Hi mum, this is my boss

di funkia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Need Of New, Fresh air ***
Capitolo 2: *** Regrets ***
Capitolo 3: *** Rain ***
Capitolo 4: *** The Taste Of The Forbidden ***
Capitolo 5: *** Mistakes And Discovers ***
Capitolo 6: *** Insecure ***
Capitolo 7: *** I'm Not Leaving You Now ***
Capitolo 8: *** Acting Is My Job ***
Capitolo 9: *** Don't Lie, Ever! ***
Capitolo 10: *** Flatness ***
Capitolo 11: *** Never So Simple ***
Capitolo 12: *** Needing More Time ***



Capitolo 1
*** Need Of New, Fresh air ***


Hermione Granger

                                   HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

 

Do you ever feel like breaking down?
Do you ever feel out of place?
Like somehow you just don't belong
And no one understands you

 

                                                                     Simple plan- Welcome to my life

 

 

Hermione Granger. L’ultima volta che l’Inghilterra ebbe l’opportunità di vederla aveva solo diciannove anni, una ragazzina con un cervello troppo grande per essere sprecato. E qualcuno se n’era accorto.

Non ebbe nemmeno il tempo di uscire dalla scuola e diplomarsi che il Dipartimento degli Studi Magici Avanzati di Vienna l’aveva contattata offrendole un cospicuo posto di lavoro. Aveva accettato. Senza troppi pensieri, senza troppo rimuginare.

Chiunque poteva capirla, era appena uscita da una guerra dove aveva perso molti amici, conoscenti, e tutto quello che si vuole è cercare di ricostruirsi una vita nuova, magari perché quella vecchia è troppo difficile da mandare avanti, magari perché ci si rende conto di non essere più gli stessi.

Aveva accettato. Punto.

Se n’era andata in una tipica giornata di pioggia inglese, tra le sue valigie e vestita del suo cappotto preferito aveva mostrato un sorriso che avrebbe dovuto essere rassicurante per chi restava ma che faceva trasparire tutti i timori che si teneva dentro. Con un cenno forse un po’ troppo frettoloso era salita sull’aereo.

Ciao. Arrivederci. Addio.

Nessuno seppe mai cosa significava veramente quel gesto veloce, quel mezzo sorriso, quella stessa partenza. Si era solo chiuso un capitolo per aprirne un altro.

Però dite la verità, chi di voi non è mai tornato almeno su un capitolo una seconda volta?

 

 

                                                                                      *

 

 

Era un giorno tipicamente inglese, come tanto piaceva chiamare a sua madre. Pioggia a catinelle e un cielo grigio e denso di nuvole, il traffico congestionato e la vita spenta e monotona. Lui, chiuso nel suo impermeabile color cammello, che decisamente faceva a cazzotti col colore acceso dei suoi capelli, camminava tra la gente in tranquillità come facendo una passeggiata di piacere.

 

Sorrise incontrando con lo sguardo gli scatti nevrotici delle persone accanto a lui che non avevano un secondo di tempo da perdere. Il Ministero non era lontano da casa sua, solo qualche isolato, e ci si sarebbe potuti risparmiare una bella fatica usando il camino di casa, ma in tanti anni di carriera aveva sempre preferito camminare. Camminare lo rilassava, lo faceva sentire diverso da tutte quelle persone che non si soffermavano un minuto continuando freneticamente la loro vita, mentre lui oh se pensava. Camminare era il suo rifugio dalla realtà.

 

In quelli che gli sembrarono davvero pochi minuti raggiunse un immenso palazzo e furtivamente vi scivolò all’interno facendo ben attenzione a non essere visto dai Babbani. L’ascensore, secondo piano, quarta porta a sinistra.

 

Aprì la porta del suo ufficio senza ormai badare più alla targa che vi luccicava sopra e la chiuse scaraventando il cappotto contro l’attaccapanni alla sua destra. Due passi verso la caffettiera e riempita una tazza diretti verso l’ufficio.

 

Passò un corridoio pieno di scrivanie salutando qua e là gli impiegati e chiusosi la porta del suo personale ufficio alle spalle, si lasciò andare sulla sedia rilassandosi completamente. Dopo due minuti contati un colpo alla porta e l’entrata di Susan, la segretaria.

 

“Signor Weasley, si può?”

 

Ron rivolse un sorriso sereno alla signora ormai non più giovane facendole cenno di entrare “La mia porta è sempre aperta per te, lo sai. Dimmi pure”

 

“Vorrei solo ricordarle che questo è il mio ultimo giorno” Ron la guardò perplesso “Oh, lo sapevo che se n’era dimenticato, accidenti giovane, io sarò pure vecchia ma la tua memoria ha davvero qualcosa che non va!”

 

Ron scoppiò in una risata. Susan le piaceva tanto e lo faceva ridere. A suo modo le ricordava tanto sua madre coi suoi atteggiamenti protettivi e materni, nonostante fosse un’eccellente impiegata dava quella giusta intonazione come se non parlasse al suo capo ma a suo nipote.

 

“Scusami Susan, lo sai come sono fatto. Dopo tutti questi anni insieme mi lasci così, a cuor leggero?”

 

La donna si mise le mani sui fianchi “Senti un po’ giovanotto, ho ottantadue anni io, quando vorresti farmi andare in pensione? E scommettiamo che non farai fatica ad abituarti alla nuova segretaria? E’ una bella ragazza di trent’anni freschi freschi, proprio come il bel giovane che mi siede davanti”

 

Ron rise di nuovo al tono malizioso della donna e scosse la testa. Gli dispiacque pensare che non avrebbe più visto Susan in quel ufficio, non poter ridere ai suoi modi di fare e sentirsi un po’ come a casa sua.

 

“Spero che la nuova segretaria sappia il fatto suo, non è facile rimpiazzare una come te”

 

“Se cerca di farmi arrossire non c’è riuscito, Signor Weasley, la mia pensione me la deve tutta e non le lascerò qualche centesimo di più solo per qualche lusinga!” Ron nascose un sorriso “E la nuova segretaria l’ho istruita io!”

 

Ron annuì distrattamente controllando alcuni fogli che erano sparsi per la scrivania, alcuni provenienti da altri reparti del Ministero, altri da esterni stessi, uffici privati. “Mh…e come hai detto che si chiama?”

 

“Non l’ho detto, testone!” la donna cominciava davvero a spazientirsi ma lei stessa non poté fare a meno di sfociare in un sorrisetto divertito. “Sai che faccio, ti fisso un appuntamento con lei stasera, almeno ci parli di persona”

 

Ron alzò la testa guardandola stranito “Da quando mi dai del tu?”

 

“Da quando sto per andare in pensione!”

 

Susan uscì sbattendo la porta alle sue spalle e Ron si lasciò sfuggire un’altra risata sommessa. Non aveva nessun dubbio, nessuno sarebbe riuscita a rimpiazzare quella dolce vecchietta un po’ strampalata con energia da vendere.

 

Dopo qualche minuto e diversi sorsi di caffè decise di mettersi a lavoro e portatosi un pacco di fogli davanti agli occhi cominciò ad esaminarli uno ad uno, firmandone alcuni, timbrandone altri, trascrivendo il necessario su dei tabulati appositi e archiviarli.

 

Dipartimento degli Studi Magici Avanzati.

 

Suonava così fine detto così, eppure ogni giorno di più si trovava a pensare che non ci fosse niente di così affascinante in quel nome, tanto quanto il lavoro che doveva svolgere. Doveva riconoscere che essendo il Capo aveva ben poco da fare lì, assicurarsi che tutto andasse per il verso giusto e controllare eventuali esami su incantesimi e cose di questo genere, ma d’altronde non aveva le qualità per svolgere la parte più interessante del lavoro: collaudare nuove fatture e incantesimi.

 

Tuttavia non poteva di certo lamentarsi, amministrava un intero reparto e svolgeva un lavoro semplice ma allo stesso tempo piacevole, poteva andare dovunque in quell’ufficio e divertirsi tra i nuovi esperimenti. Un eterno bambino. Sua madre glielo diceva sempre.

 

Un sonoro crack lo riscosse dal suo intrattenimento e alzata la testa sorrise all’amico moro con dei brillantissimi occhi verdi invariati negli anni. Harry Potter, Auror.

 

Harry era rimasto suo amico in tutti quegli anni nonostante la sua notorietà come eroe del mondo magico. Era diventato un Auror proprio come avrebbe voluto, Ron aveva sempre scosso la testa con un sorriso dicendo che quando Harry Potter vuole qualcosa siamo sicuri che prima o poi la otterrà.

 

I suoi capelli spettinati e gli occhi della sua caratteristica tonalità erano l’unica cosa che potesse ricordare all’Harry Potter bambino, il suo fisico si era irrobustito negli anni e quello che era uno smilzo ragazzetto si era trasformato in un uomo a tutti gli effetti con tanto di barba incolta.

 

“Ehi, turno di mattina? Allora, come va ai piani alti?”

 

Harry alzò le spalle stancamente e si sedette sulla sedia davanti a Ron mandando la testa all’indietro. Sbadigliò sonoramente e tornò a guardare l’amico con uno sguardo provato.

 

“A dire il vero avevo turno di notte, ho appena finito e ho pensato di fare un saluto veloce. Non è che hai del caffè, eh?”

 

Ron rovesciò la tazza con un sorriso “Finito. Com’è che finisci un turno di notte alle…” diede uno sguardo all’orologio “…quattro di pomeriggio?”

 

“I soliti teppisti hanno pensato che stregare qualsiasi oggetto Babbano nel raggio di un chilometro fosse la cosa più divertente da fare in una nottata come questa. E tu cos’è quell’aria malinconica?”

 

“Pare che oggi sia giorno di lutto, Harry”

 

Harry corrucciò la fronte un po’ allarmato “Lutto? …non è…cioè…”

 

“Susan va in pensione, è il suo ultimo giorno”

 

“No!” Harry si mise dritto sulla sedia con uno sguardo incredulo. Susan era sempre piaciuta particolarmente ai due ragazzi, forse appunto per i suoi modi protettivi, e anche Harry, sebbene non lavorasse in quel dipartimento, l’aveva sempre vista come una zia. Le classiche zie strampalate che abbiamo tutti, molte delle quali hanno la fissazione per i gatti.

 

Ron annuì gravemente e Harry si trovò a scuotere la testa. Rimasero in un religioso silenzio per i minuti seguenti fino a che Harry prese un respiro demoralizzato.

 

“Possiamo sempre invitarla alla Tana, non è vero? Ai tuoi piace Susan, si fanno sempre delle gran chiacchierate insieme. Insomma, è una di famiglia ha il diritto anche lei di partecipare alle cene”

 

“Sono sicuro che a mamma farà piacere. Susan non si libererà di noi così facilmente”

 

Harry ridacchiò al pensiero di loro due che infastidivano la vecchia segretaria e Susan che li inseguiva con un ombrello in procinto di tirarglielo sulla zucca. Si illuminò di colpo.

 

“Ma se Susan se ne va adesso…”

 

Ron annuì risistemando dei fogli sulla scrivania “Ho un colloquio con la nuova segretaria questa sera. Spero solo che sia puntuale, non voglio arrivare a casa tardi per cena. Ma Susan dovrebbe saperlo, quindi sono sicuro che le ha detto di venire massimo per le sei”

 

Harry abbozzò un sorriso “Sarai perso senza di lei, lo sai?”

 

“Lo so” disse gravemente Ron “Era l’unica che riusciva a salvarmi in ogni situazione, mi conosce meglio di quanto mi conosca io, sa le mie abitudini. Amico, si prospettano tempi duri senza Susan Walker qui dentro!”

 

Harry rise di nuovo ma si tranquillizzò distogliendo lo sguardo. Lentamente si umettò un labbro quasi senza accorgersene, completamente immerso tra i suoi pensieri. C’era solo una cosa che poteva distrarlo così. Una sola cosa. Lei.

 

“Come sta Ginny?”

 

Ron si mosse irrequieto sulla sedia e decise di non alzare lo sguardo su di lui. Odiava parlare di sua sorella con lui, odiava tutta quella situazione perché lui ne era l’intermediario, ma capiva Harry. Oh, se lo capiva.

 

“Sta bene, un po’ stanca. I bambini le portano via molto tempo”

 

Harry non disse niente ma continuò a guardarlo interessato. Stava morendo dalla curiosità di sapere ancora, di chiedere quello che in realtà non avrebbe voluto sapere. Perché ogni volta che chiedeva si più si sentiva morire dentro.

 

“E Mark?”

 

Questa volta Ron alzò i suoi occhi blu su Harry e sospirando pesantemente mise via i fogli che stava consultando. Uno sguardo compassionevole. Uno sguardo di qualcuno che ti capisce. Un amico.

 

“Loro… credo che non vada così bene, ecco. Ginny, lei sta sempre a casa nostra o fuori coi bambini. Mamma ha fatto due conti e ha notato che il tempo che passa a casa sua è durante l’orario di lavoro di Mark. Ma non sono affari nostri, giusto?”

 

Domanda retorica. Stupida domanda retorica. Invece sì che erano affari suoi, eccome se erano affari loro. Ma Harry disse quello che era più corretto dire in quel momento e si limitò a muovere la testa da una parte con un cenno.

 

“Giusto” rispose.

 

Ancora silenzio. Ancora comprensione. Poi due parole

 

“Io vado”

 

Ron annuì e lo guardò uscire dalla porta, niente smaterializzazione. E Ron lo conosceva troppo bene per sapere che se non usava quella tecnica era perché era troppo demoralizzato e perso tra i suoi pensieri. E Ron si conosceva troppo bene per non potergli dare ragione.

 

Ginny Weasley. No. Quella che un tempo era Ginny Weasley adesso andava a giro col nome di Ginny Tayler, casalinga e madre di due figli, Damian e Libby.

 

Come ci era finita in quella situazione non lo avrebbe saputo dire nemmeno lei. Sapeva solo di aver deciso che la vita che conduceva fino a quel momento non le andava più, che doveva cambiare aria, che dopo aver passato una guerra come quella aveva bisogno di riscoprirsi.

E aveva conosciuto Mark.

 

Non si erano frequentati a lungo prima che lui le chiedesse di sposarlo, neanche un anno di appuntamenti e tutte le classiche romanticherie di coppia appena sbocciata che si erano trovati a convivere felici con un anello al dito. E dopo due anni l’arrivo di Libby.

 

Harry non era mai riuscito a dimenticarla nonostante gli anni trascorsi, era come un demone che tornava a tormentarlo nei suoi sogni più proibiti, quelli in cui un tempo era costretto a dirsi che era la sorella di Ron e che ora lo costringevano a ricordare che era una donna sposata. Comprensibile, aveva affrontato una battaglia contro il Mago più potente di tutti i tempi solo col pensiero di tornare da lei e avere una vita insieme. Quello che aveva ottenuto era un cuore spezzato in due, totalmente.

 

Erano passati otto anni da quando Ginny si era sposata e Harry non era uscito con nessun’altra. Il motivo era semplice, non c’era nessun’altra che potesse rimpiazzarla perché lei era unica e lui lo sapeva. Non c’era ragione di cercare qualcun’altra perché lei era l’unica che avesse amato nel vero senso della parola, non come una cotta a cui va dato il giusto peso, il suo amore per lei non poteva avere misura.

 

Ron non aveva potuto dire una parola a riguardo o ci avrebbe rimesso il legame con la sorella, ma dentro di sé non poteva far altro che urlarle contro e di dare maledettamente ragione a Harry. Dentro di sé non poteva che mandare il pensiero a lei, Hermione Granger.

 

Dentro di sé sapeva di non potere.

 

Si alzò dalla sedia lasciando dietro di sé i suoi pensieri e uscito dall’ufficio prese a girare lungo le scrivanie degli impiegati fino a una stanza a un lato e senza bussare entrò.

La nuova camera era di un accecante bianco, completamente vuota ed enorme. Due uomini non troppo alti stavano l’uno davanti all’altro entrambi con la schiena alla parete e si lanciavano incantesimi tra di loro.

 

“Come procede qua dentro?”

 

I due si voltarono verso di lui, l’uomo più alto tra i due si asciugò la fronte facendo qualche passo nella sua direzione, entrambi a corto di fiato.

 

“Signore, non riusciamo a perfezionare l’incantesimo che abbiamo inventato. Continua a dare effetti collaterali”

 

Ron aggrottò la fronte “Effetti collaterali? Che tipo di effetti collaterali?”

 

I due uomini si scambiarono uno sguardo, poi l’altro uomo, più tarchiato e con una gran quantità di capelli biondo sporco, diede loro le spalle e si tirò giù i pantaloni. Ron non seppe se rimanere sconvolto o divertito dalla situazione che gli si presentava davanti ma decise di mostrare una faccia neutrale e magari un po’ perplessa davanti ai suoi dipendenti.

 

“Ehm…capisco. Avete già idea di come togliere quelle…ma cosa sono, vesciche?”

 

“Verruche, signore”

 

Ron si trovò a pensare che magari collaudare gli incantesimi non era un lavoro poi così divertente, e neanche simpatico a dirla tutta. Non avrebbe per nulla voluto ritrovarsi il sedere pieno di verruche. Dallo sguardo afflitto dell’uomo capì che non dovevano aver ancora trovato rimedio e sospirò pesantemente.

 

“Va bene, Smith puoi uscire prima oggi e passa al S. Mungo, c’è un reparto antifatture al terzo piano, sono sicuro che possono aiutarti”

 

I due annuirono e Ron lasciò la stanza non potendo evitare che un sorrisetto divertito scappasse sulle sue labbra. Verruche, roba da non crederci. Passando per il corridoio principale incrociò lo sguardo con Susan che alzò le due mani con un sorriso quasi di rimprovero.

 

Dieci minuti.

 

Ron alzò automaticamente gli occhi sull’orologio appeso alla parete e sorrise scotendo la testa. Le cinque e venti. Susan lo conosceva troppo bene.

 

Continuò a girovagare per l’ufficio controllando che fosse tutto a posto e scambiando qualche parola con i dipendenti di tanto in tanto, augurato buon lavoro a Betsy, una signora cicciotella piuttosto simpatica che si occupava delle trascrizioni di nuove pozioni, tornò nel suo ufficio per sbrigare alcune pratiche.

 

Si mise comodamente seduto alla scrivania attirando di nuovo i fogli a sé, li stessi che stava esaminando poco prima dell’arrivo di Harry. Ne firmò alcuni e ne timbrò altri nella solita routine, si passò una mano sulla faccia stanco di tutte quella parole scritte su un bianco accecante.

 

Neanche se avesse voluto farlo apposta ci sarebbe riuscito, con un gomito urtò la tazza di caffè che stava ancora sulla scrivania da quando vi era entrato quel pomeriggio e questa si rovesciò rotolando sui fogli che si ricoprirono qua e là da macchiette color bronzo.

 

“Oh, dannazione!”

 

In fretta prese ad asciugare i fogli e tamponarli con un fazzoletto senza ottenere grandi risultati, non si sapeva spiegare come mai non aveva mai la bacchetta a portata di mano quando serviva. Nello stesso momento qualcuno bussò alla porta e Ron roteò gli occhi pensando che quando ne combinava una oltre al danno doveva sempre arrivare la beffa.

 

Era matematico.

 

“Avanti” disse con aria seccata continuando a ripulire le pratiche dal caffè. Non si disturbò neanche ad alzare la testa, vide con la coda dell’occhio Susan e al suo fianco la figura di una giovane donna con due gambe lunghe e snelle.

 

“Non lo si può lasciare solo cinque minuti! Cos’ha combinato adesso?”

 

“Niente Susan, ho solo…” alzò appena la testa verso la ragazza senza veramente guardarla tornando subito ad occuparsi dei suoi preziosissimi fogli “…mi scusi signorina, ho combinato un disastro con delle pratiche importanti…sono subito da lei”

 

“Gliel’avevo detto io che è peggio di un bambino! Mi creda, se ha qualche referenza come baby-sitter questo lavoro le calza a pennello, non avrà nessun tipo di problema!”

 

Per qualche attimo ci fu il silenzio fino a che Ron non udì distintamente un paio di tacchi fare qualche passo avanti e una voce a suo modo familiare.

 

“Ron?”

 

 

**

 

Lo so che non aggiorno da una caterva di tempo ma avevo il pc che era andato a farsi friggere di nuovo, comunque lo so anche che avrei dovuto aggiornare l’altra storia ma mi andava di scrivere qualcosa di diverso e così…

Insomma, dico solo che da questo primo capitolo ancora non si è capito veramente niente di quella che sarà la storia, fidatevi, anche se alla fine come storia è abbastanza banale.

Siccome non so se poi ce la faccio ad aggiornare così presto –anche se spero di sì- oltre al mio compleanno il primo maggio si festeggia anche un anno che sono su Efp, quindi mi faccio tanti auguri a me ^^

 

…ragazzi ma io tra 5 giorni divento graaande…che emozione **

 

Un baciotto, Zia Funkia

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Regrets ***


Tornò a guardare le pratiche che stava esaminando poco prima, molti fogli riportavano solo dei rapporti su dei nuovi incantesimi usati e sperimentati, altri venivano dalle filiali estere con le quali era obbligo scambiarsi informazioni

Volevo fare gli auguri a Edvige86 che oggi compie 21 anni ^^ auguri di cuore amora!                            

 

 

                                  HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

                                        2. Regrets

 

 

And I've tried to spend my time with somebody new
But everyone still reminds me of you
I tried to play some songs that'd changed my point of view
But every sound still reminds me of you

 

                                                                              Anggun _ Still reminds me

 

 

“Ron?”

 

Una voce. Quella voce. Lei.

 

Ron alzò perplesso la testa verso le due donne e con uno scatto si mise dritto lasciando le pratiche dimenticate sul tavolo. Tra di loro uno sguardo allibito e nulla più, due sguardi che non si incrociavano da anni tornarono a perdersi l’uno nell’altro come era loro abitudine.

 

“Hermione?”

 

Susan batté le mani insieme. “Oh, che bello! Vi conoscete già! Pensate un po’ quanto è piccolo il mondo!”

 

I due portarono gli sguardi ancora allibiti sulla donna e tornarono a guardarsi in pieno scompiglio. Una strana sensazione li avvolse, si resero conto di essere così cambiati ma di essere allo stesso tempo rimasti gli stessi, e scappare, dividersi, non cambiava proprio niente perché ci sono quelle piccole cose nella vita di ogni persona che rimarranno un punto fisso, come una stella polare.

 

E adesso loro erano lì e c’erano cose che non tornavano. Tante. Troppe.

 

Che ci fai tu qui?”

 

Ron alzò un sopracciglio. “Che ci faccio io qui? Che ci fai tu qui? Io qui ci lavoro da dieci anni!”

 

Hermione sembrò esitare un attimo prima di parlare, strano, Hermione non esitava mai per aprire bocca. “Io ci lavoro qui. Da oggi. Come…tua segretaria, suppongo”

 

Uno sguardo incredulo e Ron scosse la testa con un sorriso. “Tu? Tu lavori a Vienna! Te ne sei andata da qui per lavorare a Vienna! Il centro di studi massimi di Vienna! E adesso mi vieni a dire che dal tuo lavoro prestigioso passi a fare la segretaria qui? Mi prendi in giro?”

 

Un nodo alla gola. Una testa abbassata. Un labbro morso. Una spiegazione da dare. Le mani incrociate insieme come quando da ragazza le veniva chiesto qualcosa a cui non sapeva una risposta. Raro, ma era successo.

 

“Io…ho dato le dimissioni. Un mese fa. E’ veramente una lunga storia”

 

E adesso saresti la mia nuova segretaria?”

 

Hermione scrollò le spalle con mezzo sorriso. “A quanto pare…”

 

Ron rimase sbigottito a fissarla. Poi, inaspettatamente, scoppiò in una fragorosa risata che risuonò in tutto l’ufficio. La sua classica risata, ecco un’altra cosa che era rimasta invariata nel tempo, ecco un’altra cosa da cui l’avrebbe riconosciuto tra mille; il suono della sua risata.

Ron era piegato in due sotto lo sguardo basito delle due donne, si rialzò un attimo appoggiandosi con una mano alla scrivania e ridacchiando si rivolse alla vecchia segretaria.

 

“Susan, dico ma lo sai chi è?”

 

La donna fece di no con la testa, seriamente shockata dalla reazione di Ron, in tanti anni non lo aveva mai visto così…beh, strano.

 

“Lei è…è la ragazza da cui copiavo i compiti a scuola” disse continuando a ridere “E adesso…ora sono il suo Capo!”

 

Susan inarcò un sopracciglio guardando sospettosa la ragazza e Hermione si morse un labbro trattenendo un risolino leggero. Era bello essere a casa, era bello ritrovare quello che si era lasciato, era bello sapere di non essere mai andata via veramente. Si lisciò la gonna in un gesto veloce e Ron seguì le sue mani con uno sguardo piacevolmente sorpreso.

 

“Aspetta solo che lo dica a Harry”

 

Hermione sorrise con uno sguardo di rimprovero e scosse la testa lasciando che i morbidi ricci scendessero giù dalle sue spalle. Ron continuò ad osservarla interessato, l’ultima volta che l’aveva vista era una ragazza appena sbocciata, forse ancora per metà acerba, e adesso si ritrovava davanti una donna in piena regola.

 

“Parlami un po’ di te piuttosto, da quando sei diventato un uomo?”

 

Ron sorrise compiaciuto e stette al gioco. “Chi lo sa, magari quando tu sei diventata una donna. O magari sono ancora un bambino”

 

Susan roteò gli occhi e mise una smorfia di pieno disgusto guardando i due studiarsi smielatamene e senza troppi convenevoli uscì dalla stanza lasciando i due a stuzzicarsi l’un l’altra. Hermione sorrise apertamente e fece qualche passo verso di lui studiandolo bene in volto.

 

“No, non lo sei. Il Ron che conoscevo io, quello sì che era un bambino, aveva il viso ricoperto di lentiggini e arrossiva sulle orecchie quando gli si diceva qualcosa di carino o quando si arrabbiava, e non aveva nemmeno tutti quei muscoli da trascinarsi addosso”

 

Ron abbozzò un sorriso incrociando le braccia al petto e la guardò dall’alto stando ben dritto con la schiena, senza dire una parola si portò dietro alla scrivania sedendosi sulla sedia di pelle nera. Raggruppò i fogli macchiati sul tavolo mettendoli in un angolo del tavolo e tornò a guardarla divertito.

 

“Lo sai che stai parlando col tuo diretto superiore, non è vero? Io starei attento a quello che dici se fossi in te”

 

Hermione roteò gli occhi in un gesto che gli ricordo molto quando le chiedeva di poter copiare Trasfigurazioni a scuola, e alla fine lui era sempre quello che vinceva. Ogni volta. Inevitabilmente.

 

Si mise più dritta e con un atteggiamento del tutto professionale. “Mi scusi, signore, posso avere il permesso di salutare il mio vecchio amico Ron come si deve?”

 

Ron mascherò un sorriso del tutto soddisfatto e alzatosi di nuovo non esitò a camminare da lei ed abbracciarla stretta. Un profumo, un ricordo, una sensazione. Lei, di nuovo lì, di nuovo con lui. Rimasero ad abbracciarsi per un’infinità entrambi catapultati indietro negli anni tramite un contatto perso da tempo.

 

“Mi sei mancata” Tre parole. Semplici. Concise. Sincere.

 

“Tu non puoi immaginare quanto sia stata dura per me laggiù, neanche una faccia amica e un lavoro massacrante. Mi sei mancato anche tu, tanto.”

 

Ron sciolse l’abbraccio indietreggiando di qualche passo, si schiarì la gola e la sua solarità sparì in un istante tornando serio. “Miss Granger, ci tengo a dire che per me è davvero un piacere averla di nuovo qui ma in questo studio non voglio convenevoli, esigo una certa professionalità. Le varie formalità potranno avere sfogo fuori dall’ambiente del lavoro, sono stato abbastanza chiaro?”

