Indagini nell'ombra

di Darik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 8: *** 7° Capitolo Prima parte ***
Capitolo 9: *** 7° Capitolo Seconda Parte ***
Capitolo 10: *** 8° Capitolo ***
Capitolo 11: *** 9° Capitolo ***
Capitolo 12: *** 10° Capitolo ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


INDAGINI NELL’OMBRA

PROLOGO

Charlie Wong stava controllando i dati di guadagno di alcune ditte europee di sua appartenenza nel suo ufficio a Tokyo.

Un sorriso rilassato e soddisfatto era disegnato sul suo volto.

Squillò il telefono.

“Signor Wong, sull’altra linea c’è il signor Charles” gli comunicò la sua segretaria.

“Passamelo”.

Dopo qualche secondo, gli arrivò la voce del suo collaboratore.

“Signor Wong, il carico W17 è stato appena scaricato, ed è iniziato l’assemblaggio”.

“Molto bene. Sono previsti ritardi per la consegna al suo futuro proprietario?”

“No, signore. Tutto avverrà secondo i tempi prestabiliti”.

“Perfetto. Mio caro Charles, stiamo per concludere l’affare del secolo”.

Wong riattaccò il telefono, si alzò, si versò un bicchiere di whisky e poi si avvicinò alla grande vetrata che dava sulla città di Tokyo.

Sorrise e alzò il braccio come se volesse fare cin cin.

“L’hai visto quel pezzo di merda di Wong? Solo perché sta per concludere un qualche tipo di affare colossale, ha assunto un atteggiamento da padrone del mondo” sbottò un uomo con una cuffia sulla testa, seduto davanti ad un monitor che riprendeva l’ufficio di Wong tramite telecamere nascoste.

“I ricchi sono fatti cosi, fanno soldi e cominciano a montarsi la testa” gli rispose il suo collega, seduto davanti ad un altro monitor, stavolta a infrarossi, e sempre puntato sull’ufficio del miliardario.

Anche lui dal suo monitor aveva visto il gesto di Wong, e lo aveva trovato sospetto.

Perché al contrario del suo collega, gli era parso che Wong stesse guardando proprio nella loro direzione, il piano di un palazzo che stava di fronte a quello del loro obbiettivo, e che quel gesto equivalesse ad un ‘brindo alla vostra salute, agenti della Mithril’.

“Bah, sto diventando paranoico” si disse infine.

****

“Deficiente di un Sosuke!” esclamò furibonda Kaname Chidori dando l’ennesima ventagliata a Sosuke Sagara dopo che quest’ultimo aveva sbattuto a terra un uomo puntandogli una pistola alla nuca.

L’uomo, approfittando della ventagliata della ragazza, si diede subito alla fuga.

“Mi sono semplicemente occupato di neutralizzare un possibile nemico” spiegò il ragazzo impassibile e massaggiandosi la testa.

“Un possibile nemico?! Un poveretto che mi aveva solo chiesto che ore fossero?!”

“Spesso è una delle scuse più utilizzate per avvicinarsi alla vittima e tramortirla, magari con un ago narcotico”.

“Be, Kanachan, Sagara non ha tutti i torti” si inserì Kyouko cercando di fare da paciere “In molti film fanno effettivamente cosi”.

“Appunto, nei film, non nella realtà!” rispose Kaname.

“Su, cerca di non pensarci. Piuttosto, fermiamoci alla tavola calda, io ho un certo languorino e tra poco dovremo andare di nuovo a scuola per le prove del festival studentesco” propose Kyouko.

“Mmm… buona idea. Anch’io comincio ad aver fame, e stasera ci aspetta una nottataccia”.

“E’ giusto nutrire adeguatamente il corpo, soprattutto in vista di sforzi supplementari” continuò Sosuke.

“Bene, visto che anche il fissato ha approvato, andiamo alla tavola calda” concluse Kaname.

Raggiunsero rapidamente un locale dove erano soliti andare a mangiare, ed essendo il primo pomeriggio, c’erano poche persone dentro.

“Allora” disse Kaname al cameriere “Io prendo un hamburger, una porzione di patatine fritte con ketchup e una coca cola ghiacciata con cannuccia”.

Kyouko ordinò le stesse cose della sua amica, Sosuke solo un hamburger.

Quando i camerieri portarono i vassoi, Kaname esclamò contenta: “Pancia mia, fatti capanna!”

Cominciarono a mangiare regolarmente, con le due ragazze che addentavano con piacere il cibo, e Sosuke che scrutava con attenzione i volti di tutti coloro che entravano ed uscivano dal locale.

Cominciarono a parlare dell’ormai imminente festival, che aveva come tema il progresso scientifico.

“Mi raccomando Sosuke, non ti venga in mente di portare come esempi di progresso scientifico pistole, granate e cose simili, chiaro?” intimò minacciosa Kaname.

“Non preoccuparti. Quel tipo di armi non andrebbero certo bene come esempi di progresso. Semmai dovrei portare degli AS modello M9, ma non otterrei mai l’autorizzazione per un’occasione di questo tipo”.

“Come al solito non hai capito nulla!” mormorò Kaname stringendo a tal punto il suo bicchiere di cartone che la coca cola al suo interno sembrava sul punto di eruttare.

Il cellulare di Kyouko squillò.

“Pronto?” rispose la ragazza “Chi… mamma, sei tu? Come? Non ti sento, qui non c’è segnale…. Aspetta un momento”.

“Problemi?” domandò Kaname.

“Non saprei dirlo, qui manca il segnale e non capisco cosa dice. Se permettete, esco un attimo”.

“Fai pure”.

La ragazza con gli occhiali uscì, ma anche fuori dal locale, il segnale era molto disturbato.

“Accidenti. E meno male che si tratta dell’ultimo modello” si lamentò Kyouko.

Decise di allontanarsi ancora di più dalla tavola calda e passò dall’altra parte della strada.

“Mamma, mi senti adesso? Ah, si finalmente, cosa c’è? Quanto tempo mi tratterrò a scuola per il festival? Non lo so, credo che farò tardi”.

Mentre parlava Kyouko notò in un vicolo dietro la tavola calda un furgone con scritto sulla fiancata ‘Riparazioni condutture a gas’.

E improvvisamente il locale esplose.

Una nuvola di fuoco distrusse l’ampia vetrata della tavola calda, una pioggia di vetri investi Kyouko e i pochi passanti, che per lo spostamento d’aria e la sorpresa furono gettati a terra.

La ragazza si guardò in giro confusa, l’esplosione l’aveva frastornata, e a causa delle schegge di vetro aveva diversi tagli sulle gambe e sulle braccia e la divisa scolastica lacera in alcuni punti.

Guardò la vetrata e la porta della tavola calda spazzate via, enormi colonne di fumo nero si alzavano verso l’alto.

Diverse persone urlavano.

E quando finalmente riuscì a schiarirsi la mente, si ricordò.

“KANACHAN! SAGARA!” gridò disperata.

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Capitolo 2
*** 1° Capitolo ***


1° CAPITOLO

L’ufficio aveva un arredamento molto sobrio, solo quattro piante disposte agli angoli e due quadri.

Un’enorme mappa del mondo era attaccata dietro la scrivania dell’ammiraglio Carl Willer, uno degli ufficiali di più alto grado della Mithril.

L’uomo, alto, con un po’ di pancetta e i capelli neri attraversati da diverse striature grigie, era impegnato nella lettura di alcuni rapporti, quando sentì bussare alla sua porta.

“Avanti” rispose l’uomo.

Un ragazzo di trent’anni o poco più entrò nello studio con in mano un fascicolo.

“Sergente Haller, ci sono novità?”

“Si, signore, e non sono affatto buone”.

Il ragazzo porse il fascicolo all’ammiraglio, che cominciò a leggerlo con espressione impassibile.

“Dunque le analisi del dna sono state confermate. Si tratta proprio di Sosuke Sagara e Kaname Chidori” concluse l’ammiraglio.

“Purtroppo si, signore”.

“Questa è veramente una doppia tragedia. Uruz 7 era uno dei migliori operativi che avessimo mai avuto, e la signorina Chidori, in quanto Whispered, era un soggetto dalle potenzialità incalcolabili. Inoltre, dispiace sempre che due vite cosi giovani siano state stroncate da un incidente cosi terribile”.

“Abbiamo qui una richiesta del colonnello Testarossa. Sebbene per ovvie ragioni i funerali dei due giovani si debbano svolgere separatamente, il colonnello chiede che vengano sepolti insieme”.

“Una richiesta strana, ma non pericolosa. Permesso accordato”.

****

La ghiaia del cimitero non faceva nessun rumore sotto le sue scarpe, perché Teletha Testarossa stava perfettamente ferma, come una statua, e osservava impassibile la bara che veniva calata nel terreno.

Solo un piccolo gruppo di persone era presente a quel funerale. Oltre a Tessa c’erano Kurz Weber, Melissa Mao, Shinji Kazama, Mizuki Inaba, Kyouko Tokiwa, Mikihara Ren, il sempai Atsunobu e qualche altro compagno di classe, tutti vestiti a lutto.

In fondo, nonostante avesse frequentato per molto tempo il liceo Jindai, Sagara si era fatto pochissimi amici.

Al contrario per il funerale di Kaname, quattro giorni prima, si poteva dire che fosse venuta tutta la scuola a rendere l’estremo omaggio a quella povera ragazza.

Dagli Stati Uniti erano venuti il padre e la sorella minore di Kaname, che ad un certo punto era pure svenuta per il dolore.

Il funerale di Sosuke invece fu molto più composto, silenzioso e rapido.

“Sicuramente” pensò con un mesto sorriso Kurz “lui lo avrebbe voluto cosi”.

Quando la bara fu sotterrata e il rito concluso, tutti cominciarono ad andarsene, col viso abbassato e triste.

“So che può sembrare brutto in un momento come questo, ma abbiamo solo quindici minuti per raggiungere l’elicottero che ci riporterà al De Danaan. Quelli lì vanno sempre di fretta” commentò amaro Kurz.

Melissa si affiancò a Tessa: “Non eri obbligata a venire. Già è stato tanto per te mantenere la calma durante il funerale militare alla base del De Danaan. Quattro giorni fa hai fatto lo stesso durante il funerale di Chidori. E ora questo. Non sei abituata a simili stress”.

“Non importa” rispose Tessa “Non mi importa cosa può succedermi. Era un mio subordinato, nonché caro amico, e quindi era mio dovere stare con lui sino all’ultimo”.

“Tessa…” mormorò Melissa.

La donna non sapeva se lodarla per il suo autocontrollo oppure rimproverarla per il suo intestardirsi nel non voler sfogare il dolore provocato da quelle perdite.

Ma in fondo, cosa ne sapeva lei di quello che provava la povera Tessa?

Il Tuatha De Danaan era in navigazione diretto verso una nuova missione, ma siccome ci sarebbero voluti tre giorni per raggiungere l’obbiettivo, era ancora possibile per l’equipaggio riposare nelle proprie cuccette.

I corridoi del sottomarino erano silenziosi, però si trattava di un silenzio diverso dal solito, perché carico di dolore.

Tessa stava seduta sul suo letto, e piangeva in silenzio, tenendo in mano le uniche foto che la ritraevano con i due amici da poco scomparsi.

In una c’erano lei e Kaname che cantavano durante la festa di compleanno del sottomarino, uno dei pochi momenti in cui Tessa si era sentita davvero viva, felice, libera da responsabilità troppo pesanti per una ragazzina.

L’altra invece era stata scattata sulla spiaggia dove Sosuke la stava allenando a pilotare un M9 per la sua sfida con Melissa, l’unica occasione in cui loro due erano stati veramente soli, e il colonnello aveva potuto avere il suo Sosuke tutto per se, anche se alla fine non conclusero niente.

“Ma come è potuto succedere… come…” singhiozzava la ragazza.

“Passiamo tanto tempo a studiare nuovi sistemi di sicurezza, ad addestrare i nostri uomini per ogni evenienza, e poi… ci lasciamo fregare da una maledettissima fuga di gas”.

Ripose le foto e si sdraiò, doveva dormire, riposarsi, in vista della nuova missione.

Cercò di fare attenzione a non bagnare il cuscino con le sue lacrime, per impedire che scoprissero in qualche modo i suoi pianti notturni.

Un colonnello non poteva permettersi simili debolezze. Almeno ufficialmente.

“Certo che la sua mancanza si sente” pensò Kurz sdraiato sul letto, con lo sguardo fisso sul letto sovrastante.

“Non riesci a dormire?” domandò una voce di donna.

Kurz si girò lievemente verso la porta, dove Melissa Mao lo fissava impassibile.

“Complimenti per la tua proverbiale silenziosità” le disse Kurz sforzandosi di sorridere.

“E complimenti anche a te per non essere trasalito come al solito” rispose Melissa, che entrò e si sedette sul bordo del letto, lo sguardo basso.

Rimasero in silenzio per molto tempo.

Kurz interruppe il silenzio: “Non ci riesco ancora a credere, sai? Il nostro Sosuke e la piccola Chidori sono morti”.

“Lo so, anche io stento ad accettarlo. Sosuke sembrava indistruttibile, e Kaname era talmente piena di vita che la morte sembrava non esistere per lei. E quella dannatissima esplosione li ha mezzi carbonizzati”.

Di nuovo silenzio.

Fu ancora Kurz a romperlo: “E adesso che facciamo?”

Melissa sospirò pesantemente, come se le costasse uno sforzo enorme.

“Andiamo avanti…” rispose semplicemente uscendo.

Kurz si limitò a guardarla mentre la porta si chiudeva.

“… anche se sarà molto difficile” concluse la donna ricacciando una piccola lacrima.

“Non pensavo che avrei pianto ancora”.

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Capitolo 3
*** 2° Capitolo ***


2° CAPITOLO

La ragazza si fermò davanti alla lapide in marmo bianco, e vi depose un piccolo mazzo di rose rosse.

E nonostante fosse passato quasi un mese da quel tragico accaduto, vedendo la piccola foto incorniciata, Kyouko non riuscì a trattenere le lacrime.

D’altronde, sarebbe stato ingenuo credere che un misero mese potesse alleggerire il dolore per la perdita dell’amica più cara.

Toccò la foto con la mano, ma per non scoppiare di nuovo a piangere e disturbare la quiete del cimitero, la ritrasse, e andò alla vicina tomba di Sosuke, deponendoci sopra una rosa.

Poi si allontanò di qualche passo, in modo da poterle vedere insieme.

“Ci mancate cosi tanto.. lo sai Chidori che il sempai Atsunobu ha chiesto al consiglio scolastico di dedicarti la nuova biblioteca che hanno cominciato a costruire? E il tuo banco è sempre lì, nessuno vuole occuparlo. Questo vale anche per il tuo banco, Sosuke. Inoltre, Kazama ha deciso di onorarti alla sua maniera. Sai come? Scrivendo ad una delle riviste che gli piace cosi tanto leggere, di editarne una nuova col tuo nome! Buffo, vero?”

La giovane si lasciò scappare un lieve mugugno divertito, tornando però subito seria.

“Be, ci vediamo, tornerò presto” salutò allontanandosi.

Quando fu vicina all’uscita, scorse con la coda dell’occhio una figura che si era fermata davanti alle due tombe.

Si fermò, perché anche se non se lo sapeva spiegare, sentiva qualcosa di strano in quella persona, avvolta in un cappotto nero.

Kyouko cominciò ad avvicinarsi, doveva trattarsi sicuramente di un uomo, perché si capiva che aveva un fisico possente.

E ora che si stava avvicinando sempre di più, trovava che fosse una figura in qualche modo familiare.

Ma lo sconosciuto, senza bisogno di voltarsi, doveva essersi accorto di lei, perché si allontanò girando dietro alcuni loculi vuoti.

Rimasta sorpresa, Kyouko gli andò dietro, e quando anche lei girò dietro i loculi, lo sconosciuto era scomparso, come se non fosse mai stato lì.

“Che strano” mormorò la ragazza.

****

“Colonnello, posso entrare?” domandò Kalinin con la sua solita voce imperturbabile.

“Venga avanti” rispose Tessa, riponendo velocemente qualcosa in un tiretto della sua scrivania.

L’ufficiale russo entrò e si piazzò sull’attenti.

“Riposo, maggiore, cosa voleva dirmi?”

“Abbiamo qui una richiesta del quartier generale, vogliono che lei sia presente in qualità di perito tecnico al collaudo del nuovo prototipo di AS, lo Xenios. L’esperimento si svolgerà domani sull’isolotto Iannis”.

Kalinin posò un cablogramma sulla scrivania.

“Lo Xenios? E noi del De Danaan che c’entriamo? I progetti di quel nuovo AS non ho potuto visionarli neanche una volta. Non vedo cosa possa fare, io. L’unica cosa che so è che dovrebbe trattarsi di un modello perfezionato di Arbalest, più economico da costruire e con un Lambda Driver più facile da usare”.

“Il motivo potrebbe essere proprio questo, il nuovo sistema di Lambda Driver. Probabilmente vorranno la nostra assistenza in quanto lei è la maggior esperta della Mithril in questo campo”.

“Questo posso capirlo, ma perché adesso? Se proprio volevano la mia assistenza, potevano chiederla durante le fasi di progettazione e costruzione. Non è possibile un errore?”

“No, l’ordine proviene dall’ammiraglio Willer in persona”.

Tessa rimase in un dubbioso silenzio.

“Va bene, se sono ordini cosi superiori non possiamo fare altro che obbedire. Può andare, maggiore Kalinin” concluse la ragazza.

Rimasta sola, la ragazza lesse il cablogramma, scritto in un codice speciale che però non ebbe problemi a comprendere.

Il testo conteneva effettivamente l’ordine riferito da Kalinin, ma Tessa notò che da nessuna parte era scritto che provenisse dall’ammiraglio Willer.

“Questo può significare solo una cosa. Ovvero che anche il maggiore ha trovato molto strano quest’ordine, e ha chiesto conferma al quartier generale”.

Tessa non ebbe tentennamenti, e decise di prendere delle precauzioni.

“Forse sto diventando paranoica, ma dopo la faccenda del dirottamento di Gauron, credo sia il caso di non accettare come oro colato tutto quello che arriva dal quartier generale”.

Prima di attivare il citofono, Tessa riaprì il tiretto, e dentro c’erano le sue foto con Sosuke e Kaname.

“Spero di poter avere la vostra stessa forza”.

Iannis era una piccola isola coperta da una foresta ovviamente non molto grande ma piuttosto fitta.

La Mithril prediligeva isole cosi piccole per le sue basi, lontane dalle grandi rotte e troppo piccole per attirare le attenzioni di altri stati.

Sull’isola era presente un grosso hangar preceduto da uno spiazzo e da un porticciolo per motoscafi.

In quel giorno pioveva a dirotto.

“Peccato per questo tempo, avremmo potuto fare il collaudo all’aperto” si lamentava lo scienziato Eric Tsang, capo del progetto Xenios, che circondato da macchinari vari e su una bassa pedana, si preparava a godere del suo ormai imminente trionfo.

Al centro dell’hangar, una figura alta trenta metri avvolta in alcuni teli.

“Dottore, l’elicottero del colonnello Teletha Testarossa è appena arrivato” gli comunicò un assistente.

“Ah si!” rispose Tsang.

Tessa entrò nell’hangar avvolta in un impermeabile giallo, e accompagnata da quattro soldati di scorta.

“Benvenuto, colonnello Testarossa” la salutò con freddezza Tsang.

“Piacere di conoscerla” rispose Tessa tendendogli la mano.

Ma l’uomo si girò dicendo: “Mi scusi, ma ho molto da fare”.

“Si figuri” disse Tessa un po’ offesa.

“Prego colonnello” uno degli assistenti le indicò una sedia.

Tessa andò a sedersi, osservando come cominciassero a togliere i teloni da sopra lo Xenios, un gigante di colore grigio scuro e munito di tre occhi, con gli arti bloccati da una serie di ganci.

Il pilota dell’AS parlò con alcuni assistenti, poi tramite una scaletta in metallo salì dentro il robot.

“Molto bene. Diamo inizio al test!” ordinò Tsang.

Le voci dei vari operatori, tutti seduti affianco allo scienziato, iniziarono a riempire l’aria.

“Attivare il propulsore interno”.

“Disinserire i blocchi dei servomotori nelle braccia”.

“Disinserire i blocchi dei servomotori nelle gambe”.

“Attivare i sensori interni”.

“Stabilire contatto con pilota”.

