Breathe

di Sae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** # 1 Wanna hold him. Maybe I'll just sing about it. ***
Capitolo 2: *** #2 Cause you can't jump the track ***
Capitolo 3: *** #3 And life's like an hourglass, glued to the table. ***



Capitolo 1
*** # 1 Wanna hold him. Maybe I'll just sing about it. ***


Okay.

Nemmeno io ci credevo quando la mia Beta mi ha telefonato, dicendomi siamo sul podio XD. Per me è stato davvero liberatorio perché in questa fan fiction ho davvero messo l’anima e non solo ho praticamente esaurito la mia Enza <3, e la mia Best ma ho riversato tutte le mie speranze. La sensazione più bella della scrittura è proprio il senso di liberazione che provi dopo la parola fine.

Quindi: Grazie alle due giudici Ainsel e Annaky non solo per aver indetto finalmente un concorso Sasusaku per riempire un po’ il fandom ma per i giudizi utilissimi per migliorare e per aumentare la mia autostima sempre sotto zero. Inoltre Ainsel si, sono una fan di Nana :D e sono nana anche in senso fisico purtroppo XD

Complimenti anche alla mia Terrastoria, te lo meriti tesora XD, e alle altre partecipanti. È stato un onore.

NdA: ogni sottotitolo è tratto da una canzone Breathe(2Am) di Anna Nalick. Nel primo capitolo la frase in inglese dice: Vorrei tenerlo tra le braccia. Forse semplicemente canterò di questa situazione; Nel 2: perchè non siete capaci di fare il salto; nel 3: E la vita è come una clessidra incollata al tavolo.

Ad Enza,

perchè lei è il mio XML

Breathe

# 1 Wanna hold him. Maybe I'll just sing about it.

“È più questione d’alchimia. Giuro. Alchimia. Non è colpa mia se l’amore, se anche questa cosa, è una reazione chimica.

“…è l’unione di due pelli, di due odori… è una cosa strana… e non guardarmi così: come se fossi la solita secchiona della classe! Non scherzo, sono seria. Alchimia. Se fosse un elemento chimico, lui, credo sarebbe il carbonio. Io sarei di più un OH, ecco. Sì, va bene: ora hai la conferma che sono completamente andata. Ma, che ci posso fare…è colpa tua sai? Da bambina mi hai traviato il cervello, tu e tutti quei maledetti film d’amore!

“…è strano. Quando una persona incomincia piano, piano a entrarti dentro. Quando ti accorgi che il tuo cuore batte troppo forte e che la causa è solo sua. Strano. Come perdere la ragione e tutte le sicurezze che avevi costruito in questi anni su di te. Affidarsi completamente a qualcuno, senza in realtà sapere cosa sei quando stai con lui...è come non smettere mai di danzare… è avere le vertigini e sapere perfettamente che tu hai paura di cadere, delle vertigini, dell’altezza… eccetera, eccetera; che tu davvero, per come sei fatta, non arrischieresti mai a guardare in basso a ritrovarti in una situazione del genere. Ma, non puoi scendere, non ne hai la forza, non ne hai la voglia. Non so se mi spiego. Credo che i miei neuroni siano andati ufficialmente in vacanza….

“Non è questione di io. Qui si parla al plurale. Si coniugano i verbi in un altro modo. Si sogna, ecco, anche al plurale. Il che è impossibile: nella fase rem ci sono solo io e il mio subconscio o quello che è… non sono mai stata un granchè in psicologia. Quindi quando devi riportare un verbo come MENTIRE al singolare, perchè se no, impazzisci e quindi lo riporti al singolare… quando sei improvvisamente costretta a scendere, a cadere giù in picchiata verso il suolo e ti ritrovi tu, di nuovo da sola in compagnia del maledetto verbo… ci si ritrova a fare i conti con la ragione, che avevi zittito perchè il cuore aveva comandato e tu ti eri ritrovata come una stupida ad ubbidire. La mente macina le domande e nel frattempo ti accorgi che non hai le risposte. Perchè il cuore, lui quel subdolo muscolo, rimane in silenzio a curarsi le ferite. Se l'è squagliata.”

“Tutto per una parola. Per sentirsi dire una stupida parola. Che seccatura. Anzi a ben pensarci sono due le parole che ti fottono in pieno e tu lì ad agognarle, a bramarle da quelle labbra al sapor di carbonio. Dovrebbero eliminarle quelle parole. Via la voce dal dizionario! Causa? Sofferenza, illusioni….”

“Due parole, ecco, sarebbero bastate. Basterebbero ancora adesso, forse.”

“Ti amo… e nulla più.”

Perchè se la cavava con i numeri ma, non sapeva nulla sul carbonio.”

“La prima volta che l’ho vista… quella ‘ donna d’ argento ’… credo di aver solo pensato scioccamente, che sarei morta per colpa di qualche lega di metallo male assortita e magari, anche ad opera di un colpo un po’ arrugginito nella canna. Era fredda, quella che lui considerava la sua donna fedele: era mortalmente fredda, sulla mia pancia. Forse era la mia pelle che bruciava. Il che è strano, io, che ho freddo anche in piena estate.”

“Bruciava anche lui però. Giuro, bruciava. Me ne accorsi quando la sua mano sinistra mi strinse il collo, era… furioso. Arrabbiato. Non ne capivo il perchè. Aveva l’autorizzazione in fondo….”

“Era un burattino. Credo di averglielo sibilato con la bella arma in vista sulla mia cute.

“…Aveva la pupilla dilatata e stringeva l’impugnatura in un modo quasi innaturale. Gli occhi erano fin troppo neri, due macchie d’inchiostro che mi trapassavano da parte a parte. Mi avrebbe ucciso, e molto volentieri anche. Glielo lessi senza aver bisogno di parole.

“…eppure non lo fece. Non mi uccise quella notte… credo mi amò come lo amavo io. Forse anche di più…perchè doveva uccidermi e non lo aveva fatto.

“Mi minacciò. Dicendo che ero il suo punto debole. Mi minacciò assumendo il solito sguardo da superiore ancora con le sue mani sul mio collo. Forse per questo era arrabbiato”

“Poi si abbassò rapido. Eppure lento. Verso di me, veniva verso quello che ero. E il cuore batteva e io bruciavo e l’arma d’argento nella notte… lui…la lasciò cadere, scivolare via da me, improvvisamente innocua. Mi tolse il respiro e successivamente le sue labbra che bruciavano,…erano sulle mie.”

“Ricordo che gli graffiai la schiena tentando di scacciarlo via, appena recuperata la ragione. Ma la mia mano, quella con cui di giorno manipolavo forze più grandi di me, numeri e atomi di carbonio, spariva sulla sua schiena. Invisibile. Ed era carne contro carne… e cercavo di difendermi…perché lui mi aveva mentito… ma già la mia anima, il mio cuore, si erano completamente appoggiati a lui… che invece cuore e anima mai li aveva usati. Preso com’era dalla ragione… dai proiettili.

“I proiettili hanno dei numeri incisi sopra, marcature credo si chiamino. Non sono poi molto diversi dalle mie provette di laboratorio. Erano due lavori, due modi di vedere la vita. Io cercavo di ricrearla…lui la levava.”

“Di notte, alcune notti, si svegliava di soprassalto. Il volto leggermente corrucciato e qualche gocciolina che gli decorava la fronte. Controllava che io dormissi, in modo che quella debolezza io non la vedessi. Ma non dormivo. Con lui, non riuscivo mai ad abbandonarmi completamente a Morfeo. Ero sua. Dio, che pensiero da adolescente. E a ogni suo movimento… che sia anche la solita piega sottile delle labbra…io rimanevo come una scema a fissarlo. Mi sarebbe bastata una vita così, fatta anche solo di notte. Il giorno non è poi tutta questa gran cosa. E si può andare avanti a caffè, è fattibile come vita…. È scientificamente provato.”

“Le variabili sono così tante che… non so come sia successo. Poteva accadere di tutto. Potevo dare retta a quell’uomo dai capelli biondi e gli occhi azzurri, come un vero principe delle fiabe. Aveva una vita normale, il sorriso perenne sulle labbra. Naruto. Non gli ho mai dato retta ….”

“Avrei potuto prendere medicina come facoltà. Mi piaceva, mia madre era un medico. Avrei potuto… farmi traviare da Ino, seguirla nel suo percorso da stilista.

“Invece… ho incontrato lui. Mi chiedo se in un altro universo, se io avessi scelto una di queste varianti non l’avrei alla fine incontrato lo stesso. Se eravamo destinati… anime gemelle… come tanto piace pensare alle ragazzine che scrivono il nome nei loro pensieri sui banchi di scuola.

“Mi piace comunque pensarlo. Lui è la mia anima gemella.”

**

L'aria pungente della mattina lo sorprese mentre ammirava quel portone classicheggiante. Gli occhi si alzarono alla ricerca di un punto in particolare, lassù in cima. Ancora si ritrovava a seguire quei raggi perpendicolari un po' spessi, astratti, che ruotavano attorno a un semicerchio. Un bambino di nove anni l'avrebbe disegnata meglio: L'Alba. Di certo avrebbe avuto un maggiore senso di realismo rispetto a quello stemma in stucco che dominava la volta del portale. E poi Alba, era un nome ridicolo per ciò che facevano. Era l'esatto esempio di un intero sistema che si reggeva sulle fantasie di un vecchio psicopatico. La odiava lui l'alba, il sorgere del sole, come odiava il tramonto e... quello stupido portone.

**

Si sarebbe alzata, avrebbe indossato il camice con il cartellino in bella vista e sarebbe andata nel laboratorio, bramando la sua amata abbronzatura da neon e bevendo dalla sua tazza rosa il caffè leggermente bruciato della macchinetta (“insostituibile”). Avrebbe potuto tranquillamente permettersene un'altra di macchinetta più veloce, che faceva un caffè migliore ma, era troppo legata a quella vecchia per cambiarla: era fatta così, un tipo sentimentale il Premio Nobel più giovane della Scienza.

Come ogni giorno se ne sarebbe stata lì, aggiungendo conferme alle sue ricerche (“ è pericoloso però, rischi di farti male giocando con numeri e atomi di carbonio…”) E sorseggiando il suo caffè; avrebbe fatto una pausa chiacchierando con Hinata, la sua assistente, giocando a carte con il dottor Lee “il sopracciglione” privandolo di qualcosa perché quel tizio perdeva sempre (e si rincuorava, blaterando su una certa forza della giovinezza) e poi sarebbe ritornata sul suo lavoro (pericoloso, davvero). Sapeva che quello che faceva, l’avrebbe trascinata in guai che nemmeno s’immaginava. Era andata a toccare un punto scientifico molto suscettibile. La scienza stessa, non voleva riconoscere i suoi studi e a quanto pareva il suo lavoro dava fastidio a qualcuno (che non c'entrava niente con la scienza). Ma studiare il modo di ridare la vita era routine ormai per lei.

In fondo, era una giornata come le altre anche quella.

Aveva gli occhiali da riposo sul naso, i capelli tirati in un buffo chignon all’indietro e se ne stava piegata sul suo microscopio. Quando alzò lo sguardo, però, un signore un po’ malaticcio (quello che finanziava le sue ricerche, il capo diceva purtroppo che dovevano trattarlo bene) gli presentò un uomo con un camice bianco e dall’aria provocante. Lo proclamava come un nastro nascente della fisica e matematica. A lei non importava molto, alzò solo un sopracciglio tentata di ritornare di nuovo con naso all’ingiù esaminare la lente del suo microscopio fino a quando quell’essere, con una voce da brivido, le diceva che quell’uomo lì, sarebbe stato il suo nuovo assistente, che insieme avrebbero fatto faville e che avrebbe trovato subito la soluzione che le mancava (roba di una frazione di gene).

