It's a child's play

di memi e olly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Finalmente me stessa ***
Capitolo 2: *** 2. A.A.A. Cercasi normalità ***
Capitolo 3: *** 3. La fine di un giorno - Un nuovo inizio ***
Capitolo 4: *** 4. Cereali e inviti ***



Capitolo 1
*** 1. Finalmente me stessa ***


It's a child's play



I ~ Finalmente me stessa



Se questa mattina mi avessero svegliato, avvertendomi che questo giorno di festa sarebbe diventato -a causa mia- quel che è diventato, beh, probabilmente mi sarei girata dall'altra parte, dandomi malata e tornando a dormire.


“Dominique.”
“Mmh” Mugugnai infastidita, coprendomi meglio col piumone.
“Dominique!” Insistette la voce.
Sbadigliai e con l'assoluta convinzione di non voler svegliarmi e tantomeno abbandonare il rilassante tepore del mio letto, infilai la testa sotto al cuscino.
Per un attimo sembrò quasi funzionare.
Non più un rumore e meglio, non più quella voce stridula ed irritante.
Solo il silenzio.
Solo io, le coperte, il materasso ed il silenzio.
Respirai profondamente, prima di abbandomarmi nuovamente a quello stato di semi-incoscienza tanto agognato, quando un soffio di aria gelida mi sfiorò le braccia, la schiena, le gambe ed infine i piedi, costringendomi a rannicchiarmi su me stessa.
Dannata Victoire.
Aprii lentamente un occhio e subito dopo l'altro, e ciò che vidi non fece che aumentare la mia frustrazione.
Mia sorella, sorridente ed in vestaglia, mi guardava dal suo metro e settantesei di altezza -quattro centimetri esatti più della sottoscritta, come amava ricordarmi spesso- con un'espressione a metà tra il divertito ed il compiaciuto.
“Soddisfatta?” Borbottai con la bocca impastata dal sonno, cercando nel frattempo di rimpossessarmi delle lenzuola con le dita dei piedi, invano ovviamente.
“Sei tu che mi hai costretta a farlo.” Rispose a tono, sedendosi accanto a me.
Certo, come al solito.
“Bene.” Sbuffai. “Ora sono sveglia e tra un quarto d'ora scenderò al piano di sotto, quindi...” Lasciai volutamente la frase in sospeso, anche se l'invito ad andarsene era piuttosto evidente.
Mi fissò un istante incerta, indecisa sul credermi o meno.
“Va bene.” Sospirò alla fine, per una volta fidandosi di me. “Ma voglio ribadirti che questo giorno è molto importante per me e che desidero che tutto sia il più perfetto possibile, tu compresa.” Aggiunse emozionata, come sempre quando si parlava del suo matrimonio.
Annuii non potendo fare altrimenti e lei lasciò finalmente la stanza.
Mi passai distrattamente una mano tra i capelli, come capitava spesso quando qualcosa non andava ed io dovevo riflettere.
Perchè qualcosa non andava, no.
Era il matrimonio di mia sorella, il suo giorno perfetto -come ripeteva da diversi mesi- ed io avrei dovuto essere felice per lei, per loro? Eppure non lo ero. Ero triste, delusa o forse no. Forse, più semplicemente, ero solo confusa.
Confusa, si.
Non capivo come una ragazza potesse incentrare la sua intera esistenza sul matrimonio. Non riuscivo a capire come lei avesse potuto basare la sua vita su un avvenimento così... Inutile, ecco.
Eppure avevo provato a comprenderla, davvero.
L'avevo accompagnata a tutte le prove dell'abito, ai vari ristoranti consigliandole il menu migliore, avevo persino avuto la scelta definitiva sulla torta nuziale... Ed allora perchè ad ogni appuntamento col fiorista o col parrucchiere, ad ogni cena o pranzo con la famiglia, io ero sempre più stanca ed a disagio?
Avevo la netta e strana sensazione di mentire, di continuare a dire bugie su bugie senza un apparente motivo logico.
Ogni sorriso, ogni affermazione, ogni 'si' era falso.
In realtà avrei voluto dirle di no, avrei dovuto urlarglielo in faccia ogni volta, ma non lo feci, mai. Continuai a mentire ed ad assecondarla, rassegnandomi all'idea di non capire.
Di non capire come lei avesse potuto dire di si, ma sopratutto di non capire come Teddy avesse potuto chiederle di sposarlo.
Forse, più di tutto, era questo quello che mi rendeva impossibile essere felice per loro.
Mi alzai a fatica dal letto, mi sentivo pesante, estremamente pesante.
Raggiunsi l'armadio incerta se indossare o meno l'abito da damigella d'onore.
Probabilmente era meglio aspettare. Ma aspettare cosa?
Sentii un leggero bussare alla porta ed istintivamente mi voltai. “Chi è?” Domandai, sperando che non fosse di nuovo Victoire, non sarei riuscita a sopportare ancora il suo buon umore.
“Io.”
Sospirai di sollievo riconoscendo immediatamente la voce. “Entra.”
“Ho avuto solo io l'onore di vedermi piombare in casa tua sorella?” Chiese Rose, facendo il suo ingresso in camera mia.
“Non proprio.” Mormorai contrariata.
“Siamo di ottimo umore, vedo.”
La fulminai con lo sguardo. “Non ti ci mettere anche tu.”
“Okay.” si arrese fin troppo facilmente alzando le mani come a scusarsi.
“Come mai sei qui?” Volli informarmi anche per cambiare il prima possibile discorso.
“Ero venuta in cerca di supporto morale, ma credo di aver sbagliato persona.” Spiegò con un mezzo sorrisino.
“Cos'è successo?” Domandai curiosa.
Per un momento la folle ed egoistica idea di occuparmi dei suoi problemi, mi fece sentire meglio.
“Ho sentito Albus stamattina e mi ha detto che... Beh, oggi al matrimonio ci sarà anche Scorpius ed io non so davv-”
“Frena, frena.” Bloccai sul nascere la sua probabilissima crisi di nervi da ex. “Vi siete lasciati da un bel po', tu stai insieme ad un altro e per quanto ne sai anche lui potrebbe esserlo, quindi, dov'è il problema?”
“Beh, ma sarà imbarazzante, non trovi? Cioè, io, lui...” Balbettò, attorcigliando una ciocca di capelli castani sull'indice. “E Roger! Non posso pensarci, sarà un disastro.”
“Concordo.” Sussurrai più a me stessa che a lei.
“Cosa?”
“Niente.” Mi imposi un sorriso. “Ma comunque stai tranquilla, andrà tutto bene.” Mentii, ancora. Stava diventando una pessima abitudine.
“Grazie.”
“Figurati. Però ora sarà meglio scendere, o Victoire invece di andare verso l'altare, andrà ad Azkaban.”
Per un decimo di secondo, quell'alternativa non mi sembrò affatto male, anzi.
“Tutto bene, Dom?” Chiese all'improvviso Rose, prendendomi alla sprovvista. “Certo.”
Mentire stava diventando davvero una brutta abitudine, e come ogni cattiva abitudine era dura a morire.

