Amici Per Sempre

di ExsulMentis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Nacquero nello stesso giorno, ma in mesi diversi. Due persone si conobbero solo tre anni dopo la loro venuta al mondo. Fu in quel momento che dalla terra fertile e coltivata, spuntò una piccola e indifesa piantina, quello che un giorno sarebbe diventato l’albero della amicizia e che, se annaffiato e curato, sicuramente, dopo esser cresciuto abbastanza, avrebbe dato i suoi frutti. Kathleen e Lee condivisero tutta la loro infanzia. Erano teneramente legati l’uno all’altra. Compagni di giochi per così dire. Passavano intere giornate insieme, sotto o non, la supervisione delle loro madri. Era grazie a loro se tra quelle due creature si stava venendo a formare un sentimento che forse già allora si sarebbe potuto chiamare “amicizia”. Si volevano bene e non potevano fare a meno l’uno dell’altra. Ma fu un’infanzia difficile per entrambi. Si aiutavano a vicenda, e insieme, mano nella mano, come figli di un solo embrione, percorrevano quel lungo cammino che è la vita. E come per tutti gli esseri umani, arrivò anche il loro momento. Si apprestavano ad entrare nel mondo degli adulti attraversando prima le varie peripezie che l’adolescenza pone lungo la strada, come prove per essere accettati in una dimensione totalmente diversa e affascinante vista sotto gli occhi di un bambino.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1 “no dai… io torno indietro!” e la ragazza fece dietro front. “tu vieni con me invece!” il ragazzo la prese per un braccio e la trascinò avanti, accanto a lui. “dai briciola… vedrai che non sarà poi così male…“ le fece lui. “e smettila di appiopparmi nomignoli di fronte agli altri!!!” lo ammonì. “e perché? Acciughina mia…” la cantilenò lui. “grrr… Lee!!!” “ok ok!” le disse lui. Ma in realtà era una finta resa. Non avrebbe smesso né ora né mai. I due raggiunsero il cancello d’entrata della nuova scuola. “eccoci finalmente… mamma quanta strada che dovremo fare ogni mattina!” si lamentò lui. “ecco appunto… sai dove trovarmi…” e cercò di sfuggire da Lee e da quel “benedetto“ primo giorno di scuola. Ma fu troppo lenta. “e dai… non fare la bambina!” “ma da che pulpito!!!” gli fece lei. Lee le sorrise. Di solito era Kathleen a rimproverarlo in quel modo. La campanella suonò proprio in quell’istante. Fu così che tutti smisero di parlare e scherzare e pian piano, senza troppa euforia, si avvicinarono per ubbidire a quel trillo insistente che li avvertiva dell’inizio delle lezioni. Quelli dell’ultimo anno furono facili da riconoscere. Sigaretta alla bocca e donna tra le braccia. Furono gli ultimi ad entrare. Tipi dai quali stare alla larga. “forza… muoviamoci! Non sappiamo nemmeno dov’è la nostra classe…” disse prendendolo per un braccio. “ma come? Se fino a pochi minuti fa manco la volevi vedere sta scuola…” si stupì lui. “si si… ma non voglio arrivare in ritardo proprio il primo giorno!” Lee scosse la testa e si lasciò trascinare dentro. Purtroppo si realizzò proprio quello che Kathleen temeva che accadesse. “bene bene bene… venti minuti di ritardo! Incominciamo davvero bene!!!” disse un uomo sui cinquanta, con un paio di baffi da far paura e due fondi di bicchieri al posto delle lenti degli occhiali. “ci scusi… ma ci eravamo persi… “ provò a giustificarsi Kathleen. “… in questa enorme e splendida scuola!!!” continuò Lee sarcastico, ironizzando sulle dimensioni e l’estetica della Sylvia Young. Tutti si misero a ridere. Kathleen arrossì e gli diede una gomitata nel fianco. Lee accusò il colpo. “SEDUTI ENTRAMBI!” C’erano alcuni posti liberi davanti e altri in fondo. Kathleen poggiò lo zaino al primo banco, ma Lee l’afferrò per il cappuccio del giubbotto e la trascinò agli ultimi posti. “ma che sei masochista?” le disse Lee. La classe rise di nuovo. “SILENZIO!!! Non mi piace il suo spirito di patata signor… … “ “Ryan… mi chiamo… anzi, non sono così scemo da chiamarmi da solo… mi chiamano Lee Ryan…” “STIA ZITTO RYAN!!! Se vuole esibire il suo lato umoristico lo faccia fuori…” disse il professore indicando la porta. “no grazie… preferisco stare seduto su una comoda sedia che all’in piedi nel freddo corridoio di questa enorme e splendida scuola!” disse Lee col suo solito sorrisino sulle labbra. La classe non poté resistere e si lasciò andare un'altra volta. Il professore cercò in tutti i modi di ignorarlo e fece finta di non aver sentito. “allora… io sono il vostro insegnate di inglese e mi chiamo… beh… il mio nome è McKay… ehm ehm…(  tossicchiò ) adesso facciamo l’appello… “ Ecco, finalmente s’iniziava a vivere la vera aria scolastica. Lee sorridente si voltò verso Kathleen. Lei scosse la testa e tornò a guardare i suoi nuovi compagni di classe. Rispondevano educati all’appello e lei cercava di memorizzare i loro nomi il più in fretta possibile. Sapeva che li avrebbe dovuti vedere tutti i giorni per ancora 5 anni. O almeno così credeva.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2 “mi passi gli esercizi di matematica?” sussurrò Lee a Kathleen. Non era nemmeno trascorsa la prima settimana, che Lee era già stanco della scuola e dei compiti. “RYAN!” il professore urlò il cognome di Lee, sputacchiando a destra e a manca. “PRESENTE!” disse alzandosi dalla sedia. “DEVE STARE ZITTO RYAN! ZITTO E SEDUTO!” ribadì il professore. “SI SIGNOR CAPITANO!” e Lee si portò la mano sulla fronte, come in un saluto militare. “UN'ALTRA PAROLA RYAN E LA SBATTO FUORI!!!” Lee si sedette sorridendo beffardo. Amava sfidare i suoi superiori. I suoi professori. L’insegnate continuò la lezione e Kathleen assecondò la richiesta di Lee. Lui le sillabò un grazie. “eeeee Ryan… si accomodi fuori…” “ma professore, non ho emesso alcun suono!” disse per giustificarsi. “Ryan, lei non deve fare nulla! NULLA! Né parlare, né cantare, né alzarsi, né scrivere… deve solo pendere dalle mie labbra e non muovere un solo muscolo del suo corpo! Mi ha capito? RYAN! MI HA CAPITO?> “ehm… professore… Lee l’ha presa alla lettera! Gli ha detto di non parlare… e adesso non credo che le risponderà!> azzardò Kathleen. La classe scoppiò a ridere. “questo è il colmo! IL COLMO! In tutta la mia vita non ho mai incontrato un alunno così insolente… sarà punito come merita… andrà dritto dalla preside con una bella nota!” sbuffò il professore. “eh… bella… questo dipende dalla sua calligrafia!” “FUORI!” Lee fu mandato dalla preside e poi sospeso per il resto della giornata. All’uscita, verso le 3.30, Kathleen lo trovò ad aspettarla. “perché non sei andato a casa?” gli chiese. “ho aspettato la mia bollicina… qualche problema?” “LEE!” esclamò lei guardandosi intorno per vedere se qualcuno li avesse sentiti. “ok ok…“ i due s’incamminarono verso casa. “non male come prima settimana, no?” “certo…se pensiamo al fatto che ti sei fatto beccare senza i compiti da tutti i professori, ti sei fatto rimproverare ogni dieci minuti, per di più ti sei preso una nota e una sospensione… si, non male… “ dichiarò lei sarcastica. “parli come se fossi stata tu a subire tutto questo!” lei rispose facendogli la linguaccia e lui fece lo stesso. “domani mi arriva lo scooter…così non dovremo più attraversare Chatham ogni mattina…“ proferì con una nota di eccitazione nella voce. “ah, bene… un problema in meno…“ “è di 3^ mano… anzi…“ disse rammaricato per la situazione economica della sua famiglia. “dai, non ci pensare…“ tentò di tirarlo su di morale, ma anche lei si trovava nella sua stessa identica situazione. “che facciamo domani?” “studiamo?” “si, come non detto…“ e alzò gli occhi al cielo. “eee…non fare così… stavo scherzando!“ “e allora che facciamo?” “non è che ci sia molto da fare a Chatham… che ne dici di affittare un film?” Lee le rispose facendo un verso strano. “vabbè… anzi che niente…“ e fece finta di accettare la proposta. Arrivarono sotto casa di Kathleen. “CIAO! TI PASSO A PRENDERE DOMANI MATTINA!!!” urlò allontanandosi mentre lei saliva i gradini di casa. “MA NON DOVEVAMO AFFITTARE UN FILM?” lui alzò le spalle e le sorrise. Lee era fatto così: imprevedibile. Kathleen si sarebbe potuta aspettare di tutto.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Versò il caffé nella tazza e se la portò alla bocca, ma non ebbe nemmeno il tempo di berne un sorso, che un rumore alla finestra la distrasse. Riappoggiò la tazza sul tavolo e andò alla finestra. Un altro sassolino colpì il vetro. L’aprì e trovò Lee in giardino. “che ci fai qui a quest’ora?” sussurrò cercando di farsi sentire lo stesso. “fammi salire!!” la implorò lui. “ma dormono tutti!” gli rispose. “dai…“ si lamentò lui. Kathleen scese le scale e gli aprì la porta. Lui era già dietro che l’aspettava. “perché presto? Sono appena le 8.30!” disse scavalcandola ed entrando. “perché i miei hanno solo il sabato e la domenica per dormire… vanno a lavoro presto, lo sai!“ e andò in bagno lasciando la porta socchiusa, così da poter continuare a parlare. “bleah! Che schifo! È amaro!!!” “il caffé?“ “si! Ma non ce ne hai messo di zucchero?” “no! sono a dieta!” disse lei per giustificarsi. “ma che devi smaltire? Le ossa?” disse ridendo. “ssshh! Stai zitto!” “ma che stai facendo? Dai, muoviti…” “mi sto truccando… aspetta!” “ti stai truccando? Ma da quando in qua ti trucchi?” aprì la porta del bagno e la trovò davanti allo specchio a levarsi il nero che le colava dagli occhi. “esci!“ strillò lei. “ma dai…sembri un clown!” “stronzo!“ enfatizzò. Già imbarazzata dall’entrata di Lee in bagno, arrossì ancora di più dopo le cose che aveva detto. Come se le guance non fossero già abbastanza colorate per il trucco. “lavati la faccia e smuoviti!” Dopo un quartod’ora Kathleen uscì dal bagno. Aveva il viso arrossato per le volte che lo avevo sfregato per togliere il trucco. “forza andiamo!” disse osservandole il volto. “dove andiamo?” “in giro!” Kathleen lasciò un biglietto ai suoi e uscirono piano, cercando di fare il meno rumore possibile.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4 Dopo aver fatto il giro di tutta la cittadina tre o quattro volte, Lee parcheggiò il motorino in un parco. Erano anche passati a prendere una vaschetta di gelato. “ma tu sei pazzo!!! Io dietro te non ci salgo più!!!“ Kathleen si sedette sulla panchina e tolse il coperchio al gelato. “esagerata!!!“ “no, dico sul serio!!! Sei un pericolo pubblico…“ “non so perché ma mi piace di più l’aggettivo -ambulante-“ Kathleen lo guardò strano e poi passò a contemplare il gelato. “lo vogliamo mangiare e preferisci guardarlo… perché non gli dedichi una poesia mentre che ci sei…“ disse Lee ironico. “scemo! Mi piacerebbe tanto… ma sono a dieta!“ “ma che cazzo sei scema? A dieta? Ma va va… tu a dieta… Kathleen… non ti riconosco più! Ma che ti sta succedendo? È un periodo che sei strana... non riesco a capirti…“ e poi uscì due cucchiaini di plastica dalla tasca del jeans. “bleah! E anche se lo mangiassi dovrei utilizzare quei cucchiaini?” “ecco di cosa parlo! Prima non facevi così la schizzinosa… non te ne fregava niente! Non ti truccavi, ti mettevi una jeans e una maglietta e non ci stavi tre ore per vestirti, ti mangiavi di tutto… anche le cose più schifose…“ piantò il cucchiaino nel gelato, cercando di smuoverlo, anche se quello era troppo ghiacciato e l’azione veniva un po’ complicata da portare a termine, visto che la vaschetta si trovava anche tra le gambe di Kathleen. “non lo so… non ti so spiegare!“ sapeva anche lei che non era più la stessa. Aveva bisogno di parlare con qualcuno! Lee non le bastava più, voleva qualcuno come sua madre. Ma questa non c’era mai e di conseguenza si sentiva sola e incompresa. “te lo dico io che ti sta succedendo…“ e si fermò un attimo per ingoiare la palla di gelato che aveva in bocca. “è successa la stessa cosa a mia sorella… prima giocava sempre con me, stavamo sempre insieme… facevamo la qualsiasi… poi tutto d’un tratto si è allontanata, ha smesso di fare tutto quello che facevamo prima; adesso è sempre intrattabile… non le ci si può dire niente… dimmi la verità…“ in cuor suo, Kathleen, sperava che non le facesse la domanda imbarazzante. “… non è che stai frequentando mia sorella?