THE SOUL CAGES

di Sweet Intoxication
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La morte e la fanciulla ***
Capitolo 2: *** Tutto l'amore che c'è ***
Capitolo 3: *** A volte ritornano.... ***
Capitolo 4: *** Sul ponte sventola bandiera bianca ***



Capitolo 1
*** La morte e la fanciulla ***


THE SOUL CAGES

Il seguito di “SAVE ME”

A POTO fanfic by Sweet Intoxication

“And what's in it for me my pretty young thing?
Why should I whistle, when the caged bird sings?
If you lose a wager with the king of the sea
You'll spend the rest of forever in the cage with me”

Sting, “The Soul Cages”

Capitolo 1 – La morte e la fanciulla

“Muore giovane colui che gli dèi amano.”

Questa volta Christine credette di aver vomitato anche l’anima.

Si alzò con fatica e si allontanò dal gabinetto dove aveva sfogato l’ennesimo attacco di nausea, e riempì d’acqua il catino di porcellana situato in angolo del suo camerino personale nel retro dell’Opera Populaire. Si lavò il viso e si risciacquò la bocca, rabbrividendo di sollievo alla sensazione di freschezza sulla sua pelle febbricitante.

Si sedette al tavolo da toeletta e cercò di sistemare il trucco ormai sfatto. Si guardò allo specchio: era pallida come un fantasma, ed ombre scure le cerchiavano gli occhi. Si diede dei pizzicotti sulle guance per dare un po’ di colore, e completò l’opera con uno spesso strato di belletto. Sì, così poteva andare. Si alzò e si rimirò allo specchio: la semplice tunica azzurra le donava molto, e la collana d’oro le illuminava il viso.

“Sì, posso farcela. Ancora per questa rappresentazione, e poi basta.”

Non aveva ancora rivelato a nessuno di essere incinta. Neanche a Raoul. Certamente le avrebbe imposto di abbandonare l’ingaggio e lei non avrebbe potuto sopportarlo. Aveva desiderato avidamente quel ruolo, e l’aveva ottenuto a fatica. Si era impegnata moltissimo per interpretare la difficile partitura e solo con una performance impeccabile sarebbe riuscita ad imporsi come la Primadonna del belcanto francese, mettendo a tacere le voci dei detrattori. Costoro sostenevano che, dopo lo sfolgorante debutto nell’ “Annibale” tre anni prima, “la Viscontessa De Chagny non aveva mantenuto le aspettative…..certamente aveva grande talento, ma la sua voce aveva come….perduto smalto”.

Questo dicevano di lei. E Christine sapeva che era vero.

Quando si era sposata con Raoul, pochi mesi dopo gli spiacevoli accadimenti riguardanti L’Opera Populaire e l’ormai leggendario “Fantasma dell’Opera”, aveva creduto che non potesse esistere felicità più grande: si era unita in matrimonio con una cerimonia sfarzosa con il suo grande amore il quale l’adorava e soddisfava ogni suo capriccio, viveva in un splendida magione circondata da un immenso parco, e dopo la ricostruzione dell’Opera Populaire, per la quale Andrè e Firmin si erano quasi rovinati, ne era divenuta la regina incontrastata, collezionando un successo dopo l’altro.

Ma qualcosa non andava: la sua voce. Nonostante si esercitasse ogni giorno insieme ad uno dei migliori maestri di Francia, la sua voce non era più quella di una volta……di quando c’era….lui. Tuttavia si rifiutava di ammetterlo. No, Erik era stato il suo primo maestro, e certamente aveva plasmato il suo talento, ma ormai Christine era una donna adulta ed una professionista, e non aveva più bisogno di lui. Ad ogni modo aveva continuato a seguire i suoi insegnamenti, ad esercitarsi come lui l’aveva amorevolmente istruita durante i suoi tristi anni da povera ballerina di fila orfana…..eppure sentiva che la sua voce, per quanto splendida, non aveva più quella purezza ed insieme quella sensualità di quando cantava ispirata dal suo Angelo della Musica. E gli uditori più attenti ed esperti l’avevano notato: ben presto comparvero le critiche che, sebbene fossero minime rispetto all’abnorme consenso che il famoso soprano otteneva, erano riuscite a rendere Christine estremamente insicura, perché sapeva che il suo segreto era stato scoperto. Aveva cominciato a soffrire di attacchi di panico prima di ogni rappresentazione, ed aveva preso l’aberrante abitudine di abboffarsi di cibo per poi vomitare di nascosto. Questa situazione andava avanti ormai da mesi, ma lei era riuscita a tenerla nascosta a tutti, anche alle persone che più le erano vicine: con Raoul riusciva sempre ad essere amabile ed allegra, anche se con grande sforzo, mentre con Meg e Madame Giry, le quali avevano iniziato a sospettare qualcosa dopo che Christine era svenuta sul palco durante una prova, aveva trovato la scusa di essere solo un po’ stanca ed aveva minimizzato la cosa.

La notte, però, si alzava dal letto che divideva con Raoul e vagava piangendo per la casa buia, in cerca di qualcosa che potesse lenire il suo dolore. Ed una notte aveva trovato un inaspettato balsamo per le sue ferite in una bottiglia di liquore.

Ma un giorno, finalmente, era giunta la possibilità della sua riscossa: Monsieur Reyer aveva annunciato trionfante che la prossima opera da mettere in scena sarebbe stata la celeberrima “Iphigènie en Aulide” di Gluck, la quale era stata rappresentata con grande successo pochi anni prima a Vienna.

Christine non aveva perso tempo: sapeva che quel ruolo le avrebbe dato il successo indiscusso che voleva, ed aveva iniziato a prepararsi con impegno e devozione per l’atteso debutto.

Finchè tre mesi prima aveva scoperto di essere incinta; ma la gioia iniziale aveva presto lasciato posto al terrore: Raoul, consapevole della sua salute cagionevole, le avrebbe certo proibito di continuare le prove, e lei gli aveva tenuta nascosta la gravidanza.

“Solo fino alla prima” si era ripromessa “dopo gli darò la bella notizia e mi ritirerò dalle scene. Ma ora, la mia riscossa è più importante di qualsiasi bambino”.

Christine si guardò ancora una volta allo specchio: sotto la sottile tunica si iniziava ad intravedere una rotondità sospetta, anche se appena accennata. Si poso una mano sul ventre e sospirò.

“Non temere, piccolo mio. Dopo stasera le mie attenzioni saranno tutte per te. Ma prima la tua mamma deve dimostrare a tutto il mondo chi è veramente il più grande soprano di Francia, la Viscontessa De Chagny”.

Per farsi coraggio, bevette un sorso di brandy da una fiaschetta che teneva nascosta in un cassetto. Poi iniziò a riscaldare la voce con i consueti vocalizzi. Dopo qualche minuto senti bussare lievemente alla porta: era Madame Giry, e tra le braccia aveva un magnifico mazzo di rose bianche e gialle.

“Tra dieci minuti in scena , cherie. Queste te le manda Raoul. Sono splendide non è vero?” Disse sistemando gli splendidi fiori in un vaso.

Christine le guardò e sorrise tristemente.

“Sono bellissime, è vero….ma non sono rosse…….” Disse tra sé. Nessuno le aveva più regalato una rosa rossa da quando…..

Madame Giry la guardò con sospetto.

“Christine, va tutto bene?”

Christine scacciò via il pensiero e sorrise.

“Sì Madame, va tutto bene. E’ quasi ora! Andiamo?” e si diresse fuori dalla porta.

Giunta nei pressi del palco, sentì le note dell’ouverture. All’improvviso la tua testa iniziò a girare, ed il suo cuore iniziò a battere all’impazzata.

“Oh no, non di nuovo!” Non riusciva a capire se si trattasse di un attacco di panico o di un malore dovuto al suo stato. Doveva assolutamente controllarsi! Quella serata era troppo importante!

“Calmati Christine, calmati! Va tutto bene” disse tra se, ed iniziò a trarre lunghi e profondi respiri per rallentare il battito cardiaco. Il peggio sembrava passato.

Sentì una mano gentile prenderle la sua: era Giancarlo Rossi, famoso tenore italiano, che interpretava il ruolo di Achille, suo promesso sposo nell’opera.

