Il Girasole di Leòn.

di ste13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** I ***
Capitolo 3: *** II ***
Capitolo 4: *** III ***



Capitolo 1
*** prologo ***


“ Se solo avessi avuto più coraggio … ” è questo il pensiero che da anni riecheggiava nella mente di madame Giulie. Nella sua casa semibuia affondava per ore in una poltrona vecchia forse quanto lei,e la sua mente vagava verso ricordi ormai lontani. La sua unica compagnia era una dozzina di specchi sparsi qua e là. Quella piccola casa un tempo era confortevole e calda, ma adesso che Giulie superava i suoi ottant’anni, vedeva quelle mura polverose come una tomba. Percepiva di giorno in giorno,attraverso gli specchi, la vecchiaia avanzare e inerme, se stessa abbandonarsi a quella malinconica situazione che chiamano vita. I ricordi che le riaffioravano in mente erano numerosi come le rughe che solcavano il suo volto, quel volto che una volta era vellutato e radioso. Giulie non aveva più sogni e obbiettivi. Aveva perso la forza di sperare in un “qualcosa” di migliore il giorno del suo ottantesimo compleanno. Per anni e anni nessuno le aveva fatto visita o si interessava di lei. Ma ciò nonostante la vecchietta ogni giorno aspettava che qualcuno solcasse la porta di quella casina persa nei sobborghi di Leòn. Puntualmente gli unici a farlo erano gli spettri del passato. Il giorno del suo ottantesimo compleanno Giulie si era imposta di non sperare in nulla, di aspettarsi un’ennesima giornata vuota come tutte le altre. Ma la ragione spesso cade nel contrasto coi sentimenti. Ed eccola lì, docile con la sua gonna nuova e una camicetta immacolata, che aspettava i suoi nipotini o i suoi figli.
Nulla.
Per Giulie fu così duro il colpo che i seguenti mesi li trascorse in una totale apatia, fin quando si lasciò cadere in un sonno profondo e strano, e non vide più la solita luce opaca attraversare le finestre polverose.

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Capitolo 2
*** I ***


Non credevo che avrei rivisto zia Giulie il giorno del suo funerale. Mi ero quasi dimenticata di lei, forse perché da quando è morta mia madre i rapporti con la mia famiglia si sono gelati. Non la conoscevo molto, zia Giulie. I ricordi legati a lei si riducono ad una chiacchierata a Pasqua di sei anni fa, il restante è un’insieme di immagini indistinte e sfocate. Mia zia per me, adesso che ci penso, era solo un’estranea. Mia madre mi parlava poco di questa sua sorella, quasi volesse cancellarla dalla sua vita. E ci è riuscita. Zia è morta da sola, senza nessuno accanto, e molta della sua esistenza è trascorsa in questo modo. Rammento di quella chiacchierata con zia solo qualche sua domanda circa mia madre, su come si comportasse con me e se le volessi bene. Domande inappropriate se poste ad una nipote. Mia zia era molto anziana, forse è per questo che quando mi hanno chiamato per informarmi del suo decesso la cosa non mi ha toccata in modo rilevante. Ma mi ha insospettito che, secondo il suo notaio, che io sia l’erede universale. Come mai ha lasciato tutta la sua eredità a me? E perché non l’ha voluta dividere con altri nipoti? Non capisco … Mi guardo attorno in questa casa inanimata. Cerco di scorgere qualcosa di più definito tra la fitta polvere che danza nell’aria pesante. Purtroppo non posso nemmeno accendere la luce del lampadario perché zia non ha più pagato le bollette da più di un anno. In lontananza sento i rintocchi del campanile, sono le 10:30. Tra un’ora ci saranno i funerali. Mi conviene rincasare e cambiarmi, ritornerò qui quando avrò un po’ più di tempo.

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Capitolo 3
*** II ***


I funerali sono stati insoliti. C’erano pochi familiari presenti, ma a onor del vero nessuno si sentiva partecipe a quell’ingombrante, più che triste, cerimonia. C’era un sole fastidioso e la gente badava più a sventolarsi che alle parole sacre del parroco. Anche io, ad essere sincera, non ho seguito il sermone poiché ero irritata dalla presenza di tutti quei parenti che ho voluto tanto allontanare. A distogliere ulteriormente la mia attenzione è stata una strana presenza, una donna che dall’altra parte della chiesa mi guardava in modo insistente,quasi di sfida. Inizialmente,presa dal disagio,ho preferito ignorare la situazione. Ma poi,incuriosita, ho accettato le sue provocazioni e ho sorretto quello sguardo indagatore. I suoi occhi erano di un grigio anonimo, una tonalità intensa e fredda. Il viso era animato da gote rosa e rughe accennate. Le lunghe ciocche argentee incorniciavano dei lineamenti smussati. A parer mio, quella donna poteva aver vissuto sessanta primavere o poche di più. Non l’avevo mai vista fino a quel momento, ma non so come mi sembrava di conoscerla già. Avevo l’insolita sensazione che quella figura sarebbe irrotta nella mia quotidianità una seconda volta … e ciò mi turbò molto.
Il resto della cerimonia funebre si è svolta al cimitero di Leòn,illuminato dagli intensi raggi solari tipici di Giugno. Le lapidi riflettevano la luce gialla facendo sembrare quel luogo innaturale. I fiori variopinti spruzzati qua e là in quel paesaggio non facevano che accentuare la sacralità della vita dopo la morte. Camminavamo tra le tombe come uno stormo di corvi,col viso teso e imperlato di sudore. Oltre ai vestiti neri,eravamo accomunati dalla voglia di ritornare presto a casa. Nessuno sembrava rattristito dalla scomparsa di zia Giulie,bensì vidi su alcuni volti un sogghigno malizioso. Non rammento alcuna motivazione che potesse far nascere un astio verso di lei, ma magari è perché non la conoscevo affatto. Mia madre ha sempre evitato questo argomento, come se l’irritasse. Nonostante ciò mi accennò di essere molto diversa da sua sorella, quasi compiacendosene. Non amava affatto la compagnia di zia Giulie perché si sentiva soffocare dai suoi modi autoritari; più volte hanno avuto discussioni a causa,secondo mia madre, dell’ipocrisia di zia. Ciò sarebbe stato il fulcro del loro allontanamento. E magari è stato proprio il brutto carattere di zia Giulie a far riaffiorare una soddisfazione generale dopo la sua morte. Il clima che galleggiava sotto i nostri sguardi era pesante e inopportuno al cospetto di un defunto, tant’è che dopo la cerimonia il gruppo dei miei parenti,me compresa, si è dileguato adagio e ammutolito,ma comunque sollevato.

