Situations; This Love. di Naomily (/viewuser.php?uid=52175)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quel caffè alla quinta ora. ***
Capitolo 2: *** Allegra e le complicazioni del suo segreto. ***
Capitolo 3: *** L'ho rovinata! ***
Capitolo 4: *** Non il solito Sabato [Prima parte] ***
Capitolo 5: *** Non il solito Sabato [Seconda Parte] ***
Capitolo 6: *** Marco&Christinne. ***
Capitolo 7: *** Stranezze. ***
Capitolo 8: *** L'alcohol scioglie la lingua. ***
Capitolo 9: *** Andrea era strano, Alex era gay e papà era tornato. ***
Capitolo 10: *** Di male in peggio. ***
Capitolo 11: *** Overdose. ***
Capitolo 12: *** La vita deve andare avanti. ***
Capitolo 13: *** Una svolta decisiva. ***
Capitolo 14: *** Quando la conquisti, rischi di perderla: la felicità. ***
Capitolo 15: *** Come se tutto finisse. ***
Capitolo 16: *** Broken. ***
Capitolo 1 *** Quel caffè alla quinta ora. ***
Salve
a tutti, bella gente.
Che dire..?
Questa storia mi appartiene, è
entrata dentro e la sento mia, come non ho mai sentito nessun'altra mia
storia.
La scrivo con il cuore, ci sono ormai affezionata. C'è tutta
la
mia vita là dentro, scritta in modo diverso e ampliata ma
c'è, ve l'assicuro.
I personaggi sono miei, completamente inventati con un
pizzico di
verità. I luoghi sono interamente miei, così come
le
vicende. Questa volta non ho preso ispirazione da nessuno, lo giuro.
Ovviamente ci sono le cose ovvie: ci sono i buoni e ci sono i cattivi.
C'è il bello della situazione e ci sono gli sfigati. Ci sono
i
prof quelli che ti fanno venir voglia di spaccare il banco e ci sono
quelli che vorresti avere come genitori.
Ci sono i migliori amici, ci sono i peggior nemici. C'è
tutto.
Ogni mio personaggio presenta delle caratteristiche che ho
rubato a
persone che esistono realmente. Diciamo che sono imperfetti e mi
piacciono così.^^
Non mi importa se recensite o meno (anche se ovviamente le recensioni
le accetto con il cuore aperto) io la continuerò
perchè
ci sono dentro ormai.
Non aggiorno mai periodicamente, anche se me lo impongo sempre.
Scusate, ma scrivo solo quando ho l'ispirazione quindi non aspettatevi
aggiornamenti flash xD
Ok... vi lascio alla lettura di questo primo capitolo.
Se volete, ditemi come vi sembra, ne sarei ben contenta!^^
P.S:
i versi all'inizio appertengono agli Escape The Fate,
tradotti
in italiano.
Lo
so, ami resistere
e ci
vuole solo un bacio
semplicemente
ami odiarmi
lo sai,
ami le bugie
non fare
finta di essere sorpresa
che
semplicemente amo odiarti.
Situations;
This Love.
1.
Quel caffé alla quinta ora.
Non avrei mai pensato che
sarebbe stato l’anno scolastico più eletrizzante
della mia vita. Non avrei mai
pensato di poter stare così al centro
dell’attenzione.
Se quel giorno, quel
primo giorno di scuola, non avessi perso l’equilibrio
macchiandogli la camicia
bianca sarebbe stato il solito noioso e insignificante anno. Con i
soliti prof,
le solite facce depresse dei miei compagni e, naturalmente, le tre
gemelle,
come le chiamavamo noi.
Le tre gemelle? Clarisse,
Marie e Missi. Le tre più in
della
scuola e le tre più stupide
del
mondo, a mio parere.
Non sono realmente
gemelle. Sono solo uguali, decisamente, fatte a machinetta. Identiche.
Tutte
rosa, con fiocchetti rosa, scarpe rosa, vestitini rosa, rossetto rosa,
matita
sotto gli occhi rosa, smalto rosa. ROSA, insomma. Rosa fino alla
nausea, da vomitare.
Quando Christinne le
vedeva arrivare cominciava a masticare nervosamente la cicca, che non
mancava
mai, e batteva il pugno sul banco.
“Cazzo. Guarda le
gemelle, Jade. Le vedi?”
“Sì, le vedo, Chri. Però
calmati ti prego!” scherzavo io, ricordando perchè
le odiava così tanto. Anzi,
perchè odiava così tanto in particolar modo Marie.
“Se Marie non si fosse
intromessa quel giorno..”
“..Ora tu e Marco starete
insieme e stareste la coppia più bella del mondo.”
Continuavo io ridendo e
facendole il verso. Sempre la stessa storia, la stessa scena, gli
stessi
ricordi.
Marie e le altre due
entravano in classe, si sedevano ai soliti posti e iniziavano a
chiacchierare
per tutta l’ora.
Anche quel primo giorno,
alla prima ora, si ripetè la stessa scena.
Mi preparai a separare
Christinne e Marie dal prendersi per i capelli, mentre Marco se la
godeva da
lontano.
Marco?
Ossì. Marco. Quel Marco.
Sta arrivando Marco!
Marco? Marco il figlio del preside?
Sìì! È proprio lui.
Marco? Il figo da paura che è impegnato nella love story
più lunga della sua vita con Marie Jeffer, la figlia
dell’uomo più ricco di
DreamCity?
Yes. Sì. Oui.
Avete capito più
o meno?
No? Allora ve lo spiego meglio, gente.
Marco era il solito
figone della scuola. Quello che se le passava tutte, che rideva e
scherzava
sempre. Aveva sempre e dico sempre, la risposta pronta. E, non so dirvi
grazie
a quale miracolo di Dio, andava che era una meraviglia a scuola; in
tutte le
materie.
Ma Marco era anche
famoso. era il cantante dei LondonBoyzYa.
Famoso è esagerato. Era, diciamo, il cantante di un gruppo
rock-metal emergente della nostra città. Avevano abbastanza
fortuna, ma stavano ancora aspettando la grande opportunità,
come la chiamava lui. Stavano aspettando che qualcuno li lanciasse nel
mondo della musica. Devo ammettere che io ero la loro fan numero 2,
perchè la fan numero 1 era, ovviamente, Christinne.
“Dai cazzo, che nome
orribile!” mi diceva sempre Christinne, sputando. Quella
ragazza era l’amica
quasi perfetta; quasi perchè aveva un unico e insignificante
diffetto: era un maschiaccio. E
quando dico maschiaccio
intendo proprio maschiaccio.
Ruttava,
sputava, le parolacce non le mancavano mai, urlava, prendeva in giro e
chi ne
ha più ne metta. Aah.. vestiva esattamente come un
maschiaccio. Pantaloni rigorosamente stretti, neri, magliette lunghe e
borghie a go go. Trucco pesante e unghie
nere o blu
e qualche volta gialle. ( se erano gialle era davvero un brutto
presentimento).
Era quella la mia Christinne. Ma era perfetta così.
I LondonBoyzYa nacquero
due anni prima che succedesse tutto, per volere del bassista. Fecero
"fortuna" (mettiamo fortuna tra parentesi perchè non
è proprio fortuna, intendiamoci. Mancava tanto a quei
quattro pazzi per arrivare a suonare in televisione)
con un pezzo che Marco affermava fosse dedicato alla sua ragazza. Io
non ci credevo;
non era possibile che quella canzone così schifosamente
dolce fosse dedicata
proprio a Marie, quella schifosa oca del quarto anno. Come il mio.
Non c’erano parole più
dolci al mondo. Christinne mi aveva raccontanto che quando si stavano
frequentavano, cioè esattamente un anno otto mesi tre
settimane due giorni 23
ore 3 minuti e 12 secondi prima di tutto (Christinne teneva il conto e
mi
aggiornava sempre. Era a dir poco.. ossessionata.), lo aveva sorpreso
mentre
scriveva proprio quella canzone. Quindi,
aveva ipotizzato lei, non poteva essere dedicata di certo a Marie.
Ma questo era sempre
rimasto un mistero.
Comunque, quel giorno la
prof entrò in classe e si sedette. Sbatté il
registro sulla cattedra e,
abbassandosi gli occhiali rotondi, ci
guardò uno per uno.
“Non siete cambiati di
una virgola, mocciosetti miei.” Nessuno fiatava. La Mirilli
era la prof più
spregevole e odiata dell’istituto. Era quella che
più odiava fare il suo lavoro
di insegnate, quella che tutti avrebbero voltuto sparisse dalla faccia
della
terra.
Io personalmente la
odiavo a morte. Avevo rischiato la bocciatura per colpa sua.
“Iniziamo subito. Test a
sorpresa.” Annunciò trionfante, vedendo la maggior
parte delle facce presenti
nell’aula sbiancare di colpo.
Io fui tra quelle. Presi
un foglio e mi preparai a scrivere le sue domande a trabochetto. Non ne
azzeccavo mai una giusta. D'altronde.. la matematica non era mai stata
la mia
materia preferita.
La Mirilli si sedette e
prese il libro in mano, benché non le servisse a niente.
Iniziò a dettare le
domande.
Tutte incomprensibili a
mio parere, infatti il primo voto nella sua materia fu un tre secco.
Bel modo
di iniziare l’anno.
Quel giorno, alla quinta
ora c’era educazione fisica. Il prof Multa (sì
tutti lo prendevano in giro per
il cognome estremamente ridicolo) decise di farci fare la lezione
all’aria
aperta, così da darci la possibilità di dare
più ossigeno al nostro cervello.
“Cazzo quanto odio questa
materia.” Sbuffai andando a sedermi vicino a Christinne,
sull’erba.
“Ehm.. io vado a giocare
a calcio.” Si giustificò sorridendomi come per
scusarsi.
Sbuffai ancora e le feci
segno di andare.
Vederla giocare a calcio,
in mezzo a tutti quegli elementi sudati e puzzolenti, mi faceva amare
anche se
poco quello sport. Era così leggiadra e superiore
in confronto a quelli.
Mi faceva ridacchiare
sempre quella sua espressione concentrata mentre organizzava un piano
d’attacco. Prendeva tutto così sul serio!
Mentre parlava tutti
l’ascoltavano rapiti, pendendo letteralmente dalle sue labbra.
L’ho sempre invidiata per
questa sua particolare qualità. Aveva la forza di catturare
tutti. Era così
unica che tutti volevano conoscerla e ammirarla. Tranne le ragazze, che
sia
chiaro questo. Quelle la odiavano e basta. La trovavano poco femminile
e
trovavano quella sua amicizia con i maschi come un tradimento. I
ragazzi invece
la adoravano, letteralmente.
“Tutte cavolate, scema.
Sei tu che mi stai idealizzando!” aveva scherzato una sera
mentre avevo dato
voce ai miei pensieri.
Io non la pensavo come
lei. Ma si sapeva: lei aveva occhi solo per Marco, il ragazzo dagli
occhi scuri.
“hey Jade” mi svegliai
dai miei sogni ad occhi aperti per ritrovarmi davanti Alex.
“Siediti” gli dissi
sorridendo leggermente.
E così fece. Il
ragazzo si sedette
accanto a me.
“Peccato che non si rende conto di quanto è
particolare.” mi disse guardando
nella mia stessa direzione, cioè Christinne.
Io sorrisi ancora. Mi
faceva uno strano effetto, però, parlare di Christinne con
un ragazzo. Ero
quasi gelosa. Christinne era sempre stata mia. In un certo senso era
sempre
stata il mio unico punto stabile. Non volevo che un inutile e
insignificante
ragazzo me la portasse via. Ne tantomeno Alex, il mio cugino-amico.
Alex era
perfetto. Era bello, simpatico e, perchè no, anche guardato
dalle ragazze. Non eccessivamente, però. Ma lui era da
sempre
innamorato di
Christinne; me lo aveva confessato una volta, quando si era fermato a
dormire a
casa mia.
Gli avevo solennemente
giurato di cucirmi la bocca su questo argomento.
“Jade corri a prendermi
un caffè.” Sbuffai quando il prof mi
ordinò di andare. Avevo seriamente sperato
(e pregato) che Multa quel anno scegliesse un’altra serva.
“Agli ordini.”
Bisbigliai, alzandomi controvoglia.
“Vuoi che ti accompagno,
scricciolo?” mi domandò Alex immitandomi.
Scricciolo. Dio, quanto odiavo quel nomignolo
idiota. Ma era suo, l’aveva inventato
lui e non aveva ammesso lamentele. Era dalla terza elementare che me lo
portavo
dietro.
E in fondo, ma proprio in
fondo in fondo, avevo imparato ad amarlo.
“No no” sorrisi “ce la
farò ad attraversare la terribile giungla piena di alunni
feroci e portare a
termine la difficile missione di portare il caffè al grande
capo Multa.”
Esagerai con voce seria e accompagnando il tutto con gesti della mano.
Alex rise scuotendo la
testa. Aveva una risata strana. Quasi effeminata. Qualche volta lo
prendevo in giro, ma con amore.
Me ne andai. Dovetti
attraversare il lungo cortile della scuola.
Non c’era nessuno a
quell’ora, erano tutti chiusi nelle classi a fare lezione.
Meglio
così,
mi dissi mentalmente.
Entrai nel corridoio.
Come fuori, non c’era quasi nessuno. A parte le bidelle
ovviamente. Quelle non facevano mai un cavolo. Stavano tutto il giorno
a chiacchierare.
La machinetta del caffè
era vicino alla 5° C, ovvero la classe di Marco, di conseguenza
la classe di
mio fratello e più specificamente la classe di Adrea.
Andrea= l’essere più
insulso, idiota, insignificante e cretino che esista al mondo. Affetto
da una
malattia che si chiama ‘sessodipendenza’, non
resiste un giorno senza
passarsene almeno due nel bagno delle ragazze.
Okok, ho esagerato un
po’, ma cazzo! Era davvero così. L’avevo
capito quando in prima era uscito con
Melissa, un’amica della cugina della sorella di Christinne,
ovvero la mia
compagna di banco.
Alla fine della serata le
aveva detto che non ci sarebbe stato niente tra di loro
perchè ci era uscito
solo per aver perso una scommessa con gli amici.
La povera Melissa pianse
per giorni e giorni. Povera ragazza.
Mio fratello, anzi meglio
precisare: fratellastro. (Mia madre era sposata con il padre di Mattia.
Quindi mi
vedevo costretta a vivere con quell’essere che avevo imparato
ad adorare.) era
appoggiato al muro e mi guardava divertito.
“Oh come mai da queste
parti?” domandò, venendomi incontro. Mi
schioccò un bacio sulla guancia.
“Il grande capo Multa
desidera il caffè.” Risposi ridendo.
Tirai fuori una moneta da
cinquanta.
“Piuttosto.. come sono
andate queste prime ore, fratello?” gli chiesi io aspettando
che il bicchiere
si riempisse di caffè.
“Bene, sorella.” Rispose
semplicemente mettendisi la mano nei capelli.
Brutto segno quello.
“Due in storia. Quella
brutta pelata mi ha interrogato.” Confessò
sospirando abbattuto.
“Ti copro io a casa.
Falsificalo in qualche modo.”
I suoi occhi si
illuminarono. “Ti devo un favore, cazzo!”
esaltò ridendo. Risi con lui.
“Io vado. Ci vediamo
magari all’intervallo?” lo salutai con la mano
libera, mentre nell’altra tenevo
il caffè, attenta a non rovesciarlo.
“Va bene.” Mi scompigliò
i capelli e sparì anche lui in classe.
Lo adoravo. Era il
fratellastro migliore che esistesse al mondo. Con me era semplicemente
dolce.
Era protettivo,
estremamente protettivo. Ma mi piaceva così; sapere che
avevo una persona che mi
avrebbe aiutata in qualsiasi circostanza mi rendeva sicura di me. Era
anche grazi a lui che avevo acquastato una certa fama a scuola, dovevo
ammetterlo. A quei tempi tutti facevano a gara per entrare nella top
ten dei più popolari della scuola. Inutile dire che al primo
posto c'era Andrea. Per secondo troviamo Mattia e terzo Marco. Al
quarto c'era Marie e poi io al quinto posto. Lei me lo faceva notare
ogni qualvolta ne aveva l'opportunità. Tra di noi c'era
sempre stata una specie di guerra, che, tristemente, vinceva sempre
lei. Il perchè è ovvio. Lei stava insieme a Marco.
Mi girai velocemente
ricordando che il prof aspettava il caffè.
Pardon. Ricominciamo: mi girai troppo
velocemente. Tanto velocemente da non vedere nemmeno chi mi camminava
davanti.
Quella persona mi finì
addosso, facendomi rovesciare il caffè sulla maglietta.
Dopo che mi ripresi dalla
botta mi rialzai velocemente.
“Guarda dove cammini!” mi
urlò in faccia quello.
Quello? Non poteva essere quello!
Non quello, per favore.
Girava tutto. Intorno a
me girava tutto, cazzo.
Andrea era lì davanti,
incazzato nero. Scusate il termine, ma sono le uniche parole che mi
vengono in mente per descriverlo in quel momento.
Gli avevo rovesciato il
caffè sulla camicia bianca. Bianca!
Bene, mi dissi
mentalmente, perfetto Jade.
“S-Scusa!” balbettai
cercando di riprendermi. Andrea non mi faceva di certo bene. Era
così bello e
terribilmente affascinante con la camicia mezza sbotonata.
Cosa?!
Stop. Non andava bene.
Per niente, cavolo. Gli avevo rovesciato il caffè sulla
camicia. Mi odiava, lo
capivo dai suoi sguardi.
Stava urlando qualcosa,
ma io non sentivo. Io vedevo. Vedevo i suoi occhi azzurro-grigi. Li
vedevo
farsi sempre più grandi e scurirsi. Non mi importava niente
delle sue accuse.
Lì, immersa nel suo
azzurro del cielo e grigio delle nuvole stavo bene.
Mi facevo pena, ma era
così.
Andrea era il migliore
amico di mio fratello Mattia e di Marco. Capitava spesso che casa mia
si
riempisse del suo profumo. Quando Mattia li invitava per studiare o per
fare chissà quale cosa che solo i
maschi sanno
(come diceva sempre Christinne) io me ne stavo chiusa in camera mia e
tremavo.
Sì, tremavo.
Perchè ogni volta che lo
vedevo crollavo. Tutte le mie difese crollavano.
Lo odiavo sì, perchè era
presuntuoso e stupido. Ma allo stesso tempo lo desideravo.
Andrea aveva iniziato a
piacermi in prima superiore quando mio fratello lo aveva portato a casa
nostra.
Si sarebbe fermato da noi anche per cena.
All’epoca avevo quattordici
anni portati abbastanza male: apparecchio, occhiali da vista e
parecchio
brutta.
Lui mi aveva guardata per
un po’ e poi si era presentato.
“Assomigli ad Ugly
Betty, sai?” mi aveva detto ridendo. Mio fratello gli aveva
dato
ragione.
Io lo guarai male e me ne
andai in camera mia. Piansi per ore e ore capendo che non sarei mai
pututa
essere la sua ragazza ideale, brutta come ero.
Dai, portate pazienza.
Ero piccola e indifesa, non conoscevo ancora il mondo fuori.
“Oh ma ci sei?” mi
domandò, passandomi più volte la mano davanti
agli
occhi.
“Cosa?” domandai,
rendendomi conto della figura strepitosa appena fatta.
“Ti ho detto che fa
niente, ma ora come la tolgo questa macchia?”
ripeté esasperato, indicando
l’enorme macchia marrone sulla camicia.
“E io che ne so?”
domandai, realizzando che quello che avevo davanti era Andrea, il
ragazzo
affetto dalla sessodipendenza. Non
l’avevo ancora perdonato per quella battuta di tanti anni fa,
nonostante in
fondo Ugly Betty non avesse niente
a
che fare con me.
Mi guardò male, molto
male.
“Sai che ti dico?
Lasciamo stare, ok?” sbuffò e fece per andarsene.
“Se vuoi te la posso lavare
io.” Dissi, fermandolo a merà strada, stupendolo,
e
stupendomi.
Cazzo avevo appena detto?
Se vuoi te la posso lavare io? Ma
dai. Perchè il mio lato gentile veniva fuori nei casi
peggiori? E poi come
facevo a togliere via una macchia del genere?
I suoi occhi diventarono
due fessure e vidi due rughe formarsi sulla sua fronte.
Si riavvicinò a me.
“Non è che hai intenzione
di infettarla di germi o robe del genere?”
Rimasi a bocca aperta.
Era pazzo. Era l’unica speigazione plausibile che il mio
cervello era in grado
di elaborare.
“Tieni.” Mi mise tra le
mani la camicia.
Cercai di dimenticare che
era davanti a me mezzo svestito. Guardai da un’altra parte.
Deglutì e la strinsi a
me. Tentai di fargli notare che era mezzo nudo e se il la preside lo
avesse visto lo avrebbe, come minimo, sospeso.
“Mattia ha sempre una
maglia di cambio. Gli chiederò di prestarmela.”
Disse vedendo la mia faccia
sconvolta.
Se ne andò sbuffando e
blaterando qualcosa di incomprensibile a me.
Se ne andò lasciandomi
lì, in mezzo al corridoio con il suo profumo tra le mani.
Il miglior profumo del mondo.
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Capitolo 2 *** Allegra e le complicazioni del suo segreto. ***
Bella
gente!
Eccovi
qui il nuovo capitolo.
Prima
di tutto ringrazio a chi l'ha messa tra i preferiti e tra le seguite:
mi rendete felice ^^ Poi
ringrazio tantissimo a 95_angy_95
che è stata così gentile da recensire! Mi fa
piacere che lo scorso capitolo ti è piaciuto. Di questo che
ne dici?
Ora vi lascio alla lettura di questo capitolo.
Bacio, a presto.
2.
Allegra
e le complicazioni del
suo segreto.
Sbuffai per
l’ennesima volta
giocando svogliatamente con
un pezzo di pane.
“Jade
che hai?” domandò Christinne,
ormai esasperata.
“Questo.”
Le misi sul tavolo la camicia di Andrea. Ovviamente , dopo essermi
guardata bene in giro, pe rnon essere vista da qualcuno.
“Non
ho il potere divino di leggere nel pensiero,
purtroppo.” Scherzò Christinne.
“E’
di Andrea della 5°C. Gli ho rovesciato
il caffè
addosso e ora devo lavargliela.”
“Andrea?”
chiese Christinne ancora senza capire.
“Andrea?! Quel Andrea?” realizzò.
“Sìsì
ok sono una cretina. Ora mi
aiuti?” dissi
scocciata.
“Non
so come aiutarti.. mi dispiace”
Io sbuffai.
“Ciao
ragazze.” Alzai la testa e vidi Allegra
sedersi
accanto a me.
“Ciao”
salutammo noi in coro.
Sbuffai
demoralizzata.
“Che
hai, tesoro?” mi domandò lei
iniziando a mangiare
una mela.
“Deve
smacchiare questa camicia, che è di Andrea
della
5°.” Spiegò Chri divertita. Io la guardai
male.
“Andrea?
Quell’Andrea che penso io?”
“Proprio
quello.” Rispose sempre Chri.
Io sbuffai.
“Ti
aiuto io. So un metodo infallibile. Mia nonna lo usa
sempre”
“Allegra!
Ti hanno mandata dal Cielo!” esclamai
abbracciandola. Quella ragazza era unica.
Nonostante
avesse tanti problemi e non soridesse quasi
mai era una persona fantastica.
Era una
ragazza alta, magra e portava i capelli lunghi e
biondi. Occhi azzurri, tanti ragazzi la sognavano.
La invidiavo
quasi... era bella e estremamente desiderata
e aveva troppo problemi da gestire però ce la faceva sempre.
Teneva testa a tutto. Era un esempio da seguire.
“Oggi,
dopo scuola, vieni a casa mia e ti
aiuto.”
E mi
sorrise. Mi baciò la guancia e sparì dietro
la
porta, lasciando lì tutto il cibo.
“Non
trovi che mangi troppo poco in questi giorni?”
mi
domandò Christinne poco dopo, mentre buttavamo il cibo
rimasto.
“Già,
l’ho notato pure io. Secondo me
è successo
qualcosa..” ipotizzai.
“Dici
che doveremmo chiederle spiegazioni?” chiese
lei
mentre uscivamo in cortile a prendere un po’ d’aria.
Ci sedemmo
sulla nostra panchina.
“Inutile.
Conosci Allegra, non ci direbbe niente.” Dissi dopo averci
pensato un po’ su.
“Però
sai la cosa strana
qual’è?” iniziò a parlare
Christinne mentre si accendeva la sigaretta. “Ingrassa. Hai
visto che pancia che ha messo su nelle ultime settimane?”
continuò lei aspirando.
“E’
preoccupante.” Dissi allarmata.
In
lontananza vidi mio fratello arrivare. Era da solo.
Mi
salutò sorridendo. Ricambiai.
“Hey.
Il fumo fa male” rimproverò
Christinne, quando ci
fu vicino.
“Ma
se pure tu fumi!” esclamò lei
ridendo.
“Hai
ragione.” Realizzò lui rubandole la
sigaretta dalle
mani.
“Il
fumo fa male sul serio, ragazzi.” Dissi io
facendo
spazio a Mattia sulla panchina.
Lui si
sedette e mi diede un buffetto sul naso.
“Mi
ha raccontato Andrea cosa hai combinato.” Se ne
uscì
all’improvviso.
“A...
Ah sì?” domandai con voce tremante.
“Calmati!
Gli hai solo versato il caffè sulla
camicia.”
Rise abbracciandomi.
Io sbuffai,
rossa in viso.
Se solo lui
avesse saputo che Andrea mi appariva sempre
nei sogni e mi sorrideva.
Ma non
sapeva. E non avrebbe dovuto sapere. Mai.
“Ha
detto che se non gli riporti la camicia bianca come
lo era prima ti rovina la reputazione.” Mi informò
Mattia accendendosi una
sigaretta. Giocò un po’ con il fumo, aspettando
una mia
risposta.
“Domani
gliela riporto, come nuova, vedrai.” Dissi,
cercando di convincere più me che lui.
Dovevo. Se
gliela rovinavo lui rovinava me. E non volevo
questo, giusto? Ovvio.
Volevo solo
che si riprendesse quella maledetta camicia e
se ne ritornasse dalle sue mille ragazze.
“Lo
spero per te.” Scherzò lui
scompigliandomi i capelli.
Io feci lo stesso con i suoi. Erano ricci e castani, quel giorno erano
parecchio scompigliati e in disordine.
Negli ultimi
giorni non si curava tanto e non stava mai
attento a quello che indossava. Era sempre pensieroso e spesso si
distraeva.
“Come
va con Elisa?” domandai io per cambiare
argomento.
Elisa era la
sua cosidetta ‘ragazza’. Non so se era
giusto definirla così, dato che stavano insieme solo per
divertimento. Non era
seria la loro relazione, me l’aveva confessato Mattia un
giorno.
Stava
tentando di trovare una risposta adatta. Aveva una
smorfia divertentissima in volto mentre si sforzava.
“Uhm...
non tanto bene, sai?” disse infine
continuando a
consumare la sigaretta.
“Come
mai?” si intromise Christinne. Mattia e
Christinne
erano amici da sempre. Mi ricordo che da piccola giocavamo sempre
insieme,
prima ancora che mamma si sposasse con il mio attuale patrigno.
“Non
so... non mi attira più e basta. Mi sono
stufato..”
cercò di spiegarsi.
“C’è
un’altra.”
Dissi io senza guardarlo. Capivo sempre
mio fratello quando era innamorato. Con Elisa non c’era
niente. Era solo una cosa provvisoria,
fin quando avrebbe trovato la sua anima gemella.
“In
effetti.” Mi diede ragione Christinne, annuendo
convinta.
“Ma
com’è che capite tutto
voi?” si insospettì Mattia,
sbuffando divertito.
“Chi
è?” domandammo in coro
io e Christinne mettendici
davanti a lui.
“Non ve lo dico!” esclamò lui,
guardandomi.
Cercai di decifrare il suo sguardo ma vedevo solo
decisione.
Non ce l’avrebbe detto così facilmente.
“Dai.. per favore” insistette Chri.
“No, scordatelo.” Ribattè lui, sulla
difensiva.
“Ok ok, calmi, non litigate. Hai ragione Matt, sono
affari tuoi.” E gli sorrisi sincera.
“Non farete nessun indagine, vero?” si
assicurò lui,
guardandoci con sospetto.
Io scossi la testa, cercando di essere convincente.
Lo stesso fece anche Christinne.
“Lo spero davvero per voi, piccole pesti!”
esclamò,
guardandoci male. Ancora non era convinto del tutto.
Oh.. piccolo e indifeso Mattia. Non sai quello che
ho in mente io. Non vuoi
dirmi chi ti piace? Allora lo soprirò da sola.
Gli sorrisi e lo
abbracciai.
“Ora
vado. Mi aspettano ben due ore di Lettere. Non buono.”
Esclamai
sconsolata.
“Arrivo
anche io, Jade.”
“Mi
lasciate qui da solo?” domandò,
fingendosi offeso.
“Che
fai? Non vai a lezione?” chiese Chri.
“Ohh
Matt! Non t’azzardate a tagliare ancora eh! Lo
dico
a mamma!” lo minacciai andandogli vicinissima.
Mi alzai
sulle punte per poterlo guardare meglio negli
occhi. Aveva degli occhi stupendi, di un verde intenso e unico. Li
adoravo,
ogni volta mi ci perdevo.
“Dai
piccola, non rompere. Non ho voglia di fare
lezione!” si lamentò sbuffandomi sulle labbra.
Io mi
allontanai di poco. “Lo dico a mamma.”
Ripetei
sicura.
Lui
sbuffò ancora e mi guardò negli occhi:
“Ti prego. Ti
prego, non dirlo a mamma.” Mi implorò unendo le
mani a mò di preghiera.
Io sbuffai
scocciata.
Avrebbe
perso l’anno così. Non poteva continuare a
bigiare, quell’idiota di un Mattia, senza cervello.
Rischiava
davvero l’anno. Ed era solo all’inizio.
Il
primo giorno.
“Solo
questa volta, Matt.” Lo avvertii
avvicinandomi per
dargli un bacio sulla guancia.
“Grazie,
piccola peste.” Sussurrò
abbraciandomi.
Ricambiai
l’abbraccio e mi staccai per raggiungere
Christinne, che era già nel corridoio.
“Ehm...
Jade?” mi fermò afferrandomi per
il polso.
Io
indietreggiai e mi scontrai con i suoi occhi.
“Cosa?”
sussurrai, sorridendo leggermente.
Cazzo, mio
fratello era il ragazzo più dolce del mondo.
Come potevano dire certe ragazze della scuola che era un mostro senza
cuore?
Come potevano offenderlo così?
Mio fratello
il cuore ce l’aveva. E batteva. E sentivo
che era tutto per me quel battito.
Lo sentivo
ogni volta che la sera andavo da lui per
dargli la buona notte. Mi abbracciava e sentivo che quel cuore batteva
per me.
Mio fratello, il mio fratellastro, mi adorava e io adoravo lui. Ne ero
certa.
Nessuno in
quella scuola aveva un rapporto come il
nostro.
“...
niente..” sorrise, anche se comprendeva solo
l’alzare i lati della bocca. Quel sorriso non era sincero, a
differenza di tutti gli altri
che mi aveva sempre regalato.
Ecco che
quel presentimento si faceva di nuovo vivo e mi
faceva venire i brividi.
“Matt?”
lo chiamai avvicinandomi a lui.
“Sì?”
fu solo un sussurro.
“Cosa
succede?” domandai semplicemente, sapendo che
avrebbe capito.
Lui sorrise
ancora, scostandomi una ciocca.
“Niente,
piccola peste. È solo che... uh.. sai
com’è, no?
Elisa mi fa saltare i nervi ma non ho il coraggio di
lasciarla.” Mi confessò
abbasando la testa.
“Hey..”
sussurrai alzandogli il viso. “Io
ci sono, lo sai
vero?”
“Lo
so lo so.” Mi rispose sorridendomi.
Gli baciai
ancora una volta la guancia e mi allontanai.
In classe
stavano tutti scrivendo sotto dettato. La
professoressa Kent mi sorrise appena varcai la soglia della classe.
La Kent
aveva l’abitudine di lasciare sempre la porta
aperta, mentre facevamo lezione.
“Come
mai in ritardo, Jade? Stai male per caso?” mi
chiede lei, dando il tempo ai compagni di riposarsi la mano.
Io le
sorrisi di ricambio e finsi un malore allo stomaco.
Non mi conveniva dirle il vero perchè
ero in ritardo.
“Oh...
niente di grave, prof. Solo un leggero mal di
pancia. Sta già passando.”
“Allora
vai a sederti e prendi un foglio. Copia dalla
compagna e quando sei pronta dimmelo.” Annuì
andando a sedermi in fondo alla classe.
La
mia compagna di banco, Melissa, mi diede il suo foglio
e io iniziai a copiare, sotto lo sguardo vigile e dolce della Kent.
La
professoressa Kent era una signora di mezza età,
piuttosto bassa e magrolina.
Se li
portava bene i suoi 48 anni. Era gentile e, a
differenza della maggior parte degli altri prof, si preoccupava per i
suoi
studenti.
Era
estremamente dolce e cercava sempre di trattarci
bene.
Era la mia
seconda madre. Abitando accanto a me, la
vedevo spesso, e ci fermavamo a chiacchierare un po’. Per me
era più di una
semplice prof.
“Sono
pronta, prof.” Le dissi mentre ridavo il
foglio a
Melissa.
Lei
annuì e riprese a dettare.
Alla
fine della lezione uscii in
corridoio. Mi stavo
diriggendo in bagno.
Entrai e mi
chiusi la porta alle spalle.
Il primo a
destra era occupato.
Quindi feci
qualche passo verso quello accanto, ma
qualcosa mi fermò: dei singhiozzi.
Mi abbassai
e riuscii a vedere delle scarpette rosse.
Erano quelle di Allegra.
Senza
pensarci due volte aprii la porta e la vidi, lì per
terra, piangente e tremolante.
“Allegra...”
sussurrai cadendo accanto a lei e
abbracciandola.
“Cosa
succede?” le domandai accarezzandole il volto.
Aveva gli
occhi rossi a causa del pianto.
“N-Niente..”
disse tra i singhiozzi.
Con la
manica della felpa si asciugò le lacrime.
Si
alzò in piedi e tirò l’acqua,
velocemente, come se
volesse nascondermi qualcosa.
Non
mi
guardò
neglio occhi. Mi alzai anche io e la seguii. Si appoggiò al
lavandino. Per un
secondo rimase ferma così, poi riprese a singhiozzare,
sempre più
violentemente.
Io la
abbracciai. Stava così male... tutto il
corpo
scosso da improvvisi tremiti.
Mi abbracciò senza dire niente.
Affondò la testa nei miei capelli.
Poi improvvisamente si staccò e corse ad abbracciare il
water.
Vomitò. Io andai a tenerle la testa e i capelli.
Quando fu completamente vuota mi guardò finalmente negli
occhi.
Vidi tristezza e paura. Tanta, troppa paura. Non era
giusto che Allegra soffrisse così senza che io ne sapessi il
motivo.
Volevo aiutarla.