“Collegamento attivato” comunicò il pilota.

“Nessun problema riscontrato nei sistemi interni”.

“Molto bene. Aprire i ganci” ordinò infine Tsang.

Lo Xenios venne completamente liberato, e iniziò a muoversi in avanti.

“Finora tutto regolare, dottor Tsang”.

“Passiamo ad esaminare le capacità motorie. Che lo Xenios inizi a fare il giro dell’hangar” ordinò il dottore.

Il robot iniziò i suoi test motori, e Teletha li osservò molto distrattamente.

Si sentiva davvero come un pesce fuor d’acqua in quel posto, una semplice spettatrice.

D’altronde Tsang non sembrava affatto disposto a chiederle un qualche tipo di aiuto, si era persino piazzato di schiena in modo da impedirle di vedere i monitor con i dati del nuovo AS. Un atteggiamento che denotava anche una certa invidia professionale.

Si, la sua presenza in quel momento era decisamente inutile, come si aspettava sin dall’inizio, visto che quel progetto non c’entrava niente con lei.

E questo aumentava la sua inquietudine: perché il quartier generale le aveva chiesto di essere presente?

“I test motori sono stati eseguiti con successo. Passiamo ora al collaudo del Lambda Driver”.

Questo nome la distolse dai suoi pensieri.

Era un fatto automatico: appena si nominava qualcosa inerente la Black Technology, la sua mente scattava.

Tuttavia Tsang neppure per quello sembrava disposto a chiederle assistenza.

Davanti all’AS salirono dal pavimento dei grossi bersagli in acciaio.

“Ora, il pilota deve attivare il Lambda Driver e colpire a distanza i bersagli” ordinò lo scienziato cinese.

Al pilota dello Xenios era stato detto che al contrario dell’Arbalest, il Lambda Driver del suo AS era del tutto automatizzato, quindi non c’era bisogno che il pilota si concentrasse.

Doveva solo inquadrare il bersaglio e premere un apposito grilletto.

E quando lo fece, i bersagli esplosero apparentemente da soli.

“Perfetto!” esclamò soddisfatto Tsang “Procediamo con gli altri test”.

Sempre dal pavimento, apparvero dei bersagli mobili disposti su cerchi concentrici intorno all’AS, che iniziarono a muoversi a velocità sostenuta.

Lo Xenios si girò su se stesso, e il pilota capì subito che era impossibile seguirli tutti.

Quindi si fermò, in attesa che passassero davanti al suo sistema di mira.

E quando accadde, iniziò a distruggerli tutti in rapidissima successione.

Dopo pochi secondi i bersagli furono tutti eliminati.

“Magnifico, davvero magnifico” pensò Tsang, che finalmente si girò lanciando un’occhiata a Tessa in cui si mescolavano soddisfazione e compiacimento, forse pure troppo.

Tessa invece non ci badò minimamente, presa com’era dall’esaminare quel Lambda Driver, e questo causò un certo disappunto in Tsang.

“Mpf” bofonchiò lo scienziato “Passiamo al test di difesa”.

Dal tetto dell’hangar vennero calate delle grosse mitragliatrici automatiche, uguali a quelle usate manualmente dagli M9, che presero la mira e aprirono il fuoco da tutti e quattro i lati contro lo Xenios.

I proiettili cominciarono tutti ad esplodere ad un metro di distanza dall’AS, infrangendosi contro una barriera invisibile.

“Quei proiettili esplosivi potrebbero penetrare lo scafo di una corazzata, e non sortiscono il minimo effetto, stupendo!” esclamò Tsang.

“Però c’è un piccolo problema” osservò un operatore.

“E quale?”

“Registriamo una flessione nei livelli energetici del propulsore interno, sembra che non riescano a sopportare un tale dispendio di energia”.

“Capisco. Be, non è un grave problema, significa che dovremo calcolare nuovamente la quantità d’energia necessaria per il nostro Lambda Driver, e quindi potenziare il propulsore”.

Tessa invece era del tutto presa dall’esaminare lo Xenios, quando qualcosa disturbò improvvisamente le sue riflessioni.

Uno strano ronzio, simile a quello provocato da un gigantesco sciame di insetti, si diffuse nell’aria, facendosi sempre più forte e finendo per assordarla.

“Aaaahhhhh!” gridò la ragazza accasciandosi per terra e tentando invano di tapparsi le orecchie.

I soldati della scorta si disposero intorno a lei per aiutarla.

Quel ronzio fortissimo sembrava essere presente solo nella sua testa, e infatti nessuno dei presenti pareva sentirlo.

“Colonnello, cosa le succede?! Come si sente?!” le domandavano preoccupati i soldati, ma le loro voci le arrivavano a malapena.

Poi, velocemente il ronzio cominciò a diminuire, divenne un lieve rumore in sottofondo per poi sparire, e Tessa sembrò riprendersi.

E vide qualcosa di strano: lo Xenios cominciò ad avvicinarsi con passi decisi e possenti alla loro postazione.

Tsang e i suoi assistenti non se ne accorsero perché anche loro si erano girati verso di lei.

“DOTTOR TSANG!” giunse via radio l’allarmata voce del pilota dell’AS “LO XENIOS SI STA MUOVENDO DA SOLO! VI STA PUNTANDO!”

E prima che potessero fare qualcosa, una forza invisibile colpì le apparecchiature distruggendole.

Tra le grida degli uomini di Tsang, due soldati presero per le braccia Tessa portandola via, mentre gli altri due aprirono il fuoco contro l’AS, ma i loro proiettili non sortivano effetto.

Lo Xenios con un rapido movimento del braccio colpì Tsang e i suoi assistenti, spazzandoli via dalla pedana e facendoli volare dall’altra parte dell’hangar come se fossero della bambole di pezza.

“Inviate il segnale d’emergenza!” gridò Tessa e uno dei soldati che la trascinavano premette un pulsante attaccato alla cintura.

Intanto lo Xenios aveva puntato la mano contro i fuggitivi, e un secondo dopo i due soldati che coprivano la ritirata agli altri esplosero violentemente come se avessero avuto delle bombe dentro il corpo.

Tessa e gli altri due soldati vennero investiti da una pioggia di resti umani e brandelli di vestiti, il sangue rese scivoloso il pavimento e caddero.

Tessa guardò con orrore il pavimento, le sue braccia, la sua testa, il suo corpo, coperti di sangue e brandelli di muscoli e organi.

Il disgusto, la paura, finirono per paralizzarla completamente.

“Scappi colonnello! Noi lo distrarremo!” le gridò uno dei soldati, prima di essere spazzato via insieme al suo compagno da una forza invisibile che li scagliò contro una parete facendogliela sfondare.

Adesso erano rimasti solo l’AS impazzito e Tessa, immobilizzata sul pavimento e che fissava con occhi sbarrati il gigante metallico.

Lo Xenios si pose proprio davanti a Tessa, alzò una gamba per schiacciarla, quando ad un tratto una parete dell’hangar esplose, e una serie di piccoli missili calò sullo Xenios, facendolo indietreggiare perché sbilanciato.

Due M9 entrarono nell’hangar con le armi spianate.

“Hai visto sorellina? La piccola Tessa ha fatto bene ad ordinarci di stare pronti!” esclamò con sicurezza Kurz Weber.

“Infatti. Trasformiamolo in un rottame questo Xenios” continuò Melissa Mao.

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Capitolo 4
*** 3° Capitolo ***


3° CAPITOLO

Lo Xenios stava fermo, sembrava indeciso sul da farsi.

Kurz e Melissa ne approfittarono subito, riaprendo il fuoco contro il nemico, ma stavolta non ottennero nessun effetto, l’AS impazzito restava fermo mentre i proiettili si infrangevano contro il suo scudo invisibile.

Ad un certo punto reagì, alzò una mano in direzione dell’AS di Melissa.

Melissa però, memore di cosa le fosse successo durante il primo scontro con il Venom di Gauron, non si fece cogliere impreparata e con un balzo si spostò andando a nascondersi fuori dall’hangar.

Un secondo dopo, una Jeep che stava parcheggiata proprio dietro l’M9, esplose senza motivo apparente.

Kurz lo vide e subito si mise al riparo anche lui.

“Sorellina, che facciamo? Quel bastardo con il Lambda Driver può colpirci quando vuole, non invece non lo scalfiamo nemmeno!”

“Una cosa alla volta: prima pensiamo a tirare Tessa fuori da quel casino” rispose Melissa.

Tessa stava ancora sdraiata per terra, immobile, sia per la paura che per lo shock.

Le sue pupille guardavano di volta in volta lo Xenios, fermo come se attendesse la prossima mossa dei nemici, e i resti dei due soldati esplosi.

“Muoviti stupida” le diceva una vocina “Muoviti ora che è distratto”.

“No, non farlo. Ti colpirà se ti muovi” suggeriva un’altra vocina.

“Mio Dio, quei due soldati… è orribile! E’ orribile!” gridava una terza voce.

Fu lo Xenios a decidere per lei, perché la fissò e cominciò ad avvicinarsi.

Stavolta l’istinto di sopravvivenza ebbe la meglio, Tessa cominciò ad indietreggiare muovendo le braccia e fissando sempre l’AS fuori controllo.

Finché una forza invisibile la avvolse e la bloccò.

Ora che era del tutto immobile, lo Xenios rialzò la gamba per schiacciarla.

E di nuovo approfittarono di quel momento Uruz 2 e 6, che entrarono nell’hangar facendo fuoco non contro lo Xenios, ma sul pavimento sotto di lui.

E cosi crearono una voragine in cui il nemico cadde.

“Si! Può anche essere invulnerabile, ma gli serve comunque un terreno d’appoggio! Vai a prendere Tessa!” ordinò Melissa.

“Volo!” rispose Kurz, che prontamente raggiunse Tessa, ricoperta oltre che dal sangue, anche dalla polvere del pavimento esploso.

“Piccola Tessa, vieni qui!” la chiamò Kurz aprendo una mano del suo AS.

Ma Tessa non si muoveva.

“No! Dev’essere sotto shock!” pensò Kurz, che quando vide lo Xenios mettere una mano fuori dalla buca, capì che non c’era tempo per le sottigliezze: afferrò il più delicatamente possibile Tessa e corse via insieme a Melissa fuori dall’hangar.

Ad accoglierli, la tempesta, con pioggia e venti sferzanti.

Davanti a loro l’elicottero e la piccola foresta, e si nascosero lì.

“Sorellina, che facciamo? Tessa è sotto shock, il De Danaan è fermo a cinque chilometri da qui, se volessimo potremmo far venire dei rinforzi, come noi arriverebbero subito”.

“Si, ma non potrebbero fare molto contro il Lambda Driver. Gauron ci ha dimostrato molto bene che contro quel tipo di Arma la superiorità numerica non serve” ribatté la donna.

Se solo ci fosse stato ancora Sosuke…

“Sarebbero comunque un aiuto” insistette Kurz.

“D’accordo, li chiamò”.

Melissa tentò di mettersi in contatto, ma stranamente la linea risultava interrotta.

“Non riesco a contattarli!”

“Cosa?!”

“Non c’è segnale!”

“Oh cazzo. Eppure quando Tessa ha mandato il segnale di soccorso ha funzionato! E noi due comunichiamo senza problemi”.

“Non c’è tempo per pensare a queste stranezze. Lo faremo quando avremo finito qui”.

“Potremmo lasciare gli M9 e andarcene con l’elicottero” propose allora Kurz.

“Non sarebbe prudente. Saremmo un bersaglio troppo scoperto”.

“E allora che facciamo?”

La discussione fu zittita dalla comparsa dello Xenios fuori dall’hangar.

La pioggia si fermava due metri sopra di lui, evidentemente il Lambda Driver gli faceva da ombrello.

L’AS camminò sotto la pioggia, vide l’elicottero, gli puntò contro la mano e il mezzo esplose.

“Possiamo definitivamente scartare l’elicottero” pensò Kurz.

Lo Xenios avanzò verso la foresta, i due AS della Mithril stavano perfettamente immobili e in silenzio.

Il robot sollevò un braccio, e improvvisamente un’intera porzione di foresta che stava davanti a lui saltò in aria, gli alberi esplosero contemporaneamente in una pioggia di schegge di legno, e stessa sorte subirono rocce e cespugli.

Gli M9 videro cosi scomparire in un attimo i quasi venti metri di fitta vegetazione che li separava dallo Xenios, ritrovandosi scoperti.

“Merda! Scappiamo!” gridò Melissa, e subito corsero ancora più dentro la foresta, mentre l’AS nemico iniziò a bersagliarli con i suoi colpi esplosivi.

“Muoviamoci a zig zag!” ordinò Uruz 2, e cosi si mossero saltando da ogni lato, e intorno a loro ogni cosa esplodeva, come se fossero sottoposti ad un bombardamento invisibile.

I colpi più volte li evitarono per un soffio, e cessarono quando riuscirono nuovamente ad uscire dalla visuale dello Xenios.

Questo però non fu un problema per lo Xenios, che usando la stessa tecnica di prima, cominciò a distruggere intere parti della foresta.

Gli M9 si erano nascosti il più possibile dentro la vegetazione, poco sotto un piccolo avvallamento roccioso, ma non sarebbe durato a lungo.

“E’ peggio di una squadra di bulldozer! E a causa di questa pioggia non possiamo neppure usare la mimetizzazione ottica. Ci troverà e ci farà a pezzi!” disse Kurz.

“Forse potremmo fare qualcosa con l’aiuto di Tessa” propose Melissa.

Ma il colonnello se ne stava rannicchiata nella mano del M9 di Kurz, tremando, con l’acqua che aveva lavato via il sangue sul suo viso.

“Tessa, Tessa mi senti?” la chiamò Melissa tramite un microfono esterno.

“Tessa, ti prego, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Non puoi dirci niente su quell’AS?”

La giovane whispered non rispondeva.

Melissa allora si arrabbiò: “Colonnello Teletha Testarossa! Mi risponda!” gridò.

Tessa rispose con un debole mugugno.

“Tessa, abbiamo bisogno di te!”

Kurz scosse la testa, e intanto il rumore degli alberi abbattuti dallo Xenios si faceva sempre più vicino.

“Tessa, devi reagire. Chidori e Sosuke stenterebbero a riconoscerti adesso” insisteva la donna.

Tessa si girò e guardò in faccia l’M9: “Non… servirebbe a niente… non valgo nulla fuori dal De Danaan… avevi ragione… non so fare niente..”

“Non è il momento per pensare a queste cose. Dobbiamo pensare a fermare quel coso”.

“I soldati sono morti… per colpa mia… dovevo… dovevo…”

“Dovevi fare cosa? E’ naturale che tu abbia avuto una scorta, lo prescrive il regolamento. Non hai colpa della loro morte”.

“Sono inutile…”.

Melissa si sentì fremere dalla rabbia.

“Ah si? E allora vedrò di arrangiarmi! Kurz, mentre eravamo in volo, ho visto che al porticciolo c’erano delle barche, saranno quelle usate da Tsang. Io distrarrò il bastardo là fuori, tu corri verso il motoscafo con Tessa e raggiungete il De Danaan!”

“Sei impazzita?! E come farai da sola contro quel coso!?” obbiettò il tedesco.

“Mi arrangerò! Tu vai!”

“Però…”

“Il propulsore energetico…” disse allora Tessa sforzandosi di alzare la voce.

“Come?” domandò Kurz.

“Il propulsore energetico dello Xenios… durante il test… non riusciva a sostenere un uso prolungato… del Lambda Driver…”

“Davvero? Bene, visto che finora l’ha usato parecchio, dovrebbe bastare poco per farlo esaurire” pensò Melissa.

“Grazie per la notizia, Tessa”.

Ma la ragazza si era di nuovo chiusa in un mutismo assoluto, sempre rannicchiata nella mano del M9.

In quel momento, alcuni alberi sopra di loro esplosero: lo Xenios li aveva trovati!

“Fai come ti ho detto, poi raggiungimi davanti all’hangar!” ordinò Melissa, che aprì il fuoco contro il nemico per distrarlo.

Kurz obbedì e corse nella direzione opposta.

Quando fu fuori dalla visuale dello Xenios, anche Melissa corse via, nascondendosi tra gli alberi.

Ormai della foresta erano rimasti solo i bordi, ed era lì che la donna si muoveva nascondendosi.

Lo Xenios iniziò a bombardarla con il Lambda Driver, e fece ancora una strage di alberi.

Evitato per un pelo da quegli attacchi invisibili, l’M9 raggiunse lo spazio davanti all’hangar.

In lontananza vedeva il porticciolo, e non c’era nessuna traccia di Uruz 6 e di Tessa.

“Kurz, dove sei?”

“Nascosto qui dietro” rispose il ragazzo spuntando da dietro l’hangar.

Melissa lo raggiunse: “Dov’è Tessa?”

“L’ho lasciata al porticciolo”.

“Bene. Ascolta adesso: ora io attaccherò lo Xenios con le armi e con tutto quello che mi capiterà sotto mano. Visto l’utilizzo fatto finora del Lambda Driver, quel bastardo non dovrebbe durare molto. Tu resterai nascosto, e appena vedrai che il campo si indebolisce, spara un colpo al propulsore principale. Dovrebbe trovarsi come al solito in fondo alla schiena”.

“C’è qualche punto un po’ traballante in questo piano” notò Kurz.

“Lo so, ma non abbiamo molta scelta. Nasconditi, e tieniti pronto”.

Kurz andò a nascondersi dietro alcuni alberi, e pochi istanti dopo il nemico arrivò.

Melissa attirò la sua attenzione sparandogli un singolo colpo da dentro l’hangar.

“Vieni a prendermi, stronzo!” gli urlò.

L’AS iniziò ad avvicinarsi, e Melissa cominciò ad indietreggiare sparando all’impazzata contro di lui.

I colpi non penetravano il suo campo protettivo, Melissa vide le quattro mitragliatrici attaccate al soffitto, con gli ultimi colpi le fece cadere, e iniziò a sparare con quelle.

Un’altra valanga di fuoco, ancora più violenta della precedente, e ancora niente.

Quando anche quei colpi furono esauriti, lo Xenios era alla distanza giusta per passare all’attacco, alzò una mano, Melissa lo vide e si spostò, ma stavolta la distanza era troppo corta, e le gambe del M9 esplosero.

“Ouch! E ora, o succede qualcosa, o sono spacciata” pensò Uruz 2, mentre lo Xenios si fermò all’entrata dell’hangar, pronto a dare il colpo di grazia.

“Merda!” esclamò Kurz, ancora nascosto.

Il piano di Melissa non sembrava aver funzionato, doveva intervenire, ma sapeva che contro il Lambda Driver non poteva fare niente.

Certo non poteva neppure abbandonare la sua sorellina Mao, però..

Poi si accorse di un particolare: la corazza dello Xenios in alcuni punti cominciava ad apparire bagnata, prima invece era sempre stata asciutta.

“Ma allora….”

Kurz, con una velocità che sorprese pure lui stesso, prese la mira e sparò una serie di colpi in direzione del propulsore principale, sperando che in quel prototipo non lo avessero cambiato di posizione.

Il primo colpo incontrò ancora la barriera, ma non il secondo, e neppure il terzo e il quarto.

Che penetrarono la corazza dell’AS nemico e provocarono un esplosione nella sua schiena.

Lo Xenios stramazzò al suolo.

E i due soldati della Mithril tirarono un profondo sospiro di sollievo.

****

“Signore, stando agli ultimi dati, lo Xenios è stato abbattuto. E l’obbiettivo principale non è stato raggiunto”.

Wong accolse con freddezza la notizia proveniente da un altoparlante.

“Capisco. Pazienza, me l’aspettavo. Comunque è importante che il primo test della nostra macchina sulla tecnologia militare abbia funzionato. Avremo il tempo necessario per fare altri miglioramenti. E l’obbiettivo principale farà meglio a non sentirsi subito al sicuro” commentò l’uomo fissando l’ampia camera quadrata simile a quelle iperbariche montata al centro di un locale a forma di cupola e pieno di apparecchiature tecnologiche.

Dentro la camera, attraverso degli spiragli, si intravedeva una persona con indosso una tuta nera e circondata da cavi.

“Sull’isolotto Iannis stanno arrivando adesso diverse unità M9 della Mithril” comunicò un altro operatore.

“Che carini, ma non c’è bisogno che ci diano cosi tanti AS, ce ne basta uno solo per attuare il mio piano b” commentò con un ghigno Wong.

