Nightmare Before Christmas

di Hinata_Dincht
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un grido nella notte plumbea ***
Capitolo 2: *** Sasuke Uchiha ***
Capitolo 3: *** La verità svelata ***



Capitolo 1
*** Un grido nella notte plumbea ***


Salve a tutti! ^^

Che dire... Ho sempre adorato il cartone di Nightmare Before Christmas, ci sono cresciuta con Jack! Per questo ho molto a cuore questa fan fiction.

Spero sia di vostro gradimento!

Credits: Questa storia è liberamente ispirata al film di animazione di "Nightmare Before Christmas", di cui io non detengo alcun diritto; i personaggi dell'anime\manga "Naruto" non sono di mia proprietà.

***

Un grido nella notte plumbea.

La piccola Hinata si dimenò fra le lenzuola combattendo contro il sudore freddo che si era appiccicato alla sua pelle e non si era più staccato. Poi andò a sbattere contro qualcosa di solido, uscendo dallo stato di dormi-veglia.

- Hinata, ma che diamine stai facendo?!-

Qualcuno bisbigliò minacciosamente nel buio.

- Neji, ho fatto un brutto sogno- rispose la bambina cercando di avvicinarsi al cugino che dormiva nello stesso letto, ma senza successo.

- E’ per questo che mi hai mollato un calcio nel bel mezzo della notte?- domandò il bambino, evitando le attenzioni della poveretta spaventata.

Il silenzio piombò nella stanza, ma Neji poté quasi percepire il movimento d’assenso della cugina.

- Quando la smetterai di frignare e svegliarmi tutte le notti? Ormai sei grande!- borbottò irritato Neji.

Hinata fissò stranita il buio, stringendo forte al petto il braccio del cugino: ma se sono grande a sei anni, si chiedeva, a quindici diventerò già vecchia?

I suoi pensieri infantili vennero interrotti dal tono disgustato di Neji:

- Te la sei fatta di nuovo sotto, vero? Bleah!-

La bambina arrossì fortemente, imbarazzata.

Improvvisamente una luce si accese nella casa e pesanti passi risuonarono per il corridoio che fecero rimbalzare il cuore dei due fino alla gola.

La porta si aprì violentemente, ed il cipiglio arrabbiato e rigido del padre di Hinata si affacciò dallo stipite.

- Chi è stato a urlare?- domandò freddamente.

I due bambini spauriti si alzarono dal letto, facendo cadere le lenzuola a terra, il cuore che batteva a mille. Hinata non ebbe il coraggio di alzare gli occhi sulla figura del padre e li tenne bassi sul pavimento, fino ad incontrare due bottoni che la fissavano.

La bambina raccolse Itachi, il suo orsacchiotto, per farsi coraggio.

- Allora?- domandò l’uomo austero, prima fissando la figlia ed il nipote, poi facendo girare lo sguardo in giro per la camera assicurandosi che fosse tutto nella norma, fino a farlo cadere sul letto.

Un’espressione disgustata si formò sul suo volto.

- Chi è che l’ha fatta nel letto?-

Il tono della voce fece trasalire i bambini, e nella stanza accanto un pianto chiassoso scoppiò.

Hinata fissava terrorizzata la figura del cugino, cercando conforto, ma quello la evitava guardando il lume che lo zio teneva in mano.

La bambina strinse forte Itachi al petto: sapeva che cosa l’aspettava.

- Non mi avete sentito? Voglio sapere chi è stato!- urlò irato l’uomo.

Hinata sentiva lo sguardo del padre forte e opprimente sul suo capo, e intuiva che lui sapesse già il nome del colpevole.

- Io-

La bambina alzò lo sguardo sul cugino disorientata, e lo vide ritto e sicuro della sua risposta.

- Sono stato io- ripeté il bambino, e nemmeno una nota di umiliazione trasparì dalla sua voce.

La cugina alzò lo sguardo sul padre e lo vide vacillare per un momento.

Poi con determinazione prese il nipote per un braccio e lo trascinò fuori dalla stanza, richiudendo Hinata nella stanza buia, mentre le urla della bambina nella stanza di fianco si spegnevano a poco a poco.

La bambina si risistemò nel letto, abbracciando Itachi.

Aveva visto lo sguardo che le aveva lanciato il cugino prima di uscire.

“ Ci vediamo domani. Non urlare ancora, sennò svegli Hanabi”

Questo voleva dire il suo sguardo.

*

Hinata faceva girovagare la forchetta sul piatto senza tentare di prendere niente in particolare. Non che le dispiacesse il cibo che la cuoca preparava con cura e meticolosità ogni giorno, ma l’appetito le era improvvisamente passato vedendo Neji con un vistoso zigomo nero.

- Hinata, mangia. Non giocare col cibo- la rimbrottò severamente il padre, che come ogni sera, cenava silenziosamente osservando i due bambini e la tata che dava da mangiare alla figlia più piccola.

- Sì, padre- rispose sommessamente Hinata.

Neji sembrò fare una smorfia e farle il versetto.

La bambina si concentrò sui piselli e sulle carote per non scoppiare a piangere. Suo padre non amava affatto i piagnistei a tavola.

Aveva girovagato tutto il giorno per la casa, aspettando il ritorno del cugino, ma sapeva che prima di sera non sarebbe ricomparso; era così la punizione: si stava rinchiusi in una stanza piena di mostri e di ombre cattive per tutto il giorno, senza potersi lamentare. A volte però, pensava Hinata, papà se la prende troppo con Neji e gli lascia brutti segni.

Così, senza sapere cosa fare, era uscita in giardino e si era seduta insieme ad Itachi sull’altalena sconsolata che pendeva dal melo.

Era stata molto attenta a non sporcare di terra il vestitino giallo, perché sapeva che il padre si sarebbe infuriato. Era stata lì tutto il giorno parlando un po’ con le piante e un po’ con gli uccellini che di tanto in tanto le facevano visita.

Era stata una giornata noiosa: quando poi si era stancata anche del giardino era rientrata nella grande villa e aveva cercato, come faceva sempre con Neji, possibili nascondigli segreti dietro i quadri o in soffitta, senza successo.

All’ora di cena aveva rivisto Neji, ma era preso peggio del solito.

Però suo padre non era sempre stato così “cattivo”: le pareva di avergli visto in volto anche dei sorrisi, molto tempo prima, quando c’era ancora la madre.

Ora invece, non faceva altro che visitare i pazienti, che in quel periodo abbondavano più che mai, e arrivava a casa sempre più stanco, stressato ed irritato.

Mentre gustava la tenera carne, si ricordava di come la madre gliela tagliava in fini pezzettini in modo che potesse ingerirla senza problemi, di come l’incoraggiava dolcemente a mangiare con un sorriso; ma questi erano ricordi molto vecchi. Il suo sorriso poco a poco aveva iniziato a sciuparsi, fino a diventare qualcosa di simile ad una smorfia forzata.

E questa era la sua situazione poco prima che scomparisse.

Suo padre non aveva mai dato una spiegazione chiara quando Hinata scoprì che tutte le sue cose erano svanite in una notte, mentre lei e Neji dormivano beatamente.

Hiashi Hyuuga aveva detto che ufficialmente sua moglie era tornata in Europa, a Venezia, da sua madre, perché quella era malata gravemente; ma Hinata sapeva che c’era qualcosa di totalmente sbagliato.

Comunque sia, dalla presunta partenza di sua madre, il sonno della piccola Hyuuga era diventato sempre più tormentato, affollandosi di un incubo ricorrente.

- C’è qualcosa nel tuo piatto?- domandò Hiashi, contrariato dal fatto che sua figlia stesse fissando impalata il cibo davanti a lei.

- No, padre- sussurrò appena la bambina, riprendendo a mangiare di controvoglia.

- Allora, cosa c’è di sbagliato?-

- Niente, pensavo alla mamma. Potresti raccontarmi qualcosa di lei, padre?- chiese ingenuamente Hinata, alzando lo sguardo sul genitore. Una forchetta cadde a terra, ma la tata si affrettò subito a raccoglierla.

- Mi sembra che per stasera abbiate mangiato abbastanza. Fra dieci minuti passerò per darvi la buonanotte- dichiarò l’uomo, pulendosi gli angoli della bocca con un gesto elegante del tovagliolo, per poi lasciare la tavola a grandi passi.

- Sei la solita- sospirò Neji, imitando lo zio.

*

Neji, in vestaglia, camminava in su e in giù per la camera cercando di imitare il passo austero e l’espressione rigida dello zio, risultando ridicolo agli occhi di Hinata che ridacchiava sotto le coperte stringendo Itachi a sé.

- Non sei capace!- esclamò Hinata, ridendo all’ennesimo inciampare del cugino.