“ scoppiò a ridere e contemporaneamente tirò un sospiro di sollievo. Con Lee non aveva mai avuto problemi a parlare di qualsiasi cosa. Tra loro non c’erano mai stati segreti, ma quella era l’unica cosa di cui si vergognava veramente. Da un po’ di tempo a quella parte le cose erano cambiate e anche Lee, inevitabilmente, se n’era accorto. Lee cercò nella sua risata un indizio rivelatore. Un qualcosa che gli desse la conferma di ciò a cui stava pensando. Alla fine decise che la doveva aiutare. Anche se si sarebbe sentita in imbarazzo. Aveva bisogno di confidarsi con qualcuno e desiderava con tutto il cuore che quel qualcuno fosse proprio lui. “Kathleen, lo sai che per te ci sono sempre stato e per te ci sarò sempre… con me ne puoi parlare! Fai conto che sia una femmina!!!“ disse sbattendo le ciglia in modo effeminato. Kathleen rise ma poi tornò in silenzio e Lee riprovò. “tanto ormai l’ho capito… ti sono arrivate le mestruazioni, vero?“ Kathleen divenne tanto viola da far invidia alla mucca della Milka. “su, vieni qua apina mia!“ le tolse la vaschetta dalle mani, appoggiandola sulla panchina, e prendendole la testa fra le mani, l’abbracciò portandosela al petto. Le accarezzava i capelli mentre lei piangeva e si lamentava. “volevo parlarne con mia madre, ma non la vedo mai, a casa non c’è mai…o è a lavoro o dorme per la stanchezza… a volte si sente al telefono con tua mamma…ormai è tanto che non si vedono pure loro…ma non è questo il punto…mi beccherei un 2 in materia. Non so niente, non so che fare…“ “mi sa che stavolta ci prendo un voto più alto io!!!“ i due risero e stettero per molto abbracciati in quel modo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5 La osservava mangiare esausta dalle lacrime. Il sole, che filtrava tra le foglie degli alberi, le illuminava il volto e i capelli biondo cenere. Simili ai suoi. Gli occhi verdi e umidi fissavano un punto indefinito. Automaticamente il braccio scendeva verso la vaschetta e tornava alla bocca. Le sue labbra morbide e fresche. Piene di innocenza. Piene come la luna. Dolci come un cuore al cioccolato. Era innamorato perso di quella tenera ragazza, ma aveva paura. Una tremenda paura. Non la poteva toccare. Temeva di perdere quella preziosa amicizia. Coltivata per anni e arrivata al momento di maggior fioritura. O per lo meno così pensava, ignorando gli eventi futuri che avrebbero caratterizzato le loro vite. “idea!!!“ Kathleen si prese di paura. Fece un salto di tre metri finendo all’in piedi. Meno male che non cadde a terra. “ma che ti sei rincoglionito?” “a quello ci manca poco…invece mi è venuta un idea geniale…so io come risolvere i tuoi dubbi! Forza monta su!!!“ “ma te l’ho detto! SEI PERICOLOSO! Non voglio morire giovane!“ “non fare storie e spicciati!“ “ma la vaschetta?” “lasciala lì, che ti frega?” Kathleen ubbidì e pochi istanti dopo si trovarono davanti ad un edificio. “no!“ disse lei decisa. “ma perché no? chi meglio di loro ti può aiutare?“ “tua mamma!” “non c’è mai come la tua…“ “tua sorella!” “si, come no! mia sorella…bella questa! Forza scendi…“ e la prese per un braccio. “ma non se ne parla! Tu sei matto!” e si liberò dalla presa. “ma che c’è di male?” “tanto la figura di merda la faccio io, no tu!“ “se non sarai tu ad andare al consultorio, sarà il consultorio a venire da te!“ “cosa intendi fare?” chiese allarmata. “dirò ai medici là dentro che ti si sono rotte le acque…“ “no dico! Ma stai bene?“ Mezz’ora dopo Kathleen usciva più confusa di prima.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6 Le mani cingevano la sua pancia, circondandolo da dietro. Si teneva stretta a lui approfittando della la paura di cadere. Il vento le passava tra i lunghi capelli scompigliandoglieli. Gli occhi chiusi sia per la folle velocità dello scooter sia per assaporare quei momenti accanto a lui, senza che capisse qualcosa. Respirò il fugace profumo della sua pelle. S’inebriò della sua semplicità. La fantasia le volava veloce tra le nuvole di quel cielo non abituato a quel sole splendente. “bambolina! Bambolina? Ohu! Kathleen… SIAMO ARRIVATI!” lei aprì gli occhi e si ritrovò sotto quella che non era casa sua. “ma perché siamo venuti qua?” “ti va di mangiare da me?” “HAI ANCORA FAME? Ci siamo divorati un’intera vaschetta di gelato alla fragola!” “ooooh… ma smettila con sta storia della dieta!” “ma quale dieta e dieta!!! Qui si tratta di non aver fame!“ “si, ma io ce l’ho e voglio mangiare!“ Kathleen strabuzzò gli occhi stupita. Ormai ci doveva essere abituata, ed invece ogni volta era come se fosse la prima. Entrarono in casa e la trovarono vuota. “ma come fai ad avvertire i tuoi che non torni per pranzo?“ “io sono previdente! Sapevo che saremmo finiti qui…così l’ho scritto sul biglietto che gli ho lasciato sul tavolo!“ “perspicace la ragazza!“ e rise. “vai a scegliere un film da vedere…“ “ma quando li hai presi?” “ieri dopo la scuola! Ne ho presi un paio…vedi quello che ti garba!” “che mi garba?“ “eee…si, dai…ho avuto un attimo di Kathleenite!“ “cretino!!!“ e gli tirò un cuscino che aveva preso da un divano. Lee si scansò ma quello andò a finire dentro la padella sul fuoco. “ops! Che stavi preparando?” chiese piano. “la pasta fritta!“ “andavi sul leggero, eh?” “mi sa che non andrò nemmeno su quello…mo la mamma ci ammazza!” “ti ammazza! Il figlio sei tu…e la tua responsabilità è tua, mica mia!” disse ridendo e scappando in camera di Lee. “E NON CE L’HAI LA RESPONSABILITA’ DELLE TUE AZIONI?” le urlò dietro, ma quella aveva già chiuso la porta della camera. Dopo un quartod'ora, Lee entrando nella sua stanza con un piatto fumante di pasta fritta in mano e la bocca piena, trovò Kathleen chinata verso la pila dei VHS che aveva affittato. Questo Lee se lo poteva permettere perchè il commesso che lavorava in quel negozio era un suo amico. “ahola? che hjai sheto?” biascicò. “coooosa?” Lee inghiottì e ripeté. “ho detto: allora? che hai scelto?” “aaah! che ne dici di: “Non aprite quella porta”? eh?” “ma perchè horror?” “tu scemo che l'hai preso!!!” “non l'ho fatto apposta! Era nel mucchio e adesso te lo ritrovi per caso tra le mani!” “che sia il caso o meno a proporci questo film m’importa poco... ci vediamo questo si o no?” “e va bene...” si rassegnò. Quel film lo intimoriva un pochino, ma non voleva darlo a vedere. Non voleva che l’amica pensasse che fosse un fifone! Infilò la cassetta nel videoregistratore e mentre il film iniziava si sedette sul letto accanto a Lee. Durante la visione Kathleen se la rideva sotto i baffi che non aveva. A lei gli horror piacevano, ma sapeva che Lee non ne era un patito. Sapeva che era tutto orgoglio maschile: non voleva dare a vedere che aveva paura! Lo sentiva sospirare ad ogni scena. La protagonista si trovava all’inizio di un corridoio di una casa apparentemente abbandonata. In fondo a questo c’era una porta verde, vecchia e consumata dal tempo. La ragazza, che cercava i suoi amici scomparsi, avanzava lenta verso la porta, spaventata da ciò che avrebbe potuto rivelare. Timorosa e senza fretta, appoggiò la mano sudata e biancastra sulla maniglia arrugginita e la spinse verso terra. “E VOI CHE CI FATE QUA?“ la loro porta s’aprì di scatto e nella stanza apparve una donna bionda, sui trentacinque anni. Lee fece un salto spettacolare e finì sul freddo pavimento. “ah… buonasera! Ci stavamo vedendo un film! Spero di non esserle di disturbo!“ disse cortese. “ma che disturbo e disturbo! E ti prego…non darmi più del lei! Mi fa sentire vecchia…ma dov’è Lee?“ questo sbucò da sotto il letto. “MAMMA! MI HAI FATTO PRENDERE UN ACCIDENTI! NON LO FARE PIU’!“ disse tutto arrabbiato. “ma che ci facevi sotto al letto?” disse guardando suo figlio come se fosse un pazzo maniaco. “niente…stavamo solo vedendo un film dell’orrore!“ la donna capì e si misero a ridere insieme. “EHI! PERCHÈ RIDETE? IO NON HO PAURA DI NIENTE E DI NESSUNO!“ e alzandosi da terra si spazzò i vestiti impolverati. “ah si? E i ragni dove li mettiamo?“ gli chiese ridendo ancora sua mamma. “quelli lasciali dove stanno!“ disse provando ribrezzo al solo pensiero. Kathleen rimase anche per la cena. La ragazza aveva gentilmente rifiutato la proposta, per il pensiero che la sua di mamma si sarebbe sicuramente preoccupata; ma Sheila insistette tanto al punto che per Kathleen fu impossibile dire di no. Verso le dieci e mezza Lee si prodigò per l’amica e la riaccompagnò con lo scooter. Non le avrebbe mai permesso di tornare a casa a quell’ora, per quelle strade e sapendo che tipo di gente le frequentava. Per i due arrivò il momento di salutarsi. “eccoci qui!“ disse Lee. “eccoci qui!” ripeté lei. Indecisi sul da farsi si scrutavano. Lee le guardava le labbra. Cercava di trattenersi, ma la voglia era davvero tanta e non ce la faceva a rimanere indifferente verso quel sentimento che provava ormai da tempo. Lei sperava in un suo gesto che sognava tutte le notti, ma sapeva che non si sarebbe mai realizzato. Sapeva che per Lee era più importante l’amicizia che quell’affetto speciale che provava lei e che lui sicuramente non ricambiava. Quel sentimento che le rosicchiava dolorosamente il cuore. “allora ci vediamo domani!“ azzardò lui. “certo! Grazie di tutto…buona notte!“ gli rispose con un ampio e smagliante sorriso. A Lee quella reazione fece male, ma non poté far altro che guardarla allontanarsi e salire i gradini di casa sua mentre gli faceva “ciao“ con la mano. Alzò un braccio e contraccambiò il saluto. “prego…e buona notte anche a te amore mio!“ sussurrò debolmente e muovendo a malapena le labbra. Emise un suono talmente fievole e impercettibile che avrebbe fatto fatica a sentirlo chiunque che gli fosse stato accanto in quel momento, figuriamoci Kathleen che stava a metri di distanza. Eppure quelle cinque lettere gliele avrebbe volute gridare e non semplicemente dire. “TI AMO!” bisbigliò nuovamente. Ma non assecondò il cuore. Non lo fece. Inconsapevole che quella scelta aveva mutato per sempre i loro destini.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7 Si spazzò i piedi sul tappetino sistemato all’entrata e fece il suo ingresso in casa: al buio e in silenzio! Si tolse le scarpe e il giubbottino di jeans e con passo felpato si diresse verso la sua camera. Per arrivarci doveva passare davanti a quella di sua madre, che di solito teneva la porta sempre chiusa, ma stavolta la trovò spalancata. Entrò timorosa e si accorse che il letto era intatto. Vuoto. Nessuno vi dormiva sopra. Sapeva che suo padre sarebbe tornato la mattina dopo, perché aveva il turno di notte, ma sua madre doveva essere a casa già da due ore! Iniziò a preoccuparsi e l’agitazione le si appiccicò addosso come una sanguisuga. Cercò la sua mamma in ogni angolo della casa, ma di quella nemmeno l’ombra. Qualcuno alla porta la distrasse. Impaurita si avvicinò. Bussarono nuovamente. Cauta aprì e si ritrovò due agenti di polizia sul pianerottolo. Parcheggiata sotto casa intravide l’automobile con la quale molto probabilmente erano venuti. La sirena sopra quel tettuccio continuava a lampeggiare silenziosamente, ipnotizzando Kathleen che si stava chiedendo il perché di quella inaspettata visita e tutte le risposte che le avrebbero potuto dare. “lei è la signorina Evans, figlia di Juliette Cook?“ le chiese l’agente più vicino alla porta. “si, sono io!” rispose a mezza voce. “c’è suo padre in casa?“ “ehm…no! ma cosa è successo? Potete dire a me: ho 13 anni!“ I due ospiti inattesi si guardarono interrogativi e con un cenno della testa acconsentirono. “ci dispiace davvero darle questa notizia…“ proferì l’altro, quello che ancora non aveva parlato. “… ma sua madre è morta!“ continuò quello di prima. A Kathleen cadde il mondo addosso. Credeva che fosse tutto uno scherzo. Un brutto sogno. O almeno lo sperava! Non pensava di poter mai vivere una situazione del genere. Per lei sua madre era immortale. Eterna…e questo rendeva impensabile che stesse vivendo la realtà. Ma purtroppo era il duro presente e non stava dentro un libro giallo e la drammatica trama di un film. Era la sua vita. Era quello che le aveva da offrire in quel momento. I pensieri le si accavallarono uno sull’altro, impedendole di comprendere a pieno la gravità della situazione. Le uniche parole che riuscì a pronunciare furono per chiedere le circostanze della morte. “stava tornando a casa da lavoro e … deve aver avuto un colpo di sonno, perché ha invaso la corsia opposta e un camion l’ha travolta!“ Le risultò difficile persino piangere.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Grazie alla mia unica lettrice =) Questa ff l'ho scritta parecchio tempo fa, anch'io ora non seguo più i blue, anche perchè non c'è più nessuno di loro da seguire, ma l'ho voluta postare lo stesso in omaggio al loro successo e a tutte le emozione che mi hanno regalato.