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Capitolo 4
*** III ***


bip bip
Ho sempre odiato l’allarme della sveglia, l’ideale sarebbe essere svegliati dall’odore di un bel caffè forte. Il sole fa capolino tra le tende verdi, regalando alla stanza un po’ di freschezza primaverile. Ѐ trascorso un anno dal funerale di zia Giulie, un anno di cambiamenti. Il direttore del giornale per cui lavoro mi ha affidato articoli sempre più impegnativi. Ho sempre amato viaggiare, ma purtroppo i miei non potevano permettersi delle vacanze all’estero. Per questo dopo il diploma scelsi di tuffarmi nel giornalismo, per poter visitare il mondo. Ma la realtà è stata ben diversa. Tutti gli articoli di cui mi sono occupata non hanno necessitato il benché minimo spostamento dalla Spagna.Come sempre sono in ritardo, mi conviene sbrigarmi. Il traffico alle 7:30 del mattino sembra un lungo drago giapponese da parata, variopinto e con gli occhi fiammeggianti. Dalle sue narici escono i fumi pungenti dei gas di scarico, e dalla sua enorme bocca una melodia stridente,come concepita da un pazzo. Alla radio trasmettono una canzone commerciale, ma preferisco il ruggito del traffico. È questo che amo di Leòn, il suo caos. Finalmente arrivo. Corro su per le scale, entro di nascosto nell’ ufficio e mi siedo alla mia scrivania. Carla mi lancia uno sguardo complice e mi sorride. Per me lei non è una semplice collega, ma una cara amica. Mi guardo allo specchio. I lunghi capelli ricci sono in disordine, gli occhi nocciola arrossati.
«Lola? Il capo vuole parlarti».
Ecco,penso, adesso si arrabbierà a morte. Prima di entrare, mi soffermo a leggere la placchetta sulla porta. “ Miguel Delmar : Director ” . Mi domando se un giorno potrà esserci il mio nome qui su. Busso alla porta ed entro. Delmar è al telefono, mi guarda con la coda dei suoi occhi neri e termina la telefonata dicendo:«…omicidio? Va bene, manderò Casild sul posto». Il suo volto duro è ancora più teso del solito. I capelli neri e le sopracciglia folte marcano la sua ira.
«C’è stato un omicidio a Plaza del Sol. Vacci e spera di ricavarne un articolo decente. E per quanto riguarda il ritardo di stamattina, ti detrarrò una settimana di paga dallo stipendio. E se ci tieni alla tua sedia non fare la furba con me! Hai capito?» la sua voce tuonava.
«Si, señor Delmar.» Vado via il prima possibile. Dovevo aspettarmi una reazione simile da parte sua, con stamattina sono otto volte che sono in ritardo. Mi domando come mai non mi abbia ancora licenziata. Saluto Carla, e scendo. Prendo la metropolitana, altrimenti il traffico mi imbottiglierebbe. Nonostante sia appena primavera nell’aria c’è un’aria quasi soffocante, apro il finestrino e sembra che col calore volino via anche i miei pensieri. Come vorrei fare una vacanza, staccare un po’ la spina. C’è sempre la vecchia casa di zia Giulie, potrei passarci una settimana. Senza che me ne accorda in 10 minuti sono a Plaza del Sol. C’è un po’ di folla accanto ad una casa. Due poliziotti stanno farfugliando qualcosa tra loro, uno si sventola col cappello. Mi avvicino, dico loro chi sono e chiedo qualche informazione.
«oh,no señorita. Per fortuna non c’è stato nessun omicidio. Una donna che abita qui vicino ha sentito due coniugi litigare, e impaurita ci ha chiamati. Ma la moglie ha decido di denunciare il marito per percosse». Ringrazio i due agenti e mi giro verso il gruppetto di curiosi. Un uomo dal naso rosso e la fronte imperlata di sudore discute con una donna impertinente. Gli altri esprimono le proprie opinioni circa l’accaduto. Tra loro c’è anche una donna anziana, dai capelli argentei e i lineamenti morbidi. È molto bella. Mi sorprendo a fissarla, sembra che abbia qualcosa di familiare. Scambia qualche parola con un ragazzino. Gli sorride, e si allontana nella via affollata. I rintocchi del campanile irrompono nell’aria calda. Ripenso alle parole del poliziotto. Bene, non è accaduto niente di grave, ma adesso cosa dirò a Delmar?

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