- Zitta, pisciasotto- la rimbeccò lui, arrossendo per la vergogna.

La bambina si ammutolì e rimase solo a guardarlo camminare goffamente, con il suo zigomo nero.

Suo padre apparve improvvisamente alla porta, con la faccia disfatta e stanca.

- Neji, fila a letto-

L’ordine perentorio dello zio, portarono le gambe veloci di Neji ad infilarsi sotto le coperte.

Non appena Hiashi si assicurò che i due si fossero messi comodi nel grande letto, con un soffio spense la candela che illuminava fiocamente la stanza.

- Buonanotte-

- Buonanotte, padre-

- Buonanotte, zio-

Hiashi chiuse la porta allontanandosi con il suo lume, così che la stanza si immerse nel buio.

I due bambini si mossero a intervalli sotto le coperte, senza riuscire a trovare la posizione giusta.

Hinata, dando le spalle a Neji, faceva finta di essersi assopita, ascoltando attentamente il respiro del cugino: non aveva voglia di dormire e avere ancora il solito incubo.

- Domani è Natale- sospirò il bambino, facendola un po’ trasalire.

- Già-

- Chissà se lo zio rimarrà a casa, almeno domani-

- Speriamo che sia così. Non penso che la gente voglia farsi vedere da un dottore proprio il giorno di Natale- soffiò Hinata, reputando un giorno come il Natale un giorno di festa, felicità ed allegria, e non un giorno per scoprire di avere il cancro (una cosa che aveva intuito essere bruttissima) o una polmonite.

- Sarebbe bellissimo festeggiare tutti insieme: io, te, lo zio, Hanabi, la tata e la cuoca.- osservò Neji.

- Già-

Un silenzio prolungato.

- Ora è meglio dormire. E tu vedi di non fare ancora incubi.- borbottò Neji prima di sistemarsi il cuscino sotto la testa.

- Speriamo che almeno alla Vigilia mi lascino in pace. Buonanotte, Neji- sospirò la bambina, chiudendo gli occhi.

*

Hinata si svegliò, affamata d’aria. Inspirava ed espirava velocemente, con il cuore che martellava nel petto.

Non aveva urlato e il suo sentore d’asciutto le diede la conferma che questa volta non se l’era fatta addosso, ma la paura che di solito provava nell’incubo non era la stessa, era più simile al puro terrore.

- Neji, Neji, svegliati!- mormorò con la voce spezzata.

Dato che il cugino non dava segni di volerle ubbidire, lo scrollò finché quello non aprì gli occhi contrariato e borbottò: - Che c’è?-

- Ho fatto l’incubo- mormorò Hinata, fissando atterrita la finestra senza tende, che lasciava entrare un po’ di luce lunare.

- Sai che novità!- sbottò lui, voltandosi dalla parte opposta ed immergendosi nelle coperte.

La bambina esitò un attimo.

- Neji, dammi un pizzicotto-

- Perché dovrei?!- chiese lui scorbuticamente, girandosi a fissare la cugina.

Solo allora Neji si accorse del suo sguardo terrorizzato, e seguendolo scoprì che non fissava la finestra, ma qualcosa oltre la finestra, qualcosa che lui non vedeva.

- Perché... questa volta l’incubo non è scomparso- mormorò spaventata Hinata.

Neji sentì il cuore scoppiargli nel petto.

- E cosa vedi?- domandò, ostentando malamente sicurezza.

- Vedo Jack- singhiozzò la bambina.

- Chi?- domandò scettico Neji.

- Jack lo scheletro-

- Quello dell’incubo?-

Hinata poté soltanto annuire, senza staccare gli occhi dalla figura che, al di fuori della finestra, le sorrideva macabramente.

- E... come è?-

La bambina prese aria e parlò:

- Ha una grande faccia tonda, bianca, con un grande sorriso, una grande bocca cucita e due grandi occhi neri e vuoti, e poi... indossa un frac-

Neji si lasciò scappare una risata ironica.

- Sì, certo, il frac-

La bambina annuì.

- Hinata, lasciatelo dire: sei pazza come una mucca- decretò, e si rimise a dormire.

- Neji-

La bambina lo scrollò nuovamente.

- Che c’è?!- sbottò ancora lui.

- Mi fa segno di uscire in giardino-

- E allora? Non guardarlo-

- Ma una frase continua a frullare nella mia testa-

Neji stette zitto aspettando che si spiegasse.

- Lui continua a dirmi: “Qualcosa vi sfugge”-

Il cugino ci pensò su, ma decise di ascoltare la vocina che gli consigliava di dormire e l’indomani avvertire suo zio del fatto che sua figlia fosse completamente fuori di testa.

- Qualcosa ci sfugge... ma cos’è?- domandò Hinata più a se stessa che a suo cugino.

- Ti sfugge il fatto che saranno le due di notte, e di solito la gente dorme a quest’ora. Quindi dormiamo- borbottò lui, chiudendo gli occhi per l’ennesima volta.

Sorrise contento quando sua cugina si zittì.

Sospirò felicemente e affondò il viso nel cuscino, quando...

- Neji?-

Il bambino spalancò gli occhi, alzandoli al cielo.

- Che c’è?!- sbottò, esausto.

- Io scendo in giardino, voglio vedere dove mi vuole portare Jack. Tu vieni?- domandò Hinata speranzosa.

- Per essere scoperto, rinchiuso, fustigato un'altra volta? No grazie, non sono arrivato a questo livello di masochismo- sbottò lui.

- Maso..che?- chiese confusa la piccola Hinata.

- Niente. Il succo è: no-

- Hai ragione, devo andarci io-

Hinata prese tutto il coraggio di cui disponeva, raccolse Itachi e scese in punta di piedi dal letto.

Aprì titubante la porta, che diede uno dei suoi migliori stridii, e uscì dalla stanza sempre senza appoggiare i talloni a terra. I suoi passi, seppur leggeri, facevano scricchiolare le assi di legno in modo sinistro. Per non parlare delle scale: ogni volta che posava un piede su uno scalino, sembrava che quello cedesse sotto il suo peso.

La sua, più che una fuga discreta, sembrava un’orchestra sinfonica di rumoracci.

All’improvviso oltre ai suoi passi, ne sentì altri.

Trattenne il respiro, cercando una via di scampo: doveva fingersi sonnambula, o scaraventarsi giù dalle scale e poi rifilare una stratosferica bugia a suo padre?

Arrossì al pensiero di poter mentire. Ma infine cos’era una bugia? Soltanto una fantasiosa invenzione.

Si girò atterrita per conoscere la sorte del suo futuro e quando vide un’ombra dietro di sé, all’inizio della scala, non poté fare altro che sussultare e serrare gli occhi sperando che sparisse o non la vedesse.

Di lì a poco, si sentì sfiorare alla spalla e soffocò un urlo.

Aprì gli occhi.

- Che diamine fai?- domandò scettico Neji.

- Ah, sei tu. Pensavo fossi mio padre... ma che ci fai qui?- chiese la bambina con il cuore ancora in gola.

- Possiamo rimandare a dopo le chiacchiere?- domandò spiccio Neji.

Hinata sorrise, confortata dalla presenza del cugino che, lo sapeva, l’avrebbe difesa da ogni male.

Scesero gli ultimi scalini e percorsero il lungo corridoio fino a sbucare nella lavanderia, dove Neji aprì la porta che dava sul retro.

Uscirono nell’ampio giardino, e subito furono travolti da un’ondata di freddo.

- Forse è meglio tornare dentro- consigliò Neji, scosso dai brividi.

Hinata parve pensarci su, ma stringendo forte a sé Itachi, disse convinta: - Io vado, ormai sono qui-

Neji sbuffò un “ Queste donne”, frase che aveva sentito spesso sulle labbra del macellaio del paese, e si apprestò a seguire la cugina cocciuta.

Non aveva mai visto Hinata così risoluta, semplicemente non era nel suo carattere, piuttosto remissivo e introverso.

- Ora cosa succede?- domandò Neji, osservando la cugina impalata in mezzo al giardino, con il naso all’insù, in balia delle sferzate di vento gelido.

Hinata non rispose, semplicemente si diresse verso il melo, dalle cui fronde scendevano come ragnatele le corde dell’altalena. Spostò con un po’ di difficoltà i rami, e scomparve alla vista di Neji.

Il bambino si affrettò a seguirla, sfregandosi forte le braccia che parevano congelarsi da un momento all’altro.

Dopo aver combattuto contro i rami del melo, si ritrovò davanti ad un pezzo di giardino racchiuso nell’angolo che formava la siepe; a terra, Itachi giaceva abbandonato, e Hinata, accucciata, stava scavando con le unghie nella terra morbida.

- Che cosa stai facendo?- chiese scettico Neji, che della situazione iniziava a non capire più niente.

