta. «E allora? Che
centra questo? Tutti conoscono la storia dei Thuatha» disse la
ragazza, fissando negli occhi Edmund, che sembrò scocciato
dalla mancanza di interesse dei suoi amici.
«Non
capite? L'arma che è nascosta è la lancia di Lugh!»
annunciò con enfasi.
L'affermazione
fu seguita da un attimo di stupito silenzio, poi finalmente Laughlin
si decise a parlare: «Come fai ad esserne sicuro?»
«Mi
è venuto in mente che avevo letto qualcosa sul libro che mi ha
regalato Mairead a Natale a proposito del patrimonio del Trinity»
rispose Edmund, tirando fuori il volume rosso dalla borsa che portava
a tracolla. Sfogliò le pagine alla ricerca del paragrafo che
voleva mostrare agli amici e, non appena lo trovò, cominciò
a leggere: «Ecco qui: “Tra
l'immenso patrimonio storico e artistico della scuola, vanno anche
ricordati gli oggetti custoditi nelle cassette di sicurezza della
Gringott di Dublino, di cui citiamo per esempio la lancia di Lugh, o
l'unico ritratto esistente di Grinald il Gobblin.”
Così ho pensato che la lancia di Lugh potesse essere l'arma
che stiamo cercando e sono andato ad approfondire l'argomento».
«Ma
se è custodita nella cassetta di sicurezza, come fa ad essere
a scuola?» domandò Mairead, cercando di sbirciare sul
libro, alla ricerca di qualche informazione in più.
Edmund
guardò gli amici con l'aria di chi la sa lunga. «Non
ricordate cosa disse Captatio al banchetto?»
Laughlin
lanciò un occhiata a Mairead, chiedendosi come avrebbe mai
potuto ricordare le parole che il Preside aveva rivolto loro quasi
otto mesi fa, poi scosse la testa.
Edmund
fece un mezzo sorrisetto da cospiratore. «Che l'ala nord al
quarto piano sarebbe diventata zona proibita da quest'anno».
«Oooh!
Quindi vuoi dire che la lancia è stata trasferita a scuola di
recente?» esclamò Mairead piena di rinnovato entusiasmo.
Edmund
sorrise compiaciuto. «È quello che credo. Infatti ho
chiesto a qualche studente più grande e tutti mi hanno
riferito che gli anni scorsi si poteva accedere liberamente a quella
zona».
«C'è
un modo molto semplice per esserne sicuri» rispose Laughlin in
tono macchinatore. «Mio papà, in qualità di
direttore, ha in archivio tutte le copie dei giornali pubblicati
nell'arco di cinque anni. Gli chiederò di indagare su
eventuali articoli al riguardo».
Edmund
annuì soddisfatto, poi continuò: «Il problema ora
è che qualcuno all'interno del Trinity la vuole rubare».
«Per
forza, chiunque vorrebbe possedere la lancia di Lugh!» rispose
Mairead in tono solenne. «È come una potentissima
bacchetta magica, non fallisci mai una magia con quella! Se finisse
nelle mani dell'EIF, saremmo spacciati».
Proprio
in quel momento sbucò da dietro uno scaffale ricolmo di libri
la signorina Trust che li squadrò con aria glaciale. «Vi
informo che le nove sono suonate da dieci minuti e che voi tre
dovreste essere nei rispettivi dormitori» disse in tono severo.
I
ragazzi scattarono in piedi come se li avesse morsi qualcosa e,
riposti i vari volumi sugli scaffali, se la defilarono di corsa.
«Mamma mia, quella Trust! A me fa paura» sussurrò
Laughlin con un finto brivido, non appena furono sufficientemente
distanti dalla biblioteca.
«Credete
che abbia sentito qualcosa?» chiese Mairead preoccupata.
Edmund
si voltò verso il corridoio che avevano appena percorso, come
per leggere la risposta sul muro in fondo. «Speriamo di no».
Decisero
di non informare nessun professore della possibilità che
qualcuno stesse per rubare la Lancia, perché altrimenti
avrebbero dovuto giustificare in qualche modo il fatto che sapevano
così tanto sull'argomento ed era già abbastanza
sgradevole che Cumhacht li ritenesse colpevoli, senza bisogno di
destare altri sospetti. Laughlin scrisse una lettera al padre il
giorno successivo, fingendo che la cosa gli interessasse per un
compito di Storia della Magia.
La
risposta del signor Maleficium arrivò in un lampo. Dopo solo
un paio di giorni, una mattina a colazione, Laughlin si avvicinò
al tavolo dei Raloi con in mano una vecchia copia del “Corriere
del Mago”. Il ragazzo si sedette al tavolo tra i due amici e
srotolò il giornale.
«Guardate
la data!» esclamò Edmund indicando l'angolo in alto a
sinistra.
«15
luglio 1991» lesse Mairead. «È dell'estate
scorsa!»
Laughlin
sfogliò il quotidiano fino ad una delle pagine in fondo. In un
angolo c'era un trafiletto intitolato “Il Trinity si
riappropria del suo patrimonio”. Laughlin lanciò uno
sguardo d'intesa agli amici, poi cominciò a leggere.
«“Il
Trinity College per giovani maghi e streghe,
la scuola di magia fondata nel lontano 1317, è titolare di un
immenso patrimonio artistico, culturale e storico. Il castello, che
ospita quasi duecento studenti, accompagnati nel loro cammino da
quindici insegnanti, è già di per sé di notevole
prestigio. È stato costruito per volere del frate domenicano
Patrick di Wexford e, oltre alla raffinatezza artistica, esso
rappresenta anche uno scrigno inesauribile di magie anti-babbani e
passaggi segreti. I possedimenti terreni della scuola sono così
estesi che comprendono, oltre al lago che accoglie l'isola dove sorge
il castello, anche appezzamenti di bosco e colline fino alle
scogliere di Moher. Ma l'interesse artistico del college è
molto più vasto di quanto si possa immaginare. In aggiunta ai
beni già presenti nel castello, tra i quali annoveriamo
numerosi arazzi medievali, la bacchetta di Galwyn il Guercio e
l'armatura di Fionn
Mac Cumhall, la
scuola possiede numerose cassette di sicurezza alla Gringott di
Dublino. Proprio in questi giorni il Presidente della Magia McPride
ha incontrato il Preside del Trinity, il professor Captatio. Durante
il loro incontro, i due hanno discusso anche della possibilità
di trasferire al castello alcuni dei tesori custoditi alla Gringott,
tra i quali parrebbe figurare la famigerata Lancia di Lugh. Questo
perché la scuola si riappropri del proprio patrimonio e possa
goderne appieno».
I
tre amici si scambiarono uno sguardo soddisfatto: quell'articolo
confermava i loro sospetti sulla lancia.
«Il
tavolo dei Nagard è dall'altra parte della sala, signor
Maleficium» disse una voce seccata alle loro spalle.