“Siete pronta, mia cara?”

Christine sospirò ancora una volta.

“Sono pronta. Si va in scena.”

**********************************************************

Il primo atto stava procedendo a gonfie vele.

Le interpretazioni dei cantanti erano superbe e sia Christine che Giancarlo avevano ricevuto applausi a scena aperta.

Tuttavia Christine non era tranquilla. Nonostante i suoi sforzi, sentiva che la sua voce non era come lei desiderava che fosse. Prima di entrare in scena per il duetto che chiudeva l’atto sentì un altro attacco di panico assalirla.

“Non ce la posso fare…..oh Angelo, dove sei?”

La vista le si annebbiò. Tuttavia qualcuno la spinse in scena, e Christine riuscì a raggiungere il suo posto sul palco.

La bella voce forte e piena di Rossi la risvegliò dal suo torpore.

ACHILLE:
En croiraije mes yeux ? ô ciel!
Vous en Aulide, Princesse ?

“Concentrati Christine, concentrati!”

IPHIGENIE
Quel que soit le destin qui me guide,
Ma gloire ne pourra du moins me reprocher
Que c'est Achille ici
Que mon cœur vient chercher.

Il mondo comiciò a girarle intorno.

ACHILLE
Qu'entendsje ? quel discours!
Est­ce à moi qu'il s'adresse ?

IPHIGENIE
De votre nouvelle tendresse
Suivez, suivez les mouvements,
Votre infidélité n'aura rien qui me blesse,
Et vous pouvez former d'autre engagements.

Christine sentì una morsa allo stomaco, e qualcosa nel suo ventre si mosse.

ACHILLE
D'autres engagements ?
De cette perDidie qui m'ose accuser?

IPHIGENIE
Moi, que vous avez trahie.

ACHILLE
Achille vous trahir

IPHIGENIE
Malgré tant de…….

La frase non uscì mai dalla sua bocca, e rimase strozzata nella sua gola. Un dolore intensissimo le squassò i visceri, ed all’improvviso sentì uno strano calore pervaderla. Abbassò lo sguardo: tra le sue gambe, sulla bella tunica azzurra si allargava sempre di più una macchia di sangue scuro. Christine riuscì ad alzare lo sguardo ed a vedere lo sguardo d’orrore di Rossi e di Madame Giry dietro di lui. Potè sentire il grido terrorizzato di Raoul da uno dei palchi dietro di lei.

La luce scomparve, e Christine ebbe la sensazione di cadere all’infinito. Ma prima che la sua mente venisse avvolta dal buio, riuscì a formulare un’ultima, disperata preghiera:

“Oh Angelo…..ti prego, aiutami………..”

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Capitolo 2
*** Tutto l'amore che c'è ***


Cap
Cap.1 – Tutto l’amore che c’è
 

 

“Non domandate che cosa sono.

Nulla sono, a nulla anelo.

So soltanto della mia felicità.

Non domandate se la merito, sappiate che è grande e profonda.”

 

Paul Klee

 

 

“La felicità non è avere ciò che si desidera. E’ desiderare ciò che si ha.”

 

Oscar Wilde

 

 

Il sole splendeva alto e giocoso nel caldo pomeriggio di Giugno, ed una fresca brezza spazzava la ridente campagna ai confini di Saint Germain.

 

Estelle sedeva in veranda, con in grembo il consueto lavoro di cucito. L’ago ed il filo scorrevano veloci nella trama della stoffa grazie all’abilità delle sue dita, e ben presto l’abito di Madame Jordy sarebbe stato pronto.

Ogni tanto alzava lo sguardo per dare un’occhiata a suo figlio che giocava tranquillo in mezzo al prato. Gabriel aveva da poco compiuto due anni, ed era la copia esatta di suo padre; più cresceva, e più la somiglianza con Erik si faceva impressionante: aveva gli stessi capelli scuri, i lineamenti perfetti anche se ancora dolci e rotondi, e gli occhi color della giada, grandi ed intensi. Estelle ricordava ancora il giorno in cui aveva annunciato ad Erik che sarebbe diventato padre: nel suo sguardo aveva visto stupore, felicità e paura, paura che la sua progenie portasse sul viso lo stesso terribile marchio che lo aveva condannato ad anni di oscurità e disperazione. Ma Estelle lo aveva abbracciato stretto stretto ed aveva scacciato le sue paure con un bacio:

 

“Sarà un maschio, ed avrà la tua bellezza ed il tuo genio. Lo sento. E sarà il bambino più amato del mondo, te lo prometto.”

 

Per nove mesi Erik aveva tentato di celare il timore che continuava ad insinuarsi subdolo nel suo animo. Finchè arrivò il grande giorno. La partoriente si era barricata in casa con Constance, che era ostetrica, e la piccola Colette che, da brava bambina qual era, voleva a tutti costi aiutare Maman a far nascere il fratellino, mentre il povero Erik era confinato in veranda in preda al nervosismo più sfrenato. Non si era sentito così impotente nemmeno quando era stato imprigionato da una tribù di predoni in Persia.

 

“Andiamo Erik, calmati! Se continui a camminare avanti ed indietro in quel modo consumerai le assi della veranda” gli aveva detto Pierre, il marito di Constance, nel tentativo di calmare l’amico.

 

Erik era rimasto in silenzio, la mascella serrata e la fronte imperlata di sudore.

 

“Stai tranquillo…..Constance ha tirato fuori dal forno decine di pagnotte perfettamente riuscite! Però ti capisco, io ci sono passato tre volte…. E la prima ho abbattuto un albero a colpi d’ascia per il nervosismo!”

 

Erik stava considerando l’idea di prendere anche lui ad asciate un tronco per sfogare la tensione, quando dall’interno dell’abitazione si era sentito gridare e poi piangere a squarciagola. Aveva quasi sfondato la porta per precipitarsi in casa, per poi fermarsi bruscamente davanti a Constance che teneva in braccio un fagotto urlante.

 

“E’ un maschio…..ed è sano e forte!” gli aveva detto trionfante.

 

Erik con mani tremanti aveva preso in braccio il piccolo, il quale improvvisamente aveva smesso di piangere; padre e figlio si guardarono per un lungo istante, gli occhi dell’uno riflessi in quelli dell’altro. Poi quelli di Erik si erano riempiti di lacrime alla vista del viso perfetto del bambino.

 

“E’………è meraviglioso….”aveva sussurrato tra le lacrime.

 

Estelle ricordava ancora commossa come Erik era entrato in camera sua sorridente e le aveva porto il bambino, per poi sdraiarsi accanto a lei sul letto abbracciandola e ricoprendola di teneri baci nonostante fosse esausta e sudata.

 

“Grazie…..grazie amore mio……”

 

Le calde lacrime di lui sul suo viso le avevano fatto dimenticare subito il dolore e la stanchezza.

 

Poi erano stati raggiunti sul lettone da Coco, felice come non mai, la quale aveva dichiarato solenne:

 

“Il mio fratellino è il più bello del mondo. Sembra un angioletto come quelli che hai dipinto in camera mia, non è vero papà?”

 

Erik ed Estelle non potevano essere più d’accordo. Per questo il bambino fu battezzato Gabriel Alexandre Johanson: il nome di un angelo, il nome del padre di Estelle, ed il vero cognome di Erik.

 

Gabriel era un bambino dal carattere dolcissimo e dall’intelligenza precoce: nonostante avesse solo due anni aveva già manifestato un notevole interesse per la musica: adorava presenziare alle lezioni da canto che Erik impartiva a Coco, la quale, grazie ad un innato talento e ad un Maestro d’eccezione, prometteva di diventare una superba cantante d’opera. Estelle si sentiva scaldare il cuore di fronte all’orgoglio di Erik per i suoi due bambini. Era un padre tenero ed affettuoso, ma sapeva anche essere severo al momento giusto; tutto ciò aveva lasciato Estelle piacevolmente stupita: era a conoscenza della terribile e dolorosa infanzia del suo amato e dei  lunghi anni vissuti in solitudine, e non avrebbe mai creduto che potesse adattarsi così facilmente ad un ruolo tanto difficile ed importante….ma per Erik sembrava naturale, ed Estelle ringraziava Dio ogni giorno per averle fatto incontrare quell’uomo.