****

Gli uomini della Mithril stavano soccorrendo Tessa, Melissa e Kurz, e Kalinin dirigeva le operazioni.

“Maggiore, siete arrivati quando ormai era finito tutto, proprio come nei film” disse con sarcasmo Kurz.

“Lo so” rispose impassibile il russo “ma quando il vostro silenzio radio è diventato sospetto, c’è voluto un po’ di tempo per organizzare una squadra, senza neppure sapere cosa ci attendesse”.

“Qui comunque stanno succedendo troppe cose strane, maggiore” intervenne Melissa “Lo Xenios è impazzito senza motivo alcuno, ha ucciso dieci persone e per poco anche noi tre. E non vi abbiamo contattato perché la frequenza radio era bloccata, anche questa senza motivo alcuno”.

“Sono questioni che chiariremo quando saremo tutti rientrati sul De Danaan” concluse Kalinin, che lanciò un’occhiata a Tessa, in disparte, circondata da alcuni infermieri, che stava con lo sguardo basso.

Il pilota dello Xenios, vivo anche se un po’ scosso, venne estratto dall’AS.

Una decina di minuti dopo, gli M9 partirono dall’isolotto, portandosi dietro i resti dello Xenios e del M9 danneggiato di Melissa.

Sarebbe stata una nave apposita mandata dal quartier generale a ripulire l’isolotto dai resti della battaglia.

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Capitolo 5
*** 4° Capitolo ***


4° CAPITOLO

“Allora, ripetici cosa è successo, pilota”.

“Non lo so, maggiore Kalinin. Avevo iniziato il test, e tutto procedeva regolarmente. Poi ho notato un certo trambusto sulla pedana dove si trovava il dottor Tsang, e qualche istante dopo lo Xenios ha cominciato a muoversi da solo. Ho cercato in tutti i modi di fermarlo, premendo tutti i pulsanti, staccando e riattaccando fili e transistor, niente. Continuava a muoversi da solo come se… come se fosse posseduto da qualcosa!”.

Kalinin osservò il pilota, piuttosto nervoso e ancora un po’ scosso, seduto in una delle stanze del De Danaan, e sotto la sorveglianza di due guardie.

In fondo, la prudenza non è mai troppa.

“Non è possibile che qualcuno dall’esterno avesse preso il controllo del pilota automatico?” domandò il russo.

“Lo escludo, maggiore, perché quando è cominciato tutto, la prima cosa che ho fatto è stata proprio quella di escludere il pilota automatico, staccando il cavo che lo collegava al propulsore principale. E non si è fermato lo stesso”.

Qualcuno bussò alla porta, ed entrò una donna che comunicò qualcosa nell’orecchio di Kalinin.

“D’accordo, puoi ritirarti pilota. Abbiamo approntato una cabina. Tieniti disponibile per ulteriori interrogatori”.

“Agli ordini” rispose il pilota mettendosi sugli attenti.

Il maggiore invece uscì dalla stanza e si diresse verso il ponte di comando.

Sulla poltrona del comandante era seduto l’imperturbabile Richard Mardukas.

Kalinin lo affiancò: “Quali sono le condizioni del colonnello?” domandò tenendo lo sguardo in avanti.

“Stando al dottore, ha subito un forte shock e ha bisogno di almeno tre giorni di riposo” rispose il vice-comandante inglese.

“Capisco”.

“E dall’interrogatorio del pilota dello Xenios si è ottenuta qualche informazione sull’incidente di tre ore fa?”

“Nessuna. La mini telecamera interna dell’abitacolo ha confermato la sua versione. Non era lui a pilotarlo, e ha cercato inutilmente e in tutti i modi di fermarlo”.

“Dunque siamo tornati al punto di partenza. Anche le nostre indagini sull’impossibilità di comunicazione col De Danaan riferita da Uruz 2 e 6 non ha portato a nulla. Stando ai nostri tecnici la frequenza è sempre stata libera”.

“Stanno decisamente succedendo cose molto strane e inquietanti. Speriamo che l’analisi dello Xenios conduca a qualcosa”.

“Dove si trova ora?”

“Bloccato e completamente disinserito nel nostro hangar di lancio”.

Tessa stava sdraiata sul suo letto, la stanza immersa nel buio.

Aveva cercato in tutti i modi di far capire al vice-comandante Mardukas che voleva essere lasciata sola, e sembrava ci fosse riuscita.

Ora poteva tranquillamente piangere, senza il rischio di essere scoperta.

Si sentiva impotente, e in colpa per quanto era successo a Tsang e soprattutto agli uomini della scorta.

Melissa aveva ragione, era il regolamento a prescrivere che gli alti ufficiali avessero una scorta, però se lei avesse deciso di portare subito gli M9 sull’isola, anziché farli attendere pronti al lancio sul De Danaan, si sarebbero potute salvare delle vite.

E anche se a questo c’era comunque una buona giustificazione, perché lei si aspettava qualche sorpresa pensando all’irruzione di uomini armati o di qualche vecchio AS di produzione sovietica, certo non immaginava che sarebbero stati attaccati proprio dallo Xenios, il suo senso del dovere la torturava incessantemente, accusandola di imprudenza.

“Avrei dovuto immaginarlo… avrei dovuto prevederlo… dovevo… dovevo…”.

Inoltre provava disgusto per la sua vigliaccheria, per l’essere riuscita a bofonchiare solo un’informazione nell’ora del pericolo.

E l’aver visto quegli uomini morire, la prima volta che vedeva con i suoi occhi la morte in azione.

Mai avrebbe dimenticato quelle scene, mai.

E quel misterioso, assordante ronzio?

Cosa significava?

“E’ troppo…. Signor Sagara, signorina Chidori… aiutatemi..”

“Signor Wong, abbiamo intercettato il Tuatha De Danaan, si trova in navigazione sommersa, settanta metri di profondità, a 27° nord dal golfo del Messico” comunicò la voce di un operatore tramite un altoparlante.

“Bene, molto bene” rispose l’uomo che continuava a fissare la camera iperbarica. “Il nostro Whispered è pronto?”

“Si, signore”.

“E allora procedete!” ordinò con espressione divertita e malvagia.

“Il ronzio!” gridò Tessa alzandosi in piedi.

Quello strano, intensissimo ronzio simile allo sciamare di milioni di insetti, era ritornato improvvisamente.

Ancora diffuso nell’aria, ancora talmente assordante da costringerla a tapparsi inutilmente le orecchie.

Dopo qualche decina di secondi, il rumore scomparve.

Ma Tessa non si sentì affatto sollevata, perché lo Xenios era impazzito un istante dopo la fine del ronzio.

E i suoi timori vennero confermati quando tutte le luci del De Danaan si spensero di botto.

“Cosa succede?” domandò impassibile Mardukas.

Gli schermi e le luci della sala comandi si erano spenti all’improvviso.

“Non… non lo sappiamo, signore” rispose un perplesso operatore.

Gli schermi e le luci si riaccesero, tutte le immagini erano profondamente disturbate, e d’un tratto il pavimento si inclinò verso il basso di almeno 90°.

Mardukas e gli altri, per non precipitare in avanti, dovettero ancorarsi ai sedili e allacciarsi le cinture.

“Che cosa sta succedendo?” volle sapere il vice-comandante.

“E’ Dana… signore…. Sta… sta puntando il fondo dell’oceano alla massima velocità!” gridò l’operatore di prima, mentre tutti gli altri premevano all’impazzata le loro tastiere nel tentativo di riprendere il controllo.

“Che cosa? Escludere immediatamente il computer principale!”

“Impossibile signore! Dana non risponde più a nessun comando!”

“A che profondità siamo?”

Un altro operatore si sforzò di leggere le informazioni che il suo schermo, tra molti disturbi, gli forniva.

“Centodieci metri, in continuo aumento!”

“E la velocità?”

“Trentacinque nodi, in aumento!”

“Ordinate alla sala macchine di disattivare i propulsori”.

Gli operatori comunicarono l’ordine ai loro colleghi della sala macchine, ma dopo pochi secondi una voce quasi terrorizzata rispose via radio: “Negativo! Negativo! I nostri comandi sono tutti inutilizzabili!”

Mardukas, nonostante l’impassibilità del suo volto, imprecò mentalmente: essendo il ponte di comando e la sala macchine ormai isolate, l’unico modo per cercare di fare qualcosa, sarebbe stato quello di andare direttamente al mainframe di Dana, al suo cervello, come aveva fatto Kaname Chidori durante il dirottamento operato da Gauron.

Ma come farlo in quelle condizioni?

L’inclinazione del sommergibile era tale che ormai tutti i corridoi erano in verticale.

“Ma che cazzo succede?!” urlò Kurz Weber.

Un momento prima stava cercando di rilassarsi dopo la battaglia contro lo Xenios, e un momento dopo il mondo si era capovolto.

Ora il ragazzo stava appeso a penzoloni al suo letto, che per fortuna era fissato al pavimento.

E tutto intorno sentiva le grida dei suoi compagni, e il frastuono di chissà quanti oggetti che si rovesciavano e frantumavano.

Il pavimento, anzi, la parete, era due metri sotto di lui.

Quando fu certo che non ci fossero altre sorprese in agguato, si lasciò cadere.

La porta era alla sua sinistra, all’altezza del viso, Kurz l’aprì.

La porta cadde penzolando verso l’esterno, e il ragazzo diede un’occhiata.

L’illuminazione c’era ancora, ma era bloccato lì, come sicuramente molti altri, perché quello che una volta era un corridoio orizzontale, ora era diventato verticale.

Se fosse uscito, avrebbe fatto un bel volo di almeno venti metri prima di incontrare una parete, facendosi molto male.

“La profondità?”

“Duecentocinquanta metri, signore!”

“Signore, è entrata in funzione anche l’elica superconduttiva! Cosi raggiungeremo la velocità di sessantasei nodi!” avvertì gridando un operatrice.

“Dannazione! A questa velocità, tra quanto raggiungeremo il fondo?”

“Non posso essere molto preciso, signore, ma direi tra circa dieci minuti!”

“Il De Danaan potrebbe anche resistere alla pressione oceanica, ma non credo che lo scafo resisterebbe ad un impatto col fondo ad una simile velocità. E anche ammesso che sopravviviamo all’impatto, il sommergibile sicuramente non sarebbe più in condizione di riemergere” pensò Mardukas.

Il vice-comandante per la prima volta nella sua vita da membro della marina, si sentì completamente impotente.

Perché qualunque sua strategia prevedeva che innanzitutto uscissero dal ponte di comando, e la porta adesso si trovava circa tre metri sopra la sua poltrona.

Tessa si massaggiava la schiena, dopo essere scivolata verso la parete con la porta.

E già poteva ritenersi fortunata, perché la sua stanza era molto più arredata di quella dei suoi subordinati, e anche se i mobili più pesanti erano fissati al pavimento, c’erano lo stesso tanti oggetti che cadendole addosso avrebbero potuto farle male.

Per fortuna non era successo.

La ragazza capì subito cosa stesse accadendo: qualunque cosa fosse all’origine di quel ronzio, aveva preso il controllo di Dana.

E non era difficile neanche capire cosa stava facendo adesso Dana: stava puntando il fondo dell’oceano.

Sicuramente il suo equipaggio, colto di sorpresa, era rimasto bloccato dove si trovava a causa dell’inclinazione dello scafo.

Toccava dunque a lei fare qualcosa.

La sua cabina era molto vicina alla sede dell’unità centrale di Dana.

Se fosse riuscita a raggiungerla, avrebbe potuto tentare di riprendere il controllo.

Si avvicinò alla porta e l’aprì: affianco alla sua stanza passava un corridoio ancora praticabile, anche se adesso bisognava camminare sulla parete.

Si affacciò e deglutì.

Aveva sicuramente paura, ma la sopravvivenza dell’intero equipaggio dipendeva da lei.

Saltò giù e cominciò a muoversi sulla parete.

“State tutti bene?” chiese Kalinin, aggrappato ad una sporgenza di un muro dell’hangar principale.

Stava controllando il lavoro d’analisi dello Xenios insieme a Melissa Mao, quando il sommergibile si era inclinato in quel modo.

Tutti i tecnici e anche Melissa erano precipitati verso il fondo, solo lui era riuscito ad aggrapparsi a qualcosa.

“Siamo un po’ malconci ma ancora vivi” gli rispose Melissa.

E adesso la preoccupazione di tutti loro erano gli AS e gli altri mezzi d’attacco sospesi sopra le loro teste.

“Speriamo che i cavi di sostegno reggano” pensò Kalinin, mentre Melissa cercava una via d’uscita, inutilmente.

Tessa aveva ormai raggiunto la porta che dava accesso al locale dove era custodita l’unita centrale di Dana.

Era stata ancora molto fortunata, dato che il corridoio era tutto in verticale, e dunque aveva potuto passarci.

Ora doveva solo aprire la porta.

I suoi timori vennero nuovamente fuori: non aveva idea di cosa avrebbe trovato connettendosi direttamente con Dana.

Ma non avrebbe più permesso alle sue paure di bloccare le sue azioni.

E nessuno sarebbe più morto senza che lei facesse qualcosa per impedirlo.

Prima Sosuke e Chidori, poi Tsang e i suoi assistenti, e subito dopo gli uomini della scorta, e ora.. l’equipaggio del De Danaan?

No, mai!

Digitò il suo codice personale, ed entrò.

La postazione di connessione era proprio davanti a lei.

La ragazza ci si arrampicò sopra, la poltrona cominciò a distendersi e ad essere ricoperta da una calotta protettiva.

Per evitare di finire contro il vetro, Tessa fece distendere il più possibile la poltrona all’indietro, in modo da averla quasi in piano.

“E ora a noi!” esclamò decisa la ragazza.

Chiuse gli occhi, e si sentì invadere da quella piacevole sensazione di tepore che ben conosceva, e che aveva provato anche Chidori.

Però durò poco, perché subito l’Io virtuale di Tessa si ritrovò sospesa nell’aria di un luogo che non riconobbe: al posto di un infinito mare azzurro, ora c’era un oceano di colore nero, la cui superficie sembrava muoversi.

E c’era ancora quel ronzio, anche se stavolta c’era qualcosa di diverso.

Non solo non era più assordante, ma le sembrava in qualche strano modo familiare.

Comunque in quel momento non c’era tempo per riflettere su quella familiarità, doveva salvare il De Danaan col suo equipaggio.

Volando si avvicinò lentamente, e subito fu presa dal ribrezzo per quello che vedeva: l’immenso oceano nero si stava effettivamente muovendo, la sua superficie era interamente ricoperta da miriadi di protuberanze simili alle zampe degli insetti.

“Il cuore di Dana si trova sotto questo oceano nero”.

Avvicinò una mano, e per reazione un punto dell’oceano nero cambiò forma, diventando una mostruosa bocca zannuta che tentò di morderla.

La ragazza ritrasse la mano e l’oceano nero tornò normale.

“Devo trovare un modo per passare, ma come?”

Cercò di riflettere, e allora pensò di aver trovato la soluzione.

Era molto pericoloso, non aveva mai fatto una cosa del genere, ma doveva rischiare, tentando di attingere appieno al suo potere nascosto, il potere di una Whispered .

Si sollevò verso l’alto, e poi scese in picchiata mettendo le braccia in avanti come se si tuffasse.

Intorno al suo corpo formò una specie di campo protettivo di colore bianco.

E si immerse alla massima velocità nel oceano nero.

Davanti a lei tutto diventò nero, poi il nero si trasformò in un groviglio di bocche e tentacoli artigliati, che tentarono in tutti i modi di afferrarla e stritolarla.

Ma Tessa non si arrese, concentrò ancora di più il suo potere.

Questo la rese troppo veloce e sfuggente per essere bloccata dall’oceano nero.

Per capire dove andare, si affidò al suo istinto, un istinto che solo lei, in quanto creatrice di Dana, poteva possedere.

E finalmente sbucò fuori dall’oceano nero, per ritrovarsi in uno spazio molto circoscritto, circondato interamente da quel ammasso viscido.

Al centro dello spazio, una sfera di pura luce bianca, pulsante, che tuttavia in più punti era stata trafitta da vari tentacoli dell’oceano nero, che avevano ramificato al suo interno.

Altri tentacoli tentarono di bloccare Tessa, che li evitò abbastanza agevolmente e si avvicinò subito alla sfera.

Un intero muro si formò davanti a lei bloccandola quando era quasi arrivata, e avvolgendosi intorno a lei.

“Mi…. sta stritolando… ma non mi… arrenderò!” esclamò la ragazza tentando con la mano di penetrare il muro nero.

E tentando di attingere ancora al suo potere, un aura di luce circondò la sua mano, e lentamente, con fatica, il muro si ritrasse intorno a quest’ultima, permettendole cosi di toccare la sfera, anche se solo con la punta delle dita.

“Ora Dana! Scaccia questa presenza col mio aiuto!” gridò Tessa.

La luce della sfera aumentò, aumentò fino a diventare accecante, e l’oceano nero cominciò a bruciare istantaneamente.

I tentacoli che avevano violato il cuore di Dana si dissolsero.

Solo Tessa, liberata dal muro, trovava quella luce calda e accogliente.

La sfera si aprì nel mezzo, la ragazza con un dolce sorriso si protese in avanti.

E due braccia di pure luce uscirono dalla sfera.

“Madre…?”

“Si” rispose Tessa lasciandosi accarezzare il viso da quelle braccia di luce.

La voce che arrivava dalla sfera aveva un tono sorpreso, ma in un instante mutò in un grido disperato.

“Madre… ATTENTA!”

E prima che Tessa potesse reagire, due tentacoli, provenienti da alcuni rimasugli dell’oceano nero che stava finendo di bruciare, la colpirono nella schiena trapassandola.

Gli schermi nel ponte di comando tornarono normali.

“Vice-comandante, i comandi hanno ripreso a funzionare!”

“Ottimo! Fermare immediatamente i propulsori, e attivare i tubi di scarico anteriori!” ordinò prontamente Mardukas.

Le possenti eliche del Tuatha De Danaan si bloccarono all’istante, quando ormai mancava pochissimo allo scontro col fondale oceanico, e contemporaneamente sulla prua del sommergibile da diversi tubi di scarico cominciarono ad uscire possenti getti d’aria, allo scopo di frenare la corsa del gigante marino.

La distanza tra De Danaan e fondale era talmente ridotta che i getti d’aria provocarono su quest’ultimo lo spostamento di sabbia e sassi.

Lentamente, il Tuatha De Danaan si fermò.

“Rimettere il sottomarino in piano” comandò Mardukas.

E aprendo appositi scomparti posti nella zona inferiore della prua, grazie alla spinta della loro aria verso l’alto, il sommergibile tornò in piano.

“Condizione attuale?” domandò infine il vice-comandante.

“Sistemi interni ed esterni in perfetto funzionamento. Non sono rilevate falle o danni di altro tipo”.

“Allora risaliamo” e detto questo, l’uomo finalmente si rilassò, come tutti gli altri a bordo del sottomarino.

E nella sala di Dana, per effetto del movimento dello scafo, un pallido braccio penzolava inerte dalla postazione di controllo.

****

“Abbiamo perso il contatto, signore. Ma stando agli ultimi dati, il bersaglio principale è stato comunque abbattuto” comunicò la solita voce dall’altoparlante.

Se non fosse stato per la seconda notizia, per la prima volta un’espressione di rabbia, anche se controllata, sarebbe apparsa sul volto di Charlie Wong.

“Il Tuatha De Danaan è stato salvato. Peccato. Però il suo salvataggio è costato molto caro a quella ragazzina. E questo mi basta, per ora”.

L’uomo si avvicinò alla camera iperbarica: “Hai fatto un buon lavoro, ma sai bene che mi aspetto molto altro da te”.

Wong chiamò tramite un citofono il suo collaboratore, Charles.

“Mi dica, signore”.

“Charles, la nostra macchina funziona molto bene, ma non si è dimostrata infallibile come credevo, quindi avrà bisogno di altri perfezionamenti. Dì ai compratori che l’appuntamento slitta a data da destinarsi”.

“Bene signore”.

Wong chiamò anche il suo capo-scienziato sempre attraverso il citofono: “Ricominciate i lavori di perfezionamento della macchina NT. Voglio che oltre a poter essere comandata da un non Whispered, sia del tutto immunizzata contro attacchi mentali esterni”.

“Ma signore” obbiettò lo scienziato “questo come possiamo…”

“Avete un eccellente collaboratore ed eccellenti neuroni. Sfruttateli come si deve!” lo zittì Wong.