“A me puoi dirlo, Allegra.. lo sai che di me ti puoi
fidare.” Parlai con calma, lentamente.
Lei annuì e si portò le mani alla pancia.
Una smorfia le deformò il bellissimo volto.
“Quattro mesi fa...” iniziò
singhiozzando.
Si sedette per terra e continuò ad accarezzarsi la
pancia.
“Quattro mesi fa?” la intimai a continuare.
“Ero ad una festa con mia cugina, quella americana che tu
odi tanto.” E cercò di sorridere.
“Lì conobbi ... conobbi un ragazzo. Volevo
divertirmi e visto che lui era disposto... beh... oddio.” Si
coprì il volto con
le mani e riprese a singhiozzare.
“Se non vuoi non continuare, non sei obbligata.” Le
dissi
sedendomi accanto a lei.
“Così, ubriachi marci tutti e due... beh.. hai
capito no?
Solo che io... sono una cazzo di incosciente. ..
così..” si fermò per
riprendere fiato.
Io sgranai gli occhi, intuendo già quello che da
lì a
poco mi avrebbe detto.
“due settimane settimane dopo feci il test: era positivo.
Sono
incinta..” confessò, guardandosi le mani. Poi mi
incatenò nel suo sguardo.
“Sono incinta, capisci?! Incinta! Non so più come
andare avanti. I miei non lo
sanno. E non devono saperlo, per adesso. Sto male, vomito sempre
e ho la
nausea. Certe volte non mi reggo nemmeno in piedi. Ha quattro mesi il
mio
piccolo...” sussurrò l’ultima frase
accarezzandosi la pancia.
“Lo
tieni?” domandai.
In fondo,
aveva solo 17 anni. Magari non voleva assumersi
questa responsabilità.
Annuì.
“Ho anche pensato alla
possibilità di non tenerlo
ma... non mi sembra giusto. Perchè deve pagare lui per
l’errore mio?” domandò
retorica.
Non risposi.
Mi alzai in piedi, grattandomi la testa.
“Chi
è il padre?” domandai, guardandola.
“Io..
io..” balbettò, torturandosi le
mani.
“Chi
è il padre, Allegra?” domandai una
seconda volta,
scandendo per bene ogni lettera, con severità.
“Non
lo so..” sussurrò, prendendosi la
testa fra le mani.
“Ti
rendi conto che è un po’ improbabile
che non lo sai?
Ti ricordi con chi sei stata quindi il padre dovrebbe essere quel
ragazzo. Chi
è?” fui dura, magari anche troppo. Ma volevo
aiutarla in ogni modo possibile.
Non volevo abbandonarla, non doveva affrontare tutto da sola.
“Jade..”
implorò tra le lacrime.
“Lui
lo sa?” chiesi.
“No..”
“Devi
dirglielo.”
“NO!”
gridò lei, terrorizzata.
“Allegra...
deve saperlo.” Cercai di essere chiara
con
quelle poche parole.
“Non
posso. Non si assumerebbe mai le sue
responsabilità.
So bene com’è.”
“Se
non mi dici chi è non posso dirti
niente.”
“Non
te lo posso dire... mi dispiace.” Scosse la
testa.
“Allegra!
Come faccio ad aiutarti se non mi dici
niente?!” urlai sentendomi completamente impotente.
“Jade,
cazzo! Non posso, ok? Non posso e basta! Non
insistere!”
“Ok,
ho capito. Non ti fidi di me." mi resi conto. indugiai qualche secondo,
pregando mentalmente che negasse. Ma non successe niente. Continuava a
singhiozzare, senza guardarmi. Sospirai e usciì dal bagno.
Cercai di
trattenere le lacrime, per non farmi vedere da
mezzo istituto.
Mi bloccai
di colpo, in mezzo a tutti.
Niente
Allegra significava niente rimedio alla terribile
macchia sulla camicia di Andrea.
Cazzo.
E ora?
Respirai
profondamente e mi misi le mani nei
capelli.
“Merda.” Imprecai ad alta voce, facendo voltare un
po’ di
ragazzi. “Che c’è?” gridai a
uno che si era fermato a guardarmi.
Quello borbottò un ‘niente’ e se ne
andò spaventato.
Merda,
merda, merda.
Come cazzo faccio adesso?
Presi un bel
respiro, contai fino a
dieci e poi mi
diressi verso la parte dell’istituto delle quinte.
Dovevo
parlare con mio fratello. Avevo bisogno di parlare
con lui.
Guardai
l’orologio: avevo passato in bagno con Allegra
ben quasi un’ora, senza rendermene conto.
Entrai senza
bussare, loro stavano facendo lezione.
Anche loro
avevano la Mirilli. Non ci feci caso, però.
Mi
precipitai direttamente al banco di Mattia.
“Possiamo
parlare cinque minuti?” gli domandai
ignorando
gli sguardi sbigottiti di tutta la classe e le urla della professoressa.
“Certo,
sorella.” Mi rispose e si alzò.
Una volta
fuori dall’aula si appoggiò al muro.
“Dimmi
tutto.”
“Allora...
prometti.. anzi giura
che non lo dici a nessuno.” Gli feci giurare, agitata e
serissima.
“Giuro.
Parla.” Disse curioso.
“Allegra,
ce l’hai presente?” iniziai il
discorso.
“Sì,
quella tutta curve che sta nella tua classe,
è tua
amica no?” rispose lui.
Ignorai il
suo commento poco adatto e parlai:
“Giusto.
Vedi... è incinta..”
“Che?!”
urlò Mattia.
Gli coprii
la bocca con la mano e gli feci segno di stare
zitto.
“E
non vuole dirmi di chi è il bambino. Ha
già quattro mesi e
ha deciso di tenerlo.” Spiegai velocemente.
Lui mi
guardò senza parole.
“Oi
Matt ci sei?” gli passai la mano davanti agli
occhi.
Non capivo perchè quella reazione. Forse... forse sapeva
qualcosa che io non sapevo.
“Sì
Sì, ci sono.” Si riprese.
“E io cosa c’entro? Non sono
io il padre!” aggiunse subito agitandosi.
“Sì
scemo! Lo so che non sei tu il
padre.” Risi io.
Lui
sospirò più tranquillo. “Allora...
cosa vuoi da me?”
“Allora...
senza Allegra, perchè abbiamo litigato,
non so
come smacchiare la camicia di Andrea.” Confessai sconsolata.
Lui
iniziò a ridere. “Non contare su di me eh! Ne
so meno
di te.” Esclamò alzando le mani.
Io sbuffai e
incrociai le braccia al petto.
“Se
gliela ricompro nuova dici che se ne accorge?”
“Sì.”
Rispose semplicemente.
“Perchè?”
lo guardai male.
“Perchè
se guardi dietro c’è
cucito il suo nome.”
“Cazzo!”
imprecai.
Sbuffai.
“Senti.. ok. Grazie lo stesso, Matt. Ci vediamo
a casa, ciao.” Gli sorrisi e gli sfiorai la guancia con le
labbra.
Lui non
disse niente.
Ritornai in
classe, dove tutti chiacchieravano.
Chiesi ad
una mia compagna il perchè e lei mi disse che
c’era l’ora buca.
Perfetto,
già dal primo giorno mancavano i prof.
Mi buttai
sulla sedia e appoggiai la testa sul banco.
Chiusi gli
occhi.
Pensa, Jade. Pensa.
Perchè
Allegra non voleva
dirmi chi era il padre?
E come facevo a ridare la camicia ad Andrea?
Improvvisamente mi sentii troppo stanca. Non avevo
iniziato bene l’anno, per niente.
Sentivo le palpebre troppo pesanti.
Diedi un’ultima occhiata all’orologio. Tra meno di
un’ora
sarebbe finita l’ultima ora.
Decisi che era meglio chiudere gli occhi. Sapevo
benissimo che Christinne mi avrebbe svegliata se fosse successo
qualcosa.
Mi sentivo completamente inutile.
|
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Capitolo 3 *** L'ho rovinata! ***
Bene
bene bene
Sono quasi le undici di mettina e io non sono a scuola.
Yeah xD
Quindi che faccio? Aggiorno, ovviamente!
Vi chiedo scusa in anticipo se trovate errori ma non ho ricontrollato.
Ricontrollerò più tardi, promesso.
Poiiii...
passo ai ringraziamenti:
TRE recensioni! Grazie grazie grazie! <3
EllaYaYa:
OOOOOh, che gentile! *________* mi fa piacere che ti piace come scrivo,
mi rendi felice!! ** E ti piace Jade?! Anche a meee xD E anche
Christinne! No, cioè, sono troppo felice che ti piace sta
storia^^
Spero che continuerai a leggere e... fammi sapere cosa ne pensi di
questo capitolo ^.^
vampistrella: *_*
GRaziee!
Per quanto riguarda i personaggi: ehehe Jade piace anche a me come l'ho
caratterizzata. E bè.. povera Allegra sì
ç_ç Ma ormai ha deciso di tenerlo, e presto
sapremo anche chi è il paparino ^^'
Le scene tra Andrea e Jade si faranno molto più frequenti,
vedrai!
Questo chappy come ti sembra?^^
Baci **
Emily
Doyle:
dici che è innamorato di Jade? Mmmm.. non saprei *me
fischietta* scoprirai presto di chi è innamorato Matt^^
Bacio **
Vi lascio al capitolo. L'ho
scritto un po' di fretta, quindi non ne sono pienamente soddisfatta, ma
sta a voi decidere se vi piace o no.
Ciau, a presto. ^^
3.
L’ho
rovinata!
Composi il numero di Christinne velocemente, senza
nemmeno ricontrollare.
Merda.
Mi
tremavano le mani.
Uno, due, tre squilli.
Non rispondeva.
Scaraventai il cellulare contro il muro.
Ok, una reazione forse un tantino esagerata, ma ero in
preda a una crisi isterica.
Le mie crisi isteriche
erano sempre disastrose.
“Jade!” mi urlò contro mio fratello,
raccogliendo i pezzi
del cellulare. Non che gli importasse più di tanto
del cellulare. Papà me ne avrebbe comprato anche tre, se
solo glieli avessi chiesti.
“Che diamine succede?” urlò ancora,
venendomi accanto e
prendendomi per le spalle.
“Che succede? Che succede?! Questo!” urlai con le
lacrime
agli occhi, mentre gli buttavo in faccia la camicia di Andrea.
Lui la osservò per un po’ e poi iniziò
a ridere e ridere
e ridere.
Io sbuffai incazzata nera. Incrociai le braccia al petto
e continuai a guardarlo, scocciata.
Si piegò su sè stesso. E rise e rise, rise, rise.
Rise per
un bel po’, prima di mettermi a urlare.
“Che hai da ridere, idiota?!” avevo la sensazione
che mi
sarei messa a piangere come una bambina.
Lui non capiva.
“No, fammi capire; tu hai distrutto il cellulare solo per
questo?” e indicò la camicia.
“Tu non capisci!” mi lamentai rossa in volto.
In effetti, ne avevo fatto una questione troppo seria...
“Oh sì che capisco, piccola peste.” Rise
lui.
Si sedette e cercò
di smettere di ridere.
Aveva tipo delle convulsioni. Convulsioni che io gli
avrei fatto venire veramente, sgozzandolo con le mie stesse mani.
Non riusciva proprio a smettere.
“Dai Matt! Smettila e aiutami in qualche modo.” Lo
implorai riprendendomi la camicia che di bianco non aveva proprio
niente.
L’avevo lavata, su consiglio di mia madre, ed era venuta
fuori una catastrofe.
Era completamente marrone. M A R R O N E, capite? Marrone!
Non più bianca, nemmeno un pochino più grigia.
No. Marrone.
E in più non c’era più il suo profumo.
L’ho rovinata!
“Ah
guarda, non so come aiutarti. Come l’hai fatta
diventare così?” chiese.
“Mamma.” Dissi semplicemente, e lui capì.
Mamma. Mamma era un disastro a lavare, cucinare, pulire,
stirare e tutte quelle attività che riguardano la casa.
Come avevo fatto a fidarmi di lei?
Sbuffai e mi abbandonai sullo schienale della sedia.
“Come hai fatto a fidarti di mamma?” e rise ancora.
“E’ la stessa domanda che mi faccio anche io da ben
due
ore.” Risposi guardandolo male.
“E ora che farai?”
“Dici che se gliela ridò così sucede
qualcosa?”
Mi guardò sballordito.
“Mi ha confessato che questa è la sua camicia
preferita.
Morirebbe per lei.”
Sgranai gli occhi.
“Davvero?” domandai con un nodo in gola.
Non so perchè reagivo così. In fondo era solo la
camicia
di Andrea. Era un ragazzo come tutti gli altri... però non
volevo che mi
guardasse con disprezzo, con delusione.
Mio fratello certo non mi stava aiutando.
Uffa.
“No,
scema. Ti sto prendendo in giro.” E riprese a ridere,
fino a rischiare di strozzarsi.
Lo guardai malissimo e gli tirai dietro i resti del
cellulare, che lui schivò prontamente.
Maledetto lui che giocava nella squadra di calcio della
scuola ed era abituato a schivare cose che volavano.
Aveva un dono Mattia: la palla, qualunque
palla, era sua amica, sua schiava. Era particolarmente
portato per i giochi che consistevano nel manovrare una palla.
Ecco perchè ogni volta che tentavo di mandarlo in coma,
colpendolo con qualsiasi cosa, lui la scampava sempre.
“Vaffanculo, Matt!” gli urlai contro, sentendomi
presa in
giro.
“Dai Jade, smettila di farti tutte ‘ste paranoie.
Al
massimo ti rovinerà la reputazione nella scuola, niente di
grave.” E riprese a
ridere.
Gli tirai uno schiaffo e me ne andai nella mia stanza,
dopo aver preso la camicia, ovviamente.
“Jade!” mi urlò dietro. Non mi fermai,
in quel momento ce
l’avevo a morte con lui e con tutti quelli che avrebbero
osato parlarmi.
Lo sentii ridere ancora.
Sbuffai e mi chiusi nella mia camera. Mi abbandonai sul
letto.
“Jade, c’è una chiamata per
te!” urlò mia madre dal piano
di sotto.
Io senza dire niente mi portai all’orecchio la cornetta
del mio telefono.
“Pronto?”
“Jade!”
“Christinne! Finalmente!” esultai.
“Mi hai chiamata 30 volte, che succede?”
domandò
preoccupata.
“Mamma, la smetti di ascoltare, per favore?!” urlai
scocciata.
Mia madre rise forte. Sbuffai e ritornai a parlare con
Christinne.
“Ho rovinato la camicia di Andrea.” Confessai
abbattuta.
Dall’altra parte della cornetta non si sentiva niente.
“Chri?” domandai preoccupata.
“Sono cazzi tuoi, Jade. Io contro Andrea non mi
metto!”
mi avvisò. Sorvolai il fatto che si stava comportando da
vera stronza, e mi
preoccupai di rassicurarla.
“Stai tranquilla. Non volevo chiederti niente del
genere.”
“E allora cosa vuoi?”
“Ti volevo chiedere se sapevi qualcuno capace di
rifarmela bianca.”
“Non esiste la magia, Jade.” Scherzò
lei. Devo ammettere
che risi anche io insieme a lei.
Aveva ragione. Dovevo affrontare la realtà e di
conseguenza affrontare Andrea.
No, no, no. Non avevo
nemmeno il
coraggio di guardarlo in faccia.
Sospirai.
“Senti, fa niente. Ci vediamo lunedì a scuola.
Ciao.” La
salutai.
“Ciao, ti voglio bene.”
“Anche io.”
Bip. Bip. Bip.
Rimasi con
la cornetta del telefono in mano, pensando a
qualcosa.
Speravo in un’illuminazione dal cielo.
“Jade, vedi che sta arrivando Andre.” Mi
avvisò Mattia,
da fuori dalla mia stanza.
Io saltai in piedi.
Gli aprii la porta.
“Cosa faccio ora?” domandai agitata.
Lui mi prese il viso tra le mani. “Stai calma.” Mi
consigliò.
“Facile per te.” Sbuffai.
“Non è così antipatico come pensi
tu.”
Non gli risposi. Sospirai e mi andai a sdraiare sul
letto.
“Mattia, è
arrivato
Andrea!” urlò mia madre dal piano di sotto.
Sentii il mio cuore partire a mille.
Meno male che Matt non poteva sentirlo! Non penso avrebbe
accettato la mia cotta per Andrea.
Lui stesso diceva che era un’irresponsabile, idiota.
Però
gli voleva bene.
Più volte mi aveva detto che con le ragazze ci sapeva
fare... a letto.
Io, quelle volte, gli avevo assicurato che non mi piaceva
per niente.
“Capitano, dove
sei?” urlò Andrea, tutto entusiasta.
“Capitano?”
sussurrai io, senza capire.
“Sì, sono il capitano della squdra di calcio della
scuola!” mi spiegò tutto su di giri.
Io battei le mani, felice per lui.
“Abbraccio!” dissi mentre gli saltavo addosso.
Il suo sogno si era quasi avverato. Ora doveva solo
continuare ad allenarsi e aspettare la stagione delle selezioni, che si
sarebbe
svolta a scuola.
Lui rise e mi abbracciò forte.
Lo riconoscevo sempre il suo abbraccio. Era caldo. E
quando mi abbracciava mi avvolgeva tutta. Mi faceva appoggiare la testa
sul suo
petto, mentre lui mi accarezzava i capelli.
Continuando ad abbracciarci, vidi Andrea sulla soglia
della porta, ci guardava con aria assente.
Era lì con il corpo, ma non con la mente.
Io sciolsi l’abbraccio e feci per alzarmi e andarmene.
“Ehm... Jade?” mi chiamò Matt,
divertito. Ero davanti
alla porta e stavo per uscire.
“Sì?” risposi a mezza voce.
“Ce ne dobbiamo andare noi, piccola, questa è la
tua
stanza.” Rise leggero.
“Ah sì, giusto...” e rientrai,
imbarazzata e rossa in
volto. Senza guardare nessuno mi sedetti e presi a torturarmi le mani.
“Andiamo di là?”
domandò Matt ad Andrea.
Andrea annuì, sempre assente, e insieme se ne andarono,
chiudendosi la porta alle spalle.
“Oh ma andiamo
Andre!” sentii esclamare mio fratello, seguito
dalla sua stessa risata.
Io sospirai e mi lasciai cadere sul letto. Mi misi il
cuscino in testa e rimasi così per un po’.
“Idiota. Stupida, idiota!” urlai, da sotto il
cuscino.
Le figure di merda sempre io le facevo.
Spostai il cuscino e mi misi a pancia in su.
Osservai il soffitto.
Quella volta Andrea era stato freddo. Ok, era sempre così
freddo, ma quel giorno lo era stato fin troppo.
Sospirai e mi coprii gli occhi con un braccio.
Mi addormentai.
Quando mi svegliai fuori c’era ancora un
po’ di luce. Chissà
quanto avevo dormito.
Mi stiracchiai e poi scesi in cucina, dove mia madre
stava preparando da mangiare.
“Tesoro!” mi sorrise.
“Ciao, mamma.” Bisbigliai io, con la voce impastata
dal
sonno.
“Mi aiuti? Resta a cena anche Andrea.” Rimasi a
bocca
aperta.
Non era la prima volta che Andrea rimaneva a mangiare da
noi, ormai era di famiglia, però ogni volta mi provocava
mille emozioni.
“Jade, ci sei?” domandò mia madre, un
po’ preoccupata.
“Sì sì. Ti aiuto.”
Ma non era possibile!
Perchè tutte le disgrazie toccavano a me?
Voleva dire che mi avrebbe chiesto della camicia e io
cosa gli avrei risposto?
Oh sì,
eccola. È
completamente color caffè, però insomma... va
bene, no?
No no no
no. Cavolo.
Sbuffai e
sbattei le forchette sul tavolo.
“Eh?
Cosa è successo?” si
girò mia madre, spaventata.
Io risi.
“Ninete mamma, scusa, mi sono scappate di mano
le forchette.” E risi ancora.
Lei
accompagnò il tutto dalla sua risatina da bambina.
Mia madre,
in fondo, era ancora una ragazzina. Non sapeva
cucinare, stirare, lavare. Era un disastro. Ma era brava a fare la
madre. Ce l’aveva
nel sangue, era unica.
Sapeva
capirmi al volo e mi sapeva sempre consolare.
“Ti
piace, eh?” mi provocò lei, mentre
ripuliva la
cucina.
Avevamo
finito di preparare tutto. Doveva tornare dal
lavoro mio padre, e poi avremmo mangiato.
“Chi?”
domandai
senza capire.
“Andrea.”
“No!”
risposi immediatamente.
“Avanti,
a me puoi dirlo!” e mi fece
l’occhilino.
Sbuffai.
“Non mi piace.” Negai ancora, anche se
ormai
mamma aveva capito.
“Va
bene.” E sorrise complice.
Ricambiai il
sorriso, incapace di continuare a fare la
seria.
Il citofono
ci fece capire che papà era tornato a casa.
Corsi ad
aprirgli.
“Ciao,
papà.”
Sì,
ormai lo chiamavo papà. Se devo essere
sincera, non
ho mai avuto problemi a chiamarlo papà. Il mio vero
papà aveva abbandonato me e
mamma quando io avevo otto anni e
non l’avevo
mai perdonato.
Quando mamma
ha incontrato Paul, gli dissi subito che era
quello giusto, migliore di papà.
Così
si sposarono e non esitai mai a chiamarlo
papà. Mi trattava
come una figlia e gliene ero grata.
Mi
baciò la fronte e mi scaricò la sua valigetta
di
lavoro.
Salii le
scale ed entrai nel suo studio. La appoggiai
sulla scrivania e uscii di corsa.
Mi metteva
paura quello studio. Non so perchè, ma non
avevo mai amato starci.
Mi diressi
verso la camera di mio fratello per chiamarli
a mangiare.
Appoggiai la
mano sulla maniglia ma mi fermai di botto.
Tolsi la
mano e bussai due volte, poi entrai.
“Ehm...
scendete a mangiare..” bisbigliai,
guardando solo
mio fratello, che era disteso sul letto. con la coda dell'occhio vidi
Andrea, che fino a quel momento era occupato con il pc, girarsi verso
di me.
“Arriviamo.”
Annuii e
scesi velocemente in cucina.
Mi seguirono
Andrea e Mattia.
Si sedettero
vicini.
“Tesoro,
mi passi il sale?” mi domandò
mia madre.
Glielo
passai senza dire niente.
Mio fratello
e Andrea iniziarono a parlare di calcio
insieme a mio padre.
“Oh,
voi maschi, non la finite più quando
inziate!” si
lamentò mia madre.
Io risi.
“Come
sta Laura?” domandò mia madre ad
Andrea.
Laura era la
madre di Andrea. Mia madre e la sua erano
molto amiche.
“Bene
bene, ti saluta.” E sorrise.
Mi sentii
mancare il respiro.
Respira.
Così. Lentamente. Un po’ alla volta.
Perchè
ogni volta che sorrideva mi faceva quasi
soffocare?
In fondo era
solo una cotta. Sarebbe passata, prima o
poi, no?
Ma non mi
risposi subito ‘Certo che
passerà.’
Non ne ero
sicura.
Ero sicura
solo del fatto che volevo toccarlo. Come quando
gli avevo versato il caffè addosso.
Non in quel
modo, certo!, ma volevo scontrarmici ancora.
Il suo
profumo mi piaceva.
|
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Capitolo 4 *** Non il solito Sabato [Prima parte] ***
Niente
da dire su questo capitolo. E' strano e
allegro. Come sono io adesso.
Boh...
spero che vi piaccia^^
Ringrazio a chi mi ha recensita e mi fa piacere che vi
piaccia come scrivo e la storia.
Vi lascio al capitolo.
Ciao.
4.
Non il solito Sabato
[Parte 1]
Stranamente mi ritrovai a pensare a mio padre,
quello vero.
Mi mancava, nonostante lo odiassi, mi mancava troppo.
Quando ero piccina era lui quello che si preoccupava di
portarmi a fare la solita passeggiata del sabato. Il sabato non era mai
noioso
e non capitava di stare nemmeno un minuto senza fare niente.
Tutto questo finché un bel giorno, il mio adorato papino
decise di stufarsi di quella vita e cercare fortuna nel mondo.
Così ci
abbandonò.
Sbuffai, cacciando le lacrime. Non dovevo piangere per
una persona così odiosa che aveva pensato solo al suo bene,
abbandonado me e la
mamma.
Fatto sta che fino a quando c’era mio padre i sabati
erano sempre indimenticabili.
Adesso, invece, erano troppo monotoni.
Mamma e Paul preferivano uscire e farsi una gita in mezzo
alla natura, Mattia di giorno era a casa, e la sera se la spassava, e
io,
povera me, dovevo stare in casa e curare la cuginetta Miriam. Aveva
ormai quasi
tredici anni, ma si comportava esattamente da idiota, scusate
la parola, ma era
proprio così.
“Jaaaaaaaaaade, sono quiiiiii.” Urlò la
piccola peste,
facendomi sobbalzare.
“Non si bussa?” le domandai non poco irritata,
andandole
dietro e sbattendo la porta. Le pareti tremarono.
Lei si sedette sul mio
letto e cominciò a sfogliare le mie
riviste.
Canticchiava qualcosa sottovoce.
“Allora... Cosa facciamo?” domandai, sperando in
una
risposta del genere: Niente, adesso vado
a casa e ti lascio passare un sabato tranquillo a fare niente
spiaccicata sul
divano, a pinagerti addosso che hai rovinato la camicia di Andrea.
“Nascondiiiino.” Cominciò a battere le
mani, eccitata.
“Frena, bella.” Mi incollai davanti alla porta.
“Prima i
compiti, chi credi di fregare, eh?”
assottigliai gli occhi, fino a farci due fessure.
“L’ultima volta mi sono
beccata la sgridata, adesso ti metti a fare quei benedetti compiti e
poi
giochiamo.”
“Uffaaa..” iniziò a lamentarsi, con quel
faccino da cane
bastonato.
“Niente ‘Uffa’ Miriam. Fila di
là a fare i compiti!”
Sbuffò e uscì dalla stanza. Strisciò i
piedi fino al
salotto, dove prese posto e iniziò a studiare.
Meno male che hanno inventato i compiti.
Mi
annoiavo parecchio a vedere Miriam che faceva i compiti,
così andai da mio fratello.
Entrai senza bussare. Lo trovai intento a mettersi una
maglietta, così scoppiai a ridere e uscii dalla stanza per
dargli la sua
privacy. Dovevo ammettere, però, che aveva un bel fisico. Da
sbavarci dietro.
Capitava spesso di trovarci in situazioni così.
All’inizio
era imbarazzante, ma poi ci abituammo. In fondo, eravamo fratellastri.
Rientrai dopo qualche minuto, sempre sorridendo.
“La peste?” si informò, sbirciando fuori
dalla porta.
Odiava Miriam, la odiava con tutto il cuore e non la
voleva nella sua stanza.
“Sta facendo i compiti.” Dissi, mentre mi sdraiavo
sul
letto.
Sbuffai, coprendomi il viso con le mani.
“Hey, cosa c’è?”
domandò lui, sdraiandosi accanto a me.
Cercai la sua mano, e come quando eravamo piccoli, la
strinsi e mi sentii meglio. La tempesta che avevo dentro si prese
un’attimo di riposo. Era ora.
Mattia era sempre così indispensabile
nella mia vita.
Da quando avevo otto anni, entrato nella mia vita, non mi
ero immaginata nemmeno un giorno senza di lui.
Io ero forte, me lo dicevano tutti, e lo ero davvero, ma
senza mio fratello, senza di lui, non ero niente.
“Non lo so, Matt.” Gli confessai, sospirando. Ed
era
vero; ero talmente incasinata che non sapevo veramente cosa
c’era che non
andava.
“Mmmm. Qui c’è puzza di nuovo
amore.” Sussurrò ridendo.
Io guardai il soffitto.
Nuovo amore?
Non era
nuovo di certo, ma non potevo dirgli che ero innamorata
di Andrea, non avrebbe
approvato di certo.
“La verità, Matt, è che mi manca
papà.” E lasciai che
quella stupida lacrima facesse la sua trionfale entrata.
“Oh piccola.. vieni qui.” Mi feci cullare dalle sue
braccia, mentre mi lasciava sfogare, piangendo.
“Non sei così forte come pensano tutti,
sai?” mi
bisbigliò all’orecchio.
“Io non sono mai stata forte.” Confessai, sempre
tra i
singhiozzi.
“Ma cerchi di esserlo, e questo è da
ammirare.”
Sorrisi, mentre mi asciugavo le lacrime. “Dici che
papà
sta bene, lì dove è?”
Oh ma al diavolo il tuo orgoglio Jade. Tu sei
preoccupata per il caro
paparino, ammettilo.
“Secondo
me ti pensa ogni giorno.” Mi disse lui con un
mezzo sorriso.
“Dai Matt, non ho più otto anni. Lo dici solo per
farmi
stare meglio, ma non attacca più.” Sbuffai,
incrociando le braccia e mettendo
il broncio.
“Jade, non lo sto dicendo per farti stare meglio. Penso
dvvero
che lui ti voglia bene. A modo suo, ma ti vuole bene.”
“Allora perchè non si fa vivo?” mi
lamentai, battendo i
pugni sul letto.
Fummo interrotti dal suono del citofono.
“Vado io.” Dissi alzandomi.
Gli diedi il solito bacio sulla guancia, e scesi di corsa
le scale.
Aprii la porta e mi trovai davanti una Christinne rossa
dalla rabbia. Mi faceva paura.
“Non sai cosa mi è appena successo!”
esplose entrando e
sedendosi sul divano.
Chiusi la porta e mi sedetti sul tavolino, di fronte a
lei.
“Non sai cosa i miei occhi hanno appena visto!” se
ne
uscì togliendosi la giacca.
“Chri! Calma, respira. Di là
c’è la peste che ta facendo
i compiti, parla a bassa voce.” La rimproverai, preoccupata
che Miriam potesse
sentirci e fare il suo ingresso.
Christinne respirò più volte prima di riprendere
il
discorso con più calma.
“Ho appena visto Matteo e quell’oca tutta rosa
venire da
queste parti. Li ha invitati per caso Matt?”
domandò con voce isterica.
“Cosa?!” urlai. Quell’oca in casa mia?
Nono, non doveva
nemmeno passarle per la testa di metter piede in casa mia.
“Mattia!” urlammo in coro io e Christinne.
Il povero ragazzo scese le scale come un fulmine e ci fu
subito vicino.
Mi avvicinai minacciosamente a lui. “Non penserai davvero
che quell’oca di Marie metterà piede in questa
casa, vero?” gli domandai puntandogli il dito contro.
Lui indietreggiò parecchio spaventato. “Di cosa
stai
parlando?” domandò innocente.
“Non fare finta di non sapere niente, eh!” si
intromise
Christinne, mettendosi nella mia stessa posizione.
“Guardate che io veramente non so di cosa state
parlando!”
si difese.
“Sta arrivando Marco.” Dissi io.
“E cosa c’è di male, scusa? Viene qui
quasi ogni giorno.”
“Insieme a Marie.” Continuò Christinne.
Mattia rimase a bocca aperta. “Non avete intenzione di
menarvi qui, vero? Datevi appuntamento fuori, nel giardino.”
Scherzò, ridendo.
Io sbuffai, perdendo la pazienza.
“La tieni chiusa nella tua stanza. Non la lascerò
infettare la casa con i suoi virus rosa.”
Lo avvisai schifata.
“No, Jade, quella non deve toccare niente in questa
casa.”
Si agitò Christinne.
Io mi misi le mani nei capelli. “Datemi delle coperte,
presto! Dobbiamo coprire i mobili! Non li deve toccare
proprio.” Iniziai a
correre inogni angolo della casa e cercare di coprire tutto.
Christinne,
ovviamente, mi seguiva a manetta.
Sembravamo un po’ delle cretine.
“Oh mio dio. Siete un caso perso, ragazze.”
Sospirò Mattia,
ritornandosene di sopra, proprio quando sunonarono alla porta.
“Apro io!” urlammo all’unison io e
Christinne. Ci guardammo
male e poi scattammo verso la porta.
Arrivammo allo stesso momento, e toccammo insieme la
maniglia.
“Ma perchè tutta questa fretta di aprire la porta?
Non
dicevate che Marie infettava la casa e robe così?”
domandò Mattia, grattandosi
la testa, senza capire.
Lo guardai male. “Se questa li vede insieme, gli salta
addosso e lo ammazza di botte.” Sussurrai senza farmi sentire.
Christinne mi guardò male e aprii la porta.
Marco ci guardò confuso.
E lo credo bene. Due deficienti
davanti alla
porta, per di più tutte rosse e sudate, per la corsa di
qualche minuto prima.
Pessima figura, da segnare e non rifare mai
più.
Balbettando,
io e Christinne ci spostammo di lato, e li
lasciammo entrare.
“Ciao, Matt.” Si salutarono con una pacca sulla
spalla,
mentre Marie schioccò un bacio sulla guancia a Mattia.
Marie fece per sedersi sul divano.
“No!” urlai, beccandomi l’occhiataccia di
Matt. “No,
cioè. No! Non sederti lì. Andate di sopra,
in camera di Matt, qui c’è mia cugina che deve
studiare. Sapete com’è... non
dobbiamo disturbarla.. sennò si distrae.”
Balbettai, inventandomi una scusa al
momento.
Sbuffai e feci spllucce alla seconda occhiataccia di mio
fratello. Gli sorrisi innocente e, tirandomi dietro Christinne, andammo
in
salotto, dove Miriam stava facendo i compiti.
“Guardali come si abbracciano.” Sibillò
Christinne,
spiandoli dal buco della chiave. Era gelosa. Gelosissima.
“Fammi vedere!” la scostai per poter vedere io.
Erano abbracciati e si stavano dirigendo al piano di
sopra.
“Non si spia, eh.” Ci riprese mia cugina, con fare
da
adulta, facendoci sobbalzare.
La guardammo male.
“Tu non capisci, ragazzina.” Sbuffò
Christinne.
“Finisci di fare i compiti, tu.” La misi a tacere.
Io e Christinne ci sedemmo al tavolo.
“Devo escogitare un piano per farli separare.”
Disse Chri.
“Non farlo. Poi finisce male.” La avvertii.
Lei schiccò la lingua e sbuffò.
Appoggiò la testa sul tavolo, come se fosse stanca.
Chiuse gli occhi. “Che ci posso fare se mi piace da
impazzire?” bisbigliò.
Io sorrisi comprensiva.
Mi appoggiai allo schienale della sedia.
Probabilmente se Andrea avesse avuto la ragazza anche io
avrei reagito come lei.
La capivo benissimo, ma era anche sbagliato mettersi in
mezzo.
Se si sarebbero lasciati per colpa sua, Marco di certo
non sarebbe subito corso da lei.
Mezzora dopo eravamo nella mia camera, per terra, a
giocare a ‘Scopa’ insieme a Miriam, che aveva
finito i compiti per tutta la
settimana.
Sbadigliai, buttando l’ultima carta e così
vincendo.
Troppo facile giocare contro una bambina e... Christinne.
Miriam sbuffò e si lasciò cadere
all’indietro.
“Voglio andare da Mattia!” urlò,
mettendo il broncio.