 

Hermione annuì con il suo solito cipiglio di chi sta ascoltando attentamente ogni minimo dettaglio “Solo una domanda, signore”

 

Ron le fece cenno di andare avanti.

 

Dove ha imparato a parlare così impostato?”

 

Ron rise di gusto trascinando Hermione in una risata contagiosa e si passò una mano tra i capelli “Fa parte del mio lavoro, sono stato costretto. Tieniti pure il giorno libero, oggi ti copre Susan, inizi domani mattina”

 

Hermione annuì di nuovo e si avviò verso la porta, come posò la mano sulla maniglia si voltò nuovamente e si schiarì la gola richiamando l’attenzione di Ron che si era rimesso seduto alla sua scrivania.

 

“Signor Weasley?”

 

Ron alzò la testa. “Sì?”

 

Un sorriso. “Sarà un piacere lavorare per lei.”

 

                                                                                      *

 

Harry rovistò ancora sul fondo di quella scatola di cartoncino con le bacchette. Adorava il cibo cinese. Pratico e buono, perfetto per uno scapolo d’oro come lui. Si occupò bene di ripulire completamente il contenitore prima di riportare i suoi occhi smeraldo su Ron.

 

“Aspetta un attimo, mi stai dicendo che Hermione è di nuovo qui e che è la tua nuova segretaria? Mi devo essere perso qualcosa nel mezzo…”

 

Ron scosse la testa bevendo un sorso di birra “Lo so! Sono rimasto sorpreso anche io, insomma puoi immaginarti lo shock! E’ stato strano rivederla, ma anche piuttosto piacevole…devo esserle sembrato un coglione, fermo immobile a guardarla con gli occhi fuori dalle orbite”

 

“Aspettati che domani faccia una capatina in ufficio, sono curioso da matti di rivederla!”

 

Uno sguardo. Uno sguardo strano a dirla tutta. “Perché sei curioso? Insomma, la vedrai comunque è pur sempre tua amica. Sai cosa dovremmo fare, una di quelle belle rimpatriate dei tempi del Golden Trio”

 

Harry roteò gli occhi annoiato “Vuoi smetterla una buona volta di usare quello stupido attributo? Non siamo il trio d’oro, non sono il prescelto, non sono un eroe e Voldemort può benissimo essere nominato!”

 

Ron alzò le spalle “Come vuoi. Allora, per questa rimpatriata? Facciamola a casa tua, casa mia non mi pare il caso contando…ecco…”

 

Un altro sguardo. Uno sguardo totalmente comprensibile stavolta. “D’accordo, si può fare. Lascia solo che mi organizzi un po’ coi turni, ultimamente sono pieno di lavoro e ho dovuto fare degli straordinari per non ammazzarmi di fatica in meno ore. Perché non da tua madre?”

 

Ron alzò gli occhi su di lui e li distolse subito dopo, a disagio “Io non credo… non è una buona idea che tu e Ginny… è in un momento difficile adesso, ha bisogno di stare tranquilla…senza troppi scossoni, sì”

 

Harry annuì. Silenzio. Succedeva raramente che se ne stessero in silenzio, loro due.

 

Ron guardò di nuovo Harry e aprì le braccia in segno di scusa “Senti, non sto cercando di fare lo stronzo della situazione, lo so che non aspettavi altro da quando si è sposata con Mark ma…insomma, non è una buona idea.”

 

Harry annuì distrattamente e sospirò distogliendo lo sguardo. “Sì, sì hai ragione. Parlami ancora di Hermione, dimmi che ti ha detto. E’ cambiata o è sempre la solita vecchia cara mangialibri?”

 

Ron sprizzò in un sorriso malizioso “Tu hai mai visto Hermione portare una minigonna che copre solo lo stretto necessario?”

 

Harry spalancò la bocca e scoppiò a ridere subito dopo. “Non ci credo! Giura! No, non è possibile, ma cosa le hanno fatto a Vienna il lavaggio del cervello?”

 

Un sorriso. Un’alzata di spalle. “E’ solo diventata una donna. Una bella donna a dirla tutta, con delle lunghe gambe snelle e sode che…”

 

“Ehi, frena!” disse Harry ridendo “Devo essere io a ricordarti che non puoi guardare Hermione da quel punto di vista? Andiamo Ron, sei persino il suo capo! Datti una controllata o dovrò passare in ufficio più spesso per assicurarmi che tu stia facendo il tuo lavoro”

 

Ron roteò gli occhi senza smettere di sorridere “Non fare il coglione, stavo solo facendo un apprezzamento su una bella ragazza. Tutto qui. Sono pur sempre un uomo, miseriaccia, e ho gli ormoni completamente funzionanti ma questo non vuol dire che abbia intenzioni malsane”

 

Harry rise di nuovo “Ti stavo solo prendendo in giro, scemo! A proposito, come va a casa?”

 

Ron alzò le spalle indifferenteMh, bene…la solita solfa, niente di particolarmente eccitante. Ho visto Fred l’altro giorno, dice che il negozio va a gonfie vele e che pensano di prendere un’altra filiale”

 

“Non c’è che dire, Fred e George hanno una dote naturale per gli affari. E pensare che noi ci siamo dovuti sbattere così tanto per il nostro lavoro e a volte guadagnano più di noi! Questa si chiama ingiustizia bella e buona! Nella prossima vita ricordami di aprire un negozio di scherzi!”

 

Ron scosse la testa “Nella prossima vita ci saranno comunque Fred e George a farti concorrenza. Senti un po’, ma che fine ha fatto quella Stacy? Pensavo ci uscissi ancora”

 

Silenzio. Harry distolse di nuovo lo sguardo dagli occhi indagatori dell’amico e si portò alla bocca la birra cercando di lasciar cadere lì la conversazione ma Ron non demorse e rimase con lo sguardo fisso su di lui.

 

“Credimi, non vuoi saperlo”

 

Ron incalzò “E invece sì che voglio saperlo! Insomma, cosa c’era questa volta che non andava? Devi smetterla di pensare continuamente al passato, devi andare avanti! Pensavo che Stacy ti piacesse”

 

“Non sono stato io a lasciarla stavolta, mi ha mollato lei”

 

“Oh, mi dispiace Harry io non…e come mai?”

 

Due occhi verdi. Colpevoli. Insicuri. Smarriti “Io…l’ho chiamata Ginny mentre stavamo…mi è sfuggito, non ci stavo neanche pensando e sono rimasto di sasso anche io quando mi sono reso conto di quello che avevo detto. E così si è rivestita e se n’è andata…come biasimarla, dopotutto”

 

Ron posò la sua birra sul tavolinetto e si fermò a guardarlo seriamente. C’era una cosa che lo stava facendo pensare, la sua amicizia con Harry. Si trovava sempre più stazionario, più prevedibile, senza inventiva. La cosa lo spaventò.

 

“Ci pensi mai che parliamo sempre delle stesse cose? Anche non volendo dico, il discorso casca sempre su Ginny o su Hermione o sulla mia famiglia”

 

Harry non rispose ma guardò altrove. Si morse un labbro. “Pensi che siamo diventati noiosi? Che non ci sia altro che riesca a stimolarci?”

 

Ron alzò le spalle con un sorriso malinconico “Una volta ci piaceva parlare di Quidditch, poi abbiamo smesso pure di seguire assiduamente il campionato. Non ti sembra che la nostra vita sia un po’…vuota?”

 

“Non so” disse dubbioso Harry “Siamo stati abituati a poter morire ogni giorno fin da quando eravamo dei ragazzini, magari tutta questa calma ci ha reso pigri e ci fa sentire la vita monotona. Non capita tutti i giorni di cavalcare un ippogrifo

 

“Non capita tutti i giorni di doversi sottrarre a una banda di canarini inferociti.” Harry ridacchiò “Sai qual è la verità, io li rimpiango quei tempi, sono passati così in fretta e abbiamo sprecato così tanto tempo per delle stupidaggini che non ce li siamo goduti quanto avremmo dovuto”

 

Harry abbozzò un sorriso “Cribbio, il ritorno di Hermione ti ha proprio segnato!”

 

“Lo sapevo” disse Ron stancamente “Ci siamo cascati di nuovo. Non possiamo farne a meno, è peggio di una droga”

 

Di nuovo un’alzata di spalle, di nuovo mezzo sorriso. “E’ la nostra vita, Ron, non possiamo sfuggirgli e neanche evitare di parlarne. Anche a me piacerebbe poter vivere una vita diversa, ma ormai ci siamo dentro e non si può tornare indietro e ci sono danni…”

 

Ron lo guardò commiserandolo.

 

“…che non si possono riparare” Harry abbassò di nuovo la testa e Ron seppe immediatamente a cosa stava pensando. Era inevitabile per Harry. Lei era la sua droga.

 

Ron  fece finta di niente e schiarendosi la gola posò la birra che aveva ripreso sul tavolo e si alzò in piedi. Harry non disse una parola neanche quando lo vide indossare il cappotto e aspettò che Ron parlasse per lui.

 

“Devo andare adesso, mia madre mi aspetta e poi devo tornare a casa. Ci vediamo domani in ufficio, ok?”

 

Ok” disse Harry semplicemente “Ciao, coglione

 

Ron sorrise e con un’ultima occhiata all’amico si chiuse la porta alle spalle, pensando che erano davvero diventati dei pappamolle se un tipo come Harry Potter se ne stava a casa da solo a mangiare cibo cinese seduto sul pavimento del salotto.

 

                                                                                  *

 

La signora Weasley era sempre stata una donna energica e forte, ne aveva dovute sopportare tante nel corso della sua vita sia da piccole marachelle dei suoi numerosi figlioli sia da estranei spietati che non se ne mancavano una per criticare aspramente. Ma lei non aveva mai abbassato la testa. Mai.

 

Certo la stanchezza era comparsa sul suo viso, ma era più dovuto alla vecchiaia che ad altro, e forse la solitudine che può avere una madre quando i figli lasciano il nido. O nel suo caso La Tana. Ma aveva continuato ad essere la frizzante donna che era sempre stata aspettando che i suoi pargoli tornassero a farle visita di tanto in tanto.

 

Ron bussò alla vecchia porta di legno, era parecchio malridotta e si ripromise di aggiustarla quando ne avrebbe avuto il tempo. Come sempre sua madre gli venne ad aprire non mancando di soffocarlo coi suoi abbracci materni. Ron la lasciò fare, in fondo sapeva di averne bisogno.

 

“Ciao ma’

 

“Ron caro, finalmente sei passato. Non ti si vede mai ultimamente, te e il tuo lavoro! Vuoi qualcosa da mangiare, caro? Non so, della carne o magari un’insalata veloce?”

 

Ron sorrise rassicurante. “No mamma, grazie, sono appena stato a cena da Harry”

 

E come sta?” la voce di Ginny arrivò da dietro le sue spalle e Ron si voltò a guardarla. Se ne stava appena sulla soglia con uno sguardo davvero interessato come se la salute di Harry fosse davvero l’unica cosa importante. Il suo volto, un tempo solare, adesso sembrava solo tanto stanco e infelice.

 

Sta… sta come sempre, Ginny. Lo sai meglio di me come sta.”

 

La vide mordersi un labbro e sedersi al suo fianco senza incrociare il suo sguardo. Ron sospirò appena e si voltò verso il salotto. Il suono di voci piccole e allegre che si avvicinavano aveva richiamato la sua attenzione e due bambini comparvero sulla soglia di cucina.

 

“Zio Ron!” Libby, la più grande dei due, corse in contro a lui e gli saltò in braccio facendolo ridere come un bambino. Ron passò una delle sue grandi mani sulla sua testa fulva.

 

“Ehi, scricciolo! Come siamo diventate pesanti!”

 

La bambina mise su uno sguardo fiero, tipico di Ginny, e sorrise apertamente “E’ perché sto diventando grande adesso”

 

Ron le sorrise dolcemente. “Lo vedo, una donna matura e bella! Ehi, Damian, vieni a dare un bacio allo zio!”

 

Il piccoletto si avvicinò con un sorriso enorme e si attaccò alla gamba di Ron che subito lo prese in braccio posandolo sulla gamba sinistra mentre teneva Libby con la destra. “Ciao zio”

 

Ron gli sorrise e alzò appena lo sguardo per incontrare quello di Ginny che lo guardava sorridendo malinconicamente. Diede un bacio sulla fronte ai due nipoti e li fece scendere, quelli tornarono a giocare in salotto ridacchiando come matti. Ron si voltò di nuovo verso la sorella.

 

Mark lo sa che sei qui? Ultimamente non passi molto tempo con lui a quanto mi hanno detto”

 

Ginny sospirò voltandosi appena verso il salotto “Cerco solo di tenermi occupata come posso e ai bambini piace stare qui. Tu, novità?”

 

Ron lanciò uno sguardo verso il giardino, dove la signora Weasley stava cacciando alcuni gnomi, e tornò a guardare Ginny umettandosi un labbro. “E’ tornata Hermione”

 

Lo sguardo di Ginny tornò limpido dopo tanto tempo. Troppo, a detta dei familiari. “L’hai vista? Ci hai parlato? Ma quando è tornata, pensavo che mi avrebbe chiamato se l’avesse fatto un giorno, anche se ormai non ci speravo più”

 

Ron annuì e distolse lo sguardo “L’ho incontrata. E’ la mia segretaria, adesso”

 

Ginny rise “Stai scherzando?”

 

“No.”

 

Ginny lo guardò confusa e con un sorriso stranito in volto. Brevemente Ron le raccontò tutto quello che era successo e lei si trovò a ridere e a prenderlo in giro come non faceva da tempo. Ron sorrise vedendola così piena di vita, come se fosse tornata ad avere quindici anni. Poteva davvero un ritorno cambiare la vita di così tante persone?

 

Cosa pensi di fare adesso, voglio dire, è di nuovo qui, no?”

 

Ron la guardò per un po’ senza dire niente, scrutò con lo sguardo la cucina attorno a lui e rispose lentamente. “Niente, le farò da superiore e basta. Non posso fare altro”

 

“Ron, lasciatelo dire, siamo stati proprio due imbecilli”

 

Ron si voltò sorpreso verso di lei, il suo sguardo si era fatto più serio e il suo tono sincero, si trovò a dare mentalmente ragione alla sorella. Ormai era tardi. Per lui. Per lei. Per Hermione e Harry. Per tutti.

 

Ma non ridurti come me, questo devi promettermelo”

 

Un fratello e una sorella. Complici perfetti. Prigionieri dello stesso sbaglio compiuto ormai da anni.

 

“Come posso non diventare come te, Ginny?”

 

Ginny sorrise dolcemente e mandò nuovamente uno sguardo verso il salotto. “Ci sono cose che non ho il coraggio di affrontare, ma tu…tu puoi farlo. Sei più forte di me, lo sei sempre stato Ron.

 

“No, non è vero. Sono solo un codardo”

 

Ginny lo guardò e gli posò una mano sulla sua. “Forse, ma per te non è ancora troppo tardi”

 

Ron si alzò spaventato dai suoi stessi pensieri e si avviò verso la porta. “Adesso devo andare a casa”

 

“Ron” si voltò ancora una volta. Un sorriso, dolce proprio come lei. “Non commettere i miei stessi errori”

 

 

 

**

 

Uffina! Lo so, e ripeto, lo so che devo aggiornare l’altra ff ma non mi esce proprio sto capitolo acciderbola!!! Lo sapevo che sarebbe andata a finire così!

 

Comunque, parliamo di questo nuovo prodotto. Dunque, premetto che ancora da questo chap, nonostante si sia capito qualcosina, rimangono ancora un paio di punti oscuri… che non verranno svelati a minuti, diciamo.  Il tono dei due capitoli è stato molto malinconico, ho sperimentato un nuovo tipo di scrittura e sembra funzionare bene…ne sono soddisfatta.

 

KarmyGranger: Devo dire la verità…non ho scalettato la storia e non ho idea di quanti capitoli possa riuscire a sfornare, ho tutto nella mia testa…il che non è molto rassicurante ^^” …ti lovvo pure io cara!

 

Hiromi: Come faccio…mah, me lo chiedo sempre anche io…probabilmente è che le ore di chimica son così noiose che mi devo trovare qualcosa da fare XD

 

Herm90: Speriamo di non cadere nel banale dopo allora, se te dici di no comunque mi fido in fondo il pubblico siete voi ^^

 

Saty: Amor mio, conto sempre sulle mie fedelissime per le nuove storie perché almeno mi potete fare paragoni. Magari la vedo banale io perché ho questa ff in mente da 5 mesi ^^” quindi a forza di elaborarla mi risulta un po’…scontata. Speriamo vi piaccia ^^

 

Joannadellepraterie: Grazie mille ^^ sia per gli auguri che per aver letto la storia

 

PazzaWendy: Aaaaw, sono anni che nessuno mi canta tanti auguri, grazie **… XD sì praticamente mi son fatta il regalo da sola!

 

Robby: Nonostante mi rimanga oscura la parola rinfoltire –che comunque word mi da come esistente- grazie per i complimenti. Avevo la tentazione di metterli insieme da subito ma poi mi son detta…ma che palle sempre insieme, facciamogli avere dei problemi pure a loro! Così ho sposato Ginny con Mark ^^ XD grazie degli auguri!

 

Ramona55: Purtroppo devo correggerti…ne penso venticinquemila e ne scrivo cento XD… è che la mattina mi faccio un’ora di bus e non so mai cosa fare, allora la fantasia vola! Ah, io su dei capitoli ci ritorno mille volte, li so a memoria manca poco! Lo so che lascio i punti e le virgole molto spesso…la verità è che ho iniziato a scrivere così e non mi riesce togliermi il vizio!! ^^ un bacio grosso e grazie dei consigli!

 

London04: Potresti dirmi che leggerai le altre ff che ho scritto XD…cerco di farmi pubblicità, non farci caso…grazie mille, un bacio!

 

Funnynurse: *distogling sguardo* ehm…sì, NTE…dunque…ti scoccia proprio tanto aspettare un altro pochino? Nun mi riesce scrivere çç…sono in crisi! Su, che non vi lascio mai a secco, se non è una ff è un’altra ^^

 

Edvige86: Ti assumo come critica delle mie ff, ormai riesci a coglierne ogni minimo particolare, ci stai quasi più attenta di me XD magari farmi i complimenti ti sembra superfluo…ma tu continua XD mi gongolerò tra le tue parole! E auguri di buon compleanno amora ^^

 

Nischino: Vi capisco se anche voi avete voglia di qualcosa di diverso da NTE, alla lunga stanca ^^ …non posso segnalare tutto subito, altrimenti che la leggete a fare la storia XD Ron come capo…chi non vorrebbe averlo, diciamoci la verità XD

 

Amy: XDD su, adesso non facciamone una tragedia che sono anche operativa nell’aggiornare! Te stai male, fatti curare, hai la funkite acuta!! XD! Grazie mille degli auguri!

 

Fiamma90: Chi poteva essere se non lei, la protagonista femminile della ff XD

 

Hermron: Evitiamo la catastrofe aggiornando in fretta, non voglio avere cadaveri sulla coscienza…

 

Killer: Un altro sviato suicidio da ff XD lo sapete che son veloce dai, lo so che ultimamente ho la crisi dello scrittore ma oggettivamente sono brava ad aggiornare ^^ un bacio!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Rain ***


Pioggia

                                   HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

                                         3. Rain

 

 

I can make it through the rain
I can stand up once again
On my own and I know
That I’m strong enough to mend
And every time I feel afraid
I hold tighter to my faith
And I live one more day
And I make it through the rain                

 

                                                                      M.Carey- through the rain

 

 

Pioggia. Incessante e perenne pioggia. Anche quella mattina si era ritrovato a camminare nel centro della città tra la gente isterica, ma non gli importava; erano appena le otto del mattino e lui camminava, non c’era proprio niente che lo rendesse più sereno di così. Si stava completamente inzuppando d’acqua, ormai la mantellina aveva smesso di fare il suo dovere e la pioggia era penetrata sotto i vestiti lasciandogli il disagio della stoffa bagnata sulla pelle, ma lui era sereno.

 

Entrò in ufficio togliendosi il cappotto in un gesto quotidiano e si passò una mano tra i capelli fradici. Una bacchetta, un incantesimo e via di nuovo asciutti. Fece qualche passo in avanti ma si bloccò scorgendo Hermione sul fondo del corridoio, i loro sguardi si incrociarono.

 

Un sorriso. Un sorriso che non ha bisogno di parole.

 

Hermione gli venne incontro, i capelli raccolti in una crocchia mal messa e il corpo stretto in un tailer che le dava un tono molto professionale. A Ron scappò un sorriso che si impose di contenere e per smorzare la tensione si voltò per prendere il suo solito caffè. La caffettiera vuota. Inarcò un sopracciglio.

 

Dov’è il mio caffè?”

 

Hermione, ora davanti a lui, lo guardò un po’ perplessa senza sapere bene cosa dire. Uno sbuffo, uno scotimento di testa. Non era Susan, era Hermione, e lui si era dimenticato di spiegarle piccoli dettagli come quelli. Incrociò le braccia al petto e si schiarì la gola.

 

“Susan mi prepara il caffé ogni mattina, è…è un abitudine, non riesco più a lavorare se non ne bevo una tazza al mattino”

 

“Oh” disse imbarazzata Hermione fissando la caffettiera completamente a secco, mise dei fogli in mano a Ron e cominciò ad armeggiare cercando di rimediare all’errore “Posso farlo ora se vuole, ci impiegherò solo cinque minuti”

 

Ron la guardò perplesso “No, non importa. Posso farne a meno per una mattina, puoi farlo quando finirai il lavoro che…”

 

“L’ho già finito, signore, e lo sta tenendo in mano”

 

Abbassò lo sguardo sui fogli che teneva tra le mani. Il lavoro, finito. Fece scorrere le dita tra la carta leggendo tutto ciò che gli aveva consegnato ed osservò con stupore che anche alcune delle pratiche che spettavano a lui erano state ordinatamente compilate e disposte in ordine alfabetico.

 

“Qui ci sono…ci sono anche delle mie carte”

 

Hermione si voltò verso di lui e inarcò un sopracciglio “Io…ho pensato di avvantaggiarla un po’ sul lavoro, visto che ha altre cose da fare e io avevo già finito il mio. Non le dispiace, vero?”

 

“No” disse Ron scotendo la testa “Ma non posso lasciarglielo fare, non è di sua competenza. La prossima volta si limiti a svolgere il suo lavoro, andrà benissimo così”

 

Lei gli sorrise. Un bel sorriso, come non le vedeva da tempo. Qualcosa di strano si mosse in lui ma lo represse sul nascere. Si incamminò lungo il corridoio che arrivava fino al suo ufficio e ancora un po’ soprappensiero si voltò verso di lei e la richiamò facendo sì che alzasse la testa verso di lui.

 

Abbozzò un sorriso “Il caffé. Me lo porti in ufficio appena ha fatto”

 

Entrato in ufficio si sedette dietro alla scrivania abbandonandosi completamente sulla poltrona e guardò fuori falla finestra. Pioggia. Non aveva mai capito perché gli piacesse tanto. Chiuse gli occhi per ascoltare le gocce picchiettare contro la finestra e sorrise. Si sentì incredibilmente rilassato, come se niente al mondo potesse disturbarlo, una ninna-nanna naturale.

 

Socchiuse appena le palpebre e una figura scura sulla soglia della porta lo fece riscuotere e balzare a sedere all’improvviso. Hermione fece qualche passo all’interno della stanza con un sorriso gentile e posò una tazza di caffè sulla scrivania.

 

“Mi scusi” disse sussurrando “Ho cercato di fare più piano che ho potuto”

 

Ron la guardò con la bocca semichiusa e scosse la testa “No, stavo solo…non si preoccupi. La pioggia ha un effetto strano su di me”

 

Un sorriso. “E’ rilassante e musicale. La pioggia si è portata con sé tanti dei miei ricordi”

 

Ron la fissò per qualche secondo prima di bere un sorso di caffé bollente “Davvero?”

 

“Sì” disse lei lentamente, con un sorriso malinconico stringendo a sé alcuni fogli “Era un giorno di pioggia quando me ne sono andata.”

 

I loro sguardi si incrociarono. Blu e marrone. Ron sorrise dentro la tazza. “Magari è per questo che mi piace tanto la pioggia, è l’ultima immagine che mi è rimasta di te per anni. Te chiusa in quel cappotto che ti piace tanto, i capelli gonfi dall’umidità e la pioggia incessante”

 

Hermione gli rivolse un sorriso tenero e giocherellò con le dita sulla scrivania. Era passato tanto tempo. Dieci anni. Erano sempre stati convinti che sarebbero rimasti gli stessi per sempre, lui il solito idiota imbranato e lei la solita mangialibri perfezionista. Ma adesso si trovavano così straordinariamente cambiati.

 

Lei. Non lo sapeva neanche perché aveva deciso di accettare quel lavoro a Vienna e non sapeva nemmeno perché lo avesse lasciato adesso, solo si era svegliata una mattina e si era resa conto di non essere più in grado di fare una vita del genere, di non potersi alzare dal letto con il solo desiderio di sperimentare un nuovo incantesimo. Ci doveva essere qualcosa di più per lei.

 

Lui. Lui invece lo sapeva bene come ci era finito a lavorare lì, aveva accettato il lavoro perché una filiale del grande centro di Vienna, sperando di riuscire a conservare i contatti con una cara amica e magari riuscire a strapparle qualche viaggio in Inghilterra per lavoro. Tutto inutile. Aveva continuato a fare la sua vita normalmente, era andato avanti, si era impegnato sul lavoro ed era diventato il Capo. Ed era tutto quello che potesse avere.

 

Ron si riscosse dal suo momentaneo flusso di pensieri e tornò a concentrarsi sul pacco di fogli che ancora risedeva intatto sulla scrivania e aprendo il cassetto per estrarne una piuma cominciò a leggerli e scribacchiare qua e là. Senza alzare la testa si rivolse ad Hermione.

 

“Può andare, signorina, se avrò bisogno di lei la chiamerò”

 

“Bene, signore”

 

Hermione raccolse alcuni fogli e camminando dritto verso la porta uscì sotto lo sguardo interessato di Ron. Sorrise. Doveva ammetterlo, aveva davvero delle belle gambe.

 

Delle fiamme verdi nel camino dell’ufficio lo fecero balzare inaspettatamente sulla sedia e guardò attentamente tra la cenere sollevatasi la figura del suo migliore amico uscire completamente ricoperto di fuliggine tossicchiando.

 

Ma non lo pulisci mai quel coso?”

 

Ron alzò un sopracciglio guardando ancora verso il camino “E da quando usi la Metropolvere per venirmi a trovare? Ti smaterializzi sempre!”

 

Harry si sedette davanti a lui sprofondando nella sedia e buttò la testa all’indietro “Ho fatto gli straordinari, robaccia burocratica e cose del genere, ero stanco morto e non avevo proprio la concentrazione per sballottarmi da una parte all’altra. Hai del caffè?”

 

Ron finì di bere un sorso dalla sua tazza e annuì “Hermione lo ha appena fatto”

 

Harry abbozzò un sorrisetto “Hermione ti ha appena fatto il caffè? Ma dove sono finiti i vecchi tempi in cui era lei ad averci sotto controllo?”

 

“Sono finiti quando se ne andata dieci anni fa, e questo lo sai bene anche tu, Harry” disse Ron incrociando le dita tra loro “Te la chiamo e le dico di portarti una tazza”

 

Harry fece un sorrisino e annuì aspettando che Hermione entrasse nella stanza. Quando la porta si aprì nessuno dei due riuscì a contenere un sorriso alla faccia esterrefatta di Hermione, Harry si alzò in piedi e l’abbraccio stretta sentendola emettere un gridolino di gioia.

 

Ron sorrise. Il Golden Trio. Stupido attributo, ma indimenticabile.

 

“Harry! Non pensavo di vederti…” Hermione lanciò un’occhiata nervosa a Ron e si rassetto tornando ad assumere un certo tono professionale “…beh, qui

 

Harry la guardò divertito e rise “Non posso crederci! Ron, l’hai già messa in riga in questo modo? Falla rilassare!”

