Un'estate per conoscersi

di mamma Kellina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 14 agosto - martedì ***
Capitolo 2: *** 15 agosto - mercoledì ***
Capitolo 3: *** 16 agosto - giovedì ***
Capitolo 4: *** 17 agosto - venerdì ***
Capitolo 5: *** 18 agosto - sabato mattina ***
Capitolo 6: *** 18 agosto - sabato sera ***
Capitolo 7: *** 19 agosto - domenica mattina ***
Capitolo 8: *** 19 agosto - domenica pomeriggio ***
Capitolo 9: *** 20 agosto - lunedì ***
Capitolo 10: *** 21 agosto - martedì ***
Capitolo 11: *** 22 agosto - mercoledì ***
Capitolo 12: *** 23 agosto - giovedì ***
Capitolo 13: *** 24 agosto -venerdì ***
Capitolo 14: *** 25 agosto- sabato ***
Capitolo 15: *** 26 agosto - domenica ***
Capitolo 16: *** 27 agosto - lunedì ***
Capitolo 17: *** 28 agosto - martedì ***
Capitolo 18: *** 29 agosto - mercoledì ***
Capitolo 19: *** 30 agosto - giovedì ***
Capitolo 20: *** 31 agosto - venerdì ***
Capitolo 21: *** 1 settembre - sabato ***
Capitolo 22: *** 2 settembre - domenica ***
Capitolo 23: *** 3 settembre - lunedì ***
Capitolo 24: *** 4 settembre - martedì ***
Capitolo 25: *** 5 settembre - mercoledì ***
Capitolo 26: *** 6 settembre - giovedì ***
Capitolo 27: *** 7 settembre - venerdì ***
Capitolo 28: *** 8 settembre - sabato ***
Capitolo 29: *** 9 settembre - domenica ***
Capitolo 30: *** 10 settembre - lunedì ***
Capitolo 31: *** 11 settembre - martedì ***
Capitolo 32: *** 12 settembre - mercoledì ***
Capitolo 33: *** 13 settembre - giovedì ***
Capitolo 34: *** 14 settembre - venerdì ***



Capitolo 1
*** 14 agosto - martedì ***


14 AGOSTO Martedì

 

Per tutta l’afosa mattinata, Rossana non aveva fatto altro che parlare delle sue prossime vacanze e ripeterle che doveva andarsene prima perché altrimenti avrebbe perso il traghetto per  la Sardegna.

Chiara non ne poteva più.  Guardava la strada semideserta dal balcone dell’ufficio ed in cuor suo  sperava che quel “prima” venisse al più presto, così almeno si sarebbe liberata della collega. Era tutta invidia, in verità. Le sue vacanze erano finite da un pezzo ed ora l’attendeva solo il resto di un’ estate vuota e solitaria prima di affrontare di nuovo un faticosissimo inverno.

Con un sospiro si augurò anche che venisse al più  presto il suo orario di uscita, un po’ anticipato rispetto al solito perché era il 14 di agosto. Non vedeva l’ora di tornarsene a casa, la sua bella casetta dotata di un grandioso impianto di area condizionata che aveva avuto il buon senso di farsi installare lo scorso inverno quando aveva comprato  quel delizioso bilocale tutto per lei.  Si sarebbe goduta un pomeriggio tranquillo chiudendo fuori il caldo, l’estate ed il mondo intero. Purtroppo mancava ancora un’ora alla liberazione ed avrebbe potuto anche sopportarlo se in quel momento non fosse entrato nella stanza il dottor Corona dell’Ispettorato.

Erano circa tre mesi che due ispettori provenienti dalla sede centrale di Milano stazionavano presso la succursale di Napoli. Controlli di routine, si diceva, ma nessuno stava molto tranquillo quando riceveva la visita di uno di loro. Corona poi provocava una certa agitazione tra le colleghe, non solo per il ruolo ricoperto ma anche perché era un bel giovane uomo  con il fisico da atleta, un filo di barba  castana come i capelli e due meravigliosi occhi verde-azzurri che facevano venire le farfalline nello stomaco se solo ti si posavano addosso. Chiara non  gli aveva mai parlato, ma sapeva che le colleghe che avevano avuto contatti con lui ne erano rimaste tutte affascinate. Pareva infatti che fosse pure un tipo simpatico e cortese, anche se a detta di molti, soprattutto colleghi maschi,  si comportava così solo per mascherare la propria feroce cattiveria. Era tutta malevolenza la loro? Comunque lei avrebbe preferito non doverlo appurare proprio  in quella tarda mattinata di un giorno caldo e noioso  di piena estate.

- Chiedo scusa del disturbo – aveva esordito l’uomo entrando – ma avrei bisogno dei dati commerciali dello scorso anno e mi hanno detto che devo rivolgermi a voi.

- Senz’altro, li conserviamo noi! – trillò Rossana, emozionata.

Di sicuro avrebbe gradito approfittare della situazione per approfondire la tanto ambita conoscenza con il seducente ispettore però doveva partire da Civitavecchia e non poteva permettersi di trattenersi nemmeno cinque minuti di più.

  - Purtroppo io devo scappare – aggiunse quindi -  ma c’è qui la mia collega Chiara che si metterà a sua disposizione.

Così dicendo afferrò la borsa e con un saluto della mano, imboccò l’uscio e sparì.

Con un mezzo sorriso l’ispettore la guardò uscire e poi, sempre sorridendo, rivolse i magnifici occhi su  Chiara aspettando che si mostrasse disposta a collaborare.

Veramente in quel momento la ragazza si stava chiedendo se fossero le famose farfalline o piuttosto un incontenibile senso di fastidio ad agitarsi nel suo stomaco. I dati commerciali dello scorso anno! Se tutto andava bene, erano nel ripiano più alto del polverosissimo armadio nell’assolatissimo corridoio!  Non poteva aspettare  dopodomani quel rompiscatole? Cosa  doveva farsene proprio oggi? Aveva paura che scappassero? Ma celando i suoi pensieri dietro un  sorriso ipocrita, si alzò e gli disse:

- Dobbiamo vedere se sono ancora qui. Sa, lo spazio è poco e le carte sono tonnellate.  Se siamo fortunati sono nell’armadio qui fuori. Ora vado a cercarli.

 

 

 

Caricandosi dell’impolverata scalétta appoggiata al muro e  respingendo sdegnosamente ogni offerta di aiuto da parte dello scocciatore, si diresse nel corridoio sperando di trovare un’anima buona che salisse per lei, ma il corridoio era deserto. Con un sospiro, si accinse ad arrampicarsi sul gradino più alto soffocando la paura di cadere ed  augurandosi di non sporcarsi il pantalone bianco che aveva indossato proprio quella mattina per la prima volta.

Purtroppo la lunga ricerca risultò infruttuosa: alla fine si era solo insudiciata, aveva sudato moltissimo  perché quel maledetto  corridoio aveva anche la temperatura del deserto ed ora tremava all’idea di  dover scendere da quel trampolo.

 - “Adesso cado!” – pensò  e come sempre le avveniva quando non riusciva a liberarsi dal timore di qualcosa,  il presentimento si avverò ed al penultimo gradino mise un piede in fallo. Sarebbe caduta davvero  se due mani poderose non l’avessero afferrata  per i fianchi. Per fortuna lui l’aveva seguita e le aveva evitato il peggio ma Chiara si vergognò lo stesso per la brutta  figura. Diventò di mille colori mentre Corona le chiedeva se si fosse fatta male e cercava di toglierle un po’ di polvere dal pantalone.

- Non si preoccupi, non è niente – lo scostò in maniera brusca  senza riuscire a nascondere una certa irritazione – Credo che i raccoglitori che stiamo cercando devono essere già stati inviati all’archivio centrale. Ora però, se permette, vado a lavarmi le mani.

- Ma certo! Questa intanto la metto a posto io – acconsentì l’altro prendendole la scaletta dalle mani.

Si era talmente sporcata che fu costretta a farsi una bella lavata ed a ravvivarsi i capelli, seppure solo con le mani. Quando rientrò in ufficio lo trovò a telefono.

- Chi sta chiamando? - gli domandò incuriosita.

- Sto cercando di mettermi in contatto con l’archivio  - le rispose serafico.

Povero illuso, alle ore 13 del 14 agosto!

Gli si avvicinò  con un sorrisino ironico e gli disse:

– Anche se riesce al parlare con  il collega dell’archivio, non pensa che avrà bisogno di fornirgli il numero e la data del carico del documento?

- Lo so – le rispose un po’ mortificato – ma visto che lei non tornava, ho pensato di guadagnare tempo. Mi dà la ricevuta per favore?

Tenace il tipo!

- Certo, gliela do immediatamente! – sbottò infastidita.

Si diresse ad un armadio, ne prese un raccoglitore e si avvicinò alla scrivania dove l’ispettore aspettava pazientemente che qualcuno rispondesse alla sua chiamata. Senza parlare, gli mise davanti la ricevuta intanto che il telefono continuava a squillare invano. Un po’ impietosita dal senso di sgomento che gli leggeva sul viso, alla fine gli chiese:

- Non rispondono, vero? Aspetti, ora proviamo con un numero non in elenco.

Lo compose su un altro apparecchio mettendo il vivavoce e dopo pochi squilli si udì un voce:

 “Archivio…”.

- Ciao Salvatore, sono Chiara Corradini.

- Chiaretta! Come stai? Credevo fossi in ferie…

-  No, le ho fatte a luglio. E tu sei da solo?

-  Sì, ma dopodomani torna Franco e vado io. Quest’anno…

Conoscendo la logorrea del collega ed intenzionata a non fare notte, la ragazza lo interruppe.

- Scusa, Salvatore, ho qui l’ispettore Corona che desidera visionare i dati commerciali  dello scorso anno. Ve li abbiamo mandati il 18 marzo scorso. Il numero della ricevuta è…

Questa volta fu il collega a fermarla e  si capiva  che era deciso a non rovinarsi gli ultimi minuti prima delle ferie.

-  Mi dispiace – le disse – non posso mandarteli così, devi farci avere una richiesta scritta firmata dal capo servizio.

- Ma non c’è, è in ferie.

- Falla firmare dal sostituto e poi mandacela. Però ti anticipo che ci vorrà qualche giorno perché Franco sarà da solo ed il servizio di corriere non funzionerà  appieno.

- D’accordo, ho capito. Ciao e buone ferie – concluse.

Posando la cornetta rivolse lo sguardo a Corona sperando che desistesse, almeno per quel giorno, invece questi le disse candidamente:

 - Bene, allora scriviamola questa benedetta richiesta. L’anticipiamo per fax e così quel suo collega, Franco, la troverà al rientro.

Sforzandosi di restare calma, la ragazza si sedette al computer e la preparò. Poi, benché a quell’ora non avesse più speranze di trovare ancora qualcuno, si diresse al secondo piano per farla firmare dal sostituto del suo capo. Dopo aver atteso per quasi cinque  minuti l’ascensore, come aveva previsto, non trovò nessuno e così se ne ritornò nel suo ufficio, questa volta salendo a piedi per le scale per non perdere altro tempo. Aveva fretta di  chiudere il computer e gli armadi per potersene  finalmente andare a casa.

Ma trovò una sorpresa: l’ispettore era ancora lì ad aspettarla.

- Niente da fare, non c’è nessuno – gli comunicò – bisogna aspettare  dopodomani.

- Va bene, aspetteremo. Nel frattempo potrebbe essere così gentile da prendermi i dati commerciali del primo semestre di quest’anno?

A questo punto Chiara non ne poté più e gli si rivolse con  decisione:

- Ascolti, sono circa le due e se è pur vero che domani è Ferragosto, giovedì mattina alle otto saremo di nuovo qui. È una cosa tanto urgente da non poter aspettare sino ad allora?

- Ha ragione. Avevo pensato di trascorrere il pomeriggio a studiare quei dati in tutta tranquillità visto che la mia unica alternativa è tornare in albergo a dormire, ma lei avrà senz’altro di meglio da fare ed io l’ho  trattenuta anche oltre l’orario di uscita. Mi scusi.

Sembrava sinceramente dispiaciuto e la ragazza si sentì in dovere di giustificarsi:

- Sa, l’aiuterei volentieri perché anch’io non ho nulla da fare oggi ma vorrei lo stesso tornare a casa perché c’è poca gente in città e temo che più si farà tardi e più mi sarà difficile trovare un autobus. A dire il vero non mi va di buttar soldi per prendere un taxi!

- Posso tentare di farmi perdonare? Ho l’auto nel garage qui vicino. Posso darle un passaggio fin casa?

L’ispettore esibiva un sorriso talmente accattivante e d’altronde la prospettiva di una lunga attesa nella strada assolata e deserta  era così poco allettante che, in barba alla sua abituale riservatezza, Chiara gli rispose:

- Oh, grazie! Accetto volentieri anche perché ci sarà poco traffico e non le farò perdere molto tempo.

- Gliel’ho detto, ho tutto il tempo che voglio. Facciamo così, ci vediamo fra dieci minuti all’angolo del garage. Ho una BMW blu. È dell’azienda – specificò vedendola sgranare gli occhi stupita e subito dopo uscì.

 

Chiara si godeva il fresco nel potente macchinone ed ogni tanto lanciava un’occhiata di sottecchi al guidatore che si era tolto la giacca e la cravatta ed aveva rimboccato le maniche della camicia. Il  buon umore le era tornato e non esitò neanche un momento ad invitarlo a pranzo quando, parlando del più e del meno, lui le confidò che dopo averla riaccompagnata sarebbe andato alla ricerca di un ristorante aperto prima di tornarsene in albergo.

- No, per carità. Non voglio disturbare la sua famiglia. Oramai sono abituato a questo genere di vita da girovago – si schernì Corona all’invito.

- Non ho famiglia, vivo da sola – gli spiegò senza pensarci su, ma subito si pentì di averlo detto perché poteva sembrare una squallida avance mentre l’aveva invitato solo per un moto di solidarietà. Anche se le piaceva, e non poteva essere altrimenti perché era davvero un gran bel ragazzo, non aveva nessuna intenzione di provarci. Quel tipo doveva essere consapevole del suo sex-appeal e forse si  aspettava che tutte le donne dovessero cadergli ai piedi. Sembrare interessata ad attirare la sua attenzione le avrebbe dato assai fastidio.

Si affrettò a chiarire a costo di apparire scortese.

- Sabato scorso è stato il mio onomastico ed ho invitato a cena alcuni amici. Uno di loro mi ha portato della mozzarella DOC. Ne ho ancora tantissima e mi farebbe piacere se qualcuno mi aiutasse a mangiarla. Ma se non vuole venire non si preoccupi, non voglio insistere.

- A dire il vero la vostra mozzarella è la mia passione e non sempre se ne trova di veramente buona nei ristoranti… - sembrò esitare un poco – Ma sì, vengo volentieri – accettò infine -  a patto però di essere invitato come un amico…

- Certo, e come se no? – lo interruppe lei – Ah, ho capito, sta pensando ad un tentativo di corruzione per evitare ulteriori richieste di dati  “scottanti”!

Lui sorrise divertito e chiarì:

 - Lo dicevo perché tra amici ci si dà del tu. Io mi chiamo Massimo e ti assicuro che quando non sono in veste ispettiva sono molto meno  rompiballe.

- Speriamo – osservò la ragazza – perché come ispettore sei davvero un rompiscatole!

Un po’ pentita della gaffe, aggiunse imbarazzata:

- Oh-oh, qui finisce che mi gioco il posto!

- No, non ti preoccupare, non sono così perfido, al massimo ti farò risalire sulla scala a prendermi qualche altro raccoglitore! – continuò il giovane con un sorriso allegro.

- E meno male che non saresti perfido! Ma tanto è inutile meravigliarsi, gli ispettori sono davvero una brutta razza!

Oramai lontani mille miglia dal lavoro che fino a poco prima li aveva così assorbiti, giunsero al  quartiere in collina dove abitava Chiara e parcheggiarono l’auto in una bella strada alberata. Entrarono in un portone di un elegante palazzo d’epoca ed appena in casa, la ragazza si diresse verso la stanza da letto dicendogli che doveva cambiarsi il pantalone bianco che aveva avuto la malaugurata idea di indossare la mattina non prevedendo di dover incontrare quello scocciatore dell’ispettor Corona.

Massimo rise alle sue parole  e si accomodò sul divano ad aspettarla. Si guardò intorno osservando la grande stanza che comprendeva un angolo cottura arredato con mobili bianchi ed acciaio; un tavolo ad isola lo divideva dal resto del salotto. C’erano inoltre  una parete attrezzata ed una parete-finestra completamente coperta da un tendaggio. Era un ambiente molto accogliente non tanto per i mobili in se stessi quanto  per il gusto con cui erano stati distribuiti soprammobili, piante, lampade e cuscini, in un insieme un po’ di stile orientale, personalissimo e caldo. E poi tutto era in perfetto ordine. Sembrava una di quelle case fotografate sulle riviste di architettura e lui non ne aveva mai viste di così  nella realtà.

Dopo poco Chiara lo raggiunse e si affrettò a fare una cosa che le piaceva un mondo: mostrare ai nuovi visitatori il terrazzo e quindi spiarne la reazione. Aprì la tenda e la porta finestra e lo invitò ad uscire.

Lì fuori piante fiorite di  ogni tipo erano distribuite con uno studiato effetto cromatico e sotto un pergolato di bougainvillea e di glicine, c’era un grande  tavolo di bambù con le sedie e tanti cuscini colorati. 

Anche stavolta la ragazza vide con piacere lo stupore dipingersi sul viso del suo ospite che dopo essersi guardato in giro, ora osservava  il panorama. 

Nella luce vivida del pomeriggio, appariva il porticciolo di Mergellina ed in lontananza la collina di Posillipo che dolcemente degradava in un tripudio di verde e di colori su un meraviglioso  mare turchino punteggiato di vele  bianche.

 - Ci credo che volevi tornare a casa, sembra di essere entrati in una cartolina di Napoli! Abitare in un posto come questo deve essere il colmo della felicità.

Nella voce di Massimo si avvertiva una sincera ammirazione e l’orgoglio fece aumentare il buon umore di Chiara. Incominciò a parlare di getto:

- Sono stata molto fortunata a trovare questa casa. È stata ricavata da un appartamento più grande di proprietà di una mia amica che ora abita a  Roma. Visto che c’erano due ingressi indipendenti,  ho cercato di  farmi vendere solo due stanze ed il terrazzo. Lei non voleva dividerla perché in effetti questa  è la parte più bella; di là della mia camera da letto sono rimaste ancora altre tre stanze ed un balcone, ma niente di così spettacolare come questo terrazzo. Finalmente a gennaio sono riuscita  a convincerla. La casa mi è costata un occhio della testa, senza contare quello che ho dovuto spendere per arredarla e ristrutturarla, però ne è valsa la pena. Sai, alla mia età le donne devono soddisfare due bisogni: quello della maternità e quello di avere una abitazione tutta per sé. Io perlomeno ho soddisfatto il secondo.

Si fermò di colpo perché non le era mai capitato di aprirsi così con un perfetto sconosciuto ed ebbe paura di essersi mostrata ridicola.

- Alla tua età? Ma se sei giovanissima! – osservò invece l’altro senza mostrarsi stupito da quello sproloquio.

- Non credere, a settembre compio 34 anni e ti assicuro che incomincio a sentirli tutti. Dai, adesso però pensiamo a mangiare. Se vuoi rinfrescarti un po’, il bagno è accanto alla stanza da letto. Nel mobile sotto il lavello ci sono delle asciugamani pulite. Non metterci molto, è tutto pronto e devo solo apparecchiare.

Massimo si affrettò ad ubbidire. Andò nel bagno dove gli asciugamani, morbidi e candidi, erano ordinatamente impilati dove lei gli aveva indicato. Si  lavò in fretta e  mentre si rimetteva la camicia, si attardò un poco sulla soglia della stanza da letto notando il letto matrimoniale bello grande. Quando raggiunse Chiara la vide che stava apparecchiando sul terrazzo. Guardandola, si disse che se è vero che il carattere di una persona si manifesta nell’arredamento della propria casa, lei doveva avere un grande buon gusto, anche se  forse doveva essere un po’ troppo maniaca della pulizia e dell’ordine. Il classico tipo di donna che se ti vede fumare in casa è capace di piantarti una grana, per intendersi.

La osservò meglio per la prima volta notando che era abbastanza carina. Era piuttosto bassina ma la sua figurina proporzionata era assai gradevole. Aveva delle belle gambe, il seno procace ed il viso molto dolce e delicato, incorniciato da riccioli bruni forse un po’ troppo crespi e ribelli. Gli piacevano però i suoi  occhi. Erano scuri, vellutati, pieni di espressione. Prima, in ufficio, non li aveva notati perché evidentemente per lavorare portava gli occhiali.

-“Tutto perfetto!” – pensò guardando il delizioso servizio all’americana e le stoviglie in tinta nonché l’appetitoso piatto di pasta all’insalata che lo attendeva.

Lui era un tipo di buon appetito e mangiò davvero di gusto, mentre Chiara, che ne sembrava compiaciuta, si serviva solo di piccolissime porzioni. Quando gliene chiese il motivo gli confidò:

- Devo stare attenta, ho la tendenza ad ingrassare.

- Beh, quella ce l’ho anch’io – la consolò – ma ho sempre fatto molta palestra sin da quando avevo sedici anni e questo mi ha permesso di tenere il peso sotto controllo. Però da quando ho cominciato il lavoro da ispettore, circa due anni e mezzo fa, ho dovuto smettere. A questo punto non so per quanto tempo ancora riuscirò a mantenere la linea visto che mi piace tanto la buona cucina. Quella napoletana poi è assolutamente divina!

- Credo che tra poco diventerai come Oliver Hardy – lo prese in giro lei. Gonfiando le guance e mimando con le mani un grosso pancione, lo guardò sorridendo servirsi di altra pasta ed altra mozzarella.

Rimasero parecchio tempo a tavola, continuando a chiacchierare dei reciproci gusti culinari. Massimo si dimostrò un vero buongustaio, mentre Chiara si vantò di essere una discreta cuoca.

Quando il giovane finì anche l’ultimo pezzetto di mozzarella, ebbe un dubbio.

- Dimmi una cosa – le chiese -  va bene che la mozzarella te l’avevano regalata, ma com’è che per te sola avevi preparato tutta quella pasta? Aspettavi qualcuno?

- No, l’avevo preparata anche per domani. Ho intenzione di andare al Museo Archeologico e voglio scendere di casa presto senza perdere tempo in cucina.

- Accidenti, allora ho fatto piazza pulita di tutte le tue provviste! Che ne dici, per farmi perdonare la mia ingordigia domani posso portarti a mangiare fuori?

Le aveva rivolto quell’invito con un sorriso molto accattivante ed un luccichio degli affascinanti occhi azzurri. Chiara si mise subito sulle difensive: quel pranzetto improvvisato era stato davvero piacevole, ma accettare di uscire con lui anche il giorno dopo avrebbe comportato un approfondimento del loro rapporto che non desiderava affatto, forse proprio perché quell’uomo le piaceva. Facendo finta di non aver capito, gli rispose calma:

 - Non preoccuparti, uno spaghetto veloce faccio sempre in tempo a cucinarmelo quanto torno dal Museo.

Massimo non insistette e dopo averla aiutata a sparecchiare, si offrì anche di lavare i piatti.

- Non ce n’è bisogno –  rifiutò la ragazza aprendo una piccola lavastoviglie posta sotto il forno dove sistemò i piatti ed i bicchieri sporchi – Questa casa è ad alta tecnologia. Anzi, sul terrazzo c’è il sole, ora accendo l’aria condizionata così ce ne restiamo qui dentro al fresco. Ti va?

Accogliendo l’invito, Massimo si andò a sedere sul divano.

– Che sia una casa speciale l’avevo notato già, ma come hai fatto a metterla su così e soprattutto, come fai a tenerla così efficiente ed in ordine? – le domandò.

- Una volta alla settimana viene ad aiutarmi una cameriera polacca che lavora da una signora al piano di sotto, e poi… – esitò un attimo prima di continuare – sai, avere una casa è una cosa che desideravo da tanto! Non ho i genitori e vivevo con mia sorella maggiore che è sposata. Non è che mi trattassero male lei ed il marito però non ero padrona di niente, solo un po’ della mia stanza. Avevo quasi la sensazione di essere un ospite  e per non pesare su di loro, stavo molto fuori casa con il risultato che mio cognato mi faceva continuamente notare che vivevo come se stessi in un albergo. È stata molto dura tirare avanti tanto tempo.

- Ma scusa, eri indipendente economicamente, perché non te ne andasti via prima?

Massimo si pentì subito di averle fatto quella domanda perché la vide cambiare espressione. Non si meravigliò quando con una voce gentile ma fredda gli rispose:

- Ho avuto i miei buoni motivi!

Subito dopo scappò in bagno dicendo che era abituata a lavarsi i denti appena dopo mangiato e lo lasciò solo seduto sul divano.

Il giovane era piuttosto perplesso perché c’era qualcosa in quella ragazza che non riusciva a capire. Appariva cordiale e simpatica, ma all’improvviso dava l’idea che erigesse una specie di muro tra sé e gli altri. Quando tornò a sederglisi accanto però, era di nuovo allegra ed affabile.

Rimasero a lungo a parlare di tante cose: musica,  politica,  libri. Lui le raccontò della famiglia che viveva in Emilia, del suo splendido rapporto con i genitori, soprattutto con la madre  e mentre ne parlava notò un velo di tristezza passare ad offuscarle gli occhi.

Massimo era davvero una persona vivace e spiritosa e Chiara si mostrava all’altezza così risero spesso alle reciproche battute. Inoltre, avendo quasi la stessa età, si trovarono ad  avere molti  ricordi uguali del periodo dell’infanzia e dell’adolescenza.

Verso le sei si  prepararono un caffè ed il tempo trascorse simpaticamente senza che se ne accorgessero. Erano quasi le otto di sera   quando la ragazza guardò l’orologio da polso.

Lui, interpretandolo come un segno di congedo, si rabbuiò un poco.

- Scusa, si è fatto tardi. Ora tolgo il disturbo. Grazie di tutto – le disse alzandosi per andarsene.

- No, aspetta, - lo fermò accompagnando le parole con il gesto delle mani, molto mortificata per essere sembrata scortese – stavo guardando l’orologio perché stasera danno un bellissimo film all’arena estiva su al Castello Sant’Elmo. Ti andrebbe di andarci? Sempre se non hai di meglio da fare, s’intende.

- È una splendida idea – si rallegrò lui – vengo molto volentieri.

 

Dopo un po’ uscirono. Chiara si era cambiata d’abito indossando un vestito a fiori rossi che le metteva splendidamente in risalto l’abbronzatura ed il bel corpicino.

Massimo si sentiva contento mentre si dirigevano a piedi verso il Castello che, come gli aveva spiegato lei, era a quattro passi. Purtroppo i quattro passi erano tutti in salita ed anche dopo aver acquistato i biglietti, per andare su alla Piazza d’Armi dove proiettavano il film, c’era da farsi una bella arrampicata.

Ma non se ne accorsero quasi perché, chiacchierando piacevolmente, si godevano lo stupendo panorama che si vedeva dai finestroni del Castello. Dopo la calda giornata estiva, la sera era fresca e profumata. La città, come un gioiello lucente, era ai loro piedi mentre il mare splendeva sotto i raggi di una splendida luna piena.

- Certo qui è davvero un incanto, dalle mie parti un panorama così te lo sogni! – commentò Massimo, ammirato.

La ragazza gli sorrise e gli spiegò che sì, era vero, il panorama ed il clima erano stupendi, ma la sua città aveva tanti di quei problemi  come il traffico, la delinquenza, la disoccupazione, i rifiuti. Non doveva lasciarsi incantare da quella visione paradisiaca perché spesso vivere lì era come stare all’inferno. A volte lei stessa avrebbe preferito essere nata in un altro posto anche meno bello ma dove la vita potesse  essere più facile.

- La vita può essere bella o brutta in ogni posto – la corresse lui prendendola sottobraccio per sorreggerla in quanto il passo le si era fatto  malfermo sull’acciottolato irregolare – molto dipende da te, da come stai con te stesso.

- “Già – pensò Chiara mentre un nodo le saliva alla gola – è facile a dirsi ma non a farsi  quando con te stessa ti senti maledettamente sola! Forse  sarebbe un'altra cosa avere un braccio a cui appoggiarsi come sto facendo ora con te” .

Ma non avrebbe potuto mai dirgli una cosa del genere,  perciò, con un sorriso spavaldo, replicò:

 -  Certo, è così,  la cosa migliore è l’autosufficienza ed anche  tenere tutto sotto controllo.

- A dire il vero non intendevo questo – precisò Massimo rivolgendole uno sguardo un po’ interdetto però non ebbero tempo di continuare il discorso perché erano arrivati e dovettero darsi da fare a trovare dei posti perché c’era già parecchia folla.

Il film fu bello e trascorsero buona parte della strada del ritorno a commentarlo ed a parlare un po’ di cinema che,  a quanto pareva, piaceva moltissimo ad entrambi. Ai piedi del Castello c’era un pub da dove proveniva un buon profumo ed il giovane le disse di voler mangiare un panino perché aveva fame.

- Non è possibile! Con tutto quello che ti sei spazzolato oggi!– rise la ragazza, ma lo accompagnò di buon grado anche se si limitò a prendere una birra piccola  mentre lui si abbuffava di gusto.

Parlarono ancora tanto mentre tornavano a casa e pareva che avessero mille cose da dirsi. Forse era solo perché non si conoscevano ancora  ma stranamente insieme si sentivano già a proprio agio.

Era quasi mezzanotte quando arrivarono alla macchina di Massimo.

- Ti dispiace se domani vengo con te al  Museo Archeologico? – le domandò mentre apriva lo sportello – Mi ripromettevo da tempo di visitarlo però mi scoccia  andarci da solo.

- Preferisci le visite guidate? In effetti ti conviene, come guida sono piuttosto brava – scherzò Chiara –  Se proprio ci tieni, fatti trovare all’ingresso alle otto e trenta in punto.

- Non si può fare un po’ più tardi? Domani è Ferragosto e volevo farmi una bella dormita – le chiese con una smorfia patetica -  Va bene, come non detto – aggiunse subito dopo allo sguardo scherzosamente torvo di lei – Buonanotte.

Fece per darle un bacetto sulla guancia, ma Chiara si ritrasse con uno scatto anche se per scusarsi gli rivolse un sorriso dolcissimo e gli sussurrò:

-  Buonanotte a te, ispettore!

 

Mentre saliva a casa, un mare di emozioni le si agitava dentro. Chissà se aveva fatto bene ad accettare di rivederlo l’indomani. Di solito quando prendeva una decisione non cambiava idea così facilmente, ma questa volta si era lasciata trasportare dal fatto che con lui era stata davvero bene come da tempo non le capitava più di stare con nessuno. Per una volta… al diavolo! Non le andava di trascorrere il Ferragosto da sola! Tutto sommato  non si trattava di fare altro che gli onori di casa accompagnando un  collega di un'altra città a vedere un museo. Non ci potevano essere pericoli di sorta. Forse anche Massimo non aveva altre intenzioni che quella di trascorrere in compagnia una giornata festiva e non nutriva il minimo interesse per la sua persona. A questo pensiero quasi si vergognò di essersi sottratta al bacio sulla guancia. Forse non si salutava così anche con gli amici? Aveva dato l’impressione di fare apposta la ritrosa? Aveva mancato di naturalezza?

– “Uffa, speriamo di dormire stanotte!” – pensò, conoscendosi  bene.

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Capitolo 2
*** 15 agosto - mercoledì ***


15 AGOSTO mercoledì

 

Invece Chiara dormì benissimo, anzi, quando si svegliò si ricordò di aver rivisto in sogno per quasi tutta la notte due dolcissimi occhi azzurri.

- “Non c’è di che preoccuparsi – pensò mentre indossava un jeans ed una maglietta bianca – mi capita spesso di sognare qualcosa vissuta il giorno prima, a volte sogno persino i tabulati che ho spuntato in ufficio!”

Un po’ rinfrancata, si guardò allo specchio dell’armadio rimanendo soddisfatta: i jeans elasticizzati la fasciavano armoniosamente e la maglietta lasciava appena intravedere il decolté ed il pancino sodo ed abbronzato. Qualche ricciolo bruno le scendeva in piacevole disordine dai capelli tirati su ed un trucco leggero metteva in risalto i grandi occhi scuri  e le labbra piene. Certo  non era una bellezza mondiale, ma poteva andare.

Con la puntualità che la contraddistingueva prese la metropolitana in tempo per arrivare all’ingresso del Museo alle 8,30 spaccate. Massimo arrivò dopo qualche minuto, con addosso una polo arancione che lo faceva sembrare più giovane. Nel salutarsi si scambiarono uno sguardo che non nascondeva il piacere che provavano entrambi nell’incontrarsi di nuovo.

La visita fu molto interessante. C’erano parecchi turisti, ma fortunatamente nessun gruppo troppo numeroso. Chiara sapeva molte cose di quelle opere e gliele spiegava con fervore, d’altra parte chiunque avesse studiato un po’ di storia classica non avrebbe potuto non rimanere affascinato da statue e dipinti provenienti da un tempo così remoto. Fu soprattutto la sezione degli oggetti rinvenuti a Pompei a colpire molto Massimo il quale le chiese se fosse disposta ad accompagnarlo anche a vedere gli Scavi Archeologici.

- Mi fa piacere che tu abbia espresso questo desiderio – gli rispose – ora che sei qui sarebbe un delitto perdersi un posto come Pompei. Credimi, è una vera emozione calcare quelle stradine, entrare in quelle case e pensare che tutto è rimasto sospeso ad un giorno di duemila anni fa, è come fare un viaggio nel tempo. So che hanno organizzato delle visite notturne con una illuminazione speciale. Sarebbe bello andarci anche se mi hanno detto che bisogna prenotare molto tempo prima.

- Io di tempo ne ho e comunque non voglio mancare di vedere Pompei. Si può prenotare anche su internet?

- Certo.

- Allora me ne occuperò io, ma ricordati che hai  promesso di accompagnarmi -  le disse.

**

Continuarono la loro visita fino a quasi l’ora di pranzo e quando il giovane incominciò a dare segni di inquietudine, Chiara capì che era venuto il momento di andare a mangiare.

- Senti, e se adesso andassimo a casa mia a prepararci gli spaghetti veloci che ti dicevo ieri? – gli propose.

- Vada per gli spaghetti - le rispose – ma forse sarebbero più veloci se andassimo in qualche ristorante qui vicino. Al centro storico ce ne saranno parecchi aperti anche oggi. Magari dopo potremo continuare il nostro giro e potrai mostrarmi qualche altro monumento. Va bene?

Lei acconsentì di buon grado, rilassandosi pure perché davvero il collega si stava mostrando più interessato a fare il turista che non a conquistarla. Suggerì di andare in un ristorantino  nelle vicinanze dove cucinavano dei succulenti spaghetti ai frutti di mare che gli sarebbero senz’altro piaciuti.

Infatti Massimo li gradì moltissimo così come gradì la frittura di pesce, l’insalata  e il dolce.

Si stava bene in quel locale, c’erano una coppia di turisti francesi  ed un gruppo di giapponesi che facevano un po’ di baccano, ma fortunatamente erano in un’altra sala. L’aria condizionata era alla giusta temperatura ed il vinello bianco frizzante e gelato come piaceva a lei.  Di nascosto Chiara si era sfilata i sandali sotto il tavolo e si stava riposando un po’ i piedi dolenti quando il giovane, implacabile, dopo aver pagato il conto, la incitò ad alzarsi perché voleva continuare il suo giro turistico.

- Ma non hai mai sonno dopo pranzo tu? – si lamentò mentre riluttante cercava di infilarsi di nuovo le scarpe  – Beato te che digerisci così bene!

- Bene ed in fretta. Tra poco avrò di nuovo fame però. Sai, mia madre racconta che sono sempre stato così fin da piccolo. Altro che poppate ogni tre ore! Alla fine si stancò ed imparò a  tenere sempre un biberon pronto per me.

- Meno male che sei nato nella opulenta civiltà occidentale allora!

- Già, ma sapessi quanto spendo per mangiare!

- Io spendo per la casa, invece. Certo insieme saremmo proprio una bella coppia!

Risero, poi  mentre lui le raccontava altri aneddoti ripetuti spesso dalla madre sulla sua voracità infantile, percorsero gli stretti vicoli del centro storico che ogni tanto confluivano in enormi, assolate piazze dove troneggiavano grandiose chiese. Purtroppo per l’ora ed il giorno festivo, molte di esse erano chiuse ma i due giovani si ripromisero di tornare a visitarle un’altra volta.

Stavano proprio bene insieme, si sentivano vecchi amici anche se in realtà si erano conosciuti solo il giorno prima.

**

Era pomeriggio inoltrato quando la ragazza, ormai distrutta, gli disse che sarebbe tornata a casa.

- Ti chiamo un taxi – le propose.

- Ma no, quale taxi, c’è la Metro proprio qui e mi porta a due passi da dove abito.

- Certo che se fosse per te i tassisti farebbero la fame! – la prese in giro – Comunque non ti lascio andare da sola in metropolitana, ti accompagno.

In effetti Chiara già quella mattina aveva avuto un po’ di timore nei vagoni vuoti ed anche se avrebbe voluto mostrarsi una tipa tosta e non una fifona, si rallegrò dell’offerta.

Per l’appunto il treno, di solito molto affollato, era quasi vuoto, ma lei si sentì al sicuro seduta accanto a quell’uomo così massiccio ed il viaggio durò effettivamente solo pochi minuti.

- Vuoi salire? – gli chiese quando furono arrivati  – Ti offro da bere.

Non aveva più nessuna remora ad invitarlo su da lei, come se davvero fossero stati amici da tanto.

Massimo accettò con molta naturalezza.

 

La casa era accogliente come sempre e come sempre la prima cosa che Chiara fece fu scappare nella stanza da letto per cambiarsi i vestiti con cui era uscita.

- Metti su un CD, se vuoi, io torno subito – gli aveva detto.

Massimo mise un CD di Battiato e poco dopo lei ritornò. Aveva indossato  un top celeste allacciato sulle spalle e sotto portava un pantalone a pareo che  le scopriva un po’ le gambe quando si sedeva. Come gli aveva promesso, gli versò da bere ma la bibita si rivelò  essere solo del salutare succo di carota.

- Non potrei avere un po’ di whisky? – provò a domandarle ma lo sguardo severo che lei gli rivolse lo fece desistere dalla richiesta, anzi, lo scoraggiò anche dall’accendersi una sigaretta: Chiara aveva alquanto tollerato che fumasse per strada però in casa… anatema, anatema!

- Si vede che  sei della Vergine: precisa, ordinata, riservata, salutista, tutta perfettina… insomma una bella rompiballe! – osservò prendendola in giro.

- Sempre meglio di un Ariete testa dura, irruente ed arruffone come te! – gli rispose ridendo.

Vedendo che il giovane continuava a farle smorfie di scherno,  afferrò un cuscino ed incominciò a colpirlo. Dopo qualche mossa però si fermò mentre un’espressione di dolore le appariva sul viso. Si portò la mano alla spalla sinistra e massaggiandosela alla meglio, gli spiegò:

 - Ho un po’ di problemi alla spalla. Il mio medico dice che sono dolori di postura dovuti alle molte ore passate al computer.

- Macché, è la vecchiaia che incombe! No, no, sto scherzando, sta’ buona altrimenti il dolore peggiora – la prese in giro di nuovo ed ancora una volta fu costretto a difendersi dai colpi di cuscino che lei aveva ripreso a dargli per ripagarlo dello sfottò.

Quando si fu placata, le fece una proposta:

- Sono molto bravo a fare i massaggi, se vuoi posso fartene uno alla spalla. Vedrai, il dolore ti si allevierà.

- Tu, con le manone che ti ritrovi, sai fare i massaggi? – gli domandò incredula.

- Ho fatto dei corsi professionali e da ragazzo ho anche lavorato nel centro fisioterapico di mio fratello – le rispose serio.

- Allora come potrei non approfittarne?

- Ce l’hai un po’ di olio per massaggi?

- Quanto ne vuoi. È in bagno, vado a prenderlo.

- No, vado io, così mi lavo anche le mani. Dov’è?

Glielo spiegò e nell’attesa che tornasse, abbassò la persiana e rischiarò la penombra accendendo una lampada zen che oltre ad emanare una piacevole luce violetta, sprigionava anche un delicato profumo di sandalo. Il cd intanto continuava a suonare e la musica dolce riempiva la stanza. L’atmosfera era particolare, troppo particolare. Per  un momento Chiara rimase un po’ dubbiosa, ma non ebbe tempo di riflettere  perché Massimo rientrò. Con la sua solita irruenza ed allegria si sedette sul divano facendola accoccolare sul parquet davanti a lui. Dopo averle sciolto il lacci  del top  sul collo, si spalmò olio al tè verde sulle mani ed incominciò a massaggiarla sapientemente.

La ragazza non portava niente sotto e fu costretta a mantenere con un braccio il top per tenerlo fermo sul seno prosperoso. Le mani di lui erano deliziose. Già poco dopo la tensione dei muscoli si allentò ed incominciò rilassarsi.

All’inizio Massimo fu abbastanza professionale ma la pelle di seta di quella bella ragazza che sentiva  abbandonarsi a poco a poco, finì per eccitarlo ed il massaggio si trasformò in una carezza.  Audacemente le slaccio anche i legacci sulla schiena e cominciò a scendere con le mani lungo i fianchi.

- Ehi! -  protestò lei stringendosi ancora di più il top oramai inutile sul seno nudo, ma fu una protesta assai debole perché avvertiva uno sfinimento improvviso, come un’ondata di sonno che la rendeva assolutamente incapace di reagire.

- C’è bisogno di scendere lungo la colonna vertebrale. Come faccio se hai questo coso legato dietro? – le disse per giustificare il suo gesto.

Cercava di mantenersi ancora su livelli professionali, ma la voce roca tradiva tutto il desiderio che gli stava montando dentro. Continuò ancora per un poco a controllarlo poi ne fu vinto e senza smettere di massaggiarle i fianchi, le avvicinò le labbra sul collo reclinato facendole soltanto avvertire il calore del suo respiro sulla pelle.

Per Chiara fu come essere vittima di un’esplosione: un  languore irresistibile la invase dal più profondo della sua femminilità mentre  rabbrividiva di piacere. Ad occhi chiusi girò il viso verso l’uomo che immediatamente s’impossessò della sua bocca e cominciò a baciarla. 

Sapeva che avrebbe dovuto sottrarsi a quell’approccio perché non avrebbe più potuto fermarlo, ma non ce la faceva a rinunciare. Con la mano tremante lo afferrò  alla nuca  attirandolo ancora di più verso di sé ed impedendogli  di smettere quel bacio così dolce. Il seno restò nudo ma le mani di lui lo avvolsero in una carezza struggente che durò fino a quando non la attirò sulle ginocchia e cominciò a carezzarle anche le cosce. Alla fine le slacciò del tutto anche  il pantapareo, lasciandola oramai solo con gli slip. 

Si baciarono e si accarezzarono a lungo, cullati dalla musica  fino a quando la voglia divenne così insostenibile da trasformarsi quasi in dolore.

Quando Chiara si sciolse dal suo abbraccio e si  alzò in piedi, lui la trattenne per la mano e la guardò con gli occhi offuscati dal desiderio.

 - Non lasciarmi così, ti prego… - la implorò.

Ma la ragazza non aveva affatto questa intenzione. Lo fece alzare e lo condusse nella stanza da letto poi si sdraiò, rimanendo a guardarlo mentre lui si  spogliava in fretta.

- “Che cavolo sto facendo!” – pensava intanto, ma la visione del corpo di Massimo, così perfetto nelle sue forme virili, la costrinse ad abbandonare ogni resistenza. Sorridendogli, gli tese le braccia per attirarlo su di sé.

Si amarono a lungo, perfettamente affiatati come se fossero stati insieme chissà quante volte eppure sconosciuti l’uno all’altra. Persero la cognizione di se stessi abbandonandosi con tenerezza e passione e dopo rimasero come svuotati di ogni energia, teneramente abbracciati.

Con il viso affondato nell’incavo del suo collo, Chiara gli si stringeva contro senza parlare. Fu lui a rompere il silenzio. A voce molto bassa,  si scusò:

- Mi dispiace, avrei dovuto usare delle precauzioni. Non credere che l’abbia fatto per mancanza di rispetto nei tuoi confronti, però. Non pensavo che sarebbe successo e quindi non avevo… - lei lo zittì mettendogli le dita sulle labbra, ma dopo avergliele baciate, Massimo si sentì ancora in dovere di rassicurarla -  Perché non vuoi che ne parli? È una cosa importante! Voglio che tu lo sappia: con me puoi stare tranquilla perché faccio spesso le analisi e per fortuna sono sano come un pesce.

Sorridendo, cercò di farle girare il viso che lei continuava a tenere nascosto. Ancora per un po’ Chiara rimase senza parlare, poi però si fece coraggio e gli disse in un  sussurro:

 - Anche tu puoi stare tranquillo con me. Non ho fatto le analisi ma poiché non ho una vita sessuale molto attiva, anzi, a dire il vero, poiché non ce l’ho proprio…

- Sì, però avrei dovuto stare comunque attento per evitare complicazioni. Sai, quelle di tipo neonatale per intenderci - le mormorò  sorridendo e carezzandole i capelli.

- Anche su questo puoi stare tranquillo, ho la spirale.

Lo sentì irrigidirsi, ma non le disse niente, solo si sciolse dall’abbraccio ed indossati gli slip raccolti da terra, se ne andò in bagno.

Mentre si infilava una maglietta, Chiara si chiedeva il perché di quella strana reazione. Avrebbe dovuto aver piacere nell’apprendere che non ci sarebbero potuti essere incidenti di percorso ed invece ne era sembrato infastidito.

Non tardò a dissipare i suoi dubbi perché Massimo era un tipo troppo franco per tenersi dentro qualcosa che lo rodeva. Appena uscito dal bagno le chiese a bruciapelo, serio serio:

 - Scusa, mi spieghi  perché una che dice di non avere una vita sessuale ha un letto matrimoniale e porta la spirale?

La ragazza gli sgranò in faccia un paio di occhioni  stupiti e si affrettò a spiegare:

- Ho comprato questa stanza di seconda mano da una amica perché avevo finito i soldi e non potevo permettermi altre spese. Per quanto riguarda l’altra faccenda… - esitò un po’  poi continuò come se si fosse fatta coraggio – ho avuto una storia qualche tempo fa; avevo appena messo la spirale quando è  finita e così l’ho tenuta. A dire il vero è stato lo stesso ginecologo a consigliarmelo perché potevo portarla per  tre anni. Sai, poteva sempre succedere… anzi, meno male che è successo, così perlomeno, dato  che tra poco devo pure toglierla… oh insomma… almeno una volta l’ho usata! – balbettò imbarazzata, cercando di buttarla sullo scherzo.

Lo guardava dritto negli occhi per dimostrargli che al di là delle apparenti contraddizioni, non era affatto una bugiarda. Vedendolo un po’ mortificato, ne ebbe tenerezza e sorridendogli gli tese ancora le braccia per attirarlo su di sé.

Massimo non si fece pregare ed abbracciandola forte, il viso  appoggiato sul suo seno, si vergognò della sua uscita di poco prima: che diritto aveva di indagare sulla vita privata di quella donna ancora sconosciuta? Eppure aveva provato un senso di fastidio al pensiero che lei potesse andare anche con qualcun altro, forse perché era rimasto sorpreso di  scoprirla così appassionata quando avrebbe giurato che anche nel sesso fosse una persona molto controllata. Avrebbe voluto averla tutta per sé anche se non gli faceva piacere ammettere questa assurda voglia di possesso. Si augurò che Chiara non gli chiedesse i motivi della sua domanda perché non avrebbe saputo cosa dirle. Per fortuna la ragazza rimase in silenzio ad accarezzargli i capelli  ed a poco a poco fu vinto dal sonno.      

 

**

La trovò sul terrazzo mentre, quieta come al solito, curava le piante. Silenziosamente la raggiunse alle spalle e attirandola a sé, le posò teneri baci sulla tempia.

- Perché mi hai lasciato dormire tanto?  - le chiese.

- E perché avrei dovuto svegliarti? Dormivi così bene! – gli rispose mentre gli occhi le brillavano di tenerezza nella luce del crepuscolo – E poi ero sicura che ti saresti svegliato tra poco. Non è l’ora della pappa forse?

Massimo rise divertito e confessò:

- In effetti, un certo languorino ci sarebbe …

- Vado subito a prepararti qualcosa – gli disse premurosa, ma lui la fermò trattenendola per un braccio.

- No, non voglio farti mettere ai fornelli. Usciamo e troviamo un ristorante.

- Nemmeno per sogno: al ristorante due volte in un giorno! E poi non ho voglia di uscire. Però possiamo sempre ordinare una pizza. Ti piace la pizza?

- Certo, mi piace. Ma sarà un po’ difficile trovare una pizzeria aperta la sera di Ferragosto.

- Macché, c’è quella dove mi servo abitualmente che non ha chiuso – prese il telefono e gli chiese – come la vuoi?

-  Mais, panna e prosciutto.

Un’espressione disgustata e divertita le si dipinse sul volto.

- Ecco venir fuori il selvaggio! La vera pizza è la napoletana o al massimo la margherita. Come fai a mangiare quelle cose obbrobriose? - commentò.

Però si affrettò ad accontentarlo ordinando ciò che voleva.

Quando le pizze furono consegnate, fece un ultimo tentativo di “conversione”: tagliò uno grosso spicchio dalla sua tradizionalissima margherita, lo piegò  e glielo porse per farglielo assaggiare. Massimo si sporse in avanti e reggendo con la sua la mano di lei, ne morse un grosso boccone.

- Mmmmh – mugolò gustandola – è davvero buonissima! - però non appena vide la soddisfazione sul volto della ragazza aggiunse, divertendosi a prenderla in giro - … ma preferisco la mia…

- Niente da fare, sei irrecuperabile!

**

Trascorsero tutta la sera a scherzare ed a parlare. Si sentivano entrambi leggeri e felici. Ogni tanto si scambiavano un bacio e sembravano non saziarsi mai l’uno dell’altra. Ad un certo punto però Chiara gli disse:

- Ehi, amico, guarda che domani dobbiamo andare a lavoro e sarebbe anche ora di fare la nanna!

- Va bene, andiamo a nanna – le rispose prendendola fra le braccia e dirigendosi verso la stanza da letto.

Chiara si divincolò.

- No – gli fece – io vado di là, tu invece te ne torni in albergo.

- Ma perché!? – protestò lui – Perché non posso dormire qui!

- Non mi sembra il caso.

- Sei davvero cattiva. Tra l’altro non ho neanche l’auto ed il mio albergo è in centro.

- Non me lo dicevi tu che esistono anche i taxi? – gli rispose porgendogli il telefono ed aspettando  che le obbedisse chiamandone uno.

Si salutarono teneramente poco dopo.

Nel mettersi a letto  Chiara non ebbe neanche il coraggio di  ripensare a quanto era successo. No, adesso non ci voleva pensare affatto, era troppo felice e si addormentò beatamente.

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Capitolo 3
*** 16 agosto - giovedì ***


 

16 AGOSTO giovedì

 

Alle dieci di mattina Chiara aveva già fatto firmare la lettera di richiesta dei documenti e mandato il fax all’archivio assicurandosi con una telefonata che il collega lo avesse ricevuto. Pure i dati commerciali del primo semestre di quell’anno erano già pronti, ordinatamente raccolti in cartelline trasparenti, però non trovava il coraggio di andarli a portare a Massimo perché si sentiva a disagio. Era la prima volta che le accadeva una cosa del genere e quasi non riusciva a credere di essere finita a letto con un uomo conosciuto solo ventiquattro ore prima. E poi, visto che per giunta era pure un collega, come ci si doveva comportare in questi casi? Sul luogo di lavoro doveva assumere un comportamento confidenziale o trattarlo piuttosto con distacco?

Alla fine fu Massimo che spalancò la porta dell’ufficio facendola sobbalzare. Entrando, le disse con un tono autoritario:

 - E allora, signorina Corradini, devo ancora aspettare molto per vedere i dati che le ho richiesto?

Dopo però, sorridendo, si sedette con disinvoltura sulla scrivania ed allungò una mano a farle una tenera carezza sulla guancia. In maniche di camicia, con la cravatta un po’ allentata ed i capelli spettinati che gli ricadevano in simpatici ciuffetti castani sulla fronte, era talmente attraente che Chiara dovette fare uno sforzo titanico per non buttarglisi tra le braccia e mangiarselo di baci. Invece gli  sussurrò a bassa voce:

 - Sei impazzito? E se entra qualcuno?

- Non c’è nessuno – le rispose bisbigliando anche lui – ed anche quei pochi fessi che oggi sono qui, non stanno facendo niente, proprio come me. Cosa ne dici di andare a  colazione?

- Manca ancora quasi un’ora all’intervallo e poi, poiché la sottoscritta invece oggi è stata tra quei pochi fessi che hanno lavorato lo stesso, prenditi le tue scartoffie e vattele a studiare prima di pranzo.

Gli si era rivolta dispettosamente però, mentre lo diceva, aveva  pensato quanto fosse  meraviglioso e sapesse sempre metterla a proprio agio.

Dimenticando tutte le incertezze di prima, gli promise che sarebbe andata a pranzo con lui, anche se lo avrebbe raggiunto un po’ più tardi perché doveva telefonare alla sorella.

**

 

Quando arrivò nel bar in cui avevano concordato di incontrarsi era già abbastanza tardi. Massimo doveva aver già mangiato. Le sembrò alquanto nervoso ma lo vide rallegrarsi nel vederla entrare.

- Credevo mi avessi dato buca! – protestò.

- Abbi pazienza, mia sorella non mi mollava più – si scusò lei attaccando a mangiare la  coppetta di macedonia che aveva preso per pranzo.

- Che fai, mangi solo quella?

- Certo, dopo le abbuffate di ieri!

- A dire il vero anch’io mi sono tenuto leggero però  questo week-end intendo rifarmi. Se ci stai, potremmo andare a Positano. Il mio amico Giacomo,  l’altro ispettore che lavora con me, c’è stato a fine luglio con la moglie e ne è rimasto incantato. Mi piacerebbe tanto andarci con te.

- Mi dispiace, ma ho promesso di raggiungere mia sorella ad Ischia – gli rispose, dispiaciuta.

- Non puoi rinunciare? Anch’io sarei dovuto andare a casa, ma a dire il vero preferisco stare con te piuttosto che con mia sorella! – replicò l’uomo senza riuscire a nascondere una punta di delusione.

- Non è questo.  Domani Cristina deve andare ad una festa  a cui tiene molto  ed eravamo già d’accordo da tanto tempo che le avrei tenuto io i bambini. Però sabato e domenica sarò libera. Perché non vieni anche tu ad Ischia? Te l’assicuro, è altrettanto bella di Positano.

- Non lo metto in dubbio, ma come faccio, vengo anch’io da tua sorella? – obiettò l’altro alzando un sopracciglio ironicamente.

- Non intendevo questo. C’è un buon albergo nei pressi di casa nostra ed il proprietario è un nostro caro amico. Potrei  chiedergli se c’è una stanza libera. Proviamo?

- Va benissimo, mi farebbe molto piacere venire.

 

**

Appena ritornata in ufficio Chiara telefonò alla sorella e le parlò della cosa.

- Chi è questo signore? – s’informò Cristina, molto curiosa.

- È un mio collega di Bologna. Sai, fa l’ispettore ed è da solo qui a Napoli per cui gli sto facendo vedere qualche posto carino.

- Se ci tieni, potremmo ospitarlo qui da noi. Lo spazio c’è.

- Ma figurati, non è proprio il caso! Se Francesco ha una stanza libera va bene, altrimenti non se ne fa nulla. Telefonami appena sai qualcosa.

Aveva rifiutato con decisione perché, per quanto desiderasse stare ancora con Massimo, non se la sentiva di portarlo a casa ben sapendo quanto fossero impiccioni i suoi parenti.

Per fortuna dopo un poco Cristina la richiamò per dirle che c’era una stanza appena liberatasi.

- Benissimo – le disse Massimo quando glielo comunicò – solo che c’è ancora un problema: non ho un costume da bagno.

- E che cavolo – si stupì la ragazza – passi l’estate in un posto come Napoli e non ti porti nemmeno un costume!?

- Ho lavorato tutti i giorni e per i fine settimana sono sempre tornato a Bologna. E poi – aggiunse – dove volevi che andassi tutto da solo? Adesso però ci sono solo due soluzioni: o mi aiuti a trovare un negozio aperto dove possa comprarne uno o accetti di passare l’intero week end chiusa con me in camera così avrò bisogno solo di un costume… adamitico – scherzò per provocarla.

- Non fare il fesso! – lo rimproverò senza neanche dare peso alle parole perché già si stava organizzando per una possibile soluzione  - Ascolta, - gli disse infatti poco dopo -  qui vicino c’è un grosso centro commerciale aperto anche ad agosto. Potremmo andare lì …  non mi ricordo come ci si arriva, però … ma forse a questo c’è rimedio. Facciamo così,  ci vediamo alle sei davanti al tuo garage, ti va?

Naturalmente Massimo accettò anche per la piacevole prospettiva di passare un’altra serata con quella donna che lo aveva così preso.

**

Con la sua solita pignoleria per la quale si dovette subire  un altro po’ di sfottò, Chiara si era munita di una mappa stradale ricavata da internet grazie alla quale non ebbero nessuna difficoltà ad arrivare al grosso ipermercato.

Massimo acquistò delle t-shirts   e dei costumi, non senza averli prima provati ed averle chiesto consiglio, provocando la muta ammirazione della ragazza che lo trovò ancora più bello in costume da bagno. Anche lei adocchiò un vestitino bianco un po’ elegante che non costava molto, ma si guardò bene dal farglielo vedere mentre lo provava perché voleva fargli una sorpresa indossandolo la prima volta.

- Voglio fare  la spesa  prima di andarcene  - gli annunciò poco dopo – andiamo al supermercato?

Così si attardarono tra i banchi, nella frescura dell’aria condizionata, riempiendosi un carrello di ghiottonerie e decidendo insieme cosa preparare per cena.

Arrivati a casa, Chiara come al solito corse a spogliarsi mentre lui, dopo essersi lavato ed aver indossato una delle magliette appena comprate, si diede da fare in cucina a posare in frigo e sugli scaffali le provviste.

A sentire la sua voce che le arrivava dall’altra stanza e che con tono allegro le chiedeva di volta in volta dove riporre le cose acquistate, la ragazza si sentì invadere da un senso di estrema felicità: possibile che stesse accadendo proprio a lei? Non è che se lo stava solo sognando un uomo tanto meraviglioso?

Intuendo l’appetito di Massimo che a pranzo aveva mangiato davvero poco, si diede da fare in tutta fretta a preparare la cena ma non per questo il risultato fu meno dignitoso. Cucinò delle pennette con mozzarella, melanzane e basilico, delle scaloppine al vino bianco con contorno di patate, una macedonia ed infine delle coppette di  gelato al cioccolato.

Lui le gironzolava intorno mentre preparava, beccandosi spesso dei buffetti sulle mani quando rubacchiava qualcosa. Alla fine si arrese ed andò sul terrazzo ad apparecchiare la tavola.

Prima di servire la cena, Chiara la decorò con candele di citronella di varia grandezza.

 - Sono solo per tenere lontane le zanzare, cosa credi!  - si giustificò quando il giovane non si trattenne dal commentare con un sorsetto tra il compiaciuto e l’ironico:

- Però, ci sai fare sul serio a preparare le cenette romantiche!

In effetti fu davvero una serata speciale: il cielo stellato, la luce delle candele,  il mare in lontananza, il buon cibo ed il vino gelato… era tutto talmente perfetto da sembrare finto.

- Non credevo si potesse stare così – dichiarò Massimo ad un certo punto. Alzando lo sguardo dalla punta della sigaretta che aveva osservato mentre ne scuoteva la cenere,  la fissò con i magnifici occhi facendole  quasi mancare il fiato.

Lusingata per il complimento,  gli sorrise e si alzò per prendere i piatti e portarli in cucina, ma lui, rimanendo seduto, l’afferrò per le braccia impedendole di andare oltre. L’attirò a sé senza mai smettere di guardarla. Chiara gli poggiò una mano su una  spalla e con l’altra mano incominciò a carezzargli i capelli, poi, chinandosi,  gli baciò con tenerezza le labbra. Quando due mani forti cominciarono a stringerla ed il bacio diventò appassionato,   perse ogni controllo.

Per tutto il giorno entrambi avevano evitato di parlare di quanto era accaduto tra di loro il pomeriggio precedente quasi come se temessero di sottolineare l’attrazione  fisica provata e volessero continuare solo a fare gli amici. Ma non appena si erano toccati, era scattato qualcosa di irrefrenabile che in pochi momenti li portò a liberarsi in fretta dei vestiti e a correre  sul letto a fare di nuovo all’amore. Come già la sera prima,  sperimentarono un sesso ad un tempo impetuoso e tenero che li appagò al punto tale che dopo sembrava quasi impossibile potersi staccare l’uno dall’altra.

Riscuotendosi un poco, Chiara gli sussurrò piano, mentre gli faceva una lunga, sensuale carezza sul petto:

- Sei stato meraviglioso…

- Anni di comprovata esperienza al servizio di Patatina Vostra! – scherzò Massimo di rimando.

Lei gli fece una smorfia e gli diede un pizzicotto poi gli  girò le spalle. Non voleva che la guardasse in faccia perché temeva di lasciar trasparire il senso di disagio provato al pensiero di essere solo una tra le tante.

Però Massimo non aveva intenzione di lasciarla andare. La circondò tra le braccia e l’avvolse come se avesse voluto cullarla. Chissà perché con quella ragazza stupenda aveva provato per la prima volta una felicità sconosciuta, non un semplice piacere sessuale, ma qualcosa di magico che lo aveva molto appagato. Mentre l’accarezzava, avrebbe voluto chiederle tante cose, sapere  ogni più piccolo particolare della sua vita, domandarle degli uomini con cui era stata prima di lui, se anche con  loro aveva provato lo stesso piacere. Non osò farlo, si limitò a tenerla stretta fino a quando non la vide alzarsi, prendere dal comodino una camicia da notte ed indossarla. Lo interpretò come un segnale di congedo e fece per scendere dal letto.

-  Si è fatto tardi, ora me ne vado - mormorò.

- No, resta! – lo implorò allora Chiara buttandosi tra le sue braccia per trattenerlo.

- Ma come, ieri mi hai quasi cacciato e stasera vuoi che resti? – le chiese stupito, stringendola forte.

- Ieri era ieri e poi stasera… ho freddo ed ho voglia di coccole! – gli disse  mentre gli si strusciava ancora voluttuosamente contro.

L’uomo non si fece pregare: la riempì di baci e carezze fino a quando non si fu addormentata poi, pian piano, si alzò senza farla svegliare. Andò sul terrazzo a fumare un’agognata sigaretta, spense le candele che continuavano a bruciare sulla tavola ancora da sparecchiare,  ridusse l’aria condizionata perché altrimenti rischiavano sul serio di  ibernarsi, tornò a  distendersi  accanto a lei e dopo averla ripresa tra le braccia, si addormentò a sua volta.

 

 

 

Un ringraziamento speciale a  voi, Faith, Arte e Cricri88 che vi state dimostrando fedeli  lettrici.

Sono molto contenta che la storia vi stia piacendo e la troviate ben scritta. In effetti, benché sia ambientata sempre a Napoli e dintorni (amo descrivere con esattezza i luoghi dove si svolgono le vicende che ho immaginato e  mi riesce più semplice farlo se parlo della mia città), è una storia contemporanea e quindi dovevo renderla più moderna rispetto alla precedente. Per questo ho cercato di usare un linguaggio più colloquiale e un modo di scrivere più vivace ma avevo paura di scadere nella banalità. Le vostre parole mi hanno rassicurata ed incoraggiata ad andare avanti.

Ringrazio anche Polpettina90 che  messo questa  tra le storie seguite e tutti coloro che la stanno leggendo o la leggeranno.

Devo confessare che però ho un dubbio:la lunghezza dei capitoli va bene oppure sono troppo lunghi? Sarei grata a chi volesse fornirmi un parere in merito che mi aiuterebbe molto a perfezionarmi e ad adeguarmi ai gusti dei lettori.

 

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Capitolo 4
*** 17 agosto - venerdì ***


17 AGOSTO venerdì

 

 

- Ma che ore sono? – si lamentò Massimo mentre Chiara, senza nessuna pietà, spalancava le finestre facendo entrare la luce del giorno nella stanza.

- Sono le sette e mezza, dormiglione. Il caffè è sul comodino. Sbrigati a vestirti ché dobbiamo uscire – lo incitò mentre nel frattempo gli raccoglieva i vestiti dal pavimento sistemandoglieli in ordine sulla sedia.

- Di’, a che ora ti sei alzata? – le chiese raggiungendola in cucina e notando come la casa fosse già a posto nonostante la sera prima avessero lasciato tutto com’era.

- Alle cinque e mezza – gli rispose versandogli del latte – Ci sono biscotti, marmellata, cereali… oh insomma, lo sai, abbiamo comprato tutto insieme ieri! Io devo andare a truccarmi.

Scappò di corsa in bagno e quando ritornò,  guardando con un’espressione di benevolo rimprovero il giovane che dopo aver fatto colazione se ne stava beatamente a fumare in terrazzo, gli disse:

- Ho capito, tu puoi arrivare in ufficio quando vuoi ma io sono una comune mortale e devo arrivare in orario. Queste sono le chiavi, chiudi la porta e ci vediamo lì.