L’uomo guardò poi il suo orologio: “Sono le sette e mezzo. E’ ora di rientrare a casa”.

“… e dunque, signori e signore, con la strategia che vi ho appena descritto, saremo in grado di aumentare i nostri profitti nel settore asiatico del 54%!”

Come Wong ebbe terminato la sua relazione settimanale, l’intero consiglio aziendale lo applaudì.

Wong accolse gli applausi con un inchino e un sorriso soddisfatto.

Guardò l’orologio: “Ora signori, siccome sono le sette e mezzo, direi che vi ho rubato abbastanza tempo. Penso che possiamo tornare alle nostre case a rifocillarci”.

“Beato lui” commentò l’uomo della Mithril dopo aver ascoltato con un microfono direzionale la fine dell’ennesimo, per lui noiosissimo, discorso finanziario di Wong.

“Devo sentire una nota di fastidio nella tua voce?” gli domandò il suo collega, che osservava il panorama dalla terrazza di un grattacielo.

“Certo. Sono settimane che stiamo dietro a questo Charlie Wong, e per tutto questo tempo, cosa ha fatto? Riunioni di affari, ancora riunioni di affari, qualche festa mondana, e poi di nuovo riunioni di affari. Le stesse cose che faceva prima dell’inizio della nostra sorveglianza. Mi chiedo che diavolo abbia di speciale questo tipo!”

“Be, stando ai nostri capi, potrebbe essere coinvolto in attività terroristiche”.

“Chi, quello? Le uniche strategie che sa ideare sono strategie finanziarie. Anche i nostri colleghi a Tokyo non hanno mai notato nulla di strano”.

Il collega si strinse nelle spalle: “Gli ordini sono ordini”.

L’uomo si affacciò verso il basso: dal parcheggio sotterraneo del palazzo di fronte, proprietà della UC, uscì la limousine di Wong.

“Sta uscendo. Comunicalo al quartier generale, che sorveglino il tragitto con il satellite”.

“Comunicazione dai nostri agenti di Kobe e dalla sorveglianza satellitare: Wong sta rincasando. Nessun problema durante il tragitto” riferì l’addetto alla radio.

“Il bastardo torna alla base” rispose l’osservatore esterno, osservando tramite un cannocchiale la macchina di Wong comparire da dietro la curva che portava alla sua villa, posta su una collinetta vicino alla periferia di Tokyo.

La macchina venne fatta entrare nel garage, e dopo una decina di minuti, alla finestra del soggiorno, apparve Wong che rilassato beveva qualcosa.

La palazzina periferica scelta dagli agenti della Mithril era ottima per spiare le entrate e le uscite di Wong dalla sua villa.

“Eppure quel tipo sembra innocente come un pupo appena nato” disse l’uomo alquanto seccato.

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Capitolo 6
*** 5° Capitolo ***


5° CAPITOLO

“Ammiraglio Willer, posso entrare?” domandò il sergente Haller.

“Venga pure, sergente”.

Il sergente entrò e si pose davanti alla scrivania dell’ammiraglio, che stava parlando al telefono.

“Cosa è venuto a riferirmi?” domandò Willer terminata la telefonata.

“E’ appena arrivato un rapporto dal Tuatha De Danaan. E purtroppo non è niente di buono”.

L’ammiraglio prese il rapporto e lo lesse rapidamente.

Poi lo ripose e cominciò a massaggiarsi la fronte.

“Il mondo sta forse impazzendo? Prima lo Xenios, che doveva diventare il fiore all’occhiello del nostro esercito di AS, impazzisce e uccide uno dei nostri più valenti scienziati.

Poi il TDD-1, il più sofisticato sottomarino che la mente umana abbia mai concepito, rischia di sfracellarsi sul fondo dell’oceano per opera della sua stessa AI.

Ora il colonnello Teletha Testarossa finisce in una specie di coma.

E come per lo Xenios e il TDD, le cause sono sconosciute?

Io non so proprio cosa pensare”.

“Capisco signore. Anche i nostri esperti non sanno cosa fare. Per adesso consigliano di far rientrare il TDD nel nostro porto più vicino alla sua attuale posizione, in modo da provvedere ad un controllo totale. E di far sbarcare sull’isola le migliori menti mediche della Mithril per occuparsi del colonnello Testarossa”.

“Si, è una buona idea, anche se senza quel sommergibile e il suo comandante, la capacità d’azione della Mithril scende drasticamente”.

“Un piccolo sacrificio necessario, per impedire in futuro eventuali perdite”.

“Giusto”.

L’ammiraglio prese un foglio e vi scrisse qualcosa.

“Ecco l’ordine di rientro, comunicatelo immediatamente al comandante del De Danaan”.


Il volto pallido fissava con gli occhi aperti e inespressivi il soffitto della stanza.

I lunghi e morbidi capelli grigi, giacevano ai lati della testa quasi sprofondata nel cuscino.

Sulla fronte c’erano tre sensori.

Tutto intorno, apparecchiature per il rilevamento delle funzioni vitali e cerebrali.

Melissa e Kurz fissavano impassibili la ragazza stesa sul letto.

Furono affiancati da uno dei dottori del De Danaan.

“Come è successo?” domandò Melissa senza distogliere lo sguardo dalla paziente.

“Non lo sappiamo. L’hanno trovata in queste condizioni, seduta sulla postazione di controllo dell’unità centrale di Dana” rispose il medico.

“Che razza di risposta è questa?! Con tutte le apparecchiature e conoscenze che avete non sapete spiegarvi questo coma?!” esclamò Kurz tra sorpresa e rabbia.

“Non è un coma, anche se lo sembra” si difese allora il dottore.

“Eh?”

“Voglio farvi vedere una cosa”.

Il dottore si avvicinò ad uno dei monitor, collegato ai sensori sulla fronte di Tessa, che mostrava due linee: la prima pulsava a ritmi regolari e l’altra era completamente piatta.

“Ecco, questa linea pulsante” il medico la indicò con un dito “rappresenta le funzioni base del cervello, quelle che riguardano attività vitali e funzioni motorie. Il suo pulsare equilibrato vuol dire che nel cervello del colonnello Testarossa non è presente alcun danno, come è stato dimostrato ulteriormente da alcune radiografie. Di conseguenza a livello fisico non dovrebbero esserci motivi per l’attuale condizione del colonnello. Il vero problema, che non riusciamo a capire, è qui”.

Il dottore indicò l’altra linea, sempre piatta.

“Questa linea rappresenta invece l’attività cerebrale diciamo intellettiva. Pensieri, ricordi e cose simili. Ebbene, se non fosse impossibile, sarei tentato di dire che mentre il cervello del colonnello è intatto, la sua mente è come se avesse cessato di esistere”.

Kurz ascoltò perplesso quella spiegazione.

Melissa invece la ignorò, si avvicinò al letto e strinse la mano di Tessa.

“Non azzardarti neppure a mollarci pure tu”.


“E’ sicuro di quello che dice, maggiore?”

Nella voce di Mardukas, c’era una leggera incredulità.

“Si” rispose Kalinin impassibile “sono sempre più sicuro che dietro tutto quello che è successo nelle ultime ventiquattro ore, ci sia una mente comune”.

“E avete già un nome per indicare chi c’è dietro tutto questo?”

“Prove non ne ho, ma l’unico nome che mi è venuto in mente è Charlie Wong”.

“Lo immaginavo. Quel uomo è da tempo nella lista dei sospetti della Mithril. E si è ipotizzato qualche suo legame con la scomparsa del Whispered Gerard Martin. Tra l’altro gli incidenti dello Xenios e di Dana si potrebbero spiegare come il frutto di qualche misteriosa arma appartenente alla Black Technology. Però da diverso tempo Wong è stato posto sotto sorveglianza, e non risulta che sia implicato in attività illecite” fece notare Mardukas.

“E’ vero. Ma ho una spiegazione anche per questo. Temo che ci sia un traditore al quartier generale della Mithril, qualcuno che informa Wong della nostra sorveglianza e delle sue modalità, permettendogli cosi di evitarla” spiegò il russo.

“Fino a non molto tempo fa, lo avrei creduto impossibile, ma dopo il dirottamento del terrorista Gauron, non è più cosi. Chi potrebbe essere questo traditore?”

I due uomini si guardarono per lunghi, interminabili secondi.

“L’ammiraglio Willer” rispose infine Kalinin.

“L’ammiraglio Willer?! E in base a cosa lo sostiene?”

“Non ho nessuna prova. Solo che lo strano ordine al colonnello di presenziare al test dello Xenios è arrivato da lui. Ed essendo un ufficiale di alto grado, ha accesso a tutte le informazioni che arrivano al quartier generale”.

Mardukas si sistemò gli occhiali che gli erano scivolati sul naso: “Quindi se vogliamo riassumere, vorreste dire che Wong avrebbe costretto Gerard Martin ha costruire un nuovo tipo di arma, e avrebbe anche corrotto un alto ufficiale della Mithril in modo da organizzare una trappola per il colonnello Testarossa”.

“E’ molto plausibile. Se adesso non ci troviamo sul fondo dell’oceano, è merito del colonnello, che in quanto Whispered è riuscita in qualche modo a bloccare la misteriosa tecnologia usata da Wong, anche se a caro prezzo. E quell’uomo deve aver previsto tale possibilità. Inoltre Willer ci ha ordinato di approdare su quest’isola per un’ispezione generale. Magari l’ha fatto per neutralizzarci almeno temporaneamente, visto che non è riuscito ad eliminarci”.

“Il discorso fila, però in tutto questo c’è il problema” proseguì Mardukas “del non avere nessuna prova concreta. L’ordine di Willer di andare al collaudo dello Xenios potrebbe benissimo essere liquidato come una coincidenza, anche se sospetta. E l’ultimo ordine di approdare qui è più che giustificato dopo quanto è successo.

Ufficialmente poi, Wong non c’entra nulla col rapimento di Martin, e i sergenti Mao e Weber non hanno mai nemmeno sentito nominare Wong, durante la loro missione a Bangkok”.

“Lo so. Data la situazione, non ritengo prudente avvertire il quartier generale, sia perché non abbiamo dati sicuri, sia perché metteremmo in allarme il traditore” riprese l’ufficiale russo.

“E non possiamo neppure inviare di nascosto qualche nostro agente. Perché è possibile che ci siano traditori anche tra i membri del nostro equipaggio, come già è successo in passato. La mancanza di alcuni operativi si noterebbe .Quindi attualmente abbiamo le mani legate. Prima dovremo provvedere al controllo del De Danaan, poi quando potremo ripartire, cercheremo un modo per incastrare Wong e il traditore” concluse Mardukas.

“E’ proprio questo il problema. Che indagherete quando avrete finito la vostra revisione. Ma nel frattempo chissà cosa potrebbe succedere. Per fortuna io non ho le vostre limitazioni” pensò un uomo con indosso una divisa da soldato semplice, che ascoltava la conversazione vicino alla porta dell’ufficio.

Quando ebbe finito, con calma se ne andò, attraversò l’hangar principale del De Danaan, in piena attività per l’imminente lavoro di revisione, e imboccò una delle uscite.

Quando fu uscito dal sommergibile, continuò con calma a camminare fino a quando non fu fuori dal recinto della base della Mithril.

E non appena fu sicuro di non essere visto, si defilò nella vegetazione circostante.

Dall’altra parte dell’isola, c’era una piccola barca, con a bordo un uomo che stava pescando.

Sentì un rumore proveniente dalla foresta dietro di lui.

Si girò e vide arrivare il suo amico.

“E’ andato todo bien?” domandò l’uomo.

“Si, Miguel. Grazie per la soffiata e per il passaggio”.

“Di nulla, senor Iassem”.

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Capitolo 7
*** 6° Capitolo ***


6° CAPITOLO

L'aria è estremamente fredda, gli da la sensazione di avere tanti spilloni conficcati nel corpo, nonostante i vestiti pesanti che indossa.

Ma non gli importa, nulla può importargli in quel momento più di lei.

Poi vede il luogo dove si trovava il villaggio, o meglio, dove avrebbe dovuto trovarsi il villaggio.

Comincia a correre… corre, corre, diretto verso gli oggetti di legno che riempiono uno spazio un tempo abitato...

Iassem si svegliò in maniera agitata. O meglio, solo i suoi occhi si aprirono all'improvviso.

"Strano" pensò "erano anni che non facevo più questo sogno".

Nessuno dei pochi passeggeri aveva badato a lui, e fatta eccezione per quel'incubo, il viaggio fino a Tokyo era stato tranquillo.

E del resto, perché non avrebbe dovuto esserlo?

Si trovava su un treno in Giappone, un paese che da decenni non conosceva più guerre, e godeva di un’ottima salute politica ed economica.

Quindi non c’era alcun rischio.

Ma considerando chi era lui, gli veniva ormai troppo naturale stare sul chi va là.

Cercando di non pensare più a quel sogno una volta raggiunta la stazione, scese dal treno, con un borsone a tracolla piuttosto pesante e il fido bastone in una mano, e andò alla ricerca di un taxi, trovandolo quasi subito.

Si fece condurre in uno dei quartieri periferici della città, con tante palazzine e piccoli alberghi.

Prenotò una stanza per una settimana in un albergo che aveva un’ottima panoramica su alcune collinette circostanti la città, compresa quella con la casa di Charlie Wong.

Entrò nella sua stanza, posò il borsone e si lasciò cadere sul letto con le braccia aperte.

Le ultime quattro giornate erano state molto piene: prima la ricerca di informazioni su internet, poi la raccolta delle attrezzature necessarie grazie alle sue conoscenze nel mercato nero, infine un lungo viaggio, dall’America centrale fino al Giappone, per raggiungere l'obbiettivo.

E anche se sapeva che il suo corpo poteva sostenere fatiche molto più pesanti, Iassem aveva bisogno di rilassarsi per almeno una decina di minuti, e cosi decidere il da farsi.

“Allora, riassumiamo: il mio obbiettivo è Charlie Wong, multimiliardario rampante. Sospettato di essere un terrorista o comunque di avere legami col rapimento di un Whispered, Gerard Martin. Ufficialmente non ci sono prove contro di lui, e anche la Mithril, che lo sorveglia giorno e notte, non ha trovato niente.

E questo probabilmente perché Wong ha una talpa nella Mithril, che gli permette di evitare brutte sorprese.

Cosa posso fare io da solo?”

Iassem si alzò dal letto, e osservò dalla finestra la villa di Wong, con tutte le luci accese.

“Sembra che ci sia una festa”.

Dal suo borsone estrasse un binocolo, e puntò la villa: a giudicare dalle molte persone eleganti che stavano nel giardino, doveva davvero esserci una festa.

Poi puntò le altre palazzine che stavano un po’ più avanti della sua.

E scrutando con attenzione ogni finestra e terrazza, in una vide sbucare un uomo che sorseggiava un caffè guardando verso la villa.

Nulla di anormale, ma solo agli occhi di uno poco esperto.

“Trovati. Non cambiano mai: il luogo più vicino in linea retta, dosi abbondanti di caffè o simili per combattere il sonno, movimenti decisi, pronti a scattare”.

Iassem ripose il binocolo e prese dalla sua borsa un piccolo cilindro montato su una base circolare.

Lo poggiò vicino al bordo della finestra, premette un pulsante e il cilindro si aprì in una piccola antenna parabolica.

La puntò verso il terrazzo dove si trovavano gli agenti della Mithril e la collegò ad una cuffia.

Infine si mise in ascolto.

"... a non poterne più di questa sorveglianza. Non succede niente di niente! Ho una voglia matta di andarmene".

"Te l'ho già detto che gli ordini sono ordini. E noi dobbiamo sorvegliare Wong in attesa di eventuali passi falsi".

"Quali passi falsi? A furia di controllare quel tipo, mi sto facendo una cultura finanziaria. Ma non abbiamo trovato neppure uno straccio di prova, niente di niente. E sono mesi ormai che stiamo qui! Perché non chiediamo alla base di darci il cambio?"

"Faremmo la figura delle mezze calzette. Siamo specializzati nella sorveglianza, no?"

"Io se voglio so essere molto paziente. Ma questa sorveglianza si sta dimostrando inutile. E sai bene che non sono il solo. Anche i nostri agenti che sorvegliano Kobe e l'ufficio di Tokyo si stanno lamentando".

Iassem ascoltò impassibile le lamentele dell'uomo, e dopo quindici minuti buoni, finalmente arrivò l'informazione che stava attendendo.

"Comunque, oggi è arrivato il calendario delle attività di Wong in questa settimana. Domani resterà a Tokyo, il giorno dopo si recherà a Kobe e ci resterà tre giorni, poi tornerà qui e successivamente farà una trasferta a Kyoto".

"Bah, almeno avremo tre, anzi, quattro giorni per riposarci un pò".

Ottenuta l'informazione, Iassem si tolse la cuffia, e cominciò a preparare l'attrezzatura che gli sarebbe servita per quella sera stessa.

Tirò fuori anche la foto del suo primo bersaglio: la sede dell'UC a Tokyo, con un punto poco sotto il tetto segnato con una crocetta nera.

Il freddo della notte punzecchiava il viso di Iassem, mentre con un fucile prendeva la mira.

Si trovava sul tetto di un palazzo adiacente a quello dell'UC.

Quando fu pronto, premette il grilletto e con un leggero sibilo un rampino collegato ad una corda metallica partì dal fucile, attraversò lo spazio che separava i due edifici e si conficcò poco sotto il tetto.

L'uomo diede alcuni strattoni, poi assicurò il fucile ad una canna fumaria del tetto dove si trovava, tramite un moschettone attaccò la cintura della sua tuta mimetica nera alla corda e cominciò ad arrampicarsi su per il filo.

L'uomo aveva anche un piccolo zaino e dava le spalle al centinaio di metri che lo separavano dalla strada sottostante.

Una volta raggiunto l'edificio bersaglio, lasciò andare la presa delle braccia, mettendosi a dondolare davanti ad una finestra che stava sotto il punto in cui si era conficcato il suo rampino.

La stanza dall'altra parte del vetro era del tutto buia.

Iassem estrasse una boccetta da un taschino della sua cintura, l'aprì e cominciò a versarne il contenuto lungo i bordi del vetro.

E un istante dopo, i bordi del vetro iniziarono a fumare.

Passati alcuni secondi, con un colpetto Iassem fece cadere il vetro, e si avvicinò ulteriormente alla finestra.

Dovette attendere altri secondi, per permettere all'acido di asciugarsi, lanciò nella stanza lo zaino e infine si infilò dentro la finestra fino alla cintola.

Il moschettone attaccato alla cintura gli impediva di entrare del tutto, quindi lo sganciò, ritrovandosi con le gambe che penzolavano nel vuoto.

Facendo leva con le braccia, riuscì ad entrare del tutto nella stanza, e attivò una piccola torcia.

Era in un piccolo sgabuzzino.

Si avvicinò alla porta, e l'aprì leggermente per controllare il corridoio, vuoto e illuminato da alcune luci al neon.

Si intrufolò muovendosi con grande cautela, vide delle scale, ma non era molto prudente usarle.

Preferì utilizzare un piccolo montacarichi che stava lì vicino, abbastanza stretto perché potesse scendere tenendosi alle sue pareti.

Quando fu certo di essere sceso abbastanza e di aver raggiunto i piani dove si svolgevano le attività finanziarie, aprì leggermente lo sportello del montacarichi e trovò subito quello che stava cercando, ovvero una di quelle mappe per i visitatori attaccate alle pareti.

"Una buona dose di fortuna ci vuole sempre".

Cercò gli uffici della sorveglianza, trovandoli all'ottavo piano.

Riprese a scendere arrivando a quel piano, ma fu fermato da un rumore di passi.

Sicuramente era una guardia.

Iassem rimase immobile, rallentando persino il suo respiro.

Quando il rumore di passi si allontanò, ridiscese e si affacciò leggermente: quel corridoio era sorvegliato da una telecamera che però controllava solo l'accesso delle scale e dell'ascensore.

Velocemente l’uomo uscì dal montacarichi e raggiunse la porta dove si trovava l'ufficio sorveglianza.

Attraverso la toppa vide il sorvegliante che su una poltrona controllava degli schermi.

Prese allora dallo zaino una bomboletta con un sottile tubicino, che inserì dentro la toppa, e attivò la bomboletta.

L'uomo controllava il corridoio, pronto a correre via nel caso si fosse presentata un'altra guardia.

