I wouldn’t
have imagined my life without you…
Ciao
raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e
vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come
sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me
sembrava così carino…
Cmq
protagonista è Benji e la storia è ambientata durante il primo campionato
mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le
età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche
perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler
saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’
Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi
Takahashi e solo Mie è inventata da me.
Penso
che sia tutto, un bacione e buona lettura!
CHAPTER THREE
Benji
uscì dalla doccia e si infilò l’accappatoio. Anche quel pomeriggio l’allenamento
era stato estenuante. Per fortuna a cena ci si distraeva un po’ fra una
chiacchiera e una portata, la cucina tedesca era squisita anche se ci aveva
messo un po’ per abituarcisi. Al pensiero gli venne l’acquolina in bocca.
Ma di
sotto non lo aspettava solo la cena, aveva un appuntamento più importante;
Schneider era ansioso di conoscere la fine della sua storia…la sua
storia?…in effetti era la loro storia. Faceva uno strano effetto
rivangare il passato, pensava di averlo lasciato alle spalle, di aver
dimenticato tutto il suo dolore e invece, parlandone con Schneider stava
ritrovando tutta l’amarezza di allora. Non aveva mai dimenticato Mie.
Scosse
la testa e si vestì. Avrebbe voluto scendere direttamente in sala da pranzo,
tuffarsi nel quotidiano caos che si creava a quell’ora, quando tutti erano
stanchi e desideravano distrarsi, lasciare che questo lavasse via i suoi
pensieri negativi, ma non ce la fece a resistere corse al suo cassetto, lo aprì
e ne trasse una foto, l’unica che gli era rimasta di lui e Mie insieme. Ancora
si domandò cosa avesse fatto, quale errore avesse commesso perché il suo raggio
di sole gli fosse negato. Ma di nuovo non ebbe risposta se non un lancinante
dolore al cuore. Quando guardò l’orologio si ricordò che era ora di cena; ripose
la foto nel cassetto e si diresse in sala da pranzo.
Come
sempre il corridoio e le scale erano pieni di ragazzi che chiacchieravano mentre
scendevano al piano sottostante e c’era anche qualche gruppetto di turisti, ma
di solito cenavano prima di loro.
Quando
giunse in sala da pranzo i tavoli erano quasi tutti occupati dai suoi compagni,
ma non riusciva a vedere Carl. D’un tratto si sentì chiamare da qualcuno,
piuttosto concitatamente. Cercò con lo sguardo e riconobbe Schneider, si era
seduto un po’ lontano dagli altri, ad un tavolo più piccolo.
«Come
mai così lontano dagli altri? » Chiese Benji sedendosi di fronte al suo amico.
«Come
sarebbe a dire?! » Esclamò l’altro. «Non ricordi che devi finire di raccontarmi
la tua storia? Non voglio che nessuno ci disturbi! »
«Ma
non ti avevo detto che dovevamo aspettare dopo cena? »
«Credi
che avrei pazientato tanto? » Rispose Schneider con finta aria shockata.
«Tu
sei matto! »
«E
perché? La tua è una storia interessante e per te dev’essere stata una cosa
proprio importante per farti soffrire così tanto… perciò se sfogarti può esserti
utile, meglio farlo con un amico. »
Benji
sorrise. Non gli veniva in mente altro modo per ringraziarlo.
«Allora, » Disse Schneider. «mi hai anticipato che le cose belle non durano…le
cose non sono andate come te le aspettavi, vero? »
«Non
proprio…ma andiamo per gradi. Ti ho detto che il giorno in cui ci mettemmo
insieme era il secondo del ritiro e devo dire che per un paio di giorni non fu
facile. Eravamo sicuri che tutti sapessero, ci guardavano con troppo sospetto,
ma questo non fu un problema tanto grosso come quello che si prospettò di lì a
qualche giorno. In questi piccoli campionati regionali, è importante per tutti i
giocatori farsi notare, vincere, in ogni dove potrebbero esserci talent scout e
la possibilità di essere ingaggiati da qualche squadra prestigiosa non è bassa,
quindi…se non puoi fare goal, stendi il portiere! »
«Ti
hanno….sabotato! » Esclamò Schneider sconvolto.
«Mi
hanno pestato di brutto! » Corresse Benji. «Era una sera come tante, io e Mie
eravamo rimasti da soli nel campetto dell’hotel, come era già abitudine. In un
angolino in ombra, nessuno avrebbe potuto vederci; ci piaceva stare lì a farci
le coccole e a giocare…in un certo qual modo assomigliava a un bel nascondino.