~

“È uno scherzo.” Ripetei per l’ennesima volta guardandomi allo specchio. “Deve essere uno scherzo.”
Avevo misurato e rimisurato quel stramaledetto vestito una decina di volte, perché, come Victoire continuava a reiterare incessantemente da mesi, doveva essere tutto perfetto. Acconciatura perfetta, trucco perfetto, unghie perfette, scarpe perfette e, ovviamente, vestito perfetto. Come se la marea di invitati pronti a far festa avessero avuto anche solo mezzo occhio da dedicare alla damigella d’onore quando potevano rimirare estasiati la magnifica –perfetta- Victoire nel suo stupendo –perfetto- abito da sposa.
Scacciai quei pensieri e mi concentrai sull’abito, di un doloroso glicine setoso. Merlino, odiavo quel colore e odiavo quel vestito e odiavo tutta quell’inutile perdita di tempo. Ma quelli non sarebbero dovuti essere i pensieri della sorella della sposa, no? Feci una smorfia e di nuovo tentai di riflettere tutta l’attenzione sul tessuto di seta che fasciava il mio corpo.
Non c’era qualche particolare preciso a non andare, era l’insieme che mi infastidiva. Era uno di quei vestitini semplici, senza alcuna caratteristica in grado di sopraffare sulle altre e, forse, era proprio quello il problema. Victoire doveva aver optato per quel monocromatico pezzo di stoffa perché sapeva che, pure se mi fossi messa a ballare sul tavolo intonando a squarciagola una di quelle canzonette di Celestina Warbeck , mi avrebbero mai dato retta. Ero anonima, come potevano esserlo tutte le damigelle d’onore generose di far spazio alla bellezza folgorante della sposa.
Peccato che quel giorno volevo essere tutto, men che meno anonima.
Nessuno mi avrebbe guardata così.
Lui non mi avrebbe guardata...
“Oh, wow! Sei uno schianto, Dom!”
Non avevo bisogno di voltarmi per sapere chi avesse parlato, conoscevo quella voce meglio di chiunque altra, eppure mi girai lo stesso per il gusto di potermi specchiare nei suoi occhi e scoprire che colore avevano assunto, per l’occasione. Scioccamente, mi ritrovai a sperare che fossero di uno spietato nero fondente, così bello quanto detestato da mia sorella, ma invece dovetti scontrarmi con un caldo marrone, oro colato che si apriva in un sorriso sincero mentre mi guardavano con cipiglio incuriosito.
“Grazie, ma non è necessario che fingi con me, Teddy. Riesco ancora a capire quando menti.” Replicai, più dura di quanto avrei mai voluto, mentre ritornavo a rivolgermi al lungo specchio da parete.
Lui, di rimando, fece qualche passo strascicato nella mia direzione, comparendo al mio fianco nell’immagine riflessa di noi due proiettata dinanzi a me. Per un istante vedermi lì, così, mi fece uno stranissimo effetto. Sapevo che era sbagliato, eppure come potevo impedirmi di sentirmi a quel modo?!
Come se tutto fosse stato perfetto, per una volta...
“Non sto mentendo.” La sua voce si era abbassata di un’ottava e non c’era più traccia dello sfondo ironico che impregnava ogni sua parola. “Sei davvero bellissima, Dominique.”
Lo guardai attraverso lo specchio, perdendomi nei lineamenti dolci del suo viso, nel rassicurante blu dei suoi capelli, nel calore che i suoi occhi sapevano emanare... Ed era tutto così naturale che quasi non riuscivo a ricordarmi che era surreale, che era solo nella mia testa. Perché per un momento, un minuscolo granello di sabbia che scende dalla clessidra del tempo, mi sembrò di vivere una vita non mia, di poter uscire dal mio corpo, dai miei vincoli, dai miei doveri per abbandonarmi a quell’unica sensazione.
“Davvero?” Il mio era stato un sussurro, ma il mio sguardo era deciso mentre mi giravo ad affrontare l’immagine reale di Teddy Lupin e non il suo semplice riflesso.
Sentii il cuore balzarmi nel petto, eppure riuscii a mantenere una parvenza sicura anche così. Lui invece pareva quasi sperduto, come se si fosse appena ritrovato catapultato nel bel mezzo di un’interrogazione di Trasfigurazione. Una vocina nella mia testa continuava a ripetermi che dovevo smetterla e ritornare alla mia finta accondiscendenza, che di tanti momenti avevo scelto il peggiore per dire di no, ciò nonostante non riuscivo ad impedirmi di continuare.
Ora o mai più, lo sapevo.
“Beh, io...” Farfugliò lui a disagio, muovendosi sui piedi, senza tuttavia distogliere lo sguardo rapito da me. “Sì, insomma, è ovvio che lo sei. Sei...”
“Sì...?” Non dovevo, non dovevo, ma il mio corpo si protendeva in avanti da solo, come se una calamita invisibile lo attraesse in modo irreversibile verso il futuro marito di mia sorella.
“Tu sei, ecco, sei...” Distese le braccia e aprì le mani, disarmato, tracciando parole invisibile con la forza eloquente dei suoi occhi, così vicini che potevo respirare il suo alito fresco e perdermi nel suo aroma dolciastro di cannella. “Tu sei...sei Dominique.”
C’era consapevolezza nella sua voce e stupore nei suoi occhi, ma ero anche consapevole che tirarmi indietro sarebbe stato impossibile per me a quel punto perciò preferii chiusi fuori a doppia mandata tutto il resto che non fossero state le sue labbra perfette o la sensazione di benessere entrata in circolo nel mio corpo, per la prima volta da mesi.
“Sì.” Mormorai solo, prima di annullare anche quella breve distanza e sigillare le nostre labbra in un bacio che mai avrei potuto trovare istante peggiore per dargli.
E non mi importava se ero la sorella della sua futura sposa. E non mi importava se amava Victoire, se stava sposando Victoire. E non mi importava del dopo, perché Teddy mi aveva stretto la vita e non l’aveva fatto per allontanarmi.
Teddy Lupin mi stava baciando.
Non ero solo io, eravamo insieme, eravamo ora.
Il resto, per quanto mi riguardava, poteva anche aspettare fuori la porta.





Note Autrici.
Okai, come spiegare questa Fanfiction? In poche parole, soprattutto... Mmh. Allora, iniziamo dalle questioni fondamentali.
Noi non siamo altro che memi e HeRmIoNe LuNa, due scrittrici per diletto, due scrittrici con un'insana passione comune: le Rose/Scorpius! u.u
Due scrittrici che hanno deciso di unire i propri stili per creare una storia originale -si spera- e che piaccia almeno quanto sia piaciuta a noi scriverla. ^^
Detto questo, crediamo che sia giusto dare qualche informazione in più.
1. Questa storia sarà principalmente basata sul rapporto tra cugine, in modo particolare il rapporto tra Rose e Dominique.
2. Ogni capitolo sarà narrato dal loro punto di vista, questo ad esempio è descritto e vissuto da Dom, i prossimi vedranno invece come protagonista principale Rose e non solo... E così via. Ogni volta comunque capirete quale delle due cugine sta raccontando, non preoccupatevi.
3. Ovviamente la storia non sarà incentrata solo su questo tipo di rapporto, come si può benissimo comprendere da questo primo capitolo, non mancheranno di certo gli amori, anzi... Ma non diciamo altro!! xP
4. Via via scoprirete tutti i protagonisti, ma possiamo avvisarvi fin da ora che cercheremo di trattare tutta -o quasi- la nuova generazione, anche se -per ovvi motivi- non tutti i personaggi compaiono nella lista della presentazione iniziale.
5. Questa storia è post-Hogwarts.
6. La frase a destra che precede il capitolo sarà sempre presente e come crediamo si sia capito, non sono altro che i pensieri della protagonista, in questo di Dominique.
Un'ultima cosa, poi abbiamo finito.
7. Cercheremo di aggiornare ogni settimana, visto che i primi capitoli sono già pronti, non ci saranno ritardi, anzi l'unica cosa che rischierete sarà di vedere il secondo capitolo prima di Martedì prossimo. Siamo entrambe molto curiose, ci perdonerete nel caso, vero? xD
E dato che siamo curiose, ci piacerebbe conoscere i vostri pensieri riguardo la nostra Fanfiction. Accettiamo consigli, critiche... Insomma commenti di qualsiasi tipo -anche domande se non vi è chiaro qualcosa- e certo se vi sfugge qualche complimento, a noi sicuramente non dà fastidio. u.u
Va bene, il mio proposito di spiegare il tutto in poche parole ha preso decisamente il volo, la prossima volta sarà meglio che lo faccia memi. xD
A presto.
Baci
memi e olly

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Capitolo 2
*** 2. A.A.A. Cercasi normalità ***


It's a child's play

 

II ~ A.A.A. Cercasi normalità

 

Ma cosa diavolo avevano tutti per comportarsi in modo così.. Insolito e folle. Eh?

No, un attimo. Forse la strana ero io.

 

 

 

Libera, finalmente.

Il matrimonio non era ancora iniziato eppure i miei piedi e -soprattutto- la mia testa chiedevano, anzi imploravano, già pietà.

Tutta colpa di un paio di scarpe belle e costose quanto scomode e dolorose e di un paio di sorelle ansiose.

Mi era già capitato d'imbattermi in una Weasley-Delacour in preda ad una crisi nervosa -la maggior parte delle volte era Dominique la sorella in questione- ma mai prima d'allora mi era successo di dover sopportare non una ma ben due 1/8 Veela in chiaro stato di agitazione.

Ora capivo il panico pre-matrimonio di Victoire, ma Dominique?

Respirai profondamente, accogliendo con piacere l'aria fresca e salmastra.

Amavo quel posto e certo non faticavo a capire la scelta di Victoire e Teddy di celebrare qui il loro matrimonio.

L'avrei fatto anch'io, se solo...

“Rose!”

Mi voltai verso il ragazzo che con passo incerto mi stava raggiungendo.

Evidentemente non si sentiva molto a suo agio negli abiti che in questo momento indossava. Un po' come me.

“Roger.” Lo salutai, convincendomi di essere davvero felice di vederlo. “Sei in anticipo.” Gli feci notare leggermente infastidita.

Un secondo, se ero veramente contenta, non avrei dovuto notare con irritazione i pochi minuti di anticipo, no?

“Oh si, beh... Volevo assicurarmi che andasse tutto bene, che tu stessi bene!” Si giustificò premuroso come sempre.

Fin troppo.

“Sei molto carina!” Continuò poi, passandosi una mano tra i capelli castani.

Stiracchiai un sorrisino.

Ecco 'carina' o 'molto carina' non erano esattamente i complimenti che mi aspettavo e che dovevo ricevere da colui che consideravo il mio fidanzato.

Okay, non ero la cosiddetta 'bella ragazza' che attira su di se tutta l'attenzione, e di certo non avevo mai ammaliato nessun col mio sguardo da cerbiatta ed ancora, non avevo mai ricevuto fischi d'approvazione da sconosciuti in mezzo alla strada, ma dannazione, lui era il mio ragazzo, doveva trovarmi più che carina.

Doveva trovarmi bella anche con un pigiama di flanella color verde acido ed i bigodini, figuriamoci con un vestito come questo e con i capelli che rasentavano la perfezione.

Sospirai. “Grazie.” Aggiungendo poco carinamente. “Anche tu non stai male.”

Lui riuscì a recepirlo comunque come complimento ed infatti arrossì, abbassando la testa.

“Non volevo... Diciamo... Farti sfigurare.” Balbettò imbarazzato.

Questa volta un sorriso intenerito mi nacque spontaneo.

Ecco, perché l'avevo invitato e soprattutto, ecco perché era il mio fidanzato.

Era semplice e timido.

Non amava stare al centro dell'attenzione e tantomeno faceva qualcosa per essere osservato.

Non poteva di certo essere ricordato per gesti eroici o eclatanti ed a volte non veniva ricordato affatto.

Era normale.

Era quello di cui avevo bisogno.

Era come me.

Ed anche se ogni tanto -spesso- la voglia di altro, di qualcosa di più prendeva il sopravvento, in cuor mio sapevo di non meritare altro.

La mia felicità era quella, nient'altro. Vero?