Senza dargli neanche il tempo di replicare, gli posò un bacio su di una guancia e scappò via.

Era proprio la verità, Massimo era un funzionario e non doveva timbrare la presenza  così se la prese comoda. Se ne andò nel bagno e si mise a curiosare tra le cose tipicamente femminili che lo riempivano: matite per gli occhi, pennelli, ombretti ed allineati su uno scaffale accanto alla vasca, tutta una serie di bagno schiuma profumati e creme per il corpo.

 - “Ecco perché ha la pelle sempre odorosa di buono – pensò – non come certe tipe che si riempiono di profumo credendo di essere affascinanti ed invece ti fanno venire solo il mal di testa.”

Scelse un bagno schiuma al caprifoglio e si fece una  ricca doccia. Ancora con un asciugamano intorno ai fianchi, uscì di nuovo sul terrazzo a godersi l’aria fresca del mattino. Quella casa gli piaceva e non soltanto perché era obiettivamente una bella casa, ma soprattutto perché   rispecchiava il carattere di Chiara, ordinato ed armonioso. Non era maschilista, ma non poteva fare a meno di apprezzare una donna la quale aveva tanto buon gusto, cucinava così bene  ed ancora di più  si alzava alle cinque e mezza per lavare i piatti, annaffiare le piante,  prepararti la colazione ed i vestiti per poi correre al lavoro per guadagnarsi uno stipendio. Si sentì un po’ meschino a fare questo tipo di considerazioni e, preso dagli scrupoli, decise di mantenersi all’altezza. Lavò le tazze, pulì le briciole dal tavolo, ripose il latte e la marmellata nel frigo, i biscotti nella dispensa e solo dopo aver controllato che tutto fosse in ordine, andò a vestirsi sentendosi soddisfatto di sé. Solo nel vedere il letto ancora disfatto si scoraggiò: rifarlo superava i suoi buoni propositi. Si arrese e decise un po’ ipocritamente  che si era fatta  l’ora di uscire per andare a lavoro.

**

La giornata sembrava non dovesse finire mai. C’era poco da fare ed i due giovani erano impazienti di scappar via. Per fortuna arrivò l’ora dell’uscita ed andarono a prendere il traghetto per Ischia. Fecero la traversata all’aperto e  Massimo s’incantò a guardare la città dal mare.

Al porto, c’era  la sorella di Chiara che era venuta a prenderli per condurli a Forio in auto. Però, prima di accompagnare Massimo in albergo, la giovane donna lo invitò a salire un momento a casa loro che era situata proprio nei pressi dell’hotel. Lui accettò volentieri.

Durante il tragitto, l’uomo ebbe modo di notare quanto le due sorelle si somigliassero. Anche Cristina infatti era bruna e molto carina, sebbene apparisse già un po’ sfiorita; probabilmente doveva avere qualche anno più di  Chiara della quale  però aveva la medesima grazia e signorilità.

A casa conobbe i suoi quattro bambini: un maschietto di  dieci anni,  due gemelli di circa sei, maschio e femmina, e l’ultimo, cicciottello e grazioso,  di solo dieci  mesi.

I ragazzi accolsero con entusiasmo la zia che li ricambiò con molta tenerezza e poi prese subito il più piccolo in braccio  per strapazzarlo di coccole. Mostrava di bearsi tra quei cuccioli e Massimo ne fu divertito anche se, quando l’attenzione del piccolo esercito di marmocchi si spostò su di lui, se ne sentì alquanto spaventato.

- Basta, bambini. Non date fastidio al signore! – li richiamò la madre dopodiché lo invitò con molta cortesia a restare a cena.

-  Forse saprà che stasera mio marito ed io dobbiamo uscire – aggiunse - ma Chiara potrebbe fare gli onori di casa.

 - Non se ne parla nemmeno! Già devo pensare a queste quattro pesti  – si rifiutò l’altra senza tanti complimenti.

 – Ho preparato io da mangiare. Devi solo farli cenare e metterli a letto verso le otto e mezza.

- “Solo”? – rise la ragazza cercando di evitare la manina di Luca che per forza  voleva ficcarle il suo ciucciotto in bocca, così,  tanto per dividere con la zia una prelibatezza – Altro che onori di casa, ascolta un consiglio, Massimo: vattene al  ristorante!

- Chiara ha ragione, signora, darei solo disturbo. Comunque la ringrazio tanto per la sua gentilezza – si schernì l’uomo.

 Cristina accusò la sorella di essere stata scortese  e rivolta all’ospite, tutta sussiegosa, disse:

- Deve scusarla, signor Corona, non è abituata ai bambini e subito si avvilisce.

Chiara si mise a ridere, divertita.

- “Subito”! Certo che hai un bel coraggio! Ma poi la volete smettere voi due di comportarvi come una damina ed un cicisbeo? Che diamine, avete quasi la stessa età, potreste anche darvi del tu!

- Questa volta mi sa che hai ragione. Che ne dici Massimo?

- Perfetto, Cristina!                                   

- Posso offrirti qualcosa da bere?

- Purché non si tratti di quei beveroni alla carota che propina tua sorella…

- No, non ti preoccupare – lo rassicurò  la giovane signora – si tratta di un vinello frizzante che mio marito compra da un produttore locale. È ottimo come aperitivo. Noto con piacere che hai già avuto modo di conoscere le manie di Chiara. Mio Dio, quanto è rompiscatole! Non si beve, non si mangia, non si fuma…!

- …e allora cosa si  campa a  fare? – finì lui in tono canzonatorio.

- Spiritosi! Non conoscete i miei vizi nascosti e la mia segreta vita spericolata – rispose la ragazza con una smorfia di superiorità.

**

Massimo era stato fin quasi alle sette  a conversare con le due donne e a giocare con i bambini, poi era andato in albergo, si era rinfrescato ed era uscito a cena. Purtroppo trovò un ristorante dove mangiò abbastanza male ma, nonostante ciò, si trattenne parecchio a tavola per far passare il tempo. Dopo percorse il Corso principale per ben due volte, soffermandosi persino a guardare le vetrine che non gli interessavano, ma la serata sembrava non volesse finire mai. Alle nove passate, annoiato a morte,  non trovò altra soluzione che telefonare a Chiara. 

- Posso salire un po’ a farti compagnia? - le chiese.

 – Se vuoi, ma lo fai a tuo rischio e pericolo. Qui è peggio che su un campo di battaglia e non garantisco per la tua incolumità fisica e psicologica – gli rispose lei, tra il serio ed il faceto.

- Addirittura, e che sarà mai!  Adesso vengo.

- Bravo! – scherzò la ragazza scostandosi dalla cornetta  per farsi sentire dai nipotini – E visto che ci sei, passa in farmacia e comprami uno di quegli spray per far secchi i bambini come fossero mosche…

- Non esistono, non esistono! – le risposero in coro delle vocette argentine tra risa divertite.

**

Quando arrivò, il clima in casa era cambiato in peggio. Tanto per cominciare Chiara gli  aprì la porta e senza aspettare nemmeno che entrasse scappò via strillando:

- C’è Luca sul seggiolone da solo…

Infatti quest’ultimo, approfittando della momentanea assenza della zia, si stava divertendo un mondo a sbattere il cucchiaio nel piatto davanti a lui e strillava divertito nel vedere schizzi di pastina volare dappertutto. Più in là Martina e Cristiano, i gemelli, se le suonavano di santa ragione rotolandosi  per terra  e, dulcis in fundo, Paolo, il più grande, teneva il volume della Play Station altissimo per coprire gli strilli dei fratellini. Il fracasso era davvero assordante ed il giovane guardò sconcertato la ragazza che ricambiò lo sguardo desolata.

 - Ti prego, cerca di evitare un fratricidio! – lo implorò.

Accogliendo l’invito, l’uomo si impegnò a separare i gemelli ed alla fine, non senza essersi buscato qualche calcio, ci riuscì venendo a capo anche del motivo del litigio: il maschietto aveva staccato la testa della bambola della sorella e questa, che a quanto pareva non era il tipo da farsi passare la mosca per il naso, lo aveva ripagato rompendogli una macchinina. Asciugando un po’ di lacrime,  si offrì di riparare i danni e pazientemente seduto per terra in mezzo a loro, aggiustò i giocattoli rotti facendo ritornare il sereno.  Nel frattempo Chiara era riuscita a mettere a letto il piccolino. Provò a fare la stessa cosa con gli altri, ma mentre i due gemelli, esausti per la lite e le botte che si erano dati, acconsentirono senza fare storie, Paolo non voleva saperne. Solo la proposta di Massimo di giocare una partita con lui in cambio della promessa di andare a dormire subito dopo riuscì a convincerlo.

**

- È stata una bella battaglia, avevi ragione – le disse dal terrazzino dove era andato a fumare una meritata sigaretta quando la vide rientrare in cucina.

- E tu che non volevi credermi! – sospirò lei mentre, piuttosto stanca, si dava da fare a pulire il disastro combinato da Luca – Certo, ci vuole una bella forza a crescere i bambini, io non so se ce l’avrei. – aggiunse - Mi piacerebbe tanto avere un figlio, ma mi sono talmente abituata alla mia vita tranquilla che solo il pensiero di dover fare questo notte e giorno me ne fa passare la voglia.

- Hai ragione, è meglio farne a meno – convenne con convinzione lui.

- Non sono una buona educatrice tra l’altro – continuò la ragazza mentre si sedeva su una seggiola, spossata – con me fanno molti capricci, invece con i genitori, soprattutto con il  padre, si comportano come tanti soldatini.

Massimo spense la sigaretta e, presa una sedia, le si andò a sedere di fronte. La guardò e gli fece pena. Non sembrava la solita Chiara: i capelli  arruffati, il viso arrossato ed un anellino di pastina che le era rimasto appiccicato sulla fronte.

- Uffa che caldo! – stava dicendo lei intanto – Qui non c’è neanche l’aria condizionata -   e facendosi vento con una mano, con l’altra si alzava i capelli sulla nuca.

Benché fosse stravolta, era lo stesso seducente. Il giovane le si fece più vicino. Prima le tolse delicatamente con la punta dell’indice  la pastina attaccata sulla fronte e poi posò le labbra socchiuse sullo stesso punto:

- Mmh, che buona sei, sai di formaggino!  - mugolò facendo finta di gustare il sapore.

La riempì di piccoli baci teneri sul viso, scendendo pian piano sul collo fin verso l’attaccatura del seno che faceva capolino dalla maglietta scollata.

Già cominciavano a sentire la solita irrefrenabile eccitazione che li coglieva ogni volta che si toccavano quando udirono gli strilli di un bambino.

- È Luca – disse la ragazza scattando subito in piedi.

Corse nell’altra stanza e pochi momenti più tardi rientrò reggendo tra le braccia il bimbo.

- Non lo so cosa gli prende, ma sta piangendo di dolore. Guarda che lacrimoni – osservò preoccupata.

Lo esaminarono attentamente finché si accorsero che su una gambetta grassoccia c’era una grossa bolla procurata dalla puntura di una zanzara.

- Povero amore mio, gli deve far tanto male!  -  lo compianse la zia baciandolo.

Poiché non riusciva a calmarlo,  chiese a Massimo di mettergli un po’ di lozione per le punture, cosa che questi si affrettò a fare con tutta la delicatezza che riuscivano stranamente ad avere le sue grandi mani.

Un po’ per il sollievo provato, un po’ per la curiosità di vedere quell’omone estraneo, Luca smise di piangere. Era molto grazioso vestito solo di una canottiera e del pannolino,  il visetto paffuto sul quale brillavano gli occhietti  ancora pieni di lacrime. Massimo gli sorrise e cominciò a fare con lui un giochino imparato con i nipotini: gli avvicinava alla bocca il ciuccio tirandoglielo via quando stava quasi per afferrarlo. La cosa non tardò a divertire il bimbo che incominciò prima a fare dei sorrisetti timidi mostrando i teneri dentini  per  poi finire a ridere di gusto e ad agitare tutto allegro le braccine e le gambette.

Chiara li osservava con tenerezza e quando il suo sguardo incontrò quello di Massimo, compresero senza parlarsi che tutto quanto si erano detti poco prima erano solo sciocchezze perché neanche loro avrebbero potuto sottrarsi a quella meravigliosa legge di natura che porta un uomo ed  una donna a desiderare di avere dei figli.

- Come sei bella con un bambino in braccio! – le sussurrò, davvero incantato dalla dolcezza tutta femminile sprigionata in quel momento da lei. Mettendole una mano sulla nuca tra i capelli leggermente sudati, l’attirò a sé e la baciò.

La pausa di abbandono durò solo pochi minuti perché il bimbo, sentendosi trascurato, riprese a piangere e dovettero ricominciare a darsi da fare per calmarlo.

Per fortuna alla fine si addormentò, con la  boccuccia socchiusa e la bella testina abbandonata sul seno della zia.  Anche questa però ormai ciondolava dal sonno benché non fossero nemmeno le undici.

In considerazione della giornata particolarmente faticosa che aveva avuto, Massimo s’impietosì e dopo averli salutati posando dei teneri baci sul visino di Luca addormentato e sugli occhi di Chiara, storditi dal sonno e dallo struggimento infinito che lui le provocava, se n’andò via con il cuore colmo di tenerezza. 

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Capitolo 5
*** 18 agosto - sabato mattina ***


18 AGOSTO sabato mattina

 

Dopo essersi sentiti al telefono, Massimo e Chiara decisero che lei sarebbe passata a prenderlo in albergo alle nove in punto. Siccome era ancora presto, il giovane si rimise un altro po’ a letto ma riprese sonno e così, quando la raggiunse nella hall, erano già le nove e venti.

La trovò a parlare con un uomo corpulento.

- Eccoti finalmente, complimenti per la puntualità! – lo rimproverò non appena le fu vicino poi lo presentò come “il mio collega” al suo interlocutore che era Francesco, il proprietario dell’albergo.

Questi conosceva Chiara sin da piccola e poi era anche la cognata del suo migliore amico per cui cominciò a cantarne le lodi. Rimasero a conversare un po’, ma poi lei, un po’ infastidita ed impaziente di cominciare la giornata, concluse sbrigativamente le chiacchiere e condusse Massimo alla fermata dei bus.

- Dove mi porti? – le chiese, tutto allegro.

- In un posto meraviglioso. È un parco termale dove ci sono piscine a diverse temperature, cascate di acqua calda e vasche ricavate nella roccia, il tutto immerso nel verde. Questo non va bene… – aggiunse riferendosi ad un pullman stracolmo che arrivava in quel momento.

- E per arrivare in un simile Eden dobbiamo per forza salire su uno di questi cosi pieni di gente? Non possiamo prendere un taxi? – protestò l’altro con veemenza.

Chiara lo ignorò ed afferratolo per un braccio, lo trascinò a bordo di un autobus arrivato in quel momento.

   Capitalista! – lo apostrofò -  Perché dovevamo spendere soldi inutilmente? Questo ci porterà a destinazione in pochi minuti.

Massimo detestava di cuore prendere i mezzi pubblici a Napoli perché erano sempre affollati e mugugnò una protesta.

- Si capisce, non ci sei abituato, qui non è come  dalle tue parti che i bus funzionano come orologi. Ma cosa vuoi farci, ci si deve rassegnare! D’altronde – osservò ancora scherzando Chiara – per te la folla non è un problema: grande e grosso come sei, e chi ti smuove?

Infatti era grande e grosso e per proteggere lei, invece così piccolina, la fece mettere in un angolino e le si parò davanti, un braccio di qui e uno di là, in modo che nessuno potesse urtarla. La ragazza si sentì contenta di avere quell’insolita protezione e gli appoggiò il mento sul braccio alzando il viso sorridente verso di lui che  non esitò, nonostante la folla,  a piazzarle un allegro, tenero bacione sulla bocca prima di distrarsi a guardare dal finestrino il bel panorama che scorreva davanti ai suoi occhi.

**

Il posto dove arrivarono era davvero  il paradiso che  gli era stato promesso. Fecero il bagno in piscine calde, si rilassarono nel bagno turco per poi ritemprarsi con  un bel tuffo nel mare cristallino di una splendida baia. Ma non era finita lì perché Chiara, arrampicandosi su per delle scalette nella roccia, lo condusse  in piscine scavate nella pietra dove si poteva fare il bagno nell’acqua termale godendo di un panorama stupendo. In una di esse, al colmo del benessere fisico, immersi nel tepore e nel profumo della mortella e del rosmarino, Massimo la attirò a sé. La prese tra le braccia e le fece posare il capo sulla sua spalla, invitandola a rilassarsi ed a chiudere gli occhi. La giovane donna non si fece pregare e si godette non solo la carezza del sole, ma anche i baci che lui pian piano le posava sulla tempia, sulla guancia, sul collo… Sarebbe rimasta così per sempre, ma purtroppo dovettero smettere  perché si avvicinò un gruppo di bagnanti.

Però c’era ancora tanto da divertirsi. Trascorsero ancora molto tempo a bagnarsi sotto cascate di acqua calda e ad immergersi ridendo per l’alternarsi del freddo e del caldo nella piscina Kneipp …

Si arresero solo quando furono davvero esausti.

Dopo una colazione con dei panini portati da Chiara, si distesero beati sui lettini a riposare.

La ragazza si assopì quasi subito, accarezzata dal sole che le faceva brillare la pelle ancora bagnata. Indossava un bikini molto ridotto che le copriva ben poco. Massimo si mise ad osservarla nei particolari, cosa che fino a quel momento non aveva mai fatto nonostante avessero già avuto rapporti.

La sua paura d’ingrassare era soltanto una fissazione perché per il momento le forme di Chiara erano solo molto femminili. Forse lui non era un buon giudice perché se una donna gli piaceva, gli piaceva nell’insieme ma  non riusciva a comprendere le donne che si facevano tanti crucci per qualche chiletto in più o per un po’di cellulite. Lei, ad esempio, proprio per il seno prosperoso, il pancino rotondetto e le cosce ben tornite, era molto desiderabile. Certo non era la più bella che avesse mai avuto, ma in compenso aveva altre qualità che gli piacevano molto: la finezza dei modi, la simpatia, l’intelligenza, la cultura. Senza contare che faceva all’amore in un modo meraviglioso, meglio di tante bellone che promettevano tanto e davano invece tanto poco.

Mentre continuava a guardarla, la ragazza si era rigirata sulla pancia ed i capelli lasciati sciolti per farli meglio asciugare, le erano finiti sul viso. Con tenerezza, Massimo glieli scostò sulle spalle poi scese con la mano in una lenta carezza sul dorso, sulla schiena, sui glutei giù fino alla coscia, godendo del contatto con la pelle vellutata. La desiderava ed ancora di più sentiva crescere la voglia nel notare il modo voluttuoso con il quale lei si stiracchiava sotto la  sua carezza, come una sensuale gattina.

Pian piano Chiara aprì gli occhi e lo guardò, ancora un po’ assonnata. Provava una dolcissima sensazione alle carezze ricevute. Le mani di Massimo le piacevano molto, nessuno mai, solo toccandola,  le aveva saputo dare un piacere così intenso. Sarebbe rimasta per ore a farsi accarezzare senza mai saziarsene.

- Ho dormito tanto? – gli chiese stiracchiandosi ancora.

- No, una ventina di minuti. Mi dispiace di averti svegliata, non volevo – si scusò l’uomo con  una voce roca che ormai lei cominciava a riconoscere.

Si voltò di nuovo sulla schiena per guardarlo meglio, godendo del suo sguardo colmo di desiderio. Allora lui le si sedette vicino riprendendo a carezzarle il viso e poi il seno e poi il pancino. Stava per chinarsi a baciarla quando fu fermato da due manine che lo allontanarono.

-  Guarda che questa zona è riservata agli adulti solo perché è termale, mica perché ci si può pomiciare – scherzò la ragazza con un sorriso malizioso.

Però Massimo non se ne diede per inteso. La sollevò a sedere e prendendola tra le braccia, cominciò a baciarla prima piano, poi sempre più profondamente. Chiara cercava di staccarsi, ma appena lo faceva, la bocca di lui l’attirava come una calamita e lei stessa premeva ancora le labbra contro le  sue, avida di quei baci appassionati che le facevano girare la testa.

Purtroppo arrivarono i loro vicini di ombrellone e dovettero staccarsi.

- Mi prendi un po’ di acqua dalla borsa per favore? È  legata lì, sotto l’ombrellone, io non ci arrivo – gli chiese mentre per darsi un contegno aveva cominciato a spalmarsi di crema  solare.

- Non posso – le fece lui  serio ed allo sguardo interrogativo della ragazza aggiunse, sorridendo sornione – Non mi posso mica muovere…

Appena ebbe capito quale era il problema, Chiara scoppiò a ridere ed anche Massimo,  divertito, si fece una bella risata che allentò un poco la tensione.

- Sei una strega – le disse – aspetta e vedrai se non te li faccio pagare i tuoi sfottò!

- Sì però io adesso vado a fare il bagno nella vasca Iacuzzi mentre tu non puoi – lo prese in giro con un tono canzonatorio.

- Ed invece posso, streghetta. È passato.

- Ma io non dicevo per  quello. Hai mangiato da poco e non puoi fare il bagno.

- Perché, tu non hai mangiato?

- Si, ma un panino solo e pure piccolo. Tu invece te ne sei pappato ben tre!

- Anche i miei erano piccoli. Sembri mia madre che voleva farmi aspettare tre ore anche se avevo mangiato solo un pacchetto di patatine!

- Pacchetto… formato famiglia, se ben ti conosco…

- L’ho detto: sei una strega!

**

Poco dopo se ne stavano beati nell’acqua calda a godersi l’idromassaggio. Chiara era stata lì tante volte, ma mai aveva provato un benessere così intenso. Forse era la presenza di Massimo ad acuirle i sensi.

Gli si avvicinò piano per prenderlo in giro mentre se ne stava tranquillo con gli occhi chiusi.

- Mmh, ma che bel coccodrillone c’è qui! – mormorò e carezzandogli il petto, cominciò a morsicargli l’orecchio.

- Sei cattiva però –  protestò il poverino aprendo gli occhi – e se poi il coccodrillone azzanna la gazzella imprudente e se la divora in un solo boccone?  

Così dicendo afferrò la ragazza che lottò per  divincolarsi.

Si accorsero solo in quel momento di due attempati turisti tedeschi che, in attesa della vasca,  stavano osservando divertiti il loro gioco. Un po’ vergognosi, si affrettarono ad uscire per lasciare il posto libero. A quel punto optarono per un salutare bagno a mare. Fecero  una bella nuotata e quando furono stanchi, andarono a sedersi sulla sabbia del bagnasciuga. La spiaggia piena di bambini e l’acqua fredda avevano calmato i reciproci bollenti spiriti e così se ne stettero tranquilli a chiacchierare.

- Allora ti piace qui? – gli chiese Chiara ad un certo punto.

- Moltissimo. Ci passerei volentieri dieci giorni, il che per me è quanto dire. Di solito non resisto mai nello stesso posto più di tre giorni.

- Dove  passi le ferie di solito?

- In giro per il mondo e sempre in periodi alternativi.

- Davvero? – gli domandò interessata – Raccontami, dai.

Massimo le parlò della sua passione per i grandi viaggi. Era stato in varie parti dell’Africa, in Sud America, in Giappone ed il prossimo viaggio voleva organizzarlo in Australia.

- Siamo un gruppo di amici molto affiatati – spiegò alla ragazza che, rapita, lo ascoltava raccontare – Potresti venire anche tu la prossima volta. Devi solo conservare  un po’ di ferie per febbraio o  marzo perché quello è il periodo migliore.

- No, io non posso venire – gli rispose mentre accovacciata teneva le braccia allacciate intorno alle gambe.

- E perché? - le domandò incuriosito - Per i soldi? Certo bisogna fare qualche economia, ma non sono cifre impossibili.

- No, non è per quello… – la ragazza esitò per poi concludere tutto di un fiato, vergognandosi un po’ – Ho paura di prendere l’aereo.

Massimo rimase qualche istante incredulo.

- No, non è possibile! Come una vecchietta!  - esclamò e si mise a sghignazzare.

- C’è poco da sfottere. Non ci riesco e basta!- si risentì Chiara -  I miei amici lo sanno. Una volta mi hanno trascinato in Sicilia con la scusa che era un viaggio breve, ma è stata la prima e l’ultima volta, non ci metto più piede su quei trabiccoli!

- Ed allora come fai a spostarti?

- In treno, qualche volta con la nave. Poi non vado mai troppo lontano. A cosa serve andarci quando magari quello che veramente ti piace ce l’hai sotto il naso?

- Eppure non l’avrei mai detto che la pensavi in questo modo. Poco fa mi hai fatto tutte quelle domande sui posti che ho visto…

- Li vedevo attraverso i tuoi occhi. A volte può piacere anche qualcosa che va al di là dei tuoi soliti standard, no? - gli chiese guardandolo con il suo sorriso dolcissimo.

Massimo ci pensò un poco su.

– Certo, anche a me è piaciuto molto stare a casa tua, eppure io sono un tipo a cui le case stanno molto strette, credimi - le confessò.

- Oh sì, ci credo! - ammise lei ridendo.

**

Il tempo volò via piacevolmente tra le chiacchiere ed i bagni. Presto si fece pomeriggio e dovettero andar via ma questa volta lui fu inamovibile nell’imporre un taxi. Sulla strada del ritorno si fece promettere che la sera sarebbero usciti a cena insieme. Chiara fece un po’ di resistenza più per complimento che per altro: in fondo si aspettava quell’invito tanto che si era portata persino il vestito nuovo.

Arrivati in albergo presero appuntamento per le sette e trenta. Nel salutarlo, lei non mancò di raccomandargli la massima puntualità.

A casa trovò la sorella letteralmente distrutta dalla stanchezza e dal  gran chiasso dei bambini.

-  Ehi, ma oggi non ci doveva essere anche Riccardo qui?  – le domandò.

- C’è, ma è andato a fare una partitina a carte con Raffaele. Pover’uomo, lavora tutta la settimana al negozio, perlomeno il sabato si riposa un po’!- le rispose l’altra con la sua abituale, rassegnata mansuetudine.

- Già, tu invece ti riposi tutta la settimana ed il sabato puoi anche lavorare – osservò con ironia Chiara, ma le fece pena la faccia dispiaciuta  di Cristina e così si affrettò  a darle una mano con quei quattro monelli.

**

- Sei stata fantastica, senza il tuo aiuto non ce l’avrei mai fatta! – le disse Cristina quando i bambini dopo essersi lavati ed aver cenato si misero a giocare tranquilli in attesa di andare a letto  – Ora ci prepariamo anche noi da mangiare.

- Ti dispiace se vado fuori con Massimo? – le chiese la sorella.

- Ma come? Sei già stata tutto il giorno con lui! – osservò l’altra ma vedendo la sua espressione delusa, si affrettò ad aggiungere – No, non mi dispiace,  sei giovane ed hai tutto il diritto di divertirti. Ti piace proprio Massimo, non è vero? Devo ammettere che è davvero un gran bel ragazzo.

- Sì, ma non mi piace solo per quello. Anzi, ti dirò, se fosse stato uno di quegli uomini belli ma vanesi ed arroganti, cosa che capita spesso, non lo avrei neanche degnato di uno sguardo. Invece è anche simpatico, intelligente, dolce, premuroso…

- Piano, piano. Bada bene, sono tutti così all’inizio, persino Riccardo lo era! - osservò la donna ridendo.

Anche Chiara rise divertita poi le chiese:

- Mi aiuti a farmi bella? Sarà un’impresa ardua però. Guarda come sono ridotta! – e gettò uno sguardo alla sua immagine riflessa nello specchio facendosi una smorfia di disgusto.

- “Invece non sei mai stata così bella” -  pensò Cristina scorgendole negli occhi una luce di felicità che la rendeva raggiante. Da anni non la vedeva più così, forse da quando erano ancora molto giovani. Si augurò in cuor suo che quel Massimo potesse fare finalmente il miracolo.

Allegre come due ragazzine, si dedicarono quindi alla toletta di Chiara.

- Cosa ti metti? – le chiese mentre la sorella si  spalmava di  crema dopo bagno la pelle ambrata.

- Ho comprato un vestito ieri, è lì sul letto, guarda se ti piace.

Cristina sollevò il vestito per osservarlo bene.

- È dozzinale – commentò con una smorfia di disapprovazione-  Dove l’hai comprato?

- All’ipermercato ma l’ho pagato poco.

- Ma perché devi essere sempre così taccagna?

- È inutile che critichi. Lo sai che ritengo inaccettabile gettare via tanti soldi per il vestire come fate tu e Riccardo. Invece è carino  e mi sta anche bene.

- È completamente scollato e tu, con quelle tettone che ti ritrovi, come farai a metterlo senza reggiseno? – osservò ancora la sorella.

- Ho pensato anche a questo, non ti preoccupare. Però, ora che ci penso, mi accorgo di non aver portato le scarpe adatte. Come faccio ora?

- A questo c’è rimedio – la rassicurò Cristina – ti presto io un bellissimo paio di sandali.

Li andò a prendere ma guardandoli, aggiunse dubbiosa:

– Sono perfetti, gli strass richiamano quelli della bretellina del vestito, ma c’è un problema: hanno il tacco piuttosto alto e tu non ci sei abituata.

- Se uscirò spesso con Massimo dovrò abituarmi a portarli, sono stufa di arrivargli appena al mento, prima o poi si accorgerà che sono una tappetta!

- Perché, secondo te non lo ha ancora notato? Certo che l’ha notato ed anche questo ha notato! – le disse dandole  una bella pacca sul sederino indisponente.

Ma quella sera Chiara era troppo felice per farsi un problema del suo aspetto fisico e si fece aiutare dalla sorella anche a legare la massa di capelli ribelli che aveva appena finito di asciugare.

Mentre le metteva delle forcine, Cristina  pensava quanto le fosse cara. Da piccola era stata un po’ gelosa di  quella  sorellina che monopolizzava l’affetto dei genitori, ma poi crescendo, soprattutto quando erano rimaste sole,  aveva capito il suo enorme bisogno di affetto, un bisogno tanto grande da diventare paura di non essere amata. Era come una piantina che bisognava annaffiare tutti i giorni per non farla inaridire. Purtroppo la vita non le aveva riservato granché  e lei stessa, per quanto le volesse bene, era troppo presa dai suoi problemi per poterle stare veramente vicino quando ne aveva più bisogno. Comunque adesso era uno splendore e forse aveva trovato anche l’uomo che aspettava.

- Ciao allora – le disse Chiara nel salutarla – ti prometto che sabato prossimo starò tutto il giorno con i bambini così tu potrai goderti una giornata al mare.

- Grazie, ma adesso pensa a divertirti tu.

Mentre la sorella scendeva  le scale di corsa,  la richiamò per raccomandarle:

- Mi raccomando, stai attenta.

*******

Anche se ho scritto la storia sotto forma di diario, ho preferito dividere questa giornata in mattina e sera. Ho dovuto farlo  per ridurre la lunghezza eccessiva causata dal fatto che dovevo dare  qualche particolare in più sui miei personaggi. Però sono certa che non vi dispiacerà aspettare un nuovo capitolo  per sapere cosa succederà tra Massimo e Chiara la sera stessa, anche perché è piuttosto prevedibile. Ma in fondo per il momento questi due si stanno davvero divertendo, quindi, visto che sono io a decidere le loro vicende, non  faccio bene a farli godere più che possono?

Oltre che Cricri e la dolce amica Faith per le recensioni, ringrazio anche Araba89 e la mia conterranea Xsemprenoi. Sono contenta che tutte voi e soprattutto quest’ultima abbiate apprezzato il modo in cui ho  descritto le locations partenopee. Mi preoccupavo che fossero troppo uguali a quelle del mio precedente romanzo ma in effetti preferisco parlare di  luoghi che conosco per non rischiare di dire sciocchezze. D’altronde sono davvero posti che meritano, anzi, a tal proposito spero di essere riuscita in questo capitolo e nel prossimo a trasmettervi l’atmosfera incantata di un giorno d’estate nell’isola d’Ischia oltre che, naturalmente, le emozioni di un uomo e di una donna che stanno cominciando a conoscersi e forse ad amarsi…  

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Capitolo 6
*** 18 agosto - sabato sera ***


 Mie carissime lettrici, grazie di cuore a tutte per le recensioni e per avermi inserita tra le seguite e  le preferite (ho notato anche il nome di  Pirilla88, a cui sono particolarmente grata perché ha già seguito anche l’altro mio lavoro). Il vostro gradimento e la partecipazione con la quale state sostenendo questa storia mi riempiono di gioia e mi spingono a continuare con entusiasmo. Spero di non deludervi con il prosieguo. Certo anche Massimo e Chiara incontreranno qualche difficoltà, ma per ora stanno assaporando solo l’emozione del loro incontro, perfettamente felici. Così come avevo promesso, posto subito il racconto della loro magica serata sperando che anche chi legge, così come è avvenuto per me che ho scritto, possa vivere con loro, almeno nella fantasia,  la magia di un momento così particolare e romantico.




18 AGOSTO sabato sera

 

Si era fatto tardissimo, altro che le sette e mezza,  erano già quasi le otto!  Massimo stava lì da una buona mezzora. Aveva fame e, abbastanza innervosito dall’attesa, aveva già fumato almeno tre sigarette. Quando però la vide arrivare con il passo un po’ incerto per i tacchi alti che evidentemente non era abituata a portare, gli venne da sorridere di tenerezza. Era assai carina. Indossava il misterioso vestito bianco comprato due sere prima che le lasciava le spalle scoperte, tranne che per una sottilissima bretella di strass che brillavano sulla pelle morbida ed abbronzata. Aveva tirato su i capelli e si era truccata un po’. Insomma, stava proprio bene.

Anche Chiara lo stava osservando pensando la stessa cosa di lui. Portava una camicia azzurra aperta sul collo ed un jeans dello stesso colore. I suoi occhi risaltavano in modo meraviglioso ed era molto affascinante con quella barbetta corta ed i capelli morbidi e folti.

Si sorrisero e Massimo, in tono di scherzoso, la rimproverò.

- Meno male che dovevo essere io puntuale!

- Scusami,  hai ragione, ma ho dovuto aiutare un po’ Cristina con i bambini. Quell’egoista di mio cognato l’ha piantata lì e se n’è andato a giocare a carte con gli amici.

-  Ha fatto bene, così si fa con voi donne, le schiave dovete fare! - scherzò il giovane a cui era tornato il buonumore  -  Ascolta, schiava, ho una fame tremenda. Dove si va a cena?

- Ma quale cena! Adesso ti porto in un posto dal quale si vede un tramonto bellissimo – gli fece dispettosa.

- Il tramonto? Guarda che ho l’adrenalina alle stelle  per cui in questo momento non mi sento tanto sentimentale da preferire un tramonto ad un piatto di spaghetti.

Però scherzava e l’accompagnò di buon grado. Tenendosi teneramente abbracciati, attraversarono le stradine affollate del piccolo centro balneare fin quando arrivarono in una bella piazza. In fondo, bianca ed irregolare, si stagliava contro il cielo ormai tinto di porpora la piccola chiesa di Santa Maria del Soccorso. Salirono le scalette maiolicate e si avvicinarono al parapetto affacciato su di un mare che passava dal verde al turchino più intenso, lasciando scorgere gli scogli in trasparenza. Il sole  era ormai una palla infuocata all’orizzonte e nonostante ci fossero parecchie persone, c’era molto silenzio perché una simile visione lasciava davvero senza fiato. Stretti l’uno all’altra, parlarono sottovoce dello spettacolo stupendo che si offriva ai loro occhi, di quello che significava per l’umanità, del tempo che passava inesorabile senza curarsi mai di nessuna gioia, di nessun dolore. Solo quando il sole fu tramontato del tutto lasciando un tenue chiarore rosato nel cielo, il povero Massimo la pregò di ritornare alle più prosaiche occupazioni di tutti i giorni come il mangiare e di scegliere un ristorante.

- Potremmo andare a Ischia Ponte – suggerì la donna -  prendiamo il bus ed in tre quarti d’ora circa siamo lì.

- Ma tu sei pazza! – protestò lui, davvero affamato – Hai deciso di farmi la festa!

Incurante delle sue resistenze, la trascinò verso un locale lì vicino.

- No, il pazzo sei tu! Questo ristorante qui deve essere carissimo… - lo avvertì Chiara.

- Me lo posso permettere.

- Io no e non ho intenzione di lavare i piatti.

- Non ti preoccupare,  pago io…  poi magari  mi risarcisci con una comoda rateizzazione sullo stipendio.

- Tanto io mangio poco! - commentò la donna facendogli una delle sue smorfiette così seducenti.

Entrarono ridendo ed erano tutt’e due talmente carini e felici che un cameriere appena li vide li prese in simpatia e li fece accomodare al tavolo migliore per poi consigliare loro le cose più buone preparate dallo chef  quella sera.

Come al solito il giovane fece onore alla buona tavola ed anche Chiara mangiò con gusto perché si sentiva molto allegra e quando era di buonumore le veniva appetito.

Massimo riprese a parlare dei suoi viaggi, delle specialità assaggiate in giro per il mondo, poi spostò il discorso sui suoi compagni di viaggio che le descrisse come una banda di mezzi svitati.

- Devono essere molto simpatici – osservò la ragazza addentando un gamberetto – ci credo che vi divertite tanto.

- Tu amici ne hai? – le chiese a sua volta, desideroso di sapere di lei.

- Qualcuno. Ci sono un paio di coppie sposate, rigorosamente tutte senza figli però, … per quelli basta mia sorella  - aggiunse fingendosi terrorizzata al pensiero di altri bambini tra i piedi – poi ci sono Roberta e Paolo, i proprietari dell’appartamento per intenderci, che vivono a Roma, Giovanni…

- E chi è mo’ questo Giovanni!? – le fece, dando ad intendere di essere geloso.

- È il mio più grande amico. Ci conosciamo da tanti di quegli anni ormai e condividiamo molti interessi: la meditazione, lo yoga, la ricerca trascendentale …

- Basta che con lui cerchi solo la trascendenza e nient’altro! -  ridacchiò Massimo.

- Non prendermi in giro! È importante crearsi un percorso spirituale, per quanto mi riguarda mi ha aiutato tantissimo.

- Si vede, sei diventata piuttosto stramba! – continuò a scherzare l’uomo con il suo sorriso malandrino.

- Non capisci niente, sei un materialone, scema io che perdo il tempo con te a cercare di spiegarti certe cose! Giovanni invece è come me, lui sì che ha l’animo sensibile! – protestò fingendosi offesa.

Massimo si limitò a sogghignare guardandola divertito perché era un po’ brilla ed ancora  più  simpatica del solito.

- Però  la mia amica del cuore è Federica. La conosci anche tu forse, è la mia collega di stanza – proseguì allegra la ragazza.

- Chi, la balena? - le chiese lui corrugando le sopracciglia ma subito si pentì di averlo detto perché la vide rabbuiarsi.

Fattasi improvvisamente seria, infatti Chiara lo rimproverò:

- Perché voi uomini dovete essere così crudeli con le donne non belle? È vero, Federica è grassa e non ha un viso carino, ma ti assicuro che è la persona migliore del mondo. Ce ne fossero altre così!

- Scusami, hai ragione – si affrettò a giustificarsi mortificato -  Però devi ammetterlo, la prima cosa a saltare agli occhi è la bellezza fisica e certo la tua amica non ne è molto dotata.

- Già, e per questo motivo i ragazzi la evitano. Però, se si riuscisse anche a guardare dentro le persone, forse ci si renderebbe conto di quello che si perde a catalogarle solo come belle o brutte. Si può sbagliare facilmente credendo che la bellezza del corpo debba essere per forza sinonimo di bellezza dell’animo. Se si vedesse davvero chi siamo, allora Federica sarebbe la donna più corteggiata di tutte ed invece…

- Invece tutti corteggiano te che sei notoriamente una strega – la buttò ancora sullo scherzo prendendole una mano e baciandogliela, però vedendola ancora dispiaciuta, le chiese ancora scusa per l’apprezzamento poco gentile di poco prima nei confronti della collega.

- Devi volerle davvero bene – osservò.

-  Anche lei me ne vuole ed io gliene sono molto grata. Non sai quanto sa aiutarmi in ogni circostanza, anche sul lavoro. Senza di lei non avrei saputo superare tante cose. Io sono una grande imbranata, Massimo, questo per chi non l’avesse ancora capito! – soggiunse con un broncio così delizioso che gli fece venire voglia di baciarla.

- No, tu sei meravigliosa – le disse con tenerezza -  Sei una donna molto leale e buona. Le persone che ti sono vicine sono fortunate ad avere il tuo affetto.

- Com’è, adesso non sono più una  strega?  -  riprese di nuovo a scherzare Chiara, felice della sincerità che aveva avvertito nella sua voce.

**

Alla fine del pranzo si alzò per andare in bagno a lavarsi i denti e poiché Massimo la prendeva di nuovo in giro  per quest’altra mania per la quale circolava sempre armata di spazzolino e dentifricio, gli sussurrò:

- No, è solo una scusa per evitare il momento del conto: posso scappare dal finestrino della toilette nel caso!

- Se ti ho detto che pago io!

- Sì, ma a me può venire sempre un infarto a vedere la cifra che sborserai. Peggio per te, prendevamo il bus…

Gli diede un bacino su di una guancia e se n’andò via.

Quando poco dopo la vide tornare verso di lui, così carina ed allegra mentre faceva un sorriso cordiale al cameriere che doveva averle detto qualcosa, si accorse di desiderarla molto e di non vedere l’ora di stringerla ancora tra le braccia.

Appena furono fuori l’attirò a sé dicendole piano in un orecchio:

- Ora che l’adrenalina è tornata nei limiti che ne dici di pensare ai miei livelli di testosterone?

- Dico che i tuoi ormoni sono dei veri rompiscatole! Io devo guardare un po’… la luna!

Si liberò dalla sua stretta e si avviò decisa verso il lungomare da dove si godeva la vista di un plenilunio stupendo.

Anche questa volta Massimo dovette acconsentire, ma non ce la faceva a stare fermo, l’abbracciava in continuazione e quando non passava nessuno, cercava anche di baciarla.

- Ehi, ma che ti prende stasera? La vuoi finire! – protestò spazientita la ragazza fermandogli per l’ennesima volta le mani.

- Ho sbagliato a chiamarti strega. Non sei una strega, sei una di quelle sirene che circolavano una volta da queste parti e costringevano i poveri marinai a buttarsi sugli scogli tanto si facevano desiderare.

Mentre lei rideva, le riempiva le guance ed il collo di baci.

- Dai, andiamo in albergo: sto morendo dalla voglia di fare all’amore! – le diceva.

- Anch’io ne ho voglia – ammise alla fine la giovane, vinta – però non posso salire se c’è Francesco giù in portineria. Mi conosce e la cosa mi scoccerebbe.

- E  perché? Non devi rendere conto a lui e poi che sono queste fisime da piccola borghese!

La paura di rimanere deluso lo faceva irritare, ma come al solito optò per lo scherzo.

– Comunque posso metterti un cappuccio in testa e portarti in spalla come una preda, posso fare una corda con il lenzuolo e calartela giù dalla finestra, posso anche arrivare a far fuori quello scocciatore, però ti prego, vieni da me, non ne posso più!

- Va bene facciamo così: siccome il sabato spesso Francesco non è in albergo, se non c’è salgo, altrimenti ti saluto e me ne vado.

- Ok, almeno c’è una possibilità.

**

I desideri di lui si avverarono perché in portineria c’era un ragazzo che Chiara non conosceva. Massimo gli strappò quasi le chiavi di mano e senza nemmeno aspettare l’ascensore, la trascinò su per le scale, aprì in fretta la porta della stanza e  la richiuse alle loro spalle.

La donna rideva di tutta quella furia e non sapeva come fermarlo quando la agguantò cercando di spogliarla. Purtroppo nella lotta scherzosa che ne seguì la sottile bretellina si ruppe. Assai mortificato, Massimo ebbe paura che si fosse arrabbiata, ma lei, dopo averlo scostato con un’espressione di rimprovero, presto gli sorrise di nuovo. Avvicinatasi al letto, pian piano, cominciò a  calarsi la cerniera sul fianco  facendo scivolare il vestito ai  suoi piedi. Indossava un corpetto di pizzo bianco che le faceva la vita piccola piccola e le metteva in evidenza il bel seno. In effetti era ancora molto vestita ma era talmente seducente che il giovane si sentì quasi impietrire.

Chiara gli si avvicino con il passo un po’ incerto sui tacchi alti e cominciò a slacciargli i bottoni della camicia e ad ogni bottoncino aperto gli dava un bacino sensuale sul petto. Quando arrivò alla cintola alzò su di lui gli occhi guardandolo come per invitarlo a proseguire da solo e si andò a sedere sul letto. In pochi minuti si ritrovarono abbracciati, ma l’uomo non volle finire di spogliarla, gli piaceva così, un po’ vestita. La attirò su di sé, assaporando la beatitudine che le si dipingeva sul viso mentre le carezzava la faccia, le braccia, i fianchi e le affondava le mani nei capelli  che  sciogliendosi le ricadevano  sulle spalle. Ogni tanto lei si chinava a baciarlo, travolta da sensazioni dolcissime.

Massimo ci sapeva fare nell’intimità e non certo perché possedesse particolari doti amatorie ma solo perché sapeva essere molto attento alle esigenze delle sue partners. Nei confronti di Chiara poi provava un trasporto particolare e il desiderio di renderla felice era originato più da qualcosa di paragonabile ad un sentimento che non dalla semplice voglia di trovare anche con lei un’intesa appagante.

La ragazza lo avvertiva per cui, ancora una volta, fu indotta a lasciarsi andare all’amore con molta spontaneità e senza alcuna paura di vivere un tipo di esperienza a cui non era di certo abituata.

Alla fine, stupiti e felici, si resero conto che fare all’amore era stato molto bello per entrambi. Tra una carezza ed un bacio, si sorrisero e poi all’improvviso il sorriso si tramutò in una risata sommessa perché tutt’e due avevano provato la curiosa sensazione di essere stati lontano in una dimensione sconosciuta dalla quale stavano appena tornando.

Sudati e spossati per il gran caldo, si rinfrescarono con una doccia durante la quale si misero a giocare sotto l’acqua come bambini e dopo tornarono a sdraiarsi sul letto a riposare. A poco a poco Massimo si lasciò andare al sonno e Chiara rimase a guardarlo mentre lo faceva.

Era molto felice anche se non riusciva a capacitarsi che quella felicità toccasse proprio a lei. Avrebbe voluto dirgli che lo amava e che le sembrava di aver ritrovato il gusto della vita dopo tanta desolante solitudine, ma non osava nemmeno muoversi  per paura di svegliarlo.

- “La piccola morte, così gli orientali chiamano il piacere fisico e forse – pensava immersa in un piacevolissimo languore – in questi momenti si potrebbe anche morire e sentirsi appagati dalla vita, senza desiderare di andare oltre perché niente può essere più perfettamente compiuto.”

Avrebbe voluto  addormentarsi  anche lei stretta al suo amore però la preoccupazione di dover tornare a casa la spinse ad alzarsi. Andò in bagno cercando di fare il minor rumore possibile e si guardò allo specchio. Era un vero disastro, con il trucco mezzo sciolto ed i capelli arruffati e ancora umidi. Cercò di riprendere un aspetto decente pulendosi la faccia con l’acqua ed il sapone ed acconciando alla meglio i capelli con le poche forcine che non erano rimaste disseminate nel letto, poi affrontò l’impresa disperata di recuperare al buio le mutandine e la guepiere che invano tentò di riallacciare. Infine si arrese, la infilò nella borsetta cercando di farcela stare ed indossò alla meglio il vestito con la spallina strappata. Dopo aver posato un bacio sulla fronte di Massimo, fece per uscire dalla stanza. Era quasi alla porta quando questi si svegliò e le farfugliò mezzo assonnato:

- Aspetta, ora mi vesto e ti riaccompagno.

- No, tesoro, continua pure a dormire, sono solo quattro passi.  Dormi! – ripeté come si fa con i bambini.

Senza aspettare oltre, uscì nel corridoio deserto.

Purtroppo proprio in quel momento Francesco sbucò dall’ascensore. Nel vederla così stravolta e con il vestito strappato, si preoccupò che qualcuno le avesse fatto del male.

-  Chiara, che ti è successo? Stai bene? – le gridò quasi.

- Certo, sto benissimo – si affrettò a rispondergli con un sorriso allegro per rassicurarlo – piuttosto tu  che ci fai ancora in giro per l’albergo a quest’ora?

- Sono andato a prendere dei clienti russi a Sant’Angelo – le spiegò guardandola con uno sguardo piuttosto indagatore.   Notando la biancheria che la poverina cercava disperatamente di nascondere nella borsetta troppo piccola, aggiunse severo – Vattene a casa, vai, che è meglio!

La giovane donna fece finta di non aver capito il rimprovero velato e lo salutò con disinvoltura, ma quando fu dentro all’ascensore sbuffò di disappunto. Che sfortuna aver  incontrato Francesco proprio quando pensava di essersela cavata! E che diavolo poi, proprio quella sera quei benedetti russi dovevano decidere di farsi accompagnare a Sant’Angelo?

- “Sant’Angelo, è proprio un bel posto da far vedere a Massimo”  - le venne in mente ad un tratto.

Nonostante l’agitazione,  al pensiero di un nuovo giorno con lui,  si sentì il cuore colmo di  felicità.


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Capitolo 7
*** 19 agosto - domenica mattina ***


 

 

19 AGOSTO domenica mattina

 

Riccardo e Francesco si conoscevano sin da piccoli e spesso la mattina presto andavano a pescare insieme. L’avevano fatto anche quella domenica, ma stranamente Francesco se ne stava molto silenzioso.

- Sembri mezzo imbambolato. Che hai?  – gli chiese l’amico, meravigliato.

- Stanotte ho fatto molto tardi perché sono andato a prendere dei clienti che erano andati a cena a Sant’Angelo. A proposito, sai chi ho visto in albergo, poteva essere l’una, l’una e mezza?

- E che ne so!

- Tua cognata. Usciva dalla stanza del … “collega” –  ridacchiò sottolineando con sarcasmo la parola – Mi sembrava un po’ sbattutella in verità, tanto che mi sono anche preoccupato. Poi, guardandola bene, ho capito che doveva essersela spassata pure lei…

- Che stai dicendo?! Ne sei sicuro? – si  arrabbiò l’altro perché non gradiva che Chiara finisse sulla bocca di nessuno, neanche dell’amico.

- Ehi, non ti inalberare, in fondo non è la sorella Corradini che hai sposato tu! Anche se se la gode, a te che importa?

Riccardo si risentì.

- Me ne importa invece! – strillò facendosi rosso in viso - Tu l’hai conosciuto quel tipo, com’è? – s’informò.

- È un gran bell’uomo, se proprio lo vuoi sapere, di quelli che fanno girare la testa alle ragazze – gli rispose Francesco mostrando una specie di maligna soddisfazione.

Riccardo non replicò nulla ma non vedeva l’ora di tornare a casa per parlarne con la moglie.

Appena fu arrivato, incurante del fatto che lei stesse cambiando il pannolino a Luca, la investì con una domanda a bruciapelo:

- Chi è il tipo con cui è venuta Chiara?

- È un collega di Bologna che…

- L’altro ieri tu l’hai conosciuto. Com’è? – la incalzò senza neanche darle il tempo di finire la frase.

- È  bell’uomo e …

Indispettito, di nuovo non la lasciò finire.

- Anche se fosse un divo di Hollywood, quella bella testa di cavolo di tua sorella dovrebbe mantenere più decoro! – urlò adirato - Ci va a letto con quello, il “collega”, fregandosene altamente che lo si sappia in giro! – le spiegò sottolineando anche lui con sarcasmo il termine “collega”.

Cristina lo guardò seria.

- Non mi aveva detto nulla, ma in fondo non credo siano affari nostri.

- Non lo sono dici? Ti sbagli, io devo sapere questo chi è e che intenzioni ha. Dove sono andati stamattina?

- Riccardo, per favore, non ti intromettere – lo invitò la donna con un’alzata di spalle dedicandosi di nuovo al bimbo che sgambettava tutto nudo.

Si sentiva infastidita perché a volte il marito si comportava come se fosse geloso di Chiara.

Lui non si diede per vinto e continuò:

- Ma ti sei dimenticata quello che abbiamo passato? Se questo tipo vuole solo divertirsi dovrà fare i conti con me!

Cristina sospirò. In realtà non aveva nessun motivo di dubitare della buona fede di Riccardo perché con la sorella  si era sempre comportato come un fratello maggiore, protettivo ed affettuoso. E poi Chiara era davvero tanto fragile! Erano dovuti ricorrere anche ad uno specialista per curare la sua depressione ed ora che stava un po’ meglio… Forse aveva ragione, era loro dovere cercare di proteggerla nel caso fosse incappata in un’altra storia sbagliata.

 - Sono andati a fare una passeggiata a Sant’Angelo. Mi ha detto che sarebbe tornata per pranzo - gli disse cercando di mostrarsi serena.

Vedendolo cercare subito la ragazza sul telefonino, gli raccomandò:

- Cerca di essere discreto, per favore.

Il marito intanto stava già parlando al cellulare.

- Pronto, Chiara, dove sei? Senti, sto uscendo con la macchina, vi vengo a prendere io. No, non ti preoccupare, posso farlo benissimo, così evitate i bus che oggi sono affollatissimi. Non muoverti, tra dieci minuti sono lì.

 

**

I due giovani avevano trascorso una mattinata incantevole. Avevano girato per i negozietti di Sant’Angelo, si erano fermati a guardare il mare, si erano seduti a prendere un aperitivo ad un bar molto caratteristico proprio sul porticciolo. Ora stavano nel piazzale dei bus in attesa che arrivasse quello utile per riportare a casa la ragazza. Nonostante le insistenze di Massimo, infatti, si era rifiutata di andare con lui al ristorante perché non poteva mancare al pranzo domenicale in famiglia.

Approfittando che non c’era nessuno in quel momento, lui l’aveva abbracciata stretta e Chiara aveva sollevato il viso baciandolo sul petto e sulla pelle delicata del collo perché più su non ci arrivava. Allora Massimo si era chinato un poco e, poggiando appena le labbra sulla sua bocca, le aveva dato prima due o tre bacetti teneri teneri per poi coinvolgerla in un vero bacio che li aveva fatti salire su di giri  in un attimo. Si erano staccati a malincuore perché dalla notte prima tra loro era rimasta un’attrazione che li legava molto. Se avessero potuto, se ne sarebbero rimasti abbracciati per ore, anche senza dire una sola parola. 

Stavano così quando squillò il cellulare nella borsetta di Chiara. Massimo la sentì rispondere a qualcuno cercando di evitare che  venisse a prenderli.

- Chi era? – le domandò non appena la vide chiudere il telefonino.

- Mio cognato. Uffa! Insiste per venirci a prendere con l’auto – sbottò irritata.

Il giovane diede uno sguardo al piazzale oramai  gremito di persone in attesa del bus ed osservò:

- A dire il vero non mi sembra un’idea tanto malvagia visto che come al solito non vuoi prendere un taxi.

- Si vede che non conosci Riccardo. Preferisco la morte per soffocamento in un  autobus.

- Esagerata e che sarà mai!

- L’hai detto anche l’altra sera quando si trattava dei suoi degni figlioli e poi…

- Va bene, ma credo che oramai non ci sia scampo.

- Infatti. È meglio rassegnarsi ma … sii forte, mi raccomando – concluse con un sospiro.

**

Dopo un po’ arrivò Riccardo ed uscì dall’auto per salutarli. Era un uomo sotto la cinquantina, con un po’ di pancetta e già un po’ stempiato, all’apparenza molto cordiale.

- Ciao, tu sei il collega di Chiara, vero? Ti dispiace se ci diamo del tu? – gli chiese tendendogli la mano.

- Nemmeno per sogno! – lo rassicurò Massimo con uno dei suoi sorrisi più calorosi.

Si strinsero la mano e  poi si accinsero a salire in auto.

- Sali dietro tu! – ordinò Riccardo rivolto alla cognata che si affrettò ad ubbidire senza fiatare, poi fece accomodare l’ospite accanto a lui e ripartì alla volta di casa.

- Non voglio sentire ragioni: oggi devi venire a pranzo da noi – esordì subito dopo aver messo in moto.

- Ma non è il caso, siete già occupati con i bambini.

- I bambini? E che problema sono i bambini?

- Già – fece Chiara da dietro – per lui non sono un problema dato che il suo solo impegno è quello di farli scodellare in continuazione alla mia povera sorella!

- Sta’ zitta tu, smettila con queste aree da femminista. Una donna non è tale se non fa la mamma, è una cosa naturale e tu dovresti vergognarti di essere arrivata alla tua età senza nemmeno avere la prospettiva di fare un figlio.

Non stava scherzando, era serio. Massimo, perplesso, cercò lo sguardo della ragazza nello specchietto laterale, ma la vide guardare fuori dal finestrino.

- Lo conosci Federico Pace? – continuò Riccardo - È un pezzo grosso nella vostra azienda. È stato lui a farmi il piacere di raccomandare Chiara.

- Sì, lo conosco ma non credo abbia potuto fare una cosa del genere, non ne ha certo la possibilità. Tua cognata deve aver superato bene le prove di assunzione, per questo l’hanno presa – osservò l’uomo.

- Ti sbagli, Federico è davvero uno che può tanto lì dentro. Anzi, se hai bisogno di qualcosa, che ne so, un trasferimento ad esempio,  potrei parlargliene.

Massimo si limitò a sorridere senza dir niente.

Chiara da dietro rispose per lui con un tono  infastidito:

- Guarda che Massimo ha un grado molto più alto del tuo amico.

- Davvero? – Riccardo si voltò stupito a guardarlo – Allora guadagni molto? – proseguì.

- Discretamente.

- E sei proprio di Bologna Bologna?

- Sì.

- E sei spostato?

- No.

- E la casa a Bologna ce l’hai di proprietà, non è vero?

- Insomma, Riccardo, smettila, gli stai facendo il terzo grado, e che caspita! – sbottò la ragazza imbarazzata da quel fuoco di fila di domande poco opportune.

- Stai zitta tu. Che male c’è se gli chiedo qualcosa, così per parlare. Non è vero?

- Figurati,  domanda pure. Ma dimmi, tu che fai invece? Oltre al papà, naturalmente – gli chiese a sua volta Massimo tra il divertito e l’infastidito.

- Ho un negozio di abbigliamento. Ora insieme ad un socio ho aperto una succursale in un grosso centro commerciale. A proposito, Chiara, ho invitato anche Mario oggi, anche se a questo punto non so se è stata una buona idea. Mario è il mio socio, dobbiamo passare a prenderlo al porto di Forio – spiegò rivolto al giovane – Ho detto che forse non è stata una buona idea perché è innamorato cotto di questa qui  e…

- Oddio, Riccardo, finiscila! – esclamò esasperata Chiara con la voce le tremante.

- Ehi, ehi, calmati ragazzina. Anzi sai che facciamo? Ora tu scendi e vai ad aiutare tua sorella a preparare il pranzo. A prendere Mario ci andiamo Massimo ed io.

La ragazza non osò ribellarsi, ma quando scese dall’auto, lanciò uno sguardo preoccupato all’amico che le sorrise di rimando come per dirle: “Non temere, so come difendermi”. Non gli piaceva come quell’uomo la trattava, era dispotico ed arrogante, come se fosse una cosa che gli apparteneva.

- La tratti sempre così male? – gli chiese serio appena furono ripartiti.

Riccardo rimase perplesso: non aveva mai considerato il fatto che se la cognata avesse avuto un uomo questi avrebbe potuto risentirsi dei suoi modi alquanto autoritari. Si affrettò a chiarire:

- Io l’ho vista crescere. Aveva solo dodici anni quando mi sono fidanzato con Cristina e poi, dopo la morte dei genitori, ho dovuto farle anche un po’ da padre. Non è stato facile, sai, ha un brutto carattere, è meglio che tu lo sappia.

- Non mi sembra affatto.

- Ed invece sì, ha la testa dura. Il lavoro per esempio. Chi meglio di te può sapere se quello che le ho fatto avere nella vostra azienda non è un buon posto. Eppure per convincerla a rinunciare a quelle quattro cazzate che faceva prima c’è voluto del bello e del buono. Come se fosse stata in grado di mantenersi da sola!

- Poi però ha accettato, non è così?

- Già, ma sempre come se stesse facendo un piacere a me. La verità è che la buonanima di mio suocero le aveva proprio cresciute male queste figlie. Erano viziate, si sentivano come due principesse e quando sono rimaste sole, anche se erano già adulte, non avrebbero saputo cavare un ragno dal buco se non ci fossi stato io. Certo con Cristina è stato più facile, eravamo fidanzati da tanti anni, ma con Chiara è stato un problema e lo è ancora. Prendi anche il fatto della casa. Che bisogno aveva di andarsene, non stava bene con noi?

- Su questo non sono d’accordo – rispose Massimo con convinzione perché la ragazza gli aveva confidato i motivi della sua scelta – aveva bisogno della propria indipendenza ed aveva sempre sognato una casa così.

- All’anima del sogno! Ma ti ha detto quanto l’ha pagata? 400.000 euro, se lo vuoi sapere. Per due stanzette ed un terrazzo! Senza contare la montagna di soldi che ha dovuto spendere per ristrutturarla.

- È una casa molto bella però – obiettò l’altro.

- Sarà pure, ma era uno sfizio che non poteva  concedersi. I genitori non hanno lasciato molto: la casa dove abitiamo noi, la casetta qui ad Ischia ed una cifretta in contanti. E quella pazza non solo si è spesa tutto, ma mi ha costretto a fare anche un mutuo.

- Perché, gliel’hai regalata tu?

- No,  le ho dato la metà del valore della nostra casa. Le spettava, le eredi erano lei e Cristina - si affrettò a spiegare per non apparire un approfittatore -  ma non è questo. Ritengo che non ci fosse bisogno di andare così di fretta. Lo dicevo a mia moglie: se ne vuole andare? Se ne vada pure, ma non sarebbe meglio prendere in affitto una casa più modesta, magari in periferia e poi quando si sposa le do i soldi per comprarsene una più adatta ad una famiglia? Macché, le avessi viste come si erano coalizzate le sorelline! “L’appartamento è bellissimo, la zona è signorile, si sta bene…”. Te l’ho detto, si sentono principesse!

- Forse Chiara non si vuole sposare - osservò Massimo.

Immediatamente notò uno strano sguardo che il suo interlocutore gli lanciò di rimando.

- Spero proprio di sì, oramai dovrebbe aver capito che è inutile perdere tempo appresso agli uomini sposati, tanto quelli le famiglie non le lasciano!  Ma perché, non ti aveva detto nulla di quella storia? – si affrettò ad aggiungere Riccardo vedendo il volto del giovane rabbuiarsi. Stette un po’ zitto, sperando di non aver fatto un guaio, poi riprese -  Credimi, io ho la coscienza tranquilla. Ho fatto di tutto per farle aprire gli occhi e  convincerla a lasciarlo, ma lei niente, non ne voleva sapere. Va bene che al giorno d’oggi nessuno ci tiene più a queste cose, non è vero? Però avrei fatto meglio a spezzarle le gambe piuttosto che farla impelagare in una storia che l’ha fatta anche soffrire come un cane!

Massimo non rispose. Era infastidito perché quell’uomo non aveva nessun diritto di raccontare ad un perfetto sconosciuto le cose più intime della cognata. A meno che non avesse creduto… Ne ebbe quasi la conferma quando l’altro riprese a parlare:

- Anche Mario, vedi, io gliel’avevo proposto solo perché è un gran brav’uomo ed ha sofferto tanto. A mio parere avrebbe potuto farla felice. Però se vuole un altro mi sta bene lo stesso, basta che ne trovi uno con intenzioni serie. Non è il caso di  farsi prendere in giro un’altra volta. Senti, - soggiunse cambiando bruscamente argomento - se non ti dispiace aspettare un po’ qui, io vado a prenderlo a piedi, altrimenti ci blocchiamo nel traffico dello sbarco.

Fermò l’auto e si avviò verso il molo. Massimo fu contento di quella pausa perché aveva bisogno di riflettere. Scese anche lui dall’auto e si accese una sigaretta. Era molto nervoso, si sentiva coinvolto suo malgrado in una situazione che non si era aspettato di dover affrontare. Non conosceva la mentalità di quella gente del sud e ne era preoccupato.

Dopo un po’ Riccardo ritornò con Mario. Poteva avere pressappoco la medesima età dell’amico e come quest’ultimo aveva un po’ di pancetta ed un’incipiente calvizie. In più portava gli occhiali. Osservandolo, Massimo fu quasi divertito all’idea che quel pazzo avesse potuto pensare di affibbiarlo a Chiara. Una ragazza giovane e carina come lei poteva senz’altro aspirare a qualcosa di meglio.

Per tutto il tragitto del ritorno, Mario non fece altro che osservarlo torvo senza dire una parola, invece Riccardo continuò a chiacchierare.

Anche troppo per i suoi gusti.

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Capitolo 8
*** 19 agosto - domenica pomeriggio ***


19 AGOSTO domenica pomeriggio

 

A casa  le due donne li aspettavano con il pranzo già pronto. Avevano messo a dormire Luca mentre i bambini più grandicelli avevano già mangiato e giocavano sul terrazzino.

Il cibo era buono, ma la conversazione languiva. Chi teneva banco era Riccardo. Cristina e Massimo cercavano di partecipare, mentre Mario era ancora chiuso in un mutismo ostinato. Anche Chiara non parlava. Se ne stava tutta nervosa in un angolino toccando appena il cibo al punto che la sorella ogni tanto le diceva: “mangia!”, come si fa con i bambini piccoli. Forse  in quella famiglia era  un hobby trattarla come una deficiente e Massimo, avendola conosciuta come una ragazza intelligente e vivace, non se ne faceva una ragione.

