100 ways to love each other

di ISI
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** †Starsky, Hutch ‘n’ Big Damned Table!† (Intro) ***
Capitolo 2: *** 074. Oscurità ***
Capitolo 3: *** 080. Perché? ***
Capitolo 4: *** 004. Interiorità ***
Capitolo 5: *** 068. Lampo ***
Capitolo 6: *** 025. Estranei ***
Capitolo 7: *** 001. e 003. Inizio e Fine ***
Capitolo 8: *** 084. Lui ***
Capitolo 9: *** 057. Pranzo ***
Capitolo 10: *** 086. Scelte ***
Capitolo 11: *** 051. Acqua ***
Capitolo 12: *** 056. Colazione ***
Capitolo 13: *** 071. e 072. Rotto e Riparato ***



Capitolo 1
*** †Starsky, Hutch ‘n’ Big Damned Table!† (Intro) ***


100 ways to love each other

 

Starsky, Hutch ‘n’ Big Damned Table!

 

 

001.

Inizio.

002.

Intermezzo.

003.

Fine.

004.

Interiorità.

005.

Esteriorità.

006.

Ore.

007.

Giorni.

008.

Settimane.

009.

Mesi.

010.

Anni.

011.

Rosso.

012.

Arancione.

013.

Giallo.

014.

Verde.

015.

Blu.

016.

Porpora.

017.

Marrone.

018.

Nero.

019.

Bianco.

020.

Senza colori.

021.

Amici.

022.

Nemici.

023.

Amanti.

024.

Famiglia.

025.

Estranei.

026.

Compagni di squadra.

027.

Genitori.

028.

Figli.

029.

Nascita.

030.

Morte.

031.

Alba.

032.

Tramonto.

033.

Troppo.

034.

Troppo poco.

035.

Sesto Senso.

036.

Olfatto.

037.

Udito.

038.

Tatto.

039.

Gusto.

040.

Vista.

041.

Forme.

042.

Triangolo.

043.

Diamante.

044.

Cerchio.

045.

Luna.

046.

Stelle.

047.

Cuori.

048.

Quadri.

049.

Fiori.

050.

Picche.

051.

Acqua.

052.

Fuoco.

053.

Terra.

054.

Aria.

055.

Spirito.

056.

Colazione.

057.

Pranzo.

058.

Cena.

059.

Cibo.

060.

Bibite.

061.

Inverno.

062.

Primavera.

063.

Estate.

064.

Autunno.

065.

Mezze stagioni.

066.

Pioggia.

067.

Neve.

068.

Lampo.

069.

Tuono.

070.

Tempesta.

071.

Rotto.

072.

Riparato.

073.

Luce.

074.

Oscurità.

075.

Ombra.

076.

Chi?

077.

Cosa?

078.

Dove?

079.

Quando?

080.

Perché?

081.

Come?

082.

Se.

083.

E.

084.

Lui.

085.

Lei.

086.

Scelte.

087.

Vita.

088.

Scuola.

089.

Lavoro.

090.

Casa.

091.

Compleanno.

092.

Natale.

093.

Ringraziamento.

094.

Indipendenza.

095.

Capodanno.

096.

Scelta libera.

097.

Scelta libera.

098.

Scelta libera.

099.

Scelta libera.

100.

Scelta libera.

 

 

Ci sono progetti che siamo consapevoli non potremmo mai e poi mai portare a compimento, ma per i sentieri dei quali le nostre gambe ed ancor più i nostri cervelli non possono fare a meno d’incamminarsi...

 

 

ISI.

 

 

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Capitolo 2
*** 074. Oscurità ***


 

074. Oscurità

 

 

Quand’eri piccolo avevi paura del buio ed il mozzicone di candela che tenevi nascosto nel comodino accanto al letto riusciva a darti un po’ di sollievo con la sua fiammella incerta che ridava il colore alle cose, spargendo tutt’intorno ombre tremolanti, più sicure, quasi più familiari.

Passavano gli anni ed i mostri nascosti nella tua oscurità mutavano pelle, cambiavano forma, perdevano denti e squame e divenivano le tue paranoie, i tuoi deliri, i tuoi fallimenti, le accuse che non riuscivi a non rivolgerti, le astrazioni filosofiche stramaledettamente pessimistiche che aveva suggerito la lettura di un certo Schopenhauer* appena prima di coricarsi ed allora no, non c’erano mozziconi di candela che potessero spazzare via le ombre dell’autolesionismo delle tue continue elucubrazioni, non c’erano lucciole che addolcissero la notte amara di riflessioni e non c’era neanche  un grammo d’erba che potesse sciogliere il gomitolo delle tue ansie in un dolce filo di zucchero filato rosa.

[In realtà l’erba c’era, ma tuo nonno ne era così geloso da tenersela tutta per sé, nascosta da qualche parte, chissà dove.]**

Eri cresciuto ancora un po’, o meglio, eri invecchiato ancora un po’, ma l’oscurità, anche se non lo davi a vedere, o almeno ti sforzavi di farlo, non aveva ancora smesso di atterrirti: eri appena entrato nella polizia e nel buio di quel vicolo, un vicolo come tanti, un vicolo come i mille in cui ti sei trascinato tante e tante volte, con la colt in pugno, ti veniva da pregare qualsiasi cosa, mentre nella tua paura intagliavi un’immagine alla quale avresti poi dato il nome di Dio***. L’assassino poteva essere dietro di te e col rimbombare dei battiti del cuore dentro le orecchie non lo avresti sentito neppure se ti avesse parlato con un megafono.