“C'è tuo cugino.” Disse all'improvviso, guardando al di là della mia spalla destra.

Mi girai giusto in tempo per vedere un Albus Severus Potter, impeccabile nel suo completo, avvicinarsi a noi.

“Ehi!” Ci salutò. “Rose, sei uno splendore!” Esclamò poi puntando i suoi occhi su di me.

“E non hai ancora visto Victoire o Dominique, loro si che sono uno spettacolo!” Ammisi serena.

“Beh, ma loro lo sono sempre.” Constatò Al, guadagnandosi un leggero pugno sul braccio.

“Potrei offendermi!” Incrociai le braccia al petto, assumendo l'espressione più oltraggiata del mio vasto repertorio, non riuscendo però a trattenere un sospiro divertito.

“Lo sai che scherzo, anche tu sei bellissima, ogni giorno di più.”

Sbuffai appena facendolo ridacchiare.

Albus aveva la capacità innata di mettermi di buon umore, da sempre. Anche con una piccola frottola come questa.

“Sei un gran bugiardo, sai?” Gli domandai.

“Non sono un bugiardo.” Negò. “Sono solo un gran adulatore!” Precisò con un ghigno.

“Avrei in mente un altro aggettivo, ma preferisco non dirlo. Non è adatto ad una signorina come me.” Spiegai.

“Signorina? Tu?”

“Attento, Al, potresti ricevere il secondo pugno della mattinata.” Lo avvisai.

“A dire il vero è il quinto. Lily ha avuto la brillante idea di farsi riccia ed io non sono stato in grado di tenere per me i miei pensieri.” Sorrise.

“Te lo dico col cuore, Albus. Sei pessimo.”

“Ehm, ehm.”

Morgana, Roger.

Mi ero completamente dimenticata di lui.

Che orribile fidanzata.

Come diavolo si faceva ad ignorare in questo modo il proprio ragazzo?!

Sentendomi in colpa, lanciai una breve ma eloquente occhiata a mio cugino.

Per fortuna lui la comprese per quello che era ovvero 'Inseriscilo subito nella conversazione, pezzo d'idiota!', infatti gli chiese: “E tu come stai, Roger?”

“Molto bene, tu?”

“Bene.”

Chiacchierata terminata, perfetto.

Lo supplicai ancora con lo sguardo, ma questa volta fece assolutamente finta di nulla, concentrandosi sulle sue scarpe.

Chiaramente le buone azioni del buon cugino di quest'oggi erano già finite.

Ma cos'altro potevo pretendere?

Roger ad Albus non piaceva. Non piaceva per niente.

Lo definiva anonimo e -ahimè- più volte mi ero ritrovata a pensare che non avesse torto, non del tutto almeno. Ma poi tempestivamente scacciavo quell'assurda idea, riflettendo che Al non aveva mai gradito nessuno dei diversi -tre o quattro- fidanzati che avevo frequentato.

Eccetto uno, il suo migliore amico ovviamente.

Ed in un attimo il suo pensiero tornò a tormentarmi, portando con se la bruciante voglia di sapere dove fosse.

Era già arrivato? Aveva deciso di non venire, avvisando all'ultimo secondo come era solito fare? Cosa?

Dovevo chiederlo ad Albus. Assolutamente.

Il mio buon senso, che almeno in parte non mi aveva abbandonato, mi fece notare che chiedere informazioni del proprio ex davanti all'attuale fidanzato, beh, non sarebbe stato il massimo.

“Roger, che ne dici di andare a prendere i posti? Non voglio rischiare di ritrovarmi in un'ultima fila, non voglio perdermi nessun particolare della cerimonia.” Improvvisai sentendomi vagamente dispiaciuta.

“Certo.” Annuì prima di congedarsi con un cenno del capo.

Soli.

Sorrisi soddisfatta prima di centralizzare tutta la mia attenzione su mio cugino. “Dov'è?” soffiai, riducendo gli occhi a due fessure.

“Chi?” Chiese pur sapendo a chi mi riferissi.

“Lo sai.” Sbuffai.

“Non dovrebbe importarti.” Evitò nuovamente di rispondere alla mia domanda.

Lo sapevo, anche Dominique me l'aveva detto ed anch'io continuavo a ripetermelo, ma non m'interessava.

“Dov'è?” Ribadii.

“E' lì.” Disse indicando un punto dietro di me.

E' lì? Come è lì?

Spalancai gli occhi e gli abbassai la mano, un po’ di discrezione, Merlino.

“Perché è già qui?” Mormorai.

“Perché tra qualche minuto inizia la cerimonia, quando sarebbe dovuto venire? A matrimonio ultimato?”

Perché no?”

“Rosie.” Mi ammonì.

Okay, domanda stupida.

“Sta arrivando.”

Qui?” La mia voce ridotta ad un sussurro.

“Si, Rose.” Mi guardò allibito. “Sicura di stare bene?”

Non feci in tempo a ribattere che 'Si stavo bene' ma che 'Starei stata meglio senza di lui', che lui arrivò.

“Rose.”

Il mio cuore perse un battito, la gola mi si seccò, le ginocchia tremarono e per poco non scappai.

Tutto ciò in un decimo di secondo.

“Scorpius.” Deglutii rumorosamente.

“Stai benissimo.”

Non dovevo balbettare, non dovevo balbettare, non dovevo balbettare.

“Gra-grazie.”

Ecco, appunto.

Sorrisi a fatica.

Era normale tutto quell'imbarazzo? Era normale avere lo stomaco sottosopra? Era normale?

No, non lo era.

“Sono qui con il mio fidanzato.” Affermai tutto d'un fiato, non sapendo neanch'io bene il perchè.

Ero indecisa tra questa frase e 'Che tempo farà domani'.

Stupido imbarazzo.

Stupida me.

Albus ridacchiò, mentre Scorpius alzando un sopracciglio mi domandò: "Ah si? Qual è?"

La sua voce era la stessa di sempre, nessuna emozione all'interno.

Nessuna nota di gelosia, di fastidio. Niente di niente.

Ma poi perché avrebbe dovuto? Io non ero più nulla per lui.

Lo stomaco si serrò in una morsa.

Nulla.

“E' quel ragazzo.” Asserii, indicandogli Roger.

“Quello che sta contando le sedie?” Chiese Scorpius, corrugando la fronte.

Si, in effetti stava contando le sedie. Ma perché?

“Si, esatto. E' un tipo molto preciso.” Buttai lì a caso.

E buffo, avrei voluto aggiungere.

“L'ideale per te, no?”

“Si, infatti.” Risposi con una punta d'acidità, colta sul vivo. “E' responsabile, ordinato, intelligente...” Elencai.

“Un tipo comune.” S'intromise Albus.

Normale.” Puntualizzai. “Ed è la normalità ciò che voglio.” Conclusi osservando Scorpius.

Avevo ritrovato un po’ della mia sicurezza.

Ero pronta per affrontarlo, ora.

Forse.

Distolsi lo sguardo, puntandolo verso la spiaggia.

Un momento... Quella era Dominique?

E stava piangendo?

 

---

 

“...no?”

Girai la testa, piano, con gesti quasi meccanici. Al mi fissava con un sopracciglio inarcato e l’aria di chi stesse aspettando una risposta ad una qualche domanda che io, ovviamente, non avevo udito. Non avevo idea del modo in cui mi stesse guardando Scorpius invece, anche se sentivo i suoi occhi bruciarmi addosso di viva intensità, la mia testa aveva preso la tangente verso altri pensieri e, in quel caos, non ci voleva un genio per capire che infilarci il tuo ex non è il massimo dell’intelligenza.

Se quella era mia cugina Dominique – e non avevo quasi alcun dubbio in merito – e quelle erano davvero lacrime...

Dominique non piange. Mai. Neanche quando potrebbe, perciò per forza di cose doveva essere successo qualcosa di molto brutto per ottenere una simile reazione da lei.

Mi sentii morire.

No, no, no. Non poteva essere successo. Sapevo che la zia Andromeda non era stata tanto bene ultimamente, ma morire... Il giorno del matrimonio del suo unico nipote, per di più! Mi sembrò così ingiusto, così sbagliato, così-

“Buongiorno ragazzi.”

Un attimo... La zia Andromeda? Davanti a noi?

Beh, con un sospiro di sollievo appurai che di certo non aveva l’aria moribonda, il che significava che i miei timori erano, per fortuna, del tutto infondati.

Ma a quel punto, se non era per via della zia...

“Rosie, ma mi ascolti o no?” Al sembrava veramente scocciato e, sbattendo le palpebre, mi accorsi che aveva assunto l’aria annoiata di quando si vedeva costretto a ripetermi lo stesso concetto venti volte perché io non lo stavo ad ascoltare.

“Vengo...vengo subito.” Biascicai, in preda ad un improvviso attacco di panico, mentre, dimentica di Albus, di Scorpius e dell’imbarazzo di poco prima, mi avviavo con decisione verso il punto della spiaggia dove avevo intravisto Dominique.

Una parte di me, che con la coda dell’occhio aveva avvistato Roger farmi segno da qualche parte, mi ricordò di che ragazza di fidanzata fossi. Mi ero dimenticata di lui. Di nuovo. Ma dopotutto Dom stava piangendo e Roger poteva anche aspettare per una volta!

Come se non aspettasse sempre... Mi rimembrò una vocina dispettosa che, con forza, misi a tacere.

Avevo giusto superato il piccolo altarino dove, a breve, Teddy e Victoire avrebbero dovuto sposarsi quando una furia rossa mi si piantò davanti, impedendomi di continuare la mia disperata ricerca.