- Allora ti piace Napoli? – gli chiese ad un certo punto Riccardo.

- Sì molto, ma non credo che ci verrei a vivere. Chiara ha ragione, per uno che non ci è abituato deve essere molto difficile starci – ammise con la solita franchezza.

L’altro si risentì perché pensava volesse disprezzare la sua città.

 - In fondo abbiamo tante cose che voi altri neanche vi sognate e poi non è affatto vero che qui si sta tanto male. Frequentando determinati ambienti, ci si può stare da dio. Senza contare che la delinquenza e le schifezze ci sono in ogni città – osservò.

- Va bene, ma se non gli piace non gli piace! – intervenne Cristina contraddicendo il marito – Non è necessario vivere proprio qui.

Ci pensò un po’ su e poi aggiunse rivolta alla sorella con un certo rammarico:

– Solo che a te la tua casa piace tanto, non è così Chiara?

Quest’ultima la guardò esterrefatta. Battendo le dita congiunte della  mano sulla fronte in un comico gesto alla maniera di Totò,  le scappò detto in napoletano:

- Cristì, ma si’ asciuta pazza!?

Massimo fece un risolino divertito un po’ perché era la prima volta che la sentiva esprimersi in dialetto ed un po’ perché lui invece aveva capito bene che cosa voleva dire Cristina. Aveva capito anche che non doveva lasciarsi sfuggire l’occasione di correre ai ripari. Per fortuna questa arrivò poco dopo quando Riccardo,  infervorato nel difendere le bellezze della propria città così disprezzata poco prima da quel bolognese, gli chiese se Chiara lo avesse mai portato a vedere la Cappella di Sansevero.

- No, non ancora – gli rispose cogliendo a volo l’opportunità di chiarire come stavano le cose – ma d’altra parte ci conosciamo solo da mercoledì scorso.

Le reazioni alle sue parole furono molteplici: Mario alzò lo sguardo e fece un sospiro di sollievo, Cristina arrossì e guardò il marito che con il bicchiere ancora  alzato tossiva perché gli era andato storto il vino. Solo Chiara, che con gli occhi bassi  nel piatto continuava a rigirare una foglia di insalata,   non si era accorta di nulla. Quando Riccardo si alzò da tavola e la invitò ad andare ad aiutarlo a tagliare l’anguria, non si meravigliò e lo seguì tranquillamente.

Cristina, chiedendo scusa agli ospiti, si affrettò ad accodarsi a loro con la piccola Martina che le trotterellava dietro chiedendo a gran voce:

- Mamma, mi dai una Coca Cola?

Riccardo non aspettò neanche che fossero entrati in cucina per investire la cognata in malo modo.

- E allora, brutta testa di cavolo, quello lì te lo sei portato a letto senza nemmeno conoscerlo! E quel che è peggio, senza darti nemmeno la briga di non farlo sapere in giro! Hai  deciso di diventare proprio una poco di buono?

- Riccardo, basta, non esagerare - intervenne  la moglie spaventata dalla piega che stavano prendendo le cose.

- È stato il tuo degno amico a riferirti di avermi visto? – gli rispose Chiara ignorando la sorella, per poi continuare adirata - Ebbene sì, l’ho fatto e non devo dare conto né a te né a quest’altra scema che ti tiene banco. Mi state facendo morire di vergogna!

- Ti devi vergognare infatti, ma non per noi, piuttosto per il tuo comportamento: prima con quello sposato e adesso, come una puttanella, con questo.

- Sono affari miei, non  permetterti di entrarci.

- Ma l’hai capito o no che questo bellimbusto si diverte un poco e poi ti molla?

- E a te che cazzo te ne frega!

- Basta, basta, non urlate, di là si sente tutto! -  intervenne Cristina sempre più agitata mentre la bambina, un po’ irritata perché nessuno le dava retta, continuava a strillare:

- “Voglio la Coca Cola! Voglio la Coca Cola!”.

Il padre, troppo adirato per badarle altrimenti avrebbe moderato lui per primo il linguaggio, afferrò una bottiglietta dal frigo e gliela diede urlando:  “Tieni, vattene adesso!”, poi continuò con lo stesso tono rivolto a Chiara:

– Che me ne frega? Dopo, quando fai la depressa, è a noi che rompi le scatole. Io mi sono stufato di farti da balia dato che ti rifiuti di tenere una condotta seria.

- Davvero? Me lo dici quando ti avrei rotto le scatole?

- Quando tua sorella piangeva giorno e notte per te, quando non volevi più mangiare e ti eri fatta pelle e ossa, quando giravamo da un medico all’altro per la tua depressione…

- Non succederà più, non temere! Avevo creduto di poter avere una mano dall’unica persona di famiglia rimastami, ma se ritieni che tua moglie debba occuparsi unicamente di te, preferirei buttarmi sotto un treno piuttosto che chiedervi aiuto un’altra volta!

- Chiara, non fare così – cercò di rabbonirla  Cristina, assai dispiaciuta – noi ti vogliamo bene.

L’aveva afferrata per un braccio ma la sorella si divincolò ed oramai sull’orlo del pianto, aggiunse:

- Se è questo il vostro bene preferisco non averlo affatto!

Gli ospiti intanto erano rimasti soli a tavola. Dalla cucina pervenivano le voci alterate dei tre ed anche se non si capivano le parole, s’intuiva che stavano litigando.

Massimo era un po’ preoccupato, mentre Mario non sembrava dar peso a quello che stava succedendo anzi, per la prima volta dalla mattina, gli rivolse la parola per chiedergli:

- Allora tu e Chiara non siete fidanzati? Riccardo mi aveva fatto capire che tra voi due c’era qualcosa…

- E chi gliel’aveva detto a Riccardo? – chiese a sua volta un po’ seccato dal fatto che Chiara avesse potuto spiattellare la loro relazione a qualcuno, creando delle false aspettative.

Ma dovettero interrompere il discorso perché arrivò Martina, tutta offesa e con una bottiglina di Coca Cola che non riusciva ad aprire.

- Mi hanno cacciata fuori – piagnucolò – me l’apri tu?

La porse a Massimo con sul viso un broncio così delizioso che lui ne fu intenerito.

- Certo – le disse – vieni qui. Chi è che ti ha fatto arrabbiare?

La prese in braccio e le carezzò le guance pienotte e la nuca abbronzata su cui ricadevano come un sottile velo dorato i capelluzzi biondi sfuggiti dal nodo che li teneva legati.

- Quelli là. Stanno litigando e non mi pensano proprio! - fece la bimba ancora piagnucolosa ma poi  con fare da cospiratrice si mise la manina vicino alla bocca e gli sussurrò piano in un orecchio - Stanno dicendo pure le parolacce…

Poi prese la bibita dalle mani di Massimo e ne bevve un lunghissimo sorso, quasi senza riprendere fiato.

- Piano, piano -  la esortò l’uomo sorridendo, ma la bevanda frizzante aveva già fatto il suo effetto ed alla bimba scappò un ruttino che la imbarazzò moltissimo. Si mise una manina sulla bocca  e fece una faccetta così comica che l’uomo proruppe in una risata divertita ed incominciò a farle il solletico,  contagiandole il riso.

Cristina rientrò in quel momento con un grosso vassoio di anguria tagliata a fette. Aveva il viso molto dispiaciuto ed era anche mortificata per l’accaduto, però vedendo la scenetta che si stava svolgendo  tra la figlia e quel giovanotto, venne da sorridere anche a lei.

- “Deve essere una persona molto dolce – pensò – quando sorride gli si illuminano gli occhi. Forse lei non poteva fare a meno di innamorarsene.”

Offrì la frutta con il consueto garbo da padrona di casa bene educata. Massimo stava per chiederle che ne era stato di Chiara quando questa ritornò nella stanza. Sembrava come se avesse appena pianto e si sedette in silenzio con gli occhi bassi. I due uomini la guardarono entrambi, senza dire una parola neanche loro.  Poco dopo rientrò anche Riccardo il quale invece, come se nulla fosse successo, si sedette e versando un limoncello portato dalla cucina, ne decantò la fragranza offrendolo ai commensali.

Alla fine del pranzo Chiara disse rivolta alla sorella:

- Ora ti aiuto a lavare i piatti poi ce ne andiamo. C’è un traghetto alle quattro.

- Ma perché ve ne andate così presto? Potreste prendere un aliscafo più tardi – protestò Cristina.

- Oggi è domenica e ci sono i primi rientri, se ripartiamo più tardi rischiamo di trovare troppa folla. Massimo detesta la folla. Non è così? – si rivolse a lui pregandolo con gli occhi di confermare la sua versione, cosa che l’uomo fece senz’altro.

- Sì, è vero e poi stasera ho qualcosa da fare a Napoli - affermò.

- Io però non vi accompagno ad Ischia Porto – disse il cognato ancora molto scocciato – il riposino pomeridiano della domenica è sacro e domani comincia un’altra settimana di battaglia – si giustificò con un sorriso freddo.

Ma per la seconda volta in quel giorno, Mario fece sentire la sua voce:

- Se mi presti l’auto, ci vado io.

**

Non ci fu verso di fargli cambiare idea, volle accompagnarli per forza al porto.

Appena scesi dall’auto, mentre la ragazza si accingeva a salutarlo, la fermò.

- Per favore, fatti dire una parola! – la implorò.

Massimo ne provò quasi pena e si allontanò per andare a fare i biglietti. Quando ebbe finito, li vide parlare ancora concitatamente. Non era difficile intuire i loro discorsi. Chiara aveva un’espressione infastidita come chi ha ripetuto tante volte una cosa e si è stufato di farlo ancora mentre Mario continuava a parlare fitto fitto cercando di prenderle le mani che lei invece ritirava. Al suo avvicinarsi smisero e la ragazza lo accolse con un sorriso di sollievo, dopodiché finalmente salirono sul traghetto.

**

Non appena si furono seduti ai tavolini nella sala interna, il giovane le chiese:

 - Perché te ne sei voluta andare così presto? Non avevi detto che avremmo preso l’aliscafo alle sei?

- Non ne hai avuto ancora abbastanza? – gli rispose lei con un’altra domanda.

Aveva un aspetto molto abbattuto.

- Non sei dell’umore di stamattina. È successo qualcosa con i tuoi? Vi ho sentiti discutere in cucina ed anche Martina mi ha confermato che stavate litigando – s’informò, premuroso come al solito.

- Figurati, stai a credere ad una bambina di sei anni!

Però che ci fosse qualcosa che non andava glielo si leggeva in faccia e così Massimo insistette ancora, piuttosto risentito:

 - Va bene, se non vuoi dirmi nulla… fai tu!

- Ma cosa ti devo dire? Sono discussioni normali nella mia famiglia.

- Ed io c’entro in qualche modo?

Per un po’ rimase incerta se rispondere, poi decise di non nascondergli nulla.

 - In un certo modo sì. Ti avevo spiegato che Francesco è molto amico di Riccardo, ti ricordi?  Ebbene, stanotte mi ha visto uscire dalla tua camera e gliel’ha riferito. In aggiunta  tu gli hai detto  che ci siamo conosciuti solo mercoledì scorso. Ha fatto due più due e si è agitato. Tutto qui.

- E allora? Non mi pare tu sia più una bambina, puoi decidere di fare ciò che vuoi.

- Gliel’ho detto, ma non conosci Riccardo!

- Perché, cosa pretende? Immediate nozze riparatrici per caso? – commentò l’uomo un po’ acido.

Che situazione imbarazzante! Chiara non sapeva come fare a spiegarglielo però non poteva far apparire la sorella ed il cognato come dei trogloditi.

 - Non essere assurdo! Loro pensano che mi butto  troppo quando si tratta di sentimenti e poi ne soffro – disse con gli occhi bassi mentre giocherellava con  il pacchetto di sigarette di Massimo posato sul tavolino tra di loro.

- Su questo probabilmente hanno ragione – affermò il giovane senza soppesare le parole. In verità si riferiva alla precedente esperienza amorosa della ragazza, così poco discretamente riferitagli la mattina stessa da Riccardo.

Questo però Chiara non poteva saperlo e fu come se le avessero buttato un secchio di acqua gelata addosso. Non fece alcun commento. Cercando di nascondere l’emozione provata, si alzò dicendo:

- Ho sete, vado a prendere qualcosa al bar.

- No, aspetta, dovresti fare i giochi d’equilibrio per riuscire a passare – la fermò indicando alcuni voluminosi borsoni deposti da alcuni ragazzi sulla panca proprio accanto a lei – Vado io a prenderti qualcosa. Cosa vuoi?

- Una Sprite, grazie.

Andava bene anche se si fosse allontanato lui, aveva bisogno solo di qualche momento per riflettere. Sentiva una cocente delusione crescerle dentro: che cosa aveva voluto farle capire, forse che non doveva attaccarsi? Com’era possibile ragionare con tanta freddezza dopo i momenti meravigliosi appena vissuti insieme?

Il corso dei suoi pensieri fu interrotto dal suono del cellulare lasciato dall’uomo accanto alle sigarette. Era girato verso di lei tanto che riuscì distintamente a leggere sul display “Daniela”. Rimase perplessa a guardarlo squillare per parecchio tempo e quando Massimo ritornò, gli disse:

- Ti cercano sul telefonino.

Lui lo prese, controllò la provenienza della chiamata e lo posò come se non gli interessasse.

- La Sprite non ce l’hanno. O Coca o acqua, che ti prendo?

- Acqua naturale, allora.

Si allontanò di nuovo e non aveva fatto neanche in tempo ad arrivare al bar che il cellulare riprese a squillare. Questa volta fu lei a girarlo di soppiatto  per leggere il nome: ancora “Daniela”.

- Tieni, è bella fredda – le disse Massimo appena ritornò, passandole da bere.

- È meglio che la richiami, altrimenti Daniela è capace di non smettere fino a quando arriviamo a Napoli – lo invitò senza neanche dargli il tempo di risedersi. Senza volere aveva assunto un tono assai acido.

Intanto il telefonino aveva ripreso a squillare. A Massimo non era sfuggita l’irritazione  di lei e, guardandola dritto negli occhi come a dimostrare di non doverle rendere conto di niente, rispose alla chiamata.

- Ciao, tesoro, tutto bene? Quando siete tornati?  - disse, e continuò su questo tono affettuoso.

Certo poteva essere una sorella, un’amica intima, ma Chiara avvertiva un senso di allarme mentre cercava di capire qualcosa dalle parole di lui. La situazione le si chiarì del tutto quando lo sentì dire:

- Dai, non arrabbiarti, non sapevo fossi già tornata e così ne ho approfittato per fare un  po’ di turismo da queste parti. Aspetta, non ti sento, non c’è campo…

Dopodiché si alzò per mettersi più vicino ad un finestrino.

Approfittando del fatto che i ragazzi erano venuti a riprendersi i borsoni, la donna si alzò anche lei ed uscì all’aperto. Appoggiata al parapetto sul ponte, sorseggiava dalla  bottiglietta. Magari insieme all’acqua avesse potuto buttare giù quel boccone amaro che le serrava la gola! In ogni caso adesso doveva riprendere il controllo. Aveva lavorato tanti anni su se stessa per riuscire a  farlo  e, che diamine, quella situazione era il suo banco di prova!

Massimo la raggiunse poco dopo,  già preparato a darle delle spiegazioni, ma lei se ne stava calma a bere a piccoli sorsi ed a guardare il panorama. Non sembrava affatto interessata alla telefonata appena conclusasi. Decise che forse era meglio non affrontare il discorso. Ne avrebbero avuto tempo più tardi.

- Quella lì è Procida, vero? Deve essere molto bella. Mi ci accompagni qualche volta? – le chiese come se niente fosse successo.

- Ma certo, come no - gli rispose la ragazza ironizzando –  accompagnamento e  turismo! Forse potrei  avere un  futuro nel campo, sempre meglio che quello schifo di azienda in cui lavoro adesso, non ti pare? Devo farci un pensierino.

Lo aveva detto sorridendo, ma gli occhi non le sorridevano più. Massimo lo notò e ne fu dispiaciuto. Forse nella premura di blandire Daniela non si era accorto di aver detto qualcosa che poteva averla ferita. Doveva chiarire subito, non poteva aspettare.

- Senti, - incominciò – volevo dirti che Daniela ed io…

- Massimo, davvero, non me ne importa niente! – lo interruppe. Era stata proprio brava, meglio di un’attrice consumata e bisognava mantenersi su quel tono così distaccato.

 - Quello che vedi lì è il Monte di Procida e quelli sono i Campi Flegrei, una zona bellissima che dovrò farti conoscere - aggiunse con disinvoltura.

Continuò così fino a Napoli, lasciando l’uomo un po’ perplesso, ma in fondo contento di poter rimandare quei chiarimenti che, per quanto fossero semplici, gli apparivano un po’ complessi da esporre.

Sbarcati dal traghetto, si offrì di andare a prendere l’auto al garage per riaccompagnarla a casa, ma Chiara lo bloccò.

- Non ti preoccupare, il tuo albergo è qui vicino ed io prendo un taxi. Credimi, quando è necessario li uso anch’io – gli disse, sforzandosi di sorridere.

- Non è affatto necessario e poi è ancora presto – obiettò l’altro  – abbiamo ancora tutta la sera da stare insieme.

- No, scusami, sono un po’ stanca. Preferisco andare a riposare.

Senza dargli il tempo di intervenire di nuovo, gli posò un bacino su di una guancia e s’infilò in un taxi che subito partì.

Lui ci rimase un po’ male. Avvertiva che qualcosa tra di loro si era deteriorato. Forse era stata solo colpa sua, era nervoso dalla mattina per l’assurdo comportamento di Riccardo. A quanto pareva però non era stata solo una sua  impressione, sul serio  quel tipo si aspettava qualcosa da lui solo perché era stato con Chiara. Come si vedeva che non lo conosceva affatto! Se c’era una cosa che lo faceva imbestialire era quando cercavano di incastrarlo. Trovava quella ragazza deliziosa, ma non avrebbe accettato nemmeno da Miss Universo di farsi mettere in trappola!

Forse però aveva esagerato un po’ e lei doveva esserci rimasta male,  per giunta era arrivata anche la telefonata di Daniela… Comunque avrebbe cercato di chiarire, ma forse era davvero meglio non pensarci più, almeno per quella sera.

**

Nel richiudersi la porta alle spalle, Chiara fu colpita da un pensiero strano: era la prima volta che tornava a casa senza Massimo da quel 14 agosto. Mio Dio, solo pochi giorni prima  eppure le pareva fosse passato un secolo!

Buttò in un angolo il borsone che avrebbe disfatto più tardi e andò sul terrazzo. Il sole era ancora alto e dal mare saliva un vapore che offuscava l’aria rendendo i colori simili ad  un acquerello. Era tutto calmo, ma non il suo animo. Negli ultimi giorni non aveva pensato a nulla, si era soltanto lasciata andare alla magia di quel nuovo rapporto dando per scontato che i suoi sentimenti fossero ricambiati ed ecco che ne pagava subito le conseguenze. Oltre tutto si sentiva anche umiliata perché lui le aveva fatto  capire abbastanza esplicitamente che la loro era stata solo un’avventura, come se temesse di poter essere  importunato in seguito. Per quanto fosse stata una stupida a cascarci in quel modo, si sarebbe fatta uccidere piuttosto che venire meno alla propria dignità chiedendogli qualcosa. Anche se si era comportata come se il passato con tutte le sue batoste non le avesse insegnato nulla, di una cosa era sicura: mai più avrebbe chiesto ad un uomo di essere amata e questo valeva anche per il bel Massimo.

Per fortuna si era trattato solo di una storia durata pochi giorni, se anche lei avesse cominciato a considerarla come una parentesi estiva, una piacevole parentesi e nulla di più, presto il  tempo e la vita di ogni giorno l’avrebbero aiutata a dimenticare.

-  “L’importante – si disse tra sé in un rigurgito di orgoglio – è mostrarsi superiore. Per fortuna non gli ho mai detto che mi sono innamorata di lui e posso anche fingere che anche per me sia stata una cosa senza importanza”.

Un po’ rincuorata dal pensiero e decisa sulla linea di condotta da tenere per il futuro, rientrò in casa ed andò in camera a cambiarsi.

La prima cosa che le si parò davanti fu il letto disfatto con ancora l’impronta dei loro corpi. Sentì un’improvvisa tristezza impossessarsi di lei. Come aveva potuto essere tanto scema da credere che fosse arrivato finalmente il grande amore? Era stato tutto così perfetto da farle dimenticare che nella realtà simili cose non accadono mai. Comunque era inutile stare a recriminare, aveva avuto dei momenti belli ed erano finiti, meglio metterci la classica pietra sopra.

Quasi con rabbia strappò dal letto le lenzuola e come una furia le andò a ficcare in lavatrice, mise il detersivo, avviò il lavaggio e poi rimase come una scema seduta a terra a guardare il cestello girare mentre lacrime che non voleva neanche rendersi conto di star piangendo le rigavano il viso.

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Capitolo 9
*** 20 agosto - lunedì ***


Mie carissime lettrici, innanzitutto voglio darvi un forte abbraccio. Mi state dando una gioia grandissima per la partecipazione con cui state seguendo questa mia “elucubrazione pseudo-letteraria” nata proprio in un caldo mese di agosto in cui l’unica alternativa alla desolazione era far lavorare la fantasia. Mi fa un piacere immenso essere riuscita a trasmettere le mie emozioni a Pirilla, ad Araba, a Cricri, alla mia dolce Coccinella ,  a Xsemprenoi (a proposito,  cara, se la cosa può tranquillizzare la tua mamma, dille pure che la scrittrice che ti ha indotto a parlare con il pc deve avere pressappoco la sua età per cui – come vede – ci sta chi è fuori di zucca ancor peggio di te!)  e a tutte le altre. Vi ringrazio quindi  davvero di cuore.

Tornando a “Un’estate per conoscersi”, come avete avuto modo di vedere, le difficoltà nel rapporto tra Chiara e Massimo incominciano a nascere. In realtà, come vi anticipavo nella presentazione, per ora si sono conosciuti soltanto ma adesso dovranno imparare a conoscersi a vicenda più nel profondo e, soprattutto,  dovranno riuscire a conoscere davvero se stessi per trasformare una cotta estiva in  un legame che possa avere un futuro.

Da questo momento la storia diventerà meno romantica e più introspettiva e per forza di cose i prossimi capitoli saranno più brevi e spesso solo interlocutori.  Non vi nascondo che sono stata un po’ in dubbio se accorpare più giorni in modo da non interrompere il flusso del racconto o continuare a rispettare la forma della cronaca giornaliera. Alla fine ho optato per quest’ultima soluzione perché il mio scopo è quello di rendere la vicenda quanto più reale possibile e nella realtà accade spesso che ci siano giorni vuoti e malinconici in cui non succede quasi nulla, non è così?

Vi prometto però che gli aggiornamenti saranno frequentissimi così  le mie gentili lettrici potranno scegliere se leggere più capitoli insieme oppure farlo a mano a mano che li posterò.

L’unica cosa che mi auguro e che scelgano di continuare a seguirmi e a sostenermi con il loro gradimento.

Andiamo quindi avanti a …


20 AGOSTO lunedì

 

Il ritorno in ufficio sembrò a Chiara meno doloroso perché non era rientrato ancora nessuno dalle ferie e perlomeno non avrebbe dovuto affrontare la solita baraonda infernale. Cercò di concentrarsi sul lavoro, ma il pensiero correva sempre a Massimo, alla necessità che aveva di nascondergli i suoi sentimenti. Paventava il momento di rivederlo e fu quasi una liberazione quando, nell’intervallo per il pranzo, lo incontrò al solito bar.

- Ciao, piccola! – la salutò – Scusami se non ti ho chiamato prima ma stamattina ho avuto molto da fare.

- Non devi scusarti affatto. Siamo qui per lavorare, è il nostro dovere.

- A chi lo stai dicendo, all’ispettore o all’uomo?

- Non lo so, fai tu – gli rispose, sforzandosi di  sorridere.

- Allora come ispettore ti dico che è verissimo, anzi dovresti cercare di aumentare la tua produzione, come uomo invece che preferirei stare con te in un altro posto… –  avvicinandosi le sussurrò piano per non farsi sentire da altri - …nel tuo bel lettone, per esempio.

- Ed io sia come lavoratrice che come donna… ti mando a quel paese.

- Davvero non ti alletta l’idea? Della  seconda ipotesi, naturalmente.

- Non lo so, devo pensarci – gli rispose con una piccola smorfia.

- Certo che ti alletta, ma porta pazienza, oramai  mancano solo poche ore a stasera!

- No, stasera no: ho da fare – gli disse subito, ferma nel suo proposito.

- E cosa devi fare di tanto importante?

- Devo fare il bucato, stirare, mettere ordine. Tutte cose che voi altri uomini pensate si facciano da sole.

- Non è vero questo, anzi, sai che facciamo? Vengo ad aiutarti io.

- Sì, a sporcare piatti e lenzuola. No, grazie. Adesso però, caro ispettore, la pausa pranzo è finita e devo ritornare alla mia produzione. Ti saluto.

Facendogli ciao ciao con la manina, lo lasciò lì e se n’andò.

Massimo rimase a  sorridere tra sé e sé. Era convinto che stesse scherzando e neanche poteva immaginare quale determinazione avesse.

**

Per tutto il pomeriggio Chiara  pensò a come fosse stato facile dirgli di no la prima volta buttandola sullo scherzo, ma non aveva fatto i conti con l’ostinazione dell’uomo. Poco prima dell’uscita infatti la chiamò di nuovo a telefono.

- Allora a che ora ci vediamo? – le chiese come se nulla fosse.

- Mi pareva di averti detto che stasera ho da fare.

- Dici davvero? Preferisci le faccende di casa a me!? – esclamò, fingendosi scandalizzato.

- Per stasera sì, poi vedremo…

Aveva cercato di usare  un tono il più allegro possibile per non fargli capire che quella decisione nasceva dalla delusione provata il giorno prima.

A quanto pareva ci era riuscita perché lui si arrese di buon grado e scherzò pure.

 - Va bene, piccolina, però mi raccomando, non stancarti troppo. L’ispettore ti vuole in piena forma per il lavoro e l’uomo… vuole essere lui a stancarti, tu sai come!

 

**

Per Massimo quella sera fu molto triste da passare. Si sentiva strano, come se quei pochi giorni  appena trascorsi l’avessero già disabituato ai lunghi mesi vissuti in solitudine. Non c’era neanche Giacomo, suo abituale compagno d’esilio, perciò si sentiva assai nervoso e senza voglia di far nulla anche se fu costretto ad uscire almeno per andare a cena. Decise di mangiare una pizza ed ascoltando il consiglio di Chiara, non ne ordinò una delle solite, ma una semplice napoletana, ripromettendosi di raccontarle della sua miracolosa “conversione” telefonandole appena dopo mangiato.

 

**

Per lei la serata fu ancora peggiore perché era ben consapevole di dover fare per sempre a meno dell’uomo che l’aveva così intrigata.

Cercò di svolgere i compiti di tutti i giorni, fece la spesa, si preparò la cena, stirò il bucato, annaffiò le piante, ma la malinconia che sentiva dentro la faceva stare male; non era facile rinunciare ad un sogno, eppure doveva farlo. Quando squillò il telefono di casa preferì non rispondere. Doveva essere la sorella o forse Massimo. Era lui perché subito dopo attaccò a chiamarla sul cellulare. Non rispose nemmeno questa volta. Non voleva sentirlo, aveva solo il desiderio di tornare a chiudersi in quel mondo tutto suo dove nessuno poteva trovarla né per darle felicità né per farle del male.  Prese uno dei suoi libri preferiti, di quelli New Age che la  aiutavano a ritrovare l’equilibrio interiore e se ne andò a letto a leggerlo fin quando, rasserenata dalle belle parole, si addormentò.

 

 

 


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Capitolo 10
*** 21 agosto - martedì ***


21 AGOSTO martedì

 

Ed il giorno dopo ricominciò tutto da capo, con gli stessi gesti, le stesse strade, le stesse paure, solo che adesso non poteva rituffarsi nella atarassia e nel grigiore quotidiano perché c’era Massimo a ricordarle le emozioni provate.

Allegro ed irruente come al solito, arrivò nel suo ufficio ancora vuoto.

- Si può sapere dove sei stata ieri sera? A casa non c’eri e sul cellulare non rispondevi - le chiese sedendosi sulla sua scrivania.

- Strano, sono stata a casa tutto il tempo. No, aspetta, a pensarci bene sono andata a prendere il bucato asciutto sul terrazzo.

- Possibile che dal terrazzo non sentivi il telefono?

- Guarda che io mi riferivo al terrazzo condominiale. Ma cosa credi che tenga il  bucato steso sul balcone di casa come nel migliore folklore napoletano? – lo rintuzzò facendo un po’ la spiritosa per mascherare la bugia.

- Va bene, sei perdonata. Però, poiché mi hai lasciato solo tutta la sera per colpa del tuo bucato, per farti perdonare davvero, stasera verrai a cena con me.

- Quanto mi dispiace, non posso! – recitò lei – Sono tornati Laura e Sergio e mi hanno invitato a vedere i filmini delle loro vacanze.

- Non potrei venirci anch’io?  Potresti presentarmi ai tuoi amici.

Lei finse di pensarci un poco su.

- No, non credo. – gli disse infine - Sai, Laura è un tipo piuttosto formale e non le fa piacere ricevere persone non conosciute  se non ha la casa pulita e la cena preparata a puntino. Scusa, sarà per un'altra volta.

- Detesto le persone così, meglio non conoscerla affatto la tua Laura.

Massimo questa volta  era davvero dispiaciuto però non insistette più.

**

Quella stessa sera, mentre si guardava intorno nell’allegra baraonda della casa di Laura e Sergio, Chiara si vergognò un poco di aver descritto la sua amica esattamente l’opposto di com’era: un tipo allegro che non si preoccupava se la casa era in disordine e non si faceva scrupolo di offrire per cena pane, formaggio ed uova al tegamino. Per questo aveva sempre tanti amici intorno, anche quella sera che era appena tornata dalle vacanze.

La persona che aveva descritto  era lei stessa, pignola e fissata al punto di privarsi della compagnia degli altri se non poteva avere tutto sotto controllo. Massimo aveva detto di detestare i tipi così e per fortuna non aveva avuto modo di conoscerla abbastanza per arrivare a detestare lei.




Ho postato la cronaca di questa giornata anche se è  molto breve. In effetti  è uno di quei giorni di cui vi dicevo prima nei quali  non avviene niente di speciale ma che sono ugualmente densi di emozioni. Chiara sta fingendo disinvoltura ma  deve ancora digerire la delusione provata. Soffre, però è ben decisa a togliersi Massimo dal cuore. Quest’ultimo, dal canto suo, vorrebbe che tutto tornasse come prima. Ha intuito che sta succedendo qualcosa ma ritiene sia meglio non approfondire per non dover affrontare discorsi imbarazzanti (come avete fatto giustamente  notare voi, comportamento tipico degli uomini).

È stato questo il motivo per cui ho deciso di lasciarli un po’ a riflettere sul loro rapporto in attesa che uno dei due trovi il coraggio di chiarirsi.

Continuerete a seguirmi? Mi auguro di sì. Ho cercato di raccontarvi di  Chiara e Massimo  come se fossero due normalissimi “ragazzi della porta accanto” ed i pareri che esprimete su di loro e sugli altri personaggi nelle vostre (graditissime) recensioni mi danno (e spero, continueranno a darmi)  la misura di quanto io sia riuscita a renderli plausibili nel bene e nel male.

 Grazie a tutte.

 


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Capitolo 11
*** 22 agosto - mercoledì ***


22 AGOSTO mercoledì

 

Erano circa le 10 del mattino e Chiara stava parlando nel corridoio con un collega dell’ufficio tecnico quando dovette precipitarsi nella sua stanza perché il telefono squillava. Era Massimo. Non si aspettava di sentirlo anche perché aveva saputo dall’usciere che quella mattina l’ispettore era uscito.

- Chiara – le disse senza neanche ricordarsi di salutarla – non trovo più il portafoglio. Ho paura di averlo perso.

- Avevi molti soldi dentro?

- No, c’era poco, ma m’interessano le carte di credito perché nel caso devo provvedere a bloccarle. Però ho un’ultima speranza: vorresti controllare se è  sulla mia scrivania,  per favore?

- Vado subito. Ma ieri non lo avevi con te?

- Sì, però sono passato in ufficio stamattina presto a prendere dei documenti e forse, per forza d’abitudine, l’ho lasciato lì.

- Vado a controllare e  ti richiamo sul cellulare.

La ragazza entrò nella bella stanza riservata agli ispettori dove si sentiva una disgustosa puzza di fumo. Arricciò il naso e corse ad aprire la finestra, poi si affrettò a controllare sulla scrivania, piena zeppa di carte. Purtroppo non c’era niente. Stava quasi per scoraggiarsi quando le venne l’idea di guardare anche nel cassetto. Per fortuna Massimo aveva dimenticato le chiavi nella serratura. Dentro c’era un disordine spaventoso e dovette frugare tra mille cose, ma alla fine trovò il portafoglio. Molto contenta, lo aprì per controllare se dentro ci fossero ancora i soldi e le carte di credito e constatò con soddisfazione che era ancora tutto lì. Non poté fare a meno di notare che conteneva anche alcune fotografie. L’educazione le suggeriva di rimetterlo a posto e di andare subito a rassicurare il proprietario, ma infine era pur sempre una donna e la curiosità di guardare le foto fu più forte di lei.

Le tirò fuori e si mise ad osservarle: erano due, una sull’altra. La prima ritraeva Massimo in canottiera e con un buffo berretto in testa che teneva in braccio  due donne, una su ogni gamba. C’era una simpatica signora anziana, probabilmente la madre perché gli somigliava moltissimo, ed una ragazza giovane, molto carina, con i capelli biondi portati corti ed uno splendido fisico slanciato.

- Forse è la sorella -   si disse, ma le sue speranze furono deluse dalla seconda foto.

Ritraeva un gruppo familiare formato da parecchi adulti e bambini. Tra le varie persone, si vedeva ancora la signora anziana della precedente foto, sottobraccio ad un uomo con i capelli bianchi. C’era anche Massimo che, alle spalle della  ragazza di prima, la circondava con le braccia e le baciava il collo, in quel gesto tenero che aveva usato tante volte anche con lei.

Altro che sorella! Si sentì stringere il cuore mentre rimetteva le foto dove le aveva trovate.

Quando lo richiamò per rassicurarlo, sperò in cuor suo che troncasse presto la conversazione, ma l’uomo, contento per la noia risparmiatasi, le chiese se la sera fosse stata disponibile ad uscire.

- Non credo, non mi sento bene. Ho mal di schiena – gli mentì.

- Mi dispiace, allora è per questo che hai la voce così mogia. Però potrei venire da te a farti uno dei miei famosi massaggi…

- No, grazie, preferisco prendere un antinfiammatorio.

- Mentre invece notoriamente i miei massaggi ti infiammano, non è così?

Capì che Massimo stava solo scherzando e non voleva umiliarla, ma lei  ora si vergognava di aver avuto tanta intimità fisica con quell’uomo sconosciuto, si sentiva come se si fosse privata di  una parte profonda di se stessa senza sapere  a chi l’avesse data. Preferì non aggiungere altro e lo salutò soltanto con la solita dolcezza, aggiungendo:

- Se hai bisogno di qualcosa chiamami pure.

 

**

Ed infatti Massimo richiamò ancora per farsi dare un numero di telefono ed un’altra volta per farsi indicare una strada, informandosi però sempre sulla sua salute. Nel sentirla molto giù, finì per preoccuparsi davvero e si offrì, senza altri scopi, di farle compagnia la sera.

Naturalmente Chiara rifiutò ancora. Mai come quel giorno aveva bisogno di stargli lontana.

Nonostante tutto riuscì persino a passare una serata tranquilla occupandosi delle nuove piante per il terrazzo che le portò il giardiniere di fiducia.

La sua casa era l’unico posto al mondo dove si sentiva protetta e ritrovava un po’ di pace.

Anche questo capitolo è stato molto breve ed interlocutorio. In effetti Pirilla e Cricri hanno già  colto benissimo il tipo che ho voluto descrivere nel personaggio di Chiara: una persona troppo fragile per avere voglia di lottare e forse anche  un po’ troppo timorosa. Ma da qualche accenno che ho già dato, si può comprendere che la sua precedente esperienza sentimentale non deve essere stata molto felice e l’aver scoperto che Massimo ha un’altra ragazza di sicuro non l’ha aiutata. Ma forse non è proprio così…

Ringrazio tutte quelle che hanno messo  questa storia tra le preferite e le seguite ed in particolare Vale728 che l’ha anche recensita. Sono tanto felice che vi stia piacendo e vi prometto che aggiornerò quasi ogni giorno anche perché desidero che  le sensazioni dell’estate che volge pian piano al termine siano ancora vivide  in tutte le mie  lettrici. In realtà tutta la vicenda si svolgerà nell’arco di un mese , motivo per il quale ho scelto di narrarla come se fosse un diario, riportando la cronaca fedele non solo dei giorni in cui avviene molto poco ma anche di quelli dove finalmente succederà qualcosa. Continuate a seguirmi, mi raccomando.  

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Capitolo 12
*** 23 agosto - giovedì ***


Wow, quante nuove lettrici e quanti nuovi nomi tra le seguite e le preferite! Senza contare le mie fedelissime Arte, Cricri, Vale, Xsemprenoi e Pirilla che continuano a recensire con grande partecipazione! L’unica cosa che posso fare per ringraziarvi tutte dell’attenzione che mi state dando, è postare subito un aggiornamento.

Anche questo capitolo sarà breve ma vi racconterò una giornata decisiva nell’economia della storia:



23 AGOSTO giovedì

 

Le ore  in ufficio erano  trascorse senza intoppi. Chiara aveva riflettuto tanto sulla sua situazione, convincendosi sempre più di aver fatto la scelta migliore. Continuando a rifiutarsi di vederlo, forse presto Massimo si sarebbe stancato e sarebbe finito tutto così com’era cominciato. Stava cercando di riprendere la solita vita, una vita che le aveva insegnato a convivere con la tristezza. Per un po’ aveva creduto di riuscire a  cambiarla con la gioia di vivere, ma ora che era ritornata, così come in quella vecchia canzone degli anni cinquanta, l’accoglieva quasi come una vecchia conoscenza che le faceva compagnia. Odiava quell’altra Chiara, quella sbucata fuori per un po’ che, fiduciosa e pimpante, si era rallegrata per l’amore di un uomo che in realtà non aveva mai posseduto.

- “Le solite cose di ogni giorno, senza pensare, senza ricordare” – si diceva mentre faceva la spesa al supermercato comprando cibo che non avrebbe mai mangiato perché quando era triste lo stomaco le si chiudeva e tirava avanti con poco.

Quella sera cenò con una scatoletta di carne che mangiò senza neanche metterla nel piatto e due pere. Dopo si  adagiò nella vasca colma di bagno schiuma allo  zenzero. Rimase lì a lungo, alla luce delle candele, con un disco di Enya a fare da sottofondo.

Come le avevano insegnato al corso di qi-gong frequentato l’autunno precedente insieme a Giovanni, provò a controllare la respirazione e a fare del dolore che le vibrava dentro una palla luminosa da respingere mentalmente lontano. Si sentì molto meglio, ma  mentre si asciugava e si cospargeva di crema profumata, il tocco delle sue stesse mani le rammentò quello delle mani di Massimo e provò una rabbia fortissima nei confronti del suo corpo che, ostinato, si rifiutava di dimenticare le dolcissime sensazioni provate.

Decise di riprendere un lavoro trascurato da un po’: il restauro di un antico quadretto ad olio molto rovinato scovato su una bancarella qualche tempo prima. Dopo la sua paziente opera, sarebbe diventato uno splendido regalo da fare a Federica il Natale successivo.

Intanto era scesa la notte.

Accese la luce sul terrazzo dove stava lavorando ed anche alcune candele di citronella per tenere lontano le zanzare. Il lavoro manuale la rilassò tanto che lo squillare improvviso del citofono la fece sussultare. Dopo un attimo di incertezza, andò a rispondere.

-  Sono io, mi apri? – udì la voce allegra di Massimo il quale aggiunse subito dopo rivolto a qualcuno - Grazie signora, lasci pure aperto… Non c’è bisogno,Chiara, sto salendo.

Fu presa dal panico. Cosa doveva fare? Poteva mai lasciarlo fuori? In un attimo si ricordò di avere addosso un  camicione sformato tutto sporco di pittura e si agitò ancora di più perché non voleva farsi trovare in quel modo. Corse in camera, ma il tempo di vestirsi non c’era. Aprì il cassetto ed afferrò la prima cosa nuova che le venne per le mani e cioè un pigiama  di raso, pantaloncino e top, regalatole dalle amiche per il suo onomastico. Si strappò di dosso il camicione, lo buttò nel cassetto ed infilò il completino senza neanche guardarsi allo specchio perché dovette correre ad aprire al giovane che strombazzava al campanello già da un po’.

- Finalmente! – protestò spazientito non  appena gli ebbe aperto la porta – Credevo volessi lasciarmi fuori dalla porta! – poi, notando che indossava un pigiama, commentò sorridendo:

- Mi fa piacere di vederti già pronta per andare a letto.

Chiara non raccolse l’allusione e, seria in volto, gli fece brusca:

- Dai, entra. Lo sai, vado a dormire presto.

- Presto sì, ma non con le galline!

- Non aspettavo visite e mi ero messa già in libertà.  Che cos’è quello? – gli chiese indicando un cartoccio argentato che lui teneva in mano.

- Ho portato il tuo gelato preferito.

- Grazie, non dovevi disturbarti. Ma è  mezzo sciolto! – protestò prendendogli dalle mani l’incarto che gocciolava.

- Non è colpa mia, fa un caldo boia e l’unica gelateria aperta è quella in piazza.

- Ci conviene mangiarlo subito, allora.

Si diresse al lavello per prendere delle coppette. Il giovane la seguì, notando con piacere la frescura di quella casa che insieme al profumo diffuso, alla penombra ed alla musica, la rendevano quasi un’oasi. Poi osservò Chiara. Se quest’ultima si fosse guardata allo specchio prima di correre ad aprire, non avrebbe di certo indossato proprio  quel pigiama perché il rosa acceso brillava sulla pelle abbronzata e la stoffa di raso metteva in risalto, rendendola ancora più morbida, ogni curva del suo corpo. Massimo non seppe resistere, le si avvicinò alle spalle e le posò un bacio sul collo.

- Sta’ buono! – gli intimò lei divincolandosi e con un tono molto infastidito – Sto preparando il gelato, non vedi?

In effetti aveva preparato delle palline perfette con l’apposito attrezzo ed ora era tutta impegnata a decorarle con dei biscottini e della granella di cioccolato.

- Ma dai, non fare la pignola, prendi due cucchiai e via! – la prese in giro lui.

Chiara si voltò a guardarlo con freddezza, mostrando di non gradire lo scherzo.

- Forse non mi hai capito bene, - gli disse, irritata - io se faccio una cosa devo farla perfetta!

- Ho capito, stasera stai nera. Va bene, ora me ne vado sul terrazzo a fumare.

- Bene, così non mi appuzzolentisci casa.

Lui sospirò  alzando un sopracciglio come per dirle  “che pazienza ci vuole con te!” e  uscì sul balcone.

Qui l’atmosfera ovattata che si godeva in casa era ancora più evidente: il panorama di Napoli acceso di mille luci, il silenzio rotto soltanto dai grilli ed un profumo inebriante davano la sensazione di essere entrati in una dimensione di calma e di armonia al di là di ogni luogo fisico. Notando una pianta mai vista prima, le chiese:

- È nuova questa pianta? Cos’è? È profumatissima!

-  Un gelsomino di Spagna, l’ho messo ieri sera – gli rispose lei dall’interno.

- Ma tu ieri sera non avevi mal di schiena?

- Non l’ho portata io, scemo, è stato il giardiniere. L’ho pagata un sacco di soldi però  la desideravo da tanto. Ti piace il profumo?

- Sì, anche se è un po’ forte. D’altronde qui dentro profuma tutto, te compresa.

Poi l’uomo si distrasse notando il quadretto sul tavolo.

 - E quello cos’è? – le domandò.

- Ah questo! – rispose Chiara uscendo con le coppette di gelato e porgendogliene una – È un quadretto che sto restaurando.

- Sai farlo davvero?

- Certo, ho studiato restauro. Ma dimmi, oltre al gelato, a cosa debbo l’onore della tua visita? – tagliò corto.

- È il classico “se la montagna non va da Maometto…” Sono giorni che ti stai rifiutando di vedermi!

- Non è vero. Ho avuto da fare, te l’ho detto.

- E stasera cosa avevi da fare? Ascoltare musica e restaurare il quadretto?

- Lo sai che sei un bel presuntuoso? – gli rispose seria mentre leccava un cucchiaino di gelato – Non ti sfiora nemmeno l’idea che possa preferire una tranquilla serata a casa mia invece di uscire con te?

Massimo posò il bicchiere senza nemmeno averne toccato il contenuto e le chiese, molto serio:

- Chiara, dimmi la verità, ho fatto qualcosa che ti è dispiaciuta?

- Ma no, non hai fatto niente!

- Allora come è possibile che sei così cambiata da un momento all’altro?

Lei non rispose ma aveva sul viso un’espressione amareggiata.

- Detesto quando le donne pretendono che tu capisca i loro stati d’animo e non hanno il coraggio di dirti apertamente quello che non va! – sbottò, irritato da quel silenzio.

- Ma che vuoi? – lo investì la ragazza -  Non c’è niente. D’altronde non mi sembrava che avessimo fatto un patto per cui siamo obbligati a vederci tutti i giorni.

Massimo sospirò e decise di buttarla sullo scherzo.

 - Ho capito – le disse sorridendo – è stato il tuo fidanzato, quel Mario, a dirti che dobbiamo smettere di vederci altrimenti commette un delitto d’onore.

Chiara gli lanciò un’occhiataccia.

- Quanto sei fesso!  E credi pure di essere spiritoso! Non c’è nessun fidanzato, perché se ci fosse stato qualcuno te l’avrei detto, io – e sottolineò l’ultima parola.

- Ecco, finalmente siamo riusciti a tirare fuori il rospo! – proruppe il giovane – È la faccenda di Daniela ad esserti andata storta, vero? Eppure te lo volevo dire subito come stavano le cose, sei stata tu a dirmi che non ti interessava.

- Ed infatti non me ne importa un accidente!

- Daniela è solo un’amica  - continuò, ignorando quella bugia.

La ragazza proruppe in un risolino amaro e  pieno di sarcasmo.

- E va bene! – si corresse lui  - È una mia ex. Sei contenta adesso?

- “Scusami tesoruccio, abbi pazienza, non sapevo che tu fossi tornata, altrimenti correvo subito da te”… – lo canzonò l’altra – Non mi è sembrato che ti rivolgessi ad una ex. E la cosa più bella è che hai fatto di tutto per farmelo sentire. Grazie per la delicatezza, sai! – concluse, assai stizzita.

- Lo vedi? È stato questo a farti arrabbiare. Comunque te l’assicuro, tra me e lei è tutto finito. Abbiamo vissuto insieme per un periodo e forse è per questo che siamo rimasti un po’ più legati, ma è finita già da quando ho cominciato il lavoro d’ispettore.

Chiara gli gettò uno sguardo di disprezzo poi se n’andò in cucina a  lavare i bicchieri sporchi. Lui la seguì, desideroso di continuare la conversazione.

- Ma perché ti sei arrabbiata così? Te lo giuro,  non l’amo più, devo solo trovare il coraggio di troncare definitivamente - cercò di rassicurarla.

Un’ondata di disgusto assalì la ragazza a cui sembrava di star ripetendo un copione già recitato troppe volte. Furente, si girò a guardarlo in faccia e gli disse:

- E va bene, lo ammetto, sono arrabbiata, ma non perché mi importi qualcosa di te, solo perché … e che diamine! Siamo stati giorni a raccontarci cazzate e non ti ha mai sfiorato l’idea di dirmi che eri legato ad un’altra? Di cosa avevi paura, che me ne scappassi?

Con gli occhi bassi per la mortificazione, Massimo le confidò:

- Sono stato così bene con te da dimenticarmi completamente di Daniela.

Era stato sincero ma Chiara non arrivava a credere alla sua buona fede e poi, anche se fosse stato così, non ne avrebbe provato alcuna soddisfazione.

- Se credi di starmi facendo un complimento ti sbagli di grosso. Io non voglio farti dimenticare nessuna – gli disse -  e poi, insomma… - esitò – …anch’io sono stata bene, abbiamo passato giorni bellissimi, ci siamo fatti delle scopate stupende, ma ora... ecco, io rivoglio la mia vita e le mie abitudini. Scusami ma Daniela o no, io non ho nessuna intenzione di prendere nessun impegno, neanche quello di uscire con te se non mi va!

Massimo se ne stava fermo lì, semiseduto sul tavolo, con le braccia appoggiate su di esso e la guardava serio. Stava pensando a quante volte lui stesso aveva fatto quel medesimo discorso per liberarsi di un legame che cominciava a soffocarlo.  Da Chiara però non se lo sarebbe mai aspettato. Lei non era il tipo da una botta e via, pur non conoscendola ancora bene, su questo sarebbe stato pronto a giurarci. Qualcosa doveva averla turbata o forse era l’esperienza dolorosa che si era lasciata alle spalle che non le consentiva di credergli quando le assicurava che tra lui e Daniela era tutto finito. Ma poi era davvero così? In fondo continuava a vedere la sua ex quasi ogni volta che tornava a Bologna ed anche se per lui era diventata solo un’abitudine, certamente la rottura definitiva con lei era una cosa ancora da venire.

Si sentiva in colpa nei confronti di Chiara ma non trovava parole per rassicurarla così se ne stava in silenzio a guardarla soltanto.

La ragazza intanto era fiera di sé perché era riuscita a fingere di non star soffrendo come si era ripromessa di fare. Lo guardava a sua volta mentre la fissava con quell’aria seria, senza dir nulla. Suo malgrado lo trovava ancora più affascinante con il viso assorto e gli occhi chiari, all’improvviso pieni di malinconia. Come avrebbe fatto a rinunciare a lui? Come poteva rifiutare anche quel poco che poteva darle? Suo malgrado, attratta dal suo sguardo, gli si avvicinò e gli accarezzò una guancia. Cercando di minimizzare la sfuriata di prima, gli mormorò:

- Comunque non è detto che dobbiamo troncare del tutto, potremmo ancora vederci qualche volta.

Massimo non la lasciò finire, le mise una mano sulla nuca e l’attirò a sé, cominciando a baciarla.

Ne sentì la bocca fresca che sapeva ancora di cioccolato, il corpo soffice e caldo e la morbidezza della  pelle che si confondeva con quella del raso. La strinse sempre più forte,  avvertendo sul proprio petto, attraverso la stoffa leggera della camicia, il turgore del suo seno. La desiderava da morire ed anche lei gli si  stringeva contro dimostrandogli la stessa voglia. Sarebbe bastato che la mano con cui  ora le accarezzava la schiena si fosse infilata nel pantaloncino di raso a farle una carezza più intima per vincere ogni sua resistenza. Ma non voleva farlo. Non sapeva cosa stesse passando in quella bella testolina, ma avvertiva chiaramente che la ragazza non aveva più quel giocoso abbandono che l’aveva così conquistato. Decise di lasciarla stare, perlomeno fino a quando non avesse avuto di nuovo fiducia in lui.

A fatica la  scostò e con la bocca ancora affondata  nei suoi capelli, le sussurrò:

- E va bene, piccolina, se non ne hai voglia non insisto, però devi promettermi che appena l’avrai di nuovo mi farai un fischio, così potrò correre subito.

Sorridendo le accarezzava con dolcezza il viso con una tenerezza che non avrebbe mai creduto di possedere.

Chiara era rimasta come un leprotto sfuggito per miracolo dagli artigli di un’aquila. Non sapeva cosa fare, combattuta com’era tra l’amore e la voglia di fuggire.  Poi decise di rifletterci un po’ su.

 - Va bene, ma adesso è meglio se vai via. Ti accompagno alla porta – gli sussurrò.

- Sì, è meglio.

Con un lieve bacio sulla bocca, Massimo la salutò e se ne tornò in albergo.






Letto? Che ne pensate?  Spero di aver dato ai comportamenti dei miei personaggi una certa veridicità. Non volevo infatti  che Massimo fosse una carogna ma solo il classico maschietto un po’ troppo superficiale e dietro la sensibilità e l’incertezza di Chiara volevo far trasparire  anche  i motivi per cui lei non vuole più abbandonarsi all’amore. Spero di esserci riuscita.


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Capitolo 13
*** 24 agosto -venerdì ***


 

24 AGOSTO Venerdì

 

Massimo se ne stava chiuso nella sua stanza d’ufficio a fumare ed a giocherellare con le chiavi dell’auto. Avrebbe dovuto essere uscito già da un bel pezzo, ma non si decideva a farlo. Stava pensando allo sbaglio commesso facendosi trascinare ancora una volta in una storia con una collega. Non riusciva più a lavorare bene in questi casi ed anche quella mattina stava trascurando i suoi impegni perché pensava che Chiara era lì, a poche porte di distanza, su quello stesso piano. Avrebbe potuto andare da lei e parlarle. Ma per dirle cosa?

Questa volta non era stata colpa sua, non l’aveva puntata perché voleva sedurla, era successo tutto così, per caso. Però doveva ammettere di essere rimasto più coinvolto di quanto non gli fosse mai accaduto prima.  Quella ragazza gli piaceva da morire, era inutile negarlo, però continuava a non capirla e di conseguenza non sapeva come comportarsi con lei.  Anche adesso era incerto se andare a chiederle di trascorre il week end insieme, non aveva importanza dove, tanto sarebbe stato bellissimo anche stare in città nel suo delizioso appartamentino, oppure prendere un aereo nel pomeriggio e ritornare a casa. Da una parte desiderava  ripetere l’esperienza vissuta appena una settimana prima perché non era mai stato tanto bene con una donna, dall’altra temeva che l’atmosfera idilliaca si fosse oramai dissolta ed avrebbero finito per litigare addirittura. Se partiva però, avrebbe dovuto rivedere Daniela e di certo avrebbe litigato con lei. Comunque si metteva, il fine settimana non si preannunciava piacevole. Alla fine decise che a Bologna ci sarebbe dovuto andare per forza, se non altro per il prosaico motivo che aveva finito tutte le camicie pulite e già da un po’ la lavanderia in cui si serviva a Napoli era chiusa per ferie.

**

Nella tranquillità del suo ufficio, Chiara intanto si stava godendo l’ultima giornata di pace prima del rientro il lunedì successivo del capo e di buona parte dei colleghi. Ne stava approfittando per mettere tutto in ordine, catalogare la posta, sistemare gli scaffali. Era una cosa in cui era imbattibile e questa sua qualità si integrava con l’intelligenza e la preparazione di Federica e le capacità relazionali di Rossana. Loro tre insieme erano una vera squadra e soltanto il suo ottimo rapporto con le colleghe le dava la forza di resistere lì dentro. Quell’impiego non le piaceva affatto, non era adatto alla sua personalità anche se si sforzava di svolgerlo al meglio e poteva apparire un’impiegata modello. Tutto quanto era disordine e confusione l’agitava, lei era fatta per la pazienza, la costanza e la calma. Avrebbe voluto la vita come un puzzle, dove ogni tassello aveva il suo posto. Non sopportava l’improvvisazione e l’imprevisto, cose che in quel lavoro erano invece all’ordine del giorno.

- “Non puoi catalogare tutto, altrimenti come la metti con la tua storia con Massimo? È il caso di infilarla nel dossier “Stavolta non ci casco” oppure in quello “Errori in corso”?” – si diceva tra sé quella mattina trovando persino la forza di sorridere di se stessa.

Come se lo avesse evocato, all’improvviso lui entrò dalla porta, con la ventiquattrore in una mano e l’altra che reggeva la giacca buttata su una spalla.

- Ciao, piccolina, come va? – le si rivolse, allegro come sempre.

- Bene grazie – la donna lo guardò un po’ perplessa per riuscire a capire dove voleva andare a parare.

- Ho bisogno di un grosso favore. Mi puoi prendere i biglietti per un aereo per Bologna intorno alle 17 di oggi? – le disse con disinvoltura, togliendole subito ogni dubbio.

- Non posso, lo sai, è vietato entrare nei programmi per conto di altri – gli rispose fredda, non tanto per ciò che le stava chiedendo, quanto per il pensiero stizzoso che le aveva attraversato come un lampo la mente: - “È naturale, deve correre da Danielina sua!”

- Dai, per favore, devo uscire e sono già in ritardo. Poi quell’accidenti di procedura proprio non la so usare, mi fa perdere un sacco di tempo.

La guardava implorandola con gli occhi dolci ed un’espressione  simpatica sul volto  per farla cedere.

- E va bene, chi deve autorizzare?

- Devi chiamare Sara Cori a questo numero. Ecco, te lo segno – le disse scrivendolo su di un foglio –  Questa invece è la password per entrare a mio nome.

Sara gli prese il foglietto dalle mani, lo lesse ed assunse un’espressione sdegnata.

- Bell’ispettore sei! E tu dovresti essere pure quello che controlla  le  nostre irregolarità! – lo rimproverò facendo una smorfia.

- Su, non esagerare! Te l’ho data solo perché mi fido di te come di me stesso – le rispose sorridendo – E poi – scherzò -  se invece richiedi a mio nome  i biglietti per le Maldive,  vuol dire che ce ne scappiamo insieme e chi si è visto si è visto!  Grazie!

Le fece una carezza affettuosa tra i riccetti neri e scappò via.

 

**

 

Chiara entrò nella procedura con le credenziali di Massimo e richiese i biglietti poi telefonò al numero che le aveva dato per chiedere alla collega l’autorizzazione. Purtroppo non le rispose nessuno. Provò numerose altre volte. Alla fine era davvero preoccupata perché non voleva lasciarlo senza biglietti ed erano già quasi le due. Con tutta la sua costanza, provò ogni cinque minuti, tralasciando anche di fare la pausa pranzo, tanto si era portata da casa solo un po’ di frutta che mangiò senza nemmeno alzarsi dalla scrivania. Ci riuscì soltanto alle tre quando finalmente una voce cordiale le rispose: “Sara Cori, in cosa posso esserle utile?”

- Buongiorno signora, sono  una collega della filiale di Napoli, Chiara Corradini, e chiamo per conto del dottor Corona.

- Ah, e come sta quella bella testa di legno? – tagliò subito corto la sua interlocutrice, abbandonando il tono professionale.

- Bene. Deve partire oggi per Bologna ed ha bisogno della sua convalida per avere i biglietti aerei.

- Va bene, dammi il numero della richiesta.

Chiara glielo riferì e la sentì mettersi all’opera.

- L’ha fatta fare a te, non è vero? – le chiese dopo poco con tono confidenziale – È inutile, sono tutti uguali i maschietti: quando si tratta di queste cose hanno sempre bisogno di una mano. D’altra parte Massimo te lo chiede sfoderando tanto di quel fascino che è difficile dirgli di no. E non  solo alle sue richieste di biglietti, se è per questo.

Ridacchiò tutta allusiva, ma poi, sentendo un silenzio imbarazzato dall’altra parte, si chiese se per caso non avesse colto nel segno.

- Ok, l’ho autorizzata, ora tocca a te girarla all’aeroporto per il biglietto elettronico.

- Grazie  e buona giornata – la salutò la ragazza che avrebbe desiderato terminare quel colloquio, ma la collega non era stata abbastanza soddisfatta nella sua curiosità e non voleva perdere l’occasione di darle qualche consiglio non richiesto.

Le disse:

- Ascolta Chiara, ti chiami così no? Dalla voce mi sembri giovane.

- Ho trentaquattro anni.

- E sei anche carina per caso?

- Non lo so, così mi dicono a volte – rispose imbarazzata.

- Bene, allora ascolta un consiglio da una che ti potrebbe essere mamma: stai attenta perché quello lì ha spezzato parecchi cuori!

- Non si preoccupi signora, non è il mio caso.

- Meglio così allora. Ciao e salutami tanto il nostro dongiovanni.

Chiara posò il telefono e rimase un attimo interdetta. Aveva voglia di non completare la procedura e lasciarlo senza biglietto, “quello lì”, ma poi il pensiero che era comunque un suo superiore e che inoltre le aveva chiesto un piacere, la spinse a schiacciare il tasto.

- “Ci devo stare attenta – pensò tra sé – se una che non mi conosce nemmeno e che ho sentito solo per telefono ha intuito qualcosa della mia storia con Massimo che succederà quando lunedì torneranno tutti? Finirò per diventare il gossip dell’estate!”

Era davvero preoccupata perché viveva in un ambiente molto pettegolo e finire sulla bocca di tutti, a lei così riservata, proprio non andava giù. Già era stato difficile quando, non si sa come, era venuta fuori la faccenda di Marco. Aveva saputo che in parecchi si erano sentiti in dovere di tranciare giudizi e soltanto la sua condotta quasi monacale aveva impedito che cominciassero a trattarla come una puttana rovina famiglie. Ora ci mancava solo la relazione con il bell’ispettore e stava a posto!

 

**

 

Per tutto il resto della giornata era rimasta a rimuginare i propri pensieri e solo la sera si ricordò di aver promesso a Cristina di andarle a tenere i bambini per farla riposare un poco  il giorno successivo. Oramai era tardi per organizzare la partenza per Ischia, ma faceva sempre in tempo a prendere un aliscafo l’indomani mattina presto. Le telefonò per dirglielo e fu grande il suo sollievo quando la sorella le comunicò che il giorno dopo doveva ospitare la cognata con la famiglia e non avrebbe potuto andare al mare.

- Comunque – le disse  - se vuoi venire sei sempre la padrona.

- Non è il caso, grazie. Avrai già il tuo bel daffare con Anna e la sua truppa. Non ti invidio proprio!

- Pazienza, è il mio destino! – sospirò l’altra, rassegnata, ma poi non seppe resistere oltre e le fece la domanda che le bruciava dentro da quando avevano incominciato a parlare.

 - Ti vedi con Massimo domani?

- No, è andato a casa sua e poi … tra noi è finita.

- Ma come? Sembravate così innamorati tutt’e due!

- Chi te l’ha detta questa cosa qui? Non c’è stato niente di serio, solo un’avventura passeggera.

- Chiara, a chi la vuoi dare a bere?

- Scusa, non eri tu quella che mi consigliava di stare attenta e di non farmi prendere in giro? Ebbene, ora che ho troncato, te ne esci  fuori con l’amore?

- In verità Riccardo ed io eravamo preoccupati per te, che potessi rimanere scottata un’altra volta.

- E che dovrei fare, secondo te, ringraziarvi pure per l’interessamento?  Anzi, già che siamo in argomento, vi prego per il futuro di non occuparvi più della mia vita privata altrimenti sarò costretta a non farmi vedere più.

- Ma no, sorellina, non fare così. Noi ti vogliamo bene!

- Che bel modo di dimostrarmelo, specialmente tuo marito.

- Hai ragione. Riccardo sa essere molto spiacevole quando ci si mette. Ho litigato con lui per come ti ha trattata domenica scorsa, sai? Però cerca di capirlo: lui ti considera come una figlia e vorrebbe vederti sistemata con un bravo ragazzo.

- Non sono sua figlia e poi sono abbastanza grande per vedermela da sola.

- Questo è vero però non mi sembra neanche il caso di buttarti via così. Andarci a letto dopo solo tre giorni che lo conoscevi!

- Se vuoi proprio saperlo ci sono andata il giorno dopo – la interruppe, molto irritata – Ma cosa credete che abbia preso i voti? In fondo sono una donna anch’io e poiché mi andava, ho fatto bene a farlo, il lasciato è perduto!

- E adesso sei a pezzi - osservò Cristina.

- Non è vero, sto benissimo. Almeno mi sono presa la soddisfazione di averlo lasciato io prima che si stancasse lui di me.

- Davvero? Deve avertela fatta grossa, allora.

- Non mi ha fatto nulla, ma ho capito lo stesso che non è cosa per me. Ho preferito troncare prima di attaccarmi a lui.

Cristina sospirò. Avrebbe desiderato sentirsi rassicurata dalle dichiarazioni della sorella però la conosceva troppo bene per sapere che non sarebbe mai andata con un uomo senza esserne davvero innamorata.

- Ascolta – le sussurrò con dolcezza materna – se hai bisogno di qualcosa, anche solo di parlare, ricordati che io per te ci sono sempre. E Riccardo lo terremo fuori, non ti preoccupare.

Chiara si mise a ridere.

- Speriamo, solo tu riesci a sopportare quell’impiastro! Grazie e stai tranquilla – la rassicurò  prima di salutarla.

Quando riattaccò il telefono, si chiese come fosse riuscita a nascondere tanto bene il proprio stato d’animo. Si sentiva davvero a pezzi perché si era innamorata di Massimo, anche se non lo voleva ammettere neanche con se stessa.

- “È inutile fare la sbruffona, se ieri non fosse stato lui a lasciarmi andare, avrei finito per farci ancora all’amore, magari per piangere ora come un coccodrillo” – pensò.

Però aveva fatto bene a non dirlo a Cristina. Si sarebbe solo preoccupata inutilmente e non voleva più pesare su di lei.

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Capitolo 14
*** 25 agosto- sabato ***


25 AGOSTO Sabato

 

Si era visto con Daniela verso le otto di sera e l’aveva portata a cena nel solito ristorante. Lì avevano incontrato degli amici e si erano uniti a loro. Dopo, qualcuno aveva proposto di andare a ballare e Massimo, che detestava farlo, questa volta stranamente aveva acconsentito di buon grado. La ragazza ne era rimasta un po’ meravigliata, ma poiché a lei ballare piaceva moltissimo, non aveva voluto approfondire, approfittando dell’occasione.