A ripensarci adesso, con lui che ti si è addormentato addosso e dormendo a bocca aperta ti sta sbavando sui pettorali, davvero, ti viene da ridere, perché il buio della vostra camera non ti spaventa, perché le sue braccia che ti stringono all’altezza della vita saprebbero ridare il colore, la vita ed il profumo ad un fiore appassito meglio di una fiammella incerta, perché accanto a lui l’oscurità non riesce più a terrorizzarti e anzi, ti viene da ringraziarla: mantiene il vostro segreto.

 

 

* Filosofo tedesco dell’ottocento, se amate le correnti di pensiero pessimistiche come me e volete darvi il colpo di grazia, ve lo consiglio, ma poi non vi lamentate se cadete in depressione, una delle sue frasi più famose dice: “La vita è un pendolo che oscilla tra la noia ed il dolore.”

 

** Oddio che spettacolo, il progenitore degli Hutchinson che si rolla una canna guardandosi intorno furtivo per accertarsi che il nipote non spii. Scusate, ma come mi è venuto in mente non ho potuto fare a meno di scrivercelo!

 

*** Frase tratta a grandi linee, l’originale era così: “Lo so. Lo so ciò che dovrebbero fare: dovrebbero intagliare nella loro paura un’immagine alla quale dare poi il nome di Dio.” da un film bellissimo intitolato Il Settimo Sigillo (Det sjunde inseglet ), di Ingmar Bergman. Dovete guardarvelo, perché è fantastico!

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Capitolo 3
*** 080. Perché? ***


 

 080. Perché?

 

 

Prima ancora che la sveglia suoni, un secondo prima che la lancetta dei minuti giunga al suo fatidico traguardo, tu l’hai già fermata.

Bene, ora devi solo alzarti dal letto e strisciare sbadigliando fino in cucina, ma quando fai per muoverti scopri l’inghippo e ti accorgi che Starsky ti si è avvinghiato come una cozza al suo scoglio preferito e scastrarsi non è semplice.

E’ un po’ come giocare al twister senza colori o destreggiarsi con gli stecchini dello shangay, serve immaginazione ed autocontrollo: pieghi il braccio destro di quarantacinque gradi, inarchi la schiena, scivoli a destra, ti snodi come una serpe, alzi la gamba sinistra e la fai ruotare finchè non è perfettamente perpendicolare alla spalliera del letto, ma, nonostante tutte queste perfette manovre, è solo quando rotoli rovinosamente giù dal materasso, trattenendo a stento un gemito e sfiorando col tuo capello più corto lo spigolo del comodino, che riesci ad averla vinta, mentre il moretto mugugna nel sonno abbracciando il tuo cuscino e sostituendoti con esso.

Fai per dirigerti verso la porta, quando, thò!, ti accorgi di essere completamente nudo.

Di strappare il lenzuolo a quel dormiglione non se ne parla nemmeno, quindi, nella penombra cui ancora i tuoi occhi devono abituarsi, dai il via alla tua mirabolante caccia al tesoro: calzini... maglietta... scarpe... altri calzini... boxer! Esulti nell’indossarli, specialmente perché qualcosa ti dice che non sono i tuoi, ma quelli di un certo ricciolino, il che è un altro lato positivo della vostra relazione, se tu amassi una donna non potresti metterti i suoi perizomini, o meglio, potresti, ma la stoffa non basterebbe neppure a coprire un quarto del...

Scuoti la testa scacciando pensieri tanto idioti e barcolli sbadigliando sino alla porta dietro la quale, e lo sai benissimo, lei è già in agguato, pronta ad assaltarti con i suoi dentini aguzzi e le sue unghiette affilate da finto cincillà.

Prima o poi Starsky finirà per mangiarsi uno spezzatino molto speciale, questo è poco ma sicuro...

La palla di pelo che per tutto il corridoio ti si è trascinata dietro attaccandosi al tuo alluce destro, alla fine, vola via dietro un tuo calcio e sfidata la forza di gravità atterra di botto sul divano per poi fuggire dandotela vinta.

Eh sì, sono proprio queste la piccole,grandi soddisfazioni di una vita...

Di bene in meglio, ora devi solo fare il caffè o continuerai a ciondolare come uno zombie fino a questa sera: la moka piena sul gas accesso già sparge ovunque l’odore invitante della bevanda che custodisce e quando, seduto su di una sedia dopo aver abbondantemente apparecchiato la tavola per la colazione, te ne ritrovi un’abbondante tazza in mano, ecco che lui fa il suo ingresso.

Sotto il palid maledettamente arancione nel quale si è avvolto come una mummia in un sudario è, e lo sai benissimo, completamente nudo, ha la faccina assonnata, gli occhietti blu liquidi liquidi e la testolina riccia e sconvolta, incoronata dallo stramaledetto topo da lana che lassù in alto s’è acciambellato in cerca di rifugio.

E tu avresti ancora il coraggio di chiederti “Perché?” lo ami?

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Capitolo 4
*** 004. Interiorità ***


004. Interiorità

 

 

Più ti guardi intorno, più ti viene il nervoso.

La tua interiorità è un casino, ammettilo, è sufficiente buttare un occhio in giro per sbigottire: i ricordi più brutti li hai ficcati a forza in scatoloni di cartone sigillati da giri kilometrici di nastro adesivo; le sensazioni un tempo più forti, intrecciate ovunque come grossi fasci di nervi, sono ora impolverate, la loro superficie si è indurita e sembra la corteccia di rami nodosi che avolgono tutto a guisa di uno scheletro, disseccandosi attorno alle abitudini ammassate un po’ dovunque assieme ad altre migliaia e migliaia di altre orribili cianfrusaglie che ti piacerebbe tanto buttar via ed in mezzo alle quali non riesci a ritrovarti.