I
tre ragazzi si voltarono simultaneamente: il professor Cumhacht li
sovrastava con le mani appoggiate sui fianchi e l'aria severa.
Laughlin
piegò alla svelta il giornale e se lo mise sotto la giacca per
evitare di farlo vedere all'insegnante. «Ehm, sì... lo
so, signore» rispose poi con un sorriso di scusa.
Il
professore si abbassò fino a fissare negli occhi i ragazzi.
«Si potrebbe pensare che stiate tramando qualcosa di losco»
sussurrò guardandoli in volto uno ad uno.
«Affatto,
signore» risposero in coro Edmund e Laughlin.
Il
professor Cumhacht si raddrizzò, erigendosi in tutta la sua
altezza. «Bene allora. Muovetevi: le lezioni stanno per
iniziare, non vorrete arrivare in ritardo, spero».
I
tre ragazzi si alzarono immediatamente dal tavolo e si diressero
verso l'uscita, ma prima che fossero abbastanza lontani, Cumhacht
afferrò il braccio di Mairead e la costrinse a voltarsi verso
di lui. «Vi terrò d'occhio» le sussurrò,
fissandola negli occhi, come se potesse scoprire una menzogna
semplicemente guardandola.
Non
appena il professore lasciò la presa sul suo braccio, Mairead
corse via spaventata.
Ebbene sì,
il tiro ha finalmente scoperto cosa contiene la stanza buia! Mi sono
rifatta alle leggende e saghe celtiche per la storia dei Tuatha de
Dann. Un po' di folclore non guasta!
@Sydelle:
tranquilla! Pensa che io domani ho un esame all'università e
sono qui a girovagare su internet! Eheheh! Però non posso
certo rivelarti il finale, ti pare? Dovrai aspettare i prossimi
capitoli. Intanto spero che questo ti sia piaciuto come sempre!
Ciao ciao!
@ quigon89:
sono contenta che ti sia piaciuta la partita di Quidditch, perché
temevo che fosse un po' noiosa nella descrizione. Ho cercato di
renderla piena di azione. Purtroppo le partite non saranno molto
numerose perché la case al Tirnity sono solo 3 e quindi 3 sono
gli scontri. Anche a me piace un sacco descrivere la squadra dei
Raloi, soprattutto per l'elevata concentrazione di Connery! La
telecronaca è uno spettacolo... c'è sempre un Connery
di mezzo! Eheh!
Diciamo poi che
nei miei ottimistici programmi ci saranno sette racconti come per la
Rowling, ma poiché in Irlanda il liceo comincia a 12 anni (non
a 11 come in Inghilterra) e dura solo 6 anni, l'ultimo racconto non
sarà ambientato al Trinity. E poi ovviamente non potrò
perdermi l'occasione di intrecciare la storia irlandese con quella
dei cugini d'oltremare, a cominciare dalla coppa del mondo di
Quidditch, vinta proprio dall'Irlanda! Spero che continuerai a
leggere con lo stesso entusiasmo anche i prossimi racconti (ehm...
quando li avrò scritti, si intende!).
A presto!
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B.
|
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Capitolo 11 *** Un trucchetto da illusionisti ***
Capitolo
11
Un
trucchetto da illusionisti
L'unica
cosa che riuscì a migliorare l'umore di Mairead in quegli
ultimi giorni di aprile fu l'assenza improvvisa del professor
Cumhacht alla lezione del lunedì pomeriggio. Per gli studenti
di prima fu una piacevole sorpresa anche perché finalmente la
pioggia aveva dato un po' di tregua e il parco era veramente
invitante. Mairead, Edmund e Laughlin passarono il pomeriggio a fare
i compiti seduti in riva al lago, con la fresca brezza primaverile
che soffiava dall'oceano.
Quella
stessa notte Mairead fece un sogno molto strano: era in un'enorme
salone dal quale si poteva vedere il cielo e stava duellando con una
strega vestita di nero che aveva una maschera bianca sul volto. Poi
qualcuno nel sogno cominciò a fischiare. Un fischio insistente
e acuto.
Mairead
si svegliò di soprassalto e scoprì che il suono
proveniva da una nuvoletta di fumo blu sopra la sua testa: qualcuno
le aveva inviato un messaggio. La ragazza prese la bacchetta, proprio
mentre Ailis si rivoltava nel letto con uno sbuffo.
«Legibilis»
sussurrò, puntandola contro la nuvoletta, che si condensò
fino a formare una piccola pergamena arrotolata. Mairead prese il
messaggio e si alzò dal letto per cercare di leggerlo alla
luce della finestra.
“Ho
preso Maleficium. Ci vediamo davanti alla porta del quarto piano, se
ci tenete alla sua vita. Voglio anche Burke. Niente insegnanti.”
Mairead
trattenne a stento un urlo. Qualcuno aveva rapito Laughlin!
Non
ebbe un solo attimo di esitazione: si infilò di corsa la
divisa scolastica, poi si precipitò nel dormitorio maschile
alla ricerca di Edmund. Quattro letti a baldacchino, con altrettanti
ospiti addormentati, occupavano la stanza del primo anno; uno solo
aveva le tendine tirate tutte intorno.
Mairead
non ebbe alcun dubbio su quale fosse quello di Edmund.
Gli
si avvicinò cauta per non svegliare gli altri e lo scosse
delicatamente avanti e indietro. «Ed... svegliati!» gli
sussurrò all'orecchio.
Edmund
sbatté un paio di volte le palpebre, poi quando si accorse che
qualcuno lo sovrastava, afferrò d'impulso la bacchetta dal
comodino e gliela puntò contro.
«Fermo,
Ed! Sono io!» bisbigliò Mairead, allontanandosi dal
letto.
«Ma
che... Mairead, che ci fai qui?» domandò perplesso
l'amico, stropicciandosi gli occhi.
«Sssh!»
gli intimò la ragazza, controllando che i compagni di stanza
stessero ancora dormendo. Poi gli passò il biglietto perché
lo leggesse.
Edmund
fissò la pergamena per qualche attimo. «È uno
scherzo» commentò in tono piatto, restituendo il foglio
a Mairead.
«Ma
Edmund! Come puoi dirlo?» esclamò la ragazzina
indignata, convinta che l'amico la prendesse poco sul serio.
Edmund
alzò le spalle e si sdraiò nuovamente nel letto,
tirandosi la coperta fino al mento. «Andiamo, Mairead. Cumhacht
ci è alle calcagna, farci trovare in giro di notte è un
ottimo modo per essere sbattuti fuori dal castello prima di poter
dire “folletto”. Sarà una stupita trovata di
Diablaiocht».
«Ma
se nemmeno c'è oggi Cumhacht!» rispose la ragazza.