Era Lily. Di qualunque cosa si trattasse, decisi, poteva mettersi in coda ad aspettare. La cosa che più mi premeva in quel momento era intercettare Dom e capire che diavolo stesse succedendo.

“Rose, devi venire immediatamente!” Lily però non sembrava del mio stesso avviso, ma fu il tono allarmato che registrai nella sua voce a spaventarmi e a farmi finalmente rivolgere le attenzioni sul suo viso.

Non era solo una sensazione, Lily era veramente agitata.

Corrugai la fronte. “Che succede?”

“Vieni e basta!” Tagliò corto lei, afferrandomi la mano e costringendomi a seguirla verso un posto imprecisato all’interno di Villa Conchiglia.

Nella zona inferiore della casa c’era ancora un gran via vai di persone. Intravidi zia Fleur dettare ordini a destra e a manca, come impazzita, e dietro di lei la sorella Gabrielle elargiva occhiate di scusa a suo conto. Mamma mi lanciò un’occhiata preoccupata dal fondo del soggiorno, al che io infossai la testa nelle spalle e finsi di non averla notata. Mamma ha quella straordinaria capacità di afferrare al volo ogni situazione e riesce ad elaborare ogni mio stato d’animo in un nanosecondo. Di solito trovo questa sua caratteristica davvero molto utile, ma in quel momento, scorrazzata come una bambola dalla furia delirante di Lily, non mi sembrò affatto produttiva.

Fu quando, una volta al piano di sopra, mi accorsi che stavamo puntando dritte verso la stanza di Victoire che inizia a preoccuparmi seriamente. Certo avevo sentito di future spose che si fanno prendere da attacchi di panico l’attimo prima di sposarmi, ma non avevo mai addotto tale possibilità a mia cugina Vic. Lei e Teddy erano la coppia, stavano insieme in pratica da una vita e continuavano ad amarsi ancora con l’ardore della prima cotta.

Qualcosa non tornava.

“Lily, ma che...?” Non riuscii a concludere la frase.

Davanti ai miei occhi, una Victoire come non l’avevo mai vista si affaccendava ad afferrare alla rinfusa tutto quello che le sue mani riuscivano a recuperare dall’armadio per scaraventarlo senza alcuna delicatezza in un’enorme valigia poggiata sul letto.

“Pensavano di farmela sotto agli occhi, a me!” Tirò su col naso, i capelli sparati in tutte le direzioni e il mascara colato sul viso. “Il giorno del mio matrimonio! Ma io mando a monte tutto, tutto!!”

Okay, iniziavo ad essere allarmata.

Per istinto gettai una rapida occhiata a Lily, alla ricerca di risposte, ma lei si limitò a scrollare le spalle, come a dire ‘non ne so nulla, era già così da prima’.

D’accordo, tentai di mantenere calma e lucidità, se lei non poteva darmene tanto valeva rivolgersi alla diretta interessata.

“Ehm, Vic?” Pigolai. “È, ecco...è successo qualcosa?”

Per tutta risposta Victoire riemerse a fatica da dietro la valigia e dall’ampio abito bianco per rivolgermi un’occhiata di fuoco, salvo poi raddolcirsi nel capire che ero stata io a parlare e non qualcun altro.

“Chiedilo a Dominique!” Trillò, rimarcando il nome della sorella, mentre finiva di buttare un paio di abiti dall’aria costosa nell’ingombrante valigia, per poi buttarsi a capofitto e con ostinazione sul cassetto della biancheria.

Di nuovo guardai Lily e, ancora, ricevetti una scrollata di spalle in risposta.

“Che stai facendo?” Ritentai dunque, con maggiore audacia.

Non avevo alcuna idea di che diavolo stesse accadendo, ma ero consapevole che andava fatta chiarezza quanto prima, a giudicare dalla folla impaziente che scalpitava di sotto in attesa della sposa.

“Mi preparo le valigie!” Tuonò isterica Vic, tirando di nuovo su col naso intanto che riversava l’intero contenuto del suo cassetto nel bagaglio. “Non voglio rimanere in questa casa un minuto di più! Non con lei tra i piedi! E tu, non ti avevo detto di sparire?”

Sobbalzai. Mi aveva detto di andarmene? E quando?

Poi mi accorsi che il suo dito era puntato verso un punto dietro le mie spalle e, girandomi, mi accorsi con stupore della presenza discreta di Teddy. Stavo per mettermi a gridargli di uscire, che portava male vedere la sposa a pochi minuti dal matrimonio, quando mi accorsi della sua espressione. Era praticamente appiccicato ad una parete, con il viso basso e l’aria da cane bastonato. Conoscendolo, avrei detto che si sentiva in colpa, ma mi sembrava stupida oltre che esagerata una simile reazione da parte di entrambe per una sciocchezza di tradizione.

“Teddy? Che ci fai lì?” La domanda era la mia, ma a chiederlo era stata la voce di Lily, ancora accanto a me.

“Avanti Teddy, dì loro la verità!” S’intromise a quel punto Victoire, avvicinandosi a noi con passo marziale, le mani puntate sui fianchi.

Per un istante, vedendola in quello stato, mi chiesi che fine avesse fatto la Victoire dolce a cui ero abituata e a cui volevo bene. Quella ragazza, tutta scarmigliata e col trucco colato, non sembrava per niente mia cugina. Tanto più che ero sicura di non averle mai scorto in tutta la mia vita uno sguardo come quello, a metà tra l’adirato e...assottigliai meglio lo sguardo, deglutendo nervosamente...il ferito.

“Noi...io... Vic, davvero, io non...”

“Cosa? Non volevi? Avanti, dimmi che non volevi!”

Sia io sia Lily, che ci stavamo capendo meno di zero, ci voltammo verso Teddy, sicure che da quella risposta sarebbe dipesa ogni altra cosa. Lui dal suo canto continuava a mostrare quel cipiglio addolorato, nonostante i suoi occhi fossero fissi in quelli di Victoire con un’intensità che mi fece fremere. Che diavolo aveva combinato? “Appunto.” Victoire non appariva arrabbiata, era più delusa ecco, amareggiata.

“Lasciami spiegare, Vic!” Tentò ancora, probabilmente per l’ennesima volta Teddy, ma stavolta mia cugina non volle proprio saperne.

Scosse il capo, con decisione, bella di una rinnovata fierezza. “Và via di qui, Teddy.” Non era una richiesta, era un ordine che lui non poté ignorare.

Ci passò di fianco a capo chino, gettandoci un’occhiata desolata che né io né Lily osammo commentare.

“Ha baciato Dominique.” Stavamo ancora ascoltando i passi strascicati di Teddy sul pavimento quando, cogliendoci del tutto impreparate, arrivò la confessione di Victoire.

Ci voltammo rapidamente verso di lei, stupite. Si era intanto seduta su uno spigolo vuoto del letto e si asciugava il viso con un fazzoletto pescato chissà dove. Non era infuriata come prima, solo disperata.

“Li ho visti. Ero dietro la porta e lei...” Singhiozzò, più rumorosamente di prima. “Si sono baciati!” Ripeté, come se dirlo in continuazione potesse farlo sembrare più reale.

Rimasi così, senza fiato, con le braccia disarmate lungo i fianchi. Non sapevo che dire. Non avevo parole.

“E lui ha persino osato fingere che non fosse accaduto niente, quando gli ho chiesto se andasse tutto bene!” Stava nel frattempo dicendo Victoire, vagamente più isterica di prima, prima di puntare i suoi occhi chiarissimi su di me e fissarmi con una profondità che mi fece trasalire. “Rose, devi annullare tutto.”

Il mondo mi cadde addosso con la forza e la prepotenza di un macigno.

 

 

 

 

 

Note autrici.

Come vi aveva già anticipato olly nello scorso capitolo, il rischio era quello di aggiornare prima di martedì e, in effetti, così è stato! ^-^

Già da questo capitolo le cose iniziano a trasformarsi e vi assicuro che non è certo l’unica novità che colpirà le nostre povere ragazze, anzi. Per chi ci conosce, sa che ci piace sconvolgere le loro vite fino al limite, prima di trovare un nuovo equilibrio. D’altro canto, nella vita niente è facile, no?

Lo scorso capitolo era interamente dalla parte di Dominique, questo è dal POV di Rose. Per me è una delle poche esperienze in prima persona e, pertanto, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Olly è molto più afferrata di me in questo senso, per questo mi piace tanto scrivere con lei!

Brevemente vorrei ringraziare anche Aurora_Cullen (sono davvero, davvero felice di ritrovarti anche qui! *-* Mi fa piacere che questa storia ti sia piaciuta, a noi diverte tantissimo scriverla. Che mi dici, questo secondo capitolo è stato abbastanza catastrofico come preannunciato già nel precedente? XD) e mAd wOrLd (non posso fare a meno di ringraziarti, sia da parte mia che credo anche da parte di olly, per averci definito quale “due delle migliori autrici Rose/Scorpius in circolazione”. ^//^ Grazie, davvero, è un piacere vedere che la storia ti piaccia e spero continuerà a piacerti come piace a noi!) per aver recensito. Ma grazie anche a chi ha inserito la storia tra i preferiti o i seguiti e a chi ha letto lo scorso capitolo. Ci piacerebbe tantissimo sapere cosa ne pensate anche voi, perché, lo ripeto forse per la millesima volta, noi ci teniamo molto a questa fanfiction.

Detto questo non mi resta che accomiatarmi, fino alla prossima almeno! ^-^ Mi sa che olly è più portata di me anche con le note, eh.