E’ peggio di una di quelle tristissime case stregate da luna park ambulante in cui i pupazzi degli zombies sono rimasti senza braccia o senza gambe ed i fantasmi agganciati al soffitto come quarti di bue fanno più pena che altro, anche se la sala degli specchi deformanti riesce ancora a farti rabbrividire: schegge sconosciute del tuo io che ti fissano incuriosite sbattendo le palpebre di occhi enormi come cocomeri o piccoli come noccioline... forse è meglio affrettare il passo ed uscire di qui, mh?

Ovviamente poi, come in ogni parco di divertimenti di serie b che si rispetti c’è un banchetto scassato con un omino barbuto che -O mio Dio, si sarà lavato le mani?- prepara hot dog e li immerge nella senape per un tipo dai folti riccioletti neri spaparanzato sulla panchina lì accanto, che giocherella con i vetrini colorati delle tue paranoie, sorridendoti allegro e facendoti ciao ciao con la manina come fosse un bambino di cinque anni.

E allora ti chiedi com’è che a Starsky possa piacere il disordine della tua interiorità, come tu possa meritarti tutto questo bene e quando ti bacia nulla ha più importanza e in un attimo risplendi dentro.

 

 

 

 

Per Mariposa: Grzie per i bei complimenti, sono felice che il mio Starsky appena sveglio ti sia piaciuto, che ne pensi di questo che mangia hot dog alla senape giocherellando con le paranoie di Hutch? Grazie ancora e alla prossima!

 

Per Rose: Ciao, volevo ringraziarti per aver messo la mia storia tra i tuoi preferiti e mi farebbe piacere se tu mi dicessi anche che ne pensi di questi miei disadorni lavoretti... Mi farebbe molto piacere. See you!

 

ISI.

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Capitolo 5
*** 068. Lampo ***


068. Lampo

 

 

Non le conti più.

Non le conti più le volte in cui ti sei fissato a guardarla.

Non riesci neppure più a contare tutte le volte in cui ti sei chiesto come una cosa tanto piccola e tanto apparentemente inutile possa ossessionarti così tanto.

 

Ammettilo.

Ammettilo che vorresti metterci le mani sopra e lasciarvi scivolare un polpastrello dopo l’altro, con calma, saggiandone la superficie irregolare, rabbrividendo ad ogni millimetro percorso piano verso il basso.

 

Non ti riesce di respirare.

Non ti ricordi più come si fa, tanto sei sconvolto, non sei proprio più in grado di contrarre e rilassare il diaframma e riempire i polmoni, che ormai ti sembrano diventati due foglietti di carta stropicciati e scarabocchiati.

Dopo averla tanto e tanto contemplata, dopo averla tanto e tanto pregata ecco che lei, lei misericordiosa, sì è abbassata, si è aperta, e ti mostra il candore del paradiso terrestre.

“Hutch?” la sua voce ti arriva ovattata, come se lui fosse lontano, lontanissimo anni luce da te “Hutch, ti... ti senti bene?” ti passa la mano destra davanti agli occhi più di una volta, ma tu non la vedi, ora come ora non riusciresti a vedere nulla, fuorché lei e quello che prima gelosamente custodiva, ma che oggi, in questo glorioso giorno, ha deciso di mostrarti.

“Hutch!” ti prende per le spalle e ti scuote, neanche fossi un bambolotto, ma tu ormai sei in un altro mondo, varcato le soglie del Nirvana, sei asceso al cielo e lo sguardo di lì non ti riesce proprio di staccarlo.

“La... la lampo...” ora lo sai, ora hai la prova tangibile che Dio esiste veramente “La lampo dei tuoi jeans è...” ma la voce non ti basta, il fiato ti s’inchioda in gola, mentre alla vista della patta di Starsky clamorosamente aperta sulla candida stoffa dei suoi boxer bianchi, il tuo sangue defluisce in zone oscure e similari a quelle del tuo partner, che ormai stai fissando spudoratamente da circa mezz’ora.

Quante volte hai sognato di abbassargliela in servizio, quella fottutissima lampo?

Quante volte?

Con la velocità di un felino blocchi la mano del moretto che già era scattata per rimediare al danno, ritirando su la zip, e lo sguardo che gli lanci chiarisce ogni dubbio, sempre che ce ne siano stati di dubbi, perché in fondo, per questo vicolo puzzolente in cui siete appostati da secoli ormai tu non c’hai mai visto passar nessuno.

 

E gemendo di gusto pensi a quale meravigliosa invenzione tentatrice sia la chiusura lampo...

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Capitolo 6
*** 025. Estranei ***


025. Estranei

 

 

Sta’ attento: hai i loro occhi addosso.

Muovi bene ogni tuo passo, centellina le parole ed indossa ancora una volta la maschera dorata che hai posato ieri notte sul comodino un attimo prima di andare a dormire: molti di loro, come te, hanno rialzato le palpebre sul mondo quest’oggi ed ancora una volta non ti sarà concesso sfuggire ai loro giudizi, alle loro sentenze.

Loro non ti conoscono, magari non ti hanno mai visto, ma già sanno per certo cos’è meglio per te, vogliono indottrinarti con l’ignoranza delle loro filosofie, vogliono fare di te il loro capro espiatorio personale e capisci com’è che di tanto in tanto qualcuno esce di testa e comincia a sparare sulla folla, a far schizzare per terra il sangue di novelli Minosse dalla coda attorcigliata sette volte* nel condannarti.