A
quelle parole, Edmund si mise a sedere di scatto, come se qualcosa
nel suo letto l'avesse punto. «Cosa hai detto?» chiese
all'amica, guardando fisso le tende del baldacchino davanti a sé.
«Che
Cumhacht non c'è...» ripeté Mairead allibita dal
comportamento di Edmund.
Il
ragazzo si girò verso di lei e la afferrò per le
spalle. «Ma certo!» esclamò con gli occhi
sgranati. «Come ho fatto a non pensarci! La ruberanno questa
notte!»
«Che
cosa?» domandò Mairead con il volto attraversato da
un'espressione sorpresa.
«La
lancia di Lugh!»
«Come
fai a dirlo?»
Edmund
lasciò andare l'amica e si alzò dal letto per infilarsi
la divisa scolastica. «Perché se Cumhacht non è a
scuola, l'Incantesimo Sensore è praticamente incustodito!»
Mairead
ragionò una frazione di secondo su quelle parole e un brivido
di terrore la percorse da capo a piedi. «Ma cosa vogliono da
noi?» piagnucolò spaventata.
Il
volto di Edmund era risoluto. «Non lo so, ma Laughlin è
in pericolo e noi dobbiamo andare a salvarlo!»
Percorsero
a perdifiato i corridoi e le scalinate che li separavano dalla stanza
buia, consapevoli del fatto che se fossero stati visti da qualcuno si
sarebbero trovati sul treno di ritorno per Dublino in meno di una
battito d'ali di farfalla.
Salirono
cauti gli ultimi gradini che li separavano dal pianerottolo. «Nox»
bisbigliò Edmund e la luce sulla punta della sua bacchetta si
spense. Poi si sporse oltre l'angolo per vedere di chi erano le
sagome che avevano intravisto salendo le scale.
«Alla
buon ora» disse una voce fredda e tagliente come il ghiaccio.
«LEI?»
esclamarono all'unisono Mairead e Edmund alla vista della signorina
Trust che teneva stretto a sé Laughlin, puntandogli la
bacchetta al petto.
«Sorpresa!»
esclamò la donna con una forte vena di sarcasmo.
«Cosa
vuole da noi? Lasci andare Laughlin immediatamente!» strillò
Mairead, estraendo la bacchetta magica e puntandola contro la Trust.
La
donna rise di quella mossa audace e così sciocca. «Non
credo che tu sia nella posizione di impartire ordini, sai».
Laughlin
mugugnò qualcosa, ma evidentemente la Trust gli aveva fatto un
incantesimo per impedirgli di parlare.
«E
ora avanti, tutti dentro» ordinò la donna, come se li
stesse invitando a prendere il tè.
«Cosa
vuole da noi?» ripeté Mairead senza fare un passo.
Ancora
una volta la Trust rise di gusto.
Doveva
essere pazza, per forza.
«Da
te proprio nulla, tesorino. Io voglio lui» rispose indicando
con un cenno del capo Edmund, che sgranò gli occhi sorpreso.
«Me?»
sussurrò incredulo.
«Sì,
te. Voi sapete della Lancia, no? E tu sei una specie di bambino
prodigio, no?»
Mairead
e Edmund si fissarono perplessi, cercando di capire il senso di quel
discorso. Anche Laughlin guardò i suoi amici, gli occhi che
esprimevano lo stupore che le parole non potevano rivelare.
«Ho
bisogno del tuo aiuto per rubare la Lancia. E ora muovetevi,
entriamo» continuò la Trust, parlando come se lei fosse
una amorevole maestra d'asilo e loro i suo bambini.
Mairead
era spaventata all'idea di diventare complice di un ladro, ma non
sapeva come fare a liberare Laughlin, così si avvicinò
alla porta titubante, anche se Edmund non si mosse.
«Tanto
è inutile, la stanza ti rigetta fuori» commentò
il ragazzino in tono piatto, nel tentativo di indurre la Trust a
temporeggiare per poter guadagnare il tempo sufficiente ad elaborare
un piano di fuga. Ma lo sguardo compiaciuto della donna incrinò
la fiducia di Edmund: lei doveva aver risolto il mistero della stanza
buia. Ma come?
E
poi improvvisamente capì. «Ma certo! Ecco perché
proprio Cumhacht si preoccupa di sorvegliare questo posto! La stanza
buia è opera sua! È una trasfigurazione!» esclamò
tutto d'un tratto.
La
Trust sembrava soddisfatta. «Ma bravo, il mio Burke. Allora è
vero che sei un piccolo genio. Io ho passato ore intere la sera e
cercare di capire come superare l'ostacolo, e poi finalmente ho avuto
l'illuminazione: si trattava di una complessa trasfigurazione e per
entrare avrei dovuto compiere il contro incantesimo» disse la
Trust con tutta la naturalezza del mondo, come se stesse spiegando
loro la preparazione della torta al cioccolato.
Ecco
spiegato come mai la donna ultimamente aveva sempre dei segni scuri
sotto gli occhi e chi fosse il famigerato ladro che faceva scattare
gli Incantesimi Sensori di Cumhacht.
«La
Croce Celtica...» sussurrò Edmund, ricordandosi
all'improvviso quello che era accaduto a Natale. «Era un
avvertimento per lei, non per noi, vero? I suoi amichetti dell'EIF le
volevano intimare di sbrigarsi a rubare la Lancia, perché lei
ci stava mettendo troppo tempo, a causa della trasfigurazione di
Cumhacht che l'aveva messa alle strette».
La
Trust sorrise, come se la cosa la lusingasse. «Esatto, mio
caro. E da allora Oengus ha capito che qualcuno cercava di prendere
la Lancia e ha messo quello stupido Incantesimo Sensore. Tutte le
volte che aprivo quella maledetta porta, lui correva qui a
controllare e io ero costretta a nascondermi. Ma non questa sera, o
no...»
Mairead
cacciò un urlo, perché aveva capito il gioco della
donna. «LEI ha fatto in modo che Cumhacht se ne andasse dal
castello!»
«Ma
certo. È bastato mandargli una falsa lettera di convocazione
da parte del Dipartimento degli Affari Esteri e lui è corso a
Dubh Cliathan» rispose la Trust; dopodiché, sempre
tenendo ben stretto Laughlin per impedirgli di scappare, si avvicinò
alla porta e la aprì sussurrando Alohomora.
Dopo
mesi di inutili ricerche, finalmente si stava rivelando sotto i loro
occhi l'interno della stanza buia. Per un attimo Edmund, dimenticando
il motivo per cui si trovavano lì, fu preso da una eccitazione
febbrile. La porta si aprì su una piccola saletta senza
finestre, illuminata da due enormi bracieri nei quali scoppiettava un
magico fuoco blu. Là, al centro tra i due bracieri, si trovava
una magnifica lancia che sembrava rifulgere di luce propria.
«La
lancia di Lugh!» sussurrarono in contemporanea Edmund e
Mairead.