 

Una vocetta limpida ed allegra la distolse dai suoi pensieri: era Coco che era andata a raccogliere fiori sulla riva del fiume ed ora ritornava cantando allegramente la canzoncina che Erik aveva composto apposta per lei:

 

Risplende la tua luce

Nel buio della via

Non so di dove vieni

Neppure chi tu sia

Sembri così vicina

E sei tanto lontana

Non conosco il tuo nome

So solo che sei bella

Ed ovunque ti trovi

E chiunque tu sia

Scintilla scintilla

Piccola stella!

 

 

La testolina bionda di Colette comparve dal folto degli alberi: indossava un delizioso abito verde, e tra le braccia aveva un enorme mazzo di fiori di campo….sembrava davvero una fatina dei boschi.

Si fermò per dare un bacio al fratellino e poi appoggiò i fiori sul tavolo della veranda.

 

“E’ ora, Maman! Andiamo a prendere papà? Avrà quasi finito di lavorare, ormai!”

 

“Il tempo di finire quest’orlo, Coco, poi potremo andare. Intanto metti i fiori in un bel vaso sulla tavola.”

 

La bambina obbedì prontamente ed entrò in casa.

Dopo qualche minuto Estelle, Colette e Gabriel, saldamente aggrappato al collo della sua mamma, s’incamminarono verso la fattoria di Pierre e Constance Vaillant.

Il fienile della fattoria era stato distrutto alcuni anni prima in un incendio nel quale Pierre era rimasto gravemente ustionato, dopodiché non era più stato ricostruito. Erik ne aveva progettato uno nuovo ed ora i lavori erano quasi al termine: la nuova costruzione era così armoniosa a vedersi che pareva una abitazione signorile invece di un semplice fienile.

 

Mentre si avvicinavano, Estelle notò Erik intento a montare alcune assi, ed il suo cuore fece un balzo: Dio, com’era bello, suo marito. Si era tolto la camicia a causa del il caldo eccessivo, e gocce di sudore imperlavano la pelle abbronzata dal sole ed il petto scolpito dal duro lavoro. Alzò lo sguardo su di loro e li accolse con un bellissimo sorriso: da quando lui ed Estelle si erano sposati non portava più la maschera, e senza quella copertura opprimente la pelle piagata del lato destro del suo viso era molto migliorata, grazie anche al sole ed ad un unguento miracoloso che Constance aveva preparato apposta per lui, secondo una delle sue segretissime ricette erboristiche. Era lo stesso medicamento che aveva usato per curare le ustioni di Pierre, ed Erik ne aveva tratto grande giovamento: la piaga sotto l’occhio destro era guarita, ed ora la palpebra si chiudeva normalmente. La pelle era diventata più morbida e aveva acquistato un colore più uniforme, anche se le cicatrici sulla guancia e l’alopecia erano rimaste. Tuttavia Erik aveva preso l’abitudine di portare i capelli non più lisciati all’indietro, ma più liberi e “spettinati”, con un ciuffo sul davanti a mascherare l’area calva e la mancanza del sopracciglio. Quest’acconciatura lo faceva sembrare persino più giovane e gli dava un’aria da “poeta ribelle”, come diceva Estelle, che nulla toglieva al suo fascino misterioso.

 

“Hei Erik, è arrivata la tua allegra famigliola!” esclamò Pierre che usciva in quel momento dal fienile insieme al suo figlio maggiore Didier, e salutò affettuosamente i bambini che si gettarono subito tra le braccia di “zio Pierre”.

Erik si asciugò il viso con la propria camicia, poi si avvicinò ad Estelle: le sollevò il mento con una mano, e posò un morbido bacio sulle sue labbra. Lei si perdette per un attimo nell’immensità dei suoi occhi di giada poi gli sorrise dolcemente.

 

“Devi aver faticato molto oggi!”

 

Lui la guardò con ironia:

 

“E cosa te lo fa pensare? Non vedi come sono fresco e riposato?”

 

Estelle aggrottò la fronte:

 

“Già, già. A casa ti aspetta un bel bagno. Sappi che stasera non ti permetterò di venire a letto finchè non sarai pulito e profumato!”

 

Erik assunse un’aria ferita.

 

“Ma come? Pensavo ti piacerti così, in tutta la mia verace mascolinità!”

 

Tentò di abbracciarla, ma Estelle fu lesta a scappare, ridendo come una ragazzina.

Erik sfoderò il suo sguardo più minaccioso e dichiarò:

 

“Scappa pure….tanto prima o poi riuscirò a prederti, ed allora vedrai….”

 

Estelle si finse terrorizzata, poi Erik fu raggiunto in pieno viso dalla sua camicia appallottolata.

 

***********************

 

 

Giunse la sera.

 

Erik terminò di cantare la dolce ninnananna di sua composizione, e si fermò ad osservare i suoi bimbi addormentati nei loro lettini: il piccolo Gabriel a pancia in su con i pugnetti chiusi e Coco sdraiata sul fianco, i capelli sparsi sul cuscino in una cascata d’oro. La sua principessa aveva ormai sette anni, e diventava ogni giorno più bella. In lei Erik aveva trovato non solo la figlia che aveva sempre desiderato, ma anche un’allieva estremamente talentuosa. Coco adorava il suo padre adottivo, e faceva di tutto per compiacerlo: avevano due caratteri molto simili, e nonostante fossero entrambi estremamente testardi, andavano d’accordo su tutto. Erik avrebbe fatto qualunque cosa pur di renderla felice, e pensava con una punta di preoccupazione al giorno in cui un baldo giovane l’avrebbe portata via. Sperava solo che i suoi due adorati figli, una volta divenuti adulti, trovassero il vero amore come era capitato a lui, perché come diceva sempre Estelle “non c’è benedizione più grande”.

 

“Buona notte, miei angeli.” mormorò. Li baciò sulla fronte ed uscì.

 

 

Estelle era seduta sul bordo del letto e si pettinava la lunga chioma . Erik entrò in camera ed iniziò a spogliarsi per la notte, con movimenti lenti ed inconsapevolmente sensuali. Estelle lo guardava di sottecchi: sarebbe rimasta ad osservarlo per ore…..amava particolarmente il morbido solco tra i forti muscoli della sua schiena, in corrispondenza della colonna vertebrale. Lo trovava particolarmente….attraente. Si morse il labbro inferiore, arrossendo per l’audacia dei propri pensieri, e volse lo sguardo altrove.

Indossati i pantaloni del pigiama, Erik si sedette dietro di lei, le prese il pettine dalle mani e, come faceva ogni sera, cominciò a passarlo delicatamente tra i capelli di seta della sua amata alternando i colpi si pettine a piccoli baci.

 

Estelle chiuse gli occhi e sospirò di piacere.

 

“Domani mattina devo andare a Saint Germain a prendere del materiale, ma sarò di ritorno nel primo pomeriggio” disse Erik.

 

Estelle annuì senza aprire gli occhi.

Dopo il matrimonio, Erik aveva ristrutturato la casetta di Estelle costruendo una dependànce nella quale aveva ricavato il suo laboratorio. Vi erano un pianoforte, regalo di nozze di sua moglie, ed un tavolo enorme ricoperto di attrezzi di ogni tipo con i quali realizzava le sue creazioni artistiche. Infatti, sebbene Erik e la sua famiglia potessero vivere tranquillamente di rendita (durante i tristi anni come Fantasma dell’Opera Erik aveva accumulato una vera fortuna grazie allo “stipendio” mensile elargitogli dal patron) sia lui che Estelle intendevano continuare con la loro professione: lei col suo lavoro di couturière ed Erik con quello di artista. I suoi balocchi erano ormai conosciuti in tutta la Francia: realizzava carillon e scatole magiche così perfetti ed originali da sembrare magici. Tuttavia Estelle avrebbe preferito che continuasse a dedicarsi al suo vero grande amore: la musica. Ma sebbene si ritrovasse a comporre di tanto in tanto, Erik aveva praticamente abbandonato pentagramma e calamaio.