Loro credono di poterti ficcare le mani nel petto e strapparti dall’anima tutto quello che sei, frugando tra i pezzetti sconnessi della tua personalità come se nulla fosse, convinti di poterti leggere a guisa d’un libro aperto, mentre non s’accorgono di star solo graffiando la superficie, scalfendo appena nervi morti ed insensibili, imbrattando purezze che da tempo avrebbero bisogno di un candeggio.

Solo innanzi agli occhi di un'unica persona sei riuscito a denudarti, solo con una persona al mondo non hai bisogno di nascondere i cretti che attraversano il celeste del tuo sguardo, le sue sono le uniche braccia che sappiano accoglierti e salvarti, nudo in ogni tua fragilità, dentro una stanza chiusa a chiave, di nascosto dall’onnipotenza degli estranei.

 

 

* Minosse fu re giusto e saggio di Creta. Per questo motivo, dopo la sua morte, divenne uno dei giudici degli inferi danteschi: Egli, uditi i peccati, comunica alle anime dannate la destinazione all'interno dell'inferno, arrotolando la coda di serpente di tante spire quanti sono i cerchi di destinazione e sette volute di coda significa settimo girone, quello che si spartiscono bestemmiatori, usurai e (Hutchino nostro dovrebbe starci dentro fino al collo) sodomiti.

 

 

Per Rose: Accidenti, con tutti quei complimenti mi hai fatta arrossire, di questo passo finirò per montarmi la testa, quindi bada a quel che dici, che potrei crederci XD... Scherzi a parte, è la prima volta che ti vedo su questo fandom, conoscevi già Starsky&Hutch, vero? A giudicare dal tuo commento direi di sì, quindi avanti! Esci allo scoperto ed aiutaci ad allargare questa meravigliosa sezione! Ok, ok, eccettuati gli scleri volevo ringraziarti per il tuo incoraggiamento e per tutte le belle cose che mi hai detto, grazie davvero!

P.S: scusa il ritardo nell’aggiornare, ma il tempo è tiranno e la scuola peggio!

 

Per Mariposa: Oh, son proprio contenta che ti sia piaciuta, speriamo che le altre, se mai avrò il tempo di scriverle, finiscano per farti lo stesso effetto! Comunque è vero, anche io ho mi sciolgo davanti ad Hutch, ma pure Starsky, quando ci si mette, mica scherza! Grazie mille!

 

ISI

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Capitolo 7
*** 001. e 003. Inizio e Fine ***


001. e 003. Inizio e Fine

 

 

Fosse stato per te, fosse stato solo per te, avresti scritto la parola fine già da tempo.

L’avresti scritta un po’ d’ovunque, forse senza neanche pensarci troppo, così, d’impulso, avresti mollato la presa, ciancicandoti in bocca l’amarezza di una nuova sconfitta come una cicca, ma purtroppo o per fortuna, ancora non sei riuscito a capirlo, non fosti solo, non lo sei, e questo non è certo un dato da poter trascurare.

Lui non ti ha mai lasciato andare, ti si è attaccato con le unghie e con i denti, non ti ha permesso di mollare, ti ha stretto a sé a costo di farsi male, ha seguito i tuoi passi, ti ha coperto le spalle e quando la fine sembrava ineluttabile ha avuto la forza di opporsi, ma anche lui, certamente, ha avuto i suoi momenti di debolezza.

Ricordi che eri appena uscito dall’ospedale, che lui ti aveva portato a casa, ma che di lasciarti lì da solo, completamente abbandonato a te stesso, non ne aveva neppure voluto sentir parlare.

Vi eravate ritrovati, alla fine, nello stesso letto, sotto la stessa spessa coltre di coperte, faccia a faccia nella lieve penombra della camera, con lui che ti accarezzava piano, come avesse avuto paura di farti male, di ferirti, quando le sue mani erano l’unica dolcezza, l’unica gioia che ti fosse mai stata concessa, l’unica che avresti mai desiderato a consolare la fragilità di quegli attimi.

“Hutch, io... io volevo ringraziarti per tutto quello che...” ma ti ritrovasti le sue dita sulle labbra, la sua fronte contro la tua spalla.

“Non c’è nulla di cui tu debba ringraziarmi, ma ti prego, adesso...” s’interruppe un attimo e quasi ti sembro di sentire le parole che, acuminate come spilli gli pungevano le pareti della gola dalla quale cercavano faticosamente di scastrarsi “... Adesso ti prego non interrompermi, devo dirti qualcosa d’importante e se perdessi il filo, allora, tanto sarebbe valso, da parte mia, esser stato zitto.” annuisti in silenzio, il battito del cuore di Hutch che velocissimo rimbombava ovunque fino quasi a far tremare il letto “Io ho rischiato di perderti. Non è stata questa la prima volta, lo so, ti hanno già sparato in passato, te ne hanno fatte passare veramente di tutti i colori, così com’è stato per me, ma questa volta...” si morse il labbro inferiore, quindi s’impose di continuare “Questa volta ho davvero intravisto la fine e anche se se è stato solo un terribile miraggio, un incubo dal quale davvero credevo non ci saremmo mai più svegliati, io ho capito. Ho capito che non aveva senso continuare a mentirti, ho capito quello che sentivo e l’ho accettato, ho capito che ti amavo e che ti amo e... e lo sai, lo sai qual è la cosa buffa? E’ che non mi riesce di amarti solo come una donna o un uomo potrebbe amare un altro uomo, né solamente come un padre potrebbe amare il proprio figlio ed il figlio il proprio padre, la cosa buffa è che ti amo e a quest’amore non trovo limitazioni di sorta: tutto questo è ciò che sento e ciò che ho capito. Questo è tutto ciò che sono.”