- Jack mi ha detto di scavare esattamente in questo punto- si giustificò Hinata, senza smettere di graffiare a terra.

- Devo essere completamente pazzo- borbottò lo Hyuuga, prima di iniziare a scavare insieme alla cugina.

I due bambini lavorarono per quella che poteva sembrare un’ora o semplici minuti, finché non intravidero qualcosa di bianco avorio nella terra.

Spianarono la terra, abbastanza per vedere che quel qualcosa di bianco avorio era una mano scheletrica. Hinata sussultò e distolse lo sguardo, impaurita; Neji deglutì forzatamente, sentendosi la gola improvvisamente secca.

- A-andiamo via Neji, ho paura- mormorò atterrita la bambina.

Il cugino la guardò con aria di superiorità.

- Ormai siamo qui, l’hai detto anche tu-

Chinandosi sulla fossa che avevano fatto, che doveva essere fonda all’incirca 30 centimetri, notò qualcosa scintillare nel buio: fissandola meglio, capì che si trattava di un anello.

- C’è qualcosa lì- affermò Neji.

- Dai, Neji, andiamocene, magari è solo lo scheletro di un cane- implorò Hinata, strattonandolo per la camicia da notte, ormai sull’orlo delle lacrime.

- Sì, un cane con il pollice opponibile- rispose sarcasticamente.

Deglutendo, sporse la mano fino a toccare le ossa, al cui contatto si ritrasse subito disgustato; tentò un’altra volta, e riuscì a sfilare l’anello dall’anulare.

Lo esaminò attentamente, pulendolo accuratamente dalla terra, ed aguzzando la vista poté intravedere una scritta sull’anello.

Trasalì quando riuscì a decifrarla.

- Neji, che c’è?- chiese spaesata Hinata.

- Niente. Rientriamo- rispose freddamente.

- Neji, cos’è quell’anello?- domandò spaventata la bambina.

- E’ una fede nuziale, Hinata- rispose gravemente lo Hyuuga, rabbrividendo non tanto per il freddo, ma per la scritta.

La bambina sgranò gli occhi.

- Posso vederla?- esitò.

Neji non voleva che Hinata capisse, ma porse ugualmente la fede alla cugina.

La bambina se lo rigirò fra le dita, fino a trovare la scritta.

Assottigliò gli occhi, sforzandosi di leggere, arte che aveva da poco appreso.

- All’unico...- scandì, ma poi si fermò non riuscendo a proseguire.

- Amore- l’aiutò il cugino.

- All’unico amore... della mia vita... Hiashi-

Hinata si lasciò sfuggire l’anello, trattenendo il fiato.

Neji lo raccolse e se lo mise al pollice, mentre ricopriva in fretta e in furia la buca.

La bambina cominciò a singhiozzare di fianco a lui.

- Hinata, stai calma- mormorò lui, senza prestarci troppa attenzione, nervoso com’era.

- La mia mamma...- continuava a mormorare lei, scioccata.

Neji diede due colpi al cumulo di terra, per dare un’idea di compattezza.

- Fermo!- urlò Hinata – Quella è la mia mamma-

- Zitta! Ci sentiranno!- esclamò Neji, tappandole maldestramente le labbra.

La bambina scoppiò in un pianto fragoroso.

Neji sentì qualcosa nello stomaco, qualcosa che lo scrollava e gli diceva di mantenere la calma; così, quando sentì gli occhi inumidirsi, trattenne con forza le lacrime.

- Hinata! Ascoltami- mormorò con un leggero nervosismo nella voce, ma la bambina non lo ascoltava, semplicemente serrava gli occhi in una smorfia di dolore.

Lo Hyuuga la prese saldamente per le spalle e la scrollò.

- Hinata, se rimaniamo fuori, congeleremo. Dobbiamo tornare dentro-

La bambina non diede segno di assenso, semplicemente iniziò a piangere in silenzio.

Neji se la caricò sulle spalle, benedicendo il fatto che sua cugina fosse leggera come una piuma e che lui stesso fosse più forte di quanto un bambino normale di otto anni potesse essere.

Ripercorse a ritroso la lavanderia ed il corridoio buio senza finestre, poi su per le scale, e finalmente con molta calma poggiò la cugina sul letto e chiuse la porta.

Poi, esausto, si coricò di fianco a Hinata, rimboccando le coperte con fare protettivo.

Sospirò, sentendosi più vecchio di cinque anni.

Per quanto fosse stanco, stette ad ascoltare i singhiozzi di Hinata per una quantità di tempo indefinibile; quando non la sentì più tremare, mormorò: - Non è vero che sei una pisciasotto- e si lasciò andare nel sonno che ormai gli aveva intorpidito le dita delle mani e dei piedi.

***
Fine del primo capitolo!

All'inizio, la storia non era stata pensata suddivisa in capitoli, ma mi rendo conto che leggerla tutto d'un fiato possa essere pesante.


Beh, se ne avete voglia, lasciatemi un commentino! ^^

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Capitolo 2
*** Sasuke Uchiha ***


Eccovi il secondo capitolo.

Mi scuso per il ritardo, ma questa settimana ho avuto abbastanza da fare! ^^ "

Spero che sia di vostro gradimento, buona lettura.


***


Neji salì con calma le scale.

Era un po’ ansioso, ma non lo dava a vedere.

Bussò piano alla porta di camera sua, dal quale provenne un fruscio di coperte, ma nessuna risposta.

Entrò con cautela, osservando con disapprovazione le tende ancora tirate sulla finestra, seppure fosse ormai mezzodì. Le scostò, lasciando che dei pallidi raggi illuminassero un po’ di più la stanza.

- Buon compleanno Hinata!- esclamò con un entusiasmo estraneo a lui.

- E’ il ventisette dicembre?- mormorò la bambina da sotto le coperte.

- Sì. Forza, scendi dal letto e vieni giù con me. Mikoto ti agghinderà per bene- sbuffò stanco.

- Non voglio-

Neji fissò il cumulo di coperte contrariato: Hinata non era mai uscita dalla stanza dopo quella notte, se non per andare in bagno, e non aveva ancora toccato cibo.

Quando il giorno di Natale suo zio gli aveva chiesto dove fosse Hinata, lui aveva detto che non si sentiva bene, e perciò preferiva rimanere in camera, ma sapeva che questa scusa non avrebbe retto a lungo.

- Beh, se non vieni tu, chiamerò Mikoto di sopra.-

Non ricevendo risposta, marciò fuori dalla stanza indispettito e giù per le scale con un cipiglio imbronciato.

Attese l’arrivo della tata, che non si fece aspettare troppo: dopo alcuni minuti, qualcuno bussò alla porta.

Neji andò ad aprire e si trovò davanti la badante con il suo solito sorriso dolce che teneva per mano un bambino.

- Chi è questo qui?- domandò sospettoso lo Hyuuga, ricevendo un’occhiataccia da parte dell’altro.

- E’ mio figlio Sasuke. Gli ho parlato molto di voi, ed era curioso di conoscervi. Non è vero Sasuke?- chiese la balia, facendo una carezza al figlio.

- Sì, è vero- rispose il bambino, ma qualcosa suggerì a Neji che essere lì non era esattamente una gioia per lui.

- Hinata come sta? Ancora ammalata?- domandò Mikoto ansiosamente.

- No, sta meglio. È di sopra e ti sta aspettando- rispose Neji, fissando sempre il bambino.

- Allora vado a prepararla, oggi è un giorno speciale per lei. Deve essere bellissima- dichiarò la donna, lasciando la mano del figlio e salendo su per le scale.

I due bambini rimasero soli a squadrarsi.

- Tu non mi piaci- decretò Neji.

- La cosa è reciproca- rispose a tono Sasuke.

In silenzio, salirono fino al piano superiore.

*

Neji fissava rasserenato la cugina che dialogava con timidi sorrisi con la tata. La vedeva attraverso la porta semichiusa del bagno, dentro la vasca, mentre Mikoto le strofinava per bene i capelli bruni e le dava dei buffetti sulle guance paffute e rosee.

- Non ti hanno mai detto che è maleducazione spiare le persone, soprattutto quando sono in bagno? Oltretutto, stai spiando una femmina- commentò Sasuke, con un filo di disgusto nella voce.

- È mia cugina.- puntualizzò Neji – E sono preoccupato per lei-

- Ancora peggio, stai fissando una femmina che è tua cugina- rincarò la dose il bambino.

Lo Hyuuga spostò lo sguardo su di lui, irritato.

Stando a terra seduto di fianco a lui, aveva scoperto che avevano la stessa età, che avevano entrambi un senso spiccato del dovere e che tutti e due avevano imparato a leggere in età precoce. Insomma, che avevano molto in comune; tuttavia, sebbene fossero così simili, Neji non riusciva a spiegarsi quel senso di irritazione che lo prendeva alla gola ogni volta che quello apriva la bocca.