Era una giornata come le altre?

**

Le dita scorrevano nei capelli neri lunghi e lisci. Un sorriso strano pendeva dalle labbra. Gli orecchini decoravano i lobi e si perdevano i pendenti fra i capelli. Gli occhi poi erano dorati ma in senso negativo assomigliava a quello di un serpente. E il serpente stava sorridendo di fronte a due uomini; uno dall'aria annoiata e indifferente, l'altro con degli occhiali un po' pendenti sul naso aquilino e un sorriso cattivo a congiungere le guance.

"La scienza." Le parole provenivano dall'uomo 'serpente' e il suono neanche a farlo a posta pareva sibilato. "La scienza è nemica dell'Alba, pretende lei di essere la guida, di illuminare, di capire." I capelli neri si attorcigliavano lungo le dita scheletriche. "Da sempre combattiamo la scienza perchè luce mentre, l'unica cosa che deve illuminare gli uomini è l'Alba." Una risata metallica perforò l'aria. "C'è molto gusto a eliminare i premi Nobel: sono persone intelligenti ma indifese. Assomigliano a topi in trappola. Devono morire."

"Ti divertirai a eliminare Sakura Haruno, Sasuke."

**

“…Fugaku

“Ah. Piacere… e sei ?”

“Il nuovo assistente di laboratorio.”

“Ah.”

“Ah.”

“Di Sakura Haruno?”

“Già"

**

“…è lei”

Non aveva mosso un muscolo. Lo sguardo leggermente pietrificato, da presuntuoso. Spesso gli dicevano che era quella la prima impressione che dava. Non gli importava nulla comunque di quello che potevano pensare gli altri. Voleva solo finire presto quell’assurda sceneggiata e occuparsi di qualcosa di più decente. Una donna equivaleva a una perdita di tempo.

Ma è pericolosa” Scoccò il palato ricordando le parole di qualcuno un po’ sbiadito nella sua memoria. Aggrottò le sopracciglia, di solito, non gli capitava mai di ripensare a quella parte della sua vita, (“che seccatura”) forse era dovuto all’aria rarefatta che si respirava lì dentro.

Si guardò attorno tra provette e boccette contenenti chissà quali sostanze. E sulle altre scrivanie a regnare era il caos più totale. Fogli scribacchiati ovunque, zeppi di numeri e lettere, spuntava tra le carte poi, il contenitore di una pizza ed erano sicuramente esperimenti chimici anche la muffa sui fondi di qualche bicchiere, mentre pulita e di un rosa shocking, come i capelli della proprietaria, completava una risma l'assurda tazza da caffè….

Matematicamente riportò gli occhi sui capelli di Sakura che avevano lo stesso colore dell’oggetto (“Che idiozia”). Decisamente… sarebbe stata una seccatura. E poi lui odiava il disordine, tra le altre cose, anzi assieme alle tante altre cose che odiava….

“Lavorerete molto bene insieme.”

Un piccolo sorriso abbandonò le sue labbra alla smorfia d’incredibilità che aveva assunto quella strana donna, avvolta in un camice un po’ grande per lei e con i tacchi ai piedi che spiccavano e che facevano rumore in quel posto. Forse, invece, si sarebbe divertito, e già intravedeva il luccichio della sua donna tra le tenebre. Ma c’erano numeri, c’erano lettere, c’erano atomi di carbonio.

In mezzo c’era alchimia.

**

I suoi capelli profumavano di ciliegia. Un profumo così… infantile, no, banale era la parola giusta. A lui poi non piacevano nemmeno le ciliegie, frutti rossi che andavano sempre in coppia. Anzi ne era allergico ma, era costretto a ubriacarsi a sopportare quel profumo quando affondava il viso nei suoi capelli, sul suo collo niveo. E poi si sa, le cose che fanno stare male sono quelle che cerchiamo di più… dal dolore si arriva prima o poi alla felicità, no?

Non che lui credesse nella felicità –quelle erano cose da mocciosi, lui era un uomo….

A ben pensarci, non sapeva perché diavolo finivano sempre sul pavimento. Era scomodo e i neon bianchi finivano per accecargli gli occhi. Quello che di sicuro sapeva era che dopo ogni litigata (tra numeri e atomi di carbonio) era sempre di più un’insopportabile creatura.

Lei… lo prendeva a pugni, ecco. Nessuna, lo aveva mai preso a pugni. Era abituato alle carezze ma no, non ai pugni e invece lei con quei capelli assurdi… aveva perfino il coraggio di schiaffeggiarlo. Assurdo. Non era riverente come le altre donne che aveva conosciuto prima. Era decisamente diversa, perché lo prendeva a pugni e poi lo amava… uhm, scienziata dei miei stivali. E finiva così, sempre per avere mal di testa ogni volta che usciva da quel laboratorio –erano mesi che ci lavorava là dentro.

Mesi.

Chiuso in gabbia con una bestia dai capelli rosa.

Ztè. Insopportabile”

E Fugaku avrebbe volentieri dimenticato il motivo per cui l’aveva baciata la prima volta. Non era stato per merito del dottore con i sopracciglioni che l’aveva sfidato; dichiarando che lui, per loro Fugaku Hachi, sarebbe stato senz’altro sconfitto dal suo fascino giovanile. No.

Era stato costretto a baciarla. Anche se poi non ricordava più i motivi per i quali l’aveva baciata una seconda volta e una terza… e una quarta – senza concludere nulla.

Perché aveva baciato Sakura Haruno, proprietaria di occhi assurdamente verdi e di capelli rosa, ancora più assurdi. Di costituzione magra ed esile. Che a venticinque anni è un genio in chimica, una scienziata. Nata da padre archeologo e madre medico sempre assenti entrambi, che per questo è cresciuta con sua nonna, la vecchia Tsunade, una scienziata anche lei. Che ha una vita semplice, un appartamento in centro e come amica: Ino Yamanaka prima modella, adesso stilista di una nota casa italiana.

E non si chiedeva (cercava solo di dimenticare tutto lui – i volti e gli occhi…di chi aveva visto -) non si chiedeva dunque, il perché sapesse tutte queste cose di una persona in fondo appena conosciuta (è li da tre mesi).

**

Hinata si limitava ad ascoltarla. Era sempre stato così tra loro. Lei ascoltava mentre, l'altra parlava della sua vita così piena ora, che un certo personaggio gironzolava nel laboratorio. Ne era intirimorita in un certo senso, Sakura era tutto quello che lei non era. Bella, intelligente, spigliata lei invece, timida, riservata...un fantasma. Arrossì istantaneamente quando, la porta si spalancò e una figura dai capelli biondi e dal sorriso buono illuminò il laboratorio (e il cuore della piccola Hyuuga). Sakura sorrise alla solita scena: l'amore in tutte le sue sfaccettature è la cosa più bella che una persona si possa augurare di provare. "Hinata, sei la persona più dolce che conosco. Ricorda sempre di combattere per le cose che vuoi." Gli occhi verdi scintillarono in un muto incoraggiamento rivolto allo sguardo particolare dell'assistente.

Il biondo, a passo spedito, venne dritto verso di loro sempre sorridendo e ignaro dei discorsi che lo riguardavano anche se non esplicitamente. Per lui l'universo femminile era sempre stato come un buco nero. "Sakura, scusa il ritardo ma non trovavo più la fondina della pistola... e avevo dei problemi con questo stupido bottone della divisa." Si grattò la nuca scoppiando in una grassa risata. Sakura scosse il capo. "Questa di certo, è la frase più usata da una guardia del corpo, immagino."

"Se..se...vuoi..." Un balbettio appena udibile, eppure era già tanto. "Se vuoi...Naruto-kun..ti aggiusto io, il bottone..che ti dà problemi..." Il biondo si sporse gli occhi azzurri che si perdevano in quelli vacui di Hinata. "Oh, sarebbe fantastico Hinata! Grazie!"

**

Il primo compito di una guardia del corpo era difendere e pensare sempre all'incolumità del protetto. Che genio. Il secondo compito consisteva nel conoscere tutti gli orari e il carattere del protetto, per poterne prevedere ogni azione e reazione. Il terzo compito era di controllare ogni minima cosa dalla macchina alle persone che aveva attorno. E a proposito di questo... sollevò le pozze azzurre fissando un punto ben preciso a pochi metri dal suo naso. Non gli piaceva per niente quel tizio e la cosa era reciproca. Inoltre era evidente il legame che li univa. Sakura era innamorata persa di Fugaku.

Hinata, gli aveva detto che era stato colpo di fulmine per Sakura, anche se all'inizio aveva fatto finta di niente. A quanto pareva gli stessi sentimenti li aveva provati anche Fugaku, però c'era qualcosa di strano. Lui sembrava non lavorare. Stava lì, come in attesa, un po' con lo stesso atteggiamento che aveva lui. La cosa lo irritava e insospettiva. Inoltre la cosa più straordinaria, sempre captata grazie alla grande osservazione e quindi il suggerimento involontario di Hinata, era l’atteggiamento l'uno nei confronti dell'altra. Era come se si proteggessero a vicenda, come se ci fosse stato un segreto fra loro. E non si trattava di scienza.

"Ehi, vuoi smetterla di fissarmi?"

Naruto arricciò il labbro. Sakura diede una spallata evidente a Fugaku che la guardò sdegnato. "Sta solo facendo il suo lavoro" Lo rimproverò, tono tremolante. "Cioè farmi innervosire?" Il biondo sorrise. "No, tenerti d'occhio!" E poi successe.

"Fugaku, che razza di nome è Fugaku Hachi?" Questa domanda fece rizzare la schiena di Sakura che impallidì. La reazione del protetto era stata fin troppo evidente, per poter passare inosservata. Fugaku si limitò a un’alzata di spalle. "Perché, Naruto che nome è?"

"Di certo, non da teeme come il tuo." Sorrise sibillino. "Dobe." Rispose l'altro, atono. Sakura invece rimase immobile come una lastra di ghiaccio. C'era qualcosa sotto ovvio, adesso ne aveva le prove e sapeva da dove iniziare a indagare.

**

Ha i polsi sottili. Non ricordava di aver mai stretto dei polsi simili. Erano sottili e bianchi. Per forza lei sembrava davvero non uscire mai, da quel laboratorio, la mattina era la prima a entrare e l’ultima ad uscire, decisamente, doveva ancora capire a che ora si alzasse e se dormisse.

Ma non aveva voglia di scoprirlo, probabilmente si diceva, va avanti a furia di caffè. Anche se a volte alzando un solo sopracciglio, le faceva notare la tonalità della sua pelle, troppo chiara. Sembrava una bambola che in tutti questi anni, era stata avvolta nella plastica per essere conservata intatta. Fugaku a volte se ne pentiva e si redimeva cercando di stare in silenzio, non amando parlare, fare certe osservazioni che potessero riattivare dei marchingegni arrugginiti in quella testolina rosa (marchingegni, che lui temeva potessero risvegliare dei fili che arrivavano più giù, dritti nel petto, in un muscolo chiamato cuore).

E lei allora si arrabbiava, sbuffava, volavano nell’aria delle assurde minacce incoerenti, come lei, che lo rimproverava perché era troppo paziente (di più utilizzava la parola: indecifrabile) però dopo la sfuriata di solito lo baciava all’improvviso arrossendo e balbettando. Era schizofrenica. Ne era sempre più convinto perché poi ritornava a infuriarsi contro chi sa chi, anche se probabilmente ce l’aveva con lui. E la lasciava fare, aspettando gli altri momenti quelli buoni e sorrideva con quell’aria da superiore che no, proprio Sakura non sopportava. Ma quelle smorfie appartenevano a lui, e decise che dovevano appartenere anche a Fugaku.