 

Ron scosse la testa ma non disse niente, portò un’altra firma sul foglio che teneva in mano e si rivolse gentilmente ad Hermione “Potrebbe portare una tazza di caffé al signor Potter, se non le dispiace?”

 

“Torno in un attimo” uscendo a passo svelto dall’ufficio. Harry abbozzò un sorrisetto guardandola andare via e si voltò verso Ron che era rimasto come incantato verso la porta. Scosse la testa curvando le labbra in un sorriso.

 

Che dici, glielo posso chiedere dove se l’è comprata una minigonna tanto attillata?”

 

Ron gli rivolse un’occhiataccia “Non ti permetto di mettere in imbarazzo i miei dipendenti, nemmeno se sono amici di vecchia data!”

 

Datti una calmata, stavo solo scherzando!”

 

Silenzio. Ultimamente i silenzi stavano diventando un po’ troppo frequenti tra loro. Harry guardò di nuovo verso di lui cercando quasi di leggergli attraverso mentre l’altro si era rimesso con la schiena curva sulle sue solite carte sfuggendo al suo sguardo indagatore.

 

Per un momento Harry ebbe uno strano presentimento guardando l’amico starsene così taciturno. “Non starai pensando…”

 

“Non sto pensando proprio niente, Harry”

 

“Bene” disse Harry come per sottolineare la cosa “Perché anche se tu volessi…”

 

Ron alzò finalmente lo sguardo su di lui, sembrava piuttosto scocciato e sfuggente “Harry, non sto pensando niente. Chiaro?”

 

“Cristallino”

 

Nello stesso momento Hermione rientrò nella stanza con un’enorme tazza di caffè che porse ad Harry. Harry la guardò illuminandosi e cominciò a trangugiare la bevanda bollente come se fosse ambrosia lasciando Hermione piuttosto perplessa.

 

Har- signor Potter, è sicuro di sentirsi bene?”

 

Harry la guardò un po’ senza capire e fissò la tazza con occhi vacui “Oh! Per il caffè intendi? Ne sono diventato schiavo da anni ormai, con tutti gli straordinari che faccio non riesco a vivere senza. Ma parlami di te, com’è che sei tornata?”

 

Ron li canzonò senza staccare lo sguardo dal foglio “Non nel mio ufficio”

 

“Come?”

 

Hermione sorrise caldamente a Harry e gli posò una mano sulla spalla “Ne riparliamo, adesso sto lavorando. Perché non vieni a cena da me stasera? Sono sicura che a Ginny non dispiacerà se…”

 

Si accorse di aver detto qualcosa di sbagliato quando Ron alzò di scatto la testa con gli occhi sgranati e Harry si incupì all’improvviso. Uno sguardo confuso e una bocca che si apre ad intermittenza. Quando trovò la voce per parlare guardò Harry dritto negli occhi e non li vide più brillare come un tempo.

 

“Voi non…”

 

“No” tagliò corto Harry ammutolendosi subito dopo.

 

“Scusami, io… avevo sentito che fosse sposata”

 

Harry non alzò lo sguardo su di lei ma tornò a sedersi sorseggiando il suo caffè “Lo è. Ma non con me. Ha anche due bambini, Libby e Damian

 

Hermione rimase a guardarlo per un’infinità di tempo senza dire niente, poi sorrise e scosse la testa e una mano come per scacciare una mosca “Va bene, non è il caso di rattristarsi. Ci sei comunque tu, no? Ci facciamo una cenetta tra amici e chiacchieriamo un po’ di quello che mi sono persa”

 

Harry sorrise debolmente “Suona bene detto così”

 

“Vieni anche tu-lei, signor Weasley?”

 

Ron alzò lo sguardo su di lei sorpreso e scosse la testa “Oh, no, no grazie. Ho alcune faccende da sbrigare e ci starò su fino a tardi. Magari un’altra volta”

 

La vide annuire con la coda dell’occhio e quasi gli dispiacque di averle dato un no come risposta Non  poteva proprio. Magari un’altra volta. Questo lo aveva già detto. Un’altra volta sarebbe stato magnifico.

 

Hermione salutò Harry con la mano e lasciò la stanza sotto lo sguardo dei due uomini. Harry bevve un sorso dalla sua tazza tranquillamente rilassato sulla sedia mentre Ron lo guardava con la coda dell’occhio ansiosamente. Si schiarì la gola casualmente.

 

“Così vai a casa di Hermione, eh?”

 

Harry si voltò a guardarlo sorpreso e annuì “Beh, sì. Mi sembra carino stare insieme dopo tutto questo tempo. Ci sono tante cose da raccontare, non so neanche da dove cominciare esattamente”

 

Ron parve distratto e Harry sorrise notando che continuava a tenerlo d’occhio nonostante cercasse di fare l’indifferente “Certo, mi sembra ovvio”

 

“Ron, non ho niente in mente. Non sono come te”

 

Ron alzò la testa di scatto punto sul vivo “Io non ho un bel niente in mente, mi hai sentito bene?” Harry scoppiò a ridere e Ron sbraitò “Aaah, fa come ti pare, basta che adesso te ne vai via, brutto scocciatore che non sei altro!”

 

“Allora, buona giornata Ron” disse l’altro sorridendo beffardo.

 

Uno sguardo. “Vaffanculo Harry”

 

                                                                                         *

 

Erano passate almeno due settimane da quando Hermione era tornata e tutto sembrava procedere secondo la norma. Ogni mattina in ufficio alle otto e dieci, un caffè bollente, pratiche da sbrigare, giro di ricognizione, altre pratiche e infine di nuovo a casa. Niente che uscisse dall’ordinario.

 

Hermione e Ron avevano stabilito una perfetta intesa professionale, lasciandosi scappare ogni tanto qualche approccio più formale, e lavoravano in sintonia perfetta. Nessuno in ufficio li avrebbe mai detti amici d’infanzia.

 

Per quel poco di tempo che gli rimaneva Ron pensava anche a Susan. Certo, gli mancava molto, la faccetta allegra e rugosa che lo sgridava come un bambino, i suoi atteggiamenti materni e duri, il suo tono autoritario. Susan era una segretaria efficiente. Ma Hermione lo era ancora di più.

 

Ron si era sbalordito di come Hermione fosse riuscita in poco tempo a cogliere tutte le sue abitudini e non sgarrare di un passo, sempre puntuale e precisa. Il lavoro perfetto. Completo. Efficiente.

 

Quella mattina, come tutte le mattine, arrivò in ufficio alle otto e dieci pronto per la sua tazza di caffè e una full immersion tra le pratiche che accatastavano la sua scrivania. Pioveva. Pioveva e lui non riusciva a smettere di sorridere. Aveva incrociato Phil, l’addetto agli sperimenti in Trasfigurazione, e quando quello gli aveva chiesto perché fosse così di buon umore Ron aveva semplicemente alzato le spalle e indicato la finestra.

 

“Piove”

 

Doveva ammetterlo, Phil l’aveva guardato un po’ strano ma a lui non importava. Pioveva, chissenefregava del resto!

 

Si chiuse nel suo ufficio rilassandosi completamente contro la sedia e tornando ad ascoltare la pioggia picchiettare sui vetri come una melodia. Tutto nell’ordinario. Ma quella mattina gli sembrò di essere tornato un ragazzino, lo stesso ragazzino che si emozionava per una partita di Quidditch e per qualche nuovo trucchetto di Fred e George.

 

Era felice. Si sentiva bene. Pioveva.

 

Dandosi mentalmente dell’idiota tornò a lavorare sulle solite carte, che a dire la verità sembravano essere sempre le stesse e magari le rifirmava ogni giorno senza accorgersene. Dopo qualche minuto fece capolino dalla porta Hermione.

 

“Posso, signore?”

 

“Certo” Ron le fece cenno di venire avanti e la guardò camminare dritto davanti a sé con quei tacchi ai piedi, completamente non da vecchia Hermione. Ron l’ascoltò mentre parlava fluidamente di qualcosa che sicuramente riguardava il lavoro non potendo fare a meno di passare gli occhi su tutto il suo corpo prima di portare di nuovo la sua attenzione sul suo viso.

 

“…e poi sono andata da Anna e ho chiesto se aveva altro lavoro da fare, mi ha dato altri fogli da compilare e sono già tra questi qua, ma ancora non ho finito quelli di Martin perché stava ultimando un ultimo esperimento e ho aspettato che terminasse, quindi qui c’è il lavoro di tutto il Dipartimento tranne quello della sezione su le Arti Oscure”

 

Ron prese il pacco di fogli tra le mani cominciando a sfogliarlo e a rileggerlo velocemente “Benissimo”

 

“C’è altro che posso fare per lei, signore?”

 

Ron non alzò gli occhi dal lavoro ma disse col tono più serio che potesse adottare “Indossare una gonna più lunga”

 

La sentì rimanere in silenzio a lungo prima di parlare con un tono incredulo “M-mi scusi?”

 

Ron alzò finalmente lo sguardo su di lei ed annuì “Indossare una gonna più lunga. Mi sta distraendo tutti i dipendenti, se non ci fosse lei a fare il lavoro di tutti saremmo in rovina”

 

Hermione rimase spiazzata ma non disse niente, esitò un po’ ma gli girò le spalle e si incamminò verso la porta. La voce di Ron la richiamò quando aveva appena appoggiato la mano sulla maniglia e si voltò di nuovo.

 

Ron abbozzò un sorriso “Agganci anche un bottone in più a quella camicia”

 

La vide uscire un po’ insicura e chiudersi la porta alle spalle. Ritornò a leggere i fascicoli che teneva tra le mani con un sorrisetto sulle labbra scotendo la testa. Neanche un minuto dopo Hermione rientrò nella stanza chiudendo la porta con la schiena e camminò a grandi falcate verso la scrivania di Ron dove lui la guardava sbigottito.

 

“Lei mi sta guardando!”

 

Ron spalancò gli occhi stupidito “Prego?”

 

Hermione aveva un’aria piuttosto frustrata e smaniosa, si passò più volte le mani tra i capelli parlando “Lei mi sta guardando! Per questo si è accorto che la mia gonna è troppo corta per i suoi standard e la mia camicia troppo aperta! Non avrebbe potuto notarlo se non mi avesse guardato! Lei mi sta guardando!”

 

Ron inarcò un sopracciglio e incrociò le mani tra loro appoggiandovisi con il mento, i suoi occhi fissi su di lei “Io sono un uomo e lei è una donna affascinante, non è più una ragazzina e con questo deve farci i conti. Se riesce a distrarre il suo Capo può solo immaginare l’effetto che ha sui suoi colleghi”

 

“Lei…” ripartì rabbiosamente, calmandosi subito dopo con uno sguardo sconcertato “…io…io sono una donna affascinante?”

 

Una risata. La sua risata. Ron scosse la testa senza smettere di sorridere e le fece un cenno col capo “Chiuda la porta”

 

Hermione lo guardò dapprima con gli occhi sgranati ma poi decise di fare come le era stato detto e tirata fuori la bacchetta sigillò la porta. Ron si alzò dalla sua postazione e lentamente le girò intorno senza lasciare il suo sorriso, la vide chiaramente arrossire e innervosirsi ma non ci diede peso.

 

“Dimmi perché non pensi di essere una donna che merita delle attenzioni”

 

I suoi occhi castani si spalancarono dalla sorpresa e l’istinto di tirarsi la gonna un po’ più giù sulle gambe scoperte le venne irrefrenabile. Si lisciò la camicia schiarendosi la gola e tornò a incrociare lo sguardo con gli occhi chiari e limpidi di Ron. Barcollò.

 

“Io…non lo so. Nessuno mi aveva mai detto…non lo pensavo e basta

 

Ron sorrise maliziosamente guardandola di nuovo. “Nessuno ti ha mai detto di essere una bella donna? Ma dove sei stata?”

 

“Siamo passati a darci del tu?” chiese lei senza smettere di guardarlo in faccia. Ron roteò gli occhi con quel sorrisino strano che gli curvava le labbra piene e rispose quasi divertito dalla situazione.

 

“Sì, siamo passati a darci del tu”

 

Hermione inarcò un sopracciglio “Ron, stai…stai per caso flirtando con me?”

 

Un ghigno. Un’alzata di spalle. “Può darsi di sì…come può darsi di no. Tu cosa credi che stia facendo?”

 

Si trovò di nuovo spiazzata ma uno strano sentimento si fece largo in lei. Non seppe dire se fosse paura o semplice eccitazione. Arretrò di un passo. “Credo che tu stia facendo del terrorismo psicologico, e questo non è corretto”

 

Ron non riusciva più a fermarsi. Provocarla era troppo stimolante per lui. L’aveva sempre fatto fin da quando aveva undici anni. Ma ora, ora sì che aveva assunto un gusto particolare. Il gusto del proibito.

 

Fece due passi verso di lei costringendola ad alzare la testa per guardarlo negli occhi. Le loro labbra si schiusero automaticamente sentendo il calore dei loro respiri così vicini, si sentivano ribollire il sangue come se la vicinanza dei loro corpi avesse scatenato una violenta reazione chimica. La vide mordersi il labbro e si avvicinò ancora di più a lei, al suo viso. Alle sue labbra.

 

Il gusto del proibito. Si poteva assaggiare davvero il gusto del proibito? Proibito. C’è sempre una ragione valida per chiamarlo così, perché ci è assolutamente vietato. E nel suo caso ce n’erano almeno una decina di motivi.

 

Come si era avvicinato così si tirò indietro continuando a guardarla e sussurrò “Credo che sia meglio che torni al suo lavoro, c’è ancora molto da sbrigare”

 

Hermione fece un passo indietro guardandolo negli occhi come a volerci leggere dentro, completamente smarrita e irritata per non aver saputo mantenere il controllo ed essersi lasciata andare all’istinto arretrò fino ad arrivare alla porta. Uscì in tutta fretta, i suoi tacchi risuonarono per l’ufficio.

 

Ron la guardò uscire e sospirò tra sé scotendo la testa.

 

“Ron, sei veramente un’idiota vecchio mio!”

 

 

**

 

Çç lo so che lascio poche cosine da dire ma sono troppissimo impegnatissima in questo periodo. Volevo solo dirvi che stavolta…niente spoilerini XD, ve la faccio godere tutta in tutti i suoi pro e contro fino a che non vi ucciderete dalla curiosità! *cucising boccuccia* tanto ormai capite tutto da soli!!

 

Nana92, robby (ah stavolta non ti suggerisco niente! E’ un segreto!), Hermron, Saty( è un sollievo, di solito adulti non piacciono mai) , Karmygranger (ooc, suvvia, son passati dieci anni, si cambia XD), Angelikfire ( non ci credo! XD giuro puramente casuale, quel telefilm lo guarda mia mamma e io non ne so nulla), funnynurse, nischino11 (zia non dice nulla…zia vi fa soffrire stavolta), Johnny, Edvige86 (amora ma quante volte posti XDDD?!), amy(eh, vi piacerebbe che bastasse un episodio per raccontare tutto XD), killer, Hiromi, london04, lasagne80, fiamma90, greweasley90 (*cucising bocca* ^^)

 

Zia Funkia ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** The Taste Of The Forbidden ***


Da quando si era alzato quella mattina aveva deciso che non poteva andare a lavoro

                    HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

                            4. The taste of the forbidden

 

Can't focus I can't stop
You got me spinning round, round, round, round (like a record)
Can't focus it's too hot (inside)
You'll never get to Heaven, if your scared of getting high

 

                                                Kylie Minogue- Red Blooded woman

 

Da quando si era alzato quella mattina aveva deciso che non poteva andare a lavoro. Non se la sentiva semplicemente. Non per una ragione particolare a dire il vero, non per il troppo lavoro, non per la presenza di Hermione, non per le visite di Harry. Non ne aveva voglia. Aveva però una gran voglia di parlare.

 

E quando aveva voglia di parlare c’era solo una cosa che poteva fare.

 

Avvertì in ufficio dicendo che sarebbe passato tardi in serata a raccogliere tutto il lavoro. Era malato. Aveva la febbre. Che stupida scusa.

 

Senza indugiare oltre prese il cappotto appeso all’attaccapanni di casa e uscì nelle strade della città respirando l’odore di pioggia che aleggiava nell’aria. Quella sera sarebbe piovuto, ormai aveva imparato. Camminò come sempre tra la folla nevrotica, scansando le persone e avvolto tra i suoi pensieri.

 

Come un automa arrivò a destinazione. Una casa color del cielo. La casa di Ginny.

 

Si avvicinò alla porta un po’ incerto e esitò prima di bussare. Un colpo, secco, deciso. Una donna dai lunghi capelli ramati gli venne ad aprire rivolgendogli un sorriso gentile. Senza dire una parola lo fece entrare chiudendo la porta dietro alle sue spalle.

 

Ron conosceva la strada. Era una specie di protocollo, ormai.  Si sedette sul divano aspettando di essere raggiunto dalla sorella che sedette su una poltrona davanti a lui aspettando che fosse il primo a parlare. Uno sguardo. Ron non seppe da dove cominciare. Non sapeva mai da dove cominciare, onestamente, ma questa volta non sapeva neanche dove stava il problema.

 

Ginny gli venne incontro vedendolo così smarrito “Comincia pure da dove ti pare Ron, sono qui e ti ascolto”

 

Ron alzò brevemente lo sguardo su di lei e si umettò un labbro tornando a concentrarsi su quale potesse essere effettivamente il problema. Perché diciamocelo, non ne aveva. O non ne aveva o non li vedeva. Una delle due.

 

“Ecco, io non so neanche perché sono venuto qui stamattina. Mi sono semplicemente alzato e non mi sentivo di andare a lavoro”

 

Ginny sorrise carinamente “E’ comprensibile”

 

“Lo è?” chiese lui sorpreso sentendosi del tutto un’idiota per non essere andato a lavoro soltanto per un presentimento.

 

“Lo è. Capita a tutti di alzarsi e avere la sensazione di dover rimanere a casa, siamo solo troppo confusi per poterci concentrare su qualcosa e ci serve del tempo per riflettere.”

 

Ron guardò curiosamente la sorella, il suo sguardo sembrava così stanco ma allo stesso tempo pieno di comprensione “Io non mi sento confuso” disse lui sinceramente.

 

Ginny lo guardò dritto negli occhi “Qual è veramente il tuo problema, Ron?” non rispose rimuginandoci su “Ti senti confuso adesso?”

 

“Sì”

 

Ecco, si disse. Ecco il motivo per cui andava sempre da sua sorella quando le cose non andavano. Ginny avrebbe dovuto fare la psicologa. Lei e solo lei poteva trovare in un istante cosa c’era che non andasse in lui, solo lei poteva trovare la soluzione con un battito di ciglia. La soluzione ad un enorme enigma chiamato Ron.

 

Ron si passò una mano sulla barba incolta “Sto pensando molto ultimamente”

 

Ginny non parve sorpresa, se ne rimase ferma col suo sorriso calmo “Sì?”

 

“Sì” rispose lui lentamente rielaborando i suoi pensieri “Penso, penso che la vita che facciamo ultimamente sia diventata noiosa. Penso di aver bruciato tutto ciò che un tempo riusciva a stimolarmi”

 

“Ma adesso Hermione è tornata, non è vero?”

 

Ron alzò lo sguardo su di lei sbalordito e si chiese come poteva rimanere così tranquilla dopo un’affermazione del genere, come poteva starsene lì come un oracolo senza emozioni. Ginny guardò fuori dalla finestra.

 

“Da quando è tornata i tuoi pensieri si sono moltiplicati, non è così Ron?”

 

Lui scrollò le spalle “Penso sia normale. Facciamo una vita monotona, ogni giorno la stessa identica cosa, gli stessi orari, gli stessi posti. E’ normale che quando qualcosa cambia ti tocca particolarmente”

 

“Giusta osservazione”

 

Ron la guardò inespressivo “Come sei diventata così saggia?”

 

Ginny lasciò la finestra per guardare di nuovo il fratello. Sorrise malinconicamente rannicchiandosi sulla poltrona. “In questi anni ho avuto molto tempo per pensare”

 

E per pensare abbiamo bisogno di stare da soli. Pensare vuol dire trovarsi un momento di solitudine. E Ron sapeva che i momenti di solitudine di Ginny se li era ricreati da sola sfuggendo alla presenza del marito.

 

C’era una cosa che aveva sempre voluto sapere da lei. Una cosa che davvero non riusciva a spiegarsi, che per quanto razionale potesse essere non aveva una risposta altrettanto logica. La fissò negli occhi.

 

“Perché hai sposato Mark?”

 

La vide stringersi nelle spalle con un sorriso sconfitto. Gli sembrò quasi che da quando era entrato la sua espressione non fosse cambiata di un attimo. C’erano i suoi occhi. I suoi occhi comunicavano tutto quello che ci sarebbe stato da sapere.

 

“Perché lo amavo” rispose lei semplicemente.

 

Ron parve rifletterci un attimo “E adesso? Adesso non lo ami più?”

 

Ginny rise leggero come quando i bambini ti fanno sorridere con le loro domande ingenue. Si umettò un labbro lisciandosi la gonna “Non è che non lo amo più, Ron, è che lo amo di meno. Semplicemente si cambia con il tempo e ci si rende conto degli errori commessi quando è ormai troppo tardi. Io amo mio marito ma non più come prima, è più affetto che altro”

 

“Ma non sei felice, giusto? Perché non lo lasci e basta, Ginny? Puoi avere una vita davvero felice, sei ancora giovane e hai tante opportunità davanti a te”

 

Un sospiro. “Sono sposata e in quanto tale ho dei doveri nei confronti di mio marito, prima su tutto ho giurato di rispettarlo. Lasciarlo per avere una vita migliore è una mancanza di rispetto. E sono una mamma, Ron, sono una mamma di due splendidi bambini che hanno tutto il bisogno di una famiglia”

 

Ron non rispose. Si limitò a vagare con la mente rielaborando tutte le nozioni appena espresse cercando di arrivare ad una conclusione. Si passò una mano tra i capelli. Si sentiva così fragile e suscettibile in quel momento, ne ebbe paura.

 

“Tu lo sai qual è il mio problema, Ginny?”

 

Gli sorrise dolcemente. “Sì”

 

Ron le prestò la sua completa attenzione curioso di essere analizzato da lei come sempre “Qual è?”

 

Ginny scosse la testa “Non posso essere io a dirtelo stavolta, rischierei di mettere più confusione di quanta già non ce ne sia. Lo capirai con il tempo”

 

Ron si alzò dal divano e camminò a passo lento verso di lei. Si abbassò sulle ginocchia e posò la sua grande mano su quella piccola e graziosa di Ginny senza smettere di guardarla negli occhi. La sua voce uscì come un sussurro.

 

“Ti voglio bene, lo sai questo, vero?”

 

Ginny riportò lo sguardo sulla finestra annuendo, i suoi occhi castani si stavano riempiendo di lacrime. Ma non singhiozzò. Non piangeva mai lei. Lacrimava e basta.

 

Lo scatto della porta d’ingresso li riscosse entrambi e poco dopo l’alta figura di Mark fece la sua apparizione sulla soglia del soggiorno. Guardò Ron sorpreso di trovarlo lì ma gli rivolse un sorriso rilassato. In qualche passo li raggiunse e posò un bacio sulla fronte di Ginny che stiracchiò un sorriso umido.

 

“Non pensavo di trovarti a casa” disse onestamente lui. Ron non se ne stupì neanche tanto, in cuor suo sapeva che se non fosse stato per lui Ginny si sarebbe dileguata da casa prima che tornasse il marito. Ormai era abitudine.

 

Ginny gli accarezzò una mano che teneva lungo il fianco “Non avevo molto da fare oggi e Ron è venuto a trovarmi.”

 

“Certo” disse Mark ricambiando la stretta, sorrise a Ron “Come va, Ronald? Tutto bene?”

 

Ron si alzò in piedi e gli strinse la mano per salutarlo. Erano sempre rimasti molto informali tra loro. In un certo senso Ron si era sempre sentito come traditore nei confronti di Harry nel prendersi confidenza con Mark.

 

“Si va avanti, come al solito. Niente di particolarmente eccitante o sconvolgente”

 

Mark annuì scambiando qualche altra parola di circostanza “Mi hanno detto che in ufficio va tutto a meraviglia. State progettando altre formule?”

 

“Ultimamente siamo più concentrati sugli effetti di alcuni incantesimi in collaudo. Abbiamo avuto un paio di imprevisti, piccoli incidenti, ma niente di cui preoccuparsi. Alla fine niente di nuovo”

 

Ginny si intromise rivolgendo un sorriso al marito “Hermione lavora per Ron adesso. Ti ricordi di lei, vero? Te ne ho parlato a lungo”

 

“Sì. Sì, mi ricordo, è la tua amica del liceo. Credevo si fosse trasferita definitivamente a Vienna, non era impegnata in un prestigioso lavoro?”

 

Ron fece una smorfia insofferente verso la sorella “Lo era, si è licenziata più di un mese fa. Ad ogni modo è meglio che vada, non vorrei disturbare ulteriormente visto che per una volta siete entrambi a casa. La vita frenetica che abbiamo non ci lascia neanche cinque minuti per stare insieme, eh”

 

Mark sorrise annuendo fortemente “E’ proprio così, pensa che io e Ginny non riusciamo mai a stare insieme! E’ da un sacco di tempo che non passiamo una giornata noi e i bambini, sembra quasi di non essere più una famiglia”

 

Ginny sventolò una mano come per scacciare una mosca “Ma che stai dicendo, amore, certo che siamo ancora una famiglia. Anzi perché non vai di sopra a rilassarti, ti raggiungo appena ho finito di parlare con Ron”

 

L’uomo le diede un veloce bacio sulla fronte e sospirando pesantemente si trascinò su per le scale salutando Ron con la mano. Non appena scomparve dalla loro vista Ginny si voltò annoiata verso il fratello “Era proprio necessario?”

 

Un sorriso beffardo. “Era proprio necessario parlare di Hermione? Andiamo, dì la verità, ti sei divertita a tirarla fuori per vedere la mia reazione. Ti ho reso pan per focaccia, mia cara”

 

Ginny scosse la testa divertita “Pensa bene al tuo problema, Ron. Pensaci”

 

Ron si diresse verso la porta d’ingresso seguito da lei. Una mano sulla maniglia. Uno sguardo verso di lei. Un’espressione seria, quasi grave.

 

“Anche tu Ginny, pensaci anche tu”

 

 

                                                                                  *

 

Aveva passato tutto il pomeriggio a giro per il centro. Non aveva voglia di starsene rinchiuso a casa, né tanto meno di spendere del tempo in qualche ufficio o peggio da sua madre. Povera donna, sua madre, buona come il pane ma veramente logorroica.

 

Aveva mangiato un Hot Dog da un baracchino forse abusivo. Gli piacevano gli Hot Dog. Si domandò perché non ne mangiava mai se alla fine gli piacevano così tanto. Ne aveva mangiato un altro.

 

Il cielo era ancora nuvoloso ma non una goccia era ancora caduta. Avrebbe piovuto. Lui lo sapeva. L’aveva annusato nell’aria quella mattina. L’aria era fresca e frizzante quando stava per piovere, aveva un odore particolare, forte e deciso, che spesso percepiamo solo nei boschi per la terra bagnata e i tronchi che hanno assorbito la pioggia. Lui ci sperava nella pioggia, camminare nella pioggia era fantastico.

 

Camminando tutto il pomeriggio per il centro si ritrovò verso le sette e venti a dare un’occhiata verso Ben. Il lavoro. Con uno sbuffo annoiato si ricordò di dover passare in ufficio a ritirare il lavoro di un’intera giornata. In fondo era vicino, cinque minuti massimo dieci.

 

Arrivò lentamente davanti al Ministero e come sempre entrò velocemente. Ascensore, secondo piano, quarta porta a sinistra. Come aveva previsto le luci erano già tutte spente, i dipendenti già a casa. Come si poteva biasimarli, era venerdì.

 

A passo calmo si avviò verso l’ufficio con il cappotto su un braccio e aprì la porta rimanendo in un primo momento sorpreso di scorgere una figura dietro alla sua scrivania china su dei fogli.