«Per
la bava di Merlino!» esclamò Laughlin.
Tutti
si voltarono a guardarlo: l'incantesimo della Trust doveva aver
finito il suo effetto.
«Ma
io parlo!» disse stupefatto il ragazzo, per festeggiare il
ritrovato dono della voce.
«Sì,
ma starai zitto, se non vuoi che ripeta la fattura. E ora muovetevi
ad entrare» ordinò la donna, senza più alcuna
traccia del tono mieloso che aveva utilizzato fino a poco prima. I
ragazzi non se lo fecero ripetere due volte, realizzando che la
Trust, oltre ad essere una pazza furiosa, era anche malvagia e aveva
il loro amico in pugno.
«Adesso
basta con i giochetti. Burke, trova il modo di prendere quella
maledetta Lancia» sbraitò la donna, indicando l'arma con
un vigoroso cenno del capo.
La
lancia era lì, sospesa a mezz'aria tra i due bracieri, ma
evidentemente era protetta da chissà quanti incantesimi.
«Accio Lancia» provò Edmund agitando la
bacchetta, ma non successe niente. Era una magia troppo facile,
troppo ovvia.
«Un
incantesimo di appello? Tutti qui quello che sai fare? Avanti Burke,
spremi quel tuo cervellino geniale. Prendimi quella Lancia»
commentò Trust con una vena di sarcasmo.
Edmund
era spaventato, ovviamente, ma anche eccitato dall'idea di mettere
alla prova le proprie capacita nella risoluzione di quel rompicapo.
Mairead e Laughlin nel frattempo osservavano ansiosi le mosse
dell'amico. Edmund si avvicinò cautamente alla Lancia, attento
a non far scattare qualche incantesimo di protezione. Allungò
la mano nel tentativo di sfiorarla ma non riuscì a toccarla.
Era come se non ci fosse, come se fosse fatta di aria. Edmund
indietreggiò nel tentativo di schiarirsi le idee. E poi...
«Ehi,
è scomparsa!» esclamò stupefatto.
Che
avesse fatto scattare qualche contro-incantesimo nel tentare di
afferrarla?
«Cosa
è scomparso?» domandò Laughlin perplesso.
«La
Lancia!» rispose Edmund con gli occhi sgranati.
Mairead
guardò prima l'amico, poi il vecchio cimelio che era ancora
perfettamente al suo posto. «Ma Ed... la Lancia è ancora
lì, non la vedi?»
Edmund
tornò indietro, fino a mettersi al fianco della ragazza. La
Lancia ricomparve tra i bracieri. Era sconcertante, come aveva fatto
ad apparire e sparire in quel modo?
«Allora?»
sbraitò la Trust, spazientita.
«Un
attimo, ci sto ragionando!» rispose Edmund, con una nota di
panico nella voce. «Mairead, mettiti dove ero io prima, e vedi
se la Lancia sparisce di nuovo» disse poi all'amica.
La
ragazzina lo squadrò perplessa. «Guarda che prima mica è
sparita» commentò in tono piatto, ma allo sguardo
supplichevole di Edmund, assecondò la sua richiesta. Andò
a posizionarsi dove prima stava lui e...
«Ehi,
ma scompare davvero da qui!» esclamò con aria sorpresa.
Edmund
lanciò uno sguardo veloce a Laughlin e i suoi sospetti furono
confermati: l'arma non si era mossa dal suo posto, eppure Mairead non
poteva vederla da dove si trovava.
«Avanti,
io ho provato con tutte le magie che conosco!» latrò la
Trust, frustata dalla situazione. Edmund cercò di spremersi le
meningi. Doveva essere un incantesimo di livello molto avanzato:
probabilmente era opera di Captatio stesso. Eppure era convinto di
averla già sentita da qualche parte una cosa del genere, solo
che non si ricordava dove. Passarono alcuni minuti di silenzio,
carichi di tensione.
E
poi ricordò.
Un
giorno con l'orfanotrofio erano andati al museo di Scienze Naturali e
c'era un giochino simile con un porcellino rosa di plastica: il vero
maialino si trovava dentro una specie di scatola nera e, grazie ad
una sapiente combinazione di specchi, veniva proiettata un immagine
incredibilmente realistica dell'oggetto proprio sopra la scatola. Era
uno sciocco trucchetto da illusionisti. Ma possibile che Captatio
avesse scelto uno stratagemma Babbano per nascondere una cosa così
importante?
Eppure
aveva funzionato fino ad allora: la Trust, convinta che si trattasse
di una magia avanzata, non era riuscita a rubare la Lancia.
Per
qualche secondo Edmund soppesò l'ipotesi di non rivelare il
segreto, poi però fissò la bacchetta di Trust puntata
contro il petto di Laughlin e capì di non avere scelta. «So
come fare a prendere la Lancia» annunciò in tono tetro.
Gli
occhi della donna furono immediatamente accesi dalla bramosia. «Ora
l'EIF non avrà più rivali!» esclamò in
preda all'euforia.
Sotto
gli sguardi di tutti, Edmund si avvicinò lentamente
all'immagine riflessa della Lancia, come un condannato che va al
patibolo. «Mairead, aiutami» bisbigliò passandole
accanto. La ragazza lo seguì, sotto gli occhi vigili di Trust,
chiedendosi come potessero evitare di consegnare l'arma alla donna.
Edmund
si inginocchiò ai piedi l'immagine, convinto che un
incantesimo nascondesse alla vista la vera Lancia, che doveva
trovarsi da qualche parte lì sotto, circondata da specchi
posizionati in modo strategico.
«Revela
incantatum.» sussurrò con un colpo di bacchetta sul
pavimento.
Sotto
gli occhi sgranati di tutti, dove poco prima c'erano solo pietre, si
aprì una passaggio nel terreno. E lì, in una piccola
stanzetta con le pareti ricoperte di specchi, si trovava la vera
lancia di Lugh.
Ecco
qua! Siete scioccati dalla rivelazione?
Mi
spiace però che siamo quasi alla fine del racconto... appena
riesco comincio il secondo, però con quello procederò
molto più lentamente perché devo ancora scriverlo
(mentre questo l'avevo già finito quando ho cominciato a
postarlo). Comunque abbiate fiducia, non vi abbandonerò senza
rivelarvi come andranno a finire le avventure del trio!
@Sydelle:
ebbene sì, sette racconti! Sono un impegno notevole, ma spero
di riuscire a portarlo a termine. Per adesso mi fa molto piacere che
continui a leggere i miei capitoli! A presto!
@quigon89:
grazie, sono contenta che apprezzi il mio modo di scrivere! Certo che
inserirò la coppa del mondo di Quidditch! Come avrei potuto
non metterla? Vedrai poi, cercherò sempre di intrecciare le
trame irlandesi con quanto succede al di là del mare,
soprattutto a partire dal quarto racconto. Spero di mantenere vivo il
tuo entusiasmo! Ciao ciao
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B.