Lanciata sulla pista in una serie di balli latino-americani era davvero carina, con le belle gambe lunghe ed i movimenti armoniosi del corpo alto e snello. Massimo la osservava danzare e si diceva che era un vero fesso a farsi scappare una bella ragazza così, con quel po’ po’ di fisico e quei grandi occhi verdi. Purtroppo non riusciva a smettere di pensare ad altri occhi, scuri come la notte e come questa profondi e misteriosi.

Era tutto inutile, quella sera non ce la faceva a fare come se non fosse successo nulla, doveva dirlo a Daniela. Però non voleva confessarle la sua storia con Chiara solo per scaricarsi la coscienza e tirare avanti come avevano fatto negli ultimi tre anni, voleva farlo perché era venuto di sicuro il momento di chiarire la loro situazione. Purtroppo la reazione della donna non sarebbe stata piacevole e civile perché era una persona che quando s’incazzava lo faceva di brutto. Questo lo sapeva per esperienza e probabilmente, nonostante la lontananza e qualche suo precedente tradimento, forse ci teneva ancora a lui per cui non aveva trovato ancora il coraggio di affrontare l’argomento.

Quando uscirono dalla sala e salutarono gli amici, le fece una proposta:

-  Cosa ne dici di andare a bere una birra in quel pub vicino casa tua? Ne ho voglia. E tu?

Daniela lo guardò stupita però poi fece di sì, annuendo con il visetto sottile.

Appena entrati nel locale si resero conto di essere i più anziani lì in mezzo perché era gremito di ragazzini vocianti. Massimo volle sedersi lo stesso all’unico tavolino libero. Ordinarono birra e patatine e nell’attesa parlarono un po’ di una coppia di amici che si era appena separata e  di un’altra che invece aspettava un bambino.

Quando arrivò la birra, Daniela ne bevve un sorso, mangiò una patatina e poi, interrompendo una lunga dissertazione del giovane sulla differenza di gusto tra le birre chiare e quelle scure, gli chiese a bruciapelo:

- Hai un’altra?

- Cosa? – le fece lui, preso alla sprovvista – Che stai dicendo?

- Dico che, se ben ti conosco, dopo quasi due mesi che non ci vediamo non mi avresti portato al ristorante, a ballare e in birreria, ma non avresti visto l’ora di salire su da me per infilarti nelle mie mutande. Allora, parla, ce l’hai o no un’altra?

Si era preparato mentalmente tutto il discorso da fare per raccontarle di Chiara ma forse era meglio così: parlare franco, senza tanti ragionamenti arzigogolati. D’altronde era proprio questo che gli era sempre piaciuto di Daniela: era una donna molto diretta, le cose non te le mandava a dire.

- Sì – le rispose semplicemente e… si beccò un sonoro ceffone.

- Sei uno stronzo ed io che sto ancora a perdere tempo con te! – urlò la ragazza alzandosi in piedi.

- Non fare così, parliamone.

Cercò di trattenerla per un braccio. Lei si divincolò e se ne andò lasciandolo solo come uno stupido.

Si guardò intorno. Dopo la scenata appena successa, dai tavoli accanto i ragazzini stavano tutti a fissarlo. Un po’ imbarazzato rimase a lisciarsi la barba, poi alzando il bicchiere e facendo un accenno di brindisi verso i vicini di tavolo, tracannò la birra in un sorso solo.

 

**

- Allora te lo sei fatto! – esclamò Federica lasciando cadere la forchetta ed il coltello nel piatto della pizza.

Chiara le diede un pizzicotto sul braccio.

- Non strillare, scema! - la rimproverò - Vuoi farlo sapere a tutta la pizzeria?

- Scusa, hai ragione, ma questa è una di quelle notizie bomba che ti fanno perdere il controllo.

- La smetti di prendermi in giro, per favore?  Sto già uno schifo per conto mio.

- E perché? Non mi dirai che ti sei pentita di esserti fatta sbattere da uno dei più bei maschioni in circolazione nella nostra azienda su tutto il territorio nazionale, isole comprese!

Poiché l’amica non le rispondeva, proseguì a canzonarla.

- Era ora  che ti ricordassi di essere fatta di carne e la smettessi di nutrirti solo di letture astruse, musica new age ed aromi orientali, sempre chiusa nel tuo “castello” a guardare il panorama.

- Ed invece ho sbagliato a farlo – le ripose l’altra malinconicamente.

Con Federica poteva confidarsi, era sicura che non avrebbe mai rivelato a nessuno le cose che le diceva in confidenza, anzi, sarebbe stata prodiga di preziosi consigli. Con calma finì di raccontarle tutto, senza tralasciare nessun particolare. Mentre  parlava, vedeva scorrerle sul viso, come su di uno schermo, la sua storia con Massimo. La sua espressione  estatica nell’udire il racconto dei momenti romantici, si fece maliziosa ai particolari  più piccanti per poi apparire dispiaciuta e perplessa alla brutta conclusione a cui arrivò ben presto Chiara.

Nel frattempo erano uscite dalla pizzeria e  stavano passeggiando sul lungomare.

– Allora, che ne pensi? -  le chiese alla fine, impaziente di conoscerne il parere.

- Mah, non saprei! Secondo me hai preso una  decisione troppo affrettata.

- Proprio tu mi dici questo, tu che mi hai fatto una testa così quando stavo con Marco?

- Se permetti, la cosa è un po’ diversa questa volta.

- Dici? A me pare la stessa situazione.

- Non è vero. Tanto per cominciare Marco era sposato e lui non lo è e non ha nemmeno figli.

- Comunque è impegnato con un’altra. Chissà perché, ma  non ci credo affatto che si sono lasciati.

- Però non ha nessun vincolo per cui potrebbe sempre decidere di lasciarla davvero e mettersi con te.

- Sì, stai fresca. Quello riempie di corna la sua ragazza, figurati se poi si mette seriamente con me!

- Che vuoi, è un bel ragazzo, sta solo e chissà in quante gliela sbattono sotto il naso. È naturale che qualche volta possa approfittarne.

- Mi meraviglio di te, ora ne prendi anche le parti. Comunque me l’ha quasi fatto capire che non devo attaccarmi. Ritengo che sia meglio cercare di togliermelo dalla testa.

- Oh beh, se ci riesci a me può fare solo piacere! Non mi va di perdere l’unica amica che ho e per giunta a causa di un ispettore!

- Deficiente, tu non mi perderai mai, ti voglio troppo bene – le disse Chiara abbracciandola.

- Sì, però sta’ ferma con le mani. Qui, con il fatto che gli uomini non vogliono me e tu non vuoi loro, non vorrei  che qualcuno pensasse male di noi due.

 




Come avete appena letto, Massimo si è mostrato onesto anche se, come giustamente hanno rilevato Xsemprenoi, CriCri e Vale è pur sempre un uomo e l’aver troncato con Daniela non vuol dire che sia disposto ad impegnarsi con Chiara. E’ apparsa anche Federica, un personaggio minore che ho molto amato. Nella realtà, infatti, non tutti sono belli come Massimo o piacenti come Chiara (perdonatemi il peccato, ma proprio non riesco ad immaginare  i protagonisti delle mie storie d’amore come  racchie ed ometti insignificanti) per cui qualcuno che fosse una persona poco fascinosa ma intelligente e buona ci voleva proprio. Sono contenta che a Faith sia piaciuto il colloquio tra le sorelle. Mi sono immedesimata in Cristina: è davvero affezionata alla sorella ed anche Riccardo, per quanto odioso, (ma ce ne sono di uomini così autoritari e maschilisti, credetemi) le vuole bene anche lui. A volte dal troppo affetto dei parenti bisogna difendersi, non è vero? Ringrazio anche Araba e Arte per le belle parole che mi hanno rivolto ed assicuro tutte che cercherò di mantenere l’appuntamento quotidiano perché fa parte della storia che ho immaginato e mi fa molto piacere che lo stiate apprezzando. Kiss a tutte.



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Capitolo 15
*** 26 agosto - domenica ***


26 AGOSTO Domenica

 

Caterina  stava preparando le verdure per il pranzo quando Massimo, appena sveglio ed ancora in boxer e maglietta, entrò in cucina e la salutò con un caloroso bacio sulla guancia poi si versò una tazza di caffè e, con l’immancabile sigaretta già accesa, si sedette al tavolo.

Conosceva bene il figlio, aveva fatto sempre così sin da bambino: se desiderava confidarle qualcosa, sceglieva sempre i momenti tranquilli di prima mattina quando tutto il resto della famiglia dormiva ancora. Senza dire nulla, le si metteva vicino aspettando che fosse lei ad attaccare  discorso.

- Ti sei alzato presto stamattina –  esordì quindi per rompere il ghiaccio.

- Già.

- Comunque ieri sei tornato  presto, non è vero?

- Già.

- Cosa c’è, ci sono problemi con Daniela?

- Sì.

La madre sapeva che quelle risposte laconiche non erano un invito a farsi gli affari suoi, anzi. Si asciugò le mani e gli si sedette accanto, mostrandosi pronta ad ascoltarlo.

Infatti lui proseguì:

- Ho conosciuto una ragazza a Napoli…

- Conosciuto in senso biblico, immagino – lo interruppe Caterina – Sei sempre il solito scapestrato! Ma vedrai, Daniela ti perdonerà anche questa volta. Chiamala.

- Non è questo, mamma, con Daniela non potevo più andare avanti.  Però lei, Chiara, – specificò – mi piace davvero moltissimo. Stavolta non riesco a fare come se nulla fosse. No, proprio non ci riesco!

- Meno male, si vede che ti è rimasto un po’ di decoro oppure hai finalmente capito che è assurdo continuare in questo modo. Ma perché la fai così tragica? Infine non mi sembra tanto grave: può capitare anche a te di innamorarti, sai!

Massimo assunse un’espressione così stupita da apparire quasi comica. Chiara lo attirava molto ma non aveva nemmeno preso in considerazione una tale ipotesi. Fece un sorrisetto ironico ed abbracciando la mamma, commentò:

-  Sei sempre la solita romanticona, vecchia mia! Ma non so ancora se con lei potrebbe funzionare. Non riesco a comprenderla e la cosa mi fa molta rabbia. Non mi sembra il tipo da avventure estive, ma vuole fare di tutto per farmelo credere. Non capisco il perché.

- Sai perché succede tutto questo? Perché non vi conoscete.

- Se proprio tu hai detto or ora che ci conosciamo addirittura in senso biblico! – replicò lui.

- Andare a letto insieme non vuol dire conoscersi, anzi, spesso peggiora le cose.

Nel vedere il figlio guardarla con ironia, come a volerle dire che sotto quell’aspetto non c’era stato alcun peggioramento, si spiegò meglio:

 -  Una volta si faceva all’amore a completamento di un rapporto, non come adesso che lo fate senza neanche esservi parlati.

- Guarda che abbiamo parlato tanto.

- Sì, ma di cosa? Di musica, di viaggi, dell’ultimo film di Nicole Kidman… Credimi, figliolo, parlare non è questo, è dirsi tutto di sé, anche quello che non avresti il coraggio di raccontare a nessun altro ed è anche non avere paura di farsi vedere per quello che si è realmente, senza inutili  sovrastrutture. Solo così ci si conosce davvero, con tutti i propri pregi ed i propri difetti e  si riesce a capire quello che si vuole l’uno dall’altra. Dopo, se ancora trovi il suo culetto  attraente, puoi anche farci l’amore. E se il farlo ti sembrerà  meraviglioso, puoi anche pensare di mettere su un rapporto più serio. Il che, data la tua età, sarebbe anche ora.

- Cosa prepari per pranzo? – le chiese bruscamente Massimo per cambiare discorso.

Si vergognava un po’, lui così adulto, di stare ancora a fare quei discorsi da adolescente con la madre. Però le voleva bene e doveva ammettere che benché la sua mentalità fosse un po’ antiquata  - d’altronde era pur sempre una donna di quasi settant’anni -  c’era una certa saggezza in ciò che diceva.

 

**

Nella calma mattinata festiva di agosto, Chiara si sentiva più serena. L’aver parlato con Federica la sera precedente le aveva fatto bene. Forse l’amica aveva ragione, forse stava vedendo davvero le cose in maniera troppo drammatica. Una storia in sospeso e le malignità di una collega non dovevano farla scoraggiare. Dopo tutto Massimo era stato sempre meraviglioso con lei e non poteva essere solo tattica visto che non aveva nemmeno dovuto pregarla per portarsela a letto. Forse le voleva un po’ di bene anche lui e questa ipotesi la riempiva di gioia.

Si pentì di essersi lasciata andare alla sua solita pessimistica visione della realtà e sperò di poter ancora recuperare il loro rapporto. Doveva fare ogni tentativo di apparire carina ai suoi occhi perché un po’ di seduzione, infine, non avrebbe guastato. Per questo motivo provò tutti i suoi vestiti per scegliere quelli più carini da indossare i giorni successivi e dedicò molto tempo a farsi bella.

Alla fine, guardandosi allo specchio, giudicò che in fondo non era poi tanto male. Nonostante tutte le sue insicurezze, doveva ammettere che i corteggiatori non le erano mai mancati e forse qualche probabilità di far innamorare anche l’ispettore dongiovanni ce l’aveva sul serio.

Passò tutto il resto della domenica a contare le ore. Non avrebbe mai sospettato di desiderare tanto ardentemente che arrivasse presto il lunedì mattina per tornare a lavoro. Ma questa volta era diverso. Questa volta, in ufficio, avrebbe finalmente rivisto Massimo.




Un  sentito grazie ancora a tutte per la carica che mi state dando. Ormai questo appuntamento quotidiano con le mie affezionate lettrici sta diventando il momento più bello della mia giornata per l’emozione che provo ogni volta nel vedere le vostre recensioni.

Come avete letto, nella domenica di Chiara e Massimo non è successo un granché ma è stato un giorno importante per entrambi perché hanno riflettuto sulla loro relazione e sui loro comportamenti. Massimo che è, come mi avete fatto notare, un po’ tontolone, ha bisogno di una mano per chiarirsi le idee ed è per questo che ho immaginato il colloquio con la mamma. Ricordate che avevo accennato al loro rapporto “speciale” nel primo capitolo? Ho ripreso quindi il personaggio di Caterina utilizzandolo per  far ragionare un po’ il nostro “dongiovanni” ma spero di non aver esagerato con il “pistolotto” materno.

Un bacio ad ognuna di voi.



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Capitolo 16
*** 27 agosto - lunedì ***


27 AGOSTO lunedì

 

Benché la pausa estiva fosse oramai quasi finita, i due ispettori se la prendevano ancora comoda perché il loro lavoro non era ancora a pieno regime. Quella settimana, anziché tornare la domenica sera come facevano sempre, erano arrivati il lunedì in tarda mattinata e prima di entrare si erano fermati a far colazione alla tavola calda nei pressi dell’ufficio.

Di ritorno dalle ferie, Giacomo aveva raccontato al collega quanto fosse stato felice in vacanza con la moglie e la figlioletta di tre anni e di quanta nostalgia ne provasse già.

 - Però mi è dispiaciuto per te. Sei stato qui tutto da  solo proprio a Ferragosto – gli disse  terminando il suo racconto.

- E chi ti ha detto che sono stato da solo? – gli chiese Massimo con un sorriso malizioso.

Oramai, dopo tre anni di vagabondaggi insieme, erano come fratelli e non temeva di fargli qualche confidenza.

- Ma quando me ne sono andato due settimane fa non avevi nessuna “compagnia”! Come è possibile? – si domandò l’altro, incuriosito.

- Non ti scordare le mie infinite possibilità!

- Chi hai potuto mai conoscere in una città svuotata per le vacanze? A meno che… no, non è possibile! È una collega!

Rimase un poco pensieroso per poi aggiungere più severo:

 – Accidenti, Massimo, mi avevi promesso che non ti saresti più ficcato in situazioni del genere dopo quanto è successo con quella Annamaria. Stavolta l’avvocato Doria s’incazza di brutto dopo il casino che c’è stato allora, per non parlare poi di Daniela!

- Se è per questo Daniela si è già  incazzata e mi ha mandato a quel paese, ma per quanto riguarda  Doria, chi glielo dovrebbe dire?  E poi, guarda, questa volta, ti giuro, non ne ho colpa. È successo così per caso, molto spontaneamente, non ci pensavo nemmeno a conquistarla.

- Chi è, me lo dici?

- No, questo no. Fatti gli affari tuoi! – tagliò corto Massimo ridendo.

Giacomo si grattò il mento perplesso, ignorando l’invito dell’amico,  proseguì imperterrito.

- Non mi sembra ci sia molto da scegliere in questa filiale – osservò – C’è quella Valeria, la fascinosa del Settore Vendite, ma so che è in ferie…

- … e non è proprio il mio tipo  - aggiunse l’altro scuotendo il capo.

- Chi può essere il tuo tipo allora, fammi pensare. Ah sì, ci sono! Marcella la ragazza del Magazzino. Quella è proprio carina, però è sposata…

- … ed io evito le donne sposate, – concluse Massimo al posto dell’amico con un sorriso sornione - hai visto mai avessero un marito geloso come te!

- E fai bene. Guai a chi si permettesse solo di guardare la mia Donatella! – ribadì questi, innamorato pazzo della giovane moglie – Allora chi può essere? Dai, dimmelo, tanto non vado a raccontarlo a nessuno – lo incalzò senza riuscire a resistere alla curiosità.

- Che te lo dico a fare? Ormai è già finita!

Questa volta Massimo aveva avuto un tono di rimpianto nella voce che però Giacomo non colse tant’è vero che proseguì:

- Caspita, più veloce della luce! Stai diventando proprio un vero sciupafemmine!

- Non sono stato io,  è stata lei a voler troncare di già.

- Non mi dire! Ne hai trovata una mordi e fuggi peggio di te?

L’amico non rispose. Avvertiva una punta di malinconica, ma non gli andava di confidarsi. Il giorno prima con la madre, oggi con l’amico: mica si poteva mettere a fare il ragazzino alle prese con le prime esperienze sentimentali!

L’arrivo di altre persone nel locale distrasse l’attenzione di Giacomo, il quale però era ben deciso a venire a capo dell’enigma. Osservò che in quel momento erano entrate due loro colleghe dell’Ufficio Vendite, entrambe carine ma un po’ troppo adulte per i gusti di Massimo. Con loro c’era la grassona dell’Amministrazione, e di quella neanche a parlarne, seguita dalla sua inseparabile amica. Quest’ultima lo colpì subito: era una ragazza giovane e graziosa. Un po’ piccolina di statura, aveva i capelli bruni che le  incorniciavano di riccioli il visetto delicato dai grandi occhi scuri e profondi. Indossava un vestitino a sottoveste giallo e nero che le metteva ben in evidenza il seno e lasciava scoperte le belle gambe abbronzate. Ebbe come una folgorazione: “È lei” – pensò. Ne ebbe quasi la certezza quando vide Massimo cambiare espressione nel vederla entrare nel locale ed infine ne fu sicuro osservando lo sguardo furtivo che i due giovani si scambiarono.

- È lei, non è vero? – disse.

L’amico non seppe mentirgli.

- Ma come hai fatto a capirlo? - gli chiese un po’ stupito.

- Eh caro mio, non per niente mi chiamano l’ispettore  Rex!

- Quello però è un commissario – scherzò Massimo, prendendolo in giro.

- Sarà, ma io ho lo stesso fiuto! Pensa, ho collegato il fatto che lavora in Amministrazione e tu poco fa mi hai detto che hai cominciato a preparare le nostre prossime visite.

- Bravo, e adesso che lo sai ti senti più contento?

Giacomo non rilevò la punta di sarcasmo nella voce dell’amico e continuò ad osservare la ragazza.

- Non l’avevo notata prima, forse perché non è un tipo molto appariscente. Comunque, devo ammetterlo, è proprio una bambolina – commentò -  Come si chiama?

- Chiara, si chiama. E non è soltanto bella, è anche intelligente, simpatica, spiritosa, insomma una vera delizia. Ma te l’ho detto, si è già stancata di me.

C’era una vena di rimpianto nella sua voce che indusse l’amico a rincuorarlo.

- Ehi, dongiovanni, mi sa che stavolta sei cotto di brutto perché hai perso la capacità di riconoscere i trucchetti delle donne! Stai tranquillo, starà facendo un po’ la preziosa, ma se insisti un po’ come sai fare tu, vedrai che l’avrai presto ai tuoi piedi, l’ho capito da come ti ha guardato prima. Oramai potresti anche presentarmela però!

Così dicendo si alzò costringendo l’amico a seguirlo. Si fermarono accanto al tavolo dove erano sedute le quattro donne e  salutarono quelle più anziane con una certa confidenza perché le avevano già conosciute, poi Massimo presentò Chiara a Giacomo e rivolto a Federica, le disse:

- Tu devi essere la famosa Federica, ti dispiace se diamo del tu anche a te?

- Famosa? Noooo, in fondo faccio solo la controfigura di Sharon Stone, non sono poi tanto famosa! Comunque dammi pure del tu, se vuoi, ma non cercare di sedurmi con i tuoi begli occhioni azzurri perché la mia virtù è inattaccabile – scherzò subito quest’ultima facendo ridere tutti con l’autoironia che la rendeva subito simpatica facendo dimenticare la sua figura non certo piacente.

Trascorsero insieme  tutto la pausa pranzo  a parlare ed a scherzare. Nel ritornare in ufficio, Massimo si avvicinò a Chiara e le chiese sottovoce:

 - Allora, ti è tornata la voglia di uscire con me?

- Tu chiamami e vedremo – gli promise lei con un sorriso seducente poi si allontanò con l’amica.

 

**

Quando rimasero sole  in ascensore,  Federica commentò:

- Certo, è proprio un gran bel ragazzo questo tuo Massimo!

- Non è mio, purtroppo – si lamentò Chiara.

- Ringrazia il cielo di averlo avuto, almeno. A me uno così non mi vede neanche con il cannocchiale! – commentò l’altra con una certa amarezza e poi si avviò nel corridoio davanti a lei.

Nell’osservarne le forme sgraziate e sapendo quanto soffrisse per il suo aspetto fisico, Chiara si ripromise di non coinvolgerla troppo nelle proprie storie d’amore perché poteva sembrare quasi uno sfregio. Sapeva che Federica le voleva bene e non avrebbe mai potuto invidiarla, però martellarla con i suoi problemi le pareva una mancanza di sensibilità.

- “Eppure ci dovrà pur essere qualcuno adatto a lei, uno che possa apprezzarla - continuò a rimuginare mentre si sedevano alle rispettive scrivanie – è una persona così buona ed intelligente, saprebbe sicuramente far felice un uomo”.

Chissà perché le venne in mente Mario. In fondo anche lui  non era proprio una beltà ed era solo e bisognoso d’affetto. Avrebbe dovuto farli incontrare quei due, magari sarebbe potuto anche nascere qualcosa.

 

**

Il pomeriggio fu tranquillo perché il capo, che tra di loro chiamavano “il pazzo” o, a scelta, “il carognone”, era appena tornato dalle ferie  e stava leggendo la corrispondenza e le circolari. In tutta calma Chiara si mise a pensare al “suo” Massimo ed a quello che le aveva sussurrato uscendo dal bar. Non poteva fare a meno di sperare che la richiamasse ancora perché questa volta non gli avrebbe detto no.

Con tale speranza, all’uscita dal lavoro, andò al supermercato dove comprò tutto l’occorrente per cucinare un gustoso sartù di riso perché gli aveva parlato di questa tipica pietanza napoletana e lui aveva manifestato la curiosità di assaggiarla. Quale migliore occasione per prepararla? Così, se quella sera l’avesse chiamata, lo avrebbe invitato a cena a casa sua. Massimo era decisamente un buongustaio e prenderlo anche un po’ per la gola, forse  sarebbe stata una mossa vincente.

Siccome era un piatto un po’ elaborato ci mise parecchio tempo a finirlo, ma verso le otto era pronto e le era venuto benissimo. La casa era in ordine, lei aveva fatto una profumatissima doccia alla verbena e si era messa un abitino molto grazioso. Però il telefono rimase muto.

Stette ad aspettarlo fin quasi alle nove e mezza per poi convincersi che non l’avrebbe chiamata più. Delusa, mise il sartù nel congelatore, si preparò un panino al prosciutto e se ne andò a letto dove la assalirono di nuovo tanti timori. Forse le aveva chiesto di rivederla tanto per dire, forse non pensava già più a lei…

**

Invece Massimo in cuor suo si rammaricava di non essere con Chiara. Non che la compagnia fosse poco simpatica, tutt’altro. Era andato a cena con Giacomo ed un collega napoletano che aveva fatto l’ispettore anche lui. Come sempre avviene in questi casi, però, avevano finito per parlare quasi esclusivamente di lavoro.

- Secondo me fai bene, Dario, – stava dicendo Giacomo commentando la decisione del collega di lasciare la loro azienda – una volta ritornati in sede, per noi altri non ci sono ulteriori prospettive di carriera.

- Ma cosa vorresti – osservò Massimo – siamo già ad ottimi livelli retributivi, cosa dovrebbero darci ancora? Possiamo riprendere a fare lo stesso lavoro di prima, però guadagnando molto di più.

- Sì, ma non consideri la vita che abbiamo fatto per anni ed anni? Io non ne posso più! – replicò Giacomo.

- Certo, è davvero un inferno stare lontani da casa, sempre sbattuti di qui e di là, mangiare al ristorante e dormire in albergo – convenne Dario.

- Sai, Massimo queste cose non le capisce perché di natura è un cane sciolto. Gli piace girare e non sente il bisogno di un punto fermo.

- Questo perché è ancora giovane, vedrai tra qualche anno quando la vecchiaia comincerà a farsi sentire!

- Non dite sciocchezze, voi due non siete certo tanto più anziani di me! Piuttosto se c’è una cosa che non mi va giù è che quando fai questo lavoro devi per forza guardare le cose da un altro punto di vista e non so se è giusto.

- Che vuoi dire? – gli chiese Dario.

- Soprattutto  noi che siamo stati a dirigere le succursali, sappiamo bene le difficoltà vissute ogni giorno da questi poveracci, ma siamo costretti lo stesso a farli filare. A volte i regolamenti non sono proprio il massimo dell’umanità, dovete ammetterlo. Dopo, con quale animo possiamo riprendere a fare la vita di prima? – si spiegò.

- Su questo non so darti un parere perché non ho mai diretto una succursale. Prima ero a capo dell’Ufficio Amministrativo, al posto dove adesso sta Raimondi.

- Davvero? – chiese Giacomo incuriosito – È difficile passare da Amministrazione ad Ispettorato. Che sei bravo lo sapevo, ma non fino a questo punto!

- Grazie. Però a volte è anche questione di fortuna. Io ne ho avuta perché dirigevo una squadretta niente male ed i risultati furono ottimi.

- Chi lavorava con te? – domandò Massimo.

- Buona parte del mio staff è passato al Commerciale, ma in Amministrazione ci sono ancora le due ragazze, Federica e Chiara. Ti assicuro che sono molto in gamba. Se con Raimondi i risultati sono calati notevolmente, non è certo per colpa loro.

Giacomo lanciò uno sguardo complice a Massimo e poi incitò l’altro a continuare:

-  Che combinazione! Le ho conosciute proprio oggi. Che tipi sono?

Dario non si fece pregare per parlare delle colleghe.

- Federica, che come avrete potuto notare non è una gran bellezza, però è la persona più intelligente e simpatica che abbia mai conosciuto. Era già in quell’ufficio quando sono arrivato io, in pratica non c’è nulla che non sappia meglio di chiunque altro. Se nella nostra azienda ci fossero un po’ meno ingiustizie ed un po’ più pari opportunità, avrebbe dovuto averle lei le promozioni. Chiara invece è un altro tipo. Anche lei è molto intelligente, ma è più insicura e riservata. Non è brava quanto la collega, ma è una gran lavoratrice. E poi è una persona che riesce a trasmetterti un senso di pace, non so, come un acquario, una montagna innevata o un lago alpino. È molto dolce, senza contare che è pure bellina. 

- Ehi, ehi, non è che ne sei un po’ cotto per caso?

- Che vai a pensare! È solo una cara collega così come lo è Federica. Se voglio loro bene, è perché sanno farsene volere, credimi.

Massimo per un attimo temette che Giacomo potesse farsi sfuggire qualcosa, ma per fortuna questi non fece altri commenti.

Era contento che anche Dario avesse di Chiara la sua stessa opinione ed avrebbe desiderato chiedergli, dato che la conosceva così bene, se il fatto di chiudersi a riccio all’improvviso era qualcosa che faceva con tutti o era un trattamento che riservava soltanto a lui. Però avrebbe dovuto spiegargli troppe cose e non gli andava di farlo, meglio lasciare cadere il discorso.

- Comunque – stava proseguendo Dario – ho intenzione di proporre a parecchi dei colleghi più validi di seguirmi nell’azienda dove andrò a lavorare adesso. Mi hanno già dato carta bianca su questo. A proposito, voi due, che ne direste di farci un pensierino?

Giacomo scosse la testa.

- Per carità – disse -  io non vedo l’ora di tornare da moglie e figlia!

- Potresti far venire la famiglia qui.

- Neanche per sogno, far crescere mia figlia a Napoli! Scusami sai, non te ne avere a male, ma certe volte sembra proprio di stare nel terzo mondo. E poi ho fatto tanti sacrifici in tutti questi anni per finire di pagare la villetta a Monza e adesso cosa faccio, mollo tutto proprio ora che sono arrivato al traguardo? Lui, piuttosto, potrebbe essere interessato.

- Davvero?  - gli chiese Dario – E come mai?

Massimo fulminò con uno sguardo di ghiaccio l’amico indiscreto poi si affrettò a spiegare:

- Non ho legami e quindi per me un posto vale l’altro.

- E poi l’ha detto proprio ora che non gli va di ritornare al lavoro di una volta – concluse Giacomo, affrettandosi a riparare alla sua uscita poco opportuna di prima.

- Certo, se tu  venissi  con me potresti fare una bella carriera. Sei davvero un ragazzo in gamba e ti assicuro che a Napoli non si sta poi così male come sostiene il “milanese” qui presente. È una città molto difficile, lo ammetto, ma è piena anche di cose belle e di persone simpatiche.

- Ho sempre sostenuto che puoi stare bene dovunque se stai bene con te stesso - ammise Massimo, ricordandosi del discorso fatto la prima sera con Chiara. 

- Ed allora valuta la mia proposta. Anche se non posso essere ancora preciso sul trattamento economico e sugli sbocchi  di carriera, ti assicuro che potresti trovartene contento.

 


Vi è piaciuta la cronaca del lunedì? Nel  colloquio di Massimo con i colleghi ho cercato di dare dei dettagli in più sulla personalità e sul passato del mio protagonista. Capito il tipo? Come tanti uomini è portato a vivere con le persone dell’altro sesso anche rapporti più superficiali, magari basati solo sull’’attrazione fisica, slegati dal trasporto amoroso e dai sentimenti. Spero però che non vi risulti troppo antipatico per questo ed anche che non vi stufiate dei continui tentennamenti di Chiara che è subito pronta ad abbandonare quel po’ di grinta che ha saputo trovare chissà come. Siate indulgenti con loro, come fossero  due amici molto umani e pieni di difetti, ma continuate  a seguire questa storia con la partecipazione  che avete dimostrato sino ad ora. Grazie, lettrici.


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Capitolo 17
*** 28 agosto - martedì ***


Siete davvero tanto dolci e care ad avere con me questo appuntamento quotidiano. Mi affretto a darvi la cronaca del martedì, un giorno molto importante nella storia dei nostri due amici. In realtà dalle vostre recensioni mi accorgo che siete entrate benissimo nella psicologia che ho voluto dare ai miei personaggi i quali, come mi fanno giustamente notare Arte e Vale, fanno un passo avanti ed uno indietro. Ma sono ancora all’inizio del loro rapporto visto che in fondo  si conoscono appena da una decina di giorni ed il cammino dell’amore è ancora lungo ed irto di difficoltà.  Comunque vi assicuro che ne succederanno di cose! Sono contenta che Pirilla  e Xsemprenoi abbiano gradito questo capitolo dove  nuovi personaggi sono apparsi  a fare da contorno ai nostri indecisi protagonisti. Ne ho creati diversi per vivacizzare il racconto e ve li farò conoscere a poco a poco. E poi lo so, Cri-cri, ancora una volta sono stata un po’ perfida, ma come deve fare una povera pseudo – scrittrice  altrimenti a tenervi incatenate alle sue paginette?



28 AGOSTO martedì

 

- Chiara, fai venire Federica un momento nel mio ufficio.

La telefonata  di Raimondi, il capo, aveva interrotto  il tranquillo lavoro della ragazza che stava approfittando della relativa calma per mettere a posto la corrispondenza. Purtroppo la collega aveva dovuto accompagnare la mamma anziana dal medico e l’aveva pregata di coprirla.

- Federica ha telefonato: ha avuto un imprevisto  e verrà più tardi – gli disse, raccontandogli una bugia – Posso essere utile io?

- Non lo so. Corona vuole i dati dei costi e dei ricavi della succursale di Magni. Tu li sai prendere?

- Veramente è un lavoro che fa sempre lei. Non si potrebbe aspettare che torni?

- Ma quando arriva questa benedetta figliola! Sono già le nove e quello lì mi ha detto che li vuole subito. E poi, perché non mi ha avvisato? È tornata ieri dalle ferie e ha già bisogno di altro permesso?

- Sono stata io a dimenticarmi di riferirglielo, mi scusi. Adesso i dati li preparo io, qualche volta la collega  mi ha spiegato come si ricavano – si affrettò a dirgli per tenerlo buono.

Era un lavoro complesso e nuovo per lei, ma la  paura che Federica potesse fare molto tardi ed il capo incollerirsi, la spinse a mettersi al lavoro. Non fu semplice perché dovette ricostruire lo schema necessario, ma alla fine, erano  le dieci, era quasi riuscita a terminarlo quando Raimondi, assai nervoso,  si affacciò alla porta e le chiese:

 - Ma che fa stamattina Federica?  Cosa diavolo le è successo? Corona mi ha chiesto di nuovo quei dati.

- Ho quasi finito. Comunque la collega ha telefonato: la mamma sta male e sono dovute andare in ospedale – mentì.

- Va bene, però sbrigati  a portarglieli – le ordinò per poi andarsene sbattendo la porta.

Dopo poco Chiara concluse il lavoro ed andò nella stanza di Massimo. Era al telefono e siccome lei si teneva con discrezione sulla porta, le fece segno di entrare e di sedersi. Non stava parlando, ma era in attesa che gli passassero qualcuno ed il suo sguardo non l’abbandonò mai tanto che se ne sentì un po’ imbarazzata perché quella mattina aveva messo un vestito molto semplice e non si sentiva abbastanza carina.

Invece Massimo non riusciva a staccarle gli occhi di dosso proprio perché gli piaceva  come le stava quel vestitino blu che le metteva in risalto le forme rotondette e quel bel pancino così femminile… Dovette fare uno sforzo per ritornare al suo lavoro quando dall’altro capo gli risposero.

Anche Chiara lo osservava con attenzione mentre parlava al telefono. La sua voce  aveva  un tono autorevole nel dare istruzioni precise su delle convocazioni che desiderava si facessero. Nell’ascoltarlo, per la prima volta si rese conto del ruolo importante rivestito in azienda da quell’uomo così bello che l’aveva tenuta tra le braccia e ne fu un po’ intimidita.

Al termine della telefonata, lui si fece consegnare il foglio con i dati e si mise a studiarli.

Chiara stava andando via quando la fermò con un gesto.

 - Aspetta, - le disse - qui c’è qualcosa che non va.

Presa una piccola calcolatrice, il giovane ispettore incominciò a fare dei conti.

– Sì, non è possibile che ci sia stato un incremento simile. – osservò - Da dove hai ricavato gli importi?

- Da questi tabulati settimanali.

Cominciando già ad agitarsi un po’, la ragazza li poggiò sul tavolo per farglieli vedere ed intanto inforcò gli occhiali per  ricontrollare le cifre insieme a lui.

L’uomo rimase un po’ ad esaminare il tutto poi si voltò a guardarla, molto serio.

– Ecco, è qui l’errore: hai copiato il rigo sbagliato -  osservò.

Se c’era una cosa che Chiara detestava fare era sbagliare ed averlo fatto proprio con la persona con la quale ci teneva di più a fare bella figura la fece andare in tilt. Si fece  tutta rossa e con la voce tremante, gli disse molto mortificata:

-  Scusami, hai ragione. Ho sbagliato come una scema.

Per un attimo Massimo pensò che si sarebbe messa a piangere come una bambina colta in fallo e provò subito il desiderio di consolarla.

- Non ti preoccupare, può capitare a tutti di sbagliare – la rassicurò.

- Non so come mi sia potuto succedere. Scusami, scusami!

- Sei scusata – le ripeté con dolcezza – però avrei bisogno di questi dati prima dell’ora di pranzo perché ho preso appuntamento con Magni per le dodici. Credi di farcela a correggerli per quell’ora?

- Sì certo, vado a farlo subito –  lo rassicurò scappando subito via per far presto.

Purtroppo, nella sua stanza c’era Raimondi il quale non appena la vide, la aggredì:

 – Allora glieli hai portati i dati a quel rompiscatole?

- Sì, però sono sbagliati. Devo correggerli – rispose rossa in volto.

- Ma che diamine, Chiara, dove stai con la testa! Un ispettore ci chiede una cosa e tu gliela sbagli! Perché non lo dicevi che non li sapevi fare così non mi facevi fare questa figura? – le urlò, con il risultato di farla agitare ancora di più.

Per quanto si sforzasse, la poverina non riusciva più a riprendere il conteggio e certo non l’aiutava a ritrovare la calma la presenza del capo  che si era messo come un cerbero ad aspettare che avesse finito. Stava per crollare quando per fortuna arrivò Federica.

- Alla buon’ora, ci siamo decise a venire in ufficio! – la investì adirato Raimondi.

Ma non aveva fatto bene i conti con il caratterino dell’altra dipendente la quale, a differenza di Chiara, non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, nemmeno dal capo.

- Ringrazi il cielo se sono venuta. Nemmeno se l’immagina quanti problemi ho avuto! – gli rispose a muso duro.

- Non puoi assentarti così, senza preavviso! Io non ti do il permesso!

- Ed io la prossima volta non vengo a lavorare  e mi prendo un giorno di ferie. Vogliamo chiedere al sindacato se non ho la possibilità di farlo per “urgenti ed improrogabili motivi personali”? – nel dirlo Federica aveva sottolineato con decisione la parola “sindacato”.

La grassona era troppo tosta per lui, Raimondi preferì desistere e continuare a prendersela invece con Chiara.

 – Quest’imbranata ha combinato un disastro, vedi di rimediare – concluse e poi finalmente lasciò la stanza.

- Mi dici cosa è successo? Per una mattina che manco qualche ora, trovo te distrutta e quello stronzo del carognone tutto incazzato…

Quando l’amica le ebbe raccontato l’accaduto, si diede da fare per aggiustare lo schema. In pochi minuti fu tutto pronto.

Questa volta Raimondi lo portò lui a Corona.

 - Ispettore, le ho portato i dati che aveva richiesto stamattina – gli disse con la voce melliflua -  Deve scusare se ci abbiamo messo tanto a darglieli esatti, ma la mia collaboratrice è molto distratta e spesso mi combina di queste cose – si giustificò.

Massimo detestava i capi che accusavano il   personale davanti ai superiori.

- Lei non li aveva controllati prima di farmeli consegnare? – gli chiese, freddo.

A questo punto lo aveva messo con le spalle al muro: se avesse detto di sì, avrebbe ammesso di non aver notato l’errore, se avesse detto di no, avrebbe invece confermato che il lavoro grosso veniva fatto dalle ragazze e lui se ne prendeva solo  il merito quando tutto andava bene. Comunque, per non mettere in difficoltà Chiara, si affrettò ad aggiungere più cordiale:

 - Non si preoccupi, Raimondi, un errore può sempre succedere. Grazie.

Poi lo congedò con un cenno della testa.

 

**

Ad ora di pranzo Chiara se ne stava assai mogia in compagnia di Federica a sbocconcellare un piatto d’insalata. Raimondi entrò con un altro funzionario, il quale, benché fosse piuttosto avanti con gli anni ed avesse moglie e figli già grandi, faceva il cascamorto con tutte le colleghe. Per lui le donne si dividevano in due sole categorie: le belle insieme a quelle appena passabili che però ci stavano e le brutte in compagnia delle ragazze che lo tenevano a distanza. Federica e Chiara appartenevamo entrambe a quest’ultima categoria, la prima per diritto naturale, la seconda perché aveva bloccato con determinazione ogni suo tentativo di prendersi confidenza. Entrambe lo tenevano sullo stomaco per le occhiate e le   frecciatine che lanciava loro ogni volta e perché non perdeva mai l’occasione di  fare il maligno. In più era un gran pettegolo.

Anche questa volta, poiché aveva saputo dello spiacevole errore avvenuto quella mattina debitamente enfatizzato da Raimondi, si sentì in dovere di mettere una buona parola. Facendo in modo che le due donne sedute al tavolino accanto al loro lo sentissero bene, commentò:

- Fortuna che gli hai mandato lei con quei dati, se ci fosse andata qualche racchia – e chiaramente alludeva a Federica – chissà cosa sarebbe successo.  Quello si intenerisce solo con le belle ragazze altrimenti è una carogna capace di farti perdere il posto solo perché gli stai antipatico. Ma lo sai come lo chiamano? “Il predatore”, lo chiamano. Ha fatto la festa a parecchie pollastrelle ed ha tagliato un sacco di teste in giro per le filiali in Italia.

Ridacchiò perfido, poi, facendo finta di accorgersi solo in quel momento delle due ragazze, aggiunse rivolto alla più carina:

- Chiara, stavo dicendo che Corona è molto sensibile al fascino femminile, fai bene quindi a sacrificarti per il bene comune. E poi tutto sommato a voi donne i tipi così piacciono molto. Per te non sarà stato un sacrificio troppo grande, non è vero?

- Speriamo che si strozzi! – sibilò Federica vedendolo addentare un panino e facendo in modo di farsi sentire. Nel rivolgere lo sguardo all’amica, notò che era sconvolta. Allora la afferrò per un braccio e dopo aver lanciato un'altra occhiataccia a quell’antipatico che ridacchiava soddisfatto insieme al suo degno amico, si affrettò a portarla via.

- Ma sei scema? – la rimproverò non appena furono fuori dal bar – Non lo sai che quel viscido schifoso è solo pieno di invidia?

- Forse  è venuto a sapere della mia relazione con Massimo – si lamentò lei in preda al panico -  Tra poco sarò sulla bocca di tutti. Dio mio, come ho potuto ficcarmi in una situazione simile? Tra l’altro per uno per il quale  sono soltanto una “pollastrella” tra le tante!

- E dagli, vuoi davvero stare a credere a quel verme?

- Federica, non facciamoci illusioni. Corrado avrà anche amplificato la cosa, ma da come l’amico Massimo si comporta con me, presumo che un fondo di verità ci sia.

- E se anche fosse?  Non hai detto di esserne venuta fuori? E poi puoi stare tranquilla, non l’ha saputo nessuno perché è successo in pieno agosto.

- Però lo so io e mi sento uno schifo. Che cavolo, sono stata così attenta  in quest’ultimo periodo per poi finire in bocca al lupo come una pecorella deficiente! Sono senza dignità.

- Non mi pare proprio, in fondo  l’hai mandato a passeggio, mica ti sei messa a piagnucolare. Non ne sei uscita poi tanto male  - osservò Federica.

- Sì, ma ho fatto la superiore senza esserlo per davvero.

- Forse  non l’ha capito. Se tieni duro e ti rifiuti di vederlo, ne uscirai pulita pulita.

**

 

Il consiglio di Federica era stato molto assennato ma mai come questa volta Chiara sembrava aver perso la forza di volontà per la quale andava così fiera. Quella sera stessa Massimo le telefonò e solo a sentire la sua voce si sentì invadere lo stomaco da una intera moltitudine di quelle famose farfalline.

- Ciao, piccolina, come stai? – esordì il giovane – Lo sai che oggi ho dovuto fare uno sforzo enorme per non prenderti  tra le braccia e consolarti?

- Scusami, sono tanto mortificata per quanto è successo – gli disse in un sussurro – Raimondi si è davvero arrabbiato.

- Questo lo avevo supposto. La responsabilità dei dati forniti era comunque la sua. Ti dirò, quello lo tengo puntato, non mi piace affatto come dirige Amministrazione.

Chiara ricordò quanto aveva udito quel giorno circa le pericolose antipatie dell’ispettore. Siccome era un tipo troppo leale per scaricare le sue colpe sugli altri, persino su quel despota odioso del proprio capo, si affrettò a precisare:

- Con me ha ragione però. Io cerco di lavorare bene ma spesso commetto delle distrazioni imperdonabili.

- Le distrazioni sono scusabili, l’importante è la sostanza – la rincuorò lui.

- No, te lo assicuro, io  non sono per niente adatta a questo lavoro. Se non fosse stato perché Riccardo aveva tanto pregato quel suo amico, avrei preferito non accettarlo nemmeno.

- Ancora con questa storia! Ti assicuro che hai fatto un’ottima prova di assunzione ed hai delle note splendide. Quel tale si è limitato a farvi sapere che in azienda assumevano e magari ad anticiparti l’esito del colloquio, ma puoi starne certa, il merito è soltanto tuo.

- E tu come fai a saperlo? – gli chiese, poi rammentò che per il suo ruolo Massimo aveva accesso a tutte le informazioni delle loro cartelle personali. Forse per curiosità doveva aver guardato anche la sua.

 – Ho capito – aggiunse senza più insistere perché lui non poteva rivelarglielo – però è vero che non sono adatta a questo impiego. Avrei voluto fare altro nella vita invece di mandare e-mail, rispondere al telefono e stilare reports!

-  E cosa avresti voluto fare?

- Da ragazza ho frequentato il liceo artistico e dopo il diploma mi ero iscritta a Storia dell’Arte, lo sai quanto mi piace. Ma la mia grande passione era il restauro. Avrei voluto farlo per professione, non solo per hobby.

Massimo quasi se la vide davanti agli occhi, con il bel visino assorto e gli occhiali sul nasino a tirare fuori la bellezza da qualcosa che l’aveva perduta.

– Sì - le disse – forse era davvero il lavoro più adatto a te. Tu sei calma ed ordinata, non sei fatta per il caos quotidiano. Dico davvero, da te emana un’aura di armonia molto affascinante  – proseguì senza curarsi del risolino incredulo di lei, poi, forse un po’ pentito di essersi lasciato andare a troppi complimenti, ritornò sul pratico - Perché non hai insistito a farlo? – le domandò.

- Perché è una strada lunga, si deve fare molto tirocinio quasi gratuito ed io invece avevo bisogno di guadagnare. Comunque sono contenta che tu mi consideri in questo modo.

Lo era sul serio perché si sentiva capita mentre invece in tanti la ritenevano soltanto una snob senza vitalità e spirito di competizione.

- Sei una personcina speciale, credimi, per questo mi piace tanto stare con te. Anzi, poiché non ci vediamo da un po’, cosa ne diresti di venire domani sera a cena con me?

La ragazza rimase molto interdetta: era conquistata dalla sua dolcezza ma non voleva derogare dalle proprie decisioni. Gli raccontò la prima scusa che le venne in mente.

-  No, sono a dieta.

- Davvero? E in che cosa consiste la tua dieta? Mangi mezzo spaghetto anziché uno intero  e un  gamberetto invece di due?

- Che fai, sfotti? – gli chiese.

- Certo che ti sfotto. Non mi dirai che quanto mangi di solito rischia di farti ingrassare. Anche tua sorella ti ripeteva in continuazione “ mangia, mangia…”

- L’hai notato allora! – mormorò mortificata.

- Naturalmente e a dire il vero non mi pare il caso di trattarti come una bambina, ma se è necessario, comincerò a farlo anch’io.

- Sai, Cristina si preoccupa perché ho avuto, anzi ho… diciamo… un po’ di disordini alimentari di origine nervosa: quando sto allegra finisco con abbuffarmi ed ingrasso, se sto depressa non mi nutro affatto e deperisco. È un’altra delle mie splendide doti, credevi fossero già finite? – scherzò.

- Adesso però si vede che stai proprio bene, sei snella, ma con delle rotondità deliziose. Sei in perfetto equilibrio, non c’è che dire!

- Allora ti piaccio… - sussurrò la ragazza timidamente, ma in maniera un po’ maliziosa.

- Perché, non si era capito? – mantenne il gioco lui.

- Non me l’hai mai detto!

- Non è possibile! Forse non te ne sei accorta perché a volte le cose le dico scherzando, ma … sei bellissima e mi piaci da morire – glielo sussurrò in un tono così appassionato che Chiara ne rimase addirittura estasiata.

Poi Massimo aggiunse, sempre con molta tenerezza:

- Senti, ti risparmio la cena, anche perché devo fare compagnia a quel lavativo di Giacomo il quale è in piena sindrome depressiva post ferie e non fa altro che rimpiangere la moglie e la figlia lontane. Non voglio lasciarlo solo, però ci potremmo vedere dopo cena. Ti va?

- Te lo devo dire proprio adesso?

- Sì, domani saremo fuori tutto il giorno  e per giunta anche molto impegnati. Non so se ce la farei a telefonarti, per cui sarebbe meglio se fissassimo adesso. Su, dimmi di sì, ti prego!

- E va bene - si arrese lei.

- Allora  passo da te alle sette.

- Scusa, non si era detto dopo cena? Ma tu a che ora ceni?

- Hai ragione, però, udite, udite: pur di vederti presto, rimarrei anche digiuno!

- Cos’è, ti ho contagiato i miei disordini alimentari? – scherzò Chiara – Facciamo così, passami a prendere alle nove, però non salire, chiamami al citofono che scendo io. Va bene?

- D’accordo, piccolina. Allora ci vediamo domani.  Adesso che farai?

- Cosa vuoi che faccia, me ne vado a dormire, sono già le undici passate!

- Hai ragione – rise lui – ma vorrei che fosse già domani sera! Va bene, vuol dire che per stanotte mi accontenterò di sognarti. Dormi bene, tesoro.

Chiudendo la comunicazione Chiara si sentì invadere da una immensa felicità. Massimo le voleva bene, ne era sicura, come avrebbe potuto altrimenti essere così dolce quella sera? Non vedeva l’ora che si facesse l’indomani e quella notte finì con il rigirarsi nel letto senza poter prendere veramente sonno.


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Capitolo 18
*** 29 agosto - mercoledì ***


29 agosto mercoledì

 

Per tutto il giorno, senza dare nemmeno peso a Raimondi che rompeva più del solito,  Chiara fece una testa così a Federica la quale alla fine, pur a malincuore, fu costretta a farla ritornare con i piedi per terra.

- Non partire troppo in quarta, bimba. Se c’è qualcosa di vero in quello che si dice, l’amico ti pappa in un bocconcino solo – le consigliò.

Chiara ci rimase un po’ male però le promise  di essere prudente e di cercare di capire le intenzioni di Massimo anche se aveva avuto l’impressione che  fosse stato sincero quando la sera prima le aveva detto quelle cose. E poi non desiderava farsi scoraggiare da nulla. Era come la classica falena attirata dalla luce del fuoco, incurante di potersi bruciare le ali.

Il pomeriggio dedicò molto tempo al suo aspetto e quando alle nove in punto il citofono bussò, corse allegra giù per le scale e spalancò il portone con un sorriso che la illuminava tutta.

Massimo rimase incantato nel vederla. Non le aveva detto una bugia: sul serio la trovava molto seducente. Quella sera aveva indossato una maglietta rossa con le maniche lunghe e lo scollo a barca sopra una semplicissima gonna nera, un po’ cortina. Aveva alzato i riccioli neri in un nodo al centro della testa, lasciando scoperte le spalle ed il collo delicato  ed in più si era data un po’ di rossetto vivace che le rendeva il  colorito luminoso e le labbra ancora più piene.

- Allora, bella signorina, dove la porto? – le chiese non appena si fu seduta in auto.

- Non lo so, a dire il vero non sono molto abituata alle uscite serali e non saprei proprio dove andare.

- Va bene allora, faccio io. Ti va un piano bar?  Ne ho visto uno dalle parti del lago… come si chiama… ah sì, il lago d’Averno!

- Come lo conosci il lago d’Averno? Non è che hai tradito la tua guida? – gli chiese fingendo di scherzare. In realtà provava un po’ di fastidio  perché sapeva che quel posto era molto frequentato dalle coppiette e sospettava che ci avesse portato già qualcun'altra.

- Lunedì siamo andati a cena con Dario in un ristorante da quelle parti ed a pochi metri  c’era questo piano bar molto carino. Spero di ricordarmi la strada, però.

- Conosci Dario? – gli domandò abbastanza rassicurata e spiegandosi anche il perché il lunedì precedente non l’avesse chiamata.

- Certo, ha lavorato all’Ispettorato. In effetti è stato proprio lui ad insegnare il mestiere a me e a Giacomo.

- Ah già, è vero! Ma dimmi, mi aveva confidato che intende dare le dimissioni. Ti ha detto niente?

- Sì, va via. Oramai ha deciso e secondo me fa bene. Da noi non ci sono molte prospettive superati certi livelli.

- Mi dispiace. È stato il mio primo capo, lo sapevi? Gli volevo bene perché era calmo e cordiale, sapeva infondermi una grande sicurezza. Lavoravo bene con lui, non come adesso con Raimondi.

- Lo so, anche Dario mi ha parlato molto bene di te e di Federica. Mi ha proposto di andare a lavorare con lui nella sua nuova azienda – le confidò.

- Davvero? E dove? Qui a Napoli? – gli chiese cercando di calmare il cuore che a quelle parole le era balzato nel petto.

- Già, però non credo lo farò. D’altra parte una decisione la dovrò pur prendere, tra poco ridurranno molto la nostra attività e dovrò scegliermi una sede. Probabilmente me ne tornerò a Bologna – affermò lui disinvolto mentre controllava i  cartelli stradali.

Chiara non disse nulla, il viso basso per non mostrare la sua delusione.

- Giacomo non ce la fa più  – continuò il giovane senza accorgersi di nulla – dopo tre anni quasi di questa vita, non vede l’ora di tornarsene dalla famiglia. Per quanto mi riguarda invece, avrei continuato ancora per un po’. Io sono un vagabondo, non mi piace stare fermo sempre allo stesso posto.

-  “E va bene – si stava dicendo intanto la ragazza – in poche parole ti ha spiegato la situazione. Prendine atto e non fare la scema. Ti vuole solo per passare il tempo adesso che sta qui, fattene una ragione! Non c’è nessuna storia d’amore ed è meglio non farsi illusioni. Goditi la serata e non pensarci più.”

C’era rimasta male, ma adesso perlomeno sapeva come comportarsi. I piagnistei li avrebbe rimandati a  più tardi.

Il lago era incantevole ed il locale che si affacciava sulle sue acque, molto accogliente e discreto, con le luci soft. C’erano parecchie coppiette, alcune delle quali si scambiavano effusioni con la musica in sottofondo. Chiara invece si sedette a debita distanza dall’uomo, ordinò un cocktail leggero e si mise a sorseggiarlo con calma.

- Vivi con Daniela a Bologna? – gli chiese con fare indifferente.

- Prima di cominciare questo lavoro, sì. Abbiamo vissuto insieme quasi due anni, ma non è stata una bella esperienza. Oramai sono tornato  dai miei.

- Perché, cosa non andava? – insistette, cercando di dissimulare la curiosità e mantenersi sul discorsivo.

- Non lo so, forse è proprio la convivenza la cosa   difficile. Sai, Daniela è un po’ come me: forte, impetuosa, facilmente va su tutte le furie. In pratica la nostra storia è naufragata per le cose di ogni giorno, io non sopportavo più lei e lei non sopportava più me. Credo sia stata una liberazione per entrambi quando ci siamo dovuti separare facendo finta che non fosse successo niente.

- Come l’hai conosciuta?

- È un’amica di mia sorella Sandra. Fa l’infermiera al Policlinico dove lei ha fatto il tirocinio. Ci siamo conosciuti e dopo un po’ abbiamo deciso di andare a vivere insieme.

- È un bel lavoro l’infermiera, ti permette di aiutare la gente.

- Certo, ma è anche un lavoro terribile. Devi stare sempre all’erta per non farti accoppare dai medici e dai pazienti, devi essere un tipo tosto. Per fortuna Daniela lo è. Ma sai, a volte avrei voluto anche un po’ più di dolcezza – le confidò con sincerità.

- Forse potete provare a ricominciare, spesso si cambia – gli consigliò Chiara la quale oramai aveva superato anche la soglia della malinconia, tanto da sentirsi come se a vivere quel momento non fosse più lei.

- Non credo sia più possibile. Vedi, c’erano troppe cose a farci litigare. Il fatto che sono molto legato a mia madre, ad esempio. Lei non sopportava neanche che l’andassi a trovare, ne era molto gelosa, come se  avessi tolto qualcosa a lei per il solo fatto di volerle così bene. Eppure non sono un mammone, credimi, il nostro rapporto è difficile da spiegare...

- No, ti capisco – lo interruppe Chiara -  Anch’io sarei stata così se solo fossero stati vivi i miei – poi aggiunse scherzando - Io però sarei stata una “papona”: con nessuno mai mi sono sentita protetta e sicura così come con papà. Non avevamo neanche bisogno di parlare, capiva tutto di me prima che glielo dicessi. Mi accettava così com’ero, con tutti i miei difetti, mi voleva bene senza condizioni. Non l’avrò mai più un amore come quello. In realtà non c’è nessun altro che può darti quanto ti danno i genitori e te ne accorgi ancora di più quando li hai perduti per sempre.

Le stava salendo un nodo di pianto alla gola e così buttò giù tutto di un fiato la sua bibita.

Massimo la guardò con tenerezza perché si vedeva quanto il dolore per la perdita dei suoi la facesse ancora soffrire.

-  È bello sentirti dire queste cose. Forse anche Daniela le avrebbe provate se solo  avesse avuto una famiglia più normale. Purtroppo suo padre se n’è andato con un’altra donna quando lei era ancora piccola e la mamma è una mezza pazza. Ha lasciato casa appena ha potuto ed ha dovuto imparare ad essere più dura per forza di cose. Tutto sommato è davvero una donna meravigliosa, di sicuro sono io ad essere sbagliato -  le disse mostrando l’affetto che nutriva comunque per la ragazza.

- Certo, deve essere una persona in gamba. Cerca di non fartela scappare allora – gli mormorò Chiara cercando di mantenere la voce ferma.

Adesso si era messa anche a dargli  consigli proprio come una brava amica! Però si sentiva turbata ed ebbe paura di farglielo capire. Senza dargli il tempo di dire più nulla, gli chiese indicando il proprio bicchiere vuoto:   

– Ne posso avere un altro? Anzi voglio quello che stai bevendo tu.

- Questa è vodka, non è roba per te – la prese in giro il giovane, sorridendole – Ti ordino un succo di frutta.

- No, voglio quella – protestò e poi si mise ad insistere come una bambina fino quando non fu accontentata.

In effetti aveva bisogno di qualcosa di forte perché lei no che non era una tipa tosta! Perlomeno l’alcol le diede la forza di non fare proprio la figura della scema e riuscì a farle mantenere il tono della conversazione su livelli decenti, senza lasciar trapelare quanto stesse soffrendo.

Verso le undici e mezza si sentiva un po’ stordita e gli chiese di tornare a casa. Per andare al parcheggio c’era un vialetto lungo e buio da percorrere, costeggiato da uno scalino. La ragazza vi salì sopra, ma il passo reso incerto un po’ dall’alcol a cui non era abituata un po’ dai tacchi alti, la fece inciampare. Come quella volta, quel lontano 14 agosto quando era salita sulla scaletta in ufficio, sarebbe caduta se Massimo non l’avesse presa tra le braccia. Questa volta però non se ne sentì imbarazzata. Era un po’ brilla e  posandogli il viso sulla spalla, la bocca all’altezza di quella di lui perché stava ancora sullo scalino, ridacchiò divertita. L’uomo ne approfittò e la baciò con una foga che le fece girare la testa. Dopo le appoggiò le labbra sul collo e sulle spalle facendole provare mille brividi.

- Ma di cosa sai stasera? – le chiese con il viso sprofondato nella sua carne, aspirandone il profumo – È un odore che non mi è nuovo ma non riesco a capire cos’è.  È uno dei tuoi intrugli da strega per caso?

- Non lo indovini, non lo indovini! – rise la ragazza provocandolo, poi si arrese ai baci  e mordendosi le labbra per il piacere, stretta a lui, mormorò – È cioccolato. Ho usato un bagnoschiuma al cioccolato.

- No, non me lo puoi dire così! – scherzò Massimo con il viso ancora affondato nella sua scollatura -  Vado pazzo per le ragazze al cioccolato!

La stava stringendo così forte che quasi le toglieva il fiato e nonostante i suoi buoni propositi, non riuscì a respingerlo. Era anche questo che l’attirava in lui, il suo infiammarsi improvviso che non le lasciava spazio, che la costringeva a piegarsi come ad una violenza fatta però soltanto di dolcezza e di piacere.

I fari di una macchina in arrivo li costrinsero a separarsi. Si avviarono all’auto ancora stretti l’uno all’altra e quando furono entrati nell’abitacolo, Chiara si abbandonò sul sedile perché ancora provava un enorme languore. Massimo ne approfittò e la prese di nuovo tra le braccia. La sua passione era tanta che non riusciva più a contenersi. Le  scostò la spallina della maglietta  scoprendole un seno che cominciò subito a baciare, strappandole dei gemiti sommessi.

Lei si sentiva come quando si viene travolti da un’onda e si finisce sott’acqua. Tutto le appariva ottenebrato e non aveva neanche la forza di risalire alla superficie. Quando però la mano di lui  le si insinuò sotto la gonna cercando di toglierle le mutandine, si riscosse e fermandolo, gli sussurrò:

- No, no….

- Sì, sì, invece... – insistette lui, la bocca ancora incollata al suo seno.

Dovette respingerlo con molta energia per farlo fermare.

 - Ti ho detto di no! Non voglio farlo qui in macchina – lo rimproverò, scostandolo.

- E perché no? È molto comoda, sai – provò a convincerla – e poi è così eccitante!

- Eccitante un corno! A me piace farlo nell’intimità di quattro mura, su un bel letto dalle lenzuola profumate e magari con un po’ di musica per sottofondo. Te l’ho detto, sono una perfezionista!

Immaginando che si riferisse alla casa accogliente dove tra poco avrebbero fatto ritorno, Massimo desistette dal suo proposito.

 - E va bene, come vuoi tu – accondiscese e si affrettò a rimettere in moto l’auto.

Fu una vera fortuna perché proprio in quel momento un gruppo di persone sbucò dal vialetto e si avviò alla  macchina parcheggiata proprio accanto alla loro.

- Hai visto?  - gli disse Chiara cercando di aggiustarsi i vestiti – Ti immagini la figura di pupù che avremmo fatto se non ti avessi fermato in tempo? Devi essere impazzito a proporre certe cose!

- Si, - rise lui – sono “asciuto pazzo”, come dici tu. È la verità, sono pazzo di te!

- Certo e dove la trovi un’altra più disponibile di me!

Allo sguardo divertito ed interrogativo dell’uomo, continuò, facendogli il verso. 

- …e mi fai la fotocopia …e mi trovi il numero di telefono …e mi prenoti il volo… Certo, voi maschietti dovete sempre essere portati per mano!

- E perché no? Le schiavette ci sono proprio per questo.

La ragazza gli rispose con una smorfia.

-  A proposito, se questa settimana devi andare a casa, vedi di ricordarti di richiedere per tempo i biglietti. La volta scorsa hai rischiato di non partire affatto perché quella tale Sara non mi rispondeva a telefono.

- Lo immagino, è difficilissimo pescarla perché è sempre in giro per gli uffici della direzione. Se ci fosse una classifica delle pettegole sarebbe al primo posto in assoluto. Sa tutto di tutti e quel che è meglio, è informata sulle politiche aziendali più dell’Amministratore Delegato! A proposito, devo chiedere a lei se è vero che hanno deciso di anticipare ad ottobre la fine della nostra ispezione a Napoli.

- Così presto! – esclamò Chiara senza riuscire a nascondere il dispiacere provato a quella notizia.

Massimo la guardò con tenerezza.

- Sai cosa facciamo? Questo fine settimana non vado a casa così possiamo passarlo insieme - le propose.

La ragazza era pentita di essersi lasciata sfuggire il proprio rammarico.

-  Non so se potrò stare con te – affermò, cercando di rimediare.

- Dai, piccolina – la esortò lui carezzandole una gamba – abbiamo così poco tempo da stare insieme prima che me ne vada, non fare la difficile!

- “Ecco, - pensò Chiara - questa è una vera e propria dichiarazione di intenti: stiamo insieme finché possiamo, ci divertiamo un po’, facciamo qualche bella gita, un bel  po’ di sesso e poi tra un mese o poco più, arrivederci e grazie! Chissà quante volte deve averlo già fatto per il passato.

Nel guardarlo considerò  che nessuno più di lui poteva permetterselo. Era bellissimo, con quel viso severo e dolce allo stesso tempo, i capelli folti e morbidi ed il fisico prestante, senza contare tutto il resto: l’allegria, la simpatia, l’intelligenza. Davvero non sapeva come si poteva fare a resistere al suo fascino, era naturale che le ragazze finissero come pollastrelle in bocca al lupo. Lei, nonostante tutto, non era riuscita a fare eccezione.

