Un'estate per conoscersi di mamma Kellina (/viewuser.php?uid=15384)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 14 agosto - martedì ***
Capitolo 2: *** 15 agosto - mercoledì ***
Capitolo 3: *** 16 agosto - giovedì ***
Capitolo 4: *** 17 agosto - venerdì ***
Capitolo 5: *** 18 agosto - sabato mattina ***
Capitolo 6: *** 18 agosto - sabato sera ***
Capitolo 7: *** 19 agosto - domenica mattina ***
Capitolo 8: *** 19 agosto - domenica pomeriggio ***
Capitolo 9: *** 20 agosto - lunedì ***
Capitolo 10: *** 21 agosto - martedì ***
Capitolo 11: *** 22 agosto - mercoledì ***
Capitolo 12: *** 23 agosto - giovedì ***
Capitolo 13: *** 24 agosto -venerdì ***
Capitolo 14: *** 25 agosto- sabato ***
Capitolo 15: *** 26 agosto - domenica ***
Capitolo 16: *** 27 agosto - lunedì ***
Capitolo 17: *** 28 agosto - martedì ***
Capitolo 18: *** 29 agosto - mercoledì ***
Capitolo 19: *** 30 agosto - giovedì ***
Capitolo 20: *** 31 agosto - venerdì ***
Capitolo 21: *** 1 settembre - sabato ***
Capitolo 22: *** 2 settembre - domenica ***
Capitolo 23: *** 3 settembre - lunedì ***
Capitolo 24: *** 4 settembre - martedì ***
Capitolo 25: *** 5 settembre - mercoledì ***
Capitolo 26: *** 6 settembre - giovedì ***
Capitolo 27: *** 7 settembre - venerdì ***
Capitolo 28: *** 8 settembre - sabato ***
Capitolo 29: *** 9 settembre - domenica ***
Capitolo 30: *** 10 settembre - lunedì ***
Capitolo 31: *** 11 settembre - martedì ***
Capitolo 32: *** 12 settembre - mercoledì ***
Capitolo 33: *** 13 settembre - giovedì ***
Capitolo 34: *** 14 settembre - venerdì ***
Capitolo 1 *** 14 agosto - martedì ***
14
AGOSTO Martedì
Per
tutta l’afosa mattinata, Rossana
non aveva fatto altro che parlare delle sue prossime vacanze e
ripeterle che
doveva andarsene prima perché altrimenti avrebbe perso il
traghetto per la
Sardegna.
Chiara
non ne poteva più. Guardava
la strada semideserta dal balcone
dell’ufficio ed in cuor suo
sperava che
quel “prima” venisse al più presto,
così almeno si sarebbe liberata della
collega. Era tutta invidia, in verità. Le sue vacanze erano
finite da un pezzo
ed ora l’attendeva solo il resto di un’ estate
vuota e solitaria prima di
affrontare di nuovo un faticosissimo inverno.
Con
un sospiro si augurò anche che
venisse al più presto
il suo orario di
uscita, un po’ anticipato rispetto al solito
perché era il 14 di agosto. Non
vedeva l’ora di tornarsene a casa, la sua bella casetta
dotata di un grandioso
impianto di area condizionata che aveva avuto il buon senso di farsi
installare
lo scorso inverno quando aveva comprato
quel delizioso bilocale tutto per lei.
Si sarebbe goduta un pomeriggio tranquillo chiudendo fuori
il caldo,
l’estate ed il mondo intero. Purtroppo mancava ancora
un’ora alla liberazione
ed avrebbe potuto anche sopportarlo se in quel momento non fosse
entrato nella
stanza il dottor Corona dell’Ispettorato.
Erano
circa tre mesi che due ispettori
provenienti dalla sede centrale di Milano stazionavano presso la
succursale di
Napoli. Controlli di routine, si diceva, ma nessuno stava molto
tranquillo
quando riceveva la visita di uno di loro. Corona poi provocava una
certa agitazione
tra le colleghe, non solo per il ruolo ricoperto ma anche
perché era un bel
giovane uomo con il
fisico da atleta, un
filo di barba castana
come i capelli e
due meravigliosi occhi verde-azzurri che facevano venire le farfalline
nello
stomaco se solo ti si posavano addosso. Chiara non
gli aveva mai parlato, ma sapeva che le
colleghe che avevano avuto contatti con lui ne erano rimaste tutte
affascinate.
Pareva infatti che fosse pure un tipo simpatico e cortese, anche se a
detta di
molti, soprattutto colleghi maschi,
si
comportava così solo per mascherare la propria feroce
cattiveria. Era tutta malevolenza
la loro? Comunque lei avrebbe preferito non doverlo appurare proprio in quella tarda mattinata
di un giorno caldo
e noioso di piena
estate.
-
Chiedo scusa del disturbo – aveva
esordito l’uomo entrando – ma avrei bisogno dei
dati commerciali dello scorso
anno e mi hanno detto che devo rivolgermi a voi.
-
Senz’altro, li conserviamo noi! – trillò
Rossana, emozionata.
Di
sicuro avrebbe gradito approfittare
della situazione per approfondire la tanto ambita conoscenza con il
seducente
ispettore però doveva partire da Civitavecchia e non poteva
permettersi di
trattenersi nemmeno cinque minuti di più.
- Purtroppo io devo scappare – aggiunse quindi -
ma
c’è qui la mia collega Chiara che si
metterà a sua disposizione.
Così
dicendo afferrò la borsa e con un
saluto della mano, imboccò l’uscio e
sparì.
Con
un mezzo sorriso l’ispettore la
guardò uscire e poi, sempre sorridendo, rivolse i magnifici
occhi su Chiara
aspettando che si mostrasse disposta a
collaborare.
Veramente
in quel momento la ragazza si
stava chiedendo se fossero le famose farfalline o piuttosto un
incontenibile senso
di fastidio ad agitarsi nel suo stomaco. I dati commerciali dello
scorso anno!
Se tutto andava bene, erano nel ripiano più alto del
polverosissimo armadio nell’assolatissimo
corridoio! Non
poteva aspettare dopodomani
quel rompiscatole? Cosa doveva
farsene proprio oggi? Aveva paura che
scappassero? Ma celando i suoi pensieri dietro un
sorriso ipocrita, si alzò e gli disse:
-
Dobbiamo vedere se sono ancora qui. Sa, lo spazio è poco e
le carte sono
tonnellate. Se
siamo fortunati sono
nell’armadio qui fuori. Ora vado a cercarli.
Caricandosi
dell’impolverata scalétta appoggiata al muro
e respingendo
sdegnosamente ogni offerta
di aiuto da parte dello scocciatore, si diresse nel corridoio sperando
di
trovare un’anima buona che salisse per lei, ma il corridoio
era deserto. Con un
sospiro, si accinse ad arrampicarsi sul gradino più alto
soffocando la paura di
cadere ed augurandosi
di non sporcarsi
il pantalone bianco che aveva indossato proprio quella mattina per la
prima
volta.
Purtroppo
la lunga ricerca risultò infruttuosa: alla fine
si era solo insudiciata, aveva sudato moltissimo
perché quel maledetto
corridoio aveva anche la temperatura del
deserto ed ora tremava all’idea di
dover
scendere da quel trampolo.
- “Adesso
cado!” – pensò
e come sempre le avveniva quando non riusciva
a liberarsi dal timore di qualcosa,
il
presentimento si avverò ed al penultimo gradino mise un
piede in fallo. Sarebbe
caduta davvero se
due mani poderose non
l’avessero afferrata per
i fianchi. Per
fortuna lui l’aveva seguita e le aveva evitato il peggio ma
Chiara si vergognò
lo stesso per la brutta figura.
Diventò
di mille colori mentre Corona le chiedeva se si fosse fatta male e
cercava di
toglierle un po’ di polvere dal pantalone.
-
Non si preoccupi, non è niente – lo
scostò in maniera brusca senza
riuscire
a nascondere una certa irritazione – Credo che i raccoglitori
che stiamo cercando
devono essere già stati inviati all’archivio
centrale. Ora però, se permette,
vado a lavarmi le mani.
-
Ma certo! Questa intanto la metto a
posto io – acconsentì l’altro
prendendole la scaletta dalle mani.
Si
era talmente sporcata che fu costretta a farsi una bella lavata ed a
ravvivarsi
i capelli, seppure solo con le mani. Quando rientrò in
ufficio lo trovò a
telefono.
-
Chi sta chiamando? - gli domandò incuriosita.
-
Sto cercando di mettermi in contatto con l’archivio - le rispose serafico.
Povero
illuso, alle ore 13 del 14 agosto!
Gli
si avvicinò con
un sorrisino ironico e gli disse:
–
Anche se riesce al parlare
con il collega
dell’archivio, non pensa
che avrà bisogno di fornirgli il numero e la data del carico
del documento?
-
Lo so – le
rispose un po’ mortificato – ma visto che lei non
tornava, ho pensato di
guadagnare tempo. Mi dà la ricevuta per favore?
Tenace
il tipo!
-
Certo, gliela do
immediatamente! – sbottò infastidita.
Si
diresse ad un armadio, ne
prese un raccoglitore e si avvicinò alla scrivania dove
l’ispettore aspettava
pazientemente che qualcuno rispondesse alla sua chiamata. Senza
parlare, gli
mise davanti la ricevuta intanto che il telefono continuava a squillare
invano.
Un po’ impietosita dal senso di sgomento che gli leggeva sul
viso, alla fine
gli chiese:
-
Non
rispondono, vero? Aspetti, ora proviamo con un numero non in elenco.
Lo
compose su un
altro apparecchio mettendo il vivavoce e dopo pochi squilli si
udì un voce:
“Archivio…”.
-
Ciao Salvatore, sono Chiara
Corradini.
-
Chiaretta! Come stai? Credevo fossi
in ferie…
-
No, le ho fatte a luglio. E tu sei da solo?
-
Sì, ma dopodomani torna Franco e vado io.
Quest’anno…
Conoscendo
la logorrea del collega ed
intenzionata a non fare notte, la ragazza lo interruppe.
-
Scusa, Salvatore, ho qui l’ispettore
Corona che desidera visionare i dati commerciali
dello scorso anno. Ve li abbiamo mandati il
18 marzo scorso. Il numero della ricevuta è…
Questa
volta fu il collega a fermarla
e si capiva che era deciso a non
rovinarsi gli ultimi
minuti prima delle ferie.
-
Mi dispiace – le disse – non posso
mandarteli così, devi farci avere una
richiesta scritta firmata dal capo servizio.
-
Ma non c’è, è in ferie.
-
Falla firmare dal sostituto e poi mandacela.
Però ti anticipo che ci vorrà qualche giorno
perché Franco sarà da solo ed il
servizio di corriere non funzionerà
appieno.
-
D’accordo, ho capito. Ciao e buone
ferie – concluse.
Posando
la cornetta rivolse lo sguardo
a Corona sperando che desistesse, almeno per quel giorno, invece questi
le
disse candidamente:
- Bene, allora scriviamola
questa benedetta richiesta.
L’anticipiamo per fax e così quel suo collega,
Franco, la troverà al rientro.
Sforzandosi
di restare calma, la
ragazza si sedette al computer e la preparò. Poi,
benché a quell’ora non avesse
più speranze di trovare ancora qualcuno, si diresse al
secondo piano per farla
firmare dal sostituto del suo capo. Dopo aver atteso per quasi cinque minuti
l’ascensore, come aveva previsto, non
trovò nessuno e così se ne ritornò nel
suo ufficio, questa volta salendo a
piedi per le scale per non perdere altro tempo. Aveva fretta di chiudere il computer e gli
armadi per
potersene finalmente
andare a casa.
Ma
trovò una sorpresa: l’ispettore era ancora
lì ad aspettarla.
-
Niente da fare, non c’è nessuno – gli
comunicò – bisogna aspettare
dopodomani.
-
Va bene, aspetteremo. Nel frattempo
potrebbe essere così gentile da prendermi i dati commerciali
del primo semestre
di quest’anno?
A
questo punto Chiara non ne poté più e
gli si rivolse con decisione:
-
Ascolti, sono circa le due e se è pur
vero che domani è Ferragosto, giovedì mattina
alle otto saremo di nuovo qui. È
una cosa tanto urgente da non poter aspettare sino ad allora?
-
Ha ragione. Avevo pensato di
trascorrere il pomeriggio a studiare quei dati in tutta
tranquillità visto che
la mia unica alternativa è tornare in albergo a dormire, ma
lei avrà senz’altro
di meglio da fare ed io l’ho trattenuta
anche
oltre l’orario di uscita. Mi scusi.
Sembrava
sinceramente dispiaciuto e la
ragazza si sentì in dovere di giustificarsi:
-
Sa, l’aiuterei volentieri perché
anch’io non ho nulla da fare oggi ma vorrei lo stesso tornare
a casa perché c’è
poca gente in città e temo che più si
farà tardi e più mi sarà difficile
trovare un autobus. A dire il vero non mi va di buttar soldi per
prendere un
taxi!
-
Posso tentare di farmi perdonare? Ho
l’auto nel garage qui vicino. Posso darle un passaggio fin
casa?
L’ispettore
esibiva un sorriso talmente
accattivante e d’altronde la prospettiva di una lunga attesa
nella strada
assolata e deserta era
così poco
allettante che, in barba alla sua abituale riservatezza, Chiara gli
rispose:
-
Oh, grazie! Accetto volentieri anche
perché ci sarà poco traffico e non le
farò perdere molto tempo.
-
Gliel’ho detto, ho tutto il tempo che
voglio. Facciamo così, ci vediamo fra dieci minuti
all’angolo del garage. Ho
una BMW blu. È dell’azienda –
specificò vedendola sgranare gli occhi stupita e
subito dopo uscì.
Chiara
si godeva il fresco nel potente
macchinone ed ogni tanto lanciava un’occhiata di sottecchi al
guidatore che si
era tolto la giacca e la cravatta ed aveva rimboccato le maniche della
camicia.
Il buon umore le
era tornato e non esitò
neanche un momento ad invitarlo a pranzo quando, parlando del
più e del meno, lui
le confidò che dopo averla riaccompagnata sarebbe andato
alla ricerca di un
ristorante aperto prima di tornarsene in albergo.
-
No, per carità. Non voglio disturbare
la sua famiglia. Oramai sono abituato a questo genere di vita da
girovago – si
schernì Corona all’invito.
-
Non ho famiglia, vivo da sola – gli spiegò senza
pensarci su, ma subito si
pentì di averlo detto perché poteva sembrare una
squallida avance mentre
l’aveva invitato solo per un moto di solidarietà.
Anche se le piaceva, e non
poteva essere altrimenti perché era davvero un gran bel
ragazzo, non aveva nessuna
intenzione di provarci. Quel tipo doveva essere consapevole del suo
sex-appeal
e forse si aspettava
che tutte le donne
dovessero cadergli ai piedi. Sembrare interessata ad attirare la sua
attenzione
le avrebbe dato assai fastidio.
Si
affrettò a chiarire a costo di apparire scortese.
-
Sabato scorso è stato il mio onomastico ed ho invitato a
cena alcuni amici. Uno
di loro mi ha portato della mozzarella DOC. Ne ho ancora tantissima e
mi
farebbe piacere se qualcuno mi aiutasse a mangiarla. Ma se non vuole
venire non
si preoccupi, non voglio insistere.
-
A dire il vero la vostra mozzarella è
la mia passione e non sempre se ne trova di veramente buona nei
ristoranti… - sembrò
esitare un poco – Ma sì, vengo volentieri
– accettò infine - a
patto però di essere invitato come un amico…
-
Certo, e come se no? – lo interruppe
lei – Ah, ho capito, sta pensando ad un tentativo di
corruzione per evitare
ulteriori richieste di dati “scottanti”!
Lui
sorrise divertito e chiarì:
- Lo dicevo
perché tra amici ci si dà del tu.
Io mi chiamo Massimo e ti assicuro che quando non sono in veste
ispettiva sono
molto meno rompiballe.
-
Speriamo – osservò la ragazza –
perché come ispettore sei davvero un rompiscatole!
Un
po’ pentita della gaffe, aggiunse
imbarazzata:
-
Oh-oh, qui finisce che mi gioco il
posto!
-
No, non ti preoccupare, non sono così
perfido, al massimo ti farò risalire sulla scala a prendermi
qualche altro raccoglitore!
– continuò il giovane con un sorriso allegro.
-
E meno male che non saresti perfido!
Ma tanto è inutile meravigliarsi, gli ispettori sono davvero
una brutta razza!
Oramai
lontani mille miglia dal lavoro
che fino a poco prima li aveva così assorbiti, giunsero al quartiere in collina dove
abitava Chiara e
parcheggiarono l’auto in una bella strada alberata. Entrarono
in un portone di
un elegante palazzo d’epoca ed appena in casa, la ragazza si
diresse verso la
stanza da letto dicendogli che doveva cambiarsi il pantalone bianco che
aveva
avuto la malaugurata idea di indossare la mattina non prevedendo di
dover incontrare
quello scocciatore dell’ispettor Corona.
Massimo
rise alle sue parole e
si accomodò sul
divano ad aspettarla. Si guardò intorno osservando la grande
stanza che comprendeva
un angolo cottura arredato con mobili bianchi ed acciaio; un tavolo ad
isola lo
divideva dal resto del salotto. C’erano inoltre
una parete attrezzata ed una parete-finestra completamente
coperta da un
tendaggio. Era un ambiente molto accogliente non tanto per i mobili in
se
stessi quanto per
il gusto con cui erano
stati distribuiti soprammobili, piante, lampade e cuscini, in un
insieme un po’
di stile orientale, personalissimo e caldo. E poi tutto era in perfetto
ordine.
Sembrava una di quelle case fotografate sulle riviste di architettura e
lui non
ne aveva mai viste di così
nella realtà.
Dopo
poco Chiara lo raggiunse e si
affrettò a fare una cosa che le piaceva un mondo: mostrare
ai nuovi visitatori
il terrazzo e quindi spiarne la reazione. Aprì la tenda e la
porta finestra e
lo invitò ad uscire.
Lì
fuori piante fiorite di ogni
tipo erano distribuite con uno studiato
effetto cromatico e sotto un pergolato di bougainvillea e di glicine,
c’era un
grande tavolo di
bambù con le sedie e
tanti cuscini colorati.
Anche
stavolta la ragazza vide con
piacere lo stupore dipingersi sul viso del suo ospite che dopo essersi
guardato
in giro, ora osservava il
panorama.
Nella
luce vivida del pomeriggio,
appariva il porticciolo di Mergellina ed in lontananza la collina di
Posillipo
che dolcemente degradava in un tripudio di verde e di colori su un
meraviglioso mare
turchino punteggiato
di vele bianche.
- Ci credo che volevi
tornare a casa, sembra
di essere entrati in una cartolina di Napoli! Abitare in un posto come
questo
deve essere il colmo della felicità.
Nella
voce di Massimo si avvertiva una
sincera ammirazione e l’orgoglio fece aumentare il buon umore
di Chiara.
Incominciò a parlare di getto:
-
Sono stata molto fortunata a trovare
questa casa. È stata ricavata da un appartamento
più grande di proprietà di una
mia amica che ora abita a Roma.
Visto che
c’erano due ingressi indipendenti,
ho
cercato di farmi
vendere solo due stanze
ed il terrazzo. Lei non voleva dividerla perché in effetti
questa è
la parte più bella; di là della mia camera
da letto sono rimaste ancora altre tre stanze ed un balcone, ma niente
di così
spettacolare come questo terrazzo. Finalmente a gennaio sono riuscita a convincerla. La casa mi
è costata un occhio
della testa, senza contare quello che ho dovuto spendere per arredarla
e
ristrutturarla, però ne è valsa la pena. Sai,
alla mia età le donne devono
soddisfare due bisogni: quello della maternità e quello di
avere una abitazione
tutta per sé. Io perlomeno ho soddisfatto il secondo.
Si
fermò di colpo perché non le era mai
capitato di aprirsi così con un perfetto sconosciuto ed ebbe
paura di essersi
mostrata ridicola.
-
Alla tua età? Ma se sei giovanissima!
– osservò invece l’altro senza mostrarsi
stupito da quello sproloquio.
-
Non credere, a settembre compio 34
anni e ti assicuro che incomincio a sentirli tutti. Dai, adesso
però pensiamo a
mangiare. Se vuoi rinfrescarti un po’, il bagno è
accanto alla stanza da letto.
Nel mobile sotto il lavello ci sono delle asciugamani pulite. Non
metterci
molto, è tutto pronto e devo solo apparecchiare.
Massimo
si affrettò ad ubbidire. Andò
nel bagno dove gli asciugamani, morbidi e candidi, erano ordinatamente
impilati
dove lei gli aveva indicato. Si lavò
in
fretta e mentre si
rimetteva la camicia,
si attardò un poco sulla soglia della stanza da letto
notando il letto
matrimoniale bello grande. Quando raggiunse Chiara la vide che stava
apparecchiando sul terrazzo. Guardandola, si disse che se è
vero che il
carattere di una persona si manifesta nell’arredamento della
propria casa, lei
doveva avere un grande buon gusto, anche se forse
doveva essere un po’ troppo maniaca
della pulizia e dell’ordine. Il classico tipo di donna che se
ti vede fumare in
casa è capace di piantarti una grana, per intendersi.
La
osservò meglio per la prima volta
notando che era abbastanza carina. Era piuttosto bassina ma la sua
figurina
proporzionata era assai gradevole. Aveva delle belle gambe, il seno
procace ed
il viso molto dolce e delicato, incorniciato da riccioli bruni forse un
po’
troppo crespi e ribelli. Gli piacevano però i suoi occhi. Erano scuri,
vellutati, pieni di
espressione. Prima, in ufficio, non li aveva notati perché
evidentemente per lavorare
portava gli occhiali.
-“Tutto
perfetto!” – pensò guardando il
delizioso servizio all’americana e le stoviglie in tinta
nonché l’appetitoso
piatto di pasta all’insalata che lo attendeva.
Lui
era un tipo di buon appetito e
mangiò davvero di gusto, mentre Chiara, che ne sembrava
compiaciuta, si serviva
solo di piccolissime porzioni. Quando gliene chiese il motivo gli
confidò:
-
Devo stare attenta, ho la tendenza ad
ingrassare.
-
Beh, quella ce l’ho anch’io – la
consolò – ma ho sempre fatto molta palestra sin da
quando avevo sedici anni e
questo mi ha permesso di tenere il peso sotto controllo.
Però da quando ho cominciato
il lavoro da ispettore, circa due anni e mezzo fa, ho dovuto smettere.
A questo
punto non so per quanto tempo ancora riuscirò a mantenere la
linea visto che mi
piace tanto la buona cucina. Quella napoletana poi è
assolutamente divina!
-
Credo che tra poco diventerai come
Oliver Hardy – lo prese in giro lei. Gonfiando le guance e
mimando con le mani
un grosso pancione, lo guardò sorridendo servirsi di altra
pasta ed altra
mozzarella.
Rimasero
parecchio tempo a tavola,
continuando a chiacchierare dei reciproci gusti culinari. Massimo si
dimostrò
un vero buongustaio, mentre Chiara si vantò di essere una
discreta cuoca.
Quando
il giovane finì anche l’ultimo
pezzetto di mozzarella, ebbe un dubbio.
-
Dimmi una cosa – le chiese - va
bene che la mozzarella te l’avevano
regalata, ma com’è che per te sola avevi preparato
tutta quella pasta?
Aspettavi qualcuno?
-
No, l’avevo preparata anche per
domani. Ho intenzione di andare al Museo Archeologico e voglio scendere
di casa
presto senza perdere tempo in cucina.
-
Accidenti, allora ho fatto piazza
pulita di tutte le tue provviste! Che ne dici, per farmi perdonare la
mia
ingordigia domani posso portarti a mangiare fuori?
Le
aveva rivolto quell’invito con un
sorriso molto accattivante ed un luccichio degli affascinanti occhi
azzurri.
Chiara si mise subito sulle difensive: quel pranzetto improvvisato era
stato
davvero piacevole, ma accettare di uscire con lui anche il giorno dopo
avrebbe
comportato un approfondimento del loro rapporto che non desiderava
affatto,
forse proprio perché quell’uomo le piaceva.
Facendo finta di non aver capito,
gli rispose calma:
- Non preoccuparti, uno
spaghetto veloce
faccio sempre in tempo a cucinarmelo quanto torno dal Museo.
Massimo
non insistette e dopo averla
aiutata a sparecchiare, si offrì anche di lavare i piatti.
-
Non ce n’è bisogno –
rifiutò la ragazza aprendo una piccola
lavastoviglie posta sotto il forno dove sistemò i piatti ed
i bicchieri sporchi
– Questa casa è ad alta tecnologia. Anzi, sul
terrazzo c’è il sole, ora accendo
l’aria condizionata così ce ne restiamo qui dentro
al fresco. Ti va?
Accogliendo
l’invito, Massimo si andò a
sedere sul divano.
–
Che sia una casa speciale l’avevo
notato già, ma come hai fatto a metterla su così
e soprattutto, come fai a
tenerla così efficiente ed in ordine? – le
domandò.
-
Una volta alla settimana viene ad
aiutarmi una cameriera polacca che lavora da una signora al piano di
sotto, e
poi… – esitò un attimo prima di
continuare – sai, avere una casa è una cosa che
desideravo da tanto! Non ho i genitori e vivevo con mia sorella
maggiore che è sposata.
Non è che mi trattassero male lei ed il marito
però non ero padrona di niente,
solo un po’ della mia stanza. Avevo quasi la sensazione di
essere un ospite e
per non pesare su di loro, stavo molto
fuori casa con il risultato che mio cognato mi faceva continuamente
notare che
vivevo come se stessi in un albergo. È stata molto dura
tirare avanti tanto tempo.
-
Ma scusa, eri indipendente
economicamente, perché non te ne andasti via prima?
Massimo
si pentì subito di averle fatto
quella domanda perché la vide cambiare espressione. Non si
meravigliò quando
con una voce gentile ma fredda gli rispose:
-
Ho avuto i miei buoni motivi!
Subito
dopo scappò in bagno dicendo che
era abituata a lavarsi i denti appena dopo mangiato e lo
lasciò solo seduto sul
divano.
Il
giovane era piuttosto perplesso
perché c’era qualcosa in quella ragazza che non
riusciva a capire. Appariva cordiale
e simpatica, ma all’improvviso dava l’idea che
erigesse una specie di muro tra
sé e gli altri. Quando tornò a sederglisi accanto
però, era di nuovo allegra ed
affabile.
Rimasero
a lungo a parlare di tante
cose: musica, politica, libri. Lui le
raccontò della famiglia che
viveva in Emilia, del suo splendido rapporto con i genitori,
soprattutto con la
madre e mentre ne
parlava notò un velo
di tristezza passare ad offuscarle gli occhi.
Massimo
era davvero una persona vivace
e spiritosa e Chiara si mostrava all’altezza così
risero spesso alle reciproche
battute. Inoltre, avendo quasi la stessa età, si trovarono ad avere molti
ricordi uguali del periodo dell’infanzia e
dell’adolescenza.
Verso
le sei si prepararono
un caffè ed il tempo trascorse
simpaticamente senza che se ne accorgessero. Erano quasi le otto di sera quando la
ragazza guardò l’orologio da polso.
Lui,
interpretandolo come un segno di
congedo, si rabbuiò un poco.
-
Scusa, si è fatto tardi. Ora tolgo il
disturbo. Grazie di tutto – le disse alzandosi per andarsene.
-
No, aspetta, - lo fermò accompagnando
le parole con il gesto delle mani, molto mortificata per essere
sembrata
scortese – stavo guardando l’orologio
perché stasera danno un bellissimo film
all’arena estiva su al Castello Sant’Elmo. Ti
andrebbe di andarci? Sempre se
non hai di meglio da fare, s’intende.
-
È una splendida idea – si rallegrò
lui – vengo molto volentieri.
Dopo
un po’ uscirono. Chiara si era
cambiata d’abito indossando un vestito a fiori rossi che le
metteva splendidamente
in risalto l’abbronzatura ed il bel corpicino.
Massimo
si sentiva contento mentre si
dirigevano a piedi verso il Castello che, come gli aveva spiegato lei,
era a
quattro passi. Purtroppo i quattro passi erano tutti in salita ed anche
dopo
aver acquistato i biglietti, per andare su alla Piazza d’Armi
dove proiettavano
il film, c’era da farsi una bella arrampicata.
Ma
non se ne accorsero quasi perché, chiacchierando
piacevolmente, si godevano lo stupendo panorama che si vedeva dai
finestroni
del Castello. Dopo la calda giornata estiva, la sera era fresca e
profumata. La
città, come un gioiello lucente, era ai loro piedi mentre il
mare splendeva
sotto i raggi di una splendida luna piena.
-
Certo qui è davvero un incanto, dalle
mie parti un panorama così te lo sogni! –
commentò Massimo, ammirato.
La
ragazza gli sorrise e gli spiegò che
sì, era vero, il panorama ed il clima erano stupendi, ma la
sua città aveva
tanti di quei problemi come
il traffico,
la delinquenza, la disoccupazione, i rifiuti. Non doveva lasciarsi
incantare da
quella visione paradisiaca perché spesso vivere
lì era come stare all’inferno.
A volte lei stessa avrebbe preferito essere nata in un altro posto
anche meno
bello ma dove la vita potesse essere
più
facile.
-
La vita può essere bella o brutta in
ogni posto – la corresse lui prendendola sottobraccio per
sorreggerla in quanto
il passo le si era fatto malfermo
sull’acciottolato irregolare – molto dipende da te,
da come stai con te stesso.
-
“Già – pensò Chiara mentre un
nodo le
saliva alla gola – è facile a dirsi ma non a farsi quando con te stessa ti
senti maledettamente
sola! Forse sarebbe
un'altra cosa avere
un braccio a cui appoggiarsi come sto facendo ora con te” .
Ma
non avrebbe potuto mai dirgli una
cosa del genere, perciò,
con un sorriso
spavaldo, replicò:
-
Certo, è così,
la cosa migliore è
l’autosufficienza ed anche
tenere tutto
sotto controllo.
-
A dire il vero non intendevo questo –
precisò Massimo rivolgendole uno sguardo un po’
interdetto però non ebbero
tempo di continuare il discorso perché erano arrivati e
dovettero darsi da fare
a trovare dei posti perché c’era già
parecchia folla.
Il
film fu bello e trascorsero buona
parte della strada del ritorno a commentarlo ed a parlare un
po’ di cinema che, a
quanto pareva, piaceva moltissimo ad
entrambi. Ai piedi del Castello c’era un pub da dove
proveniva un buon profumo
ed il giovane le disse di voler mangiare un panino perché
aveva fame.
-
Non è possibile! Con tutto quello che
ti sei spazzolato oggi!– rise la ragazza, ma lo
accompagnò di buon grado anche
se si limitò a prendere una birra piccola
mentre lui si abbuffava di gusto.
Parlarono
ancora tanto mentre tornavano
a casa e pareva che avessero mille cose da dirsi. Forse era solo
perché non si
conoscevano ancora ma
stranamente
insieme si sentivano già a proprio agio.
Era
quasi mezzanotte quando arrivarono
alla macchina di Massimo.
-
Ti dispiace se domani vengo con te
al Museo
Archeologico? – le domandò
mentre apriva lo sportello – Mi ripromettevo da tempo di
visitarlo però mi
scoccia andarci da
solo.
-
Preferisci le visite guidate? In
effetti ti conviene, come guida sono piuttosto brava –
scherzò Chiara –
Se proprio ci tieni, fatti trovare
all’ingresso alle otto e trenta in punto.
-
Non si può fare un po’ più tardi?
Domani è Ferragosto e volevo farmi una bella dormita
– le chiese con una
smorfia patetica - Va
bene, come non
detto – aggiunse subito dopo allo sguardo scherzosamente
torvo di lei –
Buonanotte.
Fece
per darle un bacetto sulla
guancia, ma Chiara si ritrasse con uno scatto anche se per scusarsi gli
rivolse
un sorriso dolcissimo e gli sussurrò:
-
Buonanotte a te, ispettore!
Mentre
saliva a casa, un mare di
emozioni le si agitava dentro. Chissà se aveva fatto bene ad
accettare di
rivederlo l’indomani. Di solito quando prendeva una decisione
non cambiava idea
così facilmente, ma questa volta si era lasciata trasportare
dal fatto che con
lui era stata davvero bene come da tempo non le capitava più
di stare con
nessuno. Per una volta… al diavolo! Non le andava di
trascorrere il Ferragosto
da sola! Tutto sommato non
si trattava
di fare altro che gli onori di casa accompagnando un
collega di un'altra città a vedere un museo.
Non
ci potevano essere pericoli di sorta. Forse anche Massimo non aveva
altre
intenzioni che quella di trascorrere in compagnia una giornata festiva
e non
nutriva il minimo interesse per la sua persona. A questo pensiero quasi
si
vergognò di essersi sottratta al bacio sulla guancia. Forse
non si salutava
così anche con gli amici? Aveva dato l’impressione
di fare apposta la ritrosa?
Aveva mancato di naturalezza?
–
“Uffa, speriamo di dormire stanotte!”
– pensò, conoscendosi bene.
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Capitolo 2 *** 15 agosto - mercoledì ***
15
AGOSTO mercoledì
Invece
Chiara dormì benissimo, anzi,
quando si svegliò si ricordò di aver rivisto in
sogno per quasi tutta la notte
due dolcissimi occhi azzurri.
-
“Non c’è di che preoccuparsi –
pensò
mentre indossava un jeans ed una maglietta bianca – mi capita
spesso di sognare
qualcosa vissuta il giorno prima, a volte sogno persino i tabulati che
ho
spuntato in ufficio!”
Un
po’ rinfrancata, si guardò allo
specchio dell’armadio rimanendo soddisfatta: i jeans
elasticizzati la
fasciavano armoniosamente e la maglietta lasciava appena intravedere il
decolté
ed il pancino sodo ed abbronzato. Qualche ricciolo bruno le scendeva in
piacevole disordine dai capelli tirati su ed un trucco leggero metteva
in
risalto i grandi occhi scuri e
le labbra
piene. Certo non
era una bellezza
mondiale, ma poteva andare.
Con
la puntualità che la
contraddistingueva prese la metropolitana in tempo per arrivare
all’ingresso
del Museo alle 8,30 spaccate. Massimo arrivò dopo qualche
minuto, con addosso
una polo arancione che lo faceva sembrare più giovane. Nel
salutarsi si
scambiarono uno sguardo che non nascondeva il piacere che provavano
entrambi
nell’incontrarsi di nuovo.
La
visita fu molto interessante. C’erano
parecchi turisti, ma fortunatamente nessun gruppo troppo numeroso.
Chiara
sapeva molte cose di quelle opere e gliele spiegava con fervore,
d’altra parte
chiunque avesse studiato un po’ di storia classica non
avrebbe potuto non
rimanere affascinato da statue e dipinti provenienti da un tempo
così remoto.
Fu soprattutto la sezione degli oggetti rinvenuti a Pompei a colpire
molto
Massimo il quale le chiese se fosse disposta ad accompagnarlo anche a
vedere
gli Scavi Archeologici.
-
Mi fa piacere che tu abbia espresso
questo desiderio – gli rispose – ora che sei qui
sarebbe un delitto perdersi un
posto come Pompei. Credimi, è una vera emozione calcare
quelle stradine,
entrare in quelle case e pensare che tutto è rimasto sospeso
ad un giorno di
duemila anni fa, è come fare un viaggio nel tempo. So che
hanno organizzato
delle visite notturne con una illuminazione speciale. Sarebbe bello
andarci
anche se mi hanno detto che bisogna prenotare molto tempo prima.
-
Io di tempo ne ho e comunque non
voglio mancare di vedere Pompei. Si può prenotare anche su
internet?
-
Certo.
-
Allora me ne occuperò io, ma
ricordati che hai promesso
di
accompagnarmi - le
disse.
**
Continuarono
la loro visita fino a
quasi l’ora di pranzo e quando il giovane
incominciò a dare segni di
inquietudine, Chiara capì che era venuto il momento di
andare a mangiare.
-
Senti, e se adesso andassimo a casa
mia a prepararci gli spaghetti veloci che ti dicevo ieri? –
gli propose.
-
Vada per gli spaghetti - le rispose –
ma forse sarebbero più veloci se andassimo in qualche
ristorante qui vicino. Al
centro storico ce ne saranno parecchi aperti anche oggi. Magari dopo
potremo
continuare il nostro giro e potrai mostrarmi qualche altro monumento.
Va bene?
Lei
acconsentì di buon grado,
rilassandosi pure perché davvero il collega si stava
mostrando più interessato
a fare il turista che non a conquistarla. Suggerì di andare
in un
ristorantino nelle
vicinanze dove
cucinavano dei succulenti spaghetti ai frutti di mare che gli sarebbero
senz’altro piaciuti.
Infatti
Massimo li gradì moltissimo
così come gradì la frittura di pesce,
l’insalata e
il dolce.
Si
stava bene in quel locale, c’erano
una coppia di turisti francesi ed
un
gruppo di giapponesi che facevano un po’ di baccano, ma
fortunatamente erano in
un’altra sala. L’aria condizionata era alla giusta
temperatura ed il vinello
bianco frizzante e gelato come piaceva a lei.
Di nascosto Chiara si era sfilata i sandali sotto il
tavolo e si stava
riposando un po’ i piedi dolenti quando il giovane,
implacabile, dopo aver
pagato il conto, la incitò ad alzarsi perché
voleva continuare il suo giro
turistico.
-
Ma non hai mai sonno dopo pranzo tu?
– si lamentò mentre riluttante cercava di
infilarsi di nuovo le scarpe –
Beato te che digerisci così bene!
-
Bene ed in fretta. Tra poco avrò di
nuovo fame però. Sai, mia madre racconta che sono sempre
stato così fin da
piccolo. Altro che poppate ogni tre ore! Alla fine si stancò
ed imparò a tenere
sempre un biberon pronto per me.
-
Meno male che sei nato nella opulenta
civiltà occidentale allora!
-
Già, ma sapessi quanto spendo per
mangiare!
-
Io spendo per la casa, invece. Certo
insieme saremmo proprio una bella coppia!
Risero,
poi mentre lui le
raccontava altri aneddoti
ripetuti spesso dalla madre sulla sua voracità infantile,
percorsero gli
stretti vicoli del centro storico che ogni tanto confluivano in enormi,
assolate piazze dove troneggiavano grandiose chiese. Purtroppo per
l’ora ed il
giorno festivo, molte di esse erano chiuse ma i due giovani si
ripromisero di
tornare a visitarle un’altra volta.
Stavano
proprio bene insieme, si
sentivano vecchi amici anche se in realtà si erano
conosciuti solo il giorno
prima.
**
Era
pomeriggio inoltrato quando la
ragazza, ormai distrutta, gli disse che sarebbe tornata a casa.
-
Ti chiamo un taxi – le propose.
-
Ma no, quale taxi, c’è la Metro
proprio qui e mi porta a due passi da dove abito.
-
Certo che se fosse per te i tassisti
farebbero la fame! – la prese in giro – Comunque
non ti lascio andare da sola
in metropolitana, ti accompagno.
In
effetti Chiara già quella mattina
aveva avuto un po’ di timore nei vagoni vuoti ed anche se
avrebbe voluto mostrarsi
una tipa tosta e non una fifona, si rallegrò
dell’offerta.
Per
l’appunto il treno, di solito molto
affollato, era quasi vuoto, ma lei si sentì al sicuro seduta
accanto a
quell’uomo così massiccio ed il viaggio
durò effettivamente solo pochi minuti.
-
Vuoi salire? – gli chiese quando
furono arrivati –
Ti offro da bere.
Non
aveva più nessuna remora ad
invitarlo su da lei, come se davvero fossero stati amici da tanto.
Massimo
accettò con molta naturalezza.
La
casa era accogliente come sempre e
come sempre la prima cosa che Chiara fece fu scappare nella stanza da
letto per
cambiarsi i vestiti con cui era uscita.
-
Metti su un CD, se vuoi, io torno
subito – gli aveva detto.
Massimo
mise un CD di Battiato e poco
dopo lei ritornò. Aveva indossato
un top
celeste allacciato sulle spalle e sotto portava un pantalone a pareo che le scopriva un
po’ le gambe quando si sedeva.
Come gli aveva promesso, gli versò da bere ma la bibita si
rivelò essere
solo del salutare succo di carota.
-
Non potrei avere un po’ di whisky? –
provò a domandarle ma lo sguardo severo che lei gli rivolse
lo fece desistere
dalla richiesta, anzi, lo scoraggiò anche
dall’accendersi una sigaretta: Chiara
aveva alquanto tollerato che fumasse per strada però in
casa… anatema, anatema!
-
Si vede che sei
della Vergine: precisa, ordinata,
riservata, salutista, tutta perfettina… insomma una bella
rompiballe! – osservò
prendendola in giro.
-
Sempre meglio di un Ariete testa
dura, irruente ed arruffone come te! – gli rispose ridendo.
Vedendo
che il giovane continuava a
farle smorfie di scherno, afferrò
un
cuscino ed incominciò a colpirlo. Dopo qualche mossa
però si fermò mentre un’espressione
di dolore le appariva sul viso. Si portò la mano alla spalla
sinistra e massaggiandosela
alla meglio, gli spiegò:
- Ho un po’ di
problemi alla spalla. Il mio
medico dice che sono dolori di postura dovuti alle molte ore passate al
computer.
-
Macché, è la vecchiaia che incombe!
No, no, sto scherzando, sta’ buona altrimenti il dolore
peggiora – la prese in
giro di nuovo ed ancora una volta fu costretto a difendersi dai colpi
di
cuscino che lei aveva ripreso a dargli per ripagarlo dello
sfottò.
Quando
si fu placata, le fece una
proposta:
-
Sono molto bravo a fare i massaggi,
se vuoi posso fartene uno alla spalla. Vedrai, il dolore ti si
allevierà.
-
Tu, con le manone che ti ritrovi, sai
fare i massaggi? – gli domandò incredula.
-
Ho fatto dei corsi professionali e da
ragazzo ho anche lavorato nel centro fisioterapico di mio fratello
– le rispose
serio.
-
Allora come potrei non approfittarne?
-
Ce l’hai un po’ di olio per massaggi?
-
Quanto ne vuoi. È in bagno, vado a
prenderlo.
-
No, vado io, così mi lavo anche le
mani. Dov’è?
Glielo
spiegò e nell’attesa che
tornasse, abbassò la persiana e rischiarò la
penombra accendendo una lampada
zen che oltre ad emanare una piacevole luce violetta, sprigionava anche
un
delicato profumo di sandalo. Il cd intanto continuava a suonare e la
musica
dolce riempiva la stanza. L’atmosfera era particolare, troppo
particolare. Per un
momento Chiara rimase un po’ dubbiosa, ma
non ebbe tempo di riflettere perché
Massimo rientrò. Con la sua solita irruenza ed allegria si
sedette sul divano facendola
accoccolare sul parquet davanti a lui. Dopo averle sciolto il lacci del top
sul collo, si spalmò olio al tè
verde sulle mani ed incominciò a
massaggiarla sapientemente.
La
ragazza non portava niente sotto e
fu costretta a mantenere con un braccio il top per tenerlo fermo sul
seno
prosperoso. Le mani di lui erano deliziose. Già poco dopo la
tensione dei
muscoli si allentò ed incominciò rilassarsi.
All’inizio
Massimo fu abbastanza
professionale ma la pelle di seta di quella bella ragazza che sentiva abbandonarsi a poco a
poco, finì per
eccitarlo ed il massaggio si trasformò in una carezza. Audacemente le slaccio
anche i legacci sulla
schiena e cominciò a scendere con le mani lungo i fianchi.
-
Ehi! - protestò
lei stringendosi ancora di più il
top oramai inutile sul seno nudo, ma fu una protesta assai debole
perché avvertiva
uno sfinimento improvviso, come un’ondata di sonno che la
rendeva assolutamente
incapace di reagire.
-
C’è bisogno di scendere lungo la
colonna vertebrale. Come faccio se hai questo coso legato dietro?
– le disse
per giustificare il suo gesto.
Cercava
di mantenersi ancora su livelli
professionali, ma la voce roca tradiva tutto il desiderio che gli stava
montando dentro. Continuò ancora per un poco a controllarlo
poi ne fu vinto e
senza smettere di massaggiarle i fianchi, le avvicinò le
labbra sul collo
reclinato facendole soltanto avvertire il calore del suo respiro sulla
pelle.
Per
Chiara fu come essere vittima di
un’esplosione: un languore
irresistibile
la invase dal più profondo della sua femminilità
mentre rabbrividiva
di piacere. Ad occhi chiusi girò
il viso verso l’uomo che immediatamente
s’impossessò della sua bocca e cominciò
a baciarla.
Sapeva
che avrebbe dovuto sottrarsi a
quell’approccio perché non avrebbe più
potuto fermarlo, ma non ce la faceva a
rinunciare. Con la mano tremante lo afferrò
alla nuca attirandolo
ancora di
più verso di sé ed impedendogli
di
smettere quel bacio così dolce. Il seno restò
nudo ma le mani di lui lo
avvolsero in una carezza struggente che durò fino a quando
non la attirò sulle
ginocchia e cominciò a carezzarle anche le cosce. Alla fine
le slacciò del
tutto anche il
pantapareo, lasciandola
oramai solo con gli slip.
Si
baciarono e si accarezzarono a
lungo, cullati dalla musica fino
a
quando la voglia divenne così insostenibile da trasformarsi
quasi in dolore.
Quando
Chiara si sciolse dal suo
abbraccio e si alzò
in piedi, lui la
trattenne per la mano e la guardò con gli occhi offuscati
dal desiderio.
- Non lasciarmi
così, ti prego… - la implorò.
Ma
la ragazza non aveva affatto questa
intenzione. Lo fece alzare e lo condusse nella stanza da letto poi si
sdraiò,
rimanendo a guardarlo mentre lui si
spogliava in fretta.
-
“Che cavolo sto facendo!” – pensava
intanto, ma la visione del corpo di Massimo, così perfetto
nelle sue forme
virili, la costrinse ad abbandonare ogni resistenza. Sorridendogli, gli
tese le
braccia per attirarlo su di sé.
Si
amarono a lungo, perfettamente
affiatati come se fossero stati insieme chissà quante volte
eppure sconosciuti
l’uno all’altra. Persero la cognizione di se stessi
abbandonandosi con
tenerezza e passione e dopo rimasero come svuotati di ogni energia,
teneramente
abbracciati.
Con
il viso affondato nell’incavo del
suo collo, Chiara gli si stringeva contro senza parlare. Fu lui a
rompere il
silenzio. A voce molto bassa, si
scusò:
-
Mi dispiace, avrei dovuto usare delle
precauzioni. Non credere che l’abbia fatto per mancanza di
rispetto nei tuoi
confronti, però. Non pensavo che sarebbe successo e quindi
non avevo… - lei lo
zittì mettendogli le dita sulle labbra, ma dopo avergliele
baciate, Massimo si
sentì ancora in dovere di rassicurarla - Perché
non vuoi che ne parli? È una cosa
importante! Voglio che tu lo sappia: con me puoi stare tranquilla
perché faccio
spesso le analisi e per fortuna sono sano come un pesce.
Sorridendo,
cercò di farle girare il
viso che lei continuava a tenere nascosto. Ancora per un po’
Chiara rimase
senza parlare, poi però si fece coraggio e gli disse in un sussurro:
- Anche tu puoi stare
tranquillo con me. Non
ho fatto le analisi ma poiché non ho una vita sessuale molto
attiva, anzi, a
dire il vero, poiché non ce l’ho
proprio…
-
Sì, però avrei dovuto stare comunque
attento per evitare complicazioni. Sai, quelle di tipo neonatale per
intenderci
- le mormorò sorridendo
e carezzandole i
capelli.
-
Anche su questo puoi stare tranquillo,
ho la spirale.
Lo
sentì irrigidirsi, ma non le disse
niente, solo si sciolse dall’abbraccio ed indossati gli slip
raccolti da terra,
se ne andò in bagno.
Mentre
si infilava una maglietta, Chiara
si chiedeva il perché di quella strana reazione. Avrebbe
dovuto aver piacere
nell’apprendere che non ci sarebbero potuti essere incidenti
di percorso ed
invece ne era sembrato infastidito.
Non
tardò a dissipare i suoi dubbi
perché Massimo era un tipo troppo franco per tenersi dentro
qualcosa che lo rodeva.
Appena uscito dal bagno le chiese a bruciapelo, serio serio:
- Scusa, mi spieghi perché una che
dice di non avere una vita
sessuale ha un letto matrimoniale e porta la spirale?
La
ragazza gli sgranò in faccia un paio
di occhioni stupiti
e si affrettò a
spiegare:
-
Ho comprato questa stanza di seconda
mano da una amica perché avevo finito i soldi e non potevo
permettermi altre
spese. Per quanto riguarda l’altra faccenda… -
esitò un po’
poi continuò come se si fosse fatta coraggio
– ho avuto una storia qualche tempo fa; avevo appena messo la
spirale quando
è finita
e così l’ho tenuta. A dire il
vero è stato lo stesso ginecologo a consigliarmelo
perché potevo portarla
per tre anni. Sai,
poteva sempre
succedere… anzi, meno male che è successo,
così perlomeno, dato che
tra poco devo pure toglierla… oh insomma…
almeno una volta l’ho usata! – balbettò
imbarazzata, cercando di buttarla sullo
scherzo.
Lo
guardava dritto negli occhi per
dimostrargli che al di là delle apparenti contraddizioni,
non era affatto una
bugiarda. Vedendolo un po’ mortificato, ne ebbe tenerezza e
sorridendogli gli
tese ancora le braccia per attirarlo su di sé.
Massimo
non si fece pregare ed
abbracciandola forte, il viso appoggiato
sul suo seno, si vergognò della sua uscita di poco prima:
che diritto aveva di
indagare sulla vita privata di quella donna ancora sconosciuta? Eppure
aveva
provato un senso di fastidio al pensiero che lei potesse andare anche
con
qualcun altro, forse perché era rimasto sorpreso di scoprirla così
appassionata quando avrebbe
giurato che anche nel sesso fosse una persona molto controllata.
Avrebbe voluto
averla tutta per sé anche se non gli faceva piacere
ammettere questa assurda
voglia di possesso. Si augurò che Chiara non gli chiedesse i
motivi della sua domanda
perché non avrebbe saputo cosa dirle. Per fortuna la ragazza
rimase in silenzio
ad accarezzargli i capelli ed
a poco a
poco fu vinto dal sonno.
**
La
trovò sul terrazzo mentre, quieta
come al solito, curava le piante. Silenziosamente la raggiunse alle
spalle e
attirandola a sé, le posò teneri baci sulla
tempia.
-
Perché mi hai lasciato dormire
tanto? - le chiese.
-
E perché avrei dovuto svegliarti?
Dormivi così bene! – gli rispose mentre gli occhi
le brillavano di tenerezza
nella luce del crepuscolo – E poi ero sicura che ti saresti
svegliato tra poco.
Non è l’ora della pappa forse?
Massimo
rise divertito e confessò:
-
In effetti, un certo languorino ci
sarebbe …
-
Vado subito a prepararti qualcosa – gli
disse premurosa, ma lui la fermò trattenendola per un
braccio.
-
No, non voglio farti mettere ai
fornelli. Usciamo e troviamo un ristorante.
-
Nemmeno per sogno: al ristorante due
volte in un giorno! E poi non ho voglia di uscire. Però
possiamo sempre
ordinare una pizza. Ti piace la pizza?
-
Certo, mi piace. Ma sarà un po’
difficile trovare una pizzeria aperta la sera di Ferragosto.
-
Macché, c’è quella dove mi servo
abitualmente
che non ha chiuso – prese il telefono e gli chiese
– come la vuoi?
-
Mais, panna e prosciutto.
Un’espressione
disgustata e divertita
le si dipinse sul volto.
-
Ecco venir fuori il selvaggio! La
vera pizza è la napoletana o al massimo la margherita. Come
fai a mangiare
quelle cose obbrobriose? - commentò.
Però
si affrettò ad accontentarlo
ordinando ciò che voleva.
Quando
le pizze furono consegnate, fece
un ultimo tentativo di “conversione”:
tagliò uno grosso spicchio dalla sua
tradizionalissima margherita, lo piegò
e
glielo porse per farglielo assaggiare. Massimo si sporse in avanti e
reggendo
con la sua la mano di lei, ne morse un grosso boccone.
-
Mmmmh – mugolò gustandola – è
davvero
buonissima! - però non appena vide la soddisfazione sul
volto della ragazza
aggiunse, divertendosi a prenderla in giro - … ma preferisco
la mia…
-
Niente da fare, sei irrecuperabile!
**
Trascorsero
tutta la sera a scherzare ed
a parlare. Si sentivano entrambi leggeri e felici. Ogni tanto si
scambiavano un
bacio e sembravano non saziarsi mai l’uno
dell’altra. Ad un certo punto però
Chiara gli disse:
-
Ehi, amico, guarda che domani
dobbiamo andare a lavoro e sarebbe anche ora di fare la nanna!
-
Va bene, andiamo a nanna – le rispose
prendendola fra le braccia e dirigendosi verso la stanza da letto.
Chiara
si divincolò.
-
No – gli fece – io vado di là, tu invece
te ne torni in albergo.
-
Ma perché!? – protestò lui –
Perché
non posso dormire qui!
-
Non mi sembra il caso.
-
Sei davvero cattiva. Tra l’altro non
ho neanche l’auto ed il mio albergo è in centro.
-
Non me lo dicevi tu che esistono
anche i taxi? – gli rispose porgendogli il telefono ed
aspettando che le
obbedisse chiamandone uno.
Si
salutarono teneramente poco dopo.
Nel
mettersi a letto Chiara
non ebbe neanche il coraggio di ripensare
a quanto era successo. No, adesso
non ci voleva pensare affatto, era troppo felice e si
addormentò beatamente.
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Capitolo 3 *** 16 agosto - giovedì ***
16
AGOSTO giovedì
Alle
dieci di mattina Chiara aveva già
fatto firmare la lettera di richiesta dei documenti e mandato il fax
all’archivio assicurandosi con una telefonata che il collega
lo avesse
ricevuto. Pure i dati commerciali del primo semestre di
quell’anno erano già
pronti, ordinatamente raccolti in cartelline trasparenti,
però non trovava il
coraggio di andarli a portare a Massimo perché si sentiva a
disagio. Era la
prima volta che le accadeva una cosa del genere e quasi non riusciva a
credere di
essere finita a letto con un uomo conosciuto solo ventiquattro ore
prima. E poi,
visto che per giunta era pure un collega, come ci si doveva comportare
in questi
casi? Sul luogo di lavoro doveva assumere un comportamento
confidenziale o
trattarlo piuttosto con distacco?
Alla
fine fu Massimo che spalancò la
porta dell’ufficio facendola sobbalzare. Entrando, le disse
con un tono autoritario:
- E allora, signorina
Corradini, devo ancora
aspettare molto per vedere i dati che le ho richiesto?
Dopo
però, sorridendo, si sedette con
disinvoltura sulla scrivania ed allungò una mano a farle una
tenera carezza
sulla guancia. In maniche di camicia, con la cravatta un po’
allentata ed i
capelli spettinati che gli ricadevano in simpatici ciuffetti castani
sulla
fronte, era talmente attraente che Chiara dovette fare uno sforzo
titanico per
non buttarglisi tra le braccia e mangiarselo di baci. Invece gli sussurrò a
bassa voce:
- Sei impazzito? E se entra
qualcuno?
-
Non c’è nessuno – le rispose
bisbigliando
anche lui – ed anche quei pochi fessi che oggi sono qui, non
stanno facendo
niente, proprio come me. Cosa ne dici di andare a
colazione?
-
Manca ancora quasi un’ora all’intervallo
e poi, poiché la sottoscritta invece oggi è stata
tra quei pochi fessi che hanno
lavorato lo stesso, prenditi le tue scartoffie e vattele a studiare
prima di pranzo.
Gli
si era rivolta dispettosamente però,
mentre lo diceva, aveva pensato
quanto
fosse meraviglioso
e sapesse sempre
metterla a proprio agio.
Dimenticando
tutte le incertezze di
prima, gli promise che sarebbe andata a pranzo con lui, anche se lo
avrebbe
raggiunto un po’ più tardi perché
doveva telefonare alla sorella.
**
Quando
arrivò nel bar in cui avevano
concordato di incontrarsi era già abbastanza tardi. Massimo
doveva aver già
mangiato. Le sembrò alquanto nervoso ma lo vide rallegrarsi
nel vederla
entrare.
-
Credevo mi avessi dato buca! – protestò.
-
Abbi pazienza, mia sorella non mi
mollava più – si scusò lei attaccando a
mangiare la coppetta
di macedonia che aveva preso per
pranzo.
-
Che fai, mangi solo quella?
-
Certo, dopo le abbuffate di ieri!
-
A dire il vero anch’io mi sono tenuto
leggero però questo
week-end intendo
rifarmi. Se ci stai, potremmo andare a Positano. Il mio amico Giacomo, l’altro ispettore
che lavora con me, c’è stato
a fine luglio con la moglie e ne è rimasto incantato. Mi
piacerebbe tanto
andarci con te.
-
Mi dispiace, ma ho promesso di raggiungere
mia sorella ad Ischia – gli rispose, dispiaciuta.
-
Non puoi rinunciare? Anch’io sarei
dovuto andare a casa, ma a dire il vero preferisco stare con te
piuttosto che
con mia sorella! – replicò l’uomo senza
riuscire a nascondere una punta di
delusione.
-
Non è questo. Domani
Cristina deve andare ad una festa
a cui tiene molto ed
eravamo già d’accordo da tanto tempo che
le avrei tenuto io i bambini. Però sabato e domenica
sarò libera. Perché non
vieni anche tu ad Ischia? Te l’assicuro, è
altrettanto bella di Positano.
-
Non lo metto in dubbio, ma come
faccio, vengo anch’io da tua sorella? –
obiettò l’altro alzando un sopracciglio
ironicamente.
-
Non intendevo questo. C’è un buon
albergo nei pressi di casa nostra ed il proprietario è un
nostro caro amico.
Potrei chiedergli
se c’è una stanza
libera. Proviamo?
-
Va benissimo, mi farebbe molto
piacere venire.
**
Appena
ritornata in ufficio Chiara
telefonò alla sorella e le parlò della cosa.
-
Chi è questo signore? –
s’informò Cristina,
molto curiosa.
-
È un mio collega di Bologna. Sai, fa
l’ispettore ed è da solo qui a Napoli per cui gli
sto facendo vedere qualche
posto carino.
-
Se ci tieni, potremmo ospitarlo qui
da noi. Lo spazio c’è.
-
Ma figurati, non è proprio il caso!
Se Francesco ha una stanza libera va bene, altrimenti non se ne fa
nulla.
Telefonami appena sai qualcosa.
Aveva
rifiutato con decisione perché,
per quanto desiderasse stare ancora con Massimo, non se la sentiva di
portarlo
a casa ben sapendo quanto fossero impiccioni i suoi parenti.
Per
fortuna dopo un poco Cristina la
richiamò per dirle che c’era una stanza appena
liberatasi.
-
Benissimo – le disse Massimo quando
glielo comunicò – solo che
c’è ancora un problema: non ho un costume da bagno.
-
E che cavolo – si stupì la ragazza –
passi l’estate in un posto come Napoli e non ti porti nemmeno
un costume!?
-
Ho lavorato tutti i giorni e per i
fine settimana sono sempre tornato a Bologna. E poi –
aggiunse – dove volevi
che andassi tutto da solo? Adesso però ci sono solo due
soluzioni: o mi aiuti a
trovare un negozio aperto dove possa comprarne uno o accetti di passare
l’intero week end chiusa con me in camera così
avrò bisogno solo di un costume…
adamitico – scherzò per provocarla.
-
Non fare il fesso! – lo rimproverò
senza neanche dare peso alle parole perché già si
stava organizzando per una
possibile soluzione -
Ascolta, - gli
disse infatti poco dopo - qui
vicino c’è
un grosso centro commerciale aperto anche ad agosto. Potremmo andare
lì … non
mi ricordo come ci si arriva, però … ma forse
a questo c’è rimedio. Facciamo così, ci
vediamo alle sei davanti al tuo garage, ti va?
Naturalmente
Massimo accettò anche per
la piacevole prospettiva di passare un’altra serata con
quella donna che lo
aveva così preso.
**
Con
la sua solita pignoleria per la
quale si dovette subire un
altro po’ di
sfottò, Chiara si era munita di una mappa stradale ricavata
da internet grazie
alla quale non ebbero nessuna difficoltà ad arrivare al
grosso ipermercato.
Massimo
acquistò delle t-shirts
e dei costumi, non senza averli prima
provati ed averle chiesto consiglio, provocando la muta ammirazione
della
ragazza che lo trovò ancora più bello in costume
da bagno. Anche lei adocchiò
un vestitino bianco un po’ elegante che non costava molto, ma
si guardò bene dal
farglielo vedere mentre lo provava perché voleva fargli una
sorpresa
indossandolo la prima volta.
-
Voglio fare la spesa
prima di andarcene -
gli annunciò
poco dopo – andiamo al supermercato?
Così
si attardarono tra i banchi, nella
frescura dell’aria condizionata, riempiendosi un carrello di
ghiottonerie e
decidendo insieme cosa preparare per cena.
Arrivati
a casa, Chiara come al solito
corse a spogliarsi mentre lui, dopo essersi lavato ed aver indossato
una delle
magliette appena comprate, si diede da fare in cucina a posare in frigo
e sugli
scaffali le provviste.
A
sentire la sua voce che le arrivava
dall’altra stanza e che con tono allegro le chiedeva di volta
in volta dove
riporre le cose acquistate, la ragazza si sentì invadere da
un senso di estrema
felicità: possibile che stesse accadendo proprio a lei? Non
è che se lo stava
solo sognando un uomo tanto meraviglioso?
Intuendo
l’appetito di Massimo che a
pranzo aveva mangiato davvero poco, si diede da fare in tutta fretta a
preparare la cena ma non per questo il risultato fu meno dignitoso.
Cucinò
delle pennette con mozzarella, melanzane e basilico, delle scaloppine
al vino
bianco con contorno di patate, una macedonia ed infine delle coppette di gelato al cioccolato.
Lui
le gironzolava intorno mentre preparava,
beccandosi spesso dei buffetti sulle mani quando rubacchiava qualcosa.
Alla
fine si arrese ed andò sul terrazzo ad apparecchiare la
tavola.
Prima
di servire la cena, Chiara la
decorò con candele di citronella di varia grandezza.
-
Sono solo per tenere lontane le zanzare, cosa credi!
- si giustificò quando il giovane non si
trattenne dal commentare con un sorsetto tra il compiaciuto e
l’ironico:
-
Però, ci sai fare sul serio a
preparare le cenette romantiche!
In
effetti fu davvero una serata
speciale: il cielo stellato, la luce delle candele,
il mare in lontananza, il buon cibo ed il
vino gelato… era tutto talmente perfetto da sembrare finto.
-
Non credevo si potesse stare così –
dichiarò Massimo ad un certo punto. Alzando lo sguardo dalla
punta della
sigaretta che aveva osservato mentre ne scuoteva la cenere, la fissò con i
magnifici occhi facendole quasi
mancare il fiato.
Lusingata
per il complimento, gli
sorrise e si alzò per prendere i piatti e
portarli in cucina, ma lui, rimanendo seduto,
l’afferrò per le braccia
impedendole di andare oltre. L’attirò a
sé senza mai smettere di guardarla.
Chiara gli poggiò una mano su una
spalla
e con l’altra mano incominciò a carezzargli i
capelli, poi, chinandosi, gli
baciò con tenerezza le labbra. Quando due
mani forti cominciarono a stringerla ed il bacio diventò
appassionato, perse
ogni controllo.
Per
tutto il giorno entrambi avevano
evitato di parlare di quanto era accaduto tra di loro il pomeriggio
precedente
quasi come se temessero di sottolineare l’attrazione fisica provata e volessero
continuare solo a
fare gli amici. Ma non appena si erano toccati, era scattato qualcosa
di
irrefrenabile che in pochi momenti li portò a liberarsi in
fretta dei vestiti e
a correre sul letto
a fare di nuovo all’amore.
Come già la sera prima,
sperimentarono
un sesso ad un tempo impetuoso e tenero che li appagò al
punto tale che dopo
sembrava quasi impossibile potersi staccare l’uno
dall’altra.
Riscuotendosi
un poco, Chiara gli
sussurrò piano, mentre gli faceva una lunga, sensuale
carezza sul petto:
-
Sei stato meraviglioso…
-
Anni di comprovata esperienza al
servizio di Patatina Vostra! – scherzò Massimo di
rimando.
Lei
gli fece una smorfia e gli diede un
pizzicotto poi gli girò
le spalle. Non
voleva che la guardasse in faccia perché temeva di lasciar
trasparire il senso
di disagio provato al pensiero di essere solo una tra le tante.
Però
Massimo non aveva intenzione di
lasciarla andare. La circondò tra le braccia e
l’avvolse come se avesse voluto
cullarla. Chissà perché con quella ragazza
stupenda aveva provato per la prima
volta una felicità sconosciuta, non un semplice piacere
sessuale, ma qualcosa
di magico che lo aveva molto appagato. Mentre l’accarezzava,
avrebbe voluto
chiederle tante cose, sapere ogni
più
piccolo particolare della sua vita, domandarle degli uomini con cui era
stata
prima di lui, se anche con loro
aveva
provato lo stesso piacere. Non osò farlo, si
limitò a tenerla stretta fino a
quando non la vide alzarsi, prendere dal comodino una camicia da notte
ed
indossarla. Lo interpretò come un segnale di congedo e fece
per scendere dal
letto.
-
Si è
fatto tardi, ora me ne vado - mormorò.
-
No, resta! – lo implorò allora Chiara
buttandosi tra le sue braccia per trattenerlo.
-
Ma come, ieri mi hai quasi cacciato e
stasera vuoi che resti? – le chiese stupito, stringendola
forte.
-
Ieri era ieri e poi stasera… ho
freddo ed ho voglia di coccole! – gli disse
mentre gli si strusciava ancora voluttuosamente contro.
L’uomo
non si fece pregare: la riempì
di baci e carezze fino a quando non si fu addormentata poi, pian piano,
si alzò
senza farla svegliare. Andò sul terrazzo a fumare
un’agognata sigaretta, spense
le candele che continuavano a bruciare sulla tavola ancora da
sparecchiare, ridusse
l’aria
condizionata perché altrimenti rischiavano sul serio di ibernarsi,
tornò a distendersi
accanto a lei e dopo averla ripresa tra le braccia, si
addormentò a sua
volta.
Un
ringraziamento speciale a voi,
Faith, Arte e Cricri88 che vi state
dimostrando fedeli lettrici.
Sono
molto contenta che la storia vi stia piacendo e la
troviate ben scritta. In effetti, benché sia ambientata
sempre a Napoli e
dintorni (amo descrivere con esattezza i luoghi dove si svolgono le
vicende che
ho immaginato e mi
riesce più semplice
farlo se parlo della mia città), è una storia
contemporanea e quindi dovevo
renderla più moderna rispetto alla precedente. Per questo ho
cercato di usare
un linguaggio più colloquiale e un modo di scrivere
più vivace ma avevo paura
di scadere nella banalità. Le vostre parole mi hanno
rassicurata ed
incoraggiata ad andare avanti.
Ringrazio
anche Polpettina90 che messo
questa tra le
storie seguite e tutti coloro che la stanno
leggendo o la leggeranno.
Devo
confessare che però ho un dubbio:la lunghezza dei
capitoli va bene oppure sono troppo lunghi? Sarei grata a chi volesse
fornirmi
un parere in merito che mi aiuterebbe molto a perfezionarmi e ad
adeguarmi ai
gusti dei lettori.
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Capitolo 4 *** 17 agosto - venerdì ***
17
AGOSTO
venerdì
-
Ma che ore sono? – si lamentò Massimo
mentre Chiara, senza nessuna pietà, spalancava le finestre
facendo entrare la
luce del giorno nella stanza.
-
Sono le sette e mezza, dormiglione.
Il caffè è sul comodino. Sbrigati a vestirti
ché dobbiamo uscire – lo incitò
mentre nel frattempo gli raccoglieva i vestiti dal pavimento
sistemandoglieli in
ordine sulla sedia.
-
Di’, a che ora ti sei alzata? – le
chiese raggiungendola in cucina e notando come la casa fosse
già a posto nonostante
la sera prima avessero lasciato tutto com’era.
-
Alle cinque e mezza – gli rispose
versandogli del latte – Ci sono biscotti, marmellata,
cereali… oh insomma, lo
sai, abbiamo comprato tutto insieme ieri! Io devo andare a truccarmi.
Scappò
di corsa in bagno e quando
ritornò, guardando
con un’espressione di
benevolo rimprovero il giovane che dopo aver fatto colazione se ne
stava
beatamente a fumare in terrazzo, gli disse:
-
Ho capito, tu puoi arrivare in
ufficio quando vuoi ma io sono una comune mortale e devo arrivare in
orario.
Queste sono le chiavi, chiudi la porta e ci vediamo lì.
Senza
dargli neanche il tempo di
replicare, gli posò un bacio su di una guancia e
scappò via.