 

“Miss Granger!”

 

La donna balzò su spaventata urtando la piccola lampada a olio che cadde a terra spengendosi e lasciandoli tra l’ombra. Rimasero un attimo in silenzio a fissarsi senza sapere bene cosa dire, entrambi sorpresi della presenza dell’altro. Hermione si alzò dalla sedia di scatto e lasciò la scrivania torturandosi le mani in grembo. Ron la fissò stupito senza riuscire a muovere un muscolo.

 

“Signor Weasley, pensavo che sarebbe passato più tardi”

 

Ron aggrottò la fronte “Che ci fa in ufficio a quest’ora? Sono già andati via tutti”

 

Hermione si morse il labbro appoggiandosi alla scrivania e arrossì leggermente “I-io… pensavo che stesse male e quindi stavo… la stavo avvantaggiando sul lavoro”

 

Due passi. Una porta chiusa. Ron si avvicinò a lei a bocca aperta “Credevo di averle detto che non fosse di sua competenza. Io… la ringrazio, ma non era necessario che si fermasse oltre l’orario di lavoro per fare dei compiti che spettano a me”

 

Hermione si piegò per prendere i fogli scritti che giacevano dalla parte opposta del tavolo “Sì, lo so ma non avevo niente in programma stasera e comunque non mi pesa. Ecco, ho compilato ques…”

 

Lasciò cadere lì la frase. Voltandosi si era ritrovata Ron davanti a una distanza minima, le sue gambe erano completamente pressate contro la scrivania e le difese al minimo. Hermione rilasciò tutta quell’inutile carta sulla scrivania, sentendo il respiro caldo di Ron sulle sue labbra. Respirò profondamente.

 

Ron non seppe dire cosa gli fosse preso. Aveva lasciato il giaccone su una sedia e si era avvicinato a lei. Pericolosamente e senza pensare. Lasciò cadere lo sguardo sulle sue labbra che lei morse senza accorgersene. Non resistette più, tra la penombra della stanza la sagoma di Hermione era troppo eccitante per essere ignorata. Si chinò su di lei a baciarla. Intensamente, caldamente, passionalmente.

 

Allora ce lo aveva veramente un sapore il gusto del proibito.

 

Ron non si fece nessuno scrupolo quando la sentì ricambiare con fervore forse anche maggiore del suo e afferratala per le cosce la sollevò fino a farla sedere sulla scrivania. Trovando la gonna veramente attillata di Hermione come un impedimento, la fece scorrere su per le sue gambe snelle fino a che non riuscì a posizionarsi tra esse.

 

Un gemito sommesso si levò dalle labbra di Hermione e la camicia di Ron scivolò sul pavimento. Le sue spalle. Le sue spalle così ampie e scolpite. Il suo petto così forte e seducente. Hermione lambì con le labbra le sue ampie spalle passando le mani sul petto sentendo i muscoli contrarsi al suo tocco, mentre Ron le strappava letteralmente la camicetta e la giacca di dosso.

 

Sospiro. Gemito. Sospiro.

 

Ron affondò una mano tra i suoi capelli scendendo a baciarle il collo facendole reclinare la testa indietro, famelicamente e vogliosamente. Lei si aggrappò alle sue spalle affondandovi le unghie e sospirò rumorosamente.

 

“…Ron…”

 

Ron spinse il bacino verso quello di Hermione in un movimento involontario e la sentì fremere, il suo respiro affannato. Sganciò velocemente la cintura continuando a baciarla e lasciò che i pantaloni gli arrivassero alle caviglie, con una mano liberò la scrivania e vi adagiò Hermione.

 

“Da quant’è che non…”

 

Hermione respirò affannosamente, il suo petto si alzava e si riabbassava a una velocità folle “Qualche mese…tanti mesi…troppo tempo…”

 

Ron annuì piegandosi completamente su di lei. Era così strano stare lì a quel modo, baciandosi famelicamente e febbrilmente. Spogliandosi. Amandosi. Unendosi.

 

Si mosse in lei dapprima lentamente fino ad aumentare il ritmo progressivamente, sentendola gemere sotto di sé sempre più forte, le sue unghie conficcate nella pelle della schiena. Hermione. Hermione era tornata. Hermione era tornata e lui la stava facendo sua.

 

Con un gemito più acuto da parte di entrambi si lasciò andare su di lei. La pelle sudata si appiccicava insieme, come se fossero destinati a rimanere incollati per sempre. I respiri affannosi erano l’unica cosa che si sentiva in tutta la stanza. Quasi l’unica.

 

“La sentì anche tu?”

 

Hermione si voltò verso Ron con la fonte aggrottata e il respiro ancora irregolare “Che cosa?”

 

Ron appoggiò la fronte contro la sua. “Piove”

 

**

 

Ragazzi, mi dispiace un casino ma mi tocca postare anche stavolta senza i ringraziamenti perché il pc mentre ero a metà ha deciso di chiudermi il file e non farmelo più riaprire…valli a capire i computer!!

Constatando che più o meno volete tutti sapere la solita cosa XD vi dico solo che c’è ancora da aspettare un capitoletto e poi tutto l’alone misterioso che avvolge Ron sarà svelato! Promessissimo!!!

 

Mi piange il cuore çç mi ero pure impegnata nei ringraziamenti stavolta…uffa!!!

 

Grazie a Karmygranger, funnynurse, robby, fiamma90, Edvige86, Amy, Mione90, PazzaWendy, lasagne80, Saty, greweasley90, hermron, Nana92, Nischino11, Nunki, GiulyWeasley e Joannadellepraterie

 

Zia Fufù (Funkia ^^)

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Mistakes And Discovers ***


Quella mattina Ron sedeva sul letto con il volto tra le mani sapendo di aver fatto qualcosa di tremendamente sbagliato

 

                    HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

                            5. Mistakes and discovers

 

Girl, I know I cheated on you before
I can't say I won't do it again
What would I do without you                       

                                                                      Cheat- Marques Houston

 

Quella mattina Ron sedeva sul letto con il volto tra le mani sapendo di aver fatto qualcosa di tremendamente sbagliato. Poteva solo ringraziare che fosse sabato. Il sabato l’ufficio era chiuso. Perché rientrare in quell’ufficio avrebbe comportato ricordare di aver fatto qualcosa di veramente, esageratamente sbagliato. Per tre volte.

 

Si chiese per un momento dove diavolo fosse finito il suo cervello solo qualche ora prima, quando si era fatto Hermione sulla sua scrivania. Per tre volte. Cosa diavolo c’era che non funzionava in lui? Era stupido o cosa?

 

Sospirò pensando a Ginny. Adesso sì che l’aveva trovato un problema a cui pensare. L’aveva creato lui. Stupido.

 

Alzò lo sguardo blu scrutando al di là del vetro che dava sulla città. C’era il sole. Non si prospettava mai niente di buono quando c’era il sole e questo non faceva che buttarlo ancora più giù del dovuto. Si stese di nuovo sul letto. Quella era una classica mattinata in cui si doveva rimanere a letto, sfuggendo a tutte le catastrofi che implicherebbe alzarsi e stare a contatto col mondo.

 

Si sentiva male. Moralmente e fisicamente. Non era da lui comportarsi in quel modo, d’accordo a scuola era un genio per trasgredire alle regole e infrangere qualsiasi norma ma adesso non si trattava di sgattaiolare per i corridoi di notte per arrivare alle cucine. Adesso era un uomo.

 

Che razza d’uomo.

 

Doveva assolutamente parlare con qualcuno. In quel periodo non faceva altro. Ma non poteva andare da Ginny stavolta, non poteva raccontarle quello che aveva fatto, non a lei. Gli serviva Harry. Gli serviva il suo amico Harry, che doveva ascoltarlo e farlo ragionare.

 

Avrebbe dormito altri dieci minuti e poi sarebbe andato da Harry.

 

                                                                                       *

 

Ron camminò a passo svelto lungo le vie di Londra. Altro che dieci minuti, aveva dormito due ore ed era quasi ora di pranzo. Poco male, si stava auto-invitando a casa di Harry che sicuramente si stava preparando a ordinare cibo cinese.

 

Svoltate un paio di strade si trovò davanti alla familiare palazzina. Kessy, la portinaia, stava dando lo straccio lungo l’ingresso ma non mancò di salutarlo facendogli cenno di passare. La ringraziò cordialmente e salì di tutta fretta le scale arrivando in pochissimo tempo al terzo piano.

 

H. Potter. Bussò.

 

L’amico venne ad aprire la porta solo dopo qualche secondo rivolgendogli un sorriso sorpreso ma contento, non gli diede nemmeno il tempo di parlare che si scaraventò dentro l’appartamento gettando il cappotto sul divano. Harry lo guardò interrogativo.

 

“Dobbiamo parlare” disse agitato passandosi una mano tra i capelli.

 

Harry alzò un sopracciglio “D’accordo. Stavo giusto per chiamarti e invitarti a pranzo a dire il vero…”

 

“Sì, bene” disse sbrigativo l’altro “Harry, stavolta ho combinato veramente un casino. Di quelli grossi però, non quelli stupidi e insignificanti, questo è davvero enorme”

 

Harry lo guardò interessato e si sedette sul bracciolo del divano facendogli cenno di andare avanti “Comincia a raccontare Ron, quando fai così mi spaventi”

 

Ron si passò di nuovo una mano tra i capelli al limite della frustrazione “Ieri non sono andato a lavoro, non chiedermi perché ma avevo questa bruttissima sensazione e me ne sono rimasto a letto. Non è la prima volta che lo faccio, ormai mi conosci. Solo che era venerdì e non potevo lasciare il lavoro in ufficio, dovevo finire delle pratiche per il weekend. Ho chiamato in ufficio dicendo di lasciare il lavoro come al solito sulla mia scrivania. Allora sono passato al Ministero e quando ho aperto la porta del mio studio chi ci ho trovato dentro?”

 

Harry cominciò ad avvertire un brutto presentimento “Chi ci hai trovato dentro?”

 

“Hermione! Hermione era lì e stava facendo il mio lavoro! Te ne rendi conto, stava lavorando oltre il suo orario in un ufficio completamente deserto!”

 

E questo sarebbe il problema?” chiese Harry stralunato.

 

Ron lo guardò male “Mi prendi in giro? Certo che no! Il problema è che io… lei stava lì davanti a me, l’hai vista che genere di vestiti porta adesso, e io non… insomma, Harry mi sono fatto Hermione nel mio ufficio!”

 

Harry sbiancò per un attimo cercando con tutte le sue forze di rimanere neutrale, fece una strana espressione che Ron non seppe interpretare “Ah. Beh, non ci vedo poi questo gran problema”

 

“Non ci vedi questo gran problema?! Harry, ti ho appena detto che mi sono scopato Hermione sulla mia scrivania e tutto quello che mi sai dire è che non ci vedi questo gran problema?! Come diavolo pensi che possa dirle che sono sposato!”

 

Un rumore di piatti infranti lo fece sobbalzare paurosamente e si voltò di scatto trovando Hermione a pochi metri da lui con un’espressione sconvolta e le mani tremanti, il pavimento cosparso di cocci. Ron allargò gli occhi a dismisura e si voltò terrorizzato verso Harry che sospirò sconsolato.

 

“Beh, così”

 

“Perché non mi hai detto che era qui?”

 

La voce di Harry uscì appena udibile “Ho cercato di fartelo capire quando… sono anni che mi conosci possibile che tu non riesca a capire quando ti guardo in un certo modo!”

 

Ron tornò a focalizzare la sua attenzione su Hermione che era rimasta come paralizzata a fissarli. La bocca semiaperta e le mani ancora a mezz’aria. La sua voce tremò.

 

Se-sei sposato?”

 

Ron chiuse gli occhi maledicendosi mentalmente. Avrebbe voluto sparire. Una voragine sotto i suoi piedi sarebbe stata molto gradita. Tutto piuttosto che dirle la verità. Si umettò un labbro. Annuì.

 

Hermione sembrò per un momento disorientata. Ron sentì chiaramente un peso al centro dello stomaco guardandola stare lì al centro della stanza con quell’espressione bianca e persa. Aveva sbagliato. Aveva commesso un errore enorme.

 

Hermione sembrò risvegliarsi e guardarlo lucida ma ancora un po’ scossa. Si mosse appena e schiarì la voce. “La…la conosco?”

 

Harry e Ron si scambiarono mortificati uno sguardo. Nessuno dei due avrebbe voluto dirglielo. Non a lei. Non ricordando il passato.

 

Hermione non era una persona stupida, conosceva fin troppo bene quello sguardo colpevole. Sette anni di scuola, sette anni di quello sguardo. Chiuse gli occhi cercando di calmare il battito che martellava nel petto.

 

“Chi è?”

 

Harry distolse lo sguardo e Ron fece un respiro profondo sussurrando appena “Lavanda”

 

Una lama d’acciaio nello stomaco. Ecco cosa l’aveva appena trafitta. Non c’era altro modo per descriverla, la sensazione appena ricevuta era stata di un dolore così acuto che non poteva che essere una lama affilata.

 

Un groppo alla gola. Un paio d’occhi scuri che cercando di respingere le lacrime. Hermione camminò a passo svelto verso la porta d’ingresso, come una furia, ma Ron fu più veloce di lei e riuscì a prenderla per un braccio.

 

“Lasciami stare!” urlò lei cercando di divincolarsi, non seppe più se fosse per rabbia o per dolore che le lacrime stavano scendendo copiose sul suo volto. Ron mantenne salda la presa su di lei.

 

“Hermione, aspetta un secondo… miseriaccia, lascia che ti spieghi…”

 

“Lasciami! Lasciami andare, Ron, maledizione!”

 

Ron la fissò esasperato “Non l’ho fatto con l’intenzione di ferirti! Non ci ho neanche pensato! Mi dispiace, io non so cosa mi sia preso! Ho agito d’impulso!”

 

Hermione si scrollò la mano di Ron di dosso e gli urlò contro rossa in volto “Ringrazia che sia io a non agire d’impulso adesso, Ronald, perché ti farei davvero molto male!”

 

“Ma cosa credi, che sia fiero di quello che ho fatto? Maledizione Hermione, ho tradito mia moglie!!

 

Hermione si zittì rimanendo a fissarlo negli occhi. Dopo qualche attimo Ron sospirò stancamente e tornando sui suoi passi si sedette sul divano affondando la faccia tra le mani. Lei lo guardò freddamente.

 

“Lavanda lo sa che sei qui?”

 

Ron alzò la testa per fissarla negli occhi “No. Lavora fino a tardi il sabato. Cosa ci sarebbe di male a stare qui poi, questa è casa di Harry”

 

Hermione sospirò “Giusto. Riformulo la domanda: Lavanda lo sa che lavoro per te?”

 

Ron respirò profondamente e voltò la testa altrove “Senti…”

 

“Ron, non posso crederci! Non solo hai mentito a me, ma anche a Lavanda! Lavanda ma come… no, non voglio saperlo. Preferisco pensare che tu ti sia rimbecillito tutto di un colpo”

 

Harry scosse la testa guardandola “Non è la Lavanda che conosci tu, Hermione, è cambiata. E’ stata l’unica ad essere rimasta sempre a fianco di Ron quando tu… beh, quando te ne sei andata”

 

Hermione si voltò nuovamente verso Ron stupita da questa nuova informazione, trovandolo mentre cercava di guardare ovunque tranne che nella sua direzione. Si morse furiosamente un labbro torturandosi l’orlo della maglia.

 

Hai…avete dei…”

 

Lui scosse la testa “No. No, noi non… Ginny è l’unica di noi ad avere dei bambini, a parte Bill

 

Hermione si sentì svuotata. Non sapeva più come reagire. Da una parte si sentiva felice, felice di aver saputo che Ron non aveva figli. Dall’altra si sentiva debole e triste per la consapevolezza di essere stata l’amante di un uomo sposato. “Perché l’hai fatto, allora? Se sei sposato perché sei stato con me? Se non volevi ferirmi perché non mi hai detto subito la verità?”

 

Ron la fissò. Non trovò altro da fare. Il suo sguardo profondo sembrava attraversarla. “Non… nella mia vita non pensavo che avrei mai tradito mia moglie, sinceramente non ne ho motivo. Lavanda è…è dolce, premurosa e non ti fa mancare niente. Ma tu, diavolo Hermione, tu mi fai sentire come non mi sentivo da anni, non mi sentivo così emozionalmente incasinato da quando ero un adolescente in piena tempesta ormonale. E io non riesco a pensare mentre ti sto vicino, agisco e basta!”

 

Hermione sorrise appena nonostante gli occhi lucidi “Non so se prenderlo come un complimento”

 

“Lo è” si intromise Harry con un sorrisetto “Ron non fa spesso di questi discorsi”

 

Ron gli mandò un’occhiataccia. Ammutolì e guardò Hermione. Entrambi sapevano che c’era ancora una domanda che doveva essere fatta. Ron la temeva, sapeva quale sarebbe stata la sua risposta. Non aveva scelta.

 

Le labbra di Hermione si curvarono in una strana smorfia “Cos’hai intenzione di fare adesso?”

 

Ron scosse la testa in segno di resa “E’ mia moglie, Hermione. Non posso lasciarla così…”

 

Lei annuì senza guardarlo. Ron si voltò verso Harry e con una muta richiesta questi lasciò la stanza lasciandoli da soli. Hermione lo vide alzarsi lentamente dal divano e camminare incerto verso di lei prima di circondarla con le sue forti braccia e affondare la testa nel suo collo respirando il suo profumo. Rimase immobile a sentirlo respirare contro la sua pelle.

 

“Ieri sera è stato… è stato fantastico, davvero. E credimi se ti dico che se potessi lo rifarei ancora ed ancora perché stare con te è meraviglioso e non mi riferisco soltanto al sesso, ma… ma io sono sposato, lo capisci questo?”

 

Hermione si morse un labbro “Quando ti ho visto in quell’ufficio dopo tanti anni ho pensato che forse c’era ancora qualche speranza per me di avere una vita come volevo, ma dovrei davvero smetterla di sognare ormai non sono più una ragazzina”

 

“No, non lo sei” sussurrò Ron “Sei una donna bellissima adesso”

 

Strinse i pugni sul suo maglione “Devi dirle la verità. Non tutta la verità. Devi dirle che ora sono qui e che lavoro per te”

 

“Mi dispiace, Hermione”

 

“Lo so”

 

“Non ho cercato di usarti”

 

“Lo so”

 

Silenzio. Il silenzio sembrò quasi assordante mentre entrambi vagavano con la mente. Quello che è stato spezzato a volte non si può più incollare insieme. Si commettono errori, continuamente. Ron seppe di averne commessi due. Due errori a cui si poteva dare un nome e un cognome.

 

Si staccò da lei raccogliendo il cappotto dal divano e lo mise in tutta fretta “Devo andare adesso. Ci vediamo in ufficio lunedì. Salutami Harry”

 

Hermione lo seguì con gli occhi “Ron?”

 

Due sguardi che si incrociano. Un sorriso triste. “Salutami Lavanda”

 

Annuì distrattamente e si chiuse la porta alle spalle. Per un attimo rimase immobile con la schiena appoggiata alla parete. Hermione riusciva sempre a sorprenderlo. Era stato con lei il giorno prima e adesso gli chiedeva tranquillamente di salutare sua moglie. Da pazzi.

 

Sospirò. Quella sera avrebbe dovuto parlare con Lavanda. Non era mai stato particolarmente bravo a mentire. Quello era un dono che avevano Fred e George. Avrebbe dovuto imparare e in fretta.

 

Quella sera avrebbe dovuto mentire a sua moglie.

 

                                                                                     *

 

Mentire e omettere la verità. Ron rifletteva su questi concetti da quando era tornato a casa e si era nuovamente buttato sul letto. Ne era convinto, fino a quel momento non aveva mai mentito. con Lavanda, né con Hermione.

 

Per mentire bisogna dire bugie. Mentire è dire il falso. Ma lui aveva sempre detto la verità.

 

Il suo peccato stava in quello che non aveva detto. Omettere la verità. Questo era quello che aveva fatto. Ed era quello che avrebbe continuato a fare perché in qualche modo doveva sopravvivere in quella situazione.

 

Lo scatto della porta d’ingresso lo riscosse facendogli voltare la testa in direzione del corridoio. Sentì uno sbuffo stanco provenire dall’altra stanza e il rumore di alcuni sacchetti posati sul tavolo. La voce di Lavanda gli arrivò in lontananza.

 

“Amore sono a casa, ci sei?”

 

Si umettò un labbro e deglutì pesantemente “Sì, sono qui”

 

Il rumore dei tacchi risuonò familiare nelle sue orecchie e in pochi secondi la slanciata figura di sua moglie apparve sulla soglia. Lavanda non sembrava affatto quella che era un tempo. La sua immagine frivola, fatta di vestiti cosparsi di fiocchetti e trucco fin troppo pesante per un’adolescente, era stata sostituita da una ben più matura e consapevole.

 

I capelli biondi, un tempo usati come la maggiore delle sue armi di seduzione, scendevano liberi sulle spalle esili come il suo corpo. Era una bella donna, senza dubbio, snella, alta e con un viso di porcellana. Gli occhi sembravano due diamanti azzurri, parevano brillare sul viso candido.

 

Con un sorriso dolce si avvicinò al letto e si sedette sul bordo togliendosi le scarpe. Ron si spostò verso di lei aspettando che si accoccolasse sul suo petto come era solita fare, cercando di ignorare il groppo alla gola che non lo lasciava respirare.

 

Sono distrutta, oggi a lavoro mi hanno veramente massacrato. Beato te che sei il Capo e non devi prendere ordini da nessuno, potessi farlo io. Tu cos’hai fatto oggi?”

 

Ron la fissò piatto “Niente. Sono stato da Harry per pranzo”

 

Le labbra di Lavanda si curvarono in un sorrisino divertito “Hai di nuovo dormito tutto il giorno, non è vero?”

 

“Sì” ammise Ron “Senti, c’è una cosa che devo proprio dirti”

 

Lavanda si mise più dritta e lo guardò curiosamente. Gli accarezzò il petto “Va bene, dimmi”

 

“Hermione è tornata” disse di getto curvando un po’ la testa nella sua direzione per guardarla meglio negli occhi, abbozzò un sorriso “E lo sai qual è la cosa assurda? E’ la mia segretaria!”

 

Lavanda rimase un attimo in silenzio alzandosi a sedere e scrutandolo in volto. Improvvisamente scoppiò a ridere portandosi una mano davanti alla bocca “Mi prendi in giro? Hermione Granger è la tua segretaria?! Ma se copiavi sempre da lei a scuola!”

 

Ron rise con lei alzando le spalle “Assurdo vero? Non riesco ancora a capacitarmene, insomma Susan entra e mi dice che va in pensione e che devo conoscere la nuova segretaria e mi ritrovo quella che un tempo era la mia migliore amica davanti! E’ stato uno shock!”

 

E perché è tornata? Credevo fosse partita per lavoro. Hai avuto modo di parlarci?”

 

Ron fu sollevato di vedere sua moglie così serena a riguardo “Sì e no, non abbiamo ancora parlato propriamente di tutto. Non so perché sia tornata non l’ha detto. Ma meglio così, il lavoro si sfoltisce molto di più con lei in squadra, dovresti vedere come lavora!”

 

Lavanda rise nuovamente “Sempre la solita vecchia Hermione. Ehi, perché non la inviti a pranzo? Sarebbe carino da parte tua e mi farebbe piacere rivederla”

 

Tonfo allo stomaco. Non c’è cosa più frustrante per un uomo di avere le due donne che ama nella stessa stanza. Ron alzò un sopracciglio “Sei sicura?”

 

Ma certo che sono sicura, Ron.”

 

“Sì, io… se capita le chiederò di venire… quando c’è poco lavoro magari, adesso siamo un po’ in arretrato”

 

Lavanda alzò un sopracciglio accarezzandogli il braccio pigramente “Ma se hai appena detto che con Hermione il lavoro si dimezza? Andiamo, non fare il burbero e invitala. Spero che tu non stia abusando di lei!”

 

Ron soffocò quasi. Si voltò terrorizzato verso la moglie. “Come scusa?”

 

“Sì, insomma, spero che tu non faccia come si sente dire in giro. Il Capo scorbutico e esigente. Non stai approfittando del fatto che adesso puoi essere tu a comandare lei, non è vero?”

 

Un sorrisetto sprizzò sulle sue labbra. “Beh…”

 

“Ron!” disse lei ridendo e tirandogli una pacchetta sulla spalla “Sei incredibile!”

 

Sto scherzando, te lo giuro. Cerco solo di essere il più professionale possibile e Harry non mi rende le cose facili presentandosi in ufficio almeno tre volte al giorno.”

 

Il sorriso di Lavanda si addolcì “Dev’essere bello per voi stare di nuovo tutti insieme, mh?”

 

Ron la guardò. La guardò nel vero senso della parola, scrutandola attentamente. Alzò una mano posandola dolcemente sulla sua guancia e si alzò su un gomito per arrivare a baciarla. La baciò gustandola a pieno, come un animale a cui si è tolto il cibo.

 

Lavanda si staccò lentamente da lui sghignazzando e guardandolo interrogativa. Ron la fissò intensamente.

 

“Ti va di fare l’amore?”

 

Lavanda lo guardò spiazzata. In anni di matrimonio non gli era mai arrivata una domanda del genere. Gli sorrise quasi imbarazzata e annuì.

 

“Sì. Sì che mi va”

 

“Bene”

 

Ron le prese il viso tra le mani e con un fervore che mai aveva manifestato con lei la baciò di nuovo, facendola stendere lentamente sul letto. Non pensava. Aveva trovato una momentanea soluzione ai suoi problemi: non pensare.

 

Con un sospiro spense l’abat jour sul comodino e si lasciò andare a quel turbinio di sensazioni che lo stavano avvolgendo lentamente. Il buio li avvolse piano piano, il silenzio interrotto solo da qualche sospiro pesante. Si sforzò di non pensare, tentò con tutte le sue forze, ma c’era soltanto una cosa che non riusciva a togliersi dalla testa.

 

Hermione.

 

 

**

 

Eccumi subito tornata da la fresca e ventilata Spagna e le sue meraviglie *zia deprimising* ora faccio come la pubblicità della crociera coste…ma che me l’ha fatto fare di tornare?!

** e pensare che a Barcellona ho anche visto Ron, Charlie e Fred (giuro erano come li descrive la Row nei libri, come me li immaginavo io) aaah que maravilla!!!

 

Me spera di aver fatto veloce a postare…sì, che son veloce ^^ dite la verità, che zia vi vuol bene!

 

Fiamma90, Nana92(no nessun pezzo perso XD sono io che corro), funnynurse (perfida e malefica oserei dire), greweasley, Mione09, Killer, nischino11 (te mi leggi nel pensiero -___- non c’è manco gusto a tenervi i segreti), robby, hermron, amy (se prima o poi mi muori io non me ne prendo la responsabilità, sappilo!) , saty(io non so bene come siano i rapporti tra fratelli…essendo figlia unica, spero di trattarli bene lo stesso…! Ah sì…’piove’…come mi piace mettere ste cose **) , Joannadellepraterie, Kaho_chan, PazzaWendy (magari avessi un Ron che mi adagia sulla sua scrivania…aaah), KarmyGranger, Edvige86 (so mica se abbia fatto tanto bene sai… ^^”), lasagne80, Mey( ti chiami come un mio personaggio dell’altra ff ** che bellu…solo che lei è May con la ‘a’! Diamo tempo al tempo ^^), angelikfire (oddio la tua recensione mi ha fatto morire XD tranquilla, succede! Grazie^^)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Insecure ***


Quella mattina era più fresca del solito, fuori ci doveva essere vento ma questo non sembrò preoccupare gli abitanti della città che di solito la domenica se ne rimanevano a casa a rilassarsi

                    HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

                                     6. Insecure

 

I don't believe that things are said and done
I only hope there's still time to be the one
we can work it out
If only you let me, oh

 

                                                   I promise you that- Westlife

 

Quella mattina era più fresca del solito, fuori ci doveva essere vento ma questo non sembrò preoccupare gli abitanti della città che di solito la domenica se ne rimanevano a casa a rilassarsi. Ron sospirò amareggiato guardando fuori dalla finestra mentre con una mano accarezzava i capelli della moglie che si era dolcemente accoccolata sul suo petto ancora nudo.