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Capitolo 12 *** Il potere della Lancia ***
Capitolo
12
Il
potere della Lancia
«Finalmente!»
ululò la Trust, con il volto deformato dalla brama. Scaraventò
Laughlin di lato e si lanciò verso la botola per afferrare
l'arma, ma Edmund fu più veloce.
«Accio
Lancia!» gridò il ragazzino e questa gli volò
tra le mani.
La
Trust, gli occhi sgranati per la rabbia, gli si scagliò contro
come un cane rabbioso. «Dammela!»
«Mairead,
tieni!» strillò Edmund, passando la Lancia all'amica.
D'impulso Mairead la indirizzò contro la Trust, che aveva
buttato a terra Edmund e ora gli puntava la bacchetta al petto. Non
pronunciò nessun incantesimo, semplicemente un getto di luce
colpì in pieno la Trust e la spedì fuori dalla stanza.
«Edmund,
Laughlin, tutto bene?» esclamò Mairead ancora in preda
all'euforia per la magia appena compiuta, aiutando gli amici ad
alzarsi da terra.
«Sono
appena stato usato come ostaggio, secondo te?» si lagnò
Laughlin, cercando si sistemarsi le pieghe della divisa scolastica.
«Muoviamoci,
la Trust è ancora là fuori!» ordinò
Edmund, trascinando Laughlin per la giacca.
Uscirono
dalla stanza, ma della donna non c'era traccia.
«Dove
è finita?» domandò Mairead, guardandosi in giro.
Si fermarono davanti alla porta, con le bacchette in mano, pronti
alla battaglia.
«Io
credo che tu l'abbia fatta rotolare giù dalle scale»
osservò Laughlin in tono risoluto, sporgendosi lungo la
scalinata. I tre amici allora scesero lentamente, guardandosi in giro
guardinghi. Arrivarono fino al piano sottostante senza incontrare
nessuno. D'improvviso la porta di una stanza si aprì con un
colpo secco e una maledizione ne uscì serpeggiando. Ancora una
volta Mairead non fece altro che sollevare la lancia di Lugh e uno
scudo protettivo si parò davanti a loro tre, salvandoli dalla
fattura. Eccitata dal potere che le dava la Lancia, la puntò
contro la Trust con una foga tale che la donna fu scaraventata
attraverso la stanza, frantumò la finestra e cadde nel buio.
Mairead ricevette un rinculo talmente potente che fu scagliata
all'indietro sulle scale.
Un
dolore lancinante le scoppiò nella testa.
Qualcuno
gridò il suo nome... e poi tutto divenne buio.
C'erano
delle voci che stavano sussurrando qualcosa, ma Mairead non riusciva
a capire cosa dicessero. Aprì lentamente gli occhi, ma una
luce accecante la costrinse a richiuderli. Mugugnò qualcosa e
si coprì il volto con la mano per tentare nuovamente di aprire
gli occhi.
«Mairead!»
strillò Laughlin e abbracciò l'amica con un po' troppa
euforia.
«Ahia,
fa male...» si lagnò la ragazza, massaggiandosi la
testa.
«Scusa,
scusa» rispose Laughlin, sciogliendosi dall'abbraccio.
Quando
Mairead riuscì a mettere a fuoco quello che vedeva, notò
di essere distesa su un letto dell'infermeria. Laughlin e Edmund
stavano seduti in fondo al letto ed erano abbracciati da una calda
luce che proveniva dalla finestra dietro di loro.
«Cosa
è successo? Che giorno è oggi?» domandò la
ragazza con aria perplessa.
«Be'...
sei rimasta incosciente per un'intera settimana» cominciò
a raccontare Edmund, ma a quella notizia Mairead cacciò un
urlo.
«Una
settimana? Ma sabato c'era la partita di Quidditch dei Raloi!»
esclamò allibita.
Edmund
e Laughlin si guardarono a disagio. «Sai... la squadra ha
dovuto giocare con un Cacciatore in meno e... hanno vinto i Llapac»
biascicò Edmund.
«Hanno
vinto i Llapac?» ripeté a pappagallo Mairead, mettendosi
le mani tra i capelli. «Ma allora chi ha vinto la coppa di
Quidditch?»
Non
ci fu bisogno che i suoi amici le rispondessero questa volta: le
bastò vedere il sorriso smagliante di Laughlin.
«Santo
cielo, O'Shalley sarà furente» commentò in tono
lugubre.
«In
effetti ti consiglierei di evitarlo in questi giorni» rispose
Laughlin, senza smettere di sorridere.
«Ma
come ho fatto a restare in coma per un'intera settimana?»
domandò la ragazzina.
Questa
volta il sorriso di Laughlin si spense. «È stato
terribile, Mairead. Hai sbattuto la testa contro un gradino... e poi
c'era una pozza di sangue enorme... e...» la voce dell'amico di
spense in un sussurro, così fu Edmund a continuare il
racconto.
«Noi
non sapevamo che fare: eri pallidissima e respiravi a fatica e poi
c'era tutto quel sangue. Io... be', mi terrorizzo alla vista del
sangue. Per fortuna è arrivato Cumhacht. Era appena tornato da
Dublino e aveva visto che qualcuno si era introdotto nella stanza,
grazie all'Incantesimo Sensore. Così è corso a vedere.
Devo dire che non era affatto felice di vederci lì con la
lancia di Lugh in mano. All'inizio è andato su tutte le furie,
convinto che eravamo stati noi a rubarla, poi ha notato che tu eri a
terra, allora ti si è avvicinato e ha cominciato a curarti.
Però avevi una gran brutta ferita alla nuca, ti hanno
strappato alla morte per miracolo» concluse Edmund con un filo
di voce.
Mairead
non seppe dire se si sentì più sollevata o più
spaventata per quello che era successo. «Ma... Cumhacht non
crederà ancora che siamo stati noi a rubare la Lancia, vero?»
domandò in un sussurro.
Edmund
scosse la testa. «No, gli abbiamo spiegato quello che era
successo e Captatio ci ha messo una buona parola».
«E
la Trust che fine ha fatto? Non è... morta?» chiese
ancora la ragazza a disagio. Per quanto quella donna avesse tentato
di ucciderli, Mairead non voleva essere la causa della morte di una
persona.
Questa
volta fu il turno di Laughlin di rispondere: «No, ha fatto un
bel volo però: è caduta dal terzo piano, ma sono
riusciti a salvarla. Ora è in carcere in attesa del processo,
con l'accusa di sequestro di persona e tentato furto».
Mairead
si rilassò, nonostante il gran mal di testa che aveva, a causa
del colpo ricevuto. Si toccò delicatamente il punto dove aveva
battuto, ma la signora Flanders, l'infermiera, l'aveva fasciato con
delle bende.