Era
proprio la verità, Massimo era un
funzionario e non doveva timbrare la presenza
così se la prese comoda. Se ne andò
nel bagno e si mise a curiosare tra
le cose tipicamente femminili che lo riempivano: matite per gli occhi,
pennelli, ombretti ed allineati su uno scaffale accanto alla vasca,
tutta una
serie di bagno schiuma profumati e creme per il corpo.
- “Ecco
perché ha la pelle sempre odorosa di
buono – pensò – non come certe tipe che
si riempiono di profumo credendo di
essere affascinanti ed invece ti fanno venire solo il mal di
testa.”
Scelse
un bagno schiuma al caprifoglio
e si fece una ricca
doccia. Ancora con un
asciugamano intorno ai fianchi, uscì di nuovo sul terrazzo a
godersi l’aria
fresca del mattino. Quella casa gli piaceva e non soltanto
perché era
obiettivamente una bella casa, ma soprattutto perché rispecchiava il
carattere di Chiara,
ordinato ed armonioso. Non era maschilista, ma non poteva fare a meno
di
apprezzare una donna la quale aveva tanto buon gusto, cucinava
così bene ed
ancora di più si
alzava alle cinque e mezza per lavare i
piatti, annaffiare le piante, prepararti
la colazione ed i vestiti per poi correre al lavoro per guadagnarsi uno
stipendio. Si sentì un po’ meschino a fare questo
tipo di considerazioni e,
preso dagli scrupoli, decise di mantenersi all’altezza.
Lavò le tazze, pulì le
briciole dal tavolo, ripose il latte e la marmellata nel frigo, i
biscotti
nella dispensa e solo dopo aver controllato che tutto fosse in ordine,
andò a
vestirsi sentendosi soddisfatto di sé. Solo nel vedere il
letto ancora disfatto
si scoraggiò: rifarlo superava i suoi buoni propositi. Si
arrese e decise un
po’ ipocritamente che
si era fatta l’ora
di uscire per andare a lavoro.
**
La
giornata sembrava non dovesse finire
mai. C’era poco da fare ed i due giovani erano impazienti di
scappar via. Per
fortuna arrivò l’ora dell’uscita ed
andarono a prendere il traghetto per
Ischia. Fecero la traversata all’aperto e
Massimo s’incantò a guardare la
città dal mare.
Al
porto, c’era la
sorella di Chiara che era venuta a
prenderli per condurli a Forio in auto. Però, prima di
accompagnare Massimo in albergo,
la giovane donna lo invitò a salire un momento a casa loro
che era situata
proprio nei pressi dell’hotel. Lui accettò
volentieri.
Durante
il tragitto, l’uomo ebbe modo
di notare quanto le due sorelle si somigliassero. Anche Cristina
infatti era
bruna e molto carina, sebbene apparisse già un po’
sfiorita; probabilmente doveva
avere qualche anno più di
Chiara della
quale però
aveva la medesima grazia e
signorilità.
A
casa conobbe i suoi quattro bambini:
un maschietto di dieci
anni, due gemelli
di circa sei, maschio e femmina, e
l’ultimo, cicciottello e grazioso,
di
solo dieci mesi.
I
ragazzi accolsero con entusiasmo la
zia che li ricambiò con molta tenerezza e poi prese subito
il più piccolo in
braccio per
strapazzarlo di coccole. Mostrava
di bearsi tra quei cuccioli e Massimo ne fu divertito anche se, quando
l’attenzione del piccolo esercito di marmocchi si
spostò su di lui, se ne sentì
alquanto spaventato.
-
Basta, bambini. Non date fastidio al
signore! – li richiamò la madre
dopodiché lo invitò con molta cortesia a
restare a cena.
-
Forse saprà che stasera mio marito ed io
dobbiamo uscire – aggiunse - ma
Chiara potrebbe fare gli onori di casa.
- Non se ne parla nemmeno!
Già devo pensare a
queste quattro pesti –
si rifiutò
l’altra senza tanti complimenti.
– Ho preparato io
da mangiare. Devi solo farli
cenare e metterli a letto verso le otto e mezza.
-
“Solo”? – rise la ragazza cercando di
evitare la manina di Luca che per forza
voleva ficcarle il suo ciucciotto in bocca,
così, tanto
per dividere con la zia una
prelibatezza – Altro che onori di casa, ascolta un consiglio,
Massimo: vattene
al ristorante!
-
Chiara ha ragione, signora, darei
solo disturbo. Comunque la ringrazio tanto per la sua gentilezza
– si schernì
l’uomo.
Cristina
accusò la sorella di essere stata scortese e
rivolta all’ospite, tutta sussiegosa, disse:
-
Deve scusarla, signor Corona, non è
abituata ai bambini e subito si avvilisce.
Chiara
si mise a ridere, divertita.
-
“Subito”! Certo che hai un bel coraggio!
Ma poi la volete smettere voi due di comportarvi come una damina ed un
cicisbeo? Che diamine, avete quasi la stessa età, potreste
anche darvi del tu!
-
Questa volta mi sa che hai ragione.
Che ne dici Massimo?
-
Perfetto,
Cristina!
-
Posso offrirti qualcosa da bere?
-
Purché non si tratti di quei beveroni
alla carota che propina tua sorella…
-
No, non ti preoccupare – lo
rassicurò la
giovane signora – si tratta
di un vinello frizzante che mio marito compra da un produttore locale.
È ottimo
come aperitivo. Noto con piacere che hai già avuto modo di
conoscere le manie
di Chiara. Mio Dio, quanto è rompiscatole! Non si beve, non
si mangia, non si
fuma…!
-
…e allora cosa si campa
a
fare? – finì lui in tono canzonatorio.
-
Spiritosi! Non conoscete i miei vizi
nascosti e la mia segreta vita spericolata – rispose la
ragazza con una smorfia
di superiorità.
**
Massimo
era stato fin quasi
alle sette a
conversare con le due donne
e a giocare con i bambini, poi era andato in albergo, si era
rinfrescato ed era
uscito a cena. Purtroppo trovò un ristorante dove
mangiò abbastanza male ma,
nonostante ciò, si trattenne parecchio a tavola per far
passare il tempo. Dopo
percorse il Corso principale per ben due volte, soffermandosi persino a
guardare le vetrine che non gli interessavano, ma la serata sembrava
non
volesse finire mai. Alle nove passate, annoiato a morte, non trovò altra
soluzione che telefonare a
Chiara.
-
Posso salire un po’ a farti
compagnia? - le chiese.
– Se vuoi, ma lo
fai a tuo rischio e pericolo.
Qui è peggio che su un campo di battaglia e non garantisco
per la tua
incolumità fisica e psicologica – gli rispose lei,
tra il serio ed il faceto.
-
Addirittura, e che sarà mai!
Adesso vengo.
-
Bravo! – scherzò la ragazza
scostandosi dalla cornetta per
farsi
sentire dai nipotini – E visto che ci sei, passa in farmacia
e comprami uno di
quegli spray per far secchi i bambini come fossero mosche…
-
Non esistono, non esistono! – le
risposero in coro delle vocette argentine tra risa divertite.
**
Quando
arrivò, il
clima in casa era cambiato in peggio. Tanto per cominciare Chiara gli aprì la porta e
senza aspettare nemmeno che
entrasse scappò via strillando:
-
C’è Luca sul seggiolone da
solo…
Infatti
quest’ultimo,
approfittando della momentanea assenza della zia, si stava divertendo
un mondo
a sbattere il cucchiaio nel piatto davanti a lui e strillava divertito
nel
vedere schizzi di pastina volare dappertutto. Più in
là Martina e Cristiano, i
gemelli, se le suonavano di santa ragione rotolandosi
per terra
e, dulcis in fundo, Paolo, il più grande,
teneva il volume della Play
Station altissimo per coprire gli strilli dei fratellini. Il fracasso
era
davvero assordante ed il giovane guardò sconcertato la
ragazza che ricambiò lo
sguardo desolata.
- Ti prego, cerca di evitare
un fratricidio! –
lo implorò.
Accogliendo
l’invito, l’uomo si impegnò
a separare i gemelli ed alla fine, non senza essersi buscato qualche
calcio, ci
riuscì venendo a capo anche del motivo del litigio: il
maschietto aveva
staccato la testa della bambola della sorella e questa, che a quanto
pareva non
era il tipo da farsi passare la mosca per il naso, lo aveva ripagato
rompendogli
una macchinina. Asciugando un po’ di lacrime,
si offrì di riparare i danni e pazientemente
seduto per terra in mezzo a
loro, aggiustò i giocattoli rotti facendo ritornare il
sereno. Nel
frattempo Chiara era riuscita a mettere a
letto il piccolino. Provò a fare la stessa cosa con gli
altri, ma mentre i due
gemelli, esausti per la lite e le botte che si erano dati,
acconsentirono senza
fare storie, Paolo non voleva saperne. Solo la proposta di Massimo di
giocare
una partita con lui in cambio della promessa di andare a dormire subito
dopo
riuscì a convincerlo.
**
-
È stata una bella battaglia,
avevi ragione – le disse dal terrazzino dove era andato a
fumare una meritata
sigaretta quando la vide rientrare in cucina.
-
E tu che non volevi credermi!
– sospirò lei mentre, piuttosto stanca, si dava da
fare a pulire il disastro
combinato da Luca – Certo, ci vuole una bella forza a
crescere i bambini, io
non so se ce l’avrei. – aggiunse - Mi piacerebbe
tanto avere un figlio, ma mi
sono talmente abituata alla mia vita tranquilla che solo il pensiero di
dover
fare questo notte e giorno me ne fa passare la voglia.
-
Hai ragione, è meglio farne a
meno – convenne con convinzione lui.
-
Non sono una buona educatrice
tra l’altro – continuò la ragazza mentre
si sedeva su una seggiola, spossata –
con me fanno molti capricci, invece con i genitori, soprattutto con il padre, si comportano come
tanti soldatini.
Massimo
spense la sigaretta e,
presa una sedia, le si andò a sedere di fronte. La
guardò e gli fece pena. Non
sembrava la solita Chiara: i capelli
arruffati, il viso arrossato ed un anellino di pastina che
le era
rimasto appiccicato sulla fronte.
-
Uffa che caldo! – stava dicendo lei
intanto – Qui non c’è neanche
l’aria condizionata -
e facendosi vento con una mano, con l’altra
si alzava i capelli sulla nuca.
Benché
fosse stravolta, era lo stesso seducente.
Il giovane le si fece più vicino. Prima le tolse
delicatamente con la punta
dell’indice la
pastina attaccata sulla
fronte e poi posò le labbra socchiuse sullo stesso punto:
-
Mmh, che buona sei, sai di
formaggino! -
mugolò facendo finta di
gustare il sapore.
La
riempì di piccoli baci teneri sul
viso, scendendo pian piano sul collo fin verso l’attaccatura
del seno che
faceva capolino dalla maglietta scollata.
Già
cominciavano a sentire la solita
irrefrenabile eccitazione che li coglieva ogni volta che si toccavano
quando
udirono gli strilli di un bambino.
-
È Luca – disse la ragazza scattando
subito in piedi.
Corse
nell’altra stanza e pochi momenti
più tardi rientrò reggendo tra le braccia il
bimbo.
-
Non lo so cosa gli prende, ma sta
piangendo di dolore. Guarda che lacrimoni –
osservò preoccupata.
Lo
esaminarono attentamente finché si
accorsero che su una gambetta grassoccia c’era una grossa
bolla procurata dalla
puntura di una zanzara.
-
Povero amore mio, gli deve far tanto
male! -
lo compianse la zia baciandolo.
Poiché
non riusciva a calmarlo, chiese
a Massimo di mettergli un po’ di
lozione per le punture, cosa che questi si affrettò a fare
con tutta la
delicatezza che riuscivano stranamente ad avere le sue grandi mani.
Un
po’ per il sollievo provato, un po’
per la curiosità di vedere quell’omone estraneo,
Luca smise di piangere. Era molto
grazioso vestito solo di una canottiera e del pannolino, il visetto paffuto sul
quale brillavano gli
occhietti ancora
pieni di lacrime.
Massimo gli sorrise e cominciò a fare con lui un giochino
imparato con i
nipotini: gli avvicinava alla bocca il ciuccio tirandoglielo via quando
stava quasi
per afferrarlo. La cosa non tardò a divertire il bimbo che
incominciò prima a
fare dei sorrisetti timidi mostrando i teneri dentini
per
poi finire a ridere di gusto e ad agitare tutto allegro le
braccine e le
gambette.
Chiara
li osservava con tenerezza e
quando il suo sguardo incontrò quello di Massimo, compresero
senza parlarsi che
tutto quanto si erano detti poco prima erano solo sciocchezze
perché neanche
loro avrebbero potuto sottrarsi a quella meravigliosa legge di natura
che porta
un uomo ed una
donna a desiderare di
avere dei figli.
-
Come sei bella con un bambino
in braccio! – le sussurrò, davvero incantato dalla
dolcezza tutta femminile
sprigionata in quel momento da lei. Mettendole una mano sulla nuca tra
i
capelli leggermente sudati, l’attirò a
sé e la baciò.
La
pausa di
abbandono durò solo pochi minuti perché il bimbo,
sentendosi trascurato,
riprese a piangere e dovettero ricominciare a darsi da fare per
calmarlo.
Per
fortuna alla fine si addormentò,
con la boccuccia
socchiusa e la bella
testina abbandonata sul seno della zia.
Anche questa però ormai ciondolava dal sonno
benché non fossero nemmeno
le undici.
In
considerazione della giornata particolarmente
faticosa che aveva avuto, Massimo s’impietosì e
dopo averli salutati posando
dei teneri baci sul visino di Luca addormentato e sugli occhi di
Chiara,
storditi dal sonno e dallo struggimento infinito che lui le provocava,
se n’andò
via con il cuore colmo di tenerezza.
|
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Capitolo 5 *** 18 agosto - sabato mattina ***
18
AGOSTO sabato mattina
Dopo
essersi
sentiti al telefono, Massimo e Chiara decisero che lei sarebbe passata
a
prenderlo in albergo alle nove in punto. Siccome era ancora presto, il
giovane
si rimise un altro po’ a letto ma riprese sonno e
così, quando la raggiunse
nella hall, erano già le nove e venti.
La
trovò a
parlare con un uomo corpulento.
-
Eccoti
finalmente, complimenti per la puntualità! – lo
rimproverò non appena le fu
vicino poi lo presentò come “il mio
collega” al suo interlocutore che era
Francesco, il proprietario dell’albergo.
Questi
conosceva Chiara
sin da piccola e poi era anche la cognata del suo migliore amico per
cui
cominciò a cantarne le lodi. Rimasero a conversare un
po’, ma poi lei, un po’
infastidita ed impaziente di cominciare la giornata, concluse
sbrigativamente
le chiacchiere e condusse Massimo alla fermata dei bus.
-
Dove mi porti?
– le chiese, tutto allegro.
-
In un posto
meraviglioso. È un parco termale dove ci sono piscine a
diverse temperature,
cascate di acqua calda e vasche ricavate nella roccia, il tutto immerso
nel
verde. Questo non va bene… – aggiunse riferendosi
ad un pullman stracolmo che
arrivava in quel momento.
-
E per arrivare
in un simile Eden dobbiamo per forza salire su uno di questi cosi pieni
di
gente? Non possiamo prendere un taxi? – protestò
l’altro con veemenza.
Chiara
lo ignorò
ed afferratolo per un braccio, lo trascinò a bordo di un
autobus arrivato in
quel momento.
–
Capitalista! – lo apostrofò - Perché
dovevamo spendere soldi inutilmente? Questo ci porterà a
destinazione in pochi
minuti.
Massimo
detestava
di cuore prendere i mezzi pubblici a Napoli perché erano
sempre affollati e
mugugnò una protesta.
-
Si capisce, non
ci sei abituato, qui non è come
dalle
tue parti che i bus funzionano come orologi. Ma cosa vuoi farci, ci si
deve
rassegnare! D’altronde – osservò ancora
scherzando Chiara – per te la folla non
è un problema: grande e grosso come sei, e chi ti smuove?
Infatti
era
grande e grosso e per proteggere lei, invece così piccolina,
la fece mettere in
un angolino e le si parò davanti, un braccio di qui e uno di
là, in modo che
nessuno potesse urtarla. La ragazza si sentì contenta di
avere quell’insolita
protezione e gli appoggiò il mento sul braccio alzando il
viso sorridente verso
di lui che non
esitò, nonostante la
folla, a piazzarle
un allegro, tenero
bacione sulla bocca prima di distrarsi a guardare dal finestrino il bel
panorama
che scorreva davanti ai suoi occhi.
**
Il
posto dove
arrivarono era davvero il
paradiso
che gli era stato
promesso. Fecero il
bagno in piscine calde, si rilassarono nel bagno turco per poi
ritemprarsi
con un bel tuffo
nel mare cristallino di
una splendida baia. Ma non era finita lì perché
Chiara, arrampicandosi su per
delle scalette nella roccia, lo condusse
in piscine scavate nella pietra dove si poteva fare il
bagno nell’acqua
termale godendo di un panorama stupendo. In una di esse, al colmo del
benessere
fisico, immersi nel tepore e nel profumo della mortella e del
rosmarino,
Massimo la attirò a sé. La prese tra le braccia e
le fece posare il capo sulla
sua spalla, invitandola a rilassarsi ed a chiudere gli occhi. La
giovane donna
non si fece pregare e si godette non solo la carezza del sole, ma anche
i baci
che lui pian piano le posava sulla tempia, sulla guancia, sul
collo… Sarebbe
rimasta così per sempre, ma purtroppo dovettero smettere perché si
avvicinò un gruppo di bagnanti.
Però
c’era ancora
tanto da divertirsi. Trascorsero ancora molto tempo a bagnarsi sotto
cascate di
acqua calda e ad immergersi ridendo per l’alternarsi del
freddo e del caldo
nella piscina Kneipp …
Si
arresero solo
quando furono davvero esausti.
Dopo
una
colazione con dei panini portati da Chiara, si distesero beati sui
lettini a
riposare.
La
ragazza si
assopì quasi subito, accarezzata dal sole che le faceva
brillare la pelle
ancora bagnata. Indossava un bikini molto ridotto che le copriva ben
poco.
Massimo si mise ad osservarla nei particolari, cosa che fino a quel
momento non
aveva mai fatto nonostante avessero già avuto rapporti.
La
sua paura
d’ingrassare era soltanto una fissazione perché
per il momento le forme di
Chiara erano solo molto femminili. Forse lui non era un buon giudice
perché se
una donna gli piaceva, gli piaceva nell’insieme ma non riusciva a comprendere
le donne che si
facevano tanti crucci per qualche chiletto in più o per un
po’di cellulite. Lei,
ad esempio, proprio per il seno prosperoso, il pancino rotondetto e le
cosce
ben tornite, era molto desiderabile. Certo non era la più
bella che avesse mai
avuto, ma in compenso aveva altre qualità che gli piacevano
molto: la finezza
dei modi, la simpatia, l’intelligenza, la cultura. Senza
contare che faceva
all’amore in un modo meraviglioso, meglio di tante bellone
che promettevano
tanto e davano invece tanto poco.
Mentre
continuava
a guardarla, la ragazza si era rigirata sulla pancia ed i capelli
lasciati
sciolti per farli meglio asciugare, le erano finiti sul viso. Con
tenerezza,
Massimo glieli scostò sulle spalle poi scese con la mano in
una lenta carezza
sul dorso, sulla schiena, sui glutei giù fino alla coscia,
godendo del contatto
con la pelle vellutata. La desiderava ed ancora di più
sentiva crescere la
voglia nel notare il modo voluttuoso con il quale lei si stiracchiava
sotto
la sua carezza,
come una sensuale
gattina.
Pian
piano Chiara
aprì gli occhi e lo guardò, ancora un
po’ assonnata. Provava una dolcissima
sensazione alle carezze ricevute. Le mani di Massimo le piacevano
molto,
nessuno mai, solo toccandola, le
aveva
saputo dare un piacere così intenso. Sarebbe rimasta per ore
a farsi
accarezzare senza mai saziarsene.
-
Ho dormito
tanto? – gli chiese stiracchiandosi ancora.
-
No, una ventina
di minuti. Mi dispiace di averti svegliata, non volevo – si
scusò l’uomo
con una voce roca
che ormai lei
cominciava a riconoscere.
Si
voltò di nuovo
sulla schiena per guardarlo meglio, godendo del suo sguardo colmo di
desiderio.
Allora lui le si sedette vicino riprendendo a carezzarle il viso e poi
il seno
e poi il pancino. Stava per chinarsi a baciarla quando fu fermato da
due manine
che lo allontanarono.
- Guarda che questa zona
è riservata agli
adulti solo perché è termale, mica
perché ci si può pomiciare –
scherzò la
ragazza con un sorriso malizioso.
Però
Massimo non
se ne diede per inteso. La sollevò a sedere e prendendola
tra le braccia,
cominciò a baciarla prima piano, poi sempre più
profondamente. Chiara cercava
di staccarsi, ma appena lo faceva, la bocca di lui l’attirava
come una calamita
e lei stessa premeva ancora le labbra contro le
sue, avida di quei baci appassionati che le facevano
girare la testa.
Purtroppo
arrivarono
i loro vicini di ombrellone e dovettero staccarsi.
-
Mi prendi un
po’ di acqua dalla borsa per favore? È
legata lì, sotto l’ombrellone, io non
ci arrivo – gli chiese mentre per
darsi un contegno aveva cominciato a spalmarsi di crema
solare.
-
Non posso – le
fece lui serio ed
allo sguardo
interrogativo della ragazza aggiunse, sorridendo sornione –
Non mi posso mica muovere…
Appena
ebbe
capito quale era il problema, Chiara scoppiò a ridere ed
anche Massimo, divertito,
si fece una bella risata che
allentò un poco la tensione.
-
Sei una strega
– le disse – aspetta e vedrai se non te li faccio
pagare i tuoi sfottò!
-
Sì però io
adesso vado a fare il bagno nella vasca Iacuzzi mentre tu non puoi
– lo prese
in giro con un tono canzonatorio.
-
Ed invece
posso, streghetta. È passato.
-
Ma io non
dicevo per quello.
Hai mangiato da poco
e non puoi fare il bagno.
-
Perché, tu non
hai mangiato?
-
Si, ma un
panino solo e pure piccolo. Tu invece te ne sei pappato ben tre!
-
Anche i miei
erano piccoli. Sembri mia madre che voleva farmi aspettare tre ore
anche se
avevo mangiato solo un pacchetto di patatine!
-
Pacchetto…
formato famiglia, se ben ti conosco…
-
L’ho detto: sei
una strega!
**
Poco
dopo se ne
stavano beati nell’acqua calda a godersi
l’idromassaggio. Chiara era stata lì
tante volte, ma mai aveva provato un benessere così intenso.
Forse era la
presenza di Massimo ad acuirle i sensi.
Gli
si avvicinò
piano per prenderlo in giro mentre se ne stava tranquillo con gli occhi
chiusi.
-
Mmh, ma che bel
coccodrillone c’è qui! –
mormorò e carezzandogli il petto, cominciò a
morsicargli l’orecchio.
-
Sei cattiva
però – protestò
il poverino aprendo gli
occhi – e se poi il coccodrillone azzanna la gazzella
imprudente e se la divora
in un solo boccone?
Così
dicendo
afferrò la ragazza che lottò per divincolarsi.
Si
accorsero solo
in quel momento di due attempati turisti tedeschi che, in attesa della
vasca, stavano
osservando divertiti il
loro gioco. Un po’ vergognosi, si affrettarono ad uscire per
lasciare il posto
libero. A quel punto optarono per un salutare bagno a mare. Fecero una bella nuotata e quando
furono stanchi,
andarono a sedersi sulla sabbia del bagnasciuga. La spiaggia piena di
bambini e
l’acqua fredda avevano calmato i reciproci bollenti spiriti e
così se ne
stettero tranquilli a chiacchierare.
-
Allora ti piace
qui? – gli chiese Chiara ad un certo punto.
-
Moltissimo. Ci
passerei volentieri dieci giorni, il che per me è quanto
dire. Di solito non
resisto mai nello stesso posto più di tre giorni.
-
Dove passi le ferie
di solito?
-
In giro per il mondo e sempre in
periodi alternativi.
-
Davvero? – gli
domandò interessata – Raccontami, dai.
Massimo
le parlò della sua passione per i grandi
viaggi. Era stato in
varie parti dell’Africa, in Sud America, in Giappone ed il
prossimo viaggio
voleva organizzarlo in Australia.
-
Siamo un gruppo
di amici molto affiatati – spiegò alla ragazza
che, rapita, lo ascoltava
raccontare – Potresti venire anche tu la prossima volta. Devi
solo conservare un
po’ di ferie per febbraio o
marzo perché quello è il periodo
migliore.
-
No, io non
posso venire – gli rispose mentre accovacciata teneva le
braccia allacciate
intorno alle gambe.
-
E perché? - le
domandò incuriosito - Per i soldi? Certo bisogna fare
qualche economia, ma non
sono cifre impossibili.
-
No, non è per quello… – la ragazza
esitò per poi
concludere tutto di un fiato, vergognandosi un po’
– Ho paura di prendere
l’aereo.
Massimo
rimase qualche
istante incredulo.
-
No, non è
possibile! Come una vecchietta! -
esclamò e si mise a sghignazzare.
-
C’è poco da
sfottere. Non ci riesco e basta!- si risentì Chiara - I miei amici lo sanno. Una
volta mi hanno
trascinato in Sicilia con la scusa che era un viaggio breve, ma
è stata la
prima e l’ultima volta, non ci metto più piede su
quei trabiccoli!
-
Ed allora come
fai a spostarti?
-
In treno,
qualche volta con la nave. Poi non vado mai troppo lontano. A cosa
serve
andarci quando magari quello che veramente ti piace ce l’hai
sotto il naso?
-
Eppure non
l’avrei mai detto che la pensavi in questo modo. Poco fa mi
hai fatto tutte
quelle domande sui posti che ho visto…
-
Li vedevo attraverso
i tuoi occhi. A volte può piacere anche qualcosa che va al
di là dei tuoi
soliti standard, no? - gli chiese guardandolo con il suo sorriso
dolcissimo.
Massimo
ci pensò
un poco su.
–
Certo, anche a
me è piaciuto molto stare a casa tua, eppure io sono un tipo
a cui le case
stanno molto strette, credimi - le confessò.
-
Oh sì, ci credo! - ammise lei ridendo.
**
Il
tempo volò via
piacevolmente tra le chiacchiere ed i bagni. Presto si fece pomeriggio
e
dovettero andar via ma questa volta lui fu inamovibile
nell’imporre un taxi.
Sulla strada del ritorno si fece promettere che la sera sarebbero
usciti a cena
insieme. Chiara fece un po’ di resistenza più per
complimento che per altro: in
fondo si aspettava quell’invito tanto che si era portata
persino il vestito
nuovo.
Arrivati
in
albergo presero appuntamento per le sette e trenta. Nel salutarlo, lei
non
mancò di raccomandargli la massima puntualità.
A
casa trovò la
sorella letteralmente distrutta dalla stanchezza e dal
gran chiasso dei bambini.
- Ehi, ma oggi non ci doveva
essere anche
Riccardo qui? –
le domandò.
-
C’è, ma è
andato a fare una partitina a carte con Raffaele. Pover’uomo,
lavora tutta la
settimana al negozio, perlomeno il sabato si riposa un po’!-
le rispose l’altra
con la sua abituale, rassegnata mansuetudine.
-
Già, tu invece
ti riposi tutta la settimana ed il sabato puoi anche lavorare
– osservò con
ironia Chiara, ma le fece pena la faccia dispiaciuta
di Cristina e così si affrettò a darle una mano con quei
quattro monelli.
**
-
Sei stata fantastica,
senza il tuo aiuto non ce l’avrei mai fatta! – le
disse Cristina quando i
bambini dopo essersi lavati ed aver cenato si misero a giocare
tranquilli in
attesa di andare a letto –
Ora ci
prepariamo anche noi da mangiare.
-
Ti dispiace se
vado fuori con Massimo? – le chiese la sorella.
-
Ma come? Sei
già stata tutto il giorno con lui! –
osservò l’altra ma vedendo la sua
espressione delusa, si affrettò ad aggiungere –
No, non mi dispiace, sei
giovane ed hai tutto il diritto di
divertirti. Ti piace proprio Massimo, non è vero? Devo
ammettere che è davvero
un gran bel ragazzo.
-
Sì, ma non mi
piace solo per quello. Anzi, ti dirò, se fosse stato uno di
quegli uomini belli
ma vanesi ed arroganti, cosa che capita spesso, non lo avrei neanche
degnato di
uno sguardo. Invece è anche simpatico, intelligente, dolce,
premuroso…
-
Piano, piano.
Bada bene, sono tutti così all’inizio, persino
Riccardo lo era! - osservò la
donna ridendo.
Anche
Chiara rise
divertita poi le chiese:
-
Mi aiuti a
farmi bella? Sarà un’impresa ardua
però. Guarda come sono ridotta! – e
gettò
uno sguardo alla sua immagine riflessa nello specchio facendosi una
smorfia di
disgusto.
-
“Invece non sei
mai stata così bella” -
pensò Cristina
scorgendole negli occhi una luce di felicità che la rendeva
raggiante. Da anni
non la vedeva più così, forse da quando erano
ancora molto giovani. Si augurò
in cuor suo che quel Massimo potesse fare finalmente il miracolo.
Allegre
come due
ragazzine, si dedicarono quindi alla toletta di Chiara.
-
Cosa ti metti?
– le chiese mentre la sorella si
spalmava di crema
dopo bagno la
pelle ambrata.
-
Ho comprato un
vestito ieri, è lì sul letto, guarda se ti piace.
Cristina
sollevò
il vestito per osservarlo bene.
-
È dozzinale –
commentò con una smorfia di disapprovazione- Dove l’hai
comprato?
-
All’ipermercato
ma l’ho pagato poco.
-
Ma perché devi
essere sempre così taccagna?
-
È inutile che critichi.
Lo sai che ritengo inaccettabile gettare via tanti soldi per il vestire
come
fate tu e Riccardo. Invece è carino e
mi
sta anche bene.
-
È completamente
scollato e tu, con quelle tettone che ti ritrovi, come farai a metterlo
senza
reggiseno? – osservò ancora la sorella.
-
Ho pensato
anche a questo, non ti preoccupare. Però, ora che ci penso,
mi accorgo di non
aver portato le scarpe adatte. Come faccio ora?
-
A questo c’è rimedio – la
rassicurò Cristina – ti
presto io un bellissimo paio di sandali.
Li
andò a
prendere ma guardandoli, aggiunse dubbiosa:
–
Sono perfetti, gli
strass richiamano quelli della bretellina del vestito, ma
c’è un problema:
hanno il tacco piuttosto alto e tu non ci sei abituata.
-
Se uscirò
spesso con Massimo dovrò abituarmi a portarli, sono stufa di
arrivargli appena
al mento, prima o poi si accorgerà che sono una tappetta!
-
Perché, secondo
te non lo ha ancora notato? Certo che l’ha notato ed anche
questo ha notato! –
le disse dandole una
bella pacca sul
sederino indisponente.
Ma
quella sera
Chiara era troppo felice per farsi un problema del suo aspetto fisico e
si fece
aiutare dalla sorella anche a legare la massa di capelli ribelli che
aveva appena
finito di asciugare.
Mentre
le metteva
delle forcine, Cristina pensava
quanto
le fosse cara. Da piccola era stata un po’ gelosa di quella
sorellina che monopolizzava l’affetto dei
genitori, ma poi crescendo,
soprattutto quando erano rimaste sole,
aveva capito il suo enorme bisogno di affetto, un bisogno
tanto grande
da diventare paura di non essere amata. Era come una piantina che
bisognava
annaffiare tutti i giorni per non farla inaridire. Purtroppo la vita
non le
aveva riservato granché
e lei stessa,
per quanto le volesse bene, era troppo presa dai suoi problemi per
poterle
stare veramente vicino quando ne aveva più bisogno. Comunque
adesso era uno
splendore e forse aveva trovato anche l’uomo che aspettava.
-
Ciao allora –
le disse Chiara nel salutarla – ti prometto che sabato
prossimo starò tutto il
giorno con i bambini così tu potrai goderti una giornata al
mare.
-
Grazie, ma
adesso pensa a divertirti tu.
Mentre
la sorella
scendeva le scale
di corsa, la
richiamò per raccomandarle:
-
Mi raccomando, stai
attenta.
*******
Anche
se ho scritto la
storia sotto forma di diario, ho preferito dividere questa giornata in
mattina
e sera. Ho dovuto farlo per
ridurre la
lunghezza eccessiva causata dal fatto che dovevo dare qualche
particolare in più sui miei
personaggi. Però sono certa che non vi dispiacerà
aspettare un nuovo capitolo per
sapere cosa succederà tra Massimo e Chiara
la sera stessa, anche perché è piuttosto
prevedibile. Ma in fondo per il
momento questi due si stanno davvero divertendo, quindi, visto che sono
io a
decidere le loro vicende, non faccio
bene a farli godere più che possono?
Oltre
che Cricri e la dolce
amica Faith per le recensioni, ringrazio anche Araba89 e la mia
conterranea
Xsemprenoi. Sono contenta che tutte voi e soprattutto
quest’ultima abbiate apprezzato
il modo in cui ho descritto
le locations
partenopee. Mi preoccupavo che fossero troppo uguali a quelle del mio
precedente
romanzo ma in effetti preferisco parlare di luoghi
che conosco per non rischiare di dire
sciocchezze. D’altronde sono davvero posti che meritano,
anzi, a tal proposito
spero di essere riuscita in questo capitolo e nel prossimo a
trasmettervi l’atmosfera
incantata di un giorno d’estate nell’isola
d’Ischia oltre che, naturalmente, le
emozioni di un uomo e di una donna che stanno cominciando a conoscersi
e forse
ad amarsi…
|
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Capitolo 6 *** 18 agosto - sabato sera ***
Mie carissime lettrici,
grazie di cuore a tutte
per le recensioni e per avermi inserita tra le seguite e le preferite (ho notato
anche il nome di Pirilla88,
a cui sono particolarmente grata
perché ha già seguito anche l’altro mio
lavoro). Il vostro gradimento e la
partecipazione con la quale state sostenendo questa storia mi riempiono
di
gioia e mi spingono a continuare con entusiasmo. Spero di non deludervi
con il
prosieguo. Certo anche Massimo e Chiara incontreranno
qualche
difficoltà, ma per ora stanno assaporando solo
l’emozione del loro incontro, perfettamente
felici. Così come avevo promesso, posto subito il racconto
della loro magica
serata sperando che anche chi legge, così come è
avvenuto per me che ho scritto,
possa vivere con loro, almeno nella fantasia, la
magia di un momento così particolare e romantico.
18
AGOSTO sabato sera
Si
era fatto
tardissimo, altro che le sette e mezza,
erano già quasi le otto!
Massimo
stava lì da una buona mezzora. Aveva fame e, abbastanza
innervosito
dall’attesa, aveva già fumato almeno tre
sigarette. Quando però la vide
arrivare con il passo un po’ incerto per i tacchi alti che
evidentemente non
era abituata a portare, gli venne da sorridere di tenerezza. Era assai
carina.
Indossava il misterioso vestito bianco comprato due sere prima che le
lasciava
le spalle scoperte, tranne che per una sottilissima bretella di strass
che
brillavano sulla pelle morbida ed abbronzata. Aveva tirato su i capelli
e si
era truccata un po’. Insomma, stava proprio bene.
Anche
Chiara lo
stava osservando pensando la stessa cosa di lui. Portava una camicia
azzurra
aperta sul collo ed un jeans dello stesso colore. I suoi occhi
risaltavano in
modo meraviglioso ed era molto affascinante con quella barbetta corta
ed i
capelli morbidi e folti.
Si
sorrisero e
Massimo, in tono di scherzoso, la rimproverò.
-
Meno male che
dovevo essere io puntuale!
-
Scusami, hai
ragione, ma ho dovuto aiutare un po’ Cristina
con i bambini. Quell’egoista di mio cognato l’ha
piantata lì e se n’è andato a
giocare a carte con gli amici.
- Ha fatto bene,
così si fa con voi donne, le
schiave dovete fare! - scherzò il giovane a cui era tornato
il buonumore -
Ascolta, schiava, ho una fame tremenda. Dove si va a cena?
-
Ma quale cena!
Adesso ti porto in un posto dal quale si vede un tramonto bellissimo
– gli fece
dispettosa.
-
Il tramonto?
Guarda che ho l’adrenalina alle stelle
per cui in questo momento non mi sento tanto sentimentale
da preferire
un tramonto ad un piatto di spaghetti.
Però
scherzava e
l’accompagnò di buon grado. Tenendosi teneramente
abbracciati, attraversarono
le stradine affollate del piccolo centro balneare fin quando arrivarono
in una
bella piazza. In fondo, bianca ed irregolare, si stagliava contro il
cielo
ormai tinto di porpora la piccola chiesa di Santa Maria del Soccorso.
Salirono
le scalette maiolicate e si avvicinarono al parapetto affacciato su di
un mare
che passava dal verde al turchino più intenso, lasciando
scorgere gli scogli in
trasparenza. Il sole era
ormai una palla
infuocata all’orizzonte e nonostante ci fossero parecchie
persone, c’era molto
silenzio perché una simile visione lasciava davvero senza
fiato. Stretti l’uno
all’altra, parlarono sottovoce dello spettacolo stupendo che
si offriva ai loro
occhi, di quello che significava per l’umanità,
del tempo che passava
inesorabile senza curarsi mai di nessuna gioia, di nessun dolore. Solo
quando
il sole fu tramontato del tutto lasciando un tenue chiarore rosato nel
cielo,
il povero Massimo la pregò di ritornare alle più
prosaiche occupazioni di tutti
i giorni come il mangiare e di scegliere un ristorante.
-
Potremmo andare
a Ischia Ponte – suggerì la donna -
prendiamo il bus ed in tre quarti d’ora circa
siamo lì.
-
Ma tu sei
pazza! – protestò lui, davvero affamato
– Hai deciso di farmi la festa!
Incurante
delle
sue resistenze, la trascinò verso un locale lì
vicino.
-
No, il pazzo
sei tu! Questo ristorante qui deve essere carissimo… - lo
avvertì Chiara.
-
Me lo posso
permettere.
-
Io no e non ho
intenzione di lavare i piatti.
-
Non ti
preoccupare, pago
io… poi
magari
mi risarcisci con una comoda rateizzazione sullo stipendio.
-
Tanto io mangio
poco! - commentò la donna facendogli una delle sue
smorfiette così seducenti.
Entrarono
ridendo
ed erano tutt’e due talmente carini e felici che un cameriere
appena li vide li
prese in simpatia e li fece accomodare al tavolo migliore per poi
consigliare
loro le cose più buone preparate dallo chef
quella sera.
Come
al solito il
giovane fece onore alla buona tavola ed anche Chiara mangiò
con gusto perché si
sentiva molto allegra e quando era di buonumore le veniva appetito.
Massimo
riprese a
parlare dei suoi viaggi, delle specialità assaggiate in giro
per il mondo, poi spostò
il discorso sui suoi compagni di viaggio che le descrisse come una
banda di
mezzi svitati.
-
Devono essere
molto simpatici – osservò la ragazza addentando un
gamberetto – ci credo che vi
divertite tanto.
-
Tu amici ne hai? – le chiese a sua volta,
desideroso di sapere di lei.
-
Qualcuno. Ci sono un paio di coppie sposate,
rigorosamente tutte senza figli però, … per
quelli basta mia sorella -
aggiunse fingendosi terrorizzata al
pensiero di altri bambini tra i piedi – poi ci sono Roberta e
Paolo, i
proprietari dell’appartamento per intenderci, che vivono a
Roma, Giovanni…
-
E chi è mo’ questo Giovanni!? – le fece,
dando ad
intendere di essere geloso.
-
È il mio più grande amico. Ci conosciamo da tanti
di quegli anni ormai e condividiamo molti interessi: la meditazione, lo
yoga,
la ricerca trascendentale …
-
Basta che con
lui cerchi solo la trascendenza e nient’altro! - ridacchiò
Massimo.
-
Non prendermi
in giro! È importante crearsi un percorso spirituale, per
quanto mi riguarda mi
ha aiutato tantissimo.
-
Si vede, sei
diventata piuttosto stramba! – continuò a
scherzare l’uomo con il suo sorriso
malandrino.
-
Non capisci
niente, sei un materialone, scema io che perdo il tempo con te a
cercare di
spiegarti certe cose! Giovanni invece è come me, lui
sì che ha l’animo
sensibile! – protestò fingendosi offesa.
Massimo
si limitò
a sogghignare guardandola divertito perché era un
po’ brilla ed ancora più
simpatica del solito.
-
Però la
mia amica del cuore è Federica. La conosci
anche tu forse, è la mia collega di stanza –
proseguì allegra la ragazza.
-
Chi, la balena?
- le chiese lui corrugando le sopracciglia ma subito si
pentì di averlo detto
perché la vide rabbuiarsi.
Fattasi
improvvisamente seria, infatti Chiara lo rimproverò:
-
Perché voi
uomini dovete essere così crudeli con le donne non belle?
È vero, Federica è
grassa e non ha un viso carino, ma ti assicuro che è la
persona migliore del
mondo. Ce ne fossero altre così!
-
Scusami, hai
ragione – si affrettò a giustificarsi mortificato
- Però
devi ammetterlo, la prima cosa a saltare
agli occhi è la bellezza fisica e certo la tua amica non ne
è molto dotata.
-
Già, e per
questo motivo i ragazzi la evitano. Però, se si riuscisse
anche a guardare
dentro le persone, forse ci si renderebbe conto di quello che si perde
a
catalogarle solo come belle o brutte. Si può sbagliare
facilmente credendo che
la bellezza del corpo debba essere per forza sinonimo di bellezza
dell’animo.
Se si vedesse davvero chi siamo, allora Federica sarebbe la donna
più corteggiata
di tutte ed invece…
-
Invece tutti
corteggiano te che sei notoriamente una strega – la
buttò ancora sullo scherzo
prendendole una mano e baciandogliela, però vedendola ancora
dispiaciuta, le
chiese ancora scusa per l’apprezzamento poco gentile di poco
prima nei
confronti della collega.
-
Devi volerle
davvero bene – osservò.
-
Anche lei me ne
vuole ed io gliene sono molto grata.
Non sai quanto sa aiutarmi in ogni circostanza, anche sul lavoro. Senza
di lei
non avrei saputo superare tante cose. Io sono una grande imbranata,
Massimo,
questo per chi non l’avesse ancora capito! –
soggiunse con un broncio così
delizioso che gli fece venire voglia di baciarla.
-
No, tu sei
meravigliosa – le disse con tenerezza - Sei
una donna molto leale e buona. Le persone
che ti sono vicine sono fortunate ad avere il tuo affetto.
-
Com’è, adesso non
sono più una strega? -
riprese di nuovo a scherzare Chiara, felice della
sincerità che aveva
avvertito nella sua voce.
**
Alla
fine del
pranzo si alzò per andare in bagno a lavarsi i denti e
poiché Massimo la prendeva
di nuovo in giro per
quest’altra mania
per la quale circolava sempre armata di spazzolino e dentifricio, gli
sussurrò:
-
No, è solo una
scusa per evitare il momento del conto: posso scappare dal finestrino
della
toilette nel caso!
-
Se ti ho detto
che pago io!
-
Sì, ma a me può
venire sempre un infarto a vedere la cifra che sborserai. Peggio per
te,
prendevamo il bus…
Gli
diede un
bacino su di una guancia e se n’andò via.
Quando
poco dopo la
vide tornare verso di lui, così carina ed allegra mentre
faceva un sorriso cordiale
al cameriere che doveva averle detto qualcosa, si accorse di
desiderarla molto
e di non vedere l’ora di stringerla ancora tra le braccia.
Appena
furono
fuori l’attirò a sé dicendole piano in
un orecchio:
-
Ora che
l’adrenalina è tornata nei limiti che ne dici di
pensare ai miei livelli di
testosterone?
-
Dico che i tuoi
ormoni sono dei veri rompiscatole! Io devo guardare un
po’… la luna!
Si
liberò dalla
sua stretta e si avviò decisa verso il lungomare da dove si
godeva la vista di
un plenilunio stupendo.
Anche
questa
volta Massimo dovette acconsentire, ma non ce la faceva a stare fermo,
l’abbracciava in continuazione e quando non passava nessuno,
cercava anche di
baciarla.
-
Ehi, ma che ti
prende stasera? La vuoi finire! – protestò
spazientita la ragazza fermandogli per
l’ennesima volta le mani.
-
Ho sbagliato a
chiamarti strega. Non sei una strega, sei una di quelle sirene che
circolavano
una volta da queste parti e costringevano i poveri marinai a buttarsi
sugli
scogli tanto si facevano desiderare.
Mentre
lei
rideva, le riempiva le guance ed il collo di baci.
-
Dai, andiamo in
albergo: sto morendo dalla voglia di fare all’amore!
– le diceva.
-
Anch’io ne ho
voglia – ammise alla fine la giovane, vinta –
però non posso salire se c’è
Francesco giù in portineria. Mi conosce e la cosa mi
scoccerebbe.
-
E perché?
Non devi rendere conto a lui e poi
che sono queste fisime da piccola borghese!
La
paura di
rimanere deluso lo faceva irritare, ma come al solito optò
per lo scherzo.
–
Comunque posso
metterti un cappuccio in testa e portarti in spalla come una preda,
posso fare
una corda con il lenzuolo e calartela giù dalla finestra,
posso anche arrivare
a far fuori quello scocciatore, però ti prego, vieni da me,
non ne posso più!
-
Va bene
facciamo così: siccome il sabato spesso Francesco non
è in albergo, se non c’è
salgo, altrimenti ti saluto e me ne vado.
-
Ok, almeno c’è
una possibilità.
**
I
desideri di lui
si avverarono perché in portineria c’era un
ragazzo che Chiara non conosceva.
Massimo gli strappò quasi le chiavi di mano e senza nemmeno
aspettare
l’ascensore, la trascinò su per le scale,
aprì in fretta la porta della stanza
e la richiuse alle
loro spalle.
La
donna rideva
di tutta quella furia e non sapeva come fermarlo quando la
agguantò cercando di
spogliarla. Purtroppo nella lotta scherzosa che ne seguì la
sottile bretellina
si ruppe. Assai mortificato, Massimo ebbe paura che si fosse
arrabbiata, ma lei,
dopo averlo scostato con un’espressione di rimprovero, presto
gli sorrise di
nuovo. Avvicinatasi al letto, pian piano, cominciò a calarsi la cerniera sul
fianco facendo
scivolare il vestito ai suoi
piedi. Indossava un corpetto di pizzo
bianco che le faceva la vita piccola piccola e le metteva in evidenza
il bel
seno. In effetti era ancora molto vestita ma era talmente seducente che
il
giovane si sentì quasi impietrire.
Chiara
gli si
avvicino con il passo un po’ incerto sui tacchi alti e
cominciò a slacciargli i
bottoni della camicia e ad ogni bottoncino aperto gli dava un bacino
sensuale
sul petto. Quando arrivò alla cintola alzò su di
lui gli occhi guardandolo come
per invitarlo a proseguire da solo e si andò a sedere sul
letto. In pochi
minuti si ritrovarono abbracciati, ma l’uomo
non volle finire di spogliarla, gli piaceva così, un
po’ vestita. La attirò su
di sé, assaporando la beatitudine che le si dipingeva sul
viso mentre le
carezzava la faccia, le braccia, i fianchi e le affondava le mani nei
capelli che sciogliendosi le ricadevano sulle spalle. Ogni tanto
lei si chinava a
baciarlo, travolta da sensazioni dolcissime.
Massimo
ci sapeva
fare nell’intimità e non certo perché
possedesse particolari doti amatorie ma solo
perché sapeva essere molto attento alle esigenze delle sue
partners. Nei
confronti di Chiara poi provava un trasporto particolare e il desiderio
di
renderla felice era originato più da qualcosa di
paragonabile ad un sentimento che
non dalla semplice voglia di trovare anche con lei un’intesa
appagante.
La
ragazza lo
avvertiva per cui, ancora una volta, fu indotta a lasciarsi andare
all’amore
con molta spontaneità e senza alcuna paura di vivere un tipo
di esperienza a
cui non era di certo abituata.
Alla
fine, stupiti
e felici, si resero conto che fare all’amore era stato molto
bello per entrambi.
Tra una carezza ed un bacio, si sorrisero e poi
all’improvviso il sorriso si tramutò
in una risata sommessa perché tutt’e due avevano
provato la curiosa sensazione
di essere stati lontano in una dimensione sconosciuta dalla quale
stavano
appena tornando.
Sudati
e spossati
per il gran caldo, si rinfrescarono con una doccia durante la quale si
misero a
giocare sotto l’acqua come bambini e dopo tornarono a
sdraiarsi sul letto a
riposare. A poco a poco Massimo si lasciò andare al sonno e
Chiara rimase a
guardarlo mentre lo faceva.
Era
molto felice
anche se non riusciva a capacitarsi che quella felicità
toccasse proprio a lei.
Avrebbe voluto dirgli che lo amava e che le sembrava di aver ritrovato
il gusto
della vita dopo tanta desolante solitudine, ma non osava nemmeno
muoversi per paura
di svegliarlo.
-
“La piccola
morte, così gli orientali chiamano il piacere fisico e forse
– pensava immersa
in un piacevolissimo languore – in questi momenti si potrebbe
anche morire e
sentirsi appagati dalla vita, senza desiderare di andare oltre
perché niente
può essere più perfettamente compiuto.”
Avrebbe
voluto addormentarsi anche lei stretta al suo
amore però la
preoccupazione di dover tornare a casa la spinse ad alzarsi.
Andò in bagno
cercando di fare il minor rumore possibile e si guardò allo
specchio. Era un
vero disastro, con il trucco mezzo sciolto ed i capelli arruffati e
ancora
umidi. Cercò di riprendere un aspetto decente pulendosi la
faccia con l’acqua
ed il sapone ed acconciando alla meglio i capelli con le poche forcine
che non
erano rimaste disseminate nel letto, poi affrontò
l’impresa disperata di
recuperare al buio le mutandine e la guepiere che invano
tentò di riallacciare.
Infine si arrese, la infilò nella borsetta cercando di
farcela stare ed indossò
alla meglio il vestito con la spallina strappata. Dopo aver posato un
bacio
sulla fronte di Massimo, fece per uscire dalla stanza. Era quasi alla
porta
quando questi si svegliò e le farfugliò mezzo
assonnato:
-
Aspetta, ora mi
vesto e ti riaccompagno.
-
No, tesoro,
continua pure a dormire, sono solo quattro passi.
Dormi! – ripeté come si fa con i
bambini.
Senza
aspettare
oltre, uscì nel corridoio deserto.
Purtroppo
proprio
in quel momento Francesco sbucò dall’ascensore.
Nel vederla così stravolta e
con il vestito strappato, si preoccupò che qualcuno le
avesse fatto del male.
- Chiara, che ti
è successo? Stai bene? – le
gridò quasi.
-
Certo, sto
benissimo – si affrettò a rispondergli con un
sorriso allegro per rassicurarlo
– piuttosto tu che
ci fai ancora in giro
per l’albergo a quest’ora?
-
Sono andato a
prendere dei clienti russi a Sant’Angelo – le
spiegò guardandola con uno
sguardo piuttosto indagatore.
Notando
la biancheria che la poverina cercava disperatamente di nascondere
nella
borsetta troppo piccola, aggiunse severo – Vattene a casa,
vai, che è meglio!
La
giovane donna
fece finta di non aver capito il rimprovero velato e lo
salutò con disinvoltura,
ma quando fu dentro all’ascensore sbuffò di
disappunto. Che sfortuna aver incontrato
Francesco proprio quando pensava di
essersela cavata! E che diavolo poi, proprio quella sera quei benedetti
russi
dovevano decidere di farsi accompagnare a Sant’Angelo?
-
“Sant’Angelo, è
proprio un bel posto da far vedere a Massimo” - le venne in mente ad un
tratto.
Nonostante
l’agitazione, al
pensiero di un nuovo
giorno con lui, si
sentì il cuore colmo
di felicità.
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Capitolo 7 *** 19 agosto - domenica mattina ***
19
AGOSTO
domenica mattina
Riccardo
e Francesco si conoscevano sin da piccoli e
spesso la mattina presto andavano a pescare insieme.
L’avevano fatto anche
quella domenica, ma stranamente Francesco se ne stava molto silenzioso.
-
Sembri mezzo imbambolato. Che hai? –
gli chiese l’amico, meravigliato.
-
Stanotte ho fatto molto tardi perché sono andato a
prendere dei clienti che erano andati a cena a Sant’Angelo. A
proposito, sai
chi ho visto in albergo, poteva essere l’una, l’una
e mezza?
-
E che ne so!
-
Tua cognata. Usciva dalla stanza del …
“collega”
– ridacchiò
sottolineando con sarcasmo la
parola – Mi sembrava un po’ sbattutella in
verità, tanto che mi sono anche
preoccupato. Poi, guardandola bene, ho capito che doveva essersela
spassata
pure lei…
-
Che stai dicendo?! Ne sei sicuro? – si
arrabbiò l’altro perché
non gradiva che
Chiara finisse sulla bocca di nessuno, neanche dell’amico.
-
Ehi, non ti inalberare, in fondo non è la sorella
Corradini che hai sposato tu! Anche se se la gode, a te che importa?
Riccardo
si risentì.
-
Me ne importa invece! – strillò facendosi rosso in
viso - Tu l’hai conosciuto quel tipo,
com’è? – s’informò.
-
È un gran bell’uomo, se proprio lo vuoi sapere, di
quelli che fanno girare la testa alle ragazze – gli rispose
Francesco mostrando
una specie di maligna soddisfazione.
Riccardo
non replicò nulla ma non vedeva l’ora di
tornare a casa per parlarne con la moglie.
Appena
fu arrivato, incurante del fatto che lei
stesse cambiando il pannolino a Luca, la investì con una
domanda a bruciapelo:
-
Chi è il tipo con cui è venuta Chiara?
-
È un
collega di Bologna che…
-
L’altro ieri tu l’hai conosciuto.
Com’è? – la
incalzò senza neanche darle il tempo di finire la frase.
-
È bell’uomo
e …
Indispettito,
di nuovo non la lasciò finire.
-
Anche se fosse un divo di Hollywood, quella bella
testa di cavolo di tua sorella dovrebbe mantenere più
decoro! – urlò adirato - Ci
va a letto con quello, il “collega”, fregandosene
altamente che lo si sappia in
giro! – le spiegò sottolineando anche lui con
sarcasmo il termine “collega”.
Cristina
lo guardò seria.
-
Non mi aveva detto nulla, ma in fondo non credo siano
affari nostri.
-
Non lo sono dici? Ti sbagli, io devo sapere questo
chi è e che intenzioni ha. Dove sono andati stamattina?
-
Riccardo, per favore, non ti intromettere – lo
invitò la donna con un’alzata di spalle
dedicandosi di nuovo al bimbo che sgambettava
tutto nudo.
Si
sentiva infastidita perché a volte il marito si
comportava come se fosse geloso di Chiara.
Lui
non si diede per vinto e continuò:
-
Ma ti sei dimenticata quello che abbiamo passato?
Se questo tipo vuole solo divertirsi dovrà fare i conti con
me!
Cristina
sospirò. In realtà non aveva nessun motivo
di dubitare della buona fede di Riccardo perché con la
sorella si era
sempre comportato come un fratello
maggiore, protettivo ed affettuoso. E poi Chiara era davvero tanto
fragile!
Erano dovuti ricorrere anche ad uno specialista per curare la sua
depressione
ed ora che stava un po’ meglio… Forse aveva
ragione, era loro dovere cercare di
proteggerla nel caso fosse incappata in un’altra storia
sbagliata.
- Sono andati
a fare una passeggiata a Sant’Angelo. Mi ha detto che sarebbe
tornata per
pranzo - gli disse cercando di mostrarsi serena.
Vedendolo
cercare subito la ragazza sul telefonino,
gli raccomandò:
-
Cerca di essere discreto, per favore.
Il
marito intanto stava già parlando al cellulare.
-
Pronto, Chiara, dove sei? Senti, sto uscendo con
la macchina, vi vengo a prendere io. No, non ti preoccupare, posso
farlo
benissimo, così evitate i bus che oggi sono affollatissimi.
Non muoverti, tra
dieci minuti sono lì.
**
I
due giovani avevano trascorso una mattinata
incantevole. Avevano girato per i negozietti di Sant’Angelo,
si erano fermati a
guardare il mare, si erano seduti a prendere un aperitivo ad un bar
molto
caratteristico proprio sul porticciolo. Ora stavano nel piazzale dei
bus in
attesa che arrivasse quello utile per riportare a casa la ragazza.
Nonostante
le insistenze di Massimo, infatti, si era rifiutata di andare con lui
al
ristorante perché non poteva mancare al pranzo domenicale in
famiglia.
Approfittando
che non c’era nessuno in quel momento,
lui l’aveva abbracciata stretta e Chiara aveva sollevato il
viso baciandolo sul
petto e sulla pelle delicata del collo perché più
su non ci arrivava. Allora Massimo
si era chinato un poco e, poggiando appena le labbra sulla sua bocca,
le aveva
dato prima due o tre bacetti teneri teneri per poi coinvolgerla in un
vero
bacio che li aveva fatti salire su di giri
in un attimo. Si erano staccati a malincuore
perché dalla notte prima
tra loro era rimasta un’attrazione che li legava molto. Se
avessero potuto, se ne
sarebbero rimasti abbracciati per ore, anche senza dire una sola parola.
Stavano
così quando squillò il cellulare nella
borsetta di Chiara. Massimo la sentì rispondere a qualcuno
cercando di evitare
che venisse a
prenderli.
-
Chi era? – le domandò non appena la vide chiudere
il telefonino.
-
Mio cognato. Uffa! Insiste per venirci a prendere
con l’auto – sbottò irritata.
Il
giovane diede uno sguardo al piazzale oramai
gremito di persone in attesa del bus ed
osservò:
-
A dire il vero non mi sembra un’idea tanto
malvagia visto che come al solito non vuoi prendere un taxi.
-
Si vede che non conosci Riccardo. Preferisco la
morte per soffocamento in un autobus.
-
Esagerata e che sarà mai!
-
L’hai detto anche l’altra sera quando si trattava
dei suoi degni figlioli e poi…
-
Va bene, ma credo che oramai non ci sia scampo.
-
Infatti. È meglio rassegnarsi ma … sii forte, mi
raccomando – concluse con un sospiro.
**
Dopo
un po’ arrivò Riccardo ed uscì
dall’auto per
salutarli. Era un uomo sotto la cinquantina, con un po’ di
pancetta e già un
po’ stempiato, all’apparenza molto cordiale.
-
Ciao, tu sei il collega di Chiara, vero? Ti
dispiace se ci diamo del tu? – gli chiese tendendogli la mano.
-
Nemmeno per sogno! – lo rassicurò Massimo con uno
dei suoi sorrisi più calorosi.
Si
strinsero la mano e poi
si accinsero a salire in auto.
-
Sali dietro tu! – ordinò Riccardo rivolto alla
cognata
che si affrettò ad ubbidire senza fiatare, poi fece
accomodare l’ospite accanto
a lui e ripartì alla volta di casa.
-
Non voglio sentire ragioni: oggi devi venire a
pranzo da noi – esordì subito dopo aver messo in
moto.
-
Ma non è il caso, siete già occupati con i
bambini.
-
I bambini? E che problema sono i bambini?
-
Già – fece Chiara da dietro – per lui
non sono un
problema dato che il suo solo impegno è quello di farli
scodellare in
continuazione alla mia povera sorella!
-
Sta’ zitta tu, smettila con queste aree da
femminista. Una donna non è tale se non fa la mamma,
è una cosa naturale e tu
dovresti vergognarti di essere arrivata alla tua età senza
nemmeno avere la
prospettiva di fare un figlio.
Non
stava scherzando, era serio. Massimo, perplesso,
cercò lo sguardo della ragazza nello specchietto
laterale, ma la vide
guardare fuori dal finestrino.
-
Lo conosci Federico Pace? – continuò Riccardo -
È
un pezzo grosso nella vostra azienda. È stato lui a farmi il
piacere di
raccomandare Chiara.
-
Sì, lo conosco ma non credo abbia potuto fare una
cosa del genere, non ne ha certo la possibilità. Tua cognata
deve aver superato
bene le prove di assunzione, per questo l’hanno presa
– osservò l’uomo.
-
Ti sbagli, Federico è davvero uno che può tanto
lì
dentro. Anzi, se hai bisogno di qualcosa, che ne so, un trasferimento
ad
esempio, potrei
parlargliene.
Massimo
si limitò a sorridere senza dir niente.
Chiara
da dietro rispose per lui con un tono
infastidito:
-
Guarda che Massimo ha un grado molto più alto del
tuo amico.
-
Davvero? – Riccardo si voltò stupito a guardarlo
–
Allora guadagni molto? – proseguì.
-
Discretamente.
-
E sei proprio di Bologna Bologna?
-
Sì.
-
E sei spostato?
-
No.
-
E la casa a Bologna ce l’hai di proprietà, non
è
vero?
-
Insomma, Riccardo, smettila, gli stai facendo il
terzo grado, e che caspita! – sbottò la ragazza
imbarazzata da quel fuoco di
fila di domande poco opportune.
-
Stai zitta tu. Che male c’è se gli chiedo
qualcosa, così per parlare. Non è vero?
-
Figurati,
domanda pure. Ma dimmi, tu che fai invece? Oltre al
papà, naturalmente –
gli chiese a sua volta Massimo tra il divertito e
l’infastidito.
-
Ho un negozio di abbigliamento. Ora insieme ad un
socio ho aperto una succursale in un grosso centro commerciale. A
proposito,
Chiara, ho invitato anche Mario oggi, anche se a questo punto non so se
è stata
una buona idea. Mario è il mio socio, dobbiamo passare a
prenderlo al porto di
Forio – spiegò rivolto al giovane – Ho
detto che forse non è stata una buona
idea perché è innamorato cotto di questa qui
e…
-
Oddio, Riccardo, finiscila! – esclamò esasperata
Chiara
con la voce le tremante.
-
Ehi, ehi, calmati ragazzina. Anzi sai che
facciamo? Ora tu scendi e vai ad aiutare tua sorella a preparare il
pranzo. A
prendere Mario ci andiamo Massimo ed io.
La
ragazza non osò ribellarsi, ma quando scese
dall’auto, lanciò uno sguardo preoccupato
all’amico che le sorrise di rimando
come per dirle: “Non temere, so come difendermi”.
Non gli piaceva come
quell’uomo la trattava, era dispotico ed arrogante, come se
fosse una cosa che
gli apparteneva.
-
La tratti sempre così male? – gli chiese serio
appena furono ripartiti.
Riccardo
rimase perplesso: non aveva mai considerato
il fatto che se la cognata avesse avuto un uomo questi avrebbe potuto
risentirsi
dei suoi modi alquanto autoritari. Si affrettò a chiarire:
-
Io l’ho vista crescere. Aveva solo dodici anni
quando mi sono fidanzato con Cristina e poi, dopo la morte dei
genitori, ho
dovuto farle anche un po’ da padre. Non è stato
facile, sai, ha un brutto
carattere, è meglio che tu lo sappia.
-
Non mi sembra affatto.
-
Ed invece sì, ha la testa dura. Il lavoro per
esempio. Chi meglio di te può sapere se quello che le ho
fatto avere nella
vostra azienda non è un buon posto. Eppure per convincerla a
rinunciare a
quelle quattro cazzate che faceva prima c’è voluto
del bello e del buono. Come
se fosse stata in grado di mantenersi da sola!
-
Poi però ha accettato, non è così?
-
Già, ma sempre come se stesse facendo un piacere a
me. La verità è che la buonanima di mio suocero
le aveva proprio cresciute male
queste figlie. Erano viziate, si sentivano come due principesse e
quando sono
rimaste sole, anche se erano già adulte, non avrebbero
saputo cavare un ragno
dal buco se non ci fossi stato io. Certo con Cristina è
stato più facile,
eravamo fidanzati da tanti anni, ma con Chiara è stato un
problema e lo è
ancora. Prendi anche il fatto della casa. Che bisogno aveva di
andarsene, non
stava bene con noi?
-
Su questo non sono d’accordo – rispose Massimo con
convinzione perché la ragazza gli aveva confidato i motivi
della sua scelta –
aveva bisogno della propria indipendenza ed aveva sempre sognato una
casa così.
-
All’anima del sogno! Ma ti ha detto quanto l’ha
pagata? 400.000 euro, se lo vuoi sapere. Per due stanzette ed un
terrazzo! Senza
contare la montagna di soldi che ha dovuto spendere per ristrutturarla.
-
È una casa molto bella però –
obiettò l’altro.
-
Sarà pure, ma era uno sfizio che non poteva
concedersi. I genitori non hanno lasciato
molto: la casa dove abitiamo noi, la casetta qui ad Ischia ed una
cifretta in
contanti. E quella pazza non solo si è spesa tutto, ma mi ha
costretto a fare
anche un mutuo.
-
Perché, gliel’hai regalata tu?
-
No, le ho
dato la metà del valore della nostra casa. Le spettava, le
eredi erano lei e Cristina
- si affrettò a spiegare per non apparire un approfittatore - ma non è
questo. Ritengo che non ci fosse
bisogno di andare così di fretta. Lo dicevo a mia moglie: se
ne vuole andare? Se
ne vada pure, ma non sarebbe meglio prendere in affitto una casa
più modesta,
magari in periferia e poi quando si sposa le do i soldi per comprarsene
una più
adatta ad una famiglia? Macché, le avessi viste come si
erano coalizzate le
sorelline! “L’appartamento è bellissimo,
la zona è signorile, si sta bene…”. Te
l’ho detto, si sentono principesse!
-
Forse Chiara non si vuole sposare - osservò
Massimo.
Immediatamente
notò uno strano sguardo che il suo
interlocutore gli lanciò di rimando.
-
Spero proprio di sì, oramai dovrebbe aver capito
che è inutile perdere tempo appresso agli uomini sposati,
tanto quelli le
famiglie non le lasciano! Ma
perché, non
ti aveva detto nulla di quella storia? – si
affrettò ad aggiungere Riccardo
vedendo il volto del giovane rabbuiarsi. Stette un po’ zitto,
sperando di non
aver fatto un guaio, poi riprese -
Credimi, io ho la coscienza tranquilla. Ho fatto di tutto
per farle
aprire gli occhi e convincerla
a
lasciarlo, ma lei niente, non ne voleva sapere. Va bene che al giorno
d’oggi
nessuno ci tiene più a queste cose, non è vero?
Però avrei fatto meglio a
spezzarle le gambe piuttosto che farla impelagare in una storia che
l’ha fatta anche
soffrire come un cane!
Massimo
non rispose. Era infastidito perché
quell’uomo non aveva nessun diritto di raccontare ad un
perfetto sconosciuto le
cose più intime della cognata. A meno che non avesse
creduto… Ne ebbe quasi la
conferma quando l’altro riprese a parlare:
-
Anche Mario, vedi, io gliel’avevo proposto solo
perché è un gran brav’uomo ed ha
sofferto tanto. A mio parere avrebbe potuto
farla felice. Però se vuole un altro mi sta bene lo stesso,
basta che ne trovi
uno con intenzioni serie. Non è il caso di
farsi prendere in giro un’altra volta. Senti, -
soggiunse cambiando
bruscamente argomento - se non ti dispiace aspettare un po’
qui, io vado a
prenderlo a piedi, altrimenti ci blocchiamo nel traffico dello sbarco.
Fermò
l’auto e si avviò verso il molo. Massimo fu
contento di quella pausa perché aveva bisogno di riflettere.
Scese anche lui
dall’auto e si accese una sigaretta. Era molto nervoso, si
sentiva coinvolto
suo malgrado in una situazione che non si era aspettato di dover
affrontare.
Non conosceva la mentalità di quella gente del sud e ne era
preoccupato.
Dopo
un po’ Riccardo ritornò con Mario. Poteva avere
pressappoco la medesima età dell’amico e come
quest’ultimo aveva un po’ di
pancetta ed un’incipiente calvizie. In più portava
gli occhiali. Osservandolo,
Massimo fu quasi divertito all’idea che quel pazzo avesse
potuto pensare di
affibbiarlo a Chiara. Una ragazza giovane e carina come lei poteva
senz’altro
aspirare a qualcosa di meglio.
Per
tutto il tragitto del ritorno, Mario non fece
altro che osservarlo torvo senza dire una parola, invece Riccardo
continuò a
chiacchierare.
Anche
troppo per i suoi gusti.
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Capitolo 8 *** 19 agosto - domenica pomeriggio ***
19
AGOSTO domenica pomeriggio
A
casa le due
donne li aspettavano con il pranzo già pronto. Avevano messo
a dormire Luca
mentre i bambini più grandicelli avevano già
mangiato e giocavano sul
terrazzino.
Il
cibo era buono, ma la conversazione languiva. Chi
teneva banco era Riccardo. Cristina e Massimo cercavano di partecipare,
mentre
Mario era ancora chiuso in un mutismo ostinato. Anche Chiara non
parlava. Se ne
stava tutta nervosa in un angolino toccando appena il cibo al punto che
la sorella
ogni tanto le diceva: “mangia!”, come si fa con i
bambini piccoli. Forse in
quella famiglia era un
hobby trattarla come una deficiente e
Massimo, avendola conosciuta come una ragazza intelligente e vivace,
non se ne
faceva una ragione.