Il battito di Hutch, ora, era decelerato, non rimbombava più violento contro le pareti della stanza immersa nel buio, non sembrava più sul punto di esplodere, ma tutto bruciava come le lacrime che, sapevi, il tuo biondino tratteneva a stento al ciglio.

“Non so se sia giusto che un uomo ami così un altro uomo, sono giunto alla conclusione che non mi interessa, so solo che non voglio perderti di nuovo e che se tutto ciò ti disgusta o anche solo t’infastidisce io saprò porvi fine e tutto...” la voce gli s’incrinò ed un fitta ti prese il petto, ma le pallottole dell’uomo di Gunter e le cicatrici che queste avevano lasciato non c’entravano davvero nulla “Tutto tornerà com’è sempre stato, tutto tornerà come prima...” sorridesti e con un po’ di fatica e qualche fitta di troppo riuscisti a girarti su di un fianco.

“Come prima dici? Come prima che ti rubavo un bacio quando era così esausto da addormentarti nella Torino tutt’intorno non c’era nessuno? Come prima che ti guardavo do sottecchi quando avrei voluto passare il mio tempo a far nient’altro che fissarti? Non c’è motivo di scrivere la parola fine, Hutch, quando siamo appena all’inizio...

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Capitolo 8
*** 084. Lui ***


084. Lui

 

 

Certe parole hanno un peso enorme.

Certe parole avresti voluto soltanto sentirtele dire.

Le desideravi così tanto che le tue orecchie arrivavano ad ingannarti e chiedevi alla mamma se avesse detto qualcosa, ma lei scuoteva il capo senza voltarsi e continuava a mettersi il suo rossetto.

Allora forse era stato papà, ma papà badava alle sue scartoffie, ai suoi conti e la bocca non l’aveva aperta neanche per sbaglio.

Vanessa certe volte diventava logorroica, logorroica ai limiti dell’impossibile quasi, specialmente quando era tesa, ma tra tutte le sue parole non ve ne fu una cui davvero riuscisti a credere fino in fondo.

Eppure non erano parole troppo difficili a dirsi, non sarebbe servito troppo fiato a pronunciarle, eppure nessuno si era mai preso la briga di accontentarti.

Ci avevi rinunciato ormai, anzi, ti eri anche quasi dimenticato cosa tu stesso desiderassi, poi un giorno, come succede nelle favole, era arrivato.

Lui era arrivato e ti aveva sorriso.

Non preoccuparti Hutch, andrà tutto bene...

[Proprio quelle parole che avevi aspettato per una vita intera, quelle che nessuno aveva mai pensato di farti sentire te le aveva sussurrate lui.]

E come riuscisti a trattenere le lacrime devi ancora capirlo.

 

 

 

 

Per Rose: Grazie, davvero, non so più come dirtelo, grazie mille, spero che ti piaccia anche questa. Perché non scrivi anche tu qualcosa sui nostri due mitici poliziotti? Sarei davvero curiosa!

Un bacio!

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Capitolo 9
*** 057. Pranzo ***


057. Pranzo

 

 

“Avanti Biondo, muovi quel tuo bel culetto sodo e prepara quattro hotdog, tre con la cipolla e uno ai peperoni, che quei bei ragazzi là fuori sembrano aver una fame del diavolo!” gli ordinò Mrs Milly con la sua solita delicatezza, mostrandogli con un sorriso tra il maligno ed il perverso, scarlatto quanto quello di una drag queen, due file irregolari di denti macchiati dall’abuso di nicotina e di caffè che tutto avrebbero potuto fare fuorché sedurlo “E mi raccomando, babe, non dimenticarti le due porzioni per di patatine fritte per il tavolo sette...” e detto questo la proprietaria della più assurda taverna barra chioschetto barra fastfood di Bay City si dileguò dalla cucina per andare a spadroneggiare dietro al bancone e dare il suo tanto caloroso quanto falso benvenuto ad ogni sventurato uomo che avesse osato varcare la soglia di quel luogo.

Ken Hutchinson gettò con stizza quattro wurstel sulla piastra bollente che più e più volte aveva tentato di cuocere le sue splendide manine da chitarrista, maledicendo il giorno in cui avevano scoperto che uno dei più grandi e ricchi mafiosi di Bay City, Karl McLaine, era solito pranzare sempre a “La grande abbuffata”, seduto al tavolo cinque ed ordinando sempre, da quasi dodici anni a questa parte, lo stesso menù fisso da otto dollari e cinquantadue cents più il milk shake alla fragola e vaniglia puntualmente offertogli da un infatuatissima Milly.

“Dovremmo mandare qualcuno sottocoperture...” aveva detto Dobey con il suo solito cuccio e la sua vociona grossa fissando Hutchinson con insistenza, memore dell’ultimo barbecue di Starsky e di tutta la succulenta carne finita carbonizzata per la sua disattenzione.

Aveva accetta l’incarico con un’alzata di spalle, senza minimamente immaginare che si sarebbe ritrovato unto da capo a piedi come una porno diva, sommerso di hot dog ed hamburger come se piovesse e con un capo cinquantenne dalla permanente sfatta che non perdeva occasione per palparlo con quelle sue manaccia grassocce e sudaticce che s’intrufolavano ovunque , come i tentacoli di un polpo, mentre ridendo sguaiatamente gli faceva battute fra l’osceno ed il raccapricciante del tipo: “Ehi bel biondino, lo sai che...”