Lo osservò meglio. Occhi scuri, capelli scuri spettinati e ribelli, pelle chiara, sguardo fisso, corporatura asciutta: era un bambino banale.

Neji si sentì fiero di avere lunghi capelli castani e lisci, occhi chiari e un portamento invidiabile.

Sasuke lo guardò.

- Che cosa fissi? Torna a contemplare tua cugina-

- Te l’ho già detto che non mi piaci?- chiese Neji con una smorfia.

Le labbra di Sasuke si piegarono per la prima volta in quello che poteva essere una specie di sorriso.

Uno scroscio d’acqua attirò la loro attenzione: Mikoto aveva appena tirato fuori dalla vasca Hinata e la stava asciugando.

O perlomeno, Neji poté accertarsene: Sasuke, nella posizione in cui era seduto, non riusciva a vedere l’interno del bagno.

Dopo pochi minuti, Hinata uscì dal bagno coperta di asciugamani.

Neji notò con irritazione lo scambio di sguardi fra la cugina ed il nuovo arrivato.

Mikoto sorrise dolcemente al figlio.

- Sasuke, questa è Hinata. Ti ricordi che te ne avevo parlato, no?-

- Certo, madre-

Gli occhi di Sasuke brillavano come due stelle, mentre fissava con un misto di adorazione e dolcezza la madre.

- Forza. Lasciamo che Neji si lavi da solo, è abbastanza grande-

Lo Hyuuga entrò nel bagno, senza staccare lo sguardo corrucciato da Sasuke.

Si svestì e si immerse nell’acqua ancora tiepida che aveva lasciato Hinata: per la mancanza d’acqua erano costretti spesso a fare così, anche se lui avrebbe preferito di gran lunga lavarsi con acqua pulita.

Si fece sprofondare nell’acqua, tenendo gli occhi serrati e tappandosi il naso; quando sentì i polmoni completamente sgonfiati, riaffiorò.

Si insaponò per bene i lunghi capelli castani, poi iniziò a passarsi il corpo con la saponetta, ma come poteva immaginare non riuscì a lavarsi la schiena.

Rimembrò con imbarazzo che, quando era più piccolo, Mikoto gli faceva fare il bagno con Hinata, ed era la tata ad insaponarlo tutto.

Si sciacquò i capelli quasi a voler sciacquare via anche quel pensiero.

Quel Sasuke era fortunato ad avere una madre come Mikoto: Neji, la sua, non l’aveva mai conosciuta.

Da quello che ricordava, era sempre stato da suo zio; quando provava a chiedere qualcosa di suo padre e di sua madre, Hiashi si alterava o evitava volutamente le domande.

Neji però avrebbe voluto sapere. L’unica cosa di cui era effettivamente a conoscenza, era che suo padre e il padre di Hinata erano fratelli.

Si calò nell’acqua fino alla punta del naso, facendo delle bollicine soprappensiero.

La curiosità era il peggiore dei suoi difetti: se c’era qualcosa da scoprire, lui sarebbe stato lì a svelare il mistero.

Per quello si mise in testa di scoprire qualcosa sulla madre di Hinata e sul suo passato.

Uscì dalla vasca con quel pensiero fisso.

Si asciugò e si mise un cambio pulito.

Chiuse la porta del bagno sistemandosi le maniche della camicia candida ed entrò in camera strofinandosi i capelli con un asciugamano.

Si fermò allo stipite, mentre osservava Hinata sorridere pudicamente a Sasuke, mentre quello passava i fiocchi e le varie spazzole alla madre.

Mikoto aveva quasi finito.

Due codini bassi e infiocchettati le lambivano il collo e la frangia sbarazzina le copriva la fronte, risaltando il suo visetto rotondo.

Inoltre, il vestitino bianco e pieno di merletti era confacente alla moda di quell’anno, osservò compiaciuto Neji.

- Neji!- esclamò Hinata, accortasi del cugino.

- Finalmente- borbottò Sasuke.

La bambina scese dal letto.

- Sento un buon odore. Che sia l’ora di pranzo?-

Neji sorrise.

- Certo, dormigliona. Forza andiamo a mangiare-

*

Con grande disappunto di Neji, Sasuke rimase per l’intero giorno a villa Hyuuga e, suscitando ancora più fastidio in Neji, aveva catturato benissimo l’attenzione di Hinata, la quale cercava di instaurare un rapporto di amicizia con lui.

Erano in camera a fare il più e il meno: Neji leggeva un libro di favole alla cugina, e Sasuke ne leggeva uno per conto proprio.

- ... E vissero per sempre felici e contenti- sbuffò Neji, chiudendo con un gesto secco il libro.

- Che finale banale- borbottò Sasuke contrariato.

- A me è piaciuto- controbatté timidamente Hinata.

Il bambino la guardò, cercando più che altro di rispondere in modo gentile, ma alla fine lasciò perdere.

Qualcosa, però, attrasse la sua attenzione.

- Cos’è? Un anello?- domandò curioso, appoggiando la testa a terra e osservando qualcosa di scintillante che spiccava sotto il letto.

Neji mollò uno spintone al bambino e prese la fede, che probabilmente gli era scivolata dal pollice due sere prima, e se la mise al dito.

- La fede della mamma- mormorò pensosa Hinata.

- Zitta, tu- l’ammonì Neji.

Sasuke li guardava interessato.

La bambina parve ascoltare il cugino, ma poi chiese con voce insicura:

- Neji, tu credi che l’abbia seppellita papà?-

- Tu che cosa credi?!- sbottò lui.

- Perché avrebbe dovuto seppellirla in giardino?- domandò ancora Hinata.

- Secondo te? Se non nasconde qualcosa, perché, allora?-

Neji la trafisse con uno sguardo glaciale.

Sasuke sbuffò.

- Ti sei mai accorto di quanto irritante puoi essere quando rispondi con delle domande a delle domande?-

Lo sguardo dei cugini cadde su di lui.

- Da quel che ho capito la moglie di Hiashi Hyuuga è una bella gatta da pelare- proseguì il bambino. Hinata sentì un colpo al cuore.

- Ne volete un’altra?- chiese imperterrito.

Neji e Hinata si fissarono, senza proferire parola.

- Non sono qui per piacere; ma questo si poteva capire da molto prima. Volevo solo sapere se mia madre se la fa con il caro signor Hiashi- finì placidamente, lasciando gli altri due con il fiato sospeso.

*

- Niente- sospirò esausta la piccola Hinata, passandosi la fronte con l’avambraccio.

- Deve esserci qualcosa!- esclamò spaesato Sasuke, calciando uno scatolone polveroso.

- A quanto pare, no- sbuffò Neji, fissando contrariato le pareti vagamente illuminate della soffitta.

Il giorno del suo compleanno, Hinata aveva insistito contro il volere di Neji a raccontare tutto a Sasuke. Tutto.

La bambina aveva riferito per filo e per segno tutto quello che sapeva di sua madre e del suo bizzarro posto di sepoltura; la notizia che incuriosì Sasuke, fu quella della scomparsa improvvisa degli effetti personali della defunta.

“ Troppo ingombranti da seppellire tutti col corpo”, aveva farfugliato immerso nei suoi pensieri; “ Le sue cose devono ancora essere dentro a questa casa, da qualche parte”.

Neji aveva roteato gli occhi, trattenendosi dal pungolarlo sarcasticamente.

Eppure la dichiarazione del bambino aveva suscitato l’entusiasmo di Hinata, che aveva trascinato entrambi i suoi compagni alla ricerca degli oggetti di sua madre.

Così il giorno dopo, con la scusa che Mikoto era impegnata a stare con Hanabi, avevano iniziato a perquisire il primo piano, quello dopo il secondo, fino ad arrivare alla soffitta; però, al tramonto del 30 dicembre, non avevano ancora trovato nulla.

- È sconfortante il fatto che tutti i nostri sforzi siano finiti così- mormorò Hinata, sull’orlo delle lacrime.

Sasuke la fissò carico di rabbia.

- Dannazione! Deve esserci qualcosa!-

Neji si chiedeva perché quel bambino avesse preso così a cuore l’impresa di sua cugina: in fondo era impossibile trovare quei famigerati oggetti. Cosa speravano di trovare poi, un coltello sporco di sangue e una lettera in cui Hiashi Hyuuga si dichiarava colpevole dell’omicidio di sua moglie?

Un pensiero gli perforò la testa: che stesse cercando proprio una lettera in cui suo zio confessava il suo amore a Mikoto?

- Sasuke, posso parlarti?-

I due uscirono dalla stanza, lasciando Hinata da sola a fissare il pavimento coperto di polvere.