“Non ci pensare nemmeno.” La fulminai con lo
sguardo.
“Ma uffaaaa.” Piagnucolò.
“Che lagna che sei.”
Il citofono ci svegliò momentoaneamente.
“Chi diavolo è ancora?!” gridai,
alzandomi di colpo e
facendo gli scalini due a due, mi precipitai davanti alla porta.
La aprii con noncuranza e quando vidi quella figura
davanti a me, mi paralizzai.
“Ehm.. ciao. Mattia c’è?”
domandò Andrea, guardando
dentro casa.
“S-Sì. È di sopra. Vuoi che te lo
chiamo?” balbettai,
evitando i suoi occhi.
“No, tranquilla. Vado io da lui.” E mi sorrise.
Sì, gente. Sorrise. Non potevo crederci. Ero sopravvissuta
al suo sorriso.
Da segnare assolutamente sul mio diario.
Sì, sì. A quel tempo, come ogni ragazza, anche io
avevo
il mio diario segreto.
Era segretissimo, nascosto in un posto impensabile,
conteneva tutti i miei segreti e tutti i miei pensieri poco gentili.
Mattia aveva, più volte, provato a corrompermi per dirgli
dove era nascosto e ci era quasi riuscito.
“Dico a mamma che ieri sera sei andata a quella festa
poco adatta alle ragazzine della tua età.” Mi
aveva detto quel giorno.
Stavo quasi per cedere, ma mi ricordai che anche lui ne
aveva fatte di cavolate.
Così arrivammo alla conclusione che il mio diario restava
lì dove era.
Chiusi la porta e, ancora mezza intossicata da Andrea,
cominciai a salire le scale.
E il citofono suonò ancora.
Stavo cominciando a pensare che quel sabato, in fondo,
non era poi così monotono come gli altri.
Andai ad aprire e rimasi a bocca aperta.
“Oh Jade...!” Allegra mi saltò al collo
e iniziò a
piangere violentemente.
Io ricambiai l’abbraccio senza dire niente, mi avrebbe
raccontanto tutto dopo.
Rimasi così per qualche minuto, con Allegra che piangeva
sulla mia spalla, finché dal bagno non si sentì
un urlo terrificante.
“Aiutoooo!
Ho un’emorragiaaa. Morirò dissanguata.”
|
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Capitolo 5 *** Non il solito Sabato [Seconda Parte] ***
Saaaaaaaaaaalve.
Scusate
il terribile ritardo ma non
avevo voglia di scrivere xD
Comunque questo capitolo è parecchio corto >.<
e mi dispiace.
I prossimi saranno come i primi, fidatevi. Solo che questo ho dovuto
dividerlo in due parti per comodità mia.
RIngrazie per la recensione e tolgo il disturbo.
CCCiao. ^^
5.
Non il solito Sabato
[Parte 2]
Sciolsi
l’abbraccio con Allegra e la
guardai.
“Andiamo a vedere che succede.” Disse prendendomi
la mano
e sorridendo.
“Sì.” Sussurrai.
Salimmo le scale velocemente, preoccupate, mentre le urla
continuavano.
Mentre noi salivamo le scale, Mattia e gli altri uscirono
dalla stanza, preoccupati anche loro.
Christinne uscì dalla mia camera quasi inciampando.
“Cos succede? Chi sta morendo?” urlò,
guadagnandosi
un’occhiata divertita da parte di Marco, e scocciato da parte
di Marie.
Non erano mai andate d’accordo quelle. (non che io
sì,
intendiamoci bene) Marie pensava che Chris non fosse femminile,
Christinne
pensava, invece, pensava che Marie fosse troppo rosa.
Io mi fermai per riprendere fiato e poi andai verso il
bagno, da dove provenivano le urla e i singhiozzi.
“C’è Miriam in bagno.”
Confermò Chris.
Io annuii e feci per entrare.
“Miriam... che succede?” domandai, mentre pian
piano
aprivo la porta.
Lei era in piedi e mi guardava, disperata.
“Ho un’emorragia.” Mi disse tra le
lacrime.
Io mi avvicinai spaventata, chiudendomi la porta alle
spalle.
“Guarda.” Mi indicò le sue mutandine. In
quel momento mi
sembrò così vulnerabile.
Poi però scoppiai a ridere.
“Non è possibile!” esclamai, mentre mi
piegavo in due
dalle risate.
Mi appoggiai alla cabina della doccia per non cadere.
Ridevo senza sosta.
Miriam aveva fatto tutta quella scena solo
perchè...
oddio! Non riuscivo nemmeno a pensare.
Lei sbuffò offesa. “Non ridere! È una
cosa grave! Non
voglio morire.” Esclamò, quasi piangendo.
Io risi più forte, scatenando la curiosità dei
ragazzi
nel corridoio, così Christinne entrò.
Ci guardò sconcertata: io ero per terra, che mi tenevo la
pancia dal ridere, mentre la peste era in piedi con le braccia
incrociate che
piangeva.
Mi dispiaceva farla piangere, ma proprio non ce la
facevo.
Anche a me successe di dover scoprire la stessa cosa, ma cavolo, mica
mi sono messa a urlare così!
Christinne iniziò a ridere, insieme a me, quando fece mente
locale.
Mi fece compagnia a terra. Ci abbracciammo continuando a
ridere. Avevamo ormai le lacrime agli occhi, a colpa di tutto quel
ridere.
“Non dovresti ridere delle disgrazie
altrui.” Mi rimproverò Christinne, marcando la
parola
disgrazie con la
voce tremante a causa
delle risate.
Io risi più forte dandole il cinque.
“Jade!” mi rimproverò anche Allegra,
entrando e capendo
la situazione.
Io cercai di riprendermi, con scarsi risultati.
Ci guardò male e poi andò ad abbracciare la
piccola
peste.
“Oh.. tesoro.. non è niente. Non stai per
morire!” la
consolò, lanciandoci un’occhiataccia. Io e
Christinne la guardammo con quella
faccia innocente e poi uscimmo da bagno, sempre per ordine di Allegra,
che
sembrava così toccata da quella situazione. Quasi come se
Miriam fosse sua
figlia.
Forse il fatto di essere incinta aveva
risvegliato il suo istinto materno.
Comunque, uscite dal bagno tutti ci guardavano ansiosi.
Ancora con le lacrime agli occhi guardai
Matt, che sembrava il più
preoccupato.
“State tranquilli, niente di grave. Sapete... quelle cose
che solo le ragazze hanno. A Miriam
sono
venute le mestruazioni” spiegai per poi ritornare a
ridere insieme a
Christinne.
Le nostre risate rimbombavano per tutta la casa.
Mi guadagnai un’occhiataccia da parte di mio fratello,
mentre vidi Andrea ridere piano.
Ne fui felice, mi regalò un’altro sorriso
mozzafiato.
Marco mi guardò male, e lo capivo benissimo.
Marie invece sembrava scocciata, mentre si abbracciava
ancora di più a Marco.
Bella stronza
.
Quello che Christinne
sicuramente stava pensando.
Mi tranquillizzai e aspettai che Allegra uscisse dal bagno.
Quando la porta si aprì ne uscì una Miriam rossa
dalla
vergogna.
Mi venne vicina e mi abbraccio. “Questa
me la pagherai.” Mi sussurrò, cattiva.
Io la allontanai. “Oh, che paura!” finsi.
Lei mi regalò un sorriso e se ne scappò nella mia
stanza.
“Direi che sei una stronza, Jade” mi
rimproverò Allegra,
sconsolata.
“Hum... direi di sì.” Confermai io,
fingendo di pensarci
un po’.
Andrea ridacchiò, iniziando ad andare verso la stanza di
mio fratello.
Mattia sbuffò e mi diede un buffetto. “Smettila di
fare
la cretina, sorella.” Mi disse prima di raggiungere Andrea.
Marco e Marie fecero lo stesso.
Christinne sbuffò sconsolata. “Sembrano una
bellissima
coppia. Mi sa che sono davvero felici, mi dispiace rovinare il loro
rapporto.”
Sussurrò, attenta a non farsi sentire.
“Non devi rovinare nessun rapporto”
Sospirò. “Ma io lo voglio. Non mi piace che sia
lei a
toccarlo.” Fece una smorfia.
“Ti capisco..” le sussurrai.
Ci sorridemmo a vicenda e poi entrammo nella mia stanza.
Miriam stava rovistando tra le mie cose.
Io urlai di rabbia e le andai vicino, togliendole tutta
la mia roba dalle mani.
“Uh, e questa cos’è?”
domandò, con fare cattivo, prendendo
in mano la camicia maledetta.
Gliela tolsi dalle mani e la rimisi nell’armadio.
“Ascoltami bene, peste: tutto, e dico tutto, tranne
questa camicia. Capito?” le dissi guardandola severa.
Lei mi osservò attentamente, poi fece una smorfia.
“Va bene, va bene.” Borbottò prima di
uscire dalla mia
stanza.
“Quando hai intenzione di ridargliela?” mi chiede
Chris a
mò di rimprovero.
“Presto.” Le risposi poco sicura.
Aprì bocca per dire qualcosa ma fu interrotta dal suono
del campanello.
“Vado io, tu finisci di mettere a posto.” Disse
riferendosi ai vestiti che Miriam aveva tirato fuori.
Io annuì. Lei uscì di corsa.
Non passò nemmeno un minuto che sentii un tonfo dal piano
di sotto. Preoccupata, scesi di corsa, con la camicia ancora in mano.
Rimasi sballordita dalla visione davanti ai miei occhi.
“Chri, che cazzo stai facendo?” le urlai contro,
mentre
girava la testa verso di me, senza smettere di abbracciare Alex. Lui la
abbracciava, sprofondando il viso nei suoi capelli.
Lei si aggrappava al suo collo, come se ne fosse
dipendente, come se senza di lui non riuscisse a stare in piedi.
La rabbia mi invase completamente quando vidi Marco immobile
che li guardava. Era arrabbiato... anzi non arrabbiato. Era deluso.
Triste, sconsolato. Avrei voluto abbracciarlo. E l'avrei fatto se fossi
stata più in confidenza con lui. Ma lo conoscevo appena.
Però, in fondo che si aspettava? Anche lui stava con
un’altra. Ma soffriva, lo capivo dai
suoi occhi tristi.
La mia rabbia si concentrò, comunque, solo su Christinne.
“Ciao scriccio...”
“Stai zitto, Alex!” urlai alzando una mano per
farlo
tacere. “Christinne, che cazzo stai facendo?
Rispondimi!” continuai a gridare,
mentre iniziavo a tremare.
Mi dava fastidio che Christinne usasse Alex per i suoi
tentativi di far ingelosire Marco e mi sentivo anche profondamente
ferita per
il semplice fatto che me lo aveva taciuto.
“Jade, non ti incazzare così.” Mi disse
soltanto, senza
guardarmi negli occhi.
“Hey Jade, che ti prende, scricciolo?” mi
domandò Alex
tentando di avvicinarsi.
“Meno male che era irragiungibile, eh! Perchè non
me
l’hai detto subito?” gli gridai in faccia, dopo
averlo colpito con uno
schiaffo.
Lui si massaggiò la guancia.
Ero arrabbiata, delusa, tradita.
Per di più ero acceccata dalla gelosia. Insomma.. avevo
sempre immaginato Christinne insieme ad un ragazzo, ma ora che ce
l’avevo
davanti non riuscivo a ragionare. Christinne era sempre stata mia e
solo mia.
Se Alex, o qualsiasi altro ragazzo, me l’avesse portata via
non so cosa avrei
fatto. Non dovevo permettere a
nessun
maschio di rubarmela. Io dipendevo da lei.
Ma cosa sperava di ottenere usando mio cugino?
A giudicare dallo sguardo di Marco, così non aveva fatto
altro che peggiorare la situazione. Che
stupida.
“Jade, calmati.” Mio fratello mi abbraccio cercando
di
calmarmi, mentre anche Andrea e Marie uscivano dalla stanza a guardare
la scena.
“Vattene. Vattene, Christinne.” Le ordinai cupa.
“Jade... te l’avrei detto..”
provò a difendersi
Christinne, avvicinandosi cauta.
“Vattene, ti ho detto.” Ripetei, mentre gli occhi
mi pizzicavano.
Lei abbassò la testa. “Scusa, scusami tanto. Non
pensavo
di ferirti così..” bisbigliò.
“E’ a qualcun’altro che devi chiedere
scusa. Mi hai solo
deluso. Ma a qulla persona hai fatto un male indescrivibile
comportandoti
così.” Le dissi con voce tremante. Lo sapeva
benissimo che mi riferivo a Marco,
tuttavia non ebbe il coraggio nemmeno di guardarlo in faccia.
Così si abbracciò
ad Alex e se ne andò.
Io abbracciai Mattia, il quale ricambiò senza dire una
parola.
“Dai piccola, non piangere...” cercò di
tranquillizzarmi.
Io non gli risposi, ma continuai a stringerlo a me. Avevo
bisogno di Matt, ne avevo tanto bisogno.
Improvvisamente mi sentii osservata così abbandonai le
braccia di Mattia.
“Ma aspetta un attimo: quella è la mia
camicia!” esclamò Andrea,
facendosi avanti, scandalizzato.
“No che non è la tua!” urlai io,
nascondendola dietro la
schiena.
“Sì invece, è identica. Se non per il
colore...”
realizzò.
“No. Non è
tua. È
mia. Guarda. Mi sta alla grande. Vedi, è mia.”
Balbettai, piangendo, mentre mi
infilavo la camicia.
Mi stava parecchio larga e le maniche penzolavano.
Lui mi guardò stranito. Magari stava pensando che fossi
completamente pazza. In fondo piangevo come una fontana e sostenevo che
una
camicia così grande potesse essere mia.
“Andrè, lascia stare, dai. È
mia la
camicia. La mamma
l’avrà messa per sbaglio tra i vestiti di
Jade.” Mattia mi sfilò la camicia e
mi fece l’occhiolino senza farsi vedere da Andrea.
Non ero capace di dire nessuna parola, così me ne andai
nella mia stanza.
Mi buttai sul letto e continuai a piangere.
Sprofondai la testa nel cuscino. Quell’anno sarebbe
dovuto essere migliore degli altri.
Senza problemi.
E invece era tutto così schifosamente
difficile.
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Capitolo 6 *** Marco&Christinne. ***
Eccovi,
finalmente,
il capitolo!
Mi sento di
ringraziare tanto a chi continua ad aggiungere la storia tra le
preferite e tra le seguite!
GRAZIE!
Vi ascio al
capitolo, spero che vi piaccia ^^
Buona
lettura.
6.
Marco&Christinne.
Mio
fratello entrò senza bussare e si distese sul letto,
accanto a me.
Senza dire una parola mi abbracciò.
“Non si usa più bussare?” sussurrai,
stringendomi di più
a lui.
Ridacchiò, mentre mi accarezzava i capelli.
Sospirò e per
un po’ nessuno parlò. Mattia c’era
sempre quando avevo bisogno di conforto.
Capiva al volo quando stavo male e mi bastava la sua
presenza per stare meglio.
Mattia era come una medicina. Avevo bisogno di lui
costantemente.
“Se ne sono andati tutti.” Bisbigliò.
“Anche la piccola peste?” domandai, con odio. Avrei
fatto
i conti con lei dopo.
“Sì, anche lei. Allegra, però,
è ancora qui. È di sotto
che ti sta facendo il thè.”
Sorrisi involontariamente. Allegra era una vera amica. Era
davvero forte, quella ragazza. Nonostante il brutto periodo che stava
passando,
trovava sempre tempo per me.
“Jade...” iniziò
mio fratello.
“mhm?” bisbigliai, giocando con la cerniera della
sua
felpa. Stavo meglio, la crisi di pianto era finita.
“Tu.. tu sei innamorata di Andrea?”
Mi bloccai di colpo e sgranai gli occhi.
“N-no.. certo che no!” risposi subito. Matt non
doveva sapere
niente. Non avrebbe capito.
“Jade.. non mi dire cazzate, per favore.”
Bisbigliò con
voce strana. Suonò quasi come una supplica.
“Matt.. guardami.” Gli ordinai, alzando la testa e
subito
i nostri occhi si scontrarono. “L’unico ragazzo che
voglio sei tu.” Gli dissi
sincera. Era lui, mio fratello, l’unico ragazzo della mia
vita. Era diventato
davvero importante e sentivo che era un legame che nessuno avrebbe mai
spezzato.
Mattia era unico ed era mio. Tante ragazze erano
invidiose.
Lui sorrise malinconico, spostando gli occhi. Si mise a
pancia in su e guardò il soffitto, mentre una mano gli
reggeva la testa e
l’altra mi circondava le spalle.
Era strano, quel giorno.
“Andrea non è il tipo che fa per te.” Mi
disse, per
l’ennesima volta.
“Lo so, lo so bene. E non mi piace!” esclamai,
guardandolo anche se lui non osava sfiorarmi con i suoi occhi.
Mi sentii improvvisamente triste. Matt era
triste.
“Matt..” iniziai
“dici
che mi sono resa ridicola agli occhi dei tuoi amici?” cambiai
discorso. In
teoria avrei voluto dirgli tante cose, ma non me la sentivo.
“Sì, direi di sì.” E rise
leggero, di nuovo. Gli tirai un
pugno e mi lamentai. “Scusa, non volevi la
verità?!” esclamò,
massaggiandosì il
braccio.
Sorrise ancora, scoprendo quei denti bianchi e perfetti
che rendeva il suo sorriso stupendo.
“Sì.. hai ragione.” Ammisi, ridacchiando.
“Quando hai intenzione di dire ad Andrea la
verità?” mi
rimproverò.
“Mai..?” gli risposi, poco sicura.
Lui sbuffò e mi scompigliò i capelli.
“Ma sei sicura di
avere 17 anni?” mi prese in giro e rise.
Io nascosi la testa sotto il suo braccio e lo immitai,
sbuffando.
Mi abbracciò più forte, con tutte e due le
braccia.
Restammo così per qualche minuto.
“Non pensi
che sia
ora di trovarti una ragazza che faccia per te? Hai 18 anni ormai. Mamma
e papà
non possono mantenerti per sempre.” Gli feci notare,
godendomi la smorfia che
gli deformava il bellissimo volto.
“Solo se tu vieni a vivere con me.” Disse serio.
Notai
una certa luce nei suoi occhi, ma decisi di buttarla sul tono
scherzoso, come
sempre.
Io ridacchiai. “Sono minorenne io.”
“Stavo scherzando, scema.” Bisbigliò,
scompigliandomi i
capelli.
“Allegra, secondo me, è la ragazza giusta per
te.” La
buttai lì, senza rendermene conto. Alzai la testa per vedere
la sua reazione.
Lui chiuse gli occhi e poi li riaprì e guardò il
soffitto.
Lui sospirò. “Non credermi un codardo, Jade, ma un
bambino è una resposabilità troppo grade per me e
poi non mi sento attratto da
lei.” Ammise, a testa bassa.
Sospirai e appoggiai di nuovo la testa sul suo petto. Mi
abbracciò con tutte e due le braccia e mi baciò i
capelli.
“Un bambino non è una maledizione.”
Dissi.
“Certo che no.” Esclamò, come se
l’avessi accusato di
aver commesso chissà quale reato. “Ma per me, che
dipendo ancora da mamma e
papà, lo è.” Si giustificò.
Aveva ragione. Anche se Allegra e Mattia erano una
bella coppia c’era un bambino di mezzo, una grande
responsabilità per tutti e
due.
Era inutile illudersi che un giorno mio fratello sarebbe
andato a vivere da solo, figuriamoci con un bambino!
Decisi di lasciar cadere il discorso. “Chissà chi
è il
padre..” domandai più a me che a lui.
Si schiarì la voce e guardò altrove.
“Boh.. non lo so
nemmeno io.” Disse.
“Mi nascondi qualcosa?” domandai scettica, alzando
la
testa.
“Hey ragazzi! Il thè è
pronto!” la porta si spalancò ed
entrò Allegra.
“Allè!” esclamai, saltando in piedi ed
andando ad
abbracciarla. Lei ricambiò. “Come stai?”
le chiesi, riferendomi al bimbo.
“Bene, andiamo alla grande!” esclamò,
accarezzandosi
dolcemente il pancino.
“Sono contenta.” Le sorrisi.
Presi la mia tazza di thè e mi sedetti nuovamente accanto
a Mattia. Allegra si sedette sulla sedia di fornte a noi.
Offrì il thè anche a
Matt e poi prese in mano la sua tazza. Cominciò a soffiare
piano.
Io ridacchiai e
poggiai la testa sulla spalla di mio fratello. Chiusi gli occhi.
Mi resi conto che avevo un mal di testa incredibile.
“Ha chiamato Chris, più volte.” Mi disse
lei, cauta. Io
restai a occhi chiusi, sospirai.
“Che voleva?”
“Chiederti scusa, penso.” Mi rispose, come se fosse
la
cosa più ovvia del mondo. Ma
avvertii
una certa incertezza nella sua voce.
Sorseggiai il mio thè. “Non ha fatto niente di
male,
Jade..” la giustificò.
Matt annuì.
“Mi ha mentito e ha peggiorato la situazione tra lei e
Marco.” Risposi, calma.
Non avevo la forza di arrabbiarmi di nuovo e fare la
scenata di prima.
Matt e Allegra mi mettevano un’insolita
tranquillità.
Prima o poi avrei ringraziato a tutti e due.
“Ma non pensi che anche Marco abbia sbagliato?”
“Sì, certo.” Risposi alla sua domanda.
“Marco non è innamorato di Marie.” Ci
disse Mattia.
“Neanche un po’?” sgranai gli occhi e mi
feci attenta.
“Nanche un po’.”
“neanche un po’ un po’?”
“no.”
“Nemmeno un pochino ino ino?” insistette Allegra,
guadagnandosi l’occhiata esasperata di mio fratello.
“no!”
“Ma allora perchè sta con lei?” domandai
io, senza
capire. Non concepivo una cosa del genere. Se stai con una persona
è perchè
provi qualcosa per lei.
“Perchè ha bisogno di affetto. Ora che si sta
preparando per il
mondo
della televisione, che i suoi genitori lo hanno
abbandonato...”
“Come lo hanno abbandonato?” chiedemmo io e
Allegra, in
coro.
“Non approvano la sua passione per la musica. Dicono che
siano tutte cazzate.” Rispose Mattia, indignato.
“Ma è la sua passione!”
esclamò Allegra. Io annuii
energicamente per darle ragione.
“Lui però non canta solo per passione.”
Spiegò Mattia.
Io e Allegra ci guardammo a vicenda senza capire.
“I suoi stanno pensando di diseredarlo, quindi si sta
mettendo i soldi che guadagna cantando da parte, per qualsiasi
eventualità.”
“Quindi canta anche per necessità?” mi
informai io.
“Sì.”
Io iniziai a giocare con la cerniera della mia felpa. “E
se non prova niente per Marie non può lasciarla?”
“Sta facendo ingelosire Christinne. Ma dubito che dopo
quello che ha visto oggi la guarderà ancora in
faccia.” Disse sarcastico.
Allegra sbuffò. “Ma che cavolo ha in quella testa?
Cosa vuole
da tuo cugino?” esclamò lei.
Io mi alzai dal letto e presi il cellulare in mano.
“Cosa vuoi fare?” domandarono in coro sia Allegra
che
Matt. Io guardai il cellulare e digitai quel numero che sapevo a
memoria.
Dopo il quarto squillo mi rispose.
“Jade? Jade sei tu?”
“Sì, Chri, sono io.”
Allegra sgranò gli occhi, mio fratello invece si mise
comodo e si fece attento.
“Ascoltami bene: Marco ti ama e sta con quella idiota
solo per farti ingelosire. Non so cosa hai in mente di fare con mio
cugino ma
io ti ho avvisata.” Le dissi dura.
Dopotutto era ancora mia amica e mi sentivo in dovere
di dirle tutto.
Alla fine mi resi conto di essere stata un po’ troppo
dura con lei. Ma solo un po’.
Lei rimase in ascolto senza nemmeno fiatare e quando
finii di parlare tirò un lungo respiro.
“Jade.. l’ho aspettato per tanti mesi e solo ora si
sveglia? Io sto bene con Alex... e ..”
“Sei proprio sicura che stai bene con lui? Guarda che lui
prova davvero
qualcosa per te. Non prenderlo per il culo.”
“Non lo sto prendendo per il culo..!
insomma.. mi fa stare bene!” si difese lei,
aggredendomi con le parole.
“Senti Chri.. noi ci conosciamo bene no?” non
aspettai
nemmeno la sua risposta. “Te lo dico con il cuore: non farlo
soffrire solo per
far ingelosire Marco.”
“ma..”
“Ora che sai quello che prova Marco.. vai da lui.”
Le consigliai,
ammorbidendo il tono della mia voce.
Lei sospirò. “Ormai sto con Alex.”
Tagliò corto.
“Sì hai ragione. Scusa il disturbo,
ciao.” E terminai la
chiamata.
“Così nessuno dei due combinerà
niente..” mormorò Matt,
stiracchiandosi.
“Aiutiamoli noi!” esclamò Allegra,
battendo le mani.
“Sì..” mormorai quando incontrai lo
sguardo complice di
lei.
Insieme ci girammo verso Mattia. Era evidente che nel
nostro piano anche lui doveva esserci.
Anche se, sinceramente, un piano ancora non c’era.
“No! Oh.. no! Jade! Non mi piace quello sguardo! Oh no no
no! Non pensateci nemmeno!” indietreggiò con la
sedia, agitando le mani.
“oh.. dai fratellino! Cosa ti costa?” sfoggiai i
miei
bellissimi occhi grandi grandi e lucidi lucidi e sperai che ci
cascasse, come
fanno tutti insomma.
“No!” esclamò, deciso a non cedere.
“Ti prego.. sei o non sei il mio uomo?” bisbigliai,
sbattendo le ciglia.
Oltre che a sembrare
una cretina, lo ero anche. Muaha.
L’avete capita? Huahaa.
“Jade..”
si lamentò, alzando
gli occhi al cielo. “Non
sono più un tredicenne arrappato. Non mi basta vedere le tue
tette per dirti di
sì. Quelle le ho già viste migliaia di volte e
non mi fanno più effetto.”
Strabuzzai gli occhi e, indignata, mi tirai su e mi misi
a gambe incrociate sul letto. Misi il broncio mentre incrociavo le
braccia al
petto. Di certo non avevo pensato di convincerlo mostrandogli le mie
tette!
Era lui che se l’era immaginato.
Allegra scoppiò in una fragorosa risata, mentre mio
fratello se la rideva sotto i baffi.
Si alzò e prima di chiudersi la porta alle spalle mi
guardò critico: “E poi.. sono piccole.”
Sgranai gli occhi e gli tirai il cuscino addosso,
riuscendo però a beccare solo la porta.
Allegra ritorno a
ridere come un’oca mentre si teneva la mano sullo stomaco. la
guardai male e
sbuffai.
“lo odio.” Decretai.
“A chi?”
“Mio fratello.”
“In teoria non è tuo fratello.” Mi
ricordò Allegra,
mentre ritornava a sedersi composta.
“Allegra!” la rimproverai, cogliendo al volo i suoi
pensieri. Non era la prima volta che me lo faceva notare.
Le sue teorie erano davvero ridicole e non le ascoltavo
nemmeno.
Blaterava sempre qualcosa del tipo: Non siete fratelli di
sangue.. ti guarda in modo strano.. è geloso.. è
troppo protettivo.. e bla bla
bla.
Allegra era troppo paranoica per i miei gusti.
“E poi ho visto con questi” indicò i
suoi occhi “ti
guardava. Ma non come un fratello guarda una sorella!”
“Eccola che ricomincia..” bisbigliai sconsolata,
mentre
mi mettevo comoda ad ascoltare la sua solita noiosa teoria del
fratello-non-fratello.
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Capitolo 7 *** Stranezze. ***
Mmm. Penso
che questo capitolo sia quasi inutile,
però iniziano a uscire fuori certe cosucce.. u.u
Comunque, buon giorno e buon S.Valentino! anche ai felicemente e non
felicemente Single, come me. U.U
Questo è un piccolo regalino di S. Valentino, non
è chissà che roba, ma spero che apprezziate.
Ringrazio suuuubito ai recensionisti
u.u
- EllaYaYa
: *___* queste recensioni mi rendono felicissima!
Allora tu sei ufficialmente una fangirl di Mattia u.u Mattia
piace a tutte ò.ò Essìì,
è un amore. Ma.. Vredremo vedremo.. magari conoscendo meglio
Andrea.. ehehe. u.u Non parlo. Lalalala.
Poi.. ti ringrazio davvero per i complimenti *_* mi fa moltissimo
piacere che ti piaccia la mia storia e il mio modo di scrivere ^^ Per
me è importante.
Non ti preoccupare se non riesci a commentare tutti i capitoli.
L'importante è che ogni tanto ti fai sentire e mi rifai una
recensione del genere, apprezzo molto! xd Capisco, la scuola ruba anche
a me moltissimo tempo, come vedi. Aggiorno ogni morte di papa,
nonostante io scriva ogni giorno. -.-
Spero di risentirti preeesto! =)
- TheDreamerMagic
: Non ho continuato presto.. ma ho continuato! hahaha. comunque, ehehe
questo lo scoprirai presto! Grazie delle tue recensioni, mi fa piacere
leggerle ^^
- lisasepe9
: Grazie mille. =) Ecco il capitolo. ^^
Vi lascio al capitolo, e fatemi sapere cosa ne pensate! ^_^
P.S. Scegliete il vostro preferito e iscrivetevi! Mattia o Andrea?
^__^ Dite la vostra, qui.
Sempre a questo indirizzio trovate il blog di Situations; This Love.
Visitatelo spesso, troverete novità e anticipazioni. E per
qualsiasi dubbio o chiarimento non esitate a chiedermelo sul blog! ^^
7.
Stranezze.
“Oh..
Jade.”
"Andrea..”
“Piccola,
non sai quanto ti ho aspettato..”
“Oh..”
Andrea
fa un passo avanti
e accarezza il volto
di Jade, delicatamente. Lei chiude gli occhi e si lascia cullare da
quella
nuova sensazione di felicità.
“Ti
amo.” Bisbiglia lui, con il fiato sulle labbra di lei.
“Anche
io, ti amo.” E sorride. Si baciano. si abbracciano forte e
lui le accarezza il
volto. Si baciano ancora.
“Jade! Jade! Ti vuoi svegliare?!” mi
sentii
scuotere da
qualcuno, mugugliai qualcosa e poi aprii gli occhi e mi issai su.
“Oh mio dio!”
“Cosa?” domandò mio fratello, esasperato.
“Ma tu sei Mattia!” costatai indignata.
“E allora?” esclamò Matt, senza capirci
niente.
Mi tappai la bocca con la mano destra, mentre mi
allontanavo, vergognandomi.
“L’ho fatto ancora.. cazzo, l’ho fatto
ancora!”
sussurrai, continuando ad allontanarmi, fino a cadere giù
dal letto.
“Jade! Stai bene? Ti sei fatta male?” mio fratello
mi
venne in aiuto e mi rimise sul letto, mentre io continuavo a ripensare
al mio
sogno.
“Ma che diavolo hai?” domandò, mentre mi
lanciava un paio
di jeans e una maglietta da indossare. Probabilmente eravamo ancora in
ritardo.
Era una settimana che continuava ad arrivare in ritardo per colpa mia,
e mi
dispiaceva, ma avevo il sonno agitato
e faticavo ad alzarmi la mattina.
“Tieni, mettiti questi. Sbrigati!” mi
incitò a muovermi.
Io lo guardai assente.
Mi sembrava di tradirlo così. Mi sognavo il suo migliore
amico, quello che lui mi sconsigliava di vedere.
“Mamma e papà sono usciti presto oggi, abbiamo la
casa
libera fino a stasera.” Mi informò, uscendo dalla
stanza. “Muoviti!” mi urlò
dietro, prima di sbattere la porta.
Io cercai di svegliarmi e mi vestii in fretta e furia. Mi
diedi una veloce sistemata ai capelli e uscii dalla mia stanza.
Mattia mi aspettava appoggiato alla porta.
“Scusami..” bisbigliai, mettendomi in spalla la
cartella.
Lui sbuffò, alzando gli occhi al cielo, e uscì,
senza
aspettarmi. Io rimasi così, con la porta che mi si chiudeva
in faccia, senza
aver ricevuto il solito sorriso di Matt.
Poi mi risvegliai dai miei pensieri e uscii. Raggiunsi
mio fratello di corsa e lo guardai di sottecchi. Era strano, quel
giorno.
“Matt..”
“Non ho voglia di parlare, Jade.” Sbuffò
secco, mentre
girava l’angolo.
Abbassai la testa, infilai le mani nel giubbotto e
continuai a camminare senza guardarlo.
C’era una parte di me che era convinta che la colpa del
suo male fossi io, e solo io.
Non seppi darmi una risposta a quella sensazione e cercai
di non farci troppo caso. Mi autoconvinsi che più tardi
sarebbe ritornato il
Matt di sempre.
“Amore!”
Elisa ci veniva incontro, con il solito
sorriso
d’ammirazione per Matt. Lo amava. Ne ero certa.
Lo abbracciò e gli scocchiò un bacio in bocca.
Mio
fratello, senza guardarla, la scostò dolcemente e si fece
spazio per passare.
Senza salutare nessuno entrò nella sua classe.
“Cosa ha Matt?” domandò lei, un
po’ preoccupata.
“Ma niente, tranquilla. È un periodo un
po’ così. Gli
passerà.” Mentii, accompagnando il tutto da un
falso sorriso rassicurante. Che
Matt avesse deciso di lasciare Elisa?
Le seguenti tre ore furono l’incubo della mia vita.
Matematica, filosofia e latino. Una dopo l’altra. Le odiavo
davvero; quel
giorno, poi, non riuscivo a concentrarmi nemmeno un po’.
Avevo una strana
sensazione che mi faceva rimanere senza fiato.
Quando suonò la campanella mi fiondai in bagno. Era
ancora vuoto. Incontrai il mio riflesso e sorrisi. L’immagine
davanti a me mi
immitò.
“Non mi copiare.” Sussurrai. “Sei
preoccupata?” domandai
al mio riflesso. “oh.. solo un po’. Matt
è strano, sai.” Risposi, assumendo un
topo di voce diverso. “Jade, cavolo, stai impazzendo. Devi
trovare uno
psicologo, seriamente.” Continuai, sgridando il mio riflesso.
Spruzzai qualche
goccia sulla superficie dello specchio e uscii dal bagno.
“Jade! Jade!” la voce di Allegra mi fece ritornare
alla
realtà. Mi toccò le spalle e mi
scocchiò un bacio sulla guancia.
“Ciao, Allè.” Salutai, con un sorriso.
Percorremmo il corridoio chiacchierando. “Domani che
fai?” mi domandò.
“Mmm. È sabato, no?”
Lei annuì con sicurezza e ridacchiò.
“Non ho niente in programma, tu?”
“Che ne dici di venire a casa mia? Un pigiama party, come
ai vecchi tempi. Io, tu e Christinne.” Mi propose.
Io e Christinne avevamo fatto pace, ma
i rapporti si erano raffreddati un po’.