CAPITOLO 8 Il funerale era appena terminato e i presenti si allontanavano senza parlare. Senza avere il coraggio di dire una sola parola. I più vicini alla famiglia Evans fecero le condoglianze a Kathleen e a Will, padre della ragazza. Quest’ultimo piangeva frustrato e rumoroso, al contrario della figlia che si fissava i piedi con lo sguardo assente. Lee le stringeva la mano solidale e preoccupato per lei, che la vedeva pallida e tremante. La capiva alla perfezione. Anche lui non aveva un padre, o perlomeno…che fosse vivo o meno non gli importava, perché a quell’uomo per primo non importava niente di Lee, sua madre e sua sorella. Pochi assistettero alla sepoltura e, mentre Kathleen si avvicinava alla lapide, Sheila parlava con Will. La ragazza s’inginocchiò sulla terra smossa e si portò le mani al volto, ma non pianse. Aveva perso tutto ciò che aveva di più caro al mondo. Per quanto fosse deteriorato il rapporto con sua madre, non poteva negare a se stessa di amare la donna che le aveva donato la vita. Sentì una mano appoggiarsi sulla sua spalla e rafforzare la stretta. Kathleen mise la sua su quella che poi l’aiutò a rialzarsi. Lee l’abbracciò teneramente accarezzandole i capelli, mentre lei nascondeva il volto sul suo petto. Ma non pianse. La guidò piano da Will e Sheila. “grazie mille“ disse l’uomo con ancora gli occhi umidi e il volto arrossato. “stai tranquillo! Se posso darti una mano, lo faccio con piacere…forza! Kathleen, Lee: andiamo!“ “dove andiamo?” chiese Lee curioso. “prima passiamo da Kathleen a prendere della roba per qualche giorno e poi andiamo a casa -nostra-!“ “Kathleen viene a casa da noi?“ “si, starà per una settimana e anche più se ce ne sarà il bisogno!” Kathleen annuì con lo sguardo perso nel vuoto. Un’ora più tardi Lee trascinava faticosamente un materasso e una rete in camera della sorella. “ma di darmi una mano non se ne parla, eh?“ sbuffò. “cos’è? Una domanda retorica? Sai risponderti da solo…“ disse Gemma limandosi le unghie seduta sul suo di letto. “come non detto!!!“ in seguito Sheila venne per mettere le lenzuola pulite. “grazie!“ borbottò Kathleen. “non devi ringraziarmi!“disse facendole una carezza, poi uscì lasciando le due ragazze da sole. “come stai?“ le chiese Gemma, dopo si rese conto della stupidità della domanda. “scusa!“ si riprese subito. “no, vabbè… lascia stare!“ in quel momento apparve sulla porta Lee in mutande e canottiera bianche, pronto per dire qualcosa. “ma non ti puoi vestire?“ lo precedette la sorella. Lee corrucciò le sopracciglia come solo lui sapeva fare, dando un espressione al volto tutta da capire. Si guardò dai calzini al petto e scappò via solo dopo aver sgranato gli occhi per lo stupore. Poco dopo tornò in maglietta e pantaloncini grigi. Probabile pigiama per quel periodo. “scusate! Nella fretta di venire qui non me n’ero accorto…“ disse grattandosi la nuca. Un'altra solita cosa che faceva quand’era imbarazzato. Kathleen aveva imparato a capirlo anche grazie a quelle. “ma va! Non l’avevamo capito!!!” “sempre molto spiritosa la mia sorellona…Pippi, ti va di venire di là?” aggiunse rivolto a Kathleen. “ma lasciala stare!!! Non vedi che non ne ha voglia?” “no no… vengo vengo! Non ci sono problemi!“ Lee e Gemma si stupirono della sua tranquillità. Insomma, alla fine aveva perso la mamma da appena due giorni, mica le era morto il criceto. Fatto sta che si alzò dal letto dov’era seduta e seguì Lee in camera sua. “ti va una partita?“ e indicò la dama in cima allo scaffale più alto. “ok!“ Prese una sedia e ci salì sopra, ma era ancora troppo basso per raggiungerla. Si guardò in giro pensieroso finché non notò un secchio nero di ferro accanto alla porta. Lo prese e lo posizionò sulla sedia. Poi ci salì sopra lui. Kathleen assisteva mezza divertita e preoccupata alla scena. Lee allungò le braccia. Gli mancavano pochi millimetri per afferrarla. Allora si mise sulle punte, ma nello stesso attimo in cui riuscì ad agguantare la dama, perse l’equilibrio e cadde a terra tirandosi dietro quella e tutto ciò che c’era di sopra. Tutta la roba atterrò su di lui sommergendolo totalmente. Kathleen attaccò a ridere. “che ridi?“ disse lui riemergendo da scatole e altre cianfrusaglie. “ah ah ah … sei troppo buffo!!!“ Ridacchiava di gusto. Rideva rumorosamente. I suoi fragorosi sghignazzi invasero la stanza. Si piegò in due sul letto tenendosi la pancia. Ma le risate ben presto si trasformarono in lacrime. Si sentivano solo i suoi singhiozzi. Piangeva a dirotto e faceva fatica a prendere fiato. Le sue mani si spostarono sul viso. Lee la guardava impotente. Le si avvicinò cauto. La sfiorò e, visto che lei non si scansò, se la prese tra le braccia e, dondolandosi avanti e indietro, se la stringeva forte la petto per farla calmare, nonostante sapesse che non aveva ancora pianto e che fosse il modo migliore per sfogarsi, invece che tenersi tutto dentro e non esternare le proprie emozioni. I propri stati d’animo. “sono qui per te!“ lei annuì allontanando il volto dal suo torace. Lui le asciugò le lacrime che i suoi occhi rossi e gonfi avevano versato. E anche in quel momento sentì il cuore battergli forte e chiedergli perché lui non avesse esternato i proprio sentimenti. Gli si attorcigliarono le budella e gli salì un groppo in gola. Tutto ciò gli impedì di dire ciò che provava. “ti voglio bene!“ e le sorrise più rilassato.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Certo! Contaci.. ne ho scritte tantissime, ma le ho perse tutte. Ora come ora ne sto scrivendo una con i personaggi di Twilight =) Adoro scrivere, mi piacerebbe che fosse il mio mestiere!


CAPITOLO 9 Dopo neanche dieci minuti dall’inizio della lezione, Lee si stufò e abbandonò il buon proposito di seguire la spiegazione. Si fece prestare un foglio e una matita e ammazzò il tempo scarabocchiandoci sopra. “Ryan… legga lei adesso!” disse il professore tranquillo, all’in piedi con il libro incollato al naso. Evidentemente con tutti gli occhiali, di due chili ogni lente, non ci vedeva lo stesso bene. “Ryan! Mi ha sentito? Tocca a lei!!!“ ma Lee sembrava assorto nei suoi pensieri e ritirato in un mondo tutto suo isolato dai rumori esterni. Kathleen era riuscita, senza farsi beccare, a tirargli una carta appallottolata per svegliarlo dal torpore mentale in cui era caduto. “agliaaa! Ma chi cazzo è stato?“ esclamò alzando finalmente la testa dal foglio e cercando, con la mano sul capo, il colpevole. “RYAN! Lei è un maleducato! Come si permette a dire certe parole di fronte ad un insegnante!” “quali parole? Cazzo?” “RYAN! Allora la sua è una sfida!!! Mi dispiace dirglielo, ma ha sbagliato persona!!! Lei non sa con chi ha a che fare…“ e tornando alla cattedra, posò il libro di grammatica inglese, prese il registro di classe e gli fece un’altra nota. Una in più a quelle che già aveva. Lee si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta, con la mano già tesa verso la maniglia. “Ryan! Dove crede di andare?” “Fuori! Non le ho mica chiesto di poter andare in bagno!!!” “si sieda Ryan!” “stavolta non mi butta fuori?” chiese Lee incredulo. “no!” “non mi manda dalla preside?” “no!” “non mi abbassa i pantaloni e mi fa fare “la vergogna” di fronte a tutti i miei compagni?“ quelli stessi scoppiarono a ridere. “Ryan! Lei mi ha stancato! Sono appena passate due settimane dall’inizio della scuola e già non ne posso più di lei!” “si ricordi professore che deve avere pazienza… pazienza!” lo ammonì con l’indice. “Ryan! Non ne ho altra pazienza da sprecare per lei! Ora la finisca…s’incolli quella maledetta lingua al palato e vada a sedersi!” “mi presterebbe gentilmente l’attak?” la classe non deluse Lee e gli regalò un'altra echeggiante risata. Il professore sospirò disperato e mentre Lee soddisfatto andava al suo posto, gli sorgeva una domanda: “perché non mi ha buttato fuori stavolta?” Non sapeva che di lì a poco avrebbe ricevuto la risposta.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Questo capitolo te lo regalo con affetto, visto che sei l'unica che legge e commenta (; mi fa piacere che ti piaccia e considera che questo l'ho scritto almeno 3 anni fa.. diciamo che sono leggermente migliorata! xD Appena finirò di pubblicare questa credo proprio che ne pubblicherò un'altra ;)Ps: Lee nella vita reale è dislessico! Da qui capirai il capitolo!