Baci.

memi e olly

 

 

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Capitolo 3
*** 3. La fine di un giorno - Un nuovo inizio ***


It's a child's play



III ~ La fine di un giorno - Un nuovo inizio



Dodici. Una generazione Weasley-Potter composta da ben dodici persone e il fato si accaniva solo contro di me.
Che io fossi Lord Voldemort in persona, in un’altra vita?


“Uh.” Mi schiarii la voce, cercando di farmi udire quanto più in là possibile.
Cosa estremamente difficile considerato il parlottare concitato dei più, immersi in lunghe digressioni su chissà quali argomenti. Potevo solo pregare che non si stessero chiedendo che fine avessero fatto gli sposi, a quel punto. Il che era anche piuttosto difficile, visto che sia Teddy sia Victoire portavano almeno tre quarti d’ora di ritardo.
Ma perché dovevo essere io a rovinare ogni loro speranza? Perché Vic non aveva scelto Lily, che era con me? O anche mamma, lei sì che è sempre stata brava con le parole, mentre io no, io ci inciampo dentro, ci casco, mi ci aggroviglio.
“Ehm, gente?” Ritentai, alzando di un’ottava il suono della mia voce.
Niente, neanche un magnanimo a fingere di avermi udita. Stavo iniziando a deprimermi sul serio. Vic era disperata, Dom stava piangendo e Dio solo sapeva Teddy che fine avesse fatto. E in tutto quello io, il cui unico compito era quello di dire ad un manico di invitati ad un matrimonio che non c’era nessun matrimonio da festeggiare, non riuscivo a far girare un cane dalla mia parte?! Poteva andare peggio di così?
“Ehi Rosie, che stai facendo lassù?”
Oh, certo, come poteva mancare mio cugino James? Dove c’erano i guai, c’era sempre lui, poco ma sicuro. Anche quando non c’entrava un benemerito.
“Sto cercando di-“
“Non ti dispiace se fraternizziamo un po’ con Roger, vero?” Non mi lasciò neppure finire la frase che già mi aveva travolto con il suo incessante entusiasmo, accompagno dal sorriso malandrino che non dimenticava mai.
Aggrottai la fronte. Riconoscevo i sintomi e non mi piaceva. Di solito quando James mi chiede il permesso per qualcosa, anche solo per fraternizzare, significa che ha già fatto quel qualcosa e vuole essere sicuro che io non mi arrabbi.
“Tu e...?”
“Freddie.” Rispose con ovvietà James e, in effetti, era piuttosto ovvio.
“Chiaramente.” Feci schioccare la lingua sotto al palato, seccata, per poi tirare un lungo sospiro. “Che gli avete fatto stavolta?” Domandai senza troppi giri di parole, memore degli scherzetti neanche tanto innocenti che i miei due cugini erano soliti fare, specie alle spalle del mio ignaro fidanzato.
Ma perché Roger sapeva essere tanto ingenuo alla volte?
Per istinto mi ritrovai a valutare che l’altro non si sarebbe fatto fregare due volte – per non dire tre, quattro, cinque... – dalle stesse persone. Scacciai il pensiero quasi con stizza, impedendomi di continuare con tutti quegli inutili paragoni. Io avevo scelto Roger, io avevo voluto un ragazzo come lui e sempre io avevo deciso che era tutto ciò che volevo.
Scorpius non contava niente. Era stata una meteora. Brillante sì, ma passata e, pertanto, dovevo smetterla di tirarlo fuori ad ogni minima occasione.
Dopotutto, mi dissi per l’ennesima volta, ero stata io a volere che le cose andassero così...
“Rosie, così ci offendi!” Tentò di drammatizzare James, montando un’aria oltraggiata abbastanza convincente, invero. “Pensi che potremmo mai fargli deliberatamente del male? Andiamo è Roger!”
Perché sentirgli dire il suo nome, risultava così sbagliato?
“Se avete provato a drogarlo con qualche diavoleria di Freddie...” Inizia, puntando un dito contro al suo petto con aria minacciosa, salvo fare rapidamente retrofronte.
Che diavolo stavo combinando?
Avevo un matrimonio da annullare!
Impallidii. Morgana... Avevo un matrimonio da annullare!!
“Rose, ma sei sicura di stare bene? E poi dov’è Teddy? Teddy? Ehi, Teddy??” Si mise a urlare James, all’improvviso.
Gli saltai al collo e lo imbavagliai con le mani.
“Shh! Sta zitto!” Gli intimai, al culmine di un esaurimento nervoso, mentre mi guardavo furtivamente attorno nella speranza che nessuno avesse udito il richiamo di quel pazzo.
Non avevo certo bisogno dell’agitazione degli invitati in quel momento!
“Si può sapere che accidenti succede?” Sbottò infine James, una volta che lo ebbi liberato dalla stretta.
Sospirai, mentre un leggero pizzicore iniziava a salirmi lungo il braccio.
“Lo capirai presto.” Buttai lì, quasi per caso, ritornando sul palchetto degli sposi pronta a fare il mio annuncio.
Beh, pronta mica tanto, ma mi toccava in ogni caso e, dubitando che lo sarei mai stata, un minuto valeva l’altro. Mi schiarii la voce, di nuovo, con maggiore enfasi di prima e non potei non sentirmi sollevata nel constatare che stavolta qualcuno aveva risposto al mio richiamo. Ci provai, ancora più forte, forse persino troppo, ma tanto bastò a richiamare l’attenzione generale e a catalizzarla su di me.
Sentendo quegli sguardi addosso con evidente curiosità, indossai la mia migliore espressione professionale e...
“Io, ehm, ecco.”
Beh, come inizio lasciava piuttosto a che desiderare, dovevo ammetterlo. Ma insomma, non ero abituata a tutti quegli sguardi addosso! Non sono mai stata una bellezza riconosciuta, se entravo in un pub non ricevevo fischi di ammirazione. Perciò anche se la maggior parte erano dei super sposati con generazioni di figli sul groppo, non potei fare a meno di sentirmi a disagio lo stesso, lì su quel palco con l’interesse di tutti rivolto a me.
Presi un profondo respiro, cercando di ritrovare la giusta concentrazione per dimenticare che fossi semplicemente Rose Weasley e passare al fulcro della questione.
Per un automatismo volontario, i miei occhi saettarono verso il fondo. Vidi Roger, asserragliato dalle eccessive attenzioni di Fred, e Al, che mi fissava con aria sorpresa. Poi vidi Scorpius e il mio cuore si ritrovò a fare le capriole come un’adolescente alla sua prima cotta. Merlino, come faceva ad essere sempre così dannatamente affascinante? Mi sentivo in trance, come la prima volta che ci siamo baciati, o quando...
Scossi il capo. L’annuncio. Continuai a ripetermi, cercando la forza necessaria per porre fine a quello strazio dentro di me.
“Allora?” James, da poco lontano, mi stava fissando con l’aria più annoiata del mondo e fu quello, in qualche modo, a riscuotermi dai miei dilemmi.
“C’è un motivo per cui sono qui.” E meno male! “C’è un motivo per cui tutti siamo qui.”Ovviamente. “Quello che sto cercando di dire, è che quel motivo, ecco, non c’è più.”
E io dovevo essere la giornalista cristallina che pensavo di essere?!
Mi veniva da piangere, ma non potevo. Avevo un compito da portare avanti e, si sa, nessuno è più bravo di me a portare avanti le cose. Beh, non tutte, magari – di nuovo lui, possibile che mi stesse perseguitando?! -, ma la maggior parte, comunque...
“Puoi essere più chiara? Il Rosiese non lo conosce nessuno, sai.” Grazie tante, James!
“Il matrimonio...” Trassi un altro ampio respiro, stavo andando in iperventilazione. “...sì, beh, il matrimonio non si farà. È annullato. Sì, il matrimonio è annullato.”
“Voce!”
Anche Fred ci si metteva! Ammettevo che dopotutto avevo parlato con voce così bassa che neanche i pipistrelli, però, insomma... Che volevano tutti da me?
“Il matrimonio è annullato!” Ripetei e, stavolta, fui sicura che quelli della prima fila avessero colto le mie parole, visto che papà e zio Harry erano sbiancati paurosamente.
“Voce! Non ti sentiamo da quaggiù!” Fred, un giorno o l’altro...
“Il matrimonio è annullato! Non si farà, chiaro? Oggi qui non verrà celebrato nessunissimo matrimonio, d’accordo?”
Avvampai.
Forse, e sottolineo forse, avevo parlato persino troppo a voce alta.
Ma vabbè, tanto era servito affinché pure in Irlanda mi udissero.
Scorsi zia Andromeda assumere una composta aria sorpresa; Al, James e Fred avevano spalancato la bocca, increduli; Roger mi fissava con una strana espressione comprensiva che mi ricordò il motivo per cui stavamo insieme. E poi c’era Scorpius, con il suo sguardo indecifrabile, pieno di tutto e di niente, che neanche un esperto avrebbe mai saputo snocciolare.
La cosa, in qualche modo, mi irritò. Con lui le cose erano sempre così poco chiare, i suoi sguardi, i suoi gesti... Non diceva mai quello che pensava davvero, c’era tutto un mistero racchiuso in quei specchi di ghiaccio.
Roger era diverso. Roger pensava una cosa e la diceva, non si nascondeva dietro a mezze parole. Con Roger era tutto più facile, più normale, come me.
Per questo stavo con Roger e non con Scorpius.
Perché eravamo entrambe normali.
Allontanai quei pensieri quando mi accorsi che lo stupore si stava man mano dissipando per lasciare spazio a mille altre domande. Sapevo che se non me ne fossi andata al più presto da lì, sarebbero cominciati i perché. A quel punto, cosa avrei mai potuto sciorinare?!
Ad un tratto mi balenò alla mente l’immagine di Dominique che si avviava verso la spiaggia, in lacrime, e mi si strinse il cuore. Non avevo ancora avuto modo di parlare con lei. Dopo che Lily aveva interrotto la mia ricerca, ero stata travolta da un turbine inarrestabile di eventi.
Ma adesso avvertivo la necessità, il bisogno impellente di rintracciarla.
Dovevo assicurarmi che stesse bene.
Scesi dal palchetto e, ignorando le occhiate perplesse dei presenti, mi avviai a grandi falcate verso la spiaggia.
Il sole, intanto, si avviava pigramente al tramonto.