-
Allora ti piace Napoli? – gli chiese ad un certo
punto Riccardo.
-
Sì molto, ma non credo che ci verrei a vivere.
Chiara ha ragione, per uno che non ci è abituato deve essere
molto difficile
starci – ammise con la solita franchezza.
L’altro
si risentì perché pensava volesse
disprezzare la sua città.
- In fondo
abbiamo tante cose che voi altri neanche vi sognate e poi non
è affatto vero
che qui si sta tanto male. Frequentando determinati ambienti, ci si
può stare
da dio. Senza contare che la delinquenza e le schifezze ci sono in ogni
città –
osservò.
-
Va bene, ma se non gli piace non gli piace! –
intervenne Cristina contraddicendo il marito – Non
è necessario vivere proprio
qui.
Ci
pensò un po’ su e poi aggiunse rivolta alla
sorella con un certo rammarico:
–
Solo che a te la tua casa piace tanto, non è così
Chiara?
Quest’ultima
la guardò esterrefatta. Battendo le
dita congiunte della mano
sulla fronte
in un comico gesto alla maniera di Totò,
le scappò detto in napoletano:
-
Cristì, ma si’ asciuta pazza!?
Massimo
fece un risolino divertito un po’ perché era
la prima volta che la sentiva esprimersi in dialetto ed un
po’ perché lui
invece aveva capito bene che cosa voleva dire Cristina. Aveva capito
anche che
non doveva lasciarsi sfuggire l’occasione di correre ai
ripari. Per fortuna
questa arrivò poco dopo quando Riccardo,
infervorato nel difendere le bellezze della propria
città così
disprezzata poco prima da quel bolognese, gli chiese se Chiara lo
avesse mai
portato a vedere la Cappella di Sansevero.
-
No, non ancora – gli rispose cogliendo a volo
l’opportunità di chiarire come stavano le cose
– ma d’altra parte ci conosciamo
solo da mercoledì scorso.
Le
reazioni alle sue parole furono molteplici: Mario
alzò lo sguardo e fece un sospiro di sollievo, Cristina
arrossì e guardò il
marito che con il bicchiere ancora
alzato tossiva perché gli era andato storto il
vino. Solo Chiara, che
con gli occhi bassi nel
piatto
continuava a rigirare una foglia di insalata, non
si era accorta di nulla. Quando Riccardo
si alzò da tavola e la invitò ad andare ad
aiutarlo a tagliare l’anguria, non
si meravigliò e lo seguì tranquillamente.
Cristina,
chiedendo scusa agli ospiti, si affrettò ad
accodarsi a loro con la piccola Martina che le trotterellava dietro
chiedendo a
gran voce:
-
Mamma, mi dai una Coca Cola?
Riccardo
non aspettò neanche che fossero entrati in
cucina per investire la cognata in malo modo.
-
E allora, brutta testa di cavolo, quello lì te lo
sei portato a letto senza nemmeno conoscerlo! E quel che è
peggio, senza darti
nemmeno la briga di non farlo sapere in giro! Hai
deciso di diventare proprio una poco di
buono?
-
Riccardo, basta, non esagerare - intervenne
la moglie spaventata dalla piega che stavano
prendendo le cose.
-
È stato il tuo degno amico a riferirti di avermi
visto? – gli rispose Chiara ignorando la sorella, per poi
continuare adirata -
Ebbene sì, l’ho fatto e non devo dare conto
né a te né a quest’altra scema che
ti tiene banco. Mi state facendo morire di vergogna!
-
Ti devi vergognare infatti, ma non per noi, piuttosto
per il tuo comportamento: prima con quello sposato e adesso, come una
puttanella, con questo.
-
Sono affari miei, non permetterti
di entrarci.
-
Ma l’hai capito o no che questo bellimbusto si
diverte un poco e poi ti molla?
-
E a te che cazzo te ne frega!
-
Basta, basta, non urlate, di là si sente tutto!
- intervenne
Cristina sempre più agitata
mentre la bambina, un po’ irritata perché nessuno
le dava retta, continuava a
strillare:
-
“Voglio la Coca Cola! Voglio la Coca Cola!”.
Il
padre, troppo adirato per badarle altrimenti
avrebbe moderato lui per primo il linguaggio, afferrò una
bottiglietta dal
frigo e gliela diede urlando: “Tieni,
vattene adesso!”, poi continuò con lo stesso tono
rivolto a Chiara:
–
Che me ne frega? Dopo, quando fai la depressa, è a
noi che rompi le scatole. Io mi sono stufato di farti da balia dato che
ti
rifiuti di tenere una condotta seria.
-
Davvero? Me lo dici quando ti avrei rotto le scatole?
-
Quando tua sorella piangeva giorno e notte per te,
quando non volevi più mangiare e ti eri fatta pelle e ossa,
quando giravamo da
un medico all’altro per la tua depressione…
-
Non succederà più, non temere! Avevo creduto di
poter avere una mano dall’unica persona di famiglia
rimastami, ma se ritieni
che tua moglie debba occuparsi unicamente di te, preferirei buttarmi
sotto un
treno piuttosto che chiedervi aiuto un’altra volta!
-
Chiara, non fare così – cercò di
rabbonirla Cristina,
assai dispiaciuta – noi ti vogliamo
bene.
L’aveva
afferrata per un braccio ma la sorella si
divincolò ed oramai sull’orlo del pianto, aggiunse:
-
Se è questo il vostro bene preferisco non averlo
affatto!
Gli
ospiti intanto erano rimasti soli a tavola.
Dalla cucina pervenivano le voci alterate dei tre ed anche se non si
capivano
le parole, s’intuiva che stavano litigando.
Massimo
era un po’ preoccupato, mentre Mario non
sembrava dar peso a quello che stava succedendo anzi, per la prima
volta dalla
mattina, gli rivolse la parola per chiedergli:
-
Allora tu e Chiara non siete fidanzati? Riccardo
mi aveva fatto capire che tra voi due c’era
qualcosa…
-
E chi gliel’aveva detto a Riccardo? – chiese a sua
volta un po’ seccato dal fatto che Chiara avesse potuto
spiattellare la loro
relazione a qualcuno, creando delle false aspettative.
Ma
dovettero interrompere il discorso perché arrivò
Martina, tutta offesa e con una bottiglina di Coca Cola che non
riusciva ad
aprire.
-
Mi hanno cacciata fuori – piagnucolò –
me l’apri
tu?
La
porse a Massimo con sul viso un broncio così
delizioso che lui ne fu intenerito.
-
Certo – le disse – vieni qui. Chi è che
ti ha
fatto arrabbiare?
La
prese in braccio e le carezzò le guance pienotte
e la nuca abbronzata su cui ricadevano come un sottile velo dorato i
capelluzzi
biondi sfuggiti dal nodo che li teneva legati.
-
Quelli là. Stanno litigando e non mi pensano
proprio! - fece la bimba ancora piagnucolosa ma poi
con fare da cospiratrice si mise la manina
vicino alla bocca e gli sussurrò piano in un orecchio -
Stanno dicendo pure le
parolacce…
Poi
prese la bibita dalle mani di Massimo e ne bevve
un lunghissimo sorso, quasi senza riprendere fiato.
-
Piano, piano -
la esortò l’uomo sorridendo, ma la
bevanda frizzante aveva già fatto il
suo effetto ed alla bimba scappò un ruttino che la
imbarazzò moltissimo. Si
mise una manina sulla bocca e
fece una
faccetta così comica che l’uomo proruppe in una
risata divertita ed incominciò
a farle il solletico, contagiandole
il
riso.
Cristina
rientrò in quel momento con un grosso
vassoio di anguria tagliata a fette. Aveva il viso molto dispiaciuto ed
era
anche mortificata per l’accaduto, però vedendo la
scenetta che si stava
svolgendo tra la
figlia e quel
giovanotto, venne da sorridere anche a lei.
-
“Deve essere una persona molto dolce –
pensò –
quando sorride gli si illuminano gli occhi. Forse lei non poteva fare a
meno di
innamorarsene.”
Offrì
la frutta con il consueto garbo da padrona di
casa bene educata. Massimo stava per chiederle che ne era stato di
Chiara quando
questa ritornò nella stanza. Sembrava come se avesse appena
pianto e si sedette
in silenzio con gli occhi bassi. I due uomini la guardarono entrambi,
senza
dire una parola neanche loro. Poco
dopo
rientrò anche Riccardo il quale invece, come se nulla fosse
successo, si
sedette e versando un limoncello portato dalla cucina, ne
decantò la fragranza
offrendolo ai commensali.
Alla
fine del pranzo Chiara disse rivolta alla
sorella:
-
Ora ti aiuto a lavare i piatti poi ce ne andiamo.
C’è un traghetto alle quattro.
-
Ma perché ve ne andate così presto? Potreste
prendere un aliscafo più tardi –
protestò Cristina.
-
Oggi è domenica e ci sono i primi rientri, se
ripartiamo più tardi rischiamo di trovare troppa folla.
Massimo detesta la
folla. Non è così? – si rivolse a lui
pregandolo con gli occhi di confermare la
sua versione, cosa che l’uomo fece senz’altro.
-
Sì, è vero e poi stasera ho qualcosa da fare a
Napoli - affermò.
-
Io però non vi accompagno ad Ischia Porto – disse
il cognato ancora molto scocciato – il riposino pomeridiano
della domenica è
sacro e domani comincia un’altra settimana di battaglia
– si giustificò con un
sorriso freddo.
Ma
per la seconda volta in quel giorno, Mario fece sentire
la sua voce:
-
Se mi presti l’auto, ci vado io.
**
Non
ci fu verso di fargli cambiare idea, volle
accompagnarli per forza al porto.
Appena
scesi dall’auto, mentre la ragazza si
accingeva a salutarlo, la fermò.
-
Per favore, fatti dire una parola! – la implorò.
Massimo
ne provò quasi pena e si allontanò per andare
a fare i biglietti. Quando ebbe finito, li vide parlare ancora
concitatamente.
Non era difficile intuire i loro discorsi. Chiara aveva
un’espressione
infastidita come chi ha ripetuto tante volte una cosa e si è
stufato di farlo
ancora mentre Mario continuava a parlare fitto fitto cercando di
prenderle le
mani che lei invece ritirava. Al suo avvicinarsi smisero e la ragazza
lo
accolse con un sorriso di sollievo,
dopodiché
finalmente salirono sul traghetto.
**
Non
appena si furono seduti ai tavolini nella sala
interna, il giovane le chiese:
- Perché te
ne sei voluta andare così presto? Non avevi detto che
avremmo preso l’aliscafo
alle sei?
-
Non ne hai avuto ancora abbastanza? – gli rispose lei
con un’altra domanda.
Aveva
un aspetto molto abbattuto.
-
Non sei dell’umore di stamattina. È successo
qualcosa con i tuoi? Vi ho sentiti discutere in cucina ed anche Martina
mi ha
confermato che stavate litigando –
s’informò, premuroso come al solito.
-
Figurati, stai a credere ad una bambina di sei anni!
Però
che ci fosse qualcosa che non andava glielo si
leggeva in faccia e così Massimo insistette ancora,
piuttosto risentito:
- Va bene, se
non vuoi dirmi nulla… fai tu!
-
Ma cosa ti devo dire? Sono discussioni normali
nella mia famiglia.
-
Ed io c’entro in qualche modo?
Per
un po’ rimase incerta se rispondere, poi decise
di non nascondergli nulla.
- In un certo
modo sì. Ti avevo spiegato che Francesco è molto
amico di Riccardo, ti
ricordi? Ebbene,
stanotte mi ha visto
uscire dalla tua camera e gliel’ha riferito. In aggiunta tu gli hai detto che ci siamo conosciuti
solo mercoledì scorso.
Ha fatto due più due e si è agitato. Tutto qui.
-
E allora? Non mi pare tu sia più una bambina, puoi
decidere di fare ciò che vuoi.
-
Gliel’ho detto, ma non conosci Riccardo!
-
Perché, cosa pretende? Immediate nozze riparatrici
per caso? – commentò l’uomo un
po’ acido.
Che
situazione imbarazzante! Chiara non sapeva come
fare a spiegarglielo però non poteva far apparire la sorella
ed il cognato come
dei trogloditi.
- Non essere
assurdo! Loro pensano che mi butto
troppo quando si tratta di sentimenti e poi ne soffro
– disse con gli
occhi bassi mentre giocherellava con
il
pacchetto di sigarette di Massimo posato sul tavolino tra di loro.
-
Su questo probabilmente hanno ragione – affermò il giovane
senza
soppesare le parole. In verità si riferiva alla
precedente
esperienza amorosa della ragazza, così poco discretamente
riferitagli la
mattina stessa da Riccardo.
Questo
però Chiara non poteva saperlo e fu come se
le avessero buttato un secchio di acqua gelata addosso. Non fece alcun
commento.
Cercando di nascondere l’emozione provata, si alzò
dicendo:
-
Ho sete, vado a prendere qualcosa al bar.
-
No, aspetta, dovresti fare i giochi d’equilibrio
per riuscire a passare – la fermò indicando alcuni
voluminosi borsoni deposti
da alcuni ragazzi sulla panca proprio accanto a lei – Vado io
a prenderti
qualcosa. Cosa vuoi?
-
Una Sprite, grazie.
Andava
bene anche se si fosse allontanato lui, aveva
bisogno solo di qualche momento per riflettere. Sentiva una cocente
delusione
crescerle dentro: che cosa aveva voluto farle capire, forse che non
doveva
attaccarsi? Com’era possibile ragionare con tanta freddezza
dopo i momenti
meravigliosi appena vissuti insieme?
Il
corso dei suoi pensieri fu interrotto dal suono
del cellulare lasciato dall’uomo accanto alle sigarette. Era
girato verso di
lei tanto che riuscì distintamente a leggere sul display
“Daniela”. Rimase
perplessa a guardarlo squillare per parecchio tempo e quando Massimo
ritornò,
gli disse:
-
Ti cercano sul telefonino.
Lui
lo prese, controllò la provenienza della
chiamata e lo posò come se non gli interessasse.
-
La Sprite non ce l’hanno. O Coca o acqua, che ti
prendo?
-
Acqua naturale, allora.
Si
allontanò di nuovo e non aveva fatto neanche in
tempo ad arrivare al bar che il cellulare riprese a squillare. Questa
volta fu
lei a girarlo di soppiatto per
leggere
il nome: ancora “Daniela”.
-
Tieni, è bella fredda – le disse Massimo appena
ritornò, passandole da bere.
-
È meglio che la richiami, altrimenti Daniela è
capace di non smettere fino a quando arriviamo a Napoli – lo
invitò senza
neanche dargli il tempo di risedersi. Senza volere aveva assunto un
tono assai
acido.
Intanto
il telefonino aveva ripreso a squillare. A
Massimo non era sfuggita l’irritazione di
lei e, guardandola dritto negli occhi come a
dimostrare di non doverle rendere conto di niente, rispose alla
chiamata.
-
Ciao, tesoro, tutto bene? Quando siete
tornati? - disse, e
continuò su questo
tono affettuoso.
Certo
poteva essere una sorella, un’amica intima, ma
Chiara avvertiva un senso di allarme mentre cercava di capire qualcosa
dalle
parole di lui. La situazione le si chiarì del tutto quando
lo sentì dire:
-
Dai, non arrabbiarti, non sapevo fossi già tornata
e così ne ho approfittato per fare un
po’ di turismo da queste parti. Aspetta, non ti
sento, non c’è campo…
Dopodiché
si alzò per mettersi più vicino ad un
finestrino.
Approfittando
del fatto che i ragazzi erano venuti a
riprendersi i borsoni, la donna si alzò anche lei ed
uscì all’aperto. Appoggiata
al parapetto sul ponte, sorseggiava dalla
bottiglietta. Magari insieme all’acqua avesse
potuto buttare giù quel
boccone amaro che le serrava la gola! In ogni caso adesso doveva
riprendere il
controllo. Aveva lavorato tanti anni su se stessa per riuscire a farlo
e, che diamine, quella situazione era il suo banco di
prova!
Massimo
la raggiunse poco dopo, già
preparato a darle delle spiegazioni, ma
lei se ne stava calma a bere a piccoli sorsi ed a guardare il panorama.
Non
sembrava affatto interessata alla telefonata appena conclusasi. Decise
che
forse era meglio non affrontare il discorso. Ne avrebbero avuto tempo
più tardi.
-
Quella lì è Procida, vero? Deve essere molto
bella. Mi ci accompagni qualche volta? – le chiese come se
niente fosse
successo.
-
Ma certo, come no - gli rispose la ragazza
ironizzando – accompagnamento
e turismo! Forse
potrei avere un
futuro nel campo, sempre meglio che quello schifo di
azienda in cui
lavoro adesso, non ti pare? Devo farci un pensierino.
Lo
aveva detto sorridendo, ma gli occhi non le
sorridevano più. Massimo lo notò e ne fu
dispiaciuto. Forse nella premura di
blandire Daniela non si era accorto di aver detto qualcosa che poteva
averla
ferita. Doveva chiarire subito, non poteva aspettare.
-
Senti, - incominciò – volevo dirti che Daniela ed
io…
-
Massimo, davvero, non me ne importa niente! – lo
interruppe. Era stata proprio brava, meglio di un’attrice
consumata e bisognava
mantenersi su quel tono così distaccato.
- Quello che
vedi lì è il Monte di Procida e quelli sono i
Campi Flegrei, una zona
bellissima che dovrò farti conoscere - aggiunse con
disinvoltura.
Continuò
così fino a Napoli, lasciando l’uomo un
po’
perplesso, ma in fondo contento di poter rimandare quei chiarimenti
che, per
quanto fossero semplici, gli apparivano un po’ complessi da
esporre.
Sbarcati
dal traghetto, si offrì di andare a
prendere l’auto al garage per riaccompagnarla a casa, ma
Chiara lo bloccò.
-
Non ti preoccupare, il tuo albergo è qui vicino ed
io prendo un taxi. Credimi, quando è necessario li uso
anch’io – gli disse,
sforzandosi di sorridere.
-
Non è affatto necessario e poi è ancora presto
–
obiettò l’altro
– abbiamo ancora tutta
la sera da stare insieme.
-
No, scusami, sono un po’ stanca. Preferisco andare
a riposare.
Senza
dargli il tempo di intervenire di nuovo, gli
posò un bacino su di una guancia e
s’infilò in un taxi che subito partì.
Lui
ci rimase un po’ male. Avvertiva che qualcosa
tra di loro si era deteriorato. Forse era stata solo colpa sua, era
nervoso
dalla mattina per l’assurdo comportamento di Riccardo. A
quanto pareva però non
era stata solo una sua impressione,
sul
serio quel tipo si
aspettava qualcosa da
lui solo perché era stato con Chiara. Come si vedeva che non
lo conosceva
affatto! Se c’era una cosa che lo faceva imbestialire era
quando cercavano di
incastrarlo. Trovava quella ragazza deliziosa, ma non avrebbe accettato
nemmeno
da Miss Universo di farsi mettere in trappola!
Forse
però aveva esagerato un po’ e lei doveva
esserci rimasta male, per
giunta era
arrivata anche la telefonata di Daniela… Comunque avrebbe
cercato di chiarire,
ma forse era davvero meglio non pensarci più, almeno per
quella sera.
**
Nel
richiudersi la porta alle spalle, Chiara fu
colpita da un pensiero strano: era la prima volta che tornava a casa
senza
Massimo da quel 14 agosto. Mio Dio, solo pochi giorni prima eppure le pareva fosse
passato un secolo!
Buttò
in un angolo il borsone che avrebbe disfatto
più tardi e andò sul terrazzo. Il sole era ancora
alto e dal mare saliva un
vapore che offuscava l’aria rendendo i colori simili ad un acquerello. Era tutto
calmo, ma non il suo
animo. Negli ultimi giorni non aveva pensato a nulla, si era soltanto
lasciata
andare alla magia di quel nuovo rapporto dando per scontato che i suoi
sentimenti fossero ricambiati ed ecco che ne pagava subito le
conseguenze.
Oltre tutto si sentiva anche umiliata perché lui le aveva
fatto capire
abbastanza esplicitamente che la loro
era stata solo un’avventura, come se temesse di poter essere importunato in seguito.
Per quanto fosse
stata una stupida a cascarci in quel modo, si sarebbe fatta uccidere
piuttosto
che venire meno alla propria dignità chiedendogli qualcosa.
Anche se si era
comportata come se il passato con tutte le sue batoste non le avesse
insegnato
nulla, di una cosa era sicura: mai più avrebbe chiesto ad un
uomo di essere
amata e questo valeva anche per il bel Massimo.
Per
fortuna si era trattato solo di una storia
durata pochi giorni, se anche lei avesse cominciato a considerarla come
una
parentesi estiva, una piacevole parentesi e nulla di più,
presto il tempo e
la vita di ogni giorno l’avrebbero
aiutata a dimenticare.
-
“L’importante – si disse tra
sé in un rigurgito di orgoglio – è
mostrarsi superiore. Per fortuna non gli ho mai detto che mi sono
innamorata di
lui e posso anche fingere che anche per me sia stata una cosa senza
importanza”.
Un
po’ rincuorata dal pensiero e decisa sulla linea
di condotta da tenere per il futuro, rientrò in casa ed
andò in camera a
cambiarsi.
La
prima cosa che le si parò davanti fu il letto
disfatto con ancora l’impronta dei loro corpi.
Sentì un’improvvisa tristezza
impossessarsi di lei. Come aveva potuto essere tanto scema da credere
che fosse
arrivato finalmente il grande amore? Era stato tutto così
perfetto da farle
dimenticare che nella realtà simili cose non accadono mai.
Comunque era inutile
stare a recriminare, aveva avuto dei momenti belli ed erano finiti,
meglio
metterci la classica pietra sopra.
Quasi
con rabbia strappò dal letto le lenzuola e
come una furia le andò a ficcare in lavatrice, mise il
detersivo, avviò il
lavaggio e poi rimase come una scema seduta a terra a guardare il
cestello
girare mentre lacrime che non voleva neanche rendersi conto di star
piangendo
le rigavano il viso.
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Capitolo 9 *** 20 agosto - lunedì ***
Mie
carissime lettrici, innanzitutto voglio darvi un forte abbraccio. Mi
state dando una gioia grandissima per la partecipazione con cui state
seguendo
questa mia “elucubrazione pseudo-letteraria” nata
proprio in un caldo mese di
agosto in cui l’unica alternativa alla desolazione era far
lavorare la
fantasia. Mi fa un piacere immenso essere riuscita a trasmettere le mie
emozioni a Pirilla, ad Araba, a Cricri, alla mia dolce Coccinella , a Xsemprenoi (a proposito, cara, se la cosa
può tranquillizzare la tua
mamma, dille pure che la scrittrice che ti ha indotto a parlare con il
pc deve
avere pressappoco la sua età per cui – come vede
– ci sta chi è fuori di zucca
ancor peggio di te!) e
a tutte le altre.
Vi ringrazio quindi davvero
di cuore.
Tornando
a “Un’estate per conoscersi”, come avete
avuto modo di vedere,
le difficoltà nel rapporto tra Chiara e Massimo incominciano
a nascere. In
realtà, come vi anticipavo nella presentazione, per ora si
sono conosciuti
soltanto ma adesso dovranno imparare a conoscersi a vicenda
più nel profondo e,
soprattutto, dovranno
riuscire a
conoscere davvero se stessi per trasformare una cotta estiva in un legame che possa avere un
futuro.
Da
questo momento la storia diventerà meno romantica e
più introspettiva
e per forza di cose i prossimi capitoli saranno più brevi e
spesso solo
interlocutori. Non
vi nascondo che sono
stata un po’ in dubbio se accorpare più giorni in
modo da non interrompere il
flusso del racconto o continuare a rispettare la forma della cronaca
giornaliera. Alla fine ho optato per quest’ultima soluzione
perché il mio scopo
è quello di rendere la vicenda quanto più reale
possibile e nella realtà accade
spesso che ci siano giorni vuoti e malinconici in cui non succede quasi
nulla,
non è così?
Vi
prometto però che gli aggiornamenti saranno frequentissimi
così le
mie gentili lettrici potranno scegliere se
leggere più capitoli insieme oppure farlo a mano a mano che
li posterò.
L’unica
cosa che mi auguro e che scelgano di continuare a seguirmi e a
sostenermi con il loro gradimento.
Andiamo
quindi avanti a …
20
AGOSTO
lunedì
Il
ritorno in ufficio sembrò a Chiara
meno doloroso perché non era rientrato ancora nessuno dalle
ferie e perlomeno
non avrebbe dovuto affrontare la solita baraonda infernale.
Cercò di
concentrarsi sul lavoro, ma il pensiero correva sempre a Massimo, alla
necessità che aveva di nascondergli i suoi sentimenti.
Paventava il momento di
rivederlo e fu quasi una liberazione quando, nell’intervallo
per il pranzo, lo
incontrò al solito bar.
-
Ciao, piccola! – la salutò – Scusami
se non ti ho chiamato prima ma stamattina ho avuto molto da fare.
-
Non devi scusarti affatto. Siamo qui
per lavorare, è il nostro dovere.
-
A chi lo stai dicendo, all’ispettore
o all’uomo?
-
Non lo so, fai tu – gli rispose,
sforzandosi di sorridere.
-
Allora come ispettore ti dico che è
verissimo, anzi dovresti cercare di aumentare la tua produzione, come
uomo invece
che preferirei stare con te in un altro posto… – avvicinandosi le
sussurrò piano per non farsi
sentire da altri - …nel tuo bel lettone, per esempio.
-
Ed io sia come lavoratrice che come
donna… ti mando a quel paese.
-
Davvero non ti alletta l’idea?
Della seconda
ipotesi, naturalmente.
-
Non lo so, devo pensarci – gli
rispose con una piccola smorfia.
-
Certo che ti alletta, ma porta pazienza,
oramai mancano solo
poche ore a stasera!
-
No, stasera no: ho da fare – gli
disse subito, ferma nel suo proposito.
-
E cosa devi fare di tanto importante?
-
Devo fare il bucato, stirare, mettere
ordine. Tutte cose che voi altri uomini pensate si facciano da sole.
-
Non è vero questo, anzi, sai che
facciamo? Vengo ad aiutarti io.
-
Sì, a sporcare piatti e lenzuola. No,
grazie. Adesso però, caro ispettore, la pausa pranzo
è finita e devo ritornare
alla mia produzione. Ti saluto.
Facendogli
ciao ciao con la manina, lo
lasciò lì e se n’andò.
Massimo
rimase a sorridere
tra sé e sé. Era convinto che
stesse scherzando e neanche poteva immaginare quale determinazione
avesse.
**
Per
tutto il pomeriggio Chiara pensò
a come fosse stato facile dirgli di no
la prima volta buttandola sullo scherzo, ma non aveva fatto i conti con
l’ostinazione
dell’uomo. Poco prima dell’uscita infatti la
chiamò di nuovo a telefono.
-
Allora a che ora ci vediamo? – le
chiese come se nulla fosse.
-
Mi pareva di averti detto che stasera
ho da fare.
-
Dici davvero? Preferisci le faccende
di casa a me!? – esclamò, fingendosi scandalizzato.
-
Per stasera sì, poi vedremo…
Aveva
cercato di usare un
tono il più allegro possibile per non fargli
capire che quella decisione nasceva dalla delusione provata il giorno
prima.
A
quanto pareva ci era riuscita perché lui
si arrese di buon grado e scherzò pure.
- Va bene, piccolina,
però mi raccomando, non
stancarti troppo. L’ispettore ti vuole in piena forma per il
lavoro e l’uomo…
vuole essere lui a stancarti, tu sai come!
**
Per
Massimo quella sera fu molto triste
da passare. Si sentiva strano, come se quei pochi giorni appena trascorsi
l’avessero già disabituato
ai lunghi mesi vissuti in solitudine. Non c’era neanche
Giacomo, suo abituale
compagno d’esilio, perciò si sentiva assai nervoso
e senza voglia di far nulla
anche se fu costretto ad uscire almeno per andare a cena. Decise di
mangiare
una pizza ed ascoltando il consiglio di Chiara, non ne
ordinò una delle solite,
ma una semplice napoletana, ripromettendosi di raccontarle della sua
miracolosa
“conversione” telefonandole appena dopo mangiato.
**
Per
lei la serata fu ancora peggiore
perché era ben consapevole di dover fare per sempre a meno
dell’uomo che
l’aveva così intrigata.
Cercò
di svolgere i compiti di tutti i giorni,
fece la spesa, si preparò la cena, stirò il
bucato, annaffiò le piante, ma la
malinconia che sentiva dentro la faceva stare male; non era facile
rinunciare
ad un sogno, eppure doveva farlo. Quando squillò il telefono
di casa preferì
non rispondere. Doveva essere la sorella o forse Massimo. Era lui
perché subito
dopo attaccò a chiamarla sul cellulare. Non rispose nemmeno
questa volta. Non
voleva sentirlo, aveva solo il desiderio di tornare a chiudersi in quel
mondo
tutto suo dove nessuno poteva trovarla né per darle
felicità né per farle del
male. Prese uno dei
suoi libri
preferiti, di quelli New Age che la
aiutavano a ritrovare l’equilibrio interiore e
se ne andò a letto a
leggerlo fin quando, rasserenata dalle belle parole, si
addormentò.
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Capitolo 10 *** 21 agosto - martedì ***
21
AGOSTO martedì
Ed
il giorno dopo ricominciò tutto da
capo, con gli stessi gesti, le stesse strade, le stesse paure, solo che
adesso
non poteva rituffarsi nella atarassia e nel grigiore quotidiano
perché c’era
Massimo a ricordarle le emozioni provate.
Allegro
ed irruente come al solito,
arrivò nel suo ufficio ancora vuoto.
-
Si può sapere dove sei stata ieri
sera? A casa non c’eri e sul cellulare non rispondevi - le
chiese sedendosi
sulla sua scrivania.
-
Strano, sono stata a casa tutto il
tempo. No, aspetta, a pensarci bene sono andata a prendere il bucato
asciutto
sul terrazzo.
-
Possibile che dal terrazzo non
sentivi il telefono?
-
Guarda che io mi riferivo al terrazzo
condominiale. Ma cosa credi che tenga il
bucato steso sul balcone di casa come nel migliore
folklore napoletano? –
lo rintuzzò facendo un po’ la spiritosa per
mascherare la bugia.
-
Va bene, sei perdonata. Però, poiché
mi hai lasciato solo tutta la sera per colpa del tuo bucato, per farti
perdonare davvero, stasera verrai a cena con me.
-
Quanto mi dispiace, non posso! –
recitò lei – Sono tornati Laura e Sergio e mi
hanno invitato a vedere i filmini
delle loro vacanze.
-
Non potrei venirci anch’io?
Potresti presentarmi ai tuoi amici.
Lei
finse di pensarci un poco su.
-
No, non credo. – gli disse infine - Sai,
Laura è un tipo piuttosto formale e non le fa piacere
ricevere persone non
conosciute se non
ha la casa pulita e la
cena preparata a puntino. Scusa, sarà per un'altra volta.
-
Detesto le persone così, meglio non
conoscerla affatto la tua Laura.
Massimo
questa volta era
davvero dispiaciuto però non insistette
più.
**
Quella
stessa sera, mentre si guardava
intorno nell’allegra baraonda della casa di Laura e Sergio,
Chiara si vergognò
un poco di aver descritto la sua amica esattamente l’opposto
di com’era: un
tipo allegro che non si preoccupava se la casa era in disordine e non
si faceva
scrupolo di offrire per cena pane, formaggio ed uova al tegamino. Per
questo
aveva sempre tanti amici intorno, anche quella sera che era appena
tornata
dalle vacanze.
La
persona che aveva descritto era
lei stessa, pignola e fissata al punto di
privarsi della compagnia degli altri se non poteva avere tutto sotto
controllo.
Massimo aveva detto di detestare i tipi così e per fortuna
non aveva avuto modo
di conoscerla abbastanza per arrivare a detestare lei.
Ho
postato la cronaca di questa giornata anche se è molto breve. In effetti è uno di quei
giorni di cui vi dicevo prima nei
quali non avviene
niente di speciale ma
che sono ugualmente densi di emozioni. Chiara sta fingendo disinvoltura
ma deve ancora
digerire la delusione provata.
Soffre, però è ben decisa a togliersi Massimo dal
cuore. Quest’ultimo, dal
canto suo, vorrebbe che tutto tornasse come prima. Ha intuito che sta
succedendo
qualcosa ma ritiene sia meglio non approfondire per non dover
affrontare
discorsi imbarazzanti (come avete fatto giustamente notare
voi, comportamento tipico degli uomini).
È
stato questo il motivo per cui ho deciso di lasciarli un po’
a
riflettere sul loro rapporto in attesa che uno dei due trovi il
coraggio di
chiarirsi.
Continuerete
a seguirmi? Mi auguro di sì. Ho cercato di raccontarvi di Chiara e Massimo come se fossero due
normalissimi “ragazzi
della porta accanto” ed i pareri che esprimete su di loro e
sugli altri
personaggi nelle vostre (graditissime) recensioni mi danno (e spero,
continueranno a darmi) la
misura di
quanto io sia riuscita a renderli plausibili nel bene e nel male.
Grazie a tutte.
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Capitolo 11 *** 22 agosto - mercoledì ***
22
AGOSTO mercoledì
Erano
circa le 10 del mattino e Chiara stava
parlando nel corridoio con un collega dell’ufficio tecnico
quando dovette
precipitarsi nella sua stanza perché il telefono squillava.
Era Massimo. Non si
aspettava di sentirlo anche perché aveva saputo
dall’usciere che quella mattina
l’ispettore era uscito.
-
Chiara – le disse senza neanche
ricordarsi di salutarla – non trovo più il
portafoglio. Ho paura di averlo
perso.
-
Avevi molti soldi dentro?
-
No, c’era poco, ma m’interessano le
carte di credito perché nel caso devo provvedere a
bloccarle. Però ho un’ultima
speranza: vorresti controllare se è
sulla mia scrivania,
per favore?
-
Vado subito. Ma ieri non lo avevi con
te?
-
Sì, però sono passato in ufficio
stamattina presto a prendere dei documenti e forse, per forza
d’abitudine, l’ho
lasciato lì.
-
Vado a controllare e ti
richiamo sul cellulare.
La
ragazza entrò nella bella stanza
riservata agli ispettori dove si sentiva una disgustosa puzza di fumo.
Arricciò
il naso e corse ad aprire la finestra, poi si affrettò a
controllare sulla
scrivania, piena zeppa di carte. Purtroppo non c’era niente.
Stava quasi per
scoraggiarsi quando le venne l’idea di guardare anche nel
cassetto. Per fortuna
Massimo aveva dimenticato le chiavi nella serratura. Dentro
c’era un disordine
spaventoso e dovette frugare tra mille cose, ma alla fine
trovò il portafoglio.
Molto contenta, lo aprì per controllare se dentro ci fossero
ancora i soldi e le
carte di credito e constatò con soddisfazione che era ancora
tutto lì. Non poté
fare a meno di notare che conteneva anche alcune fotografie.
L’educazione le suggeriva
di rimetterlo a posto e di andare subito a rassicurare il proprietario,
ma
infine era pur sempre una donna e la curiosità di guardare
le foto fu più forte
di lei.
Le
tirò fuori e si mise ad osservarle:
erano due, una sull’altra. La prima ritraeva Massimo in
canottiera e con un
buffo berretto in testa che teneva in braccio
due donne, una su ogni gamba. C’era una
simpatica signora anziana,
probabilmente la madre perché gli somigliava moltissimo, ed
una ragazza
giovane, molto carina, con i capelli biondi portati corti ed uno
splendido fisico
slanciato.
-
Forse è la sorella - si
disse, ma le sue speranze furono deluse
dalla seconda foto.
Ritraeva
un gruppo familiare formato da
parecchi adulti e bambini. Tra le varie persone, si vedeva ancora la
signora
anziana della precedente foto, sottobraccio ad un uomo con i capelli
bianchi.
C’era anche Massimo che, alle spalle della
ragazza di prima, la circondava con le braccia e le
baciava il collo, in
quel gesto tenero che aveva usato tante volte anche con lei.
Altro
che sorella! Si sentì stringere
il cuore mentre rimetteva le foto dove le aveva trovate.
Quando
lo richiamò per rassicurarlo,
sperò in cuor suo che troncasse presto la conversazione, ma
l’uomo, contento
per la noia risparmiatasi, le chiese se la sera fosse stata disponibile
ad
uscire.
-
Non credo, non mi sento bene. Ho mal
di schiena – gli mentì.
-
Mi dispiace, allora è per questo che
hai la voce così mogia. Però potrei venire da te
a farti uno dei miei famosi
massaggi…
-
No, grazie, preferisco prendere un
antinfiammatorio.
-
Mentre invece notoriamente i miei
massaggi ti infiammano, non è così?
Capì
che Massimo stava solo scherzando
e non voleva umiliarla, ma lei ora
si
vergognava di aver avuto tanta intimità fisica con
quell’uomo sconosciuto, si
sentiva come se si fosse privata di
una
parte profonda di se stessa senza sapere
a chi l’avesse data. Preferì non
aggiungere altro e lo salutò soltanto
con la solita dolcezza, aggiungendo:
-
Se hai bisogno di qualcosa chiamami
pure.
**
Ed
infatti Massimo richiamò ancora per
farsi dare un numero di telefono ed un’altra volta per farsi
indicare una
strada, informandosi però sempre sulla sua salute. Nel
sentirla molto giù, finì
per preoccuparsi davvero e si offrì, senza altri scopi, di
farle compagnia la
sera.
Naturalmente
Chiara rifiutò ancora. Mai
come quel giorno aveva bisogno di stargli lontana.
Nonostante
tutto riuscì persino a
passare una serata tranquilla occupandosi delle nuove piante per il
terrazzo che
le portò il giardiniere di fiducia.
La
sua casa era l’unico posto al mondo
dove si sentiva protetta e ritrovava un po’ di pace.
Anche
questo capitolo è stato molto breve ed interlocutorio. In
effetti
Pirilla e Cricri hanno già colto
benissimo il tipo che ho voluto descrivere nel personaggio di Chiara:
una
persona troppo fragile per avere voglia di lottare e forse anche un po’ troppo
timorosa. Ma da qualche accenno
che ho già dato, si può comprendere che la sua
precedente esperienza sentimentale
non deve essere stata molto felice e l’aver scoperto che
Massimo ha un’altra
ragazza di sicuro non l’ha aiutata. Ma forse non è
proprio così…
Ringrazio
tutte quelle che hanno messo
questa storia tra le preferite e le seguite ed in
particolare Vale728
che l’ha anche recensita. Sono tanto felice che vi stia
piacendo e vi prometto
che aggiornerò quasi ogni giorno anche perché
desidero che le
sensazioni dell’estate che volge pian piano
al termine siano ancora vivide in
tutte
le mie lettrici. In
realtà tutta la
vicenda si svolgerà nell’arco di un mese , motivo
per il quale ho scelto di
narrarla come se fosse un diario, riportando la cronaca fedele non solo
dei
giorni in cui avviene molto poco ma anche di quelli dove finalmente
succederà
qualcosa. Continuate a seguirmi, mi raccomando.
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Capitolo 12 *** 23 agosto - giovedì ***
Wow,
quante nuove lettrici e quanti nuovi nomi tra le seguite e le
preferite! Senza contare le mie fedelissime Arte, Cricri, Vale,
Xsemprenoi e
Pirilla che continuano a recensire con grande partecipazione!
L’unica cosa che
posso fare per ringraziarvi tutte dell’attenzione che mi
state dando, è postare
subito un aggiornamento.
Anche
questo capitolo sarà breve ma vi racconterò una
giornata decisiva
nell’economia della storia:
23
AGOSTO giovedì
Le
ore
in ufficio erano trascorse
senza
intoppi. Chiara aveva riflettuto tanto sulla sua situazione,
convincendosi
sempre più di aver fatto la scelta migliore. Continuando a
rifiutarsi di
vederlo, forse presto Massimo si sarebbe stancato e sarebbe finito
tutto così
com’era cominciato. Stava cercando di riprendere la solita
vita, una vita che
le aveva insegnato a convivere con la tristezza. Per un po’
aveva creduto di
riuscire a cambiarla
con la gioia di
vivere, ma ora che era ritornata, così come in quella
vecchia canzone degli
anni cinquanta, l’accoglieva quasi come una vecchia
conoscenza che le faceva
compagnia. Odiava quell’altra Chiara, quella sbucata fuori
per un po’ che,
fiduciosa e pimpante, si era rallegrata per l’amore di un
uomo che in realtà non
aveva mai posseduto.
-
“Le solite cose di ogni giorno, senza
pensare, senza ricordare” – si diceva mentre faceva
la spesa al supermercato
comprando cibo che non avrebbe mai mangiato perché quando
era triste lo stomaco
le si chiudeva e tirava avanti con poco.
Quella
sera cenò con una scatoletta di
carne che mangiò senza neanche metterla nel piatto e due
pere. Dopo si adagiò
nella vasca colma di bagno schiuma
allo zenzero.
Rimase lì a lungo, alla
luce delle candele, con un disco di Enya a fare da sottofondo.
Come
le avevano insegnato al corso di
qi-gong frequentato l’autunno precedente insieme a Giovanni,
provò a
controllare la respirazione e a fare del dolore che le vibrava dentro
una palla
luminosa da respingere mentalmente lontano. Si sentì molto
meglio, ma mentre
si asciugava e si cospargeva di crema
profumata, il tocco delle sue stesse mani le rammentò quello
delle mani di Massimo
e provò una rabbia fortissima nei confronti del suo corpo
che, ostinato, si
rifiutava di dimenticare le dolcissime sensazioni provate.
Decise
di riprendere un lavoro
trascurato da un po’: il restauro di un antico quadretto ad
olio molto rovinato
scovato su una bancarella qualche tempo prima. Dopo la sua paziente
opera,
sarebbe diventato uno splendido regalo da fare a Federica il Natale
successivo.
Intanto
era scesa la notte.
Accese
la luce sul terrazzo dove stava
lavorando ed anche alcune candele di citronella per tenere lontano le
zanzare. Il
lavoro manuale la rilassò tanto che lo squillare improvviso
del citofono la
fece sussultare. Dopo un attimo di incertezza, andò a
rispondere.
-
Sono io, mi apri? – udì la voce
allegra di Massimo il quale aggiunse
subito dopo rivolto a qualcuno - Grazie signora, lasci pure
aperto… Non c’è
bisogno,Chiara, sto salendo.
Fu
presa dal panico. Cosa doveva fare?
Poteva mai lasciarlo fuori? In un attimo si ricordò di avere
addosso un camicione
sformato tutto sporco di pittura e
si agitò ancora di più perché non
voleva farsi trovare in quel modo. Corse in
camera, ma il tempo di vestirsi non c’era. Aprì il
cassetto ed afferrò la prima
cosa nuova che le venne per le mani e cioè un pigiama di raso, pantaloncino e
top, regalatole dalle
amiche per il suo onomastico. Si strappò di dosso il
camicione, lo buttò nel
cassetto ed infilò il completino senza neanche guardarsi
allo specchio perché
dovette correre ad aprire al giovane che strombazzava al campanello
già da un
po’.
-
Finalmente! – protestò spazientito non appena gli ebbe aperto la
porta – Credevo
volessi lasciarmi fuori dalla porta! – poi, notando che
indossava un pigiama, commentò
sorridendo:
-
Mi fa piacere di vederti già pronta
per andare a letto.
Chiara
non raccolse l’allusione e,
seria in volto, gli fece brusca:
-
Dai, entra. Lo sai, vado a dormire
presto.
-
Presto sì, ma non con le galline!
-
Non aspettavo visite e mi ero messa
già in libertà.
Che cos’è quello? – gli
chiese indicando un cartoccio argentato che lui teneva in mano.
-
Ho portato il tuo gelato preferito.
-
Grazie, non dovevi disturbarti. Ma
è mezzo
sciolto! – protestò prendendogli
dalle mani l’incarto che gocciolava.
-
Non è colpa mia, fa un caldo boia e
l’unica gelateria aperta è quella in piazza.
-
Ci conviene mangiarlo subito, allora.
Si
diresse al lavello per prendere delle
coppette. Il giovane la seguì, notando con piacere la
frescura di quella casa
che insieme al profumo diffuso, alla penombra ed alla musica, la
rendevano quasi
un’oasi. Poi osservò Chiara. Se
quest’ultima si fosse guardata allo specchio
prima di correre ad aprire, non avrebbe di certo indossato proprio quel pigiama
perché il rosa acceso brillava
sulla pelle abbronzata e la stoffa di raso metteva in risalto,
rendendola
ancora più morbida, ogni curva del suo corpo. Massimo non
seppe resistere, le
si avvicinò alle spalle e le posò un bacio sul
collo.
-
Sta’ buono! – gli intimò lei
divincolandosi
e con un tono molto infastidito – Sto preparando il gelato,
non vedi?
In
effetti aveva preparato delle
palline perfette con l’apposito attrezzo ed ora era tutta
impegnata a decorarle
con dei biscottini e della granella di cioccolato.
-
Ma dai, non fare la pignola, prendi
due cucchiai e via! – la prese in giro lui.
Chiara
si voltò a guardarlo con freddezza,
mostrando di non gradire lo scherzo.
-
Forse non mi hai capito bene, - gli
disse, irritata - io se faccio una cosa devo farla perfetta!
-
Ho capito, stasera stai nera. Va
bene, ora me ne vado sul terrazzo a fumare.
-
Bene, così non mi appuzzolentisci
casa.
Lui
sospirò alzando
un sopracciglio come per dirle “che
pazienza ci vuole con te!” e
uscì sul balcone.
Qui
l’atmosfera ovattata che si godeva
in casa era ancora più evidente: il panorama di Napoli
acceso di mille luci, il
silenzio rotto soltanto dai grilli ed un profumo inebriante davano la
sensazione di essere entrati in una dimensione di calma e di armonia al
di là
di ogni luogo fisico. Notando una pianta mai vista prima, le chiese:
-
È nuova questa pianta? Cos’è?
È
profumatissima!
-
Un gelsomino di Spagna, l’ho messo ieri sera
– gli rispose lei
dall’interno.
-
Ma tu ieri sera non avevi mal di
schiena?
-
Non l’ho portata io, scemo, è stato
il giardiniere. L’ho pagata un sacco di soldi però la desideravo da tanto. Ti
piace il profumo?
-
Sì, anche se è un po’ forte.
D’altronde qui dentro profuma tutto, te compresa.
Poi
l’uomo si distrasse notando il quadretto
sul tavolo.
-
E quello cos’è? – le domandò.
-
Ah questo! – rispose Chiara uscendo
con le coppette di gelato e porgendogliene una – È
un quadretto che sto
restaurando.
-
Sai farlo davvero?
-
Certo, ho studiato restauro. Ma
dimmi, oltre al gelato, a cosa debbo l’onore della tua
visita? – tagliò corto.
-
È il classico “se la montagna non va
da Maometto…” Sono giorni che ti stai rifiutando
di vedermi!
-
Non è vero. Ho avuto da fare, te l’ho
detto.
-
E stasera cosa avevi da fare? Ascoltare
musica e restaurare il quadretto?
-
Lo sai che sei un bel presuntuoso? –
gli rispose seria mentre leccava un cucchiaino di gelato –
Non ti sfiora
nemmeno l’idea che possa preferire una tranquilla serata a
casa mia invece di
uscire con te?
Massimo
posò il bicchiere senza nemmeno
averne toccato il contenuto e le chiese, molto serio:
-
Chiara, dimmi la verità, ho fatto
qualcosa che ti è dispiaciuta?
-
Ma no, non hai fatto niente!
-
Allora come è possibile che sei così
cambiata da un momento all’altro?
Lei
non rispose ma aveva sul viso
un’espressione amareggiata.
-
Detesto quando le donne pretendono
che tu capisca i loro stati d’animo e non hanno il coraggio
di dirti
apertamente quello che non va! – sbottò, irritato
da quel silenzio.
-
Ma che vuoi? – lo investì la ragazza
- Non
c’è niente. D’altronde non mi
sembrava che avessimo fatto un patto per cui siamo obbligati a vederci
tutti i
giorni.
Massimo
sospirò e decise di buttarla
sullo scherzo.
-
Ho capito – le disse sorridendo – è
stato il tuo fidanzato, quel Mario, a dirti
che dobbiamo smettere di vederci altrimenti commette un delitto
d’onore.
Chiara
gli lanciò un’occhiataccia.
-
Quanto sei fesso! E
credi pure di essere spiritoso! Non c’è
nessun fidanzato, perché se ci fosse stato qualcuno te
l’avrei detto, io – e
sottolineò l’ultima parola.
-
Ecco, finalmente siamo riusciti a
tirare fuori il rospo! – proruppe il giovane –
È la faccenda di Daniela ad
esserti andata storta, vero? Eppure te lo volevo dire subito come
stavano le
cose, sei stata tu a dirmi che non ti interessava.
-
Ed infatti non me ne importa un
accidente!
-
Daniela è solo un’amica
- continuò, ignorando quella bugia.
La
ragazza proruppe in un risolino
amaro e pieno di
sarcasmo.
-
E va bene! – si corresse lui
- È una mia ex. Sei contenta adesso?
-
“Scusami tesoruccio, abbi pazienza,
non sapevo che tu fossi tornata, altrimenti correvo subito da
te”… – lo canzonò
l’altra – Non mi è sembrato che ti
rivolgessi ad una ex. E la cosa più bella è
che hai fatto di tutto per farmelo sentire. Grazie per la delicatezza,
sai! –
concluse, assai stizzita.
-
Lo vedi? È stato questo a farti
arrabbiare. Comunque te l’assicuro, tra me e lei è
tutto finito. Abbiamo vissuto
insieme per un periodo e forse è per questo che siamo
rimasti un po’ più
legati, ma è finita già da quando ho cominciato
il lavoro d’ispettore.
Chiara
gli gettò uno sguardo di
disprezzo poi se n’andò in cucina a
lavare i bicchieri sporchi. Lui la seguì,
desideroso di continuare la
conversazione.
-
Ma perché ti sei arrabbiata così? Te
lo giuro, non
l’amo più, devo solo
trovare il coraggio di troncare definitivamente - cercò di
rassicurarla.
Un’ondata
di disgusto assalì la ragazza
a cui sembrava di star ripetendo un copione già recitato
troppe volte. Furente,
si girò a guardarlo in faccia e gli disse:
-
E va bene, lo ammetto, sono
arrabbiata, ma non perché mi importi qualcosa di te, solo
perché … e che
diamine! Siamo stati giorni a raccontarci cazzate e non ti ha mai
sfiorato l’idea
di dirmi che eri legato ad un’altra? Di cosa avevi paura, che
me ne scappassi?
Con
gli occhi bassi per la
mortificazione, Massimo le confidò:
-
Sono stato così bene con te da
dimenticarmi completamente di Daniela.
Era
stato sincero ma Chiara non
arrivava a credere alla sua buona fede e poi, anche se fosse stato
così, non ne
avrebbe provato alcuna soddisfazione.
-
Se credi di starmi facendo un
complimento ti sbagli di grosso. Io non voglio farti dimenticare
nessuna – gli
disse - e poi,
insomma… - esitò –
…anch’io sono stata bene, abbiamo passato giorni
bellissimi, ci siamo fatti
delle scopate stupende, ma ora... ecco, io rivoglio la mia vita e le
mie
abitudini. Scusami ma Daniela o no, io non ho nessuna intenzione di
prendere
nessun impegno, neanche quello di uscire con te se non mi va!
Massimo
se ne stava fermo lì, semiseduto
sul tavolo, con le braccia appoggiate su di esso e la guardava serio.
Stava
pensando a quante volte lui stesso aveva fatto quel medesimo discorso
per
liberarsi di un legame che cominciava a soffocarlo. Da
Chiara però non se lo sarebbe mai aspettato.
Lei non era il tipo da una botta e via, pur non conoscendola ancora
bene, su
questo sarebbe stato pronto a giurarci. Qualcosa doveva averla turbata
o forse era
l’esperienza dolorosa che si era lasciata alle spalle che non
le consentiva di
credergli quando le assicurava che tra lui e Daniela era tutto finito.
Ma poi
era davvero così? In fondo continuava a vedere la sua ex
quasi ogni volta che
tornava a Bologna ed anche se per lui era diventata solo
un’abitudine,
certamente la rottura definitiva con lei era una cosa ancora da venire.
Si
sentiva in colpa nei confronti di
Chiara ma non trovava parole per rassicurarla così se ne
stava in silenzio a
guardarla soltanto.
La
ragazza intanto era fiera di sé
perché era riuscita a fingere di non star soffrendo come si
era ripromessa di
fare. Lo guardava a sua volta mentre la fissava con
quell’aria seria, senza dir
nulla. Suo malgrado lo trovava ancora più affascinante con
il viso assorto e
gli occhi chiari, all’improvviso pieni di malinconia. Come
avrebbe fatto a
rinunciare a lui? Come poteva rifiutare anche quel poco che poteva
darle? Suo
malgrado, attratta dal suo sguardo, gli si avvicinò e gli
accarezzò una
guancia. Cercando di minimizzare la sfuriata di prima, gli
mormorò:
-
Comunque non è detto che dobbiamo
troncare del tutto, potremmo ancora vederci qualche volta.
Massimo
non la lasciò finire, le mise
una mano sulla nuca e l’attirò a sé,
cominciando a baciarla.
Ne
sentì la bocca fresca che sapeva
ancora di cioccolato, il corpo soffice e caldo e la morbidezza della pelle che si confondeva
con quella del raso.
La strinse sempre più forte,
avvertendo sul
proprio petto, attraverso la stoffa leggera della camicia, il turgore
del suo
seno. La desiderava da morire ed anche lei gli si
stringeva contro dimostrandogli la stessa
voglia. Sarebbe bastato che la mano con cui
ora le accarezzava la schiena si fosse infilata nel
pantaloncino di raso
a farle una carezza più intima per vincere ogni sua
resistenza. Ma non voleva
farlo. Non sapeva cosa stesse passando in quella bella testolina, ma
avvertiva
chiaramente che la ragazza non aveva più quel giocoso
abbandono che l’aveva
così conquistato. Decise di lasciarla stare, perlomeno fino
a quando non avesse
avuto di nuovo fiducia in lui.
A
fatica la scostò
e con la bocca ancora affondata nei
suoi capelli, le sussurrò:
-
E va bene, piccolina, se non ne hai
voglia non insisto, però devi promettermi che appena
l’avrai di nuovo mi farai
un fischio, così potrò correre subito.
Sorridendo
le accarezzava con dolcezza
il viso con una tenerezza che non avrebbe mai creduto di possedere.
Chiara
era rimasta come un leprotto
sfuggito per miracolo dagli artigli di un’aquila. Non sapeva
cosa fare,
combattuta com’era tra l’amore e la voglia di
fuggire. Poi decise
di rifletterci un po’ su.
- Va bene, ma adesso
è meglio se vai via. Ti
accompagno alla porta – gli sussurrò.
-
Sì, è meglio.
Con
un lieve bacio sulla bocca, Massimo
la salutò e se ne tornò in albergo.
Letto?
Che ne pensate? Spero
di aver
dato ai comportamenti dei miei personaggi una certa
veridicità. Non volevo infatti
che Massimo fosse
una carogna ma solo il
classico maschietto un po’ troppo superficiale e dietro la
sensibilità e l’incertezza
di Chiara volevo far trasparire anche
i motivi per cui lei
non vuole più
abbandonarsi all’amore. Spero di esserci riuscita.
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Capitolo 13 *** 24 agosto -venerdì ***
24
AGOSTO
Venerdì
Massimo
se ne stava chiuso nella sua
stanza d’ufficio a fumare ed a giocherellare con le chiavi
dell’auto. Avrebbe
dovuto essere uscito già da un bel pezzo, ma non si decideva
a farlo. Stava
pensando allo sbaglio commesso facendosi trascinare ancora una volta in
una
storia con una collega. Non riusciva più a lavorare bene in
questi casi ed
anche quella mattina stava trascurando i suoi impegni perché
pensava che Chiara
era lì, a poche porte di distanza, su quello stesso piano.
Avrebbe potuto
andare da lei e parlarle. Ma per dirle cosa?
Questa
volta non era stata colpa sua,
non l’aveva puntata perché voleva sedurla, era
successo tutto così, per caso. Però
doveva ammettere di essere rimasto più coinvolto di quanto
non gli fosse mai accaduto
prima. Quella
ragazza gli piaceva da
morire, era inutile negarlo, però continuava a non capirla e
di conseguenza non
sapeva come comportarsi con lei. Anche
adesso era incerto se andare a chiederle di trascorre il week end
insieme, non
aveva importanza dove, tanto sarebbe stato bellissimo anche stare in
città nel
suo delizioso appartamentino, oppure prendere un aereo nel pomeriggio e
ritornare a casa. Da una parte desiderava
ripetere l’esperienza vissuta appena una
settimana prima perché non era
mai stato tanto bene con una donna, dall’altra temeva che
l’atmosfera idilliaca
si fosse oramai dissolta ed avrebbero finito per litigare addirittura.
Se
partiva però, avrebbe dovuto rivedere Daniela e di certo
avrebbe litigato con
lei. Comunque si metteva, il fine settimana non si preannunciava
piacevole. Alla
fine decise che a Bologna ci sarebbe dovuto andare per forza, se non
altro per
il prosaico motivo che aveva finito tutte le camicie pulite e
già da un po’ la
lavanderia in cui si serviva a Napoli era chiusa per ferie.
**
Nella
tranquillità del suo ufficio,
Chiara intanto si stava godendo l’ultima giornata di pace
prima del rientro il
lunedì successivo del capo e di buona parte dei colleghi. Ne
stava
approfittando per mettere tutto in ordine, catalogare la posta,
sistemare gli
scaffali. Era una cosa in cui
era imbattibile e questa sua
qualità si integrava con l’intelligenza e la
preparazione di Federica e le
capacità relazionali di Rossana. Loro tre insieme erano una
vera squadra e
soltanto il suo ottimo rapporto con le colleghe le dava la forza di
resistere
lì dentro. Quell’impiego non le piaceva affatto,
non era adatto alla sua
personalità anche se si sforzava di svolgerlo al meglio e
poteva apparire un’impiegata
modello. Tutto quanto era disordine e confusione l’agitava,
lei era fatta per
la pazienza, la costanza e la calma. Avrebbe voluto la vita come un
puzzle,
dove ogni tassello aveva il suo posto. Non sopportava
l’improvvisazione e
l’imprevisto, cose che in quel lavoro erano invece
all’ordine del giorno.
-
“Non puoi catalogare tutto,
altrimenti come la metti con la tua storia con Massimo? È il
caso di infilarla
nel dossier “Stavolta non ci casco” oppure in
quello “Errori in corso”?” – si
diceva tra sé quella mattina trovando persino la forza di
sorridere di se
stessa.
Come
se lo avesse evocato,
all’improvviso lui entrò dalla porta, con la
ventiquattrore in una mano e
l’altra che reggeva la giacca buttata su una spalla.
-
Ciao, piccolina, come va? – le si
rivolse, allegro come sempre.
-
Bene grazie – la donna lo guardò un
po’ perplessa per riuscire a capire dove voleva andare a
parare.
-
Ho bisogno di un grosso favore. Mi
puoi prendere i biglietti per un aereo per Bologna intorno alle 17 di
oggi? –
le disse con disinvoltura, togliendole subito ogni dubbio.
-
Non posso, lo sai, è vietato entrare
nei programmi per conto di altri – gli rispose fredda, non
tanto per ciò che le
stava chiedendo, quanto per il pensiero stizzoso che le aveva
attraversato come
un lampo la mente: - “È naturale, deve correre da
Danielina sua!”
-
Dai, per favore, devo uscire e sono
già in ritardo. Poi quell’accidenti di procedura
proprio non la so usare, mi fa
perdere un sacco di tempo.
La
guardava implorandola con gli occhi dolci
ed un’espressione simpatica
sul
volto per farla
cedere.
-
E va bene, chi deve autorizzare?
-
Devi chiamare Sara Cori a questo
numero. Ecco, te lo segno – le disse scrivendolo su di un
foglio – Questa
invece è la password per entrare a mio
nome.
Sara
gli prese il foglietto dalle mani,
lo lesse ed assunse un’espressione sdegnata.
-
Bell’ispettore sei! E tu dovresti
essere pure quello che controlla le nostre
irregolarità! – lo rimproverò facendo
una smorfia.
-
Su, non esagerare! Te l’ho data solo perché
mi fido di te come di me stesso – le rispose sorridendo
– E poi – scherzò - se
invece richiedi a mio nome i
biglietti per le Maldive, vuol
dire che ce ne scappiamo insieme e chi si
è visto si è visto! Grazie!
Le
fece una carezza affettuosa tra i
riccetti neri e scappò via.
**
Chiara
entrò nella procedura con le
credenziali di Massimo e richiese i biglietti poi telefonò
al numero che le
aveva dato per chiedere alla collega l’autorizzazione.
Purtroppo non le rispose
nessuno. Provò numerose altre volte. Alla fine era davvero
preoccupata perché
non voleva lasciarlo senza biglietti ed erano già quasi le
due. Con tutta la
sua costanza, provò ogni cinque minuti, tralasciando anche
di fare la pausa
pranzo, tanto si era portata da casa solo un po’ di frutta
che mangiò senza
nemmeno alzarsi dalla scrivania. Ci riuscì soltanto alle tre
quando finalmente
una voce cordiale le rispose: “Sara Cori, in cosa posso
esserle utile?”
-
Buongiorno signora, sono una
collega della filiale di Napoli, Chiara
Corradini, e chiamo per conto del dottor Corona.
-
Ah, e come sta quella bella testa di legno?
– tagliò subito corto la sua interlocutrice,
abbandonando il tono
professionale.
-
Bene. Deve partire oggi per Bologna
ed ha bisogno della sua convalida per avere i biglietti aerei.
-
Va bene, dammi il numero della
richiesta.
Chiara
glielo riferì e la sentì
mettersi all’opera.
-
L’ha fatta fare a te, non è vero? –
le chiese dopo poco con tono confidenziale – È
inutile, sono tutti uguali i
maschietti: quando si tratta di queste cose hanno sempre bisogno di una
mano.
D’altra parte Massimo te lo chiede sfoderando tanto di quel
fascino che è
difficile dirgli di no. E non solo
alle
sue richieste di biglietti, se è per questo.
Ridacchiò
tutta allusiva, ma poi,
sentendo un silenzio imbarazzato dall’altra parte, si chiese
se per caso non
avesse colto nel segno.
-
Ok, l’ho autorizzata, ora tocca a te
girarla all’aeroporto per il biglietto elettronico.
-
Grazie e buona
giornata – la salutò la ragazza che avrebbe
desiderato terminare quel colloquio, ma la collega non era stata
abbastanza
soddisfatta nella sua curiosità e non voleva perdere
l’occasione di darle
qualche consiglio non richiesto.
Le
disse:
-
Ascolta Chiara, ti chiami così no?
Dalla voce mi sembri giovane.
-
Ho trentaquattro anni.
-
E sei anche carina per caso?
-
Non lo so, così mi dicono a volte –
rispose imbarazzata.
-
Bene, allora ascolta un consiglio da
una che ti potrebbe essere mamma: stai attenta perché quello
lì ha spezzato
parecchi cuori!
-
Non si preoccupi signora, non è il
mio caso.
-
Meglio così allora. Ciao e salutami
tanto il nostro dongiovanni.
Chiara
posò il telefono e rimase un
attimo interdetta. Aveva voglia di non completare la procedura e
lasciarlo
senza biglietto, “quello lì”, ma poi il
pensiero che era comunque un suo
superiore e che inoltre le aveva chiesto un piacere, la spinse a
schiacciare il
tasto.
-
“Ci devo stare attenta – pensò tra
sé
– se una che non mi conosce nemmeno e che ho sentito solo per
telefono ha
intuito qualcosa della mia storia con Massimo che succederà
quando lunedì torneranno
tutti? Finirò per diventare il gossip
dell’estate!”
Era
davvero preoccupata perché viveva
in un ambiente molto pettegolo e finire sulla bocca di tutti, a lei
così
riservata, proprio non andava giù. Già era stato
difficile quando, non si sa
come, era venuta fuori la faccenda di Marco. Aveva saputo che in
parecchi si
erano sentiti in dovere di tranciare giudizi e soltanto la sua condotta
quasi
monacale aveva impedito che cominciassero a trattarla come una puttana
rovina
famiglie. Ora ci mancava solo la relazione con il
bell’ispettore e stava a
posto!
**
Per
tutto il resto della giornata era rimasta
a rimuginare i propri pensieri e solo la sera si ricordò di
aver promesso a Cristina
di andarle a tenere i bambini per farla riposare un poco il giorno successivo.
Oramai era tardi per
organizzare la partenza per Ischia, ma faceva sempre in tempo a
prendere un
aliscafo l’indomani mattina presto. Le telefonò
per dirglielo e fu grande il
suo sollievo quando la sorella le comunicò che il giorno
dopo doveva ospitare
la cognata con la famiglia e non avrebbe potuto andare al mare.
-
Comunque – le disse -
se vuoi venire sei sempre la padrona.
-
Non è il caso, grazie. Avrai già il
tuo bel daffare con Anna e la sua truppa. Non ti invidio proprio!
-
Pazienza, è il mio destino! – sospirò
l’altra, rassegnata, ma poi non seppe resistere oltre e le
fece la domanda che
le bruciava dentro da quando avevano incominciato a parlare.
- Ti vedi con Massimo domani?
-
No, è andato a casa sua e poi … tra
noi è finita.
-
Ma come? Sembravate così innamorati
tutt’e due!
-
Chi te l’ha detta questa cosa qui?
Non c’è stato niente di serio, solo
un’avventura passeggera.
-
Chiara, a chi la vuoi dare a bere?
-
Scusa, non eri tu quella che mi
consigliava di stare attenta e di non farmi prendere in giro? Ebbene,
ora che
ho troncato, te ne esci fuori
con
l’amore?
-
In verità Riccardo ed io eravamo
preoccupati per te, che potessi rimanere scottata un’altra
volta.
-
E che dovrei fare, secondo te,
ringraziarvi pure per l’interessamento? Anzi,
già che siamo in argomento, vi prego per il futuro di non
occuparvi più della
mia vita privata altrimenti sarò costretta a non farmi
vedere più.
-
Ma no, sorellina, non fare così. Noi
ti vogliamo bene!
-
Che bel modo di dimostrarmelo,
specialmente tuo marito.
-
Hai ragione. Riccardo sa essere molto
spiacevole quando ci si mette. Ho litigato con lui per come ti ha
trattata domenica
scorsa, sai? Però cerca di capirlo: lui ti considera come
una figlia e vorrebbe
vederti sistemata con un bravo ragazzo.
- Non sono sua figlia e poi sono
abbastanza grande per vedermela da sola.
-
Questo è vero però non mi sembra
neanche il caso di buttarti via così. Andarci a letto dopo
solo tre giorni che
lo conoscevi!
-
Se vuoi proprio saperlo ci sono
andata il giorno dopo – la interruppe, molto irritata
– Ma cosa credete che
abbia preso i voti? In fondo sono una donna anch’io e
poiché mi andava, ho
fatto bene a farlo, il lasciato è perduto!
-
E adesso sei a pezzi - osservò Cristina.
-
Non è vero, sto benissimo. Almeno mi
sono presa la soddisfazione di averlo lasciato io prima che si
stancasse lui di
me.
-
Davvero? Deve avertela fatta grossa,
allora.
-
Non mi ha fatto nulla, ma ho capito
lo stesso che non è cosa per me. Ho preferito troncare prima
di attaccarmi a
lui.
Cristina
sospirò. Avrebbe desiderato
sentirsi rassicurata dalle dichiarazioni della sorella però
la conosceva troppo
bene per sapere che non sarebbe mai andata con un uomo senza esserne
davvero
innamorata.
-
Ascolta – le sussurrò con dolcezza
materna – se hai bisogno di qualcosa, anche solo di parlare,
ricordati che io
per te ci sono sempre. E Riccardo lo terremo fuori, non ti preoccupare.
Chiara
si mise a ridere.
-
Speriamo, solo tu riesci a sopportare
quell’impiastro! Grazie e stai tranquilla – la
rassicurò prima
di salutarla.
Quando
riattaccò il telefono, si chiese
come fosse riuscita a nascondere tanto bene il proprio stato
d’animo. Si
sentiva davvero a pezzi perché si era innamorata di Massimo,
anche se non lo
voleva ammettere neanche con se stessa.
-
“È inutile fare la sbruffona, se ieri
non fosse stato lui a lasciarmi andare, avrei finito per farci ancora
all’amore, magari per piangere ora come un
coccodrillo” – pensò.
Però
aveva fatto bene a non dirlo a Cristina.
Si sarebbe solo preoccupata inutilmente e non voleva più
pesare su di lei.
|
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Capitolo 14 *** 25 agosto- sabato ***
25
AGOSTO Sabato
Si
era visto con Daniela verso le otto di
sera e l’aveva portata a cena nel solito ristorante.
Lì avevano incontrato
degli amici e si erano uniti a loro. Dopo, qualcuno aveva proposto di
andare a
ballare e Massimo, che detestava farlo, questa volta stranamente aveva
acconsentito di buon grado. La ragazza ne era rimasta un po’
meravigliata, ma
poiché a lei ballare piaceva moltissimo, non aveva voluto
approfondire, approfittando
dell’occasione.