 

“Quando non ero che un Fantasma, la Musica era tutto ciò che avevo per sentirmi vivo. Ne ero quasi ossessionato, era una droga per colmare l’immenso vuoto del mio animo. Ma, anche se resterà sempre la mia linfa vitale, ora il mio cuore è talmente pieno d’amore e di felicità che quel fuoco creativo ed insieme distruttivo si è spento. Adesso la mia più grande gioia è cantare insieme a te, Estelle, od insegnare a Coco.”

 

Estelle aveva accettato la sua scelta, ma dentro di se pensava che fosse ingiusto che tanto genio venisse sprecato. Tuttavia Erik ora era il ritratto della felicità, e lei non poteva desiderare di più.

 

Erik appoggiò il pettine sul comodino, ed iniziò ad accarezzare dolcemente le spalle di sua moglie.

 

“Sei stanca?”

 

Estelle aprì gli occhi. Il malcelato desiderio nella voce di Erik aveva improvvisamente risvegliato tutti i suoi sensi.

 

“Non particolarmente……tu invece devi essere esausto, dopo il duro lavoro di oggi…..”

 

Erik spostò i capelli di Estelle da una parte.

 

“Ora non più.”

 

Abbassò il capo, e le sue labbra si posarono dolcemente sulla spalla di lei. Estelle richiuse gli occhi e chinò la testa da un lato per consentirgli migliore accesso.

Le labbra di Erik iniziarono a danzare sulla sua spalla, sul suo collo, fino alla sensibile area dietro l’orecchio. Le sue mani l’accarezzarono gentili ma avide, accendendo di desiderio il suo corpo.

Dopo un minuto Estelle si girò verso di lui, cingendogli il collo con le braccia, ed i loro sguardi si incontrarono. Erik chinò il viso, ed Estelle chiuse gli occhi: quello era il momento che amava di più, quell’attimo prima che le loro bocche si sfiorassero……..era solo un istante, ma per lei comprendeva tutta l’eternità. Estelle dischiuse le labbra ed Erik accolse l’invito approfondendo il bacio con tale trasporto da toglierle il respiro. Estelle riusciva ancora a stupirsi di quanta passione a quanta tenerezza Erik riuscisse a mettere in ogni bacio, anche dopo tre anni dal loro primo incontro: con lui era come se fosse sempre la prima volta. Più passava il tempo e più la passione tra di loro cresceva; non riuscivano a saziarsi l’uno dell’altra, e non solo dal punto di vista fisico: ogni nuovo giorno insieme era per entrambi una scoperta ed un’immensa gioia, fatta di piccole e grandi cose.

 

Si interruppero per prendere fiato. Estelle ne approfittò per liberarsi della camicia da notte, dopodiché Erik la prese tra le braccia e la fece sdraiare sul letto. Frenò il proprio impeto per ammirare il corpo stupendo della sua amante: Dio, era così bella da fare male. Le due gravidanze non avevano minimamente scalfito la sua perfezione, degna di una dea. Estelle si sentì incendiare sotto quello sguardo di fuoco, e dalle sue labbra uscì un sussurro implorante:

 

“Erik….”

 

Erik si chinò su di lei e la baciò dappertutto. Le sue mani scorrevano sul suo corpo come carezzevoli onde marine indugiando sui punti più sensibili che ormai conosceva a memoria. Infine le sue dita sfiorarono il bocciolo segreto tra le sue gambe, ed Estelle emise un gemito. Le sue mani si mossero freneticamente per slacciare i pantaloni di Erik, ed eliminare così l’ultimo ostacolo alla loro passione.

 

Gemettero entrambi quando i loro corpi si unirono. Erik iniziò a muoversi lentamente dentro di lei, lo sguardo fisso sul suo bellissimo viso per non perdersi neanche un attimo del suo crescente percorso verso il sommo piacere. Il respiro di Estelle si fece accelerato e si aggrappò disperatamente a lui: gli cinse la vita con le gambe, e la diversa angolazione impose al corpo di Erik di muoversi più rapidamente. Dopo pochi istanti, l’estasi travolse Estelle con ondate di piacere intensissimo, e presto Erik la raggiunse, soffocando un grido ed affondando il viso nella curva del collo di lei.

 

Estelle gli accarezzò teneramente i capelli, incollati alla a nuca a causa dell’intenso calore sprigionato dai loro corpi. Erik sollevò il capo e la guardò intensamente negli occhi, quegli occhi blu come il cielo nelle notti di primavera.

 

“Mio Dio Estelle, quanto ti amo……”

 

Estelle sentì lacrime di gioia salirle agli occhi, come ogni volta che Erik le diceva così.

 

“Baciami Erik. E giurami che non smetterai mai di baciarmi come fai ora.”

 

Erik avvicinò il viso al suo, a sfiorare appena le labbra di lei con le proprie.

 

“Te lo giuro, Estelle”.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** A volte ritornano.... ***


PREMESSA DELL'AUTRICE: ha senso riprendere in mano una fanfiction abbandonata quasi vent'anni fa? Smisi di scrivere questa storia perché pensavo di non avere più nulla da dire. Non sono una scrittrice, non ho mai scritto altro, anche se ho mille storie nella mia testa. Ebbene, cosa è successo? Sono andata a (ri)vedere POTO a teatro. Il mio musical preferito, di cui conosco a memoria ogni parola, ogni nota. Che emozione indescrivibile. E quanti ricordi sono riaffiorati, tra cui quello di queste due fanfiction che, ancora studentessa, avevo scritto di getto nell'aula di informatica della mia facoltà, tra una lezione e l'altra. Sembra, anzi è, trascorsa una vita intera da allora. Sono una persona molto diversa, oltre che molto più vecchia. Ma la passione per POTO è rimasta. Scartabellando i tra i miei vecchi file, ho ritrovato il testo di The Soul Cages. Ed ho realizzato che avevo scritto i capitoli 3 e 4 senza averli mai pubblicati. Ho deciso, quindi, di dare una nuova possibilità ai miei personaggi.....soprattutto al mio adorato Erik. Non faccio pomesse, ma.....se questa storia dovesse piacere anche ad una sola persona, potrebbe proseguire. ;)

 

Cap. 3: A volte ritornano……

 

 

E’ sempre stato così, che l’amore non conosce la sua propria profondità finchè non arriva l’ora del distacco”

 

K. Gibran

 

 

 

La carrozza a due cavalli si spostava rapida per le strade di Parigi, diretta fuori città.

 

Raoul guardava fuori dal finestrino, ma i suoi occhi non si curavano delle frenetiche attività cittadine: aveva lo sguardo perso nel vuoto, e la morte nel cuore. Non riusciva ancora a credere a ciò che stava per fare. No, era una pazzia, pensò, non poteva funzionare. Eppure dentro di sé sentiva che quella era la sua ultima possibilità. Si sarebbe umiliato, avrebbe supplicato ed implorato, fatto a pezzi il proprio onore e la propria dignità. Tutto, pur di riaverla. Anche chiedere l’aiuto del suo acerrimo rivale. Qualunque cosa, pur di riavere Christine.

 

 

 

 

Era quasi mezzogiorno, ed Erik tornava verso casa a cavallo di Solomon, il suo magnifico stallone nero, erede di Cesar.

Quella mattina aveva concluso un ottimo affare a Saint Germain, perciò era particolarmente di buon umore. Addirittura si ritrovò a fischiettare mentre procedeva tranquillamente al trotto. Si rese conto che quella di fischiettare era un’abitudine che non aveva mai avuto….almeno fino a tre anni prima. Sorrise tra sé: quante cose erano cambiate in quel lasso di tempo….anzi, in realtà la sua vita era stata completamente stravolta nel giro di tre soli giorni. Nel periodo di tempo necessario al sole per sorgere e tramontare tre volte lui, Erik, meglio conosciuto come il Fantasma dell’Opera, aveva perduto tutto ciò che amava di più, rischiato di morire, incontrato l’amore della sua vita e finalmente cancellato gli orrori del suo passato.

 

“Crocifissione, morte, resurrezione…..”