 

I suoi capelli. Biondi.

 

Guardando i fili d’oro tra le sue dita percorse con lo sguardo il suo braccio fino arrivare lentamente al viso candido di Lavanda. Non riusciva proprio a capire. Non riusciva proprio a capire come avesse potuto sposare una donna tanto diversa da Hermione.

 

Si maledisse mentalmente. Da quando era tornata non faceva che pensare a lei. Doveva smetterla.

 

Senza fare movimenti bruschi scivolò giù dal letto appoggiando il corpo della moglie sul suo cuscino. Si infilò i pantaloni e le scarpe e prese ad agganciarsi la cintura. Una voce delicata alle sue spalle lo riscosse.

 

Dove stai andando?”

 

Si umettò un labbro e sentì la gola stringersi “Da Harry”

 

S’infilò la maglia sentendo gli occhi di sua moglie puntati sulla schiena. Si avviò verso di lei per un bacio veloce e lasciatola lì in mezzo alle lenzuola prese le chiavi e uscì di casa.

 

Il suo passo era urgente, non gli capitava spesso di camminare di fretta. Adorava camminare e adorava godersi la passeggiata. Ma quella mattina non era in vena. Quella mattina il suo obbiettivo era uno e unico.

 

Ragionando razionalmente si rese conto di non avere tempo da perdere. Non voleva perdere tempo. Fece una cosa che in vita sua non aveva mai fatto: prese la Metropolitana. Controllando ripetutamente le stazioni e innervosito da un tizio poco distante da lui che sembrava non sapere dell’esistenza della doccia, batté un piede a terra ripetutamente.

 

Una volta sceso e travolto da un fiume di gente cercò di orientarsi e trovata l’aria aperta, svoltati due vicoli, trovò la sua meta. Rimase qualche attimo a guardare quella casa di un rosa pallido con delle orribili tende trinate. Erano anni che non metteva piede in quel quartiere.

 

Tremando appena si avvicinò alla casa e prima di bussare prese un bel respiro profondo. La donna che gli venne ad aprire gli lanciò un’occhiata curiosa con i suoi occhi castani che gli rimasero così familiari. Sorrise tra sé e si schiarì la gola.

 

“Buongiorno signora Granger, c’è per caso Hermione?”

 

La donna lo fissò un attimo di più poi tutto il suo volto si illuminò in un’espressione di chi ha appena capito “Ronald, sei proprio tu? Ah, sono passati anni dall’ultima volta che sei passato a trovarci”

 

Ron sorrise leggermente imbarazzato “Sì, io ho lavorato parecchio. Spero di non disturbare”

 

Ma no, no” si spostò dalla soglia con un sorriso gentile “Vieni entra, sei sempre il benvenuto. Hermione è in salotto, oggi non si sente tanto bene, è strana…” abbassò la voce protendendosi verso di lui “Detto tra noi credo sia per via di un ragazzo, fa sempre così quando è depressa”

 

Ron deglutì sforzando un sorriso sentendosi preso in causa e seguì la donna che gli fece strada verso la sala. Fu enormemente sorpreso di trovare Hermione seduta sul divano con addosso un pigiama felpato e un barattolo di gelato tra le gambe, la televisione accesa su un film d’amore strappalacrime. Molto più Hermione di quando indossava quei succinti abiti a lavoro.

 

La voce della signora Granger squillò per la stanza “Hermione, guarda chi è venuto a trovarti”

 

Appena lo sguardo di Hermione si posò su di lui i suoi occhi si dilatarono in maniera disumana, balzò in piedi a bocca aperta e si sistemò nervosamente i capelli in una pinza avanzando incerta verso di lui “Che ci fai qui?”

 

Ron si schiarì la gola imbarazzato dalla presenza della signora Granger e disse piano “Avevo…avevo voglia di vederti”

 

Hermione continuò a fissarlo incredula, abbassò lo sguardo imbarazzato sul suo pigiamone e si strinse con le braccia “Non era necessario, bastava aspettare fino a domani…”

 

La signora Granger si illuminò “Oh…oh voi vi frequentate?”

 

Ron scosse la testa e Hermione si dondolò sui piedi “No mamma, Ron…cioè, il signor Weasley… lui è il mio Capo”

 

Ron la guardò negli occhi “Possiamo parlare…” mandò un’occhiata alla donna a suo fianco “…in privato?”

 

Hermione annuì e gli fece cenno di seguirla su per le scale. Per Ron fu come fare un tuffo nell’infanzia, era stato poche volte a casa della sua amica e solo quando era un ragazzino. La vide mordersi un labbro tenendo la porta della sua camera aperta e vi entrò in fretta.

 

Hermione si avvicinò a lui chiudendo la porta alle sue spalle “Cosa devi dirmi di così importante da venire fino a casa mia?”

 

“Ieri sera ho fatto l’amore con Lavanda”

 

Lei lo fissò confusa “Ah. Beh, mi fa piacere che tu abbia questo bel rapporto con tua moglie ma non vedo perché…”

 

Ron scosse la testa frenandola “No, voglio dire… ieri sera ho fatto l’amore con lei mentre… mentre pensavo a te”

 

Stavolta lei lo fissò smarrita e rimase in silenzio per un po’. Ron sospirò frustrato chiudendo gli occhi e si passò le mani sul volto.

 

Perché me lo stai dicendo?”

 

“Perché non so cos’altro fare, Hermione, sto impazzendo. Da quando sei tornata non faccio altro che pensare a te, giorno e notte, a occhi aperti e chiusi, ovunque sia, con chiunque sia e qualunque cosa stia facendo”

 

Hermione arrossì appena e abbozzò un sorriso “E’ la dichiarazione più dolce che abbia mai ricevuto”

 

Ron stiracchiò un sorriso amaro e si sedette sul letto appoggiandosi coi gomiti sulle ginocchia. Hermione respirò profondamente e si sedette accanto a lui posandogli una mano sul braccio. Uno sguardo. Lo stesso sguardo che si erano scambiati quella sera. In un gesto veloce le labbra di Ron si incollarono a quelle di Hermione, la sua mano si posò delicatamente sulla sua guancia per attirarla più a sé.

 

Hermione rispose istintivamente ma aprì gli occhi di scatto quando sentì la pressione del corpo di Ron spingerla verso il materasso e si staccò dalle sue labbra ansimando quando la sua schiena toccò il letto.

 

“Ron, no! Lavanda…”

 

Ron respirò affannosamente contro le sue labbra, gli occhi blu puntati nei suoi “Non posso fermarmi, Hermione, non ci riesco”

 

Tornò a baciarla con impeto, le sue mani grandi scivolarono sotto il pigiama di felpa risalendo lentamente il suo addome e soffermandosi sui suoi seni. Hermione mugolò ma si staccò ancora una volta quando sentì le mani di Ron giocare col bottone del suo pigiama.

 

“Aspetta, aspetta, ci sono i miei di sotto”

 

“Chiudi la porta allora” rispose semplicemente lui.

 

“Guarda che i miei non sono sordi, non ci metteranno molto a fare due più due

 

“Faremo un incantesimo imperturbabile”

 

“Ron” disse implorante lei. Ron la guardò un attimo e sospirando si rialzò a sedere sul letto leccandosi lentamente le labbra umide dai baci. Hermione si alzò a sedere poggiando la schiena alla spalliera del letto e si morse un labbro guardando altrove.

 

“Tutto questo è sbagliato”

 

Ron la fissò vergognandosi di se stesso “Credi che non lo sappia? Lo vedi come mi sono ridotto, come un ragazzino arrapato che non riesce a stare cinque minuti senza la sua ragazza. Mi sento un’idiota”

 

Hermione si voltò verso di lui e alzò la voce “Forse perché lo sei, Ronald! Sei stato un’idiota ad essere venuto qui, avresti dovuto rimanere a casa tua con tua moglie a goderti la tua vita da uomo sposato, perché questo è quello che fanno le persone normali!”

 

Ron arrossì di rabbia “Oi, non puoi incazzarti con me per essermi innamorato di te!”

 

Rimasero entrambi sorpresi dalle parole di Ron. Lo sapevano entrambi, in fondo. Ma sentirlo dire era un’altra musica. Ron si avvicinò di nuovo a lei scivolando sul letto e con due dita le alzò il mento affondando gli occhi nei suoi.

 

“Non puoi arrabbiarti solo perché ti amo”

 

Gli occhi di Hermione si inumidirono “No…no, mi arrabbio perché ti amo anch’io”

 

Ron la fissò per un momento di più negli occhi finendo per abbassare la testa sconsolato. Sospirò. “Adesso sì che siamo in un immenso, gigantesco, infinito casino!”

 

Hermione si morse di nuovo un labbro trattenendo le lacrime, la sua voce uscì strozzata “Torna a casa, Ron, per favore”

 

Ron si alzò dal letto senza guardarla, continuò a morsicarsi un labbro non sapendo più come reagire e rimase immobile per qualche minuto. Hermione dal suo canto non sembrava per niente contrariata dal suo starsene immobile, evitava di parlare o di guardarlo.

 

“Lavanda… lei mi ha chiesto di invitarti a casa una di queste sere”

 

Hermione alzò sorpresa la testa verso di lui, i suoi occhi si allargarono stupiti “Allora… allora le hai detto di me?”

 

Lui fece un sorriso triste guardandola di sbieco “Nei limiti del possibile, sì”

 

Silenzio. Entrambi persi nei propri pensieri. Entrambi senza sapere cosa fare, come reagire. Alzarono minimamente la testa e i loro sguardi si incrociarono di nuovo. Incertezza. Paura.

 

Ron parlò di nuovo “Non sono sicuro di volere che tu venga”

 

Perché?” Una domanda. Semplice e senza doppi fini.

 

“Perché non so se sono in grado di avervi accanto entrambe e fare finta di niente. Lei non se lo merita, davvero Hermione, l’ho già fatta soffrire abbastanza in passato e non è il caso di ferirla di nuovo”

 

Hermione deglutì “Hai intenzione di chiudere con me allora?”

 

“No”

 

La sua voce le era arrivata calma alle orecchie. No. Non era possibile. La risposta giusta sarebbe stata un sì netto e deciso. Hermione alzò di nuovo lo sguardo su di lui che sembrava più determinato che mai. Ron sapeva cosa voleva, il solo problema era che tutto quello non era possibile.

 

“Odio doverlo dire Ron ma credo che tu debba fare una scelta. Non dirle niente e continuare a stare con me non le sarà certo benefico”

 

Ron sospirò un attimo “Non posso farlo”

 

“Devi”

 

“Mi serve tempo”

 

“So aspettare”

 

Ron la fissò brevemente cercando di capire cosa le passasse per la testa “Senti, Harry mi ha chiesto se ti va una cena con noi. Intendo io, te e Harry. Come ai vecchi tempi”

 

Hermione annuì con lo sguardo a terra “Certo che mi va”

 

“Bene”

 

“Bene”

 

Un sospiro. “Quando stavamo a litigare era dannatamente più facile, bastava ignorarti per il resto della giornata ed era fatta”

 

Hermione sorrise nostalgica “Potresti provarci anche adesso, Ron, non deve esserti così difficile”

 

“E’ impossibile ignorare la persona che si ama”

 

“Mi amavi anche allora, eppure ci riuscivi” Ron la fissò curioso mentre lei continuava a sorridergli saccente. Le ricordò per un attimo Ginny quando sembrava essere l’Oracolo di Delfi. Scosse la testa.

 

“Ero solo un ragazzino, adesso sono un uomo”

 

Hermione si alzò dal letto lentamente e quando fu più vicina lo abbracciò stretto appoggiando la testa contro il suo petto e facendo scorrere le mani lungo il suo corpo lasciandolo un po’ spiazzato. Inspirò il suo profumo con un sorriso sereno.

 

Rimpiango di non essere stata qui per vederti crescere Ron, deve essere stato uno spettacolo meraviglioso. Prima eri un ragazzo carino e un po’ goffo, adesso sei…”

 

Hermione fece una pausa come per pensare alla parola giusta e Ron le venne incontro “Cambiato?”

 

Lei rise “Sì. Sì sei cambiato ma non era quello che volevo dire. Adesso sei perfetto”

 

Ron rimase un po’ in silenzio sorpreso dalle parole di Hermione. Si cullò ancora affondando il viso nella spalla di Hermione e poi improvvisamente si tirò indietro dandole le spalle. Hermione lo guardò perplessa e lui respirò a fondo prima di fare un passo verso la porta.

 

“Devo andare”

 

Silenzio. “Sì. Sì, devi andare”

 

Un ultimo sguardo. Una porta che si chiude. Due cuori che si frantumano.

 

                                                                                            *

 

 

Era già passata una settimana dall’ultima volta che erano riusciti a parlare faccia a faccia a casa di Hermione. Ron lo sapeva, lei lo stava evitando con tutte le sue forze. Per tutta la settimana in ufficio non gli aveva rivolto parola se non strettamente necessario e in quelle occasioni teneva lo sguardo basso.

 

Ron sospirò a fondo quel noiosissimo venerdì pomeriggio, in tutto l’ufficio calma piatta. Si passò una mano tra i capelli arruffati e con uno sbadiglio si alzò dalla scrivania stiracchiandosi. Neanche Harry era passato a trovarlo per fare due chiacchiere, niente di niente. Pensò di dilettarsi un po’ curiosando i dipendenti che collaudavano nuovi incantesimi.

 

Aprì la porta del suo ufficio con svogliatezza ma quando alzò lo sguardo il cuore si fermò. Lavanda. Hermione. Lavanda e Hermione insieme sul fondo del corridoio. Sentì il suo corpo estremamente rigido e si trovò a stringere convulsamente la maniglia.

 

Lavanda alzò lo sguardo su di lui, sorrise e i suoi occhi azzurri si illuminarono. Sorriderle di ricambio fu una conseguenza, come la fu incrociare lo sguardo di Hermione un secondo dopo. Le due donne si avvicinarono.

 

“Ciao amore” disse gentilmente Lavanda salutandolo con un veloce bacio sulle labbra, Ron si sforzò di sorriderle senza guardare Hermione.

 

“Amore, che… che bella sorpresa!”

 

Lavanda sorrise alzando un sopracciglio e scosse la testa “Te l’ha mai detto nessuno che sei un pessimo bugiardo? Lo so che non ti piace avermi intorno per l’ufficio e infatti non sono venuta per te”

 

Ron sentì una fitta allo stomaco ma cercò di non dargli peso “Ah no?”

 

“No, sono venuta per Hermione”

 

Ron si voltò di scatto verso Hermione che sorrise in un modo che lui riconobbe essere falsissimo e annuì “Lavanda mi ha invitato a cena a casa vostra” improvvisamente parve risvegliarsi “Oh, mi scusi non volevo darle deltu’, non succederà più”

 

Ron sembrò imbarazzato dall’occhiata che gli rivolse Lavanda “Ti avevo detto di non approfittarti della tua posizione o sbaglio?”

 

Andiamo Lavanda, non posso trattarla diversamente dagli altri dipendenti! Non voglio sentire che faccio favoritismi o cose del genere!”

 

“L’unico motivo per cui ti fai dare del lei è perché vuoi sentirti apprezzato e vuoi far credere di essere un livello sopra agli altri ma con Hermione te lo puoi risparmiare, tanto lo sa già che sei un’idiota”

 

Ron la guardò male fintamente offeso e lei rise di gusto voltandosi verso Hermione.

 

“Non farci caso, facciamo sempre così”

 

Hermione sforzò di nuovo un sorriso “Devo proprio tornare a lavoro adesso, appena avrò un momento libero te lo farò sapere. Grazie dell’invito”

 

Lavanda annuì “E’ sempre un piacere Hermione”

 

Ron la guardò congedarsi e andarsene via. Finire il lavoro, come no, il suo lavoro l’aveva già consegnato due ore prima. Si voltò verso Lavanda, al suo fianco, e le sorrise appena. Lei lo guardò dubbiosa.

 

“Non ti sembra che abbia un’aria un po’ triste?”

 

Ron si sentì un verme. “Dici?”

 

Lavanda arricciò il naso e la guardò da lontano “Hermione è sempre stata un libro aperto, non ci si mette molto a vedere quando ha qualcosa che non va. Chissà, magari è successo qualcosa a Vienna. Ti ha raccontato qualcosa?”

 

“No” disse Ron scotendo la testa “No, a me no”

 

“Magari è per un uomo”

 

Ron maledì mentalmente il sesto senso di Lavanda per questo genere di cose. Dopo anni di scuola era talmente abituata a rielaborare pettegolezzi che era diventata un’esperta. Scosse la testa.

 

“Non credo, Hermione non è il tipo che si fa buttare giù da queste cose”

 

Lavanda lo fissò incerta. “No, non direi proprio. Mi ricordo bene quando andavamo a scuola, era sempre imbronciata quando… sei proprio sicuro di non saperne niente?”

 

Ron sorrise genuinamente “L’unica cosa che so è che mia moglie è gelosa di me e della mia segretaria”

 

“Non essere ridicolo! Non sono affatto gelosa… stavo solo, chiedendo ecco”

 

Ron annuì “Non hai niente di cui preoccuparti”

 

“Bene. Adesso devo andare, ci vediamo a casa” Lo salutò di nuovo con un bacio e stavolta Ron con un sorriso più convinto la salutò con la mano fino a che lei non si chiuse la porta dell’ufficiò alle spalle. Il sorriso sparì dalle sue labbra e il suo braccio ricadde al suo fianco continuando a guardare fissò il punto dove era uscita.

 

Scosse la testa tra sé “Che ipocrita…”

 

 

**

 

 

E’ tantissimo che non aggiorno e mi scuso *vergognising* è che davvero stavolta non mi usciva sto capitoletto, e infatti non è che sia venuto su proprio una meraviglia… ma non ci lamentiamo sennò qui stiamo sempre a criticare, accontentiamoci ^^

Grandi cose su questo chap non ci sono da dire, visto che alla fine si spiega da solo, tutti i segreti sono stati svelati, l’infarto ve lo siete preso XD direi che siamo a posto!

Grazie ancora a tutti!! Mi fa piacere che abbiate apprezzato Lavanda, a me personalmente fa una pena assurda çç povera, e mi è piaciuta l’idea di farla un po’ diversa, di farla ‘cresciuta’ come una donna sana di mente, ecco. Un’ultima cosa da dire è che voi siete veramente fissati col passato di Hermione… ma nel passato di Hermione non è successo proprio niente di eclatante XD

 

Nischino11 (hai capito tutto perché sei la perfidia fatta persona come la sottoscritta XD), angelikfire (la tua sì che è una domanda intelligente… non ne ho idea!! Pochi comunque), ginny89Potter, giulyweasley (nonna sadica mode on XD), amy (te mi preoccupi sempre di più, mentre leggo la tua recensione mi agito come te), saty (ho pensato che in fondo per quanto cretina fosse Lavanda doveva pur crescere un po’, no?) , Nana92, flyingstar16, mey (non so se Ginny voglia uccidere Ron, infondo lo capisce…) , Greweasley, lasagne80, edvige86 (non spoilero per nessuno stavolta XD), Ramona55, fiamma90, robby (viaggia, viaggia che dici cose interessanti XD), karmygranger, funnynurse, lola82, hermron

 

Un baciotto enorme!! Zia Funkia

 

 

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Capitolo 7
*** I'm Not Leaving You Now ***


Due bicchieri di Firewhiskey giacevano quasi pieni su un tavolinetto al centro della stanza

                    HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

                          7. I’m not leaving you now

 

Please forgive me
I know not what I do
Please forgive me
I can’t stop loving you
Don’t deny me
This pain I’m going through
Please forgive me
If I need you like I do
Please believe it every word I say is true
Please forgive me
I can’t stop loving you                                Bryan Adams- please forgive me

 

Due bicchieri di Firewhiskey giacevano quasi pieni su un tavolinetto al centro della stanza. Nella casa regnava il silenzio, Harry tamburellava ripetutamente un piede sul pavimento seduto a terra mentre Ron al suo fianco fissava con occhi vuoti il muro dalla parte opposta della stanza. Sembravano due perfetti idioti.

 

Harry si voltò appena verso Ron e facendo una smorfia riprese i due bicchieri dal tavolino e ne porse uno all’amico. Ron sospirò e senza staccare gli occhi dal muro lo afferrò e ne bevve un sorso enorme, cercando forse di affogarsi.

 

“Sono un’idiota”

 

Harry gli diede un altro sguardo di sbieco e sospirò. “Benvenuto nel club”

 

Ron scosse la testa “Non posso crederci. Tutto questo è assurdo. Ho sposato Lavanda per dimenticare del tutto Hermione. Hermione torna e in un secondo il mio matrimonio è crollato. Io amo Lavanda. E amo Hermione. Harry, cosa diavolo devo fare?”

 

Harry alzò un sopracciglio e lo guardò come se fosse pazzo “La donna di cui sono innamorato da anni mi ha lasciato quando ero ancora un adolescente e si è sposata con un altro da cui ha avuto dei bambini, e io ancora non riesco a dimenticarla. Pensi che possa darti dei consigli?”

 

“Ci siamo davvero ridotti così per due donne?”

 

“Tre” lo riprese Harry “Tu ne hai due adesso”

 

Una capocciata contro al divano. Due capocciate contro al divano. Un sospiro grave, rassegnato, sconfitto. “Non ricordarmelo per favore. Lavanda ha persino invitato a cena Hermione, questo sì che è grandioso!” disse con falso entusiasmo.

 

“Ieri ho visto Mark”

 

“Oh, bene” Ron si voltò di scatto non appena ebbe realizzato “Cosa?”

 

Harry sospirò di nuovo “Ho visto Mark. Si è sfogato con me, dice che le cose tra lui e Ginny non vanno bene e mi ha chiesto consigli su come far andare meglio le cose. A me. Non solo devo saperla con un altro ma devo pure fare da consulente matrimoniale. Fantastico”

 

E’ per questo che stai bevendo Firewhiskey?”

 

Cosa credevi che fosse, solidarietà?”

 

Un busso alla porta. Due sguardi che si incrociano. Ron inarcò le sopracciglia. “Aspettavi qualcuno?”

 

Harry scosse la testa ma si alzò in piedi e barcollando un po’ andò ad aprire. Ron buttò la testa indietro appoggiandola stancamente al divano e non si scompose neanche quando sentì la voce di Hermione salutare l’amico che ricambiò subito. Fu solo quando sentì uno strano silenzio che alzò la testa e si rimise in piedi raggiungendo l’amico alla porta, spalancò gli occhi quando dietro a Hermione scorse la sorella.

 

Harry la guardava ancora ad occhi sgranati e sussurrò piano “Ginny…”

 

Lei si limitò a sorridere timidamente ma con quel calore che la contraddistingueva sempre “Ciao Harry”

 

Hermione si schiarì la gola passandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e umettandosi il labbro inferiore “Avevamo detto di fare una cena insieme e ho incontrato Ginny per strada così ho pensato che magari… possiamo entrare?”

 

Harry si spostò dalla porta senza proferire una parola e le due donne entrarono silenziosamente. Ron e Harry si scambiarono uno sguardo. Il loro solito sguardo. Lo sguardo che urlava un sos gigantesco. Perché lo sapevano entrambi che dopo tutto quello che avevano bevuto le loro difese erano ridotte al minimo.

 

“Stavate… bevendo?” chiese incerta e un po’ incredula Ginny guardando la bottiglia di Firewhiskey ormai ridotta agli sgoccioli. Ron e Harry si guardarono di nuovo. Beccati. Hermione, al fianco di Ginny, si chinò un po’ e prese in mano un’altra bottiglia che giaceva completamente vuota sotto al divano.

 

“Ma quanto diavolo avete bevuto?”

 

Ron si schiarì la gola strappandogliela di mano “Ehm… era solo una serata tra uomini, tutto qui”

 

“Una serata tra uomini disperati?” disse Ginny alzando un sopracciglio “Ron, quante volte ti ho detto che affogare i dispiaceri nell’alcol non serve a niente, non puoi continuare a…”

 

“Non un’altra parola” la avvertì lui puntandogli un dito contro “Come se non avessi imparato da qualcuno a bere per sentirmi meglio! Come se fossi il solo a bere perché si è accorto di aver sposato la persona sbagliata!”

 

Tutti trattennero il fiato stavolta, calò di nuovo il silenzio. Ron si umettò un labbro evitando con tutte le sue forze di guardare verso Hermione e si passò stancamente una mano sulla faccia. Harry e Ginny si scambiarono uno sguardo veloce e abbassarono la testa senza dire niente.

 

“Forse… forse dovremmo cucinare qualcosa, mh?”

 

Harry, Ginny e Ron alzarono lo sguardo su Hermione che si stava sforzando di sorridere rigirandosi le mani in grembo. “In fondo doveva essere una cena tra noi, come ai vecchi tempi. Solo… solo noi quattro

 

Ginny sorrise appena e annuì “Giusto, ci penso io. Mettetevi pure comodi”

 

“Aspetta, ti faccio vedere dove stanno le cose” Harry le andò dietro sparendo dalla vista di Ron e Hermione che rimasero da soli in quel salotto a guardarsi ancora molto imbarazzati. Ron si schiarì di nuovo la gola e le fece cenno di accomodarsi, sedendosi poco distante da lei.

 

“Mi dispiace per quello che ho detto, io…”

 

Hermione alzò una mano scotendo la testa “Non è niente, Ron, non… non sono io a dover mettere parola sul tuo matrimonio”

 

“Beh, dovresti” Hermione si voltò a guardarlo negli occhi “Io non so più davvero cosa fare. Mi manchi, ogni minuto che non sei con me e so che è sbagliato, che non dovrei. Pensavo di averti dimenticato totalmente ma poi sei riapparsa e mi sono accorto che non era cambiato proprio niente”

 

Lei sorrise in evidente imbarazzo “Ron, non puoi dirmi queste cose. Sei un uomo sposato”

 

Ron la guardò rapito “E innamorato. Lo so che è da pazzi ma non posso farne a meno. Perché per una sera non possiamo tornare ad avere diciassette anni?”

 

“Ron” disse lei con un mezzo sorriso “A diciassette anni stavi già con Lavanda”

 

“Va bene, allora facciamo sedici”

 

“Ron…”

 

“Per favore” la implorò lui “Ti devo ancora una festa da Lumacorno. Lì non posso più portarti ma posso portarti alla festa di Harry, che si dà il caso che sia stasera proprio qui. E’ una vecchia rimpatriata tra compagni di scuola, ti va di venirci?”

 

Hermione rise “Ci sono già”

 

“Vedi, mi fai anche risparmiare sulla Metropolvere!”

 

Hermione gli prese una mano arrossendo un po’ sulle guance “Non hai più bisogno di fare colpo su di me”

 

Ron girò la mano fino ad intrecciare le dita con le sue, poi alzò serio lo sguardo su di lei e si umettò un labbro guardando verso la cucina. Si chinò su di lei ed abbassò la voce ovviamente preoccupato che gli altri potessero sentirlo “Senti, cerchiamo solo di contenerci davanti… davanti a Ginny e Harry, va bene? E’ la prima volta che si rivedono dopo anni e…”

 

“Ok” si morse un labbro guardando verso la cucina “Credi sia prudente che stiano da soli?”

 

 

                                                                                         *

 

“Pensi che sia stata una mossa intelligente lasciarli da soli?”

 

Harry, che era completamente assorto tra i suoi pensieri, si riscosse incrociando lo sguardo con Ginny. Le rivolse mezzo sorriso gettandosi un’occhiata alle spalle prima di scrollarle “Non lo so, non faccio più niente di intelligente da molto tempo ormai”

 

Ginny sorrise appena continuando a tirare fuori vari ingredienti dalla dispensa che Harry le aveva mostrato. Si voltò di nuovo verso di lui sentendosi osservata ma distolse subito lo sguardo quando constatò che effettivamente Harry la stava fissando ammaliato. La sua voce la richiamò.