Dopo un breve silenzio, Neji si decise a parlare.

- Tu pensi che mio zio abbia ucciso sua moglie per stare con tua madre, vero?-

Se Sasuke fu preso dalla sorpresa, non lo lasciò trapelare.

- E anche se fosse?-

- Ed è per questo che stai aiutando mia cugina, vero?- continuò Neji, ignorandolo.

- Te l’ho già detto che sei irritante quando rispondi con delle domande?-

- Tu fai lo stesso. Questo lo sai, no?- rispose lo Hyuuga con una smorfia.

Sasuke sbuffò irritato.

- Sì, è tutto vero e allora?-

Neji distolse lo sguardo da quello fisso e serioso del suo coetaneo.

- Ti pregherei di non riferire questa tua teoria a Hinata-

Sasuke cercò i suoi occhi incuriosito.

- Perché?-

- Perché lei è ossessionata dalla morte di sua madre. Da sua madre in generale, direi- soffiò imbarazzato Neji.

L’altro spostò infastidito lo sguardo e sbottò: - Credi di poterle nascondere la verità?-

- Non è detto che lo sia- sibilò fra i denti Neji.

- E se lo fosse?-

- Glielo direi con calma!- sbottò lo Hyuuga con una crisi di nervi in arrivo.

- E cosa cambierebbe?- domandò beffardamente Sasuke.

Neji lo trafisse con gli occhi.

- Lei non è come noi; lei è ancora una bambina-

- Anche noi lo siamo- lo contraddisse Sasuke.

Neji arrossì, punto sul vivo.

Il viso di Sasuke si plasmò in un ghigno.

- Comunque,- riprese il moro, tornando serio - sono convinto che là dentro ci sia qualcosa-

- Allora cerchiamo meglio- sospirò in risposta Neji.

Detto questo, rientrarono silenziosamente nella stanza.

- Di che stavate parlando?- domandò timidamente Hinata, riaffiorando dalla polvere del pavimento.

Neji le si avvicinò scrollandola dallo sporco.

- Niente, stavamo discutendo sulle ricerche. Avanti, rimettiamoci a cercare-

Hinata gli sorrise debolmente, prima di controllare ancora una volta fra i vari bauli.

Neji, invece, si fermò in mezzo alla stanza e osservò l’ambiente.

L’occhio gli cadde su un buco alla base del muro davanti a lui.

- Ehi! Forse abbiamo qualcosa- esclamò convinto.

Sasuke e Hinata si avvicinarono alla crepa nel muro.

Neji si chinò e sfiorò le tenere foglioline di edera che ne uscivano.

- Interessante- commentò Sasuke compiaciuto.

- Cosa?- domandò ingenuamente Hinata.

Neji le indicò le foglie dell’edera: - Vedi, le piante non possono crescere in uno spazio completamente oscuro, perché per portare a compimento la fotosintesi necessitano di luce solare...-

Hinata annuiva, ma dal rossore profuso sulle sue guance Sasuke intuì che non aveva capito un tubo di quello che il cugino blaterava; così si decise a fermarlo:

- Praticamente, quello che Neji sta tentando di spiegare è che le piante crescono solo con la luce del sole e quindi per loro è impossibile crescere al buio. Per questo crede che ci sia un’altra stanza al di là del muro, con qualche finestra che dia luce e vita a questa pianta-

Hinata emise un “oh”, segno che aveva compreso il concetto.

- E cosa ho detto io?- borbottò Neji contrariato.

Sasuke lo ignorò e iniziò a tastare tutti i mattoni del muro.

Hinata si alzò in piedi, scrollandosi ancora una volta il vestitino a balze; si stiracchiò le braccia, ma una faccia deformata in un sorriso la bloccò in quel movimento.

Dalla finestra, lo scheletro Jack picchiettava con un dito bianchissimo sul vetro per attirare la sua attenzione; poi, con un sorriso a dir poco tenebroso, puntò il suo indice verso il candelabro elegante, appoggiato alla mensola vicino alla crepa nel muro.

Hinata lasciò cadere le braccia lungo il corpo e si avvicinò meccanicamente a quell’oggetto raffinato e rifinito con grande cura, di cui due bracci sostenevano candele coperte di una cascata immobile di cera; il restante pinnacolo sorgeva in mezzo agli altri due e finiva in un piccolo piattino del quale Hinata non comprese bene il fine. Osservando meglio il candelabro intero, Hinata vi intravide l’incisione di una maschera, metà della quale era piegata in un sorriso ilare, mentre l’altra metà era sfigurata in una smorfia terribile. Era una maschera che l’incuriosiva molto, una maschera che le ricordava tanto una di quelle della mamma, una di quelle veneziane.

Passò con il ditino la fine lavorazione.

Poi, tentò di sollevare il candelabro, ma fu come tentare di spostare cento chili: era come se il candelabro fosse un tutt’uno con la mensola.

Delusa, tornò a guardare la maschera.

Un tocco sulla spalla la fece trasalire.

- Hinata, tutto bene?- domandò Neji.

- Sì- mormorò, fissando ancora il candelabro.

Il cugino, riscosso lo scarso interesse, se ne andò sbuffando seccato; era sicuro che qualcosa in quella stanza avrebbe provocato un meccanismo che avrebbe aperto una qualche porta, e lui l’avrebbe trovato.

Ormai era una specie di sfida fra lui e Sasuke, il quale si affannava ancora a cercare sul muro.

Si guardò intorno.

Poi sentì uno scatto metallico e si voltò.

Vide solo la faccia inorridita di Hinata che si premeva forte una mano sulla bocca e semplicemente non vide più Sasuke.

- Ma che...?-

La bambina si era gettata a terra vicino ad una botola apertasi sul pavimento, gridando: - Sasuke!-

Dall’interno del grande buco buio si sentirono colpi di tosse e respiri affannosi.

- Hinata! Neji!- esclamò il bambino.

- Ma che diavolo hai fatto?- domandò Neji.

- Io non ho fatto niente!- sbottò Sasuke sentendosi chiamato ingiustamente in causa.

- Tutto bene?- domandò Hinata cercando di intravedere il compagno nel buio della botola; Sasuke rispose con dei mugolii d’assenso.

- Sì, però non vedo niente-

Neji sbuffò, e chiese: - Senti, quanto è fonda?-

Il bambino stette in silenzio, facendo i suoi calcoli.

- Credo poco più di un metro e mezzo-

- Bene allora riusciremo a calarci qui dentro senza ucciderci-

- Aspetta, ma che è successo?- domandò Sasuke, quasi indispettito; Neji poteva quasi immaginarselo con un’espressione corrucciata sul volto e la bocca piegata in una smorfia infastidita.

La stanza calò nel silenzio.

- Sono stata io- mormorò Hinata.

Neji la fissò sorpreso.

- Ho solo spinto i due occhi della maschera incisa sul candelabro- esclamò sulla difensiva.

- E poi?- la incalzò Sasuke.

- E poi la maschera è venuta come in fuori e l’ho staccata. Pensavo di aver combinato un pasticcio, così l’ho appoggiata sul piattino sorretto dal candelabro; poi si è sentito quel rumore e tu sei scomparso, Sasuke- spiegò tutto d’un fiato la bambina.

Il silenzio calò nella stanza e ognuno si immerse nei propri pensieri.

Poco dopo si sentì il picchiettio irritato di un piede a terra e un colpo di tosse, tentativo palese di attirare l’attenzione.

- E’ claustrofobico qui dentro!- berciò impaziente Sasuke. – Che facciamo?-

La domanda si perse nella tranquillità tesa della soffitta, mentre Neji rifletteva sul da farsi; dal canto suo, Hinata si chiedeva cosa volesse dire “claustrofobico”, ma masticando mentalmente la parola concluse che non doveva essere un aggettivo riferito ad una cosa carina.

Fu risvegliata dalla mano del cugino sulla spalla e dalla voce che dichiarava: - Ti mando giù Hinata-.

La bambina fu presa all’altezza delle ascelle e fu calata giù con delicatezza; quando le sue gambe esili furono completamente inghiottite dal buio, Hinata sentì delle mani tastarla per tutta la lunghezza degli arti per poi afferrarla saldamente alle cosce. Così, con la collaborazione dei muscoli di Neji e Sasuke, si trovò con i piedi ben saldati a terra. Un caldo soffio le scompigliava i capelli, creandole un piacevole turbinio di brividi lungo la schiena.

- Vi passo una candela- avvertì Neji. Hinata riusciva a capire dove stesse andando grazie agli scricchiolii sinistri delle assi del pavimento.

Nel silenzio più totale, Sasuke attese la candela e quando la vide affiorare dal buco sopra la sua testa, si spinse sulle punte dei piedi e la prese delicatamente.