Lanciata
sulla pista in una serie di
balli latino-americani era davvero carina, con le belle gambe lunghe ed
i movimenti
armoniosi del corpo alto e snello. Massimo la osservava danzare e si
diceva che
era un vero fesso a farsi scappare una bella ragazza così,
con quel po’ po’ di
fisico e quei grandi occhi verdi. Purtroppo non riusciva a smettere di
pensare
ad altri occhi, scuri come la notte e come questa profondi e
misteriosi.
Era
tutto inutile, quella sera non ce
la faceva a fare come se non fosse successo nulla, doveva dirlo a
Daniela. Però
non voleva confessarle la sua storia con Chiara solo per scaricarsi la
coscienza e tirare avanti come avevano fatto negli ultimi tre anni,
voleva
farlo perché era venuto di sicuro il momento di chiarire la
loro situazione. Purtroppo
la reazione della donna non sarebbe stata piacevole e civile
perché era una persona
che quando s’incazzava lo faceva di brutto. Questo lo sapeva
per esperienza e
probabilmente, nonostante la lontananza e qualche suo precedente
tradimento,
forse ci teneva ancora a lui per cui non aveva trovato ancora il
coraggio di
affrontare l’argomento.
Quando
uscirono dalla sala e salutarono
gli amici, le fece una proposta:
-
Cosa ne dici di andare a bere una birra in quel pub vicino
casa tua? Ne
ho voglia. E tu?
Daniela
lo guardò stupita però poi fece
di sì, annuendo con il visetto sottile.
Appena
entrati nel locale si resero
conto di essere i più anziani lì in mezzo
perché era gremito di ragazzini
vocianti. Massimo volle sedersi lo stesso all’unico tavolino
libero. Ordinarono
birra e patatine e nell’attesa parlarono un po’ di
una coppia di amici che si
era appena separata e di
un’altra che
invece aspettava un bambino.
Quando
arrivò la birra, Daniela ne
bevve un sorso, mangiò una patatina e poi, interrompendo una
lunga
dissertazione del giovane sulla differenza di gusto tra le birre chiare
e quelle
scure, gli chiese a bruciapelo:
-
Hai un’altra?
-
Cosa? – le fece lui, preso alla
sprovvista – Che stai dicendo?
-
Dico che, se ben ti conosco, dopo
quasi due mesi che non ci vediamo non mi avresti portato al ristorante,
a
ballare e in birreria, ma non avresti visto l’ora di salire
su da me per
infilarti nelle mie mutande. Allora, parla, ce l’hai o no
un’altra?
Si
era preparato mentalmente tutto il
discorso da fare per raccontarle di Chiara ma forse era meglio
così: parlare
franco, senza tanti ragionamenti arzigogolati. D’altronde era
proprio questo che
gli era sempre piaciuto di Daniela: era una donna molto diretta, le cose non te le
mandava a dire.
-
Sì – le rispose semplicemente e… si
beccò un sonoro ceffone.
-
Sei uno stronzo ed io che sto ancora
a perdere tempo con te! – urlò la ragazza
alzandosi in piedi.
-
Non fare così, parliamone.
Cercò
di trattenerla per un braccio. Lei
si divincolò e se ne andò lasciandolo solo come
uno stupido.
Si
guardò intorno. Dopo la scenata
appena successa, dai tavoli accanto i ragazzini stavano tutti a
fissarlo. Un
po’ imbarazzato rimase a lisciarsi la barba, poi alzando il
bicchiere e facendo
un accenno di brindisi verso i vicini di tavolo, tracannò la
birra in un sorso solo.
**
-
Allora te lo sei fatto! – esclamò
Federica lasciando cadere la forchetta ed il coltello nel piatto della
pizza.
Chiara
le diede un pizzicotto sul
braccio.
-
Non strillare, scema! - la rimproverò
- Vuoi farlo sapere a tutta la pizzeria?
-
Scusa, hai ragione, ma questa è una
di quelle notizie bomba che ti fanno perdere il controllo.
-
La smetti di prendermi in giro, per
favore? Sto
già uno schifo per conto
mio.
-
E perché? Non mi dirai che ti sei
pentita di esserti fatta sbattere da uno dei più bei
maschioni in circolazione
nella nostra azienda su tutto il territorio nazionale, isole comprese!
Poiché
l’amica non le rispondeva,
proseguì a canzonarla.
-
Era ora che ti
ricordassi di essere fatta di carne e
la smettessi di nutrirti solo di letture astruse, musica new age ed
aromi
orientali, sempre chiusa nel tuo “castello” a
guardare il panorama.
-
Ed invece ho sbagliato a farlo – le
ripose l’altra malinconicamente.
Con
Federica poteva confidarsi, era
sicura che non avrebbe mai rivelato a nessuno le cose che le diceva in
confidenza, anzi, sarebbe stata prodiga di preziosi consigli. Con calma
finì di
raccontarle tutto, senza tralasciare nessun particolare. Mentre parlava, vedeva scorrerle
sul viso, come su
di uno schermo, la sua storia con Massimo. La sua espressione estatica
nell’udire il racconto dei momenti
romantici, si fece maliziosa ai particolari
più piccanti per poi apparire dispiaciuta e
perplessa alla brutta
conclusione a cui arrivò ben presto Chiara.
Nel
frattempo erano uscite dalla pizzeria e
stavano passeggiando sul lungomare.
–
Allora, che ne pensi? - le
chiese alla
fine, impaziente di conoscerne il parere.
-
Mah, non saprei! Secondo me hai preso una
decisione troppo affrettata.
-
Proprio tu mi dici questo, tu che mi hai fatto una testa
così quando stavo con
Marco?
-
Se permetti, la cosa è un po’ diversa questa volta.
-
Dici? A me pare la stessa situazione.
-
Non è vero. Tanto per cominciare Marco era sposato e lui non
lo è e non ha
nemmeno figli.
-
Comunque è impegnato con un’altra.
Chissà perché, ma
non ci credo affatto che si sono lasciati.
-
Però non ha nessun vincolo per cui potrebbe sempre decidere
di lasciarla
davvero e mettersi con te.
-
Sì, stai fresca. Quello riempie di corna la sua ragazza,
figurati se poi si
mette seriamente con me!
-
Che vuoi, è un bel ragazzo, sta solo e chissà in
quante gliela sbattono sotto
il naso. È naturale che qualche volta possa approfittarne.
-
Mi meraviglio di te, ora ne prendi anche le parti. Comunque me
l’ha quasi fatto
capire che non devo attaccarmi. Ritengo che sia meglio cercare di
togliermelo
dalla testa.
-
Oh beh, se ci riesci a me può fare solo piacere! Non mi va
di perdere l’unica
amica che ho e per giunta a causa di un ispettore!
-
Deficiente, tu non mi perderai mai, ti voglio troppo bene –
le disse Chiara
abbracciandola.
-
Sì, però sta’ ferma con le mani. Qui,
con il fatto che gli uomini non vogliono
me e tu non vuoi loro, non vorrei
che
qualcuno pensasse male di noi due.
Come
avete appena letto, Massimo si è mostrato onesto anche se,
come
giustamente hanno rilevato Xsemprenoi, CriCri e Vale è pur
sempre un uomo e l’aver
troncato con Daniela non vuol dire che sia disposto ad impegnarsi con
Chiara. E’
apparsa anche Federica, un personaggio minore che ho molto amato. Nella
realtà,
infatti, non tutti sono belli come Massimo o piacenti come Chiara (perdonatemi
il peccato, ma proprio non riesco ad immaginare i
protagonisti delle mie storie d’amore come racchie
ed ometti insignificanti) per cui
qualcuno che fosse una persona poco fascinosa ma intelligente e buona
ci voleva
proprio. Sono contenta che a Faith sia piaciuto il colloquio tra le
sorelle. Mi
sono immedesimata in Cristina: è davvero affezionata alla
sorella ed anche
Riccardo, per quanto odioso, (ma ce ne sono di uomini così
autoritari e
maschilisti, credetemi) le vuole bene anche lui. A volte dal troppo
affetto dei
parenti bisogna difendersi, non è vero? Ringrazio anche
Araba e Arte per le
belle parole che mi hanno rivolto ed assicuro tutte che
cercherò di mantenere l’appuntamento
quotidiano perché fa parte della storia che ho immaginato e
mi fa molto piacere
che lo stiate apprezzando. Kiss a tutte.
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Capitolo 15 *** 26 agosto - domenica ***
26
AGOSTO
Domenica
Caterina stava preparando le
verdure per il pranzo
quando Massimo, appena sveglio ed ancora in boxer e maglietta,
entrò in cucina
e la salutò con un caloroso bacio sulla guancia poi si
versò una tazza di caffè
e, con l’immancabile sigaretta già accesa, si
sedette al tavolo.
Conosceva
bene il figlio, aveva fatto
sempre così sin da bambino: se desiderava confidarle
qualcosa, sceglieva sempre
i momenti tranquilli di prima mattina quando tutto il resto della
famiglia
dormiva ancora. Senza dire nulla, le si metteva vicino aspettando che
fosse lei
ad attaccare discorso.
-
Ti sei alzato presto stamattina – esordì
quindi per rompere il ghiaccio.
-
Già.
-
Comunque ieri sei tornato presto,
non è vero?
-
Già.
-
Cosa c’è, ci sono problemi con
Daniela?
-
Sì.
La
madre sapeva che quelle risposte
laconiche non erano un invito a farsi gli affari suoi, anzi. Si
asciugò le mani
e gli si sedette accanto, mostrandosi pronta ad ascoltarlo.
Infatti
lui proseguì:
-
Ho conosciuto una ragazza a Napoli…
-
Conosciuto in senso biblico, immagino
– lo interruppe Caterina – Sei sempre il solito
scapestrato! Ma vedrai, Daniela
ti perdonerà anche questa volta. Chiamala.
-
Non è questo, mamma, con Daniela non
potevo più andare avanti.
Però lei,
Chiara, – specificò – mi piace davvero
moltissimo. Stavolta non riesco a fare
come se nulla fosse. No, proprio non ci riesco!
-
Meno male, si vede che ti è rimasto
un po’ di decoro oppure hai finalmente capito che
è assurdo continuare in
questo modo. Ma perché la fai così tragica?
Infine non mi sembra tanto grave:
può capitare anche a te di innamorarti, sai!
Massimo
assunse un’espressione così
stupita da apparire quasi comica. Chiara lo attirava molto ma non aveva
nemmeno
preso in considerazione una tale ipotesi. Fece un sorrisetto ironico ed
abbracciando la mamma, commentò:
-
Sei sempre la solita romanticona, vecchia mia! Ma non so
ancora se con
lei potrebbe funzionare. Non riesco a comprenderla e la cosa mi fa
molta
rabbia. Non mi sembra il tipo da avventure estive, ma vuole fare di
tutto per
farmelo credere. Non capisco il perché.
-
Sai perché succede tutto questo?
Perché non vi conoscete.
-
Se proprio tu hai detto or ora che ci
conosciamo addirittura in senso biblico! – replicò
lui.
-
Andare a letto insieme non vuol dire
conoscersi, anzi, spesso peggiora le cose.
Nel
vedere il figlio guardarla con
ironia, come a volerle dire che sotto quell’aspetto non
c’era stato alcun
peggioramento, si spiegò meglio:
-
Una
volta si faceva all’amore a completamento di un rapporto, non
come adesso che
lo fate senza neanche esservi parlati.
-
Guarda che abbiamo parlato tanto.
-
Sì, ma di cosa? Di musica, di viaggi,
dell’ultimo film di Nicole Kidman… Credimi,
figliolo, parlare non è questo, è
dirsi tutto di sé, anche quello che non avresti il coraggio
di raccontare a
nessun altro ed è anche non avere paura di farsi vedere per
quello che si è
realmente, senza inutili sovrastrutture.
Solo così ci si conosce davvero, con tutti i propri pregi ed
i propri difetti
e si riesce a
capire quello che si vuole
l’uno dall’altra. Dopo, se ancora trovi il suo
culetto attraente,
puoi anche farci l’amore. E se il
farlo ti sembrerà meraviglioso,
puoi
anche pensare di mettere su un rapporto più serio. Il che,
data la tua età,
sarebbe anche ora.
-
Cosa prepari per pranzo? – le chiese bruscamente
Massimo per cambiare discorso.
Si
vergognava un po’, lui così adulto,
di stare ancora a fare quei discorsi da adolescente con la madre.
Però le
voleva bene e doveva ammettere che benché la sua
mentalità fosse un po’
antiquata -
d’altronde era pur sempre
una donna di quasi settant’anni -
c’era
una certa saggezza in ciò che diceva.
**
Nella
calma mattinata festiva di
agosto, Chiara si sentiva più serena. L’aver
parlato con Federica la sera
precedente le aveva fatto bene. Forse l’amica aveva ragione,
forse stava
vedendo davvero le cose in maniera troppo drammatica. Una storia in
sospeso e
le malignità di una collega non dovevano farla scoraggiare.
Dopo tutto Massimo
era stato sempre meraviglioso con lei e non poteva essere solo tattica
visto
che non aveva nemmeno dovuto pregarla per portarsela a letto. Forse le
voleva
un po’ di bene anche lui e questa ipotesi la riempiva di
gioia.
Si
pentì di essersi lasciata andare
alla sua solita pessimistica visione della realtà e
sperò di poter ancora
recuperare il loro rapporto. Doveva fare ogni tentativo di apparire
carina ai
suoi occhi perché un po’ di seduzione, infine, non
avrebbe guastato. Per questo
motivo provò tutti i suoi vestiti per scegliere quelli
più carini da indossare
i giorni successivi e dedicò molto tempo a farsi bella.
Alla
fine, guardandosi allo specchio,
giudicò che in fondo non era poi tanto male. Nonostante
tutte le sue
insicurezze, doveva ammettere che i corteggiatori non le erano mai
mancati e forse
qualche probabilità di far innamorare anche
l’ispettore dongiovanni ce l’aveva
sul serio.
Passò
tutto il resto della domenica a contare
le ore. Non avrebbe mai sospettato di desiderare tanto ardentemente che
arrivasse presto il lunedì mattina per tornare a lavoro. Ma
questa volta era
diverso. Questa volta, in ufficio, avrebbe finalmente rivisto Massimo.
Un sentito grazie ancora a
tutte
per la carica che mi state dando. Ormai questo appuntamento quotidiano
con le
mie affezionate lettrici sta diventando il momento più bello
della mia giornata
per l’emozione che provo ogni volta nel vedere le vostre
recensioni.
Come
avete letto, nella domenica di Chiara e Massimo non è
successo un
granché ma è stato un giorno importante per
entrambi perché hanno riflettuto
sulla loro relazione e sui loro comportamenti. Massimo che
è, come mi avete
fatto notare, un po’ tontolone, ha bisogno di una mano per
chiarirsi le idee ed
è per questo che ho immaginato il colloquio con la mamma.
Ricordate che avevo
accennato al loro rapporto “speciale” nel primo
capitolo? Ho ripreso quindi il
personaggio di Caterina utilizzandolo per far
ragionare un po’ il nostro “dongiovanni”
ma spero di non aver esagerato con il “pistolotto”
materno.
Un
bacio ad ognuna di voi.
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Capitolo 16 *** 27 agosto - lunedì ***
27
AGOSTO lunedì
Benché
la pausa estiva fosse oramai
quasi finita, i due ispettori se la prendevano ancora comoda
perché il loro
lavoro non era ancora a pieno regime. Quella settimana,
anziché tornare la
domenica sera come facevano sempre, erano arrivati il lunedì
in tarda mattinata
e prima di entrare si erano fermati a far colazione alla tavola calda
nei
pressi dell’ufficio.
Di
ritorno dalle ferie, Giacomo aveva
raccontato al collega quanto fosse stato felice in vacanza con la
moglie e la
figlioletta di tre anni e di quanta nostalgia ne provasse
già.
- Però mi
è dispiaciuto per te. Sei stato qui tutto
da solo proprio a
Ferragosto – gli disse terminando
il suo racconto.
-
E chi ti ha detto che sono stato da
solo? – gli chiese Massimo con un sorriso malizioso.
Oramai,
dopo tre anni di vagabondaggi
insieme, erano come fratelli e non temeva di fargli qualche confidenza.
-
Ma quando me ne sono andato due
settimane fa non avevi nessuna “compagnia”! Come
è possibile? – si domandò
l’altro, incuriosito.
-
Non ti scordare le mie infinite
possibilità!
-
Chi hai potuto mai conoscere in una
città svuotata per le vacanze? A meno che… no,
non è possibile! È una collega!
Rimase
un poco pensieroso per poi aggiungere
più severo:
– Accidenti,
Massimo, mi avevi promesso che
non ti saresti più ficcato in situazioni del genere dopo
quanto è successo con
quella Annamaria. Stavolta l’avvocato Doria
s’incazza di brutto dopo il casino
che c’è stato allora, per non parlare poi di
Daniela!
-
Se è per questo Daniela si è già incazzata e mi ha mandato
a quel paese, ma
per quanto riguarda Doria,
chi glielo
dovrebbe dire? E
poi, guarda, questa
volta, ti giuro, non ne ho colpa. È successo così
per caso, molto
spontaneamente, non ci pensavo nemmeno a conquistarla.
-
Chi è, me lo dici?
-
No, questo no. Fatti gli affari tuoi!
– tagliò corto Massimo ridendo.
Giacomo
si grattò il mento perplesso,
ignorando l’invito dell’amico, proseguì
imperterrito.
-
Non mi sembra ci sia molto da
scegliere in questa filiale – osservò –
C’è quella Valeria, la fascinosa del
Settore Vendite, ma so che è in ferie…
-
… e non è proprio il mio tipo
- aggiunse l’altro scuotendo il capo.
-
Chi può essere il tuo tipo allora,
fammi pensare. Ah sì, ci sono! Marcella la ragazza del
Magazzino. Quella è
proprio carina, però è sposata…
-
… ed io evito le donne sposate, – concluse
Massimo al posto dell’amico con un sorriso sornione - hai
visto mai avessero un
marito geloso come te!
-
E fai bene. Guai a chi si permettesse
solo di guardare la mia Donatella! – ribadì
questi, innamorato pazzo della
giovane moglie – Allora chi può essere? Dai,
dimmelo, tanto non vado a
raccontarlo a nessuno – lo incalzò senza riuscire
a resistere alla curiosità.
-
Che te lo dico a fare? Ormai è già
finita!
Questa
volta Massimo aveva avuto un
tono di rimpianto nella voce che però Giacomo non colse
tant’è vero che
proseguì:
-
Caspita, più veloce della luce! Stai
diventando proprio un vero sciupafemmine!
-
Non sono stato io, è
stata lei a voler troncare di già.
-
Non mi dire! Ne hai trovata una mordi
e fuggi peggio di te?
L’amico
non rispose. Avvertiva una
punta di malinconica, ma non gli andava di confidarsi. Il giorno prima
con la
madre, oggi con l’amico: mica si poteva mettere a fare il
ragazzino alle prese
con le prime esperienze sentimentali!
L’arrivo
di altre persone nel locale
distrasse l’attenzione di Giacomo, il quale però
era ben deciso a venire a capo
dell’enigma. Osservò che in quel momento erano
entrate due loro colleghe
dell’Ufficio Vendite, entrambe carine ma un po’
troppo adulte per i gusti di
Massimo. Con loro c’era la grassona
dell’Amministrazione, e di quella neanche a
parlarne, seguita dalla sua inseparabile amica. Quest’ultima
lo colpì subito:
era una ragazza giovane e graziosa. Un po’ piccolina di
statura, aveva i
capelli bruni che le incorniciavano
di
riccioli il visetto delicato dai grandi occhi scuri e profondi.
Indossava un
vestitino a sottoveste giallo e nero che le metteva ben in evidenza il
seno e
lasciava scoperte le belle gambe abbronzate. Ebbe come una
folgorazione: “È
lei” – pensò. Ne ebbe quasi la certezza
quando vide Massimo cambiare
espressione nel vederla entrare nel locale ed infine ne fu sicuro
osservando lo
sguardo furtivo che i due giovani si scambiarono.
-
È lei, non è vero? – disse.
L’amico
non seppe mentirgli.
-
Ma come hai fatto a capirlo? - gli chiese
un po’ stupito.
-
Eh caro mio, non per niente mi
chiamano l’ispettore Rex!
-
Quello però è un commissario –
scherzò Massimo, prendendolo in giro.
-
Sarà, ma io ho lo stesso fiuto! Pensa,
ho collegato il fatto che lavora in Amministrazione e tu poco fa mi hai
detto
che hai cominciato a preparare le nostre prossime visite.
-
Bravo, e adesso che lo sai ti senti
più contento?
Giacomo
non rilevò la punta di sarcasmo
nella voce dell’amico e continuò ad osservare la
ragazza.
-
Non l’avevo notata prima, forse
perché non è un tipo molto appariscente.
Comunque, devo ammetterlo, è proprio
una bambolina – commentò - Come
si
chiama?
-
Chiara, si chiama. E non è soltanto
bella, è anche intelligente, simpatica, spiritosa, insomma
una vera delizia. Ma
te l’ho detto, si è già stancata di me.
C’era
una vena di rimpianto nella sua
voce che indusse l’amico a rincuorarlo.
-
Ehi, dongiovanni, mi sa che stavolta
sei cotto di brutto perché hai perso la capacità
di riconoscere i trucchetti
delle donne! Stai tranquillo, starà facendo un po’
la preziosa, ma se insisti
un po’ come sai fare tu, vedrai che l’avrai presto
ai tuoi piedi, l’ho capito
da come ti ha guardato prima. Oramai potresti anche presentarmela
però!
Così
dicendo si alzò costringendo
l’amico a seguirlo. Si fermarono accanto al tavolo dove erano
sedute le quattro
donne e salutarono
quelle più anziane
con una certa confidenza perché le avevano già
conosciute, poi Massimo presentò
Chiara a Giacomo e rivolto a Federica, le disse:
-
Tu devi essere la famosa Federica, ti
dispiace se diamo del tu anche a te?
-
Famosa? Noooo, in fondo faccio solo
la controfigura di Sharon Stone, non sono poi tanto famosa! Comunque
dammi
pure del tu, se vuoi, ma non cercare di sedurmi con i tuoi begli
occhioni
azzurri perché la mia virtù è
inattaccabile – scherzò subito
quest’ultima
facendo ridere tutti con l’autoironia che la rendeva subito
simpatica facendo
dimenticare la sua figura non certo piacente.
Trascorsero
insieme tutto la
pausa pranzo a
parlare ed a scherzare. Nel ritornare in
ufficio, Massimo si avvicinò a Chiara e le chiese sottovoce:
- Allora, ti è
tornata la voglia di uscire con
me?
-
Tu chiamami e vedremo – gli promise
lei con un sorriso seducente poi si allontanò con
l’amica.
**
Quando
rimasero sole in
ascensore,
Federica commentò:
-
Certo, è proprio un gran bel ragazzo
questo tuo Massimo!
-
Non è mio, purtroppo – si lamentò
Chiara.
-
Ringrazia il cielo di averlo avuto,
almeno. A me uno così non mi vede neanche con il
cannocchiale! – commentò
l’altra con una certa amarezza e poi si avviò nel
corridoio davanti a lei.
Nell’osservarne
le forme sgraziate e
sapendo quanto soffrisse per il suo aspetto fisico, Chiara si ripromise
di non
coinvolgerla troppo nelle proprie storie d’amore
perché poteva sembrare quasi
uno sfregio. Sapeva che Federica le voleva bene e non avrebbe mai
potuto
invidiarla, però martellarla con i suoi problemi le pareva
una mancanza di
sensibilità.
-
“Eppure ci dovrà pur essere qualcuno adatto
a lei, uno che possa apprezzarla - continuò a rimuginare
mentre si sedevano
alle rispettive scrivanie – è una persona
così buona ed intelligente, saprebbe
sicuramente far felice un uomo”.
Chissà
perché le venne in mente Mario.
In fondo anche lui non
era proprio una
beltà ed era solo e bisognoso d’affetto. Avrebbe
dovuto farli incontrare quei
due, magari sarebbe potuto anche nascere qualcosa.
**
Il
pomeriggio fu tranquillo perché il
capo, che tra di loro chiamavano “il pazzo” o, a
scelta, “il carognone”, era
appena tornato dalle ferie e
stava
leggendo la corrispondenza e le circolari. In tutta calma Chiara si
mise a
pensare al “suo” Massimo ed a quello che le aveva
sussurrato uscendo dal bar.
Non poteva fare a meno di sperare che la richiamasse ancora
perché questa volta
non gli avrebbe detto no.
Con
tale speranza, all’uscita dal
lavoro, andò al supermercato dove comprò tutto
l’occorrente per cucinare un
gustoso sartù di riso perché gli aveva parlato di
questa tipica pietanza
napoletana e lui aveva manifestato la curiosità di
assaggiarla. Quale migliore
occasione per prepararla? Così, se quella sera
l’avesse chiamata, lo avrebbe
invitato a cena a casa sua. Massimo era decisamente un buongustaio e
prenderlo
anche un po’ per la gola, forse sarebbe
stata una mossa vincente.
Siccome
era un piatto un po’ elaborato
ci mise parecchio tempo a finirlo, ma verso le otto era pronto e le era
venuto
benissimo. La casa era in ordine, lei aveva fatto una profumatissima
doccia
alla verbena e si era messa un abitino molto grazioso. Però
il telefono rimase
muto.
Stette
ad aspettarlo fin quasi alle
nove e mezza per poi convincersi che non l’avrebbe chiamata
più. Delusa, mise
il sartù nel congelatore, si preparò un panino al
prosciutto e se ne andò a
letto dove la assalirono di nuovo tanti timori. Forse le aveva chiesto
di rivederla
tanto per dire, forse non pensava già più a
lei…
**
Invece
Massimo in cuor suo si
rammaricava di non essere con Chiara. Non che la compagnia fosse poco
simpatica, tutt’altro. Era andato a cena con Giacomo ed un
collega napoletano
che aveva fatto l’ispettore anche lui. Come sempre avviene in
questi casi, però,
avevano finito per parlare quasi esclusivamente di lavoro.
-
Secondo me fai bene, Dario, – stava
dicendo Giacomo commentando la decisione del collega di lasciare la
loro azienda
– una volta ritornati in sede, per noi altri non ci sono
ulteriori prospettive
di carriera.
-
Ma cosa vorresti – osservò Massimo –
siamo già ad ottimi livelli retributivi, cosa dovrebbero
darci ancora? Possiamo
riprendere a fare lo stesso lavoro di prima, però
guadagnando molto di più.
-
Sì, ma non consideri la vita che
abbiamo fatto per anni ed anni? Io non ne posso più!
– replicò Giacomo.
-
Certo, è davvero un inferno stare
lontani da casa, sempre sbattuti di qui e di là, mangiare al
ristorante e
dormire in albergo – convenne Dario.
-
Sai, Massimo queste cose non le
capisce perché di natura è un cane sciolto. Gli
piace girare e non sente il
bisogno di un punto fermo.
-
Questo perché è ancora giovane,
vedrai tra qualche anno quando la vecchiaia comincerà a
farsi sentire!
-
Non dite sciocchezze, voi due non
siete certo tanto più anziani di me! Piuttosto se
c’è una cosa che non mi va
giù è che quando fai questo lavoro devi per forza
guardare le cose da un altro
punto di vista e non so se è giusto.
-
Che vuoi dire? – gli chiese Dario.
-
Soprattutto noi che
siamo stati a dirigere le succursali,
sappiamo bene le difficoltà vissute ogni giorno da questi
poveracci, ma siamo
costretti lo stesso a farli filare. A volte i regolamenti non sono
proprio il
massimo dell’umanità, dovete ammetterlo. Dopo, con
quale animo possiamo
riprendere a fare la vita di prima? – si spiegò.
-
Su questo non so darti un parere
perché non ho mai diretto una succursale. Prima ero a capo
dell’Ufficio
Amministrativo, al posto dove adesso sta Raimondi.
-
Davvero? – chiese Giacomo incuriosito
– È difficile passare
da Amministrazione ad Ispettorato. Che sei bravo
lo
sapevo, ma non fino a questo punto!
-
Grazie. Però a volte è anche
questione di fortuna. Io ne ho avuta perché dirigevo una
squadretta niente male
ed i risultati furono ottimi.
-
Chi lavorava con te? – domandò
Massimo.
-
Buona parte del mio staff è passato
al Commerciale, ma in Amministrazione ci sono ancora le due ragazze,
Federica e
Chiara. Ti assicuro che sono molto in gamba. Se con Raimondi i
risultati sono
calati notevolmente, non è certo per colpa loro.
Giacomo
lanciò uno sguardo complice a
Massimo e poi incitò l’altro a continuare:
-
Che combinazione! Le ho conosciute proprio oggi. Che tipi
sono?
Dario
non si fece pregare per parlare delle
colleghe.
-
Federica, che come avrete potuto
notare non è una gran bellezza, però è
la persona più intelligente e simpatica
che abbia mai conosciuto. Era già in quell’ufficio
quando sono arrivato io, in
pratica non c’è nulla che non sappia meglio di
chiunque altro. Se nella nostra
azienda ci fossero un po’ meno ingiustizie ed un
po’ più pari opportunità,
avrebbe dovuto averle lei le promozioni. Chiara invece è un
altro tipo. Anche
lei è molto intelligente, ma è più
insicura e riservata. Non è brava quanto la
collega, ma è una gran lavoratrice. E poi è una
persona che riesce a trasmetterti
un senso di pace, non so, come un acquario, una montagna innevata o un
lago
alpino. È molto dolce, senza contare che è pure
bellina.
-
Ehi, ehi, non è che ne sei un po’
cotto per caso?
-
Che vai a pensare! È solo una cara
collega così come lo è Federica. Se voglio loro
bene, è perché sanno farsene
volere, credimi.
Massimo
per un attimo temette che Giacomo
potesse farsi sfuggire qualcosa, ma per fortuna questi non fece altri
commenti.
Era
contento che anche Dario avesse di
Chiara la sua stessa opinione ed avrebbe desiderato chiedergli, dato
che la
conosceva così bene, se il fatto di chiudersi a riccio
all’improvviso era
qualcosa che faceva con tutti o era un trattamento che riservava
soltanto a
lui. Però avrebbe dovuto spiegargli troppe cose e non gli
andava di farlo,
meglio lasciare cadere il discorso.
-
Comunque – stava proseguendo Dario –
ho intenzione di proporre a parecchi dei colleghi più validi
di seguirmi nell’azienda
dove andrò a lavorare adesso. Mi hanno già dato
carta bianca su questo. A
proposito, voi due, che ne direste di farci un pensierino?
Giacomo
scosse la testa.
-
Per carità – disse - io
non vedo l’ora di tornare da moglie e
figlia!
-
Potresti far venire la famiglia qui.
-
Neanche per sogno, far crescere mia
figlia a Napoli! Scusami sai, non te ne avere a male, ma certe volte
sembra proprio
di stare nel terzo mondo. E poi ho fatto tanti sacrifici in tutti
questi anni
per finire di pagare la villetta a Monza e adesso cosa faccio, mollo
tutto
proprio ora che sono arrivato al traguardo? Lui, piuttosto, potrebbe
essere
interessato.
-
Davvero? - gli
chiese Dario – E come mai?
Massimo
fulminò con uno sguardo di
ghiaccio l’amico indiscreto poi si affrettò a
spiegare:
-
Non ho legami e quindi per me un
posto vale l’altro.
-
E poi l’ha detto proprio ora che non
gli va di ritornare al lavoro di una volta – concluse
Giacomo, affrettandosi a
riparare alla sua uscita poco opportuna di prima.
-
Certo, se tu venissi
con me potresti fare una bella carriera. Sei davvero un
ragazzo in gamba
e ti assicuro che a Napoli non si sta poi così male come
sostiene il “milanese”
qui presente. È una città molto difficile, lo
ammetto, ma è piena anche di cose
belle e di persone simpatiche.
-
Ho sempre sostenuto che puoi stare
bene dovunque se stai bene con te stesso - ammise Massimo, ricordandosi
del
discorso fatto la prima sera con Chiara.
-
Ed allora valuta la mia proposta.
Anche se non posso essere ancora preciso sul trattamento economico e
sugli
sbocchi di
carriera, ti assicuro che
potresti trovartene contento.
Vi
è piaciuta la cronaca
del lunedì? Nel colloquio
di Massimo con
i colleghi ho cercato di dare dei dettagli in più sulla
personalità e sul
passato del mio protagonista. Capito il tipo? Come tanti uomini
è portato a
vivere con le persone dell’altro sesso anche rapporti
più superficiali, magari
basati solo sull’’attrazione fisica, slegati dal
trasporto amoroso e dai
sentimenti. Spero però che non vi risulti troppo antipatico
per questo ed anche
che non vi stufiate dei continui tentennamenti di Chiara che
è subito pronta ad
abbandonare quel po’ di grinta che ha saputo trovare
chissà come. Siate
indulgenti con loro, come fossero due
amici
molto umani e pieni di difetti, ma continuate a
seguire questa storia con la partecipazione che
avete dimostrato sino ad ora. Grazie,
lettrici.
|
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Capitolo 17 *** 28 agosto - martedì ***
Siete
davvero tanto dolci
e care ad avere con me questo appuntamento quotidiano. Mi affretto a
darvi la
cronaca del martedì, un giorno molto importante nella storia
dei nostri due
amici. In realtà dalle vostre recensioni mi accorgo che
siete entrate benissimo
nella psicologia che ho voluto dare ai miei personaggi i quali, come mi
fanno giustamente
notare Arte e Vale, fanno un passo avanti ed uno indietro. Ma sono
ancora all’inizio
del loro rapporto visto che in fondo si
conoscono appena da una decina di giorni ed il cammino
dell’amore è ancora
lungo ed irto di difficoltà.
Comunque vi
assicuro che ne succederanno di cose! Sono contenta che Pirilla e Xsemprenoi abbiano gradito
questo capitolo
dove nuovi
personaggi sono apparsi a
fare da contorno ai nostri indecisi
protagonisti. Ne ho creati diversi per vivacizzare il racconto e ve li
farò
conoscere a poco a poco. E poi lo so, Cri-cri, ancora una volta sono
stata un
po’ perfida, ma come deve fare una povera pseudo –
scrittrice altrimenti
a tenervi incatenate alle sue
paginette?
28
AGOSTO martedì
-
Chiara, fai venire Federica un
momento nel mio ufficio.
La
telefonata di
Raimondi, il capo, aveva interrotto
il tranquillo lavoro della ragazza che stava approfittando
della relativa calma per mettere a posto la corrispondenza. Purtroppo
la
collega aveva dovuto accompagnare la mamma anziana dal medico e
l’aveva pregata
di coprirla.
-
Federica ha telefonato: ha avuto un
imprevisto e
verrà più tardi – gli disse,
raccontandogli una bugia – Posso essere utile io?
-
Non lo so. Corona vuole i dati dei
costi e dei ricavi della succursale di Magni. Tu li sai prendere?
-
Veramente è un lavoro che fa sempre
lei. Non si potrebbe aspettare che torni?
-
Ma quando arriva questa benedetta
figliola! Sono già le nove e quello lì mi ha
detto che li vuole subito. E poi,
perché non mi ha avvisato? È tornata ieri dalle
ferie e ha già bisogno di altro
permesso?
-
Sono stata io a dimenticarmi di
riferirglielo, mi scusi. Adesso i dati li preparo io, qualche volta la
collega mi ha
spiegato come si ricavano
– si affrettò a dirgli per tenerlo buono.
Era
un lavoro complesso e nuovo per lei,
ma la paura che
Federica potesse fare
molto tardi ed il capo incollerirsi, la spinse a mettersi al lavoro.
Non fu
semplice perché dovette ricostruire lo schema necessario, ma
alla fine,
erano le dieci, era
quasi riuscita a
terminarlo quando Raimondi, assai nervoso, si
affacciò alla porta e le chiese:
- Ma che fa stamattina
Federica? Cosa
diavolo le è successo? Corona mi ha
chiesto di nuovo quei dati.
-
Ho quasi finito. Comunque la collega
ha telefonato: la mamma sta male e sono dovute andare in ospedale
– mentì.
-
Va bene, però sbrigati
a portarglieli – le ordinò per poi
andarsene
sbattendo la porta.
Dopo
poco Chiara concluse il lavoro ed
andò nella stanza di Massimo. Era al telefono e siccome lei
si teneva con
discrezione sulla porta, le fece segno di entrare e di sedersi. Non
stava
parlando, ma era in attesa che gli passassero qualcuno ed il suo
sguardo non
l’abbandonò mai tanto che se ne sentì
un po’ imbarazzata perché quella mattina
aveva messo un vestito molto semplice e non si sentiva abbastanza
carina.
Invece
Massimo non riusciva a staccarle
gli occhi di dosso proprio perché gli piaceva
come le stava quel vestitino blu che le metteva in risalto
le forme
rotondette e quel bel pancino così femminile…
Dovette fare uno sforzo per
ritornare al suo lavoro quando dall’altro capo gli risposero.
Anche
Chiara lo osservava con
attenzione mentre parlava al telefono. La sua voce
aveva
un tono autorevole nel dare istruzioni precise su delle
convocazioni che
desiderava si facessero. Nell’ascoltarlo, per la prima volta
si rese conto del
ruolo importante rivestito in azienda da quell’uomo
così bello che l’aveva
tenuta tra le braccia e ne fu un po’ intimidita.
Al
termine della telefonata, lui si
fece consegnare il foglio con i dati e si mise a studiarli.
Chiara
stava andando via quando la
fermò con un gesto.
- Aspetta, - le disse - qui
c’è qualcosa che
non va.
Presa
una piccola calcolatrice, il
giovane ispettore incominciò a fare dei conti.
–
Sì, non è possibile che ci sia stato
un incremento simile. – osservò - Da dove hai
ricavato gli importi?
-
Da questi tabulati settimanali.
Cominciando
già ad agitarsi un po’, la
ragazza li poggiò sul tavolo per farglieli vedere ed intanto
inforcò gli
occhiali per ricontrollare
le cifre
insieme a lui.
L’uomo
rimase un po’ ad esaminare il tutto poi
si voltò a guardarla, molto serio.
–
Ecco, è qui l’errore: hai copiato il
rigo sbagliato - osservò.
Se
c’era una cosa che Chiara detestava fare
era sbagliare ed averlo fatto proprio con la persona con la quale ci
teneva di
più a fare bella figura la fece andare in tilt. Si fece tutta rossa e con la voce
tremante, gli disse
molto mortificata:
-
Scusami, hai ragione. Ho sbagliato come una scema.
Per
un attimo Massimo pensò che si
sarebbe messa a piangere come una bambina colta in fallo e
provò subito il
desiderio di consolarla.
-
Non ti preoccupare, può capitare a
tutti di sbagliare – la rassicurò.
-
Non so come mi sia potuto succedere.
Scusami, scusami!
-
Sei scusata – le ripeté con dolcezza
– però avrei bisogno di questi dati prima
dell’ora di pranzo perché ho preso
appuntamento con Magni per le dodici. Credi di farcela a correggerli
per
quell’ora?
-
Sì certo, vado a farlo subito –
lo rassicurò scappando subito via per far
presto.
Purtroppo,
nella sua stanza c’era
Raimondi il quale non appena la vide, la aggredì:
– Allora glieli
hai portati i dati a quel
rompiscatole?
-
Sì, però sono sbagliati. Devo
correggerli – rispose rossa in volto.
-
Ma che diamine, Chiara, dove stai con
la testa! Un ispettore ci chiede una cosa e tu gliela sbagli!
Perché non lo
dicevi che non li sapevi fare così non mi facevi fare questa
figura? – le urlò,
con il risultato di farla agitare ancora di più.
Per
quanto si sforzasse, la poverina non
riusciva più a riprendere il conteggio e certo non
l’aiutava a ritrovare la
calma la presenza del capo che
si era
messo come un cerbero ad aspettare che avesse finito. Stava per
crollare quando
per fortuna arrivò Federica.
-
Alla buon’ora, ci siamo decise a
venire in ufficio! – la investì adirato Raimondi.
Ma
non aveva fatto bene i conti con il
caratterino dell’altra dipendente la quale, a differenza di
Chiara, non si
faceva mettere i piedi in testa da nessuno, nemmeno dal capo.
-
Ringrazi il cielo se sono venuta.
Nemmeno se l’immagina quanti problemi ho avuto! –
gli rispose a muso duro.
-
Non puoi assentarti così, senza
preavviso! Io non ti do il permesso!
-
Ed io la prossima volta non vengo a lavorare
e mi prendo un giorno di ferie. Vogliamo chiedere
al sindacato se non ho la possibilità di farlo per
“urgenti ed improrogabili
motivi personali”? – nel dirlo Federica aveva
sottolineato con decisione la
parola “sindacato”.
La
grassona era troppo tosta per lui, Raimondi
preferì desistere e continuare a prendersela invece con
Chiara.
–
Quest’imbranata ha combinato un disastro,
vedi di rimediare – concluse e poi finalmente
lasciò la stanza.
-
Mi dici cosa è successo? Per una
mattina che manco qualche ora, trovo te distrutta e quello stronzo del
carognone tutto incazzato…
Quando
l’amica le ebbe raccontato
l’accaduto, si diede da fare per aggiustare lo schema. In
pochi minuti fu tutto
pronto.
Questa
volta Raimondi lo portò lui a
Corona.
- Ispettore, le ho portato i
dati che aveva
richiesto stamattina – gli disse con la voce melliflua - Deve scusare se ci abbiamo
messo tanto a
darglieli esatti, ma la mia collaboratrice è molto distratta
e spesso mi
combina di queste cose – si giustificò.
Massimo
detestava i capi che accusavano
il personale
davanti ai superiori.
-
Lei non li aveva controllati
prima di farmeli consegnare? – gli chiese, freddo.
A
questo punto lo aveva messo
con le spalle al muro: se avesse detto di sì, avrebbe
ammesso di non aver
notato l’errore, se avesse detto di no, avrebbe invece
confermato che il lavoro
grosso veniva fatto dalle ragazze e lui se ne prendeva solo il merito quando tutto
andava bene. Comunque,
per non mettere in difficoltà Chiara, si affrettò
ad aggiungere più cordiale:
- Non si preoccupi,
Raimondi, un errore può
sempre succedere. Grazie.
Poi
lo congedò con un cenno della
testa.
**
Ad
ora di pranzo Chiara se ne stava
assai mogia in compagnia di Federica a sbocconcellare un piatto
d’insalata.
Raimondi entrò con un altro funzionario, il quale,
benché fosse piuttosto
avanti con gli anni ed avesse moglie e figli già grandi,
faceva il cascamorto
con tutte le colleghe. Per lui le donne si dividevano in due sole
categorie: le
belle insieme a quelle appena passabili che però ci stavano
e le brutte in
compagnia delle ragazze che lo tenevano a distanza. Federica e Chiara
appartenevamo entrambe a quest’ultima categoria, la prima per
diritto naturale,
la seconda perché aveva bloccato con determinazione ogni suo
tentativo di
prendersi confidenza. Entrambe lo tenevano sullo stomaco per le
occhiate e le frecciatine
che lanciava loro ogni volta e
perché non perdeva mai l’occasione di fare
il maligno. In più era un gran pettegolo.
Anche
questa volta, poiché aveva saputo
dello spiacevole errore avvenuto quella mattina debitamente enfatizzato
da Raimondi,
si sentì in dovere di mettere una buona parola. Facendo in
modo che le due
donne sedute al tavolino accanto al loro lo sentissero bene,
commentò:
-
Fortuna che gli hai mandato lei con
quei dati, se ci fosse andata qualche racchia – e chiaramente
alludeva a
Federica – chissà cosa sarebbe successo.
Quello si intenerisce solo con le belle ragazze altrimenti
è una carogna
capace di farti perdere il posto solo perché gli stai
antipatico. Ma lo sai
come lo chiamano? “Il predatore”, lo chiamano. Ha
fatto la festa a parecchie
pollastrelle ed ha tagliato un sacco di teste in giro per le filiali in
Italia.
Ridacchiò
perfido, poi, facendo finta
di accorgersi solo in quel momento delle due ragazze, aggiunse rivolto
alla più
carina:
-
Chiara, stavo dicendo che Corona è molto
sensibile al fascino femminile, fai bene quindi a sacrificarti per il
bene
comune. E poi tutto sommato a voi donne i tipi così
piacciono molto. Per te non
sarà stato un sacrificio troppo grande, non è
vero?
-
Speriamo che si strozzi! – sibilò
Federica vedendolo addentare un panino e facendo in modo di farsi
sentire. Nel
rivolgere lo sguardo all’amica, notò che era
sconvolta. Allora la afferrò per
un braccio e dopo aver lanciato un'altra occhiataccia a
quell’antipatico che
ridacchiava soddisfatto insieme al suo degno amico, si
affrettò a portarla via.
-
Ma sei scema? – la rimproverò non
appena furono fuori dal bar – Non lo sai che quel viscido
schifoso è solo pieno
di invidia?
-
Forse
è venuto a sapere della mia relazione con
Massimo – si lamentò lei in
preda al panico - Tra
poco sarò sulla
bocca di tutti. Dio mio, come ho potuto ficcarmi in una situazione
simile? Tra
l’altro per uno per il quale
sono
soltanto una “pollastrella” tra le tante!
-
E dagli, vuoi davvero stare a credere
a quel verme?
-
Federica, non facciamoci illusioni.
Corrado avrà anche amplificato la cosa, ma da come
l’amico Massimo si comporta
con me, presumo che un fondo di verità ci sia.
-
E se anche fosse? Non
hai detto di esserne venuta fuori? E poi
puoi stare tranquilla, non l’ha saputo nessuno
perché è successo in pieno
agosto.
-
Però lo so io e mi sento uno schifo.
Che cavolo, sono stata così attenta
in
quest’ultimo periodo per poi finire in bocca al lupo come una
pecorella
deficiente! Sono senza dignità.
-
Non mi pare proprio, in fondo l’hai
mandato a passeggio, mica ti sei messa
a piagnucolare. Non ne sei uscita poi tanto male
- osservò Federica.
-
Sì, ma ho fatto la superiore senza
esserlo per davvero.
-
Forse
non l’ha capito. Se tieni duro e ti rifiuti di
vederlo, ne uscirai
pulita pulita.
**
Il
consiglio di Federica era stato molto
assennato ma mai come questa volta Chiara sembrava aver perso la forza
di
volontà per la quale andava così fiera. Quella
sera stessa Massimo le telefonò
e solo a sentire la sua voce si sentì invadere lo stomaco da
una intera moltitudine
di quelle famose farfalline.
-
Ciao, piccolina, come stai? – esordì il
giovane – Lo sai che oggi ho dovuto fare uno sforzo enorme
per non
prenderti tra le
braccia e consolarti?
-
Scusami, sono tanto mortificata per
quanto è successo – gli disse in un sussurro
– Raimondi si è davvero
arrabbiato.
-
Questo lo avevo supposto. La
responsabilità dei dati forniti era comunque la sua. Ti
dirò, quello lo tengo
puntato, non mi piace affatto come dirige Amministrazione.
Chiara
ricordò quanto aveva udito quel
giorno circa le pericolose antipatie dell’ispettore. Siccome
era un tipo troppo
leale per scaricare le sue colpe sugli altri, persino su quel despota
odioso
del proprio capo, si affrettò a precisare:
-
Con me ha ragione però. Io cerco di
lavorare bene ma spesso commetto delle distrazioni imperdonabili.
-
Le distrazioni sono scusabili,
l’importante è la sostanza – la
rincuorò lui.
-
No, te lo assicuro, io non
sono per niente adatta a questo lavoro.
Se non fosse stato perché Riccardo aveva tanto pregato quel
suo amico, avrei
preferito non accettarlo nemmeno.
-
Ancora con questa storia! Ti assicuro
che hai fatto un’ottima prova di assunzione ed hai delle note
splendide. Quel
tale si è limitato a farvi sapere che in azienda assumevano
e magari ad
anticiparti l’esito del colloquio, ma puoi starne certa, il
merito è soltanto
tuo.
-
E tu come fai a saperlo? – gli
chiese, poi rammentò che per il suo ruolo Massimo aveva
accesso a tutte le
informazioni delle loro cartelle personali. Forse per
curiosità doveva aver
guardato anche la sua.
– Ho capito
– aggiunse senza più insistere
perché lui non poteva rivelarglielo –
però è vero che non sono adatta a questo
impiego. Avrei voluto fare altro nella vita invece di mandare e-mail,
rispondere al telefono e stilare reports!
-
E cosa avresti voluto fare?
-
Da ragazza ho frequentato il liceo
artistico e dopo il diploma mi ero iscritta a Storia
dell’Arte, lo sai quanto
mi piace. Ma la mia grande passione era il restauro. Avrei voluto farlo per
professione, non solo per hobby.
Massimo
quasi se la vide davanti agli
occhi, con il bel visino assorto e gli occhiali sul nasino a tirare
fuori la
bellezza da qualcosa che l’aveva perduta.
–
Sì - le disse – forse era davvero il
lavoro più adatto a te. Tu sei calma ed ordinata, non sei
fatta per il caos
quotidiano. Dico davvero, da te emana un’aura di armonia
molto
affascinante –
proseguì senza curarsi
del risolino incredulo di lei, poi, forse un po’ pentito di
essersi lasciato
andare a troppi complimenti, ritornò sul pratico -
Perché non hai insistito a
farlo? – le domandò.
-
Perché è una strada lunga, si deve
fare molto tirocinio quasi gratuito ed io invece avevo bisogno di
guadagnare.
Comunque sono contenta che tu mi consideri in questo modo.
Lo
era sul serio perché si sentiva
capita mentre invece in tanti la ritenevano soltanto una snob senza
vitalità e
spirito di competizione.
-
Sei una personcina speciale, credimi,
per questo mi piace tanto stare con te. Anzi, poiché non ci
vediamo da un po’,
cosa ne diresti di venire domani sera a cena con me?
La
ragazza rimase molto interdetta: era
conquistata dalla sua dolcezza ma non voleva derogare dalle proprie
decisioni.
Gli raccontò la prima scusa che le venne in mente.
-
No, sono a dieta.
-
Davvero? E in che cosa consiste la
tua dieta? Mangi mezzo spaghetto anziché uno intero e un
gamberetto invece di due?
-
Che fai, sfotti? – gli chiese.
-
Certo che ti sfotto. Non mi dirai che
quanto mangi di solito rischia di farti ingrassare. Anche tua sorella
ti
ripeteva in continuazione “ mangia,
mangia…”
-
L’hai notato allora! – mormorò
mortificata.
-
Naturalmente e a dire il vero non mi
pare il caso di trattarti come una bambina, ma se è
necessario, comincerò a
farlo anch’io.
-
Sai, Cristina si preoccupa perché ho
avuto, anzi ho… diciamo… un po’ di
disordini alimentari di origine nervosa:
quando sto allegra finisco con abbuffarmi ed ingrasso, se sto depressa
non mi
nutro affatto e deperisco. È un’altra delle mie
splendide doti, credevi fossero
già finite? – scherzò.
-
Adesso però si vede che stai proprio
bene, sei snella, ma con delle rotondità deliziose. Sei in
perfetto equilibrio,
non c’è che dire!
-
Allora ti piaccio… - sussurrò la
ragazza timidamente, ma in maniera un po’ maliziosa.
-
Perché, non si era capito? – mantenne
il gioco lui.
-
Non me l’hai mai detto!
-
Non è possibile! Forse non te ne sei
accorta perché a volte le cose le dico scherzando, ma
… sei bellissima e mi
piaci da morire – glielo sussurrò in un tono
così appassionato che Chiara ne
rimase addirittura estasiata.
Poi
Massimo aggiunse, sempre con molta
tenerezza:
-
Senti, ti risparmio la cena, anche
perché devo fare compagnia a quel lavativo di Giacomo il
quale è in piena
sindrome depressiva post ferie e non fa altro che rimpiangere la moglie
e la figlia
lontane. Non voglio lasciarlo solo, però ci potremmo vedere
dopo cena. Ti va?
-
Te lo devo dire proprio adesso?
-
Sì, domani saremo fuori tutto il
giorno e per giunta
anche molto
impegnati. Non so se ce la farei a telefonarti, per cui sarebbe meglio
se
fissassimo adesso. Su, dimmi di sì, ti prego!
-
E va bene - si arrese lei.
-
Allora passo da te
alle sette.
-
Scusa, non si era detto dopo cena? Ma
tu a che ora ceni?
-
Hai ragione, però, udite, udite: pur
di vederti presto, rimarrei anche digiuno!
-
Cos’è, ti ho contagiato i miei disordini
alimentari? – scherzò Chiara – Facciamo
così, passami a prendere alle nove,
però non salire, chiamami al citofono che scendo io. Va bene?
-
D’accordo, piccolina. Allora ci
vediamo domani. Adesso
che farai?
-
Cosa vuoi che faccia, me ne vado a
dormire, sono già le undici passate!
-
Hai ragione – rise lui – ma vorrei
che fosse già domani sera! Va bene, vuol dire che per
stanotte mi accontenterò
di sognarti. Dormi bene, tesoro.
Chiudendo
la comunicazione Chiara si
sentì invadere da una immensa felicità. Massimo
le voleva bene, ne era sicura,
come avrebbe potuto altrimenti essere così dolce quella
sera? Non vedeva l’ora
che si facesse l’indomani e quella notte finì con
il rigirarsi nel letto senza
poter prendere veramente sonno.
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Capitolo 18 *** 29 agosto - mercoledì ***
29
agosto mercoledì
Per
tutto il giorno, senza dare nemmeno
peso a Raimondi che rompeva più del solito,
Chiara fece una testa così a Federica la quale alla
fine, pur a malincuore, fu
costretta a farla ritornare con i piedi per terra.
-
Non partire troppo in quarta, bimba.
Se c’è qualcosa di vero in quello che si dice,
l’amico ti pappa in un
bocconcino solo – le consigliò.
Chiara
ci rimase un po’ male però le
promise di essere
prudente e di cercare
di capire le intenzioni di Massimo anche se aveva avuto
l’impressione che fosse
stato sincero quando la sera prima le
aveva detto quelle cose. E poi non desiderava farsi scoraggiare da
nulla. Era
come la classica falena attirata dalla luce del fuoco, incurante di
potersi
bruciare le ali.
Il
pomeriggio dedicò molto tempo al suo
aspetto e quando alle nove in punto il citofono bussò, corse
allegra giù per le
scale e spalancò il portone con un sorriso che la illuminava
tutta.
Massimo
rimase incantato nel vederla. Non
le aveva detto una bugia: sul serio la trovava molto seducente. Quella
sera
aveva indossato una maglietta rossa con le maniche lunghe e lo scollo a
barca
sopra una semplicissima gonna nera, un po’ cortina. Aveva
alzato i riccioli
neri in un nodo al centro della testa, lasciando scoperte le spalle ed
il collo
delicato ed in
più si era data un po’ di
rossetto vivace che le rendeva il
colorito luminoso e le labbra ancora più piene.
-
Allora, bella signorina, dove la
porto? – le chiese non appena si fu seduta in auto.
-
Non lo so, a dire il vero non sono
molto abituata alle uscite serali e non saprei proprio dove andare.
-
Va bene allora, faccio io. Ti va un
piano bar? Ne ho
visto uno dalle parti
del lago… come si chiama… ah sì, il
lago d’Averno!
-
Come lo conosci il lago d’Averno? Non
è che hai tradito la tua guida? – gli chiese
fingendo di scherzare. In realtà provava
un po’ di fastidio perché
sapeva che quel
posto era molto frequentato dalle coppiette e sospettava che ci avesse
portato
già qualcun'altra.
-
Lunedì siamo andati a cena con Dario
in un ristorante da quelle parti ed a pochi metri
c’era questo piano bar molto carino. Spero di
ricordarmi la strada, però.
-
Conosci Dario? – gli domandò abbastanza
rassicurata e spiegandosi anche il perché il
lunedì precedente non l’avesse
chiamata.
-
Certo, ha lavorato all’Ispettorato.
In effetti è stato proprio lui ad insegnare il mestiere a me
e a Giacomo.
-
Ah già, è vero! Ma dimmi, mi aveva
confidato che intende dare le dimissioni. Ti ha detto niente?
-
Sì, va via. Oramai ha deciso e
secondo me fa bene. Da noi non ci sono molte prospettive superati certi
livelli.
-
Mi dispiace. È stato il mio primo
capo, lo sapevi? Gli volevo bene perché era calmo e
cordiale, sapeva infondermi
una grande sicurezza. Lavoravo bene con lui, non come adesso con
Raimondi.
-
Lo so, anche Dario mi ha parlato
molto bene di te e di Federica. Mi ha proposto di andare a lavorare con
lui
nella sua nuova azienda – le confidò.
-
Davvero? E dove? Qui a Napoli? – gli chiese
cercando di calmare il cuore che a quelle parole le era balzato nel
petto.
-
Già, però non credo lo farò.
D’altra
parte una decisione la dovrò pur prendere, tra poco
ridurranno molto la nostra
attività e dovrò scegliermi una sede.
Probabilmente me ne tornerò a Bologna –
affermò lui disinvolto mentre controllava i
cartelli stradali.
Chiara
non disse nulla, il viso basso
per non mostrare la sua delusione.
-
Giacomo non ce la fa più
– continuò il giovane senza
accorgersi di
nulla – dopo tre anni quasi di questa vita, non vede
l’ora di tornarsene dalla
famiglia. Per quanto mi riguarda invece, avrei continuato ancora per un
po’. Io
sono un vagabondo, non mi piace stare fermo sempre allo stesso posto.
-
“E va bene – si stava dicendo intanto
la ragazza – in poche parole ti ha
spiegato la situazione. Prendine atto e non fare la scema. Ti vuole
solo per
passare il tempo adesso che sta qui, fattene una ragione! Non
c’è nessuna
storia d’amore ed è meglio non farsi illusioni.
Goditi la serata e non pensarci
più.”
C’era
rimasta male, ma adesso perlomeno
sapeva come comportarsi. I piagnistei li avrebbe rimandati a più tardi.
Il
lago era incantevole ed il locale
che si affacciava sulle sue acque, molto accogliente e discreto, con le
luci
soft. C’erano parecchie coppiette, alcune delle quali si
scambiavano effusioni
con la musica in sottofondo. Chiara invece si sedette a debita distanza
dall’uomo, ordinò un cocktail leggero e si mise a
sorseggiarlo con calma.
-
Vivi con Daniela a Bologna? – gli
chiese con fare indifferente.
-
Prima di cominciare questo lavoro,
sì. Abbiamo vissuto insieme quasi due anni, ma non
è stata una bella
esperienza. Oramai sono tornato dai
miei.
-
Perché, cosa non andava? –
insistette, cercando di dissimulare la curiosità e
mantenersi sul discorsivo.
-
Non lo so, forse è proprio la
convivenza la cosa difficile.
Sai, Daniela
è un po’ come me: forte, impetuosa, facilmente va
su tutte le furie. In pratica
la nostra storia è naufragata per le cose di ogni giorno, io
non sopportavo più
lei e lei non sopportava più me. Credo sia stata una
liberazione per entrambi
quando ci siamo dovuti separare facendo finta che non fosse successo
niente.
-
Come l’hai conosciuta?
-
È un’amica di mia sorella Sandra. Fa
l’infermiera al Policlinico dove lei ha fatto il tirocinio.
Ci siamo conosciuti
e dopo un po’ abbiamo deciso di andare a vivere insieme.
-
È un bel lavoro l’infermiera, ti
permette di aiutare la gente.
-
Certo, ma è anche un lavoro terribile.
Devi stare sempre all’erta per non farti accoppare dai medici
e dai pazienti,
devi essere un tipo tosto. Per fortuna Daniela lo è. Ma sai,
a volte avrei
voluto anche un po’ più di dolcezza – le
confidò con sincerità.
-
Forse potete provare a ricominciare, spesso
si cambia – gli consigliò Chiara la quale oramai
aveva superato anche la soglia
della malinconia, tanto da sentirsi come se a vivere quel momento non
fosse più
lei.
-
Non credo sia più possibile. Vedi,
c’erano troppe cose a farci litigare. Il fatto che sono molto
legato a mia
madre, ad esempio. Lei non sopportava neanche che l’andassi a
trovare, ne era
molto gelosa, come se avessi
tolto
qualcosa a lei per il solo fatto di volerle così bene.
Eppure non sono un
mammone, credimi, il nostro rapporto è difficile da
spiegare...
-
No, ti capisco – lo interruppe Chiara
- Anch’io
sarei stata così se solo
fossero stati vivi i miei – poi aggiunse scherzando - Io
però sarei stata una
“papona”: con nessuno mai mi sono sentita protetta
e sicura così come con papà.
Non avevamo neanche bisogno di parlare, capiva tutto di me prima che
glielo
dicessi. Mi accettava così com’ero, con tutti i
miei difetti, mi voleva bene
senza condizioni. Non l’avrò mai più un
amore come quello. In realtà non c’è
nessun altro che può darti quanto ti danno i genitori e te
ne accorgi ancora di
più quando li hai perduti per sempre.
Le
stava salendo un nodo di pianto alla
gola e così buttò giù tutto di un
fiato la sua bibita.
Massimo
la guardò con tenerezza perché
si vedeva quanto il dolore per la perdita dei suoi la facesse ancora
soffrire.
-
È bello sentirti dire queste cose. Forse anche
Daniela le avrebbe
provate se solo avesse
avuto una
famiglia più normale. Purtroppo suo padre se
n’è andato con un’altra donna
quando lei era ancora piccola e la mamma è una mezza pazza.
Ha lasciato casa
appena ha potuto ed ha dovuto imparare ad essere più dura
per forza di cose. Tutto
sommato è davvero una donna meravigliosa, di sicuro sono io
ad essere sbagliato
- le disse
mostrando l’affetto che
nutriva comunque per la ragazza.
-
Certo, deve essere una persona in
gamba. Cerca di non fartela scappare allora – gli
mormorò Chiara cercando di
mantenere la voce ferma.
Adesso
si era messa anche a dargli consigli
proprio come una brava amica! Però
si sentiva turbata ed ebbe paura di farglielo capire. Senza dargli il
tempo di
dire più nulla, gli chiese indicando il proprio bicchiere
vuoto:
–
Ne posso avere un altro? Anzi voglio
quello che stai bevendo tu.
-
Questa è vodka, non è roba per te –
la prese in giro il giovane, sorridendole – Ti ordino un
succo di frutta.
-
No, voglio quella – protestò e poi si
mise ad insistere come una bambina fino quando non fu accontentata.
In
effetti aveva bisogno di qualcosa di
forte perché lei no che non era una tipa tosta! Perlomeno
l’alcol le diede la
forza di non fare proprio la figura della scema e riuscì a
farle mantenere il
tono della conversazione su livelli decenti, senza lasciar trapelare
quanto stesse
soffrendo.
Verso
le undici e mezza si sentiva un
po’ stordita e gli chiese di tornare a casa. Per andare al
parcheggio c’era un
vialetto lungo e buio da percorrere, costeggiato da uno scalino. La
ragazza vi
salì sopra, ma il passo reso incerto un po’
dall’alcol a cui non era abituata
un po’ dai tacchi alti, la fece inciampare. Come quella
volta, quel lontano 14
agosto quando era salita sulla scaletta in ufficio, sarebbe caduta se
Massimo
non l’avesse presa tra le braccia. Questa volta
però non se ne sentì
imbarazzata. Era un po’ brilla e
posandogli il viso sulla spalla, la bocca
all’altezza di quella di lui
perché stava ancora sullo scalino, ridacchiò
divertita. L’uomo ne approfittò e
la baciò con una foga che le fece girare la testa. Dopo le
appoggiò le labbra
sul collo e sulle spalle facendole provare mille brividi.
-
Ma di cosa sai stasera? – le chiese
con il viso sprofondato nella sua carne, aspirandone il profumo
– È un odore
che non mi è nuovo ma non riesco a capire
cos’è. È
uno dei tuoi intrugli da strega per caso?
-
Non lo indovini, non lo indovini! –
rise la ragazza provocandolo, poi si arrese ai baci
e mordendosi le labbra per il piacere,
stretta a lui, mormorò – È cioccolato.
Ho usato un bagnoschiuma al cioccolato.
-
No, non me lo puoi dire così! – scherzò
Massimo con il viso ancora affondato nella sua scollatura - Vado pazzo per le ragazze
al cioccolato!
La
stava stringendo così forte che quasi
le toglieva il fiato e nonostante i suoi buoni propositi, non
riuscì a
respingerlo. Era anche questo che l’attirava in lui, il suo
infiammarsi
improvviso che non le lasciava spazio, che la costringeva a piegarsi
come ad
una violenza fatta però soltanto di dolcezza e di piacere.
I
fari di una macchina in arrivo li
costrinsero a separarsi. Si avviarono all’auto ancora stretti
l’uno all’altra e
quando furono entrati nell’abitacolo, Chiara si
abbandonò sul sedile perché
ancora provava un enorme languore. Massimo ne approfittò e
la prese di nuovo tra
le braccia. La sua passione era tanta che non riusciva più a
contenersi.
Le scostò
la spallina della
maglietta scoprendole
un seno che
cominciò subito a baciare, strappandole dei gemiti sommessi.
Lei
si sentiva come quando si viene
travolti da un’onda e si finisce sott’acqua. Tutto
le appariva ottenebrato e
non aveva neanche la forza di risalire alla superficie. Quando
però la mano di
lui le si
insinuò sotto la gonna cercando
di toglierle le mutandine, si riscosse e fermandolo, gli
sussurrò:
-
No, no….
-
Sì, sì, invece... – insistette lui, la
bocca ancora incollata al suo seno.
Dovette
respingerlo con molta energia
per farlo fermare.
- Ti ho detto di no! Non
voglio farlo qui in
macchina – lo rimproverò, scostandolo.
-
E perché no? È molto comoda, sai –
provò a convincerla – e poi è
così eccitante!
-
Eccitante un corno! A me piace farlo
nell’intimità di quattro mura, su un bel letto
dalle lenzuola profumate e
magari con un po’ di musica per sottofondo. Te l’ho
detto, sono una
perfezionista!
Immaginando
che si riferisse alla casa
accogliente dove tra poco avrebbero fatto ritorno, Massimo desistette
dal suo
proposito.
- E va bene, come vuoi tu
– accondiscese e si
affrettò a rimettere in moto l’auto.
Fu
una vera fortuna perché proprio in
quel momento un gruppo di persone sbucò dal vialetto e si
avviò alla macchina
parcheggiata proprio accanto alla
loro.
-
Hai visto? - gli
disse Chiara cercando di aggiustarsi i
vestiti – Ti immagini la figura di pupù che
avremmo fatto se non ti avessi
fermato in tempo? Devi essere impazzito a proporre certe cose!
-
Si, - rise lui – sono “asciuto
pazzo”, come dici tu. È la verità, sono
pazzo di te!
-
Certo e dove la trovi un’altra più
disponibile di me!
Allo
sguardo divertito ed interrogativo
dell’uomo, continuò, facendogli il verso.
-
…e mi fai la fotocopia …e mi trovi il
numero di telefono …e mi prenoti il volo… Certo,
voi maschietti dovete sempre
essere portati per mano!
-
E perché no? Le schiavette ci sono
proprio per questo.
La
ragazza gli rispose con una smorfia.
-
A proposito, se
questa settimana devi andare a
casa, vedi di ricordarti di richiedere per tempo i biglietti. La volta
scorsa
hai rischiato di non partire affatto perché quella tale Sara
non mi rispondeva
a telefono.
-
Lo immagino, è difficilissimo pescarla
perché è sempre in giro per gli uffici della
direzione. Se ci fosse una
classifica delle pettegole sarebbe al primo posto in assoluto. Sa tutto
di
tutti e quel che è meglio, è informata sulle
politiche aziendali più dell’Amministratore
Delegato! A proposito, devo chiedere a lei se è vero che
hanno deciso di
anticipare ad ottobre la fine della nostra ispezione a Napoli.
-
Così presto! – esclamò Chiara senza
riuscire a nascondere il dispiacere provato a quella notizia.
Massimo
la guardò con tenerezza.
-
Sai cosa facciamo? Questo fine
settimana non vado a casa così possiamo passarlo insieme -
le propose.
La
ragazza era pentita di essersi lasciata
sfuggire il proprio rammarico.
-
Non so se potrò stare con te –
affermò, cercando di rimediare.
-
Dai, piccolina – la esortò lui carezzandole
una gamba – abbiamo così poco tempo da stare
insieme prima che me ne vada, non
fare la difficile!
-
“Ecco, - pensò Chiara - questa è una
vera e propria dichiarazione di intenti: stiamo insieme
finché possiamo, ci
divertiamo un po’, facciamo qualche bella gita, un bel po’ di sesso e
poi tra un mese o poco più,
arrivederci e grazie! Chissà quante volte deve averlo
già fatto per il passato.
Nel
guardarlo considerò che
nessuno più di lui poteva permetterselo.
Era bellissimo, con quel viso severo e dolce allo stesso tempo, i
capelli folti
e morbidi ed il fisico prestante, senza contare tutto il resto:
l’allegria, la
simpatia, l’intelligenza. Davvero non sapeva come si poteva
fare a resistere al
suo fascino, era naturale che le ragazze finissero come pollastrelle in
bocca
al lupo. Lei, nonostante tutto, non era riuscita a fare eccezione.
