Situations; This Love.

di Naomily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quel caffè alla quinta ora. ***
Capitolo 2: *** Allegra e le complicazioni del suo segreto. ***
Capitolo 3: *** L'ho rovinata! ***
Capitolo 4: *** Non il solito Sabato [Prima parte] ***
Capitolo 5: *** Non il solito Sabato [Seconda Parte] ***
Capitolo 6: *** Marco&Christinne. ***
Capitolo 7: *** Stranezze. ***
Capitolo 8: *** L'alcohol scioglie la lingua. ***
Capitolo 9: *** Andrea era strano, Alex era gay e papà era tornato. ***
Capitolo 10: *** Di male in peggio. ***
Capitolo 11: *** Overdose. ***
Capitolo 12: *** La vita deve andare avanti. ***
Capitolo 13: *** Una svolta decisiva. ***
Capitolo 14: *** Quando la conquisti, rischi di perderla: la felicità. ***
Capitolo 15: *** Come se tutto finisse. ***
Capitolo 16: *** Broken. ***



Capitolo 1
*** Quel caffè alla quinta ora. ***


Salve a tutti, bella gente.
Che dire..?
Questa storia mi appartiene, è entrata dentro e la sento mia, come non ho mai sentito nessun'altra mia storia.
La scrivo con il cuore, ci sono ormai affezionata. C'è tutta la mia vita là dentro, scritta in modo diverso e ampliata ma c'è, ve l'assicuro.
I personaggi sono miei, completamente inventati con un pizzico di verità. I luoghi sono interamente miei, così come le vicende. Questa volta non ho preso ispirazione da nessuno, lo giuro.
Ovviamente ci sono le cose ovvie: ci sono i buoni e ci sono i cattivi. C'è il bello della situazione e ci sono gli sfigati. Ci sono i prof quelli che ti fanno venir voglia di spaccare il banco e ci sono quelli che vorresti avere come genitori.
Ci sono i migliori amici, ci sono i peggior nemici. C'è tutto.
Ogni mio personaggio presenta delle caratteristiche che ho rubato a persone che esistono realmente. Diciamo che sono imperfetti e mi piacciono così.^^
Non mi importa se recensite o meno (anche se ovviamente le recensioni le accetto con il cuore aperto) io la continuerò perchè ci sono dentro ormai.
Non aggiorno mai periodicamente, anche se me lo impongo sempre. Scusate, ma scrivo solo quando ho l'ispirazione quindi non aspettatevi aggiornamenti flash xD
Ok... vi lascio alla lettura di questo primo capitolo.

Se volete, ditemi come vi sembra, ne sarei ben contenta!^^

P.S:  i versi all'inizio appertengono agli Escape The Fate, tradotti in italiano.



Lo so, ami resistere
e ci vuole solo un bacio
semplicemente ami odiarmi
lo sai, ami le bugie
non fare finta di essere sorpresa
che semplicemente amo odiarti.

Situations; This Love. 

Situations;
This Love.

 

1.
Quel caffé alla quinta ora.

 

 
Non avrei mai pensato che sarebbe stato l’anno scolastico più eletrizzante della mia vita. Non avrei mai pensato di poter stare così al centro dell’attenzione.
Se quel giorno, quel primo giorno di scuola, non avessi perso l’equilibrio macchiandogli la camicia bianca sarebbe stato il solito noioso e insignificante anno. Con i soliti prof, le solite facce depresse dei miei compagni e, naturalmente, le tre gemelle, come le chiamavamo noi.
Le tre gemelle? Clarisse, Marie e Missi. Le tre più in della scuola e le tre più stupide del mondo, a mio parere.
Non sono realmente gemelle. Sono solo uguali, decisamente, fatte a machinetta. Identiche. Tutte rosa, con fiocchetti rosa, scarpe rosa, vestitini rosa, rossetto rosa, matita sotto gli occhi rosa, smalto rosa. ROSA, insomma. Rosa fino alla nausea, da vomitare.
Quando Christinne le vedeva arrivare cominciava a masticare nervosamente la cicca, che non mancava mai, e batteva il pugno sul banco.
“Cazzo. Guarda le gemelle, Jade. Le vedi?”
“Sì, le vedo, Chri. Però calmati ti prego!” scherzavo io, ricordando perchè le odiava così tanto. Anzi, perchè odiava così tanto in particolar modo Marie.
“Se Marie non si fosse intromessa quel giorno..”
“..Ora tu e Marco starete insieme e stareste la coppia più bella del mondo.” Continuavo io ridendo e facendole il verso. Sempre la stessa storia, la stessa scena, gli stessi ricordi.
Marie e le altre due entravano in classe, si sedevano ai soliti posti e iniziavano a chiacchierare per tutta l’ora.
Anche quel primo giorno, alla prima ora, si ripetè la stessa scena.
Mi preparai a separare Christinne e Marie dal prendersi per i capelli, mentre Marco se la godeva da lontano.

Marco? Ossì. Marco. Quel Marco.
Sta arrivando Marco!
Marco? Marco il figlio del preside? 
Sìì! È proprio lui.
Marco? Il figo da paura che è impegnato nella love story più lunga della sua vita con Marie Jeffer, la figlia dell’uomo più ricco di
DreamCity?
Yes. Sì. Oui.

Avete capito più o meno? No? Allora ve lo spiego meglio, gente.
Marco era il solito figone della scuola. Quello che se le passava tutte, che rideva e scherzava sempre. Aveva sempre e dico sempre, la risposta pronta. E, non so dirvi grazie a quale miracolo di Dio, andava che era una meraviglia a scuola; in tutte le materie.
Ma Marco era anche famoso. era il cantante dei LondonBoyzYa. Famoso è esagerato. Era, diciamo, il cantante di un gruppo rock-metal emergente della nostra città. Avevano abbastanza fortuna, ma stavano ancora aspettando la grande opportunità, come la chiamava lui. Stavano aspettando che qualcuno li lanciasse nel mondo della musica. Devo ammettere che io ero la loro fan numero 2, perchè la fan numero 1 era, ovviamente, Christinne.
“Dai cazzo, che nome orribile!” mi diceva sempre Christinne, sputando. Quella ragazza era l’amica quasi perfetta; quasi perchè aveva un unico e insignificante diffetto: era un maschiaccio. E quando dico maschiaccio intendo proprio maschiaccio. Ruttava, sputava, le parolacce non le mancavano mai, urlava, prendeva in giro e chi ne ha più ne metta. Aah.. vestiva esattamente come un maschiaccio. Pantaloni rigorosamente stretti, neri, magliette lunghe e borghie a go go. Trucco pesante e unghie nere o blu e qualche volta gialle. ( se erano gialle era davvero un brutto presentimento). Era quella la mia Christinne. Ma era perfetta così.
I LondonBoyzYa nacquero due anni prima che succedesse tutto, per volere del bassista. Fecero "fortuna" (mettiamo fortuna tra parentesi perchè non è proprio fortuna, intendiamoci. Mancava tanto a quei quattro pazzi per arrivare a suonare in televisione) con un pezzo che Marco affermava fosse dedicato alla sua ragazza. Io non ci credevo; non era possibile che quella canzone così schifosamente dolce fosse dedicata proprio a Marie, quella schifosa oca del quarto anno. Come il mio.
Non c’erano parole più dolci al mondo. Christinne mi aveva raccontanto che quando si stavano frequentavano, cioè esattamente un anno otto mesi tre settimane due giorni 23 ore 3 minuti e 12 secondi prima di tutto (Christinne teneva il conto e mi aggiornava sempre. Era a dir poco.. ossessionata.), lo aveva sorpreso mentre scriveva proprio quella canzone.  Quindi, aveva ipotizzato lei, non poteva essere dedicata di certo a Marie.
Ma questo era sempre rimasto un mistero.
Comunque, quel giorno la prof entrò in classe e si sedette. Sbatté il registro sulla cattedra e, abbassandosi gli occhiali rotondi, ci
guardò uno per uno.
“Non siete cambiati di una virgola, mocciosetti miei.” Nessuno fiatava. La Mirilli era la prof più spregevole e odiata dell’istituto. Era quella che più odiava fare il suo lavoro di insegnate, quella che tutti avrebbero voltuto sparisse dalla faccia della terra.
Io personalmente la odiavo a morte. Avevo rischiato la bocciatura per colpa sua.
“Iniziamo subito. Test a sorpresa.” Annunciò trionfante, vedendo la maggior parte delle facce presenti nell’aula sbiancare di colpo.
Io fui tra quelle. Presi un foglio e mi preparai a scrivere le sue domande a trabochetto. Non ne azzeccavo mai una giusta. D'altronde.. la matematica non era mai stata la mia materia preferita.
La Mirilli si sedette e prese il libro in mano, benché non le servisse a niente.
Iniziò a dettare le domande.
Tutte incomprensibili a mio parere, infatti il primo voto nella sua materia fu un tre secco. Bel modo di iniziare l’anno.
Quel giorno, alla quinta ora c’era educazione fisica. Il prof Multa (sì tutti lo prendevano in giro per il cognome estremamente ridicolo) decise di farci fare la lezione all’aria aperta, così da darci la possibilità di dare più ossigeno al nostro cervello.
“Cazzo quanto odio questa materia.” Sbuffai andando a sedermi vicino a Christinne, sull’erba.
“Ehm.. io vado a giocare a calcio.” Si giustificò sorridendomi come per scusarsi.
Sbuffai ancora e le feci segno di andare.
Vederla giocare a calcio, in mezzo a tutti quegli elementi sudati e puzzolenti, mi faceva amare anche se poco quello sport. Era così leggiadra e superiore in confronto a quelli.
Mi faceva ridacchiare sempre quella sua espressione concentrata mentre organizzava un piano d’attacco. Prendeva tutto così sul serio!
Mentre parlava tutti l’ascoltavano rapiti, pendendo letteralmente dalle sue labbra.
L’ho sempre invidiata per questa sua particolare qualità. Aveva la forza di catturare tutti. Era così unica che tutti volevano conoscerla e ammirarla. Tranne le ragazze, che sia chiaro questo. Quelle la odiavano e basta. La trovavano poco femminile e trovavano quella sua amicizia con i maschi come un tradimento. I ragazzi invece la adoravano, letteralmente.
“Tutte cavolate, scema. Sei tu che mi stai idealizzando!” aveva scherzato una sera mentre avevo dato voce ai miei pensieri.
Io non la pensavo come lei. Ma si sapeva: lei aveva occhi solo per Marco, il ragazzo dagli occhi scuri.
“hey Jade” mi svegliai dai miei sogni ad occhi aperti per ritrovarmi davanti Alex.
“Siediti” gli dissi sorridendo leggermente.
E così fece. Il ragazzo  si sedette accanto a me. “Peccato che non si rende conto di quanto è particolare.” mi disse guardando nella mia stessa direzione, cioè Christinne.
Io sorrisi ancora. Mi faceva uno strano effetto, però, parlare di Christinne con un ragazzo. Ero quasi gelosa. Christinne era sempre stata mia. In un certo senso era sempre stata il mio unico punto stabile. Non volevo che un inutile e insignificante ragazzo me la portasse via. Ne tantomeno Alex, il mio cugino-amico. Alex era perfetto. Era bello, simpatico e, perchè no, anche guardato dalle ragazze. Non eccessivamente, però. Ma lui era da sempre innamorato di Christinne; me lo aveva confessato una volta, quando si era fermato a dormire a casa mia.
Gli avevo solennemente giurato di cucirmi la bocca su questo argomento.
“Jade corri a prendermi un caffè.” Sbuffai quando il prof mi ordinò di andare. Avevo seriamente sperato (e pregato) che Multa quel anno scegliesse un’altra serva.
“Agli ordini.” Bisbigliai, alzandomi controvoglia.
“Vuoi che ti accompagno, scricciolo?” mi domandò Alex immitandomi.

Scricciolo. Dio, quanto odiavo quel nomignolo idiota. Ma era suo, l’aveva inventato lui e non aveva ammesso lamentele. Era dalla terza elementare che me lo portavo dietro.
E in fondo, ma proprio in fondo in fondo, avevo imparato ad amarlo.
“No no” sorrisi “ce la farò ad attraversare la terribile giungla piena di alunni feroci e portare a termine la difficile missione di portare il caffè al grande capo Multa.” Esagerai con voce seria e accompagnando il tutto con gesti della mano.
Alex rise scuotendo la testa. Aveva una risata strana. Quasi effeminata. Qualche volta lo prendevo in giro, ma con amore.
Me ne andai. Dovetti attraversare il lungo cortile della scuola.
Non c’era nessuno a quell’ora, erano tutti chiusi nelle classi a fare lezione.

Meglio così, mi dissi mentalmente.
Entrai nel corridoio. Come fuori, non c’era quasi nessuno. A parte le bidelle ovviamente. Quelle non facevano mai un cavolo. Stavano tutto il giorno a chiacchierare.
La machinetta del caffè era vicino alla 5° C, ovvero la classe di Marco, di conseguenza la classe di mio fratello e più specificamente la classe di Adrea.
Andrea= l’essere più insulso, idiota, insignificante e cretino che esista al mondo. Affetto da una malattia che si chiama ‘sessodipendenza’, non resiste un giorno senza passarsene almeno due nel bagno delle ragazze.
Okok, ho esagerato un po’, ma cazzo! Era davvero così. L’avevo capito quando in prima era uscito con Melissa, un’amica della cugina della sorella di Christinne, ovvero la mia compagna di banco.
Alla fine della serata le aveva detto che non ci sarebbe stato niente tra di loro perchè ci era uscito solo per aver perso una scommessa con gli amici.
La povera Melissa pianse per giorni e giorni. Povera ragazza.
Mio fratello, anzi meglio precisare: fratellastro. (Mia madre era sposata con il padre di Mattia. Quindi mi vedevo costretta a vivere con quell’essere che avevo imparato ad adorare.) era appoggiato al muro e mi guardava divertito.
“Oh come mai da queste parti?” domandò, venendomi incontro. Mi schioccò un bacio sulla guancia.
“Il grande capo Multa desidera il caffè.” Risposi ridendo.
Tirai fuori una moneta da cinquanta.
“Piuttosto.. come sono andate queste prime ore, fratello?” gli chiesi io aspettando che il bicchiere si riempisse di caffè.
“Bene, sorella.” Rispose semplicemente mettendisi la mano nei capelli.
Brutto segno quello.
“Due in storia. Quella brutta pelata mi ha interrogato.” Confessò sospirando abbattuto.
“Ti copro io a casa. Falsificalo in qualche modo.”
I suoi occhi si illuminarono. “Ti devo un favore, cazzo!” esaltò ridendo. Risi con lui.
“Io vado. Ci vediamo magari all’intervallo?” lo salutai con la mano libera, mentre nell’altra tenevo il caffè, attenta a non rovesciarlo.
“Va bene.” Mi scompigliò i capelli e sparì anche lui in classe.
Lo adoravo. Era il fratellastro migliore che esistesse al mondo. Con me era semplicemente dolce.
Era protettivo, estremamente protettivo. Ma mi piaceva così; sapere che avevo una persona che mi avrebbe aiutata in qualsiasi circostanza mi rendeva sicura di me. Era anche grazi a lui che avevo acquastato una certa fama a scuola, dovevo ammetterlo. A quei tempi tutti facevano a gara per entrare nella top ten dei più popolari della scuola. Inutile dire che al primo posto c'era Andrea. Per secondo troviamo Mattia e terzo Marco. Al quarto c'era Marie e poi io al quinto posto. Lei me lo faceva notare ogni qualvolta ne aveva l'opportunità. Tra di noi c'era sempre stata una specie di guerra, che, tristemente, vinceva sempre lei. Il perchè è ovvio. Lei stava insieme a Marco.
Mi girai velocemente ricordando che il prof aspettava il caffè.

Pardon. Ricominciamo: mi girai troppo velocemente. Tanto velocemente da non vedere nemmeno chi mi camminava davanti.
Quella persona mi finì addosso, facendomi rovesciare il caffè sulla maglietta.
Dopo che mi ripresi dalla botta mi rialzai velocemente.
“Guarda dove cammini!” mi urlò in faccia quello.

Quello? Non poteva essere quello! Non quello, per favore.
Girava tutto. Intorno a me girava tutto, cazzo.
Andrea era lì davanti, incazzato nero. Scusate il termine, ma sono le uniche parole che mi vengono in mente per descriverlo in quel momento.
Gli avevo rovesciato il caffè sulla camicia bianca. Bianca!

Bene, mi dissi mentalmente, perfetto Jade.
“S-Scusa!” balbettai cercando di riprendermi. Andrea non mi faceva di certo bene. Era così bello e terribilmente affascinante con la camicia mezza sbotonata.
Cosa?!
Stop. Non andava bene. Per niente, cavolo. Gli avevo rovesciato il caffè sulla camicia. Mi odiava, lo capivo dai suoi sguardi.
Stava urlando qualcosa, ma io non sentivo. Io vedevo. Vedevo i suoi occhi azzurro-grigi. Li vedevo farsi sempre più grandi e scurirsi. Non mi importava niente delle sue accuse.
Lì, immersa nel suo azzurro del cielo e grigio delle nuvole stavo bene.
Mi facevo pena, ma era così.
Andrea era il migliore amico di mio fratello Mattia e di Marco. Capitava spesso che casa mia si riempisse del suo profumo. Quando Mattia li invitava per studiare o per fare chissà quale cosa che solo i maschi sanno (come diceva sempre Christinne) io me ne stavo chiusa in camera mia e tremavo. Sì, tremavo.
Perchè ogni volta che lo vedevo crollavo. Tutte le mie difese crollavano.
Lo odiavo sì, perchè era presuntuoso e stupido. Ma allo stesso tempo lo desideravo.
Andrea aveva iniziato a piacermi in prima superiore quando mio fratello lo aveva portato a casa nostra. Si sarebbe fermato da noi anche per cena.
All’epoca avevo quattordici anni portati abbastanza male: apparecchio, occhiali da vista e parecchio brutta.
Lui mi aveva guardata per un po’ e poi si era presentato.
“Assomigli ad Ugly Betty, sai?” mi aveva detto ridendo. Mio fratello gli aveva dato ragione.
Io lo guarai male e me ne andai in camera mia. Piansi per ore e ore capendo che non sarei mai pututa essere la sua ragazza ideale, brutta come ero.
Dai, portate pazienza. Ero piccola e indifesa, non conoscevo ancora il mondo fuori.
“Oh ma ci sei?” mi domandò, passandomi più volte la mano davanti agli occhi.
“Cosa?” domandai, rendendomi conto della figura strepitosa appena fatta.
“Ti ho detto che fa niente, ma ora come la tolgo questa macchia?” ripeté esasperato, indicando l’enorme macchia marrone sulla camicia.
“E io che ne so?” domandai, realizzando che quello che avevo davanti era Andrea, il ragazzo affetto dalla sessodipendenza. Non l’avevo ancora perdonato per quella battuta di tanti anni fa, nonostante in fondo Ugly Betty non avesse niente a che fare con me.
Mi guardò male, molto male.
“Sai che ti dico? Lasciamo stare, ok?” sbuffò e fece per andarsene.
“Se vuoi te la posso lavare io.” Dissi, fermandolo a merà strada, stupendolo, e stupendomi.
Cazzo avevo appena detto? Se vuoi te la posso lavare io? Ma dai. Perchè il mio lato gentile veniva fuori nei casi peggiori? E poi come facevo a togliere via una macchia del genere?
I suoi occhi diventarono due fessure e vidi due rughe formarsi sulla sua fronte.
Si riavvicinò a me.
“Non è che hai intenzione di infettarla di germi o robe del genere?”
Rimasi a bocca aperta. Era pazzo. Era l’unica speigazione plausibile che il mio cervello era in grado di elaborare.
“Tieni.” Mi mise tra le mani la camicia.
Cercai di dimenticare che era davanti a me mezzo svestito. Guardai da un’altra parte.
Deglutì e la strinsi a me. Tentai di fargli notare che era mezzo nudo e se il la preside lo avesse visto lo avrebbe, come minimo, sospeso.
“Mattia ha sempre una maglia di cambio. Gli chiederò di prestarmela.” Disse vedendo la mia faccia sconvolta.
Se ne andò sbuffando e blaterando qualcosa di incomprensibile a me.
Se ne andò lasciandomi lì, in mezzo al corridoio con il suo profumo tra le mani.

Il miglior profumo del mondo.

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Capitolo 2
*** Allegra e le complicazioni del suo segreto. ***


Bella gente! 
Eccovi qui il nuovo capitolo.
Prima di tutto ringrazio a chi l'ha messa tra i preferiti e tra le seguite: mi rendete felice
^^
Poi ringrazio tantissimo a 95_angy_95 che è stata così gentile da recensire! Mi fa piacere che lo scorso capitolo ti è piaciuto. Di questo che ne dici?
Ora vi lascio alla lettura di questo capitolo.
Bacio, a presto.

2.
Allegra e le complicazioni del suo segreto.

 

 

Sbuffai per l’ennesima volta giocando svogliatamente con un pezzo di pane.
“Jade che hai?” domandò Christinne, ormai esasperata.
“Questo.” Le misi sul tavolo la camicia di Andrea. Ovviamente , dopo essermi guardata bene in giro, pe rnon essere vista da qualcuno.
“Non ho il potere divino di leggere nel pensiero, purtroppo.” Scherzò Christinne.
“E’ di Andrea della 5°C. Gli ho rovesciato il caffè addosso e ora devo lavargliela.”
“Andrea?” chiese Christinne ancora senza capire. “Andrea?! Quel Andrea?” realizzò.
“Sìsì ok sono una cretina. Ora mi aiuti?” dissi scocciata.
“Non so come aiutarti.. mi dispiace”
Io sbuffai.
“Ciao ragazze.” Alzai la testa e vidi Allegra sedersi accanto a me.
“Ciao” salutammo noi in coro.
Sbuffai demoralizzata.
“Che hai, tesoro?” mi domandò lei iniziando a mangiare una mela.
“Deve smacchiare questa camicia, che è di Andrea della 5°.” Spiegò Chri divertita. Io la guardai male.
“Andrea? Quell’Andrea che penso io?”
“Proprio quello.” Rispose sempre Chri.
Io sbuffai.
“Ti aiuto io. So un metodo infallibile. Mia nonna lo usa sempre”
“Allegra! Ti hanno mandata dal Cielo!” esclamai abbracciandola. Quella ragazza era unica.
Nonostante avesse tanti problemi e non soridesse quasi mai era una persona fantastica.
Era una ragazza alta, magra e portava i capelli lunghi e biondi. Occhi azzurri, tanti ragazzi la sognavano.
La invidiavo quasi... era bella e estremamente desiderata e aveva troppo problemi da gestire però ce la faceva sempre. Teneva testa a tutto. Era un esempio da seguire.
“Oggi, dopo scuola, vieni a casa mia e ti aiuto.”
E mi sorrise. Mi baciò la guancia e sparì dietro la porta, lasciando lì tutto il cibo.
“Non trovi che mangi troppo poco in questi giorni?” mi domandò Christinne poco dopo, mentre buttavamo il cibo rimasto.
“Già, l’ho notato pure io. Secondo me è successo qualcosa..” ipotizzai.
“Dici che doveremmo chiederle spiegazioni?” chiese lei mentre uscivamo in cortile a prendere un po’ d’aria.
Ci sedemmo sulla nostra panchina.
“Inutile. Conosci Allegra, non ci direbbe niente.” Dissi dopo averci pensato un po’ su.
“Però sai la cosa strana qual’è?” iniziò a parlare Christinne mentre si accendeva la sigaretta. “Ingrassa. Hai visto che pancia che ha messo su nelle ultime settimane?” continuò lei aspirando.
“E’ preoccupante.” Dissi allarmata.
In lontananza vidi mio fratello arrivare. Era da solo.
Mi salutò sorridendo. Ricambiai.
“Hey. Il fumo fa male” rimproverò Christinne, quando ci fu vicino.
“Ma se pure tu fumi!” esclamò lei ridendo.
“Hai ragione.” Realizzò lui rubandole la sigaretta dalle mani.
“Il fumo fa male sul serio, ragazzi.” Dissi io facendo spazio a Mattia sulla panchina.
Lui si sedette e mi diede un buffetto sul naso.
“Mi ha raccontato Andrea cosa hai combinato.” Se ne uscì all’improvviso.
“A... Ah sì?” domandai con voce tremante.
“Calmati! Gli hai solo versato il caffè sulla camicia.” Rise abbracciandomi.
Io sbuffai, rossa in viso.
Se solo lui avesse saputo che Andrea mi appariva sempre nei sogni e mi sorrideva.
Ma non sapeva. E non avrebbe dovuto sapere. Mai.
“Ha detto che se non gli riporti la camicia bianca come lo era prima ti rovina la reputazione.” Mi informò Mattia accendendosi una sigaretta. Giocò un po’ con il fumo, aspettando una mia risposta.
“Domani gliela riporto, come nuova, vedrai.” Dissi, cercando di convincere più me che lui.
Dovevo. Se gliela rovinavo lui rovinava me. E non volevo questo, giusto? Ovvio.
Volevo solo che si riprendesse quella maledetta camicia e se ne ritornasse dalle sue mille ragazze.
“Lo spero per te.” Scherzò lui scompigliandomi i capelli. Io feci lo stesso con i suoi. Erano ricci e castani, quel giorno erano parecchio scompigliati e in disordine.
Negli ultimi giorni non si curava tanto e non stava mai attento a quello che indossava. Era sempre pensieroso e spesso si distraeva.
“Come va con Elisa?” domandai io per cambiare argomento.
Elisa era la sua cosidetta ‘ragazza’. Non so se era giusto definirla così, dato che stavano insieme solo per divertimento. Non era seria la loro relazione, me l’aveva confessato Mattia un giorno.
Stava tentando di trovare una risposta adatta. Aveva una smorfia divertentissima in volto mentre si sforzava.
“Uhm... non tanto bene, sai?” disse infine continuando a consumare la sigaretta.
“Come mai?” si intromise Christinne. Mattia e Christinne erano amici da sempre. Mi ricordo che da piccola giocavamo sempre insieme, prima ancora che mamma si sposasse con il mio attuale patrigno.
“Non so... non mi attira più e basta. Mi sono stufato..” cercò di spiegarsi.
“C’è un’altra.” Dissi io senza guardarlo. Capivo sempre mio fratello quando era innamorato. Con Elisa non c’era niente. Era solo una cosa provvisoria, fin quando avrebbe trovato la sua anima gemella.
“In effetti.” Mi diede ragione Christinne, annuendo convinta.
“Ma com’è che capite tutto voi?” si insospettì Mattia, sbuffando divertito.

“Chi è?” domandammo in coro io e Christinne mettendici davanti a lui.
“Non ve lo dico!” esclamò lui, guardandomi.
Cercai di decifrare il suo sguardo ma vedevo solo decisione.
Non ce l’avrebbe detto così facilmente.
“Dai.. per favore” insistette Chri.
“No, scordatelo.” Ribattè lui, sulla difensiva.
“Ok ok, calmi, non litigate. Hai ragione Matt, sono affari tuoi.” E gli sorrisi sincera.
“Non farete nessun indagine, vero?” si assicurò lui, guardandoci con sospetto.
Io scossi la testa, cercando di essere convincente. 
Lo stesso fece anche Christinne.
“Lo spero davvero per voi, piccole pesti!” esclamò, guardandoci male. Ancora non era convinto del tutto.

Oh.. piccolo e indifeso Mattia. Non sai quello che ho in mente io. Non vuoi dirmi chi ti piace? Allora lo soprirò da sola.
Gli sorrisi e lo abbracciai.
“Ora vado. Mi aspettano ben due ore di Lettere. Non buono.” Esclamai sconsolata.
“Arrivo anche io, Jade.”
“Mi lasciate qui da solo?” domandò, fingendosi offeso.
“Che fai? Non vai a lezione?” chiese Chri.
“Ohh Matt! Non t’azzardate a tagliare ancora eh! Lo dico a mamma!” lo minacciai andandogli vicinissima.
Mi alzai sulle punte per poterlo guardare meglio negli occhi. Aveva degli occhi stupendi, di un verde intenso e unico. Li adoravo, ogni volta mi ci perdevo.
“Dai piccola, non rompere. Non ho voglia di fare lezione!” si lamentò sbuffandomi sulle labbra.
Io mi allontanai di poco. “Lo dico a mamma.” Ripetei sicura.
Lui sbuffò ancora e mi guardò negli occhi: “Ti prego. Ti prego, non dirlo a mamma.” Mi implorò unendo le mani a mò di preghiera.
Io sbuffai scocciata.
Avrebbe perso l’anno così. Non poteva continuare a bigiare, quell’idiota di un Mattia, senza cervello.
Rischiava davvero l’anno. Ed era solo all’inizio. Il primo giorno.
“Solo questa volta, Matt.” Lo avvertii avvicinandomi per dargli un bacio sulla guancia.
“Grazie, piccola peste.” Sussurrò abbraciandomi.
Ricambiai l’abbraccio e mi staccai per raggiungere Christinne, che era già nel corridoio.
“Ehm... Jade?” mi fermò afferrandomi per il polso.
Io indietreggiai e mi scontrai con i suoi occhi.
“Cosa?” sussurrai, sorridendo leggermente.
Cazzo, mio fratello era il ragazzo più dolce del mondo. Come potevano dire certe ragazze della scuola che era un mostro senza cuore? Come potevano offenderlo così?
Mio fratello il cuore ce l’aveva. E batteva. E sentivo che era tutto per me quel battito.
Lo sentivo ogni volta che la sera andavo da lui per dargli la buona notte. Mi abbracciava e sentivo che quel cuore batteva per me. Mio fratello, il mio fratellastro, mi adorava e io adoravo lui. Ne ero certa.
Nessuno in quella scuola aveva un rapporto come il nostro.
“... niente..” sorrise, anche se comprendeva solo l’alzare i lati della bocca. Quel sorriso non era sincero, a differenza di tutti gli altri che mi aveva sempre regalato.
Ecco che quel presentimento si faceva di nuovo vivo e mi faceva venire i brividi.
“Matt?” lo chiamai avvicinandomi a lui.
“Sì?” fu solo un sussurro.
“Cosa succede?” domandai semplicemente, sapendo che avrebbe capito.
Lui sorrise ancora, scostandomi una ciocca.
“Niente, piccola peste. È solo che... uh.. sai com’è, no? Elisa mi fa saltare i nervi ma non ho il coraggio di lasciarla.” Mi confessò abbasando la testa.
“Hey..” sussurrai alzandogli il viso. “Io ci sono, lo sai vero?”
“Lo so lo so.” Mi rispose sorridendomi.
Gli baciai ancora una volta la guancia e mi allontanai.
In classe stavano tutti scrivendo sotto dettato. La professoressa Kent mi sorrise appena varcai la soglia della classe.
La Kent aveva l’abitudine di lasciare sempre la porta aperta, mentre facevamo lezione.
“Come mai in ritardo, Jade? Stai male per caso?” mi chiede lei, dando il tempo ai compagni di riposarsi la mano.
Io le sorrisi di ricambio e finsi un malore allo stomaco. Non mi conveniva dirle il vero perchè ero in ritardo.
“Oh... niente di grave, prof. Solo un leggero mal di pancia. Sta già passando.”
“Allora vai a sederti e prendi un foglio. Copia dalla compagna e quando sei pronta dimmelo.” Annuì andando a sedermi in fondo alla classe.

La mia compagna di banco, Melissa, mi diede il suo foglio e io iniziai a copiare, sotto lo sguardo vigile e dolce della Kent.
La professoressa Kent era una signora di mezza età, piuttosto bassa e magrolina.
Se li portava bene i suoi 48 anni. Era gentile e, a differenza della maggior parte degli altri prof, si preoccupava per i suoi studenti.
Era estremamente dolce e cercava sempre di trattarci bene.
Era la mia seconda madre. Abitando accanto a me, la vedevo spesso, e ci fermavamo a chiacchierare un po’. Per me era più di una semplice prof.
“Sono pronta, prof.” Le dissi mentre ridavo il foglio a Melissa.
Lei annuì e riprese a dettare.
 
Alla fine della lezione uscii in corridoio. Mi stavo diriggendo in bagno.
Entrai e mi chiusi la porta alle spalle.
Il primo a destra era occupato.
Quindi feci qualche passo verso quello accanto, ma qualcosa mi fermò: dei singhiozzi.
Mi abbassai e riuscii a vedere delle scarpette rosse. Erano quelle di Allegra.
Senza pensarci due volte aprii la porta e la vidi, lì per terra, piangente e tremolante.
“Allegra...” sussurrai cadendo accanto a lei e abbracciandola.
“Cosa succede?” le domandai accarezzandole il volto.
Aveva gli occhi rossi a causa del pianto.
“N-Niente..” disse tra i singhiozzi.
Con la manica della felpa si asciugò le lacrime.
Si alzò in piedi e tirò l’acqua, velocemente, come se volesse nascondermi qualcosa.
Non  mi guardò neglio occhi. Mi alzai anche io e la seguii. Si appoggiò al lavandino. Per un secondo rimase ferma così, poi riprese a singhiozzare, sempre più violentemente.