Quando riuscì finalmente ad illuminare il posto angusto, si ritrovò ad un soffio dal viso di Hinata. Entrambi, imbarazzati, indietreggiarono di un passo, Sasuke assumendo un’aria imbronciata, Hinata fissando il pavimento sporco. Fu così che la bambina si mise ad osservare lo stretto e piccolo passaggio in cui si trovava: ragnatele pendevano dal soffitto basso, polvere spessa era ammassata ovunque e un forte odore di sudicio aleggiava nell’aria stantia. Una forte oppressione la prese al petto e il suo piccolo cuore iniziò a galoppare come quello di un coniglio spaventato. Il respiro le divenne ben presto affannoso, e la vista le si era persino offuscata.

La bambina si chiese se quella sensazione potesse corrispondere al significato dell’aggettivo “claustrofobico”.

- C’è una scaletta- osservò Sasuke, un po’ per spezzare il silenzio che si era involontariamente venuto a formare, un po’ per far notare che doveva pur portare da qualche parte quel passaggio.

Quella semplice affermazione riscosse Hinata dal suo stato di trance. La piccola Hyuuga si avvicinò aggrappandosi alla maglia di Sasuke per cercare un po’ di conforto e sporgendosi un po’ per osservare la famigerata scaletta.

Un colpo di tosse li fece voltare.

Neji li guardava infastidito. Infastidito era un eufemismo: per descrivere il suo stato d’animo, “irritato” era il minimo. Per prima cosa, non gli piaceva essere trascurato e dimenticato, seconda cosa, il modo in cui quei due stavano vicini non gli andava affatto a genio.

- Allora andiamo?- borbottò cupamente, ricevendo in risposta due fermi accenni dagli altri due bambini.

Spintonando un po’ Sasuke, Neji riuscì a portarsi davanti alla scaletta. Montò sui primi due scalini e poi con le mani fece pressione sul pavimento che stava sopra di lui; con sua sorpresa, una piccola apertura simile alla botola da cui erano scesi si spalancò di fronte ai suoi occhi.

Salì con aria meravigliata, seguito da un Sasuke imbronciato e una Hinata incantata.

La stanza era ricolma di oggetti di ogni genere: in un angolo splendeva uno specchio che sovrastava una mensola ricolma di cosmetici, pettini e spazzole; appoggiato ad una parete, un armadio si apriva, pavoneggiando i magnifici vestiti sfavillanti di colori pastello; un lungo tavolo, nascosto sotto la finestra bagnata dai raggi del tramonto inoltrato, era ricolmo di oggetti particolari come pennelli, statuine e acquerelli, ma fra tutti questi spiccava un carillon; al centro della stanza, infine, troneggiavano quadri di ogni grandezza e misura, impilati l’uno sull’altro. Hinata si avvicinò incuriosita, sfiorando delicatamente i dipinti, la maggior parte dei quali raffigurava i paesaggi pittoreschi di una città sull’acqua: Hinata, scavando nella sua memoria, si ricordava di quando la madre li dipingeva, tenendo gentilmente i pennelli e facendoli sfregare lievemente contro le tele, quasi con affetto. Si ricordava che, ancora quando non sapeva parlare, sua madre le raccontava dolcemente di quei posti, i posti della sua infanzia e adolescenza. Peccato che, sebbene si sforzasse, quelle erano le poche cose che riusciva a rimembrare.

Frustrata, spostò gli occhi ricolmi di lacrime in giro per la stanza.

Intanto, Sasuke aveva lasciato da parte l’arrabbiatura e si era avvicinato interessato al carillon: la musica l’aveva sempre affascinato e desiderava ardentemente sapere che melodia avrebbe prodotto quell’oggetto.

Aprì con attenzione il cofanetto e due figure spiccarono nel mezzo.

Caricò il meccanismo e poi lasciò che la musica partisse e che le due figure ballassero per lui. In perfetta sintonia, la melodia si librava nell’aria mentre i due ballerini volteggiavano stretti in un abbraccio. Incantato, chiuse gli occhi e lasciò che le sue orecchie godessero di quella sinfonia dolce.

Con uno scatto rabbioso qualcuno chiuse il cofanetto, facendolo trasalire.

- L’abbiamo trovato- dichiarò Neji.

A Sasuke bastò osservarlo per capire. Un coltello imbrattato di sangue rappreso da innumerevole tempo, però, era una prova sufficiente?

*

I bambini stavano seduti per terra, ascoltando diligentemente il silenzio, ognuno perso per i propri pensieri.

Hinata alzò di poco il viso, stringendosi le ginocchia rannicchiate.

- Quindi, cosa facciamo?- si azzardò a chiedere.

Una serie di sospiri fece eco alla sua domanda.

Osservò i volti degli altri due: quello di Neji sembrava un trambusto contorto di riflessioni, come se stesse combattendo con se stesso, mentre la faccia di Sasuke era una maschera di rabbia, ma, sotto di essa, Hinata scorse un’ondata di dolore.

- Domani- bofonchiò Neji, catturando l’attenzione degli altri.

- Domani cosa?- domandò confusa la bambina.

- Domani è il giorno propizio. Sarà l’ultimo giorno del 1791, a casa ci sarà un grande ricevimento e Hiashi non starà attento a cosa faremo noi- spiegò risoluto Neji.

Sasuke lo fissò, nascondendo a stento una smorfia di scetticismo.

- E credi che un vecchio coltello insanguinato basti per provare un assassinio? Per quello che sappiamo può essere anche solo sangue di pollo quello che c’è sulla lama-

Neji lo squadrò.

- Abbiamo un corpo, abbiamo gli oggetti ed una probabile arma del delitto. Credo basti- affermò.

Sasuke alzò un sopracciglio.

- E cosa diremo?-

Hinata seguiva il battibecco spostando lo sguardo dall’uno all’altro.

- Diremo che Hiashi Hyuuga ha accoltellato e ucciso sua moglie, probabilmente per conflitti d’amore con la sua dipendente Mikoto- dichiarò Neji, recitando quasi una parte.

Sasuke sbuffò, indeciso se sul divertito o l’infastidito.

- Te l’hanno mai detto che leggi troppi gialli?-

***

Ed eccomi qui, con il penultimo capitolo!

Ringrazio le persone che hanno messo nelle preferite, e chi ha messo la storia fra le seguite.

Risposta alle recensioni:

Kimly: Allora Jack non è solo una mia fissazione! Potremmo creare il culto del grande Jack. Sìsì, sarà uno dei miei futuri obbiettivi. Comunque sono contenta che la scena della mano ti sia piaciuta, ho tentato con tutta me stessa di farla intrigante. Spero che ti sia piaciuta anche la continuazione, kisskiss! ^^

Topy: Sono contenta che il tuo amore per Jack sia molto più forte di un pairing (che non sono nemmeno sicura si possa definire tale). Avanti, diciamocelo, sono soltanto bambini. Non possono fare nulla di male! Spero che ti sia piaciuto il capitolo, kisskiss! ^^

Ainsel: Oddio, quando ho letto la tua recensione mi sono sentita fiera. Ho sentito parlare molto bene di te e della tua scrittura, e sei anche arrivata prima a questo concorso (infatti mi sono ripromessa di leggere la tua storia quando avrò passato la fase anti-Naruhina). Sono davvero contenta che la trattazione dei personaggi ti piaccia, è uno dei complimenti migliori che mi abbiano mai fatto! E sì, Sasuke Uchiha è arrivato. Finalmente. *.* Grazie per la recensione, alla prossima, kisskiss! ^^

Juliettina: Cara Giudicia! *.* Che piacere! Grazie mille per i complimenti... Probabilmente questa storia è il frutto dei miei vari trip mentali che mi faccio quando sono annoiata. Ma soprattutto è stato l'altro contest a cui ho partecipato che mi ha ispirato, quindi alla fin fine non è tutto merito mio! Grazie ancora, kisskiss! ^^

Alechan: Ciao! Sono felice che qualcun altro sia affetto dalla timburtonite. Però, ti devo confessare (quale vergogna, quale infamia!) che "La sposa cadavere" l'ho vista soltanto ieri sera. Quindi, no, non era mia intenzione fare dei riferimenti a quella splendida opera d'arte. ^^" Comunque sono felice che ti piaccia, spero che continuerai a seguirla fino al prossimo capitolo! kisskiss! ^^

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Capitolo 3
*** La verità svelata ***


Siamo arrivati all'ultimo capitolo, infine.
Scusate il ritardo nell'aggiornare e... buona lettura.

*

Hinata fissava irrequieta il pendolo che si spostava inesorabile da destra a sinistra e viceversa. Il silenzio che si era creato nella stanza non la metteva a proprio agio e la tensione che aveva trattenuto a stento tutto il giorno le martellava nella testa.