La
ragazza stava per chiedere ai suoi amici se loro stessero bene,
quando entrò in infermeria il preside Captatio, con un sorriso
incoraggiante sul viso. «Oh, bene Mairead, ti sei svegliata»
esclamò quando la vide, sedendosi sul letto vuoto in parte al
suo. «I tuoi amici Edmund e Laughlin sono stati al tuo
capezzale ogni secondo libero dalle lezioni» aggiunse poi,
strizzando l'occhio ai due ragazzi.
Ci
fu qualche secondo di imbarazzato silenzio.
«Vi
ho portato qualcosina» sussurrò allora Captatio in tono
complice, frugando nella tasca interna del mantello, da cui tirò
fuori una scatola di Cioccorane per porgerla a Laughlin.
Quest'ultimo
la fissò leggermente impacciato, poi la aprì e ne
distribuì una a testa. «Ehm... lei professore, vuole?»
domandò poi, offrendone anche a Captatio.
«Mmm...
ma sì, perché no?» rispose questo con aria
gioviale, come se fosse un loro compagno di classe. «Oh,
accidenti! Ho trovato di nuovo la figurina di Silente» esclamò
dopo aver scartato la Cioccorana. I tre amici si lanciarono degli
sguardi perplessi, senza sapere come commentare la scena.
Passarono
alcuni secondi di silenzio imbarazzato, in cui ognuno mangiò
la propria cioccolata. Infine il Preside si decise a spiegare il
motivo della sua visita. «Sono venuto per parlarvi della lancia
di Lugh» annunciò ai ragazzi, guardandoli dritti in
volto. «Vedete, quel manufatto, oltre ad avere un preciso
valore storico e artistico, è anche molto potente. Chiunque
potrebbe desiderare di impugnarla. Però, come Mairead ha
potuto constatare sulla propria pelle, è anche molto
pericolosa. Se non si mantiene un controllo sufficiente sulle proprie
capacità, la Lancia è in grado di trascinare chiunque
con la sua forza e il suo potere si rivolta anche contro chi la
impugna. Ci vuole autocontrollo per maneggiare un'arma così
potente» concluse con un tono di leggero rimprovero.
Mairead
si stropicciò le mani a disagio. «Io... mi sono lasciata
elettrizzare dalla sua forza» si scusò in un filo di
voce.
Captatio
le sorrise bonario. «Lo so, Mairead. Maghi più esperti
di te sono caduti nelle spire della Lancia. Ma l'importante è
che tutto sia finito bene».
«Ehm,
professore?» domandò Edmund con un filo di voce.
Captatio
si voltò verso il ragazzo.
«Ora
che ne sarà della Lancia?» chiese Edmund incuriosito.
«Io
e il Presidente della Magia abbiamo appurato che non sia sicuro
tenerla a scuola: verrà riportata nella sua cassetta di
sicurezza alla Gringott. Non vorremmo che qualcun altro tentasse di
rubarla o si facesse del male nel proteggerla» rispose, facendo
l'occhiolino a Mairead.
Per
qualche secondo nessuno parlò, poi Edmund alzò lo
sguardo verso Captatio. «Posso farle un'altra domanda,
professore?»
Il
Preside annuì tranquillo.
«Il
trucco degli specchi, è opera sua, non è vero?»
«Sì,
una bella pensata, non trovi?» rispose Captatio con un sorriso,
come se fosse orgoglioso di aver inventato chissà quale
potente manufatto magico.
Edmund
sembrava a disagio, come se volesse chiedere al professore qualcosa
di intimo. «Sì, ma... perché con tutte le magie
potenti che esistono ha scelto proprio un trucchetto Babbano per
proteggere la Lancia?»
Captatio
puntò i suoi penetranti occhi azzurri in quelli di Edmund.
«Questa è una bella domanda, ma scommetto che conosci
già la risposta».
Il
ragazzo distolse lo sguardo e fissò per qualche secondo una
piega del copriletto. «Be', tutti si aspettavano qualche magia
come protezione, mentre nessuno si sarebbe aspettato un giochetto
Babbano di illusione ottica» rispose, tornando a guardare
Captatio in volto, che batté le mani con entusiasmo.
«Esatto,
esatto! Infatti è stato quell'ostacolo che ha fermato Trust.
Solo tu sei riuscito a capire il trucco perché hai un'ottima
conoscenza della cultura Babbana e inoltre, permettimi di dirlo, una
buona dose di intuito e di intelligenza» rispose il Preside,
rivolgendogli un'occhiata complice.
Edmund
arrossì violentemente: nessuno gli aveva mai fatto un
complimento del genere, tanto meno qualcuno di così importante
come Captatio.
«Se
me lo lasci dire...» continuò il Preside. «Moltissimi
maghi sottovalutano la cultura Babbana, ritenendo che non sia degna
di nota. Io penso invece che potrebbe insegnarci molte cose e come
vedi è bastato un semplice trucchetto da illusionista per
fermare la signorinaTrust».
Edmund
sorrise, affascinato dalla possibilità di integrare la cultura
e la tecnologia Babbana con la magia più avanzata.
Captatio
si alzò dal letto e batté le mani ancora una volta.
«Bene, credo che sia giunta l'ora di andare ad occuparmi delle
mie faccende da Preside» disse con un sorriso, dirigendosi
verso l'uscita dell'infermeria.
«Signore?»
lo richiamò Mairead prima che questi uscisse.
Captatio
si voltò verso la ragazza e la incitò a parlare con un
cenno del capo.
Mairead
sembrava imbarazzata almeno tanto quanto lo era stato Edmund. «Mi
chiedevo... ecco, quale fosse il motivo dell'odio che prova il
professor Cumhacht nei miei confronti» disse in un sussurro.
Captatio
scoppiò a ridere divertito. «Oengus? Be', diciamo che
più che altro ce l'ha con tuo padre» le rivelò.
«Mio
padre? E perché?» domandò sorpresa Mairead.
Captatio
sorrise, come se stesse raccontando una cosa buffa. «Vedi, un
tempo Reammon era fidanzato con la sorella di Oengus, Daireen, ma poi
lui l'ha lasciata quando ha conosciuto tua madre. Credo che
l'umiliazione di essere stata mollata per una ragazza inglese abbia
sconvolto troppo sia Daireen che Oengus».
«Oh»
rispose Mairead con aria allibita: tutto si sarebbe aspettata,
fuorché questo. Una sciocca storia d'amore. E il professor
Cumhacht ce la aveva ancora con lei per quella cosa?
Detto
ciò Captatio fece per andarsene, ma di nuovo si fermò
sull'uscio della porta. «Quasi dimenticavo!» esclamò
battendosi una mano sulla fronte. «La questione dei punti...»
I
tre ragazzi si fissarono a disagio, sicuri che il Preside avrebbe
tolto alle loro case altri punti, visto che avevano gironzolato per
il castello di notte, si erano inoltrati un'altra volta nell'ala
proibita e avevano rubato la lancia di Lugh.