- “Il predatore” – si disse, anche se doveva ammettere che più che ad un predatore assomigliava ad un grosso micio. Si ricordò di Gustavo, il gatto rosso di suo nonno. Grasso, tenero e coccolone, non mancava mai di strusciarsi contro le sue gambe e di farle le fusa. Da piccina lo aveva adorato fino al giorno in cui,  poteva avere otto o nove anni, un povero topolino, di quelli di casa, piccino piccino e con il musetto dolce, non ebbe la malaugurata idea di uscire fuori da un buchetto nel muro in presenza del micio. Subito questi ritrovò tutto il suo istinto da cacciatore e con pochi balzi felini, lo acchiappò. Non lo mangiò perché era troppo ben pasciuto per farlo, ma rimase a giocare crudelmente con lui, passandolo da una zampetta all’altra fino a quando il povero sorcetto non morì. Fu molto turbata da quell’episodio e da allora in poi non riuscì più a volere bene a Gustavo come prima.

Ecco, Massimo era come quel gatto, voleva solo giocare un po’, senza accorgersi che avrebbe potuto farle molto male. Alla fine per lui la loro relazione sarebbe stata solo uno dei ricordi piacevoli  dei suoi viaggi, mentre lei avrebbe vissuto tutto il resto dei suoi giorni con il rimpianto di quell’amore mai realizzato.

Lo guardò di nuovo: guidava calmo, tutto felice, in attesa del bocconcino prelibato che gli era stato promesso. Con la sua aria sorniona, continuava a carezzarle le cosce, cercando anche di salire un po’ più su… Infastidita, gli prese con decisione la mano e gliela riportò sul volante

- Pensa a guidare ora! – lo invitò brusca.

Non ci misero molto ad arrivare sotto casa. Mentre l’auto accostava, la ragazza si slacciò la cintura di sicurezza e posato un bacetto sulla guancia di Massimo, lo salutò:

 - Ciao, grazie per la bella serata e buonanotte!

- Ma che stai dicendo!? – si agitò subito l’altro, afferrandola – Io salgo da te!

- No, ho sonno  e domani dobbiamo alzarci presto.

- Dopo ti faccio addormentare come piace a te, con tante coccole – le promise con un sorriso accattivante, cercando di stringerla di nuovo tra le braccia.

- No, non mi va! – gli disse con decisione.

Liberatasi dalla sua stretta, uscì dall’auto, con le chiavi del portone già in mano.

Massimo però non si arrese, la seguì e continuò a supplicarla, sicuro che avrebbe ceduto. Lei non ne volle sapere ed alla fine ne fu così innervosito da sentirsi ferito nella propria dignità.

- Va bene, va’ via. Non sono abituato a pregare nessuna così! – le disse assai irritato e la lasciò entrare nel portone.

Rientrando in auto, si accese una sigaretta e prima di mettere in moto, restò per un attimo a fumare e a pensare. Perché Chiara si stava comportando in quel modo? Gli sembrava che avessero oramai chiarito la faccenda di Daniela. Era stato sincero con lei quella sera, le aveva spiegato per bene come stavano le cose. Cosa voleva ancora? Gli dispiaceva perché era davvero carina e simpatica e sul serio stavano bene insieme senza contare che in quanto a sesso facevano scintille però, anche conoscendola più a fondo, non era riuscito a superare l’impressione avuta sin dal primo momento e cioè che all’improvviso si chiudesse in se stessa senza dire chiaramente ciò che pensava. Di sicuro non era una persona facile da capire e per quanto ne dicesse sua madre, si sentiva già un po’ stufo di tentare di farlo.

Avete appena letto dell’ incontro romantico finito miseramente. Il rapporto di Chiara e Massimo continua quindi quasi come in una danza che, come avete argutamente notato, potremmo definire “ il passo del gambero”. In realtà, anche se entrambi si sentono irrimediabilmente attratti l’uno dall’altra, sono su posizioni ancora troppo diverse. Lui è sincero, aperto, forse un po’ superficiale ma vorrebbe vivere la loro relazione con la spontaneità con la quale è cominciata.  Dal canto suo, questa volta forse Chiara si è lasciata andare a un tipo di flirt che non si confà alla  sua sensibilità troppo bisognosa di ordine e sicurezza. Non si  fida di lui ma nemmeno  di se stessa ed è assai confusa così  preferisce darsi alla fuga lasciandolo come un fesso. Secondo voi ha fatto bene a comportarsi in questo modo?  E Massimo riuscirà mai a capirla?  

 

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Capitolo 19
*** 30 agosto - giovedì ***


 30 AGOSTO   giovedì

 

La mattina dopo erano sole in ufficio perché il capo era uscito con gli ispettori e Rossana era ancora in ferie, però Chiara se ne stava silenziosa. Federica non riusciva a farle dire niente, ma dalla sua espressione si capiva che non doveva essere andato tutto per il verso giusto. Non voleva essere impicciona, ma sapeva per esperienza che quando l’amica stava male le cose bisognava tirargliele fuori. Solo dopo molti tentativi riuscì a  farsi raccontare quanto era accaduto la sera prima.

- L’avevo prevista questa possibilità – concluse con un sospiro quando ebbe saputo tutto.

- Lo so, ma il problema a questo punto non è lui, sono io – osservò Chiara ed allo sguardo interrogativo dell’amica si spiegò meglio – Mi ha fatto capire chiaramente che presto la cosa avrà un termine per cui presumo che non sia innamorato di me. Non ce l’ho con lui per questo, più leale di così si muore. Purtroppo sono io  adesso a dover decidere se rinunciare oppure accettare ciò che mi offre. Ieri sera sono riuscita a dirgli di no, ma credimi, ho passato tutta la notte a mordermi le mani al pensiero che avrei potuto stare tra le sue braccia!

- Ma come cavolo ragioni, scusa! Questo mi sembra l’antico dilemma dell’uovo oggi o della gallina domani. Possibile che tu non sappia veramente cosa vuoi?

- Vorrei lui, Federica, soltanto lui. Non è possibile, lo so, ma non mi rassegno a perderlo del tutto! Sono così confusa! Scusami se ti ammorbo, non è giusto farti sopportare i miei piagnistei!

- Figurati, allora le amiche del cuore a cosa servono? – la rassicurò l’altra stringendole con affetto una mano.

 

**

 

Il pomeriggio  una notizia bomba creò molta agitazione. In tutti gli uffici non si faceva altro che parlare della rimozione dall’incarico che quella mattina era stata notificata a  Gerardo Magni, il responsabile della Succursale 12. Chiara era assai dispiaciuta perché lo stimava molto, anzi, gli voleva addirittura bene pur riconoscendo che a volte si fidava troppo degli altri e parecchi se ne approfittavano. Aveva il timore che  gli ultimi dati da lei forniti agli ispettori fossero sbagliati (ogni tanto le prendevano anche simili paranoie) poi si tranquillizzava ricordando che Federica li aveva controllati. Però non era giusto lo stesso che le aride cifre dei costi e dei ricavi potessero rendere vane la dedizione e l’onestà con la quale Gerardo si era sempre dedicato al lavoro. Certo non era un licenziamento, ma anche un semplice cambiamento di mansioni  avrebbe significato un impedimento ad ogni futuro avanzamento di carriera e per il collega, monoreddito e con due figli ancora piccoli, poteva essere senz’altro un problema.

Verso le quattro il capo le chiese di preparare per gli  ispettori una proiezione di dati. Era un lavoro molto complesso e delicato e per paura di sbagliarsi ancora,  lo svolse facendo molta attenzione. Quando lo consegnò a Raimondi, questi le disse di portarlo lei stessa a Corona o a Rossi, forse per non assumersi ancora una volta nessuna responsabilità  sulle cifre riportate.

Chiara trovò Massimo. Era da solo nella stanza, occupato a leggere un documento.

- Ti ho portato le proiezioni che ci avete chiesto – gli disse poggiando i fogli sulla scrivania.

- Le hai preparate tu? – le chiese lui senza nemmeno alzare gli occhi.

- Sì.

- Avevo chiesto a Raimondi di farlo lui, ma qui si fa solo a scaricabarile. Quello che dovrebbero fare i capi lo fanno i subalterni per poi avere la scusa  che la colpa  è  tutta dei collaboratori se succede qualcosa – borbottò di malumore.

- Se ti riferisci a questi dati, te lo assicuro, questa volta sono fatti bene. Se invece ti riferisci a Magni, ti dico che in questo caso tu ed il tuo collega avete preso una grossa cantonata… – replicò la ragazza ma s’interruppe di botto perché lui aveva alzato lo sguardo a fissarla. I suoi occhi sembravano di ghiaccio e non gli aveva mai visto un’espressione così arrabbiata.

 - Quello che faccio riguarda solo la mia etica professionale e ne devo dar conto unicamente a coloro i quali mi hanno conferito questo incarico, non certo a te – le disse con durezza.

- Scusa, –  si giustificò Chiara arrossendo per la mortificazione – credevo di poter esprimere un parere a causa della confidenza che c’è tra noi.

- Sappilo, sono abituato a tenere separata la vita privata dal lavoro  ed in tutti questi anni non ho consentito a nessuno, per quanto vicino mi fosse, di esprimere  opinioni sulle mie decisioni.

Le si era rivolto con una voce fredda, tagliente,  le labbra strette a denotare l’irritazione. Aveva ragione, non era corretto criticare la sua attività d’ispettore, ma Chiara si sentì ferita da quel trattamento così diverso dalla dolcezza a cui l’aveva abituata. Lei, che di solito era un tipo molto mansueto e controllato, questa volta non seppe trattenersi.

- Certo avrai avuto il tuo bel da fare per mettere in atto questo proposito tanto encomiabile, signor predatore. Lo sai che ti chiamano così, vero? – sbottò.

- Cosa vuoi dire? – le domandò Massimo, mettendosi subito sulle difensive.

- Che, a quanto si dice, hai sempre approfittato del tuo lavoro per fare conquiste dovunque ti trovavi. Se questo non è mescolare la vita privata alla professione!

Massimo sogghignò, ma era assai dispiaciuto per quelle umilianti illazioni.

- Ti sbagli. Non ho mai usato il mio ruolo per indurre una donna a venire con me. Se qualcuna l’ha fatto, l’ha fatto di sua spontanea volontà. Erano tutte adulte e vaccinate e sapevano benissimo quello che facevano. Ed anche  tu avresti dovuto saperlo, no? – le chiese pungente.

- Non ti sto certo accusando di molestie sessuali però ricordati, anche se sei “l’ispettore” ed “il conquistatore” per eccellenza – e pose apposta l’accento su quelle due parole – le persone che ti circondano meritano perlomeno un po’ più di rispetto.

- Io non ho nulla da rimproverarmi, tu piuttosto dovresti portare rispetto a me! Ma adesso basta, vattene e lasciami  lavorare.

Chiara non ebbe la forza di replicare nulla, uscì dalla stanza e andò a chiudersi nel bagno per avere il tempo di riprendersi perché era uscita sconvolta dalla conversazione.

 

**

Anche Massimo era rimasto agitato e stava fumando nervosamente quando rientrò Giacomo.

-  E dagli! – gli disse questi andando ad aprire la finestra – Non lo sai che negli uffici non si fuma? Cerchiamo di non farci cogliere in fallo, per favore, questi non aspettano altro dopo quanto è successo oggi.

Notando qualcosa di strano nel collega, gli si parò davanti a guardarlo fisso fin quando l’altro non gli spiegò.

- Ho avuto uno scontro con Chiara proprio per la faccenda di Magni. – gli confidò – Mi sono arrabbiato perché voleva parlarmene e forse l’ho aggredita un po’ troppo, sai come sono fatto. Le hanno raccontato pure quella faccenda del “predatore”, a quanto pare.

- Chiara! Chiara! Chiara! Ti rendi conto che non fai che pensare a lei? Dove è finito il mio bell’amico calabrone, quello che si posava leggero di fiore in fiore a suggerne il nettare senza farsi il minimo problema? – lo prese in giro in tono ironico -  Non è che questa Chiara invece che un fiore è un  furbo ragnetto  ed ha catturato nella sua tela quel calabrone grosso grosso e fesso fesso?

- No, non ti preoccupare, non c’è pericolo – gli rispose sorridendo con aria sicura, ma dentro di sé non si sentiva poi così sicuro. E poi si chiedeva quanto il rifiuto ricevuto la sera precedente avesse influito nel fargli tenere un comportamento così scortese e duro.

**

Purtroppo Federica era già andata via quando Chiara si riprese alquanto e fu in grado di tornare in ufficio. Dovette aspettare la sera per raccontarle a telefono quanto era successo.

- Però tu hai sbagliato, lo sai – commentò perplessa l’amica – sei intervenuta in una cosa che avresti addirittura dovuto fingere di non sapere.

- È vero, però poteva dirmelo con più garbo. Supponevo che, data la nostra intimità,  avrebbe potuto anche perdonarmi una parola di troppo ed invece mi ha trattato malissimo, in pratica mi ha fatto capire che per lui non valgo né più e né meno di chiunque altro, anzi, di chiunque altra, per l’esattezza – si sfogò,  cominciando a piangere.

- Dicevi di averlo già capito questo ed allora cosa ti aspettavi? Dai, non piangere – la rincuorò l’altra.

- Io non voglio nulla  da lui, te l’ho detto! Però… mi fa lo stesso male – singhiozzò.

Non le fu possibile continuare a parlare e Federica dovette aspettare che si fosse un po’ calmata prima di riprendere. Le dispiaceva assai vederla così ed ormai ce l’aveva con Massimo.

 - Sai che ti dico? In fondo hai fatto bene a cantargliene quattro. Il grande dongiovanni a cui le donne non sanno dire di no. Ma mi facesse il piacere! – esclamò.

- Cantargliene quattro? Ma se è stato lui a  cacciarmi fuori! Però mi dispiace sia finita così, dopo ieri e con quello che è successo oggi, non vorrà nemmeno più vedermi –  continuò piangendo.

- Comunque dovesse o non dovesse cercarti, non permetterti di farti vedere così afflitta da lui altrimenti ti disconosco come amica. A questo punto è una questione di dignità, come dici tu.








Come aveva già intuito Xsemprenoi,  ecco che la maretta è cominciata ma insieme ad essa sta arrivando anche la consapevolezza per Massimo  che con Chiara si tratta di qualcosa di più complesso di una semplice avventura. Quello che ho cercato di esprimere (e non so se ci sono riuscita, anche se le parole di Arte mi fanno intuire di sì)  è che lui  non è cattivo e non vuole farle del male, almeno intenzionalmente. Purtroppo il suo comportamento istintivo si scontra con quello troppo razionale e pieno di insicurezze di lei.
 Lo so, vi faccio soffrire, ma in fondo, se lo ricordate, vi avevo avvisato già nel secondo capitolo che Massimo è dell’Ariete e Chiara della Vergine per cui, astrologicamente parlando, era già in programma che ne avreste visto delle belle. Però, mi raccomando, non smettete di seguirmi. Tale invito è rivolto non solo alle mie care fedelissime che continuano a gratificarmi con le loro recensioni, ma anche a chi ha messo questa storia tra le preferite e le seguite nonché a tutte le altre lettrici di cui, purtroppo,  non conosco i nomi. Un grosso grazie a tutte.



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Capitolo 20
*** 31 agosto - venerdì ***


 31 AGOSTO venerdì

 

Massimo la cercò già la mattina dopo. Lo incontrò al bar sotto l’ufficio. Era con Giacomo e lei con Federica. Con galanteria offrì loro il caffè e Chiara, per non fare brutta figura con la collega che la sorvegliava senza dare a vedere, cercò di essere allegra e disinvolta come se niente fosse successo. Nonostante avesse passato una brutta nottata, quella mattina era molto carina perché per tirarsi su aveva messo un vestitino azzurro che le metteva in risalto la figurina graziosa ed i capelli bruni.

Massimo, che quando si arrabbiava diventava facilmente intrattabile ma poi altrettanto facilmente ritornava del solito, amabile umore, non riusciva a smettere di guardarla.

Uscendo dal bar aspettò che gli altri andassero un po’ più avanti per dirle:

 - Aspetta, ti devo parlare.

- Dimmi – acconsentì lei  con la massima disponibilità.

Incoraggiato dal tono della ragazza, fece finta anche lui di aver dimenticato lo spiacevole diverbio del giorno prima e le chiese con naturalezza:

- Ti ricordi che avevi promesso di accompagnarmi agli Scavi di Pompei? Ho dimenticato di dirtelo, ma ho fatto la prenotazione ed ho avuto i biglietti per stasera.

- Stasera? Ti dispiace se te lo faccio sapere più tardi? Non so ancora se sarò libera stasera. Ti chiamo dopo in ufficio  – gli rispose, calma e cordiale. 

Era riuscita finanche a sorridergli,  ma quel’invito l’aveva gettata di nuovo nella più totale confusione.

Appena furono sole, si affrettò a parlarne alla collega.

- Fede, che devo fare? – le chiese.

- Oh Madonna mia, tu mi farai diventare pazza! – sbottò l’altra infastidita da quella perenne indecisione, ma poi, vedendo il viso dell’amica rattristarsi, aggiunse con più comprensione:

- Non so proprio cosa consigliarti. Da una parte potresti riprendere una relazione che forse ti porterà solo altra pena, dall’altra potresti anche vivere dei momenti felici che nessuno potrebbe più toglierti. Non lo so, te l’ho detto, puoi decidere solo tu.

Chiara rimase un attimo a riflettere perché la tentazione era troppo forte.

- A pensarci bene, basta guardare la cosa sotto un altro punto di vista – concluse infine - Io non ho nessuna intenzione di accalappiarlo, su questo ci puoi giurare,  però devo smettere di considerare  tutta questa storia come se io fossi la preda e  lui il predatore. Anche a me fa  piacere stare con lui ed accidenti, me lo voglio godere, sotto ogni senso quest’ultimo mese! Devo solo  convincermi a non farmi prendere da nessun tipo di sentimento.

- Già, ma conoscendoti, non la vedo tanto facile! – la rintuzzò l’altra.

- No, ho deciso, tanto, peggio di come sto adesso, non potrò stare. Stasera esco. Più tardi lo chiamo e glielo dico.

 

**

Così quella sera Massimo passò a prenderla. Per prima cosa le chiese scusa per essere stato tanto brusco il giorno precedente.

- Sono stata io inopportuna, dovrei essere io chiederti scusa  – gli rispose con un tono disinvolto per non fargli capire quanto quello sgradevole episodio l’avesse invece così turbata.

- Ero molto nervoso. Non fa mai piacere prendere un provvedimento del genere, ma purtroppo è il mio lavoro.

- Ed allora perché fai un lavoro così?

- Perché guadagno bene.

- E fai le conquiste… –  aggiunse la ragazza, trasformando il risentimento del giorno prima in scherzo.

- Ancora con questa storia? Non vorrai credere a tutto quello che si dice in giro, spero.

- Vox populi vox dei. A me hanno parlato di un’avventura in ogni porto, pardon, in ogni filiale,  e poiché ogni ispezione in media dura sei mesi e tu sei in giro da più di  due anni e mezzo. Vediamo… facciamo un po’ di conti –  cominciò a contare sulle dita, sorridendo per ostentare indifferenza.

- Smettila, non è affatto vero. Ho avuto brevi storie senza importanza con una ragazza a Catania e con un'altra a Bari. In fondo due relazioni  in più di due anni non sono poi tante per un maschietto a tutti gli effetti come me!

- Veramente con me inclusa sono tre. O io non conto neppure?

Lui distolse lo sguardo dalla strada e, voltatosi a guardarla con dolcezza, stava per dirle qualcosa, ma lei, sempre in tono scherzoso, non lo fece parlare:

- Poi c’è anche  Daniela. Se non sbaglio la compagna ufficiale in carica è lei, no?

Massimo si fece serio.

- Mi sono comportato da  vigliacco con Daniela, lo ammetto. Non ho mai avuto il coraggio di dirle che il sentimento che ci aveva spinto a metterci insieme era finito. I primi tempi l’ho fatto perché mi illudevo che  sarebbe cambiato qualcosa  tra noi, magari la lontananza ci avrebbe addirittura aiutato. Anche quando  mi sono preso qualche sbandata per qualcun’altra ho continuato ad illudermi che alla fine, siccome  ritornavo sempre da lei e lei mi perdonava, il nostro fosse un rapporto solido. Invece ora so di sicuro che era solo un modo come un altro per non sentire la solitudine quando tornavo a casa. Però te lo giuro, anche se continua a piacermi fisicamente, davvero non la amo più. Nonostante questo sono in difficoltà. Adesso è arrabbiata come me e non mi vuole neanche vedere, ma se ritorna alla carica, io non so davvero come dirglielo.

- È meglio parlar chiaro se davvero è così, te lo dice una che quest’esperienza l’ha vissuta. Ti  assicuro che da questi rapporti tirati avanti così a lungo, senza più convinzione, non ne esce mai bene nessuno.

Era molto sincera nel dargli questo consiglio e davvero senza alcun fine personale. Avrebbe voluto proseguire il discorso parlandogli della sua penosa storia con Marco, ma una macchina davanti a loro  cominciò a frenare all’improvviso e Massimo, per evitare di finirle addosso, dovette fare una brusca sterzata  passando nella corsia accanto. Naturalmente si arrabbiò moltissimo e si mise ad imprecare all’indirizzo del conducente però si calmò subito notando che la ragazza si era davvero spaventata.

- Chiara, che c’è, va tutto bene? – le chiese con premura.

- Non è niente, ho soltanto molta paura di viaggiare in auto.

- Una delle tue tante paure da vecchietta per caso? – le disse sorridendo e prendendola un po’ in giro per sdrammatizzare.

Questa volta però lei non sorrise, anzi, girò il viso verso il finestrino alla sua destra per non farsi guardare in faccia.

- Ne ho un valido motivo: papà e mamma sono morti in un incidente d’auto - gli sussurrò.

- Scusami! – si rammaricò l’uomo – Sapevo che i tuoi erano morti, ma non immaginavo fosse accaduto in modo tanto drammatico.

- Hai detto bene, drammatico. Perché è stato davvero un dramma averli sentiti solo poche ore prima e poi, nemmeno quattro ore dopo, essere avvisate dai Carabinieri  che erano morti! Stavano facendo uno dei loro soliti viaggetti e ci avevano telefonato dal ristorante prima di rimettersi in viaggio. Volevano sentire come stavano le loro “bambine”. Si preoccupavano di noi senza sapere che tra poco la nostra vita sarebbe cambiata tragicamente e, quel che è peggio, la loro sarebbe addirittura finita. Erano ancora giovani e sempre molto innamorati… – si dovette interrompere perché un nodo di pianto le era salito alla gola.

- Mi dispiace, piccolina – le disse lui con molta tenerezza - deve essere stata molto dura per te e per tua sorella.

- Dura? – Chiara era riuscita a ricacciare indietro le lacrime, ma con la testa china, si passava i palmi delle mani sulla gonna, come a  lisciare delle pieghe immaginarie – È stato terribile. Credevo di non poterne venire più fuori.

- Ma non avevate  nessuno?  Che so, zii, cugini …

- Certo, ma eravamo già grandi ed a quell’età non puoi più trovare consolazione come se fossi ancora bambino, devi affrontare la vita da solo, anche nelle questioni pratiche. A dire il vero Riccardo fu meraviglioso in quel periodo perché si occupò di tutto lui. L’anno dopo sposò Cristina  e subito ebbero Paolo. Vennero a  vivere nella nostra casa e mentre mia sorella a poco a poco dovette riprendersi per forza, io non riuscivo più a tornare serena. I miei erano stati dei genitori meravigliosi e mi mancavano troppo. Cercavano tutti di aiutarmi, è vero, ma ero io a non volere aiuto. Smisi di vedere amici e parenti, interruppi gli studi e mi chiusi nel mio guscio. Mi ero convinta che se la felicità poteva finire così in fretta, era meglio non provarla nemmeno. 

- Ti beccasti un bell’esaurimento, è comprensibile.

- Ad un certo punto Riccardo mi trovò il lavoro nella nostra azienda e quasi mi obbligò ad accettare. Io lo feci solo per non pesare più economicamente su di lui, però alla fine gliene fui grata perché mi aiutò molto e pian piano ritrovai un po’ di equilibrio anche se poi cominciai con i problemi di ordine sentimentale… Aspetta! Siamo arrivati. Devi uscire al prossimo casello – gli disse interrompendosi.

- Sì, ho capito. Prosegui quello che stavi dicendo – la invitò lui.

- No, basta, – gli rispose guardandolo con un sorriso dolcissimo -  per il  prosieguo de “I dolori della giovane Chiara” vi diamo appuntamento alla prossima puntata…

Massimo non volle insistere. Ora che gli aveva fatto quelle confidenze,  provava un’enorme tenerezza per lei perché aveva  capito quanto fosse  delicata e sensibile. Si ripromise di andarci piano perché non desiderava farle del male, nemmeno senza volere. 

Per tutta la serata, peraltro molto interessante e divertente, cercò di essere affettuoso ed allegro. A poco a poco la tensione si allentò ed il solito gioioso clima che si creava tra loro ogni volta che stavano insieme, li fece sentire molto felici.

 

**

 

- Ascolta – le disse più tardi dopo averla riaccompagnata fino al portone –  la settimana prossima sarò in ferie. Domani dovrei prendere l’aereo per Bologna, ma se ti fa piacere trascorrere il sabato con me, potrei rimandare la partenza a domenica.

Lei esitò un attimo poi  gli chiese:

- Che vorresti fare?

- Magari potremmo continuare con i nostri giri turistici, potremmo andare a “Surriento” ad esempio – scherzò – ne parlano in tante canzoni ed io non l’ho mai vista!

- Va bene, d’accordo. Portati il costume – acconsentì la ragazza.

Era contenta di aver trascorso una serata così piacevole con  Massimo ed aveva apprezzato anche il fatto che questa volta non le fosse saltato addosso. Forse stava cominciando a vederla come una persona e non soltanto come una da portarsi a letto. Solo questo desiderava ed aveva già dimenticato le lacrime versate la sera precedente.






Non me lo dite, lo so a cosa state pensando (soprattutto quelle che hanno letto pure “Il gelo nell’anima”) e cioè: “ma le eroine di Kellina sono tutte orfane e sfigate?”. Ebbene sì, avreste ragione a muovermi questa critica ma posso spiegarvi i motivi che mi hanno indotto a ciò. Dopo aver riflettuto a lungo, ho capito che comunque nelle vicende che immagino e scrivo c’è grossa parte di me ed il mio spiccato istinto materno non mi avrebbe consentito di creare il personaggio di un genitore capace di resistere alle pene e alle incertezze di una figlia senza intervenire con consigli, rimproveri o quant’altro. Già ho dovuto faticare non poco a contenere Caterina e Cristina (e neanche so se ci sono riuscita a farlo  nel prosieguo del racconto), ma di sicuro una mamma di Maria o di  Chiara mi sarebbe “sfuggita” di mano, diventando troppo ingombrante ed avrebbe condizionato le loro scelte e i loro sentimenti. Per quanto riguarda le disgrazie, devo dire che anch’esse sono sempre complementari alle storie che narro ed essenziali per definire la psicologia  delle mie povere protagoniste. Nel caso di Chiara, ad esempio, l’aver vissuto il trauma della scomparsa dei genitori secondo me rende più credibile la sua estrema fragilità, il bisogno di programmare tutto spinto  al limite della nevrosi e la sua perenne indecisione  altrimenti inspiegabili in una ragazza di oggi.
Accidenti, quanto mi piace di parlare con voi dei personaggi che ho creato! Di certo sarà poco letterario ma, almeno per me, è molto divertente. Vi fa piacere se continuo a farlo?
Un’ultima cosa: so bene che domani è sabato ed avrete di sicuro molto meglio da fare che non stare a leggere le mie fantasticherie, però domani ci sarà una “puntata” molto importante per tutto il futuro andamento della  storia e vi consiglio di non perderla. Bacioni.

 



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Capitolo 21
*** 1 settembre - sabato ***


1 SETTEMBRE sabato

 

Il mese di agosto era finito, ma quella prima giornata di settembre era davvero splendida con un’aria limpida e soleggiata. I due giovani partirono di buon mattino e per fortuna non trovarono nemmeno troppa folla sulla strada per la costiera, di solito intasata di traffico.

Chiara conosceva bene un ristorante con una discesa privata su una deliziosa spiaggetta poco frequentata. Dopo aver prenotato un tavolo per le tredici e trenta, si godettero una bella mattinata al mare in quel posto così tranquillo.

 - E pensare che domani a quest’ora sarò a Bologna – osservò Massimo mentre si beava al sole dopo un bagno rinfrescante – ho parlato con mia madre e mi ha detto che lì fa già piuttosto freddino.

- E tu non andarci, tanto il biglietto vale anche per lunedì – gli disse la ragazza distesa su un fianco, la testa appoggiata sulla mano mentre con l’altra  giocava con le goccioline di acqua di mare imprigionate tra la peluria del braccio di lui.

- Non posso, domani mia nipote compie diciotto anni e le ho promesso che sarei andato alla sua festa. Sai, vuole mostrare alle amichette che razza di zio figo ha – soggiunse voltandosi a sua volta su di un fianco per  guardarla in faccia e vedere la reazione alla sua battuta.

Chiara gli fece una smorfia e lo prese in giro.

- Secondo me sei un po’ troppo vecchietto per le ragazzine di primo pelo. Però ci sono certi gusti in giro, chi può mai dire!

Massimo, fingendosi arrabbiato, le afferrò il naso e lottarono un po’ sulla sabbia ridendo. Quando riuscì a liberarsi e a farlo stare buono, lei gli chiese:

- Hai già una nipote così grande?

- Sì, è la prima figlia di  mio fratello Luciano. Lui è il maggiore di noi quattro, ma non abbiamo tanta differenza di età, ha appena sette anni più di me solo che si è sposato molto giovane, il gonzo.

- Ah, quindi appartieni ad una figliolanza numerosa?

-  A quell’epoca era diverso, al giorno d’oggi anche un solo figlio è troppo.

- Gli altri chi sono?

- Prima di me c’è Bruno, anche lui sposato con prole. Infine viene Sandra, la piccolina di casa. Piccolina si fa per dire, ora ha anche lei i suoi bei trent’anni suonati!

- È sposata?

- Macché, noi due  siamo gli unici della famiglia ad essere allergici al matrimonio – scherzò poi aggiunse senza  nascondere l’orgoglio provato per la sorella – È  bravissima, si è laureata a 24 anni in medicina,  ha preso la specializzazione in ortopedia e lavora già in un ospedale. Sono convinto che si fermerà solo quando sarà diventata primario. La classica donna in carriera – riprese a scherzare – come te,  che faresti le carte false per prendere il posto del nostro direttore generale.

- Sì, stai fresco! –  gli rispose Chiara dandogli un buffetto affettuoso – Io lavoro solo per avere i soldi per  mangiare.

- Con quello che mangi e con quello che lavori potrebbero  ridurti lo stipendio di un bel po’. Devo proporlo nelle sedi competenti…

Lei gli tirò fuori la lingua e poi si distese sulla schiena riparandosi gli occhi dal sole con un braccio.

 - Strano, io e tua nipote siamo nate nello stesso giorno – osservò ad alta voce.

- Ma come, domani è il tuo compleanno? Non potevi dirmelo prima? – esclamò Massimo tirandosi su a sedere.

- Pensavo lo sapessi.

- Sapevo che eri nata a settembre ma non mi ricordavo quando. Mi dispiace, mi sarebbe piaciuto stare con te il giorno del tuo compleanno!

- Ah sì? – gli fece scherzosa – Devo andare a pranzo a casa di Riccardo e Cristina, per caso vuoi venire anche tu?

Questa volta fu lui a fare una smorfia.

 - Non che mi stiano antipatici, per carità, - precisò - ma ne farò volentieri a meno. Anzi, ne dovresti fare a meno anche tu perché non credo che tra le prediche di tuo cognato e gli strilli dei marmocchi  ti divertirai tanto.

- Devo andarci per forza, ci tengono molto proprio perché è il mio compleanno e loro sono tutta la mia famiglia. In quanto al divertimento, mi rifarò domani sera perché ormai sono tornati tutti i miei amici e verranno a farmi gli auguri. E poi oggi non sto già festeggiando qui con te? A proposito, ti avviso, ho intenzione di offrire io il pranzo oggi.

 

**

 

Non ci fu verso di farle cambiare idea e per forza volle pagare il conto dell’ottimo pranzo consumato in una bella sala affacciata sul golfo di Sorrento.

Massimo le aveva chiesto di aiutarla a comprare un regalo per la nipote perché voleva donarle qualcosa che le potesse restare. Così, dopo pranzo, andarono ad una gioielleria che Chiara conosceva bene, ma la trovarono ancora chiusa. Furono costretti a gironzolare un po’ per il corso principale ed alla fine si sedettero su di una panchina perché erano stanchi e faceva ancora caldo.

Il giovane guardò l’orologio.  

- Sono le quattro, abbiamo ancora mezz’ora prima che apra il negozio. Ce la facciamo per la seconda puntata de’ “I dolori della giovane Chiara”? - le disse.

Quest’ultima però parve non apprezzare lo scherzo.

 - Non c’è proprio niente di divertente.

- Scusami, piccolina, non volevo offenderti. Pensavo si potesse parlare anche di cose un po’  più intime, oramai – si giustificò il giovane.

Evitò di dirle che grosso modo era già a conoscenza della cosa grazie alle indiscrezioni del cognato.

- Sai, non c’è proprio nulla di speciale nella mia storia, anzi, è una banalissima storia di una ragazza con un uomo sposato – attaccò a spiegare Chiara con una nota di malinconia nella voce.

Lui non disse nulla e non alzò neanche lo sguardo che tenne fisso a guardarsi la punta delle scarpe. Così lei continuò il suo racconto.

- Te l’ho detto, dopo la morte dei miei avevo anche interrotto gli studi. Mi mancavano pochi esami alla laurea  e così decisi di ritentare, ma erano passati quasi quattro anni e non era facile riprendere il filo. Tramite uno zio, conobbi un assistente alla cattedra di Storia il quale promise di aiutarmi. Mi aiutò in effetti, però finimmo per innamorarci e la laurea andò a farsi benedire.

- Lo sapevi che aveva moglie?

- Moglie e figlia, se è per questo. Sì, lo sapevo, ma come succede sempre in questi casi, preferivo credere che quanto mi raccontava circa la sua infelicità coniugale fosse tutto vero e fosse solo l’attaccamento alla bambina a trattenerlo a casa. Aspettando che trovasse il coraggio di troncare, mi facevo bastare quel poco tempo rubato tra una cosa e l’altra e mi sentivo grata anche per quegli scampoli di felicità che mi regalava. Per questo non me ne sono andata prima a vivere da sola, perché sapevo che non avrei mai potuto dividere una casa con lui ed allora era meglio una stanza d’albergo o l’appartamento avuto in prestito da un amico – s’interruppe pensando di avergli raccontato abbastanza.

Massimo invece la incalzò:

- Quanto tempo è durato?

- Un’infinità di tempo: cinque anni – ora era lei a parlare fissandosi la punta dei piedi per nascondere l’imbarazzo.

- E perché è finita?

Lo guardò in viso e calma calma, con l’espressione di chi oramai ha digerito un dolore ma ne è rimasto comunque cambiato, gli rispose:

- Perché ha messo incinta la moglie.

- Che mascalzone! – sbottò Massimo.

- Anch’io avevo le mie grosse colpe. Non avevo mai voluto guardare in faccia la realtà. Se avevo accettato di essere, diciamo così,  la sua concubina,  dovevo anche mettere in cantiere che una cosa del genere prima o poi sarebbe potuta accadere.

- Anche tu avresti potuto rimanere incinta però!

- No, te l’ho detto, usavo delle precauzioni, anche se quello che mi mancava di più oltre ad una  casa tutta nostra,  era la possibilità di avere un bambino. Ma oramai al punto in cui eravamo arrivati avrei dovuto perdere ogni dignità per accettare una simile situazione. Così l’ho lasciato, nonostante tutte le sue dichiarazioni di amore. Anche questa volta sono stata molto male. È stata dura riprendere a vivere, ma alla fine ci sono riuscita ed ho anche riguadagnato un po’ di stima in me stessa. Lo vedi? Era una storia molto banale. Adesso andiamo, la gioielleria forse è aperta.

Lo prese per mano e lo tirò su per incitarlo ad incamminarsi, senza smettere di chiacchierare con molta allegria.

Massimo però non l’ascoltava nemmeno, tutto preso dai propri pensieri. Non riusciva a capire  come una donna così razionale e controllata potesse essere stata preda di una passione tanto sconfinata da  perdere del tutto la visione della realtà. Un po’ gli faceva pena ed un po’ rabbia perché in fondo se l’era cercata. Aveva il sospetto che Chiara fosse una di quelle persone per cui l’amore deve essere sofferenza, concetto che aveva sempre  detestato, ritenendolo una deformazione mentale.

 

**

 

La gioielleria aveva finalmente aperto. Furono accolti da un distinto signore di una certa età il quale salutò Chiara con affetto e l’affidò ad una commessa a cui disse:

- Trattami bene la nipote dell’avvocato Cuomo, mi raccomando.

Persero un po’ di tempo a guardare dei deliziosi gioielli e scelsero un braccialetto d’oro ornato da elefantini di turchese che sarebbe di certo piaciuto alla nipotina. Però l’uomo voleva portare un regalo anche alla madre e così la commessa si allontanò per andare a prendere alcune collane di corallo che Chiara riteneva più adatte ad una signora di una certa età.

Rimasero davanti al bancone su cui c’erano ancora tante belle cosette. Massimo era tornato del suo solito umore ed approfittando di essere  rimasti soli, si avvicinò alla ragazza. Carezzandole con due dita il lobo di un’orecchio, le disse sottovoce:

- Lo sai che mi stanno dicendo queste deliziose orecchiette? “Vogliamo quegli orecchini lì, vogliamo quegli orecchini lì…”

- Ti sbagli, stanno dicendo: “Ci stanno bene quelli che abbiamo già, ci stanno bene quelli che abbiamo già”  - rifiutò la ragazza mentre ridendo gli allontanava la mano.

- Perché non posso farti un regalo? Domani è anche il tuo compleanno! – insistette, deluso.

- No, grazie. Non è il caso. Non voglio nessun regalo.

- Su dai, magari prendi quest’anellino – afferrandole la mano ricominciò – questo bel ditino mi sta dicendo…

- E smettila! N o n  v o g l i o  n i e n t e! – scandì le parole in un tono scherzoso ma che non ammetteva repliche.

- “Anche in questo è strana, qualsiasi altra donna avrebbe fatto salti di gioia alla proposta di un  gioiello in regalo” – osservò Massimo tra sé e sé guardandola mentre  sceglieva tra le collane portate dalla commessa, dimostrando che non solo ne capiva di gioielli ma le piacevano pure.

Dopo aver pagato con la carta di credito i loro acquisti, uscirono nella strada, ora abbastanza animata.

- È ancora presto – propose la ragazza – abbiamo il tempo di fare un salto alla Villa. Lì c’è  un panorama meraviglioso e non puoi dire di essere stato a Sorrento se non l’hai visto.

Strada facendo, gli parlò del nonno materno, l’avvocato Cuomo  citato dal gioielliere, che era proprio di  Sorrento. Ne aveva un ricordo molto tenero, anche se un po’ sfocato perché era morto quando lei era ancora piccina. Però si ricordava ancora la casa dove aveva trascorso tante estati insieme ai genitori e gliela mostrò.

Arrivati alla Villa, si appoggiarono al parapetto per contemplare  il panorama della costa, del mare e del golfo di Napoli in lontananza. Stettero un attimo in silenzio, ammutoliti da tanto splendore.

Chiara si concesse un attimo di riflessione per guardarsi dentro. Si era innamorata di Massimo ed era proprio inutile negarlo. Non poteva continuare a fingere di essere diversa da ciò che era, la sua educazione, la sua sensibilità e soprattutto il suo bisogno di protezione, non avrebbero mai potuto farle continuare solo un rapporto superficiale. Doveva trovare il modo per farglielo capire. Aveva paura di farlo, ma voleva dirgli la gioia che le dava e quanto i sentimenti che provava per lui fossero importanti e profondi.

Massimo ritrovò la parola per scherzare come al solito:

 - Mi pare di essere Caruso della canzone di Dalla “davanti al mare di Surriento”

- “Te voglio bene assaie, ma tanto tanto bene sai…” – si mise a canticchiare la ragazza con una vocina sottile ed intonata mentre lui la guardava sorridendo, incantato dalla sua grazia. Chiara proruppe in una risata divertita nel notarlo ed ammirò il suo bel viso abbronzato dove spiccavano, limpidi e chiari, gli occhi. 

- Sì,  solo che “gli occhi verdi come il mare” ce li hai tu – proruppe rivolgendogli uno sguardo assai tenero ed innamorato.

Quando gli carezzò una guancia, il giovane perse del tutto il controllo. Era vero, si era ripromesso di non lasciarsi trasportare troppo, ma quella donna era così dolce e le sue labbra così invitanti! Quello che provava per lei non l’aveva mai provato per nessuna prima, anche se non sapeva definire esattamente cosa fosse. Ma non stette molto a pensarci su. Era sempre stato un impulsivo  per cui  la prese tra le braccia e la baciò. In un primo momento lei ricambiò con passione, ma dopo qualche secondo, come se un pensiero improvviso l’avesse colpita, lo respinse.

- Chiara, che c’è? – le chiese stupito.

Senza guardarlo in faccia, ma ancora tra le sue braccia, gli sussurrò:

- Senti, cerchiamo di essere solo amici.

- “Amici”? Ma sei pazza?! Abbiamo fatto l’amore noi due, te lo sei scordato? Ed è stato meraviglioso! – la strinse di nuovo, eccitato al  ricordo e cercando ancora di baciarla.

Chiara, si sottrasse di nuovo girando di scatto il viso per evitare il contatto delle sue labbra.

- Sarebbe un errore. Non dobbiamo farlo.

Aveva pronunciato quelle parole con il tono deciso di chi non ammette repliche al che lui si ribellò.

- Perché? Me lo spieghi il perché? – le chiese deluso e senza riuscire a capire il motivo per cui voleva rifiutare la cosa bellissima che stava loro capitando. 

- Perché è assurdo cominciare qualcosa destinata a finire. Meglio farne a meno.

- Come ti vengono simili idee! Sei la sola persona al mondo che eviterebbe persino di vivere per la paura di farlo! – le disse carezzandola e sperando di indurla a cambiare idea.

Ma lei si mostrò inamovibile.

- Non è questo, è che vorrei qualcosa di più… - provò a confessargli, ma la reazione di Massimo la raggelò.

- Che vuoi dire con questo? – le chiese abbastanza irritato – Vorresti forse che ti dicessi anch’io come quel fetente che ti sei tenuta per anni che sarà una cosa eterna, che non potrei mai vivere senza di te  e via dicendo, insomma, tutte quelle famose prese per il culo tanto amate da voi altre donne? Non ti rendi conto che sono solo parole vuote? Io sto bene con te e tu con me, almeno per ora. E tanto basta!

- Ma che cosa basta!?

Anche se assai dispiaciuta, la ragazza aveva tenuto la voce bassa perché si era resa conto di aver attirato l’attenzione di due vecchietti seduti su di una panchina più in là e  non voleva dare spettacolo. Cercò di continuare a parlare con calma, anche se si sentiva molto mortificata per avergli dato la sensazione di volerlo intrappolare.

 - Certo che siamo stati bene e vorrei anche vedere! Non lo nego, tra di noi c’è molta attrazione fisica ed inoltre tra panorami, giorni di vacanza e seratine romantiche in romantici  ristorantini, chiunque sarebbe stato bene – gli spiegò - Ma questa non è la vita vera, Massimo.

- Ah no? E quale sarebbe?

- È quella nella quale devi confrontarti con i problemi di tutti i giorni, il traffico, la mancanza di tempo, il lavoro, i malanni, le cose che vanno storte… Solo se si ha la voglia di affrontare queste cose insieme ad una persona si può dire di stare bene con lei.

- Come no, è giusto! Mica si può vivere serenamente il presente assaporando la felicità che ci è data per poi affrontare i problemi quando vengono! - la prese in giro, cercando di farle capire l’assurdità di un simile comportamento.

- Io ho bisogno di certezze, Massimo. Devo essere sicura che avrò un compagno con cui poter affrontare persino i problemi e gli inevitabili momenti brutti che la vita riserva ad ognuno.

 - Accidenti, che visione ottimistica del futuro hai! Non sai fare altro che pensare ai problemi, ai momenti brutti, alle difficoltà di ogni giorno, come se si potessero prevedere e magari prevenire. Ti rendi conto che in questo modo rendi infelice la tua vita e pure quella di chi ti sta accanto?

Le aveva parlato con dolcezza, ma vedendo che la ragazza non gli rispondeva e se ne stava chiusa in un mutismo ostinato, si mise a ridacchiare.

- Con  prospettive simili persino Romeo sarebbe scappato da Giulietta! – la prese in giro,  però non aveva voglia di scherzare ed infatti aggiunse – Io non so cosa può riservarci il futuro. Perché non proviamo a vivere questa cosa e vediamo che succede?

- Te l’ho detto, se deve finire nell’arco di qualche mese, allora è meglio non cominciare nemmeno.

- Ma come facciamo a prevedere adesso se e quanto durerà! Non si può programmare tutto, specialmente i sentimenti. A volte bisogna solo lasciarsi andare e cercare di vivere serenamente i momenti belli che ci è dato di vivere. Il famoso “qui e ora”, Chiara, possibile che tu non riesca a capirlo? – provò ancora ad insistere il giovane, ma leggendole sul viso una caparbietà che trovava odiosa, dopo qualche momento aggiunse con la voce fredda - D’accordo, se sei convinta che non ne valga la pena, non so che dirti. Ora torniamo però perché il mio aereo parte alle sette e domani devo alzarmi presto.

- Certo, non ti faccio più perdere tempo.

Chiara era delusa perché lui aveva troncato in modo tanto brusco una conversazione così importante senza nemmeno darle una piccola rassicurazione sul fatto che il loro rapporto potesse davvero trasformarsi in qualcosa di serio. Come al solito, non trovò il coraggio di chiarirsi.

Senza più parlare, si avviarono al parcheggio.

Il viaggio di ritorno fu silenzioso. Si vedeva che Massimo era nervoso anche da come guidava, ma non toccò più l’argomento, limitandosi a dire qualche parola distratta. Sotto casa non scese nemmeno dall’auto per accompagnarla al portone come faceva di consueto, ma attese che si slacciasse la cintura di sicurezza e prendesse la borsa, poi si limitò a sporgersi per aprirle la portiera dal suo lato.

Per un attimo Chiara provò lo strano impulso di gettarglisi tra le braccia e confessargli che voleva solo stare con lui. Forse così avrebbero dimenticato le cose appena dette, sarebbero saliti su ed avrebbero avuto un’altra notte d’amore senza pensare a nient’altro che al loro  reciproco desiderio. E poi? Che importava quello che sarebbe accaduto poi!
Fu tentata di farlo, ma l’atteggiamento freddo di Massimo insieme alla paura di averlo oramai deluso, la convinsero che non avrebbe avuto  la forza per   accettare un suo eventuale rifiuto e così, con un filo di voce, lo salutò.

 - Ciao, buonanotte e buone ferie -  gli disse, poi uscì in fretta.

L’uomo attese in auto qualche momento, il tempo che fosse entrata nel portone, poi ripartì.

 

**

 

Appena in casa Chiara mise in atto i rimedi  usati con lei dalla  mamma quando da piccina la vedeva troppo nervosa. Si preparò un bel bicchiere di latte caldo con il miele, riempì  la vasca da bagno,  vi sciolse i sali profumati e s’immerse nell’acqua tiepida. Fu rilassante, ma non bastò a cancellare i mille pensieri che le si agitavano nella mente.

Tutti i suoi propositi di godersi quella relazione senza farsi troppi problemi erano falliti perché aveva  troppa paura di innamorarsi perdutamente ed era consapevole di non potersi concedere il lusso di una nuova disillusione. Aveva fatto uno sforzo troppo grosso per ritrovare un po’ di serenità ed ora non voleva vanificarlo, nemmeno per un uomo così. Forse aveva anche un po’ esagerato con le sue paure, forse sbagliava ad essere così pessimista, forse le cose sarebbero potute andare avanti lo stesso… ma se non fosse stato così? Anche ammesso che fosse durata per un po’, cosa sarebbe successo  quando se ne sarebbe andato via? Le avrebbe chiesto di seguirlo?

Più ci pensava e più si convinceva di aver agito bene. E poi c’era quel particolare che le toglieva ogni incertezza, quel piccolo, semplice particolare che Massimo non le aveva detto mai, nemmeno una volta, “ti amo”. Era vero, avrebbe potuto dirglielo solo per prenderla per i fondelli  e sapeva che era troppo leale per farlo, ma se appena appena fosse stato un po’ innamorato non avrebbe cercato di farglielo sapere per convincerla a non troncare?

Se non l’aveva fatto era solo perché  desiderava una storia passeggera, senza nessun vincolo sentimentale, una relazione che avrebbe dovuto lasciare aperte “le vie di fuga”.  Purtroppo la vita le aveva insegnato che dalle disgrazie non puoi difenderti, ma dagli amori disgraziati sì ed aveva giurato a se stessa di non dimenticarlo più.

Comunque era stata a mollo abbastanza e non le era servito a molto per calmarsi. Si asciugò e dal fondo dell’armadietto dei medicinali tirò fuori un flaconcino. Versò alcune  gocce  nell’ultimo dito di latte rimasto e le mandò giù. Poi, per scrupolo, controllò la scadenza. Andava  ancora bene.

Come un amico fidato, il Lexotan era stato lì ad aspettarla tutto quel tempo come se sapesse che prima o poi avrebbe ancora avuto bisogno di lui.

Ecco, vi ho raccontato quello che è successo. Stavolta però io non farò commenti perché vorrei che foste voi a dirmi cosa ne pensate del comportamento di Chiara e di Massimo e delle loro motivazioni. Da quello che mi direte capirò se sono riuscita a trasmettervi le emozioni che volevo e a indurvi a fare determinate valutazioni .
A questo punto, più che mai, aspetterò con ansia le vostre recensioni.
Volevo anche dirvi che domani non potrò aggiornare. Tornerò prestissimo però perché, così come l’estate, anche la storia di Chiara e di Massimo non è certo finita come invece sembra in questo capitolo. In fondo questi due ragazzi hanno bisogno di una piccola pausa di riflessione e forse anche le mie lettrici sono abbastanza stufe di stare a seguirli nei loro trip amorosi e vogliono riposarsi un po’. E' sottintesa naturalmente la mia speranza che continuino ad aver sempre voglia di leggere questa storia.
Bacioni e grazie.

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Capitolo 22
*** 2 settembre - domenica ***


Non sto nella pelle: Cricri che mi legge alle 2 del mattino, Xsemprenoi che mette la sveglia, Faith che nonostante tutti i suoi problemi divora ben 4 capitoli insieme e tutte le altre che commentano con arguzia e partecipazione! Ragazze, mi state facendo un regalo bellissimo, quello che ogni autore si augura di avere dal proprio lavoro (beh, quasi, qualcuno scrive anche per i soldi e la fama!) e cioè fare affezionare i suoi lettori ai personaggi che ha creato. In realtà le vostre parole mi hanno fatto capire di essere riuscita nel mio scopo di rendere Massimo e Chiara molto veritieri. Non volevo infatti farne un super-uomo o una super-donna ma due semplici esseri umani, ognuno con le sue luci e le sue ombre. Ed in effetti oramai state cominciando a vederli per come  ho voluto rappresentarli. Non pare anche a voi infatti che lei, a cui per altro è giusto che vada una certa solidarietà femminile, benché dolcissima e fragile si stia dimostrando  forse un po’ troppo controllata e prudente? E Massimo, il nostro bel “predatore” di cui spero vi stiate innamorando anche un po’ voi, non è in fondo un ragazzo onesto e solare il cui difetto principale è quello di andare avanti come un caterpillar senza cercare di calarsi un po’ nei panni della donna che vorrebbe avere affianco? Effettivamente questi due hanno proprio bisogno di cominciare a conoscere se stessi prima di potersi rapportare l’uno all’altra e da questo capitolo in poi, complice la lontananza, proverò a farglielo fare. Mi direte voi se li ho messi sulla strada giusta…








2 SETTEMBRE domenica

 

 

Era domenica pomeriggio perciò le strade erano quasi vuote. Chiara era passata in pasticceria a ritirare la torta ordinata quella mattina prima di andare da Cristina. Per fortuna la giornata era trascorsa serena perché né la sorella né Riccardo le avevano chiesto di Massimo e poteva intuire quale sforzo dovesse essere costato ad entrambi,  soprattutto al suo invadente cognato.

Le avevano regalato un bellissimo vestito molto costoso per il quale si profuse in mille ringraziamenti un po’ falsi perché avrebbe preferito ricevere un forno a microonde. Anche i bambini erano stati molto cari e le avevano regalato tanti disegni fatti con le loro manine mentre il piccolo Luca aveva voluto stare in braccio a lei  tutta la mattina. Insomma era stata una giornata serena ed aveva anche fatto contento il cognato dicendogli di aver invitato Mario quella sera a casa sua, senza specificargli però di averlo  fatto solo per farlo incontrare con Federica.

Era appena rientrata che bussò alla porta la signora Teresa, la vicina di casa, la quale reggeva un fascio di fiori.

- Scusa Chiara, mio figlio mi ha detto di averti appena visto rincasare. Questi li hanno portati per te stamattina, mi sono permessa di prenderli per te. Ma cos’è, qualche ricorrenza? – s’informò, curiosa.

- Sì signora, è il mio compleanno. Devono essere stati gli amici che ho invitato stasera a mandarmeli. Però lei avrà dato una mancia, mi dice quanto le devo?

- Macché, è una sciocchezza!

- Non vuole nemmeno entrare un momento? Vorrei offrirle qualcosa.

- No grazie, ho delle persone a casa. Ti prego però, cercate di non fare troppo chiasso stasera tu ed i tuoi amici. Sai, quest’appartamento è stato vuoto  tanti anni e mio marito  è un brontolone abituato alla pace.

- Non si preoccupi – le sorrise Chiara con la solita dolcezza – i miei amici non sono certo dei ragazzini scalmanati, il più giovane avrà quasi quarant’anni!

Rassicurata, la signora Teresa, a cui quella ragazza piaceva molto perché era una persona davvero per bene, la salutò dopo averle dato il mazzo di magnifici fiori.

-  Questo è il tipico regalo di Mario – pensò rientrando in cucina – ma poi lesse il biglietto ed ebbe un tuffo al cuore: “Massimo” c’era scritto, senza un augurio, senza una parola, solo “Massimo”.

Non sapeva cosa fare. Da una parte non aveva voglia di sentirlo dopo che per un po’ era riuscita a non pensare a lui, ma dall’altra l’educazione le ricordava la buona norma di ringraziare chi ti ha spedito dei fiori. Infine il suo senso del dovere ebbe la meglio e lo chiamò sul cellulare.

- Ciao piccolina,  buon compleanno! – le rispose subito lui avendo letto il suo nome sul display.

Aveva usato un tono allegro ed affettuoso come se nulla fosse successo e Chiara ne fu un po’ spiazzata.

- Grazie. Ti volevo  ringraziare per i fiori, sono molto belli – si limitò a dirgli con una certa freddezza.

- Meno male. Sei una donna a cui non piacciono i gioielli, ora so che almeno i fiori ti piacciono! – la prese in giro.

- Sì, però  preferisco le piante – precisò lei, un poco sostenuta.

- E perché?

La donna si fece seria.

- Perché sulle piante quando un fiore cade, ce n’è sempre un altro pronto a spuntare invece i fiori recisi appassiscono in pochi giorni ed è molto malinconico veder morire una cosa che è stata tanto bella. 

Sapeva di non star parlando solo dei fiori e per un momento sperò di avergli dato un’altra possibilità.

Forse lui capì o forse no, comunque le disse:

- Io non me ne intendo di  piante, dovrai accontentarti di aver avuto i fiori!

- E sono stati bellissimi – si affrettò a dire la ragazza facendo  finta di niente – Ora devo andare, aspetto i miei amici – troncò in fretta - Grazie ancora e buone ferie.

 

**

 

Assai deluso, il giovane posò il telefonino sul comodino e si stese di nuovo sul letto. Quella mattina, appena arrivato a Bologna, per prima cosa era andato da un fioraio con il servizio di Interflora per mandarle i fiori più belli che avesse potuto trovare. Non voleva far passare il compleanno di lei senza farle un regalo, soprattutto perché la sera prima si erano lasciati così male. Era ancora arrabbiato però. Per quanto si sforzasse, non riusciva a  capirla e poi la mancanza totale di fiducia nei suoi confronti lo faceva innervosire molto. Perché Chiara non intuiva che non sarebbe mai stato capace di farle del male? Perché lo vedeva come il lupo cattivo pronto a sbranarsi l’innocente pecorella? Non la sfiorava nemmeno il pensiero che anche lui investiva qualcosa di sé in quel rapporto?

Nella sua esperienza aveva visto fallire un mucchio di unioni all’apparenza solide, anche quelle nate sotto i migliori auspici, e si era convinto che chi ama davvero deve essere disposto a prendersi anche una bella batosta perché niente e nessuno può dare la  certezza che ciò non possa accadere. Anche nel loro caso solo il tempo avrebbe potuto provare la solidità dei reciproci sentimenti ed invece lei non voleva neanche provarci, voleva essere rassicurata. In tutta onestà, non si sentiva di farlo, c’erano troppe incognite. Per quanto gli piacesse, era meglio lasciarla perdere. Era una persona  difficile e chiusa ed a lui i rapporti troppo complicati non erano mai andati giù.

Lo chiamarono da basso perché c’era da sistemare il giardino di casa dove si sarebbe svolta  la festa di compleanno della nipote. Fu ben contento di avere qualcosa da fare per evitare di rimanere a rimuginare i propri pensieri.

Insieme a Luciano e a Bruno, sistemò dei palloncini colorati tra gli alberi e  Mirella, la  festeggiata, portò  loro del tè freddo appena preparato dalla nonna. Sorseggiando il suo, Massimo osservò con orgoglio la nipotina che si allontanava.

- Si è fatta proprio bella la tua bambina. Pensare che da oggi è pure maggiorenne ed invece a me sembra appena ieri che mi chiamava ancora “zio Maimo”! Te ne ricordi? – osservò rivolgendosi al fratello.

Luciano sorrise compiaciuto, ma l’altro zio aggiunse scherzando:

- Carina è carina, però si vede che è ancora piccola. Invece, certe sue amiche… sorbole e che sventole! A proposito,  vedi di non fare come al solito. Bada che la stagione di caccia non è ancora aperta con loro.

- Finiscila, scemo, davvero credi che potrei fare il fesso con delle ragazzine dell’età di mia nipote?

- Guarda che quelle ragazzine fanno girare la testa a tutti, figuriamoci ad un mandrillo come te… e poi oramai le amiche di nostra sorella te le sei già fatte tutte!

Massimo si irritò moltissimo, anche perché notò pure Luciano ridacchiare compiaciuto,  come a voler sottolineare che quello scherzo innocente si basava su dati di fatto. Sbatté il bicchiere di tè sul tavolo sibilando a denti stretti un’imprecazione e si allontanò.

- Ma cosa gli prende? – chiese stupito Bruno alla madre arrivata proprio in quel momento, giusto in tempo per vedere il gesto di rabbia del figlio – È stato sempre lui il primo a scherzare su questi argomenti!

- Lasciatelo stare – disse la signora Caterina – sta attraversando un brutto momento ed è molto nervoso.

 

**

 

Quella sera alla festa se ne stette in disparte, scuro in viso, con una sigaretta in una mano e un bicchiere di liquore nell’altra.  Era comunque molto affascinante perché indossava un vestito blu di ottimo taglio sotto il quale portava una camicia azzurra il cui colore faceva apparire di un blu profondo anche i suoi occhi di solito così chiari. I capelli, sotto la luce delle lampade di carta, avevano riflessi color del miele, così come la barba ben curata che gli incorniciava il volto dall’ovale perfetto. Quell’aria severa accresceva la sua prestanza e più di una donna, ragazzina o matura che fosse, ogni tanto gli lanciava uno sguardo languido o un sorrisino.

Contrariamente al suo solito, però Massimo se ne stava tutto serio senza dare confidenza a nessuna.

La cosa non sfuggì a Bruno il quale pensò bene di continuare nello scherzo  della mattina. Gli si avvicinò e gli disse:

- Olà, che fai?  Sperimenti una nuova tecnica, quella del bel tenebroso?

-  Levati dai coglioni – gli sillabò a denti stretti -  altrimenti ti suono una sberla e finiamo la festa.

Arrabbiarsi facilmente era un po’ il vizio di famiglia e Bruno si stava risentendo quando la mamma, accortasi del malumore dei figli, si avvicinò in fretta. Preso Massimo per un braccio, lo trascinò verso l’interno della casa non senza aver rivolto un rimprovero all’altro figlio il quale per tutta risposta ironizzò:

- Ma certo portatatelo via il pupetto, ha bisogno delle coccole di mammà…

Trattenendo ancora l’impeto di Massimo che voleva scagliarsi contro il fratello, riuscì a portarlo in casa prima che altre persone potessero accorgersi del diverbio.

- Si può sapere cos’hai? Bruno stava solo scherzando! – lo sgridò non appena furono soli in salotto.

Lui non rispose  e si accese una sigaretta.

- Devi chiedergli scusa – aggiunse Caterina in tono severo.

- Scusa? Io?! Ma se mi sta prendendo in giro da oggi pomeriggio! – si ribellò il giovane – Non mi va di essere trattato come un assatanato che corre appresso a tutte le donne.

- Lo sai, è sempre stato così tra voi due, fin da quando eravate bambini: lui ti prende in giro e tu ti arrabbi, però  ti vuole bene e sarebbe pronto a litigare con chiunque parlasse male di te.  Forse oggi sei particolarmente nervoso perché di solito sei sempre stato il primo a scherzare sul tuo “fascino irresistibile”.

Come al solito la rabbia di Massimo sbollì altrettanto presto di come era venuta.

- Scusa, mamma, dopo gli parlerò, ma ora non ne ho voglia, ho bisogno di stare un po’ da solo.

- Dimmi, c’è qualcosa che non va? – gli chiese lei osservandolo. A questo punto era davvero preoccupata. Quel suo figliolo che, in fondo doveva confessarlo, era davvero il suo preferito, era sempre stato così equilibrato ed allegro  ed ora da un momento all’altro appariva così diverso.

- Niente, non ti preoccupare, va tutto bene,  anzi, resta un po’ con me, fammi compagnia. Anche perché ho una cosa da darti.

Sorridendo, trasse dalla tasca l’astuccio con la collana e glielo porse.

- Volevo dartelo da stamattina, ma sei stata così occupata con i preparativi della festa che non ho trovato il momento.

- Un regalo per me? -  si stupì Caterina -  Ma non è mica la mia festa!

- Certo che lo è. Se non ci fossi stata tu, oggi non ci sarebbe stata neanche questa bella nipotina che compie diciotto anni.

La osservò con piacere lacerare il pacchetto, eccitata come una ragazzina, e trarne la collana di corallo.

- È bellissima! – esclamò contenta – È troppo bella per me!

- Niente è troppo bello per una mamma meravigliosa come te – le disse baciandola con tenerezza sulla guancia – e poi sono contento che ti piaccia. Chissà se a Mirella piacerà il braccialetto che le ho portato.

- Se è dello stesso genere di questa collana, le piacerà certamente. Hai avuto un gusto squisito.

- Non l’ho avuto io, li ha scelti Chiara. Ieri siamo stati a Sorrento da un gioielliere amico suo.  Vendeva tante di quelle cose belle che  non avrei saputo decidermi se non ci fosse stata lei.

- Sorrento! – sospirò Caterina – È una vita che io e tuo padre avremmo voluto andarci, poi una cosa dopo l’altra, ci siamo fatti vecchi. Dimmi, è davvero così bella come si dice?

- Sì mamma, è bellissima. Facciamo in questo modo: quando ad ottobre verrà il vostro anniversario, prenoterò una bella stanza per voi nell’albergo dove sto adesso a Napoli. Sarete miei ospiti per tutto il tempo che vorrete e così potrete girare la città ed i suoi dintorni, non solo Sorrento perché…

- E magari la tua Chiara ci potrà fare da guida – aggiunse l’anziana signora tutta elettrizzata senza fargli nemmeno finire la frase.

Lui si incupì di nuovo.

- Non credo, sai, con Chiara è tutto finito.

- Ma come, se mi hai detto che ieri siete andati a comprare insieme questo regalo?

- Infatti è finita ieri, anzi, a questo punto non so nemmeno se è mai cominciata. Non guardarmi così, questa volta non sono stato io, è stata lei a volerlo  - aggiunse in risposta al suo sguardo severo che sembrava accusarlo.

Intanto il padre aveva fatto capolino nella stanza dicendo allegro:

- Ehi, piccioncini, che ne dite di venire di là?  È quasi ora di tagliare la torta.

-  È inutile che prendi in giro tu! Qui, tra tutti voi, solo Massimo ha tante attenzioni nei miei riguardi! Guarda che bel regalo mi ha portato, mica come te che sai solo regalarmi ferri da stiro e scope elettriche – disse la donna mostrando al marito il bel dono ricevuto.

- Ed a me niente? – protestò questi facendo il finto offeso con il figlio.

- Cosa dovevo portarti? – chiese Massimo, divertito.

- Che ne so, un bell’orecchino d’oro ad esempio. Così me lo mettevo e con la bandana e la moto… Brumm Brumm…! Chissà che conquiste! Alla faccia di questa vecchia borbottona - ridendo, il vecchio signore fece il gesto di chi va in moto.