Quello che non sapeva era che la rosa aveva capito che quella era solo una maschera per proteggersi da lei. Si scervellava la scienziata, cercava di concentrarsi solo sulle sue provette, sui suoi campioni ma allora, era lui a cercarla. Eppure lui non osava portarla fuori dal laboratorio lì, fuori, dove c’era la vita vera (o la morte?) .

A Sakura questo andava bene, veramente: andava bene. Non aveva mai vissuto lei…

E si vedevano a lavoro e Sakura non sopportando quell’apatia - la sua presenza in realtà che la deconcentrava- lo mandava in giro per la struttura a prendere questo e poi quello… salvo poi, quando non tornava presto, andava lei stessa a cercarlo. Lui era restio e mai l’avrebbe ammesso che si perdeva in quel mostro di cemento e piani, così Sakura andava a cercare Fugaku.

“Dove diavolo, eri finito? Dovevi solo prendere un ascensore.”

E lei arrossiva, sbuffava, per il suo sguardo di disappunto a quell’eterno combattimento che era lo stare con lui. Anche se non stavano insieme…era lì solo da tre mesi e l’Haruno tornava di nuovo a sbraitare contro se stessa –mi sono lasciata abbindolare da un paio di occhi neri male assortiti- e puntava i suoi occhi sullo schermo del computer che però rifletteva lui, che silenzioso le compariva alle spalle.

Sakura arrossiva ancora al pensiero delle sue braccia forti che l’avevano “intrappolata” un giorno in un corridoio asettico del laboratorio. Avevano appena litigato sulla valenza di un atomo di carbonio, su qualche numero, su dove diavolo aveva messo la provetta che le serviva per continuare le sue ricerche.

E lui poi aveva solennemente dichiarato che gli faceva venire mal di testa. E che doveva starsene zitta.

Sakura però aveva insistito, maledicendolo. Lei che era sempre dolce con tutti, con lui non ci riusciva –come se prevedesse che un giorno l’avrebbe fatta soffrire.

“Non è difficile, dovresti solo fare due più due con i neuroni ammuffiti che ti ritrovi e cercare di capire dove diavolo hai potuto poggiare quella provetta!” La voce era stridula e alta, esagitata –dovuta anche alla carenza di caffè.

“Zitta.”

E poi parlava poco, lui parlava troppo poco per i suoi gusti. Allora lei alzava ancora di più la voce oscillando i suoi capelli rosa, lunghi.

Hachi potresti anche solo chiedermi scusa, per tutto il tempo che mi stai facendo perdere… Ah! E non mi azzittire! Sei incredibile… assurdo!!

“Sta zitta.”

E nel momento in cui stava per riprendere a parlare, Fugaku l’aveva spinta contro il muro, l’aveva intrappolata tra le sue braccia, godendo probabilmente alla sua espressione incredula e il silenzio era stato finalmente provocato dalle sue labbra che si erano impadronite delle sue.

Calde labbra che s’incastravano a vicenda l’una con l’altra, irrimediabilmente s’incastravano e così migliaia di persone, come loro, sono costretti con quel gesto a rispecchiarsi in un’altra anima irrazionale, che prima avevano pensato accuratamente di evitare. Ma l’uomo è solo un groviglio di Caos, carne ed emozioni.

End #1

Giudizi

2^ classificata:
Breathe - di Sae



Giudizio di Ainsel:

Correttezza grammaticale: 9/10
Originalità: 9/10
IC dei Personaggi: 9/10
Trattazione della coppia: 9/10
Totale: 36


Sicuramente una fiction originalissima.
L’alchimia è un qualcosa – dovrebbe essere considerata una scienza, ma visto per me non si limita a questo non so mai come definirla – che mi ha sempre affascinato molto.
Ammetto che il nome “Fugaku” all’inizio mi aveva lasciato non poco allibita. Non che volessi privare Sakura del suo diritto di innamorarsi del padre di Sasuke – lungi da me una simile prepotenza – ma ho riletto la pagina in cui lui si presentava come suo assistente almeno dieci volte prima di convincermi che non ero diventata orba.
Come già detto è una storia davvero originale, ma non solo nella trama. E’ evocativa, quasi un po’ surreale in alcune parti, e forse proprio grazie a questo i sentimenti dei personaggi vengono espressi in modo davvero coinvolgente. L’amore di Sakura, così sincero e passionale; e Sasuke, con la sua ambiguità ed i sentimenti mal espressi che solo una persona come lei è capace di comprendere a fondo. Inoltre, anche se di contorno, ho apprezzato molto anche l’amicizia con Ino e Naruto, così come la breve comparsa di Hinata.
Il finale poi è praticamente perfetto; direi che è racchiuso tutto in quel punto interrogativo che immagino tu non abbia inserito per caso. Non c’è nulla di sicuro né tantomeno definitivo, ma gli indizi sono almeno sufficienti per far sperare che le cose possano volgersi al meglio.
Come ultima cosa mi devi togliere una curiosità: per caso sei una fan di Nana? se sì capirai da sola in base a quali particolari te lo chiedo XD


Giudizio di Annaky:

Correttezza grammaticale: 8.5/10
Originalità: 9.5/10
IC dei personaggi: 9/10
Trattazione della coppia: 9/10
Totale: 35.5


Questa fanfiction è stata interessante. All'inizio, non avevo capito che il nuovo apprendista fosse Sasuke, e credevo che Hachi fosse un personaggio aggiunto per smuovere la scena. La stessa ambientazione AU mi ha dato alcuni "problemi di orientamento".
Le descrizioni sono rese bene, ma forse il racconto viene un po' troppo dilungato e rende il tutto un po' "pesante" da leggere.
Non che la fanfiction non desti curiosità...anzi, ho voluto scoprire subito come andassero a finire le cose, ma sarebbe stato meglio "comprimere" il tutto in fasce temporali più brevi, per alleggerire la lettura. Personaggi comunque IC, mi piace molto la caratterizzazione di Sasuke, che calza perfettamente i panni del killer spietato (ma alla fine non del tutto, almeno con colei che dimostra di amare), e anche quella di Sakura, solita inguaribile testarda...
Nel complesso, buona, insomma.

Media: 71.5
Al prossimo capitolo! Commentate! ^^

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Capitolo 2
*** #2 Cause you can't jump the track ***


“Mi hai mentito! Mi hai mentito!”


Le blocco i polsi bianchi, sottili. Vederla arrabbiata è una sensazione strana. Ma rimango indifferente mentre la sua voce si fa alta e incomincia a piangere. Inevitabilmente piange. Le lacrime cadono come acqua dalla cascata e luccicano su quella pelle resa nivea dalle luci di un laboratorio. Tra i singulti, quegli occhi verdi foglia sono ancora più grandi. Assurdamente mi sembra di averla già vissuta in un’altra vita una scena del genere….


“Vedi. Tu sei fatta così. Hai sempre bisogno di sapere i più piccoli particolari della vita di una persona prima di affidarti completamente a essa. Dici di avermi scambiato per qualcun altro ma forse sono io ad averti scambiato per qualcos’altro. Ti ho valutato troppo. Perché devi per forza sapere, gli inutili vincoli che regolano la vita di tutti i giorni? Per te sono importanti assurdità come il compleanno, gli anni, il lavoro… il passato. Perché, per voi, l’identità è più importante di tutto?

E se uno non la sa la propria identità, se si è trovato buttato in una vita così, trascinato da forze più grandi di lui, dato che non aveva né vincoli, né legami… che diritto hai tu di farglielo notare, di saltare subito alle conclusion … di giudicare? Che diritto hai tu, per venire a dirmi che sono un bugiardo?


E bene? Lo sono. Tu sei sempre veritiera?

Ti consideri un’eroina, una paladina dei geni. Che diritto hai di creare la vita tramite cellule in provette di vetro? Che diritto hai tu, per dire se una cosa è giusta o sbagliata? Te lo dico io: Nessuno.

Vivi, come me, imprigionata in forze più grandi. Siamo schiavi e parassiti dell’universo. Io ho un mio modo per affrontarli, tu hai il tuo. Io uso una pistola, tu un microscopio. Mi accusi di mentire quando già tutta la vita si basa su una menzogna. Gli uomini s’illudono costantemente per sopravvivere e scappano di fronte alla verità.


Io adesso sono stato sincero che importa se prima ho mentito? Di chi sei innamorata tu, che dici di essere innamorata –di amare…? Sei innamorata di ciò che non ero, di un’illusione, o hai amato oltre quello che sono?


Poco male se non rispondi. Non m’interessa saperlo.

Anche perché ragazza, mia sciocca e insopportabile seccatura… farò finire questa menzogna o verità adesso, perché se tu la crei la vita, io la levo.”


Un bacio completamente diverso dal primo, da quello scambiato in un corridoio un po’ angusto che sapeva di acari e di chiuso. Un bacio che sa di dolore, di verità, di menzogna. La cosa più assurda e che malgrado la minaccia... il viso, le mani, le labbra stesse, le mie labbra non riescono a respingere il bacio non vogliono allontanare colui che mi ha spezzato il cuore e che ha il compito di uccidermi.

È un meccanismo strano quello che nasce quando una persona si trova a tu per tu con la morte.

Mi chiedo se una persona diversa, una che magari ha avuto una vita normale, degli spasimanti, una che ha vissuto davvero dico, una che ha amato… sarebbe scappata. Eppure è stato sincero: li ha confidati tutti i suoi dubbi alla vittima, si è liberato la coscienza prima di sparare, il carnefice. Un’altra persona, magari anormale come me, avrebbe morso quelle labbra avrebbe incominciato a gridare, oppure se timida sarebbe svenuta, impallidita. Un’altra ancora sarebbe rimasta a sfidarlo forse per un senso di orgoglio, forse per mettere alla prova anche chi ha di fronte: la vittima avrebbe assaggiato solo il bacio e poi avrebbe con la manica della giacca pulito le proprie labbra.

Io invece rimasi lì. Anche se qualcosa dentro mi suggeriva che lui era spietato, che non avrebbe esitato a premere il grilletto, a macchiarsi le mani… anche se adesso mi stava baciando.

Il bacio di Giuda non potrebbe avere altro sapore se non quello.


Non potetti far altro che ricambiare quel bacio, in una danza che sapeva di morte eppure di vita. La verità è che il mio muscolo dentro, quello che pompa del sangue alle arterie non vuole muoversi nè credere alla parole, alle illusioni, alle mezze verità uscite da quella bocca leggermente increspata ora.

Malgrado tutto, saggio la vita prima della morte.


Non è che poca cosa.

In fondo, ha ragione.


“Se io non ho il diritto di crearla la vita. Tu che diritto hai di toglierla?”


Breathe

#2 Cause you can't jump the track

Una conferma gliel’aveva fornita proprio lui. Il camice bianco era abbottonato male quella mattina. Fugaku non amava i camici e i bottoni. Matematico, non amava un mucchio di cose. Così Sakura stava ridendo mentre lui si aggiustava la divisa candida. Poi lei gli saltò al collo, depositando un bacio sulla guancia. Un po' gli faceva male vederli, a Naruto, Sakura gli piaceva e glielo aveva anche detto. La scienziata gli aveva risposto che l'amore vero lui ce l'aveva sotto il naso, ma che non era lei. Solite frasi del misterioso universo femminile. Non aveva indagato più di tanto, anche perché aveva altro a cui badare. Quel gesto così semplice e genuino l'aveva fatto trasalire. Fugaku, infatti, aveva sbuffato pulendosi con il palmo della mano, quasi come un bambino che rifiuta il bacio della madre perché troppo cresciuto. E il luccichio, per colpa del neon così ben piazzato in alto sul soffitto, non sfuggì né agli occhi di Naruto, né a quelli di Fugaku. Si osservarono e fu più che sufficiente.

**

Non esisteva una parola per definire, quello che aveva provato quando l'aveva guardata negli occhi e detto la verità.