 

“Ti trovo bene”

 

Frase di circostanza. Ginny sorrise politicamente e annuì appena squadrandolo un attimo. “Sì, anche tu”

 

Harry la sorprese ridendo e quando la vide corrucciare la fronte si spiegò “No io… io non sto affatto bene” disse con un sorriso sereno “Ma sono contento che sembri così, almeno non avrò gente che continua a chiedermi cosa c’è che non va”

 

Ginny lo guardò quiete per un po’ e poi disse con una voce bassissima “Perché in realtà c’è qualcosa che non va?”

 

Harry si appoggiò al ripiano della cucina con un fianco e incrociò le braccia al petto con un viso sereno “Nessuno ha una vita perfetta. Diciamo che soffro spesso di solitudine, ma alla fine non mi lamento, avrebbe potuto andarmi molto peggio. Sono sopravvissuto a una guerra, mi sento abbastanza fortunato in effetti”

 

E per come volavi avresti potuto romperti l’osso del collo” ridacchiò appena “Voli ancora?”

 

“No” una risposta secca “Ho smesso di fare molte cose che facevo prima. Ron dice che sto diventando noioso, suppongo abbia ragione”

 

Le labbra di Ginny si piegarono in una smorfia infelice ma per tutto il tempo della conversazione aveva usato la scusa di cucinare per non alzare gli occhi su di lui. Aggiunse un po’ di sale e puntò lo sguardo sul fondo della pentola.

 

“Come stanno i bambini?”

 

Ginny si voltò di scatto a guardarlo, le labbra schiuse e gli occhi scuri allargati dalla sorpresa. Balbettò “Con-conosci i bambini?”

 

Harry annuì semplicemente “Libby e Damian, certo. Ron li porta qui qualche volta, quando deve tornare in ufficio e Lavanda è ancora a lavoro. Pensavo lo sapessi”

 

“Tu guardi i miei figli?” chiese ancora più stupita lei “Loro… loro sanno chi sei?”

 

“Mi conoscono solo come Harry, l’amico di zio Ron. Libby mi fa sempre le treccine quando viene a casa, dice che i miei capelli sembrerebbero molto più domati” rise appena “Sono dei bravi ragazzi, non mi danno mai alcun fastidio”

 

Ginny richiuse lentamente la bocca e prese a mescolare con un mestolo di legno senza smettere di fissarlo. “I bambini non mi hanno mai detto niente su di te”

 

Lui scrollò le spalle “Probabilmente Ron gli ha fatto promettere di non dire nulla, sapeva che non ne saresti stata felice”

 

“Non mi crea problemi, avrei solo voluto saperlo”

 

Harry la guardò ancora facendo viaggiare gli occhi verdi lungo il suo corpo. Si umetto un labbro e chiuse forte gli occhi voltando la testa da un’altra parte. La sua voce stavolta uscì spezzata.

 

“Ieri ho visto Mark”

 

Di nuovo Ginny si voltò verso di lui completamente basita. Stavolta però non disse niente e aspettò che fosse Harry a raccontare.

 

“L’ho incontrato in un pub ieri sera, abbiamo scambiato due chiacchiere” Sia nella gola di Harry che in quella di Ginny si formò un nodo “Ha… ha detto che le cose non vanno molto bene a casa e mi ha- mi ha chiesto dei consigli…”

 

Ginny riportò il suo sguardo sulla pentola “E tu cosa gli hai detto?”

 

“La verità: che se avessi saputo come comportarmi con te non sarei ridotto in questo stato adesso”

 

“Non è colpa tua se… non eri tu il problema” disse mordendosi un labbro.

 

Silenzio. I ricordi che riaffiorarono. Due sguardi che si incrociano. Fanno così male i ricordi quando ci si accorge di aver preso la strada sbagliata, quando ci si rende conto che invece di svoltare avremmo dovuto proseguire dritto. Ginny socchiuse gli occhi controllando di tanto in tanto la pentola, Harry inspirò profondamente svuotando completamente i polmoni.

 

“Vorrei che fosse tutto più semplice adesso, poter tornare sui miei passi senza dare conto a nessuno e agire solo per me”

 

Harry la guardò senza mutare la sua espressione “Io sono qui, non vado da nessuna parte”

 

Ginny si asciugò una lacrima furtiva e scosse la testa “Io non posso Harry, io sono in obbligo verso Mark. E i bambini…”

 

“Pensi davvero che continuare a stare con un uomo che non ami sia un gesto corretto?” la interruppe lui con voce calma e ragionevole “Pensi davvero che crescere dei figli in un matrimonio inesistente sia benefico per loro? E’ vero, non se lo meritano, nessuno di loro lo merita, ma sarebbe molto più onesto, Ginny”

 

Che cosa ne sai tu, tu non sei neanche sposato e non sei un padre!”

 

“No, non mi hai mai permesso di esserlo”

 

Ginny lasciò andare il mestolo e arretrò di un passo affondando il viso tra le mani, scosse un paio di volte la testa e alzò le mani in segno di resa “Io lo sapevo che non ci sarei dovuta venire qui, non avrei mai dovuto farmi convincere da Hermione. Ron aveva ragione, rivederti sarebbe stato il più grosso errore che avessi potuto fare”

 

Gli diede le spalle e fece per uscire dalla cucina ma Harry la riprese per un polso tirandola indietro. La fronteggiò e solo allora entrambi si accorsero di quanto fosse diventato alto in tutti quegli anni, adesso lei doveva alzare completamente la testa per guardarlo negli occhi. Harry scosse la testa “Non ci provare, non scappare di nuovo. Una volta la sopporto, la seconda mi uccide

 

Ginny lo guardò sconsolata “Che cosa vuoi da me, Harry?”

 

“Solo che rimani per stasera, come mia ospite” disse lui cercando di fare un sorriso “Non ti chiederò altro”

 

Lei esitò un attimo guardando tra Harry e i fornelli e sospirò “D’accordo, ma solo perché sono l’unica qui che sappia cucinare qualcosa di decente”

 

Harry le sorrise “Sei sempre la migliore”

 

                                                                                    *

 

La cena era passata tranquillamente, nessuno aveva più tirato fuori frasi equivoche e imbarazzanti e la tensione si era dissolta in poco tempo. Adesso ridevano come dei ragazzini, tutti e quattro seduti per terra in salotto, un po’ per via di tutto l’alcol che avevano bevuto e un po’ per i ricordi divertenti dei tempi della scuola.

 

Dopo aver ricordato quando Fred e George avevano messo della polvere pruinosa addosso a Vitious e il poveretto non aveva smesso di grattarsi per tre giorni Ginny prese un altro bicchiere di Firewhiskey e lo buttò giù alla goccia.

 

Ron alzò un sopracciglio “Dovresti smetterla di buttare giù quella roba, sei già abbastanza ubriaca per stasera”

 

Ginny lo guardò e scoppiò a ridergli in faccia “Senti chi parla! Perché poi non ti preoccupi della tua ragazza, lei sì che mi sembra veramente ubriaca”

 

Ron si voltò lentamente verso la sua destra, sentiva la testa pesante e evitava di fare movimenti bruschi. Proprio al suo fianco Hermione aveva buttato la testa indietro sul divano e ridacchiava tra sé. Harry e Ron si scambiarono un’occhiata preoccupata.

 

“Hermione, quante volte hai bevuto in vita tua?”

 

Hermione alzò su la testa sorpresa, le sue guance colorate di un rosso ciliegia, e guardò Ron come se fosse pazzo “Scherzi vero? Tutti i giorni, non sono mica un cammello!”

 

Ron tornò a scambiarsi uno sguardo apprensivo con Harry “Intendevo dire quante volte hai bevuto alcol”

 

“Oh” rispose guardandolo, poi all’improvviso scoppiò a ridere di nuovo. Si alzò dal pavimento barcollando e si sedette sulle gambe di Ron accarezzandogli il viso con una mano come una bambina prima di abbandonare la testa sulla sua spalla “E’ la prima volta, questa”

 

Ginny spalancò gli occhi incredula “La prima volta?! Ma dove diavolo vivevi a Vienna, in un convento?”

 

Hermione rise ancora e scosse la testa “No, lavoravo e basta. Per questo ho mollato, immaginati di far girare la tua vita solo attorno al tuo lavoro. All’inizio non era male ma a lungo andare…”

 

Ginny alzò un attimo gli occhi su Ron e tornò a guardare Hermione avvicinandosi a lei abbassando la voce, cosa del tutto inutile dato che continuava comunque a tenere la voce molto alta e sia Harry che Ron potevano sentire chiaramente tutto quello che diceva “Non dirmi che non hai mai neanche avuto un uomo”

 

Ron si irrigidì all’istante, a questo non aveva mai pensato veramente. Un altro uomo. Quando era stato con Hermione quella sera nel suo ufficio le aveva chiesto da quanto… lei aveva detto da alcuni mesi. Sudò freddo.

 

Hermione si mosse tranquilla tra le sue braccia posando una mano sul suo torace “Sì, due. Due colleghi appunto, siamo finiti insieme più per noia che per altro. E poi…” alzò la testa verso Ron e arrossì rivolgendogli un bel sorriso “…beh…”

 

Ron rimase zitto a guardarla ridacchiare. Alzò la testa verso Ginny che scoteva la testa divertita e Harry che lo guardava con un sorrisino compiaciuto “Cosa?”

 

Harry scrollò le spalle “Niente, è che pensavo che fa uno strano effetto vedervi insieme adesso

 

“Io e Ron non stiamo insieme” disse Hermione praticamente abbandonata contro il petto di Ron con un tono che ricordava molto Luna Lovegood “Lui è sposato”

 

Ron si schiarì la gola nervosamente e si grattò la nuca. I rimorsi. Ti divorano, i rimorsi. Sempre che non sia tu a mangiare loro. “Sì, beh… Lavanda non è qui, giusto?”

 

Ginny e Harry si scambiarono uno sguardo veloce seriamente preoccupati ma la risatina acuta di Hermione li fece voltare entrambi. Sorrideva. Non era il solito sorriso di Hermione. Hermione non aveva un sorriso malizioso. Si fermarono a guardarsi lei e Ron, un secondo soltanto, prima che si appropriasse delle sue labbra come una ragazzina che è stata troppo tempo senza il suo ragazzo.

 

Ron non si fece pregare, si abbassò su di lei senza scollare le labbra dalle sue e posò le sue grandi mani sui suoi fianchi attirandola verso di sé. Hermione lo faceva impazzire. Stava pomiciando con Hermione nel bel mezzo del salotto di una casa che non era la sua sotto gli occhi di sua sorella e del suo migliore amico. E non gliene importava niente. Pomiciava? Erano anni che non pomiciava più, ma cos’era un adolescente?

 

Sentì la voce di Ginny bisbigliare qualcosa “Capisco che debbano recuperare anni, ma devono farlo proprio adesso?”

 

Harry rise appena, sottovoce. “Io non so tu ma non ho intenzione di stare a guardare, vado di là. Se li conosco non dovrò mettere piede in salotto fino a domani mattina”

 

Dopodichè alcuni passi, poi il silenzio. Silenzio. Solo il rumore dei loro baci. Dei vestiti che sfregano l’un l’altro. Delle bottiglie che cadevano mano a mano che si stendevano a terra. Ron si staccò da lei senza fiato, lasciò andare la testa contro il pavimento freddo e si leccò le labbra. Sapevano d’alcol.

 

“Hermione, sei ubriaca” disse, la sua voce roca.

 

Lei rise e si alzò sugli avambracci per non ricadergli pesantemente addosso “E allora? Come se non sapessimo entrambi che saremmo finiti in questa situazione anche da sobri”

 

Ron la guardò negli occhi “Io non sono mai sobrio quando ci sei di mezzo tu”

 

Hermione gli sorrise dolcemente e si piegò ancora su di lui portando le mani sul colletto della sua camicia e cominciando a sbottonare con le sue piccole dita il primo bottone. Ron respirò pesantemente nella sua bocca mentre la lasciava sbottonare la camicia, si tirò indietro quanto bastava per staccarsi dalle sue labbra e sorrise appena nervosamente.

 

“Hermione, siamo in casa di Harry. Non possiamo farlo qui e adesso!”

 

Hermione mandò fuori un risolino e si alzò a sedere mettendosi cavalcioni su di lui, senza dire niente si sfilò la maglia e la gettò alle sue spalle “Chissenefrega. Harry se n’è andato di là e adesso siamo qui da soli. E come hai detto tu, Lavanda non c’è”

 

Errore. Lo senti l’allarme rosso. Una spia luminosa che lampeggia e ti sta urlando di non farlo, di fermarti.

 

Ron si umettò un labbro guardandola negli occhi. E di nuovo si trovò a pensare che fosse uno spettacolo troppo invitante, lei mezzanuda che lo invitava ad approfittarsi della situazione. Chiuse gli occhi abbandonando la testa contro al pavimento. Li riaprì, uno sguardo verso la camera di Harry: chiusa. Si maledì mentalmente.

 

Aveva appena spento quell’allarme.

 

 

***

 

Vi sono mancata dite la verità? XD

 

Lo so che stavate attendendo NTE3 e ho una buona notizia, sono quasi pronta per postare. Il problema è che non so ancora quanto durerà quel quasi ^^” sono work in progress comunque, non disperate

 

Vi lascio questo chappino nel frattempo, mi dispiaceva lasciarvi senza leggere nulla – zia è troppo buona con voi- mi raccomando fate i bravi e buone vacanze.

 

Zia Fufù (senza commenti perché il pc oggi ha deciso così -______-“)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Acting Is My Job ***


Freddo

                    HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

                                  8. Acting is my job

 

They say I'll understand it all in good time
But age ain't nothin' but a number in my mind
Goin' crazy with this push me pull me
Caught between wrong and right                               

 

                                                             Play- I must not chase the boys

 

Freddo. Non il freddo totale, solo un leggero venticello sulle spalle. Storse il naso. Era una strana sensazione, metà del suo corpo andava a fuoco e l’altra metà rabbrividiva dal freddo. Magari era malato. In quel momento gliene importava meno di zero, aveva ancora sonno e si sentiva distrutto. Voleva dormire. Voltò la testa da un lato e con un leggero mormorio cercò di tornare completamente nel mondo dei sogni.

 

Improvvisamente un urlo. La cosa lo incuriosì ma non lo fece sobbalzare, non era un urlo di terrore era più… non avrebbe saputo spiegarlo a parole, comunque sia tese le orecchie senza aprire del tutto gli occhi. Un paio di voci arrivavano da non molto lontano, poi dei passi veloci. Urgenti. Qualcuno era entrato nella stanza e aveva trattenuto sonoramente il respiro.

 

Si decise ad aprire gli occhi. Davanti a lui, coperta da una vestaglia troppo lunga per essere sua, Ginny lo guardava con un’espressione persa e terrorizzata. Scattò a sedere preoccupato realizzando solo in quel momento che quello che faceva ribollire il suo corpo era lo stesso corpo nudo di Hermione che gli dormiva ancora accanto, coperta da un leggero lenzuolo.

 

Dimmi che non l’hai fatto.” Si dissero contemporaneamente. Ginny si portò una mano alla bocca e Ron allargò gli occhi talmente tanto che l’azzurro delle iridi diventò quasi trasparente.

 

“Accidentaccio!” La sentì mormorare mentre affondava il viso tra le mani. Altri passi li riscossero entrambi, Harry camminò lentamente con un’espressione colpevole e si appoggiò alla parete che faceva angolo con la cucina. Ron notò, indossava solo dei boxer.

 

“Mi dispiace.” Disse debolmente.

 

Ginny scosse la testa e alzò una mano verso di lui infastidita. “Per favore, Harry. Non dire niente.”

 

Harry rimase in silenzio come gli era stato ordinato. Ron guardò prima uno, poi l’altro e fu riscosso solo dal corpo di Hermione che si muoveva su di lui e un mugolio leggero. In un batter d’occhio si ritrovò completamente nudo su quel divano, Hermione appena sveglia aveva ricollegato tutto e aveva tirato a sé il lenzuolo per coprirsi senza dare il tempo a Ron di reagire.

 

Ginny mandò fuori un verso disgustato. “Oh per favore, Ron, copriti!”

 

Harry guardò altrove indifferente. “Beh, dubito che ci sia qualcuno in questa stanza che non abbia ancora visto Ron nudo.

 

Hermione arrossì abbassando la testa ma Ron lo fulminò con lo sguardo infilandosi i boxer. “Non mi sembra una buona ragione per rimanere in bella mostra, Harry, e ti dirò non sono neanche in vena di fare dell’umorismo stamattina.

 

Ginny si passò una mano tra i capelli. “Oddio, io… io dovrei essere già a casa! I bambini! I bambini saranno preoccupati, non ho mai passato la notte fuori da quando… Mark! Oddio, cosa diavolo gli racconto?!

 

Ron le mise una mano sulla spalla. “Vai a vestirti, a Mark dici che sei rimasta a casa mia perché Lavanda era fuori città e mi sono sentito male. Adesso però non piangere, Libby e Damian ti staranno aspettando.

 

Ginny annuì asciugandosi le guance e se ne andò silenziosamente in camera sorpassando Harry senza rivolgergli uno sguardo. Ron alzò tristemente gli occhi sull’amico che non si era mosso di un millimetro da quando era entrato. Uno sguardo. Ultimamente si scambiavano un po’ troppi sguardi. Non era una buona cosa. Harry si schiarì la gola.

 

“Mi dispiace davvero.”

 

“Lo so.” Disse quiete Ron umettandosi un labbro. “Lo so, non avrei mai dovuto lasciarvi da soli. Non avrei dovuto… è che dopo tutto quel Firewhiskey non capivo neanche quello che stavo facendo… cioè lo capivo ma…”

 

Il frusciare delle lenzuola attorno al corpo di Hermione li fece voltare verso di lei. Aveva l’aria smarrita. Confusa. I suoi occhi cercavano quelli di Ron senza veramente trovare una meta. “Non fami bere mai più.” Disse infine.

 

Ron la guardò per un lungo attimo durante il quale sembrava bruciare del rimorso, nonostante fosse più dispiaciuto per lei che per se stesso. Sospirò pesantemente. La cosa che gli riusciva meglio, di recente. Avrebbe potuto benissimo fare l’attore, recitare in soap opera dove tutti sono sempre tristi e sconvolti. Quel ruolo gli calzava a pennello.

 

“Scusa, è colpa mia. Sono stato un idiota.”

 

Hermione abbassò la testa, colpevole. “Non sei tu che hai detto ‘chissenefrega se è casa di Harry’ ieri sera.

 

Harry rise appena rimanendo serio allo stesso tempo e Ron si guardò le mani. “Forse.” Disse infine. “Ma non sei tu quella sposata dei due. Sto veramente cercando di non farvi soffrire, ad entrambe, ma sono un coglione e io non ci riesco. Coglione ed egoista.”

 

“Senti coglione.” Li riscosse la voce urgente di Ginny, che entrò nella stanza completamente vestita mentre cercava di sistemarsi i capelli nel migliore dei modi sembrando fresca come una rosa. “Devi reggermi il gioco con Mark, non fare gaffe come al tuo solito perché questa è la volta che ti uccido!”

 

Ron la guardò male e replicò acido. “Beh a quanto pare non sono l’unico ad essere il coglione qua dentro.”

 

“Già.” Disse amaramente Ginny guardando di sbieco Harry mentre si allacciava il cappotto. “Pensa che io ho incontrato persino la testa di cazzo.”

 

Harry, che se n’era stato zitto e buono fino a quel momento, scattò su come una molla e fece qualche passo verso di lei puntandole un dito contro visibilmente furioso. “Ehi stammi bene a sentire, sarò anche stato un deficiente a farmi prendere in giro un’altra volta da te ma almeno sono stato onesto! Non sono io quello stronzo qui, non sono io che dopo aver dormito con un altro uomo me ne torno da mio marito come se nulla fosse!”

 

Ginny rimase a bocca aperta. “Cosa pretendi che faccia? Che lasci Mark solo per… per una notte passata insieme? Harry, quella è la mia famiglia!”

 

“Una famiglia dalla quale cerchi di scappare ogni giorno! Per favore, non prenderti in giro da sola!”

 

Lei rimase un attimo ferma a fissarlo, poi come se non avesse sentito quello che le aveva appena detto raccolse la borsa da dietro il divano e si diresse verso la porta. “Devo andare adesso.”

Lanciò un ultimo sguardo a Ron e Hermione prima di chiudersi la porta alle spalle e lasciare i tre nel completo silenzio. Harry se ne uscì con un’imprecazione incamminandosi verso la camera mentre Ron e Hermione si scambiarono uno sguardo imbarazzati.

 

“Restate pure quanto volete.” Arrivò la voce di Harry dall’altra stanza. “Tanto me ne starò buono in camera per il resto della giornata.

 

 

                                                                              *

 

Erano già passati quattro giorni da quando era successo l’inevitabile a casa di Harry. Tutto era tornato alla normalità. Alla monotonia, come avrebbe detto Ron. Semplicemente svolgevano il loro lavoro come avevano sempre fatto. Efficienti. Svelti. Senza una parola di troppo.

 

Harry aveva più volte visitato Ron a casa sua, e l’amico non aveva esitato a farlo entrare. Non dopo quello che era successo. Non dopo Ginny. Harry si limitava a sorridergli riconoscente e sedersi al tavolo aspettando di bere qualcosa insieme a lui.

 

Lavanda non si era scomposta nemmeno quella sera quando avevano bussato alla porta e, andando  ad aprire, si era trovata Harry davanti che la salutava con un cenno della mano. Si scostò per lasciarlo passare e Ron lo accolse con una pacca sulla spalla. Quando si fu allontanato Lavanda si chinò appena verso di lui.

 

“Si può sapere cosa succede?”

 

Ron alzò un sopracciglio. Ipocrita. “Niente. Cosa vuoi che sia successo? Perché deve essere successo qualcosa?”

 

Lavanda chiuse la porta e guardò verso la cucina facendo attenzione a non essere sentita da Harry che aspettava seduto al tavolo. “Ron, è la quarta sera di fila che Harry viene a farti un saluto.

 

“Si sentirà solo.”

 

Lei si limitò a fissarlo negli occhi, come se cercasse di capire se le stesse mentendo. Gli occhi di Ron rimasero trasparenti, come sempre. Non stava mentendo. Harry si sentiva solo e questo era un dato di fatto. Se solo Lavanda si fosse soffermata un attimo prima su quegli occhi.

 

Ron fece per andare dall’amico ma la mano di Lavanda lo tirò per una manica facendolo voltare di nuovo verso di lei. La vide mordersi un labbro, incerta. “Non mi stai nascondendo qualcosa, non è vero?”

 

Mentire. Non era la prima volta che mentiva, da piccolo lo aveva fatto tante volte con sua madre. Coi suoi fratelli. Piccole bugie, a volte a fin di bene. Era la prima volta che si trovava a mentire a lei così spudoratamente. E lo fece. Mentì. “No, niente.”

 

La mano di Lavanda lo lasciò andare lentamente e schiaritosi la gola si avviò verso la cucina, sentendo ogni passo farsi sempre più pesante, il peso del senso di colpa. Lo schiacciava. Sentiva lo sguardo di Lavanda, di sua moglie, sulla schiena e fece di tutto per non voltarsi e urlarle tutta la verità. Urlare che era un verme, che l’aveva tradita. Che l’aveva tradita per amore.

 

Harry lo guardò e gli sorrise appena. “Come stai?”

 

Ron scosse la testa prendendo due bicchieri dalla dispensa. “Uno schifo. E’ snervante dover lavorare con lei senza poter… senza poter far niente.

 

“Guardala dal lato positivo.” Disse Harry facendo alzare la testa a Ron che già lo stava servendo. “Tu la vedi.”

 

Ron sospirò e si umettò un labbro. Per un attimo il suo sguardo chiaro volò a Lavanda, lontana nell’ingresso, e di nuovo su di lui. Si toccò la fede con il pollice. “Pensi davvero che sia positivo? Questo…” Indicò la fede. “… dovrebbe impedirmi di fare parecchie cose che invece sto continuando a fare.

 

Harry piegò la testa da un lato e fece spallucce. “Sei solo un uomo, la carne è debole… come si è visto.

 

Ron strinse le labbra in una linea continua. “Non sai le cazzate che ho dovuto rifilare a Mark di recente. Harry lo guardò improvvisamente interessato. “Ginny ha fatto come le avevo detto, lui non se l’è bevuta minimamente. Ho cinque fratelli e una madre ossessiva, perché tra tutte queste persone avrei dovuto pescare Ginny che è l’unica che deve occuparsi di figli e famiglia?”

 

E allora? Cos’è successo?”

 

“E’ successo che si è presentato qui l’altra mattina. Ringrazio ancora che Lavanda non fosse a casa.”

 

Harry sorrise appena. “Tutto questo mistero non ti ricorda qualcosa?”

 

“Intendi dire mentire per salvarsi le chiappe?” Ron rispose con un altro sorriso. “Sì, ma di solito dovevo farlo con un insegnante, il che rendeva la cosa estremamente più divertente.”

 

“Già…”

 

Dal fondo dell’ingresso qualcuno bussò alla porta. Harry e Ron si guardarono curiosamente, dagli occhi confusi dell’amico Harry capì che non aspettava altre visite. Il passo svelto di Lavanda risuonò per il corridoio e i due uomini tesero le orecchie. La voce sorpresa di Lavanda arrivò qualche secondo dopo.

 

“Oh, Hermione!”

 

Ron gelò sul posto. Non c’è niente di più freddo di una scarica di adrenalina che ti penetra nelle ossa. Si scambiò uno sguardo allarmato con Harry, entrambi balzarono in piedi e si affacciarono alla soglia della cucina quanto bastava per poter vedere chiaramente le due donne. Hermione li fissò per qualche secondo, poi abbassò la testa umettandosi un labbro.

 

Lavanda la fece entrare. “Che bella sorpresa! Come mai da queste parti?”

 

Hermione mandò un fugace sguardo a Ron e ingoiò il vuoto. “Io… ho cercato di fare finta di nulla ma non ce la faccio più, devo confessare. Ho bisogno che tutti sappiano cosa sta succedendo.”

 

Lavanda aspettò quiete ma con un sorriso le fece cenno di andare avanti, alle sue spalle Ron scoteva la testa freneticamente, gli occhi gli stavano uscendo dalle orbite. Hermione aprì la bocca per parlare ma non ne uscì alcun suono. Doveva dirlo. Il senso di colpa l’avrebbe uccisa.

 

“Avanti Hermione, cosa devi dire?” La incitò Lavanda.

 

Lei passò lo sguardo da Ron a Harry e sputò fuori. “Io e Harry stiamo insieme.”

 

I due uomini spalancarono gli occhi, Harry soffocò quasi. Lavanda, al contrario, dopo un momento di pura incredulità si voltò verso di lui con un sorriso enorme tutta eccitata. “Harry! E’ la verità?”

 

Harry si schiarì la gola. “Beh, io…” Sorrise, cercando di essere più naturale possibile. “Sì. Sì, è vero. Ma Hermione, credevo avessimo deciso di dirglielo insieme.

 

Lei si avvicinò a lui con un sorriso gentile e posò una mano sul suo braccio mettendosi al suo fianco, Harry le passò un braccio attorno ai fianchi e le baciò la fronte, Hermione lo guardo pienamente riconoscente. “Lo so, ma sapevo che eri qui e ho pensato… non sei arrabbiato, vero?”

 

Harry scosse la testa accarezzandole i capelli. “Perché dovrei esserlo? Devo ammettere che anche io non ce la facevo più a tenere tutto nascosto a Ron, è il mio migliore amico.”

 

Ron sorrise sforzatamente guardandoli, sentendosi veramente un ipocrita da manuale. Lavanda li guardò con puro affetto, il suo sguardo si addolcì. “Oh, Ron, non sono carini?”