I minuti trascorsero, tolse il tubicino e ricontrollò.

Il sorvegliante era sempre seduto, ma col capo reclinato in avanti.

Era il momento: entrò nella stanza, estrasse dallo zaino un oggetto simile ad un piccolo teleobbiettivo e cercò il luogo migliore in cui nasconderlo.

Iassem si muoveva il più silenziosamente possibile, il gas soporifero provocava uno stato di torpore molto leggero, per far credere alla vittima di aver avuto un semplice colpo di sonno.

Alla fine trovò la posizione giusta, nascosta tra alcuni tubi che stavano sul soffitto.

Dopo aver puntato l'obbiettivo sugli schermi delle telecamere, che riprendevano tutti gli ingressi, i corridoi, due sale per le conferenze e il parcheggio sotterraneo, controllò che ci fosse il via libera, e uscì dalla stanza.

Doveva rifare lo stesso percorso stavolta all'inverso.

Il giorno dopo la sua incursione notturna, Iassem controllava i movimenti di Wong con la microtelecamera digitale da lui inserita.

Sulla scrivania della sua stanza aveva installato una tastiera e due piccoli monitor a schermo piatto.

Attivò i monitor, che mostravano le sale di sorveglianza della filiale dell'UC nella capitale giapponese.

Utilizzando lo zoom inquadrò gli schermi di quelle sale, e grazie al puntamento del suo obbiettivo e ad uno speciale programma, fu in grado di concentrarsi su ciascuna di quelle immagini.

"Molto bene" pensò, guardò l'orologio, e stando alle informazioni rubate agli agenti della Mithril, Wong in quel momento doveva raggiungere con una delle sue limousine la filiale di Tokyo.

Inserì lo zoom per controllare le immagini della telecamera che sorvegliava il parcheggio.

La macchina di Wong arrivò, parcheggiò nel suo posto riservato, l'autista scese e prontamente aprì la portiera del suo capo, che accompagnato da due guardie del corpo, si recò ad una nuova discussione di affari.

Anche l'autista gli andò subito dietro.

Iassem notò che quell'autista era cosi robusto che molto probabilmente era anche lui una guardia del corpo.

"Il meccanismo funziona. Stasera toccherà a Kobe".

E il giorno successivo anche l'installazione a Kobe si rivelò un successo, come Iassem poté appurare guardando l'ingresso di Wong in quella filiale, con l'autista che dopo aver aperto la portiera al suo capo, gli andava dietro dopo essersi fermato per un pò a controllare che la macchina non avesse graffi.

****

Charlie Wong stava esaminando la camera iperbarica, ora vuota.

"Come sta il nostro ospite?" domandò con una nota di sarcasmo.

"Sembra che in questo momento stia dormendo" rispose il suo collaboratore Charles.

"Oohhh, non riesco a immaginare la sua stanchezza. Eppure lo stiamo trattando con i guanti, giusto?"

Un ghigno sadico comparve sul volto di Wong.

"Certamente.. signore" disse Charles, innervosito da certe espressioni diaboliche del suo capo.

Il cellulare del collaboratore squillò: "Pronto? Ah si, hanno mandato la loro risposta. Cosa? Si, riferisco subito".

"Cosa c'è?"

"Gli acquirenti per la tecnologia NT, signore. Hanno detto che prima di provvedere all'acquisto, vogliono un assaggio della sua capacità".

"Me l'aspettavo. E già ho in mente una dimostrazione perfetta. Dimmi Charles, conosci gli aerei di classe Omega?"

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Capitolo 8
*** 7° Capitolo Prima parte ***


7° CAPITOLO

PRIMA PARTE

...“Tornerò presto” le aveva detto.

“Questo sarà il mio ultimo lavoro” le aveva promesso.

Ma qualcosa era andato storto, l’avevano catturato, e cosi era sparito per anni.

Solo allora era finalmente riuscito a tornare.

Comincia ad osservare quegli oggetti di legno, sperando di non trovare quello che cerca...

Iassem si svegliò di soprassalto.

E stavolta la sua reazione era stata decisamente più scomposta rispetto a quella sul treno, perché si era messo a sedere sul letto dove stava dormendo.

"Ancora... ma che significa? Perché questo ricordo torna a tormentarmi cosi?"

L'uomo si alzò dal letto, e controllò i due piccoli monitor sulla scrivania.

Le immagini mostravano l'inizio mattutino delle entrate e delle uscite di persone e macchine dalle filiali dell’UC di Kobe e Tokyo e l'attività del personale.

Apparentemente era tutto normale, come del resto era sempre stato da una settimana a quella parte.

"Ora comincio a capire il malcontento degli uomini della Mithril".

Neanche Iassem era riuscito a trovare qualcosa di sospetto in Wong, un uomo che sembrava l'attivismo personificato, quasi ogni giorno impegnato mattina e pomeriggio in riunioni e visite d'affari.

Ma niente di illegale, nulla.

"Eppure ci deve essere qualcosa. Perché altrimenti sia io che la Mithril brancoleremo completamente nel buio. Quello di Wong è l'unico nome sospetto che abbiamo".

Iassem cominciò a camminare per la stanza: "Se Wong nasconde qualcosa, non credo sia nella sua villa. Essa infatti è sorvegliata giorno e notte, ed è anche troppo in vista. E poi, se si tratta di Black Technology ottenuta da un Whispered, avrebbe bisogno di un laboratorio piuttosto grande per gestirla. E non avrebbe certo potuto costruirlo vicino a casa sua senza dare nell'occhio. Da scartare anche l'ipotesi che sfugga alla sorveglianza durante il tragitto dalla villa al posto di lavoro, perchè conosco le organizzazioni di spionaggio, effettuano sempre controlli via satellite, quindi non gli sarebbero sfuggite fermate sospette durante il viaggio. Restano dunque le filiali dell'UC, ma come può Wong condurre attività criminali quando in quegli edifici sembra occuparsi solo ed esclusivamente dei suoi affari finanziari?"

Le possibilità erano due: o Charlie Wong era dannatamente abile a coprire le sue tracce, oppure era davvero innocente.

Avrebbe continuato a pensare alla soluzione durante la sua passeggiata mattutina, che faceva sempre per non insospettire i gestori dell'albergo dove risiedeva.

Comunque quella sera stessa aveva progettato di trasferirsi in un'altro albergo della zona.

****

"Questa tormenta di neve mi sta facendo congelare il culo!" sbottò il soldato completamente avvolto in una pesante tuta mimetica bianca entrando nella caserma e chiudendo la porta.

"Solo perché non ci sei abituato, Anton. Tu vieni dalle zone più meridionali ed europee di madre Russia. Fai passare una settimana qui in Kamciatka, e non ti lamenterai più" gli rispose un commilitone che sorseggiava del caffè caldo.

"Sei davvero uno spiritosone, Pavel. Dammi un pò di caffè piuttosto. Per tutto il mio turno non ho pensato ad altro".

"Capisco. E se vuoi riposare, ti consiglio di farlo adesso, perché questo pomeriggio, quando la tormenta sarà passata, in questa base ci sarà molto movimento".

"Lo so. Un sacco di pezzi grossi verranno ad assistere al collaudo dei nostri aerei Omega".

Negli hangar della base i preparativi erano in pieno svolgimento.

Sei enormi aerei dalla forma longilinea erano circondati da squadre di tecnici e ogni ingresso era sorvegliato.

Da una porta arrivò un uomo con in mano due piccoli bidoni di metallo.

"Ehi tu" lo fermò una delle guardie "dove stai andando?"

"Devo usare questi bidoni per raccogliere dell'acqua da usare come liquido di raffreddamento per gli Omega".

La guardia gli chiese il tesserino di riconoscimento, ricevutolo lo controllò e poi lasciò passare l'uomo.

Che raggiunse gli aerei, piazzò sotto uno di loro i due bidoni e li aprì.

Poi cominciò a trafficare con una pompa inserita nel pavimento per raccogliere l'acqua.

E vi impiegò diversi minuti prima di iniziare a versare l'acqua nei bidoni.

****

Passeggiare per la città di Tokyo non lo trovava affatto rilassante.

Non gli piacevano i luoghi affollati, lui era un tipo solitario.

Ma doveva sapersi adattare, e in fondo era solo per causa sua se si trovava lì.

Lui, dopo aver letto quel trafiletto di giornale sulla morte di Sosuke Sagara e Kaname Chidori, aveva trovato istintivamente sospette quelle morti, nonostante non ci fosse apparentemente nulla di sospetto.

E visto che si fidava sempre del suo istinto, eccolo lì in giro per la città di Tokyo a cercare la soluzione di un rompicapo che forse non era tale perché non esisteva.

Per indagare su una morte che forse era dovuta ad un semplice quanto tragico incidente.

Se la cosa avesse cominciato a circolare nel suo ambiente, sarebbe stato un duro colpo per la sua fama.

Una fama però che era stata costellata da casi come quello, in cui lui era intervenuto solo perché glielo diceva il suo istinto

E non era la prima volta che il caso si dimostrava insolubile, mentre la soluzione si trovava magari sotto il suo naso.

Doveva arrivare solo il momento giusto...

"Sgancia i soldi che hai e non fare storie!"

"Invece di rubare, perché non vi trovate un lavoro?"

Seguì il rumore di un corpo che cadeva a terra.

Iassem si fermò e guardò nella stradina laterale da dove provenivano quelle voci.

C'era un taxi, e tre persone, una delle quali era un uomo di mezz'età steso per terra.

"Bah, questo idiota non ha soldi con se" disse uno dei due dopo aver rovistato nelle tasche della vittima.

"Allora prendiamoci il taxi. Conosco uno sfasciacarrozze che saprebbe cosa farne" propose l'altro.

"Buona idea".

"Non... potete farlo. Fermi, ladri!" gridò il tassista cercando di rialzarsi.

"Taci o ti mettiamo sotto!" gli intimò l'altro.

I due fecero per salire sul taxi, quando un bastone chiuse la portiera del guidatore.

"Chi cazzo..."

"Quell'uomo ha ragione. Perché non vi cercate un lavoro invece di derubare gli altri?" domandò con calma Iassem.

"Fatti gli affari tuoi stronzo!" tuonò uno dei due provando a dargli un pugno, Iassem lo afferrò al volo e lo sbatté per terra stordendolo con un calcio in piena faccia.

Gli si scagliò addosso anche l'altro, Iassem lo fermò mettendogli la punta del bastone sul petto, il ladro prese il bastone e avendo la mano libera Iassem lo stese con un colpo alla base del collo.

E prima che anche quello cadesse a terra, l’uomo riprese il suo bastone.

"Deve stare più attento in futuro" disse infine al tassista aiutandolo a rialzarsi.

"Bah, questo una volta era un quartiere decisamente più tranquillo. Comunque la ringrazio infinitamente signore. Quei due mi avevano fregato perché io sono un galantuomo, e mi fido sempre dei miei clienti, che tratto sempre con la massima gentilezza. Vado sempre ad aprirgli portiere e bagagliaio. Altro che i tassisti di oggi, che se ne stanno sempre chiusi in macchina e si preoccupano solo di chiedere i soldi".

E mentre Iassem stava pensando ad un modo per congedarsi educatamente, si bloccò.

"Scusi, cosa ha detto prima?"

"Che sono un galantuomo, e che cerco sempre di aiutare i miei clienti, mentre i tassisti di oggi non muovono un dito e pensano solo ai soldi".

Forse la svolta era arrivata.

"Potreste accompagnarmi in albergo e aspettare un quarto d'ora? Il tempo di controllare una cosa e di prendere dei bagagli. Poi dovrebbe portarmi all'aeroporto".

"Ma certo signore. E non dovrà neppure pagarmi, perché mi devo sdebitare".

"Bene, il momento sta per arrivare" disse soddisfatto Wong sistemandosi la cravatta davanti ad uno specchio.

"Signore, la macchina per condurla all'aeroporto è pronta" comunicò un cameriere.

"Ora arrivo".

La sera di quel giorno sarebbe stata solo la prima di molte altre, una lunga serie di trionfi che lo avrebbero reso l'uomo più potente del pianeta.

"Sta uscendo" avvertì l'osservatore della Mithril.

"Come mai sta uscendo a quell'ora?" domandò il suo collega.

"Deve andare all'aeroporto. Una cena d'affari alla filiale dell'UC a Kobe".

"Proprio lì?"

"Dalle intercettazioni, pare che abbia una sorpresa in serbo per i suoi soci".

"A questo punto la potrebbe riservare pure a noi una sorpresa. Romperebbe la monotonia".

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Capitolo 9
*** 7° Capitolo Seconda Parte ***


7° CAPITOLO

SECONDA PARTE

Le ha quasi guardate tutte, senza trovare nulla.

Una lieve speranza nasce in lui.

Poi, appeso al legno, lo vede!

E per la prima e ultima volta nella sua vita, la disperazione esce poderosa dalla sua bocca.

Iassem urlò svegliandosi all’improvviso.

Si guardò in giro confuso, nell'appartamento che aveva occupato quel giorno stesso.

"Ancora... perché?!".

Strinse tra le mani il ciondolo di legno che portava al collo.

Tutto quello che gli era rimasto.

Iassem controllò l'orologio: tra due ore Wong sarebbe arrivato alla sede a Kobe della sua azienda.

L'azione di quella sera gli avrebbe permesso di distrarsi, perché aveva deciso di anticipare Wong.

In realtà non aveva previsto di agire cosi presto, ma aveva notato un particolare inquietante: sui suoi monitor spia, osservando la sala sorveglianza del palazzo dell'UC, si era accorto che era stato aumentato il numero dei sorveglianti.

Stavolta erano in cinque solo nella sala di vigilanza, e attraverso gli schermi vedeva che anche i corridoi erano stati riempiti di guardie, travestite però da fattorini, segretari e altro per non insospettire.

Li aveva riconosciuti dal modo in cui si muovevano, e questo significava che si stava preparando qualcosa di grosso.

Meglio evitare sorprese.

Guardò dalla finestra il sole del tardo pomeriggio che illuminava gli edifici di Kobe, una lunga striscia urbana stretta tra una montagna e il mare.

E in lontananza si vedeva il porto.

Con l'attrezzatura ridotta al minimo e chiusa in uno zaino, uscì dalla stanza e si avviò verso le scale d'emergenza, defilandosi da una porta secondaria.

"Allora quando pensi di tornare stasera?" domandò la donna sistemandogli il soprabito.

"Penso che farò molto tardi. Questa serata è un autentico fuori orario, ci riuniamo nell'ora in cui di solito cominciamo a smontare dal lavoro" rispose il marito.

"Proprio una bella seccatura".

"Ma essendo uno dei capi reparto, non posso mancarla. Lo sai. Non aspettarmi e vai pure a dormire".

"Agli ordini" rispose la moglie imitando un saluto militare.

I due si baciarono, poi l'uomo scese in garage per prendere la sua macchina.

"Che strano" pensò mentre apriva la porta "credevo di averla lasciata chiusa. L'avrà aperta lei".

Salì in macchina, aprì la saracinesca automatica e si avviò verso il luogo dove lavorava.

"Salve signor Matsuya" lo salutò la guardia all'ingresso del parcheggio sotterraneo mentre controllava la sua tessera.

"Salve a te, Yoichi" rispose sorridendo l'uomo.

"Sembra che stasera dovrà fare lo straordinario".

"Si, ma mi basta che non sia tutte le sere".

La macchina proseguì passando attraverso uno scanner che non rivelò niente di sospetto, Matsuya parcheggiò al suo solito posto e se ne andò.

Passati alcuni momenti, il bagagliaio della macchina si aprì in parte, un'ombra velocissima ne scese, lo richiuse e andò a piazzarsi sotto l'auto.

"E’ bello vedere che so ancora calcolare i tempi alla perfezione" si disse Iassem, che indossava una tuta nera.

Attraverso un piccolo schermo montato su un bracciale, aveva continuato ad osservare le immagini provenienti dalla sala di sorveglianza del palazzo, calcolando il momento esatto in cui le telecamere mobili del parcheggio non avrebbero inquadrato il punto in cui si trovava l'auto in cui si era nascosto.

Infine, due piastre ripiegabili fatte con un particolare tipo di ceramica e piazzate nei punti giusti del bagagliaio, lo avevano protetto dallo scanner.

Ma ora arrivava la parte più difficile del suo piano, dove ogni secondo era preziosissimo.

Strisciando sotto le altre auto, si piazzò davanti al posto di Wong, ancora vuoto, al cui centro c'era un tombino.

Iassem controllò ancora il monitor sul braccio: le due telecamere, piazzate al centro del soffitto e muovendosi da destra a sinistra, controllavano una l'accesso, l'altra le auto parcheggiate.

Per compiere tale movimento, impiegavano dieci secondi, quindi lui aveva solo cinque secondi prima che la seconda telecamera tornasse a riprendere il parcheggio di Wong.

Non appena vide il campo libero, scattò in avanti verso il tombino, lo toccò, poi andò a nascondersi dietro una colonna.

La telecamera passò, senza riuscire a vederlo.

"Mmm... mi sembrava che stesse andando tutto troppo bene. Quel tombino è finto, è un pezzo unico. La sbarra che ho portato è inutile. Potrei usare un po’ di esplosivo, ma quando arriverebbe Wong, si accorgerebbe della forzatura. E io devo mantenere il più possibile l'effetto sorpresa".

Iassem velocemente tornò a nascondersi sotto alcune auto.

Non poteva fare altro che aspettare.

****

Sulla base aerea sovietica, dopo la tormenta di neve, splendeva un sole raggiante, anche se la temperatura restava piuttosto bassa.

Due elicotteri neri atterrarono davanti alla torre di controllo della base, ad attenderli due plotoni di soldati sull'attenti.

Da uno degli elicotteri scese un uomo col grado di generale, dall'altro tre persone con delle valigie, e il comandante dei due plotoni gli andò incontro.

"Generale Zukoz, benvenuto!"

"Grazie capitano Yukia" rispose bruscamente l'ufficiale.

"La prego di seguirmi, siamo ormai pronti per il test. Dobbiamo solo effettuare alcuni controlli".

"Spero per voi che vada tutto bene. Sappiate che i miei tecnici non saranno indulgenti. Riferiranno all'alto comando a Mosca ogni cosa".

"Non si preoccupi, andrà tutto bene".

****

Iassem attendeva, erano quasi le sette, quindi Wong sarebbe arrivato a momenti.

E infatti ecco che la sua limousine spuntò nel parcheggio, andando a piazzarsi al solito posto.

Dalla macchina scesero Wong, vestito sempre impeccabilmente, e due guardie del corpo.

Anche l’autista scese, e diede alcuni colpetti ad una ruota per controllarne la pressione.

Iassem invece scrutava attentamente lo spazio che divideva il fondo della macchina dal pavimento.

E fu allora che udì un leggerissimo sibilo, poi vide una figura scura scivolare dall'auto nel tombino.

"Eccolo! Bastardo, avevi camuffato bene la tua via di fuga".

Passata quella figura scura, si udì nuovamente il sibilo, mentre l'autista andava finalmente dietro al suo ‘capo’.

Era stato grazie a quel tassista di Tokyo che Iassem si era accorto di qualcosa che aveva sempre avuto sotto il naso.

Per una settimana aveva spiato gli arrivi del miliardario nelle filiali di Tokyo e Kobe, arrivi apparentemente tutti uguali tra di loro, tranne che per un particolare: quando era a Tokyo, l'autista scendeva per aprire la portiera al suo principale e gli andava sempre subito dietro.

A Kobe invece l'autista apriva la portiera, ma non seguiva subito il suo capo.

Una volta controllava la carrozzeria, un'altra volta puliva il parabrezza, un'altra volta ancora si guardava semplicemente in giro, comunque restava sempre almeno una decina di secondi vicino all'auto.

Secondi più che sufficienti perché quei gesti diventassero sospetti.

E pur non essendo una vera prova, se uniti alla presenza del tombino, fornivano comunque una pista su cui indagare.

Ora che tutto quadrava, anche Iassem poteva entrare in azione.

Facendo sempre attenzione alle telecamere, corse vicino alla macchina di Wong, e si bloccò.

Poi rapidamente entrò nell'auto, e cominciò a controllare i due sedili.

Sotto uno di loro sentì un piccolo pulsante e lo premette, il sedile si sollevò, svelando la presenza di una botola quadrata con affianco un altro pulsante.

Iassem premette anche quello, e la botola si aprì scorrendo di lato.