-
“Il predatore” – si disse, anche se
doveva ammettere che più che ad un predatore assomigliava ad
un grosso micio.
Si ricordò di Gustavo, il gatto rosso di suo nonno. Grasso,
tenero e coccolone,
non mancava mai di strusciarsi contro le sue gambe e di farle le fusa.
Da
piccina lo aveva adorato fino al giorno in cui,
poteva avere otto o nove anni, un povero topolino, di
quelli di casa,
piccino piccino e con il musetto dolce, non ebbe la malaugurata idea di
uscire
fuori da un buchetto nel muro in presenza del micio. Subito questi
ritrovò
tutto il suo istinto da cacciatore e con pochi balzi felini, lo
acchiappò. Non
lo mangiò perché era troppo ben pasciuto per
farlo, ma rimase a giocare
crudelmente con lui, passandolo da una zampetta all’altra
fino a quando il
povero sorcetto non morì. Fu molto turbata da
quell’episodio e da allora in poi
non riuscì più a volere bene a Gustavo come prima.
Ecco,
Massimo era come quel gatto,
voleva solo giocare un po’, senza accorgersi che avrebbe
potuto farle molto
male. Alla fine per lui la loro relazione sarebbe stata solo uno dei
ricordi
piacevoli dei suoi
viaggi, mentre lei
avrebbe vissuto tutto il resto dei suoi giorni con il rimpianto di
quell’amore
mai realizzato.
Lo
guardò di nuovo: guidava calmo,
tutto felice, in attesa del bocconcino prelibato che gli era stato
promesso.
Con la sua aria sorniona, continuava a carezzarle le cosce, cercando
anche di
salire un po’ più su… Infastidita, gli
prese con decisione la mano e gliela
riportò sul volante
-
Pensa a guidare ora! – lo invitò
brusca.
Non
ci misero molto ad arrivare sotto
casa. Mentre l’auto accostava, la ragazza si
slacciò la cintura di sicurezza e
posato un bacetto sulla guancia di Massimo, lo salutò:
- Ciao, grazie per la bella
serata e
buonanotte!
-
Ma che stai dicendo!? – si agitò
subito l’altro, afferrandola – Io salgo da te!
-
No, ho sonno e
domani dobbiamo alzarci presto.
-
Dopo ti faccio addormentare come
piace a te, con tante coccole – le promise con un sorriso
accattivante,
cercando di stringerla di nuovo tra le braccia.
-
No, non mi va! – gli disse con
decisione.
Liberatasi
dalla sua stretta, uscì
dall’auto, con le chiavi del portone già in mano.
Massimo
però non si arrese, la seguì e
continuò a supplicarla, sicuro che avrebbe ceduto. Lei non
ne volle sapere ed
alla fine ne fu così innervosito da sentirsi ferito nella
propria dignità.
-
Va bene, va’ via. Non sono abituato a
pregare nessuna così! – le disse assai irritato e
la lasciò entrare nel portone.
Rientrando
in auto, si accese una
sigaretta e prima di mettere in moto, restò per un attimo a
fumare e a pensare.
Perché Chiara si stava comportando in quel modo? Gli
sembrava che avessero
oramai chiarito la faccenda di Daniela. Era stato sincero con lei
quella sera,
le aveva spiegato per bene come stavano le cose. Cosa voleva ancora?
Gli
dispiaceva perché era davvero carina e simpatica e sul serio
stavano bene
insieme senza contare che in quanto a sesso facevano scintille
però, anche
conoscendola più a fondo, non era riuscito a superare
l’impressione avuta sin
dal primo momento e cioè che all’improvviso si
chiudesse in se stessa senza dire
chiaramente ciò che pensava. Di sicuro non era una persona
facile da capire e
per quanto ne dicesse sua madre, si sentiva già un
po’ stufo di tentare di
farlo.
Avete
appena letto dell’
incontro romantico finito miseramente. Il rapporto di Chiara e Massimo
continua
quindi quasi come in una danza che, come avete argutamente notato,
potremmo
definire “ il passo del gambero”. In
realtà, anche se entrambi si sentono irrimediabilmente
attratti l’uno dall’altra, sono su posizioni ancora
troppo diverse. Lui è
sincero, aperto, forse un po’ superficiale ma vorrebbe vivere
la loro relazione
con la spontaneità con la quale è cominciata. Dal canto suo, questa volta
forse Chiara si è
lasciata andare a un tipo di flirt che non si confà alla sua sensibilità
troppo bisognosa di ordine e
sicurezza. Non si fida
di lui ma nemmeno
di se stessa ed
è assai confusa così preferisce
darsi alla fuga lasciandolo come un
fesso. Secondo voi ha fatto bene a comportarsi in questo modo? E Massimo
riuscirà mai a capirla?
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Capitolo 19 *** 30 agosto - giovedì ***
30 AGOSTO
giovedì
La
mattina dopo erano sole in ufficio
perché il capo era uscito con gli ispettori e Rossana era
ancora in ferie, però
Chiara se ne stava silenziosa. Federica non riusciva a farle dire
niente, ma
dalla sua espressione si capiva che non doveva essere andato tutto per
il verso
giusto. Non voleva essere impicciona, ma sapeva per esperienza che
quando
l’amica stava male le cose bisognava tirargliele fuori. Solo
dopo molti
tentativi riuscì a farsi
raccontare
quanto era accaduto la sera prima.
-
L’avevo prevista questa possibilità –
concluse con un sospiro quando ebbe saputo tutto.
-
Lo so, ma il problema a questo punto
non è lui, sono io – osservò Chiara ed
allo sguardo interrogativo dell’amica si
spiegò meglio – Mi ha fatto capire chiaramente che
presto la cosa avrà un
termine per cui presumo che non sia innamorato di me. Non ce
l’ho con lui per
questo, più leale di così si muore. Purtroppo
sono io adesso a
dover decidere se rinunciare oppure
accettare ciò che mi offre. Ieri sera sono riuscita a dirgli
di no, ma credimi,
ho passato tutta la notte a mordermi le mani al pensiero che avrei
potuto stare
tra le sue braccia!
-
Ma come cavolo ragioni, scusa! Questo
mi sembra l’antico dilemma dell’uovo oggi o della
gallina domani. Possibile che
tu non sappia veramente cosa vuoi?
-
Vorrei lui, Federica, soltanto lui.
Non è possibile, lo so, ma non mi rassegno a perderlo del
tutto! Sono così
confusa! Scusami se ti ammorbo, non è giusto farti
sopportare i miei
piagnistei!
-
Figurati, allora le amiche del cuore
a cosa servono? – la rassicurò l’altra
stringendole con affetto una mano.
**
Il
pomeriggio una
notizia bomba creò molta agitazione. In
tutti gli uffici non si faceva altro che parlare della rimozione
dall’incarico
che quella mattina era stata notificata a
Gerardo Magni, il responsabile della Succursale 12. Chiara
era assai
dispiaciuta perché lo stimava molto, anzi, gli voleva
addirittura bene pur
riconoscendo che a volte si fidava troppo degli altri e parecchi se ne
approfittavano. Aveva il timore che
gli
ultimi dati da lei forniti agli ispettori fossero sbagliati (ogni tanto
le
prendevano anche simili paranoie) poi si tranquillizzava ricordando che
Federica li aveva controllati. Però non era giusto lo stesso
che le aride cifre
dei costi e dei ricavi potessero rendere vane la dedizione e
l’onestà con la
quale Gerardo si era sempre dedicato al lavoro. Certo non era un
licenziamento,
ma anche un semplice cambiamento di mansioni
avrebbe significato un impedimento ad ogni futuro
avanzamento di
carriera e per il collega, monoreddito e con due figli ancora piccoli,
poteva
essere senz’altro un problema.
Verso
le quattro il capo le chiese di
preparare per gli ispettori
una
proiezione di dati. Era un lavoro molto complesso e delicato e per
paura di
sbagliarsi ancora, lo
svolse facendo
molta attenzione. Quando lo consegnò a Raimondi, questi le
disse di portarlo
lei stessa a Corona o a Rossi, forse per non assumersi ancora una volta
nessuna
responsabilità sulle
cifre riportate.
Chiara
trovò Massimo. Era da solo nella
stanza, occupato a leggere un documento.
-
Ti ho portato le proiezioni che ci avete
chiesto – gli disse poggiando i fogli sulla scrivania.
-
Le hai preparate tu? – le chiese lui senza
nemmeno alzare gli occhi.
-
Sì.
-
Avevo chiesto a Raimondi di farlo lui,
ma qui si fa solo a scaricabarile. Quello che dovrebbero fare i capi lo
fanno i
subalterni per poi avere la scusa
che la
colpa è
tutta dei collaboratori se succede qualcosa –
borbottò di malumore.
-
Se ti riferisci a questi dati, te lo
assicuro, questa volta sono fatti bene. Se invece ti riferisci a Magni,
ti dico
che in questo caso tu ed il tuo collega avete preso una grossa
cantonata… –
replicò la ragazza ma s’interruppe di botto
perché lui aveva alzato lo sguardo
a fissarla. I suoi occhi sembravano di ghiaccio e non gli aveva mai
visto
un’espressione così arrabbiata.
- Quello che faccio riguarda
solo la mia etica
professionale e ne devo dar conto unicamente a coloro i quali mi hanno
conferito questo incarico, non certo a te – le disse con
durezza.
-
Scusa, – si
giustificò Chiara arrossendo per la mortificazione
– credevo di poter esprimere un parere a causa della
confidenza che c’è tra
noi.
-
Sappilo, sono abituato a tenere
separata la vita privata dal lavoro
ed
in tutti questi anni non ho consentito a nessuno, per quanto vicino mi
fosse,
di esprimere opinioni
sulle mie
decisioni.
Le
si era rivolto con una voce fredda,
tagliente, le
labbra strette a denotare l’irritazione.
Aveva ragione, non era corretto criticare la sua attività
d’ispettore, ma
Chiara si sentì ferita da quel trattamento così
diverso dalla dolcezza a cui
l’aveva abituata. Lei, che di solito era un tipo molto
mansueto e controllato,
questa volta non seppe trattenersi.
-
Certo avrai avuto il tuo bel da fare
per mettere in atto questo proposito tanto encomiabile, signor
predatore. Lo
sai che ti chiamano così, vero? –
sbottò.
-
Cosa vuoi dire? – le domandò Massimo,
mettendosi subito sulle difensive.
-
Che, a quanto si dice, hai sempre
approfittato del tuo lavoro per fare conquiste dovunque ti trovavi. Se
questo
non è mescolare la vita privata alla professione!
Massimo
sogghignò, ma era assai
dispiaciuto per quelle umilianti illazioni.
-
Ti sbagli. Non ho mai usato il mio
ruolo per indurre una donna a venire con me. Se qualcuna l’ha
fatto, l’ha fatto
di sua spontanea volontà. Erano tutte adulte e vaccinate e
sapevano benissimo
quello che facevano. Ed anche tu
avresti
dovuto saperlo, no? – le chiese pungente.
-
Non ti sto certo accusando di molestie
sessuali però ricordati, anche se sei
“l’ispettore” ed “il
conquistatore” per
eccellenza – e pose apposta l’accento su quelle due
parole – le persone che ti
circondano meritano perlomeno un po’ più di
rispetto.
-
Io non ho nulla da rimproverarmi, tu
piuttosto dovresti portare rispetto a me! Ma adesso basta, vattene e
lasciami lavorare.
Chiara
non ebbe la forza di replicare
nulla, uscì dalla stanza e andò a chiudersi nel
bagno per avere il tempo di
riprendersi perché era uscita sconvolta dalla conversazione.
**
Anche
Massimo era rimasto agitato e
stava fumando nervosamente quando rientrò Giacomo.
-
E dagli! – gli disse questi andando ad aprire la
finestra – Non lo sai
che negli uffici non si fuma? Cerchiamo di non farci cogliere in fallo,
per
favore, questi non aspettano altro dopo quanto è successo
oggi.
Notando
qualcosa di strano nel collega,
gli si parò davanti a guardarlo fisso fin quando
l’altro non gli spiegò.
-
Ho avuto uno scontro con Chiara
proprio per la faccenda di Magni. – gli confidò
– Mi sono arrabbiato perché
voleva parlarmene e forse l’ho aggredita un po’
troppo, sai come sono fatto. Le
hanno raccontato pure quella faccenda del
“predatore”, a quanto pare.
-
Chiara! Chiara! Chiara! Ti rendi
conto che non fai che pensare a lei? Dove è finito il mio
bell’amico calabrone,
quello che si posava leggero di fiore in fiore a suggerne il nettare
senza
farsi il minimo problema? – lo prese in giro in tono ironico - Non è che
questa Chiara invece che un fiore è
un furbo ragnetto ed ha catturato nella sua
tela quel calabrone
grosso grosso e fesso fesso?
-
No, non ti preoccupare, non c’è
pericolo – gli rispose sorridendo con aria sicura, ma dentro
di sé non si
sentiva poi così sicuro. E poi si chiedeva quanto il rifiuto
ricevuto la sera
precedente avesse influito nel fargli tenere un comportamento
così scortese e duro.
**
Purtroppo
Federica era già andata via
quando Chiara si riprese alquanto e fu in grado di tornare in ufficio.
Dovette
aspettare la sera per raccontarle a telefono quanto era successo.
-
Però tu hai sbagliato, lo sai –
commentò perplessa l’amica – sei
intervenuta in una cosa che avresti
addirittura dovuto fingere di non sapere.
-
È vero, però poteva dirmelo con più
garbo. Supponevo che, data la nostra intimità,
avrebbe potuto anche perdonarmi una parola di troppo ed
invece mi ha
trattato malissimo, in pratica mi ha fatto capire che per lui non valgo
né più
e né meno di chiunque altro, anzi, di chiunque altra, per
l’esattezza – si
sfogò, cominciando
a piangere.
-
Dicevi di averlo già capito questo ed
allora cosa ti aspettavi? Dai, non piangere – la
rincuorò l’altra.
-
Io non voglio nulla da
lui, te l’ho detto! Però… mi fa lo
stesso
male – singhiozzò.
Non
le fu possibile continuare a
parlare e Federica dovette aspettare che si fosse un po’
calmata prima di
riprendere. Le dispiaceva assai vederla così ed ormai ce
l’aveva con Massimo.
- Sai che ti dico? In fondo
hai fatto bene a
cantargliene quattro. Il grande dongiovanni a cui le donne non sanno
dire di no.
Ma mi facesse il piacere! – esclamò.
-
Cantargliene quattro? Ma se è stato
lui a cacciarmi
fuori! Però mi dispiace
sia finita così, dopo ieri e con quello che è
successo oggi, non vorrà nemmeno
più vedermi –
continuò piangendo.
-
Comunque dovesse o non dovesse
cercarti, non permetterti di farti vedere così afflitta da
lui altrimenti ti
disconosco come amica. A questo punto è una questione di
dignità, come dici tu.
Come
aveva già intuito
Xsemprenoi, ecco
che la maretta è
cominciata ma insieme ad essa sta arrivando anche la consapevolezza per
Massimo
che con Chiara si
tratta di qualcosa di
più complesso di una semplice avventura. Quello che ho
cercato di esprimere (e
non so se ci sono riuscita, anche se le parole di Arte mi fanno intuire
di sì) è
che lui non
è cattivo e non vuole farle del male, almeno
intenzionalmente. Purtroppo il suo comportamento istintivo si scontra
con
quello troppo razionale e pieno di insicurezze di lei.
Lo so, vi faccio
soffrire, ma in fondo,
se lo ricordate, vi avevo avvisato già nel secondo capitolo
che Massimo è dell’Ariete
e Chiara della Vergine per cui, astrologicamente parlando, era
già in programma
che ne avreste visto delle belle. Però, mi raccomando, non
smettete di seguirmi.
Tale invito è rivolto non solo alle mie care fedelissime che
continuano a
gratificarmi con le loro recensioni, ma anche a chi ha messo questa
storia tra le
preferite e le seguite nonché a tutte le altre lettrici di
cui, purtroppo, non
conosco i nomi. Un grosso grazie a tutte.
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Capitolo 20 *** 31 agosto - venerdì ***
31 AGOSTO venerdì
Massimo
la cercò già la mattina dopo. Lo
incontrò al bar sotto l’ufficio. Era con Giacomo e
lei con Federica. Con
galanteria offrì loro il caffè e Chiara, per non
fare brutta figura con la
collega che la sorvegliava senza dare a vedere, cercò di
essere allegra e
disinvolta come se niente fosse successo. Nonostante avesse passato una
brutta
nottata, quella mattina era molto carina perché per tirarsi
su aveva messo un
vestitino azzurro che le metteva in risalto la figurina graziosa ed i
capelli
bruni.
Massimo,
che quando si arrabbiava
diventava facilmente intrattabile ma poi altrettanto facilmente
ritornava del
solito, amabile umore, non riusciva a smettere di guardarla.
Uscendo
dal bar aspettò che gli altri
andassero un po’ più avanti per dirle:
- Aspetta, ti devo parlare.
-
Dimmi – acconsentì lei con
la massima disponibilità.
Incoraggiato
dal tono della ragazza,
fece finta anche lui di aver dimenticato lo spiacevole diverbio del
giorno
prima e le chiese con naturalezza:
-
Ti ricordi che avevi promesso di
accompagnarmi agli Scavi di Pompei? Ho dimenticato di dirtelo, ma ho
fatto la
prenotazione ed ho avuto i biglietti per stasera.
-
Stasera? Ti dispiace se te lo faccio
sapere più tardi? Non so ancora se sarò libera
stasera. Ti chiamo dopo in
ufficio –
gli rispose, calma e cordiale.
Era
riuscita finanche a
sorridergli, ma
quel’invito l’aveva
gettata di nuovo nella più totale confusione.
Appena
furono sole, si affrettò a parlarne
alla collega.
-
Fede, che devo fare? – le chiese.
-
Oh Madonna mia, tu mi farai diventare
pazza! – sbottò l’altra infastidita da
quella perenne indecisione, ma poi,
vedendo il viso dell’amica rattristarsi, aggiunse con
più comprensione:
-
Non so proprio cosa consigliarti. Da
una parte potresti riprendere una relazione che forse ti
porterà solo altra
pena, dall’altra potresti anche vivere dei momenti felici che
nessuno potrebbe
più toglierti. Non lo so, te l’ho detto, puoi
decidere solo tu.
Chiara
rimase un attimo a riflettere
perché la tentazione era troppo forte.
-
A pensarci bene, basta guardare la
cosa sotto un altro punto di vista – concluse infine - Io
non ho nessuna
intenzione di accalappiarlo, su questo ci puoi giurare,
però devo smettere di considerare tutta questa storia come
se io fossi la preda
e lui il predatore.
Anche a me fa piacere
stare con lui ed accidenti, me lo
voglio godere, sotto ogni senso quest’ultimo mese! Devo solo convincermi a non farmi
prendere da nessun
tipo di sentimento.
-
Già, ma conoscendoti, non la vedo
tanto facile! – la rintuzzò l’altra.
-
No, ho deciso, tanto, peggio di come
sto adesso, non potrò stare. Stasera esco. Più
tardi lo chiamo e glielo dico.
**
Così
quella sera Massimo passò a
prenderla. Per prima cosa le chiese scusa per essere stato tanto brusco
il
giorno precedente.
-
Sono stata io inopportuna, dovrei
essere io chiederti scusa –
gli rispose
con un tono disinvolto per non fargli capire quanto quello sgradevole
episodio
l’avesse invece così turbata.
-
Ero molto nervoso. Non fa mai piacere
prendere un provvedimento del genere, ma purtroppo è il mio
lavoro.
-
Ed allora perché fai un lavoro così?
-
Perché guadagno bene.
-
E fai le conquiste… –
aggiunse la ragazza, trasformando il
risentimento del giorno prima in scherzo.
-
Ancora con questa storia? Non vorrai
credere a tutto quello che si dice in giro, spero.
-
Vox populi vox dei. A me hanno
parlato di un’avventura in ogni porto, pardon, in ogni
filiale, e
poiché ogni ispezione in media dura sei
mesi e tu sei in giro da più di
due anni
e mezzo. Vediamo… facciamo un po’ di conti
–
cominciò a contare sulle dita, sorridendo per
ostentare indifferenza.
-
Smettila, non è affatto vero. Ho
avuto brevi storie senza importanza con una ragazza a Catania e con
un'altra a
Bari. In fondo due relazioni in
più di
due anni non sono poi tante per un maschietto a tutti gli effetti come
me!
-
Veramente con me inclusa sono tre. O
io non conto neppure?
Lui
distolse lo sguardo dalla strada e,
voltatosi a guardarla con dolcezza, stava per dirle qualcosa, ma lei,
sempre in
tono scherzoso, non lo fece parlare:
-
Poi c’è anche
Daniela. Se non sbaglio la compagna ufficiale
in carica è lei, no?
Massimo
si fece serio.
-
Mi sono comportato da vigliacco
con Daniela, lo ammetto. Non ho mai
avuto il coraggio di dirle che il sentimento che ci aveva spinto a
metterci
insieme era finito. I primi tempi l’ho fatto
perché mi illudevo che
sarebbe cambiato qualcosa
tra noi, magari la lontananza ci avrebbe
addirittura aiutato. Anche quando
mi
sono preso qualche sbandata per qualcun’altra ho continuato
ad illudermi che
alla fine, siccome ritornavo
sempre da
lei e lei mi perdonava, il nostro fosse un rapporto solido. Invece ora
so di
sicuro che era solo un modo come un altro per non sentire la solitudine
quando
tornavo a casa. Però te lo giuro, anche se continua a
piacermi fisicamente,
davvero non la amo più. Nonostante questo sono in
difficoltà. Adesso è
arrabbiata come me e non mi vuole neanche vedere, ma se ritorna alla
carica, io
non so davvero come dirglielo.
-
È meglio parlar chiaro se davvero è
così,
te lo dice una che quest’esperienza l’ha vissuta. Ti assicuro che da questi
rapporti tirati avanti
così a lungo, senza più convinzione, non ne esce
mai bene nessuno.
Era
molto sincera nel dargli questo
consiglio e davvero senza alcun fine personale. Avrebbe voluto
proseguire il
discorso parlandogli della sua penosa storia con Marco, ma una macchina
davanti
a loro cominciò
a frenare all’improvviso
e Massimo, per evitare di finirle addosso, dovette fare una brusca
sterzata passando
nella corsia accanto. Naturalmente
si arrabbiò moltissimo e si mise ad imprecare
all’indirizzo del conducente però
si calmò subito notando che la ragazza si era davvero
spaventata.
-
Chiara, che c’è, va tutto bene? – le
chiese con premura.
-
Non è niente, ho soltanto molta paura
di viaggiare in auto.
-
Una delle tue tante paure da
vecchietta per caso? – le disse sorridendo e prendendola un
po’ in giro per
sdrammatizzare.
Questa
volta però lei non sorrise, anzi,
girò il viso verso il finestrino alla sua destra per non
farsi guardare in
faccia.
-
Ne ho un valido motivo: papà e mamma
sono morti in un incidente d’auto - gli sussurrò.
-
Scusami! – si rammaricò l’uomo
–
Sapevo che i tuoi erano morti, ma non immaginavo fosse accaduto in modo
tanto
drammatico.
-
Hai detto bene, drammatico. Perché è
stato davvero un dramma averli sentiti solo poche ore prima e poi,
nemmeno
quattro ore dopo, essere avvisate dai Carabinieri
che erano morti! Stavano facendo uno dei loro
soliti viaggetti e ci avevano telefonato dal ristorante prima di
rimettersi in
viaggio. Volevano sentire come stavano le loro
“bambine”. Si preoccupavano di
noi senza sapere che tra poco la nostra vita sarebbe cambiata
tragicamente e, quel
che è peggio, la loro sarebbe addirittura finita. Erano
ancora giovani e sempre
molto innamorati… – si dovette interrompere
perché un nodo di pianto le era
salito alla gola.
-
Mi dispiace, piccolina – le disse lui
con molta tenerezza - deve essere stata molto dura per te e per tua
sorella.
-
Dura? – Chiara era riuscita a
ricacciare indietro le lacrime, ma con la testa china, si passava i
palmi delle
mani sulla gonna, come a lisciare
delle
pieghe immaginarie – È stato terribile. Credevo di
non poterne venire più
fuori.
-
Ma non avevate nessuno?
Che so, zii, cugini …
-
Certo, ma eravamo già grandi ed a
quell’età non puoi più trovare
consolazione come se fossi ancora bambino, devi
affrontare la vita da solo, anche nelle questioni pratiche. A dire il
vero
Riccardo fu meraviglioso in quel periodo perché si
occupò di tutto lui. L’anno
dopo sposò Cristina e
subito ebbero
Paolo. Vennero a vivere
nella nostra
casa e mentre mia sorella a poco a poco dovette riprendersi per forza,
io non
riuscivo più a tornare serena. I miei erano stati dei
genitori meravigliosi e
mi mancavano troppo. Cercavano tutti di aiutarmi, è vero, ma
ero io a non
volere aiuto. Smisi di vedere amici e parenti, interruppi gli studi e
mi chiusi
nel mio guscio. Mi ero convinta che se la felicità poteva
finire così in
fretta, era meglio non provarla nemmeno.
-
Ti beccasti un bell’esaurimento, è
comprensibile.
-
Ad un certo punto Riccardo mi trovò
il lavoro nella nostra azienda e quasi mi obbligò ad
accettare. Io lo feci solo
per non pesare più economicamente su di lui, però
alla fine gliene fui grata
perché mi aiutò molto e pian piano ritrovai un
po’ di equilibrio anche se poi
cominciai con i problemi di ordine sentimentale… Aspetta!
Siamo arrivati. Devi uscire
al prossimo casello – gli disse interrompendosi.
-
Sì, ho capito. Prosegui quello che
stavi dicendo – la invitò lui.
-
No, basta, – gli rispose guardandolo
con un sorriso dolcissimo - per
il prosieguo de
“I dolori della giovane Chiara”
vi diamo appuntamento alla prossima puntata…
Massimo
non volle insistere. Ora che
gli aveva fatto quelle confidenze,
provava un’enorme tenerezza per lei
perché aveva capito
quanto fosse delicata
e sensibile. Si ripromise di andarci
piano perché non desiderava farle del male, nemmeno senza
volere.
Per
tutta la serata, peraltro molto
interessante e divertente, cercò di essere affettuoso ed
allegro. A poco a poco
la tensione si allentò ed il solito gioioso clima che si
creava tra loro ogni
volta che stavano insieme, li fece sentire molto felici.
**
-
Ascolta – le disse più tardi dopo
averla riaccompagnata fino al portone –
la settimana prossima sarò in ferie. Domani
dovrei prendere l’aereo per
Bologna, ma se ti fa piacere trascorrere il sabato con me, potrei
rimandare la
partenza a domenica.
Lei
esitò un attimo poi gli
chiese:
-
Che vorresti fare?
-
Magari potremmo continuare con i
nostri giri turistici, potremmo andare a
“Surriento” ad esempio –
scherzò – ne
parlano in tante canzoni ed io non l’ho mai vista!
-
Va bene, d’accordo. Portati il
costume – acconsentì la ragazza.
Era
contenta di aver trascorso
una serata così piacevole con
Massimo ed
aveva apprezzato anche il fatto che questa volta non le fosse saltato
addosso.
Forse stava cominciando a vederla come una persona e non soltanto come
una da
portarsi a letto. Solo questo desiderava ed aveva già
dimenticato le lacrime
versate la sera precedente.
Non me lo
dite, lo so a cosa
state pensando (soprattutto quelle che hanno letto pure “Il
gelo nell’anima”) e
cioè: “ma le eroine di Kellina sono tutte orfane e
sfigate?”. Ebbene sì, avreste
ragione a muovermi questa critica ma posso spiegarvi i motivi che mi
hanno
indotto a ciò. Dopo aver riflettuto a lungo, ho capito che
comunque nelle
vicende che immagino e scrivo c’è grossa parte di
me ed il mio spiccato istinto
materno non mi avrebbe consentito di creare il personaggio di un
genitore capace
di resistere alle pene e alle incertezze di una figlia senza
intervenire con
consigli, rimproveri o quant’altro. Già ho dovuto
faticare non poco a contenere
Caterina e Cristina (e neanche so se ci sono riuscita a farlo nel prosieguo del racconto),
ma di sicuro una
mamma di Maria o di Chiara
mi sarebbe “sfuggita”
di mano, diventando troppo ingombrante ed avrebbe condizionato le loro
scelte e
i loro sentimenti. Per quanto riguarda le disgrazie, devo dire che
anch’esse
sono sempre complementari alle storie che narro ed essenziali per
definire la
psicologia delle
mie povere protagoniste.
Nel caso di Chiara, ad esempio, l’aver vissuto il trauma
della scomparsa dei
genitori secondo me rende più credibile la sua estrema
fragilità, il bisogno di
programmare tutto spinto al
limite della
nevrosi e la sua perenne indecisione altrimenti
inspiegabili in una ragazza di oggi.
Accidenti, quanto mi piace di parlare con voi dei personaggi che ho
creato! Di
certo sarà poco letterario ma, almeno per me, è
molto divertente. Vi fa piacere
se continuo a farlo?
Un’ultima cosa: so bene che domani è sabato ed
avrete di sicuro molto meglio da
fare che non stare a leggere le mie fantasticherie, però
domani ci sarà una “puntata”
molto importante per tutto il futuro andamento della storia
e vi consiglio di non perderla. Bacioni.
|
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Capitolo 21 *** 1 settembre - sabato ***
1
SETTEMBRE sabato
Il
mese di agosto era finito, ma quella
prima giornata di settembre era davvero splendida con un’aria
limpida e
soleggiata. I due giovani partirono di buon mattino e per fortuna non
trovarono
nemmeno troppa folla sulla strada per la costiera, di solito intasata
di
traffico.
Chiara
conosceva bene un ristorante con
una discesa privata su una deliziosa spiaggetta poco frequentata. Dopo
aver
prenotato un tavolo per le tredici e trenta, si godettero una bella
mattinata
al mare in quel posto così tranquillo.
- E pensare che domani a
quest’ora sarò a
Bologna – osservò Massimo mentre si beava al sole
dopo un bagno rinfrescante –
ho parlato con mia madre e mi ha detto che lì fa
già piuttosto freddino.
-
E tu non andarci, tanto il biglietto
vale anche per lunedì – gli disse la ragazza
distesa su un fianco, la testa
appoggiata sulla mano mentre con l’altra
giocava con le goccioline di acqua di mare imprigionate
tra la peluria
del braccio di lui.
-
Non posso, domani mia nipote compie
diciotto anni e le ho promesso che sarei andato alla sua festa. Sai,
vuole
mostrare alle amichette che razza di zio figo ha – soggiunse
voltandosi a sua
volta su di un fianco per guardarla
in
faccia e vedere la reazione alla sua battuta.
Chiara
gli fece una smorfia e lo prese
in giro.
-
Secondo me sei un po’ troppo
vecchietto per le ragazzine di primo pelo. Però ci sono
certi gusti in giro,
chi può mai dire!
Massimo,
fingendosi arrabbiato, le afferrò
il naso e lottarono un po’ sulla sabbia ridendo. Quando
riuscì a liberarsi e a
farlo stare buono, lei gli chiese:
-
Hai già una nipote così grande?
-
Sì, è la prima figlia di
mio fratello Luciano. Lui è il maggiore di
noi quattro, ma non abbiamo tanta differenza di età, ha
appena sette anni più
di me solo che si è sposato molto giovane, il gonzo.
-
Ah, quindi appartieni ad una
figliolanza numerosa?
-
A quell’epoca era diverso, al giorno
d’oggi anche un solo figlio è
troppo.
-
Gli altri chi sono?
-
Prima di me c’è Bruno, anche lui
sposato con prole. Infine viene Sandra, la piccolina di casa. Piccolina
si fa
per dire, ora ha anche lei i suoi bei trent’anni suonati!
-
È sposata?
-
Macché, noi due siamo
gli unici della famiglia ad essere allergici
al matrimonio – scherzò poi aggiunse senza
nascondere l’orgoglio provato per la sorella
– È bravissima,
si è laureata a 24 anni in
medicina, ha preso
la specializzazione
in ortopedia e lavora già in un ospedale. Sono convinto che
si fermerà solo
quando sarà diventata primario. La classica donna in
carriera – riprese a
scherzare – come te, che
faresti le
carte false per prendere il posto del nostro direttore generale.
-
Sì, stai fresco! –
gli rispose Chiara dandogli un buffetto
affettuoso – Io lavoro solo per avere i soldi per mangiare.
-
Con quello che mangi e con quello che
lavori potrebbero ridurti
lo stipendio
di un bel po’. Devo proporlo nelle sedi competenti…
Lei
gli tirò fuori la lingua e poi si
distese sulla schiena riparandosi gli occhi dal sole con un braccio.
- Strano, io e tua nipote
siamo nate nello
stesso giorno – osservò ad alta voce.
-
Ma come, domani è il tuo compleanno?
Non potevi dirmelo prima? – esclamò Massimo
tirandosi su a sedere.
-
Pensavo lo sapessi.
-
Sapevo che eri nata a settembre ma
non mi ricordavo quando. Mi dispiace, mi sarebbe piaciuto stare con te
il
giorno del tuo compleanno!
-
Ah sì? – gli fece scherzosa – Devo
andare a pranzo a casa di Riccardo e Cristina, per caso vuoi venire
anche tu?
Questa
volta fu lui a fare una smorfia.
- Non che mi stiano
antipatici, per carità, -
precisò - ma ne farò volentieri a meno. Anzi, ne
dovresti fare a meno anche tu
perché non credo che tra le prediche di tuo cognato e gli
strilli dei
marmocchi ti
divertirai tanto.
-
Devo andarci per forza, ci tengono
molto proprio perché è il mio compleanno e loro
sono tutta la mia famiglia. In
quanto al divertimento, mi rifarò domani sera
perché ormai sono tornati tutti i
miei amici e verranno a farmi gli auguri. E poi oggi non sto
già festeggiando qui
con te? A proposito, ti avviso, ho intenzione di offrire io il pranzo
oggi.
**
Non
ci fu verso di farle cambiare idea
e per forza volle pagare il conto dell’ottimo pranzo
consumato in una bella
sala affacciata sul golfo di Sorrento.
Massimo
le aveva chiesto di aiutarla a
comprare un regalo per la nipote perché voleva donarle
qualcosa che le potesse
restare. Così, dopo pranzo, andarono ad una gioielleria che
Chiara conosceva
bene, ma la trovarono ancora chiusa. Furono costretti a gironzolare un
po’ per
il corso principale ed alla fine si sedettero su di una panchina
perché erano
stanchi e faceva ancora caldo.
Il
giovane guardò l’orologio.
-
Sono le quattro, abbiamo ancora
mezz’ora prima che apra il negozio. Ce la facciamo per la
seconda puntata de’ “I
dolori della giovane Chiara”? - le disse.
Quest’ultima
però parve non apprezzare
lo scherzo.
- Non
c’è proprio niente di divertente.
-
Scusami, piccolina, non volevo
offenderti. Pensavo si potesse parlare anche di cose un po’ più intime,
oramai – si giustificò il giovane.
Evitò
di dirle che grosso modo era già
a conoscenza della cosa grazie alle indiscrezioni del cognato.
-
Sai, non c’è proprio nulla di
speciale nella mia storia, anzi, è una banalissima storia di
una ragazza con un
uomo sposato – attaccò a spiegare Chiara con una
nota di malinconia nella voce.
Lui
non disse nulla e non alzò neanche
lo sguardo che tenne fisso a guardarsi la punta delle scarpe.
Così lei continuò
il suo racconto.
-
Te l’ho detto, dopo la morte dei miei
avevo anche interrotto gli studi. Mi mancavano pochi esami alla laurea e così decisi
di ritentare, ma erano passati
quasi quattro anni e non era facile riprendere il filo. Tramite uno
zio,
conobbi un assistente alla cattedra di Storia il quale promise di
aiutarmi. Mi
aiutò in effetti, però finimmo per innamorarci e
la laurea andò a farsi
benedire.
-
Lo sapevi che aveva moglie?
-
Moglie e figlia, se è per questo. Sì,
lo sapevo, ma come succede sempre in questi casi, preferivo credere che
quanto
mi raccontava circa la sua infelicità coniugale fosse tutto
vero e fosse solo
l’attaccamento alla bambina a trattenerlo a casa. Aspettando
che trovasse il
coraggio di troncare, mi facevo bastare quel poco tempo rubato tra una
cosa e
l’altra e mi sentivo grata anche per quegli scampoli di
felicità che mi
regalava. Per questo non me ne sono andata prima a vivere da sola,
perché
sapevo che non avrei mai potuto dividere una casa con lui ed allora era
meglio
una stanza d’albergo o l’appartamento avuto in
prestito da un amico – s’interruppe
pensando di avergli raccontato abbastanza.
Massimo
invece la incalzò:
-
Quanto tempo è durato?
-
Un’infinità di tempo: cinque anni –
ora era lei a parlare fissandosi la punta dei piedi per nascondere
l’imbarazzo.
-
E perché è finita?
Lo
guardò in viso e calma calma, con
l’espressione di chi oramai ha digerito un dolore ma ne
è rimasto comunque
cambiato, gli rispose:
-
Perché ha messo incinta la moglie.
-
Che mascalzone! – sbottò Massimo.
-
Anch’io avevo le mie grosse colpe.
Non avevo mai voluto guardare in faccia la realtà. Se avevo
accettato di
essere, diciamo così, la
sua
concubina, dovevo
anche mettere in
cantiere che una cosa del genere prima o poi sarebbe potuta accadere.
-
Anche tu avresti potuto rimanere
incinta però!
-
No, te l’ho detto, usavo delle
precauzioni, anche se quello che mi mancava di più oltre ad
una casa tutta
nostra, era la
possibilità di avere un bambino. Ma
oramai al punto in cui eravamo arrivati avrei dovuto perdere ogni
dignità per
accettare una simile situazione. Così l’ho
lasciato, nonostante tutte le sue
dichiarazioni di amore. Anche questa volta sono stata molto male.
È stata dura
riprendere a vivere, ma alla fine ci sono riuscita ed ho anche
riguadagnato un
po’ di stima in me stessa. Lo vedi? Era una storia molto
banale. Adesso
andiamo, la gioielleria forse è aperta.
Lo
prese per mano e lo tirò su per
incitarlo ad incamminarsi, senza smettere di chiacchierare con molta
allegria.
Massimo
però non l’ascoltava nemmeno,
tutto preso dai propri pensieri. Non riusciva a capire
come una donna così razionale e controllata
potesse essere stata preda di una passione tanto sconfinata da perdere del tutto la
visione della realtà. Un
po’ gli faceva pena ed un po’ rabbia
perché in fondo se l’era cercata. Aveva il
sospetto che Chiara fosse una di quelle persone per cui
l’amore deve essere
sofferenza, concetto che aveva sempre
detestato, ritenendolo una deformazione mentale.
**
La
gioielleria aveva finalmente aperto.
Furono accolti da un distinto signore di una certa età il
quale salutò Chiara con
affetto e l’affidò ad una commessa a cui disse:
-
Trattami bene la nipote dell’avvocato
Cuomo, mi raccomando.
Persero
un po’ di tempo a guardare dei
deliziosi gioielli e scelsero un braccialetto d’oro ornato da
elefantini di
turchese che sarebbe di certo piaciuto alla nipotina. Però
l’uomo voleva
portare un regalo anche alla madre e così la commessa si
allontanò per andare a
prendere alcune collane di corallo che Chiara riteneva più
adatte ad una
signora di una certa età.
Rimasero
davanti al bancone su cui c’erano
ancora tante belle cosette. Massimo era tornato del suo solito umore ed
approfittando di essere rimasti
soli, si
avvicinò alla ragazza. Carezzandole con due dita il lobo di
un’orecchio, le
disse sottovoce:
-
Lo sai che mi stanno dicendo queste
deliziose orecchiette? “Vogliamo quegli orecchini
lì, vogliamo quegli orecchini
lì…”
-
Ti sbagli, stanno dicendo: “Ci stanno
bene quelli che abbiamo già, ci stanno bene quelli che
abbiamo già”
- rifiutò la ragazza mentre ridendo gli
allontanava la mano.
-
Perché non posso farti un regalo?
Domani è anche il tuo compleanno! – insistette,
deluso.
-
No, grazie. Non è il caso. Non voglio
nessun regalo.
-
Su dai, magari prendi quest’anellino –
afferrandole la mano ricominciò – questo bel
ditino mi sta dicendo…
-
E smettila! N o n v
o g l i o n i e n t
e! – scandì le parole in un tono
scherzoso ma che non ammetteva repliche.
-
“Anche in questo è strana, qualsiasi
altra donna avrebbe fatto salti di gioia alla proposta di un gioiello in
regalo” – osservò Massimo tra
sé e
sé guardandola mentre sceglieva
tra le
collane portate dalla commessa, dimostrando che non solo ne capiva di
gioielli
ma le piacevano pure.
Dopo
aver pagato con la carta di
credito i loro acquisti, uscirono nella strada, ora abbastanza animata.
-
È ancora presto – propose la ragazza
– abbiamo il tempo di fare un salto alla Villa. Lì
c’è un
panorama meraviglioso e non puoi dire di
essere stato a Sorrento se non l’hai visto.
Strada
facendo, gli parlò del nonno
materno, l’avvocato Cuomo
citato dal
gioielliere, che era proprio di
Sorrento. Ne aveva un ricordo molto tenero, anche se un
po’ sfocato
perché era morto quando lei era ancora piccina.
Però si ricordava ancora la
casa dove aveva trascorso tante estati insieme ai genitori e gliela
mostrò.
Arrivati
alla Villa, si appoggiarono al
parapetto per contemplare il
panorama
della costa, del mare e del golfo di Napoli in lontananza. Stettero un
attimo
in silenzio, ammutoliti da tanto splendore.
Chiara
si concesse un attimo di
riflessione per guardarsi dentro. Si era innamorata di Massimo ed era
proprio
inutile negarlo. Non poteva continuare a fingere di essere diversa da
ciò che
era, la sua educazione, la sua sensibilità e soprattutto il
suo bisogno di
protezione, non avrebbero mai potuto farle continuare solo un rapporto
superficiale. Doveva trovare il modo per farglielo capire. Aveva paura
di
farlo, ma voleva dirgli la gioia che le dava e quanto i sentimenti che
provava
per lui fossero importanti e profondi.
Massimo
ritrovò la parola per scherzare
come al solito:
- Mi pare di essere Caruso
della canzone di
Dalla “davanti al mare di
Surriento”
-
“Te
voglio bene assaie, ma tanto tanto bene sai…”
– si mise a canticchiare la
ragazza con una vocina sottile ed intonata mentre lui la guardava
sorridendo,
incantato dalla sua grazia. Chiara proruppe in una risata divertita nel
notarlo
ed ammirò il suo bel viso abbronzato dove spiccavano,
limpidi e chiari, gli
occhi.
-
Sì,
solo che “gli occhi
verdi come il
mare” ce li hai tu – proruppe
rivolgendogli uno sguardo assai tenero ed
innamorato.
Quando
gli carezzò una guancia, il
giovane perse del tutto il controllo. Era vero, si era ripromesso di
non
lasciarsi trasportare troppo, ma quella donna era così dolce
e le sue labbra
così invitanti! Quello che provava per lei non
l’aveva mai provato per nessuna prima,
anche se non sapeva definire esattamente cosa fosse. Ma non stette
molto a
pensarci su. Era sempre stato un impulsivo
per cui la
prese tra le braccia e
la baciò. In un primo momento lei ricambiò con
passione, ma dopo qualche
secondo, come se un pensiero improvviso l’avesse colpita, lo
respinse.
-
Chiara, che c’è? – le chiese stupito.
Senza
guardarlo in faccia, ma ancora
tra le sue braccia, gli sussurrò:
-
Senti, cerchiamo di essere solo
amici.
-
“Amici”? Ma sei pazza?! Abbiamo fatto
l’amore noi due, te lo sei scordato? Ed è stato
meraviglioso! – la strinse di
nuovo, eccitato al ricordo
e cercando
ancora di baciarla.
Chiara,
si sottrasse di nuovo girando
di scatto il viso per evitare il contatto delle sue labbra.
-
Sarebbe un errore. Non dobbiamo farlo.
Aveva
pronunciato quelle parole con il
tono deciso di chi non ammette repliche al che lui si
ribellò.
-
Perché? Me lo spieghi il perché? – le
chiese deluso e senza riuscire a capire il motivo per cui voleva
rifiutare la
cosa bellissima che stava loro capitando.
-
Perché è assurdo cominciare qualcosa
destinata a finire. Meglio farne a meno.
-
Come ti vengono simili idee! Sei la
sola persona al mondo che eviterebbe persino di vivere per la paura di
farlo! –
le disse carezzandola e sperando di indurla a cambiare idea.
Ma
lei si mostrò inamovibile.
-
Non è questo, è che vorrei qualcosa
di più… - provò a confessargli, ma la
reazione di Massimo la raggelò.
-
Che vuoi dire con questo? – le chiese
abbastanza irritato – Vorresti forse che ti dicessi
anch’io come quel fetente
che ti sei tenuta per anni che sarà una cosa eterna, che non
potrei mai vivere
senza di te e via
dicendo, insomma,
tutte quelle famose prese per il culo tanto amate da voi altre donne?
Non ti
rendi conto che sono solo parole vuote? Io sto bene con te e tu con me,
almeno
per ora. E tanto basta!
-
Ma che cosa basta!?
Anche
se assai dispiaciuta, la ragazza aveva
tenuto la voce bassa perché si era resa conto di aver
attirato l’attenzione di
due vecchietti seduti su di una panchina più in
là e non
voleva dare spettacolo. Cercò di
continuare a parlare con calma, anche se si sentiva molto mortificata
per
avergli dato la sensazione di volerlo intrappolare.
- Certo che siamo stati bene
e vorrei anche
vedere! Non lo nego, tra di noi c’è molta
attrazione fisica ed inoltre tra
panorami, giorni di vacanza e seratine romantiche in romantici ristorantini, chiunque
sarebbe stato bene –
gli spiegò - Ma questa non è la vita vera,
Massimo.
-
Ah no? E quale sarebbe?
-
È quella nella quale devi
confrontarti con i problemi di tutti i giorni, il traffico, la mancanza
di
tempo, il lavoro, i malanni, le cose che vanno storte… Solo
se si ha la voglia
di affrontare queste cose insieme ad una persona si può dire
di stare bene con
lei.
-
Come no, è giusto! Mica si può vivere
serenamente il presente assaporando la felicità che ci
è data per poi
affrontare i problemi quando vengono! - la prese in giro, cercando di
farle
capire l’assurdità di un simile comportamento.
-
Io ho bisogno di certezze, Massimo.
Devo essere sicura che avrò un compagno con cui poter
affrontare persino i
problemi e gli inevitabili momenti brutti che la vita riserva ad ognuno.
- Accidenti, che visione
ottimistica del
futuro hai! Non sai fare altro che pensare ai problemi, ai momenti
brutti, alle
difficoltà di ogni giorno, come se si potessero prevedere e
magari prevenire.
Ti rendi conto che in questo modo rendi infelice la tua vita e pure quella di chi ti sta accanto?
Le
aveva parlato con dolcezza, ma
vedendo che la ragazza non gli rispondeva e se ne stava chiusa in un
mutismo
ostinato, si mise a ridacchiare.
-
Con
prospettive simili persino Romeo sarebbe scappato da
Giulietta! – la
prese in giro, però
non aveva voglia di
scherzare ed infatti aggiunse – Io non so cosa può
riservarci il futuro. Perché
non proviamo a vivere questa cosa e vediamo che succede?
-
Te l’ho detto, se deve finire
nell’arco di qualche mese, allora è meglio non
cominciare nemmeno.
-
Ma come facciamo a prevedere adesso
se e quanto durerà! Non si può programmare tutto,
specialmente i sentimenti. A
volte bisogna solo lasciarsi andare e cercare di vivere serenamente i
momenti
belli che ci è dato di vivere. Il famoso “qui e
ora”, Chiara, possibile che tu
non riesca a capirlo? – provò ancora ad insistere
il giovane, ma leggendole sul
viso una caparbietà che trovava odiosa, dopo qualche momento
aggiunse con la voce
fredda - D’accordo, se sei convinta che non ne valga la pena,
non so che dirti.
Ora torniamo però perché il mio aereo parte alle
sette e domani devo alzarmi
presto.
-
Certo, non ti faccio più perdere
tempo.
Chiara
era delusa perché lui aveva
troncato in modo tanto brusco una conversazione così
importante senza nemmeno darle
una piccola rassicurazione sul fatto che il loro rapporto potesse
davvero
trasformarsi in qualcosa di serio. Come al solito, non trovò
il coraggio di
chiarirsi.
Senza
più parlare, si avviarono al
parcheggio.
Il
viaggio di ritorno fu silenzioso. Si
vedeva che Massimo era nervoso anche da come guidava, ma non
toccò più
l’argomento, limitandosi a dire qualche parola distratta.
Sotto casa non scese nemmeno
dall’auto per accompagnarla al portone come faceva di
consueto, ma attese che
si slacciasse la cintura di sicurezza e prendesse la borsa, poi si
limitò a
sporgersi per aprirle la portiera dal suo lato.
Per
un attimo Chiara provò lo strano
impulso di gettarglisi tra le braccia e confessargli che voleva solo
stare con
lui. Forse così avrebbero dimenticato le cose appena dette,
sarebbero saliti su
ed avrebbero avuto un’altra notte d’amore senza
pensare a nient’altro che al
loro reciproco
desiderio. E poi? Che
importava quello che sarebbe accaduto poi!
Fu tentata di farlo, ma l’atteggiamento freddo di Massimo
insieme alla paura di
averlo oramai deluso, la convinsero che non avrebbe avuto la forza per
accettare un suo eventuale rifiuto e così, con
un filo di voce, lo
salutò.
- Ciao, buonanotte e buone
ferie - gli disse,
poi uscì in fretta.
L’uomo
attese in auto qualche momento,
il tempo che fosse entrata nel portone, poi ripartì.
**
Appena
in casa Chiara mise in atto i
rimedi usati con
lei dalla mamma
quando da piccina la vedeva troppo
nervosa. Si preparò un bel bicchiere di latte caldo con il
miele, riempì la
vasca da bagno, vi
sciolse i sali profumati e s’immerse nell’acqua
tiepida. Fu rilassante, ma non bastò a cancellare i mille
pensieri che le si
agitavano nella mente.
Tutti
i suoi propositi di godersi
quella relazione senza farsi troppi problemi erano falliti
perché aveva troppa
paura di innamorarsi perdutamente ed
era consapevole di non potersi concedere il lusso di una nuova
disillusione.
Aveva fatto uno sforzo troppo grosso per ritrovare un po’ di
serenità ed ora
non voleva vanificarlo, nemmeno per un uomo così. Forse
aveva anche un po’
esagerato con le sue paure, forse sbagliava ad essere così
pessimista, forse le
cose sarebbero potute andare avanti lo stesso… ma se non
fosse stato così?
Anche ammesso che fosse durata per un po’, cosa sarebbe
successo quando se
ne sarebbe andato via? Le avrebbe
chiesto di seguirlo?
Più
ci pensava e più si convinceva di
aver agito bene. E poi c’era quel particolare che le toglieva
ogni incertezza,
quel piccolo, semplice particolare che Massimo non le aveva detto mai,
nemmeno
una volta, “ti amo”. Era vero, avrebbe potuto
dirglielo solo per prenderla per
i fondelli e sapeva
che era troppo leale
per farlo, ma se appena appena fosse stato un po’ innamorato
non avrebbe
cercato di farglielo sapere per convincerla a non troncare?
Se
non l’aveva fatto era solo
perché desiderava
una storia passeggera,
senza nessun vincolo sentimentale, una relazione che avrebbe dovuto
lasciare
aperte “le vie di fuga”.
Purtroppo la
vita le aveva insegnato che dalle disgrazie non puoi difenderti, ma
dagli amori
disgraziati sì ed aveva giurato a se stessa di non
dimenticarlo più.
Comunque
era stata a mollo abbastanza e
non le era servito a molto per calmarsi. Si asciugò e dal
fondo dell’armadietto
dei medicinali tirò fuori un flaconcino. Versò
alcune gocce
nell’ultimo dito di latte rimasto e le
mandò giù. Poi, per scrupolo,
controllò la scadenza. Andava
ancora
bene.
Come
un amico fidato, il Lexotan era
stato lì ad aspettarla tutto quel tempo come se sapesse che
prima o poi avrebbe
ancora avuto bisogno di lui.
Ecco, vi
ho raccontato
quello che è successo. Stavolta però io non
farò commenti perché vorrei che foste
voi a dirmi cosa ne pensate del comportamento di Chiara e di Massimo e
delle
loro motivazioni. Da quello che mi direte capirò se sono
riuscita a trasmettervi
le emozioni che volevo e a indurvi a fare determinate valutazioni .
A questo punto, più che mai, aspetterò con ansia
le vostre recensioni.
Volevo anche dirvi che domani non potrò aggiornare.
Tornerò prestissimo però perché,
così come l’estate, anche la storia di Chiara e di
Massimo non è certo finita come
invece sembra in questo capitolo. In fondo questi due ragazzi hanno
bisogno di
una piccola pausa di riflessione e forse anche le mie lettrici sono
abbastanza stufe
di stare a seguirli nei loro trip amorosi e vogliono riposarsi un
po’. E' sottintesa naturalmente la mia speranza che continuino ad aver sempre voglia di leggere questa storia.
Bacioni e grazie.
|
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Capitolo 22 *** 2 settembre - domenica ***
Non sto
nella pelle:
Cricri che mi legge alle 2 del mattino, Xsemprenoi che mette la
sveglia, Faith
che nonostante tutti i suoi problemi divora ben 4 capitoli insieme e
tutte le
altre che commentano con arguzia e partecipazione! Ragazze, mi state
facendo un
regalo bellissimo, quello che ogni autore si augura di avere dal
proprio lavoro
(beh, quasi, qualcuno scrive anche per i soldi e la fama!) e
cioè fare affezionare
i suoi lettori ai personaggi che ha creato. In realtà le
vostre parole mi hanno
fatto capire di essere riuscita nel mio scopo di rendere Massimo e
Chiara molto
veritieri. Non volevo infatti farne un super-uomo o una super-donna ma
due
semplici esseri umani, ognuno con le sue luci e le sue ombre. Ed in
effetti oramai
state cominciando a vederli per come ho
voluto rappresentarli. Non pare anche a voi infatti che lei, a cui per
altro è
giusto che vada una certa solidarietà femminile,
benché dolcissima e fragile si
stia dimostrando forse
un po’ troppo controllata
e prudente? E Massimo, il nostro bel “predatore” di
cui spero vi stiate
innamorando anche un po’ voi, non è in fondo un
ragazzo onesto e solare il cui
difetto principale è quello di andare avanti come un
caterpillar senza cercare
di calarsi un po’ nei panni della donna che vorrebbe avere
affianco?
Effettivamente questi due hanno proprio bisogno di cominciare a
conoscere se
stessi prima di potersi rapportare l’uno all’altra
e da questo capitolo in poi,
complice la lontananza, proverò a farglielo fare. Mi direte
voi se li ho messi
sulla strada giusta…
2
SETTEMBRE domenica
Era
domenica pomeriggio perciò le
strade erano quasi vuote. Chiara era passata in pasticceria a ritirare
la torta
ordinata quella mattina prima di andare da Cristina. Per fortuna la
giornata
era trascorsa serena perché né la sorella
né Riccardo le avevano chiesto di Massimo
e poteva intuire quale sforzo dovesse essere costato ad entrambi, soprattutto al suo invadente
cognato.
Le
avevano regalato un bellissimo vestito
molto costoso per il quale si profuse in mille ringraziamenti un
po’ falsi
perché avrebbe preferito ricevere un forno a microonde.
Anche i bambini erano
stati molto cari e le avevano regalato tanti disegni fatti con le loro
manine
mentre il piccolo Luca aveva voluto stare in braccio a lei tutta la mattina. Insomma
era stata una
giornata serena ed aveva anche fatto contento il cognato dicendogli di
aver
invitato Mario quella sera a casa sua, senza specificargli
però di averlo fatto
solo per farlo incontrare con Federica.
Era
appena rientrata che bussò alla
porta la signora Teresa, la vicina di casa, la quale reggeva un fascio
di
fiori.
-
Scusa Chiara, mio figlio mi ha detto
di averti appena visto rincasare. Questi li hanno portati per te
stamattina, mi
sono permessa di prenderli per te. Ma cos’è,
qualche ricorrenza? – s’informò,
curiosa.
-
Sì signora, è il mio compleanno. Devono
essere stati gli amici che ho invitato stasera a mandarmeli.
Però lei avrà dato
una mancia, mi dice quanto le devo?
-
Macché, è una sciocchezza!
-
Non vuole nemmeno entrare un momento?
Vorrei offrirle qualcosa.
-
No grazie, ho delle persone a casa. Ti
prego però, cercate di non fare troppo chiasso stasera tu ed
i tuoi amici. Sai,
quest’appartamento è stato vuoto
tanti
anni e mio marito è
un brontolone
abituato alla pace.
-
Non si preoccupi – le sorrise Chiara
con la solita dolcezza – i miei amici non sono certo dei
ragazzini scalmanati,
il più giovane avrà quasi quarant’anni!
Rassicurata,
la signora Teresa, a cui
quella ragazza piaceva molto perché era una persona davvero
per bene, la salutò
dopo averle dato il mazzo di magnifici fiori.
-
Questo è il tipico regalo di Mario –
pensò rientrando in cucina – ma poi
lesse il biglietto ed ebbe un tuffo al cuore:
“Massimo” c’era scritto, senza un
augurio, senza una parola, solo “Massimo”.
Non
sapeva cosa fare. Da una parte non
aveva voglia di sentirlo dopo che per un po’ era riuscita a
non pensare a lui,
ma dall’altra l’educazione le ricordava la buona
norma di ringraziare chi ti ha
spedito dei fiori. Infine il suo senso del dovere ebbe la meglio e lo
chiamò
sul cellulare.
-
Ciao piccolina, buon
compleanno! – le rispose subito lui
avendo letto il suo nome sul display.
Aveva
usato un tono allegro ed
affettuoso come se nulla fosse successo e Chiara ne fu un po’
spiazzata.
-
Grazie. Ti volevo ringraziare
per i fiori, sono molto belli –
si limitò a dirgli con una certa freddezza.
-
Meno male. Sei una donna a cui non
piacciono i gioielli, ora so che almeno i fiori ti piacciono!
– la prese in
giro.
-
Sì, però preferisco
le piante – precisò lei, un poco sostenuta.
-
E perché?
La
donna si fece seria.
-
Perché sulle piante quando un fiore
cade, ce n’è sempre un altro pronto a spuntare
invece i fiori recisi
appassiscono in pochi giorni ed è molto malinconico veder
morire una cosa che è
stata tanto bella.
Sapeva
di non star parlando solo dei
fiori e per un momento sperò di avergli dato
un’altra possibilità.
Forse
lui capì o forse no, comunque le
disse:
-
Io non me ne intendo di piante,
dovrai accontentarti di aver avuto i
fiori!
-
E sono stati bellissimi – si affrettò
a dire la ragazza facendo finta
di
niente – Ora devo andare, aspetto i miei amici –
troncò in fretta - Grazie
ancora e buone ferie.
**
Assai
deluso, il giovane posò il
telefonino sul comodino e si stese di nuovo sul letto. Quella mattina,
appena
arrivato a Bologna, per prima cosa era andato da un fioraio con il
servizio di
Interflora per mandarle i fiori più belli che avesse potuto
trovare. Non voleva
far passare il compleanno di lei senza farle un regalo, soprattutto
perché la
sera prima si erano lasciati così male. Era ancora
arrabbiato però. Per quanto
si sforzasse, non riusciva a capirla
e
poi la mancanza totale di fiducia nei suoi confronti lo faceva
innervosire
molto. Perché Chiara non intuiva che non sarebbe mai stato
capace di farle del
male? Perché lo vedeva come il lupo cattivo pronto a
sbranarsi l’innocente
pecorella? Non la sfiorava nemmeno il pensiero che anche lui investiva
qualcosa
di sé in quel rapporto?
Nella
sua esperienza aveva visto
fallire un mucchio di unioni all’apparenza solide, anche
quelle nate sotto i
migliori auspici, e si era convinto che chi ama davvero deve essere
disposto a
prendersi anche una bella batosta perché niente e nessuno
può dare la certezza
che ciò non possa accadere. Anche
nel loro caso solo il tempo avrebbe potuto provare la
solidità dei reciproci
sentimenti ed invece lei non voleva neanche provarci, voleva essere
rassicurata. In tutta onestà, non si sentiva di farlo,
c’erano troppe
incognite. Per quanto gli piacesse, era meglio lasciarla perdere. Era
una
persona difficile e
chiusa ed a lui i
rapporti troppo complicati non erano mai andati giù.
Lo
chiamarono da basso perché c’era da
sistemare il giardino di casa dove si sarebbe svolta
la festa di compleanno della nipote. Fu ben
contento di avere qualcosa da fare per evitare di rimanere a rimuginare
i propri
pensieri.
Insieme
a Luciano e a Bruno, sistemò
dei palloncini colorati tra gli alberi e
Mirella, la festeggiata,
portò loro
del tè freddo appena preparato
dalla nonna. Sorseggiando il suo, Massimo osservò con
orgoglio la nipotina che
si allontanava.
-
Si è fatta proprio bella la tua
bambina. Pensare che da oggi è pure maggiorenne ed invece a
me sembra appena
ieri che mi chiamava ancora “zio Maimo”! Te ne
ricordi? – osservò rivolgendosi
al fratello.
Luciano
sorrise compiaciuto, ma l’altro
zio aggiunse scherzando:
-
Carina è carina, però si vede che è
ancora piccola. Invece, certe sue amiche… sorbole e che
sventole! A proposito, vedi
di non fare come al solito. Bada che la
stagione di caccia non è ancora aperta con loro.
-
Finiscila, scemo, davvero credi che
potrei fare il fesso con delle ragazzine dell’età
di mia nipote?
-
Guarda che quelle ragazzine fanno
girare la testa a tutti, figuriamoci ad un mandrillo come
te… e poi oramai le
amiche di nostra sorella te le sei già fatte tutte!
Massimo
si irritò moltissimo, anche
perché notò pure Luciano ridacchiare compiaciuto, come a voler sottolineare
che quello scherzo
innocente si basava su dati di fatto. Sbatté il bicchiere di
tè sul tavolo
sibilando a denti stretti un’imprecazione e si
allontanò.
-
Ma cosa gli prende? – chiese stupito Bruno
alla madre arrivata proprio in quel momento, giusto in tempo per vedere
il
gesto di rabbia del figlio – È stato sempre lui il
primo a scherzare su questi
argomenti!
-
Lasciatelo stare – disse la signora
Caterina – sta attraversando un brutto momento ed
è molto nervoso.
**
Quella
sera alla festa se ne stette in
disparte, scuro in viso, con una sigaretta in una mano e un bicchiere
di
liquore nell’altra. Era
comunque molto
affascinante perché indossava un vestito blu di ottimo
taglio sotto il quale
portava una camicia azzurra il cui colore faceva apparire di un blu
profondo anche
i suoi occhi di solito così chiari. I capelli, sotto la luce
delle lampade di
carta, avevano riflessi color del miele, così come la barba
ben curata che gli
incorniciava il volto dall’ovale perfetto.
Quell’aria severa accresceva la sua
prestanza e più di una donna, ragazzina o matura che fosse,
ogni tanto gli
lanciava uno sguardo languido o un sorrisino.
Contrariamente
al suo solito, però Massimo
se ne stava tutto serio senza dare confidenza a nessuna.
La
cosa non sfuggì a Bruno il quale
pensò bene di continuare nello scherzo
della mattina. Gli si avvicinò e gli disse:
-
Olà, che fai? Sperimenti
una nuova tecnica, quella del bel
tenebroso?
-
Levati dai coglioni – gli sillabò a
denti stretti - altrimenti
ti suono una sberla e finiamo la
festa.
Arrabbiarsi
facilmente era un po’ il
vizio di famiglia e Bruno si stava risentendo quando la mamma,
accortasi del
malumore dei figli, si avvicinò in fretta. Preso Massimo per
un braccio, lo
trascinò verso l’interno della casa non senza aver
rivolto un rimprovero
all’altro figlio il quale per tutta risposta
ironizzò:
-
Ma certo portatatelo via il pupetto,
ha bisogno delle coccole di mammà…
Trattenendo
ancora l’impeto di Massimo
che voleva scagliarsi contro il fratello, riuscì a portarlo
in casa prima che
altre persone potessero accorgersi del diverbio.
-
Si può sapere cos’hai? Bruno stava
solo scherzando! – lo sgridò non appena furono
soli in salotto.
Lui
non rispose e si
accese una sigaretta.
-
Devi chiedergli scusa – aggiunse Caterina
in tono severo.
-
Scusa? Io?! Ma se mi sta prendendo in
giro da oggi pomeriggio! – si ribellò il giovane
– Non mi va di essere trattato
come un assatanato che corre appresso a tutte le donne.
-
Lo sai, è sempre stato così tra voi
due, fin da quando eravate bambini: lui ti prende in giro e tu ti
arrabbi,
però ti
vuole bene e sarebbe pronto a
litigare con chiunque parlasse male di te.
Forse oggi sei particolarmente nervoso perché
di solito sei sempre stato
il primo a scherzare sul tuo “fascino
irresistibile”.
Come
al solito la rabbia di Massimo
sbollì altrettanto presto di come era venuta.
-
Scusa, mamma, dopo gli parlerò, ma
ora non ne ho voglia, ho bisogno di stare un po’ da solo.
-
Dimmi, c’è qualcosa che non va? – gli
chiese lei osservandolo. A questo punto era davvero preoccupata. Quel
suo
figliolo che, in fondo doveva confessarlo, era davvero il suo
preferito, era
sempre stato così equilibrato ed allegro
ed ora da un momento all’altro appariva
così diverso.
-
Niente, non ti preoccupare, va tutto
bene, anzi, resta
un po’ con me, fammi
compagnia. Anche perché ho una cosa da darti.
Sorridendo,
trasse dalla tasca
l’astuccio con la collana e glielo porse.
-
Volevo dartelo da stamattina, ma sei
stata così occupata con i preparativi della festa che non ho
trovato il
momento.
-
Un regalo per me? - si
stupì Caterina - Ma
non è mica la mia festa!
-
Certo che lo è. Se non ci fossi stata
tu, oggi non ci sarebbe stata neanche questa bella nipotina che compie
diciotto
anni.
La
osservò con piacere lacerare il
pacchetto, eccitata come una ragazzina, e trarne la collana di corallo.
-
È bellissima! – esclamò contenta
– È
troppo bella per me!
-
Niente è troppo bello per una mamma
meravigliosa come te – le disse baciandola con tenerezza
sulla guancia – e poi
sono contento che ti piaccia. Chissà se a Mirella
piacerà il braccialetto che
le ho portato.
-
Se è dello stesso genere di questa
collana, le piacerà certamente. Hai avuto un gusto squisito.
-
Non l’ho avuto io, li ha scelti
Chiara. Ieri siamo stati a Sorrento da un gioielliere amico suo. Vendeva tante di quelle
cose belle che non
avrei saputo decidermi se non ci fosse
stata lei.
-
Sorrento! – sospirò Caterina –
È una
vita che io e tuo padre avremmo voluto andarci, poi una cosa dopo
l’altra, ci
siamo fatti vecchi. Dimmi, è davvero così bella
come si dice?
-
Sì mamma, è bellissima. Facciamo in
questo modo: quando ad ottobre verrà il vostro anniversario,
prenoterò una
bella stanza per voi nell’albergo dove sto adesso a Napoli.
Sarete miei ospiti
per tutto il tempo che vorrete e così potrete girare la
città ed i suoi
dintorni, non solo Sorrento perché…
-
E magari la tua Chiara ci potrà fare
da guida – aggiunse l’anziana signora tutta
elettrizzata senza fargli nemmeno
finire la frase.
Lui
si incupì di nuovo.
-
Non credo, sai, con Chiara è tutto
finito.
-
Ma come, se mi hai detto che ieri
siete andati a comprare insieme questo regalo?
-
Infatti è finita ieri, anzi, a questo
punto non so nemmeno se è mai cominciata. Non guardarmi
così, questa volta non
sono stato io, è stata lei a volerlo
-
aggiunse in risposta al suo sguardo severo che sembrava accusarlo.
Intanto
il padre aveva fatto capolino
nella stanza dicendo allegro:
-
Ehi, piccioncini, che ne dite di
venire di là? È
quasi ora di tagliare la
torta.
-
È inutile che prendi in giro tu! Qui, tra tutti
voi, solo Massimo ha tante
attenzioni nei miei riguardi! Guarda che bel regalo mi ha portato, mica
come te
che sai solo regalarmi ferri da stiro e scope elettriche –
disse la donna
mostrando al marito il bel dono ricevuto.
-
Ed a me niente? – protestò questi facendo
il finto offeso con il figlio.
-
Cosa dovevo portarti? – chiese Massimo,
divertito.
-
Che ne so, un bell’orecchino d’oro ad
esempio. Così me lo mettevo e con la bandana e la
moto… Brumm Brumm…! Chissà
che conquiste! Alla faccia di questa vecchia borbottona - ridendo, il
vecchio
signore fece il gesto di chi va in moto.