«Penso
che cento possano bastare» disse il professore.
«Cento?»
esclamò Laughlin in preda allo sconforto.
«Sì,
cento a testa!» confermò Captatio con tono allegro.
I
tre amici si guardarono scoraggiati, convinti che ora i loro compagni
di casa li avrebbero odiati a morte.
«Per
aver impedito alla Trust di rubare la Lancia e per aver salvato in
questo modo la scuola e oserei dire l'Irlanda intera dalla
catastrofe!» riprese il Preside, strizzando l'occhio prima di
uscire definitivamente dall'infermeria.
«Ma
allora ce li ha aggiunti, non tolti!» strillò Laughlin
entusiasta.
I
ragazzi si guardarono con un sorriso pieno di gioia.
«Sai
questo che vuol dire, Laugh?» sussurrò Mairead con fare
accattivante.
Il
ragazzo scosse la tesa, ancora troppo incredulo per quello che era
successo.
«Che
i Raloi vincono l'Arpa Celtica quest'anno!» urlò Mairead
con soddisfazione.
«Oh
no!» esclamò Laughlin, prendendosi il volto tra le mani,
con autentica disperazione.
Mi
spiace annunciare che siamo quasi giunti alla fine: questo era
l'ultimo capitolo e fra poco posterò l'epilogo della storia...
@Sydelle:
sì, credo che Captatio abbia avuto una brillante idea con gli
specchi! Volevo dare un tocco di originalità, altrimenti avrei
semplicemente dovuto inventare un complicato incantesimo, che avrebbe
reso la situazione certamente più noiosa. Ma povera O'Connel!
È solo un po' vecchia e acida, ma non certo cattiva! Eheheh!
Ciao ciao
@quigon89:
sono contenta che la colpevole fosse inaspettata! Significa che è
un buon giallo se il lettore non scopre l'assassino! Eheh! Al secondo
racconto ci sto lavorando... la storia c'è già, devo
solo trovare il tempo di scriverla! Appena finisco con gli esami
universitari mi ci metto seriamente, promesso! Però non
assicuro una frequenza così regolare. Piaciuta la sorpresina
della sorella di Cumhacht? Si scopriranno un sacco di cose
interessanti su Daireen Cumhacht! A presto!
@darllenwr:
grazie dei tuoi commenti! Anche io trovo davvero affascinante
l'Irlanda e mi sembrava giusto che una terra dalle radici magiche
avesse una sua scuola di magia indipendente da Hogwarst. Sono
contenta che ti piaccia Edmund perché è anche il mio
personaggio preferito: spero che non ti sia rammaricato troppo del
fatto che si è rabbonito! Grazie per l'idea di mettere un nome
anche gaelico al Trinity, ci penserò per i prossimi racconti.
In effetti anche il mondo magico è bilingue e i ragazzi
studiano l'irlandese a scuola. Infatti ho cercato per quanto
possibile (visto che non conosco il gaelico!) di inserire delle
parole irlandesi nel linguaggio comune dei maghi. E sì, hai
indovinato su Mary Weasley, che dovrebbe essere una cugina diretta di
Arthur (hai ragione, sono proprio dappertutto!). In effetti per l'EIF
mi sono ispirata all'IRA, anche nel nome (eirenacht-irish,
fighters-army), ma ho scelto che questo gruppo di combattenti non si
limiti all'indipendenza dall'Inghilterra, ma continui le sue lotte
xenofobe anche nei decenni a venire. Infine, anche io adoro la
risposta di Edmund alla provocazione, mi sono divertita un sacco
nello scriverla! Spero che continuerai a leggere il mio racconto e
che si riveli sempre interessante ai tuoi occhi. Grazie mille e a
presto, Beatrix.
EDIT:
continua l'opera di sistemazione dei dialoghi. B.B. Già che ci
siamo, QUI il link di una vecchissima immagine che rappresenta il
mitico trio; Mairead regge la lancia di Lugh, ovviamente!
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Capitolo 13 *** Epilogo ***
EPILOGO
Mairead
restò in infermeria per un'altra settimana intera. Edmund e
Laughlin andavano a trovarla tutti i giorni dopo le lezioni e a volte
anche durante la pausa pranzo. Le portavano gli appunti per
rimettersi in pari con lo studio e le tenevano compagnia
raccontandole gli aneddoti della giornata. Nonostante si trattasse di
un segreto, sembrava che tutta la scuola fosse venuta a conoscenza di
quello che era successo la fatidica sera in cui avevano rubato la
Lancia.
Uno
dei pomeriggi di ricovero, venne a trovarla l'intera squadra di
Quidditch, e Beatrix le raccontò dell'ultima partita contro i
Llapac. Mairead si sentiva tremendamente in colpa perché aveva
fatto perdere la squadra, ma perfino O'Shalley la rassicurò
dicendo che non la riteneva minimamente responsabile.
«Non
è una tua mancanza... eri distesa in un letto in fin di vita,
dopotutto» le disse il capitano, ma Mairead aveva come
l'impressione che fossero stati gli altri ragazzi della squadra a
convincerlo.
Anche
Peig e Ailis, le sue compagne di stanza, passarono a vedere come
stava e le dissero, con dei risolini divertiti, che Leonard Connery,
che era stato eletto il ragazzo più carino del castello, le
ricordò Ailis, era venuto a trovarla spesso anche quando era
ancora incosciente.
Poi
vennero anche gli altri Raloi del primo anno, Iulius, Bion e Anneus e
perfino Henry Alabacor e quel suo compagno un po' sballato che si
chiamava Dedalus Consolatus.
L'ultimo
periodo di scuola trascorse abbastanza velocemente. Maggio finalmente
aveva portato in Irlanda un sole caldo e belle giornate, cosicché
i ragazzi potevano trascorrere i pomeriggi in riva al lago.
Il
banchetto di fine anno arrivò in un baleno. Fu una serata
piacevole, in cui i Lepricani si erano dati un gran da fare per
preparare delle pietanze squisite.
Alla
fine della cena, il preside Captatio si alzò da tavola per
fare un breve discorso. «Cari studenti e cari insegnanti, anche
questa volta abbiamo trascorso un piacevole anno insieme. Spero che
tutti voi abbiate imparato qualcosa in più, qualcosa che
metterete al sicuro nella vostra valigia delle esperienze. Sappiate
che l'unica cosa che non può essere rubata è la
conoscenza ed è ciò che distingue un bravo mago da un
semplice fattucchiere. Non dovete temere di usare la vostra
intelligenza! Non abbiate paura di pensare con la vostra testa, anche
se andate contro corrente!»
A
quelle parole, uno scroscio di applausi riempì la Sala Mor.
«E
ora, senza ulteriori indugi, lasciate che consegni l'Arpa Celtica
alla casa dei Raloi!» continuò Captatio.