CAPITOLO 10 “allora Ryan! Ci vuole fare la gentile cortesia di continuare a leggere da dove si è fermato McKenzy?” “uao! Dovrebbe utilizzare spesso questi modi, ma togliendo quel tono di sarcasmo preferibilmente!” “e dai, non farla lunga e leggi!” gli bisbigliò Kathleen. “ho dimenticato il libro!” “e te lo presto io!” e glielo passò. “dove siamo arrivati?” domandò alla classe alzando la voce. Un ragazzo brufoloso, che sedeva davanti a lui, si voltò e gli indicò il punto sulla pagina aperta. “ah ok…ehm…“ lesse le singole parole, ma inconsapevolmente le scisse in più lettere e le invertì tra loro. Batté due volte il piede sinistro per terra. Quello era il segnale d’aiuto. “ti serve la mia collaborazione per leggere?” di tutta risposta Lee rifece lo stesso segnale di prima. Kathleen lesse velocemente la frase e gliela suggerì. “Il pronome relativo inglese è invariabile nel genere e nel numero…“ ripeté Lee facendo finta di leggere. “signorina Evans, si avvicini un attimo!” Kathleen spaventata ubbidì e dal fondo della classe raggiunse la cattedra e il professore. “può farmi queste fotocopie?” le chiese aprendo un altro libro su due pagine a caso. “va bene!” da lontano Kathleen incrociò la sguardo supplichevole di Lee, ma quella non ebbe scelta. Uscì dalla classe e Lee sentì lo stomaco chiudersi in una morsa. “prego, continui Ryan…“ “ehm, si…“ blaterò cercando affannosamente di risollevare le sue sorti. Lesse la frase: “ …who viene riferito a persone e which alle cose, e non cambia neanche dal punto di vista sintattico…“ non capì una sola sillaba ma tentò ugualmente. “…feririto who a soneper viene ella which e seco, anchine di punto biamca cotasitti vista dal non…” “cooosa? Io non ho capito nulla!!! Meno male che ho il libro davanti… ma si è dimenticato come si legge, Ryan?” chiese beffardo il professore. Lee lo guardò gelido e sprezzante. Ritornò a guardare il libro e si sforzò di capire ciò che c’era scritto: “…in quanto la forma del complemento whom è in disuso…“ scarsa fu la sua comprensione. “…mettoplecom in e in susodi della rmofo toquam whom…” “eh, il bulletto non sa leggere…le conviene tornare alle elementari Ryan, lì sarà certamente più apprezzato!” lo sbeffeggiò il professore. Lee stringeva frustrato il libro tra le mani. Sentiva il sangue ribollirgli nelle vene. I battiti cardiaci aumentare e la rabbia invaderlo terribilmente. “lei è uno stupido Ryan, anzi no, mi correggo: lei è lo stupido per eccellenza!” e un sogghigno comparve sul quel anziano e rugoso volto. A quel punto Lee non ci vide più. Per lui era davvero troppo, non ci stava a farsi chiamare “stupido“. Si alzò dalla sedia, andò di fronte al professore, gli sbatté il libro sul torace e gli sputò in faccia. “qui, lo stupido, è lei!!!” e detto questo se né andò. Kathleen era arrivata in quel momento ed aveva assistito solo all’ultima scena e non all’umiliazione di Lee. “non dirlo a mia mamma!” bisbigliò oltrepassandola.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11 Grazie per i commenti =) che siete teneri! xD comunque sto aspettando di pubblicarla perchè ancora non sono molto convinta.. intanto leggere questo XD


Al suo ritorno a casa, Sheila non la risparmiò e la tempestò di domande. Ma Kathleen rispose dicendo che doveva vedere Lee. Che era urgente. Sheila acconsentì rassegnata e la lasciò libera di andare in camera di Lee. Quando vi entrò, lo trovò sdraiato sul copriletto a pancia in su e le braccia dietro la testa, intento a fissare il soffitto ingrigito dalla muffa. “posso?” “entra pure!” si chiuse la porta alle spalle e si sedette ai piedi del letto. “come stai?” “uno schifo!” “mi è stato detto di darti questo…lo hanno dato a me per accorciare i tempi di spedizione…“ e uscì una busta gialla spiegazzata dalla borsa. “cos’è?” “te lo manda la scuola!” a quelle parole Lee sbiancò. Non che non si aspettasse una comunicazione urgente, ma non voleva dare altri pensieri a sua madre. Più di quelli che non avesse già. “tieni!” disse allungando il braccio con la busta stretta tra le dita della mano. “che fai? Scherzi, vero?” chiese brusco. Kathleen all’inizio non capì, poi comprese e lesse lei, dopo aver aperto la busta. “Gentile Mr Ryan, la informiamo che la Sylvia Young lo ha espulso a causa di una serie di comportamenti culminati in tali avvenimenti: - mancato rispetto nei confronti del prof. McKay; - uscita non autorizzata dall’istituto durante il normale svolgimento delle lezioni. Cordiali saluti. LA PRESIDE Elizabeth Young” Lee fissava inorridito la lettera tra le mani di Kathleen e in quel momento si realizzò proprio ciò che temeva di più. “l’espulsione!”. “forza Lee! Da una parte puoi essere anche contento! Puoi andare via da questa cazzo di scuola e ricominciare dove ti possono aiutare per la tua dislessia!!!” Lee non le rispose. A quel punto le sembrò inutile la sua presenza e lo lasciò solo andandosi a ritirare nella camera che divideva temporaneamente con Gemma. Subito dopo entrò Sheila preoccupata per suo figlio e lo trovò seduto per terra con le gambe incrociate. “mi vuoi dire cosa è successo?” “stai zitta!” disse aspro. Lei ci rimase male ed uscì dalla stanza con le lacrime agli occhi. Lee stesso si pentì per come l’aveva trattata. Ed ora aveva due cose per le quali sentirsi in colpa. Odiava la sua vita. Odiava se stesso. Odiava far soffrire gli altri per causa sua. Odiava deludere le persone che credevano in lui. Dopo qualche ora di riflessioni e rimuginazioni si degnò di uscire dal suo rifugio. Bussò alla porta di Gemma, consapevole che la sorella non fosse in casa. Kathleen lo fece entrare. Non poté fare a meno di notare le sue cose sistemate sul letto e un borsone nero a lato. “vai via?” chiese timoroso della risposta. “si, penso di aver disturbato anche abbastanza! È inutile sfuggire ai ricordi, quelli m’inseguiranno per tutta la vita…tanto vale farsene una ragione e guardare avanti e poi non posso dimenticarmi di mio padre! Ha bisogno di me…lo devo aiutare!” Lee annuì serrando le labbra. “mi mancherai!” “mica mi trasferisco a Oxford! Torno dove stavo prima: a due isolati da qui! Stai tranquillo! Tornerà tutto come prima!” disse non sapendo di sbagliarsi enormemente. “lo so…è solo che adesso non ci vedremo più la mattina a scuola!” le ricordò afflitto. “esiste il pomeriggio, lo sai vero?” e rise. Lee l’abbracciò e uscendo le lasciò finire di riempire la sua roba nel borsone. Andò in cucina e trovò sua mamma intenta a preparare la cena. Le si avvicinò piano, senza fare rumore. “mamma…“ “oddio, Lee… mi ha fatto prendere un mezzo infarto!” disse portandosi la mano libera al petto, poi notò la strana espressione di Lee e lo invitò a sedersi a tavola. Lui non disse niente, ma una volta pronto, le diede la comunicazione della Sylvia Young. Sheila, dopo aver letto, si buttò tra le braccia di Lee ed entrambi scoppiarono a piangere. “stai tranquillo! Non ci sono problemi…andrai in una scuola migliore, dove ti daranno un vero aiuto!” “mamma, mi dispiace per prima!” “ssshh…non ti preoccupare!” lo tranquillizzò accarezzandogli la testa. Kathleen assistette commossa alla scena dallo spiraglio che la porta lasciava. Un sorriso più rilassato si formò sulle sue labbra.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Grazie =)


CAPITOLO 12 “ma Ryan! Lei è perennemente in ritardo!!!” sbuffò Deeral, il nuovo professore d’inglese. “mi tolga una curiosità: è ormai un mese che frequenta l’Italia Conti e non ha ancora capito che le lezioni iniziano alle 8:15?” “eh prof! Stavolta le dico la verità…ho incontrato un pinguino che voleva sapere che strada doveva prendere per raggiungere il municipio…c’ho messo un po’ perché non parlo bene il pinguinese!!!” anche a questa classe piaceva ridere alle battute di Lee. E così fece anche questa volta. Il professore imprecò e lo lasciò andare al suo posto. A ricreazione uscì in cortile a fumarsi una sigaretta. Mentre inspirava a fondo quella sensazione di pace e tranquillità che la nicotina rilasciava, alcuni frequenti pensieri gli invasero la mente. Era tanto che non vedeva Kathleen. Aveva come la strana sensazione che da un mese a quella parte lo evitasse. Gli mancava da morire. Si chiedeva come facesse ad essere ancora vivo senza i suoi sorrisi. Aveva deciso. Quel pomeriggio non avrebbe accettato un “no”! Verso le 4:00 si presentò sotto casa di Kathleen e si mise a suonare il campanello e a bussare imperterrito finché non venne ad aprirgli. “non ho voglia di vedere nessuno!” e fece per sbattergli la porta in faccia, ma Lee fu più veloce e mise il piede sulla soglia in modo che non potesse chiudere. “è un mese che non ci vediamo! Lo sai questo, vero?” “NESSUNO! HAI CAPITO?” disse gelida. Lee stupito della reazione sgranò gli occhi e fece qualche passo indietro. La porta si chiuse facendo un botto assurdo. Notò una macchina parcheggiata davanti casa. Probabilmente c’era suo padre con lei. Aveva detto che non avrebbe accettato un “no” e così fece. Non era da lui rinunciare al primo tentativo. Si avvicinò inosservato alla finestra del bagno e captò alcuni rumori sospetti. Rumori strani. Poi sentì delle urla. Di colpo il silenzio e in seguito la porta del bagno s’aprì di scatto e ne entrò una Kathleen in lacrime. Subito Lee s’abbassò. Non doveva farsi scoprire. Tuttavia alzò la testa quel poco che bastava per permettergli di vedere cosa succedeva all’interno. Kathleen aveva i capelli arruffati e il viso rosso. Si appoggiò al lavello e si guardò allo specchio. Si alzò le maniche del maglione e si esaminò le braccia. Lee riuscì ad intravedere alcuni violacei lividi. La ragazza si tolse l’indumento invernale rimanendo in reggiseno di pizzo. Lee s’imbarazzò ma non distolse lo sguardo. Aveva la schiena coperta da segni rossi. Decise di aver visto abbastanza e, nell’allontanarsi furtivamente, pensò che era arrivato il momento di agire.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Grazie a tutti e due ^___^ Scusate per il ritardo, ma per me il fine settimana è un incubo xD