Era
stato sempre un tipo giocherellone.
Da lui Massimo aveva preso il carattere allegro, dalla madre la dolcezza innata mentre di suo ci
metteva invece una
certa irascibilità di cui però poi sempre si
pentiva. Comunque era davvero
affezionato ai suoi due meravigliosi vecchietti per cui, prendendoseli uno per lato e circondando loro le spalle con le braccia,
li condusse verso il giardino dicendo:
-
D’accordo, ti porterò anche un
completino di pelle all’ultima moda
così
sarai perfetto!
**
La
piacevole serata si stava svolgendo
sul terrazzo anche se ogni tanto Chiara faceva segno agli amici di non
alzare
troppo la voce perché aveva promesso alla signora Teresa di
non dare disturbo e
lei era una persona che le promesse cercava sempre di mantenerle.
Aveva
ricevuto tanti regali ed aveva
spento le sue belle 34 candeline. Pareva tutto tranquillo ma chi la
conosceva
bene poteva notare una sorta di malinconica rassegnazione nella sua
voce e nei
suoi atteggiamenti.
Giovanni
la conosceva bene, erano amici
sin dal tempo del liceo. Con lei aveva diviso i problemi ed i
turbamenti
adolescenziali e la ragazza gli era stata di grande aiuto ed appoggio
quando
aveva preso coscienza delle sue particolari tendenze sessuali e se
n’era
sentito assai turbato. Dopo era stato lui a starle vicino, nel periodo
buio
seguito alla morte dei genitori. Poi il lavoro di architetto lo aveva
portato
spesso lontano ed aveva smesso di essere il suo unico confidente.
Comunque, quando
era in città, stavano
sempre insieme, frequentavano corsi di yoga e di meditazione, centri
benessere
e librerie new age prendendosi in giro a vicenda per quella mania che
entrambi
sapevano essere frutto anche di una grande insicurezza.
Il
giovane non capiva cosa la turbasse
e, dovendo partire il giorno dopo per Madrid, non aveva il tempo di
parlarle. Sapeva
che Federica era diventata da tempo
la sua amica del cuore per cui, con la scusa
di aiutarla a portare i piatti con gli avanzi della torta in cucina, la
seguì e
le chiese a bruciapelo:
-
Fede, cos’ha Chiara?
La
donna rimase un attimo perplessa.
Non aveva l’abitudine di spiattellare i fatti degli altri ai
quattro venti però
Giovanni non era uno qualsiasi, lo conosceva come un amico intimo di
Chiara,
anzi, per lungo
tempo aveva creduto che
tra loro due ci fosse qualcosa in più di una semplice
amicizia e si era
ricreduta soltanto quando aveva capito che era gay.
-
“Che peccato! – pensò in una frazione
di secondo – Un così bel ragazzo, tanto sensibile
e buono! Che spreco
per noi povere donne!”
Comunque
questo pensiero occupò solo
una parte del suo cervello perché con l’altra
stava decidendo se svelargli il
perché della malinconia della loro amica o no. Alla fine
decise di sì.
-
È innamorata.
-
Di chi?
-
Di quello che le ha mandato i fiori.
-
Cos’è, un altro sposato?
-
No, no, questo qui
è liberissimo.
-
E allora qual è il problema?
-
È “troppo” libero.
-
Non se la fila?
-
Ma no, è lei che lo ha allontanato.
Giovani
corrugò la fronte in un’espressione
perplessa.
-
Anche se ne è innamorata? – chiese.
-
Sì, ma ha paura che non possa durare.
Il
ragazzo, a cui era capitato più di
una volta di mettere in discussione tutta la sua vita per qualcuno,
scosse la testa.
-
È assurdo! – si lasciò sfuggire.
-
Non per lei, lo sai come è fatta: vuole
un uomo più affidabile.
-
Allora deve rinunciare all’amore e
magari prendersi quel broccolo di Mario.
Con
la testa Giovanni aveva indicato il
terrazzo dove questi stava
continuando
a proferire una
serie di banalità senza
fine, sempre però con un’espressione adorante nei
confronti di Chiara la quale,
solo per pura
cortesia, cercava di
trattarlo bene e ripararlo dagli inevitabili sfottò degli
amici.
-
Lo so - commentò Federica – ma tu non
hai conosciuto Massimo Corona. Passare da lui a Mario sarebbe come
mangiare il
pane secco dopo aver assaggiato un bignè.
E
per dare più forza al suo dire si
ficcò in bocca un grosso pezzo di torta Saint
Honorè.
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Capitolo 23 *** 3 settembre - lunedì ***
3
SETTEMBRE lunedì
Massimo
aveva trascorso quella prima
mattinata di ferie in tranquillità. Si era svegliato con
calma, aveva
chiacchierato con la madre, aveva accompagnato il padre a fare alcune
commissioni in banca. Prima di rientrare erano passati anche per il
negozio di
elettrodomestici di Bruno e, senza bisogno di dirsi niente, come quando
erano
ragazzi, avevano fatto pace. Il fratello lo aveva invitato a
trascorrere il
resto della settimana di vacanze nella sua casetta in montagna.
-
E che ci vado da solo? – aveva
obiettato lui.
-
Dai, a te basta fare un fischio e le
donne corrono come tante cagnette in calore – lo aveva preso
di nuovo in giro.
-
Che fai, ricominci? – gli aveva
risposto, fingendosi arrabbiato.
Tutto
il pomeriggio però l’idea della
casetta in montagna gli era sembrata sempre più allettante
perché era piccola,
ma carina, aveva un bel camino ed era situata in un posto da dove si
potevano
fare tante belle passeggiate tra i boschi. C’era una sola
persona al mondo con
la quale avrebbe voluto andarci: guardò
l’orologio, a quell’ora Chiara doveva
essere ancora in ufficio.
La
ragazza non si aspettava di sentire la
sua voce al telefono per cui si sentì salire tutto il sangue
alla testa per
l’emozione. Dovette girarsi con la faccia verso il muro per non farsi vedere
da Rossana. Per fortunata
la collega in quel momento si alzò ed uscì dalla
stanza per andare a far
firmare delle lettere al capo.
-
Come stai? Come è andato il tuo
compleanno? – le chiese Massimo con un tono molto affettuoso.
-
Bene, ma dimmi piuttosto della festa
di tua nipote. Le è piaciuto il braccialetto?
-
Moltissimo ed anche a mia madre è
piaciuta molto la collana. Si complimenta con te per il gusto squisito.
-
Le hai parlato di me!? – gli chiese
stupita.
-
Certo, te l’ho detto, le racconto tutto.
Senti, ti telefonavo per chiederti una cosa: perché non
prendi qualche giorno
di ferie e vieni qui?
-
Come? – domandò Chiara che non aveva
capito il perché di quella richiesta.
Massimo
fece finta di non aver colto il
senso della domanda e le rispose:
-
Con il treno. Ci sono anche i treni,
sai. Parti domani mattina e nel pomeriggio sei qui. Ti vengo a prendere
alla
stazione e ce ne andiamo in una bella casetta sull’Appennino
modenese di
proprietà di mio fratello. Niente di speciale, beninteso, ma
è molto intima,
c’è anche un bel camino. Sono sicuro che ti
piacerà molto.
-
Perché? – gli
chiese.
-
Perché si sta bene, te l’ho detto.
-
No, per favore, non far finta di non
capire, rispondimi. Perché dovrei venirci? - il tono della
sua voce era molto serio.
-
Per passare qualche bel giorno di
vacanza – le rispose invitante.
-…e
sostituire il paesaggio marino con
quello montano? No grazie, credevo di avertelo detto, non è
questo che voglio –
rifiutò, anche se era stata molto tentata di accettare. In
un posto come
quello, con lui, avrebbe vissuto di sicuro giorni meravigliosi, ma non
poteva
permetterseli.
Il
giovane però si sentì rifiutato.
-
Credevo che anche tu saresti stata
felice di stare con me. Devo essermi sbagliato!
-
No, lo sai, non è questo. Mi
piacerebbe stare con te, ma non così, solo per fare una
vacanza – gli disse
con una voce dolcissima.
-
Mi sbaglio o eri tu
a dire che il nostro rapporto non
doveva diventare impegnativo? – le disse un po’
maligno rammentandole le
frottole che gli aveva raccontato a casa sua quella sera.
-
Ho cambiato idea.
-
No, tu hai cambiato registro.
Evidentemente ritieni sia più utile, invece che fare
l’indifferente, cominciare
a fare la preziosa. In realtà quella di farla assaggiare ad
un uomo per poi
negargliela è sempre stata la tattica più
efficace. Non c’è modo migliore per mandare
un povero fesso come me fuori di zucca, no?
-
Adesso stai diventando addirittura
volgare! – gli disse, molto offesa dall’accusa.
Possibile non
riuscisse a capire che il suo bisogno di
un rapporto affidabile era qualcosa di più profondo di un
meschino tentativo di
legarlo a sé?
Massimo
però era furibondo. Non riusciva
ad accettare il fatto che Chiara lo stesse rifiutando con tanta
determinazione
senza dargli nessuna chance di provarle la sua buona fede.
Non
riuscì a trattenersi e con la voce
tagliente, la rintuzzò:
-
Certo, io sono volgare, carogna,
approfittatore. Io sono così. Cosa credevi,
che fossi il principe azzurro?
-
Figurati, non mi sono illusa neanche
per un momento! Ma fammi un piacere: lasciami stare. Ne puoi trovare
tante più
adatte di me ai tuoi scopi.
La
ragazza stava quasi per piangere, ma
si controllò ricordandosi di conservare la propria
dignità.
-
Scusami, non ti scoccerò più. Stammi
bene - irritato, Massimo troncò la conversazione abbassando
il telefono.
Poco
dopo, rientrando in ufficio,
Rossana posò gli occhi sulla collega. Nel vederla stravolta,
le chiese:
-
Chiara, che c’è? Non ti senti bene?
-
Non tanto, ho avuto una vertigine –
le rispose poi se ne scappò in bagno a piangere.
**
Quel
pomeriggio Federica non c’era
stata perché aveva dovuto accompagnare la mamma da uno
specialista e così non
si era potuta confidare neanche con lei. Certo avrebbe sempre potuto
chiamarla
a telefono, ma non si sentiva di farlo. La sua povera amica aveva
già tanti
problemi con la
madre molto anziana e
bisognosa di cure anche perché il suo unico fratello,
già sposato, si era
scrollato ogni responsabilità.
Quando
verso le otto squillò il
telefono, sperò che fosse lei, almeno avrebbe potuto
sfogarsi un po’.
Invece
era Cristina.
-
Ciao, sorellina come stai? – le
domandò questa.
-
Bene, ma come mai mi telefoni a
quest’ora, non sei in piena battaglia per la cena?
-
No, Riccardo è andato con i bambini a
casa della sorella ed io sono rimasta qui con Luca che ha qualche linea
di
febbre.
-
Potevi chiamarmi, sarei venuta
volentieri a fargli compagnia e
tu
saresti potuta uscire.
-
Sì, figurati la pacchia! Piuttosto
che andare da mia cognata preferisco di gran lunga passare una serata a
casa
così ho il tempo per fare qualcosa, compreso quella di
telefonare alla mia
sorellina. Davvero stai bene? Hai mangiato?
-
Sì, mi sono preparata degli spaghetti
con i pomodorini ed il basilico che erano una vera delizia.
Era
una bugia. Aveva trangugiato il
contenuto di una scatoletta di tonno e mais, qualche acino
d’uva e via… il suo
stomaco era in quella fase in cui il cibo diventava quasi un nemico.
Questo
però era meglio non farlo sapere a Cristina la quale,
conoscendola fin troppo
bene, doveva essere già preoccupata.
Infatti
insistette:
-
Ieri mi sei parsa piuttosto giù. Non
vuoi confidarti con me?
-
No, credimi, va tutto bene.
-
Non è vero, stai soffrendo. A me non
puoi darla a bere!
-
Non sto soffrendo per Massimo se è
questo a darti
pensiero. Sta cercando in
ogni modo di farmi mettere con lui, sono io a non volerlo. Non
più tardi di
oggi pomeriggio sono riuscita persino a rifiutare di
passare qualche giorno di ferie insieme,
anche se, in verità, mi sarebbe molto piaciuto farlo.
-
Ed allora perché non l’hai fatto?
-
Perché non voglio solo qualche giorno
bello, voglio essere amata davvero, tutto qui.
-
Ma se ti cerca continuamente non è
forse perché ti vuole bene?
-
No, per lui sarei solo un passatempo,
alla fine mi lascerebbe
comunque, non ho
dubbi.
-
Lo sai qual è il tuo vero problema
Chiara? Non hai la minima fiducia in te stessa. A volte anche gli
uomini si
innamorano. Passando un po’ di tempo con
Massimo, ci poteva essere anche questa
possibilità.
-
Stai fresca, cosa avrebbe potuto
trovare uno come lui in me? Forse avevi ragione tu, l’unica
cosa che l’ha
attirato è stato il fatto che gli ho ceduto subito.
Evidentemente ha pensato di
approfittarne. Ottenere di fare sesso senza alcuno sforzo è
sempre gradevole
per un uomo, ritengo.
-
Scusami, ma non sono d’accordo con
te. Sei una bella ragazza, buona, intelligente, hai un buon lavoro
perché mai
devi sempre buttarti giù? Non credi che un uomo possa amarti
davvero? Se non ci
credi tu per prima come pretendi che non se ne approfittino? La stessa
cosa
l’hai fatta con Marco: sembrava sempre che ti stesse facendo
una grazia!
-
Questa volta è tutto diverso. Lui non
è come Marco, me l’ha detto chiaro e tondo che non
se la sente di darmi
speranze per il futuro. Sta bene con me e per adesso gli basta.
-
Appunto, se continuerete a stare bene
insieme, potrebbe decidere di restare con te per sempre.
-
Ma che facciamo i contratti a termine
anche in amore? Ho giurato a me stessa di non mettere mai
più la mia vita nelle
mani di un uomo. Lo sai come sono fatta io, sono senza mezzi termini:
quando
voglio bene lo faccio con tutta me stessa. Se dovesse finire,
com’è quasi certo
che accadrebbe, non so come potrei prenderla. Preferisco soffrire da
cani
adesso, piuttosto… – s’interruppe
perché infine se l’era lasciato sfuggire che
stava soffrendo.
Cristina
già l’aveva capito benissimo,
ma non volle infierire.
–
Forse hai ragione, fai bene a non
pensarci più. In fondo sei giovane, vedrai quante altre
occasioni ti
capiteranno! – la consolò.
-
“Già – pensò Chiara
– però ora
mi sembra non valga nemmeno la pena di vivere se non posso avere
Massimo”.
Cercando
di non far trasparire nessuna
delle sue emozioni, cambiò discorso e con tutta la calma che
poteva riuscire ad
avere, disse alla sorella:
-
Ti prego, non parliamone più. Ti
volevo dire invece che ho misurato il vestito e lo trovo bellissimo. Mi
sta
solo un po’ stretto sui fianchi, ma è una cosa
minima.
-
Mi fa piacere sia stato di tuo gusto.
È stata un’idea di Riccardo, io volevo regalarti
qualcosa per la casa, magari
un microonde perché so che lo desideravi, ma lui ha detto
che devi avere
qualche capo elegante. Sei una donna giovane e ci può essere
l’occasione giusta per indossarlo.
-
Infatti ha ragione. Sono stata
invitata ad una cena offerta da un collega che ha dato le dimissioni e
credo
che potrei metterlo allora. Che ne dici, non è
troppo elegante?
Le
due donne continuarono a parlare per
un po’ senza più toccare il tasto dolente dei
sentimenti.
Sempre
grazie a tutte per
i bei complimenti che mi fate circa il mio modo di scrivere. In
realtà io
visualizzo la storia quasi come se vedessi un film ed il fatto di
riuscire a
farlo fare anche a voi è per me motivo di grande orgoglio.
Per questo mi
piacciono i personaggi di contorno e la descrizione delle piccole cose
quotidiane. Gesti e persone comuni che però mi aiutano a
rendere più vivi
i miei personaggi e a far trasparire lati
del loro carattere altrimenti difficili da spiegare.
A proposito di questo,non vi sembra che Cristina abbia detto delle cose
molto
sagge alla sorellina confusa? E se Massimo dal canto suo invece che
prenderla
così da lontano e far finta di niente dicesse a Chiara
quello che prova
realmente? Ma forse entrambi non sono ancora consapevoli dei reciproci
sentimenti. Ed allora, dai, facciamoli penare ancora un poco in attesa
che
finalmente si rendano conto di ciò che vogliono davvero! E
poi in effetti da
quanto si conoscono? Solo dal 14 di agosto! È ancora troppo
poco per poter
decidere di tutto il loro futuro…
|
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Capitolo 24 *** 4 settembre - martedì ***
Mie care
amiche, vi sono
tanto grata per il modo con cui mi state seguendo, partecipando a
questa storia
come se Massimo e Chiara fossero davvero vostri amici per cui,
credetemi, non
vorrei farvi soffrire ancora. Ma purtroppo se lo facessi dovrei
giungere alla
conclusione . Non lo faccio per due motivi: primo perché
dovrei privarmi di
questo piacere quotidiano che mi state regalando; secondo:
perché questi ragazzi
hanno bisogno di penare ancora un po’. Chiara è
sensibile ed innamorata ma è anche
una fifona incapace di rischiare e Massimo, nonostante ormai sia chiaro
che è
in perfetta buona fede e che non si sente affatto un predatore, deve imparare a capire che
la percezione che
ha di se stesso non è esattamente quella che hanno gli altri
di lui. Allora è
giusto che soffrano un pochino entrambi, per maturare e gettare le basi
di un
eventuale rapporto più solido. Leggete questo capitolo,
vedete cosa ho
combinato loro e fatemi sapere… Ci conto, eh?
4
SETTEMBRE martedì
Chiara
si era svegliata madida di
sudore ed ancora turbata. Aveva sognato di stare facendo
all’amore con Massimo.
Era stato bellissimo e molto reale. Le era parso di vivere ancora il
contatto
fisico con lui e ne aveva provato un’emozione grandissima. Il
cuore le batteva
forte ed i sensi erano tutti terribilmente svegli: aveva accarezzato ancora una
volta quel bel corpo
maschio e baciato la sua bocca così calda e dolce, ma era
stato solo un sogno e
svegliandosi lo aveva perduto.
Si
alzò dal letto ed andò in bagno, si
versò un po’ di acqua fresca sul viso e sul collo
poi prese un bicchierone di
succo di frutta e se n’andò sul terrazzo dove si
accoccolò sul pavimento di
cotto che ancora tratteneva il calore del sole della giornata estiva.
Mentre guardava il
mare scuro rilucere
sotto le stelle, beveva a piccoli sorsi, cercando di calmare il suo
corpo che
bruciava al ricordo dell’amore.
Tutto
sembrava imbalsamato e sospeso
nel tempo.
-
“Passerà anche questo - si disse –
tutto finisce, anche l’amore. Se ho superato cinque anni
passati con Marco come
potrò non dimenticare pochi giorni con lui?”
Ma
dentro di sé sapeva bene di non
volere ammettere la verità e cioè che quella
storia passata era arrivata ad un
punto di saturazione. Oramai stanca e sdegnata dal comportamento di
Marco, neanche
desiderava vederlo più tanto le dava fastidio. E
così era finita davvero.
Invece Massimo era ancora pienamente nei suoi pensieri. Come poteva
essere
altrimenti? Un uomo così dolce, così forte,
un’amante così meraviglioso!
Intanto si asciugava con rabbia il pianto che le scorreva silenzioso
sul
viso.
No,
sul serio, non aveva proprio nulla
da rimproverargli, era stato sincero, non aveva proposto né
accettato
compromessi. Era stata lei una stupida a pensare di poterlo fermare: si
può
fermare forse il vento o l’impeto del mare? Come pretendere
che uno così,
chissà quante donne belle e risolute l’avevano
amato, si potesse innamorare
proprio di una piccola imbranata, nevrotica e maniaca come
lei…
-
“Passerà,
passerà…” - si diceva. Presto
i suoi sensi si sarebbero di nuovo assopiti, d’altronde si
era sentita davvero donna
soltanto tra le braccia di lui e non aveva nemmeno mai saputo di
esserlo così
tanto. Di sicuro il suo corpo l’avrebbe dimenticato ed anche
l’amore sarebbe
passato a poco a poco. Cristina aveva ragione, era ancora giovane,
forse avrebbe
avuto ancora altri amori, ma di una cosa era sicura, mai più
sarebbe stato così
perché Massimo era la persona più desiderabile
che aveva mai incontrato in vita
sua.
Non
voleva avere rimpianti però. Lui era
stato come un sole e, come una creatura infreddolita, si era riscaldata
ai suoi
raggi. Non aveva senso rammaricarsi adesso perché, come il
sole che tramonta,
era andato via ed il freddo la stava avvolgendo di nuovo.
**
-
Ti vuoi sbrigare ad uscire? Il bagno
mi serve!
Sandra stava bussando con
insistenza alla porta imprecando contro Massimo chiuso lì dentro da un bel po'.
Alla
fine quest’ultimo uscì, con
l’accappatoio indosso ed ancora i capelli bagnati:
-
Sei una vera rompiscatole, non puoi
andare al bagno di sopra? – le chiese un po’
irritato.
-
No, le mie cose stanno qui, vacci tu
a quello di sopra.
La
sorella lo scostò in malo modo e poi
gli chiuse la porta in faccia.
Il
giovane andò in cucina dove c’era la
mamma a preparare la colazione.
-
Buongiorno - gli
disse questa – lo vuoi un caffè?
-
No, grazie, me lo sono preparato
prima da solo – le rispose accendendosi una sigaretta.
-
Ho notato! Sono appena le otto ed hai
già bevuto una macchinetta di caffè e fumato
tutte queste sigarette! Dovresti
starci un po’ attento, ragazzo mio – lo
rimproverò indicando il posacenere già
colmo di cicche.
-
Mamma, per favore, non ho bisogno
delle tue prediche. Sono abbastanza adulto da
badare a me.
-
Però non sei del tuo solito umore. Se
è per quella ragazza di Napoli, guarda che certe volte le
donne amano essere un
po’ corteggiate. Può darsi che se insisti un poco
con il tuo “fascino
irresistibile” la convinci a tornare con te.
La
poverina voleva solo scherzare e mai
avrebbe immaginato la reazione del figlio.
-
Insomma, sono venuto qui per farmi
sfottere da tutti voi? Ti ci metti anche tu adesso?
Vi devo proprio mandare a quel paese? – si
era innervosito tantissimo e stringeva la sigaretta tra le dita con gli
occhi
ridotti a due fessure color ghiaccio.
-
Calma, calma, come sei irascibile,
sembri una pila elettrica!
Sandra,
uscita nel frattempo dal bagno,
prese una tazza di caffellatte e mentre cercava di sorseggiarlo senza
scottarsi
perché era bollette, benché avesse molta fretta,
volle intervenire nel
discorso.
-
Infatti, sei diventato davvero
insopportabile! – disse.
-
Meno male che non ci sto mai in
questa casa, siete capaci di farmi incazzare tutti. La prossima volta
devo
vedere dove andare perché qui è impossibile
resistere!
Caterina,
non era più disposta ad
indulgenze e con un tono di voce piuttosto irritato, osservò:
-
Massimo, ma chi ti sta facendo
niente?
-
Lascialo perdere, mamma. Tanto si è
capito cos’ha il signorino – ribatté la
sorella.
-
E sentiamo, che cosa avrei, di
grazia?
-
Non ti va giù che qualcuna ti abbia
piantato prima che lo facessi tu. Questo è uno sgarro che al
grande “amatore”
non bisogna fare, per carità! – gli
spiegò Sandra, beffandolo di proposito.
Massimo
andò su tutte le furie.
-
Lo vedete che non siete capaci di
farvi i cazzi vostri? Cos’è, la mia vita privata
è stata oggetto di un
consiglio di famiglia per caso? – urlò.
-
Che sciocchezze dici, caro! –
protestò Caterina.
-
Dico che sei andata a spiattellare a
questa cretina le mie cose personali e non mi sembra il caso
perché questa
scema non ha la minima sensibilità.
-
Davvero? – gli fece di rimando la
sorella la quale essendo cresciuta con tre fratelli tutti
più grandi di lei
aveva dovuto per forza imparare a difendersi per non farsi mettere
sotto – E
chi ce l’avrebbe la sensibilità, tu per caso che
te ne sei sempre fottuto di
tutte?
-
Ragazzi smettetela e poi… cosa sono
tutte queste
parolacce!
L’anziana
signora cercava di riportare
la calma ma i figli non la stavano neanche a sentire.
-
Perché secondo te io sarei una
persona incapace di sentimenti? – stava dicendo infatti
Massimo.
La
ragazza guardò la madre
e le chiese:
-
A te risulta che ne abbia mai avuti
verso qualcuna? A me no!
Caterina
non rispose e si limitò a fare
un sospiro rassegnato.
Il
giovane invece fulminò entrambe con
uno sguardo e, per cercare di controllarsi, se ne andò
sbattendo violentemente
la porta alle sue spalle.
Dopo
circa una mezz’ora riapparve in
cucina pronto per
uscire. Purtroppo però
non sapeva dove andare. Il giorno precedente era stato da Aldo, il
vecchio
amico proprietario della palestra dove si era sempre allenato. Aveva
passato
tutto il pomeriggio con lui, facendo anche un po’ di
attrezzi, ma adesso si
sentiva dolere tutti i muscoli per la mancanza di allenamento e non
aveva
voglia di tornare lì.
La
rabbia di poco prima gli era
sbollita anche se un po’ ce l’aveva ancora con le
due donne perché lo
giudicavano troppo male.
Non
era vero quello che dicevano. Quante
volte aveva voluto bene ed anche se le cose non erano mai andate per il
verso
giusto, non era stata solo colpa sua. Ma forse Sandra era in collera.
La sua
amica Daniela doveva averle raccontato quanto era successo tra di loro
e per
questo si stava comportando così.
-
Dove deve andare quella lì così di
fretta? – chiese alla madre mentre prendeva dei biscotti
dalla credenza.
-
A prendere il treno per andare in
ospedale – gli rispose calma Caterina come se la scenata di
prima non fosse mai
accaduta.
-
E non va con l’auto?
-
No, stasera deve partire per un
congresso a Parigi e non vuole lasciarla al parcheggio
dell’ospedale. Per questo
ha deciso di prendere il treno. Anzi… Sandraaa! –
la chiamò – Sbrigati che lo
perdi quel treno!
La
ragazza arrivò tutta trafelata con
in mano un giaccone pesante.
-
Vorrei portarmi anche questo, può
darsi che lì faccia freddo. Però la valigia
è diventata un quintale, come
faccio a salirla sul treno? – osservò.
-
Ti accompagno io in ospedale con la
tua macchina e poi la riporto qui
- si
offrì Massimo il quale era fatto così, un minuto
prima pareva volesse ucciderti,
un minuto dopo ti riempiva di gentilezze.
La
ragazza gli buttò le braccia al
collo, contenta.
-
Davvero fratellone? Faresti questo per
me?
-
Soltanto perché non ho niente da
fare, scimmietta – le rispose sorridendo e ricambiando il
bacio che lei gli
aveva dato su di una guancia.
**
Poco
dopo, guidando la Toyota di
Sandra, Massimo la paragonò alla BMW usata di solito per il
suo lavoro.
-
Una macchina così mi ci sarebbe
voluta a Napoli. Lì il traffico è un vero
inferno, nessuno che rispetti il
codice e guidare quella portaerei è un vero disastro -
commentò.
-
Cos’è – osservò maliziosa la
sorella –
credevo ti piacesse stare lì.
Lui
le rispose a tono, ma scherzoso,
augurandosi in cuor suo di non riprendere l’argomento
scabroso.
-
Infatti mi piace e mi piacciono anche
le persone che ci abitano, se lo vuoi sapere.
La
ragazza, sollevata dal fatto che la
sua collera fosse passata come un temporale d’estate, si
guardò bene
dall’insistere, anzi, trovandosi lì in
intimità, gli confidò del suo nuovo ragazzo con
il quale doveva recarsi a
Parigi quel pomeriggio.
-
Quindi è un collega dell’ospedale. È
medico anche lui?
-
Sì, fa l’anestesista.
Massimo
sogghignò e provò a raccontarle
la famosa barzelletta della moglie che non sentiva mai nulla
perché il marito
era un bravo anestesista, ma la ragazza finse di
arrabbiarsi,
dandogli un
sacco di botte.
-
Basta, basta, sto guidando, perdono,
perdono! – rise lui per poi chiederle serio – Ne
sei innamorata, scimmietta?
-
Sì, credo di sì, solo che non so come
andrà, forse tra qualche mese sarà già
tutto finito.
-
E perché dovrebbe esserlo, non state
bene insieme?
-
Tantissimo. Ma sai com’è, non
c’è mai
niente di sicuro. Comunque è meglio provarci non ti pare?
-
Certo – convenne lui e pensò a Chiara
la quale invece preferiva battere in ritirata piuttosto che rischiare.
-
E poi ho badato sin troppo alla
carriera, è tempo di pensare anche un po’ ai
sentimenti se no finirò per diventare
una zitella inacidita come te. Perché tu stai diventando
davvero acido, ragazzo
mio, credimi!
Arrivati
a Modena, Massimo l’accompagnò
in ospedale ed ebbe anche modo di conoscere il suo ragazzo che gli
parve
simpatico. Andando via augurò con tutto il cuore alla
piccola Sandra che fosse
la persona giusta per lei perché in fondo la solitudine
è davvero una cosa
terribile da sopportare per tutti, persino per le donne in carriera.
Rientrando
in auto si accese una
sigaretta poi, per avere un po’ di compagnia,
pescò tra i cd per vedere se
c’era qualcosa che gli piacesse. Ne trovò uno di
Battiato e decise di metterlo
su. La musica dolce invase l’abitacolo e solo in quel momento
si rese conto che
era la stessa che aveva fatto da colonna sonora al suo primo rapporto
con
Chiara.
Suo
malgrado, un’ondata di nostalgia lo
invase al ricordo della dolcezza provata allora. Gli pareva quasi di
sentire
ancora il profumo della pelle di lei, l’arrendevolezza della
sua bocca, la
stretta delle sue braccia. In quel momento
era sembrato tutto perfetto. Perché
era
già finito? In effetti doveva ammettere di aver avuto
parecchie colpe, forse
era stato troppo rigido, avrebbe dovuto insistere di più
perché aveva avuto la
sensazione che tutto sommato lei gli
volesse bene. Ma era proprio questa la cosa che lo mandava di
più in bestia: come
aveva potuto Chiara, se
lo amava davvero,
rinunciare a lui con tanta freddezza?
Ascoltava
intanto il susseguirsi dei
brani: erano tutte canzoni d’amore, ma amori tristi, senza
speranza, che
lasciavano dentro un enorme dolore. Forse era questo il tipo di
rapporto che
lei voleva, quello tormentato, che ti fa sentire importante.
Personalmente
invece aveva sempre pensato al vero amore come a qualcosa che ti deve
far
schizzare il cuore dalla felicità, che non ha un come o un
perché e deve essere
totale ed irrefrenabile. E poi c’era un’idea a
farlo soffrire e che non
riusciva a scacciare:
-
“Con quell’altro invece si era
lasciata andare. È stata con lui senza chiedergli nulla,
solo da me vuole gli
impegni. Dovrei dimenticarla, accidenti, togliermela dalla testa. In
fondo è
stata solo una tra le tante…”
Mentre
formulava questo pensiero,
incominciò la canzone di Fabrizio De Andrè:
“Amore che viene, amore che
va” .
L’aveva
sempre trovata bellissima ma
stavolta avvertì uno strano fastidio. Irritato, chiuse di
scatto il lettore cd.
Nonostante tutti i suoi propositi, non ce la faceva a veder andare via tutto
ciò che provava per Chiara.
**
Per
tutto il pomeriggio rimase molto
nervoso anche se cercò di controllarsi per non far pesare il
proprio umore sui
genitori. Oltretutto si annoiava a morte. Fu tentato di telefonare a
Daniela. Sapeva
come prenderla ed era certo che avrebbe potuto perdonargli
un’ulteriore
avventura, ma sapeva
anche che questa volta
non era una scappatella senza importanza come erano state le altre.
Inoltre, se
si fossero riappacificati, c’era il pericolo di creare un
pericoloso precedente.
Non voleva indurla a pensare che una volta finito il suo girovagare
avrebbero potuto
tornare a vivere
insieme perché la loro convivenza era stata
un’esperienza troppo penosa. A poco
a poco il loro amore, soffocato dalla quotidianità, era
finito e lui si era
convinto di non essere fatto per la vita a due. Chissà se la
colpa era stata
sua o di Daniela, ma a un certo punto si era sentito davvero in gabbia.
Solo il
rapporto superficiale che avevano avuto negli ultimi tempi aveva
funzionato ma
ora era meglio troncare anche quello, se non altro
per onestà.
Decise
di andare un po’ al centro
fisioterapico gestito dal fratello Luciano dove aveva lavorato da
ragazzo.
C’era ancora qualcuno dei vecchi colleghi e con loro
riuscì a passare qualche
ora sereno.
Ad
un tratto uno di essi gli
chiese:
-
Perché non torni
a lavorare qui?
-
Che sciocchezza! – rispose per
lui Luciano,
orgoglioso del fratello –
Questo qui si è laureato con il massimo dei voti ed
è diventato un pezzo grosso
nella azienda in cui lavora. E poi le vecchiette con
l’artrosi non gli
interessano, magari se fossero belle ragazze qualche massaggino lo
farebbe più
volentieri!
Tutti
si misero a ridere. Anche lui lo
fece, ma provò un senso di fastidio.
Più
tardi, quando fu da solo, si
interrogò sui motivi che gli avevano provocato quel disagio.
-
“Probabilmente – si disse – se non ci
fosse stato quel maledetto massaggio alla schiena di Chiara il giorno
di
Ferragosto adesso non starei così, forse sarei riuscito a
mantenere il nostro
rapporto ad un livello di amicizia. Sarebbe stato molto
meglio”.
Eppure
non voleva rimproverarsi per
quanto era accaduto perché era stato tutto molto naturale e
travolgente. Se
avesse voluto, Chiara avrebbe potuto fermarlo, ma anche se adesso
preferiva
fare la vittima, aveva
goduto pure lei
di quell’amore così improvviso.
Cosa
significava dirgli ora “trovati
qualcuna più adatta al tuo scopo”? Quale
“scopo”? Quello di portarsela a letto?Possibile
che non avesse capito proprio nulla della spontaneità con la
quale l’aveva
amata? A questo punto era indotto a pensare che fosse stata proprio lei
ad aver
avuto qualche scopo per fare sesso con lui, così, quasi
senza conoscerlo.
Da
quella storia ne era uscito
ammaccato ed anche
se non voleva
ammetterlo, proprio non gli andava giù.
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Capitolo 25 *** 5 settembre - mercoledì ***
5 SETTEMBRE
mercoledì
La
mattina successiva il cattivo umore di
Massimo era cresciuto ancora di più. Era da solo in casa perché
i genitori erano andati ad una visita
cardiologia per il padre. Si era pure offerto di accompagnarli, ma
poiché era
solo un controllo di routine e c’era da fare una lunga
anticamera, loro stessi
gli avevano consigliato di non andare.
Stava
gironzolando per casa da un bel
po’ quando decise di andare a fare un giro in moto,
benché il tempo promettesse
pioggia.
La
tirò fuori dal garage, la sua bella,
vecchia moto Harley Davidson e, preso dalla nostalgia per i vecchi
tempi, decise di
andare a fare una passeggiata nel
quartiere dove avevano abitato prima di comprare quella villetta un
po’ fuori
città.
Fu
una cosa simpatica rivedere le
vecchie strade. Come in un pellegrinaggio nostalgico, si
fermò sotto i balconi
della loro vecchia casa. Era stata piccola per sei di loro e non era
stato
facile crescervi, però
adesso gli
sembrava tutto bellissimo. Gli tornarono in mente tanti ricordi della
giovinezza e dell’infanzia e così andò
pure davanti alla scuola dove avevano
insegnato i genitori prima di andare in pensione ed al liceo
frequentato da lui
stesso.
-
“Si vede che sto invecchiando!” – si
disse ridendo di sé e decise, considerato che
l’ora di colazione era passata da
un pezzo, di fermarsi alla tavola calda dove da ragazzo andava ad
abbuffarsi
nell’intervallo delle lezioni.
Stava
tornando a riprendere la moto
quando si sentì chiamare. Si voltò e vide una
bella signora con i
capelli biondi. Rimase un attimo interdetto
poi la riconobbe:
-
Elena! – esclamò contento – Da quanto
tempo!
-
Già, sono passati quasi quindici anni
– gli disse lei sorridendo – non mi avevi
riconosciuta vero?
-
No, a dire il vero ti ricordavo con i
capelli lunghi e castani.
-
Non lo sai che le signore
invecchiando si fanno bionde?
-
Invecchiando? Vuoi dire forse che
sono vecchio dato che, se ben mi ricordo,
abbiamo circa la stessa età? – le fece con
galanteria.
-
No, tu eri un bel ragazzo e sei
diventato un uomo magnifico. Sono io ad essere invecchiata.
-
Non è vero affatto. Dimmi piuttosto,
questa bella signorina è tua figlia? – le chiese
indicando una bambina di circa
otto anni che la donna portava per mano.
-
Sì, lei è Viviana – gli rispose poi
spiegò
alla piccola – Questo signore è un vecchio amico
della mamma.
La
ragazzina però sembrava più
interessata alle sue amichette rimaste più in là
che non a Massimo e divincolandosi
dalla mano della madre, si allontanò dicendo:
- Vado da Raffaella e
Giorgia.
-
Scusala – la giustificò Elena.
-
Ma certo. Piuttosto non pensavo tu
avessi una figlia già così grande.
-
Oh, lei è la seconda, ho anche un
maschietto di tredici anni!
-
Ti sei sposata presto a quanto pare.
-
Sì
- gli rispose. Però
non ho finito
l’università, ho lasciato prima. Comunque oggi
lavoro in uno studio di
commercialista e sono lo stesso contenta. E tu ci sei riuscito a
prendere la
laurea e a diventare qualcuno come volevi?
Lui
sorrise.
–
Sai, i sogni dei ragazzi sono sempre
esagerati. Comunque anch’io sono contento. Ho un buon lavoro
ed anche se sono
costretto a girare tutta l’Italia, per il momento non mi pesa.
-
Peserà a tua moglie, però.
Elena
aveva fatto l’indifferente, ma in
realtà le premeva sapere se Massimo si fosse sposato.
-
Non ho moglie. Sono ancora
“signorino”- le rispose infatti questi.
Quasi
come se stesse parlando a se
stessa e con gli occhi un po’ bassi,
lei
allora affermò:
-
L’avevo capito che non l’avresti mai
fatto. Sposarti, intendo.
-
Di’ un po’, non ti sembra di
esagerare? Avevo solo venti anni quando mi hai lasciato, vorrei vedere
quale
ragazzo è disposto a pensare al matrimonio a
quell’età!
La
donna aggiunse come
se fosse stata una cosa che
avrebbe voluto dirgli
da tanto:
-
Io ti avrei aspettato anche dieci
anni se fosse stato necessario, ma tu non eri proprio fatto per un
rapporto
esclusivo, questo l’avevo capito. Non lo sai come sono stata
male e quante
volte sono stata tentata di richiamarti. Poi ho conosciuto Maurizio ed
è stata
una vera fortuna per me. Adesso sono felice, ho la mia casa, i miei
figli, un
uomo che mi adora. Forse non sarà affascinante come
te…
-
Per quale motivo me lo dici? Non
crederai che dopo tutti questi anni mi aspettavo che tu stessi ancora a
rimpiangermi? E poi non c’è proprio nulla da
rimpiangere, non sono un tipo
raccomandabile e non sei la sola a pensarlo – le disse
facendo trasparire una
leggera irritazione.
-
Non volevo dire questo, scusami.
-
Figurati cara, comunque ora devo
andare perché ho un appuntamento. Mi ha fatto molto piacere
rivederti – le
strinse la mano, accomiatandosi.
Poco
dopo, riprendendo il suo giretto
per il quartiere, si ritrovò a guardarsi dentro scoprendo
che il malumore gli
era tornato dopo l’incontro con la sua ex. Era stato per ben
quattro anni con
Elena ed anche se si era trattato di un amore giovanile, le aveva
voluto bene. C’era
rimasto molto male quando la ragazza l’aveva piantato senza
nessun motivo. Non
si era mai spiegato perché l’avesse fatto
ed ora, dopo tanto tempo, finalmente
era
venuto a saperlo. In fondo erano gli stessi motivi per cui adesso
Chiara l’aveva
lasciato. Le donne con lui o volevano solo spassarsela o lo scartavano
perché
non era matrimoniabile, nessuna che lo amasse per quello che era! Bel
risultato!
Finì
per tornare anche nel bar dove da
ragazzo era solito trascorrere le serate, ma non fu una buona idea
perché un
senso di tristezza lo colse non appena ne ebbe varcato la soglia.
Infatti, come
se gli anni non fossero
mai
passati, qualcuno
dei suoi vecchi amici
di un tempo ancora bazzicava da quelle parti,
trascorrendo come allora i
pomeriggi tra una birra ed il biliardo.
-
“Chissà se i fortunati non sono loro che
non hanno mai avvertito neanche
l’esigenza
di cambiare vita. Certo la mia inquietudine non è che mi
abbia portato a molto”
– si disse.
Dopo
qualche chiacchiera se ne stette
con la bottiglia di birra in mano a guardare la pioggia scrosciante cha
oramai
veniva giù, bloccandolo in quel bar.
Sembrava
già inverno, niente faceva
pensare all’estate appena trascorsa. Non avrebbe mai potuto
dimenticare
quell’estate, aveva il bel volto sorridente di una donna
bruna e come lei
era stata dolce e calda. Ma ormai era
perduta.
Lo
colse un bruciante desiderio di
Chiara, ma poi provò rabbia. Forse aveva ragione Sandra,
forse stava così
perché la desiderava ancora, non se ne era ancora saziato,
era come se ad un
affamato venisse tolto il cibo dal piatto. Doveva smetterla di pensare
a lei,
accidenti!
Anche
se era fuori allenamento, decise
di fare una partita a biliardo. Si stava congratulando con se stesso
per essere
ancora abbastanza in gamba al gioco quando gli squillò il
cellulare. Era
l’avvocato Doria, il capo dell’Ispettorato:
-
Corona, – gli fece con la voce
autoritaria – finalmente qualcuno che mi risponde! Sono tre
ore che sto
cercando di contattare Giacomo Rossi!
-
Io però sono in ferie – gli rispose
secco Massimo.
-
Come in ferie? In questo periodo?
-
È da marzo che non ne facevo e
ritengo di avere anch’io diritto ad un po’ di
riposo, non crede?
-
Comunque ferie o non ferie, visto che
non riesco a contattare il suo collega, deve attivarsi lei. Il
Direttore
Generale ha deciso
di tenere anche per
l’Italia meridionale gli incontri di formazione per presentare ai colleghi i
risultati delle
nostre esperienze ispettive di questi ultimi anni. Bisogna prepararli.
-
E dobbiamo farlo noi?
-
No, non del tutto. Si terranno a
Napoli. Avvaletevi della collaborazione dello staff dei Formatori e
della
Direzione Amministrativa locale. Non sono nuovi a questo tipo di cose,
sanno
già come fare, ma il
tempo è poco perché
dovete finire le visite in corso e preparare la relazione.
-
D’accordo, ma non possiamo farlo la
settimana prossima?
-
Corona, e che cavolo! La data è stata
fissata per il 20. Ce la vogliamo dare una mossa, cosa dice?
-
Guardi che io non posso ritornare
prima di lunedì.
Gli
dispiaceva, ma non era il tipo da
far prevaricare i suoi diritti.
-
Va bene – acconsentì il capo
conoscendolo bene - ma
perlomeno avvisi
Napoli, così incominciate ad organizzarvi tra voi, poi ci
risentiamo. Prenda un
po’ di appunti per riferire all’Amministrazione.
Massimo
si fece dare un po’ di carta ed
una penna dal barista e sotto gli occhi incuriositi degli amici i quali
lo vedevano
quasi come un top manager, prese appunti. Al termine della telefonata
però era
molto interdetto, poi si decise a scaricare la cosa su Giacomo che era
in
servizio. Diamine, lui se l’era fatte le sue belle ferie in
estate! Dopo molti
tentativi riuscì a beccarlo sul cellulare, ma non
c’era molto campo e riuscì
solo ad allarmarlo senza ottenere molto di più.
Era
inutile, gli toccava avvisare
Raimondi, però sapeva che per lui rispondevano le tre
ragazze e non gli andava
di sentire Chiara.
-
“In ogni caso – si disse – la
possibilità è di una su tre e poi, accidenti, non
posso farmi condizionare da
una cosa così stupida, devo avvisarli. Che figura ci faccio
con il capo e con
Giacomo?”
Così
chiamò, ma come aveva paventato,
dall’altro capo del filo gli rispose, secondo i dettami
aziendali, proprio
Chiara.
-
Ciao, sono Massimo.
-
“Massimo” – pensò la ragazza
mentre
il cuore le balzava nel petto, ma si controllò molto bene,
forse addirittura
troppo perché la sua voce risultò solo molto
professionale quando gli disse:
-
Ciao, in cosa posso esserti utile?
Il
giovane ne fu deluso e tagliò corto:
-
Passami il tuo capo, per favore.
-
Resta in linea, prego, credo sia occupato.
Mentre
ascoltava la musichetta, lui
pensò che mentre se ne stava a tormentarsi da giorni come un
coglione, lei,
tutta serafica, aveva ripreso la placida vita di sempre. Si
sentì montare la
collera e quando la udì di nuovo era davvero su tutte le
furie.
-
Non mi risponde – gli disse lei –
proviamo tra qualche momento. Vorresti dire a me nel frattempo?
-
No, ho bisogno di parlare con lui,
non certo con te. E poi cosa abbiamo più da dirci noi due?
Preferisco sorbirmi
un’insulsa musichetta piuttosto che perdere tempo in
chiacchiere inutili. Mettimi
in attesa, grazie.
La
sua bella voce era tagliente come un
filo di rasoio così Chiara non disse più nulla e
gli passò la linea, posando il
telefono proprio mentre rientravano le colleghe che erano andate a
lavarsi le
mani poiché era
quasi ora di uscita.
Era tutta rossa in volto e
nel trovarla
così Rossana le chiese:
-
Ancora quel capogiro? Dovresti farti
vedere, ragazza mia, non è normale.
Ma
Federica aveva intuito qualcosa.
-
Chi era al telefono? – le chiese.
-
Corona – le rispose cercando di
rientrare in sé dopo la cocente delusione subita.
-
E che voleva?
-
Non lo so, voleva parlare con il
capo.
**
Federica
decise di prendere anche lei
la metropolitana per riuscire a sapere dall’amica che cosa
fosse successo. In
un primo momento Chiara si dimostrò molto riluttante a
dirglielo, ma poi
cedette alle sue insistenze e le raccontò della breve
conversazione con
Massimo.
-
Che disgraziato! – fu il suo
commento.
-
No, non è colpa sua. Sono stata io a
dirgli di lasciarmi perdere.
-
E lo difendi pure! – esclamò l’altra.
-
Lo amo. Forse riuscirò a smettere di
farlo, ma oggi devo dire che lo amo da morire, potrebbe farmi qualsiasi
cosa,
non smetterei di amarlo! - confessò a voce bassa la ragazza.
Dal
suo tono traspariva un’enorme
passione che irritò l’altra.
-
Allora potevi pensarci prima di fare
l’eroina e rifiutarlo! - fu l’osservazione acida
dell’amica.
-
Lo so ed è per questo che da oggi in
poi preferisco non toccare più l’argomento. Sono
problemi miei e me li devo
piangere io. Non è giusto stare a scocciare nessuno con i
miei sentimenti ed
i miei sbagli.
Federica
la guardò senza dire niente,
la conosceva e la cosa peggiore che poteva fare adesso era chiudersi in
se
stessa.
-
Dai, scusami. - le disse - Non fare così, con
me puoi parlare quanto
vuoi, lo sai. Ti fa bene sfogarti un po’. Anzi, sai che
facciamo? Stasera te ne
vieni a cena da me, così stiamo un altro po’
insieme.
-
No, ti ringrazio, ho promesso a Cristina
di andare da lei e se non lo faccio si offende. Da te verrò
un’altra volta
anche perché voglio venire a trovare tua madre. Come sta?
Facendo
finta di nulla, Chiara continuò
la conversazione su un tono più generico fino a quando la
collega non scese dal
treno.
Rimasta
sola, si diede subito a trovare
una scusa per non andare neanche dalla sorella. Quella sera non aveva
voglia di
vedere nessuno, tra l’altro neanche si sentiva bene
perché le stavano venendo
le mestruazioni. Decise che questa era la scusa buona: non grave da far
preoccupare ma nemmeno tanto banale. Appena arrivata a casa
telefonò a Cristina
e, come aveva pensato, lei non ebbe nulla da obiettare quando le
raccontò che
desiderava solo sdraiarsi sul letto con una bella borsa
d’acqua calda sulla
pancia. La sorella però le raccomandò di mangiare
qualcosa.
Chiara
non sapeva mancare le promesse e
si sforzò di cucinare, ma riuscì a buttare
giù solo qualche cucchiaio di pasta
perché la frittata che si era preparata per secondo le fece
venire subito
voglia di vomitare.
Trascorse
la serata a vedere in TV un
vecchio film di fantascienza, il suo genere preferito,
per cui riuscì anche a passare qualche ora
senza
pensare alle sue pene. Quando se ne andò a dormire, non
seppe far altro che
augurarsi che l’indomani fosse una giornata tranquilla.
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Capitolo 26 *** 6 settembre - giovedì ***
No,
carissime Arte e Vale,
Chiara non è in dolce attesa, sta solo soffrendo molto e per
questo le sono
ricominciati i disturbi nervosi di cui ha già sofferto in
passato. Anche
Massimo però si sta arrovellando molto. A modo suo sta
veramente male, tanto che
lui, per il passato sempre allegro e solare, questa
volta non riesce a controllare la propria
rabbia persino con le persone a cui vuole più bene (Chiara
compresa).
Come mi ha fatto notare CriCri, entrambi
continuano a sbagliare perché si sono arroccati nelle
reciproche posizioni,
convinti di non poter agire diversamente. Ma se è vero,
così come si dice, che
la vera saggezza nasce solo dalla sofferenza, allora lasciamoli ancora
un po’a tormentarsi,
questi due testoni. Se lo
meritano, visto che non vogliono imparare ad abbandonare i propri
preconcetti
rischiando in questo modo di allontanarsi definitivamente.
Eccovi quindi un nuovo capitolo dove li lascerò a macerarsi
un bel po’. A
proposito, consentitemi di dedicarlo alla mia amica Nicoletta la quale,
anche
se non commenta, so che mi sta seguendo. Lei, più di ogni
altra, riuscirà a ritrovare
in queste mie fantasie sprazzi
di vita
vissuta…
Un bacio
a quelle che mi
recensiscono (tesori miei!) a chi mi segue e a chi mi legge
semplicemente. Mi
state facendo tutte un vero regalo!
6
SETTEMBRE giovedì
Invece
il giorno successivo non fu tranquillo,
anzi, si
scatenò l’inferno. A prima
mattina Raimondi fece una riunione e parlò a tutti gli
impiegati di Amministrazione
del grande impegno
che li attendeva. Bisognava
organizzare un incontro in grande stile, fare le convocazioni,
prenotare gli
alberghi, i voli per coloro che venivano da fuori città,
scegliere le sale
adatte, predisporre le colazioni di lavoro e preparare tutto il
materiale
occorrente ai formatori ed agli ispettori.
-
In fondo – concluse – non è la prima
volta che facciamo una simile esperienza e conto sulla
professionalità di voi
tutti per fare una splendida figura con il Consiglio di Amministrazione.
Quando
rientrarono nella loro stanza,
Federica commentò con le colleghe:
-
Belle parole, però il grosso della
fatica tocca a noi tre. Diamoci da fare, ragazze.
-
Chissà se in tutto questo non c’è una
nota positiva: forse tornerà quel formatore venuto lo scorso
novembre, quel
Gabriele. Non ti farebbe piacere, Chiara? –
osservò Rossana.
Alludeva
a qualcosa che invece fece
rabbrividire l’amica la quale preferì non pensare
nemmeno a quest’altra funesta
probabilità e si mise a lavorare di buzzo buono.
**
La
confusione però fu tremenda. I
telefoni squillavano all’impazzata; i colleghi convocati da
tutta l’Italia
meridionale cominciarono a tempestarle di domande a cui non potevano
ancora
rispondere; i contatti da prendere erano tanti e tutta
l’Amministrazione era in
subbuglio. Come al solito nella baraonda Chiara perdeva la bussola e
cominciò
ad agitarsi con la relativa conseguenza di commettere un mucchio di
sbadataggini: mandò una e-mail a persone sbagliate,
inviò una lettera senza gli
allegati e stette molto tempo a contattare una sala congressi prima di
rendersi
conto che aveva chiuso l’anno precedente. Prima di colazione
era già distrutta
e preoccupata perché quando temeva di sbagliare lo faceva
ancora di più.
Il
pomeriggio fu ancora più tragico.
Raimondi aveva chiesto dei dati all’Ufficio
Contabilità sui costi sostenuti
nell’ultima, analoga manifestazione. Il collega Ragni li
consegnò a Chiara
verso le quattro mentre lei stava a telefono cercando di spostare un
viaggio
già prenotato per un direttore di succursale di Catania.
Poco
dopo il capo si affacciò nella
stanza e le chiese di portaglieli perché doveva comunicarli
all’Organizzazione
di Milano. La ragazza incominciò a cercarli sulla scrivania
ingombra di
scartoffie senza trovarli. Provò allora
nei raccoglitori presi per ultimi, nei cassetti, sotto la
scrivania, nel
cestino della cartastraccia, ma niente! Innervosita,
riguardò di nuovo tutti i
fogli davanti a lei mentre si sentiva la voce irritata di Raimondi che
nella
stanza affianco urlava: “Chiaraaaaaa! ‘Sti
benedetti dati, me li porti o no che
sono già a telefono?”.
Guardò
ancora nel cestino della
cartastraccia, ancora per terra, ancora nei cassetti … non
li trovò. In cerca
di soccorso, lanciò uno sguardo disperato alle colleghe
entrambe occupatissime
a telefono.
Di
nuovo la voce del capo urlò:”
Chiaraaaa!”.
A
quel punto crollò.
Appoggiata
alla scrivania, abbandonò il
capo sulle braccia e scoppiò in singhiozzi.
A
tale scena sia Federica che Rossana
troncarono le conversazioni telefoniche e corsero verso di lei.
-
Ma cosa è successo? – le chiesero
insieme.
E
lei, tra i singhiozzi, confidò:
-
I dati che mi ha portato Ragni, non
li trovo più, non li trovo più!
Intanto
il capo aveva dovuto dire al
suo interlocutore di non essere ancora pronto. Mortificato per la
brutta
figura, stava urlando nella stanza accanto che non si poteva fidare di
nessuno,
che doveva fare tutto lui, che Chiara era un’imbranata
cronica…
Quest’ultima
intanto singhiozzava
sempre più sconvolta.
In
quel momento riapparve sull’uscio
Ragni il quale, accortosi di quanto stava succedendo, spiegò:
-
Ma ce li ho ancora io! Li ho riportati
un attimo di là perché dovevo fare una
correzione. Mi dispiace, gliel’ho anche
detto a Chiara, ma forse era a telefono e non mi ha sentito –
aggiunse allo
sguardo di rimprovero lanciatogli dalle due colleghe.
Federica
gli strappò di mano la
cartellina azzurra e si affrettò ad andarla a portare al
capo sbraitante.
Intanto Ragni, che era un gran brav’uomo, mortificato di vedere la ragazza
piangere in quel modo
per colpa sua, le fece una carezza sui capelli con tenerezza paterna.
-
Dai figliola, ti prego, non piangere
così, mi fai sentire in colpa! – la
consolò.
Quella
carezza affettuosa fu come un
balsamo per la povera Chiara che alzò il visino inondato di
lacrime e gli fece
un sorrisetto rassicurante come a volergli dire che non ce
l’aveva con lui.
Dopo,
quando fu tornata
un po’ più calma, per toglierla dalla
confusione Federica le chiese di andare a fare delle fotocopie. Grata
di
potersi allontanare per un po’, la ragazza andò
nella stanza della fotocopiatrice.
Purtroppo quella non era la sua giornata perché non solo la
macchina s’inceppò
continuamente, ma finì per farle perdere anche
l’ordine degli originali e così,
quando era già passato da un bel po’
l’orario di uscita, dovette rientrare in
ufficio e chiedere aiuto alle colleghe per rimettere le copie a posto.
**
Massimo
aveva fatto il sostenuto ma aveva
molta professionalità e sapeva che l’impegno a cui
andavano incontro non era di
poco conto. Non voleva fare brutta figura e nonostante fosse in ferie,
andò a
Milano a trovare i colleghi ispettori che già avevano fatto
quel tipo di
esperienza per le filiali dell’Italia del nord.
I
contatti furono molto proficui e nel
pomeriggio, come gli era stato consigliato, si recò anche
all’Ufficio
Formazione per concordare gli interventi da preparare.
Il
responsabile era un omone grande e
grosso molto gioviale il quale si mise subito a sua disposizione
informandosi
sulle modalità e sui luoghi degli incontri programmati.
Quando seppe che si
sarebbero svolti a Napoli, commentò rivolto ad un
collaboratore seduto alla
scrivania accanto:
-
Allora ci mandiamo Gabriele, che ne
dici Gino?
-
No, Fabio, non glielo puoi fare,
quello non si è ancora ripreso! – gli rispose
quest’ultimo ridendo.
-
E cos’è che lo ha tanto sconvolto, se
è lecito sapere? Non dico che Napoli sia Ginevra ma non
è nemmeno la Tanzania!
– commentò Massimo, divertito.
-
No, non è questo. È che quando è
stato lì lo scorso novembre si è preso una brutta
scuffia per una collega. Come
si chiamava, Clara mi pare, no? – domandò
all’altro.
Massimo
si sentì rimescolare. Possibile
che …
-
No, mi pare fosse una certa Chiara.
Lavora in Amministrazione.
Poverino,
risparmialo, saresti crudele a rimandare
lui!
-
Ehi, ehi, qui stiamo parlando di
lavoro! Gabriele conosce già la città e
l’ambiente ed è la persona più adatta
per collaborare con Rossi e Corona.
Ma
quest’ultimo non lo stava nemmeno
più a sentire. In fretta troncò la conversazione
aggiornandosi all’indomani e
se ne andò diritto verso il suo albergo.
Il
viso accigliato, l’animo in
subbuglio, non poteva credere ad una combinazione del genere. Intanto
era
proprio così: altre ragazze di nome Chiara, a Napoli e in
Amministrazione, non
ce n’erano. Doveva essere proprio lei.
Hai
capito la santarellina? Quella che
lo aveva accusato di avere una ragazza in ogni porto. A quanto pareva
anche lei
non se li faceva scappare quelli di passaggio!
La
gelosia provata in quel momento lo
faceva star male. Non sopportava l’idea che solo pochi mesi
prima Chiara avesse
potuto stare con un altro ed anche se la cosa era finita, era furibondo
lo
stesso perché non glielo aveva detto, limitandosi a
raccontargli l’infelice
storia dell’uomo che l’aveva tradita. Aveva una
gran voglia di telefonarle e
cantargliene quattro, ma si conosceva bene e sapeva che avrebbe potuto
farle
anche molto male. In fondo era meglio ignorarla un’ipocrita
così, lasciarla
perdere, come d'altronde aveva già deciso di fare da un
pezzo.
**
Fu
una gran fortuna che avesse preso
quella decisione perché nello stato in cui era,
la ragazza non avrebbe mai potuto sopportare parole dure
da parte
dell’uomo amato.
Triste
e frustata per le cose successe
in ufficio, dovette ricorrere ad un sonnifero per riposare e questa era
una
cosa che non le piaceva affatto perché per un po’
aveva creduto di aver
superato la necessità di ricorrere a simili rimedi per trovar pace.
|
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Capitolo 27 *** 7 settembre - venerdì ***
7
SETTEMBRE venerdì
Il
mattino dopo fu Chiara la prima ad
arrivare in ufficio, ma dal volto pallido e teso si vedeva bene che non
era in
perfetta forma.
II
capo chiamò per far preparare una
lettera. Si precipitò perché sapeva che era una
delle cose per le quali
preferiva ricorrere a lei perché era brava a scrivere.
Terminato egregiamente il
suo compito, si sentiva abbastanza rincuorata, ma il mondo le
crollò di nuovo
addosso quando Federica le chiese una fotocopia della lettera per
conservarla e
lei si rese conto di non averla fatta.
-
Aspetta, dove vai? – le gridò dietro
l’ amica nel vederla fiondarsi per cercare di recuperarla
alla Spedizione - Non
ti preoccupare, ne stampiamo una copia e pazienza se non
c’è la firma del capo!
Ma
Chiara era già corsa via.
-
Senti, - disse allora a Rossana - questa
ragazza non sta bene. Cosa ne dici se
le facciamo fare lo stesso le ferie che aveva in programma?
-
Sei scema? Con tutto quello che
abbiamo da fare?
-
Tanto, quando sta così, non è di
grande aiuto, finisce solo per far guai. E poi lo sai da che brutto
esaurimento
nervoso è uscita solo qualche tempo fa.
-
Ma il “pazzo” non la manderà mai in
ferie! – obiettò Rossana, riferendosi
al
capo.
-
Sì, se noi due gli assicuriamo di
riuscire a portare avanti il lavoro da sole.
La
collega restò un po’ pensierosa,
poi, siccome anche lei era convinta che ci fosse qualcosa di strano nel
comportamento di Chiara ed anche lei le voleva molto bene,
acconsentì.
Durante
lo spacco per la colazione,
mentre la loro amica mangiava solo un pacchetto di cracker, le
comunicarono la
loro decisione.
-
Ne siete sicure? Con tutto il lavoro
che c’è? - domandò,
attratta però
da una prospettiva che le avrebbe consentito
di evitare lo stress di quei giorni, non per sottrarsi al proprio
dovere, ma
perché si sentiva sull’orlo di un crollo nervoso.
-
Certo, ne siamo sicure, a patto che
tu non te ne stia chiusa in casa ma faccia qualcosa. Hai bisogno di
cambiare un
po’ aria -
le disse Rossana.
-
Dovrei andare a trovare Roberta a
Roma, lo avevamo deciso già da tanto.
-
Bene e già che ci sei, potresti anche
incaricarti di comprare il regalo per Dario visto che la cena
è per giovedì
prossimo…
-…e
come al solito tutti gli invitati
hanno scaricato l’incombenza su queste povere tre
sceme…- aggiunse Federica,
facendole sorridere.
-
Lo farò molto volentieri, ma voi dovete
aiutarmi a dire al carognone delle ferie: io non ne ho il
coraggio…
**
Massimo
aveva parecchi amici a Milano,
ma la sera precedente, sentendosi di pessimo umore, aveva preferito
andare a
cenare da solo per poi passare la serata in un cinema senza peraltro
interessarsi nemmeno un granché al film.
Quella
mattina invece si era recato con
grande ansia all’appuntamento con i formatori
perché aspettava di conoscere quel
tale Gabriele.
Quando
lo vide arrivare verso le nove, sentì
come un pugno nello stomaco: giovane, alto quasi quanto lui ma
più slanciato,
aveva un aspetto molto gradevole,
era
insomma un bel ragazzo.
Furono
presentati e nello stringergli
la mano non poté fare a meno di pensare che forse con quella
stessa mano aveva
accarezzato la donna il cui pensiero lo stava tormentando.
Però si controllò nel
migliore dei modi e lavorarono tutta la mattinata insieme. Tra le altre
cose
dovette anche riconoscere che era professionalmente preparato e molto
intelligente.
In poche ore riuscirono ad impostare gli interventi da tenere nel corso
degli
incontri programmati.
Alle
tre del pomeriggio decisero di
prendersi una meritata pausa e di
mangiare qualcosa.
Andarono
a colazione in un ristorante
lì vicino, già svuotato degli impiegati che lo
frequentavano di solito per via
dell’orario ormai tardo, per cui potettero parlare con calma
del più e del
meno. Ad un certo punto però Massimo non resistette
più alla sua ansia e tentò
un affondo.
-
Allora ti fa piacere o no di tornare
a Napoli per qualche tempo? – gli chiese.
-
Da una parte sì e da una parte no.
-
E quale è la parte che riguarda
Chiara Corradini, quella sì o quella no?
-
E tu cosa ne sai?
-
Nella nostra azienda manca del tutto
il rispetto della privacy. Me ne hanno parlato – gli
rivelò con un sorriso
accattivante per sollecitare le confidenze dell’altro.
-
Già, poi quando perdi la testa per
una ragazza non sempre riesci a mantenere il riserbo. Ed io per lei
l’ho proprio
persa. Tu la conosci?
-
Sì – rispose soltanto.
Gabriele
sospirò, scuotendo la testa.
-
Me ne sono innamorato non appena l’ho
vista. Purtroppo lei non ne ha voluto sapere di me e me l’ha
detto chiaro e
tondo che non le interessavo. Ci sono rimasto davvero male.
-
Quindi non avete avuto una relazione!?
Il
sollievo di Massimo era così palese che
il giovane formatore si insospettì e
lo
guardò accigliato.
-
Scusa, ma che te ne importa?- gli
chiese con freddezza.
A
questo punto sarebbe stato da stupidi
tirarsi indietro. Guardandolo diritto negli occhi, lo sguardo gelido e
le
labbra serrate, gli rispose:
-
Invece me ne importa e molto!
L’altro
sostenne il suo sguardo e
poiché era vero che nella loro azienda si sapeva sempre tutto di tutti, era
perfettamente a
conoscenza della fama di “predatore” di Massimo
Corona.
-
Lasciala stare, - gli intimò - Chiara
non è pane per i tuoi denti.
-
Davvero? E chi lo dice, un innamorato
respinto?
Oramai
si guardavano come due giovani
maschi in competizione per la stessa femmina e Gabriele, con un sorriso
sprezzante, promise:
-
Visto che devo venire a
Napoli, ho intenzione di ritornare alla
carica e può darsi che questa volta possa essere
più fortunato. Credimi, lei è
il tipo di ragazza che apprezza più le persone serie che non
i fanfaroni.
-
Staremo a vedere - gli rispose
Massimo con la voce gelida.
Comunque
preferirono troncare lì quella
discussione e se ne tornarono a lavoro.
Però
il clima di collaborazione
instauratosi la mattina era
oramai andato
perduto.
**
Più
tardi, mentre nella sala
d’attesa aspettava
l’aereo per Bologna,
Massimo pensava a quella strana combinazione che tra tutto il personale
in
servizio nella loro azienda, gli aveva messo di fronte proprio un
rivale. E
quale rivale! Non era certo un quarantenne pelato e con la pancetta
come Mario.
Gabriele faceva proprio paura! Ma paura di che? Non aveva deciso
proprio in
quei giorni di lasciare perdere la bella napoletanina? Nonostante tutto
però era
contento che tra lei ed il formatore non c’era stata alcuna
relazione perché ciò
dimostrava che non era una bugiarda ipocrita bensì una
ragazza abituata a non
vantarsi delle proprie conquiste.
Per
fortuna almeno stavolta aveva saputo
resistere all’istinto di aggredirla ma lo stesso si sentiva
in colpa. Anche se non
aveva fatto nulla, come al solito si era lasciato trasportare dal suo
caratteraccio
ed era partito a testa bassa senza saper controllare quella sua
maledetta furia
che lo portava sempre a sbagliare anche con le persone a cui voleva
bene. Davvero
Chiara non meritava un tipo come lui: impetuoso, iracondo,
superficiale. Forse era davvero un fanfarone,
come lo aveva giudicato Gabriele, mentre lei invece
era una brava ragazza riflessiva e dolcissima.
Allora perché non augurarsi che potesse trovare un uomo che
potesse renderla
felice?
Niente
da fare, non ci riusciva: il
solo pensiero di saperla con un altro gli faceva torcere lo stomaco
dalla
gelosia!
Eh
sì, finalmente Massimo ci
sta arrivando! Non comincia a farvi un po’ di pena?
Chissà se questa vicenda si
avvia alla conclusione o ci sono ancora colpi di scena… Non
perdetevi la “puntata”
di domani, mi raccomando!
|
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Capitolo 28 *** 8 settembre - sabato ***
8
SETTEMBRE sabato
Benché
in quel periodo avesse il viso
un po’ sciupato, Chiara era sempre molto graziosa. Quella
mattina indossava gli
stessi jeans e la stessa maglietta che aveva messo il giorno di
Ferragosto
quando era andata
con Massimo al Museo
Archeologico. Portava i capelli trattenuti da un cerchietto ed i
riccioli neri
le facevano una graziosa cornice intorno al volto dove spiccavano gli
occhi
scuri.