Delle
urla di giubilo partirono dalla tavolata alla sua sinistra, mentre il
dictator della casa si alzava a ritirare la piccola arpa
dorata e la levava al cielo. Il professor Ballerinus, come direttore
della casa vincitrice, batteva le mani con evidente orgoglio e
lanciava qualche sguardo ammiccante ad un'imbronciata professoressa
O'Connel.
Mairead
rivolse un sorriso smagliante a Laughlin, dall'altra parte della
sala, che le rispose con una smorfia di disappunto.
La
mattina dopo tutti gli studenti si prepararono a prendere il treno
per ritornare a casa. Mairead, Edmund e Laughlin riuscirono a
conquistarsi uno scompartimento vuoto tutto per loro.
«Mi
mancherà il Trinity» sussurrò Mairead, mentre
osservava dal finestrino la sagoma del castello che si allontanava.
Edmund non disse nulla: la prospettiva di ritornare all'orfanotrofio
per altri tre lunghissimi mesi l'aveva reso taciturno e scorbutico.
Passò buona parte del viaggio in silenzio a guardare il
paesaggio che scorreva fuori dal finestrino, mentre Mairead e
Laughlin giocavano una partita a Sparaschiocco. Quando ormai
mancavano pochi minuti all'arrivo, andò in bagno a togliersi
la divisa verde sgargiante della scuola per mettersi quella grigia e
consunta dell'orfanotrofio.
«Ehi,
Edmund! Potrai farci conoscere i tuoi genitori!» esclamò
Laughlin ad un tratto, mentre il treno rallentava sui binari.
Il
ragazzino si fissò le mani a disagio. Forse era arrivato il
tempo di dire ai suoi amici la verità. «Io... ecco, vivo
in un orfanotrofio. Sono stato abbandonato lì quando avevo
poche ore di vita e non so nemmeno chi siano i miei genitori»
disse in un sussurro, con le gote arrossate dalla vergogna.
«Oh,
mi dispiace, Ed. Io non volevo metterti a disagio» rispose
Laughlin con un mezzo sorriso.
Anche
Edmund sorrise impacciato, alzando le spalle. «No, non fa
niente».
Quando
il treno si fermò alla stazione di Dublino, tutti gli studenti
presero i propri bauli e cominciarono a scendere sulla banchina.
Mairead, trascinando la valigia e la gabbia del suo furetto, corse in
contro a suo padre non appena lo vide sbracciarsi in mezzo alla folla
di genitori. Insieme alla famiglia Maleficium e a Edmund
attraversarono lo stanzino delle scope, per ritrovarsi nella stazione
Babbana.
Una
signora grassoccia con un grembiule bianco si guardava in giro con
aria spaesata. Edmund riconobbe la direttrice dell'orfanotrofio e si
avvicinò con aria mesta. Dietro di lei stava Shannon, il
ragazzino rosso che si divertiva sempre a prenderlo in giro. Aveva
stampato in faccia un ghigno beffardo.
«Che
ci fa lui qui?» domandò Edmund in tono scontroso,
accennando con il capo a Shannon.
«Mi
ha chiesto di potermi accompagnare per venire a prenderti»
rispose la direttrice, osservando allibita l'elegante signor
Maleficium, alle spalle di Edmund, vestito in frac e tuba.
«Ma
allora è vero che vai ad una scuola per pazzi!»
sghignazzò Shannon, indicando con il capo Mairead e Laughlin.
«Quelli sono i tuoi amici?»
Edmund
si voltò con un sorriso.
Mairead
gli gettò le braccia al collo con slancio. «Buon estate,
Edmund. Scrivimi tante lettere, mi raccomando!» gli disse nel
sciogliersi dall'abbraccio.
«Certo»
rispose il ragazzo sorridendo.
«Ed,
papà ha detto che puoi venire a stare da noi una settimana
quest'estate» esclamò Laughlin con euforia.
«Grazie,
sarebbe fantastico».
«Ti
scrivo per farti sapere quando» rispose Laughlin, con una
strizzata d'occhio.
«A
presto allora» sussurrò Edmund. Rimase immobile a
guardare i suoi amici che si allontanavano con le loro famiglie,
provando una fitta di nostalgia. Non li avrebbe rivisti per chissà
quanto tempo.
«Allora,
Burke, andiamo?» lo richiamò la direttrice.
«Su,
dai, sfigatello, andiamo!» rincarò la dose Shannon.
Edmund
si mise le mani in tasca e ne tirò fuori la figurina di mago
Merlino, che sorrideva gioviale dentro la sua cornice. La rimise
nella tasca, poi stinse le dita intorno alla sua bacchetta magica.
Sorrise
soddisfatto. Sì, ora era pronto ad andare.
Eccomi
qui, giunta alla fine delle avventure del mitico trio irlandese! Un
po' mi spiace, ma è stata una bella esperienza! Un
ringraziamento a tutti coloro che hanno letto il mio racconto, in
particolare a quigon89, Sydelle e darllenwr che hanno pazientemente
commentato i capitoli e mi hanno incentivato ad andare avanti!
Grazie
mille!
@quigon89:
grazie, sono contenta che ti abbia stupito la storia di Cumhacht. Si
scoprirà sempre di più sulla sorella, abbandonata per
una donna inglese! Per quanto riguarda la Lancia, semplicemente Ed
non ha avuto il tempo di sperimentarne la forza perché non ha
compiuto magie con quella, anzi l'ha subito passata a Mairead.
Comunque credo che se avesse avuto occasione di usarla, non si
sarebbe fatto trascinare così facilmente dal suo potere perché
è un po' più saggio di Mairead! Grazie del tuo
sostegno! A presto!
@Sydelle:
grazie mille dei complimenti! Mi fai arrossire! Sono contenta che ti
sia piaciuta la mia storia. Alla prossima!
@darllenwr:
figurati, è sempre bello leggere commenti davvero interessati
come i tuoi, che stimolano a migliorarsi sempre di più. Sono
contenta che tu abbia perseverato nella tua opera di commento ai miei
capitoli, è stato davvero interessante leggerli tutti. Vedo
che anche tu sei un appassionato della tradizione celtica e spero che
tu abbia apprezzato la mia rilettura “potteriana” del
mondo gaelico. Per quel che riguarda il passato di Burke, ho
assolutamente intenzione di inserirlo nei prossimi racconti, ma a
tempo debito! Vi terrò sulle spine ancora per un po'! Anche
perché proprio da questo dipenderanno molti degli sviluppi
futuri, soprattutto dell'ultimo racconto. Comunque grazie mille di
avermi sostenuto con i tuoi commenti! A presto!
Beatrix
EDIT:
finalmente è terminata l'opera di sistemazione dei dialoghi
per questo racconto... ora mi aspettano gli altri! Aahahahaaaaah!
*fugge disperata*
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