Io la abbracciai. Stava così male... tutto il corpo scosso da improvvisi tremiti.
Mi abbracciò senza dire niente.
Affondò la testa nei miei capelli.
Poi improvvisamente si staccò e corse ad abbracciare il water.
Vomitò. Io andai a tenerle la testa e i capelli.
Quando fu completamente vuota mi guardò finalmente negli occhi.
Vidi tristezza e paura. Tanta, troppa paura. Non era giusto che Allegra soffrisse così senza che io ne sapessi il motivo.
Volevo aiutarla.
“A me puoi dirlo, Allegra.. lo sai che di me ti puoi fidare.” Parlai con calma, lentamente.
Lei annuì e si portò le mani alla pancia.
Una smorfia le deformò il bellissimo volto.
“Quattro mesi fa...” iniziò singhiozzando.
Si sedette per terra e continuò ad accarezzarsi la pancia.
“Quattro mesi fa?” la intimai a continuare.
“Ero ad una festa con mia cugina, quella americana che tu odi tanto.” E cercò di sorridere. “Lì conobbi ... conobbi un ragazzo. Volevo divertirmi e visto che lui era disposto... beh... oddio.” Si coprì il volto con le mani e riprese a singhiozzare.
“Se non vuoi non continuare, non sei obbligata.” Le dissi sedendomi accanto a lei.
“Così, ubriachi marci tutti e due... beh.. hai capito no? Solo che io... sono una cazzo di incosciente. .. così..” si fermò per riprendere fiato.
Io sgranai gli occhi, intuendo già quello che da lì a poco mi avrebbe detto.
“due settimane settimane dopo feci il test: era positivo. Sono incinta..” confessò, guardandosi le mani. Poi mi incatenò nel suo sguardo. “Sono incinta, capisci?! Incinta! Non so più come andare avanti. I miei non lo sanno. E non devono saperlo, per adesso. Sto male, vomito
sempre e ho la nausea. Certe volte non mi reggo nemmeno in piedi. Ha quattro mesi il mio piccolo...” sussurrò l’ultima frase accarezzandosi la pancia.
“Lo tieni?” domandai.
In fondo, aveva solo 17 anni. Magari non voleva assumersi questa responsabilità.
Annuì. “Ho anche pensato alla possibilità di non tenerlo ma... non mi sembra giusto. Perchè deve pagare lui per l’errore mio?” domandò retorica.
Non risposi. Mi alzai in piedi, grattandomi la testa.
“Chi è il padre?” domandai, guardandola.
“Io.. io..” balbettò, torturandosi le mani.
“Chi è il padre, Allegra?” domandai una seconda volta, scandendo per bene ogni lettera, con severità.
“Non lo so..” sussurrò, prendendosi la testa fra le mani.
“Ti rendi conto che è un po’ improbabile che non lo sai? Ti ricordi con chi sei stata quindi il padre dovrebbe essere quel ragazzo. Chi è?” fui dura, magari anche troppo. Ma volevo aiutarla in ogni modo possibile. Non volevo abbandonarla, non doveva affrontare tutto da sola.
“Jade..” implorò tra le lacrime.
“Lui lo sa?” chiesi.
“No..”
“Devi dirglielo.”
“NO!” gridò lei, terrorizzata.
“Allegra... deve saperlo.” Cercai di essere chiara con quelle poche parole.
“Non posso. Non si assumerebbe mai le sue responsabilità. So bene com’è.”
“Se non mi dici chi è non posso dirti niente.”
“Non te lo posso dire... mi dispiace.” Scosse la testa.
“Allegra! Come faccio ad aiutarti se non mi dici niente?!” urlai sentendomi completamente impotente.
“Jade, cazzo! Non posso, ok? Non posso e basta! Non insistere!”
“Ok, ho capito. Non ti fidi di me." mi resi conto. indugiai qualche secondo, pregando mentalmente che negasse. Ma non successe niente. Continuava a singhiozzare, senza guardarmi. Sospirai e usciì dal bagno.
Cercai di trattenere le lacrime, per non farmi vedere da mezzo istituto.
Mi bloccai di colpo, in mezzo a tutti.
Niente Allegra significava niente rimedio alla terribile macchia sulla camicia di Andrea.

Cazzo.
E ora?

Respirai profondamente e mi misi le mani nei capelli.
“Merda.” Imprecai ad alta voce, facendo voltare un po’ di ragazzi. “Che c’è?” gridai a uno che si era fermato a guardarmi.
Quello borbottò un ‘niente’ e se ne andò spaventato.

Merda, merda, merda.
Come cazzo faccio adesso?

Presi un bel respiro, contai fino a dieci e poi mi diressi verso la parte dell’istituto delle quinte.
Dovevo parlare con mio fratello. Avevo bisogno di parlare con lui.
Guardai l’orologio: avevo passato in bagno con Allegra ben quasi un’ora, senza rendermene conto.
Entrai senza bussare, loro stavano facendo lezione.
Anche loro avevano la Mirilli. Non ci feci caso, però.
Mi precipitai direttamente al banco di Mattia.
“Possiamo parlare cinque minuti?” gli domandai ignorando gli sguardi sbigottiti di tutta la classe e le urla della professoressa.
“Certo, sorella.” Mi rispose e si alzò.
Una volta fuori dall’aula si appoggiò al muro.
“Dimmi tutto.”
“Allora... prometti.. anzi giura che non lo dici a nessuno.” Gli feci giurare, agitata e serissima.
“Giuro. Parla.” Disse curioso.
“Allegra, ce l’hai presente?” iniziai il discorso.
“Sì, quella tutta curve che sta nella tua classe, è tua amica no?” rispose lui.
Ignorai il suo commento poco adatto e parlai:
“Giusto. Vedi... è incinta..”
“Che?!” urlò Mattia.
Gli coprii la bocca con la mano e gli feci segno di stare zitto.
“E non vuole dirmi di chi è il bambino. Ha già quattro mesi e ha deciso di tenerlo.” Spiegai velocemente.
Lui mi guardò senza parole.
“Oi Matt ci sei?” gli passai la mano davanti agli occhi. Non capivo perchè quella reazione. Forse... forse sapeva qualcosa che io non sapevo.
“Sì Sì, ci sono.” Si riprese. “E io cosa c’entro? Non sono io il padre!” aggiunse subito agitandosi.
“Sì scemo! Lo so che non sei tu il padre.” Risi io.
Lui sospirò più tranquillo. “Allora... cosa vuoi da me?”
“Allora... senza Allegra, perchè abbiamo litigato, non so come smacchiare la camicia di Andrea.” Confessai sconsolata.
Lui iniziò a ridere. “Non contare su di me eh! Ne so meno di te.” Esclamò alzando le mani.
Io sbuffai e incrociai le braccia al petto.
“Se gliela ricompro nuova dici che se ne accorge?”
“Sì.” Rispose semplicemente.
“Perchè?” lo guardai male.
“Perchè se guardi dietro c’è cucito il suo nome.”
“Cazzo!” imprecai.
Sbuffai. “Senti.. ok. Grazie lo stesso, Matt. Ci vediamo a casa, ciao.” Gli sorrisi e gli sfiorai la guancia con le labbra.
Lui non disse niente.
Ritornai in classe, dove tutti chiacchieravano.
Chiesi ad una mia compagna il perchè e lei mi disse che c’era l’ora buca.
Perfetto, già dal primo giorno mancavano i prof.
Mi buttai sulla sedia e appoggiai la testa sul banco.

Chiusi gli occhi.

Pensa, Jade. Pensa.
Perchè Allegra non voleva dirmi chi era il padre?
E come facevo a ridare la camicia ad Andrea?
Improvvisamente mi sentii troppo stanca. Non avevo iniziato bene l’anno, per niente.
Sentivo le palpebre troppo pesanti.
Diedi un’ultima occhiata all’orologio. Tra meno di un’ora sarebbe finita l’ultima ora.
Decisi che era meglio chiudere gli occhi. Sapevo benissimo che Christinne mi avrebbe svegliata se fosse successo qualcosa.
Mi sentivo completamente inutile.

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Capitolo 3
*** L'ho rovinata! ***


Bene bene bene
Sono quasi le undici di mettina e io non sono a scuola. Yeah xD
Quindi che faccio? Aggiorno, ovviamente!
Vi chiedo scusa in anticipo se trovate errori ma non ho ricontrollato. Ricontrollerò più tardi, promesso.
Poiiii...
passo ai ringraziamenti:
TRE recensioni! Grazie grazie grazie! <3

EllaYaYa: OOOOOh, che gentile! *________* mi fa piacere che ti piace come scrivo, mi rendi felice!! ** E ti piace Jade?! Anche a meee xD E anche Christinne! No, cioè, sono troppo felice che ti piace sta storia^^ 
Spero che continuerai a leggere e... fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo ^.^

vampistrella: *_*  GRaziee!
Per quanto riguarda i personaggi: ehehe Jade piace anche a me come l'ho caratterizzata. E bè.. povera Allegra sì ç_ç Ma ormai ha deciso di tenerlo, e presto sapremo anche chi è il paparino ^^'
Le scene tra Andrea e Jade si faranno molto più frequenti, vedrai!
Questo chappy come ti sembra?^^
Baci **

Emily Doyle: dici che è innamorato di Jade? Mmmm.. non saprei *me fischietta* scoprirai presto di chi è innamorato Matt^^
Bacio **

Vi lascio al capitolo. L'ho scritto un po' di fretta, quindi non ne sono pienamente soddisfatta, ma sta a voi decidere se vi piace o no.
Ciau, a presto. ^^

3.
L’ho rovinata!

 

 
Composi il numero di Christinne velocemente, senza  nemmeno ricontrollare.

Merda.
Mi tremavano le mani.
Uno, due, tre squilli.
Non rispondeva.
Scaraventai il cellulare contro il muro.
Ok, una reazione forse un tantino esagerata, ma ero in preda a una crisi isterica.
Le mie crisi isteriche erano sempre disastrose.
“Jade!” mi urlò contro mio fratello, raccogliendo i pezzi del cellulare.  Non che gli importasse più di tanto del cellulare. Papà me ne avrebbe comprato anche tre, se solo glieli avessi chiesti.
“Che diamine succede?” urlò ancora, venendomi accanto e prendendomi per le spalle.
“Che succede? Che succede?! Questo!” urlai con le lacrime agli occhi, mentre gli buttavo in faccia la camicia di Andrea.
Lui la osservò per un po’ e poi iniziò a ridere e ridere e ridere.
Io sbuffai incazzata nera. Incrociai le braccia al petto e continuai a guardarlo, scocciata.
Si piegò su sè stesso. E rise e rise, rise, rise. Rise per un bel po’, prima di mettermi a urlare.
“Che hai da ridere, idiota?!” avevo la sensazione che mi sarei messa a piangere come una bambina.
Lui non capiva.
“No, fammi capire; tu hai distrutto il cellulare solo per questo?” e indicò la camicia.
“Tu non capisci!” mi lamentai rossa in volto.
In effetti, ne avevo fatto una questione troppo seria...
“Oh sì che capisco, piccola peste.” Rise lui.
Si sedette e cercò di smettere di ridere.
Aveva tipo delle convulsioni. Convulsioni che io gli avrei fatto venire veramente, sgozzandolo con le mie stesse mani.
Non riusciva proprio a smettere.
“Dai Matt! Smettila e aiutami in qualche modo.” Lo implorai riprendendomi la camicia che di bianco non aveva proprio niente.
L’avevo lavata, su consiglio di mia madre, ed era venuta fuori una catastrofe.
Era completamente marrone. M A R R O N E, capite? Marrone! Non più bianca, nemmeno un pochino più grigia. No. Marrone.
E in più non c’era più il suo profumo.

L’ho rovinata!
“Ah guarda, non so come aiutarti. Come l’hai fatta diventare così?” chiese.
“Mamma.” Dissi semplicemente, e lui capì.
Mamma. Mamma era un disastro a lavare, cucinare, pulire, stirare e tutte quelle attività che riguardano la casa.
Come avevo fatto a fidarmi di lei?
Sbuffai e mi abbandonai sullo schienale della sedia.
“Come hai fatto a fidarti di mamma?” e rise ancora.
“E’ la stessa domanda che mi faccio anche io da ben due ore.” Risposi guardandolo male.
“E ora che farai?”
“Dici che se gliela ridò così sucede qualcosa?”
Mi guardò sballordito.
“Mi ha confessato che questa è la sua camicia preferita. Morirebbe per lei.”
Sgranai gli occhi.
“Davvero?” domandai con un nodo in gola.
Non so perchè reagivo così. In fondo era solo la camicia di Andrea. Era un ragazzo come tutti gli altri... però non volevo che mi guardasse con disprezzo, con delusione.
Mio fratello certo non mi stava aiutando.

Uffa.
“No, scema. Ti sto prendendo in giro.” E riprese a ridere, fino a rischiare di strozzarsi.
Lo guardai malissimo e gli tirai dietro i resti del cellulare, che lui schivò prontamente.
Maledetto lui che giocava nella squadra di calcio della scuola ed era abituato a schivare cose che volavano.
Aveva un dono Mattia: la palla, qualunque palla, era sua amica, sua schiava. Era particolarmente portato per i giochi che consistevano nel manovrare una palla.
Ecco perchè ogni volta che tentavo di mandarlo in coma, colpendolo con qualsiasi cosa, lui la scampava sempre.
“Vaffanculo, Matt!” gli urlai contro, sentendomi presa in giro.
“Dai Jade, smettila di farti tutte ‘ste paranoie. Al massimo ti rovinerà la reputazione nella scuola, niente di grave.” E riprese a ridere.
Gli tirai uno schiaffo e me ne andai nella mia stanza, dopo aver preso la camicia, ovviamente.
“Jade!” mi urlò dietro. Non mi fermai, in quel momento ce l’avevo a morte con lui e con tutti quelli che avrebbero osato parlarmi.
Lo sentii ridere ancora.
Sbuffai e mi chiusi nella mia camera. Mi abbandonai sul letto.
“Jade, c’è una chiamata per te!” urlò mia madre dal piano di sotto.
Io senza dire niente mi portai all’orecchio la cornetta del mio telefono.
“Pronto?”
“Jade!”
“Christinne! Finalmente!” esultai.
“Mi hai chiamata 30 volte, che succede?” domandò preoccupata.
“Mamma, la smetti di ascoltare, per favore?!” urlai scocciata.
Mia madre rise forte. Sbuffai e ritornai a parlare con Christinne.
“Ho rovinato la camicia di Andrea.” Confessai abbattuta.
Dall’altra parte della cornetta non si sentiva niente.
“Chri?” domandai preoccupata.
“Sono cazzi tuoi, Jade. Io contro Andrea non mi metto!” mi avvisò. Sorvolai il fatto che si stava comportando da vera stronza, e mi preoccupai di rassicurarla.
“Stai tranquilla. Non volevo chiederti niente del genere.”
“E allora cosa vuoi?”
“Ti volevo chiedere se sapevi qualcuno capace di rifarmela bianca.”
“Non esiste la magia, Jade.” Scherzò lei. Devo ammettere che risi anche io insieme a lei.
Aveva ragione. Dovevo affrontare la realtà e di conseguenza affrontare Andrea.

No, no, no. Non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia.
Sospirai.
“Senti, fa niente. Ci vediamo lunedì a scuola. Ciao.” La salutai.
“Ciao, ti voglio bene.”
“Anche io.”

Bip. Bip. Bip.
Rimasi con la cornetta del telefono in mano, pensando a qualcosa.
Speravo in un’illuminazione dal cielo.

 
“Jade, vedi che sta arrivando Andre.” Mi avvisò Mattia, da fuori dalla mia stanza.
Io saltai in piedi.
Gli aprii la porta.
“Cosa faccio ora?” domandai agitata.
Lui mi prese il viso tra le mani. “Stai calma.” Mi consigliò.
“Facile per te.” Sbuffai.
“Non è così antipatico come pensi tu.”
Non gli risposi. Sospirai e mi andai a sdraiare sul letto.
“Mattia,  è arrivato Andrea!” urlò mia madre dal piano di sotto.
Sentii il mio cuore partire a mille.
Meno male che Matt non poteva sentirlo! Non penso avrebbe accettato la mia cotta per Andrea.
Lui stesso diceva che era un’irresponsabile, idiota. Però gli voleva bene.
Più volte mi aveva detto che con le ragazze ci sapeva fare... a letto.
Io, quelle volte, gli avevo assicurato che non mi piaceva per niente.
Capitano, dove sei?” urlò Andrea, tutto entusiasta.
Capitano?” sussurrai io, senza capire.
“Sì, sono il capitano della squdra di calcio della scuola!” mi spiegò tutto su di giri.
Io battei le mani, felice per lui.
“Abbraccio!” dissi mentre gli saltavo addosso.
Il suo sogno si era quasi avverato. Ora doveva solo continuare ad allenarsi e aspettare la stagione delle selezioni, che si sarebbe svolta a scuola.
Lui rise e mi abbracciò forte.
Lo riconoscevo sempre il suo abbraccio. Era caldo. E quando mi abbracciava mi avvolgeva tutta. Mi faceva appoggiare la testa sul suo petto, mentre lui mi accarezzava i capelli.
Continuando ad abbracciarci, vidi Andrea sulla soglia della porta, ci guardava con aria assente.
Era lì con il corpo, ma non con la mente.
Io sciolsi l’abbraccio e feci per alzarmi e andarmene.
“Ehm... Jade?” mi chiamò Matt, divertito. Ero davanti alla porta e stavo per uscire.
“Sì?” risposi a mezza voce.
“Ce ne dobbiamo andare noi, piccola, questa è la tua stanza.” Rise leggero.
“Ah sì, giusto...” e rientrai, imbarazzata e rossa in volto. Senza guardare nessuno mi sedetti e presi a torturarmi le mani.
“Andiamo di  là?” domandò Matt ad Andrea.
Andrea annuì, sempre assente, e insieme se ne andarono, chiudendosi la porta alle spalle.
Oh ma andiamo Andre!” sentii esclamare mio fratello, seguito dalla sua stessa risata.
Io sospirai e mi lasciai cadere sul letto. Mi misi il cuscino in testa e rimasi così per un po’.
“Idiota. Stupida, idiota!” urlai, da sotto il cuscino.
Le figure di merda sempre io le facevo.
Spostai il cuscino e mi misi a pancia in su.
Osservai il soffitto.
Quella volta Andrea era stato freddo. Ok, era sempre così freddo, ma quel giorno lo era stato fin troppo.
Sospirai e mi coprii gli occhi con un braccio.
Mi addormentai.

 

Quando mi svegliai fuori c’era ancora un po’ di luce. Chissà quanto avevo dormito.
Mi stiracchiai e poi scesi in cucina, dove mia madre stava preparando da mangiare.
“Tesoro!” mi sorrise.
“Ciao, mamma.” Bisbigliai io, con la voce impastata dal sonno.
“Mi aiuti? Resta a cena anche Andrea.” Rimasi a bocca aperta.
Non era la prima volta che Andrea rimaneva a mangiare da noi, ormai era di famiglia, però ogni volta mi provocava mille emozioni.
“Jade, ci sei?” domandò mia madre, un po’ preoccupata.
“Sì sì. Ti aiuto.”
Ma non era possibile!
Perchè tutte le disgrazie toccavano a me?
Voleva dire che mi avrebbe chiesto della camicia e io cosa gli avrei risposto?

Oh sì, eccola. È completamente color caffè, però insomma... va bene, no?
No no no no. Cavolo.
Sbuffai e sbattei le forchette sul tavolo.
“Eh? Cosa è successo?” si girò mia madre, spaventata.
Io risi. “Ninete mamma, scusa, mi sono scappate di mano le forchette.” E risi ancora.
Lei accompagnò il tutto dalla sua risatina da bambina.
Mia madre, in fondo, era ancora una ragazzina. Non sapeva cucinare, stirare, lavare. Era un disastro. Ma era brava a fare la madre. Ce l’aveva nel sangue, era unica.
Sapeva capirmi al volo e mi sapeva sempre consolare.
“Ti piace, eh?” mi provocò lei, mentre ripuliva la cucina.
Avevamo finito di preparare tutto. Doveva tornare dal lavoro mio padre, e poi avremmo mangiato.
 “Chi?” domandai senza capire.
“Andrea.”
“No!” risposi immediatamente.
“Avanti, a me puoi dirlo!” e mi fece l’occhilino.
Sbuffai. “Non mi piace.” Negai ancora, anche se ormai mamma aveva capito.
“Va bene.” E sorrise complice.
Ricambiai il sorriso, incapace di continuare a fare la seria.
Il citofono ci fece capire che papà era tornato a casa.
Corsi ad aprirgli.
“Ciao, papà.”
Sì, ormai lo chiamavo papà. Se devo essere sincera, non ho mai avuto problemi a chiamarlo papà. Il mio vero papà aveva abbandonato me e mamma quando io avevo otto anni e  non l’avevo mai perdonato.
Quando mamma ha incontrato Paul, gli dissi subito che era quello giusto, migliore di papà.
Così si sposarono e non esitai mai a chiamarlo papà. Mi trattava come una figlia e gliene ero grata.
Mi baciò la fronte e mi scaricò la sua valigetta di lavoro.
Salii le scale ed entrai nel suo studio. La appoggiai sulla scrivania e uscii di corsa.
Mi metteva paura quello studio. Non so perchè, ma non avevo mai amato starci.
Mi diressi verso la camera di mio fratello per chiamarli a mangiare.
Appoggiai la mano sulla maniglia ma mi fermai di botto.
Tolsi la mano e bussai due volte, poi entrai.
“Ehm... scendete a mangiare..” bisbigliai, guardando solo mio fratello, che era disteso sul letto. con la coda dell'occhio vidi Andrea, che fino a quel momento era occupato con il pc, girarsi verso di me.
“Arriviamo.”
Annuii e scesi velocemente in cucina.
Mi seguirono Andrea e Mattia.
Si sedettero vicini.
“Tesoro, mi passi il sale?” mi domandò mia madre.
Glielo passai senza dire niente.
Mio fratello e Andrea iniziarono a parlare di calcio insieme a mio padre.
“Oh, voi maschi, non la finite più quando inziate!” si lamentò mia madre.
Io risi.
“Come sta Laura?” domandò mia madre ad Andrea.
Laura era la madre di Andrea. Mia madre e la sua erano molto amiche.
“Bene bene, ti saluta.” E sorrise.
Mi sentii mancare il respiro.
Respira. Così. Lentamente. Un po’ alla volta.
Perchè ogni volta che sorrideva mi faceva quasi soffocare?
In fondo era solo una cotta. Sarebbe passata, prima o poi, no?
Ma non mi risposi subito ‘Certo che passerà.’
Non ne ero sicura.
Ero sicura solo del fatto che volevo toccarlo. Come quando gli avevo versato il caffè addosso.
Non in quel modo, certo!, ma volevo scontrarmici ancora.
Il suo profumo mi piaceva.

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Capitolo 4
*** Non il solito Sabato [Prima parte] ***


Niente da dire su questo capitolo. E' strano e allegro. Come sono io adesso. 
Boh... spero che vi piaccia^^
Ringrazio a chi mi ha recensita e mi fa piacere che vi piaccia come scrivo e la storia.
Vi lascio al capitolo.
Ciao.

4.

Non il solito Sabato
[Parte 1]

 

Stranamente mi ritrovai a pensare a mio padre, quello vero. Mi mancava, nonostante lo odiassi, mi mancava troppo.
Quando ero piccina era lui quello che si preoccupava di portarmi a fare la solita passeggiata del sabato. Il sabato non era mai noioso e non capitava di stare nemmeno un minuto senza fare niente.
Tutto questo finché un bel giorno, il mio adorato papino decise di stufarsi di quella vita e cercare fortuna nel mondo. Così ci abbandonò.
Sbuffai, cacciando le lacrime. Non dovevo piangere per una persona così odiosa che aveva pensato solo al suo bene, abbandonado me e la mamma.
Fatto sta che fino a quando c’era mio padre i sabati erano sempre indimenticabili.
Adesso, invece, erano troppo monotoni.
Mamma e Paul preferivano uscire e farsi una gita in mezzo alla natura, Mattia di giorno era a casa, e la sera se la spassava, e io, povera me, dovevo stare in casa e curare la cuginetta Miriam. Aveva ormai quasi tredici anni, ma si comportava esattamente da idiota, scusate
la parola, ma era proprio così.
“Jaaaaaaaaaade, sono quiiiiii.” Urlò la piccola peste, facendomi sobbalzare.
“Non si bussa?” le domandai non poco irritata, andandole dietro e sbattendo la porta. Le pareti tremarono.
Lei si sedette sul mio letto e cominciò a sfogliare le mie riviste.
Canticchiava qualcosa sottovoce.
“Allora... Cosa facciamo?” domandai, sperando in una risposta del genere: Niente, adesso vado a casa e ti lascio passare un sabato tranquillo a fare niente spiaccicata sul divano, a pinagerti addosso che hai rovinato la camicia di Andrea.
“Nascondiiiino.” Cominciò a battere le mani, eccitata.
“Frena, bella.” Mi incollai davanti alla porta. “Prima  i compiti, chi credi di fregare, eh?” assottigliai gli occhi, fino a farci due fessure.
“L’ultima volta mi sono beccata la sgridata, adesso ti metti a fare quei benedetti compiti e poi giochiamo.”
“Uffaaa..” iniziò a lamentarsi, con quel faccino da cane bastonato.
“Niente ‘Uffa’ Miriam. Fila di là a fare i compiti!”
Sbuffò e uscì dalla stanza. Strisciò i piedi fino al salotto, dove prese posto e iniziò a studiare.

Meno male che hanno inventato i compiti.
Mi annoiavo parecchio a vedere Miriam che faceva i compiti, così andai da mio fratello.
Entrai senza bussare. Lo trovai intento a mettersi una maglietta, così scoppiai a ridere e uscii dalla stanza per dargli la sua privacy. Dovevo ammettere, però, che aveva un bel fisico. Da sbavarci dietro.
Capitava spesso di trovarci in situazioni così. All’inizio era imbarazzante, ma poi ci abituammo. In fondo, eravamo fratellastri.
Rientrai dopo qualche minuto, sempre sorridendo.
“La peste?” si informò, sbirciando fuori dalla porta.
Odiava Miriam, la odiava con tutto il cuore e non la voleva nella sua stanza.
“Sta facendo i compiti.” Dissi, mentre mi sdraiavo sul letto.
Sbuffai, coprendomi il viso con le mani.
“Hey, cosa c’è?” domandò lui, sdraiandosi accanto a me.
Cercai la sua mano, e come quando eravamo piccoli, la strinsi e mi sentii meglio. La tempesta che avevo dentro si prese un’attimo di riposo. Era ora.
Mattia era sempre così indispensabile nella mia vita.
Da quando avevo otto anni, entrato nella mia vita, non mi ero immaginata nemmeno un giorno senza di lui.
Io ero forte, me lo dicevano tutti, e lo ero davvero, ma senza mio fratello, senza di lui, non ero niente.
“Non lo so, Matt.” Gli confessai, sospirando. Ed era vero; ero talmente incasinata che non sapevo veramente cosa c’era che non andava.
“Mmmm. Qui c’è puzza di nuovo amore.” Sussurrò ridendo.
Io guardai il soffitto.

Nuovo amore?
Non era nuovo di certo, ma non potevo dirgli che ero innamorata di Andrea, non avrebbe approvato di certo.
“La verità, Matt, è che mi manca papà.” E lasciai che quella stupida lacrima facesse la sua trionfale entrata.
“Oh piccola.. vieni qui.” Mi feci cullare dalle sue braccia, mentre mi lasciava sfogare, piangendo.
“Non sei così forte come pensano tutti, sai?” mi bisbigliò all’orecchio.
“Io non sono mai stata forte.” Confessai, sempre tra i singhiozzi.
“Ma cerchi di esserlo, e questo è da ammirare.”
Sorrisi, mentre mi asciugavo le lacrime. “Dici che papà sta bene, lì dove è?”

Oh ma al diavolo il tuo orgoglio Jade. Tu sei preoccupata per il caro paparino, ammettilo.
“Secondo me ti pensa ogni giorno.” Mi disse lui con un mezzo sorriso.
“Dai Matt, non ho più otto anni. Lo dici solo per farmi stare meglio, ma non attacca più.” Sbuffai, incrociando le braccia e mettendo il broncio.
“Jade, non lo sto dicendo per farti stare meglio. Penso dvvero che lui ti voglia bene. A modo suo, ma ti vuole bene.”
“Allora perchè non si fa vivo?” mi lamentai, battendo i pugni sul letto.
Fummo interrotti dal suono del citofono.
“Vado io.” Dissi alzandomi.
Gli diedi il solito bacio sulla guancia, e scesi di corsa le scale.
Aprii la porta e mi trovai davanti una Christinne rossa dalla rabbia. Mi faceva paura.
“Non sai cosa mi è appena successo!” esplose entrando e sedendosi sul divano.
Chiusi la porta e mi sedetti sul tavolino, di fronte a lei.
“Non sai cosa i miei occhi hanno appena visto!” se ne uscì togliendosi la giacca.
“Chri! Calma, respira. Di là c’è la peste che ta facendo i compiti, parla a bassa voce.” La rimproverai, preoccupata che Miriam potesse sentirci e fare il suo ingresso.

Christinne respirò più volte prima di riprendere il discorso con più calma.
“Ho appena visto Matteo e quell’oca tutta rosa venire da queste parti. Li ha invitati per caso Matt?” domandò con voce isterica.
“Cosa?!” urlai. Quell’oca in casa mia? Nono, non doveva nemmeno passarle per la testa di metter piede in casa mia.
“Mattia!” urlammo in coro io e Christinne.
Il povero ragazzo scese le scale come un fulmine e ci fu subito vicino.
Mi avvicinai minacciosamente a lui. “Non penserai davvero che quell’oca di Marie metterà piede in questa casa, vero?” gli domandai puntandogli il dito contro.
Lui indietreggiò parecchio spaventato. “Di cosa stai parlando?” domandò innocente.
“Non fare finta di non sapere niente, eh!” si intromise Christinne, mettendosi nella mia stessa posizione.
“Guardate che io veramente non so di cosa state parlando!” si difese.
“Sta arrivando Marco.” Dissi io.
“E cosa c’è di male, scusa? Viene qui quasi ogni giorno.”
“Insieme a Marie.” Continuò Christinne.
Mattia rimase a bocca aperta. “Non avete intenzione di menarvi qui, vero? Datevi appuntamento fuori, nel giardino.” Scherzò, ridendo.
Io sbuffai, perdendo la pazienza.
“La tieni chiusa nella tua stanza. Non la lascerò infettare la casa con i suoi virus rosa.” Lo avvisai schifata.
“No, Jade, quella non deve toccare niente in questa casa.” Si agitò Christinne.
Io mi misi le mani nei capelli. “Datemi delle coperte, presto! Dobbiamo coprire i mobili! Non li deve toccare proprio.” Iniziai a correre inogni angolo della casa e cercare di coprire tutto. Christinne, ovviamente, mi seguiva a manetta.
Sembravamo un po’ delle cretine.
“Oh mio dio. Siete un caso perso, ragazze.” Sospirò Mattia, ritornandosene di sopra, proprio quando sunonarono alla porta.
“Apro io!” urlammo all’unison io e Christinne. Ci guardammo male e poi scattammo verso la porta.
Arrivammo allo stesso momento, e toccammo insieme la maniglia.
“Ma perchè tutta questa fretta di aprire la porta? Non dicevate che Marie infettava la casa e robe così?” domandò Mattia, grattandosi la testa, senza capire.
Lo guardai male. “Se questa li vede insieme, gli salta addosso e lo ammazza di botte.” Sussurrai senza farmi sentire.
Christinne mi guardò male e aprii la porta.
Marco ci guardò confuso.

E lo credo bene. Due deficienti davanti alla porta, per di più tutte rosse e sudate, per la corsa di qualche minuto prima.
Pessima figura, da segnare e non rifare mai più.
Balbettando, io e Christinne ci spostammo di lato, e li lasciammo entrare.
“Ciao, Matt.” Si salutarono con una pacca sulla spalla, mentre Marie schioccò un bacio sulla guancia a Mattia.
Marie fece per sedersi sul divano.
“No!” urlai, beccandomi l’occhiataccia di Matt. “No, cioè. No! Non sederti lì. Andate  di sopra, in camera di Matt, qui c’è mia cugina che deve studiare. Sapete com’è... non dobbiamo disturbarla.. sennò si distrae.” Balbettai, inventandomi una scusa al momento.
Sbuffai e feci spllucce alla seconda occhiataccia di mio fratello. Gli sorrisi innocente e, tirandomi dietro Christinne, andammo in salotto, dove Miriam stava facendo i compiti.
“Guardali come si abbracciano.” Sibillò Christinne, spiandoli dal buco della chiave. Era gelosa. Gelosissima.
“Fammi vedere!” la scostai per poter vedere io.
Erano abbracciati e si stavano dirigendo al piano di sopra.
“Non si spia, eh.” Ci riprese mia cugina, con fare da adulta, facendoci sobbalzare.
La guardammo male.
“Tu non capisci, ragazzina.” Sbuffò Christinne.
“Finisci di fare i compiti, tu.” La misi a tacere.
Io e Christinne ci sedemmo al tavolo.
“Devo escogitare un piano per farli separare.” Disse Chri.
“Non farlo. Poi finisce male.” La avvertii.
Lei schiccò la lingua e sbuffò.
Appoggiò la testa sul tavolo, come se fosse stanca.
Chiuse gli occhi. “Che ci posso fare se mi piace da impazzire?” bisbigliò.
Io sorrisi comprensiva.
Mi appoggiai allo schienale della sedia.
Probabilmente se Andrea avesse avuto la ragazza anche io avrei reagito come lei.
La capivo benissimo, ma era anche sbagliato mettersi in mezzo.
Se si sarebbero lasciati per colpa sua, Marco di certo non sarebbe subito corso da lei.