 

Non potè evitare di fare un confronto con le Sacre Scritture, anche se non intendeva essere blasfemo. Da quando si era innamorato di Estelle aveva ritrovato una sorta di fede, anche se non poteva certo definirsi un uomo religioso. Eppure ora si ritrovava spesso a parlare con Dio: le sue non erano preghiere, ma più che altro….”conversazioni” con un Amico invisibile ed onnipotente a cui chiedere consiglio. Ricordava ancora l’intensa emozione da lui provata il giorno del suo matrimonio con Estelle nella piccola chiesa del paese: era stata una cerimonia semplice ma molto intima e carica di significato, e le belle parole di Padre Armande, l’anziano e saggio parroco, gli erano rimaste impresse indelebilmente nella mente:

 

“L’ Amore è la forza più potente che esista. E’ la Luce, il soffio vitale che il Signore ha infuso nei suoi figli affinché governassero il mondo secondo i Suoi insegnamenti. Purtroppo, troppo spesso il Male offusca la Luce dell’Amore, ma ricordate che, anche se debole, questa non si spegne mai. Aspetta solo che un cuore buono e giusto vi soffi sopra per farla risplendere e divampare. L’Amore ha innumerevoli forme: vi è l’Amore materno, l’Amore filiale, l’Amore di un amico, e l’Amore tra un uomo ed una donna, come quello che celebriamo qui oggi. Ricordate, figli miei, di non smettere mai di alimentare la fiamma del vostro Amore, perché in questo modo essa non illuminerà solo la vostra vita, ma anche quella di coloro che vi sono accanto.”

 

Detto questo, li aveva benedetti e sancito la loro unione per l’eternità.

Erik sorrise tra sé al ricordo del dolce bacio tra lui e la sua sposa, accolto da un tripudio di applausi; quel giorno Estelle era quanto di più bello avesse mai visto, avvolta in uno splendido abito bianco ed azzurro che la faceva sembrare un angelo.

Erik sospirò: Dio, l’amava da impazzire. Non poteva lontanamente immaginare la sua vita senza di lei: Estelle era la colonna portante della sua esistenza, il porto sicuro nella tempesta, il caldo rifugio nel rigore dell’inverno…..senza di lei si sarebbe sentito perduto. Pensò che una creatura così meravigliosa e perfetta meritasse di essere immortalata nel tempo in un’opera d’arte……e qual era la più sublime delle Arti, se non la Musica? Da molto tempo Erik non si dedicava seriamente alla composizione, e si rese conto che il creare musica gli mancava moltissimo. Improvvisamente fu folgorato da un’idea: avrebbe dedicato un’opera ad Estelle. Sì, la sua sposa sarebbe stata la sua Musa ispiratrice, bellissima Euterpe dalla voce melodiosa. Oh, quale capolavoro ne sarebbe scaturito! E Colette ne sarebbe stata la protagonista, una volta cresciuta.

 

Solomon imboccò la stradina che portava a casa. Erik era così preso dall’entusiasmo della sua idea che quasi non si accorse della carrozza signorile che sostava ai margini del giardino. Quando la notò rimase stupefatto, poi vide lo stemma nobiliare sulla fiancata: il cervo rampante della casata dei Visconti De Chagny.

 

Il cuore di Erik fece un balzo: Christine……….

Il suo animo fu travolto da un’onda di emozioni disparate: perché Christine era lì? Come avevano fatto a trovarlo? Forse erano giunti fin laggiù per arrestarlo! In fondo era ancora un assassino a piede libero…….

 

Non fece in tempo a mettere ordine nei propri pensieri: nel giro di pochi secondi era sceso da cavallo, si era precipitato verso l’ingresso ed aveva spalancato la porta di casa.

Ciò che vide lo lasciò totalmente senza parole: in casa sua, seduto al tavolo accanto ad Estelle, vi era il Visconte Raoul De Chagny.

 

 

 

 

Erik non poteva credere ai suoi occhi. Lì davanti a lui, seduto accanto alla sua adorata compagna vi era quello che fino a tre anni prima era stato il suo acerrimo rivale.

 

Gli sguardi dei due uomini si incontrarono, e la tensione nella stanza si fece quasi palpabile. Erik ebbe la sensazione che il peso del passato lo schiacciasse come un macigno: poteva vedere ancora davanti a sé il luccichio della propria spada che cozzava contro quella di Raoul durante il sanguinoso duello al cimitero, sentiva ancora le sue mani stringere il cappio intorno al collo del rivale intrappolato nel suo rifugio nei meandri sottostanti l’Opera Populaire….dal canto suo, Raoul fu travolto dal ricordo dell’aria intrisa di umidità e della ruvida corda che gli stringeva la gola, e del suo disperato tentativo di salvare la sua amata da quel mostro…….

Eppure…..c’era qualcosa di diverso: l’uomo davanti a lui non era un mostro, non era il Fantasma dell’Opera che ricordava. Era privo della maschera, ed il lato destro del suo viso non poteva certo definirsi sano, ma dov’era finita la carne piagata e arrossata, dov’erano le orrende cicatrici, dov’era lo sguardo malsano carico d’odio e di pazzia?

 

I due si squadrarono per pochi secondi, ma ad entrambi sembrò un eternità, persi com’erano nell’imponenza dei loro ricordi.

Finchè ad un certo punto la voce di Estelle li distolse da quella sorta di trance. La donna aveva percepito immediatamente la tensione tra i due, e sentiva di dover fare qualcosa.

 

“Erik, mio caro, sei tornato….il Visconte De Chagny è venuto da Parigi per conferire con te di un argomento molto importante”. Mentre parlava si alzò e si avvicinò ad Erik, prendendogli la mano. Quel contatto gli fece distogliere lo sguardo da Raoul. Guardò Estelle: i suoi occhi avevano un’espressione rassicurante ma molto, molto seria.

 

Tornò a guardare il Visconte.

 

“E perché mai dovrebbe voler parlare con me, il Visconte De Chagny?” il suo tono era ironico, volutamente provocatorio.

Raoul si alzò con calma, ma non rispose. La mandibola serrata e la vene visìbili sulla sua fronte rendevano palese il suo disagio.

 

Erik sorrise tra sé:

 

“Qualunque cosa voglia, questa è casa mia e sono in vantaggio su di lui, come quella notte all’Opera……mio Dio, ma cosa vado a pensare?”

 

Estelle gli strinse più forte la mano. La sua voce era ferma e grave:

 

“Erik, ti prego, non essere scortese. Si tratta di una faccenda molto delicata. Riguarda Christine.”

 

Al suono di quel nome Erik dovette chiudere e riaprire gli occhi per focalizzare. Christine……..la donna alla quale aveva dedicato dieci anni della sua vita e della sua arte…..colei per la quale aveva ucciso ed ingannato……la sua Christine…..ma si rese conto che si trattava ormai di un ricordo sfocato. Cercò di visualizzarla nella sua mente: certo, poteva vedere i suoi meravigliosi capelli, i suoi dolci occhi scuri e poteva sentire la sua voce stupenda….

 

Erik tornò a guardare la sua sposa: Estelle sapeva tutto di lui e Christine. Le aveva raccontato ogni cosa, ogni particolare della storia. Eppure non sembrava particolarmente turbata dalla presenza del Visconte, bensì pareva preoccupata per lui. Temeva che il ricordo lo facesse soffrire ancora……

 

“Oh amore, perché sei così buona con me?” pensò Erik.

 

Poi guardò Raoul:

 

“Christine? Che cosa le è successo?”

 

Un’ombra passò sul viso di Raoul che abbassò gli occhi:

 

“Ecco……Christine sta molto male. Ma ahimè, ad essere affetto non è il suo corpo, bensì il suo animo……” la voce gli si ruppe in gola. Rimase immobile, lo sguardo fisso nel vuoto.

 

Le sue scarne parole colpirono Erik: Christine stava soffrendo, e si rese conto che la cosa lo turbava moltissimo, nonostante l’avesse cancellata dalla sua vita tre anni prima. E Raoul…..era evidente che soffrisse anche lui. Erik sapeva che amava moltissimo Christine, e che sarebbe stato disposto a morire per lei, come gli aveva già dimostrato più di una volta.