“Dominique.”
Nella mia voce più di una nota di sollievo.
Erano passati diversi minuti da quando avevo deciso di cercarla. Passo dopo passo avevo percorso un lungo tratto di spiaggia, senza fermarmi.
L'idea neanche tanto assurda che lei si fosse smaterializzata da qualche altra parte, lontano da qui, mi balenò in mente per qualche istante, ma qualcosa mi spingeva ad andare avanti, dicendomi che l'avrei trovata.
Ed infatti...
“Rose?” Sussultò appena, guardandomi e rendendosi conto che ero lì, davvero. “Che ci fai qui?”
“Secondo te?” Le sorrisi, sedendomi accanto a lei sul bagnasciuga. “Sono qui per te.”
A quelle parole tirò su col naso e girò la testa dall'altra parte.
“Non dovevi.”
“Io credo di si.”
“Non lo merito.” Insistette.
“Non m'interessa.” Ribadii decisa.
Era vero.
Non m'interessava quello che aveva fatto.
Non m'interessava se lo meritava o meno.
Non m'interessava se era giusto o sbagliato, e non m'interessava neanche se non era lei la sorella da dover consolare.
Ciò che m'interessava davvero, era lei. Erano i suoi pensieri, i suoi sentimenti. Ciò che l'aveva spinta a fare quel che aveva fatto. Il perchè di quella sua azione.
Annuì impercettibilmente, non era da lei arrendersi così velocemente.
Non era da lei tutto questo.
“Co-come sta Victoire?” Domandò, trovando il coraggio necessario per affrontare la risposta.
“Non sta bene.”
Sarebbe stato inutile mentirle. Cullarla in illusioni così sciocche.
Come avrebbe potuto stare bene, in fondo?
E questo lei lo sapeva.
Annuì di nuovo, sembrava aver perso ogni forza, persino quella per parlare.
“Ha annullato il matrimonio.”
Incassò anche questa notizia in silenzio, evidentemente si aspettava anche questo.
“Teddy?” Chiese in un sussurro con timore, quasi. Come se nominarlo avesse reso tutto più reale e più doloroso. E probabilmente per lei era così.
“Non lo so...” Tentennai, non mi ero soffermata a lungo su di lui. “Era dispiaciuto, molto. E credo che anche lui si sentisse in colpa.”
Singhiozzò.
Le accarezzai i capelli. “Andrà tutt-”
“No!” Mi bloccò prima che potessi concludere la frase. “Non andrà tutto bene. Niente andrà bene e sai perchè? Perchè ho rovinato tutto... Io...”
Nuove lacrime le rigarono il volto.
“Tranquilla, Dom.” Le passai un braccio intorno alle spalle e lei istintivamente si appoggiò a me.
Tremava. E piangeva.
“La cosa peggiore...” Continuò. “E che mi fa sentire, se possibile, ancora più male è che io non mi sento in colpa per aver baciato Teddy, mi dispiace ma... Non ci riesco.”
Quella rivelazione mi sorprese ed avrei voluto scuoterla, farla tornare in se. Dirle che non era giusto e che Teddy era il fidanzato di sua sorella e che doveva stare con lei. Ma non lo feci.
Chi ero io per giudicare i suoi sentimenti?
Lei si stava confidando, e questo mi bastava.
Ero lì per lei, punto.
“Ami Teddy?”
“Non lo so.” Confessò. “Io... Credo di si.”
Ed ecco il pezzo mancante del puzzle. Ecco il perchè.
Quella volta fui io ad annuire, non sapevo cosa dire, cosa fare.
Mi sembrava tutto talmente assurdo. Solo qualche ora prima tutto era come sempre.
Era tutto normale.
Perchè le persone dovevano complicarsi la vita?
Perchè non si accontentavano di quello che avevano?
Perchè?
Io non conoscevo la risposta. Io ero una di quelle persone.
“Non voglio tornare a casa.” Fu lei ad interrompere quel silenzio quasi irreale.
“Non devi.” Ed aggiunsi. “Puoi venire a stare da me.”
Forse Victoire non mi avrebbe più rivolto la parola, incolpandomi di essermi schierata dalla parte di Dominique. Ma non m'importava.
Non avrei chiesto scusa e -soprattutto- non avrei negato, anche perchè era così.
Io ero dalla parte di Dominique.
Ora e per sempre.
“Davvero?”
“Assolutamente si.”
Si strinse più forte a me. “Grazie.”
E di cosa?
Osservai il sole infrangersi lentamente su quel placido specchio d'acqua che tante estati aveva rinfrescato.
Era terribile che uno spettacolo così bello ed inteso, un panorama da cartolina, potesse essere associato ad un momento triste come questo.
Ma in fondo non era altro che la fine di un giorno e l'inizio -per noi- di una nuova vita.





Note Autrici.
Un altro capitolo sotto il punto di vista di Rose, Dominique tornerà dal prossimo capitolo, non temete. u.u
In questo più che nei precedenti, si è visto il rapporto tra le due cugine, la solidarietà tra donne, il legame che le unisce.
Ma non solo, si è vista l'incapacità di Rose nel richiamare l'attenzione su di sè, nell'esprimersi davanti a più persone... Ma si è visto anche il coraggio, dovuto in gran parte allo sfinimento che solo due tipi con James e Fred possono portare, nell'annunciare a tutti l'annullamento del matrimonio.
La nostra Rose è così, insicura, ma determinata. ^^
Detto questo, vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno aggiunto questa Fanfiction alle preferite o alle seguite, grazie! Aspettiamo anche un vostro parere, inutile dirlo, no?
Ringraziamo anche chi ha solo letto, ma in modo particolare -concedetecelo- ringraziamo le 4 persone che hanno commentato lo scorso capitolo, ovvero:
Aurora_Cullen (Rose continuerà a fare questo genere di figure con Scorpius, credici! xD In questo capitolo abbiamo preferito a lasciare più spazio alla preoccupazione di Rose ed al momento tra cugine, come ti è sembrato?); Sae (Grazie per il superba e per i vari compliementi!! ** Troppo gentile, si. u.u Siamo felici che la storia ti piaccia! Hai ragione la normalità spesso diventa noiosa, ma per un tipo insicuro come Rose, è essenziale! La normalità per lei è una sorta di sicurezza, di certezza u.u Ma col tempo, forse -non vogliamo anticipare niente-, riuscirà ad apprezzare anche l'anormalità! Per il resto... Che ne dici di questo capitolo? Stiamo proseguendo sulla 'via giusta'? xD); TonksTonks (Che bello ritrovarti anche qui! ^^ Sei sempre molto carina! Siamo contente che la storia ti piaccia, cosa ne pensi di questo nuovo capitolo?); mAd wOrLd (Una cosa esplosiva? Wow! Grazie!! ^^ Siamo felici che continui a piacerti e speriamo che anche questo capitolo sia di tuo gradimento! u.u Facci sapere, eh! xD)
Non sono un granchè nel rispondere alle recensioni, l'ammetto. u.u'
Ma credo che si sia capito che sia io che memi apprezziamo molto i commenti, i pareri ed i consigli di qualsiasi genere, vero?
Quindi, orsù gente, lasciateci il vostro pensiero! xD
Okai, basta. Smetto.
Baci.
memi e olly

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Capitolo 4
*** 4. Cereali e inviti ***


It's a child's play


IV ~ Cereali e inviti

 

Condividiamo tutto, ma non toccare i miei cereali.

 

 

 

Ero in ritardo. Decisamente in ritardo.

Non arrivavo tardi a lavoro da... Da mai.

Ero sempre puntuale, anche troppo. Spesso arrivavo anche prima dei 'miei capi'.

Ed oggi invece ero in ritardo di ben quindici minuti.

Quindici minuti, che lo sapevo, mi avrebbero cambiato la giornata.

Era terribile, strano, contro natura.

Ma come ad ogni cosa c'era una spiegazione e la mia portava il nome di Dominique Weasley.

Si era trasferita a casa mia da meno di ventiquattro ore eppure aveva già rovinato i miei preziosissimi equilibri.

Aveva mangiato e finito i miei cereali.

Aveva spostato lo zucchero ed il caffè.

Aveva lasciato persino il latte fuori dal frigorifero.

Ed -insensatamente, dato il suo giorno di riposo dovuto alla 'pausa premio'- aveva occupato il bagno.

Non era quindi da attribuire ad una sgradevole coincidenza se il mio primo ed ultimo ritardo corrispondeva esattamente al suo arrivo.

“Dom, sto uscendo.” Urlai, controllando che ci fosse tutto nella borsa. “Se hai bisogno di qualcosa...” Continuai, prendendo la sciarpa ed il mantello. “Sai dove trovarmi, okay?”

Nessuna risposta.

“OKAY?” Riprovai, alzando la voce.

“Okay, okay.” Borbottò, comparendo all'improvviso in sala ancora in pigiama.

“Vuoi che resti qui? Posso sempre dire a Lys-”

“No no, vai pure.” Sorrise. “Sto bene.”

Non stava bene, per niente. Ma sarebbe servito a qualcosa insistere?