 
Mezzora dopo eravamo nella mia camera, per terra, a giocare a ‘Scopa’ insieme a Miriam, che aveva finito i compiti per tutta la settimana.
Sbadigliai, buttando l’ultima carta e così vincendo.
Troppo facile giocare contro una bambina e... Christinne.
Miriam sbuffò e si lasciò cadere all’indietro.
“Voglio andare da Mattia!” urlò, mettendo il broncio.
“Non ci pensare nemmeno.” La fulminai con lo sguardo.
“Ma uffaaaa.” Piagnucolò.
“Che lagna che sei.”
Il citofono ci svegliò momentoaneamente.
“Chi diavolo è ancora?!” gridai, alzandomi di colpo e facendo gli scalini due a due, mi precipitai davanti alla porta.
La aprii con noncuranza e quando vidi quella figura davanti a me, mi paralizzai.
“Ehm.. ciao. Mattia c’è?” domandò Andrea, guardando dentro casa.
“S-Sì. È di sopra. Vuoi che te lo chiamo?” balbettai, evitando i suoi occhi.
“No, tranquilla. Vado io da lui.” E mi sorrise.
Sì, gente. Sorrise. Non potevo crederci. Ero sopravvissuta al suo sorriso.
Da segnare assolutamente sul mio diario.
Sì, sì. A quel tempo, come ogni ragazza, anche io avevo il mio diario segreto.
Era segretissimo, nascosto in un posto impensabile, conteneva tutti i miei segreti e tutti i miei pensieri poco gentili.
Mattia aveva, più volte, provato a corrompermi per dirgli dove era nascosto e ci era quasi riuscito.
“Dico a mamma che ieri sera sei andata a quella festa poco adatta alle ragazzine della tua età.” Mi aveva detto quel giorno.
Stavo quasi per cedere, ma mi ricordai che anche lui ne aveva fatte di cavolate.
Così arrivammo alla conclusione che il mio diario restava lì dove era.
Chiusi la porta e, ancora mezza intossicata da Andrea, cominciai a salire le scale.
E il citofono suonò ancora.
Stavo cominciando a pensare che quel sabato, in fondo, non era poi così monotono come gli altri.
Andai ad aprire e rimasi a bocca aperta.
“Oh Jade...!” Allegra mi saltò al collo e iniziò a piangere violentemente.
Io ricambiai l’abbraccio senza dire niente, mi avrebbe raccontanto tutto dopo.
Rimasi così per qualche minuto, con Allegra che piangeva sulla mia spalla, finché dal bagno non si sentì un urlo terrificante.

“Aiutoooo! Ho un’emorragiaaa. Morirò dissanguata.”

 

 

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Capitolo 5
*** Non il solito Sabato [Seconda Parte] ***


Saaaaaaaaaaalve.

Scusate il terribile ritardo ma non avevo voglia di scrivere xD
Comunque questo capitolo è parecchio corto >.< e mi dispiace.
I prossimi saranno come i primi, fidatevi. Solo che questo ho dovuto dividerlo in due parti per comodità mia.
RIngrazie per la recensione e tolgo il disturbo.
CCCiao. ^^

5.
N
on il solito Sabato
[Parte 2]

 

Sciolsi l’abbraccio con Allegra e la guardai.
“Andiamo a vedere che succede.” Disse prendendomi la mano e sorridendo.
“Sì.” Sussurrai.

Salimmo le scale velocemente, preoccupate, mentre le urla continuavano.
Mentre noi salivamo le scale, Mattia e gli altri uscirono dalla stanza, preoccupati anche loro.
Christinne uscì dalla mia camera quasi inciampando.
“Cos succede? Chi sta morendo?” urlò, guadagnandosi un’occhiata divertita da parte di Marco, e scocciato da parte di Marie.
Non erano mai andate d’accordo quelle. (non che io sì, intendiamoci bene) Marie pensava che Chris non fosse femminile, Christinne pensava, invece, pensava che Marie fosse troppo rosa.
Io mi fermai per riprendere fiato e poi andai verso il bagno, da dove provenivano le urla e i singhiozzi.
“C’è Miriam in bagno.” Confermò Chris.
Io annuii e feci per entrare.
“Miriam... che succede?” domandai, mentre pian piano aprivo la porta.
Lei era in piedi e mi guardava, disperata.
“Ho un’emorragia.” Mi disse tra le lacrime.
Io mi avvicinai spaventata, chiudendomi la porta alle spalle.
“Guarda.” Mi indicò le sue mutandine. In quel momento mi sembrò così vulnerabile.
Poi però scoppiai a ridere.
“Non è possibile!” esclamai, mentre mi piegavo in due dalle risate.
Mi appoggiai alla cabina della doccia per non cadere.
Ridevo senza sosta.

Miriam aveva fatto tutta quella scena solo perchè... oddio! Non riuscivo nemmeno a pensare.
Lei sbuffò offesa. “Non ridere! È una cosa grave! Non voglio morire.” Esclamò, quasi piangendo.
Io risi più forte, scatenando la curiosità dei ragazzi nel corridoio, così Christinne entrò.
Ci guardò sconcertata: io ero per terra, che mi tenevo la pancia dal ridere, mentre la peste era in piedi con le braccia incrociate che piangeva.
Mi dispiaceva farla piangere, ma proprio non ce la facevo.
Anche a me successe di dover scoprire la stessa cosa, ma cavolo, mica mi sono messa a urlare così!
Christinne iniziò a ridere, insieme a me, quando fece mente locale.
Mi fece compagnia a terra. Ci abbracciammo continuando a ridere. Avevamo ormai le lacrime agli occhi, a colpa di tutto quel ridere.
“Non dovresti ridere delle disgrazie altrui.” Mi rimproverò Christinne, marcando la parola disgrazie con la voce tremante a causa delle risate.
Io risi più forte dandole il cinque.
“Jade!” mi rimproverò anche Allegra, entrando e capendo la situazione.
Io cercai di riprendermi, con scarsi risultati.
Ci guardò male e poi andò ad abbracciare la piccola peste.
“Oh.. tesoro.. non è niente. Non stai per morire!” la consolò, lanciandoci un’occhiataccia. Io e Christinne la guardammo con quella faccia innocente e poi uscimmo da bagno, sempre per ordine di Allegra, che sembrava così toccata da quella situazione. Quasi come se Miriam fosse sua figlia.
Forse il fatto di essere incinta  aveva risvegliato il suo istinto materno.
Comunque, uscite dal bagno tutti ci guardavano ansiosi.
Ancora con le lacrime agli occhi  guardai Matt, che sembrava il più preoccupato.
“State tranquilli, niente di grave. Sapete... quelle cose che solo le ragazze hanno. A Miriam sono venute le mestruazioni” spiegai per poi ritornare a ridere insieme a Christinne.

Le nostre risate rimbombavano per tutta la casa.
Mi guadagnai un’occhiataccia da parte di mio fratello, mentre vidi Andrea ridere piano.
Ne fui felice, mi regalò un’altro sorriso mozzafiato.
Marco mi guardò male, e lo capivo benissimo.
Marie invece sembrava scocciata, mentre si abbracciava ancora di più a Marco.

Bella stronza
. Quello che Christinne sicuramente stava pensando.
Mi tranquillizzai e aspettai che Allegra uscisse dal bagno.
Quando la porta si aprì ne uscì una Miriam rossa dalla vergogna.
Mi venne vicina e mi abbraccio. “Questa me la pagherai.” Mi sussurrò, cattiva.
Io la allontanai. “Oh, che paura!” finsi.
Lei mi regalò un sorriso e se ne scappò nella mia stanza.
“Direi che sei una stronza, Jade” mi rimproverò Allegra, sconsolata.
“Hum... direi di sì.” Confermai io, fingendo di pensarci un po’.
Andrea ridacchiò, iniziando ad andare verso la stanza di mio fratello.
Mattia sbuffò e mi diede un buffetto. “Smettila di fare la cretina, sorella.” Mi disse prima di raggiungere Andrea.
Marco e Marie fecero lo stesso.
Christinne sbuffò sconsolata. “Sembrano una bellissima coppia. Mi sa che sono davvero felici, mi dispiace rovinare il loro rapporto.” Sussurrò, attenta a non farsi sentire.
“Non devi rovinare nessun rapporto”
Sospirò. “Ma io lo voglio. Non mi piace che sia lei a toccarlo.” Fece una smorfia.
“Ti capisco..” le sussurrai.

Ci sorridemmo a vicenda e poi entrammo nella mia stanza.
Miriam stava rovistando tra le mie cose.
Io urlai di rabbia e le andai vicino, togliendole tutta la mia roba dalle mani.
“Uh, e questa cos’è?” domandò, con fare cattivo, prendendo in mano la camicia maledetta.
Gliela tolsi dalle mani e la rimisi nell’armadio.
“Ascoltami bene, peste: tutto, e dico tutto, tranne questa camicia. Capito?” le dissi guardandola severa.
Lei mi osservò attentamente, poi fece una smorfia.
“Va bene, va bene.” Borbottò prima di uscire dalla mia stanza.
“Quando hai intenzione di ridargliela?” mi chiede Chris a mò di rimprovero.
“Presto.” Le risposi poco sicura.
Aprì bocca per dire qualcosa ma fu interrotta dal suono del campanello.
“Vado io, tu finisci di mettere a posto.” Disse riferendosi ai vestiti che Miriam aveva tirato fuori.
Io annuì. Lei uscì di corsa.
Non passò nemmeno un minuto che sentii un tonfo dal piano di sotto. Preoccupata, scesi di corsa, con la camicia ancora in mano.
Rimasi sballordita dalla visione davanti ai miei occhi.
“Chri, che cazzo stai facendo?” le urlai contro, mentre girava la testa verso di me, senza smettere di abbracciare Alex. Lui la abbracciava, sprofondando il viso nei suoi capelli.

Lei si aggrappava al suo collo, come se ne fosse dipendente, come se senza di lui non riuscisse a stare in piedi.
La rabbia mi invase completamente quando vidi Marco immobile che li guardava. Era arrabbiato... anzi non arrabbiato. Era deluso. Triste, sconsolato. Avrei voluto abbracciarlo. E l'avrei fatto se fossi stata più in confidenza con lui. Ma lo conoscevo appena.
Però, in fondo che si aspettava? Anche lui stava con un’altra. Ma soffriva, lo capivo dai suoi occhi tristi.
La mia rabbia si concentrò, comunque, solo su Christinne.
“Ciao scriccio...”
“Stai zitto, Alex!” urlai alzando una mano per farlo tacere. “Christinne, che cazzo stai facendo? Rispondimi!” continuai a gridare, mentre iniziavo a tremare.
Mi dava fastidio che Christinne usasse Alex per i suoi tentativi di far ingelosire Marco e mi sentivo anche profondamente ferita per il semplice fatto che me lo aveva taciuto.
“Jade, non ti incazzare così.” Mi disse soltanto, senza guardarmi negli occhi.
“Hey Jade, che ti prende, scricciolo?” mi domandò Alex tentando di avvicinarsi.
“Meno male che era irragiungibile, eh! Perchè non me l’hai detto subito?” gli gridai in faccia, dopo averlo colpito con uno schiaffo.
Lui si massaggiò la guancia.
Ero arrabbiata, delusa, tradita.
Per di più ero acceccata dalla gelosia. Insomma.. avevo sempre immaginato Christinne insieme ad un ragazzo, ma ora che ce l’avevo davanti non riuscivo a ragionare. Christinne era sempre stata mia e solo mia. Se Alex, o qualsiasi altro ragazzo, me l’avesse portata via non so cosa avrei fatto. Non dovevo permettere a nessun maschio di rubarmela. Io dipendevo da lei.
Ma cosa sperava di ottenere usando mio cugino?
A giudicare dallo sguardo di Marco, così non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Che stupida.
“Jade, calmati.” Mio fratello mi abbraccio cercando di calmarmi, mentre anche Andrea e Marie uscivano dalla stanza a guardare la scena.
“Vattene. Vattene, Christinne.” Le ordinai cupa.
“Jade... te l’avrei detto..” provò a difendersi Christinne, avvicinandosi cauta.
“Vattene, ti ho detto.” Ripetei, mentre gli occhi mi pizzicavano.
Lei abbassò la testa. “Scusa, scusami tanto. Non pensavo di ferirti così..” bisbigliò.
“E’ a qualcun’altro che devi chiedere scusa. Mi hai solo deluso. Ma a qulla persona hai fatto un male indescrivibile comportandoti così.” Le dissi con voce tremante. Lo sapeva benissimo che mi riferivo a Marco, tuttavia non ebbe il coraggio nemmeno di guardarlo in faccia. Così si abbracciò ad Alex e se ne andò.
Io abbracciai Mattia, il quale ricambiò senza dire una parola.
“Dai piccola, non piangere...” cercò di tranquillizzarmi.
Io non gli risposi, ma continuai a stringerlo a me. Avevo bisogno di Matt, ne avevo tanto bisogno.
Improvvisamente mi sentii osservata così abbandonai le braccia di Mattia.
“Ma aspetta un attimo: quella è la mia camicia!” esclamò Andrea, facendosi avanti, scandalizzato.
“No che non è la tua!” urlai io, nascondendola dietro la schiena.
“Sì invece, è identica. Se non per il colore...” realizzò.
“No. Non  è tua. È mia. Guarda. Mi sta alla grande. Vedi, è mia.” Balbettai, piangendo, mentre mi infilavo la camicia.
Mi stava parecchio larga e le maniche penzolavano.
Lui mi guardò stranito. Magari stava pensando che fossi completamente pazza. In fondo piangevo come una fontana e sostenevo che una camicia così grande potesse essere mia.

“Andrè, lascia stare, dai. È mia la camicia. La mamma l’avrà messa per sbaglio tra i vestiti di Jade.” Mattia mi sfilò la camicia e mi fece l’occhiolino senza farsi vedere da Andrea.
Non ero capace di dire nessuna parola, così me ne andai nella mia stanza.
Mi buttai sul letto e continuai a piangere.
Sprofondai la testa nel cuscino. Quell’anno sarebbe dovuto essere migliore degli altri.
Senza problemi.

E invece era tutto così schifosamente difficile.

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Capitolo 6
*** Marco&Christinne. ***


Eccovi, finalmente, il capitolo!
Mi sento di ringraziare tanto a chi continua ad aggiungere la storia tra le preferite e tra le seguite!
GRAZIE!
Vi ascio al capitolo, spero che vi piaccia ^^


Buona lettura.


6.
Marco&Christinne.

 

 

Mio fratello entrò senza bussare e si distese sul letto, accanto a me.
Senza dire una parola mi abbracciò.
“Non si usa più bussare?” sussurrai, stringendomi di più a lui.
Ridacchiò, mentre mi accarezzava i capelli. Sospirò e per un po’ nessuno parlò. Mattia c’era sempre quando avevo bisogno di conforto.
Capiva al volo quando stavo male e mi bastava la sua presenza per stare meglio.
Mattia era come una medicina. Avevo bisogno di lui costantemente.
“Se ne sono andati tutti.” Bisbigliò.
“Anche la piccola peste?” domandai, con odio. Avrei fatto i conti con lei dopo.
“Sì, anche lei. Allegra, però, è ancora qui. È di sotto che ti sta facendo il thè.”
Sorrisi involontariamente. Allegra era una vera amica. Era davvero forte, quella ragazza. Nonostante il brutto periodo che stava passando, trovava sempre tempo per me.
“Jade...”  iniziò mio fratello.
“mhm?” bisbigliai, giocando con la cerniera della sua felpa. Stavo meglio, la crisi di pianto era finita.
“Tu.. tu sei innamorata di Andrea?”
Mi bloccai di colpo e sgranai gli occhi.
“N-no.. certo che no!” risposi subito. Matt non doveva sapere niente. Non avrebbe capito.
“Jade.. non mi dire cazzate, per favore.” Bisbigliò con voce strana. Suonò quasi come una supplica.
“Matt.. guardami.” Gli ordinai, alzando la testa e subito i nostri occhi si scontrarono. “L’unico ragazzo che voglio sei tu.” Gli dissi sincera. Era lui, mio fratello, l’unico ragazzo della mia vita. Era diventato davvero importante e sentivo che era un legame che nessuno avrebbe mai spezzato.
Mattia era unico ed era mio. Tante ragazze erano invidiose.
Lui sorrise malinconico, spostando gli occhi. Si mise a pancia in su e guardò il soffitto, mentre una mano gli reggeva la testa e l’altra mi circondava le spalle.
Era strano, quel giorno.
“Andrea non è il tipo che fa per te.” Mi disse, per l’ennesima volta.
“Lo so, lo so bene. E non mi piace!” esclamai, guardandolo anche se lui non osava sfiorarmi con i suoi occhi.
Mi sentii improvvisamente triste. Matt era triste.
“Matt..” iniziai  “dici che mi sono resa ridicola agli occhi dei tuoi amici?” cambiai discorso. In teoria avrei voluto dirgli tante cose, ma non me la sentivo.
“Sì, direi di sì.” E rise leggero, di nuovo. Gli tirai un pugno e mi lamentai. “Scusa, non volevi la verità?!” esclamò, massaggiandosì il braccio.
Sorrise ancora, scoprendo quei denti bianchi e perfetti che rendeva il suo sorriso stupendo.
“Sì.. hai ragione.” Ammisi, ridacchiando.
“Quando hai intenzione di dire ad Andrea la verità?” mi rimproverò.
“Mai..?” gli risposi, poco sicura.
Lui sbuffò e mi scompigliò i capelli. “Ma sei sicura di avere 17 anni?” mi prese in giro e rise.
Io nascosi la testa sotto il suo braccio e lo immitai, sbuffando.
Mi abbracciò più forte, con tutte e due le braccia. Restammo così per qualche minuto.
 “Non pensi che sia ora di trovarti una ragazza che faccia per te? Hai 18 anni ormai. Mamma e papà non possono mantenerti per sempre.” Gli feci notare, godendomi la smorfia che gli deformava il bellissimo volto.
“Solo se tu vieni a vivere con me.” Disse serio. Notai una certa luce nei suoi occhi, ma decisi di buttarla sul tono scherzoso, come sempre.
Io ridacchiai. “Sono minorenne io.”
“Stavo scherzando, scema.” Bisbigliò, scompigliandomi i capelli.
“Allegra, secondo me, è la ragazza giusta per te.” La buttai lì, senza rendermene conto. Alzai la testa per vedere la sua reazione. Lui chiuse gli occhi e poi li riaprì e guardò il soffitto.
Lui sospirò. “Non credermi un codardo, Jade, ma un bambino è una resposabilità troppo grade per me e poi non mi sento attratto da lei.” Ammise, a testa bassa.
Sospirai e appoggiai di nuovo la testa sul suo petto. Mi abbracciò con tutte e due le braccia e mi baciò i capelli.
“Un bambino non è una maledizione.” Dissi.
“Certo che no.” Esclamò, come se l’avessi accusato di aver commesso chissà quale reato. “Ma per me, che dipendo ancora da mamma e papà, lo è.” Si giustificò. Aveva ragione. Anche se Allegra e Mattia erano una bella coppia c’era un bambino di mezzo, una grande responsabilità per tutti e due.
Era inutile illudersi che un giorno mio fratello sarebbe andato a vivere da solo, figuriamoci con un bambino!
Decisi di lasciar cadere il discorso. “Chissà chi è il padre..” domandai più a me che a lui.
Si schiarì la voce e guardò altrove. “Boh.. non lo so nemmeno io.” Disse.
“Mi nascondi qualcosa?” domandai scettica, alzando la testa.
“Hey ragazzi! Il thè è pronto!” la porta si spalancò ed entrò Allegra.
“Allè!” esclamai, saltando in piedi ed andando ad abbracciarla. Lei ricambiò. “Come stai?” le chiesi, riferendomi al bimbo.
“Bene, andiamo alla grande!” esclamò, accarezzandosi dolcemente il pancino.
“Sono contenta.” Le sorrisi.
Presi la mia tazza di thè e mi sedetti nuovamente accanto a Mattia. Allegra si sedette sulla sedia di fornte a noi. Offrì il thè anche a Matt e poi prese in mano la sua tazza. Cominciò a soffiare piano.
Io ridacchiai  e poggiai la testa sulla spalla di mio fratello. Chiusi gli occhi.
Mi resi conto che avevo un mal di testa incredibile.
“Ha chiamato Chris, più volte.” Mi disse lei, cauta. Io restai a occhi chiusi, sospirai.
“Che voleva?”
“Chiederti scusa, penso.” Mi rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.  Ma avvertii una certa incertezza nella sua voce.
Sorseggiai il mio thè. “Non ha fatto niente di male, Jade..” la giustificò.
Matt annuì.
“Mi ha mentito e ha peggiorato la situazione tra lei e Marco.” Risposi, calma.
Non avevo la forza di arrabbiarmi di nuovo e fare la scenata di prima.
Matt e Allegra mi mettevano un’insolita tranquillità. Prima o poi avrei ringraziato a tutti e due.
“Ma non pensi che anche Marco abbia sbagliato?”
“Sì, certo.” Risposi alla sua domanda.
“Marco non è innamorato di Marie.” Ci disse Mattia.
“Neanche un po’?” sgranai gli occhi e mi feci attenta.
“Nanche un po’.”
“neanche un po’ un po’?”

“no.”
“Nemmeno un pochino ino ino?” insistette Allegra, guadagnandosi l’occhiata esasperata di mio fratello.
“no!”
“Ma allora perchè sta con lei?” domandai io, senza capire. Non concepivo una cosa del genere. Se stai con una persona è perchè provi qualcosa per lei.
“Perchè ha bisogno di affetto. Ora che si sta preparando per il mondo della televisione, che i suoi genitori lo hanno abbandonato...”
“Come lo hanno abbandonato?” chiedemmo io e Allegra, in coro.
“Non approvano la sua passione per la musica. Dicono che siano tutte cazzate.” Rispose Mattia, indignato.
“Ma è la sua passione!” esclamò Allegra. Io annuii energicamente per darle ragione.
“Lui però non canta solo per passione.” Spiegò Mattia.
Io e Allegra ci guardammo a vicenda senza capire.
“I suoi stanno pensando di diseredarlo, quindi si sta mettendo i soldi che guadagna cantando da parte, per qualsiasi eventualità.”
“Quindi canta anche per necessità?” mi informai io.
“Sì.”
Io iniziai a giocare con la cerniera della mia felpa. “E se non prova niente per Marie non può lasciarla?”
“Sta facendo ingelosire Christinne. Ma dubito che dopo quello che ha visto oggi la guarderà ancora in faccia.” Disse sarcastico.
Allegra sbuffò. “Ma che cavolo ha in quella testa? Cosa vuole da tuo cugino?” esclamò lei.
Io mi alzai dal letto e presi il cellulare in mano.
“Cosa vuoi fare?” domandarono in coro sia Allegra che Matt. Io guardai il cellulare e digitai quel numero che sapevo a memoria.
Dopo il quarto squillo mi rispose.
“Jade? Jade sei tu?”
“Sì, Chri, sono io.”
Allegra sgranò gli occhi, mio fratello invece si mise comodo e si fece attento.
“Ascoltami bene: Marco ti ama e sta con quella idiota solo per farti ingelosire. Non so cosa hai in mente di fare con mio cugino ma io ti ho avvisata.” Le dissi dura.
Dopotutto era ancora mia amica e mi sentivo in dovere di dirle tutto.
Alla fine mi resi conto di essere stata un po’ troppo dura con lei. Ma solo un po’.
Lei rimase in ascolto senza nemmeno fiatare e quando finii di parlare tirò un lungo respiro.
“Jade.. l’ho aspettato per tanti mesi e solo ora si sveglia? Io sto bene con Alex... e ..”
“Sei proprio sicura che stai bene con lui? Guarda che lui prova davvero qualcosa per te. Non prenderlo per il culo.”
“Non lo sto prendendo per il culo..!  insomma.. mi fa stare bene!” si difese lei, aggredendomi con le parole.
“Senti Chri.. noi ci conosciamo bene no?” non aspettai nemmeno la sua risposta. “Te lo dico con il cuore: non farlo soffrire solo per far ingelosire Marco.”
“ma..”
“Ora che sai quello che prova Marco.. vai da lui.” Le consigliai, ammorbidendo il tono della mia voce.
Lei sospirò. “Ormai sto con Alex.” Tagliò corto.
“Sì hai ragione. Scusa il disturbo, ciao.” E terminai la chiamata.
“Così nessuno dei due combinerà niente..” mormorò Matt, stiracchiandosi.
“Aiutiamoli noi!” esclamò Allegra, battendo le mani.
“Sì..” mormorai quando incontrai lo sguardo complice di lei.
Insieme ci girammo verso Mattia. Era evidente che nel nostro piano anche lui doveva esserci.
Anche se, sinceramente, un piano ancora non c’era.
“No! Oh.. no! Jade! Non mi piace quello sguardo! Oh no no no! Non pensateci nemmeno!” indietreggiò con la sedia, agitando le mani.
“oh.. dai fratellino! Cosa ti costa?” sfoggiai i miei bellissimi occhi grandi grandi e lucidi lucidi e sperai che ci cascasse, come fanno tutti insomma.
“No!” esclamò, deciso a non cedere.
“Ti prego.. sei o non sei il mio uomo?” bisbigliai, sbattendo le ciglia.
Oltre che a sembrare una cretina, lo ero anche.  Muaha. L’avete capita? Huahaa.

“Jade..” si lamentò, alzando gli occhi al cielo. “Non sono più un tredicenne arrappato. Non mi basta vedere le tue tette per dirti di sì. Quelle le ho già viste migliaia di volte e non mi fanno più effetto.”
Strabuzzai gli occhi e, indignata, mi tirai su e mi misi a gambe incrociate sul letto. Misi il broncio mentre incrociavo le braccia al petto. Di certo non avevo pensato di convincerlo mostrandogli le mie tette!
Era lui che se l’era immaginato.
Allegra scoppiò in una fragorosa risata, mentre mio fratello se la rideva sotto i baffi.
Si alzò e prima di chiudersi la porta alle spalle mi guardò critico: “E poi.. sono piccole.”
Sgranai gli occhi e gli tirai il cuscino addosso, riuscendo però a beccare solo la porta.
Allegra ritorno  a ridere come un’oca mentre si teneva la mano sullo stomaco. la guardai male e sbuffai.
“lo odio.” Decretai.
“A chi?”
“Mio fratello.”
“In teoria non è tuo fratello.” Mi ricordò Allegra, mentre ritornava a sedersi composta.
“Allegra!” la rimproverai, cogliendo al volo i suoi pensieri. Non era la prima volta che me lo faceva notare.
Le sue teorie erano davvero ridicole e non le ascoltavo nemmeno.
Blaterava sempre qualcosa del tipo: Non siete fratelli di sangue.. ti guarda in modo strano.. è geloso.. è troppo protettivo.. e bla bla bla.
Allegra era troppo paranoica per i miei gusti.
“E poi ho visto con questi” indicò i suoi occhi “ti guardava. Ma non come un fratello guarda una sorella!”
“Eccola che ricomincia..” bisbigliai sconsolata, mentre mi mettevo comoda ad ascoltare la sua solita noiosa teoria del fratello-non-fratello.

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Capitolo 7
*** Stranezze. ***


Mmm. Penso che questo capitolo sia quasi inutile, però iniziano a uscire fuori certe cosucce.. u.u
Comunque, buon giorno e buon S.Valentino! anche ai felicemente e non felicemente Single, come me. U.U
Questo è un piccolo regalino di S. Valentino, non è chissà che roba, ma spero che apprezziate.
Ringrazio suuuubito ai recensionisti u.u

-  EllaYaYa :  *___* queste recensioni mi rendono felicissima!  Allora tu sei ufficialmente una fangirl di Mattia u.u Mattia piace a tutte ò.ò Essìì, è un amore. Ma.. Vredremo vedremo.. magari conoscendo meglio Andrea.. ehehe. u.u Non parlo. Lalalala.
Poi.. ti ringrazio davvero per i complimenti *_* mi fa moltissimo piacere che ti piaccia la mia storia e il mio modo di scrivere ^^ Per me è importante.
Non ti preoccupare se non riesci a commentare tutti i capitoli. L'importante è che ogni tanto ti fai sentire e mi rifai una recensione del genere, apprezzo molto! xd Capisco, la scuola ruba anche a me moltissimo tempo, come vedi. Aggiorno ogni morte di papa, nonostante io scriva ogni giorno. -.-
Spero di risentirti preeesto! =)

 TheDreamerMagic : Non ho continuato presto.. ma ho continuato! hahaha. comunque, ehehe questo lo scoprirai presto! Grazie delle tue recensioni, mi fa piacere leggerle ^^

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 lisasepe9 : Grazie mille. =) Ecco il capitolo. ^^

Vi lascio al capitolo, e fatemi sapere cosa ne pensate! ^_^

P.S. Scegliete il vostro preferito e iscrivetevi! Mattia o Andrea? ^__^ Dite la vostra,
qui. Sempre a questo indirizzio trovate il blog di Situations; This Love. Visitatelo spesso, troverete novità e anticipazioni. E per qualsiasi dubbio o chiarimento non esitate a chiedermelo sul blog! ^^

7. 
Stranezze.

 

“Oh.. Jade.”
"Andrea..”
“Piccola, non sai quanto ti ho aspettato..”
“Oh..”
Andrea fa  un passo avanti e accarezza il volto di Jade, delicatamente. Lei chiude gli occhi e si lascia cullare da quella nuova sensazione di felicità.
“Ti amo.” Bisbiglia lui, con il fiato sulle labbra di lei.
“Anche io, ti amo.” E sorride. Si baciano. si abbracciano forte e lui le accarezza il volto. Si baciano ancora.

 
“Jade! Jade! Ti vuoi svegliare?!” mi sentii scuotere da qualcuno, mugugliai qualcosa e poi aprii gli occhi e mi issai su.
“Oh mio dio!”
“Cosa?” domandò mio fratello, esasperato.
“Ma tu sei Mattia!” costatai indignata.
“E allora?” esclamò Matt, senza capirci niente.
Mi tappai la bocca con la mano destra, mentre mi allontanavo, vergognandomi.
“L’ho fatto ancora.. cazzo, l’ho fatto ancora!” sussurrai, continuando ad allontanarmi, fino a cadere giù dal letto.
“Jade! Stai bene? Ti sei fatta male?” mio fratello mi venne in aiuto e mi rimise sul letto, mentre io continuavo a ripensare al mio sogno.
“Ma che diavolo hai?” domandò, mentre mi lanciava un paio di jeans e una maglietta da indossare. Probabilmente eravamo ancora in ritardo. Era una settimana che continuava ad arrivare in ritardo per colpa mia, e mi dispiaceva, ma avevo il sonno agitato e faticavo ad alzarmi la mattina.
“Tieni, mettiti questi. Sbrigati!” mi incitò a muovermi. Io lo guardai assente.
Mi sembrava di tradirlo così. Mi sognavo il suo migliore amico, quello che lui mi sconsigliava di vedere.
“Mamma e papà sono usciti presto oggi, abbiamo la casa libera fino a stasera.” Mi informò, uscendo dalla stanza. “Muoviti!” mi urlò dietro, prima di sbattere la porta.
Io cercai di svegliarmi e mi vestii in fretta e furia. Mi diedi una veloce sistemata ai capelli e uscii dalla mia stanza.
Mattia mi aspettava appoggiato alla porta.
“Scusami..” bisbigliai, mettendomi in spalla la cartella.
Lui sbuffò, alzando gli occhi al cielo, e uscì, senza aspettarmi. Io rimasi così, con la porta che mi si chiudeva in faccia, senza aver ricevuto il solito sorriso di Matt.
Poi mi risvegliai dai miei pensieri e uscii. Raggiunsi mio fratello di corsa e lo guardai di sottecchi. Era strano, quel giorno.
“Matt..”
“Non ho voglia di parlare, Jade.” Sbuffò secco, mentre girava l’angolo.
Abbassai la testa, infilai le mani nel giubbotto e continuai a camminare senza guardarlo.
C’era una parte di me che era convinta che la colpa del suo male fossi io, e solo io.
Non seppi darmi una risposta a quella sensazione e cercai di non farci troppo caso. Mi autoconvinsi che più tardi sarebbe ritornato il Matt di sempre.
Amore!” Elisa ci veniva incontro, con il solito sorriso d’ammirazione per Matt. Lo amava. Ne ero certa.
Lo abbracciò e gli scocchiò un bacio in bocca. Mio fratello, senza guardarla, la scostò dolcemente e si fece spazio per passare. Senza salutare nessuno entrò nella sua classe.
“Cosa ha Matt?” domandò lei, un po’ preoccupata.
“Ma niente, tranquilla. È un periodo un po’ così. Gli passerà.” Mentii, accompagnando il tutto da un falso sorriso rassicurante. Che Matt avesse deciso di lasciare Elisa?