CAPITOLO 13 Il giorno seguente Lee si appostò dietro una siepe sin dal primo mattino, ovviamente saltando la scuola e aspettando che Kathleen rimanesse da sola. Meno male che si era portato da mangiare perché ebbe il via libera solo la sera verso le 8:00. una volta assicurata l’assenza del padre, ripeté l’azione del giorno precedente. Anche questa volta, solo dopo parecchio, Kathleen venne ad aprire. “ANCORA TU? AVEVO DETTO DI NON VOLER VEDERE NESSUNO!” ma lo disse con tono diverso. Come se supplicasse d’insistere. Lee non ci pensò due volte. “fammi entrare!” Kathleen abbassò lo sguardo e socchiuse la porta. Lee entrando si chiese se lo avesse fatto apposta. La casa era insolitamente buia. Le tapparelle chiuse. Le stoviglie sporche sul lavello. Non era abituato a vedere la casa in quello stato. Kathleen si sedette sul divanetto raggruppando le gambe al petto. Lee le si mise accanto. “cos’hai fatto alle braccia?” lei non rispose. Non gli chiese nemmeno come facesse a saperlo. “è inutile che cerchi di nascondermi le cose…dimmi cosa succede in questa casa!” Kathleen incrociò il suo sguardo. I suoi occhi gli chiedevano aiuto senza parlare. Gli chiedevano d’insistere perché alla fine avrebbe ceduto. “chi è? Che ti fa?“ silenzio. “è tuo padre?” un singhiozzo. Poi si alzò la manica del maglione e gli porse il bracco coperto di lividi. Lee lo toccò delicatamente con le dita, avendo paura di farle del male. Di procurarle altro dolore. Dopo averlo esaminato alzò nuovamente lo sguardo per cercare i suoi occhi. “ti picchiano?“ le assentì con la testa, ma lasciando capire che c’era qualcos’altro. “non è finita qui, vero?“ lei fece segno di no scuotendo leggermente il capo. Gli occhi gli si inumidirono. “ti violenta?“ e quella domanda, quelle parole, quel punto interrogativo venne accompagnato da fiumi di lacrime innocenti. Lee se la prese tra le braccia e le fece compagnia per tutta la notte. Erano poche le parole da spendere in quella situazione. “vedrai…abbi fede! Le cose cambieranno…“ “ti prego, non dirlo a nessuno!” “ok!” “promettimelo!” lo supplicò. “lo giuro!” disse incrociando due dita dietro la schiena.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14 “Ryan! Ora mi spieghi questo ritardo di ben tre quarti d’ora! non m’inventi un'altra scusa con dentro un pinguino perché non l’accetterò!” “va beh… questa volta sarò sincero: sono stato alla stazione di polizia, ho dovuto denunciare il padre di una mia amica!” la classe pensò che fosse un'altra delle sue e rise di gusto per la bella scusa. “Ryan…io ci rinuncio! Come può avere questa faccia tosta? Può fare l’attore. Si, lei è un attore nato!!! Ma non è buono a nulla: non studia, non segue le lezioni e sta sempre disattento. Ryan… lei mi demoralizza! Senta, faccia una cosa, si prenda la sedia e mi venga a parlare di Shakespeare.” Lee, per una volta, aveva studiato. Shakespeare gli era sempre piaciuto. Lo aveva sempre affascinato. Ma dopo le parole del professore decise di continuare la sua vita senza prendere altre strade. Svolte a destra o a sinistra? No. meglio mettere un piede avanti all’altro e continuare e tirare dritto, magari sbagliando pure, ma senza smentirsi mai. “abbiamo già fatto Shakespeare? Non ne sapevo nulla!” disse finto sconvolto. Il prof. Deeral aveva ragione. Lee avrebbe potuto fare l’attore. “due in letteratura! Due Ryan!” “ah, meno male!” disse facendo un sospiro di sollievo “credevo che mi mettesse uno!!!” altre risa. “almeno legga Ryan…prenda l’inizio della bisbetica domata!” “perché non Romeo e Giulietta?” “legga Romeo e Giulietta…“ acconsentì rassegnato. Lee prese veloce la pagina giusta. L’aveva imparata e memoria grazie a Kathleen mesi prima. Era arrivato il momento di sfruttare le sue doti! Iniziò a far finta di leggere spedito e rispettando le pause, poi il professore lo bloccò. “complimenti Ryan! a quanto mi avevano riferito, aveva qualche problema nella lettura, ma vedo che lo ha superato brillantemente!” Lee sorrise raggiante e soddisfatto. “ora ci legga la parte che riguarda il suicidio di Giulietta!” lo esortò. “ma veramente…“ se lo era fatto leggere da Kathleen ma non era riuscito ancora a memorizzarlo. Cercò la pagina lento, nella speranza che il tempo lo aiutasse. Nella speranza che la campanella suonasse cinque minuti prima del previsto. Ma il destino non fu dalla sua parte. Una volta trovata la pagina non ebbe più scuse. “dovrei andare in bagno!” “dopo Ryan, adesso legga!” non si poté tirare più indietro. Biascicò parole sconnesse e senza senso. Più andava avanti e più la bocca del prof prendevano una brutta piega. “stop! stop! Ryan, ma che le succede? Come mai? “ “ vede, io…“ “non m’imbroglia sa? Non mi fa fesso! La finisca di fare lo stupido Ryan per una buona volta metta la testa sulle spalle!” Lee, con uno scatto, chiuse il libro e lanciò che lo sguardo uscisse dalla finestra. Ecco un'altra persona che lo riteneva uno stupido incapace.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15 Il passo lento ma deciso. Lo sguardo perso ma fisso a terra. Sei mila pensieri prendevano il posto dei già tre mila vagabondi per i meandri della sua testa. Ce l’aveva da tutt’altra parte. I piedi cambiavano strada da soli, abituati a quel tragitto, lo portavano dove lui inconsciamente, o forse no, aveva lasciato il cuore. Alzò gli occhi verso la sua finestra. Le tende erano tirate. Chissà cosa stava facendo. Chissà se i poliziotti erano intervenuti prima che la violenza le fosse ripetuta per l’ennesima volta. Chissà se l’avrebbe perdonato per non aver mantenuto la promessa fatta. “Lee? Lee, sei tu?” una voce maschile lo fece girare. Vide un volto familiare. Ma nel suo cuore sperava non fosse poi così tanto “familiare”. I capelli biondo cenere. Le labbra sottili. La corporatura, la forma del viso. Suo padre si sporgeva dal finestrino di una macchina e gli faceva cenno di avvicinarsi. Lee, confuso, non poté fare a meno che avanzare verso l’uomo. Gli guardò le forti mani stringere il volante. Quante volte aveva visto quelle mani colpire sua madre? Quante? Troppe. Guardò le sue labbra muoversi veloci. Quante volte aveva visto quelle labbra urlare, bestemmiare e proferire minacce? Quante? Troppe. “Lee! ma mi senti quando parlo?” Salì accanto all’uomo, incapace di definire il sentimento che in quegli stessi istanti cresceva dentro lui. Odio o amore? Nessuno lo sapeva. Persino lui ignorava l’esistenza di una sensazione precisa, anche se c’era e faceva parte di lui. Abitava in fondo al suo cuore, incapace di mostrarsi. Discorsi, domande, sorrisi. Ma cosa voleva? Chi era? Poteva definirsi padre quell’uomo? Da quanto tempo non lo andava a trovare? Da quanto tempo non gli parlava? Troppo. Poteva dirsi felice di rivederlo? Forse. Può darsi. Si come no. sembrava che non ci fossero risposte precise a quelle domande. “allora ciao! Ti vengo a prendere presto, eh! Promesso!” Lee gli rispose con un piccolo cenno del capo. Scese e lo guardò sparire, inghiottito dal buio della notte. Ancora promesse? Sapeva perfettamente che erano fasulle. Tutte parole buttate al vento. Non le avrebbe mantenute. Non lui. Era impossibile. Meglio non aspettarsi nulla in modo da non perdere nulla. Perché alla fine, quello che ci rimaneva fregato, era sempre lui.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Si è vero!