“Allora vado.” Assentii, smaterializzandomi prima di poter anche solo pensare di cambiare idea.

La solita e fastidiosa sensazione di risucchio mi fece ricordare il perché amavo raggiungere il 'Cavillo' a piedi, o al massimo in bus.

Ancora piuttosto scossa raggiunsi la mia scrivania e solo allora mi accorsi del ragazzo, meglio noto come uno dei miei due capi, che mi stava aspettando.

“Sono in ritardo, lo so.” Ammisi prima che potesse anche solo dire una parola.

“Non è un problema.”

Non è un problema per te, avrei voluto specificare, ma lasciai perdere. Mai litigare col proprio capo, anche se lui è un amico di famiglia e un compagno di Hogwarts, nonché migliore amico di molti miei cugini.

Presi posto e sbuffai: quella scrivania era un disastro.

“Come sta Dominique?”

Mi accigliai confusa.

Lui era il migliore amico di Fred e James, non di Dominique e quindi non doveva interessargli il suo stato d'animo.

“Bene.” Mentii.

“Intendo, come sta dopo ieri?” Riformulò la domanda, calcando bene sulle ultime due parole.

Ovviamente sapeva -come tutto il mondo magico o quasi- ciò che era successo ed altrettanto ovviamente era stato James o più probabilmente Fred a metterlo a conoscenza.

Ciò che non era ovvio, era il perché si ostinasse a chiedere di Dominique.

Lui era Lorcan Scamander, uno del quartetto -se non il numero uno- degli imbecilli.

A lui non era mai importato dei sentimenti in generale, figuriamoci di quelli di mia cugina o dei miei.

“Bene.” Ripetei.

Ora era lui quello confuso.

“Rose, so cos'è accaduto ieri e sono certo che Dom non possa stare bene.”

Un attimo, come l'aveva chiamata... Dom?

Lorcan si rivolgeva a noi chiamandoci Le inseparabili Weasley, mai per nome. E quindi la frase più corretta sarebbe stata: 'Inseparabile Weasley Due, so cos'è accaduto ieri e sono certo che l'Inseparabile Weasley Uno non possa stare bene.'.

Ecco, allora perché l'aveva chiam-.

Ero un'idiota, completamente.

Lui non era Lorcan, lui era Lysander, il meno imbecille del quartetto.

Possibile che dopo tutti questi anni non riuscissi ancora a riconoscerli?

Possibilissimo, si.

Per un momento fui tentata di dare la colpa alla smaterializzazione ed al conseguente stordimento, ma perché mentire a se stessi?

“Oh, beh... Se lo sai, è inutile nascondertelo.” Ottima mossa, Rose. “Come hai giustamente pensato tu, non sta affatto bene, anzi.”

Com'era prevedibile i suoi occhi grandi occhi marroni s'incupirono.

A differenza del gemello, a Lysander importava ed anche molto di Dominique.

“Posso fare qualcosa?”

“Puoi andarla a trovare, è a casa mia ora. Sono sicura che sarà felice di vederti.”

“Magari più tardi andrò a fare un salto, allora.” Annuì.  “Adesso sarà meglio che vada. Io e Lorcan stiamo cercando il nuovo fotografo ed inaspettatamente si sta rivelando una vera impresa.”

“Un nuovo fotografo?” Chiesi sorpresa. “John non va più bene?”

“Oh si, John andrebbe sicuramente bene se solo ci fosse. Ma purtroppo non c'è.” Rispose. “Ha avuto la brillante idea di lasciarsi questa vita alle spalle e di coltivare la sua più grande passione: Le carote.” Spiegò.

“Le carote?” Non potei fare a meno di ridacchiare.

Cosa c'era d'interessante nelle carote?

“Esatto. Vuole fotografare ogni specie esistente di carote e per questo girerà il mondo.” Precisò.

“E' sempre stato un tipo avventuroso.” Ironizzai.

“Già. Ora vado davvero, però... Lorcan sarebbe in grado di scartare ogni singolo aspirante-fotografo.”

“Scartare o spaventare.”

Spalancò gli occhi inorridito. “Devo andare, davvero.” Affermò, precipitandosi verso il suo ufficio.

Scossi la testa, rassegnata e divertita al tempo stesso.

Non sarebbero mai cambiati.

Sospirando, spostai lo sguardo sulla mia scrivania e su tutto il lavoro accumulato nelle ultima settimane.

Incoraggiata dal pensiero 'Prima inizi, prima finisci.', aprii il primo fascicolo. Trattava di un noto mago che aveva scoperto un modo pe-.

“Rose?”

Evidentemente non era concesso lavorare oggi.

Alzai la testa e fui stupita di trovare mio cugino in piedi davanti a me con un gran sorriso sul viso ed un sacchettino di carta dall'aria invitante in mano.

“Che ci fai qui?” Domandai senza troppi giri di parole.

“Ho appena finito il turno di notte e ho pensato 'Andiamo a trovare la mia adorata cuginetta a lavoro' e per non sembrare scortese o chissà cosa, ho portato anche le brioches!” Disse, alludendo al contenuto del sacchettino.

“Al, se devi chiedermi come sta Dominique, fallo e basta.”

“Ma-”

“Nessun ma.” Lo fermai prima che potesse accampare scuse inutili. “Comunque non sta ancora bene, credo che le serva più di un giorno per riprendersi.”

“Certo.” Il sorriso meno luminoso, ma sempre presente.

“Se non c'è altro, io dovrei continuare, o meglio iniziare a lavorare. Non vorrei dare ulteriori grane a Lysander e Lorcan, hanno già il loro bel da fare con la ricerca del fotografo.”

“Si è licenziato?”

“Già, ed ora stanno cercando un rimpiazzo degno del caro e vecchio John.”

“Capisco. Allora vado. Uh, quasi dimenticavo, queste sono per te... Te le lascio qui.” Appoggiò i croissant sulla scrivania. “Ci vediamo e... Salutami Dom.”

“Lo farò e grazie per le brioches e per la visita.”

Gli sorrisi qualche secondo prima che si smaterializzasse.

Sbuffai, guardando le carte che avevo davanti.

Una piccola pausa non avrebbe ucciso nessuno, vero?

Afferrai il sacchettino e lo aprii.

Al cioccolato?

Albus Severus Potter era decisamente un genio.

 

---

 

Non ricordavo neppure da quanto tempo ero distesa sul letto, con il viso sprofondato nel cuscino e le unghie affondate nel copriletto. Era come se tutte le energie mi fossero state strappate via con brutalità, lasciando solo un involucro vuoto senza la minima forza per andare avanti. Mi sentivo privata di ogni felicità, quasi avessi avuto un incontro troppo ravvicinato con un Dissennatore dal quale non riuscivo a riprendermi.

Normalmente non sono mai stata il tipo di persona da piangersi addosso, specie quando, come in quel caso, non riuscivo proprio a sentirmi colpevole di quanto accaduto.

Quel giorno tuttavia era come se un'altra Dominique avesse preso il sopravvento, una Dominique più abbattuta e depressa che mai.

Il perché, d'altro canto, era lampante peggio della Stella Polare che illumina la volta celeste per indicare il cammino verso nord durante le ore notturne.

Io non mi sentivo in colpa. Ed era questo, al di là di tutto, da lasciarmi senza vigore. Avevo distrutto un matrimonio, deluso la mia famiglia e creato una rottura probabilmente indelebile tra me e mia sorella, eppure solo quando avevo baciato Teddy mi ero sentita finalmente me stessa.

Come potevo sentirmi sbagliata, quando l'unico momento in cui ero stata davvero io era stato proprio quello di cui avrei dovuto colpevolizzarmi?

Sbuffai e, di nuovo, tuffai il viso nel cuscino.

Ma perché avevo dovuto innamorarmi proprio di Teddy Lupin?!

Oh, beh, in effetti era ovvio il perché. Con la sua gentilezza, i suoi modi goffi ma tanto dolci, aveva saputo scardinare quella fortezza d'acciaio che per anni avevo imposto al mio cuore. Era stata una cosa graduale, una sensazione piacevole all'inizio. Eppure ben presto i suoi preziosi sorrisi erano diventati qualcosa di più e mi ero accorta con stupore di pensare sempre più spesso a che colore avrebbero avuto i suoi capelli la prossima volta che ci saremmo visti, contando i giorni che mi separavano dallo scoprirlo. Guardavo i suoi occhi e non riuscivo a pensare che fosse il fidanzato di mia sorella, ma solo alle sfumature più sottili, all'intensità che sapevano assumere e al modo in cui riuscivano a farmi sentire.

Teddy mi guardava come se io fossi Dominique, e non solo la sorella della perfetta Victoire.

Col senno di poi, credo sia stato quasi inevitabile, se non naturale, per me innamorarmi di lui.

Scacciai quei pensieri quando mi accorsi che qualcosa stava trillando e, aguzzando l'udito, capii che era il campanello del citofono a fare tutto quel rumore.

Corrugai la fronte, perplessa, e seppure la tentazione di rimanermene distesa sul letto fosse quasi irresistibile, al quinto squillo decisi che potevo anche andare a vedere chi fosse, non tanto per me quanto per Rose. Le dovevo tanto perché, in fin dei conti, in quella situazione era stata l'unica ad aiutarmi tanto direttamente, perciò il minimo che potevo fare era andare ad aprire la porta della sua casa per vedere di chi si trattasse. Beh, in verità le dovevo molto più di quello, ma allo stato attuale dei fatti era pure l'unica cosa che le mie rade energie mi consentivano di fare.

Anzi, fu per me sconcertate scoprire di avere ancora un briciolo di forza tale da riuscire non solo ad alzarmi dal letto, finanche a trascinarmi verso la porta.