 
Le seguenti tre ore furono l’incubo della mia vita. Matematica, filosofia e latino. Una dopo l’altra. Le odiavo davvero; quel giorno, poi, non riuscivo a concentrarmi nemmeno un po’. Avevo una strana sensazione che mi faceva rimanere senza fiato.
Quando suonò la campanella mi fiondai in bagno. Era ancora vuoto. Incontrai il mio riflesso e sorrisi. L’immagine davanti a me mi immitò.
“Non mi copiare.” Sussurrai. “Sei preoccupata?” domandai al mio riflesso. “oh.. solo un po’. Matt è strano, sai.” Risposi, assumendo un topo di voce diverso. “Jade, cavolo, stai impazzendo. Devi trovare uno psicologo, seriamente.” Continuai, sgridando il mio riflesso. Spruzzai qualche goccia sulla superficie dello specchio e uscii dal bagno.
“Jade! Jade!” la voce di Allegra mi fece ritornare alla realtà. Mi toccò le spalle e mi scocchiò un bacio sulla guancia.
“Ciao, Allè.” Salutai, con un sorriso.
Percorremmo il corridoio chiacchierando. “Domani che fai?” mi domandò.
“Mmm. È sabato, no?”
Lei annuì con sicurezza e ridacchiò.
“Non ho niente in programma, tu?”
“Che ne dici di venire a casa mia? Un pigiama party, come ai vecchi tempi. Io, tu e Christinne.” Mi propose.
Io e Christinne avevamo fatto pace, ma  i rapporti si erano raffreddati un po’. L’intento di Allegra era quello di sistemare tutto.
“Sì, penso che si può fare. Alle 8.00?” decisi di darla una possibilità.
“Perfetto!” esclamò, mi baciò nuovamente la guancia e scappò in classe.
Io rimasi sola nel corridoio. L’intervallo stava per finire e non c’era quasi nessuno in giro, tranne i soliti ragazzi che saltavano l’ora della Mirilli. Tra quelli c’era anche mio fratello. Se ne stava seduto per terra, con le spalle appoggiate al muro, occhi chiusi ed un’espressione che proprio non si addiceva al suo bellissimo volto.
Decisi di andare a parlargli, sperando che fosse sbollito dalla mattina.
Immitai la sua postura. Rimasi qualche secondo in silenzio, per decidere cosa dirgli.
“Se ho fatto qualcosa io.. basta dirmelo.” Bisbigliai infine. Non volevo dire quello, ma mi sentivo in colpa. In colpa per qualcosa che non sapevo di aver fatto.
“C-cosa?” balbettò, guardandomi smarrito.
“Stamattina.. eri strano. Se per caso..”
“No.” Mi interruppe.
“No cosa?”
“Non c’entri tu.” Sospirò, sconsolato.
“E allora cosa ti tormenta?” gli domandai, un po’ più sollevata. Il senso di oppressione, però, non accennava a sparire.
“Non credo che tu voglia saperlo.” Disse, a bassa voce. Da quando mi ero seduta non mia aveva degnata di uno sguardo. Lo percepivo, percepivo che c’entravo io.
“Sì, invece. Dimmelo.” Gli ordinai, impaziente.
“Jade..” finalmente si girò verso di me. “Mi sono innamorato.” Sussurrò, triste.
“E ti sembra il modo di dirlo?! Non sei contento? Lei chi è? Ricambia?”
“Calma!” esclamò, divertito, ma ritornò subito serio. “Non ricambia. Non potrebbe ricambiare..”
“Cosa?”
“Niente.. niente, Jade. Scusami. Ritorno in classe, ci vediamo dopo, piccola.” Mi scompigliò i capelli e corse in classe, senza girarsi e sorridermi.
Rimasi lì per un po’. Non avevo voglia di andare in classe. Non avevo voglia di fare niente. Volevo solo capire cosa diavolo aveva mio fratello e poterlo aiutare, in qualche modo.
Stava male, lo sentivo, e questo rendeva triste anche me.
Feci più respiri profondi. Sentivo che mi mancava il respiro, ma probabilmente fu solo un’impressione perchè subito ritornai a stare bene. 

 
Ritornai in bagno e mi sedetti sul water. Analizzai tutte le possibili ragazze che avrebbero potuto rubare il cuore a mio fratello. Arrivai alla conclusione che nessuna aveva mai rifiutato Mattia, perchè doveva farlo adesso?
Non mi venne in mente nessuna che avrebbe potuto mettere i bastoni fra le ruote a mio fratello.
Uscii dal bagno senza risposte. Alla fine non seppi nemmeno perchè mi ero rifugiata in bagno.
“Hey, tu.” Mi girai di scatto e credetti di svenire. 
“S-sì?”
“La mia camicia?” domandò Andrea, avvicinandosi velocemente a me. I capelli ricci e un po’ lunghi si muovevano ad ogni suo passo.
“C-cosa?” balbettai, senza rendermi conto di quello che succedeva intorno a me. L’unico ragazzo con cui avevo problemi a far lavorare in miei neuroni era lui.
Balbettavo e mi distraevo ad ammirarlo ogni volta che mi parlava. Rare volte, intendiamoci bene.
“Ma sei sorda?!” esclamò, ma scorsi un veloce sorrisino sul suo viso. “La mia camicia. È una settimana che ce l’hai. Me la vuoi ridare o te ne sei pazzamente innamorata?” scherzò, scrutandomi bene il viso.
“Ehm.. è.. a casa mia..”
“Sì, lo so che è a casa tua.” Mi squadrò con quegli occhi grandi e azzurri.
“Cioè.. volevo dire.. te la riporto lunedì, ok?” sussurrai, sorridendo.
Lui annuì e si guardò intorno.
“Spero che sia ancora tutta intera.” Scherzò e sorrise. Sorrise. Madonna, che cazzo di sorriso.
“Sìsì, certo.” Balbettai, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.

In teoria
, la sua camicia era ancora tutta intera; in pratica non lo era. Perchè non sembrava nemmeno la sua.
“Ci vediamo..” si fermò a metà frase, e scrutò qualcosa dietro di me. Mi girai curiosa e scoprii Matt, appoggiato a una parete. Scosse la testa e se ne andò.
Mi rigirai velocemente verso Andrea. Aveva lo sguardo basso e, per un momento, notai un’infinita tristezza nei suoi occhi, prima che li abbassasse.
“Beh.. ci vediamo.” Terminò la frase e se ne andò.
Rimasì lì, imbambolata, senza capire. Mattia e Andrea avevano litigato. Perchè era così. Ne ero sicura. Ma Mattia e Andrea non litigavano mai.
Il suono stridulo della campanella si insinuò nella mia testa.
“Jade!” mi sentii chiamare da qualcuno. Christinne.
Mi schioccò un baciò sulla guancia e mi guardò. “Tutto bene?” domandò, un po’ preoccupata.
“Sì, certo.” Risposi, senza guardarla.
I nostri rapporti non erano migliorati granché, ma capiva comunque quando c’era qualcosa che non andava.
“Allora ci sei domani sera? A casa di Allegra, intendo.”
“Sì.” Le sorrisi. “Andiamo?” domandai subito, prendendola sottobraccio.
L’ultima ora ci aspettava.

 

“Domani sera io vado alla festa di Giò.” Mi avvisò mio fratello, mentre ritornavamo a casa insime.
“Ah.. ok. Io sono a casa di Allegra.”
“Pigiama party tra occhette?” domandò serio, ma lo conoscevo bene da sapere quando scherzava.
“Sì, sicuro che non vuoi partecipare? È la festa che fa per te.” Lo punzecchiai.
Lui rise e scosse la testa sconsolato.
“Hai litigato con Andrea?” la buttai lì, dopo un po’. Lui si fermò in mezzo al marciapiede e poi riprese a camminare.
Sospirò. “Sì.” Sussurrò.
“Come mai?”
“Niente di grave.” Tagliò corto. Mi convinsi anche io che fosse così e non feci più storie.
Arrivati a casa decisi di cucinare qualcosa di semplice dato che non ero brava in cucina e Mattia era molto peggio di me. Optai per la pasta.
Misi l’acqua a bollire e mi appoggiai al tavolo. Ebbi un veloce giramento di testa, ma era una cosa normale per me. Mi assalì la stessa sensazione di soffocamento che ebbi a scuola, lo stesso giorno. Cerca di scacciarla.
“Jade,” iniziò mio fratello. “papà ha detto che per stasera non torna, mamma invece sì.” Finì la frase e si sedette al tavolo davanti a me.
“Ah..” bisbigliai.
“Stai bene?” domandò lui, alzandosi e venendomi incontro, per sorreggermi.
La sua voce mi suonò alquanto fastidiosa e stridula. La eliminai dai miei pensieri e mi aggrappai alla sua felpa. C’era qualcosa che non adava, ma non riuscivo a capire cosa. Avevo la mente offuscata dalla nebbia, non capivo niente.
“Jade! Jade!” lo sentivo pronunciare il mio nome, ma non riuscivo ad aprire la bocca e rispondergli.
Poi, così come era iniziato, il malore sparì. Abbracciai mio fratello, e cercai di scacciare quella sensazione che mi opprimeva. Come se mi impedisse di respirare.
“Stai meglio, piccola?” ora la sua voce mi suonava tranquilla, piacevole.
“s-sì..” bisbigliai, era vero. Ora stavo benissimo.
“Cosa è stato?” domandò ancora, spaventato quanto me.
“Niente.. solo un giramento di testa, tranquillo.” Risposi, cercando di essere convincente. Era così, doveva essere così.
Sorrisi alla fine e mi dissi che era così.
“Ora stai bene, vero?” insistette, con quel visino preoccupato.
“Certo.” Sorrisi ancora, più sincera che mai e gli accarezzai la guancia. Lo facevo qualche volta, era un modo per dimostrargli che lo adoravo da impazzire.
Chiuse gli occhi e sorrise. Poi li riaprì e si avvicinò alla mia guancia e me la sfiorò con le labbra.
Mi incatenò nel suo sguardo verde. “Vuoi sapere perchè ho litigato con Andre?” domandò allontanandosi e sedendosi a capo tavola.
“Sì.” Risposi.                                                                                      
Sospirò. “Vedi..” iniziò, ma fu interrotto dalla melodia del suo cellulare.
Lesse il numero, sbuffò ed uscì dalla cucina.
Per i seguenti trenta minuti restò al cellulare. Ogni tanto lo sentivo che alzava la voce, ma non mi sembrava giusto intervenire.
Rimasi seduta e lo attesi.
Ritornò con gli occhi tristi e con movimenti lenti prese a mangiare la pasta, ormai diventata più che fredda, ma non ci fece particolarmente caso.

“Vado di sopra, devo studiare.” Mi comunicò dopo aver mangiato. Mi lanciò un veloce sorriso e sparì.
Io finii di apparecchiare e andai a guardare la tv.
Mi addormentai mentre passavano il 545483184134° episodio di Beautiful. Non lo seguivo, quel telefilm mi dava la nausea, ma era l’unica cosa che c’era a quell’ora in televisione.
Mi risvegliai che era mezzanotte passata. Con mia grandissima sorpresa, Mattia era in cucina, mangiava la nutella.
“Non dormi?” domandai, sorpresa, sedendomi accanto a lui.
“No, non riesco a prendere sonno.”
“Come mai? Paura del buio?” scherzai
Non rise e sbuffò. “Più grave della paura del buio..” bisbigliò.
“Pene d’amore, eh?” intuii.
“Più o meno.” Finì l’ultima fetta di pane e nutella e appoggiò la testa sul tavolo.
“Io vado a letto..” dissi e mi alzai. Era di poche parole ed era meglio lasciarlo da solo.
“Buona notte.”
“Notte.”

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Capitolo 8
*** L'alcohol scioglie la lingua. ***


Bella gente!
Sì, lo so che vi state chiedendo come mai abbia aggiornato così velocemente! Me lo sto chiedendo anche io. u.u
Scusateeemii, non ho tempo di rispondere ai recensionisti! ç_ç  Ma sappiate che vi ringrazio con tutto il cuore, sono molto importati i vostri pareri, per me. =D
Date un'occhiata al blog e votate il sondaggio. 
Una parola sul capitolo: mi sono divertita a scriverlo. ^^ Spero che vi piacerà. Ditemi, come ormai vi dico sempre, cosa ne pensate!

8. L’alcohol scioglie la lingua.

 

Il giorno seguente mi svegliai presto. Non so perchè, semplicemente non avevvo voglia di dormire.
Mattia invece dormiva come un ghiro. Probabilmente era andato a dormire tardi.
Non lo svegliai, lo lasciai riposare. Pigramente mi trascinai in cucina a fare colazione. Mia madre leggeva una rivista e beveva il caffè, seduta al tavolo.
“Ciao mà.” La salutai e mi sedetti accanto a lei.
“Ciao.” Mi sorrise e cotinuò a leggere. Aveva il viso solcato da qualche ruga, ma era ugualmente bellissima. Aveva i capelli di un biondo un po’ sbiadito, con qualche capello bianco qua e là, ma non si notavano. Nonostante i suoi quarantadue anni, mamma era una donna bellissima.
“Dove hai messo i cereali?” le domando, corrugando la fronte.
“Li ha finiti Mattia.” Mi rispose, senza alzare il viso da quella maledetta rivista.
“Ah..” Che tu sia maledetto, Matt.
“Vai tu a fare la spesa, tesoro? Io devo andare dal parrucchiere.”
“Sì, mamma.” Sospirai ed euscì dalla cucina.
Sì, era una donna meravigliosa, ma pensava sempre a come sistemarsi i capelli, a come tagliarsi le unghie e cose così. Certe volte non la sopportavo.
 
Mamma non si fidava di me, quindi mi dava sempre una lunghissima lista di cose da comprare, diceva che avevo una memoria cortissima.

Salutai qualcuna che conoscevo di vista, nessuno in particolare però.
La prima cosa sulla lista era il caffè, senza il quale mamma non viveva.
Così, un po’ scocciata, feci la spesa per la mia carissima mammina e mi diressi alla cassa. Con mia sorpresa Marco era il cassiere. Lo osservai, mentre lavorava. Come mai era lì? Marco era ricco, non poteva lavorare.
Il mio turnò arrivò. “Ciao.” Mi salutò, con un sorriso.
“Hey.” Ricambiai il sorriso.
“Matt come sta?” domandò, mentre faceva il conto.
“Bene, dorme ancora, penso.” Guardai l’orologio. Erano solo le 11.30. “Ha dormito poco questa notte.” Spiegai.
Lui annuì e mi diede lo scontrino. Pagai e feci per andarmene.
“Ehm.. Jade!” mi girai, sorpresa. “Ho finito il mio turno.. che ne dici di andare al bar qua di fronte?” mi sorrise, un po’ imbarazzato. Sentivo il mio stomaco protestare dalla fame, d’altronde non avevo mangiato niente, quindi accettare mi sembrava la cosa più giusta.
“Certo.”
“Perfetto! Se mi aspetti un secondo, vado a cambiarmi.”
“Sì sì, vai tranquillo.” Gli sorrisi e lo guardai allontanarsi. Ritornò qualche minuto dopo, con il fiatone.
“Io non ho ancora fatto colazione. Che ne dici di una brioche e una cioccolata calda?”
Il mio stomaco acconsentì. “Mi sembra ottimo.” Insieme attraversammo la strada ed entrammo nel bar. Marco salutò qualcuno, la maggior parte gente che conoscevo anche io.
La cameriera, una signora, prese le ordinazioni.
“Allora.. come mai lavori?” gli domandai, con un sorriso.
Lui sospirò, un po’ triste. “Mio padre mi ha diseredato.” Mi disse.
“Oh.. mi dispiace tanto..” balbettai, sorpresa. Lui mi guardò e sospirò ancora.
Giocava insistentemente con il cucchiano della cioccolata.
“Non ti devi dispiacere, in fondo è meglio così.” Mi disse, con tono di voce sicuro. O almeno, voleva sembrare sicuro.
“Beh.. se vuoi parlare..” lasciai la frase in sospeso, ma capì perchè prese un respirò e iniziò a sfogarsi.
“Papà dice che non sono degno di portare il nome della sua famiglia. Non ho mai fatto niente nella vita e bla bla bla. L’unica cosa che so fare è stare al centro dell’attenzione su un palco e fingere di saper cantare.”
Bevve un sorso della cioccolata calda e mi guardò, aspettandosi una mia risposta. I suoi occhi marroncini mi scrutavano un po’ tristi, anche se non voleva darlo a vedere.
“Ma non è assolutamente vero! Tu sei bravissimo, canti da dio.” Mi complimentai con lui, un po’ scandalizzata da quello che suo padre aveva avuto il coraggio di dirgli.
“Mio padre non la pensa così, allora.” Disse, amaramente.  “Mia madre invece, preferisce mia sorella. Una donna matura e sicura di sè che farà carriera, non come quello sfaticato di mio figlio.” Moderò un po’ la voce per assomigliare a sua madre e il risultato fu che tutti e due iniziammo a ridere.
“E ora che farai?” gli domandai.
“Sinceramente?” fece una pausa. “Non so nemmeno dove andrò a vivere. È già tanto se ho trovato questo lavoro.” Confessò, a capo chino.

“Puoi venire a stare da noi.” Gli dissi, con un sorriso. A Mattia di certo non gli avrebbe dato fastidio, anzi.
“Non voglio disturbare..” bisbigliò.
“Non disturbi. Lo sai che sei sempre stato il benvenuto a casa nostra.” Mi affrettai a dirgli. Non lo conoscevo bene, ma sentivo il dovere di aiutarlo, dopo l’ingiustizia che aveva subito da parte dei suoi genitori.
Lui mi guardò con gratitudine. “Grazie mille, Jade.” Sussurrò.
Io feci spallucce. “E’ il minimo.”
“Però.. ti chiedo solo un favore..”
“Dimmi pure.” Dissi io, finendo la cioccolta e fiondandomi sulla brioche. Morivo di fame.
“Quando viene Christinne a casa tua, dimmelo, così esco.”
Io annuì, anche se un po’ sorpresa. “Come mai?” non mi trattennii a fargli la domanda.
“Non mi va di vederla.. sai, dopo quello che ha fatto.. fa male.” Sussurrò, passandosi una mano tra i capelli.
“Oh.. capisco.”
“E tranquilla, non porterò a casa tua Marie!” esclamò, per risollevare un po’ il morale.
Io risi e gli ringraziai. “Anche perchè.. non penso di aver voglia di vederla ancora.” Fece una smorfia divertente.
“Come mai?” domandai curiosa.
“E’ troppo.. rosa!” esclamò e rise.
“Lo dico spesso anche io.” Scherzai e ridemmo insieme.
Marco era più simpatico di quello che mi ero immaginata.
“Io e Christinne ci siamo fatti del male a vicenda.” Ritornò serio, mentre pronunciava quelle parole. E sentivo che faceva male, faceva male pronunciarle.
Annuii, abbassai il capo e sospirai. Avrei tanto voluto chiedergli perchè lui e Christinne si erano lasciati, ma capii che non era il momento giusto, anche se la curiosità era troppa.
“Beh.. si è fatto tardi e io devo andare. Salutami tanto tuo fratello.” Disse, alzandosi. “Ah.. ma cosa dico! Lo vedo stasera alla festa!” esclamò, tirandosi un leggero ceffone sulla fronte, e sorridendo.
Mi alzai anche io. “Quando vuoi, vieni da noi.” Gli ricordai, ci tenevo.
“Certo.. certo.” Disse sbrigativo.
Intuii che gli costava tanto farsi aiutare da altri.
“Beh.. allora.. ciao!” mi salutò, baciandomi la guancia e abbracciandomi leggermente. Io ricambiai e lo guardai uscire dal bar.
Sul tavolo notai due banconote da dieci. Mi aveva lasciato i soldi per pagare il conto, nonostante tutti i problemi che stava attraversando. Sorrisi e lasciai i soldi lì.
Una volta uscita dal bar, mi incamminai verso casa.
Era già mezzogiorno e mezzo e mamma mi aspettava da un pezzo.
“Ma sei andata su Marte a fare la spesa?” mi rimproverò, appena mi vide entrare in casa.
“Ho incontrato un amico.” Mi giustificai e salii le scale, lasciando mamma a blaterare da sola.
All’ultimo cambiai traiettoria; invece di andare in camera mia andai in quella di Mattia. Era alla scrivania, probabilmente era al computer.
“Hey.”
“Oi, piccola.” Mi sorrise e si voltò verso di me.
“Ho incontrato Marco, prima.” Lo informai, andando a sedermi sul letto, ancora disfatto. “Per qualche giorno viene a stare da noi.”
“Glielo avevo proposto anche io, ma non aveva accettato. Com’è che con te ha detto subito di sì?” commentò, un po’ offeso.
Io risi. “Eh, il mio fascino conquista tutti.” Scherzai. Lui scosse la testa e venne accanto a me. Mi baciò la guancia.
“Ha chiamato qualcuno, ti voleva.” Mi disse.
“Chi?”
“Boh,” fece spallucce “non ha detto il nome. Ha solo detto che doveva assolutamente parlarti.”
“Ok..”
“Non è che mi nascondi una relazione segreta?” scherzò Matt.
Io mi alzai dal letto e sbuffai. “E anche se fosse?” sorrisi e uscì dalla stanza.

 
Sera venne presto e mi preparai per andare da Allegra.
“Jade!” mi chiamò Matt. Uscii dal bagno e mi fermai sulle scale. Lui era giù, che si metteva il giubbotto. “Io vado alla festa. Non so quando torno, quidni ho preso le chiavi.” Mi mostrò il mazzo di chiavi.
Io annuii. “Fai il bravo, Matt. Non ti ubriacare.” Gli raccomandai e lui sbuffò.
“Casomai ti chiamo.” Mi assicurò ed uscì.
Ritornai in bagno, misi apposto la spazzola e uscii.
“Mamma, io vado!” la avvisai, mentre mi mettevo il giubbotto.
“Va bene, tesoro. Stai attenta.” Mi schioccò un bacio sulla guancia e mi lasciò andare.
Per prima cosa, a casa di Allegra, ci riempimmo di nutella. Decisamente, fino allo sfinimento.
“Fa venire i brufoli.” Feci notare alle due.
Christinne annuì. “E fa ingrassare.” Parlò a bocca piena e si beccò la sgridata di Allegra.
Poi c’era il momento Cinema. Optammo per un film horror. Una storia che narrava di un po’ di ragazzi che si ritrovavano per puro caso in un bosco pieno di ombre cattive cattive con uno che li seguiva e voleva farli a pezzettini e poi prendere i loro cuori. Questo tizio mi sa che collezionava cuori di ragazzi. Bleah. Orribile.
E non fu un’ottima idea. A metà del primo tempo io e Allegra non guardavamo più, mentre Christinne era tutta presa dal sangue di quelle povere persone.
In ogni caso, il bello venne dopo l’inizio della seconda parte.
“Mi viene da vomitare.” Sussurrò Allegra.
“Sì, anche a me.”
“ok, vado a vomitare.” E corse in bagno.
Sentii il cellulare vibarmi nella tasca e lo presi in mano. Non conoscevo il numero ma accettai ugualmente.
“Pronto?”
“Jade?” la voce era confusa, c’era un sottofondo di musica e di voci che si parlavano una sopra l’altra.
“Sì, chi parla?” mi informai, cercando di capirci qualcosa.
“Sono Marco, Jade.” Mi rispose.
“Ah, Marco!” fui contenta di sentirlo.
“Tuo fratello è pazzo, non sa più nemmeno come si chiama.”
Io sbuffai e sentii la rabbia crescere. Mi aveva detto che non l’avrebbe più fatto.
“Ma sta bene?”

“Bene è una parola.” Chiusi gli occhi e cercai di calmarmi. Mi aveva giurato che non l’avrebbe mai più fatto.
“Arrivo.” Buttai il cellulare nella borsa e uscii dall’appartamente di Allegra. Mi fiondai, a piedi, a casa di quel Giò. Uno della scuola, il solito fighetto da due soldi; non mi stava particolarmente simpatico, però era un amico di Mattia.
Corsi fino a casa sua e rallentai solo quando sentii la musica a palla.
L’indomani i vicini si sarebbero lamentati. Poveri i genitori di Giò.
Entrai e cominciai a cercare Marco e Mattia.
“Jade!” mi girai di colpo e Marco mi sorrise, anche se un po’ teso.
“Dov’è mio fratello?” gli domandai subito. Lui cambiò espressione.
“E’ uscito con una. Non so chi sia.”
“Cazzo.” Imprecai e mi sedetti sul divano.
“Aveva smesso però.” Osservò Marco, sedendosi accanto a me.
“Sì, ma a quanto pare non l’ha fatto.”
“Non penso che si faccia regolarmente. Stasera gliel’ha offerta Giò e lui era già andato per colpa dell’alcohol, quindi non è stato in grado di rifiutare.”
Mi coprii il volto con le mani. “Me l’aveva promesso.”
“Dài, su su.” Mi abbracciò, e trovai quell’abbraccio estremamente caldo e piacevole.
Guardai l’orologio appeso sulla parete. “Devo andare. Se lo senti chiamami, ok?”
“Certo.” Mi sorrise e si allontanò.
Io, a grande fatica, uscii da quella casa di pazzi.
Inciampai in qualcosa, o meglio, qualcuno. Quei riccioli mi sembravano familiari e girai il corpo del ragazzo a faccia in su.
Era Andrea.
Era tutto sudato e aveva la fronte corrugata. I vestiti puzzavano di fumo e alcohol messi insieme. Lo issai su e cominciai a trascinarlo via da lì.
Avevo perso di vista mio fratello, almeno potevo salvare Andrea.
“Tuo fratello mi odia.” E rise.
“Wow.” Commentai, poco interessata.
“No, sul serio.” Rise ancora.
“Tu stai delirando.”
“Sarà il fumo.” Buttò la testa indietro.
“No, sarà l’alcohol, bello.”
“Sì, lo so che sono bello.”
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. Era andato. Però almeno riuscivo a parlargli normalmente, senza balbettare o roba del genere.
Avrei dovuto vederlo più spesso da ubriaco.
“Dove sono le chiavi di casa tua?”
“Mi porti a casa?”
“Sì.”
“Wow, scopiamo?” la sua faccia stanca si aprì in un sorriso da ebete.
Io alzai gli occhi al cielo e mi ripetei che era ubriaco e che non sapeva cosa stesse dicendo, povero scemo. Non dovevo prenderlo a schiaffi.
“No, non scopiamo.”
“Uff, che peccato!” esclamò e cadde a terra, trascinandomi con lui.
Mi rialzai velocemente e lui fece lo stesso, anche se ci impiegò un po’.
Riprendemmo a camminare.
“Allora? Queste chiavi?” gli domandai.
“Quali chiavi, bellezza?” era sinceramente confuso. Ecco perchè io non bevevo mai.
Dovevo ammettere, però, che era bello da morire anche da ubriaco.
“Lascia stare. Ti porto a casa mia.” Decisi sul momento. Sicuramente aveva perso le chiavi o le aveva lasciate a casa di Giò. La
soluzione migliore era portarlo a casa mia. Con un po’ di fortuna mamma non si sarebbe svegliata.
Mattia, invece, pensai che sarebbe ritornato tardi l’indomani, quindi non ci sarebbe stato nessun problema. Andrea se ne sarebbe andato non appena fosse stato capace di cammianre con le sue gambe.
“Lo vuoi sapere un segreto?” mi sussurrò all’orecchio. Disgustoso, sapeva di birra.

“Sentiamo.”
“Hai un culo della Madonna.” Sgranai gli occhi e balbettai qualcosa, anche se in fondo ero sicura che fossi arrossita.
“Pervertito. Cazzo mi guardi il culo?” stetti al gioco.
“Lo vuoi sapere un altro segreto?”
“C’entra ancora il mio culo?” domandai scettica, anche se divertita da tutto quel battibecco.
“No, no.” Disse, scuotendo la testa e singhiozzando. Perfetto, anche il singhiozzo.
“Allora parla.”
“Io e tuo fratello abbiamo litigato.” Bisbigliò e sorrise.
“Perhè?” decisi di fare la finta tonta. Ecco il momento di scoprire la verità. In quelle condizioni Andrea mi avrebbe detto qualsiasi cosa gli avessi chiesto.
“Na, na. Non te lo posso dire. È segreto.” Sussurrò ancora. Lo avevo sottovalutato, allora.
Sbuffai e aprii la porta di casa mia, cautamente. Portai, con grande, grandissima, immensa fatica, di sopra, in camera mia, Andrea.
Per fortuna mamma non si accorse di niente. Lo sistemai sul letto e scesi per prendergli un bicchiere di acqua.
“Bevi và.” Gli consigliai.
“Grazie, dolcezza.”
“Smettila di chiamarmi dolcezza.”
“Ti da fastidio, dolcezza?”
Alzai gli occhi al cielo. Non riuscivo ad essere incavolata con lui, nelle condizioni nelle quali si trovava faceva tanta, tantissima pena.
Bevve tutto d’un sorso l’acqua e si risistemò comodamente sul letto. Chiuse gli occhi. io feci per uscire dalla stanza quando la sua voce mi chiamò.

“Ehi, e il bacio della buona notte?” mi girai, sbuffando.
“Non te lo meriti.” Scherzai.
“Perchè?”
“Guarda come stai messo.”
“Eddai.” Mi implorò. “Guarda che mi metto a urlare.” Mi avvisò ed era serio. L’unica cosa che volevo era mia madre che scopriva Andrea in camera mia, nel mio letto.
Mi trascinai verso il letto e gli sfiorai la guancia con le labbra. Credetti di svenire sul momento.
“Contento?” continuai a sostenere quell’aria indifferente.
“Mmm.. hai qualcosa qui.” Mormorò.
“Dove?”
“Qui, sulla guancia.” Mi toccò la guancia, aveva un’epressione serissima in volto.
“Ma dove?” continuavo a sfregarmi la guancia.
“Qui.” Ripetè e mi attirò al suo volto. Sentii il suo respiro, ora un po’ meno puzzolente di alcohol e sigarette, sulle mie labbra.
Sorrise, sembrava così sobrio, e mi accarezzò la guancia. “Ecco, è andato via.” Mi soffiò in faccia. Io deglutii e ordinai al mio corpo di andare via, ma non mi ascoltava.
Si avvicinò ancora di più e mi sfiorò le labbra con le sue. Il cuore prese a martellarmi il petto. Girava tutto, oddio.
Era ubriaco. Era ubriaco. Era ubriaco! Non poteva sapere quello che stava facendo.
Continuavo a dirmi questo, mentre l’azzurro dei suoi occhi si confondeva con il mio.
Poi chiuse gli occhi. Bisbigliò qualcosa di poco comprensibile e iniziò a respirare regolarmente.
La sua mano, quella con cui mi aveva accarezzato il viso, cadde sul letto.
Sgranai gli occhi e mi allontanai velocemente e indignata.

Si era addormentato!
Uscii dalla stanza, senza far rumore. Decisi di dormire nella stanza di mio fratello, dato che lui era chissà dove con chissà quale ragazza.
Ero in pensiero per lui, ma il bacio di Andrea non mi dava tregua. Continuavo a ripassare ogni secondo di quella scena. Il cuore non
aveva ancora smesso di tormentarmi il petto.
Era ubriaco, certo. Non dovevo illudermi. Prima cosa.
Seconda cosa: mio fratello non doveva scoprirlo. Avrebbe ammazzato Andrea.. e poi me.
Il cellulare vibrò. Guardai lo schermo e accettai la chiamata.
“Jade.”
“Christinne.”
How are you?” tentò un’inglese poco probabile.
“Sì dice Where are you? , ignorante.”
La corressi.
“Stessa cosa. Dove sei?”
“A casa.”
“Perchè?” domandò.
“Perchè sì.”
“Cosa mi nascondi, bella?” indagò. Risi divertita.
“Andrea è nel mio letto. Dorme. È ubriaco marcio e delira sempre, mentre mio fratello è chissà dove con una tipa.”
“Aspetta, aspetta, aspetta. Metto il vivavoce. Allè! Senti senti.” Alzai gli occhi al cielo, divertita.
“Ha detto che Andrea è nel suo letto.” Spiegò ad Allegra.
“Ha bevuto?” sussurrò lei, cercando di non farsi sentire da me.
“Ti ho sentita!” la rimproverai.
“Non ho detto niente, io.”
“Il punto è che Andrea è nel suo letto.”
Se è nel suo letto.” Precisò Allegra.
E’ nel mio letto!” esclamai io, offesa perchè non mi credeva.
“E com’è?” chiese Christinne, tutta curiosa.
“Ubriaco.”
“Fico!” esclamò lei.
“Ma cosa fico?!” gridai io. “Quello mi ha appena baciata! Sta delirando! Anzi, io sto delirando. Mi stava venendo un’infarto, Dio!” confessai.
“Cosa?!”
“Ma sei sicura che non hai bevuto?” domandò Allegra, ancora scettica.
“Ti ha baciata? Come? Quando? Dove? E perchè?”
“Vi spiego domani. Ora vado.”
“Domani mattia presto siamo da te. Baci.”
Detta l’ultima frase, Christinne attaccò.

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Capitolo 9
*** Andrea era strano, Alex era gay e papà era tornato. ***


Buuuuuoona seera a tuttii ^__^
Posto stasera perchè sono di buon umore u.u
Ringrazio ai recensionisti *__* :

 95_angy_95: eii ^^ no, non mi ricordo di aver cambiato nome della storia o_o xD comunque grazie e ho riferito a Mattia quello che hai scritto e lui ti ringrazia ^__^ xD no vabbè, grazie e pero di vedere altre tue recensioni (: un bacio.

 XXX_Ice_Princess_XXX: hahaha x) nei prossimi capitoli scopriari il motivo della litigata (: essìì Andrea sarà un donnaiolo sempre nella storia, mi piace così u.u
che ne dici? ho aggiornato abbastanza velocemente? (:

 Eky_87: mi dispiace ma Mattia non ha scoperto Andrea nel letto di Jade, anche se ci avevo fatto un pensierino x) grazie mille ed eccoti il capitolo! ^^

 Emildrago: hahah beh grazie! xD per me anche quattro recensioni sono un'emozione! xD grazie dei complimenti, spero che continuerai a seguire (:

Volevo ringraziare di cuore a chi continua ad aggiungere la storia tra le seguite e tra i preferiti =) GRAZiE! E ovviamente anche a chi legge e basta. Siete davvero in tanti, però mi piacerebbe sentire anche cosa ne pensate.. ^^
Buona lettura. ^__^

Il BLOG *o* Daaaii, votatee il sondaggioo!

9.

Andrea era strano, Alex era gay e papà era tornato.