CAPITOLO 16 Furtivo entrò in casa. “LEE!” la madre gridò il suo nome e lo fece talmente spaventare da fargli mettere male il piede ed infine scivolare e cadere a terra. “ciao mamma!” disse con una espressione indecifrabile dipinta sul volto. “dove sei stato? Ma lo sai che ore sono?“ sbraitò la donna rossa in viso. “ehm no… illuminami!” “sono le otto e mezza! Dove sei andato? Mi hai fatto preoccupare!” Come avrebbe fatto a dirle di Kathleen? Della scuola? E di suo padre? “mamma… ho bisogno di parlarti!” disse facendosi più serio di come già non era. Poco dopo si ritrovarono seduti in un pub. “vuoi una birra?” solo molti anni dopo si pentirà di avergli fatto quell’offerta a soli 14 anni. Ne ordinarono due. Lee pian piano si sciolse e raccontò tutto. Fu come se si fosse liberato di un enorme e pesante macigno dal petto. Non poteva tenersi tutto dentro. Prima c’era Kathleen, ma adesso era lei ad aver bisogno d’aiuto e di certo non poteva caricarla dei suoi guai. “ma come hai fatto a convivere con queste cose? perché non me ne hai parlato prima?” “non ti volevo dare altri pensieri! Hai già tanto da fare!” “ma devi sapere che io per te ci sono sempre! Basta che mi chiami ed io verrò da te! Ok? allora… per Kathleen…“ “la prenderemo con noi, vero?“ “non so se riuscirò a mantenere pure lei!” “mamma, ti prego… non ha più nessuno oltre noi!” “e va bene… domani l’andremo a prendere e ci trasferiremo!” “ce ne andiamo?“ “si, cambierete aria… soprattutto tu! Tuo padre non ci dovrà trovare per un altro bel po’ di tempo…e potrai anche cambiare scuola! Qui non ti capiscono, non ti aiutano! Lee, amore mio, anche tu però ti devi impegnare… sforzati! Dedicati a qualcosa di costruttivo!” “mamma, penso di poter fare l’attore!” disse entusiasta della sua idea. “l’attore? Tu devi fare il cantante! Non senti che voce che hai?“ “…mi sento stressato!” “scrivi! Butta giù su carta i tuoi pensieri…ciò che provi! Hai le capacità! Tu puoi farcela. Basta credere in se stessi!” Lee le rivolse uno sguardo fiducioso. “grazie!” “non devi ringraziarmi amore mio!” e si abbracciarono, felici di essersi ritrovati.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17 L’assordante rumore delle sirene e le accecanti luci nel cuore della notte svegliarono Lee. Si affacciò alla finestra e si accorse che tutto proveniva a soli due isolati da lui. Tutto avveniva in casa di Kathleen. Si mise le scarpe e, prendendo le chiavi dello scooter, uscì in pigiama. Arrivato a destinazione vide 5 – 6 macchine della polizia circondare l’abitazione e notò che avevano già fatto irruzione. -ma perché tutta questa messa in scena? che ci voleva ad arrestarlo in modo normale? Mi sembra di stare dentro un film poliziesco!- pensò Lee. Nello stesso istante i poliziotti varcarono la porta di casa trascinando Will con le manette ai polsi. Lee andò a chiedere spiegazioni al capo. “l’uomo si ubriacava e in casa custodiva armi, anche se regolarmente denunciate!” fu la risposta. Sulla soglia comparve una Kathleen piangente e a dir poco sconvolta. Lee le corse subito incontro, ma lei gli urlò letteralmente addosso. “come hai potuto? Me lo avevi promesso… me lo avevi promesso! Tu non sei mio amico… ora finirò in un istituto!” Lee a fatica riuscì ad abbracciarla ed infine a tranquillizzarla. Le sue mani si perdevano fra quei capelli profumati e stanchi. Non poteva ancora credere che la sua “acciughina” avesse subito tutto quel male, tutto quel dolore. Inconcepibile. La sentì piccola e fragile tra le sue braccia. Nonostante tutto ancora libera di vivere e respirare la vita. “dai, vieni…“ E abbracciati scesero gli scalini. E abbracciati superarono le auto della polizia. E abbracciati intravidero quel volto abominevole che aveva sconvolto le loro vite. Deviate. Stravolte. Cambiate. E abbracciati continuarono a camminare sul tracciato della loro esistenza.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18 Ed eccoli lì. Insieme. Pronti a ripartire da zero, ma con un passato alle spalle non indifferente. E di nuovo un inizio. Una strada da percorrere tutti i giorni. Un cancello da varcare ogni mattina. Le stesse facce da incontrare per altri quattro anni e mezzo. O almeno si sperava che stavolta sarebbe stato così. Vicini. L’una accanto all’altro. Un piede dopo l’altro verso quella nuova scuola. Quella nuova vita da affrontare. Credendo che evolverà in meglio. Ma illudersi è facile. Da scuola a scuola le situazioni sono più o meno analoghe. Gli stessi gruppetti. Le stesse storie. I soliti problemi con le stesse persone. I nuovi arrivati sono sempre sotto gli occhi e il giudizio di tutti. Per Kathleen e Lee la regola non fece l’eccezione. Imbarazzati cercarono di far finta di niente e non dar peso a tutti quei bisbigli e quelle occhiate furtive. “che piacere conoscervi! Voi siete i nuovi arrivati, vero? Io sono il professor Beckett ed insegno Arte Drammatica! Prego entrate… non state così sulla soglia!” I due amici si avvicinarono alla cattedra dove era seduto il professore. “ragazzi! Vi presento i nostri due nuovi acquisti! Mr Lee Ryan e Ms Kathleen Evans. Da oggi in poi faranno parte della nostra squadra e voglio che li facciate sentire a loro agio, intesi?” la classe rispose sconnessa ma al prof andò più che bene. Assegnò alle “due nuove conquiste“ gli unici due banchi rimasti in fondo. “ehi ciao! Mi chiamo Meredith“ una ragazza seduta di fianco a loro allungò la mano. I suoi capelli erano di un rosso acceso e boccoli laccati le ricadevano sulle spalle. Gli occhi grandi e verdi incorniciati da una spessa riga, abbelliti da lunghe e curve ciglia. Le labbra piene e rosse. Portava un orecchino al naso. Le unghia lunghe e nere e le dita ornate con qualche anello abbinato ai bracciali ai polsi. Vestiva una maglietta cortissima con un jeans a vita bassissima che lasciava scoperta la pancia e il pircing all’ombelico. Lee spalancò la bocca esterrefatto. “piacere! Che bel nome che hai! Lee, asciugati la bavetta…scusalo! Non so che gli prende!“ “tranquilla…ci sono abituata!” mentre parlava Kathleen notò un altro pircing nella lingua. “immagino vi siate trasferiti da poco a Blackheath! Siete per caso fratelli?” domandò aggrottando le sopracciglia. “NO!” risposero in coro Lee e Kathleen. “ah ok…comunque non credo conosciate qualcuno, vero?” “oltre te…” sussurrò Lee a metà voce. “allora dopo vi presento i miei amici! Sono dei forti assoluti!!!” “Ryan! mi dica una cosa…lei soffre di dislessia?” in classe piombò il silenzio. Lee tardò a rispondere, ma dopo vari incoraggiamenti da parte di Kathleen ci riuscì. “beh…così sembra!” riuscì a sillabare. “tranquillo! A lei ci penso io…l’Arte Drammatica l’aiuterà tantissimo, ovviamente sotto la mia guida! L’importante è che lei si fidi di me, ci sta?” Un enorme sorriso comparve sul suo viso. “si, ci sto!” “signorina Evans, potrebbe farmi un favore?” “si, mi dica professore!” disse rendendosi disponibile. “si avvicini un attimo!” Kathleen si alzò dalla sedia e percorse tutta la classe fino ad arrivare alla cattedra. “lo chiedo a lei così almeno incomincia ad ambientarsi: potrebbe gentilmente portare il registro di classe in 5^ B? Il professore Basset, che insegna Arte, si è dimenticato come al solito di firmare le sue ore!” “certamente!” si fece spiegare dove si trovava la classe e poi uscì dalla sua. Dopo aver percorso corridoi su corridoi e aver anche chiesto indicazioni a qualche studente fuori dalle aule per scampare un’indesiderata interrogazione, arrivò a destinazione. Bussò ed aprì la porta senza aspettare “l’Avanti!”. Lo scenario che comparve ai suoi occhi fu devastante. La metà dei presenti era coinvolta in una battaglia con palle di carta e l’altra metà amoreggiava, ascoltava musica, disegnava sulle pareti…insomma, tutto meno che ascoltare il professore che spiegava alla lavagna, apparentemente non accorgendosi del casino (tanto per usare un eufemismo!) che la classe stava facendo. “ehm ehm!” Kathleen tossicchiò per attirare l’attenzione su di se, ma neanche il professore parve accorgersi della sua presenza. “SCUSATE!” tutti si zittirono voltandosi verso lei. Anche il prof smise di scrivere alla lavagna. “ah salve, e lei chi è?” disse sistemandosi meglio gli occhiali sul naso, cercando di metter meglio a fuoco la ragazza. Era basso e calvo, ad eccezione di alcuni capelli, superstiti alla vecchiaia, sulla nuca. Portava un apparecchio all’orecchio. Evidentemente non ci sentiva bene! “sono venuta a portare il registro della I C! Ha dimenticato di firmare le sue ore!” “non sono un obliteratore! Non vede? SONO UN PROFESSORE!” -ma che ha capito questo?- si chiese fra se Kathleen. “DEVE FIRMARE LE SUE ORE!” “ahh…e lo dica subito, no?” scettica lei gli consegnò il registro. “hai visto che fica?” “dev’essere nuova! Non l’ho mai vista prima d’ora!” dei bisbigli si levarono dal fondo della classe. “EHI CARINA! Sei proprio bona, sai? Ti aspetto all’uscita... ci conto!” un ragazzo dall’ultimo banco stringeva tra le braccia una brunetta e le fece l’occhiolino. Lui capelli corvini e occhi verdi. Sguardo bello ma maledetto! Kathleen rispose con una smorfia di disgusto, dopo uscì dall’aula con il registro firmato e ripercorse i corridoio al contrario. -però…non era male!-

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


CAPITOLO 19 La campanella imperterrita dava il via libera agli studenti, più che felici di ubbidire a quel trillo insistente. “dai… venite!” Meredith con la sua voce squillante chiamava Lee e Kathleen dal cortile. I due si guardarono per un attimo e poi raggiunsero la ragazza che nel frattempo avanzava in direzione di un gruppetto di ragazzi dell’ultimo anno. Sigaretta alla bocca e donna tra le braccia. Più o meno gli stessi tipi della Sylvia Young. Gli stessi tipi dai quali stare alla larga! Le figure in lontananza si distinguevano sempre più man mano che si avvicinavano. Un ragazzo dai capelli neri sedeva su un motorino e il resto del gruppo gli stava attorno. Finalmente si aggiunsero alla comitiva. “ciao Patatina Mia!” quello si voltò verso Meredith per baciarla e Kathleen lo riconobbe all’istante. “ciao ragazzi!” disse lei rivolta agli altri. “questi sono Lee e Kathleen…sono nuovi!” disse indicando i nuovi arrivati. “ciao, io sono Jack…AH! Ma sei tu!!! Vedo che alla fine sei venuta! Brava…non te ne pentirai!” disse facendole lo stesso occhiolino. “ma vi conoscete?” chiese Meredith, precedendo Lee che voleva fare la stessa domanda. Dire che in quel momento era la gelosia in persona è dire poco. “diciamo…” e sorrise malizioso. “comunque questi sono: Jhon, Eddy, Jennie, Crystal, Evelyn, Margareth, Alex, Brad, Marika e Justin!” tutti si salutarono. “allora, da dove venite?” chiese Evelyn. “da Chatham!” rispose pronto Lee. “come mai vi siete trasferiti qui?” continuò Eddy. “noi ve lo diciamo…ma mi raccomando: acqua in bocca!” disse Lee portandosi l’indice sulle labbra in segno di silenzio. Gli altri si guardarono un tantino intimoriti se ascoltare o no le sue parole, alla fine assentirono tutti. “siamo inseguiti dall’FBI! Abbiamo ucciso la nostra vicina!” disse serio e cupo. Tutti tacevano e guardavano Lee e Kathleen spaventati a morte. Mancava poco e i loro occhi avrebbero toccato terra, da quanto li avevano sgranati. L’aria si fece tesa e nessuno osava dire o fare niente. “e così confermo la tesi dei professor McKay e Deeral: da grande dovrò fare l’attore!” Kathleen fu la prima a scoppiare a ridere e gli altri la seguirono a ruota, sollevati di esser stati solo vittima di uno scherzo fatto più che bene. “ok raga…ai nuovi arrivati diamo la precedenza!” Jack si avvicinò a Lee e a Kathleen con un sacchetto aperto e pieno d’erba. “forza, uscite le cartine!” loro lo guardarono interrogativi. “non avete mai fumato?” “canne no!” rispose Lee. “’c’è sempre una prima volta! Alex, Justin: dategliene due delle vostre!” quelli assentirono e fecero come ordinato. Dopo Jack riempì quelle e passò oltre, continuando a distribuire erba ai rimanenti. I due amici non sapevano che fare. Fumarle o meno? Per entrambi era la prima volta ma avevano come il brutto presentimento che se non lo avessero fatto non sarebbero stati accettati dal gruppo e anche a loro non dispiaceva poi così tanto. Ognuno di loro due aveva qualche problema dal quale scappare. Quindi perché non cogliere l’occasione al volo? Verso le 4.00 la comitiva si sciolse. “ciao carina, ci vediamo prestissimo…promesso!” sussurrò Jack all’orecchio di Kathleen e, vedendola sorridere, partì soddisfatto sul suo scooter. Inconsapevole di non essere lui la causa di quel sorriso, stimolato solo da una sostanza provata per la prima volta. Inconsapevole di essere proprio lui la causa dei guai degli anni avvenire.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO 20 Ansimanti e ancora eccitati si allontanarono l’uno dall’altra e si accasciarono sfiniti tra le lenzuola sporche di quel sesso clandestino. Lei si alzò dal letto e cominciò a rivestirsi. “già te ne vai?” “ho da fare…” “si, hai da fare…come se non sapessi che andrai a farti fottere da Eddy…poi Justin…Alex…Brad…” disse sarcastico contando ogni nome sulle punta delle dita. “sei anche in grado di predire il futuro? Formidabile! E comunque quello che faccio e farò non sono cazzi tuoi! Non mi lamento io che ti scopi Margareth, Evelyn, Jannie e decine di altre ancora…non lamentarti nemmeno tu!” lui sorrise soddisfatta di averla provocata. “e poi stai attento…potrebbe benissimo scapparmi qualche parolina di troppo con Meredith!” gli disse maliziosa indossando la maglietta. “non ti conviene! Ti potrebbe scappare di tutto…anche dei nostri “incontri”…e sai perfettamente che questo ti farebbe perdere la sua amicizia!” lei rimase in silenzio mentre s’infilava le scarpe. “TIIIIIII… BUM! Colpita e affondata!” risero entrambi. Poi lei prese la borsa e avanzò in direzione della porta. “ciao carina…” “Jack! Ma ti si è incantato il disco? È passato un anno e mezzo e ce la smeni ancora co sto “ciao carina”? cambia ogni tanto!!!” sbuffò scocciata. “allora…vediamo…asta la vista cika bonita!” la salutò ironico. Lei scosse la testa in forma di dissenso e finalmente uscì. Un freddo vento le sferzò il viso ma non riuscì a spazzarle quei pensieri dalla testa. Sempre gli stessi. Di volta in volta si sentiva sempre più sporca e quel macigno che le pressava il cuore aumentava sempre più il suo peso. Ogni volta si ripeteva che sarebbe stata l’ultima, ma non era mai così. In quel giro vizioso di sesso, droga e bugie c’era entrata lei da sola. Con le sue gambe. Ma la scintilla era stata scoccato da un'altra persona. Qualcuno che l’aveva fatta soffrire in maniera sovrumana: suo padre. Alzò lo sguardo da terra e notò Lee in sella al suo scooter. Non era solo. Per niente solo. Anzi: stava pomiciando con Marika. E un’altra dolorosa fitta le trafisse il cuore. “andiamo da un'altra parte…c’ho voglia!” le bisbigliò Lee sul suo collo. Lei annuì dolcemente con gli occhi ancora chiusi. Pochi minuti dopo si trovarono barricati dentro il bagno di un pub. Le loro mani affamate navigavano vogliose sotto i vestiti. I loro respiri si mescolarono. “con chi sei stato prima?” sussurrò abbassandogli la cerniera dei pantaloni. “con Margareth! Come te ne sei accorta?” le chiese ansimando. “dal profumo non tuo!” rispose cercando la sua voglia. E si persero l’uno dentro l’altra. Respirando a fatica. Muovendosi insieme, lentamente e con passione. Abbracciati, uniti da un unico scopo: il solo, semplice e puro sesso. In quei momenti una persona gli tornava alla mente. Chiunque fosse stata la sua partner. Lee non faceva altro che pensare a lei. A Kathleen. Nostalgia per non averla accanto. Gelosia per chi l’amava in quello stesso modo. Odio per stesso: non si era perdonato di non averle ancora dichiarato il suo amore. Provava tutto questo e tanto altro ancora. Emozioni e sentimenti indescrivibili occupavano il suo cuore. Istante per istante. E le sue giornate si allungavano per quei pensieri. Piano scivolò fuori lei. E guardandosi negli occhi si risistemarono i vestiti. Sorridenti uscirono dal pub. Ma un unico giudizio imperversava nella sua mente: “sono un coglione!”