Sasuke, seduto scompostamente a terra, fissava le travi del pavimento lucido perso nei propri pensieri.

La bambina si lasciò scappare un sospiro e spostò gli occhi per la stanza, aspettando impazientemente l’arrivo del cugino.

Neji, infatti, era sgattaiolato in cucina, sfuggendo al banchetto per prendere una candela; tornato lui, sarebbero dovuti andare a recuperare l’arma del delitto, non avendone avuto il tempo durante il giorno. Difatti, Mikoto li aveva incastrati per bene con i preparativi della grande festa.

Un altro sospiro volò per la stanza, quando Hinata ripensò alla sfarzosa cena a cui aveva pazientemente fatto parte appena un’ora prima: aveva dovuto sopportare gli sguardi pressanti delle compiacenti figure aristocratiche che vagavano per la grande sala da pranzo, sorridendo di tanto in tanto quando le signore pregne di quell’odore opprimente le facevano un buffetto sulla guancia.

Piegò divertita gli angoli della bocca, quando si ricordò della faccia imbronciata di Sasuke e dei suoi sguardi quasi imploranti che ogni tanto le lanciava; poi, l’ultima scena che vide prima di scomparire era una Mikoto disperata che cercava di far zittire Hanabi in lacrime.

Si risvegliò dai suoi pensieri e guardò il bambino, che ora batteva il piede a terra come per tenere il tempo di una qualche melodia.

Hinata si alzò dal letto stiracchiando le gambe e tirandosi su infastidita i pantaloni di qualche taglia abbondante; Neji le aveva dato un paio vecchio dei suoi, borbottando che in caso di fuga sarebbero stati sicuramente più comodi delle gonne. Hinata, dal canto suo, non aveva mai messo quegli affari e si trovava al momento molto impacciata.

Sistemata la camicia all’interno dei pantaloni, si accucciò vicino a Sasuke; il ticchettio dei suoi stivali si fermò all’istante, e stranamente le rivolse la parola.

- Hai paura?-

Hinata osò incrociare per un attimo quegli occhi color ebano.

- Sì- mormorò. – Tu?-

Il bambino sembrava sorpreso di sentirsi rivolgere la sua stessa domanda, così ci pensò per un po’.

- No- rispose lentamente. – È la tensione-

Il silenzio calò di nuovo fra di loro; spalla contro spalla, l’uno sentiva il calore dell’altra.

Un ricordo si impadronì della mente di Hinata.

- Sasuke?-

Il bambino voltò semplicemente il volto verso di lei, aspettando che parlasse.

- Perché non ti piacciono i lieti fini?- domandò titubante.

Hinata lo sentì sbuffare, quindi alzò lo sguardo e vide una smorfia dolorosa sul suo viso.

- Non è che non mi piacciano. Semplicemente è impossibile avere una vita perfetta e felice dopo un sacco di disgrazie. La vita è amara, non è fatta per i “e vissero per sempre felici e contenti”- mormorò Sasuke.

Hinata si strinse nelle ginocchia e si fissò i piedi irrequieta.

- Ma sento che stavolta andrà bene-

La bambina trasalì e tornò a guardare Sasuke e si stupì nel vedere che sorrideva. Sasuke le stava sorridendo. Hinata si ritrovò a rispondergli teneramente, con il cuore sollevato.

La porta sbatté e i due bambini si voltarono per vedere il solito viso imbronciato di Neji.

- È ora- dichiarò soltanto.

*

Sgattaiolarono silenziosamente su per le scale fino in soffitta, temendo che il battito dei loro cuori, così rimbombante nelle loro orecchie, potesse essere udito.

Arrivati, tirarono per un attimo un sospiro di sollievo, mentre Sasuke appoggiava la porta delicatamente e Neji trafficava con il candelabro.

Aperta la botola, Neji eccese la candela e l’appoggiò frettolosamente a terra, ordinando:

- Vai avanti tu, Sasuke!-

L’interpellato ubbidì, calandosi con la sola forza delle braccia all’interno del passaggio angusto.

- Ti passo Hinata.- avvertì bisbigliando Neji.

Prese la cugina come aveva fatto il giorno prima e aspettò che Sasuke l’afferrasse per i piedi, ma, un po’ per la fretta, un po’ per la tensione, la presa gli scivolò.

La bambina soffocò un urlo, serrando forte gli occhi. La spiacevole sensazione che il suo stomaco si fosse rigirato all’interno della sua pancia finì presto, e si ritrovò aggrappata a Sasuke.

- Stupido cretino!- ringhiò quello. – Fai più attenzione!-

- Hinata sta bene?- si premurò Neji.

- Sì, per tua immensa fortuna- sbottò piano Sasuke.

Attesero pazientemente che anche lo Hyuuga scendesse, e poi fecero pressione sul pavimento sopra la scaletta e si ritrovarono nella stanza segreta.

Neji si fiondò all’interno sentendo già il profumo della vittoria.

Sasuke e Hinata, invece, avanzarono con cautela, accorgendosi di qualcosa di profondamente fuori posto.

La bambina si aggrappò alla maglietta di Sasuke, cercando di trarne sicurezza e di fermare il battito impazzito del suo cuore: in ogni luce tremolante e in ogni ombra profonda poteva vedere un mostro (così assomigliante a suo padre) pronto ad acciuffarla e a trascinarla via.

Così i suoi occhi chiari si muovevano irrequieti da un oggetto all’altro, cercando di captare anche il minimo movimento.

Sasuke, invece, si dirigeva con cautela verso il tavolo di fronte alla finestra.

Il carillon era lì, come il giorno precedente.

Ma era aperto, e poteva distintamente vedere i due ballerini danzare, seguendo la melodia.

- Neji...- mormorò atterrito.

- Dannazione, dannazione!- il bambino stava trafficando fra i fogli sparsi sul tavolo, cercando fra i pennelli e gli acquerelli.

- Neji...- tentò ancora Sasuke, continuando a fissare il carillon con occhi grandi di paura.

- Ero sicuro di averlo lasciato qui!- esclamò Neji, ancora perso nella sua ricerca.

- Neji!- urlò Hinata, piangendo dal terrore.

Il cugino si volse a guardarla arrabbiato.

Dove cavolo aveva lasciato il pugnale?

Sasuke raccolse la sua attenzione puntando l’indice verso i due ballerini che stavano finendo la propria danza sul carillon.

- C’è già stato qualcuno- mormorò atterrito.

Neji sgranò gli occhi, lasciandosi scappare una di quelle imprecazioni forti che spesso sentiva in paese.

- Forza, adiamocene- esclamò preso dalla fretta.

Senza nemmeno degnarsi di prendere con loro la candela, i bambini si incespicarono sulla scaletta. Hinata fu la prima a essere mandata sopra; poi fu il turno di Neji che salì sulle spalle di Sasuke. Lo Hyuuga, arrivato ad appoggiare le ginocchia sul pavimento della soffitta, si voltò a tirare su anche Sasuke.

- Sbrighiamoci - esclamò il bambino, ma Hinata era ferma, in piedi, con lo sguardo fisso davanti a sé. Il suo viso era una maschera di terrore, così come quello di Sasuke. Neji seguì lo sguardo della cugina, e quelle che vide furono le figure inconfondibili di Hiashi Hyuuga, appoggiato alla porta della soffitta, e Mikoto che coccolava sommessamente Hanabi, poco più in disparte.

- Dove credi di andare Neji?- domandò l’uomo senza ira nella voce.

Il bambino non rispose, semplicemente rimase fermo sulle sue gambe instabili.

Hinata, intanto, aveva iniziato a singhiozzare in silenzio, non osando emettere alcun suono.

- Cercavate questo, vero?-

Hiashi lanciò a terra qualcosa che Neji riconobbe per essere il pugnale.

- Come...?- riuscì soltanto a biascicare.

- Come sono riuscito a scoprirlo?- domandò con un filo di voce suo zio, con un tono quasi beffardo che si mescolava ad una certa amarezza.

Per tutta risposta l’uomo lanciò sul pavimento qualcos’altro, e questa volta fu Hinata a riconoscerlo.

- Itachi!- esclamò sommessamente, fissandolo con desiderio, ma senza azzardarsi a muovere un passo per raccoglierlo.

- Avete lasciato il pupazzo fuori quando siete usciti di notte- spiegò semplicemente Hiashi.

Dal piano inferiore si sentì un boato di urla festose che fece trasalire i bambini.

- Mikoto- mormorò stancamente l’uomo – Vai ad assicurarti che tutti gli invitati non si siano accorti della mia assenza-

La donna annuì, afferrando la maniglia per uscire.

- Ah, e portati dietro tuo figlio-

La badante si fermò e si voltò a guardare il suo bambino.