Quando
entrò nello scompartimento del
treno per Roma, due giovanotti seduti
in
attesa che il convoglio partisse, le lanciarono subito
un’occhiata e poi si
affrettarono ad aiutarla a mettere la valigia sulla reticella. Uno di
loro,
quello più carino, le cedette anche il posto accanto al
finestrino. La ragazza
fu grata di tutte quelle gentilezze ma non desiderava dare corda e
così, appena
si fu seduta, infilò un paio di occhiali da sole e si
immerse nella lettura di
un libro. Per un po’ i due tentarono ancora una
conversazione, poi si misero a
parlare tra loro ed infine, quando il treno partì, uscirono
addirittura dal
vagone lasciandola sola.
Soltanto
a questo punto Chiara sollevò
lo sguardo e si chiese se per caso non fosse stata troppo scortese.
Purtroppo
non poteva farci niente, nello stato d’animo in cui era
l’intero universo
maschile avrebbe potuto anche ridursi ad un solo individuo: Massimo.
Non
riusciva a fare a meno di pensare a
lui, qualsiasi cosa facesse. Lo amava moltissimo. Più ci
pensava e più lo
trovava meraviglioso e si chiedeva come avrebbe fatto a rinunciarci per
sempre.
Era sicura che il suo aspetto fisico non fosse stato un fattore
rilevante né
tanto meno la sua posizione in azienda perché anche Gabriele
era stato altrettanto
piacente ed aveva una buona posizione economica. Nonostante
ciò, per lui non
aveva provato la minima attrazione. Rammentava gli sforzi che aveva
dovuto fare
per allontanarlo quando si era resa conto che le poche volte in cui
erano
usciti insieme fossero bastate a farlo innamorare. Altrettanto bene
rammentava
i commenti delle colleghe: “ma tu sei pazza, non lo vedi che
è un bel ragazzo,
ha intenzioni serie, ma come fa a non piacerti!”. Avevano
ragione, Gabriele in
teoria era tutto quanto una donna potesse desiderare eppure non era
scattata in
lei quell’identica malia che invece l’aveva
imprigionata a Massimo sin dal
primo momento.
-
“Certo è una cosa strana l’amore
–
rifletteva tra di sé mentre guardava il paesaggio scorrere
fuori dal finestrino
- l’ho fatto soffrire, così come sto facendo
soffrire ora Mario” – poi, ricordando
il senso di fastidio che le avevano dato le profferte amorose dei due
uomini,
pensò ancora – “È crudele, lo
so, ma non ci posso fare niente se per loro non
sento nulla. Forse anche Massimo si comporterebbe così con
me se gli dicessi
che mi sono innamorata perdutamente di lui. L’amore
è solo una maledetta ruota
che gira all’impazzata, meglio farne a meno!
**
Quella
mattina Massimo stava
trafficando in garage con la sua moto quando
la madre gli portò il cordless dicendogli
semplicemente: “ È Daniela”.
L’uomo
rimase per un attimo interdetto,
poi si pulì le mani con uno straccio e prendendo il
telefono, rispose po’
titubante perché non riusciva ad immaginare in che stato
d’animo potesse essere
la sua ex ragazza.
-
Stronzone! – gli fece invece questa tutta
allegra – È mai possibile che me lo debba dire
Sandra da Parigi che sei a
Bologna da una settimana? Non potevi alzare il ditino e farmi una
telefonata?
-
Veramente mi pareva di ricordare che
tu mi avessi mandato a quel paese – replicò, un
po’ sollevato perché non si
profilavano tempeste.
-
È vero, ma sono disposta a perdonarti
se mi porti a cena nel ristorante più elegante e costoso
della città.
Al
silenzio di lui aggiunse con un tono
assai ironico:
- Wow, che entusiasmo!
-
No, scema, non è questo, volentieri
ti porto a cena fuori, solo…
-
Solo?
-
Non mi va di andare in un posto
troppo elegante. Sto già tutta la settimana incravattato e
vestito come un
pinguino, perlomeno il sabato sera vorrei stare in libertà.
Ci verresti da
Arturo?
-
E va bene, lì si mangia bene. Vuol
dire che mi
abbufferò come una maialina
e rinuncerò all’eleganza. Ci vediamo alle nove
sotto casa mia. Ciao – concluse
rapida per non dargli il tempo di ripensarci.
In
effetti Massimo era rimasto un po’
confuso. Che diamine, aveva fatto il tira e molla tutta la settimana
decidendo
che era meglio non vedersi con lei per poi capitolare in meno di cinque
minuti.
Adesso correva il rischio di dover ricominciare tutto da capo! Era
stato uno
stupido, ma cercò di giustificarsi ai suoi stessi occhi
dicendosi che un sabato
sera trascorso in solitudine o a casa davanti alla TV, non sarebbe
stato il
toccasana per il suo umore già così nero.
**
Alle
nove era già sotto il palazzo
della ragazza, appoggiato alla Toyota della sorella e
l’aspettava fumando una
sigaretta. Com’era nelle sue intenzioni, si era vestito in
modo del tutto
casual ma i capelli color miele apparivano
morbidi e lucenti e la barba, appena una spolverata sul
viso, gli faceva
risaltare ancora di più lo splendore degli occhi.
Mentre
si avvicinava alla macchina, Daniela
lo osservò da lontano e si disse
che qualche
corno poteva
benissimo sopportarlo pur di tenersi un uomo così. Appena
gli fu vicino, gli
stampò un bacione sulla bocca che lui ricambiò
con affetto.
-
Sai, ti guardavo mentre ti avvicinavi
e mi chiedevo perché non hai fatto la top model invece che
l’infermiera. Sei
così bella! - le disse, galante come sapeva
essere quando ci si metteva.
-
Forse perché sono una sadica e
preferisco infilare aghi e fare clisteri piuttosto che sfilare sulle
passerelle. Ti consiglio di stare molto attento con me! – gli
rispose lei scherzando,
però era
stata contenta del complimento che
aveva sentito sincero.
Massimo
finse di rabbrividire
all’ipotesi di un trattamento esclusivo, poi la
portò da Arturo dove si
mangiava davvero molto bene. Nel notare che lei gli faceva concorrenza
nello
spazzolarsi il cibo, pensò: “Finalmente, una che
non spilluzzica come un
uccellino.”
Parlarono
del più e del meno, ma in
realtà fu quasi sempre la ragazza a tenere la conversazione.
Purtroppo Daniela
era uno di quei tipi sempre in lotta con il mondo e con il prossimo,
non le
andava mai bene niente: i colleghi, il proprietario del suo
appartamento, i
pazienti, gli amici e persino quel povero cameriere che li stava
servendo al
tavolo che provvedeva a richiamare di continuo con tono autoritario.
Non era
facile del tutto rilassarsi insieme a lei, questo Massimo lo sapeva
bene ed il suo
pensiero andò a Chiara, invece così dolce e
timida. Come l’aveva definita
Dario? Ah sì! Un laghetto alpino…
-
A cosa stai pensando? – gli chiese la
ragazza insospettita dal suo sguardo assente.
-
Niente, ti stavo ascoltando – si
affrettò a risponderle.
-
Davvero? E che stavo dicendo? – lo
interrogò.
-
Stavi parlando della tua collega
che...
-
Questo l’ho detto prima! Lo vedi che
non mi stavi ascoltando? – lo rimbrottò con una
vocetta acuta.
-
Va bene, mi sono distratto un attimo!
Vuoi farne una tragedia per caso? – protestò lui,
irritato.
Come
succedeva spesso tra loro, avrebbero
potuto anche rovinarsi la serata per una cosa del genere
perché Daniela non
sopportava neanche un istante di perdere il controllo della situazione.
Questa
volta però la donna sapeva che
una mossa falsa avrebbe potuto compromettere tutta la sua operazione di
recupero e così si affrettò a sorridergli e a
cambiare argomento.
-
Sai, ho incontrato Nando e Giorgia.
Stanno già organizzando il prossimo viaggio in Australia a
febbraio o a marzo.
Mi hanno chiesto se ci andremo anche noi.
L’attenzione
del giovane fu subito
catturata da quella prospettiva.
-
Spero tu abbia detto di sì,
naturalmente – le disse.
-
Che ne sapevo io se tu
eri disponibile! Per
quanto mi riguarda, dovrò fare i conti
con le mie finanze.
-
Questo non è
certo un problema. Se vorrai venire, ti
aiuterò io per le spese.
Non
ci teneva ai soldi e viaggiare con
gli amici era il suo vero, unico hobby per cui volentieri aiutava chi
tra loro
non aveva la sua stessa disponibilità economica. Lo avrebbe
fatto anche con la
ragazza, pur non sentendosi in qualche modo vincolato ad instaurare di
nuovo un
rapporto amoroso per questo. Lei invece la prese come una promessa di
riallacciare la loro relazione e ne fu contentissima tanto da diventare
per
tutto il resto della serata dolce come non lo era mai stata.
La
riaccompagnò verso le undici ed
erano già quasi arrivati sotto casa quando lei lo
abbracciò mentre stava ancora
guidando. Gli posò la testa sulla spalla e con una carezza
abbastanza
eloquente, lo invitò maliziosa:
-
Che ne dici di salire da me? Sto
morendo dalla voglia di fare l’amore…
Massimo
pensò a quanto gli piaceva. Era
stata sempre una persona disinibita nelle cose del sesso ed anche
questo aveva
contribuito a farlo legare non poco. Gli venne in mente però
che negli ultimi
tempi aveva sperimentato quanto
potesse
essere ancora più seducente una donna
all’apparenza fredda come il ghiaccio ma
che diventava fiamma incandescente non appena la si toccava.
Però, siccome era
un uomo giovane e dai sani appetiti sessuali, non era certo il tipo da
tirarsi
indietro quando una bella ragazza gli faceva certe proposte.
Così, scacciando
quel ricordo inopportuno e posandole un bacio sulla fronte, le rispose:
-
Incomincia a salire tu, io parcheggio
la macchina e vengo.
Eh, eh,
eh, (risatina
sardonica e malignetta): visto che ormai questa storia più
che ad un romanzo
sta somigliando ad una soap, mi è venuta la tentazione di
fare come nelle più
classiche opere di questo genere: finire sul più bello ed il
resto… alla prossima
puntata! È una
regola questa che
consente di mantenere viva l’attenzione ed assicurarsi che
chi segue continui
a farlo, se non altro per la
curiosità di sapere come va a finire. Ma in considerazione
del fatto che le mie
dolcissime lettrici e le ancora più dolci recesintrici ( a
proposito, a SweetCerry
che si è aggiunta un grazie di cuore) continuano sempre a
seguirmi ed io non
sono poi tanto sadica, ed onde evitare inoltre che le vostre belle
parole di
encomio si trasformino in parolacce, se volete sapere come è
andata a finire la
serata tra Massimo e Daniela, proseguite nella lettura…
Sabato,
ore 23,30
Ci
mise un po’ di tempo a trovare un posto
per l’auto ma quando arrivò davanti
all’uscio di casa si stupì di trovarlo
soltanto accostato. Entrò nell’ingresso buio e si
avvide della tenue luce che
filtrava dalla camera da letto. Sorrise tra sé
perché aveva intuito qualcosa ed
infatti trovò Daniela già a letto, con il
lenzuolo tirato fin quasi sotto il
mento.
-
Ehi, pazzerella – le sussurrò
sedendosi accanto a lei – hai lasciato la porta aperta. E se
invece di me fosse
arrivato un maniaco?
La
ragazza rise.
-
Beh, se fosse stato un bel ragazzo mi
avresti trovato a letto con lui – scherzò, ma poi,
attirandoselo contro, gli
sussurrò – Ma tu sei il più bel ragazzo
che io conosca!
Cominciarono
a baciarsi. Massimo
sentiva l’eccitazione crescere sempre di più ma ad
un tratto, tra un bacio ed
una carezza, lei gli disse, suadente:
-
Devo darti di nuovo le chiavi di casa
così non sarò costretta a lasciare la porta
aperta per farti entrare. D’altra
parte se a dicembre torni a Bologna definitivamente verrai di nuovo a
stare qui
da me, non è vero?
Per
un attimo il giovane rimase interdetto.
Come faceva a dirle proprio in quel momento che non intendeva
riallacciare una
relazione più impegnativa?
Daniela
intanto si era scostata il
lenzuolo e, nuda, gli era apparsa in tutta la sua bellezza. Pur
volendo, non
avrebbe potuto parlare perché quella visione gli aveva
seccato la gola. Era da
tanto che non facevano all’amore e ritornare a sentire quel
bel corpo
longilineo così stretto al suo, lo infiammò. Si
chinò su di lei e pian piano
cominciò a sfiorarle con le labbra la pelle e a carezzarle
il seno piccolo e
sodo.
Doveva
solo lasciarsi andare, non stare
a sentire quella vocina interiore la quale gli diceva che non era
onesto farle
intendere che tra loro non era cambiato nulla. E poi forse davvero non era cambiato niente anche se
ora c’era Chiara.
Ad
un tratto, come in un flash back, si
ricordò di lei e del suo corpo, così diverso,
minuto, morbido, femminile. Risentì
il profumo della sua pelle,il sapore dei suoi baci e senza volere,
all’improvviso, si ritrovò a desiderare una donna
diversa da quella che stava stringendo
tra le braccia.
Fu
come una doccia fredda che spense la
sua voglia perché in un attimo intuì che era lui
ad essere cambiato. Non poteva
far finta di nulla.
Con
dolcezza, per non ferirla, fermò le
mani di Daniela che già si stavano avviando a slacciargli i
pantaloni.
- Aspetta - le
sussurrò - devo
dirti una cosa.
-
Proprio adesso? Dai, ti prego, ne
parliamo dopo – lo invitò la ragazza e
provò a trarlo di nuovo su di sé.
Però
Massimo non cedette ed ancora una
volta le scostò le mani che gli serravano la nuca.
-
No, aspetta, è importante –
insistette – si tratta di noi, del nostro rapporto.
È cambiato qualcosa ed è
giusto che tu lo sappia.
Due
occhi verdi lo fulminarono con uno
sguardo furente poi Daniela lo allontanò e se ne
scappò nel bagno.
Lui
rimase qualche istante incerto prima
di infilarsi la felpa e tornarsene in salotto dove si accese una
sigaretta in
attesa dell’inevitabile battaglia.
**
Conosceva
bene quella casa, ci aveva
abitato per quasi due anni. Nel guardarsi intorno scoprì
ancora i segni del suo
passaggio: qualche libro che ora faceva da piedistallo ad una lampada
un po’
vecchiotta, la rastrelliera con le sue pipe, la foto incorniciata che
li
ritraeva in gruppo il giorno del
compleanno di suo padre, la stessa che teneva ancora nel
portafoglio,
più per abitudine che per altro.
Si
sentiva confuso e mortificato, ma il
bisogno di chiarezza lo spingeva ad affrontare un discorso che era
necessario
fare. Era strano però che tutta questa onestà
venisse fuori proprio mentre
stava per fare all’amore con Daniela come se, sotto sotto,
gli sembrasse quasi
di tradire Chiara a far sesso con una donna che non fosse lei.
La
ragazza riapparve. Aveva indossato
una t-shirt che però le lasciava ancora le belle gambe
scoperte. Stava fumando
anche lei e gli si sedette accanto sul divano. Per un po’
stette zitta, dopo
però sbottò:
- È tutta colpa
di quella puttana di Napoli,
non è così?
Questa
volta fu lui a lanciarle uno
sguardo adirato perché quell’ insulto lo
infastidiva molto.
-
Non ti permettere di chiamarla così.
Chiara è una brava ragazza e poi non c’entra
niente! Te lo volevo dire da
tanto.
-
Dirmi cosa, se fino a poco più di un
mese fa sembrava filare tutto alla perfezione?
-
Non è vero, Daniela, questo lo sai
bene anche tu, il nostro rapporto non funziona più da tanto
tempo. Ci ho
riflettuto sopra a lungo e non mi sembra giusto continuare
così, soprattutto
per te, in questo modo mi pare di sfruttarti soltanto. Tu sei stata
sempre
pronta a perdonare le mie scappatelle ma ora…
Lei
non lo lasciò finire.
-
Oh, non ti preoccupare, anch’io mi
sono presa le mie belle distrazioni! – gli gettò
in faccia con livore.
Vedendolo
stupito, lo aggredì ancora di
più, alzando la voce:
-
Credevi forse che me la sarei messa
sotto naftalina in attesa delle grazie di sua signoria? Sono giovane,
caro mio,
e tu non la meriti di certo la mia fedeltà!
Massimo
non rispose, ma rimase un
momento a riflettere. Ricordava ancora quello che aveva provato
soltanto il
giorno prima quando il solo pensiero che Gabriele e Chiara avessero
potuto
avere una relazione lo aveva fatto impazzire di gelosia. Come in un
lampo intuì
il perché non gli importasse niente degli amori di Daniela.
-
Lo vedi? Questo non è amore. Non è
possibile che le nostre reciproche infedeltà debbano
lasciarci così
indifferenti. Se soltanto ci amassimo un po’ dovrebbero farci
sentire disperati
ed invece… - le disse calmo.
-
Ma di quale amore vai parlando!?
Amore? Tu? Tu sei
capace di amare solo
te stesso, figuriamoci una donna, anzi mi correggo, una soltanto ami:
quella
santa donna di tua madre!
Il
giovane a questo punto era davvero
infastidito anche perché
lei, come al
solito, stava perdendo il controllo.
Si
alzò per andarsene.
-
Bravo, vattene via – gli urlò dietro
la ragazza stizzita – e non farti vedere mai più!
Ti odio!
Massimo,
molto malinconico, le si
rivolse con sincerità.
-
Mi dispiace che sia dovuta finire
così, credimi!
Per
tutta risposta la sentì urlare:
-
Vattene via, stronzo!
Nel
dirlo gli aveva lanciato contro un
vasetto che solo per un pelo riuscì a schivare e che si
ruppe in mille pezzi
alle sue spalle mentre lasciava quella casa per sempre.
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Capitolo 29 *** 9 settembre - domenica ***
9
SETTEMBRE domenica
Caterina
bussò con discrezione ed entrò
solo quando senti il figlio dire “avanti”. Avrebbe
dovuto trovarlo a prepararsi
per la partenza della sera, ma la valigia era aperta sul letto con un
po’ di
cose dentro e lui stava fumando mentre guardava pensieroso il giardino
dalla
finestra aperta con ancora
addosso il
pantalone del pigiama e una canottiera.
Quando
si voltò a guardarla, gli lesse
subito l’inquietudine negli occhi di solito sempre
così chiari e luminosi. Quella
mattina al contrario sembravano quasi scuri tanto erano cupi.
Pensò: “Chissà
se questo suo aspetto così attraente
non sia stato piuttosto un danno. In fondo le ragazze se lo sono sempre
conteso
vedendolo più come una preda di cui vantarsi piuttosto che come un essere
umano con tutte
le sue debolezze da accettare ed amare. D’altronde lui,
data la facilità con
cui trovava compagnia femminile, non è mai maturato davvero.
I fratelli, alla
sua età, erano già sistemati e
tranquilli”.
-
Ti ho portato la biancheria pulita.
Dovresti mettere in valigia qualcosa di più pesante
però, si va incontro
all’autunno, oramai – gli disse invece senza far
trasparire i propri pensieri.
-
Giacomo mi ha detto che a Napoli fa
ancora caldo e poi faccio sempre in tempo a portarmi qualcosa quando
vengo il prossimo
week end – la rassicurò il figlio prendendole la
biancheria dalle mani -
Grazie, mi dispiace darti tanto fastidio - si
scusò.
-
Ma
quale fastidio! Ora che ve ne siete andati tutti e siamo
rimasti solo
papà ed io, non ho più quasi nulla da fare. E
poi, finché non ti trovi una
moglie, toccherà a me farlo, non è
così?
-
Allora ti toccherà ancora per molto.
Si
era espresso con un tono così malinconico
che Caterina ritenne di dover indagare sul perché di tanta
tristezza. Si
sedette sul letto e gli chiese, non senza una
certa timidezza:
-
Non hai fatto pace
con Daniela ieri? Perché è
con lei che sei uscito, no?
Massimo
le si sedette accanto e spense
la sigaretta in un posacenere sul comodino.
-
Sì, ma ieri ho trovato finalmente la
forza di lasciarla. Non potevo più continuare
così, le voglio molto bene, ma
lei merita molto più di quanto non possa darle io.
La
mamma sospirò.
-
Lo so, è una cara ragazza, ma in
realtà ho sempre pensato che non eravate fatti
l’uno per l’altra. Lei è
autoritaria e tu sei irascibile. Certe volte, nel sentirvi litigare per
niente, credevo che
vi sareste sbranati –
osservò. Subito, come se si fosse pentita di quella uscita,
battendosi le dita
sulle labbra come a volersi autopunire, aggiunse: - Boccaccia mia
statti zitta!
Così, se poi fate di nuovo pace, ci faccio la figura della
suocera acida.
-
No, non ti preoccupare – sorrise il
giovane rassicurandola – non c’è questo
pericolo. Te l’ho detto, finalmente è
finita.
-
Dovresti sentirti liberato allora,
perché stai così?
Lui,
con gli occhi bassi, non le
rispose.
-
È per quella ragazza di Napoli? – osò
chiedergli un po’ titubante avendo paura di innervosirlo.
Invece il figlio, sempre
tenendo gli occhi bassi, annuì.
-
Ma perché ha voluto troncare? Non me
l’hai mai detto. Forse davvero voleva solo divertirsi e basta?
-
No, in un primo momento ha finto che
fosse così, poi lo ha ammesso che è
perché vuole qualcosa di serio – le rispose
sottolineando con ironia la parola “serio”.
-
Serio in che senso?
-
Nel senso di fidanzamento e
matrimonio. Insomma tutti quegli impegni che ho sempre detestato. Ma
non è
tanto per questo, è il fatto che per il momento pensare
già a certe cose mi
sembrerebbe più una forzatura che altro.
-
E non hai capito perché lo vuole?
All’espressione
interrogativa apparsagli
sul viso, la mamma si spiegò meglio:
-
Sì, perché ci sono solo tre
spiegazioni per un simile desiderio: la prima è che sia una
di quelle ragazze
vanesie le quali desiderano il matrimonio per fare la festa, indossare
il
vestito di sartoria, farsi invidiare dalle amiche…
-
No, no, questo lo
escludo: è una ragazza così
semplice e schiva!
-
Allora la seconda ipotesi è che sia
scema. Solo una scema può pensare al matrimonio, oggi come
oggi, come a
qualcosa di stabile. Cavolo, voi giovani siete capaci di buttare tutto
all’aria
senza nemmeno pensarci due volte persino se ci sono dei figli!
-
Che ne so, forse
è davvero scema – sorrise lui, piuttosto
mesto.
-
La terza è che ha sofferto troppo ed
ha paura di soffrire ancora.
Questa
volta Massimo alzò gli occhi e
guardò la madre colpito dal suo formidabile intuito.
-
In effetti è uscita da poco da una
storia che deve averle tolto ogni stima in se stessa e negli uomini. E
poi è
molto fragile. Sai, ha perso entrambi i genitori in un incidente
stradale
quando aveva poco più di vent’anni – le
spiegò.
-
Povera figlia! – si commosse Caterina.
Però, sicura di aver imbroccato la strada giusta,
proseguì decisa - Tu
gliel’hai mai detto che l’ami?
-
Mamma, le dichiarazioni d’amore si
usavano all’epoca tua, oggi non ce n’è
più bisogno.
-
Davvero? Allora come fa a saperlo?
-
Dovrebbe intuirlo, non ti pare?
-
E da cosa? Dal
fatto che esci con lei e che ci vai a
letto?
Lui
non rispose.
-
Diglielo. Se davvero ti vuole bene
anche lei, vedrai che non ti chiederà di più,
almeno per ora. E dopo, e che
diamine, hai già 36 anni, non mi pare normale voler
continuare ancora a fare
solo il farfallone!
-
Già, perché a te invece sembra
normale che uno di quasi quarant’anni, con tutto quello che
c’è nel mondo:
fame, guerre, terrorismo, recessione economica, stia qui a confidare le
sue
pene d’amore alla mamma come se fosse un quindicenne
foruncoloso!
Lo
aveva detto sorridendo ed
accarezzandole i capelli grigi, ma la madre capì che quello
era il segnale che
le confidenze erano finite.
-
Certo, se può servire a fare un po’
di chiarezza in questa zucca vuota – scherzò e gli
batté le nocche sulla testa
– Anche a questo servono le brave mamme.
-
Non è vero, le brave mamme servono
solo a preparare i pranzetti saporiti ai figlioletti affamati
– le rispose.
Caterina
continuò sullo stesso tono:
-
Infatti, vedrai che belle tagliatelle al ragù
ti ha preparato mammina
tua!
**
Roberta
ed il marito l’avevano accolta
con il solito caloroso affetto. D’altronde le due ragazze
erano amiche sin
dall’infanzia perché anche i rispettivi genitori
si conoscevano sin dalla
giovinezza. In pratica erano cresciute insieme soprattutto dopo la
separazione
del padre e della madre di Roberta, avvenuta quando lei aveva appena
dodici
anni. Da allora aveva cominciato a passare interi periodi a casa loro
perché, benché
i genitori la viziassero moltissimo per farsi perdonare le continue
assenze, le
mancava molto una famiglia normale ed i
Corradini avevano
tanto affetto anche
per lei.
Più
tardi, prima che la tragedia la
colpisse, Chiara si era iscritta ad una scuola di restauro e l’aveva
raggiunta a Roma dove lei stava
frequentando una prestigiosa università privata. Avevano
vissuto da sole per un
periodo in un grazioso appartamentino
in centro messo a disposizione del padre di Roberta. Erano state
davvero bene
insieme, ma quando i genitori erano morti, lei era tornata a Napoli
mentre l’amica
aveva finito gli studi, era entrata
in una grande banca, aveva sposato Paolo e dopo qualche anno aveva
avuto anche
un bellissimo bambino.
Si
volevano bene e non si erano mai
perse di vista nonostante l’enorme differenza di carattere
che c’era
tra loro. Chiara
infatti era timida, indecisa, un
po’ nevrotica ma sempre grata dell’affetto degli
altri. Roberta invece era una persona
energica e sicura di sé a cui piaceva prendere a morsi la
vita e che si
riteneva in diritto di avere tutto quanto le piacesse.
Stavano
passando giornate serene in
compagnia ed il piccolo Andrea era il più felice di tutti
perché adorava la
“zia” Chiara. Quest’ultima aveva sperato
di poter trascorrere anche una
tranquilla domenica sera in casa a giocare con lui però
dovette rassegnarsi ad
andare ad una festa, cosa che già detestava moltissimo fare,
ma ancora di più ora
che non si era portata nemmeno un vestito adatto. Quello regalatole dal
cognato
e dalla sorella l’aveva lasciato a casa per non sciuparlo ed
in valigia aveva
messo soltanto l’abitino indossato ad Ischia che
già non era un granché, ma ora
aveva anche una bretella aggiustata alla meglio per il brusco
trattamento a cui
lo aveva sottoposto Massimo.
Quando
lo prese per indossarlo, il ricordo
improvviso di quella sera le fece sentire come una lingua di fuoco
dentro: come
avrebbe voluto essere con lui in quel momento piuttosto che andare ad
una
pallosissima festa dove non conosceva nessuno! Ma era ospite e doveva
rassegnarsi.
Le
sue più pessimistiche previsioni si
avverarono in pieno. Era un ambiente di gente molto su, ben vestita e
piena di
sé dove non si ritrovava affatto. Trascorse tre ore
sentendosi a disagio ed
annoiandosi a morte.
Dall’angolino
dove si era rifugiata
ebbe modo di osservare l’amica la quale faceva sfacciatamente
la civetta con un
uomo molto affascinante ma già piuttosto maturo. Si
meravigliò della cosa e
guardò Paolo. Lo vide con un bicchiere in mano
sforzarsi di fare conversazione con due signore
elegantissime, ma notò
il suo sguardo piuttosto torvo che non lasciava mai la moglie.
**
Appena
giunto in albergo
dall’aeroporto, Massimo aveva chiesto di Giacomo, ma gli
avevano riferito che
quest’ultimo non era ancora arrivato. Ci era rimasto un
po’ male perché non
erano ancora le undici e la prospettiva di andarsi a chiudere in camera
senza
poter scambiare quattro chiacchiere con nessuno lo seccava alquanto.
Comunque non
aveva altro da fare e così si ritirò.
Si
sentiva di cattivo umore, forse
perché era da troppo tempo che faceva quella vita. Oramai le
domeniche sera
erano un continuo viaggio in aereo ed un continuo ritrovare stanze
d’albergo
fredde e desolate. In fondo anche lui come Giacomo, cominciava ad essere stanco di tanto
squallore, ma il
vuoto che lo aspettava una volta finito quel lavoro, sarebbe stato
ancora più
penoso.
Davvero
a Napoli faceva ancora molto
caldo e dalla finestra aperta entrava solo un filo d’aria ed
il rumore delle
auto giù in strada.
Dopo
aver posato le sue cose, si sdraiò
sul letto a fumare. All’improvviso, seguendo uno dei suoi
soliti impulsi,
afferrò il telefono e compose il numero di casa di Chiara.
Mentre ascoltava gli
squilli, si chiedeva cosa mai avrebbe potuto dirle ed in cuor suo
arrivò a
sperare perfino che non rispondesse. Infatti non rispose. Nonostante
tutto,
abbassando il ricevitore, provò una strana delusione.
Avrebbe potuto chiamarla
anche sul cellulare, ma forse era uscita ed era in compagnia di
qualcuno, per
cui, se già era difficile parlarle per telefono, ancora di
più sarebbe stato
farlo al telefonino. Decise di desistere, tanto l’indomani
l‘avrebbe rivista, e
nel frattempo decidere cosa dirle.
-
“Per prima cosa le devo chiedere
scusa per come mi sono comportato l’altro giorno a
telefono” -
pensò girandosi e rigirandosi nel letto.
Detestava
questo suo modo di farsi
trascinare dalle emozioni, ma era stato sempre così, non
poteva farci niente.
Forse lei con il tempo avrebbe imparato a conoscerlo e ad accettarlo.
Sì, lo
avrebbe fatto: Chiara era una ragazza così buona! Non ne
aveva mai conosciuto
nessuna prima di lei che avesse la sua stessa dolcezza e quella grazia
incantevole.
Solo un breve periodo insieme a lei ed aveva provato cose che non
pensava potessero
esistere e che gli mancavano già.
Gli
veniva in mente quel giorno (erano
passati appena una ventina di giorni o era stato mille anni prima?) che
erano
andati al supermercato, avevano chiacchierato allegramente
mentre cucinava per lui, avevano cenato su
quel terrazzo
incantato ed infine avevano fatto meravigliosamente all’amore.
Uno
struggente rimpianto lo invase al
ricordo della donna che lo invitava a restare a dormire, accoccolandosi tenera tra
le sue braccia.
Quasi avvertiva ancora la sensazione del tepore del suo corpo, del
profumo
della sua pelle vellutata. Allora le aveva baciato il visino che nel
sonno
assomigliava a quello di una bimba ed aveva assaporato la
felicità, ora cercò
di immaginarla di nuovo tra le sue braccia e, stringendo il cuscino,
pian piano,
riuscì ad addormentarsi.
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Capitolo 30 *** 10 settembre - lunedì ***
10
SETTEMBRE lunedì
Avevano
trascorso buona parte della
giornata insieme perché Roberta aveva preso tre giorni di
ferie per stare con
lei.
Mentre
giravano per i bei negozi di via
Condotti, l’amica le parlava soprattutto delle sue
opportunità di carriera e
dell’alta considerazione in cui era tenuta dalla direzione.
Si informò anche
del lavoro di Chiara che le parlò della sua situazione di
disagio.
-
Non sei fatta per quel genere
d’impiego – commentò Roberta - il tuo
avvenire era nel campo dell’arte. Sei
stata una stupida a mollare, brava com’eri, saresti potuta
entrare all’Istituto
Superiore di Restauro. Ma tu, cara mia, lasciatelo dire, non hai
carattere, ti
fai condizionare troppo dagli altri e sei paurosa come una coniglia
– aggiunse
senza mezzi termini.
Il
paragone fece sorridere Chiara
perché in effetti si sentiva davvero timida e paurosa come
una coniglietta. Era
sempre stata così, non poteva farci niente.
Quando
la conversazione si spostò
sull’argomento sentimenti, raccontò brevemente
all’amica della relazione con
Massimo finita così male.
-
Oh certo, hai fatto bene a scappare e
che altro potevi fare? Un uomo bello, affascinante, con un lavoro ad un
certo
livello, meglio starne alla larga! – la canzonò
l’altra - Che
potevi offrirgli tu, giusto una parmigiana
di melanzane ed un film in home video, mica ti potevi sforzare di
cambiare un
pochino! Lo vedi che sei una senza un briciolo di coraggio? –
la rimproverò.
Stava
scherzando, ma Chiara rimase un
po’ dispiaciuta da quelle parole. Davvero agli occhi degli
altri era una
persona così insignificante? Probabilmente lo era, anche se
lo stesso c’era
stato qualcuno ad essersi innamorato di lei. Ma di certo non uno come
Massimo,
su questo Roberta aveva ragione.
-
Dimmi – chiese a sua volta cambiando
argomento – chi è quel signore di ieri sera?
Dio mio come ci facevi la civetta! Non ti vergognavi
davanti a tuo
marito?
-
Sarebbe lui a doversi vergognare – le
disse l’amica incupendosi – ha avuto
un’avventura con una segretaria
ed ha avuto pure il coraggio di venirmelo a
raccontare per chiedermi
perdono!
-
No, non è possibile, mi dispiace
tanto!
Chiara
c’era rimasta male e rimase
zitta qualche momento a riflettere. Accanto a lei Roberta faceva
l’indifferente
ma lei intuì che stava soffrendo.
-
Ma se te l’ha detto vuol dire che
deve essere pentito, non ti sembra? – provò ad
incoraggiarla.
-
Pentito? Ci penso io a farlo pentire!
-
E come, facendolo ingelosire a
tua volta con uno che ha almeno vent’anni
più di te?
-
Se lo vuoi sapere questo qualcuno è
molto più dolce, simpatico, premuroso ed attento di Paolo. E
poi mi piace molto
anche fisicamente, forse tra poco gli cederò.
Lo
aveva detto ridendo con un’aria di
complicità come a voler cercare l’appoggio di
Chiara, ma quest’ultima la
sgridò:
-
Roberta, smettila! Ci credo che ti
senti ferita, ma
pensare di buttare via
il tuo matrimonio è una sciocchezza.
L’altra
le rispose piccata.
-
Davvero? Non ho forse anch’io il
diritto di essere amata? Per mio marito oramai sono solo un elemento di
arredo
della casa!
-
Ma Paolo ti ama, ne sono sicura...
-
Ah,
se è per questo avessi dovuto vederlo come si
cospargeva il capo di
cenere: “ti amo di qui, ti amo di là, sei la donna
della mia vita, senza di te
non sono più niente, scusami, non succederà mai
più!”. Che ipocrita! Aveva solo
una fifa blu che volessi lasciarlo. Ma se lo faccio, lo giuro, lo
riduco sul
lastrico. Ne ho già parlato con il mio avvocato.
-
Non fare stupidaggini, pensaci.
-
Smettila di fare il grillo parlante,
cosa ne vuoi sapere tu? Sei così arrendevole che
accetteresti di farti mettere
sotto ai piedi pur di trovare un uomo disposto a sposarti. Il
matrimonio non è
tutto nella vita, cara mia.
-
Il matrimonio no, ma l’amore sì.
Bisogna difenderlo ogni giorno, tenerlo come una cosa preziosa che
nessuno deve
portarti via. Quando si soffre pare non valga la pena di lottare, ma
pensa a
come deve essere bello se si riesce ad andare avanti in due e ad
invecchiare
insieme.
Roberta
la fissò come se stesse
guardando un’aliena.
-
Tu devi essere proprio fuori di
zucca. Questi sono sogni, la realtà è ben diversa
– le disse, poi aggiunse
acida – Ma anche se adesso fai la
signorina-tutta-buoni-sentimenti te la sei
scordata la tua storia con Marco? Che c’è, sua
moglie non aveva il diritto di
invecchiarci insieme?
-
Adesso sei cattiva! Lui mi faceva
credere di essere davvero infelice con lei ed io mi sentivo quasi come
un’eroina a ridargli la gioia di vivere. Quando ho finalmente
capito che io e la
moglie eravamo entrambe vittime
della sua ambiguità, non ho avuto più nessun
dubbio e non ne avrò mai più in
vita mia. Se avrò la fortuna di avere un altro uomo, voglio
una cosa limpida e
pulita. Io cercherò di amarlo per sempre, con tutte le mie
forze e spero che
lui sia disposto a ricambiarmi.
-
Scusami, non volevo offenderti, lo so
che sei una brava ragazza e non sempre la vita è quella che
avremmo voluto.
Roberta
sembrava davvero mortificata e
le strinse un braccio con
grande
affetto.
Intanto
erano arrivate davanti
all’asilo del piccolo Andrea, il quale, abituato a trovare la
cameriera, nello
scorgere la mamma le si gettò tra le braccia, molto felice.
Lei se lo strinse
al petto con amore, riempiendolo di baci.
Chiara,
pur rischiando di sembrare
inopportuna, continuò:
-
E a lui non ci pensi? Non ti ricordi
quello che hai sofferto tu quando i tuoi si sono separati?
-
Sono cresciuta benissimo lo stesso!
-
Non mi pare. Dovresti
cercare di essere un po’ meno
egoista. In fondo tuo marito ha sbagliato, è vero, ma in
amore si può anche
perdonare.
-
Chiara, fammi il piacere, finiscila.
Adesso stai cominciando a darmi sui nervi con le tue prediche. Lasciami
vivere
la mia vita!
**
Benché
ci fosse rimasto molto male di
dover andare a Salerno per finire le ispezioni ancora in programma e di
non
poter quindi passare
in ufficio per
rivedere finalmente Chiara, Massimo cercò di controllare il
suo disappunto e
non farlo intuire a Giacomo. Quest’ultimo guidava tranquillo - erano andati con la sua
Mercedes – e
sembrava di ottimo umore, tutto il contrario del collega il quale se ne
stava
torvo e silenzioso come non mai.
-
Si può sapere che hai? – sbottò
infine l’amico mentre imboccava il casello autostradale.
-
Stamattina saremmo dovuti passare da
Raimondi per vedere cosa hanno organizzato per il congresso e non
perdere tempo
in queste ispezioni inutili - gli rispose.
-
Non perdiamo tempo, prima del 20
dobbiamo finirle, lo sai. Da Raimondi poi ci sono stato
venerdì.
-
Ah sì? E a che punto sono?
-
Non lo so, non c’era e non gli ho
potuto parlare – gli sorrise facendo lo spiritoso.
-
Giacomo, sei scemo o mi prendi in
giro? – si stizzì Massimo.
L’altro
si risentì un poco.
- Che pretendi da me! Non
posso fare tutto io,
è caduto tutto sulle mie spalle mentre tu te ne stavi
beatamente in ferie…
-
Ferie!? – questa volta Massimo era davvero
arrabbiato e lo fece trapelare dalla voce
– Io le ho sospese le ferie e sono stato a
Milano a concordare con la
Formazione gli interventi da tenere. Che c’è, fai
finta di non saperlo?
-
Va bene, hai ragione. Comunque per
quanto ci riguarda siamo già a buon punto, il resto non
è problema nostro. A
proposito, hai saputo chi ci mandano per collaborare con noi?
-
Sì, Gabriele Cerutti.
-
Cazzo! – commentò l’altro e con una
risatina divertita diede un colpetto con il pugno sul volante.
-
Mi dici perché la cosa ti diverte
tanto? – gli chiese, irritato
da un
sospetto.
-
No, è perché tra tutti i formatori
dovevano mandare proprio quello che con la tua Chiara…
Non
gli diede neanche il tempo di
finire e gli urlò contro:
-
Non mi interessa un tubo di questa
cosa! Accidenti, pare che sia quasi un affare nazionale, non fate altro
che
parlarne tutti.
-
Lo sapevi? E allora
perché t’inalberi tanto se non
t’interessa?
-
Perché in questa maledetta azienda si
è privi di avere una dannata vita personale che subito tutti
si sentono in
dovere di sparlare di te. E che diamine, non se ne può
più!
Rimasero
in silenzio per un po’ poi
Massimo si accese una sigaretta e ne offrì una a Giacomo
voltandosi verso di
lui per fargliela accendere. Si era un po’ calmato ed in
effetti non resisteva
alla voglia di sapere. Gli chiese:
-
A te chi l’ha detto?
“Lo
vedi che t’interessa!?”
pensò divertito l’amico, ma si
guardò bene
dall’esprimere il suo pensiero ad alta voce perché
lo aveva visto incazzato
come un toro e così gli disse solo:
-
Rossana. Mi ha detto sperava fosse
lui a venire a Napoli perché magari Chiara questa volta si
sarebbe convinta ad
accettarne la corte. Mi ha dato l’impressione che questo
Gabriele l’abbia
colpita molto, quasi quasi se lo sarebbe sposato lei se non avesse
già
avuto marito e due
figli. Invece pare
che la tua amica, pardon, la nostra amica, non ne abbia proprio voluto
sapere.
Puoi star tranquillo, sono fonti sicure, gossip di prima scelta!
– cercò di
buttarla sullo scherzo ma lo sguardo truce di Massimo lo convinse a
desistere
ed a cambiare argomento non senza aver pensato
ancora con muta ironia “Non gli interessa,
sì, non gli interessa proprio!”
**
Lavorarono
sodo tutto il giorno e la
sera, tornati a Napoli, Massimo provò molte volte a
telefonare a Chiara senza
però ottenere risposta. Alla fine, poiché ancora non
voleva chiamarla sul
cellulare ed aveva preso appuntamento per andare come di consueto a
cenare
insieme a Giacomo, fu costretto a scendere nella hall, ripromettendosi
di riprovare
più tardi.
Alle
nove però l’amico non si era
ancora visto. Massimo chiese al portiere di chiamarlo in camera,
però il
telefono risultava sempre occupato. Quando si
decise a scendere, aveva un aspetto
talmente strano che non poté fare a meno di chiedergli:
-
Ehi, cosa ti prende? Sembri tutto stralunato.
-
Ho finito adesso di parlare con
Donatella e… ci siamo riusciti: aspetta un altro bambino!
-
Complimenti! – gli disse
molto contento per lui – Allora stasera si
festeggia, andiamo in un bel ristorante.
Durante
tutta la cena Giacomo, che non
stava più nei panni, gli parlò del loro desiderio
di dare un fratellino a
Luisa e
l’impegno profuso negli ultimi
tempi per mettere in cantiere il desiderato bebè.
Naturalmente a tal proposito
si beccò
gli sfottò dell’amico.
-
Credi sia facile mettere incinta tua
moglie quando la vedi solo due giorni a settimana? –
protestò lui - E poi, magari
fossero davvero due! E una sera ha le
mestruazioni e un’altra
la bambina non
dorme e un’ altra ancora c’è la suocera
venuta a trovarci e che potrebbe
sentirci. Basta, non ne posso più di questa vita, non vedo
l’ora che venga
dicembre così finiamo e me ne torno a Milano! Oramai ho quasi
terminato di pagare
la casa e poi sai cosa ti dico? Questa seconda paternità me la voglio gustare, non
come ho dovuto fare
con la piccolina che è cresciuta quasi senza di me. Voglio
cominciare a godermi
il secondo bambino da
quando sta ancora
nella pancia di Donatella. Quando nasce gli voglio fare il bagnetto,
cambiargli
i pannolini, dargli le poppate…
-
Oh mamma e che prospettive hai! Non
mi sembra ci sia tanto da stare allegri – commentò
Massimo, divertito.
L’amico
si fece serio.
-
Sai, – gli disse – per un periodo ti
ho anche invidiato. Tu sei il classico “campatore”,
quello che si gode la
vita, ogni giorno
una donna nuova, cene,
incontri eccitanti, l’emozione della prima volta…
però poi ho capito che in
fondo non è mica tanto bello vivere come fai tu. Non ti
rilassi mai, devi
sempre stare sul chi va là per afferrare una donna, non
è la stessa cosa come
averne una solo per te, che ti vuole bene anche se hai il raffreddore o
te ne
vuoi stare in pigiama a guardare la partita. E poi, dopo tanti anni, a
te cosa
rimarrà? Un’accozzaglia di ragazze di cui non ti
ricorderai più nemmeno il viso
e che si dimenticheranno presto di te. Io perlomeno avrò dei
figli e avrò
lasciato qualcosa del mio passaggio su questa terra.
Massimo
alzò gli occhi dalla sua
bistecca e lo fissò. Era assai malinconico.
-
Hai ragione, - ammise con sincerità -
ma non è
stata solo colpa mia. Tante
volte ho desiderato anch’io qualcosa di più
solido. Con Daniela
credevo quasi di esserci riuscito,
ma poi anche con lei è stato un vero disastro.
-
Forse non era quella giusta per te.
Vedi, non è che funzioni con tutte, sta a te cercare la
persona adatta. Però se
ti guardi meglio intorno ti accorgerai che qualcuna che fa al caso tuo
forse c’è
anche adesso…
Aveva
fatto quell’aperta allusione perché
aveva capito che con Chiara la cosa era diversa. Non aveva saputo
trattenersi
dal dirlo all’amico, anche se avrebbe dovuto farsi gli affari
suoi.
Massimo
non commentò, non gli andava di fare
confidenze, eppure sapeva bene che
Giacomo aveva ragione e che si sarebbe dovuto dar da fare prima che un
Gabriele
qualsiasi gliela portasse via.
**
Chiara
si girava e si rigirava nel
letto incapace di prendere sonno dopo il colloquio della mattina con
l’amica
che l’aveva assai turbata.
-
“In realtà – si diceva – anche
se
sembro una miserabile nei confronti di Roberta, io sono molto
più fortunata di
lei perché mi so accontentare delle piccole cose. Non ho
bisogno di ricchezze o
di un lavoro importante, a me basta fare un bel bagno profumato,
leggere un
libro, stare con gli amici e sono felice.
Lo so che in queste cose non ci si può mai fare
maestri, ma se avessi
anch’io una famiglia non potrei desiderare nulla di
più, ne sono certa. Quello
che vorrei sarebbe un figlio da amare ed
un uomo con cui poter condividere le piccole cose di ogni
giorno: una
bella vacanza, un giretto in un museo, un buon pranzetto e
perché no, anche
l’amore fisico. È inutile negare che anche la vita
sessuale è importante e non
c’è nulla di più meraviglioso che fare
all’amore con la persona giusta.
Massimo! - si disse a questo punto – Massimo, amore, la
verità è che vorrei
te!”
Uno
struggente rimpianto la invase al
ricordo di quella sera (erano
passati
appena una ventina di giorni o mille anni?) in cui gli aveva chiesto di
restare
a dormire con lei e gli si era accoccolata tra le braccia. Ancora le
sembrava
di percepire il tepore del suo corpo, di risentirne il gradevole
profumo.
Allora si era abbandonata al sonno ed alle sue carezze immersa in un
mare di
felicità, ora immaginò di essere di nuovo tra
quelle braccia e stringendo il
cuscino, pian piano, riuscì ad addormentarsi.
Beh,
insomma, questi due
poveri ragazzi che stanno patendo
le pene dell’inferno per le loro assurde
prese di posizione stanno
cominciando a far pena persino a me che li ho inventati, (soprattutto
quando si
addormentano con lo stesso ricordo)! Quasi quasi mi è venuta
la tentazione di
farli incontrare in qualche modo per farli chiarire. Ma poi ho pensato
che così
il finale sarebbe stato molto meno originale di quello che ho
escogitato ed
inoltre, concludendo, mi sarei già privata del piacere
immenso che mi danno
questi appuntamenti serali con le miei lettrici ed i loro commenti.
Allora che
ne dite, li
facciamo cuocere nel loro
brodo ancora qualche giorno?
|
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Capitolo 31 *** 11 settembre - martedì ***
Sì,
in effetti Roberta è stata
abbastanza arrogante e dura con Chiara, d’altronde ve
l’avevo detto che è “una
persona a cui piace prendere a morsi la vita”, assai diversa
dall’amica. Però
le vuole bene ed a modo suo cerca di farle capire i suoi errori ed
invogliarla
a cambiare, così come cercano di fare anche Cristina e
Federica. In realtà
anche se le vogliamo bene pure noi (perché gliene vogliamo,
no?) Chiara ha
sbagliato ad allontanare in quel modo Massimo dando per scontato che
volesse
solo giocare un po’. In realtà lui, rispetto alla
ragazza, è quello che fino ad
ora ha fatto più passi avanti nel modificare il proprio modo
di vedere le cose.
E poi anche lui ha
molto bisogno di affetto
e a chi lo sa osservare bene, questo non sfugge. Parlo di Caterina, di
Giacomo
e di … no basta! Leggete un po’ e
saprete…
11
SETTEMBRE martedì
Massimo
era andato a Salerno con la sua
macchina in modo da potersene tornare prima senza dover aspettare il
collega.
Tornando a Napoli si era preparato la strategia da adottare. Avrebbe
prima
incontrato Raimondi e poi, un po’ prima dell’orario
di uscita, sarebbe passato
da Chiara facendo in modo da riaccompagnarla a casa. Così,
senza suscitare
curiosità inopportune, avrebbe potuto parlarle.
Come
aveva programmato, si intrattenne
con il capo dell’Amministrazione per il quale provava sempre
meno stima sia a
livello umano che professionale poi finalmente
fu libero di entrare nella stanza delle tre ragazze dove
però trovò
soltanto Rossana che ancora non conosceva bene. Si
sedette di fronte a lei e la salutò con
cortesia:
-
Buonasera signora.
-
Buonasera ispettore.
-
Senta, con le sue colleghe mi do del
tu, posso farlo anche con lei?
-
Certo, con piacere – gli rispose la
donna con un sorriso sul viso vivace e simpatico.
-
A proposito, dove sono? – le chiese
con fare indifferente.
-
Chiara è in ferie, mentre Federica ha
avuto un calo ipoglicemico e sarà al distributore automatico
ad abbuffarsi di
merendine.
-
In ferie? Con tutto il lavoro che
avete in questo momento il
capo le ha
concesso delle ferie? – commentò ignorando la
risposta su Federica.
-
“Che vuole questo?” – ragionò
Rossana.
Anche se aveva il sorriso accattivante era pur sempre un ispettore. E
se andava
dal ”pazzo” a chiedergli conto del
perché mandasse in ferie il personale
proprio in quel momento in cui erano tanto impegnati?
-
Solo qualche giorno – si affrettò a
precisare cercando di non far trasparire i propri dubbi -
giovedì sarà già qui.
Anzi – aggiunse per cambiare
argomento –
a proposito di giovedì, ho saputo che anche tu e Giacomo
siete stati invitati
alla cena di Dario. Noi abbiamo pensato di fargli un regalo tutti
insieme.
Volete partecipate con noi?
-
Oh sì, grazie! – le rispose
l’uomo facendo il gesto di prendere il
portafoglio, ma lei
lo fermò.
-
No, aspetta, è Chiara che si è presa
l’incarico di comprarlo. Non so ancora quanto sarà
la quota, te lo farai dire
da lei quando torna.
Rimasero
ancora un po’ a conversare poi
Massimo le propose di andare a prendere anche loro un caffè
al distributore.
-
No, grazie, mi piacerebbe, ma sono a
dieta.
-
Anche tu come Chiara? Insomma è una
fissa la vostra!
-
Magari! Però io non arrivo a quei
livelli, ti assicuro, mi faccio tentare molto di più.
-
Meno male perché i livelli di Chiara
a volte sono patologici – commentò lui di rimando dimostrando di conoscere
bene la collega.
**
Davanti
alla macchinetta Federica si
stava ingozzando di merendine.
Massimo
la salutò con un sorriso.
-
Fame
a quest’ora, eh?
-
Hummmm! – gli rispose lei con la
bocca piena.
-
Lo vuoi un caffè? – le chiese mentre
cercava i soldi in tasca.
-
Sì, grazie. Ho finito gli spiccioli –
accettò la ragazza.
Massimo
le sorrise ancora e mentre
inseriva le monete nella macchinetta, le chiese, tutto candido:
-
Dov’è andata?
Federica
rimase un attimo interdetta:
si stava certamente riferendo a Chiara e lo faceva come dando per
scontato che lei
fosse a conoscenza della loro storia. Forse l’amica gli aveva
detto che sapeva
tutto. Per un
attimo fu tentata di fare
lo gnorri e rispondergli: “ma chi?” però
quando lui si girò per porgerle il
bicchierino di caffè, fu colpita da quel viso
così bello sul quale si leggeva
un’apprensione che poteva essere dettata solo da un forte
interesse.
-
“Forse le vuole bene anche lui, –
pensò – forse non è tutto
perduto”.
Così
gli disse:
-
È andata a Roma, da amici.
-
Ah sì, certo, quelli della casa! –
commentò
il giovane poi aggiunse, senza nemmeno tentare di nascondere il suo
affetto – Ma come sta? Sta bene?
Federica
capì cosa volesse significare
quella domanda: le stava chiedendo quasi di svelargli, lei che era la
sua
migliore amica, quali erano i veri sentimenti della ragazza. Questo
però se lo
poteva scordare.
-
Certo, sta benone - si limitò a
rispondergli.
-
Io starò fuori domani e dopodomani,
ma giovedì verrò alla cena di Dario. Sai se ci
sarà?
-
Dovrà esserci per forza: deve portare
il regalo. Ma perché ti interessa tanto? - decise di passare
al contrattacco
nella speranza che fosse il giovane a rivelarle qualcosa.
Lui
invece si mantenne sul generico.
-
Niente, mi fa piacere rivederla – le
disse.
Aveva
parlato con gli
occhi bassi, le lunghe ciglia che ne
nascondevano l’azzurro, ma poi li alzò e la
fissò con
uno sguardo intenso.
-
“Povera amica mia! – pensò la ragazza
– Come si fa a non squagliare quando uno ti guarda
così?”
E
lo pensò in tutta sincerità,
dimenticandosi che
in quel momento chi
si sentiva di squagliare era proprio lei.
**
Per
quel pomeriggio era in programma
una gita da farsi tutti insieme lei, Roberta, Paolo ed il piccolo
Andrea.
Avevano deciso di andare alla casa al mare a Santa Marinella e di
restare a
dormire lì in modo da poter passare la mattinata
dell’indomani a prendere un
po’ di sole. Era stato tutto programmato, ma verso le tre,
mentre aspettavano
che Paolo venisse a prenderle, Roberta ricevette una telefonata dalla
banca
dove lavorava. C’era un pezzo grosso della Direzione Centrale
in visita a Roma che
avrebbe incontrato tutti i funzionari. La ragazza non se la
sentì di rinunciare
ad una simile possibilità di farsi conoscere e
scappò via senza avere nessuna
esitazione a buttare all’aria i loro progetti.
-
Mentre sono per strada telefono a
Paolo e glielo dico. Intanto tu fammi il piacere, chiama la baby-sitter
per
Andrea perché le avevo dato due giorni di libertà
– disse a Chiara mentre si
vestiva e si truccava in tutta fretta.
-
Non c’è nessun bisogno di chiamarla,
starò io con Andrea – obiettò
l’altra.
-
Non devi sacrificarti!
-
Nessun sacrificio, mi fa piacere.
Se ti preoccupi a
lasciarmelo, ti
assicuro che puoi star tranquilla perché
sono abituata a tenere quelle quattro pesti dei miei nipotini e
figurati se mi
fa paura tenere un tesoruccio come questo!
Nel
dirlo aveva dato un affettuoso
pizzicotto sul faccino grassottello del bimbo che le stava accanto.
Infatti
trascorsero un pomeriggio
piacevolissimo, disegnarono, lessero le favole e guardarono un film a cartoni animati. In
verità Chiara adorava i
bambini perché si sentiva un po’ debole ed
insicura come loro e i bambini adoravano
lei perché la percepivano più come
un’amichetta che
non come un’adulta.
Sopra
ogni cosa le era sempre mancato
un figlio, ne aveva un desiderio così intenso che a volte
era diventato quasi
una pena. Più volte, durante i lunghi anni della sua
relazione con Marco, aveva
pensato di farsi mettere incinta senza neanche farglielo sapere. Tutto
sommato
avrebbe potuto benissimo crescerlo da sola ed era sicura che anche
Cristina e
Riccardo, nonostante il carattere burbero di quest’ultimo,
alla fine, davanti
ad un nipotino, avrebbero finito per darle una mano. Ma non era il tipo
capace
di seguire gli impulsi e nei suoi ripetuti ragionamenti era arrivata a
convincersi che mettere al mondo un figlio nelle sue condizioni sarebbe
stato
solo un atto di estremo egoismo perché un bambino ha bisogno
anche della figura
paterna e lei, allora come ora, non avrebbe potuto dargliela.
Così si era
rassegnata a voler bene ai bambini della sorella come se fossero stati
i suoi
anche se, nel profondo del cuore,
non
aveva ancora perduto la speranza di realizzare in futuro il suo
desiderio.
Paolo
ritornò verso le otto e non aveva
un aspetto molto lieto. Dopo aver atteso un po’ che la moglie
tornasse, ordinò
alla cameriera di portare in tavola perché era
già passata l’ora di cena.
Mangiarono
in silenzio tutti e tre
insieme, ma Andrea fece i capricci perché non gradiva il
minestrone. Il padre,
molto nervoso, si mise ad urlare con il risultato di farlo piangere.
Per
fortuna Chiara riuscì a calmarlo e a fargli mangiare almeno
un po’ di carne
dopodiché lo portò a letto.
Ritornata
in sala, trovò Paolo seduto
in poltrona con un bicchiere di brandy in mano.
-
Ne vuoi? – le chiese ed al suo
rifiuto, aggiunse –
Mi dispiace, ho
notato che hai mangiato molto poco.
-
Ho spesso mal di stomaco in questo
periodo.
-
Di’ la verità, anche tu come il
piccino hai trovato disgustosa quella sbobba indegna che ci ha
propinato
Angelina! – sorrise beffardo – Ma questo passa il
convento, mia cara, e mia
moglie è una donna troppo impegnata per controllare cosa si
prepara in cucina.
Anzi è troppo impegnata per tutti noi. Avesse almeno
telefonato quella
disgraziata per dire che non veniva neanche a cena! –
aggiunse amaro.
-
Aveva un incontro importante oggi.
-
Importante!? – gridò lui esasperato –
Doveva mettersi in mostra, questo doveva fare,
te lo dico io!
-
Sei molto ingiusto. Roberta deve
darsi da fare per rimanere a galla in un ambiente di lavoro
così maschilista.
-
Appunto, ti sei mai chiesta perché lo
fa? Non certo per il denaro, solo per farsi ammirare e fare la civetta, se non di peggio.
-
No, guarda, non lo sopporto proprio
che tu dica così – lo rimproverò Chiara
con severità – quella povera ragazza ha
studiato tanti anni ed ha lavorato sodo per arrivare
dov’è ed adesso dovrebbe
rinunciare a tutto solo perché tu ti metti a fare il geloso?
E poi, scusami,
non mi pare proprio che tu ne abbia il diritto – si
lasciò scappare.
Paolo la guardò e
le chiese, mortificato:
-
Te l’ha detto?
-
Tu che pensi?- gli domandò ironica - Certo
che me l’ha detto, sono sua amica! A
dirti il vero ho trovato disgustoso quello che le hai fatto.
L’uomo
non rispose nulla, ma stette a
fissare il bicchiere pieno di liquore, molto malinconico. Dopo un
po’, con la
voce bassa, le spiegò:
-
Mi credi se ti dico che me ne sono
pentito già mentre stavo con quella? Io amo Roberta, te lo
giuro, l’amo da
impazzire.
-
Sì, come fate voialtri uomini: amate
una donna e scopate con un’altra! – gli
rinfacciò Chiara con un tono sprezzante.
-
No, te lo giuro, mi sarei ucciso dalla
vergogna. Non lo so cosa mi è preso, ero così
depresso in quel periodo, avevo
bisogno di qualcuna che mi facesse sentire importante, unico.
-
La solita scusa!
-
Ti giuro, è la verità. Per Roberta io
vengo sempre dopo tutto, dopo il figlio, dopo il lavoro, dopo la vita
sociale.
Non riusciamo più a parlare né a capirci, siamo
solo due estranei che abitano
sotto lo stesso tetto e talvolta
s’incrociano al momento dei pasti.
-
Strano, lei mi ha detto la stessa
cosa di te e cioè che tu la consideri solo un elemento di
arredo.
-
Non è vero, io le voglio bene, è
stata lei a respingermi. Persino a letto non mi vuole più e
questo già da prima
che mi capitasse quella cosa. Non sai quanto ne ho sofferto!
Chiara
rimase un attimo esitante perché
aveva paura di rimettersi a fare “il grillo
parlante” come le aveva detto l’amica,
ma poi fu più forte di lei.
-
Sai cosa penso? Dovreste cercare di
uscire un po’ insieme.
-
Se è per questo lo facciamo ogni
sabato ed a volte anche la domenica – sogghignò
ironico Paolo.
-
Sì ma per andare dove? A feste
pallosissime come quella dell’altra sera dove sembrate due
baccalà in mezzo a
tanti stoccafissi!
Lui
la guardò stupito ma la ragazza continuò:
-
Cercate di stare un po’ voi da due
soli, andate a farvi una passeggiata, che so, a mangiare una pizza,
come quando
eravate fidanzati e stavate ore ed ore a parlare e a baciarvi
giù in macchina
sotto casa, tanto che io, impietosita, ero costretta ad andarmene a
passeggio
per togliermi dai piedi e farvi salire su a fare all’amore.
Non te lo ricordi?
Paolo
sorrise, ma con molta amarezza.
– È
passato tanto tempo d’allora, ora siamo
diversi.
-
No, siete sempre gli stessi, però
avete perduto la voglia di giocare, di cercarvi. Secondo me state
cominciando a
prendervi troppo sul serio, fate troppo i signori impegnati con il
lavoro, la
vita di società, la servitù. E che cavolo,
provate un po’ ad essere più
spontanei! Sono sicura che la voglia di stare insieme vi tornerebbe.
-
Roberta non lo vorrà mai.
-
Comincia tu, allora. Fai la prima
mossa. Provaci. Sono sicura che ti vuole bene altrimenti avrebbe
reagito con
indifferenza al tuo tradimento.
-
Si è sentita solo umiliata nel suo
orgoglio.
-
E non ti sembra legittimo? Ora falle
sentire quanto l’ami e non solo a parole.
La
loro conversazione fu interrotta
dallo squillo del telefono. Roberta si stava ricordando solo in quel
momento di
avvisare il marito che non sarebbe andata a cena…
Nel
vederlo adirato, Chiara lo salutò con
la mano e si ritirò nella sua stanza con la scusa di
mettersi a leggere.
**
Fu
svegliata dalle grida provenienti
dalla camera di Roberta e Paolo. Si era addormentata con il libro in
mano e guardando
l’orologio si avvide che erano quasi le due. Per discrezione
spense la luce in
modo da non mostrare di essere ancora sveglia e che poteva sentire il
loro
litigio. Stette così per un poco quando la porta della
stanza si aprì ed in
controluce si stagliò la sagoma di Andrea. Aveva il
pigiamino, i piedini
nudi e sotto il
braccio reggeva il suo
orsacchiotto. Con la voce di pianto le disse solo: “Zia
Chiala”,
storpiandole il nome. La ragazza si
precipitò a prenderlo
in braccio. Lo portò accanto a sé
sul letto e lo accarezzò.
- Che
c’è piccino, che c’è?
– gli chiese.
Era
chiaro che aveva sentito il
terribile alterco tra i genitori e ne aveva avuto paura.
Con
dolcezza provò a distrarlo
promettendogli tante belle cose da fare insieme l’indomani e
gli cantò anche
qualche filastrocca con la sua vocina dolce ed intonata. Alla fine
riuscì a
farlo riaddormentare, anche perché, dopo che si era sentita
sbattere la porta
d’ingresso alle spalle di qualcuno, le voci adirate si erano zittite.
Aspettò ancora un po’, poi prese in
braccio Andrea per riportarlo in camera sua. Cercò di fare
pianissimo, ma nel
corridoio incontrò Roberta la quale indicando il bambino le
chiese con una voce
strana:
-
Perché è con
te?
-
Vi ha sentito urlare, si è spaventato
ed è venuto in camera mia.
-
Dammelo, dammelo – le intimò la madre
e prendendo in braccio, lo riempì di baci, sussurrandogli
sconvolta:
-
Amore, amore mio, se non avessi te,
sei la mia unica gioia!
Il
figlio, pur mezzo addormentato, si
strinse a lei come un cucciolo, tutto rasserenato.
Chiara
se ne andò in cucina ed iniziò a
prepararsi una camomilla.
-
Ne vuoi un po’ anche tu? – chiese
all’amica quando questa la raggiunse, ma lei, senza neanche
risponderle, si
accasciò su una sedia e scoppiò in lacrime.
Doveva
stare soffrendo molto perché Roberta
era un tipo forte che non si abbandonava mai al pianto, contrariamente
a lei
che come diceva spesso la sua povera mamma “aveva sempre le
lacrime attaccate
con gli spilli”.
-
Sono stata impegnata per lavoro e
quello ha osato dirmi che non era vero, che mi sono vista con il mio
amante.
Hai capito che razza di stronzo? – le confidò tra
le lacrime.
-
Sei stata tu a farlo ingelosire ed in
amore questa non è mai una strategia vincente.
-
Che fai? Ricominci a sputare
sentenze? Proprio non sopporto più prediche da te, non hai
nessun titolo per
farmele.
Chiara,
sempre così mansueta, questa
volta si incollerì.
-
Hai ragione, non ne ho – le disse – ma qui stiamo
parlando di te, sei
tu quella che sta buttando tutto a rotoli,
non io. Stasera ho parlato con tuo marito e ho avuto la conferma che ti
ama
sempre.
-
E cosa dovrei fare secondo te,
perdonarlo? – le rispose irritata e sarcastica.
-
Almeno cerca di capire perché è
arrivato al punto di andare con un’altra. Qualche colpa da
parte tua ci deve
pur essere se ha fatto una cosa che in dieci anni e più che
vi conoscete non
aveva mai fatto.
-
Ah
ecco, adesso sono io ad avere la colpa!
Bell’amica sei. Ma già, tu agli
uomini credi sempre, basta che ti facciano un po’ gli occhi
dolci e ti
sdilinquisci tutta. Io non sono come te, io domani vado
dall’avvocato e chiedo
la separazione.
-
Per favore, non fare sciocchezze, ti
prego. Adesso sei ferita, ma il tuo rancore non servirà ad altro che a farla
incancrenire questa ferita.
Parlate, chiaritevi, può darsi addirittura che la crisi di
oggi possa far
crescere il vostro rapporto e farvi stare meglio insieme.
-
È inutile, è meglio non parlare con
te, sai solo essere
retorica!
Chiara
se ne stette zitta, tutta
mortificata. Forse aveva sbagliato a parlare,
in fondo non aveva nessun diritto di dare consigli, lei
che non sapeva
nemmeno gestire la sua di vita sentimentale!
-
Va bene, hai ragione – si scusò porgendole
la tazza con la camomilla – fai come vuoi. Ricordati solo che
qualsiasi
decisione tu prenda io ti sarò sempre vicina.
Dopo,
cambiando argomento e con un
sorriso dolce le chiese:
- Senti, domani ho promesso
ad Andrea di
andarlo a prendere all’asilo e portarlo a mangiare un panino
e poi al cinema.
Ce lo dai il permesso, signora mamma?
Roberta
si pentì di averla trattata
così male a causa di quell’assurdo senso di
superiorità nutrito sin da bambina
nei confronti dell’altra, invece così dolce,
riflessiva e saggia. Le fece una
carezza sorridendole di
rimando.
- Perdonami Chiara, ti
prego. Tu sei la
persona migliore del mondo ed io non la merito proprio
un’amica come te. Sul
serio! – le disse.
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Capitolo 32 *** 12 settembre - mercoledì ***
12
SETTEMBRE mercoledì
Girando
per le strade di Roma, Chiara
sentiva sempre di più la nostalgia farsi strada nel suo
animo. Ricordava i bei
giorni passati là, gli unici momenti felici della sua vita
da adulta… ad
eccezione però di quella manciata di giorni
vissuti insieme a Massimo. Infatti solo in
quest’ultimo, breve periodo le
era sembrato di vivere di nuovo la vita con spensieratezza e fiducia
come le
era accaduto allora, quando lei e Roberta, per la prima volta da sole,
si erano
sentite libere e felici.
Era
diretta al negozio di antiquariato nei
pressi di piazza di Spagna dove aveva lavorato in quel periodo. I
proprietari
le avevano voluto davvero bene e la signora Ida, morta l’anno
precedente, le
aveva insegnato tante cose. Anche l’amore andava bene allora.
L’amore poi!
Sorridendo si ricordò di Pippo, il suo simpaticissimo ragazzo
dell’epoca con il quale si era messa
più che altro per la curiosità di sperimentare le
gioie del sesso, visto che
era l’ultima tra le amiche ad essere ancora verginella.
Comunque, quando era
finita, non c’era stato nessun dramma, anzi, tra di loro per
qualche tempo era
restata una bella amicizia, non come la lunga storia con Marco,
costellata di
tormenti e sensi di colpa, che l’aveva lasciata
così male.