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


CAPITOLO 21 “a che ora dobbiamo andare?” chiese Lee a Kathleen. “tra 5 minuti!” “e la dose? Le siringhe ce le hai tu?” “le siringhe si, ma la dose ce la lasciano sopra il muro divisore del bagno… Lee, come al solito!” “ si si, lo so. Volevo solo una conferma, tutto qui! Ma tu, Meredith, non vieni?” “andrò dopo con Jack” “Ryan, continui lei!” Lee, nel panico, non sapeva che fare. Ignorava pure quale fosse la materia che stavano trattando, ma Kathleen, nonostante fosse stata impegnata come gli altri nella conversazione, era riuscita lo stesso a seguire la lezione. Gli indicò il punto senza farsi vedere dal prof. Beckett. Lee lesse tranquillo e senza neanche troppa fatica, fermandosi a volte per cercare di capire meglio qualche parola. Il prof. D’Arte Drammatica aveva fatto davvero un ottimo lavoro con lui. Adesso non sembrava (o quasi) che soffrisse di dislessia. “scusi professore, posso andare in bagno?” chiese Kathleen alzando la mano e interrompendo Lee. “certo, vada pure” e le indicò la porta. Lee la guardò arrabbiato. Poteva almeno aspettarlo! Lei sorrise divertita ed uscì dall’aula, con un piccolo, quasi invisibile, rigonfiamento nella tasca. “prof, veramente dovrei andare anch’io!” disse Lee chiudendo di scatto il libro. “no Ryan, deve leggere ancora” “no prof davvero! Mi scappa…sarei capace di calarmi i pantaloni anche qua!” “per l’amor di Dio! Ma dico io: lontani non ci sapete stare?” chiese ironico mentre Lee si dirigeva verso la porta. “NO!” rispose sorridendogli. “spero che almeno tu abbia i preservativi!” gli urlò dietro. La porta dell’aula si chiuse e la classe scoppiò a ridere. Lee finalmente raggiunse il bagno. “Kathleen! Kathleen?!? Dove sei? Kathleen?!?” Entrando nell’atrio si accorse si due siringhe appoggiate sul lavandino. Una usata, l’altra ancora pulita. D’improvviso si sentì un colpo alla porta e subito dopo un gemito. Dolore o piacere? Impossibile definirlo. Arrabbiato, Lee afferrò la siringa e la dose e si chiuse in un bagno libero sbattendo la porta. Mentre si preparava, dal bagno a fianco i gemiti e i gridolini aumentavano sempre più e questo non portò altro che al maggior nervosismo di Lee. avrebbe pagato tutto l’oro del mondo per stare al posto di quello stronzo che se la stava sbattendo contro la porta. Lui, con lei, non si sarebbe comportato in quel modo. Sarebbe stato dolce e lento. Come non lo aveva fatto con nessun altra. Solo lei gli faceva battere il cuore in quel modo. Leggero ma pesante d’amore. Chiudendo gli occhi con la schiena appoggiata al muro, coperto di scritte più o meno superficiali o piene di significato, s’accasciò per terra. Nella destra teneva la siringa sporca di sangue e la sinistra stava inerte sulla sua gamba. Alcuni minuti passarono lenti, lasciando che un liquido efficace e quasi mortale penetrasse più a fondo e arrivasse anche al cervello. Stava quasi per addormentarsi quando qualcuno bussò al bagno accanto al suo. “Evans, Ryan! uscite: c’avete messo più tempo del solito…questa cosa deve finire! Mi sono stufato, il gioco è bello quando dura poco!” da quel bagno uscì una Kathleen con lo sguardo annebbiato da pura eroina, intenta a sistemarsi il reggiseno sotto la maglietta e un Justin più lucido, ma occupato a chiudersi la zip dei pantaloni. “ma…tu…e…Lee?” Kathleen barcollando indicò il bagno accanto. Il professore lo aprì e vi trovò Lee. immobile, seduto sulle fredde mattonelle bianche, ingrigite dal tempo e dall’usura. E i loro sguardi s’incrociarono. Uno deluso, amareggiato. Lo sguardo di chi aveva riposto la propria fiducia nelle capacità dell’altro e questo lo aveva tradito. L’altro annacquato, vacuo. Ma allo stesso tempo cosciente. Di chi in quell’istante avrebbe voluto morire invece che subire quel tipo di sguardo. “ ti sei bucato!” poi riposò il suo sguardo su Kathleen. “anche tu! Come avete potuto? Con quale coraggio? Vi ho dato il mio appoggio…la mia fiducia…e voi mi ripagate così? Vi drogate? Non ce li voglio due tossicodipendenti nella mia scuola! Sarete espulsi!” e dopo aver sbraitato codeste parole abbandonò il bagno infuriato e nero in viso.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


CAPITOLO 22 “maaaa… noi usciamo!” urlò Lee sulla porta con Kathleen. “la mamma non c’è, è a lavorare. Voi dove state andando?” Gemma comparve in cucina con il pigiama indossato. “a casa di amici” “a fare che? Lee! Kathleen! Non deludeteci…” disse buttando loro un occhiata piuttosto eloquente. Forse sapeva. Forse no. ma questo era un altro dei problemi da aggiungere alla lista da risolvere. Poco dopo si ritrovarono sotto casa di Jack. Meredith venne ad aprire alla porta. “ehi! Ci sono anche i pischelli!” gridò Justin saltandole dietro. Tutti si avvicinarono all’ingresso per salutarli. “auguri Jack!” disse Lee stringendogli la mano. “sono venti, no?” chiese Kathleen. “si…persi!” “simpatico Lee! davvero, come se i tuoi sedici fossero meglio dei miei!” Quella che si svolse non fu una vera festa di compleanno bensì un “semplice” party. “bella festa, ma adesso arriva il pezzo forte!” e Alex, da dietro, tirò fuori ogni tipo di droga reperibile: canne, cocaina, crack…da fumare, da ingoiare, da iniettare. Tutti scalpitando si riunirono attorno a lui. Come se ne avessero fame e fossero a digiuno da fin troppo tempo. “tu cosa preferisci Lee? che ne dici di questa?” Brad gli mostrò una semplice canna. L’interpellato guardò la sua amica. Cercò di capire cosa voleva dirgli. Cosa doveva fare? Come interpretare quello sguardo carico di dubbi e pene? “no, grazie” disse secco. “eh? Ma che dici? È per via dell’espulsione?” “si, io e Kath abbiamo promesso di non toccare più questa roba…” Ma Eddy si avvicinò a quest’ultima sotto gli occhi di Lee consapevole di non poter niente. “tieni baby!” le mise una siringa tra le mani e in quel momento l’impulso fu più forte che mai. “chi viene con me?” chiese Kath ad alta voce, cercando di sovrastare la forte musica. Molti si avvicinarono, ma Jhon fu più veloce e riuscì ad acchiapparla per primo. A quel punto la forza di volontà di Lee venne meno e anche lui si fece trascinare ancor più giù nel tunnel. Sempre più nero e sempre più fievole la luce per l’uscita. Fu una notte di sesso. Partner scambiati e ragazze scopate nei posti più impensabili, nelle posizioni più difficili, con la violenza più aggressiva. Di droga. Colori sovrapposti. Allucinazioni. Oggetti strani. Deformati. Volti irriconoscibili e sensazioni indescrivibili. Rumori assordanti. Amplificati. E i valori della vita deturpati.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