Contemporaneamente anche il tombino sottostante si aprì scorrendo con un sibilo.

Iassem prese un profondo respiro e si calò dentro la botola, atterrando in un piccolo cunicolo dalle pareti in cemento.

Affianco alla botola sopra di lui c'era un nuovo pulsante, lo premette e la botola si richiuse.

Allora staccò il minischermo dal braccio perché era ormai inutile, e con una pistola in una mano e il suo fido bastone nell'altra, si incamminò lungo il cunicolo.

Dopo una decina di minuti di cammino, il cunicolo svoltò, e dietro quel angolo sentì della voci.

Si appiattì contro l'angolo in ascolto.

"Ci hanno dato l'ok dalla Akil. Possiamo andare".

"Perfetto. Stiamo spaccando il secondo" disse un soddisfatto Wong.

Si udirono subito dopo degli strani rumori metallici, poi di un motore che si metteva in moto, uno scrosciare d'acqua, e il motore di prima che si allontanava.

Iassem allora si affacciò leggermente: c'era una piccola grotta artificiale, con un molo in cemento e collegata al mare aperto da una galleria.

Attaccato al molo uno strano mezzo di colore nero e dalla forma sottile e allungata, con un vetro sulla parte posteriore.

Il vetro era sollevato, e tre uomini con delle tute da sommozzatore stavano prendendo posto.

Iassem agì come un fulmine: dallo zaino prese una ventosa e un respiratore a forma di boccaglio e vi mise la pistola, infilò il bastone nella cintura e quando il vetro del mezzo si abbassò e fu acceso il motore, si lanciò in avanti, attaccando la ventosa alla parte inferiore del mezzo nell'istante in cui partiva.

Lo strano veicolo corse dentro la galleria, sollevando spruzzi d'acqua molto violenti, che costrinsero Iassem a reggere molto duro.

Poi in un attimo la galleria finì completamente sott'acqua.

Davanti a Iassem fu un vorticare di bollicine, le pareti della galleria svanirono, sostituite da un intenso blu scuro, mentre l'acqua divenne molto più fredda.

Erano in mare aperto, l’uomo guardò prima verso l'alto, e non riuscì a scorgere nessuna luce, poi verso il basso, ma a causa dell'oscurità non riuscì a intravedere il fondale.

Comunque, ora che erano sott'acqua aveva meno problemi a reggersi, nonostante la velocità del mezzo.

Doveva comunque sperare che la ventosa reggesse, perché non l'aveva portata pensando ad immersioni, e che il viaggio non fosse troppo lungo, visto che nel boccaglio c'era aria pressurizzata per soli sei minuti.

Finalmente il mezzo cominciò a salire, Iassem scorse un'immensa massa scura che galleggiava sulla superficie marina.

Al centro della massa scura, c'era un grosso quadrato luminoso.

A quel punto aveva visto abbastanza, e sganciò al ventosa.

Vide il mezzo subacqueo entrare nel quadrato luminoso, e allora poté risalire.

Riemerse solo con la testa, e si tolse il boccaglio respirando a pieni polmoni.

Il sole era ormai tramontato, illuminando l'orizzonte del mare di un flebile rosso, e in lontananza si intravedevano le luci di Kobe.

Ma l'attenzione di Iassem era tutta concentrata sulla grossa nave, una petroliera, ancorata una cinquantina di metri davanti a lui.

Si rimise il boccaglio e si immerse nuovamente, raggiungendo il quadrato luminoso.

Si fermò sotto i suoi bordi, scrutando attraverso l'acqua che non ci fosse nessuno, poi emerse solo con la faccia.

Sopra di lui c'erano i due veicoli subacquei, attaccati ad una piccola gru, e tutto intorno delle strutture in metallo.

C'erano anche delle persone, in quel momento occupate a sistemare alcune attrezzature, che stavano davanti alla porta.

Iassem allora uscì dall'acqua e andò a nascondersi dietro alcune bombole d'ossigeno.

Doveva procurarsi degli abiti asciutti, quindi approfittando di una porta secondaria dietro di lui si defilò.

Si mosse tra i corridoi della petroliera, stretti e appena illuminati, incontrando ogni tanto delle porte, e arrivando davanti ad una scaletta che conduceva al corridoio di un ponte superiore.

Sentendo un rumore di passi, si nascose sotto la scaletta, e quando vide scendere un uomo con una tuta blu e armato di mitra, gli saltò addosso e gli spezzò il collo in un attimo.

Iassem nascose il corpo in una delle stanze vuote incontrate prima e indossò la sua tuta.

Poi, dopo aver preso il mitra della guardia e aver nascosto alcune armi sotto la tuta e lo zaino col bastone nella stanza, si avventurò dentro la nave.

Salì la scaletta da cui era arrivato il membro dell'equipaggio, e cominciò a camminare tranquillamente.

Come aveva già fatto a bordo del De Danaan, il modo migliore per spostarsi mimetizzato in un ambiente ostile, era quello di muoversi con la consapevolezza di essere visto, cosi da risultare invisibile.

Passò vicino ad alcune cisterne, e sentì un odore simile a quello della benzina.

"Mmm, già, in caso di ispezioni, bisogna provare che si sta trasportando petrolio".

Continuando il suo peregrinare, finì in una sala piena di computer, tecnici e di monitor, dove campeggiava uno schermo gigante con una rappresentazione grafica del pianeta Terra e dove era il collaboratore di Wong, Charles, a dirigere le operazioni.

La penisola della Kamciatka era contraddistinta col colore rosso.

Iassem riprese a muoversi, fingendo di avere una destinazione precisa, mentre invece stava semplicemente seguendo un gruppo di uomini col camice bianco.

Questi uomini lo portarono in un'altra sala, anch’essa piena di congegni altamente tecnologici, e con al centro quella che sembrava una camera iperbarica.

"Ehi tu" lo chiamò un uomo con una tuta blu "vieni ad aiutarmi a sistemare questo pannello nel muro".

"Subito" rispose Iassem e cominciarono a trafficare intorno al pezzo.

"Signori" nella sala fece il suo ingresso Wong "nella sala principale i miei ospiti sono impazienti di vedere all'opera la tecnologia NT. Spero che sia tutto pronto".

"Certo signore. Dobbiamo solo inserire il Whispered nella capsula di controllo e attendere che i sovietici diano il via al loro test. Il resto verrà da se" rispose uno degli uomini col camice.

"Eccellente. Davvero eccellente".

Iassem, in disparte, dava le spalle a Wong, che era tutto preso dal contemplare quelle apparecchiature, e sentendo la sua voce, gli sembrò di ricordare qualcosa.

Per guardare meglio, girò intorno al pannello e si chinò, con gli occhi puntati sul miliardario.

E proprio in quel momento, una carrozzella venne portata nella sala.

Su di essa era seduto un ragazzo molto giovane, con i capelli biondi e una tuta bianca.

Ma quello che più colpiva era il suo volto: assolutamente inespressivo, gli occhi aperti e vuoti, la bocca socchiusa.

"Mettetelo nella vasca" ordinò Wong, e prontamente i tecnici ubbidirono, piazzando anche una specie di sonda sulla testa del ragazzo.

Quest'ultimo non ebbe neanche la più piccola reazione, neppure a livello fisico, niente.

Iassem intuì chi fosse: "Sembra quasi un cadavere. Deve essere Gerard Martin. Povero ragazzo".

"A proposito, come procede la ristrutturazione della macchina? So che funziona, ma io voglio che sia consegnata ai suoi futuri proprietari nella sua forma completa" riprese Wong.

"Le ho già detto di stare tranquillo, signor Wong. Ormai mi manca pochissimo" disse una tranquilla voce femminile.

E Iassem si sentì irrigidire.

Perché conosceva quella voce.

E ogni dubbio fu spazzato via quando ne vide arrivare la proprietaria.

Una ragazza che aveva già incontrato, anche se adesso aveva i capelli corti, e che indossava la stessa divisa degli altri scienziati visti sulla nave.

"Chidori... Kaname Chidori!" sussurrò l'uomo.

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Capitolo 10
*** 8° Capitolo ***


8° CAPITOLO

"Devo farti i miei complimenti, mia cara. Senza il tuo preziosissimo aiuto, non avremmo mai potuto completare questo progetto".

"Grazie signor Wong. Ma ricordi il nostro patto: io non sono la sua schiava. Una volta saldato il mio debito, andrò per la mia strada" rispose Kaname.

"Certo, certo, non hai bisogno di ricordarmelo".

"Ora vediamo di dare il via a questo esperimento. Tutti i non addetti ai lavori fuori dalla sala, dobbiamo restare solo io e i tecnici che ho scelto" ordinò Kaname.

"Ai suoi ordini, Milady" rispose Wong facendo un galante inchino.

Lui e la maggior parte delle persone uscirono dalla sala, compreso uno spiazzato Iassem.

"Incredibile. Non solo Kaname Chidori è viva, ma collabora con Wong. E dalle loro parole, sembra proprio che lo faccia di sua volontà".

Iassem continuò a camminare, e raggiunse la sala di controllo con i monitor.

"Sono le diciannove e quarantacinque. Nella penisola della Kamciatka sono le diciassette e quaranta. Mancano venti minuti al decollo degli aerei Omega" annunciò una voce.

Iassem allora col suo passo 'mimetizzante' tornò alla stanza dove aveva nascosto il corpo della guardia.

Doveva decidere rapidamente cosa fare, perché qualunque cosa stesse progettando Wong, di sicuro non era niente di buono, e doveva fermarlo.

E già aveva trovato un modo, ovvero piazzare le sue cariche al plastico vicino alle cisterne piene di petrolio.

Anche se la quantità di esplosivo era ridotta, sarebbe stata sufficiente per far esplodere tutto.

E per quanto riguardava Kaname Chidori... nonostante la sorpresa di trovarla viva e la delusione di vederla lavorare con uno come Wong, non poteva opporsi alla realtà dei fatti.

Era una criminale, e andava trattata come i criminali.

Anche se sembrava essere molto ingenua, perché se davvero il suo lavoro era stato molto prezioso, difficilmente Wong l'avrebbe lasciata andare.

Iassem allora prese dal suo zaino cinque piccole cariche al plastico munite di timer, e andò a collocarle in alcuni punti nascosti delle cisterne.

Mentre regolava uno dei timer, gli venne un dubbio: "Un momento... se Kaname Chidori è viva, allora potrebbe esserlo anche... lui! E potrebbe anche lui essere qui!"

L'uomo rimase fermo in balia dei suoi pensieri: non era detto che il ragazzo fosse ancora vivo, e anche se lo fosse stato, fermare il misterioso piano di Wong era certamente più importante di una vita umana.

Però...

"Bah, sto diventando vecchio" e non attivò i timer.

Il grande salone era immerso nell'oscurità, con al centro un tavolo rettangolare.

Wong sedeva a capotavola, e altri quattro uomini erano seduti ai lati.

"Mr. Wong, spero che assisteremo ad uno spettacolo degno delle aspettative" iniziò uno dei presenti.

"Assisterete ad uno spettacolo sublime" rispose Wong.

Iassem si aggirava per i corridoi della nave, consapevole di non avere il tempo materiale per cercare Sagara.

Aveva quindi bisogno di informazioni, e andò alla ricerca di alcune guardie.

Ne trovò due che stavano parlando tra loro.

Allora si avvicinò con calma e all’improvviso sferrò un potentissimo calcio sul viso di uno dei due mettendolo a tappeto, con un altro calcio disarmò il secondo prima che potesse reagire e lo bloccò puntandogli il mitra sulla fronte.

“Sosuke Sagara! Dov’è?”

“Fottiti!” rispose l’uomo.

Iassem allora con grande forza e precisione, gli infilò un dito nel petto, penetrando nello spazio tra due costole.

L’uomo si irrigidì, sbarrò gli occhi e fece per lanciare un tremendo urlo di dolore, ma Iassem lo fermò tappandogli la bocca.

“Ti ha fatto male, eh? In quel punto c’è un fascio di nervi estremamente sensibile. Pensa allora a cosa potresti sentire se ci ficcassi una pallottola!”

“Va bene! Va bene! Ti porterò da lui!” esclamò spaventato l’uomo.

Iassem allora lo costrinse a nascondere il corpo del compagno in un’altra stanza vuota, poi si fece condurre da Sagara.

“Signorina Chidori, gli impianti di alimentazione sono pronti”.

Bene. Dopo aver calcolato la distanza esatta tra Kobe e la base sovietica, modulate la potenza del segnale”.

Intanto, all’esterno, una piccola paratia si aprì sul ponte superiore della nave, e ne uscì un’antenna parabolica puntata verso l’alto.

“Mancano dieci minuti all’operazione, signori” avvisò Charles dalla sala di controllo.

“Ma lei è sicuro che questa nano-tecnologia sarà in grado di colpire un bersaglio cosi distante?” domandò uno degli ospiti.

“Ve l’ho già detto. Le nano-macchine sono comandate tramite impulsi nervosi di un soggetto selezionato. E sono in grado di colpire qualunque bersaglio in qualunque parte del mondo. Possono prendere il controllo di qualunque tecnologia, e nel caso non ci sia quest’ultima, lo stesso sono in grado di distruggere il bersaglio corrodendone la struttura come se fossero tante termiti. E se il bersaglio è vicino alla fonte del segnale di controllo, la nano-macchine possono riunirsi e formare addirittura dei corpi solidi, letali dunque per nemici in carne ed ossa” spiegò Wong.

“Questo è senza dubbio affascinante. Però i primi collaudi della NT non sono andati benissimo. Quell’AS della Mithril, lo Xenios, è stato abbattuto. E non siete riusciti a distruggere la Toy Box” obbiettò un altro ospite.

“Partite da presupposti sbagliati. Nel caso dello Xenios, dovevamo solo provare la capacità della NT di controllare la tecnologia, e ha funzionato alla perfezione. E per quanto riguarda la Toy Box, essa era solo un obbiettivo secondario. L’obbiettivo centrale è stato colpito e affondato”.

“Però, voi per controllare quella macchina usate un Whispered. Ma simili soggetti sono rarissimi, non potete certo aspettarvi che tutti quelli interessati alla vostra NT abbiano un Whispered a disposizione” fece osservare un terzo ospite.

“Oh, certo che no. Per questo la macchina è stata modificata in modo che anche un non Whispered possa controllarla. Non prendete in considerazione il mio caso, ho dovuto modificare in parte il progetto perché la mente del mio soggetto W è imprevedibilmente collassata a causa delle eccessive manipolazioni mentali, tuttavia essendo il cervello intatto, sarebbe stato un peccato sprecare le sue potenzialità intrinseche, e quindi lo sfruttiamo ancora tramite appositi impulsi nervosi. Ma quando la NT sarà in mano vostra, potrete tranquillamente farla controllare da vostri fedelissimi”.

Non avendo altre domande, rimasero in attesa che nella base sovietica iniziasse il collaudo.

La guardia aveva condotto Iassem al di sotto di alcuni livelli, ogni tanto l'uomo la strattonava col mitra per fargli capire che non doveva fare scherzi.

Infine arrivarono dietro una porta blindata, situata sul ponte più basso della nave.

"E'... è qui".

Iassem allora colpì la guardia sulla testa, e colpì col mitra il lucchetto che teneva chiusa la porta.

Aprendo la porta, venne investito da un forte odore di chiuso unito ad altri odori organici.

La stanza era buia, sopra la porta c'era una piccola conduttura, necessaria sicuramente per non far morire soffocato il prigioniero.

Iassem cercò un interruttore, lo trovò e lo premette, accendendo cosi una piccola lampadina sul soffitto.

E vide una persona bloccata al centro della stanza con delle catene, che la costringevano a stare in ginocchio con le braccia spalancate.

Il poveretto indossava solo dei pantaloni sporchi e laceri, aveva i capelli lunghi e disordinati e stava con la testa chinata verso il basso.

Iassem si avvicinò per controllare che fosse ancora vivo.

"Chi... sei?" domandò ad un tratto una voce debole, nella quale si poteva comunque sentire ancora una traccia di durezza.

"Sosuke Sagara, sono io, Iassem. Credo che ti ricordi ancora di me" rispose l'uomo sollevandogli con delicatezza il viso.

Il ragazzo era ridotto davvero ad uno straccio, intorno alla bocca c'erano resti di cibo ormai indurito, e due occhiaie incorniciavano i suoi occhi.

Quegli occhi però erano si stanchi, ma per niente abbattuti.

"Certo che è strano rivedervi vivi. Comunque adesso ti libero" disse l'uomo liberandolo dalle catene con alcune brevi raffiche di mitra.

Sosuke gli crollò tra le braccia, Iassem lo sollevò.

“Come siete sopravvissuti?"

"In quella... tavola calda, Chidori all'improvviso ha sentito un rumore assordante, almeno cosi diceva, poi è esploso tutto, e prima che le fiamme ci avvolgessero, una massa scura ci ha protetto. Sono svenuto e quando mi sono ripreso... ero incatenato".

"Mm. qualcosa mi dice che quel giorno questa nave si trovava a Tokyo. Ora andiamo".

"No..." si oppose Sosuke.

"Come?"

"Non vado da nessuna parte senza Chidori...".

"Senti, ti sembrerò brutale, ma devo informarti che Kaname Chidori..."

"No!" esclamò Sosuke sollevando la testa e tirando fuori una voce rabbiosa davvero notevole per uno nelle sue condizioni.

"Non è cosi! Chidori è stata manipolata!"

****

"Signore, ormai è tutto pronto. Gli aerei si stanno piazzando sulla pista di decollo" avvisò uno degli operatori della torre di controllo.

"Bene. Generale Zukoz, ora vedrà in azione la meraviglia dell'aviazione militare della nostra grande URSS, la nostra risposta allo Stealth americano, ma dotato di una potenza di fuoco e di un autonomia superiore!"

Il generale non rimase molto impressionato: "Le ho già detto capitano, che simili frasi retoriche con me non attaccano. Non mi importa se è il più sofisticato aereo del mondo, mi importa solo che funzioni in battaglia. E per stabilirlo mi fiderò soprattutto dei miei occhi e dei miei tecnici".

"Va bene, signore" rispose il capitano Yukia.

E in quel momento, gli aerei iniziarono la fase di decollo.

****

Il soggetto si agitava sempre di più, sembrava preda di un attacco epilettico.

Avrebbe anche potuto farsi del male con i suoi stessi movimenti, ma si trovava immersa in una vasca piena di un liquido simile all'acqua e di colore blu intenso, quindi attorno a se non c'era nulla che urtandolo potesse farle male.

Cercava di urlare, ma le era impedito dal boccaglio che le permetteva di respirare attraverso la bocca tappandole il naso.

E comunque la capsula era completamente insonorizzata.

Questo, unito alla presenza del liquido, talmente scuro da impedire di vedere alcunché, serviva a creare un vuoto sensoriale intorno al soggetto.

"L'onda Beta sta cercando di avere il sopravvento, ma l'onda Alfa resiste" disse una persona che osservava la sagoma del soggetto agitarsi attraverso uno schermo ad infrarossi.

Su un'altro schermo, erano presenti due linee, una blu e l'altra verde, che pulsavano ad intermittenza e sembrava che cercassero di raggiungere una zona gialla situata sopra di loro.

La prima linea pulsava sempre più debolmente, la seconda sempre più forte, ma ogni volta che sembrava in grado di raggiungere la zona gialla, la linea blu aveva un violento sussulto che ridimensionava quella verde.

"Vedete di darvi da fare allora per piegare la sua volontà" ordinò un uomo che stava nell'ombra.

Dei tubi si allungarono verso la vasca, si attaccarono a degli appositi bocchettoni, e vi iniettarono un liquido rosso.

Passati alcuni minuti, il soggetto smise di muoversi e cominciò ad affondare come un peso morto, finché raggiunse il fondo della vasca.

"La resistenza dell'onda Alfa si sta abbassando".

La linea blu divenne man mano sempre più debole.

Un ultimo, debolissimo, sussulto, poi cessò.

E contemporaneamente la linea verde raggiunse la zona gialla.

"Processo completato".

"Svuotate la vasca" comandò l'uomo nell'ombra.

La vasca cominciò a svuotarsi molto velocemente, finché al centro rimase solo una ragazza nuda, con i capelli corti.

Che si tolse il boccaglio e fissò il suo liberatore che si era avvicinato alla vasca.

"Chissà se il brillante dottor Bixby avrebbe mai immaginato che le sue ricerche si potessero usare anche in questo modo" disse un raggiante Charlie Wong.