Ricordò
all’improvviso che anche Paolo
e Roberta si erano conosciuti in quel periodo felice. La loro crisi
attuale la
riempiva di tristezza perché li aveva sempre considerati una
coppia perfetta,
molto più di qualsiasi altra di sua conoscenza. Li rivedeva
ancora il giorno
del loro matrimonio a Ravello, mentre uscivano dalla chiesa: belli,
giovani,
innamorati. In quel momento erano così felici che quasi li
aveva bonariamente
invidiati. Ogni qual volta aveva avuto un dubbio sull’amore,
aveva pensato alla
loro unione che andava avanti nel tempo sempre in perfetta armonia e
per questo
adesso si sentiva tanto delusa.
-
“Forse sono l’unica persona sulla
terra a credere, anzi, ad illudermi, dell’esistenza
dell’amore eterno!” – pensò
amareggiata.
Per
tale illusione aveva rinunciato a
Massimo, un uomo per il quale qualsiasi
altra donna avrebbe dato chissà cosa solo per stargli un
attimo accanto.
Avrebbe potuto anche lei vivere quei momenti senza pensare al domani,
ma la sua
natura l’aveva tradita.
-
“Indietro non si torna purtroppo ed
ora devo affrontare le conseguenze delle mie scelte, anche se le
rimpiangerò
per tutta la vita!” – si disse, lottando con le
lacrime.
In
ogni modo riuscì a trascorrere una
piacevole mattinata in compagnia dell’amico antiquario che le
fece acquistare
anche una bellissimo dono per Dario facendole anche un prezzo di
eccezione.
Alla fine dovette affrettarsi perché era quasi
l’ora dell’uscita dall’asilo di
Andrea.
-
“Ecco come sono fatta: ansiosa e
preoccupata. È stato meglio non aver avuto figli, li avrei
solo rovinati.”
– pensò, sempre molto critica nei
suoi stessi riguardi, mentre correva tutta affannata a prendere il
bambino.
Per
fortuna arrivò in tempo ed il piccolo
fu molto felice di vederla. Così come gli aveva promesso la
notte prima, lo
portò da McDonald’s ed in barba ai divieti della
mamma, gli prese un panino
pieno di ketchup, una porzione enorme di patatine, coca cola e gelatone.
Mentre
Andrea mangiava ed insieme
ridevano perché con le sue manine non riusciva quasi a
reggere il panino
enorme, squillò il cellulare. Era il numero dell’
ufficio ed al
telefono era Federica
la quale esordì rimproverandola:
-
Si può sapere dove cavolo eri? Ti sto
cercando da ieri!
-
Scusami, avevo il cellulare spento.
-
E non hai visto la chiamata quando
l’hai riacceso?
-
Sì, ma ho visto il numero dell’ufficio.
Pensavo fosse il pazzo che mi cercava per qualcosa. Ma che fai telefoni
da lì?
Se ti becca il carognone senti!
-
Volevo sapere come stai.
-
Benissimo, sono a colazione con un
bel giovanotto – le disse tutta allegra.
-
Davvero? – s’informò l’amica
con un
tono tra l’incredulo e lo speranzoso.
-
Sì, ma aspetta un attimo che devo
pulirgli il ketchup che gli sta colando sul mento.
-
Si, vabbè, volevo ben dire! Chi è,
Andrea?
-
Chi ti aspettavi fosse?
La
voce della ragazza era così serena
che per un momento Federica fu tentata di non dirle niente, magari si
stava
dimenticando di Massimo, ma poi decise che era meglio raccontarle del
colloquio
avuto con lui davanti alla macchinetta del caffè.
-
Ieri è venuto Massimo. Ma dimmi, gli
hai detto tu che so di voi due?
-
No, perché? – le rispose perplessa.
-
Mi ha chiesto dove eri e come stavi.
-
Federì e io chissà che mi credevo! –
sbottò Chiara, esprimendosi quasi in dialetto - In fondo
è una persona educata
e poiché mi conosce …
-
No, ti assicuro, mi sembrava
veramente interessato a come stavi.
Chiara
rimase un po’ in silenzio.
– Tu cosa gli hai
detto? – le chiese quindi
senza nascondere l’ansia.
-
E cosa dovevo dirgli? Quanto stai
soffrendo per non soffrire?
-
Ehi, che fai, sfotti?
-
Senti, io più ci penso e più mi
convinco che hai fatto una gran cazzata a rinunciare. Non me ne
intenderò di
cose del cuore, ma uno così non si butta via solo
perché non sai se sarà amore
eterno.
Erano
proprio le cose che si era detta
da sola quella mattina, ma sentirsele dire dall’amica la fece
irritare.
-
Non ti preoccupare, sono convinta
delle mie scelte e poi tra un mese se ne andrà -
replicò.
-
Tre mesi. Staranno qui fino a Natale.
Me l’ha detto Giacomo.
-
Va bene, un mese, tre mesi, cosa
cambia? Presto se ne andrà e sarà tutto finito.
Il fatto di non rivederlo più
me lo farà dimenticare.
-
D’accordo, come vuoi tu, comunque
preparati ad incontrarlo domani sera perché verrà
alla cena di Dario. A
proposito hai comprato il regalo?
Restarono
un po’ a parlare di questo
poi si lasciarono. Chiara si sentiva ancora più confusa e fu
una fortuna dover
trascorrere il pomeriggio con il bambino perché fu costretta
a distrarsi per
forza.
**
Erano
già le sei e mezza quando tornarono
a casa. La ragazza si
aspettava che le
venisse ad aprire la cameriera e rimase alquanto stupita quando vide
Paolo, tutto
sorridente. Dietro di lui apparve Roberta, anch’essa di buon
umore così che
Chiara tirò un sospiro di sollievo.
Il
bambino si buttò tra le braccia
della mamma e incominciò a raccontare a lei ed al
papà della bella giornata
appena trascorsa.
-
A che ora hai il treno stasera? – le domandò
l’uomo.
-
Alle otto meno un quarto.
-
Allora, poiché Angelina non c’è,
adesso Roberta ci prepara un bel piatto di spaghetti alla carbonara
come li sa
fare lei mentre io faccio fare il bagno ad Andrea, così
ceniamo e dopo ti
accompagniamo tutti alla stazione.
Assai
allegro, prese il bambino in
braccio e si allontanò giocando con lui.
-
Roberta, ma cosa è successo? – chiese
Chiara all’amica mentre la seguiva in cucina, stupita da
quell’atmosfera serena
dopo la tempesta della notte prima.
-
Niente, abbiamo parlato! – le rispose
questa con un mezzo sorriso sulle labbra.
Chiara
la osservò: indossava soltanto
una vestaglietta leggera aperta sulla sottoveste di raso.
-
A giudicare dal tuo abbigliamento non
avete mica soltanto parlato! – la prese in giro.
-
È vero, non abbiamo parlato soltanto
– ridacchiò l’altra soddisfatta – …
ed è
stato più bello di ogni altra volta!
-
Meno male, mi sono tolta un peso -
sospirò Chiara.
Per
un po’ Roberta stette zitta mentre
tagliava la pancetta a dadini ma poi si fermò, ancora con il
coltello in mano.
-
Grazie – le disse guardandola con gratitudine.
-
Ma grazie di che? Io non ho fatto
proprio nulla, avete fatto tutto voi, anzi, avete appena cominciato a
farlo.
Giurami che andrete avanti così – aggiunse
preoccupata che quella
riconciliazione fosse
una cosa solo
momentanea e presto potessero ricominciare
le incomprensioni.
L’amica
annuì sorridendo e l’abbracciò.
-
Però! Potrei fare la consulente
matrimoniale – scherzò
lei ricambiando
l’abbraccio – sono così brava a
risolvere i problemi di cuore … degli altri!
**
La
sera Giacomo non era voluto uscire
perché aspettava con ansia la telefonata della moglie che
era andata dal
ginecologo. Massimo cercò di farlo distrarre, ma senza
riuscirci perché, come
tutti i futuri papà, si era instupidito del tutto nonostante
per lui fosse già
il secondo figlio.
Così
uscì da solo e mentre camminava, rifletteva.
Diventare padre doveva
essere davvero una cosa strana perché anche i suoi fratelli
avevano reagito
allo stesso modo. D’altronde era emozionante pensare al fatto
che l’amore
fisico non avesse come conseguenza soltanto il piacere immediato, ma
che il
proprio seme, nel grembo accogliente della donna amata, si sarebbe
trasformato in
una nuova vita.
Un
figlio! Averlo doveva essere davvero
una sensazione unica. Lui l’aveva intuita, una volta. Era
accaduto quell’estate
ad Ischia quando aveva visto Chiara
tenere tra le braccia il piccolo Luca. Per un istante
l’aveva vista
madre e, per qualche strano istinto, aveva
immaginato che quel
figlio fosse suo. Certo allora non sapeva ancora di amarla ma forse
dentro di
sé aveva già la consapevolezza che loro due non
avevano solo fatto all’amore ma
si erano uniti completamente.
Rassegnato
all’idea di non potere fare
a meno di pensare a lei, andò a fare un giretto per le vie
della Napoli-bene,
ammirando i negozi di lusso. Si concesse anche una buona cena in una
“Hosteria”
molto caratteristica, dopodiché, prendendo una stradina, si
trovò sul
lungomare. Andò a comprare una birra perché gli
era venuta sete e
decise di andarla a bere sulla
spiaggia della Rotonda Diaz. C’era ancora una volta la luna
quasi piena ed il
caldo era molto piacevole perché mitigato da una dolce
brezza profumata di mare.
-
“Certo è bella una città
che ti consente di sedere sugli scogli a
guardare il mare!” – pensò.
Incominciava
a nutrire per Napoli uno
strano sentimento fatto di amore e di odio. In quel posto
c’erano cose che
detestava ed altre che invece lo attiravano molto. Non era sicuro che
gli
sarebbe stato possibile viverci, ma in qualche modo intuiva che la sua
permanenza lì lo aveva cambiato.
La
strada si andava a mano a mano
svuotando. Era l’ora in cui tutte le persone normali se ne
tornavano nelle loro
case. Al pensiero, alzò istintivamente gli occhi verso la
collina dove si
affacciava il terrazzo della casa di Chiara. Come già altre
volte, si disse che
quella non era una semplice casa, ma un nido accogliente e caldo,
teatro di una
felicità di
cui sentiva sempre di più la
mancanza.
Era
inutile girarci intorno, oramai
poteva pure prendere atto di essere innamorato cotto di lei. Cosa
doveva fare?
Sarebbe bastato seguire il consiglio della madre e dirglielo soltanto?
Forse Chiara
lo avrebbe respinto ancora e dopo tanto
rifletterci su, non poteva nemmeno darle tutti i torti.
Come poteva
fidarsi di un tipo come lui, uno che tutti quanti gli altri, persino la
sua
stessa famiglia, percepivano come una persona incapace di sentimenti
veri e
duraturi, un superficiale buono solo a correre dietro alle donne? E poi
anche con
lei non aveva avuto un comportamento corretto. È vero, era
stato in buona fede,
ma perché aggredirla in quel modo? La poverina non gli aveva
chiesto nulla, si
era solo ritirata in buon ordine quando aveva pensato di non
interessargli. Semplicemente.
Con la signorilità che la contraddistingueva.
Non
sapeva come farlo, ma la cosa più
importante era dirle che aveva capito di amarla e che non voleva
perderla più.
-
“Intanto – pensava - domani
finalmente la rivedrò”.
Consapevolezza
degli
errori commessi? Rimpianto per essersi lasciati sfuggire qualcosa di
magico ed
irripetibile? Desiderio di cambiare? Pare che finalmente Massimo e
Chiara ci
siano arrivati! E domani s’incontreranno alla cena di
Dario… Sarà la
conclusione? Staremo a vedere…
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Capitolo 33 *** 13 settembre - giovedì ***
13
SETTEMBRE
giovedì
Purtroppo
Chiara aveva avuto la malaugurata
idea di dire al parrucchiere che quella sera doveva andare ad una cena
in un
ristorante piuttosto elegante a Marechiaro. Lui si mise ad insistere
per
convincerla a farsi una pettinatura ed un make-up speciali.
-
La mia Rita fa il trucco alle spose –
le disse per persuaderla.
-
D’accordo, Antonio, ma io non mi devo
sposare, devo solo andare ad una cena con dei colleghi.
-
Dai, Chiaretta, ti faccio un prezzo
speciale. Per una volta fai un po’ la sofisticata, sei troppo
semplice tu!
Alla
fine si lasciò convincere. Lui le
stirò i capelli fino a farglieli diventare lisci e morbidi,
con riflessi simili
al velluto. Rita poi era davvero brava e le fece un trucco tale da
farla
sembrare quasi bella, con gli occhi profondi e grandi ed il viso
perfettamente
levigato.
-
Complimenti – commentò alla
fine la ragazza guardandosi allo specchio
– ed io che credevo di essere la sola restauratrice in giro!
Voi siete molto
più bravi visto quello che avete saputo fare con un mezzo
cessetto come me.
Una
volta a casa completò l’opera con
il vestito regalatole dalla sorella. Era
molto semplice, ma elegante, con l’ampia gonna
un po’ a campana, il
corpetto finemente ricamato e scollato, un bolerino corto a coprirle le
spalle.
Adesso le stava molto meglio della settimana prima, forse perché era un
po’ scesa di peso. Il
risultato finale fu una ragazza molto
carina, ma lei non si riconobbe nell’immagine riflessa nello
specchio, si
sentiva come in maschera. Però quella sera era proprio
ciò che le ci voleva. Se
avesse dovuto seguire il suo istinto, si sarebbe rintanata in casa
perché non
aveva voglia di affrontare gli altri e tanto meno Massimo.
Rossana
doveva venirla a prendere alle
otto, ma tardò parecchio. Quando finalmente
arrivò, le chiese scusa dicendole
di avere il figlio più grande con la febbre.
-
Che hai fatto? – le chiese scrutandola
– Chi devi conquistare stasera? Sei bellissima!
In
effetti fu il complimento che le
fecero tutti quando arrivarono al ristorante dove i colleghi stavano
aspettando
proprio loro per iniziare la cena. Chiara li salutò con calore, solo con
Massimo non ebbe il
coraggio di essere più espansiva e gli fece appena un mezzo
sorrisetto. Lui
invece quando la vide entrare avvertì un tuffo al cuore come
gli era capitato
solo alle prime cotte da ragazzino.
-
“Come è bella!” –
pensò guardandole
quei capelli neri, lunghi e lisci come non gliel’aveva mai
visti – “Stasera
devo trovare il modo di parlarle”.
Invece
non capitarono vicini anche se
si ritrovarono seduti l’uno di fronte all’altra.
Chiara non alzava mai gli
occhi su di lui, si limitava a conversare con Federica e Dario al suo
fianco.
Accanto a Massimo c’era Giacomo e dall’altro lato
Valeria, una piacente donna
sulla quarantina che lavorava al settore vendite la quale, a quanto
pareva, aveva
deciso di farsi avanti con l'ispettore e non smetteva un minuto di
parlargli. L’uomo le rispondeva per pura cortesia mentre era
intento a guardare
di soppiatto la ragazza sedutagli di fronte.
-
“Come devo fare? Le
devo dire assolutamente cosa ho provato
senza di lei. Ma perché sta facendo così?
Perché non mi guarda nemmeno? Forse è
soltanto in collera con me e devo insistere un po’ per farmi
perdonare” -
pensava.
Chiara,
all’apparenza calma e serena, infatti
non lo degnava di uno sguardo, ma il giovane non avrebbe mai potuto
immaginare
quanto sforzo le stesse costando tutto quell’autocontrollo.
Aveva avuto paura
di rivederlo e ne aveva avuto ben ragione, ora si sentiva sopraffatta
dall’attrazione provata per lui: le piaceva ogni minima
espressione di quel
volto, ogni sguardo dei suoi occhi verde-azzurro, ogni inflessione
della sua
voce calda che le metteva i brividi dentro. Temeva si potesse capire e per questo cercava di
non guardarlo nemmeno
anche se aveva notato come Valeria lo stesse marcando stretto.
Massimo
tentò un paio di volte di
rivolgerle la parola, ma lei gli rispose solo a monosillabi, tanto che
alla
fine lui si convinse che quel comportamento freddo era per fargli
capire che la
breve parentesi sentimentale tra di loro si era definitivamente
conclusa. Ne fu
molto deluso ed anche abbastanza irritato. Cercò di darsi
comunque un contegno,
con la sua vistosa vicina che si faceva sempre più invadente
e gli altri
colleghi che gli davano spesso da parlare senza sapere quanto gli
costasse in
quel momento partecipare alla conversazione generale.
Per
Chiara intanto tutte quelle persone
intorno al lungo tavolo avrebbero potuto anche sparire, esisteva solo
l’uomo
seduto di fronte a lei. Eppure sapeva che finché si trovava
in mezzo agli altri
poteva difendersi. Il problema sarebbe stato quando, nei prossimi
giorni, si
sarebbero incontrati da soli. Allora forse non sarebbe riuscita
più a
mascherare l’amore che provava per lui.
Terminato
il pranzo, mentre aspettavano
il caffè, Federica le chiese sottovoce di accompagnarla alla
toilette. Ne approfittò
per controllarsi allo specchio perché temeva che i suoi
sentimenti le si
leggessero in faccia. Invece era ancora molto carina. Ad un tratto
entrarono
Antonella e Silvia, le colleghe del Commerciale, le quali stavano
commentando
ad alta voce:
-
Hai visto quella là? E che cavolo,
tra poco gli salta addosso all’ispettore! Che
… hmmmm … beh, insomma,
hai
capito.
-
Dai, solo perché Valeria ha il
coraggio di fare le cose davanti a tutti! Voglio vedere chi di noi non
ci ha
fatto un pensierino proibito su quello. Cosa ti devo dire, beata lei se
riesce
a portarselo a letto!
Ridacchiando
divertite, si chiusero nei
bagni.
-
Guarda che se ti metti a piangere ti
prendo a sberle! – le disse sottovoce
Federica vedendo l’espressione desolata che le
si era dipinta sul volto
– Che pretendi adesso? Siccome tu hai rinunciato a lui
debbano farlo anche
tutte le altre? Se non eri convinta, ci dovevi pensare prima.
Chiara
riuscì a controllarsi,
consapevole che l’amica aveva ragione, ma non per questo si
sentì meno triste
quando, avvicinandosi di nuovo al tavolo, vide Valeria parlare
sottovoce in un
orecchio a Massimo che aveva un sorrisino sulle labbra.
Ma
dov’era l’uomo che aveva conosciuto,
quello con cui aveva trascorso giorni meravigliosi su spiagge assolate,
che
l’aveva tenuta tra le braccia con tanta dolcezza mentre
languidamente
riposavano nella piscina calda, quello con cui aveva guardato il
tramonto e
dormito abbracciata? Forse non c’era mai stato se non nel suo
desiderio e
Massimo gli aveva dato solo la sua fisicità.
-
“Eppure – pensava – il suo corpo mi
è
appartenuto, è lui che ho accarezzato, baciato, è
con lui che mi sono congiunta
fino ad essere una sola cosa. Accidenti – rifletté
ancora – che paroloni:
“appartenersi”, “congiungersi”!
Si vede che Roberta ha ragione quando mi accusa
di essere retorica, un’altra al posto mio, ad esempio quelle
due che prima
parlavano nel bagno, avrebbero detto: “meno male che almeno
me lo sono
scopato!” e via per la loro strada.”
Fece
un impercettibile risolino tra sé
e sé ed inavvertitamente alzò lo sguardo
incontrando i magnifici occhi di
Massimo che la stavano fissando seri. Quasi temendo di farsi leggere
dentro, si
girò subito da un’altra parte, non senza
concludere però il pensiero di prima,
questa volta come se stesse parlando a lui:
-
“Però a me non basta, amore mio, io
ti amo e avrei voluto essere
amata da
te!”
**
Venne
il momento di consegnare al
festeggiato il regalo e siccome nessuno lo aveva ancora visto, ci fu
molta
curiosità mentre Dario scartocciava il pacchetto. Qualcuno,
per paura che
potesse non piacergli, decise di mettere le mani avanti e disse
fingendo di
scherzare:
-
Guarda che l’ha scelto Chiara, se non
ti piace è colpa sua.
Invece
era un oggetto delizioso: un
portasigari in ebano con il coperchio d’argento finemente
lavorato, una cosa di
gran gusto che suscitò l’ammirazione di tutti.
-
È fine Ottocento. Ho pensato che
poiché stai per diventare uno importante, sulla tua
scrivania ci volesse
qualcosa di prestigioso – spiegò Chiara, sperando
che gli piacesse.
-
Grazie, è bellissimo! Grazie amici e
grazie a te, cara. Come al solito hai saputo dimostrare che persona di
classe
sei.
Così
dicendo le prese una mano e le
baciò il palmo in un gesto molto affettuoso facendola
arrossire come una
scolaretta.
Ma
anche un’altra persona arrossì, di
gelosia però, mentre
si chiedeva
inquieto se tra quei due non ci fosse davvero del tenero. Cercando di
darsi un
contegno, Massimo si disse che oramai stava rasentando il ridicolo con
quella
sua smania ed era
venuto davvero il momento
di smetterla, tanto
oramai … ma le
parole di Dario vennero subito a tranquillizzarlo.
-
Sapete, - stava dicendo questi - la
signorina qui presente è stata il consigliere artistico mio
e di mia moglie
quando abbiamo messo su casa. A proposito, te lo ricordi quando andammo
tutti e
tre a Roma da quell’antiquario amico tuo a comprare il
cassettone e la
consolle?
-
Anche questo portasigari è stato
comprato lì, anzi,
quando ho detto a
Walter che cercavo un regalo per te, ha scovato la cosa più
bella di tutto il
negozio – gli rispose lei sorridendo.
-
È una bottega deliziosa. Lì dentro
sembra di entrare in un’altra epoca. Assomiglia un
po’ a questa bella ragazza che
ci ha lavorato per un po’ a restaurare quadri antichi.
-
Infatti, ce la vedo proprio, tutta
trine, merletti e rossori come una fanciullina di un’altra
epoca – commentò
ironica Valeria prendendola in giro.
-
Ma è un lavoro difficile, no? Davvero
ne sei capace? – le chiese incuriosita Silvia.
-
Ho preso il diploma di primo livello,
poi però ho lasciato tutto anche se ogni tanto penso di aver
fatto male perché
era un lavoro che mi piaceva molto.
-
Purtroppo non sempre nella vita si fa
quello che si avrebbe voluto! Io avrei voluto insegnare per esempio.
Non c’è
nulla di più stimolante dei ragazzi – intervenne
Antonella.
-
A me invece sarebbe piaciuto fare la
casalinga. Vuoi mettere a startene a casa tua a crescere i figli
piuttosto che
combattere dalla mattina alla sera con uno come il nostro capo?
– commentò a
sua volta Rossana.
Valeria
si mostrò infastidita.
-
Oddio, sentitele! – rimproverò le
colleghe - Alla faccia dell’emancipazione femminile: la
maestra, la restauratrice,
la mamma… Un po’ di carattere ragazze mie, poi
dite che questi signori ci
mettono sotto i piedi. Per forza lo fanno se noi per prime non
riusciamo ad
entrare in competizione con loro perché non ci sentiamo
all’altezza. Io, se lo
volete proprio sapere, sono contentissima di fare il mio lavoro anche
se devo
lottare ogni giorno con un mucchio di maschietti agguerriti. Non mi
sento meno
capace di loro.
Si
aprì una discussione
sulla parità dei ruoli nel
lavoro, discussione che ad un certo punto divenne anche abbastanza
accesa, ma
fu simpaticamente conclusa da Federica.
-
Io so di essere molto più in gamba di
tanti uomini, ma ciò non toglie che avrei voluto fare la
ballerina classica –
disse infatti. Poi, sentendo scendere un silenzio imbarazzato e
cogliendo
numerosi sguardi perplessi, fece
ridere
tutti aggiungendo: – E che volete, me lo sono ficcato in
testa da bambina
quando ho visto gli ippopotami ballare ”La danza delle
ore” in “Fantasia”!
**
Chiara
era rimasta d’accordo con
Rossana di andare via con lei, ma purtroppo questa ricevette una
telefonata dal
marito perché al bambino stava salendo la febbre.
-
Scusatemi – si giustificò – devo
andare. Ma adesso tu come fai? – chiese impensierita
all’amica.
-
E che problema c’è?– affermò
Dario
- La riaccompagno
io.
-
No – intervenne subito Massimo – io
non ho nessuno ad aspettarmi. Devo accompagnare già Valeria, vuol dire che porto a casa
anche lei.
La
ragazza, spaventata da questa
prospettiva, protestò:
-
Non vi preoccupate, non c’è bisogno,
posso prendere un taxi.
-
Davvero credo che per Massimo non sia
un problema, non è così? – chiese il
festeggiato il quale in verità aveva un
po’ di premura di ritornare a casa perché
l’indomani doveva partire presto per
Milano.
-
No, certo, basta che non facciate
pettegolezzi perché mi vedrete andar via con due belle
signore – rispose questi
con un’espressione ironica.
Federica
si fece avanti:
-
E allora fa’ un cosa: accompagna pure
me, così nessuno dubiterà delle tue intenzioni
puramente umanitarie.
-
Che aspettavi a dirmelo che volevi
essere riaccompagnata anche tu, stupidona! – la
rimproverò lui che stava cominciando
ad affezionarsi a quella ragazza così simpatica e sfortunata.
**
Quando
Federica fu scesa dalla
macchina, Massimo si rivolse a Valeria:
-
Ti dispiace se passiamo prima per
casa tua? Non conosco bene le vie ed ho paura di perdermi. Invece
conosco bene
la strada dove abita Chiara.
Quest’ultima dal sedile posteriore
commentò, un poco
acida:
-
È la stessa cosa, basta farla
all’inverso.
-
No, mi confondo! – insistette l’altro
cercando di guardarla nello specchietto retrovisore, poi rivolto alla
collega,
con un sorriso seducente – Mi mostri come faccio ad arrivare
da te?
Lei,
tutta gentile, glielo spiegò e
quando furono arrivati lo salutò con calore.
-
Ehi, ricordatelo, dobbiamo andare in
quel locale di cui ti ho parlato.
-
Senz’altro, ci andremo al più presto.
Buonanotte!
-
Buonanotte! Che fai tu, passi
davanti? – chiese la donna a Chiara senza nemmeno salutarla.
-
Come ti sembra, gli vogliamo far fare
l’autista? – le rispose questa e senza salutarla
nemmeno lei, si sedette
accanto al guidatore allacciandosi
la
cintura di sicurezza.
-
Che c’è – le chiese Massimo dopo un
po’ che furono ripartiti – avevi paura di rimanere
sola con me?
-
A dire la verità credevo fossi tu a
voler rimanere solo con Valeria. In fondo stai lavorando per
assicurarti lo
spasso per i prossimi mesi, non è così?
-
Non è vero, quella non m’interessa
affatto – le disse serio ed aggiunse buttandola sullo scherzo
– e poi non è
nemmeno il mio tipo!
-
No? Strano, non si sarebbe detto da
come avete flirtato tutta la sera.
Questa
volta le rispose un po’ piccato.
- Se tu ti fossi degnata di
rivolgermi almeno
lo sguardo, ti saresti accorta che era lei a fare la scema, non io.
-
Anche se fosse, non
vedo perché avrei dovuto rovinarmi la
serata a guardare i tuoi duetti amorosi.
-
Pensavo potessimo essere perlomeno
amici – tagliò corto l’uomo un
po’ esasperato da tutta quella freddezza.
-
Amici? L’hai detto tu che non avremmo
mai potuto esserlo.
-
Almeno però potremmo parlarci.
-
Anche questo hai detto: non abbiamo
più niente da dirci.
-
Insomma! – sbottò alla fine,
arrabbiandosi – Ho sbagliato a dirti quelle cose al telefono,
è vero e te ne
chiedo scusa, ma a parte questo, non mi sembra di aver fatto nulla di
tanto
grave per meritarmi che
tu non mi
rivolga più neanche la parola!
Non
ebbe risposta ed allora proseguì:
-
Io avrò pure un caratteraccio ma ho
cercato in ogni modo di convincerti a continuare a vederci, a
frequentarci,
almeno per chiarirci, per capire… ma tu niente! Mi sono
comportato male con te
perché mi hai fatto incazzare ma in concreto sei stata tu a
trattarmi uno
schifo, non io.
Si
era girato a guardarla, ma
il fatto che lei tenesse il viso rivolto
dall’altro lato, lo fece finire di incavolare.
-
Avanti, me lo dici che ti ho fatto? -
insistette.
Il
silenzio ostinato della ragazza
continuò ed allora si rispose da solo:
-
Io non ti ho fatto niente, accidenti,
hai fatto tutto tu. Se adesso siamo nella merda è
perché l’hai voluto tu, non
io. E parla, smettila con questo silenzio da sfinge, mi fai impazzire
dalla
rabbia!
Però
Chiara rimase muta ed allora, indispettito
e senza dire più nulla, la portò sotto casa.
Pioveva
a dirotto.
-
Aspetta – le disse con premura nonostante
fosse ancora arrabbiato – non lo vedi come sta piovendo?
Aspetta un attimo.
Si
era voltato verso di lei che si
stava slacciando la cintura di sicurezza e solo in quel momento si
avvide che
aveva il viso inondato di lacrime.
Le
lacrime delle donne lo facevano
sempre andare fuori di testa, ma adesso quelle silenziose di Chiara
erano come
un vero e proprio schiaffo.
Molto
adirato, la prese per le spalle e
scotendola, le urlò, con il viso contratto dal dispiacere:
-
Perché piangi adesso, per la malora, me lo dici
perché piangi?
Due
grandi occhi neri traboccanti di
lacrime lo fissarono e con la voce rotta, lei gli sussurrò:
-
Perché hai ragione tu quando dici che
ho fatto tutto io! E vuoi sapere che cosa ho fatto? Mi sono innamorata
di te,
ecco cosa ho fatto!
Prendendo
un fazzoletto dalla borsetta,
la ragazza continuò:
-
Non devi innamorartene, mi dicevo, se
una mezza calzetta come
Marco ti ha
distrutto in quel modo, che cosa potrà fare di te un uomo
meraviglioso come
Massimo? Ma è tardi, accidenti, è tardi, non ce
la faccio più a tornare
indietro!
Un
singhiozzo la scosse e fu come un
fiume che rompe l’argine.
-
Io ti amo, ti amo tanto! – gli gridò
quasi, buttandogli
le braccia al collo –
Non me ne importa più niente. Anche se deve essere solo per
un giorno, anche se
dopo dovrò morirne, non te ne darò nessuna colpa.
Io ti amo da impazzire e ti
voglio.
Persa
nella sua emozione, gli baciava
il viso con le labbra bagnate di pianto, lo accarezzava, gli si
stringeva
contro.
Massimo
era rimasto assai scosso da
quell’improvvisa esplosione: da lei, sempre così
controllata, non se
l’aspettava. Per un attimo ebbe la
sensazione di stare stringendo tra le mani una porcellana preziosa che
si
sarebbe potuta rompere da un momento all’altro. Sapeva che se
adesso avesse
deciso di amarla, avrebbe dovuto essere per sempre altrimenti avrebbe
rischiato
di farle del male e questo non lo voleva. Ad un tratto ebbe paura
dell’intensità
di quei sentimenti perciò rimase fermo, quasi senza toccarla.
Lei
intanto gli stava dicendo:
-
Sali da me, ti prego, fammi fare ancora
all’amore con te. Tu non lo sai quanto mi è
costato respingerti ogni volta, non
lo puoi neanche immaginare quanto ti desidero! Puoi fare di me quello
che vuoi
…
Gli
aveva infilato le mani sotto la
giacca e gli accarezzava il petto attraverso la stoffa sottile della
camicia,
baciandolo ancora sul viso e sul collo, cercando di farsi stringere.
L’uomo
invece le accarezzò solo i
capelli.
-
No, piccolina, non fare così, ti
prego. E poi stasera sei troppo sconvolta per ragionare. Adesso te ne
vai a
fare una bella dormita e ne riparliamo domani con calma, va bene?
Le
aveva parlato con grande dolcezza ed
un sorriso molto tenero sulle labbra, ma la ragazza era troppo presa
dal vortice
delle sue emozioni ed interpretò quelle parole come un
garbato rifiuto. Si
irrigidì e senza alzare più il viso a guardarlo,
senza dirgli più una parola,
scappò fuori dall’auto. Repentinamente, prima che
potesse raggiungerla, s’infilò
nel portone richiudendolo in fretta
alle sue spalle.
Massimo
non sapeva davvero cosa fare.
Si sentiva assai dispiaciuto, ma
non
poteva precipitare le cose, doveva essere prima sicuro. Sapeva di
amarla ed
aveva sperato che anche lei lo amasse, ma tutta quella passione lo
sconvolgeva,
lo intimoriva addirittura. Era meglio calmarsi entrambi e attendere
l’indomani
per chiarire i reciproci sentimenti e parlare con serenità
del loro futuro.
Così
mise in moto e ripartì lungo la
strada deserta e flagellata dalla pioggia battente.
**
Chiara
non aveva neanche preso
l’ascensore, si era precipitata per le scale ed in fretta
aveva aperto l’uscio
di casa per correre in bagno, appena in tempo per vomitare tutto quel
poco che
aveva mangiato. Dopo, accoccolata vicino al water, si sentiva uno
straccio,
aveva bisogno di aria fresca. Andò sul terrazzo, a respirare
a pieni polmoni
nell’atmosfera satura di elettricità.
Il
mare era nero come l’inchiostro e il
cielo, attraversato da saette di fuoco,
lasciava cadere una pioggia scrosciante che le inzuppava
il bel vestito
e le bagnava i capelli.
-
“Brava, brava – si diceva tra i
singhiozzi – alla fine ci sei riuscita a perdere la
dignità. Ma cosa ti
aspettavi da te stessa? Sei soltanto una brutta fallita, nella vita,
nel
lavoro, nell’amore. Fai schifo, fai soltanto schifo e
pretendevi pure che lui
ti amasse! Probabilmente gli fai solo pietà!”
Si
abbandonò al pianto e ne ebbe
conforto come se in quelle lacrime potesse annullarsi. Alla fine i
singhiozzi
si calmarono non così il tremito che la scuoteva. Ebbe
freddo, rientrò in casa,
si strappò di dosso il vestito ormai zuppo, si avvolse un
asciugamano sui
capelli bagnati e con una salvietta si pulì il viso dove il
bel trucco della
sera precedente, tra la pioggia e le lacrime, si era trasformato in una
maschera grottesca.
Nel
vedersi allo specchio, ebbe ancora
più disgusto di se stessa e gettò con rabbia
l’asciugamano nel cesto dei panni
sporchi. Quella sera non ce la faceva a sopportarsi. Aprì
l’armadietto dei
medicinali e ne prese il Lexotan. Non voleva farsi del male, ma voleva
fuggire.
Cinque, dieci, venti, trenta, quaranta gocce. Le buttò
giù tutte di un fiato
poi se ne andò a letto. Con le lenzuola tirate fin sulla
testa, si rannicchiò
in posizione fetale ed ancora scossa dai singhiozzi, aspettò
di entrare
finalmente nel buco nero dell’incoscienza,
là dove Chiara non esisteva più.
Lo so, lo
so, ci siete
rimaste male, ma
accompagnate ancora un
po’ con
la vostra simpatia sia Chiara
che Massimo perché si prepara il GRAN FINALE! Non vi perdete
il prossimo,
conclusivo capitolo, mi raccomando!
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Capitolo 34 *** 14 settembre - venerdì ***
14
SETTEMBRE venerdì
Il
trillare del telefono sul comodino
la svegliò. Ancora confusa dal sonno, afferrò la
cornetta e rispose con una voce
flebile.
-
Chiara! – le
urlò Federica dall’altro capo del filo –
mi hai fatto preoccupare, non rispondevi neanche a telefono! Ma cosa ti
è
successo? Sono quasi le nove e sei ancora a casa?
-
Scusa, Fede, ma non mi sento bene,
oggi non vengo a lavoro - le rispose mentre la pena tornava a serrarle
la gola
con il ricordo di quanto era successo la sera prima.
-
C’è qualcosa che non va? Vengo da te?
-
Ma no, no, ho solo un forte mal
di testa.
Perdonatemi se oggi resto a
casa, non è nulla di grave e tra qualche ora
starò già meglio, però non ce la
faccio proprio a venire.
Non
aveva la forza di raccontare cosa
era successo e sperava che la collega credesse ad un semplice malessere e la lasciasse in pace,
almeno per quella
mattina.
-
Ok, riposati e, mi raccomando, chiama
se hai bisogno di qualcosa.
Quando
Federica posò il telefono incontrò
lo sguardo interrogativo di Rossana.
-
Non viene. Ha mal di testa – le
spiegò.
-
E va bene, però, pure lei! Con tutto
il daffare che c’è oggi e con quello lì
–
alludeva al capo - che
sta più
pazzo del solito! La scema sono io ad aver costretto mia suocera a
venire
stamattina presto per tenermi Ciro con il febbrone. Se sapevo, me ne stavo
anch’io a casa e chi si è visto
si è visto!
-
Hai ragione, ma ti assicuro, Chiara
sta proprio male in questo periodo.
Subito
rabbonita, l’amica commentò:
-
Già, me ne sono accorta, non sono
cieca sai, ed anche se voi due mi
tenete fuori dalle
vostre confidenze, forse ho capito anche il perché: si
è innamorata di qualcuno
che non la ricambia.
Federica
era in dubbio se rivelare alla
collega le cause del malessere di Chiara. In realtà anche
Rossana le voleva
molto bene e quando voleva, sapeva essere anche riservata.
- “Inoltre
– pensò – potrebbe aiutarmi a
tirarla fuori da questa storia perché sono certa che quella
lì è il tipo capace
di morire davvero per amore: è drammatica di
natura”.
Stava
quasi per confidarsi quando il
capo entrò come una furia e cominciò ad urlare
istruzioni sulle cose da fare in
giornata.
**
Chiara
era rimasta ancora un po’ a
letto rendendosi conto che la sua non era solo una scusa. Aveva davvero
un mal
di testa feroce. Tra l’altro, un fastidioso pizzicore tra il
naso e la gola le
preannunciava l’arrivo di un raffreddore con i fiocchi.
Decise di prendere due
aspirine, ma siccome aveva lo stomaco vuoto, andò in cucina
a prepararsi prima
una tazza di latte. Mentre lo sorseggiava, sforzandosi anche di mandare
giù
qualche biscotto con un po’ di miele, guardava fuori dai
vetri il cielo plumbeo
minacciare ancora una volta il temporale.
L’estate
passata sembrava ormai un
ricordo lontano e quella prossima era solo una vaga speranza lontana
nel tempo.
La disperazione di qualche ora prima si era trasformata nella solita,
sottile
malinconia, perché sapeva che anche se tutto era grigio e
cupo, non bisognava
perdere la forza di andare avanti.
Si
sentiva in colpa per aver lasciato
di nuovo le colleghe da sole in un momento tanto delicato, ma aveva
fatto bene
a non andare a lavorare, era venerdì ed avrebbe avuto tre
giorni pieni per
starsene chiusa nella sua tana a leccarsi le ferite come un animaletto.
Dopo si
sarebbe ripresa ed avrebbe ritrovato la forza di affrontare di nuovo il
mondo.
Ora,
con la luce del giorno, non le
sembrava fosse avvenuto nulla di così grave.
Lei era la stessa della mattina prima solo aveva
confessato a Massimo di
amarlo. E allora? Che differenza faceva? Non aveva avuto nessuna remora
a farlo
entrare fisicamente dentro di sé e adesso si vergognava di
avergli aperto il
suo animo per rivelargli qualcosa che con ogni probabilità
già sapeva
benissimo? D’altronde avergli finalmente detto ciò
che provava per lui era
stato di sicuro meglio che tenerselo per sé. Almeno
così non avrebbe
dovuto più
portarsi lo scrupolo di
essere stata lei a rifiutarlo. Certo sarebbe stata dura rivederlo dopo
quella
scena drammatica degna
delle migliori
sceneggiate napoletane a cui si era abbandonata la sera precedente, ma
forse ora
lui per primo l’avrebbe evitata come la peste
perché, e di questo ne era certa,
era troppo sincero per dare illusioni sbagliate ad una innamorata
delusa.
Forse
era venuto il momento di riprendere
a volersi un po’ di bene. Fece una bella doccia con un bagno
schiuma alle
spezie e si cosparse il corpo di crema. Si mise anche una mascherina
sugli
occhi e se ne stette buona buona per un quarto d’ora
rilassata sul divano ad
ascoltare il rumore della pioggia, cercando di scacciare ogni pensiero.
Avrebbe
dovuto anche farsi uno sciampo e mettere il balsamo per rimediare al
groviglio
di riccioli arruffati che erano diventati i suoi capelli dopo lo stress
del
fono e della pioggia, ma non arrivava a volersi così tanto
bene. Indossò invece
un paio di ciabatte comode, un pantaloncino corto blu ed una maglia di
filo molto
confortevole ma mezzo sformata che le scendeva ora su una spalla ora
sull’altra. Sentiva il bisogno di fare qualcosa per non impazzire stando a
rimuginare i suoi tristi
pensieri e così decise di fare lei le pulizie pesanti anche
se il lunedì
successivo sarebbe venuta Agnieska.
-
“Da lei mi farò pulire il terrazzo,
forse lunedì sarà tornato il sereno”
– si disse.
Uscì
fuori per
verificare i danni provocati dalla pioggia. Il glicine
aveva perso ormai
tutte le foglie, molti rami delle rose erano spezzati ed i fiori di
gelsomino
che solo qualche tempo prima avevano fatto sentire con tanta
intensità il loro
profumo, erano tutti sul pavimento bagnato. Solo un rametto di geranio
sembrava
aver sfidato la bufera e con il rosa dei suoi fiori bagnati di pioggia,
brillava ad un flebile raggio di sole spuntato in quel momento tra le
nubi
nere.
La
ragazza allungò una mano e lo
accarezzò con tenerezza.
**
Le
succursali della loro azienda in
Campania erano a Napoli ed a Salerno e per questo i giovani ispettori
da un po’
erano costretti a fare la spola tra queste due città senza
peraltro incontrare
eccessive difficoltà. Con la fine del periodo estivo
purtroppo non sarebbe
stato più così. Già quella mattina, la
pioggia del giorno prima e la riapertura
delle scuole avevano causato uno di quei blocchi di traffico che solo a
Napoli possono
essere così drammatici.
Giacomo,
alla guida della sua auto,
imprecava di continuo mentre Massimo accanto a lui era molto silenzioso
e quasi
sembrava non essersi accorto del fatto che da oltre un quarto
d’ora erano
fermi in un ingorgo senza riuscire a
raggiungere l’ingresso dell’autostrada.
Aveva
passato una notte pessima,
riuscendo a riposare solo un po’ all’alba ed anche
quel poco di sonno era stato
molto agitato. Aveva pensato solo a Chiara ed a quanto era successo. Non vedeva l’ora
che venisse la sera perché
aveva una gran voglia di prenderla tra le braccia e dirle quanto le
voleva un
bene. Sperava però di trovarla meno agitata della sera
precedente perché
quell’esplosione di passionalità così
drammatica lo aveva disorientato mentre
invece aveva voglia che il loro
rapporto ritornasse sereno e giocoso così come era iniziato.
-
Insomma si può sapere cos’hai? – lo
interrogò il collega oramai stufo di quel silenzio
ingrugnato – Dovresti essere
contento, ieri hai fatto pure conquiste!
Lui
lo guardò assorto quasi come se
quelle parole tardassero a farsi strada tra i suoi pensieri, poi
realizzò cosa
stava dicendo e si affrettò a spiegargli:
-
Ti riferisci a Valeria per caso? Non
me ne importa assolutamente nulla di lei.
-
Allora perché sei così pensieroso?
Per Chiara? Le lanciavi cere occhiate di fuoco ieri sera! Certo era
proprio
bellina, però si
vedeva che era assai nervosa.
Forse … Scusa.
Il
cellulare che squillava da qualche
secondo lo aveva costretto ad interrompere quanto stava dicendo. Era il
loro
capo il quale si mostrò molto contrariato dal fatto che
fossero ancora indietro
con il lavoro su Salerno. Giacomo cercò in ogni modo di
rabbonirlo
assicurandogli che tutto sarebbe stato concluso per la data prevista e
nel
frattempo lanciava sguardi di rassegnazione all’amico
sedutogli accanto.
Però
Massimo non l’ascoltava affatto.
Un pensiero l’aveva colpito e lo faceva stare male: se Chiara
era già agitata
durante la cena, così come aveva notato Giacomo, cosa le era
successo dopo il
crollo nervoso avuto quando erano rimasti da soli?
Conoscendola, intuiva quanto doveva esserle costata
quella resa senza condizioni. Lei, sempre così gelosa di
mostrare i propri
sentimenti, si era lasciata andare in quel modo solo per dirgli che lo
amava. Anche lui
sapeva di amarla e l’aveva lasciata
andare proprio per non approfittare di quella temporanea debolezza, ma
era stato
un vero stupido. Rimandando i chiarimenti a quando sarebbe stata
più calma, non
aveva capito che era proprio in quel momento che Chiara aveva bisogno
di essere
consolata e rassicurata. Forse si era sentita respinta e, sensibile
com’era,
doveva averne sofferto moltissimo. Come aveva potuto essere
così fesso da non
pensarci?
-
Uffa, questo qui è proprio scemo!
Forse ci ha preso per Batman e Robin senza capire in quali condizioni
ci tocca lavorare
qui! – stava intanto protestando Giacomo
posando il cellulare.
Ma
Massimo aveva un’altra urgenza.
-
Fammi il piacere, accosta, devo
scendere assolutamente - gli disse.
-
Sei impazzito per caso? Vuoi
andartene? E che ci vado da solo a Salerno? – si
lamentò l’altro, stupefatto.
-
Ti prego, amico mio, è importante:
devo andare da Chiara.
-
Da Chiara? Adesso? E come ci arrivi?
Non lo vedi che è tutto bloccato?
-
Non lo so, ma devo andare da lei, non
posso aspettare fino a stasera!
-
L’avevo detto io che questa volta eri
cotto di brutto! Ma dai, pensaci, – tentò ancora
di farlo ragionare – la vedrai
stasera e poi domani è sabato e potrai stare tutto il week
end con lei.
-
No devo andarci subito. Te lo chiedo
per favore...
-
E va bene, vai. Però se chiama di
nuovo Doria cosa
gli dico?
-
Digli che stamattina dovevo chiarire
una cosa che forse cambierà tutto il mio futuro.
È troppo importante per me, il
resto non conta nulla.
**
Purtroppo
andare da Chiara risultò
più semplice a dirsi che a farsi. Non
gli fu possibile trovare un taxi per raggiungere l’ufficio ed
i mezzi pubblici
erano tutti fermi nel traffico, vuoti, con le porte aperte e gli
autisti con le
facce rassegnate.
In
condizioni normali Massimo si
sarebbe messo ad imprecare contro quella città del cavolo,
ma ora non era in
condizioni normali. Avviandosi a piedi, continuava a darsi dello
stupido per
come si era comportato la sera precedente. Troppo preso dal suo
orgoglio, ferito
dal comportamento distaccato della
donna, non si era reso conto dell’evidenza che aveva colpito
persino un estraneo
come Giacomo e cioè che Chiara stava soffrendo. Solo adesso,
nel ripensarci,
gli appariva chiaro come la sua freddezza fosse stata troppo accentuata
per
essere naturale. E poi era dimagrita
parecchio
in poco tempo ed a tavola aveva appena toccato cibo, segno che non
stava bene.
Aggiungendo a tutto questo il ricordo di quegli occhioni neri
traboccanti di
lacrime, non poteva fare a meno di sentirsi un verme per aver esitato
ancora
una volta davanti a tutto quell’amore e a quella dolcezza
offertagli senza
pretendere nulla in cambio. Mai più, ne era certo, sarebbe
stato amato in quel
modo!
Fu
costretto a ripararsi sotto ad un
portone dalla pioggia scrosciante perché non aveva neanche
l’ombrello. Nel
frattempo pensava a come avrebbe dovuto comportasi nel rivederla. Il
suo
impulso sarebbe stato quello di prenderla solo tra le braccia e di
baciarla,
ma poiché
l’avrebbe incontrata sul luogo
di lavoro, un simile approccio era naturalmente da scartare. Si sarebbe
dovuto
mantenere calmo e magari invitarla ad andare a prendere un
caffè, cercando
comunque di non far trasparire con gli altri la propria emozione.
In
mente sua si era preparato nei
minimi particolari la scena e così, quando finalmente - ed
erano già le undici
- riuscì
ad entrare nella stanza delle ragazze,
era piuttosto calmo.
C’era
soltanto Rossana che scriveva al
computer. Deluso, guardò la scrivania vuota del suo amore.
-
Ciao Rossana, dov’è Chiara? – le
chiese di getto, dimenticandosi che si era ripromesso di essere
prudente.
La
giovane donna lo guardò e fu come se
la classica lampadina le si fosse accesa nella testa.
-
“Allora è lui! – pensò
divertita –
Però! La colombella questa volta ha volato alto, si capisce
che ne è uscita
malconcia!”
Intanto,
mentre rifletteva su questo,
l’espressione addolorata ed ansiosa di quel bel viso le
fecero capire di avere
di fronte un uomo innamorato. Stava per rispondergli, quando dalla
porta
entrarono Federica e Raimondi. Quest’ultimo appena vide
Massimo pensò che fosse
stato mandato da Doria e l’aggredì quasi.
-
Corona, guardi che l’ho già detto al
suo capo stamattina: è inutile che mi stiate addosso, io sto
facendo del mio
meglio. Cosa ci posso fare io se ho questo staff? - si
lamentò - Uno che non ha
pronti i dati, una che si è fatta soffiare la sala e
quest’altra qui che si fa
venire il mal di testa proprio il giorno in cui doveva rientrare dalle
ferie –
aggiunse indicando con rabbia la scrivania vuota di Chiara.
-
Ma lei saprà cavarsela lo stesso –
gli rispose l’ispettore
con un
sorrisetto gelido – D’altra parte le strategie
delle grandi battaglie le
preparano sempre i generali, non certo i soldati. Sono sicuro che lei
da bravo
capo qual è saprà infondere ai suoi soldati la
calma necessaria per ottenere la
vittoria. Non è così?
Aveva
usato quei termini pomposi per
metterlo volutamente in ridicolo e l’altro, un po’
interdetto e senza sapere
cosa rispondere, si limitò a rivolgersi a Rossana.
- Vieni dentro, devo
dettarti una lettera – le
ordinò e si allontanò senza neanche salutare.
-
Ti darei un bacio, lo giuro – gli sussurrò
quest’ultima mentre, armata di notes e penna, si affrettava a
seguire il
principale.
Rimasti
soli, Massimo guardò Federica.
-
Che cos’ha? Perché non è venuta a
lavoro? – le chiese implorandola con gli occhi.
-
Questo dovresti saperlo più tu che io
– gli rispose l’altra, piuttosto gelida -
Già ieri stava male ma quando l’ho
sentita poco fa stava davvero uno straccio. Perciò sono io a
chiederlo a te: si
può sapere che accidenti le hai fatto?
-
Dovrei dirti piuttosto cosa non le ho
fatto, ma adesso devo correre da lei – concluse
in fretta, poi aggiunse
- Fammi
un piacere, Fede, telefona a Sara Cori e fammi mettere in ferie per
oggi.
Grazie, io scappo.
Dopo
un poco Rossana ritornò in ufficio
e guardando la collega commentò:
-
Che fine ha fatto Massimo? È andato
da Chiara forse? E pensare che mi sono fatta tutte le ferie con lo
scrupolo di
averla lasciata da sola alle prese con l’ispettore quella
mattina del 14 agosto
ed invece … meno male che me ne sono andata prima.
-
Credi? – le chiese l’amica perplessa ma
anche sollevata perché, a quanto pareva, aveva capito tutto
senza bisogno di
indiscrezioni da parte sua.
-
Stammi a sentire, quello ha tutto
l’aria di esserne innamorato. Beata lei! Ma forse tutto
sommato non la invidio:
sai che fatica si fa a tenersi uno così, specialmente per
una come Chiara così poco
sicura di sé - continuò Rossana.
-
Che faccio, la chiamo e glielo dico
che sta andando da lei? -
le chiese
l’altra, contenta di non dover decidere tutto da sola.
-
Scherzi? La conosci
bene la nostra Chiaretta. È capace
di mettere su una delle sue strategie difensive e di mandarlo in
bianco, quel
povero ragazzo. Facciamoci i fatti nostri e lasciamoli a sbrigarsela da
soli.
Aveva
ragione. Federica pensò di aver
fatto male a non fidarsi di Rossana perché era una donna
intelligente e molto
più profonda di quanto non sembrasse.
**
Anche
arrivare a casa di Chiara fu
un’impresa non da poco. Un corteo di disoccupati aveva finito
di bloccare del
tutto il traffico già in tilt dalla mattina e per giunta la
metropolitana era
guasta.
Per
fortuna una giovane vigilessa, a
cui peraltro Massimo apparve come una visione di sogno in quella
mattinata di
merda, fu molto gentile e gli spiegò come doveva fare per
raggiungere a piedi la
funicolare che lo avrebbe portato al quartiere dove abitava la ragazza.
Quando
ci arrivò erano quasi le dodici
e trenta, ma dopo l’inferno attraversato, la tranquilla
strada residenziale gli
sembrò come un‘oasi di pace. C’era una
scuola elementare da cui erano appena
usciti due bambini che entrarono nel palazzo di lei. Ne
approfittò per entrare
dietro di loro senza annunciare la sua visita.
Al
suono del campanello Chiara sospese spazzare
il parquet. Doveva essere la signora Teresa che forse aveva udito il
rumore e
desiderava controllare. Era una bella scocciatura, ma d’altra
parte la vicina
si era presa molte premure per lei
quando la primavera precedente si era beccata
l’influenza. Non
era proprio il caso di non aprirle. Ad
ogni buon conto decise di non posare la scopa e di non togliersi
nemmeno i
guanti di gomma per dimostrarle di essere indaffarata a fare le pulizie
di casa
e non avere quindi tempo per le chiacchiere.
Aprì
l’uscio con disinvoltura e per
poco non le prese un infarto quando vide Massimo con la giacca su di
una spalla,
i capelli bagnati ed un’espressione indecifrabile sul viso.
Non riuscì né a
parlare né a spostarsi per lasciarlo entrare, tanto che lui
le chiese:
- Mi fai entrare o restiamo
così sulla porta?
Senza
fiatare si fece da parte, lo fece
entrare e richiuse l’uscio alle sue spalle, appoggiandosi
alla porta come se
stesse per cadere. Alla fine trovò la forza di sussurrare:
- Che ci fai qui?
-
Una prova, sto facendo una prova. –
le rispose molto seriamente ed al suo sguardo interrogativo,
proseguì - Ho affrontato
il traffico, la metropolitana rotta, un corteo di disoccupati. Sono
stanco,
affamato, bagnato e nervoso. E poi Doria sta come un pazzo per non
parlare del
tuo capo il quale sembra addirittura una belva. In quanto a te -
soggiunse
guardandola dalla testa ai piedi, compresa la scopa che si era
dimenticata di
posare – non mi pare tu sia al top del fascino muliebre
…
-
E allora? – chiese la ragazza con un
filo di voce.
-
Se ti amo così tanto dopo tutto
questo, vuol dire che ti amerò per sempre - concluse lui con
un sorriso che gli
illuminò il viso fino a quel momento serissimo.
-
Ma tu … ma io … ma ieri sera … -
riuscì soltanto a balbettare Chiara tremando
dall’emozione.
Nell’ingresso
c’era una bassa consolle
sulla quale la ragazza teneva sempre una composizione di fiori secchi
che però
quel giorno non c’era perché la stava spolverando
in cucina. Massimo le prese
la scopa dalle mani e l’appoggiò delicatamente al
muro dopodiché prese Chiara, la
sollevò tra le braccia come una bambina e la mise a sedere
sul mobile senza che
lei muovesse un solo muscolo per impedirlo. Le divaricò le
gambe e le si fece
vicino con il busto, impedendole così di cadere. Ora il viso di lei era
più in alto per cui
dovette alzare gli occhi per guardarla.
-
Ieri sono stato un cretino. Che vuoi
farci, io sembro perspicace ed intelligente ma in realtà
sono assai tonto. E
poi non sopporto le
lacrime, la
sofferenza e gli amori tragici, per non parlare delle passioni
sconvolgenti che
mi fanno addirittura scappare! Ma in fondo che motivo abbiamo noi due
per
essere infelici? Tu hai detto di amarmi nonostante tutti i miei difetti
ed io
mi sono accorto di amarti da morire. Anzi… –
aggiunse con un sorriso simpatico ed
alzando le sopracciglia – quale morire!? Sono sicuro di
amarti tanto da poter vivere
con te una vita intera ed essere
sempre felice come lo sono oggi!
-
Sei sicuro? Ma come, così
all’improvviso? - obiettò la ragazza con un filo
di voce mentre gli teneva gli
avambracci sulle spalle, senza poterlo toccare a causa dei guanti di
gomma.
-
Improvviso? Oggi fa un mese che ci
siamo incontrati. Non te lo ricordi più?
-
Certo che me lo ricordo!
Gli
aveva rivolto uno sguardo così
carico d’amore che l’uomo non riuscì a
trattenersi e le baciò le labbra più e
più volte, intercalando i baci alle parole:
-
Cosa … volevi …
allora … che … una testa
… di cavolo … come
me … ci mettesse meno di un mese … a capire
… che la sua vita … era cambiata …
a causa di … una streghetta …?
A
questo punto Chiara non si
trattenne più
e serrandogli la testa con
l’avambraccio, lo costrinse ad incollare la bocca alla sua in
un bacio profondo
a cui si abbandonò con tutta l’anima.
Massimo
si infiammò subito e
prendendola di nuovo in braccio, la portò di peso nella
stanza dove la buttò di
traverso sul letto ancora disfatto.
Si
tolse i vestiti gettandoli sul
pavimento e lo fece così in fretta che nel frattempo la
ragazza era appena
riuscita a togliersi quei maledetti guanti di gomma e la maglietta.
Allora
l’aiutò a togliersi il reggiseno, poi la fece
stendere e con le mani impazienti
le slacciò il pantaloncino sfilandoglielo insieme agli slip
per fare più in
fretta mentre lei sollevava il bacino per agevolarlo. Quando fu
spogliata, si
distese
accanto a lei, prendendola tra le braccia, ma se ne stette immobile, il
bel
viso stravolto dal desiderio a poca distanza dalla sua faccia. Con una
mano le
teneva il mento e la guardava con gli occhi diventati di un azzurro
cupo per le
emozioni che gli attraversavano l’anima.
Aveva
sempre pensato che l’espressione
“possedere una donna” fosse esagerata. Come si fa
possedere un altro essere?
Eppure in quel momento, lo sguardo innamorato perso in quello di
Chiara, i loro
respiri che si confondevano, ebbe
la
certezza che sì, lei era sua come nessun’altra
prima, lui stesso le apparteneva
ed insieme erano una sola cosa in un meraviglioso completamento
reciproco.
Avrebbe voluto fermare quell’istante, ma la bella bocca
così vicina alla sua lo
attirava come un frutto goloso. La baciò e nel farlo si
abbandonò con foga alla
passione perché una tale frenesia aveva bisogno di sfogarsi
altrimenti lo
avrebbe fatto impazzire.
La
ragazza intuì che quella volta
non ce
l’avrebbe fatta a stare dietro al
suo impeto. Era travolto dall’ardore, era una forza della
natura, come la
pioggia che adesso picchiava violenta sui vetri. Ma
non le importava. Lei, come la terra inaridita da tanta
siccità, se ne sentiva
vivificata mentre lo stringeva forte e gli accarezzava con tenerezza la
schiena
e le spalle. Anche se in futuro sarebbe stata con lui tantissime altre
volte ed
avrebbe avuto un godimento mille volte più grande, mai più avrebbe
provato una gioia simile perché in
quel momento Massimo la stava amando
davvero,
non solo nel corpo ma anche nell’anima.
Quando
si placò, non lo lasciò
andare ma se lo tenne stretto, carezzandogli
la nuca mentre se ne restava con la guancia contro la sua morbida di
barba. Quando
infine lui sollevò il viso a guardarla, Chiara
notò che i suoi occhi, dopo l’appagamento
dell’amore, avevano ripreso
la
limpidezza di un mare cristallino.
-
Perdonami, – le sussurrò – mi sono
comportato come un selvaggio, ma non ce l’ho fatta a
trattenermi di più, ti
desideravo troppo!
La
ragazza provò un brivido d’amore e
scostandogli i
capelli dal viso un po’
sudato, gli mormorò:
-
È stato bellissimo, tesoro mio, è
stato meraviglioso.
Un
sorrisetto divertito gli increspò
le labbra per poi illuminargli il
viso mentre assumeva quella sua espressione malandrina così
seducente.
- Bene!
Se mi hai trovato meraviglioso anche quando le mie
capacità amatorie sono
state così scarse vuol dire che abbiamo superato
un’altra prova! – le disse
ridendo.
-
Ma che dici, non ti
capisco. Cosa sono queste
“prove” di cui stai parlando da quando sei venuto?
– gli chiese.
-
Come, non ti ricordi di quella volta
a Sorrento? Le prospettive che avrebbero fatto scappare persino Romeo?
Ebbene,
come vedi siamo qui, nonostante oggi sia andato tutto storto.
Però adesso
– s’interruppe per darle un bacio
tenerissimo – voglio
sottoporti ad un’altra prova. Lo so che ti piacerebbe che
restassi a farti tante
coccole, ma io adesso mi alzerò ed andrò a fumare
una sigaretta sul terrazzo.
Sto morendo dalla voglia!
Si
alzò a sedere sul
letto e, raccattando i suoi indumenti
dal pavimento, cominciò a rivestirsi.
Chiara
si mise in ginocchio dietro di
lui, lo cinse con entrambe le braccia e gli riempì di baci
il collo e le spalle.
-
La puoi fumare anche qui la tua
sigaretta, scemo! – gli disse piena d’allegria.
-
Nooooo in camera da letto! -
le fece voltandosi a guardarla e fingendosi
scandalizzato – E poi
qualche piccola prova dobbiamo pur lasciarla per il futuro
o le vogliamo
fare tutte oggi?
Le
lanciò un bacetto con la punta delle
dita e se ne andò fuori.
**
Chiara
rimase ancora un po’ a
crogiolarsi nel letto disfatto, poi andò in bagno a lavarsi.
Indossò una
vestaglietta azzurra e si ravvivò i capelli.
Pensò di truccarsi un po’, ma poi
decise che se Massimo l’amava, doveva amarla così
al naturale, anche se era
brutta.
Ed
invece non era brutta affatto. Il
colore della vestaglia le ravvivava il colorito e gli occhi le
brillavano come
un cielo di notte perché la felicità li accendeva
del bagliore delle stelle.
Raggiunse
il suo uomo sul terrazzo.
Aveva
smesso di povere e c’era un
profumo molto intenso di terra bagnata mentre il cielo grigio si
rispecchiava
nel mare minaccioso.
Massimo
era appoggiato alla ringhiera e
guardava il panorama. Stava ancora fumando.
-
“Deve essere già la seconda sigaretta.
Dovrebbe proprio toglierselo questo brutto vizio!”
– pensò Chiara.
Però
si pentì subito di aver avuto quel
pensiero: doveva cercare
di controllare
le proprie manie e paure, provare
ad
essere più tollerante e comprensiva, meno rigida, usare
tutta la sua volontà
per evitare che quell’uomo meraviglioso si stancasse del loro
rapporto. Però,
se nonostante tutti i suoi sforzi alla fine sarebbe accaduto
… pazienza, almeno
avrebbe vissuto di sicuro con lui il più bel periodo di
felicità che la vita
poteva mai riservarle.
Trepidante,
si avvicinò, lo prese
sottobraccio e gli appoggiò il capo sulla spalla.
Lui
si voltò a guardarla e le sorrise,
beandosi della felicità che le leggeva negli occhi.
Le
disse:
-
Stavo pensando: chissà se la
tua amica Roberta ti venderebbe tutto
l’appartamento.
-
E che me ne faccio, sono 140 mq, non
credi che sarebbero un po’ troppi per me sola?
-
Veramente stavo pensando anche che
potrei venire a vivere qui con te e
lasciare quell’albergo così
squallido. Che ne dici, mi sopporteresti?
Chiara
si sentì invadere dalla
gioia.
- Ma certo! –
esclamò - Questa parte della
casa è piccolina, però ci staremo lo stesso
benissimo in due. Anzi, te lo
prometto, ti lascerò anche fumare in casa. E pazienza se
dovrò sopportare il
fumo passivo per qualche mese! - scherzò.
Massimo
la fissò dritto negli occhi.
-
E se
non si trattasse solo di qualche mese? – le
chiese molto serio.
All’espressione
stupita di lei, provò a
spiegarle.
-
L’avvocato Doria mi aveva promesso di lasciarmi
scegliere la mia sede
definitiva. Di sicuro mi accontenterebbe se gli chiedessi di venire qui. Oppure potrei accettare
l’offerta di Dario ed
andare a lavorare con lui. Insomma,
in un
modo o nell’altro potrei venire a stare a
Napoli. A questo punto, considerato
che ho qualche risparmio da parte, potremmo provare a comprare tutta la casa. Forse dovremmo
chiedere un mutuo –
aggiunse quasi con timidezza - Certo se fossimo sposati potremmo averlo
più
facilmente.
-
No, no! – si affrettò a dire lei.
-
No al mutuo o no al matrimonio? – le
chiese, fingendosi perplesso.
Ma
Chiara era troppo agitata per
afferrare il tono scherzoso con cui le aveva chiesto una risposta.
-
Non è questo – protestò - Come fai a
parlare già di matrimonio? È una cosa
così definitiva e tu detesti le cose
definitive, me lo hai ripetuto tante volte – poi abbassando
il viso per non
guardarlo negli occhi, aggiunse – Io non voglio chiederti
tanto, non ce n’è
bisogno. Ci ameremo e
basta.
-
È
vero, lo dicevo –
ammise lui – ma
adesso è tutto cambiato e solo l’idea di
perderti mi fa stare male. Se anche tu mi ami e pensi di riuscire a
fidarti di
un testone come me, matrimonio o no,
credo
che riuscirò a farti felice e ad esserlo anch’io. Che dici, ci proviamo a
restare insieme per
tutta la vita?
Non
ebbe bisogno di aspettare una
risposta, la ricevette dagli
occhi di
lei pieni di lacrime che lo guardavano con un amore immenso.
Fu
sicuro di stare facendo la scelta
giusta. Quella donna così fragile, dolce ed appassionata
sarebbe stata una
meravigliosa compagna, il terreno fertile dove piantare le sue radici e
fare
crescere i suoi frutti.
– E poi la casa
più grande ci serve,
altrimenti dove li mettiamo i nostri futuri tre o quattro marmocchi?
– mormorò.
Mentre con una mano le teneva il viso
e
con l’altra s’insinuava sotto la vestaglia a
carezzarle il tepore della pelle
nuda, le sussurrò ancora, con la bocca sulla sua:
- Anzi, sai cosa ti dico?
Andiamo subito a
farne uno!
-
Ma dai, stupidone, lo sai che non è
ancora possibile! – rise la ragazza che però
mentre lo diceva si stringeva a lui
piena di desiderio.
-
E va bene, che importa! Per il momento …
facciamo un po’ di esercizio …
FINE
Eccoci
giunte al lieto
fine! Era immancabile, questo penso lo sapevate già, ma ho
cercato di renderlo
il più possibile coerente
con il carattere
dei nostri due protagonisti e con il percorso interiore che hanno
compiuto in
questo mese. In fondo però, anche
se non
potevo lasciare soffrire ancora questi due poveretti a cui oramai
voglio bene come
se fossero due persone reali, anch’io sono molto dispiaciuta
perché con
la conclusione cesseranno questi nostri
appuntamenti serali che mi hanno dato la carica per oltre un mese.
A questo
proposito voglio
ringraziare con tutto il cuore Arte, Vale, Cricri, Pirilla, Xsemprenoi, Faith,
SweetCherry,Araba che mi
hanno sostenuta ed incoraggiato con la costanza delle loro recensioni.
Per me è
stata un’esperienza bellissima ed esaltante aprire ogni sera
la pagina e sapere
che ancora una volta le cose che avevo inventato erano riuscite a dare
un’emozione
a qualcuno. È questo quello che conta davvero per chi scrive
per diletto:
sapere di essere arrivata al cuore dei propri lettori, averli commossi
e fatti
divertire. Se ci sono riuscita è anche grazie a voi ed alla
vostra
partecipazione, resa concreta dalle numerose recensioni che mi hanno
consentito
di verificare il gradimento della mia storia.
Ringrazio
ugualmente
tutte coloro che l’hanno messa tra le seguite e le preferite
e chi la sta
leggendo. Oso sperare che qualcuna di loro, anche adesso che la
vicenda
di Massimo e Chiara si è conclusa, provi il desiderio di
dirmi cosa ne pensa, nel
bene e nel male, naturalmente .
Visto che
questa è stata l’ultima
possibilità che ho avuto di parlare con voi, per eventuali
approfondimenti mi potrete
trovare sul forum dove sono presente come KELLINA@
nella sezione “Presentazione autori”.
Grazie
ancora a tutte e…
tenetemi d’occhio perché tornerò
presto. Altro giro, altra storia!
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