Era la prima sera lontano dal laboratorio dopo tre mesi. Erano andati fuori a cena, lui l'aveva prelevata da casa e lei si era fatta prestare per l'occasione un abito da Ino dato che, presa solo dal suo lavoro, erano state poche le occasioni che le avevano concesso di mostrarsi in una versione elegante. Era un tubino nero, seducente nella sua semplicità. Ino bisbigliava che era solo merito suo se le stava d’incanto. Il nero faceva risaltare la carnagione bianca come un foglio di carta. La bionda aveva da sempre l’innata capacità di far sentire Sakura importante. Fin da piccola la Yamanaka aveva assunto un istinto di protezione e contemporaneamente di sfida nei suoi riguardi. Erano maledettamente diverse eppure troppo simili, testarde, orgogliose. Quella sera Sakura si sentiva come una principessa delle favole.

Ma né le favole né le principesse esistono in un mondo fatto di numeri e di atomi di carbonio.

Fugaku, sì Fugaku, l’aveva avvisata, le aveva detto che era una sciocca, una visionaria; esattamente nello stesso modo con cui guardandola negli occhi le confessò chi e ciò che lui era.

**

Gli occhi neri affondavano malamente in quelli di lei ma sorreggevano lo sguardo. Forse brillavano, perché nel verde foglia si leggeva una richiesta di soccorso che lui sapeva accontentare solo con un' azione. Tremavano le belle spalle avvolte in quel tubino. La giacca finita malamente sul divano, lui in piedi vicino alla lampada accesa, finita a terra dopo la colluttazione, che cercava comunque di riprodurre un clima famigliare. Una luce completamente insolita, avente una tonalità più attigua al rosso, differente da quella scarna del laboratorio.

Non le rendeva giustizia quella luce. La lampada non catturava le tonalità dei suoi capelli rosa e degli occhi verdi, grandi, che invece così sembravano di più delle gemme opache.

Il nero, al contrario, rimaneva tale, assorbendo tutte le radiazioni della luce. Sasuke probabilmente, in quel momento, si sentì una pura macchia d’inchiostro che stava andando ad intaccare quel bianco foglio che era lei.

Di certo aveva mandato tutto a fanculo. Aveva rivelato chi era, come faceva solo in rare eccezioni: quando aveva la pistola puntata contro l’obiettivo pronto a sparare, in modo da vedere dapprima lo stupore che provocava lui, il suo nome e il suo lavoro e dopo la rabbia fino a passare all’espressione di terrore che contraeva il viso di chi stava per eliminare. Di solito in quel modo fissava per sempre i lineamenti che delimitavano la soglia dello stupore e della paura, perchè lui quei sentimenti, in fondo, non li aveva mai provati davvero. Ma comunque il suo cervello era un vero archivio, i volti di chi uccideva rimanevano improntati nella sua mente come le tacche che adornavano la sua bella donna d’argento.

E chissà perché portandosi lentamente alla bocca la sigaretta ancora spenta, l’aveva semplicemente guardata e detto il resto della verità.

“Sono un serial-killer.”

Le labbra erano asciutte e quasi si screpolavano a contatto con la cartina della sigaretta che aveva in bocca. Aveva la bocca calda come se avesse parlato chissà per quanto, come se avesse terminato un romanzo che narrava tutta la sua vita….

Sakura Haruno, scienziata. Corpo esile, occhi verdi e capelli rosa assurdi. Venticinque anni, laureata, un genio in chimica. Nata da una madre medico e padre archeologo, sempre assenti entrambi, è cresciuta con sua nonna, la vecchia Tsunade, scienziata anche lei. Sakura Haruno che ha una vita semplice, un appartamento in centro, amica di Ino Yamanaka modella e poi stilista di una nota casa italiana.

Ripassava mentalmente il suo dossier nell’attesa, nel pallido tremore del suo corpo bianco che si sarebbe scagliato contro di lui, contro quello che in realtà erano numeri e atomi di carbonio.

**

La porta non fece rumore chiudendosi. Ma forse era lei così presa da quello che stava accadendo, dagli eventi, che aveva limitato il suo campo uditivo solo a quello che poteva provenire da lui. Si sentiva così a disagio, lui si era offerto di accompagnarla, lei aveva provato a opporsi ma prima di aprir bocca lui, sussurrando aveva detto che non era consigliabile vagare da sola di notte. Così avevano camminato in silenzio fino ad arrivare al portone. Poi era stata lei a chiedergli se voleva salire giusto così, per offrirgli un drink. Lui non aveva risposto ma aveva fatto un cenno col capo, più silenzioso e strano del solito.

“Fugaku cosa posso offrirti?” le chiavi di casa penzolavano da dietro la porta e la sua voce aveva tremato leggermente nel pronunciare il suo nome.

Ma lui, in piedi in mezzo al salotto, era come se nemmeno l’avesse sentita. Guardava delle foto su un ripiano di legno, giocando con l’accendino che aveva in una mano. Quel rumore era leggermente fastidioso ma comunque Sakura non disse nulla, cercando di dimostrarsi dolce, affabile –Ino aveva blaterato di comportarsi in quel modo, ma poi il perché non lo capiva, e davvero la mandava in crisi il fatto di non essere stata istruita per quelle cose, di non aver nessun libro o manuale d’istruzione per situazioni post-appuntamenti. La cosa più assurda era che per quanto si sforzasse, con lui riusciva ad essere solo se stessa, un libro aperto. Il che era strano fin da piccola aveva imparato a mascherare le sue emozioni; quando il padre partiva per lavoro lei faceva finta di niente, di non restarci male. Si era sempre buttata tutto alle spalle e quindi davvero non riusciva a capire perché faceva solo quello che si sentiva stando con lui, era semplicemente genuina, se stessa, anche se lo sapeva che in quel modo rischiava di farsi male, di rimanerci secca.

“Fugaku…?!” Chiamarlo le sembrava così sciocco. Inutile, a dire il vero, anche se quel nome non sembrava fatto a posta per lui. Strano a dirsi, conosci una persona e pensi che avrebbe dovuto portare un nome diverso, non riusciva a farlo proprio con quel nome, non riusciva ad abituarsi al suono di quelle lettere.

Tuttavia, stavolta lo vide trasalire leggermente al suo nome e Sakura rimase ferma sentendosi improvvisamente in balia degli eventi. Le spalle si mossero quando lui si decise a parlarle, e come per metterla di più in difficoltà prima di pronunciare parole di senso compiuto, si limitò a giocare di nuovo con il suo accendino di ferro che sembrava tanto un dono di famiglia.

“Non chiamarmi più così…”

La voce non era dura o comunque al suo orecchio non suonò come una minaccia. Era di più un dato di fatto. Quasi un ordine e lui amava dare ordini, usare quel tono da saccente. All’affermazione cercò di non dare peso, malgrado quella potesse pesare come un’offesa e nonostante i battiti accelerati del suo cuore la mettessero in guardia.

“…Sakura.”

Il suo nome combaciò con l’ennesima chiusura dell’accendino. Un rumore di ferro pesante, che stonava invece con il suono della parola Sakura.

Si voltò lui, e con l’accendino in una mano continuava a giocare e quel rumore davvero cominciava a darle sui nervi, ma rimase ostinatamente ferma ad ascoltarlo.

“Non sono Fugaku Hachi”

La testa cominciò a girare e le salì un forte senso di nausea.

Aveva bevuto troppo. Troppo alcol, non c’era altra soluzione. Probabilmente si sarebbe svegliata il giorno dopo scoprendosi addormentata la sera prima sul divano, e sulla guancia avrebbe riportato i segni del cuscino. Poi si sarebbe lavata e sarebbe iniziato di nuovo un altro giorno di lavoro. Probabilmente stava sognando. Maledì Ino, anche se poi proprio lei non c’entrava un granché ma, si sa, non era mai stata brava nel maledire le persone. Lei che cercava di ridare la vita….

“Sono Sasuke Uchiha”

**

Tre parole. "Sono Sasuke Uchiha."

Sasuke. Sakura ripetè quel nome diverse volte dentro la sua mente. Rimase un attimo assorta poi dentro di lei cominciò a salire lo sdegno, la paura. Fugaku, Sasuke. I nomi vorticavano assieme alle parole. Le girò ancora la testa ma, probabilmente era solo lei che cominciò a darle dei pugni male assortiti e la camera sembrò ruotare con loro dentro e tutto il suo contenuto. La lampada si rovesciò la luce illuminò entrambi non sapeva che parole le erano uscite dalla bocca. Lo accusava di aver mentito, e lui la lasciava fare non rifiutando né i pugni né le offese.

Fu quasi naturale capirlo. Fu quasi naturale capire che c’era dell’altro oltre a quello.

**

Sakura si sentì prendere per la schiena. Non fece rumore il contatto del tubino di seta sulle mani grandi e un po’ callose di lui. Sasuke la prese in braccio, un luccichio negli occhi e il sapore di lei sulle sue labbra; una sorta di premonizione dentro. Lei si limitò ad appoggiare la testa sulla sua spalla senza tuttavia cingerlo, senza provare a urlare, a gridare aiuto –a cercare un modo di vivere. Non si ribellava come aveva fatto prima. L’unica cosa che quegli occhi grandi, leggermente lucidi, adesso osservarono mentre lui camminava verso la porta del corridoio, fu quella lampada rossiccia, ribaltata per terra, che illuminava le loro ombre malamente amalgamate sulla parete bianca del suo appartamento un po’ spoglio.

Lui trovò presto la camera da letto e arrivato urtò malamente in qualcosa, in qualche dannato oggetto che Sakura lasciava in giro per casa, e allora la cinse di più, stringendola mentre la lanciava su un letto leggermente illuminato da un faro lì fuori, dove c’era la vita, quella che loro non avevano mai conosciuto.

Le fu subito sopra e scoprirono entrambi i fiati caldi, l’odore delle loro carni fin troppo simili. Con un impeto che non gli apparteneva, Sasuke saggiò di nuovo quella labbra carnose...la fece diventare di sua proprietà. Non aveva importanza se era per vizio, per gioco, se era una sfida contro se stesso. I seni erano fatti a posta per essere contenuti nel suo palmo e la mano scivolava lungo la schiena. Non avevano bisogno di modellarsi perchè combaciavano perfettamente. Entrò in lei più volte e Sakura scoprì che nel dolore si cela il più dolce dei piaceri. Quando entrambi sentirono che le forze erano andate via...i capelli d'onice andarono a coprire il petto nudo di lei.

**


Era un dolce tepore, era il sogno piacevole prima dell'incubo, era la dimensione perfetta, lo spazio perfetto... occupato solo da lei e dalla persona che amava. Non v’era niente di sbagliato, le dita che si perdevano nelle ciocche nere disordinate e Sakura non avrebbe saputo immaginare altro posto, per i palmi di lui che stringevano i suoi fianchi.


"Amo la tua persona" le parole scivolavano gentilmente con un pizzico di pudore malcelato.

Lui non si mosse e il viso era nascosto per poter decifrare qualcosa.

"Non mi importa chi tu sia...amo la tua persona"

E si vergognava e arrossiva. "Sei il mio carbonio, Sasuke"


**

Scattò il rumore del grilletto, improvviso come quello del tappo dell'accendino, un suono metallico così violento. Era quello il rumore che faceva una pistola? Fino ad allora aveva ignorato il suono che poteva fare un’arma da fuoco. Sasuke Uchiha si alzò con i gomiti sul letto. Fece forza su se stesso emergendo dal groviglio di lenzuola fino a metà busto e non sembrava importargli che fosse nudo di fronte a lei. Ma d'altronde lo era anche lei nuda e inerme..cosa pretendeva?


Lei prese il respiro. L'ultimo respiro di un condannato a morte. I polmoni si riempirono e saggiano davvero l’aria che aveva lo strano profumo di uno scienziato e di un killer miscelati assieme.