L’intento
di Allegra era quello di sistemare tutto.
“Sì, penso che si può fare. Alle
8.00?” decisi di darla una possibilità.
“Perfetto!” esclamò, mi baciò
nuovamente la guancia e
scappò in classe.
Io rimasi sola nel corridoio. L’intervallo stava per
finire e non c’era quasi nessuno in giro, tranne i soliti
ragazzi che saltavano
l’ora della Mirilli. Tra quelli c’era anche mio
fratello. Se ne stava seduto
per terra, con le spalle appoggiate al muro, occhi chiusi ed
un’espressione che
proprio non si addiceva al suo bellissimo volto.
Decisi di andare a parlargli, sperando che fosse sbollito
dalla mattina.
Immitai la sua postura. Rimasi qualche secondo in
silenzio, per decidere cosa dirgli.
“Se ho fatto qualcosa io.. basta dirmelo.”
Bisbigliai
infine. Non volevo dire quello, ma mi sentivo in colpa. In colpa per
qualcosa
che non sapevo di aver fatto.
“C-cosa?” balbettò, guardandomi smarrito.
“Stamattina.. eri strano. Se per caso..”
“No.” Mi interruppe.
“No cosa?”
“Non c’entri tu.” Sospirò,
sconsolato.
“E allora cosa ti tormenta?” gli domandai, un
po’ più
sollevata. Il senso di oppressione, però, non accennava a
sparire.
“Non credo che tu voglia saperlo.” Disse, a bassa
voce.
Da quando mi ero seduta non mia aveva degnata di uno sguardo. Lo
percepivo,
percepivo che c’entravo io.
“Sì, invece. Dimmelo.” Gli ordinai,
impaziente.
“Jade..” finalmente si girò verso di me.
“Mi sono
innamorato.” Sussurrò, triste.
“E ti sembra il modo di dirlo?! Non sei contento? Lei chi
è? Ricambia?”
“Calma!” esclamò, divertito, ma
ritornò subito serio.
“Non ricambia. Non potrebbe ricambiare..”
“Cosa?”
“Niente.. niente, Jade. Scusami. Ritorno in classe, ci
vediamo dopo, piccola.” Mi scompigliò i capelli e
corse in classe, senza
girarsi e sorridermi.
Rimasi lì per un po’. Non avevo voglia di andare
in
classe. Non avevo voglia di fare niente. Volevo solo capire cosa
diavolo aveva
mio fratello e poterlo aiutare, in qualche modo.
Stava male, lo sentivo, e questo rendeva triste anche me.
Feci più respiri profondi. Sentivo che mi mancava il
respiro, ma probabilmente fu solo un’impressione
perchè subito ritornai a stare
bene.
Ritornai in bagno e mi sedetti sul water. Analizzai tutte
le possibili ragazze che avrebbero potuto rubare il cuore a mio
fratello.
Arrivai alla conclusione che nessuna aveva mai rifiutato Mattia,
perchè doveva
farlo adesso?
Non mi venne in mente nessuna che avrebbe potuto mettere
i bastoni fra le ruote a mio fratello.
Uscii dal bagno senza risposte. Alla fine non seppi nemmeno
perchè mi ero rifugiata in bagno.
“Hey, tu.” Mi girai di scatto e credetti di
svenire.
“S-sì?”
“La mia camicia?” domandò Andrea,
avvicinandosi
velocemente a me. I capelli ricci e un po’ lunghi si
muovevano ad ogni suo
passo.
“C-cosa?” balbettai, senza rendermi conto di quello
che
succedeva intorno a me. L’unico ragazzo con cui avevo
problemi a far lavorare
in miei neuroni era lui.
Balbettavo e mi distraevo ad ammirarlo ogni volta che mi
parlava. Rare volte, intendiamoci bene.
“Ma sei sorda?!” esclamò, ma scorsi un
veloce sorrisino
sul suo viso. “La mia camicia. È una settimana che
ce l’hai. Me la vuoi ridare
o te ne sei pazzamente innamorata?” scherzò,
scrutandomi bene il viso.
“Ehm.. è.. a casa mia..”
“Sì, lo so che è a casa tua.”
Mi squadrò con quegli occhi
grandi e azzurri.
“Cioè.. volevo dire.. te la riporto
lunedì, ok?”
sussurrai, sorridendo.
Lui annuì e si guardò intorno.
“Spero che sia ancora tutta intera.”
Scherzò e sorrise.
Sorrise. Madonna, che cazzo di sorriso.
“Sìsì, certo.” Balbettai,
senza avere il coraggio di
guardarlo in faccia.
In
teoria
,
la sua camicia era ancora tutta intera; in
pratica non lo era. Perchè non
sembrava nemmeno la sua.
“Ci vediamo..” si fermò a
metà frase, e scrutò qualcosa
dietro di me. Mi girai curiosa e scoprii Matt, appoggiato a una parete.
Scosse la testa e se ne andò.
Mi rigirai velocemente verso Andrea. Aveva lo sguardo
basso e, per un momento, notai un’infinita tristezza nei suoi
occhi, prima che
li abbassasse.
“Beh.. ci vediamo.” Terminò la frase e
se ne andò.
Rimasì lì, imbambolata, senza capire. Mattia e
Andrea
avevano litigato. Perchè era così. Ne ero sicura.
Ma Mattia e Andrea non
litigavano mai.
Il suono stridulo della campanella si insinuò nella mia
testa.
“Jade!” mi sentii chiamare da qualcuno. Christinne.
Mi schioccò un baciò sulla guancia e mi
guardò. “Tutto
bene?” domandò, un po’ preoccupata.
“Sì, certo.” Risposi, senza guardarla.
I nostri rapporti non erano migliorati granché, ma capiva
comunque quando c’era qualcosa che non andava.
“Allora ci sei domani sera? A casa di Allegra,
intendo.”
“Sì.” Le sorrisi.
“Andiamo?” domandai subito, prendendola
sottobraccio.
L’ultima ora ci aspettava.
“Domani
sera io vado alla festa di Giò.” Mi
avvisò mio
fratello, mentre ritornavamo a casa insime.
“Ah.. ok. Io sono a casa di Allegra.”
“Pigiama party tra occhette?” domandò
serio, ma lo
conoscevo bene da sapere quando scherzava.
“Sì, sicuro che non vuoi partecipare? È
la festa che fa
per te.” Lo punzecchiai.
Lui rise e scosse la testa sconsolato.
“Hai litigato con Andrea?” la buttai lì,
dopo un po’. Lui
si fermò in mezzo al marciapiede e poi riprese a camminare.
Sospirò. “Sì.”
Sussurrò.
“Come mai?”
“Niente di grave.” Tagliò corto. Mi
convinsi anche io che
fosse così e non feci più storie.
Arrivati a casa decisi di cucinare qualcosa di semplice
dato che non ero brava in cucina e Mattia era molto peggio di me. Optai
per la pasta.
Misi l’acqua a bollire e mi appoggiai al tavolo. Ebbi un
veloce giramento di testa, ma era una cosa normale per me. Mi
assalì la stessa
sensazione di soffocamento che ebbi a scuola, lo stesso giorno. Cerca
di
scacciarla.
“Jade,” iniziò mio fratello.
“papà ha detto che per
stasera non torna, mamma invece sì.”
Finì la frase e si sedette al tavolo
davanti a me.
“Ah..” bisbigliai.
“Stai bene?” domandò lui, alzandosi e
venendomi incontro,
per sorreggermi.
La sua voce mi suonò alquanto fastidiosa e stridula. La
eliminai dai miei pensieri e mi aggrappai alla sua felpa.
C’era qualcosa che
non adava, ma non riuscivo a capire cosa. Avevo la mente offuscata
dalla
nebbia, non capivo niente.
“Jade! Jade!” lo sentivo pronunciare il mio nome,
ma non
riuscivo ad aprire la bocca e rispondergli.
Poi, così come era iniziato, il malore sparì.
Abbracciai
mio fratello, e cercai di scacciare quella sensazione che mi opprimeva.
Come se
mi impedisse di respirare.
“Stai meglio, piccola?” ora la sua voce mi suonava
tranquilla, piacevole.
“s-sì..” bisbigliai, era vero. Ora stavo
benissimo.
“Cosa è stato?” domandò
ancora, spaventato quanto me.
“Niente.. solo un giramento di testa, tranquillo.”
Risposi, cercando di essere convincente. Era così, doveva
essere così.
Sorrisi alla fine e mi dissi che era
così.
“Ora stai bene, vero?” insistette, con quel visino
preoccupato.
“Certo.” Sorrisi ancora, più sincera che
mai e gli
accarezzai la guancia. Lo facevo qualche volta, era un modo per
dimostrargli
che lo adoravo da impazzire.
Chiuse gli occhi e sorrise. Poi li riaprì e si
avvicinò
alla mia guancia e me la sfiorò con le labbra.
Mi incatenò nel suo sguardo verde. “Vuoi sapere
perchè ho
litigato con Andre?” domandò allontanandosi e
sedendosi a capo tavola.
“Sì.” Risposi.
Sospirò. “Vedi..”
iniziò, ma fu interrotto dalla melodia
del suo cellulare.
Lesse il numero, sbuffò ed uscì dalla cucina.
Per i seguenti trenta minuti restò al cellulare. Ogni
tanto lo sentivo che alzava la voce, ma non mi sembrava giusto
intervenire.
Rimasi seduta e lo attesi.
Ritornò con gli occhi tristi e con movimenti lenti prese
a mangiare la pasta, ormai diventata più che fredda, ma non
ci fece
particolarmente caso.
“Vado di sopra, devo studiare.” Mi
comunicò dopo aver
mangiato. Mi lanciò un veloce sorriso e sparì.
Io finii di apparecchiare e andai a guardare la tv.
Mi addormentai mentre passavano il 545483184134°
episodio di Beautiful.
Non lo seguivo, quel telefilm mi dava la nausea, ma era
l’unica cosa che c’era
a quell’ora in televisione.
Mi risvegliai che era mezzanotte passata. Con mia
grandissima sorpresa, Mattia era in cucina, mangiava la nutella.
“Non dormi?” domandai, sorpresa, sedendomi accanto
a lui.
“No, non riesco a prendere sonno.”
“Come mai? Paura del buio?” scherzai
Non rise e sbuffò. “Più grave della
paura del buio..”
bisbigliò.
“Pene d’amore, eh?” intuii.
“Più o meno.” Finì
l’ultima fetta di pane e nutella e
appoggiò la testa sul tavolo.
“Io vado a letto..” dissi e mi alzai. Era di poche
parole
ed era meglio lasciarlo da solo.
“Buona notte.”
“Notte.”
|
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Capitolo 8 *** L'alcohol scioglie la lingua. ***
Bella gente!
Sì, lo so che
vi state chiedendo come mai abbia aggiornato così
velocemente! Me lo sto chiedendo anche io. u.u
Scusateeemii,
non ho tempo di rispondere ai recensionisti! ç_ç
Ma sappiate che vi
ringrazio con tutto il cuore, sono molto importati i vostri pareri, per
me. =D
Date un'occhiata al blog
e votate il sondaggio.
Una parola sul capitolo:
mi sono divertita a scriverlo. ^^ Spero che vi piacerà.
Ditemi, come ormai vi dico sempre, cosa ne pensate!
8. L’alcohol scioglie la
lingua.
Il giorno seguente mi
svegliai presto. Non so perchè,
semplicemente non avevvo voglia di dormire.
Mattia invece dormiva come un ghiro. Probabilmente era
andato a dormire tardi.
Non lo svegliai, lo lasciai riposare. Pigramente mi
trascinai in cucina a fare colazione. Mia madre leggeva una rivista e
beveva il
caffè, seduta al tavolo.
“Ciao mà.” La salutai e mi sedetti
accanto a lei.
“Ciao.” Mi sorrise e cotinuò a leggere.
Aveva il viso
solcato da qualche ruga, ma era ugualmente bellissima. Aveva i capelli
di un
biondo un po’ sbiadito, con qualche capello bianco qua e
là, ma non si
notavano. Nonostante i suoi quarantadue anni, mamma era una donna
bellissima.
“Dove hai messo i cereali?” le domando, corrugando
la
fronte.
“Li ha finiti Mattia.” Mi rispose, senza alzare il
viso
da quella maledetta rivista.
“Ah..” Che tu sia
maledetto, Matt.
“Vai tu a fare la spesa, tesoro? Io devo andare dal
parrucchiere.”
“Sì, mamma.” Sospirai ed
euscì dalla cucina.
Sì, era una donna meravigliosa, ma pensava sempre a come
sistemarsi i capelli, a come tagliarsi le unghie e cose
così. Certe volte non
la sopportavo.
Mamma non si fidava di me, quindi mi dava sempre
una
lunghissima lista di cose da comprare, diceva che avevo una memoria
cortissima.
Salutai qualcuna che conoscevo di vista, nessuno in
particolare però.
La prima cosa sulla lista era il caffè, senza il quale
mamma non viveva.
Così, un po’ scocciata, feci la spesa per la mia
carissima mammina e mi diressi alla cassa. Con mia sorpresa Marco era
il
cassiere. Lo osservai, mentre lavorava. Come mai era lì?
Marco era ricco, non poteva
lavorare.
Il mio turnò arrivò. “Ciao.”
Mi salutò, con un sorriso.
“Hey.” Ricambiai il sorriso.
“Matt come sta?” domandò, mentre faceva
il conto.
“Bene, dorme ancora, penso.” Guardai
l’orologio. Erano
solo le 11.30. “Ha dormito poco questa notte.”
Spiegai.
Lui annuì e mi diede lo scontrino. Pagai e feci per
andarmene.
“Ehm.. Jade!” mi girai, sorpresa. “Ho
finito il mio
turno.. che ne dici di andare al bar qua di fronte?” mi
sorrise, un po’
imbarazzato. Sentivo il mio stomaco protestare dalla fame,
d’altronde non avevo
mangiato niente, quindi accettare mi sembrava la cosa più
giusta.
“Certo.”
“Perfetto! Se mi aspetti un secondo, vado a
cambiarmi.”
“Sì sì, vai tranquillo.” Gli
sorrisi e lo guardai
allontanarsi. Ritornò qualche minuto dopo, con il fiatone.
“Io non ho ancora fatto colazione. Che ne dici di una
brioche e una cioccolata calda?”
Il mio stomaco acconsentì. “Mi sembra
ottimo.” Insieme
attraversammo la strada ed entrammo nel bar. Marco salutò
qualcuno, la maggior
parte gente che conoscevo anche io.
La cameriera, una signora, prese le ordinazioni.
“Allora.. come mai lavori?” gli domandai, con un
sorriso.
Lui sospirò, un po’ triste. “Mio padre
mi ha diseredato.”
Mi disse.
“Oh.. mi dispiace tanto..” balbettai, sorpresa. Lui
mi
guardò e sospirò ancora.
Giocava insistentemente con il cucchiano della cioccolata.
“Non ti devi dispiacere, in fondo è meglio
così.” Mi
disse, con tono di voce sicuro. O almeno, voleva sembrare sicuro.
“Beh.. se vuoi parlare..” lasciai la frase in
sospeso, ma
capì perchè prese un respirò e
iniziò a sfogarsi.
“Papà dice che non sono degno di portare il nome
della
sua famiglia. Non ho mai fatto niente nella vita e bla bla bla.
L’unica cosa
che so fare è stare al centro dell’attenzione su
un palco e fingere di saper
cantare.”
Bevve un sorso della cioccolata calda e mi guardò,
aspettandosi
una mia risposta. I suoi occhi marroncini mi scrutavano un
po’ tristi, anche se
non voleva darlo a vedere.
“Ma non è assolutamente vero! Tu sei bravissimo,
canti da
dio.” Mi complimentai con lui, un po’ scandalizzata
da quello che suo padre
aveva avuto il coraggio di dirgli.
“Mio padre non la pensa così, allora.”
Disse,
amaramente. “Mia
madre invece,
preferisce mia sorella. Una donna matura
e sicura di sè che farà carriera, non come quello
sfaticato di mio figlio.”
Moderò un po’ la voce per assomigliare a sua madre
e il risultato fu che tutti
e due iniziammo a ridere.
“E ora che farai?” gli domandai.
“Sinceramente?” fece una pausa. “Non so
nemmeno dove
andrò a vivere. È già tanto se ho
trovato questo lavoro.” Confessò, a capo
chino.
“Puoi venire a stare da noi.” Gli dissi,
con un sorriso.
A Mattia di certo non gli avrebbe dato fastidio, anzi.
“Non voglio disturbare..” bisbigliò.
“Non disturbi. Lo sai che sei sempre stato il benvenuto a
casa nostra.” Mi affrettai a dirgli. Non lo conoscevo bene,
ma sentivo il
dovere di aiutarlo, dopo l’ingiustizia che aveva subito da
parte dei suoi
genitori.
Lui mi guardò con gratitudine. “Grazie mille,
Jade.”
Sussurrò.
Io feci spallucce. “E’ il minimo.”
“Però.. ti chiedo solo un favore..”
“Dimmi pure.” Dissi io, finendo la cioccolta e
fiondandomi sulla brioche. Morivo di fame.
“Quando viene Christinne a casa tua, dimmelo, così
esco.”
Io annuì, anche se un po’ sorpresa.
“Come mai?” non mi trattennii a fargli la
domanda.
“Non mi va di vederla.. sai, dopo quello che ha fatto..
fa male.” Sussurrò, passandosi una mano tra i
capelli.
“Oh.. capisco.”
“E tranquilla, non porterò a casa tua
Marie!” esclamò,
per risollevare un po’ il morale.
Io risi e gli ringraziai. “Anche perchè.. non
penso di
aver voglia di vederla ancora.” Fece una smorfia divertente.
“Come mai?” domandai curiosa.
“E’ troppo.. rosa!”
esclamò e rise.
“Lo dico spesso anche io.” Scherzai e ridemmo
insieme.
Marco era più simpatico di quello che mi ero immaginata.
“Io e Christinne ci siamo fatti del male a
vicenda.”
Ritornò serio, mentre pronunciava quelle parole. E sentivo
che faceva male,
faceva male pronunciarle.
Annuii, abbassai il capo e sospirai. Avrei tanto voluto
chiedergli perchè lui e Christinne si erano lasciati, ma
capii che non era il
momento giusto, anche se la curiosità era troppa.
“Beh.. si è fatto tardi e io devo andare. Salutami
tanto
tuo fratello.” Disse, alzandosi. “Ah.. ma cosa
dico! Lo vedo stasera alla
festa!” esclamò, tirandosi un leggero ceffone
sulla fronte, e sorridendo.
Mi alzai anche io. “Quando vuoi, vieni da noi.” Gli
ricordai, ci tenevo.
“Certo.. certo.” Disse sbrigativo.
Intuii che gli costava tanto farsi aiutare da altri.
“Beh.. allora.. ciao!” mi salutò,
baciandomi la guancia e
abbracciandomi leggermente. Io ricambiai e lo guardai uscire dal bar.
Sul tavolo notai due banconote da dieci. Mi aveva
lasciato i soldi per pagare il conto, nonostante tutti i problemi che
stava
attraversando. Sorrisi e lasciai i soldi lì.
Una volta uscita dal bar, mi incamminai verso casa.
Era già mezzogiorno e mezzo e mamma mi aspettava da un
pezzo.
“Ma sei andata su Marte a fare la spesa?” mi
rimproverò,
appena mi vide entrare in casa.
“Ho incontrato un amico.” Mi giustificai e salii le
scale, lasciando mamma a blaterare da sola.
All’ultimo cambiai traiettoria; invece di andare in
camera mia andai in quella di Mattia. Era alla scrivania, probabilmente
era al
computer.
“Hey.”
“Oi, piccola.” Mi sorrise e si voltò
verso di me.
“Ho incontrato Marco, prima.” Lo informai, andando
a
sedermi sul letto, ancora disfatto. “Per qualche giorno viene
a stare da noi.”
“Glielo avevo proposto anche io, ma non aveva accettato.
Com’è che con te ha detto subito di
sì?” commentò, un po’ offeso.
Io risi. “Eh, il mio fascino conquista tutti.”
Scherzai.
Lui scosse la testa e venne accanto a me. Mi baciò la
guancia.
“Ha chiamato qualcuno, ti voleva.” Mi disse.
“Chi?”
“Boh,” fece spallucce “non ha detto il
nome. Ha solo
detto che doveva assolutamente parlarti.”
“Ok..”
“Non è che mi nascondi una relazione
segreta?” scherzò
Matt.
Io mi alzai dal letto e sbuffai. “E anche se
fosse?”
sorrisi e uscì dalla stanza.
Sera venne presto e mi preparai per andare da Allegra.
“Jade!” mi chiamò Matt. Uscii dal bagno
e mi fermai sulle
scale. Lui era giù, che si metteva il giubbotto.
“Io vado alla festa. Non so
quando torno, quidni ho preso le chiavi.” Mi
mostrò il mazzo di chiavi.
Io annuii. “Fai il bravo, Matt. Non ti ubriacare.”
Gli
raccomandai e lui sbuffò.
“Casomai ti chiamo.” Mi assicurò ed
uscì.
Ritornai in bagno, misi apposto la spazzola e uscii.
“Mamma, io vado!” la avvisai, mentre mi mettevo il
giubbotto.
“Va bene, tesoro. Stai attenta.” Mi
schioccò un bacio
sulla guancia e mi lasciò andare.
Per prima cosa, a casa di Allegra, ci riempimmo di
nutella. Decisamente, fino allo sfinimento.
“Fa venire i brufoli.” Feci notare alle due.
Christinne annuì. “E fa ingrassare.”
Parlò a bocca piena
e si beccò la sgridata di Allegra.
Poi c’era il momento Cinema. Optammo per un film horror. Una
storia che narrava di un po’ di ragazzi che si ritrovavano
per puro caso in un
bosco pieno di ombre cattive cattive con uno che li seguiva e voleva
farli a
pezzettini e poi prendere i loro cuori. Questo tizio mi sa che
collezionava
cuori di ragazzi. Bleah. Orribile.
E non fu un’ottima idea. A metà del primo tempo io
e
Allegra non guardavamo più, mentre Christinne era tutta
presa dal sangue di
quelle povere persone.
In ogni caso, il bello venne dopo l’inizio della seconda
parte.
“Mi viene da vomitare.” Sussurrò Allegra.
“Sì, anche a me.”
“ok, vado a vomitare.” E corse in bagno.
Sentii il cellulare vibarmi nella tasca e lo presi in
mano. Non conoscevo il numero ma accettai ugualmente.
“Pronto?”
“Jade?” la voce era confusa, c’era un
sottofondo di
musica e di voci che si parlavano una sopra l’altra.
“Sì, chi parla?” mi informai, cercando
di capirci
qualcosa.
“Sono Marco, Jade.” Mi rispose.
“Ah, Marco!” fui contenta di sentirlo.
“Tuo fratello è pazzo, non sa più
nemmeno come si
chiama.”
Io sbuffai e sentii la rabbia crescere. Mi aveva detto
che non l’avrebbe più fatto.
“Ma sta bene?”
“Bene è una parola.” Chiusi
gli occhi e cercai di
calmarmi. Mi aveva giurato che non l’avrebbe mai
più fatto.
“Arrivo.” Buttai il cellulare nella borsa e uscii
dall’appartamente di Allegra. Mi fiondai, a piedi, a casa di
quel Giò. Uno
della scuola, il solito fighetto da due soldi; non mi stava
particolarmente
simpatico, però era un amico di Mattia.
Corsi fino a casa sua e rallentai solo quando sentii la
musica a palla.
L’indomani i vicini si sarebbero lamentati. Poveri i
genitori di Giò.
Entrai e cominciai a cercare Marco e Mattia.
“Jade!” mi girai di colpo e Marco mi sorrise, anche
se un
po’ teso.
“Dov’è mio fratello?” gli
domandai subito. Lui cambiò
espressione.
“E’ uscito con una. Non so chi sia.”
“Cazzo.” Imprecai e mi sedetti sul divano.
“Aveva smesso però.” Osservò
Marco, sedendosi accanto a
me.
“Sì, ma a quanto pare non l’ha
fatto.”
“Non penso che si faccia regolarmente. Stasera
gliel’ha
offerta Giò e lui era già andato per colpa
dell’alcohol, quindi non è stato in
grado di rifiutare.”
Mi coprii il volto con le mani. “Me l’aveva
promesso.”
“Dài, su su.” Mi abbracciò, e
trovai quell’abbraccio
estremamente caldo e piacevole.
Guardai l’orologio appeso sulla parete. “Devo
andare. Se
lo senti chiamami, ok?”
“Certo.” Mi sorrise e si allontanò.
Io, a grande fatica, uscii da quella casa di pazzi.
Inciampai in qualcosa, o meglio, qualcuno.
Quei riccioli mi sembravano familiari e girai il corpo
del ragazzo a faccia in su.
Era Andrea.
Era tutto sudato e aveva la fronte corrugata. I vestiti
puzzavano di fumo e alcohol messi insieme. Lo issai su e cominciai a
trascinarlo via da lì.
Avevo perso di vista mio fratello, almeno potevo salvare
Andrea.
“Tuo fratello mi odia.” E rise.
“Wow.” Commentai, poco interessata.
“No, sul serio.” Rise ancora.
“Tu stai delirando.”
“Sarà il fumo.” Buttò la
testa indietro.
“No, sarà l’alcohol, bello.”
“Sì, lo so che sono bello.”
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. Era andato. Però almeno
riuscivo a parlargli normalmente, senza balbettare o roba del genere.
Avrei dovuto vederlo più spesso da ubriaco.
“Dove sono le chiavi di casa tua?”
“Mi porti a casa?”
“Sì.”
“Wow, scopiamo?” la sua faccia stanca si
aprì in un
sorriso da ebete.
Io alzai gli occhi al cielo e mi ripetei che era ubriaco
e che non sapeva cosa stesse dicendo, povero scemo. Non dovevo
prenderlo a
schiaffi.
“No, non scopiamo.”
“Uff, che peccato!” esclamò e cadde a
terra,
trascinandomi con lui.
Mi rialzai velocemente e lui fece lo stesso, anche se ci
impiegò un po’.
Riprendemmo a camminare.
“Allora? Queste chiavi?” gli domandai.
“Quali chiavi, bellezza?” era sinceramente confuso.
Ecco
perchè io non bevevo mai.
Dovevo ammettere, però, che era bello da morire anche da
ubriaco.
“Lascia stare. Ti porto a casa mia.” Decisi sul
momento.
Sicuramente aveva perso le chiavi o le aveva lasciate a casa di
Giò. La
soluzione migliore era portarlo a casa mia. Con un po’ di
fortuna mamma non si
sarebbe svegliata.
Mattia, invece, pensai che sarebbe ritornato tardi
l’indomani, quindi non ci sarebbe stato nessun problema.
Andrea se ne sarebbe
andato non appena fosse stato capace di cammianre con le sue gambe.
“Lo vuoi sapere un segreto?” mi sussurrò
all’orecchio.
Disgustoso, sapeva di birra.
“Sentiamo.”
“Hai un culo della Madonna.” Sgranai gli occhi e
balbettai qualcosa, anche se in fondo ero sicura che fossi arrossita.
“Pervertito. Cazzo mi guardi il culo?” stetti al
gioco.
“Lo vuoi sapere un altro segreto?”
“C’entra ancora il mio culo?” domandai
scettica, anche se
divertita da tutto quel battibecco.
“No, no.” Disse, scuotendo la testa e
singhiozzando.
Perfetto, anche il singhiozzo.
“Allora parla.”
“Io e tuo fratello abbiamo litigato.”
Bisbigliò e
sorrise.
“Perhè?” decisi di fare la finta tonta.
Ecco il momento
di scoprire la verità. In quelle condizioni Andrea mi
avrebbe detto qualsiasi
cosa gli avessi chiesto.
“Na, na. Non te lo posso dire. È
segreto.” Sussurrò
ancora. Lo avevo sottovalutato, allora.
Sbuffai e aprii la porta di casa mia, cautamente. Portai,
con grande, grandissima, immensa fatica, di sopra, in camera mia,
Andrea.
Per fortuna mamma non si accorse di niente. Lo sistemai
sul letto e scesi per prendergli un bicchiere di acqua.
“Bevi và.” Gli consigliai.
“Grazie, dolcezza.”
“Smettila di chiamarmi dolcezza.”
“Ti da fastidio, dolcezza?”
Alzai gli occhi al cielo. Non riuscivo ad essere
incavolata con lui, nelle condizioni nelle quali si trovava faceva
tanta,
tantissima pena.
Bevve tutto d’un sorso l’acqua e si
risistemò comodamente
sul letto. Chiuse gli occhi. io feci per uscire dalla stanza quando la
sua voce
mi chiamò.
“Ehi, e il bacio della buona notte?” mi girai,
sbuffando.
“Non te lo meriti.” Scherzai.
“Perchè?”
“Guarda come stai messo.”
“Eddai.” Mi implorò. “Guarda
che mi metto a urlare.” Mi
avvisò ed era serio. L’unica cosa che volevo era
mia madre che scopriva Andrea
in camera mia, nel mio letto.
Mi trascinai verso il letto e gli sfiorai la guancia con
le labbra. Credetti di svenire sul momento.
“Contento?” continuai a sostenere
quell’aria
indifferente.
“Mmm.. hai qualcosa qui.” Mormorò.
“Dove?”
“Qui, sulla guancia.” Mi toccò la
guancia, aveva
un’epressione serissima in volto.
“Ma dove?” continuavo a sfregarmi la guancia.
“Qui.” Ripetè e mi attirò al
suo volto. Sentii il suo
respiro, ora un po’ meno puzzolente di alcohol e sigarette,
sulle mie labbra.
Sorrise, sembrava così sobrio, e mi accarezzò la
guancia.
“Ecco, è andato via.” Mi
soffiò in faccia. Io deglutii e ordinai al mio corpo
di andare via, ma non mi ascoltava.
Si avvicinò ancora di più e mi sfiorò
le labbra con le
sue. Il cuore prese a martellarmi il petto. Girava tutto, oddio.
Era ubriaco. Era ubriaco. Era ubriaco!
Non poteva sapere quello che stava facendo.
Continuavo a dirmi questo, mentre l’azzurro dei suoi
occhi si confondeva con il mio.
Poi chiuse gli occhi. Bisbigliò qualcosa di poco
comprensibile e iniziò a respirare regolarmente.
La sua mano, quella con cui mi aveva accarezzato il viso,
cadde sul letto.
Sgranai gli occhi e mi allontanai velocemente e
indignata.
Si
era addormentato!
Uscii
dalla stanza, senza far rumore. Decisi di dormire
nella stanza di mio fratello, dato che lui era chissà dove
con chissà quale
ragazza.
Ero in pensiero per lui, ma il bacio di Andrea non mi
dava tregua. Continuavo a ripassare ogni secondo di quella scena. Il
cuore non
aveva ancora smesso di tormentarmi il petto.
Era ubriaco, certo. Non dovevo illudermi. Prima cosa.
Seconda cosa: mio fratello non doveva scoprirlo. Avrebbe
ammazzato Andrea.. e poi me.
Il cellulare vibrò. Guardai lo schermo e accettai la
chiamata.
“Jade.”
“Christinne.”
“How are you?”
tentò un’inglese poco probabile.
“Sì dice Where
are you? , ignorante.” La corressi.
“Stessa cosa. Dove sei?”
“A casa.”
“Perchè?” domandò.
“Perchè sì.”
“Cosa mi nascondi, bella?” indagò. Risi
divertita.
“Andrea è nel mio letto. Dorme. È
ubriaco marcio e delira
sempre, mentre mio fratello è chissà dove con una
tipa.”
“Aspetta, aspetta, aspetta. Metto il vivavoce.
Allè! Senti
senti.” Alzai gli occhi al cielo, divertita.
“Ha detto che Andrea è nel suo letto.”
Spiegò ad Allegra.
“Ha bevuto?” sussurrò lei, cercando di
non farsi sentire
da me.
“Ti ho sentita!” la rimproverai.
“Non ho detto niente, io.”
“Il punto è che Andrea è nel suo
letto.”
“Se è nel suo
letto.” Precisò Allegra.
“E’ nel mio
letto!” esclamai io, offesa perchè non mi credeva.
“E com’è?” chiese Christinne,
tutta curiosa.
“Ubriaco.”
“Fico!” esclamò lei.
“Ma cosa fico?!”
gridai io. “Quello mi ha appena baciata! Sta delirando! Anzi,
io sto delirando.
Mi stava venendo un’infarto, Dio!” confessai.
“Cosa?!”
“Ma sei sicura che non hai bevuto?”
domandò Allegra,
ancora scettica.
“Ti ha baciata? Come? Quando? Dove? E
perchè?”
“Vi spiego domani. Ora vado.”
“Domani mattia presto siamo da te. Baci.”
Detta l’ultima frase, Christinne attaccò.
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Capitolo 9 *** Andrea era strano, Alex era gay e papà era tornato. ***
Buuuuuoona
seera a tuttii ^__^
Posto stasera perchè sono di buon umore u.u
Ringrazio ai recensionisti *__* :
95_angy_95:
eii ^^ no, non mi ricordo di aver cambiato nome della storia o_o xD
comunque grazie e ho riferito a Mattia quello che hai scritto e lui ti
ringrazia ^__^ xD no vabbè, grazie e
pero di vedere altre tue recensioni (: un bacio.
XXX_Ice_Princess_XXX:
hahaha x) nei prossimi capitoli scopriari il motivo della litigata (:
essìì Andrea sarà un donnaiolo sempre
nella storia, mi piace così u.u
che ne dici? ho aggiornato abbastanza velocemente? (:
Eky_87:
mi dispiace ma Mattia non ha scoperto Andrea nel letto di Jade, anche
se ci avevo fatto un pensierino x) grazie mille ed eccoti il capitolo!
^^
Emildrago:
hahah beh grazie! xD per me anche quattro recensioni sono un'emozione!
xD grazie dei complimenti, spero che continuerai a seguire (:
Volevo ringraziare di
cuore a chi continua ad aggiungere la storia tra le seguite e tra i
preferiti =) GRAZiE! E ovviamente anche a chi legge e basta. Siete
davvero in tanti, però mi piacerebbe sentire anche cosa ne
pensate.. ^^
Buona lettura. ^__^
Il BLOG
*o* Daaaii, votatee il sondaggioo!
9.
Andrea
era strano, Alex era gay e papà era tornato.
“Guardatelo,
sorride. Chissà cosa sta sognando..!”
“Io un’idea ce l’avrei..”
borbottò Allegra.
“Sembra un’angioletto!”
“Shhhh.” Le zittì.
Andrea dormiva beatamente nel mio letto, con un sorrisino
da angioletto, che non avevo mai visto sul suo volto.
“Fosse così anche da sveglio..!”
esclamò Christinne, con
un lungo sospiro.
Allegra
alzò gli
occhi al cielo. “Questo qui, è
tutt’altro che angelo.”
“Secondo me c’è un lato buono nel suo
profondo
cuoricino.” Recitò Christinne, con voce piena di
commozione, come solo gli
attori sapevano fare.
“Scommettiamo che non si ricorda nemmeno di aver baciato
Jade?” la provocò Allegra. Voleva a tutti i costi
dimostrare a Chris che Andra
non era buono.