“... Che così tutto concentrato a cucinare sei ancora più sexy del solito?”e prima ancora che
Hutch potesse realizzare che le mani spalmate su quel suo bel culetto sodo erano quelle di un certo ricciolino moro , saltò su come un grillo, paonazzo in volto, brandendo la spatola degli hamburger come una mazza da baseball.

“Lo faccia di nuovo Mrs Milly e...” strepitò isterico, ma la sua crisi di  nervi si placò all’istante quando, con l’ultimo barlume di lucidità che gli era rimasto lo riconobbe “Stars... Starsky?” e quello non ebbe neppure il tempo di annuire che il biondo gli era già salato addosso, supplicandolo di portarlo via di lì, ad ogni costo.

“Resisti un’altra mezz’oretta buddy, adesso abbiamo abbastanza prove per incastrare McLaine e quando entrerà da quella porta i ragazzi del tavolo sette e quelli del tavolo sei gli avranno già puntato addosso tante di quelle pistole che confesserà come un bambino beccato dalla mamma con il vasetto della marmellata tra le mani...” gli disse, cercando di calmarlo, approfittando della cucina deserta per abbracciarlo da dietro e cullarselo un po’,“Scusami, non volevo farti spaventare prima, ma entrare dalla porta su retro era la cosa migliore per non farmi scoprire e quando ti ho visto  qua solo soletto tutto indaffarato mi è venuta una voglia matta di...”

STA GIU’!” ed il moro si ritrovò, un attimo dopo aver afferrato goloso un wurstel, seduto per terra, schiacciato tra il banchetto della piastra ed il petto di Hutch, mentre nella sala accanto cominciavano a volare pallottole a destra e a manca, mentre Starsky realizzava che certi pranzi caotici, se li passi tra le braccia del tuo uomo, possono diventare qualcosa di meraviglioso.

 

 

 

Per Rose: Lo so, Lui ha preso molto anche me, evidentemente non sono l’unica che ogni tanto vorrebbe sentirsi dire, non preoccuparti, vedrai, andrà tutto bene... grazie per i complimenti e per quanto riguarda la storia, non farti metter fretta dalla sottoscritta che è un’impaziente nata, mettici i tuoi tempi e vedrai che sarà un lavoro bellissimo! Alla prossima cara! See you!

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Capitolo 10
*** 086. Scelte ***


086. Scelte

 

Un mozzicone di matita ti pendeva dalle labbra, pericolosamente in bilico, mentre lo fissavi ficcarsi le mani nei capelli ad ogni errore di battitura che faceva.

 

Pensaci bene, ti devi esser detto, ora potrebbe essere ovunque fuorché in questo ufficio ad ammattirsi dietro una macchina da scrivere.

Pensaci, avrebbe potuto scegliere di fare l’idraulico o l’elettricista.

Ad undici anni avrebbe potuto finirgli tra le mani un libro di filosofia classica ed avrebbe potuto scegliere di dedicare ad essa la sua intera vita e invece no, invece ha scelto di diventare un piedi piatti, pagato meno di un idraulico o di un elettricista e con una vita decisamente meno tranquilla di quella di un professore di filosofia.

Avrebbe potuto scegliere di rimanersene a New York, a far la ronda per le stradine umide del Central Park, di note, nel tentativo di prendere l’ennesimo maniaco sessuale; avrebbe potuto decidere di fare i bagagli per andarsene sulle calde ed assolate spiagge della ricca Florida, a seguire le tracce di un serial killer pazzo omicida senza un nome né un volto sotto il solleone di mezz’agosto.

Avrebbe potuto anche optare di farsi trasferire in Alaska a far compagnia agli orsi polari, ma lui aveva già scelto e dietro al dito indice, puntato non a caso, sulla cartina c’era scritto “Bay City”.

E qui, a Bay City, bèh, qui a Bay City avrebbe potuto confondersi con chiunque altro uomo o donna che fosse, avrebbe perfino potuto ritrovarsi sotto le stesse lenzuola di Huggy, ma lui, nella marea di persone vecchie e nuove che abitano questo mondo, nell’interminabile sciamare dell’intera esistenza umana ha scelto di caricarsi sulle spalle tutti i tuoi problemi, tutte le tue crisi, ti ha preso con sé una paranoia dopo l’altra, ha scelto giorno dopo giorno di regalarti un sorriso, una ragione concreta per la quale valga la pena di alzarsi dal letto e riprendere a strisciare lungo la vita di tutti i giorni, come sempre...

 

Lui ha scelto te, ha scelto proprio te e non se ne è ancora pentito...

Santo Dio è... è pazzesco!

 

D’un tratto ti cadde la matita dalla bocca, sulle labbra un “grazie” che per lo sconcerto rimane silente e infine i suoi occhi di cobalto nei tuoi a fissare divertiti il tuo sgomento.

“Di niente, Hutch... disse Starsky stiracchiandosi e lasciandosi scappare un mezzo sbadiglio “E non farmi quella faccia sbalordita, come se tutto ciò fosse la cosa più assurda di questo mondo: tu e la Torino siete indubbiamente le scelte migliori della mia vita...

E quella fu probabilmente l’unica volta in cui tacesti il tuo disappunto nell’essere stato accomunato al malefico pomodoro a strisce.