Come si poteva rapidamente trovare nel dolore il piacere, allora era tanto rapida la discesa dal paradiso all’inferno. Trovava divertente che lei era una di quelle stupide vittime che conoscono l’assassino tanto bene da farlo entrare in casa. Cappuccetto Rosso e Il lupo cattivo.

Sì, era proprio da lei morire conoscendo il suo carnefice e non pentendosene.


"A cosa pensi."

La domanda era inaspettata per lei che invece stava aspettando. Lui continuava ad avere la pistola in mano puntata. Cosa vuole? L’ultimo pensiero di un condannato a morte?


"Che non me ne pento.” Sorrise divinamente.

“Cosa vuoi dire?” Sasuke era freddo come la pistola che adesso aderiva al suo ventre. Trasalì involontariamente lei, il suo corpo era bollente e invece la canna luccicante dell’arma era maledettamente gelata. Come gli strumenti che usano i dottori, come lo stetoscopio di sua madre che riusciva sempre a capire quando non voleva andare a scuola e faceva finta di avere la febbre. Il cuore prese a martellare nelle orecchie. Sakura giurò che l’intera stanza era invasa dal rumore del suo cuore.

“L’uomo di cui mi sono innamorata… Fugaku o Sasuke sei sempre tu. Occhi neri, pelle diafana..ti riconoscerei fra mille. Il nome non è importante. L’uomo che mi diceva di stare zitta perché parlavo troppo è lo stesso che adesso sta per uccidermi. Pazienza. Non riesco a immaginare adesso la mia esistenza senza di te. Non sarebbe più vita quella. Capisci?”

“Ti sta bene.” Sasuke spalancò leggermente gli occhi color onice, sorpreso. “Ti sta bene morire?”

“Sì. Anche se mi hai ingannata.. Tu non hai finto del tutto… hai provato le mie stesse sensazioni. Io sono innamorata di te…e tu-

“Io stavo solo recitando.” La interruppe bruscamente, l’ ira saettò nelle pupille.

Sakura represse l’istinto di piangere. “Non è vero.” la voce uscì graffiata adesso che lui le aveva dato il colpo mortale ancor più veloce del grilletto. “Avresti potuto uccidermi quando ti pareva, portarmi nel garage, in una stanza con una scusa qualsiasi e farmi fuori… invece non l’hai fatto!”

Stavolta non c’era solo ira nei suoi occhi, stavolta il nero divenne come la notte più buia, come l’eclissi più completa, spaventosa e affascinante insieme. Sakura sentiva le lacrime pizzicarle i bordi degli occhi e la gola bruciava, ancora un respiro rubato alla stanza. “Tu non mi hai mentito! Sei solo un burattino perché ti lasci manovrare da qualcuno..ma nessuno può dire al burattino che sentimenti provare!”

Poi successe. Un lampo nel buio, un rumore sordo.


Sasuke era furioso. Aveva gettato via la sua donna d’argento che cadde pesante sul pavimento della stanza. Le mani si chiusero in una presa furiosa attorno al collo di Sakura. Voleva soffocarla… perché diceva la verità? Le lacrime dell’Haruno esplosero senza ritegno, bagnandogli il dorso delle mani, scendevano disordinate sotto il mento. Sakura chiuse gli occhi verde foglia e non riusciva a reagire, ancora una volta non si comportava come una persona normale. L’unica cosa che riusciva a pensare era la sorpresa di accorgersi che la pelle di Sasuke bruciava, esattamente come la sua. Ed erano due carboni ardenti pronti a trasformarsi in cenere.

“Tu sarai la mia rovina.” Stava urlando, eppure forse ce l’aveva con qualcun altro sepolto nel suo passato. Sakura si lasciò scappare un sordo lamento e poi… le labbra di Sasuke piombarono sul suo volto. La lingua andò ad assaggiare le lacrime salate e poi a cercare le sue labbra mentre la presa di acciaio si ammorbidiva tramutandosi in un dolce laccio stretto dalla passione.

**


Sakura aveva un segno sul collo, un piccolo graffio. Ma era invisibile, coperto da del rosa confetto. Sapeva solo lei che esisteva anzi, si disse, lei sapeva un mucchio di cose. Piano lasciò che un bacio si depositasse sul viso di Sasuke Uchiha. E lui scuoteva la testa davanti a un programma in televisione che né lui né lei stavano ascoltando.

Non l’aveva uccisa perché l’amava anche se era restio a dirglielo. Quello l’aveva capito da sola e per il momento lui era lì con lei. Ma non sapeva per quanto tempo le sarebbe stato concesso quell’amore. Lui stava già rischiando così tanto per lei. Si strinse intorno al suo braccio forte.

E Sasuke a quel gesto un po' si meravigliava, perché avendola vicina il mostro dentro di lui si acquattava in un angolo della sua anima e qualcosa nello sterno (forse il cuore) prendeva a battere.

**


Naruto non aveva detto niente quella mattina, li aveva solo salutati. C'erano Sakura e Fugaku nel laboratorio e lei indossava una maglietta a collo alto. Aveva uno sguardo pensieroso. Non era l'espressione che Sakura assumeva quando pensava alla scienza, Naruto lo sapeva che c'era dell'altro. Adesso tutto combaciava, tutte le tessere del puzzle erano al loro posto. Parlare con Jiraya l'aveva aiutato. Aveva capito. Inoltre i fogli non mentivano, tutto era scritto nero su bianco. In teoria non avrebbe dovuto portare fuori quei fogli dall'archivio di Stato. Ma erano necessari, magari, lei non sapeva chi era lui in realtà. Eppure ormai lui stava lì, da quasi quattro mesi e non aveva agito: non aveva svolto il compito che gli avevano assegnato. Forse, davvero la vita poteva prendere pieghe inaspettate che le carte non spiegavano.

E successe molto rapidamente, lo sguardo di Sasuke che indagava nel suo e lui che gli indicava qualcosa di bianco sul tavolo. C'era uno stemma in cima ai fogli. Un piccolo marchio. Sasuke non disse nulla. Si limitò a seguire le spesse linee che ruotavano attorno a un semicerchio.

**


Lo avevano avvisato, glielo aveva accennato quell'altro tipo là; quello un po’ strano con dei buffi capelli biondi e che girava sempre accompagnato da un altro tizio, con dei capelli rosso fuoco. Facevano pettegolezzi quei due, ed era inevitabile ascoltarli. Parlavano ad alta voce e lui si ritrovava sempre a dover scendere in ascensore con loro. Probabilmente lo facevano apposta, per farlo innervosire, ma se la sua pazienza si fosse esaurita... li avrebbe sistemati entrambi con una pallottola ben piazzata.


Stranamente, quel giorno erano tranquilli mentre raccontavano la vicenda che aveva scosso l'Organizzazione, seduti sulle poltroncine di pelle della sala d’attesa (inutile e orribile). Uno dei due, forse il biondo, aveva un tono rammaricato che sapeva un po’ di rimpianto e il rosso pareva partecipare a quel dolore.

Parlavano di uno dei Sabaku. Sasuke in effetti conosceva la donna e uno dei fratelli come dei professionisti del giro, eppure, mai aveva sentito parlare del più giovane, dei suoi occhi dalla parvenza del ghiaccio.

Gaara. Nome che non l’avrebbe nemmeno sfiorato in un altro contesto.

Piuttosto, aveva incominciato a riflettere su quell’assurda storia... da quando si era ritrovato a guardare i bossoli inutilizzati e che ammuffivano, non nel petto di qualcuno ,ma sul bel tavolo di legno.

Inconcepibile per un professionista del suo calibro. Un ghigno gli trapassò le labbra, chiara reminescenza di vita passata e si lasciò cadere sul divano, le sopracciglia crucciate intanto che la mente ripercorreva le parole dei due esaltati, schiavi come lui del fato e del revolver.


Gaara No Sabaku, uccideva per vizio, per gioco, ci provava davvero gusto e non si creava problemi: era il migliore. Alcuni sostenevano che dentro di lui risiedesse un demonio. In effetti sembrava avvolto da un’aurea maligna e sulla carnagione pallida spiccavano quegli occhi assurdamente grigi, penetranti. Ma Sasuke aveva sempre creduto che tutti possedessero un aurea malvagia, tutti, nessuno escluso, e la descrizione non l’aveva colpito minimamente.

Quello che gli aveva dato da pensare, che non aveva mai concepito fino ad allora, era come l’uomo fosse cambiato appena incontrata la sua vittima. Si diceva che si era innamorato. Gaara no Sabaku innamorato! Era inconcepibile, assurdo e a quanto pareva, i fratelli l'avevano costretto a compiere l’efferato omicidio.


Omicidio che aveva svolto con freddezza e un' efferatezza tale che non era da lui, anche se tutti lo conoscevano come "il demonio". E poi pochi giorni dopo, quando tutti pensavano che il Sabaku aveva solo finto, che non aveva mai tenuto davvero a quella donna… Gaara si era librato da una finestra consapevole che all’inferno non avrebbe mai rivisto la donna che aveva amato e che aveva ucciso.

**


"Secondo me il lavoro migliore per te era: il bibliotecario."

"Fammi il piacere."

"Sì, lì non si parla e se devono, rispondono sgarbati. Era perfetto per te."

"Chiudi il becco."

"Ma scusa, teeme, non potevi fare il bibliotecario invece del serial killer?"

"Tu dobe, perchè non sei nato cartone animato? Ti vedevo bene a fare il ninja rompiscatole, che vuole a tutti i costi salvare le persone che non vogliono essere salvate."

**


"Hanno assunto una guardia del corpo per te?!"

"Così sembra..."

"Fronte spaziosa ma è così pericoloso il tuo lavoro? Comunque... com'è la guardia è carina??"

"Si chiama Naruto...è biondo, occhi azzurri"

"Devo venirti a trovare più spesso, fronte spaziosa"

"Fugaku.. non fa altro che litigarci...non si sopportano proprio."

"Ma dai!"

"Credi che sia..."

"Potrebbe… che stia sperimentando un attaccamento personale come la gelosia?!"

"Quanto sei simpatica..."

"Ho i miei dubbi..insomma ha rifiutato un tipo come me per uno come te... Ma magari alla fine della storia si scopre che è un essere umano!"


End #2

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Capitolo 3
*** #3 And life's like an hourglass, glued to the table. ***


“Ho scoperto chi sei

“Ho scoperto chi sei.”

“Ti aspetti scatti l’applauso?”

“Sasuke Uchiha.”

“Ah. la solita storia del buono e del cattivo, vero?”

Si studiarono, azzurro e nero.

“Accidenti, il problema è che mi stai simpatico.”

"La cosa non è reciproca, testa quadra."

Breathe

#3 And life's like an hourglass, glued to the table.

 

Il portone stava davanti ai suoi occhi. Lo stemma era irremovibile sulla chiave di volta e lo guardava, lo minacciava dall'alto. L'Alba, che cosa stupida. Sentiva il respiro nervoso di Naruto dietro di lui. Pessima cosa avere un novellino che gli copriva le spalle. Tuttavia, ormai era una pedina del gioco e nessuno poteva più dirgli cosa fare.

**

In effetti, ancora non capiva com’era possibile una situazione del genere. Lui che per la prima volta non uccideva, lei che per la prima volta non lavorava e l’altro… che faceva il parassita. Potevano sembrare un gruppo di amici. Come no. Un killer, una guardia del corpo e una scienziata.

Naruto aveva semplicemente avuto un colpo di genio. Si era insospettito quel giorno che Sasuke, distratto da Sakura, aveva aveva lasciato intravedere il luccichio della sua arma sotto il camice.