“Secondo me se lo ricorda. Si dice che da ubriachi si
fanno cose che da sobri non si ha il coraggio di fare.”
“Ma per favore..!” esclamò
Allè, mentre sbuffava.
“Si sta svegliando!” continuò Chris,
mentre guardavamo
Andrea, aprire lentamente gli occhi.
“Fuori! Andate fuori!” le spinsi con la forza fuori
dalla
stanza. Richiusi la porta alle mie spalle e ritornai a guardare Andrea.
Era mattina presto, le 8.30. Matt non era ancora tornato,
per fortuna, anche se ero preoccupata per lui.
Bisbigliò qualcosa senza un senso preciso e poi si
tirò
su di colpo e si guardò intorno, poi si soffermò
sulla mia figura. Ero
appoggiata alla porta, con le braccia incrociate al petto, e cercavo di
sorridere, nonostante fossi ormai entrata in trans. L’Andrea
sobrio mi faceva
un tutt’altro effetto di quello ubriaco. E poi, avevo paura
che si ricordasse
il bacio e lo considerasse un errore, uno sbaglio. Anche se, in cuor
mio,
speravo che mi dicesse che l’aveva fatto perchè lo
desiderava veramente.
“Buon giorno.” Sussurrai. Lui continuò a
scrutarmi senza
dire niente. “Come ti senti?” gli domandai, per
incitarlo a dire qualcosa. I
suoi occhi chiari si incatenarono nei miei.
“Cazzo.” Disse soltanto e si alzò dal
letto. Poi emise un
lamento.
“Vuoi qualcosa per il mal di testa?”
“C’è tuo fratello?”
domandò, ignorando la mia domanda.
“No, tranquillo.” Risposi, diventando un
po’ impaziente.
“Ehm.. posso.. posso farti una domanda?”
balbettò,
guardandomi smarrito. Così mi faceva tenerezza,
però. Non riuscivo a
resistergli.
“Dimmi.”
“Cosa.. cosa ci faccio qui?” allora non si
ricordava
niente. Perfetto. Quel bacio era stao solo uno stupido errore. E io che
avevo
sperato in qualcosa..
“Ieri sera ti ho portato via da
quell’inferno.”
“Ah.. da Gio.”
“Sì, da Gio. Eri sulle scale, per terra, che non
ti
ricordavi nemmeno come ti chiamavi. Mi dispiaceva lasciarti
lì..” abbassai il
capo,
rossa in viso.
“Ah.. beh.. grazie.” Ritornai a guardarlo, e lo
trovai a
sorridermi leggermente.
“Di niente.”
“Ehm.. è meglio se vado. Se mi vede qui tuo
fratello mi
scanna vivo.” Scherzò, ma c’era qualcosa
di serio in quelle parole.
“Senti.. perchè avete litigato?” fui
diretta. Volevo
saperlo. Insomma, quando mai Mattia e Andrea litigavano? Mai. Quindi
c’era
sotto qualcosa e io volevo saperlo. Non mi piaceva veder stare male mio
fratello. E, ovviamente, anche Andrea stava male, si vedeva.
Lui abbassò il capo. “Non credo che sia la cosa
giusta,
dirtelo.”
“Perchè?” domandai sorpresa.
“Tuo fratello non vuole.”
“Ah..”
Sentii il suo stomaco fare strani rumori, lui mi guardò e
scoppiò a ridere, lo stesso feci anche io.
“Vuoi mangiare qualcosa?”
“Disturbo?”
“Certo che no. Tanto a casa
non c’è nessuno e” feci una
pausa e urlai.
“le mie amiche adesso devono andare via.” Ero
sicura che avessero capito.
Gli sorrisi e lui fece lo stesso.
“Usciamo, dai.” Aprii la porta e lo feci uscire per
primo. Sapeva dov’er la cucina, quindi scese le scale e
svoltò a sinistra. Si
sedette e aspettò che io preparassi la colazione.
“Cosa vuoi mangiare?” gli domandai, sentendomi un
po’
impacciata.
“Oh.. qualsiasi cosa va bene.” Mi sorrise,
scoprendo i
bellissimi denti, bianchi.
“Cereali?”
“Perfetti.”
Annuii e iniziai a scaldare il latte. Mi tremavano le
mani e mi sentivo il suo sguardo addosso. Lui era tranquillo, io un
po’ di
meno.
“Bleah.. puzzo di fumo.” Esclamò poco
dopo, schifato.
“Anche di birra.” Precisai io, con un sorriso.
Gli misi davanti il piatto con il
latte e i cereali. Lui rise, prendendo la
mia affermazione come una battuta, e si versò i cereali nel
latte.
Lo stesso feci anche io, senza guardarlo. Dio, tutti quei
sorrisi mi facevano impazzire. Avevo il cuore a mille. Pensai che
sarebbe
scoppiato.
Mangiammo in silenzio, un po’ imbarazzante direi, ma lui
non sentì l’imbarazzo. Era perso nei suoi
pensieri. Aveva gli occhi persi
nel
vuoto, e si ricordava di mangiare solo quando io facevo qualche rumore
con il
cucchiaio e lo rosvegliavo.
“Senti.. è meglio se non dici a Mattia..”
“Ho capito, tranquillo.” Gli risposi e gli sorrisi.
L’atmosfera si stava facendo sempre più pesante.
“Ehm.. io vado, è meglio.” Disse, non
finendo nemmeno la
colazione.
“Oh.. v-va bene..” balbettai, un po’
delusa. Stavo
cominciando ad abituarmi alla sua presenza.
“Grazie, di nuovo, per ieri sera.” Non mi
guardò in
faccia, non mi sorrise nemmeno.
Prese il suo giubbotto e si avviò alla porta. Stava per
chiudere la porta quando si fermò all’improvviso e
ritornò indietro. Si fermò
davanti a me.
Mi guardò negli occhi e sorrise. Io abbassai il capo,
incapace di reggere quello sguardo, che tanto mi sembrava carico di
sofferenza.
Mi sfiorò la guancia con le labbra e uscì.
Io rimasi lì, impalata come una cretina. Mi toccai la
guancia e sorrisi. Non so perchè lo fece o a cosa pensasse
mentre lo faceva, ma
quel bacio mi fece sentire una principessa, più di quello
della sera prima.
Credo che Andrea non avrebbe mai baciato Ugly Betty, no?
Ciò significava che non lo pensava più. Che io
non ero più Ugly Betty. E
davvero. Io non lo ero più da tempo.
Finii la mia colazione
che ancora pensavo ad Andrea e non
mi accorsi che sulla soglia della porta della cucina c’era
Mattia che mi
fissava. Aveva lo sguardo serio, ma pentito. Lo riconoscevo sempre.
Lo guardai negli occhi. delle profonde occhiaie
circondavano i suoi occhi verdi.
“Siediti.” Gli dissi, facendogli segno di sedersi
davanti
a me. Spostai il piatto più in là e incrociai le
braccia.
“Dove sei stato?” gli domandai, calma. Lui
abbassò gli
occhi e si mise le mani nei capelli.
“Ho passato la notte con una che nemmeno conosco. Era
strafatta.” Confessò, con voce lagnosa.
Non mi fece pena. In quel momento lo odiavo.
“Anche tu eri stafatto, Matt.” Gli feci notare. Lui
alzò
gli occhi e mi fissò allarmato. “Ieri sera mi ha
chiamato Marco per venirti a
prendere perchè eri in uno stato pietoso. Sono andata
lì e non c’eri, per poi
sentirmi dire che tu hai ricominciato a farti.” Parlai,
pacata, anche se la
voce mi tremava leggermente.
“Jade..” iniziò lui.
“No, Matt. Non voglio scuse. Voglio
sapere perchè hai
ricominciato? Vuoi che mamma e papà ti mandino davvero in
uno di quei centri
per drogati? Perchè se è così, glielo
diciamo insieme e loro fanno il loro
dovere.”
“Jade, ti prego..” si prese la testa fra le mani e
non mi
guardò più.
Sospirai, sentendo gli occhi pizzicarmi. “Io ci tengo a
te, lo vuoi capire? Mi avevevi giurato di aver smesso!”
iniziai ad alzare
leggermente la voce, per cercare di mascherare la voce penosamente
tremante,
dalla rabbia e dalle lacrime che da lì a poco sarebbero
uscite.
“Io ho smesso!” si decise a dirmi, dopo un
po’. Urlava
anche lui. Aveva uno sguardo disperato.
“Matt.. che cosa ti succede in questo periodo?” gli
domandai, rassegnata. Allungai la mano per afferrare il suo pugno
stretto, sul
tavolo. Si scansò brusco e guardò altrove.
“Io non ho ricominciato a drogarmi, Jade, credimi, ti
prego. Ieri sera non ho resistito, tutto qui.”
“Tutto qui? Matt, ma non capisci che se non sei in grado
di resistere a quella roba vuo dire che non hai mai smesso?”
stavo male,
malissimo. Non volevo rivivere certi momenti con lui. Matt aveva smesso
di
prendere quella roba da un anno. Avevamo passato e superato
l’inferno insieme.
Avevo lottato con lui, contro mamma e papà,
perchè non lo mandassero in un
centro per drogati. L’avevo aiutato a smettere. E lui ora mi
ripagava così. Non
ci vedevo più dalla rabbia.
“Io sono in grado di resistere, Jade!” mi
urlò in faccia.
Chiusi gli occhi, per non rivedere quegli occhi verdi che si stavano
sbiadendo.
“Tu non capisci quello che sto passando. Non lo capirai
mai, cazzo. Fai uno sforzo di capire qualcosa, senza che siano gli
altri a
dirti tutto. Sei così ottusa, Dio..!” mi
sputò in faccia quelle parole. Me le
sputò senza fare nemmeno una pausa e pentirsene. Abbassai il
capo; allora era
tutta colpa mia se lui aveva ripreso a drogarsi. Era così.
“Jade.. io..” provò a scusarsi, ma era
troppo tardi.
Iniziai a singhiozzare silenziosamente e mi coprii la faccia con le
mani. Non
volevo vederlo.
“S-scusami, dai. Lo sai che non lo penso
veramente..”
Poi, mi resi conto che non ce l’avevo con lui. Avevo
semplicemente paura. Paura che la droga me lo portasse via.
L’anno prima,
quando si faceva, capitava spesso di litigare così
furiosamente. Lui iniziava a
delirare e non la finiva più.
Non volevo rivivere quegli incubi.
Mi alzai in piedi, asciugandomi le lacrime e mi trascinai
da lui. Lo abbracciai senza dire niente. Lo sentii ricambiare.
Incastrò il viso
nell’incavo del mio collo e sospirare.
“Promettimi che smetterai, anzi, giuramelo.”
Bisbigliai.
Captai nella mia voce un pizzico di disperazione.
“Te lo giuro. Te lo giuro..” soffiò.
Restammò abbracciati così per un po’.
Sentivo, però, che
la colpa di tutto il suo malessere era mia e non sapevo come rimediare.
Lui si allontanò e mi persi nel verde dei suoi occhi.
“Insieme ce la faremo, vedrai.” Lo incoraggiai, con
un
sorriso. I suoi occhi tristi si abbassarono.
“Drogarmi.. drogarmi mi fa stare bene, Jade. Capisci?
C’è
una parte di me che mi ordina di ricominciare.”
“E Matt cosa vuole?”
“Voglio vivere. Non voglio ammazzarmi con quella
roba.”
“E allora vedrai che non avrai problemi. Matt ha
più
buona volontà di quella piccola parte cattiva.”
Dissi, e gli accarezzai la
guancia.
Lui annuì, distratto. “Vado a farmi una
doccia.”
“Ok.” Mi scostai e lo lasciai andare a lavarsi. Lo
sentivo
diverso. Avevo paura di non rivedere mai più il Mattia di
sempre. Quello con
gli occhi verde speranza che gli lucciccavano dalla gioia.
Sospirai e mi presi la testa tra le mani.
Di nuovo quella sensazione di smarrimento. Avevo caldo,
terribilmente caldo. Mi tolsi la felpa, nella speranza di ritornare a
stare
bene. Ciò non servì a niente. Mi bruciavano gli
occhi.
Cominciai a dimenarmi, alla ricerca di un po’
d’ossigeno
da respirare, ma non lo trovavo, non c’era.
“Jade! Mi porti l’accappatoio, per
favore?” gridò Matt,
dal bagno. La sua voce ebbe la forza di calmare l’inferno che
mi stava
schiacciando. All’improvviso stavo nuovamente bene, anzi
benissimo.
Salii di corsa le scale, presi l’accappatoio ed entrai in
bagno. Matt si stava togliendo la maglietta, quando entrai. Non ci feci
particolarmente caso, non era la prima volta che lo vedevo
così. Tante ragazze,
al posto mio, sarebbero svenute.
Dovevo ammettere che aveva un bel corpo, da calciatore. I
muscoli marcati, ma non eccessivamente. Aveva una tartaruga perfetta.
“Che fai? Arrossisci?” mi prese in giro.
Io mi guardai allo specchio e mi resi conto che avevo le
guancie rosee. Ero davvero arrossita.
Ma che cavolo mi stava succedendo? Sentii la sua risata
diffondersi nella stanza.
“Io.. ehm.. vado..” balbettai, vergognandomi di
quella
reazione un po’ esagerata.
Dio, avevo 17 anni e non era la prima vola che vedevo un
ragazzo mezzo nudo. Certo che no. Non ero una ragazzina.
Perchè Mattia
era così
dannatamente bello?!
Sbuffai e mi sedetti sulle scale. Mi rialzai subito,
ricordandomi che avevo da studiare per una verifica. Andai in camera
mia e
passai il pomeriggio concentrata sui libri, un po’ per
distrarmi da Andrea e un
po’ per non ricordarmi la brutta situazione di Mattia.
Verso tardo pomeriggio il campanello suonò. Mattia dormiva;
aveva detto che era stanco, vista la nottata passata, e voleva
riposarsi.
Chiusi il libro di storia ed andai ad aprire. Alex era
davanti a me con un’espressione confusa e spaventata in volto.
Lo feci entrare e lui si sedette sul divano.
“Ehm.. quale buon vento..” scherzai.
“Ti devo confessare una cosa.” Mi interruppe e mi
fissò
con quegli occhi ancora da bambino. Aveva la mia stessa età,
ma sembrava ancora
un quattordicenne insicuro della vita. Mi faceva così
tenerezza.
“Dimmi tutto, cugino.” Mi sedetti accanto a lui e
aspettai la sua confessione.
“Jade.. io.. penso di essere.. gay.”
Sussurrò,
terrorizzato.
“Eh?!” urlai, spaventando tutti i vicini della via,
credo. Lui mi tappò la bocca con una mano.
“Che cazzo ti urli, cretina!” mi
rimproverò.
“Hai ragione, scusami.” Feci una pausa.
“Ma tu non puoi
essere... gay, tesoro. Tu stai con Christinne.” Gli feci
notare, con più calma.
“Ho appena baciato un ragazzo.” Mi disse, sicuro.
Io sgranai
gli occhi e mi schiarii la voce.
“Come hai appena baciato
un ragazzo?” gli domandai, cercando di non urlare,
anche se ero un bel po’
scioccata.
“Sì, hai capito bene. Vuoi sapere chi
è?” mi domandò, con
un sorrisino.
“Se proprio ci tieni..” mormorai, ancora sorpresa.
“Gio, quello del quinto anno. Sai chi
è?”
“Coooosa?” urlai, scandalizzata. “Gio
è gay?!”
“Ehm.. a quanto pare sì. Però non ti
scandalizzare così;
quello scioccato dovrei essere io, non credi?” mi fece
notare, un po’ offeso.
Mi ricomposi e mi preparai ad ascoltare il suo discorso.
“Dimmi come è successo.”
“Ci siamo beccati in giro e abbiamo deciso di fare una
passeggiata al parco. Abbiamo parlato un po’ ed è
successo così, all’improvviso.”
Aveva gli occhi altrove, a quel momento. Lo stava rivivendo, emntre me
lo
raccontava. Aveva gli occhi lucidi e la voce gli tremava.
“E tu cosa hai provato?” gli domandai, infine, per
cercare di capire se mio cugino era gay.
“Come cos’ho provato?” chiese, senza
capire, con que
faccino da perfetto rimbambito.
“Massì.. mentre vi.. baciavate.. cosa hai
provato?” feci
fatica a ripetere la domanda. Non riuscivo a registrare mio cugino gay. Anche se certe volte mi era venuto
il dubbio.
Una volta l’avevo sorpreso a truccarsi, ma eravamo
piccolini e non sapevo nemmeno cosa significava la parola omosessuale.
“Sono stato bene. Non è come baciare una ragazza.
Ho provato
qualcosa di.. indescrivibile,
Jade.” Mi
confessò, con il capo chino.
Mi grattai la fronte, cercando le parole giuste da
dirgli.
“E tu cosa temi, Alex?”
“Che io sia gay.” Mormorò.
“Non c’è di che aver paura. Tu sei stato
bene con
Gio?”
“Sì.”
“Ti sei pentito del bacio?”
“No.”
“E allora? Non scegliamo noi chi essere. Siamo e basta. Sei
omosessuale, punto. Non devi aver paura di niente e nessuno. La gente,
beh la
gente ovvio che mormora, ma se tu stai bene così imparerai a
fregartene.” Gli sorrisi.
Lui ricambiò, sembrava più tranquillo.
“Come bacia Gio?” gli domandai, non riuscendo a
trattenere la curiosità. Lui mi guardò sorpreso e
poi rise.
“Bene!” mi rispose.
“Io lo sapevo!” sentimmo esclamare a qualcuno. Ci
girammo
in contemporanea verso le scale, dove mio fratello stava in piedi e a
stento
tratteneva le risate. Alex arrossì.
“Hai origliato?!” gli urlai contro, alzandomi per
rincorrerlo.
Lui rise e iniziò a girare intorno al tavolo.
“Tu non hai sentito un bel niente, Matt.” Lo
avvertii,
minacciandolo.
“Oh, io ho sentito tutto, invece!”
esclamò, cercando di
scappare in cucina. Lo seguii, correndogli dietro. Mi stupii della mia
velocità. Senza fermarmi gli salii sulle spalle. Lui si
sbilanciò e per poco
non cadde per terra. Ridemmo e, sempre in quella posizione, ritornammo
in sala,
da Alex.
Sul divano non
c’era
nessuno, però. Solo un bigliettino. Scesi dalle spalle di
Matt e andai a
leggerlo.
Grazie
per i consigli, cugina. Gio mi ha chiamato, sto andando da lui. Usciamo
insieme!
Metti
ordine in quella testolina e scegli uno dei due, ok? (:
Mi
soffermai parecchi minuti sull’ultima frase. Ma che
voleva significare?
Non capivo. Fra chi
dovevo scegliere?
“Cosa leggi?”
Nascosi il bigliettino alle mie spalle e sorrisi a Matt.
“Niente!
Alex è andato da Gio. Escono insime.”stropiciai il
bigliettino e lo feci a
pezzettini.
A scuola gliel’avrei chiesto, cosa volesse intendere con
quella frase.
Matt mi guardò con sospetto ma non mi chiese niente.
Andò
in cucina per prendersi da mangiare. Quello aveva perennemente fame.
Ancora una volta il campanello suonò e io andai ad
aprire.
Quasi mi mancò il respiro alla vista della figura che mi
si presentava davanti.
Aprii la bocca per dire qualcosa ma non ne uscì alcun
suono.
L’uomo sorrise, un sorriso un po’ tirato e triste,
ma lo
stesso sorriso dei miei ricordi. Gli stessi occhi grigi di sempre. I
capelli
erano diversi però. Con il passare degli anni erano
diventati un po’ più
chiari, quasi bianchi. E poi, chissà da quando non si faceva
la barba.
“Piccola, chi è?” sentii domandare Matt,
mentre mi
raggiungeva alla porta. Non ebbi la forza di rispondergli. Ero
ipnotizzata
dalla figura davanti a me.
Guardò Matt, e percepii il suo disagio. Abbassò
lo
sguardo e poi lo
siposò nei miei occhi.
Volevo fargli quella dannata domanda ma non riuscivo.
“Papà, perchè
sei
qui?”
Era una semplice domanda, ma non riuscii a dirla. Rimasi lì
ferma, ad analizzare tutti i minimi particolare del viso di mio padre. Papà. Ecco perchè
non riuscivo a fargli
la domanda. Non riuscivo più a chiamarlo papà.
Non lo sentivo più mio padre.
Ma nonostante ciò lasciai uscire fuori le lacrime e
singhiozzando mormorai un appena udibile “Papà.”
E lui ne fu contento. Mi sorrise e fece per abbracciarmi.
Mi scansai bruscamente, andando ad abbracciare Matt.
“Vattene,
papà. Qui non sei più il benvenuto. Mi hai
distrutto una volta la vita, non lo farai anche una seconda
volta.” Mi doleva
pronunciare quelle parole, ma era la verità. Era la pura
verità. Non ero
preparata a quello.
Lui sgranò gli occhi e abbassò il capo.
|
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Capitolo 10 *** Di male in peggio. ***
Ciao a tutti.
Mi dispiace, ma oggi vado di fretta, devo studiare. t.t
Ecco il capitolo nuovo. ^^
Vorrei, ovviamente, ringraziare a chi recenscie di volta
in volta i capitoli. Vi ringrazio di cuore, ma
oggi non posso rispondere a ognuno di voi.
Vorrei poi ringraziare a tutti quelli che hanno messo la
storia tra i preferiti:
1 - Ale 93
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2 - angy1234
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3 - curix
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4 - discepolo
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5 - Eky_87
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6 - EllaYaYa
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VOTATE iL SONDAGGiO NEL BLOG . =D
VOTE FOR ANDREA, YEAH! U,U
10.
Di
male in peggio.
Alzò gli occhi e li piantò nei miei.
Sostenni quello
sguardo e cercai la mano di Matt.
Non sapevo cosa fare, nè perchè papà
era ritornato.
Sapevo soltanto che non lo volevo, per paura di soffrire ancora.
“Jade.. tesoro..”
“N-non chiamarmi tesoro.”
Gli dissi dura. Matt mi strinse la mano e continuò a
spostare lo sguardo ma me
a papà, senza dire una parola.
“Mi sei mancata, Jade.” Bisbigliò,
cercando di
avvicinarsi. Io rimasi ferma, non mi spostai, ma non ricambiai il suo
abbraccio. Sentirlo così vicino mi scombusolava. Insomma,
perchè era tornato?
Voleva torturarci ancora?
Mamma sarebbe andata su tutte le furie.
Si allontanò, un po’ deluso e guardò
Mattia.
“E’ il tuo ragazzo?” domandò,
con un leggero sorriso
sulle labbra. Risi senza un motivo, forse perchè era mancato
troppo nella mia
vita da sapere certe cose.
“No, è mio fratello.” Con la coda
dell’occho vidi Matt
abbassare il capo e papà sgranò gli occhi.
“Come..?” esclamò, sorpreso.
“Ci siamo rifatte una vita, dopo che ci hai abbandonate.
Cosa credevi? Che ti avremmo aspettate per tutta la vita?”
gli spiegai, pacata,
anche se la voce tradiva la mia rabbia.
Lui si passò la mano nei capelli e sospirò.
“Sono tornato per voi..”
“No. Per noi
saresti potuto tornare anche otto anni fa.” Non lo feci
nemmeno finire la
frase.
Matt mi abbracciò. “Jade, non essere troppo
dura.” Mi
rimproverò e poi si rivolse a mio padre. “Entri,
parliamo con calma, dentro.”
Papà sorrise, ebbi modo di intuire che aveva preso in
simpatia Mattia.
Ci sedemmo sul divano, in sala. Non parlò nessuno
inizialmente.
“Perchè sei tornato? Perchè
adesso?” gli domandai, in un
lamento, non potendo
più trattenermi. Lo
guardai supplichevole, mentre il cuore si contorceva dal dolore. Mi
resi conto
che gli volevo ancora bene.
“Perchè ho sbagliato a lasciarvi.” Mi
rispose. “Io ho
sofferto in questi anni.” Continuò, recitando la
parte del padre pentito.
Io sorrisi amaramente. “Hai finito i soldi per girare il
mondo con le tue mille donne?” dissi, con una certa ironia
nella voce.
Lui granò gli occhi e si alzò in piedi.
“No! Certo che
no! Lo vuoi capire che sono tornato per te?! Perchè soffro
per non averti
potuta vedere crescere..”
“Non ti sei perso un bel niente.” I suoi occhi si
rattristarono e sospirò.
“Allora forse ho sbagliato a tornare. Non avete
più
bisogno di me.”
“Ti sei preso gioco di me e della mamma; come pretendi di
tornare qui e far finta di niente?” gli domandai, guardandolo.
Lui abbassò il capo, senza rispondere.
Lo abbassai anche io.
“E’ maglio che sparisco dalla vostra vita,
allora.” Disse
e si incamminò verso la porta.
Mattia fece per dire qualcosa, ma lo zittii.
“Non.. non dire tua madre che sono venuto. Non voglio infastidirla.”
E uscì, senza salurare, senza dire una parola. Quando fu
ormai lontano e in casa rimanemmo solo io e Mattia iniziai a
singhiozzare, non
potendo più trattenermi tutto dentro.
Lui mi fu subito accanto e mi abbracciò forte. Mi
aggrappai a lui.
“Shh. Dai, non fare così..” mi
consolò, parlandomi a
bassa voce, nell’orecchio.
Io annuii, ma non riuscivo a smettere. Il suo abbraccio
significava tanto per me, ma non riuscivo comunque a guardare la cosa
dal lato
positivo. Mi sembrava che niente avesse un lato positivo, in quel
momento.
Mi baciò i capelli e mi strinse più forte.
Avvertii qualcosa di diverso nei suoi movimenti. Più
rigido e allo stesso più protettivo nei miei confronti.
Improvvisamente mi
venne una voglia matta di guardarlo negli occhi. e lo feci. Era
bellissimo, il
mio Matt era bellissimo.
“E’ meglio non dirlo a mamma.” Sussurrai
io, tanto per
dire qualcosa, visto che non sopportavo più quel silenzio.
Lui annuì e si allontanò da me. Avvertii un vuoto
che non
seppi spiegarmi.
“Matt.. mi sento strana.. come se..” tentai di
spiegarmi,
ma mi mancavano le parole. Mi sentii vuota e mi prese il panico.
“Non mi lasciare.” Sussurrai, lasciandomi cadere a
terra.
Lui corrugò la fronte e mi abbracciò ancora, mi
tenne stretta. Stavo bene tra
le sue braccia, in quel momento pensavo che non le avrei mai
abbandonate.
“Certo che no, scema.” Bisbigliò,
confuso. Distrattamente
mi accarezzava i capelli, mentre aspettava che mi calmassi.
“Matt.. mi sento come.. se avessi così
poco..” confessai,
ed era vero. Sentivo un enorme vuoto dentro me, come se non avessi mai
vissuto,
come se una terribile disgrazia mi sarebbe accaduta da lì a
poco. Cercavo di
non farci caso, ma stavo male.
“Hai me. Ti sembra poco?” mi rimproverò,
con una nota di
preoccupazione nella voce. “Sciocca.”
Sussurrò, soffiandomi nei capelli.
Io sorrisi leggermente e mi allontanai di poco, per
poterlo guardare negli occhi.
Lui sorrise per rassicurarmi. Si avvicinò al mio
volto e
mi incatenò con lo sguardo. Mi guardava come se mi volesse
comunicare qualcosa
che io non riuscivo a capire. Sospirò, chiuse gli occhi e mi
baciò la fronte.
Si alzò e scappò nella sua stanza, senza girarsi
e degnarmi di uno sguardo.
Rimasi lì ferma, e anche un po’ sorpresa, per
terra.
Mi alzai sentendo il mio cellulare squillare insistentemente,
come se dovessi rispondere per forza.
Sbuffai e accettai la chiamata, senza nemmeno guardare il
numero.
“Jade!” mi urlò Christinne nelle
orecchie, con voce
isterica. La sua vocina fastidiosa era l’unica cosa di cui
avevo bisogno in
quel momento.
“Ciao anche a te, tesoro.” Ironizzai, aspettando
che
scoppiasse.
“Zitta e ascolta.” Mi ordinò.
Io ridacchiai e mi misi in ascolto, anche se intuivo
quello che mi avrebbe detto.
“Alex è gay.” Sputò, con un
singhiozzo.
Cercai di fare la sorpresa. “Ah...”
“Tu lo sapevi.” Realizzò lei, dopo un
attimo. A quanto
pare quel giorno non ero affatto una buona attrice.
“C-certo che no!” mi difesi, per quanto mi era
possibile.
“Invece sì! Dovresti urlare e dirmi
‘Come è possibile?!’
e invece sei tranquilla.” Urla con quella voce stridula.
“Ma io
sono... sì,
ok, lo sapevo.” Ammisi, con un sospiro.
“Coooome?! E non mi hai detto niente?!”
gridò e
allontanai il telefono dall’orecchio. Il mio povero timpano.
“L’ho saputo oggi..” cercai di
giustificarmi.
“Chi te l’ha detto?”
“Lui.”
“Ma ti rendi conto?”
“Sì.”
“E’ gay.”
“Sì.”
“Sono stata con un ragazzo gay!”
esclamò, scoppiando a
piangere.
“Che ti serva da lezione.” Sputai, non riuscendo a
trattenermi. Lei stette zitta per qualche secondo.
“Come?” riuscì a sussurrare, tirando su
col naso.
“Ma ti rendi conto che Marco ti sta aspettando e tu sei
ancora qui con me al cellulare?” le feci notare.
“Cazzo. Hai ragione. Vado.” Mise giù e
io rimasi con il
cellulare in mano. Sospirai e ridacchiai. Finalmente quella testa dura
aveva
aperto gli occhi. mi lasciai cadere sul divano, sentendomi
improvviamente
stanca. Non mentalmente, fisicamente. Come se avessi corso per
chilomentri e
chilomentri. Una lunga e faticosa corsa verso qualcosa che non avevo
ancora il
diritto di raggiungere.
Delle
altalene. Un ragazzo.
Chistinne
correva a perdifiato, e faceva lo slalom dei bambini che giocavano in
quel
parco. Lo vide e instintivamente sorrise. Era più bello di
quanto ricordasse.
Si asciugò le lacrime, un po’ di gioia e un
po’ di senso di colpa, e con passo
tranquillo si avvicinò a lui.
Lui
stava scrivendo qualcosa. Quello era l’unico posto dove lui
riusciva a
concentrarsi, lei lo sapeva bene. C’erano stati insieme molte
volte.
Lui
alzò il viso e rimase sorpreso di vedere la ragazza.
Lei
sorrise, mentre lacrime di gioia le bagnavano il volto.
Ma
come aveva fatto ad essere così cieca in tutti quei mesi.
Sarebbe bastato fare
quello: mettere da parte l’orgoglio ed andare da lui.
Non
riuscendo più a trattenersi iniziò a correre.
Marco si alzò dall’altalena e
l’aspettò. La accolse fra le sue braccia e la
strise a sè, alzandola verso il
cielo. Lei sorrise e così fece anche lui.
Dio,
quanto era stata stupida.
“Chris..
io..”
“Shh.”
Lo zittì, posandogli un dito sulle labbra. “Non
voglio giustificazioni. Ciò che
è stato è stato.” E sorrise,
abbracciandolo.
“Ho
lasciato Marie.” Disse soltanto, alzando gli occhi al cielo e
ridendo.
L’aveva
fatto quella stessa mattina, non sentendosi più sicuro di
quello che stava
facendo.
Aveva
fatto bene.
“Ti
amo.” Pronunciò lei, fiera di quanta
verità quelle parole esprimessero. Si
guardarono negli occhi.
Lui
le accarezzò il volto. “Io ti ho sempre
amata.” Disse e si impossessò di quelle
labbra, che gli appartenevano di diritto, e che per tanti mesi aveva
sognato di
toccare.
“Come
mai Andrea non viene più da noi?” volle sapere mia
madre, a cena. Io e Mattia ci guardammo. Lasciai a lui
l’onore, dato che io non
sapevo un bel niente, tranne che avevano litigato, ovviamente.
Matt si schiarì la gola. “E’ occupato
con.. la scuola in
questo periodo.” Si inventò sul momento.
Apparentemente sembrava tranquillo, ma
si vedeva da un chilomentro quanto gli doleva parlare di Andrea.
“Ah.. si sta impegnando allora?” scherzò
mia madre, senza
fare caso alla strana atmosfera che si era formata in cucina.
Mattia annuì, fingendo disinvoltura. Poi sbuffò e
si
alzò. “Non ho più fame.”
Dichiarò e se ne andò.
Mamma lo chiamò due o tre volte, ma senza ottennere
alcuna risposta.
“Lascialo stare, mà.”
Lei mi guardò male ma non disse più niente.
Papà ci
guardò stralunato, senza capire niente di quegli sguardi tra
me e mia madre.
Il giorno dopo, la scuola mi tenne la mente occupata da
tutti quei problemi. Ebbi qualche problema di lucidità
quando incrociai Andrea
in mensa. Si sedette al tavolo davanti al nostro, con i soliti amici.
Si
sedette di fronte a me.
Per quanto tentavo di non guardarlo, gli occhi
scivolavano sempre sulla sua figura, bellissimo come mai.
Mattia si sedette con noi, dicendo che non aveva voglia
di stare con i suoi amici.
Si sedette accanto a me e mi obbligò a mangiare tutto
quello che avevo nel piatto, manco fosse mio padre.
Passamò il pranzo così, a litigare e scherzare
come
bambini, mentre qualche volta, grazie a Matt rarissime volte, mi
incantavo a
guardare Andrea. Ogni volta lo sorprendevo a guardare in modo strano
Mattia.
“Jade!” Matt mi sventolò la mano davanti
agli occhi.
“Matt.. perchè ti guarda
così?”
“Chi?” fece il finto tonto.
“Andrea.” Sussurrai.
Lui sospirò e iniziò a giocare con un pezzo di
pane.
“Jade, non posso dirtelo.”
“Perchè?” supplicai, capendo che
c’entravo anche io, in
qualche modo. Non volevo essere la causa della loro litigata.
Mi sentivo in colpa.
“E’ una cosa tra di noi.” Si
giustificò, poco
convincente.
Io sbuffai e mi alzai, sbattendo a terra la sedia. “Sono
stufa di queste cose tra di voi. Per una volta dimmi la
verità!” urlai e
aspettai davanti a lui una risposta. Lui abbassò il capo e
non disse niente.
Tra gli sguardi dei presenti, e quello confuso e stupito di Andrea,
lasciai la
sala per rifuggiarmi in cortile. Mi sedetti sugli scalini
dell’entrata.
Piansi, senz aun motivo preciso, piansi. Fu come
rinascere. Mi sentii completamente svuotata da tutto e tutti. In quel
momento
c’ero solo io con le mie lacrime.
Non c’era mio padre, non c’era Mattia e non
c’era nemmeno
Andrea.
Restai lì per non so quanto tempo. Credo che saltai
persino un’ora di lezione.
Sentii dei passi, che si fermarono dietro di me.
“Vai via, Matt.” Urlai, convinta che fosse proprio
lui.
La figura non mi diede alcun ascolto e si sedette accanto a me.
“Non devi prendertela con Matt. La colpa è anche
mia.”