"Quindi è questo che è successo?"

"Si, Iassem. Ho visto e sentito tutto attraverso quello schermo. Uno 'spettacolo per allietare la mia permanenza qui' come mi ha detto quel bastardo di Wong" rispose Sosuke indicando con lo sguardo uno schermo installato su un angolo del soffitto.

"Comunque, Wong ha sicuramente in mente un piano terribile. E dobbiamo fermarlo" ribatté Iassem.

"Sicuro, ma Chidori non è veramente responsabile delle sue azioni, le hanno fatto il lavaggio del cervello. E io non me ne andrò di qui senza aver almeno provato a salvarla".

Iassem e Sosuke si guardarono, il ragazzo non sembrava intenzionato a mollare.

"Sul piano strategico, dovrei dirti di no. Ma stranamente non me la sento".

L'uomo prese una pistola e la passò a Sosuke.

"Cerca comunque di reggerti da solo mentre andiamo da lei".

"Signorina Chidori, la sala controllo ci informa che gli aerei Omega sono in volo. E il loro segnale è stato agganciato".

"Bene. Attivate la macchina e inviate gli impulsi al cervello del soggetto W" ordinò allora Kaname, per poi ritirarsi con passo affrettato.

I tecnici cominciarono ad inviare i dati.

****

Nella torre di controllo della base sovietica, gli Omega erano da poco decollati, e si stavano dirigendo verso la zona prestabilita per i test.

"Capitano, siamo in posizione" comunicò uno degli addetti.

"Generale, è pronto?" domandò il capitano in piena euforia.

"Mpf, si" rispose il generale osservando i dati che i computer principali degli Omega mandavano ai terminali portatili dei suoi scienziati.

"Allora attivate il sistema di invisibilità".

E proprio allora arrivò una comunicazione d'allarme da parte di un pilota degli Omega.

"Emergenza! Emergenza! Ho... perso il controllo del veicolo! Ripeto, ho perso il controllo del veicolo!"

"Cooosa?!"

Il capitano Yukia si precipitò sulla radio.

"Di quale aereo si tratta?" domandò.

"Dell'Omega 7" rispose un addetto.

E prima che Yukia potesse pensare a qualcosa, arrivarono altre comunicazioni d'emergenza dagli altri aerei, che riportavano lo stesso allarme.

"E'... è impossibile.." mormorò uno sbigottito Yukia.

****

"Potete ammirare sullo schermo i movimenti degli Omega" disse Wong, mentre davanti al tavolo si accese uno schermo con la posizione degli Omega.

"E ora che ne avete il controllo, cosa ne farete?" volle sapere uno degli ospiti.

"Be, prima bombarderanno a tappeto la città di Petropavlovsk. Centosessanta mila vittime sono un buon numero" spiegò con calma Wong "e poi andranno a schiantarsi vicino allo stretto di Bering, alla giusta distanza per mettere in allarme la base statunitense. Credo che un inasprirsi della tensione internazionale faccia comodo ai vostri affari, no?"

Gli ospiti annuirono con interesse.

Iassem e Sosuke erano riusciti ad avvicinarsi alla sala dove veniva controllata la NT.

Per fortuna, essendo la misteriosa operazione in corso, non avevano incontrato nessuno nei corridoi.

La porta era chiusa e sorvegliata da due guardie.

I due si tennero pronti, Sosuke trasse un profondo respiro chiamando a raccolta le sue forze residue, poi scattarono.

Iassem freddò le due guardie prima che potessero reagire, mentre Sosuke corse verso la porta, l'aprì e si lanciò dentro.

"Fermi tutti!" gridò, uno degli scienziati si lanciò verso il pulsante d'allarme, Sosuke sparò ma a causa della debolezza lo mancò.

Quando poi sparò una seconda volta colpendolo, lo scienziato aveva appena premuto il pulsante.

E per tutta la nave si accesero delle rumorose sirene d'allarme rosse.

"Merda!" esclamarono insieme Iassem e Sosuke.

Iassem allora chiuse la porta e la bloccò con una spranga.

"Come si ferma questo affare?" chiese ad uno dei tecnici.

E vedendolo riluttante, decise di andare per le spicce, e sparò all'impazzata contro tutte le apparecchiature, scatenando una pioggia di scintille.

La sirena d'allarme fece sobbalzare gli ospiti di Wong, quest'ultimo invece si limitò a fare una faccia perplessa.

Con calma contattò la sala di controllo: "Cosa succede?"

"Signore, hanno attaccato il centro di controllo della NT! Sono Sosuke Sagara e uno sconosciuto" spiegò Charles.

"Sullo schermo".

L'immagine cambiò, mostrando un uomo che distruggeva con raffiche di mitra le sofisticate e delicatissime tecnologie della NT, mentre Sosuke teneva sotto tiro i tecnici.

Wong ordinò uno zoom per inquadrare lo sconosciuto.

E finalmente fece un'espressione di assoluto stupore.

"Tu..." mormorò semplicemente.

Ma si riprese subito, e ordinò di ucciderli entrambi senza pietà.

****

"Torre di controllo, qui Omega 7. Ho ripreso il controllo del mio veicolo".

E in successione anche gli altri Omega segnalarono lo stesso.

L'atmosfera subito si attenuò, dopo che si era davvero temuto il peggio quando i piloti avevano comunicato che i sistemi di armamento dei loro mezzi si erano attivati, e stavano puntando sulla città di Petropavlovsk.

Yukia ordinò ai piloti di rientrare immediatamente, poi lanciò un'occhiata al generale Zukoz.

L'espressione del generale non lasciava dubbi: a causa di quell'incidente, difficilmente gli Omega avrebbero spiccato il volo una seconda volta.

****

Ormai Iassem aveva esaurito i colpi del caricatore, ma sembrava che fossero stati sufficienti, visto che tutti quei macchinari si spensero quasi di botto.

Col calcio dell'arma distrusse il vetro della capsula dove si trovava Martin, lo sollevò, ma il ragazzo rimase inerte, l'espressione vuota.

"La mente è andata" constatò l'uomo e allora lo lasciò lì.

In altre situazioni se lo sarebbe portato dietro per cercare lo stesso di aiutarlo, ma visto che dovevano andarsene in fretta dalla nave, sarebbe stato solo svantaggioso avere con se un peso morto.

E già sentiva la guardie che colpivano la porta per abbatterla.

In quel momento, attirata dal trambusto, arrivò Chidori.

"Che sta succedendo..."

Si bloccò quando vide le attrezzature della NT danneggiate e soprattutto Sosuke.

E anche Sosuke rimase fermo a guardarla, abbassando la pistola.

"Chidori..."

"Io.. non mi arrenderò!" esclamò la ragazza tornando indietro di corsa.

I tecnici approfittarono della sorpresa per saltare addosso a Sosuke e disarmarlo, ma il ragazzo evitò il loro goffo attacco e corse dietro a Kaname.

Intanto le guardie sfondarono la porta, ed entrarono aprendo il fuoco contro Iassem, che velocemente andò nella stessa direzione dei due ragazzi, chiuse la porta e bloccò anche quella col mitra scarico.

Continuò a correre per il corridoio, arrivando in un grosso locale pieno di tubature, con le pareti ricoperte da pannelli blu..

In fondo c'erano quattro contenitori di forma cilindrica, separati dalla tubazioni.

Sosuke era lì che si guardava intorno.

"Chidori, ti prego, vieni fuori!" gridava il ragazzo.

"Che posto è questo?" si chiese Iassem

"La mia camera personale" disse Kaname sbucando all'improvviso sopra uno dei cilindri "Il luogo dove mi mettevo al riparo quando la NT veniva attivata. Altrimenti il suo ronzio sarebbe stato cosi forte da farmi impazzire".

"Chidori, ti prego, vogliamo solo aiutarti" la implorò Sosuke.

"Sbagliato. Tu non vuoi aiutare me, ma un'altra. E io non posso permetterlo".

La ragazza tirò fuori un congegno simile ad un cerchietto e se lo mise in testa.

Ed ecco che un istante dopo, da due cilindri emerse una nuvola oscura, che sembrava formata da tanti insetti minuscoli.

"Questo congegno l'ho realizzato in segreto per proteggermi da Wong. Perché sicuramente una volta terminata la macchina NT, non mi avrebbe lasciata andare. Però sembra che dovrò collaudarla su voi due".

La nuvola scura si avvicinò minacciosa a Sosuke e Iassem.

"Ritiro l'ingenua" commentò preoccupato quest'ultimo.

"Dove sono adesso gli intrusi?" domandò Wong.

"Si trovano nel locale adiacente la sala di controllo della NT. Ma lì non ci sono telecamere" rispose Charles.

"Non importa. Fate irruzione e uccideteli!"

"Ma in quel locale potrebbe trovarsi anche la ragazza".

"Non mi interessa. Facciano fuoco, demoliscano tutto, non voglio che qualcosa li trattenga".

"Sissignore".

Gli ospiti si alzarono.

"Ce ne andiamo".

"Potrebbe ripetere?" chiese il miliardario indispettito.

"L'esperimento è fallito prima ancora di cominciare. E anche se il fiasco non è imputabile alla NT, questa incursione dimostra che lei non è molto affidabile. E non abbiamo alcune intenzione di restare coinvolti nelle sue guerre personali, Mr. Wong. Se e quando avrà risolto questo problema, ci chiami e vedremo se saremo ancora interessati a fare affari con lei".

Detto questo, si avviarono verso l'uscita.

"Capisco. Saper accettare le critiche è una virtù" ammise Wong.

Che poi estrasse una pistola e uccise i quattro uomini.

"Ma è una virtù che non mi appartiene" e uscì dal salone.

 

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Capitolo 11
*** 9° Capitolo ***


9° CAPITOLO

La nuvola di nano-macchine si lanciò contro Iassem e Sosuke, che evitarono l'attacco nascondendosi tra i tubi.

"Vi troverò, non potete nascondervi a lungo" disse Kaname.

"Ha ragione. Quella.. cosa può trovarci facilmente e farci a pezzi. Dobbiamo trovare un modo per neutralizzarla" disse sottovoce Iassem.

"Non farò mai del male a Chidori" rispose risoluto Sosuke.

"Non ci sarà bisogno di neutralizzare lei, ma quel cerchietto che ha intorno alla testa".

Poi un ombra li ricoprì.

"Via!" gridò Iassem, e cominciarono a correre tenendosi il più possibile al di sotto delle tubazioni.

La nuvola oscura cambiò forma, si estese in tanti tentacoli che si infilarono tra un tubo e l'altro cercando di colpire alle gambe le loro vittime.

"Dividiamoci!" esclamò Sosuke, e si separarono andando a destra e sinistra.

La nuvola scura si fermò.

"Distribuitevi lungo il locale e trovateli!" ordinò mentalmente Chidori, e la grande nuvola scura si divise in dieci nuvole più piccole che si sparpagliarono.

E subito una di queste trovò Sosuke e gli si lanciò contro, Sosuke corse tra le tubazioni ma venne raggiunto, e le nano-macchine gli bloccarono i piedi.

Il ragazzo sparò due colpi contro quella piccola massa scura, e i proiettili la attraversarono senza danneggiarla.

"Uno è preso, sotto con l'altro" commentò soddisfatta Chidori.

E proprio in quel momento, Iassem sbucò da dietro il cilindro e cercò di strapparle il dispositivo di controllo dalla testa.

Tuttavia la ragazza con notevole agilità schivò l'attacco, gli sciami si riunirono dirigendosi contro di lui, costringendo Iassem a nascondersi di nuovo tra le tubazioni.

L'uomo strisciò velocemente sotto alcuni tubi, allontanandosi da Chidori e cercando Sosuke, mentre le nano-macchine cominciavano a perlustrare l'aerea partendo dai cilindri.

"Sono qui, Iassem" lo chiamò sottovoce Sosuke avvicinandosi.

"Lo sciame mi aveva preso e all'improvviso la sua presa si è indebolita" disse il ragazzo.

"Dev'essere stato per il mio attacco, ha diminuito la sua concentrazione. E mi è appena venuta un'idea: prima l'ho colta di sorpresa piuttosto facilmente, quindi, nonostante la sua intelligenza, non ha esperienza in fatto di combattimento. Ma prima o poi ci prenderà tutti e due, quindi stai a sentire".

"E' molto pericoloso" commentò duramente Sosuke.

"Lo so, ma non abbiamo molta scelta. Tieniti pronto, gli sciami stanno arrivando".

E quando tra i tubi del punto in cui si trovavano i due, apparvero le nano-macchine, Iassem scattò verso l'alto.

Gli sciami si concentrarono verso di lui, l'uomo correva sopra i tubi, saltando agilmente da una parte all'altra e senza stare mai fermo, per non farsi prendere.

Si avvicinava sempre di più a Chidori che si abbassò pronta a schivare l'attacco.

Infine con un ultimo salto, Iassem si lanciò gridando su di lei, ma venne bloccato a mezz'aria da un tentacolo di nano-macchine che lo lanciò contro una parete dietro Chidori, sbriciolandone la protezione blu.

Gli sciami cinsero braccia e gambe dell'uomo.

"Tutto qui?" domandò sarcastica Chidori.

Ebbe la risposta da Sosuke, che dopo essersi mosso dietro Iassem ma rasoterra, saltò sul cilindro, con un calcio rasente da dietro fece cadere la ragazza, la prese al volo e fece per strapparle il congegno dalla testa.

Chidori reagì facendo afferrare Sosuke da un tentacolo per allontanarlo, ma nell'istante in cui faceva questo, il ragazzo le tolse il meccanismo, quindi Sosuke venne allontanato da un tentacolo che un istante dopo si dissolse, come gli altri sciami che bloccavano Iassem.

Vedendosi perduta, Kaname scese dal cilindro, afferrò un frammento appuntito della protezione del muro e corse verso un altro punto della parete, conficcò con forza il frammento nella protezione e cominciò a scavarla, rivelando la presenza di una piccola porta.

Ma quando fece per imboccarla, qualcuno l'afferrò per una spalla.

Lei si voltò per colpire, e si ritrovò davanti Sosuke che la fissava imperturbabile.

"Chidori, ti prego, ora basta".

"Con me non attacca. Te l'ho già detto, tu vuoi aiutare un'altra, non me. Devo scappare. E se non mi lasci, per farlo camminerò sul tuo cadavere!"

Sosuke non la lasciò e allora Chidori conficcò lo spuntone nel petto del ragazzo.

"Dove sono adesso gli intrusi?" domandò Wong scuro in volto osservando i monitor della sala di controllo.

"Sono ancora nella stanza di isolamento di Kaname Chidori" rispose Charles.

"Come è possibile che non siate riusciti ancora a sfondare la porta?"

"Il fatto è che i giunti sono stati rinforzati".

"Rinforzati? E da chi?"

Prima che Charles potesse rispondere, il viso di Wong si illuminò e lasciò la sala.

****

L'infinito spazio verde era percorso da strane formule chimiche e matematiche, che scorrevano tropo velocemente per essere lette.

"Lasciami! Lasciami andare!" gridò Chidori.

"No! Non posso permetterlo!" rispose la creatura con l'aspetto di una sagoma femminile trasparente mentre cercava di far rientrare Chidori dentro di se.

La ragazza si dimenava come qualcuno che cerca di sfuggire alle sabbie mobili, mentre la creatura tentava di farla rientrare dentro di se.

"Non lascerò che tu faccia del male a Sosuke!"

"Se non lo fermo, lui farà del male a me!"

La lotta divenne più intensa, e la creatura sembrò vincere, riuscendo a far rientrare Chidori nel suo corpo al punto che della ragazza rimase in superficie solo il viso.

"NOOOOO!"

"Questo corpo è ormai mio!" gridò la creatura.

"Non lo permetterò!" esclamò ad un tratto una voce femminile.

Come dal nulla apparve una figura luminosa, che toccò il viso di Chidori e con un colpo solo la tirò fuori dalla creatura.

"Chi..." esclamò Chidori.

La luminosità della nuova arrivata si attenuò, e Chidori riconobbe subito il viso della sua salvatrice.

"T.. Tessa?!"

"Esatto, proprio io" rispose Tessa con un tranquillizzante sorriso.

Chidori l'abbracciò.

"TU! Come puoi esistere ancora?! Le nano-macchine ti avevano..."

"Colpita alle spalle e quasi uccisa. Ma nonostante la mia età, so come muovermi in questa dimensione. Per non sparire mi sono collegata al segnale che controllava le nano-macchine, rifugiandomi nella mente ormai distrutta del povero Gerard Martin. Sono rimasta nascosta lì, rigenerando la mia energia vitale, in attesa e nella speranza che la mia amica Kaname tornasse".

"Maledetta! Ma perché stai dalla sua parte? Dovresti stare dalla mia semmai!"

"Chidori è una mia carissima amica, non posso tollerare quello che le hai fatto, cosi come non posso tollerare quello che hai fatto per un essere spregevole come Wong. L'intelligenza dei Whispered è un dono che va messo al servizio dell'umanità, non di uno solo, per giunta terrorista!".

"Non mi è piaciuto lavorare per lui, ma dovevo sdebitarmi almeno una volta. Lui mi ha liberato! Tu non sai cosa significa essere stata prigioniera per sedici anni di una debole mente che per giunta non sapeva usare nulla delle sue capacità, cioè di me! Io voglio vivere! E' forse un delitto reclamare il proprio diritto alla vita?!"

"Lo diventa quando per reclamarlo opprimi delle persone e una parte di te stessa che hanno il tuo stesso diritto alla vita!"

"Sarà pure cosi, ma adesso non importa. Anche se siete in due, combatterò per me stessa!" esclamò convinta la creatura.

"Non sarà necessario combattere" ribatté allora Tessa.

"Cosa vuoi fare allora, Tessa?" domandò Chidori rompendo il suo mutismo.

"Nessuna di voi due può essere soppressa, siete entrambe parte integrante di questa mente. Ma il problema è sorto perché la parte Whispered di Chidori è stata liberata tutta in una volta e in modo innaturale, dopo che per sedici anni si era sviluppata unicamente la parte normale. C'è solo un modo per riportare l'equilibrio, senza che una parte debba assimilare l'altra. Dovete fondervi!"

"Come?!" replicò stupita Chidori.

"Usate la mia mente come un calco, per imparare a coesistere. In me le due componenti convivono pacificamente, perché si sono sviluppate insieme sin da quando ero piccola".

Chidori e la creatura rimasero in silenzio.

"Non avete scelta. Chidori, se uniamo le nostre forze, potremmo respingerla, ma lei poi resterebbe sempre in agguato pronta a riemergere alla prima occasione. E tu” Tessa fissò la creatura “già sai che non ti permetterò di fare ancora del male a Chidori e ad altri".

Tessa tese le mani, Chidori e la creatura, sempre in silenzio, le strinsero.

E quell'immenso spazio verde fu avvolto da una luce accecante.

****

Il sangue colava leggermente lungo lo spuntone.

La mano che lo reggeva con un tremito lasciò la presa.

Lo spuntone che era penetrato leggermente nella carne cadde per terra.

E Chidori stramazzò al suolo singhiozzando.

"Dio mio... Dio mio..."

Sosuke si chinò, con un leggero rivolo di sangue che gli colava dal petto.

"Chidori..."

"Sosuke... cosa ho fatto?"

Sosuke l'abbracciò e Kaname scoppiò in un pianto dirotto.

"Adesso è passata" cercò di consolarla il ragazzo.

"Ho fatto del male a delle persone, ho fatto del male a te, ho completato quella macchina mostruosa per Wong..."

"Non eri veramente tu, non sentirti responsabile".

"Però..."

"Anche se adesso ti senti in colpa, ti prometto che ti starò vicino per aiutarti. La mia missione è proteggerti".

"Tu... vuoi ancora... proteggermi dopo quello che ho fatto?"

"Si. Ti proteggerò sempre. Io... mpf" e senza dargli il tempo di finire, Kaname lo baciò.

Iassem, ripresosi dopo il volo che gli aveva fatto fare il tentacolo di nano-macchine, vide quella scena e sorrise leggermente provando una sensazione di nostalgia.

Quando le labbra di Kaname si staccarono da quelle di Sosuke, l'uomo ritenne di poter parlare: "Tutto questo è molto bello. Ma vi faccio presente che siamo ancora sulla nave nemica. E faremmo meglio ad andarcene".

I due ragazzi allora si alzarono.