Aveva domandato, fatto qualche ricerca… e poi aveva scoperto che lo scienziato Hachi non esisteva e che se esisteva per di più era un cinese, deceduto e con un nome impronunciabile. Fece due più due e poi Sakura fece quattro, esplodendo in lacrime e pregandolo di non dire nulla, che lui era buono ed erano innamorati. Ma anche Naruto si era innamorato di Sakura, per questo adesso faceva l’amico pretendendo di risolvere i loro problemi. Era insopportabile e decisamente patetico.

L’organizzazione gli stava col fiato sul collo, Orochimaru si domandava perchè Sakura Haruno fosse ancora viva. E lui prendeva tempo. Intanto litigava con Naruto, con Rock Lee, con l’accendino e con Sakura. I guai iniziarono quando Naruto incominciava a proporgli piani incredibili, che sicuramente partoriva dopo aver guardato per l’ennesima volta i film di 007. Ma quella era la vita vera. Lui aveva davvero un silenziatore, lui davvero ne aveva visti di cadaveri e sapeva cosa succedeva a chi non ubbidiva. Si ritrovò quindi, non sapendo esattamente come, seduto davanti a un tavolo a sentire Naruto che mangiava rumorosamente con la testa abbassata sulla solita ciotola di ramen, e Sakura che rideva nervosamente.

Era coraggiosa lei. Si era offerta mille volte di fuggire via con lui, lontano. Si sarebbero chiamati Momo e Nobuo. Ma Sasuke non voleva chiamarsi Nobuo. Trasalì leggermente quando la mano di Sakura strinse forte la sua sul tavolo. Aveva paura di perderlo, sciocca. L’unica donna che lo amava per quello che era, con tutti i suoi difetti e i peccati commessi. “Avrai ucciso solo chi se lo meritava.” Diceva prendendogli il volto tra le mani, facendolo sentire a casa finalmente.

“Lo sai che sono innamorata di te.” Bisbigliava, lo sguardo serio.

“Lo so.”

“Scusa, Sakura-chan posso avere un’altra ciotola di Ramen?”. La donna si alzò ciotola vuota in mano. "Come sei smieloso Sas'ke!" Naruto sorrise divertito.

“Teeme.” L'Uchiha però pensava di mettere i lucchetti alle porte un giorno o l’altro.

**

Sakura sapeva che la sua vita aveva preso una piega inaspettata. Sapeva che era in pericolo.

Per quanto però questo la terrorizzasse, sarebbe morta solo se lui avesse deciso di lasciarla. Forse si comportava da stupida. Ma era solo amore al tempo della scienza, nulla più. Le dita le tremarono stringendo la boccetta sterile. Guardò torva la mano imponendo ai muscoli e ai legamenti di fare i bravi. Tutto ciò che riusciva a pensare era a Sasuke. Potevano scappare, ma lui non voleva "... fuggire è da vigliacchi", diceva. Poteva accettare una vita in incognito, a lei piaceva il nome Momo. “Dovresti rinunciare a tutti i tuoi legami. A Ino. Alla scienza." Sapeva sempre come prenderla in castagna e lei allora si malediva, perchè non ho scelto medicina?! Stupido premio Nobel, la mano tremò di nuovo e la boccetta di vetro cadde per terra, davanti ai suoi piedi, si tramutò in mille frammenti.

Sasuke accorse, camice bianco di copertura. Sguardo d'inchiostro che non lasciava trasparire nessuna emozione. "Che è successo?" Soffiò al suo indirizzo, muta domanda che esigeva una risposta. "Niente, la mia sbadataggine." E non lo guardò negli occhi colmi di lacrime, testa abbassata a fissare i frammenti di vetro. Voleva solo lui, Carbonio.

**

Si guardò allo specchio. E poi scattò la destra a prendere ciò che cercava. Era decisa, si sbagliava lui a dirle quelle cose. Lei sapeva difendersi! Si difendeva da una vita dagli altri! Che venisse Orochimaru e tutta la sua cricca! L'altra mano prese la ciocca lunga: rosa. E poi solo il rumore delle forbici che compievano il resto dell'opera. Anche quello era un atto d'amore.

**

"E cosa pensi di fare?"

Strano a dirsi, ma nemmeno lui lo sapeva con precisione. Aveva solo un pensiero fisso, riccorrente. Per una volta riuscì a capire lo stupore e la paura delle sue vittime, a immedesimarsi davvero nei loro panni. L'unica cosa che non voleva e che, di certo, non avrebbe mai ammesso a voce alta, era quello che poteva accadere a Sakura... che qualcuno potesse farle del male. Naruto non sapeva di cosa era capace l'organizzazione Alba, era efferata, non si creava problemi ad uccidere uno dei membri. Che lui potesse morire non gli interessava, sapeva difendersi, combattere ma… che avrebbe potuto fare Sakura davanti a Deidara? Lanciare delle provette?

No, lui per adesso stava prendendo tempo con Orochimaru, poteva permetterselo, ma ormai era già un mese che andava avanti quella storia. "Non ne ho idea."

"Potremmo...sconfiggerli." Sasuke alzò il capo, lo squadrò dall'alto in basso. Naruto non si fece intimorire, stavolta aveva fatto i compiti. "Tu sottovaluti la mia di Organizzazione. Non capisci che tu sai tutti i segreti di quell'uomo? Tu sai dove hanno le armi, quanti sono, i loro covi. Sarebbe un'azione di forza. Entriamo, se non si arrendono spariamo e poi dritti in gattabuia."

"Non è così semplice." Sasuke esalò quella frase malignamente. "Vi stermineranno senza scrupolo." Naruto digrignò i denti. "E allora secondo te dovremmo starcene buoni buoni qui ad aspettarli? Non ti capisco davvero!" Il moro sospirò pesantemente. "Dimmi Teeme, finirei anch’io in prigione dopo?" Naruto alzò le spalle. "Potremmo sempre farti entrare nel nostro gruppo, se tradisci l'organizzazione non ne fai più parte e potresti ricominciare... una nuova vita."

"Sotto nome anonimo! Esiliato da qui. Far parte dei buoni!" Rise scandendo le frasi come un robot. L'altro esplose in un moto di rabbia: "E allora signor-so-tutto-io, cosa pensi di fare?" Sasuke esplorò la casa silenziosa. Sakura che dormiva nella camera, stanca e inerme. Il pensiero di lei, riversa in una pozza di sangue fu così terribile che un groppo gli serrò le corde vocali. Paura. "Va bene." Naruto sorrise, Sasuke lo avvertì con lo sguardo, duro, impassibile. "Ma si fa come dico io."

**

La guardò male. Naruto era seduto sul divano pronto a raccogliere i cocci, per la prima volta era lì con il permesso di Sasuke. Sakura non l'aveva invitato, di solito era lei a farlo. Lei capì che c'era qualcosa di sbagliato solo dalla sua presenza.

Sasuke prese un respiro calibrato, studiando la figura rosa confetto e dai capelli corti adesso.

Sakura assurdamente pensò che lui non respirava così, di solito era lei quella che aspettava l'ossigeno buono per parlare. "Sakura."

"Dimmi." Il tono era calmo, davvero. Il giorno prima avevano passato tutto il giorno a letto, come due vecchi, aveva brontolato lui. Ma sfiorandole le ciocche rosa se ne stava lì a dirle che con quel taglio stava bene, che sembrava un maschiaccio, ma che gli piacevano le ragazze con i capelli corti. Si erano amati anche se nei suoi baci c'erano disperazione e rabbia. Lei aveva fatto finta di non capire. Il suo cuore si fidava di Sasuke Uchiha. "Non puoi più stare con me." Il verde brillò. "Perchè?" Il nero rimase fisso a guardarla dritto nelle pupille. Oh sì, che sapeva mentire e recitare! Stavolta Sakura lo aveva in mano il copione, glielo leggeva stampato in faccia. "Perchè non lo voglio più io."

"...è perchè dovete entrare in azione stanotte, vero?" Stranamente il collo ruotò e la zazzera rosa si rivolse a Naruto, ignorando l'altro. "Io..."

"Ti sbagli, come al solito." Sakura strinse i pugni, il verde che indagava nell'azzurro. "Sei saccente, sei una bambina viziata, Sakura." Ancora non lo guardava, così non sapeva che gli stava rendendo le cose più facili? "Ora basta. Mi sono stancato. Non sono come voi, io." Sakura abbassò di colpo la testa, come un pupazzo di stoffa. "Io sono il cattivo." Sasuke continuava a riempire l'aria con del veleno, eppure a lei sembrava di sentire ancora il loro profumo.

"E allora perchè non mi uccidi?" Scattò, e lui impreparato si ritrovò a sobbalzare involontariamente. Fu solo un attimo, quasi impercettibile poi il nero ridiventò tale. "Sei insopportabile." Infilò la porta, pronto a dileguarsi. Lei non ebbe la forza di parlare. Il vuoto nel petto. E Naruto che scattava a raccogliere i cocci per terra.

**

Vedeva un girotondo di persone. Non capiva se ne faceva parte, tutto era come sfocato. Forse erano le figure che ruotavano intorno a lei e non il contrario. All'inizio non sembrava un incubo. Le ricordava salire sulle giostre da piccola. Lo divenne quando il cerchio di persone, a mano a mano, si avvicinava a una velocità impressionante e ruotava tutto intorno a lei. Il cerchio sempre più vicino, i raggi si stringevano e lei... soffocava.

Si svegliò di soprassalto. Rimase per un po' di tempo immobile a calmare il respiro. Poi l'unica cosa che riuscì a mettere a fuoco non fu un girotondo di persone ma il volto di Ino. Bizzarro e forse ancora peggio.

"Dov'è Naruto?" In realtà la prima domanda era: che diavolo ci faceva Ino nel suo appartamento? Si era addormentata?

"Vuoi un po' d'acqua?"

Era crollata e quando? Che ore erano? Troppe domande. Scosse il capo reprimendo la nausea. Si mise seduta sul letto. "Che succede?" Ino strinse gli occhi. "Naruto mi ha chiesto di venire qui e di starti vicino, non so altro."

Ino la capiva. Sapeva cosa passava nel suo cervello, prima di chiunque altro, prima di lei stessa a volte. "Devo andare, Ino."

La bionda aveva ricevuto l'ordine di non farla muovere da lì, ma in quel momento non poteva non lasciarla correre. Sakura aveva così tante cose da imparare. Era una sognatrice, i sogni non bastano. Doveva impararlo che la realtà è fetente. "Và, ma sta attenta" Torna viva, avrebbe voluto dirle. Se non l'avesse lasciata andare sarebbe morta dentro, comunque. Sakura doveva imparare un'altra cosa, più importante: il valore della speranza.

**

"Starai... male anche tu." Erano seduti sul divano un po' polveroso. "Mentirò. Dirò che non esiste più per me. Deve essere così."

"Ne morirà."

"No. Perchè tu ti prenderai cura di lei." Parlavano a bassa voce.

"Io non capisco se questa non è la decisione che nemmeno tu vuoi perchè..."

"Così ho deciso, così deve essere."

"Bè, fa schifo." Naruto sbuffò con disappunto. "Sei un fottuto masochista." Il nero nell'azzurro che ascoltava e cercava di comprendere. Sasuke bisbigliò una risposta appena udibile, una maschera di cera che si scioglieva colando sul pavimento, prima di indossarne un'altra.

"Io finirò col farle del male." Un mezzo sorriso amaro. "...è la cosa migliore che mi è capitata e non voglio."

"Starà male lo stesso Genio, per lei esisti solo tu."

"Non capisci..." Ë proprio perchè la amo così tanto che devo andarmene... Ma quell'ultimo pensiero lo tenne per sè. Solo che Naruto aveva capito. Prese un respiro profondo, Sasuke.

**

Era una scena che aveva già visto. Era lo spettatore all'epoca.