 

Scambiò con Estelle uno sguardo d’intesa, poi entrambi si sedettero di fronte al Visconte.

 

Lo sguardo di Erik era serio, ma non più ostile.

 

“Parlate, Raoul. Vi ascolto.”

 

Raoul si sedette, osservandoli entrambi.

 

“Si tratta si una questione estremamente privata, Monsieur. Preferirei conferire con voi soltanto.”

 

Erik prese la mano di Estelle nella sua.

 

“Non ci sono segreti tra me ed Estelle.”

 

I due sposi si scambiarono uno sguardo così pieno di tenerezza e fiducia che Raoul sentì l’invidia pungergli il cuore. Com’era possibile che un assassino e ed infingardo avesse l’amore di una donna tanto bella e gentile? Eppure il sentimento che li univa era chiaro e palese come il sole nel cielo. Da quanto tempo lui e Christine non si guardavano più in quel modo?

 

Raoul trasse un lungo sospiro.

 

“E sia.”

 

Con voce grave, iniziò a raccontare.

 

“Christine ed io ci sposammo pochi mesi dopo……dopo l’ “incidente” all’Opera Populaire.”

 

Erik si sentì a disagio, ma non lo diede a vedere.

 

“Eravamo così felici insieme….la mia adorata era il ritratto della bellezza e della spensieratezza. Quando l’Opera Populare fu riaperta, dopo una laboriosa ristrutturazione, Christine ne divenne la Primadonna, la stella incontrastata. Ma forse fu proprio allora che iniziarono i suoi problemi.”

 

Guardò fuori dalla finestra, ed i raggi del sole sfioravano il suo bel viso triste.

 

“Le sue interpretazioni erano mirabili, me presto alcuni detrattori cominciarono a muoverle delle critiche sui giornali parigini. Dicevano che nonostante fosse un grande soprano, non aveva tuttavia soddisfatto le aspettative conseguenti al suo straordinario debutto nell’ “Annibale”, tre anni fa. I critici dicevano che la sua voce aveva perso quella particolare intensità che tanto li aveva colpiti al principio. Christine sembrava non curarsi di commenti, ma adesso sono certo che devono averla fatta soffrire molto. Tuttavia sembrava allegra e felice, solo un pochino stanca, ma sosteneva che ciò era dovuto all’impegno che metteva nelle prove. Non ho notato nulla di strano nel suo comportamento, finchè……”

 

S’interruppe, torcendosi nervosamente le mani.

 

Erik ed Estelle si guardarono, poi lui lo esortò a proseguire il racconto:

 

“Coraggio, continuate. Cosa è successo?”

 

Raoul sospirò ancora, come se avesse un peso insopportabile sul cuore.

 

“Finalmente giunse una grande occasione per Christine: all’Opera Populaire sarebbe stata rappresentata l’opera “Iphigènie en Aulide” di Gluck, e lei ne sarebbe stata la protagonista. Era così eccitata…..diceva che quel ruolo le avrebbe consentito di mettere a tacere tutte le critiche sul suo conto.”

 

Erik annuì. Conosceva ed ammirava l’opera di Gluck e sapeva che molte primedonne avrebbero fatto carte false per avere la parte di Ifigenia. Dentro di sé provò grande soddisfazione per la sua allieva.

 

“Si preparò col massimo impegno possibile. Provava giorno e notte, quasi senza dormire o toccare cibo. Era dimagrita molto, ma diceva che era solo tesa per l’attesa della prima.

Alfine, due mesi fa giunse la grande serata. Ricordo che era molto nervosa, ma una volta entrata in scena sfoggiò tutta la sua maestria. Cantava come un angelo. Poi…..”

 

Raoul deglutì con difficoltà.

 

“Durante il duetto che chiudeva il primo atto, Christine si sentì male e svenne sul palco. Ci precipitammo da lei: era coperta di sangue, aveva avuto un’emorragia interna…….fortunatamente il medico che la soccorse dichiarò che era fuori pericolo, ma fu solo allora che seppi che aveva avuto un aborto spontaneo.”

 

Erik ed Estelle raggelarono.

La voce di Raoul era un sospiro soffocato:

 

“Era incinta di tre mesi, e non me l’aveva detto…….non l’aveva confidato a nessuno, nemmeno a Madame Giry o alla sua migliore amica, Meg. Temeva che le avremmo impedito di continuare le prove…….da quel momento non si è più ripresa. Non mangia, è ossessionata da incubi terribili….dice di sognare il suo bambino mai nato che l’accusa di averlo trascurato per le luci della ribalta. Non fa che piangere, oppressa dai sensi di colpa. Ho perfino scoperto che nascondeva bevande alcoliche in camera sua, delle quali ha iniziato ad abusare. Ma soprattutto, non canta più. Dice di aver perso la voce. Dice che l’Angelo della Musica l’ha abbandonata…..”

 

A quelle parole, Erik si irrigidì. Estelle gli strinse la mano ed entrambi osservarono il povero Raoul, che ora era scosso dai singhiozzi.

 

“Oh, come sono stato stupido e cieco! Non ho capito quanto stava male, l’ho trascurata quando aveva bisogno di me! Se solo le fossi stato più vicino, se solo…..se solo…..”

 

Non aveva più la forza di continuare.

Estelle, mossa da pietà, gli prese le mani tra le sue.

 

“Suvvia, Visconte, calmatevi. Non dovete rimproverarvi. Vo l’amate molto, e sono certa che col vostro aiuto Christine si riprenderà”.

 

Raoul la guardò stupito. Gli occhi di quella donna sembravano due laghi montani, ed il suo sorriso era così dolce a buono da scaldare il cuore.

Sospirò ancora:

 

“Ho tentato di aiutarla, Estelle. Dio solo sa quanto ho tentato. Mi sono rivolto ai migliori medici, il cui verdetto è sempre lo stesso: non è malata nel corpo, ma nell’anima. Ho parlato anche col suo confessore, il quale mi ha detto che tutto ciò che posso fare è pregare per lei, affinché trovi dentro di sé la forza superare questo momento. Ma Christine, un tempo così religiosa, sembra aver perduto la fede…..”

 

Erik era sconvolto. Non riusciva a credere alle parole di Raoul: Christine, la sua Christine stava soffrendo le pene dell’inferno…..no, non poteva essere. La sua amata allieva era troppo buona e pura per meritare ciò. Ed il povero Raoul…..anche se in passato l’aveva odiato a morte in quanto suo rivale, ora provava una gran pena per lui. Era un uomo disperato che tentava in tutti i modi di salvare la sua adorata sposa da un triste destino. Scoprì di provare ammirazione nei suoi confronti: un tempo lo aveva considerato nient’altro che un bamboccio ricco e viziato, ma ora doveva ammettere che era un uomo buono e coraggioso. E, soprattutto, amava Christine sopra ogni cosa.

 

Finalmente Erik prese la parola:

 

“Tutto quello che dite è molto triste. Ma ora dovete spiegare perché siete venuto a cercarmi, e come mi avete trovato.”

 

Raoul accennò un timido sorriso.

 

“Tempo fa ho regalato a Christine un magnifico carillon rappresentante un boschetto con delle Silfidi danzanti, così perfette da sembrare vere. Ho intuito subito chi l’avesse realizzato, anche perché sul pannello inferiore è incisa una “E”. Non è stato difficile risalire dal negoziante al produttore.”

 

A quel punto, Raoul lo guardò intensamente, gli occhi colmi di disperazione:

 

“Vi ho cercato perché siete la mia unica speranza, Erik. Durante i suoi incubi, Christine invoca il suo Angelo della Musica. Ed io so che siete voi. So che non ha mai dimenticato il suo Maestro. Vi prego, Erik, dovete aiutarla a ritrovare la voce, a riscoprire la sua passione per la musica, solo voi potete farlo…..se non canta, la mia adorata è come un uccellino che non può più volare, ed io non so più cosa fare. Vi sto chiedendo di venire con me a Parigi. Aiutatemi a salvarla.”