 

Ron annuì. “Certo, congratulazioni ragazzi! Meritate davvero quello che abbiamo…” Mandò uno sguardo alla moglie con un sorriso. “…io e Lavanda.”

 

Bugie e finzione?” Sussurrò Harry in modo che solo Ron potesse sentire, per tutta risposta Ron gli rifilò un calcio negli stinchi stando ben attento a non farsi notare da Lavanda. “Grazie, sono felice che tu approvi!”

 

“Con una notizia così bisogna festeggiare! Aspettatemi qui, vado in cantina a vedere se trovo quel vino buono che ci hanno regalato lo scorso natale.”

 

Tutti e tre sorrisero e annuirono. Non appena la chioma di Lavanda scomparve dalla loro vista il sorriso svanì. Harry li guardò male entrambi e sospirò sconsolato scotendo la testa, Hermione si umettò un labbro abbassando lo sguardo.

 

“Grazie mille per avermi messo in mezzo.”

 

Ron si passò una mano sulla faccia. “Ma dico sei impazzita?! Come diavolo ti è saltato in mente di presentarti qui, e per dire tutto a mia moglie poi! Ma non eri tu quella che diceva che dovevo smetterla di vederti per rimanere al suo fianco?”

 

“Mi dispiace.” Mormorò. “Io non so cosa mia sia preso, ero a casa da sola e ho pensato che invece lei era qui con te e può… lei può averti quando le pare. Penso, sì insomma, penso di essere diventata un po’ gelosa.

 

Lui la fissò a bocca aperta. “Cero che può avermi quando le pare, è mia moglie! Dannazione Hermione…” Sospirò. “… credi che io non voglia stare con te ogni momento della giornata?”

 

Harry si schiarì la gola richiamando la loro attenzione, con ancora un braccio attorno ad Hermione alzò un sopracciglio. “Scusate se vi disturbo ma cosa avete intenzione di fare adesso, esattamente? Lo chiedo solo perché adesso ci siamo dentro in tre, così mi regolo anche io.”

 

Ron li fissò. “Harry, ho bisogno di te.”

 

Lui spalancò gli occhi. “Non vuoi davvero che finga di stare con Hermione?!

 

“Hai qualcosa di meglio? Ormai la frittata è fatta, se vi lasciate subito Lavanda si insospettirà. Facciamo durare questa cosa per un po’ e poi…”

 

“…e poi le dirai la verità?” Chiese Hermione perplessa. Ron non rispose. Lei sospirò voltandosi verso Harry. “Non ti dispiace, vero?”

 

“Meglio con te che con un’altra, per lo meno i gesti affettuosi verso di te verranno naturali. Si voltò vero Ron. Un altro sguardo. L’ennesimo. Cosa sarebbe l’amicizia senza uno sguardo pieno di parole. “Mi devi un favore enorme.”

 

Ron sospirò. “Grazie.”

 

“…Amore, puoi venire giù a darmi una mano? Non riesco a trovare quella bottiglia.”

 

Ingoiò il vuoto. Chiuse gli occhi e come un attore cercò di entrare nella sua parte, il marito perfetto che va ad aiutare la moglie in difficoltà. Si faceva sempre più schifo. Con un ultimo sguardo ai due amici si incamminò lungo l’ingresso.

 

“Arrivo amore.”

 

 

                                                                               *

 

 

 

*vergognising* era un tempo sovraumano che non postavo questa ff, me si vergogna da morire!! Il punto è che ero partita bene con l’ispirazione ma poi se n’è andata tutta di colpo… eh, non sono più quella d’una volta, sto invecchiando!

 

Il punto è che son anche sempre di corsa, e già non ho tempo di scrivere NTE3, figuriamoci questa che mi devo impegnare a far uscire l’ispirazione -_____-“ sono un disastro!! Abbiate pazienza, spero il chap vi piaccia comunque!

 

Un baciotto a tutte, zia Fu ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Don't Lie, Ever! ***


Si erano messi in un bel casino

                             HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

9.      Don’t lie, ever!

 

How many times?
How many lies?
How long you've been sneaking?
How long you've been creeping around?
How many lies?
How many times?
Were you here deceiving
When I was here believing in you                      

                                                             

                                                       How many times, how many lies – Pussycat dolls-

 

Si erano messi in un bel casino. Un casino di quelli enormi, da cui non puoi uscire perché sono solo a senso unico e tornare indietro ti costerebbe più caro di quanto non sia andare avanti. Erano spacciati. Il trio era tornato, come sempre, a condividere un segreto che li avrebbe portati in guai seri.

 

Ron fissò il soffitto senza espressione mentre Lavanda, appoggiata al suo petto nudo, lo accarezzava lentamente con un bel sorriso sulle labbra rosee. Era lì, su quel letto, con sua moglie che lo coccolava. E in realtà non c’era. Avrebbe voluto esserci, ma non era lì con Lavanda in quel momento.

 

“E’ carino che Harry e Hermione si siano ritrovati dopo tutto questo tempo. A cena sembravano davvero felici. Harry era così solo, mi sento quasi sollevata che abbia trovato qualcuno con cui stare.”

 

Ron ingoiò il vuoto e si mosse appena irrequieto. “Sì, però Lavanda… non c’è bisogno di invitarli ogni domenica, davvero. E’ un mese che non facciamo altro.”

 

Lavanda smise di accarezzarlo e si tirò su, su un gomito, guardandolo stupita. “Oh, pensavo che ti facesse piacere stare con i tuoi amici.”

 

“Non è questo è che…” Si umettò un labbro. “Non c’è bisogno di invitarli a cena. Vedo Hermione tutti i giorni in ufficio e Harry passa a fare un saluto due volte al giorno. Davvero, non c’è alcun bisogno.”

 

Gli occhi azzurri di Lavanda lo fissarono persi e annuì appena. “Va bene.”

 

Ron le sorrise e la fece stendere di nuovo al suo fianco baciandole la fronte in modo affettuoso. “Non è che non apprezzi ciò che fai per me, Lavanda, è stato molto carino da parte tua. Ma conoscendo quei due penso anche che vorrebbero passare la domenica sera da soli.”

 

Lei ridacchiò accarezzandogli una guancia. “Sai, adesso che mi ci fai pensare penso che anche io preferirei passare la domenica sera da soli.”

 

Ron sforzò un sorriso. Verme. Era solo un viscido verme. Draco Malfoy a confronto era un angioletto.

 

“Certo.”

 

Lavanda lo baciò su una guancia. “E poi questa settimana li vedremo a cena comunque, tua madre li ha invitati venerdì alla Tana.”

 

“Mia madre… cosa?!”

 

Ron balzò a sedere sul letto così velocemente che per un momento vide tutto nero. Fissò Lavanda con gli occhi fuori dalle orbite, non poteva credere alle sue orecchie.

 

“Tu hai detto a mia madre di Harry e Hermione?!”

 

Lavanda lo guardò basita. “Sì, siamo entrate in argomento… tesoro, qual è il problema esattamente?”

 

Ron cercò velocemente qualcosa da dire. Improvvisamente un pensiero ancora più terrificante gli passò per la mente. “Ginny e Mark sono invitati alla cena?”

 

Lavanda esitò. “Io… penso di sì.”

 

Ron scostò le coperte di lato e si alzò in piedi cominciando a rivestirsi velocemente. Zoppicando si infilò i pantaloni e cercò una maglia da infilarsi. Lavanda era incredula e lo guardava ad occhi spalancati e la bocca semiaperta.

 

Ron la precedette. “Devo andare da Harry… devo avvertirlo… vedere Ginny, così presto… devo andare.”

 

Lavanda si alzò dal letto tenendo le lenzuola ancora attorno al corpo senza smettere di fissarlo attonita mente si dirigeva verso la porta. “Ron, ma cosa… Ron!”

 

Ma Ron si era già chiuso la porta alle spalle. Lavanda rimase immobile al centro della stanza a fissare la porta. Se n’era andato. E lei come al solito rimaneva lì. Da sola.

 

 

                                                                                     *

 

 

Ron entrò trafelato nel portone e salutò Kessy che gli rivolse un sorriso, in meno di un secondo salì le scale fino a raggiungere la ormai conosciuta porta. Bussò urgentemente e imprecò che l’amico venisse a rispondere in fretta. Dovette bussare ancora due volte prima che gli venisse aperto.

 

Harry venne ad aprire lasciando solo un piccolo spiraglio, Ron notò indossava solo dei boxer e non aveva gli occhiali sul naso. Spalancò gli occhi verdi quando lo vide.

 

“Ron!”

 

Ron spalancò la porta entrando nell’appartamento e si passò una mano tra i capelli. “Harry, mi dispiace se stavi dormendo ma abbiamo un problema, e stavolta ce lo abbiamo tutti e due.”

 

Harry guardò ansioso verso la fine del corridoio. “Senti, non è proprio il momento adatto.”

 

“Non capisci! Questo non può proprio aspettare! Non c’è niente che possa essere più importante di questo!”

 

“Ron, per favore…”

 

“Harry, chi era alla porta?” Ron si gelò sul posto sentendo quella voce alle sue spalle e quando vide impallidire l’amico non ebbe più alcun dubbio. Si voltò di scatto trovandosi davanti Ginny con una camicia che di certo non apparteneva a lei che lo fissava a bocca aperta senza sapere cosa dire.

 

Con uno scatto improvviso e furioso si voltò di nuovo verso Harry e alzò la voce esasperato. “Che diavolo stai combinando con mia sorella?!”

 

Harry gli fece cenno di abbassare la voce disperato e sospirò. “Mi dispiace, volevo dirtelo ma…”

 

“Ma cosa?!” Fece Ron allucinato mandando un fugace sguardo a Ginny che aveva preso a guardarsi la punta dei piedi mordendosi un labbro. “Da quanto va avanti?”

 

“Da quando…” Deglutì Harry. “Dalla cena dell’ultima volta, quando… beh, quando…”

 

Ron spalancò gli occhi e si voltò verso Ginny. “Ma tu non te ne eri andata incazzata nera?!”

 

Lei alzò appena lo sguardo per poi riabbassarlo un secondo dopo. “Sono tornata dopo qualche giorno.”

 

“E i bambini?”

 

Ginny si morse un labbro voltando la testa. “Sono da mamma. Le ho detto che sto facendo degli extra a lavoro.”

 

Ron scosse lentamente la testa. “Oh, Ginny…”

 

“Non guardarmi in quel modo, Ron, non te lo permetto. Sei un uomo sposato e vai a letto con un’altra donna, non ti permetto in nessun modo di giudicarmi. Sei proprio la persona meno indicata.”

 

Ron si umettò un labbro e annuendo andò a sedersi sul divano sospirando, il capo basso. Errori. Uno dopo l’altro. Tanti errori che stavano cambiando le loro vite monotone.

 

Harry si mosse a disagio. “Cos’era questa cosa tanto importante che dovevi dirmi?”

 

Tirò su la testa di scatto. Come aveva potuto dimenticarlo? Un errore dietro l’altro, era una catena che sembrava non finire più. Senza uscita.

 

Esitò un attimo, più per preparare se stesso che Harry. “Hai accettato un invito a cena da mia madre venerdì sera.”

 

Harry parve preso in contropiede, per un attimo non riuscì a capire cosa c’entrasse con tutta quella faccenda, poi sentì Ginny sospirare al suo fianco e la vide passarsi una mano sul viso prima di fissare gli occhi nei suoi. “Harry, non lo sai che venerdì sera è cena con la famiglia?”

 

Ron scosse la testa. “E non è tutto Ginny…” Si voltò verso Harry. “Lavanda ha detto a mia madre di te e Hermione, devi venire con lei.”

 

“Che cosa?” Spalancò gli occhi verdi.

 

“Che cosa?” Ripeté piccata Ginny guardandolo male.

 

Harry sospirò e fissò Ron duramente. “Questa gliela spieghi tu!”

 

Ron roteò gli occhi. “Harry sta fingendo di stare con Hermione per me. Andava bene così?”

 

Harry gli lanciò un’occhiataccia ma non disse nulla, al contrario Ginny li fissò stralunata e si sedette al fianco del fratello stirandosi la camicia sulle cosce. Rimase un po’ in silenzio come se stesse cercando di ricollegare tutto.

 

“No, aspetta un minuto. Tu sei sposato con Lavanda e vai a letto con Hermione, io sono sposata con Mark e sto con Harry e Harry e Hermione fingono di stare insieme?! Cosa mi sono persa?”

 

“E’ una lunga storia.” La liquidò Ron. “Il problema è che venerdì saremo tutti a cena a casa di mamma… beh, a dire il vero il problema non si pone perché io ero venuto qui per dire a Harry che ci saresti stata anche tu, ma dato che sei qui… insomma, basterà che… che…”

 

“Che facciamo tutti i bugiardi.” Concluse Harry per lui, annuendo.

 

“Ehi! Non è carino detto così!”

 

“Ma è la verità e tu lo sai!” Disse puntandogli un dito contro. “Tu ci hai messo in questo casino e adesso siamo tutti costretti a mentire per te!”

 

Ron lo fissò incredulo. “Ah beh, certo! Se non fosse per me sono sicuro che saresti andato a dire a Mark che ti scopi sua moglie, come no!”

 

Ginny si mise in mezzo dividendoli. “Ok, adesso basta. Abbiamo… abbiamo fatto un errore, tutti quanti, è vero ma litigare non ci porterà da nessuna parte.”

 

Harry e Ron si scambiarono uno sguardo e sospirarono. “Cosa proponi?”

 

Lei si passò una mano tra i capelli. “Temporeggiare.”

 

 

                                                                                 *

 

La cena era più silenziosa del solito, né il trio né Ginny si era azzardato a dire una sola parola da quando si erano messi a tavola e Molly guardava sospettosa da uno all’altro cercando di capire cosa non andasse. Lavanda guardò il piatto, ancora pieno, del marito e alzò preoccupata lo sguardo su di lui.

 

“Tesoro, non ti senti bene?”

 

Ron non si mosse, rigirò l’orlo della tovaglia tra le dita guardando dritto davanti a sé. “No, penso… penso di avere un po’ d’influenza.”

 

Molly si alzò in piedi scotendo la testa e si diresse in cucina. “Te l’avevo detto io che quell’impermeabile era troppo leggero per vivere a Londra. Non mi dai mai ascolto.”

 

“L’impermeabile va benissimo, mamma.” Disse apaticamente.

 

Ginny lo fissò impotente e sforzò un sorriso verso gli altri. “Allora Hermione, come va il lavoro? Ron ci ha detto che con te nella squadra vi siete molto avvantaggiati.”

 

Hermione sorrise appena. “Diciamo che non è cambiato niente da quando andavamo ad Hogwarts, io faccio il lavoro e Ron si prende il merito.”

 

La rossa ridacchiò appena e Lavanda alzò un sopracciglio verso il marito che non ebbe nessuna reazione. Damian, che non aveva ascoltato una sola parola di tutto il discorso, si dondolò sulla sedia leccandosi un dito.

 

“Dopo cena possiamo giocare a Sparaschiocco, Harry?”

 

Harry alzò la testa su di lui, sorpreso. Sia Ginny che Mark voltarono la testa verso di lui, la prima senza sapere cosa dire e l’ultimo evidentemente sorpreso e con la fronte corrucciata. Harry sorrise cercando di non deludere il bambino. “Se per mamma e papà va bene.”

 

“Possiamo mamma?” Chiese speranzosa Libby affiancata dal fratellino che sfoderò i suoi occhioni da cucciolo.

 

Ginny si voltò appena verso Mark che la fissava alla ricerca di una spiegazione e annuì con un sorriso leggero. “Certo, ma senza far stancare troppo Harry. E alle nove e mezza vi voglio a letto tutti e due.”

 

I bambini gioirono entusiasti e Mark si voltò minaccioso verso Harry. “Da quando esattamente giochi con i miei figli?”

 

Tutti si voltarono verso di lui, Ron sospirò afflitto e Ginny si morse un labbro. Harry, dopo un momento di confusione, sorrise di nuovo cordialmente cercando di non portare tempesta. “A volte quando Ron e Lavanda sono troppo impegnati lasciano Libby e Damian da me.”

 

“Perché io non ne sapevo niente?”

 

Ginny alzò le mani. “Non guardare me, Mark, io l’ho scoperto solo qualche giorno fa.”

 

“E’ colpa mia.” Disse Ron annuendo. “Temevo che Ginny si sarebbe arrabbiata a sapere i suoi figli con Harry, ma non potevo fare altrimenti sono state urgenze sul lavoro e Harry era l’unico a cui potevo affidarli.”

 

Arthur si intromise alzando per la prima volta la testa dal piatto. “Potevi portarli qui.”

 

“Ci ho provato.” Annuì Ron guardando i bambini con un sorriso furbo. “Ma dopo la prima volta che sono stati con Harry non hanno più voluto saperne di venire alla Tana.”

 

Harry arrossì sotto lo sguardo di Molly e Arthur. “Oh è solo per via dei giochi, Libby si diverte a pettinarmi.”

 

Ginny ridacchiò appena ma ammutolì per l’occhiata che le rivolse Mark. Un improvviso rumore sul fondo della tavola li riscosse, tutti si voltarono verso Hermione che aveva lasciato la forchetta sul piatto facendo un gran fracasso e si teneva saldamente al tavolo con le mani. Molly si alzò in piedi allarmata.

 

“Oh per l’amor del Cielo, Hermione cara, stai bene?”

 

Hermione si portò una mano alla tempia cercando di riprendersi. “Sì, è tutto a posto… solo un mancamento…”

 

Lavanda si passò una ciocca bionda dietro l’orecchio. “Vuoi che chiamiamo un dottore? Sicura di star bene.”

 

“No, davvero non c’è alcun bisogno… mi succede spesso ultimamente, non…”

 

“Ti succede spesso?” Saltò su Molly. “Oddio, Arhur chiama qualcuno! Potrebbe sentirsi male di nuovo!”

 

“No, no, io…” Hermione espirò profondamente reggendosi la testa tra le mani e sospirò afflitta. “… sono solo incinta.”

 

Ci fu un attimo di silenzio. Incinta. Ginny mandò uno sguardo di puro terrore a Ron. Incinta. Ron e Harry si scambiarono uno sguardo disperati. Incinta. Lavanda e Molly la fissarono allibite. Incinta.

 

Ron parlò con voce strozzata. “Tu… tu sei che cosa?!”

 

“Incinta, Ron.” Lo fissò Hermione. “Sono incinta.”

 

Errori. Uno dopo l’altro.

 

“A-anche tu?”

 

Hermione fissò Lavanda quasi come se qualcuno le avesse tolto il respiro. Si voltò a fissare Ron, che a sua volta stava fissando Lavanda a bocca aperta e lo vide di nuovo portare lo sguardo su di lei. Ron affondò il viso tra le mani. Era impossibile.

 

Harry e Ginny si scambiarono uno sguardo. Mark sembrò sorpreso. “Oh, congratulazioni Harry. Ron.”

 

Harry sospirò. “Grazie.” Alzò gli occhi sull’amico. “Già… congratulazioni Ron.”

 

Ron non seppe più che fare, gli veniva quasi da piangere. Si guardò intorno, guardando tutti uno per uno e decise. Era il momento di farla finita, tutta quella storia doveva farla finita. Scosse la testa chiudendo gli occhi.

 

“Il bambino di Hermione non è di Harry.”

 

Ginny e Harry trattennero il respiro, Hermione lo fissò con gli occhi sgranati mentre gli altri lo fissavano increduli. Lavanda lo guardò senza capire.

 

“Amore, ma che stai dicendo?”

 

Ron si voltò verso Lavanda mortificato. “Mi dispiace.”

 

Lavanda si voltò verso Hermione, che evitò il suo sguardo imbarazzata, e di nuovo verso Ron. “Ron…”

 

“E’ mio.”

 

                                                                               *

 

 

Thanks to Giuly Weasley, Carola, Angelica 88, Sharon Jane Weasley, Joannadellepraterie, animablu, Saty, Sofy Weasley, flyingstar 16, Edvige 86, hermron, robby

 

Sono come sempre di fretta, ^^ sorry! Vi lascio un bacione appassionato e un nuovo capitolo che spero vi sia piaciuto…

 

Zia Funkia

 

 

 

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Capitolo 10
*** Flatness ***


Ci sono momenti nella vita di un uomo che andrebbero freddati

                                  HI MUM, THIS IS MY BOSS

 

                                        10. Flatness

 

It's the simple things in life we forget
You hear her talkin' but don't hear what she said
Why do you make something so easy so complicated?
Searching for what's right in front of your face
But you can't see it

 

                                                    Simple things- Usher

 

Ci sono momenti nella vita di un uomo che andrebbero freddati. Fermati per qualche attimo. Ibernati. Giusto il tempo di fermarsi a riflettere, capire cosa fare e scongelarli. Ma ci sono momenti nella vita di un uomo in cui non basterebbero millenni per capire come reagire. Per risolvere i problemi. Non ci sono soluzioni. Solo scelte. A volte obbligate.

 

Come la sua. Era rimasto a fianco di sua moglie. Incinta. Però aveva lasciato la sua amante. Incinta. Qualunque cosa avesse fatto sarebbe comunque rimasto dell’idea di aver fatto la scelta sbagliata. Perché quella situazione era tutta sbagliata.

 

Fissò il profilo di sua moglie mentre si cambiava per infilarsi il pigiama. Lo sguardo cadde sulla sua pancia, così piatta e morbida. Non poteva pensare che là dentro ci fosse un bambino. Si morse un labbro sprofondando nel cuscino e aspettò che lei lo raggiungesse.

 

Sentì il letto piegarsi sotto al suo peso leggero ma non la sentì accoccolarsi al suo fianco come al solito. Le ferite sono lente a rimarginarsi. Si schiarì la gola.

 

“Hai avuto una buona giornata?”

 

Lavanda sospirò pesantemente. “Sì, solo un po’ stancante.”

 

“Bene.”

 

Bene. Bene non andava proprio niente.

 

“E tu?”

 

Ron ripensò alla sua giornata in ufficio, Hermione aveva preso una settimana di ferie da quella sera e non l’aveva più vista. “Harry è passato a salutare in ufficio oggi. Sta passando un momento difficile.”

 

“Già, immagino che la rottura con Hermione sia stata dura per lui.” Disse ironicamente Lavanda mandandogli un’occhiata di sfuggita.

 

Ron la fissò e chiuse gli occhi. “Lavanda…”

 

“Per favore Ron, non dire niente.”

 

Rotolò su un fianco dandogli le spalle e la luce sul suo comodino si spense. Ron sospirò pesantemente e sistemò le coperte prima di spengere la luce anche dalla sua parte del letto. Anche tra il buio continuò a tenere gli occhi aperti, puntati contro il soffitto quasi stesse cercando di perforarlo con lo sguardo.

 

Stava quasi per rassegnarsi ad avere una notte insonne con mille pensieri in testa quando la voce di Lavanda gli arrivò alle orecchie leggera e sfinita.

 

“Dopo tutto quello che ho sopportato per te, Ron, pensavo di meritare almeno… almeno…”

 

Ron si voltò verso di lei di scatto. “Io ti amo ancora.” Disse in fretta. “Solo…”

 

Lavanda rotolò di nuovo su un fianco per lanciargli uno sguardo. “Solo sono sempre la numero due, non è vero? Lo sono sempre stata.”

 

“Possiamo non parlarne più?”

 

Lavanda sospirò. “Certo, come vuoi.”

 

 Si girò di nuovo dandogli le spalle. Ron fissò la curva della sua schiena umettandosi un labbro prima di rotolare su un fianco e passarle un braccio attorno ai fianchi stringendosi a lei. Posò la guancia contro la sua tempia per un attimo, senza dire nulla. Rafforzò la presa sui suoi fianchi.

 

“Mi dispiace. Mi dispiace avrei dovuto dirtelo subito, avremmo dovuto parlarne tra di noi. Non ne parliamo più, sono sposato e lo rispetto. Sono qui con te adesso, non c’è niente di cui preoccuparsi.”

 

“E’ incinta, Ron.” Fece lei con il respiro pesante. “E’ incinta. E’ incinta di un bambino tuo. Come pensi che possa dimenticare tutto e fingere che tutto vada bene? Sei sposato ma sei anche un padre adesso, e hai responsabilità differenti. Vorrei tanto proibirti di vederla ancora, Ron, ma come posso proibirti di stare accanto a tuo figlio?”

 

Ron si strinse a lei affondando la faccia nell’incavo del suo collo. “Tu sei troppo buona con me. Questo è sempre stato il tuo più grosso sbaglio. Me le hai sempre perdonate tutte.”

 

“Forse.” Sospirò stanca. “Il tuo è sempre stato quello di aver fatto il coglione, però.”

 

“Perché stai con me, Lavanda, perché hai continuato a starmi accanto per tutti questi anni dopo quello che ti ho fatto?”

 

La voce di Lavanda uscì strozzata. Un sussurro. Un singhiozzo. “Perché ti amo, Ron.”

 

Rimasero un attimo in silenzio fino a che Lavanda non tirò su col naso e si voltò sciogliendosi dall’abbraccio. Ron giurò di averla vista mentre si asciugava gli occhi dalle lacrime.

 

“Adesso dormi, domattina ti devi alzare presto. Buonanotte.”

 

Ron la fissò con un groppo alla gola. “Buonanotte.”

 

**

 

Ron si rigirò tra le mani la penna guardando il foglio sotto di sé. Lo stesso foglio. Da almeno mezz’ora. La verità è che stava aspettando impaziente che Hermione entrasse nel suo ufficio. Voleva vederla. Voleva sapere come stava. Voleva lei.

 

Una nuvola nera dal camino lo fece sobbalzare. Qualcuno tossì. Piano piano dal nuvolone di fuliggine venne fuori Harry.

 

“Non hai proprio intenzione di pulirlo quel coso, eh?”

 

Ron fece un mezzo sorriso. Gli fece cenno di sedersi. Non ce la faceva proprio a sorridere sincero quel giorno.

 

“Che mi racconti di nuovo?”

 

Harry si sedette precario, lo fissò un po’ cercando di capire se fosse aria. Ron si spaventò, Harry non gli lanciava mai uno sguardo del genere se non era qualcosa di grosso. Si schiarì la gola mettendosi dritto e si passò una mano tra i capelli tutti in disordine.

 

“Ginny… lei… ha lasciato Mark.”

 

Ron spalancò la bocca incredulo. “Ha lasciato… e tu come diavolo fai a saperlo?”

 

Harry esitò. Di nuovo. Brutto segno. “Perché adesso vive a casa mia.”

 

“Lei… che cosa?!” Gli occhi di Ron raggiunsero le dimensioni di due palline da tennis. “Ma come…? Perché? E i bambini?”

 

Harry si rigirò le mani in grembo. Sistemò gli occhiali sul naso. Sembrava cercasse di prendere tempo e cercare una risposta degna. Alla fine sospirò. “Da quando… sì, insomma, dalla cena a casa di tua madre Mark si è insospettito. Da lì le cose sono andate sempre peggio. Abbiamo evitato di vederci per giorni, poi due giorni fa si è presentata sulla soglia di casa mia in lacrime. Ci sono voluti dieci minuti buoni per farla calmare ma poi mi ha detto di aver raccontato tutto a Mark, che non ce la faceva più e che avevano litigato furiosamente.”

 

Ron lo fissò sconvolto. Sorpreso. Semplicemente allibito. Non aveva ancora risposto alla domanda che più gli premeva. “I bambini?”

 

“Stanno bene.” Rispose Harry tranquillo. “Anche loro sono a casa. Libby passa metà del tempo a cercare di pettinarmi i capelli.” Disse con un sorrisino. “Non credo che abbiano capito bene la situazione.”

 

Ron alzò un sopracciglio. “Qualcuno di voi si è preso la briga di spiegarglielo?”

 

Harry assunse un’aria colpevole. “No…”

 

“Beh, allora non credo che abbiano capito.”

 

Rimasero in silenzio. Harry alzò colpevole gli occhi su di lui ancora una volta. “Non avercela con me, Ron. Tu fra tutti dovresti capirmi in una situazione come questa. Io la amo. L’ho sempre amata.”