Dimenticai di chiedere chi era e, in un impeto dell'antico orgoglio che mi aveva sempre caratterizzata, spalancai direttamente la porta.

Alzai un sopracciglio. Capelli del colore del grano, occhi di un caldo marrone e sguardo penetrante. Lysander.

“Che ci fai tu qui?” Domandai, fredda e distaccata come non riuscivo a smettere di essere neanche dinanzi a quello che, tirando le somme, poteva essere considerato per certi versi quale il mio miglior amico.

Lysander aveva diciannove anni, come me. Di vista ci conoscevamo sin da quando eravamo dei mocciosi curiosi, ma era stato ad Hogwarts che avevamo iniziato a sforzarci di andare oltre lo strato apparente per scendere in profondità. Lui aveva questa straordinaria capacità di saper capire le cose prima di tutti, specie con me, e di sopportarmi anche quando non me lo meritavo affatto, anche come in quel momento.

Una persona normale nel mio stato d'animo l'avrebbe come minimo abbracciato, mentre io mi limitai a rivolgergli la mia occhiata più glaciale, neanche fosse stata tutta colpa sua se avevo baciato Teddy e distrutto la felicità di mia sorella.

“Beh sai, anche io sono contento di vederti Dom, ma non è che lo sbandiero come fai tu.”

Feci una smorfia che, da qualche parte del mondo, poteva anche tradursi quale sorriso.

“Posso entrare, o pensi che dovrò rimanermene qui fuori ancora a lungo?” Ripartì subito alla carica Lysander, rinvigorito dalla mia reazione.

Di rimando incrociai le braccia sotto al seno e assunsi un cipiglio scocciato. “Se proprio devi...” Borbottai, ma in realtà ero davvero contenta di vederlo.

Lui non fece neanche caso alla mia affermazione e, con un'unica fluida mossa, s'infilò nell'appartamento di Rose.

Mi corressi.

Nell'appartamento di Rose ed io.

“A quanto pare hai creato un bel trambusto ieri, eh?” Andò dritto al punto Lysander, senza troppi giri di parole, mentre senza alcun invito iniziava a squadrare e analizzare tutti gli oggetti che entravano nel suo campo visivo.

Mi era sempre piaciuta quella qualità anche se, come in quel caso, poteva risultare scandalosamente sconveniente.

“Come lo sai?” Indagai piuttosto, evasiva.

“Ma non li leggi i giornali?” Per tutta risposta Lysander alzò gli occhi al cielo con aria esasperata, salvo poi regalarmi uno di quei suoi smaglianti sorrisoni. “Tua cugina.” Mi rivelò quindi, sbrigativo.

Scommetto che avrei dovuto immaginarlo visto che Rose lavorava al Cavillo, regno dei Lovegood-Scamander. Eppure non riuscivo ad essere arrabbiata con lei, anzi le ero addirittura grata. Rose sapeva quanto la genuinità di Lysander riuscisse ad avere effetti benefici su di me e, c'era da giurarci, doveva averlo pensato mentre gli passava l'informazione.

“In verità Fred mi aveva già accennato qualcosa, tipo ieri sera.” Rivelò ad un tratto lui, mentre si soffermava con particolare enfasi su un quadretto raffigurante me e Rosie qualche anno prima.

C'era da aspettarsi anche quello, suppongo, visto che Fred aveva un anno in più di Lorcan e Lysander, era finito in casa col primo e aveva stretto una solida amicizia con entrambe. Con James, erano il Quartetto Imbecilli, come li avevamo battezzati scherzosamente io e Rose durante il mio terzo e, di conseguenza, il suo secondo anno.

“Quel pettegolo...!”

“Non sei andata al lavoro oggi?” Aveva messo le mani su una foto raffigurante zia Hermione, zio Ron e zio Harry ai tempi di Hogwarts.

Scossi il capo. “Pausa premio.” Già, premio come miglior guastafeste al mondo...

“Domani ci andrai?”

“Credo di sì.” M’imbronciai. “Cosa sono tutte queste domande?”

Alla domanda Lysander si paralizzò per un lungo istante così, con la mano a mezz’aria, per poi posare il libro che avevo regalato a Rose lo scorso Natale dove l’aveva preso e voltarsi dalla mia parte con un’espressione assorta e indecifrabile che mi fece fremere inavvertitamente. Reazione che durò giusto pochi secondi, perché subito ritrovai la mia solita freddezza con cui affrontavo il mondo. O meglio, con cui scappavo dal mondo, come mi aveva sempre fatto notare Rose.

“Stai bene?”

Mi colpì. La domanda mi colpì. Lysander mi colpì.

“Sì certo. Sto bene.”  E mi colpì la mia voce, così impersonale da spaventarmi.

Tutta me stessa voleva gridare il contrario, che stavo male, a pezzi, e che mi sentivo come se mi fosse appena passato addosso l’Hogwarts Express. Ma era proprio quello il punto: io non meritavo niente. Era mia la colpa.

“Davvero?” Come ovvio, lui non sembrò crederci molto, anzi non sembrò crederci affatto.

Scrollai le spalle e lasciai cadere le mani con fluidità. “Davvero.” Assicurai, sostenendo il suo sguardo con estrema pazienza.

Sapevo che mi stava studiando, che stava cercando il barlume di bugia su cui appigliarsi, ma sapevo anche come impedirglielo, come chiudermi a riccio affinché non trovasse nulla da obiettare e, così come le altre volte, riuscii nel mio intento.

Dopo un infinito attimo di silenzio, Lysander sospirò una nuvola d’aria, per poi animarsi dell’ennesimo sorriso travolgente. “Domani usciamo allora!” Se ne uscì, quasi fosse stata la cosa più ovvia del mondo.

“Come?” Ero senza parole...avevo sentito bene?!

“Ma sì! Usciamo!” Insistette senza scomporsi lui, mentre si avvicinava alla porta d’ingresso. “Ci prendiamo qualcosa da bere, due chiacchiere e ti riaccompagno.”

“Non ho bisogno della balia.” Non potei fare a meno di appuntare, vagamente offesa e assai poco malleabile.

“Allora non ti accompagno.” Ritrattò, non perdendo né il sorriso né la calma, Lysander. “Ci vediamo qui per le otto, okay?” Aggiunse, spalancando l’uscio con una sola manovra.

Lo guardai perplessa. “Ma dove stai andando?”

“Oh, beh.” Per un momento, i suoi occhi scintillarono di viva malizia. “Lorcan mi sta aspettando per incontrare una persona... Un provino, sai.”

Avrei voluto dirgli che no, non lo sapevo e che no, non sarei uscita l’indomani, né il giorno dopo, né quello dopo ancora. Ma, prima ancora che potei aprire bocca, Lysander era già schizzato via come una saetta, lasciandomi inebetita a fissare la porta di casa. Non ci misi molto a riscuotermi e ad innervosirmi, prendendomela contro tutti gli Scamander per quel temperamento insopportabile, eppure mentre mi avviavo verso il bagno con addosso una voglia matta di farmi una bella doccia, mi accorsi con stupore che sulle mie labbra era comparso l’ombra di un sorriso.





Note Autrici.
Con un po’ di ritardo eccovi il quarto capitolo...beh, meglio tardi che mai, no? ^.-

Come avrete notato, anche in questo capitolo la visuale passa da Rose a Dominique, e così sarà per la maggior parte dei capitoli. Per chi aspetta colpi di scena improvvisi...credetemi, nei prossimi ce ne saranno a gogò! Ma d’altra parte, conoscendoci, non avevate da dubitarne! XD

Come al solito, un grazie particolare và a chi si è soffermato a recensire, oltre che a leggere. Ci fa sempre enormemente piacere sapere cosa ne pensate, se la storia vi piace o meno, se le cose che vediamo noi, riuscite a vederle anche voi... Perciò, a tal proposito, lanciamo un appello anche a chi si limita a leggere (cosa che ci fa comunque estremo piacere, sia chiaro), che magari ci lasci il suo parere, prima o poi, perché come si diceva a noi farebbe un piacere immenso conoscerlo.

Detto questo, grazie in modo speciale a TonksTonks (grazie mille per i complimenti, sei davvero molto gentile. Ci fa piacere sapere che ti piace il nostro modo di scrivere, davvero! ^//^ E sul serio, semmai dovremmo ringraziare noi te per il tuo sostegno. Speriamo ti sia piaciuto anche questo capitolo, comunque!), mAd wOrLd (sei riuscita a carpire appieno il senso del capitolo precedente. La netta divisione tra una parte più ironica e una più seria è voluta, pertanto siamo contente tu l’abbia apprezzato. Il loro rapporto, come ovvio, piace tantissimo anche a noi, per questo abbiamo voluto sottolinearlo così tanto in questa fanfiction. Speriamo continuerai a seguirci e a farci sapere se ti piace ancora la storia!) e Aurora_Cullen (beh, perciò possiamo dire che ci capisci, no? ^.- Come dicevamo, ci piaceva l’idea di parlare del rapporto tra Rose e Dom, oltre alle loro vite sentimentali, e siamo contente piaccia anche a te. No, James e Fred sono due matti fatti e finiti, eh sì. Ma ci vogliono due come loro nella vita, no? XD Facci sapere se ti è piaciuto anche questo capitolo, se puoi, ci farebbe piacere!).

Grazie come sempre anche a chi ha inserito la storia tra i preferiti e i seguiti, siete stupendi! *-* E di nuovo vi rinnoviamo l’invito a farvi sentire, perché ci farebbe tanto, tanto, tanto piacere. Tantissimo!

Al prossimo.

memi e olly

 

 

 

 

 

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