 

Erik si alzò ed iniziò a camminare per la stanza. Rivedere Christine, sentire di nuovo la sua voce….era qualcosa a cui non aveva più pensato in quei tre anni. Che effetto gli avrebbe fatto incontrarla, ora che era un uomo felice e non più un misero Fantasma? Certo, saperla in ambasce lo addolorava e sentiva di provare ancora dell’affetto per lei: in fondo l’aveva conosciuta quando non era che una bambina. Però……

 

“Non posso venire con voi Visconte. Mi dispiace.”

 

Le spalle di Raoul si afflosciarono come se il poveretto fosse stato completamente svuotato di ogni speranza.

 

“Vi prego Erik! Sono venuto fin qui per supplicarvi, mettendo da parte il mio orgoglio e la mia dignità, cercando di dimenticare il rancore che serbavo per voi. Non vi chiedo di farlo per me, ma per Christine! Possibile che non proviate nemmeno un minimo di empatia per lei? Dopo tutto quello che è successo? Non ricordate più quanto l’ama…..”

 

Troncò la frase a metà. Si ricordò della presenza di Estelle, e non volle ferire la sua sensibilità tirando in ballo l’antico amore di suo marito. Ma Erik completò il suo pensiero.

 

“L’ho amata moltissimo, è vero. Ho fatto cose orribili spinto dalla mia ossessione per lei. Ed è proprio per questo che non posso aiutarvi, Raoul. Mi addolora terribilmente sapere della sua sofferenza, perché provo ancora dell’affetto per lei. Ma Christine fa parte del mio passato, un passato oscuro che sto cercando di dimenticare. Ed anche se la mia adorata Estelle conosce tutti particolari della mia storia, non potrei mai causarle un dolore recandomi dalla donna che ho amato prima di incontrare lei.”

 

Il suo tono era fermo.

 

Raoul abbassò il capo, sconvolto.

 

“Certo, capisco le vostre ragioni…..”

 

Estelle non potè più sopportare la vista di quell’uomo così sofferente. Decise che doveva fare qualcosa.

 

“Visconte, vogliate scusarci…..ho bisogno di parlare da sola con mio marito.”

 

Detto questo si alzò e prese Erik per mano, conducendolo in veranda.

Raoul non fece in tempo ad alzarsi in segno di cortesia che Estelle aveva già chiuso la porta dietro di loro.

 

Erik la guardò con aria interrogativa.

 

“Va’ da lei, Erik.”

 

Era certo di avere sentito male:

 

“C…Cosa?”

 

“Devi andare da Christine. Ha bisogno del tuo aiuto.”

 

“No Estelle, non potrei mai farti questo……”

 

“Non pensarci nemmeno! Quella povera fanciulla sta male, e con lei anche il Visconte. E’ un uomo disperato. Chissà quanti fantasmi interiori ha dovuto affrontare prima di decidere di venire a cercarti! Io gli credo, Erik. Solo tu puoi aiutarla: salvala con la tua Arte sublime.”

 

Erik si sentì a disagio: no, non poteva farlo.

 

“Amore mio, non posso andare da lei. Rivedere Christine significherebbe rievocare il Fantasma dell’Opera….riportare a galla quel passato terribile che sto cercando di cancellare…..mi dispiace che stia male, ma….” la sua voce ora era carica di rabbia “io ho ucciso per lei, Estelle! Te ne rendi conto? Ho paura di rivederla…..ho paura di cadere di nuovo in quella malsana ossessione….”

 

Si passò una mano sugli occhi, come a voler scacciare quella terribile prospettiva.

 

Estelle gli si avvicinò e lo abbracciò. Lui le cinse la vita con le braccia, affondando il viso nei suoi capelli. No, non avrebbe mai potuto lasciare il suo angelo per Christine….

 

Estelle lo guardò intensamente negli occhi.

 

“Mio adorato, il Fantasma dell’Opera non esiste più, e tu lo sai. Al suo posto c’è un uomo buono e saggio, con un cuore grande così. Ricordi le parole di padre Armande? Tu hai tanto amore da dare……va’ da lei, aiutala. Sono certa che puoi farcela, e vedrai che dopo ti sentirai un uomo ancora migliore, perché condividere la propria felicità con gli altri rende ancora più felici. Io lo so, l’ho vissuto in prima persona” disse regalandogli un sorriso che lui ricambiò “e poi, rifletti su questo: è stato anche grazie alla scelta di Christine se noi due abbiamo potuto incontrarci, no? In un certo senso, le siamo debitori.”

 

Erik indugiò a guardare il suo bellissimo viso. Estelle aveva ragione, come sempre. Doveva andare da Christine, per rimediare al dolore che le aveva causato in passato e per seppellire definitivamente i propri demoni.

 

“Va bene. Ma vieni con me: con te al mio fianco non temerei nulla, avrei la forza ed il coraggio di un leone. Ti prego.”

 

Un ombra passò nei begli occhi di Estelle, che si staccò da lui.

 

“Oh no, Erik, non chiedermi questo…..Non posso lasciare i bambini ed inoltre ti sarei solo d’intralcio in una situazione così delicata. E poi…..non posso tornare a Parigi. Non voglio. Troppi ricordi dolorosi giacciono laggiù…..”

 

Erik la guardò con comprensione. Parigi le aveva causato solo tragedie in passato e lui non si sarebbe mai perdonato di farla soffrire. Vide le lacrime formarsi nei suoi occhi e non potè sopportarlo: la prese tra le braccia e la strinse forte.

 

“Perdonami Estelle, non volevo addolorarti…….andrò da solo. Anche se già so che senza di te mi sentirò perduto…”

 

Lei gli accarezzò teneramente il viso.

 

“Oh no. Riuscirai ad aiutare Christine ed a ridarle la voce. Ne sono certa.”

 

“Come fai ad esserne così sicura?”

 

“Perché so che quando vuoi qualcosa niente e nessuno può fermarti. E poi, mi sono mai sbagliata?”

 

Erik scoppiò a ridere. Oh, quanto era vero!

Estelle si alzò sulle punte dei piedi ed Erik la baciò teneramente sulle labbra. Finalmente, rientrarono in casa per dare la buona notizia al Visconte.

 

 

 

 

 

Quando i bagagli di Erik furono pronti era già pomeriggio inoltrato. Raoul si era molto rinfrancato ed un barlume di speranza si era acceso nel suo cuore.

 

Prima di salire in carrozza si rivolse ad Estelle: le prese la mani e le baciò.

 

“Merci, ma chère Estelle. Vi sono debitore per la vita.”

 

Estelle gli sorrise.

 

“Oh, Erik è un gran testone, ma basta prenderlo con la dolcezza e diventa più ragionevole. Non temete, con il suo aiuto tutto si sistemerà. Vi faccio i miei migliori auguri, Visconte.”

 

“Grazie mia cara. Spero di rivedervi in circostanze più piacevoli.”

 

Detto questo, prese posto in carrozza.

 

Erik era inginocchiato davanti a Coco che teneva per mano Gabriel e lo guardava con gli occhioni velati di tristezza.

 

“Starai via per molto?”

 

“No piccola, spero di no. Devo andare a trovare questa signora che è stata mia allieva. E’ diventata un grande soprano, ma purtroppo le è successa una cosa brutta ed ha perso la voce. Io devo aiutarla a ritrovare la gioia di cantare.”

 

Colette comprese subito la gravità della situazione:

 

“Oh, allora questa signora ha assolutamente bisogno di te! Dille che non c’è niente di più bello al mondo del canto, e che cantare ti fa volare, come mi hai insegnato tu!”

 

Erik sorrise:

 

“Glielo dirò, Coco. Ma tu devi promettermi di fare la brava, in mia assenza: non fare arrabbiare la mamma, fai attenzione a Gabriel ed esercitati tutti i giorni come ti ho insegnato. Ti porterò un bel regalo da Parigi!”

 

“Va bene papà.” Rispose Coco e lo abbracciò stretto.

 

Erik baciò la sua principessa e poi fece lo stesso con il piccolo Gabriel che sì aggrappò al collo del suo papà con le piccole manine. Dopodiché Coco lo riportò in casa.

 

Erik si rialzò e si girò verso sua moglie. Lui ed Estelle si guardarono per un lungo istante, poi si ritrovarono l’uno nelle braccia dell’altra.