 

“Guardatelo, sorride. Chissà cosa sta sognando..!”
“Io un’idea ce l’avrei..” borbottò Allegra.
“Sembra un’angioletto!”
“Shhhh.” Le zittì.
Andrea dormiva beatamente nel mio letto, con un sorrisino da angioletto, che non avevo mai visto sul suo volto.
“Fosse così anche da sveglio..!” esclamò Christinne, con un lungo sospiro.
 Allegra alzò gli occhi al cielo. “Questo qui, è tutt’altro che angelo.”
“Secondo me c’è un lato buono nel suo profondo cuoricino.” Recitò Christinne, con voce piena di commozione, come solo gli attori sapevano fare.
“Scommettiamo che non si ricorda nemmeno di aver baciato Jade?” la provocò Allegra. Voleva a tutti i costi dimostrare a Chris che Andra non era buono.
“Secondo me se lo ricorda. Si dice che da ubriachi si fanno cose che da sobri non si ha il coraggio di fare.”
“Ma per favore..!” esclamò Allè, mentre sbuffava.
“Si sta svegliando!” continuò Chris, mentre guardavamo Andrea, aprire lentamente gli occhi.
“Fuori! Andate fuori!” le spinsi con la forza fuori dalla stanza. Richiusi la porta alle mie spalle e ritornai a guardare Andrea.
Era mattina presto, le 8.30. Matt non era ancora tornato, per fortuna, anche se ero preoccupata per lui.
Bisbigliò qualcosa senza un senso preciso e poi si tirò su di colpo e si guardò intorno, poi si soffermò sulla mia figura. Ero appoggiata alla porta, con le braccia incrociate al petto, e cercavo di sorridere, nonostante fossi ormai entrata in trans. L’Andrea sobrio mi faceva un tutt’altro effetto di quello ubriaco. E poi, avevo paura che si ricordasse il bacio e lo considerasse un errore, uno sbaglio. Anche se, in cuor mio, speravo che mi dicesse che l’aveva fatto perchè lo desiderava veramente.
“Buon giorno.” Sussurrai. Lui continuò a scrutarmi senza dire niente. “Come ti senti?” gli domandai, per incitarlo a dire qualcosa. I suoi occhi chiari si incatenarono nei miei.
“Cazzo.” Disse soltanto e si alzò dal letto. Poi emise un lamento.
“Vuoi qualcosa per il mal di testa?”
“C’è tuo fratello?” domandò, ignorando la mia domanda.
“No, tranquillo.” Risposi, diventando un po’ impaziente.
“Ehm.. posso.. posso farti una domanda?” balbettò, guardandomi smarrito. Così mi faceva tenerezza, però. Non riuscivo a resistergli.
“Dimmi.”
“Cosa.. cosa ci faccio qui?” allora non si ricordava niente. Perfetto. Quel bacio era stao solo uno stupido errore. E io che avevo sperato in qualcosa..
“Ieri sera ti ho portato via da quell’inferno.”
“Ah.. da Gio.”
“Sì, da Gio. Eri sulle scale, per terra, che non ti ricordavi nemmeno come ti chiamavi. Mi dispiaceva lasciarti lì..” abbassai il capo,
rossa in viso.
“Ah.. beh.. grazie.” Ritornai a guardarlo, e lo trovai a sorridermi leggermente.
“Di niente.”
“Ehm.. è meglio se vado. Se mi vede qui tuo fratello mi scanna vivo.” Scherzò, ma c’era qualcosa di serio in quelle parole.
“Senti.. perchè avete litigato?” fui diretta. Volevo saperlo. Insomma, quando mai Mattia e Andrea litigavano? Mai. Quindi c’era sotto qualcosa e io volevo saperlo. Non mi piaceva veder stare male mio fratello. E, ovviamente, anche Andrea stava male, si vedeva.
Lui abbassò il capo. “Non credo che sia la cosa giusta, dirtelo.”
“Perchè?” domandai sorpresa.
“Tuo fratello non vuole.”
“Ah..”
Sentii il suo stomaco fare strani rumori, lui mi guardò e scoppiò a ridere, lo stesso feci anche io.
“Vuoi mangiare qualcosa?”
“Disturbo?”
“Certo che no. Tanto a casa  non c’è nessuno e” feci una pausa e urlai. “le mie amiche adesso devono andare via.” Ero sicura che avessero capito.
Gli sorrisi e lui fece lo stesso.
“Usciamo, dai.” Aprii la porta e lo feci uscire per primo. Sapeva dov’er la cucina, quindi scese le scale e svoltò a sinistra. Si sedette e aspettò che io preparassi la colazione.
“Cosa vuoi mangiare?” gli domandai, sentendomi un po’ impacciata.
“Oh.. qualsiasi cosa va bene.” Mi sorrise, scoprendo i bellissimi denti, bianchi.
“Cereali?”
“Perfetti.”
Annuii e iniziai a scaldare il latte. Mi tremavano le mani e mi sentivo il suo sguardo addosso. Lui era tranquillo, io un po’ di meno.
“Bleah.. puzzo di fumo.” Esclamò poco dopo, schifato.
“Anche di birra.” Precisai io, con un sorriso.
Gli misi davanti il piatto con  il latte e i cereali. Lui rise, prendendo la mia affermazione come una battuta, e si versò i cereali nel latte.

Lo stesso feci anche io, senza guardarlo. Dio, tutti quei sorrisi mi facevano impazzire. Avevo il cuore a mille. Pensai che sarebbe scoppiato.
Mangiammo in silenzio, un po’ imbarazzante direi, ma lui non sentì l’imbarazzo. Era perso nei suoi pensieri. Aveva gli occhi persi
nel vuoto, e si ricordava di mangiare solo quando io facevo qualche rumore con il cucchiaio e lo rosvegliavo.
“Senti.. è meglio se non dici a Mattia..”
“Ho capito, tranquillo.” Gli risposi e gli sorrisi. L’atmosfera si stava facendo sempre più pesante.
“Ehm.. io vado, è meglio.” Disse, non finendo nemmeno la colazione.
“Oh.. v-va bene..” balbettai, un po’ delusa. Stavo cominciando ad abituarmi alla sua presenza.
“Grazie, di nuovo, per ieri sera.” Non mi guardò in faccia, non mi sorrise nemmeno.
Prese il suo giubbotto e si avviò alla porta. Stava per chiudere la porta quando si fermò all’improvviso e ritornò indietro. Si fermò davanti a me.
Mi guardò negli occhi e sorrise. Io abbassai il capo, incapace di reggere quello sguardo, che tanto mi sembrava carico di sofferenza. Mi sfiorò la guancia con le labbra e uscì.
Io rimasi lì, impalata come una cretina. Mi toccai la guancia e sorrisi. Non so perchè lo fece o a cosa pensasse mentre lo faceva, ma quel bacio mi fece sentire una principessa, più di quello della sera prima.
Credo che Andrea non avrebbe mai baciato Ugly Betty, no? Ciò significava che non lo pensava più. Che io non ero più Ugly Betty. E davvero. Io non lo ero più da tempo.

 

Finii la mia colazione che ancora pensavo ad Andrea e non mi accorsi che sulla soglia della porta della cucina c’era Mattia che mi fissava. Aveva lo sguardo serio, ma pentito. Lo riconoscevo sempre.
Lo guardai negli occhi. delle profonde occhiaie circondavano i suoi occhi verdi.
“Siediti.” Gli dissi, facendogli segno di sedersi davanti a me. Spostai il piatto più in là e incrociai le braccia.
“Dove sei stato?” gli domandai, calma. Lui abbassò gli occhi e si mise le mani nei capelli.
“Ho passato la notte con una che nemmeno conosco. Era strafatta.” Confessò, con voce lagnosa.
Non mi fece pena. In quel momento lo odiavo.
“Anche tu eri stafatto, Matt.” Gli feci notare. Lui alzò gli occhi e mi fissò allarmato. “Ieri sera mi ha chiamato Marco per venirti a prendere perchè eri in uno stato pietoso. Sono andata lì e non c’eri, per poi sentirmi dire che tu hai ricominciato a farti.” Parlai, pacata, anche se la voce mi tremava leggermente.
“Jade..” iniziò lui.
“No, Matt. Non voglio scuse. Voglio sapere perchè hai ricominciato? Vuoi che mamma e papà ti mandino davvero in uno di quei centri per drogati? Perchè se è così, glielo diciamo insieme e loro fanno il loro dovere.”
“Jade, ti prego..” si prese la testa fra le mani e non mi guardò più.
Sospirai, sentendo gli occhi pizzicarmi. “Io ci tengo a te, lo vuoi capire? Mi avevevi giurato di aver smesso!” iniziai ad alzare leggermente la voce, per cercare di mascherare la voce penosamente tremante, dalla rabbia e dalle lacrime che da lì a poco sarebbero uscite.
“Io ho smesso!” si decise a dirmi, dopo un po’. Urlava anche lui. Aveva uno sguardo disperato.
“Matt.. che cosa ti succede in questo periodo?” gli domandai, rassegnata. Allungai la mano per afferrare il suo pugno stretto, sul tavolo. Si scansò brusco e guardò altrove.
“Io non ho ricominciato a drogarmi, Jade, credimi, ti prego. Ieri sera non ho resistito, tutto qui.”
“Tutto qui? Matt, ma non capisci che se non sei in grado di resistere a quella roba vuo dire che non hai mai smesso?” stavo male, malissimo. Non volevo rivivere certi momenti con lui. Matt aveva smesso di prendere quella roba da un anno. Avevamo passato e superato l’inferno insieme. Avevo lottato con lui, contro mamma e papà, perchè non lo mandassero in un centro per drogati. L’avevo aiutato a smettere. E lui ora mi ripagava così. Non ci vedevo più dalla rabbia.
“Io sono in grado di resistere, Jade!” mi urlò in faccia. Chiusi gli occhi, per non rivedere quegli occhi verdi che si stavano sbiadendo.
“Tu non capisci quello che sto passando. Non lo capirai mai, cazzo. Fai uno sforzo di capire qualcosa, senza che siano gli altri a dirti tutto. Sei così ottusa, Dio..!” mi sputò in faccia quelle parole. Me le sputò senza fare nemmeno una pausa e pentirsene. Abbassai il capo; allora era tutta colpa mia se lui aveva ripreso a drogarsi. Era così.
“Jade.. io..” provò a scusarsi, ma era troppo tardi. Iniziai a singhiozzare silenziosamente e mi coprii la faccia con le mani. Non volevo vederlo.
“S-scusami, dai. Lo sai che non lo penso veramente..”
Poi, mi resi conto che non ce l’avevo con lui. Avevo semplicemente paura. Paura che la droga me lo portasse via. L’anno prima, quando si faceva, capitava spesso di litigare così furiosamente. Lui iniziava a delirare e non la finiva più.
Non volevo rivivere quegli incubi.
Mi alzai in piedi, asciugandomi le lacrime e mi trascinai da lui. Lo abbracciai senza dire niente. Lo sentii ricambiare. Incastrò il viso nell’incavo del mio collo e sospirare.
“Promettimi che smetterai, anzi, giuramelo.” Bisbigliai. Captai nella mia voce un pizzico di disperazione.
“Te lo giuro. Te lo giuro..” soffiò.
Restammò abbracciati così per un po’. Sentivo, però, che la colpa di tutto il suo malessere era mia e non sapevo come rimediare.
Lui si allontanò e mi persi nel verde dei suoi occhi.
“Insieme ce la faremo, vedrai.” Lo incoraggiai, con un sorriso. I suoi occhi tristi si abbassarono.
“Drogarmi.. drogarmi mi fa stare bene, Jade. Capisci? C’è una parte di me che mi ordina di ricominciare.”
“E Matt cosa vuole?”

“Voglio vivere. Non voglio ammazzarmi con quella roba.”
“E allora vedrai che non avrai problemi. Matt ha più buona volontà di quella piccola parte cattiva.” Dissi, e gli accarezzai la guancia.
Lui annuì, distratto. “Vado a farmi una doccia.”
“Ok.” Mi scostai e lo lasciai andare a lavarsi. Lo sentivo diverso. Avevo paura di non rivedere mai più il Mattia di sempre. Quello con gli occhi verde speranza che gli lucciccavano dalla gioia.
Sospirai e mi presi la testa tra le mani.
Di nuovo quella sensazione di smarrimento. Avevo caldo, terribilmente caldo. Mi tolsi la felpa, nella speranza di ritornare a stare bene. Ciò non servì a niente. Mi bruciavano gli occhi.
Cominciai a dimenarmi, alla ricerca di un po’ d’ossigeno da respirare, ma non lo trovavo, non c’era.
“Jade! Mi porti l’accappatoio, per favore?” gridò Matt, dal bagno. La sua voce ebbe la forza di calmare l’inferno che mi stava schiacciando. All’improvviso stavo nuovamente bene, anzi benissimo.
Salii di corsa le scale, presi l’accappatoio ed entrai in bagno. Matt si stava togliendo la maglietta, quando entrai. Non ci feci particolarmente caso, non era la prima volta che lo vedevo così. Tante ragazze, al posto mio, sarebbero svenute.
Dovevo ammettere che aveva un bel corpo, da calciatore. I muscoli marcati, ma non eccessivamente. Aveva una tartaruga perfetta.
“Che fai? Arrossisci?” mi prese in giro.
Io mi guardai allo specchio e mi resi conto che avevo le guancie rosee. Ero davvero arrossita.
Ma che cavolo mi stava succedendo? Sentii la sua risata diffondersi nella stanza.
“Io.. ehm.. vado..” balbettai, vergognandomi di quella reazione un po’ esagerata.
Dio, avevo 17 anni e non era la prima vola che vedevo un ragazzo mezzo nudo. Certo che no. Non ero una ragazzina. Perchè Mattia
era così dannatamente bello?!
Sbuffai e mi sedetti sulle scale. Mi rialzai subito, ricordandomi che avevo da studiare per una verifica. Andai in camera mia e passai il pomeriggio concentrata sui libri, un po’ per distrarmi da Andrea e un po’ per non ricordarmi la brutta situazione di Mattia.
Verso tardo pomeriggio il campanello suonò. Mattia dormiva; aveva detto che era stanco, vista la nottata passata, e voleva riposarsi.
Chiusi il libro di storia ed andai ad aprire. Alex era davanti a me con un’espressione confusa e spaventata in volto.
Lo feci entrare e lui si sedette sul divano.
“Ehm.. quale buon vento..” scherzai.
“Ti devo confessare una cosa.” Mi interruppe e mi fissò con quegli occhi ancora da bambino. Aveva la mia stessa età, ma sembrava ancora un quattordicenne insicuro della vita. Mi faceva così tenerezza.
“Dimmi tutto, cugino.” Mi sedetti accanto a lui e aspettai la sua confessione.
“Jade.. io.. penso di essere.. gay.” Sussurrò, terrorizzato.
“Eh?!” urlai, spaventando tutti i vicini della via, credo. Lui mi tappò la bocca con una mano.
“Che cazzo ti urli, cretina!” mi rimproverò.
“Hai ragione, scusami.” Feci una pausa. “Ma tu non puoi essere... gay, tesoro. Tu stai con Christinne.” Gli feci notare, con più calma.
“Ho appena baciato un ragazzo.” Mi disse, sicuro. Io sgranai gli occhi e mi schiarii la voce.
“Come hai appena baciato un ragazzo?” gli domandai, cercando di non urlare, anche se ero un bel po’ scioccata.
“Sì, hai capito bene. Vuoi sapere chi è?” mi domandò, con un sorrisino.
“Se proprio ci tieni..” mormorai, ancora sorpresa.
“Gio, quello del quinto anno. Sai chi è?”
“Coooosa?” urlai, scandalizzata. “Gio è gay?!”
“Ehm.. a quanto pare sì. Però non ti scandalizzare così; quello scioccato dovrei essere io, non credi?” mi fece notare, un po’ offeso.
Mi ricomposi e mi preparai ad ascoltare il suo discorso.
“Dimmi come è successo.”
“Ci siamo beccati in giro e abbiamo deciso di fare una passeggiata al parco. Abbiamo parlato un po’ ed è successo così, all’improvviso.” Aveva gli occhi altrove, a quel momento. Lo stava rivivendo, emntre me lo raccontava. Aveva gli occhi lucidi e la voce gli tremava.
“E tu cosa hai provato?” gli domandai, infine, per cercare di capire se mio cugino era gay.
“Come cos’ho provato?” chiese, senza capire, con que faccino da perfetto rimbambito.
“Massì.. mentre vi.. baciavate.. cosa hai provato?” feci fatica a ripetere la domanda. Non riuscivo a registrare mio cugino gay. Anche se certe volte mi era venuto il dubbio.
Una volta l’avevo sorpreso a truccarsi, ma eravamo piccolini e non sapevo nemmeno cosa significava la parola omosessuale.
“Sono stato bene. Non è come baciare una ragazza. Ho provato qualcosa di.. indescrivibile, Jade.” Mi confessò, con il capo chino.
Mi grattai la fronte, cercando le parole giuste da dirgli.
“E tu cosa temi, Alex?”
“Che io sia gay.” Mormorò.
“Non c’è di che aver paura. Tu sei stato bene  con Gio?”
“Sì.”
“Ti sei pentito del bacio?”
“No.”
“E allora? Non scegliamo noi chi essere. Siamo e basta. Sei omosessuale, punto. Non devi aver paura di niente e nessuno. La gente, beh la gente ovvio che mormora, ma se tu stai bene così imparerai a fregartene.” Gli sorrisi. Lui ricambiò, sembrava più tranquillo.
“Come bacia Gio?” gli domandai, non riuscendo a trattenere la curiosità. Lui mi guardò sorpreso e poi rise.
“Bene!” mi rispose.
“Io lo sapevo!” sentimmo esclamare a qualcuno. Ci girammo in contemporanea verso le scale, dove mio fratello stava in piedi e a stento tratteneva le risate. Alex arrossì.
“Hai origliato?!” gli urlai contro, alzandomi per rincorrerlo.
Lui rise e iniziò a girare intorno al tavolo.
“Tu non hai sentito un bel niente, Matt.” Lo avvertii, minacciandolo.
“Oh, io ho sentito tutto, invece!” esclamò, cercando di scappare in cucina. Lo seguii, correndogli dietro. Mi stupii della mia velocità. Senza fermarmi gli salii sulle spalle. Lui si sbilanciò e per poco non cadde per terra. Ridemmo e, sempre in quella posizione, ritornammo in sala, da Alex.
Sul divano  non c’era nessuno, però. Solo un bigliettino. Scesi dalle spalle di Matt e andai a leggerlo.

 

Grazie per i consigli, cugina. Gio mi ha chiamato, sto andando da lui. Usciamo insieme!
Metti ordine in quella testolina e scegli uno dei due, ok? (:

 Mi soffermai parecchi minuti sull’ultima frase. Ma che voleva significare?
 Non capivo. Fra chi dovevo scegliere?
“Cosa leggi?”
Nascosi il bigliettino alle mie spalle e sorrisi a Matt. “Niente! Alex è andato da Gio. Escono insime.”stropiciai il bigliettino e lo feci a pezzettini.
A scuola gliel’avrei chiesto, cosa volesse intendere con quella frase.
Matt mi guardò con sospetto ma non mi chiese niente. Andò in cucina per prendersi da mangiare. Quello aveva perennemente fame.
Ancora una volta il campanello suonò e io andai ad aprire.
Quasi mi mancò il respiro alla vista della figura che mi si presentava davanti.
Aprii la bocca per dire qualcosa ma non ne uscì alcun suono.
L’uomo sorrise, un sorriso un po’ tirato e triste, ma lo stesso sorriso dei miei ricordi. Gli stessi occhi grigi di sempre. I capelli erano diversi però. Con il passare degli anni erano diventati un po’ più chiari, quasi bianchi. E poi, chissà da quando non si faceva la barba.
“Piccola, chi è?” sentii domandare Matt, mentre mi raggiungeva alla porta. Non ebbi la forza di rispondergli. Ero ipnotizzata dalla figura davanti a me.
Guardò Matt, e percepii il suo disagio. Abbassò lo sguardo  e poi lo siposò nei miei occhi.
Volevo fargli quella dannata domanda ma non riuscivo.
Papà, perchè sei qui?”
Era una semplice domanda, ma non riuscii a dirla. Rimasi lì ferma, ad analizzare tutti i minimi particolare del viso di mio padre. Papà. Ecco perchè non riuscivo a fargli la domanda. Non riuscivo più a chiamarlo papà. Non lo sentivo più mio padre.
Ma nonostante ciò lasciai uscire fuori le lacrime e singhiozzando mormorai un appena udibile “Papà.” E lui ne fu contento. Mi sorrise e fece per abbracciarmi.
Mi scansai bruscamente, andando ad abbracciare Matt.
Vattene, papà. Qui non sei più il benvenuto. Mi hai distrutto una volta la vita, non lo farai anche una seconda volta.” Mi doleva pronunciare quelle parole, ma era la verità. Era la pura verità. Non ero preparata a quello.
Lui sgranò gli occhi e abbassò il capo.

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Capitolo 10
*** Di male in peggio. ***


Ciao a tutti.
Mi dispiace, ma oggi vado di fretta, devo studiare. t.t

Ecco il capitolo nuovo. ^^
Vorrei, ovviamente, ringraziare a chi recenscie di volta in volta i capitoli. Vi ringrazio di cuore, ma
oggi non posso rispondere a ognuno di voi. 

Vorrei poi ringraziare a tutti quelli che hanno messo la storia tra i preferiti:

1 - Ale 93 [Contatta]
2 - angy1234
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3 - curix
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13 - rafata89
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E tra le seguite:
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10. 
Di male in peggio.

 
Alzò gli occhi e li piantò nei miei. Sostenni quello sguardo e cercai la mano di Matt.
Non sapevo cosa fare, nè perchè papà era ritornato. Sapevo soltanto che non lo volevo, per paura di soffrire ancora.
“Jade.. tesoro..”
“N-non chiamarmi tesoro.” Gli dissi dura. Matt mi strinse la mano e continuò a spostare lo sguardo ma me a papà, senza dire una parola.
“Mi sei mancata, Jade.” Bisbigliò, cercando di avvicinarsi. Io rimasi ferma, non mi spostai, ma non ricambiai il suo abbraccio. Sentirlo così vicino mi scombusolava. Insomma, perchè era tornato? Voleva torturarci ancora?
Mamma sarebbe andata su tutte le furie.
Si allontanò, un po’ deluso e guardò Mattia.
“E’ il tuo ragazzo?” domandò, con un leggero sorriso sulle labbra. Risi senza un motivo, forse perchè era mancato troppo nella mia vita da sapere certe cose.
“No, è mio fratello.” Con la coda dell’occho vidi Matt abbassare il capo e papà sgranò gli occhi.
“Come..?” esclamò, sorpreso.
“Ci siamo rifatte una vita, dopo che ci hai abbandonate. Cosa credevi? Che ti avremmo aspettate per tutta la vita?” gli spiegai, pacata, anche se la voce tradiva la mia rabbia.
Lui si passò la mano nei capelli e sospirò.

“Sono tornato per voi..”
“No. Per noi saresti potuto tornare anche otto anni fa.” Non lo feci nemmeno finire la frase.
Matt mi abbracciò. “Jade, non essere troppo dura.” Mi rimproverò e poi si rivolse a mio padre. “Entri, parliamo con calma, dentro.”
Papà sorrise, ebbi modo di intuire che aveva preso in simpatia Mattia.
Ci sedemmo sul divano, in sala. Non parlò nessuno inizialmente.
“Perchè sei tornato? Perchè adesso?” gli domandai, in un lamento, non  potendo più trattenermi. Lo guardai supplichevole, mentre il cuore si contorceva dal dolore. Mi resi conto che gli volevo ancora bene.
“Perchè ho sbagliato a lasciarvi.” Mi rispose. “Io ho sofferto in questi anni.” Continuò, recitando la parte del padre pentito.
Io sorrisi amaramente. “Hai finito i soldi per girare il mondo con le tue mille donne?” dissi, con una certa ironia nella voce.
Lui granò gli occhi e si alzò in piedi. “No! Certo che no! Lo vuoi capire che sono tornato per te?! Perchè soffro per non averti potuta vedere crescere..”
“Non ti sei perso un bel niente.” I suoi occhi si rattristarono e sospirò.
“Allora forse ho sbagliato a tornare. Non avete più bisogno di me.”
“Ti sei preso gioco di me e della mamma; come pretendi di tornare qui e far finta di niente?” gli domandai, guardandolo.
Lui abbassò il capo, senza rispondere.
Lo abbassai anche io.
“E’ maglio che sparisco dalla vostra vita, allora.” Disse e si incamminò verso la porta.
Mattia fece per dire qualcosa, ma lo zittii.
“Non.. non dire tua madre che sono venuto. Non voglio infastidirla.”
E uscì, senza salurare, senza dire una parola. Quando fu ormai lontano e in casa rimanemmo solo io e Mattia iniziai a singhiozzare, non potendo più trattenermi tutto dentro.
Lui mi fu subito accanto e mi abbracciò forte. Mi aggrappai a lui.
“Shh. Dai, non fare così..” mi consolò, parlandomi a bassa voce, nell’orecchio.
Io annuii, ma non riuscivo a smettere. Il suo abbraccio significava tanto per me, ma non riuscivo comunque a guardare la cosa dal lato positivo. Mi sembrava che niente avesse un lato positivo, in quel momento.
Mi baciò i capelli e mi strinse più forte.
Avvertii qualcosa di diverso nei suoi movimenti. Più rigido e allo stesso più protettivo nei miei confronti. Improvvisamente mi venne una voglia matta di guardarlo negli occhi. e lo feci. Era bellissimo, il mio Matt era bellissimo.
“E’ meglio non dirlo a mamma.” Sussurrai io, tanto per dire qualcosa, visto che non sopportavo più quel silenzio.
Lui annuì e si allontanò da me. Avvertii un vuoto che non seppi spiegarmi.
“Matt.. mi sento strana.. come se..” tentai di spiegarmi, ma mi mancavano le parole. Mi sentii vuota e mi prese il panico.
“Non mi lasciare.” Sussurrai, lasciandomi cadere a terra. Lui corrugò la fronte e mi abbracciò ancora, mi tenne stretta. Stavo bene tra le sue braccia, in quel momento pensavo che non le avrei mai abbandonate.
“Certo che no, scema.” Bisbigliò, confuso. Distrattamente mi accarezzava i capelli, mentre aspettava che mi calmassi.
“Matt.. mi sento come.. se avessi così poco..” confessai, ed era vero. Sentivo un enorme vuoto dentro me, come se non avessi mai vissuto, come se una terribile disgrazia mi sarebbe accaduta da lì a poco. Cercavo di non farci caso, ma stavo male.
“Hai me. Ti sembra poco?” mi rimproverò, con una nota di preoccupazione nella voce. “Sciocca.” Sussurrò, soffiandomi nei capelli.
Io sorrisi leggermente e mi allontanai di poco, per poterlo guardare negli occhi.

Lui sorrise per rassicurarmi. Si avvicinò al mio volto e mi incatenò con lo sguardo. Mi guardava come se mi volesse comunicare qualcosa che io non riuscivo a capire. Sospirò, chiuse gli occhi e mi baciò la fronte. Si alzò e scappò nella sua stanza, senza girarsi e degnarmi di uno sguardo. Rimasi lì ferma, e anche un po’ sorpresa, per terra.
Mi alzai sentendo il mio cellulare squillare insistentemente, come se dovessi rispondere per forza.
Sbuffai e accettai la chiamata, senza nemmeno guardare il numero.
“Jade!” mi urlò Christinne nelle orecchie, con voce isterica. La sua vocina fastidiosa era l’unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento.
“Ciao anche a te, tesoro.” Ironizzai, aspettando che scoppiasse.
“Zitta e ascolta.” Mi ordinò.
Io ridacchiai e mi misi in ascolto, anche se intuivo quello che mi avrebbe detto.
“Alex è gay.” Sputò, con un singhiozzo.
Cercai di fare la sorpresa. “Ah...”
“Tu lo sapevi.” Realizzò lei, dopo un attimo. A quanto pare quel giorno non ero affatto una buona attrice.
“C-certo che no!” mi difesi, per quanto mi era possibile.
“Invece sì! Dovresti urlare e dirmi ‘Come è possibile?!’ e invece sei tranquilla.” Urla con quella voce stridula.
“Ma  io sono... sì, ok, lo sapevo.” Ammisi, con un sospiro.
“Coooome?! E non mi hai detto niente?!” gridò e allontanai il telefono dall’orecchio. Il mio povero timpano.
“L’ho saputo oggi..” cercai di giustificarmi.
“Chi te l’ha detto?”
“Lui.”
“Ma ti rendi conto?”
“Sì.”
“E’ gay.”
“Sì.”
“Sono stata con un ragazzo gay!” esclamò, scoppiando a piangere.
“Che ti serva da lezione.” Sputai, non riuscendo a trattenermi. Lei stette zitta per qualche secondo.
“Come?” riuscì a sussurrare, tirando su col naso.
“Ma ti rendi conto che Marco ti sta aspettando e tu sei ancora qui con me al cellulare?” le feci notare.
“Cazzo. Hai ragione. Vado.” Mise giù e io rimasi con il cellulare in mano. Sospirai e ridacchiai. Finalmente quella testa dura aveva aperto gli occhi. mi lasciai cadere sul divano, sentendomi improvviamente stanca. Non mentalmente, fisicamente. Come se avessi corso per chilomentri e chilomentri. Una lunga e faticosa corsa verso qualcosa che non avevo ancora il diritto di raggiungere.

 
Delle altalene. Un ragazzo.
Chistinne correva a perdifiato, e faceva lo slalom dei bambini che giocavano in quel parco. Lo vide e instintivamente sorrise. Era più bello di quanto ricordasse. Si asciugò le lacrime, un po’ di gioia e un po’ di senso di colpa, e con passo tranquillo si avvicinò a lui.
Lui stava scrivendo qualcosa. Quello era l’unico posto dove lui riusciva a concentrarsi, lei lo sapeva bene. C’erano stati insieme molte volte.
Lui alzò il viso e rimase sorpreso di vedere la ragazza.
Lei sorrise, mentre lacrime di gioia le bagnavano il volto.
Ma come aveva fatto ad essere così cieca in tutti quei mesi. Sarebbe bastato fare quello: mettere da parte l’orgoglio ed andare da lui.
Non riuscendo più a trattenersi iniziò a correre. Marco si alzò dall’altalena e l’aspettò. La accolse fra le sue braccia e la strise a sè, alzandola verso il cielo. Lei sorrise e così fece anche lui.
Dio, quanto era stata stupida.
“Chris.. io..”
“Shh.” Lo zittì, posandogli un dito sulle labbra. “Non voglio giustificazioni. Ciò che è stato è stato.” E sorrise, abbracciandolo.
“Ho lasciato Marie.” Disse soltanto, alzando gli occhi al cielo e ridendo.
L’aveva fatto quella stessa mattina, non sentendosi più sicuro di quello che stava facendo.
Aveva fatto bene.
“Ti amo.” Pronunciò lei, fiera di quanta verità quelle parole esprimessero. Si guardarono negli occhi.
Lui le accarezzò il volto. “Io ti ho sempre amata.” Disse e si impossessò di quelle labbra, che gli appartenevano di diritto, e che per tanti mesi aveva sognato di toccare.

 “Come mai Andrea non viene più da noi?” volle sapere mia madre, a cena. Io e Mattia ci guardammo. Lasciai a lui l’onore, dato che io non sapevo un bel niente, tranne che avevano litigato, ovviamente.
Matt si schiarì la gola. “E’ occupato con.. la scuola in questo periodo.” Si inventò sul momento. Apparentemente sembrava tranquillo, ma si vedeva da un chilomentro quanto gli doleva parlare di Andrea.
“Ah.. si sta impegnando allora?” scherzò mia madre, senza fare caso alla strana atmosfera che si era formata in cucina.
Mattia annuì, fingendo disinvoltura. Poi sbuffò e si alzò. “Non ho più fame.” Dichiarò e se ne andò.
Mamma lo chiamò due o tre volte, ma senza ottennere alcuna risposta.
“Lascialo stare, mà.”
Lei mi guardò male ma non disse più niente. Papà ci guardò stralunato, senza capire niente di quegli sguardi tra me e mia madre.

 
Il giorno dopo, la scuola mi tenne la mente occupata da tutti quei problemi. Ebbi qualche problema di lucidità quando incrociai Andrea in mensa. Si sedette al tavolo davanti al nostro, con i soliti amici. Si sedette di fronte a me.
Per quanto tentavo di non guardarlo, gli occhi scivolavano sempre sulla sua figura, bellissimo come mai.
Mattia si sedette con noi, dicendo che non aveva voglia di stare con i suoi amici.
Si sedette accanto a me e mi obbligò a mangiare tutto quello che avevo nel piatto, manco fosse mio padre.
Passamò il pranzo così, a litigare e scherzare come bambini, mentre qualche volta, grazie a Matt rarissime volte, mi incantavo a guardare Andrea. Ogni volta lo sorprendevo a guardare in modo strano Mattia.
“Jade!” Matt mi sventolò la mano davanti agli occhi.
“Matt.. perchè ti guarda così?”
“Chi?” fece il finto tonto.
“Andrea.” Sussurrai.
Lui sospirò e iniziò a giocare con un pezzo di pane.