"Dunque, dalla porta d'ingresso non possiamo passare, perché ci aspettano le guardie. Dove conduce quest'altra porta?" chiese Iassem fissando l'apertura nel muro.

"E' una porta costruita da... me, come via di fuga. Wong non mi avrebbe mai lasciata andare, quindi ho preso queste precauzioni. Conduce al ponte con l'attracco dei mini-sottomarini" spiegò Chidori.

"Perfetto, allora andiamo. Dobbiamo anche passare in un altro posto prima di partire".

"Ancora nessuna notizia?" domandò Charles sempre più nervoso.

"No signore. Quella porta è stata davvero rinforzata ad arte. Adesso stanno applicando degli esplosivi" rispose uno degli operatori.

"Si sbrigassero allora" ordinò Charles chiedendosi anche dove fosse andato il suo capo.

La grata di un condotto d'aerazione cadde sul pavimento.

E Iassem uscì per primo, aiutando Kaname e Sosuke a venire fuori.

L'uomo aveva di nuovo il suo zaino e il suo bastone.

"Riconosco il posto, siamo vicinissimi, andiamo!" li incalzò.

Ma quando raggiunsero la zona con i veicoli subacquei, trovarono ad attenderli Wong insieme a una decina di guardie armate che gli puntarono all'istante i mitra contro.

"Grazie per essere venuti" li accolse con un sorriso Wong.

"La fortuna ti abbandona sempre quando ti serve di più" pensò Iassem.

"Cosa sono quelle facce? Quando ho saputo che la porta che altri miei uomini in questo momento stanno tentando di sfondare, era stata rinforzata, ho capito che quella ragazzina si era preparata una via di fuga. E questo è il luogo migliore per filarsela alla chetichella. Ora i due uomini facciano un passo indietro" ordinò il miliardario. "Tu, milady, vieni qui".

"No!" rispose risoluta Kaname.

"E' questa la riconoscenza verso chi ti ha liberato?"

"Quella Kaname non c'è più. Ora sono di nuovo me stessa".

"Davvero? Peccato, vorrà dire che dovremo rimetterti nella vasca di privazione sensoriale".

"Non ne avresti il tempo" intervenne Iassem "anzi, al posto dei tuoi uomini, scapperei a gambe levate".

"E perchè mai?"

"Perchè prima di venire qui, ho attivato delle bombe al plastico posizionate in punti strategici della nave. Tra un minuto, qui salterà tutto".

"E' un bluff!" replicò convinto Wong.

"Ti sembra che sto bluffando?"

La voce e l'espressione di Iassem sembravano in effetti tremendamente sinceri.

E quello che diceva era quasi naturale: prima di abbandonarla, si distrugge sempre la base del cattivo.

Un certo nervosismo iniziò a serpeggiare tra le guardie.

Wong se ne accorse e senza voltarsi minacciò: "Se qualcuno di voi prova ad andarsene, lo faccio fuori".

"Ma se restate qui, affonderete insieme alla nave. Se scappate, forse avrete una possibilità di sopravvivere" incalzò allora Sosuke.

Un silenzio opprimente calò nel locale.

Gli uomini di Wong si guardarono, uno di loro fece per indietreggiare e Wong lo freddò.

"Io non scherzo".

"E non scherzo nemmeno io" si inserì Iassem.

Infatti un istante dopo una potentissima esplosione scosse da cima fondo la nave, seguita da altre due esplosioni di uguale potenza.

La nave tremò fino alle fondamenta, e iniziò subito a sbandare.

Le guardie scapparono, Wong perse l'equilibrio e Iassem gli saltò addosso per disarmarlo.

Sbattendogli il polso contro il muro, gli fece cadere la pistola.

Gli sferrò un pugno, Wong reagì e afferrò Iassem per il collo.

"Sagara, Chidori, scappate!" gridò l’uomo mentre rispondeva a Wong con la stessa mossa.

Sosuke era riluttante a lasciarlo: "E tu?"

"Me la caverò, voi andatevene subito!"

Sosuke e Kaname iniziarono a liberare dai ganci della gru uno dei veicoli, che a causa del rapido affondare dello scafo, si trovava già a pelo d'acqua.

Liberati i ganci, vi salirono, Chidori si rese conto che, pur non sapendo come, sapeva pilotarlo.

"Iassem, vieni!" lo chiamò Sosuke.

Ma Wong lo bloccò cingendogli il collo stavolta con una sbarra di metallo.

"Ti sembra il modo di lasciare un vecchio amico?" gli domandò sogghignando.

Sosuke allora decise di intervenire, ma alcune strutture del soffitto crollarono, frapponendosi tra i due ragazzi e Iassem.

E per non finire completamente travolti, Kaname fu costretta a far immergere il mezzo.

"Pensi che se la caverà?" gli domandò angosciata Kaname.

"Sono sicuro che ce la farà" rispose inflessibile Sosuke.

"Se ne sono andati. Quindi il gran finale è solo per noi. E io che pensavo di affrontarlo con Kassim!"

"Kassim?!" esclamò Iassem liberandosi dalla stretta di Wong con alcune possenti gomitate nello stomaco.

La nave stava affondando sempre di più, e l'acqua penetrava dall'apertura per i mezzi subacquei e cominciava ad arrivare anche dal corridoio.

"Si, il vero nome di Sosuke Sagara. E invece me la devo vedere con te, ma non mi importa, anche cosi è eccitante. In fondo, prima di Kassim, eri tu il mio nemico principale".

Wong diede un pugno a Iassem, che lo parò e reagì con una scarica velocissima e fittissima di pugni contro il ventre dell'avversario.

Poi con un calcio lo mandò a terra.

Ma Wong si rialzò e diede un doppio calcio a Iassem sbattendolo al suolo.

"Ah, non ti ricorda i vecchi tempi? L'allenamento nella caverna del vecchio".

Iassem si rialzò: "Come fai a saperlo?"

"Andiamo Iassem, sei intelligente, no? Non ci sei ancora arrivato?"

E allora Iassem capì: capì perché la prima volta che aveva sentito la voce di Wong gli era sembrata familiare. E riconobbe quegli occhi crudeli, quello sguardo trasudante una lucida follia.

"Tu... dovresti essere morto!"

"Dovrei, ma sono duro a morire. E come vedi mi sono dimostrato più abile di te. Tu ti sei nascosto nell'ombra, io alla luce del sole!"

L'acqua ormai stava coprendo le gambe dei due fin sopra le ginocchia.

Wong prese un palo e sferrò una serie di attacchi, Iassem li evitò in parte ma venne colpito ad un fianco.

Il nemico ne approfittò e continuò a colpire, prima un braccio, poi una spalla.

"MUORI! MUORI! MUORI!"

Iassem afferrò il palo, e strinse i denti, i muscoli gli facevano male, Wong invece sorrideva come un pazzo, e spinse Iassem in direzione di alcuni rottami appuntiti.

Si ritrovarono faccia a faccia.

"Cosi.... morirai anche tu" gli fece notare Iassem, mentre Wong lo spingeva sempre di più verso le punte metalliche.

"Se devo morire, morirò. Sarò felice sapendo che ci sarai anche tu".

Le punte di metallo sfioravano la schiena di Iassem.

Che all’improvviso fissò Wong con uno sguardo d’acciaio.

"Sai… Wong… mi sembra che ci sia una cosa che hai dimenticato".

"E cosa?"

"Che nella caverna, non mi hai mai battuto!"

Con un manrovescio Iassem strappò la sbarra dalle mani di Wong, la gettò e cominciò a colpirlo.

"Ricordi cosa diceva il vecchio?"

E gli diede tre pugni al petto.

"Che eri abbastanza abile, ma sapevi farti valere solo con quelli più deboli di te".

Un calcio allo stomaco.

"Che gli unici grandi pregi che avevi erano l'astuzia e la mancanza di esitazioni".

Raffica di colpi ai fianchi.

"E che in definitiva eri uno scarso che solo grazie all'astuzia e all’assenza di scrupoli sapeva essere pericoloso".

Iassem mise Wong davanti ai rottami acuminati e con un calcio in piena gola ce lo mandò contro.

Le punte trapassarono la schiena del nemico spuntando dal ventre, Wong gorgogliò qualcosa col sangue che cominciava ad uscirgli dalla bocca, e reclinò il capo.

Ora Iassem doveva tuffarsi per salvare la sua vita.

Iniziò velocemente a spostare i rottami che gli bloccavano l’accesso alla vasca, mentre l’acqua adesso gli arrivava sopra la cintola.

Tolti i rottami intravide la salvezza.

E con la coda dell’occhio intravide anche un’ombra dietro di lui.

Si voltò e una grossa scheggia di metallo si conficcò nella sua spalla anziché nel suo collo.

Wong lo guardava con occhi spiritati e un’espressione di crudele e consapevole pazzia.

Iassem, resistendo al dolore allucinante, vide qualcosa galleggiare vicino a lui: il suo bastone!

Lo prese, estrasse la spada e infilzò al petto il nemico.

Che non mollò affatto, anzi, afferrò per la gola Iassem.

Quest’ultimo reagì affondando ancora di più la spada nel petto.

E Wong sempre non desisteva.

“Raggiungi… la… tua…. amata puttana…” mormorò ironico.

L’acqua ormai lambiva il loro petto.

Iassem allora estrasse la spada dal petto e la infilò nella gola di Wong, che allentò la presa sulla scheggia.

E cosi Iassem la tolse dalla sua spalla e la conficcò nella testa di quel diabolico avversario.

Finalmente Wong lasciò la presa al collo e rimase a galleggiare a faccia in giù, con l’acqua che si colorava di rosso.

Iassem poté finalmente tuffarsi, mentre altre sovrastrutture crollavano tutto attorno.

Un'altra esplosione sconquassò la nave che affondava, quando il fuoco raggiunse il combustibile per i motori.

La petroliera ormai era quasi del tutto sommersa, ma tutti i ponti superiori erano una distesa di fiamme, che avrebbe continuato a bruciare anche sulla superficie dell'acqua.

Kaname e Sosuke fissavano quell'inferno sul veicolo subacqueo.

"Mio Dio.." mormorò la ragazza.

Sosuke la stringeva al suo fianco.

"Sosuke, pensi che sia..."

Sagara stava per risponderle, quando Iassem riemerse proprio davanti a loro.

"Dopo tutto questo, pensò che non vorrò più vedere il mare per un bel pò" disse col fiatone l'uomo.

I ragazzi lo aiutarono a salire a bordo, e quando videro le motovedette del porto di Kobe che si avvicinavano, si allontanarono in immersione.

Mi scuso con i miei lettori per i ritardi di questi ultimi aggiornamenti, ma ci sono stati problemi con l’HTML risolti grazie all’aiuto della nostra webmaster. Thank You Erika:D

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Capitolo 12
*** 10° Capitolo ***


10° CAPITOLO

Nonostante fosse mattina presto, già alcuni uomini stavano armeggiando intorno alle loro barche.

La piccola casa si erigeva un po’ in disparte in mezzo al villaggio di pescatori.

Una finestra si aprì, e un ragazzo vi si affacciò per guardare il panorama.

C’era un atmosfera cosi tranquilla, che si sentì pervadere da una sensazione di pace inconsueta per lui.

Ma forse tale sensazione era dovuta non tanto all’ambiente tranquillo, quanto piuttosto alla ragazza che dormiva beatamente sul letto dal quale lui si era appena alzato.

Poi sentì un rumore di passi vicino alla porta, il ragazzo tirò fuori una pistola e si avvicinò cautamente, facendo attenzione anche alla finestra.

“Sta tranquillo, sono io” gli disse allora una voce fuori dalla porta.

Al che il ragazzo si rilassò, chiuse la finestra e uscì.

Iassem lo attendeva con in mano una piccola borsa.

La spalla ferita appariva più grossa dell’altra a causa di una fasciatura.

“Come sta la ragazza?” domandò l’uomo.

“Sta bene. E’ ancora triste per via dei sensi di colpa, per aver collaborato con Wong”.

“Le passerà, se le starai vicino nel modo giusto”.

“Farò del mio meglio. Come è andata a te in questi due giorni?” chiese Sosuke.

“A Tokyo è scoppiato il finimondo dopo quanto è successo a Kobe. Ho fatto anche un paio di telefonate alla polizia, per smascherare il sosia di Wong che lo sostituiva alle riunioni della UC. Avrà molte domande a cui rispondere, ma non credo che sappia molto. Perché visto chi era veramente Wong, immagino che non avrà detto a nessuno della sua vera identità, e i suoi veri scopi li avranno conosciuti solo un ristretto numero di collaboratori, che sicuramente erano tutti a bordo di quella nave. E sono affondati con essa. Certo che quel bastardo è stato davvero abile a trasformare l’impero di Wong in un impero criminale” rispose l’uomo.

“Non mi hai ancora detto chi era veramente Wong”.

“Non hai dei sospetti?”

“Si, ma stento a crederci”.

“E invece devi crederci. L’altra sera, precedendo la polizia, ho fatto un incursione nella villa di Wong. E nella sua camera da letto ho trovato il cadavere imbalsamato di una donna con lunghi capelli neri, che a quanto pare era stata uccisa col taglio della testa”.

Un silenzio calò tra i due.

“Allora speriamo che stavolta sia morto davvero” commentò infine Sosuke.

“Stavolta non dovrebbero esserci dubbi. E poi, hai parlato a Chidori di quella faccenda?”

“Si. E si è detta d’accordo, anche se a malincuore”.

“Immagino. Capisco che per lei è doloroso dover lasciare che familiari e amici la pensino morta, ma è anche per il loro bene. Ormai per il mondo, Sosuke Sagara e Kaname Chidori sono deceduti. Se doveste ‘resuscitare’, ci sarebbe troppa curiosità intorno a voi due. E questo potrebbe attirare l’interesse di malintenzionati”.

Iassem tirò fuori dalla borsa una busta.

“Sono carte d’identità, passaporti, un po’ di denaro e l’indirizzo di un carissimo amico che vi aiuterà quando sarete arrivati a destinazione. Ricorda però, e ve lo ricorderà anche lui, che dovrete scegliere la vostra sistemazione senza fargliela conoscere, per impedire che qualcuno risalga a voi tramite lui. Comunque non dovrebbero esserci altri problemi, perché anche se a qualcuno dovessero venire dei dubbi sulla vostra morte a Tokyo, ci penserà l’affondamento della Akil a fugarli”.

“Saprò come agire, non preoccuparti” replicò Sosuke.

“Allora, direi che questo è il momento di salutarsi” disse infine Iassem.

“Si. E’ stato un onore” dichiarò Sosuke facendo il saluto militare.

“Come soldati…” rispose Iassem facendo altrettanto.

Poi gli tese la mano, e Sosuke un po’ sorpreso gliela strinse.

“… e come uomini”.

Iassem stava per girarsi e andarsene, quando Kaname apparve alla porta.

“Se permettete, vorrei dire qualcosa anche io”.

“Chidori, stai bene?” le chiese Sagara.

La ragazza annuì e si avvicinò a Iassem.

“Potrei chiederle un piccolo favore?”

“Sicuro. Quale?”

“Dia un piccolo passaggio ad una mia carissima amica” e gli mise una mano sulla fronte.

Iassem inizialmente non capì, poi sembrò comprendere.

“Lo farò”.

Infine Kaname lo baciò sulla guancia, imbarazzandolo leggermente.

“Grazie di tutto, non la dimenticheremo mai”.

“Meglio che vada” concluse Iassem allontanandosi.

Kaname e Sosuke lo guardarono finché non scomparve alla loro vista.

Poi rientrarono.

Dovevano pensare a costruirsi una nuova vita... insieme.

****

Melissa vegliava sul corpo inerte di Tessa.

“Hai visto? Ogni giorno viene a chiedere se ci sono stati miglioramenti” disse un infermiere ad un suo collega osservando la scena dalla porta.

“Si, ma il colonnello continua ad essere stazionario, non migliora e non peggiora. Chissà se e quando ne uscirà”.

Melissa ascoltò impassibile quella conversazione.

Era certa che Tessa se la sarebbe cavata, era più forte di quanto sembrasse.

Poi le arrivò una comunicazione del maggiore Kalinin, e dovette assentarsi un momento.

Nel corridoio era tutto un via vai di persone che si preparavano per il ritorno in mare del De Danaan dopo la lunga revisione generale.

E una di queste persone entrò nella stanza dove era ricoverata Tessa.

La discussione con Kalinin era stata abbastanza breve.

Mentre Melissa tornava da Tessa, notò un piccolo assembramento davanti alla stanza.

Temendo che fosse successo qualcosa, allungò il passo.

Da quella piccola folla, sbucò Kurz.

“Sorellina, presto vieni a vedere!”

Col cuore in gola, Melissa corse verso di lui.

“Che è successo?”

“Tessa! E’… è…”

Kurz sembrava cosi emozionato da non riuscire a trovare la parole.

La donna entrò nella stanza spingendo via gli infermieri.

E trovò Tessa seduta sul letto, con la faccia di chi si è risvegliato da un lungo sonno.

I medici controllavano i dati dei macchinari, ed erano strabiliati per quella ripresa improvvisa.

“Ehm… salve come va?” domandò il colonnello intimorita da tutti quegli sguardi puntati su di lei.

Melissa l’abbracciò.

“Sapevo che non ci avresti deluso! Non potevi lasciarci anche tu” esclamò colma di gioia.

Tessa ricambiò l’abbraccio: "Già... almeno io".

“Che bella scenetta!” commentò Kurz. “Dobbiamo festeggiare la guarigione del colonnello!”

E la proposta provocò un coro di assensi.

Un uomo, con un leggero e soddisfatto sorriso, osservava la piccola folla dal fondo del corridoio.

“E ora, posso tornarmene nell’ombra” disse.

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Capitolo 13
*** Epilogo ***


EPILOGO

L’ammiraglio Willer sedeva come sempre nel suo ufficio.

Udì bussare e fece entrare il suo collaboratore, il sergente Haller.

“Signore, sono arrivati gli ultimi dati sulla vicenda di Charlie Wong”.

L’ammiraglio prese il dossier e li lesse.

“Sembra che chiunque abbia preso il posto di Charlie Wong abbia fatto un lavoro davvero fenomenale, trasformando una semplice multinazione in una struttura criminale di prim'ordine. Limousine truccate, basi nascoste dentro delle navi, sosia… si, un lavoro molto ben fatto. Ce ne vorrà di tempo per venire a capo di tutto” commentò l’alto ufficiale.

“Dobbiamo prendere qualche iniziativa nei confronti del reparto servizi segreti? Finora Wong gliel’ha sempre fatta sotto il naso”.

“No, non è necessario. In fondo, il livello di sorveglianza stabilito non avrebbe potuto assolutamente scoprire le manovre elusive di Wong”.

“D’accordo, allora con permesso…”

“No, sergente, la prego di sedersi invece”.

“Come scusi?”

“Si sieda” ripeté l’ammiraglio indicandogli una sedia davanti alla scrivania.

Il sergente obbedì.

“E’ da diverso tempo che lei lavora per me, sergente, e ha imparato molte cose sul mio conto. Ma forse non sa ancora qual è il mio più grande difetto”.

“Quale, signore?”

“Il dare eccessivamente fiducia. Si perché quando io decido che una persona può godere della mia fiducia, allora non gli nascondo niente, prendo le mie decisioni davanti a lui e spesso mi faccio consigliare per tutto. E di solito non sbaglio mai quando decido a chi dare la mia fiducia. Di solito”.

“Capisco, signore. Ma cosa…”

L’ammiraglio gli fece cenno di non parlare ancora.

“Vede, sergente, qualcuno ha recapitato un libro al nostro quartier generale, un libro contenente un elenco di numeri telefonici, che sembra proprio provenire dalla villa di Wong. E su questo elenco sembrerebbe esserci anche il numero di qualcuno che informava Wong del nostro sistema di sorveglianza, e magari gli passava pure informazioni sui nostri agenti operativi impiegati nelle missioni che riguardavano le sue filiali, come quella di Bangkok”.

Haller tremò leggermente.

“Tra l'altro su questo elenco… c’è anche il suo numero!”

Le ultime parole furono pronunciate con tono aspro, mentre il sergente iniziò a sbiancare.

“Ha tradito la mia fiducia. Ha tradito la Mithril. E penso che sappia bene cosa succede ai traditori!”

L’ammiraglio schioccò le dita, e la porta dell’ufficio si spalancò, facendo sobbalzare un Haller diventato pallido come un lenzuolo.

FINE

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