“Mi
faresti provare il tuo cappello, Benji?” mi chiese all’improvviso guardandomi
come un cuccioletto smarrito.
“Facciamo così, ti sfido! Se riesci a togliermelo te lo regalo…ovviamente ti
ostacolerò a modo mio…”
Lei mi
guardò tutta sorridente poi mi disse: “Accetto la sfida!”
Ovviamente non si aspettava il modo in cui l’avrei ostacolata. Appena lei
allungò la mano cominciai a farle il solletico. Sapevo che era il suo punto
debole. Iniziò una lotta indiavolata, fra le risate e i sussulti di Mie…poi,
improvvisamente, mi sentii rapito dal suo sguardo e ci baciammo…questa volta fui
io a non capire che era una trappola, mi rubò il cappello con un movimento
rapidissimo.
“
Evviva! L’ho preso!” Gridò saltellando da una parte all’altra.
“Imbrogliona! Hai usato l’arma della seduzione, non vale! Ridammelo!” Facevo io
cercando di prenderlo.
“Eh,
no!” Disse mettendolo in testa. “ Ci tengo troppo”
“ Ah,
si? E perché?” Chiesi io curioso cingendole la vita con le braccia.
“ Non
lo immagini….?” Certo che lo immaginavo…quello era il cappello dietro il quale
ci eravamo baciati la prima volta. Ricambiai il suo sorriso malizioso e la
baciai.
“
Dobbiamo tornare…” Dissi un po’ contro voglia guardando l’orologio. “ Ormai
tutti lo sanno, ma torna prima tu, ti raggiungo fra qualche minuto.”
Così
la guardai allontanarsi da me; poi, passati i cinque minuti di routine, mi
accinsi a rientrare, ma non so come, ne da dove spuntarono quattro tizi con il
volto coperto che con bastoni, calci, pugni e tutto ciò che potevano mi
ridussero proprio male…quando i miei amici accorsero, attirati dalle mie urla,
erano già scappati. »
«Ci
sono state delle conseguenze? » Chiese preoccupato Schneider.
« A
causa di una contusione alla gamba il dottore mi proibì di giocare fino alla
finale…capisci? Non poter giocare significava che non avrei potuto seguire la
squadra in ritiro…e quindi non vedere lei. »
«Ma
qual è il problema? Non erano che poche settimane, e il telefono esiste per
questo. » Osservò il tedesco.
«Infatti ci sentivamo tutti i giorni, mi teneva aggiornato sui risultati e sugli
allenamenti, anche quando sono partiti per raggiungere il campo del campionato
nazionale non passava un giorno che non ci sentissimo….sembrava tutto perfetto,
sembravamo fatti l’uno per l’altra… » Il ragazzo sembrò esitare.
«Benji,
cosa successe? » Incitò Carl.
«Penso
che tutto sia iniziato quando il mio allenatore, il signor Marshall, mi propose
di seguirlo in Germania, se la mia squadra avesse vinto il campionato. Come
potevo non accettare, era un’occasione grandiosa…il problema, pensavo, era dirlo
a Mie…ma, almeno stando a ciò che diceva lei, non lo era. »
«Cioè
non le dava alcun fastidio che di lì a un paio di mesi tu saresti partito per
una nazione dall’altra parte del mondo rispetto a lei? » Disse Schneider un po’
incredulo.
«Si,
anch’io all’inizio stentavo a credere che l’avesse presa così bene, così un
giorno, in preda al dubbio gliel’ho chiesto, a telefono.
“Mie,
non è che ti dispiacerà se me ne andrò in Germania?” Le chiesi.
“Ma
cosa dici Benji! È normale che mi dispiaccia…mi mancheresti tantissimo!”
“Allora perché…”
“Ho
reagito come se fosse la cosa più normale del mondo? Semplice, so che per te
sarebbe un’occasione grandiosa e se te ne privassi…sarei veramente egoista…”»
«Bè,
in effetti doveva essere molto comprensiva…» Osservò Schneider.
«No,
Carl, io lo capìì subito che non era comprensione, era l’amore. Lei voleva che i
miei sogni si realizzassero e se la realizzazione dei miei sogni poteva farmi
felice, poco importava che fosse la sua di felicità a farne le spese…lei la
pensava così, quindi prestai fede alle sue parole. “Non preoccuparti per me, o
mi arrabbierò seriamente” mi disse. Però…»
«Però?
» Incoraggiò nuovamente il tedesco.