“Jade, non posso dirtelo.”
“Perchè?” supplicai, capendo che c’entravo anche io, in qualche modo. Non volevo essere la causa della loro litigata.
Mi sentivo in colpa.
“E’ una cosa tra di noi.” Si giustificò, poco convincente.
Io sbuffai e mi alzai, sbattendo a terra la sedia. “Sono stufa di queste cose tra di voi. Per una volta dimmi la verità!” urlai e aspettai davanti a lui una risposta. Lui abbassò il capo e non disse niente. Tra gli sguardi dei presenti, e quello confuso e stupito di Andrea, lasciai la sala per rifuggiarmi in cortile. Mi sedetti sugli scalini dell’entrata.
Piansi, senz aun motivo preciso, piansi. Fu come rinascere. Mi sentii completamente svuotata da tutto e tutti. In quel momento c’ero solo io con le mie lacrime.
Non c’era mio padre, non c’era Mattia e non c’era nemmeno Andrea.
Restai lì per non so quanto tempo. Credo che saltai persino un’ora di lezione.
Sentii dei passi, che si fermarono dietro di me.
“Vai via, Matt.” Urlai, convinta che fosse proprio lui. La figura non mi diede alcun ascolto e si sedette accanto a me.
“Non devi prendertela con Matt. La colpa è anche mia.” Sentii il fiato mancarmi e mi gurai sorpresa verso Andrea. Sorrideva, anche se era un sorriso un po’ tirato e appoena accennato.
“C-cosa ci..” cercai di dire, ma lui mi interruppe.
“Jade.” Pronunciò lento, girandosi completamente verso di me. I suoi occhi azzurri come il cielo mi penetrarono dentro, nel cuore. Mi faceva male, ora che ci pensavo, il cuore. Quel piccolo motore che non sapeva mai soddisfarsi di quello che aveva.
Non mi aveva mai chiamata per nome, o almeno, non l’aveva mai pronunciato con tanto sentimento.
Jade.” Ripetè, sussurrando. Si avvicinò e mi posò, timido come non l’avevo mai visto, una mano sulla guancia. Chiusi gli occhi, cullandomi da quel tocco.
“Dio, perchè sei così?” esclamò, facendo scivolare la mano sul fianco. Mi rimase solo la scia di fuoco del suo tocco.
Feci poco caso a quelle parole, anche se in cuor mio sapevo che erano dette con esasperazione e rimprovero. Lui era davanti a me. Andrea era davanti a me e tutti quelli sguardi erano per me. Riuscivo persino a renderlo timido.
“Così come?” riuscii a balbettare, con un filo di voce.
Sospirò e scosse la testa. Si appoggiò alla porta e chiuse gli occhi. “Guardati intorno, sciocca. Fallo, per una volta, e togliti quelle cazzo di bistecche dagli occhi. Esci dal tuo mondo fatato e osservati intorno.” Disse con voce aspra, piena di rimprovero e durezza. Era calmo, con gli occhi sempre chiusi.
Io smisi di respirare per una manciata di secondi, per registrare quelle parole. Mi resi conto di quanto male mi facevano, di quanto duro era stato nei miei confronti in quei pochi secondo. Non capii il significato, ma mi ferirono ugualmente. Ultimamente tutti mi dicevano di essere una sciocca. Tutti mi dicevano di svegliarmi.
Solo che Andrea era stato l’unico a dirmelo in faccia, senza esitazioni. E questo mi faceva terribilmente male.
Gli occhi mi pungevano e mi tremavano le mani. Avevo una voglia matta di tirargli un pugno. E anche di piangere come una bambina. Ecco, il mio bel mondo fatato stava andando in pezzi.
Grazie.” Dissi alla fine, con la voce rotta dai singhiozzi.
Lui aprì gli occhi e mi guardò a lungo. Alla fine, non sopportando più quella situazione, mi alzai e feci per andarmene.
Si alzò anche lui di scatto e mi afferrò il braccio. Guardai prima le sue dita poco curate che mi tenevano ferma, e poi il suo viso. Era un po’ teso, ma non lasciava leggere nessun sentimento.

Sbuffò, alzò gli occhi al cielo. Sembrava trattenersi di fare qualcosa.
“Oh, ma al diavolo.” Bisbigliò e mi attirò a sè. Il mio corpo sbatté contro il suo petto. Mi prese il viso tra le mani e mi guardò addolcendo lo sguardo. Era così.. dolce. Non avevo mai visto Andrea così.
Mi sorprese. Sentii le sue labbra fare pressione sulle mie. Le dischiusi leggermente, capendo che voleva un vero bacio, non come quello di qualche sera prima. Mi sorrise sulle labbra e mi incatenò la testa nelle sue mani. Non avevo nessuna via di fuga, non che volessi scappare, che sia chiaro.
Quello fu il nostro primo bacio. E fu un bacio estremamente dolce, accompagnato solo dai veloci battiti del mio cuore. Era un sogno.  Continuavo a dirmi che era solo un sogno.
Ma intanto, la certezza che fosse la realtà predeva il sopravvento. Infilai le dita nei suoi capelli, come avevo sempre sognato di fare, e non gli lasciai più il volto.
Si allontanò di poco, per guardarmi in faccia. Mi sorrise e mi toccò le mani, con le sue. Chiuse gli occhi, sospirò e li riaprì.
“Ma che cazzo fai?” se ne uscì all’improvviso, spiazzandomi. Sgranai gli occhi e mi allontanai. Il bel sogno barra realtà era svanito.

Puff.
“N.non capisco..” bisbigliai.
“Non devi fare così!” gridò, preso dal panico. Mi lasciò le mani e mi superò.
“Ma chi cazzo ti ha detto di ricambiare il bacio?!” mi rimproverò, quando ormai era dietro l’angolo. Rimasi a bocca aperta, letteralmente. Sbattei le palpebre, incredula e mi toccai il viso con le mani. Era ancora caldo nel punto dove lui mi aveva stretta con le sue.
Continuavo a fissare il punto dove lui era sparito, dietro l’angolo. Se ne era scappato come se avesse commesso un crimine terribile, manco avesse ammazzato qualcuno. E il bello è che aveva dato tutta la colpa a me. Ma io, in fondo, cosa avevo fatto? Solo ricambiato un bacio che aspettavo da anni. Mi sembrava ovvio, cos’altro avrei potuto fare? Allontanarmi da lui? Il mio cuore non me l’avrebbe di certo permesso. Sarebbe morto, senza Andrea.
Sospirai.
Mattia mi avrebbe odiata a vita, se avesse saputo.  Se avesse saputo che anche io ero diventata uno straccio di Andrea.

Andiamo di male in peggio.

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Capitolo 11
*** Overdose. ***


Buongiorno!
Eccomi con il capitolo 11.
Rispondo suuubito alle recensioni!

 Eynes: eccoti accontentata! xd

 
legolina77: ti dico subito che anche se fosse stata una critica l'avrei comunque presa in considerazione. Ho letto la tua recensione e poi ho riletto i capitoli e hai ragione: mi sono resa conto della leggerezza con cui ho trattato questi argomenti (soprattutto Allegra incinta) e mi do della stupida da sola. Sì, certo, scrivo perchè mi piace farlo, ma quando scrivo non voglio sembrare superficiale e in questo caso lo sono stata molto. Quindi, ti ringrazio per avermi fatto capire dove sbaglio. ^^ Ora, pian piano, sto cercando di rimediare, per quanto posso. Sì, tendo a mettere tante cose insieme, perchè non mi piacciono le storie che trattano solo UN argomento, cioè una storia d'amore. In seguito vedrò di rimediare, perchè davvero hai ragione. Ci tengo a questa storia e voglio migliorarla e la tua recensione è stata utilissima.
Comunque, ti ringrazio anche per i complimenti e.. sì. Il rapporto tra Mattia e Jade per me è importante. ^^
Spero che continuerai a seguire e dirmi il tuo parere, sinceramente. Un bacio. =)

 Eky_87: ehehe invece a me Andrea piace molto più di Matt u.u Vabbè.. eheh Jade è proprio cieca xD  Ecco il capitolo nuovo, spero ti piaccia. ^_^

 casinista: qui tutte sperano che Jade provi qualcosa per Matt O.O Ma sono tutti in mano miaaa! muahaha U.U  


 TheDreamerMagic: io al posto suo non sceglierei u.u mi andrebbero bene tutti e due è_é No vabbè, tra un po' anche Jade capirà tutto, ci vuole paaaazienza. =)

 PinkPrincess: sei arrivata a delle conclusioni più che giuste! U.U Ora vedrai come si evolveranno le coose. =)

Avviso alla gentile clientela: siete tutti pregati di votare il sondaggio: chi preferite? Mattia o Andrea? QUI!  =D

11.
Overdose.



 
“Jade, di’ alla mamma che io esco.”
“E dove vai?” domandai a Matt, un po’ curiosa, mentre mi godevo il caldo delle mie coperte e la cioccolata calda.
“In giro.” Mi rispose brusco, non guardandomi.
“Stai attento.” Mi sentii di dirgli.
“Che c’è? Non  sei mia madre, Jade.” Sputò, e uscì, sbattendo la porta.
Rimasi un po’ interdetta, sorpresa della sua reazione esagerata, ma decisi di non farci troppo caso. Continuai a bere la mia
cioccolata  calda e guardare il mio telefilm preferito.
Dopo un po’ mi alzai e andai in cucina a posare la tazza e prendere qualcosa da mangiare.
Mia madre arrivò verso sera, insieme a papà.
“Mattia è uscito.” Avvisai.
“Ma non aveva gli allenamenti?” domandò papà, senza capire.
Anche io rimasi sorpresa. “In effetti.” Borbottai, corrugando la fronte.
“Li ha saltati?!” urlò mamma, isterica. Mattia non saltava mai gli allenamenti, ora che era il capitano della squadra non voleva assolutamente saltare nemmeno un’allenamento.
“Ma certo che no mamma!” le dissi io, per tranquillizzarla. Mamma ci teneva che Mattia facesse una carriera sportiva e non sopportava quando mancava agli allenamenti.
Si tranquillizzò un po’ e iniziò a preparare la cena.

 
A fine giornata Mattia non era ancora tornato. Aveva saltato la cena e ormai era mezzanotte.
Mamma e papà erano andati a dormire, perchè avevo detto che era tornato e andato a dormire, stanco degli allenamenti, anche sein realtà non sapevo nemmeno dove era.
Così non riuscivo a prendere sonno, preoccupata come ero. Mi alzai dal letto, con uno sbuffo seccato e scesi le scale.
Andai in cucina, come d’abitudine. Di solito era lì, a mangiare, lo faceva sempre quando non aveva sonno. Ma quella notte non c’era.
Mi sedetti e iniziai a pensare su cosa fare. Chiamare la polizia, sì. Era una buona idea, ma Matt mi avrebbe ammazzata. L’unica cosa sicura che sapevo era: Matt è strafatto, in giro con i suoi vecchi amici.
Ed era un pensiero che mi terrorizzava da impazzire. Non mi andavano a genio quelle persone, erano dei drogati che vivevano per strada.
Sbuffai e decisi di andare a cercarlo. Mi vestii velocemente, con una tuta a caso, misi il giubbotto e uscii, in silenzio, per non svegliare mamma e papà.
Non sapevo esattamente dove cercarlo, ma quasi inconsciamente camminavo verso un quartiere della città, uno poco frequentato da gente come me, diciamo. Era pieno di stranieri, o gente poco affidabile, povera, insomma: un quartiere di malavita. Non ci ero mai andata, ma Matt mi aveva raccontato che quando si drogava andava lì, dai suoi amici. Mi aveva spiegato come arrivarci, anche se gli avevo apertamente detto che non ci avrei mai messo piede. Me l’aveva fatto giurare.
E ora, con il cuore in gola e con le mani che mi sudavano,nonostante il freddo quasi invernale, stavo camminando sulle strade di uno dei quartieri più pericolosi di DreamCity. L’aria sembrava persino diversa, più densa, più sporca. E qualche volta si sentivano dei lamenti, degli urli, che mi spaventavano e mi rendevano più nervosa di quello che ero già. La gente lì non dormiva.
Mi strinsi nel giubbotto e svoltai a sinistra, secondo le indicazioni di Mattia. Lì c’era una chiesa abbandonata, che loro usavano per passare la notte.
Quando mi trovai lì davanti, rimasi ferma. Avevo paura di aprire quella porta ed entrare, sia perchè non mi piaceva quella gente sia perchè avevo paura di come avrei trovato mio fratello.
Alla fine, con il cuore che batteva all’impazzita, decisi di entrare. Mi continuavo a ripetere che lo stavo facendo per Matt, mentre camminavo all’interno, quasi al buio.
Sembrava di stare in un film dell’orrore, anzi peggio! L’unica luce che mi permetteva di orientarmi era quella della luce. Mi sentivo osservata in qualche modo, ma mi imponevo di non girarmi o me ne sarei andata via da lì in un nanosecondo.
Vicino a quello che sembrava un altare, c’erano due ragazzi, che dormivano. Almeno, così sembrava. Cercai con lo sguardo la figura di mio fratello, senza trovarla. Iniziavo a pensare di averlo valutato male. Magari non era lì e aveva smesso di drogarsi, e forse era a casa di Marco o di qualche amico..
Ma cancellai subito questi pensieri quando sentii un lamento.
“No no no no no.. maledizione!” imprecai, quando, nel buio di quella chiesa, notai una figura, illuminata dalla pallida luce della luna. Mi precipitai lì vicino e iniziai a scuotere Mattia, cercando di non fare troppo rumore, per non svegliare gli altri.
Ma sembrava morto.
“Matt! Mattia! Dio santo, svegliati!” continuavo a ripetere, mentre il suo corpo si muoveva nelle mie mani, quasi senza vita.
Iniziai a singhiozzare silenziosamente. La droga me lo stava portando via. Lo abbracciai, sentendo che dovevo farlo. cercai di calmarmi e di ragionare.
Controllai i battiti del cuore. Erano lenti, quasi impercettibili.
“Ma perchè non ho seguito quel dannato corso per assistenza!” imprecai, e continuai a scuoterlo, tirargli schiaffi, pizzicotti, senza sapere bene se era giusto o meno.
Poi iniziai a fargli la respirazione bocca a bocca, come mi ricordavo da scuola, ma non funzionò.
Decisi di chiamare un’ambulanza. A causa della disperazione ci misi un po’ a comporre il numero sul cellulare, continuavo a
sbagliare, nonostante fossero solo tre dannate cifre.
Alla fine ci riuscii e dall’altra parte della linea mi rispose una signora. Le spiegai tutto, tra i singhiozzi e mi disse che in dieci minuti sarebbero arrivati e tentò di tranquillizzarmi. Poi mi disse anche di continuare a fare la respirazione bocca a bocca.
Buttai il cellulare accanto a me e ripresi a chiamare insistentemente Mattia.
Seguii gli ordini della signora, ma invano. Non dava nessun segno di vita.
Sentii qualcuno che si muoveva dietro di me, probabilmente gli altri ragazzi che si svegliavano, ma non ci feci particolarmente caso.
Dieci minuti dopo arrivò l’ambulanza, come promesso.
Entrò in chiesa, in fretta.
“Cosa è successo?” domandò uno dei ragazzi che stavano caricando Matt su uno di quei lettini con le rotelle, non mi veniva il nome.
“Non lo so.. sono arrivata e l’ho trovato così!” esclamai, non riuscendo più a controllare il mio tono di voce.
“Si tranquillizzi.” Mi ordinò un altro. Lo guardai male, ma non dissi niente.
“Max, chiama la polizia, subito!” ordinò lo stesso, rivolgendosi all’amico. Quello ubbidì e prese il cellulare e si allontanò per
telefonare.
Dio, cosa avevo combinato? La polizia! Mattia sarebbe andato nei casini.
Poco m’importava, in fin dei conti. Mattia era in fin di vita, per colpa di quelle persone e della droga. Meglio se la polizia fosse
intervenuta.
I ragazzi che erano lì insieme a Mattia, erano confusi e non capivano niente di quello che succedeva intorno a loro, erano ancora imbottiti di quella roba schifosa.
Mi venne da vomitare. Ma cosa aveva in mente Matt?
Uno dei ragazzi mi venne incontro e mi accompagnò in ambulanza. Mi sedetti accanto a Mattia, gli presi la mano, mentre le lacrime continuavano a scendere, e la paura cresceva.

 
Mi avevano lasciata nella sala d’attesa, mentre portavano Mattia chissà dove. Chiamai mamma e papà, che arrivarono subito e preoccupatissimi. Mamma piangeva come se fosse suo figlio e papà stava seduto, con la testa fra le mani.
Erano passate due ore ormai e non ci avevano ancora detto niente.
Poi un dottore si fece vivo.
“Come sta mio figlio?” domandò subito papà, mostrandosi finalmente sensibile.
“Non è nelle condizioni migliori, signori miei. Ringraziate questa ragazza che l’ha trovato in tempo.” Disse, con voce professionale.
Io sorrisi leggermente. “Ma non è più in pericolo, vero?” chiesi, preoccupata e ansiosa.
“Adesso no, ma non si sa mai. Ha avuto una crisi di overdose. Vi dico la verità: è meglio tenerlo qui, sotto osservazione, per qualche giorno, perchè non è nelle condizioni di riprendere una vita normale. Vi consiglio un centro di riabilitazione per tossicodipendenti, sarebbe la cosa migliore per il ragazzo.”
Mamma e papà si guardarono terrorizzati. Io cominciai a tremare. Ero sorpresa e allo stesso tempo consapevole che si sarebbe arrivato a questa conclusione.
La droga non era facile da combattere, e Mattia, in realtà, non ne era mai uscito.
“Posso vederlo?” domandai, supplicando con gli occhi il dottore, il quale mi guardava, senza tralasciare nessun’emozione.
Controllò qualcosa su dei fogli.
“Uno alla volta. Sta riposando, quindi cercate di non svegliarlo.” Disse. Poi si rivolse a me. “Non più di dieci minuti.”
“Vado io.” Disse papà, superando il dottore.
Io lo fermai. “Papà! Non è il momento di fargli la predica!” esclamai, intuedo le sue intenzioni. “Deve riprendersi e poi gli direte tutto quello che volete, ma lasciatelo in pace, adesso.” Dissi velocemente, guardando anche mamma, che annuì, dandomi ragione.
Papà, invece, non sembrava nemmeno ascoltarmi, così intervenne mamma.
“Paul..” si fece avanti e gli prese la mano. Lo guardò dolcemente, ma allo stesso tempo autoritaria. “Sta male, non ha bisogno di sentirti urlare. Vuoi che abbia un’altra crisi?”
“Ma..”
“Dopo, tesoro.” Disse lei, e lo abbracciò, poi mi fece segno di andare. Quella volta mamma si era trasformata completamente. Non
l’avevo mai vista così sensibile da quando aveva trovato Paul.
Le sorrisi ed entrai. Mi sentii subito male e mi pentii di essere entrata. Era nel letto, con gli occhi chiusi, e il viso più sereno di due ore prima, quando l’avevo trovato. Una macchina produceva un suono fastidioso; un continuo bip bip bip. Non ci feci particolarmente caso e andai ad abbracciarlo, anche se lo feci quasi senza sfiorarlo, per paura di fargli male. Non feci caso nemmeno ai mille fili che fartivano dal suo braccio. Gli presi la mano e mi sedetti sulla sedia, accanto al letto.
“Scemo. Ma ti volevi ammazzare?” iniziai a parlare, consapevole, però, che non mi sentiva.
Sospirai.
“Se ti avessi perso? Eh? Ma mi vuoi far morire?” continuai, mentre un brivido mi rendeva inquieta, solo al pensiero di una vita senza
Mattia.
Il bip  aumentò velocemente e mi spaventai. Ma mi tranquillizzai quando riprese il suo andamento normale. Ritornai a fissare il bellissimo volto di Matt, segnato dall’enorme sforzo d’aver combattuto e vinto la morte.
Voltai il capo verso i diversi macchianri, che non avevo mai visto in vita mia, per distrarmi un po’.
“S-scusa..” ritornai a guardare Matt, sorpresa, con il cuore a mille.
“Matt!” quasi urlai, dalla gioia, mentre lui faceva una smorfia.
“Non.. non ti volevo far preoccupare..” si sforzava di parlare.
“Shhh. Non parlare!” gli ordinai, mentre sorridevo.
“Potresti.. stringere di meno la mano?” si lamentò, con un sorriso appena accennato. Io gli lasciai la mano, impacciata e rossa in viso. “Certo.. certo..”
“Ma non ti ho detto di lasciarla..” disse, con voce dolce.
Io risi nervosa e ripresi a stringergli la mano. Voltò il capo dall’altra parte.
“Matt, guardami.” Gli ordinai. Non si mosse.
“Mamma e  papà ti portano in una comunità di recupero per tossicodipendenti.”
Lui si girò velocemente verso di me e mi guardò preoccupato e sorpreso.
“Non sono un tossicodipendete, Jade.” Mi disse, con la voce un po’ più alta.
Lo guardai, con voce sorprendendtemente tranquilla gli dissi la verità, che lui non avrebbe mai accettato. “Sì che lo sei, Matt. Guardati.” Gli feci notare. Lui non mi guardò più.
“Ce la faccio anche da solo.”
“Non è vero.”
“Esci.” Sputò, con odio.
“Come?” fiatai, sorpresa, con voce tremante.
“Esci, Jade.” Ripeté, con voce tranquilla.
Gli lasciai la mano e uscii, a capo chino.
“Come sta?” domandò subito, mamma.
“Bene.” risposi e uscii fuori da quell’ospedale. L’aria fredda del mattino mi investii come uno schiaffo. Non avevo nemmeno il giubbotto.
Mi sedetti su una panchina lì vicino, a gambe incrociate.
Il cellulare nella mia tasca iniziò a vibrare. Controvoglia lo tirai fuori e risposi, senza guardare il numero.
“Hey, Jade.” L’allegria nella sua voce mi fece male.
“Ah.. Marco.” Bisbigliai, stanca, mentre piangevo.
“Volevo dirti che non vengo più da voi, grazie lo stesso. Io e Christinne andiamo a vivere insieme.”
Cercai di mostrarmi entusiasta. “Ah.. wow! Sono contenta per voi..” dissi con voce incrinata dal pianto.
“Jade.. che cos’hai?” A Marco non sfuggiva mai niente.
“Mattia..” iniziai, scoppiando completamente a piangere. “Matt è in ospedale.. ha avuto una crisi di overdose.. e..” balbettai, mentre cercavo di controllare il tono di voce.
“Arrivo.” Disse soltanto e chiuse la chiamata.
Infatti, in un quarto d’ora fu lì. Mi venne incontro, vedendomi lì seduta, mentre iniziava a scendere giù una pioggerellina.
“Jade.” Disse e mi abbracciò forte. Ricambiai, stringendomi a lui.
“mi dispiace tanto..” sgranai gli occhi, sentendo quella voce. Alzai il viso e lo vidi. Andrea. Era venuto per Mattia, nonostante la loro litigata.
“grazie per essere venuti.” Balbettai, asciugandomi la faccia con la felpa.
“Andiamo dentro, piove.” Propose Marco e annuii, alzandomi. Li condussi nel reparto di Mattia. Mamma e papà non c’erano. Probabilmente erano andati giù, a mangiare qualcosa.
“Non mi parla.” Dissi.
“Perchè?” volle sapere Marco, corrugò la fronte.
“Lo mandano in un centro di riabilitazione e lui non vuole.” Spiegai, con voce stanca.
Mi sedetti su una di quelle sedie scomode e chiusi gli occhi.
“Vai a casa, Jade. Riposati e torna domani.”
“No!” riaprii gli occhi ed esclamai preoccupata. “Non lo lascio da solo!”
“Ok ok, tranquilla. Non ti obblighiamo di fare niente che non vuoi. Ma almeno cercadi riposarti qui. Vado a prenderti qualcosa da
mangiare.” E sparii dalla mia vista, stanca e offuscata. Ora la stanchezza si faceva sentire.
Andrea si sedette accanto a me e mi abbracciò. Io, quasi incosciente, mi abbandonai alle sue braccia e chiusi gli occhi.
Stranamente avevo il respiro regolare e non provavo nessuna sensazione quando pensavo che ero tra le braccia di Andrea. L’unico sentimento che prevaleva sugli altri era la stanchezza e, più tardi, la preoccupazione.
Sognai Mattia. Lo sognai in fin di vita, che mi lasciava.
Quando mi svegliai, ero sudata. Girai il viso e mi trovai a pochi centimentri dal viso di Andrea, segnato dalla stanchezza. Mi allontanai, un po’ imbarazzata. I miei occhi caddero su qualcosa sul tavolino. Cibo.
Senza starci a pensare troppo mi fiondai su quelle bontà e mangiai fino allo sfinimento.
“Ben svegliata!” esclamò una voce femminile, allegra.
Mi girai e il mio viso si illuminò alla vista di Christinne.
Le saltai in braccio e la strinsi forte.
“Come stai?” domandò.
“Come si sta in queste situazioni.” Risposi e ci sedemmo.
Mi dimenticai la presenza di Andrea, che probabilmente stava dormendo.
“Marco mi ha spiegato tutto.” Disse, con compassione.
“Marco eh.” Commentai, complice, per cercare di tirarmi su di morale.
Lei rise felice, le brillavano gli occhi. si sistemò i capelli dietro l’orecchi e mi guardò con aria sognante.
“Andiamo a vivere insieme! Abbiamo aspettato troppo.”
“Vedi, scema? Bastava mettere da parte il tuo orgoglio!” scherzai, ridendo, anche se, a parer mio, era troppo presto. Insomma, Christinne non aveva nemmeno 18 anni. Ma poi capii che erano tutti e due guidati dall’amore che provavano l’uno per l’altra. La decisione spettava a loro, non a me.
Lei sbuffò e poi si fermò con la bocca aperta, quando Marco entrò nella sala d’attesa e donò un sorriso particolare e pieno d’amore alla sua ragazza.
Poi le venne incontro e la baciò a fior di labbra. Si sedette accanto a lei e iniziarono a parlare.
“ah.. Allegra arriva più tardi.” Mi disse e poi riprese a parlare con Marco.
Annuii e mi alzai per andare alla finestra della camera di Mattia.  Dormiva. Sembrava tranquillo, anche se aveva i pugni stretti. Sentii una presenza accanto a me. Il cuore prese a martellarmi il petto.
“Scusa.. se.. insomma.. non volevo.. dormire... cioè..” balbettai, rendendomi esageratamente ridicola.
Lui rise. “Non fa niente.” Poi, anche lui, spostò lo sguardo su Mattia. “Ha saltato gli allenamenti, l’allenatore si è incavolato come una bestia. Non si può far niente senza il capitano.” Disse, poi, guardandomi.
Annuii, senza saper bene cosa dire.
Restammo in silenzio per un po’. Mattia si girava e rigirava nel letto, tormentato da chissà quale pensiero.
“Vai a parlargli?” gli domandai.
“Sì, penso di sì.” Poi sorrise, senza guardarmi.
Mi allontanai dalla finestra. Lui invece restò lì, a guardare Mattia, senza un motivo preciso. Poi camminò verso la porta ed entrò.
Ritornai alla finestra, spinta dalla curiosità.
Mattia si era svegliato e guardava verso la porta.
Andrea si avvicinò a letto e si sedette dove mi ero seduta io, ore prima.
Non si dissero niente, per un paio di minuti. Poi Andrea gli disse qualcosa e Mattia annuì con convizione. Andrea parlava, parlava e parlava. Non capivo niente, nonostante tutti gli sforzi.
Poi fu il turno di Mattia. Gesticolava, come al suo solito quando era nervoso, e Andrea annuiva.
Alla fine Andrea abbassò il capo e così uscì. Vidi Mattia guardarmi, con un’espressione strana. Spostai lo sguardo.
Andrea mi venne incontro. Si passò una mano tra i capelli e sospirò.
“Non mi perdonerà mai.” Sussurrò, sedendosi. Lo stesso feci anche io.
“Vedrai che lo farà. Dagli tempo.” Lo consolai, un po’ incerta.
“Ma se non sai nemmeno il motivo.” Ringhiò, cambiando atteggiamento. Io rimais sorpresa dal cambio d’umore e mi alzai e me ne andai.
Non mi andava di litigare in quel momento. Mi venne l’idea di andare da Mattia, ma molto probabilmente non mi avrebbe accolta
con entusiasmo.
Così mi feci un giro per i corridoi dell’ospedale.
“Ahia!” sentii imprecare qualcuno, mentre anche io venivo sbattuta contro il muro. Poi sbattei le palpebre, senza capire l’accaduto. Osservai la figura davanti a me. Era un ragazzo. Abbastanza grande, direi. Doveva avere sui venticinque anni al massimo. Poi i suoi occhi scuri mi scrutarono confusi.
“Io.. scusami..” balbettai, mentre mi massaggiavo la spalla.
“Scusami tu! Ti ho fatto male? Scusami, e che ero distratto.” Continuava a scusarsi. La mia attenzione cadde sulla camicia bianca.
“E’ un dottore?” domandai.
“Dammi del tu. No, sono infermiere.” Sorrise e si abbassò per raccogliere i fogli che gli erano caduti dalle mani.
“Ok..” sussurrai.
“Scusami ancora, eh.” Disse e corse via, sorridendo.

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Capitolo 12
*** La vita deve andare avanti. ***


Buoooona sera. Lo so che sono passati secoli, ma capitemi.
Vi dico subito che questo capitono non mi piace troppo, quindi capisco se nemmeno voi lo apprezzate. ^^
Sono di fretta, come sempre, quindi non posso stare qui e rispondere a tutte e otto le recensione. Vi ringrazio di cuore per i complimenti!
Vorrei ricordare a Ombrosa che ho risposto alla sua recensione mandandole una mail. Spero che ti sia arrivata! ^^
marty_odg, sì, loro vogliono andare a vivere insieme, ma l'ho solo, diciamo, accennato. Lo so benissimo che per dei ragazzi di 18 anni sia difficile, e infatti incontreranno difficoltà. Basta avere pazienza, affronterò anche questo aspetto nella storia.^^

Buona lettura, e fatemi sapere cosa ne pensate!

12.

La vita deve andare avanti.