Sentii il fiato mancarmi e mi gurai sorpresa verso Andrea. Sorrideva,
anche se
era un sorriso un po’ tirato e appoena accennato.
“C-cosa ci..” cercai di dire, ma lui mi interruppe.
“Jade.” Pronunciò lento, girandosi
completamente verso di
me. I suoi occhi azzurri come il cielo mi penetrarono dentro, nel
cuore. Mi
faceva male, ora che ci pensavo, il cuore. Quel piccolo motore che non
sapeva
mai soddisfarsi di quello che aveva.
Non mi aveva mai chiamata per nome, o almeno, non l’aveva
mai pronunciato con tanto sentimento.
“Jade.”
Ripetè,
sussurrando. Si avvicinò e mi posò, timido come
non l’avevo mai visto, una mano
sulla guancia. Chiusi gli occhi, cullandomi da quel tocco.
“Dio, perchè sei così?”
esclamò, facendo scivolare la
mano sul fianco. Mi rimase solo la scia di fuoco del suo tocco.
Feci poco caso a quelle parole, anche se in cuor mio
sapevo che erano dette con esasperazione e rimprovero. Lui era davanti
a me.
Andrea era davanti a me e tutti quelli sguardi erano per me. Riuscivo
persino a
renderlo timido.
“Così come?” riuscii a balbettare, con
un filo di voce.
Sospirò e scosse la testa. Si appoggiò alla porta
e
chiuse gli occhi. “Guardati intorno, sciocca. Fallo, per una
volta, e togliti
quelle cazzo di bistecche dagli occhi. Esci dal tuo mondo fatato e
osservati
intorno.” Disse con voce aspra, piena di rimprovero e
durezza. Era calmo, con
gli occhi sempre chiusi.
Io smisi di respirare per una manciata di secondi, per
registrare quelle parole. Mi resi conto di quanto male mi facevano, di
quanto
duro era stato nei miei confronti in quei pochi secondo. Non capii il
significato, ma mi ferirono ugualmente. Ultimamente tutti mi dicevano
di essere
una sciocca. Tutti mi dicevano di svegliarmi.
Solo che Andrea era stato l’unico a dirmelo in faccia,
senza esitazioni. E questo mi faceva terribilmente male.
Gli occhi mi pungevano e mi tremavano le mani. Avevo una
voglia matta di tirargli un pugno. E anche di piangere come una
bambina. Ecco, il
mio bel mondo fatato stava andando
in
pezzi.
“Grazie.” Dissi
alla fine, con la voce rotta dai singhiozzi.
Lui aprì gli occhi e mi guardò a lungo. Alla
fine, non
sopportando più quella situazione, mi alzai e feci per
andarmene.
Si alzò anche lui di scatto e mi afferrò il
braccio.
Guardai prima le sue dita poco curate che mi tenevano ferma, e poi il
suo viso.
Era un po’ teso, ma non lasciava leggere nessun sentimento.
Sbuffò, alzò gli occhi al cielo.
Sembrava trattenersi di
fare qualcosa.
“Oh, ma al diavolo.” Bisbigliò e mi
attirò a sè. Il mio
corpo sbatté contro il suo petto. Mi prese il viso tra le
mani e mi guardò
addolcendo lo sguardo. Era così.. dolce. Non avevo mai visto
Andrea così.
Mi sorprese. Sentii le sue labbra fare pressione sulle
mie. Le dischiusi leggermente, capendo che voleva un vero bacio, non
come
quello di qualche sera prima. Mi sorrise sulle labbra e mi
incatenò la testa
nelle sue mani. Non avevo nessuna via di fuga, non che volessi
scappare, che
sia chiaro.
Quello fu il nostro primo bacio. E fu un bacio
estremamente dolce, accompagnato solo dai veloci battiti del mio cuore.
Era un
sogno. Continuavo a
dirmi che era solo
un sogno.
Ma intanto, la certezza che fosse la realtà predeva il
sopravvento. Infilai le dita nei suoi capelli, come avevo sempre
sognato di
fare, e non gli lasciai più il volto.
Si allontanò di poco, per guardarmi in faccia. Mi sorrise
e mi toccò le mani, con le sue. Chiuse gli occhi,
sospirò e li riaprì.
“Ma che cazzo fai?” se ne uscì
all’improvviso,
spiazzandomi. Sgranai gli occhi e mi allontanai. Il bel sogno barra
realtà era
svanito.
Puff.
“N.non capisco..” bisbigliai.
“Non devi fare così!” gridò,
preso dal panico. Mi lasciò
le mani e mi superò.
“Ma chi cazzo ti ha detto di ricambiare il bacio?!”
mi
rimproverò, quando ormai era dietro l’angolo.
Rimasi a bocca aperta,
letteralmente. Sbattei le palpebre, incredula e mi toccai il viso con
le mani. Era
ancora caldo nel punto dove lui mi aveva stretta con le sue.
Continuavo a fissare il punto dove lui era sparito,
dietro l’angolo. Se ne era scappato come se avesse commesso
un crimine
terribile, manco avesse ammazzato qualcuno. E il bello è che
aveva dato tutta
la colpa a me. Ma io, in fondo, cosa avevo fatto? Solo ricambiato un
bacio che
aspettavo da anni. Mi sembrava ovvio, cos’altro avrei potuto
fare? Allontanarmi
da lui? Il mio cuore non me l’avrebbe di certo permesso.
Sarebbe morto, senza
Andrea.
Sospirai.
Mattia mi avrebbe odiata a vita, se avesse saputo. Se
avesse saputo che anche io ero diventata
uno straccio di Andrea.
Andiamo
di male in peggio.
|
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Capitolo 11 *** Overdose. ***
Buongiorno!
Eccomi con il capitolo 11.
Rispondo suuubito alle recensioni!
Eynes:
eccoti accontentata! xd
legolina77:
ti dico subito che anche se fosse stata una critica l'avrei comunque
presa in considerazione. Ho letto la tua recensione e poi ho riletto i
capitoli e hai ragione: mi sono resa conto della leggerezza con cui ho
trattato questi argomenti (soprattutto Allegra incinta) e mi do della
stupida da sola. Sì, certo, scrivo perchè mi
piace farlo, ma quando
scrivo non voglio sembrare superficiale e in questo caso lo sono stata
molto. Quindi, ti ringrazio per avermi fatto capire dove sbaglio. ^^
Ora, pian piano, sto cercando di rimediare, per quanto posso.
Sì, tendo
a mettere tante cose insieme, perchè non mi piacciono le
storie che
trattano solo UN argomento, cioè una storia d'amore. In
seguito vedrò
di rimediare, perchè davvero hai ragione. Ci tengo a questa
storia e
voglio migliorarla e la tua recensione è stata utilissima.
Comunque, ti ringrazio anche per i complimenti e.. sì. Il
rapporto tra Mattia e Jade per me è importante. ^^
Spero che continuerai a seguire e dirmi il tuo parere, sinceramente. Un
bacio. =)
Eky_87:
ehehe invece a me Andrea piace molto più di Matt u.u
Vabbè.. eheh Jade
è proprio cieca xD Ecco il capitolo nuovo, spero
ti piaccia. ^_^
casinista:
qui tutte sperano che Jade provi qualcosa per Matt O.O Ma sono tutti in
mano miaaa! muahaha U.U
TheDreamerMagic:
io al posto suo non sceglierei u.u mi andrebbero bene tutti e due
è_é
No vabbè, tra un po' anche Jade capirà tutto, ci
vuole paaaazienza. =)
PinkPrincess:
sei arrivata a delle conclusioni più che giuste! U.U Ora
vedrai come si evolveranno le coose. =)
Avviso alla gentile clientela: siete tutti pregati di votare il
sondaggio: chi preferite? Mattia o Andrea? QUI!
=D
11.
Overdose.
“Jade, di’ alla mamma che io esco.”
“E dove vai?” domandai a Matt, un po’
curiosa, mentre mi
godevo il caldo delle mie coperte e la cioccolata calda.
“In giro.” Mi rispose brusco, non guardandomi.
“Stai attento.” Mi sentii di dirgli.
“Che c’è? Non
sei
mia madre, Jade.” Sputò, e uscì,
sbattendo la porta.
Rimasi un po’ interdetta, sorpresa della sua reazione
esagerata, ma decisi di non farci troppo caso. Continuai a bere la mia
cioccolata calda e
guardare il mio
telefilm preferito.
Dopo un po’ mi alzai e andai in cucina a posare la tazza
e prendere qualcosa da mangiare.
Mia madre arrivò verso sera, insieme a papà.
“Mattia è uscito.” Avvisai.
“Ma non aveva gli allenamenti?” domandò
papà, senza
capire.
Anche io rimasi sorpresa. “In effetti.” Borbottai,
corrugando la fronte.
“Li ha saltati?!” urlò mamma, isterica.
Mattia non
saltava mai gli allenamenti, ora che era il capitano della squadra non
voleva
assolutamente saltare nemmeno un’allenamento.
“Ma certo che no mamma!” le dissi io, per
tranquillizzarla. Mamma ci teneva che Mattia facesse una carriera
sportiva e
non sopportava quando mancava agli allenamenti.
Si tranquillizzò un po’ e iniziò a
preparare la cena.
A fine giornata Mattia non era ancora tornato. Aveva
saltato la cena e ormai era mezzanotte.
Mamma e papà erano andati a dormire, perchè avevo
detto
che era tornato e andato a dormire, stanco degli allenamenti, anche
sein
realtà non sapevo nemmeno dove era.
Così non riuscivo a prendere sonno, preoccupata come ero.
Mi alzai dal letto, con uno sbuffo seccato e scesi le scale.
Andai in cucina, come d’abitudine. Di solito era
lì, a
mangiare, lo faceva sempre quando non aveva sonno. Ma quella notte non
c’era.
Mi sedetti e iniziai a pensare su cosa fare. Chiamare la
polizia, sì. Era una buona idea, ma Matt mi avrebbe
ammazzata. L’unica cosa
sicura che sapevo era: Matt è strafatto, in giro con i suoi
vecchi amici.
Ed era un pensiero che mi terrorizzava da impazzire. Non
mi andavano a genio quelle persone, erano dei drogati che vivevano per
strada.
Sbuffai e decisi di andare a cercarlo. Mi vestii
velocemente, con una tuta a caso, misi il giubbotto e uscii, in
silenzio, per
non svegliare mamma e papà.
Non sapevo esattamente dove cercarlo, ma quasi
inconsciamente camminavo verso un quartiere della città, uno
poco frequentato
da gente come me, diciamo. Era pieno di stranieri, o gente poco
affidabile,
povera, insomma: un quartiere di malavita. Non ci ero mai andata, ma
Matt mi
aveva raccontato che quando si drogava andava lì, dai suoi
amici. Mi aveva
spiegato come arrivarci, anche se gli avevo apertamente detto che non
ci avrei
mai messo piede. Me l’aveva fatto giurare.
E ora, con il cuore in gola e con le mani che mi
sudavano,nonostante il freddo quasi invernale, stavo camminando sulle
strade di
uno dei quartieri più pericolosi di DreamCity.
L’aria sembrava persino diversa,
più densa, più sporca. E qualche volta si
sentivano dei lamenti, degli urli,
che mi spaventavano e mi rendevano più nervosa di quello che
ero già. La gente
lì non dormiva.
Mi strinsi nel giubbotto e svoltai a sinistra, secondo le
indicazioni di Mattia. Lì c’era una chiesa
abbandonata, che loro usavano per
passare la notte.
Quando mi trovai lì davanti, rimasi ferma. Avevo paura di
aprire quella porta ed entrare, sia perchè non mi piaceva
quella gente sia
perchè avevo paura di come avrei trovato mio fratello.
Alla fine, con il cuore che batteva all’impazzita, decisi
di entrare. Mi continuavo a ripetere che lo stavo facendo per Matt,
mentre
camminavo all’interno, quasi al buio.
Sembrava di stare in un film dell’orrore, anzi peggio!
L’unica luce che mi permetteva di orientarmi era quella della
luce. Mi sentivo
osservata in qualche modo, ma mi imponevo di non girarmi o me ne sarei
andata
via da lì in un nanosecondo.
Vicino a quello che sembrava un altare, c’erano due
ragazzi, che dormivano. Almeno, così sembrava. Cercai con lo
sguardo la figura
di mio fratello, senza trovarla. Iniziavo a pensare di averlo valutato
male.
Magari non era lì e aveva smesso di drogarsi, e forse era a
casa di Marco o di
qualche amico..
Ma cancellai subito questi pensieri quando sentii un
lamento.
“No no no no no.. maledizione!” imprecai, quando,
nel
buio di quella chiesa, notai una figura, illuminata dalla pallida luce
della
luna. Mi precipitai lì vicino e iniziai a scuotere Mattia,
cercando di non fare
troppo rumore, per non svegliare gli altri.
Ma sembrava morto.
“Matt! Mattia! Dio santo, svegliati!” continuavo a
ripetere, mentre il suo corpo si muoveva nelle mie mani, quasi senza
vita.
Iniziai a singhiozzare silenziosamente. La droga me lo
stava portando via. Lo abbracciai, sentendo che dovevo
farlo. cercai di calmarmi e di ragionare.
Controllai i battiti del cuore. Erano lenti, quasi
impercettibili.
“Ma perchè non ho seguito quel dannato corso per
assistenza!” imprecai, e continuai a scuoterlo, tirargli
schiaffi, pizzicotti,
senza sapere bene se era giusto o meno.
Poi iniziai a fargli la respirazione bocca a bocca, come
mi ricordavo da scuola, ma non funzionò.
Decisi di chiamare un’ambulanza. A causa della
disperazione ci misi un po’ a comporre il numero sul
cellulare, continuavo a
sbagliare, nonostante fossero solo tre dannate cifre.
Alla fine ci riuscii e dall’altra parte della linea mi
rispose una signora. Le spiegai tutto, tra i singhiozzi e mi disse che
in dieci
minuti sarebbero arrivati e tentò di tranquillizzarmi. Poi
mi disse anche di
continuare a fare la respirazione bocca a bocca.
Buttai il cellulare accanto a me e ripresi a chiamare
insistentemente Mattia.
Seguii gli ordini della signora, ma invano. Non dava
nessun segno di vita.
Sentii qualcuno che si muoveva dietro di me,
probabilmente gli altri ragazzi che si svegliavano, ma non ci feci
particolarmente caso.
Dieci minuti dopo arrivò l’ambulanza, come
promesso.
Entrò in chiesa, in fretta.
“Cosa è successo?” domandò
uno dei ragazzi che stavano
caricando Matt su uno di quei lettini con le rotelle, non mi veniva il
nome.
“Non lo so.. sono arrivata e l’ho trovato
così!”
esclamai, non riuscendo più a controllare il mio tono di
voce.
“Si tranquillizzi.” Mi ordinò un altro.
Lo guardai male,
ma non dissi niente.
“Max, chiama la polizia, subito!” ordinò
lo stesso,
rivolgendosi all’amico. Quello ubbidì e prese il
cellulare e si allontanò per
telefonare.
Dio, cosa avevo combinato? La polizia! Mattia sarebbe
andato nei casini.
Poco m’importava, in fin dei conti. Mattia era in fin di
vita, per colpa di quelle persone e della droga. Meglio se la polizia
fosse
intervenuta.
I ragazzi che erano lì insieme a Mattia, erano confusi e
non capivano niente di quello che succedeva intorno a loro, erano
ancora
imbottiti di quella roba schifosa.
Mi venne da vomitare. Ma cosa aveva in mente Matt?
Uno dei ragazzi mi venne incontro e mi accompagnò in
ambulanza. Mi sedetti accanto a Mattia, gli presi la mano, mentre le
lacrime
continuavano a scendere, e la paura cresceva.
Mi avevano lasciata nella sala d’attesa, mentre portavano
Mattia chissà dove. Chiamai mamma e papà, che
arrivarono subito e
preoccupatissimi. Mamma piangeva come se fosse suo figlio e
papà stava seduto,
con la testa fra le mani.
Erano passate due ore ormai e non ci avevano ancora detto
niente.
Poi un dottore si fece vivo.
“Come sta mio figlio?” domandò subito
papà, mostrandosi
finalmente sensibile.
“Non è nelle condizioni migliori, signori miei.
Ringraziate questa ragazza che l’ha trovato in
tempo.” Disse, con voce
professionale.
Io sorrisi leggermente. “Ma non è più
in pericolo, vero?”
chiesi, preoccupata e ansiosa.
“Adesso no, ma non si sa mai. Ha avuto una crisi di
overdose. Vi dico la verità: è meglio tenerlo
qui, sotto osservazione, per
qualche giorno, perchè non è nelle condizioni di
riprendere una vita normale.
Vi consiglio un centro di riabilitazione per tossicodipendenti, sarebbe
la cosa
migliore per il ragazzo.”
Mamma e papà si guardarono terrorizzati. Io cominciai a
tremare. Ero sorpresa e allo stesso tempo consapevole che si sarebbe
arrivato a
questa conclusione.
La droga non era facile da combattere, e Mattia, in
realtà, non ne era mai uscito.
“Posso vederlo?” domandai, supplicando con gli
occhi il
dottore, il quale mi guardava, senza tralasciare
nessun’emozione.
Controllò qualcosa su dei fogli.
“Uno alla volta. Sta riposando, quindi cercate di non
svegliarlo.” Disse. Poi si rivolse a me. “Non
più di dieci minuti.”
“Vado io.” Disse papà, superando il
dottore.
Io lo fermai. “Papà! Non è il momento
di fargli la
predica!” esclamai, intuedo le sue intenzioni.
“Deve riprendersi e poi gli
direte tutto quello che volete, ma lasciatelo in pace,
adesso.” Dissi
velocemente, guardando anche mamma, che annuì, dandomi
ragione.
Papà, invece, non sembrava nemmeno ascoltarmi,
così
intervenne mamma.
“Paul..” si fece avanti e gli prese la mano. Lo
guardò
dolcemente, ma allo stesso tempo autoritaria. “Sta male, non
ha bisogno di
sentirti urlare. Vuoi che abbia un’altra crisi?”
“Ma..”
“Dopo, tesoro.” Disse lei, e lo
abbracciò, poi mi fece
segno di andare. Quella volta mamma si era trasformata completamente.
Non
l’avevo mai vista così sensibile da quando aveva
trovato Paul.
Le sorrisi ed entrai. Mi sentii subito male e mi pentii
di essere entrata. Era nel letto, con gli occhi chiusi, e il viso
più sereno di
due ore prima, quando l’avevo trovato. Una macchina produceva
un suono
fastidioso; un continuo bip bip bip.
Non ci feci particolarmente caso e andai ad abbracciarlo, anche se lo
feci
quasi senza sfiorarlo, per paura di fargli male. Non feci caso nemmeno
ai mille
fili che fartivano dal suo braccio. Gli presi la mano e mi sedetti
sulla sedia,
accanto al letto.
“Scemo. Ma ti volevi ammazzare?” iniziai a parlare,
consapevole, però, che non mi sentiva.
Sospirai.
“Se ti avessi perso? Eh? Ma mi vuoi far morire?”
continuai, mentre un brivido mi rendeva inquieta, solo al pensiero di
una vita
senza
Mattia.
Il bip
aumentò velocemente e mi spaventai. Ma mi
tranquillizzai quando riprese il suo andamento normale. Ritornai a
fissare il
bellissimo volto di Matt, segnato dall’enorme sforzo
d’aver combattuto e vinto
la morte.
Voltai il capo verso i diversi macchianri, che non avevo
mai visto in vita mia, per distrarmi un po’.
“S-scusa..” ritornai a guardare Matt, sorpresa, con
il
cuore a mille.
“Matt!” quasi urlai, dalla gioia, mentre lui faceva
una
smorfia.
“Non.. non ti volevo far preoccupare..” si sforzava
di
parlare.
“Shhh. Non parlare!” gli ordinai, mentre sorridevo.
“Potresti.. stringere di meno la mano?” si
lamentò, con
un sorriso appena accennato. Io gli lasciai la mano, impacciata e rossa
in
viso. “Certo.. certo..”
“Ma non ti ho detto di lasciarla..” disse, con voce
dolce.
Io risi nervosa e ripresi a stringergli la mano. Voltò il
capo dall’altra parte.
“Matt, guardami.” Gli ordinai. Non si mosse.
“Mamma e papà
ti
portano in una comunità di recupero per
tossicodipendenti.”
Lui si girò velocemente verso di me e mi guardò
preoccupato e sorpreso.
“Non sono un tossicodipendete, Jade.” Mi disse, con
la
voce un po’ più alta.
Lo guardai, con voce sorprendendtemente tranquilla gli
dissi la verità, che lui non avrebbe mai accettato.
“Sì che lo sei, Matt.
Guardati.” Gli feci notare. Lui non mi guardò
più.
“Ce la faccio anche da solo.”
“Non è vero.”
“Esci.” Sputò, con odio.
“Come?” fiatai, sorpresa, con voce tremante.
“Esci, Jade.” Ripeté, con
voce tranquilla.
Gli lasciai la mano e
uscii, a capo chino.
“Come sta?” domandò
subito, mamma.
“Bene.” risposi e uscii
fuori da quell’ospedale. L’aria fredda del mattino
mi investii come uno
schiaffo. Non avevo nemmeno il giubbotto.
Mi sedetti su una
panchina lì vicino, a gambe incrociate.
Il cellulare nella mia
tasca iniziò a vibrare. Controvoglia lo tirai fuori e
risposi, senza guardare
il numero.
“Hey, Jade.” L’allegria
nella sua voce mi fece male.
“Ah.. Marco.” Bisbigliai,
stanca, mentre piangevo.
“Volevo dirti che non
vengo più da voi, grazie lo stesso. Io e Christinne andiamo
a vivere insieme.”
Cercai di mostrarmi
entusiasta. “Ah.. wow! Sono contenta per voi..”
dissi con voce incrinata dal
pianto.
“Jade.. che cos’hai?” A
Marco non sfuggiva mai niente.
“Mattia..” iniziai,
scoppiando completamente a piangere. “Matt è in
ospedale.. ha avuto una crisi
di overdose.. e..” balbettai, mentre cercavo di controllare
il tono di voce.
“Arrivo.” Disse soltanto
e chiuse la chiamata.
Infatti, in un quarto
d’ora fu lì. Mi venne incontro, vedendomi
lì seduta, mentre iniziava a scendere
giù una pioggerellina.
“Jade.” Disse e mi
abbracciò forte. Ricambiai, stringendomi a lui.
“mi dispiace tanto..”
sgranai gli occhi, sentendo quella voce. Alzai il viso e lo vidi.
Andrea. Era
venuto per Mattia, nonostante la loro litigata.
“grazie per essere
venuti.” Balbettai, asciugandomi la faccia con la felpa.
“Andiamo dentro, piove.”
Propose Marco e annuii, alzandomi. Li condussi nel reparto di Mattia.
Mamma e
papà non c’erano. Probabilmente erano andati
giù, a mangiare qualcosa.
“Non mi parla.” Dissi.
“Perchè?” volle sapere
Marco, corrugò la fronte.
“Lo mandano in un centro
di riabilitazione e lui non vuole.” Spiegai, con voce stanca.
Mi sedetti su una di
quelle sedie scomode e chiusi gli occhi.
“Vai a casa, Jade.
Riposati e torna domani.”
“No!” riaprii gli occhi
ed esclamai preoccupata. “Non lo lascio da solo!”
“Ok ok, tranquilla. Non
ti obblighiamo di fare niente che non vuoi. Ma almeno cercadi riposarti
qui.
Vado a prenderti qualcosa da
mangiare.” E sparii dalla mia vista, stanca e
offuscata. Ora la stanchezza si faceva sentire.
Andrea si sedette accanto
a me e mi abbracciò. Io, quasi incosciente, mi abbandonai
alle sue braccia e
chiusi gli occhi.
Stranamente avevo il
respiro regolare e non provavo nessuna sensazione quando pensavo che
ero tra le
braccia di Andrea. L’unico sentimento che prevaleva sugli
altri era la
stanchezza e, più tardi, la preoccupazione.
Sognai Mattia. Lo sognai
in fin di vita, che mi lasciava.
Quando mi svegliai, ero
sudata. Girai il viso e mi trovai a pochi centimentri dal viso di
Andrea,
segnato dalla stanchezza. Mi allontanai, un po’ imbarazzata.
I miei occhi
caddero su qualcosa sul tavolino. Cibo.
Senza starci a pensare
troppo mi fiondai su quelle bontà e mangiai fino allo
sfinimento.
“Ben svegliata!” esclamò
una voce femminile, allegra.
Mi girai e il mio viso si
illuminò alla vista di Christinne.
Le saltai in braccio e la
strinsi forte.
“Come stai?” domandò.
“Come si sta in queste
situazioni.” Risposi e ci sedemmo.
Mi dimenticai la presenza
di Andrea, che probabilmente stava dormendo.
“Marco mi ha spiegato
tutto.” Disse, con compassione.
“Marco eh.” Commentai,
complice, per cercare di tirarmi su di morale.
Lei rise felice, le
brillavano gli occhi. si sistemò i capelli dietro
l’orecchi e mi guardò con
aria sognante.
“Andiamo a vivere
insieme! Abbiamo aspettato troppo.”
“Vedi, scema? Bastava mettere
da parte il tuo orgoglio!” scherzai, ridendo, anche se, a
parer mio, era troppo
presto. Insomma, Christinne non aveva nemmeno 18 anni. Ma poi capii che
erano
tutti e due guidati dall’amore che provavano l’uno
per l’altra. La decisione
spettava a loro, non a me.
Lei sbuffò e poi si fermò
con la bocca aperta, quando Marco entrò nella sala
d’attesa e donò un sorriso
particolare e pieno d’amore alla sua ragazza.
Poi le venne incontro e
la baciò a fior di labbra. Si sedette accanto a lei e
iniziarono a parlare.
“ah.. Allegra arriva più
tardi.” Mi disse e poi riprese a parlare con Marco.
Annuii e mi alzai per
andare alla finestra della camera di Mattia. Dormiva.
Sembrava tranquillo, anche se aveva i
pugni stretti. Sentii una presenza accanto a me. Il cuore prese a
martellarmi
il petto.
“Scusa.. se.. insomma.. non
volevo.. dormire... cioè..” balbettai, rendendomi
esageratamente ridicola.
Lui rise. “Non fa niente.”
Poi, anche lui, spostò lo sguardo su Mattia. “Ha
saltato gli allenamenti, l’allenatore
si è incavolato come una bestia. Non si può far
niente senza il capitano.” Disse,
poi, guardandomi.
Annuii, senza saper bene
cosa dire.
Restammo in silenzio per
un po’. Mattia si girava e rigirava nel letto, tormentato da
chissà quale
pensiero.
“Vai a parlargli?” gli
domandai.
“Sì, penso di sì.” Poi
sorrise,
senza guardarmi.
Mi allontanai dalla
finestra. Lui invece restò lì, a guardare Mattia,
senza un motivo preciso. Poi camminò
verso la porta ed entrò.
Ritornai alla finestra,
spinta dalla curiosità.
Mattia si era svegliato e
guardava verso la porta.
Andrea si avvicinò a
letto e si sedette dove mi ero seduta io, ore prima.
Non si dissero niente,
per un paio di minuti. Poi Andrea gli disse qualcosa e Mattia
annuì con
convizione. Andrea parlava, parlava e parlava. Non capivo niente,
nonostante
tutti gli sforzi.
Poi fu il turno di
Mattia. Gesticolava, come al suo solito quando era nervoso, e Andrea
annuiva.
Alla fine Andrea abbassò
il capo e così uscì. Vidi Mattia guardarmi, con
un’espressione strana. Spostai lo
sguardo.
Andrea mi venne incontro.
Si passò una mano tra i capelli e sospirò.
“Non mi perdonerà mai.”
Sussurrò,
sedendosi. Lo stesso feci anche io.
“Vedrai che lo farà. Dagli
tempo.” Lo consolai, un po’ incerta.
“Ma se non sai nemmeno il
motivo.” Ringhiò, cambiando atteggiamento. Io
rimais sorpresa dal cambio d’umore
e mi alzai e me ne andai.
Non mi andava di litigare
in quel momento. Mi venne l’idea di andare da Mattia, ma
molto probabilmente
non mi avrebbe accolta
con entusiasmo.
Così mi feci un giro per
i corridoi dell’ospedale.
“Ahia!” sentii imprecare
qualcuno, mentre anche io venivo sbattuta contro il muro. Poi sbattei
le
palpebre, senza capire l’accaduto. Osservai la figura davanti
a me. Era un
ragazzo. Abbastanza grande, direi. Doveva avere sui venticinque anni al
massimo. Poi i suoi occhi scuri mi scrutarono confusi.
“Io.. scusami..” balbettai,
mentre mi massaggiavo la spalla.
“Scusami tu! Ti ho fatto
male? Scusami, e che ero distratto.” Continuava a scusarsi.
La mia attenzione
cadde sulla camicia bianca.
“E’ un dottore?”
domandai.
“Dammi del tu. No, sono
infermiere.” Sorrise e si abbassò per raccogliere
i fogli che gli erano caduti
dalle mani.
“Ok..” sussurrai.
“Scusami ancora, eh.” Disse
e corse via, sorridendo.
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Capitolo 12 *** La vita deve andare avanti. ***
Buoooona sera. Lo so che sono
passati secoli, ma capitemi.
Vi dico subito che questo capitono non mi piace troppo, quindi capisco
se nemmeno voi lo apprezzate. ^^
Sono di fretta, come sempre, quindi non posso stare qui e rispondere a
tutte e otto le recensione. Vi ringrazio di cuore per i complimenti!
Vorrei ricordare a Ombrosa
che ho risposto alla sua recensione mandandole una mail. Spero che ti
sia arrivata! ^^
marty_odg,
sì, loro vogliono andare a vivere insieme, ma l'ho solo,
diciamo, accennato. Lo so benissimo che per dei ragazzi di 18 anni sia
difficile, e infatti incontreranno difficoltà. Basta avere
pazienza, affronterò anche questo aspetto nella storia.^^
Buona lettura, e fatemi sapere cosa
ne pensate!
12.
La vita deve andare avanti.
“Cugina!” mi
alzai velocemente dalla sedia, presa alla
sprovvista e mi feci abbracciare da Alex.
Poi mi guardò negli occhi. “Come stai?”
domandò, con un sorrisino.
Io gli sorrisi e mormorai un bene, con voce incrinata
dalla stanchezza.
“Da quand’è che non dormi in un
letto?” mi rimproverò.
Spostai lo sguardo e notai una figura appoggiata al muro. Mi sembrava
un viso
conosciuto, ma la stanchezza non mi permetteva di ragionare lucidamente.
Ero in ospedale da tre giorni consecutivi, non
abbandonavo mai Mattia, anche se lui non amava la mia compagnia. Non
aveva
ancora accettato la decisione di mandarlo in riabilitazione. Aveva
affrontato
il discorso con mamma e papà ma era emerso solo il fatto che
Mattia odiava la
vita. Dio, che depressione!
Mugugliai qualcosa e Alex scosse la testa sconsolato.
“Adesso Andrea ti porta a casa e ti fai una bella doccia
e ti riposi.”
“Perchè Andrea?!” bisbigliai, cadendo
nello sconforto.
“E’ arrivato il momento di capire chi realmente
vuoi,
sciocchina.” Rispose, tranquillo, con l’aria di chi
la sapeva lunga.
“Parli di me..” bisbigliai, alludendo a qualcosa.
“Cosa vorresti dire?” alzò la voce di
un’ottava.
“niente niente..” dissi, sconsolata. “Sei
sicuro di
essere..ehm.. gay?” gli domandai, alla fine.
“Jade!” mi rimproverò. “Credi
che io sia così felice
della piega che sta prendendo la mia vita?”
esclamò.
“Ok ok, scusa.” Borbottai, non avevo voglia di
litigare
con lui.
“Andrea ti aspetta fuori.” Mi disse soltanto,
allontanandosi da me per andare accanto al ragazzo che avevo
l’impressione di
conoscere. Insieme se ne andarono. Ah sì, ecco chi era. Gio.
Mi avvicinai al vetro che mi separava dalla stanza di
Mattia. Dormiva. Sospirai e mi allontanai.
L’unico modo per capire cosa intendesse Alex era andare
da Andrea.
Mi sentivo in colpa ad allontanarmi da mio fratello, ma
allo stesso tempo mi rendevo conto che mi mancava Andrea, che non
vedevo dal
primo giorno che era venuto per trovare Mattia.
Uscita dall’ospedale, mi guardai intorno, cercando Andrea
e la sua auto. Vidi la sua figura, appoggiata a un’auto
grigia.
Gli andai incontro e mi fece un cenno. Io abbassai il
capo e feci il giro dell’auto, per salire.
Una volta dentro accese la radio. Restammo in sielenzio,
ad ascoltare le canzoni che passavano.
“Come sta Matt?” domandò, quasi timido,
senza guardarmi,
concentrato a guidare.
“Ce l’ha a morte con tutti.” Risposi. Lui
fece un
risolino.
“Tu come stai?” domandò infine, dopo
altri imbarazzanti
minuti silenziosi.
Ma da quando Andrea si lasciava andare all’imbarazzo?
“Io.. bene.” risposi, indugiando un po’
se dirgli la
verità o meno. Alla fine optai per una bugia.
“Non mi sembra. Sembri un cadavere. Mattia è
importante,
certo, ma ti sta facendo male stargli dietro.”
Sputò, con una certa enfasi,
quelle parole che mi lasciarono sconcertata.
“Io lo faccio con piacere..” dissi, poco convinta.
“Gli stai dedicando la tua vita, praticamente.”
Ancora
quel tono di voce che lasciava a bocca aperta. Non riuscivo a crederci.
Andrea
che parlava male del suo migliore amico.
“Se foste ancora amici non diresti mica
così.” Commentai,
spostando lo sguardo sul suo volto completamente pacato, senza far
trasparire
alcun sentimento.
“Probabilmente sì.” Ammise e
iniziò a battere le mani sul
volante a tempo di musica. Poi il dj annunciò una canzone
che non conoscevo.
Diceva che era una hit di qualche anno prima, di Ligabue.
Non amavo particolarmente quel cantante, anche se lo
ascoltavo volentieri.
Andra, invece, iniziò a canticchiare a bassa voce. Sapeva
benissimo quella canzone.
“Ti piace Ligabue?” gli domandai, con
curiosità. Non mi
sembrava proprio il tipo da canzoni sentimentali.
Lui fece spallucce e mi guardò. “Non mi
dispiace.” Poi
sorrise.
Io annuì e ritornai a guardare davanti a me. Eravamo
quasi arrivati.
“Sai continuo a pensarci.” La buttai lì,
all’improvviso,
capendo che da lì a poco avrei perso qualsiasi
possibilità di chiarire con lui.
“A cosa?” disse, corrugando la fronte, senza capire.
“A quello che mi hai detto a scuola. Che vivo in un mondo
tutto mio.” Dissi con tono quasi indifferente.
“Ah.”
“Sì, insomma. Non capisco.”
“Non c’è niente da capire,
Jade.” Disse, esasperato,
girandosi verso di me con uno sguardo accusatore che mi
spezzò il cuore. “Sei
tu che non vuoi capire.” Latrò, ritornando a
guardare davanti a sè. Entrò nella
rotonda.