Stavano in cerchio le maggiori carogne dell'Alba, come un branco di iene intorno alla carcassa lasciata dal leone (Orochimaru). Un'accoglienza del genere se l'aspettava, in fondo, e rendeva le cose più interessanti. Naruto gli stava vicino a testa alta, ostentando sicurezza. Era uno stupido, non sapeva in che pericolo si era cacciato o magari davvero era solo coraggioso.

I più 'ardui' erano Deidara, Tobi e Kabuto proprio davanti a loro. Il resto erano per lo più membri minori e le new entry facevano da scudo ai boss, erano i loro giubbotti antiproiettile. Ricordava ancora quando anche lui aveva fatto parte di quel cerchio, davanti agli occhi di Sai. Era un giovane che aveva tradito l'organizzazione, lavorava in realtà per conto di un'altra e quando Orochimaru aveva ottenuto le prove, l'aveva fatto accerchiare. Quel meccanismo era: Il Girotondo. Sai era stato stupido, non aveva saputo vendere bene la sua anima. Aveva negato e poi con una frase si era tradito. L'avevano accerchiato e fatto fuori. Un gioco da ragazzi.

Adesso stava lui nel cerchio assieme a Naruto. Adesso toccava a lui vendere bene la sua anima. "Sasuke." La voce di Kabuto era fredda, ma era solo una pallida imitazione della sua. Perchè da sempre Orochimaru lo riteneva il suo erede. "Allora?" Sasuke alzò un braccio e un novellino trasalì leggermente, l'Uchiha gli sorrise maligno mentre si portava una sigaretta alla bocca e avvicinava l'accendino alle labbra. Naruto non lasciava trasparire nessuna emozione. "Cosa?"

"L'Haruno l'hai sistemata?" "Ovviamente." Kabuto incrociò le braccia al petto indignato. "Eppure, l'hanno vista camminare questa mattina, sai? Orochimaru, era proprio... deluso."

"Ciò che cammina la mattina può non camminare più il pomeriggio." Sasuke si accese la sigaretta. Kabuto fece una smorfia. "Hai portato qualche prova?" Naruto si voltò a fissarlo. Sasuke non disse nulla. Kabuto stava già sorridendo, credendo di aver trovato il cavillo perfetto. Poi L'Uchiha estrasse un pacchetto dalla giacca, buttando dalle labbra un fiato di nicotina e contemporaneamente lasciando cadere la carta per terra che si aprì rivelando il contenuto. Rosa.

"Cosa..." Kabuto fece una smorfia di disgusto. "Mi sai dire, di che colore sono i capelli dell'Haruno, Kabuto?" A Naruto scappò un sorriso, le ciocche lunghe di Sakura per terra. "Rosa?" azzardò un giovane e qualcuno gli diede una spallata. "E allora mi sai dire chi è questo?" Kabuto indicò Naruto che si voltò con uno sguardo di sfida.

"Un novellino. Vuole entrare nell'Organizzazione."

**

Era stato rapido. Naruto si era buttato alla sua destra contro Deidara. Qualche genio di poliziotto aveva sparato all'interruttore di corrente e adesso qualcosa stava bruciando dietro di lui. Tuttavia riuscì lo stesso a mirare al cervello di Tobi, a sparare. Allora Deidara si era distratto giusto un attimo e Naruto aveva fatto fuoco, senza esitazione. A malincuore doveva ammettere che era stato bravo, in gamba. Ma non era finita. Stava bruciando tutto, l'Inferno, se davvero ne esisteva uno, sarebbe uguale all'Alba che bruciava. Kabuto colpì Naruto, violentemente, con un'estintore. Sasuke reagì, l'arma era scarica ma gli rimaneva l'impugnatura d'acciaio. La scagliò contro il cranio di Kabuto.

Prese un respiro Sasuke. Ma nei polmoni entrò solo il calore del fuoco e fumo. La pistola, la sua bella e fedele donna bruciava nella mano, non riusciva a stringerla correttamente. Qualcuno sparò, altri rumori confusi. Naruto si era rialzato, davanti a lui un altro avversario.

Sasuke non disse una parola quando Kabuto lo colpì da dietro alla gamba con un coltello, sibilò il leccapiedi ufficiale dell'alba. "La sgualdrina ti è piaciuta eh, vigliacco?" Sasuke, come posseduto da un mostro, si voltò reagendo inaspettatamente. La pistola gli era caduta dalle mani. E allora usò i pugni chiusi. Gli occhiali di Kabuto volarono per terra. Il sangue del verme gli sporcò il dorso che tempo addietro aveva assaggiato le lacrime di Sakura. Lo colpì più volte, fino a costringerlo in una poltiglia per terra. Poi qualcuno applaudì, in quell'inferno Satana in persona a quello spettacolo, stava applaudendo.

**

Mentre correva l'unica scena che le veniva in mente era quando lui si era avvicinato così tanto a lei da sfiorarla con il dorso della mano. Stavano nel laboratorio e davvero avrebbe potuto scegliere scene più belle di quella. Ma l'unica a cui voleva pensare era a quel microscopico contatto. "...è qui." Le aveva detto passandole una provetta e l'alchimia si era alzata prepotente tra loro. Aveva capito che lo amava perchè il cuore batteva di felicità e dolore insieme, si struggeva incatenato tra i polmoni e volava in alto. Era innamorata della sua persona ancora prima di sapere chi fosse. E se gli fosse successo qualcosa giurò che avrebbe dato la sua stessa vita per salvarlo, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere. Perfino ridargli la vita se necessario, è il potere della scienza, quello dell'amore. Era bastato quel contatto, non chiamatela superficiale.

**

Orochimaru stava sorridendo tra le fiamme. Era in piedi, anche se lo scheletro non sembrava reggerlo così bene. Naruto si liberò di un altro membro giusto il tempo per vederlo entrare sulla scena. "Bravo, Sasuke" sibilava la voce come il suono delle fiamme e sorrideva. Kabuto alzò una mano sporca di sangue, strisciando per terra verso il suo maestro. "Tu non sei mai stato debole. Attaccato alla vita. Sei sempre stato il migliore." Sasuke si guardò intorno, solo fiamme e fumo, prese un respiro giusto perchè i polmoni lo esigevano. "Non ho mai avuto niente da perdere." Solo per un attimo pensò alla famiglia persa in un incidente e a Orochimaru che raccolto dalla strada lo faceva crescere nell'inferno. "Davvero credi di riuscirci Sasuke?" Naruto non sapeva cosa fare, scivolò al fianco del moro e sobbalzò al rumore di una trave che cadeva nella stanza accanto. "Dobbiamo andare via da qui, Sas'ke!"

"A fare cosa?" Non l'aveva sentito nemmeno, Sasuke si rivolse a Orochimaru. Kabuto smise di strisciare arrivando ai piedi del suo padrone. "Ad essere normale. Ad avere una vita. Una famiglia. Tu non sei destinato a questo Sasuke. Tu non sei come loro."

**

Accanto a lei sapeva che c'era il vuoto, momentaneamente. Sasuke non c'era veramente, anche se occupava quel posto nel letto, anche se il suo peso piegava il materasso. "Sasuke-kun..." Lui in risposta sussurrò piano, le dava le spalle. "Mia madre, Mikoto, mi chiamava così." Sakura sospirò. "Lei è..." Stava per dire che somigliava a lei. Ma cambiò frase, nel cuore della notte poteva lasciare la maschera sul comodino, per dormire. "La mia famiglia è morta in un incidente stradale. Mio fratello maggiore è scomparso, non si è preso cura di me. Io sono cresciuto da solo. Stare da solo è l'unica cosa che so fare meglio." Era una specie di scusa la sua, Sakura strinse la manica della sua maglietta, come prova tangibile che gli dimostrasse il contrario. "Sei ancora qui." La strinse forte quella manica, stropicciandola. "Si, sono ancora qui."

"Con me. Non sei solo...sono io: il tuo legame." Il silenzio durò a lungo. Il ventre di Sasuke si alzò, un respiro profondo, lei gli aveva insegnato a respirare così. Prima lui non assaggiava l'aria in quel modo, respirava velocemente. Stare insieme cambia anche il modo di respirare. "Legami...credi che io potrei averne?"

"...Sei qui."

"Sono qui."

Sasuke chiuse gli occhi petrolio. Sollievo e dolore insieme. Sono io che ti lascio da sola anche quando sono qui. Il pensiero sordo, mentre lei lo abbracciava stretta e lui si voltava zittendo la ragione e facendo battere il cuore.

**

"Tu non sei quel genere di persona. Non potresti mai avere una vita normale. Non fa per te. Sasuke, io ti conosco e so che l'Inferno a te piace." Orochimaru sorrise ancora. Se non poteva averlo... allora doveva distruggerlo. Il giocattolo non doveva essere di qualcun altro.

"Io invece so che è questo l'Inferno e che tu sei pazzo!" Naruto, la voce a riscuotere il buio dalla sua coscienza. Sasuke si voltò a guardarlo, stordito. "Andiamo via da qui! Non dargli retta!" Sasuke si sentì strattonare. Naruto era furioso. "Sakura ci starà aspettando!" Bastò quello per farlo reagire davvero, anche se inconsciamente, altre ombre prelevarono Satana che continuava a ridere."Sì. Dai retta al novellino!"

**

La scena si era spostata giù, stavolta Orochimaru non sembrava più tanto divertito. Lo sguardo era tetro, impuro avrebbe suggerito Naruto, il capo dell'Alba sì che sapeva demolire le coscienze. "Con me saresti diventato grande, lo sai?" Sasuke non rispose. "Pensa a quello che ti ho detto, saresti stato il mio erede. Un impero..." Il moro ghignò. "Un impero di sangue" Orochimaru alzò l'esile braccio che sembrava essere stato immerso nella varechina. Jiraya, il capo dell'assalto, lo piegò quel braccio rivolto all'Impero che bruciava. Lo ammanettò. "Esattamente." Sasuke mostrò il mezzo sorriso che lo contrastingueva. "Bè, non m’interessa. Ci sono cresciuto nel sangue. E l'emoglobina non mi piace."

Orochimaru venne scaraventato in un'auto e portato lontano. L'ombra del male catturata nel cuore della notte. Naruto si avvicinò, una pacca sulla spalla. Jiraya un uomo dall'aspetto simpatico e aitante sorrise. "Era da anni che stavamo sulle sue tracce. Io e Tsunade." Entrambi lo guardarono. "Tsunade aveva un conto in sospeso con lui… le aveva ucciso il marito. Erano amici d'infanzia. Brutta storia." Sasuke si prese per un attimo il volto tra le mani, pensieroso. "Facevo parte dell'Organizzazione che ha ucciso il nonno di Sakura." Era ilarità la sua. Non potevano stare insieme diceva tra le righe. "Sas'ke, lo sai che Orochimaru non ha ragione vero? Io invece credo che tu... potresti davvero ricominciare." Naruto era sincero, diceva sempre quello che gli passava nella mente. "Con lei." Sasuke non mosse un muscolo, osservava il palazzo che bruciava. Anche quell'insopportabile sala d'attesa bruciava da qualche parte. Ne fù sollevato.

"Sasuke!"

Un urlo. Una voce tra tante. Era salva, lei stava bene. Si ricompose cancellando l'accenno di un sorriso. "Che ci fai qui, Sakura." Erano a un passo. Lei si trattenne dall'abbracciarlo, il tono di lui sembrava arrabbiato. "Sasuke...stai bene!" Esclamò sollevata. Lui la fissò a lungo, prima di annuire. Prese un respiro, ancora quel respiro lungo che non gli si addiceva proprio. "Mi dispiace."

"Oh Sasuke! Vedrai che adesso andrà tutto bene!" Lui scosse il capo. Il mostro che ruggiva dentro. Lei congelò i piedi sull'asfalto, avrebbe voluto volare verso di lui. E il sangue smise di scorrere. "Non avvicinarti Sakura."