 

“Cugina!” mi alzai velocemente dalla sedia, presa alla sprovvista e mi feci abbracciare da Alex.
Poi mi guardò negli occhi. “Come stai?” domandò, con un sorrisino.
Io gli sorrisi e mormorai un bene, con voce incrinata dalla stanchezza.
“Da quand’è che non dormi in un letto?” mi rimproverò. Spostai lo sguardo e notai una figura appoggiata al muro. Mi sembrava un viso conosciuto, ma la stanchezza non mi permetteva di ragionare lucidamente.
Ero in ospedale da tre giorni consecutivi, non abbandonavo mai Mattia, anche se lui non amava la mia compagnia. Non aveva ancora accettato la decisione di mandarlo in riabilitazione. Aveva affrontato il discorso con mamma e papà ma era emerso solo il fatto che Mattia odiava la vita. Dio, che depressione!
Mugugliai qualcosa e Alex scosse la testa sconsolato.
“Adesso Andrea ti porta a casa e ti fai una bella doccia e ti riposi.”
“Perchè Andrea?!” bisbigliai, cadendo nello sconforto.
“E’ arrivato il momento di capire chi realmente vuoi, sciocchina.” Rispose, tranquillo, con l’aria di chi la sapeva lunga.
“Parli di me..” bisbigliai, alludendo a qualcosa.
“Cosa vorresti dire?” alzò la voce di un’ottava.
“niente niente..” dissi, sconsolata. “Sei sicuro di essere..ehm.. gay?” gli domandai, alla fine.
“Jade!” mi rimproverò. “Credi che io sia così felice della piega che sta prendendo la mia vita?” esclamò.
“Ok ok, scusa.” Borbottai, non avevo voglia di litigare con lui.
“Andrea ti aspetta fuori.” Mi disse soltanto, allontanandosi da me per andare accanto al ragazzo che avevo l’impressione di conoscere. Insieme se ne andarono. Ah sì, ecco chi era. Gio.
Mi avvicinai al vetro che mi separava dalla stanza di Mattia. Dormiva. Sospirai e mi allontanai.
L’unico modo per capire cosa intendesse Alex era andare da Andrea.
Mi sentivo in colpa ad allontanarmi da mio fratello, ma allo stesso tempo mi rendevo conto che mi mancava Andrea, che non vedevo dal primo giorno che era venuto per trovare Mattia.
Uscita dall’ospedale, mi guardai intorno, cercando Andrea e la sua auto. Vidi la sua figura, appoggiata a un’auto grigia.
Gli andai incontro e mi fece un cenno. Io abbassai il capo e feci il giro dell’auto, per salire.
Una volta dentro accese la radio. Restammo in sielenzio, ad ascoltare le canzoni che passavano.
“Come sta Matt?” domandò, quasi timido, senza guardarmi, concentrato a guidare.
“Ce l’ha a morte con tutti.” Risposi. Lui fece un risolino.
“Tu come stai?” domandò infine, dopo altri imbarazzanti minuti silenziosi.
Ma da quando Andrea si lasciava andare all’imbarazzo?
“Io.. bene.” risposi, indugiando un po’ se dirgli la verità o meno. Alla fine optai per una bugia.
“Non mi sembra. Sembri un cadavere. Mattia è importante, certo, ma ti sta facendo male stargli dietro.” Sputò, con una certa enfasi, quelle parole che mi lasciarono sconcertata.
“Io lo faccio con piacere..” dissi, poco convinta.
“Gli stai dedicando la tua vita, praticamente.” Ancora quel tono di voce che lasciava a bocca aperta. Non riuscivo a crederci. Andrea che parlava male del suo migliore amico.
“Se foste ancora amici non diresti mica così.” Commentai, spostando lo sguardo sul suo volto completamente pacato, senza far trasparire alcun sentimento.
“Probabilmente sì.” Ammise e iniziò a battere le mani sul volante a tempo di musica. Poi il dj annunciò una canzone che non conoscevo. Diceva che era una hit di qualche anno prima, di Ligabue.
Non amavo particolarmente quel cantante, anche se lo ascoltavo volentieri.
Andra, invece, iniziò a canticchiare a bassa voce. Sapeva benissimo quella canzone.
“Ti piace Ligabue?” gli domandai, con curiosità. Non mi sembrava proprio il tipo da canzoni sentimentali.
Lui fece spallucce e mi guardò. “Non mi dispiace.” Poi sorrise.
Io annuì e ritornai a guardare davanti a me. Eravamo quasi arrivati.
“Sai continuo a pensarci.” La buttai lì, all’improvviso, capendo che da lì a poco avrei perso qualsiasi possibilità di chiarire con lui.
“A cosa?” disse, corrugando la fronte, senza capire.
“A quello che mi hai detto a scuola. Che vivo in un mondo tutto mio.” Dissi con tono quasi indifferente.
“Ah.”
“Sì, insomma. Non capisco.”
“Non c’è niente da capire, Jade.” Disse, esasperato, girandosi verso di me con uno sguardo accusatore che mi spezzò il cuore. “Sei tu che non vuoi capire.” Latrò, ritornando a guardare davanti a sè. Entrò nella rotonda.
E intanto la canzone continuava.
Te la godevi ad occupare tutte le mie fantasie.” Andrea continuò a canticchiare, mettendoci cuore in quelle frasi. “Eri di tutti ma loro non lo sapevano.. e tu lo sapevi che facevi gola e soggezzione.” Continuò, quasi come se io non ci fossi.
“Insomma, Jade. Cosa vuoi che ti dica? Vuoi le mie scuse per aver esagerato? Bene: scusami.” La canzone andava, andava, e Andrea iniziava ad alzare la voce.
“Non voglio le tue scuse! Voglio delle spiegazioni, Andrea! Insomma, se hai qualcosa contro di me devi dirmelo, invece di trattarmi come tutte le altre.”
“Come tutte le altre?” mi interruppe, fulminandomi con lo sguardo.
“Sì, lo so benissimo. Insomma, prima mi baci e poi non mi rivolgi più la parola. Non sono come le tue ragazze.”
“L-le mie ragazze?” balbettò, corrugando la fronte, con sguardo offeso. Sentii una fitta al cuore. Quella faccia da cane bastonato..
non la sopportavo perchè mi faceva soffrire.
“Smettila di fare il finto tonto, Andrea!” esplosi alla fine. Mi girai completamente verso di lui, con le lacrime agli occhi, che tentavo di trattenere, per mostrarmi forte.
“Jade, tu non hai capito un emerito cavolo di me.” Disse calmo, fermando l’auto.
“Perchè ti sei fermato?” gli domandai, interrompendolo.
“Ascoltami bene. io non ti ho trattata come le altre, non sei paragonabile a loro, nemmeno per scherzo. Ma che non ti passi per l’aticamera del cervello che io voglia solo usarti!” urlò anche lui. Mi tiari indietro, spaventata. “Tu non sei come le altre.” Aggiunse, calmandosi e balbettando con voce tremante.
“E allora come sono?” gli domandai, con voce pacata. Continuavo a ripetermi che non dovevo cascarci, qualsiasi cosa mi avrebbe detto, anche se alle mie orecchie le sue parole suonavano piene di sentimento, vere.
“Sei.. diversa. Non ho mai pensato di farti del male, anche se lo sto facendo.” Bisbigliò. “E’ che..” poi si fermò, come se avesse detto una cosa orribile.
“C’entra Mattia, vero?” bisbigliai, come se mi fossi appena svegliata da un sogno.
Lui mi guardò e poi abbassò il capo. “No, Mattia è a posto. Sono io che sono sbagliato.”
“Io non credo proprio!” esclamai, con enfasi. Lui proprio non era sbagliato. Sbagliata ero io, sbagliata era Christinne, Allegra, ma lui era perfetto. Dire che Andrea era sbagliato era come bestemmiare.
Lui fece un risolino e poi sospirò. “Io ho finito di far soffrire le ragazze, Jade. C’è qualcuno che mi ha aperto di gli occhi. c’è qualcuno con degli occhi bellissimi e un sorriso neraviglioso. C’è una ragazza, Jade, che vorrei che ricambiasse.” Chiuse gli occhi e fece un sorriso amaro.
“Di che colore ha gli occhi questa ragazza?” mi sentii domandare, senza rendermene conto. Improvvisamente il mio cuore prese a fare i salti di gioia.
“Azzurro chiaro. Quando sorride anche i suoi occhi sorridono, quando piange i suoi occhi piangono con lei e si scuriscono fino a diventare un blu scuro e cupo.” Mi guardò, serio. Avvicinò la mano al mio viso. Chiusi gli occhi e mi lasciai accarezzare.
“I suoi occhi, Jade, gioiscono quando incontrano la figura di Mattia, si incupiscono quando lui è triste. Quando i suoi occhi azzurri si scontrano con quelli di Mattia io credo di impazzire. È una cosa che non ho mai provato. È invidia mista a gelosia. Vorrei che abbracciasse me, che toccasse me, che sorridesse per me, solo per me. Ma poi mi rendo conto che lei appartiene a Mattia.”
Aprii gli occhi e mi scontrai con il suo sguardo intenso carico di dolcezza, mentre descriveva quella ragazza, che capii di essere io. E non volovo crederci. Non volevo ascoltare nemmeno una parola di quello stupido discorso.
“Io non appartengo a nessuno.” Bisbigliai e aprii la portiera. “Mattia non è innamorato di me e nemmeno tu provi qualcosa per me. Smettetela di farmi stare male, tutti quanti!” urlai e sbattei la portiera. Incominciai a correre verso casa, aprii la porta e la richiusi, lasciandomi alle spalle Andrea e le sue parole. Mi lasciai scivolare a terra e piansi. Piansi per tutti quei giorni passati in ospedale a subirmi i continui sguardi accusatori di Mattia, piansi per mio padre, piansi per Andrea, e piansi per quella stupida storia da quattro soldi di Andrea. Mattia non era innamorato di me e nemmeno io lo ero di lui.
Io appartenevo solamente ad una persona, e quella persona era Andrea. E avrei voluto dirglielo in faccia, ma mi era mancato il coraggio. Mi presi la testa fra le mani e cercai di cacciare via le sue parole.
Iniziai a dondolarmi senza uno scopo preciso. Volevo solo cancellarmi per sempre. Mi odiavo. Non era vero quello che Andrea mi aveva detto. Non era vero. Non era vero. Non era vero.
Mi alzai, intenzionata a seguire il consiglio di Alex: farmi una doccia e riposare.
Si rivelò una magnifica idea. La doccia mi fece rilassare.
Dormire mi risultò molto più difficile, dato che avevo mille idee per la mente, ma alla fine presi sonno. Dormii tutto il giorno.
Mi risvegliai la mattina dopo, scesi in cucina e notai un biglietto attaccato sul frigo.
Era la scrittura di mamma.

 
Ti ho lasciato da mangiare qualcosa. Noi siamo in ospedale. Riposati, mi raccomando, Jade.
Baci,
mamma.

 
Buttai il bigliettino e mi sedetti a tavola. Avevo fame, sì, ma ero sicura che se avessi mangiato qualcosa avrei vomitato sul momento. Quello stato di malessere mi torturava da qualche giorno, non servivano medicinali, non serviva niente.
Mi alzai, buttai il cibo, per non preoccupare mia madre,  e uscii di casa. Volevo assolutamente vedere Mattia, avevo bisogno di vederlo.
Ignorai il mal di testa che non mi faceva ragionare e riuscii a camminare fino all’ospedale. Entrai, con il fiato corto e le mani congelate a causa del freddo pungente.
Andai nel reparto di Mattia. Seduti sulle solite poltroncine notai Marco e i miei genitori. Di Andrea nemmeno l’ombra.
E mi resi conto che era meglio così. Credo che se l’avessi visto gli avrei vomitato in faccia, visto quello che mi aveva detto il giorno prima, cioè le sue frasi del cavolo che cercavo di rimuovere.
“Jade!” esclamò mia madre, mi venne incontro e mi abbracciò. “Sei pallida, stai bene, tesoro?” domandò, preoccupata. Io sorrisi.
“Sì, mamma, tranquilla. Sto bene.” poi mi avvicinai al ventro, dopo aver ricambiato il sorriso di Marco. Più tardi gli avrei chiesto di Christinne.
Mattia dormiva beatamente. Era girato di lato, non potevo vedergli il bellissimo viso.
Decisi di entrare e di affrontarlo una volta per tutte.
Non dovetti nemmeno svegliarlo. Aprì gli occchi di scatto e mi fissò, per un momento, senza riconoscermi. Aveva il volto ancora stravolto e sembrava che l’effetto delle droghe non lo abbandonassero mai.
“Ciao..” azzardai, sedendomi.
Lui fece un cenno con il capo e ritornò a guardare fuori dalla finestra.
“Devi dirmi perchè hai litigato con Andrea.” Dissì dura, una volta per tutte. E mentre mi guardava con quell’aria smarrita mi sentii crollare. Mi mancava il MIO Mattia. Perchè la droga me lo stava portando via?
“Perchè sì.”
Io rimasi sorpresa, con la bocca aperta, per dire qualcoa, ma non c’era niente da dire.
“Matt, guardami. Sono quattro giorni che non mi guardi in faccia.” Gli feci notare, con la voce colma di dolore.
“E tu mi hai mai guardato negli occhi?” sputò, con un certo risentimento nella voce, come se in qualche modo l’evessi offeso.
“Non voglio perderti.”
“Lo stai già facendo.”
“Dio, Matt!” urlai. “Dove cazzo sta il Mattia che conoscevo io? Chi ti ha dato il permesso di entrare nella sua mente e fottergliela?” gridai ancora, mentre lui aggrottava le sopracciglia e mi guardava confuso.
“Sono sempre io.” Balbettò, non proprio sicuro.
“Matt, la droga ti sta bruciando il cervello. Devi farti curare. Domani ti sbattono fuori da qui e non hai ancora capito la gravità della situazione. Io non voglio un fratello drogato, lo vuoi capire?”
“E tu vuoi capire che non sono tuo fratello?” Urlò, fuori di sè. Un infermiere entrò nella stanza, allarmata. Riconobbi il ragazzo che avevo travolto l’altro giorno nel corridoio.
“Cosa succede qui?” domandò, controllando qualche macchina che segnalava la salute di Mattia.
“Cosa ci è successo, Matt?” domandai, con le lacrime agli occhi.
“E’ successo che tu non ti fidi di me, che tu non vuoi fidarti di me. Non sono un drogato, Jade, non lo sono.”
“Oh, sì, certo. È per questo che ti ho trovato che stavi per crepare a causa di una crisi di overdose. Certo, Matt, hai proprio ragione.” Balbettai, con voce roca e rotta dai singhiozzi.
“E’ meglio se esci.” Disse l’infermiere, allontanandomi dal letto di Mattia.
Uscii dalla stanza e sentii le forze mancarmi. Mi lasciai scivolare a terra.
“Stai bene?” la voce del giovane infermiero mi giunse cofusa, e non feci nemmeno lo sforzo di rispondergli. Vomitare. Stavo per vomitare.
Mi alzai e corsi in bagno, mentre un sapore amaro mi saliva in bocca.
Entrai nel bagno e mi appoggiai al water. Vomitai. Era come se mi liberassi dal peso di quella situazione assurda, era come se le parole di Andrea e quelle di Matt affogassero nell’acqua del water.
“Hey, stai meglio?” sentii domandare a qualcuno. Mi girai e vidi lo sguardo indagatore dell’infermiere scrutarmi. Mi alzai e andai a lavarmi la faccia e la bocca nel lavandino.
Non gli risposi, non mi andava di parlare con nessuno. La testa mi girava e mi sentivo stanca morta. Il mio corpo era già nel letto, a casa.
“E’ da tanto che hai il vomito?” mi domandò ancora. mi irritava. Pechè non se ne andava e mi lasciava in pace? Non gli avevo chiesto di seguirmi.
“No.” Bisbigliai e feci per uscire dal bagno, superando il ragazzo.
 “E’ meglio se lasci stare tuo fratello, per un po’. Non è nelle condizioni di..”
“Tranquillo, io me ne vado.” Risposi, interrompendolo.
“Comunque, fatti visitare da un medico!” mi urlò, quando ormai ero lontana. Non ci feci caso.

 
“Qui la segreteria telefonica di Allegra. Probabilmente non ci sono o potrebbe essere che mi stai sul culo e non mi va di risponderti. In ogni caso, lascia un messaggio dopo il Beep e valuterò la sitazione. Beeeep.”
“Ehm.., Allèè, sono Jade. Volevo solo sapere come stai. Insomma, non ti sento da tanto e mi sto preoccupando. Come sta il bambino? Bene, vero? Chiamami appena puoi. Ciao.. ti voglio bene.”
Avevo lasciato lo stesso messaggio cinquanta mila volte in un giorno.
Era passato un mese da quando Matt era stato dimesso dall’ospedale e da quel giorno non vidi più Allegra. Era venuta a casa mia per vedere come stava Mattia e salutarlo. Mi ricordo che notai la preoccupazione nei suoi occhi, ma pensai che fosse per Mattia.
Ora rivalutavo quel suo atteggiamento strano. In quel mese mi torturai, letteralmente, con i problemi di Mattia e quelli di Allegra.
In famiglia si avvertiva la tensione. Ogni giorno Mattia e i miei litigavano perchè lui continuava a sostenere di non aver bisogno di andare in riabilitazione, ma ogni volta che usciva di casa sentivo che andasse dai suoi amici, quelli con i quali l’avevo trovato quel giorno.
Ero in ansia, sempre. Ci si metteva anche Andrea, che mi continuava a ronzare nei pensieri e non mi mollava mai. Sentivo la sua mancanza, ma non volevo fare il primo passo ed andare a parlargli. Anche perchè, non avevo ancora assimillato per bene le sue ultime parole, riguardo Mattia.
Qualche volta mi veniva voglia di confessarlo a Mattia, di dirgli di quei baci con Andrea, di come lo amavo e della fatidica litigata. Poi mi passava la voglia. Mattia mi ignorava, non sarei mai riuscita a parlargli.
Eravamo ritornati a scuola. Facevamo la strada in silenzio e a scuola non parlavamo. Non sedeva più vicino a me a pranzo e non parlava nemmeno a Christinne: lei stava dalla mia parte.
Christinne era felice. Era felice con Marco, anche se qualche volta si lamentava perchè Marie continuava a ronzargli attorno. Era gelosissima, e questo, a Marco, faceva piacere.
Allegra, invece, non veniva a scuola da settimane.
Christinne mi aveva confessato di temere per la sua salute. Tutti sapevano come viveva lei. Con una madre che soffriva di Alzheimer e un padre poco presente non se la passava benissimo. In più con la gravidanza la sua situazione famigliare era decisamente peggiorata.
L’ultima volta che la vidi mi confessò di aver detto ai suoi del bambino e non la presero proprio bene. ma non fece in tempo a dirmi i particolari.
“Non ti nascondo che temo per il bambino. Insomma, non da segni di vita!” blaterò Christinne, mentre si ingozzava di cibo. Quel giorno indossava una maglietta dei Poison, un vecchio gruppo che lei amava da impazzire, e dei jeans scuri stretti. Le unghie laccate di nero e trucco pesante. Era bella da morire.
“Andiamo a trovarla.” Proposi io.
Christinne mi guardò male. “Sua madre non ci riconoscerebbe e ci manderebbe via. Poi, chissà se è a casa sua.” Suppose, giustamente.
Io sbuffai e allontanai il cibo.
“Ti sta squillando il cellulare.” Mi fece notare Christinne e io mi alzai per tirarlo fuori dalla tasca. Era un messaggio. Lo aprii e mi rallegrai quando lessi ‘Allegra’.

 
Jade, scusa se non mi sono fatta sentire. Mamma è peggiorata e sono fuori città. Comunque, il bambino sta bene. è un maschio! Auguri, sei zia di Davide. Salutami Christinne e dille la stessa cosa. Davide vi saluta e vuole un bene dell’anima alle sue due zie migliori! Torno settimana prossima, se tutto va bene. Baci.

 
Lessi ad alta voce, con entusiuasmo, mentre la voce mi tremava dall’emozione.
“E’ un maschietto!” squittì Christinne battendo le mani contenta.
Mi sentii più leggera e mi alzai con un certo ottimismo dal tavolo. Certo,  mi aspettavano due belle ore di Matematica, ma il mio pensiero era tutto rivolto a Davide e ad Allegra.
“La signorina ci degna della sua presenza!” irronizzò la Mirilli, con un sorrisino impertinente, quando mi vide entrare.
“Non sono in ritardo, prof.” Le feci notare, con irritazione. Guardò l’orologio e in effetti ero in anticipo di ben dieci minuti. Fece una smorfia e mi lanciò un’occhiataccia.
“Siediti.” Disse. Sorrisi perchè l’ultima parola fu la mia.
La campanella arrivò dopo un tempo che mi sembrò infinito. Esultai come non mai quando la sentii, beccandomi un’occhiata poco gentile dalla Mirilli.
Uscii senza aspettare nessuno, nemmeno Christinne che era insieme a Marco.
“Jade!” mi sentii chiamare da qualcuno. Mi girai e sentii il fiato mancarmi. Nonostante la voglia di stargli vicino, lo ignorai e cominciai a correre verso casa.
Per un pezzo Andrea mi seguì, poi si arrese. Girai l’angolo e mi fermai, per riprendere fiato. Pensai che forse avrei dovuto fermarmi per sentire le sue parole e, devo ammetterlo, speravo che volesse dirmi che si era inventato la storia di Mattia innamorato di me solo per giustificare la loro litigata.
Quella storia mi torturava e ogni volta che ci pensavo mi ripetevo che non era assolutamente vero.
Ripresi a camminare, non prima di essermi guardata indietro, sperando di vedere la figura di Andrea. Solo per un secondo, volevo abbracciarlo con tutto il mio cuore.
Mi rigirai con l’intenzione di andare avanti, senza più pensare ad Andrea. Non potevo di certo torturarmi così, a causa di Andrea. Dovevo andare avanti, la mia vita doveva andare avanti. Da lì a qualche mese sarei diventata zia, anche se in fin dei conti io e Allegra non eravamo zie. Ma almeno stavamo mantenendo la promessa che ci facemmo anni prima: Da grandi, noi diventeremo sorelle!, ci dicevamo sempre. E alla fine fu così. Io, Allegra e Christinne eravamo come tre sorelle, nonostante gli ultimi fatti accaduti.
Quindi, pensai, al diavolo Andrea, al diavolo Mattia. Avevo una dannata vita da mandare avanti e volevo vivermela.
Era come se ne sentissi il bisogno. Di vivere, intendo. Di non soffermarmi sui particolari e di divertirmi, anche se, tristemente, in cuor mio sentivo di non potercela fare. Mattia e Andrea mi torturavano. E qualche volta anche papà si faceva spazio fra i miei ricordi e faceva male. Mi feriva.

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Capitolo 13
*** Una svolta decisiva. ***


Dopo secoli e secoli rieccomi! U,U
Allora, ho decido di velocizzare un po' le cose sennò non finiamo più. Comunque, questo capitolo è dedicato alle fan di Mattia MUAHAHA! *risata maligna con occhi rossi e sguardo assassino* soffrite. U,U
Non ho finito di correggere i capitoli. E' che non ho tempo, scusatemi. ç_ç Però ci tenevo ad aggiornare. 
Di modifiche importanti non ne ho fatte. Tranne per la band di Marco che  prima era famosa ora invece l'ho resa poco famosa perchè servirà per il finale della storia. (:

Vi avviso già che non aggiornerò periodicamente perchè ho gli esami, il patentino, ripetizioni, la gita e quindi non ho tempo nemmeno di respirare. ç_ç

Vi lascio al capitolo, ditemi cosa ne pensate. 

P.S. Vorrei che evitaste di dirmi sempre le stesse cose: cioè che sono stata superficiale. Non fraintendete eh: non intendo dire che non dovete dire la vostra. E' che mi è stato detto talmente tante volte che ne ho piene le.. *-*
Cioè, mi spiego sennò.. U,U Allora so di aver sbagliato a trattare certi argomenti e sto cercando di sistemare come posso, quindi non c'è bisogno che in ogni capitolo qualcuno me lo faccia notare. xD
Ovviamente se vi sentite più realizzati fatelo, non mi da alcun fastidio! (:

P.P.S. Ringrazio di cuore a Nina95 per aver espresso la sua preferenza al concorso per i miei personaggi. *O* Ti ringrazio!

Ok, me ne vado seriamente. Bye, belli.

P.P.P.S. xD Visitate il BLOG!

13.
Una svolta decisiva.

 

A scuola  faticavo a seguire le lezioni, e Allegra usciva quasi ogni ora, perchè si sentiva male. I professori non  sapevano ancora il motivo, ovviamente.
Mattia invece a scuola non ci veniva proprio. E se lo faceva veniva sbattuto fuori continuamente. Da quando lo avevano dimesso dall’ospedale, passava i giorni con i suoi amici, quelli che gli davano la droga.
Tra di noi non c’era più dialogo, e nemmeno tra mamma e papà e Matt. Litigavano sempre e Mattia era sempre ubriaco e pieno di impegni.
Mi mancava, ma ero io la prima ad evitarlo. Perchè non accettavo di abbracciare quella persona, che di Mattia non aveva più niente.
Così la scuola mi risultava pesante e stancante.
Arrivavo a casa troppo stanca per fare qualsiasi cosa e mi chiudevo in camera, a dormire.
Quella sera ero sola in casa perchè era sabato e i miei erano a fare il loro periodico campeggio. L’avevano deciso con difficoltà, paurosi di lasciarmi da sola in casa con mio fratello.
Mattia era via, a qualche festa dei suoi amici. Così mi preparai una tazza di cioccolata calda e mi sistemai sul divano. Passavano il mio telefilm preferito.
Credo di essermi addormentata perchè non ricordo di preciso come successe. Quando aprì gli occhi, molto lentamente, trattenni il fiato per una manciata di secondi poi sorrisi, quasi con le lacrime agli occhi.
Mattia era stretto a me, e dormiva, riscaldandomi il collo con il suo respiro regolare. La bocca leggermente aperta e un’espressione triste in viso.
Mi circondava la vita con le braccia e aveva intrecciato le sue gambe alle mie. Mi si scaldò il cuore e senza dire niente mi abbracciai di più a lui e chiusi gli occhi. Ero sicura di abbracciare Mattia, quello che conoscevo io. Il calore del suo corpo me lo diceva, anche se un po’ puzzava di fumo. Ma cercai di non badarci.
Così stetti per un po’, godendomi quei momenti che sentivo di non poter mai più rivivere.
Mattia mugugliò qualcosa e si mosse. Poi aprì gli occhi e io gli sorrisi. Lui sbattè le palpebre più volte e poi mi strinse.
“Scusami.” Bisbigliò, a bassissima voce. Io gli sorrisi e poi gli accarezzai i capelli, cosa che mi era mancata tantissimo.
“Quasi perdonato.” Gli risposi.
“Scusa se.. insomma.. sono qui. So che non mi vuoi.” Continuò, in difficoltà con le parole.
“Beh, in effetti, non ti voglio. Ma per oggi faccio un eccezione.” Scherzai.
Lui tirò su la testa e mi guardò negli occhi.
“Jade..”
“mhm?”
“Io..” esitò e io gli sorrisi per incoraggiarlo a proseguire. “beh.. vedi..” nascose il viso nei miei capelli e bisbigliò qualcosa che non capii.
“Cosa?” dovetti chiedergli.
“Ti voglio bene.” sospirò, o sbuffò, non lo capii.
“Anche io.”
Mattia non aveva intnzione di lasciarmi e ne ero contenta. Sarei rimasta così per sempre, nonostante tutti i problemi che si erano creati tra di noi.
“Non ci riesco, Jade, te lo giuro.” Disse, in un sussurro.
Non capii e corrugai la fronte. Non vedi il suo viso, probabilmente contratto in una smorfia.
Sospirò. “Drogarmi, insomma. È come se.. se non lo faccio muoio, giuro.” Continuò in un lamento.
Io lo abbracciai forte. “Degli esperti ti possono aiutare.”
“No, Jade. Non ci riuscirebbero. Voglio dire, non ci riesco io.”
“Tu non vuoi riuscirci, Matt.” Sospirai. Non era rabbia quella che sentivo, era rassegnazione. Avevo smesso di dirgli che l’avrebbe ucciso, tanto non gli sarebbe importato. A lui non importava se io fossi rimasta sola, cosa avrei fatto. Lui non immaginava nemmeno il mio dolore nel vederlo tornare ogni giorno a casa senza riuscire a tenersi in piedi. E io che lo aiutavo e lui non se lo ricordava nemmeno.
Io che gli dicevo ‘Ti voglio bene, Matt.’ e lui mi rispondeva con un ‘contenta tu.’ Perchè la droga lo faceva arrogante.
Non mi rispose e continuò a tenere gli occhi chiusi, anche se non dormiva, perchè mi accarezzava il braccio.
“Oggi non mi sono.. drogato.” Mi confidò, con un sorrisino amaro. “E non l’ho fatto per poterti stare vicino, senza farti male.”
Aprì gli occhi e quel verde mi investì e mi fece male.
“Puoi smettere di farlo.. per sempre.” Sussurrai e intrecciai le mie dita alle sue.
Lui guardò le nostre mani rapito, scosse la testa e le sciolse.
“Non capisco, Jade. Non capisco perchè quando sto con te sono così tranquillo. Perchè tu sei così?”
“Così come, Matt?” domandai, ridendo.
lui però rimase serio. Guardava il soffitto. “Così bella da morire.” E sospirò.
“oh, ma cos’è? Una dichiarazione d’amore?” scherzai, anche se dentro di me qualcosa sussultava.
Lui tirò un lungo respiro e poi mi soffiò in faccia. “vedi? Non so neanche di fumo.” E sorrise, mentre sentivo il suo respiro pulito innondarmi le narici. Mi avvicinai al suo viso e gli lasciai un bacio sul naso.
“Stasera serata Jade&Matt?” gli domandai, speranzosa. Lui non rispose subito, ma poi sorrise e annuì.
Esultai contenta e mi alzai. Lui mi prese per il braccio e si lamentò di qualcosa. Poi mi tirò verso di lui e mi incastrò tra le sue braccia. “Dormiamo ancora un po’, sono stanco.” Si lamentò, come un bambino e poi chiuse gli occhi. io ridacchiai e feci lo stesso. Mi accoccolai vicino a lui e prima che Morfeo mi rapisse, gli schioccai un bacio sul mento.
 

La serata Jade&Matt non fu proprio come al solito: dormimmo tutta la sera.
Quando mi svegliai Matt non c’era. Mi misi a sedere velocemente. Lo cercai con lo sguardo nella stanza, senza trovarlo. Mi alzai e
corsi in cucina. Lui rise appena mi vide, appoggiato al frigorifero. Sospirai più tranquilla e mi sedetti.
Immediatamente un profumino attirò la mia attenzione.
“Ho preparato io la colazione.” Mi spiegò, infatti. Io gli sorrisi e mi fiondai sul latte e sui bicotti.
Lui scosse la testa sconsolato e si sedette davanti a me. “Secondo te sono un drogato senza speranze?”
La sua domanda mi colse di sorpresa e sul momento non  seppi cosa rispondergli. Smisi di mangiare e lo guardai.
“Sei un drogato.” Dissi, con il cuore che faceva male. “Ma non sei senza speranze.”
“Non mi farò curare dagli strizzacervelli.” Pacato.
“Allora sei senza speranze, Matt.” Dovetti dirgli. Ma perchè quell’argomento doveva sempre rovinare i miei momenti con lui?
“Non mi farò curare dagli strizzacervelli.” Ripeté, con maggiore convinzione.
“Andiamo a fare un giro? Noi due, così..” la buttai lì, ignorando le sue parole.
Lui alzò di scatto la testa e rise. Poi mi guardò. “Mi dispiace, peste, ma ho gli allenamenti.”
“Ma non ti avevano buttato fuori?” gli domandai, sorpresa. Sapevo quanto aveva sofferto per la decisione dei suoi compagni e del suo allenatore.  Gli avevano sputato in faccia di non volere un drogato in squadra. Mattia ci era rimasto malissimo, ma nonostante ciò non aveva smesso.
Ormai lo aveva inghiottito.
“Sì, ma mi hanno dato un’altra possibilità.” Sorrise. “Devo solo dimostrare a tutti che sono ancora affidabile e che sono ancora capace di portare la nostra squadra a vincere.”
“Uhm..” mormorai, mentre bevevo. “Cosa da niente.” Ironizzai e lui mi guardò male.
Poi gli sorrisi. “Allora farò un giro con Allegra e Christinne.”
Lui annuì. “Allegra come sta? Il bambino, insomma..”
“Bene. E’ un maschio.”
Lui annuì per la seconda volta, pensieroso.

 
“Vuoi dire che Mattia è ritornato.. Mattia?!” L’urlo di Christinne mi perforò il timpano.
“No, Chris. Ti sto dicendo che per oggi è ritornato Mattia. Non ha intenzione di andare in un centro.” Sbuffai.
Lei annuì, più calma. Allegra sedeva sulla panchina, mentre Christinne era in piedi e giocava a calcio con la pallina che aveva confezionato con la carta di qualche dolce che si aveva comprato. Io ero seduta per terra.
“Come stai tu?” mi domandò Allegra, incrdibilmente seria. Anche Christinne ci raggiunse e si sedette sulla panchina. Tutte e due mi guardavano e aspettavano la verità. E non le avrei mentite. Mai.
“Meglio, insomma.” Feci una smorfia. “Papà continua a chimare, ma non gli rispondo.”
“Dovresti invece.”
“Non sono obbligata, Allè.”
“Certo che no.”
“Però dovresti farlo.” Christinne mi rimproverò con gli occhi. io abbassai i miei e continuai a torturarmi le mani.
“Se foste al posto mio, cosa fareste?”
Le due si guardarono. Ognuna mi avrebbe dato una risposta completamente diversa, lo sapevo benissimo, ma il loro consiglio mi era indispensabile.
“Io andrei da lui, gli tirerei tanti pugni quanti anni è mancato, poi lo perdonerei. Insomma, è tornato, no? E penso che sia tornato
perchè ti vuole bene.”
“O perchè non sa più come cavarsela.” La interruppi.
“Sì, certo, comunque io, al posto tuo, gli darei una possibilità. Solo una, però.”
“Concordo con Christinne, stranamente. Ti conosco e so leggerti dentro. Tu non vedi l’ora di abbracciarlo, Jade.” Abbassai il capo e trattenni il respiro.
Mi resi conto che era così, che volevo abbracciare papà. Volevo abbracciarlo non solo con le braccia, ma soprattutto con il cuore. Avvicinare il mio al suo e fargli capire quando avevo sofferto la sua mancanza.
Cosa che, per colpa del mio stupido orgoglio, non ho mai fatto.
“Oh-Oh.” Esclamò Christinne, con preoccupazione nella voce. Senza capire seguì il suo sguardo e incontrai quello di Andrea.
Camminava deciso verso di me, senza smettere di guardarmi.
“Noi andiamo a fare un giro..!” Allegra portò via Chris, beccandosi i miei insulti, a bassa voce.
Andrea mi raggiunse e io mi alzai.
“Allora? Si può sapere perchè mi stai evitando? Non ho la peste, nessuna malattia contaggiosa e non penso di essere una brutta compagnia. Quindi?” pacato, sguardo fermo sul mio volto e mani strette a pugno.
Abbassai il capo, senza sapere bene cosa fare o dire.
“Ascolta..” iniziai, anche se non avevo ben chiaro il discorso da fargli.
“No, Jade. Ascolta tu!” urlò. “Io ti dico quello che provo per te, cosa al quanto difficile per uno come me, non credi?, e tu cosa fai? Te ne esci con una frase del tipo ‘Mio fratello non è innamorato di me.’ ” mi fece il verso. “Sono io quello innamorato di te, Jade!” Andrea gesticolava nervoso e mi guardava, incolpandomi silenziosamente di averlo ferito.
Mi sedetti sulla panchina, incapace di guardarlo negli occhi.
“Ora deciditi. Perchè se sei innamorata di Mattia, beh.. allora io posso mettermi da parte, sai.”
“No!” gridai, e lo guardai supplichevole. Come aveva potuto pensare una cosa del genere? Sentivo gli occhi bruciare, ma lottavo contro la voglia di piangere. Avevo finito di farmi prendere dal panico in qualsiasi situazione. Andando avanti così non avrei mai risolto niente.
“E allora chi è?” domandò, rassegnato, passandosi una mano tra i capelli biondi. Era nervoso, e arrabbiato, lo avvertivo benissimo. Ma non era l’unico.
E non ero l’unica a non aver capito niente. Perchè lui non si rendeva conto che era lui quello che amavo da anni.
“E’.. beh.. è uno che non capisce un cazzo di quello che gli sta intorno. Che quando si arrabbia sulla fronte gli si formano due rughe, che lo rendono un po’ più maturo. È uno che si mangiucchia le unghie quando si annoia o è nervoso, peggio di una ragazza.” Lui si guardò immediatamente le unghie, rovinate. “E’ uno di quelli tosti e stupidi. Che non molla mai e ottiene tutto. Ha gli occhi di un azzurro che ti fa affogare, senza possibilità di emergere sana di mente.”
Si avvicinò a me, lo avvertii, perchè avevo la testa bassa. Smisi di parlare perchè la voce mi faceva brutti scherzi.
“Jade..” bisbigliò. Guardai le sue mani intrecciate alle mie. “Scusami.. scusa se non ho mai capito niente..” balbettava, impacciato. Io sorrisi e alzai gli occhi. I suoi erano fissi sul mio volto. Erano chiari, vi si leggeva gioia.
“E’ solo che non voglio darti alcun fastidio o metterti in imbarazzo. Insomma, non sei obbligato a ricambiare..” lui mi zittì avvicinando le sue labbra alle mie. Le sentì calde, confortevoli. Mi prese il viso tra le mani e mi sorrise sulle labbra.
“Tu mi stai cambiando la vita, Jade.” Sussurrò. Io sorrisi e gli toccai le mani, che mi tenevano come se fossi qualcosa di particolarmentre fragile. Sentivo che cercava quasi di passare innosservato mentre mi accarezava la guancia.
Non ci dicemmo altro. Le parole avrebbero solo rovinato quel momento. I passanti ci guardavano e sorridevano. Gli anziani
scuotevano la testa, ricordando di quando erano giovani.
Le ragazzine invece mandavano urli acuti, riconoscendo Andrea. Lui se la rideva, abbracciandomi ancora di più.
“Ma.. Matt..” mi sentivo una stupida a farmi venire in mente Mattia in un momento del genere. Non capivo cosa ci faceva nei miei pensieri.
“Shht.” Mi sgridò, con fare dolce. Poi fece una smorfia quando qualcosa si posò sul suo naso. Io risi e glielo baciai. Altri fiocchi di neve si posarono sulle nostre teste, sui vestiti, sulla panchina.
Nonostante la neve, un raggio di sole fece il suo ingesso, timido timido. La neve continuò il suo lavoro, senza badare troppo.