E intanto la canzone continuava.
“Te la godevi
ad occupare tutte le mie fantasie.”
Andrea continuò a canticchiare, mettendoci cuore in quelle
frasi. “Eri di tutti ma loro non lo
sapevano.. e tu
lo sapevi che facevi gola e soggezzione.”
Continuò, quasi come se io non ci
fossi.
“Insomma, Jade. Cosa vuoi che ti dica? Vuoi le mie scuse
per aver esagerato? Bene: scusami.” La canzone andava,
andava, e Andrea
iniziava ad alzare la voce.
“Non voglio le tue scuse! Voglio delle spiegazioni,
Andrea! Insomma, se hai qualcosa contro di me devi dirmelo, invece di
trattarmi
come tutte le altre.”
“Come tutte le altre?” mi interruppe, fulminandomi
con lo
sguardo.
“Sì, lo so benissimo. Insomma, prima mi baci e poi
non mi
rivolgi più la parola. Non sono come le tue
ragazze.”
“L-le mie ragazze?” balbettò, corrugando
la fronte, con
sguardo offeso. Sentii una fitta al cuore. Quella faccia da cane
bastonato..
non la sopportavo perchè mi faceva soffrire.
“Smettila di fare il finto tonto, Andrea!” esplosi
alla
fine. Mi girai completamente verso di lui, con le lacrime agli occhi,
che
tentavo di trattenere, per mostrarmi forte.
“Jade, tu non hai capito un emerito cavolo di me.”
Disse
calmo, fermando l’auto.
“Perchè ti sei fermato?” gli domandai,
interrompendolo.
“Ascoltami bene. io non ti ho trattata come le altre, non
sei paragonabile a loro, nemmeno per scherzo. Ma che non ti passi per
l’aticamera del cervello che io voglia solo
usarti!” urlò anche lui. Mi tiari
indietro, spaventata. “Tu non sei come le altre.”
Aggiunse, calmandosi e
balbettando con voce tremante.
“E allora come sono?” gli domandai, con voce
pacata.
Continuavo a ripetermi che non dovevo cascarci, qualsiasi cosa mi
avrebbe
detto, anche se alle mie orecchie le sue parole suonavano piene di
sentimento,
vere.
“Sei.. diversa. Non ho mai pensato di farti del male,
anche se lo sto facendo.” Bisbigliò.
“E’ che..” poi si fermò, come
se avesse
detto una cosa orribile.
“C’entra Mattia, vero?” bisbigliai, come
se mi fossi
appena svegliata da un sogno.
Lui mi guardò e poi abbassò il capo.
“No, Mattia è a
posto. Sono io che sono sbagliato.”
“Io non credo proprio!” esclamai, con enfasi. Lui
proprio
non era sbagliato. Sbagliata ero io, sbagliata era Christinne, Allegra,
ma lui
era perfetto. Dire che Andrea era sbagliato era come bestemmiare.
Lui fece un risolino e poi sospirò. “Io ho finito
di far
soffrire le ragazze, Jade. C’è qualcuno che mi ha
aperto di gli occhi. c’è
qualcuno con degli occhi bellissimi e un sorriso neraviglioso.
C’è una ragazza,
Jade, che vorrei che ricambiasse.” Chiuse gli occhi e fece un
sorriso amaro.
“Di che colore ha gli occhi questa ragazza?” mi
sentii
domandare, senza rendermene conto. Improvvisamente il mio cuore prese a
fare i
salti di gioia.
“Azzurro chiaro. Quando sorride anche i suoi occhi
sorridono, quando piange i suoi occhi piangono con lei e si scuriscono
fino a
diventare un blu scuro e cupo.” Mi guardò, serio.
Avvicinò la mano al mio viso.
Chiusi gli occhi e mi lasciai accarezzare.
“I suoi occhi, Jade, gioiscono quando incontrano la
figura di Mattia, si incupiscono quando lui è triste. Quando
i suoi occhi
azzurri si scontrano con quelli di Mattia io credo di impazzire.
È una cosa che
non ho mai provato. È invidia mista a gelosia. Vorrei che
abbracciasse me, che
toccasse me, che sorridesse per me, solo per me. Ma poi mi rendo conto
che lei
appartiene a Mattia.”
Aprii gli occhi e mi scontrai con il suo sguardo intenso
carico di dolcezza, mentre descriveva quella ragazza, che capii di
essere io. E
non volovo crederci. Non volevo ascoltare nemmeno una parola di quello
stupido
discorso.
“Io non appartengo a nessuno.” Bisbigliai e aprii
la
portiera. “Mattia non è innamorato di me e nemmeno
tu provi qualcosa per me.
Smettetela di farmi stare male, tutti quanti!” urlai e
sbattei la portiera.
Incominciai a correre verso casa, aprii la porta e la richiusi,
lasciandomi
alle spalle Andrea e le sue parole. Mi lasciai scivolare a terra e
piansi.
Piansi per tutti quei giorni passati in ospedale a subirmi i continui
sguardi
accusatori di Mattia, piansi per mio padre, piansi per Andrea, e piansi
per
quella stupida storia da quattro soldi di Andrea. Mattia non era
innamorato di
me e nemmeno io lo ero di lui.
Io appartenevo solamente ad una persona, e quella persona
era Andrea. E avrei voluto dirglielo in faccia, ma mi era mancato il
coraggio.
Mi presi la testa fra le mani e cercai di cacciare via le sue parole.
Iniziai a dondolarmi senza uno scopo preciso. Volevo solo
cancellarmi per sempre. Mi odiavo. Non era vero quello che Andrea mi
aveva
detto. Non era vero. Non era vero. Non era vero.
Mi alzai, intenzionata a seguire il consiglio di Alex:
farmi una doccia e riposare.
Si rivelò una magnifica idea. La doccia mi fece
rilassare.
Dormire mi risultò molto più difficile, dato che
avevo
mille idee per la mente, ma alla fine presi sonno. Dormii tutto il
giorno.
Mi risvegliai la mattina dopo, scesi in cucina e notai un
biglietto attaccato sul frigo.
Era la scrittura di mamma.
Ti
ho lasciato da mangiare qualcosa. Noi siamo in ospedale. Riposati, mi
raccomando, Jade.
Baci,
mamma.
Buttai il bigliettino e mi sedetti a tavola. Avevo fame,
sì, ma ero sicura che se avessi mangiato qualcosa avrei
vomitato sul momento.
Quello stato di malessere mi torturava da qualche giorno, non servivano
medicinali, non serviva niente.
Mi alzai, buttai il cibo, per non preoccupare mia
madre, e uscii di
casa. Volevo
assolutamente vedere Mattia, avevo bisogno di vederlo.
Ignorai il mal di testa che non mi faceva ragionare e
riuscii a camminare fino all’ospedale. Entrai, con il fiato
corto e le mani
congelate a causa del freddo pungente.
Andai nel reparto di Mattia. Seduti sulle solite
poltroncine notai Marco e i miei genitori. Di Andrea nemmeno
l’ombra.
E mi resi conto che era meglio così. Credo che se
l’avessi visto gli avrei vomitato in faccia, visto quello che
mi aveva detto il
giorno prima, cioè le sue frasi del cavolo che cercavo di
rimuovere.
“Jade!” esclamò mia madre, mi venne
incontro e mi
abbracciò. “Sei pallida, stai bene,
tesoro?” domandò, preoccupata. Io sorrisi.
“Sì, mamma, tranquilla. Sto bene.” poi
mi avvicinai al
ventro, dopo aver ricambiato il sorriso di Marco. Più tardi
gli avrei chiesto
di Christinne.
Mattia dormiva beatamente. Era girato di lato, non potevo
vedergli il bellissimo viso.
Decisi di entrare e di affrontarlo una volta per tutte.
Non dovetti nemmeno svegliarlo. Aprì gli occchi di scatto
e mi fissò, per un momento, senza riconoscermi. Aveva il
volto ancora stravolto
e sembrava che l’effetto delle droghe non lo abbandonassero
mai.
“Ciao..” azzardai, sedendomi.
Lui fece un cenno con il capo e ritornò a guardare fuori
dalla finestra.
“Devi dirmi perchè hai litigato con
Andrea.” Dissì dura,
una volta per tutte. E mentre mi guardava con quell’aria
smarrita mi sentii
crollare. Mi mancava il MIO Mattia. Perchè la droga me lo
stava portando via?
“Perchè sì.”
Io rimasi sorpresa, con la bocca aperta, per dire
qualcoa, ma non c’era niente da dire.
“Matt, guardami. Sono quattro giorni che non mi guardi in
faccia.” Gli feci notare, con la voce colma di dolore.
“E tu mi hai mai guardato negli occhi?”
sputò, con un
certo risentimento nella voce, come se in qualche modo
l’evessi offeso.
“Non voglio perderti.”
“Lo stai già facendo.”
“Dio, Matt!” urlai. “Dove cazzo sta il
Mattia che
conoscevo io? Chi ti ha dato il permesso di entrare nella sua mente e
fottergliela?” gridai ancora, mentre lui aggrottava le
sopracciglia e mi
guardava confuso.
“Sono sempre io.” Balbettò, non proprio
sicuro.
“Matt, la droga ti sta bruciando il cervello. Devi farti
curare. Domani ti sbattono fuori da qui e non hai ancora capito la
gravità
della situazione. Io non voglio un fratello drogato, lo vuoi
capire?”
“E tu vuoi capire che non sono tuo fratello?”
Urlò, fuori
di sè. Un infermiere entrò nella stanza,
allarmata. Riconobbi il ragazzo che
avevo travolto l’altro giorno nel corridoio.
“Cosa succede qui?” domandò,
controllando qualche
macchina che segnalava la salute di Mattia.
“Cosa ci è successo, Matt?” domandai,
con le lacrime agli
occhi.
“E’ successo che tu non ti fidi di me, che tu non
vuoi
fidarti di me. Non sono un drogato, Jade, non lo sono.”
“Oh, sì, certo. È per questo che ti ho
trovato che stavi
per crepare a causa di una crisi di overdose. Certo, Matt, hai proprio
ragione.” Balbettai, con voce roca e rotta dai singhiozzi.
“E’ meglio se esci.” Disse
l’infermiere, allontanandomi
dal letto di Mattia.
Uscii dalla stanza e sentii le forze mancarmi. Mi lasciai
scivolare a terra.
“Stai bene?” la voce del giovane infermiero mi
giunse
cofusa, e non feci nemmeno lo sforzo di rispondergli. Vomitare. Stavo
per
vomitare.
Mi alzai e corsi in bagno, mentre un sapore amaro mi
saliva in bocca.
Entrai nel bagno e mi appoggiai al water. Vomitai. Era
come se mi liberassi dal peso di quella situazione assurda, era come se
le
parole di Andrea e quelle di Matt affogassero nell’acqua del
water.
“Hey, stai meglio?” sentii domandare a qualcuno. Mi
girai
e vidi lo sguardo indagatore dell’infermiere scrutarmi. Mi
alzai e andai a
lavarmi la faccia e la bocca nel lavandino.
Non gli risposi, non mi andava di parlare con nessuno. La
testa mi girava e mi sentivo stanca morta. Il mio corpo era
già nel letto, a
casa.
“E’ da tanto che hai il vomito?” mi
domandò ancora. mi
irritava. Pechè non se ne andava e mi lasciava in pace? Non
gli avevo chiesto
di seguirmi.
“No.” Bisbigliai e feci per uscire dal bagno,
superando
il ragazzo.
“E’
meglio se
lasci stare tuo fratello, per un po’. Non è nelle
condizioni di..”
“Tranquillo, io me ne vado.” Risposi,
interrompendolo.
“Comunque, fatti visitare da un medico!” mi
urlò, quando
ormai ero lontana. Non ci feci caso.
“Qui
la segreteria telefonica di Allegra. Probabilmente non ci sono o
potrebbe
essere che mi stai sul culo e non mi va di risponderti. In ogni caso,
lascia un
messaggio dopo il Beep e valuterò la sitazione.
Beeeep.”
“Ehm..,
Allèè, sono Jade. Volevo solo sapere come stai.
Insomma, non ti sento da tanto e mi sto preoccupando. Come sta il
bambino?
Bene, vero? Chiamami appena puoi. Ciao.. ti voglio bene.”
Avevo lasciato lo stesso messaggio cinquanta mila volte
in un giorno.
Era passato un mese da quando Matt era stato dimesso
dall’ospedale e da quel giorno non vidi più
Allegra. Era venuta a casa mia per
vedere come stava Mattia e salutarlo. Mi ricordo che notai la
preoccupazione
nei suoi occhi, ma pensai che fosse per Mattia.
Ora rivalutavo quel suo atteggiamento strano. In quel
mese mi torturai, letteralmente, con i problemi di Mattia e quelli di
Allegra.
In famiglia si avvertiva la tensione. Ogni giorno Mattia
e i miei litigavano perchè lui continuava a sostenere di non
aver bisogno di
andare in riabilitazione, ma ogni volta che usciva di casa sentivo che
andasse
dai suoi amici, quelli con i quali l’avevo trovato quel
giorno.
Ero in ansia, sempre. Ci si metteva anche Andrea, che mi
continuava a ronzare nei pensieri e non mi mollava mai. Sentivo la sua
mancanza, ma non volevo fare il primo passo ed andare a parlargli.
Anche
perchè, non avevo ancora assimillato per bene le sue ultime
parole, riguardo
Mattia.
Qualche volta mi veniva voglia di confessarlo a Mattia,
di dirgli di quei baci con Andrea, di come lo amavo e della fatidica
litigata.
Poi mi passava la voglia. Mattia mi ignorava, non sarei mai riuscita a
parlargli.
Eravamo ritornati a scuola. Facevamo la strada in
silenzio e a scuola non parlavamo. Non sedeva più vicino a
me a pranzo e non
parlava nemmeno a Christinne: lei stava dalla mia parte.
Christinne era felice. Era felice con Marco, anche se
qualche volta si lamentava perchè Marie continuava a
ronzargli attorno. Era
gelosissima, e questo, a Marco, faceva piacere.
Allegra, invece, non veniva a scuola da settimane.
Christinne mi aveva confessato di temere per la sua
salute. Tutti sapevano come viveva lei. Con una madre che soffriva di
Alzheimer
e un padre poco presente non se la passava benissimo. In più
con la gravidanza
la sua situazione famigliare era decisamente peggiorata.
L’ultima volta che la vidi mi confessò di aver
detto ai
suoi del bambino e non la presero proprio bene. ma non fece in tempo a
dirmi i
particolari.
“Non ti nascondo che temo per il bambino. Insomma, non da
segni di vita!” blaterò Christinne, mentre si
ingozzava di cibo. Quel giorno
indossava una maglietta dei Poison, un vecchio gruppo che lei amava da
impazzire, e dei jeans scuri stretti. Le unghie laccate di nero e
trucco
pesante. Era bella da morire.
“Andiamo a trovarla.” Proposi io.
Christinne mi guardò male. “Sua madre non ci
riconoscerebbe e ci manderebbe via. Poi, chissà se
è a casa sua.” Suppose,
giustamente.
Io sbuffai e allontanai il cibo.
“Ti sta squillando il cellulare.” Mi fece notare
Christinne e io mi alzai per tirarlo fuori dalla tasca. Era un
messaggio. Lo
aprii e mi rallegrai quando lessi ‘Allegra’.
Jade,
scusa se non mi sono fatta sentire. Mamma è peggiorata e
sono fuori città.
Comunque, il bambino sta bene. è un maschio! Auguri, sei zia
di Davide.
Salutami Christinne e dille la stessa cosa. Davide vi saluta e vuole un
bene
dell’anima alle sue due zie migliori! Torno settimana
prossima, se tutto va
bene. Baci.
Lessi ad alta voce, con entusiuasmo, mentre la voce mi
tremava dall’emozione.
“E’ un maschietto!” squittì
Christinne battendo le mani
contenta.
Mi sentii più leggera e mi alzai con un certo ottimismo
dal tavolo. Certo, mi
aspettavano due belle
ore di Matematica, ma il mio pensiero era tutto rivolto a Davide e ad
Allegra.
“La signorina ci degna della sua presenza!”
irronizzò la
Mirilli, con un sorrisino impertinente, quando mi vide entrare.
“Non sono in ritardo, prof.” Le feci notare, con
irritazione.
Guardò l’orologio e in effetti ero in anticipo di
ben dieci minuti. Fece una
smorfia e mi lanciò un’occhiataccia.
“Siediti.” Disse. Sorrisi perchè
l’ultima parola fu la
mia.
La campanella arrivò dopo un tempo che mi sembrò
infinito. Esultai come non mai quando la sentii, beccandomi
un’occhiata poco
gentile dalla Mirilli.
Uscii senza aspettare nessuno, nemmeno Christinne che era
insieme a Marco.
“Jade!” mi sentii chiamare da qualcuno. Mi girai e
sentii
il fiato mancarmi. Nonostante la voglia di stargli vicino, lo ignorai e
cominciai a correre verso casa.
Per un pezzo Andrea mi seguì, poi si arrese. Girai
l’angolo
e mi fermai, per riprendere fiato. Pensai che forse avrei dovuto
fermarmi per
sentire le sue parole e, devo ammetterlo, speravo che volesse dirmi che
si era
inventato la storia di Mattia innamorato di me solo per giustificare la
loro
litigata.
Quella storia mi torturava e ogni volta che ci pensavo mi
ripetevo che non era assolutamente vero.
Ripresi a camminare, non prima di essermi guardata
indietro, sperando di vedere la figura di Andrea. Solo per un secondo,
volevo
abbracciarlo con tutto il mio cuore.
Mi rigirai con l’intenzione di andare avanti, senza
più
pensare ad Andrea. Non potevo di certo torturarmi così, a
causa di Andrea. Dovevo
andare avanti, la mia vita doveva andare avanti. Da lì a
qualche mese sarei
diventata zia, anche se in fin dei conti io e Allegra non eravamo zie.
Ma
almeno stavamo mantenendo la promessa che ci facemmo anni prima: Da
grandi, noi
diventeremo sorelle!, ci dicevamo sempre. E alla fine fu
così. Io, Allegra e
Christinne eravamo come tre sorelle, nonostante gli ultimi fatti
accaduti.
Quindi, pensai, al diavolo Andrea, al diavolo Mattia. Avevo
una dannata vita da mandare avanti e volevo vivermela.
Era come se ne sentissi il bisogno. Di vivere, intendo. Di
non soffermarmi sui particolari e di divertirmi, anche se, tristemente,
in cuor
mio sentivo di non potercela fare. Mattia e Andrea mi torturavano. E
qualche
volta anche papà si faceva spazio fra i miei ricordi e
faceva male. Mi feriva.
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Capitolo 13 *** Una svolta decisiva. ***
Dopo secoli e secoli
rieccomi! U,U
Allora, ho decido di velocizzare un po' le cose
sennò non finiamo più. Comunque, questo capitolo
è dedicato alle fan di Mattia MUAHAHA! *risata maligna con
occhi rossi e sguardo assassino* soffrite. U,U
Non ho finito di correggere i capitoli. E' che non ho
tempo, scusatemi. ç_ç Però ci tenevo
ad aggiornare.
Di modifiche importanti non ne ho fatte. Tranne per la band di Marco
che prima era famosa ora invece l'ho resa poco famosa
perchè servirà per il finale della storia. (:
Vi avviso
già che non aggiornerò periodicamente
perchè ho gli esami, il patentino, ripetizioni, la gita e
quindi non ho tempo nemmeno di respirare.
ç_ç
Vi lascio al capitolo,
ditemi cosa ne pensate.
P.S. Vorrei che
evitaste di dirmi sempre le stesse cose: cioè che sono stata
superficiale. Non fraintendete eh: non intendo dire che non dovete dire
la vostra. E' che mi è stato detto talmente tante volte che
ne ho piene le.. *-*
Cioè, mi spiego sennò.. U,U Allora
so di aver sbagliato a trattare certi argomenti e sto cercando di
sistemare come posso, quindi non c'è bisogno che in ogni
capitolo qualcuno me lo faccia notare. xD
Ovviamente se vi sentite più realizzati fatelo, non mi da
alcun fastidio! (:
P.P.S. Ringrazio di
cuore a Nina95 per aver espresso la sua preferenza al concorso per i
miei personaggi. *O* Ti ringrazio!
Ok, me ne vado
seriamente. Bye, belli.
P.P.P.S. xD Visitate il BLOG!
13.
Una
svolta decisiva.
A scuola
faticavo
a seguire le lezioni, e Allegra usciva quasi ogni ora,
perchè si sentiva male.
I professori non sapevano
ancora il
motivo, ovviamente.
Mattia invece a scuola non ci veniva proprio. E se lo
faceva veniva sbattuto fuori continuamente. Da quando lo avevano
dimesso
dall’ospedale, passava i giorni con i suoi amici, quelli che
gli davano la
droga.
Tra di noi non c’era più dialogo, e nemmeno tra
mamma e
papà e Matt. Litigavano sempre e Mattia era sempre ubriaco e
pieno di impegni.
Mi mancava, ma ero io la prima ad evitarlo. Perchè non
accettavo di abbracciare quella persona, che di Mattia non aveva
più niente.
Così la scuola mi risultava pesante e stancante.
Arrivavo a casa troppo stanca per fare qualsiasi cosa e
mi chiudevo in camera, a dormire.
Quella sera ero sola in casa perchè era sabato e i miei
erano a fare il loro periodico campeggio. L’avevano deciso
con difficoltà,
paurosi di lasciarmi da sola in casa con mio fratello.
Mattia era via, a qualche festa dei suoi amici. Così mi
preparai una tazza di cioccolata calda e mi sistemai sul divano.
Passavano il
mio telefilm preferito.
Credo di essermi addormentata perchè non ricordo di
preciso come successe. Quando aprì gli occhi, molto
lentamente, trattenni il
fiato per una manciata di secondi poi sorrisi, quasi con le lacrime
agli occhi.
Mattia era stretto a me, e dormiva, riscaldandomi il
collo con il suo respiro regolare. La bocca leggermente aperta e
un’espressione
triste in viso.
Mi circondava la vita con le braccia e aveva intrecciato
le sue gambe alle mie. Mi si scaldò il cuore e senza dire
niente mi abbracciai
di più a lui e chiusi gli occhi. Ero sicura di abbracciare
Mattia, quello che
conoscevo io. Il calore del suo corpo me lo diceva, anche se un
po’ puzzava di
fumo. Ma cercai di non badarci.
Così stetti per un po’, godendomi quei momenti che
sentivo di non poter mai più rivivere.
Mattia mugugliò qualcosa e si mosse. Poi aprì gli
occhi e
io gli sorrisi. Lui sbattè le palpebre più volte
e poi mi strinse.
“Scusami.” Bisbigliò, a bassissima voce.
Io gli sorrisi e
poi gli accarezzai i capelli, cosa che mi era mancata tantissimo.
“Quasi perdonato.” Gli risposi.
“Scusa se.. insomma.. sono qui. So che non mi
vuoi.”
Continuò, in difficoltà con le parole.
“Beh, in effetti, non ti voglio. Ma per oggi faccio un
eccezione.” Scherzai.
Lui tirò su la testa e mi guardò negli occhi.
“Jade..”
“mhm?”
“Io..” esitò e io gli sorrisi per
incoraggiarlo a
proseguire. “beh.. vedi..” nascose il viso nei miei
capelli e bisbigliò
qualcosa che non capii.
“Cosa?” dovetti chiedergli.
“Ti voglio bene.” sospirò, o
sbuffò, non lo capii.
“Anche io.”
Mattia non aveva intnzione di lasciarmi e ne ero
contenta. Sarei rimasta così per sempre, nonostante tutti i
problemi che si
erano creati tra di noi.
“Non ci riesco, Jade, te lo giuro.” Disse, in un
sussurro.
Non capii e corrugai la fronte. Non vedi il suo viso,
probabilmente contratto in una smorfia.
Sospirò. “Drogarmi, insomma. È come
se.. se non lo faccio
muoio, giuro.” Continuò in un lamento.
Io lo abbracciai forte. “Degli esperti ti possono
aiutare.”
“No, Jade. Non ci riuscirebbero. Voglio dire, non ci
riesco io.”
“Tu non vuoi riuscirci, Matt.” Sospirai. Non era
rabbia
quella che sentivo, era rassegnazione. Avevo smesso di dirgli che
l’avrebbe
ucciso, tanto non gli sarebbe importato. A lui non importava se io
fossi
rimasta sola, cosa avrei fatto. Lui non immaginava nemmeno il mio
dolore nel
vederlo tornare ogni giorno a casa senza riuscire a tenersi in piedi. E
io che
lo aiutavo e lui non se lo ricordava nemmeno.
Io che gli dicevo ‘Ti voglio bene, Matt.’ e lui mi
rispondeva con un ‘contenta tu.’ Perchè
la droga lo faceva arrogante.
Non mi rispose e continuò a tenere gli occhi chiusi,
anche se non dormiva, perchè mi accarezzava il braccio.
“Oggi non mi sono.. drogato.” Mi
confidò, con un
sorrisino amaro. “E non l’ho fatto per poterti
stare vicino, senza farti male.”
Aprì gli occhi e quel verde mi investì e mi fece
male.
“Puoi smettere di farlo.. per sempre.” Sussurrai e
intrecciai le mie dita alle sue.
Lui guardò le nostre mani rapito, scosse la testa e le
sciolse.
“Non capisco, Jade. Non capisco perchè quando sto
con te
sono così tranquillo. Perchè tu sei
così?”
“Così come, Matt?” domandai, ridendo.
lui però rimase serio. Guardava il soffitto.
“Così bella da morire.” E
sospirò.
“oh, ma cos’è? Una dichiarazione
d’amore?” scherzai,
anche se dentro di me qualcosa sussultava.
Lui tirò un lungo respiro e poi mi soffiò in
faccia.
“vedi? Non so neanche di fumo.” E sorrise, mentre
sentivo il suo respiro pulito innondarmi le narici. Mi avvicinai al suo
viso e gli lasciai un bacio sul naso.
“Stasera serata Jade&Matt?” gli domandai,
speranzosa.
Lui non rispose subito, ma poi sorrise e annuì.
Esultai contenta e mi alzai. Lui mi prese per il braccio
e si lamentò di qualcosa. Poi mi tirò verso di
lui e mi incastrò tra le sue
braccia. “Dormiamo ancora un po’, sono
stanco.” Si lamentò, come un bambino e
poi chiuse gli occhi. io ridacchiai e feci lo stesso. Mi accoccolai
vicino a
lui e prima che Morfeo mi rapisse, gli schioccai un bacio sul mento.
La serata Jade&Matt non fu proprio come al solito:
dormimmo tutta la sera.
Quando mi svegliai Matt non c’era. Mi misi a sedere
velocemente. Lo cercai con lo sguardo nella stanza, senza trovarlo. Mi
alzai e
corsi in cucina. Lui rise appena mi vide, appoggiato al frigorifero.
Sospirai
più tranquilla e mi sedetti.
Immediatamente un profumino attirò la mia attenzione.
“Ho preparato io la colazione.” Mi
spiegò, infatti. Io
gli sorrisi e mi fiondai sul latte e sui bicotti.
Lui scosse la testa sconsolato e si sedette davanti a me.
“Secondo te sono un drogato senza speranze?”
La sua domanda mi colse di sorpresa e sul momento
non seppi cosa
rispondergli. Smisi di
mangiare e lo guardai.
“Sei un drogato.” Dissi, con il cuore che faceva
male.
“Ma non sei senza speranze.”
“Non mi farò curare dagli
strizzacervelli.” Pacato.
“Allora sei senza speranze, Matt.” Dovetti dirgli.
Ma
perchè quell’argomento doveva sempre rovinare i
miei momenti con lui?
“Non mi farò curare dagli
strizzacervelli.” Ripeté, con
maggiore convinzione.
“Andiamo a fare un giro? Noi due,
così..” la buttai lì,
ignorando le sue parole.
Lui alzò di scatto la testa e rise. Poi mi
guardò. “Mi
dispiace, peste, ma ho gli allenamenti.”
“Ma non ti avevano buttato fuori?” gli domandai,
sorpresa. Sapevo quanto aveva sofferto per la decisione dei suoi
compagni e del
suo allenatore. Gli
avevano sputato in
faccia di non volere un drogato in squadra. Mattia ci era rimasto
malissimo, ma
nonostante ciò non aveva smesso.
Ormai lo aveva inghiottito.
“Sì, ma mi hanno dato un’altra
possibilità.” Sorrise.
“Devo solo dimostrare a tutti che sono ancora affidabile e
che sono ancora
capace di portare la nostra squadra a vincere.”
“Uhm..” mormorai, mentre bevevo. “Cosa da
niente.” Ironizzai
e lui mi guardò male.
Poi gli sorrisi. “Allora farò un giro con Allegra
e
Christinne.”
Lui annuì. “Allegra come sta? Il bambino,
insomma..”
“Bene. E’ un maschio.”
Lui annuì per la seconda volta, pensieroso.
“Vuoi
dire che Mattia è ritornato.. Mattia?!”
L’urlo di
Christinne mi perforò il timpano.
“No,
Chris. Ti sto dicendo che per oggi è ritornato
Mattia. Non ha intenzione di andare in un centro.” Sbuffai.
Lei
annuì, più calma. Allegra sedeva sulla panchina,
mentre Christinne era in piedi e giocava a calcio con la pallina che
aveva
confezionato con la carta di qualche dolce che si aveva comprato. Io
ero seduta
per terra.
“Come
stai tu?” mi domandò Allegra, incrdibilmente
seria.
Anche Christinne ci raggiunse e si sedette sulla panchina. Tutte e due
mi guardavano
e aspettavano la verità. E non le avrei mentite. Mai.
“Meglio,
insomma.” Feci una smorfia. “Papà
continua a
chimare, ma non gli rispondo.”
“Dovresti
invece.”
“Non
sono obbligata, Allè.”
“Certo
che no.”
“Però
dovresti farlo.” Christinne mi rimproverò con gli
occhi. io abbassai i miei e continuai a torturarmi le mani.
“Se
foste al posto mio, cosa fareste?”
Le due si
guardarono. Ognuna mi avrebbe dato una risposta
completamente diversa, lo sapevo benissimo, ma il loro consiglio mi era
indispensabile.
“Io
andrei da lui, gli tirerei tanti pugni quanti anni è
mancato, poi lo perdonerei. Insomma, è tornato, no? E penso
che sia tornato
perchè
ti vuole bene.”
“O
perchè non sa più come cavarsela.” La
interruppi.
“Sì,
certo, comunque io, al posto tuo, gli darei una
possibilità. Solo una, però.”
“Concordo
con Christinne, stranamente. Ti conosco e so
leggerti dentro. Tu non vedi l’ora di abbracciarlo,
Jade.” Abbassai il capo e
trattenni il respiro.
Mi resi
conto che era così, che volevo abbracciare papà.
Volevo abbracciarlo non solo con le braccia, ma soprattutto con il
cuore.
Avvicinare il mio al suo e fargli capire quando avevo sofferto la sua
mancanza.
Cosa che,
per colpa del mio stupido orgoglio, non ho mai
fatto.
“Oh-Oh.”
Esclamò Christinne, con preoccupazione nella
voce. Senza capire seguì il suo sguardo e incontrai quello
di Andrea.
Camminava
deciso verso di me, senza smettere di
guardarmi.
“Noi
andiamo a fare un giro..!” Allegra portò via
Chris,
beccandosi i miei insulti, a bassa voce.
Andrea mi
raggiunse e io mi alzai.
“Allora?
Si può sapere perchè mi stai evitando? Non ho la
peste, nessuna malattia contaggiosa e non penso di essere una brutta
compagnia.
Quindi?” pacato, sguardo fermo sul mio volto e mani strette a
pugno.
Abbassai il
capo, senza sapere bene cosa fare o dire.
“Ascolta..”
iniziai, anche se non avevo ben chiaro il
discorso da fargli.
“No,
Jade. Ascolta tu!” urlò. “Io ti dico
quello che
provo per te, cosa al quanto difficile per uno come me, non credi?, e
tu cosa
fai? Te ne esci con una frase del tipo ‘Mio
fratello non è innamorato di me.’ ” mi fece
il verso. “Sono io quello
innamorato di te, Jade!” Andrea gesticolava nervoso e mi
guardava, incolpandomi
silenziosamente di averlo ferito.
Mi sedetti
sulla panchina, incapace di guardarlo negli
occhi.
“Ora
deciditi. Perchè se sei innamorata di Mattia, beh..
allora io posso mettermi da parte, sai.”
“No!”
gridai, e lo guardai supplichevole. Come aveva
potuto pensare una cosa del genere? Sentivo gli occhi bruciare, ma
lottavo
contro la voglia di piangere. Avevo finito di farmi prendere dal panico
in
qualsiasi situazione. Andando avanti così non avrei mai
risolto niente.
“E
allora chi è?” domandò, rassegnato,
passandosi una
mano tra i capelli biondi. Era nervoso, e arrabbiato, lo avvertivo
benissimo.
Ma non era l’unico.
E non ero
l’unica a non aver capito niente. Perchè lui
non si rendeva conto che era lui quello che amavo da anni.
“E’..
beh.. è uno che non capisce un cazzo di quello che
gli sta intorno. Che quando si arrabbia sulla fronte gli si formano due
rughe,
che lo rendono un po’ più maturo. È uno
che si mangiucchia le unghie quando si
annoia o è nervoso, peggio di una ragazza.” Lui si
guardò immediatamente le
unghie, rovinate. “E’ uno di quelli tosti e
stupidi. Che non molla mai e
ottiene tutto. Ha gli occhi di un azzurro che ti fa affogare, senza
possibilità
di emergere sana di mente.”
Si
avvicinò a me, lo avvertii, perchè avevo la testa
bassa. Smisi di parlare perchè la voce mi faceva brutti
scherzi.
“Jade..”
bisbigliò. Guardai le sue mani intrecciate alle
mie. “Scusami.. scusa se non ho mai capito
niente..” balbettava, impacciato. Io
sorrisi e alzai gli occhi. I suoi erano fissi sul mio volto. Erano
chiari, vi
si leggeva gioia.
“E’
solo che non voglio darti alcun fastidio o metterti
in imbarazzo. Insomma, non sei obbligato a ricambiare..” lui
mi zittì
avvicinando le sue labbra alle mie. Le sentì calde,
confortevoli. Mi prese il
viso tra le mani e mi sorrise sulle labbra.
“Tu
mi stai cambiando la vita, Jade.” Sussurrò. Io
sorrisi e gli toccai le mani, che mi tenevano come se fossi qualcosa di
particolarmentre fragile. Sentivo che cercava quasi di passare
innosservato
mentre mi accarezava la guancia.
Non ci
dicemmo altro. Le parole avrebbero solo rovinato
quel momento. I passanti ci guardavano e sorridevano. Gli anziani
scuotevano
la
testa, ricordando di quando erano giovani.
Le ragazzine
invece mandavano urli acuti, riconoscendo
Andrea. Lui se la rideva, abbracciandomi ancora di più.
“Ma..
Matt..” mi sentivo una stupida a farmi venire in
mente Mattia in un momento del genere. Non capivo cosa ci faceva nei
miei
pensieri.