- Andiamo- ordinò soltanto.

Sasuke sgranò gli occhi all’espressione dura della madre, ma alla fine obbedì accondiscendente. Uscì dalla stanza senza riuscire a guardare i due amici ( perché sì, era quello che erano diventati) negli occhi.

Neji e Hinata rimasero a fissare l’uscio della porta, chiusosi dietro le spalle di Sasuke.

- C’è qualcosa che vi sfugge...- bisbigliò all’improvviso l’uomo, attirando l’attenzione dei bambini. Però, dal tono dimesso e malinconico della sua voce, sembrava che stesse parlando più a se stesso, che a loro. – Ma cos’è?-

Improvvisamente alzò gli occhi velati su di loro, con un’espressione contrita.

- Volete sapere cosa successe a colei che amavo?-

L’uomo si lasciò cadere pesantemente a terra, appoggiando la schiena alla parete; con le spalle ricurve e la testa ciondolante a fissare il pavimento, sembrava avere vent’anni in più. Hiashi lasciò cadere il silenzio nella stanza e prese un grosso sospiro prima di parlare nuovamente.

- Vi accontento- riprese, con grande fatica. - Vostra madre- Sembrò fermarsi, fissando Neji. – Sì, vostra madre, Neji, perché è stata lei a prendersi cura di te dopo che mio fratello ti abbandonò da noi-

Il bambino strinse i denti, guardando a terra e aspettò che lo zio continuasse.

- Vostra madre, dicevo, era gravemente malata-

Un sospiro lasciò le labbra di Hiashi.

- Era malata di una malattia corrodente, che non lascia via di scampo-. Prese un altro respiro come se facesse fatica anche a parlare.

- Ed è vero, l’ho uccisa io-

L’ammissione dell’omicidio scosse entrambi i bambini; Hinata iniziò a piangere copiosamente, scuotendo leggermente la testa, quasi a voler rifiutare l’idea.

- Ma lasciatemi spiegare!- urlò disperato Hiashi.

Neji lo guardò con un misto di disprezzo e rabbia, ma non oppose resistenza, né si tappò le orecchie quando riprese a parlare.

- Ho dovuto ucciderla, prima che infettasse anche noi, bambini. Me l’aveva chiesto lei stessa-

Neji fu attraversato da un lampo di illuminazione.

- Era malata di tisi?- chiese senza osare guardare quell’uomo.

- Sì. Tu capisci vero, Neji? Capisci? Ci avrebbero bruciati tutti come vampiri se non l’avessi fatto!- esclamò Hiashi.

- Potevi spiegarlo! Potevi ancora salvarla!- urlò Neji, con gli occhi che gli bruciavano furiosamente.

- No, non mi avrebbero ascoltato. I sintomi della tubercolosi sono sempre confusi con quelli del vampirismo, e la gente ha paura. La paura rende ciechi e sordi. Cosa avrebbe potuto fare un medico, contro la folle superstizione delle persone?- domandò suo zio, pregandolo con gli occhi.

Neji abbassò lo sguardo. Non voleva più ascoltarlo; non voleva più piangere, doveva essere forte.

- Ma allora perché Sasuke?- domandò il bambino, mordendosi il labbro inferiore.

Suo zio sembrò essere preso dalla sorpresa. – In che senso?-

- Perché hai lasciato che Mikoto lo portasse in casa? Alla cuoca non lo lasci fare, con suo figlio-

- Perché me lo chiese lei, come favore personale- spiegò allora Hiashi, tornando all’espressione triste. – Perché Sasuke è figlio unico e sta crescendo da solo. Aveva bisogno della compagnia di qualcuno, e pensavo che potesse stare un po’ con voi-

Neji abbassò lo sguardo. Allora era tutto vero, si diceva, l’omicidio è vero. Ma non per le ragioni che pensavamo noi.

Così i due bambini si ritrovarono stretti nell’abbraccio di Hiashi; Neji lasciò che la grande spalla dello zio asciugasse le sue lacrime, mentre Hinata vi soffocava le urla disperate.

Semplicemente è impossibile avere una vita perfetta e felice dopo un sacco di disgrazie.

La frase rimbombava prepotentemente nella testa confusa della bambina.

La vita è amara, non è fatta per i “e vissero per sempre felici e contenti”

Hinata tirò su col naso, trovandosi pienamente d’accordo con Sasuke, mentre abbracciava per la prima vera volta suo padre.

I lieti fini non esistono.

*

- Ed è così che è andata a finire?- domandò scettico Sasuke, strappando qualche filo d’erba congelato.

- Già- mormorò Hinata, spostandosi elegantemente la frangetta con due dita.

- Alla fine, la nostra teoria era completamente fuori strada- sbuffò Neji, appoggiandosi coi gomiti a terra.

Nessuno aveva più parlato dell’abbandono di Sasuke di quella sera, né delle lacrime che avevano versato i due cugini.

Hinata si morse il labbro inferiore, tentennante: voleva porre una domanda, ma non sapeva come. Alla fine, guardando a terra, parlò.

- Sasuke... ora che è stata svelata la verità, verrai ancora a trovarci, vero?-

Il bambino sembrò sorpreso, ma si assicurò subito di tornare alla sua solita espressione imbronciata.

- Sì, certo. Non ho niente di meglio da fare- affermò riluttante.

Hinata alzò lo sguardo sorridente, sapendo ormai bene quanto quel tono ostile nascondesse il suo pieno consenso.

- Ora quindi siamo amici?-

La domanda andò di traverso a Neji, che comunque restò ad osservare la faccia di Sasuke in attesa di una risposta.

- Forse- rispose enigmaticamente il bambino, lasciando che un leggero sorriso affiorasse sulle labbra, restituito subito da Hinata e, malgrado tutto, Neji.

*

Dalla finestra un uomo grande e muscoloso osservava i bambini, scostando di poco le tende in modo che loro non lo vedessero.

Mikoto si avvicinò silenziosamente a Hiashi, cullando Hanabi; guardarla in quegli occhi così scuri, così suoi, le trasmetteva sempre un’ondata di felicità.

- Mikoto- la salutò Hiashi, con un leggero sorriso, stringendo gli occhi chiarissimi.

La badante sorrise a sua volta, teneramente.

- Caro- richiamò la sua attenzione. – Bella trovata quella della tisi- si complimentò con un leggero riso, baciandolo velocemente sulle labbra.

Fine

*

Giudizio di Juliettina:

Cara, la tua storia è un Giallo a tutti gli effetti. Mi hai tenuto con il fiato sospeso fino all'ultimo. Ed il finale? Davvero un vero capolavoro. Sei stata bravissa a comporre una per una le tessere del 'mosaico'. Ogni elemento, ogni sospetto viene svelato nel momento giusto. Alla fine ogni tassello combacia con il precedente in modo perfetto, conferendo alla storia credibilità e unità. Lo stile è semplice e piacevole, la grammatica eccellente e i tutti i personaggi rientrano tranquillamente nel IC. Non sò da dove ti sia uscita questa storia, che cosa o chi ti abbia ispirato, ma credimi quando ti dico che è uno dei Gialli più interessanti e avvincenti che abbia mai letto.

Giudizio di Talpina Pensierosa:

Nella fic ci sono degli errori sparsi non molto gravi, indubbiamente di distrazione, e lo stile è abbastanza scorrevole.
La trama è molto interessante e ti tiene seduto a scoprire cosa sta per succedere, per non parlare poi del colpo di scena finale, che mi ha veramente stupito!
Il promt è stato reso non in maniera eccezionale, ma soddisfacente: ti ho leggermente penalizzato per via di Jack perché è lui a “suggerire” la frase, però ciò non ha influito sul risultato finale.
I personaggi sono abbastanza IC, anche se non mi convincono al 100% Neji e Sasuke, ma in fondo sono giustificati dalle circostanze e dall’ambientazione.
Come ho scritto sopra, la storia mi ha appassionata e l’ho gradita molto, insomma, mi ha veramente colpito.

Che dire... Ringrazio le due giudici, mi ha veramente fatto piacere partecepare a tutti e due i concorsi.
Posso dire di essere veramente soddisfatta di questa storia, forse un colpo di genio nella mia testa\nocciolina.
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia nei preferiti o nelle seguite.

Risposta alle recensioni:

Alechan: Spero che il finale ti sia piaciuto! ^^ Comunque concordo perfettamente con te, Neji, Sasuke e Hinata formano proprio un bel trio! Grazie per avermi seguita, Kiss kiss
Arwen88: Cara sensei... sono contenta che ti sia piaciuta la storia. Come sempre leggere dei commenti positivi da parte tua è una gioia. ^^ (Grazie anche per avermi suggerito che il titolo del primo capitolo era sbagliato!) Kiss kiss..

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