 

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Capitolo 14
*** Quando la conquisti, rischi di perderla: la felicità. ***


Ecco il capitolo. U,U
Non ho tempo per rispondere alle vostre recensioni, mi dispice. però mi hanno resa felicissima!
Vi ringrazio davvero di cuore *-*

Ringrazio anche  Red76 per averla votata al concorso! *-*
e tranquilizzo
 _deny_ dicendole che c'è un finale a sorpresa! (: 

Ora vi lascio, perchè sto morendo dal mal di denti ç___ç
continuate a dirmi la vostra! ^^

14.

Quando la conquisti, rischi di perderla: la felicità.

 

“Vai! Vai così!” Christinne accanto a me urlava e gesticolava, seguendo ogni movimento della nostra squadra di calcio.
Matt stava dando il massimo di sè stesso per vincere. Era l’ultima partita della stagione e doveva farsi vedere dai selezionisti. Non era l’unico: anche Andrea stava prendendo sul serio la sua posizione nella squadra.
Quella sarebbe stata la loro occasione di entrare nel vero mondo del calcio, la loro passione più vera, da sempre.
Nonostante fossero in squadra insieme, Matt e Andrea si scontravano duramente; Matt non accettava che io e Andrea stessimo insieme e continuava a ignorarmi e farmi notare il suo disappunto.
Non mi aveva detto niente di particolare per rompere il fragile filo che ci legava. Tutti gli sforzi per riavvicinarsi sono andati in frantumi.
“Ma che cazzo fanno?! Jade! Guardali!” Chris imprecò ancora e mi fece notare Mattia e Andrea che litigavano sul campo.
Abbassai il capo e sbuffai. “E’ la loro occasione e litigano. Incredibile!” continuò ad agitarsi lei.
La partita fu penosa. La nostra scuola perse 5 a 1 e i selezionisti avevano delle espressioni illegibili.
Scossi la testa e mi alzai. “Dove vai?” mi domandò Chris.
“Dai ragazzi.”
 

Nello spogliatoio i ragazzi della squadra erano giù di morale e tutti si stavano cambiando in assoluto silenzio.
Entrai senza preoccuparmi dei fischi di alcuni più vivaci. Mi fermai davanti a Mattia e Andrea.
“Siete contenti adesso?”
Loro si guardarono in faccia, e poi continuarono a vestirsi.
“Questi ragazzi volevano vincere. Per farsi valere agli occhi dei selezionisti. Non siete gli unici ad avere un sogno, qui.” Mattia abbassò il capo, mentre Andrea si sedette.
“Non capisco perchè vi siete comportati così, ma avete perso vergognosamente ed è meglio che chiediate scusa ai vostri compagni. Spero tanto che nessuno di voi due venga scelto, perchè non ne siete degni.” Gli altri ragazzi annuirono convinti, dandomi ragione.
“Non stare con lui, Jade..” i sussurri di Matt mi sembrarono una supplica. Mi passò accanto, senza fermarsi e uscì.
Io abbassai il capo e sentii il senso di colpa schiacciarmi. Poi Andrea mi abbracciò e sistemò il viso nei miei capelli sciolti. Un gesto che faceva sempre e che mi faceva stare bene.
Sospirai e lo abbracciai. “Stupidi.” Mormorai e lo sentii sorridere.
“Scusami, scusami se ti ho delusa.” Lo stesso tono di voce di Mattia.
Chiusi gli occhi e cercai di rimuovere l’immagine dei due che litigavano sul campo. Cercai anche di rimuovere quel senso di colpa: perchè i due litigavano per colpa mia.
“Io ti amo, Jade.” Sussurrò con tono incredibilmente dolce. Io sorrisi, sentendomi il cuore colmo di gioia.
Poi, come a togliermi quella felicità faticosamente conquistata, mi sentii soffocare. Mi aggrappai ad Andrea per paura di cadere nel
vuoto che i miei occhi mi stavano mostrando.
Cominciai ad ansimare, cercando aria.
“Jade, stai bene? Jade? Jade!” Andrea continuava a urlare il mio nome, mentre io continuavo a sentire sempre meno.
Il suo bellissimo viso, a pochi centimentri da me e dipinto da una paura preoccupante, cominciava a oscurarsi.
“Aiuto! Aiutatemi! Jade, Jade!” gridava, mentre mi scuoteva.
Poi chiusi gli occhi, esausta, solo un attimo, per riposarmi.
 

“E’ stato difficile trovare dei talenti in questa squadra. Alcuni di voi si fanno coinvolgere troppo, altri non muovono nemmeno un muscolo. Litigare con i propri compagni non è un buon segno, capite?”
Andrea e Mattia sbuffavano, impazienti di andare in ospedale per vedere come stesse Jade.
Il loro allenatore aveva vietato a tutti di muoversi. Lui non poteva capire come si sentissero i due. La ragazza che amavano era lì, su un letto d’ospedale, senza aver dato segni di vita da due giorni.
Erano riusciti a rimandare le selezioni solo di due giorni. Tutti e due avrebbero preferito avere Jade al loro fianco.
“Indubbiamente Mattia hai talento.” Pronunciò uno dei tre uomini, senza mostrare di provare alcun sentimento. Mattia sorrise in sengo di riconoscimento.
“Andrea, per me,  merita.” Si pronunciò il secondo, annuendo convinto.
Il terzo scrisse qualcosa. “Ma Mattia ha problemi con la droga e non può essere accettato. Ci dispiace, ragazzo.” Mattia fece un sorrisino falso e se ne andò, senza salutura o dire qualcosa.
Andrea fece per seguirlo e consolarlo la quello che gli fu detto glielo impedì.
“Andrea.. beh, come ha detto il mio collega: meriti.” E sorrise l’uomo di mezza età.
Andrea urlò e si fece abbracciare dai suoi compagni di squadra, mentre si redeva conto che Jade lo aveva reso così: una persona forte e combattiva. E non superficiale; quella fase l’aveva superata.

 
C’era qualcosa di fastidioso che non mi permetteva di muovere le braccia. Infastidita, cercai di aprire gli occhi, per liberarmi di quel fastidio, ma la luce mi impediva di guardarmi intorno.
“Si sta svegliando! Mamma! Papà!” la voce di Mattia mi sembrò un dono. Mi resi conto di stringere la sua mano.
Dopo altri tentavi finalmente aprii gli occhi e vidi Mattia, mamma e papà sorridermi, con le lacrime agli occhi.
Mattia aveva un sorrisone unico, mentre mamma aveva le occhiaie.
Cercai di parlare, di dire qualcosa ma mi sembrò una cosa che non avevo mai fatto.
“C-cosa.. cosa..” mi sforzai e sentii un rumore farsi più veloce. Il Beep ritornò normale.
“Shh, non parlare.” Mi zittì la mamma. Papà non osava parlare.
“Sei in ospedale.” Mi rispose Matt. Io mi guardai intorno e riconobbi quella stanza anonima di ospedale.
“Vado a dire ai medici che è sveglia.” Annunciò papà, mentre la mamma annuiva e si asciugava le lacrime.
“Ci hai fatto preoccupare, tesoro.” Mi sgridò e sospirò.
Io non capii. “Sei stata in coma quattro giorni.”
Sgranai gli occhi e guardai Mattia per chiedere conferma. Lui annuì, lentamente.
Lasciai la sua mano e girai la testa dall’altra parte. Mi sentivo terribilmente stanca.
Più tardi arrivò una faccia conosciuta, che però non riconobbi subito.
“Allora, come ti senti, Jade?” mi domandò l’infermiere, dopo aver mandato via tutti.
“Come fai a sapere il mio nome?” gli domandai, infastidita.
Lui rise. “Sono un infermiere, sai. Devo sapere i nomi dei pazienti.” Mi rispose, sempre ridendo. Poi si fece serio. “Come stai?” ripeté.
“Sono stanca.” Sospirai.
“Io ti avevo detto di farti visitare da qualcuno.” Mi rimproverò. Aprii di nuovo gli occhi e lo guardai male.
“Ma chi ti credi di essere?” bisbigliai, infastidita da qual suo atteggiamente strafottente.
“Davide, piacere.” E rise di gusto, mentre mi porgeva la mano e io la rifiutavo con uno sbuffo.
“Comunque, per qualche giorno devi restare qui, per accertamenti. Ovviamente non si può far finta di niente. Sei svenuta e rimasa in coma per cinque giorni. C’è qualcosa che non va.”

C’è qualcosa che non va. C’è qualcosa che non va. C’è qualcosa che non va.
Quella dannata frase mi continuava a rimbombare nella testa. Il tono serio di Davide mi preoccupò assai.
“Da quanto succede?” domandò, sedendosi accanto al letto.
“Che cosa?”
“Svenire, avere problemi di equilibri, mal di testa e instabilità emotiva così forte.” Elencò tutto quello che mi succedeva da qualche mese a quella parte. E io mi resi conto di non averci mai fatto troppo caso, pensando solo che fosse la stanchezza.
Che stupida.
“Qualche mese.” Bisbigliai.
“E non hai mai pensato che potesse essere qualcosa di grave?” mi rimproverò di nuovo, mentre i suoi occhi scuri mi scrutavano critici.
“Ma scusa, che ti frega?” mi lamentai e mi girai dall’altra parte, per non vedere ancora quel viso insofferente.
“Hai una visita.” Mi avvisò, prima di uscire.
Allora mi girai velocemente e sorrisi alla visione di quell’angelo venuto lì per me.
Mi sorrise leggermente e si sedette sul letto accanto  a me, prendendomi la mano.
“Ciao.” Sussurrò.
“Ciao.”
“Come stai?” domandò, dolce. Quella dolcezza che manifestava solo per me. Quella dolcezza che mi apparteneva.
“Insomma.” Decisi di essere sincera con lui. Decisi che non gli avrei mai mentito.
“Mi hai fatto preoccupare, scema.” Mostrò il suo sorriso un po’ tirato e stanco.
“Mi dispiace..” mi sentii in colpa di averlo fatto star male.
“Vieni qui.” Mi abbracciò come meglio riuscì e mi stampò un bacio sulle labbra.
Poi si sistemò sul letto, composto, mentre entravano nella stanza Mattia, Christinne e Allegra.
Corsero ad abbracciarmi, facendomi un po’ male. Mattia evitò di guardare Andrea. C’era qualcosa che mi sfuggiva.
“Io vado, amore.” Io annuì e lo salutai con un sorrisino.
“Come stai, razza di idiota?” esclamò Christinne, accomodandosi sul letto.
Allegra alzò gli occhi al cielo. “Il dottore ha detto che non riesce a capire cosa hai.”
Io abbassai il capo. “E’ sempre così. Appena riesco ad essere felice, questa felicità mi viene tolta.”
“No! Non pensarla così, scema.” Christinne mi riabbracciò e mi schioccò un bacio in fronte.
Io sorrisi a tutti e tre.
 

“Insomma, non ci sei mai!” gridò Christinne.
Marco sbuffò e si sedette sul divano. Quell’appartamente che ormai era diventato testimone di quel loro amore.
“Cosa vuoi che faccia io? Cantare è la mia vita, Chris. Questa è la nostra occasione.” Parlò, calmo, senza farsi prendere dalla rabbia.
Lei si passò una mano tra i capelli. “Non voglio che la musica diventi un’ossessione per te..”
Lui sorrise e le fece segno di sedersi accanto a lui. “Sei tu la mia ossessione, scema.” Sorrise ancora. “Il sogno mio e del mio gruppo è riuscire a fare un concerto e forse ci siamo. Ma ti prometto che tu resterai sempre al primo posto.” Christinne abbassò il capo. “Mi credi?” volle sapere lui.
Lei annuì.

 

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Capitolo 15
*** Come se tutto finisse. ***


Mancano pochi capitoli alla fine. Forse il prossimo è l'ultimo. Però non ne sono sicura. 
Comunque, ringrazio a chi ha recensito lo scorso capitolo e spero di vedere tante recensioni anche per questo capitolo!
Ah, vi avviso già che c'è il sequel di Situations; This Love. ^^
Ora vi lascio. 
Buona lettura!

15.
Come se finisse tutto.

 
“Ben svegliata, bellezza. Andiamo a fare un giro?”
Davide, l’infermiere, entrò nella stanza e aprì le finestre. Lasciò che il fresco di Dicembre si difondesse nella stanza e mi facesse rabbrivvidire.
“Non mi va.” Bisbigliai e mi misi la coperta sopra la testa. Lui sbuffò e mi scoprì completamente.
“Non vorrai marcire in questo letto!” e rise.
Non lo sopportavo. Quel Davide non faceva che rendermi la permanenza nell’ospedale un inferno.
Mi faceva camminare tutti i giorni, mentre io volevo solo dormire. Mi obbligava a mangiare quando non avevo appetito. Era uno schifo.
“Sei una mia paziente e fai quello che ti dico.”
“Non sono una tua paziente.”
“Sì, invece. Il capo mi ha detto di occuparmi di te.” Disse calmo e poi incrociò le braccia al petto, fissandomi dal fondo della stanza. “E io non ho intenzione di lasciarti crepare qui.”
“Dio, che delicatezza!” borbottai e affondai la testa nel cuscino.
Lui soffocò una risata e prese la sua cartelletta. Annotò qualcosa.
“Oggi come stai?” si informò.
“Come ieri. No. Peggio di ieri.” Gli risposi. Lui annuì e poi venne a controllarmi da vicino.
“Fuori nevica, bellezza, e..”
“Non chiamarmi bellezza, Davide.”
“E tu non chiamarmi Davide.” Ribatté e mi guardò offeso. Io lo guardai confusa.
Poi iniziai a ridere e lui con me.
“Prima, c’era il tuo ragazzo. Però gli ho detto di starti alla larga.”
Io sgranai gli occhi e poi mi alzai dal letto.
“Cosa hai fatto tu?!” urlai e lui si allontanò ridendo.
“Ora che ti sei alzata, possiamo andare a fare un giro.” Io lo guardai male, ma non dissi niente. Mi resi conto di aver bisogno di camminare, di sentire il vento in faccia e di provare qualcosa. Le medicine che prendevo mi facevano andare di matto. Troppo tempo chiusa in quella stanza d’ospedale.
“Seguimi, bellezza.” Aprì la porta e mi invitò a uscire.
“Non hai detto niente del genere ad Andrea, vero?” insistetti e lui rise, superandomi.
“Ehi, ehi! Mi hai sentita?! Rispondimi!”
 

“Senti, Matt.”
“Mhm.”
Mattia mi guardò curioso, mentre io tentavo di trovare una posizione comoda  in quello stupido e duro letto da ospedale.
Non mi ricordo di preciso da quanti giorni ero là dentro. I medici non erano riusciti a trovare ancora cosa mi faceva star male. Qualche volta mi capitava di avere una di quelle crisi. Ogni volta peggiorava. Quella cosa.. che avevo dentro.. mi divorava. Ne ero sicura.
Matt si passò una mano tra i capelli.
“Tu mi ami?” gli domandai, e lui sgranò gli occhi e iniziò a balbettare frasi sconnesse, senza senso. Sorrisi e cercai la sua mano.
“Perchè io lo so che tu mi ami.” Bisbigliai e lui smise di parlare. Mi guardava e mi stringeva la mano. Forte. Per non lasciarmi andare via.
“Andrea dice che sei innamorato di me. Ma io non gli credo. Tu mi ami come sorella, vero? Perchè se è così anche io ti amo, da impazzire. Ma come fratello. Il migliore al mondo.”
Faticavo a respirare. Però continuai a parlare. Parlare mi faceva distrarre dalla mia malattia.
“Jade, cosa stai dicendo?” Mattia si alzò e si avvicinò al letto. Il viso preoccupato. Mi scrutava.
“Matt, io non posso ricambiare.” Bisbigliai. E mi seri conto che avrei dovuto dirglielo tanto tempo. Io lo amavo, ma come fratello. E lui non doveva essere innamorato di me. Avrei voluto che mi avesse detto che Andrea si fosse inventato tutto.
“Lo so, Jade. Lo so benissimo. Ma io ti amo lo stesso. Cosa ci posso fare? Ma stai bene?” volle sapere e io annuì, mentre tentavo di sorridere.
Lui mi accarezzò i capelli. “Andrea ti ha detto la verità. Lui ti ama, sai.” Continuò, senza guardarmi negli occhi.
“Anche io lo amo, però amo anche te.” Balbettai e buttai per terra la coperta.
“Ma che fai?” mi sgridò Matt e mi coprì di nuovo. “Stai delirando, Jade.” Aggiunse poi.
Io, senza capire più niente, cominciai ad agiarmi. Era come se mille api mi pungessero all’infinito. Mi faceva male da tutte le parti. Volevo solo che smettesse di farmi male tutto.
“Jade!” sentì Andrea. E Christinne. Allegra mi chiamava disperata. E avrei voluto rispondere a tutti, anche a Marco che era appena entrato nella stanza.
Poi Mattia chiamò il dottore e io smisi di ascoltarli.

“Ben risvegliata, signorina.” Non risposi subito. Mi guardai intorno e mi resi conto che c’era qualcosa che mi dava fastidio. Provai a togliermi l’affare dalla bocca, ma il dottore mi bloccò.
Sentì due braccia avvolgermi e il profumo costoso di mia madre mi invase le narici.
Provai a dire qualcosa, ma lei non si spostò di un millimetro.
“Oh, Jade. Grazie a Dio!” continuò a blaterare, ma io non stetti ad ascoltarla.
“Ora è temporaneamente fuori pericolo, ma non è ancora stabile. Ha bisogno di riposo.. e di qualcuno che capisca cosa le faccia questo.”
Poi il signori lasciò la stanza e rimasi sola con mamma.
“Mamma, mi stai.. facendo male..”
Lei mi lasciò andare velocemente e si sedette, sistemandosi la gonna. Era incredibile quella donna. Fuori nevicava e lei girava con la gonna. Era pazza, completamente.
“Cosa mi è successo, mamma?” domandai e lei esitò.
“Una crisi, tesoro. Ma ora sei di nuovo stabile.” Si affrettò a dire e mi sorrise.
“Mamma, lo sai che non ho sette anni e so cosa mi sta succedendo, vero?” lei abbassò la testa e si guardò le unghie.
Poi nessuna delle due parlò.
“Scusi, signora, dovrebbe uscire un attimo.” Davide sorrise a mia madre, la quale uscì in fretta.
“Accidenti, ragazza.” Esclamò, mentre accendeva e spegneva qualche apparecchio. “Stavi per andare all’altro mondo. Cazzo, come fai ad essere ancora qui?!”
Davide era un tipo diretto, avevo imparato a conoscerlo in quelle settimane. Non ci girava intorno. Se voleva dire qualcosa lo diceva e basta.
“Davide, sai cosa ti manca?” gli domandai.
Lui mi guardò. “Cosa?”
Mi girai dall’altra parte. “La delicatezza.” E lo sentii ridere.
Poi fece il giro del letto. “No, sul serio. Sei forte, dolcezza.” E sorrise. Io chiusi gli occhi.
“C’è il tuo ragazzo fuori. Lo faccio entrare?”
Annuì e lui se ne andò.
Andrea entrò e rimase al centro della stanza. Poi sospirò e mi abbracciò forte. “Mi hai fatto morire dalla paura, incosciente.” Mi rimproverò e mi baciò la fronte. “Cosa faccio se ti perdo, eh? Me lo spieghi?” continuò e io lo strinsi forte al petto e lo costrinsi a distendersi sul letto, accanto a me.
Non protestò e dormimmo così.
Improvvisamente diventai agitata, come se in quel momento mi fossi resa conto che tutto sarebbe finito in pochi giorni.

 

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Capitolo 16
*** Broken. ***


Ed eccoci all'ultimo capitolo. Alla fine di questa storia. Oddio, quasi non ci credo.
Vorrei ringraziarvi. A ognuno di voi, che ha letto, recensito e seguito questa storia. 
Grazie di cuore. Senza di voi credo che non l'avrei mandata avanti. 
Come ben sapete c'è un seguito. Si chiamerà: Situations; A New Life. - cinque anni dopo.
Ho già quasi pronto il primo capitolo quindi entro qualche giorno riuscirò a postarlo. Per chi volesse seguire anche il seguito.. ditemelo così appena posto il primo capitolo vi avvisoo.. (:
Baci.. è GRAZIE ancora. <3

P.S. La canzone che compare nel capitolo è Broken-Lifehouse. Ascoltatela mentre leggete il capitolo, se volete. Mi ha aiutata a scriverlo. (:

16.
Broken.

 

The broken clock is a comfort, it helps me sleep tonight
Maybe it can stop tomorrow from stealing all my time
I am here still waiting though I still have my doubts
I am damaged at best, like you’ve already figured out.

 Mi svegliai e cercai subito Andrea. Mi girai velocemente e notai che il posto sul letto accanto a me era vuoto. Allora tentai di alzarmi, mentre tutto intorno a me cominciava a starmi stretto. Mi resi conto di aver paura, tanta paura, troppa.
Il mio cuore impazzì completamente e mi accasciai a terra.
Cominciai a tremare e sudare freddo. Sentivo di dover urlare, ma non ritrovavo la voce.
Poi Andrea mi venne accanto (da dove fosse uscito non ne avevo la minima idea) e mi abbracciò.
“Hai paura, amore?” lo sentii sorridere e ridere. Pronunciò quella parola con ironia, ridendoci su. Ma io continuai ad abbracciarlo e dirgli quanto lo amavo. Lui mi stringeva, ma nel suo abbracciò non c’era amore. Non c’era niente nel suo corpo. Poi si squarciò e rimase solo il cuore. Un grande e nero cuore. Nero. Come la pece. Nero. E batteva nelle mie mani. Nelle mie mani.
Poi smise di battere e allora urlai. Forte. Fortissimo. Sentii le mie corde vocali che faticavano. Poi anche il mio cuore smise di battere. Smisi di urlare e iniziai a stringere quel cuore ormai morto. Il sangue mi sporcò le mani e il pigiama bianco e io ne provai gioia.
Poi mi pulii sul muro, dove rimasero le impronte. Alzai il viso quando avvertii una presenza. Mattia mi sorrideva dall’alto e gli sorrisi
anche io. Così mi alzai e lo abbracciai.
“Hai paura, amore?” sussurrò e rise. Io mi allontanai con una spinta e lui mi sorrise, senza però guardarmi veramente.
Allora mi guardai le mani e realizzai di essere sporca di sangue. Provai a gridare ma non ci riuscii, così mi lasciai scivolare a terra, senza smettere di urlare, anche se non usciva alcun suono dalla mia bocca.
“Jade!” Matt urlò e mi guardò con odio, mentre anche lui si divideva in mille pezzi.
“Jade! Jade!”

“No! No, scusa! Scusami! Scusatemi! Non volevo.. io.. io non volevo..” iniziai a gridare, a scusarmi.
“JADE!” allora aprii gli occhi e Matt mi guardava preoccupato. Mi teneva le mani ferme e respirava con fatica.
“Matt!” lo abbracciai forte, sollevata di sapere che non fosse reale niente.
“Jade!” anche Andrea mi venne vicino e mi abbracciò. Mattia si allontanò a parlare con il dottore, anche se continuava a tenermi d’occhio dal fondo della stanza.
Andrea mi accarezzò i capelli e mi baciò la testa. “Ho paura, Andre.. ho paura..” bisbigliai, piangendo.
Hai paura, amore?” sentii il suo abbraccio diventare più intenso e mi sorrise tra i capelli. Mi sentii mancare il fiato, ma Andrea non mi permise di allontanarmi per potermi riprendere. “Non devi aver paura. Non devi, amore. Shh.” Mi consolò e mi sussurrò parole dolci per un po’. Finchè Davide entrò velocemente e andò a dare dei fogli al suo capo.
“oh, grazie Davide.”
“Dovevate ascoltarmi, capo. Tutti voi dovevate darmi ascolto.” Davide si arrabbiò e mi guardò per un istante. Poi scosse la testa e uscì
dalla stanza, sbattendo la porta.
Il Dottore lesse velocemente, poi si tolse gli occhiali e si passò una mano tra i capelli.
"Che succede?” bisbigliò Mattia. Il Dottore scosse il capo e si sedette.

 I’m falling apart, I’m barely breathing
With a broken heart that’s still beating
In the pain there is healing
In your name I find meaning
So I’m holdin’ on, I’m holdin’ on, I’m holdin’ on
I’m barely holdin’ on to you.

 

“Cosa sta succedendo?” domandai, guardando prima Andrea, poi mio fratello e infine il dottore.
“Tanti auguri a te, tanti auguri a te!” Christinne e Allegra entrarono nella stanza con un’enorme torta in mano. Sorridevano.
Ma non continuarono, la tensione sul mio volto e su quello degli altri le bloccò. Poi entrarono anche Alex e Marco, ridendo, ma anche loro smisero presto.
“Cosa diamine sta succedendo?!” urlai, non riuscendo più a trattenermi.
“Abbiamo i risultati.” Disse semplicemento il signore in camicia bianca. “Cosa?” riuscii a bisbigliare.
“Parli, dannazione!” gridò Mattia.
Allegra e Christinne si avvicinarono a me e si sedettero una in braccio all’altra perchè c’era solo un posto.
Andrea si allontanò da me e si passò una mano tra i capelli. Si appoggiò al muro e io rimasi sola, in quel letto.
“Ritorno tra venti minuti.” E il dottore se ne andò, senza guardare nessuno.
“Che succede?” disse infine Christinne, alzandosi.
“Non so.” Bisbigliai io, piano.
“Io.. io esco un attimo.” Guardai Andrea e annuii. Non ci feci caso in quel momento, ma notai una luce diversa e nuova negli occhi di Andrea.

“Gente, io dovrei andare. Sono venuto solo per farti gli auguri, neo-diciottenne!” Marco mi sorrise in quel modo dolce che solo lui sapeva fare e mi baciò una guancia. Capii senza troppi sforzi che stava tentando di distrarmi da quei fogli che il dottore aveva guardato sorpreso.
“Diglielo! Avanti!” bisbigliò Christinne, guardando il fidanzato.
Marco sbuffò. “Quando starai bene, al più presto, verrai a un nostro concerto. Hai i biglietti già prenotati.”
“Certo, ma.. aspetta.. concerto?!” mormorai confusa, senza capisci granché. Tentai di mettermi più comoda, ma mi resi conto di non riuscire a muovere le gambe. Non lo dissi ai miei amici. Era un dolore mio. Mio e basta.
“Abbiamo il contratto!” Marco sorrise, contentissimo di poterlo dire a qualcuno. “E presto faremo il nostro primo concerto!” continuò, eccitato. Christinne lo guardò e lessi nei suoi occhi orgoglio e ammirazione. Amava Marco. Glielo si leggeva in faccia.

Allegra si alzò e mi baciò la fronte. “Scusa tesoro, devo davvero andare. Ho una visita tra un quarto d’ora.” E indicò il suo pancione. Quanti mesi aveva? In quell’ospedale si perdeva il conto di qualsiasi cosa. “Ma torno appena posso, promesso.” Si affrettò ad aggiungere. Poi uscì.
“Vado anche io. Dai, Jade, rimettiti in sesto. A scuola ci manchi.” Marco agitò la mano in segno di saluto e uscì.
“Jade,” iniziò Christinne, guardandomi. Evitai i suoi occhi. “non devi preoccuparti. Non è niente di grave, vedrai.”
Alla fine sospirai e annuii. Quella ragazza mi leggeva dentro.
“Sì, sono d’accordo con Chris. Ora vedi di mangiare questa dannata torta. Sai quanto ci ho messo per mettrla a posto?!” mi rimproverò Alex, e io risi. Notai Mattia che aveva chiuso gli occhi e sembrava dormisse sulla poltrona.
I miei amici avevano ragione. Avrei dovuto essere forte e pensare positivo. Ma non c’era niente di positivo in quella situazione. Sapevo di non essere in grado di stare allegra e far contenti loro, perchè qualcosa dentro di me mi diceva che quella non era una situazione facile. Ne ero consapevole, anche se non volevo accettarlo.

 The broken locks were a warning you got inside my head
I tried my best to be guarded, I’m an open book instead
I still see your reflection inside of my eyes
That are looking for purpose, they’re still looking for life

“Svegliati, bellezza.” Davide mi fece sobbalzare, quando mi tolse le coperte. Sentii subito freddo.
“Che diavolo..” imprecai e sbuffai.
“Alzati dai.” Non aveva il solito sorrisone sul viso ed evitava di guardarmi in faccia.
“Non.. non riesco.. a..”
“lo so, lo so. Ma devi continuare a lottare, Jade. Adesso prova di nuovo a muovere le gambe. Vedrai che ci riuscirai.” Mi sorrise per incoraggiarmi e io ascoltai il suo consiglio.

Pian piano riacquistai l’uso delle gambe e mi ritrovai in piedi, barcollante. L’infermiere mi sostenne e mi aiutò a ritrovare l’equilibrio.
“Adesso andiamo a fare un giro, ok?” bisbigliò e continuò a sostenermi. “Piano, piano.”
“E’.. qualcosa.. qualcosa di grave, vero?” dissi all’improvviso, facendolo rimanere di stucco. Mi guardò un attimo e poi riprese a camminare.
“Rispondimi!” gridai, allontanandomi da lui.
“Sì. Sì. Sei contenta ora?” gridò anche lui e poi riprese a camminare. “Senti, siediti. Vado a prendere qualcosa da bere, ok?”
Annuii e mi sedetti su una di quelle poltroncine. Poi nel silenzio di quel posto sentii la voce di mia madre farsi sempre più alta. E
poi Mattia urlò.

Mi avvicinai a quella piccola sala, dove i parenti dei malati stavano. Mi appoggiai al muro, mentre cintinuai ad ascoltare.
“E’ evidente che non sia una cosa da prendere alla leggera. È rimasto nascosto ai nostri macchinari, quindi non sarà semplice rimuoverlo. E si è espanso molto, mentre noi tentavamo di scoprirlo.”
Mi feci più attenta.  Mia madre piangeva, appoggiata a papà. Mattia si copriva il viso con le mani e qualche volta si puliva gli occhi. non capii se erano lacrime quelle che tentava di nascondere.

“Mi sta dicendo.. lei mi sta dicendo che mia figlia ha quella cosa.. quella.. insomma.. ce l’ha nella testa e lei l’ha scoperto solo adesso?” mio padre urlò, acceccato dalla rabbia e dal dolore. Io non capivo. Di cosa stessero parlando. Mi giungevano come frasi sconnesse. Ma allo stesso tempo ero consapevole che fosse qualcosa che mi riguardava e che fosse grave.
“Sì, signore. Sua figlia ha un tumore al cervelletto.” Sgranai gli occhi e caddi in ginocchio.
“Ma che diavolo... Jade!” la braccia dell’infermiere mi circondarono e mi alzarono da terra. I tre si girarono verso di me. Mattia sgranò gli occhi e si alzò di corsa. Si avvicinò e mi prese in braccio.
“Ho.. io ho.. un tumore?” balbettai, senza rivolgermi a qualcuno in particolare.
“Alziamola! Così. Ora portiamola di là, nella sua stanza.” Davide dava indicazioni e ordini a Mattia e a mio padre. Vidi mia madre asciugarsi gli occhi gonfi e rossi.
"Mamma..” bisbigliai, prima di chiudere gli occhi e perdere coscienza.

 I’m hanging on another day just to see what you will throw my way
And I’m hanging on to the words you say
You said that I will be ok

 
Ecco. Ecco. Così, ragazzi. Piano!” aprii di colpo gli occhi e mi alzai, ma una mano mi tenne ferma e mi obbligò a rimanere distesa. Cominciai a tossire e ad agitarmi. Il cuore sembrava impazzito.
“A.. Andrea! Lasciatemi!” e continuavo a tossire e tossire. Ed era un liquido rosso. Rosso. Non ci feci caso.
“Jade! Jade!” urlò e tese la mano per afferrarla alla mia. Evitò i miei occhi.
“Se io muoio, tu vieni con me?” gli domandai, bisognosa di sentire una risposta. Vidi i suoi occhi aggirarsi intorno alla mia figura e la sua bocca tacere.

Iniziai a singhiozzare. “Vieni con me, Andrea?” sussurrai e lui alzò di colpo gli occhi e li legò ai miei. Stette zitto. Poi un sapore strano mi invase la bocca e mi venne da vomitare, mentre tutto intorno a me si muoveva. Le persone. C’era Davide. Davide che si agitava e correva qua e là, con una mascherina sul viso. Riconobbi anche il dottore, che indossava la stessa mascherina dell’infermiere.
Poi Andrea mi lasciò la mano e girò la testa. In quel momento cominciai a sentire il mio corpo dividersi in tanti pezzi. E faceva male, così urlai. Urlai con tutto il fiato che avevo, pensando che questo avesse potuto porre fine a quella tortura. Qualcuno mi tenne ferma, mentre il mio corpo impazziva.
“Tranquilla, Jade. Adesso lo togliamo. Adesso lo togliamo.” Il dottore era sudato e parlava con voce tremante. Ciò non mi tranquillizzava per niente.
Afferrai una mano. Non so a chi appartenesse. So solo che era calda e che mi afferrava dolcemente. Poi girai il viso dall’altra parte e vidi gli occhi umidi di Mattia. Se li asciugò. Poi mosse le labbra. Ti amo.  Mattia mi amava. Avrei tanto voluto sorridergli ed abbracciarlo.
“Tieni duro, bellezza. Tieni duro, cazzo!”
Bisbigliai qualcosa e poi smisi di pensare, di udire, di respirare.

 The broken lights on the freeway left me here alone
I may have lost my way now, haven’t forgotten my way home.

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