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Capitolo 11
*** 051. Acqua ***


Se dovessi associare Hutch ad uno dei quattro elementi naturali non ci penseresti due volte prima d’abbinarlo all’acqua

051. Acqua

 

Se dovessi associare Hutch ad uno dei quattro elementi naturali non ci penseresti due volte prima d’abbinarlo all’acqua.

E non per tutte le docce che riesce a farsi in un solo giorno o per il colore dei suoi occhi -il colore del fiume Belaja- ma per quella volta, per l’immensità dell’oceano e, ancor prima, per il caldo atroce che faceva quando il tuo telefono squillò che era appena mezzanotte.

“Pronto...” ciancicasti rispondendo al telefono, troppo stanco e sudato com’eri per poter direttamente mandare al diavolo l’idiota che, dopo una giornata passata a correr da una parte all’altra della città senza sosta, osava disturbare la sacrosanta e meritata tranquillità del suo sonno.

“Starsky, sono io, Hutch...” la sua voce ti giunse agitata dalla cornetta, ma comunque, per un attimo, provasti l’irresistibile tentazione di ficcarti la faccia tra i cuscini e di soffocarti “...ti ho svegliato? Stavi dormendo?”

“No, ma che scherzi? Ero solo riuscito a chiudere occhio dopo essermi rivoltato come in preda ad un attacco epilettico e stavo per sprofondare tra le dolci braccia di Morfeo, quando all’improvviso, qualcosa come un orribile e devastante suono mi ha riportato...

“Starsky, per favore!” ora il suo tono s’era fatto esasperato e sobbalzasti sul materasso, staccando il telefono dall’orecchio, riavvicinandoti ad esso solo qualche attimo dopo, con estrema cautela “...è tutta colpa di questa maledetta afa, non riesco ad addormentarmi, mi giro e mi rigiro nel letto e sono stanco e tutto appiccicoso e sto diventando matto!” ti elencò esasperato, mentre i tuoi occhi già riprendevano a chiudersi.

“Oddio Hutch, è normale, siamo in Agosto, tutti abbiamo caldo e tutti fatichiamo a prendere sonno, ma se ti agiti così non fai che peggiorare le cos...” cercasti di calmarlo, ma lui non ti dette neanche il tempo di finire la frase.

Sei nudo?” ti domandò così a bruciapelo che ti ritrovasti a strabuzzare gli occhi nella penombra della tua camera da letto, con mezzo centimetro di bulbo oculare fuori dalle orbite.

“No, guarda, con questo caldo io per solito vado a nanna con un completo in fustagno fuori e lana dentro... Ma certo che sono nudo, che domande del piffero fai? E poi ti ricordo che io non sono la tua linea erotica personale! E no, non provare a chiedermi se mi sto toccando perché giuro che ti sbatto il telefono in faccia!” gli urlasti tra lo scandalizzato e l’incredulo, mentre qualcosa dentro il tuo cervello ti diceva che no, probabilmente non gli avresti chiuso la comunicazione in faccia come avevi minacciato.

“Oh avanti, non fare l’idiota Starsky e mettiti qualcosa addosso, tra dieci minuti al massimo sono da te, fatti trovare pronto!” ti ordinò secco e un attimo dopo udisti solo un tu-tu tu-tu fitto e continuo, segno che l’altro aveva riagganciato.

Ti alzasti dal letto controvoglia e senza accendere la luce, a tastoni cercasti qualcosa da metterti su ed eri riuscito ad indossare appena boxer e camicia che il suono infernale del campanello ti trapanò il cervello da una parte all’altra, ordinandoti, o meglio, costringendoti, se volevi metter fine a quell’agonia terribile, ad andare ad aprire la porta prima di subito.

“Oh, sei già arrivat...?” ma Hutch ti afferrò per un braccio senza neanche ascoltarti e seminudo com’eri ti trascinò di peso in quella lattina accartocciata che insisteva a chiamare, non si sa con quale coraggio, automobile.

Il viaggio fu breve e da crepa cuore, col cartoccio gommato che sfiorava i centotrenta, minacciando di sfasciarsi come le macchine dei cartoni animati, ogni volta che Hutch pigiava la frizione e schivando al pelo malcapitati pedoni e disgraziati mendicanti ubriachi.

“Hutch, dove diavolo siamo!” sbottasti d’un tratto, quando quello frenò di colpo, alzando un polverone terribile e se non ti ritrovasti con la testa conficcata nel vetro del parabrezza fu solo grazie al tuo biondino, che di nuovo ti trascinava, dopo averti afferrato per un braccio, sulla sua strada, con i tuoi piedi scalzi che calpestavano prima l’asfalto liscio, poi il breccino un po’ meno liscio e infine la sabbia.

“Sa... sabbia?” rimanesti senza parole, osservando Hutch che, come in preda ad un raptus -il più bel raptus di cui tu l’abbia mai visto preda-, si spogliava, gettando qua e là pantaloni, maglietta, scarpe e quant’altro avesse addosso e pensasti che era bellissimo, con la pelle chiara e nuda che baluginava come le ali di una farfalla notturna alla luce riflessa della luna, le labbra morbide dischiuse per lo sforzo della corsa, gli occhi ricolmi di quello stesso qualcosa che ti premeva dentro da tanto tempo.

“Spogliati... spogliati Starsky...” t’incitava lui a bassa voce in sospiri più simili a gemiti, ma ogni tuo abito giaceva già ai tuoi piedi, le tue mani sul suo corpo, nell’acqua alta, le tue labbra sulle sue a dividersi l’ossigeno sotto i flutti calmi e poi ancora c’era la spuma bianca che scivolava avanti ed indietro sul bagnasciuga accarezzando il vostro corpo, l’orgasmo più accecante, il più bel sentimento che avessi mai provato in vita tua.