"Cosa...?"

"Non capisci? É la mia condanna. Sono il cattivo, ai cattivi non...viene dato il lieto fine."

"Ti sbagli!" Sakura lasciò scendere le lacrime. "Il lieto fine ce lo costruiamo noi con le nostre mani!"

"No, il lieto fine non esiste."

"Si! Insieme noi..."

"Non c'è nessun Noi Sakura."

Raggelò dentro. I polmoni non riuscivano nemmeno più a percepire l'aria intorno. Ogni battito di ciglia, ogni cosa era solo dolore. Le sembrò di sentire rumore di vetri rotti. Strano, non era nel laboratorio, non stava armeggiando con le provette. "Ma adesso che si è risolto tutto... io pensavo..." La voce era strozzata non riusciva nemmeno a capire se era davvero lei a parlare. "Pensavi male." Chissà se alla fine un premio sarebbe stato dato a lui. "Era tutta una farsa. Solo un compito." Aveva imparato a uccidere fin da piccolo. Era una macchina da guerra, era petrolio, Sasuke Uchiha imbrattava la vittima impedendole di muoversi e a poco alla volta succhiava via le forze e toglieva il respiro. Ma il moribondo, verso la fine, trova sempre da qualche parte un po' di fiato per reagire, è la forza della vita. Lei aveva il volto sconvolto, lui invece sembrava anestetizzato e non la guardava nemmeno.

"La mia vita era vuota, tu l'hai presa e l'hai fatta diventare vita. Non andartene...Io farò tutto il possibile..."

"Di te non me ne importa nulla." Ed eccolo l'ultimo filo che viene reciso brutalmente, senza guardarla negli occhi, bastano poche parole e il giusto tempismo, non importa se muori dentro dicendole. Ma Sakura è una combattente e lo strazio aumenta, la ferita sanguina violenta da qualche parte nell'anima, non si rimarginerà col tempo. "Vuoi lasciami qui da sola? Vuoi andare verso la solitudine? Senza di te... Io morirò, Sasuke!" Piangeva, le lacrime scivolavano sull'asfalto, non c'era il dorso della mano di Sasuke ad afferrarle nella discesa. Stava rinunciando, non gli sembrava solo di scappare da lei ma anche da se stesso.

"Sasuke... portami con te!"

"No." Trovò la forza, il coraggio, di darle le spalle. Ancora quella schiena maledetta e benedetta insieme. "Io sono innamorata di te! Non lasciarmi qui da sola senza di te...! Ho bisogno di te! Io ti amo, Sasuke."

Si voltò. Il viso in tre quarti come in un fermo immagine. Scena già rivista, già vissuta.

**

Sasuke Uchiha era alla ricerca di qualcosa. Aveva trovato Itachi, un'altro dei buoni e stava incominciando a sospettare di esserlo anche lui sotto, sotto. Ovunque andasse, sentiva un'insopportabile odore che sapeva di carbonio. Forse doveva solo scoprire da dove provenisse. Forse, un giorno, si sarebbe reso conto che il profumo l'aveva avuto sotto il naso. Prese un lungo respiro come lei gli aveva insegnato a fare.

 

Sakura Haruno prese un respiro. Lungo, calibrato. Poteva ancora sentire nell'aria il profumo di killer e scienziata mescolati insieme. Ovunque andasse quel profumo era lì, sulla sua pelle, come un marchio di un proiettile, come una catena di carbonio e ossigeno. E sorrideva. Avrebbe rifatto tutto, non avrebbe cambiato niente. E adesso stava osservando un viso, appisolato sopra il divano. Capelli neri, occhi carbonio. Sua figlia. La loro figlia. Mikoto.

 

 

 

"Io Ti Amo Sasuke"

 

"Sakura...Grazie"

 

End(?)

 

 

La parte che più ho amato scrivere è stata la scena di loro due nel letto. (Andate oltre al contenuto.. puccioso XD)

Quando Sasuke le dice che stare da solo è l'unica cosa che sa fare meglio, contro questa sua perenne condizione da masochista sull'altro piatto della bilancia c'è la preghiera di Sakura, la sua speranza e tutta la sua determinazione. Sakura vuole essere felice, Sasuke non sa cosa sia la felicità. L'unica cosa tangibile veramente tra loro è il tempo, ne sprecano troppo, lui intestardendosi nella sua scelta di infelicità, rifiutandosi di guardare le altre opzioni e lei si ritrova a esplorare la solitudine e si limita a vivere come se fosse in playback .

Eppure volevo fare in modo che il succo di questi tre capitoli, si racchiudesse lì, in quella scena. Perchè lui ci prova e fallisce o forse non ci ha mai provato veramente e lei lo sa e gli sta accanto comunque. O ancora, da altri punti di vista, può lei non aver fatto davvero tutto ciò che era in suo potere. Per questo, c'è il punto interrogativo ? è un velare ciò che può succedere ancora. Lui può riprovarci, lei può ancora decidere di stargli accanto: loro possono ancora essere felici. Chi di noi non continua a sperare anche quando la realtà ti sbatte contro e ti piega in due? L'essere umano è costretto a sperare, lo fà da millenni è intrinseco nella sua natura. E volevo che emergesse questo, la loro natura, forse tutta la natura umana, anche dal modo di respirare dei due protagonisti. Sakura respira troppo veloce. Sasuke troppo lentamente. Eppure fondendo i loro respiri, lei ha imparato quanto sia bello inspirare lentamente e lui ha capito che a volte non serve calcolare ogni respiro. Detto ciò ai posteri l'ardua sentenza.

Sproloquio a parte, non volevo pubblicare quest'ultima parte... perchè sono rimasta alquanto amareggiata.

Insomma finisce nei preferiti di molte persone, ma solo pochi ti dicono cosa ne pensano veramente. E per una persona che scrive mettendo a nudo le sue emozioni, è brutto, non sapere se il suo lavoro è arrivato in profondità di chi legge. Non è una questione di firme, l'autore vuole sapere se è riuscito a scuotere l'anima. A schiaffeggiarlo XD metaforicamente parlando. Perciò volevo scioperare, ma poi dovevo ripagare le persone che invece mi hanno detto la loro e per questo tutto per voi, solo per voi, ta-dhan ecco l'ultimo atto.

Amaranth93: Claudia, posso chiamarti così? Piacere Sara XD E non sai quanto davvero sia stata importante per me la tua recensione, un toccasana davvero. Mi dispiace che sia stata cancellata una parte T.T succede spesso anche a me e poi finisco per lasciare solo quello che mi ricordo >.< o finisco per fare una gaffe dietro l'altra. Ma passando a noi, grazie per le tue parole. è stata una faticaccia scrivere questa storia, avevo sempre paura di dire troppo e troppo poco e non sono proprio capace di mantenere la suspance -.-, ma leggendo il tuo commento mi sono rincuorata perchè ti è arrivato il mio pathos XD e ti ho fatto amare Sasuke!! Ah, questo mi da la forza di scrivere ancora! Ma toglimi una curiosità com'è che l'Uchiha non ti piace? Lo so, lo so, è un verme -.- ma però è un verme con della classe XD *_* Grazie ancora Claudia, davvero! Per essere arrivata fino in fondo ai due capitoli, per il capolavoro*.* (mi commuovo) e per aver notato il pathos: grazie Claudia!

Partenope: waaa...Enzaaa...*_* avevo bisogno del tuo commentino (fà pollice, pollice...o è indice, indice?) Che bel complimento che mi hai fatto *_* (ridacchia come una scema) Grazie per il tuo lavoro, arduo e tempestoso, e per il tuo parere. è sempre importante per me sapere cosa pensi, se tutto quel lavoro davanti al pc ne valeva la pena *.* per questo era il minimo dedicarla a te, hai seguito il mio pathos dandomi anche dei consigli su Naruto che io spesso e volentieri lo mando alla bambaraggia (non ho idea di cosa ho scritto ma mi piaceva il suono della parola) e sono maledettamente IC. Ahahaha (risata inquietante) è il mio obiettivo e tu lo sai, se uno scrive e cambia i caratteri è facile, allora potremmo tutti quanti scrivere alla Raperonzolo maniera, Sasuke sul cavallo bianco che dice a Sakura di scendere, invece la sfida sta proprio nel mantenere Ic i personaggi anche nelle Au *_* no? L'accendiamo? Ehm Enza, chi me le potrebbe curare ste Public Relation? XD ma è una malattia? XD scherzo. Grazie di kore, per tutto.

memi: Teeeex >.< Sono io orgogliosa (petto all'infuori) per avere una best come te, il tuo parere lo sai che è importantissimo. Ogni volta che leggo una tua recensione (o anche una tua storia) ho quel sorriso da idiota e il cuore mi si allarga, assaporando ogni piccola emozione che posso averti regalato. Le tue analisi poi mi servono come imput per fare meglio o per correggere i miei difetti -> vedi impulsività. E sapere che ti ho regalato un po' di pathos e che ti rendo reale una scena mi esorta a scrivere sapendo soprattutto che ci sarai sempre tu a farmi da spalla. E lo stesso vale per te, lo sai no? Che io sono la tua Taichi e quindi la tua fan numero1, è matematica. Tex se un giorno tu volessi fare la cantante (XD) io sarei quella riccia sugli spalti, ad ogni concerto con i cartelloni a urlare come una pazza e a seguire la musica e a battere le mani o con le stelle filanti in mano (sperando di non incendiare nulla) e poi quella che mangicchia qualcosa dietro alle quinte al buffet per la trup, che ti dà coraggio. Spdl. Grazie Tex.

terrastoria: La mia piccola Terra-chan! *_* ma come posso non ringraziare te?? Sappi che l'ho pubblicata soprattutto per il tuo incoraggiamento! E le tue parole, cioè Terra, definirmi la scrittrice sasusaku dell'anima e del significato..per me... mi hai fatto piangere davvero e mi hai dato una carica enorme, perchè allora vale qualcosa scrivere sulla tastiera nera e buttare fuori quello che si ha dentro! è per scrittrici come te, che il fandom non va in malora è per persone che riescono a cogliere anche le più piccole sfumature come ogni pre o post finale che hai detto bene, sono dei legamenti tra passato e futuro con i sentimenti più superficiali o nascosti della natura umana: che è bello scrivere! è la cosa più bella per un autore riuscire a far capire quello che voleva comunicare. " Perchè, in fin dei conti, sono assurdi: lo sono sempre stati, quei due, a rimbeccarsi scioccamente o disperatamente, ad abbandonarsi l'uno all'altro come fosse sempre l'ultima volta." è questo quello che penso anche io di loro, è questo che a volte rende una storia d'amore tale, hai fatto il riassunto perfetto. Questo abbandonarsi e ritrovarsi più forti o più deboli di prima per poi ancora, amarsi disperatamente. E magari non sapere il perchè, quando sarebbe tutto più facile, ma forse a volte subentra la paura di perdersi nell'altro o di perdere l'altro non potendo fare nulla contro il destino, è questa impotenza di rimanere da soli, che ci spinge a proteggere la nostra individualità e a scegliere per primi la solitudine. Fa troppa paura amare così, amare davvero. Perchè è alchimia ed è una delle sensazioni più belle che possono scuotere l'animo umano, quando una persona così diversa da te o forse così simile ti completa, anche da un punto di vista chimico. Non scherzo se dico che quando sarò depressa leggerò la tua recensione! E hai visto, incredibile, che entrambe c'eravamo fiondate su The Scientist? Terra mi raccomando devi scrivere anche tu perchè regali dei pensieri profondi che sono pura poesia. E io ti voglio bene, tantissimo mia piccola Terra-chan. Grazie di cuore per tutto, per questo, per esserci.

 

 

Detto ciò. Alla prossima,

 

Sara.

 

 

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