Era stato sempre un tipo giocherellone. Da lui Massimo aveva preso il carattere allegro, dalla madre la dolcezza  innata mentre di suo ci metteva invece una certa irascibilità di cui però poi sempre si pentiva. Comunque era davvero affezionato ai suoi due meravigliosi vecchietti per cui, prendendoseli  uno per lato e circondando  loro le spalle con  le braccia,  li condusse verso il giardino dicendo:  

- D’accordo, ti porterò anche un completino di pelle all’ultima moda  così sarai perfetto!

 

**

 

La piacevole serata si stava svolgendo sul terrazzo anche se ogni tanto Chiara faceva segno agli amici di non alzare troppo la voce perché aveva promesso alla signora Teresa di non dare disturbo e lei era una persona che le promesse cercava sempre di mantenerle.

Aveva ricevuto tanti regali ed aveva spento le sue belle 34 candeline. Pareva tutto tranquillo ma chi la conosceva bene poteva notare una sorta di malinconica rassegnazione nella sua voce e nei suoi atteggiamenti.

Giovanni la conosceva bene, erano amici sin dal tempo del liceo. Con lei aveva diviso i problemi ed i turbamenti adolescenziali e la ragazza gli era stata di grande aiuto ed appoggio quando aveva preso coscienza delle sue particolari tendenze sessuali e se n’era sentito assai turbato. Dopo era stato lui a starle vicino, nel periodo buio seguito alla morte dei genitori. Poi il lavoro di architetto lo aveva portato spesso lontano ed aveva smesso di essere il suo unico confidente. Comunque,  quando era in città, stavano sempre insieme, frequentavano corsi di yoga e di meditazione, centri benessere e librerie new age prendendosi in giro a vicenda per quella mania che entrambi sapevano essere frutto anche di una grande insicurezza.   

Il giovane non capiva cosa la turbasse e, dovendo partire il giorno dopo per Madrid, non aveva il tempo di parlarle.  Sapeva che Federica era diventata da tempo  la sua amica del cuore per cui, con la scusa di aiutarla a portare i piatti con gli avanzi della torta in cucina, la seguì e le chiese a bruciapelo:

- Fede, cos’ha Chiara?

La donna rimase un attimo perplessa. Non aveva l’abitudine di spiattellare i fatti degli altri ai quattro venti però Giovanni non era uno qualsiasi, lo conosceva come un amico intimo di Chiara, anzi,  per lungo tempo aveva creduto che tra loro due ci fosse qualcosa in più di una semplice amicizia e si era ricreduta soltanto quando aveva capito che era gay.

- “Che peccato! – pensò in una frazione di secondo – Un così bel ragazzo, tanto sensibile e buono!  Che spreco per noi povere donne!”

Comunque questo pensiero occupò solo una parte del suo cervello perché con l’altra stava decidendo se svelargli il perché della malinconia della loro amica o no. Alla fine decise di sì.

- È innamorata.

- Di chi?

- Di quello che le ha mandato i fiori.

- Cos’è, un altro sposato?

- No, no,  questo qui è liberissimo.

- E allora qual è il problema?

- È “troppo” libero.

- Non se la fila?

- Ma no, è lei che lo ha allontanato.

Giovani corrugò la fronte in un’espressione perplessa.

- Anche se ne è innamorata? – chiese.

- Sì, ma ha paura che non possa durare.

Il ragazzo, a cui era capitato più di una volta di mettere in discussione tutta la sua vita per qualcuno, scosse la testa.

- È assurdo! – si lasciò sfuggire.

- Non per lei, lo sai come è fatta:  vuole un uomo più affidabile.

- Allora deve rinunciare all’amore e magari prendersi quel broccolo di Mario.

Con la testa Giovanni aveva indicato il terrazzo dove questi   stava continuando a proferire  una serie di banalità senza fine, sempre però con un’espressione adorante nei confronti di Chiara la quale, solo  per pura cortesia, cercava di trattarlo bene e ripararlo dagli inevitabili sfottò degli amici.

- Lo so - commentò Federica – ma tu non hai conosciuto Massimo Corona. Passare da lui a Mario sarebbe come mangiare il pane secco dopo aver assaggiato un bignè.

E per dare più forza al suo dire si ficcò in bocca un grosso pezzo di torta Saint Honorè.

 

 


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Capitolo 23
*** 3 settembre - lunedì ***


 

3 SETTEMBRE lunedì

 

Massimo aveva trascorso quella prima mattinata di ferie in tranquillità. Si era svegliato con calma, aveva chiacchierato con la madre, aveva accompagnato il padre a fare alcune commissioni in banca. Prima di rientrare erano passati anche per il negozio di elettrodomestici di Bruno e, senza bisogno di dirsi niente, come quando erano ragazzi, avevano fatto pace. Il fratello lo aveva invitato a trascorrere il resto della settimana di vacanze nella sua casetta in montagna.

- E che ci vado da solo? – aveva obiettato lui.

- Dai, a te basta fare un fischio e le donne corrono come tante cagnette in calore – lo aveva preso di nuovo  in giro.

- Che fai, ricominci? – gli aveva risposto, fingendosi arrabbiato.

Tutto il pomeriggio però l’idea della casetta in montagna gli era sembrata sempre più allettante perché era piccola, ma carina, aveva un bel camino ed era situata in un posto da dove si potevano fare tante belle passeggiate tra i boschi. C’era una sola persona al mondo con la quale avrebbe voluto andarci: guardò l’orologio, a quell’ora Chiara doveva essere ancora in ufficio.

La ragazza non si aspettava di sentire la sua voce al telefono per cui si sentì salire tutto il sangue alla testa per l’emozione. Dovette girarsi con la faccia verso il  muro per non farsi vedere da Rossana. Per fortunata la collega in quel momento si alzò ed uscì dalla stanza per andare a far firmare delle lettere al capo.

- Come stai? Come è andato il tuo compleanno? – le chiese Massimo con un tono molto affettuoso.

- Bene, ma dimmi piuttosto della festa di tua nipote. Le è piaciuto il braccialetto?

- Moltissimo ed anche a mia madre è piaciuta molto la collana. Si complimenta con te per il gusto squisito.

- Le hai parlato di me!? – gli chiese stupita.

- Certo, te l’ho detto, le racconto tutto. Senti, ti telefonavo per chiederti una cosa: perché non prendi qualche giorno di ferie e vieni qui?

- Come? – domandò Chiara che non aveva capito il perché di quella richiesta.

Massimo fece finta di non aver colto il senso della domanda e le rispose:

- Con il treno. Ci sono anche i treni, sai. Parti domani mattina e nel pomeriggio sei qui. Ti vengo a prendere alla stazione e ce ne andiamo in una bella casetta sull’Appennino modenese di proprietà di mio fratello. Niente di speciale, beninteso, ma è molto intima, c’è anche un bel camino. Sono sicuro che ti piacerà molto.

- Perché? –  gli chiese.

- Perché si sta bene, te l’ho detto.

- No, per favore, non far finta di non capire, rispondimi. Perché dovrei venirci? - il tono della sua voce era molto serio.

- Per passare qualche bel giorno di vacanza – le rispose invitante.

-…e sostituire il paesaggio marino con quello montano? No grazie, credevo di avertelo detto, non è questo che voglio – rifiutò, anche se era stata molto tentata di accettare. In un posto come quello, con lui, avrebbe vissuto di sicuro giorni meravigliosi, ma non poteva permetterseli.

Il giovane però si sentì rifiutato.

- Credevo che anche tu saresti stata felice di stare con me. Devo essermi sbagliato!

- No, lo sai, non è questo. Mi piacerebbe stare con te, ma non così, solo per fare una vacanza – gli  disse con una voce dolcissima.

- Mi sbaglio o  eri tu a dire che il nostro rapporto non doveva diventare impegnativo? – le disse un po’ maligno rammentandole le frottole che gli aveva raccontato a casa sua quella sera.

- Ho cambiato idea.

- No, tu hai cambiato registro. Evidentemente ritieni sia più utile, invece che fare l’indifferente, cominciare a fare la preziosa. In realtà quella di farla assaggiare ad un uomo per poi negargliela è sempre stata la tattica più efficace. Non c’è modo migliore per mandare un povero fesso come me fuori di zucca, no?

- Adesso stai diventando addirittura volgare! – gli disse, molto offesa dall’accusa. Possibile  non riuscisse a capire che il suo bisogno di un rapporto affidabile era qualcosa di più profondo di un meschino tentativo di legarlo a sé?

Massimo però era furibondo. Non riusciva ad accettare il fatto che Chiara lo stesse rifiutando con tanta determinazione senza dargli nessuna chance di provarle la sua buona fede.

Non riuscì a trattenersi e con la voce tagliente, la rintuzzò:

- Certo, io sono volgare, carogna, approfittatore. Io sono così. Cosa credevi,  che fossi il principe azzurro?

- Figurati, non mi sono illusa neanche per un momento! Ma fammi un piacere: lasciami stare. Ne puoi trovare tante più adatte di me ai tuoi scopi.

La ragazza stava quasi per piangere, ma si controllò ricordandosi di conservare la propria dignità.

- Scusami, non ti scoccerò più. Stammi bene - irritato, Massimo troncò la conversazione abbassando il telefono.

Poco dopo, rientrando in ufficio, Rossana posò gli occhi sulla collega. Nel vederla stravolta, le chiese:

- Chiara, che c’è? Non ti senti bene?

- Non tanto, ho avuto una vertigine – le rispose poi se ne scappò in bagno a piangere.

 

**

 

Quel pomeriggio Federica non c’era stata perché aveva dovuto accompagnare la mamma da uno specialista e così non si era potuta confidare neanche con lei. Certo avrebbe sempre potuto chiamarla a telefono, ma non si sentiva di farlo. La sua povera amica aveva già tanti problemi con  la madre molto anziana e bisognosa di cure anche perché il suo unico fratello, già sposato, si  era scrollato ogni responsabilità. 

Quando verso le otto squillò il telefono, sperò che fosse lei, almeno avrebbe potuto sfogarsi un po’.

Invece era Cristina.

- Ciao, sorellina come stai? – le domandò questa.

- Bene, ma come mai mi telefoni a quest’ora, non sei in piena battaglia per la cena?

- No, Riccardo è andato con i bambini a casa della sorella ed io sono rimasta qui con Luca che ha qualche linea di febbre.

- Potevi chiamarmi, sarei venuta volentieri a fargli compagnia  e tu saresti potuta uscire.

- Sì, figurati la pacchia! Piuttosto che andare da mia cognata preferisco di gran lunga passare una serata a casa così ho il tempo per fare qualcosa, compreso quella di telefonare alla mia sorellina. Davvero stai bene? Hai mangiato?

- Sì, mi sono preparata degli spaghetti con i pomodorini ed il basilico che erano una vera delizia.

Era una bugia. Aveva trangugiato il contenuto di una scatoletta di tonno e mais, qualche acino d’uva e via… il suo stomaco era in quella fase in cui il cibo diventava quasi un nemico. Questo però era meglio non farlo sapere a Cristina la quale, conoscendola fin troppo bene, doveva essere già  preoccupata.

Infatti insistette:

- Ieri mi sei parsa piuttosto giù. Non vuoi confidarti con me?

- No, credimi, va tutto bene.

- Non è vero, stai soffrendo. A me non puoi darla a bere!

- Non sto soffrendo per Massimo se è questo  a darti pensiero. Sta cercando in ogni modo di farmi mettere con lui, sono io a non volerlo. Non più tardi di oggi pomeriggio sono riuscita persino a rifiutare di  passare qualche giorno di ferie insieme, anche se, in verità, mi sarebbe molto piaciuto farlo.

- Ed allora perché non l’hai fatto?

- Perché non voglio solo qualche giorno bello, voglio essere amata davvero, tutto qui.

- Ma se ti cerca continuamente non è  forse perché ti vuole bene?

- No, per lui sarei solo un passatempo, alla fine mi  lascerebbe comunque, non ho dubbi.

- Lo sai qual è il tuo vero problema Chiara? Non hai la minima fiducia in te stessa. A volte anche gli uomini si innamorano. Passando un po’ di tempo con  Massimo, ci poteva essere anche questa possibilità.

- Stai fresca, cosa avrebbe potuto trovare uno come lui in me? Forse avevi ragione tu, l’unica cosa che l’ha attirato è stato il fatto che gli ho ceduto subito. Evidentemente ha pensato di approfittarne. Ottenere di fare sesso senza alcuno sforzo è sempre gradevole per un uomo, ritengo.

- Scusami, ma non sono d’accordo con te. Sei una bella ragazza, buona, intelligente, hai un buon lavoro perché mai devi sempre buttarti giù? Non credi che un uomo possa amarti davvero? Se non ci credi tu per prima come pretendi che non se ne approfittino? La stessa cosa l’hai fatta con Marco: sembrava sempre che ti stesse facendo una grazia!

- Questa volta è tutto diverso. Lui non è come Marco, me l’ha detto chiaro e tondo che non se la sente di darmi speranze per il futuro. Sta bene con me e per adesso gli basta.

- Appunto, se continuerete a stare bene insieme, potrebbe decidere di restare con te per sempre.

- Ma che facciamo i contratti a termine anche in amore? Ho giurato a me stessa di non mettere mai più la mia vita nelle mani di un uomo. Lo sai come sono fatta io, sono senza mezzi termini: quando voglio bene lo faccio con tutta me stessa. Se dovesse finire, com’è quasi certo che accadrebbe, non so come potrei prenderla. Preferisco soffrire da cani adesso, piuttosto… – s’interruppe perché infine se l’era lasciato sfuggire che stava soffrendo.

Cristina già l’aveva capito benissimo, ma non volle infierire.

– Forse hai ragione, fai bene a non pensarci più. In fondo sei giovane, vedrai quante altre occasioni ti capiteranno! – la consolò.

- “Già – pensò Chiara – però ora mi sembra non valga nemmeno la pena di vivere se non posso avere Massimo”.

Cercando di non far trasparire nessuna delle sue emozioni, cambiò discorso e con tutta la calma che poteva riuscire ad avere, disse alla sorella:

- Ti prego, non parliamone più. Ti volevo dire invece che ho misurato il vestito e lo trovo bellissimo. Mi sta solo un po’ stretto sui fianchi, ma è una cosa minima.

- Mi fa piacere sia stato di tuo gusto. È stata un’idea di Riccardo, io volevo regalarti qualcosa per la casa, magari un microonde perché so che lo desideravi, ma lui ha detto che devi avere qualche capo elegante. Sei una donna giovane e ci può  essere l’occasione giusta per indossarlo.

- Infatti ha ragione. Sono stata invitata ad una cena offerta da un collega che ha dato le dimissioni e credo che potrei metterlo allora. Che ne dici, non è  troppo elegante?

Le due donne continuarono a parlare per un po’ senza più toccare il tasto dolente dei sentimenti.







Sempre grazie a tutte per i bei complimenti che mi fate circa il mio modo di scrivere. In realtà io visualizzo la storia quasi come se vedessi un film ed il fatto di riuscire a farlo fare anche a voi è per me motivo di grande orgoglio. Per questo mi piacciono i personaggi di contorno e la descrizione delle piccole cose quotidiane. Gesti e persone comuni che però mi aiutano a rendere più  vivi i miei personaggi e a far trasparire lati del loro carattere altrimenti difficili da spiegare.
A proposito di questo,non vi sembra che Cristina abbia detto delle cose molto sagge alla sorellina confusa? E se Massimo dal canto suo invece che prenderla così da lontano e far finta di niente dicesse a Chiara quello che prova realmente? Ma forse entrambi non sono ancora consapevoli dei reciproci sentimenti. Ed allora, dai, facciamoli penare ancora un poco in attesa che finalmente si rendano conto di ciò che vogliono davvero! E poi in effetti da quanto si conoscono? Solo dal 14 di agosto! È ancora troppo poco per poter decidere di tutto il loro futuro…


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Capitolo 24
*** 4 settembre - martedì ***


Mie care amiche, vi sono tanto grata per il modo con cui mi state seguendo, partecipando a questa storia come se Massimo e Chiara fossero davvero vostri amici per cui, credetemi, non vorrei farvi soffrire ancora. Ma purtroppo se lo facessi dovrei giungere alla conclusione . Non lo faccio per due motivi: primo perché dovrei privarmi di questo piacere quotidiano che mi state regalando; secondo: perché questi ragazzi hanno bisogno di penare ancora un po’. Chiara è sensibile ed innamorata ma è anche una fifona incapace di rischiare e Massimo, nonostante ormai sia chiaro che è in perfetta buona fede e che non si sente affatto un predatore,  deve imparare a capire che la percezione che ha di se stesso non è esattamente quella che hanno gli altri di lui. Allora è giusto che soffrano un pochino entrambi, per maturare e gettare le basi di un eventuale rapporto più solido. Leggete questo capitolo, vedete cosa ho combinato loro e fatemi sapere… Ci conto, eh?





4 SETTEMBRE martedì

 

Chiara si era svegliata madida di sudore ed ancora turbata. Aveva sognato di stare facendo all’amore con Massimo. Era stato bellissimo e molto reale. Le era parso di vivere ancora il contatto fisico con lui e ne aveva provato un’emozione grandissima. Il cuore le batteva forte ed i sensi erano tutti terribilmente svegli: aveva  accarezzato ancora una volta quel bel corpo maschio e baciato la sua bocca così calda e dolce, ma era stato solo un sogno e svegliandosi lo aveva perduto.

Si alzò dal letto ed andò in bagno, si versò un po’ di acqua fresca sul viso e sul collo poi prese un bicchierone di succo di frutta e se n’andò sul terrazzo dove si accoccolò sul pavimento di cotto che ancora tratteneva il calore del sole della giornata estiva. Mentre  guardava il mare scuro rilucere sotto le stelle, beveva a piccoli sorsi, cercando di calmare il suo corpo che bruciava al ricordo dell’amore.

Tutto sembrava imbalsamato e sospeso nel tempo.

- “Passerà anche questo - si disse – tutto finisce, anche l’amore. Se ho superato cinque anni passati con Marco come potrò non dimenticare pochi giorni con lui?”

Ma dentro di sé sapeva bene di non volere ammettere la verità e cioè che quella storia passata era arrivata ad un punto di saturazione. Oramai stanca e sdegnata dal comportamento di Marco, neanche desiderava vederlo più tanto le dava fastidio. E così era finita davvero. Invece Massimo era ancora pienamente nei suoi pensieri. Come poteva essere altrimenti? Un uomo così dolce, così forte, un’amante così meraviglioso! Intanto si asciugava con rabbia il pianto che le scorreva silenzioso sul viso.  

No, sul serio, non aveva proprio nulla da rimproverargli, era stato sincero, non aveva proposto né accettato compromessi. Era stata lei una stupida a pensare di poterlo fermare: si può fermare forse il vento o l’impeto del mare? Come pretendere che uno così, chissà quante donne belle e risolute l’avevano amato, si potesse innamorare proprio di una piccola imbranata, nevrotica e maniaca come lei…

- “Passerà, passerà…” - si diceva. Presto i suoi sensi si sarebbero di nuovo assopiti, d’altronde si era sentita davvero donna soltanto tra le braccia di lui e non aveva nemmeno mai saputo di esserlo così tanto. Di sicuro il suo corpo l’avrebbe dimenticato ed anche l’amore sarebbe passato a poco a poco. Cristina aveva ragione, era ancora giovane, forse avrebbe avuto ancora altri amori, ma di una cosa era sicura, mai più sarebbe stato così perché Massimo era la persona più desiderabile che aveva mai incontrato in vita sua.

Non voleva avere rimpianti però. Lui era stato come un sole e, come una creatura infreddolita, si era riscaldata ai suoi raggi. Non aveva senso rammaricarsi adesso perché, come il sole che tramonta, era andato via ed il freddo la stava avvolgendo di nuovo. 

 

**

 

- Ti vuoi sbrigare ad uscire? Il bagno mi serve!

Sandra stava bussando con insistenza alla porta imprecando contro Massimo chiuso lì dentro da un bel po'.

Alla fine quest’ultimo uscì, con l’accappatoio indosso ed ancora i capelli bagnati:

- Sei una vera rompiscatole, non puoi andare al bagno di sopra? – le chiese un po’ irritato.

- No, le mie cose stanno qui, vacci tu a quello di sopra.

La sorella lo scostò in malo modo e poi gli chiuse la porta in  faccia.

Il giovane andò in cucina dove c’era la mamma a preparare la colazione.

- Buongiorno -  gli disse questa – lo vuoi un caffè?

- No, grazie, me lo sono preparato prima da solo – le rispose accendendosi una sigaretta.

- Ho notato! Sono appena le otto ed hai già bevuto una macchinetta di caffè e fumato tutte queste sigarette! Dovresti starci un po’ attento, ragazzo mio – lo rimproverò indicando il posacenere già colmo di cicche.

- Mamma, per favore, non ho bisogno delle tue prediche. Sono abbastanza adulto da  badare a me.

- Però non sei del tuo solito umore. Se è per quella ragazza di Napoli, guarda che certe volte le donne amano essere un po’ corteggiate. Può darsi che se insisti un poco con il tuo “fascino irresistibile” la convinci a tornare con te.

La poverina voleva solo scherzare e mai avrebbe immaginato la reazione del figlio.

- Insomma, sono venuto qui per farmi sfottere da tutti voi? Ti ci metti anche tu adesso?  Vi devo proprio mandare a quel paese? – si era innervosito tantissimo e stringeva la sigaretta tra le dita con gli occhi ridotti a due fessure color ghiaccio.

- Calma, calma, come sei irascibile, sembri una pila elettrica!

Sandra, uscita nel frattempo dal bagno, prese una tazza di caffellatte e mentre cercava di sorseggiarlo senza scottarsi perché era bollette, benché avesse molta fretta, volle intervenire nel discorso.

- Infatti, sei diventato davvero insopportabile! – disse.

- Meno male che non ci sto mai in questa casa, siete capaci di farmi incazzare tutti. La prossima volta devo vedere dove andare perché qui è impossibile resistere!

Caterina, non era più disposta ad indulgenze e con un tono di voce piuttosto irritato, osservò:

- Massimo, ma chi ti sta facendo niente?

- Lascialo perdere, mamma. Tanto si è capito cos’ha il signorino – ribatté la sorella.

- E sentiamo, che cosa avrei, di grazia?

- Non ti va giù che qualcuna ti abbia piantato prima che lo facessi tu. Questo è uno sgarro che al grande “amatore” non bisogna fare, per carità! – gli spiegò Sandra, beffandolo di proposito.

Massimo andò su tutte le furie.

- Lo vedete che non siete capaci di farvi i cazzi vostri? Cos’è, la mia vita privata è stata oggetto di un consiglio di famiglia per caso? – urlò.

- Che sciocchezze dici, caro! – protestò Caterina.

- Dico che sei andata a spiattellare a questa cretina le mie cose personali e non mi sembra il caso perché questa scema non ha la minima sensibilità.

- Davvero? – gli fece di rimando la sorella la quale essendo cresciuta con tre fratelli tutti più grandi di lei aveva dovuto per forza imparare a difendersi per non farsi mettere sotto – E chi ce l’avrebbe la sensibilità, tu per caso che te ne sei sempre fottuto di tutte?

- Ragazzi smettetela e poi… cosa sono tutte  queste parolacce! 

L’anziana signora cercava di riportare la calma ma i figli non la stavano neanche a sentire.

- Perché secondo te io sarei una persona incapace di sentimenti? – stava dicendo infatti Massimo.

La ragazza guardò la madre  e le chiese:

- A te risulta che ne abbia mai avuti verso qualcuna? A me no!

Caterina non rispose e si limitò a fare un sospiro rassegnato.

Il giovane invece fulminò entrambe con uno sguardo e, per cercare di controllarsi, se ne andò sbattendo violentemente la porta alle sue spalle.

Dopo circa una mezz’ora riapparve in cucina  pronto per uscire. Purtroppo però non sapeva dove andare. Il giorno precedente era stato da Aldo, il vecchio amico proprietario della palestra dove si era sempre allenato. Aveva passato tutto il pomeriggio con lui, facendo anche un po’ di attrezzi, ma adesso si sentiva dolere tutti i muscoli per la mancanza di allenamento e non aveva voglia di tornare lì.

La rabbia di poco prima gli era sbollita anche se un po’ ce l’aveva ancora con le due donne perché lo giudicavano troppo male.

Non era vero quello che dicevano. Quante volte aveva voluto bene ed anche se le cose non erano mai andate per il verso giusto, non era stata solo colpa sua. Ma forse Sandra era in collera. La sua amica Daniela doveva averle raccontato quanto era successo tra di loro e per questo si stava comportando così.

- Dove deve andare quella lì così di fretta? – chiese alla madre mentre prendeva dei biscotti dalla credenza.

- A prendere il treno per andare in ospedale – gli rispose calma Caterina come se la scenata di prima non fosse mai accaduta.

- E non va con l’auto?

- No, stasera deve partire per un congresso a Parigi e non vuole lasciarla al parcheggio dell’ospedale. Per questo ha deciso di prendere il treno. Anzi… Sandraaa! – la chiamò – Sbrigati che lo perdi quel treno!

La ragazza arrivò tutta trafelata con in mano un giaccone pesante.

- Vorrei portarmi anche questo, può darsi che lì faccia freddo. Però la valigia è diventata un quintale, come faccio a salirla sul treno? – osservò.

- Ti accompagno io in ospedale con la tua macchina e poi la riporto qui  - si offrì Massimo il quale era fatto così, un minuto prima pareva volesse ucciderti, un minuto dopo ti riempiva di gentilezze.

La ragazza gli buttò le braccia al collo,  contenta.

- Davvero fratellone? Faresti questo per me?

- Soltanto perché non ho niente da fare, scimmietta – le rispose sorridendo e ricambiando il bacio che lei gli aveva dato su di una guancia.

 

**

 

Poco dopo, guidando la Toyota di Sandra, Massimo la paragonò alla BMW usata di solito per il suo lavoro.

- Una macchina così mi ci sarebbe voluta a Napoli. Lì il traffico è un vero inferno, nessuno che rispetti il codice e guidare quella portaerei è un vero disastro - commentò.

- Cos’è – osservò maliziosa la sorella – credevo ti piacesse stare lì.

Lui le rispose a tono, ma scherzoso, augurandosi in cuor suo di non riprendere l’argomento scabroso.

- Infatti mi piace e mi piacciono anche le persone che ci abitano, se lo vuoi sapere.

La ragazza, sollevata dal fatto che la sua collera fosse passata come un temporale d’estate, si guardò bene dall’insistere, anzi, trovandosi lì  in intimità, gli confidò del suo nuovo ragazzo con il quale doveva recarsi a Parigi quel pomeriggio.

- Quindi è un collega dell’ospedale. È medico anche lui?

- Sì, fa l’anestesista.

Massimo sogghignò e provò a raccontarle la famosa barzelletta della moglie che non sentiva mai nulla perché il marito era un bravo anestesista, ma la ragazza finse di  arrabbiarsi,  dandogli  un sacco di botte.

- Basta, basta, sto guidando, perdono, perdono! – rise lui per poi chiederle serio – Ne sei innamorata, scimmietta?

- Sì, credo di sì, solo che non so come andrà, forse tra qualche mese sarà già tutto finito.

- E perché dovrebbe esserlo, non state bene insieme?

- Tantissimo. Ma sai com’è, non c’è mai niente di sicuro. Comunque è meglio provarci non ti pare?

- Certo – convenne lui e pensò a Chiara la quale invece preferiva battere in ritirata piuttosto che rischiare.

- E poi ho badato sin troppo alla carriera, è tempo di pensare anche un po’ ai sentimenti se no finirò per diventare una zitella inacidita come te. Perché tu stai diventando davvero acido, ragazzo mio, credimi!

Arrivati a Modena, Massimo l’accompagnò in ospedale ed ebbe anche modo di conoscere il suo ragazzo che gli parve simpatico. Andando via augurò con tutto il cuore alla piccola Sandra che fosse la persona giusta per lei perché in fondo la solitudine è davvero una cosa terribile da sopportare per tutti, persino per le donne in carriera.

Rientrando in auto si accese una sigaretta poi, per avere un po’ di compagnia, pescò tra i cd per vedere se c’era qualcosa che gli piacesse. Ne trovò uno di Battiato e decise di metterlo su. La musica dolce invase l’abitacolo e solo in quel momento si rese conto che era la stessa che aveva fatto da colonna sonora al suo primo rapporto con Chiara.

Suo malgrado, un’ondata di nostalgia lo invase al ricordo della dolcezza provata allora. Gli pareva quasi di sentire ancora il profumo della pelle di lei, l’arrendevolezza della sua bocca,  la stretta delle sue braccia. In quel momento era sembrato tutto perfetto.  Perché era già finito? In effetti doveva ammettere di aver avuto parecchie colpe, forse era stato troppo rigido, avrebbe dovuto insistere di più perché aveva avuto la sensazione che tutto sommato lei  gli volesse bene. Ma era proprio questa la cosa che lo mandava di più in bestia: come aveva potuto Chiara,  se lo amava davvero, rinunciare a lui con tanta freddezza?

Ascoltava intanto il susseguirsi dei brani: erano tutte canzoni d’amore, ma amori tristi, senza speranza, che lasciavano dentro un enorme dolore. Forse era questo il tipo di rapporto che lei voleva, quello tormentato, che ti fa sentire importante. Personalmente invece aveva sempre pensato al vero amore come a qualcosa che ti deve far schizzare il cuore dalla felicità, che non ha un come o un perché e deve essere totale ed irrefrenabile. E poi c’era un’idea a farlo soffrire e che non riusciva a scacciare:

- “Con quell’altro invece si era lasciata andare. È stata con lui senza chiedergli nulla, solo da me vuole gli impegni. Dovrei dimenticarla, accidenti, togliermela dalla testa. In fondo è stata solo una tra le tante…”

Mentre formulava questo pensiero, incominciò la canzone di Fabrizio De Andrè: “Amore che viene, amore che va” .

L’aveva sempre trovata bellissima ma stavolta avvertì uno strano fastidio. Irritato, chiuse di scatto il lettore cd. Nonostante tutti i suoi propositi, non ce la faceva a veder  andare via tutto ciò che provava per Chiara.

 

**

 

Per tutto il pomeriggio rimase molto nervoso anche se cercò di controllarsi per non far pesare il proprio umore sui genitori. Oltretutto si annoiava a morte. Fu tentato di telefonare a Daniela. Sapeva come prenderla ed era certo che avrebbe potuto perdonargli un’ulteriore avventura, ma  sapeva anche che questa volta non era una scappatella senza importanza come erano state le altre. Inoltre, se si fossero riappacificati, c’era il pericolo di creare un pericoloso precedente. Non voleva indurla a pensare che una volta finito il suo girovagare avrebbero  potuto tornare a vivere insieme perché la loro convivenza era stata un’esperienza troppo penosa. A poco a poco il loro amore, soffocato dalla quotidianità, era finito e lui si era convinto di non essere fatto per la vita a due. Chissà se la colpa era stata sua o di Daniela, ma a un certo punto si era sentito davvero in gabbia. Solo il rapporto superficiale che avevano avuto negli ultimi tempi aveva funzionato ma ora era meglio troncare anche quello, se non altro  per onestà.

Decise di andare un po’ al centro fisioterapico gestito dal fratello Luciano dove aveva lavorato da ragazzo. C’era ancora qualcuno dei vecchi colleghi e con loro riuscì a passare qualche ora sereno.

Ad un tratto uno di essi  gli chiese:

- Perché non  torni a lavorare qui?

- Che sciocchezza! – rispose per lui  Luciano, orgoglioso del fratello – Questo qui si è laureato con il massimo dei voti ed è diventato un pezzo grosso nella azienda in cui lavora. E poi le vecchiette con l’artrosi non gli interessano, magari se fossero belle ragazze qualche massaggino lo farebbe più volentieri!

Tutti si misero a ridere. Anche lui lo fece, ma provò un senso di fastidio.

Più tardi, quando fu da solo, si interrogò sui motivi che gli avevano provocato quel disagio.

- “Probabilmente – si disse – se non ci fosse stato quel maledetto massaggio alla schiena di Chiara il giorno di Ferragosto adesso non starei così, forse sarei riuscito a mantenere il nostro rapporto ad un livello di amicizia. Sarebbe stato molto meglio”.

Eppure non voleva rimproverarsi per quanto era accaduto perché era stato tutto molto naturale e travolgente. Se avesse voluto, Chiara avrebbe potuto fermarlo, ma anche se adesso preferiva fare la vittima,  aveva goduto pure lei di quell’amore così improvviso.

Cosa significava dirgli ora “trovati qualcuna più adatta al tuo scopo”? Quale “scopo”? Quello di portarsela a letto?Possibile che non avesse capito proprio nulla della spontaneità con la quale l’aveva amata? A questo punto era indotto a pensare che fosse stata proprio lei ad aver avuto qualche scopo per fare sesso con lui, così, quasi senza conoscerlo.

Da quella storia ne era uscito ammaccato  ed anche se non voleva ammetterlo, proprio non gli andava giù.

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Capitolo 25
*** 5 settembre - mercoledì ***


 5 SETTEMBRE mercoledì

 

La mattina successiva il cattivo umore di Massimo era cresciuto ancora di più. Era da solo in casa   perché i genitori erano andati ad una visita cardiologia per il padre. Si era pure offerto di accompagnarli, ma poiché era solo un controllo di routine e c’era da fare una lunga anticamera, loro stessi gli avevano consigliato di non andare.

Stava gironzolando per casa da un bel po’ quando decise di andare a fare un giro in moto, benché il tempo promettesse pioggia.

La tirò fuori dal garage, la sua bella, vecchia moto Harley Davidson e, preso dalla nostalgia per i vecchi tempi,  decise di andare a fare una passeggiata nel quartiere dove avevano abitato prima di comprare quella villetta un po’ fuori città.

Fu una cosa simpatica rivedere le vecchie strade. Come in un pellegrinaggio nostalgico, si fermò sotto i balconi della loro vecchia casa. Era stata piccola per sei di loro e non era stato facile crescervi,  però adesso gli sembrava tutto bellissimo. Gli tornarono in mente tanti ricordi della giovinezza e dell’infanzia e così andò pure davanti alla scuola dove avevano insegnato i genitori prima di andare in pensione ed al liceo frequentato da lui stesso.

- “Si vede che sto invecchiando!” – si disse ridendo di sé e decise, considerato che l’ora di colazione era passata da un pezzo, di fermarsi alla tavola calda dove da ragazzo andava ad abbuffarsi nell’intervallo delle lezioni.

Stava tornando a riprendere la moto quando si sentì chiamare. Si voltò e vide una bella signora con  i capelli biondi. Rimase un attimo interdetto poi la riconobbe:

- Elena! – esclamò contento – Da quanto tempo!

- Già, sono passati quasi quindici anni – gli disse lei sorridendo – non mi avevi riconosciuta vero?

- No, a dire il vero ti ricordavo con i capelli lunghi e castani.

- Non lo sai che le signore invecchiando si fanno bionde?

- Invecchiando? Vuoi dire forse  che sono vecchio dato che, se ben mi ricordo, abbiamo circa la stessa età? – le fece con galanteria.

- No, tu eri un bel ragazzo e sei diventato un uomo magnifico. Sono io ad essere invecchiata.

- Non è vero affatto. Dimmi piuttosto, questa bella signorina è tua figlia? – le chiese indicando una bambina di circa otto anni che la donna portava per mano.

- Sì, lei è Viviana – gli rispose poi spiegò alla piccola – Questo signore è un vecchio amico della mamma.

La ragazzina però sembrava più interessata alle sue amichette rimaste più in là che non a Massimo e divincolandosi dalla mano della madre, si allontanò dicendo:

 - Vado da Raffaella e Giorgia.

- Scusala – la giustificò Elena.

- Ma certo. Piuttosto non pensavo tu avessi una figlia già così grande.

- Oh, lei è la seconda, ho anche un maschietto di tredici anni!

- Ti sei sposata presto a quanto pare.

- Sì  - gli rispose. Però  non ho finito l’università, ho lasciato prima. Comunque oggi lavoro in uno studio di commercialista e sono lo stesso contenta. E tu ci sei riuscito a prendere la laurea e a diventare qualcuno come volevi?

Lui sorrise.

– Sai, i sogni dei ragazzi sono sempre esagerati. Comunque anch’io sono contento. Ho un buon lavoro ed anche se sono costretto a girare tutta l’Italia, per il momento non mi pesa.

- Peserà a tua moglie, però.

Elena aveva fatto l’indifferente, ma in realtà le premeva sapere se Massimo si fosse sposato.

- Non ho moglie. Sono ancora “signorino”- le rispose infatti questi.

Quasi come se stesse parlando a se stessa e con gli occhi un po’ bassi,  lei allora affermò:

-  L’avevo capito che non l’avresti mai fatto. Sposarti, intendo.

- Di’ un po’, non ti sembra di esagerare? Avevo solo venti anni quando mi hai lasciato, vorrei vedere quale ragazzo è disposto a pensare al matrimonio a quell’età!

La donna  aggiunse come se fosse stata una cosa che avrebbe voluto  dirgli da tanto:

- Io ti avrei aspettato anche dieci anni se fosse stato necessario, ma tu non eri proprio fatto per un rapporto esclusivo, questo l’avevo capito. Non lo sai come sono stata male e quante volte sono stata tentata di richiamarti. Poi ho conosciuto Maurizio ed è stata una vera fortuna per me. Adesso sono felice, ho la mia casa, i miei figli, un uomo che mi adora. Forse non sarà affascinante come te…

- Per quale motivo me lo dici? Non crederai che dopo tutti questi anni mi aspettavo che tu stessi ancora a rimpiangermi? E poi non c’è proprio nulla da rimpiangere, non sono un tipo raccomandabile e non sei la sola a pensarlo – le disse facendo trasparire una leggera irritazione.

- Non volevo dire questo, scusami.

- Figurati cara, comunque ora devo andare perché ho un appuntamento. Mi ha fatto molto piacere rivederti – le strinse la mano, accomiatandosi.

Poco dopo, riprendendo il suo giretto per il quartiere, si ritrovò a guardarsi dentro scoprendo che il malumore gli era tornato dopo l’incontro con la sua ex. Era stato per ben quattro anni con Elena ed anche se si era trattato di un amore giovanile, le aveva voluto bene. C’era rimasto molto male quando la ragazza l’aveva piantato senza nessun motivo.  Non si era mai spiegato perché l’avesse fatto ed ora, dopo tanto tempo,  finalmente era venuto a saperlo. In fondo erano gli stessi motivi per cui adesso Chiara l’aveva lasciato. Le donne con lui o volevano solo spassarsela o lo scartavano perché non era matrimoniabile, nessuna che lo amasse per quello che era! Bel risultato!

Finì per tornare anche nel bar dove da ragazzo era solito trascorrere le serate, ma non fu una buona idea perché un senso di tristezza lo colse non appena ne ebbe varcato la soglia. Infatti, come se gli anni non  fossero mai passati,  qualcuno dei suoi vecchi amici di un tempo ancora bazzicava da quelle parti,  trascorrendo come allora i  pomeriggi tra una birra ed il biliardo.

- “Chissà se i fortunati non sono loro che non hanno mai avvertito  neanche l’esigenza di cambiare vita. Certo la mia inquietudine non è che mi abbia portato a molto” – si disse.

Dopo qualche chiacchiera se ne stette con la bottiglia di birra in mano a guardare la pioggia scrosciante cha oramai veniva giù, bloccandolo in quel bar.

Sembrava già inverno, niente faceva pensare all’estate appena trascorsa. Non avrebbe mai potuto dimenticare quell’estate, aveva il bel volto sorridente di una donna bruna e  come lei era stata dolce e calda. Ma ormai era perduta.

Lo colse un bruciante desiderio di Chiara, ma poi provò rabbia. Forse aveva ragione Sandra, forse stava così perché la desiderava ancora, non se ne era ancora saziato, era come se ad un affamato venisse tolto il cibo dal piatto. Doveva smetterla di pensare a lei, accidenti!

Anche se era fuori allenamento, decise di fare una partita a biliardo. Si stava congratulando con se stesso per essere ancora abbastanza in gamba al gioco quando gli squillò il cellulare. Era l’avvocato Doria, il capo dell’Ispettorato:

- Corona, – gli fece con la voce autoritaria – finalmente qualcuno che mi risponde! Sono tre ore che sto cercando di contattare Giacomo Rossi!

- Io però sono in ferie – gli rispose secco Massimo.

- Come in ferie? In questo periodo?

- È da marzo che non ne facevo e ritengo di avere anch’io diritto ad un po’ di riposo, non crede?

- Comunque ferie o non ferie, visto che non riesco a contattare il suo collega, deve attivarsi lei. Il Direttore Generale  ha deciso di tenere anche per l’Italia meridionale gli incontri di formazione per  presentare ai colleghi i risultati delle nostre esperienze ispettive di questi ultimi anni. Bisogna prepararli.

- E dobbiamo farlo noi?

- No, non del tutto. Si terranno a Napoli. Avvaletevi della collaborazione dello staff dei Formatori e della Direzione Amministrativa locale. Non sono nuovi a questo tipo di cose, sanno già come fare, ma  il tempo è poco perché dovete finire le visite in corso e preparare la relazione.

- D’accordo, ma non possiamo farlo la settimana prossima?

- Corona, e che cavolo! La data è stata fissata per il 20. Ce la vogliamo dare una mossa, cosa dice?

- Guardi che io non posso ritornare prima di lunedì.

Gli dispiaceva, ma non era il tipo da far prevaricare i suoi diritti.

- Va bene – acconsentì il capo conoscendolo bene -  ma perlomeno avvisi Napoli, così incominciate ad organizzarvi tra voi, poi ci risentiamo. Prenda un po’ di appunti per riferire all’Amministrazione.

Massimo si fece dare un po’ di carta ed una penna dal barista e sotto gli occhi incuriositi degli amici i quali lo vedevano quasi come un top manager, prese appunti. Al termine della telefonata però era molto interdetto, poi si decise a scaricare la cosa su Giacomo che era in servizio. Diamine, lui se l’era fatte le sue belle ferie in estate! Dopo molti tentativi riuscì a beccarlo sul cellulare, ma non c’era molto campo e riuscì solo ad allarmarlo senza ottenere molto di più.

Era inutile, gli toccava avvisare Raimondi, però sapeva che per lui rispondevano le tre ragazze e non gli andava di  sentire Chiara.

- “In ogni caso – si disse – la possibilità è di una su tre e poi, accidenti, non posso farmi condizionare da una cosa così stupida, devo avvisarli. Che figura ci faccio con il capo e con Giacomo?”

Così chiamò, ma come aveva paventato, dall’altro capo del filo gli rispose, secondo i dettami aziendali, proprio Chiara.

- Ciao, sono Massimo.

- “Massimo” – pensò la ragazza mentre il cuore le balzava nel petto, ma si controllò molto bene, forse addirittura troppo perché la sua voce risultò solo molto professionale quando gli disse:

- Ciao, in cosa posso esserti utile?

Il giovane ne fu deluso e tagliò corto:

- Passami il tuo capo, per favore.

- Resta in linea, prego, credo sia  occupato.

Mentre ascoltava la musichetta, lui pensò che mentre se ne stava a tormentarsi da giorni come un coglione, lei, tutta serafica, aveva ripreso la placida vita di sempre. Si sentì montare la collera e quando la udì di nuovo era davvero su tutte le furie.

- Non mi risponde – gli disse lei – proviamo tra qualche momento. Vorresti dire a me nel frattempo?

- No, ho bisogno di parlare con lui, non certo con te. E poi cosa abbiamo più da dirci noi due? Preferisco sorbirmi un’insulsa musichetta piuttosto che perdere tempo in chiacchiere inutili. Mettimi in attesa, grazie.

La sua bella voce era tagliente come un filo di rasoio così Chiara non disse più nulla e gli passò la linea, posando il telefono proprio mentre rientravano le colleghe che erano andate a lavarsi le mani poiché  era quasi ora di uscita.

 Era tutta rossa in volto e nel  trovarla così Rossana le chiese:

- Ancora quel capogiro? Dovresti farti vedere, ragazza mia, non è normale.

Ma Federica aveva intuito qualcosa.

- Chi era al telefono? – le chiese.

- Corona – le rispose cercando di rientrare in sé dopo la cocente delusione subita.

- E che voleva?

- Non lo so, voleva parlare con il capo.

 

**

 

Federica decise di prendere anche lei la metropolitana per riuscire a sapere dall’amica che cosa fosse successo. In un primo momento Chiara si dimostrò molto riluttante a dirglielo, ma poi cedette alle sue insistenze e le raccontò della breve conversazione con Massimo.

- Che disgraziato! – fu il suo commento.

- No, non è colpa sua. Sono stata io a dirgli di lasciarmi perdere.

- E lo difendi pure! – esclamò l’altra.

- Lo amo. Forse riuscirò a smettere di farlo, ma oggi devo dire che lo amo da morire, potrebbe farmi qualsiasi cosa, non smetterei di amarlo! - confessò a voce bassa la ragazza.

Dal suo tono traspariva un’enorme passione che irritò l’altra.

- Allora potevi pensarci prima di fare l’eroina e rifiutarlo! - fu l’osservazione acida dell’amica.

- Lo so ed è per questo che da oggi in poi preferisco non toccare più l’argomento. Sono problemi miei e me li devo piangere io. Non è giusto stare a scocciare nessuno con i miei sentimenti  ed i miei sbagli.

Federica la guardò senza dire niente, la conosceva e la cosa peggiore che poteva fare adesso era chiudersi in se stessa.

-  Dai, scusami. - le disse - Non fare così, con me puoi parlare quanto vuoi, lo sai. Ti fa bene sfogarti un po’. Anzi, sai che facciamo? Stasera te ne vieni a cena da me, così stiamo un altro po’ insieme.

- No, ti ringrazio, ho promesso a Cristina di andare da lei e se non lo faccio si offende. Da te verrò un’altra volta anche perché voglio venire a trovare tua madre. Come sta?

Facendo finta di nulla, Chiara continuò la conversazione su un tono più generico fino a quando la collega non scese dal treno.

Rimasta sola, si diede subito a trovare una scusa per non andare neanche dalla sorella. Quella sera non aveva voglia di vedere nessuno, tra l’altro neanche si sentiva bene perché le stavano venendo le mestruazioni. Decise che questa era la scusa buona: non grave da far preoccupare ma nemmeno tanto banale. Appena arrivata a casa telefonò a Cristina e, come aveva pensato, lei non ebbe nulla da obiettare quando le raccontò che desiderava solo sdraiarsi sul letto con una bella borsa d’acqua calda sulla pancia. La sorella però le raccomandò di mangiare qualcosa.

Chiara non sapeva mancare le promesse e si sforzò di cucinare, ma riuscì a buttare giù solo qualche cucchiaio di pasta perché la frittata che si era preparata per secondo le fece venire subito voglia di vomitare.

Trascorse la serata a vedere in TV un vecchio film di fantascienza, il suo genere preferito,  per cui riuscì anche a passare qualche ora senza pensare alle sue pene. Quando se ne andò a dormire, non seppe far altro che augurarsi che l’indomani fosse una giornata tranquilla.

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Capitolo 26
*** 6 settembre - giovedì ***


No, carissime Arte e Vale, Chiara non è in dolce attesa, sta solo soffrendo molto e per questo le sono ricominciati i disturbi nervosi di cui ha già sofferto in passato. Anche Massimo però si sta arrovellando molto. A modo suo sta veramente male, tanto che lui, per il passato sempre allegro e solare,  questa volta non riesce a controllare la propria rabbia persino con le persone a cui vuole più bene (Chiara compresa).
Come mi ha fatto notare CriCri,  entrambi continuano a sbagliare perché si sono arroccati nelle reciproche posizioni, convinti di non poter agire diversamente. Ma se è vero, così come si dice, che la vera saggezza nasce solo dalla sofferenza, allora lasciamoli ancora un po’a  tormentarsi, questi due testoni. Se lo meritano, visto che non vogliono imparare ad abbandonare i propri preconcetti rischiando in questo modo di allontanarsi definitivamente.
Eccovi quindi un nuovo capitolo dove li lascerò a macerarsi un bel po’. A proposito, consentitemi di dedicarlo alla mia amica Nicoletta la quale, anche se non commenta, so che mi sta seguendo. Lei, più di ogni altra, riuscirà a ritrovare in queste mie fantasie  sprazzi di vita vissuta…

Un bacio a quelle che mi recensiscono (tesori miei!) a chi mi segue e a chi mi legge semplicemente. Mi state facendo tutte un vero regalo!

 


6 SETTEMBRE giovedì

 

Invece il giorno successivo non fu tranquillo, anzi,  si scatenò l’inferno. A prima mattina Raimondi fece una riunione e parlò a tutti gli impiegati di Amministrazione del  grande impegno che li attendeva. Bisognava organizzare un incontro in grande stile, fare le convocazioni, prenotare gli alberghi, i voli per coloro che venivano da fuori città, scegliere le sale adatte, predisporre le colazioni di lavoro e preparare tutto il materiale occorrente ai formatori ed agli ispettori.

- In fondo – concluse – non è la prima volta che facciamo una simile esperienza e conto sulla professionalità di voi tutti per fare una splendida figura con il Consiglio di Amministrazione.

Quando rientrarono nella loro stanza, Federica commentò con le colleghe:

- Belle parole, però il grosso della fatica tocca a noi tre. Diamoci da fare, ragazze.

- Chissà se in tutto questo non c’è una nota positiva: forse tornerà quel formatore venuto lo scorso novembre, quel Gabriele. Non ti farebbe piacere, Chiara? – osservò Rossana.

Alludeva a qualcosa che invece fece rabbrividire l’amica la quale preferì non pensare nemmeno a quest’altra funesta probabilità e si mise a lavorare di buzzo buono.

 

**

 

La confusione però fu tremenda. I telefoni squillavano all’impazzata; i colleghi convocati da tutta l’Italia meridionale cominciarono a tempestarle di domande a cui non potevano ancora rispondere; i contatti da prendere erano tanti e tutta l’Amministrazione era in subbuglio. Come al solito nella baraonda Chiara perdeva la bussola e cominciò ad agitarsi con la relativa conseguenza di commettere un mucchio di sbadataggini: mandò una e-mail a persone sbagliate, inviò una lettera senza gli allegati e stette molto tempo a contattare una sala congressi prima di rendersi conto che aveva chiuso l’anno precedente. Prima di colazione era già distrutta e preoccupata perché quando temeva di sbagliare lo faceva ancora di più.

Il pomeriggio fu ancora più tragico. Raimondi aveva chiesto dei dati all’Ufficio Contabilità sui costi sostenuti nell’ultima, analoga manifestazione. Il collega Ragni li consegnò a Chiara verso le quattro mentre lei stava a telefono cercando di spostare un viaggio già prenotato per un direttore di succursale di Catania.

Poco dopo il capo si affacciò nella stanza e le chiese di portaglieli perché doveva comunicarli all’Organizzazione di Milano. La ragazza incominciò a cercarli sulla scrivania ingombra di scartoffie senza trovarli. Provò allora  nei raccoglitori presi per ultimi, nei cassetti, sotto la scrivania, nel cestino della cartastraccia, ma niente! Innervosita, riguardò di nuovo tutti i fogli davanti a lei mentre si sentiva la voce irritata di Raimondi che nella stanza affianco urlava: “Chiaraaaaaa! ‘Sti benedetti dati, me li porti o no che sono già a telefono?”.

Guardò ancora nel cestino della cartastraccia, ancora per terra, ancora nei cassetti … non li trovò. In cerca di soccorso, lanciò uno sguardo disperato alle colleghe entrambe occupatissime a telefono.

Di nuovo la voce del capo urlò:” Chiaraaaa!”.

A quel punto crollò.

Appoggiata alla scrivania, abbandonò il capo sulle braccia e scoppiò in singhiozzi.

A tale scena sia Federica che Rossana troncarono le conversazioni telefoniche e corsero verso di lei.

-  Ma cosa è successo? – le chiesero insieme.

E lei, tra i singhiozzi, confidò:

- I dati che mi ha portato Ragni, non li trovo più, non li trovo più!

Intanto il capo aveva dovuto dire al suo interlocutore di non essere ancora pronto. Mortificato per la brutta figura, stava urlando nella stanza accanto che non si poteva fidare di nessuno, che doveva fare tutto lui, che Chiara era un’imbranata cronica…

Quest’ultima intanto singhiozzava sempre più sconvolta.

In quel momento riapparve sull’uscio Ragni il quale, accortosi di quanto stava succedendo, spiegò:

- Ma ce li ho ancora io! Li ho riportati un attimo di là perché dovevo fare una correzione. Mi dispiace, gliel’ho anche detto a Chiara, ma forse era a telefono e non mi ha sentito – aggiunse allo sguardo di rimprovero lanciatogli dalle due colleghe.

Federica gli strappò di mano la cartellina azzurra e si affrettò ad andarla a portare al capo sbraitante. Intanto Ragni, che era un gran brav’uomo, mortificato  di vedere la ragazza piangere in quel modo per colpa sua, le fece una carezza sui capelli con tenerezza paterna.

- Dai figliola, ti prego, non piangere così, mi fai sentire in colpa! – la consolò.

Quella carezza affettuosa fu come un balsamo per la povera Chiara che alzò il visino inondato di lacrime e gli fece un sorrisetto rassicurante come a volergli dire che non ce l’aveva con lui.

Dopo, quando fu  tornata un po’ più calma, per toglierla dalla confusione Federica le chiese di andare a fare delle fotocopie. Grata di potersi allontanare per un po’, la ragazza andò nella stanza della fotocopiatrice. Purtroppo quella non era la sua giornata perché non solo la macchina s’inceppò continuamente, ma finì per farle perdere anche l’ordine degli originali e così, quando era già passato da un bel po’ l’orario di uscita, dovette rientrare in ufficio e chiedere aiuto alle colleghe per rimettere le copie a posto.

 

**

 

Massimo aveva fatto il sostenuto ma aveva molta professionalità e sapeva che l’impegno a cui andavano incontro non era di poco conto. Non voleva fare brutta figura e nonostante fosse in ferie, andò a Milano a trovare i colleghi ispettori che già avevano fatto quel tipo di esperienza per le filiali dell’Italia del nord.

I contatti furono molto proficui e nel pomeriggio, come gli era stato consigliato, si recò anche all’Ufficio Formazione per concordare gli interventi da preparare.

Il responsabile era un omone grande e grosso molto gioviale il quale si mise subito a sua disposizione informandosi sulle modalità e sui luoghi degli incontri programmati. Quando seppe che si sarebbero svolti a Napoli, commentò rivolto ad un collaboratore seduto alla scrivania accanto:

- Allora ci mandiamo Gabriele, che ne dici Gino?

- No, Fabio, non glielo puoi fare, quello non si è ancora ripreso! – gli rispose quest’ultimo ridendo.

- E cos’è che lo ha tanto sconvolto, se è lecito sapere? Non dico che Napoli sia Ginevra ma non è nemmeno la Tanzania! – commentò Massimo, divertito.

- No, non è questo. È che quando è stato lì lo scorso novembre si è preso una brutta scuffia per una collega. Come si chiamava, Clara mi pare, no? – domandò all’altro.

Massimo si sentì rimescolare. Possibile che …

- No, mi pare fosse una certa Chiara. Lavora in  Amministrazione. Poverino, risparmialo, saresti crudele a rimandare  lui!

- Ehi, ehi, qui stiamo parlando di lavoro! Gabriele conosce già la città e l’ambiente ed è la persona più adatta per collaborare con  Rossi  e Corona.

Ma quest’ultimo non lo stava nemmeno più a sentire. In fretta troncò la conversazione aggiornandosi all’indomani e se ne andò diritto verso il suo albergo.

Il viso accigliato, l’animo in subbuglio, non poteva credere ad una combinazione del genere. Intanto era proprio così: altre ragazze di nome Chiara, a Napoli e in Amministrazione, non ce n’erano. Doveva essere proprio lei.

Hai capito la santarellina? Quella che lo aveva accusato di avere una ragazza in ogni porto. A quanto pareva anche lei non se li faceva scappare quelli di passaggio!

La gelosia provata in quel momento lo faceva star male. Non sopportava l’idea che solo pochi mesi prima Chiara avesse potuto stare con un altro ed anche se la cosa era finita, era furibondo lo stesso perché non glielo aveva detto, limitandosi a raccontargli l’infelice storia dell’uomo che l’aveva tradita. Aveva una gran voglia di telefonarle e cantargliene quattro, ma si conosceva bene e sapeva che avrebbe potuto farle anche molto male. In fondo era meglio ignorarla un’ipocrita così, lasciarla perdere, come d'altronde aveva già deciso di fare da un pezzo.

 

**

 

Fu una gran fortuna che avesse preso quella decisione perché nello stato in cui era,  la ragazza non avrebbe mai potuto sopportare parole dure da parte dell’uomo amato.

Triste e frustata per le cose successe in ufficio, dovette ricorrere ad un sonnifero per riposare e questa era una cosa che non le piaceva affatto perché per un po’ aveva creduto di aver superato la necessità di ricorrere a simili rimedi per trovar  pace.


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Capitolo 27
*** 7 settembre - venerdì ***


 

7 SETTEMBRE venerdì

 

Il mattino dopo fu Chiara la prima ad arrivare in ufficio, ma dal volto pallido e teso si vedeva bene che non era in perfetta forma.

II capo chiamò per far preparare una lettera. Si precipitò perché sapeva che era una delle cose per le quali preferiva ricorrere a lei perché era brava a scrivere. Terminato egregiamente il suo compito, si sentiva abbastanza rincuorata, ma il mondo le crollò di nuovo addosso quando Federica le chiese una fotocopia della lettera per conservarla e lei si rese conto di non averla fatta.

- Aspetta, dove vai? – le gridò dietro l’ amica nel vederla fiondarsi per cercare di recuperarla alla Spedizione - Non ti preoccupare, ne stampiamo una copia e pazienza se non c’è la firma del capo!

Ma Chiara era già corsa via.

- Senti, - disse allora a Rossana -  questa ragazza non sta bene. Cosa ne dici se le facciamo fare lo stesso le ferie che aveva in programma?

- Sei scema? Con tutto quello che abbiamo da fare?

- Tanto, quando sta così, non è di grande aiuto, finisce solo per far guai. E poi lo sai da che brutto esaurimento nervoso è uscita solo qualche tempo fa.

- Ma il “pazzo” non la manderà mai in ferie! – obiettò Rossana,  riferendosi al capo.

- Sì, se noi due gli assicuriamo di riuscire a portare avanti il lavoro da sole.

La collega restò un po’ pensierosa, poi, siccome anche lei era convinta che ci fosse qualcosa di strano nel comportamento di Chiara ed anche lei le voleva molto bene, acconsentì.

Durante lo spacco per la colazione, mentre la loro amica mangiava solo un pacchetto di cracker, le comunicarono la loro decisione.

- Ne siete sicure? Con tutto il lavoro che c’è? - domandò,  attratta però  da una prospettiva che le avrebbe consentito di evitare lo stress di quei giorni, non per sottrarsi al proprio dovere, ma perché si sentiva sull’orlo di un crollo nervoso.

- Certo, ne siamo sicure, a patto che tu non te ne stia chiusa in casa ma faccia qualcosa. Hai bisogno di cambiare un po’ aria  - le disse Rossana.

- Dovrei andare a trovare Roberta a Roma, lo avevamo deciso già da tanto.

- Bene e già che ci sei, potresti anche incaricarti di comprare il regalo per Dario visto che la cena è per giovedì prossimo…

-…e come al solito tutti gli invitati hanno scaricato l’incombenza su queste povere tre sceme…- aggiunse Federica, facendole sorridere.

- Lo farò molto volentieri, ma voi dovete aiutarmi a dire al carognone delle ferie: io non ne ho il coraggio…

 

**

 

Massimo aveva parecchi amici a Milano, ma la sera precedente, sentendosi di pessimo umore, aveva preferito andare a cenare da solo per poi passare la serata in un cinema senza peraltro interessarsi nemmeno un granché al film.

Quella mattina invece si era recato con grande ansia all’appuntamento con i formatori perché aspettava di conoscere quel tale Gabriele.

Quando lo vide arrivare verso le nove, sentì come un pugno nello stomaco: giovane, alto quasi quanto lui ma più slanciato, aveva un aspetto molto gradevole,  era insomma un bel ragazzo.

Furono presentati e nello stringergli la mano non poté fare a meno di pensare che forse con quella stessa mano aveva accarezzato la donna il cui pensiero lo stava tormentando. Però si controllò nel migliore dei modi e lavorarono tutta la mattinata insieme. Tra le altre cose dovette anche riconoscere che era professionalmente preparato e molto intelligente. In poche ore riuscirono ad impostare gli interventi da tenere nel corso degli incontri programmati.

Alle tre del pomeriggio decisero di prendersi una meritata pausa e di  mangiare qualcosa.

Andarono a colazione in un ristorante lì vicino, già svuotato degli impiegati che lo frequentavano di solito per via dell’orario ormai tardo, per cui potettero parlare con calma del più e del meno. Ad un certo punto però Massimo non resistette più alla sua ansia e tentò un affondo.

- Allora ti fa piacere o no di tornare a Napoli per qualche tempo? – gli chiese.

- Da una parte sì e da una parte no.

- E quale è la parte che riguarda Chiara Corradini, quella sì o quella no?

- E tu cosa ne sai?

- Nella nostra azienda manca del tutto il rispetto della privacy. Me ne hanno parlato – gli rivelò con un sorriso accattivante per sollecitare le confidenze dell’altro.

- Già, poi quando perdi la testa per una ragazza non sempre riesci a mantenere il riserbo. Ed io per lei l’ho proprio persa. Tu la conosci?

- Sì – rispose soltanto.

Gabriele sospirò, scuotendo la testa.

- Me ne sono innamorato non appena l’ho vista. Purtroppo lei non ne ha voluto sapere di me e me l’ha detto chiaro e tondo che non le interessavo. Ci sono rimasto davvero male.

- Quindi non avete avuto una relazione!?

Il sollievo di Massimo era così palese che il giovane formatore si insospettì e  lo guardò accigliato.

- Scusa, ma che te ne importa?- gli chiese con freddezza.

A questo punto sarebbe stato da stupidi tirarsi indietro. Guardandolo diritto negli occhi, lo sguardo gelido e le labbra serrate, gli rispose:

- Invece me ne importa e molto!

L’altro sostenne il suo sguardo e poiché era vero che nella loro azienda si sapeva  sempre tutto di tutti, era perfettamente a conoscenza della fama di “predatore” di Massimo Corona.

- Lasciala stare, - gli intimò - Chiara non è pane per i tuoi denti.

- Davvero? E chi lo dice, un innamorato respinto?

Oramai si guardavano come due giovani maschi in competizione per la stessa femmina e Gabriele, con un sorriso sprezzante, promise:

- Visto che devo venire  a Napoli, ho intenzione di ritornare alla carica e può darsi che questa volta possa essere più fortunato. Credimi, lei è il tipo di ragazza che apprezza più le persone serie che non i fanfaroni.

- Staremo a vedere - gli rispose Massimo con la voce gelida.

Comunque preferirono troncare lì quella discussione e se ne tornarono a lavoro.

Però il clima di collaborazione instauratosi la mattina  era oramai andato perduto.

 

**

 

Più tardi, mentre nella sala d’attesa  aspettava l’aereo per Bologna, Massimo pensava a quella strana combinazione che tra tutto il personale in servizio nella loro azienda, gli aveva messo di fronte proprio un rivale. E quale rivale! Non era certo un quarantenne pelato e con la pancetta come Mario. Gabriele faceva proprio paura! Ma paura di che? Non aveva deciso proprio in quei giorni di lasciare perdere la bella napoletanina? Nonostante tutto però era contento che tra lei ed il formatore non c’era stata alcuna relazione perché ciò dimostrava che non era una bugiarda ipocrita bensì una ragazza abituata a non vantarsi delle proprie conquiste.

Per fortuna almeno stavolta aveva saputo resistere all’istinto di aggredirla ma lo stesso si sentiva in colpa. Anche se non aveva fatto nulla, come al solito si era lasciato trasportare dal suo caratteraccio ed era partito a testa bassa senza saper controllare quella sua maledetta furia che lo portava sempre a sbagliare anche con le persone a cui voleva bene. Davvero Chiara non meritava un tipo come lui: impetuoso,  iracondo, superficiale. Forse era davvero un fanfarone, come lo aveva giudicato Gabriele, mentre lei  invece era una brava ragazza riflessiva e dolcissima. Allora perché non augurarsi che potesse trovare un uomo che potesse renderla felice?

Niente da fare, non ci riusciva: il solo pensiero di saperla con un altro gli faceva torcere lo stomaco dalla gelosia!



Eh sì, finalmente Massimo ci sta arrivando! Non comincia a farvi un po’ di pena? Chissà se questa vicenda si avvia alla conclusione o ci sono ancora colpi di scena… Non perdetevi la “puntata” di domani, mi raccomando!



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Capitolo 28
*** 8 settembre - sabato ***


8 SETTEMBRE sabato

 

Benché in quel periodo avesse il viso un po’ sciupato, Chiara era sempre molto graziosa. Quella mattina indossava gli stessi jeans e la stessa maglietta che aveva messo il giorno di Ferragosto quando  era andata con Massimo al Museo Archeologico. Portava i capelli trattenuti da un cerchietto ed i riccioli neri le facevano una graziosa cornice intorno al volto dove spiccavano gli occhi scuri.