«Però
quando alla fine la New team vinse il titolo nazionale, lei mi corse incontro in
lacrime e mi abbracciò; lei sorrideva, ma c’era qualcosa che non quadrava,
sentivo che in lei c’erano sentimenti contrastanti, io speravo che fosse per la
felicità della vittoria, ma con la tristezza della mia ormai imminente partenza…
»
«E
invece non era così? » Domandò Schneider sempre più preso. Sapeva che la
risposta al dolore e al risentimento di Benji sarebbe presto arrivata.
«…Quella sera andò tutto bene, festeggiammo, ci divertimmo, ridemmo…fino a
quando Mie non mi chiese di seguirla fuori, nel giardino. Ti è mai capitato di
avere dei presentimenti? Bè quella sera ne ebbi di orribili mentre camminavo
dietro di lei. Sentivo che era nervosa, tesa.
Ad un
tratto si voltò e mi guardò fisso negli occhi. Sapeva ciò che doveva dirmi, ne
sono certo, come un discorso preparato in anticipo, infatti le parole che mi
disse e la freddezza con cui le pronunciò davano subito l’impressione di
qualcosa di studiato.
“Che
c’è?” Le chiesi non nascondendo un tremito nella voce.
“Devo
dirti una cosa molto importante, Benji…i-io devo…cioè…dobbiamo finirla qui,
Benji!” Disse riacquistando tutta la fermezza che per un attimo era sembrata
persa.
Il mio
mondo crollò, Carl. Tutte le mie certezze scomparvero, tutto ciò che avevo
creduto vero si era rivelato falso. “Ma perché? Che ho fatto?” Le chiesi.
“NO!”
Si affrettò a chiarire lei. “Non c’entri…sono io che…”
“Non
sopporti l’idea che parta, vero? Non pensi di riuscire a sopportare una storia a
distanza, vero?” Ormai ero quasi all’esasperazione…io non volevo che lei se ne
andasse, che mi lasciasse.
“Non è
affatto vero, e tu lo sai!” Ribattè lei. Ma io ero duro e, probabilmente, anche
insensibile poiché, anche sapendo che l’avrei ferita, le diedi ugualmente della
bugiarda…se ne andò davvero. Si girò e, con la stessa compostezza con cui aveva
parlato, se ne andò e mi lasciò solo con il mio dolore…in lacrime. Non guardarmi
così, Carl, piansi davvero anche se allora pensavo solo di amarla... »
«Come
pensavi solo?…allora? » Chiese il tedesco sempre più confuso.
«Si,
allora. » Confermò Benji. «Perché durante il mio ultimo viaggio in Giappone ho
incontrato tutti i miei amici e anche lei e quando l’ho guardata, quando i
nostri sguardi si sono incrociati di nuovo allora ho capito che non la
dimenticherò mai… »
«Ma
come puoi dire questo, dopo che ti ha trattato in quel modo? » Benji sapeva che
il suo amico avrebbe reagito così, anche lui all’inizio aveva stentato a
crederci; per più di due anni non aveva provato che rancore verso Mie, rancore
che, col passare del tempo, era diventato indifferenza. Ma rivederla gli aveva
provocato le stesse sensazioni che provava tre anni prima.
Il
rancore era l’espressione della rabbia di nn poterla avere per se,
l’indifferenza la maschera e la protezione più efficace per non soffrire.
«Non
lo so, Schneider, non lo so…» Rispose scuotendo la testa rassegnato.
Il
tedesco scosse la testa poi si ricordò che la domanda da cui era partito tutto
non aveva ancora trovato risposta. «Benji, ma se rivederla ti ha fatto ritrovare
i sentimenti di una volta, allora perché il tuo viaggio è stato tanto brutto? »
«Hai
ragione, scusa non ti ho detto la cosa più importante, forse perché ho visto e
udito cose che mi hanno confuso ancora di più le idee e poi… “Oltre al danno la
beffa”, direi…»
…To be
continued
Bene!
Che dite, era all’altezza delle vostre aspettative? Spero di si ma ne dubito
fortemente, perché è nato praticamente in una sera e penso che ci sia una certa
confusione…cmq non fa niente, sarà quel che sarà! (Chi vi ricorda?)
Cosa
sarà successo secondo voi in Giappone per rendere il viaggio di Benji così
orribile? Seguite il prossimo chap e lo saprete! (Wow sembro Kagome quando fa le
anticipazioni delle puntate di Inu!)
Un
bacione e mi raccomando, COMMENTATE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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