“Shht.”
Mi sgridò, con fare dolce. Poi fece una smorfia
quando qualcosa si posò sul suo naso. Io risi e glielo
baciai. Altri fiocchi di
neve si posarono sulle nostre teste, sui vestiti, sulla panchina.
Nonostante
la neve, un raggio di sole fece il suo
ingesso, timido timido. La neve continuò il suo lavoro,
senza badare troppo.
|
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Capitolo 14 *** Quando la conquisti, rischi di perderla: la felicità. ***
Ecco il capitolo. U,U
Non ho tempo per rispondere alle vostre recensioni, mi
dispice. però mi hanno resa felicissima!
Vi ringrazio davvero di cuore *-*
Ringrazio anche
Red76 per averla votata
al concorso! *-*
e tranquilizzo _deny_
dicendole che c'è un finale a sorpresa! (:
Ora
vi lascio, perchè sto morendo dal mal di denti
ç___ç
continuate a dirmi la vostra! ^^
14.
Quando
la conquisti, rischi di perderla: la felicità.
“Vai! Vai
così!” Christinne accanto a me urlava e
gesticolava, seguendo ogni movimento della nostra squadra di calcio.
Matt stava dando il massimo di sè stesso per vincere. Era
l’ultima partita della stagione e doveva farsi vedere dai
selezionisti. Non era
l’unico: anche Andrea stava prendendo sul serio la sua
posizione nella squadra.
Quella sarebbe stata la loro occasione di entrare nel
vero mondo del calcio, la loro passione più vera, da sempre.
Nonostante fossero in squadra insieme, Matt e Andrea si
scontravano duramente; Matt non accettava che io e Andrea stessimo
insieme e
continuava a ignorarmi e farmi notare il suo disappunto.
Non mi aveva detto niente di particolare per rompere il
fragile filo che ci legava. Tutti gli sforzi per riavvicinarsi sono
andati in
frantumi.
“Ma che cazzo fanno?! Jade! Guardali!” Chris
imprecò
ancora e mi fece notare Mattia e Andrea che litigavano sul campo.
Abbassai il capo e sbuffai. “E’ la loro occasione e
litigano. Incredibile!” continuò ad agitarsi lei.
La partita fu penosa. La nostra scuola perse 5 a 1 e i
selezionisti avevano delle espressioni illegibili.
Scossi la testa e mi alzai. “Dove vai?” mi
domandò Chris.
“Dai ragazzi.”
Nello spogliatoio i ragazzi della
squadra erano giù di
morale e tutti si stavano cambiando in assoluto silenzio.
Entrai senza preoccuparmi dei fischi di alcuni più
vivaci. Mi fermai davanti a Mattia e Andrea.
“Siete contenti adesso?”
Loro si guardarono in faccia, e poi continuarono a
vestirsi.
“Questi ragazzi volevano vincere. Per farsi valere agli
occhi dei selezionisti. Non siete gli unici ad avere un sogno,
qui.” Mattia abbassò
il capo, mentre Andrea si sedette.
“Non capisco perchè vi siete comportati
così, ma avete
perso vergognosamente ed è meglio che chiediate scusa ai
vostri compagni. Spero
tanto che nessuno di voi due venga scelto, perchè non ne
siete degni.” Gli altri
ragazzi annuirono convinti, dandomi ragione.
“Non stare con lui, Jade..” i sussurri di Matt mi
sembrarono una supplica. Mi passò accanto, senza fermarsi e
uscì.
Io abbassai il capo e sentii il senso di colpa
schiacciarmi. Poi Andrea mi abbracciò e sistemò
il viso nei miei capelli
sciolti. Un gesto che faceva sempre e che mi faceva stare bene.
Sospirai e lo abbracciai. “Stupidi.” Mormorai e lo
sentii
sorridere.
“Scusami, scusami se ti ho delusa.” Lo stesso tono
di
voce di Mattia.
Chiusi gli occhi e cercai di rimuovere l’immagine dei due
che litigavano sul campo. Cercai anche di rimuovere quel senso di
colpa: perchè
i due litigavano per colpa mia.
“Io ti amo, Jade.” Sussurrò con tono
incredibilmente
dolce. Io sorrisi, sentendomi il cuore colmo di gioia.
Poi, come a togliermi quella felicità faticosamente
conquistata, mi sentii soffocare. Mi aggrappai ad Andrea per paura di
cadere
nel
vuoto che i miei occhi mi stavano mostrando.
Cominciai ad ansimare, cercando aria.
“Jade, stai bene? Jade? Jade!” Andrea continuava a
urlare
il mio nome, mentre io continuavo a sentire sempre meno.
Il suo bellissimo viso, a pochi centimentri da me e dipinto
da una paura preoccupante, cominciava a oscurarsi.
“Aiuto! Aiutatemi! Jade, Jade!” gridava, mentre mi
scuoteva.
Poi chiusi gli occhi, esausta, solo un attimo, per
riposarmi.
“E’
stato difficile trovare dei talenti in questa squadra. Alcuni di voi si
fanno
coinvolgere troppo, altri non muovono nemmeno un muscolo. Litigare con
i propri
compagni non è un buon segno, capite?”
Andrea
e Mattia sbuffavano, impazienti di andare in ospedale per vedere come
stesse
Jade.
Il
loro allenatore aveva vietato a tutti di muoversi. Lui non poteva
capire come
si sentissero i due. La ragazza che amavano era lì, su un
letto d’ospedale,
senza aver dato segni di vita da due giorni.
Erano
riusciti a rimandare le selezioni solo di due giorni. Tutti e due
avrebbero
preferito avere Jade al loro fianco.
“Indubbiamente
Mattia hai talento.” Pronunciò uno dei tre uomini,
senza mostrare di provare
alcun sentimento. Mattia sorrise in sengo di riconoscimento.
“Andrea,
per me, merita.”
Si pronunciò il
secondo, annuendo convinto.
Il
terzo scrisse qualcosa. “Ma Mattia ha problemi con la droga e
non può essere
accettato. Ci dispiace, ragazzo.” Mattia fece un sorrisino
falso e se ne andò,
senza salutura o dire qualcosa.
Andrea
fece per seguirlo e consolarlo la quello che gli fu detto glielo
impedì.
“Andrea..
beh, come ha detto il mio collega: meriti.” E sorrise
l’uomo di mezza età.
Andrea
urlò e si fece abbracciare dai suoi compagni di squadra,
mentre si redeva conto
che Jade lo aveva reso così: una persona forte e combattiva.
E non
superficiale; quella fase l’aveva superata.
C’era qualcosa di fastidioso che non mi permetteva di
muovere le braccia. Infastidita, cercai di aprire gli occhi, per
liberarmi di
quel fastidio, ma la luce mi impediva di guardarmi intorno.
“Si sta svegliando! Mamma! Papà!” la
voce di Mattia mi
sembrò un dono. Mi resi conto di stringere la sua mano.
Dopo altri tentavi finalmente aprii gli occhi e vidi
Mattia, mamma e papà sorridermi, con le lacrime agli occhi.
Mattia aveva un sorrisone unico, mentre mamma aveva le
occhiaie.
Cercai di parlare, di dire qualcosa ma mi sembrò una cosa
che non avevo mai fatto.
“C-cosa.. cosa..” mi sforzai e sentii un rumore
farsi più
veloce. Il Beep ritornò
normale.
“Shh, non parlare.” Mi zittì la mamma.
Papà non osava
parlare.
“Sei in ospedale.” Mi rispose Matt. Io mi guardai
intorno
e riconobbi quella stanza anonima di ospedale.
“Vado a dire ai medici che è sveglia.”
Annunciò papà,
mentre la mamma annuiva e si asciugava le lacrime.
“Ci hai fatto preoccupare, tesoro.” Mi
sgridò e sospirò.
Io non capii. “Sei stata in coma quattro giorni.”
Sgranai gli occhi e guardai Mattia per chiedere conferma.
Lui annuì, lentamente.
Lasciai la sua mano e girai la testa dall’altra parte. Mi
sentivo terribilmente stanca.
Più tardi arrivò una faccia conosciuta, che
però non
riconobbi subito.
“Allora, come ti senti, Jade?” mi
domandò l’infermiere,
dopo aver mandato via tutti.
“Come fai a sapere il mio nome?” gli domandai,
infastidita.
Lui rise. “Sono un infermiere, sai. Devo sapere i nomi
dei pazienti.” Mi rispose, sempre ridendo. Poi si fece serio.
“Come stai?” ripeté.
“Sono stanca.” Sospirai.
“Io ti avevo detto di farti visitare da qualcuno.”
Mi rimproverò.
Aprii di nuovo gli occhi e lo guardai male.
“Ma chi ti credi di essere?” bisbigliai,
infastidita da
qual suo atteggiamente strafottente.
“Davide, piacere.” E rise di gusto, mentre mi
porgeva la
mano e io la rifiutavo con uno sbuffo.
“Comunque, per qualche giorno devi restare qui, per
accertamenti. Ovviamente non si può far finta di niente. Sei
svenuta e rimasa
in coma per cinque giorni. C’è qualcosa che non
va.”
C’è
qualcosa che non va. C’è qualcosa che non va.
C’è qualcosa che non va.
Quella dannata frase mi
continuava a rimbombare nella
testa. Il tono serio di Davide mi preoccupò assai.
“Da quanto succede?” domandò, sedendosi
accanto al letto.
“Che cosa?”
“Svenire, avere problemi di equilibri, mal di testa e
instabilità emotiva così forte.”
Elencò tutto quello che mi succedeva da
qualche mese a quella parte. E io mi resi conto di non averci mai fatto
troppo
caso, pensando solo che fosse la stanchezza.
Che stupida.
“Qualche mese.” Bisbigliai.
“E non hai mai pensato che potesse essere qualcosa di
grave?” mi rimproverò di nuovo, mentre i suoi
occhi scuri mi scrutavano
critici.
“Ma scusa, che ti frega?” mi lamentai e mi girai
dall’altra
parte, per non vedere ancora quel viso insofferente.
“Hai una visita.” Mi avvisò, prima di
uscire.
Allora mi girai velocemente e sorrisi alla visione di
quell’angelo venuto lì per me.
Mi sorrise leggermente e si sedette sul letto
accanto a me,
prendendomi la mano.
“Ciao.” Sussurrò.
“Ciao.”
“Come stai?” domandò, dolce. Quella
dolcezza che
manifestava solo per me. Quella dolcezza che mi apparteneva.
“Insomma.” Decisi di essere sincera con lui. Decisi
che
non gli avrei mai mentito.
“Mi hai fatto preoccupare, scema.”
Mostrò il suo sorriso
un po’ tirato e stanco.
“Mi dispiace..” mi sentii in colpa di averlo fatto
star
male.
“Vieni qui.” Mi abbracciò come meglio
riuscì e mi stampò
un bacio sulle labbra.
Poi si sistemò sul letto, composto, mentre entravano
nella stanza Mattia, Christinne e Allegra.
Corsero ad abbracciarmi, facendomi un po’ male. Mattia
evitò
di guardare Andrea. C’era qualcosa che mi sfuggiva.
“Io vado, amore.” Io annuì e lo salutai
con un sorrisino.
“Come stai, razza di idiota?” esclamò
Christinne,
accomodandosi sul letto.
Allegra alzò gli occhi al cielo. “Il dottore ha
detto che
non riesce a capire cosa hai.”
Io abbassai il capo. “E’ sempre così.
Appena riesco ad
essere felice, questa felicità mi viene tolta.”
“No! Non pensarla così, scema.”
Christinne mi riabbracciò
e mi schioccò un bacio in fronte.
Io sorrisi a tutti e tre.
“Insomma,
non ci sei mai!” gridò Christinne.
Marco
sbuffò e si sedette sul divano. Quell’appartamente
che ormai era diventato
testimone di quel loro amore.
“Cosa
vuoi che faccia io? Cantare è la mia vita, Chris. Questa
è la nostra occasione.”
Parlò, calmo, senza farsi prendere dalla rabbia.
Lei
si passò una mano tra i capelli. “Non voglio che
la musica diventi un’ossessione
per te..”
Lui
sorrise e le fece segno di sedersi accanto a lui. “Sei tu la
mia ossessione,
scema.” Sorrise ancora. “Il sogno mio e del mio
gruppo è riuscire a fare un
concerto e forse ci siamo. Ma ti prometto che tu resterai sempre al
primo
posto.” Christinne abbassò il capo. “Mi
credi?” volle sapere lui.
Lei
annuì.
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Capitolo 15 *** Come se tutto finisse. ***
Mancano pochi capitoli
alla fine. Forse il prossimo è l'ultimo. Però non
ne sono sicura.
Comunque, ringrazio a chi ha recensito lo scorso capitolo e spero di
vedere tante recensioni anche per questo capitolo!
Ah, vi avviso già che c'è il sequel di
Situations; This Love. ^^
Ora vi lascio.
Buona lettura!
15.
Come
se finisse tutto.
“Ben svegliata, bellezza. Andiamo a fare un giro?”
Davide, l’infermiere, entrò nella stanza e
aprì le
finestre. Lasciò che il fresco di Dicembre si difondesse
nella stanza e mi
facesse rabbrivvidire.
“Non mi va.” Bisbigliai e mi misi la coperta sopra
la
testa. Lui sbuffò e mi scoprì completamente.
“Non vorrai marcire in questo letto!” e rise.
Non lo sopportavo. Quel Davide non faceva che rendermi la
permanenza nell’ospedale un inferno.
Mi faceva camminare tutti i giorni, mentre io volevo solo
dormire. Mi obbligava a mangiare quando non avevo appetito. Era uno
schifo.
“Sei una mia paziente e fai quello che ti dico.”
“Non sono una tua paziente.”
“Sì, invece. Il capo mi ha detto di occuparmi di
te.” Disse
calmo e poi incrociò le braccia al petto, fissandomi dal
fondo della stanza. “E
io non ho intenzione di lasciarti crepare qui.”
“Dio, che delicatezza!” borbottai e affondai la
testa nel
cuscino.
Lui soffocò una risata e prese la sua cartelletta.
Annotò
qualcosa.
“Oggi come stai?” si informò.
“Come ieri. No. Peggio di ieri.” Gli risposi. Lui
annuì e
poi venne a controllarmi da vicino.
“Fuori nevica, bellezza, e..”
“Non chiamarmi bellezza, Davide.”
“E tu non chiamarmi Davide.” Ribatté e
mi guardò offeso. Io
lo guardai confusa.
Poi iniziai a ridere e lui con me.
“Prima, c’era il tuo ragazzo. Però gli
ho detto di starti
alla larga.”
Io sgranai gli occhi e poi mi alzai dal letto.
“Cosa hai fatto tu?!” urlai e lui si
allontanò ridendo.
“Ora che ti sei alzata, possiamo andare a fare un
giro.” Io
lo guardai male, ma non dissi niente. Mi resi conto di aver bisogno di
camminare, di sentire il vento in faccia e di provare qualcosa. Le
medicine che
prendevo mi facevano andare di matto. Troppo tempo chiusa in quella
stanza d’ospedale.
“Seguimi, bellezza.” Aprì la porta e mi
invitò a uscire.
“Non hai detto niente del genere ad Andrea, vero?”
insistetti
e lui rise, superandomi.
“Ehi, ehi! Mi hai sentita?! Rispondimi!”
“Senti, Matt.”
“Mhm.”
Mattia mi guardò curioso, mentre io tentavo di trovare
una posizione comoda in
quello stupido e
duro letto da ospedale.
Non mi ricordo di preciso da quanti giorni ero là dentro.
I medici non erano riusciti a trovare ancora cosa mi faceva star male.
Qualche volta
mi capitava di avere una di quelle crisi. Ogni volta peggiorava. Quella
cosa..
che avevo dentro.. mi divorava. Ne ero sicura.
Matt si passò una mano tra i capelli.
“Tu mi ami?” gli domandai, e lui sgranò
gli occhi e
iniziò a balbettare frasi sconnesse, senza senso. Sorrisi e
cercai la sua mano.
“Perchè io lo so che tu mi ami.”
Bisbigliai e lui smise
di parlare. Mi guardava e mi stringeva la mano. Forte. Per non
lasciarmi andare
via.
“Andrea dice che sei innamorato di me. Ma io non gli
credo. Tu mi ami come sorella, vero? Perchè se è
così anche io ti amo, da
impazzire. Ma come fratello. Il migliore al mondo.”
Faticavo a respirare. Però continuai a parlare. Parlare mi
faceva distrarre dalla mia malattia.
“Jade, cosa stai dicendo?” Mattia si
alzò e si avvicinò
al letto. Il viso preoccupato. Mi scrutava.
“Matt, io non posso ricambiare.” Bisbigliai. E mi
seri
conto che avrei dovuto dirglielo tanto tempo. Io lo amavo, ma come
fratello. E lui
non doveva essere innamorato di me. Avrei voluto che mi avesse detto
che Andrea
si fosse inventato tutto.
“Lo so, Jade. Lo so benissimo. Ma io ti amo lo stesso. Cosa
ci posso fare? Ma stai bene?” volle sapere e io
annuì, mentre tentavo di
sorridere.
Lui mi accarezzò i capelli. “Andrea ti ha detto la
verità. Lui ti ama, sai.” Continuò,
senza guardarmi negli occhi.
“Anche io lo amo, però amo anche te.”
Balbettai e buttai
per terra la coperta.
“Ma che fai?” mi sgridò Matt e mi
coprì di nuovo. “Stai
delirando, Jade.” Aggiunse poi.
Io, senza capire più niente, cominciai ad agiarmi. Era come
se mille api mi pungessero all’infinito. Mi faceva male da
tutte le parti. Volevo
solo che smettesse di farmi male tutto.
“Jade!” sentì Andrea. E Christinne.
Allegra mi chiamava
disperata. E avrei voluto rispondere a tutti, anche a Marco che era
appena
entrato nella stanza.
Poi Mattia chiamò il dottore e io smisi di ascoltarli.
“Ben
risvegliata, signorina.” Non risposi subito. Mi guardai
intorno e mi resi conto che c’era qualcosa che mi dava
fastidio. Provai a
togliermi l’affare dalla bocca, ma il dottore mi
bloccò.
Sentì due braccia avvolgermi e il profumo costoso di mia
madre mi invase le narici.
Provai a dire qualcosa, ma lei non si spostò di un
millimetro.
“Oh, Jade. Grazie a Dio!” continuò a
blaterare, ma io non
stetti ad ascoltarla.
“Ora è temporaneamente fuori pericolo, ma non
è ancora
stabile. Ha bisogno di riposo.. e di qualcuno che capisca cosa le
faccia
questo.”
Poi il signori lasciò la stanza e rimasi sola con mamma.
“Mamma, mi stai.. facendo male..”
Lei mi lasciò andare velocemente e si sedette,
sistemandosi la gonna. Era incredibile quella donna. Fuori nevicava e
lei
girava con la gonna. Era pazza, completamente.
“Cosa mi è successo, mamma?” domandai e
lei esitò.
“Una crisi, tesoro. Ma ora sei di nuovo stabile.”
Si affrettò
a dire e mi sorrise.
“Mamma, lo sai che non ho sette anni e so cosa mi sta
succedendo, vero?” lei abbassò la testa e si
guardò le unghie.
Poi nessuna delle due parlò.
“Scusi, signora, dovrebbe uscire un attimo.” Davide
sorrise a mia madre, la quale uscì in fretta.
“Accidenti, ragazza.” Esclamò, mentre
accendeva e
spegneva qualche apparecchio. “Stavi per andare
all’altro mondo. Cazzo, come
fai ad essere ancora qui?!”
Davide era un tipo diretto, avevo imparato a conoscerlo
in quelle settimane. Non ci girava intorno. Se voleva dire qualcosa lo
diceva e
basta.
“Davide, sai cosa ti manca?” gli domandai.
Lui mi guardò. “Cosa?”
Mi girai dall’altra parte. “La
delicatezza.” E lo sentii
ridere.
Poi fece il giro del letto. “No, sul serio. Sei forte,
dolcezza.” E sorrise. Io chiusi gli occhi.
“C’è il tuo ragazzo fuori. Lo faccio
entrare?”
Annuì e lui se ne andò.
Andrea entrò e rimase al centro della stanza. Poi
sospirò
e mi abbracciò forte. “Mi hai fatto morire dalla
paura, incosciente.” Mi rimproverò
e mi baciò la fronte. “Cosa faccio se ti perdo,
eh? Me lo spieghi?” continuò e
io lo strinsi forte al petto e lo costrinsi a distendersi sul letto,
accanto a
me.
Non protestò e dormimmo così.
Improvvisamente diventai agitata, come se in quel momento
mi fossi resa conto che tutto sarebbe finito in pochi giorni.
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Capitolo 16 *** Broken. ***
Ed eccoci all'ultimo
capitolo. Alla fine di questa storia. Oddio, quasi non ci credo.
Vorrei ringraziarvi. A ognuno di voi, che ha letto, recensito e seguito
questa storia.
Grazie di cuore. Senza di voi credo che non l'avrei mandata
avanti.
Come ben sapete c'è un seguito. Si chiamerà:
Situations; A New Life. - cinque anni dopo.
Ho già quasi pronto il primo capitolo quindi entro qualche
giorno riuscirò a postarlo. Per chi volesse seguire anche il
seguito.. ditemelo così appena posto il primo capitolo vi
avvisoo.. (:
Baci.. è GRAZIE ancora. <3
P.S. La canzone che compare nel
capitolo è Broken-Lifehouse. Ascoltatela
mentre leggete il capitolo, se volete. Mi ha aiutata a scriverlo. (:
16.
Broken.
The broken clock is a comfort, it
helps me sleep
tonight
Maybe it can stop tomorrow from stealing all my time
I am here still waiting though I still have my doubts
I am damaged at best, like you’ve already figured out.
Mi svegliai e cercai
subito
Andrea. Mi girai velocemente e notai che il posto sul letto accanto a
me era
vuoto. Allora tentai di alzarmi, mentre tutto intorno a me cominciava a
starmi
stretto. Mi resi conto di aver paura, tanta paura, troppa.
Il mio cuore impazzì
completamente e mi accasciai a terra.
Cominciai a tremare e sudare
freddo. Sentivo di dover urlare, ma non ritrovavo la voce.
Poi Andrea mi venne accanto (da
dove fosse uscito non ne avevo la minima idea) e mi
abbracciò.
“Hai paura, amore?”
lo sentii sorridere e ridere. Pronunciò quella parola con
ironia, ridendoci su. Ma io continuai ad abbracciarlo e dirgli quanto
lo amavo.
Lui mi stringeva, ma nel suo abbracciò non c’era
amore. Non c’era niente nel
suo corpo. Poi si squarciò e rimase solo il cuore. Un grande
e nero cuore.
Nero. Come la pece. Nero. E batteva nelle mie mani. Nelle
mie mani.
Poi smise di battere e allora
urlai. Forte. Fortissimo. Sentii le mie corde vocali che faticavano.
Poi anche
il mio cuore smise di battere. Smisi di urlare e iniziai a stringere
quel cuore
ormai morto. Il sangue mi sporcò le mani e il pigiama bianco
e io ne provai
gioia.
Poi mi pulii sul muro, dove
rimasero le impronte. Alzai il viso quando avvertii una presenza.
Mattia mi
sorrideva dall’alto e gli sorrisi
anche io. Così mi alzai e lo abbracciai.
“Hai paura, amore?”
sussurrò e rise. Io mi allontanai con una spinta e lui mi
sorrise, senza però guardarmi veramente.
Allora mi guardai le mani e
realizzai di essere sporca di sangue. Provai a gridare ma non ci
riuscii, così
mi lasciai scivolare a terra, senza smettere di urlare, anche se non
usciva
alcun suono dalla mia bocca.
“Jade!” Matt urlò e mi guardò
con
odio, mentre anche lui si divideva in mille pezzi.
“Jade! Jade!”
“No! No, scusa! Scusami!
Scusatemi! Non volevo.. io.. io non volevo..” iniziai a
gridare, a scusarmi.
“JADE!” allora aprii gli occhi e
Matt mi guardava preoccupato. Mi teneva le mani ferme e respirava con
fatica.
“Matt!” lo abbracciai forte,
sollevata di sapere che non fosse reale niente.
“Jade!” anche Andrea mi venne
vicino e mi abbracciò. Mattia si allontanò a
parlare con il dottore, anche se
continuava a tenermi d’occhio dal fondo della stanza.
Andrea mi accarezzò i capelli e
mi baciò la testa. “Ho paura, Andre.. ho
paura..” bisbigliai, piangendo.
“Hai paura, amore?”
sentii il suo abbraccio diventare più intenso e
mi sorrise tra i capelli. Mi sentii mancare il fiato, ma Andrea non mi
permise
di allontanarmi per potermi riprendere. “Non devi aver paura.
Non devi, amore.
Shh.” Mi consolò e mi sussurrò parole
dolci per un po’. Finchè Davide entrò
velocemente e andò a dare dei fogli al suo capo.
“oh, grazie Davide.”
“Dovevate ascoltarmi, capo. Tutti
voi dovevate darmi ascolto.” Davide si arrabbiò e
mi guardò per un istante. Poi
scosse la testa e uscì
dalla stanza, sbattendo la porta.
Il Dottore lesse velocemente, poi
si tolse gli occhiali e si passò una mano tra i capelli.
"Che succede?” bisbigliò Mattia.
Il Dottore scosse il capo e si sedette.
I’m
falling apart, I’m barely breathing
With a broken heart that’s still beating
In the pain there is healing
In your name I find meaning
So I’m holdin’ on, I’m holdin’
on, I’m holdin’ on
I’m barely holdin’ on to you.
“Cosa
sta succedendo?” domandai,
guardando prima Andrea, poi mio fratello e infine il dottore.
“Tanti auguri a te, tanti auguri
a te!” Christinne e Allegra entrarono nella stanza con
un’enorme torta in mano.
Sorridevano.
Ma non continuarono, la tensione
sul mio volto e su quello degli altri le bloccò. Poi
entrarono anche Alex e
Marco, ridendo, ma anche loro smisero presto.
“Cosa diamine sta succedendo?!”
urlai, non riuscendo più a trattenermi.
“Abbiamo i risultati.” Disse
semplicemento il signore in camicia bianca. “Cosa?”
riuscii a bisbigliare.
“Parli, dannazione!” gridò
Mattia.
Allegra e Christinne si
avvicinarono a me e si sedettero una in braccio all’altra
perchè c’era solo un
posto.
Andrea si allontanò da me e si
passò una mano tra i capelli. Si appoggiò al muro
e io rimasi sola, in quel
letto.
“Ritorno tra venti minuti.” E il
dottore se ne andò, senza guardare nessuno.
“Che succede?” disse infine
Christinne, alzandosi.
“Non so.” Bisbigliai io, piano.
“Io.. io esco un attimo.” Guardai
Andrea e annuii. Non ci feci caso in quel momento, ma notai una luce
diversa e
nuova negli occhi di Andrea.
“Gente, io dovrei andare. Sono
venuto solo per farti gli auguri, neo-diciottenne!” Marco mi
sorrise in quel
modo dolce che solo lui sapeva fare e mi baciò una guancia.
Capii senza troppi
sforzi che stava tentando di distrarmi da quei fogli che il dottore
aveva
guardato sorpreso.
“Diglielo! Avanti!” bisbigliò
Christinne, guardando il fidanzato.
Marco sbuffò. “Quando starai
bene, al più presto, verrai a un nostro concerto. Hai i
biglietti già
prenotati.”
“Certo, ma.. aspetta..
concerto?!” mormorai confusa, senza capisci
granché. Tentai di mettermi più
comoda, ma mi resi conto di non riuscire a muovere le gambe. Non lo
dissi ai
miei amici. Era un dolore mio. Mio e basta.
“Abbiamo il contratto!” Marco
sorrise, contentissimo di poterlo dire a qualcuno. “E presto
faremo il nostro
primo concerto!” continuò, eccitato. Christinne lo
guardò e lessi nei suoi occhi
orgoglio e ammirazione. Amava Marco. Glielo si leggeva in faccia.
Allegra si alzò e mi baciò la
fronte. “Scusa tesoro, devo davvero andare. Ho una visita tra
un quarto d’ora.”
E indicò il suo pancione. Quanti mesi aveva? In
quell’ospedale si perdeva il
conto di qualsiasi cosa. “Ma torno appena posso,
promesso.” Si affrettò ad
aggiungere. Poi uscì.
“Vado anche io. Dai, Jade,
rimettiti in sesto. A scuola ci manchi.” Marco
agitò la mano in segno di saluto
e uscì.
“Jade,” iniziò Christinne,
guardandomi. Evitai i suoi occhi. “non devi preoccuparti. Non
è niente di
grave, vedrai.”
Alla fine sospirai e annuii.
Quella ragazza mi leggeva dentro.
“Sì, sono d’accordo con Chris.
Ora vedi di mangiare questa dannata torta. Sai quanto ci ho messo per
mettrla a
posto?!” mi rimproverò Alex, e io risi. Notai
Mattia che aveva chiuso gli occhi
e sembrava dormisse sulla poltrona.
I miei amici avevano ragione.
Avrei dovuto essere forte e pensare positivo. Ma non c’era
niente di positivo
in quella situazione. Sapevo di non essere in grado di stare allegra e
far
contenti loro, perchè qualcosa dentro di me mi diceva che
quella non era una
situazione facile. Ne ero consapevole, anche se non volevo accettarlo.
The broken locks were a warning you
got inside my head
I tried my best to be guarded, I’m an open book instead
I still see your reflection inside of my eyes
That are looking for purpose, they’re still looking for life
“Svegliati,
bellezza.” Davide mi
fece sobbalzare, quando mi tolse le coperte. Sentii subito freddo.
“Che diavolo..” imprecai e
sbuffai.
“Alzati dai.” Non aveva il solito
sorrisone sul viso ed evitava di guardarmi in faccia.
“Non.. non riesco.. a..”
“lo so, lo so. Ma devi continuare
a lottare, Jade. Adesso prova di nuovo a muovere le gambe. Vedrai che
ci riuscirai.”
Mi sorrise per incoraggiarmi e io ascoltai il suo consiglio.
Pian piano riacquistai l’uso
delle gambe e mi ritrovai in piedi, barcollante. L’infermiere
mi sostenne e mi
aiutò a ritrovare l’equilibrio.
“Adesso andiamo a fare un giro,
ok?” bisbigliò e continuò a sostenermi.
“Piano, piano.”
“E’.. qualcosa.. qualcosa di
grave, vero?” dissi all’improvviso, facendolo
rimanere di stucco. Mi guardò un
attimo e poi riprese a camminare.
“Rispondimi!” gridai,
allontanandomi da lui.
“Sì. Sì. Sei contenta ora?”
gridò
anche lui e poi riprese a camminare. “Senti, siediti. Vado a
prendere qualcosa
da bere, ok?”
Annuii e mi sedetti su una di
quelle poltroncine. Poi nel silenzio di quel posto sentii la voce di
mia madre
farsi sempre più alta. E
poi Mattia urlò.
Mi avvicinai a quella piccola
sala, dove i parenti dei malati stavano. Mi appoggiai al muro, mentre
cintinuai
ad ascoltare.
“E’ evidente che non sia una cosa
da prendere alla leggera. È rimasto nascosto ai nostri
macchinari, quindi non
sarà semplice rimuoverlo. E si è espanso molto,
mentre noi tentavamo di
scoprirlo.”
Mi feci più attenta. Mia
madre piangeva,
appoggiata a papà. Mattia si copriva il viso con le mani e
qualche volta si
puliva gli occhi. non capii se erano lacrime quelle che tentava di
nascondere.
“Mi sta dicendo.. lei mi sta
dicendo che mia figlia ha quella cosa.. quella.. insomma.. ce
l’ha nella testa
e lei l’ha scoperto solo adesso?” mio padre
urlò, acceccato dalla rabbia e dal
dolore. Io non capivo. Di cosa stessero parlando. Mi giungevano come
frasi
sconnesse. Ma allo stesso tempo ero consapevole che fosse qualcosa che
mi
riguardava e che fosse grave.
“Sì, signore. Sua figlia ha un
tumore al cervelletto.” Sgranai gli occhi e caddi in
ginocchio.
“Ma che diavolo... Jade!” la
braccia dell’infermiere mi circondarono e mi alzarono da
terra. I tre si
girarono verso di me. Mattia sgranò gli occhi e si
alzò di corsa. Si avvicinò e
mi prese in braccio.
“Ho.. io ho.. un tumore?”
balbettai, senza rivolgermi a qualcuno in particolare.
“Alziamola! Così. Ora portiamola
di là, nella sua stanza.” Davide dava indicazioni
e ordini a Mattia e a mio
padre. Vidi mia madre asciugarsi gli occhi gonfi e rossi.
"Mamma..” bisbigliai, prima di
chiudere gli occhi e perdere coscienza.
I’m hanging on another day
just to see what you will
throw my way
And I’m hanging on to the words you say
You said that I will be ok
“Ecco.
Ecco. Così,
ragazzi. Piano!” aprii di colpo gli occhi e mi alzai, ma una
mano mi tenne
ferma e mi obbligò a rimanere distesa. Cominciai a tossire e
ad agitarmi. Il
cuore sembrava impazzito.
“A.. Andrea!
Lasciatemi!” e continuavo a tossire e tossire. Ed era un
liquido rosso. Rosso.
Non ci feci caso.
“Jade! Jade!” urlò e
tese la mano per afferrarla alla mia. Evitò i miei occhi.
“Se io muoio, tu
vieni con me?” gli domandai, bisognosa di sentire una
risposta. Vidi i suoi
occhi aggirarsi intorno alla mia figura e la sua bocca tacere.
Iniziai a
singhiozzare. “Vieni con me, Andrea?” sussurrai e
lui alzò di colpo gli occhi e
li legò ai miei. Stette zitto. Poi un sapore strano mi
invase la bocca e mi
venne da vomitare, mentre tutto intorno a me si muoveva. Le persone.
C’era
Davide. Davide che si agitava e correva qua e là, con una
mascherina sul viso.
Riconobbi anche il dottore, che indossava la stessa mascherina
dell’infermiere.
Poi Andrea mi lasciò
la mano e girò la testa. In quel momento cominciai a sentire
il mio corpo
dividersi in tanti pezzi. E faceva male, così urlai. Urlai
con tutto il fiato
che avevo, pensando che questo avesse potuto porre fine a quella
tortura.
Qualcuno mi tenne ferma, mentre il mio corpo impazziva.
“Tranquilla, Jade.
Adesso lo togliamo. Adesso lo togliamo.” Il dottore era
sudato e parlava con
voce tremante. Ciò non mi tranquillizzava per niente.
Afferrai una mano.
Non so a chi appartenesse. So solo che era calda e che mi afferrava
dolcemente.
Poi girai il viso dall’altra parte e vidi gli occhi umidi di
Mattia. Se li
asciugò. Poi mosse le labbra. Ti
amo. Mattia
mi amava. Avrei tanto voluto
sorridergli ed abbracciarlo.
“Tieni duro, bellezza.
Tieni duro, cazzo!”
Bisbigliai qualcosa e
poi smisi di pensare, di udire, di respirare.
The
broken
lights on the freeway left me here alone
I may have lost my way now, haven’t forgotten my way home.
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