CAPITOLO 23 Le palpebre gli sembrarono due macigni, ma riuscì lo stesso, seppure a fatica, ad aprire gli occhi. Evelyn gli stava sdraiata sopra. Nuda. Fatta. La spostò il necessario e, barcollando, si alzò dal divano. Il freddo lo spinse a vestirsi in fretta. L’acuto dolore alla testa lo costrinse a chiudere gli occhi per un momento. Ci si portò una mano come per tenerla ferma. Dopo fece un rapido giro della casa, finché non incappò in qualcosa e stette quasi per cadere. S’abbassò su Jack supino sul pavimento. Lo voltò per una spalla e ne scoprì il volto. Era bianco e freddo. Cadaverico. Preoccupato Lee gli sentì il polso. Niente. Nessun battito. Spaventato poggiò direttamente il suo orecchio sul corpo di quello. Niente. Era morto. Non c’era alcun dubbio. Frenetico cercò Kathleen. Speranzoso aprì una camera e la trovò infilata in un letto abbracciata a ben due ragazzi che Lee non aveva mai visto. La liberò da quelle sporche braccia e, accorgendosi che era nuda, la vestì in fretta e furia. Chiamò autoambulanza e la polizia e fuggì da quella casa con Kathleen in groppa. Alcune ore dopo la fuga, Kathleen si svegliò infreddolita su una panchina. Il petto di Lee le faceva da cuscino e le sue braccia la coprivano a mo di coperta.. lui se ne accorse e la strinse ancora di più a sé. Questo si chiama amore incondizionato! “dove siamo? Che è successo?” Kath sbadigliò. “come ti senti?” “non bene…” si ritrovarono l’uno di fronte l’altra. “Jack è morto!” disse Lee cupo. “C-O-S-A?” “si” “ma come? Quando? O MIO DIO!” “penso di overdose…Kathleen: ASCOLTAMI! Ti rendi conto della vita che stiamo facendo?” “non ci posso credere! Non ci voglio credere! Jack morto…Lee…Lee! questa non è la mia vita: mi faccio, scopo con chiunque mi passi davanti. NON C’E’ PIU’ NESSUNA VIA D’USCITA!” “ma cosa dici? C’è sempre un’alternativa!” “non ha più senso vivere…ho fatto troppi errori. Troppo gravi per cui non si può più riparare…voglio sparire nel nulla! Tanto? Chi se ne accorgerebbe? Non sono niente…non sono nessuno…ho fallito…“ “la vuoi finire? Vuoi essere ricordata come la troia drogata di Blackheath? Sarà questo il tuo fallimento! Muoviti e datti una mossa…la vita con noi è stata dura, soprattutto con te! Abbiamo sbagliato e ne stiamo pagando le conseguenze, ma le pagheremo fino alla fine dei nostri giorni se non reagiamo! Se non fai niente la vita non ti aiuta!!! È fin troppo facile mettere fine alle sofferenze in questo modo!” le urlò in faccia Lee rosso in viso. Ansimante il petto andava su e giù al ritmo dei suoi battiti accelerati. I loro sguardi s’incrociarono per l’ennesima volta. Pieni di dubbi, carichi di interrogativi. E come una bambina Kathleen scoppiò in lacrime. Lee perplesso e timoroso la prese tra le braccia e le accarezzò i capelli cercando di calmarla. Di tranquillizzarla. Come se volesse rassicurarla che tutto si sarebbe aggiustato. Tutto sarebbe tornato come un tempo. Ma le ferite erano profonde e le esperienze incancellabili nella memoria. Però si sa, la speranza è l’ultima a morire.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Le dita frenetiche premevano ispirate le lettere sulla tastiera. I capelli le stavano raccolti sulla nuca, tenuti alla bella e meglio con una penna. Ma qualche ciocca ribelle le cadeva leggera sul viso, solleticandola piacevolmente. Portava un paio di occhiali sul naso e la montatura nera D&G le dava un aria seriosa, in contrasto con l’abbagliamento che indossava. Degli squilli insistenti la obbligarono a distogliere le sguardo dallo schermo del portatile. Rispose un po’ scocciata. “pronto?” “ciao Kath! Come stai?” un tuffo al cuore riaprì leggermente la ferita, abbastanza da farle sanguinare qualche goccia. “ciao Lee! io bene…ma è…tanto che non ti fai sentire!” “si scusa, sono stato impegnato tra provini e corsi!” “tranquillo…e tu come stai?” “bene ma indaffarato! Senti, ma dove sei?” “in un bar, sto lavorando a quel romanzo: ricordi?” “si, certo! Come dimenticare? E come sta andando?” “beh, sono al punto cruciale…” “oh! spero di non aver disturbato!” “no, ma che dici? Tu piuttosto? Dove sei?” “sono appena tornato in appartamento e…ho pensato a te…” “…ma come va? Ti va bene in quella scuola d’Arte Drammatica?” “si si, mi sono fatto anche tanti amici…spero d poterteli presentare un giorno!” “volentieri! Ma sei a Londra, vero?” “OVVIO! E tu sempre a Blackheath, giusto?” “ti sbagli invece! Sono tornata a Chatham! Avevo bisogno di tornare alle orgini…” e un dolce e malinconico sorriso le comparve sulle labbra. “ah si? Scusa un attimo…come? Va bene…sto arrivando! …Kath mi dispiace ma ti devo lasciare!” “ok…mi ha fatto piacere sentirti!” “idem! Ciao…ti vo…” ma la chiamata fu interrotta e Lee si chiese se fosse stata lei o era semplicemente caduta la linea. Invano dubbio che non sarà mai risolto. “Lee? con chi eri al telefono?” “una mia vecchia amica…” “solo un amica? Avanti Lee…sputa fuori al rospo!” “si, solo un’amica!” e cercando di tagliar corto uscì dalla stanza. Non aveva confessato il suo amore alla ragazza interessata, figurati se si confidava con l’amico. “Simon! Ma a che ora sono i provini?” “tra dieci minuti! TI VUOI MUOVERE?” “SI SI, ECCOMI!” “ti vedo nervoso! Come mai?” “oggi devo cantare” “MA VA VA…se tu sei nervoso, io che dovrei fare?” “senti, non ti lamentare, eh?” Riuscirono a superare gli ingorghi del traffico e arrivarono a destinazione. Si sedettero in una grande sala d’attesa affollata e iniziarono ad aspettare il loro turno, come tutti gli altri. “Lee Ryan?” una voce fuori campo chiamò il suo nome. “eccomi, sono qua!” “si accomodi!” Lee entrò in saletta molto più piccola e accogliente. Degli esaminatori lo scrutavano da dietro una lunga cattedra. L’agitazione lo pervase totalmente. “cosa ci canterà?” “una canzone di Elthon Jhon!” “prego” Nervoso prese tra le mani il gelato e fece partire la base. La sua voce prese a vibrare su quelle note alte, mettendo in mostra le sue doti. “Dunk? Ehi, Dunk? Che te ne pare?” “niente male davvero!” “niente male? Ma lo stai ascoltando bene? È perfetto!” “si, ho capito…ma uno del genere potrebbe farci pure le scarpe!” “ …o aiutarci a scalare le classifiche!” “comunque sia speriamo che accetti la nostra proposta!” “potremmo anche chiedergli se ha un amico interessato! Ci risparmierebbe un bel po’ di tempo e fatica!” “vedremo Ant…vedremo!”

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Godetevi il penultimo capitolo (;

CAPITOLO 25 Poco dopo si vengono a formare i Blue. Una boyband inglese composta da quattro ragazzi: Antony Costa, Duncan James, Lee Ryan e Simon Webbe. Lee con loro fa carriera e sbanca in tutto il mondo. Kathleen Evans invece ha grande successo da scrittrice. I suoi romanzi vendettero tantissimo e le furono riconosciuti molti premi. I due essendo occupati con i propri lavori non si vedranno né sentiranno per ben tre anni. Alto, occhiali scuri, un capello e una sciarpa gli coprivano il viso. Questo tipo strano passeggiava in pieno agosto per le strade quasi deserte di Londra. Due borse piene di spesa le coprivano la visuale. Scarpe comode, vestiti leggeri per quel periodo e occhiali coprenti. La sua meta sarebbe stata casa, ma…a volte il destino può anche offrire una seconda possibilità. Il difficile sta nel saperla sfruttare. “ma che diamine?!?” “ma dove guarda???” i due si scontrarono e finirono entrambi per terra. “mi scusi, non l’avevo vista!” tentò di giustificarsi lui. “stia più attento!” rispose acida lei cercando di riacchiappare la spesa sparsa sul marciapiede. “aspetti, l’aiuto!” “tenga i suoi occhiali!” lei li raccolse da terra e glieli porse. Per la “prima” volta i loro sguardi s’incrociarono. Quegli occhi verdi. Quel naso. Quel tipo aveva un’aria stranamente familiare. Poi in un lampo delle immagini le passarono veloci nella mente. “dove vai?” “vado a Londra! Sono stato ammesso alla scuola d’Arte Drammatica!” “no, ti prego…non mi lasciare sola!” “vieni via con me!” “ma che dici? Non posso!” “non so che dirti… devo andare avanti, ho questa possibilità…” “ma io non ti chiedo di rinunciare per me!” “e allora cosa devo fare? Dimmelo!!!” “…abbracciami!” e il suo desiderio fu esaudito. “non ti dimenticherò mai!” “ti voglio bene…” “…ci sentiremo spesso!” “lo spero!” “ti verrò a trovare…” “non ci credo!” “lo giuro!” ”non giurare” “ciao Kath!” “ciao Lee!” “signorina? Si sente bene?” lei scrollò leggermente la testa. “ma tu…no, non puoi essere tu! Lee…sei tu? Lee Ryan?” “si, sono io…ma lei? Ci conosciamo?” “sono Kath! Kathleen Evans” “Kathleen Evans? No, non ci credo!” “nemmeno io!” I due accovacciati si rialzarono da terra. “ma come stai? Quanti anni sono che non ci vediamo?” “quattro, cinque…chi lo sa?!?” e le loro risa si unirono in una. “ti va di fare quattro passi?” gli chiese lei. “no! ti va invece di venire a casa mia? Staremo più comodi!” “va bene!” Dopo poco si ritrovarono seduti su un divano in mezzo ad un lussuosissimo salotto. “allora? quando uscirà il prossimo album dei Blue?” “presto! Sarà Best Of Blue!” “come? Già fate il meglio? Come mai?” “te lo dirò in tutta sincerità: dopo ognuno andrà per la propria strada. In poche parole il gruppo si scioglierà! Sei l’unica a saperlo oltre noi quattro e il manager” “terrò la bocca chiusa!” e gli fece l’occhiolino. “ci conto! E tu? A quando l’ennesimo romanzo?” “ci sto ancora lavorando su…” “guarda un po’…” e le mostrò nella libreria tutti i suoi romanzi esposti. “ce li hai tutti?” chiese incredula. “ovvio!” “anch’io ho tutti i singoli e gli album, ma ce li ho a casa!!!” “sarebbe il colmo se te li portassi dietro!” risero. Ma subito un imbarazzante silenzio cadde su di loro. Era passato troppo tempo. Le loro vite erano continuate per strade troppo diverse. “Lee, forse adesso te lo posso anche dire…” una mano timida si portò i capelli dietro un orecchio. “sono stata innamorata di te sin dall’elementari…” Lee sgranò gli occhi scioccato. Non credeva possibile che un giorno fosse stata lei a dichiararsi. Non sapeva che rispondere. Per lui Kathleen contava ancora tantissimo e come aveva detto non si era mai potuto dimenticare di lei. Le si avvicinò piano e stringendole una mano la baciò su quelle labbra che attendevano da anni l’arriva di quel bacio. Morbido. Casto. Ma poi quel bacio crebbe e si trasformò in un bacio di lingue in lotta. La voglia aumentò e le mani perlustrarono i loro corpi accaldati. Si spinsero sul grande letto e i vestiti volarono via fino a toccare terra. E dopo un ultimo sguardo i loro cuori finalmente si unirono per battere all’unisono.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


ULTIMO CAPITOLO (: RINGRAZIO LA MIA UNICA LETTRICE PER IL SUPPORTO! SPERO TI SIA PIACIUTO QUESTA STORIELLA XD

CAPITOLO 26 Si svegliò lentamente e tenne gli occhi chiusi. Aveva troppa paura di aprirli e scoprire che aveva sognato per l’ennesima volta. Ma si fece coraggio e pregò Dio che quella notte non si era immaginato tutto. Schiuse appena gli occhi, abbastanza per accorgersi che accanto a lui dormiva una ragazza sui vent’anni. I capelli biondo cenere le coprivano metà schiena e qualche ciocca cadeva leggera sul seno scoperto. L’espressione del volto rilassata e le labbra schiuse, come in attesa di un altro bacio. Ma una strana musichetta, proveniente da una borsetta aperta sul pavimento, lo distrasse. Veloce scese dal letto per cercare di far smettere la borsetta di intonare quel motivetto fastidioso che avrebbe potuto svegliare Kathleen. Estrasse un cellulare e lesse il nome di chi stava tentando di rintracciarlo. “Amore Mio”. Lee rimase spiazzato. Non si aspettava una cosa del genere. La telefonata s’interruppe e subito dopo arrivò un sms. Indeciso sul se fosse giusto leggerlo o meno, l’aprì lo stesso. “ciao cucciola! Ma dove sei finita? È tutta la notte che ti cerco… ti prego: appena leggi questo sms chiamami. Ti amo da morire. Brian” alzò lo sguardo dal display per posarlo su di lei. Bella come non mai. Era stato con tantissime ragazze durante tutto quel tempo in cui non si erano visti. Finì spesso sui giornali etichettato come sciupa femmine e poco serio. Ma lui voleva viversi i suoi vent’anni e soprattutto dimenticare l’unico vero amore della sua vita, consapevole che non l’avrebbe potuto dimenticare mai. Si sdraiò di nuovo al suo fianco, attento a non far ballare troppo il letto e la guardò dormire fino a che i raggi del sole non invasero completamente la stanza. Finalmente, dopo molto, aprì gli occhi. “buongiorno acciughina!” “era una vita che non mi sentivo chiamare così!” e sorrise serena. “ho pensato molto…” “ah si?” “si. Credo che sia passato troppo tempo. Non abbiamo saputo cogliere al volo la nostra opportunità e abbiamo sempre rimandato. Penso che sia davvero troppo tardi” disse lui a viso basso. “si, lo credo anch’io. Eppure è un dispiacere lasciarci in questo modo!” “hai ragione! Senti: fare l’amore con te è stato meraviglioso! È stata la cosa più bella che mi potesse capitare. Avevo aspettato questo momento da anni…ma ora è impossibile riniziare a frequentarci. Manteniamoci coerenti e difendiamo il sentimento che non abbiamo mai voluto tradire: la nostra amicizia!” non riuscì a dirle che lo faceva per lei. Per lei e Brian. Che non voleva rovinarle la vita che si era costruita senza lui. Nel suo cuore promise di non smettere mai di amarla e di rimanere il silenzioso spettatore che era sempre stato. “va bene…sono d’accordo con te. Amici per sempre allora?” “amici per sempre!!!” E un bacio suggellò quella promessa. FINE

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