Quando entrò nello scompartimento del treno per Roma, due giovanotti  seduti in attesa che il convoglio partisse, le lanciarono subito un’occhiata e poi si affrettarono ad aiutarla a mettere la valigia sulla reticella. Uno di loro, quello più carino, le cedette anche il posto accanto al finestrino. La ragazza fu grata di tutte quelle gentilezze ma non desiderava dare corda e così, appena si fu seduta, infilò un paio di occhiali da sole e si immerse nella lettura di un libro. Per un po’ i due tentarono ancora una conversazione, poi si misero a parlare tra loro ed infine, quando il treno partì, uscirono addirittura dal vagone lasciandola sola.

Soltanto a questo punto Chiara sollevò lo sguardo e si chiese se per caso non fosse stata troppo scortese. Purtroppo non poteva farci niente, nello stato d’animo in cui era l’intero universo maschile avrebbe potuto anche ridursi ad un solo individuo: Massimo.

Non riusciva a fare a meno di pensare a lui, qualsiasi cosa facesse. Lo amava moltissimo. Più ci pensava e più lo trovava meraviglioso e si chiedeva come avrebbe fatto a rinunciarci per sempre. Era sicura che il suo aspetto fisico non fosse stato un fattore rilevante né tanto meno la sua posizione in azienda perché anche Gabriele era stato altrettanto piacente ed aveva una buona posizione economica. Nonostante ciò, per lui non aveva provato la minima attrazione. Rammentava gli sforzi che aveva dovuto fare per allontanarlo quando si era resa conto che le poche volte in cui erano usciti insieme fossero bastate a farlo innamorare. Altrettanto bene rammentava i commenti delle colleghe: “ma tu sei pazza, non lo vedi che è un bel ragazzo, ha intenzioni serie, ma come fa a non piacerti!”. Avevano ragione, Gabriele in teoria era tutto quanto una donna potesse desiderare eppure non era scattata in lei quell’identica malia che invece l’aveva imprigionata a Massimo sin dal primo momento.

- “Certo è una cosa strana l’amore – rifletteva tra di sé mentre guardava il paesaggio scorrere fuori dal finestrino - l’ho fatto soffrire, così come sto facendo soffrire ora Mario” – poi, ricordando il senso di fastidio che le avevano dato le profferte amorose dei due uomini, pensò ancora – “È crudele, lo so, ma non ci posso fare niente se per loro non sento nulla. Forse anche Massimo si comporterebbe così con me se gli dicessi che mi sono innamorata perdutamente di lui. L’amore è solo una maledetta ruota che gira all’impazzata, meglio farne a meno!

 

**

Quella mattina Massimo stava trafficando in garage con la sua moto quando  la madre gli portò il cordless dicendogli semplicemente: “ È Daniela”.

L’uomo rimase per un attimo interdetto, poi si pulì le mani con uno straccio e prendendo il telefono, rispose po’ titubante perché non riusciva ad immaginare in che stato d’animo potesse essere la sua ex ragazza.

- Stronzone! – gli fece invece questa tutta allegra – È mai possibile che me lo debba dire Sandra da Parigi che sei a Bologna da una settimana? Non potevi alzare il ditino e farmi una telefonata?

- Veramente mi pareva di ricordare che tu mi avessi mandato a quel paese – replicò, un po’ sollevato perché non si profilavano tempeste.

- È vero, ma sono disposta a perdonarti se mi porti a cena nel ristorante più elegante e costoso della città.

Al silenzio di lui aggiunse con un tono assai ironico:

 - Wow, che entusiasmo!

- No, scema, non è questo, volentieri ti porto a cena fuori, solo…

- Solo?

- Non mi va di andare in un posto troppo elegante. Sto già tutta la settimana incravattato e vestito come un pinguino, perlomeno il sabato sera vorrei stare in libertà. Ci verresti da Arturo?

- E va bene, lì si mangia bene. Vuol dire che  mi abbufferò come una maialina e rinuncerò all’eleganza. Ci vediamo alle nove sotto casa mia. Ciao – concluse rapida per non dargli il tempo di ripensarci.

In effetti Massimo era rimasto un po’ confuso. Che diamine, aveva fatto il tira e molla tutta la settimana decidendo che era meglio non vedersi con lei per poi capitolare in meno di cinque minuti. Adesso correva il rischio di dover ricominciare tutto da capo! Era stato uno stupido, ma cercò di giustificarsi ai suoi stessi occhi dicendosi che un sabato sera trascorso in solitudine o a casa davanti alla TV, non sarebbe stato il toccasana per il suo umore già così nero.

 

**

Alle nove era già sotto il palazzo della ragazza, appoggiato alla Toyota della sorella e l’aspettava fumando una sigaretta. Com’era nelle sue intenzioni, si era vestito in modo del tutto casual ma i capelli color miele apparivano  morbidi e lucenti e la barba, appena una spolverata sul viso, gli faceva risaltare ancora di più lo splendore degli occhi.

Mentre si avvicinava alla macchina, Daniela lo osservò da lontano e si disse  che  qualche corno poteva benissimo sopportarlo pur di tenersi un uomo così. Appena gli fu vicino, gli stampò un bacione sulla bocca che lui ricambiò con affetto.

- Sai, ti guardavo mentre ti avvicinavi e mi chiedevo perché non hai fatto la top model invece che l’infermiera. Sei così bella! - le disse, galante come sapeva  essere quando ci si metteva.

- Forse perché sono una sadica e preferisco infilare aghi e fare clisteri piuttosto che sfilare sulle passerelle. Ti consiglio di stare molto attento con me! – gli rispose lei scherzando, però  era stata contenta del complimento che aveva sentito sincero.

Massimo finse di rabbrividire all’ipotesi di un trattamento esclusivo, poi la portò da Arturo dove si mangiava davvero molto bene. Nel notare che lei gli faceva concorrenza nello spazzolarsi il cibo, pensò: “Finalmente, una che non spilluzzica come un uccellino.”

Parlarono del più e del meno, ma in realtà fu quasi sempre la ragazza a tenere la conversazione. Purtroppo Daniela era uno di quei tipi sempre in lotta con il mondo e con il prossimo, non le andava mai bene niente: i colleghi, il proprietario del suo appartamento, i pazienti, gli amici e persino quel povero cameriere che li stava servendo al tavolo che provvedeva a richiamare di continuo con tono autoritario. Non era facile del tutto rilassarsi insieme a lei, questo Massimo lo sapeva bene ed il suo pensiero andò a Chiara, invece così dolce e timida. Come l’aveva definita Dario? Ah sì! Un laghetto alpino…

- A cosa stai pensando? – gli chiese la ragazza insospettita dal suo sguardo assente.

- Niente, ti stavo ascoltando – si affrettò a risponderle.

- Davvero? E che stavo dicendo? – lo interrogò.

- Stavi parlando della tua collega che...

- Questo l’ho detto prima! Lo vedi che non mi stavi ascoltando? – lo rimbrottò con una vocetta acuta.

- Va bene, mi sono distratto un attimo! Vuoi farne una tragedia per caso? – protestò lui, irritato.

Come succedeva spesso tra loro, avrebbero potuto anche rovinarsi la serata per una cosa del genere perché Daniela non sopportava neanche un istante di perdere il controllo della situazione.

Questa volta però la donna sapeva che una mossa falsa avrebbe potuto compromettere tutta la sua operazione di recupero e così si affrettò a sorridergli e a cambiare argomento.

- Sai, ho incontrato Nando e Giorgia. Stanno già organizzando il prossimo viaggio in Australia a febbraio o a marzo. Mi hanno chiesto se ci andremo anche noi.

L’attenzione del giovane fu subito catturata da quella prospettiva.

- Spero tu abbia detto di sì, naturalmente – le disse.

- Che ne sapevo io se  tu eri disponibile!  Per quanto mi riguarda, dovrò fare i conti con le mie finanze.

- Questo non  è certo un problema. Se vorrai venire, ti aiuterò io per le spese.

Non ci teneva ai soldi e viaggiare con gli amici era il suo vero, unico hobby per cui volentieri aiutava chi tra loro non aveva la sua stessa disponibilità economica. Lo avrebbe fatto anche con la ragazza, pur non sentendosi in qualche modo vincolato ad instaurare di nuovo un rapporto amoroso per questo. Lei invece la prese come una promessa di riallacciare la loro relazione e ne fu contentissima tanto da diventare per tutto il resto della serata dolce come non lo era mai stata.

La riaccompagnò verso le undici ed erano già quasi arrivati sotto casa quando lei lo abbracciò mentre stava ancora guidando. Gli posò la testa sulla spalla e con una carezza abbastanza eloquente, lo invitò maliziosa:

- Che ne dici di salire da me? Sto morendo dalla voglia di fare l’amore…

Massimo pensò a quanto gli piaceva. Era stata sempre una persona disinibita nelle cose del sesso ed anche questo aveva contribuito a farlo legare non poco. Gli venne in mente però che negli ultimi tempi aveva sperimentato  quanto potesse essere ancora più seducente una donna all’apparenza fredda come il ghiaccio ma che diventava fiamma incandescente non appena la si toccava. Però, siccome era un uomo giovane e dai sani appetiti sessuali, non era certo il tipo da tirarsi indietro quando una bella ragazza gli faceva certe proposte. Così, scacciando quel ricordo inopportuno e posandole un bacio sulla fronte, le rispose:

- Incomincia a salire tu, io parcheggio la macchina e vengo.

 




Eh, eh, eh, (risatina sardonica e malignetta): visto che ormai questa storia più che ad un romanzo sta somigliando ad una soap, mi è venuta la tentazione di fare come nelle più classiche opere di questo genere: finire sul più bello ed il resto… alla prossima puntata! È  una regola questa che consente di mantenere viva l’attenzione ed assicurarsi che chi  segue continui a farlo, se non altro per la curiosità di sapere come va a finire. Ma in considerazione del fatto che le mie dolcissime lettrici e le ancora più dolci recesintrici ( a proposito, a SweetCerry che si è aggiunta un grazie di cuore) continuano sempre a seguirmi ed io non sono poi tanto sadica, ed onde evitare inoltre che le vostre belle parole di encomio si trasformino in parolacce, se volete sapere come è andata a finire la serata tra Massimo e Daniela, proseguite nella lettura…















Sabato, ore 23,30

 

Ci mise un po’ di tempo a trovare un posto per l’auto ma quando arrivò davanti all’uscio di casa si stupì di trovarlo soltanto accostato. Entrò nell’ingresso buio e si avvide della tenue luce che filtrava dalla camera da letto. Sorrise tra sé perché aveva intuito qualcosa ed infatti trovò Daniela già a letto, con il lenzuolo tirato fin quasi sotto il mento.

- Ehi, pazzerella – le sussurrò sedendosi accanto a lei – hai lasciato la porta aperta. E se invece di me fosse arrivato un maniaco?

La ragazza rise.

- Beh, se fosse stato un bel ragazzo mi avresti trovato a letto con lui – scherzò, ma poi, attirandoselo contro, gli sussurrò – Ma tu sei il più bel ragazzo che io conosca!

Cominciarono a baciarsi. Massimo sentiva l’eccitazione crescere sempre di più ma ad un tratto, tra un bacio ed una carezza, lei gli disse, suadente:

- Devo darti di nuovo le chiavi di casa così non sarò costretta a lasciare la porta aperta per farti entrare. D’altra parte se a dicembre torni a Bologna definitivamente verrai di nuovo a stare qui da me, non è vero?

Per un attimo il giovane rimase interdetto. Come faceva a dirle proprio in quel momento che non intendeva riallacciare una relazione più impegnativa?

Daniela intanto si era scostata il lenzuolo e, nuda, gli era apparsa in tutta la sua bellezza. Pur volendo, non avrebbe potuto parlare perché quella visione gli aveva seccato la gola. Era da tanto che non facevano all’amore e ritornare a sentire quel bel corpo longilineo così stretto al suo, lo infiammò. Si chinò su di lei e pian piano cominciò a sfiorarle con le labbra la pelle e a carezzarle il seno piccolo e sodo.

Doveva solo lasciarsi andare, non stare a sentire quella vocina interiore la quale gli diceva che non era onesto farle intendere che tra loro non era cambiato nulla. E poi forse davvero non  era cambiato niente anche se ora c’era Chiara.

Ad un tratto, come in un flash back, si ricordò di lei e del suo corpo, così diverso, minuto, morbido, femminile. Risentì il profumo della sua pelle,il sapore dei suoi baci e senza volere, all’improvviso, si ritrovò a desiderare una donna diversa da quella che stava stringendo tra le braccia.

Fu come una doccia fredda che spense la sua voglia perché in un attimo intuì che era lui ad essere cambiato. Non poteva  far finta di nulla.

Con dolcezza, per non ferirla, fermò le mani di Daniela che già si stavano avviando a slacciargli i pantaloni.

 - Aspetta - le sussurrò -  devo dirti una cosa.

- Proprio adesso? Dai, ti prego, ne parliamo dopo – lo invitò la ragazza e provò a trarlo di nuovo su di sé.

Però Massimo non cedette ed ancora una volta le scostò le mani che gli serravano la nuca.

- No, aspetta, è importante – insistette – si tratta di noi, del nostro rapporto. È cambiato qualcosa ed è giusto che tu lo sappia.

Due occhi verdi lo fulminarono con uno sguardo furente poi Daniela lo allontanò e se ne scappò nel bagno.

Lui rimase qualche istante incerto prima di infilarsi la felpa e tornarsene in salotto dove si accese una sigaretta in attesa dell’inevitabile battaglia.

 

**

Conosceva bene quella casa, ci aveva abitato per quasi due anni. Nel guardarsi intorno scoprì ancora i segni del suo passaggio: qualche libro che ora faceva da piedistallo ad una lampada un po’ vecchiotta, la rastrelliera con le sue pipe, la foto incorniciata che li ritraeva in gruppo il giorno del  compleanno di suo padre, la stessa che teneva ancora nel portafoglio, più per abitudine che per altro.

Si sentiva confuso e mortificato, ma il bisogno di chiarezza lo spingeva ad affrontare un discorso che era necessario fare. Era strano però che tutta questa onestà venisse fuori proprio mentre stava per fare all’amore con Daniela come se, sotto sotto, gli sembrasse quasi di tradire Chiara a far sesso con una donna che non fosse lei.

La ragazza riapparve. Aveva indossato una t-shirt che però le lasciava ancora le belle gambe scoperte. Stava fumando anche lei e gli si sedette accanto sul divano. Per un po’ stette zitta, dopo però sbottò:

 - È tutta colpa di quella puttana di Napoli, non è così?

Questa volta fu lui a lanciarle uno sguardo adirato perché quell’ insulto lo infastidiva molto.

- Non ti permettere di chiamarla così. Chiara è una brava ragazza e poi non c’entra niente! Te lo volevo dire da tanto.

- Dirmi cosa, se fino a poco più di un mese fa sembrava filare tutto alla perfezione?

- Non è vero, Daniela, questo lo sai bene anche tu, il nostro rapporto non funziona più da tanto tempo. Ci ho riflettuto sopra a lungo e non mi sembra giusto continuare così, soprattutto per te, in questo modo mi pare di sfruttarti soltanto. Tu sei stata sempre pronta a perdonare le mie scappatelle ma ora…

Lei non lo lasciò finire.

- Oh, non ti preoccupare, anch’io mi sono presa le mie belle distrazioni! – gli gettò in faccia con livore.

Vedendolo stupito, lo aggredì ancora di più, alzando la voce:

- Credevi forse che me la sarei messa sotto naftalina in attesa delle grazie di sua signoria? Sono giovane, caro mio, e tu non la meriti di certo la mia fedeltà!

Massimo non rispose, ma rimase un momento a riflettere. Ricordava ancora quello che aveva provato soltanto il giorno prima quando il solo pensiero che Gabriele e Chiara avessero potuto avere una relazione lo aveva fatto impazzire di gelosia. Come in un lampo intuì il perché non gli importasse niente degli amori di Daniela.

- Lo vedi? Questo non è amore. Non è possibile che le nostre reciproche infedeltà debbano lasciarci così indifferenti. Se soltanto ci amassimo un po’ dovrebbero farci sentire disperati ed invece… - le disse calmo.

- Ma di quale amore vai parlando!? Amore? Tu? Tu  sei capace di amare solo te stesso, figuriamoci una donna, anzi mi correggo, una soltanto ami: quella santa donna di tua madre!

Il giovane a questo punto era davvero infastidito anche perché  lei, come al solito, stava perdendo il controllo.

Si alzò per andarsene.

- Bravo, vattene via – gli urlò dietro la ragazza stizzita – e non farti vedere mai più! Ti odio!

Massimo, molto malinconico, le si rivolse con sincerità.

- Mi dispiace che sia dovuta finire così, credimi!

Per tutta risposta la sentì urlare:

- Vattene via, stronzo!

Nel dirlo gli aveva lanciato contro un vasetto che solo per un pelo riuscì a schivare e che si ruppe in mille pezzi alle sue spalle mentre lasciava quella casa per sempre.

 


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Capitolo 29
*** 9 settembre - domenica ***


9 SETTEMBRE domenica

 

Caterina bussò con discrezione ed entrò solo quando senti il figlio dire “avanti”. Avrebbe dovuto trovarlo a prepararsi per la partenza della sera, ma la valigia era aperta sul letto con un po’ di cose dentro e lui stava fumando mentre guardava pensieroso il giardino dalla finestra aperta con  ancora addosso il pantalone del pigiama e una canottiera.

Quando si voltò a guardarla, gli lesse subito l’inquietudine negli occhi di solito sempre così chiari e luminosi. Quella mattina al contrario sembravano quasi scuri tanto erano cupi. Pensò:  “Chissà se questo suo aspetto così attraente non sia stato piuttosto un danno. In fondo le ragazze se lo sono sempre conteso vedendolo più come una preda di cui vantarsi  piuttosto che come un essere umano con tutte le sue debolezze da accettare ed amare. D’altronde lui, data la facilità con cui trovava compagnia femminile, non è mai maturato davvero. I fratelli, alla sua età, erano già sistemati e tranquilli”.

- Ti ho portato la biancheria pulita. Dovresti mettere in valigia qualcosa di più pesante però, si va incontro all’autunno, oramai – gli disse invece senza far trasparire i propri pensieri.

- Giacomo mi ha detto che a Napoli fa ancora caldo e poi faccio sempre in tempo a portarmi qualcosa quando vengo il prossimo week end – la rassicurò il figlio prendendole la biancheria dalle mani  - Grazie, mi dispiace darti tanto fastidio - si scusò.

- Ma  quale fastidio! Ora che ve ne siete andati tutti e siamo rimasti solo papà ed io, non ho più quasi nulla da fare. E poi, finché non ti trovi una moglie, toccherà a me farlo, non è così?

- Allora ti toccherà ancora per molto.

Si era espresso con un tono così malinconico che Caterina ritenne di dover indagare sul perché di tanta tristezza. Si sedette sul letto e gli chiese, non senza  una certa timidezza:

-  Non hai fatto pace con Daniela ieri? Perché è con lei che sei uscito, no?

Massimo le si sedette accanto e spense la sigaretta in un posacenere sul comodino.

- Sì, ma ieri ho trovato finalmente la forza di lasciarla. Non potevo più continuare così, le voglio molto bene, ma lei merita molto più di quanto non possa darle io.

La mamma sospirò.

- Lo so, è una cara ragazza, ma in realtà ho sempre pensato che non eravate fatti l’uno per l’altra. Lei è autoritaria e tu sei irascibile. Certe volte, nel sentirvi litigare per niente,  credevo che vi sareste sbranati – osservò. Subito, come se si fosse pentita di quella uscita, battendosi le dita sulle labbra come a volersi autopunire, aggiunse: - Boccaccia mia statti zitta! Così, se poi fate di nuovo pace, ci faccio la figura della suocera acida.

- No, non ti preoccupare – sorrise il giovane rassicurandola – non c’è questo pericolo. Te l’ho detto, finalmente è finita.

- Dovresti sentirti liberato allora, perché stai così?

Lui, con gli occhi bassi, non le rispose.

- È per quella ragazza di Napoli? – osò chiedergli un po’ titubante avendo paura di innervosirlo. Invece il figlio, sempre tenendo gli occhi bassi, annuì.

- Ma perché ha voluto troncare? Non me l’hai mai detto. Forse davvero voleva solo divertirsi e basta?

- No, in un primo momento ha finto che fosse così, poi lo ha ammesso che è perché vuole qualcosa di serio – le rispose sottolineando con ironia la parola “serio”.

- Serio in che senso?

- Nel senso di fidanzamento e matrimonio. Insomma tutti quegli impegni che ho sempre detestato. Ma non è tanto per questo, è il fatto che per il momento pensare già a certe cose mi sembrerebbe più una forzatura che altro.

- E non hai capito perché lo vuole?

All’espressione interrogativa apparsagli sul viso, la mamma si spiegò meglio:

- Sì, perché ci sono solo tre spiegazioni per un simile desiderio: la prima è che sia una di quelle ragazze vanesie le quali desiderano il matrimonio per fare la festa, indossare il vestito di sartoria, farsi invidiare dalle amiche…

- No, no,  questo lo escludo: è una ragazza così semplice e schiva!

- Allora la seconda ipotesi è che sia scema. Solo una scema può pensare al matrimonio, oggi come oggi, come a qualcosa di stabile. Cavolo, voi giovani siete capaci di buttare tutto all’aria senza nemmeno pensarci due volte persino se ci sono dei figli!

- Che ne so,  forse è davvero scema – sorrise lui, piuttosto mesto.

- La terza è che ha sofferto troppo ed ha paura di soffrire ancora.

Questa volta Massimo alzò gli occhi e guardò la madre colpito dal suo formidabile intuito.

- In effetti è uscita da poco da una storia che deve averle tolto ogni stima in se stessa e negli uomini. E poi è molto fragile. Sai, ha perso entrambi i genitori in un incidente stradale quando aveva poco più di vent’anni – le spiegò.

- Povera figlia! – si commosse Caterina. Però, sicura di aver imbroccato la strada giusta, proseguì decisa - Tu gliel’hai mai detto che l’ami?

- Mamma, le dichiarazioni d’amore si usavano all’epoca tua, oggi non ce n’è più bisogno.

- Davvero? Allora come fa a saperlo?

- Dovrebbe intuirlo, non ti pare?

- E da cosa?  Dal fatto che esci con lei e che ci vai a letto?

Lui non rispose.

- Diglielo. Se davvero ti vuole bene anche lei, vedrai che non ti chiederà di più, almeno per ora. E dopo, e che diamine, hai già 36 anni, non mi pare normale voler continuare ancora a fare solo il farfallone!

- Già, perché a te invece sembra normale che uno di quasi quarant’anni, con tutto quello che c’è nel mondo: fame, guerre, terrorismo, recessione economica, stia qui a confidare le sue pene d’amore alla mamma come se fosse un quindicenne foruncoloso!

Lo aveva detto sorridendo ed accarezzandole i capelli grigi, ma la madre capì che quello era il segnale che le confidenze erano finite.

- Certo, se può servire a fare un po’ di chiarezza in questa zucca vuota – scherzò e gli batté le nocche sulla testa – Anche a questo servono le brave mamme.

- Non è vero, le brave mamme servono solo a preparare i pranzetti saporiti ai figlioletti affamati – le rispose.

Caterina continuò sullo stesso tono:

-  Infatti, vedrai che belle tagliatelle al ragù ti ha preparato mammina tua!

 

**

 

Roberta ed il marito l’avevano accolta con il solito caloroso affetto. D’altronde le due ragazze erano amiche sin dall’infanzia perché anche i rispettivi genitori si conoscevano sin dalla giovinezza. In pratica erano cresciute insieme soprattutto dopo la separazione del padre e della madre di Roberta, avvenuta quando lei aveva appena dodici anni. Da allora aveva cominciato a passare interi periodi a casa loro perché, benché i genitori la viziassero moltissimo per farsi perdonare le continue assenze, le mancava molto una famiglia normale ed  i Corradini  avevano tanto affetto anche per lei.

Più tardi, prima che la tragedia la colpisse, Chiara si era iscritta ad una scuola di restauro  e l’aveva raggiunta a Roma dove lei stava frequentando una prestigiosa università privata. Avevano vissuto da sole per un periodo in un grazioso   appartamentino in centro messo a disposizione del padre di Roberta. Erano state davvero bene insieme, ma quando i genitori erano morti, lei era tornata a Napoli mentre  l’amica aveva finito gli studi, era entrata in una grande banca, aveva sposato Paolo e dopo qualche anno aveva avuto anche un bellissimo bambino.

Si volevano bene e non si erano mai perse di vista nonostante l’enorme differenza di carattere che  c’era tra  loro. Chiara infatti era timida, indecisa, un po’ nevrotica ma sempre grata dell’affetto degli altri. Roberta invece era una persona energica e sicura di sé a cui piaceva prendere a morsi la vita e che si riteneva in diritto di avere tutto quanto le piacesse.

Stavano passando giornate serene in compagnia ed il piccolo Andrea era il più felice di tutti perché adorava la “zia” Chiara. Quest’ultima aveva sperato di poter trascorrere anche una tranquilla domenica sera in casa a giocare con lui però dovette rassegnarsi ad andare ad una festa, cosa che già detestava moltissimo fare, ma ancora di più ora che non si era portata nemmeno un vestito adatto. Quello regalatole dal cognato e dalla sorella l’aveva lasciato a casa per non sciuparlo ed in valigia aveva messo soltanto l’abitino indossato ad Ischia che già non era un granché, ma ora aveva anche una bretella aggiustata alla meglio per il brusco trattamento  a cui lo aveva sottoposto Massimo.

Quando lo prese per indossarlo, il ricordo improvviso di quella sera le fece sentire come una lingua di fuoco dentro: come avrebbe voluto essere con lui in quel momento piuttosto che andare ad una pallosissima festa dove non conosceva nessuno! Ma era ospite e doveva rassegnarsi.

Le sue più pessimistiche previsioni si avverarono in pieno. Era un ambiente di gente molto su, ben vestita e piena di sé dove non si ritrovava affatto. Trascorse tre ore sentendosi a disagio ed annoiandosi a morte.

Dall’angolino dove si era rifugiata ebbe modo di osservare l’amica la quale faceva sfacciatamente la civetta con un uomo molto affascinante ma già piuttosto maturo. Si meravigliò della cosa e guardò Paolo. Lo vide con un bicchiere in mano  sforzarsi di fare conversazione con due signore elegantissime, ma notò il suo sguardo piuttosto torvo che non lasciava mai la moglie.

 

**

 

Appena giunto in albergo dall’aeroporto, Massimo aveva chiesto di Giacomo, ma gli avevano riferito che quest’ultimo non era ancora arrivato. Ci era rimasto un po’ male perché non erano ancora le undici e la prospettiva di andarsi a chiudere in camera senza poter scambiare quattro chiacchiere con nessuno lo seccava alquanto. Comunque non aveva altro da fare e così si ritirò.

Si sentiva di cattivo umore, forse perché era da troppo tempo che faceva quella vita. Oramai le domeniche sera erano un continuo viaggio in aereo ed un continuo ritrovare stanze d’albergo fredde e desolate. In fondo anche lui come Giacomo, cominciava  ad essere stanco di tanto squallore, ma il vuoto che lo aspettava una volta finito quel lavoro, sarebbe stato ancora più penoso.

Davvero a Napoli faceva ancora molto caldo e dalla finestra aperta entrava solo un filo d’aria ed il rumore delle auto giù in strada.

Dopo aver posato le sue cose, si sdraiò sul letto a fumare. All’improvviso, seguendo uno dei suoi soliti impulsi, afferrò il telefono e compose il numero di casa di Chiara. Mentre ascoltava gli squilli, si chiedeva cosa mai avrebbe potuto dirle ed in cuor suo arrivò a sperare perfino che non rispondesse. Infatti non rispose. Nonostante tutto, abbassando il ricevitore, provò una strana delusione. Avrebbe potuto chiamarla anche sul cellulare, ma forse era uscita ed era in compagnia di qualcuno, per cui, se già era difficile parlarle per telefono, ancora di più sarebbe stato farlo al telefonino. Decise di desistere, tanto l’indomani l‘avrebbe rivista, e nel frattempo decidere cosa dirle.

- “Per prima cosa le devo chiedere scusa per come mi sono comportato l’altro giorno a telefono”  - pensò girandosi e rigirandosi nel letto.

Detestava questo suo modo di farsi trascinare dalle emozioni, ma era stato sempre così, non poteva farci niente. Forse lei con il tempo avrebbe imparato a conoscerlo e ad accettarlo. Sì, lo avrebbe fatto: Chiara era una ragazza così buona! Non ne aveva mai conosciuto nessuna prima di lei che avesse la sua stessa dolcezza e quella grazia incantevole. Solo un breve periodo insieme a lei ed aveva provato cose che non pensava potessero esistere e che gli mancavano già.

Gli veniva in mente quel giorno (erano passati appena una ventina di giorni o era stato mille anni prima?) che erano andati al supermercato, avevano chiacchierato allegramente   mentre cucinava per lui, avevano cenato su quel terrazzo incantato ed infine avevano fatto meravigliosamente all’amore.

Uno struggente rimpianto lo invase al ricordo della donna che lo invitava a restare a dormire,  accoccolandosi tenera tra le sue braccia. Quasi avvertiva ancora la sensazione del tepore del suo corpo, del profumo della sua pelle vellutata. Allora le aveva baciato il visino che nel sonno assomigliava a quello di una bimba ed aveva assaporato la felicità, ora cercò di immaginarla di nuovo tra le sue braccia e, stringendo il cuscino, pian piano, riuscì ad addormentarsi.  

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Capitolo 30
*** 10 settembre - lunedì ***


10 SETTEMBRE lunedì

 

Avevano trascorso buona parte della giornata insieme perché Roberta aveva preso tre giorni di ferie per stare con lei.

Mentre giravano per i bei negozi di via Condotti, l’amica le parlava soprattutto delle sue opportunità di carriera e dell’alta considerazione in cui era tenuta dalla direzione. Si informò anche del lavoro di Chiara che le parlò della sua situazione di disagio.

- Non sei fatta per quel genere d’impiego – commentò Roberta - il tuo avvenire era nel campo dell’arte. Sei stata una stupida a mollare, brava com’eri, saresti potuta entrare all’Istituto Superiore di Restauro. Ma tu, cara mia, lasciatelo dire, non hai carattere, ti fai condizionare troppo dagli altri e sei paurosa come una coniglia – aggiunse senza mezzi termini.

Il paragone fece sorridere Chiara perché in effetti si sentiva davvero timida e paurosa come una coniglietta. Era sempre stata così, non poteva farci niente.

Quando la conversazione si spostò sull’argomento sentimenti, raccontò brevemente all’amica della relazione con Massimo finita così male.

- Oh certo, hai fatto bene a scappare e che altro potevi fare? Un uomo bello, affascinante, con un lavoro ad un certo livello, meglio starne alla larga! – la canzonò l’altra -  Che potevi offrirgli tu, giusto una parmigiana di melanzane ed un film in home video, mica ti potevi sforzare di cambiare un pochino! Lo vedi che sei una senza un briciolo di coraggio? – la rimproverò.

Stava scherzando, ma Chiara rimase un po’ dispiaciuta da quelle parole. Davvero agli occhi degli altri era una persona così insignificante? Probabilmente lo era, anche se lo stesso c’era stato qualcuno ad essersi innamorato di lei. Ma di certo non uno come Massimo, su questo Roberta aveva ragione.

- Dimmi – chiese a sua volta cambiando argomento – chi è quel signore di ieri sera?  Dio mio come ci facevi la civetta! Non ti vergognavi davanti a tuo marito?

- Sarebbe lui a doversi vergognare – le disse l’amica incupendosi – ha avuto un’avventura con una segretaria  ed ha avuto pure il coraggio di venirmelo a raccontare per  chiedermi perdono!

- No, non è possibile, mi dispiace tanto!  

Chiara c’era rimasta male e rimase zitta qualche momento a riflettere. Accanto a lei Roberta faceva l’indifferente ma lei intuì che stava soffrendo.

- Ma se te l’ha detto vuol dire che deve essere pentito, non ti sembra? – provò ad incoraggiarla.

- Pentito? Ci penso io a farlo pentire!

- E come, facendolo ingelosire  a tua volta con uno che ha almeno vent’anni più di te?

- Se lo vuoi sapere questo qualcuno è molto più dolce, simpatico, premuroso ed attento di Paolo. E poi mi piace molto anche fisicamente, forse tra poco gli cederò.

Lo aveva detto ridendo con un’aria di complicità come a voler cercare l’appoggio di Chiara, ma quest’ultima la sgridò:

- Roberta, smettila! Ci credo che ti senti ferita,  ma pensare di buttare via il tuo matrimonio è una sciocchezza.

L’altra le rispose piccata.

- Davvero? Non ho forse anch’io il diritto di essere amata? Per mio marito oramai sono solo un elemento di arredo della casa!

- Ma Paolo ti ama, ne sono sicura...

- Ah,  se è per questo avessi dovuto vederlo come si cospargeva il capo di cenere: “ti amo di qui, ti amo di là, sei la donna della mia vita, senza di te non sono più niente, scusami, non succederà mai più!”. Che ipocrita! Aveva solo una fifa blu che volessi lasciarlo. Ma se lo faccio, lo giuro, lo riduco sul lastrico. Ne ho già parlato con il mio avvocato.

- Non fare stupidaggini, pensaci.

- Smettila di fare il grillo parlante, cosa ne vuoi sapere tu? Sei così arrendevole che accetteresti di farti mettere sotto ai piedi pur di trovare un uomo disposto a sposarti. Il matrimonio non è tutto nella vita, cara mia.

- Il matrimonio no, ma l’amore sì. Bisogna difenderlo ogni giorno, tenerlo come una cosa preziosa che nessuno deve portarti via. Quando si soffre pare non valga la pena di lottare, ma pensa a come deve essere bello se si riesce ad andare avanti in due e ad invecchiare insieme.

Roberta la fissò come se stesse guardando un’aliena.

- Tu devi essere proprio fuori di zucca. Questi sono sogni, la realtà è ben diversa – le disse, poi aggiunse acida – Ma anche se adesso fai la signorina-tutta-buoni-sentimenti te la sei scordata la tua storia con Marco? Che c’è, sua moglie non aveva il diritto di invecchiarci insieme?

- Adesso sei cattiva! Lui mi faceva credere di essere davvero infelice con lei ed io mi sentivo quasi come un’eroina a ridargli la gioia di vivere. Quando ho finalmente capito  che io e la moglie eravamo entrambe vittime della sua ambiguità, non ho avuto più nessun dubbio e non ne avrò mai più in vita mia. Se avrò la fortuna di avere un altro uomo, voglio una cosa limpida e pulita. Io cercherò di amarlo per sempre, con tutte le mie forze e spero che lui sia disposto a ricambiarmi.

- Scusami, non volevo offenderti, lo so che sei una brava ragazza e non sempre la vita è quella che avremmo voluto.

Roberta sembrava davvero mortificata e le strinse un braccio  con grande affetto.

Intanto erano arrivate davanti all’asilo del piccolo Andrea, il quale, abituato a trovare la cameriera, nello scorgere la mamma le si gettò tra le braccia, molto felice. Lei se lo strinse al petto con amore, riempiendolo di baci.

Chiara, pur rischiando di sembrare inopportuna, continuò:

- E a lui non ci pensi? Non ti ricordi quello che hai sofferto tu quando i tuoi si sono separati?

- Sono cresciuta benissimo lo stesso!

- Non mi pare.  Dovresti cercare di essere un po’ meno egoista. In fondo tuo marito ha sbagliato, è vero, ma in amore si può anche perdonare.

- Chiara, fammi il piacere, finiscila. Adesso stai cominciando a darmi sui nervi con le tue prediche. Lasciami vivere la mia vita!

**

 

Benché ci fosse rimasto molto male di dover andare a Salerno per finire le ispezioni ancora in programma e di non poter quindi  passare in ufficio per rivedere finalmente Chiara, Massimo cercò di controllare il suo disappunto e non farlo intuire a Giacomo. Quest’ultimo guidava tranquillo  - erano andati con la sua Mercedes – e sembrava di ottimo umore, tutto il contrario del collega il quale se ne stava torvo e silenzioso come non mai.

- Si può sapere che hai? – sbottò infine l’amico mentre imboccava il casello autostradale.

- Stamattina saremmo dovuti passare da Raimondi per vedere cosa hanno organizzato per il congresso e non perdere tempo in queste ispezioni inutili - gli rispose.

- Non perdiamo tempo, prima del 20 dobbiamo finirle, lo sai. Da Raimondi poi ci sono stato venerdì.

- Ah sì? E a che punto sono?

- Non lo so, non c’era e non gli ho potuto parlare – gli sorrise facendo lo spiritoso.

- Giacomo, sei scemo o mi prendi in giro? – si stizzì Massimo.

L’altro si risentì un poco.

 - Che pretendi da me! Non posso fare tutto io, è caduto tutto sulle mie spalle mentre tu te ne stavi beatamente in ferie…

- Ferie!? – questa volta Massimo era davvero arrabbiato e lo fece trapelare dalla voce  – Io le ho sospese le ferie e sono stato a Milano a concordare con la Formazione gli interventi da tenere. Che c’è, fai finta di non saperlo?

- Va bene, hai ragione. Comunque per quanto ci riguarda siamo già a buon punto, il resto non è problema nostro. A proposito, hai saputo chi ci mandano per collaborare con noi?

- Sì, Gabriele Cerutti.

- Cazzo! – commentò l’altro e con una risatina divertita diede un colpetto con il pugno sul volante.

- Mi dici perché la cosa ti diverte tanto? – gli chiese,  irritato da un sospetto.

- No, è perché tra tutti i formatori dovevano mandare proprio quello che con la tua Chiara…

Non gli diede neanche il tempo di finire e gli urlò contro:

- Non mi interessa un tubo di questa cosa! Accidenti, pare che sia quasi un affare nazionale, non fate altro che parlarne tutti.

- Lo sapevi?  E allora perché t’inalberi tanto se non t’interessa?

- Perché in questa maledetta azienda si è privi di avere una dannata vita personale che subito tutti si sentono in dovere di sparlare di te. E che diamine, non se ne può più!

Rimasero in silenzio per un po’ poi Massimo si accese una sigaretta e ne offrì una a Giacomo voltandosi verso di lui per fargliela accendere. Si era un po’ calmato ed in effetti non resisteva alla voglia di sapere. Gli chiese:

- A te chi l’ha detto?

“Lo vedi che t’interessa!?”  pensò divertito l’amico, ma si guardò bene dall’esprimere il suo pensiero ad alta voce perché lo aveva visto incazzato come un toro e così gli disse solo:

- Rossana. Mi ha detto sperava fosse lui a venire a Napoli perché magari Chiara questa volta si sarebbe convinta ad accettarne la corte. Mi ha dato l’impressione che questo Gabriele l’abbia colpita molto, quasi quasi se lo sarebbe sposato lei se non avesse già avuto  marito e due figli. Invece pare che la tua amica, pardon, la nostra amica, non ne abbia proprio voluto sapere. Puoi star tranquillo, sono fonti sicure, gossip di prima scelta! – cercò di buttarla sullo scherzo ma lo sguardo truce di Massimo lo convinse a desistere ed a cambiare argomento non senza aver pensato  ancora con muta ironia “Non gli interessa, sì, non gli interessa proprio!”

 

**

 

Lavorarono sodo tutto il giorno e la sera, tornati a Napoli, Massimo provò molte volte a telefonare a Chiara senza però ottenere risposta. Alla fine, poiché ancora non voleva chiamarla sul cellulare ed aveva preso appuntamento per andare come di consueto a cenare insieme a Giacomo, fu costretto a scendere nella hall, ripromettendosi di riprovare più tardi.

Alle nove però l’amico non si era ancora visto. Massimo chiese al portiere di chiamarlo in camera, però il telefono risultava sempre occupato. Quando  si decise a scendere, aveva un aspetto talmente strano che non poté fare a meno di chiedergli:

-  Ehi, cosa ti prende? Sembri tutto stralunato.

- Ho finito adesso di parlare con Donatella e… ci siamo riusciti: aspetta un altro bambino!

- Complimenti! – gli disse  molto contento per lui – Allora stasera si festeggia, andiamo in un bel ristorante.

Durante tutta la cena Giacomo, che non stava più nei panni, gli parlò del loro desiderio di dare un fratellino a Luisa  e l’impegno profuso negli ultimi tempi per mettere in cantiere il desiderato bebè. Naturalmente a tal proposito si  beccò  gli sfottò dell’amico.

- Credi sia facile mettere incinta tua moglie quando la vedi solo due giorni a settimana? – protestò lui - E poi,  magari fossero davvero due! E una sera ha le mestruazioni e un’altra  la bambina non dorme e un’ altra ancora c’è la suocera venuta a trovarci e che potrebbe sentirci. Basta, non ne posso più di questa vita, non vedo l’ora che venga dicembre così finiamo e me ne torno a Milano! Oramai ho quasi terminato di pagare la casa e poi sai cosa ti dico? Questa seconda paternità  me la voglio gustare, non come ho dovuto fare con la piccolina che è cresciuta quasi senza di me. Voglio cominciare a godermi il secondo bambino  da quando sta ancora nella pancia di Donatella. Quando nasce gli voglio fare il bagnetto, cambiargli i pannolini, dargli le poppate…

- Oh mamma e che prospettive hai! Non mi sembra ci sia tanto da stare allegri – commentò Massimo, divertito.

L’amico si fece serio.

- Sai, – gli disse – per un periodo ti ho anche invidiato. Tu sei il classico “campatore”, quello che si gode la vita,  ogni giorno una donna nuova, cene, incontri eccitanti, l’emozione della prima volta… però poi ho capito che in fondo non è mica tanto bello vivere come fai tu. Non ti rilassi mai, devi sempre stare sul chi va là per afferrare una donna, non è la stessa cosa come averne una solo per te, che ti vuole bene anche se hai il raffreddore o te ne vuoi stare in pigiama a guardare la partita. E poi, dopo tanti anni, a te cosa rimarrà? Un’accozzaglia di ragazze di cui non ti ricorderai più nemmeno il viso e che si dimenticheranno presto di te. Io perlomeno avrò dei figli e avrò lasciato qualcosa del mio passaggio su questa terra.

Massimo alzò gli occhi dalla sua bistecca e lo fissò. Era assai malinconico.

- Hai ragione, - ammise con sincerità -  ma non è stata solo colpa mia. Tante volte ho desiderato anch’io qualcosa di più solido.  Con Daniela credevo quasi di esserci riuscito, ma poi anche con lei è stato un vero disastro.

- Forse non era quella giusta per te. Vedi, non è che funzioni con tutte, sta a te cercare la persona adatta. Però se ti guardi meglio intorno ti accorgerai che qualcuna che fa al caso tuo forse c’è anche adesso…

Aveva fatto quell’aperta allusione perché aveva capito che con Chiara la cosa era diversa. Non aveva saputo trattenersi dal dirlo all’amico, anche se avrebbe dovuto farsi gli affari suoi.

Massimo  non commentò, non gli andava di fare confidenze, eppure sapeva bene che Giacomo aveva ragione e che si sarebbe dovuto dar da fare prima che un Gabriele qualsiasi gliela portasse via.

 

**

 

Chiara si girava e si rigirava nel letto incapace di prendere sonno dopo il colloquio della mattina con l’amica che l’aveva assai turbata.

- “In realtà – si diceva – anche se sembro una miserabile nei confronti di Roberta, io sono molto più fortunata di lei perché mi so accontentare delle piccole cose. Non ho bisogno di ricchezze o di un lavoro importante, a me basta fare un bel bagno profumato, leggere un libro, stare con gli amici e sono felice.  Lo so che in queste cose non ci si può mai fare maestri, ma se avessi anch’io una famiglia non potrei desiderare nulla di più, ne sono certa. Quello che vorrei sarebbe un figlio da amare ed  un uomo con cui poter condividere le piccole cose di ogni giorno: una bella vacanza, un giretto in un museo, un buon pranzetto e perché no, anche l’amore fisico. È inutile negare che anche la vita sessuale è importante e non c’è nulla di più meraviglioso che fare all’amore con la persona giusta. Massimo! - si disse a questo punto – Massimo, amore, la verità è che vorrei te!”

Uno struggente rimpianto la invase al ricordo di quella sera  (erano passati appena una ventina di giorni o mille anni?) in cui gli aveva chiesto di restare a dormire con lei e gli si era accoccolata tra le braccia. Ancora le sembrava di percepire il tepore del suo corpo, di risentirne il gradevole profumo. Allora si era abbandonata al sonno ed alle sue carezze immersa in un mare di felicità, ora immaginò di essere di nuovo tra quelle braccia e stringendo il cuscino, pian piano, riuscì ad addormentarsi.

 




Beh, insomma,  questi due poveri ragazzi che stanno patendo le pene dell’inferno per le loro assurde  prese di posizione  stanno cominciando a far pena persino a me che li ho inventati, (soprattutto quando si addormentano con lo stesso ricordo)! Quasi quasi mi è venuta la tentazione di farli incontrare in qualche modo per farli chiarire. Ma poi ho pensato che così il finale sarebbe stato molto meno originale di quello che ho escogitato ed inoltre, concludendo, mi sarei già privata del piacere immenso che mi danno questi appuntamenti serali con le miei lettrici ed i loro commenti. Allora che ne dite,  li facciamo cuocere nel loro brodo ancora qualche giorno?


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Capitolo 31
*** 11 settembre - martedì ***


Sì, in effetti Roberta è stata abbastanza arrogante e dura con Chiara, d’altronde ve l’avevo detto che è “una persona a cui piace prendere a morsi la vita”, assai diversa dall’amica. Però le vuole bene ed a modo suo cerca di farle capire i suoi errori ed invogliarla a cambiare, così come cercano di fare anche Cristina e Federica. In realtà anche se le vogliamo bene pure noi (perché gliene vogliamo, no?) Chiara ha sbagliato ad allontanare in quel modo Massimo dando per scontato che volesse solo giocare un po’. In realtà lui, rispetto alla ragazza, è quello che fino ad ora ha fatto più passi avanti nel modificare il proprio modo di vedere le cose. E poi  anche lui ha molto bisogno di affetto e a chi lo sa osservare bene, questo non sfugge. Parlo di Caterina, di Giacomo e di … no basta! Leggete un po’ e saprete…

 




11 SETTEMBRE martedì

 

Massimo era andato a Salerno con la sua macchina in modo da potersene tornare prima senza dover aspettare il collega. Tornando a Napoli si era preparato la strategia da adottare. Avrebbe prima incontrato Raimondi e poi, un po’ prima dell’orario di uscita, sarebbe passato da Chiara facendo in modo da riaccompagnarla a casa. Così, senza suscitare curiosità inopportune, avrebbe potuto parlarle.

Come aveva programmato, si intrattenne con il capo dell’Amministrazione per il quale provava sempre meno stima sia a livello umano che professionale poi finalmente  fu libero di entrare nella stanza delle tre ragazze dove però trovò soltanto Rossana che ancora non conosceva bene. Si  sedette di fronte a lei e la salutò con cortesia:

- Buonasera signora.

- Buonasera ispettore.

- Senta, con le sue colleghe mi do del tu, posso farlo anche con lei?

- Certo, con piacere – gli rispose la donna con un sorriso sul viso vivace e simpatico.

- A proposito, dove sono? – le chiese con fare indifferente.

- Chiara è in ferie, mentre Federica ha avuto un calo ipoglicemico e sarà al distributore automatico ad abbuffarsi di merendine.

- In ferie? Con tutto il lavoro che avete in questo momento  il capo le ha concesso delle ferie? – commentò ignorando la risposta su Federica.

- “Che vuole questo?” – ragionò Rossana. Anche se aveva il sorriso accattivante era pur sempre un ispettore. E se andava dal ”pazzo” a chiedergli conto del perché mandasse in ferie il personale proprio in quel momento in cui erano tanto impegnati? 

- Solo qualche giorno – si affrettò a precisare cercando di non far trasparire i propri dubbi - giovedì sarà già qui. Anzi – aggiunse per  cambiare argomento – a proposito di giovedì, ho saputo che anche tu e Giacomo siete stati invitati alla cena di Dario. Noi abbiamo pensato di fargli un regalo tutti insieme. Volete partecipate con noi?

- Oh sì, grazie! – le rispose l’uomo  facendo  il gesto di prendere il portafoglio, ma lei lo fermò.

- No, aspetta, è Chiara che si è presa l’incarico di comprarlo. Non so ancora quanto sarà la quota, te lo farai dire da lei quando torna.

Rimasero ancora un po’ a conversare poi Massimo le propose di andare a prendere anche loro un caffè al distributore.

- No, grazie, mi piacerebbe, ma sono a dieta.

- Anche tu come Chiara? Insomma è una fissa la vostra!

- Magari! Però io non arrivo a quei livelli, ti assicuro, mi faccio tentare molto di più.

- Meno male perché i livelli di Chiara a volte sono patologici – commentò lui di rimando  dimostrando di conoscere bene la collega.

 

**

 

Davanti alla macchinetta Federica si stava ingozzando di merendine.

Massimo la salutò con un sorriso.

 -  Fame a quest’ora, eh?

- Hummmm! – gli rispose lei con la bocca piena.

- Lo vuoi un caffè? – le chiese mentre cercava i soldi in tasca.

- Sì, grazie. Ho finito gli spiccioli – accettò la ragazza.

Massimo le sorrise ancora e mentre inseriva le monete nella macchinetta, le chiese, tutto candido:

- Dov’è andata?

Federica rimase un attimo interdetta: si stava certamente riferendo a Chiara e lo faceva come dando per scontato che lei fosse a conoscenza della loro storia. Forse l’amica gli aveva detto che sapeva tutto.  Per un attimo fu tentata di fare lo gnorri e rispondergli: “ma chi?” però quando lui si girò per porgerle il bicchierino di caffè, fu colpita da quel viso così bello sul quale si leggeva un’apprensione che poteva essere dettata solo da un forte interesse.

- “Forse le vuole bene anche lui, – pensò – forse non è tutto perduto”.

Così gli disse:

- È andata a Roma, da amici.

- Ah sì, certo, quelli della casa! – commentò il giovane poi aggiunse, senza nemmeno tentare di nascondere il suo affetto    Ma come sta? Sta bene?

Federica capì cosa volesse significare quella domanda: le stava chiedendo quasi di svelargli, lei che era la sua migliore amica, quali erano i veri sentimenti della ragazza. Questo però se lo poteva scordare. 

- Certo, sta benone - si limitò a  rispondergli.

- Io starò fuori domani e dopodomani, ma giovedì verrò alla cena di Dario. Sai se ci sarà?

- Dovrà esserci per forza: deve portare il regalo. Ma perché ti interessa tanto? - decise di passare al contrattacco nella speranza che fosse il giovane a rivelarle qualcosa.

Lui invece si mantenne sul generico.

- Niente, mi fa piacere rivederla – le disse.

Aveva parlato con  gli occhi bassi, le lunghe ciglia che ne nascondevano l’azzurro, ma poi li alzò e la fissò  con uno sguardo intenso.

- “Povera amica mia! – pensò la ragazza – Come si fa a non squagliare quando uno ti guarda così?”

E lo pensò in tutta sincerità, dimenticandosi  che in quel momento chi si sentiva di squagliare era proprio lei.

 

**

 

Per quel pomeriggio era in programma una gita da farsi tutti insieme lei, Roberta, Paolo ed il piccolo Andrea. Avevano deciso di andare alla casa al mare a Santa Marinella e di restare a dormire lì in modo da poter passare la mattinata dell’indomani a prendere un po’ di sole. Era stato tutto programmato, ma verso le tre, mentre aspettavano che Paolo venisse a prenderle, Roberta ricevette una telefonata dalla banca dove lavorava. C’era un pezzo grosso della Direzione Centrale in visita a Roma che avrebbe incontrato tutti i funzionari. La ragazza non se la sentì di rinunciare ad una simile possibilità di farsi conoscere e scappò via senza avere nessuna esitazione a buttare all’aria i loro progetti.

- Mentre sono per strada telefono a Paolo e glielo dico. Intanto tu fammi il piacere, chiama la baby-sitter per Andrea perché le avevo dato due giorni di libertà – disse a Chiara mentre si vestiva e si truccava in tutta  fretta.

- Non c’è nessun bisogno di chiamarla, starò io con Andrea – obiettò l’altra.

- Non devi sacrificarti!

- Nessun sacrificio, mi fa piacere. Se  ti preoccupi a lasciarmelo,  ti assicuro che puoi star tranquilla perché sono abituata a tenere quelle quattro pesti dei miei nipotini e figurati se mi fa paura tenere un tesoruccio come questo!

Nel dirlo aveva dato un affettuoso pizzicotto sul faccino grassottello del bimbo che le stava accanto.

Infatti trascorsero un pomeriggio piacevolissimo, disegnarono, lessero le favole e guardarono un film a  cartoni animati. In verità Chiara adorava i bambini perché si sentiva un po’ debole ed insicura come loro e i bambini  adoravano lei perché la percepivano più come un’amichetta  che non come un’adulta.

Sopra ogni cosa le era sempre mancato un figlio, ne aveva un desiderio così intenso che a volte era diventato quasi una pena. Più volte, durante i lunghi anni della sua relazione con Marco, aveva pensato di farsi mettere incinta senza neanche farglielo sapere. Tutto sommato avrebbe potuto benissimo crescerlo da sola ed era sicura che anche Cristina e Riccardo, nonostante il carattere burbero di quest’ultimo, alla fine, davanti ad un nipotino, avrebbero finito per darle una mano. Ma non era il tipo capace di seguire gli impulsi e nei suoi ripetuti ragionamenti era arrivata a convincersi che mettere al mondo un figlio nelle sue condizioni sarebbe stato solo un atto di estremo egoismo perché un bambino ha bisogno anche della figura paterna e lei, allora come ora, non avrebbe potuto dargliela. Così si era rassegnata a voler bene ai bambini della sorella come se fossero stati i suoi anche se, nel profondo del cuore,  non aveva ancora perduto la speranza di realizzare in futuro il suo desiderio.

Paolo ritornò verso le otto e non aveva un aspetto molto lieto. Dopo aver atteso un po’ che la moglie tornasse, ordinò alla cameriera di portare in tavola perché era già passata l’ora di cena.

Mangiarono in silenzio tutti e tre insieme, ma Andrea fece i capricci perché non gradiva il minestrone. Il padre, molto nervoso, si mise ad urlare con il risultato di farlo piangere. Per fortuna Chiara riuscì a calmarlo e a fargli mangiare almeno un po’ di carne dopodiché lo portò a letto.

Ritornata in sala, trovò Paolo seduto in poltrona con un bicchiere di brandy in mano.

- Ne vuoi? – le chiese ed al suo rifiuto, aggiunse  – Mi dispiace, ho notato che hai mangiato molto poco.

- Ho spesso mal di stomaco in questo periodo.

- Di’ la verità, anche tu come il piccino hai trovato disgustosa quella sbobba indegna che ci ha propinato Angelina! – sorrise beffardo – Ma questo passa il convento, mia cara, e mia moglie è una donna troppo impegnata per controllare cosa si prepara in cucina. Anzi è troppo impegnata per tutti noi. Avesse almeno telefonato quella disgraziata per dire che non veniva neanche a cena! – aggiunse amaro.

- Aveva un incontro importante oggi.

- Importante!? – gridò lui esasperato – Doveva mettersi in mostra, questo doveva fare,  te lo dico io!

- Sei molto ingiusto. Roberta deve darsi da fare per rimanere a galla in un ambiente di lavoro così maschilista.

- Appunto, ti sei mai chiesta perché lo fa? Non certo per il denaro, solo per farsi ammirare e fare la civetta,  se non di peggio.

- No, guarda, non lo sopporto proprio che tu dica così – lo rimproverò Chiara con severità – quella povera ragazza ha studiato tanti anni ed ha lavorato sodo per arrivare dov’è ed adesso dovrebbe rinunciare a tutto solo perché tu ti metti a fare il geloso? E poi, scusami, non mi pare proprio che tu ne abbia il diritto – si lasciò scappare.

 Paolo la guardò e le chiese, mortificato:

- Te l’ha detto?

- Tu che pensi?- gli domandò ironica -  Certo che me l’ha detto, sono sua amica! A dirti il vero ho trovato disgustoso quello che le hai fatto.

L’uomo non rispose nulla, ma stette a fissare il bicchiere pieno di liquore, molto malinconico. Dopo un po’, con la voce bassa, le spiegò:

- Mi credi se ti dico che me ne sono pentito già mentre stavo con quella? Io amo Roberta, te lo giuro, l’amo da impazzire.

- Sì, come fate voialtri uomini: amate una donna e scopate con un’altra! – gli rinfacciò Chiara con un tono sprezzante.

- No, te lo giuro, mi sarei ucciso dalla vergogna. Non lo so cosa mi è preso, ero così depresso in quel periodo, avevo bisogno di qualcuna che mi facesse sentire importante, unico.

- La solita scusa!

- Ti giuro, è la verità. Per Roberta io vengo sempre dopo tutto, dopo il figlio, dopo il lavoro, dopo la vita sociale. Non riusciamo più a parlare né a capirci, siamo solo due estranei che abitano sotto lo stesso tetto e  talvolta s’incrociano al momento dei pasti.

- Strano, lei mi ha detto la stessa cosa di te e cioè che tu la consideri solo un elemento di arredo.

- Non è vero, io le voglio bene, è stata lei a respingermi. Persino a letto non mi vuole più e questo già da prima che mi capitasse quella cosa. Non sai quanto ne ho sofferto!

Chiara rimase un attimo esitante perché aveva paura di rimettersi a fare “il grillo parlante” come le aveva detto l’amica, ma poi fu più forte di lei.

- Sai cosa penso? Dovreste cercare di uscire un po’ insieme.

- Se è per questo lo facciamo ogni sabato ed a volte anche la domenica – sogghignò ironico Paolo.

- Sì ma per andare dove? A feste pallosissime come quella dell’altra sera dove sembrate due baccalà in mezzo a tanti stoccafissi!

Lui la guardò stupito ma la ragazza continuò:

- Cercate di stare un po’ voi da due soli, andate a farvi una passeggiata, che so, a mangiare una pizza, come quando eravate fidanzati e stavate ore ed ore a parlare e a baciarvi giù in macchina sotto casa, tanto che io, impietosita, ero costretta ad andarmene a passeggio per togliermi dai piedi e farvi salire su a fare all’amore. Non  te lo ricordi?

Paolo sorrise, ma con molta amarezza.

 – È passato tanto tempo d’allora, ora siamo diversi.

- No, siete sempre gli stessi, però avete perduto la voglia di giocare, di cercarvi. Secondo me state cominciando a prendervi troppo sul serio, fate troppo i signori impegnati con il lavoro, la vita di società, la servitù. E che cavolo, provate un po’ ad essere più spontanei! Sono sicura che la voglia di stare insieme vi tornerebbe.

- Roberta non lo vorrà mai.

- Comincia tu, allora. Fai la prima mossa. Provaci. Sono sicura che ti vuole bene altrimenti avrebbe reagito con indifferenza al tuo tradimento.

- Si è sentita solo umiliata nel suo orgoglio.

- E non ti sembra legittimo? Ora falle sentire quanto l’ami e non solo a parole.

La loro conversazione fu interrotta dallo squillo del telefono. Roberta si stava ricordando solo in quel momento di avvisare il marito che non sarebbe andata a cena…

Nel vederlo adirato, Chiara lo salutò con la mano e si ritirò nella sua stanza con la scusa di mettersi a leggere.

 

**

 

Fu svegliata dalle grida provenienti dalla camera di Roberta e Paolo. Si era addormentata con il libro in mano e guardando l’orologio si avvide che erano quasi le due. Per discrezione spense la luce in modo da non mostrare di essere ancora sveglia e che poteva sentire il loro litigio. Stette così per un poco quando la porta della stanza si aprì ed in controluce si stagliò la sagoma di Andrea. Aveva il pigiamino, i piedini nudi  e sotto il braccio reggeva il suo orsacchiotto. Con la voce di pianto le disse solo: “Zia Chiala”, storpiandole  il  nome. La ragazza si precipitò a  prenderlo in braccio. Lo portò accanto a sé sul letto e lo accarezzò.

 - Che c’è piccino, che c’è? – gli chiese.

Era chiaro che aveva sentito il terribile alterco tra i genitori e ne aveva avuto paura.

Con dolcezza provò a distrarlo promettendogli tante belle cose da fare insieme l’indomani e gli cantò anche qualche filastrocca con la sua vocina dolce ed intonata. Alla fine riuscì a farlo riaddormentare, anche perché, dopo che si era sentita sbattere la porta d’ingresso alle spalle di qualcuno, le voci adirate si erano  zittite. Aspettò ancora un po’, poi prese in braccio Andrea per riportarlo in camera sua. Cercò di fare pianissimo, ma nel corridoio incontrò Roberta la quale indicando il bambino le chiese con una voce strana:

- Perché è con te?

- Vi ha sentito urlare, si è spaventato ed è venuto in camera mia.

- Dammelo, dammelo – le intimò la madre e prendendo in braccio, lo riempì di baci, sussurrandogli sconvolta:

- Amore, amore mio, se non avessi te, sei la mia unica gioia!

Il figlio, pur mezzo addormentato, si strinse a lei come un cucciolo, tutto rasserenato.

Chiara se ne andò in cucina ed iniziò a prepararsi una camomilla.

- Ne vuoi un po’ anche tu? – chiese all’amica quando questa la raggiunse, ma lei, senza neanche risponderle, si accasciò su una sedia e scoppiò in lacrime.

Doveva stare soffrendo molto perché Roberta era un tipo forte che non si abbandonava mai al pianto, contrariamente a lei che come diceva spesso la sua povera mamma “aveva sempre le lacrime attaccate con gli spilli”.

- Sono stata impegnata per lavoro e quello ha osato dirmi che non era vero, che mi sono vista con il mio amante. Hai capito che razza di stronzo? – le confidò tra le lacrime.

- Sei stata tu a farlo ingelosire ed in amore questa non è mai una strategia vincente.

- Che fai? Ricominci a sputare sentenze? Proprio non sopporto più prediche da te, non hai nessun titolo per farmele.

Chiara, sempre così mansueta, questa volta si incollerì.

 - Hai ragione, non ne ho – le disse – ma qui stiamo parlando di te,  sei tu quella che sta buttando tutto a rotoli, non io. Stasera ho parlato con tuo marito e ho avuto la conferma che ti ama sempre.

- E cosa dovrei fare secondo te, perdonarlo? – le rispose irritata e sarcastica.

- Almeno cerca di capire perché è arrivato al punto di andare con un’altra. Qualche colpa da parte tua ci deve pur essere se ha fatto una cosa che in dieci anni e più che vi conoscete non aveva mai fatto.

- Ah  ecco, adesso sono io ad avere la colpa! Bell’amica sei. Ma già, tu agli uomini credi sempre, basta che ti facciano un po’ gli occhi dolci e ti sdilinquisci tutta. Io non sono come te, io domani vado dall’avvocato e chiedo la separazione.

- Per favore, non fare sciocchezze, ti prego. Adesso sei ferita, ma il tuo rancore non servirà ad  altro che a farla incancrenire questa ferita. Parlate, chiaritevi, può darsi addirittura che la crisi di oggi possa far crescere il vostro rapporto e farvi stare meglio insieme.

- È inutile, è meglio non parlare con te,  sai solo essere retorica!

Chiara se ne stette zitta, tutta mortificata. Forse aveva sbagliato a parlare,  in fondo non aveva nessun diritto di dare consigli, lei che non sapeva nemmeno gestire la sua di vita sentimentale!

- Va bene, hai ragione – si scusò porgendole la tazza con la camomilla – fai come vuoi. Ricordati solo che qualsiasi decisione tu prenda io ti sarò sempre vicina. 

Dopo, cambiando argomento e con un sorriso dolce le chiese:

 - Senti, domani ho promesso ad Andrea di andarlo a prendere all’asilo e portarlo a mangiare un panino e poi al cinema. Ce lo dai il permesso, signora mamma?

Roberta si pentì di averla trattata così male a causa di quell’assurdo senso di superiorità nutrito sin da bambina nei confronti dell’altra, invece così dolce, riflessiva e saggia. Le fece una carezza sorridendole  di rimando.

 - Perdonami Chiara, ti prego. Tu sei la persona migliore del mondo ed io non la merito proprio un’amica come te. Sul serio! – le disse. 

 


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Capitolo 32
*** 12 settembre - mercoledì ***


12 SETTEMBRE mercoledì

 

Girando per le strade di Roma, Chiara sentiva sempre di più la nostalgia farsi strada nel suo animo. Ricordava i bei giorni passati là, gli unici momenti felici della sua vita da adulta… ad eccezione però di quella manciata di giorni  vissuti insieme a Massimo. Infatti solo in quest’ultimo, breve periodo le era sembrato di vivere di nuovo la vita con spensieratezza e fiducia come le era accaduto allora, quando lei e Roberta, per la prima volta da sole, si erano sentite libere e felici.

Era diretta al negozio di antiquariato nei pressi di piazza di Spagna dove aveva lavorato in quel periodo. I proprietari le avevano voluto davvero bene e la signora Ida, morta l’anno precedente, le aveva insegnato tante cose. Anche l’amore andava bene allora. L’amore poi! Sorridendo si ricordò di Pippo, il suo simpaticissimo  ragazzo dell’epoca con il quale si era messa più che altro per la curiosità di sperimentare le gioie del sesso, visto che era l’ultima tra le amiche ad essere ancora verginella. Comunque, quando era finita, non c’era stato nessun dramma, anzi, tra di loro per qualche tempo era restata una bella amicizia, non come la lunga storia con Marco, costellata di tormenti e sensi di colpa, che l’aveva lasciata così male.