 

 

 

Scusate se i lavori procedono a rilento, ma questa è la vita.

 

Special Thanks to:

 

leyda
malena

Mariposa
Rose

RosenrotIV

Chiku, che ringrazio infinitamente per la sua recensione!

 

See you again.

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Capitolo 12
*** 056. Colazione ***


056. Colazione.

 

 

Ieri sera, dopo averti riaccompagnato a casa avreste dovuto salutarvi e lui avrebbe dovuto tornarsene al suo nido, ma la carne si è riconfermata debole ancora una volta e oggi ti sei risvegliato sul tappeto, distrutto ed indolenzito, con il suo bel faccino addormentato ancora riverso in mezzo alle tue gambe ed i suoi riccioletti a farti un dolce solletico.

Ormai ti sei abituato alle sue permanenze notturne, nel tuo armadio c’è sempre un cambio d’abiti per lui, nella doccia il suo bagnoschiuma preferito e, anche se con riluttanza, ti sei già deciso da qualche tempo a rifornire il tue santo frigorifero di pizza da buttare nel forno cinque minuti prima che si svegli e Coca Cola fredda da mandar giù alle sei di mattina, a digiuno magari, aspettando che la pizza con un po’ di calore ritorni almeno lontanamente commestibile.

“Evviva, pizza ai wurstel e salame piccante!” Esulta Starsky felice come un bambino accomodandosi alla tavola ancora mezzo nudo e mezzo bagnato per la veloce doccia che si è fato mentre ti affaccendavi ai fornelli “E le mie merendine al cioccolato? Hey, dove sono i miei dolcetti?” ti chiede con una punta di delusione ed alzi gli occhi al cielo, sperando che non finisca per scoprire dove le hai nascoste.

“Ma dove saranno mai se non nel magico castello di marzapane e di canditi del mago Dobey e del suo fedele giullare Huggy?” gli domandi a tua volta con l’ironia acida del sonno che ti pesa ancora sulle palpebre semichiuse nonostante tutto il caffè ingurgitato.

“Ah ah ah, davvero spiritoso, mio caro cappellaio matto, ma adesso avanti, niente scherzi, tira fuori la mia dose quotidiana di zucchero o potrei non rispondere delle mie azioni.” ti fa falsamente minaccioso, strappandoti un sorriso che, non volendogliela dar vinta, nascondi sotto i baffi, in tutti i sensi.

“Ma non se ne parla nemmeno: ultimamente hai messo su qualche chilo di troppo Starsk, è già tanto che ti conceda la pizza, sai? E comunque se vuoi davvero qualcosa di dolce, caro mio, dovrai accontentarti del miele.” controbatti severo con un tono che assolutamente non ammette repliche o dinieghi.

“Ma che dici, non vedi che sono una silfide? Guarda qua che figurino! Questi sono tutti muscoli, mio caro buddy!” Ma fai finta di niente, ignori le sue lamentele e peggio ancora le sue linguacce, ma cosa ancor più preoccupante sembra che tu abbia tutta l’intenzione di svuotare l’unico barattolino di sostanza zuccherosa presente in casa.

“E almeno lasciamene un po’ di questo miele, accidenti!” ti fa esasperato lanciandosi verso il barattolino incriminato, ma ancor prima che riesca ad afferrarlo tu, con i tuoi riflessi da giaguaro, l’hai già bloccato e le vostre bocche sono unite ancor prima che possa rendersene conto e le vostre lingue si accarezzano lentamente, impastate del dolcissimo nettare dorato.

Pensi che questo sarà sufficiente a fargli dire addio a tutte quelle porcherie di cioccolata, caramello, zucchero e quant’altro, le quali, a breve, e ne sei sicuro, porteranno il suo fegato al suicidio, ma quando, dopo essersi staccato senza fiato da te ed aver ficcato la testolina riccioluta nel frigo ti chiede se potete provare a farlo anche con il burro di arachidi, scuoti il capo, passandoti una mano sulla faccia.

Sai benissimo che lo accontenterai e che proverete anche con la marmellata di albicocche e con la panna montata e la cioccolata calda ed il creme caramelle ed il frullato panna e fragola e con tutto il resto.

Ma da quant’è che non fai più una colazione decente?

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Capitolo 13
*** 071. e 072. Rotto e Riparato ***


071. e 072. Rotto e Riparato




Se lo poteva tranquillamente immaginare armeggiare con ago e filo, mastice e nastro adesivo, come un bambino un po' pasticcione che voglia rimettere insieme i pezzettini del suo soldatino più coraggioso, che impavido abbia affrontato da solo tutti i pericoli della guerra.

Accadeva ogni volta che Hutch ne avesse bisogno e in qualunque luogo fosse necessario, perché non c'era bisogno di grandi manifestazioni d'esibizionismo: una carezza come un filo di colla a caldo su bordi scheggiati da riunire; una pacca sulla spalla come una bella strisciata di nastro adesivo a riattaccare quei frammenti che altrimenti sarebbero andati persi; un abbraccio come un filo di sutura a chiudere una ferita sanguinante.

Era strano e tremendamente meraviglioso tornare a casa con il cuore rotto, fatto a pezzi dalla ferocia dalla vita, e trovarselo riparato con un semplice bacio del suo Stark.


 

ISI.

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