 

Ron sospirò e annuì. “Lo so.”

 

Qualcuno bussò. Sia Ron che Harry voltarono lo sguardo verso la porta. Hermione fece capolino qualche secondo dopo. Si mordeva un labbro.

 

“Signor Weasley, le ho portato il lavoro della settimana scorsa.”

 

Ron si mise dritto guardandola bene. Avrebbe così voluto alzarsi e abbracciarla. Confortarla. Farle sapere che era lì con lei. Si limitò a fare un cenno col capo.

 

“Bene, grazie. Può lasciarlo sulla mia scrivania.”

 

Hermione entrò con passo indeciso, posò i fogli sulla scrivania facendo un debole sorriso a Harry. “Ciao Harry.”

 

Lui rispose con un sorriso altrettanto amaro. “Hermione.”

 

Se ne andò lasciandoli di nuovo da soli. Ron rilasciò il fiato facendo crollare la testa sulla scrivania e Harry lo guardò con affetto. “Beh, non eri tu che ti lamentavi di quanto monotona fosse la nostra vita?”

 

**

 

Quella sera Ron esitò qualche secondo davanti alla porta. Stava cercando di ritardarsi il più possibile l’entrata in quella casa. Verso una vita che non sentiva più sua.

 

Prese un bel respiro prima di girare la chiave nella toppa ma quando l’aprì gli si presentò davanti una scena che non avrebbe certo immaginato. Lavanda. In lacrime. Seduta sul bordo del letto.

 

Ron la fissò un po’ stupito e si avvicinò fino ad arrivarle davanti. Un po’ sconcertato cercò di parlare dolcemente. “Amore… cosa-”

 

“Non sono incinta.” Disse lei tra i singhiozzi.

 

La terra traballò. O forse era lui che aveva perso l’uso delle gambe. Del corpo. La fissò qualche secondo a bocca aperta senza riuscire a connettere.

 

Lavanda continuò alzando gli occhi di un azzurro intenso su di lui. I capelli biondi le cadevano sulle spalle. Il suo viso perfetto. Era bellissima. “Non sono incinta.” Ripeté. “Sono andata dal medico per un controllo. E’ stato un falso allarme. Non sono incinta.”

 

Ron la guardò ancora qualche secondo, preso in contropiede. Si sedette accanto a lei e le passò un braccio attorno alle spalle.

 

“Non… non fa niente, non c’è bisogno di piangere. Sei ancora molto giovane, c’è ancora tempo per…”

 

Lei si asciugò gli occhi. “Oh andiamo Ron, non essere stupido. Non è per questo che sto piangendo.”

 

Ron la guardò, sapeva cosa stava per arrivare.

 

“Mi lascerai. Andrai da lei. Lo so, Ron, non sono stupida. Lo so che sei rimasto con me solo perché pensavi che fossi incinta.”

 

Lui non disse niente. Si limitò a fissarla.

 

La monotonia non era poi una così brutta cosa a confronto.

 

**

 

 

-_____-“ come sempre sono di fretta… scusatemi ma sto veramente morendo!

Cerco di fare del mio meglio per aggiornare e non tenervi troppo senza ff, perdonatemi se non sempre sono puntuale.

 

Leggo sempre le vostre recensioni, sono bellissime e giuro che sono l’unica cosa che mi incita a scrivere!

 

Spero che questo periodo di caos mentale finisca presto, un bacio

Zia fufù

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Capitolo 11
*** Never So Simple ***


Pioggia

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                                11. Never So Simple

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Pioggia. Ancora pioggia. Eppure quella mattina non riusciva a sorridere.

 

Era entrato in ufficio alle sette e mezzo dopo una notte passata in bianco. Non aveva guardato in faccia nessuno. Erano le nove e ancora non aveva visto nessuno. Se ne stava lì, fermo, dietro alla sua scrivania a fissare la pioggia che sbatteva contro la finestra del suo ufficio. La finestra incantata del suo ufficio.

 

Sospirò e abbassò la testa. La sua vita faceva schifo. Lui si faceva schifo. Avrebbe solo voluto che il tempo potesse fermarsi e rimanere così per sempre. Ma nemmeno un mago può fermare il corso della storia.

 

Qualcuno bussò alla porta. Un tocco leggero. Lei. Entrò senza dire una parola, con il suo solito passo sostenuto, e posò un plico sulla scrivania del suo capo. Non accennò ad alzare lo sguardo, si voltò e si diresse di nuovo verso la porta.

 

“Hermione…” La sua voce era uscita come un sospiro ma lei l’aveva sentito benissimo. Si arrestò. “… chiuda… chiudi la porta per favore.”

 

Hermione fece come le era stato detto e senza un’altra parola si voltò verso di lui guardandolo per la prima volta dopo una settimana. I suoi occhi erano spaventati.

 

“Signor Weasley, io…”

 

Ron si mise più dritto dietro alla scrivania e sospirò solenne facendo cenno alla sedia vuota davanti a lui. “Siediti.”

 

E lei si sedette, in tutta la sua compostezza. Si mordeva un labbro, era nervosa.

 

“Lavanda non è incinta.” Buttò fuori. Non avrebbe saputo dirlo in altro modo, non voleva girarci troppo intorno. Non era mai stato bravo a fare discorsi. La vide alzare la testa di scatto, sconvolta. “Era un falso allarme.”

 

Hermione schiuse appena la bocca. “Non è… non è incinta?”

 

“No.”

 

Silenzio.

 

“Questo vuol dire...” Hermione sentì un nodo alla gola. “… che c’è ancora… speranza?”

 

Ron si passò una mano sulla faccia e la fissò. “Lo vorrei. Tanto.” Distolse lo sguardo. “Hermione, non so più che cosa fare. Tutto quello che voglio sei tu. Tutto quello a cui penso sei tu. Ed è sbagliato. Ma sono umano.”

 

Hermione lo guardò determinata. “Tu vuoi che ti dica di lasciare tua moglie, non è vero?” Ron ricambiò lo sguardo. “Vuoi sentirlo dire da me, così da non sentirti uno stronzo dopo.”

 

“Sono già uno stronzo, Hermione.”

 

“Lo sei.”

 

Ron si appoggiò su una mano. “Potremmo essere felici io e te.”

 

Hermione abbassò la testa. “Lo so.”

 

“Io, te e … il nostro bambino.”

 

“E’ davvero la cosa più giusta da fare, Ron?” Chiese lei scotendo la testa.

 

Ron si alzò in piedi lentamente e prese a camminare per la stanza. “Cosa credi che sia giusto, Hermione? Vivere un matrimonio senza amore? Lavanda sa tutto e nonostante sia disposta a perdonarmi, a stare al mio fianco, non posso farle di nuovo del male. Non potrei mai dimenticarti, neanche se tu non fossi incinta.”

 

“Ci vorrà del tempo, lo sai?” Fece lei piano. “Per essere di nuovo felici. Completamente felici. Per non avere rimorsi.”

 

Ron si voltò verso di lei e esitò qualche istante prima di parlare. “Ginny adesso vive da Harry. Lo sapevi?”

 

Hermione spalancò gli occhi per un secondo. Solo un secondo. Si ricompose in fretta.

 

“Vive… e i bambini?”

 

“Da Harry. Certo sia Libby che Damian non hanno ancora ben capito la situazione, ma non sembrano così dispiaciuti di passare del tempo extra con Harry.” Ron sospirò. “Non sono felici, né Harry né Ginny, si stanno solo… riaccomodando”

 

Hermione non disse nulla. Lo fissò cercando di capire dove voleva andare a parare.

 

“Nessuno ha detto che sarà facile.” Riprese Ron. “Ma perché non tentare?”

 

Hermione si alzò dalla sedia. Camminò lentamente verso di lui e in silenzio gli prese la mano. La strinse forte e lo guardò negli occhi.

 

Perché non tentare?

 

 

**

 

 

Era davanti al portone di casa da almeno dieci minuti. Rigirava le chiavi tra le dita in scatti nervosi. Come poteva entrare e dirle che se ne andava via? Come poteva ferirla di nuovo? Lo avrebbe fatto. Aveva deciso che lo avrebbe fatto. Gli serviva solo del tempo.

 

Sospirò abbassando la testa e tirò due calci sullo zerbino. “Benvenuto.”. Dubitò altamente che Lavanda gli avrebbe dato il benvenuto in quel momento. Si decise ad entrare ma appena aprì la porta si trovò del tutto impreparato.

 

Lavanda era nell’ingresso, seduta su una piccola sedia di legno presa dalla cucina. Davanti a lei un paio di valige. I loro sguardi si incrociarono.

 

“Volevo aspettare che tu tornassi a casa per…” La sua voce si spezzò.

 

Ron passò lo sguardo da lei alle valigie. Le valige. Lei. Lei. Le valige. “Che stai facendo?”

 

“Me ne vado, Ron. Torno a vivere dai miei.”

 

“Non puoi!” Urlò facendola sobbalzare. Entrò in casa e chiuse la porta alle sue spalle. “Lavanda, non sei tu che devi andartene, sono io! Io sono lo stronzo della situazione! Io devo fare le valige…”

 

Lavanda fece un sorriso amaro. “E dove pensi di andare, Ron, da tua madre? Pensi davvero che ti lascerà in pace dopo quello che è successo a cena l’ultima volta? E poi questa è casa tua, era tua prima che ci sposassimo, prima che venissi a vivere qui.”

 

Ron non seppe cosa dire. Sentiva la gola secca.

 

Lavanda si alzò voltando la testa da un lato. “E avrai bisogno di posto per il bambino.”

 

“Lavanda…”

 

“Per favore, Ron, non dire niente.”

 

Un silenzio imbarazzato. Gli venne quasi da ridere. Non capitava mai di stare in silenzio con Lavanda, non era nel suo DNA rimanersene zitta da una parte. Ma adesso non c’era più niente da dire.

 

Con passo pesante Lavanda afferrò il manico della sua valigia, poi l’altra e rialzò lo sguardo su Ron. Le mancavano le parole.

 

“Allora… ciao Ron.”

 

Lui la fissò. Scosse la testa. “E’ stato un errore.”

 

Lavanda fece di nuovo un sorriso amaro. “Se stai parlando del nostro matrimonio, sì lo è stato.” Ron la fissò sorpreso. “Se stai parlando di te e Hermione, no, non credo. Sapevo che sarebbe andata così, lo sapevo fin dal primo giorno.”

 

“Come hai potuto sopportarlo, Lavanda?” Chiese lui con rassegnazione.

 

“Ero la numero due.” Scrollò le spalle lei. “Non sarei mai stata la numero uno, ma ero comunque la numero due. Vedi, in fondo sono una donna che si accontenta di poco.”

 

“Non pensare che non ti ami, Lavanda.” Disse lui facendo un passo avanti. “Perché ti amo e ti ho sempre amato.”

 

Lei annuì. “Lo so. Ma non abbastanza.”

 

Di nuovo silenzio. Ron la fissò da capo a piedi e si chiese come potesse amare due donne tanto diverse. Il sole e la luna. I capelli biondi di Lavanda ricaddero sul suo petto mentre abbassava la testa.

 

“Non è un addio, vero?”

 

Lavanda alzò la testa di scatto. Lo fissò presa alla sprovvista. Un sospiro e voltò la testa. “Dammi del tempo, Ron… stavolta sono io a dover guarire.”

 

Ron annuì. “Ti darò tutto il tempo del mondo. Ma non voglio che sia un addio.”

 

Lavanda non disse niente. Lo guardò un’ultima volta, aprì la porta ed uscì. Ron si ritrovò solo in quella casa, per la prima volta dopo anni. Si guardò attorno. Si sentiva impotente.

 

*

 

Mezz’ora dopo si trovava davanti alla casa di Hermione. Fissava la porta, la mano a mezz’aria e il dito indice teso verso il campanello. Era lì da almeno dieci minuti e non aveva ancora avuto il coraggio di suonare. Spostò lo sguardo sul campanello. Il suo dito era a pochi millimetri dal pulsante. Lo tirò un po’ indietro.

 

“Ma che diavolo sto facendo…” Si disse tra sé e sé.

 

Riportò il dito più vicino al pulsante. Non aveva paura di confrontarsi con Hermione. Aveva paura dei suoi genitori. Cosa avrebbe dovuto dire? Sapevano che Hermione era incinta?

 

Suonò.

 

Prese un lungo respiro e trattenne il fiato quando la signora Granger venne ad aprire. Lei lo guardò piacevolmente sorpresa.

 

“Ron, che bella sorpresa!”

 

Ron sorrise brevemente. La sorpresa doveva ancora venire. “Signora Granger.”

 

La signora lo fece accomodare in casa e richiuse la porta. Ron si sentiva a disagio. Era ovvio che non sapevano niente. La signora Granger continuava a sorridergli.

 

“Diventi più bello ogni giorno che passa.” Commentò. “Non ci siamo visti molto durante questi anni, ma ricordo quando eri ancora un ragazzino tutto pelle e ossa…”

 

“Già.” Tagliò corto Ron con un sorriso nervoso. “Hermione?”

 

La signora Granger si avvicinò alle scale e gridò verso il piano di sopra. “Hermione, hai visite!”

 

Hermione apparve in cima alle scale qualche secondo dopo. Guardò Ron sorpresa e scese le scale andandogli incontro, senza smettere un attimo di guardarlo. Si voltò verso sua madre e si morse un labbro. Si schiarì la gola.

 

“Che mi sono persa?”

 

La signora Granger scosse la testa. “Niente, stai tranquilla. Non ho spettegolato su di te.” Si voltò verso Ron e ridacchiò. “Ultimamente è un po’ irrequieta.”

 

Ron rimase serio. “Temo sia per colpa mia.”

 

La signora Granger aggrottò la fronte e passò lo sguardo da Ron a sua figlia. “Ci sono problemi a lavoro?”

 

Ron scosse la testa. “Non si tratta di lavoro.”

 

Hermione sospirò passandosi una mano sugli occhi. La sua voce uscì quasi come un sussurro. “Dov’è papà?”

 

La signora Granger ebbe il buon senso di non chiedere niente. Si mosse allarmata e sparì dietro alla soglia del salone, verso la cucina. Ne riemerse qualche minuto dopo, accompagnata dal marito. Il signor Granger sembrava preoccupato, si avvicinò e posò una mano sulla testa di Hermione.

 

“Cosa succede, tesoro?”

 

Hermione si morse un labbro e gesticolò verso Ron. “Papà, ti ricordi di Ron, il mio… capo?”

 

Ron allungò la mano verso al signor Granger che gliela strinse con un sorriso. “Sì, certo che mi ricordo. Come va, Ronald?”

 

“Ho vissuto momenti migliori.” Disse sinceramente.

 

La signora Granger aggrottò la fronte verso Hermione che se ne stava tesa da una parte. “Tesoro?”

 

Hermione alzò la testa e guardò i suoi genitori. Era indecisa. Spaventata. Poi dal nulla buttò fuori. “Sono incinta.”

 

“Sei…” In un momento iniziale di confusione i due coniugi fissarono Hermione. Poi l’epifania. Si voltarono di scatto verso Ron, che si irrigidì notevolmente.

 

“Pensavo che fosse il tuo capo.” Disse sconvolta la signora Granger. “Pensavo fossi sposato.” Disse a Ron.

 

Ron e Hermione si guardarono in difficoltà. Molta difficoltà. Sembrava che attorno a loro l’ambiente si fosse ghiacciato.

 

“Sono sposato.” Disse Ron. “Ero.” Si corresse. “Cioè, io…”

 

I signori Granger spostarono lo sguardo da uno all’altro senza riuscire a dire una sola parola. C’era sconcertamento nei loro occhi. Confusione. Sbigottimento. Hermione incinta. La loro bambina era incinta. Incinta di un uomo sposato con un’altra donna. Il signor Granger scosse la testa e sospirò tra sé.

 

“Hermione…”

 

“Papà, prima che tu dica qualunque cosa.” Hermione si spostò al fianco di Ron e gli prese la mano. “Io amo Ron.”

 

La signora Granger scoppiò in un singhiozzo. “Come hai potuto, Hermione, come hai potuto andare con un uomo sposato? Non ti ho insegnato niente?”

 

“Non sapevo che fosse sposato… la prima volta.” Disse con la voce spezzata.

 

Ron si schiarì la gola e si rivolse soprattutto al signor Granger. “Io non sto chiedendo di capirmi, non sto neanche chiedendo di essere clementi o di appoggiarci. Tutto questo è sbagliato, tremendamente sbagliato. La mia vita è stato un intero sbaglio.” Sospirò. “Ma l’unica cosa giusta è proprio qui al mio fianco. Lei sa cosa vuol dire essere sicuro di aver trovato la donna giusta?”

 

Il signor Granger si voltò appena verso la sua consorte e annuì. “Sì, Ronald, lo so bene.”

 

“Che cosa avrebbe fatto lei se l’avesse persa e l’avesse ritrovata al momento sbagliato?”

 

L’uomo tacque e Ron capì che era d’accordo. Hermione si strinse di più a Ron.

 

“Ci vorrà del tempo ma noi… noi siamo pronti a ricominciare una nuova vita… insieme.”

 

La signora Granger guardò Ron. “Non lo fai per il bambino, vero? Non lo fai perché hai paura che…”

 

“Io amo Hermione, l’ho sempre amata, e mi dispiace dirlo ma avrei lasciato mia moglie anche se Hermione non fosse stata incinta.”

 

Hermione rialzò gli occhi sui genitori quasi con vergogna. “Mi dispiace se vi ho deluso, ma io…”

 

Il signor Granger, all’improvviso e sorprendendo tutti, si slanciò verso Hermione e la accolse in un abbraccio. Hermione spalancò gli occhi ma poi si rilassò e si strinse a suo padre. Il signor Granger le accarezzò i capelli. “Non ci hai deluso, tesoro, mai. L’importante è che tu sia felice, per un padre è l’unica cosa che conta.”

 

Hermione annuì contro la spalla di suo padre. Un sorriso debole. Una lacrima fuggitiva. “Io sono felice con Ron.”

 

“Per noi è questo l’importante.”

 

Il signor Granger si tirò indietro e fissò la figlia con sguardo dolce. Spostò lo sguardo su Ron e si scurì un attimo. Non aveva gli occhi cattivi. Solo seri, di chi sta per dire una cosa importante.

 

“Ron.” Sospirò. “Se fossi un altro non so quanto sarei stato clemente. Non so se avrei reagito come sto reagendo adesso. Ma ti conosco, ho sentito tanto parlare di te e so che in fondo sei un bravo ragazzo.”

 

Ron si schiarì la gola quasi con vergogna delle sue azioni. “Grazie signore.”

 

“Ho però una richiesta.” Ron lo guardò sorpreso e il signor Granger inspirò appena. “Prenditi cura di Hermione. Trattala come se fosse fatta di cristallo e non farmi pentire di averti dato fiducia.”

 

Ron sorrise appena e guardò Hermione.

 

“Lo farò.”

 

La signora Granger scosse la testa ancora scossa. “Oh cielo… ma come farete adesso, come pensate di andare avanti?”

 

Hermione scrollò le spalle echeggiando le parole di Ron. “Nessuno ha detto che sarà facile.”

 

 

**

 

Chiedo umilmente perdono per il super ritardo… me ne vergogno per davvero…

Sto passando un periodo non molto felice nella mia vita e ho poco tempo per scrivere, purtroppo, contando anche che la mia ispirazione sembra essere svanita nel nulla ci metto il doppio del tempo a scrivere… e si vede!

 

Chiedo ancora scusa, cercherò di essere più veloce!

 

Vostra, zia fufù

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Needing More Time ***


Era stanca e affaticata

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                                12. Needing More Time

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Era stanca e affaticata. I piedi gonfi e le caviglie pesanti. Aveva caldo, poi freddo, poi di nuovo caldo. Ma era felice, finalmente.

 

Era felice di esibire la sua bella pancia rotonda, abbinata ad un sorriso caldo e raggiante. Era felice di avere al suo fianco l’uomo dei suoi sogni. Era felice perché l’uomo dei suoi sogni era il padre del suo bambino.

 

E pioveva.

 

Camminò a passo lento lungo le vie di Londra, per quei pochi isolati che la separavano dalla casa del suo migliore amico. Harry Potter. E della sua migliore amica. Ginny Weasley.

 

“Sei stanca? Vuoi riposarti un po’?”

 

Ron le posò delicatamente una mano sul braccio, tenendo un ombrellino con l’altra, e lei si voltò per guardarlo negli occhi. Sorrise e scosse la testa facendo ballare i riccioli sulle spalle. “No, va bene. Siamo quasi arrivati”

 

Ron annuì e continuò a camminare al suo fianco, passandole delicatamente un braccio attorno alle spalle. Delicatamente. Da quando il pancione aveva cominciato a gonfiare, Ron la trattava come se fosse diventata di cristallo. Aveva paura di romperla.

 

Hermione si accomodò nel suo abbraccio e allungò un po’ il collo per guardare sul fondo della strada. La casa di Harry si vedeva già.

 

Sulle scale dell’ingresso, Kessy, la portinaia, spazzava via l’acqua piovana che si era depositata sugli scalini ora scivolosi. Sorrise quando li vide arrivare da lontano e fece un cenno col capo verso Ron in segno di saluto. Ron ricambiò con un sorriso quasi imbarazzato, imbarazzato da essere lì con Hermione e non con Lavanda.

 

“Quando scade il tempo?” Chiese Kessy cordialmente, riferendosi al pancione di Hermione.

 

Hermione si accarezzò il pancione con tenerezza. “Ancora un paio di mesi.”

 

“Fatemi sapere del lieto evento, mi raccomando.”

 

Hermione e Ron annuirono cominciando a salire le scale interne al palazzo. Con un po’ di fatica da parte di Hermione, riuscirono ad arrivare davanti alla porta con la targhetta che luceva e che ora diceva ‘Potter’. Non H. Potter, ma solo Potter. Ron bussò.

 

Un passo. Due passi. Tre passi. Poi la porta si aprì e i due occhi cioccolato di Ginny li accolsero calorosamente. Un sorriso gentile. Provato, ma gentile.

 

Hermione sorrise di rimando. Ron piegò appena le labbra. Era una situazione strana. Surreale. Eppure era tutto vero.

 

“Entrate.” Disse Ginny con calma, spostandosi dalla porta. “Harry si sta cambiando.”

 

“Zia Hermione!”

 

Due furie si scaraventarono sulla porta e si attaccarono con l’orecchio sul pancione di Hermione. Hermione sorrise e alzò lo sguardo su Ginny che accennò un sorriso. Il braccio di Ron le circondò la vita. Caldo. Gentile. Pronto a sorreggerla.

 

“Ciao bambini.” Fece lei con un sorriso. “Lasciate che la zia si sieda, va bene?”

 

Hermione entrò con i bambini e si sedette sul divano. I due fratelli rimasero sulla porta. Si fissarono. Si compresero. Sospirarono.

 

Ginny cercò di abbozzare un sorriso. “Serve tempo.”

 

Ron abbassò la voce e scosse la testa. “Ho tutto quello che voglio adesso, Ginny, però…”

 

“Serve tempo.” Ripeté lei.

 

 

**

 

“Stai bene?”

 

Hermione si voltò verso di lui con un sorriso. Un sorriso rassegnato. “Sono solo un paio di scale.”

 

Ron la prese sottobraccio per sorreggerla, aiutandola a finire gli ultimi scalini. Risalutò Kessy, prima di avviarsi per la città. Pioveva. Sorrise tra sé.

 

Alzò la testa verso l’alto e chiuse gli occhi. La pioggia gli bagnò la fronte, le palpebre, le labbra. Inspirò. Adorava la pioggia. Adorava il profumo della pioggia.

 

Qualcuno lo urtò improvvisamente.

 

“Scusi.” Disse istintivamente. Poi un profumo familiare. Due occhi chiari. Una chioma bionda. Il fiato gli morì in gola. “Lavanda…”

 

“Ron!”

 

Per un breve attimo il tempo attorno a loro si fermò.

 

Hermione fece un passo avanti. Timidamente. Lavanda la accolse con un sorriso. “Hermione! … Come… come state?”

 

“Ah… noi… bene.” Riuscì appena a dire Ron.

 

“Tesoro, andiamo siamo in ritardo.”  Un uomo alto fasciò il bacino di Lavanda con un braccio. “Oh, salve Ron!”

 

Hermione e Ron non poterono fare a meno di spalancare gli occhi dalla sorpresa. Mark stava al fianco di Lavanda con una naturalezza disarmante. Lavanda fece un piccolo sorriso.

 

“Va’ avanti, ti raggiungo.” Disse flebilmente.

 

Mark annuì e sporse la mano verso Ron, che gliela strinse di rimando. “E’ stato un piacere rivederti, anche se per poco tempo.” Fece un piccolo inchino. “Hermione.”

 

Hermione sorrise di rimando. Tossicchiò “Devo aver lasciato la mia sciarpa in casa di Ginny. Torno subito.”

 

Ron annuì e capì. Lui e Lavanda si trovarono da soli sul marciapiede. Sotto la pioggia. L’uno immersi negli occhi dell’altra.

 

“Non sapevo… tu e Mark…”

 

“Oh.” Disse Lavanda imbarazzata. “Beh, ci siamo trovati fuori per caso e abbiamo preso un caffè insieme e poi… una cosa tira l’altra… ma tu questo dovresti saperlo.”

 

Ron si sentì un verme. “Potrai mai perdonarmi?”

 

“Tu la ami?”

 

Silenzio.

 

Lavanda si passò una ciocca bionda dietro l’orecchio. “Tu la ami, Ron?”

 

“Sì.” Sussurrò. “Io la amo.”

 

“Allora non c’è niente da perdonare.” Scosse la testa. “Hai agito solo secondo il tuo cuore. E ho sempre saputo di non essere la numero uno, è un rischio che ho corso fin dall’inizio.”

 

Ron sorrise amaramente. “E tu, Lavanda? Tu sei felice?”

 

Esitò. “Io…” Si morse un labbro. “E’ ancora presto per dirlo.”

 

“Già.”

 

Cominciò a piovere più forte. Ron si morse un labbro. Si sentì un bambino. Non ricordava di essere mai stato così imbarazzato.

 

“Lavanda…”

 

“Sì?”

 

Silenzio.

 

Aveva paura. Paura di dire la cosa sbagliata. Ma doveva dirglielo.

 

“Anche… anche se adesso il nostro matrimonio è finito… sono stato felice con te.”

 

Lavanda piegò le labbra in un sorriso e annuì. “Anche per me è stato lo stesso Ron.”

 

“Ti ho amata.”

 

“Lo so.” Sospirò. “Ma adesso ami lei.” Si voltò verso il fondo della strada. “E spero un giorno di potermi innamorare di Mark.”

 

“Me lo auguro.”

 

Dei passi delicati li interruppero. Hermione era riapparsa al fianco di Ron. Lavanda sorrise di nuovo e indicò il fondo della strada.

 

“Devo andare.” Cominciò a camminare. “Spero che siate felici. Davvero.”

 

I due annuirono e Lavanda si allontanò. Rimasero a guardarla finché i suoi capelli biondi non si videro più. Hermione strinse il braccio di Ron.

 

“Tutto bene?”

 

Ron fissò il fondo della strada. Alzò gli occhi su di lei. Sorrise.

 

“Mai stato meglio.”

 

 

**

 

Lo so che è stato un finale un po’ deludente, pensavate ad uno dei miei soliti eclatanti e pensati finaloni… invece voglio lasciarla un po’ in sospeso così che ognuno di voi possa fantasticare sul resto.

 

Vorrei dirvi che mi arrivano e leggo tutte le vostre mail, non temete, ma non posso rispondere a tutti perché non ho tempo. Sto lavorando parecchio in questo periodo e non sono quasi mai a casa.

 

Saluti a tutti i fedelissimi e fedelissime e non!

Un baciotto forte forte da zia Fufù! E (spero) a presto con una nuova ff

 

 

 

 

 

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