 

“Ti scriverò tutti i giorni. Mi raccomando, per qualunque problema rivolgiti a Pierre.”

 

Estelle gli baciò il mento.

 

“Non preoccuparti per noi, staremo bene. Tu piuttosto, riguardati. Porta i miei saluti a Christine: pregherò per lei e per Raoul affinché riescano a ritrovare la felicità.”

 

Erik annuì.

 

“Oh Dio, mi mancherai da morire…….”

 

“Anche tu mi mancherai, caro. Ma ricordati che abbiamo queste.”

 

Gli prese la mano sinistra, dove splendeva la fede nuziale. Era una vera di platino con incastonato un piccolo zaffiro purissimo: l’aveva realizzata lui stesso, per avere sempre con sé qualcosa che gli ricordasse gli occhi di sua moglie. Estelle aveva voluto che la sua fosse uguale, ma al centro aveva una splendida acquamarina, ovviamente per lo stesso motivo.

 

“Quando mi sentirò sola, mi basterà guardare la fede, e mi sembrerà di vedere i tuoi occhi.”

 

Erik chinò il capo verso il suo viso, e le loro labbra si incontrarono in un lungo, appassionato e dolcissimo bacio. Lui la strinse a sé quasi con disperazione come per voler trattenere la sua forza e la sua dolcezza.

 

Le prese il viso tra le mani e la guardò con tanta intensità che Estelle si sentì bruciare sotto quello sguardo dal colore del mare:

 

“Ti amo.”

 

A quelle parole Estelle sorrise, ed era bella come una Dea.

 

“Lo so.”

 

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Capitolo 4
*** Sul ponte sventola bandiera bianca ***


Capitolo 4: Sul ponte sventola bandiera bianca


“When you’re down and troubled
And you need a helping hand
And nothing, whoa nothing is going right.
Close your eyes and think of me
And soon I will be there
To brighten up even your darkest nights.

You just call out my name,
And you know whereever I am
I’ll come running, oh yeah baby
To see you again.
Winter, spring, summer, or fall,
All you have to do is call
And I’ll be there, yeah, yeah, yeah.
You’ve got a friend.”


James Taylor




Le ruote della carrozza scricchiolavano sulla strada campagnola.
I due passeggeri sedevano uno di fronte all’altro, in silenzio, assorti nei propri pensieri.
Raoul sollevò lo sguardo sul suo compagno di viaggio: sedeva composto, le braccia conserte, gli occhi chiusi, ma la sua espressione concentrata lasciava intendere che non stesse dormendo.
Raoul non riusciva ancora a credere all’incredibile cambiamento subito da Erik durante quel lasso di tempo: la sua prima impressione era stata che il famoso Fantasma dell’Opera dal volto sfigurato, assassino spietato ed incomparabile genio artistico, avesse fatto un patto col Diavolo in persona per ottenere la guarigione dalle piaghe del suo viso ed una seconda giovinezza. Poi Raoul aveva compreso: no, Lucifero non c’entrava. La magica cura che aveva salvato Erik era una fanciulla bella e gentile di nome Estelle. Anche il Visconte era stato conquistato dalla grazia e dalla dolcezza della donna; come era possibile restare indifferenti di fronte a quegli occhi blu come il cielo, a quel sorriso incantevole ed a quella voce dolce e rassicurante? Ma non si trattava solo di questo, pensò Raoul. Estelle era riuscita a comprendere ciò che il mondo intero, pavido ed egoista, aveva ignorato: lei aveva visto l’uomo dietro il Fantasma, il bambino ferito ed impaurito dietro l’assassino freddo ed ossessionato, la vera bellezza dietro la pelle piagata e ritorta.....
Forse Erik era davvero così, ed anche Christine l’aveva capito....Raoul non potè fare a meno ripensare alle parole pronunciate dalla sua amata tre anni prima nel fetido covo del Fantasma:

“Pitiful creature of darkness,
what kind of life have you known?

God gave courage to show you,
you are not alone!”


E poi....il bacio. Il bacio catartico che li aveva salvati tutti, rompendo il muro di tenebra che avvolgeva la mente del Fantasma.

Il pensiero della sua Christine, il suo angelo, così buona e bella strinse il cuore di Raoul. Guardò ancora Erik: quell’uomo era stato miracolato e redento, ed ora era la sua ultima speranza per salvare la sua amata.
Il Visconte ripensò ai due bellissimi bambini che avevano abbracciato Erik ed al modo commovente con cui si era congedato da Estelle: questo era il suo sogno, questo era ciò che desiderava per sè e per Christine, ed avrebbe fatto qualunque cosa perchè si avverasse.

Volse lo sguardo al paesaggio che scorreva fuori dal finestrino e sospirò.

“Avete una bellissima famiglia, Erik”.

Erik aprì gli occhi e lo guardò incuriosito: l’espressione del Visconte era triste ed assorta. Erik poteva immaginare quali pensieri stessero attraversando la mente di Raoul in quel momento, e pensò con ironia a quanto fosse stato beffardo il destino: lui, il suo acerrimo rivale, il Fantasma dell’Opera che per anni aveva terrorizzato il mondo lasciando dietro di sè una scia di morte e distruzione, ora viveva felice con la propria famiglia, mentre Raoul e Christine, benedetti da beltà, bontà ed agiatezza, si vedevano costretti ad affrontare un dolore immenso ed indelebile.

Finalmente, parlò:

“Mia moglie ed i miei figli sono quanto ho di più caro al mondo. Darei la vita per la loro felicità.”

Raoul non potè trattenere la propria curiosità:

“Permettete una domanda? La bimba....ecco, avrà almeno sei o sette anni e voi avete detto che vi siete sposato tre anni fa....”

Erik annuì e spiegò:

“Colette ha sette anni ed è figlia del primo marito di Estelle, Jacques, assasinato a Parigi da briganti quando la bambina aveva solo due anni. Non ricorda nulla del suo padre naturale. Quando Estelle ed io ci siamo sposati, l’ho adottata ufficialmente, ed ora ha sia il cognome del padre che il mio. E’ una creatura meravigliosa, e la amo come se fosse sangue del mio sangue.”

Mentre parlava della sua piccola Coco, gli occhi di Erik si riempirono di tenerezza ed orgoglio, e Raoul non potè fare a meno di provare una certa invidia. Sempre più incuriosito, chiese ad Erik come avesse conosciuto Estelle, e Erik iniziò a raccontare tutti gli avvenimenti a partire dalla terribile notte dell’ incendio all’Opera Populaire. Parlò del viaggio in barca sotto la pioggia, del suo risveglio a casa di Estelle e di come si erano innamorati perdutamente l’uno dell’altra nel giro di pochissimo tempo, quasi fossero le due metà della stessa anima.

Raoul sapeva che tutto ciò che diceva era vero: Erik non aveva mai guardato Christine nel modo in cui guardava Estelle; quello che li legava era un amore totalmente puro e senza ombre.

Raoul sospirò di nuovo, e la sua voce era piena di tristezza:

“Non avrei mai pensato di poterlo dire, ma.....io vi invidio, Erik.”

Ecco. Aveva ammesso la sua sconfitta. Era inutile negarlo ancora: Erik aveva vinto. Tuttavia, Raoul pensò che non gli importava umiliarsi di fronte al suo antico nemico, purchè lo aiutasse a salvare ciò che aveva di più caro: Christine.

Erik sentì una strana sensazione attraversargli il petto: tre anni prima vedere il Visconte De Chagny gettare la spugna in quel modo lo avrebbe riempito di gioia rabbiosa, ma ora si sentiva triste per lui. Troppe cose erano cambiate, lui compreso. Ora sentiva il bisogno di aiutare quest’uomo e Christine a ritrovare la felicità.

“La riavrete, Raoul”

Il Visconte trasalì.

“C...Cosa?”

“Christine. Vi aiuterò a salvarla dalle tenebre della sua mente. Ve lo giuro.”

Gli occhi di Raoul si riempirono di lacrime.

“Grazie. Voi siete la mia unica speranza.”

I due uomini si strinsero la mano, e sentirono che quel gesto non era una semplice dichiarazione di pace, ma l’inizio di una nuova, inaspettata amicizia.

 

 

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