Ricordò all’improvviso che anche Paolo e Roberta si erano conosciuti in quel periodo felice. La loro crisi attuale la riempiva di tristezza perché li aveva sempre considerati una coppia perfetta, molto più di qualsiasi altra di sua conoscenza. Li rivedeva ancora il giorno del loro matrimonio a Ravello, mentre uscivano dalla chiesa: belli, giovani, innamorati. In quel momento erano così felici che quasi li aveva bonariamente invidiati. Ogni qual volta aveva avuto un dubbio sull’amore, aveva pensato alla loro unione che andava avanti nel tempo sempre in perfetta armonia e per questo adesso si sentiva tanto delusa.

- “Forse sono l’unica persona sulla terra a credere, anzi, ad illudermi, dell’esistenza dell’amore eterno!” – pensò amareggiata.

Per tale illusione aveva rinunciato a Massimo, un uomo per il quale  qualsiasi altra donna avrebbe dato chissà cosa solo per stargli un attimo accanto. Avrebbe potuto anche lei vivere quei momenti senza pensare al domani, ma la sua natura l’aveva tradita.

- “Indietro non si torna purtroppo ed ora devo affrontare le conseguenze delle mie scelte, anche se le rimpiangerò per tutta la vita!” – si disse, lottando con le lacrime.

In ogni modo riuscì a trascorrere una piacevole mattinata in compagnia dell’amico antiquario che le fece acquistare anche una bellissimo dono per Dario facendole anche un prezzo di eccezione. Alla fine dovette affrettarsi perché era quasi l’ora dell’uscita dall’asilo di Andrea.

- “Ecco come sono fatta: ansiosa e preoccupata. È stato meglio non aver avuto figli, li avrei solo  rovinati.” – pensò, sempre molto critica nei suoi stessi riguardi, mentre correva tutta affannata a prendere il bambino.

Per fortuna arrivò in tempo ed il piccolo fu molto felice di vederla. Così come gli aveva promesso la notte prima, lo portò da McDonald’s ed in barba ai divieti della mamma, gli prese un panino pieno di ketchup, una porzione enorme di patatine, coca cola e gelatone.

Mentre Andrea mangiava ed insieme ridevano perché con le sue manine non riusciva quasi a reggere il panino enorme, squillò il cellulare. Era il numero dell’ ufficio ed  al telefono era  Federica la quale esordì rimproverandola:

- Si può sapere dove cavolo eri? Ti sto cercando da ieri!

- Scusami, avevo il cellulare spento.

- E non hai visto la chiamata quando l’hai riacceso?

- Sì, ma ho visto il numero dell’ufficio. Pensavo fosse il pazzo che mi cercava per qualcosa. Ma che fai telefoni da lì? Se ti becca il carognone senti!

- Volevo sapere come stai.

- Benissimo, sono a colazione con un bel giovanotto – le disse tutta allegra.

- Davvero? – s’informò l’amica con un tono tra l’incredulo e lo speranzoso.

- Sì, ma aspetta un attimo che devo pulirgli il ketchup che gli sta colando sul mento.

- Si, vabbè, volevo ben dire! Chi è, Andrea?

- Chi ti aspettavi fosse?

La voce della ragazza era così serena che per un momento Federica fu tentata di non dirle niente, magari si stava dimenticando di Massimo, ma poi decise che era meglio raccontarle del colloquio avuto con lui davanti alla macchinetta del caffè.

- Ieri è venuto Massimo. Ma dimmi, gli hai detto tu che so di voi due?

- No, perché? – le rispose perplessa.

- Mi ha chiesto dove eri e come stavi.

- Federì e io chissà che mi credevo! – sbottò Chiara, esprimendosi quasi in dialetto - In fondo è una persona educata e poiché mi conosce …

- No, ti assicuro, mi sembrava veramente interessato a come stavi.

Chiara rimase un po’ in silenzio.

 – Tu cosa gli hai detto? – le chiese quindi senza nascondere l’ansia.

- E cosa dovevo dirgli? Quanto stai soffrendo per non soffrire?

- Ehi, che fai, sfotti?

- Senti, io più ci penso e più mi convinco che hai fatto una gran cazzata a rinunciare. Non me ne intenderò di cose del cuore, ma uno così non si butta via solo perché non sai se sarà amore eterno.

Erano proprio le cose che si era detta da sola quella mattina, ma sentirsele dire dall’amica la fece irritare.

- Non ti preoccupare, sono convinta delle mie scelte e poi tra un mese se ne andrà - replicò.

- Tre mesi. Staranno qui fino a Natale. Me l’ha detto Giacomo.

- Va bene, un mese, tre mesi, cosa cambia? Presto se ne andrà e sarà tutto finito. Il fatto di non rivederlo più me lo farà dimenticare.

- D’accordo, come vuoi tu, comunque preparati ad incontrarlo domani sera perché verrà alla cena di Dario. A proposito hai comprato il regalo?

Restarono un po’ a parlare di questo poi si lasciarono. Chiara si sentiva ancora più confusa e fu una fortuna dover trascorrere il pomeriggio con il bambino perché fu costretta a distrarsi per forza.

 

**

 

Erano già le sei e mezza quando tornarono a casa. La ragazza  si aspettava che le venisse ad aprire la cameriera e rimase alquanto stupita quando vide Paolo, tutto sorridente. Dietro di lui apparve Roberta, anch’essa di buon umore così che Chiara tirò un sospiro di sollievo.

Il bambino si buttò tra le braccia della mamma e incominciò a raccontare a lei ed al papà della bella giornata appena trascorsa.

- A che ora hai il treno stasera? – le domandò l’uomo.

- Alle otto meno un quarto.

- Allora, poiché Angelina non c’è, adesso Roberta ci prepara un bel piatto di spaghetti alla carbonara come li sa fare lei mentre io faccio fare il bagno ad Andrea, così ceniamo e dopo ti accompagniamo tutti alla stazione.

Assai allegro, prese il bambino  in braccio e si allontanò giocando con lui.

- Roberta, ma cosa è successo? – chiese Chiara all’amica mentre la seguiva in cucina, stupita da quell’atmosfera serena dopo la tempesta della notte prima.

- Niente, abbiamo parlato! – le rispose questa con un mezzo sorriso sulle labbra.

Chiara la osservò: indossava soltanto una vestaglietta leggera aperta sulla sottoveste di raso.

- A giudicare dal tuo abbigliamento non avete mica soltanto parlato! – la prese in giro.

- È vero, non abbiamo parlato soltanto – ridacchiò l’altra soddisfatta  – … ed è stato più bello di ogni altra volta!

- Meno male, mi sono tolta un peso  - sospirò Chiara.

Per un po’ Roberta stette zitta mentre tagliava la pancetta a dadini ma poi si fermò, ancora con il coltello in mano.

-  Grazie – le disse guardandola con gratitudine.

- Ma grazie di che? Io non ho fatto proprio nulla, avete fatto tutto voi, anzi, avete appena cominciato a farlo. Giurami che andrete avanti così – aggiunse preoccupata che quella riconciliazione  fosse una cosa solo momentanea e presto potessero ricominciare  le incomprensioni.

L’amica annuì sorridendo e l’abbracciò.

- Però! Potrei fare la consulente matrimoniale –  scherzò lei ricambiando l’abbraccio – sono così brava a risolvere i problemi di cuore … degli altri!

 

**

 

La sera Giacomo non era voluto uscire perché aspettava con ansia la telefonata della moglie che era andata dal ginecologo. Massimo cercò di farlo distrarre, ma senza riuscirci perché, come tutti i futuri papà, si era instupidito del tutto nonostante per lui fosse già il secondo figlio.

Così  uscì da solo e mentre camminava, rifletteva. Diventare padre doveva essere davvero una cosa strana perché anche i suoi fratelli avevano reagito allo stesso modo. D’altronde era emozionante pensare al fatto che l’amore fisico non avesse come conseguenza soltanto il piacere immediato, ma che il proprio seme, nel grembo accogliente della donna amata, si sarebbe trasformato in una nuova vita.

Un figlio! Averlo doveva essere davvero una sensazione unica. Lui l’aveva intuita, una volta. Era accaduto quell’estate ad Ischia quando aveva visto Chiara  tenere tra le braccia il piccolo Luca. Per un istante l’aveva vista madre e, per qualche strano istinto, aveva immaginato che quel figlio fosse suo. Certo allora non sapeva ancora di amarla ma forse dentro di sé aveva già la consapevolezza che loro due non avevano solo fatto all’amore ma si erano uniti completamente.

Rassegnato all’idea di non potere fare a meno di pensare a lei, andò a fare un giretto per le vie della Napoli-bene, ammirando i negozi di lusso. Si concesse anche una buona cena in una “Hosteria” molto caratteristica, dopodiché, prendendo una stradina, si trovò sul lungomare. Andò a comprare una birra perché gli era venuta  sete e decise di andarla a bere sulla spiaggia della Rotonda Diaz. C’era ancora una volta la luna quasi piena ed il caldo era molto piacevole perché mitigato da una dolce brezza profumata di mare.

-  “Certo è bella una città che ti consente di sedere sugli scogli a guardare il mare!” – pensò.

Incominciava a nutrire per Napoli uno strano sentimento fatto di amore e di odio. In quel posto c’erano cose che detestava ed altre che invece lo attiravano molto. Non era sicuro che gli sarebbe stato possibile viverci, ma in qualche modo intuiva che la sua permanenza lì lo aveva cambiato.

La strada si andava a mano a mano svuotando. Era l’ora in cui tutte le persone normali se ne tornavano nelle loro case. Al pensiero, alzò istintivamente gli occhi verso la collina dove si affacciava il terrazzo della casa di Chiara. Come già altre volte, si disse che quella non era una semplice casa, ma un nido accogliente e caldo, teatro di una felicità  di cui sentiva sempre di più la mancanza.

Era inutile girarci intorno, oramai poteva pure prendere atto di essere innamorato cotto di lei. Cosa doveva fare? Sarebbe bastato seguire il consiglio della madre e dirglielo soltanto? Forse Chiara lo avrebbe respinto ancora e dopo tanto  rifletterci su, non poteva nemmeno darle tutti i torti. Come poteva fidarsi di un tipo come lui, uno che tutti quanti gli altri, persino la sua stessa famiglia, percepivano come una persona incapace di sentimenti veri e duraturi, un superficiale buono solo a correre dietro alle donne? E poi anche con lei non aveva avuto un comportamento corretto. È vero, era stato in buona fede, ma perché aggredirla in quel modo? La poverina non gli aveva chiesto nulla, si era solo ritirata in buon ordine quando aveva pensato di non interessargli. Semplicemente. Con la signorilità che la contraddistingueva.

Non sapeva come farlo, ma la cosa più importante era dirle che aveva capito di amarla e che non voleva perderla più.

- “Intanto – pensava - domani finalmente la rivedrò”.






Consapevolezza degli errori commessi? Rimpianto per essersi lasciati sfuggire qualcosa di magico ed irripetibile? Desiderio di cambiare? Pare che finalmente Massimo e Chiara ci siano arrivati! E domani s’incontreranno alla cena di Dario… Sarà la conclusione? Staremo a vedere…



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Capitolo 33
*** 13 settembre - giovedì ***


13 SETTEMBRE giovedì

 

Purtroppo Chiara aveva avuto la malaugurata idea di dire al parrucchiere che quella sera doveva andare ad una cena in un ristorante piuttosto elegante a Marechiaro. Lui si mise ad insistere per convincerla a farsi una pettinatura ed un make-up speciali.

- La mia Rita fa il trucco alle spose – le disse per persuaderla.

- D’accordo, Antonio, ma io non mi devo sposare, devo solo andare ad una cena con dei colleghi.

- Dai, Chiaretta, ti faccio un prezzo speciale. Per una volta fai un po’ la sofisticata, sei troppo semplice tu!

Alla fine si lasciò convincere. Lui le stirò i capelli fino a farglieli diventare lisci e morbidi, con riflessi simili al velluto. Rita poi era davvero brava e le fece un trucco tale da farla sembrare quasi bella, con gli occhi profondi e grandi ed il viso perfettamente levigato.

- Complimenti – commentò  alla fine la ragazza guardandosi allo specchio – ed io che credevo di essere la sola restauratrice in giro! Voi siete molto più bravi visto quello che avete saputo fare con un mezzo cessetto come me.

Una volta a casa completò l’opera con il vestito regalatole dalla sorella. Era  molto semplice, ma elegante, con l’ampia gonna un po’ a campana, il corpetto finemente ricamato e scollato, un bolerino corto a coprirle le spalle. Adesso le stava molto meglio della settimana prima, forse  perché era un po’ scesa di peso.  Il risultato finale fu una ragazza molto carina, ma lei non si riconobbe nell’immagine riflessa nello specchio, si sentiva come in maschera. Però quella sera era proprio ciò che le ci voleva. Se avesse dovuto seguire il suo istinto, si sarebbe rintanata in casa perché non aveva voglia di affrontare gli altri e tanto meno Massimo.

Rossana doveva venirla a prendere alle otto, ma tardò parecchio. Quando finalmente arrivò, le chiese scusa dicendole di avere il figlio più grande con la febbre.

- Che hai fatto? – le chiese scrutandola – Chi devi conquistare stasera? Sei bellissima!

In effetti fu il complimento che le fecero tutti quando arrivarono al ristorante dove i colleghi stavano aspettando proprio loro per iniziare la cena. Chiara li salutò  con calore, solo con Massimo non ebbe il coraggio di essere più espansiva e gli fece appena un mezzo sorrisetto. Lui invece quando la vide entrare avvertì un tuffo al cuore come gli era capitato solo alle prime cotte da ragazzino.

- “Come è bella!” – pensò guardandole quei capelli neri, lunghi e lisci come non gliel’aveva mai visti – “Stasera devo trovare il modo di parlarle”.

Invece non capitarono vicini anche se si ritrovarono seduti l’uno di fronte all’altra. Chiara non alzava mai gli occhi su di lui, si limitava a conversare con Federica e Dario al suo fianco. Accanto a Massimo c’era Giacomo e dall’altro lato Valeria, una piacente donna sulla quarantina che lavorava al settore vendite la quale, a quanto pareva, aveva deciso di farsi avanti con l'ispettore e non smetteva un minuto di parlargli. L’uomo le rispondeva per pura cortesia mentre era intento a guardare di soppiatto la ragazza sedutagli di fronte.

- “Come devo fare?  Le devo dire assolutamente cosa ho provato senza di lei. Ma perché sta facendo così? Perché non mi guarda nemmeno? Forse è soltanto in collera con me e devo insistere un po’ per farmi perdonare” - pensava.

Chiara, all’apparenza calma e serena, infatti non lo degnava di uno sguardo, ma il giovane non avrebbe mai potuto immaginare quanto sforzo le stesse costando tutto quell’autocontrollo. Aveva avuto paura di rivederlo e ne aveva avuto ben ragione, ora si sentiva sopraffatta dall’attrazione provata per lui: le piaceva ogni minima espressione di quel volto, ogni sguardo dei suoi occhi verde-azzurro, ogni inflessione della sua voce calda che le metteva i brividi dentro. Temeva si potesse capire  e per questo cercava di non guardarlo nemmeno anche se aveva notato come Valeria lo stesse marcando stretto.

Massimo tentò un paio di volte di rivolgerle la parola, ma lei gli rispose solo a monosillabi, tanto che alla fine lui si convinse che quel comportamento freddo era per fargli capire che la breve parentesi sentimentale tra di loro si era definitivamente conclusa. Ne fu molto deluso ed anche abbastanza irritato. Cercò di darsi comunque un contegno, con la sua vistosa vicina che si faceva sempre più invadente e gli altri colleghi che gli davano spesso da parlare senza sapere quanto gli costasse in quel momento partecipare alla conversazione generale.

Per Chiara intanto tutte quelle persone intorno al lungo tavolo avrebbero potuto anche sparire, esisteva solo l’uomo seduto di fronte a lei. Eppure sapeva che finché si trovava in mezzo agli altri poteva difendersi. Il problema sarebbe stato quando, nei prossimi giorni, si sarebbero incontrati da soli. Allora forse non sarebbe riuscita più a mascherare l’amore che provava per lui.

Terminato il pranzo, mentre aspettavano il caffè, Federica le chiese sottovoce di accompagnarla alla toilette. Ne approfittò per controllarsi allo specchio perché temeva che i suoi sentimenti le si leggessero in faccia. Invece era ancora molto carina. Ad un tratto entrarono Antonella e Silvia, le colleghe del Commerciale, le quali stavano commentando ad alta voce:

- Hai visto quella là? E che cavolo, tra poco gli salta addosso all’ispettore! Che  … hmmmm … beh,  insomma, hai capito.

- Dai, solo perché Valeria ha il coraggio di fare le cose davanti a tutti! Voglio vedere chi di noi non ci ha fatto un pensierino proibito su quello. Cosa ti devo dire, beata lei se riesce a portarselo a letto!

Ridacchiando divertite, si chiusero nei bagni.

- Guarda che se ti metti a piangere ti prendo a sberle! – le disse sottovoce  Federica vedendo l’espressione desolata che le si era dipinta sul volto – Che pretendi adesso? Siccome tu hai rinunciato a lui debbano farlo anche tutte le altre? Se non eri convinta, ci dovevi pensare prima.

Chiara riuscì a controllarsi, consapevole che l’amica aveva ragione, ma non per questo si sentì meno triste quando, avvicinandosi di nuovo al tavolo, vide Valeria parlare sottovoce in un orecchio a Massimo che aveva un sorrisino sulle labbra.

Ma dov’era l’uomo che aveva conosciuto, quello con cui aveva trascorso giorni meravigliosi su spiagge assolate, che l’aveva tenuta tra le braccia con tanta dolcezza mentre languidamente riposavano nella piscina calda, quello con cui aveva guardato il tramonto e dormito abbracciata? Forse non c’era mai stato se non nel suo desiderio e Massimo gli aveva dato solo la sua fisicità.

- “Eppure – pensava – il suo corpo mi è appartenuto, è lui che ho accarezzato, baciato, è con lui che mi sono congiunta fino ad essere una sola cosa. Accidenti – rifletté ancora – che paroloni: “appartenersi”, “congiungersi”! Si vede che Roberta ha ragione quando mi accusa di essere retorica, un’altra al posto mio, ad esempio quelle due che prima parlavano nel bagno, avrebbero detto: “meno male che almeno me lo sono scopato!” e via per la loro strada.”

Fece un impercettibile risolino tra sé e sé ed inavvertitamente alzò lo sguardo incontrando i magnifici occhi di Massimo che la stavano fissando seri. Quasi temendo di farsi leggere dentro, si girò subito da un’altra parte, non senza concludere però il pensiero di prima, questa volta come se stesse parlando a lui:

- “Però a me non basta, amore mio, io ti amo e avrei voluto  essere amata da te!”

 

**

 

Venne il momento di consegnare al festeggiato il regalo e siccome nessuno lo aveva ancora visto, ci fu molta curiosità mentre Dario scartocciava il pacchetto. Qualcuno, per paura che potesse non piacergli, decise di mettere le mani avanti e disse fingendo di scherzare:

- Guarda che l’ha scelto Chiara, se non ti piace è colpa sua.

Invece era un oggetto delizioso: un portasigari in ebano con il coperchio d’argento finemente lavorato, una cosa di gran gusto che suscitò l’ammirazione di tutti.

- È fine Ottocento. Ho pensato che poiché stai per diventare uno importante, sulla tua scrivania ci volesse qualcosa di prestigioso – spiegò Chiara, sperando che gli piacesse.

- Grazie, è bellissimo! Grazie amici e grazie a te, cara. Come al solito hai saputo dimostrare che persona di classe sei.

Così dicendo le prese una mano e le baciò il palmo in un gesto molto affettuoso facendola arrossire come una scolaretta.

Ma anche un’altra persona arrossì, di gelosia però,  mentre si chiedeva inquieto se tra quei due non ci fosse davvero del tenero. Cercando di darsi un contegno, Massimo si disse che oramai stava rasentando il ridicolo con quella sua smania ed  era venuto davvero il momento di  smetterla, tanto oramai … ma le parole di Dario vennero subito a  tranquillizzarlo.

- Sapete, - stava dicendo questi - la signorina qui presente è stata il consigliere artistico mio e di mia moglie quando abbiamo messo su casa. A proposito, te lo ricordi quando andammo tutti e tre a Roma da quell’antiquario amico tuo a comprare il cassettone e la consolle?

- Anche questo portasigari è stato comprato lì,  anzi, quando ho detto a Walter che cercavo un regalo per te, ha scovato la cosa più bella di tutto il negozio – gli rispose lei sorridendo.

- È una bottega deliziosa. Lì dentro sembra di entrare in un’altra epoca. Assomiglia un po’ a questa bella ragazza che ci ha lavorato per un po’ a restaurare quadri antichi.

- Infatti, ce la vedo proprio, tutta trine, merletti e rossori come una fanciullina di un’altra epoca – commentò ironica Valeria prendendola in giro.

- Ma è un lavoro difficile, no? Davvero ne sei capace? – le chiese incuriosita Silvia.

- Ho preso il diploma di primo livello, poi però ho lasciato tutto anche se ogni tanto penso di aver fatto male perché era un lavoro che mi piaceva molto.

- Purtroppo non sempre nella vita si fa quello che si avrebbe voluto! Io avrei voluto insegnare per esempio. Non c’è nulla di più stimolante dei ragazzi – intervenne Antonella.

- A me invece sarebbe piaciuto fare la casalinga. Vuoi mettere a startene a casa tua a crescere i figli piuttosto che combattere dalla mattina alla sera con uno come il nostro capo? – commentò a sua volta Rossana.

Valeria si mostrò infastidita.

- Oddio, sentitele! – rimproverò le colleghe - Alla faccia dell’emancipazione femminile: la maestra, la restauratrice, la mamma… Un po’ di carattere ragazze mie, poi dite che questi signori ci mettono sotto i piedi. Per forza lo fanno se noi per prime non riusciamo ad entrare in competizione con loro perché non ci sentiamo all’altezza. Io, se lo volete proprio sapere, sono contentissima di fare il mio lavoro anche se devo lottare ogni giorno con un mucchio di maschietti agguerriti. Non mi sento meno capace di loro.

Si aprì una  discussione sulla parità dei ruoli nel lavoro, discussione che ad un certo punto divenne anche abbastanza accesa, ma fu simpaticamente conclusa da Federica.

- Io so di essere molto più in gamba di tanti uomini, ma ciò non toglie che avrei voluto fare la ballerina classica – disse infatti. Poi, sentendo scendere un silenzio imbarazzato e cogliendo numerosi sguardi perplessi,  fece ridere tutti aggiungendo: – E che volete, me lo sono ficcato in testa da bambina quando ho visto gli ippopotami ballare ”La danza delle ore” in “Fantasia”!

 

**

 

Chiara era rimasta d’accordo con Rossana di andare via con lei, ma purtroppo questa ricevette una telefonata dal marito perché al bambino stava salendo la febbre.

- Scusatemi – si giustificò – devo andare. Ma adesso tu come fai? – chiese impensierita all’amica.

- E che problema c’è?– affermò Dario -  La riaccompagno io.

- No – intervenne subito Massimo – io non ho nessuno ad aspettarmi. Devo accompagnare già Valeria,  vuol dire che porto a casa anche lei.

La ragazza, spaventata da questa prospettiva, protestò:

- Non vi preoccupate, non c’è bisogno, posso prendere un taxi.

- Davvero credo che per Massimo non sia un problema, non è così? – chiese il festeggiato il quale in verità aveva un po’ di premura di ritornare a casa perché l’indomani doveva partire presto per Milano.

- No, certo, basta che non facciate pettegolezzi perché mi vedrete andar via con due belle signore – rispose questi con un’espressione ironica.

Federica si fece avanti:

- E allora fa’ un cosa: accompagna pure me, così nessuno dubiterà delle tue intenzioni puramente umanitarie.

- Che aspettavi a dirmelo che volevi essere riaccompagnata anche tu, stupidona! – la rimproverò lui che stava cominciando ad affezionarsi a quella ragazza così simpatica e sfortunata.

 

**

Quando Federica fu scesa dalla macchina, Massimo si rivolse a Valeria:

- Ti dispiace se passiamo prima per casa tua? Non conosco bene le vie ed ho paura di perdermi. Invece conosco bene la strada dove abita Chiara.

Quest’ultima  dal sedile posteriore commentò, un poco acida:

- È la stessa cosa, basta farla all’inverso.

- No, mi confondo! – insistette l’altro cercando di guardarla nello specchietto retrovisore, poi rivolto alla collega, con un sorriso seducente – Mi mostri come faccio ad arrivare da te?

Lei, tutta gentile, glielo spiegò e quando furono arrivati lo salutò con calore.

- Ehi, ricordatelo, dobbiamo andare in quel locale di cui ti ho parlato.

- Senz’altro, ci andremo al più presto. Buonanotte!

- Buonanotte! Che fai tu, passi davanti? – chiese la donna a Chiara senza nemmeno salutarla.

- Come ti sembra, gli vogliamo far fare l’autista? – le rispose questa e senza salutarla nemmeno lei, si sedette accanto al guidatore  allacciandosi la cintura di sicurezza.

- Che c’è – le chiese Massimo dopo un po’ che furono ripartiti – avevi paura di rimanere sola con me?

- A dire la verità credevo fossi tu a voler rimanere solo con Valeria. In fondo stai lavorando per assicurarti lo spasso per i prossimi mesi, non è così?

- Non è vero, quella non m’interessa affatto – le disse serio ed aggiunse buttandola sullo scherzo – e poi non è nemmeno il mio tipo!

- No? Strano, non si sarebbe detto da come avete flirtato tutta la sera.

Questa volta le rispose un po’ piccato.

 - Se tu ti fossi degnata di rivolgermi almeno lo sguardo, ti saresti accorta che era lei a fare la scema, non io.

- Anche se fosse,  non vedo perché avrei dovuto rovinarmi la serata a guardare i tuoi duetti amorosi.

- Pensavo potessimo essere perlomeno amici – tagliò corto l’uomo un po’ esasperato da tutta quella freddezza.

- Amici? L’hai detto tu che non avremmo mai potuto esserlo.

- Almeno però potremmo parlarci.

- Anche questo hai detto: non abbiamo più niente da dirci.

- Insomma! – sbottò alla fine, arrabbiandosi – Ho sbagliato a dirti quelle cose al telefono, è vero e te ne chiedo scusa, ma a parte questo, non mi sembra di aver fatto nulla di tanto grave per meritarmi  che tu non mi rivolga più neanche la parola!

Non ebbe risposta ed allora proseguì:

- Io avrò pure un caratteraccio ma ho cercato in ogni modo di convincerti a continuare a vederci, a frequentarci, almeno per chiarirci, per capire… ma tu niente! Mi sono comportato male con te perché mi hai fatto incazzare ma in concreto sei stata tu a trattarmi uno schifo, non io.

Si era girato a guardarla,  ma il fatto che lei tenesse il viso rivolto dall’altro lato, lo fece finire di incavolare.

- Avanti, me lo dici che ti ho fatto? - insistette.

Il silenzio ostinato della ragazza continuò ed allora si rispose da solo:

- Io non ti ho fatto niente, accidenti, hai fatto tutto tu. Se adesso siamo nella merda è perché l’hai voluto tu, non io. E parla, smettila con questo silenzio da sfinge, mi fai impazzire dalla rabbia!

Però Chiara rimase muta ed allora, indispettito e senza dire più nulla, la portò sotto casa.

Pioveva a dirotto.

- Aspetta – le disse con premura nonostante fosse ancora arrabbiato – non lo vedi come sta piovendo? Aspetta un attimo.

Si era voltato verso di lei che si stava slacciando la cintura di sicurezza e solo in quel momento si avvide che aveva il viso inondato di lacrime.

Le lacrime delle donne lo facevano sempre andare fuori di testa, ma adesso quelle silenziose di Chiara erano come un vero e proprio schiaffo.

Molto adirato, la prese per le spalle e scotendola, le urlò, con il viso contratto dal dispiacere:

-  Perché piangi adesso, per la malora, me lo dici perché piangi?

Due grandi occhi neri traboccanti di lacrime lo fissarono e con la voce rotta, lei gli sussurrò:

- Perché hai ragione tu quando dici che ho fatto tutto io! E vuoi sapere che cosa ho fatto? Mi sono innamorata di te, ecco cosa ho fatto!

Prendendo un fazzoletto dalla borsetta, la ragazza continuò:

- Non devi innamorartene, mi dicevo, se una mezza calzetta  come Marco ti ha distrutto in quel modo, che cosa potrà fare di te un uomo meraviglioso come Massimo? Ma è tardi, accidenti, è tardi, non ce la faccio più a tornare indietro!

Un singhiozzo la scosse e fu come un fiume che rompe l’argine.

- Io ti amo, ti amo tanto! – gli gridò quasi,  buttandogli le braccia al collo – Non me ne importa più niente. Anche se deve essere solo per un giorno, anche se dopo dovrò morirne, non te ne darò nessuna colpa. Io ti amo da impazzire e ti voglio.

Persa nella sua emozione, gli baciava il viso con le labbra bagnate di pianto, lo accarezzava, gli si stringeva contro.

Massimo era rimasto assai scosso da quell’improvvisa esplosione: da lei, sempre così controllata,  non se l’aspettava. Per un attimo ebbe la sensazione di stare stringendo tra le mani una porcellana preziosa che si sarebbe potuta rompere da un momento all’altro. Sapeva che se adesso avesse deciso di amarla, avrebbe dovuto essere per sempre altrimenti avrebbe rischiato di farle del male e questo non lo voleva. Ad un tratto ebbe paura dell’intensità di quei sentimenti perciò rimase fermo, quasi senza toccarla.

Lei intanto gli stava dicendo:

- Sali da me, ti prego, fammi fare ancora all’amore con te. Tu non lo sai quanto mi è costato respingerti ogni volta, non lo puoi neanche immaginare quanto ti desidero! Puoi fare di me quello che vuoi …

Gli aveva infilato le mani sotto la giacca e gli accarezzava il petto attraverso la stoffa sottile della camicia, baciandolo ancora sul viso e sul collo, cercando di farsi stringere.

L’uomo invece le accarezzò solo i capelli.

- No, piccolina, non fare così, ti prego. E poi stasera sei troppo sconvolta per ragionare. Adesso te ne vai a fare una bella dormita e ne riparliamo domani con calma, va bene?

Le aveva parlato con grande dolcezza ed un sorriso molto tenero sulle labbra, ma la ragazza era troppo presa dal vortice delle sue emozioni ed interpretò quelle parole come un garbato rifiuto. Si irrigidì e senza alzare più il viso a guardarlo, senza dirgli più una parola, scappò fuori dall’auto. Repentinamente, prima che potesse raggiungerla,  s’infilò nel portone richiudendolo in fretta alle sue spalle.

Massimo non sapeva davvero cosa fare. Si sentiva assai dispiaciuto,  ma non poteva precipitare le cose, doveva essere prima sicuro. Sapeva di amarla ed aveva sperato che anche lei lo amasse, ma tutta quella passione lo sconvolgeva, lo intimoriva addirittura. Era meglio calmarsi entrambi e attendere l’indomani per chiarire i reciproci sentimenti e parlare con serenità del loro futuro.

Così mise in moto e ripartì lungo la strada deserta e flagellata dalla pioggia battente.

 

**

 

Chiara non aveva neanche preso l’ascensore, si era precipitata per le scale ed in fretta aveva aperto l’uscio di casa per correre in bagno, appena in tempo per vomitare tutto quel poco che aveva mangiato. Dopo, accoccolata vicino al water, si sentiva uno straccio, aveva bisogno di aria fresca. Andò sul terrazzo, a respirare a pieni polmoni nell’atmosfera satura di elettricità.

Il mare era nero come l’inchiostro e il cielo, attraversato da saette di fuoco,  lasciava cadere una pioggia scrosciante che le inzuppava il bel vestito e le bagnava i capelli.

- “Brava, brava – si diceva tra i singhiozzi – alla fine ci sei riuscita a perdere la dignità. Ma cosa ti aspettavi da te stessa? Sei soltanto una brutta fallita, nella vita, nel lavoro, nell’amore. Fai schifo, fai soltanto schifo e pretendevi pure che lui ti amasse! Probabilmente gli fai solo pietà!”

Si abbandonò al pianto e ne ebbe conforto come se in quelle lacrime potesse annullarsi. Alla fine i singhiozzi si calmarono non così il tremito che la scuoteva. Ebbe freddo, rientrò in casa, si strappò di dosso il vestito ormai zuppo, si avvolse un asciugamano sui capelli bagnati e con una salvietta si pulì il viso dove il bel trucco della sera precedente, tra la pioggia e le lacrime, si era trasformato in una maschera grottesca.

Nel vedersi allo specchio, ebbe ancora più disgusto di se stessa e gettò con rabbia l’asciugamano nel cesto dei panni sporchi. Quella sera non ce la faceva a sopportarsi. Aprì l’armadietto dei medicinali e ne prese il Lexotan. Non voleva farsi del male, ma voleva fuggire. Cinque, dieci, venti, trenta, quaranta gocce. Le buttò giù tutte di un fiato poi se ne andò a letto. Con le lenzuola tirate fin sulla testa, si rannicchiò in posizione fetale ed ancora scossa dai singhiozzi, aspettò di entrare finalmente nel buco nero dell’incoscienza,  là dove Chiara non esisteva più.





Lo so, lo so, ci siete rimaste male,  ma accompagnate ancora un po’  con la vostra simpatia sia Chiara che Massimo perché si prepara il GRAN FINALE! Non vi perdete il prossimo, conclusivo capitolo, mi raccomando!


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Capitolo 34
*** 14 settembre - venerdì ***


14 SETTEMBRE   venerdì

 

Il trillare del telefono sul comodino la svegliò. Ancora confusa dal sonno, afferrò la cornetta e rispose con una voce flebile.

- Chiara! –   le urlò Federica dall’altro capo del filo – mi hai fatto preoccupare, non rispondevi neanche a telefono! Ma cosa ti è successo? Sono quasi le nove e sei ancora a casa?

- Scusa, Fede, ma non mi sento bene, oggi non vengo a lavoro - le rispose mentre la pena tornava a serrarle la gola con il ricordo di quanto era successo la sera prima.

- C’è qualcosa che non va? Vengo da te?

- Ma no, no, ho solo un forte mal di  testa. Perdonatemi se oggi resto a casa, non è nulla di grave e tra qualche ora starò già meglio, però non ce la faccio proprio a venire.

Non aveva la forza di raccontare cosa era successo e sperava che la collega credesse ad un semplice malessere  e la lasciasse in pace, almeno per quella mattina.

- Ok, riposati e, mi raccomando, chiama se hai bisogno di qualcosa.

Quando Federica posò il telefono incontrò lo sguardo interrogativo di Rossana.

- Non viene. Ha mal di testa – le spiegò.

- E va bene, però, pure lei! Con tutto il daffare che c’è oggi e con quello lì –  alludeva al capo -  che sta più pazzo del solito! La scema sono io ad aver costretto mia suocera a venire stamattina presto per tenermi Ciro con il febbrone. Se sapevo,  me ne stavo anch’io a casa e chi si è visto si è visto!

- Hai ragione, ma ti assicuro, Chiara sta proprio male in questo periodo.

Subito rabbonita, l’amica commentò:

- Già, me ne sono accorta, non sono cieca  sai,  ed anche se voi due mi tenete fuori dalle vostre confidenze, forse ho capito anche il perché: si è innamorata di qualcuno che non la ricambia.

Federica era in dubbio se rivelare alla collega le cause del malessere di Chiara. In realtà anche Rossana le voleva molto bene e quando voleva, sapeva essere anche riservata.

 - “Inoltre – pensò – potrebbe aiutarmi a tirarla fuori da questa storia perché sono certa che quella lì è il tipo capace di morire davvero per amore: è drammatica di natura”.

Stava quasi per confidarsi quando il capo entrò come una furia e cominciò ad urlare istruzioni sulle cose da fare in giornata.

 

**

 

Chiara era rimasta ancora un po’ a letto rendendosi conto che la sua non era solo una scusa. Aveva davvero un mal di testa feroce. Tra l’altro, un fastidioso pizzicore tra il naso e la gola le preannunciava l’arrivo di un raffreddore con i fiocchi. Decise di prendere due aspirine, ma siccome aveva lo stomaco vuoto, andò in cucina a prepararsi prima una tazza di latte. Mentre lo sorseggiava, sforzandosi anche di mandare giù qualche biscotto con un po’ di miele, guardava fuori dai vetri il cielo plumbeo minacciare ancora una volta il temporale.

L’estate passata sembrava ormai un ricordo lontano e quella prossima era solo una vaga speranza lontana nel tempo. La disperazione di qualche ora prima si era trasformata nella solita, sottile malinconia, perché sapeva che anche se tutto era grigio e cupo, non bisognava perdere la forza di andare avanti.

Si sentiva in colpa per aver lasciato di nuovo le colleghe da sole in un momento tanto delicato, ma aveva fatto bene a non andare a lavorare, era venerdì ed avrebbe avuto tre giorni pieni per starsene chiusa nella sua tana a leccarsi le ferite come un animaletto. Dopo si sarebbe ripresa ed avrebbe ritrovato la forza di affrontare di nuovo il mondo. 

Ora, con la luce del giorno, non le sembrava fosse avvenuto nulla di così grave.  Lei era la stessa della mattina prima solo aveva confessato a Massimo di amarlo. E allora? Che differenza faceva? Non aveva avuto nessuna remora a farlo entrare fisicamente dentro di sé e adesso si vergognava di avergli aperto il suo animo per rivelargli qualcosa che con ogni probabilità già sapeva benissimo? D’altronde avergli finalmente detto ciò che provava per lui era stato di sicuro meglio che tenerselo per sé. Almeno così non avrebbe dovuto  più portarsi lo scrupolo di essere stata lei a rifiutarlo. Certo sarebbe stata dura rivederlo dopo quella scena drammatica  degna delle migliori sceneggiate napoletane a cui si era abbandonata la sera precedente, ma forse ora lui per primo l’avrebbe evitata come la peste perché, e di questo ne era certa, era troppo sincero per dare illusioni sbagliate ad una innamorata delusa.

Forse era venuto il momento di riprendere a volersi un po’ di bene. Fece una bella doccia con un bagno schiuma alle spezie e si cosparse il corpo di crema. Si mise anche una mascherina sugli occhi e se ne stette buona buona per un quarto d’ora rilassata sul divano ad ascoltare il rumore della pioggia, cercando di scacciare ogni pensiero. Avrebbe dovuto anche farsi uno sciampo e mettere il balsamo per rimediare al groviglio di riccioli arruffati che erano diventati i suoi capelli dopo lo stress del fono e della pioggia, ma non arrivava a volersi così tanto bene. Indossò invece un paio di ciabatte comode, un pantaloncino corto blu ed una maglia di filo molto confortevole ma mezzo sformata che le scendeva ora su una spalla ora sull’altra. Sentiva il bisogno di fare qualcosa per non  impazzire stando a rimuginare i suoi tristi pensieri e così decise di fare lei le pulizie pesanti anche se il lunedì successivo sarebbe venuta Agnieska.

- “Da lei mi farò pulire il terrazzo, forse lunedì sarà tornato il sereno” – si disse.

Uscì fuori  per  verificare i danni provocati dalla pioggia. Il glicine aveva perso ormai tutte le foglie, molti rami delle rose erano spezzati ed i fiori di gelsomino che solo qualche tempo prima avevano fatto sentire con tanta intensità il loro profumo, erano tutti sul pavimento bagnato. Solo un rametto di geranio sembrava aver sfidato la bufera e con il rosa dei suoi fiori bagnati di pioggia, brillava ad un flebile raggio di sole spuntato in quel momento tra le nubi nere.

La ragazza allungò una mano e lo accarezzò con tenerezza.

 

**

Le succursali della loro azienda in Campania erano a Napoli ed a Salerno e per questo i giovani ispettori da un po’ erano costretti a fare la spola tra queste due città senza peraltro incontrare eccessive difficoltà. Con la fine del periodo estivo purtroppo non sarebbe stato più così. Già quella mattina, la pioggia del giorno prima e la riapertura delle scuole avevano causato uno di quei blocchi di traffico che solo a Napoli possono essere così drammatici.

Giacomo, alla guida della sua auto, imprecava di continuo mentre Massimo accanto a lui era molto silenzioso e quasi sembrava non essersi accorto del fatto che da oltre un quarto d’ora  erano fermi in un ingorgo senza riuscire a raggiungere l’ingresso dell’autostrada.

Aveva passato una notte pessima, riuscendo a riposare solo un po’ all’alba ed anche quel poco di sonno era stato molto agitato. Aveva pensato solo a Chiara ed a quanto era successo.  Non vedeva l’ora che venisse la sera perché aveva una gran voglia di prenderla tra le braccia e dirle quanto le voleva un bene. Sperava però di trovarla meno agitata della sera precedente perché quell’esplosione di passionalità così drammatica lo aveva disorientato  mentre invece aveva voglia che il loro rapporto ritornasse sereno e giocoso così come era iniziato.

- Insomma si può sapere cos’hai? – lo interrogò il collega oramai stufo di quel silenzio ingrugnato – Dovresti essere contento, ieri hai fatto pure conquiste!

Lui lo guardò assorto quasi come se quelle parole tardassero a farsi strada tra i suoi pensieri, poi realizzò cosa stava dicendo e si affrettò a spiegargli:

- Ti riferisci a Valeria per caso? Non me ne importa assolutamente nulla di lei.

- Allora perché sei così pensieroso? Per Chiara? Le lanciavi cere occhiate di fuoco ieri sera! Certo era proprio bellina, però  si vedeva che era assai nervosa. Forse … Scusa.

Il cellulare che squillava da qualche secondo lo aveva costretto ad interrompere quanto stava dicendo. Era il loro capo il quale si mostrò molto contrariato dal fatto che fossero ancora indietro con il lavoro su Salerno. Giacomo cercò in ogni modo di rabbonirlo assicurandogli che tutto sarebbe stato concluso per la data prevista e nel frattempo lanciava sguardi di rassegnazione all’amico sedutogli accanto.

Però Massimo non l’ascoltava affatto. Un pensiero l’aveva colpito e lo faceva stare male: se Chiara era già agitata durante la cena, così come aveva notato Giacomo, cosa le era successo dopo il crollo nervoso avuto quando erano rimasti da soli?  Conoscendola, intuiva quanto doveva esserle costata quella resa senza condizioni. Lei, sempre così gelosa di mostrare i propri sentimenti, si era lasciata andare in quel modo solo per dirgli che lo amava.  Anche lui sapeva di amarla e l’aveva lasciata andare proprio per non approfittare di quella temporanea debolezza, ma era stato un vero stupido. Rimandando i chiarimenti a quando sarebbe stata più calma, non aveva capito che era proprio in quel momento che Chiara aveva bisogno di essere consolata e rassicurata. Forse si era sentita respinta e, sensibile com’era, doveva averne sofferto moltissimo. Come aveva potuto essere così fesso da non pensarci?

- Uffa, questo qui è proprio scemo! Forse ci ha preso per Batman e Robin senza capire in quali condizioni ci tocca  lavorare qui! – stava intanto protestando Giacomo  posando il cellulare.

Ma Massimo aveva un’altra urgenza.

- Fammi il piacere, accosta, devo scendere assolutamente - gli disse.

- Sei impazzito per caso? Vuoi andartene? E che ci vado da solo a Salerno? – si lamentò l’altro, stupefatto.

- Ti prego, amico mio, è importante: devo andare da Chiara.

- Da Chiara? Adesso? E come ci arrivi? Non lo vedi che è tutto bloccato?

- Non lo so, ma devo andare da lei, non posso aspettare fino a stasera!

- L’avevo detto io che questa volta eri cotto di brutto! Ma dai, pensaci, – tentò ancora di farlo ragionare – la vedrai stasera e poi domani è sabato e potrai stare tutto il week end con lei.

- No devo andarci subito. Te lo chiedo per favore...

- E va bene, vai. Però se chiama di nuovo Doria  cosa gli dico?

- Digli che stamattina dovevo chiarire una cosa che forse cambierà tutto il mio futuro. È troppo importante per me, il resto non conta nulla.

 

**

 

Purtroppo andare da Chiara  risultò più semplice a dirsi che a farsi. Non gli fu possibile trovare un taxi per raggiungere l’ufficio ed i mezzi pubblici erano tutti fermi nel traffico, vuoti, con le porte aperte e gli autisti con le facce rassegnate.

In condizioni normali Massimo si sarebbe messo ad imprecare contro quella città del cavolo, ma ora non era in condizioni normali. Avviandosi a piedi, continuava a darsi dello stupido per come si era comportato la sera precedente. Troppo preso dal suo orgoglio,  ferito dal comportamento distaccato della donna, non si era reso conto dell’evidenza che aveva colpito persino un estraneo come Giacomo e cioè che Chiara stava soffrendo. Solo adesso, nel ripensarci, gli appariva chiaro come la sua freddezza fosse stata troppo accentuata per essere naturale. E poi era  dimagrita parecchio in poco tempo ed a tavola aveva appena toccato cibo, segno che non stava bene. Aggiungendo a tutto questo il ricordo di quegli occhioni neri traboccanti di lacrime, non poteva fare a meno di sentirsi un verme per aver esitato ancora una volta davanti a tutto quell’amore e a quella dolcezza offertagli senza pretendere nulla in cambio. Mai più, ne era certo, sarebbe stato amato in quel modo!

Fu costretto a ripararsi sotto ad un portone dalla pioggia scrosciante perché non aveva neanche l’ombrello. Nel frattempo pensava a come avrebbe dovuto comportasi nel rivederla. Il suo impulso sarebbe stato quello di prenderla solo tra le braccia e di baciarla, ma  poiché l’avrebbe incontrata sul luogo di lavoro, un simile approccio era naturalmente da scartare. Si sarebbe dovuto mantenere calmo e magari invitarla ad andare a prendere un caffè, cercando comunque di non far trasparire con gli altri la propria emozione.

In mente sua si era preparato nei minimi particolari la scena e così, quando finalmente - ed erano già le undici -  riuscì ad entrare nella stanza delle ragazze, era piuttosto calmo.

C’era soltanto Rossana che scriveva al computer. Deluso, guardò la scrivania vuota del suo amore.

- Ciao Rossana, dov’è Chiara? – le chiese di getto, dimenticandosi che si era ripromesso di essere prudente.

La giovane donna lo guardò e fu come se la classica lampadina le si fosse accesa nella testa.

- “Allora è lui! – pensò divertita – Però! La colombella questa volta ha volato alto, si capisce che ne è uscita malconcia!”

Intanto, mentre rifletteva su questo, l’espressione addolorata ed ansiosa di quel bel viso le fecero capire di avere di fronte un uomo innamorato. Stava per rispondergli, quando dalla porta entrarono Federica e Raimondi. Quest’ultimo appena vide Massimo pensò che fosse stato mandato da Doria e l’aggredì quasi.

- Corona, guardi che l’ho già detto al suo capo stamattina: è inutile che mi stiate addosso, io sto facendo del mio meglio. Cosa ci posso fare io se ho questo staff? - si lamentò - Uno che non ha pronti i dati, una che si è fatta soffiare la sala e quest’altra qui che si fa venire il mal di testa proprio il giorno in cui doveva rientrare dalle ferie – aggiunse indicando con rabbia la scrivania vuota di Chiara.

- Ma lei saprà cavarsela lo stesso – gli rispose  l’ispettore con un sorrisetto gelido – D’altra parte le strategie delle grandi battaglie le preparano sempre i generali, non certo i soldati. Sono sicuro che lei da bravo capo qual è saprà infondere ai suoi soldati la calma necessaria per ottenere la vittoria. Non è così?

Aveva usato quei termini pomposi per metterlo volutamente in ridicolo e l’altro, un po’ interdetto e senza sapere cosa rispondere, si limitò a rivolgersi a Rossana.

 - Vieni dentro, devo dettarti una lettera – le ordinò e si allontanò senza neanche salutare.

- Ti darei un bacio, lo giuro – gli sussurrò quest’ultima mentre, armata di notes e penna, si affrettava a seguire il principale.

Rimasti soli, Massimo guardò Federica.

- Che cos’ha? Perché non è venuta a lavoro? – le chiese implorandola con gli occhi.

- Questo dovresti saperlo più tu che io – gli rispose l’altra, piuttosto gelida - Già ieri stava male ma quando l’ho sentita poco fa stava davvero uno straccio. Perciò sono io a chiederlo a te: si può sapere che accidenti le hai fatto?

- Dovrei dirti piuttosto cosa non le ho fatto, ma adesso devo correre da lei – concluse  in fretta, poi aggiunse  - Fammi un piacere, Fede, telefona a Sara Cori e fammi mettere in ferie per oggi. Grazie, io scappo.

Dopo un poco Rossana ritornò in ufficio e guardando la collega commentò:

- Che fine ha fatto Massimo? È andato da Chiara forse? E pensare che mi sono fatta tutte le ferie con lo scrupolo di averla lasciata da sola alle prese con l’ispettore quella mattina del 14 agosto ed invece … meno male che me ne sono andata prima.

- Credi? – le chiese l’amica perplessa ma anche sollevata perché, a quanto pareva, aveva capito tutto senza bisogno di indiscrezioni da parte sua.

- Stammi a sentire, quello ha tutto l’aria di esserne innamorato. Beata lei! Ma forse tutto sommato non la invidio: sai che fatica si fa a tenersi uno così, specialmente per una come Chiara così poco sicura di sé - continuò Rossana.

- Che faccio, la chiamo e glielo dico che sta andando da lei?  - le chiese l’altra, contenta di non dover decidere tutto da sola.

- Scherzi?  La conosci bene la nostra Chiaretta. È capace di mettere su una delle sue strategie difensive e di mandarlo in bianco, quel povero ragazzo. Facciamoci i fatti nostri e lasciamoli a sbrigarsela da soli.

Aveva ragione. Federica pensò di aver fatto male a non fidarsi di Rossana perché era una donna intelligente e molto più profonda di quanto non sembrasse.

 

**

 

Anche arrivare a casa di Chiara fu un’impresa non da poco. Un corteo di disoccupati aveva finito di bloccare del tutto il traffico già in tilt dalla mattina e per giunta la metropolitana era guasta.

Per fortuna una giovane vigilessa, a cui peraltro Massimo apparve come una visione di sogno in quella mattinata di merda, fu molto gentile e gli spiegò come doveva fare per raggiungere a piedi la funicolare che lo avrebbe portato al quartiere dove abitava la ragazza.

Quando ci arrivò erano quasi le dodici e trenta, ma dopo l’inferno attraversato, la tranquilla strada residenziale gli sembrò come un‘oasi di pace. C’era una scuola elementare da cui erano appena usciti due bambini che entrarono nel palazzo di lei. Ne approfittò per entrare dietro di loro senza annunciare la sua visita.

Al suono del campanello Chiara sospese spazzare il parquet. Doveva essere la signora Teresa che forse aveva udito il rumore e desiderava controllare. Era una bella scocciatura, ma d’altra parte la vicina si era presa molte premure per lei  quando la primavera precedente si era beccata l’influenza.  Non era proprio il caso di non aprirle. Ad ogni buon conto decise di non posare la scopa e di non togliersi nemmeno i guanti di gomma per dimostrarle di essere indaffarata a fare le pulizie di casa e non avere quindi tempo per le chiacchiere.

Aprì l’uscio con disinvoltura e per poco non le prese un infarto quando vide Massimo con la giacca su di una spalla, i capelli bagnati ed un’espressione indecifrabile sul viso. Non riuscì né a parlare né a spostarsi per lasciarlo entrare, tanto che lui le chiese:

 - Mi fai entrare o restiamo così sulla porta?

Senza fiatare si fece da parte, lo fece entrare e richiuse l’uscio alle sue spalle, appoggiandosi alla porta come se stesse per cadere. Alla fine trovò la forza di sussurrare:

 - Che ci fai qui?

- Una prova, sto facendo una prova. – le rispose molto seriamente ed al suo sguardo interrogativo, proseguì - Ho affrontato il traffico, la metropolitana rotta, un corteo di disoccupati. Sono stanco, affamato, bagnato e nervoso. E poi Doria sta come un pazzo per non parlare del tuo capo il quale sembra addirittura una belva. In quanto a te - soggiunse guardandola dalla testa ai piedi, compresa la scopa che si era dimenticata di posare – non mi pare tu sia al top del fascino muliebre …

- E allora? – chiese la ragazza con un filo di voce.

- Se ti amo così tanto dopo tutto questo, vuol dire che ti amerò per sempre - concluse lui con un sorriso che gli illuminò il viso fino a quel momento serissimo.

- Ma tu … ma io … ma ieri sera … - riuscì soltanto a balbettare Chiara tremando dall’emozione.

Nell’ingresso c’era una bassa consolle sulla quale la ragazza teneva sempre una composizione di fiori secchi che però quel giorno non c’era perché la stava spolverando in cucina. Massimo le prese la scopa dalle mani e l’appoggiò delicatamente al muro dopodiché prese Chiara, la sollevò tra le braccia come una bambina e la mise a sedere sul mobile senza che lei muovesse un solo muscolo per impedirlo. Le divaricò le gambe e le si fece vicino con il busto, impedendole così di cadere.  Ora il viso di lei era più in alto per cui dovette alzare gli occhi per guardarla.

- Ieri sono stato un cretino. Che vuoi farci, io sembro perspicace ed intelligente ma in realtà sono assai tonto. E poi non  sopporto le lacrime, la sofferenza e gli amori tragici, per non parlare delle passioni sconvolgenti che mi fanno addirittura scappare! Ma in fondo che motivo abbiamo noi due per essere infelici? Tu hai detto di amarmi nonostante tutti i miei difetti ed io mi sono accorto di amarti da morire. Anzi… – aggiunse con un sorriso simpatico ed alzando le sopracciglia – quale morire!? Sono sicuro di amarti tanto da poter  vivere con te una vita intera ed essere sempre felice come lo sono oggi!

- Sei sicuro? Ma come, così all’improvviso? - obiettò la ragazza con un filo di voce mentre gli teneva gli avambracci sulle spalle, senza poterlo toccare a causa dei guanti di gomma.

- Improvviso? Oggi fa un mese che ci siamo incontrati. Non te lo ricordi più?

- Certo che me lo ricordo!

Gli aveva rivolto uno sguardo così carico d’amore che l’uomo non riuscì a trattenersi e le baciò le labbra più e più volte, intercalando i baci alle parole:

- Cosa … volevi …  allora … che … una testa … di cavolo … come me … ci mettesse meno di un mese … a capire … che la sua vita … era cambiata … a causa di … una streghetta …?

A questo punto Chiara non si trattenne  più e serrandogli la testa con l’avambraccio, lo costrinse ad incollare la bocca alla sua in un bacio profondo a cui si abbandonò con tutta l’anima.

Massimo si infiammò subito e prendendola di nuovo in braccio, la portò di peso nella stanza dove la buttò di traverso sul letto ancora disfatto.

Si tolse i vestiti gettandoli sul pavimento e lo fece così in fretta che nel frattempo la ragazza era appena riuscita a togliersi quei maledetti guanti di gomma e la maglietta. Allora l’aiutò a togliersi il reggiseno, poi la fece stendere e con le mani impazienti le slacciò il pantaloncino sfilandoglielo insieme agli slip per fare più in fretta mentre lei sollevava il bacino per agevolarlo. Quando fu spogliata,  si distese accanto a lei, prendendola tra le braccia, ma se ne stette immobile, il bel viso stravolto dal desiderio a poca distanza dalla sua faccia. Con una mano le teneva il mento e la guardava con gli occhi diventati di un azzurro cupo per le emozioni che gli attraversavano l’anima.

Aveva sempre pensato che l’espressione “possedere una donna” fosse esagerata. Come si fa possedere un altro essere? Eppure in quel momento, lo sguardo innamorato perso in quello di Chiara, i loro respiri che si confondevano,  ebbe la certezza che sì, lei era sua come nessun’altra prima, lui stesso le apparteneva ed insieme erano una sola cosa in un meraviglioso completamento reciproco. Avrebbe voluto fermare quell’istante, ma la bella bocca così vicina alla sua lo attirava come un frutto goloso. La baciò e nel farlo si abbandonò con foga alla passione perché una tale frenesia aveva bisogno di sfogarsi altrimenti lo avrebbe fatto impazzire.

La ragazza intuì che quella volta non  ce l’avrebbe fatta a stare dietro al suo impeto. Era travolto dall’ardore, era una forza della natura, come la pioggia che adesso picchiava violenta sui vetri. Ma non le importava. Lei, come la terra inaridita da tanta siccità, se ne sentiva vivificata mentre lo stringeva forte e gli accarezzava con tenerezza la schiena e le spalle. Anche se in futuro sarebbe stata con lui tantissime altre volte ed avrebbe avuto un godimento mille volte più grande, mai  più avrebbe provato una gioia simile perché in quel momento Massimo la stava  amando davvero, non solo nel corpo ma anche nell’anima.

Quando si placò, non lo lasciò andare ma se lo tenne stretto,  carezzandogli la nuca mentre se ne restava con la guancia contro la sua morbida di barba. Quando infine lui sollevò il viso a guardarla, Chiara notò che i suoi occhi, dopo l’appagamento dell’amore, avevano ripreso  la  limpidezza di un mare cristallino.

- Perdonami, – le sussurrò – mi sono comportato come un selvaggio, ma non ce l’ho fatta a trattenermi di più, ti desideravo troppo!

La ragazza provò un brivido d’amore e scostandogli  i capelli dal viso un po’ sudato, gli mormorò:

- È stato bellissimo, tesoro mio, è stato meraviglioso.

Un sorrisetto divertito gli  increspò le labbra per poi illuminargli il viso mentre assumeva quella sua espressione malandrina così seducente.

 - Bene!  Se mi hai trovato meraviglioso anche quando le mie capacità amatorie sono state così scarse vuol dire che abbiamo superato un’altra prova! – le disse ridendo.

-  Ma che dici, non ti capisco. Cosa sono queste “prove” di cui stai parlando da quando sei venuto? – gli chiese.

- Come, non ti ricordi di quella volta a Sorrento? Le prospettive che avrebbero fatto scappare persino Romeo? Ebbene, come vedi siamo qui, nonostante oggi sia andato tutto storto. Però adesso –  s’interruppe  per darle un bacio tenerissimo – voglio sottoporti ad un’altra prova. Lo so che ti piacerebbe che restassi a farti tante coccole, ma io adesso mi alzerò ed andrò a fumare una sigaretta sul terrazzo. Sto morendo dalla voglia!

Si alzò a sedere  sul letto e, raccattando i suoi indumenti  dal pavimento, cominciò a rivestirsi.

Chiara si mise in ginocchio dietro di lui, lo cinse con entrambe le braccia e gli riempì di baci il collo e le spalle.

- La puoi fumare anche qui la tua sigaretta, scemo! – gli disse piena d’allegria.

- Nooooo in camera da letto!  - le fece voltandosi a guardarla e  fingendosi scandalizzato – E  poi  qualche piccola prova dobbiamo pur lasciarla per il futuro o le vogliamo fare tutte oggi?

Le lanciò un bacetto con la punta delle dita e se ne andò fuori.

 

**

 

Chiara rimase ancora un po’ a crogiolarsi nel letto disfatto, poi andò in bagno a lavarsi. Indossò una vestaglietta azzurra e si ravvivò i capelli. Pensò di truccarsi un po’, ma poi decise che se Massimo l’amava, doveva amarla così al naturale, anche se era brutta.

Ed invece non era brutta affatto. Il colore della vestaglia le ravvivava il colorito e gli occhi le brillavano come un cielo di notte perché la felicità li accendeva del bagliore delle stelle.

Raggiunse il suo uomo sul terrazzo.

Aveva smesso di povere e c’era un profumo molto intenso di terra bagnata mentre il cielo grigio si rispecchiava nel mare minaccioso.

Massimo era appoggiato alla ringhiera e guardava il panorama. Stava ancora fumando.

- “Deve essere già la seconda sigaretta. Dovrebbe proprio toglierselo questo brutto vizio!” – pensò Chiara.

Però si pentì subito di aver avuto quel pensiero: doveva  cercare di controllare le proprie manie e paure,  provare ad essere più tollerante e comprensiva, meno rigida, usare tutta la sua volontà per evitare che quell’uomo meraviglioso si stancasse del loro rapporto. Però, se nonostante tutti i suoi sforzi alla fine sarebbe accaduto … pazienza, almeno avrebbe vissuto di sicuro con lui il più bel periodo di felicità che la vita poteva mai riservarle.

Trepidante, si avvicinò, lo prese sottobraccio e gli appoggiò il capo sulla spalla.

Lui si voltò a guardarla e le sorrise, beandosi della felicità che le leggeva negli occhi.

Le disse:

- Stavo pensando: chissà se la  tua amica Roberta ti venderebbe tutto l’appartamento.

- E che me ne faccio, sono 140 mq, non credi che sarebbero un po’ troppi per me sola?

- Veramente stavo pensando anche che potrei venire a vivere qui con te e  lasciare quell’albergo così squallido. Che ne dici, mi sopporteresti?

Chiara si sentì invadere dalla  gioia.

 - Ma certo! – esclamò - Questa parte della casa è piccolina, però ci staremo lo stesso benissimo in due. Anzi, te lo prometto, ti lascerò anche fumare in casa. E pazienza se dovrò sopportare il fumo passivo per qualche mese! - scherzò.

Massimo la fissò dritto negli occhi.

- E se  non si trattasse solo di qualche mese? – le chiese molto serio.

All’espressione stupita di lei, provò a spiegarle.

-  L’avvocato Doria mi aveva promesso di lasciarmi scegliere la mia sede definitiva. Di sicuro mi accontenterebbe se gli chiedessi di venire qui.  Oppure potrei accettare l’offerta di Dario ed andare a lavorare con lui.  Insomma, in  un  modo o nell’altro potrei venire a stare a Napoli. A questo punto, considerato che ho qualche risparmio da parte, potremmo provare a comprare tutta la  casa. Forse dovremmo chiedere un mutuo – aggiunse quasi con timidezza - Certo se fossimo sposati potremmo averlo più facilmente.

- No, no! – si affrettò a dire lei.

- No al mutuo o no al matrimonio? – le chiese, fingendosi perplesso.

Ma Chiara era troppo agitata per afferrare il tono scherzoso con cui le aveva chiesto una risposta.

- Non è questo – protestò - Come fai a parlare già di matrimonio? È una cosa così definitiva e tu detesti le cose definitive, me lo hai ripetuto tante volte – poi abbassando il viso per non guardarlo negli occhi, aggiunse – Io non voglio chiederti tanto, non ce n’è bisogno. Ci ameremo  e basta.

 -  È vero, lo dicevo   – ammise lui –  ma adesso è tutto cambiato e solo l’idea di perderti mi fa stare male. Se anche tu mi ami e pensi di riuscire a fidarti di un testone come me, matrimonio o  no, credo che riuscirò a farti felice e ad esserlo anch’io.  Che dici, ci proviamo a restare insieme per tutta la vita?

Non ebbe bisogno di aspettare una risposta, la ricevette  dagli occhi di lei pieni di lacrime che lo guardavano con un amore immenso.

Fu sicuro di stare facendo la scelta giusta. Quella donna così fragile, dolce ed appassionata sarebbe stata una meravigliosa compagna, il terreno fertile dove piantare le sue radici e fare crescere i suoi frutti.

 – E poi la casa più grande ci serve, altrimenti dove li mettiamo i nostri futuri tre o quattro marmocchi? – mormorò. Mentre con una mano le teneva il viso  e con l’altra s’insinuava sotto la vestaglia a carezzarle il tepore della pelle nuda, le sussurrò ancora, con la bocca sulla sua:

 - Anzi, sai cosa ti dico? Andiamo subito a farne uno!

- Ma dai, stupidone, lo sai che non è ancora possibile! – rise la ragazza che però mentre lo diceva si stringeva a lui  piena di desiderio.

-  E va bene, che importa! Per il momento … facciamo un po’ di esercizio …

 

 

 

 

FINE








Eccoci giunte al lieto fine! Era immancabile, questo penso lo sapevate già, ma ho cercato di renderlo il più possibile  coerente con il carattere dei nostri due protagonisti e con il percorso interiore che hanno compiuto in questo mese. In fondo però,  anche se non potevo lasciare soffrire ancora questi due poveretti a cui oramai voglio bene come se fossero due persone reali, anch’io sono molto dispiaciuta perché  con la conclusione cesseranno questi nostri appuntamenti serali che mi hanno dato la carica per oltre un mese.

A questo proposito voglio ringraziare con tutto il cuore Arte, Vale, Cricri, Pirilla,  Xsemprenoi, Faith, SweetCherry,Araba che mi hanno sostenuta ed incoraggiato con la costanza delle loro recensioni. Per me è stata un’esperienza bellissima ed esaltante aprire ogni sera la pagina e sapere che ancora una volta le cose che avevo inventato erano riuscite a dare un’emozione a qualcuno. È questo quello che conta davvero per chi scrive per diletto: sapere di essere arrivata al cuore dei propri lettori, averli commossi e fatti divertire. Se ci sono riuscita è anche grazie a voi ed alla vostra partecipazione, resa concreta dalle numerose recensioni che mi hanno consentito di verificare il gradimento della mia storia.

Ringrazio ugualmente tutte coloro che l’hanno messa tra le seguite e le preferite e chi la sta leggendo. Oso sperare che qualcuna di loro, anche adesso che la vicenda di Massimo e Chiara si è conclusa, provi il desiderio di dirmi cosa ne pensa, nel bene e nel male, naturalmente .

Visto che questa è stata l’ultima possibilità che ho avuto di parlare con voi, per eventuali approfondimenti mi potrete trovare sul forum dove sono presente come KELLINA@  nella sezione “Presentazione autori”.

Grazie ancora a tutte e… tenetemi d’occhio perché tornerò presto. Altro giro, altra storia!


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